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nell’Italia
contemporanea
Emanuele Miola
Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica
Che cos’è una lingua?
Dal punto di vista linguistico teorico è
• un codice
• che organizza un sistema di segni
• con un significante prevalentemente fonico-
acustico,
• fondamentalmente arbitrari,
• doppiamente articolati,
• capaci di esprimere ogni esperienza esprimibile,
• posseduti come conoscenza interiorizzata che
permette di produrre infinite frasi a partire da un
numero finito di elementi
Che cos’è una lingua?
artificiali
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
tedesco?
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
tedesco?
cinese?
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
tedesco?
cinese?
gallese?
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
tedesco?
cinese?
gallese?
italiano?
Lingue storico-naturali
Dal pdv teorico, una lingua nata spontaneamente
lungo il corso della Storia della civiltà umana e
usata in un qualche gruppo sociale di una
comunità
tedesco?
cinese?
gallese?
italiano?
veneto?
Lingue storico-naturali
Lingua e diale+o
I termini ‘lingua’ e ‘dialetto’ possono anche essere
adoperati dal punto di vista sociolinguistico (non
più linguistico-teorico)
Lingua e dialetto
Dal punto di vista sociolinguistico, nella tradizione italiana,
un dialetto
- sul piano sociale: le lingue hanno un riconoscimento sociale che il diale/o non ha
- sul piano funzionale: le lingue hanno un ambito di uso più ampio di quello dei dialeD
- sul piano poli3co: le lingue hanno uno statuto ufficiale (e una conseguente legislazione di
riferimento) che i dialeD non hanno. Le lingue sono state 'create' per consen3re scambi
economici e culturali tra gruppi sociali geograficamente distanzia3 e come strumento
imprescindibile per l'asse/o amministra3vo degli Sta3 nazionali cos3tui3si nell'età moderna.
La lingua è
• un insieme di varietà (’varietà di (quella) lingua’)
in inglese: dialects
Devoto
Muljačić
Iliescu
Pellegrini
Che cos’è una lingua?
Devoto
Muljačić
Iliescu
Pellegrini
Che cos’è una lingua?
Jensen, J.F. 1989. On the Mutual Intelligibility of Spanish and Portuguese. Hispania
72/4: 848-852
Che cos’è una lingua?
Italiano e lombardo
1-10
Circa 15
Circa 30
Più di 100
Quante lingue ci sono in Italia?
Se anche l’Italia può dirsi cos4tuita di mille diale6 (in
senso sociolinguis4co),
i valori di intercomprensibilità ci inducono a pensare che
le lingue autoctone parlate oggi in Italia siano circa una
tren4na.
Circa 15 lingue regionali così come definite dalla Carta Europea per
le LRM
• i diale;?
Pellegrini, G.B. 1977. Carta dei dialeB d'Italia. Firenze : Litografia ArJsJca Cartografica.
Il toscano e il romanesco
Quali lingue ci sono in Italia?
«Il volgare parlato a Roma nel Medioevo (il romanesco antico o “di prima fase”,
documentato dalla trecentesca Cronica dell’Anonimo romano) aveva acquisito varie
caratteristiche che lo collegavano ai dialetti meridionali (come il dittongo “napoletano” in
parole come uocchi ‘occhi’, tiempo ‘tempo’), mentre in età rinascimentale, specie dopo il
Sacco borbonico del 1527 e il conseguente ripopolamento della città, subì una profonda
toscanizzazione, che rese il romanesco moderno (o “di seconda fase”) strutturalmente
assai prossimo alla lingua di base tosco-fiorentina. Dal Rinascimento fino all’Unità d’Italia,
inoltre, le persone appartenenti agli strati alti della società romana, legate alla corte
papale e non tutte di origine locale, usavano l’italiano e non il dialetto, proprio
soprattutto di quegli strati popolari a cui il grande Belli eresse il suo “monumento”.
Questa caratterizzazione sociolinguistica spiega la denominazione del dialetto di Roma
non come romano ma come romanesco, con un suffisso almeno tendenzialmente di
valore peggiorativo (che si è perpetuato nel più recente romanaccio, di uso locale).»
Emanuele Miola
Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica
emanuele.miola@unibo.it
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