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Riassunto EGIB - Ruozi R Economia della banca - Egea 2011

economia degli intermediari finanziari (Università degli Studi di Messina)

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ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO.

CAP. 1) L’ATTIVITA’ BANCARIA E LA BANCA.

1.1) La legge bancaria del 1936 e il principio di specializzazione per scadenze.

L’attività bancaria è molto antica. In Italia per avere un sistema bancario bisogna attendere
la legge bancaria del 1936, anno in cui risale la trasformazione della banca d’Italia da banca
di emissione in vera e propria banca centrale. I principi dell’attività bancaria sono imperniati
sulla raccolta dei mezzi finanziari attraverso i depositi bancari, i quali sono in larga parte
effettuati da cittadini senza una precisa conoscenza del rischio che corrono, e quindi tale
legge è intervenuta anche sulla tutela dei depositanti, la quale è massima quando la gestione
delle banche è corretta e prudente. La legge bancaria si preoccupa della stabilità delle
banche assicurando loro una condizione di liquidità. La liquidità era assicurata bilanciando
le scadenze delle operazioni attive con quelle delle operazioni passive. In base a tali
scadenze abbiamo due categorie di banche: 1)aziende ordinarie di credito: fanno operazioni
attive e passive entro i 18 mesi (breve termine); 2) istituti di credito speciale: operazioni
attive e passive superiore a 18 mesi (medio e lungo termine). Nell’immediato dopoguerra la
Banca d’Italia diviene organo di vigilanza e ha due categorie di funzioni: A) organo di
politica monetaria, governando in modo più o meno ampio la liquidità delle banche; B)
organo i vigilanza sul sistema bancario. L’attività di questo sistema non è libera ma
sottoposto ad autorizzazioni.

1.2) Il rapporto fiduciario tra depositante e banca.

Per capire l’attività bancaria , bisogna capire che le banche non operano isolatamente, ma in
stretto legame tra loro. Utilizzo da parte delle banche di un legame tecnico, che consente
alle varie banche di poter soddisfare le esigenze della propria clientela su diverse piazze.
Infatti il legame tecnico è anche motiva da elementi strettamente economici e finanziari, nel
senso che la domanda e l’offerta di operazioni bancarie attive e passive non sempre sono in
perfetto equilibrio presso le singole banche e quindi, quando appunto tale equilibrio non è
presente, le banche interessate possono utilizzare altre banche per raggiungere, attraverso
operazioni interbancarie di deposito o di prestito, equilibrio che da sole non riescono a
raggiungere. Essa infatti si basa su un elemento fondamentale che è quello della fiducia
della gente e delle banche amiche.

1.3) Concorrenza, liberalizzazione e direttive comunitarie: dal concetto di stabilità al


concetto di efficienza.

La situazione del mercato bancario italiano è stata a lungo caratterizzata da una bassa
concorrenzialità e, quindi, dalla presenza di un certo numero di banche mediamente poco
efficienti. Infatti, con lo sviluppo dei mercati internazionali si esigeva alla creazione di
intermediari finanziari sempre più complessi, più organizzati, più efficienti più
concorrenziali in grado di confrontarsi con le banche estere, che avevano cominciato ad
entrare nel nostro paese. Altro problema era quello della nascità di un mercato unico
europeo anche per le banche, quindi anche nell’ambito valutario le cose andavano

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cambiando. Per questo e per altri motivi il legislatore, verso la fine degli anni 80, emanò una
serie di provvedimenti ( legge Amato), che prevedeva la privatizzazione delle banche a
soggetto economico pubblico. Si iniziò imponendo alle banche l’assunzione di forme
giuridiche di diritto privato più consone al mutato contesto dei mercati. Infatti, oggi si cerca
di favorire un processo volto ad aumentare dimensioni medie delle banche italiane, ancora
molto al di sotto delle banche a noi concorrenti, che non ci consentono di essere competitivi.

1.4) Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia: la nuova definizione di
banca e di attività bancaria.

I base al Testo Unico l’attività bancaria è definita come quella costituita dalla raccolta del
risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito. Essa ha carattere d’ impresa e può
essere esercitata solo dalle banche. Il Testo Unico definisce in modo che cosa sia la raccolta
di risparmio, ossia l’ acquisizione di fondi con obbligo di rimborso sia sotto forma di
depositi sia in altra forma. Infatti la raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata a soggetti
diversi dalle banche. In termini economici, la banca è un’ azienda di produzione che svolge
sistematicamente, istituzionalmente e a proprio rischio un’ attività di intermediazione
finanziaria, utilizzando prevalentemente risorse finanziarie ottenute da terzi a titolo di debito
e in parte minore a titolo di capitale proprio. Pertanto la banca svolge in modo coordinato e
congiunto:1)una funzione di mobilizzazione delle risorse finanziarie;2)una funzione
creditizia, trasferendo risorse finanziarie a titolo di credito;3) una funzione monetari,
contribuendo all’offerta e alla circolazione della moneta con propri debiti particolari.

CAP. 2) LA VIGILANZA BANCARI

2.1) Le autorità creditizie: il CICR, il ministro dell’ Economia e delle Finanze, la


Banca d’ Italia.

Il Testo Unico stabilisce quelli che sono gli organi di autorità creditizia: il CICR, il ministro
dell’economia e delle finanze e la Banca d’ Italia. 1) Il CICR (comitato per interministeriale
per il credito e il risparmio): ha l’alta vigilanza su crediti e tutela del risparmio ed è
composto da: Ministro dell’economia e delle finanze, Ministro delle politiche agricole e
forestali, Ministro dei trasporti e Ministro delle politiche comunitarie. Alle sue riunioni
partecipa anche il governatore della Banca d’ Italia. Il direttore generale del Ministero dell’
economia e delle finanze svolge la funzione di segretario; 2) Ministro dell’ economia e delle
finanze che ha competenze stabilite dal testo unico e in casi urgenti sostituisce il CICR; 3) la
Banca d’Italia che esercita funzioni di vigilanza sul settore bancario e sulle singole banche,
emana regolamenti, impartisce istruzioni e adotta provvedimenti di carattere particolare.

2.2) La vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva.

La vigilanza assume tre aspetti fondamentali: la vigilanza informativa, regolamentare e


ispettiva. La vigilanza informativa consiste nel fatto che le banche sono tenute ad inviare
alla Banca d’ Italia tutte le informazioni richieste e le segnalazioni periodiche e i bilanci. La
vigilanza regolamentare prevede che la Banca d’ Italia, in conformità con il CICR emani
disposizioni riguardo: patrimonio, contenimento del rischio, partecipazioni detenibili e l’
organizzazione amministrativa e contabile. La vigilanza ispettiva consiste nel fatto che la

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Banca d’ Italia può effettuare ispezioni presso le banche, ispezioni di qualunque tipo, che
nel passato aveva solo funzione di controllo, mentre oggi ha anche una funzione consultiva,
volta ad aiutare le banche a risolvere particolari problemi.

2.3.1) La vigilanza regolamentare: i controlli all’ entrata.

Questo tipo di vigilanza presuppone delle regole che riguardano i requisiti necessari per l’
esercizio dell’attività bancaria. Vengono così definiti “controlli all’ entrata”. Queste regole
prevedono, innanzitutto, che per esercitare l’attività bancaria, le banche devono essere
iscritte in un apposito albo presso la Banca d’ Itali che autorizza le iscrizioni quando si
presentano determinate condizioni: 1) che sia adottata la forma giuridica di SPA o di società
cooperativa per azioni a responsabilità limitata; 2) che il capitale versato sia di ammontare
non inferiore a quello stabilito dalla Banca di Italia (6,3 mln di euro per SPA e di 2 mln di
euro per SCARL ); 3) che venga presentato un programma dell’ attività iniziale con l’ atto
costitutivo e lo statuto; 4) i partecipanti al capitale abbiano i requisiti di onorabilità previsti
dal testo unico; 4) anche i soggetti che svolgono le funzioni di amministrazione, direzione e
controllo abbiano i requisiti di onorabilità previsti dal testo unico. Le partecipazioni che
comportano il controllo della banca sono soggette ad autorizzazione preventiva della Banca
d’ Italia. I soggetti che svolgono in misura rilevante attività d’ impresa non possono
superare la quota di partecipazione del 15% del capitale sociale della banca.

2.3.2) La scelta della forma giuridica.

Ci sono due soluzioni per la scelta della forma giuridica: SPA o SCARL (la società
cooperativa per azioni a responsabilità limitata si può dividere a sua volta in banca popolare
e in banca di credito cooperativo). Gli elementi che caratterizzano la scelta della forma
giuridica sono quattro: 1) se la dimensione del capitale della banca è elevato; 2) se il numero
dei soci è limitato; 3) se il grado di concentrazione del capitale è elevato; 4) se l’ obbiettivo
dell’ azienda è il perseguimento del profitto. Quando la dimensione della banca è elevata, il
numero dei soci limitato, il grado di concentrazione del capitale è elevato e l’ obbiettivo
dell’azienda è il perseguimento di un congruo profitto si ha la SPA, mentre, quando si
presenta tutto l’ opposto ci si trova di fronte ad una società cooperativa per azioni a
responsabilità limitata.

2.3.3) Possibili trasformazioni societarie.

Le trasformazioni societarie sono poche numerose e comunque dettate da eventi straordinari


della vita della azienda. Il caso più frequente è quello del passaggio da Banca popolare a
SPA. Ciò si verifica in due casi: 1) quando esse si trovano in difficoltà e cercano un partner
che rilevi il capitale e apporti nuove risorse finanziarie; 2) quando decide di entrare in un
gruppo bancario guidato da un’ altra banca e i suoi soci hanno deciso di cedere parte delle
proprie azioni a tale banca capogruppo. Comunque sia in entrambi i casi la banca o il
gruppo bancario che interviene nell’ operazione vogliono assumere il ruolo dell’ azionista di
maggioranza e quindi di controllo. Per quanto riguarda invece le banche di credito
cooperativo, già presenti da molto tempo sul mercato, queste tendono a trasformarsi in
banche popolari, per il fatto che non cambiano forma giuridica, pur modificando le relative
regole che consentono maggiori e migliori possibilità operative. Esse non scelgono la

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trasformazione SPA, anche perché non è gradita all’ organo di vigilanza, che preferisce
mantenerle nell’ orbita del sistema cooperativo.

2.3.4) La vigilanza prudenziale: i coefficienti patrimoniali.

Adottare una particolare forma giuridica impone il rispetto di regole ben precise (vigilanza
prudenziale) che mirano ad assicurare una gestione bancaria a rischio controllato. Sono state
poste, cosi, regole entro le quali la gestione bancaria dovrebbe essere sufficientemente
prudente nel tutelare in modo adeguato i creditori e depositanti. Le norme di vigilanza
prudenziale sono rappresentate dai cosiddetti coefficienti patrimoniali minimi obbligatori.
Importante è il coefficiente di solvibilità che prevede, che il patrimonio delle banche debba
rappresentare almeno l’ 8% del complesso dei crediti di cassa e di firma erogati delle stesse
banche assunti in base al loro valore ponderato. Il rischio di credito viene misurato in due
modi: Metodo standard e IRB. Il primo prevede una struttura simile a quella del coefficiente
di solvibilità, con l’ importante differenza fondata sulle ponderazioni su reting dei prenditori
offerti da società specializzate. Nel metodo IRB, le ponderazioni sono invece basate su
reting interni delle banche il cui obiettivo è quello di pervenire ad un sistema di misurazione
del rischio volto ad inquadrare non solo la probabilità di insolvenza ma anche altre variabili
(entità di perdita in caso di insolvenza, la scadenza del finanziamento e il grado di
concentrazione del portafoglio, etc.).
2.3.5) La vigilanza protettiva e la fair play regulation.

L’ attività di vigilanza condotta sull’ attività bancaria si completa con due strumenti
denominati di vigilanza protettiva e di fair play regulation. Il primo è interesse degli organi
di controllo minimizzare le esternalità negative che si potrebbero verificare in caso di
insolvenza di una banca. Questo è volto a tutelare i depositanti, il cui credito nei confronti
delle banche in difficoltà è garantito da un sistema di protezione a cui tutte le banche
devono obbligatoriamente partecipare (FONDO INTERBANCARIO DI TUTELA DEI
DEPOSITI). Gli strumenti di fair play regulation sono riconducibili all’ esigenza di
garantire un’adeguata trasparenza del mercato dei servizi finanziari. Gli strumenti
predisposti a tale scopo sono di diversa natura e riguardano, da un lato , gli obblighi
informativi nei confronti della clientela e, dall’altro, le norme di comportamento nei
confronti della stessa. In relazione ai primi, tutte le informazioni in genere devono essere
divulgate presso i luoghi aperti al pubblico, in modo da garantire la massima trasparenza
sulle condizioni contrattuali con la clientela. Tra gli strumenti di secondo tipo rientrano,
invece quelli finalizzati a garantire la correttezza dei comportamenti, con particolare
riferimento alla disciplina dei conflitti d’interesse, il quale sorge ogni volta che gli interesse
del cliente sono in contrapposizione con quelli della banca o con quelli di altro cliente
dotato di un potere contrattuale più forte.

2.4) l’attività ispettiva.

L’attività ispettiva si basa sul potere che la Banca d’Italia ha, di effettuare ispezioni presso
le altre banche. Esiste infatti un corpo di ispettori che su ordine del governatore, si recano a
fare ispezioni in via ordinaria e in via straordinaria. In via ordinaria le banche italiane sono
ispezionate ogni dieci anni. In via straordinaria vengono ispezionate ogni qualvolta si
verificano fatti preoccupanti. Le ispezioni riguardano tutte le attività della banca e

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impegnano numerosi ispettori, anche per diversi mesi. Le ispezioni possono anche essere
finalizzate per conoscere e controllare parti specifici. Sono frequenti, per esempio, quando
entra in vigore una normativa sull’attività bancaria e si vuole controllare se e come viene
applicata.

3.1 Uno La coerenza tra la gamma delle attività da svolgere e la forma organizzativa
da adottare: banca universale e gruppo bancario.

Le banche di fronte alle prospettive operative offerte dal testo unico, devono elaborare la
scelta delle attività da svolgere e la relativa forma organizzativa da adottare. Storicamente la
gamma di attività che le banche italiane sono state autorizzate a svolgere è stata piuttosto
limitata, con l'emanazione del testo unico, ha gamma di attività si è ampliata in misura
significativa. Ciò non significa che tutte le banche di una certa dimensione debbano
svolgere tutte le attività previste dal testo unico, infatti ad alcune di queste potranno non
interessare alcune attività. La scelta, ancora una volta, sarà dettata dalle dimensioni, dalla
zona 1 azione, dalle caratteristiche della clientela, dal posizionamento nel mercato, dal tipo
di concorrenza ecc.. Una volta decisa la gamma e il mix di attività che si intendono svolgere
la banca deve decidere la formula organizzativa da assumere: 1) banca universale; 2) gruppo
bancario.

3.2 il gruppo bancario: struttura e caratteristiche

Fino all'entrata in vigore del testo unico, il gruppo bancario era un'entità non ben definita, il
testo unico a invece è stabilito con precisione le caratteristiche del gruppo bancario, che può
essere composto da: a) una banca capogruppo; b) una società finanziaria capogruppo. Le
norme hanno stabilito che, affinché una società finanziaria possa essere considerata
capogruppo, e necessario che nel insieme delle società da essa controllate abbiano rilevanza
determinante quelle esercenti attività bancaria, finanziaria e strumentale. Un gruppo avente
come capogruppo una società finanziaria è considerato "creditizio" se la somma degli attivi
delle banche e delle loro controllate bancarie, finanziarie e strumentali e almeno pari al 50%
dell'attivo globale del gruppo. I gruppi bancari sono iscritti in un apposito a non ho tenuto
dalla Banca d'Italia e su di essi quest'ultima esercita una particolare forma di vigilanza di
tempo potenziale, definita su base consolidata.

3.3 la scelta della forma organizzativa adeguata

La formula della banca universale e quella più semplice, più lineare e forse anche più
economica, nel senso che non implica una serie di inevitabili duplicazioni di costi. Una
banca di tipo universale assicura anche una puntuale e organica unità di comando, dato che
le varie direzioni operative e rispondono tutte a un unico organismo decisionale. Ad oggi
non si riesce ancora ad assumere una mentalità moderna tale da consentire un attuarsi di
nuove attività la struttura bancaria tradizionale prevale ancora su quella innovativa e la sta
in qualche modo schiacciando, tanto che alcune banche stanno già pensando di scorporate
nuovamente le attività non tradizionali. Sono cambiati i limiti temporali passando a breve
termine al medio e lungo termine, in materia di prestiti alla clientela. Questo significa
maggiore attenzione nell'analisi finanziaria e patrimoniale dei clienti. Le obiettive difficoltà

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nella trasformazione delle banche tradizionali in banche universali, hanno in molti casi
consigliato la formula organizzativa del gruppo bancario. Ciò non significa che il gruppo
bancario sia di più facile gestione, bisogna saper coordinare in questo caso le varie unità
operative la distinzione fra banca universale e il gruppo bancario fatta in teoria risulta molto
sfumata nella pratica. Le minime differenze che esistono fra banca universale e il gruppo
bancario, creano una sede di situazioni particolari in cui, ci sono banche che assomigliano
come forma organizzativa, ha la banca universale, ma svolgono loro malgrado un'attività
simile a quella del gruppo bancario. La scelta è obbligata per quanto riguarda invece le
banche di piccole dimensioni, queste non possono essere banche universali, ne possono
costituirsi in gruppo bancario. Le banche di piccola dimensione, in genere, adotteranno una
struttura una organizzativa che prevede lo svolgimento improprio di un certo numero di
attività, avvalendosi insieme ad altre banche di società partecipate, specializzate nelle
singole attività non svolte improprio. Per le banche di piccole dimensioni si pone del resto
un problema, quello di decidere se svolgere un'attività, ero un prodotto specifico,
personalmente oppure avvalersi di un aiuto esterno. Oggi sono sempre più frequenti gli
accordi fra banche, questa situazione si può definire moderna visto che prima questi accordi
non erano molto usuali.

3.4 struttura organizzativa interna

un come già noto, le banche svolgono un'attività di collegamento fra operatori che offrono
risorse finanziarie e coloro che invece richiedono tali risorse. Ivi a mente, questa funzione
può essere scomposta in una fase di raccolta delle risorse, e una fase di investimento.
L'attività delle banche non si esaurisce tuttavia solo con questa funzione, infatti realizzata
anche una trasformazione qualitativa dei fondi, rendendoli idonei a soddisfare le varie
esigenze della domanda e dell'offerta, ponendosi come debitrice nei riguardi dei depositanti
e come creditrice nei riguardi dei mutuatari. Il loro ruolo risulta accresciuto dalla particolare
funzione delle passività bancarie, queste ultime, infatti, tramite strumenti idonei, come gli
assegni bancari, consentono di realizzare quella che viene definita come la funzione
monetaria. Questa funzione trova la sua concreta realizzazione nel momento in cui i debiti
bancari vengono accettati da gli operatori come mezzi di pagamento, confidando sempre
nella capacità delle banche di convertirli in qualsiasi momento in moneta legale. Queste
sono le cosiddette funzioni tipiche, funzioni che vengono affiancate dalle cosiddette
funzioni di supporto, non meno importanti. Tutte le funzioni svolte da una banca, prevedono
un intenso e continua rapporto con il pubblico. Non avrebbe ragione di esistere una funzione
bancaria, se la stessa non riuscisse a stabilire un rapporto duraturo di raccolta delle
risparmio familiare.

3.5 l'articolazione territoriale e la politica di sportelli

La rete territoriale svolgere un'indispensabile funzione di contatto con il pubblico anche per
ciò che riguarda i molteplici aspetti dell'attività di finanziamento, serve a raccogliere risorse
finanziarie contemporaneamente in varie zone operative. Le unità territoriali che svolgono

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le operazioni bancarie sono denominate "sportelli" e la loro distribuzione geografica


configura l'articolazione territoriale della banca. Le scelte territoriali delle banche sono state
sempre condizionate dall'autorità di vigilanza, tuttavia oggi c'è molta libertà al riguardo.
Infatti le autorità di vigilanza si riservano la possibilità di esprimere un giudizio ostativo per
i nuovi insediamenti, cercando di far rispettare una coerenza politica di espansione
territoriale. All'interno dell'autonomia concessa dalla Banca d'Italia, bisogna comunque
affrontare due problemi e cioè: dove collocare di sportelli; e le funzioni da attribuire di
sportelli. Per il primo si cerca di collocare gli sportelli in luoghi che offrono elevate
possibilità di contatto con il pubblico, si spiegherebbe così la tendenza a privilegiare luoghi
con elevata intensità di movimento. Per quanto riguarda le funzioni che gli sportelli possono
svolgere, queste dipendono dalla classificazione stessa dello sportello, e cioè dalla sua
grandezza, e dalla sua autonomia rispetto alla sede centrale. Gli sportelli di grandi
dimensioni possono infatti offrire ampi servizi e hanno ampia autonomia operativa e
decisionale; ci sono poi sportelli che nonostante abbiano un'ampia autonomia decisionale
offrono una gamma di servizi limitata, in questo caso parliamo di sportelli dedicati a
segmenti di clientela particolare (famiglie con patrimoni con redditi molto alti); sportelli con
ampia gamma di servizi, ma limitata autonomia; gli sportelli aziendali caratterizzati da
limitata ad gamma di servizi e limitata autonomia. In ultimamente si è sviluppata una
crescente apertura dei cosiddetti sportelli leggeri, sono sportelli che hanno pochissime
funzioni, ma che hanno la facoltà di avvicinare molte famiglie che altrimenti non avrebbero
conosciuto la banca in questione. È stato infatti studiato che le famiglie nello scegliere la
loro banca, considerano come primo elemento la vicinanza alla loro abitazione. Nell'era
moderna per di più è possibile entrare in contatto con la banca sia per via telefonica che
tramite Internet parliamo infatti di home banking e virtual banking, con le quali il cliente
non solo viene a contatto con la propria banca, ma può effettuare anche le operazioni di
routine, che altrimenti dovrebbe effettuare recandosi nella sua filiale. Per rendersi conto
della portata del fenomeno Internet sull'industria bancaria, è sufficiente osservare la
presenza di alcune banche "telematiche", in questo caso infatti la banca esiste solo tramite
rete. Molto spesso però, delle banche tradizionali decidono di aprire un canale telematico, in
questo caso potrà capitare che, invece di attirare nuova clientela, non fanno altro che
spostare la clientela del canale tradizionale verso il canale telematico.

4 la raccolta delle risorse finanziarie

L'esercizio delle funzioni di intermediazione finanziaria e monetaria presuppone che la


banca disponga di risorse finanziarie adeguate sia quantitativamente sia qualitativamente.
L'obiettivo quantitativo della politica della raccolta è solitamente in termini assoluti
indispensabile nelle prime fasi di vita di una banca, successivamente servono per essere
ammessi in vari progetti ed essere credibili nel circuito dei pagamenti. Solo
successivamente i flussi sono considerati modo relativo, intesi come flussi calcolati rispetto
ai volumi di periodi precedenti.

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4.1 gli obbiettivi quantitativi di della politica di raccolta

È ovvio che questi obiettivi siano sempre mirati all'aumento, ma oggi non è più come una
volta, quando le banche erano l'unico obiettivo di raccolta delle famiglie. Con il passare del
tempo e con l'aumento dell'efficienza del mercato finanziario la quota di risorse finanziarie
investita in passività emesse dalle banche sia nata riducendo in termini di flussi. Allora in
questo caso diventano molti importanti i obiettivi generali del loro soggetto economico, la
qualità del loro management e della loro struttura organizzativa, la loro situazione
economica e patrimoniale, la loro dimensione, le caratteristiche sociali ed economiche della
zona in cui operano, comprese quelle del mercato finanziario. La politica di raccolta può
essere orientata sotto due aspetti fondamentali, in particolar modo a seconda che il
proprietario voglia tenere la banca per un termine lungo, oppure voglia cederla a breve
termine. Nel secondo caso tenderà ad attuare una politica di raccolta molto veloce, anche se
dovrà spendere molto denaro, disinteressandosi di quello che succederà dopo la cessione
della banca. Nel primo caso invece il soggetto che intende tenere la proprietà della banca
per lungo termine, sarà molto più accurato nella fase di raccolta, cercando di spendere
quanto meno possibile per quest'attività. La dimensione delle banche in questo caso è molto
importante, banche di piccole dimensioni sono spessore legate ai margini di questi mercati e
possono puntare molto sullo sviluppo della raccolta da clientela. Infatti negli ultimi anni
l'evoluzione del nostro sistema bancario ha portato a ridurre il divario dimensionale, si è
misurato dalla raccolta da clientela, quasi a zero. È ovvio che le dimensioni fanno sempre la
differenza, per motivi che vedremo più avanti.

4.2 le caratteristiche socioeconomiche della zona d'azione della banca

Il territorio di operatività delle banche si caratterizza in modo assai vario dal punto di vista
economico e sociale e condiziona pesantemente la politica della raccolta e i suoi obiettivi
generali e specifici. Le condizioni socioeconomiche della zona, determinano la propensione
o meno al risparmio della clientela, così ci saranno zone in cui gli sportelli e raccoglieranno
più di quanto nelle loro possibilità, ed altri invece al contrario. Le condizioni
socioeconomiche possono cambiare, mutando così la propensione alla raccolta o meno
anche nel breve periodo. Il nostro paese è stato caratterizzato da sviluppi molto intensi e
anche molto rapidi, ciò nonostante, il grado di efficienza e di competitività dei singoli
segmenti di mercato in cui operano le singole banche varie ancora molto da un caso all'altro.
Attualmente il livello medio di integrazione è aumentato molto, quindi efficienza e
competitività sono molto maggiori di quelle di un tempo, ma non ancora a un livello
assolutamente omogeneo.

4.3 i obiettivi qualitativi della politica di raccolta

Dopo aver fissato gli obbiettivi quantitativi, le banche possono raccogliere risorse
finanziarie in vari modi e utilizzando varie forme tecniche: la raccolta diretta, sviluppata
attraverso depositi di vario tipo obbligazioni, azioni di altra natura; e la raccolta indiretta,
tale raccolta prevede investimenti che non rientrano nel bilancio della banca, a differenza di
quelli diretti, ne tantomeno il conto economico, ma alimentano lo stesso conto economico
attraverso il delle commissioni che la banca percepisce per il servizio prestato. Una varietà

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di forme tecniche, sono dovute al desiderio delle banche di disporre di una gamma più
ampia possibile e diversificata di forme per la raccolta, in modo tale da poter soddisfare
quanta più clientela è possibile. Essi incidono anche diversamente sulla liquidità della banca
e la loro diversa combinazione influisce sulla stabilità della massa raccolta e sulla sua
elasticità rispetto all'andamento dei tassi di interesse.

