LETTERATURA ITALIANA: IL FUTURISMO – IL MITO DELLA MACCHINA
Con il termine Futurismo si indica un movimento artistico-letterario d’avanguardia, fondato da Filippo Tommaso Marinetti. Il Manifesto del Futurismo è stato pubblicato sul quotidiano francese Le Figaro nel 1909. Successivamente sono stati pubblicati altri manifesti, che definivano i caratteri generali delle varie arti: letteratura, teatro, pittura, scultura, architettura e musica. I punti principali del Manifesto del Futurismo, a cui tutti gli intellettuali dovevano adeguarsi, sono: proiettarsi verso il futuro e verso il progresso; cantare l’audacia, il pericolo, la velocità, il movimento, la dinamicità e la ribellione; opporsi alla cultura Ottocentesca, immobile e assonnante; considerare la lotta e la guerra come sola forma di igiene del mondo; provare disprezzo nei confronti della donna, considerata portatrice di valori deboli ed ispiratrice della poesia sentimentale; distruggere le biblioteche ed i musei, colpevoli di produrre una cultura stereotipata.
I futuristi erano contrari alla realizzazione di opere artistiche in serie e arrivarono a
rompere il canale di comunicazione col pubblico: scrivevano opere illeggibili e incomprensibili. Nel 1912 viene pubblicato il Manifesto letterario Futurista, nel quale i futuristi spiegarono come si sarebbe concretizzata la rottura del canale di comunicazione col pubblico: distruzione della sintassi, verbo all’infinito, disposizione di sostantivi automatica, distruzione dell’Io e della psicologia, abolizione di avverbio e aggettivo, abolizione della punteggiatura, testo scritto in orizzontale, verticale, e diagonale, introduzione di peso, odore e rumore nella letteratura e dell’immaginazione senza fili. Il futurismo contrapponeva al passato la moderna civiltà della macchina, la bellezza e l’ebbrezza della velocità: i futuristi erano sempre alla ricerca sfrenata di arte e di comunicazione, la loro volontà era distruggere tutto ciò che fosse vecchio e complesso: la cosiddetta velocità che irrompe in tutti i campi culturali e spazza via tutto ciò che non sia nuovo e moderno. In Italia il Futurismo si è orientato sempre di più verso la destra in senso nazionalista e interventista, fino a sfociare, dopo la guerra, nel Fascismo e a diventare l’arte ufficiale del regime. Uno dei principali aspetti del Futurismo è stato proprio il mito della macchina. La letteratura italiana era rimasta legata per lungo tempo, a causa dei ritardi dello sviluppo economico e sociale, ad una realtà contadina. All'inizio l'industrializzazione e i primi segnali della Rivoluzione industriale causavano reazioni di sconcerto anche tra gli intellettuali. A poco a poco anche in Italia iniziò ad avvertirsi l'esigenza di una cultura industriale. La macchina diventa così un mito nel quale si raccolgono le aspirazioni della modernità, del rinnovamento e delle trasformazioni sociali. L'esaltazione della macchina diventa una sorta di religione: la macchina si trasforma nel mezzo e nel fine della creatività artistica e della sensibilità estetica. La macchina diventa una metafora dell'esistenza ed offre l'illusione di un fondamento concreto e oggettivo in una visione del mondo per molti aspetti astratta, delirante e irrazionale. Poeti e artisti futuristi organizzavano le “serate futuriste”, durante le quali venivano recitate poesie ed effettuate rappresentazioni teatrali. Queste serate si concludevano spesso con lancio di ortaggi da parte del pubblico. Nel campo letterario tra i futuristi si ricordano come scrittori Filippo Tomasso Marinetti, Luciano Fòlgore, Gian Piero Lucini; come poeti Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Giovanni Papini; nelle arti figurative Carlo Carrà, Gino Severini, Umberto Boccioni. Il Futurismo ha influito su altri movimenti d’avanguardia del ‘900 ed ha promosso la disgregazione dei vecchi contenuti e delle vecchie forme per giungere ad una poesia e ad un’arte nuova, più adeguata ai mutamenti dei tempi e dei costumi. Sicuramente il futurismo può essere considerato come uno degli emblemi dell’inizio del mondo veloce e sfrenato che conosciamo oggi. Un’ avanguardia letteraria (ed anche artistica) che sfrutta tutto ciò che è visibile e, a volte, anche povero di un significato più profondo, che punta a concetti come la velocità, la creazione e l’immediatezza. Un esempio lampante è l’attenzione grafica che usano i futuristi nei loro testi in poesia, mettendo in risalto parole attraverso diversi tipi o grandezze di caratteri, come nel simbolico Bombardamento di Adrianopoli di Marinetti. Idea molto simile, come citato prima, è l’utilizzo delle storie su Instagram che permettono l’assimilazione di un concetto di qualsiasi entità in pochi secondi. In conclusione questa avanguardia cavalcò a pieno l’onda di modernità che stava affiorando all’inizio del ‘900, portandosi in direzione di una società di massa che corre a tutta velocità verso una ricerca di immediatezza e di semplicità. STORIA: LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI E LA SOSTITUZIONE DEGLI UOMINI CON LE MACCHINE La rivoluzione industriale fu un processo di evoluzione economica e di industrializzazione di società che da agricole-artigianali-commerciali si trasformarono in sistemi industriali caratterizzati dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come, ad esempio, i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio- culturali e politiche. Nel corso della storia abbiamo