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Usucapione e atti aventi efficacia interruttiva del


possesso

Abstract
Con il parere proposto ci si interroga se gli atti di diffida e di messa in mora siano idonei o meno ad
interrompere il decorso del tempo utile ai fini dell’usucapione.

Indice

La traccia d'esame
Leggere la traccia: oggetto, rischi e accorgimenti
Istituti giuridici
Normativa di riferimento
Orientamenti giurisprudenziali
Scaletta
Svolgimento

La traccia d'esame
Tizio esercitava il possesso uti dominus sul fondo “Magnolia”, di proprietà di Caio, fin dal 1995, coltivando
verdure e piantando alberi da frutto.

Nel febbraio del 2007, Caio inviava a Tizio una lettera di diffida e di messa in mora, invitandolo ad
interrompere qualunque attività sul predetto terreno. Ciononostante Tizio continuava tranquillamente a
coltivare e ad occuparsi di detto terreno.

Caio in data 03.11.2017 alienava il terreno al contadino Sempronio, il quale, richiamando la precedente
diffida inviata dal suo dante causa, invitava e diffidava nuovamente Tizio a rilasciare immediatamente il bene
di cui era appena divenuto proprietario.

Tizio, dubbioso circa l’acquisto per usucapione del terreno in questione, si rivolge al suo avvocato di fiducia.

Il candidato, assunte le vesti di difensore di Tizio, premessi brevi cenni sull’istituto dell’usucapione, rediga
un parere motivato illustrando le problematiche sottese alla fattispecie in esame e soffermandosi in
particolare sulla individuazione degli atti utili ad interrompere il possesso ad usucapionem.

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Leggere la traccia: oggetto, rischi e accorgimenti


Al candidato viene chiesto di interrogarsi in merito alle questioni giuridiche che di seguito si evidenziano tra
parentesi.

"Tizio esercitava il possesso uti dominus sul fondo “Magnolia” di proprietà di Caio, fin dal 1995, coltivando
verdure e piantando alberi da frutto [L’usucapione].

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Nel febbraio del 2007, Caio inviava a Tizio una lettera di diffida e di messa in mora, invitandolo ad
interrompere qualunque attività sul predetto terreno [L’interruzione]. Ciononostante Tizio continuava
tranquillamente a coltivare e ad occuparsi di detto terreno.

Caio in data 03.11.2017 alienava il terreno al contadino Sempronio, il quale, richiamando la precedente
diffida inviata dal suo dante causa, invitava e diffidava nuovamente Tizio a rilasciare immediatamente il bene
di cui era appena divenuto proprietario [L’interruzione].

Tizio, dubbioso circa l’acquisto per usucapione del terreno in questione, si rivolge al suo avvocato di fiducia.

Il candidato, assunte le vesti di difensore di Tizio, premessi brevi cenni sull’istituto dell’usucapione, rediga
un parere motivato illustrando le problematiche sottese alla fattispecie in esame e soffermandosi in
particolare sulla individuazione degli atti utili ad interrompere il possesso ad usucapionem."

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Istituti giuridici

L’usucapione

L'usucapione, il cui fondamento normativo poggia sull’esigenza di eliminare le situazioni di incertezza


circa l’appartenenza dei beni per favorirne la circolazione, è un modo di acquisto a titolo originario
della proprietà, realizzantesi mediante il possesso continuato di un bene per il tempo stabilito dalla
legge.

L'acquisto si realizza in via automatica e può essere oggetto di accertamento in sede giurisdizionale, con
sentenza dichiarativa.

Per usucapione possono acquistarsi solo la proprietà e i diritti reali di godimento (art. 1158 c.c.) –
escluse le servitù non apparenti - e tali diritti possono avere ad oggetto tutti i beni corporali (immobili,
mobili registrati, mobili, universalità di mobili) ad esclusione dei beni demaniali e dei beni del
patrimonio indisponibile dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali.

I presupposti affinché si verifichi l’usucapione sono:

a) il possesso del bene (non rileva la buona ovvero la mala fede del possessore). Dalla lettura
combinata degli artt. 1158, 1167, 1163 c.c. si deduce che il possesso deve essere:

- continuo, in quanto il possessore deve aver esercitato costantemente ed uniformemente i poteri sulla
cosa;

- ininterrotto, ossia il possesso non deve essere perso per fatto di terzi o per cause oggettive. Non ogni
interruzione del possesso provoca un’interruzione del decorso del termine utile per usucapire il bene,
ma solo un’interruzione protratta nel tempo e determinata ex lege (se la privazione del possesso è
inferiore ad un anno questo è considerato continuo);

- pacifico e pubblico, ossia conseguito in maniera né violenta e né clandestina; diversamente, ai sensi


dell’art. 1163 c.c., non è utile ai fini dell’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la
clandestinità sia cessata. Pacifico, dunque, è il possesso non acquistato con violenza (fisica o morale),
mentre pubblico è quello esercitato in modo visibile e non occulto.

