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possesso può essere esercitato anche attraverso l’esercizio di un altro soggetto che ha la
detenzione sulla cosa.
Anche la detenzione, come il possesso, è caratterizzata dall’esercizio di un potere che viene
esercitato sul bene, che viene manifestato in relazione al bene materiale. La detenzione si
differenzia dal possesso anche con riferimento all’elemento psicologico. L’elemento psicologico
che caratterizzerebbe il detentore è peculiare rispetto a quella del possesso per il fatto che il
detentore è consapevole del fatto che la titolarità del diritto del bene spetta ad un altro soggetto che
non è il detentore. L’altro elemento che ci consente di differenziare la detenzione dal possesso si
trova nel fatto che mentre il possesso può essere sia titolato sia non titolato. Quando parliamo di
titolo che si pone a fondamento del possesso facciamo riferimento ad una ragione giuridica che
vada a giustificare l’esercizio di quella relazione di fatto sulla cosa.
- Titolato: il proprietario è possessore. Quindi il possesso è titolato quando a fondamento del
potere di fatto sulla cosa che viene esercitato ad immagine della proprietà o di un diritto
reale minore di godimento c’è una ragione giustificativa (può essere un contratto, una
disposizione testamentaria)
- Non titolato: la ragione giustificativa non c’è, quindi il possessore esercita il potere di fatto
sulla cosa e si comporta come fosse proprietario senza essere effettivamente titolare di un
diritto di proprietà o di un diritto reale minore di godimento.
La detenzione invece è sempre titolata perché a fondamento della detenzione l’ordinamento va a
collocare sempre un titolo, vi deve essere sempre una ragione giustificativa. L’altro elemento che va
a differenziare detenzione e possesso, lo riscontriamo nel momento nel quale abbiamo da un lato
una detenzione (che è sempre titolata), dall’altra parte abbiamo un possesso titolato (a fondamento
vi è un contratto ad es): in questo caso l’ordinamento ci dice che è possibile distinguere la posizione
del possessore e del detentore perché il titolo della detenzione ha efficacia obbligatoria mentre il
titolo sul quale si fonda il possesso ha efficacia reale. Il titolo su cui si fonda il possesso deve infatti
costituire, trasferire, un diritto reale di godimento. Mentre il titolo della detenzione produce effetti
obbligatori, per esempio un contratto di locazione, di comodato. Oppure può anche non trattarsi di
un contratto, ad esempio una sentenza con cui si va ad assegnare la casa familiare (provvedimento
dal quale scaturisce non un diritto reale di godimento ma un diritto personale di godimento).
Sempre all’interno della detenzione si ha una distinzione tra:
- Detenzione qualificata: si tratta dei casi nei quali la relazione con la cosa viene esercitata
dal detentore con riferimento ad un interesse che è personale del detentore (ad es: contratto
di locazione, di affitto, di comodato). Il detentore può agire con l’azione di spoglio ai sensi
dell’art 1168, non soltanto quando lo spoglio venga da parte del possessore ma anche nel
momento del quale lo spoglio provenga da parte di terzi.
- Detenzione non qualificata: il rapporto tra il detentore e il bene viene esercitata ma non
nell’interesse personale del detentore ma con riferimento all’interesse di un’altra parte (es:
contratto di mandato). L’ordinamento riconosce l’esistenza di interesse all’esercizio della
detenzione ma non è riconducibile al detentore ma ad un soggetto diverso. Il detentore può
esercitare l’azione di spoglio nel possesso ma soltanto nel momento del quale lo spoglio
provenga da terzi, non quando proviene da parte del possessore.
- Detenzione senza interesse: l’ordinamento individua una posizione di detenzione ma per
ragioni che sono individuate come ragioni di servizio (esercizio di mansioni lavorative) o di
ospitalità (il rapporto con la cosa viene esercitato sulla base di relazioni di tipo affettivo, di
amicizia). L’ordinamento non attribuisce uno strumento di tutela al detentore perché con
riferimento a questa detenzione dice che il detentore non può agire. In passato la
giurisprudenza escludeva che il convivente potesse, nel caso in cui subisse uno spoglio
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nell’immobile nel quale aveva stabilito la residenza famigliare, agire con l’azione di spoglio,
quindi si equiparava il convivente al detentore senza interesse. (es: convivente che cambiava
la serratura evitando l’ingresso all’altro convivente escludeva l’azione di spoglio per
l’altro convivente almeno che non fosse proprietario). Posizione recente: si prevede l’azione
di spoglio quasi contestualmente all’entrata in vigore della L 76/2016 che nella prima parte
ha disciplinato i rapporti tra le parti nelle unioni civili, nella seconda parte ha disciplinato
quelle che sono le convivenze, rapporti tra conviventi. È stato previsto nel momento in cui
debba essere emesso un provvedimento di assegnazione della casa famigliare, ha esteso
anche alla figura del convivente l’applicazione della disposizione 337 sexies cc.
Disposizione che disciplina le modalità di assegnazione della casa famigliare. In caso di
morte del convivente si prevede che l’altro possa continuare a vivere nella casa famigliare
per un periodo pari almeno a 2 anni oppure se la convivenza è stata superiore a 2 anni pari al
periodo della convivenza. Però questo periodo di tempo non può essere superiore a 5 anni.
La cessazione del diritto di abitare nella casa famigliare si verifica quando la parte
convivente cessa di abitare stabilmente nella casa famigliare oppure nel caso in cui sia stata
avviata una nuova convivenza o nel caso in cui si è celebrato un matrimonio o una unione
civile registrata. Questa causa di cessazione non è automatica ma si può determinare in
presenza di una richiesta da parte dell’interessato nei confronti dell’autorità giudiziaria, di
stabilire che si è verificata una causa di cessazione.
L 76/2016: riporta la previsione per la quale nel 1988 vi era stata una decisione della corte
cost. sull’art 6 della legge del 1978 che nel caso di morte del convivente ci fosse il subentro
nel caso del contratto di locazione. Previsione che era già stata dichiarata incostituzionale
nell’ipotesi in cui non prevedeva la successione della persona del convivente nel contratto di
locazione. Nel comma 44 de L 76 questo è stato recuperato e si prevede che in caso di morte
si prevede il subentro nel contratto di locazione da parte dell’altro convivente.
