Sei sulla pagina 1di 58

RIASSUNTO

“L'età contemporanea. Dalle rivoluzioni


settecentesche all'imperialismo”
Alberto Mario Banti

A CURA DI
Alessio Genovese
Bruno Grattà

Nota dei curatori:


L’idea che muove la redazione di tutti i miei, e i nostri, riassunti è innanzitutto quella di dare
vita ad un testo “di servizio”, ovvero il più possibile funzionale allo scopo di affrontare
l’esame. A partire da questa necessità, si fa strada poi il desiderio che tutto l’impegno
profuso non vada perso nel suo scopo imminente, che possa cioè servire da strumento
anche ad altri studenti per affrontare l’esame nel modo migliore possibile. Nasce così la
volontà e la responsabilità di presentare un testo non più solo a servizio dell’esame, ma
anche e soprattutto a servizio di chi lo legge.

Questo riassunto più di altri mostra i segni di questa graduale presa di consapevolezza, di
come il suo stile sia mutato assieme alla definizione della sua funzione. Questo poiché al
termine della redazione è purtroppo mancato il tempo, a causa dei pressanti ritmi
accademici, di operare quella uniformazione stilistica che si era andata delineando e che
avrebbe permesso fin da subito una fruizione ottimale del riassunto. Se i primi capitoli
appaiono in una forma molto didascalica, volta alla immediata memorizzazione dei
contenuti, a partire già dal terzo capitolo prende piede una forma più discorsiva, che vuole
mettere i concetti in relazione con il loro contesto argomentativo. Nel secondo libro questa
impostazione viene confermata e rafforzata e vengono delineati più chiaramente dei
paragrafi volti a segnalare una divisione concettuale degli argomenti e facilitarne la
ripetizione.

A termine di questa dovuta premessa, siamo comunque estremamente fieri dell’enorme


lavoro fatto (57 pagine!) e siamo fiduciosi che il testo nella sua interezza venga apprezzato
e possa costituire un valido aiuto nella preparazione ai vostri esami. Buono studio!

A.G.
Introduzione: nascita della contemporaneità
 Rivoluzione agraria e industriale
 Il commercio si allarga a livello globale
 Produzione di massa per consumo di massa
 Rivoluzione americana e francese
 Nasce l'idea di nazione e cittadinanza
 Viene meno il principio di legittimazione divina del potere in favore di una legittimazione dal
basso
 Inclusione delle masse all'interno dei sistemi economici, politici e sociali

l. Nuovi modi di commerciare, consumare, produrre


Tra la fine del ‘600 e inizio 700 agricoltura, manifattura e commercio conoscono importanti evoluzioni
dovute alla crescita di spedizioni su larga scala per il recupero e commercio di merci "esotiche". In
generale per diversi motivi si viaggia per lunghe percorrenze che creano percorsi stabili di
commercio/scambio/viaggio. Nuovi prodotti e nuove attività per la produzione e vendite (es. Caffè)
portano alla nascita di una nuova società di consumo.
Circuiti globali verso le Indie orientali e le Americhe. Per l'America il processo si inverte a causa della
nascita delle colonie: dall'Europa risorse e manifatture vengono esportate in America. Aumenta la
deportazione (dal Senegal all'Angola) e lo scambio degli schiavi impiegato soprattutto per attività di
manifattura nelle piantagioni. Triangolo commerciale: dall'Europa beni di alta fattura arrivano in Africa,
dall'Africa gli schiavi vengono importati in America in cambio dei prodotti autoctoni (Caffè, zucchero,
cotone...) che ritornano in Europa ricreando il ciclo.
Mutano i protagonisti di questi scambi: non più Portogallo e Spagna ma Francia e soprattutto la Gran
Bretagna, India e America del nord vedono la nascita di colonie politicamente e commercialmente
competitive.
I consumatori dei nuovi beni di lusso sono le famiglie aristocratiche. Lo sviluppo dei consumi arricchisce
tutti gli operatori che gestiscono il commercio aumentando il potere d'acquisto e quindi crescita della
domanda interna.

Rivoluzione agricola: l’aumento della domanda globale riguarda anche i prodotti agricoli. Aumentano
i redditi di classi sociali marginalizzate aumentando il consumo interno dei prodotti agricoli. Si produce
di più e meglio. Razionalizzazione della produzione attraverso nuovi metodi: in Gran Bretagna
l'“enclosures” consiste nel raggruppamento delle terre che prima erano disperse creando unità agricole
compatte. Queste, grazie anche all'intervento del parlamento, inglobano le terre comuni e vengono
recintate, divise dalle altre e negate all'uso pubblico. Parte dei contadini che vi lavoravano vengo assunti
dai grandi proprietari, altri migrano nelle città. I manager delle terre possono adesso introdurre
uniformemente nuove innovazioni su tutto il territorio a disposizione: si introduce un nuovo sistema di
rotazione delle culture pluriennale (o di Norfolk) nell'ottica di una produzione a lungo termine
(introduzione dei foraggi, erbe mediche che aumentano la produttività dei campi). La produttività
aumenta, crescono i redditi, la richiesta aumenta, i prezzi diminuiscono, aumenta il potere di acquisto
dei consumatori che possono ampliare il numero di acquisti, aumenta la crescita demografica. Dalla
Gran Bretagna il nuovo sistema pluriennale si espande in tutta Europa e permette anche la coltivazione
di nuove risorse più produttive e remunerative del grano (es. riso, il mais, la patata), cambia di
conseguenza l'alimentazione
Transizione demografica: avvia dalla Gran Bretagna alla metà del 700 e si espande in tutta Europa. Prima
del 700 secondo il modello malthusiano si riproponeva una dinamica che consisteva in aumento della
produzione, aumentò demografico, eccesso della domanda sull'offerta, aumentò dei prezzi e crisi
demografica (a causa di malnutrizione e epidemia) e di nuovo. Adesso non succede non aumenta la
natalità ma diminuisce la mortalità soprattutto quella infantile. Grazie all'aumento della qualità della vita
e delle condizioni igienica, e la diffusione delle pratiche mediche (vedi vaiolo). Scompare inoltre la peste,
forse per i motivi di cui sopra.

Rivoluzione industriale: La domanda dei tessuti è in crescita e soddisfatta soprattutto dalla


produzione del cotone. In Inghilterra nascono soluzioni e strumenti soprattutto di natura meccanica per
aumentare la produttività (la navetta volante, la Jenny). Adesso è la tessitura che non riesce a lavorare
tutto il filo che arriva.
Nel settore siderurgico l'aumento della produzione viene sostenuta dell'innovazione del carbon coke,
che permette la creazione di un ferro di buona qualità a costi di produzione più bassi. Lo slancio delle
nuove tecniche rilancia l'industria siderurgica e l'inabissamento delle miniere richiede un pompaggio
maggiore dell'acqua che vi si trova. Innovazione anche in questo campo (pompa a vapore di James Watt
che prenderà poi la forma della macchina a vapore. La macchina di Watt viene migliorata e utilizzata
come generatrice di energia per altre macchine. Si tratta di energia artificiale e a ciclo continuo che
permette di collegare in sequenza diverse macchine. L'innovazione investe e viene impiegata in tutti i
settori produttivi. Viene inoltre stimolata la richiesta delle parti in metallo che la compongono e del
carburante fossile per la sua alimentazione. Di nuovo aumento della produzione, della richiesta, e quindi
dei redditi.

A. Carattere cumulativo inarrestabile. Le varie innovazioni producono richieste che portano a nuove
innovazioni in un botta e risposta.
B. La Gran Bretagna è un modello che viene studiato e diffuso in tutta Europa
C. Le innovazioni si diffondono in modo non uniforme. Per motivi logistici nascono le fabbriche
(macchine in un solo luogo) e i distretti industriali (preesistenti di porti...). Nel resto delle aree la
produzione agricole
D. Gli operai impiegati nelle fabbriche e nella produzione agricola sono principalmente contadini. I
ritmi di lavoro sono rigidi e lunghi, le condizioni lavorative pessime. Lo sviluppo delle nuove
tecnologie porta all'aumento della disoccupazione (labour saving)
E. Nascita di ostilità nei confronti delle macchine che hanno cancellato la società precedente vista
con nostalgia. Nascono le prime proteste operaie (i luddisti)

2. La Rivoluzione americana
Dopo la Guerra dei 7 anni la Gran Bretagna è la più grande potenza mondiale e può contare su un
notevole accrescimento dei domini coloniali in America del nord e nelle indie. L'aumento delle spese
derivate dalla gestione del nuovo impero porta l'incremento della pressione fiscale sulle colonie
americane (che conoscevano in questo momento uno sviluppo economico e demografico). La resistenza
dei coloni a questi provvedimenti deriva dalla formazione di una cultura politica che si basava su una
serie di principi:
A. Tradizione teologica dei gruppi protestanti puritani elaborata dai padri pellegrini che vede
l'America come una biblica terra promessa
B. Elaborazione teorica del Giusnaturalismo (dell'Inghilterra post-rivoluzionaria): l'uomo ha dei
diritti naturali che acquisisce nascendo
C. Letteratura antimonarchica di natura illuministica

In questo periodo vengono emesse in particolare due leggi che esacerbano i rapporti tra le colonie e la
GB:

 Il revenue act: tentava di contrastare il contrabbando che violata il monopolio del commercio
riservato alla madre patria
 Stamp act: ogni documento commerciale doveva essere marchiato da un bollo che ne segnava la
certificazione e approvazione

Nascono le proteste tra i coloni contro una tassazione dichiarata illegittima. Il principio si basa sul fatto
che il parlamento inglese non può imporre norme a territori privi di rappresentanza in esso. A nessuna
colonia era infatti garantito il diritto di elezioni si rappresentanti nel parlamento inglese. In risposta
l'Inghilterra revoca lo Stamp act, ma non garantisce la rappresentanza. Nel 1773 una legge del
parlamento garantisce ad un privato il monopolio della vendita del the. Colpisce gli interessi dei
commercianti americani e dei contrabbandieri, ed è la prova che la Gran Bretagna preferisca preservare
i propri privilegi.
Nello stesso anno un gruppo di coloni in segno di protesta sabota un'imbarcazione di the (“Boston Thea
Party”), provocando una dura repressione della libertà e limitazione dell'indipendenza del
Massachusetts. Le 13 colonie mandano i loro delegati al congresso di Philadelphia del 1774: viene
chiesto al parlamento inglese di ritirare le forme repressive. Nel 1775 gli esercito inglesi iniziano ad
arrestare i leader della rivolta. Il congresso nel 1775 prende atto del conflitto e emana una prima
dichiarazione di natura diplomatica e propagandistica che certifica l'insurrezione armata. Gli scontri
aumentano e il congresso decide di battere moneta propria e di formare un nuovo esercito guidato da
George Washington. Il 4 luglio 1776 viene emanata la dichiarazione di indipendenza, fino ad allora solo
caldeggiata. Nella dichiarazione di indipendenza vengono anche inclusi i principi tipici del
giusnaturalismo.
All'inizio del conflitto sembra avere la meglio la corona inglese, gli eserciti coloniali sotto la guida di
Washington sostenuto dal patriottismo quasi fanatico dei propri soldati riesce a guadagnare vittorie
evitando le battaglie campali. È importante ricordare come si tratta se anche di una guerra civile che
opponeva anche i coloni lealisti agli indipendentisti. Il prolungamento degli scontri porta all'ingresso
delle altre potenze europee in guerra in favore dei coloni, sia indirettamente attraverso alleanze
commerciali che in modo diretto partecipando militarmente al conflitto. La Francia nel 1778 riconosce
Gli Stati unito come nazione indipendente. Nel 1781 si combatte la battaglia di Yorktown assediata dai
britannici e vede la vittoria definitiva dei coloni e la conclusione del conflitto. La pace verrà siglata a
Parigi nel 1783
Discussione sulla costituzione. Ogni colonia diventa uno stato autonomo dotato di una propria
costituzione, i rapporti degli stati sono regolati dell'elezione di un congresso provvisorio. Con la stesura
della costituzione viene creato un modello federato. Nascono due fazioni i federalisti, a favore della
preponderanza del governo centrale sugli stati e repubblicani, al contrario a favore dell'autonomia dei
singoli stati (capeggiati Thomas Jefferson)
3. La Rivoluzione francese
Il formarsi dell’opinione pubblica e la crisi finanziaria causata dalle spese militari (guerra dei 7 anni e
rivoluzione americana) avevano portato ad una perdita di prestigio della corona. Luigi XVI tenta così un
progetto di riforme che avrebbe portato all’abolizione dei privilegi fiscali di nobiltà e clero. Vedendo
minacciata la propria autorità il Parlamento rifiuta le norme. Per sbloccare lo stallo vengono convocati
gli Stati generali, organismo di rappresentanza cetuale diviso in tre ordini: nobiltà, clero e Terzo Stato.
Scoppia un contrasto sulle modalità di voto: se si votasse per ordine ne beneficerebbe l’establishment
compatto di clero e nobiltà, la modalità per testa favorirebbe il Terzo Stato, che possiede un numero di
rappresentanti pari alla somma dei membri degli altri due ordini. Lo stallo si sblocca quando i deputati
del Terzo stato abbandonano l’aula e si costituiscono Assemblea Nazionale con l’obbiettivo di
promulgare una Costituzione (giuramento della pallacorda). Il re ordina agli altri due ordini di unirsi
all’Assemblea, ma al tempo stesso intimorito mobilita l’esercito attorno Parigi. Il malumore politico e la
crisi alimentare in atto provocano tumulti in città. Il 14 luglio una folla assalta la prigione della Bastiglia, il
comandante delle milizie reali viene decapitato (un'esecuzione capitale, che prima poteva essere
ordinata solo dai re e dai suoi magistrati, ora viene compiuta da una folla che si autodefinisce «popolo»).
Il re intimorito si mostra pubblicamente a favore della cosiddetta “rivoluzione”. I disordini sociali che
vedono una crescente ostilità tra contadini e nobili si diffondono in tutta la Francia. L’Assemblea
Nazionale risponde con una serie di atti legislativi:

 Viene costituita la Guardia Nazionale, incaricata di difendere la Rivoluzione,


 Vengono appoggiate le richieste dei contadini e proclamata la completa abolizione del sistema
feudale: ogni tipo di privilegio fiscale è eliminato.
 Viene emanata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: una proclamazione di
ispirazione illuminista che sanciva l’uguaglianza giuridica dei cittadini davanti alle leggi, questi
erano dotati di diritti naturali inalienabili (i più importanti: libertà, la proprietà, la sicurezza e la
resistenza all'oppressione). Segna la fine di una concezione di divisione serrata della società in
ceti.

Il Re è inizialmente contrario ai provvedimenti. Ma il 5 ottobre la protesta di alcune donne popolane a


cui si unisce un corposo numero di militari convince il sovrano ad approvare la Dichiarazione e i decreti.
Per ripararsi dalle sommosse popolari il Re e l’Assemblea si trasferiscono da Versailles a Parigi. Diversi
aristocratici iniziano ad espatriare

All’interno dell’assemblea nazionale iniziano a definirsi diversi gruppi politici: a sinistra del presidente
prendono posto i più radicali, a destra i moderati. All’esterno dell’assemblea nascono i club, circoli e
associazioni che rispecchiano le posizioni dei gruppi parlamentari: i giacobini di orientamento
democratico-radicale; i foglianti, secessionisti; i cordiglieri, raggruppamento di sinistra estrema. I vari
gruppi all’interno dell’Assemblea elaborano una serie di norme che stravolgono gli assetti amministrativi
dello Stato francese e che porteranno alla promulgazione della Costituzione del 3 settembre 1791
(riorganizzazione amministrativa e giudiziaria, ghigliottina come pena capitale, abolizione dei titoli
nobiliari, confisca delle proprietà ecclesiastiche, tentativo di nazionalizzazione del clero). Questa
prevedeva la divisione del potere esecutivo, affidato al Re, e quello legislativo, affidato all’Assemblea
eletta per suffragio censitario indiretto. Il sovrano sottoscrive la Costituzione ma il suo tentativo fallito di
fuga dalla Francia tradisce la sua volontà di ripristinare l’ordine prerivoluzionario. Le prime elezioni
dell’Assemblea vedono una maggioranza dell’area di centro e di destra, la sinistra giacobina è guidata
dal gruppo dei girondini.

Minacciata militarmente da Prussia e Austria, che osteggiano i sentimenti rivoluzionari e spingono per
ripristinare l’autorità monarchica, nel 1792 la Francia decide di dichiarare guerra ai due Paesi: la
decisione è appoggiata sia dai gruppi di sinistra, girondini (e dal leader della minoranza dei giacobini
Robespierre), che dalle forze filomonarchiche che sperano nella sconfitta dei radicali e la restaurazione
dell’ordine. L’esercito francese, in inferiorità e male organizzato, subisce una serie di sconfitte che
esasperano il sentimento di ostilità nei confronti delle forze monarchiche sospettate di complicità con il
nemico. Robespierre appoggiato dal gruppo extraparlamentare parigino dei sanculotti pianifica di fatto
un colpo di Stato: girondini e giacobini si impossessano dell’Assemblea, vengono cacciati i deputati
moderati e annunciata la formazione di una Convenzione eletta a suffragio universale maschile, il re è
imprigionato con l’accusa di tradimento. Il giorno stesso in cui la Francia vince nella (simbolica) battaglia
di Valmy, la Convenzione proclama la costituzione della Repubblica. All’inizio del 1793 il Re è processato
dalla stessa Convenzione e condannato alla ghigliottina. L'esecuzione del Re porta alla formazione di
un’alleanza antifrancese composta da tutte le principali potenze europee, alle quali la Francia dichiarerà
guerra nel marzo del 1793.

La guerra e i disordini interni portano la Convenzione all’impiego di misure drastiche: viene istituito il
Tribunale rivoluzionario, per la repressione del dissenso, e la leva obbligatoria. Le misure portano ad una
serie di rivolte, la più grave in Vandea (*) Dilaga nel frattempo nel Paese l’inflazione: i giacobini sempre
sostenuti dai sanculotti propongono un calmiere dei prezzi, l’opposizione dei girondini provoca l’assalto
armato della Convenzione da parte dei sanculotti: i girondini vengono espulsi, la Convenzione passa
nelle sole mani dei giacobini capeggiati da Robespierre. Si istituisce di fatto un regime radicale, che si
sottrae dalle regole della rappresentanza e del dibattito, nel tentativo di attuare una trasformazione
forzosa dell’etica del Paese. Il potere esecutivo viene affidato al Comitato di Salute pubblica, composto
tra i pochi altri da Robespierre, questa fase è caratterizzata da:

 Largo ricorso al Terrore, viene approvata la legge dei sospetti, può essere condannato anche chi
è solo sospettato di tradimento. Vengono condannati i capi politici dell’opposizione e anche dei
sanculotti (45 mila i giustiziati in meno di un anno)
 Processo di scristianizzazione per la formazione di una religione civica: istituzione del calendario
rivoluzionario e del culto della Ragione

Le vittorie francesi sul fronte europeo non diminuiscono ma accrescono l’intensità delle condanne. I
giacobini si sono inimicati qualsiasi altra forza politica nel Paese: il 27 luglio 1794 un colpo di Stato porta
alla condanna a morte dei membri del Comitato e di Robespierre, e alla fine del periodo del Terrore.

4. La Francia e l'Europa
Dopo la condanna di Robespierre e dei membri del Comitato i “golpisti” procedono ad uno
smantellamento dell’ordine giacobino:

 Vengono chiusi i club giacobini e perseguiti i loro membri


 Viene interrotta l’azione di scristianizzazione
 Viene abolito il calmiere dei prezzi
 Viene istituita una nuova Costituzione nel 1795

La nuova Costituzione prevede una rigida separazione dei poteri: il Parlamento è bicamerale, una ha
funzione legislativa, l’altra deve accettare o rifiutare le leggi. Il potere esecutivo viene affidato ai 5
membri del Direttorio eletto dalle camere. Il sistema elettivo è censitario, e il numero di elettori è
estremamente ridotto. Viene poi emanata una legge che obbliga il rinnovo dei 2/3 dei membri delle
Camere.

La risposta dell’opinione pubblica non è positiva, il sistema viene visto come oligarchico e inceppato: si
moltiplicano gli attentati e le congiure per rovesciare l’ordine. In ottobre scoppia a Parigi una rivolta
popolare, per sedarla il Direttorio si affida al comandante Napoleone Bonaparte che disperde
violentemente la folla.

Nel 1797 le elezioni registrano un esito sfavorevole al Direttorio in carica, avvantaggiando le forze
filomonarchiche: il Direttorio si affida nuovamente a Bonaparte, vengono annullate le elezioni, e
censurata la stampa filomonarchica. Episodio simile nel I798 quando la sinistra radicale ottiene una
netta maggioranza in Parlamento: viene nuovamente annullata l’elezione dei deputati e minacciato
l’intervento dell’esercito.

Questi eventi segnano la conclusione della centralità delle proteste popolari nella scena politica,
sostituite dalla pratica del colpo di Stato e del protagonismo dei capi militari. Questo ultimo elemento è
stato reso possibile dalla trasformazione dell’esercito francese durante il periodo rivoluzionario: le
truppe di leva vengono amalgamate con i reclutati volontari carichi ideali rivoluzionari. Si diffonde la
propaganda della “nazione in armi”, segnato anche da uno più stretto rapporto di fiducia tra gli eserciti e
i generali.

Dal 1794 al 1799 la guerra volge a favore della Francia che inizia un processo di espansione. I territori
conquistati vengono annessi alla Repubblica oppure gli viene concesso lo status di “repubbliche sorelle”.
Nonostante questo, i nuovi territori vengono comunque mantenuti sotto lo stretto controllo del governo
centrale e in particolare dei generali francesi che accrescono il loro potere politico (viene meno quindi la
retorica della guerra di liberazione, che è in realtà guerra di espansione sotto la bandiera non più
monarchica ma repubblicana).

Nel 1796 viene pianificata una controffensiva contro l’Austria. Sul fronte italiano, la spedizione
comandata da Bonaparte a partire dal 1796 procura una serie di vittorie contro l’esercito del regno di
Sardegna e di Austria che porteranno al trattato di Campoformio del 1797 che prevedeva il
riconoscimento dei territori settentrionali della penisola italiani. Nei due anni successivi l’egemonia
francese si estende a tutta la penisola. Vengono formate repubbliche sorelle formalmente autonome
che ispirano le proprie strutture e norme a quelle francese. Inizialmente l’opinione pubblica, soprattutto
borghese, sembra vedere con entusiasmo il cambiamento: ovunque nelle nuove repubbliche si istituisce
la libertà di opinione e di stampa, l’abolizione dei privilegi sociali e un processo più o meno marcato di
“nazionalizzazione” del clero. Dopo poco tempo tra i patrioti italiani inizia a farsi strada la disillusione: si
palesa la totale mancanza di autonomia delle repubbliche, sotto controllo del Direttorio, a cui si
sommano le violenze e i soprusi messi in atto dagli eserciti francesi ai danni delle popolazioni locali.
All’inizio del 98 dopo aver sconfitto l’Austria gli sforzi bellici francesi si concentrano sulla Gran Bretagna.
Il piano è quello di attaccare l’Egitto, sotto il controllo ottomano, per controllare il Mediterraneo e le
rotte dell’India. La regione cade velocemente nelle mani dei Francesi (battaglia delle piramidi) ma deve
fare i conti con la controffensiva inglese guidata dal comandante Horatio Nelson che attacca e distrugge
le flotte francesi. Bloccato in Egitto e falcidiato della peste, la manovra dell’esercito francese è un
fallimento.

Alla fine del 98 si forma una seconda alleanza antifrancese (Russia, Austria e Inghilterra). Nella penisola
italiana le repubbliche sorelle, a causa delle fragilità interne e dell’ostilità diffusa contro i francesi,
cadono o addirittura favoriscono le truppe dell’alleanza. Ovunque vengono ripristinate le strutture
politiche precedenti. Nel 1799 la situazione viene aggravata da una nuova sconfitta elettorale del
Direttorio: viene progettato un colpo di Sato con l’obiettivo di annullare l’esito delle elezioni e di istituire
un sistema più autoritario. Come simbolo di questo disegno viene scelta la figura di Napoleone, il quale
torna dell’Egitto e a cui viene affidato il controllo delle forze armate di Parigi. Napoleone scioglie così il
parlamento e ottiene che venga nominato un consolato provvisorio di tre membri, tra cui ovviamente
egli stesso. Il triumvirato si attribuisce il compito di istituire una nuova Costituzione che entra in vigore il
25 dicembre del 1799. Sulla base di questa Napoleone (che aveva messo in atto una elegante
propaganda che lo presentava come un eroe della Patria) diventa primo console e nelle sue mani viene
concentrato tutto il potere esecutivo (gli altri due membri hanno un solo valore consultivo).

5. Napoleone
La nuova Costituzione. Le prerogative del primo console sono il potere esecutivo e l’iniziativa
legislativa. Il parlamento continua ad esistere, la prima camere valuta le proposte del console, la
seconda approva e respinge le norme. I membri del parlamento sono eletti per suffragio universale ma
scelti soltanto tra i nominativi dalla lista degli elegibili scelti dal Senato, i cui membri sono nominati dal
Console e dal parlamento. Solo dopo l’entrata in vigore della Costituzione viene approvato da un
plebiscito che venne però pilotato. Il nuovo regime si deve preoccupare dell’offensiva della coalizione
antifrancese. La Russia abbandona la coalizione e gli austriaci sono sconfitti in Italia (Marengo 1800) e
vien firmata la pace di Luneville che riporta sotto il controllo francese l’Italia centro settentrionale. Con
la Gran Bretagna si firma la pace di Damien. Napoleone sfrutta la sua popolarità per farsi nominare
console a vita attraverso un altro plebiscito pilotato. La pace non dura a lungo e nel 1803 la GB dichiara
guerra alla Francia. Viene ordito un complotto per ordine inglese per uccidere Napoleone, il quale però
fallisce. La situazione viene sfruttata da Napoleone per farsi affidare il titolo di imperatore, e viene
incrementato il proprio potere. Anche questo atto viene sancito da un plebiscito. Si ripropone la pratica
medievale dell’incoronazione imperiale, che avviene presso il pontefice ma vede l’auto incoronazione di
Napoleone. Viene rimodellata la struttura istituzionale, amministrativa e giudiziaria dello Stato francese
in un’ottica di accentramento che scavalca e supera tutte le particolarità periferiche. La maggioranza
della popolazione si definiva ancora cattolica, ma l’istituzione religiosa aveva affrontato un periodo di
crisi a seguito degli eventi causati dalla Rivoluzione. Per aumentare la propria legittimità Napoleone
aveva bisogno di trovare un accordo con la Santa Sede che si raggiunge nel 1801 quando Pio VII:

 riconosce ufficialmente la Repubblica Francese,


 accetta che tutti i vescovi vengano nominati dal primo console
 la religione cattolica viene definita come la religione della maggior parte dei francesi
 il pontefice riacquisisce il ruolo di interlocutore del potere laico ma i rapporti rimangono precari.