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b) il decorso di un certo periodo di tempo, determinato dalla legge in ragione della natura del bene
posseduto. In relazione al tempo per cui il possesso deve durare si distingue: l’usucapione ordinaria -
venti anni per l’acquisto della proprietà dei beni immobili e degli altri diritti reali di godimento sui
medesimi (art. 1158 c.c.) e per l’acquisto delle universalità di mobili e dei diritti reali di godimento sulle
stesse (art. 1160 c.c.); dieci anni per l’acquisto della proprietà dei beni mobili iscritti in pubblici registri
e degli altri diritti reali di godimento sugli stessi (art. 1162, 2° comma, c.c.); quindici anni per l’acquisto
di fondi rustici con annessi fabbricati, situati in Comuni classificati dalla legge come montani, e in
Comuni non classificati tali, aventi un reddito non superiore ai limiti fissati nella legge speciale (art.
1159 bis c.c.)- e l’usucapione abbreviata che si compie con il decorso di un termine ridotto rispetto a
quello ordinario, purché sussista un titolo valido ed astrattamente idoneo a trasferire il diritto –ma
inefficace in concreto, per non essere l’alienante proprietario o titolare del diritto reale– che sia
debitamente trascritto e vi sia la buona fede dell’accipiens al momento dell’acquisto del possesso.

c) l’animus possidendi, ossia l’intenzione, resa palese a tutti, di esercitare sul bene una signoria di
fatto, corrispondente al diritto di proprietà (o altro diritto reale di godimento) che si protragga per il
tempo stabilito dalla legge, cui corrisponda per la stessa durata la completa inerzia del proprietario, il
quale si astenga dall’esercitare le sue potestà e non reagisca al potere di fatto esercitato dal possessore.

L’interruzione

L'usucapione non opera se il possesso utile a perfezionarla abbia subito interruzioni. L’interruzione può
essere naturale o civile.

L’interruzione naturale, contemplata dall’art. 1167 c.c., si verifica quando il possessore è privato del
possesso del bene per oltre un anno. La norma fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui
l’interruzione non sia voluta, né provocata dal possessore il quale, invece, è costretto a subirla per un
fatto del proprietario o di un terzo. La privazione del possesso, in tali casi, deve essere effettiva, ossia al
possessore deve essere materialmente impedito di continuare ad esercitare il potere di fatto sulla cosa.

L’art. 1167, comma 2, c.c. prevede che l’interruzione si ha per non avvenuta quando il possessore, entro
l’anno decorrente dal giorno in cui ha perduto il possesso, abbia intrapreso un’azione diretta a
recuperare il possesso (anche se questo sia stato poi effettivamente recuperato in un tempo successivo).

Diversamente da quella naturale, l’interruzione civile priva di efficacia il tempo del possesso
antecedente all’evento interruttivo, facendo decorrere un nuovo termine.

L’art. 1165 c.c., estendendo all’usucapione le norme generali in tema di prescrizione (artt. 2934 ss. c.c.)
“in quanto applicabili”, ivi comprese quelle relative all’interruzione della stessa (artt. 2943, 2944 e
2945 c.c.), tipizza gli atti che hanno efficacia interruttiva del decorso del termine utile per l’usucapione.

Tra le cause di interruzione civile previste dalla legge, e compatibili con la natura dell’usucapione,
certamente si ritrovano:

- la domanda giudiziale: la notificazione dell’atto con cui inizia il giudizio (art. 2943 c.c.) diretto al
recupero del possesso interrompe il decorso del tempo utile per l’usucapione. In particolare, la
giurisprudenza ha considerato domande idonee ad interrompere il termine: le azioni possessorie e
cautelari (anche nel caso di mancato accoglimento delle domande); l’azione di riduzione e le azioni
petitorie con le quali il proprietario chiede che gli sia riconosciuto il suo diritto reale. Non sortisce alcun
effetto, invece, la comparsa di costituzione e risposta con la quale il convenuto in un giudizio
possessorio contesti soltanto il possesso altrui senza proporre, a sua volta, domanda riconvenzionale
diretta a rivendicare la proprietà o il possesso del bene stesso.