Questa tripartizione non è una invenzione della dottrina ma la ricaviamo da una norma che
richiameremo nelle azioni a tutela del possesso, l’art 1168 del cc. Norma che va a disciplinare la cd
azione DI SPOGLIO o azione di REINTEGRAZIONE nel possesso. Può essere esperita nel
momento in cui il possessore viene privato del bene sul quale esercita il possesso con determinate
modalità.
Art 1141 presunzioni sul possesso. Nella seconda parte di questa norma l’ordinamento prospetta
delle modalità attraverso le quali è possibile mutare la detenzione in possesso. Situazioni che non
sono quindi stabili, ma possono andare a mutare. Questo passaggio dalla detenzione al possesso si
può verificare ad esempio nel momento in cui è un corso un contratto di locazione e il locatore va a
stipulare con il conduttore un contratto di compravendita. Per effetto del contratto di compravendita
il conduttore diventa proprietario e quindi quello che era il conduttore titolare di una posizione di
detenzione, si trasforma in possessore. In questo caso l’ordinamento parla della cd traditio brevi
manu, abbiamo un passaggio dalla detenzione al possesso ma senza una effettiva consegna del bene,
questo perché il conduttore si trovava già in rapporto con la cosa.
L’altra ipotesi nella quale si può verificare ugualmente questa situazione di passaggio, di
mutamento, si verifica nel caso in cui abbiamo ad es un contratto di locazione in corso, un contratto
nel quale il locatore trasferisce la titolarità del diritto di proprietà in favore del conduttore, quindi
diventa possessore, tuttavia all’interno di questo contratto le parti per es hanno previsto che il
locatore che ha trasferito la proprietà con il contratto di compravendita si può riservare in suo favore
un diritto di godimento sul bene, per es attraverso un contratto di comodato o attraverso un altro
contratto di locazione in suo favore. Quindi il conduttore è diventato possessore però non ha
acquistato il rapporto diretto con la cosa perché è rimasta nella disponibilità diretta di quello che era
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il locatore. In questi casi si parla di quello che è il cd costituto possessorio: abbiamo il passaggio
dalla posizione di detenzione a una posizione di possesso.
Si tratta di situazioni che si possono modificare per effetto dell’intervento di condotte varie. Questa
disposizione, 1141 in particolare il comma 2, ci dice che è possibile operare un mutamento del
titolo da detentore a possessore. Situazione che può derivare anche da una condotta propria del
detentore (opposizione fatta nei confronti del possessore).
Es: conduttore che ritiene di aver stipulato una compravendita a rate e quindi ritiene che con il
pagamento dell’ultima rata abbia acquistato il diritto di proprietà sul bene, quindi questa condotta
viene modificata con una forma di opposizione che il detentore fa nei confronti del possessore. In
questo caso l’ordinamento consente la modifica del titolo da detentore a possessore.
L’altra ipotesi richiamata dall’art 1141 è il fatto del terzo: intervento di un soggetto estraneo e per
effetto dell’intervento si può determinare un passaggio da detenzione a possesso. Es: detentore che
acquista da un terzo che però non è effettivo titolare del diritto ma risulta essere solo titolare
apparente. In questo caso l’ordinamento afferma che è possibile il mutamento da detenzione a
possesso. Es: terzo che attraverso una disposizione testamentaria attribuisce la proprietà del bene al
detentore e quindi in questo caso l’ordinamento consente il mutamento del titolo, da detenzione a
possesso.
L’altro argomento da considerare: art 1164: interversio possessionis è possibile il mutamento da
detenzione a possesso e anche il contrario, ma anche all’interno della stessa figura del possesso, il
potere deve essere esercitato ad immagine della proprietà o di un altro diritto reale di godimento.
Cioè deve essere esercitato come se il possessore fosse proprietario e titolare di un diritto reale di
godimento minore. Proprio perché si fa riferimento a questa terminologia, “immagine”,
l’ordinamento consente anche che sempre all’interno della detenzione e del possesso, il soggetto
che esercitava il possesso come se fosse titolare di un diritto reale di godimento ad un certo punto si
comincia a comportare come se fosse titolare di un altro diritto reale di godimento.
Es: titolare di un diritto di usufrutto oppure di uso ad un certo punto si comincia a comportare
rispetto alla cosa come fosse proprietario. L’ordinamento parla in questo caso di mutamento
dell’immagine del possesso, quindi ci parla della cd interversio possessionis. Quando abbiamo visto
l’usucapione, che consente di acquistare proprio sulla base del possesso continuato, è importante
andare a verificare se si è realizzata un’ipotesi di questo genere, cioè se si è verificata l’ipotesi di
interversio possessionis: se il soggetto che inizialmente era titolare di un diritto reale di godimento
ha iniziato a comportarsi come se fosse titolare di un diritto maggiore.
PRESUNZIONI SUL POSSESSO: sono 4, disciplinate dall’art 1141/42/43/47. Quando parliamo
di presunzioni facciamo riferimento a dei sistemi di prova, mezzi probatori che sono disciplinati
all’interno del cc (2727/2729). Presunzioni: prove qualificate come logiche perché per venire a
questo strumento probatorio si fa riferimento ad un passaggio logico, mentale, che può essere
disposto dalla legge o dal giudice. all’art 2727 si afferma che le presunzioni sono quelle
conseguenze che la legge oppure il giudice traggono da un fatto noto per risalire ad un fatto
sconosciuto. Nel primo caso abbiamo le cd presunzioni LEGALI (assolute o relative), o SEMPLICI
o DI FATTO.
La maggior parte di presunzioni che troviamo sono quelle relative perché ammettono la prova
contraria a differenza di quelle assolute che non ammettono la prova contraria. Anche nel possesso
facciamo riferimento a presunzioni relative.
