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Nodo ferro-carbone.
Centralità del settore siderurgico.
La produzione di ghisa avveniva in precedenza in altiforni
alimentati a carbone di legna. Sorge la necessità di sfruttare il
carbon fossile, di cui l’Inghilterra è ricchissima.
- Altoforno alimentato a carbon coke (H. Cort, 1784).
L’industria siderurgica riesce a soddisfare le richieste di
materiale ferroso che provengono dall’agricoltura e dai nascenti
settori industriali.
Ciclo propulsivo del settore siderurgico e carbonifero:
Domanda prodotti ferrosi -> altiforni a coke -> più estrazione di
carbone -> sistema per prosciugare le miniere -> invenzione
della pompa a vapore, che sarà poi sviluppata nella macchina a
vapore.
James Watt, 1775: brevetta la macchina a vapore.
Energia termica -> energia cinetica; enormi quantità di energia
che consentono di superare i limiti del lavoro umano e animale.
Energia continua, potente, versatile (possiamo applicarla a
diversi settori, da quello estrattivo a quello tessile a quello dei
trasporti).
La macchina a vapore consente di superare i limiti imposti dalla
natura; le industrie possono sorgere anche in luoghi privi di
corsi d’acqua.
Macchina a vapore -> miniere; ferrovie e battelli a vapore; telai
a vapore; aratro a vapore -> aumento del fabbisogno di prodotti
come locomotive, vagoni, rotaie, telai etc. -> impulso alla
meccanica e alla siderurgia.
Lo sviluppo dei trasporti (ferrovie in primis) determinerà costi
minori e un enorme allargamento del mercato.
Fasi della prima rivoluzione industriale:
1)1760 - ’90: meccanizzazione della filatura e nuovi metodi in
siderurgia;
2)1790 – 1820: sviluppo della tessitura meccanica e della
macchina a vapore;
3)1820 - 1850: ruolo trainante della ferrovia.
Avvento del sistema di fabbrica che va a sostituire le botteghe
artigiane e la manifattura a domicilio.
Luoghi in cui vengono concentrati uomini e macchine; il
principio fondamentale che sta alla base del sistema di fabbrica
è la divisione del lavoro.
Meccanizzazione del processo produttivo grazie all’utilizzo di
telai meccanici e della macchina a vapore; ogni operaio sarà
addetto ad una sola operazione all’interno del processo.
Adam Smith (Indagine sulla natura e le cause della ricchezza
delle nazioni, 1776).
- Liberismo economico (teoria della “mano invisibile”); agendo
per il proprio interesse personale, il singolo attore economico
apporta un beneficio all’intera società; il mercato va lasciato
libero (domanda e offerta si equilibrano naturalmente).
- Teoria del valore-lavoro: è il lavoro a incrementare il valore e
a produrre ricchezza, attraverso il meccanismo della divisione
del lavoro (enorme aumento della produzione).
Altro lato della medaglia: lo sfruttamento del proletariato
industriale.
L’operaio, rispetto all’artigiano, diventa poco più che una mano.
Lavoro non libero, non creativo, penoso, ripetitivo.
La macchina e i sorveglianti impongono agli operai un nuovo
tipo di disciplina (David Landes: “adesso il lavoro doveva essere
svolto in una fabbrica, al ritmo stabilito da un attrezzo
instancabile e inanimato, nell’ambito di una schiera di operai
che doveva cominciare, sostare e smettere all’unisono – tutti
sotto l’occhio di sorveglianti che avevano mezzi di coercizione
morale, pecuniaria e a volte anche fisica. La fabbrica era un
nuovo genere di prigione; e l’orologio un nuovo genere di
carceriere.”
Rivoluzione: non tanto la repentinità del cambiamento, quanto
piuttosto la sua irreversibilità. Cambiamento che serve a
periodizzare il passaggio all’età contemporanea.
La rivoluzione industriale si afferma in tempi successivi e per
cerchi concentrici nel continente europeo (e anche negli Stati
Uniti).