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- il riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore (art. 2944 c.c.): non si richiede che
quest’atto sia necessariamente recettizio, potendo risultare anche da una manifestazione di volontà
purché univoca. Per tali ragioni, non è necessario che il riconoscimento sia indirizzato all’avente diritto,
né che quest’ultimo lo accetti.

Nonostante l’art. 2943 c.c. menzioni accanto alla domanda giudiziale, anche “ogni altro atto che valga
a costituire in mora il debitore” vi è da dire che la necessità di tener conto della specificità
dell’usucapione e dunque del fatto che il diritto del proprietario, messo in pericolo per effetto del
possesso altrui del bene non possa essere assimilato ad un credito, ha spinto la dottrina e la
giurisprudenza dominante a ritenere che gli atti di diffida e di messa in mora non abbiano effetto
interruttivo rispetto al maturarsi del tempo per l’usucapione, anche se effettuate per iscritto, a mezzo di
raccomandata con ricevuta di ritorno. Tali atti, infatti, non impediscono l’esercizio del possesso da parte
del terzo, che ben può esercitarlo anche in contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto
reale (Cass. civ. Sez. II, 29 luglio 2016, n. 15927).

Per le medesime ragioni, alcuna efficacia interruttiva può essere riconosciuta ai meri atti dispositivi del
diritto dominicale, effettuati da parte del proprietario del bene, in favore di terzi, rappresentando,
rispetto al possessore, "res inter alios acta", ininfluente sulla prosecuzione dell’esercizio della signoria
di fatto sul bene.

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Normativa di riferimento

Usucapione e atti interruttivi del Codice civile


possesso
Art. 1140 - Possesso

Art. 1158 – Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali


immobiliari

Art. 1165 - Applicazione di norme sulla prescrizione

Art. 1167 – Interruzione dell’usucapione per perdita di


possesso

Art. 2943 – Interruzione da parte del titolare

Art. 2944 – Interruzione per effetto del riconoscimento

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Orientamenti giurisprudenziali
Massime Commentate

L'ordinanza della Cassazione


Cass. civ., sez. II, ordinanza 31.08.2017, n. 20611

La Suprema Corte, con ordinanza n. 20611, depositata il 31 agosto 2017, ha espresso il principio,
oramai consolidato, secondo cui non è sufficiente ad interrompere il decorso del tempo utile ai fini
dell’usucapione l’inoltro di diffide e proteste al possessore. Per la Cassazione, infatti, «gli atti di diffida
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e di messa in mora, come, nella specie, la richiesta per iscritto di rilascio dell'immobile occupato, sono
idonei ad interrompere la prescrizione dei diritti di obbligazione, ma non anche il termine per
usucapire, potendosi esercitare il possesso anche in aperto e dichiarato contrasto con la volontà del
titolare del diritto reale». Di conseguenza, continua la Corte, «possono avere efficacia interruttiva solo
atti che comportino per il possessore la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa», come la
«notifica dell’atto di citazione con il quale venga richiesta la consegna materiale di tutti i beni immobili
sui quali si vanti un diritto dominicale», per esempio «perché passati in proprietà esclusiva con
sentenza passata in giudicato per effetto di divisione in lotti di un compendio ereditario».

Del pari irrilevante, ai fini dell’interruzione del termine utile ad usucapire, è anche l’eventuale
alienazione del bene oggetto di usucapione ad un terzo poiché tale atto non è opponibile al possessore.
Sul punto, la citata sentenza richiamando un consolidato orientamento ha ribadito che «nel giudizio
promosso dal possessore nei confronti del proprietario per far accertare l'intervenuto acquisto della
proprietà per usucapione, l'atto di disposizione del diritto dominicale da parte del proprietario in
favore di terzi, anche se conosciuto dal possessore, non esercita alcuna incidenza sulla situazione di
fatto utile ai fini dell'usucapione, rappresentando, rispetto al possessore, "res inter alios acta",
ininfluente sulla prosecuzione dell'esercizio della signoria di fatto sul bene, non impedito
materialmente, né contestato in modo idoneo» (cfr. Cass. Civ., Sez. II, n. 18095/2014).

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Scaletta
Nella proposta di svolgimento della traccia in esame è stato utilizzato il seguente schema di trattazione:

[1] L’usucapione
[2] L’interruzione
[3] Conclusione: risposta al quesito richiesto da Tizio

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Svolgimento
[1] L’usucapione -

Il parere proposto pone il quesito se gli atti di diffida e di messa in mora siano idonei o meno ad interrompere
il decorso del tempo utile ai fini dell’usucapione.

