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I CONTRATTI DELLE PUBBLICHE

AMMINISTRAZIONI

La PA può curare l’interesse pubblico affidatole dalla legge: o adottando un provvedimento


amministrativo, con il quale la medesima incide in via unilaterale nella sfera giuridica del privato, o
stipulando con esso un contratto, cioè un atto consensuale adottato su un piano di parità. La
pubblica amministrazione, infatti, agisce secondo schemi di diritto pubblico o di diritto privato: nel
primo caso, giungerà all’adozione di un provvedimento amministrativo; nella seconda ipotesi,
agisce iure privatorum, nel senso che, ponendosi in una posizione di parità con i privati, agisce
secondo norme di diritto comune.

Questa duplice capacità dell’Amm. Pubblica di agire in via autoritativa o iure privatorum è
cristallizzata nell’art.1, co.1-bis, L.241/1990, in forza del quale la PA, nell’adozione di atti di natura
non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga
diversamente.

Tuttavia, va ribadito che l’autonomia negoziale della PA presenta delle caratteristiche peculiari,
riconducibili sostanzialmente all’interesse pubblico di cui essa è portatrice e al suo vincolo nel fine.
Infatti, mentre l’attività contrattuale del privato è necessariamente libera nel fine (la dottrina
tedesca parla di “signorìa della volontà”), essendo soggetta soltanto al rispetto di norme
imperative poste a tutela dell’interesse collettivo e della rilevanza giuridica degli interessi
perseguiti, ai sensi dell’art.1322, co.2, cc, di contro l’esplicarsi dell’autonomia contrattuale
dell’amministrazione non è libero, ma persegue le finalità pubblicistiche stabilite dalla legge, sicché
al requisito della meritevolezza degli interessi perseguiti si aggiunge il vincolo della funzione
pubblica, da assolvere nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento.

Quali sono i motivi che spingono l’amministrazione pubblica a contrattare? Nei rapporti tra privati,
i motivi che spongono le parti a contrattare sono irrilevanti per l’ordinamento giuridico; ben diverso
è il caso della PA: i motivi che spingono la PA a contrattare sono oggetto di un’attività fortemente
procedimentalizzata e di grande rilevanza per l’ordinamento, nel senso che ogni passaggio dell’iter
logico che conduce una Amministrazione ad esprimere la volontà di contrattare è specificamente
prescritto e disciplinato dalla legge: D.Lgs. n.50/2016 – il codice dei contratti pubblici.

Alla luce di quanto sin qui detto, si può affermare che l’amministrazione è destinataria di
un’autonomia contrattuale limitata e funzionale, in quanto i motivi che spingono la PA a contrattare
sono individuati direttamente dalla legge (d.lgs. 50/2016) e procedimentalizzati, cioè collocati
all’interno di uno specifico procedimento: la procedura ad evidenza pubblica.

Per questa ragione, la disciplina della fase di formazione del contratto è significativamente diversa
da quella della fase di stipulazione ed esecuzione del contratto: come si ricava anche dall’art.30,
co.8, D.L.gs 50/2016, la prima ha natura tendenzialmente pubblicistica (tanto è vero che è regolata
dal diritto amministrativo, e vede l’amministrazione agire in veste di autorità tramite l’esercizio di
poteri amministrativi ai quali corrispondono posizioni di interesse legittimo in capo agli offerenti);
la seconda ha natura tendenzialmente privatistica, in quanto è soggetta al diritto privato, e vede
l’instaurazione di un rapporto obbligatorio paritario che involge posizioni di diritto soggettivo.
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La netta cesura tra il momento pubblicistico (la fase ad evidenza pubblica) ed il momento
privatistico (la fase prettamente negoziale) viene fatta coincidere con la stipula del contratto:
tuttavia, questa netta distinzione se, da un lato, può servire a identificare il differente approccio del
legislatore nei confronti dei due momenti (uno soggetto al codice dei contratti pubblici, l’altro al
codice civile), dall’altro lato, nella realtà applicativa risulta essere più sfumata per una duplice
ragione: 1) vi sono deviazioni di ordine pubblicistico anche nella fase della esecuzione del contratto
- il d.lgs. 50/2016 disciplina una serie di istituti che trovano applicazione in sede di esecuzione del
contratto, apportando così delle ingerenze di stampo pubblicistico all’interno di una fase regolata
dalle norme di diritto comune – modifiche del contratto, l’attività di direzione dei lavori o di
direzione dell’esecuzione del contratto, le attività di collaudo e di verifica della conformità; 2) per
converso, oggi si assiste all’ingerenza di regole del codice civile anche nella fase ad evidenza
pubblica che precede la stipula del contratto.

AD. PLEN. n.5/2018 – Ha previsto una responsabilità pre-contrattuale della PA nella fase
antecedente la stipula del contratto (governata dal diritto pubblico). La mancata stipula del
contratto, nonostante la previa aggiudicazione in favore di un soggetto privato può comportare per
la PA l’esposizione a responsabilità pre-contrattuale ex art.1337 cc. Questo arresto
giurisprudenziale costituisce una prospettiva totalmente nuova rispetto all’impostazione tradizionale
sul punto: in passato si escludeva la soggezione della PA ad una responsabilità pre-contrattuale, in
considerazione del fatto che tale forma di responsabilità presuppone un comportamento contrario a
buona fede; si riteneva, infatti, che qualunque causa incidente sull’iter procedimentale della PA non
potesse essere considerato un comportamento soggetto al canone della buona fede poiché la
pubblica amministrazione esercita un potere pubblico e svolge un’attività procedimentalizzata
soggetta al principio di legalità, e conseguentemente non vi è spazio per un comportamento di tipo
volontario della PA assoggettabile ai canoni della diligenza e della buona fede.

Ebbene, questo mutamento di prospettiva operato dall’adunanza plenaria n.5/2018 costituisce il


presupposto dello straripamento delle regole di diritto civile nell’ambito della fase ad evidenza
pubblica, e rappresenta l’emblema della non netta differenza e della flessibilizzazione delle 2 fasi
dell’attività contrattuale della PA.

Inoltre, con riferimento alla fase di esecuzione, si richiama l’orientamento giurisprudenziale


(riconducibile all’AD. PLEN. n14/2014), secondo cui la stipulazione del contratto non esaurisce il
potere di autotutela sugli atti della procedura di affidamento che costituiscono il suo presupposto
logico-giuridico, ogniqualvolta l’amministrazione non abbia a disposizione strumenti privatistici di
gestione del rapporto contrattuale che, per identità di presupposti ed effetti giuridici, consentano di
curare l’interesse pubblico allo stesso modo dell’autotutela.

CLASSIFICAZIONI

Tradizionalmente (Regio Decreto del 1923 sulla contabilità pubblica) si è soliti distinguere tra
contratti pubblici attivi e contratti pubblici passivi: i primi sono produttivi di un’entrata per
l’amministrazione (la concessione di un bene pubblico dietro pagamento di un canone d’uso; o
alienazione da parte della PA di beni del patrimonio disponibile), viceversa i secondi sono

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produttivi di una spesa per la PA stessa (appalti pubblici, concessioni e partenariati pubblico-
privati).

Con riferimento alla disciplina, i contratti attivi soggiacciono alla normativa sulla contabilità dello
Stato di cui al R.D. n.2440/1923 e al R.D. n.827/1924, e al regolamento in materia di concessione e
locazione di beni pubblici di cui al d.p.r. 296/2005. I contratti passivi, salvo alcune eccezioni o
limitazioni, soggiacciono al d.lgs. 50/2016.

Distinzione Appalto Pubblico / Appalto Privato

L’appalto è il contratto pubblico passivo per eccellenza; esso si distingue dall’appalto privato
(art.1655 cc) sotto vari profili: sotto il profilo soggettivo, nell’appalto pubblico il committente è una
PA ovvero un soggetto privato a essa equiparato dalla legge (si parla di stazione appaltante); inoltre,
si segnala che l’appaltatore non è necessariamente un imprenditore, dal momento che il d.lgs.
50/2016 fa riferimento alla più ampia nozione di “operatore economico”, sulla scorta delle direttive
europee in materia (art.3, comma 1, lett.p). Mentre nell’appalto privato, soggetto alla signoria della
volontà, la scelta da parte del committente dell’appaltatore è rimesse alle sue libere valutazioni,
nell’appalto pubblico l’appaltatore è selezionato attraverso un procedimento amministrativo
(procedura ad evidenza pubblica), regolato da norme di diritto pubblico e strumentale al miglior
perseguimento dell’interesse pubblico.

Un’altra distinzione tra appalto pubblico e privato (ma si tratta di un criterio distintivo solo
nominale, non sostanziale), riguarda l’oggetto dell’appalto: quello privato ha per oggetto una
prestazione di fare, che si traduce nel compimento di un’opera o di un servizio, quello pubblico ha
un’oggetto più ampio coincidente con l’acquisizione di servizi, forniture (somministrazione o
vendita di beni), lavori, opere (art.1, d.lgs. 50/2016).

Sotto il profilo disciplinare, l’appalto pubblico è soggetto, in linea di massima, alla medesima
disciplina dell’appalto privato in punto di stipulazione ed esecuzione del contratto (art.30, d.lgs.
50/2016), salve le deroghe previste dallo stesso codice dei contratti pubblici in relazione al collaudo
(art.102), alle garanzie (artt.103 e 104), subappalto (art.105), jus variandi (art.106), risoluzione
(art.108) e recesso (art.109): si tratta di deroghe di tipo pubblicistico rispetto alla tipica fattispecie
dell’appalto.

DISTINZIONE APPALTO / CONCESSIONE

I contratti di appalto sono i contratti pubblici numericamente più significativi.

Le concessioni di lavori o di servizi pubblici differiscono dal modello dell’appalto: si tratta di


contratti più complessi sotto il profilo dello schema negoziale.

Fino al codice del 2016 essi non erano ricompresi nella disciplina in materia di contratti pubblici, se
non per alcuni limitati profili: le PA, nel momento in cui decidevano di procedere alla stipulazione
di una concessione, non dovevano necessariamente sottostare alle puntuali e precise prescrizioni del
codice dei contratti pubblici, ma unicamente ai principi generali posti dall’ordinamento in materia
di contratti pubblici (art.30, d.lgs.163/2006); a seguito dell’emanazione della direttiva 2014/23/UE,
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che per la prima volta ha introdotto una disciplina europea dei contratti di concessione, si registra la
piena inclusione dei contratti di concessione nella disciplina nazionale in materia di contratti
pubblici.

