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Corso di Storia dell’Arte Contemporanea

Prof. Pasquale Lettieri

Elaborato di ricerca
IL FUTURISMO E
FORTUNATO DEPERO

Antonio Thiago Pagano


49221

Anno accademico 2022/2023


Il Futurismo fu un movimento artistico, letterario e culturale nato agli inizi del Novecento in
Italia, quest’ultimo nacque per idea di Filippo Tommaso Marinetti, laureato in legge,
successivamente si sposta a Parigi dove sul giornale francese Le Figaro pubblica il
Manifesto del Futurismo. Al interno di questo manifesto, Marinetti esprime svariate critiche
verso l’arte e la cultura che l’hanno preceduto, e senza mezzi toni accusa la società
proponendo nuovi ideali e proposte di rinnovamento. Per lo più esalta la guerra e lo scontro,
come sola igiene del mondo, giustificandone i fini e facendola apparire come normalità,
come nutrire disprezzo per la donna e distruggere luoghi di cultura e interesse ( musei,
gallerie, biblioteche etc. ) i quali fuorviavano i pensieri degli individui e li facessero restare
indietro rispetto all’inesorabile evoluzione. Infine Marinetti, propone i nuovi valori che
dovrebbero caratterizzare la società del tempo, e favorire il cambiamento per un futuro
arricchito dal fascino della velocità; tutto questo caratterizzava il suo pensiero furiosamente
incentrato sulla rapidità del tutto, a partire dai movimenti aggressivi, l’insonnia febbrile, la
corsa, la ribellione, l’audacia, la lotta, ma come anche la catena di montaggio, il dinamismo
insomma, la velocità.

NASCITA DEL MOVIMENTO


L’avanguardia del futurismo nacque nel 1909, non da subito come movimento artistico, ma
come un'ideologia, dove la rivista Le Figaro ospita in prima pagina “Le Manifeste du
Futurisme”, firmato da Filippo Tommaso Marinetti. Marinetti non era né uno scultore né un
pittore, ma un letterato ricco di contatti internazionali, il quale aveva l’intento di voler rompere
l’isolamento culturale che sentiva in Italia.
Articolato in 11 punti, era rivolto agli uomini di lettere, ma coinvolgeva chiunque sentisse il
richiamo della modernità. Come già detto in precedenza, il manifesto condannava il passato,
ed esaltava l’estetica del nuovo celebrando l’evoluzione e l’avvento della tecnologia.
Marinetti per poter far conoscere a più persone possibili l’ideologia del futurismo, applicò
ottime strategie promozionali, anch’esse molto aggressive come d’altronde il movimento
stesso lasciava trasparire; nacquero così azione tanto provocatorie quanto spettacolari, ad
esempio, l’8 luglio 1910, a piazza San Marco Maggiore, Marinetti e i suoi colleghi iniziarono
a lanciare migliaia di volantini sulla folla recitando “ contro Venezia passista “, facendo così
si scagliavano contro l’immagine di una città emblema del romanticismo, esattamente ciò
che i futuristi abolivano. Alla stessa maniera avvenivano serate a tema futurista, alle quali si
declamavano poesie, leggevano manifesti e intonavano canzoni sperimentali. Per quanto
tutto ciò fosse imprevedibile, il pubblico reagiva in modo abbastanza infastidito dallo
spettacolo e finivano nel disordine, tra fischi e insulti. A motivare tutta questa foga da parte
dei Futuristi era di non limitare i loro ideali alla sola élite, ma miravano a trasformare
l’essenza dell’essere umano, proiettandolo verso una nuova visione del mondo, e in una
nuova epoca, dove spazio e tempo sarebbero stati aboliti dalla velocità; facendo ciò doveva
nascere l’uomo della modernità, attuando una vera e proprio rivoluzione antropologia. Ma fu
proprio così che i principi del futurismo furono declinati presto in ogni ambito creativo, tanto
da far nascere un Futurismo scultoreo, pittorico, architettonico, fotografico e così via.

