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RIVOLUZIONE INDUSTRIALE BRITANNICA

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE IN INGHILTERRA E IN EUROPA

Il decollo industriale dell'Inghilterra


1. Rivoluzione industriale: un'espressione complessa
La rivoluzione industriale si sviluppò in Inghilterra tra il 1770 e il 1850, portando una
grande svolta soprattutto in campo economico e sociale.
Il termine rivoluzione, inizialmente usato in campo astronomico, venne poi applicato
anche in ambito sociale e politico; successivamente venne utilizzato per indicare gli
importanti eventi che interessarono la Francia già dal 1789, e probabilmente da ciò
deriverebbe l'espressione "rivoluzione industriale" intesa come corrente di innovazioni e
cambiamenti radicali. Solo intorno alla fine dell'Ottocento il termine assunse il
significato attuale che descrive i mutamenti subiti dall'economia britannica e
statunitense tra il 1770 e il 1850: in tal modo, però, si segnala che il mutamento è
avvenuto in maniera profonda e radicale, ma allo stesso tempo che si è verificato in
maniera immediata e violenta; invece parlando di rivoluzione industriale si deve tenere a
mente che è il frutto di una serie di fenomeni e condizioni verificatisi in Inghilterra in
maniera lenta e graduale da permetterne 'industrializzazione.
2. Aumento della popolazione e innovazione agricola
Nel corso del Settecento la popolazione inglese aumentò di circa 4 milioni di abitanti,
contandone alla fine del secolo ben 9 milioni: la crescita fu veloce e rapida grazie alla
diminuzione della mortalità e ad un aumento della natalità.
Per far fronte al notevole incremento demografico furono necessarie diverse soluzioni
complementari:
o Allargamento della superficie di terra coltivata, attuato grazie a bonifiche e al
prosciugamento delle zone paludose;
o Introduzione di un sistema di rotazione moderno, con l'assenza del maggese
sostituito da foraggio per l'allevamento di bovini, che fornivano carne e concime
per i campi destinati ai cereali.
Per quanto riguarda l'organizzazione della proprietà si diffuse la pratica delle recinzioni
(enclousers) che modernizzò il vecchio sistema agrario: inizialmente il terreno veniva
diviso in due parti, una del signore e l'altra dei contadini, entrambe lavorate da questi
ultimi, che ricavavano nutrimento solo dalla porzione loro assegnata e che erano
costretti a consegnare il profitto del loro lavoro sulla parte del signore, al nobile. Le
terre dei contadini erano generalmente organizzate in campi aperti (open fields) nei
quali ogni famiglia coltivava una striscia di terreno, e ciò portava sia il vantaggio di
avere a disposizione terre di migliori qualità, che lo svantaggio di non poter introdurre
dei miglioramenti e degli strumenti innovativi in campo agricolo ogni qual volta si
voleva, poiché era necessario avere il consenso dell'intera comunità di villaggio.
Già nel 1500 i signori avevano cominciato a recintare i propri terreni, arrivando, nel
Settecento, ad estendere questa pratica anche alle terre contadine: in tal modo i signori
poterono introdurre le innovazioni con libertà, aumentando i loro raccolti;
successivamente il Parlamento emanò i cosiddetti
"enclosures acts" obbligando tutti i proprietari a recingere i loro terreni, e, in assenza di
disponibilità economica, a vendere le loro proprietà.
3. Il grande commercio internazionale
Una delle condizioni che favorirono lo sviluppo della Rivoluzione industriale fu
sicuramente la mentalità della società inglese, che a differenza di quella degli altri
Paesi, risultava essere più aperta: l'aristocrazia terriera, infatti, comprese l'importanza
di investire in attività economiche per il guadagno di denaro, mentre la nobiltà europea
lo riteneva ancora volgare. Grazie a ciò l'Inghilterra sostitui Amsterdam nel controllo
degli scambi e del commercio a lunga distanza, che si estendeva sino all'india, in
Oriente e nele coste
atlantiche americane.
L'Inghilterra si presentava come produttrice di manufatti da esportare e come
importatrice di merci da rivendere in tutta Europa, tanto che i settori che producevano
per l'esportazione videro il loro indice di produzione aumentare di ben 5 volte rispetto a
quello del mercato nazionale; la domanda di beni inglesi era già alta nel Settecento, e fu
proprio questo che spinse i produttori a migliorare il rapporto qualità - prezzo dei loro
prodotti e a velocizzarne i ritmi di produzione.
Il punto di forza degli scambi inglesi fu il commercio triangolare, ai cui vertici stavano
Inghilterra, Africa e America: le navi inglesi partivano verso le coste africane cariche di
merci (liquori, tessuti, coltelli, armi da fuoco ecc) da scambiare con gli schiavi neri, che
venivano condotti in Giamaica e scambiati con le mercanzie coloniali americane, quali
zucchero, cotone e indaco. Al commercio triangolare si aggiunsero altri elementi
commerciali tra cui l'esportazione diretta di manufatti inglesi in Europa e l'importazione
di merci provenienti dall'India, come i tessuti in cotone che detenevano una qualità
migliore su quelli di fustagno
(un tessuto misto di lino e cotone) prodotti in Germania.
4. Le innovazioni nell'industria tessile
Le prime innovazioni tecniche si ebbero nell'industria tessile, in particolare nella
produzione di tessuti di cotone, la cui domanda stava notevolmente crescendo;
l'Inghilterra poi, riuscì in breve tempo a surclassare l'industria tessile indiana
producendo merci di migliore qualità e minor prezzo. Tutto ciò fu reso possibile
dall'utilizzo delle macchine, che riuscirono a concorrere con l'artigianato indiano.
La spoletta volante fu introdotta da John Key e portò un notevole miglioramento del
telaio, consentendo ad un solo operaio di svolgere il lavoro che in precedenza
necessitava di due o più individui. L'invenzione di Key non trovò un'immediata
applicazione nell'industria e questo mostra quanto una novità tecnica, da sola, non sia
significativa: questa lo diventa quando viene richiesta dall'intero sistema economico,
che la necessita come strumento per un migliore rapporto qualità prezzo o un aumento
dell'offerta.
La spoletta volante divenne necessaria quando furono apportate nella filatura, settore
produttivo a monte della tessitura, una serie di novita; la prima fu l'introduzione di jenny
da parte del falegname tessitore
James Hargreaves tra il 1764 e il 1767, che consentiva ad una sola persona di filare sei
o sette fili alla volta.
La jenny era un'innovazione poco costosa, per cui ne poterono usufruire anche i
contadini per le loro attività casalinghe; l'unico difetto principale della jenny era che
produceva un filo molto sottile, per cui si dovette ricorrere ai metodi tradizionali fino
all'introduzione del frame, altra macchina a rulli introdotta nel 1768 da Richard
Arkwright. Il filato ottenuto con il frame aveva caratteristiche opposte a quello ottenuto

