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Con Rivoluzione Industriale si intende una trasformazione economica e sociale che riguarda
sia l'industria che la popolazione, il commercio, i trasporti e le comunicazioni. Perché la
Rivoluzione Industriale si ebbe proprio in Europa? Gli storici si sono interrogati sulle ragioni
per le quali essa non si realizzò in altre parti del mondo, dove pure esistevano antiche civiltà,
che avevano dato un contributo alle conoscenze scientifiche e tecnologiche. In Cina, per
esempio, erano state inventate la carta, la stampa, la polvere da sparo, la carriola, la
bussola e la porcellana. Nei paesi islamici si erano affermate una scienza e una tecnologia
più avanzate di quelle europee. In india si era diffusa un'industria tessile capace di esportare
i suoi prodotti in altri paesi asiatici e perfino in Europa. Evidentemente, però, fu in Europa
che si verificarono le condizioni più favorevoli per lo sviluppo della scienza, della tecnica e
dell'iniziativa economica. La frammentazione politica europea, con tanti Stati grandi e piccoli,
favori una competizione tra di loro, dapprima nelle scoperte geografiche e poi nel campo
economico. La visione del mondo degli Europei fu lo stimolo più potente allo sviluppo. Essi
avevano maturato una crescente fiducia nelle capacità dell'uomo di dominare la natura e di
servirsene a suo vantaggio. A ciò aveva contribuito la posizione del cristianesimo sul lavoro
e sul rapporto tra uomo e natura. La Riforma protestante, inoltre, aveva fornito una
giustificazione all'arricchimento, considerando il successo e la ricchezza raggiunti dall'uomo
laborioso un segno della benevolenza divina, poiché egli aveva seguito la vocazione a cui
era stato chiamato da Dio. In Europa si stava affermando una sempre maggiore uguaglianza
degli individui dinanzi alla legge, definitivamente sancita dalla Rivoluzione Francese. In
particolare, erano garantiti diritti di proprietà, senza i quali non vi può essere iniziativa
privata. I cittadini potevano godere della ricchezza accumulata in immobili e in denaro e le
imposte dovevano essere fissate da organismi rappresentativi (no taxation without
representation). Fu in Europa che la tecnologia poté facilmente svilupparsi. La ricerca
scientifica aveva individuato un nuovo metodo fondato sulla sperimentazione e
sull'osservazione. Perciò si andava diffondendo l'idea che il futuro sarebbe stato migliore del
passato e chi poteva si impegnava nelle attività produttive.
Nel periodo successivo alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia si trovava in una
condizione disastrosa. Nessuno prevedeva che con i cinque anni successivi avrebbe vissuto
un “miracolo economico”, definito così perché grazie a varie riforme e sviluppi essa riuscì a
ritornare non solo al livello di prima della guerra ma in un modo ancora più eccezionale. Uno
dei problemi che l’Italia dovette affrontare immediatamente era la ripresa della produzione,
che si risolse grazie all’arrivo di combustibili, cotone, cereali, macchinari e attrezzature
industriali in modo da poter far fronte sia alle pressanti necessità alimentari, sia alle
esigenze produttive. Infatti, il governo italiano vendeva questi beni sul mercato nazionale e
con il ricavato si occupava delle spese per la ricostruzione. Un altro grave problema del
dopoguerra fu l’inflazione, dovuta a diversi fattori, come la scarsità di prodotti agricoli e di
manufatti, una grande emissione di biglietti di banca e di stato per coprire le spese della
guerra e della ricostruzione. Per fermare l’inflazione, furono attuati una serie di
provvedimenti, tramite la “linea Einaudi” che prende il nome dal ministro del bilancio Luigi
Einaudi, Che miravano alla riduzione della circolazione monetaria elevando il tasso di
sconto, rendendo i prestiti più cari e aumentando le riserve obbligatorie delle banche, in
modo che esse non potessero investire una parte dei depositi raccolti. Queste serie di
misure, nonostante furono necessarie per fermare l’inflazione, comportavano una riduzione
degli investimenti e un aumento della disoccupazione. La scelta fondamentale del governo
fu di optare per un'economia aperta fondata sul libero mercato, che doveva inserire l’Italia
negli scambi internazionali. Quindi essa aderì al “Fondo monetario internazionale” e alla
“Banca mondiale”, nonché all’ “Unione europea dei pagamenti”. Fu istituito anche il
“Ministero delle partecipazioni statali”, che possedeva il compito di gestire le società che
appartenevano allo Stato. Un’ulteriore svolta ci fu con l’attuazione di due provvedimenti: la
riforma agraria e la costituzione della Cassa per il Mezzogiorno. Per quanto riguarda la
riforma agraria, consistette nell’espropriazione di 800 mila ettari di terre ai grandi proprietari
e nella loro assegnazione a famiglie di braccianti agricoli. I proprietari furono indennizzi con
titoli di stato e gli assegnatari diventavano pieni proprietari dopo il pagamento di trenta
annualità. Molti contadini acquistarono appezzamenti di terra direttamente da proprietari non
coltivatori, potendo beneficiare di particolari facilitazioni e di ampie sovvenzioni creditizie.