MARINETTI E LA LETTERATURA FUTURISTA


Oltre ai suoi esperimenti, fatti utilizzando materiali di scarto, e assemblandoli tra loro,
Marinetti non voleva trasformarsi in pittore né tantomeno scultore, il suo contributo avvenne
in ambito letterario. “Il Manifesto tecnico della letteratura futurista” (1912), divenne il primo di
molteplici documenti rivolti a poeti e scrittori. L’incipit di questa “ guida “ era, come al solito,
molto duro e accusava le norme sino ad allora condivise “ io sentii l’inanità ridicola della
vecchia sintassi ereditata da Omero. “ e continua esprimendo “ il bisogno furioso di liberare
le parole, traendole, fuori dalla prigione del periodo latino “. Dopo tutta una serie di accuse
elenca vari precetti da rispettare come: la distruzione della sintassi e la disposizione casuale
delle parole, un uso di verbi all’infinito, abolizione di avverbi e aggettivi, eliminazione della
punteggiatura, assenza di ogni sentimentalismo e psicologismo, e così facendo l’autore
appariva totalmente spersonalizzato. Seguendo questi punti fondamentali secondo Marinetti,
apparivano poche parole in un grande spazio bianco, dove anch’esso era fondamentale,
poiché veniva arricchito da grafiche e disegni che esaltavano ancor di più l’esplosiva vitalità
della pagina, facendo così letteratura e opera d’arte figurativa erano indistinguibili tra loro; il
fine ultimo era osservare una pagina futurista, come si osserva un quadro.
L’opera letteraria più importante di Marinetti è un poemetto ispirato all’assedio di Adrianopoli
del 1912, dove egli stesso era stato testimone, intitolato Zang Tumb Tumb. In tutti i versi
Marinetti cerca di offrire al lettore un'esperienza coinvolgente, emotiva e quasi fisica del
conflitto, per fare ciò si avvale molto di onomatopee che erano volte a evocare i suoni e i
rumori, ruvidi e aggressivi delle macchine belliche e del conflitto; anche l’uso di diversi
caratteri tipografici dalle varie forme e dimensioni, come lo stesso grassetto, servivano per
arricchire il momento della lettura.

L’INFLUENZA DEI MANIFESTI FUTURISTI SULLA PITTURA


Gli ideali di Marinetti vennero condivisi prevalentemente da una generazione di artisti più
giovani, che lui stesso incita dicendo “ largo ai giovani, ai violenti, ai temerari ! “
era la conclusione di un documento inneggiante al progresso e contro ogni forma di
arretratezza culturale; a sottoscrivere tutte le convinzioni di Marinetti c’era Umberto Boccioni,
artista molto attivo all’interno del movimento futurista, che con la sua morte avrebbe
decretato la fine della prima fase dello stesso movimento. Boccioni veniva affiancato da
Luigi Russolo e Carlo Carrà, altri grandi esponenti del movimento, i quali nel 1910
pubblicano “ La Pittura futurista. Manifesto Tecnico “ nel quale, possiamo trovare
concretamente l’intenzione di cambiare la visione pittorica e superare vecchi limiti visivi.
L’arte del Futuro non avrebbe avuto più ambizioni naturalistiche e l’uomo, che per secoli
aveva occupato il centro dell’universo figurativo, avrebbe ceduto il primato diventando parte
di un tutto il movimento. La realtà andava resa in modo diverso, secondo gli stimoli suggeriti
dalla vita metropolitana con i suoi nuovi colori, luci, riflessi, odori e rumori. La sfida stava nel
trasferire su tela la percezione della vertigine cittadina frenetica. Per esprimere questa
freneticità cittadina abbiamo come esempio uno dei lavori più ambiziosi di Boccioni, il trittico
degli Stati d’Animo. L’idea di fondo era quella di descrivere le reazioni emotive di persone
che si separavano in occasione di un viaggio in treno. La modernità, il mondo e le macchine
della velocità non sono il tema portante dell’indagine artistica, ma diventano uno scenario; il
luogo di cui si parla, infatti, è una stazione ferroviaria della quale una coppia si separa e si
saluta, tra locomotive e carrozze, tra viaggiatori che partono e altri che restano a terra, infatti
la serie di stati d’animo si articola in tre momenti: gli addii, quelli che vanno, e quelli che
restano.