Tradizionalmente l’appalto e la concessione si distinguevano sotto vari profili: anzitutto in base alla
natura giuridica, infatti mentre l’appalto si considerava uno schema negoziale, cioè un contratto di
diritto privato, la concessione era definita come un provvedimento amministrativo (che come tale
esclude l’obbligo di evidenza pubblica). Questa impostazione risale ai primi del ‘900, allorquando
si riteneva che il concessionario dovesse essere un soggetto privato legato alla PA da un vincolo
fiduciario: rapporto intuitu personae – in antitesi rispetto al confronto concorrenziale che
caratterizza l’appalto pubblico.

L’appalto e la concessione si distinguono, inoltre, in base alle parti rilevanti nel rapporto: nel primo
caso, si instaura un rapporto bilaterale tra amministrazione appaltante e appaltatore; nella
concessione sorge un rapporto trilaterale tra amministrazione concedente, concessionario e utenti
del servizio o dell’opera (questo criterio distintivo è stato utilizzato dal Consiglio di Stato fino al
2014).

La Direttiva 2014/23/UE ha ribaltato questa tradizionale distinzione tra appalto e concessione: in


primo luogo, non si fa più riferimento alla distinzione di tipo qualitativo, legata alla natura
giuridica. In altri termini, tanto l’appalto quanto la concessione vengono definiti contratti. In
secondo luogo, non si fa più riferimento alla distinzione tra rapporto bilaterale e rapporto trilaterale
perché, anche nel caso in cui venga stipulato un contratto di concessione, esso investe 2 parti
soltanto (l’amministrazione concedente e il concessionario).

Alla luce di tale evoluzione normativa, oggi, appalto e concessione sono entrambi contratti di diritto
privato, assoggettati alle regole di evidenza pubblica, e si distinguono in base alla tipologia di
prestazione e alle modalità di remunerazione. Quanto al primo elemento di discrimine, sia
nell’appalto sia nella concessione, il privato si assume l’obbligazione nei confronti di
un’amministrazione di eseguire lavori o servizi; tuttavia, mentre nell’appalto il corrispettivo è un
prezzo, nella concessione l’amministrazione riconosce a titolo di corrispettivo il diritto di sfruttare
economicamente la gestione dei lavori o dei servizi.

ESEMPIO: Costruzione parcheggio multipiano a pagamento – Questi parcheggi sono opere


pubbliche che vengono commissionate generalmente dai Comuni; qualora il Comune decidesse di
stipulare un contratto di appalto per la realizzazione di detto parcheggio, si avrebbe un contratto in
forza del quale l’appaltatore (cioè l’impresa di costruzione) realizza l’opera e, alla fine dei lavori,
avviene il collaudo ad opera di un soggetto collaudatore nominato dalla PA. Se la valutazione del
collaudatore ha esito positivo, l’amministrazione ottiene la proprietà del parcheggio dietro
pagamento all’impresa di costruzione (appaltatore) del corrispettivo pattuito per la realizzazione
dell’opera. La gestione del parcheggio spetta al Comune.

Qualora, invece, venga utilizzato il contratto di concessione per la realizzazione del parcheggio,
l’amministrazione stabilirà il valore della costruzione dello stesso, e a questo aggiungerà una stima
di quello che potrebbe essere il valore del servizio di gestione del parcheggio per un periodo di anni
corrispondente al recupero da parte del concessionario degli investimenti effettuati per poterlo
costruire. In questo caso, il concessionario non riceve una diretta remunerazione da parte
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dell’amministrazione pubblica in relazione alle opere che ha costruito, ma la sua remunerazione
deriverà dalla gestione del parcheggio: ecco il principale elemento di discrimine tra appalto e
concessione – il diritto di gestione dell’opera, cui si ricollega il rischio operativo della gestione
dell’opera o del servizio.

Dunque, nella concessione il privato assume il rischio operativo legato alla gestione dell’opera o del
servizio: la direttiva 2014/23/UE evidenzia che il rischio operativo si fonda sull’esposizione del
concessionario alle fluttuazioni del mercato. Il diritto di gestione a proprio rischio consente al
concessionario di percepire entrate dagli utenti per la durata della concessione, con conseguente
creazione di un rapporto trilaterale tra amministrazione concedente, concessionario e utenti (sembra
tornare ad operare la tradizionale distinzione soggettiva tra appalto e concessione); in realtà, però,
questa trilateralità non è sufficiente a fondare un elemento di discrimine tra i due schemi
contrattuali, perché la rilevanza dell’utenza costituisce una naturale conseguenza del rischio
operativo in capo al concessionario.

Nel caso dell’appalto, l’appaltatore riceve un compenso per l’opera realizzata o per il servizio
prestato, e da ciò deriva esclusivamente il cd “rischio di costruzione”: l’imprenditore riceve dalla
PA quanto pattuito in sede di stipula del contratto, soggiacendo al rischio di costruzione, cioè il
rischio legato ad un notevole aumento dei prezzi delle materie prime a causa di una serie di
congiunture di mercato, tale da determinare un minor profitto per l’appaltatore stesso a causa
dell’aumento dei costi delle materie prime.

Nel caso della concessione, oltre al rischio di gestione, il concessionario soggiace altresì al rischio
di disponibilità e al rischio di domanda. Il primo è quello per cui l’operatore economico, in un
determinato periodo, non possa adempiere ad una delle prestazioni dedotte in contratto (es.
allagamento di uno dei piani del parcheggio da cui deriva l’indisponibilità delle prestazioni legate al
parcheggio). Il rischio di domanda, invece, è quello legato al comportamento economico degli
utenti, i quali potrebbero non richiedere il servizio in maniera conforme a quelle che erano state le
previsioni del concessionario e che lo avevano indotto ad effettuare una determinata offerta
economica.

Va precisato che quando si parla di rischi non si fa riferimento esclusivamente ad una accezione
negativa, in quanto possono avere anche un risvolto positivo: si pensi al caso in cui, nell’ambito del
rischio di costruzione, il prezzo della materia prima dovesse abbassarsi nel corso dell’esecuzione
del contratto. In caso di rischio di disponibilità e di domanda, allo stesso modo, potrebbero
verificarsi delle condizioni vantaggiose per l’operatore economico.

IL PARTENARIATO PUBBLICO - PRIVATO

La parte IV del d.lgs. 50/2016, a differenza del diritto europeo, introduce all’art.180 una disciplina
positiva dell’istituto del Partenariato pubblico – privato (PPP) di matrice europea.

Il partenariato pubblico privato può essere considerato come un genere di contratti atipici di cui la
concessione è una specie: si tratta di contratti caratterizzati, appunto, dalla presenza di un soggetto

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pubblico e dell’operatore economico privato, e in cui vi è una distribuzione del rischio operativo
diversa rispetto alla concessione.

DISCIPLINA DEI CONTRATTI PUBBLICI

A livello nazionale, la disciplina dei contratti pubblici è improntata ai principi di imparzialità,


trasparenza, pubblicità e parità di trattamento, nonché al corollario di detti principi, espresso
dall’art.12, L.241/1990, secondo cui l’amministrazione ha il dovere di predeterminare e pubblicare i
criteri e le modalità di attribuzione di vantaggi economici a privati, esperendo a tal fine una
procedura di evidenza pubblica. Il rispetto di tali principi è funzionale sia a evitare fenomeni
corruttivi e di infiltrazione della criminalità organizzata, ai quali la materia dei contrati pubblici è da
sempre particolarmente esposta nel nostro Paese, sia a tutelare la concorrenza tra operatori
economici privati.

Quando una PA decide di stipulare un contratto con un soggetto privato, i motivi che spingono la
PA a contrattare sono estremamente rilevanti per l’ordinamento giuridico (come detto sopra). L’iter
procedurale volto alla definizione della volontà della PA di contrattare è importante per stabilire che
l’azione dell’amministrazione si sia svolta in modo imparziale, trasparente e che abbia messo i
potenziali contraenti su un pino di parità di trattamento e di concorrenzialità. A conferma di ciò, si
può affermare che la disciplina pubblicistica dei contratti pubblici è espressione del principio di
buon andamento, efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa: il rispetto di tali
principi è funzionale a garantire il miglior rapporto tra qualità e prezzo delle prestazioni acquisite.

A livello europeo, la disciplina pubblicistica dei contratti pubblici rientra nel complesso delle regole
concorrenziali necessarie per un funzionamento del mercato interno efficiente e non
discriminatorio, il che ha giustificato un intervento del legislatore europeo in materia : infatti, la
disciplina dei contratti pubblici si pone nell’ambito di regole di concorrenza per il mercato,
funzionali anche ad assicurare il rispetto del divieto di aiuti di Stato in pregiudizio alla concorrenza
sancito dall’art.107 TFUE.

Si può, dunque, concludere evidenziando che in ambito europeo assumono maggiore rilevanza le
regole concorrenziali rispetto alla scelta del legislatore nazionale di valorizzare i principi di buon
andamento e imparzialità della PA. In altri termini, mentre il punto di vista del legislatore italiano è
incentrato sulla disciplina dell’azione amministrativa, la prospettiva del legislatore europeo è
focalizzata sugli operatori economici e sulle regole concorrenziali.

Questa distinzione tra disciplina nazionale ed europea può ritenersi superata, perché il diritto
europeo ha talmente infuso le discipline nazionali in materia di contratti pubblici che il principio di
concorrenza costituisce oggi uno dei capisaldi sul quale si costruisce l’intera procedura ad evidenza
pubblica.

AMBITO DI APPLICAZIONE D.LGS. 50/2016

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Il d.lgs. 50/2016 definisce il suo ambito di applicazione oggettivo e soggettivo: il primo riguarda i
contratti che rientrano nella disciplina del codice dei contratti pubblici; l’ambito soggettivo riguarda
i soggetti destinatari delle norme del codice.