Viene effettuata la revisione del codice civile nel 1804. Un insieme di norme che regolano i rapporti tra i
cittadini. Due aspetti rilevanti:

 diritto individuale di proprietà è indicato come sacro


 matrimonio riconosciuto come atto fondamentale tra le relazioni che strutturano la società, il
padre è riconosciuto capo della famiglia

A partire dal 1804 si susseguono una catena di guerre causata dall’ostilità dei sovrani europei nei
confronti della figura e della politica di Napoleone. Accantonata l’idea dell’invasione navale
dell’Inghilterra dopo la sconfitta a Trafalgar (in cui muore Nelson) nel 1805 viene formata una terza
coalizione antifrancese. Napoleone consegue una serie di vittorie contro Austria che si risolve ad
Austerlitz e porta alla pace di Pressburg. Nello stesso anno si dissolve il Sacro Romano impero e si crea la
confederazione del Reno, composta dalla maggior parte degli stati tedeschi che si alleano con la Francia.
Nel 1806 la Prussia dichiara guerra alla Francia ma dopo nemmeno un mese i suoi eserciti vengono
distrutti a Jena. L’unico avversario rimane l’esercito russo che dopo essere stato sconfitto a più riprese
costringe lo Zar Alessandro I all’accordo di Tilsit: la Prussia diventa uno stato solo formalmente
autonomo e gran parte delle terre, ad ovest si crea da esse la regione francese della Vestfalia e a est il
gran Ducato di Varsavia. La Russia si allea con la Francia contro l’Inghilterra e n cambio lo zar ottiene
un’alleanza con Napoleone contro l’impero ottomano.

Supportato dalla Spagna, Napoleone punta adesso al Portogallo. La situazione si complica quando sul
trono spagnolo si crea un vuoto di potere che porta Napoleone a porre al comando della nazione il
fratello Giuseppe Buonaparte. La reazione della popolazione è violenta e viene sostenuta dalla Gran
Bretagna. Inizia una guerra destinata a durare 6 anni. Sfruttando l’impegno francese in Spagna l’Austria
tenta una controffensiva e invade la Baviera. Il tentativo viene rapidamente represso, i francesi
marciano direttamente su Vienna e impongono pesanti concessioni territoriali dell’Austria alla Baviera,
alleata francese. Per rinforzare la propria posizione in Austria Napoleone ripudia la moglie Giuseppina e
sposa la figlia dell’imperatore austriaco, Maria Luisa d’Austria.

Sin dal 1806 avvia la politica del Blocco continentale, per boicottare commercialmente la Gran Bretagna.
Eppure, il contrabbando aumenta e alcuni Stati (ad es. la Russia) non attuano in modo rigido il blocco,
tant’è che la Gran Bretagna non subisce vere e proprie ripercussioni.

Cosa particolare del sistema napoleonico è la gestione familiarclientelare del potere imperiale. Diversi
Stati satellite sono affidati ai parenti diretti o meno di Napoleone. Si istituiscono nuove corti che
rafforzano la nobiltà (si reintroducono i titoli nobiliari nel 1808, conferiti dall’imperatore e hanno solo
ruolo simbolico e onorifico). La nuova nobiltà imperiale è per lo più militare, questo palese l’importanza
dell’esercito della nuova amministrazione napoleonica.

Le istituzioni napoleoniche negli Stati satellite influenzano le forme istituzionali. Certo però, l’impulso
espansionistico di Napoleone anima anche sentimenti nazional-patriottici funzionali alla difesa.

Il sentimento antifrancese in Inghilterra si esaspera quando il direttorio francese appoggia e finanzia la


rivolta in Irlanda del 1798. La repressione è durissima e l’Irlanda viene annessa all’Inghilterra, che
diventa Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.
La Russia non ha risentito dell’attacco sferratole nel 1807, concluso con la pace di Tilsit. L’adesione al
blocco continentale è stato formale e si teme in Francia ci possa essere un accordo diplomatico tra
Russia e G.B. Napoleone gioca quindi di anticipo e attacca la Russia. Nel 1812, in giugno, la spedizione ha
inizio, ma la Russia evita lo scontro campale ritirandosi continuamento, lasciando deserto e senza viveri
il territorio abbandonato. Nonostante una vittoria francese nei pressi di Mosca, l’esercito russo non è
sconfitto definitivamente, e dà Mosca alle fiamme. L’esercito napoleonico è decimato. Inoltre, l’inverno
costringe Napoleone a ritirarsi. Il generale prussiano stipula una pace con lo Zar; Federico Guglielmo III
stipula con lo Zar una coalizione antifrancese e invita i prussiani e i tedeschi a ribellarsi all’esercito
francesi, di ritorno dalla sconfitta. Si riforma un nuovo patriottismo prussiano-tedesco. Si crea una nuova
coalizione cui aderiscono Russia, Prussia, Svezia, Austria e Gran Bretagna. Nello stesso anno, nel 1813, a
Lipsia Napoleone viene sconfitto dalla coalizione, che invade la Francia nel 1814 che il 30 marzo occupa
Parigi. Il senato dichiara decaduto Napoleone e sale al trono Luigi XVIII di Borbone (fratello del defunto
Luigi XVI). L’11 aprile col trattato Fontainebleau, Napoleone rinuncia al trono francese e gli viene
assegnato il principato dell’Elba. La Francia viene ricondotta ai confini del ’92 con la pace di Parigi, torna
a essere una monarchia costituzionale.

Si dà avvio al Congresso di Vienna, per ristabilizzare l’assetto geopolitico europeo.

Ma non finisce qui. Nel 1815 Napoleone fugge dall’Elba, dando inizio ai cosiddetti 100 giorni. Si dirige a
Parigi accolto dal popolo, ove si stanzia. Si crea una nuova coalizione formata Russia, Prussia, Gran
Bretagna e Austria. La resa dei conti arriva il 18 giugno del 1815 a Waterloo, sconfitto dagli inglesi e dai
prussiani. I regni napoleonici ovunque si sfaldano. Napoleone viene deportato sull’isola di sant’Elena
dove morirà il 5 maggio 1821.

9. Le rivoluzioni del 1848-49


Diffusione di ideali nazionalisti in Europa, si verificano tensioni violente (Svizzera, Polonia). Tra il 45 e 47
aumento dei prezzi a causa di cattive annate agricole porta a crisi economiche e licenziamenti operai. In
questo contesto monta l’ondata rivoluzionaria in tutti i paesi europei. Nel 1948 nel Regno delle due
Sicilie a Palermo un gruppo di autonomisti siciliani montano una insurrezione. Ferdinando II annuncia di
voler dare una Costituzione alle due Sicilie. Altri sovrani italiani seguono l’esempio: Carlo Alberto di
Savoia cede lo Statuto Albertino, Leopoldo II grand Duca di toscana, Pio IX annuncia uno statuto per lo
Sato pontificio. Cresce l’entusiasmo neoguelfo e i sentimenti patriottici. Altrove in Europa la risoluzione
è più violenta.

In Francia l’opinione pubblica inizia a radicalizzarsi: si richiede l’allargamento della partecipazione


politica, crescono le richieste per la formazione di una Repubblica. Il governo decide di proibire le
discussioni in merito, i radicali promuovono una protesta pacifica che a causa di un incidente porta a
scontri con le forze monarchiche raggiungendo dimensioni sempre più incontrollabili. Il Re Luigi Filippo
decide di abdicare in favore del nipote, i manifestanti invadono il Parlamento e la situazione viene risolta
dalla convocazione di un governo repubblicano. Viene proclamata la Repubblica, viene abolita la pena di
morte, la schiavitù, approva la libertà di stampa e il suffragio universale maschile.

In Austria la rivoluzione dilaga su esempio dei modelli francesi. A Vienna una manifestazione chiede al
governo di emettere le misure francesi e italiane. L’imperatore Ferdinando II annuncia una Costituzione.
L’agitazione si diffonde anche nel regno Lombardo Veneto, Milano insorge contro gli austriaci che sono
scacciati. Similmente a Venezia viene proclamata la Repubblica. In questo contesto già di forte crisi il re
di Sardegna Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria (prima guerra di indipendenza) e rapidamente
arriva acclamato a Milano. L’imperatore d’Austria è inoltre costretto a concedere la Costituzione
all’Ungheria. Sul fronte slavo aumentano le richieste per una federalizzazione dell’Austria.

In Germania nel 48 a Berlino scoppia una rivolta dispersa nella violenza. L’esercito è scacciato dalla città.
In Germania e in Prussia viene concessa l’elezione di una Assemblea Costituente, si proclama lo
scioglimento della confederazione Germanica. Intanto nella Polonia prussiana sulla scia degli eventi i
nazionalisti polacchi richiedono una importante autonomia per ricostituire uno Stato polacco. Il governo
prussiano risponde con la forza sconfiggendo le armate polacche.

Questo periodo appena visto viene detto Primavera dei popoli. Rimonta la speranza dei reazionari.

In Francia. In aprile si tengono le elezioni per la Costituente, la maggioranza è dei deputati è


repubblicana ma anche sorprendentemente monarchica, sostenuta dalle campagne influenzate dalla
propaganda antirepubblicane di notabili e clero. In maggio una protesta socialista e radicale degenera e
porta all’occupazione del parlamento. In risposta i radicali vengono espulsi dal governo. In giugno altre
proteste radicali si tramutano in rivolte armate gravemente e violentemente represse. In questo clima
viene promulgata la Costituzione di novembre: parlamento monocamerale eletto a suffragio universale
maschile, un presidente eletto, viene istituita l’istruzione statale, la libertà di stampa, l’abolizione della
schiavitù. Come presidente viene scelto Luigi Napoleone Bonaparte che si propone come continuatore
delle gesta del mitico predecessore. Si propone come garante dell’ordine pubblico ma viene osteggiato
dai gruppi radicali e socialisti. Aumenta così lo sforzo di repressione contro le forze di sinistra, vengono
escluse le fasce più povere dal diritto di voto e una limitazione della libertà di stampa.

In Austria la situazione slava viene risolta con l’occupazione di Praga. In luglio in Ungheria si riunisce il
nuovo parlamento nazionale dove crescono le posizioni autonomiste. L’Austria tenta anche in questo
caso di forzare la mano e attacca Budapest che riesce a difendersi. L’Austria dichiara decaduto il
parlamento ungherese che risponde mandando delle truppe a Vienna. La città scossa da diverse
insurrezioni in favore degli Ungheresi causa l’abbandono della città da parte dell’esercito. L’esercito
imperiale e alleato con la Croazia riesce poi a rimpossessarsi il controllo di Vienna e costringe gli
Ungheresi alla ritirata.

L’imperatore Ferdinando I abdica in favore del nipote Francesco Giuseppe che emana una costituzione
molto moderata. Si allea con i russi, i quali entrano Ungheria che nel 1849 vincono il conflitto.

In Marzo del 48, Carlo Alberto supportando il sentimento patriottico aveva lanciato l’offensiva contro
l’Austria. Ma dopo un iniziale serie di vittorie è costretto a ritirarsi, perde Milano e la Lombardia. Nel
marzo del 49, sfruttando la situazione in Ungheria, alleandosi con il governo piemontese Carlo Alberto
tenta un secondo tentativo offensivo destinato a fallire. Carlo Albero abdica e il figlio Vittorio Emanuele
II firma l’armistizio con l’Austria. Venezia dopo la sconfitta degli ungheresi torna sotto il dominio
austriaco.

Il papa nel marzo del 48 non sia affianca alla guerra contro l’Austria sconfortando i sentimenti neoguelfi.
Il malcontento lo costringe a fuggire presso il Ferdinando II. In sua assenza a Roma viene proclamata la
Repubblica capeggiata da Mazzini. Ma alla fine di Aprile Bonaparte decide di restaurare il potere papale
per attirarsene le simpatie. A Roma si schiera la resistenza antifrancese che rallenta l’inevitabile
occupazione francese della città.

In Germania l’assembla prussiana in dicembre viene sciolta dal re di Prussia Federico Guglielmo IV e
emana una nuova costituzione che attribuisce al sovrano il potere esecutivo, al parlamento quello
legislativo. Intanto a Francoforte l’Assemblea decide la formazione di un regno federale tedesco
indipendente dall’Austria e la corona viene offerta al re di Prussia che rifiuta sdegnosamente. Il tentativo
fallisce dolorosamente e soppresse le manifestazioni.

Alla fine del periodo non ci sono mutamenti geopolitici significativi:

 La Francia passa da monarchia costituzionale a repubblica presidenziale


 Le garanzie costituzionali sono in larga parte annullate tranne che in Sardegna e Prussia.
 Al contrario delle rivoluzioni moderne, in queste viene posto il problema della sovranità che si
chiede appartenga al popolo ormai protagonista ineludibile del contesto sociopolitico.
 Iniziano a configurarsi le dinamiche del conflitto di classe all’interno però di un contesto che sta
sviluppando l’idea e l’ideale di Nazione che passa anche attraverso la denigrazione e lo scontro
contro le altre comunità. Ogni nazionalismo per necessità reale o retorica di autoaffermazione si
sviluppa per contrasto.

11. Le classi sociali


L’inizio dell’Ottocento è dominato dal protagonismo degli imprenditori e dei borgesi le cui lodi vengono
tessute dal Marx ed Engels per il loro ruolo nello smantellamento delle istituzioni sociali e politiche del
vecchio ordinamento cetuale che ha totalmente rivoluzionato il mondo ottocentesco. Viene anche
enfatizzato il loro ruolo nella globalizzazione dei mercati e nella progressione tecnologica. I due autori
individuano due elementi di fragilità nel nuovo sistema:

 Eccesso di surplus, sovrapproduzione di merci rispetto alla domanda


 La nascita del proletariato di fabbrica.

Emerge quindi la figura dei proletari, coloro che lavorano nelle imprese produttive, poveri talmente da
possedere solo la propria prole. Si stilizza la visione duale della società divisa tra borgesi e proletari.
Tendono adesso ad organizzarsi in associazioni che garantiscano condizioni di lavoro migliori che hanno
il loro antecedente nei moti luddisti. A questi in GB erano seguite le società di mutuo soccorso e poi dei
veri e propri sindacati che difendevano gli interessi dei lavoratori. Lo sciopero funzionale a bloccare la
produzione inizia a diffondere come principale strumento per opporsi al taglio degli stipendi e
l’accrescimento delle ore lavorativo. Ciononostante, le due classi (borghesi e proletari) non sono
compatte; permangono distinzioni nazionali, confessionali, e settoriali. La stilizzazione della dualità
sociale borghesia-proletariato descritta nel Manifesto non tiene conto in realtà della presenza anche dei
liberi professionisti e di tutti colore che inseriamo nel cosiddetto ceto medio.

Comunque, l’Europa resta un’area prevalentemente agricola, in cui i proprietari terrieri posseggono i
patrimoni più ingenti. Fattore importante fu l’abolizione delle giurisdizioni feudali e della servitù della
gleba, rendendo il contadino un individuo libero e indipendente, capace di autogestirsi. Nonostante si
tenda ad abbandonare generalmente l’ideale tardomedievale di una società divista rigidamente in ceti,
per approdare una società di individui uguali davanti alla legge, nascono nuove strategie della
distinzione (barriere immateriali, informali, che si fanno più tanto quanto più è vicina la posizione sociale
da cui ci si vuole distinguere).

17. Globalizzazione e dominio coloniale


Crescita nell’Ottocento del processo di colonizzazione potenziato dalla progressione tecnologica
soprattutto nei campi dei trasporti che favorisce la globalizzazione e l’esplorazione di nuovi territori.
Migliora anche la produzione delle armi che impongono la superiorità bellica dell’Occidente sul resto del
mondo. I principali modi del dominio coloniale

 Dominio indiretto (la Cina o il Giappone)


 Dominio diretto: con il controllo del territorio e del governo, o la formazione di colonie
 Azione militare e diplomatica per l’esercizio di un'egemonia economica e/o politica

Le risposte delle comunità aggredite:

 Modernizzazione delle istituzioni economiche e politiche in imitazione di quelle occidentali


 Irrigidimento dei tratti identitari e a volte casi di resistenza armata
 Dialogo con le confessioni religiosi dominanti che legittimano le posizioni di opposizione agli
aggressori.
 Casi di sacralizzazione dell’opposizione politica che si manifesta nella sovrapposizione del capo
religioso con quello politico o in coordinazione distinta tra le due aree

L’impero ottomano perde tra 600 e 700 grandi porzioni di territorio. I sultani perdono gradualmente il
controllo sulle zone più periferico dell’impero. Ne consegue una frammentazione del potere nelle mani
dei leader territoriali. Mahmud II tenta una politica di accentramento dei poteri e modernizzatrice in
ambito istituzionale su imitazione delle potenze occidentali. Viene applicata anche una riorganizzazione
dei reparti militari che incontra la forte opposizione dei giannizzeri che verrà dopo alcuni scontri sciolto.
In questo contesto i paesi occidentali supportano e finanziano le comunità che tentano di affrancarsi dal
potere centrale.

l’Egitto durante i primi dell’800 conquista la propria autonomia dall’Impero ed entra nella fase delle
Tanzimat, una serie di riforme entro l’orizzonte di una piena occidentalizzazione del diritto e
dell’amministrazione.

Afghanistan, viene visto dall’Inghilterra come avamposto necessario a proteggere l’India dalla minaccia
russa. L’aggressione militare britannica si sviluppa senza difficoltà ma a causa del sistema quasi feudale
su cui si fonda la civiltà afghana rende ingestibile l’occupazione a lungo termine della regione. Dopo
poco tempo una serie di sommosse obbliga i britannici alla ritirata.

In India il potere coloniale britannico era andato formandosi sulla base del progressivo monopolio degli
scambi da parte delle compagnie commerciali che vanno lentamente ad assumere domini amministrativi
nella regione poi accresciuti attraverso accordi con i signori locali. Negli anni seguenti all’emanazione
dell’India Act (1784) si rafforza l’impegno militare britannico che espande il proprio controllo su gran
parte del territorio indiano. L’amministrazione inglese tenta una “civilizzazione” forzata dell’India: si
trasferiscono nella regione le élite inglesi ma viene impedito agli indiani l’accesso a qualsiasi posizione di
potere, disincentivate le unioni miste, vengono proibite molte pratiche tradizionali (schiavitù e sacrifici
umani, poligamia, i sistemi delle caste…). Le misure provocano la ribellione delle confessioni religiose
principali (musulmani e indù) Indian Mutuny (1857). La ribellione è faticosamente e violentemente
sedata. Vione sciolta l’East Inda Company e la sua gestione affidata al governo centrale del Regno Unito.
Viene frenata la politica di civilizzazione a favore della Benevolent Dispotism: non si cerca più di
modificare usi e costumi indiani ma solo di mantenere l’ordine sul profilo sociale e economico.

La Cina nel corso del VIII sec ha deciso di chiudere le tratte commerciali all’occidente con l’unica
eccezione del porto di Canton, dove i commercianti inglesi importano nel paese il cotone prodotto in
India in cambio di tè e porcellane. Dopo la rivoluzione industriale e la crisi del cotone indiano, l’india
specializza la sua produzione nel papavero, da cui si ricava l’oppio, importato illegalmente in Cina. In
pochi anni la diffusione della sostanza cresce nel Paese, provocando sia danni alla popolazione, che
all’economia cinese (nessuno paga imposte, essendo la sostanza illegale). Il governo di Pechino, nel
1839, reagisce duramente distruggendo svariate tonnellate di oppio britannico. La risposta degli inglesi è
un’aggressione militare che prende il nome di prima guerra dell’oppio e che porta alla conquista di Hong
Kong, nuova base commerciale inglese. Nel 1850 la Cina è attraversata da una grande rivolta, promossa
da Hsiu-Chuan che fonda una società basata sull’eguaglianza spirituale e distribuzione delle proprietà,
sino alla creazione del Regno di Taiping. Inglesi e francesi nel 1856 danno via alla seconda guerra
dell’oppio: in una prima fase approfittano della rivolta e attaccano la Cina entrando a Pechino,
costringendo l’impero a grandi concessioni; in una seconda fase si alleano con il governo imperiale
reprimendo violentemente la ribellione Taiping, riuscendo a mantenere i rapporti con la Cina e a
salvaguardare il proprio commercio di oppio che da questo momento diventa legale.

Anche il Giappone si è chiuso agli occidentali. Al suo interno vige un sistema piramidale con a capo lo
shogun. Nel 1854 gli Stati uniti riescono nel far aprire due porti giapponesi alle loro navi, tramite trattati
che successivamente estenderanno il diritto di commercio e di libera circolazione ad altri paesi
occidentali. In vista di tale invasione, dopo una ribellione da altre classi sociali (come samurai, ecc) il
Giappone decide di puntare a una modernizzazione tecnologica ed economica (ispirandosi agli
occidentali) che prende il nome di restaurazione Meiji, in modo da poter resistere alla colonizzazione
(anche militare). Viene introdotto l’obbligo alla scuola elementare e alla leva, in vista di una comunità
nazionale organica. A questo guarda la creazione di una ‘’religione di Stato’’, lo scintoismo, in cui
l’imperatore diventa divinità.

18. Popolazione e produzione


Si diffonde la corrente del Realismo che sancisce un’attenzione verso la realtà del proprio tempo e in
particolare il tema del lavoro. Il mutamento delle strutture statali rende disponibili le fonti statistiche, la
raccolta sistematica dei dati. La crescita demografica è costante, si muore di meno e si vive più a lungo,
migliora la qualità della vita anche grazie alla progressione del sapere medico e al risanamento urbano
volta a contenere la diffusione del colera, entrambi fattori spinti dal pensiero positivista:

 formazione di grandi parchi


 risanamento di quartieri più poveri
 costruzione di sistema fognario e idrico
 costruzione d nuovi ospedali

La crescita demografica porta anche l’incremento dei flussi migratori: dalle aree rurali alle città (che
porta alla formazione delle megalopoli), ma anche verso i paesi extraeuropei in particolare verso il
continente americano che incrementa notevolmente la propria popolazione.

I primi del Novecento importanti innovazioni produttive danno slancio a nuove produzioni industriali che
favoriscono ancor più il processo di urbanizzazione. Definiamo questo periodo “Seconda rivoluzione
industriale” per analogia con il processo del secolo precedente che si differenzia per:

 non vi è più la centralità del Regno Unito, ma Germania e Stati Uniti


 innovazioni in settori produttivi nuovi: chimico e energia elettrica
 i nuovi settori produttivi richiedono finanziamenti e gestioni più moderne

Centrale in questo periodo è il settore siderurgico e in particolare la produzione dell’acciaio. Si


diffondono gli studi e i laboratori chimici che tra le altre cose partecipano alle innovazioni delle tecniche
di conservazioni degli alimenti. Fondamentale sono le innovazioni nel campo della produzione,
conservazione e distribuzione dell’energia che a cascata portano ad una serie varia di scoperte e
invenzioni: l’invenzione del motore a scoppio porta l’invenzione dell’automobile, la lampadina (Edison)
che sostituisce definitivamente l’illuminazione a gas, il cinematografo, il telefono, la macchina per
scrivere…

Alle innovazioni si affianca uno studio riguardo la razionalizzazione e ottimizzazione degli schemi e dei
tempi di produzione per la prima volta teorizzati da Taylor e che poi prenderanno forma nella catena di
montaggio per la prima volta impiegata dalle fabbriche della Ford: la riduzione dei lavoratori a semplici
ingranaggi aumenta enormemente la produzione ma anche il malessere sociale.

In questo periodo per sostenere lo sviluppo dell’apparato industriale nascono le società per azioni e le
banche miste (raccolgono risparmi da investire sulle industrie).

In questo periodo di prosperità si colloca la cosiddetta “Grande depressione” che consiste in un eccesso
di produzione rispetto alla domanda, che tuttavia non si costituisce come una vera e propria crisi quanto
più ad un notevole accrescimento della competizione che ha portato ad un repentino abbassamento dei
prezzi dovuta alle numerose innovazioni, Proprio per avallare situazioni di questo tipo si verificano
processi di concentrazione, accordi tra gruppi produttivi per limitare la concorrenza e mantenere il
prezzo più alto possibile.

Il miglioramento tecnologico influenza anche i sistemi di comunicazione, soprattutto quella via mare per
il trasporto di merci lungo le tratte oceaniche (vedi Titanic), che assieme alle nuove tecniche di
produzione e di conservazione degli alimenti porta ad una rapidissima discesa dei prezzi del grano
americano e russo. La produzione europea, ancora poco sofisticata, non può reggere la concorrenza e va
incontro a quella che comunemente viene denominata “crisi agraria”. Le manovre di adattamento
messe in campo d’adattamento cercano di abbassare i prezzi di produzione (dazi, innovazioni, ecc.…) e
risparmiare sulla forza lavoro: aumenta l’immigrazione di contadini e braccianti europei verso le
Americhe.
20. Il “Sole dell’avvenire”
Alfabetizzazione operaia gli permette di focalizzare la propria situazione sociale. Si sviluppa un pensiero
filosofico antagonista alle condizioni sociali ed economiche tipiche dell’industrialismo: nasce l’idea di
piccole comunità autosufficienti la cui applicazione è però un fallimento (vedi Fourier), ma anche di più
radicali che passano per il rifiuto della proprietà privata e la collettivizzazione dei mezzi di produzione.
L’analisi di Marx ed Engels è sicuramente la più fortunata: passando per un’analisi attenta del sistema
capitalista tentano di metterne in evidenza i limiti, sostenendo che il sistema sia destinato a fallire a
causa dell’eccesso dell’offerta sulla domanda e della polarizzazione della società tra borghesia e
proletariato che avrebbe infine portato ad un conflitto sociale risolto nella dittatura del proletariato.

La discussione sull’applicazione pratica delle prospettive marxiste porterà alla scissione tra socialisti e
anarchici nel 1879 (durante il 5 congresso internazionale dei lavoratori): gli ultimi sostengo, al contrario
dei primi, la necessità di abolire qualsiasi forma di controllo politico centralistico (Bakunin), si sviluppa
maggiormente nelle aree rurali e inizia ad adottare nelle sue sfere più radicali l’esercizio dell’attentato
terroristico allo scopo di accelerare i processi di insurrezione delle masse che di fatto però ha il risultato
di alienargli consensi.