Al fine di un corretto inquadramento della fattispecie, occorre preliminarmente soffermarsi sulla disciplina
generale dell’usucapione al fine di verificare se, almeno astrattamente, Tizio possa aver usucapito o meno il
fondo “Magnolia”.

L'usucapione, il cui fondamento normativo poggia sull’esigenza di eliminare le situazioni di incertezza circa
l’appartenenza dei beni per favorirne la circolazione, è un modo di acquisto a titolo originario della proprietà,
realizzantesi mediante il possesso continuato di un bene per il tempo stabilito dalla legge.

L'acquisto si realizza in via automatica e può essere oggetto di accertamento in sede giurisdizionale, con
sentenza dichiarativa.

Per usucapione possono acquistarsi solo la proprietà e i diritti reali di godimento (art. 1158 c.c.) –escluse le
servitù non apparenti- e tali diritti possono avere ad oggetto tutti i beni corporali (immobili, mobili registrati,
mobili, universalità di mobili) ad esclusione dei beni demaniali e dei beni del patrimonio indisponibile dello
Stato e degli altri enti pubblici territoriali.
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I presupposti affinché si verifichi l’usucapione sono:

a) il possesso del bene (non rileva la buona ovvero la mala fede del possessore). Dalla lettura combinata
degli artt. 1158, 1167, 1163 c.c. si deduce che il possesso deve essere:

- continuo, in quanto il possessore deve aver esercitato costantemente ed uniformemente i poteri sulla
cosa;

- ininterrotto, ossia il possesso non deve essere perso per fatto di terzi o per cause oggettive. Non ogni
interruzione del possesso provoca un’interruzione del decorso del termine utile per usucapire il bene, ma solo
un’interruzione protratta nel tempo e determinata ex lege (se la privazione del possesso è inferiore ad un
anno questo è considerato continuo);

- pacifico e pubblico, ossia conseguito in maniera non violenta e né clandestina; diversamente, ai sensi
dell’art. 1163 c.c., non è utile ai fini dell’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità
è cessata. Pacifico, dunque, è il possesso non acquistato con violenza (fisica o morale), mentre pubblico è
quello esercitato in modo visibile e non occulto.

b) il decorso di un certo periodo di tempo, determinato dalla legge in ragione della natura del bene
posseduto. In relazione al tempo per cui il possesso deve durare si distingue l’usucapione ordinaria -venti
anni per l’acquisto della proprietà dei beni immobili e degli altri diritti reali di godimento sui medesimi (art.
1158 c.c.) e per l’acquisto delle universalità di mobili e dei diritti reali di godimento sulle stesse (art. 1160
c.c.); dieci anni per l’acquisto della proprietà dei beni mobili iscritti in pubblici registri e degli altri diritti
reali di godimento sugli stessi (art. 1162, 2° comma, c.c.); quindici anni per l’acquisto di fondi rustici con
annessi fabbricati, situati in Comuni classificati dalla legge come montani, e in Comuni non classificati tali,
aventi un reddito non superiore ai limiti fissati nella legge speciale (art. 1159 bis c.c.)- e l’usucapione
abbreviata che si compie con il decorso di un termine ridotto rispetto a quello ordinario, purché sussista un
titolo valido ed astrattamente idoneo a trasferire il diritto – ma inefficace in concreto, per non essere
l’alienante proprietario o titolare del diritto reale – che sia debitamente trascritto e vi sia la buona fede
dell’accipiens al momento dell’acquisto del possesso.

c) l’animus possidendi, ossia l’intenzione, resa palese a tutti, di esercitare sul bene una signoria di fatto,
corrispondente al diritto di proprietà (o altro diritto reale di godimento) che si protragga per il tempo stabilito
dalla legge, cui corrisponda per la stessa durata, la completa inerzia del proprietario, il quale si astenga
dall’esercitare le sue potestà e non reagisca al potere di fatto esercitato dal possessore.

Alla luce di quanto su esposto, parrebbe che Tizio abbia sì posseduto il fondo Magnolia, uti dominus, da oltre
vent’anni e più precisamente dall’anno 1995, comportandosi nei confronti di chiunque come l’unico e solo
proprietario, ma vi sono anche degli atti posti in essere dai legittimi proprietari del fondo che potrebbero far
vacillare il requisito della “continuità” del possesso al punto da interrompere il decorso del tempo utile ad
usucapionem.