Ambito di applicazione OGGETTIVO - L’art.1, co.1, richiama le fattispecie contrattuali di


appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad
oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di
progettazione. Inoltre, seppur non siano richiamati dalla norma sopra menzionata, le norme del
codice dei contratti pubblici si applicano altresì ai contratti di partenariato pubblico privato (la
prima delle imprecisioni di cui è disseminato il d.lgs. 50/2016). In ogni caso, dall’art.1 si ricava che
sono esclusi dalla disciplina del presente codice i “contratti attivi”. Inoltre, sono esclusi i contratti
passivi di cui alla Parte I, Titolo II, i quali sono soggetti solo all’applicazione dei principi generali
in materia di contratti pubblici (art.4): si tratta dei contratti di appalto o concessione in settori
ordinari o speciali aggiudicati da un ente o amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica
che opera in house providing (art.5); i contratti di appalto o concessione necessari per lo
svolgimento di attività nei settori speciali direttamente esposte alla concorrenza (art.8); i contratti di
appalto o concessione aventi per oggetto l’acquisto o la locazione di beni immobili o riguardanti
diritti su tali beni (art.17); le convenzioni aventi per oggetto la realizzazione di un’opera pubblica a
spese del privato (art.20); i contratti di sponsorizzazione (art.19).

Con specifico riguardo all’esclusione di cui all’art.5, occorre sottolineare che i soggetti che operano
in house providing sono caratterizzati da tre particolari requisiti (le condizioni dell’in house
providing): controllo analogo a quello degli enti pubblici, totale partecipazione pubblica, attività
prevalentemente svolta nei confronti dell’ente controllante.

Quanto all’esclusione di cui all’art.8, il riferimento è alle imprese pubbliche caratterizzate da una
partecipazione al capitale in via maggioritaria o minoritaria di soggetti pubblici che operano in
mercati completamente concorrenziali e che non possono, per ciò solo, essere soggetti
all’applicazione del codice dei contratti pubblici, pena uno squilibrio di queste rispetto agli altri
concorrenti che operano nel medesimo mercato (Alitalia, Eni…).

Per quanto riguarda l’esclusione dei contratti di sponsorizzazione (di cui all’art.19), si tratta dei beni
culturali, i quali sono soggetti al codice dei beni culturali.

Sono inclusi nella disciplina dettata dal d.lgs. 50/2016: i contratti di appalto per lavori, servizi e
forniture di cui alla Parte II, e i contratti di concessione di cui alla Parte III, per i quali si applicano
in quanto compatibili le norme di cui alla Parte I e II.

Con riferimento ai contratti di appalto, vengono in rilievo due distinzioni: una di tipo verticale (che
tende, oggi, a sfumare) e una di tipo orizzontale. La prima si fonda sul rispetto o sul superamento
delle soglie comunitarie previste dall’art.35, nel senso che, se il contratto di appalto supera le soglie
comunitarie, esso diventa un contratto di interesse euro-unitario ex art.36; se, invece, il contratto si
mantiene al di sotto delle soglie di cui all’art.35, si applica integralmente il d.lgs. 50/2016. Queste
soglie comunitarie sono dei valori economici che corrispondono a circa € 200.000 per i servizi e le
forniture, e circa € 5.000.000 per i lavori. Questa distinzione risulta sfumata poiché, mentre in
passato essa determinava l’applicazione di una diversa disciplina (quella europea per i contratti di
interesse euro-unitario, e quella nazionale per i contratti sotto-soglia), oggi si applica comunque il
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codice dei contratti pubblici; l’unica distinzione attiene a una leggera semplificazione di procedura
per i contratti sottosoglia.

La distinzione orizzontale, invece, si fonda sul settore nell’ambito del quale opera il contratto di
appalto: per i contratti nei settori ordinari il codice si applica integralmente, invece per quelli nei
settori speciali si applicano solo le norme di cui al Titolo IV – Capo I (artt.114 e ss.). Tra i settori
speciali si annoverano il trasporto, l’acqua, il gas, le telecomunicazioni, tutti settori caratterizzati da
un particolare interesse pubblico e da una particolare struttura economica e tecnica per cui
richiedono l’applicazione di procedure parzialmente diverse rispetto alle procedure ordinarie.

Ambito di applicazione SOGGETTIVO – Quanto all’ambito di applicazione soggettivo del


D.Lgs. 50/2016, ai sensi dell’art.45, alle procedure di affidamento possono partecipare solo dei
soggetti qualificabili come “operatori economici”. La nozione di operatore economico ha la
funzione di individuare i soggetti ai quali possono essere affidati contratti pubblici di lavori, servizi
o forniture. Quanto alla nozione di “operatore economico”, sulla scorta dell’influenza europea in
materia di contrati pubblici, essa non investe il solo imprenditore, ma ha una valenza più ampia: ai
sensi dell’art.3, comma 1, lett.p), si tratta di “una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un
raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un
ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE)
costituito ai sensi del d.lgs.240/1991, che offre sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la
fornitura di prodotti o la prestazione di servizi”.

Da quanto detto, emerge che la nozione di operatore economico ex art.3 è più ampia di quella di
imprenditore ex art.2082 cc: è vero che entrambi i soggetti svolgono un’attività economica, ma solo
quella svolta dall’imprenditore soddisfa i requisiti della professionalità e dell’organizzazione.

I RAGGRUPPAMENTI TEMPORANEI DI IMPRESE (RTI)

Questa figura non era presente nel codice civile, ed è stata introdotta dalla normativa europea in
materia di contratti pubblici al fine di favorire la partecipazione dei soggetti economici al public
procurement (cioè ai contratti affidati dalla PA): lo scopo dell’RTI è quello di allargare la platea dei
possibili operatori economici interessati a partecipare a una gara, i quali, aggregandosi, possono
consolidare o accrescere i propri requisiti economici o tecnici per un periodo di tempo definito,
solitamente coincidente con il tempo necessario per eseguire il contratto oggetto di gara.

I raggruppamenti temporanei di imprese sono classificati in 3 tipi diversi: verticali, orizzontali e


misti.

 Orizzontali: si tratta di 2 o più imprese che si associano per partecipare ad una gara,
suddividendosi tra loro il medesimo tipo di prestazione. In altri termini, si tratta di imprese
che eseguono la medesima prestazione in parti diverse per raggiungere la totalità (ES.:
contratto di fornitura – la PA che abbia necessità di acquisire 2000 risme di carta per
stampante può ottenere tale risultato grazie alla condivisione della prestazione di due o più
operatori economici, i quali, singolarmente, non sarebbero in grado di soddisfare le richieste
della PA).
 Verticali: presuppongono una specializzazione delle prestazioni all’interno dell’RTI; si tratta
di un raggruppamento di operatori economici in cui il mandatario esegue le prestazioni di
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servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle
indicate come secondarie (ES.: costruzione di un edificio pubblico e installazione di una
serie di impianti, termico ed elettrico – qualora l’impresa A sia un’impresa edile che abbia
esclusivamente la competenza a costruire l’edificio ma non anche le competenze tecniche
per l’installazione degli impianti, in tal caso essa potrà associarsi con altre imprese B e C
(mandanti) affinché costruiscano rispettivamente gli impianti termico ed elettrico).
 Misti: Questi si formano, normalmente, per contratti di valore più corposo, e si tratta di
raggruppamenti che hanno al loro interno sia operatori economici che eseguono il medesimo
tipo di attività, sia operatori economici che eseguono attività di tipo verticale, in cui
l’impresa o le imprese mandanti possiedono delle competenze specialistiche rispetto alla
mandataria.

La differenza tra RTI Verticali e RTI Orizzontali si fonda sulla responsabilità delle imprese che
costituiscono il raggruppamento nei confronti della PA aggiudicatrice: nel caso di
raggruppamento verticale, la mandataria sarà l’unica impresa deputata a mantenere i rapporti
con l’amministrazione aggiudicatrice, e le mandanti conferiranno alla mandataria un mandato
irrevocabile per curare i rapporti con la PA. In questo caso, l’impresa mandataria avrà una
responsabilità solidale anche nei confronti delle imprese mandanti; per contro, le mandanti
assumono una responsabilità esclusivamente parziaria, con la conseguenza per cui rispondono
nei confronti della PA solo per quella parte di prestazione o solo per quelle prestazioni
specialistiche che si sono impegnate di eseguire in forza del contratto.

NOZIONE DI AMMINISTRAZIONE AGGIUDICATRICE (è una nozione generale)

I contratti pubblici vengono affidati dalle Amministrazioni Aggiudicatrici: la relativa nozione,


quindi, ha la funzione di individuare i soggetti che devono affidare contratti pubblici di lavori,
servizi o forniture secondo le norme del codice.

In particolare, sono amministrazioni aggiudicatrici: le Amministrazioni dello Stato, gli enti


pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico. Ciò vale
ai fini dell’applicazione sia della Parte II relativa agli appalti, sia della Parte III relativa alle
concessioni.

NOZIONE DI ENTE AGGIUDICATORE (è una nozione speciale)

I contratti pubblici rientranti nei settori speciali vengono affidati dagli enti aggiudicatori. La
relativa nozione ha quindi la funzione di individuare i soggetti che devono affidare contratti
pubblici di lavori, servizi o forniture secondo le norme del codice qualora rientrino negli
speciali settori disciplinati dagli artt.115 e ss. di recepimento della direttiva 2014/24/UE.

Sono enti aggiudicatori: le imprese pubbliche che operano nei settori speciali, e gli altri soggetti
che operano nei settori speciali in virtù di un diritto speciale o esclusivo. Ciò vale ai fini
dell’applicazione sia della Parte II relativa agli appalti, sia della Parte III relativa alle
concessioni.

NOZIONE FUNZIONALE DI ENTE PUBBLICO

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Nel corso degli ultimi anni si è sviluppata una nozione funzionale e cangiante di ente pubblico,
per cui al fine dell’applicazione del codice dei contratti pubblici non ci si deve limitare a
guardare il dato formale, cioè a considerare unicamente la nozione ex lege di un soggetto come
ente pubblico, ma bisogna indagare sulla concezione sostanziale: pertanto, è ente pubblico
ovvero amministrazione aggiudicatrice quel soggetto che, nonostante la sua natura formalmente
privata, per una serie di caratteristiche intrinseche è comunque assoggettata all’applicazione
della normativa in materia di contratti pubblici.