Lezione 27/04/20
Le presunzioni sono prove logiche, definite come le conseguenze che la legge o il giudice traggono
dal un fatto noto per risalire a un fatto ignoto (art. 2727 c.c.). le presunzioni del possesso sono 4 e
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sono tutte relative, in quanto la presunzione viene posta dalla legge, la parte interessata a provare il
contrario rispetto al contenuto ella presunzione può sempre farlo.
La maggior parte delle presunzioni del codice civile sono presunzioni relative, poiché ammettono la
prova contraria.
1. Art. 1141 c.c. -> Presunzione sulla configurazione del possesso: si presume il possesso
nel soggetto che esercita di fatto il potere sulla cosa, salvo che non si provi che il rapporto
materiale (il possesso) è iniziato come detenzione. L’ordinamento, nel momento in cui
individua un soggetto che si comporta in relazione la bene come se fosse il proprietario o il
titolare di un altro diritto reale di godimento si presume che quel soggetto sia il possessore,
salvo che si dimostri che il rapporto con la cosa sia iniziato come detenzione. Qui ci si
riferisce alla triplice distinzione della presunzione.
2. Art. 1142 c.c. -> Presunzione di possesso intermedio: ha carattere temporale. Chi ha il
possesso attuale e lo ha avuto anche in epoca anteriore, si presume che abbia posseduto
anche nel tempo intermedio, cioè anche nel periodo intermedio tra quello attuale e quello
anteriore. Presunzione utile nel momento in cui si vuol pervenire all’acquisto di un diritto
reale attraverso quell’istituto che si basa sul possesso, cioè l’usucapione (questo discorso
vale anche per la presunzione di possesso anteriore, vedi dopo).
3. Art. 1143 c.c. -> Presunzione di possesso anteriore: ha carattere temporale. Il possesso
attuale non fa presumere il possesso intermedio, salvo che non vi sia un titolo. In questo
caso, si presume il possesso a partire dalla data del titolo. L’ordinamento ci dice qualcosa in
senso negativo (“non fa presumere”);
4. Art. 1147 c.c. -> presunzione di possesso in buona fede -> anche in questo caso si tratta di
una presunzione a carattere legale (posta dalla legge). Il possessore si presume essere in
buona fede, vale a dire che si presume che eserciti il possesso nell’ignoranza di ledere un
diritto altrui. Si fa riferimento alla buona fede in senso soggettivo perché si fa riferimento ad
una condizione soggettiva che riguarda il possessore, nel senso della ignoranza, della
mancata conoscenza che il possesso esercitato dal possessore va a lesionare un altrui
posizione giuridica.
La buona fede è esclusa dalla colpa grave, intesa quale violazione grave ed evidente dei
doveri di diligenza: in questo caso l’ordinamento non ritiene che il possessore sia meritevole
di tutela.
Per l’ordinamento è sufficiente che la buona fede sia presente al momento dell’acquisto del
possesso, non rilevando la mala fede sopravvenuta in una fase successiva.
Art. 1146 c.c.: in entrambi i casi si assiste a una fattispecie di acquisto a titolo derivativo del
possesso.
a) SUCCESSIONE: acquisto per effetto di un atto mortis causa a titolo universale. Nella
successione a titolo universale, l’erede acquista la totalità della massa ereditaria oppure una
sua porzione;
In questo caso, il possessore riceve il possesso nelle stesse condizioni nelle quali si trovava
il precedente possessore, vale a dire il de cuius: se il possesso era di mala fede, si trasferirà
all’erede come possesso di mala fede.
b) ACCESSIONE: acquisto per effetto di un atto inter vivos o mortis causa a titolo
particolare (acquisto a titolo di legato, v. art. 588 c.c. il legatario acquista un diritto
specifico, non una parte dell’eredità). Abbiamo ugualmente l’acquisizione del possesso, ma
la posizione di possesso non si trasferisce in capo al possessore con le stesse caratteristiche
che aveva precedentemente, ma il possessore può decidere di unire al proprio possesso
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quello del proprio dante causa (può essere utile ai fini dell’usucapione in generale e per
l’usucapione abbreviata in particolare, in presenza di un titolo trascritto, es. art. 1159 c.c.)
oppure di lasciarli autonomi.
Gli atti di tolleranza caratterizzano le relazioni amichevoli e di buon vicinato: es. il passaggio
consentito occasionalmente dal proprietario del fondo in favore del vicino. Questo passaggio non
potrebbe fondare l’acquisto per usucapione di una servitù di passaggio.
Si tratta in entrambi i casi di beni sottratti alla disponibilità dei privati e su questi è possibile
che i privati acquistino diritti reali o personali di godimento, nei casi e limiti previsti dalla
legge.
Su tali beni, nell’ambito dei rapporti tra privati è ammessa l’azione di reintegrazione e,
quando si tratta di concessione di facoltà di godimento sugli stessi beni, è ammessa anche
l’azione di manutenzione verso i terzi (condotte di terzi caratterizzate come
molestie/turbative; art. 1145 c.c.). È esclusa l’azione verso la P.A.
c) Sono esclusi dal possesso anche i beni immateriali.
Non ci sono molte decisioni recenti in questa materia, possiamo far riferimento alla decisione della
Corte di Cassazione n. 9312/1993 -> si fa qui riferimento alla somministrazione di energia
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elettrica e per la Corte, pur essendo ammissibile il possesso dell’energia elettrica (v. art. 814 c.c.),
non è configurabile lo spoglio nel caso in cui l’ente erogatore interrompe la somministrazione con il
taglio dei fili. Infatti, l’interruzione impedisce che si instauri il possesso sull’energia che dovrebbe
essere erogata e questo non consente di poter agire ex art. 1168 c.c.
Questa giurisprudenza risalente è stata confermata anche di recente, per l’erogazione dell’acqua:
Trib. Modena, ord. 5 giugno 2015 (il possesso, e dunque anche il successivo spoglio, non sono
ammissibili con riguardo all’acqua che deve essere ancora erogata; per quella già erogata, invece, la
questione non si pone, essendo stata già utilizzata.