IL LINGUAGGIO DELLA VELOCITÀ


I primi quadri futuristi si concentrano sui temi della vita cittadina: dalle folla in tumulto alle
periferie in costruzione, dalle uscite notturne da teatro ai tafferugli fuori da un caffè milanese,
e ancora le stazioni ferroviarie sbuffanti fumo e vapore. Si trattava di soggetti poco
frequentati nella pittura italiana, eppure si intuisce come le scelte espressive dei loro autori
ancora mancassero di autonomia. Insomma esisteva un problema di non facile soluzione:
alla prova dei fatti, i quadri sembravano incapaci di stare al passo con i proclami. Nella
primavera del 1911 quella sfasatura sembra assumere le proporzioni di una faglia. Fu allora
che Ardengo Soffici, direttore della rivista “La Voce“, pubblicò una stroncatura della mostra
allestita al padiglione Ricordi di Milano. Tra moltissimi detrattori della pittura futurista, i
commenti di una figura così autorevole imponevano rispetto, e non li si poteva rubricare tra
quelli dei passisti. Giungevano infatti dal più internazionale degli intellettuali italiani, appena
tornato da Parigi. Soffici esordisce dicendo che i quadri di Boccioni e colleghi avevano
provocato in lui “una delusione sdegnosa“. Dopo questo inconveniente Boccioni e Carrà
decisero di recarsi di persona nella capitale francese, la missione, era un viaggio di
aggiornamento e di perlustrazione. Nello stesso periodo, infatti, Marinetti capì che i tempi
erano ormai maturi per lanciare la squadra anche all’estero; fu così che programmò una
mostra nella galleria parigina Bernheim Jeune. L’esposizione si tenne nel febbraio del 1912
e fu un successo: innescò un dibattito e non pochi parigini iniziarono a contaminare il loro
linguaggio con quello futurista. Divenuta itinerante, la mostra sancì l’affermazione del
movimento in altre città europee. Da allora, i suoi esponenti mutarono registro espressivo:
adesso ricorrevano alla frammentazione dell’immagine, alla visione simultanea dello stesso
soggetto, alla sua letterale compenetrazione con lo spazio. il confronto con l’avanguardia
francese servì ad ampliare gli orizzonti estetici, ma anche a precisare la loro identità.gli
italiani infatti si ponevano idealmente sulla via dell’impressionismo: voleva oltrepassarlo
senza rifiutarlo. Ne accettavano l’essenza, ovvero il lirismo e il movimento: aspetti che
invece i cubisti respingevano a vantaggio della pura razionalità. Boccioni e i suoi li
accusavano di dipingere l’immobile, il ghiacciato e tutti gli aspetti statici della natura. La
risposta alle conquiste di Braque e Picasso è dunque rappresentata dal dinamismo e dalla
simultaneità non solo di ambienti ma anche di stati d’animo, con cui mirano a rappresentare
tutto quello che si ricorda e quello che si vede. Cambiò anche la scelta cromatica, ma in
direzione contraria a quella cubista. La nuova tavolozza divenne accesa, violenta, basata
sull’uso di colori primari. La convivenza dei rossi, gialli, verdi, azzurri, violetti dichiarava una
sintonia con le contemporanee tendenze espressioniste. Boccioni era un artista
estremamente sperimentalista e infatti realizzò una scultura “d’ambiente“ con il proposito di
rendere in un unico lavoro tridimensionale la figura umana e lo spazio da essa abitato.
Volgendo in pratica le idee esposte nel “Manifesto tecnico della scultura futurista”, da lui
stesso redatto, che per circa un biennio modellò alcune opere in gesso con materiali
eterogenei fino ad allora estranei al dominio della scultura. Il desiderio di Boccioni era di
rompere i ponti con il verismo ottocentesco che condusse esiti che ancora oggi appaiono di