Concorrenza delle industrie inglesi -> rinnovamento tecnologico
delle manifatture continentali. “Emulare l’Inghilterra diventa un
imperativo politico, prima ancora che economico”.
Trasferimento della tecnologia britannica sul continente
(tecnici, macchine, esperienze). Possibile in quanto il gap
tecnologico non è troppo ampio. Processo graduale: i vecchi
modi di produzione coesistono per decenni con quelli più
recenti.
1830-’60: Belgio e Francia.
1850-’70: Germania.
Fine Ottocento – inizio ‘900: Russia e Italia.
Industrializzazione a macchia di leopardo, sia in Inghilterra che
altrove.
Decollo che interessa prima regioni che hanno condizioni
particolari (risorse carbonifere, vie di comunicazione, tradizione
tessile): Belgio, Francia nord-orientale, Renania-Westfalia,
Alsazia, Svizzera Renania, Sassonia, Slesia, Nord Italia, Caucaso
etc.).
Altre zone rimangono molto arretrate (Sud Europa).
Diverse condizioni di partenza -> diversi modelli di
industrializzazione. Inghilterra: imprese tessili che si
autofinanziano. Continente: siderurgia (richiede alti
investimenti -> i capitali vengono dalle banche -> rivoluzione
finanziaria, con le banche di investimento e le banche miste).
Ruolo strategico delle ferrovie (tra 1840 e 1870: da 1700 a
63000 miglia in Europa, da 2800 a 36000 miglia negli Stati Uniti).
Settore autopropulsivo: domanda di energia (carbone e
vapore), di macchine, di ferro (siderurgia); riduzione di tempi e
costi di trasporto delle merci.
Enormi investimenti di capitali e circolazione degli stessi;
sviluppo del sistema bancario.
Ampliamento e unificazione dei mercati; soddisfazione di una
domanda a media e lunga distanza.
Processo di modernizzazione che manda in crisi le manifatture
tradizionali, incapaci di reggere la concorrenza (avevano retto
grazie alla frammentazione dei mercati su scala locale o
regionale).
Sviluppo del commercio mondiale: raddoppia tra 1800 e 1840,
triplica tra 1850 e 1870.
Progressiva integrazione dei mercati e affermazione di politiche
libero-scambiste (abolizione dei dazi); il protezionismo tuttavia
tornerà in auge dopo la crisi del 1873. Oggi sono cadute quasi
tutte le barriere alla circolazione di merci, capitali, informazioni
e persone.
Grandi trasformazioni demografiche (da 193 milioni a 400
milioni di abitanti in Europa in meno di un secolo); aumento
della ricchezza e del tenore medio di vita (alimentazione,
condizioni igienico-abitative, progressi della medicina).
Riduzione del tasso di mortalità.
Cambiamenti sociali: maggior dinamismo e mobilità sociale.
- L’aristocrazia mantiene grande potere e prestigio.
- I contadini e l’agricoltura sono ancora la base fondamentale
della società.
- Emergere di due classi sociali antagoniste, borghesia e
proletariato. Classe: insieme di individui accomunati dalla
funzione produttiva e dal ruolo sociale (elementi economici e
culturali, non giuridici).
Borghesia: classe eterogenea e composita; dai proprietari di
grandi aziende agrarie, banchieri, imprenditori, grossi
commercianti; ma anche professionisti, funzionari pubblici,
intellettuali; artigiani, negozianti. La vera protagonista è la
borghesia capitalistica, proprietaria dei mezzi di produzione, che
investe i propri capitali per ottenere un profitto.
Proletari: coloro che possiedono solo la propria forza lavoro
(braccianti, operai). Ex artigiani costretti ad entrare in fabbrica,
contadini espulsi dalle campagne dalle trasformazioni
dell’agricoltura, immigrati; donne e bambini risucchiati dal
sistema industriale..
Gerarchia del sistema di fabbrica: l’operaio specializzato non
vive nelle stesse condizioni del manovale, del minatore,
dell’operaia tessile.
Alti costi umani e sociali dell’industrializzazione:
- Miseria e sfruttamento, soprattutto per lavoratori non
specializzati, donne e bambini.