4.4 il grado di stabilità e di elasticità della raccolta

Le banche a parità di altre condizioni, contano molto sulla possibilità di raggiungere


obbiettivi quantitativi e soprattutto qualitativi della raccolta, che assicurino il massimo della
stabilità e dell'elasticità della stessa raccolta. Una raccolta stabile e infatti gestibile molto più
facilmente rispetto ad una instabile. Una massa instabile causano problemi più che altro per
il tempo che egli si deve dedicare terre soddisfarla. Dato quindi che una raccolta stabile è
preferibile rispetto ad una instabile e necessario chiarire come la stabilità possa essere
combinata con l'elasticità della raccolta, ossia la sua capacità di adattarsi alle mutevoli
condizioni interne ed esterne che possono esigere ho comunque rendere convenienti e
opportuni i cambiamenti di investimenti, ciò deve avvenire in modo rapido. non è detto che
una massa stabile sia elastica. L'elasticità è una componente necessaria affinché la raccolta
possa essere stabile. Sia la stabilità che l'elasticità possono essere perseguite tramite due
principi quello dei grandi numeri e della massima diversificazione; il primo implica che
occorre frazionare a un massimo il numero dei rapporti di clientela rendendo così la raccolta
globale in più svincolata dalle decisioni di ciascuno di essi. Stesse considerazioni valgono
per la massima diversificazione. Queste considerazioni sono vera e in un ambiente stabile,
quando l'ambiente invece a un'inflazione instabile, è possibile ovviare a questa situazione
tramite investimenti a breve termine, lasciando quelli a medio e lungo termine perché è
troppo rischiosi. Per aumentare l'elasticità di una raccolta, è opportuno che la gestione della
banca sia in grado di cambiare in corso d'opera, varie operazioni cercando di tutelare quanto
più possibile il capitale. Anche la tassazione su questi strumenti finanziari ha condizionato
molto il loro utilizzo e i loro sviluppo, tant'è vero che sia quando i prodotti a medio termine
erano quelli più convenienti a livello di tassazione, erano anche i prodotti più comuni, oggi
invece che la tassazione è uguale per tutti, le banche non hanno dovuto fare altro che di
lottare di investimenti dei clienti sul prodotto più in voga al momento. Un elemento che
bisogna tener presente quando si affidano capitali ad una banca, è la solvibilità a lungo
termine della banca stessa, questo distingue infatti due categorie di clienti quelli che
controllano e quelli che invece non lo fanno. L'esperienza insegna che le banche che
finiscono in difficoltà, specialmente quelle che si avviano all'insolvenza, sono quelle che
offrono le migliori condizioni su piazza.

4.5 le passività bancarie con funzioni di investimento

Ci troviamo di fronte a due componenti fondamentali, il rendimento periodico,


rappresentato da frutti sul capitale investito per civili di solito su base periodica, e il
guadagno in conto capitale, percepito al momento della liquidazione. La possibilità di
guidare l'investimento può essere prefissata ad una data determinata ho stabilita in un
intervallo di tempo prefissato, ma in questo lasso di tempo la scelta del consumatore deve

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essere molto elastica a seconda delle sue esigenze. E se queste condizioni si può dire che
esiste una relazione diretta fra livello dei rendimenti delle passività bancarie e volumi di
raccolta delle stesse. Sono tanti elementi che ostacolano una banca, tra questi ci sono alcuni
che non dipendono dalla banca, mentre altri sono dovuti a delle sue decisioni. Fra i primi
troviamo in particolar modo la concorrenza delle altre banche, per i secondi invece parliamo
delle decisioni della banca riguardante l'aumento dei rendimenti. La banca può aumentare o
diminuire le remunerazioni di una certa passività, variando il differenziale che è
inversamente proporzionale alla remunerazione oppure, cambiando la base, agganciandosi
ad un tasso differente. Queste modifiche poi hanno significato differente a seconda che si
parli di breve ho lungo periodo nel primo infatti i risultati saranno più immediati, nel
secondo caso invece occorre molta cautela visto il periodo più lungo e più pericoloso.
Risolte problema dei rendimenti possiamo fare qualche accenno per quanto riguarda il
raggiungimento degli obiettivi quantitativi di raccolta, la politica è questo caso deve essere
rivolta sia agli individui già clienti della banca, che ai nuovi clienti. Tre vari rischi che
bisogna valutare c'è quello di insolvenza della banca, sull'insolvenza influiscono anche
elementi che sfuggono dal controllo della banca stessa, come potrebbe essere un crollo a
catena dovuto ai vari sistemi di garanzia collettiva che le banche si forniscono tra di loro. In
questo caso la tecnica bancaria ha inventato dei metodi di riparo da queste situazioni,
creando operazioni di copertura di varia natura.

4.6 le passività bancarie con funzioni di servizio

La seconda categoria di passività bancarie svolge essenzialmente una funzione di servizio e


monetario.
In questo caso infatti il rendimento non è un punto fondamentale, molto spesso è addirittura
non previsto, è il caso tipico dei depositi in conto corrente, questi svolgono il servizio di
mezzo di pagamento mettendo a disposizione clienti assegni bancari, magnifici e altre forme
tecniche. Il cliente della banca ricerca dunque l'efficienza del servizio e la sua economicità
anche se questi non porta remunerazioni.

4.7 la rete distributiva della banca

Nelle situazioni migliori dal punto di vista organizzativo, la rete degli sportelli è
strettamente collegata a quella dei promotori, onde evitare pericolose sovrapposizioni ho
addirittura spiacevole attività concorrenziale interne. La differenza fra i due e che i
promotori oltre a lavorare nei propri uffici, possono anche lavorare a domicilio
differentemente dallo sportello. La principale attività di tutti questi sportelli è quella di
gestione della clientela già acquisita. Ai fini della raccolta occorre invece concentrarsi su di
sportelli classici e si promotori. Molto spesso non è opportuno aumentare gli sportelli
oppure i promotori, perché questi comporta dei costi aggiuntivi, lo si fa solo quando si è
effettivamente convinti che questi portino un mare remunerazione economica maggiore ai

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costi. Le considerazioni da fare sull'apertura dello sportello sono sempre le stesse, spaziano
dalla collocazione geografica, l'adesione di popolazione, la vicinanza alla sede centrale
eccetera eccetera. Bisogna tener presente che ovviamente e più agevolata l'apertura di nuovi
sportelli da parte di una banca che possiede una buona quota di mercato, questa quota può
essere aumentata tramite varie strategie di marketing.

5 le forme tecniche di raccolta delle risorse finanziarie

5.1 la classificazione dei gli strumenti di raccolta: strumenti personalizzati in titoli,


strumenti di raccolta diretta e indiretta

Da un lato un analizzeremmo le forme tecniche dette personalizzate, si tratta cioè di


operazioni che si rivolgono ai singoli clienti attuali e potenziali, il suddetto contatto diretto
con il cliente, prevede di tagliare su misura per lui almeno le principali condizioni
dell'investimento. Dall'altro lato invece a analizzeremmo le forme tecniche che trascinano
totalmente dal cliente, e offrono condizioni uguali per tutti gli operatori. In particolar modo
nella raccolta nonna personalizzata rientrano tutte le forme di raccolta bancaria che si
sostanziano in valori mobiliari. Per quanto riguarda le forme di raccolta diretta e indiretta, le
prime danno luogo ad un rapporto fra cliente banca, che prevede delle attività e delle
passività sia nel bilancio dell'uno che dell'altra. Quelle indirette invece danno luogo ad un
rapporto di servizio che non prevede annotazioni nei bilanci né della banca nelle cliente, ma
dei compensi misurati era il servizio svolto.

5.2 i libretti di deposito a risparmio. Libretti nominativi e al portatore

Parlando dei depositi a risparmio possiamo introdurre il discorso del libretto di deposito a
risparmio che può essere di due tipi nominativo ho al portatore. Su questo libretto devono
essere annotati tutti i le operazioni di versamento e prelevamento. I libretto nominativo e
intestato ad un nome, in questo caso le somme depositate sono pagabili unicamente
all'intestatario del libretto o ai suoi eredi ho un legittimo rappresentante. I libretto
nominativo non è trasferibile, solo il credito relativo può essere trasferito al titolo oneroso o
gratuito. Questi libretti possono essere alimentati tramite versamenti sia di contante che di
assegni bancari o circolari. Il secondo tipo di libretto, era presentato dal diritto a riscuotere il
denaro da possessore come tale libretti di risparmio al portatore a differenza di quelli
nominativi possono essere alimentati solo da versamenti in contanti. La banca si informa
sulle condizioni il cliente ha l'apertura e alla chiusura di un libretto quando le somme sono
superiori a € 10.329. I libretti elencati precedentemente possono essere utilizzati unicamente
presso lo sportello della banca che hai messi libretto salvo nel caso dei cosiddetti libretti
circolari di risparmio. I tassi d'interesse, i prezzi delle altre condizioni relative depositi a
risparmio vengono negoziate liberamente fra banca e cliente nell'ambito degli estremi
minimi massimi.

5.3 i depositi a risparmio liberi e vincolati

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I depositi a risparmio si dividono in due grandi categorie liberi e vincolati. I primi sono tra i
più diffusi, non sono previsti per essi norme restrittive in merito l'ammontare dei singoli
versamenti, l'unica eccezione in proposito riguarda i libretti di risparmio al portatore i quali,
come già ricordato, non possono superare l'importo di € 10.329. La banca in determinate
circostanze, in presenza di clientela conosciuta e caratterizzata da una buona affidabilità,
può concedere al cliente la possibilità di prelevare somme superiori al saldo disponibile sul
conto. I depositi a risparmio vincolati, sono invece depositi per i quali il cliente si impegna a
non eseguire operazioni di prelevamento prima del termine convenuto. I periodi vanno dai
tre le ai diciotto mesi e la massa dei depositi soggetta a vincolo non subisce profonde e
improvvise fluttuazioni. Questo perché le banche possono fare sicuro affinamento sulla
prolungata disponibilità del denaro versato. Ovviamente i depositi a risparmio vincolati
hanno interessi più alti di quelli liberi.

5.4 i certificati di deposito: a breve e a medio-lungo termine, in euro e in valuta

I certificati di deposito hanno in un certo senso sostituito il deposito a risparmio vincolato,


l'elemento di maggiore differenziazione rispetto alle altre forme di raccolta era presentato
dal fatto che i certificati di deposito sono soggetti al rischio di mancato totale rimborso del
capitale in caso di liquidazione anticipata da parte del depositante. I certificati di deposito
costituiscono titoli individuali, visto che ogni titolo, rappresentando una specifica
operazione di prestito può essere messo anche su richiesta del singolo cliente. L'esposizione
alla rischio di liquidità deriva dalla normativa che vieta alle banche emittenti il rimborso
anticipato. I certificati di deposito sono titoli destinati alla circolazione e come tale devono
possedere caratteristiche che ne agevolino l'individuazione da parte del pubblico più
precisamente devono indicare la denominazione, il capitale sociale della banca versato, e il
valore nominale. I certificati di deposito hanno durata non inferiore a tre mesi e non
superiore 5 anni. Prima i CD a medio termine erano in meglio remunerati, oggi invece
vengono remunerati tutti allo stesso modo. I CD possono essere messi anche in valuta la
differente dall'euro. In questo caso però i rendimenti di questi i CD non saranno ancorati al
mercato domestico, ma al mercato di origine delle singole valute nelle quali sono stati
effettuati.

5.5 i pronti contro termine

I pronti contro termine, sono stati considerati per vari anni metodi di raccolta indiretta,
recentemente invece, accolti fra quelli diretti rientrano come tali dello Stato patrimoniale
delle banche e dei clienti. Le operazioni pronti contro termine consistono in: un soggetto
vende a pronti alla banca una determinata quantità dei titoli e contemporaneamente si
impegna a riacquistare, al termine convenuto e dalla medesima banca, un pari quantitativo
dei titoli della stessa specie a un prezzo stabilito. Con questo metodo le banche raggiungono
i loro obiettivo di raccolta di fondi, i clienti invece dalla parte loro acquistando in titoli ad
un prezzo inferiore a pronti rispetto a quello concordato per la cessione, realizzano i propri
obiettivi economici lucrando la differenza. La durata del contratto è generalmente di uno o
due mesi e non è ammessa l'estinzione anticipata.

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5.6 le operazioni di raccolta indiretta: i servizi di amministrazione e questo odia dei


titoli e le gestioni patrimoniali

Le operazioni di raccolta indiretta non possono essere assimilate ai depositi in quanto, non
danno luogo a rapporti in cui la banca si costituisce debitrice nei confronti della depositante
mediante l'emissione di proprie passività finanziarie. Più propria mente e se rientrano
nell'ambito delle attività di intermediazione e di consulenza mobiliare svolta dalle banche.
Fra tali forme di raccolta un ruolo di grande importanza e svolto dalle operazioni di
investimento in titoli effettuate dalla clientela e accompagnate da un servizio di custodia e di
amministrazione degli stessi. Strettamente connesse con le operazioni di raccolta indiretta
sono le attività e che si concentrano nella stipula di particolare contratti di gestione di
patrimoni della propria clientela. Mediante tali contratti il cliente affida la banca una data
somma di denaro con l'incarico di investirla in altri valori per l'ottenimento di un adeguato
risultato reddituale. Tale risultato sarà costituito dai gli interessi e dai dividendi incassati,
nonché dagli eventuali guadagni in conto capitale realizzati. La banca per il servizio prestato
percepisce una provvigione, generalmente commisurata all'ammontare del patrimonio
gestito invariabile secondo l'orientamento in termini di investimenti dato al patrimonio del
cliente.

5.7 la raccolta attraverso i conti correnti di corrispondenza

Introduce amo il conto corrente di corrispondenza, è un contratto con cui una banca si
impegna a svolgere tutti gli incarichi e le operazioni che, nei limiti contrattuali e di uso, le
saranno affidati da cliente, come paramenti a terzi, riscossione di crediti cambiari e ordinari,
ch'io conti e via dicendo. Le somme riscosse o pagate dalla banca in esecuzione degli
incarichi che le vengono affidati da cliente vengono accreditate ho addebitate in conto al
cliente medesimo, solitamente mediante comunicazioni scritte. I conti correnti di
corrispondenza, sono detti conti correnti passivi perché in questo caso, è la banca che ha un
debito nei confronti del cliente. Può accadere che gli stessi conti non siano sempre passivi,
ciò avviene quando la banca compie paramenti senza avere in tutto o in parte i fondi
necessari, che vengono anticipati al cliente. Questo è uno dei motivi fondamentali
dell'apertura di un conto corrente di corrispondenza. Si mentre l'apertura di un deposito a
risparmio può essere concessa a chiunque uccida, l'apertura di un conto corrente può essere
concessa solo a chi dimostra di essere potenzialmente affidabile.

5.8 conti correnti e gestione bancaria

Quanto più elevata è la percentuale di aziende che si avvale del conto corrente per effettuare
i propri pagamenti, tanto maggiore diviene la probabilità che possessori di assegni emessi da
terzi non richiedono la banca la conversione in moneta legale, ma, essendo intestatario di un
conto, ne chiedano piuttosto l'accreditamento sul medesimo. In sostanza la diffusione dei
conti correnti e l'uso dell'assegno bancario hanno l'effetto di rendere più stabile e la massa
dei conti correnti, perché aumenta la probabilità che si verifichino compensazioni interne tra
operazioni di opposto segno.

5.9 caratteristiche giuridico tecniche dei conti correnti

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Il conto corrente è un particolare tipo di contratto caratterizzato da due elementi permanenti


ed essenziali. Il primo elemento è quello di deposito bancario di denaro, per il quale la
banca si obbliga a ricevere il denaro che il cliente le versa e a trattenerne quello ricavato
dall'esecuzione degli incarichi di riscossione. Il secondo è invece costituito dal fatto che la
banca riceve dal correnti sta un mandato, in senso lato, in quanto assume l'obbligo di
eseguire gli incarichi che entro i limiti contrattuali o di uso il cliente le conferiva. Si ricorda
anche le banche prima i aprire qualunque conto, effettuano preventive indagini. I rapporti tra
la banca e l'intestatario del conto sono regolati dalle condizioni generali redatte
dall'associazione bancaria italiana e da clausole separatamente concordate per iscritto.

5.10 le operazioni di accredito e addebito

Le operazioni che vengono compiute trame del conto corrente bancario sono numerose e
complesse e si traducono in addebitamenti o accreditamenti del conto di addebitamenti
possono essere effettuati prelevando direttamente moneta legale presso la banca, ordinando
alla banca di pagare una determinata somma a una terza persona e autorizzando la banca ad
addebitare in conto l'importo corrente per l'esecuzione di altre operazioni che hanno luogo
con la banca stessa. Di accreditamenti invece, possono essere distinti in accreditamenti
originati da depositi in moneta legale e i accreditamenti effettuati per conto di terzi i quali
hanno disposto pagamenti in favore correnti sta. Questo avviene tramite assegni bancari o
assegni circolari a suo ordine, effettuando ordini di versamento o di pagamento ordine
rigido conto eccetera eccetera. Dal complesso e dalla varietà di addebitamenti ed egli
accreditamenti che determinano il movimento dei conti correnti di corrispondenza creditori
liberi, si comprende che esse uno strumento tecnico complicato, ma utile e funzionale.

5.11 gli effetti dei conti correnti sull'organizzazione dell'attività bancaria

L'estinzione del complesso di assegni di cui ogni banca è portatrice viene regolato attraverso
un sistema denominato BI-COMP, gestito dalla Banca d'Italia e composto da due sezioni, di
quella prima si occupa della compensazioni degli assegni bancari di importo superiore ai €
2582 ed egli assegni circolari di importo superiore ai € 10.329. Tutte le altre transazioni
sono gestite mediante una procedura automatizzata che è finalizzata a minimizzare il
trasferimento dei documenti cartacei pur rimanendo fondata su un sistema di
compensazione multilaterale. I rapporti di corrispondenza sono quelli che la banca istituisce
con altre banche, al fine di dare un regolamento prestabilito a determinate operazioni. Lo
svolgimento dell'attività bancaria da parte di una banca isolata dall'arresto del sistema è oggi
praticamente inconcepibile. Oggi i rapporti tra le varie banche sono talmente stretti che se
dovesse accadere che una banca entra in stato di crisi, ed è debitrice di un'altra banca magari
per somme cospicue, si scatenerà il cosiddetto effetto domino che abbraccerà tutte le
banche.

5.12 la liquidazione dei di interessi: estratto conto e staffa

Alato di ogni liquidazione, oltre di interessi, vengono addebitati al cliente correnti sta le
spese varie, di bolo postali, sostenute dalla banca per compiere le operazioni ordinate le.
Esistono vari principini come quello del massimo scoperto che avviene nel caso in cui la
banca conceda alla correnti sta un credito per elasticità di cassa. Viene applicata al suo

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massimo scoperto un particolare interesse da parte della banca. La banca India una
documentazione al cliente in genere in maniera trimestrale ho hanno male, detto estratto.. La
banca, può modificare i tassi d'interesse, i prezzi e le altre condizioni, anche in senso
sfavorevole al cliente, purché i media comunicazione scritta. Entro quindici giorni dal
ricevimento della comunicazione il cliente ha il dì più di recedere dal contratto senza
penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni
precedentemente in essere.

5.13 i conti abbinati a fondi comuni d'investimento

Molte forme di raccolta implicano il ricorso a prodotti misti, in grado di abbinare in un


unico rapporto di conto, il servizio di impiego del risparmio è quello di pagamento. Questi
prodotti nascono generalmente dall'unione di un conto corrente con un conto di
investimento alimentato. A lato dell'apertura di un conto misto e il cliente deposita una cifra
che trovò due diverse destinazioni: una parte in genere molto piccola destinata conto
corrente per essere utilizzata come strumento di gestione della liquidità; una seconda parte
viene invece destinata all'impiego in attività finanziarie
l'aspetto più interessante dei conti misti era presentato dalla possibilità, era il cliente, di
ottimizzare, sotto il profilo economico e finanziario, il proprio rapporto con la banca,
riducendo al minimo, e con tempestività, le giacenze di conto corrente in frutti se ho
caratterizzate da un rendimento limitato. Infatti, ogni volta che la giacenza liquida supera un
certo livello prefissato, viene effettuato d'investimento automatico in attività finanziarie,
mediante il prelevamento della liquidità in eccesso. Viceversa, ogni volta che la giacenza
scende al di sotto del limite prefissato, viene effettuato un disinvestimento tale da riportare
il saldo del conto corrente a livello desiderato.

6° Capitolo
6.2 La raccolta in titoli
In questo capitolo saranno esaminate le altre forme tecniche previste nel TU. Tali forme
sono riconducibili a strumenti di mercato mobiliare come obbligazioni di diverse categorie,
prestiti subordinati, i titoli rappresentativi del capitale proprio delle banche come le azioni.
6.3 Le obbligazioni ordinarie
Tali forme di obbligazioni si differenziano in base a:
Tipo di remunerazione offerta ai sottoscrittori; danno diritto al pagamento di un
interesse annuo (cedola) in misura fissa o variabile. Il pagamento di tali cedole è
semestrale. Da qualche anno si è diffusa la pratica di obbligazioni senza cedola
altrimenti dette “ Zero Coupon Bond”,ovvero che non prevedono pagamenti di
interessi periodici ma che hanno un differenziale elevato tra prezzo d’emissione e
prezzo di rimborso
Modalità di rimborso; avviene al valore nominale, ma l’importo da rimborsare può
essere corrisposto gradualmente o tutto alla scadenza.
Garanzie offerte; la banca non potendo emettere obbligazioni superiori al capitale o
in alcuni casi al proprio patrimonio, emette obbligazioni con garanzie chirografiche
ovvero la banca assicura la solvibilità col suo nome.

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6.4 Le obbligazioni convertibili o cum Warrant


Tali obbligazioni sono titoli che offrono al sottoscrittore la possibilità di mantenere lo status
di creditore nei confronti della società con il mantenimento de diritti alla cedola ed al
rimborso del capitale. Negli ultimi anni si è diffuso un tipo particolare di obbligazione
definita cum Warrant. Essa è un’obbligazione che incorpora uno speciale diritto che
conferisce al possessore la facoltà entro un certo periodo di acquisire azioni ad un prezzo
prestabilito. Il warrant è staccabile dall’obbligazione e può essere oggetto separato di
negoziazione.
6.5 L’emissione di obbligazioni
Il TU prevede che per le banche le emissioni di obbligazioni ordinarie siano deliberate dal
CdA, rimangono però, soggette alle norme del codice civile, le emissioni di obbligazioni
bancarie convertibili in azioni. Tale trattamento differenziato è dovuto alla diversa natura
dei due differenti tipi di obbligazione. Le emissioni di obbligazioni non convertibili, e
convertibili in azione diverse da quelle della banca emittente sono considerate come un
normale canale di raccolta, mentre le obbligazioni convertibili in azioni dell’emittente
hanno un impatto sul patrimonio stesso della banca modificandone il capitale sociale, e
quindi la struttura del passivo e la composizione azionaria della banca. In linea generale
tutte le banche possono emettere obbligazioni il cui taglio minimo non può essere inferiore a
10000 (2500) € anche se determinati tagli minimi sono ammessi se tale emissione è pari a
150 milioni di € o se la banca emittente presenta tre requisiti fondamentali come:
Patrimonio di vigilanza non inferiore a 25 milioni di €
Bilancio degli ultimi tre esercizi in utile
Ultimo bilancio certificato
Durata minima delle obbligazioni bancarie deve essere pari a 36 mesi. Se prevista nel
regolamento del prestito la banca ha facoltà di rimborso anticipato.
6.7 La funzione economica delle obbligazioni
Le obbligazioni ordinarie svolgono funzioni molto semplici. Esse svolgono la funzione di
raccolta di risorse finanziarie di medio-lungo periodo per la banca e, per il sottoscrittore,
quella di forma tecnica di impiego durevole; il sottoscrittore quindi impiega le somme che
pensa di non utilizzare nel lungo periodo.
Le obbligazioni convertibili svolgono funzioni più complesse che si distinguono a seconda
del tipo:
Quelle dirette adoperate come mezzo per reperire risorse finanziarie durevoli che
possono, al momento della conversione trasformarsi in capitale azionario.
Generalmente è proprio questo l’obiettivo finale dell’emissione. Essa viene effettuata
al posto di un’emissione azionaria diretta quando quest’ultima potrebbero incontrare
difficoltà nel mercato. Tali obbligazioni sono più sicuro anche per i risparmiatori che
in caso di liquidazione vedono le obbligazioni rimborsate prima delle azioni.
Diverso è il caso delle emissioni di obbligazioni convertibili in azioni di società
diverse dalla banca emittente; a monte di tali azioni vi è l’esigenza di fabbisogni
finanziari delle società in questione, che la banca potrebbe soddisfare direttamente
mediante concessione di prestiti pluriennali, finanziati mediante l’emissione delle
stesse obbligazioni. Queste ultime possono essere sottoscritte o da risparmiatori
clienti della banca o da persone vicine agli azionisti della società.
L’ultimo caso preso in esame è particolarmente interessante per le società ad azionariato
familiare in quanto i soci possono decidere di acquistare le obbligazioni convertibili emesse