Tali provvedimenti fecero aumentare la piccola proprietà coltivatrice che, se da un lato
soddisfacente la fame di terre dei contadini, dall’altro era di ostacolo all’ammodernamento
dell’agricoltura, per via delle ridotte dimensioni delle aziende agricole. Si sviluppo perciò un
vasto movimento cooperativo, che consentì, in molte zone, di superare i limiti posti dal
frazionamento della proprietà. Per quanto riguarda invece la Cassa per il Mezzogiorno,
doveva finanziare opere straordinarie di pubblico interesse nelle regioni meridionali, in
particolare in Sicilia e in Sardegna. Nei primi anni si impegnò nella creazione di infrastrutture
e soprattutto nel sostegno all’agricoltura. Quest’ultima ebbe anch’essa un forte sviluppo,
modernizzandosi, grazie anche all’aiuto dello Stato, mediante una rapida meccanizzazione e
una più diffusa utilizzazione dei concimi chimici, rivolgendosi maggiormente all’allevamento
e alle produzioni specializzate. Le rese agricole migliorarono anche grazie al notevole
aumento del consumo di pesticidi e fertilizzanti. Inoltre, I contadini che abbandonarono le
campagne costituirono una forza lavoro a basso costo per l’industria. Le principali industrie
che caratterizzavano il miracolo economico riguardarono la produzione di automobili,
elettrodomestici e fibre sintetiche, nonché la meccanica di precisione e la petrolchimica.
Quindi riassumendo, le ragioni del miracolo economico principali sono: -gli aiuti americani,
che consentirono la ripresa dall’economia; -la scelta di un’economia aperta orientata alle
esportazioni, che costituirono il motore della crescita; -la disponibilità di manodopera a
basso costo, durata fino alle rivendicazioni salariali, ossia scioperi che caratterizzavano il
cosiddetto “autunno caldo” e che portarono all’approvazione dello Statuto dei lavoratori; - un
lungo periodo di bassi prezzi internazionali delle materie prime e delle fonti energetiche, che
l’Italia doveva importare; -il ruolo dello stato, che finanziario lo sviluppo di determinati settori
e fu presente in numerosi rami economici; -un solido sistema bancario, capace di fornire I
finanziamenti necessari, anche mediante nuovi istituti di credito destinati ai finanziamenti
industriali a medio-lungo termine.
A partire dalla seconda metà del ‘700, ebbe inizio in Inghilterra un fenomeno noto come
Rivoluzione Industriale, risultato di un insieme di innovazioni economiche e sociali finalizzate
a mutare la vita umana in tutti i suoi aspetti. Esso segnò un punto di svolta da un’economia
sostanzialmente agricola ad una basata sulla produzione di beni tramite l’uso di macchine,
rendendo l’industria (settore secondario) la principale fonte di reddito della società. Questo
insieme di cambiamenti si originò in Inghilterra per una serie di fattori favorevoli al suo
sviluppo economico futuro: la disponibilità di capitali da investire, la ricchezza di materie
prime dell’isola (soprattutto ferro e carbone), l’efficienza della rete di trasporti, la possibilità di
poter disporre di un mercato internazionale molto vasto, la migrazione di masse di contadini
dalle campagne alle città e le innovazioni tecnologiche operate da tecnici e scienziati inglesi.