Il socialismo dall’altra parte a partire dalla Germania si diffonde ben presto in tutta Europa e va
progressivamente a organizzarsi in strutture politiche formali che costituiscono i partiti politici moderni
caratterizzati da:

 un programma con obbiettivi e principi fondamentali


 organi di stampa
 strutture organizzative basate su rapporti collettivi a differenza delle formazioni politiche
precedenti
 importanti sono i collegamenti con i sindacati, le cui proteste prendono sempre più le forme
dello sciopero

I partiti socialisti si dotano anche di canti, di musiche e di simboli. Il 1° maggio sarà uno dei rituali
periodici più importanti del movimento. La vocazione alla fratellanza spinge il movimento a presentarsi
come internazionale, eludendo i confini etnici e nazionali. La rivoluzione ambita dai socialisti scatena la
paura degli imprenditori e dei proprietari terrieri. Il movimento non è però esente da divergenze e
correnti: quelle che sostengono la necessità di rimandare nel tempo la rivoluzione in favore della
collaborazione con altre forze politiche per ottenere riforme per migliorare la situazione operaia, altre
(Rosa Luxemburg) sostengono la necessità di creare nell’immediato le condizioni per la rivoluzione
socialista, Kautsky applica una mediazione tra le due posizioni proponendo un attesa dei tempi naturali
della rivoluzione che passi per il raggiungimento delle riforme.

In Russia il partito socialdemocratico è costretto alla clandestinità e in forte opposizione allo zarismo. Al
suo interno ne nascono due diverse proposte: una parte minoritaria detta menscevica, sostenitrice della
linea di Kautsky, e una maggioritaria detta bolscevica sostenuta da Lenin che sostiene che l’arretratezza
della situazione economica russa possa favorire la risoluzione della rivoluzione. Nel 1912 le due parti si
scindono.

Nel contesto statunitense e britannico emergono delle peculiarità innovative che li distinguono dagli
scenari europei. In Gran Bretagna la classe operaia trova nel liberismo e non nel socialismo le promesse
di riforme politiche e istituzionali. Tra le poche esperienze marxiste si nota quelle della Fabian Society
che limitano el trasformazioni all’interno di una cornice parlamentare e costituzionale, ma non diventerà
mai un vero e proprio movimento politico.

Negli USA il socialismo non riesce mettere mai le proprie radici. Tra i vari motivi:

 Il socialismo arriva quando negli USA è già presente un sistema di rappresentanza con due partiti
che hanno già un grande seguito
 A causa delle divisioni etniche interni: afroamericani e cinesi sono solitamente impiegati nei
lavori più degradanti e vittime di una propaganda ostile dai politici democratici.
 Il mito del sogno americano che prevede una crescita individuale del singolo
 In questo contesto i sindacati sono comunque molto potenti e riconosciuti ma indirizzano la
propria pratica verso azioni che hanno obiettivi pratici intorno al miglioramento della situazione
salariale dei lavoratori e non sullo stravolgimento stesso del sistema capitalista

21. Nazionalismo e razzismo


Urbanizzazione e migrazioni, la diffusione del sistema rappresentativo, la nascita di posizioni politiche
nuove, il protagonismo delle masse in cerca di rappresentanza. Il discorso nazionalista basato sul
principio del popolo nazione non è necessariamente basato su un allargamento della rappresentanza, è
spesso dominato infatti da un’élite ristretta che ambisce di parlare per il bene dell’intera popolazione.
Eppure, persiste il bisogno della partecipazione delle masse analfabete e più inclini all’internazionalismo.
Si cerca quindi la nazionalizzazione delle masse, la propaganda adesso è più facile da attuare grazie ai
nuovi mezzi di comunicazione. Essenziale in questo compito è il ruolo delle scuole che insegnano
l’appartenenza ad una comunità nazionale, dotata di strutture istituzionali precise e caratteristiche
storico culturali che li differenziano dagli altri stati. Particolare interesse è dato alle guerre,
rappresentate come strumento fondamentale al pensare patriottico, necessarie alla nazione per imporsi
alle altre. Negli eserciti europei si diffonde la pratica della leva obbligatoria, gli ambienti militari
divengono luogo di scambio e omologazione. Si diffondono una serie di simboli, norme e riti volte a
celebrare la nazione. Si diffondono le bandiere, gli inni e le feste nazionali. In questo contesto
evidenziamo anche l’idea di sacrificio per la comunità derivato dalla sfera religiosa del cristianesimo.

La narrazione nazionalista si intreccia al discorso scientifico sulla differenza razziale basata sul
darwinismo e si esaspera con il crescente contatto con le comunità extraeuropee, rappresentate
spregiativamente. Nell’ottica dell’eugenetica i caratteri dei gruppi nazionali dipenderebbero dalla
propria eredità genetica, sempre più minacciata da un processo di decadenza dettato dalla loro
mescolanza. Non solo viene evidenziata la superiorità della razza bianca sulle altre ma anche all’interno
di quest’ultima viene ipotizzata una suddivisione gerarchica, al cui apice secondo l’antropologo Lapouge,
viene posto l’”Homo Ariano” (poi quello ”Alpinus”, e infine il “Mediterraneus”).

Negli Stati Uniti nonostante l’esito della guerra civile che ha abolito la schiavitù, rimane forte la
contrapposizione tra la popolazione nera e quella bianca. Vengono attuate politiche segregazioniste;
vittime di soprusi e violenze, ai neri non è concesso il diritto di voto e si diffonde la pratica di dividere in
tutti gli ambienti sociali i bianchi dai neri. Nascono in questo periodo le prime associazioni che
sostengono la parità razziale. A subire la sottomissione raziale sono anche le popolazioni di nativi
americani relegati in riserve progressivamente più piccole: alla decimazione sistematica (numerose le
stragi, vedi Wounded Knee) si affianca anche la distruzione del loro ambiente (espansione agricola,
distruzione dei villaggi, decimazione dei bisonti).

In Russia le comunità ebraiche sono sottoposte a discriminazione giuridica e sociale, non possono
entrare nelle principali città. L’odio antiebraico fomentato anche dai preti cristiani viene spesso tollerato
e incoraggiato dalle autorità politiche. Si diffondono pratiche periodiche di violenza indiscriminata
contro gli ebrei che prendono il nome di pogrom.

In Europa occidentale tutte le comunità ebraiche attraversano in questo periodo un processo di


emancipazione, che prende avvio dalle norme della Francia rivoluzionaria. Vengono aboliti i ghetti,
acquisiscono pari diritti e sono posti nelle condizioni di guadagnare posizioni sociali ambite.
L’emancipazione ebraica porta con sé ostilità che in parte hanno le proprie radici nell’antisemitismo
medievale, basato su superstizioni religiose. Le nuove ostilità adesso sono basate sul razzismo scientifico
che trae la sua forza dalla diffidenza dovuta al carattere prettamente intercomunitario degli ebrei:
nell’ottica antisemita gli ebrei sono una presunta razza particolare e diversa, una nazione dentro la
nazione, hanno interessi propri che non coincidono con quelli della nazione che li ospita. Il forte
sentimento antisemita che si palesa in alcuni scandali (vedi Il caso Dreyfus, processo ad un militare
francese ebreo, accusato e condannato di tradimento in modo sommario, e i protocolli di Sion) che
hanno un forte impatti nell’opinione pubblica semita e porta alla teorizzazione della possibilità degli
ebrei di creare uno Stato ebraico.

24. L’Occidente alla conquista del mondo


Con il nome l’Imperialismo definiamo la pratica crescente a partire dalla fine dell’Ottocento da parte
delle nazioni euroamericane di assoggettare militarmente o economicamente le popolazioni dell’Asia,
Africa, America meridionale e Penisola Arabica. Questo processo è stato favorito e reso possibile dal
divario bellico che si è andato creando in Occidente dopo le due rivoluzioni industriali. Le operazioni di
conquista di nuovi territori sono dispendiose sia economicamente che politicamente, ma vengono
comunque messe in atto per diversi motivi.

La conquista politico militare è spesso motivata da interessi di tipo economico. Secondo le teorizzazioni
di inizio XX secolo (Hobbson) l’Imperialismo sarebbe il frutto dell’eccesso di risorse accumulate che non
trova impiego all’interno di un’economia al punto massimo di espansione. Lenin vede nell’Imperialismo
l’ultima fase del capitalismo alla ricerca di nuovi mercati effettivamente. E il caso dell’intervento
occidentale in Egitto. Nel paese vengono promosse una serie di riforme di modernizzazione per favorire
la crescita del paese e avviene la costruzione di una delle opere più significative: il taglio dell’istmo di
Suez e la creazione di un canale. Ne consegue un indebitamento con le banche europee che porta a una
crisi economica e sociale che sfocia in colpo di Stato. L’Inghilterra risponde con un attacco militare che
sopprime la rivolta e pone l’Egitto sotto il dominio britannico e soprattutto al controllo sul prezioso
canale di Suez.

Anche aree di scarso interesse economico vengono occupate per motivi di natura strategica, (vedi il
tentativo britannico di occupazione dell’Afghanistan in funzione difensiva verso la Russia).
Anche funzioni di politica interna, ovvero enfatizzazione della propria forza nazionale e un
consolidamento del prestigio dei governi e consolidamento dell’unità nazionale. Le opere di
assoggettamento vengono spiegate attraverso narrazioni che vedono la responsabilità dell’uomo bianco
di esportare la civilizzazione. Proprio questo senso di superiorità porta spesso ad una serie di casi di
prepotenza, oppressione fisica e normativa. Emblematico il caso del Congo belga: Leopoldo II che sulla
base di un riconoscimento nominale della regione africana del Congo, dopo aver occupato militarmente
il territorio instaura un fiorente commercio di avorio e caucciù. L’estrazione delle risorse viene affidato
alle popolazioni locali le quali sono incitate al lavoro attraverso le più disparate modalità coercitive che
provocarono dai 3 ai 10 milioni di morti. Le violenze tali da causare accese polemiche in Belgio e nel
resto di Europa: il parlamento belga costrinse il re a cedere lo Stato Libero del Congo al governo del
Belgio

Seconda guerra afghana. Nel 1878, come accaduto 30 anni prima, l’esercito britannico per sventare
la minaccia russa attacca e conquista l’Afghanistan, che si rivela ingestibile, costringendo l’esercito alla
ritirata nel 1881. Nell’85 sono i russi a inglobare parte del territorio afghano. Nel 1907 si raggiunge un
accordo: gli inglesi riconoscono le conquiste russe, ma ne bloccano un’ulteriore espansione e si
impegnano a non interferire con l’Afghanistan.

Crisi di Fashoda. Nel 1898 le truppe britanniche riconquistano il Sudan, iniziano a espandersi verso
sud. I francesi, nel tentativo di bloccarne l’avanzata, creano un forte militare a Fashoda. Ne deriva una
crisi internazionale, che porta i francesi, spaventati da una guerra con l’Inghilterra, a ritirarsi.

Guerra boera. Nel 1895 gli inglesi hanno occupato un territorio che prende il nome di Rhodesia. La
presenza britannica minaccia gli stati indipendenti di Transvaal e Orange, controllati dai boeri (i boeri
sono una popolazione di origini olandesi, fuggita dalla Colonia del Capo, che era stata conquistata dai
britannici). Gli inglesi tentano un’azione militare per incorporare gli stati boeri, e sfruttarne le ricchezze
minerarie. La spedizione fallisce ma permane la tensione tra boeri e inglesi. Nel 1899 i boeri annunciano
la guerra, intimando all’esercito britannico di allontanarsi. Gli inglesi entrano in guerra (1899-1902).
Infine, gli inglesi riescono a conquistare gli stati boeri, ma la popolazione locale dà vita ad azioni di
guerriglia. Gli inglesi ordinano azioni di grandi brutalità, tra cui deportazioni nei primi campi di
concentramento della storia. Viene infine raggiunto un accordo: Transvaal e Orange sono inglobati
nell’Unione Sudafricana e assieme a Australia e Canada danno vita alla federazione imperiale britannica.
Ai boeri vengono riconosciuti i pieni diritti di cittadinanza.

Guerra ispano-americana. Nel 1885 a Cuba, colonia spagnola, scoppia una rivolta indipendentista. In
questo periodo gli Stati Uniti stanno riflettendo sull’opportunità di un’espansione coloniale. Quando nel
1898 un incrociatore americano a Cuba esplode, viene trovato il pretesto per dichiarare guerra alla
Spagna. Nel 1899 gli Stati Uniti ottengono l’indipendenza di Cuba, la conquista delle Filippine, Porto Rico
e Isola di Guam. Cuba è in realtà sotto il controllo statunitense e le grandi imprese americane
controllano la sua economia. Nel 1903 gli Stati Uniti sostengono anche la secessione di Panama dalla
Colombia, ottenendo la gestione del canale dell’istmo di Panama.

Guerre del Giappone Cina e Russia. Il nuovo Stato giapponese, nato dalla restaurazione Meiji, ha
potenziato e riorganizzato l’esercito e, influenzato da un’ideologia suprematista, si appresta a un’azione
di espansione territoriale. Nel 1894 il Giappone attacca la Cina, ottenendo l’annessione dell’isola di
Taiwan e l’indipendenza della Corea (prima cinese), ma controllata economicamente dal Giappone. Si
creano i presupposti anche per un conflitto con la Russia, che ha occupato la Manciuria e minaccia la
Corea. I giapponesi rispondono attaccando e sconfiggendo le forze russe nella battaglia di Tsushima.
Mantengono il controllo sulla Corea e ottengono il controllo sulla Manciuria. Questo evento segna la
prima grande vittoria di una potenza non occidentale contro una potenza europea.

Due crisi marocchine. Nel 1904 si ha un accordo tra Francia e Regno Unito: all’Inghilterra viene
riconosciuto il protettorato d’Egitto e si impegna a sostenere i francesi per un’eventuale occupazione del
Marocco (che permetterebbe di unificare il controllo sull’Africa nord-occidentale). L’imperatore tedesco
Guglielmo II si oppone e dichiara il Marocco Stato indipendente. Questa prima crisi si risolve nel 1906
durante la conferenza di Algeciras: si arriva a un isolamento diplomatico della Germania e il
riconoscimento alla Francia del diritto di intervenire negli affari interni marocchini. Nel 1911 alcuni
disordini in Marocco permettono alla Francia di occupare il territorio. La Germania minaccia con una
controffensiva militare. Questa seconda crisi si risolve con il definitivo riconoscimento dell’occupazione
marocchina alla Francia e l’annessione di una parte del Congo al Camerun tedesco.

Questa fase coloniale porta le popolazioni assoggettate a forme di resistenza che in questo periodo
vanno sempre più a fomentare e a costituire forme di identità nazionale. Questo processo è coadiuvato
anche dalle esperienze di intellettuali locali che erano entrati in contatto col nazionalismo europeo.

Resistenza islamica. I più importanti tentativi di resistenza islamica avvengono all’interno dell’impero
britannico. In Sudan e in Somalia a partire dal finire dell’800 si formano dei movimenti religiosi i cui
leader inneggiano alla jihad contro l’invasore coloniale. Dopo lunghi periodi di guerre, gli inglesi,
sfruttando la loro superiorità militare (come le mitragliatrici automatiche), riescono a battere le forze
ribelli. In Egitto prende piede il cosiddetto modernismo islamico, riforma religiosa in funzione
anticoloniale, per far sì che la religione non contrasti con la scienza e l’educazione moderna. A questo
elemento si unisce la nascita del nazionalismo egiziano.

Persia. Alla fine, dell’800 la Persia è sotto il regime dello shah e fortemente controllata da Russia e Gran
Bretagna. L’insoddisfazione per l’occupazione porta alla formazione di un movimento politico nel ’90
contro il regime dello shah, accusato di favoritismo, ad opera dei mujahidin. L’opposizione riesce ad
imporre una Costituzione allo shah e l’istituzione di un parlamento. Nel 1911 un intervento militare
russo pone fine all’esperienza, che vede comunque la politicizzazione dei mujahidin (come novità).

India. Nel 1885 dopo aver rafforzato il proprio dominio sull’India attraverso l’attribuzione del titolo di
impero alla regione, sotto la corona della regina Vittoria, gli inglesi concedono la formazione di un
Congresso nazionale indiano. All’interno di questo (prevalentemente composto da indù) gli indiani a
dividersi in due fazioni: emergono dei gruppi che iniziano a formulare richieste di indipendenza,
capeggiati da Tilak (considerato il fondatore del nazionalismo indù). Dall’altra parte troviamo i moderati
collaborazionisti, a favore del dominio britannico. Nel 1907 questa contrapposizione produce una
scissione all’interno del congresso e i britannici arrestano molti indipendentisti (tra cui lo stesso Tilak).
Parallelamente anche fra i musulmani iniziano a diffondersi idee di rinascita religiosa, in opposizione
all’occupazione britannica, che porteranno alla formazione dell’organismo politico della lega
musulmana.

Cina. Dopo la sconfitta del 1895 contro il Giappone, il governo cinese è costretto a indebitarsi con le
potenze occidentali per pagare le indennità di guerra. Queste ultime approfittano della situazione per
aumentare il proprio controllo sulla Cina. La presenza straniera, a partire dalla fine dell’800 provoca
risentimenti di carattere religioso e politico, che sfociano nella nascita dei boxer, società segrete che
mettono in atto aggressioni che culminano con l’uccisione dell’ambasciatore tedesco a Pechino. Questo
evento porta le potenze straniere a stroncare duramente la rivolta e imporre nuove sanzioni al governo
cinese. Gli eventi portano l’imperatrice Cixi a portare avanti una serie di riforme modernizzanti
seguendo il modello del Giappone Meiji. A causa della ormai scarsa autorità imperiale, il tentativo
fallisce; e anzi, scatena forme di dissenso che porteranno alla destituzione dell’ora nuovo imperatore
Puyi, nel 1911, e la proclamazione della Repubblica cinese, che rapidamente si trasforma in una dittatura
militare con a capo Yuan Shikai. Morto quest’ultimo la Cina va incontro a una disgregazione politica
dominata dal protagonismo dei capi militari, gli unici a mantenere una vera e propria autorità.
L’occidente smetterà di occuparsene a causa della Grande Guerra.
RIASSUNTO
“L'età contemporanea. Dalla grande
guerra a oggi”
Alberto Mario Banti

A CURA DI
Alessio Genovese
Bruno Grattà
1. La Grande Guerra
La Guerra delle masse. Quando nel 1914 scoppia la Grande guerra, questa viene accolta con
entusiasmo dalla popolazione europea. Perfino i partiti socialisti che professavano l’ideale
internazionalista votano i crediti di guerra: le ragioni del nazional patriottismo superano quelle
dell’internazionalismo proletario. Nella popolazione europea l’idea che si fa della guerra è quella di uno
scontro cavalleresco (neo-medievalismo). Vi è poi la cultura della mascolinità ottocentesca costruita
attorno all’uomo combattente e di una donna da difendere. E, ovviamente, gli imperativi nazional
patriottici: la difesa della patria, l’obbligo al sacrificio per la comunità (cristianesimo e nazionalismo). In
questo contesto un ruolo fondamentale lo assume la propaganda, tramite la quale si tenta di giustificare
una guerra che sarà evidentemente atroce e che non ha più niente a che vedere con la guerra rapida e di
movimento prospettata dai responsabili degli eserciti. Si tratta, invece, di una guerra di posizionamento
in cui nessuna delle forze contrapposte ha la superiorità necessaria per sfondare le linee nemiche: gli
eserciti sono rintanati all’interno delle trincee perimetrate dal filo spinato (che incontriamo per la prima
volta); vengono impiegate le mitragliatrici automatiche, le granate e i gas asfissianti; ci sono i primi aerei
da combattimento. In questo contesto la propaganda non soltanto esalta il patriottismo bellicista, ma
enfatizza, distorce e crea eventi volti alla disumanizzazione del nemico (vedi l’evento del canadese
crocifisso e Marc Bloch). Sono poche le voci dissidenti, ma tra queste pochi partiti socialisti che rifiutano
la guerra e papa Benedetto XV. Il 1917 è l’anno più complesso della guerra. Nonostante le condizioni
salariali aumentino (vediamo anche un aumento massiccio dell’impiego femminile in settori prima
fortemente maschili). I prezzi alimentari crescono pazzamente a causa della diminuzione della
produzione, del dirottamento delle risorse sul fronte e dell’indebitamento delle banche centrali per
dirottare la guerra. Il peggioramento delle condizioni economiche porta a rivolte e scioperi, a cui i
governi fanno fronte migliorando il trattamento delle truppe, aumentando la propaganda e punendo
severamente i disertori. Le misure hanno successo e la guerra continuerà per un altro anno. Ancora una
volta l’ideale nazional-patriottico prevale.

L’inizio della guerra. La prima fase della guerra, durante il 1914 sembra rispecchiare l’idea di una
guerra di movimento. L’esercito tedesco invade il Belgio e arriva quasi a Parigi. LA controffensiva
francese li costringe alla ritirata: fra Belgio e Francia si crea una linea di fronte che rimarrà tale quasi per
tutta la guerra. Sul fronte orientale i Russi tentano di sfondare le linee tedesche, ma la Germania riesce a
bloccare l’assalto e respingere il fronte all’interno dei confini russi. Nell’autunno del 14 è chiaro che la
guerra sarà di trincea.

L’Italia entra in guerra. Allo scoppio della guerra la posizione dell’Italia è ambigua: è legata
all’Austria e alla Germania dalla Triplice Alleanza, ciò nonostante, mantiene la neutralità in ragione
formale dei caratteri difensivi dell’alleanza (che non si applicano in quanto è stata l’Austria ad avere
attaccato la Serbia). In realtà i motivi sono altri: si ritiene che l’esercito non sia pronto, inoltre il governo
non è sicuro di potere ottenere le così dette terre irredente dall’Austria. Il dibattito interno si infiamma:
da una parte i neutralisti, liberali, socialisti e cattolici, e gli interventisti dall’altra, democratici, liberali
nazionalisti. In questo contesto ha un ruolo fondamentale la propaganda interventista che vede fra u
suoi protagonisti la figura di Dannunzio. Il governo Salandra pende per l’entrata in guerra e avvia
trattative con entrambi gli schieramenti. L’Intesa è quella a fare l’offerta migliore: all’Italia viene offerta,
oltre alle terre irredente, anche il Tirolo meridionale, l’Istria, la Dalmazia e il protettorato sull’Albania.
Salandra firma segretamente il patto di Londra e dichiara guerra all’Austria nel Magio del 1915. Il
comando dell’esercito viene affidato al generale Luigi Cadorna.

La seconda fase della guerra. Tra il 1915 e il 1917 al fianco dell’Intesa entrano in guerra oltre l’Italia
anche il Portogallo, la Romania e la Grecia. La Bulgaria si allea con gli Imperi centrali. Sul fronte orientale
si verificano gli sviluppi più significativi, con la vittoria dei tedeschi sui russi e la conquista della Polonia e
l’Austria occupa la Serbia, sul fronte occidentale si palesa di fatto uno stallo: nel 1915 gli italiani tentano
un’offensiva sul fronte austriaco, ma nel 1916 la ‘’spedizione punitiva’’ austriaca li fa retrocedere. Nello
stesso anno i tedeschi scatenano un’offensiva contro la piazzaforte di Verdun, ma senza ottenere alcun
risultato decisivo. Allo stesso modo francesi e inglesi tentano un contrattacco sulla Somme, ma anche
qui nessun risultato apprezzabile. Nel frattempo, si combatte per mare. Gli incrociatori tedeschi
attaccano le navi mercantili inglesi e francesi. All’inizio del ’15 la marina britannica si riorganizza e riesce
a neutralizzare gli incrociatori tedeschi. Il risultato del vantaggio si concretizza con il blocco navale del
mare del nord, che blocca i rifornimenti tedeschi. La Germania reagisce utilizzando indiscriminatamente
i propri sottomarini contro tutte le navi mercantili dirette in Gran Bretagna; tra le altre viene affondato
anche il transatlantico inglese Lusitania. La presenza a bordo di oltre 100 cittadini statunitensi provoca le
proteste del governo americano, che costringe i tedeschi a porre fine a questa prima fase di guerra
sottomarina. Nel 1916 la battaglia navale dello Jutland porta alla vittoria dei tedeschi che non riescono
però a rompere il blocco navale inglese. Arriviamo alla fase conclusiva. Nel 1917 i tedeschi rilanciano la
guerra sottomarina, affondando nuovamente una serie di navi verso i porti nemici. Gli Stati Uniti
rispondono dichiarando guerra alla Germania e ai suoi Alleati. I motivi sono principalmente di natura
economica: l’economia statunitense è legata a quella dell’Intesa, rafforzatosi dallo scoppio della guerra;
inoltri le banche americane hanno concesso enormi prestiti ai governi inglese e francese. Il supporto
delle truppe americane non è comunque immediato per l’organizzazione e l’addestramento dell’esercito
(viene introdotta la leva obbligatoria).

La Russia chiede la pace. Nel 1917 la Russia, a causa della rivoluzione bolscevica e dell’abdicazione
dello zar, uscendo dal conflitto nel 1918 firmando un trattato di pace con la Germania. Il crollo del fronte
russo permette a tedeschi e austro-ungarici di spostare l’attenzione sul fronte occidentale. Le due forze
congiunte sfondano definitivamente il fronte italiano con un’offensiva presso Caporetto, che vedrà
l’esercito italiano a ritirarsi in modo disorganizzato; si ricompatterà solo sul fiume Piave, perdendo
terreno (‘’la rotta di Caporetto’’). A questo punto il Generale Cadorna viene sostituito dal generale
Armando Diaz, che riorganizza l’esercito attraverso la propaganda e migliorando le condizioni dei soldati
al fronte.

La fine della guerra. Nel 1918 gli austro-tedeschi tentano due assedi contemporanei, contro il fronte
francese e contro quello italiano del Piave. I due fronti, però, reggono. Frattanto arrivano le forze
statunitensi. Nell’agosto del 1918 le forze anglo-franco-statunitensi lanciano una grande controffensiva
sul fronte occidentale (che prevede anche l’impiego dei primi carri armati). I tedeschi sono costretti ad
arretrare e ad avviare le trattative per l’armistizio. Nel frattempo, fra settembre e ottobre del ’18, i
francesi costringono alla resa la Bulgaria, gli inglesi invece l’impero ottomano. Alla fine di ottobre
l’esercito offensivo attacca l’Austria, sconfitta nella battaglia di Vittorio Veneto che costringe anche gli
austriaci alla richiesta di un armistizio. Infine, mentre sono in corso le trattative per l’armistizio, in
Germania scoppia una rivoluzione: l’imperatore è costretto a fuggire e viene proclamata la Repubblica.
L’11 novembre 1918 il governo firma l’armistizio ponendo fine alla guerra.
Conseguenze geopolitiche della guerra. A condizione del loro ingresso in guerra nel 1918, gli Stati
Uniti propongono un piano volto alla realizzazione di una ‘’pace senza vincitori’’, i cosiddetti 14 punti di
Wilson, che prevedono fra le altre cose il disarmo generale, l’autodeterminazione dei popoli per
riorganizzare l’assetto geopolitico, la creazione di un organismo internazionale per risolvere i conflitti e
una pace che non permettesse rivalse vendicative dei vincitori sui vinti. Come vedremo questo piano
idealistico non verrà applicato concretamente dalla conferenza di pace si apre a Versailles nel gennaio
del 1919

L’impero austro-ungarico. I disagi economici e sociali dovuti alla guerra hanno spinto la richiesta
della formazione di Stati nazionali indipendenti. L’imperatore Carlo I d’Asburgo tenta di proporre un
modello federale per l’impero, ma è ormai troppo tardi: cechi, slavi, ungheresi, e polacchi si proclamano
indipendenti. L’imperatore abdica, segnando il crollo dell’impero austro ungarico. Dalla frammentazione
dell’impero nasce la Repubblica d’Austria, la Repubblica ungherese, il Regno di Jugoslavia, il Regno di
Romania, e la Repubblica di Cecoslovacchia. L’Italia ottiene le terre irredente (Trento e Trieste) e l’Istria,
ma non la Dalmazia.