avuto tre rivoluzioni industriali: la prima rivoluzione industriale fu quella della macchina a vapore e del carbone e si sviluppò a partire dalla fine del Settecento e caratterizzò gran parte dell’Ottocento; la seconda fu quella del motore a scoppio, dell’elettricità e del petrolio, e iniziò attorno al 1870 e divenne tipica della prima metà del Novecento; la terza è quella dell'elettronica, delle telecomunicazioni e dell'informatica e dell’astronautica, che viene fatta partire dal 1970. La rivoluzione industriale comportò una profonda e irreversibile trasformazione che partì dal sistema produttivo fino a coinvolgere il sistema economico nel suo insieme e l'intero sistema sociale. L'avvento della fabbrica e della macchina modificò i rapporti fra i settori produttivi. Nacque così la classe operaia che ricevette, in cambio del proprio lavoro e del tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica, un salario. Sorse anche il capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione, che mirava a incrementare il profitto della propria attività. La prima rivoluzione industriale scoppiò in Inghilterra perché questo paese era favorito da alcuni fattori che ne favorirono lo sviluppo economico: era all’avanguardia negli studi scientifici e tecnici, e quindi le sue industrie furono le prime a utilizzare importanti scoperte; era un’isola, e quindi la navigazione permetteva facili collegamenti; era ricco di carbone. Nel 1796 James Watt, dopo lunghe ricerche scientifiche e tecniche, inventò la macchina a vapore. La sua macchina utilizzava il vapore come forza motrice. Le industrie che fino ad allora dovevano essere collocate nei pressi di un corso d’acqua per sfruttarne l’energia attraverso il mulino, ora potevano essere costruite dove era più vantaggioso, cioè nelle città. L’energia impiegata dalle nuove industrie veniva fornita da un combustibile, il carbone, di cui l’Inghilterra era ricca. A questo punto la macchina a vapore e il carbone divennero i fattori determinanti dello sviluppo economico. Il decollo della seconda rivoluzione industriale avvenne attorno al 1870. Negli Stati Uniti furono perforati i primi pozzi petroliferi. La luce elettrica fece la sua comparsa nel 1878 costruita da un americano. Il telefono venne sperimentato dall’italiano Antonio Meucci, che venne perfezionato e brevettato dall’Americano Graham Bell. Due tedeschi produssero il primo motore a scoppio: iniziava l’era dell’automobile. I fratelli Lumière costruirono il primo apparecchio cinematografico. Due americani riuscirono a far decollare il primo aereo. La scienza e la tecnica unite insieme avevano reso possibili queste scoperte. Le industrie utilizzarono rapidamente le scoperte scientifiche. Così, la scoperta della luce elettrica portò immediatamente alla produzione delle lampadine: la scoperta dell’acciaio permise la produzione delle automobili e degli aerei; e dall’estrazione del petrolio prese slancio l’industria chimica. Con l’avvio della seconda rivoluzione industriale il modo stesso di produrre mutò: accanto a macchine sempre più evolute, in grado di prendere il posto dell’operaio, comparve la catena di montaggio, cioè un sistema meccanizzato di produzione che divideva un lavoro complesso, come produrre un’auto, in tanti lavori semplici. Al lavoratore non era richiesta alcuna competenza. Egli doveva rimanere sempre allo stesso posto, mentre gli scorreva davanti una catena, la “catena di montaggio” appunto, che gli portava i pezzi da montare. Con la seconda rivoluzione industriale nacque la società di massa, il tipo di società in cui viviamo oggi. Nella società di massa le industrie producono una enorme quantità di prodotti tutti uguali e disponibili per un gran numero di persone. Le principali caratteristiche della terza rivoluzione industriale sono: alcune scoperte scientifiche e tecniche hanno aperto all’umanità prospettive che nella prima metà del Novecento erano impensabili. Per rimanere solo alle più note, l’astronautica e l’informatica; il principale settore dell’economia, per numero di persone che vi lavorano, è il terziario. Questo settore dell’economia comprende tutti i servizi: scuola, sanità, trasporti, telecomunicazioni; il mondo è diventato un villaggio globale, in quanto la cultura di massa si è diffusa quasi in ogni suo angolo. In misura sempre maggiore si è assistito e si continua tutt’oggi ad assistere alla sostituzione uomo/macchina, alla luce del fatto che lo sviluppo e l’innovazione, connaturati all’essere umano, sono processi inevitabili. Le grandi innovazioni tecnologiche – robotica, intelligenza artificiale, World Wide Web, stampanti 3D e 4D – hanno travolto l’Occidente industrializzato incidendo e trasformando profondamente il concetto di lavoro, la sua organizzazione e i suoi luoghi di svolgimento. A cambiare è anche il ruolo del lavoratore all’interno dei processi produttivi, sempre più automatizzati e governati dalla digitalizzazione. E se, per molti secoli, lo sviluppo tecnologico è stato osteggiato dai governanti, timorosi del fatto che ciò avrebbe comportato la perdita del posto di lavoro per la maggior parte della popolazione, dalla Rivoluzione industriale a oggi sono stati numerosi i cambiamenti che hanno interessato il lavoro, trasformatosi da attività individuale e artigianale, spesso domestica, in lavoro segmentato e organizzato, supportato da macchinari prima e da computer poi.
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