incredibile audacia. Successivamente Boccioni preferì eliminare ogni inserzione oggettuale
per concentrarsi solo sulla forma in movimento, nacque così “ forme uniche della continuità
dello spazio“, emblema della sua intera attività scultorea. Ai contemporanei, le sculture di
Boccioni apparivano così nuove e aggressive da venire accettati a fatica. Dice molto della
loro iniziale sfortuna il fatto che se ne siano salvati pochissime originali, i gessi che solo molti
anni dopo la morte dell’artista sono stati tradotti nel bronzo. In compenso forme uniche della
continuità dello spazio entrate la nostra
quotidianità e oggi se ne può vedere una miniatura riportata sulle monete da 0,20 €.
FORTUNATO DEPERO E GIACOMO BALLA
La portata rivoluzionaria del messaggio bocconiano sembra essere compresa davvero da
solo due artisti: Giacomo Balla, e Fortunato Depero, i quali entrambi ragionarono su un
passaggio fondamentale del manifesto della scultura, quello dove il leader futurista spiegava
la necessità di rincorrere anche a 20 materie diverse che possono concorrere in una sola
opera lo scopo dell’emozione plastica. Era, in una parola, l’idea del “polimaterialismo“. Il
sodalizio tra Balla e Depero mirava a imprimere alla ricerca di Boccioni un carattere più
astratto, esteso a ogni ambito dell’espressività. Nel 1915 il manifesto “ricostruzione futurista
dell’universo“, dove Balla e Depero teorizzavano un’arte nuova, onnicomprensiva, fondata
sulla pittura, poesia, musica e scultura. Ricostruire l’universo significava abolire i confini tra
le discipline, farli slittare l’arte nel flusso della vita, creare nuovi lavori allegri e fantasiosi,
fondere tra loro ricerche estetiche all’insegna di un’arte ispirata ai materiali più comuni. Il
futurismo sarebbe entrato nella quotidianità, sconvolgendola positivamente e offrendo a
chiunque una visione ottimistica della vita. In via pratica, ogni materiale, anche il più povero,
avrebbe garantito lo scopo: legno, stoffe, cartoni, fili metallici, vetri colorati, carte veline,
tessuti, specchi, congegni meccanici e molle. Dalla loro combinazione nascevano quelli che
Balla e Depero battezzarono “complessi plastici“. Nascevano così il “giocattolo futurista“, il
“paesaggio artificiale“, “l’animale metallico“, “il vestito trasformabile“. A differenza di molti
avanguardie di inizio secolo, il futurismo non si estinse dopo la prima guerra mondiale; l’idea
del movimento, incessante fiducia del progresso, esaltazione della macchina, necessità di
rivoluzionare ogni aspetto all’esistenza, trovarono la visione nelle nuove generazioni in molte
parti d’Italia nacquero per esempio, un futurismo umbro, marchigiano, veneto, ligure
eccetera. Cambiare i protagonisti si aggiunsero noi personalità però Marinetti rimase il perno
di tutto. il futurismo si aprì sempre più a ogni possibile forma creativa: dall’architettura
all’arredo, dalla moda la grafica pubblicitaria, dalla scenografia al cinema. Per molti versi, ci
si impegna a svolgere in pratica i principi di “ricostruzione futurista dell’universo“..Non è
dunque un caso che sia stato proprio Depero il maggior interprete di tanto eclettismo. Una
volta tornato nella sua terra natia dopo una lunga trasferta romana, nel 1919 egli inaugurò la
“casa d’arte futurista“ grazie all’aiuto della moglie di alcuni operai e tessili. Grandi arazzi,
cuscini, giocattoli, oltre ai libri, manifesti, insinui citare nel laboratorio artigiano ecco ogni
sorta di oggetto interpretato alla luce di un gusto allegro e giocoso.