L’ordinamento va ad individuare gruppi di norme che disciplinano gli effetti legati possesso:
- Artt. 1148-1152 c.c.: si disciplina l’ipotesi in cui il possessore è condannato a restituire la
cosa in favore dell’effettivo titolare. Queste disposizioni fanno riferimento al caso in cui si
accerti successivamente che il possessore non era titolato (non aveva titolo per esercitare
quelle determinate condotte).
All’interno di queste disposizioni il legislatore distingue le ipotesi in cui sia continuata a vigere la
presunzione di buona fede, che abbiamo detto è una presunzione che vale per tutte le ipotesi di
possesso, individuata all’art. 1147 c.c. in cui si presume che il possessore non sia a conoscenza e
ignori il fatto che con la propria situazione di possesso andava a ledere un’altrui situazione giuridica
soggettiva. Si tratta di presunzioni relative, quindi in relazione alle quali è possibile provare il
contrario del contenuto di queste presunzioni. Quindi, in relazione a queste presunzioni è possibile
provare che in realtà il possessore non era in buona fede, ma era a conoscenza del fatto che
attraverso il possesso andava a ledere un’altrui posizione giuridico-soggettiva. All’interno di queste
disposizioni l’ordinamento va a distinguere a seconda che si tratti di un possesso in buona fede o di
un possesso di cui è stata accertata la malafede, quindi la conoscenza da parte del possessore del
fatto di ledere un’altrui posizione giuridico-soggettiva.
In riferimento al possesso in buona fede, il possessore che è tenuto alla restituzione della cosa nei
confronti dell’effettivo titolare (art. 1148, 1° comma):
Può conservare i frutti naturali separati e quelli civili maturati fino al giorno della
domanda in giudizio; Deve restituire i frutti naturali separati e quelli civili prodottisi nella
fase successiva alla domanda giudiziale;
Ha diritto al rimborso delle spese per la produzione e il raccolto e al rimborso per le
spese ordinarie (attività di ordinaria amministrazione) e straordinarie (attività di
straordinaria amministrazione);
Ha diritto al rimborso per i miglioramenti se questi ricorrono al momento della
restituzione, nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa (art. 1150 c.c.);
Ha diritto al rimborso per le addizioni: si applica la misura di cui all’art. 936 c.c. (soggetto
che interviene alla realizzazione di opere nel fondo del proprietario con beni e materiali di
cui è titolare), salvo che le addizioni costituiscano un miglioramento perché in questo caso si
applicherà la disciplina prevista per i miglioramenti;
Art. 1152 c.c.: gli spetta un diritto di ritenzione sulla cosa (ius ritentionis o diritto di
trattenere presso di sé la cosa) fino a quando non gli siano corrisposte le indennità previste
dalla legge.
Altro gruppo di norme. In particolare, l’art. 1153 c.c. prevede che il possesso sul bene consente di
acquistare il diritto in presenza dei presupposti indicati dalla norma. Applicandosi questa norma il
possesso consente di acquistare direttamente il diritto sul bene, quindi di diventare direttamente
titolare del diritto reale in relazione al bene.
L’acquisto è a titolo originario.
Presupposti:
1) La norma si applica soltanto al possesso sui beni mobili, con esclusione di beni mobili
registrati e delle universalità di beni mobili.
2) Si richiede la buona fede dell’acquirente al momento della consegna del bene. La buona
fede si presume ed è esclusa in presenza di una condizione soggettiva di colpa grave,
trovando applicazione l’art. 1147 c.c.
3) La norma richiede la consegna del bene: la consegna può anche non essere contestuale al
titolo (viene richiesto un titolo sulla base del quale viene effettuato il trasferimento), ma
essere effettuata in una fase successiva cioè quando viene formato il titolo del trasferimento;
4) L’acquisto a non domino: il trasferimento deve provenire da parte di un soggetto che non
era proprietario o meglio da parte di un soggetto non legittimato a disporre del diritto di
proprietà sul bene mobile. Questa norma è incentrata sull’acquisto del diritto di proprietà,
ma attraverso questa previsione è possibile acquistare anche tutti gli altri diritti reali di
godimento che possono avere per oggetto beni mobili, quindi in particolare si fa riferimento
all’uso, all’usufrutto e all’acquisto di quel diritto reale di garanzia che riguarda i beni mobili
come il pegno. Attraverso l’art. 1153 c.c., ricorrendo tutti i presupposti è possibile acquistare
un dritto di proprietà oppure un diritto di usufrutto, un diritto di uso oppure un diritto reale
di garanzia. La norma è essenzialmente incentrata sull’esistenza di un titolo attraverso il
quale si trasferisce la proprietà e questo titolo deve provenire da parte di un soggetto non
legittimato al trasferimento della titolarità.
La norma non trova applicazione nell’ipotesi del falso rappresentante, perché si tratta di un
soggetto che in ogni caso dichiara di agire in nome e per contro di altri;
5) Il titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà: il titolo sul quale si fonda
l’acquisto deve essere tale che, se provenisse dall’effettivo proprietario, sarebbe idoneo a
trasferire il diritto. Costituisce titolo astrattamente idoneo il contratto annullabile,
rescindibile, risolubile; non è un titolo idoneo il contratto nullo (non è idoneo a produrre i
propri effetti). Si ammette anche il contratto di donazione, non rilevando la nullità della
donazione di cosa futura.
Per effetto della presenza contestuale di tutti questi presupposti disciplinati attraverso l’istituto
previsto all’art. 1153 co. 1, l’ordinamento ci dice che si possono acquistare:
- I diritti reali di godimento di proprietà, di usufrutto, di uso e anche un diritto reale di
garanzia quale il pegno; non si possono acquistare altri diritti reali di godimento diversi
(superficie, enfiteusi, diritto di abitazione) o anche altri diritti reali di garanzia diversi.