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della banca vedendo così remunerato l’impiego del denaro per un periodo in cui il prestito
rimane in essere. Rimangono in questo modo aperte per i soci varie possibilità fra le quali
quella di non effettuare la commissione nel caso in cui le condizioni di mercato non lo
permettessero. La banca in questo modo effettua in contemporanea una raccolta di fondi ed
un investimento degli stessi. Nel caso in cui le obbligazioni fossero sottoscritte da terzi la
situazione per la banca non subirebbe variazioni, mentre dal lato del sottoscrittore si
possono effettuare due valutazioni; la prima è quella della convenienza ad effettuare gli
investimenti finanziari a medio termine tramite l’acquisto di obbligazioni, la seconda quella
di convenienza ed attrattività delle azioni in cui l’obbligazione potrà essere cambiata.
6.9 I titoli strutturati
Formalmente sono obbligazioni o certificati di deposito il cui rendimento dipende da una o
più variabili finanziarie, come prezzi di commodities, tassi di interesse, di cambio e
andamento degli indici azionari. Il rendimento più precisamente presenta due componenti:
una parte garantita e una parte indicizzata. Il tasso di rendimento garantito è spesso pari a
zero e all’investitore viene assicurato solo il rimborso del prezzo di sottoscrizione. La parte
indicizzata può essere definita in varie forme, la più semplice è quella di un rendimento pari
ad un multiplo dell’incremento percentuale pervenuto nel periodo, nel valore di un indice
azionario, di un tasso di cambio o del prezzo di una commodity. In casi rari può essere posto
un limite massimo alla parte indicizzata. Tali titoli non sono altro che la fusione di un
obbligazione ordinaria e di un contratto di opzione. Esempio nel caso di acquisto di un
prestito obbligazionario emesso al nominale senza cedola è con rimborso pari a valore
nominale, eventualmente maggiorato dall’incremento nel periodo di un indice di borsa, il
sottoscrittore acquista di fatto un normale Zero Coupon Bond e da una normale opzione
call sull’indice di borsa. Lo stesso discorso può essere fatto invece per un’opzione put. Il
valore nominale del titolo pagato può essere scomposto in due parti:
Prezzo di emissione dello Zero Coupon Bond
Differenza tra valore nominale del titolo ed il suo valore attuale
Solo la seconda componente costituirà il premio dell’opzione pagato dal cliente e
successivamente pagato dalla banca. La convenienza da parte della banca nella raccolta di
titoli strutturati dipende interamente dalla differenza fra il prezzo dell’opzione caricato al
sottoscrittore e quello esplicitamente pagato alla controparte per l’operazione di copertura.
La banca ha così raccolto una somma pari al valore attuale dell’importo nominale del debito
emesso più la differenza tra premio incassato e premio pagato sull’opzione.
6.10 I prestiti subordinati
Tali prestiti vengono accesi dalla banca, in caso di situazione di tensione finanziaria, per
durata pari o superiore a 5 anni e, in caso di liquidazione della stessa, il capitale sarà
rimborsato ai sottoscrittori solo dopo aver estinto gli altri debiti della banca. Tali prestiti
possono essere accesi sia come prestiti obbligazionari o come mutuo. Essi consentono alla
banca di rafforzarsi patrimonialmente in modo più elastico che non attraverso emissioni
azionarie. Il loro costo è totalmente deducibile fiscalmente e, i relativi contratti, sono
estremamente elastici. Da un altro lato però i prestiti subordinati a differenza del capitale
sociale devono essere rimborsati e quindi pongono problemi di tesoreria e ripropongono
comunque periodicamente il problema della ricapitalizzazione e soprattutto della
remunerazione. Se effettuato sottoforma di mutuo esso può avere successo solo se nel
mercato si trova un punto d’equilibrio tra domanda ed offerta per quanto riguarda il rischio,
rendimento, scadenza e modalità di rimborso. Se, invece, esso è effettuato sottoforma di
emissione di titoli oltre alle precedenti limitazioni vi è anche quella che gli investitori

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interessati possano comprenderne ed apprezzarne le caratteristiche. L’accordo tra domanda


ed offerta è difficilmente verificabile tranne nel caso in cui vi siano prospettive di
incorporazioni o accordi collaterali fra la banca che riceve il prestito e quella che lo concede
o fra altri intermediari finanziari che ad una banca fanno capo.
6.11 Emissioni azionarie e processo di capitalizzazione
La trattazione delle diverse forme tecniche di raccolta bancaria, si completa con l’analisi
delle emissioni azionarie. Le banche ritrovano in tale emissione la possibilità di operazioni
qualificate di finanziamento, necessarie per rispettare sia le regole di vigilanza prudenziale,
sia per raggiungere adeguate condizioni di equilibrio economico e finanziario ed evitare
situazioni di tensione. Il primo evidenzia che, tali emissioni, sono la principale fonte di
mezzi di natura patrimoniale insieme all’accantonamento di utili. Quest’ultimi sono
comunque per vari motivi: tutela dei creditori, economicità aziendale, assicurare
collegamenti col territorio e con i clienti fedeli tramite possesso azionario. Il patrimonio
rappresenta la fonte principale di finanziamento di medio-lungo periodo.
6.12 - 6.14 Le azioni ordinarie. Il prezzo/valore delle azioni e le attese degli azionisti
Vi sono tre categorie di emissione di azioni ordinarie:
Ordinarie: tali tipi di azioni sono emesse da società S.p.a. S.c.a.r.l. Esse assegnano
tutti i noti diritti patrimoniali degli azionisti (dividendi, rimborso del capitale…) ed
inoltre diritti amministrativi (voto). L’azione ordinaria ha un valore pari al valore
globale dell’impresa emittente in rapporto al numero di azioni circolanti. Il
prezzo/valore di tali azioni dipenderà direttamente dalle regole della domanda e
dell’offerta, una politica che piace molto agli azionisti è quella che fa aumentare il
valore globale delle azioni,il quale dipenderà da un incremento degli utili e da una
distribuzione mancata di dividendi azionari. Coloro i quali hanno intenzione di
investire in tale tipo di azioni devono fare molta attenzione perché tale tipo di azione
non è particolarmente tranquilla.
Privilegiate; sono azioni nominative e gli azionisti hanno diritto di prelazione nella
ripartizione di utili e nel rimborso del capitale investito, ma sono limitati
relativamente al voto tranne che nelle assemblee straordinarie.
Di Risparmio; godono degli stessi diritti delle precedenti tranne che per il diritto al
voto. Un’importante caratteristica di tali azioni è che sono normalmente emesse al
portatore. Essi hanno diritto ad un’assemblea nella quale eleggeranno un
rappresentante unico che parteciperà alle assemblee ma senza diritto al voto.
Negli ultimi due casi gli azionisti hanno un diritto di prelazione in caso di aumento di
capitale. I tre tipi di azione hanno l’obiettivo di soddisfare un fabbisogno finanziario
durevole, inoltre, i sottoscrittori in tale investimento realizzano un adeguato mix di
rendimento periodico(dividendo) e di incremento del valore capitale(soprattutto nelle
privilegiate). Nei primi due tipi di azioni, gli investitori sono meno inclini al rischio o
disinteressati alla gestione.
6.13 Le operazioni di aumento di capitale
Le emissioni di nuove azioni fatte attraverso un aumento di capitale, possono essere di tre
tipi:
Gratuite; si realizzano mediante il passaggio a capitale sociale di riserve facoltative,
non apportando direttamente nuove risorse finanziarie
A pagamento; sono offerte ai soci in misura proporzionale al numero di azioni
possedute. L’azionista si riserva di vendere ad altri il diritto di opzione, in caso di
mancanza di liquidità; in tal modo la sua percentuale di partecipazione al capitale si

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riduce quindi anche il suo potere aziendale. I soci più “forti” faranno in modo che ai
soci deboli vengano diminuite le quote azionarie.
Miste; “fondono” i primi due tipi ed hanno funzione di incentivo per la parte a
pagamento.
6.15 Le conseguenze economiche delle emissioni azionarie.
È opportuno ricordare che, le emissioni, comportano alla banca emittente un impegno alla
remunerazione delle stesse, ciò è possibile solo quando la gestione corrente genera utili in
misura adeguata. Tali azioni implicano la necessità di generare utili superiori a quelli
precedenti e quindi se la banca decide una politica di consolidamento dei dividendi, la
remunerazione diviene variabile in base agli utili. Tutto ciò ha conseguenze evidenti
sull’andamento dei prezzi delle azioni bancarie. L’azionista effettua il proprio investimento
in base a due componenti di remunerazione: il dividendo ed il guadagno in conto capitale
che si verifica quando la banca è in condizioni stabili di equilibrio. La remunerazione dei
dividendi può essere diversa in base alle diverse categorie di azioni(es. le az. risparmio e
privilegiate godono di un dividendo periodico maggiore delle azioni ordinarie).

7° Capitolo
7.1 La banca come elemento di sostegno dell’economia moderna
Le risorse raccolte vengono impiegate in vario modo dall’istituto. Il più tipico è quello
rappresentato dai prestiti alla clientela non bancaria che ne ha esaltato la sua funzione di
intermediario finanziario. Il ruolo della banca nello sviluppo dell’economia e della società è
sempre stato attivo condizionandone quindi lo sviluppo.
7.2 I prestiti bancari e le altre forme di impiego
I prestiti hanno determinato nel corso della storia bancaria le sue fortune sia positive che
negative. Da un lato i rendimenti dei prestiti alla clientela sono sempre stati superiori a
quelli di altre forme di impiego della raccolta per motivi collegati al rischio ed alla forza
contrattuale nei riguardi del singolo cliente. Dall’altro occorre ricordare che tali prestiti sono
una fonte fondamentale per lo sviluppo dimensionale della banca attivando in essa il
moltiplicatore dei depositi poiché se è vero che i depositi sono essenziali per la concessione
dei prestiti, è anche vero che tali prestiti contribuiscono allo sviluppo dei depositi tale
circuito impieghi/depositi è denominato Moltiplicatore dei Depositi e dei Crediti (MPC)
che dipenderà dalla propensione ai depositi, dall’efficienza della rete bancaria che farà
seguire i clienti a macchia d’olio e dall’uso della moneta bancaria. Nel corso della storia del
commercio i prestiti hanno avuto un notevole impatto favorendo lo sviluppo industriale
soprattutto in Germania dove si concentravano forti risorse su poche iniziative. L’alternativa
ai prestiti è stata data da istituzioni finanziarie collettive come fondi comuni e fondi
pensione. In Italia così come in altri paesi essi operano su un canale bancario con il mercato
mobiliare. In Italia quest’ultimo è definito mercato del Tesoro spiazzando gli altri emittenti.
7.3 – 7.4 – 7.5 Il rischio insito nell’attività di prestito e la classificazione dei prestiti
bancari. Prestiti a breve e medio lungo termine
L’attività di concessione dei prestiti è molto rischiosa in quanto il finanziato potrebbe non
essere in grado di rimborsare integralmente il suo debito alla scadenza, tutto ciò è causato
dalla variabile tempo che modifica le condizioni di affidabilità del cliente che erano alla
base della concessione e che ne impediscono la regolare conclusione. Tale rischio non
sempre prevedibile, può trasformarsi in perdita e gravare sulla situazione economica,
finanziaria e patrimoniale. I prestiti sono costituiti da operazioni diverse fra loro che
possono essere classificate in base a:

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Categoria di azienda beneficiaria; residenti e non, settore di pertinenza: amm.ne


pubblica, imprese, famiglie, sociali, assicurazioni o finanziarie
Forme tecniche di erogazione; a seconda del tipo di beneficiaria, natura e durata del
fabbisogno finanziario ed incidenza e rischio per le banche, come sconto di effetti,
sovvenzioni, anticipazioni, cessione di credito, mutui ipotecari.
Scadenza; breve se inferiore a 18 mesi, media se compresa fra i 18 ed i 60 mesi,
lunga se superiore a 60 mesi.
Breve: basati spesso su rapporto fiduciario, un tempo erano separati per legge,
destinati agli squilibri di cassa, scadenza indeterminate salvo revoca, basati su
successioni di entrate ed uscite, garantiti da voci liquidabili del circolante, idonei ai
depositi raccolti ma non al fabbisogno dell’impresa. Essi soddisfano esigenze di
liquidità consentendo anche una ripartizione dei rischi.
Medio-lungo (MLT): maggior rischio temporale con maggiori
garanzie(Ipoteca su beni immobili), importi più elevati e rimborsi più rigidi,
movimenti più lenti, complementari e sostituivi del capitale proprio preferiti spesso
per motivi fiscali, frequentemente agevolati in zone come il Mezzogiorno o in settori
che si stavano sviluppando.
Valuta; a seconda della denominazione dell’unità di conto si ha la distinzione tra
prestiti in Euro o valuta estera.
Quelli menzionati vengono definiti Prestiti per Cassa oltre i quali ci sono i Prestiti per
Firma concessi in forme tecniche come l’avallo, fideiussione ed accettazione che tratteremo
nei paragrafi successivi.
7.6 Ancora sul rischio dell’attività di prestito
Abbiamo già detto che i prestiti comportano due fondamentali rischi:
Economico; insito nella possibilità di insolvenza del debitore che comporta perdita di
capitale e dell’eventuale interesse
Finanziario; riguarda la liquidità aziendale riferita direttamente alla perdita su
menzionata, anche se tale perdita non si manifestasse potrebbe comunque definirsi
come immobilizzazione finanziaria.
L’analisi del rischio determina la qualità dei prestiti che in ordine decrescente comprende:
Prestiti vivi; rapporti con imprese che riescono a rispettare gli impieghi
Partite Incagliate; rapporti con società che si trovano in una momentanea situazione
di tensione finanziaria e che quindi potrebbero divenire insolventi. In tal caso si
definiscono:
Sofferenze
Dubbi o Esiti; esposizioni in cui il recupero appare al quanto incerto manifestando
così perdite totali o parziali definitive.
L’analisi del rischio economico e finanziario è quindi l’elemento fondamentale nelle
decisioni di affidamento di un prestito.
8° Capitolo
8.1 Il concetto di fido
Il fido, o affidamento è definito come “L’impegno assunto dalla banca di mettere una
somma a disposizione del cliente, di assumere o garantire per suo conto
un’obbligazione”¸consiste quindi in un accordo preliminare rispetto ai contratti bancari di
prestito. L’importo max può essere utilizzato in diversi modi: o totalmente ed in un’unica
soluzione o gradatamente ed entro i limiti di tempo prestabiliti. Un solo fido può dar vita ad
uno o più prestiti; in quest’ultimo caso gli utilizzi sono molteplici. Ne consegue che il fido è
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indipendente temporalmente dal prestito. Esso origina dalla valutazione del credito e del
rischio. Assume quindi la forma di una promessa in base alla quale la banca erogherà il
credito e ne garantirà l’assistenza futura. Nel caso in cui, il creditore abbia chiesto un credito
di firma, la banca è obbligata a concederla facendo in modo che il cliente ottenga il prestito
per cassa presso altre fonti risolvendo così altri problemi. La caratteristica fondamentale del
fido è dovuta la concessione del credito o della firma non avviene attraverso un
trasferimento immediato ma mediante l’obbligo di una concessione futura. Il cliente, dal
canto suo, si assumerà l’obbligo di pagare gli interessi sulle somme utilizzate al tasso
precedentemente stabilito, e di restituire nei termini e nei modi stabiliti le somme che la
banca gli ha erogato. L’estinzione del fido può avvenire o alla scadenza o precedentemente
se la banca individua una giusta causa. La banca può cautelarsi nei confronti di clienti non
graditi attraverso la clausola “salvo revoca”, se il fido è a tempo indeterminato, ciascuna
delle parti, grazie all’art. 1845 del CC può recedere dal contratto mediante preavviso di 15
giorni. La valutazione dei fidi rappresenta il momento terminale e consiste
nell’apprezzamento della capacità di rimborso delle aziende richiedenti il credito. Tale
capacità può essere intesa come apprezzamento del grado di rischio . la banca a tal proposito
definirà dei criteri di analisi determinando il grado di affidabilità del debitore.
8.2 I criteri di analisi statico – patrimoniali
Essi stabiliscono una correlazione fra capacità di rimborso e profilo patrimoniale. Gli
obiettivi principali sono due:
Tutela del rischio; tipici indicatori in base ai quali vengono decise operazioni ed
ammontare del prestito. Vengono rappresentati da attività reali costituibili in garanzia
Puntualità del rimborso; indicatori sono le poste in bilancio che esprimono la
situazione di liquidità
8.3 I criteri di analisi dinamico – reddituale
Essi pongono come presupposti fondamentali la positiva valutazione basata sulle capacità di
produrre redditi. Tale condizione è fondamentale per due motivi:
Determina la capacità di accrescere mezzi finanziari propri
Si riflette positivamente sull’atteggiamento dei fornitori esterni di capitale ampliando
così il numero e la qualità delle alternative finanziare a vantaggio dell’elasticità
gestionale
Tipici indicatori di questa analisi per la tutela del rischio sono: il cash flow dell’azienda
debitrice o più opportunamente i bilanci prospettici formati da conto economico e stato
patrimoniale; ove prevalga l’obiettivo di tutela della puntualità del rimborso non basta solo
considerare la dinamica dei redditi futuri ma è necessario analizzare l’evoluzione della
liquidità aziendale tipico indicatore è l’afflusso netto di cassa e gli strumenti di analisi sono
i budget di cassa. I criteri in esame si basano quindi su caratteristiche economiche e
finanziarie e sui risultati dalle attività, per cui si rende necessaria una valutazione dei
programmi che esprimono una supposta capacità di reddito. La valutazione della validità dei
programmi aziendali è utile a quantificare redditi e flussi di cassa. In questo modo si hanno
valutazioni più precise che non sono solo la proiezione presente dell’impresa.
8.4 L’istruttoria delle domande di fido
L’istruttoria di fido si attua in quattro fasi:
Valutazione dei dati e delle dichiarazioni rilasciate dal cliente, e raccolta di
informazioni utili
Analisi della struttura e dell’andamento dei settori in cui opera il cliente, delle
caratteristiche generali e politiche di gestione e dei programmi dell’imprese stesse

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Analisi quantitativa di tipo consuntivo o previsionale


L’analisi quantitativa di tipo consuntivo sono rappresentate da analisi
di bilancio ed utilizzano le tecniche dei quozienti e dei flussi finanziari. I quozienti di
bilancio forniscono indicazioni sintetiche riguardanti le condizioni economico–
finanziario–patrimoniale dell’impresa. La tecnica dei flussi finanziari fornisce
informazioni sulla gestione finanziaria dell’impresa.
L’analisi quantitativa di tipo previsionale mirano a quantificare la
capacità di rimborso dell’impresa e si fondano sulle tecniche dei bilanci preventivi e
del bilancio preventivo di cassa. Tali bilanci sono utilizzati per previsioni di lungo
periodo e consistono nella costruzione di SP e CE ad una o più date future: il CE
consente di quantificare la dinamica dei redditi; lo SP consente sia di stimare
l’eccedenza di liquidità o l’indebitamento bancario in essere sia di prevedere
l’ammontare e la struttura dei fabbisogni e delle fonti di fondi
È la sintesi delle tre precedenti e consiste in una relazione dove vengono elencati gli
aspetti positivi e negativi delle richieste. Diviene quindi la base per le decisioni in
merito che la banca dovrà prendere.
La scelta è comunque riferita all’ammontare del fido e, sarà presa dal CdA il quale, con
apposite delibere, delega al comitato esecutivo il quale stabilisce i poteri alla direzione
generale la quale a sua volta fissa i limiti di autonomia del servizio di fidi e delle
dipendenze. Le domande di fido vengono esaminate dal servizio di fidi il quale delibera nel
limite della propria competenza e formula proposte per le concessioni di fido di competenza
degli organi superiori.
8.5 La scelta della struttura tecnica del prestito accordato
Le variabili da prendere in considerazione per risolvere il problema delle strutture tecniche
del prestito accordato sono di due diversi tipi:
Considerare le particolari esigenze di gestione dell’impresa affidata
Analizzare i riflessi che la scelta ha sulla gestione della banca. Tale fase di
affidamento viene gestita da unità operative periferiche che subiscono la forza
contrattuale degli affidati e non può non tenere conto delle istruzioni della direzione
generale
L’obiettivo che le aziende di credito si prefiggono è quello di verificare il persistere delle
condizioni di affidabilità rilevate durante la fase di valutazione
8.6 La centrale dei rischi
Istituita nel 1962 dal CICR e affidata sin d’allora alla BI, tale centrale, obbliga tutte le
banche a comunicarle i crediti accordati ed i relativi utilizzi, inoltre impegna la BI a
segnalare alle banche, la situazione riassuntiva dei crediti censiti per ogni nominativo a cui
abbiamo concesso un fido. Le norme che regolamentano tale argomento sono variate molte
volte nel corso degli anni. La centrale dei rischi è quindi uno strumento che serve alla BI
poiché questa trae da essa importantissime informazioni sulla situazione e sull’andamento
della domanda di credito ed anche sulla politica creditizia seguita dal SB nel suo complesso.
Importante è inoltre sapere che i dati utilizzati per prendere decisioni dalla centrale dei
rischi sono attentamente vigilati.

CAP. 9) LE FORME TECNICHE DEI PRESTITI PER CASSA.

I prestiti per cassa si contraddistinguono per il fatto che il loro utilizzo da parte del cliente
implica per la banca almeno un’ uscita e un’ entrata monetaria. Essi rappresentano la

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categoria dei prestiti più diffusi e più importanti e si suddividono in: l’ apertura di credito in
c/c, le operazioni che si basano sulla circolazione cambiaria e sulla cessione di crediti, l’
anticipazione, le operazioni che facilitano il finanziamento in valori mobiliari, il mutuo. Essi
hanno caratteristiche assai diverse, date dalla varietà delle condizioni con cui vengono
concluse (scadenze, garanzie che accompagnano le operazioni, etc.).

9.1) L’apertura di credito in conto corrente.

E’ l’operazione di prestito bancario che costituisce la base di tutti i rapporti tra le banche e i
clienti. L’apertura di credito in c/c è oggetto di una disciplina patrizia, rappresentata dalle
“condizioni generali uniformi” relative all’apertura di credito utilizzabile in c/c, redatte
dall’associazione bancaria italiana (ABI). L’apertura di credito in c/c assume caratteri
diversi a seconda che si tratti di credito per elasticità di cassa, apertura ordinaria di credito in
c/c o apertura in c/c garantita. Il credito per elasticità di cassa è un vero e proprio prestito
che differisce dall’apertura di credito in c/c piochè a durata e importo più limitati e si
innesta su un c/c che presenta normalmente soldi a debito della banca e solo saltuariamente
a credito, nel primo caso si verifica un deposito, mentre nel secondo un credito. L’apertura
di credito in c/c denominata ordinaria, invece, quando viene messa in vita, la banca
stabilisce il limite massimo di scoperto che può essere raggiunto dal cliente. Il beneficiario
viene autorizzato ad effettuare prelevamenti variamente riportati nel tempo, a condizione
però che il saldo del conto non superi il limite in discorso. Il cliente ha la possibilità di
diminuire il proprio debito mediante successivi versamenti e accreditamenti in conto e
ricostituire cosi in misura corrispondente la disponibilità originaria del credito ottenuto. Il
credito deve essere utilizzato per coprire fabbisogni finanziari temporanei, quindi le banche
gradiscono che il credito in c/c abbia scadenze brevi e revocabili in qualsiasi momento,
indipendentemente dal fatto che la scadenza sia determinata o non. A volte la banca
favorisce le movimentazioni e le fluttuazioni del conto, dando al cliente la possibilità di
svolgere il maggior numero di operazioni possibili. In tal modo sarà più facile per la banca
seguire l’ evoluzione finanziaria dell’azienda accreditata e eseguire un controllo più
efficace. Poi ci sono i crediti in c/c che riguardano le garanzie collaterali offerte dal cliente o
richieste dalla banca. La banca distingue le aperture di credito in bianco da quelle assistite
da garanzie reali, solitamente queste ultime sono rappresentate da una fideiussione da
persone che hanno rapporti di interesse con le aziende accreditate. Questa forma di garanzia
è molto gradita alla banca, quando sia prestata da persone di indiscussa e sicura solvibilità.
Le garanzie offerte dal cliente e/o richieste dalla banca possono anche essere di natura reale,
cioè diritto di pegno o ipoteca. La scadenza dell’apertura in c/c è spesso indeterminata: in
questo caso la concessione della banca si intende valida fino a revoca e apposite clausole
contrattuali specificano il termine entro il quale il beneficiario deve effettuare il rimborso
dopo aver ricevuto l’invito a rientrare. Inoltre le aperture di credito in c/c sono concesse a
tassi di interesse superiori a quelli applicati nelle altre operazioni di credito bancario a breve
termine. Questa maggioranza si giustifica in funzione dei particolari vantaggi che le
caratteristiche tecniche del credito in c/c offrono al cliente ed anche per i maggiori rischi che
la banca si assume.

9.2) Lo sconto

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lo sconto è il contratto con il quale l’azienda di credito ordinario, previa deduzione


dell’interesse, anticipa al cliente affidato l’importo di un credito verso terzi non ancora
scaduto, mediante la cessione, solvo buon fine, del credito stesso. In generale possiamo
classificare l’operazione di sconto un prestito monetario economicamente garantito dalla
cessione di un credito. Con il termine sconto si suole indicare, oltre alla tipica operazione di
credito bancario e al relativo contratto, anche il compenso spettante a chi anticipa il
pagamento di credito non ancora scaduto e , quindi, il prezzo del prestito a breve scadenza
concesso dalla banca. Quindi, gli effetti presentabili allo sconto devono essere
accompagnati dal requisito della non esigibilità, cioè non devono essere ancora scaduti. Essi
possono essere classificati in due distinte categorie: 1) crediti cartolari, che possono essere
costituiti da cambiali, fatture commerciali, buoni fruttiferi, buoni del tesoro ordinari cedole
di titoli azionari e obbligazionari; 2) crediti non cartolari, vale a dire semestralità e annualità
dovute dallo Stato e da Enti pubblici territoriali.

9.3) Il castelletto salvo buon fine.

Il castelletto salvo buon fine è una vera e propria forma tecnica di prestito, che consiste
nell’accreditare sul conto corrente del cedente, lì importo nominale degli effetti e delle
ricevute nel momento stesso in cui vengono presentate per l’ incasso. Attraverso tale forma
tecnica, la banca concede credito al cliente, poiché gli mette a disposizione le somme
accreditate prima che esse siano state incassate. Esso comporta per la banca rischi intermedi
tra lo sconto e l’ apertura di credito in c/c. il castelletto salvo buon fine, derivante dall’
accreditamento anticipato degli effetti e delle ricevute presentate per l’ incasso, è
assimilabile all’ apertura di credito in c/c garantita dai crediti cambiari e non.

9.4) L’ anticipo su fatture e il factoring.

Lo smobilizzo dei crediti può avvenire anche in altre forme come l’anticipo su fatture e il
factoring. In entrambi i casi il presupposto dell’operazione è la cessione del credito
dall’impresa alla banca. Nel caso degli anticipi, la cessione è pro solvendo. La banca a sua
volta accetta le fatture entro la capienza del castelletto anticipi su fatture, valutando anche il
nominativo dell’impresa debitrice e la scadenza. L’importo anticipato viene scritto in dare
in un conto fruttifero anticipi su fatture e viene accreditato in c/c. il conto anticipi produce
cosi interessi debitori calcolati sull’importo anticipo per tutta la durata dell’anticipo e a
scadenza sarà estinto dall’impresa debitrice e da quella cedente. Nel caso del factoring, il
cliente instaura con le banche un rapporto continuativo in base al quale effettua le cessioni
dei propri crediti commerciali ad un intermediario specializzato che provvede a prestare, su
pagamento pattuito, i servizi fondamentale. La società di factoring non anticipa di regola
l’importo dei crediti al cliente, ma si limita a versarglielo alla scadenza. La cessione del
credito può avvenire pro soluto oppure pro solvendo. Nel primo caso, la società di factoring,
assume su di se il rischio dell’insolvenza del debitore ceduto e svolge perciò una funzione di
assicurazione del credito. Nel secondo caso, il rischio dell’insolvenza del debitore rimane a
carico dell’imprenditore cedente.

9.5) L’ anticipazione.