Invero, sia Caio (nel 2007) sia Sempronio (nel 2017) inviavano una diffida e messa in mora scritta a Tizio,
invitandolo a rilasciare il fondo di loro proprietà. Ebbene, se tali atti fossero idonei ad interrompere il termine
utile per usucapire, allora Tizio nulla potrebbe reclamare, atteso che il primo atto di diffida è stato inviato da
Caio dopo soli 12 anni dall’inizio del possesso e da quella data sarebbe iniziato a decorrere l’ulteriore
termine, nuovamente interrotto dalla diffida inviata da Sempronio prima del perfezionamento dell’acquisto
per usucapione.

[2] L’interruzione -

Al fine, quindi, di chiarire compiutamente la posizione di Tizio, occorrerà soffermarsi brevemente sulla
disciplina relativa all’interruzione del termine utile ad usucapire un bene.

Come noto, l’usucapione non opera se il possesso utile a perfezionarla abbia subito interruzioni.
L’interruzione può essere naturale o civile.

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L’interruzione naturale, contemplata dall’art. 1167 c.c., si verifica quando il possessore è privato del possesso
del bene per oltre un anno. La norma fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui l’interruzione non sia
voluta, né provocata dal possessore il quale, invece, è costretto a subirla per un fatto del proprietario o di un
terzo.

Diversamente da quella naturale, l’interruzione civile priva di efficacia il tempo del possesso antecedente
all’evento interruttivo, facendo decorrere un nuovo termine.

L’art. 1165 c.c., estendendo all’usucapione le norme generali in tema di prescrizione (artt. 2934 ss. c.c.) “in
quanto applicabili”, ivi comprese quelle relative all’interruzione della stessa (artt. 2943, 2944 e 2945 c.c.),
tipizza gli atti che hanno efficacia interruttiva del decorso del termine utile per l’usucapione.

Tra le cause di interruzione civile previste dalla legge, e compatibili con la natura dell’usucapione,
certamente si ritrovano:

- la domanda giudiziale: la notificazione dell’atto con cui inizia il giudizio (art. 2943 c.c.) diretto al
recupero del possesso interrompe il decorso del tempo utile per l’usucapione. In particolare, la
giurisprudenza ha considerato domande idonee ad interrompere il termine: le azioni possessorie e cautelari
(anche nel caso di mancato accoglimento delle domande); l’azione di riduzione e le azioni petitorie con le
quali il proprietario chiede che gli sia riconosciuto il suo diritto reale. Non sortisce alcun effetto, invece, la
comparsa di costituzione e risposta con la quale il convenuto in un giudizio possessorio contesti soltanto il
possesso altrui senza proporre, a sua volta, domanda riconvenzionale diretta a rivendicare la proprietà o il
possesso del bene stesso.

- il riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore (art. 2944 c.c.): non si richiede che
questo sia necessariamente recettizio, potendo risultare anche da una manifestazione di volontà purché
univoca. Per tali ragioni, non è necessario che il riconoscimento sia indirizzato all’avente diritto, né che
quest’ultimo lo accetti.

Nonostante l’art. 2943 c.c. menzioni accanto alla domanda giudiziale, anche “ogni altro atto che valga a
costituire in mora il debitore” vi è da dire che la necessità di tener conto della specificità dell’usucapione e
dunque del fatto che il diritto del proprietario, messo in pericolo per effetto del possesso altrui del bene non
possa essere assimilato ad un credito, ha spinto la dottrina e la giurisprudenza dominante a ritenere che gli
atti di diffida e di messa in mora non abbiano effetto interruttivo rispetto al maturarsi del tempo per
l’usucapione, anche se effettuate per iscritto, a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno. Tali atti,
infatti, non impediscono l’esercizio del possesso da parte del terzo, che ben può esercitarlo anche in
contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto reale.

Analogamente nessun effetto interruttivo della prescrizione acquisitiva può svolgere la compravendita
intervenuta fra Caio e Sempronio, rappresentando detto negozio rispetto al possessore “res inter alios acta”,
ininfluente sulla prosecuzione dell’esercizio della signoria di fatto sul bene.

[3] Conclusione: risposta al quesito richiesto da Tizio -

Per tutto quanto detto, si può affermare che le lettere di diffida inviate da Caio e Sempronio non possono
aver interrotto il decorso del tempo utile ad usucapionem maturato da Tizio il quale potrà dunque con
ragionevole fondatezza rivendicare l’acquisto per usucapione del bene immobile de quo e ciò anche in
considerazione del fatto che Caio e Sempronio, a fronte del dominio pieno ed esclusivo esercitato da Tizio
sul fondo per oltre vent’anni, sono rimasti sostanzialmente inerti, invece di attivarsi giudizialmente per
recuperare il possesso del loro bene immobile.

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