- La proprietà si acquista libera da diritti sulla cosa, se tali diritti non risultano dal titolo e
vi è la buona fede dell’acquirente (ex art. 1153 co. 2);
L’acquisto libero dai diritti dei terzi si ha soltanto con riguardo a questa fattispecie, non per i
beni immobili;
L’acquisto dei diritti indicati è automatico, ma l’acquirente può sempre rinunciarvi: es.
art. 1479 c.c., con la risoluzione del contratto di compravendita;
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L’acquisto dei diritti di cui all’art. 1153 c.c. è escluso quando l’acquirente era consapevole
della provenienza illecita del bene oggetto del trasferimento. La conoscenza dell’illecita
provenienza esclude la buona fede (art. 1154 c.c.);
Nel caso della doppia alienazione mobiliare, ex art. 1155 c.c o in caso di una pluralità di atti di
trasferimento del diritto su un bene mobile, il diritto è acquistato da chi acquista per primo il
possesso sul bene, pur risultando posteriore il suo titolo di acquisto. La norma costituisce
un’applicazione dell’art. 1153 c.c.; rinvio all’art. 2644 c.c. per la doppia alienazione di beni
immobili.
Con riferimento al criterio di risoluzione del conflitto, individuato all’art. 1155 c.c., l’ordinamento
dice che nel caso di una doppia alienazione di diritti su beni mobili oppure nel caso di una pluralità
di trasferimento di diritti sul medesimo bene mobile per risolvere il conflitto tra la pluralità di
acquirenti attribuisce la prevalenza rispetto a tutti i terzi che hanno acquistato un medesimo diritto
su un medesimo bene mobile a colui che ha acquistato per primo il godimento del bene, quindi il
possesso sul bene anche se il suo titolo di acquisto fosse successivo ad altri titoli di acquisto.
Nell’ambito della norma che prevede i diritti sui beni immobili il criterio della risoluzione del
conflitto sarà determinato dalla anteriorità della trascrizione.
Il nostro testo, con riferimento a questa norma (art. 1555 c.c.) ci dice anche che questa previsione
costituisce un’applicazione della previsione individuata all’art. 1153 c.c.: nel momento in cui
abbiamo A che trasferisce il diritto di proprietà a B e abbiamo l’efficacia del consenso traslativo
(abbiamo detto che questo contratto di compravendita ha un’efficacia traslativa del consenso e
quindi il diritto si trasferisce nel momento in cui le parti si scambiano il consenso), ma subito dopo
A stipula un altro contratto con cui trasferisce il suo diritto nei confronti di un altro soggetto diverso
da B e lo trasferisce a C e successivamente A potrebbe sviluppare altri trasferimenti sul medesimo
bene, l’ordinamento dice che con riferimento non al primo atto di riferimento (non al trasferimento
da A a B), ma con riferimento a quelli che sono i trasferimenti successivi (trasferimento verso C, D,
E) l’art. 1555 c.c. fa applicazione di quello che abbiamo detto essere l’art. 1553 c.c. perché nel
momento in cui A trasferisce a B il diritto si trasferisce con lo scambio dei consensi e quindi
immediatamente. Quando A va a stipulare altri contratti di trasferimento nei confronti di B e C A
diventa un soggetto che possiamo qualificare come non dominus e quindi non essendo più
legittimato troverà applicazione il criterio di risoluzione del conflitto tra i terzi individuato all’art.
1555 c.c.
Lezione 28/04/20
Uno degli effetti più importanti del possesso riguarda la disciplina dell’usucapione, in particolare le
disposizioni sull’usucapione sono contenute agli art. 1158 e seg. All’interno dell’ordinamento
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generalmente si distingue tra l’usucapione ORDINARIA (1158) e l’usucapione SPECIALE o
ABBREVIATA (norma successive, 1159 e seg).
L’usucapione in particolare con riferimento al ricorrere di quelli che sono i presupposti a
fondamento dell’usucapione, si producono automaticamente. Questo acquisto a titolo originario si
produce in via automatica per effetto dei presupposti indicati dalla legge. Non produce effetti
retroattivi ma ex nunc. Ai fini del compimento dell’usucapione l’ordinamento richiede il possesso e
il decorso di un certo periodo di tempo oltre ad altri requisiti per quella che è l’usucapione
abbreviata. Con riferimento al possesso che caratterizza in modo forte questo istituto, l’ordinamento
ci dice anche che il possesso, ai fini dell’usucapione, per produrre l’acquisto a titolo originario di un
determinato diritto reale di godimento deve presentare determinate caratteristiche:
1. CONTINUO: l’ordinamento qualifica un possesso continuo con riferimento alle
modalità di esercizio del possesso da parte del possessore in relazione alla cosa. Il
riferimento alla continuità non significa anche perpetuità, ma bisogna fare
riferimento a quelle che sono le caratteristiche in concreto del possesso. Il possessore
si comporta in maniera continuativa come se fosse proprietario o titolare di un altro
diritto reale di godimento. (es: servitù di passaggio: il passaggio su un fondo viene
esercitato 2 v alla settimana l’ordinamento ci dice che deve essere continuativo e
modellarsi sul diritto reale di godimento)
2. ININTERROTTO: l’ordinamento con riferimento ai fatti che possono determinare
una interruzione del possesso li riconduce all’intervento di un terzo che in relazione
al rapporto di possesso (possessore/bene materiale) possa interrompere tale
relazione. L’interruzione può essere definitiva ma anche momentanea. Ai sensi
dell’art 1167 l’ordinamento ci dice che se il possesso viene a cessare per il fatto del
terzo e il possessore agisce al fine di recuperarlo, questa interruzione si considera
come se non ci fosse mai stata.
3. PACIFICO: art 1163. L’ordinamento afferma che il possesso caratterizzato dal fatto
di essere violento o clandestino non vale ai fini dell’usucapione. Questo può valere
soltanto a partire dal momento in cui la violenza o la clandestinità sono cessate.
L’ordinamento ci dice che il possesso deve essere pacifico, quindi quando la
relazione con la cosa è stata istaurata in assenza di una condotta violenta. Si fa
riferimento alla violenza sia morale che materiale.
