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lezione 12 - 06/11/17 - libro pagina 193 - Classi di farmaci, inibitori 

enzimatici reversibili:

Agenti antibatterici sulfonamidici - sulfa drugs


(inibitori enzimatici competitivi reversibili)

Negli anni 30 presso la Farbeneindustrie (fabbrica di coloranti, poi


trasformata in Bayer) una squadra formata da due chimici (Fritz
Mietzch e Joseph Klarer) e da un farmacologo Gerhard Domagk, tentando
di scoprire agenti attivi contro gli streptococchi saggiarono vari coloranti.

Il Prontosil Rubrum, un azocomposto bis-aromatico, grazie all'alta


coniugazione dei doppi legami presenta una colorazione intensa sul rosso,
e si rivelò attivo in vivo (nelle infezioni sperimentali da streptococco
emolitico nel topo) ma inattivo in vitro nei saggi microbiologici sullo stesso
ceppo batterico.

Il Prontosil infatti, rappresenta il primo esempio di profarmaco, un


composto che richiede attivazione metabolica per diventare efficace.

Gli azo gruppi possono essere metabolizzati per riduzione, dando origine ad amino derivati con rottura del
legame N-N. 

Trefonïl, Nitti e Bovet dimostrarono che aggiungendo un agente riducente il Prontosil diventa attivo anche
in vitro e suggerirono che l'alta attività in vivo era dovuta al fatto che il farmaco è metabolicamente ridotto
all’agente antibatterico attivo.

Qual era l'agente responsabile dell'attività


biologica? Facendo l'azo-riduzione, otteniamo due
frammenti: un triamminobenzene e un composto
che è la sulfanilamide, che venne ritenuta
responsabile dell'attività antibatterica che era stata
osservata in vivo. (Ovviamente il triamminobenzene
è altamente tossico, quindi non useremmo il
prontosil rubrum per curare infezioni batteriche, a
causa di sottoprodotti tossici del metabolismo).

Infatti la sulfanilamide è efficace come il Prontosil


contro le infezioni da streptococco nel topo ed esercita effetto batteriostatico in vitro.

A differenza di un agente battericida, che uccide i batteri viventi, un agente batteriostatico inibisce la
crescita dei batteri, consentendo al sistema di difesa dell’ospite di fagocitarli.

Con il prontosil si dà inizio alla moderna chemioterapia e svariate sulfonamidi trovano ancora oggi impiego
clinico come antibatterici.

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Meccanismo d’azione

Sulla base del lavoro di Stamp, che ha dimostrato che nei batteri ed altri organismi contengono una
sostanza stabile al calore che inibisce l’azione antibatterica delle sulfonamidi.

Woods nel 1940 ha ipotizzato che, poiché gli enzimi sono inibiti da composti le cui strutture somigliano a
quelle dei loro substrati, la sostanza inibitrice poteva essere un substrato per un enzima essenziale, avente
una struttura simile a quella della sulfanilamide.

Pur avendo una vaga conoscenza della possibile struttura di questa sostanza dedusse che si potesse trattare
del PABA (Acido P-AminoBenzoico).

In seguito fu anche possibile dimostrare che il PABA è un potente inibitore della batteriostasi-indotta dalla
sulfanilamide.

I risultati di questi esperimenti hanno dimostrato che la sulfanilamide compete con il PABA per la crescita
microbica. Il PABA è il substrato endogeno, mentre la sulfanilamide è l'agonista competitivo del PABA.

Per mantenere la crescita è necessario, all’aumentare della concentrazione della sulfanilamide, aumentare
anche la concentrazione del PABA.

Selbie ha evidenziato come la somministrazione associata di PABA e sulfanilamide in topi infetti da


streptococchi previene l’azione antibatterica del farmaco.

Su questa base Fildes (1940) ha proposto la teoria degli antimetaboliti, composti che bloccano gli enzimi
nelle vie metaboliche

Egli ha suggerito che l’inibitore enzimatico si combina con l’enzima spiazzando il suo substrato o coenzima o
si combina direttamente con il substrato o coenzima.

Miller (1945) ha dimostrato che la sulfanilamide inibisce la biosintesi dell’acido folico. I microrganismi in


genere sintetizzano l'acido folico partendo da piccoli frammenti, mentre invece noi lo assumiamo con la
dieta e in pratica è una vitamina.