Impero ottomano. Anche l’Impero Ottomano è prossimo alla disgregazione. Fin dalla sua entrata in
guerra, le forze inglesi hanno tentato di frammentarne l’unità, appoggiando le forze separatiste. Inoltre,
nel 1917 il governo britannico, per garantirsi il supporto della popolazione ebrea, ha deciso di
supportare il movimento sionista nei suoi piani di insediamento degli ebrei in Palestina (è il piano della
National Home for the Jewish People). Di fatto la mossa che viene affiancata alle operazioni militari
permette la sconfitta dell’impero ottomano, all’occupazione della Palestina e di diverse aree in Medio
Oriente e della Turchia. Nello stesso periodo le truppe greche conquistano Smirne.

Repubblica tedesca. Le condizioni di pace imposte alla nuova Repubblica tedesca sono pesantissime.
L’Alsazia e la Lorena sono restituite alla Francia, si forma il nuovo Stato di Polonia, la città di Danzica si
proclama indipendente, e le colonie tedesche sono spartite tra Regno Unito, Francia e Giappone. Inoltre,
la Germania è costretta a pesanti risarcimenti economici, deve limitare il proprio esercito, e rinunciare
alla flotta da guerra.

La Repubblica socialista russa non viene riconosciuta.

L’Irlanda. Prima dello scoppio della guerra il governo inglese si era impegnato a concedere autonomie
all’Irlanda. Tali norme vengono rimandate a causa dello scoppio della guerra. Una parte dei gruppi
nazionalisti irlandesi approfitta della situazione e tende una rivolta che scoppia a Dublino nel 1916.
L’esercito inglese riprende il controllo di Dublino, reprimendo duramente la rivolta. La dura repressione
riaccende i sentimenti nazionalisti irlandesi, e nelle nuove elezioni del Parlamento irlandese ottengono
una larga maggioranza. Si riuniscono in un’Assemblea nazionale irlandese e proclamano l’indipendenza
dell’Irlanda. Ne segue una guerra che va dal ’19 al ’21 e che si concluderà con la firma del trattato anglo-
irlandese e alla formazione dello Stato libero di Irlanda, formalmente autonomo, ma sottoposto allo
status di dominion inglese. Questo provoca una grande spaccatura, che porta a una sanguinosa guerra
civile che vede contrapporsi i nazionalisti irlandesi, favorevoli al trattato, contro coloro a favore della
secessione. Gli irlandesi collaborazionisti, appoggiati dagli inglesi, riusciranno ad avere la meglio sugli
oltranzisti.

La Turchia. L’Impero ottomano, controllato da inglesi, francesi e greci, è in via di dissoluzione. In


questo contesto, nel 1919 in Turchia prendono piede ideali del nazionalismo turco, e nel 1920 Mustafà
Kemal si oppone al Trattato che il sultano avrebbe dovuto firmare con le potenze dell’Intesa. In risposta,
nel 1921, l’esercito greco stanziato a Smirne inizia a spingersi verso Ankara (attuale capitale turca), ma
vengono respinti e costretti alla ritirata, durante la quale i greci continuano a infierire sia sui civili turchi,
che i greci stanziati nell’area. Questi ultimi subiranno anche le violenze dei turchi. In tutta la Turchia nei
mesi seguenti la popolazione greca è uccisa o deportata. Nel 1922 il sultano è costretto all’esilio e nel ’23
è proclamata la costituzione della Repubblica di Turchia.

La Società delle Nazioni teorizzata da Wilson viene costituita nel 1920. Gli Stati membri si
impegnano a rispettare le rispettive integrità territoriale e rinunciano al ricorso alla guerra. I contenziosi
internazionali si risolveranno per mezzo di conferenze diplomatiche. Gli Stati Uniti decidono però di non
aderire, sia per motivi politici (repubblicani v.s. Wilson), sia per mantenere la propria autonomia rispetto
le questioni europee. Privata del suo alleato più forte, la Società sarà destinata a una debolezza politica
intrinseca.

2. La Russia rivoluzionaria
Sul fronte russo la guerra va male: la Russia è il Paese che denuncia il numero di perdite più alto, le
produzioni agricola e industriale vanno a rilenti, e nel 1916 si registra una cattiva annata agricola,
portando a una crescita dei beni alimentari. All’inizio del 1917 diverse industrie (come la Putilov, una
delle principali fabbriche di armi) indicono uno sciopero per ottenere aumenti salariali. A loro si
uniscono le donne, che manifestano per celebrare la Giornata internazionale della donna. In un primo
momento il governo è distratto dalla guerra e non si preoccupa della manifestazione, ma dopo il terzo
giorno ordina all’esercito di intervenire sparando sulla folla. Molti soldati si rifiutano di eseguire l’ordine,
mescolandosi coi manifestanti, diventati rivoluzionari. Lo zar Nicola II tenta di rientrare a Pietrogrado (ex
Pietroburgo) ma il suo treno viene deviato e dei parlamentari lo convincono ad abdicare in favore di suo
fratello il granduca Miche, che straordinariamente rifiuta. Nei giorni seguenti la Russia diventa una
Repubblica e la Duma nomina un governo provvisorio, con il compito di rinnovare gli assetti istituzionale
e decidere sulla guerra: si decide che la Russia continui a combattere. Questa decisione incontra
l’opposizione dei soviet (formatosi dopo la riv. Del 1905) che spingono affinché la guerra finisca al più
presto. I soviet, in questo momento guidati dai menscevichi, hanno in mano il comando alle forze
armate ribelli. Il governo tedesco favorisce il rientro in Russia di Lenin (in esilio dal ’07), con la speranza
che possa favorire l’uscita della Russia dalla guerra. Tornato a Pietrogrado, Lenin espone le cosiddette
tesi di aprile: l’uscita della Russia dalla guerra, il trasferimento del potere ai soviet e la nazionalizzazione
di tutte le proprietà terriere. Nei soviet i menscevichi iniziano a perdere terreno, mentre i bolscevichi
iniziano a controllare le forze paramilitare. Nonostante ciò, il governo russo tenta un’offensiva contro
l’Austria; l’operazione è un fallimento e il capo al governo è costretto alle dimissioni. Il nuovo primo
ministro, Kerenskij, avvia una forte repressione delle forze bolsceviche, costringendo Lenin a fuggire.
Poco dopo, però, dovrà affrontare il tentativo di colpo di Stato del generale Kornilov, che marcia verso
Pietrogrado. Per difendere la città, Kerenskij libera i bolscevichi arrestati, che, bloccando il colpo di
Stato, passano per i salvatori della rivoluzione acquisendo prestigio politico e sociale. Forti di questo, ad
ottobre i bolscevichi mettono in atto un colpo di Stato militare, occupano il Palazzo d’Inverno e
arrestano i membri del governo. Il nuovo governo si chiama consiglio dei commissari del popolo,
presieduto da Lenin. Sono avviate le trattative per la pace e vengono confiscate le terre della chiesa, da
redistribuire alle comunità contadine. Ciononostante, le elezioni per l’assemblea costituente assegnano
ai moderati la maggioranza. Scontenti del risultato i bolscevichi sciolgono l’Assemblea con la forza,
instaurando una dittatura.

La guerra civile. Le trattative di pace impongono condizioni durissime alla nuova Russia: la Finlandia,
le regioni baltiche, la Polonia e l’Ucraina sono occupate dai tedeschi. Pietrogrado è ormai troppo vicina
al confine e la capitale diventa Mosca. Il partito bolscevico prende il nome di Partito Comunista. Nel
frattempo, le armate controrivoluzionarie prendono il nome di ‘’armate bianche’’ e si riorganizzano,
dando vita a una guerra civile: a sud, generali zaristi e cosacchi; a est le forze cecoslovacche (liberate); ad
ovest Lituania, Estonia, Lettonia; l’Ucraina si dichiara indipendente, con l’appoggio tedesco. La reazione
comunista è affidata a Trotskij, che organizza l’Armata rossa: la disciplina interna è rigidissima,
includendo l’uso del ricatto e della violenza. Lo sforzo è efficacie. Dall’altra parte le armate
controrivoluzionarie, prive di un comando centrale, nel ’20 sono quasi del tutto sconfitte. Nello stesso
anno la Polonia, sfruttando la debolezza russa, dichiara guerra. L’attacco è contenuto, ma la pace
assegna alla Polonia parti della Bielorussia e dell’Ucraina.

A partire dal 1918 il governo comunista insegue una linea dirigista: i debiti esteri sono dichiarati nulli; le
fabbriche sono nazionalizzate; le terre ridistribuite. A causa del conflitto Lenin ricorre al cosiddetto
‘’comunismo di guerra’’: i soldati dell’Armata rossa sono autorizzati a requisire i viveri delle campagne, la
distribuzione dei beni alimentari e razionata e controllata dallo Stato. Ciò provoca una diffusione del
mercato nero che viene fortemente represso dalla polizia politica, la Ceka. Nel 1918 viene approvata una
Costituzione, che affida il potere ai Soviet. Tutti gli altri partiti sono violentemente messi a tacere. Si
tratta del cosiddetto ‘’terrore rosso’’. Nel 1919 viene fondata la Terza Internazionale, detta anche
Comintern (internazionale comunista). Tutti i partiti europei sono invitati a partecipare, a condizione che
seguano il modello bolscevico e difendano la Russia rivoluzionaria. Nel ’21 i marinai della base navale di
Kronstadt si ribellano al comunismo di guerra e vengono massacrati dall’esercito. In ogni caso, Lenin
decide di abbandonare tale linea, elaborando la Nep, nuova politica economica: la requisizione del grano
è abolita, al suo posto i contadini pagano un’imposta fissa in natura; una parte viene ceduta allo stato, il
restante venduto sul mercato. Ciò provoca un arricchimento della classe contadina che dispone di medie
aziende (kulaki). Nel ’22 lo Stato prende il nome di Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste (Urss):
è formalmente una federazione di repubbliche, col potere affidato al congresso dei Soviet; i candidati al
congresso sono designati dall’unico partito, quello comunista, e in particolare dai dirigenti della
macchina burocratica. Nello stesso anno Lenin, colpito da un ictus, è debilitato sino alla morte del ’24.

Si apre un conflitto tra Stalin e Trotskij. Stalin è stato nominato da Lenin segretario del partito, sebbene
nel suo testamento questa scelta fosse stata rimpianta (Stalin viene descritto come un individuo
brutalmente nazionalista, non adatto a guidare uno Stato plurietnico). La sua linea è quella del
socialismo in un solo Paese: consolidare il processo rivoluzionario nella sola Russia e mantenere la Nep.
Trotskij invece promuove l’idea della rivoluzione permanente: esportare la rivoluzione nel resto
d’Europa e reintrodurre il dirigismo statale. Infine Stalin, che può sfruttare la propria posizione di
segretario in modo strategico, riesce a convincere gli altri dirigenti a non peggiorare le relazioni con gli
Stati europei, che da poco hanno riconosciuto l’Urss, e a non seguire le direzioni di Trotskij. Quest’ultimo
nel ’25 viene allontanato dal governo, e nel ’29 dall’Urss. Come lui diversi dissidenti della linea fissata da
Stalin verranno espulsi e allontanati nel corso degli anni. Questi eventi rendono evidente il carattere
monistico, non pluralistico sia della società sovietica, che del partito comunista.
4. Il fascismo al potere
Italia nel dopoguerra. L’Italia dal deve affrontare problemi di inflazione, riorganizzazione produttiva e
di malcontento sociale. Per favorire la partecipazione al voto e una distensione politica i liberali
introducono il suffragio io universale maschile e la rappresentanza proporzionale. Queste nuove leggi
favoriscono, al contrario dei pronostici liberali, i partiti politici dotati di una struttura stabile e di una
forte propaganda. Nelle elezioni del 1919 i liberali tracollano e emergono due nuove formazioni: il
partito popolare italiano guidato da don Luigi Sturzo e il Partito Socialista. Quest’ultimo tra i partiti
socialisti europei è quello che più marcatamente raccoglie il messaggio sovietico mettendo in atto un
programma detto “massimalista”: aderisce all’Internazionale comunista, riconosce il ricorso alla violenza
per l’istaurazione di un regime su modello sovietico. Dopo le elezioni quindi i liberali non posso da soli
formare una maggioranza e hanno bisogno del supporto esterno del PPI. I governi che nascono sono
quindi politicamente fragili.

L’impresa di Fiume. I primi tumulti sociali sono di origine nazionalpatriottica. Vi è larga delusione
sulle condizioni di pace elaborate a Versailles: la Dalmazia viene assegnata alla Jugoslavia, e Fiume è
occupato dalle forze dell’Intesa. Il Governo viene accusato di non aver difeso gli interessi della Patria, si
diffonde l’idea di una “vittoria mutilata” coniata da Gabriele Dannunzio. Questo ai primi di settembre del
1919 sis fa eleggere capo di un battaglione e marcia su Fiume conquistandola e proclamandone
unilateralmente l’annessione. Per evitare un grave incidente internazionale, Giolitti firma il “trattato di
Rapallo” che rende Fiume una città indipendente e da ordine all’esercito di attaccare le forze
dannunziane. L’operazione riesce ma non pone fine alle polemiche.

Socialisti e comunisti. Una seconda area di crisi riguarda la conflittualità scoppiata nelle fabbriche e
nelle campagne, enfatizzate dalla radicalizzazione del partito socialista. Nelle campagne si verificano
occupazioni di terre incolte e viene richiesta e ottenuta “l’imponibile di manodopera” (che obbliga gli
imprenditori ad assumere un numero fisso di braccianti). Invece, in Lombardia, Liguria e Piemonte
operai e sindacati occupano le fabbriche e danno vita a tentativi di autogestione chiedendo migliori
condizioni lavorative e salariali. Giolitti decide di non intervenire e nel 1920 si raggiunge un accordo che
sancisce la vittoria dei lavoratori. Molti però si sentono insoddisfatti poiché speravano in una possibile
rivoluzione. Questa spaccatura si manifesta anche all’interno del partito socialista: si forma una nuova
corrente (guidata anche da Gramsci e Togliatti) pronta a sperimentare la via rivoluzionaria che 1921
durante il Congresso di Livorno si costituisce in Partito Comunista d’Italia (indebolendo ulteriormente
l’area di sinistra.)

Fascisti. L’immobilità dei liberali accresce il malcontento degli industriali e dei proprietari terrieri che
decidono di rivolgersi a piccole forze paramilitari che li difendano dai manifestanti. Tra questi il
movimento dei fasci di combattimento fondato da Benito Mussolini. Di origine socialista era stato
espulso dalla direzione dell’Avanti dopo aver espresso posizioni interventiste aveva continuato ad
esprimerle nelle pagine del Popolo d’Italia. Nasce così una nuova formazione politica che mescola
patriottismo bellicista e ambizioni di riforma sociale. Alle elezioni del 1919 ottengono pochissimi voti e
decidono quindi di cambiare natura accentuando le caratteristiche antisocialiste e antibolsceviche
incontrando il favore dei proprietari e industriali. Nascono così le squadre d’azione fasciste che rendono
lo squadrismo una realtà politica: attraverso metodi intimidatori (manganelli, armi da fuoco, olio di
ricino…) attaccano i membri socialisti e riescono a diminuire drasticamente il numero degli scioperi
industriali. L’opinione pubblica di estrazione medio e alto borghese apprezza molto il fascismo: questo
raccoglie l’eredità del discorso nazionalpatriottico di origine risorgimentale, predica la compattezza
nazionale (e quindi l’eliminazione dei socialisti) come strumento di grandezza, celebra la nazione tramite
un linguaggio sacrale. La spregiudicata abilità retorica di Mussolini gli assicura un buon radicamento di
massa.

La marcia su Roma. Nel 1921 i fascisti ottengono 38 voti al Parlamento eletti nelle liste dei “blocchi
nazionali”. Nello stesso anno si dichiarano partito nazionale fascista, Mussolini viene acclamato loro
duce e le squadre d’assalto vengono inglobate come forza militare privata del partito. Ciononostante,
l’opinione pubblica e il quadro politico va distendendosi: sono diminuite e cessate le manifestazioni
sindacali, il partito socialista viene indebolito da un’altra scissione e il neocostituito Partito socialista
Unitario rifiutando il bolscevismo può appoggiare i governi liberali. I fascisti, che non possono più
contare a lungo sull’antisocialismo, decidono di intervenire: il 28 ottobre del 1922 i fascisti marciano su
Roma. Il re Vittorio Emanuele III decide di non proclamare lo stato di assedio e come diretta
conseguenza Mussolini il 30 ottobre ottiene da lui l’incarico di formare un nuovo governo. Da questa
posizione di potere camera e senato votano la fiducia, concedendo al governo nuovi potere

La fine dello stato liberale. Alla fine del 1922 viene formato il Gran Consiglio de Fascismo, un
raccordo tra Stato e Partito. Nel ’23 le squadre d’azione fasciste sono trasformate nella Milizia volontaria
per la sicurezza nazionale, corpo militare fascista che si affianca alle forze dell’ordine. Le violenze ora
potevano avvenire con più agio di prima. In economia il governo attua una politica liberista: nei
commerci internazionali, il ministro delle finanze De Stefani, adotta tariffe doganali leggere; inoltre,
favorisce l’autonomia decisionale degli imprenditori, supporta una politica fiscale incentrata sulle
imposte indirette, piuttosto che sulle dirette. I risultati economici sono positivi: la produzione e il pil
sono in crescita. Nell’estate del ’23 viene approvata una nuova legge elettorale. Prevede che il partito
che raccoglie la maggioranza alle elezioni ottenga i 2/3 della Camera. Il 6 aprile del ’24 si svolgono le
elezioni che vedranno vincitori i fascisti. Il segretario del Psu, Matteotti, ne denuncia il clima di violenta
intimidazione che ha caratterizzato le elezioni; dieci dopo verrà rapito e ucciso da squadristi fascisti.
L’evento causa la cosiddetta Secessione dell’Aventino: le opposizioni si ritirano dal parlamento, sperando
in un intervento del re. Non interviene. La situazione viene sbloccata dallo stesso Mussolini che, all’inizio
del 1925, scioglie le associazioni politiche avverse al fascismo (non i partiti, ancora), impedendo il
dibattito politico. Seguono le ‘’leggi fascistissime’’, in vigore tra il ’25 e il ’26. Queste (tra l’altro)
prevedono:

 Il Governo non ha bisogno della fiducia parlamentare, ma esclusivamente del Re. Crescono le
competenze del capo del governo.
 Si sancisce la pena di morte per chi attenti alla vita del capo del governo.
 I processi politici vengono affidati a un tribunale speciale.
 Si ammettono solo le associazioni sindacali riconosciute dal governo. Si vietano gli scioperi.
 (nel 1926) si dichiarano decaduti tutti i deputati dell’opposizione. Si sancisce un regime politico
monopartitico.

Nel 1928 un’ulteriore legge elettorale prevede che esista un’unica lista nazionali che gli elettori possono
solo approvare o respingere.
6. La crisi economica e le democrazie occidentali
Nella seconda metà degli anni ’20 l’economia statunitense è prospera. Cresce la produzione soprattutto
dei beni di consumo durevole (aumenta la domanda, quindi la produttività, quindi i salari). Questi ultimi,
a causa della propria natura, portano il mercato ad essere molto dinamico all’inizio, ma infine alla sua
saturazione. Questo andamento però non è previsto e la crescita economica viene salutata con euforia,
che porta i risparmiatori ad acquistare titoli azionari delle imprese. Si crea così una ‘’bolla speculativa”:
anche quando la produzione diminuisce non scende il valore delle azioni. Quando, nell’autunno del ’29,
gli operatori iniziano a rendersi conto dello stato reale dell’economia, iniziano a vendere rapidamente le
azioni. Si crea un effetto valanga e, il 21 ottobre del ’29, il valore delle azioni crolla drasticamente
(continuerà a farlo sino al ’32). Tutto questo ha un effetto diretto sulle banche, che hanno investito sui
titoli azionari usando i risparmi dei contribuenti. Le piccole banche non riescono a pagare gli interessi, né
a restituire i soldi depositati, fallendo. Ciò fa esplodere il panico e tutti corrono a prelevare i propri
risparmi. Anche le banche più solide, che pure riescono a restituire i risparmi senza fallire, non possono
ora più prestare soldi alle imprese. Queste, quindi, non hanno più soldi per mandare avanti la
produzione e si vedono costrette a licenziare gli impiegati o ridurne i salari, e abbassare i prezzi (i
disoccupati non possono più acquistare). Anche nelle aree rurali si verifica una caduta della domanda
che rallenta o interrompe la produzione. Inizia così il periodo detto “grande depressione”, crisi
economica che si abbatte sull’Europa. I mercati di questa sono strettamente legati a quelli statunitensi a
causa dei debiti di guerra contratti nella Grande Guerra (i finanziatori americani non concedono più
prestiti agli europei, creando un circolo vizioso in particolare tra Germania, Francia, Inghilterra e Italia).
La prima risposta tentata dalla Gran Bretagna è quella di svalutare la sterlina nel ’31 (moneta forte, alla
base delle transazioni internazionali). Gli altri paesi reagiscono alzando le tariffe doganali: il commercio
internazionale crolla. L’impatto economico, psicologico e sociale è devastante: in alcuni Paesi la crisi
porta a un rinnovamento dei sistemi democratici, in altri li distrugge.

Il new deal. Durante la crisi il presidente statunitense Hoover si fa promotore di una politica
economica liberale ortodossa: limita le spese assistenziali e aumenta la pressione fiscale per mantenere
in pari il bilancio. Queste manovre mettono definitivamente in ginocchio l’economia e gli alienano il
favore degli elettori che nelle elezioni del 1933 eleggono Delano Roosevelt, il quale si fa promotore di
una dialettica volta a tranquillizzare la popolazione. Il suo new deal prevede tra le altre cose:

 Un riordino del sistema bancario che è monitorato nei suoi investimenti azionari dalla Banca
federale
 Sostegni economici a gruppi sociali in difficoltà
 Vasto programma di lavori pubblici che punti all’assunzione dei disoccupati

Il programma rilancia le attività produttive e stimola la ripresa dei prezzi e dei salari. La manovra di
Roosevelt viene analizzata da Keynes il quale arriverà a rigettare che l’economia possa sempre
autoregolarsi ma che abbia bisogno (soprattutto in situazioni di crisi) dell’intervento dello stato che
possa rilanciare la domanda (in questo caso supportando le fasce povere della popolazione in modo che
tornino ad essere dei consumatori)

Le democrazie europee. In Inghilterra il governo presieduto da MacDonald per rispondere alla crisi si
comporta in modo classico: taglia la spesa pubblica, aumenta la pressione fiscale e svaluta la moneta. I
risultati sono modesti e permettono alla GB di rinsaldare i rapporti economici e commerciali con i
dominion britannici. Rinsaldato il bilancio il governo riduce i prelievi fiscali. In Francia si verifica un a
seria instabilità politica, si susseguono 20 governi in 7 anni. Nel 36 Leon Blum attua delle misure volte a:
controllo statale sulla banca di Francia, nazionalizzazione delle industrie belliche, favorisce l’accordo tra
imprenditori e sindacati per ridurre le ore lavorative e aumentare i salari. Quest’ultima soluzione si rivela
controproducente: se i profitti dei salariati aumentano, gli imprenditori per far fronte al costo di
produzione aumentano i prezzi delle merci vanificando l’incremento salariale e indebolendo
l’esportazione francese

7. Nazismo, fascismo, autoritarismo


Ascesa del nazismo. La crisi del ’29 colpisce anche la Germania perché la sua economia dipende
interamente dalla statunitense. Crolla la produzione, le fabbriche chiudono, aumentano i disoccupati. I
governi dal ’30 al ’32 non riescono a trovare una soluzione economica adeguata. Si diffondono
disperazione e rabbia, che permettono al partito nazionalsocialista (Nsdap) di Hitler di riscuotere un
consenso crescente: nel 1930 ottiene il 18% dei voti, nel ’32 il 37%. Costituisce il suo successo su 3
elementi: il nazionalismo aggressivo, il razzismo estremo, concreti attacchi fisici ai ‘’nemici del popolo”. Il
nazionalismo soffia sul fuoco del risentimento contro le condizioni di pace imposte alla Germania,
considerate troppo pesanti e ingiuste. I nazisti sostengono di trovare i ‘’veri’’ responsabili non solo nelle
potenze straniere e nei partiti della Repubblica di Weimar, ma anche e soprattutto negli ebrei e nei
comunisti. Le aggressioni delle associazioni paramilitari naziste sono tollerate dai governi, e questo
aumenta il prestigio del Partito nazista, che dimostra di passare dalle parole ai fatti. La maggior parte dei
sostenitori sono giovani, in particolare coloro che hanno partecipato alla Grande Guerra. Inoltre, i nazisti
possono contare sull’appoggio dei ceti medi e dei grandi imprenditori di destra. Dopo una crisi di
governo fra il ’31 e il ’32, il presidente della repubblica dà l’incarico di primo ministro a Hitler, a capo del
partito maggiore. Viene formato un governo di coalizione in cui i ministri nazisti sono solo 3. L’equilibrio
si ribalta quando il 27 febbraio del 1933 il Parlamento (Reichstahg) viene dato alle fiamme. La colpa
viene attribuita ai comunisti e Hitler sfrutta la situazione per mettere al bando il Partito Comunista. In un
clima intimidatorio, i nazisti ottengono alle nuove elezioni il 44% dei voti. Tale maggioranza gli permette
di far approvare un decreto che gli concede i pieni poteri, viene proclamato il terzo Reich.

Nei primi mesi di governo i nazisti definiscono la nuova struttura statale attraverso la repressione delle
opposizioni e la costruzione di un sistema monopartitico, riassetto dei poteri istituzionali, definizione dei
rapporti con la Chiesa.

 Viene sciolto l’Spd e i sindacati socialisti.