4. PUBBLICO: art 1163 Il possesso deve essere stato istaurato tramite una condotta
visibile e che sia conosciuta, nota all’esterno.
L’acquisto della proprietà o diritto reale di godimento con l’esclusione delle servitù non apparenti.
Nelle norme successive all’art 1158 del cc, in particolare a partire dall’art 1159 l’ordinamento
individua un'altra tipologia di usucapione in parte diversa rispetto all’usucapione ordinaria:
USUCAPIONE ABBREVIATA: termini di esercizio del possesso meno estesi rispetto a quelli
necessari ai fini dell’usucapione ordinaria. Si può parlare anche di USUCAPIONE SPECIALE
laddove l’ordinamento consente l’acquisto della proprietà o di un altro diritto reale di godimento,
attraverso l’usucapione cd abbreviata, quando ricorrono un complesso di presupposti. In particolare,
l’art 1159 riguarda in particolare l’usucapione abbreviata con riferimento ai beni immobili. In
questo caso l’usucapione si compie in 10 anni quando ricorre non soltanto il possesso ma anche un
titolo astrattamente idoneo al trasferimento di proprietà; deve ricorrere la buona fede del possessore;
la trascrizione del titolo astrattamente idoneo (da qui ricorre il tempo).
Questa modalità di usucapione riguarda anche altre tipologie di beni, art 1162, si fa riferimento a
quelli che sono i beni mobili registrati, dove l’ordinamento individua un termine ridotto: 3 anni.
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Deve ricorrere anche la buona fede del possessore e anche il titolo astrattamente idoneo al
trasferimento e la trascrizione del titolo. 3 anni a partire dalla trascrizione.
Con riferimento alla usucapione ordinaria, sempre per i beni mobili registrati, si richiede comunque
il tempo di 10 anni.
Usucapione beni immobili: 20 anni
Un’altra previsione richiamata è quella di cui all’art 1161 dove si disciplina quello che è
l’usucapione in relazione ai beni mobili: in assenza di un titolo l’usucapione con riferimento a
quelli che sono i beni mobili si compie per effetto del possesso che perdura per 10 anni (possessore
in buona fede); se il possessore è in mala fede il possesso deve perdurare per 20 anni. (si distingue
possesso di buona fede e possesso di mala fede). Nella prima parte della norma si afferma “in
assenza di un titolo”: se ci fosse stato un titolo l’ordinamento non avrebbe avuto bisogno del
decorso del possesso per un certo periodo di tempo perché, come abbiamo visto nella regola
possesso vale titolo, in forza di un titolo astrattamente idoneo, l’ordinamento consente in via
immediata di acquistare il diritto di proprietà.
Un’altra disposizione richiamata è quella dell’art 1165: disposizione che in primo luogo prevede
l’applicabilità in materia di usucapione di quelle norme che prevedono la disciplina della
prescrizione di cui agli art 2934 e seg. La prescrizione è disciplinata alle ultime norme del codice.
L’art 1165 richiama per l’usucapione l’applicabilità, nei limiti della compatibilità, le stesse
disposizioni che l’ordinamento va a dettare in materia di prescrizione. L’art 1165 è l’ultimo residuo
di quello che era la disciplina presente nel precedente codice del 1865 che aveva accumunato da un
lato la prescrizione come fattispecie di usucapione estintiva, dall’altro lato l’usucapione acquisitiva.
Successivamente il legislatore ha deciso di diversificare la disciplina degli istituti. Questa norma è
l’unica che individua ancora quel vecchio legame tra la prescrizione estintiva (2934) e la vecchia
prescrizione acquisitiva (usucapione, 1158 e seg).
Vi sono una serie di disposizioni che sono ritenute applicabili che riguardano sia alcune di quelle
che sono le norme generali sulla prescrizione, sia alcune disposizioni che riguardano le cause di
sospensione e di interruzione della prescrizione, sia disposizioni che ritroviamo in tema di calcolo
dei termini (2962-63). Fra le disposizioni a carattere generale ritroviamo:
- Art 2938: sancisce la regola della non rilevabilità da parte del giudice rispetto al
compimento del termine di prescrizione. Il giudice non può rilevare di ufficio che si è
compiuto il termine di prescrizione ma deve attendere che venga sollevata da parte del
soggetto interessato l’eccezione di prescrizione.
- Art 2937: norma che prevede il divieto per le parti di rinunciare a far valere il compimento
del termine di prescrizione salo che la rinuncia a far valere il compimento del termine è
ammissibile quando il termine si è compiuto. La parte nei confronti della quale agisce la
prescrizione non può rinunciare a far valere il compimento del termine di prescrizione salvo
che quel termine non si sia compiuto. Nella fase precedente del termine di prescrizione la
parte che avrebbe diritto a far valere la prescrizione non può rinunciare a questo suo diritto.
- Art 2941: cause di sospensione del termine di prescrizione: fatti in presenza dei quali
l’ordinamento non considera più rilevante l’inerzia del titolare del diritto perché durante il
verificarsi di questi fatti l’inerzia è considerata come irrilevante.
Es: art 2941 considera come causa di sospensione l’esistenza del rapporto tra i coniugi: se
prima del matrimonio la moglie o il marito avevano acquistato un diritto di credito nei
confronti dell’altra parte e successivamente viene contratto matrimonio, ai fini dell’inerzia
considera quest’ultima, nella fase che precede il matrimonio o nella fase immediatamente
successiva alla cessazione della qualità di coniuge.
Quindi ci sono dei casi, come nel rapporto tra i coniugi, o tutore e persona, o curatore e
persona: rapporti che fungono come parentesi tonda rispetto all’esercizio del diritto:
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l’ordinamento ci dice che per esigenze di convenienza durante il periodo per il quale si
verificano queste vicende (posizione di curatela, esercizio resp genitoriale ecc), non
considera più il rapporto tra le parti e soprattutto se il titolare del diritto esercita il diritto o
meno. Si va nuovamente a calcolare i tempi ai fini dell’inerzia.
