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L'ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ

L'espropriazione per pubblica utilità è un istituto giuridico italiano in virtù del quale la pubblica
amministrazione può, con un provvedimento, acquisire per sé o far acquisire ad un altro soggetto,
per esigenze di interesse pubblico, la proprietà o altro diritto reale su di un bene, indipendentemente
dalla volontà del suo proprietario, previo pagamento di un indennizzo.

L'espropriazione è espressione del potere ablatorio che, in varia misura, tutti gli ordinamenti
riconoscono alla pubblica amministrazione e che consente alla stessa di sacrificare l'interesse
privato in vista di un superiore interesse pubblico (che, nel caso dell'espropriazione per pubblica
utilità è solitamente - ma non esclusivamente - quello di realizzare un'opera pubblica).

Disciplina normativa generale

Il concetto di esproprio nella normativa italiana viene varie volte affrontato e modificato. Anche nel
D.Lgs. n. 267/2000 si parla di occupazione d'urgenza di immobili per la realizzazione di opere e
lavori pubblici o di pubblico interesse (art. 121). Fino al 2001 la normativa è stata sempre di
difficile lettura e comprensione, la creazione di un testo unico è stata fondamentale.

Nell'ordinamento italiano la procedura espropriativa è regolata dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327,
recante il "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per
pubblica utilità", rivisitato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 e integrato dal D.Lgs. 27 dicembre
2004, n. 330 che in attuazione della Legge 27 ottobre 2003, n. 290 ha dettato norme speciali relative
alle infrastrutture lineari energetiche.

Il nuovo Testo unico ha riunito in un atto normativo le disposizioni prima sparse su un centinaio di
leggi e regolamenti, abrogando la primigena legge 25 giugno 1865, n. 2359.

Il decreto è suddiviso in 5 titoli e 59 articoli ed è stato modificato ulteriormente. Sulla base della
nuova normativa sono espropriabili tutti i beni immobili e i diritti relativi a tali beni, al fine di
eseguire opere pubbliche o di pubblica utilità. I beni appartenenti al Demanio Pubblico sono
espropriabili solo previa sdemanializzazione. I beni dedicati al culto sono espropriabili previo
accordo con le autorità competenti.

Provvedimento stabilito nella Costituzione Italiana

L'articolo 42, terzo comma della Costituzione della Repubblica Italiana e l’articolo 834 del codice
civile stabiliscono che la proprietà privata può essere espropriata per pubblica utilità. Il fondamento
costituzionale dell'espropriabilità è ancora più chiaro se si legge l'articolo 42, terzo comma in
combinato disposto con l'Art. 2, che sottopone tutti i cittadini a "doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale". In virtù di questi doveri, e della tutela e garanzia data alla proprietà
privata si prevede che il privato che subisce il provvedimento espropriativo debba ottenere un
indennizzo e non un risarcimento: il bene espropriato passa in capo alla pubblica amministrazione
per ragioni di pubblica utilità, cioè nel perseguimento di un interesse pubblico, ovvero della
collettività organizzata di cui anche l'espropriato fa parte.

L'espropriazione è retta da due principi fondamentali:

 legalità: i pubblici poteri possono espropriare i beni dei privati solo nei casi previsti dalla
legge e solo nel rispetto delle procedure determinate dalle leggi (articolo 23 della
costituzione);
 indennizzo: (art. 42/III) lo Stato deve corrispondere al proprietario espropriato una somma
di danaro, determinata secondo criteri di legge, che compensi la perdita; questa somma non
deve essere, per la Corte costituzionale, simbolica, anche se non si richiede che equivalga al
prezzo di mercato del bene espropriato.

Il procedimento espropriativo

L'art. 8 del D.P.R. n. 327/2001 prevede che il Decreto di esproprio possa essere emanato qualora: a)
l'opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed
efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio;
b) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità; c) sia stata determinata, anche se in via
provvisoria, l'indennità di esproprio.

Fase istruttoria

La dichiarazione di pubblica utilità conteneva la scelta dell'area da utilizzare per l'opera pubblica:
era perciò un atto a contenuto discrezionale ed in quanto incidente sulla proprietà privata era
assistito da particolari garanzie. In primo luogo doveva contenere, a pena di invalidità dell'intera
procedura, i termini di inizio e di fine lavori, nonché i termini di inizio e fine delle operazioni
espropriative.
La legge del 1865 si basava sulla regola in base alla quale l'Amministrazione prima diventava
proprietaria dell'area (mediante l'esercizio del potere ablatorio) e poi realizzava l'opera pubblica.
Tale regola, più volte derogata nella legislazione successiva, è stata ripresa e ribadita dall'art. 2 del
Testo Unico del 2001, che afferma l'assoluta rilevanza del principio di legalità, perché è una antica,
ma attuale, esigenza che l'Amministrazione dapprima espropri e poi costruisca l'opera pubblica, ciò
al fine di semplificare il sistema, accelerare gli interventi e ridurre il contenzioso.

Nella legge del 1865 non era prevista la cosiddetta occupazione d'urgenza preordinata all'esproprio:
solo dopo la conclusione del procedimento ablatorio il privato perdeva il possesso del fondo,
unitamente alla proprietà, e sulla base di una dichiarazione di pubblica utilità formalizzata in un atto
espresso, frutto di particolari valutazioni concernenti l'idoneità dell'area da espropriare.