Organismo di diritto pubblico – L’organismo di diritto pubblico è un esempio di soggetto


formalmente privato equiparato a ente pubblico ai fini della soggezione all’obbligo di procedura di
evidenza pubblica: è qualificato come amministrazione aggiudicatrice. La nozione di organismo di
diritto pubblico è stata elaborata in sede europea ed è oggi recepita, a livello nazionale, dall’art.3,
comma 1, lett.d), D.Lgs. 50/2016, il quale subordina l’equiparazione al possesso di 3 requisiti
cumulativi (i requisiti Mannesmann): 1) la preordinazione a soddisfare specificamente esigenze di
interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) il possesso della personalità
giuridica; 3) l’influenza pubblica dominante. ES.: Cassa depositi e prestiti - originariamente era un
ente pubblico economico (così come previsto dalla legge istitutiva), ma tra la fine degli anni’90 e i
primi anni 2000 venne trasformata in SPA: la mera trasformazione formale in società per azioni non
è sufficiente a trasformare un soggetto che è sempre stato un ente pubblico in un soggetto
sostanzialmente privato.

I REQUISITI MANNESMANN

Le esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale – il requisito


teleologico denota la ratio stessa della equiparazione dell’organismo di diritto pubblico
all’amministrazione ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici:
un’esigenza di interesse generale può non avere carattere industriale o commerciale, ma potrebbe
necessitare, per la sua soddisfazione, del ricorso a strumenti industriali commerciali; l’esigenza di
interesse generale, quindi, può avere rilievo economico e richiedere un modello gestionale di
carattere imprenditoriale idoneo quantomeno a coprire i costi di produzione. Ciò che rileva è che
detta esigenza non possa essere soddisfatta in modo adeguato attraverso il libero esplicarsi delle
dinamiche di mercato, tale per cui si rende necessario l’intervento pubblico dello Stato.

In dottrina e giurisprudenza si discute se il requisito teleologico venga meno automaticamente


ogniqualvolta si accerti che l’ente opera in un mercato concorrenziale, trovando quindi spazio
l’istituto solo ed esclusivamente in presenza dei fallimenti di mercato; e ancora, è dibattuto se la
presenza di un mercato concorrenziale assurga a mero indice sintomatico dell’assenza del requisito
teleologico, il quale potrebbe comunque rinvenirsi, per esempio, in una politica aziendale volta a
fornire determinati beni e servizi a prezzi non concorrenziali, proprio al fine di soddisfare esigenze
di carattere generale.

La personalità giuridica – Il requisito della personalità giuridica va inteso in senso ampio, come
soggettività giuridica, cioè centro di imputazione di situazioni giuridiche, inclusivo sia delle persone
giuridiche, sia degli enti di fatto (associazioni non riconosciute). Il requisito in questione si rivolge
tanto ai soggetti di diritto pubblico quanto ai soggetti di diritto privato, come confermato dalla
lettera della norma che ammette espressamente la forma societaria.

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L’influenza pubblica dominante – Il requisito dell’influenza pubblica dominante sussiste nel
soggetto:

1) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da
altri organismi di diritto pubblico.

2) la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi;

3) il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più
della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto
pubblico.

Va sottolineato che si tratta di sub-requisiti a carattere alternativo.

IMPRESA PUBBLICA

Concetto ben più complesso è quello di “impresa pubblica”, utile a comprendere quando l’impresa
pubblica svolge il ruolo di ente aggiudicatore. Sono imprese pubbliche quelle sulle quali le
amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza
dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in
virtù delle norme che disciplinano dette imprese.

L’impresa pubblica, a differenza dell’organismo di diritto pubblico, è soggetta all’applicazione


delle norme in materia di evidenza pubblica solo qualora agisca in uno dei settori speciali (artt.114 e
ss.).

Trattandosi di una impresa, vengono in rilievo una serie di indici presuntivi dell’influenza
dominante: questa è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o
indirettamente: detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; controllano la maggioranza dei
voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; possono designare più della metà dei membri
del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.

Mentre l’equiparazione dell’organismo di diritto pubblico ad una amministrazione aggiudicatrice è


totale, quella dell’impresa pubblica è limitata: infatti, l’organismo di diritto pubblico è qualificato
come amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell’art.3, co.1, lett.a), D.Lgs. 50/2016, e come tale è
soggetto all’applicazione del codice dei contratti pubblici; invece, le imprese pubbliche sono
considerate enti aggiudicatori solo qualora svolgano una delle attività descritte dagli artt.115-121
D.Lgs. 50/2016, cioè qualora operino nei settori speciali, e sono soggette all’applicazione solo di
talune norme del Codice dei contratti pubblici (art.114), e solo qualora debbano affidare contratti
inerenti al perseguimento degli scopi di cui agli artt.115-121 cit.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.16/2011 evidenza la ratio di questa limitata
equiparazione dell’organismo di diritto pubblico ad un ente aggiudicatore: essa mira a
fronteggiare, mediante un avvicinamento alle regole contrattuali imposte alle amministrazioni, la
naturale chiusura dei mercati causata dalla frequente condizione di monopolio degli esercenti
quelle che per l’art.90 del trattato CE sono “imprese incaricate della gestione di servizi di
interesse economico generale”. Viceversa, al di fuori di questi settori speciali, cioè fuori
dall’ambito degli oggettivi servizi pubblici nominati, non vi è sostituzione all’attività
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amministrativa e pertanto non sorge la necessità di assicurare normativamente la garanzia della
concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l’imposizione di scansioni particolari del processo
di formazione contrattuale.

LA SOCIETA’ IN HOUSE

La società in house providing presenta dei profili pubblicistici più intensi rispetto a quelli
dell’organismo di diritto pubblico (e, quindi, dell’impresa pubblica). Si tratta di una figura di
derivazione europea, che trova oggi pieno spazio all’interno del nostro diritto positivo: il d.lgs.
175/2016 (TU sulle società a partecipazione pubblica), all’art.16, definisce le caratteristiche
giuridiche della società in house providing. Tale disciplina per molti versi è richiamata e riprodotta
dall’art.5 del codice dei contratti pubblici.

La qualificazione giuridica della società in house, nonostante i recenti interventi normativi, non è
ancora del tutto pacifica: si tratta di un soggetto giuridico formalmente privato che presenta dei
legami giuridici particolarmente intensi con l’ente pubblico controllante. Prima dell’entrata in
vigore del D.Lgs. 50/2016 e del D.Lgs. 175/2016, la nozione di società in house era rinvenibile solo
nella normativa e nella giurisprudenza europee.

Gli artt. 2 e 16 del D.Lgs. 175/2016 e gli artt.192 e ss. del D.Lgs. 50/2016 forniscono per la prima
volta una definizione nazionale di società in house e dei relativi requisiti essenziali. Nondimeno, su
recepimento delle nuove direttive del 2014 in materia di contratti pubblici, la nuova definizione di
società in house presenta dei tratti distintivi parzialmente diversi.

La sentenza Teckàl del 1999 della CGUE ha definito i tre requisiti (cumulativi) caratteristici della
relazione in house providing:

1) La sussistenza di un potere di controllo, in capo al socio pubblico, analogo a quello che esso
esercita sui propri uffici e servizi (requisito del controllo analogo);
2) La dedizione prevalente dell’attività dalla società in house agli scopi istituzionali del socio
pubblico (requisito dell’attività prevalente);
3) La detenzione dell’intero capitale sociale da parte del socio pubblico (condizione della
totale partecipazione pubblica).

Soffermandoci su tali requisiti, con riguardo al controllo analogo (1), l’art.5, co.2, d.lgs. 50/2016
precisa espressamente che esso sussiste allorquando l’ente controllante esercita sull’ente controllato
“un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della
persona giuridica controllata”, e riconosce diverse forme di esplicazione del controllo analogo:
controllo analogo diretto (quando l’ente crea la società e la controlla direttamente), indiretto
(quando vi è la possibilità che il controllo avvenga per mezzo di una società holding), congiunto o
frazionato (una pluralità di amministrazione pubbliche controllano una medesima società), e l’in
house rovesciato o in house orizzontale (la relazione di controllo si instaura tra due soggetti che
sono entrambi partecipati da un medesimo soggetto, ma che non hanno tra loro alcun rapporto di
controllo o di partecipazione).

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Per quanto concerne il requisito dell’attività prevalente (2), la legge ora prevede che, affinché vi
sia una relazione di in house providing, il soggetto pubblico riceva in via prevalente l’attività da
parte del soggetto controllato in misura almeno pari all’80% dell’attività svolta; a differenza di
quanto avveniva in passato, oggi non si fa alcun riferimento al dato qualitativo: l’art.16 del TU sulle
società partecipate, sulla scorta delle direttive europee, stabilisce un limite quantitativo espresso,
cioè quello dell’80% dell’attività svolta (limite che corrisponde solitamente all’80% del fatturato).

L’ultimo requisito è quello della detenzione dell’intero capitale sociale da parte del socio
pubblico: questo ammette delle deroghe da cui deriva l’ammissibilità, a determinate condizioni, di
società in house miste; queste condizioni si sostanziano nella possibilità di partecipazione di capitali
privati che non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in
conformità dei trattati: a tali condizioni al capitale delle società in house possono partecipare anche
soggetti privati e non più solo soggetti pubblici. Cionondimeno, nonostante questa possibilità
offerta dal diritto europeo, nel nostro ordinamento non ha trovato spazio questa forma mista di
società in house providing.

Dalla sussistenza di detti requisiti dipende l’esistenza della società in house providing, cioè un
soggetto destinatario delle norme dei contratti pubblici per ciò che concerne l’acquisizione di beni,
servizi e lavori: la società in house providing è una amministrazione aggiudicatrice, è un soggetto
che ricorre per l’acquisizione di beni, lavori e servizi alle medesime regole cui ricorre l’ente
pubblico che la costituisce.

LA SOCIETA’ MISTA A PARTECIPAZIONE PUBBLICO-PRIVATA

La società mista a partecipazione pubblico-privata è un particolare tipo di società disciplinato


dall’art.17, D.Lgs. 175/2016: essa è costituita da un socio pubblico e da un socio privato. La quota
di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30%, e la selezione dello stesso si
svolge con procedure ad evidenza pubblica a norma dell’art.5, co.9, del codice dei contratti
pubblici, e ha ad oggetto, al contempo, (procedura a doppio oggetto – imposta dalla
giurisprudenza della CGCE con la sentenza C-26/2003 – Sentenza Stadt Halle) la sottoscrizione o
l’acquisto della partecipazione societaria da parte del soggetto (socio) privato e l’affidamento del
contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista (art.17, co.1 e
2, D.Lgs. 175/2016). In sostanza, la società mista pubblico-privata si presenta come una terza
alternativa per la realizzazione di un appalto di lavoro, di servizi, o un contratto di fornitura o una
concessione rispetto alla ordinaria procedura ad evidenza pubblica di individuazione di un operatore
economico privato, e rispetto all’affidamento diretto ad una società a totale partecipazione pubblica,
cioè la società in house providing.