 I mezzi di comunicazione sono controllati dal Partito.
 Gli oppositori sono arrestati o rinchiusi nei primi campi di concentramento.
 I sindacati sono sostituiti da quelli nazisti, gli unici permessi.
 Alla morte del presidente Hindenburg, la carica di presidente della Repubblica viene cumulata a
quella del capo del governo.

Dopo la conquista del potere le SA (squadre d’assalto), ovvero le forze paramilitari del Partito,
capeggiate da Rohm chiedono un ruolo più importante e di essere accorpate all’esercito. Per arrestare il
protagonismo di Rohm, Hitler ordina alle neoformate SS di attaccare il quartier generale delle SA e di
uccidere Rohm. L’attentato avviene il 2 luglio del ’34 e prende il nome di notte dei lunghi coltelli. Le SS
diventano il principale braccio armato sotto il diretto controllo del governo. Nasce anche la Gestapo.
Entrambe hanno il ruolo di azione intimidatoria sulla popolazione.

Nascono associazioni su impostazione militare: Gioventù hitleriana, la Lega delle ragazze tedesche, il
Sindacato dei lavoratori detto Daf.

La Chiesa luterana dà subito sostegno al regime. Con la Chiesa cattolica, nel ’33, viene firmato un
Concordato che avvicina al regime i fedeli tedeschi. Tuttavia, Pio XI con un’enciclica condanna l’ideologia
razzista del nazismo.

Dal punto di vista economico Hitler attiva un vasto piano di lavori pubblici per riassorbire la
disoccupazione. E rilancia l’industria bellica per il riarmo dell’esercito. Nel ’32 ottiene l’interruzione dei
pagamenti per le riparazioni della guerra. Questo permette al regime di risanare l’economia tedesca
aumentando il deficit: sul breve termine questa manovra permette il raggiungimento del pieno impiego
di tutta la forza lavoro e un netto incremento economico. Ma non può durare sul lungo termine: la vera
finalità è infatti quella di preparare la Germania alla guerra.

La politica estera è estremamente aggressiva: nel ’33 la Germania esce dalla Società delle Nazioni, per
rimettere in discussione per rimettere in discussione gli aspetti del Trattato di Versailles. Questo gli
permette infatti di riarmare l’esercito e di occupare militarmente la Renania (nel ’36), operazioni proibite
dal Trattato.

Viene attuata anche una politica demografica che porti all’aumento della natalità. Per far questo
vengono varate forme di sostegno alle famiglie, soprattutto le più povere. Come espresso da Goebbels,
però, la politica demografica nazista mira alla costruzione di una popolazione ‘’razzialmente pura’’. A
questo punto viene intrapresa una repressione dell’omosessualità maschile, vengono attuate misure
antinataliste agli individui mentalmente e fisicamente non sani, oltre i criminali. Inoltre, a partire dal ’39
viene fatto ricorso all’eutanasia eugenetica (che porta alla morte di 200.00 tramite gas asfissianti).

Per proteggere il sangue tedesco viene approvata una serie di leggi razziali orientata soprattutto verso la
comunità ebraica: viene esclusa dai lavori pubblici, dai giornali e dalle scuole. Nel 1935 viene impedito il
matrimonio e i rapporti sessuali tra ariani e ebrei. Viene inoltre creata una distinzione tra ‘’cittadini a
pieno diritto’’ e ‘’cittadini privi di diritti’’.

Nella notte del 9 novembre 1938 le SA scatenano un pogrom in tutta la Germania: 7mila negozi ebraici
vengono devastati, 200 sinagoghe sono bruciate, 26mila ebrei sono deportati nei campi di
concentramento. È la Notte dei cristalli.

La politica nazista era approvata da gran parte della popolazione. La sua forza era tratta da:

 Il sistema delle differenze: contrapponeva la comunità dominante al ‘’diverso’’, giustificando in


questo modo le aggressioni e le discriminazioni, che in qualche modo dovevano esser meritate.
 Rituali collettivi: erano volti a installare un sentimento di appartenenza alla comunità nazionale
nazista. Vi era l’idea del legame inscindibile tra il popolo e il suo Fuhrer. La scenografia, i simboli
e le uniformi erano volte a dare la sensazione di appartenenza alla comunità. Assumono
importante valore le adunate di massa, in cui vengono trasmessi i discorsi di Hitler e dei capi
nazisti (radio e tv).
 L’espansione bellica della Germania, rappresentata come conquista di nuove ricchezze e
giustificata dalla superiorità razziale del popolo tedesco.
 Il bellicismo e il culto del capo fanno del Nazismo uno dei regimi più ossessivamente virilisti
dell’Occidente. L’unica funzione riconosciuta al genere femminile è quella riproduttiva. Allo
stesso tempo alla donna viene anche affidato il compito di attive lavoratrici, subordinate però
alla figura maschile.
 Epurazione della produzione culturale, che si manifesta nel Rogo dei libri considerati degenerati,
perché scritti da ebrei o difformi da quelli sostenuti dal Regime nazista.

Fascismo degli anni ’30. Anche il fascismo deve affrontare la crisi economica del ’29, nonostante il
minor impatto. Adotta una soluzione simile al New Deal, affidandosi ai lavori pubblici e soprattutto alla
bonifica di alcune aree (Agro Pontino), che gli permette di aumentare il terreno coltivabile e costruire
nuove città. Vengono costruiti anche numerosi edifici pubblici.

Viene creato l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) con l’obiettivo di sostegno alle banche e alle
imprese: l’Iri avrebbe l’obiettivo di acquisire le azioni di grandi imprese in difficoltà possedute dalle
banche italiane, per alleggerirle. Dovrebbe poi riorganizzare produttivamente le imprese e rivendere le
azioni a privati. Le aziende assorbite non sono però appetibili dal punto di vista economico e di
conseguenza l’iri diventa permanente e fa sì che lo Stato fascista diventi azionista di maggioranza o
proprietario di imprese cruciali. I risultati complessivi non sono negativi: viene evitato l’aggravarsi della
crisi economica e abbassata la disoccupazione.

Nella seconda metà degli anni ’30 il regime tenta una doppia innovazione: autarchia (incoraggia i
consumatori ad avvalersi di prodotti esclusivamente italiani) e corporativa. Quest’ultima porta alla
costituzione di un sistema di organizzi di rappresentanza sindacale che rendano armoniche le relazioni
tra imprenditori e lavoratori: sono le corporazioni. Nel 1939 la Camera dei deputati viene trasformata in
Camera dei fasci e delle corporazioni.

Per supportare la futura espansione militare, viene promossa la crescita demografica attraverso una
politica natalista che, al contrario della nazista, non è spiccatamente razziale ma antifemminile:
l’impiego delle donne viene fortemente disincentivato, per favorirne il ruolo materno. In generale
vengono disposte molte risorse a supporto familiare. I risultati sono modesti e spingono, nel 1935, ad
attaccare l’Etiopia che viene occupata con metodi brutali. Nel 1936 l’Etiopia, l’Eritrea, e la Somalia
formano la nuova colonia dell’Africa orientale italiana, e viene proclamato l’impero italiano. L’intervento
provoca la protesta degli Stati aderenti alla Società delle Nazioni, che rispondono con delle sanzioni
economiche. L’Italia si appoggia quindi alla Germania nazista, raggiungendo un patto di alleanza nel
1936, l’Asse Roma-Berlino, poi consolidata con un patto antisovietico sottoscritto da Italia Germania e
Giappone nel 1937 e con l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni. L’avvicinamento alla Germania
nazista si consolida anche tramite le legislazioni razziali, che sanciscono la segregazione delle popolazioni
dell’Africa orientale, con lo status giuridico di sudditi: viene impedito il matrimonio tra cittadini e sudditi;
negato lo status di cittadino ai meticci.

Nel ’38 vengono emanate le leggi antisemite, che allontanano progressivamente gli ebrei dalle scuole,
dagli impieghi pubblici, dai giornali. La maggior parte della società accoglie queste legislazioni con
indifferenza. Viene costituita una struttura di associazioni, articolate per gruppi di età, generi e categorie
(‘’Figli della lupa’’, ‘’Balilla’’, ‘’Avanguardisti’’, ‘’Piccole italiane’’, ‘’Giovani fasciste’’). Gli adulti sono
costretti a iscriversi al Partito nazionale fascista. Viene promossa un’idea organicistica della Nazione:
oltre al discorso nazionalpatriottico bellicista, viene introdotto anche il culto della Roma imperiale,
modello ideale, e del duce. Come nel caso del nazismo, anche il fascismo ricorre alle adunate, ai discorsi
radiofonici e ai film prodotti dall’Istituto Luce.

8. L’Unione Sovietica di Stalin


Economia sovietica. Dopo essersi imposto come dirigente indiscusso del Partito comunista, Stalin
durante gli anni ’30 punta all’industrializzazione del sistema produttivo e alla completa collettivizzazione
dell’agricoltura. Questi processi avvengono attraverso la pianificazione: obiettivi da raggiungere entro
determinate tempistiche (i piani quinquennali). l’applicazione di questi porta a risultati incredibili: la
produzione industriale cresce enormemente; aumenta l’occupazione; vengono create dal nulla nuove
città industriali verso cui vengono immesse masse di contadini. Nel 1940 l’Urss è diventata la terza
potenza industriale del mondo (insieme a Germania e Giappone).

Il costo di queste trasformazioni è un’enorme compressione del tenore di vita della popolazione.

Le condizioni di vita sono misere. La completa collettivizzazione delle aziende agricole confisca i beni
ai kulaki e ai contadini, e vengono cedute al controllo statale, in modo tale che l’agricoltura possa
produrre quantitativi di derrate prefissati. La confisca avviene con brutali metodi coercitivi.

Questo aspetto dell’azione di governo si rivela un disastro, e la produzione agricola entra in crisi, tanto
da esser costretti a tornare al sistema della requisizione forzata dei prodotti. In Ucraina una carestia
provoca l’inedia di milioni di persone, senza che il governo se ne preoccupi.

L’intimidazione violenta diventa lo strumento essenziale di controllo, caratteristico dello Stalinismo. I


valori collettivi vengono prima di tutto, compresi gli affetti privati (vedi la storia di Pavlov): i familiari di
un condannato sono arrestati e deportati se non denunciano il crimine. Il sistema delle differenze è
incredibilmente più pervasivo e spaventoso persino di quello nazista, poiché il confine tra ‘’noi’’ e ‘’loro’’
non è mai del tutto chiaro e viene deciso unilateralmente da Stalin e dai suoi collaboratori. Anche
all’interno dello stesso Partito, gli oppositori politici vengono espulsi e deportati (spesso a seguito di
processi farsa o sommari). I campi di concentramento che si sviluppano in questo periodo sono
denominati ‘’Gulag’’, in cui i prigionieri sono costretti al lavoro forzato e al cui interno la mortalità è
altissima.

Per mantenere il suo sistema di potere, Stalin fa affidamento sia sulla polizia di Stato, la Gpu, che sullo
sviluppo del culto della sua personalità.

Come gli altri totalitarismi, anche l’Urss attua politiche demografiche e nataliste, volte a rinsaldare la
coesione delle famiglie: l’omosessualità viene perseguitata, viene vietato l’aborto, il divorzio viene reso
complicato, la maternità è sostenuta socialmente ed economicamente. Al contrario di nazismo e
fascismo, si evidenzia un più largo impiego delle donne nell’industria e nell’agricoltura.
Politica estera. L’Urss viene isolata nelle relazioni internazionali nell’est d’Europa. Questo la
salvaguardia dagli effetti della crisi del ’29. Stalin esercita influenza in Europa solo tramite i partiti
comunisti, che ora però sono indeboliti dall’ascesa dei fascismi.

La tragedia spagnola infine consente all’Unione Sovietica di entrare nel gioco delle relazioni
internazionali. Eppure, qualche anno dopo stringeranno un’alleanza diplomatico-militare con la
Germania nazista.

9. La Seconda guerra mondiale


Preludio alla guerra. Come abbiamo visto, la politica estera della Germania è aggressiva e volta a
ridiscutere gli accordi di Varsavia. Il primo obiettivo è l’annessione dell’Austria, in virtù della riunione del
popolo tedesco in un solo Stato. Un primo tentativo di colpo di Stato, organizzato dai nazisti austriaci nel
’34, è represso. L’intervento della Germania, in questo momento, è frenato dall’opposizione di
Mussolini. Dopo la firma dell’asse Roma-Berlino, Hitler può riprendere il piano. In Austria tornano a
verificarsi disordini interni promossi dai nazisti. Nonostante la maggior parte dell’opinione pubblica
austriaca sia avversa all’annessione alla Germania (referendum), quando Hitler ammassa le truppe ai
confini, il governo austriaco cade nelle mani dei nazisti. Nel 1938 l’Austria è formalmente annessa alla
Germania.

Le altre potenze europee non si oppongono a questo atto di forza, di fatto dimostrandosi deboli, e
spingono Hitler ad avanzare la pretesa di annettere anche i Sudeti, territori di confine tra Germania e
Cecoslovacchia con popolazione a maggioranza tedesca. Mussolini indice la conferenza internazionale di
Monaco: Italia, Regno unito e Francia riconoscono alla Germania il diritto di annettere i Sudeti. Ancora
una volta questa misura viene presa sperando di placare gli intenti espansionistici tedeschi; ma così non
è: a marzo del 1939 le truppe tedesche invadono la Cecoslovacchia (il protettorato di Boemia e Moravia
viene annesso; lo Stato autonomo di Slovacchia è di fatto uno Stato vassallo). Nel frattempo, ad aprile
del ’39 l’Italia occupa militarmente l’Albania, rendendola colonia. Nel marzo del ’39 la Germania aveva
chiesto al governo polacco la cessione del corridoio di Danzica. Un mese dopo Francia e Regno Unito
garantiscono alla Polonia il soccorso in caso di un attacco tedesco. A maggio Germania e Italia
sottoscrivono Il patto d’acciaio che prevede un’alleanza militare reciproca in caso di guerra. Hitler
assicura a Mussolini che non entrerà in guerra prima di 2/3 anni, permettendo all’esercito di prepararsi.
Pochi mesi più tardi, la Germania stipula un accordo con l’Urss, che non si era vista accogliere l’offerta di
un’alleanza antinazista da Francia Regno Unito: il cosiddetto Molotov-Ribbentrop. Questo prevede la
spartizione dell’Europa in sfere di influenza orientale (per l’Urss) e occidentale (Germania nazista).

Il primo settembre 1939 le truppe tedesche attaccano la Polonia. Il 3 settembre, Francia e Regno Unito
dichiarano guerra alla Germania. L’Italia dichiara la propria non belligeranza. È lo scoppio della Seconda
Guerra Mondiale.

L’inizio della guerra. La Germania (attuando la Blitzkrieg, guerra lampo) conquista Danzica e Polonia
occidentale. I sovietici occupano la Polonia orientale, e tentano un attacco alla Finlandia, che però riesce
a salvare la propria indipendenza. Nell’aprile del ’40 la Germania attacca e conquista la Danimarca, e in
Norvegia si affida il governo a un nazista norvegese. A maggio l’offensiva tedesca si concentra sulla linea
Maginot, contro la Francia. A giugno i tedeschi attraversano la foresta delle Ardenne, lasciata scoperta
dai francesi, e occupano Parigi. La Francia viene divisa in due aree: l’area settentrionale è amministrata
dai nazisti; l’area meridionale è affidata al governo collaborazionista di Petàin.

Nel Regno Unito si forma un governo di unità nazionale guidato da Winston Churchill, che mette in atto
un blocco navale antitedesco nel mediterraneo e sull’atlantico. I nazisti, prima di tentare un attacco via
mare, reagiscono usando l’aviazione per bombardare bersagli militari e civili, soprattutto a Londra. Ma
gli inglesi riescono a resistere potendo contare su ottime difese antiaeree. Nel maggio del ’41 Hitler
decide di abbandonare l’operazione.

Le guerre parallele. Nel frattempo, l’Italia avvia autonomamente delle operazioni militari. Nel 1940
attacca dall’Etiopia la Somalia britannica, dalla Libia l’Egitto britannico. Inizialmente le operazioni hanno
successo, ma in dicembre comincia l’offensiva britannica che costringe gli italiani alla ritirata e perfino a
perdere la Cirenaica. Mussolini è costretto a chiedere aiuto ai tedeschi. Le forze congiunte dell’asse
portano alla conquista dell’Egitto. Intanto però l’Italia perde nel 1941 l’Etiopia. L’altra operazione avviata
nel 1940 è l’aggressione alla Grecia, ma ne risulta una catastrofe militare. Nell’aprile del 1941 i tedeschi
attaccano i Balcani: Jugoslavia e Grecia sono conquistate e occupate.

Operazione Barbarossa. Nel ’41 l’Asse controlla tutta l’Europa tranne il Regno Unito e l’Urss. Dopo
l’abbandono dell’occupazione britannica Hitler avvia l’operazione Barbarossa (l’offensiva nazista contro
l’Urss) che ha inizio il 22 giugno 1941. Dai Paesi baltici, da Varsavia, attraverso l’Ucraina i tedeschi
riescono a controllare le aree strategiche del territorio sovietico. Ciononostante, non riescono a
conquistare né Leningrado, né Mosca. Perché? La popolazione collabora attivamente con l’Armata
Rossa; il Fronte si è esteso notevolmente in profondità e ciò rende difficile il flusso di rifornimento,
soprattutto in inverno. Inoltre, nei territori occupati, si formano gruppi di partigiani che si lanciano in
azioni di sabotaggio sostenuti dal governo sovietico. L’insuccesso porta i tedeschi a puntare a sud, verso
il Caucaso, nella primavera del ’42; ma anche lì, a Stalingrado, le truppe tedesche incontrano una
sorprendente resistenza che li obbliga a fermarsi.

La situazione nel Pacifico. Gli Usa non sono entrati in guerra a causa dell’opposizione dell’opinione
pubblica, nonostante le pressioni di Roosevelt che fa leva sugli ideali di difesa democratica e denuncia i
movimenti militari giapponesi. In effetti con il Patto Tripartito tra Giappone, Germania e Italia nel 1940 al
Giappone viene riconosciuta l’Asia orientale come sfera di influenza. L’esercito giapponese si prepara
all’invasione dell’Indocina che effettivamente avviene nel luglio del ’41. Roosevelt risponde imponendo
l’embargo al Giappone sul petrolio e sull’acciaio statunitensi, e chiede del ritiro delle truppe da Cina e
Indocina. In risposta, il 7 dicembre del 1941, senza notificare alcun ultimatum, l’aviazione giapponese
attacca e distrugge la base navale di Pearl Harbor, nelle Hawaii. In questo modo può facilmente
occupare tutta l’area sud-pacifica. L’attacco a Pearl Harbor smuove l’opinione pubblica americana e
Roosevelt può dichiarare guerra al Giappone, all’Italia, alla Germania. Anche il Regno Unito dichiara
guerra al Giappone. La partecipazione alla guerra permette agli Usa di superare definitivamente la crisi
del ’29 aumentando la produzione del materiale bellico (prosegue a velocità serrate superando di molto
quella Giapponese).

Dalla selezione raziale alla soluzione finale. I territori conquistati dai giapponesi e dai nazisti sono
sottoposti a duri regimi di occupazione militare: le popolazioni sono depredate dalle risorse alimentari e
dalle materie prime a vantaggio della popolazione occupante. Sia giapponesi che nazisti giustificano
queste misure adducendo motivazioni di superiorità razziale che considerano le popolazioni occupate
prive di qualsiasi diritto. Inoltre, nei territori conquistati dal Giappone per giustificare le misure di
sfruttamento viene anche pubblicizzata una forte propaganda antioccidentale e anticoloniale che
presenta il Giappone come il “popolo guida” liberatore per una nuova prosperità comune. Il sistema di
sfruttamento delle popolazioni occupate fa sì che i tedeschi risentano poco degli sforzi bellici

Nei primi periodi di occupazione nazista, in alcuni territori (specialmente in quelli ex Urss) viene adottato
il principio di selezione raziale: le regioni vengono colonizzate da coloni tedeschi e la parte di
popolazione locale non giudicata etnicamente vicina a quella “germanica” veniva espulsa. Così anche gli
ebrei inizialmente dovevano essere “semplicemente” espulsi dai domini tedeschi e, in una fase
successiva, rinchiusi in ghetti e poi nei campi di lavoro. Quando appare evidente che tale soluzione
risulta “poco efficiente” rispetto al grande numero di individui ebraici, i nazisti avviano la cosiddetta
“soluzione finale” (ideata da Heydrich): l’eliminazione sistematica e organizzata di tutti gli ebrei
attraverso la loro deportazione nei campi di sterminio. Si trattava di strutture volte prima allo
sfruttamento fisico degli internati e poi alla loro eliminazione attraverso l’utilizzo di camere a gas e forni
crematori. Vengono così uccisi 6milioni di ebrei.

La resistenza al nazifascismo. All’interno dei territori controllati dalle potenze dell’Asse si


sviluppano forme di resistenza. In Francia gruppi di resistenza sono coordinati dal generale Charles de
Gaulle, supportato dal governo britannico. Negli ex territori sovietici si sviluppano formazioni
soprattutto comuniste sostenute logisticamente dall’Urss. In Jugoslavia la situazione è più complessa:
nasce un conflitto tra nazionalisti croati, sostenuti dai nazisti, e serbi filofascisti per motivi razziali. Vi è
poi anche lo schieramento comunista del generale Tito che conta su un grande numero di membri. Tito
non è però appoggiato da Stalin che non ne apprezza l’autonomia, ma conta sugli aiuti delle forze anglo-
americane.

In tutta Europa le azioni partigiane sono duramente represse dalle forze di occupazione con una tecnica
che prende di mira soprattutto le popolazioni civili: rastrellamenti, fucilazioni sommarie e internamenti
venivano compiuti sia come forma di ritorsione ad azioni partigiane, sia per interrompere i sospettati
collegamenti tra partigiani e popolazione locale. Tali azioni repressive vengono compiute in Jugoslavia,
Grecia, in Dalmazia e in Croazia anche dalle truppe italiane.

La svolta del 42-43. A partire dall’estate del 42 si sviluppa la situazione su tre fronti. Nel pacifico gli
americani riescono a resistere alle offensive giapponesi (vengono impiegate per la prima volta le
portaerei). In agosto i marines occupano Guadalcanal costringendo d’ora in avanti i giapponesi alla
difesa. Sul fronte russo i sovietici hanno circondato le truppe naziste a Stalingrado e queste ultime,
nonostante gli ordini di Hitler, decidono di arrender5si nel febbraio nel 1943. Sul fronte africano un
attacco congiunto degli inglesi dall'Egitto (che sconfiggono i nazifascisti a El-Alamein) e degli anglo-
americani, sbarcati in Marocco e in Algeria, costringe le truppe nazi-fasciste alla resa nel maggio del 43.
Dalla Tunisia gli angloamericani preparano lo sbarco in Sicilia che avviene il 10 luglio dello stesso anno

La caduta del fascismo. L’attacco alleati in Sicilia non incontra resistenze. Il regime di Mussolini che
ha perso consenso presso la popolazione, viene soppiantato da un colpo di Stato: il 25 luglio 43 il Gran
Consiglio del fascismo decide di riaffidare il comando delle forze armate al Re. Mussolini viene arrestato
e Pietro Badoglio nominato nuovo presidente del Consiglio. I nazisti per contrastare l’avanzata degli
Alleati inviano l’esercito in Italia. Il governo Badoglio se da una parte dichiara di mantenere gli impegni
bellici con i nazisti dall’altra avvia trattative segrete con gli alleati: queste portano ad un armistizio nel
settembre del 1943. Si diffonde il caos nei reparti dell’esercito italiano che non sanno se appoggiare gli
Alleati o arrendersi. Molti militari vengono fucilati o deportati dai nazisti. Badoglio e il re decidono di
porsi al riparo scappando da Roma e rifugiandosi a Brindisi. In settembre i tedeschi liberano, dalla
prigione sul Gran Sasso, Mussolini che annuncia la costituzione di un nuovo stato fascista: la Repubblica
sociale italiana con capitale a Salò. Di fatti il nuovo stato è alle dipendenze dei nazisti. Alla fine del 43
l'Italia appare divisa in due.

In questo contesto nasce la resistenza italiana al nazifascismo che operò soprattutto nell’Italia centro-
settentrionale. Si formarono diverse formazioni militari guidate da principi ideologici differenti: liberal-
socialisti di Giustizia e Libertà, i comunisti delle Brigate Garibaldi ispirate da Togliatti, i socialisti delle
Brigate Matteotti. Queste formazioni sono il riflesso dei partiti politici che dal settembre del 1943
tornano a esprimere la loro voce e confluiscono nel Comitato di Liberazione Nazionale. I membri del Cln
avviano una netta polemica con Badoglio e in particolare con il re che viene risolta dall’intervento di
Togliatti nella cosiddetta “svolta di Salerno” del marzo del 44: viene proposto di abbandonare la
polemica per favorire la liberazione dal nazifascismo. In aprile si forma un primo governo di unità
nazionale presieduto da Badoglio. Nel frattempo, aumenta la forza e gli interventi dei gruppi di
resistenza partigiana che affrontano dinamiche simili a quanto succedeva nel resto d’Europa.

La dì fine della guerra. Dopo l’avanzata sovietica sul fronte orientale, Roosevelt, Churchill e Stalin si
incontrano Teheran per concordare un’offensiva sul fronte francese. Questa prende avvio dallo sbarco in
Normandia avvenuto il 6 giugno del 44 e che permette alle forze angloamericane di arrivare a liberare
Parigi il 25 agosto. A ottobre i partigiani di Tito entrano a Belgrado e gli inglesi sbarcano in Grecia. Le
città tedesche sono sottoposte a pesantissimi bombardamenti e intere città vengono distrutte.
Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrano nuovamente a Yalta nel febbraio del 45: viene decisa in caso di
vittoria, che è ormai imminente, la divisione dei Germania in 4 aree di influenza. Nonostante Hitler abbia
dato ordine di combattere a oltranza nei mesi successivi l’esercito tedesco crolla su tutti i fronti. In Italia
il 25 aprile vengono liberate le principali città Padane dai partigiani. Mussolini cerca di scappare in
Germania ma viene fermato al confine svizzero e fucilato assieme alla sua amante Claretta Petacci: i
corpi di entrambi vengono esposti a Piazzale Loreto. Il 30 aprile del 1945 riparati in un bunker Hitler e
l’amante Eva Braun si suicidano. Il 7 maggio i responsabili dell’esercito tedesco firmano la resa senza
condizioni.