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Le anticipazioni sono un’altra sottocategoria di prestiti. Sono contratti a scadenza


determinata, garantiti da pegno di merce, valori mobiliari o di credito. L’operazione e
composta da un contratto principale e da un contratto accessorio. Il primo (polizza di
anticipazione) comprende le principali clausole del contratto. Il secondo evidenzia che il
debitore da in pegno alla banca un mobile da restituirsi in nature dopo l’estinzione del
contratto di prestito. Il debitore perde la disponibilità del pegno pur mantenendone la
proprietà. L’oggetto del pegno può essere conservato: dalla banca, presso i magazzini
generali, presso un terzo depositario. Il debitore può riottenere in tutto o in parte le cose
impegnate, rimborsando proporzionalmente il credito relativo. L’anticipazione può essere
suddivisa in due tipi. Nella prima, definita anticipazione a scadenza fissa, l’importo del
prestito viene calcolato deducendo dal valore attribuito al pegno un certo scarto percentuale
sullo stesso valore. Nella seconda, definita anticipazione in conto corrente , la somma
disponibile viene calcolata deducendo dal valore del pegno un certo scarto percentuale. Con
questo metodo, il cliente viene addebitato periodicamente degli interessi e degli altri oneri a
suo carico, calcolati sugli importi effettivamente utilizzati.

9.6) Il finanziamento in valori mobiliari: il riporto, l’operazione pronto contro termine


e il prestito in titoli.

Una particolare categoria di prestiti riguarda il finanziamento in valori mobiliari, il quale


consiste nel trasferimento temporaneo di titoli contro denaro.In base alle diverse finalità si
distingue tra operazioni aventi natura bancaria e operazioni di borsa. Nelle prime il
soggetto,che trasferisce i titoli a pronti e riceve la temporanea disponibilità del controvalore
in denaro, ottiene un prestito per cassa destinato alla copertura del suo fabbisogno
finanziario. Alla scadenza del contratto la banca restituirà titoli della stessa specie al proprio
cliente, il quale corrisponderà il controvalore pattuito. Nel caso delle operazioni di borsa, un
soggetto chiede titoli in prestito al fine di regolare un’altra operazione conclusa in borsa
entro i termini previsti dal regime di liquidazione. Dall’altra parte, la controparte che cede i
titoli è in grado di mobilizzare il proprio portafoglio, ottenendo una rimunerazione
aggiuntiva rispetto ai proventi naturali dei titoli stessi. Le operazioni di finanziamento in
valori mobiliari possono assumere svariate forme tecniche riconducibili atre diverse
tipologie contrattuali.
IL RIPORTO è il contratto con il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore
titoli di credito di una data specie per un determinato pezzo e il riportatore assume l’obbligo
di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito,la proprietà di altrettanti titoli
della stessa specie, verso il rimborso dei prezzi, che può essere aumentato o diminuito nella
misura convenuta. I titoli sui quali le banche concedono credito di riporto sono nella
stragrande maggioranza dei casi titoli azionare quotati in una o più borse. La durata del
riporto varia a seconda e che si tratti di un riporto di borsa o di un riporta di banca. Per
quanto riguarda il primo, esso vieni stipulato, in genere, in prossimità di una liquidazione
mensile. L’operazione dura, di norma, fino alla liquidazione successiva. Nel riporto do
banca, la durato può essere differente e le scadenza può non coincidere con quella di una
periodica liquidazione di borsa.
2) le operazioni “pronti contro termine” o vendite con patto di riscatto sono le
operazioni con le quali un soggetto vende a pronti una determinata quantità di titoli e
contemporaneamente si impegna a riacquistare, al termine convenuto e dalla medesima
controparte, un pari quantitativo di titoli della stessa specie ad un prezzo stabilito. In genere,

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la banca è il soggetto che vende i titoli a pronti impegnandosi a riacquistarli a termine. Con
tale operazione, le parti sono poste nelle condizioni di realizzare i rispettivi obiettivi:
- le banche, vendendo i titoli a pronti ed incassando il prezzo concordato, realizzano il
proprio obiettivo di raccolta di fondi;
- il depositante, acquistando i titoli ad un prezzo a pronti inferiore a quello concordato per la
cessione a termine, realizza il proprio obiettivo economico lucrando la differenza positiva
fra i due valori.
La durata del contratto è generalmente di 1 o 2 mesi e non è ammessa l’estinzione
anticipata.
3)L’OPERAZIONE DI PRESTITO DI TITOLI è un contratto unitario che prevede, a
pronti, il trasferimento dei titoli tra le parti contro adeguata garanzia in contanti o in titoli di
altra natura, e al termine, la restituzione di titoli della stessa specie e quantità, oltre al
compenso previsto per il prestito. Le parti coinvolte sono tre: il mutante ( lender), il
mutuatario ( borrower) e l’intermediario, le cui funzioni variano a seconda del contesto
istituzionale di riferimento. Infatti nella maggior parte dei casi l’intermediario facilita la
posizione del potenziale borrower, nella ricerca della controparte e nella gestione
amministrativa della transazione. Per il lender la concessione di prestito consente di
smobilizzare temporaneamente parte del portafoglio titoli, ottenendo una remunerazione
aggiuntiva sui titoli stessi, a rischio contenuto. Per il borrower, la funzione principale del
prestito riguarda la possibilità di liquidare per tale via le operazioni concluse sul mercato di
borsa nel rispetto delle norme vigenti; oltre alla realizzazione di particolari strategie di
mercato (speculazione e arbitraggio).

9.7) i prestiti a medio lungo termine.

L’ultima sottocategoria di prestiti è quella dei prestiti a media e a lunga scadenza, costituita
da mutuo, leasing e prestiti in pool.

9.7.1)IL MUTUO.

Il mutuo è la più diffusa forma tecnica di finanziamento bancario a medio-lungo termine.


E’ un prestito monetario a protratta scadenza, a fronte del quale il soggetto finanziato si
impegna al pagamento degli interessi e al rimborso del capitale in rate, la cui entità e
frequenza viene fissata all’inizio della stipulazione del contratto. Il profilo tecnico del
mutuo prevede l’erogazione, all’inizio, dell’intera somma mutuata in un’unica soluzione ed
il rimborso della stessa in base ad un piano di ammortamento concordato tra il mutuante e il
mutuatario. Due sono i piani di ammortamenti più utilizzati: 1) dove le quote di capitale
sono costanti per tutto il periodo di ammortamento del prestito mentre le quote di interesse
sono decrescenti per cui anche le rate lo sono (ammortamento italiano); 2) si paga
periodicamente un arata fissa, comprensiva di interesse e di capitale; siccome le quote di
interesse sono decrescenti, per avere una rata fissa è necessario avere quote di capitale
crescenti di anno in anno ( ammortamento francese, che è quello più usato per i mutui
bancari).

9.7.2) IL LEASING.

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Il leasing è un contratto con cui una azienda cede in locazione a un’altra azienda, per un
periodo di tempo prefissato, uno o più beni mobili o immobili, dietro il pagamento di un
determinato canone periodico. Tale contratto può prevedere alla scadenza la possibilità da
parte del locatario di riscattar a titolo oneroso il bene, secondo modalità prefissate. Occorre
distinguere tra leasing operativo e quello finanziario. Il primo si caratterizza per il fatto di
avere per oggetto la locazione di beni strumentali per un periodo di tempo inferiore alla loro
vita economica e i rischi connessi alla proprietà del bene sono a carico del locatore. Il
leasing finanziario presenta, invece, le caratteristiche proprie di un’operazione di
finanziamento, attuata da un intermediario finanziario in veste di locatore di un bene,
acquistato o fatto costruire su indicazione del locatario, caratterizzata da canoni di locazione
netti, comprensivi solamente dall’ammortamento del bene, dell’interesse sul capitale
investito e del ricarico della società di leasing, per un importo globale superiore al costo del
bene e per una durata in qualche modo correlata alla vita economica e fiscale del bene in
oggetto. Nel leasing finanziario, a differenza di quello operativo, è assai comune che alla
scadenza del contratto si proceda al riscatto del bene locato, e ciò tanto più probabile quanto
maggiore è la convenienza economica dell’operazione, rappresentata dalla differenza tra il
valore di mercato che il bene presenta alla scadenza del contratto ed il suo prezzo di riscatto.

9.7.3) I PRESTITI IN POOL.

Le stesse banche possono poi soddisfare fabbisogni finanziari di scadenze non breve delle
imprese, specie di grandi dimensioni, attraverso la forma tecnica del prestito in pool. Il pool
è composto da un gruppo di banche, talvolta moltissime, organizzata da uno o più istituti
con funzioni di managers o co-managers dell’operazione. Il prestito viene ripartito fra tutte
le banche partecipanti secondo accordi predeterminati ed erogati, nel caso di crediti per
cassa, da una delle aziende di credito componenti il gruppo promotore dell’operazione
stessa.

9.8) I rapporti di corrispondenza e i regolamenti internazionali.

Caratteristiche simili ai rapporti in euro presentano anche i c/c di corrispondenza in valuta


accesi dalle banche italiane presso le banche estere, che possono servire per i regolamenti
esteri. L’unica fondamentale differenza fra di essi è che, contrariamente a quanto avviene
nei rapporti domestici, gli assegni bancari non sono molto diffusi nei regolamenti
internazionali, che assumono malto più frequentemente la veste di bonifici effettuati a
mezzo di lettera o di un’apposita rete di comunicazione denominata SWIFT. Nella maggior
parte dei casi, quanto meno per effetto delle maggiori distanze, il regolamento del prezzo ha
luogo necessariamente in via anticipata o in via posticipata, in rapporto alla consegna della
merce. Ne consegue che una delle due parti, quella che anticipa la propria prestazione, deve
accollarsi il rischio di inadempienza, dalla frequente scarsa conoscenza della controparte,
dall’operare nell’ambito di ordinamenti giuridici differenti, che possono mettere in dubbio il
pagamento nonostante la solvibilità del compratore.

9.8.1) La vendita contro documenti (LA RIMESSA DOCUMENTARIA).

Convenendo nel contratto che il pagamento debba avvenire contro rimessa dei documenti
rappresentativi, l’esportatore, una volta una volta eseguita la propria prestazione e acquisita

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la propria documentazione, si libera dall’obbligo della consegna rimettendo al compratore il


titolo della merce e gli altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi. Nel
negozio giuridico della vendita contro documenti si inquadrano diverse operazioni bancarie,
riconducibili alle categorie delle rimesse documentarie e dei crediti documentari. La
rimessa documentaria, nell’ambito del commercio internazionale, l’esportatore, al fine di
cautelarsi contro il rischio che il compratore possa entrare in possesso della merce senza
aver pagato o senza essersi impegnato cambiariamente a farlo, può fare ricorso alla rimessa
dei documenti, tramite banca, per l’incasso o per l’accettazione di un effetto. Con questa
tecnica, il venditore, dopo aver consegnato le merci al vettore, emette una tratta a vista o
scadenza, per l’importo corrispondente al credito. Alla tratta vengono allegati i seguenti
documenti: la fattura commerciale, i documenti che attestano la quantità ed il peso delle
merci, la polizza di carico, la polizza di assicurazione, i certificati riguardanti l’origine, la
provenienza ed eventualmente l’analisi sanitaria della merce. La tratta cosi documentata
viene presentata dall’esportatore alla banca, perché questa provveda ad incassarla o a
raccogliere l’accettazione tramite una banca corrispondente operante sulla piazza
dell’importatore. A fronte del servizio prestato, la banca riscuote una commissione che è
commisurata all’importo dell’operazione. L’onere è generalmente a carico del venditore,
salvo che gli accordi contrattuali non prevedono diversamente.

9.8.2) Il credito documentario.

Il credito documentario è un’operazione attraverso la quale la banca presta servizi volti ad


agevolare il regolamento del prezzo in condizioni di più attenuato rischio di insolvenza.
Infatti la banca, operando su richiesta e istruzioni di un cliente (ordinante) o per conto
proprio, è tenuta ad effettuare un pagamento a un terzo (beneficiario), contro la consegna
dei documenti prescritti e a condizioni che siano osservati i termini e le condizioni del
credito. I motivi che spingono gli esportatori a richiedere alle controparti di fare aprire dalle
loro banche crediti documentari è dovuto alle situazioni in cui il rischio è elevato, quindi,
l’esportatore opera in condizioni di minor rischio di insolvenza.

9.8.3) i finanziamenti in valuta.

I prestiti in valuta possono essere richiesti dalla clientela non solo per il sostegno e il
finanziamento delle operazioni commerciali di importazioni o di esportazioni di merci e di
servizi. Gli elementi che possono indurre un’impresa o una famiglia ad accendere un
prestito in valuta, non direttamente connesso al finanziamento di un’operazione
commerciale di import/export, sono legati all’esistenza di differenziali di tasso di interesse e
di condizioni accessorie rispetto a quelle praticate sui prestiti in euro. Le forme tecniche che
si sono invece sviluppate sono i mutui in valuta, che hanno avuto un periodo di vero e
proprio boom specie quando i tassi dell’operazione in lire erano molto elevati e il tasso di
cambio della lira era particolarmente favorevole e stabile. Mantengono invece un certo
sviluppo le anticipazioni, le quali sono però quasi sempre connesse a operazioni di
importazione o di esportazione di beni e di servizi.

CAP.10) I CREDITI DI FIRMA.

10.1) I crediti di firma nell’ attività bancaria.

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Si dice che la banca apre un credito di firma quando si impegna ad assumere o a garantire
un’obbligazione di un terzo: in particolare, se la banca autorizza il terzo a spiccare o a fare
spiccare tratte su di essa e si impegna ad accettarle, essa concede un credito di accettazione;
se invece la banca garantisce l’ obbligazione del terzo essa apre un credito di avallo, nel
caso in cui la garanzia è data firmando per avallo una cambiale, oppure un credito di
fideiussione, se la garanzia è data in altra forma. Malgrado il loro carattere non monetario,
esse sono delle vere e proprie operazioni di credito perché impegnano la responsabilità della
banca e possono trasformarsi in prestiti pre cassa, quando l’azienda che ha utilizzato la
firma non rispetti i propri impegni.

10.2) I finanziamenti aziendali: ricorso alle banche e ricorso al mercato.

Le imprese presentano fabbisogni finanziari che possono essere soddisfatti con mezzi propri
o a titolo di debito. In entrambi i casi, le impr4ese si rivolgono o alle banche o al mercato
finanziario attraverso l’ emissione di titoli. Di solito le imprese più piccole non hanno la
possibilità di rivolgersi direttamente al mercato, tendono quindi a soddisfare i propri
fabbisogni finanziari quasi esclusivamente presso le banche. Le imprese di dimensioni
rilevanti e ben conosciute hanno, viceversa, una possibilità di scelta molto più ampia e
conseguentemente ricorrono sia all’uno che all’altro canale finanziario. A parità di
condizioni, le imprese di grandi dimensioni e matrimonialmente ed economicamente sane
dovrebbero preferire il ricorso diretto al mercato, occorre perciò che i mercati siano
sufficientemente ampi ed efficienti.

10.3) Le accettazioni bancarie: la banca come obbligato principale.

Negli anni 70 sono nate le cosiddette “accettazioni bancarie”, che sono cambiali-tratte con
le quali un’impresa (traente) ordina ad una banca (accettante) di pagare una certa somma ad
una scadenza prestabilita. La banca, opponendo sul titolo le proprie firme di accettazione,
assume i panni di obbligato principale. D’ altra parte, il traente si impegna a fornire alla
banca i fondi con valuta utile per l’ estinzione dell’ accettazione. Alla base dell’emissione
delle accettazioni bancarie vi è un’operazione di apertura di credito per accettazione,
connessa dalla banca ad un’impresa bisognosa di fondi, per un importo e per una scadenza
determinata, utilizzabili solo tramite l’emissione di una cambiale tratta, accettata
successivamente dalla banca stessa. L’impresa traente è allo stesso tempo affidata e
beneficiaria dell’ affidamento. Le accettazioni bancarie hanno scadenza breve in genere dai
3 ai 12 mesi.

10.4) Le polizze di credito commerciale (commercial paper ): la banca come


fideiussore.

Dopo la scomparsa delle accettazioni bancarie, la prassi finanziaria ha tentato di risolvere il


problema del finanziamento non bancario a medio termine dell’imprese con l’introduzione
della cosiddetta polizza di credito commerciale. Questa forma di copertura del fabbisogno
finanziario prevede l’intervento di più soggetti: un operatore richiedente credito, uno o più
investitori, una banca e un intermediario finanziario. Vi sono una pluralità di fasi. L’impresa
richiedente emette un documento col quale riconosce l’esistenza di un debito verso un

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soggetto. In tale documento viene definita la data di scadenza del debito, l’ammontare
dell’interesse e la denominazione della banca presso la quale dovrà essere effettuato il
pagamento alla scadenza dell’operazione. La banca rilascia separatamente una fideiussione
e con essa si fa garante del buon fine del credito a favore del creditore originario.
L’investitore può trattenere il documento in portafoglio fino alla scadenza. Infine la banca
può agire come mediatore, occupandosi del collocamento della polizza presso gli investitori.

10.5) Le cambiali finanziarie: il ruolo della banca come garante e nelle operazioni di
collocamento.

Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine emessi in serie e aventi ad una
scadenza non inferiore a 3 mesi e non superiore a 12. le cambiali finanziarie sono equiparate
alle cambiali ordinarie, ma sono girabili solo con la clausola “senza garanzia”. Esse devono
contenere tutti i proventi in qualunque forma pattuita. L’ emissione di cambiali finanziarie
costituisce raccolta di risparmio. L’ammontare della raccolta effettuata tramite cambiali
finanziarie non può eccedere il limite del capitale versato e delle riserve. Le cambiali
finanziarie, a differenza degli altri strumenti finanziari che fanno parte dei crediti di firma,
sono titoli di massa, emessi in relazione ad un unico finanziamento, e ciò facilita la
standardizzazione del taglio minimo di sottoscrizione.

10.6) I possibili emittenti di cambiali finanziarie: le imprese di grande e piccola


dimensione.

Bisogna fare distinzione tra i possibili emittenti di cambiali finanzierie, imprese di grande e
piccola dimensione. Per le prime le cambiali finanziarie sono solo uno degli strumenti a
disposizione per soddisfare i fabbisogni finanziari, anche se in futuro ne potranno
approfittare coinvolgendo il maggior numero di risparmiatori, attratti dal nome,
dall’immagine e dalla notorietà della grande impresa. Mentre, per la piccola impresa
incontra un gran numero di ostacoli già nell’affacciarsi al mercato in riferimento, visto che
l’emissione di cambiali finanziarie è molto difficile da trovare collocamento presso i
risparmiatori individuali.

10.7) Le imprese di media dimensione: problemi finanziari e rapporti con i circuiti di


intermediazione

Per quanto riguarda l’impresa di media dimensione, si trovano anch’esse in una serie di
difficoltà nell’approccio con i nostri mercati finanziari. Tutto questo è dovuto ad una serie
di situazioni, in cui l’atteggiamento delle nostre medie imprese nei riguardi dell’apertura del
capitale a soggetti diversi dalla famiglia o dalle famiglie proprietarie è stato prudente.
L’utilizzo delle cambiali finanziarie potrebbe comunque rappresentare una tappa importante
nel processo graduale di avvicinamento al mercato finanziario, sia per l’impresa media sia
per le banche.

10.8) I crediti di firma nell’attività bancaria con l’estero.

I crediti di firma nell’attività bancaria con l’estero, sono nella maggior parte dei casi delle
operazioni di import-export. Infatti si è in presenza di operazioni in cui le parti non godono

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di informazioni necessarie per la solvenza delle stesse. Quindi, il problema può essere
risolto, con l’intervento di almeno due banche di diversi paesi che si contro garantiscono
vicendevolmente. Il numero delle banche può ammontare in base ad operazioni in cui una
delle parte (il costruttore) stipula contratti con subfornitori. Nel caso in cui una parte (
costruttore) non adempia gli impegni assunti la garanzia può essere escussa e il circuito dei
rapporti si capovolge, una parte (appaltatore) chiede il pagamento alla propria banca, la
quale a sua volta lo richiede alla corrispondente estera e quest’ultima all’altra parte
(costruttore)

CAP.11) PRESTITIPERSONALI, CREDITO AL CONSUMO E CARTE DI


CREDITO E DEBITO.

11.1) Il credito al consumo: aspetti definitori

Oltre alle forme tecniche di prestito bancario, destinate ad usi produttivi, la prassi bancaria
conosce anche prestiti destinati a sostenere il consumo. Essi sono generalmente concessi
alle famiglie che sono essenzialmente unità di consumo. Bisogna fare distinzione anche in
base ai soggetti che offrono tale forma di finanziamento, da un lato ci sono le banche, e
dall’altro, ci sono le società finanziarie. Le prime sono censite in apposite statistiche che
sono obbligate a fornire alle autorità di controllo; le seconde sono meno attendibili. Infine,
ci sono prestiti offerti alle famiglie da amici, parenti, negozianti etc., la cui rilevazione è del
tutto assente.

11.2) Il credito al consumo: forme tecniche di erogazione.

Buona parte di questi tipi di prestiti è riconducibili alla categoria delle aperture di credito
semplici, che prevedono una erogazione in un’unica soluzione a favore dell’affidato. Le
aperture di credito semplici hanno scadenza determinata. L’erogazione effettiva del prestito
personale costituisce una decisione discrezionale caso per caso, che spetta alla banca e che
dipende dall’esito di un’istruttoria sulla prevista capacità di rimborso del prestito. Il
rimborso del prestito è previsto in base ad un piano di ammortamento a rate costanti
caratterizzato da scadenze per lo più mensili, e ciò per agevolare la pianificazione
finanziaria individuale del beneficiario. Il tasso d’interesse applicato all’operazione è fisso e
quindi la rata periodica non subisce revisioni nel corso della vita del prestito. Esistono poi
severe norme che impongono un livello significativo di trasparenza nella comunicazione del
tasso d’interesse che viene proposto al cliente. Esistono inoltre due figure di tasso di
interesse. Il primo è il TAN (tasso annuale nominale), misurato come il valore percentuale
su base annua del costo per interessi passivi di ogni euro di capitale concesso in
finanziamento. La legge poi impone che sia comunicato preventivamente il TAEG (tasso
annuale effettivo globale), che è un tasso che rende uguale la somma del valore attuale di
tutti gli importi che compongono il finanziamento erogato dal creditore alla somma del
valore attuale di tutte le rate di pagamento a carico del debitore.

11.3) Le carte di credito e di debito. In particolare: il caso delle carte di credito


triangolari.

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Il credito personale destinato ai fini di consumo può essere concesso e utilizzato anche
mediante le carte di debito e/o le carte di credito. Le carte di debito (tipo bancomat) sono
carte che attraverso l’impiego di un codice di identificazione (pin), consentono di accedere
ad appositi terminali self-service dislocati all’interno o all’esterno degli sportelli bancari e
consentono di eseguire alcune operazioni bancarie elementari, come il prelevamento di
moneta, il trasferimento di fondi ad altri conti. Una seconda tipologia di carte di debito, nota
come pagobancomat, consente di effettuare pagamenti direttamente presso esercizi
commerciali senza utilizzare contanti. Nello stesso senso possono essere utilizzate le carte
di credito, che si differenziano da quelle di debito per il fatto che consentono al portatore
l’effettuazione di operazioni diverse. Permettono soprattutto l’effettuazione di acquisti
presso negozi convenzionati senza l’esborso di moneta legale o l’utilizzo di altri mezzi di
pagamento. Il regolamento della transazione viene rimandato ad una data futura, quando il
titolare riceverà un estratto conto recante la descrizione delle operazioni effettuate. Le carte
di credito possono assumere forme trilaterale quando sono emesse da banche o da operatori
finanziari specializzati, oppure bilaterale quando sono emesse da imprese commerciali e di
servizi. Quelle trilaterali, sono quelle più diffuse e si basano su due presupposti: 1) un
continuo allargamento della base degli utilizzatori; 2) una continua estensione e
diversificazione settoriale e territoriale dei punti vendita convenzionati. I potenziali
utilizzatori possono venire i possesso della carta dietro una semplice richiesta. Una volta
ottenuta il titolare effettua acquisti presso le aziende convenzionate firmando solo una
fattura. Tale aziende ricevona poi tramite le loro banche l’accredito dell’importo relativo
alle vendite. Una volta al mese il titolare della carta riceve dalla banca l’estratto conto degli
acquisti effettuati con l’indicazione dell’importo da pagare. Il titolare ha un certo tempo per
effettuare il pagamento senza dover sostenere alcun onere aggiuntivo.

11.4) Il mercato del credito al consumo.

Negli ultimi anni il fenomeno del credito al consumo è andato man mano crescendo e si
osserva una sostanziale ripartizione delle quote di mercato tra le banche e le società
finanziarie. La diffusione di tale strumento di finanziamento è andata ad incrementare in
modo significativo il mercato del credito al consumo. In questo campo le banche si sono
dovute adeguare alle società finanziarie, che si sono venute affermandosi sempre più
numerose e aggressive, con l’utilizzo di strumenti di marketing complessi ed efficaci,
quindi, anche le banche hanno cominciato ad affrontare il problema in modo sempre più
deciso, un motivo principale è a difesa dei rapporti con la clientela. Infatti la banca rischia
non solo il veder indebolita la preesistente relazione con la clientela, ma vede svanire anche
l’opportunità specifica rappresentata dal prestito.

11.5) Qualche preoccupazione sollevata dallo svilupparsi del credito al consumo.

Le preoccupazioni maggiori riguardano le conseguenze negative che l’alto indebitamento


delle famiglie può produrre sui flussi di cassa delle famiglie, le quali riguarda un problema
molto più ampio di quello del semplice credito al consumo, includendo anche altre forme di
indebitamento delle famiglie (richiesta di prestito per l’acquisto dell’abitazione). In effetti,
la capacità di rimborso di un prestito non dipende dal peso del singolo prestito, ma
dall’insieme dei suoi rapporti di debito. Infatti, le associazioni dei consumatori e le autorità
governative stanno cercando di portare il problema alle dimensioni attuali.

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11.6) La tutela del soggetto finanziato: il fenomeno dell’usura e la disciplina in


materia.

Un delicato discorso va aperto sulla protezione del consumatore di servizi bancari, sulla
tutela delle famiglie che si rivolgono agli intermediari finanziari per ottenere prestiti al
consumo. Questi problemi sono dovuti alla limitata cultura economico-finanziaria delle
famiglie e alla presenza di un mercato dove operano operatori, che spesso approfittano di
situazioni in cui si trovano i potenziali debitori. Per rimediare si sono attivate le autorità di
controllo, provvedendo all’emanazione di norme per la trasparenza delle operazioni e al
provvedimento mirante a prevenire il sempre più diffuso e grave fenomeno dell’usura. Le
principali innovazioni consistono nell’eliminazione degli elementi costitutivi del reato e
nell’introduzione di un tasso d’interesse il cui superamento implica il delitto di usura. È
stata prevista la costituzione di due fondi per alleviare gli oneri finanziari delle categorie a
maggior rischio di usura e a soccorrere le vittime (fondo di prevenzione per il fenomeno
usura e il fondo di solidarietà per le vittime dell’usura).