In questo caso, occorre distinguere tra due fattispecie contrattuali:

 Il contratto associativo, o di costituzione del vincolo societario (artt.2247 e ss. cc.): tale contratto
realizzerà la costituzione della nuova società tra il partner privato e quello pubblico.
 Il contratto a prestazione corrispettive che riguarderà l’affidamento da parte del soggetto pubblico
(il socio pubblico) alla società mista di un contratto di appalto o di concessione.

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Va evidenziato che la procedura di evidenza pubblica deve investire tanto il primo quanto il
secondo contratto, ecco perché si parla di procedura “a doppio oggetto”.
Inoltre, l’art.17 cit. precisa il principio per cui “affinché si possa giustificare l’affidamento diretto
dell’appalto e del servizio ad una società mista, è necessario che detto socio venga scelto all’esito
di una procedura di gara “a doppio oggetto”, con conseguente rilievo non solo del profilo
soggettivo dell’impresa da selezionare ma anche con riguardo alla specifica natura dell’attività
che poi potrà essere svolta dalla società stessa” (Cons. Stato, par. n.968/2016).
Il doppio oggetto ha come naturale conseguenza che la società mista si estingue nel momento in cui
viene a esaurirsi il rapporto contrattuale tra l’ente controllante e la società mista: tale società ha una
durata prevista nello statuto che deve, per legge, essere pari alla durata del contratto di appalto o di
concessione che viene stipulato a seguito della costituzione della società mista. Per questo motivo la
dottrina francese definisce questo tipo di società come “società miste a operazione unica”, in
quanto, una volta venuto a conclusione il contratto per il quale il socio privato era stato selezionato,
la società deve necessariamente sciogliersi, non potendo più ottenere ulteriori affidamenti; in caso
contrario, si realizzerebbe una palese violazione del principio di non concorrenza perché il partner
privato della società mista verrebbe così ad essere affidatario di una serie di contratti pubblici senza
che vi sia stato alcun confronto concorrenziale in merito.
PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA
La procedura ad evidenza pubblica per la selezione di un contraente privato, al pari di ogni
procedimento amministrativo, consta di una fase istruttoria e di una fase decisoria, nell’ambito delle
quali l’amministrazione deve evidenziare la necessità di acquisire un dato bene o servizio nell’ottica
del perseguimento dei propri scopi istituzionali e, a tal proposito, deve sciogliere le seguenti
alternative:
 L’amministrazione deve decidere se acquisire un dato bene o servizio tramite un
provvedimento amministrativo, oppure stipulando un contratto;
 L’amministrazione deve decidere se acquisire il bene o il servizio attraverso
l’autoproduzione oppure ricorrendo al mercato; l’art.192, co.2, del codice dei contratti
pubblici sottopone questa scelta ad una verifica di congruità da parte della PA: la scelta tra
mercato e autoproduzione potrà avvenire solo a patto che l’amministrazione, in una apposita
relazione, provveda a verificare che l’affidamento in house providing (cioè la scelta per il
modello dell’autoproduzione) produca nei confronti dell’amministrazione risultati in termini
di maggiore efficacia dell’attività, o maggiore economicità, ovvero apporti maggiori
benefici per la collettività di riferimento. Dall’art.192 discende un obbligo motivazionale
rafforzato in capo alla PA: la scelta di ricorrere all’autoproduzione deve esse motivata
adeguatamente.
 Una volta deciso di ricorrere allo strumento contrattuale, l’amministrazione deve definirne il
tipo e il contenuto;
 Infine, l’amministrazione deve provvedere a scegliere il contraente.

Trattandosi di un procedimento amministrativo complesso, anche nel settore dei contratti pubblici
vale la medesima impostazione che la L.241/1990 prevede per il procedimento amministrativo in
genere: anche in questi specifici e complessi procedimenti si riscontra la figura del responsabile del
procedimento (art.6, L.241/90). Nel procedimento ad evidenza pubblica, tale soggetto assume la
denominazione di RUP – Responsabile Unico del Procedimento – figura centrale di tutta la
procedura, e disciplinato dall’art.31 del codice dei contratti pubblici.
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RUP – Responsabile Unico del Procedimento

L’art.31, al co.1, stabilisce che, per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una
concessione, le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei
programmi, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse
in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della
programmazione, progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione.

Il RUP rappresenta la figura centrale di tutta la procedura, attorno alla quale ruota l’intero assetto
degli interessi e dei poteri che si sviluppano riguardo l’affidamento di un singolo contratto.

Il RUP, come si evince dallo stesso nomen iuris, deve essere una singola persona fisica: l’Autorità
Nazionale Anti-Corruzione, con le linee guida n.3, ha individuato una serie di requisiti di
professionalità ed esperienza che ciascun RUP deve possedere in relazione alla tipologia di
contratto da affidare e, in particolare, in relazione al suo valore economico.

Per quanto riguarda gli affidamenti di contratti che abbiano ad oggetto lavori ed opere, il RUP deve
essere necessariamente un soggetto tecnico, cioè dotato di specifica qualificazione professionale:
nella maggior parte dei casi, laureati in architettura o ingegneria.

Invece, per i contratti di fornitura, dalle linee guida non è richiesto che il RUP abbia particolari
esperienze di ordine tecnico: certo, però, le sue capacità devono apparire quantomeno congrue
affinché possa svolgere il suo ruolo nel migliore dei modi!

Le PA, inoltre, possono istituire, all’interno della medesima struttura cui appartiene il RUP o
all’interno della medesima amministrazione, Ufficio di Supporto al RUP: in altri termini, le
amministrazioni possono nominare soggetti (anche soggetti terzi esterni alla PA) in grado di
colmare eventuali lacune esperenziali o professionali che abbia il RUP. Tali figure di supporto sono
opportune soprattutto quando la complessità dell’oggetto della procedura faccia sì che la PA ritenga
necessario un’attività di supporto al RUP.

LA PROGRAMMAZIONE

L’art.21 del D.lgs.50/2016 ha esteso a tutte le procedure ad evidenza pubblica l’obbligo di


programmazione: le amministrazioni aggiudicatrici hanno l’obbligo di adottare un programma
biennale degli acquisti di beni e servizi e un programma triennale dei lavori pubblici, nonché i
relativi aggiornamenti annuali. In passato, la previgente disciplina contenuta nel D.Lgs. 163/2006
prevedeva siffatto obbligo di programmazione esclusivamente per i lavori pubblici, e non anche per
gli acquisti di beni e servizi. Nel vecchio codice non vi era, appunto, l’obbligo per la PA di
programmare l’acquisto di beni o servizi: l’art.271 del Regolamento 207/2010 (regolamento
attuativo del vecchio codice) prevedeva la facoltà per le PA di programmare i propri fabbisogni di
beni e servizi. Ebbene, il codice del 2016 impone alla PA di programmare altresì l’acquisto di beni
e servizi: la programmazione diviene così un requisito essenziale e propedeutico alla realizzazione
delle procedure.

Vi sono, però, delle parziali deroghe alla programmazione: anzitutto, lo stesso codice consente degli
aggiornamenti annuali alla programmazione (nei casi di sopravvenuto mutamento della situazione
di fatto o di diritto, la PA può avvalersi del proprio ius variandi); in secondo luogo, i programmi
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triennali di lavori pubblici non hanno l’obbligo di contenere lavori il cui valore stimato sia pari o
inferiore a 100.000 euro, i quali vengono considerati dal legislatore di un valore talmente limitato
da non dover necessariamente sottoporre l’amministrazione ad uno sforzo programmatorio in tal
senso. Lo stesso può dirsi con riferimento al programma biennale di forniture e servizi, per cui la
soglia limite dalla quale dipende l’esistenza dell’obbligo di programmazione è fissata dal legislatore
in misura pari a 40.000 euro (che coincide con la prima soglia delle procedure negoziate sotto-
soglia “di affidamento diretto”).

La programmazione si pone come primo step della procedura ad evidenza pubblica: ai sensi
dell’art.31, nella programmazione deve essere individuato altresì il nome del responsabile unico del
procedimento.

Per quanto riguarda le fasi successive, cioè le fasi di affidamento del contratto in senso stretto,
queste vengono disciplinate dagli artt.32 e 33, D.Lgs.50/2016; la procedura di affidamento del
contratto pubblico consta, infatti, delle seguenti fasi:

 L’adozione della determina o del decreto a contrarre (o contrattare);


 La selezione dei partecipanti alla procedura;
 L’individuazione del miglior offerente, attraverso la comparazione delle offerte e la proposta
di aggiudicazione;
 L’adozione del provvedimento di aggiudicazione, previa verifica della proposta di
aggiudicazione al fine di valutare l’eventuale sussistenza di cause ostative
all’aggiudicazione a beneficio del miglior offerente;
 La sottoscrizione del contratto, una volta divenuta efficace l’aggiudicazione a seguito della
verifica del possesso da parte dell’aggiudicatario dei requisiti prescritti dalla disciplina di
gara e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela; la sottoscrizione del contratto può
avvenire esclusivamente entro un determinato periodo di tempo, definito “stand still
period”: questo periodo serve a coprire il termine previsto da ciascuna legislazione
nazionale affinché i soggetti non aggiudicatari che abbiano partecipato alla gara possano
proporre ricorso al giudice amministrativo. Si tratta di un istituto di origine europea avente
funzione deflattiva del contenzioso, perché nel corso di tale periodo la PA potrebbe
intervenire in via di autotutela (ad es. annullando), o potrebbe limitare eventuali danni
derivanti dalla immediata esecuzione del contratto;
 L’eventuale approvazione del contratto e l’effettuazione degli altri eventuali controlli
previsti dalle norme proprie dei singoli ordinamenti delle stazioni appaltanti cui è
subordinata l’efficacia del contratto.