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dalla jenny, per cui si ottenne un tessuto misto detto "calico" caratterizzato da trama in
filato fino e ordito più robusto e grezzo.
Poiché il frame necessitava di molta energia, le macchine filatrici furono concentrate in
luoghi scelti con cura, che permisero lo sfruttamento dell'energia idraulica dando lavoro
a circa 600 individui.
5. La rivoluzione del cotone
Nel 1785, Samuel Crompton riusci a risolvere il problema del filato misto, costruendo
una macchina che prese il nome di "mulo", capace di crearne uno uniforme in cui si
combinavano gli elementi della jenny e quelli del frame, da cui si ottennero i tessuti
detti "mussoline". Per alimentare i muli furono utilizzate macchine a vapore, con il
risultato che gli opifici si impiantarono stabilmente nelle citta, portando un incremento
degli stabilimenti urbani.
Nel 1784 Edmund Cartwright inventò un telaio meccanico azionabile mediante cavalli,
ruote ad acqua o motori a vapore, ma solo nell'Ottocento si notò l'effettiva applicazione
dell'invenzione con più di 100 000
telai meccanici adoperati.
Intorno al 1850 all'industria del cotone era dovuto oltre il 40% delle esportazioni
britanniche sia in Europa che in Africa e in America Latina, cosicché l'India dovette
rinunciare a essere un grande esportatore di manufatti di cotone e trasformarsi in un
fiorente mercato dell'industria inglese.
6. Ferro, vapore e carbone
La vera protagonista della Rivoluzione industriale fu l'energia a vapore, utilizzata
inizialmente nell'industria mineraria. Durante il Seicento, l'estrazione del carbone fossile
assunse sempre più un'importanza considerevole, ma il lavoro in miniera si presentava
ancora ostico e problematico sia a causa delle esalazioni di gas, che delle improvvise
esplosioni, per finire con l'allagamento delle gallerie. Per risolvere quest'ultimo
problema Thomas Newcomen nel 1708 costrui una pompa aspirante capace di eliminare
l'acqua in eccesso nel pozzo minerario mediante il vapore, consentendo lo sviluppo della
produzione carbonifera annua inglese. Negli anni 1765-1784, James Watt perfezionò la
sua macchina rotativa a doppio effetto che trovò impiego nell'industria metallurgica, in
quella siderurgica dal 1783 e in quella tessile dal
1790.
Nel Settecento il problema principale che gravava sulla produzione di ferro era legato
all'uso del carbone a legna utilizzato nella raffinazione. Ciò richiedeva, infatti,
un'industria nomade, che si spostasse ogni qual volta le risorse boschive terminassero;
invece, con l'introduzione del carbone fossile in sostituzione a quello a legna, l'industria
siderurgica si radicò nelle regioni produttrici di carbone, che trovò largo impiego nella
lavorazione della ghisa.
7. La nascita della ferrovia
Queste innovazioni in campo siderurgico furono alla base della nascita della ferrovia,
utilizzata inizialmente per il trasporto del carbone fossile nei vari porti d'esportazione: in
Inghilterra si iniziarono a stendere binari di ghisa su cui venivano fatti scorrere carrelli
carichi di carbone trainati da cavalli. Successivamente George Stephenson introdusse la
locomotiva a vapore, che venne poi perfezionata dal figlio e utilizzata nella prima vera
ferrovia che collegava Manchester a Liverpool. L'industria delle ferrovie richiedeva
l'investimento di enormi quantita di capitali, che venivano investiti da privati e non dallo
Stato; questi investimenti non erano redditizi a breve termine, tuttavia i grandi