CAP.12) LA POLITICA DEI PRESTITI.

12.1) La dimensione , la composizione e la qualità del portafoglio prestiti.

La dimensione, la composizione e la qualità del portafoglio dei prestiti sono tre aspetti
strettamente collegati tra loro in un rapporto di grande interrelazione reciproca. È necessario
premettere che l’obiettivo delle banche è quello di raggiungere volumi di impieghi in
prestiti sempre più elevati. I prestiti sono interessanti nel processo di crescita della banca,
sia perché rappresentano di solito la parte dell’attivo che è più remunerativa, sia perché
rappresentano il canale principale per instaurare relazioni di clientela solide e durevoli. Una
volta acquisita tale relazione andrà seguita sia sul piano dell’efficienze dei servizi resi, sia su
quello delle condizioni applicate. La relazione di clientela che si instaura è un patrimonio
assai prezioso per la banca, che la stessa farà bene a mantenere nel modo più attento
possibile. Nella ricerca dello sviluppo dimensionale, la crescita del volume degli impieghi in
prestiti rappresenta una sottovariabile primaria e non è necessario, però, perseguirla ad ogni
costo. Altrettanto importante è la sua attitudine ad essere governata in un senso o nell’altro,
quando circostanze interne o esterne lo impongono. In fine, strategica è la qualità del
portafoglio prestiti, che condiziona in sommo grado sia redditività sia le conseguenze sulla
liquidità e sul patrimonio della banca.

12.2) I principali fattori esterni che incidono sul volume dei prestiti.

I principali fattori esterni che incidono sul volume dei prestiti possono essere collegati alle
variabili che determinano l’andamento delle domande di credito sia sul piano aggregato che
con riferimento alle diverse situazioni aziendali. Sul piano delle grandezze aggregate, la
dinamica dei prestiti dipende dal processo di formazione e di distribuzione del prodotto
lordo, il quale riflette le decisioni di spesa corrente e di investimento delle imprese, dalla PA
alle famiglie. Queste decisioni concorrono a determinare la variazione del capitale investito.
Il secondo fattore è rappresentato dalla struttura e dal funzionamento del sistema finanziario
che condiziona le possibili forme di copertura del fabbisogno esterno degli operatori. Questi

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due fattori determinano la crescita potenziale dei prestiti bancari. La dinamica potenziale
degli impieghi del sistema bancario dipende dalla struttura delle attività economiche
presenti nell’area di intervento della banca. Il grado di sviluppo economico delle diverse
zone geografiche condiziona il tasso di crescita e la destinazione settoriale degli impieghi.

12.3) I principali fattori interni che incidono sul volume dei prestiti.

I fattori interni di ordine aziendale sono essenzialmente tre: 1) gli obiettivi del soggetto
economico; 2) le caratteristiche dei mezzi amministrati; 3) la struttura e l’organizzazione
della banca. Le relazioni che intercorrono tra la funzione obiettivo del soggetto economico
della banca e il volume dei prestiti, portano a ridurre le riserve di liquidità ai minimi livelli
necessari per assorbire le temporanee eccedenze delle uscite sulle entrate monetarie. Se
l’obiettivo del soggetto economico della banca sia la massimizzazione del profitto in
condizione di avversione al rischio, occorre attuare la migliore combinazione tra rendimento
e rischio, ottenibile attraverso la selezione degli investimenti. Le relazioni fra i volumi dei
prestiti e mezzi amministrati possono essere esaminate sia quantitativamente che
qualitativamente della raccolta di risorse finanziarie e al grado di capitalizzazione della
banca. Le prime rivestono importanza per gli equilibri reddituali e finanziari della gestione,
collegandosi pertanto con gli obiettivi del soggetto economico. Il volume desiderato di
impieghi non dipende soltanto dallo sviluppo della raccolta, ma anche da caratteristiche
qualitative, in ordine alla composizione per segmenti di clientela e per ammontare medio dei
rapporti. Questa caratteristiche concorrono a determinare il complessivo grado di stabilità
dei depositi, e quindi, il volume di impieghi compatibile con gli equilibri reddituali e
finanziari. Altra cosa importante è la relazione tra volume dei prestiti e strutturali e
organizzative che vanno ad influenzare la dimensione aziendale e la struttura preposta alla
valutazione dei fidi. l’aumento delle dimensioni aziendali sono collegate con le articolazioni
e l’insediamento della rete territoriale, le quali comportano una diversificazione della
clientela, influendo sulla crescita dei prestiti.

12.4) I criteri di composizione del portafoglio prestiti.

La preoccupazione di comporre nel modo ottimale il portafoglio prestiti secondo i criteri dei
fattori interni ed esterni è subordinata al controllo del rischio globale del portafoglio, sia dal
punto di vista del rischio economico che di quello finanziario. Iniziamo col dire che la
diversificazione settoriale e geografica dei prestiti è ricercata perché gli andamenti
economici e i fabbisogni finanziari dei singoli comparti produttivi e delle aree territoriali
sono omogenei. In base a ciò , la concentrazione degli impieghi in un unico settore
produttivo, o in un numero assai ristretto di settori comporterebbe l’assunzione del massimo
rischio. Le opportunità di compensazione si accrescono in presenza di un’adeguata
diversificazione territoriale dei prestiti, che consente alle banche di cogliere le opportunità
insite nei diversi ritmi di sviluppo delle aree economiche locali. Il grado di diversificazione
delle operazioni e la corretta incidenza dei rischi economici e finanziari, riflettono le scelte
riguardanti la composizione degli impieghi per classi di importo, ossia il frazionamento
degli affidamenti.

12.5) I rischi economici e finanziari dei prestiti.

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La scelta delle strutture tecniche si collega ai rischi economici e finanziari propri delle
singole operazioni di credito. In relazione ai rischi economici, assumono rilievo gli effetti
che queste strutture esercitano sulla capacità della banca di adeguare alle mutevoli situazioni
di mercato il divario tra i tassi attivi e passivi negoziati. Sotto questo profilo, le valutazioni
sono riferite ai diversi margini di elasticità che si trovano nella scadenza e nella modalità di
determinazione dei tassi di interesse attivi. Per quel che riguarda il rischio finanziario, si fa
riferimento al contributo che le strutture tecniche offrono per il mantenimento
dell’equilibrio tra entrate e uscite monetarie. Il grado di utilizzo dei fidi costituisce un
fattore determinante nella politica dei prestiti. Infatti, i fidi inutilizzati comportano un
duplice rischio per la banca: il rischio economico, poiché essi impediscono alla banca di
formulare e di realizzare una politica di investimento razionale e di svolgere le proprie
attività. In secondo luogo, il rischio finanziario, perché la banca, tendendo di porre rimedio
al rischio di prima, può sottovalutare la probabilità che la clientela si avvalga delle
disponibilità creditizie inutilizzate, e quindi, a non mantenere riserve liquide a fronte degli
impegni assunti.

12.6) La disciplina della concentrazione dei rischi.

La concentrazione dei rischi è la disciplina diretta a limitare i rischi di instabilità degli


intermediari finanziari rinvenienti dalla concessione a singoli o gruppi di prenditori di
finanziamenti di importo rilevante rispetto al patrimonio di vigilanza. La Banca d’Italia si
riserva di stabilire limiti e requisiti più stringenti per evitare gli squilibri tra clientela e
banca, andando a definire tutte le variabili ( clienti, clienti connessi, esposizione, posizione
di rischio, grandi rischi, gruppo di appartenenza, fattore di ponderazione) nei cui confronti
vengono assunti dei rischi.

CAP.13) I CONTROLLI SUGLI AFFIDAMENTI E LA GESTIONE DEL


CONTENZIOSO.

13.1) Li ruolo della variabile fiscale nel processo di elaborazione delle informazioni da
parte della banca.

L’atteggiamento che la banca deve avere nei confronti dell’aspirante cliente al momento
dell’istruttoria deve essere assolutamente critico, nulla deve essere dato per scontato perché
a volte possono esserci delle manipolazioni, specie nei casi di piccole e medie imprese. È un
vero paradosso perché, se da un lato è vero che la nostra economia si basa essenzialmente su
di un tessuto di piccole e medie imprese, dall’altro ci si trova di fronte ad un insieme di
piccole e medie imprese con bilanci con bassa redditività e da pessime situazioni
finanziarie. Alcuni studiosi hanno cercato di spiegare questo fenomeno e sono giunti alla
conclusione che le ragioni fondamentali sono quelle fiscali. I debiti delle diverse imprese
sono numerosi e sono sviluppati essenzialmente perché il risparmio fiscale derivante da una
situazione fiscale indebitata supera nettamente i maggiori costi dello stesso indebitamento.
Il governo, per porre parziale rimedio ha emanato un provvedimento in base al quale i
rendimenti delle attività finanziarie, poste da privati a garanzia di affidamenti bancari, sono
sottoposti ad una particolare tassazione. Nonostante si stia assistendo ad un rapido
ridimensionamento del fenomeno, rimane comunque il fatto che le variabili fiscali hanno un
enorme impatto sul bilancio delle imprese italiane. Sono ricorrenti anche i casi in cui vi è

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evasione fiscale, in cui la redazione dei bilanci possono trarre in inganno gli analisti delle
banche in occasione delle istruttorie di fido. L’amministrazione finanziaria ha posto in
essere speciali procedure miranti a ricostruire i bilanci delle imprese, tale prassi, se adottata
dalle banche in fase di istruttoria dei fidi, potrebbe consentire di valutare le sanzioni che
pesano sull’impresa e l’impatto che potrebbero avere sulla sorte dell’impresa e sulla
capacità di rimborso dei prestiti eventualmente concessi.

13.2) I modelli di previsione delle insolvenze e delle performance aziendali (credit


scorino).

La pratica e la dottrina a messo a punto dei metodi di analisi molto interessanti che fanno
grande uso soprattutto dell’intelligenza artificiale. Si tratta di modelli che sono impiegati per
prevedere le insolvenze o per favorire informazioni sulle future performance finanziarie ed
economiche degli affidati. Questi modelli possono essere utilizzati per valutare la capacità
di credito di un individuo o di una famiglia o di un’impresa allorché richieda un fido alla
banca. Possono essere anche utili per valutare la solidità del portafoglio dei prestiti globali
di una banca, per decidere se investire in azioni , obbligazioni o in altri titoli emessi da
un’altra società.

13.3) I problemi emergenti dall’applicazione dei modelli di previsione.

I modelli e le tecniche di elaborazione automatica dei dati cercano di realizzare tutto ciò,
ponendo però una serie di problemi. Il primo di essi è rappresentato dalla qualità dei dati da
elaborare. Essi sono variamente attendibili e significativi. È anche noto che l’attendibilità e
la significatività dei dati di qualsiasi natura e in qualsiasi contesto sono in parte assolute e in
parte relative, nel senso che dipendono molto dall’uso che ne viene fatto e
dall’interpretazione che l’elaboratore può e sa fare. Bisogna ricordare a tale proposito che
tali tecniche devono affiancare e non sostituire l’intervento umano. Il secondo problema
riguarda le metodologie statistiche usate nelle elaborazioni. Le metodologie maggiormente
diffuse e applicate sono due: quella deterministica e quella probabilistica. La prima è stata
quella più usata anche se ha alcuni limiti tipo quello di selezionare gli indici di bilancio
delle aziende da analizzare tramite semplici tecniche statistiche. La seconda, se pur meno
usata possiede alcuni vantaggi come quello di incorporare nell’analisi giudizi soggettivi a
priori e come quello di tener conto dell’incertezza dovuta al fatto che l’osservazione stessa
non ha contribuito alla stima del modello. Il terzo problema riguarda infine ciò che è
necessario fare sul piano pratico per utilizzare modelli proposti e riguarda la significatività e
l’attendibilità dei dati cui si raffrontano quelli relativi alla singola azienda oggetto di
valutazione.

“CREDIT SCORING”

Il credit scoring è un modello automatico di previsione delle insolvenze, consistente nella


assegnazione di un punteggio al richiedente credito, punteggio che viene confrontato con un
punteggio medio di campione di riferimento. Queste analisi soddisfano pienamente il
credito al consumo, mentre sono meno diffuse nel settore della valutazione fidi delle
imprese e questo per due motivi: uno di tipo teorico, che riguarda il punto di partenza che è
dato da indicatori di bilancio, quindi è opportuno ritenere che l’efficacia dello strumento

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non possa superare il livello raggiungibile da buone analisi tradizionali. Il secondo è di tipo
pratico, in base ai vari livelli di anomalie che si possono presentare nelle varie impresi
richiedenti, che non permettono di distinguere nel campione in esame le aziende buone dalle
quelle anomale.

13.4) L’utilizzo dei sistemi esperti e dell’intelligenza artificiale.

Per sistemi esperti si intendono sistemi di elaborazione dei dati basati sull’uso di un
computer, i quali grazie ad un software permettono di affrontare problemi che con
l’automazione normale sarebbero preclusi. Si tratta di applicazioni della cosiddetta
intelligenza artificiale. Questi sistemi esperti possono essere utilizzati in vari momenti delle
procedure di affidamento. Nelle procedure di affidamento, il principale beneficio atteso
dall’introduzione dei sistemi esperti sta nella loro attitudine ad affinare la selettività delle
valutazioni nell’ambito dei rapporti di giudizio di accettabilità. In questo caso, essi cercano
di controllare il grado di rischio del portafoglio prestiti e di prevenire casi di insolvenza e di
immobilizzo.

13.5) La fase di monitoraggio del credito in essere. In particolare: analisi degli


sconfinamenti.

Un volta che il credito è stato concesso, la banca deve concentrarsi sul monitoraggio
continuo della posizione. Tale controllo mira a porre in evidenza eventuali sconfinamenti
rispetto al limite degli affidamenti concessi, portando la banca a fare revisioni periodiche
delle posizioni. Il monitoraggio serve poi a gestire gli eventuali ricavi o recuperi quando i
crediti vivi subiscono delle alterazioni. Il monitoraggio degli sconfinamenti può essere
effettuato seriamente, solo col supporto di procedure automatizzate di varia natura. Le più
diffuse riguardano la produzione automatica e generalizzata di tabulati periodici. Tali
tabulati evidenziano i rapporti che presentano sconfinamenti contabili di c/c superiori ad un
determinato importo minimo giudicato rilevante. Oltre ai dati relativi ai fidi accordati,
vengono indicati, anche, per ogni posizione eventuali preavvisi che possono giustificare
l’anomalia. I preavvisi sono strumenti per segnalare eventuali operazioni in corso di
effettuazione, il cui ritardo è dovuto solo a questioni tecniche. Sottraendo dagli
sconfinamenti contabili quelli giustificati dai preavvisi, si giunge alla determinazione
dell’eventuale sconfinamento netto. Tutti gli sconfinamenti vanno accertati, monitorati e
considerati, perché il loro significato può essere diverso da caso a caso. E le banche possono
autorizzare o meno il cliente ad usufruire degli sconfinamenti. Ma in caso di revoca, la
banca metterebbe il cliente in una situazione difficile, quindi, è probabile che la banca
cerchi di trovare soluzioni morbide per far si che il cliente possa rientrare.

13.6) Le posizioni incagliate, le sofferenze e le perdite su crediti.

Un’importante considerazione va fatta sui problemi delle posizioni incagliate, le sofferenze


le perdite su credito e la relativa valutazione del rischio. Infatti, i cosiddetti crediti in
sofferenza, sono definiti come l’esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di
insolvenza o in situazioni difficili. Questo può avvenire anche per i crediti di firma. In
secondo luogo abbiamo crediti incagliati, che al momento dell’analisi non fanno vedere
problemi particolari, ma nel corso del tempo possono degenerare. Mentre le posizioni

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incagliate, sono posizioni critiche, che possono trasformarsi in sofferenze. Poi la banca va a
valutare il grado di rischio vedendo se i crediti sono concessi con o senza garanzia. Le
banche oggi si aiutano con dei collaboratori esterni di tipo legale, o addirittura con l’ausilio
di società, per l’affidamento completo del contenzioso.

CAP.14) LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI.

Con il termine cartolarizzazione si identifica la tecnica finanziaria con la quale attività


finanziarie di qualsiasi tipo possono essere trasformate in titoli negoziabili sul mercato
secondario. In Italia le prime operazioni di cartolarizzazione risalgono invece agli inizi degli
anni 90, infatti con la legge n. 130 del 1999 le operazioni di cartolarizzazione dei crediti
possono essere effettuate on modo più opportuno ed economico.

14.1) Obiettivi e strutturazione dell’operazione.

Le operazioni di cartolarizzazione, implicando la cessione a terzi di quote dell’attivo di


bilancio del cedente, rappresentate da crediti che esso vanta nei confronti dei propri debitori,
provocano una diversa composizione dello stesso attivo, nel quale aumentano le poste
monetarie e a rischio nullo derivanti dall’incasso del prezzo pattuito per la cessione e
diminuiscono le poste meno liquide e più rischiose. In termini più generali, la
cartolarizzazione migliora dunque le opportunità quali-quantitative di finanziamento
dell’impresa cedente, offre migliori opportunità di bilanciamento delle scadenze dell’attivo
e del passivo, crea le premesse per una gestione più elastica dell’attivo e per una gestione
più agevole dello sviluppo aziendale.

14.2) Oggetto e rischi dell’operazione

Oggetto delle operazioni di cartolarizzazione possono essere crediti garantiti da ipoteca o


crediti non garantiti. Il tipo e la qualità dei crediti oggetto delle operazioni di
cartolarizzazione condizionano il rischio che tali operazioni originano per il cedente e per il
compratore dei titoli che sono emessi a fronte della cessione dei crediti. Il cedente non corre
rischi particolari, mentre l’investitore o gli investitori corrono peraltro un rischio di perdita,
mentre il cedente corre tutt’al più il rischio di un mancato guadagno. Inoltre, l’investitore o
gli investitori corrono non solo un rischio economico in senso stretto, ma anche un rischio
finanziario e un rischio di tasso. Per rendere più trasparente le operazioni e per maglio
identificare i rischi delle medesime esse sono solitamente oggetto di rating da parte di
società specializzate.

14.4) I protagonisti.

L’operazione di cartolarizzazione è quindi un’operazione complessa, che può prevedere


l’intervento di numerosi protagonisti, fra i quali possiamo citare i seguenti:
1) il cedente, che è un intermediario finanziario non bancario o un’impresa non
finanziaria;
2) advisor, solitamente rappresentato da un’importante studio legale o da una primaria
banca d’affari;

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3) arranger, il quale organizza l’operazione e può essere rappresentato da una banca o


da un intermediario finanziario non bancario;
4) lo special purpose vehicle, costituito dalla società cessionaria e abilitata ad emettere i
titoli in cui sono incorporati i crediti ceduti;
5) il collocatore, funzione svolta solitamente da una banca di investimento o da un
intermediario finanziario non bancario, che può comprare titoli in proprio o venderli
a investitori istituzionali o al pubblico;
6) il servicer, cioè la società di servizi specializzata nella gestione del portafoglio
oggetto dell’operazione e soprattutto nella gestione dei flussi di incasso e pagamento;
7) la società di rating, che valuta il rischio dell’operazione.

14.5) Prospettive della cartolarizzazione in Italia.

Fin ora la cartolarizzazione è stata usata essenzialmente per operazioni di pulizia di bilancio,
anche se non sono mancate alcune operazioni avente per oggetto crediti sani, si presume che
essa possa diventare molto importante come vero e proprio strumento di evoluzione del
nostro sistema di finanziamento dell’economia. La cessione delle attività fornirebbe mezzi
finanziari necessari per alimentare nuove concessioni di prestiti. La cartolarizzazione del
portafoglio prestiti non farebbe peraltro venir meno il governo del rapporto di clientela, cui
le banche tengono in modo particolare. Tale rapporto potrebbe infatti essere mantenuto sia
per il tramite di un c/c sia attraverso la sostituzione dei prestiti ceduti alla loro scadenza,
sostituzione che sarebbe comunque assicurata dalla banca originaria. La cartolarizzazione
ridurrebbe poi il fabbisogno di mezzi patrimoniali, che in molte banche locali può spesso
rappresentare un problema, e faciliterebbe quindi il rispetto delle regole di vigilanza
prudenziale.

CAP.15) LA GESTIONE DEL PORTAGLIO TITOLI DELLE BANCHE.

15.1) Le politiche seguite dalla banca e la gamma dei prodotti/servizi offerti.

Nel passato le attività di intermediazione mobiliare avevano nei confronti dei risparmiatori
un carattere marginale e occasionale, ma col passare degli anni si sono avute importanti
modifiche: alla gestione del portafoglio di proprietà le banche affiancano una articolata
attività di intermediazione mobiliare per conto della clientela. Le banche, quindi, si sono
orientate verso un nuovo e maggiore coinvolgimento nell’attività di intermediazione
mobiliare, cercando di recuperare i margini di profitto persi nell’intermediazione
tradizionale. Le banche hanno aumentato le attività di negoziazione in titoli, movimentando
il portafoglio di proprietà, quindi, il nostro sistema finanziario, con la pressante domanda di
risparmio gestito o delegato sta cercando di raggiungere gli standard dei paesi più evoluti.
Ma questo evolversi è dovuto anche, e forse soprattutto, all’impostazione di corrette
politiche di segmentazione del mercato, che consentono alla banca di offrire soluzioni di
portafoglio coerenti con le combinazioni di redditività e liquidità desiderate dalle diverse
classi di risparmiatori.

15.2) Il portafoglio dei titoli di proprietà delle banche.

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Prima di analizzare il portafoglio dei titoli di proprietà, bisogna parlare della loro
classificazione. Infatti, in merito alle motivazioni dell’acquisto dei titoli è possibile
distinguere i titoli acquistati per autonoma scelta dalle banche e i titoli in adempimento di
eventuali obblighi di legge. Una seconda classificazione, può essere fatta in base alla
destinazione dei titoli acquistati, dove troviamo una classificazione economica in cui vi è da
un lato il portafoglio di negoziazione e dall’altro il portafoglio dei titoli di proprietà in senso
stretto. In fine, se si passa ad una logica di tipo contabile, si giunge ad un ulteriore
classificazione che porta a distinguere il portafoglio titoli della banca in titoli immobilizzati
e titoli non immobilizzati. Nonostante queste classificazioni, quello che interessa è la quota
parte del portafoglio dei titoli di proprietà, che è stata indicata con il termine di portafoglio
di investimento. Molto importante è distinguere i fenomeni di natura strutturale da quelli di
natura congiunturali. Per quanto riguarda i fenomeni di natura strutturale, in grado di
influenzare il trend di lungo periodo, risulta opportuno elencare le seguenti categorie: 1)
l’evoluzione del sistema finanziari; 2) l’intensità e le modalità di intervento dello stato in
economia; 3) le priorità fissate negli indirizzi della politica monetaria e creditizia. Per
quanto riguarda il primo punto, è evidente che il portafoglio titoli delle banche raggiunge un
dimensione rilevante nei sistemi finanziari in cui la banca assume una posizione di centralità
assoluta. Nel momento in cui si evolve il sistema finanziario verso un maggior ricorso ai
mercati, la banca si trasforma da diretta investitrice a mediatrice. Per quanto riguarda il
secondo fenomeno, è abbastanza chiaro che più lo stato interviene nell’economia
assorbendo risorse finanziarie tanto maggiore è la necessità titoli del debito pubblico per cui
è inevitabile che lo stato eserciti una forte pressione sulle banche per l’acquisizione dei titoli
pubblici. In merito al terzo fenomeno, è evidente che il portafoglio titoli della banca è
inevitabilmente condizionato dagli strumenti utilizzati e dalle finalità perseguite dalle
autorità di controllo in tema di politica monetaria e creditizia. Il fenomeno di tipo
congiunturale che condizionano la dinamica del portafoglio titoli delle banche possono
sostanzialmente essere ricondotte a due categorie: quelle interne della banca e quelle esterne
di mercato. Le prime sono analizzate dal criterio in base al quale il management della banca
raggiunge la determinazione della composizione dell’attivo, individuando due politiche: una
è la politica residuale e l’altra politica flessibile. La circostanza esterna, cioè di mercato,
possono essere ricondotte sia alle diverse fasi congiunturale del mercato mobiliare, sia agli
intervanti attuali delle autorità monetarie.

15.3) La gestione del portafoglio titoli di proprietà.

Gli obiettivi attribuiti al portafoglio di proprietà di un banca possono riassumersi in


redditività e nella pronta trasformabilità in denaro liquido. Per quanto attiene alla redditività,
va evidenziato come la gestione titoli, sebbene offra un ritorno economico inferiore a quello
conseguibile dai prestiti, si caratterizza per costi di amministrazione e di personale più
contenuti. Gli investimenti in titoli, poi, garantiscono un flusso di ricavi certo e prevedibile
nel tempo. In fine oltre alla liquidità naturale, ogni valore mobiliare offre anche un flusso di
liquidità artificiale derivante dallo smobilizzo del titolo sul mercato secondario prima della
sua scadenza. Oltre la redditività c’è l’altra caratteristica del portafoglio titoli della banca, ed
è la rapida trasformabilità in denaro, e va sottolineato come i titoli vengono considerati
fornitori di liquidità anche per la possibilità di accedere ad operazioni di finanziamento
nell’ambito delle quali i titoli fungono da garanzia.

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15.4) La politica residuale.

La politica residuale è un politica di gestione del portafoglio titoli statica e rigida. Nella
politica residuale il problema della determinazione del volume d risorse da impegnare in
titoli viene affrontato seguendo un rigido criterio di priorità. In base a ciò, la banca è
chiamata a destinare parte delle sue risorse e poi in un secondo momento utilizzare le risorse
libere di prima e seconda linea. Una volta costituita la riserva in modo soddisfacente, la
banca utilizza gli ulteriori fondi disponibili per la concessione di prestiti, al fine di
perseguire l’obiettivo della redditività. Secondo questa logica è soprattutto la domanda di
credito la variabile determinante per la composizione dell’attivo. Ad esso sono destinate
l’eventuali eccedenze di fondi che non si è riusciti ad impiegare in prestiti per carenze della
domanda (quantitativamente e qualitativamente). I rischi economici propri della politica
residuale possono essere contenuti scegliendo i titoli che presentano cedole indicizzate o a
cedola fissa elevata e abbiamo una vita residua contenuta.

15.5) La politica flessibile.