Quindi non si considera se il titolare del diritto resta fermo, rimane inerte, quando cessa
questa situazione, l’ordinamento dice che si va nuovamente a verificare la condotta del
titolare del diritto e quindi se il soggetto si attiva per l’esercizio del diritto oppure no.
Se riscontro un periodo di inerzia vado a sommare l’inerzia successiva e l’inerzia
eventualmente precedente.
- Art 2942: cause di sospensione legate alla condizione del titolare (incapacità in caso di
mancanza del rappresentante; per i militari in tempo di guerra).
- Art 2943: norma che riguarda le cause di INTERRUZIONE. Se con riferimento alle cause
di sospensione si può parlare di una sorta di parentesi tonda in relazione alla quale
l’ordinamento considera l’inerzia antecedente e successiva, in questo caso si parla di fatti
che vanno a interrompere il decorso del termine dell’inerzia del titolare, quindi di fatti che
interrompono il decorso della prescrizione. Fatti qualificati come una specie di punto fermo
rispetto al decorso del tempo rilevante ai fini della prescrizione. L’ordinamento, nel caso di
una di queste cause, fa cessare il decorso del termine di prescrizione e si avvia un nuovo
termine. Tra queste cause si individuano come applicabili in materia di prescrizione
l’esercizio della domanda in giudizio che costituisce una delle cause di interruzione (2944);
si individua anche il riconoscimento del diritto da parte del soggetto nei confronti del quale
il diritto può essere fatto valere. Condotta che riguarda il soggetto nei confronti del quale
può essere fatto valere l’esercizio del diritto. Questo soggetto effettua un riconoscimento di
questa situazione giuridica soggettiva e attraverso tale riconoscimento si interrompe il
decorso del termine di prescrizione. (2944).
Si deve far riferimento a delle disposizioni dettate nel Codice di procedura civile dove si ritrova
oltre alla disciplina del processo ordinario, anche la disciplina di alcuni processi caratterizzati dalla
specialità. Tra questi vi è anche quello POSSESSORIO: giudizio disciplinato all’interno degli
articoli 703 e se cpc.
Si tratta di un giudizio caratterizzato dal fatto di essere un giudizio SOMMARIO: risponde a
quell’esigenze di tutela del possessore che l’ordinamento ha voluto attuare con tutta la disciplina del
possesso. Il giudice in questo caso provvede ad accertare la situazione possessoria o la sua lesione
ed emette provvedimenti provvisori, con ordinanza.
A questa fase può seguire la fase del merito: incentrato sull’accertamento della titolarità del diritto.
Quindi se in una prima fase l’ordinamento tende a tutelare il possessore, questo non esclude che in
una fase successiva potrebbe non esserci coincidenza tra il possessore e l’effettivo titolare del
diritto.
A questa fase sommaria l’ordinamento fa quindi seguire un successivo giudizio: PETITORIO:
incentrato sull’accertamento della titolarità del diritto. Resterebbero pertanto escluse le questioni
sulla validità e sull’efficacia dei contratti e le situazioni a carattere obbligatorio.
In particolare, all’interno di queste disposizioni (703-704-705: norme modificate nel 2005), le prime
due riguardano l’ipotesi in cui è stato avviato un giudizio petitorio incentrato sull’accertamento
della titolarità di un determinato diritto reale di godimento e il titolare del diritto subisce uno
spoglio e perde il possesso della cosa. In questo caso l’ordinamento afferma (703) che il soggetto
spogliato si deve attivare nei confronti del giudice competente secondo quelle che sono le norme, a
partire dall’art 21, che vanno a regolare la competenza dell’autorità giudiziaria.
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All’art 704 l’ordinamento dice che nel momento nel quale però si verifica questa situazione (attore
subisce uno spoglio), questo giudizio può essere attivato anche presso il giudice verso il quale si sta
svolgendo il giudizio a carattere petitorio.
L’altra ipotesi prevista all’art 705 fa riferimento all’ipotesi in cui sia stato attivato per primo il
giudizio possessorio e a quella che è la possibile condotta da parte del titolare del diritto. In questo
caso l’ordinamento afferma che il possibile titolare del diritto non può vantare direttamente il fatto
di essere titolare del diritto ma deve aspettare che si svolga il giudizio possessorio, che si concluda
attraverso un provvedimento e che sia eseguito il provvedimento relativo al giudizio possessorio già
in corso. Solamente nella fase successiva colui che vanta di essere titolare del diritto potrà attivarsi
attraverso un suo giudizio per far accertare la titolarità del diritto in relazione al bene.
Sono individuate però due deroghe:
- Art 705 cpc comma 2: il soggetto possibile titolare del diritto dimostra che colui che aveva
agito nel possessorio, precedente possessore del bene quindi, andava a porre in essere delle
condotte che impedivano l’esecuzione del provvedimento. Quindi si fa riferimento a fatti
che si fondano sulla condotta processuale delle parti.
- Sentenza corte cost 1992: era intervenuta a dichiarare l’illegittimità incostituzionale di
questa prima parte dell’art 705 nella parte in cui prevede che il soggetto titolare deve
aspettare che il giudizio possessorio si concluda e altre condizioni: incostituzionale nella
parte in cui si provava che ricorresse un grave pregiudizio per il bene. Se si sarebbe
aspettato tutto questo tempo, il bene magari sarebbe anche andato distrutto o perito o perso
valore. Quindi in questo caso è prevista una deroga.
AZIONI A TUTELA DEL POSSESSO: azione di spoglio (1168), azione di manutenzione (1170)
e due azioni che spettano al proprietario che sono quelle individuate all’art 1171: le cd azioni di
nunciazione. Azioni per denuncia di nuova opera, per danno temuto (172) (disposizioni che
vanno a chiudere il terzo libro).