Una volta conclusa la sottoscrizione del contratto e dato avvio al medesimo, i rapporti tra le
parti sono disciplinati dal diritto privato.

DETERMINA A CONTRARRE – Si tratta del primo atto con cui la PA decide di avviare una
procedura amministrativa volta a stipulare un contratto con un soggetto. Essa deve essere coerente
con la programmazione: ciascuna procedura deve trovare un suo specifico riferimento nell’attività
di programmazione (o triennale o biennale). La determina a contrarre è l’atto con cui la PA formula

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ed esprime i motivi che la inducono a contrarre con un soggetto privato (si ribadisce che, nel diritto
amministrativo, i motivi che inducono una PA a contrarre sono assolutamente rilevanti), motivando
così circa le circostanze di fatto e di diritto che l’hanno spinta a richiedere un determinato privato ad
un soggetto privato: per questi motivi, la determina a contrarre deve necessariamente contenere
determinate indicazioni, senza le quali la determina sarebbe invalida.

In primo luogo, deve contenere gli elementi essenziali del contratto: spetta alla PA individuare i
contenuti minimi del contratto che poi deciderà di mettere a gara. Più precisamente, la determina a
contrarre non deve essere uno schema contrattuale, ma deve semplicemente indicare i contenuti
minimi di quello che sarà il futuro schema negoziale. La pubblica amministrazione deve specificare
se ritiene di far ricorso a uno schema contrattuale tipico o atipico (con esclusivo riferimento alle
fattispecie di partenariato pubblico-privato) e, in ogni caso, chiarendo la causa del contratto.

In secondo luogo, la determina a contrarre deve contenere i criteri di selezione degli operatori
economici, cioè il sistema di aggiudicazione prescelto tra quelli disciplinati agli artt.59 e ss. (questa
terminologia è utilizzata a livello europeo, mentre nell’ordinamento italiano si parla di “procedura
di affidamento”, e non di “sistema di aggiudicazione”): si tratta della selezione degli operatori
economici.

Infine, deve contenere i criteri di selezione delle offerte, cioè il criterio di aggiudicazione tra quelli
disciplinati dagli artt.94 e ss.: attraverso tali criteri la PA decide come valutare il contenuto delle
offerte presentate dagli operatori economici. Si tratta del criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa ed il criterio del minor prezzo, cui si sono recentemente aggiunti, secondo le direttive
europee, il criterio del costo del ciclo di vita ed il criterio del costo fisso.

La determina a contrarre è un atto endoprocedimentale, al quale normalmente non viene attribuita


immediata efficacia nei confronti dei terzi: è un atto, infatti, che precede la pubblicazione della
procedura di aggiudicazione (precede il sistema di aggiudicazione) e, per questo, non è un atto
immediatamente lesivo della posizione giuridica soggettiva di un operatore economico privato.
Conseguentemente non è un atto autonomamente e immediatamente impugnabile. Rispetto a questa
regola generale, vi è però un’eccezione: la determina a contrarre va immediatamente impugnata
quando produce lesioni dirette, concrete e attuali della sfera giuridica di terzi estranei
all’amministrazione, e ciò accade solo in ipotesi circoscritte: ove la determina disponga l’adozione
di un sistema di aggiudicazione (come la procedura negoziata) che impedisca la libera
partecipazione alla procedura; ovvero, ove anticipi gli effetti escludenti normalmente prodotti dal
bando tramite la predeterminazione di requisiti di partecipazione con effetto immediatamente
escludente.

SELEZIONE DEL CONTRAENTE – Il segmento procedimentale più rilevante della procedura


di affidamento del contratto pubblico è quello riguardante la selezione del contraente. Mentre per il
privato la predeterminazione dei criteri di scelta del contraente è una mera facoltà, per
l’amministrazione essa è un vero e proprio obbligo di legge (art.32), la cui violazione può
determinare la caducazione del contratto.

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I SISTEMI DI AGGIUDICAZIONE – L’art.59 del D.Lgs. 50/2016 stabilisce che la stazione
appaltante possa scegliere, di regola, tra una procedura aperta o una ristretta, nell’ambito delle quali
qualsiasi operatore economico in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dalla lex specialis
può presentare o chiedere di essere invitato a presentare un’offerta. La procedura aperta e quella
ristretta sono le cd procedure ordinarie, poiché tutelano al massimo grado la concorrenza.
La procedura aperta si fonda sulla pubblicazione nella gazzetta ufficiale dell’UE o della Repubblica
Italiana (rispettivamente per le procedure sopra-soglia e sotto-soglia) di un bando di gara, nel quale
è previsto un termine per la presentazione di offerte da parte dei potenziali concorrenti (termini
indicati dagli artt.60-62 d.lgs. 50/2016), affinché l’apertura della gara sia conoscibile da parte degli
operatori economici.
La procedura ristretta, invece, si distingue da quella aperta poiché non vi è un bando di gara, ma un
avviso a presentare manifestazioni di interesse, in cui l’amministrazione presenta quelli che saranno
gli elementi essenziali della procedura in corso; il bando di gara, invece, presenta già tutti gli
imprenditori affinché un imprenditore possa avere precisa contezza di quello che sarà il contenuto
contrattuale e delle modalità con cui la PA valuterà la presentazione di eventuali offerte. Per questi
motivi, la procedura ristretta si caratterizza per una doppia fase: nella prima, la PA presenta un
avviso di informazione (call for proposal), cioè un avviso a presentare manifestazioni di interesse,
dove vengono sinteticamente stabiliti e precisati quelli che saranno i contenuti della successiva
gara; a questo punto, gli operatori economici, entro il termine previsto dall’avviso di indizione della
gara, potranno presentare la loro richiesta di poter partecipare alla gara. Vi sarà quindi una fase di
selezione degli operatori economici, nell’ambito della quale la PA valuterà la correttezza della
presentazione delle richieste da parte degli operatori economici e che essi godano dei requisiti
soggettivi richiesti per poter partecipare alla gara; e, in caso, di esito positivo, la stessa PA
notificherà personalmente agli operatori economici che abbiano superato il controllo una lettera di
invito, contenente tutte le informazioni necessarie per poter presentare un’offerta.
Da queste due forme ordinarie che non richiedono alcuna motivazione da parte della PA in sede di
determina a contrarre, si distinguono i sistemi di aggiudicazione di natura eccezionale: le procedure
negoziate (con o senza previa pubblicazione del bando), il dialogo competitivo, la procedura
competitiva con negoziazione e il partenariato per l’innovazione.
LE PROCEDURE ORDINARIE
La procedura aperta (art.60) si caratterizza per il fatto che qualsiasi operatore economico interessato
può presentare un’offerta in risposta a un bando di gara, ed è in grado di tutelare al massimo grado
la concorrenzialità della procedura.
La procedura ristretta (art.61) si caratterizza per il fatto che qualsiasi operatore economico
interessato può presentare un’offerta in risposta a una manifestazione di interesse, cui segue l’invio
di una lettera di invito se l’operatore risulta in possesso dei requisiti soggettivi per partecipare.
La procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara (art.63), si connota per la possibilità
di aggiudicare un contratto direttamente ad un operatore economico previa negoziazione delle
condizioni applicabili, solo al ricorrere delle fattispecie espressamente indicate dall’art.63: in
altri termini, siffatta procedura può aver luogo solo nei casi tassativamente indicati dalla legge. Si
tratta dei casi di urgenza, che ricorrono allorquando non vi sia il tempo materiale per ricorrere alle
altre procedure ordinarie (procedura aperta e ristretta) – non deve però trattarsi di “urgenza
autoindotta”, cioè causata dall’azione stessa della PA; casi di unicità del contraente, che
sussistono allorquando le prestazioni oggetto del contratto possono essere svolte da un unico
operatore economico (casi in cui vi siano delle proprietà industriale o intellettuale, o i casi di
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brevetto); casi di unicità della rappresentazione artistica (es: la PA vuole contrattare un artista
per lo svolgimento di un evento: in questo caso, la giurisprudenza e, oggi, il legislatore ritengono
che, in considerazione della infungibilità della prestazione artistica, il contratto possa essere
immediatamente aggiudicato dall’artista stesso). La peculiarità della procedura negoziata senza
pubblicazione del bando di gara è da individuare nella vulnerazione del principio di concorrenza, la
quale viene comunque bilanciata da un importante onere motivazionale a carico della PA:
quest’ultima, infatti, ha il compito di offrire le motivazioni di fatto e di diritto da cui dipende
l’immediata aggiudicazione del contratto in favore di un determinato operatore economico, e
impedendo agli altri di partecipare a una gara.

Occorre però precisare che questi sistemi di aggiudicazioni attengono esclusivamente alle procedure
sopra-soglia, vale a dire a quelle aventi ad oggetto un contratto il cui valore stimato sia superiore a
determinati importi (previsti dal codice e dal diritto UE, e annualmente rideterminati in ragione con
l’aumento dell’inflazione: 5 milioni per i lavori, e 200.000 per servizi e fornitura).

Al di sotto di dette soglie, l’UE ritiene che l’entità del contratto faccia venir meno un potenziale
interesse transfrontaliero: per le procedure sotto-soglia, infatti, i singoli Stati membri non hanno
l’obbligo di applicare le Direttive Europee. In passato era netta la differenza, a livello di disciplina,
tra procedure sopra e sotto-soglia; invece, oggi, anche a queste ultime si applicano i medesimi
principii e le medesime disposizioni che il nostro codice prevede per tutte le procedure ad evidenza
pubblica.

Residuano una serie di parziali deroghe, che sono stabilite puntualmente all’art.36 del codice dei
contratti pubblici, relative alle procedure sotto-soglia: al co.2, l’art.36 prevede una serie di lettere)
che, secondo una gradazione di importo, stabiliscono diverse procedure semplificate.

L’affidamento diretto di cui alla lett.a) – è una procedura il cui importo è tale da non dover essere
incluse nemmeno in sede di programmazione; si fa ricorso a questo tipo di affidamento diretto per
affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro (soglia che viene aggiornata periodicamente) e in
via residuale. “Per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, le PA possono procedere
mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o
per i lavori in amministrazione diretta”: le amministrazioni, in questi casi, possono immediatamente
contrattare con un soggetto privato senza dover previamente procedere ad alcun confronto
concorrenziale.