La politica flessibile è una politica di gestione del portafoglio titoli dinamica. La gestione
del portafoglio di proprietà in base alla politica flessibile, comporta che le banche
determinano il volume delle risorse da destinare all’investimento in titoli, in funzione
dell’andamento atteso dalla domanda di credito e dai tassi di interesse. L’obiettivo di tale
politica è quello do evitare il rischio economico connesso all’applicazione rigida della
politica residuale che dipende dalla non corretta tempificazione delle operazioni di vendita e
di acquisti dei titoli. Accanto ai rischi economici va evidenziato come la politica flessibile
presenti ulteriori difficoltà di carattere più operativo. L’impiego di risorse per l’acquisto di
titoli nelle fasi terminali dei cicli espansivi, può essere molto difficile in quanto
concomitante con una domanda di prestiti ancora sostenuta. In questi casi si può rinviare nel
tempo l’attività di investimento in valori mobiliari, andando però incontro agli effetti
negativi dovuti ai crescenti prezzi di acquisto dei titoli.

15.6) I criteri di valutazione dei titoli e le politiche di composizione del portafoglio.

Come visto nel caso della politica residuale, gli sforzi del management della banca siano
rivolti non tanto alla determinazione della dimensione ottimale del portafoglio titoli quanto
piuttosto all’individuazione della composizione di portafoglio che minimizzi l’esposizione
ai rischi economici più volte citati. Mentre, nel caso della politica flessibile, il management
della banca è chiamato a comporre il portafoglio intervenendo soprattutto sulla distribuzione
per scadenze, al fine di sfruttare al meglio la volatilità attesa delle quotazioni al variare delle
condizioni di mercato. È necessario affrontare l’analisi delle caratteristiche tecniche dei
titoli, la cui conoscenza è un presupposto indispensabile ai fini di un’efficace composizione
di portafoglio. Chi acquista un valore mobiliare vuole percepire un rendita, quanta più
elevata possibile, dal proprio investimento, ma desidera anche garantirsi sia la possibilità di
ricollocarlo sul mercato, sia tenere sotto controllo la gamma dei possibili risultati ex post
rispetto a quelli ex ante. Da ciò emerge che quando si affronta l’analisi del rendimento di
più valori mobiliari messi a confronto tra di loro, il primo passo da compiere per assicurarsi
che la valutazione avvenga su base omogenee deve consistere nella verifica dell’esistenza di
uno stesso grado di liquidità che caratterizza i diversi titoli.

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15.7) Il grado di liquidità di un investimento.

Se definiamo il grado di liquidità associato ad un investimento come l’attitudine di un


valore mobiliare ad essere convertito in monete legali in qualsiasi momento, è immediato
concludere che ogni titolo presente sul mercato evidenzierà un certo grado di liquidità in
funzione della struttura e delle condizioni funzionali che caratterizzano il mercato in cui il
titolo stesso viene negoziato. Da ciò si deduce che il grado di liquidità di un valore
mobiliare è strettamente collegato a livello di efficienza del mercato nel suo complesso.
Quanto maggiore risulta il grado di efficienza del mercato nel suo complesso, tanto
maggiore è il peso che deve essere attribuito alle caratteristiche tecniche del singolo valore
mobiliare per determinarne e misurarne il grado di liquidità. Un altro elemento che influisce
sulle conseguenze del grado di liquidità è sicuramente la durata. Infatti al crescere di questo
fattore aumenta il grado di esposizione al rischio da parte dell’investitore. Per tenere sotto
controllo tale fattore sono stati elaborati diversi indicatori di durata (durata residua, vita
media, duration, etc.) il crescente grado di precisione fa diminuire il rischio.

15.8) Il rendimento offerto da un valore mobiliare.

Il criterio usato per la valutazione del rendimento offerto da un titolo mobiliare, è lo stesso
usato per gli indicatori di durata, cioè, è opportuno considerare non solo tutti i flussi
finanziari attesi, ma anche il momento preciso in cui ognuno di essi si manifesta. In
relazione a diverse variabili (come valore di rimborso, prezzo di vendita, modalità di
rimborso, prezzo di acquisto,ecc.), si possono individuare alcune componenti di reddito
certe e componenti di reddito aleatorie. Tra le prime rientrano le cedole periodiche e lo
scarto di emissione, ovvero il divario tra prezzo di emissione e valore nominale di rimborso.
Tra le seconde, figurano il guadagno o la perdita in conto capitale e il risultato ottenuto dal
reinvestimento dei flussi periodici di entrata.

15.9) Il grado di rischio di un investimento.

Analizziamo ora il rischio associabile ad un valore mobiliare. Per rischio si intende il grado
di variabilità con cui il rendimento ottenuto si discosta da quello atteso. Bisogna individuare
le possibili configurazioni di rischio, per giungere poi a proporre alcuni indicatori in grado
di segnalare al singolo operatore, l’ampiezza del possibile divario tra rendimento effettivo
conseguito ex post e quello promesso ex ante. Accanto al rischio di mercato vi sono altre
configurazioni di rischio che risultano più collegabili alle caratteristiche tecniche del singolo
valore mobiliare. Per quanto riguarda i titoli a reddito fisso, molto importante è il rischio di
interesse, dal momento che le oscillazioni nei tassi si ripercuotono, anche se con segno
diverso, sia sui corsi, sia sui frutti ottenibili. Per il rischi di perdita del poter di acquisto si
intende il possibile impatto che l’andamento dell’inflazione può fare registrare sul
rendimento del titolo. Il rischio di insolvenza esprime la possibilità che l’emittente non sia
in grado di far fronte agli impegni assunti al momento dell’emissione. Per rischio di
liquidità si deve intendere l’impossibilità di collocare prontamente ed economicamente il
valore mobiliare acquisito in precedenza.

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15.10) le politiche di composizione del portafoglio: lo scaglionamento delle scadenze e il


barbell approach .

Il problema della composizione del portafoglio titoli segue fondamentalmente due logiche :
lo scaglionamento delle scadenze (legata alla politica residuale) e il barbell approach (legato
alla politica flessibile). La prima tecnica ha come obiettivo ridurre i rischi economici e
finanziari del portafoglio, diversificando i titoli sotto il profilo della scadenza. In modo che i
titoli, relativi ad emissioni diverse, vadano inseriti in um portafoglio in modo tale da
distribuirsi su tutte le scadenze uniperiodale comprese nell’intero arco di tempo scelto dal
gestore. Il secondo, accettando un grado di rischio maggiore, il gestore del portafoglio
barbell punta la propria attenzione su titoli di breve /brevissima scadenza e di protratta
scadenza, trascurando quelli di scadenza intermedi. Un portafoglio barbell sembra garantire
la massimizzazione del rendimento, infatti, rispetto allo scaglionamento delle scadenze,
l’approccio barbell garantisce un maggior grado di liquidità e maggiore flessibilità. In modo
che con le scadenze a breve, permette al gestore sia di far fronte ad eventuali tensioni di
tesoreria, sia di effettuare rapidi riaggiustamenti del portafoglio con le variazioni dei tassi di
mercato.

CAP.16) L’OFFERTADEI SERVIZI DI INVESTIMENTO DA PARTE DELLE


BANCHE .

16.1) I servizi per gli investitori.

Tra i diversi servizi che una banca può offrire alla propria clientela , esistono anche i servizi
di investimento. Questi si innestano tra le attività che la banca svolge con riferimento ai
titoli ed agli strumenti finanziari in genere. La banca è chiamata ad effettuare una scelta di
posizionamento nell’area di servizi di investimento, in funzione ai bisogni espressi dalla
clientela. Tale scelta, può essere distinta tra quella di rivolgersi agli investitori individuali e
quella di rivolgersi alle imprese
Prenditrici di fondi e quindi potenziali emittenti di titoli.

16.1.1) la negoziazione di strumenti finanziari

L’attività di negoziazione costituisce per la banca un impegno di carattere esecutivo


consistendo nella trasmissione sul mercato degli ordini di acquisto e di vendita degli
strumenti finanziari, a loro volta trasmessi alla banca dalla clientela.: si parla quindi di
negoziazione per conto terzi. La remunerazione per il servizio eseguito è rappresentata dalle
commissioni applicate ad ogni transazione eseguita. Per incrementare il valore aggiunto del
servizio di negoziazione per conto terzi e renderlo così più appetibile alla clientela , le
banche lo affiancano ad altre forme di servizio, tra cui vi è la custodia-amministrazione
degli stessi strumenti finanziari negoziati. Questo servizio è offerto a fronte del pagamento
di una commissione, calcolata in percentuale sul valore medio dei titoli amministrati-
custoditi nel corso dell’anno. Il servizio di negoziazione per conto terzi spesso si associa ad
operazioni di negoziazione attraverso le quali la banca soddisfa le richieste di acquist-
vendite della clientela.

16.1.2) La gestione individuale dei patrimoni.

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L’offerta di un servizio individuale di patrimoni vede la banca impegnata, su delega del


cliente, a gestire un portafoglio di strumenti finanziari con l’obbiettivo di ottimizzarne la
redditività rispetto ai vincoli di rischio e di liquidità esplicitati dal cliente stesso. La
remunerazione del servizio viene dall’applicazione di commissioni che possono essere
calcolate in tre modi diverse: 1) può essere applicata una commissione periodica sul valore
del singolo patrimonio gestito: “ commissione di gestione”; 2) la banca può negoziare
preventivamente col cliente un obiettivo di rendimento (banchmark); 3) la banca può
applicare una commissione percentuale ( detta di ingresso) al valore del patrimonio
affidatole in gestione.

16.2 ) I servizi agli emittenti : i servizi di collocamento.

I servizi di collocamento si rivolgono a clienti rappresentati da imprese che vogliono


raccogliere risorse finanziarie sul mercato, a titolo di capitale di debito o azionario. Tale
operazioni richiedono l’intervento di una banca o più spesso di più banche che costituiscono
un consorzio. Le banche che fanno parte del consorzio, offrono all’impresa i propri servizi
di collocamento che possono avere forme diverse : in un primo modo, la banca potrebbe
fungere da consulente, suggerendo alle imprese le condizioni e le modalità più opportune
affinché l’operazione e i tempi abbiano successo . Inoltre la banca può offrire un servizio di
collocamento di carattere distributivo, detto selling, in cui si impegna a presentare agli
investitori potenziali, con i quali entra in contatto, i titoli in emissione, percependo una
commissione del valore dei titoli effettivamente collocati. Nelle attività di selling la banca
mette a disposizione dell’impresa emittente la capillarità della propria rete distributiva e la
sistematicità dei propri contatti con il pubblico degli investitori.

16.3) alcuni profili gestionali dei servizi di investimento.

La scelta produttiva in materia di servizi di investimento implicano un coinvolgimento della


banca nel settore dell’intermediazione mobiliare molto diverso. Intensificando il proprio
impegno dalle attività di servizio più elementari ad arrivare da attività più complesse è
evidente che la conoscenza del mercato e le politiche di segmentazione della domanda
diventano condizioni indispensabili per garantire l’offerta di un servizio adeguato alla
clientela. I modelli organizzativi da adottare diventano più complessi e gli investimenti in
tecnologia e formazione del personale diventano fondamentali per l’efficacia e l’efficienza
dei servizi. Tra questi servizi, solo quello di collocamento è destinato ad una clientela
rappresentata dalle imprese emittenti di titoli. Negli altri casi la banca deve esercitare
un’opzione strategica. Tale opzione attiene l’ipotesi di rivolgersi ad un mercato del tipo
“retail” (fatti da molti individui e poche imprese) oppure ad un mercato di tipo
“institutional” (fatto da imprese di grandi dimensioni). La scelta retail-institutional
comporta un serie di conseguenze nelle fasi di produzione e distribuzione dei servizi.

16.4) Cenni sulla disciplina dei servizi di investimento.

La normativa del Testo Unico della finanza regolamenta numerosi aspetti relativi allo
svolgimento dei servizi di investimento da parte delle banche. L’articolo 1, per quanto
riguarda l’identificazione dei servizi di investimento soggetti a riserva di attività, definisce

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quali sono le attività che possono definirsi come servizi di investimento. a) la negoziazione
per conto terzi o proprio; b) il collocamento con o senza preventiva sottoscrizione di
garanzia nei confronti dell’emittente; c) la gestione su base individuale di portafogli di
investimento per conto terzi; d) la ricezione e la trasmissione di ordini. Lo svolgimento delle
attività comprese nell’elenco è riservato a determinati soggetti. Nel caso italiano, l’impresa
di investimento prende il nome di SIM (società di intermediazione mobiliare).

16.5) I possibili rapporti tra banche e SIM.

Le banche e le SIM sono i soggetti istituzionalmente deputati ad offrire l’intera gamma dei
servizi di investimento. infatti, le une e le altre diventano concorrenti sul mercato, anche se
le banche hanno maggiore importanza nel segmento di intermediazione creditizia. Ma è
opportuno precisare, che a volte, le banche e le SIM si trovano in situazioni di
collaborazioni, in effetti, alcune banche delegano funzioni di intermediazione mobiliare alle
SIM; oppure costituiscono una SIM ad hoc e partecipa detenendone il controllo, in questo
caso, la “SIM di gruppo” opera avendo come concorrenti le altre SIM. A volte si verifica
anche il caso in cui la banca vuole restare concentrata sull’intermediazione creditizia, pur
consapevole che la clientela richieda determinati servizi di investimenti, così la banca
stipula un accordo commerciale con una SIM partecipata da altri soggetti per ottenere dei
ricavi da commissione.

16.6) Alcune disposizioni di vigilanza strutturale e prudenziale in materia di servizi di


investimento.

il Testo Unico sulla finanza dispone anche norme relative alla vigilanza per quanto riguarda
i servizi di investimento. per quanto riguarda la vigilanza strutturale, i servizi di
investimento possono essere offerti in presenza di una autorizzazione concessa dagli organi
di controllo. Nel caso delle SIM, l’autorizzazione è concessa in parallelo alla concessione
dello status di impresa di investimento, subordinato alla presenza di determinati requisiti,
che sono riconducibili a quelli previsti per la concessione di status di banca, le SIM devono
assumere la forma giuridica di SPA, dimostrare l’esistenza di un capitale minimo, avere la
propria sede legale in Italia, e i soci e gli amministratori devono possedere i requisiti di
onorabilità e di professionalità. Dal punto di vista della vigilanza di tipo prudenziale,
l’offerta di servizi di investimento da parte delle banche o da parte delle SIM è regolata
sulla base di coefficienti patrimoniali. Secondo questo criterio, le norme regolamentari
stabiliscono un livello minimo di capitalizzazione, in funzione della tipologia e
dell’intensità dei rischi assunti che bisogna sempre rispettare. Nel caso dei servizi di
investimento sono tipicamente previsti requisiti minimi di capitalizzazione misurati in
funzione dei costi operativi e delle perdite potenziali sulle posizioni in essere.

16.7) Alcune disposizione di vigilanza fair play in materia di servizi di investimento.

le norme di vigilanza usate per l’attività di servizi di investimento sono riconducibili alla
vigilanza fair play, volta a regolare il modello di comportamento nei confronti della
clientela. Infatti, il Testo Unico dice che le banche e le società di intermediazione si devono
comportare con diligenza, correttezza, trasparenza, acc., e che tutti i clienti devono essere
sempre adeguatamente informati. Un’altra cosa molto importante è che devono ridurre al

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minimo il rischio di conflitto di interesse, e in situazioni di conflitto di interesse, assicurare


ai clienti trasparenza ed equo trattamento. Infatti, le banche che intendono rispettare le
norme di tale vigilanza, tendono sempre a far sapere ai clienti il possibile sorgere di
situazioni conflittuali. L’esigenza di garantire una forte tutela della clientela si estrinseca
attraverso i cosiddetti chinese walls, che vogliono identificare la distinzione, a livello
organizzativo e contabile, delle diverse attività di intermediazione che possono originare
conflitti di interesse.

16.8) Il possibile futuro ruolo delle banche nel settore dei servizi di investimento.

con riferimento al caso dei servizi di investimento, le banche potranno sfruttare le articolate
e intense relazioni di clientela maturate sviluppando la propria tradizionale attività di
intermediazione creditizia. Per collocare opportunamente l’offerta dei servizi di
investimento all’interno della complessiva operatività bancaria, le banche devono per altro
definire in modo attento e completo una serie di opzioni strategiche, coerenti tra loro e
coerenti con le altre scelte aziendali.

CAP.17) GLI INVESTIMENTI AZIONARI DELLE BANCHE: NUOVI RAPPORTI


FRA BANCHE E IMPRESE.

IL Testo Unico affida alle banche la possibilità di assumere partecipazioni nel capitale di
rischio di imprese non finanziarie, completando in questo modo la gamma di funzioni che
possono essere svolte in materia di finanza di impresa. Il rapporto tra banca e impresa,
disegna uno scenario nuovo e ben più radicale dell’evoluzione naturale di una situazione
gradualmente sviluppatasi nel corso del tempo. Alla fine degli anni 80, le autorità creditizie
avevano consentito alle banche di assumere partecipazioni anche di controllo totalitario
nelle società di intermediazione finanziaria, note come “merchant bank all’italiana”,
specializzate nell’acquisizione di partecipazioni azionarie temporanee e di minoranza in
imprese non finanziarie, infatti, lo sviluppo delle SIF di emanazione bancaria è stato
contenuto e non è stato in grado di cambiare in alcun modo il tipo di rapporto tra banche e
imprese di cui si è prima detto.

17.1) Le novità introdotte dal Testo Unico in materia di separatezza banca-impresa “a


valle”.

L’ammontare complessivo degli investimenti, unitamente agli immobili posseduti, non può
superare il valore del patrimonio di vigilanza. Per quanto riguarda specificatamente il caso
delle imprese non finanziarie, in primo luogo è fissato un limite massimo, rapportato al
patrimonio della banca, per l’assunzione di partecipazioni in imprese della specie. Tale
limite è del 15% per le banche ordinarie, ma sale al 50% per le banche e i gruppi abilitati,
caratterizzati da un’importanza primaria, da un livello minimo di patrimonio pari a 1milardo
di euro. Il limite sale infine al 60% per le banche definite specializzate, caratterizzate cioè
da una struttura del passivo composta prevalentemente da raccolta a medio e a lungo
termine, da un patrimonio minimo pari ad 1 miliardo di euro, e da una situazione
patrimoniale pienamente soddisfacente rispetto al coefficiente di solvibilità.
Secondariamente, è fissato un limite massimo, per ogni partecipazione, rispetto al capitale
sociale dell’impresa partecipata. Tale limite è fissato al 15% in tutte e tre le categorie di

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banche sopra descritte. In terzo luogo, è fissato un limite massimo, che ogni singola
partecipazione non può superare, rispetto al patrimonio della singola banca: tale limite è del
3% nel caso delle banche ordinarie, del 6% nelle banche abilitate e del 15% per le banche
specializzate.

17.2) Il rischio associato all’assunzione di partecipazioni.

È possibile chiedersi quale tipo di effettiva applicazione della disciplina in materia sia più
opportuno e quali siano realisticamente le possibilità che nel futuro modifichino realmente e
a fondo i rapporti tra banche e imprese in Italia. Quanto al primo punto, è bene ricordare,
che l’assunzione di partecipazioni è un’attività rischiosa, per effettuare la quale occorrono
condizioni finanziarie, economiche e patrimoniali solide, capacità di valutazione e selezione
efficaci, strutture organizzative adeguate. Non si può negare che l’assunzione di rischi
ulteriori da parte delle banche italiane, magari nei momenti in cui il rischio di credito è
particolarmente elevato, deve essere valutata con grande attenzione. Non si può inoltre
negare che anche la situazione economica e patrimoniale di molte imprese italiane è in
questo momento relativamente debole e che quindi le imprese le cui azioni presentano
ottime prospettive reddituali e patrimoniali devono essere accuratamente selezionate. È
infatti bene ricordare che mote imprese italiane non manifestano una grande propensione ad
aprire in proprio capitale azionario a terzi. Questo fatto non contribuisce a rafforzare né la
struttura della nostra industria, né quella del nostro sistema di intermediazione finanziaria,
ma è comunque un fatto con il quale occorre confrontarci.

17.3) Il modello tedesco e il modello anglosassone.

Il panorama internazionale presenta due modelli opposti di gestione della relazione: il


modello tedesco, basato sul principio della banca universale, caratterizzato da istituzioni che
detengono rilevanti partecipazioni nel capitale delle imprese, a cui corrisponde la presenza
di esponenti della banca nei consigli di amministrazione e l’accesso a informazioni
riservate, ciò che garantisce relazioni di clientela stabile e durature. In secondo luogo vi è il
modello anglosassone della banca d’affari, dove l’assunzione della partecipazione è di tipo
temporaneo, finalizzata alla crescita del valore delle società e alla successiva dimensione nel
mercato. In Italia non si vede la possibilità di adottare il modello tedesco, almeno per due
ordini di ragioni: una prima di tipo culturale, una seconda di tipo tecnico, legata
all’incapacità delle banche italiane di assumere partecipazione di controllo. L’adozione del
modello anglosassone, peraltro anche più consono alla struttura degli assetti proprietari nel
nostro sistema industriale, presenta difficoltà di applicazione in relazione alla scarsa
liquidità del mercato secondario, che rende difficile la dismissione delle partecipazioni.

17.4) L’assunzione di partecipazioni nelle imprese in difficoltà.

Nel nostro paese vi sono in ogni momento storico gruppi e imprese in difficoltà e le
soluzione che per essi vengono ipotizzate al fine di risolvere i problemi salvaguardando gli
interessi dei creditori, e in primis quelli dei creditori di gran lunga più importanti almeno dal
punto di vista quantitativo, cioè le banche. La tentazione di trasformare crediti bancari in
azioni è forte, per certi aspetti risulta spesso bene accettata, da un lato, dai debitori, il che è
del tutto normale, e dall’altro lato anche dalle banche. Queste ultime infatti, con la

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conversione di crediti in azioni non risolvono affatto il problema, ma pensano di rinviarlo in


attesa di condizioni gestionali più favorevoli.

17.5) Può realmente migliorare la qualità del rapporto banca/impresa?

La risposta al quesito è in linea generale negativa, per almeno i seguenti motivi.


Innanzitutto, perché una partecipazione limitata al 15% del capitale di un’ impresa, non può
dare all’azionista bancario un grande potere e comunque neppure la sensazione che si tratti
di una sua proprietà, così da far cambiare l’atteggiamento psicologico nei confronti della
partecipata/finanziata. Secondariamente, anche l’assunzione di una partecipazione del tipo
di quella che qui si ipotizza no può cambiare le cose, se la struttura dei finanziamenti a titolo
di debito dell’impresa partecipata non è mutata rispetto alla situazione attuale. Non si
dimentichi, infatti, che il nostro paese è storicamente caratterizzato dal fenomeno dei fidi
multipli, cioè dalla prassi delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, di ricorrere a più
banche per l’ approvvigionamento di risorse finanziarie. Non si dimentiche neppure che tale
prassi è di norma assai gradita alle banche stesse, che credono in tal modo di frazionare i
propri rischi e perciò di ridurli. La discussione sul possibile cambiamento del rapporto tra
banca e imprese nel nostro paese deve peraltro tenere conto di elementi che stanno più a
monte di quelli appena esaminati e che sono riconducibili alla cultura e alla professionalità.

CAP.18) LA GESTINE DELLA TESORERIA BANCARIA.

18.1) Gli obbiettivi della tesoreria.

Il funzionamento della banca è dipendente dall’accettazione della sua passività, da parte


delle aziende non bancarie e dall’aspettativa dei suoi creditori. La banca deve dimostrare di
per far fronte agli impegni di pagamento in moneta legale, tempestivamente ed
economicamente. La banca deve avere un’adeguata disponibilità di volumi di base
monetaria, nel senso che il bilanciamento tra entrate ed uscite monetarie deve essere
assicurato dalla gestione corrente. Quindi alla gestione della liquidità è affidato il compito di
assicurare nel tempo un bilanciamento dei flussi monetari in entrata e in uscita. La gestione
della tesoreria è diretta ad assicurare in ogni istante il puntuale equilibrio di cassa, attivando
le procedure e gli strumenti che risultano idonei a sistemare gli scompensi giornalieri. La
tesoreria della banca può essere rappresentata sia come l’insieme delle riserve di attività
liquide e liquidabili, sia come il complesso delle procedure e degli strumenti utilizzabili per
sistemare gli equilibri tra movimenti in entrata e in uscita.

18.2) La politica delle liquidità.

La politica della liquidità è diretta a conseguire un tendenziale equilibrio finanziario e si


concreta nell’orientare gli interveti operativi destinati ad incidere sull’ordine temporale dei
flussi nel medio periodo. Attraverso tale politica, il management della banca delinea i
confini e i criteri gestionali delle componenti di bilancio discrezionali nel medio termine ed
il margine di manovra degli interventi da compiersi nel breve periodo. Infatti, la banca nel
breve e nel brevissimo periodo può trovarsi in gravi squilibri tra entrate ed uscite, e come
sappiamo, la banca deve trovarsi sempre in condizioni di liquidità ed essere in grado di
soddisfare i fabbisogni che la clientela richiede nelle situazioni di breve periodo. Quindi, vi

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è la nascita di varie riserve di liquidità, in modo che la banca possa gestire in via
discrezionale l’ordine dei flussi monetari, ricercando le migliori condizioni economiche per
l’acquisizione o l’allocazione delle risorse finanziarie.

18.3) La politica della tesoreria.

I problemi inerenti la gestione di tesoreria, nascono dall’esigenza di sistemare prontamente


ed economicamente gli squilibri tra entrate ed uscite. Il mantenimento dell’equilibrio si
configura come obiettivo/vincolo da conseguire in ogni istante. L’obiettivo prioritario della
tesoreria è da ricercarsi nella minimizzazione dei costi di aggiustamento, in accordo con le
finalità di non breve periodo, con i vincoli procedurali e quantitativi del conto di riserva. I
modelli gestionali di tesoreria sono definibili in relazione ai criteri di gestione delle fonti e
degli usi della liquidità supplementare. Questi modelli si presentano diversi da banca a
banca in quanto riflettono la varietà delle finalità perseguite e la diverse scelte operative. Il
primo modello di riferimento tende a porre l’accento sulla gestione degli scompensi
giornalieri originati dalla successione delle operazioni bancarie. L’obiettivo preminente è
quello di compensare gli eventuali squilibri tra entrate e uscite. Il secondo modello, tende a
dare rilievo al profilo reddituale della gestione delle fonti e degli usi della liquidità
supplementare e a trarre vantaggio dalle opportunità operative. La sistemazione degli
squilibri giornalieri e il rispetto delle regole della movimentazione delle riserve, assumono
più la natura di vincoli operativi che non quella di obiettivi della tesoreria. Considerata sotto
il profilo dell’amministrazione degli scompensi giornalieri, la gestione della tesoreria si
esprime su un orizzonte temporale molto breve, con collegamenti scarsi o nulli con la
gestione della liquidità aziendale di medio periodo. Per realizzare un effettivo collegamento
tra gestione di breve e medio periodo della liquidità, la gestione della tesoreria deve essere
guidata da previsioni dirette ad anticipare gli interventi correttivi della liquidità aziendale.
Gli interventi devono anticipare, correggere e indirizzare in via preventiva i flussi monetari
originati da scadenze tecniche e da fenomeni di natura ciclica e stagionale. Infine, occorre
rilevare che le operazioni di tesoreria, oltre ad integrarsi con quelle condotte sul mercato a
pronti dei titoli e dei cambi, risultano collegate anche all’operatività sui mercati degli
strumenti derivati.