L'acido folico è una molecola abbastanza grande, quindi le nostre cellule eucariote sono capaci di far
passare l'acido folico già preformato, e quindi noi possiamo assumerlo con la dieta (ad esempio si assume
in gravidanza).

Questo è un vantaggio nell'uso farmaceutico poichè l'enzima bersaglio dei sulfamidici non è presente nel
nostro organismo, ma solo nell'organismo invasore, quindi non bloccherà enzimi vitali per l'organismo
umano.

Quindi possiamo aumentare il dosaggio, anche se c'è sempre il problema delle quantità di farmaco che
restano in circolo e devono essere metabolizzate.

Nimmo-Smith (1948) ha dimostrato che l’inibizione della biosintesi dell’acido folico da parte della
sulfanilamide è competitivamente reversibile con il PABA.

L'acido folico viene sintetizzato nei microrganismi in due passaggi principali, partendo da una
diidropteridina, e mediante due enzimi principali, che sono stati purificati nel 1969 da Richey e Brown: 

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1. un enzima che catalizza la disforilazione del 2-amino-4-idrossi-6-idrossimetil-7,8-diidropteridina,
2. il secondo (diidropteroato-sintetasi) catalizza la sintesi del diidrofolato (dal difosfato e PABA).

Il nucleo base è la pteridina, ovvero una piridina e pirazina condensate. si


chiama diidro perché nel secondo anello c'è un doppio legame, quindi non è
completamente aromatico.

(Meccanismo d’azione vedi libro pag 195 - schema 5.3)

Se facciamo un'analisi della struttura


tridimensionale, vediamo che i gruppi reattivi,
cioè il gruppo amminico e il gruppo acido
ionizzato sono simili. Ed inoltre la distanza tra il
gruppo amminico che è quello che deve legarsi e
reagire con l'OH attivato della diidropteridina e
l'altro gruppo reattivo è simile.

Visto che sono strutturalmente simili, se c'è una buona concentrazione di sulfamidico, la diidropteroato
sintetasi reagirà preferenzialmente col sulfamidico piuttosto che con il PABA e quindi non produrrà grandi
quantità di acido diidropteroico (precursore dell'acido folico), oppure reagirà con la sulfanilamide per
produrre un falso prodotto ed avere quindi in definita l'inibizione dell'enzima.

La sulfanilamide, insieme con i suoi derivati (SULFAMIDICI), strutturalmente simile al PABA è un potente


inibitore competitivo del secondo enzima.

Come è stato dimostrato?

La reversibilità dell’inibizione è stata


dimostrata da Weisman e Brown
(1964), i quali hanno suggerito che le
sulfonamidi sono incorporate nel
diidrofolato e da Bock (1974) che lo ha
verificato incubando la diidropteroato
sintetasi con difosfato e [35S]-
sulfametossazolo. 

Si è ottenuto il prodotto marcato che


incorpora il sulfamidico al posto del
PABA.

Questo è un esempio di inibizione competitiva, in cui l’inibitore è anche un substrato, cioè si trasforma in
un falso prodotto.

Tuttavia il prodotto non dà origine all’acido tetraidrofolico, utile come coenzima per produrre le purine
necessarie per la biosintesi del DNA batterico.

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Per questo motivo le Sulfonamidi sono batteriostatiche e non battericidi: l’inibizione della biosintesi del
tetraidrofolato inibisce soltanto la replicazione della cellula e non uccide il batterio vivente.

Gli inibitori della diidropteroato-sintetasi non hanno effetto sull’uomo perché questo è incapace di
sintetizzare acido folico e quindi non possiede tale enzima.

L’acido folico è una vitamina e viene assunto dall’uomo con l’alimentazione. Inoltre poiché i
batteri biosintetizzano il loro folato, essi non posseggono un sistema di trasporto per esso. Di conseguenza
l’uomo può assumere dagli alimenti tutto il folato che vuole ed i batteri non possono utilizzarlo.

Ecco la struttura dell'acido


folico: l'anello pteroico,
vediamo il CH2 con il residuo
del PABA, e poi c'è la
diidrofolato sintetasi che
aggiunge l'acido glutammico al
substrato che avevamo
ottenuto, l'acido pteorico, per
trasformarlo in acido folico.

Tenete presente che la differenza tra acido tetraidro- e acido folico sta nella presenza dei doppi legami:
quello nell'immagine è l'acido folico perché il composto è completamente aromatico; poi c'è l'acido
diidrofolico in cui è idrogenato il doppio legame C-N che non porta il CH2; mentre infine il  tetraidrofolico è
quello che presenta tutti i doppi legami ridotti.