Il primo settore ad essere trasformato dalle innovazioni tecniche della Rivoluzione Industriale
fu quello tessile, molto attivo nell’isola a causa dell’abbondanza di materie prime come lana
e cotone, quest’ultimo fornito dalle colonie d’oltremare inglesi. Nell’arco di qualche decennio
l’intera produzione di tessuti venne completamente automatizzata, grazie all’utilizzo di telai
meccanici funzionanti tramite ruote idrauliche. Ma la vera innovazione in ambito economico
e sociale fu l’invenzione della macchina a vapore ad opera di Thomas Newcomen, la quale
fu poi perfezionata da James Watt nel 1769. Dapprima utilizzata in ambito minerario, per
prosciugare le gallerie allagate, essa fu poi applicata nel settore dei trasporti, rivoluzionando
il modo di spostarsi della gente, grazie all’invenzione di battelli e treni a vapore. Tuttavia,
questa serie di innovazioni ebbe un impatto molto forte sulle condizioni della classe
produttiva. In primo luogo, con l’istituzione delle fabbriche, unità produttive nelle quali i beni
erano prodotti in grandi quantità con l’utilizzo di macchinari, il che condusse ad una
frammentazione del meccanismo di produzione. Ad operai non specializzati, infatti, spettava
il compito di eseguire azioni semplici e ripetitive, anche per 15 ore al giorno, in condizioni
lavorative pessime e in ambienti malsani. In quell’epoca non esistevano leggi che stabilivano
la durata delle giornate lavorative e tutelavano i diritti della classe operaia: si può spiegare in
questo modo il perché dello sfruttamento di donne e bambini all’interno delle fabbriche, e la
presenza di bambini molto piccoli (5-7 anni) nelle miniere. Anche le condizioni urbane della
classe produttiva erano miserabili: dettate dal sovraffollamento, dovuto alla migrazione di
manodopera dalle campagne, le città industriali sorte nei pressi delle fabbriche mancavano
di servizi igienico-sanitari fondamentali, come il rifornimento d’acqua, le fognature e gli
ospedali. In questi ambienti insalubri e fatiscenti era molto facile contrarre malattie infettive,
e di conseguenza l’aspettativa di vita in quelle città subì un grosso calo.
RISPOSTA 10 -Si descrivano almeno tre fattori che hanno contribuito ad avviare il
processo di crescita durante il periodo del "miracolo economico italiano" (1950-1953)
Nel 1950 furono varati due importanti provvedimenti che favorirono lo sviluppo successivo:
la riforma agraria e la Cassa per il mezzogiorno. La riforma agraria consistette
nell'espropriazione di 800 mila ettari di terre ai grandi proprietari e nella loro assegnazione a
famiglie di braccianti agricoli. I proprietari furono indennizzati con titoli di Stato e gli
assegnatari diventavano pieni proprietari dopo il pagamento di 30 annualità. Molti contadini
acquistarono appezzamenti di terra direttamente da proprietari non coltivatori, potendo
beneficiare di particolari facilitazioni e di ampie sovvenzioni creditizie. Tali provvedimenti
fecero aumentare la piccola proprietà coltivatrice che, se da un lato avesse soddisfatto la
fame di terre dei contadini, dall’altro sarebbe stato di ostacolo all'ammodernamento
dell'agricoltura. Si sviluppo, perciò, un vasto movimento cooperativo, che consenti di
superare i limiti posti dal frazionamento della proprietà. La Cassa per il Mezzogiorno doveva
finanziare opere straordinarie di pubblico interesse nelle regioni meridionali, in Sicilia e in
Sardegna. Nei primi anni si impegnò nella creazione di infrastrutture e soprattutto nel
sostegno all'agricoltura. La crescita fu inoltre accompagnata da profondi mutamenti
strutturali: l'istruzione migliorò, gli alfabeti si ridussero notevolmente e aumentarono
diplomati e laureati. Altre ragioni che giustificano il miracolo economico sono:
-la modernizzazione dell'agricoltura mediante la meccanizzazione e l'utilizzo dei concimi
chimici;
-la scelta di un'economia aperta orientata alle esportazioni, che costituirono il motore della
crescita;
-la disponibilità di manodopera a basso costo, durata fino alle rivendicazioni salariali, ossia
scioperi ("autunno caldo") che portarono all'approvazione dello Statuto dei lavoratori;
-un lungo periodo di bassi prezzi internazionali delle materie prime e delle fonti energetiche,
che l'Italia doveva importare;
-il ruolo dello Stato, che finanziò lo sviluppo di determinati settori e fu presente in numerosi
rami economici;
-un solido sistema bancario, capace di fornire i finanziamenti necessari, anche mediante
nuovi istituti di credito destinati ai finanziamenti industriali a medio-lungo termine.