18.4) Le riserve bancarie di liquidità.

La ricerca da parte delle banche della posizione desiderata di liquidità si esprime


nell’acquisire e nel mantenere una certa disponibilità di base monetaria. Infatti, è la tesoreria
a essere sollecitata a fronteggiare gli effetti prodotti tanto dalla variabilità della domanda di
liquidità della clientela, quanto dagli interventi regolatori delle autorità monetarie. La
ricerca e il mantenimento di condizioni di liquidità si trovano nella detenzione di una
frazione di investimenti complessivi in attività liquide o liquidabili.

18.5) Le riserve vincolate: la riserva obbligatoria di liquidità

le riserve obbligatorie di liquidità sono depositi in contanti costituiti dalle banche in


adempimento a disposizione dell’organo di vigilanza. Figurano nell’attivo patrimoniale
dell’impresa bancaria e, nel passivo della banca centrale. La riserva obbligatoria è uno
strumento di politica monetaria, diretto al controllo dell’offerta di moneta. La natura del

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vincolo è tale da configurarlo come strumento di vigilanza. Prima dell’entrata in vigore


della moneta unica, tutte le banche erano tenute a costituire presso la banca d’Italia un
deposito obbligatorio in contanti. Il versamento della riserva doveva essere effettuato in
funzione dell’incremento mensile delle forme di raccolta. Nel regime in vigore all’inizio del
1998 la variazione della riserva era pari al 15% della variazione dell’aggregato. Dal giugno
del 98, con l’obiettivo di allineare a quanto previsto dal regime di riserva obbligatoria
dell’eurosistema, si è previsto che la consistenza non dovrà eccedere del 9% della raccolta
media soggetta a riserva. In seguito all’introduzione del regime di mobilizzazione, le banche
venivano autorizzate ad utilizzare parte dei fonti depositati, per un importo max prefissato.
L’osservanza del vincolo di riserva, mediante il mantenimento di un saldo medio periodico,
consentiva alle banche di chiudere i conti di una singola giornata anche con un saldo del
conto di riserva inferiore o superiore a quello dovuto. Dal primo gennaio 1999 tutte le
banche dell’aria dell’euro sono assoggettate alla stessa disciplina di riserva obbligatoria. La
BCE pubblica nel corso dell’ultimo giorno di operatività di ciascun mese solare un elenco di
tutte le istituzioni assoggettate, al fine di consentire il calcolo della riserva relativa al
periodo di mantenimento che ha inizio il giorno 24 del mese successivo a quello in
questione, e termina il giorno 23 del mese che gli segue. La BCE ha anche stabilito che la
riserva è interamente mobilizzabile, il che comporta che ogni banca adempia al proprio
obbligo se la media dei saldi di fine giornata del proprio conto di riserve del periodo di
mantenimento non è inferiore all’importo dovuto. In tal modo ogni banca può compensare
eventuali deficit giornalieri rispetto all’importo dovuto per quello stesso periodo con un
surplus di altre giornate.

18.6) Gli effetti della mobilizzazione della riserva obbligatoria sulla gestione della
tesoreria.

L’importanza della mobilizzazione giornaliera della riserva obbligatoria di liquidità risiede


nel margine di manovra consentito alla tesoreria della banca. Infatti, consiste, da parte delle
banche, nel compensare eventuali deficit registrati in alcune giornate con i surplus
accumulati in altre giornate. In effetti, la mobilizzazione delle riserva vincola, la tesoreria a
compensare l’utilizzo del margine relativo in momenti successivi, ovvero impegna la
tesoreria a l’uso della riserva per bilanciare i saldi eccedenti il livello dovuto.

18.7) la mobilizzazione della riserva obbligatoria e l’innovazione del sistema dei


pagamenti interbancari.

La soluzione scelta è stata quella di trasformare i sistemi di pagamento interbancari dei


singoli paesi aderenti all’UME in sistemi di regolamento in tempo reale e di avviare un
meccanismo denominata TARGET, istituito nel 1999. l’utilizzo del TARGET è previsto
esclusivamente per i pagamenti connessi con l’operazioni di politica monetaria di importo
elevato scambiato tra i partecipanti per conto proprio o della propria clientela. I pagamenti
al dettaglio vengono effettuati con altri sistemi e con tempi più lunghi. Questi sono stati
voluti per far si che facilitassero una veloce redistribuzione della base monetaria all’interno
dell’UME con il riassorbimento dei surplus o dei deficit di liquidità a livello locale; e a
sostenere la creazione e lo sviluppo di un mercato unico della liquidità, caratterizzato da un
unico prezzo di base monetaria e da un’unica struttura dei tassi di mercato monetario.

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18.8) Le operazioni con le altre tesorerie bancarie.

Esso è stato anche fortemente favorito dall’entrata della moneta unica, trovandosi a dover
negoziare gli stessi prodotti con gli altri paesi: depositi in euro. Il mercato interbancario
italiano dei depositi (MID) è organizzato in modo telematico e consente di rendere
trasparente la domanda (denaro) e l’offerta (lettera) sulle diverse operazioni a disposizione:
ogni volta che un tesoriere necessita di liquidità per una determinata scadenza comunica la
propria offerta sul circuito telematico, nella speranza che esista almeno una controparte
interessata a trovare l’accordo. La liquidità di questo mercato, è stata incrementata in modo
significativo dalla mobilizzazione della riserva obbligatoria, che permette di attingere al
conto non solo per esigenze aziendali ma anche per sfruttare la dinamica dei tassi di
interesse interbancari.

18.9) Gli strumenti derivati per la tesoreria.

Ai fini di fornire una possibilità di copertura alla volatilità dei rischi dei tassi di interesse e
dei tassi di cambio, sono stati proposti alcuni strumenti derivati: quello che ha assunto un
ruolo di maggiore importanza è stato il FRA (forward rate agreement), contatto in base in
base al quale due controparti si accordano su un tasso di interesse fisso da applicare ad un
determinato capitale per un periodo futuro di durata predefinita.più precisamente, il FRA
prevede che le due controparti si impegnino, reciprocamente,a scambiarsi un differenziale
di interessi calcolato tra un tasso concordato al momento iniziale della stipulazione del
contratto e un tasso di riferimento rilevato sul mercato al momento finale delle liquidazione;
i tassi più usati sono i tassi interbancari.

CAP.19) IL BILANCIO DELLE BANCHE: DISCIPLINA E CONTENUTI.

19.1) La disciplina generale e speciale del bilancio di esercizio.

La disciplina civilistica in materia di bilancio di esercizio delle imprese italiane è stata


scarsa e poco efficace. Nel 1992 è stato emanato il decr. Legisl. N.87 che definisce una
speciale disciplina per il bilancio delle banche e degli intermediari finanziari non bancari.
Questo decreto propone una regolamentazione di bilancio profonda e articolata mirante al
raggiungimento di obiettivi significativi attraverso norme dettagliate (principi generali di
redazione, struttura, forma, modalità di contabilizzazione, criteri di valutazione a fine
esercizio).

19.2) La true and fair view della situazione aziendale.

Il decreto 87 definisce in primo luogo un generale principio di redazione imponendo alla


banca di offrire attraverso il bilancio un rappresentazione chiara e corretta della situazione
propria economica, patrimoniale e finanziaria: in inglese viene definito true and fair view.
La disciplina contabile costruisce un modello di bilancio che rappresenta all’esterno in
modo completo la realtà della gestione bancaria e in particolare le condizioni di equilibrio
patrimoniale, i profili di redditività e i rischi in essere. Tale principio è coerente con un idea
moderna del rapporto fra impresa e il mondo esterno, sulla base della quale il bilancio deve
essere uno strumento di misurazione dei risultati aziendali, ma anche uno strumento di

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comunicazione all’esterno della realtà aziendale, a disposizione di tutti i portatori di


interesse. Un altro elemento molto importante per il bilancio è la “comparabilità”, in cui le
informazioni di bilancio entrano in un processo di analisi della realtà aziendale, che è
frequente quanto i portatori di interesse sono molti, come il caso delle banche.

19.3) Struttura, forma e contenuti del bilancio delle banche.

Il decreto 87 stabilisce la struttura obbligatoria del bilancio bancario, precisando quali


documenti lo compongono: S.P., C.E., N.I. e la relazione sulle gestione. Di tali documenti le
norme stabiliscono anche la forma.
Lo stato patrimoniale (ex art. 87) è rappresentato dall’insieme delle attività, delle passività
e dei conti di patrimonio netto della banca, valorizzati ed espressi alla data di chiusura
dell’esercizio: in questo modo si ottiene una rappresentazione degli investimenti e dei
finanziamenti in essere ad una certa data. Le voci contabili sono presentate a sezioni
contrapposte, separando i conti dell’attivo da quelli del passivo del patrimonio. Lo schema
dello S.P. è obbligatorio, quindi la previsione di uno schema obbligatorio per i documenti
contabili rappresenta un evidente strumento di omogeneizzazione. Nello schema, per le voci
che assumono maggiore rilevanza è prevista una certa articolazione, che consente un più
efficace apprezzamento delle condizioni di operatività.
Anche il conto economico della banca designato dalla disciplina contabile riflette in linea
generale la tradizione contabile, accogliendo i componenti positivi e negativi di reddito di
competenza dell’esercizio, che considerati complessivamente determinano il risultato
positivo e negativo prodotti nello stesso periodo. In parte innovativa è la forma del
documento, che è di tipo progressivo: i componenti di reddito vengono proposti in
successione, ma avvicinati gli uni agli altri in base alla loro natura. La somma algebrica
delle voci positive e negative del C.E. determina il risultato netto, detto utile/perdita di
esercizio che emerge all’ultima riga del C.E. progressivo. Anche nel C.E. come nello S.P.
alcune voci sono articolate ulteriormente per rendere meglio conto di alcune rilevanti aree di
operatività e di produzione del reddito.
Una delle più importanti componenti del bilancio bancario è la nota integrativa, è un
documento di tipo quantitativo perché presenta valori monetari e non monetari. E’ elaborato
su una base di uno schema obbligatorio definito dalla legge ed è parte integrante del
bilancio di esercizio. I dati della N.I. sono dati di bilancio a tutti gli effetti. La caratteristica
principale del documento in esame è quello di essere di tipo analitico. La N.I. è deputata ad
offrire al lettore del bilancio l’esplosione nel dettaglio delle voci previste per lo S.P. e il
C.E. essa può integrare le informazioni dei documenti di sintesi con altre informazioni
significative sulle condizioni di gestione. La nota integrativa offre ulteriori informazioni
spesso molto significative. Emerge perciò l’elevato grado di dettaglio informativo offerto
dalla N.I.: i segnali offerti dal documento sono molto utili per il lettore che ha voglia di
indagare in profondità ai profili di gestione di una banca.
L’ultimo dei documenti obbligatori del bilancio è la relazione degli amministratori sulla
gestione. Questo documento contribuisce alla trasmissione all’esterno di informazioni sullo
svolgimento delle attività bancaria. Questa relazione è un documento di tipo qualitativo
(descrive non misura) e i suoi contenuti sono decisi liberamente dalla banca. Questa
relazione sulla gestione segnala i fatti più significativi che hanno caratterizzato l’esercizio a
cui il bilancio si riferisce. Tutte queste informazioni sono destinate a supportare e integrare
la lettura dei dati economici-patrimoniali contenuti nei documenti di sintesi.

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19.4) Le valutazioni di fine esercizio: i crediti

Nel bilancio di impresa, l’ importanza relativa delle diverse voci dell’ attivo patrimoniale è
in gran parte funzione dell’ attività svolta. Nel caso delle banche le voci di maggior rilievo
sono rappresentate dai crediti verso la clientela,dalle partecipazioni,dai titoli di proprietà.
Dal punto di vista contabile,i titoli e le partecipazioni alimentano le voci corrispondenti di
SP al loro valore di costo. Alla chiusura dell’ esercizio,la valutazione dell’ attività
posseduta introduce un procedimento di stima, a cui è preposto il Consiglio di
amministrazione della banca.Per quanto riguarda i crediti, occorre considerare il credito del
“presumibile valore di realizzazione”. Alla fine di ogni esercizio sociale, in vista della
chiusura di bilancio, il redattore di bilancio deve domandarsi se il debitore sarà in grado di
restituire l’ intero importo erogato o se vi è la possibilità che il debito vengo restituitoselo
in parte o per nulla. Le norme del decreto 87, al riguardo impongono di svalutare i singoli
crediti per i quali venga elaborata una previsione di possibile perdita, totale o parziale. Tale
procedimento viene definito “valutazione analitica dei crediti in essere”.

19.4.1) I titoli

per la valutazione dei titoli, il decreto 87 impone criteri diversi per le due sezioni del
portafoglio immobilizzato e di quello negoziato. I titoli immobilizzati sono destinati ad
essere mantenuti in portafoglio fino alla scadenza. Mentre quelli della negoziazione sono
destinati a frequenti negoziazioni in acquisto o in vendita. Alla chiusura dell’ esercizio i
titoli immobilizzati sono valutati sulla base di un criterio che prevede l’ iscrizione in
bilancio al loro valore di costo, dovranno cioè essere svalutati se la banca ritiene che le
condizioni di solvibilità dell’ emittente si siano deteriorate in modo duraturo e tale da
pregiudicare il rimborso. I titoli della negoziazione devono essere distinti in quotati e non.
Per quelli nono quotati si ripresenta per la banca l’ obbligo di tener conto della situazione di
solvibilità dell’ emittente,per poi svalutare, eventualmente, il costo del titolo. Per quelli
quotati possono essere valutati secondo due criteri e tocca alla banca scegliere quello da
attuare. Il primo, molto semplicemente, prevede di valutare il titolo al suo valore di costo. Si
osserva che questo tipo di criterio comporta possibili svalutazioni, una esclude la possibilità
di rivalutazioni, perché se il prezzo di mercato fosse superiore al costo, questo resterebbe
iscritto in bilancio. Nella pratica questo criterio prende il nome di “minore tra costo e
mercato”. Il secondo invece, detto principio del valore di mercato, permette alla banca di
determinare il valore dei titoli della negoziazione, quietati sempre sulla base dei relativi
costi di mercato.

19.4.2) le partecipazioni.

Anche per le partecipazioni, il decreto 87, prevede diversi criteri di valutazione. La


disciplina contabile considera partecipazione la detenzione di un pacchetto azionario puro
almeno al 10% del capitale di una società. Ai fini contabili le partecipazioni detenute dalla
banca sono distinte in due comparti: le partecipazioni tout court e quello delle partecipazioni
rilevanti. Nel caso delle partecipazioni tout court, le norme prevedono che esse siano
valutate al costo di acquisizione, eventualmente svalutate se la società partecipata
manifestasse un deterioramento delle condizioni operative. Nel caso delle partecipazioni

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rilevanti, le norme di legge consentono l’applicazione di un criterio di valutazione detto


patrimonio netto, il quale impone alla banca di tener conto anno dopo anno del valore del
patrimonio contabile della partecipata, adeguando proporzionalmente in bilancio il valore
della partecipazione detenuta.

19.4.3) I riflessi contabili del processo di valutazione

la disciplina sul bilancio bancario non prevede la possibilità di iscrivere al passivo dello S.
P. fondi di natura rettificativi del valore dei beni iscritti nell’attivo. Tale disposizione
comporta due importanti conseguenze, che devono essere tenute in debito conto da chi
procede alla lettura del bilancio di una banca. In primo luogo le attività in essere a fine
esercizio sono iscritte nello S. P. per il loro valore netto, dopo aver applicato criteri di
valutazione previsti dalla normativa. L’eventuali svalutazioni e/o rivalutazioni transitano
evidentemente dal C. E., assumendo specifiche denominazioni. Diverso è il caso dei titoli
della negoziazione. Il risultato della loro valutazione confluisce infatti nella voce di C. E.
“profitti (perdite) da operazioni finanziarie”. L’imputazione al passivo di fondi rettificativi
del valore delle attività , è la seconda conseguenza importante per il lettore di un bilancio
bancario. Infatti, i fondi del passivo di S. P. previsti dallo schema obbligatorio, non potendo
essere di natura rettificativi, devono essere considerati, in alternativa, fondi aventi natura di
patrimonio o natura di debito. In generale, saranno pertanto letti come fondi aventi natura di
debito quelli alimentati da accantonamenti a fronte di impegni definiti per natura e importo.

19.5) Le operazioni fuori bilancio.

Vi sono operazioni che vengono iscritte in bilancio in forma diversa. Si parla di operazioni
fuori bilancio, riconducibili a 4 tipologie: creditizi firma, contratti derivati, alcune forme di
raccolta indiretta e transazioni su titoli stipulati ma non eseguiti. Il termine fuori bilancio, in
senso stretto non è corretto perché queste operazioni sono presenti nel bilancio: nel C. E.
attraverso componenti di reddito ad esse collegati, nella N. I. nelle diverse sezioni previste e
nello S. P. ove lo dispongono. Si è pertanto in grado di valutare il tipo di impegno della
banca nei comparti in cui si trovano. Infatti le garanzie prestate sottoforma di crediti di
firma, alimentano il C. E., come succede anche nel caso in cui il debito non onora gli
impegni assunti, la banca interviene con risorse proprie e si riflettono sulle voci dello S. P.
anche nella N. I. i crediti di firma vengono segnalati. I contratti derivati alimentano
anch’essi il C. E. attraverso il risultato delle relative operazioni. Per quanto riguarda le
forme tecniche di raccolta indiretta, tipicamente le gestioni individuali di patrimoni e i titoli
della clientela a custodia e amministrazione, ecc., alimentano il C. E. e la N. I., consentendo
al lettore del bilancio di valutare il grado di impegno della banca nei servizi in essere. La
quarta categoria, quella di compravendita di titoli o di valute, sono anch’esse operazioni
fuori bilancio, poiché impongono l’obbligo di iscrizione in bilancio al momento del relativo
regolamento, tra il momento di stipula e di regolamento, esse provocano delle
movimentazioni nelle voci dello S. P. e nella N. I.

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Capitolo 20 – L’analisi delle dinamiche gestionali della banca attraverso


i dati di bilancio

L’analisi di bilancio vuole mettere in evidenza una particolare condizione aziendale,


identificandone, ove possibile, cause determinanti. Le variabili specifiche su cui si concentra
l’analisi sono lo sviluppo dimensionale dell’attività, la redditività, l’equilibrio patrimoniale,
l’efficienza nell’impiego delle risorse (analisi della performance aziendale). La performance
si
misura anche con analisi orizzontali (con altre banche) e verticali (stessa banca nel tempo).
L’analisi di bilancio di caratterizza tradizionalmente per i procedimenti di riclassificazione
dei
documenti di sintesi (CE e SP) e di costruzione di alcuni indicatori gestionali di sintesi
(indici di
bilancio).
Riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Nella riclassificazione sono separate le voci cui corrispondono direttamente componenti
positivi (o negativi) di reddito da quelle che invece non alimentano in alcun modo il conto
economico, pur esprimendo a tutti gli effetti un impegno patrimoniale della banca. Dal lato
dell’attivo le voci dello SP sono distinte in attività fruttifere, attività non fruttifere e attività
reali. Dal lato del passivo, si ha la separazione in passività onerose, passività non onerose e
patrimonio della banca. Uno stato patrimoniale riclassificato spiega con immediatezza
l’importanza che la banca annette agli investimenti in titoli rispetto agli impieghi in prestiti.
Si nota subito anche se la banca e prenditrice o datrice di fondi sul mercato interbancario.
Riclassificazione del Conto Economico
Costruzione di uno schema di CE di tipo progressivo (misura una serie di margini gestionali
che spiegano il formarsi del risultato netto dell’esercizio). Maggiore articolazione dei dati
base del CE per aumentare il loro potere informativo. Si confrontano costi e ricavi di
carattere finanziario direttamente imputabili all’attività di intermediazione creditizia; così si
misura il margine di interesse. Poi viene evidenziato il totale dei ricavi da servizi. Si ha poi il
risultato di gestione, espressivo del reddito prodotto dalla banca nello svolgimento della sua
attività tipica e caratteristica, creditizia e di servizio. Sono poi evidenziate le componenti
straordinarie di reddito. Dopo aver tenuto conto delle imposte, emerge il risultato netto di
esercizio.

Gli indici di bilancio derivano dalla costruzione di rapporti tra voci di CE, dello SP o tra voci
dell’uno e dell’altro. In funzione del tipo di informazione che sono in grado di offrire, spesso
si
distinguono in indici di redditività, di efficienza e di solvibilità.
ROE: (return on equity) È un indice di redditività che rapporta il risultato netto di
esercizio
al patrimonio in essere alla fine dello stesso esercizio. RN/PAT
RN/RL: (risultato netto/risultato lordo) Misura implicitamente il peso dell’imposizione
fiscale sui redditi della banca.
RL/RG: (risultato lordo/risultato di gestione) Misura il segno ed il peso assunto dai
componenti straordinari di reddito sugli equilibri economici della banca.
MI/TA: (margine di interesse/totale dell’attivo) Esprime il contributo alla redditività
complessiva della banca dell’attività di intermediazione creditizia in senso stretto.
MINT/MI: (margine di intermediazione/margine d’interesse) Misura sinteticamente il

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contributo dell’attività di servizio ai risultati complessivi.


RG/MINT: (risultato di gestione/margine di intermediazione)
TA/PAT: (leva finanziaria) Rapporta il totale dell’attivo della banca al patrimonio della
banca stessa

Un approfondimento lo merita la redditività della gestione de denaro ossia il rapporto


MI/PAT
ottenibile dal coordinamento tra il margine di interesse unitario e la leva finanziaria.
L’interesse per
il c.d. ROE della gestione denaro deriva dalla circostanza che la raccolta del risparmio e
l’esercizio
del credito costituiscono tuttora il fulcro dell’attività bancaria.
Il principale problema che occorre affrontare nell’elaborazione di un sistema di controllo di
gestione all’interno della banca è la ripartizione dei costi comuni. Si utilizza il c.s. conto
economico
di filiale che imputa direttamente i costi del singolo sportello.

CAP.21) STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE


ITALIANE.

21.1) Processo di internazionalizzazione delle banche italiane: motivazioni e principali


caratteristiche.

L’internazionalizzazione delle banche italiane è sempre stata un fenomeno molto contenuto,


le banche che per prima si sono aperte all’internazionalizzazione, con l’apertura di rapporti
di corrispondenza e successivamente, sono passate all’apertura di uffici di rappresentanza su
piazze estere. Questi uffici hanno un’operatività molto limitata. Anzi, nella stragrande
maggioranza dei casi non sono affatto operativi. Sono concentrati su di una attività di
sviluppo e di consolidamento dei rapporti con i corrispondenti bancari, nonché
sull’assistenza in loco a un nucleo selezionato di clienti delle dipendenze nazionali che
hanno flussi di lavoro commerciale o finanziario con l’estero e che non sono dotati in loco
di proprie sedi o uffici. Il personale degli uffici di rappresentanza è quindi costituito da
figure professionali che sono un condensato di tecnica bancaria, di abilità diplomatica e di
attitudine alle relazioni pubbliche. Nella maggior parte dei casi questi uffici sono, invece, un
primo passo verso l’attuazione di una strategia dio internazionalizzazione più spinta, che
può prevedere a più o meno breve scadenza la trasformazione dell’ ufficio di rappresentanza
in filiale a operatività diretta più o meno completa. Tale filiale ha quindi una struttura
organizzativa molto più complessa, esige infatti investimenti assai più cospicui in personale,
in strutture fisiche e in operazioni di marketing. Essa può effettuare direttamente una

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gamma più o meno ampia di operazioni. L’internazionalizzazione è provocata da una spinta


di base volta ad avviare le banche verso particolari condizioni di economicità dell’attività
bancaria, realizzata in una situazione di mercato assai poco concorrenziale che si presumeva
dovesse continuare indefinitamente, un certo numero di banche italiane, anche di
dimensioni e di solidità non primaria si sono avventurate sui mercati internazionali sia con
l’apertura di uffici di rappresentanza, sia con l’istallazione di filiali, sia con l’acquisizione di
partecipazioni. Un’area geografica verso cui alcune banche italiane stanno esprimendo un
certo interesse, mediante l’acquisizione di partecipazioni in banche locali è l’Europa
dell’est. I tassi di crescita registrati da questi paesi e la relativa arretratezza finanziaria
consentono alle banche italiane di far valere la propria esperienza nel segmento retail.

21.2) L’espansione in Italia delle banche estere: attività al dettaglio e attività


all’ingrosso.

L’espansione in Italia di banche estere, si è avuta in primo momento con le banche


americane, seguendo la propria clientela, interessata al mercato italiano sia per attività
commerciali, sia per attività produttive specie quelle industriali. Esse subito si dimostrano
aggressive e danno un contributo essenziale allo sviluppo dell’innovazione finanziaria in
Italia, per esempio, si deve alle banche americane, la nascita di un vero e proprio mercato
interbancario italiano. Oltre alle banche suddette, si insediano nel nostro paese un gran
numero di banche estere, aumentando il relativo numero di sportelli e filiali, e la relativa
gamma delle attività svolte, si impernia soprattutto sulle attività al dettaglio. Ma con la crisi
del sistema bancario americano, si è visto un ridimensionamento delle banche estere nel
nostro paese, addirittura chiudendo i loro sportelli o vendendoli a banche italiane. Così
l’attività di dettaglio va verso il declino e tali banche si dedicano solo ad attività
all’ingrosso, concentrandosi su tre settori specifici: 1) merchant banking; 2) i prodotti
derivati; 3) le operazioni finanziarie di grandissima dimensione. Si tratta di settori in cui le
banche estere hanno un ruolo primario mentre le banche italiane mostrano palesi difficoltà,
in questi settori di attività si può avere successo solo dimostrando know-how professionale
consolidato, capacità e potenzialità innovative rilevanti, grandi o grandissime dimensioni
aziendali e presenza rilevante nei mercati internazionali.

21.3) banche italiane all’estero e banche estere in Italia: le prospettive future.

Mutamenti nella strategia di internazionalizzazione delle banche italiane possono essere


ipotizzati in conseguenza dei processi di concentrazione che interessano il nostro sistema
bancario, a condizione che nascano unità aziendali in possesso della dimensione adeguata
per affrontare con possibilità di successo la sfida internazionale. È in ogni caso certo che la
strategia delle banche italiane dovrebbe essere concentrata sull’ampliamento delle attività al
dettaglio, settore nel quale in effetti le banche italiane posseggono un buon know-how. È
opportuno ricordare che l’avvio dell’UME ha indotto gli intermediari a uniformare le
condizioni praticate alla clientela, aumentando ulteriormente la concorrenza tra i diversi
mercati nazionali. Il venir meno del rischio di cambio potrebbe indurre tali imprese a
reperire all’estero le risorse finanziarie necessarie per finanziare i propri progetti di
investimento. un caso diverso è che le banche italiane potrebbero procedere all’acquisizione
di banche estere specializzate proprio nei settori in cui quelle nazionali si sentono meno
competitive. Tali acquisizioni potrebbero, pertanto, consentire la disponibilità delle risorse,

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soprattutto umane, professionali e di clientela, di cui le banche italiane per tradizione sono
carenti.

