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18.

LA SECONDA RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
1.Trasformazioni nelle campagne Bucsi Gloseopia

Per secoli le campagne europee erano cambiate poco. Nelle zone più avanzate, infatti, c'erano state
solo delle innovazioni nelle tecniche di coltivazione. In Inghilterra questi cambiamenti erano stati
uno dei fattori della rivoluzione industriale. Il contadino, perciò, rimase povero e bisognoso della
terra che gli forniva gli alimenti essenziali o per cui veniva pagato per coltivarla. Ovviamente le
condizioni cambiavano in base allo Stato di appartenenza, ma essenzialmente meno di un quarto
della terra apparteneva ai contadini, mentre il resto a grandi o piccole imprese.
Solo nell'ultima metà dell'800 le cose iniziarono a cambiare e le zone rurali persero importanza,
probabilmente grazie allo sviluppo dei MEZZI DI TRASPORTO e della ferrovia; tutto ciò fu
possibile perché i costi del trasporto non incidevano più sul prezzo dei prodotti agricoli. Inoltre i
contadini potevano coltivare meno cose in quantità maggiori e il territorio veniva sfruttato di più;
anche i piccoli produttori iniziarono ad usare questa tecnica. Tutti loro non erano più costretti a
produrre solo ciò di cui avevano bisogno, ma ciò che gli recava profitto.
Un cambiamento importante fu quello della differenziazione dell’agricoltura dall'allevamento;
per questo motivo le terre non potevano più essere concimate col letame. Ma a metà secolo si
importò un concime naturale, il guano, un deposito di escrementi di uccelli marini raccolti sulle
spiagge di Cile e Perù. Purtroppo, però, ne sarebbe servita una risorsa inesauribile, perciò a fine
secolo si cominciò a produrre concimi artificiali.
Inoltre, nei paesi più avanzati, si crearono macchine per i lavori agricoli. L'accresciuta produttività
del settore agricolo diminuì il peso dell’agricoltura nell'economia e nella società, ovvero c'era
bisogno di MENO MANODOPERA grazie alla modernizzazione di essa. Così sempre più contadini
persero il lavoro, e cercarono nuove opportunità nelle Americhe.

Dal 1873, quando si verificò una crisi economica per il basso costo di trasporto delle esportazioni
agricole americane e russe, il prezzo del grano calò, così come i redditi dei contadini e il valore
delle terre. Accelerò il processo di MIGRAZIONE e si verificò, per l'Italia, la prima grande
emigrazione. Ci furono conseguenze a tutto ciò: la perdita di potere dei proprietari terrieri
aristocratici e la crescente organizzazione cooperativa dei contadini che cominciavano a distaccarsi
dalla soggezione dei proprietari terrieri e dal ribellismo dei secoli passati. Quindi a prezzo
dell'emigrazione, la condizione dei contadini che rimanevano migliorò: diminuì l'analfabetismo,
migliorò la dieta e le condizioni di vita.

2.Il declino del liberalismo e l’inizio della democratizzazione BLATTa ANna

Il liberalismo dell’Ottocento si fondava su due pilastri: sulla NON INTROMISSIONE DELLO