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industriali del cotone, del ferro e di tutti gli altri settori investiti dall'industrializzazione,
riuscirono a impiegare parte del loro denaro per migliorare l'intero sistema di trasporti.
Inoltre, la costruzione della rete ferroviaria offrì lavoro ad un numero elevatissimo di
operai, contando intorno al 1850 circa 260000 persone impiegate in questo settore.

Il liberismo economico

1. Il pensiero economico di Adam Smith


La moderna scienza economica fu il tratto più significativo della cultura britannica tra
Settecento e Ottocento, e fu fondata da Adam Smith, molto legato all'illuminismo. Nel
1776 egli pubblico la sua opera più importante,
"Ricerca sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni".
La riflessione di Smith fu tipicamente illuminista: egli concepiva l'umanità al centro di
un cosmo retto da leggi orientate al benessere dell'uomo, e partendo da tale
concezione, rivaluto l'egoismo come ricerca dell'interesse privato e personale compiuta
da ogni singolo individuo; secondo Smith ciò non era da considerarsi come peccato,
bensi come strumento che permetteva all'intero sistema della natura di raggiungere la
felicita, e proseguendo su questa strada arrivo ad osservare che gli individui offrono il
frutto del loro lavoro ad altre persone solo per desiderio di profitto; in tal modo non si
persegue esclusivamente ad inseguire il proprio guadagno ma si contribuisce al
soddisfacimento delle necessità altrui e quindi al raggiungimento della felicità del
prossimo.
Smith inoltre è considerato il fondatore del liberismo, che si basa su tre pilastri
fondamentali:
o Lo Stato non deve intervenire nella dinamica economica, governata solo dalla
legge della domanda e dell'offerta che determina il costo delle singole merci, che
aumenterà quando la domanda sarà alta e l'offerta debole e diminuirà in caso
contrario;
o Libero scambio: è un'estensione del primo pilastro con applicazione pratica, e
significa rinuncia da parte dei governi a ostacolare con dazi o altre misure
finalizzate a proteggere l'economia del proprio paese, la libera circolazione delle
merci;
o Protezionismo concepito come ostacolo allo sviluppo di un ordine economico
internazionale, basato sulla divisione del lavoro, cioè su attività complementari
che permettono lo scambio delle merci.
2. Il pensiero di Thomas R. Maltus
Thomas Robert Malthus si occupò di demografia ed economia politica, e in particolare
fece un'accurata analisi sull'aumento della popolazione britannica, che passò da 11
milioni a quota 16 milioni e mezzo in soli trent'anni. Secondo Malthus, lo Stato non
avrebbe dovuto mantenere con la carità pubblica i poveri, cioe coloro che sarebbero
caduti nello squilibrio tra risorse disponibili e aspiranti consumatori, anzi sarebbe stato
necessario limitare la loro capacità riproduttiva: fu proprio questo fatto che distingue
l'incremento demografico del Settecento da quello dell'Ottocento, secolo in cui prevalse
un decisivo aumento della natalità e dei matrimoni precoci, non più stabiliti dalle
famiglie e favoriti dall'impiego industriale. Malthus, dunque, proponeva un ritorno al
matrimonio posticipato e addossava interamente ai poveri il compito di combattere la
miseria, senza che lo Stato dovesse intervenire in favore dei bisognosi.