Rimane aperto il fronte giapponese. Nonostante le continue vittorie statunitensi permane la resistenza
giapponese. Il nuovo presidente degli Stati Uniti Harry Truman decide di utilizzare contro il Giappone la
nuova bomba atomica: vengono annientate le città di Hiroshima e Nagasaki. 15 agosto, dopo che anche
l’Urss ha dichiarato guerra al Giappone, l’imperatore Hirohito offre una resa senza condizioni che porta
all'armistizio del 2 settembre del 1945. È la fine della Seconda guerra mondiale

10. Dopo la guerra (1945-50)


Una delle immediate necessità per gli stati nazionali dopo la fine della Guerra è quella del
mantenimento della pace. In tal senso viene fondato l’ente sovrannazionale denominato Organizzazione
delle Nazioni Unite (Onu) avente la finalità essenziale di agire politicamente e, in casi estremi,
militarmente per la risoluzione delle controversie nazionali e per il mantenimento della pace. Organo
fondamentale dell’ente è il Consiglio di Sicurezza composto da cinque membri permanenti e di dieci altri
paesi con mandato temporaneo. Tra il 1945 e il ‘46 a Norimberga viene istituito un tribunale militare che
condanna alti dirigenti nazisti per crimini contro l’umanità. Un processo analogo si tiene a Tokyo dal ‘46
e il ‘48. Il Giappone è di fatto controllato dagli Usa che vi impongono una nuova costituzione
democratica

Nonostante i buoni propositi la Liberazione dal nazi-fascismo e la fine della guerra sono accompagnate
un po’ ovunque da violenze, vendette e esecuzioni sommarie a danno di presunti collaborazionisti o di
ex fascisti. Una dei più tristi casi è quello che si svolge in Istria, Trieste, Gorizia e Fiume: dopo
l’occupazione da parte del movimento comunista jugoslavo di Tito, vengono giustiziati e “infoibati”
migliaia di militari ma anche civili italiani considerati fascisti o nemici del nuovo potere comunista. Altre
persone sono invece condotte nei campi di concentramento. I motivi erano molteplici: desiderio di
vendetta nei confronti del nazifascismo, drastica epurazione degli oppositori politici del regime in
formazione, ricostruire e potenziare l'identità nazionale slovena e croata in funzione antitaliana. Nel
1947 con il trattato di pace di Parigi, l’Italia riconosce l’Istria alla Jugoslavia; una parte di Trieste viene
annessa al territorio italiano, l’altra a quello jugoslavo. In questo contesto si verifica il cosiddetto esodo
“istriano: un’imponente migrazione forzata degli italiani dalla Jugoslavia.

Alla fine della guerra gli Usa si impongono economicamente sullo scenario mondiale (producono metà
del PIL globale, sono tecnologicamente all’avanguardia e hanno tutti gli apparati produttivi in perfetta
efficienza). Anche l’Urss, sebbene sia dotata di un'economia meno dinamica di quella statunitense, può
contare sul prestigio morale derivante dalla lotta contro i nazisti, sull’influenza esercitata sui partiti
comunisti europei e su un esercito imponente. In Europa si formano così due blocchi politici
contrapposti: uno occidentale, attorno agli Usa, e uno orientale, attorno all’Urss. L’avanzata dell’armata
rossa verso Est fino all’arrivo a Berlino ha permesso ha l’Urss di inglobare Estonia, Lettonia e Lituania. La
Germania, secondo quanto previsto dagli accordi di Jalta, è stata divisa in quattro zone di influenza e
così anche la città di Berlino: nella parte occidentale in zona francese, inglese e americana, la parte
orientale è interamente sovietica. Questo mutamento dei confini nazionali spinge migliaia di persone a
spostarsi spesso forzatamente da una zona all’altra: in particolare si registra un importante esodo
tedesco dai territori dell’Europa dell’est oramai sovietici. Con la conferenza di Bretton Woods del 1944 il
dollaro americano sostituisce la sterlina come principale internazionale. Viene istituito il Fondo
Monetario Internazionale, a cui non aderiscono nell’Urss né la Cina, allo scopo di concedere aiuti ai paesi
in deficit. Nella stessa direzione prosegue Il Piano Marshall varato nel 1947: si tratta di garantire prestiti
a bassi tassi di interesse ai paesi europei inclusi nel programma a patto che questi garantiscano la loro
alleanza con gli Usa e l’adesione ai principi del mercato libero e della democrazia. Si palesa in questo
contesto la distanza, ideologica, economica e sociale tra Urss e Usa che cercano ognuno di aumentare la
propria area di influenza. Nell’osservare questo fenomeno Churchill parlerà di una “cortina di ferro” che
separa il continente.

Nel 46 per contrastare le pressioni sovietiche in Turchia, gli Usa avviano una collaborazione politica e
finanziaria con il Paese che gli permette di controllare militarmente lo stretto dei Dardanelli. La Turchia
in poco tempo approderà a un sistema pluralistico e democratico. Il confronto tra i due paesi è più
diretto in Grecia dove gli Usa intervengono nella guerra civile a sostegno delle truppe regolari contro le
formazioni comuniste appoggiate dalla Jugoslavia. Nel 47 il presidente degli Usa Harry Truman avvia una
politica di sostegno militare e economico a tutti i popoli che resistono alle pressioni sovietiche che
prende il nome di “dottrina Truman”. L’Urss interpreta tali azioni come gesti di dichiarata aggressione e
reagisce nel ‘48 bloccando i confini della zona occidentale di Berlino impedendo l’approvvigionamento.
Questo evento inaugura ufficialmente la così detta guerra fredda. Gli Usa reagiscono organizzando un
ponte aereo che rifornisca costantemente la città. Constata l’inutilità sostanziale del blocco terrestre i
sovietici riaprono gli accessi. A seguito di questo scontro nel ‘49 le potenze occidentali riuniscono le tre
aree tedesche sotto il loro controllo nella Repubblica Federale Tedesca. La parte orientale viene
unificata dai sovietici nella Repubblica Democratica Tedesca controllata da un unico partito comunista. Il
processo è d’ora in avanti più generale: nelle aree sotto l’influenza americana si costituiscono o
ricostruiscono democrazie parlamentari, nelle zone di influenza sovietica si formano democrazie
popolari a partito unico. La dirigenza sovietica forma un organo di coordinamento dei partiti comunisti
chiamato Cominfom. Da questo quadro si sfila la nuova Jugoslava: Tito intende mantenersi autonomo
dall’Urss e si dichiara “non allineato”. L’allontanamento politico tra Mosca e la Jugoslavia ha
ripercussioni dirette su8lla guerra civile greca: nel ‘49 Tito smette di sostenere le milizie comuniste
greche che nello stesso anno sono costrette a ad annunciare la resa

Nel 1949 i paesi dell’area statunitense firmano il cosiddetto Patto Atlantico: un’alleanza difensiva che
comporta anche la formazione di un organo militare di coordinamento, la Nato. Nel ‘55 l’Urss risponde
con un trattato analogo tra l’Urss e i paesi europei di area sovietica, il Patto di Varsavia

L'Occidente nel l'immediato dopoguerra. Negli USA la politica estera in funzione antisovietica
porta alla fondazione la Cia, che coordina servizi di spionaggio internazionale, e viene perseguita anche
nell’ambito della politica interna. Nel dopo guerra nel Paese si sviluppa una ossessione anticomunista
che porta il governo a limitare le attività sindacali e a escludere i movimenti comunisti. Viene avviata
anche una persecuzione anticomunista preventiva denominata “maccartismo”, dal nome del senatore
repubblicano che la promosse: l’operazione affidata all’FBI porta a migliaia di persone accusate o anche
solo sospettate di comunismo a perdere il lavoro a affrontare processi. Dalla metà degli anni 50 tale
politica viene abbandonata a causa del declino politico di McCarty. In ogni caso viene mantenuta una
forte ostilità nei confronti dei gruppi di sinistra anche non comunisti

Nel Regno Unito i laburisti vincono le elezioni contro i conservatori di Churchill. Il governo di Clement
Attlee attua una serie di misure che di fatto costituiscono il moderno Welfare State: viene istituito il
sistema sanitario nazionale, e varata una politica di supporto alla popolazione meno abbiente. Gli alti
costi del Welfare State non riescono a esser sostenuti dalla sola tassazione progressiva e portano il
governo laburista ad indebitarsi ulteriormente con gli USA e a perdere consenso. Le elezioni del 1951
vengono vinte dai conservatori guidati da Churchill.

In Francia nel 1945 avviene l’elezione, a cui partecipano per la prima volta anche le donne, per
un’Assemblea Costituente con il compito di redigere una nuova Costituzione. I principali partiti politici
(Movimento repubblicano popolare, Partito socialista e il Partito comunista) formano un governo di
coalizione presieduto da Charles De Gaulle. Quest’ultimo insiste per una Costituzione che preveda la
figura di un presidente dotato di ampi poteri. Constatata l’impossibilità di far valere il suo punto di vista
De Gaulle si dimette. La nuova Costituzione approvata da un referendum attribuisce notevoli poteri al
parlamento e un presidente della Repubblica con poteri limitati. La legge elettorale proporzionale fa sì
che, dato il quadro politico frammentato, nel giro di pochi anni si susseguano una serie diversa di
governi di coalizione. Su pressione Usa il Partito comunista è escluso dalle maggioranze di governo
In Germania la neonata Rft viene esclusa dalle riparazioni di guerra e inclusa dagli statunitensi nel piano
Marshall. Nel 49 viene redatta la Costituzione della Rft. Il nuovo parlamento è guidato dai partiti
cristiano-democratici.

In Italia dopo la caduta del fascismo e un primissimo tentativo di governo presieduto da Ferruccio Parri
si costituisce un governo di coalizione presieduto da Alcide De Gasperi, dirigente della Dc, e con ministro
della giustizia Palmiro Togliatti, capo del partito comunista. Con le elezioni e il referendum del 2 giugno
del 46 l’Italia diventa una Repubblica e si elegge l’Assemblea Costituente. I risultati delle elezioni
sanciscono la maggioranza della Dc, che permette a De Gasperi di presiedere un nuovo governo, ma
anche un buon risultato del Pci. In questo periodo l’ala moderata del partito socialista, che vuole
affrancarsi dalla linea politica comunista, forma il nuovo Partito socialista dei lavoratori italiani guidato
da Giuseppe Saragat. Nel frattempo, gli Usa fanno pressioni su De Gasperi affinché si liberi del supporto
dei comunisti minacciando l’interruzione dei supporti economici. De Gasperi avvia così una crisi di
governo che lo riporta a capo di un nuovo governo, ma senza i comunisti. Nel frattempo, nel ‘47 la
Costituzione viene approvata. Nel 48 si svolgono le nuove elezioni che vedono fronteggiarsi la Dc al
Fronte popolare composto da comunisti e socialisti. Grazie al sostegno degli Usa, del Papa e della Chiesa
(i prelati svolgono una forte propaganda anticomunista) la Dc riesce ad ottenere una netta maggioranza
e De Gasperi forma un nuovo governo di coalizione escludendo i comunisti. Nel luglio del 48 Togliatti
subisce un attentato: le insurrezioni popolari che ne seguirono furono scoraggiate dallo stesso PCI.
Questo episodio dimostra la natura sostanzialmente moderata e incline al gioco parlamentare del Pci.

Il blocco sovietico. Fino al 1953, data della morte di Stalin, il sistema del terrore continua ad operare
come già visto in precedenza. Si registra un notevole abbassamento della qualità della vita di operai e
contadini, si diffondono pratiche di clientelismo ad opera dei burocrati comunisti che di fatto
costituiscono una ristretta élite economica. Nel 49 l’Urss mette appunto la bomba a idrogeno ponendo
la potenza militare sovietica a pari di quella statunitense. I paesi del blocco sovietico operano in modo
simile a quanto accade nel paese guida, i piani d produzione economica sono impernati sulle necessità
dell’Urss.

In Cina i gruppi nazionalisti di Chiang Kai-shek e quelli comunisti di Mao Tse-tung che si sono opposti
all’occupazione giapponese, dopo la fine della guerra danno vita ad una guerra civile: una parte è
sostenuta dagli USA, l’altra dall’Urss. Alla fine, i comunisti, che contano sul supporto delle comunità
contadine, vincono il conflitto e occupano Pechino. I nazionalisti di Chiang Kai-shek si ritirano a Taiwan
dove fondano la Repubblica nazionalista cinese, ritenuto l’unico stato cinese legittimo secondo l’Onu
fino al 1973. Mao Tse-tung avvia politiche di nazionalizzazione e redistribuzione delle terre e delle
industrie e firma un trattato di amicizia con l’Urss.

Dopo la sconfitta giapponese l’area comunista si è estesa anche in Corea del nord, mentre l’area
meridionale è guidata da un governo nazionalista appoggiato dagli USA. Nel 1950 le truppe nordcoreane
appoggiate dai sovietici invadono la Corea del Sud per annetterla. L’Onu (che al momento non vede la
partecipazione dell’Urss) vota per l’intervento militare congiunto con gli USA che porta all’occupazione
anche della Corea del Nord. La Cina comunista invia rinforzi alla Corea del Nord che riesce a respingere
le truppe Onu e americane all’altezza del precedente confine. La guerra si conclude (dopo un momento
di tensione in cui Truman avrebbe valutato l’intervento atomico) con l’armistizio del 1953 che conferma
i confini così delineati. Questo episodio dimostra quanto in questo periodo qualsiasi conflitto regionale
rischi di tramutarsi in un conflitto globale.
L’inizio della decolonizzazione. I paesi asiatici e mediorientali sono i primi a conquistarsi
l'indipendenza dalle potenze coloniali che dopo la fine della Seconda guerra mondiale possono
approfittare del fortissimo indebolimento politico e militare delle potenze colonizzatrici.

L’india inizia il proprio processo di decoloni9zzazione quando il governo laburista di Attlee decide nel
1945 di favorirne l’indipendenza convocando le elezioni di un’Assemblea Costituente Indiana: si palesa
una forte contrapposizione tra il Partito nazionale del Congresso di etnia indù guidato da Ghandi e
Nehru e la Lega musulmana. Ghandi è a favore della costituzione di uno stato multietnico, i musulmani
iniziano progressivamente a radicalizzarsi sostenendo la necessità di creare uno stato islamico
autonomico. Le tensioni e le aggressioni tra i due gruppi etnici portano gli inglesi a decidere per la
“Partition” in due Stati del territorio indiano: data la distribuzione disomogenea dei due gruppi etnici,
vengono istituite due aree territoriali a est e a ovest del territorio indiano appartenenti al nuovo stato
del Pakistan e nel mezzo nasce l’Unione indiana. Il primo si modella come uno Stato islamico diviso tra
gruppi politici laici e radicali islamici; il secondo come uno Stato laico e democratico. Si verificano presto
scontri armati tra i due schieramenti per contestazioni sui confini, ma anche giganteschi esodi delle
popolazioni indù e sikh che vivono all’interno del Pakistan, spesso accompagnate da disagi e violenze.

In Vietnam nel 1945 Ho Chi-minh capo del movimento comunista proclama l’indipendenza dalla Francia
e costituisce la Repubblica Democratica del Vietnam. Ne segue a partire dal 46 una guerra che si
conclude solo nel 54 con la firma degli accordi di Ginevra: il Vietnam viene diviso in due stati, uno
comunista a nord e uno filoccidentale a Sud, e la formazione degli stati indipendenti di Laos e Cambogia

In Indonesia si erano formati diversi movimenti: oltre a quelli islamici, d'orientamento religioso
tradizionalista o con tendenze moderniste, anche il partito comunista indonesiano guidato da Sukarno.
Quando i giapponesi abbandonano l’area, Sukarno proclama l’indipendenza indonesiana. Ne segue una
guerra contro gli olandesi dominatori coloniali dell’area prima dell’arrivo giapponese, Nel 1950 gli
olandesi si ritirano e nel Paese si forma uno Stato parlamentare laico ma che conserva i tribunali islamici

L’Egitto ha ottenuto la quasi totale indipendenza dagli inglesi nel 32. Ma le truppe britanniche non
lasciano l’area come previsto e si sviluppano delle forze di opposizione; LA Fratellanza musulmana di
orientamento islamico e il Comitato degli ufficiali liberi di orientamento laico. Il Comitato sotto la guida
di Nasser nel 1952 attua un colpo di stato, scaccia l’esercito inglese dal Canale di Suez e instaura una
dittatura militare con l’obbiettivo di modernizzare l’Egitto. Attorno all’Egitto si radunano già a partire dal
1945 nella Lega degli Stati arabi gli stati che man mano ottengono l’indipendenza coloniale (Libano, Iraq,
Siria, Giordania), l’Arabia Saudita e lo Yemen. Uno dei principali obbiettivi della Lega è impedire la
formazione di uno Stato ebraico in Palestina

In Palestina, nonostante gli impegni presi nel 1917 con la dichiarazione Balfour (National home for
Jewish people) l’Inghilterra ha cercato di mantenere una posizione equidistante tra ebrei e arabi. Negli
anni fra le due guerre si intensificano le formazioni paramilitari legate al movimento sionista, che
compiono azioni terroristiche contro gli arabi e contro i britannici (nel ’44 la banda Stern uccide il
ministro inglese per il Medio Oriente; nel ’46 l’Irgun fa esplodere una bomba all’hotel King David a
Gerusalemme). Nel ’47 il Regno Unito constata l’impossibilità di gestire la situazione e rinuncia al
mandato sulla regione passando la questione all’Onu: nello stesso anno la Commissione speciale per la
Palestina formula un piano per la creazione di due Stati, quello ebraico di Israele e lo Stato arabo di
Palestina. Gerusalemme dovrebbe diventare una città libera. Nei giorni seguenti scoppiano scontri fra
palestinesi ed ebrei, e dal ’48 sistematicamente i villaggi palestinesi vengono distrutti e la popolazione
viene allontanata. Nello stesso anno il leader sionista David Ben Gurion proclama la nascita dello Stato di
Israele. Scatta la reazione della Lega Araba che attacca Israele. La guerra viene vinta nel ’49 dagli
israeliani, che riescono ad ampliare i confini del territorio israeliano impadronendosi di gran parte dei
territori assegnati ai Palestinesi dall’Onu. Anche in questo caso centinaia di migliaia di Palestinesi
vengono costretti ad allontanarsi fuori dai nuovi confini di Israele. I palestinesi cercheranno di ricostruire
la propria identità mescolando principi nazionalisti con quelli tratti dalla tradizione islamica.

Durante la conferenza di Bandung nel 1955 i rappresentanti di 29 Stati, (tra cui Cina, Indonesia, India,
Pakistan, Vietnam, Laas e Cambogia, ma anche diversi paesi della Lega Araba), si riuniscono per
promuovere un coordinamento afroasiatico che si opponga sia al tradizionale imperialismo occidentale
sia al neoimperialismo sovietico: è la nascita del movimento dei “non allineati”

11. Democrazie occidentali e comunismo tra il 1950 e il 1970


Il miracolo economico. Nel dopoguerra l’Occidente va incontro a processi di crescita economica così
rapidi da far parlare di "miracolo economico”. Il fenomeno è dovuto innanzitutto alla floridità del
sistema economico statunitense, che vede in questi anni aumentare la spesa statale per gli armamenti e
i ricavi del relativo indotto, i cui effetti si riverberano anche sui mercati europei. Il Piano Marshall poi ha
consentito una crescita complessiva dell’attività economica e accelerato i processi di industrializzazione
in tutti i Paesi europei (con esiti più spettacolari in Italia e Germania). Una spinta alla crescita economica
deriva anche da un primo abbozzo di Europa comunitaria: Nel 51 nasce la Comunità europea del
carbone e dell’acciaio, nel 57 nasce la Comunità economica europea, con l’obbiettivo di formare un
mercato europeo comune che favorisca la libera circolazione di beni e persone in area europea. Al
rinnovato slancio industriale fa seguito una domanda crescente di manodopera, spesso a basso costo,
che trova soluzione con l’impiego di lavoratori immigrati. Avviene sia una migrazione esterna, verso i
paesi più sviluppati, che interna, come in Italia dal Meridione agricolo al Nord industrializzato.
L’aumento dell’impiego (anche nel settore terziario) porta i paesi europei ad adottare in varie forme il
Welfare State.

Lo slancio economico favorisce un generale aumento delle retribuzioni e con esso del potere di acquisto
delle popolazioni. Le innovazioni tecniche e l’impiego della pubblicità favorisce lo sviluppo del fenomeno
del “consumismo”. Tra le più importanti innovazioni che trovano larga diffusione: la tv (network privati
in Usa, reti statali in Europa), il cinema (a trazione prevalentemente statunitense, ma anche artistica
nazionale), l’automobile e il volo aereo (che aumenta la domanda dei carburanti derivati dal petrolio).
Altra diretta conseguenza del miracolo economico è l’espansione demografica: massiccio incremento
della natalità infantile (il “baby boom”) e al massiccio miglioramento della qualità della vita, reso
possibile dalle innovazioni tecniche e dalla diffusione del Welfare State.

Gli usa negli anni 50-60. Negli Stati Uniti la crescita economica rende ancora più palese la
diseguaglianza socioeconomica legata al fenomeno della segregazione razziale: i neri vengono pagati
meno, hanno un tasso di disoccupazione più alto, sono esclusi dai luoghi sociali dei bianchi (autobus,
ristoranti, scuole...). Nel 54 si raggiunge una sentenza storica della Corte Suprema statunitense che
sancisce l’incostituzionalità della segregazione razziale nelle scuole. La sensibilizzazione sul tema e alcuni
specifici casi (vedi Rosa Parks) alimentano un movimento di protesta pacifica per il riconoscimento dei
diritti degli afroamericani guidato da M.L. King. Nel 1960 viene eletto presidente Kennedy che propone
una politica di eliminazione della segregazione raziale e il rafforzamento del Welfare State statunitense.
Le manovre id Kennedy sono in questi ambiti ostacolate dal congresso. Sul fronte della politica estera
Kennedy rafforza l’impegno antisovietico. È il periodo della corsa allo spazio: nel 57 i sovietici mandano
in orbita il primo satellite, lo Sputnik; gli Usa reagiscono fondando la Nasa, nel 61 il sovietico Yuri Gagarin
è il primo uomo nello spazio. La lunga competizione si conclude di fatto quando gli Usa nel 69 riescono a
far atterrare i primi uomini sulla luna (Armstrong, Aldrin)

Cuba è governata dalla dittatura militare di Batista, che ha preso il potere a seguito di due colpi di Stato
nel ’33 e nel ’52. A Batista si oppone Fidel Castro che nel ’53 tenta un attacco alla caserma militare di
Moncada: il tentativo viene fermato e Fidel Castro è condannato al carcere. Nel ’55 viene liberato ed
esiliato e, in Messico, organizza il movimento del 26 Luglio, con l’intenzione di ribaltare il regime. Nel ’56
il tentativo di un’incursione militare del movimento viene stroncato dall’esercito di Batista. Castro e i
superstiti sono costretti a nascondersi nella Sierra Maestra e da lì, negli anni seguenti, grazie alla
simpatia dei contadini dell’area costituiscono un ampio esercito di guerriglieri. Nel ’59 Castro compie
un’offensiva che obbliga Batista alla fuga e gli permette di prendere il controllo politico del Paese.
Inizialmente la direzione politica di Castro non è marcatamente comunista; nonostante questo, per
ricompensare il sostegno contadino, vara una riforma agraria che danneggia le aziende statunitensi
nell’isola. Nel ‘61 Kennedy autorizza l’operazione di sbarco di cubani anticastristi alla Baia dei Porci: il
tentativo di rovesciamento del potere castrista non riesce e provoca una grave tensione con il governo
di Cuba che richiede l’appoggio dell’Urss. Nel Paese viene impiantata una base missilistica con testate
nucleari sovietici. Dopo momenti di tensione la crisi viene risolta diplomaticamente: nel 63 la base viene
smantellata e Urss e Usa firmano un trattato contro i test nucleari. Dopo l’intervento americano, il
governo di Castro si trasforma in una dittatura comunista le cui politiche economiche danno pochi
risultati, ma che permette a Cuba di essere l’unico Paese dell’America Latina l’analfabetismo.

Negli USA cresce la tensione attorno la questione razziale. Oltre al movimento di M.L. King, che nel 1963
pronuncia al Lincoln Memorial il famoso discorso “I have a dream”, si sviluppano anche movimenti
separatisti spesso violenti tra cui quello guidato da Malcom X e le Black Phanter. In questo clima di
tensione avviene l’assassinio del presidente Kennedy nel 63 durante la sua visita alla città di Dallas. Nel
65 stessa sorte toccherà a Malcom X, e nel 68 a M.L. King. Il nuovo presidente degli Usa, Lyndon B.
Jhonson segue l’indirizzo del suo predecessore: viene approvato il Civil Rights Act, che dichiara illegale
ogni forma di discriminazione; viene potenziato ulteriormente il Welfare State e viene proseguita la
guerra in Vietnam cominciata da Kennedy

Nel ‘64 gli Usa intervengono direttamente nella guerra in corso in Vietnam, senza comunicare
l’ultimatum. Nel Paese vengono inviati soldati militari di leva, attuati bombardamenti indiscriminati e si
verificano gravi casi di violenza sulla popolazione civile. Il fallimento dell’operazione militare, che ha
dovuto affrontare l’ostinata resistenza dei Vietcong, e la pressione dell’opinione pubblica affinché la
guerra finisca, sensibilizzata dalle violenze, portano gli USA alla firma dell’armistizio nel 1973. Ritirate le
truppe statunitensi, nel 1975 Saigon cade sotto l’offensiva comunista.

L’Europa occidentale. Spagna e Portogallo sono dominate dai regimi dittatoriali rispettivamente di
Salazar e Franco. Anche in Grecia a seguito di un colpo di stato militare si impone una dittatura di destra.
Il loro processo nell’inclusione all’interno del blocco occidentale e nel piano Marshall è più lento ma
avviene comunque il 1970.

In Francia l’instabilità politica della quarta Repubblica si palesa con lo scoppio del caso algerino: in
Algeria, che da tempo chiede l’indipendenza coloniale, il Fronte di liberazione nazionale da vita a
operazioni di guerriglia urbana duramente represse dai governi francesi. Nel 1958 le voci che la Francia
possa garantire l’indipendenza della regione porta alcuni reparti militari francesi a minacciare un colpo
di Stato in Algeria. L’unico modo per non far precipitare la situazione è affidare l’incarico di presidente
del Consiglio a Charles De Gaulle, il quale si mette subito a lavoro per proporre una nuova Costituzione
che aumenti il potere nelle mani del Presidente della Repubblica. La nuova Costituzione viene approvata
da un referendum e De Gaulle eletto presidente della nuova Quinta Repubblica francese. La legge
elettorale a doppio turno farà sì che dal 1958 al 1968 si susseguiranno al governo solo gollisti. De Gaulle
nel 62 concede l’indipendenza all’Algeria. Nel 65 è rieletto presidente della Repubblica. Sul profilo della
politica estera si mobilita per svincolare dalla troppo pesante tutela statunitense la Comunità europea in
formazione e la Francia: nel 63 la Francia ottiene la bomba atomica, si oppone all’entrata dell’Inghilterra
nella Cee (giudicata troppo filoamericana) e nel 66 ritira le proprie truppe dalla Nato. Gli altri paesi
europei non seguono la direzione gollista.