STATO negli EQUILIBRI ECONOMICI e SOCIALI e sull’ESCLUSIONE DELLE MASSE
POPOLARI dalla VITA POLITICA. Perciò lo Stato svolse fino al XIX secolo il ruolo di
GARANTE DELL’ORDINE PUBBLICO.
Ma dopo la crisi del 1873, però, lo Stato cominciò ad INTERVENIRE sempre di più nell’economia.
Inoltre in questo periodo divenne necessario far fronte alle esigenze di CITTA’ SEMPRE PIU’
GRANDI, con migliaia di chilometri di strade da asfaltare, pulire, illuminare e collegare con altre
parti della città. Infatti iniziarono ad essere costruite le prime linee ferroviarie sotterranee
(LONDRA 1863, NEW YORK 1867, PARIGI 1900). L’intervento statale fu necessario anche per la
costruzione di fognature, acquedotti e nuovi sistemi di smaltimento dei rifiuti, per la gestione della
GIUSTIZIA e della POLIZIA, dell’ISTRUZIONE e delle SPESE MILITARI. Si arrivò così di
fronte al fenomeno della NAZIONALIZZAZIONE, cioè l’acquisizione da parte dello Stato della
gestione di una o più attività economiche che prima erano in mano ai privati.
Lo Stato era, però, sommerso da nuove spese, che dovette pagare grazie a PRELIEVI FISCALI
SEMPRE PIU’ ONEROSI (tassazioni indirette non bastano) basati sul REDDITO. Inoltre le tasse
più alte servivano per pagare tutti i dipendenti pubblici (insegnanti, poliziotti, postini). Nacque
infatti il SETTORE TERZIARIO, che nel Novecento era circa un terzo della popolazione attiva di
bassa estrazione sociale, che poteva essere usato dai governanti come SERBATOIO DEL
CONSENSO. Si formò anche un ceto di IMPIEGATI, una nuova PICCOLA BORGHESIA
conservatrice e nazionalista.
Lo Stato intervenne anche nei primi abbozzi di LEGISLAZIONE SOCIALE. Una di queste
legislazioni fu la TUTELA DEI LAVORATORI, per quanto riguarda infortuni sul lavoro,
vecchiaia o malattia assicurati dalla CASSA MUTUA (fondo con cui i lavoratori si assicurano
assistenza e cure). Tutto ciò, denominato DEMOCRATIZZAZIONE, concesse più SICUREZZA
SOCIALE e DIGNITA’ UMANA (contrastare l’esclusione sociale).
SUFFRAGIO FEMMINILE
Tra la fine dell’Ottocento e l’Inizio del Novecento molti uomini ottennero la cittadinanza politica
grazie all’ALLARGAMENTO DEL SUFFRAGIO. L’attesa fu più lunga per quanto riguarda il
SUFFRAGIO FEMMINILE. In America, nel 1869, viene fondata l’Associazione nazionale per il
suffragio femminile. Ma guadagnò davvero attenzione nel XX secolo in Gran Bretagna LA LEGA
POLITICA E SOCIALE DELLE DONNE, guidata da EMMELINE PUNKHURST, le cui
militanti divennero note come “suffragiste”, appunto perché il suffragio femminile era la principale
richiesta, oltre all’uguaglianza tra i sessi. Queste donne scelsero forme RADICALI di lotta; molte
di loro infatti furono arrestate e condannate.
Le prime vittore si ottennero in Nuova Zelanda (1893), in Australia (1902), nei Paesi
nordeuropei (Finlandia, Danimarca, Svezia fino alla Prima guerra mondiale) e in Austria (1918).
In Gran Bretagna venne concesso il suffragio femminile nel 1918, che però riguardava solo le
donne di età superiore ai 30 anni. Solo poi nel 1928 si iniziò realmente ad ottenere uguaglianza,
una battaglia che continua ancora oggi.