- Salari bassissimi fino al limite della sopravvivenza.
- 15 ore di lavoro al giorno a ritmi massacranti.
- Ambiente malsano e pericoloso.
- Ferrea disciplina di fabbrica (orari, obblighi, punizioni).
- Insicurezza: rischio di licenziamento (lavoratori facili da
sostituire).
- Assenza di tutele per malattie, infortuni, vecchiaia.
- Forte isolamento; famiglie operaie spesso sradicate dal
contesto di origine.
Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra.
Nuova povertà, all’interno di un sistema economico in cammino
verso il progresso.
Le classi dirigenti in alcuni casi invocano lo smantellamento di
ogni forma di assistenza ai poveri, in altri comprendono che il
pauperismo industriale e la questione operaia sono problemi da
non sottovalutare (danni fisici e psicologici provocati agli operai;
effetti della degradata vita urbana; crisi della famiglia e dei
valori, esplodere di delinquenza, prostituzione, alcolismo).
Inchieste e ispezioni disposte dai governi nei luoghi di lavoro e
riflessioni di medici, intellettuali, filantropi, membri di
commissioni di inchiesta.
Testo di Vilhermé.
Riforme: Factory Acts in Inghilterra per regolare il lavoro
femminile e minorile; legge francese del 1841 (proibito il lavoro
minorile sotto gli 8 anni; orario di lavoro di donne e minori a 58
ore a settimana).
Forme di ribellione nei confronti del nuovo sistema produttivo.
Il luddismo (artigiani proletarizzati; distruzione delle macchine,
che consentivano di assumere manodopera a basso prezzo);
durissima repressione (pena di morte).
Organizzazione operaia (rispetto alla violenza disorganizzata
delle rivolte contadine del passato): gruppi di lavoratori che
vivono una condizione comune, con analoghi obiettivi di lotta;
coscienza di classe.
Società di mutuo soccorso su base territoriale e locale
(assistenza ai lavoratori bisognosi; filantropismo). Sindacati di
mestiere e poi le Trade Unions (1833). Poi sindacati su base
nazionale.
Rivendicazioni: aumento dei salari e riduzione della giornata
lavorativa; diritto di associazione. Costituire sindacati e
scioperare era illegale.
Conquiste: diritto di associazione e di sciopero; riduzione della
giornata lavorativa a dieci ore; negli ultimi decenni
dell’Ottocento la condizione operaia migliora.
Grande rivendicazione politica: estensione del diritto di voto
(cartismo in Inghilterra, dalla Carta del popolo). Richiesta del
suffragio universale.
Ottocento: grande flusso migratorio degli europei (verso le città
o altri continenti).
Hobsbawm: industrializzazione come “macchina per sradicare
campagnoli”. Modernizzazione capitalistica delle campagne e
sviluppo della manifattura di fabbrica -> sovrappopolazione
agricola e sconvolgimento del tradizionale equilibrio tra città e
campagna.
Urbanizzazione ottocentesca: al di là delle grandi capitali, vi fu la
trasformazione di centri che erano stati solo piccole città.
Nuove fabbriche, sistema di trasporti, centri di produzione e
scambio (Leeds, Liverpool, Manchester).
Abbattimento delle vecchie cinte murarie ed espansione a
macchia d’olio (Manchester: da 24 mila abitanti nel 1773 a 217
mila nel 1841).
Polarizzazione sociale tra classe media e classe operaia visibile
nella struttura urbanistica (centro commerciale, finanziario e
residenziale da un lato e periferia industriale e operaia
dall’altro).
Città come simbolo della modernità e delle sue contraddizioni:
progresso, traffici, ricchezza e stridenti disuguaglianze sociali,
vita degradata dei quartieri operai (inquinamento delle
fabbriche a carbone, scarse condizioni igienico-abitative, vie
putride e malsane, sovraffollamento, epidemie, prostituzione,
delinquenza, alcolismo). A Glasgow la vita media nei quartieri
borghesi era due volte e mezzo quella dei quartieri operai.
Testo di Dickens, da Hard times.