In Inghilterra i governi conservatori depotenziano ma mantengono il sistema di Welfare introdotto dai


laburisti, investono in una politica di riarmo (presenza nelle ex colonie e guerra di Corea) che gli
permette di ottenere la bomba H. L’indebitamento dei conservatori porta al ritorno dei laburisti nel 66

In Italia, il fenomeno del “miracolo economico” rende il paese pienamente industrializzato. Grandi flussi
migratori interessano la popolazione del Sud Italia, in cui il processo di industrializzazione è molto più
lento, verso il Nord industrializzato. Sul piano politico questo periodo è dominato dal protagonismo della
democrazia Cristiana a capo di governi di maggioranza appoggiati da partiti minori, da cui vengono
comunque esclusi sistematicamente i comunisti (questa ultima caratteristica è stata definita di
“bicameralismo imperfetto”). Individuiamo tre grandi cicli politici

 Il primo ciclo (1950-1957) è caratterizzato da coalizioni “centriste” (governo Dc con appoggio di


repubblicani, liberali e socialdemocratici). Gli interventi principali sono concentrati sul
Meridione: il governo De Gasperi nel 1950 approva l'espropriazione e la redistribuzione della
terra, viene istituita la Cassa per il Mezzogiorno, per favorire la costruzione e il miglioramento
delle infrastrutture nel Meridione. Inoltre, viene sostenuto lo sviluppo del settore
automobilistico attraverso il sostegno a grandi fabbriche (Fiat e Alfa romeo), il finanziamento di
progetti di ricerca di giacimenti petroliferi (affidati all’Eni) e la costruzione di un vasto reticolo
autostradale. De Gasperi propone anche una nuova legge elettorale che prevede un premio di
maggioranza per le coalizioni che ottengano più del 50%: le elezioni del 53 non permettono alla
coalizione centrista di affermarsi, la legge elettorale viene abrogata, De Gasperi esce di scena.
 Il secondo ciclo politico (1957-1960) è caratterizzato da maggioranze di centro destra che
includono il Movimento Sociale Italiano formato da ex membri della Repubblica sociale e
guidato da Almirante. La partecipazione dei missini al governo provoca polemiche e proteste in
tutte le aree politiche. Nel 1960, a seguito di violente rivolte popolari a Genova dove l’Msi vuole
tenere il suo primo congresso, il governo Gronchi è costretto a dimettersi.
 Il terzo ciclo (1960-1968) è caratterizzato da alleanze di centro sinistra, appoggiate prima
esternamente (governo Fanfani,1962) poi con la partecipazione diretta (governi Moro, 1963-
1968) del Partito Socialista che in questi anni prende le distanze dal Pci. Vengono attuate in
questo periodo riforme per la nazionalizzazione dell’energia elettrica (affidata all’Enel) e la
costituzione della scuola media unificata con l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni. I
successivi governi di centro-sinistra sono troppo eterogenei e non producono ulteriori risultati
normativi. In questo periodo cresce la conflittualità sindacale, molto più alta rispetto ad altri
paesi industrializzati: il processo è alimentato dai lavoratori meridionali immigrati al Nord (che
devono affrontare una integrazione non facile) e dall’effetto di frustrazione sociopolitica dovuta
all’emarginazione dell’Pci

Il comunismo nell'Europa dell'Est. Anche i paesi dell’area sovietica conoscono in questo periodo
una crescita demografica, attivamente incoraggiata e resa possibile anche dal miglioramento dei sistemi
sanitari che abbassano la mortalità, soprattutto infantile. Viene attuato una pianificazione urbanistica
che port alla costruzione di quartieri formati da grandi condomini. Le scuole di tutti i livelli vengono
potenziate, d fatto azzerando l’analfabetismo. Nel 1953 muore Stalin e la direzione dell’Urss passa nel
‘55 a Nikita Chruscev che avvia un programma di cosiddetta “destalinizzazione”: vengono denunciati i
sistemi repressivi dello stalinismo e il culto della personalità di Stalin, si avvia il processo di
smantellamento dei Gulag. Queste azioni aprono spazio a una richiesta di riforma nei paesi satelliti.

In Polonia nel ‘56 scoppiano degli scioperi operai che chiedono retribuzioni migliori. Mosca risponde
permettendo la riabilitazione del dirigente comunista Gomulk, imprigionato durante il periodo
staliniano, che avvia una serie di riforma: vengono privatizzate diverse aziende agricole, vengono
riconosciute alcune organizzazioni non comuniste e riprende il dialogo con la Chiesa cattolica.

In Ungheria sempre nel ‘56 avvengono proteste contro le condizioni economiche e la mancanza di
libertà. Come accaduto in Polonia, vien riabilitato un’ex dirigente comunista purgato dal sistema
staliniano, Nagy. Quest’ultimo arriva a proporre però la drastica misura di fuoriuscita del Paese dal Patto
di Varsavia. Mosca risponde allora con la forza inviando carrarmati in Ungheria: le proteste vengono
violentemente represse e Nagy viene impiccato.

A Berlino Est durante il 1961 si intensificano le migrazioni verso Berlino ovest. In Occidente il fenomeno
viene rappresentato come prova dello scarso consenso di cui gode il partito comunista nella città. Per
bloccare il fenomeno, in un solo giorno tra il 12 e il 13 agosto, viene costruito dai sovietici un muro che
divida fisicamente le due Berlino. I passaggi dall’una o l’altra parte sono sottoposti a sorveglianza
armata.

Nel 1964 accusato delle rivolte nel blocco sovietico Chruscev viene destituito e al suo posto si pone un
triumvirato guidato da Breznev. Riprende la repressione del dissenso interno, affidata alla polizia politica
del Kgb, che difatti segna il fallimento della “destalinizzazione”

Primavere culturali e politiche. Dalla fine della guerra le continue innovazioni tecnologiche e forti
mutamenti geopolitici hanno definito un mondo nuovo. Il forte processo di scolarizzazione e il baby
boom hanno accresciuto di molto il numero di studenti nelle università. Tutti questi cambiamenti hanno
costituito una nuova generazione giovanile, che si costituisce come gruppo sociale a parte (con
linguaggi, simboli, miti e abbigliamento propri e peculiari) e in forte contrapposizione con le generazioni
precedenti.
Negli USA, Nelle università si creano gruppi di discussione favorevoli al movimento per i diritti civili e
favorevoli a discutere di nuove esperienze nelle relazioni sessuali e nell'uso di droghe psichedeliche.
Molti gruppi studenteschi adottano posizioni pacifiste e si rendono protagonisti delle proteste contro la
guerra in Vietnam. Si sviluppa in questo contesto la musica rock, che intercetta e diffonde i nuovi ideali
giovanili. I gruppi giovanili sono fortemente criticati dai moderati e dai conservatori (Nixon li definisce
“dei fannulloni antipatriottici”) e le manifestazioni seppur pacifiche sono spesso duramente soffocate
dalla polizia (università dell’Ohio nel 1970)

L'esempio del movimento americano contagia anche l'Europa, dove nella primavera del 1968, prima a
Parigi, poi in Italia. e altrove, si forma un poderoso movimento giovanile di protesta. Al contrario dei
movimenti americani, quelli europei si distinguono per la loro connotazione politica poiché esprimono
simpatie per la sinistra estrema.

In Francia nel marzo del ‘68 alcuni studenti occupano l’Università di Nanterre. La polizia reagisce
bruscamente picchiando gli studenti. A questo punto la protesta si allarga e anche un gran numero di
operai scende in sciopero. Sia il partito comunista sia il maggiore sindacato francese prendono le
distanze dal movimento. De Gaulle reagisce sciogliendo il Parlamento e indicendo nuove lezioni: alle
nuove elezioni De Gaulle aumenta i propri voti, a causa della paura che le manifestazioni hanno causato
nell’opinione pubblica moderata.

In Italia già nel ‘67 si erano susseguite una serie di manifestazioni e occupazioni universitarie, che
avevano l’obbiettivo di denunciare le condizioni di studio e l’autoritarismo degli insegnanti e che
sanciscono la fortuna dell’assemblea studentesca come luogo di autogestione e discussione. Nel marzo
del ‘68 gli scontri con la polizia diventano frontali (spartiacque è la cosiddetta “Battaglia di Valle Giulia” a
Roma) e il movimento tende ora militarizzarsi avvicinandosi al lessico violento e rivoluzionario del
marxismo. Nel corso del 69 si creano vari gruppi “extraparlamentari” di sinistra estrema che iniziano a
coordinarsi con gli operai delle fabbriche che chiedono aumenti salariali. I militanti polemizzano
duramente anche con il Pci e i sindacati, accusati di aver perso del tutto l’energia rivoluzionaria. I
sindacati però sono molto abili nell’accogliere le richieste dei lavoratori e riescono a siglare un contratto
nazionale che prevede un abbassamento dell’orario di lavoro e un aumento salariale. Tali misure
aumentano il prestigio dei sindacati e diminuiscono il potere d’azione dei gruppi “extraparlamentari”

In Cecoslovacchia nel 68 il segretario del partito comunista cecoslovacco Dubcek dà avvio a serie di
riforme: abolendo la censura, introducendo il voto segreto nelle votazioni del Congresso del partito e
autorizzando la ricostituzione del Partito socialdemocratico. È la cosiddetta “primavera di Praga”. Ma
tutto ciò dura pochissimo: tra il 18 e il 20 agosto del 1968 i carri armati sovietici occupano la
Cecoslovacchia. La popolazione cecoslovacca mette in atto una disperata resistenza non violenta:
ciononostante Dubcek viene rimosso e le sue riforme sono cancellate.

12. I mondi postcoloniali


Dal 1950 il processo di decolonizzazione procede su scala planetaria. Il Vietnam diventa testimonianza
della forza del processo di autonomizzazione dall’Occidente. Non cessano comunque le ambizioni neo-
imperiali delle potenze occidentali che continuano a imporre forme di controllo dirette o indirette. Nelle
colonie matrici concettuali occidentali (Stato-nazione e ideologie) vengono adattate alle culture e alle
tradizioni proprie delle società.

L’Asia. Tra il ’50 e il ’70 si sviluppano due modelli contrapposti: strutture politiche democratiche basate
sul libero mercato (Giappone e India); e il modello comunista in tutta l’Asia centro-orientale e sud-
orientale (Cina, Corea del nord, Vietnam, Cambogia, Laos).

Il Giappone. Dalla fine della guerra è sotto controllo statunitense che hanno imposto una nuova
Costituzione parlamentare, costretto l’imperatore a un ruolo simbolico e non divino, epurata la parte
dell’esercito che aveva avuto rapporti col regime precedente. Dagli anni ’50 il sistema politico è
dominato dal Partito Liberal-democratico; il Partito Socialista è relegato all’opposizione; il Partito
Comunista ha un solo ruolo simbolico. Il Giappone in questo periodo torna a essere una delle massime
potenze economiche mondiali con ritmi di crescita superiori a quelli dei maggiori paesi europei. Questo
processo è avvenuto grazie al ruolo degli Usa che non ha imposto il pagamento dei danni di guerra,
avviando anzi una politica di sostegno economico-finanziaria, che ha permesso di raggiungere una piena
occupazione e un aumento dei salari. La conflittualità sociale non è assente: fra il ’68 e il ’69 si
diffondono movimenti studenteschi con posizioni polemicamente antiamericane. La conflittualità
sindacale è invece molto bassa, sia per la floridità economica che per la presenza della morale scintoista
che sollecita forme di cooperazione sociale.

L’India. L’India democratica deve affrontare una serie di problemi. È uno Stato a trazione agricola; vi
sono eccezionali livelli di analfabetismo e di povertà, disuguaglianze sociali e regionali. La Costituzione
del ’50 aveva sancito l’uguaglianza giuridica fra i cittadini e la parità fra i sessi. Dal ’47 al ’64 in
Parlamento si impone il Partito del Congresso guidato da Nehru; il resto dei partiti è indebolito da
frammentazioni regionali e non giunge a una coalizione. Questa notevole stabilità permette ai governi
Nehru di poter avviare una politica a lungo termine: dal punto di vista economico viene attuata una
riforma agraria che redistribuisce le proprietà terriere tra i contadini, viene finanziata la costruzione di
infrastrutture (strade, dighe, centrali elettriche). In politica estera Nehru è fra i promotori della
Conferenza di Bandung. Tuttavia, i dissensi tra India e Cina portano nel ’62 a una breve guerra che
concede alla Cina il Tibet meridionale. Il dominio di un solo partito non è in questo caso un preludio a
sviluppi autoritari perché viene coltivata dal Paese un’ampia e leale discussione democratiche anche
all’interno dello stesso Partito del Congresso, dove si sviluppano due correnti: il moderatismo
nazionalista di Patel e la linea socialista di Nehru. Alla morte di Nehru la guida del partito passa nelle
mani della figlia Indira Gandhi. Questa deve affrontare il progressivo declino elettorale del Partito del
Congresso e i rapporti con il Pakistan. Nel Pakistan orientale si è infatti formato un movimento
bengalese che protesta per lo scarso peso politico della regione a favore del Pakistan occidentale. Nel
’71 il Pakistan occidentale interviene militarmente per sedare le proteste e la Ghandi decide di
appoggiare militarmente i ribelli: il Pakistan viene battuto, e si forma lo Stato indipendente del
Bangladesh. L’intervento dell’India provoca una crisi diplomatica con gli Usa, alleati del Pakistan. La
Ghandi decide così di rompere la politica di non allineamento, stringe una collaborazione con l’Urss e
dota il Paese di armi atomiche. Dal punto di vista della politica interna la Ghandi introduce riforme a
favore delle classi più povere e allo stesso tempo insiste sul nazionalismo indù; riesce ad aumentare la
produttività agricola. I risultati conseguiti permettono al Partito del Congresso a ottenere un grande
successo elettorale nel 71. Ma nel ’75 alcuni giudici indiani individueranno delle irregolarità in queste
elezioni e interdicono alla Ghandi la partecipazione a ulteriori elezioni. La Ghandi risponde proclamando
lo Stato di emergenza e mantenendo il potere. Nel ’77 però i partiti ostili alla svolta autoritaria si alleano
nel Janata Party che batte il Partito del Congresso alle elezioni.

La Cina. La Cina comunista guidata da Mao Tse-Tung provvede subito a realizzare una riforma agraria,
che porta alla redistribuzione delle terre tra contadini. Ne l’53 si dà avvio a un primo piano quinquennale
che nazionalizza miniere e industrie, e punta a una rapida industrializzazione economica. Inizialmente il
Paese si colloca a fianco all’Unione Sovietica con cui firma un Trattato di collaborazione. Si cerca anche
di raggiungere l’egemonia in Asia: nel ’50 l’intervento in Corea; nel ’51 l’annessione del Tibet; nel ’62 la
guerra con l’India e l’annessione anche del Tibet meridionale. Nel ’58 Mao lancia un piano economico,
chiamato ‘’grande balzo in avanti’’ che vorrebbe raddoppiare la produzione agricola-industriale. Viene
potenziata la collettivizzazione delle aziende agricole al cui capo vengono poste comunità produttive
elette. L’operazione è disastrosa, la produzione di cereali crolla e 20mln di persone muoiono per
denutrizione. Questo evento ha ripercussioni significative. In politica estera Mao sceglie una via
autonoma e indipendente dall’Urss, che gli permette nel ’71 di sostituirsi alla Repubblica nazionalista
cinese di Taiwan in sede Onu. In politica interna Mao rischia di essere marginato a causa
dell’opposizione interna nata dopo il fallimento del piano economico. La situazione viene affrontata con
un appello ai giovani, in particolare gli studenti, a realizzare una rivoluzione culturale che condanni la
corruzione dei dirigenti del Partito. L’operazione riesce e grandi masse di studenti, che idolatrano Mao,
chiamate ‘’Guardie Rosse’’ riescono, sostenute dall’esercito, a costituire una minaccia per gli oppositori
politici di Mao: molti di questi si ritirano dalla politica o vengono imprigionati. Mao, tornato stabilmente
a dirigere il Partito, Nel ’69 dispone dell’intervento dell’esercito e riesce a bloccare il movimento
giovanile ormai fuori controllo.

Colpi di Stato in America Latina. La politica di contrasto alla diffusione del comunismo viene
applicata dagli Usa in modo molto più rigido nei Paesi dell’America Latina. Uno degli strumenti principali
per il controllo di questi Paesi è quello economico: investimenti delle compagnie statunitensi e trattati
commerciali. Il controllo però è anche di tipo militare. Vengono addestrati e finanziati gruppi politici
disposti a compiere colpi di Stato quando la direzione politica diventa minacciosa per gli interessi
economico-politici americani. La sequenza di Colpi di Stato è impressionante: in Argentina nel ’55 (ai
danni del governo Peròn), poi nel ’62 e nel ’66; nel ’64 in Bolivia e in Brasile; nel ’68 in Perù; nel ’72 in
Ecuador; nel ’73 in Uruguay. In Cile nel 1970 dopo regolari elezioni il governo socialista di Allende avvia
una politica di nazionalizzazioni che danneggia gli interessi americani. Nel ’73 il governo viene
rovesciato, Allende ucciso, e si instaura la dittatura militare del generale Pinochet. Durante il suo regime
viene attuata una violentissima operazione di repressione politica. Nello stesso anno, in Argentina,
Peròn torna al potere e nel ’74 è sostituito dalla moglie Isabelle Peròn. Il pericolo che il potere possa
essere preso dai comunisti porta ad un altro colpo di Stato che rovescia il governo, instaura una
dittatura, e ancora una fortissima repressione degli oppositori politici.

Eccezione in questo contesto è costituita da Cuba, che costituisce un esempio per tutti i gruppi
indipendentisti e antistatunitensi in America Latina. Cuba è governata dalla dittatura militare di Batista,
che ha preso il potere a seguito di due colpi di Stato nel ’33 e nel ’52. A Batista si oppone Fidel Castro
che nel ’53 tenta un attacco alla caserma militare di Moncada: il tentativo viene fermato e Fidel Castro è
condannato al carcere. Nel ’55 viene liberato ed esiliato e, in Messico, organizza il movimento del 26
Luglio, con l’intenzione di ribaltare il regime. Nel ’56 il tentativo di un’incursione militare del movimento
viene stroncato dall’esercito di Batista. Castro e i superstiti sono costretti a nascondersi nella Sierra
Maestra e da lì, negli anni seguenti, grazie alla simpatia dei contadini dell’area costituiscono un ampio
esercito di guerriglieri. Nel ’59 Castro compie un’offensiva che obbliga Batista alla fuga e gli permette di
prendere il controllo politico del Paese. Inizialmente la direzione politica di Castro non è marcatamente
comunista; nonostante questo, per ricompensare il sostegno contadino, vara una riforma agraria che
danneggia le aziende statunitensi nell’isola. Nel ‘61 Kennedy autorizza l’operazione di sbarco di cubani
anticastristi alla Baia dei Porci: il tentativo di rovesciamento del potere castrista non riesce e provoca
una grave tensione con il governo di Cuba che richiede l’appoggio dell’Urss. Nel Paese viene impiantata
una base missilistica con testate nucleari sovietici. Dopo momenti di tensione la crisi viene risolta
diplomaticamente: nel 63 la base viene smantellata e Urss e Usa firmano un trattato contro i test
nucleari. Dopo l’intervento americano, il governo di Castro si trasforma in una dittatura comunista le cui
politiche economiche danno pochi risultati, ma che permette a Cuba di essere l’unico Paese dell’America
Latina l’analfabetismo. Ù

Africa centromeridionale. Alla metà del secolo gran parte del continente è ancora sotto il dominio
coloniale. Dopo la Seconda guerra mondiale le potenze europee non hanno più le energie per
controllare aree così inquiete e gran parte degli stati africani riesce ad ottenere l’indipendenza. Questi
stati si compongono di assetti piuttosto artificiali, assemblaggi di gruppi etnolinguistici la cui unità è
dettata solo dai confini delle precedenti aree coloniali. Si parla spesso di dittature autoritarie, di scontri
interni e di interventi diretti o indiretti delle maggiori potenze coloniali per mantenere per sfruttare le
risorse su quei territori

In Kenya una colonia di inglese ha dato vita ad un regime razzista. Dal 53 la setta indipendentista Mau
Mau tenta di opporsi ma le ribellioni vengono violentemente domate. Ciononostante, nel 63 gli inglesi
riconoscono l’indipendenza della regione

Il Congo belga ottiene l’indipendenza nel ’60. La zona del Katanga ricche di risorse minerarie tenta una
secessione incoraggiate da imprese belghe o americane che hanno interessi nella regione. Ne scaturisce
una guerra civile che si conclude con il 63 con la repressione della secessione e l’istaurazione di una
dittatura di Mobutu, favorisce agli interessi occidentali, che ribattezza il paese con il nome di Zaire.

In Nigeria, indipendente dal ‘60, similmente, una regione ricca di giacimenti petroliferi tenta una
secessione favorita dagli USA. Nasce una guerra civile che anche in questo caso si conclude con la
ricomposizione dell’unità.

In Africa meridionale sono invece le élite bianche a proclamare l’indipendenza della Repubblica
Sudafricana e della Rhodesia. In entrambi gli stati si istaura un regime razzista e che impone la
segregazione raziale. In Sudafrica l’Africa National Congress tenta di opporsi al regime di apartheid, ma
nel 60 viene messo fuori legge e nel 62 il maggiore dei suoi leader, Nelson Mandela, viene incarcerato. In
Rhodesia movimenti nazionalisti neri organizzano operazioni di guerriglia contro il potere bianco

L’islam postcoloniale. Dal 1950 al 1970 nelle aree in cui è diffusa la religione islamica c’è una spinta
alla costruzione di stati laici dominati da regimi autoritari vagamente socialisti (nazionalizzazioni, riforme
agrarie). In generale i movimenti islamici mantengono una notevole influenza ma non hanno un seguito
politico.

In Libia dopo la sconfitta dell’Italia, nella regione vige un’amministrazione transitoria affidata a Francia e
Regno Unito. Nel 49 l’Onu che la Libia possa costituirsi come stato indipendente sotto una monarchia
costituzionale. Dopo la scoperta di giacimenti petroliferi il regime del re Idris viene messa in discussione
da gruppi nazionalisti che lo accusano di essere troppo filoccidentale e corrotto. Nel 69 il gruppo dei
Liberi Ufficiali compie un colpo di Stato e il loro leader Muhammad Gheddafi. È uno Stato molto
influenzato dell’islam, soprattutto nella costruzione di un’identità antioccidentale, ma è comunque laico
poiché le élite religioso non hanno un peso nella gestione del potere.

In Marocco e in Tunisia l’indipendenza dalla Francia è conquistata nel ‘56 in modo Pacifico. In Marocco
l’indipendenza è guidata dal sultano Muhammad che forma una monarchia costituzionale rispettosa
delle norme della sharia. In Tunisia invece Burghiba dà vita ad uno stato a trazione monopartitica e laico.
Negli anni seguenti: viene riconosciuta la parità dei diritti tra uomini e donne, alcune pratiche religiose
vengono vietate (il velo, la poligamia), e successivamente anche il mercato viene liberalizzato.

In Algeria dopo la concessione dell’indipendenza da parte della Francia nel ’62, lo Stato è attraversato da
contrasti. Il primo presidente eletto Ahmed Ben Bella viene rovesciato da un colpo di Stato che pone al
potere di una dittatura militare di impianto laico il generale Boumedienne. Al regime si oppongono non
solo le autorità religiose locali ma anche le popolazioni rurali che non traggono benefici dalla
industrializzazione. Si crea un movimento di opposizione che trova la sua identità nel progetto di uno
Stato religioso islamico.

In Iran nel ’51 il ministro Mosadeq è deciso a nazionalizzare la angloiranian oil company. Il tentativo
viene ostacolato dalla Cia che nel 53 riesce a rovesciare il governo, il potere è totalmente affidato allo
shah che blocca il processo di nazionalizzazione tutto a favore dei profitti delle aziende occidentali. Lo
shah attua una moderata riforma agraria e avvia un processo di modernizzazione in senso occidentale
del paese. Cresce l’opposizione delle autorità islamiche sciite (mujtahid e ayatollah) al processo di
laicizzazione e occidentalizzazione dei costumi e delle istituzioni. Gli ayatollah, inoltre, si fanno
portavoce del disagio economico e sociale della popolazione. Khoemini è un’ayatollah fortemente critica
nei confronti dello sha che propone la costituzione di uno Stato islamico basato sulla sharia

In Iraq nel 58 un colpo di stato organizzato da Quassim abbatte la monarchia e crea un regime politico
militare. Alcune crisi politiche portano nel ’68 il suo Partito Baaht guidato anche da Saddam Hussein che
istaura una dittatura militare vagamente socialista che nel 1972 nazionalizza i giacimenti petroliferi.

I conflitti arabo-israeliani. L’Egitto, guidato da Nasser, e a capo della lega araba promuove una linea
fortemente antioccidentale e ostile nei confronti di Israele considerato come un corpo estraneo nel
mondo arabo. Nasser si accorda con USA e Inghilterra per la costruzione della diga di Assuan, ma nel 55
si accorda con l’Urss per importare una partita di armi. Gli USA per ritorsione ritirano la propria offerta e
Nasser decide di nazionalizzare il Canale di Suez danneggiando gli interessi delle compagnie occidentali.
Dopo una serie di provocazioni reciproche, Nasser chiude il Canale di Suez alle navi israeliane e Gurion, a
capo del governo israeliano, ordina una incursione a Gaza. Nel 56 l’esercito israeliano sconfigge quello
egiziano e occupa la regione del Siani, mentre i paracadutisti anglo francesi riescono a prendere il
controllo del Canale di Suez. L’Urss reagisce minacciando azioni di guerra contro Regno Unito, Francia e
Israele. Gli Usa per evitare un’escalation condannano l’iniziativa degli alleati. Così le truppe di Israele,
Francia e Inghilterra si ritirano e il prestigio di Nasser esce rafforzato.