3.Elettricità, chimica e motore a scoppio Papureho fedenco

La rivoluzione industriale ebbe inizio dal settore tessile, la quale richiedeva pochi e semplici
materiali. Successivamente, con lo sviluppo della metallurgia e della meccanica, i paesaggi
cambiarono volto, con la forte presenza di industrie “pesanti” di acciaio e del carbone. Il “via” a
questa nuova rivoluzione fu sicuramente spinto dall’impiego su larga scala dell’elettricità, utilizzata
per l’industria chimica e per lo sviluppo del motore a scoppio.
Alessandro Volta, nel Seicento realizzò LA PRIMA PILA, non utilizzata su larga scala a causa
della difficoltà della produzione per l’impiego pubblico.
Nel 1867 fu inventata la DINAMO, che metteva in relazione il magnetismo con l’elettricità, poi
trasportata sui cavi ad alta tensione grazie all’impiego delle gomme sintetiche isolanti.
Nel 1882 sorse la prima centrale elettrica per illuminare New York, poi a Francoforte sul Meno,
grazie al flusso delle acque del fiume Neckar; anche l’Italia si portò al pari con le innovazioni, essa
produceva infatti circa 1 Milione di KWh, che però non bastava per l’intero fabbisogno cittadino.
Nel 1879 Thomas Edison inventò LA PRIMA LAMPADINA AD INCANDESCENZA, che
quindi portò l’illuminazione su larga scala, permettendo il proseguo delle attività sociali anche dopo
il calare del sole.
Un’altra innovazione che ha avuto un grande impatto sulla società è stata l’invenzione del
TELEGRAFO, con il quale era possibile inviare un messaggio e di conseguenza riceverlo tramite
l’uso di impulsi. Questo strumento fu accompagnato dall’invenzione di Antonio Meucci nel 1871,
che sviluppò il TELEFONO, permettendo la comunicazione con l’uso diretto della voce. Un
importante apporto all’invenzione fu dato da Alexander Bell, il quale, però, non riuscì a depositare
in tempo il brevetto, che fu assegnato a Meucci.
La trasmissione della voce ha aperto a Guglielmo Marconi, la strada per sviluppare la RADIO nel
1899, quando il primo messaggio riuscì ad attraversare la manica.
Queste innovazioni diedero la possibilità di influenzare un pubblico molto più vasto di quello
successivamente raggiunto grazie all’uso della stampa, poi amplificato dall’avvento di internet
nell’epoca moderna.
Inoltre lo sviluppo dell’industria chimica fu favorito proprio dall’elettricità. La chimica diede il
via alla scoperta di nuovi materiali: fertilizzanti artificiali, ammoniaca, soda caustica, gomme
sintetiche, materie plastiche… si sviluppò quindi l’industria farmaceutica; venne applicato
maggiormente l’alluminio per le sue doti di leggerezza a sostituire il ferro, mentre vennero creati
nuovi materiali, come le sete artificiali. Grande novità fu il PETROLIO: dapprima realizzato il
laboratorio, poi divenne principale fonte energetica.
Anche la sfera ludico-sociale subì importanti modifiche grazie alla Seconda rivoluzione industriale:
venne inventato il CINEMATOGRAFO e nel 1895 i fratelli Lumiere realizzarono la prima
proiezione pubblica a Parigi.
4. Il motore a scoppio somazzoalessio
Nella metà dell'Ottocento le macchine nelle fabbriche erano installate vicino ai motori a vapore, il
quale movimento era trasmesso da complicati sistemi di pulegge, cinghie e ingranaggi, che però
disperdevano una grande quantità di energia.
L'uso dell'elettricità mise a disposizione nell'industria una fonte di energia molto più versatile e
facile da utilizzare, essa poteva essere trasportata a grandi distanze con una dispersione molto bassa
ed era facilmente convertibile in diverse tipologie.
Ben presto il MOTORE ELETTRICO sostituì la macchina a vapore e trasformò la produzione
industriale; esso poté infatti essere adattato alla macchina; tutto ciò permise di costruire gru e
ponteggi semoventi impensabili con le vecchie tecnologie.
I macchinari diventarono più sofisticati e precisi: nasceva la MACCHINA UTENSILE, che
permise di sfornare parti meccaniche assolutamente identiche l'una dall'altra; anche le macchine
cominciarono ad essere prodotte industrialmente montando parti costruite in serie ed
intercambiabili.
Negli anni 10 del '900 l'ingegnere Frederick Taylor teorizzò un sistema per ottenere la massima
resa produttiva: le varie mansioni andavano frammentate in singoli gesti, che dovevano essere
eseguiti da un operaio, che li ripeteva in tempi e in modi corrispondenti ai ritmi produttivi della
macchina. Il Tylorismo fu applicato nella lavorazione a catena di montaggio introdotta nella
prima volta nella fabbrica di automobili Ford, a Chicago, nel 1913 e poi si diffuse in tutto il
mondo; gli operai venivano così completamente asserviti alle macchine
L'ultima fondamentale invenzione nella seconda rivoluzione industriale fu la realizzazione di un
motore piccolo, leggero e potente: il MOTORE A SCOPPIO, che permetteva una flessibilità molto
maggiore rispetto alla macchina a vapore, sufficientemente piccolo da poter essere montato anche
su un mezzo a due ruote. I progressi furono molto grandi.
Negli stessi anni un motore più pesante con iniezione diretta del combustibile e senza una scintilla
prodotta da una candela fu inventato da un altro ingegnere tedesco Rudolph Diesel: il MOTORE
DIESEL si adatta perfettamente come propulsore per le navi e fu ampiamente utilizzato in questo
ambito.
Inoltre le prime automobili assomigliavano alle carrozze, ma ben presto cominciarono a
raggiungere una linea diversa e originale. Allo scoppio della grande guerra circolavano moltissime
auto e inoltre riuscivano facilmente ad arrivare ad una velocità di circa 75 km/orari; inoltre il
motore a scoppio permise la realizzazione di un antico sogno umano, ovvero quello del VOLO.
Negli ultimi anni del secolo si cominciarono a produrre grandi AEROSTATI A MOTORE. Una
ventina di anni dopo un grande dirigibile tedesco sarà in grado di trasportare venti passeggeri nello
stesso tempo: nel 1903 nascevano quindi i primi aerei e due fratelli americani Wilbur e Orville
Wright riuscirono a percorrere circa 266 metri a tre metri d'altezza su un piccolo aeroplano dotato
di un motore a scoppio molto leggero: da quel momento in poi l'evoluzione fu molto rapida: nel
1909 si superò in aereo lo stretto della Manica e già nella prima guerra mondiale gli uomini
erano in grado di battersi in cielo.