Questa formula è da ricordare perché è molto importante


per varie classi di farmaci, oltre che per i sulfamidici,
anche per gli antimetaboliti. Questo accanto è il
tetraidrofolico.

Vediamo ora come avviene, in tutti gli organismi, il passaggio da acido folico a diidro- e tetra- idrofolico:
sono tutte reazioni di equilibrio perché la reazione si può vedere come una riduzione o come una
ossidazione, è una miscela che esiste sempre e viene invocata in vari passaggi.

Il tetraidrofolico è la forma attivata responsabile dell'effetto vitaminico, perché favorisce la proliferazione


cellulare e la biosintesi di basi puriniche e pirimidiniche che servono per il DNA, l'RNA e altro.

L'acido folico, attraverso un primo passaggio viene convertito in acido diidrofolico, attraverso
l'enzima diidrofolato riduttasi grazie al NADPH o NADH che presentano due idrogeni in posizione 4
dell'anello piridinico: questi cofattori cedono gli idrogeni che servono per poter ridurre il doppio legame.

Si strapperà un idrogeno presente su una base protonata del sito attivo dell'enzima, avviene la riduzione, e
il NADPH viene ossidato a NADP+.

Dopodichè c'è sempre un sistema che ci permette di ripristinare l'equilibrio del NADP+ o NADPH, a seconda
di quello che ci serve, tetraidrofolato o acido folico.

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Per convenzione la numerazione degli atomi è un po' diversa, prima si numera un anello, poi l'altro e poi le
catene laterali.

Questa forma dell'acido tetraidrofolico presenta due azoti idrogenati: l'azoto in posizione 5 e in posizione
10! Ricordatelo perché questo è importante perche questo N5-N10 tetraidrofolato, è quella capace
di coordinare le catene monocarboniose che vengono trasportate dall'acido THF e servono per produrre altri
intermedi di interesse biologico. L'N10 è quello che viene idrogenato nel diidrofolato.

L'organismo umano ha tutte le diidrofolato reduttasi, mentre non abbiamo il primo enzima. Quindi questo è
un altro esempio di tossicità selettiva, cioè l’inibizione della crescita di un organismo estraneo senza effetti
sull’ospite e perciò rientra nella categoria delle inibizioni enzimatiche ideali.

Le sulfonamidi non sono efficaci nelle infezioni che formano pus poiché il pus contiene composti che sono
prodotti finali di reazioni dipendenti da tetraidrofolati, come purine, metionina, timidina.

In questo caso, l’inibizione della biosintesi del folato non è importante e il pus può contribuire al
sostentamento batterico.

Farmacoresistenza

La maggiore limitazione all’uso di agenti antibatterici sulfonamidici è lo sviluppo di resistenza.nCi sono tre
tipi principali di resistenza:

a) Sovrapproduzione di PABA da parte dei microorganismi;

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b) Sintesi di una diidropteroato-sintetasi meno sensibile al sulfamidico: la costante di associazione
risulta inferiore rispetto a quella con cui si lega il PABA, e quindi i sulfamidici diventano meno
efficienti, anche se in concentrazioni sufficienti a neutralizzare il PABA. Si forma il complesso
sulfamidico-enzima, che è meno stabile e quindi l'enzima viene bloccato per meno tempo o in
minor quantità. Ed essendo un meccanismo reversibile, è necessario che perduri per un periodo
sufficiente affinchè il batterio bloccato possa essere fagocitato, altrimenti è vano l'effetto
farmacologico.

c) Coinvolge un’alterata permeabilità alle sulfonamidi: la sulfonamide per entrare a contatto con
l'enzima, deve permeare la cellula batterica e arrivare dove c'è il PABA per poter competere. Se
modifica la composizione della membrana, e quindi le sulfonamidi permeano meno facilmente,
arrivano in concentrazione minore al sito attivo per competere, e quindi la loro efficacia terapeutica
sarà inferiore.

Farmacosinergismo

Quello che si era visto dai primi studi dei sulfamidici, che sono stati indagati proprio per la facilitò delle
tecniche di studio che consentivano un'analisi molto approfondita, si prestano anche bene a spiegare quel
fenomeno che va sotto il nome di farmacosinergismo.