Fin dalla sua nascita Israele è considerato come un corpo estraneo nel mondo arabo. Dagli anni 50
gruppi di guerriglieri palestinesi, i fedayn, compiono attacchi terroristici entro i confini di Israele. Nel 64
nasce inoltre l’organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Dopo lo scontro del 56, le tensioni
tra Israele e Siria fanno precipitare la situazione. Nasser si schiera con la Siria e dichiara di voler bloccare
il passaggio delle navi israeliane nel golfo Aqaba. Nel 57 l’aviazione israeliana attacca di sorpresa Egitto,
Giordania e Siria nella guerra dei Sei Giorni che permette ad Israele di impossessarsi di Golan, del Sinai,
della striscia di Gaza e della Cisgiordania (quest’ultima a prevalenza palestinese). Nonostante una
dichiarazione ONU del 67 chieda di cedere i territori conquistati, Israele si rifiuta di farlo. Nel 70 alla
morte di Nasser la guida dell’Egitto viene presa da Sadat. Nel 72 un gruppo terroristico palestinese
sequestra e uccide un gruppo di atleti israeliani in gara alle Olimpiadi. Nel 73 mentre in Israele si celebra
lo Yom Kippur l’esercito siriano e egiziano attaccano congiuntamente. La guerra del Kippur si conclude in
poche settimane a favore degli israeliani, che però gradualmente concedono la restituzione del Sinai
all’Egitto. La morte di Nasser e la serie di insuccessi militari contro Israele, riaccende il radicalismo
islamico e il sentimento antioccidentale soprattutto in Egitto.

L’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) che era stato fondato già nel 60’, non aveva in
un primo memento preso nessuna misura particolare. Durante la guerra del Kippur l’Opec sostiene Siria
e Egitto aumentando il prezzo del petrolio con la dichiarata intenzione di danneggiare le economie
occidentali. Questa misura porta al fenomeno dello shock petrolifero: in 5 anni il prezzo del petrolio
aumenta del 460%

13. L’occidente dal 1970 a oggi


La stagflazione. Gli accordi di Bretton Woods avevano assicurato la convertibilità del dollaro in oro. Tra il
1948 e il 1970 come diretta conseguenza le riserve auree statunitensi si sono ridotte della metà. Così nel
1971 il governo Nixon sospende la convertibilità del dollaro: la decisione provoca un’immediata
svalutazione del dollaro e delle monete collegate ad esso, e una ripresa dell’inflazione (aumento dei
prezzi). A questo segue un evento ancor più grave: la decisione dell’Opec di alzare i prezzi del petrolio
nel 1973. La crisi prodotta dallo shock petrolifero causa il processo della stagflazione, ovvero la
compresenza di inflazione e stagnazione economica (diminuzione della produzione e aumento della
disoccupazione). Questo avviene perché la diminuzione del prezzo che le imprese riescono a ottenere
licenziando manodopera non riesce a compensare la vertiginosa crescita del prezzo del petrolio, che
influenza sia il costo dei trasporti che dei prodotti direttamente o indirettamente legati al petrolio.

Nel 1973 scoppia negli USA lo scandalo del Watergate: si tratta di un complesso residenziale nel quale ha
sede un’organizzazione politica del partito democratico. Inchieste giornalistiche e giudiziarie hanno
scoperto che nel ’72, durante la campagna elettorale presidenziale, alcuni uomini vi si sono introdotti
per spiare i politici democratici per conto di Nixon. Si scopre infine che Nixon ha utilizzato l’FBI per
creare campagne di disinformazione che screditassero i suoi avversi. Nel ’74 Nixon si dimette dalla
carica.

Le elezioni del ’76 sono vinte dal democratico Carter, il quale riesce ad organizzare un incontro a Camp
David tra il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin. L’incontro porta alla firma di
un trattato di pace tra Egitto e Israele che prevede il ritiro delle truppe israeliano dal Sinai e il libero
accesso al canale di Suez per le navi israeliane. Nel 1979 però in Iran il regime dello Shah è abbattuto da
una rivolta e alcuni cittadini statunitensi vengono resi ostaggi; i goffi tentativi di Carter per liberarli si
rivelano inutili. Alle elezioni del 1980 Carter è così battuto dal candidato repubblicano Ronald Regan.
Gli anni di piombo. In Europa si diffonde il terrorismo politico, dando vita al fenomeno dei cosiddetti
‘’anni di piombo’’. Diversamente dal terrorismo ottocentesco, quello del Novecento non si fa problemi
nell’uccidere civili con attentati compiuti anche tramite bombe che esplodono tra la folla.

Irlanda. Dopo la costituzione dello Stato irlandese, l’Ulster (Irlanda nord-orientale) e rimasta parte del
Regno Unito e inizia a svilupparsi un sentimento di ostilità da parte della maggioranza protestante
contro la minoranza irlandese-cattolica. Nel 1966 si forma la Ulster Volunteer Force, un gruppo
paramilitare protestante che uccide diversi cittadini cattolici. I nazionalisti cattolici rispondono fondando
l’Irish Republican Army (IRA), che vuole difendere i cittadini irlandesi. Nel 1972 a Derry durante una
manifestazione cattolica le truppe inglesi sparano sulla folla, uccidendo 13 manifestanti; l’episodio
prende il nome di Bloody Sunday e rilancia l’azione dell’Ira che negli anni successi organizza diversi
attentati dinamitardi sia nell’Ulster che in G.B. (il più importante nel 1982 quando viene fatta esplodere
la sede del Congresso del Partito conservatore a Brighton). A partire dal ’94, il nuovo leader dell’Ira,
Gerry Adams, ha avviato trattative col Regno Unito che hanno permesso un accordo tra Repubblica
d’Irlanda e Regno Unito per sancire la pace in un eventuale processo di unificazione dell’Irlanda. Nel
2007 l’esercito britannico abbandona l’Ulster.

In Spagna si è formata un’organizzazione paramilitare chiamata Paese Basco e Libertà, che vuole
ottenere l’indipendenza del paese Basco dalla Spagna. Nonostante i diversi attentati (tra cui l’omicidio
del primo ministro Blanco) l’organizzazione non ha raggiunto il suo obiettivo, sebbene sia ancora attiva.

In Germania Ovest dal 1970 opera un gruppo di estrema sinistra RAF (Frazione armata rossa) di
estrazione studentesca con orientamento marxista. L’obbiettivo quello di arrivare ad un conflitto che
porti alla rivoluzione comunista. La Raf riesce a compiere rapimenti e omicidi di uomini politici o
imprenditori. Nonostante questo, non ottiene consenso presso l’opinione pubblica. Viene durante gli
anni’70 e ’80 più volte colpiti dalla polizia che ne segnano la fine delle attività.

In Italia durante gli anni 70 è segnata da ondata di terrorismo politico sia di estrema destra che di
sinistra. I gruppi di estrema destra ricorrono soprattutto agli attentati dinamitardi (i più importanti:
strage di piazza fontana nel 69, la strage della stazione di Bologna nel 1980) con l’obbiettivo di creare
paura e fare in modo che gli attentati siano associati a gruppi di sinistra in modo indirizzare l’opinione
pubblica verso partiti di destra (la cosiddetta “strategia della tensione”). Sul fronte di sinistra il principale
gruppo terroristico è quello delle brigate rosse di estrazione studentesca o sindacale. La strategia è
quella di colpire uomini di spicco (magistrati, giornalisti, politi, industriali) con l’obbiettivo di formare un
partito armato che sovverta le istituzioni repubblicane e compia la rivoluzione proletaria. Inoltre, vuole
arrestare il processo di cooperazione politica tra DC e Pci chiamato “compromesso storico”. Era successo
infatti che il dirigente del Pci, Enrico Berlinguer aveva indirizzato la sua linea politica verso un
progressivo allontanamento dall’Urss e posto le basi per un’alleanza con la Democrazia Cristiana guidata
da Aldo Moro che permettesse riforme di sinistra. Il piano ha successo, nel ’76 il Pci supera per la prima
e l’unica volta la Dc nelle elezioni, e porta effettivamente nel ’78 alla creazione di un governo Andreotti
sostenuto esternamente dal Pci. Il giorno stesso dell’insediamento del nuovo governo i brigatisti
mettono in atto in Attentato il rapimento di Aldo Moro in Via Fani. Dopo 55 giorni di prigionia le Brigate
uccidono Moro. Durante la detenzione, il Pci ha sostenuto la linea della fermezza, chiudendo ogni
possibilità di trattativa con le BR per non legittimarle. L’episodio polarizza l’opinione pubblica contro le
BR, che vanno lentamente in declino e negli anni ’80 verranno arrestati molti dei loro dirigenti. Il
compromesso storico è messo in discussione dallo svolgersi degli eventi e dagli intellettuali di sinistra, e
nel 79 Berlinguer abbandona la strategia. Adesso l’unico interlocutore della Dc rimane il Psi, che dal ’76
è guidato da Craxi che impone una direzione fortemente anticomunista al partito, e nel 79 si formerà
così una nuova maggioranza di centro sinistra.

Una stagione di garofani. La fine della dittatura in Portogallo. La nascita di movimenti di


indipendenza nelle colonie portoghesi da inizio ad operazioni di guerriglia che il dittatore Salazar tenta di
reprimere. Il suo successore Caetano segue la sua stessa linea. Queste politiche portano a gravi
malumori nel Paese che fanno cadere i consensi attorno al regime. Il 25 aprile del 1974 un colpo di Stato
democratico rovescia il regime. Alcuni cittadini offrono garofani ai militari rivoltosi. Per questo l’episodio
prende il nome di “rivoluzione dei garofani” che porta sia all’indipendenza delle colonie africane che la
promulgazione di una costituzione portoghese democratica.

In Grecia nel 74 si conclude l’esperienza dittatoriale che si era aperta nel 67. Il tentativo del governo
greco di annettere Cipro viene perseguita anche per cercare di riconquistare prestigio politico presso la
popolazione. L’operazione militare riesce, ma la Turchia reagisce (a Cipro è presente una minoranza
turca) e impedisce l’annessione: da allora Cipro è divisa in una zona meridionale greca e una
settentrionale turca. Intanto la paura per una guerra contro la Turchia porta la giunta militare ad affidare
il potere a Karamanlis che indice libere elezioni. Il nuovo parlamento promulga una costituzione
democratica.

In Spagna nel 65 alla morte di Francisco Franco la dittatura entra in crisi. Il suo successore Juan Carlos di
Borbone viene proclamato re e favorisce il processo di transizione democratica. Nel 76 si risolve così un
referendum che sancisce la volontà popolare attorno all’istituzione di una Costituzione democratica.
Viene convocata l’elezione per un’assemblea costituente, viene autorizzata la costituzione di sindacati e
partiti politici e concessa l’amnistia agli oppositori del vecchio regime. Nonostante le azioni eversive di
terroristi baschi e di estremisti di destra e sinistra, si arriva all’approvazione della nuova Costituzione nel
‘78. Un nuovo tentativo di colpo di Stato ad opera di Tejero nell’’81 è impedito dall’atteggiamento
fortemente democratico e lealista del re e delle istituzioni spagnole.

Politica ed economica: dalla svolta neoliberista ad oggi. Negli Usa e in Europa, la crisi data
dall’aumento costante del prezzo petrolifero mina il mantenimento del Welfare State costituito tra gli
anni ’50 e ’60. Si comincia inoltre a pensare di poterne fare a meno, o che possa essere un inutile spreco
di denaro. Quando nel Regno Unito alle elezioni del ’74 vincono i laburisti il problema si rende evidente.
La loro proposta mira a un mantenimento del Welfare e al contempo un rilancio economico. Il che ha un
qualcosa di contraddittorio e difatti, a fine legislatura, la situazione è disastrosa. Nel ’79 vince le elezioni
il Partito Conservatore con a capo Margaret Thatcher (prima Primo Ministro donna nel Regno Unito). La
sua politica neoliberista si pone un rinnovamento economico anche a costo di sacrificare il Welfare; e
così attua un piano di privatizzazioni di aziende statali, avvia un duro confronto coi sindacati operai (che
vede la sconfitta di questi), contiene la pressione fiscali sui redditi più alti, e taglia decisamente i
finanziamenti per il Welfare.

Similmente accade negli Usa dove diventa presidente Ronald Regan, che si propone come difensore
della supremazia americana. La sua è una politica che si allinea perfettamente a quella della Thatcher.

I risultati sono effettivamente positivi (dati anche dall’abbassamento costante tra ’70 e ’80 del prezzo
petrolifero). Eppure i contraccolpi sociali sono significativi: il divario tra ricchi e poveri cresce, il tasso di
disoccupazione si mantiene alto soprattutto tra i giovani.
Il credo politico neoliberista si impone anche nel resto d’Europa condizionando sia le destre che le
sinistre.

Solo nel 2008, con un’inaspettata crisi economica, avviene un radicale mutamento delle prospettive
economiche e politiche.

L’elezione di Barack Obama nel 2008, oltre a sancire l’inequivocabile uguaglianza giuridica di cittadini
bianchi e neri (nonostante continuino a esistere disuguaglianze socio-economiche), porta con sé un
programma innovativo, che guarda positivamente al Welfare.

Crisi sovietica. Lo shock petrolifero colpisce anche il sistema economico sovietico, rivelandosi
inefficiente. La produzione industriale è condotta senza tener conto delle norme ambientali.
L’agricoltura è il vero punto debole e negli anni ‘70/80 va incontro a peggioramenti. La stagflazione
inoltre costringe a importare a prezzi sempre crescenti, anche sui beni di prima necessità. Questo
periodo è inoltre caratterizzato da un irrigidirsi dei controlli e della repressione nei confronti del
dissenso.

Il disagio complessivo è ampliato dalla crisi afghana. Un colpo di Stato nel ’78 ha instaurato un regime di
sinistra che avvia una drastica riforma agraria e una laicizzazione statale. A questa si oppongono i
mujaheddin. Nel ’79 l’Urss interviene in aiuto delle forze comuniste afghane, e vede contrapporsi l’aiuto
finanziario degli States, che temono un’avanzata comunista, ai mujaheddin. Quest’ultimi riusciranno a
resistere e l’Urss continua a perdere consenso.

Nel 1980 in Polonia prende vita una serie di scioperi di operai, che fondano un sindacato libero chiamato
‘’Solidarietà’’. Nell’’81 Jaruzelski (presidente del PC polacco) ne fa arrestare i capi. Ciononostante il
sindacato continuerà ad esistere e a fare propaganda antisovietica.

La svolta avviene nel 1985 quando Gorbacev diventa segretario del Pcus, con l’intento di rinnovare e
liberalizzare il sistema politico ed economico. Le due parole chiave sono ‘’glasnost’’ (trasparenza), che
prevede una serie di riforme volte ad attenuare la censura, e ‘’perestroika’’ (ristrutturazione) in vista
dell’introduzione di miglioramenti tecnologici a favore della qualità degli impianti (vedi il disastro di
Chernobyl dell’’86). Nel 1988 introduce una nuova Costituzione che sancisce una blanda riapertura del
sistema politico, pur mantenendo la struttura monopartitica. Nel 1990 diventa presidente dell’Unione
Sovietica. La maggior libertà di opinione ha però riacceso idee nazionaliste soprattutto nelle repubbliche
periferiche, che richiedono l’indipendenza. Nel ’90 questa viene proclamata da Lituania, Lettonia,
Estonia. Gorbacev è intento a bloccare militarmente il processo, ma viene travolto dalle critiche dei
riformisti guidati da Eltsin. Quest’ultimo nel ’91 diventa Presidente della Repubblica russa.

L’Urss nei mesi seguenti si dissolve. Russia, Ucraina e Bielorussia si dichiarano indipendenti, costituendo
la Confederazione degli Stati indipendenti (CSI). È la fine dell’Urss.

In Germania il muro viene abbattuto il 9 novembre dell’89 e Kohl, cancelliere della Germania Ovest, dà
vita alla Repubblica Federale di Germania.

L’unico caso di transizione violenta avviene in Romania, dove Ceausescu tenta di reprimere con la forza
le manifestazioni in opposizione al suo regime. Non ci riesce e viene condannato a morte.

La guerra torna in Europa. I fatti dell’’89-91 segnano il trionfo delle democrazie, ottenute
straordinariamente essenzialmente senza spargimenti di sangue. Eppure, questa parvenza è oscurata
dalle dinamiche che seguono al disgregamento dell’Urss, soprattutto nelle repubbliche periferiche. E così
si aprono gli scontri a sfondo etnico-religioso nel Tagikistan (etnia tagika vs minoranza pamira), o
nell’Azerbaigian (azeri vs armeni), o in Georgia nel tentativo di secessione degli abkhazi (in cui 200.00
georgiani sono costretti ad abbandonare le proprie case e a rifugiarsi in Georgia).

La Russia, ora guidata da Eltsin, la situazione non è felice. L’economia non si riprende e la corruzione
dilaga. I movimenti nazionalisti che si creano spingono Eltsin a presentarsi come paladino dell’identità
nazionale russa (motivo, ad esempio, della sanguinosa guerra in Cecenia, piccola area che reclama la
propria indipendenza). Nel 2000 Eltsin e sostituito da Vladimir Putin, che tenta di rilanciare il prestigio
internazionale russo. Eppure la drammatica divaricazione delle ricchezze pone i riflettori su una
popolazione sempre più povera; inoltre, dall’esterno, viene posta in dubbio anche il carattere
democratico del sistema politico russo.

Mentre nel ’93 la Cecoslovacchia si spezza in Repubblica Ceca e Slovacchia, meno pacifica è la
disgregazione Jugoslava. Pur non facendo parte dell’Urss, la disgregazione sovietica ha messo in moto
una serie di movimenti nazionalisti che reclamano l’indipendenza dalla Federazione Jugoslava,
giustificata da diversità linguistiche, religiose, culturali. Queste tendenze secessioniste sono osteggiate
dal maggiore Stato della Federazione, la Serbia guidata da Milosevic.

Ciononostante, nel ’91 Slovenia, Croazia e Macedonia proclamano la loro indipendenza. Milosevic
decide di attaccare la Slovenia (il cui scontro dura pochi giorni e vede la sconfitta serba) e la Croazia.
Quest’ultimo intervento porta a una violenta guerra lunga 4 anni sino al 1995 con la formazione dello
Stato indipendente di Croazia.

Nel ’92 gli scontri più terribili avvengono in Bosnia-Erzegovina, composta da tre gruppi etnici differenti:
bosniaci (musulmani), serbi (ortodossi), e croati (cattolici): ne segue una guerra a tre che si conclude tre
anni più tardi con la costituzione di uno Stato unitario di Bosnia-Erzegovina articolato in due unità statali
distinte (federazione croato-musulmana e repubblica serba).

L’ultima fase delle guerre jugoslave vede contrapporsi la Serbia e la provincia serba del Kosovo, quindi
tra la comunità albanese-kosovara (maggioritaria) e quella serbo-kosovara (minoritaria, ma sostenuta
dalla Serbia). Nel 1989 Milosevic tenta una ‘’serbizzazione’’ forzata. Nel 1999, falliti i tentativi per
trovare un accordo diplomatico, interviene la Nato su impulso di Clinton, bombardando obiettivi
strategici serbi. Sconfitto, Milosevic, indice libere elezioni per la presidenza dello Stato serbo, in cui viene
vinto dal Partito liberaldemocratico. Nel 2001 viene arrestato su mandato del Tribunale Internazionale
per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia.

Un’Europa unita. Dopo la dissoluzione dell’Urss l’Europa ha seguito una strada di cooperazione tra i
vari Stati in un'unità istituzionale sovrannazionale. Abbiamo visto la nascita della Cee nel 1957. Nel 1973
entrano nel sistema Regno Unito, Irlanda e Danimarca, nel 81 la Grecia, nel 86 Spagna e Portogallo, nel
95 Austria, Finlandia e Svezia, nel 2004 Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia,
Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro, nel 2007 Romania e Bulgaria. Dal 1993 la Cee cambia il suo nome in
Unione Europea. Dal 1979 il Parlamento europeo viene eletto a suffragio universale diretto da tutti i
cittadini dei paesi membri. Nel 1992 viene stipulato il Trattato di Maastricht che prevedeva una serie di
obbiettivi da raggiungere per l’Unione: l'introduzione di una moneta unica e di una Banca Comune
Europea, la possibilità di realizzare iniziative comuni di politica estera e l'introduzione dello status di
cittadino europeo per i cittadini di tutti i paesi membri. Parte delle linee tracciate dal trattato di
Maastricht sono state sancite da altre norme:

 Il trattato di Schengen, che autorizza la libera mobilità dei cittadini nell'area territoriale dei paesi
dell'Unione che l'hanno accettato
 L’adozione dell’euro nel 2002 come moneta unica per i paesi che hanno aderito all’accordo.

Non tutti i paesi hanno aderito a questi accordi e in generale si sono sviluppate diverse resistenze nei
confronti di un’idea di Unione più forte nel suo profilo istituzionale. Nel 2005 era stato approvato un
testo costituzionale che avrebbe dovuto essere valida per tutti i membri dell’Unione e che prevedeva un
rafforzamento dei poteri normativi degli organismi europei in modo che l’Unione fosse capace di imporsi
sulla volontà dei Parlamenti dei singoli paesi. La Costituzione è stata bocciata da due referendum
popolari tenutisi in Francia e in Olanda e il progetto è stato di conseguenza abbandonato.

Struttura istituzionale dell’unione:

 La Commissione Europea ha il potere esecutivo: il Presidente viene indicato dal Consiglio


Europeo e la sua nomina dev'essere ratificata dal Parlamento Europeo. Il Presidente sceglie un
Commissario in rappresentanza di ciascuno degli Stati dell'Unione. L’insieme di Commissari
forma la Commissione che dev'essere poi ratificata dal Consiglio dell'Unione Europea e dal
Parlamento Europeo.
 Il Consiglio dell'Unione Europea è articolato in sezioni a cui partecipano i ministri competenti dei
governi di ciascuno degli Stati membri. Il Consiglio ha il compito di concludere accordi
internazionali ed esercita inoltre, insieme al Parlamento Europeo, il potere legislativo.
 Il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale dai corpi elettorali degli Stati membri
dell'Unione. Ha potere legislativo
 Il Consiglio Europeo è composto dai capi di Stato o di governo dei paesi membri
 La Banca Centrale Europea ha il compito di delineare e mettere in esecuzione la politica
monetaria degli Stati membri dell'Unione che hanno adottato l'euro come moneta.

La politica italiana dal 1980 a oggi. Il quadro politico dell’Italia degli anni 80 è caratterizzato, come
abbiamo visto, da coalizioni di centro sinistra formate dalla Dc e dal protagonismo del Psi guidato da
Craxi. Dal 1981 al 1982 il governo è guidato da un esponente del Partito repubblicano, Giovanni
Spadolini; dal 1983 al 1987 alla guida del governo va lo stesso Craxi. Come già avvenuto negli anni
Sessanta, le coalizioni di centrosinistra creano un sistema politico che sembra bloccato e privo di
possibili alternative, per l'emarginazione del Partito comunista e del Movimento sociale. Ma tra il 1989 e
il 1995 si verificano due eventi che sbloccano la situazione.

Il crollo del sistema comunista sovietico e la caduta del Muro di Berlino portano il segretario del Pci
Achille Occhetto ad annunciare l'apertura di una fase di discussione nel partito che dovrebbe portare a
un completo mutamento dei suoi riferimenti ideali. Nel 1991 il processo si conclude con lo scioglimento
del Pci e la fondazione di un nuovo partito, il Partito democratico della sinistra (Pds), che dichiara di
collocarsi nel campo della socialdemocrazia. Una parte dei dirigenti e dei militanti dell'ex Pci non accetta
di abbandonare il nome e l'ideale del comunismo e fonda il Partito della rifondazione comunista (Prc).
Un secondo fondamentale momento di svolta si ha nel 1992, quando da Milano parte un'inchiesta della
magistratura sulla corruzione politica denominata «Mani pulite»: vengono documentate pratiche di
corruzione e concussione che coinvolgono tutti i principali partiti politici italiani che hanno avuto
responsabilità di governo (e quindi l'indagine non tocca né gli esponenti dell'ex Pci né quelli del Msi). La
credibilità di leader politici è scossa profondamente e i partiti maggiormente coinvolti tentano di avviare
un processo di cambiamento delle leadership, del nome e della struttura organizzativa, che tuttavia non
riesce effettivamente a salvarli. I partiti tradizionali escono di scena, scomparendo del tutto o
costituendo con una serie di scissioni e immissioni, nuove formazioni politiche.

Nascono in questo periodo nuove formazioni politiche. La Lega Nord, cavalcando la denuncia contro i
partiti tradizionali, vuole difendere una presunta identità padana e più generalmente gli interessi dei
piccoli e medi imprenditori. Nel 1994 Silvio Berlusconi lancia il partito Forza Italia: di ispirazione
neoliberista segue gli esempi di Regan e della Thatcher. Anche l’Msi sotto la segreteria di Gianfranco Fini
affronta un processo simile a quello del Pci: a partire dal 1993 il partito abbandona i riferimenti al
fascismo trasformandosi in partito democratico di destra, e muta anche il suo nome in Alleanza
Nazionale. In questo contesto nel 1993 viene approvato un referendum che modifica la legge elettorale
da proporzionale a maggioritaria, per avvicinare il sistema politico italiano a quello bipolare americano e
inglese: l’esito positivo della votazione viene interpretato come una generale intenzione dei cittadini di
riformare il sistema politico nel suo complesso. Le elezioni del 1994 si concludono con la vittoria di Forza
Italia e l’inaugurazione di una nuova fase politica che prende il nome di “Seconda Repubblica”. Fino al
2006 il piano politico si stabilizza in un quadro politico bipolare con due coalizioni contrapposte:

 La coalizione di centro-destra, inizialmente chiamata Polo delle Libertà, poi Casa delle Libertà, è
composta dal partito guida Forza Italia, da Alleanza Nazionale, da una costellazione di
raggruppamenti di ex-democristiani, e dalla Lega Nord.
 La coalizione di centro-sinistra è stata composta dalle varie formazioni postcomuniste (le
principali, tra le quali sono i Ds, e il Prc); da una varietà di formazioni post-democristiane,
liberaldemocratiche e socialdemocratiche (la principale delle quali è la Margherita, fondata nel
2002); e da altre formazioni minori. Dal l995 la coalizione di centro-sinistra ha preso il nome di
Ulivo.

Sebbene entrambe le forze politiche abbiano diretto l’Italia verso un lento e graduale processo di
liberalizzazione economica sul modello degli altri stati europei, la loro divergenza interna ha dato vita a
governi fragili, spesso di breve durata e in generale poco incisivi. Nell'ottobre del 2007 Margherita e Ds
confluiscono in un nuovo partito che prende il nome di Partito Democratico (Pd) con segretario Walter
Veltroni. Sul fronte opposto Berlusconi promuove una fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, che
nel 2008 conduce alla costituzione di un altro nuovo partito, il Popolo delle Libertà (Pdl). Alle elezioni del
2008 il centro destra di Berlusconi batte di misura la coalizione di centrodestra, ma i non risolti problemi
giudiziari di Berlusconi e la crisi economica in atto portano il governo a dimettersi nel 2011 e alla
formazione di un esecutivo tecnico guidato da Mario Monti con l’obbiettivo di risanare la situazione
economica

Potrebbero piacerti anche