L’affidamento diretto di cui alla lett.b) – per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000
euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’art.35 per le forniture e i servizi,
le PA possono procedere mediante affidamento diretto previa valutazione di 3 preventivi, ove
esistenti, per i lavori e, per i servizi e le forniture, di almeno 5 operatori economici individuati sulla
base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di
rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo
l’acquisto e il noleggio di mezzi per i quali si applica comunque la procedura di cui al periodo
precedente. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei
soggetti invitati.

Al di là del nomen iuris, rimangono dubbi sulla qualificazione di tali sistema di aggiudicazione
come “affidamento diretto”, poiché resta fermo l’obbligo di valutare 3 preventivi ove esistenti, per i
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lavori e, per i servizi e le forniture, di almeno 5 operatori economici individuati sulla base di
indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.

Procedura negoziata di cui alla lett.c) – per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a
150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, mediante la procedura negoziata di cui all’art.63 previa
consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di
rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori
economici. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei
soggetti invitati.

Procedura negoziata di cui alla lett.c-bis) – per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a
350.000 euro e inferiore a 1.000.000 euro, mediante la procedura negoziata di cui all’art.63 previa
consultazione, ove esistenti, di almeno 15 operatori economici, nel rispetto di un criterio di
rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori
economici. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei
soggetti invitati.

In siffatte procedure semplificate, l’ANAC e il legislatore hanno posto l’accento sul principio di
rotazione degli inviti, sul presupposto che il confronto non è aperto a tutti ma si svolge nell’ambito
di un ristretto numero di operatori economici. Proprio da questa ultima considerazione, deriva che la
PA non può invitare sempre i medesimi operatori economici, ma deve procedere ad una rotazione
degli inviti, per cui i soggetti che sono stati precedentemente invitati a partecipare ad una procedura
non dovrebbero essere invitati a partecipare a quella successiva. Tale divieto vale principalmente
per il contraente uscente.

LE ALTRE PROCEDURE

Si tratta di procedure più complesse, che vengono utilizzate dalla PA per gare caratterizzate da un
importante valore economico.

Procedura competitiva con negoziazione (art.62);

Partenariato per l’innovazione (art.65);

Dialogo competitivo (art.64);

Si tratta di procedure meno ricorrenti, accomunate da un confronto competitivo che si sviluppa


anche con riferimento all’oggetto delle prestazioni da dedurre in contratto.

PROCEDURA DI AFFIDAMENTO (procedura ordinaria)

IL BANDO

Il bando è l’atto con cui l’amministrazione rende nota l’intenzione di affidare un contratto pubblico,
e disciplina la procedura di selezione del contraente, tramite disposizioni vincolanti tanto per la
stazione appaltante (costituendo il bando un “autovincolo”) quanto per gli offerenti.

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Il bando si pone in un rapporto di genere a specie con il codice dei contratti pubblici (che è la lex
generale della gara): le prescrizioni contenute nel bando hanno forza di legge per la PA e
costituiscono la lex specialis in riferimento a quella determinata gara, non potendo comunque
contrastare con le norme del codice dei contratti pubblici.

Con riferimento alla natura giuridica del bando, il Cons. Stato, con due pronunce dell’A.P.,
n.1/2003 e n.4/2011, ha precisato che esso è un atto amministrativo generale; ciò in quanto: 1) i
destinatari del bando sono indeterminabili solo ex ante, ma non ex post, al momento della sua
applicazione e della partecipazione alla gara; 2) le prescrizioni poste dal bando non disciplinano tipi
astratti di rapporti giuridici, ma rapporti giuridici concreti tra soggetti determinati, poiché non sono
suscettibili di applicazione indefinita; 3) gli effetti giuridici del bando sono destinati a esaurirsi una
volta conclusa la gara; 4) il bando non produce norme giuridiche che innovano l’ordinamento
giuridico.

Questioni applicative

1) Tra le questioni applicative concernenti il bando di gara, viene in rilievo quella relativa alla
disapplicazione del bando illegittimo: la conseguenza della natura di atto amministrativo generale
si traduce nell’impossibilità di disapplicare un bando in contrasto con una norma di legge, giacché
ciò è possibile solo per i regolamenti.

2) Altra questione di notevole rilevanza riguarda la legittimazione all’impugnazione del bando


(questione sulla quale è intervenuta l’A.P. del Consiglio di Stato, n.9/2014): nell’ambito di tale
arresto giurisprudenziale è stata dettata la regola generale per cui legittimato all’impugnazione del
bando, di regola, è solo chi abbia partecipato ritualmente alla procedura; di contro, non è
legittimato chi, pur soddisfacendo i requisiti per partecipare alla procedura, abbai deciso di non
prendervi parte, nonché chi vi abbia partecipato de facto, senza però possedere i requisiti richiesti, e
a prescindere che sia stato poi escluso o meno dalla procedura.

A questa regola generale è stata affiancata un’eccezione: infatti, in talune ipotesi tassative,
informate ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e concorrenza, legittimato all’impugnazione
del bando è anche chi non abbia preso parte alla procedura. Più precisamente, le ipotesi eccezionali
in cui è ammessa l’impugnazione del bando senza la partecipazione alla procedura sono:

- La contestazione in radice della decisione di indire la procedura;


- La contestazione della mancanza di una procedura;
- La contestazione diretta di clausole del bando aventi effetto escludente o comunque tali da
impedire la partecipazione alla procedura.

3) Viene in rilievo, ancora, la questione dell’onere di immediata impugnazione del bando


illegittimo (Cons. Stato, A.P. n.1/2003 e Cons. Stato A.P. n.4/2018); con tali pronunce
giurisprudenziali è stata sancita la regola per cui la natura generale del bando è tale per cui esso, di
regola, non spiega un’immediata efficacia lesiva sicché l’interesse ad agire sorge solo con
l’adozione dell’atto applicativo che concretizza la lesione alla sfera giuridica dell’offerente.

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A questa regola generale si sono affiancate delle eccezioni: in talune ipotesi eccezionali, infatti, il
bando spiega un’immediata efficacia lesiva, con la conseguenza per cui l’interesse ad agire sorge
istantaneamente al momento della pubblicazione del bando, con conseguente onere di immediata
impugnazione senza necessità di attendere l’atto applicativo. In particolare, le ipotesi eccezionali in
cui sorge l’onere di immediata impugnazione del bando si verificano ogniqualvolta il bando
contempli delle clausole che hanno l’effetti di impedire in modo oggettivo la partecipazione alla
procedura (cd. clausole escludenti): si tratta delle ipotesi di clausole del bando relative ai requisiti
soggettivi di partecipazione dei quali il ricorrente sia sprovvisto, e delle ipotesi di clausole del
bando che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o
manifestamente sproporzionati rispetto ai caratteri della procedura, con il risultato di rendere
sostanzialmente impossibile la partecipazione alla gara.

Inoltre, sono suscettibili di immediata impugnazione i bandi contenenti clausole impositive di


obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto – Cons. Stato, sez.II,
n.2222/2003), nonché i bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la
formulazione dell’offerta (ad es. quelli relativi al numero, qualifiche e mansioni, livelli retributivi e
anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino
formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il
punteggio di “0” pt.) e, infine, gli atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel
bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.

Va rigettato l’orientamento minoritario (Cons. Stato, ord. n.5138/2017) secondo cui il bando va
sempre impugnato immediatamente a prescindere da una lesione concreta e attuale di un interesse
differenziato e qualificato, in ragione della sola illegittimità del bando: da un lato, tale tesi nega la
natura di posizione giuridica sostanziale dell’interesse legittimo; dall’altro, attribuisce alla
giurisdizione amministrativa le finalità e i connotati propri di una giurisdizione di tipo obiettivo, in
contrasto con l’art.103 Cost.

In altri termini, si può affermare che: se il vizio origina nel bando di gara, l’immediata
impugnazione è consentita solo quando il vizio è talmente forte da impedire agli operatori
economici interessati di partecipare alla gara; se, invece, il vizio che origina nel bando di gara si
traduce in una lesione della posizione giuridica dell’operatore economico solo a seguito di ulteriori
atti della procedura (ammissione o esclusione dei partecipanti, della proposta di aggiudicazione,
ecc.), è consentita l’impugnazione dell’atto immediatamente lesivo e, solo in via presupposta, dello
stesso bando di gara.

Requisiti soggettivi per la partecipazione alla procedura – Gli artt.80 e ss. del codice dei
contratti pubblici stabiliscono che l’operatore economico debba soddisfare una serie di requisiti di
tipo soggettivo per partecipare alla procedura di selezione del contraente, aventi la funzione di
dimostrare i requisiti di moralità nonché la capacità tecnica ed economica che l’offerente deve
possedere per poter contrarre con la PA. I requisiti di partecipazione devono sussistere al momento
della scadenza dei termini per la presentazione delle offerte e devono persistere per tutta la durata
della procedura nonché per tutta la durata di esecuzione del contratto. Moltissimi dei requisiti
richiesti sono di ordine negativo. La carenza sostanziale dei requisiti soggettivi di partecipazione

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determina l’esclusione dalla procedura anche in assenza di una espressa comminatoria nei
documenti di gara, salva l’operabilità del soccorso istruttorio (anche se il soccorso istruttorio
interviene solo nei casi di carenza formale).

Detti requisiti devono essere espressamente indicati nel bando di gara; in particolare, le stazioni
appaltanti, da un lato, indicano i requisiti soggettivi di partecipazione congiuntamente agli idonei
mezzi di prova del loro possesso nel bando di gara o nella lettera di invito; e, dall’altro, non possono
richiedere requisiti soggettivi di partecipazione diversi da quelli previsti dalla legge, in forza del
principio di tassatività delle cause di esclusione dalla procedura.

I requisiti soggettivi non vanno confusi con i requisiti oggettivi, i quali indicano i requisiti tecnici
minimi. Infatti, i requisiti soggettivi si riferiscono all’operatore economico e hanno la funzione di
comprovare la moralità e la capacità dell’appaltatore, mentre i requisiti oggettivi si riferiscono
all’offerta e hanno la funzione di definire il contenuto della prestazione che l’appaltatore sarà
chiamato ad eseguire. Inoltre, l’offerente dichiara il possesso dei requisiti soggettivi nella busta
contenente la documentazione amministrativa, mentre il possesso dei requisiti oggettivi viene
dichiarato nella busta contenente l’offerta tecnica. Infine, la verifica del possesso dei requisiti
oggettivi e soggettivi è effettuata nell’ambito di fasi della gara distinte e separate.