Ovvero le conseguenze di una terapia combinata in cui vengono somministrate due tipologie di farmaci che
magari hanno dei bersagli biologici differenti e che se sono co-somministrati, in opportune formulazioni o
sottoforma di opportuni profarmaci, possono agire in maniera più efficiente.

Ogni farmaco esalta l'effetto dell'altro farmaco perchè possono agire in modo concomitante. comunque
non tutti i farmaci si prestano a questo tipo di azione sinergica, e che spesso provocano un blocco
sequenziale di una cascata enzimatica importante per l'organismo invasore.

La terapia combinata si è mostrata veramente efficace per il trattamento delle infezioni batteriche: col


nome commerciale di Bactrim o Cotrimossazolo, si combina sulfametossazolo (sulfamidico inibitore della
diipropteroato sintetasi) con trimetoprim (che è un inibitore della diidrofolato reduttasi).

Questi due farmaci insieme bloccano il


primo stadio del precursore dell'acido
folico, e l'altro blocca la formazione
dell'acido diidrofolico, o la riduzione di
questo a tetraidrofolico.

Hanno un effetto sinergico sulle infezioni


batteriche perchè possono attuare il blocco della sintesi dell'acido diidrofolico o tetraidrofolico agendo su
tutta la cascata di enzimi che i batteri hanno per sintetizzare il loro acido folico.

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Mentre per il trattamento
delle infezioni malariche si associa
sempre un sulfamidico con un inibitore
che somiglia alla porzione aromatica
dell'acido diidrofolico o tetraidrofolico,
quindi somigliano entrambi al
substrato
dell'enzima: sulfadossina con pirimetanima. 

Poiché i due farmaci associati agiscono su due tappe sequenziali


di una reazione enzimatica essenziale per l’organismo, il risultato
finale dell’associazione dei due farmaci sarà sinergico (Wormster-
1982).

I sulfamidici inibiscono la diidropteroatosintetasi che catalizza la


sintesi del diidrofolato, mentre gli antimalarici, strutturalmente
correlati al frammento pteridinico dell’acido diidrofolico,
inibiscono la diidrofolatoreduttasi, che catalizza la reazione di
formazione dell’acido tetraidrofolico.

Dal punto di vista della selettività nei confronti della diidrofolato


reduttasi, essendo questa presente anche nei mammiferi, però
nei saggi microbiologici si è visto che la trimetoprima ha l’utile
attività di essere un inibitore strettamente legato alla DHFR
batterica, mentre è un debole inibitore della DHFR dei mammiferi

(IC50=5nM e 2.6 105 nM rispettivamente). Quindi pur non avendo quella selettività intrinseca perchè il
farmaco ha come bersaglio un enzima che anche noi possediamo, c'è una selettività dovuta alla diversa
affinità nei confronti del recettore che stiamo considerando. L'IC 50 non è altro che la Kd del complesso.

Inibitori delle DHFR

Tra gli inibitori della diidrofolato reduttasi ci sono anche dei farmaci che sono dei  chemioterapici
antitumorali.

Il metotressato, un antagonista
strutturalmente completo dell’acido
folico, è un citostatico molto importante
che agisce inibendo la DHFR dei
mammiferi ma non quella dei batteri e
protozoi.

Assomiglia tantissimo all'acido folico, però rispetto al PAB ha un metile in più, e poi al posto di un OH c'è un
NH2 (la distribuzione elettronica e anche le proprietà basico-acide di un NH2 e di un OH non sono
esattamente le stesse: il metotressato si lega al sito attivo della DHFR al posto del substrato naturale, ma
non è detto che si leghi esattamente come si lega il substrato naturale).

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Se comunque riesce a bloccare l'enzima
noi avremo l'effetto terapeutico, in
questo caso la selettività è molto più
bassa rispetto a quella vista prima, anche
perchè in questo caso ci serve inibire solo
la DHFR umana.

Dato che le cellule tumorali hanno una


crescita incontrollata, non ci interessa
tanto il fatto che il metotressato sia
selettivo per le DHFR delle cellule
tumorali rispetto a quello delle cellule
sane, piuttosto si basa sul semplice
presupposto che le cellule tumorali hanno
molto più necessità di DHFR per
sintetizzare acido folico e per proliferare
e trasportare catene carboniose.

Questi organismi, infatti, non sono provvisti di quel sistema di trasporto di derivati folici di cui invece sono
dotate le cellule dei mammiferi e quindi non sono in grado di utilizzare i folati preformati per i loro processi
vitali.