Fra rivoluzione agraria e rivoluzione industriale vi è uno stretto rapporto, nel senso che i due
fenomeni s’influenzarono reciprocamente. La Rivoluzione agraria ha contribuito alla
rivoluzione industriale inglese in almeno quattro modi: Sostenne una popolazione in
aumento: l'aumento della produttività agricola consenti di alimentare un numero crescente di
persone, che poterono dedicarsi ad attività extra agricole. Creò il potere d'acquisto da
destinare a prodotti dell'industria britannica: gli scambi fra prodotti agricoli e industriali
s'intensificarono notevolmente. I redditi agricoli consentirono agli agricoltori di acquistare i
manufatti dell'industria, sia quelli destinati al consumo diretto, sia quelli necessari alle nuove
esigenze dell'agricoltura, come attrezzi di ferro e materiale da costruzione per strade e case.
Consenti lo spostamento di popolazione nelle zone industriali: gli operai della nascente
industria provenivano, in genere, dalla campagna. Molti contadini abbandonarono la terra,
per necessità o per scelta, e trovarono occupazione negli opifici. Partecipò alla formazione
del capitale necessario al finanziamento dell'industrializzazione: molti proprietari terrieri
investirono i loro profitti nell'industria e diventarono essi stessi industriali. Allo stesso modo,
molti industriali investirono parte dei loro profitti nella proprietà fondiaria.
Primo dopo guerra Si nota dopo la guerra l’intervento dello Stato, con un ruolo importante
ma anche integrativo nell’agricoltura e nell’industria, cominciava a farsi strada. Nel
frattempo, veniva alimentato il dibattito su come utilizzare gli aiuti del piano Marshall che
sarebbero stati indirizzati verso tutte le regioni italiane compresa la Sicilia. Durante
Mezzogiorno, si era costituita un’area monetaria, separata dal resto d’Italia e caratterizzata
da una forte inflazione. Essa era causata da parte degli anglo-americani che avevano
alimentato notevolmente l’inflazione, rendendo più agevoli le attività commerciali mentre per
contro aveva ridotto il potere d’acquisto dei ceti a reddito fisso. Il sistema bancario siciliano
era debole operavano il Banco di Sicilia e la Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele.
