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PREMESSE: ENCLOSURES
Fin dal medioevo il sistema agrario inglese era basato sui campi aperti e sulle
terre comuni. I primi appartenevano ad un proprietario, ma non erano delimitati,
e dopo il raccolto tutti gli abitanti potevano spigolare o raccogliere la legna. Le
seconde, era considerate una proprietà collettiva del villaggio: destinate al
pascolo, alla caccia ecc. Nell’ottica di un maggiore sfruttamento terriero ed un
maggiore visione imprenditoriale i grandi possidenti terrieri fecero pressione in
parlamento e ottennero la ricomposizione e la recinzione delle proprietà agricole,
(enclosures). Crearono così vaste superfici coltivabili, a carattere intensivo. Al
contrario molti dei contadini che possedevano appezzamenti piccoli si
ritrovarono in difficoltà. I più poveri dovettero abbandonare le campagne per
cercare migliore fortuna in città e vengono così assorbiti dalla nascente
industria.
LE ORIGINI DI UNA TRASFORMAZIONE EPOCALE
LA SVOLTA TECNOLOGICA
Furono due i fenomeni che diedero inizio alla rivoluzione industriale: il progresso
tecnico e l’avvento del sistema di fabbrica.
Gli imprenditori costruirono stabilimenti produttivi più grandi, dove più dispositivi
potevano essere collegati a un’unica fonte di energia. Le prime fabbriche sorsero
nei pressi di corsi d’acqua; successivamente furono impiantati dove ci fosse
abbondanza di carbone. La concentrazione delle attività produttive, per
ottimizzare i costi di produzione, permetteva di organizzare più efficacemente i
processi e i ritmi della produzione.
È proprio Smith che introduce il concetto di divisione del lavoro che starà poi alla
base delle successive, perfezionate catena di montaggi, al fine di rendere il
lavoro più produttivo Smith propone la scomposizione dei processi di lavoro in
singole divisioni apparenti in particolare prende come esempio una fabbrica di
spilli: se l’intero ciclo di lavoro viene suddiviso in singole e semplici operazioni
distinte il risultato è che si compongono molti più spilli in minor tempo possibile.
Vantaggi: operazioni più semplici, operai generici, salari minori, risparmio per
l’imprenditore; minor numero di operai per produrre la stessa quantità; maggiore
velocità del processo, che si traduce nella produzione di più spilli in <t.
Svantaggi: frustrazione degli operai, costretti a ripetere la stessa elementare
operazione per tutta la giornata, anche 16 ore; alienazione di cui parlerà anche
Marx: l’uomo è ormai ridotto ad una appendice della macchina, che detta i ritmi
di lavoro e dunque l’uomo si sente altro da sé.
Una volta entrato in fabbrica il lavoratore divenne operaio, e solo quello, ovvero
abbandono le altre attività per dedicarsi a un unico impiego. In genere gli si
chiedeva di svolgere un'unica mansione, infatti la produzione su scala industriale
prevedeva una sempre più rigida e scandita divisione del lavoro: da una parte
rendeva il ciclo produttivo va via via più complesso dall’altra semplificava le
operazioni in cui tale era suddiviso.
Per gli operai non esisteva alcuna tutela in caso di malattia, infortunio o
mancanza di lavoro; ad esempio, nei filatoi gli ambienti avevano un altissimo
tasso di umidità per evitare che il filo si spezzasse ma ciò rendeva l’ambiente
malsano, in più il rumore dei macchinari era assordante.
Nelle prime fabbriche trovarono lavoro anche donne e bambini, il loro impiego
era conveniente per gli imprenditori: donne e bambini avevano dita più sottili e
quindi più adatti nella tessitura, inoltre gli stipendi erano più bassi. Le tutele
erano inesistenti e la loro occupazione era legata a un orizzonte temporale
infinito; inoltre, i bambini dato che lavoravano in fabbrica non potevano
apprendere nuove mansioni e quindi una volta adulti venivano allontanati.
Con l’avvento del sistema industriale sorsero nuovi quartieri a ridosso delle
fabbriche, intere famiglie erano alloggiate in luoghi improvvisati, malsani e
promiscui, con condizioni igieniche terribili