I mammiferi perciò sono sensibili al metotressato mentre non lo sono gli organismi monocellulari.

La membrana dei protozoi e dei batteri, che non è in grado di trasportare i folati preformati, è permeabile
per diffusione passiva alle molecole più piccole (PABA) necessario per la sintesi e le 2,4-diNH 2-pirimidine,
strutturalmente correlate al frammento pteridinico.

Il metotressato è un analogo strutturale del diidrofolato, coenzima della diidrofolato reduttasi (biosintesi


dei nucleotidi). Si lega all’enzima 1000 volte più saldamente del suo substrato naturale. 

Relazioni struttura-attività (SAR)

Il metodo più usato e più produttivo per ottenere nuovi farmaci consiste nel prendere un composto chimico
con struttura ben definita e di nota attività biologica (lead compound, composto guida) e sintetizzare e
saggiare suoi congeneri strutturali, omologhi, analoghi.
Questo metodo è noto come modificazione molecolare, manipolazione molecolare, metodo di variazione.

Il lead è perciò un prototipo che possiede una desiderata attività biologica o farmacologica ma che può
anche avere diverse altre caratteristiche non desiderate, per esempio alta tossicità, altre attività biologiche,
insolubilità o problemi di metabolismo.
La struttura del composto guida viene variata per sintesi per aumentare l’attività desiderata e per diminuire
o eliminare le proprietà non desiderate.

I nuovi composti ottenuti vengono sottoposti ad analisi biologica (bioassay o screen) per vedere se
posseggono l’attività desiderata e se la posseggono, si determina quanto sia la potenza, cioè l’entità
dell’effetto, rispetto al composto controllo.
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I sulfamidici si sono bene prestati a questo tipo di analisi perchè a partire dalla sulfanilamide sono stati
introdotti altri sostituenti.
Esempi di farmaci antibatterici le cui strutture sono derivate dalla sulfonamide di riferimento (sulfabenz).

SAR ed esame degli effetti collaterali

Quando ci sono degli effetti secondari indesiderati si può adottare la strategia opposta, cioè cercare di
minimizzare o annullare l'effetto terapeutico da cui siamo partiti ed esaltare quello secondario fino a farlo
diventare l'effetto terapeutico principale.

Anche con i sulfamidici si è applicato questo studio e si è aperta la via a tutta una serie di altre molecole
interessanti.
Lo studio farmacologico di molecole che hanno una certa attività principale può mettere in evidenza effetti
secondari (collaterali) minori.
Gli effetti collaterali di un farmaco allora possono essere utilizzati per la scelta di un nuovo lead.
Un esempio importante di questo approccio, basato però sempre su osservazioni casuali, è dato dallo
sviluppo di agenti antibatterici sulfonamidici (sulfadrugs).

Sulla base dei risultati biologici di più di 10000 composti analoghi del lead compound sulfanilamide sono
state ricavate diverse generalizzazioni SAR.

Intanto si è cominciato a
vedere quali sono le porzioni di
farmaco che non si possono
modificare: il gruppo amminico
non può essere molto
modificato, perchè è quello che
deve andare a interagire sul
sito attivo dell'enzima per
sostituirsi al PABA.
Mentre nell'altra porzione si
possono effettuare una serie di sostituenti più facilmente.

Con gli studi SAR si è andato a vedere anche se questo anello benzico doveva esserci per forza oppure se le
somiglianze con il PABA si potevano avere anche sostituendo questo anello con altri cicli, e si è visto che
tutto sommato non si può fare nessuna modifica.

Allora si è provato a capire se al posto del gruppo solfonamidico, visto che deve essere un'ammide con
caratteristiche debolmente acide, potevamo magari mettere un'altra funzione acida o metilica, o un altro
anello sostituito al posto del NH2.
E in effetti si è visto che alcune di queste molecole mantenevano ancora una certa attività antibatterica
simile a quella dei sulfadrugs però molto meno potente.

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Però l'aver introdotto questi gruppi ha portato alla scoperta di altri farmaci per esempio il  dapsone o altre
molecole, che in realtà non erano più attivi come antibatterici, però per esempio alcuni di questi potevano
essere utilizzati nella terapia della lebbra (all'inizi del 900 era un patologia abbastanza diffusa).

Classificazione sulfamidici

Si è visto che cambiando la natura dell'eterociclo si è visto che si potevano modulare i tempi di
dimezzamento del sulfamidico.