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Inoltre Malthus fu il primo ad intuire che l'economia industriale è soggetta a crisi di
sovrapproduzione: a causa della povertà degli operai e in seguito alla perdita del loro
potere di acquisto l'economia britannica avrebbe finito per produrre molti più beni di
quelli che la popolazione avrebbe potuto comprare, e questa situazione poteva essere
risolta solo con l'abbandono della concezione del liberismo secondo cui lo Stato non
sarebbe dovuto intervenire né nella realtà economica né nell'assistenza dei poveri.
La nascita del socialismo moderno

1. La fabbrica moderna
La rivoluzione industriale non portò solo cambiamenti tecnici ed economici, ma anche
nel sistema di produzione. In precedenza, il processo produttivo era decentrato e
suddiviso in unità distinte, poiché il mercante-imprenditore forniva ai vari lavoratori la
materia prima che poi ritirava e smerciava a prodotto finito e nella maggior parte dei
casi, inoltre, l'artigiano seguiva personalmente l'intero processo. Con
l'industrializzazione, invece, poiché vi era solo una macchina che azionava numerosi
strumenti di lavoro, fu necessario concentrare la manodopera in un unico luogo, la
fabbrica moderna, all'interno della quale veniva diviso ulteriormente il lavoro, con il
risultato che l'artigiano fu sostituito da numero elevato di operai per nulla qualificati.
Questa trasformazione comporto il massiccio impiego di donne e bambini nel processo
di produzione, un elevato tasso di alcolismo dovuto alle precarie condizioni di vita, e lo
spostamento della popolazione dalla campagna alle citta, dove sorsero le nuove
industrie.
2. Il Manifesto del Partito comunista
Karl Marx attaccò il concetto di diritti dell'uomo e del cittadino, definiti nel 1776 e nel
1789. Secondo il filosofo, sia in America che in Francia, la proclamazione dei diritti si
identificava come il trionfo dell'egoismo individuale e come ricerca del proprio interesse
privato; quindi, quei diritti non erano dell'uomo ma del borghese che voleva difendere la
propria proprietà. Questa secondo Marx sta alla base della disuguaglianza degli uomini,
tra i quali i più potenti dominano in tal modo tutti gli altri. Per questo motivo la lotta
politica per ottenere uno stato liberale, all'interno del quale fossero stati rispettati i
diritti dell'uomo e del cittadino, non sarebbe stata sufficiente a eliminare la condizione
di oppressione che coinvolgeva la maggior parte degli uomini. Così nel 1847, fondo
l'associazione internazionale dei lavoratori, meglio nota come Lega dei Comunisti, che
averd coic
obiettivo l'abolizione della borghesia a favore del proletariato,
l'eliminazione del vecchio sistema basato sui contrasti tra classi e la fondazione di una
società libera da classi e proprietà privata.
Nel 1843 Marx si interessò anche al problema religioso, applicando il metodo del
"materialismo storico", che vede la filosofia, la religione e l'arte influenzate dalla
situazione sociale del loro medesimo periodo storico: in altre parole la filosofia, l'arte e
la religione di una determinata struttura sociale, tendono a presentare come immutabili
il tipo di società e di regime politico di volta in volta esistenti. Secondo Marx invece la
Storia, processo dinamico, è un perenne scontro tra classi sociali diverse, in lotta tra
loro a causa della proprietà dei mezzi di produzione, che consentono agli individui che la
detengono, di porsi in posizioni dominanti sulle masse restanti. In epoca moderna la
borghesia è padrona delle fabbriche, delle miniere e delle banche e controlla così la
nuova economia basata sulla produzione industriale.