La Sezione industriale del Banco di Sicilia sovvenzionò con oltre un miliardo di lire le piccole
industrie di alcuni settori e finanziò la Società Generale Elettrica Sicilia allo scopo di
costruire la Centrale termica di Messina. Per sviluppare l’economia occorreva far crescere
sia il settore primario che quello secondario. In Sicilia, era stata scelta la via dell’autonomia
anche per risolvere la questione del sottosviluppo, erano in parecchi a pensare che insieme
con il risollevamento dell’agricoltura era necessario pensare allo sviluppo industriale. Gli
agraristi pensavano che lo sviluppo del settore primario dovesse essere accompagnato dal
potenziamento del turismo. I sostenitori dell’industrializzazione, facendo riferimento a quello
che avveniva nei paesi capitalistici, si erano accorti che il numero degli addetti all’agricoltura
aveva la tendenza a diminuire mentre in Sicilia era crescente. Per gli industrialisti, quindi,
era impossibile che la soluzione della questione meridionale potesse venire dai
miglioramenti dell’agricoltura, ma sarebbe stato necessario, come sosteneva Rodolfo
Morandi, avviare contestualmente un vero e proprio processo di industrializzazione. Una
posizione simile assunse Luigi Sturzo per la Sicilia, proponendo la realizzazione di
complessi industriali serviti da una rete e da mezzi di trasporto adeguati. Le prime speranze
di una rinascita economica della Sicilia nacquero con il preannunziato arrivo degli aiuti del
Piano Marshall, che avrebbero potuto essere utilizzati per una crescita dell’occupazione
attraverso la riattivazione di nuove attività produttive. A tale scopo vennero organizzati
numerosi convegni e fondate numerose associazioni per dare indicazioni e suggerimenti
sulla destinazione dei suddetti aiuti che però rimasero inascoltati. Il Centro per l’incremento
industriale della Sicilia, il quale preparò un piano economico quinquennale. Il progetto
prevedeva la costituzione di: -Un istituto finanziario, l’ERIS (Ente per la Rinascita Industriale
della Sicilia), che avrebbe dovuto avere il compito della gestione di aziende di pubblico
interesse. -Un altro istituto tecnico, l’ISEP (Istituto Siciliano per l’Edilizia Popolare), per le
nuove costruzioni. -Bisognava inoltre potenziare l’Ente per il latifondo siciliano costituito,
negli ultimi anni del dominio fascista allo scopo di migliorare l’agricoltura dell’Isola. -Anche
l’EAS (Ente Acquedotti Siciliani), - l’ISA (Istituto Siciliano Autotrasporti). - Il piano prevedeva
anche la trasformazione della SGES (Società Generale Elettrica della Sicilia) in società di
interesse pubblico con la partecipazione azionaria di maggioranza dell’ERIS (Ente per la
Rinascita Industriale della Sicilia). - Infine, occorreva fondare un Ente Turistico Siculo
Internazionale e potenziare il provveditorato alle opere pubbliche. Tale piano era abbastanza
articolato ma aveva scarse possibilità di realizzazione poiché faceva riferimento ad un
contributo di solidarietà dello Stato stimato in circa 4 miliardi di lire, mentre le spese
ammontavano a 70 miliardi.
La Germania stato sempre meno frazionato rispetto ai secoli precedenti ebbe uno sviluppò
che si può concentrare in alcuni principali fattori:
▪ Le Banche: Ebbero un ruolo primario nel sostenere la crescita economica, essa si sostituì
allo stato in quanto mancava di capitali necessari, compito quindi che passò alla banca che
raccoglieva i risparmi dei cittadini e li indirizzava verso il finanziamento delle industrie. Al
vertice della banca vi fu la Reichsbank ovvero la banca dell’Impero che emetteva la moneta
cartacea del nuovo marco tedesco. In Germania fu molto comune la presenza di banche
miste e provinciali.
▪ I Trasporti: Le nuove ferrovie e la navigazione interna ebbero un ruolo cruciale per il
commercio esterno ma soprattutto interno, nonostante la mancanza di grandi sbocchi
marittimi la Germania trovo la soluzione; I transatlantici, navi da lunga gittata che tenevano il
passo delle navi inglesi.
▪ Cartelli: I cartelli regolarono la concorrenza anche in tempi difficili specie durante la grande
depressione.
▪ Dumping: La politica del dumping permise alla Germania di far conoscere i propri prodotti
all’estero, facendoli conoscere e aumentandone i prezzi in seguito.
▪ Ruolo dello stato: Sostenne lo sviluppo economico in diversi modi; In primo piano lo stato
era il primo consumatore della nazione, sostenendo la produzione solamente con la
domanda, favorì dumping e cartelli, attuando una politica protezionistica per permettere la
crescita interna. Lo stato si preoccupò inoltre dell’istruzione della popolazione
aumentandone il prestigio