Un altro importante parametro è quello del pka: abbiamo detto che sono tutti debolmente acidi, ma a
seconda del pka si poteva anche giocare sul sito in cui venivano preferenzialmente assorbiti i sulfamidici.
La classificazione più comoda si basa sulla loro eliminazione (tempo di dimezzamento) e sul pka.
Il legame tra farmaco e proteine plasmatiche (albumina in genere) gioco un ruolo importante per l’attività,
per il metabolismo e per l’escrezione. Nel caso dei sulfamidici il legame con le proteine plasmatiche è un
legame ionico rafforzato da legami secondari idrofobici.
Se questo legame resta per un tempo sufficiente, è poco il sulfamidico che va in circolo, e questa forma di
legame si può sfruttare come una particolare formulazione farmaceutica detta forma ritardo.
E’ una forma particolare di deposito nel senso che il farmaco veicolato nel sangue è preservato da
biotrasformazioni, dall’accesso ai siti d’azione, dall’escrezione.
La disponibilità del farmaco è però sufficiente perché si manifesti l’azione farmacologica e pertanto il
legame proteico è una forma di ritardo dell’attività.

Il metabolismo nei sulfamidici è molto importante perché tutti i metaboliti sono inattivi ed inoltre gli N 4-
acetil derivati riducono la solubilità ed aumentano il pericolo di cristalluria (unico problema dei sulfamidici).
Visto che hanno quel gruppo amminico che deve stare libero in posizione 4, rispetto alla porzione
sulfonamidica.
I gruppi amminici infatti oltre a metabolismi di tipo ossidativi, in genere sono facilmente soggetti
ad acetilazione, e i metaboliti N4-acetil sulfonamidi provocano una diminuzione della solubilità soprattutto
a livello urinario, e sono insolubili in acqua.
Questo unito al dosaggio che spesso siamo costretti a dare, spesso causa cristalluria e quindi precipitazione
di questi sulfamidici a livello urinario, che a lungo andare può causare degli effetti di tossicità che non erano
stati previsti all'inizio.

I principali meccanismi metabolici dei sulfamidici sono:


-- N4-acetilazione (principale via)
-- C-ossidrilazione (fenili, alchili, eterocicli)
-- N1,N4 O-glucuronidazione
-- N,O-dealchilazione

L’eliminazione dei sulfamidici avviene generalmente per via urinaria ed è controllata dal logP, dal pKa, dal
legame proteico.
I glomeruli filtrano solo la parte non legata alle proteine e nei tubuli renali avviene il riassorbimento, che è
favorito dalla lipofilia e perciò da un alto valore di pKa (acido debole – forma indissociata predominante)

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Vi è una correlazione tra pKa e velocità di eliminazione: gli acidi più forti (pKa basso) sono eliminati più
rapidamente in quanto al pH dell’urina l’acido sarà quasi tutto nella forma dissociata, non riassorbibile. Gli
acidi più deboli vengono riassorbiti.
I sulfamidici vengono escreti dalle urine tal quali o sotto forma di N4-acetil derivati o N1-glucuronidi.

In relazione all’eliminazione (ripassare concetto di t1/2) i sulfamidici si distinguono in:

a) Rapida eliminazione BREVE DURATA (t1/2 <10 h)


b) Lenta eliminazione, media durata SEMI-RITARDO (t1/2 12-24 h)
c) A eliminazione molto lenta, lunga durata RITARDO (t1/2 >24 h)
d) A eliminazione estremamente lenta, lunghissima durata ULTRA-RITARDO (t1/2 >65 h)

(Nelle slide sono riportate delle tabelle con esempi di sulfamidici con i vari sostituenti)
Più metossili e più metili vengono messi, più lenta sarà l'eliminzione e quindi saranno dei sulfamidici ritardo
o ultra-ritardo.

Esame degli effetti collaterali

I sulfamidici potevano presentare altri effetti secondari. Sono


state analizzate varie molecole come sulfapiridina, sulfatiazolo,
che hanno azione antibatterica; stesso discorso per vitamine o
antagonisti adrenergici.

La cosa interessante nei sulfamidici è che come effetto


collaterale, alcuni avevano effetti diuretici o ipoglicemizzanti,
che non sempre sono i benvenuti a seconda del paziente.
Dall'osservazione che in effetti molti degli antibatterici avevano
anche degli effetti diuretici e ipoglicemizzanti è venuta fuori
l'idea di fare delle modificazioni alla struttura base per
annullare l'effetto antibatterico ed esaltare l'effetto diuretico o ipoglicemizzante.