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3. Borghesia e proletariato
Nel corso della storia, la borghesia ha avuto una funzione rivoluzionaria, in quanto si è
liberata dal dominio della nobiltà divenendo a sua volta classe dominante capace di
impiantare un sistema economico imponente; così come le classi dominanti precedenti,
essa ha difeso i propri interessi presentando la proprietà come condizione di supremazia
legittimata e come esito di circostanze storiche. Secondo Marx invece la borghesia non
ha nulla di naturale e quindi di legittimo, e non riesce a controllare il sistema produttivo
moderno, tant'è che periodicamente va incontro a crisi di sovrapproduzione,
permettendo cosi al proletariato di toglierle il potere mediante un atto rivoluzionario. Il
primo atto della rivoluzione proletaria dovrà essere quindi la conquista del potere
politico, in modo da porre lo Stato al servizio dei proletari (per controllarne la forza), che
aboliranno la proprietà privata dei mezzi di produzione e favoriranno la nascita di un
sistema sociale più giusto.
Nel suo saggio "Il Capitale", Marx si sforzò di dare rigore scientifico al suo pensiero e
defini il concetto di plusvalore, con il quale egli volle affermare che gli operai ricevevano
una retribuzione inferiore a quella dovuta, evidenziando i termini dello sfruttamento del
proletariato da parte della borghesia.

L'industrializzazione in Europa

1. Il ritardo dei Paesi continentali


Gli imprenditori dei diversi Stati Europei compresero lentamente l'importanza che
l'industrializzazione stava assumendo in Inghilterra, e l'attenzione si concentrò
maggiormente sugli effetti che questa stava portando: urbanizzazione selvaggia,
degrado della moralità degli operai, alcolismo, sfruttamento lavoro
minorile ecc.
In Francia il primo impianto di filatura azionato da macchine comparve solo nel 1843, e
la lavorazione della terra continuava ad essere considerata il capitale più sicuro,
cosicché nel 1856 più del 50% della popolazione era impiegata in quel settore. Dal 1831
al 1851, la popolazione del Lancashire (regione cotoniera per eccellenza) crebbe del
47%, mentre nella zona di Parigi e del bacino della Loira aumento del 32%, e ciò era
dovuto alle minori densità della popolazione nei centri urbani francesi. Minori erano
anche le ferrovie, rispetto a quelle inglesi. Il primo paese che segui le orme
dell'inghilterra fu il Belgio, dov'erano notevoli le riserve di ferro e di carbone sfruttate
con razionalità moderna; nel 1834 fu progettato un vasto sistema ferroviario che
permise agli operai di spostarsi sul luogo di lavoro, riuscendo così ad evitare la
drammatica urbanizzazione che caratterizzò l'Inghilterra.
2. L'espansione economica degli anni 1850-1870
Tra il 1850 e il 1870 in Inghilterra si ebbe un aumento vertiginoso sia nella produzione di
carbone e ghisa, sia nella costruzione di ferrovie. Lo sviluppo economico inglese
coinvolse l'intera Europa in un moto di crescita nel commercio con l'Inghilterra e nella
costruzione di ferrovie, con un aumento nella produzione di carbone, ghisa ed estrazione
mineraria.
Nel 1807 furono collaudati i primi battelli a vapore; tra il 1836 e il 1837 vi fu l'invenzione
del telegrafo, diffusosi universalmente con l'introduzione di cavi sottomarini. A partire
dal 1851 si tennero a Londra e a Parigi le prime Esposizioni universali, alle quali

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parteciparono migliaia di ditte e imprese che presentarono le loro innovazioni tecniche;
per questo motivo i decenni 1850-1870 furono definiti "epoca del progresso".

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