Mirko
3.Monopoli, banche e Stato Giongem
L’apparato industriale sempre più grande che si andò a sviluppare richiese sempre più
frequentemente degli investimenti che andavano al di là delle disponibilità finanziarie dei singoli
capitalisti; le imprese che realmente volevano competere dovevano essere di enorme entità, ma a
causa della stessa grandezza si andava ad alterare il funzionamento del mercato.
In Germania e negli Stati Uniti nacquero tra gli anni Ottanta e la Prima Guerra Mondiale le grandi
concentrazioni di imprese, denominate dall’inglese”TRUST”: nacque così la FINANZA
MODERNA, caratterizzata da società quotate in Borsa, a cui erano collegate serie di pacchetti
azionari che vincolavano molteplici società.
Oltre ai trust nacquero anche i cartelli, accordi fra imprese dello stesso settore finalizzati a evitare
la concorrenza e controllando così i prezzi del mercato: l’uomo, simbolo del periodo stesso,
divenne John Rockefeller, il quale, partito da una raffineria di petrolio, avviò la sua compagnia, la
Standard Oil Company, la quale controllava all’incirca il 90% del mercato petrolifero americano.
Nel 1911 la nuova legislazione antitrust degli Stati Uniti impose al cartello di Rockefeller di
dividersi, ma le stesse società che nacquero dopo la scissione continuarono a dominare l’intero
mercato mondiale.
Il potere dei gruppi monopolistici cresceva, ma nei paesi di recente industrializzazione crebbe
anche l’intreccio tra grandi interessi finanziari e potere politico.
A causa delle società nate appositamente per controllarne altre si sviluppò un nuovo tipo di banche,
le quali prestavano il denaro a lungo termine per finanziare investimenti industriali, ciò poteva
essere molto remunerativo, ma allo stesso tempo un grande rischio. Esempio perfetto di questo
nuovo tipo fu la banca francese chiamata “Credit mobilier”, che sfruttò il grande sviluppo
industriale all’epoca di Napoleone III; sempre più ricorrenti principalmente in Germania furono le
banche miste, le quali si occupavano di prestiti sia di breve che di lungo termine, sfruttando i
capitali depositati dai piccoli risparmiatori al fine di acquistare enormi portafogli azionari, facendo
sì di andare direttamente a controllare le imprese.
Lo Stato fu perciò costretto ad intervenire, principalmente sulla proprietà privata e sugli equilibri
produttivi, a causa di un sempre più cresciuto potere di condizionamento.

Lavoro di gruppo di storia di BUCCI, CROTTA DIATTA, GIORGETTI, PAPURELLO,


SOLLAZZO, 5^ART

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