A partire dal 2014, con il D.L. n.90/2014, e poi con l’art.83 (co.9) del codice dei contratti pubblici,
è stato introdotto l’istituto del soccorso istruttorio, mediante il quale la PA ha la possibilità di
sanare, entro un determinato termine, eventuali irregolarità essenziali delle dichiarazioni relative ai
requisiti soggettivi. In passato, invece, si riteneva che il soccorso istruttorio potesse intervenire
solo per le irregolarità non essenziali. Oggi, in presenza di una irregolarità non essenziale,
l’amministrazione si limita a non tenerne conto.

In particolare, alla categoria dei requisiti soggettivi di partecipazione appartengono: i requisiti di


ordine generale di cui all’art.80, aventi la funzione di comprovare la moralità dell’offerente; i criteri
di selezione di cui all’art.83, aventi la funzione di comprovare la capacità dell’offerente di eseguire
il contratto oggetto di affidamento, sotto forma di: idoneità professionale, capacità economica e
finanziaria, capacità tecniche e professionali.

Viceversa, le irregolarità essenziali relative ai requisiti oggettivi sono insanabili e comportano


necessariamente l’esclusione dalla procedura.

La partecipazione alla gara in forma individuale e collettiva – Il concetto di operatore


economico non è riferibile unicamente al singolo imprenditore, in quanto sia il codice sia il diritto
UE prevedono la possibilità per il soggetto di partecipare alla gara in forma associata: il singolo
imprenditore può anche partecipare in RTI (Raggruppamento Temporaneo di Imprese) ovvero in
altre forme associative presente dallo stesso codice (es. Consorzio).

Al fine di aumentare al massimo grado la platea dei potenziali concorrenti, cioè degli operatori
economici che possano partecipare alla gara, oltre a queste forme collettive (Consorzi, RTI, Gruppo
Europeo di interesse economico, ecc..), vi sono ulteriori istituti di origine europea che consentono
ad un imprenditore di partecipare alla gara in forma individuale, potendo comunque sopperire ad

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una eventuale carenza dei requisiti di ordine tecnico o economico attraverso il ricorso ai requisiti
posseduti da soggetti terzi (non deve assolutamente trattarsi di requisiti di ordine morale).

Il primo di tali istituti è l’avvalimento: si tratta di un particolare schema negoziale, in ragione del
quale un soggetto terzo (cioè un altro imprenditore rispetto alla stazione appaltante e al concorrente)
si impegna contrattualmente con il concorrente a mettergli a disposizione i mezzi economici e
tecnici di cui ha bisogno per raggiungere i requisiti minimi di partecipazione. In tal modo il
concorrente si avvale delle capacità tecniche o economiche di un altro imprenditore, il quale
sottoscrive con il primo un vero e proprio contratto: cd. contratto di avvalimento. Affinché tale
contratto sia valido, è necessario che esso contenga l’impegno preciso del terzo di mettere a
disposizione del concorrente i mezzi e le risorse economiche necessarie per poter soddisfare i
requisiti richiesti per tutta la durata della gara e della esecuzione del contratto; inoltre, il contratto di
cui trattasi deve essere depositato dal soggetto avvalso nei documenti amministrativi che attestano il
possesso dei requisiti richiesti.

Il secondo istituto che consente di ampliare la platea dei soggetti aventi la possibilità di partecipare
alla gara è il subappalto: in sede di gara l’imprenditore dichiara di voler affidare a terzi una quota
delle prestazioni oggetto del contratto.

Principio di tassatività delle cause di esclusione – In forza del principio di tassatività delle cause
di esclusione dalla procedura, i bandi e le lettere di invito non possono prevedere prescrizioni a
pena di esclusione ulteriori rispetto a quelle stabilite dalla legge.

Le prescrizioni a pena di esclusione non conformi al principio di tassatività sono nulle, con la
conseguenza per cui:

- Le relative previsioni del bando sono automaticamente inefficaci e possono essere


disapplicate direttamente dal seggio di gara, senza la necessità di adire il giudice
amministrativo (Cons. Stato, sent. n.4350/2017);
- Diversamente è possibile presentare ricorso entro 180 gg, e la nullità può sempre essere
opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice (art.31, co.4, cpa).

Le prescrizioni a pena di esclusione conformi al principio di tassatività sono comunque di stretta


interpretazione e non soggette ad applicazioni analogiche, con la conseguenza che in caso di
equivocità delle previsioni del bando deve essere preferita l’interpretazione che evita l’esclusione
dalla gara (TAR Friuli-Venezia Giulia, sent. n.202/2017).

Resta fermo che il principio di tassatività delle cause di esclusione va coordinato con l’istituto del
soccorso istruttorio di cui all’art.83, co.9; il principio di tassatività attiene alla disciplina della
selezione dei partecipanti alla gara e ha la funzione di evitare l’esclusione dalla procedura per cause
diverse da quelle previste dalla legge. Il soccorso istruttorio, invece, attiene alla disciplina delle
modalità di formulazione e dei contenuti dell’offerta e ha la funzione di evitare l’esclusione dalla
procedura a causa di mere irregolarità formali dell’offerta.

Soccorso istruttorio – Il soccorso istruttorio ha la funzione di evitare l’esclusione dalla procedura a


causa di irregolarità dell’offerta meramente formali; costituiscono irregolarità sanabili con soccorso
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istruttorio: la mancanza, l’incompletezza e le altre irregolarità essenziali di tipo formale del DGUE
e di altri elementi a corredo della domanda di partecipazione. In particolare, si evidenzia che
l’irregolarità è di tipo formale ove l’integrazione o la correzione della documentazione consenta di
attestare la preesistenza del requisito.

Di contro, sono irregolarità non sanabili con soccorso istruttorio: 1) le irregolarità di tipo non
formale, cioè quelle che si accompagnano alla carenza sostanziale del requisito alla cui
dimostrazione la documentazione mancante, incompleta o irregolare era finalizzata; 2) le
irregolarità essenziali afferenti all’offerta tecnica ed economica; 3) le carenze della documentazione
che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.

Quanto alla procedura, la procedura di soccorso istruttorio si configura quale sub-procedimento


rispetto alla procedura ad evidenza pubblica principale. La stazione appaltante, infatti, interrompe i
lavori di valutazione dei requisiti presentati dai concorrenti, e invita i soggetti nei confronti dei quali
abbia individuato delle irregolarità essenziali ad integrare o regolarizzare la propria dichiarazione o
la propria documentazione entro un termine di 10 gg. In caso di inutile decorso del termine di
regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Si precisa che, a differenza della disciplina
previgente, quella attuale prevede la gratuità del soccorso istruttorio, senza il pagamento di
sanzioni.

In conclusione, coordinando il principio di tassatività delle cause di esclusione con l’istituto del
soccorso istruttorio si ricava che l’operatore economico viene escluso dalla procedura nelle seguenti
ipotesi:

 Violazione di prescrizioni a pena di esclusione, conformi al principio di tassatività di cui


all’art.83, co.8.
 Irregolarità dell’offerta non sanabili ai sensi dell’art.83, co.9.
 Irregolarità dell’offerta non sanate nel termine assegnato dalla stazione appaltante ai sensi
dell’art.83, co.9.

Il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni – La fase di selezione dei


contraenti, cioè la fase in cui l’amministrazione verifica che coloro i quali hanno presentato
domanda di partecipazione alla gara siano effettivamente in possesso dei requisiti richiesti dal
bando, si conclude con un provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni alla
procedura di affidamento.

Ai sensi dell’art.29, co.1, entro due giorni dalla sua adozione, il provvedimento deve essere,
anzitutto, pubblicato sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con
l’applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 33/2013, e poi comunicato ai candidati e
concorrenti, con le modalità di cui all’art.5-bis del D.Lgs. 82/2005, indicando l’ufficio o il
collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti.

Oggi, a seguito dell’abrogazione della norma che sanciva l’obbligo di immediata impugnazione del
provvedimento di esclusione, nella stragrande maggioranza dei casi avviene che tale provvedimento
è impugnato soltanto in un momento successivo all’aggiudicazione stessa.

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I criteri di aggiudicazione – Dopo aver stabilito quali operatori economici siano stati ammessi alla
gara, si apre la fase successiva che riguarda la valutazione delle offerte presentate dai concorrenti
rimasti in gara. Questa valutazione avrà ad oggetto i requisiti oggettivi, cioè l’offerta tecnica ed
economica.

Sul punto, l’art.95 del D.Lgs. 50/2016 stabilisce che la stazione appaltante deve applicare: in via
generale, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del
miglior rapporto qualità-prezzo, il quale dà rilevanza sia alla convenienza economica delle
offerte sia alla qualità delle stesse. In secondo luogo, nei casi tassativi previsti dalla legge, il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del costo o prezzo
più basso, il quale dà rilevanza solo alla convenienza economica delle offerte.

L’aggiudicazione – La comparazione delle offerte si conclude con una proposta di aggiudicazione.


La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione, provvede
all’aggiudicazione. Questa diventa efficace solo dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti.

Divenuta efficace l’aggiudicazione, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi
consentiti dalle norme vigenti nel periodo di stand still, la stipulazione del contratto di appalto o di
concessione ha luogo entro i successivi 60gg, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito
ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario. Se la
stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l’aggiudicatario può, mediante atti
notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto.

Nel nostro ordinamento, lo stand still period è di 35 giorni, poiché il rito superaccelerato in materia
di contratti pubblici prevede per un termine di decadenza dalla presentazione del ricorso di 30
giorni, cui si aggiungono 5 giorni di tolleranza, affinché la stazione appaltante possa avere piena
coscienza delle sorti dell’aggiudicazione, cioè se essa è stata o meno oggetto di impugnazione.

Superato il periodo di stand still, la PA ha 60gg di tempo per stipulare il contratto con
l’aggiudicatario.

Una volta stipulato il contratto con l’aggiudicatario, ha inizio la fase di esecuzione, la quale non è
regolata dalle norme pubblicistiche, bensì dalle norme civilistiche che regolano i contratti di appalto
o di concessione.

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