FORTUNATO DEPERO
Fortunato Alberto Lorenzo Depero è stato uno dei massimi esponenti del movimento
futurista, è fondamentale per lo sviluppo del cosiddetto secondo futurismo, ossia, la seconda
fase del movimento artistico.il secondo futurismo si distingueva dal primo per una maggiore
fusione tra l’arte e la realtà, e il suo inizio ebbe nel 1915 con Giacomo Balla, i quali attuarono
la stesura del “ Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo”. Nel manifesto si
dichiaravano astratti futuristi, essi si erano posti come l’obiettivo la nascita di un’arte che
coinvolgesse ogni aspetto della vita pratica, e tramite la fusione dell’arte con la vita
quotidiana i futuristi avrebbero rallegrato l’universo ricreandolo integralmente. Per
raggiungere tale scopo gli artisti avrebbero dovuto prendere ispirazione dall’impalpabile, per
poi combinarlo con la loro ispirazione, dando vita così a dei complessi plastici. Si trattava
delle nuove opere futuriste, che avrebbero soppiantato l’arte precedente, tramite l’uso di
materiali innovativi e la combinazione di tecniche fino a quel momento rimaste separate. Il
manifesto della ricostruzione futurista dell’universo dimostra la carica rivoluzionaria e
innovatrice dell’opera di Fortunato Depero, infatti fu un grande sperimentatore e cerco di
portare la sua arte in mezzo alla gente nelle strade, applicando i principi della ricerca
artistica futuristica ai diversi campi dell’arte e della produzione. Per raggiungere questo
obiettivo Depero non si limitò alle ricerche artistiche classiche, quali pittura, scultura e
architettura, ma si occupò della produzione di arazzi, scenografie, campagne pubblicitarie e
padiglioni. Nacque nel 1892 a Fondo, in provincia di Trento, dove svolse gli studi presso la
scuola reale Elisabettina, un istituto d’arte. Dopo aver completato gli studi Depero si recò a
Roma nel 1913, per visitare la mostra di Umberto Boccioni, durante questa occasione il
giovane artista entrò in contatto con il movimento futurista, dal quale non si distaccò più.
L’anno successivo tornò nuovamente a Roma dove ebbe la possibilità di conoscere Filippo
Tommaso Marinetti e molti altri artisti, tra cui Giacomo Balla. Allo scoppio della prima guerra
mondiale Fortunato si recò al fronte, dove rimase per poco tempo, dato che venne
esonerato per problemi di salute. Così decise di stabilirsi a Roma, dove cominciò a lavorare
con Balla. L’11 marzo del 1915 gli artisti pubblicarono il “ Manifesto della ricostruzione
futurista dell’universo”, con il quale diede inizio al Secondo Futurismo. Durante questo
periodo la produzione artistica di Depero fu caratterizzata da un forte astrattismo e
gradualmente fece ritorno alla figurazione, visibile nel progetto di un giocattolo KIKIGOLA,
un gallo degli accesi toni cromatici e da linee plastiche. Depero ebbe anche l’opportunità di
interfacciarsi con il mondo del teatro grazie a un famoso impresario il quale visitò lo studio e
gli commissionò gli apparati scenici e costumi per le opere teatrali; così ebbe inizio uno
stretto legame tra Depero e il mondo del teatro fino a quando non si consolidò nel 1917
quando conobbe poi la svizzero Gilbert Clavel, con il quale iniziò a lavorare un nuovo
progetto il Teatro Plastico, il quale aveva lo scopo di rivoluzionare il teatro comune, tramite la
sostituzione degli attori con delle marionette di legno. Lo stesso Depero realizzava arazzi
futuristi, ovvero mosaici di stoffe colorate di materiali diversi, sui quali erano rappresentati
dei mondi favolosi e magici. Dopo questo periodo impegnato con la vita di teatro fece ritorno
a Rovereto dove si dedicò alla realizzazione di una sua nuova idea La Casa d’Arte Futurista.
Quest’ultima fu ideata con lo scopo di produrre varie tipologie di prodotti di arredo per una
casa futurista, così da sostituire gli ormai superati suppellettili che occupavano le case
europee. Negli anni 20 Depero ricevette diversi incarichi come l’allestimento del Cabaret del
diavolo a Roma, un bar a tema dantesco, e dopo svariate esperienze ebbe l’opportunità di
ampliare i suoi orizzonti oltre i confini italiani, arrivando all’esposizione internazionale
dell’arte decorativa e industriali moderne di Parigi nel 1925; arrivò anche ad esporre alla