Fase espropriativa

Il soggetto espropriante depositava il cosiddetto piano particolareggiato di esecuzione, chiamato


anche piano particellare di esproprio, con cui si individuavano i beni da espropriare. Tale piano
veniva pubblicato nell'albo pretorio comunale e nel F.A.L. per 15 giorni, termine entro cui i
proprietari potevano proporre ulteriori osservazioni al Prefetto.
Seguiva l'ordinanza prefettizia che disponeva l'esecuzione del piano particellare e indicava la
somma offerta quale indennità di esproprio.
A questo punto, gli espropriandi avevano tre possibilità:

1. notificare al Prefetto l'accettazione della somma indennitaria; in tal caso il Prefetto emanava
il decreto di esproprio;
2. chiedere di concordare la cessione volontaria del bene, portando alla stipula di un accordo
convenzionale di cessione con l'autorità espropriante ed evitando l'emanazione del decreto di
esproprio;
3. opporsi alla stima, sicché il Prefetto emanava il decreto di esproprio mentre il giudice
ordinario decideva sulla congruità della somma offerta come indennità di esproprio.
La nazionalizzazione

Va anche considerata la disposizione della Costituzione che consente di "riservare originariamente


allo Stato o ad altri enti pubblici determinate categorie di imprese che si riferiscono a servizi
pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di
preminente interesse generale" (articolo 43). Questa figura va sotto la denominazione di
nazionalizzazione (la più famosa applicazione risale al 1962, con la nazionalizzazione delle
aziende elettriche e la fondazione dell'ENEL).

L'indennizzo, in questo caso è l'acquisto a carico dello Stato delle azioni, che rappresentano la
proprietà dell'impresa.

Tipi di espropriazione

L'espropriazione totale

Si verifica quando un proprietario viene privato integralmente di un suo fondo. Indennità è pari al
giusto prezzo che avrebbe avuto l'immobile in una libera compravendita. Il giusto prezzo è il valore
di mercato del bene secondo i prezzi correnti al momento dell'espropriazione senza trascurarne i
miglioramenti. In caso le due parti non si riescano a mettere d'accordo sul prezzo, interviene un
collegio di periti che valuta il giusto prezzo.

L'espropriazione parziale

L'indennità consiste nella differenza tra il giusto prezzo dell'immobile prima dell'occupazione e il
giusto prezzo dopo l'occupazione. Si determina il valore complementare della parte espropriata. È
possibile che da tale espropriazione nasca un vantaggio per il fondo, tale vantaggio non deve essere
maggiore di un quarto dell'indennizzo.

Occupazione temporanea

Per l'esecuzione di un'opera di pubblica utilità possono essere occupati temporaneamente terreni per
l'estrazione, per il deposito di materiali e attrezzature, per l'installazione di magazzini e cantieri di
lavoro, per praticare passaggi provvisori, per aprire canali di diversione delle acque e per ogni altro
uso necessario alla realizzazione dell'opera. L'occupazione temporanea non può avvenire per i
terreni fabbricati né per quelli recintati da muri.

Per il calcolo dell'indennizzo si tiene conto di:

 Frutti pendenti
 Valore soprassuolo
 Reddito annuo perduto durante il periodo di occupazione
 Spese di ripristino
 Danno per diminuzione transitoria o permanente di reddito dalla fine del periodo di
occupazione
 Durata dell'occupazione

Diversa ipotesi è quella, usata spesso, della occupazione d'urgenza, che in base ad un "decreto di
occupazione d'urgenza" anticipa gli effetti dell'esproprio immettendo prima dell'esproprio l'ente
pubblico od il beneficiario privato (società autostradale, cooperativa edilizia, attività produttiva
compresa in nuova zona produttiva, ecc.) nel possesso dei beni per eseguirvi le opere per cui la
procedura espropriativa ha avuto inizio. All'atto della consegna dei beni al beneficiario del futuro
esproprio si redige un "verbale di consistenza" in cui un tecnico descrive lo stato dei luoghi e le
coltivazioni o gli immobili presenti per poterne tener conto in futuro nel momento in cui verrà
quantificata l'indennità di esproprio. Normalmente per tale occupazione l'indennizzo consiste
nell'interesse legale calcolato sull'indennità di esproprio per il periodo in cui l'esproprio è stato
anticipato.

Retrocessione e vendita degli immobili espropriati

Se l'opera non è stata eseguita nei tempi stabiliti o il fondo non ha avuto la destinazione prevista,
l'espropriato può ottenere la retrocessione. Gli immobili espropriati possono in tal caso anche essere
posti in vendita dall'espropriante e i vecchi proprietari hanno diritto di prelazione.

Espropriazione anomala o di fatto

L'imposizione del vincolo su un'area, pur non determinando il trasferimento coattivo della proprietà
dal privato cittadino alla pubblica amministrazione, restando la disponibilità dell'area - più teorica
che pratica - al proprietario, determinava, di fatto, un esproprio senza indennizzo. Questa modalità
di esproprio è conosciuta in giurisprudenza ed in dottrina con il termine espropriazione anomala o
espropriazione di fatto. Talvolta l'espropriazione è avvenuta senza alcun titolo, talaltra ci si trova di
fronte ad opere pubbliche eseguite in base ad un decreto di occupazione d'urgenza, poi non seguito
da un regolare decreto d'esproprio.

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