Azione di SPOGLIO: qualificata anche come azione di reintegrazione del possesso. Perché il
possessore possa agire tramite tale azione è necessario che si sia verificato uno SPOGLIO che si
fonda sulla provazione, perdita da parte del possessore del rapporto materiale con la cosa. La
condotta del terzo che va a privare il possessore del rapporto materiale con la cosa, deve essere
caratterizzata dalla violenza o dalla clandestinità. Questa situazione che caratterizza lo spoglio e che
costituisce il presupposto per l’azione di spoglio o di reintegrazione si distingue dalle molestie o
turbative. Le molestie e turbative sono condotte poste in essere da terzi che non privano il
possessore del rapporto con la cosa ma lo rendono più difficoltoso, sia sul piano materiale che
giuridico.
Lo spoglio non necessariamente viene ad essere caratterizzato da una condotta attiva che va a
privare il possessore del rapporto con la cosa, ma può essere caratterizzato anche da una condotta
inattiva. Es: omessa manutenzione di una strada in relazione alla quale viene esercitata una
posizione di possesso. Per questa omissione si può impedire al possessore l’esercizio del possesso.
Lo spoglio deve essere:
- Condotta violenta o clandestina: con riferimento alla violenza si può trattare di una violenza
materiale, morale, oppure nel caso in cui la condotta del terzo venga posta in essere in
contrasto con la manifestazione di volontà da parte del possessore.
La dottrina e la giurisprudenza hanno evidenziato la necessità di distinguere questa ultima
possibilità di spoglio, cioè lo spoglio violento posto in essere in contrasto con la volontà del
possessore, dall’ipotesi individuata all’art 1170 sulla AZIONE DI MANUTENZIONE: norma che
disciplina l’ipotesi in cui i terzi pongono in essere condotte di molestia e di turbativa.
Questa norma pone alcune limitazioni con riferimento alla possibilità per il possessore di poter
agire. Se leggiamo l’ultimo comma dell’art 1170, l’ordinamento consente al possessore di
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recuperare il possesso sul bene anche in presenza di uno spoglio che non ha né le caratteristiche
della violenza, né della clandestinità. In questo caso si parla di spoglio SEMPLICE.
Si è posto l’idea di andare a distinguere l’ipotesi dello spoglio SEMPLICE (1170 comma 3),
dall’ipotesi dello spoglio VIOLENTO (in contrasto con la volontà del possessore).
Nell’art 1170 comma 3 l’ordinamento consente al possessore di recuperare quello che è il possesso
del bene.
La tesi accolta dal testo, al fine di individuare una differenziazione (semplice/violento), è quello di
ricondurre la figura di spoglio individuata all’interno dell’art 1170 ultimo comma ad esempio nel
caso in cui il consenso della parte interessata è stato dato per errore; oppure ignoranza o falsata
conoscenza della realtà o dei raggiri o condotte ingannevoli da parte della controparte. Oppure
anche nell’ipotesi di silenzio o inerzia in relazione alla condotta del possessore verso il soggetto che
ha effettuato lo spoglio.
L’altra ipotesi considerata come presupposto dello spoglio (1168): ipotesi in cui lo spoglio sia
caratterizzato dalla CLANDESTINITA’: la condotta del terzo che va a privare il possessore del
rapporto con la cosa, è caratterizzata dal fatto di non essere evidente, di non essere pubblica. Per
l’ordinamento rileva non tanto che sia conosciuta ma che sia conosciuta da parte del soggetto che
esercitava il possesso sulla cosa. Il possessore avrebbe potuto, conoscendo, fare opposizione.
LEGITTIMAZIONE ATTIVA PER AGIRE CON LA AZIONE DI REINTEGRAZIONE
DEL POSSESSO O DI SPOGLIO: 1168 possono agire il possessore ma anche il detentore
(qualificato e non qualificato), salvo l’ipotesi in cui la detenzione non sia per ragioni di servizio o di
ospitalità (mansioni lavorative o di ospitalità come amicizia). È escluso il detentore senza interesse.
Il detentore qualificato può agire anche se l’azione di spoglio provenga dal possessore, anche nel
caso nel quale provenga da parte di terzi. Mentre il detentore non qualificato non potrà agire quando
lo spoglio provenga dal possessore ma quando proviene da terzi sì. Non potrò mai agire il detentore
con ragioni di servizio o di ospitalità.
Con riferimento allo spoglio semplice (1170 comma 3): in questo caso l’ordinamento pone una
limitazione con riferimento alla reintegra nel possesso, in caso di spoglio non violento o non
clandestino, perché tale azione è limitata solo nei confronti del possessore e non riguarderà la
persona del detentore.
LEGITTIMAZIONE PASSIVA: soggetti nei confronti dei quali il possessore può agire. È
possibile agire nei confronti dell’autore dello spoglio (sia autore materiale sia morale, cioè che ha
istigato o ordinato ad altri soggetti di porre in essere lo spoglio). È possibile agire anche per
chiedere il risarcimento del danno. L’ordinamento dice anche che se c’è una pluralità di soggetti
che hanno effettuato lo spoglio, ciascuno di questi soggetti, rispondono solidalmente richiamando la
regola di responsabilità solidale individuata all’art 2055.
All’interno dell’art 1169 cc l’ordinamento dice che l’azione di reintegra nel possesso o azione di
spoglio può essere esercitata anche nei confronti del soggetto che si trovi ad essere nel possesso del
bene per effetto di un acquisto fatto a titolo particolare, che è stato realizzato in mala fede, con la
conoscenza del fatto dello spoglio.
Se durante il giudizio di spoglio colui che ha effettuato lo spoglio venga a perdere il possesso del
bene, in questo caso l’ordinanza emessa nei confronti di tale soggetto, può essere opposta anche nei
confronti di un altro soggetto terzo che nel momento in cui viene posto il provvedimento sul
possesso si trovi ad essere in concreto possessore del bene. (art 111 cpc)
TERMINI PER L’AZIONE DI SPOGLIO:
L’art 1168 pone come termine di decadenza 1 anno dallo spoglio. Non si tratta di un termine di
prescrizione ma di decadenza. Con riferimento allo spoglio clandestino viene precisato che il
termine di decadenza decorre dal momento in cui il possessore è venuto a conoscenza dello spoglio,
oppure dal momento nel quale il soggetto, attivandosi avrebbe potuto avere conoscenza dello
spoglio.
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