biennale di Venezia dove presentò il dipinto a olio Squisito al Selz, dedicato al
commendatore Campari, con il quale avviò un sodalizio che portò alla nascita di uno dei
progetti italiani di maggior successo: il Campari Bitter. Depero ebbe anche l’opportunità di
vivere a New York dove lavorò in vari settori, in particolare modo in quello pubblicitario, dove
gli furono commissionate numerose copertine di importanti riviste quali Vogue, Vanity Fair, e
molte altre. Sempre in questi anni firmò il manifesto dell’aeropittura futurista, una operazione
artistica che si poneva l’obiettivo di rappresentare le opere dalla prospettiva di un pilota di
aerei. Negli anni 30 del 900’ fece ritorno in Italia dove fu accolto con grande entusiasmo
dagli altri futuristi al punto che Marinetti lo presentò come il “trionfo del futurismo in America“.
Nel corso di questi anni Depero iniziò a rapportarsi anche con il regime fascista, tuttavia nel
dopo guerra l’artista dichiarò di aver collaborato col partito unicamente per motivi economici.
Fortunato nei suoi ultimi anni si dedicò alla realizzazione del primo Museo Futurista, che fu
inaugurato al pubblico nel 1959. Tuttavia, l’artista non poté prendere parte alla cerimonia per
problemi di salute, che dopo mesi lo portarono alla morte. L’arte di Depero fu rivoluzionata
dall’incontro con il movimento futurista in particolare con le opere di Giacomo Balla, le opere
di Depero dal 1914 e il 1916 furono caratterizzate da un accentuato astrattismo e una
tavolozza leggera, che al contempo riusciva a coniugarsi con una forte volumetria delle
superfici, un chiaro esempio si può notare nell’opera “ movimento d’Uccello “. Depero tornò
alla figurazione dopo pochi anni e tra il 1916 e il 1917 realizzò alcune delle opere più
importanti tutta la sua carriera artistica, infatti a questo periodo risalgono i primi arazzi
futuristici, che nacquero per caso durante i lavori per il fallito progetto dei Balletti russi. In
questi anni Depero aveva realizzato delle scenografie con dei collage di carte colorate e
data la grande disponibilità di tessuti colorati, rimasti inutilizzati, ebbe l’idea di sostituire le
carte e i collage con intessuto in eccesso. Inizialmente si trattava di collage di stoffe sul
supporto di cartone, che solo in seguito fu sostituito da ago e filo. Uno dei più importanti
compare la “Festa della Sedia”, in cui degli automi, immersi in un paesaggio incantato,
inscenano una danza in onore di una sedia dalla forma singolare. Nell’opera compaiono
alcuni elementi della cultura popolare cara Depero e sullo sfondo dei padiglioni che
ricordano i progetti realizzati per le campagne pubblicitarie. Proprio in quest’ultimo campo
Depero attuò una vera e propria rivoluzione, puntando sull’uso del carattere tipografico come
elemento grafico, coordinato a determinate scelte visive. Tra le campagne pubblicitarie più
fortunate vi fu la collaborazione tra l’artista futurista e l’omonima ditta di Davide Campari.
Depero si occupò della grafica e degli allestimenti per la Campari, il risultato più felice del
sodalizio Depero-Campari, e fu il progetto del packaging della bottiglietta per il Campari
soda. Il futurista pensò il contenitore a forma di tronco di cono o a calice rovesciato e doveva
essere in vetro smerigliato, con la base due righe in rilievo con la scritta “Preparazione
Speciale Davide Campari & C., Milano“ mentre nel campo centrale doveva comparire il
nome Campari soda impresso direttamente nel vetro, per garantire la massima trasparenza
del prodotto di colore rosso elettrico, simbolo della manipolazione umana sulla natura. Oltre
alla straordinaria creazione della tipica bottiglietta di Campari, Depero effettuò molteplici
poster pubblicitari tutti dal indistinguibile stile, caratterizzati da molte geometrie, linee
brusche, angoli rigidi ma tutti con colori sgargianti, e soprattutto curati anche nell’aspetto
tipografico, scegliendo caratteri particolarmente moderni per il tempo. Per lo stesso Depero“
l’arte deve marciare di pari passo all’industria, alla scienza, la politica, la moda del tempo,
glorificandole “, e continua “ l’arte della pubblicità è un’arte decisamente colorata, obbligata
la sintesi, un’arte giocosa, spavalda, esilarante, ottimista“.

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