Le modificazioni strutturali per eliminare le proprietà


antibatteriche inutili e per esaltare quelle antidiabetiche,
hanno portato alla tolbutamide, in essa vediamo che non
c'è più il gruppo amminico, quindi non ha più attività
antibatterica perché non sarà capace di andare a
competere col PABA nella diidropteroato sintetasi.
Fra gli altri gruppi che non potevano essere toccati per
garantire l'azione antibatterica c'era l'anello benzenico: se
vogliamo esaltare l'effetto diuretico, gli facciamo perdere
l'azione antibatterica ed esaltiamo l'effetto secondario.

Lo sviluppo degli antidiabetici orali del tipo sulfanilurea, deriva dall’osservazione dell’effetto indesiderato di
un sulfamidico (sulfaisopropiltiadiazolo) che mostrava la proprietà di abbassare il tasso del glucosio ematico
(azione ipoglicemizzante).

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Nel 1942 furono osservati gli effetti ipoglicemizzanti dei sulfamidici quando due pazienti sotto terapia
antitifoidea morirono per shock ipoglicemico.
Da questa osservazione si sviluppò lo studio degli ipoglicemizzanti orali fra i sulfamidici e nel 1955 fu
introdotta in terapia la carbutamide, che tuttavia possedeva l’inutile attività antibatterica.
È stata quindi usata come lead per la scoperta della tolbutamide, un antidiabetico senza attività
antibatterica.
Gli agenti ANTIDIABETICI sono composti a struttura:

Nel caso dell’urea N2 può portare come sostituente una catena con almeno due atomi di carbonio.
TOLBUTAMIDE: R=CH3, X=O, R’= -(CH2)3-CH3

Attività antidiuretica
In studi condotti su derivati sulfonamidici è stato osservato che la catena laterale sulfonamidica
conferiva ATTIVITA’ DIURETICA.
Nel 1937 è stato proposto che la normale acidificazione delle urine sia causata dalla secrezione di ioni
H+ dalle cellule tubulari del rene.
Questi ioni vengono prodotti dall’azione di un enzima, la anidrasi carbonica:

La sulfanilamide rende alcaline le urine dei cani inibendo l’enzima (sposta l'equilibrio verso sinistra) e cioè
inibendo la formazione di ioni H + , che in condizioni normali dovrebbero essere scambiati con ioni Na + nel
tubulo renale. Di conseguenza Na+ e HCO3- sono eliminati con l’urina (effetto diuretico).

Le forti dosi richieste e gli effetti collaterali della sulfanilamide stimolarono le ricerche di nuovi e più efficaci
inibitori della carbonico anidrasi come farmaci diuretici derivati dalla sulfanilamide.

Studi condotti su derivati sulfonamidici hanno portato a composti benzotiadiazinici che possiedono attività


diuretica a prescindere dall’attività inibitoria della carbonico anidrasi. 
Questi derivati inibiscono il riassorbimento di ioni Na + e Cl- ed in misura minore K+ e HCO3-. I derivati
benzotiadiazinici in quanto abbassano la pressione sanguigna sono usati come antiipertensivi.

Altre sulfonamidi sono i diuretici derivati dall’acido 3-sulfamoilbenzoico che posseggono un effetto


saluretico: (Na+ e Cl-) 8-10 volte maggiore rispetto ai composti benzotiadiazinici.
Inoltre poiché abbassano la pressione sanguigna vengono impiegati prevalentemente nel trattamento
dell’ipertensione. PERTANTO: gli agenti diuretici sulfonamidici hanno due tipi di struttura generale una
riferibile a composti benzotiadiazinici l’altra che presenta un benzene 1,3 sostituito con gruppi carbossile e
sulfonamide.

Struttura dei benzotiadiazinici: il gruppo amminico dei sulfamidici viene inglobato in un altro anello. Sono
stati introdotti altri gruppi solfonici.
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Ultima diapositiva: fa vedere come partendo da una molecola molto semplice, la sulfonamide, e applicando
questi principi della SAR, si è arrivati a farmaci uricosurici (regolano la quantità di urea eliminate con le
urine, ad esempio nei pazienti con gotta), antimalarici, antileprotici, diuretici, antidiabetici, antitiroide.

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