21.4) L’interesse delle banche estere per il settore del risparmio gestito.

I risparmiatori possono ricorrere alle banche per chiedere loro un servizio di gestione delle
risorse finanziarie, solitamente su un orizzonte temporale non breve. Infatti, le famiglie
italiane affidano i propri risparmi agli intermediari finanziari e le banche un mandato, in
esecuzione del quale le risorse finanziarie non entrano nello S. P. delle banche e non escono
da quello del cliente. I gestori saranno retribuiti dietro un commissione che può variare a
seconda degli importi gestiti, e non avranno altri rischi otre a quello della normale diligenza
del mandato. Quindi è opportuno dire che il nostro sistema bancario si è sviluppato molto
sul settore del risparmio, raggiungendo elevati livelli anche in ambito europeo. E per questo
motivo che le banche estere vogliono penetrare nel nostro mercato. Esse lo fanno con tre
possibilità. Innanzitutto possono acquisire partecipazioni, specie di maggioranza, in banche
italiane, assumendone la gestione e potenziando i servizi di gestione del risparmio
finanziario. Secondariamente, possono concludere con banche italiane accordi di natura
commerciale e distributiva. Il nostro sistema è ricco di banche e società di intermediazione,
le quali però, non sono in grado di gestire il risparmio finanziario, e quindi si affidano a
banche estere, con professionalità maggiore. Il terzo tipo di possibilità riguarda una
soluzione intermedia, che può prevedere da parte delle banche estere sia l’acquisizione di
una partecipazione, sia la stipula di accordi commerciali, non direttamente con banche
italiane, bensì indirettamente tramite società prodotto appartenenti ai loro gruppi
specializzate nella gestione finanziaria del risparmio.

CAP.22) IL RISCHIO DI INTERESSE E LE POLITICHE DI ASSET-LIABILITY


MANAGEMENT.

22.1) I rischi tipici dell’attività bancaria: una classificazione.

La natura di rischio in campo economico-finanziario fa riferimento alla possibilità che il


risultato di una particolare operazione, misurato ex post, sia diverso da quello previsto e
atteso ex ante, quindi, il concetto di rischio si collega al concetto di incertezza. Si parla di
rischi speculativi quando l’evento non atteso può manifestarsi sia in senso positivo sia
negativo e comunque in modo imprevedibile; si parla, invece, di rischi puri quando la
situazione di incertezza può condurre a conseguenze unicamente negative. All’attività della
banca, si farà specifico riferimento ai cosiddetti rischi economici, che incidono cioè sui
risultati reddituali della banca stessa. Talvolta vengono individuati anche i rischi di natura
patrimoniale, che possono incidere direttamente sul valore delle attività e del patrimonio
della banca, o di natura finanziaria, che possono creare indesiderati e imprevedibili squilibri
nei flussi in entrata e in uscita.

22.2) I rischi di controparte.

La più diffusa classificazione delle sue diverse configurazioni di rimischio economico,


prevede in primo luogo la distinzione tra i rischi di controparte e i rischi di mercato. I rischi
di controparte sono legati all’ipotesi che la controparte della banca nell’ambito di uno

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scambio finanziario non adempia per modi, tempi e dimensioni agli obblighi assunti all’atto
della definizione delle condizioni dello scambio, manifestando così un’adempienza
contrattuale. Le figure di rischio specifico riconducibili alla categoria in esame sono il
rischio di credito, il rischio di liquidità, il rischio paese e il rischio di regolamento. Le prime
tre tipologie caratterizzano tipicamente le operazioni creditizie (prestiti, sottoscrizioni di
titoli obbligazionari); il rischio di regolamento caratterizza più specificamente le transazioni
su strumenti finanziari (le compravendite di titoli mobiliari, di valute, di contratti derivati).
Il rischio di credito, si lega all’ipotesi che in un’operazione creditizia il debitore non
assolva, in tutto o anche solo in parte, agli obblighi di rimborso del capitale e di pagamento
degli interessi. Tale eventualità comporta pertanto per il creditore la possibilità di perdite
definitive sui crediti in essere e, la predisposizione di manovre di controllo del rischio di
credito: accensione di garanzie, attente e severe procedure di valutazione di affidabilità del
richiedente credito, monitoraggio delle posizioni aperte, etc..
Il rischio di liquidità può essere considerato un caso particolare del rischio di credito.
L’impatto economico del rischio di liquidità deriva dal fatto che il ritardo non previsto nei
flussi di rimborso crea alla banca, un fabbisogno finanziario e un’esigenza di copertura,
tipicamente soddisfatta con un ricorso al mercato interbancario o comunque a forme di
raccolta a breve termine.
Il rischio paese caratterizza tipicamente, con diversa intensità, le operazioni a carattere
internazionale, nelle quali cioè il paese di residenza del debitore e del creditore non
coincidono. Nel momento che il debitore dovesse dimostrarsi inadempiente non in funzione
delle proprie condizioni aziendali, ma per cause dipendenti dal quadro macroeconomico,
istituzionale o politico in cui esso opera, le perdite per interessi e/o in linea capitale,
definitive o temporanee, sopportate dalla banca creditrice verrebbero ascritte al rischio
paese.
Il rischio di regolamento si manifesta quando, nell’ambito di una transazione su strumenti
finanziari, una delle due controparti non assolve agli obblighi assunti. Un caso tipico in
questo senso è quello delle transazioni su titoli,che nella grande maggioranza casi
prevedono un certo lasso di tempo tra il momento della stipula del contratto e la sua
esecuzione. Nelle condizioni ipotizzate, si osservi come il rischio di regolamento sia assunto
contemporaneamente da ambedue le parti coinvolte nello scambio.

23.3) i rischi di mercato.

I rischi di mercato sono da ricondurre alla categoria dei rischi speculativi in senso stretto. I
rischi di mercato sono legati all’andamento non prevedibile e non governabile delle variabili
di scenario, andamento che può incidere sugli assetti di bilancio delle banche e in
particolare sul segno, sulla dimensione e sulla variabilità dei loro risultati economici.
Trattando tale tipo di rischio, è fondamentale mettere in evidenza la relazione “andamento
delle macrovariabili margini reddituali”. Questa relazione esprime il collegamento
funzionale tra le condizioni di scenario e i risultati economici della banca, attraverso la
struttura delle attività/passività. La diversa natura delle variabili macroeconomiche consente
di identificare categorie di rischio specifiche: il rischio inflazionistico, il rischio di cambio,
il rischio di tasso di interesse, il rischio di variazione del prezzo delle azioni e delle
commodities.
Il rischio inflazionistico è riconducibile all’impatto di un determinato andamento nel
livello generale dei prezzi sul valore delle attività e passività. Si può ritenere che la presenza

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delle attività reali all’interno di una struttura patrimoniale garantisca una maggiore
protezione dall’inflazione, perché spesso accade che il valore intrinseco di un’attività di
questo tipo si allinea progressivamente al livello generale dei prezzi. Lo stesso non accade
per le attività finanziarie, che essendo denominate al nominale presentano alla scadenza un
valore reale inferiore, perché caratterizzato da un più basso potere di acquisto. È quindi
evidente come il fenomeno inflazionistico, in funzione della struttura di bilancio pro
tempore, possa generare effetti diversi sul valore delle stesse voci e quindi sui risultati
reddituali della banca.
Il rischio di cambio può essere ricondotto alla possibilità che variazioni nei tassi di cambio
contro euro delle valute in cui sono denominate alcune attività e passività incidano sul
valore in euro delle stesse. Si presenta pertanto una condizione di perfetta insensibilità al
rischio di cambio quando, la struttura di bilancio non presenti poste denominate in valute o,
le attività e le passività denominate nella stessa valuta presentino a una certa data lo stesso
valore. Al contrario, la banca assume un rischio di cambio nel momento in cui le attività e le
passività nella stessa valuta presentano valori differenti: una variazione nei tassi di cambio
euro/valuta comporterebbe un effetto non nullo sui risultati economici, perché si avrebbe un
disallineamento nella ridenominazione in euro a fine esercizio delle denominate nella
valuta in esame.
Il rischio di tasso di interesse è riconducibile alla possibilità che la dinamica dei
rendimenti di mercato imprima al margine di interesse della banca caratteristiche di
variabilità non desiderabili ai fini del controllo degli equilibri di gestione. Poiché allo stesso
tempo il margine di interesse rappresenta una componente fondamentale del risultato
economico della gestione bancaria, la relazione tassi-margine merita da parte della banca
un’attenzione del tutto particolare, in termini di identificazione, misurazione e controllo
della categoria di rischio in esame.

22.4) La costruzione dei modelli di asset-liability management.

All’interno delle banche si è diffusa l’applicazione dei modelli gestionali detti di asset-
liability management, traducibili come “gestione attivo passivo”, volti a governare i rischi di
mercato, tra i quali il rischio di interesse. Tra i modelli fondati in primis sul concetto di
sensibilità delle attività e passività di bilancio ai tassi di interesse e sul connesso concetto di
gap. La costruzione e l’utilizzo operativo dei modelli di asset-liability management passano
attraverso diverse fasi: la distinzione tra attività e passività sensibili e non sensibili ai tassi
di interessi; la misura del relativo gap; l’apprezzamento e il governo della relazione tra gap e
previsioni sull’andamento futuro degli stessi tassi di interesse. In primo luogo, occorre
distinguere all’interno della S.P. della banca a una certa data le attività/passività sensibili o
no ai tassi di mercato. Tale distinzione avviene guardando alla scadenza delle singole poste
di bilancio: è molto importante precisare che con il concetto di scadenza si vuole fare
riferimento non tanto e non solo alle scadenze contrattuali delle attività e delle passività,
quanto più estesamente ai tempi di possibile rinegoziazione delle condizioni di
rimunerazione.

22.5) Il concetto di gap e gli effetti sul margine di interesse.

Il punto fondamentale nella lettura delle condizioni di rischio di tasso di interesse assunte da
una banca in un dato istante risiede nella dimensione relativa delle attività e delle passività

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sensibili, allo stesso istante. La differenza tra i due aggregati in esame è detta gap: G= As –
Ps

22.6) Il controllo del rischio di tasso di interesse: la gestione attivo passivo.

Le autorità di controllo, tradizionalmente attente alle condizioni di stabilità delle banche e


dei sistemi bancari nel loro complesso, hanno formalizzato una serie di provvedimenti che,
nella logica della vigilanza prudenziale, delimitassero l’assunzione dei rischi di mercato da
parte delle singole unità del sistema. Esse vogliono chiarire i contenuti dell’azione della
banca per governare il rischio di tasso di interesse attraverso lo strumento della gestione
attivo-passivo, che si caratterizza per una serie di contenuti principali. Essa assume come
variabile-guida della gestione bancaria il margina di interesse.tale scelta è senz’altro
adeguata quando è elevato l’impegno della banca nel comparto dell’intermediazione
creditizia in senso stretto rispetto all’attività di servizio: in questa situazione, le condizioni
di redditività della banca sono in gran parte spiegate dal livello e dalle oscillazioni del
margina di interesse. La gestione attivo-passivo persegue inoltre obiettivi alternativi, in
funzione delle aspettative di rendimento-rischio del soggetto economico della banca: in
particolare, della sua propensione al rischio. L’obiettivo perseguito alternativamente: quello
dell’immunizzazione del margine di interesse rispetto alle variazioni dei rendimenti di
mercato; quello della massimizzazione dell’effetto positivo sul margine di interesse
ottenibile dalle variazioni previste dei tassi di mercato. La gestione attivo-passivo
presuppone da parte della banca una conoscenza analitica e approfondita, da un lato, della
propria struttura degli attivi/passivi per scadenza e, dall’altro lato, delle concrete opportunità
offerte dal mercato di modificare tali strutture. Ciò significa avvalersi di sistemi informativi
progrediti e articolati, che consentano sofisticate misurazioni e simulazioni. Sulla base delle
considerazioni appena svolte, è possibile rilevare come l’obiettivo perseguito dalla gestione
attivo-passivo dipenda in primo luogo dalla scelta di posizionamento del soggetto
economico sulla curva rischio-rendimento, ma anche dal grado di prevedibilità dei tassi di
interesse di mercato.

22.7) I problemi operativi nell’applicazione dei modelli di gestione attivo-passivo e gli


affinamenti del modello di gap base.

Al fine di offrire al responsabile della gestione finanziaria di una banca una


rappresentazione del rischio quanto più fedele possibile e più coerente con le effettive
condizioni di revisione dei tassi di mercato sono state sviluppate una serie di varianti al
modello base del gap. Un primo affinamento consiste nel modello del gap incrementale
finalizzato a risolvere il problema insito nel gap base di assumere un’unica ridefinizione del
tasso di interesse e una variazione delle condizioni di mercato per tutto il periodo del gap.
Sia nel modello di gap base, sia in quello del gap incrementale l’esposizione della banca al
rischio di interesse viene quantificata ipotizzando che i tassi di interesse subiscono
variazioni nella stessa direzione e della stessa ampiezza per tutte le attività e le passività
sensibili ai tassi stessi. In realtà è facilmente intuibile come non esista nella realtà un totale
automatismo fra scadenze delle singole attività-passività e rinegoziazione delle loro
condizioni di tasso, in presenza di una modifica nella situazione di mercato. Infatti, il
modello in esame tiene conto in primo luogo delle attività e delle passività contrattualmente
caratterizzate dalla riscossione e dal pagamento di interessi attivi e passivi. Tali categorie di

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attività rappresentano peraltro solo una parte del totale dei fondi intermediati dalla banca. In
particolare, occorre rammentare che alle attività fruttifere di interessi corrispondono, spesso
in misura significativa, fonti di finanziamento non onerose e a scadenza indeterminata,
riconducibili in sintesi alle poste del patrimonio netto.

22.8) Dalla gap analysis alla duration gap analysis.

Una logica alternativa alla gap analysis, in grado di presidiare l’impatto dei tassi sul valore
del patrimonio netto della banca, consiste in un’altra tecnica di asset-liability management
nota con il termine di duration gap. La duration modificata sia un indicatore di sensibilità
del prezzo di un’attività finanziaria al variare dei tassi di interesse. Tenendo sotto controllo
la duration gap, si ha avuto modo di quantificare l’impatto di istantanee variazioni dei tassi
di mercato sul valore del patrimonio netto di una banca. La logica della duration gap è
quella di presidiare il valore dello S.P. della banca dando maggiore enfasi al controllo
interno, dovrebbe emergere con evidenza il fatto che essa costituisce un complemento e non
una contrapposizione alla logica del gap analysis più incrementata, invece, sul C.E. e, in
ultima istanza, sull’informativa esterna.

22.10) La massimizzazione del rendimento della dotazione patrimoniale.

Il problema della corretta allocazione del capitale può essere sintetizzato, dunque, nella
definizione della dimensione ottimale del portafoglio prestiti e del portafoglio titoli e, a
livello di singola unità organizzativa, nella scelta tra diverse modalità di erogazione dei
finanziamenti e attraverso forme di investimento. la massimizzazione del rendimento della
dotazione patrimoniale presenta, numerose insidie connesse alla misurazione sia della
redditività delle unità organizzative/aree d’affari sia del patrimonio assorbito, con
riferimento al primo punto, la tecnica tradizionalmente usata è quella del pool di tesoreria,
che implica la valorizzazione dei volumi negoziati dai diversi centri di responsabilità
mediante un tasso interno di trasferimento. La tecnica del pool di tesoreria risolve, solo
parzialmente il problema della misurazione della redditività delle unità organizzative, in
quanto ignora il problema della rischiosità dell’attività di investimento. il secondo problema
metodologico da risolvere riguarda il calcolo del patrimonio assorbito dalle unità
organizzative a fronte delle attività di intermediazione svolte. Il problema può essere risolto
facendo riferimento ai coefficienti di patrimonializzazione imposte dalle autorità di
vigilanza, ovvero alla dotazione patrimoniale di cui è necessario disporre per non mettere a
rischio la solvibilità della banca al verificarsi del peggior scenario futuro.entrando più nel
dettaglio, la disciplina sui rischi di mercato consente ai fini del calcolo dei requisiti
patrimoniali la scomposizione del portafoglio titoli in due componenti: il portafoglio
immobilizzato e il portafoglio non immobilizzato. Il primo risulta composto dai titoli che
rimarranno investiti in modo durevole nel portafoglio della banca ed è soggetto agli stessi
requisiti patrimoniali previsti per il portafoglio prestiti dalla disciplina sul coefficiente di
solvibilità; il secondo è, invece, composto da titoli detenuti dalla banca ai fini di
negoziazione e di liquidità ed è soggetto all’applicazione dei coefficienti di vigilanza sui
rischi di mercato.

22.11) La minimizzazione del costo del patrimonio.

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Le soluzioni percorribili per soddisfare il requisito patrimoniale in condizioni di


minimizzazione della relativa funzione di costo sono il ricorso all’autofinanziamento e il
ricorso al mercato, che può alternativamente avvenire mediante l’emissione di nuovo
capitale di rischio e/o di debiti subordinati. L’inserimento del debito subordinato tra gli
elementi del patrimonio di vigilanza costituisce, dunque, una valida alternativa a
disposizione delle banche nel reperimento di risorse finanziarie con orizzonti temporali di
medio-lungo periodo attraverso il ricorso al mercato.con riferimento alla valutazione della
convenienza della sostituzione del capitale di rischio con capitale di debito è funzione
dell’onerosità implicita nelle due forme di reperimento delle risorse finanziarie.

CAP.23) LE CONCETRAZIONI BANCARIE.

23.1) L’aspetto macroeconomico del problema

dal punto di vista macroeconomico, il fenomeno viene misurato dal rapporto percentuale fra
il totale dell’attività di un certo numero di banche e quello globale del sistema bancario. Gli
studi sulla concentrazione del sistema mirano il più delle volte a dare informazioni sul grado
di competitività del mercato bancario. Il caso del nastro paese, è che il volume di attività
svolto da un certo numero di banche è relativamente modesto rispetto al volume di attività
svolta dal complesso del sistema, si può affermare che il grado di concentrazione è molto
basso e che il tipo di mercato che si viene conseguentemente a formare è molto
concorrenziale. Conseguentemente, le nostre autorità creditizie cercano da tempo di ottenere
un maggior grado di concentrazione e di competitività del sistema, in modo da permettere
alle banche di presentare costi di produzione meno elevati e di essere più efficienti sui
mercati, concedendo loro di godere di particolari agevolazioni fiscali.

23.2) L’aspetto microeconomico del problema.

Da un punto di vista microeconomico, è evidente che un maggior grado di concentrazione


nell’ambito di un sistema bancario può essere realizzato soltanto quando un piccolo gruppo
di banche presenta tassi di sviluppo maggiori della media del sistema, ciò che consente alle
banche del gruppo di appropriarsi di quote di mercato maggiori. Tale maggior tasso di
sviluppo può essere ottenuto per crescita interna o per crescita esterna. Il primo caso
riguarda le banche che, con le loro forze, riescono ad espandere in modo positivamente
anomalo le attività, solitamente a danno dei concorrenti. Il secondo caso, riguarda invece le
banche che accrescono le proprie dimensioni attraverso processi di acquisizione della
proprietà di altre banche. Questi ultimi processi possono essere sviluppati secondo tre
direttrici fondamentali. Da un lato, si hanno le acquisizione vere e proprie, cioè l’acquisto
da parte di una banca della partecipazione totalitaria, di maggioranza o di controllo, su
un’altra banca. Dall’altro lato, si hanno le acquisizioni di partecipazioni totalitarie o di
controllo di una banca da parte di un’altra banca, la quale decide di non conservare
l’autonomia patrimoniale e la personalità giuridica della banca acquisita, provvedendo
invece a deliberare attraverso le assemblee straordinarie delle due unità in esame la fusione
dell’acquisita nell’acquirente. Una terza direttrice seguita per la concentrazione è quella
della costituzione di una holding, in cui gli azionisti di una o più banche fanno confluire i
pacchetti di maggioranza di queste ultime in cambio di azioni della holding.

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23.3) I processi di crescita esterna: le banche coinvolte.

Le protagoniste attive dei processi di crescita esterna sono state le banche di medie e grandi
dimensioni, caratterizzate da una equilibrata situazione economica, patrimoniale e
finanziaria e dotate di un management capace di governare tali processi. Le protagoniste
passive di tali processi, sono state in genere le banche di piccola e media dimensione, spesso
in situazione economica e patrimoniale precaria, che hanno rinunciato alla loro autonomia di
fatto pur di non uscire dal mercato in modo traumatico per i creditori e gli azionisti. Le
concentrazioni bancarie possono in realtà riguardare operazioni fra banche di grandi
dimensioni, fra una banca di grandi e una di piccole dimensioni e fra banche di piccole
dimensioni. Questi tre casi possono assumere configurazioni diverse a seconda del grado di
salute delle banche oggetto delle concentrazioni. Non rientrano in questo panorama le
holding, che hanno problematiche molto simili a quelle dei gruppi creditizi.

23.4) Gli obiettivi perseguiti.

Esaminiamo ora i motivi che possono indurre una banca a intraprendere processi di crescita
esterna, motivi che evidentemente coincidono con gli obiettivi che essa si pone di
raggiungere con tali processi. L’obiettivo primario è quello dello sviluppo dimensionale,
che nelle acquisizioni e fusioni bancarie si raggiunge in modo automatico. La ricerca di un
determinato sviluppo dimensionale può poi essere accompagnata dalla ricerca di una
diversificazione e di un arricchimento della gamma di attività svolte, o del tipo di clientela
servita dalla banca o dal gruppo bancario che procede all’incorporazione o all’acquisizione
di un’altra banca. Gli obiettivi di crescita esterna delle banche sono tre. Il primo obiettivo è
il più tradizionale e si traduce nel fatto che le produzioni aziendali, anche in banca, si
effettuano a costi che sono in parte fissi e in parte variabili. Aumentando i volumi
produttivi, i costi fissi pesano sulle singole unità di prodotto in misura minore, il che
consente o di ridurre i prezzi di vendita a parità di profitti o di aumentare i profitti a parità di
prezzi di vendita. Per quanto riguarda le economie di scopo, esse in verità non sono
strettamente collegate ai problemi dimensionali, anche se è vero che maggiori dimensioni
dovrebbero consentire anche un allargamento della gamma dei prodotti e dei servizi offerti
alla clientela, il che dovrebbe a sua volta aumentare la redditività delle relazioni con la
clientela medesima. Il secondo obiettivo che si può perseguire con lo sviluppo dimensionale
riguarda l’entrata in segmenti di mercato per i quali un dimensione di un certo tipo è
assolutamente necessaria. Il terzo obiettivo che si può perseguire con lo sviluppo
dimensionale è la difesa delle quote di mercato o comunque delle posizioni competitive già
acquisite su determinati comparti o segmenti di mercato. La quota di mercato, a parità di
altre condizioni, è uno dei maggiori punti di forza delle banche, che consente loro di operare
con una certa tranquillità in un clima competitivo non esasperato e, quindi, con margini
reddituali e operativi soddisfacenti.

23.5) La normativa antitrust.

La politica di rafforzamento delle posizioni sui mercati locali non può tuttavia essere spinta
al di là dei limiti stabiliti dalla normativa antitrust, introdotta in Italia dalla legge n.287/1990
sulla tutela della concorrenza e del mercato. Nel mercato creditizio la tutela della

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concorrenza è stata dal legislatore affidata alla Banca d’Italia. La quale, sentito il parere
dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, istituita dalla legge antitrust, ha il
compito di accertare la presenza di eventuali anomalie competitive e, dopo averne valutati
gli effetti, di adottare i provvedimenti reputati opportuni. In particolare, la Banca d’Italia è
chiamata ad esprimersi in merito alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle
operazioni di concentrazione posti in essere dalle banche e che perseguono il fine o
producono l’effetto di impedire, di ridurre o di falsare in modo sostanziale e durevole il
gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Ai
fini dell’applicabilità della normativa antitrust, definire che cosa si debba intendere per
mercato rilevante, sotto il profilo sia produttivo che geografico. L’approccio seguito finora
dall’autorità di controllo si basa essenzialmente sul principio della prevalenza degli scambi,
secondo il quale, per ciascun prodotto, il mercato in senso geografico viene scelto in
funzione della mancanza di possibili relazioni di scambio tra soggetti interni ed esterni
all’area considerata. Questo metodo, prevede la preliminare individuazione del prodotto,
implica il superamento di un problema specifico del settore creditizio. L’orientamento
sinora seguito dalla Banca d’Italia e dall’autorità garante della concorrenza e del mercato è
quello di considerare separatamente gli impieghi dai depositi bancari per valutare, in un
secondo tempo, quale delle due variabili presenti le caratteristiche strutturali più qualificanti
ai fini della decisione da prendere in merito all’applicazione della normativa antitrust.

23.6) I risultati raggiunti e le tendenze in atto.

Le concentrazioni bancarie hanno rappresentato uno dei temi dominanti della


riorganizzazione dei gruppi creditizi e della ridefinizione degli assetti proprietari dello
stesso sistema. Le operazioni di fusione e acquisizione si sono succedute a ritmi elevati e
sono state guidate dalla necessità di produrre a costi minori e quindi di realizzare, attraverso
dimensioni produttive maggiori, economie di scala e di scopo, rese particolarmente
importanti dal Testo Unico sull’attività bancaria, che ha introdotto l’istituto della banca
universale. La strada principale che è stata seguita fino a qualche tempo fa per ottenere una
maggiore concentrazione bancaria è stata quelle delle fusioni in senso proprio o delle
incorporazioni. Essa è stata consigliata dalla Banca d’Italia, che la riteneva capace di
produrre più rapidamente guadagni di efficienza e di produttività. Ma occorre, inoltre,
chiarire più dettagliatamente che sia le acquisizioni che le fusioni sono processi delicati, che
vanno ben preparati e analizzati prima della loro realizzazione e che vanno ben gestiti una
volta che siano decisi. Allorquando si prende in esame un’opportunità del genere, le
considerazioni da fare sono essenzialmente due: 1) un’accurata verifica della consistenza
dell’oggetto della transazione; 2) l’accertamento delle conseguenze che quest’ultimo può
produrre sulla situazione economica, patrimoniale, finanziaria e organizzativa della banca
protagonista dell’acquisizione. Essa va poi approfondita con analisi e verifiche specifiche
che possono anche essere affidate, di solito d’accordo con i responsabili della banca oggetto
di indagine, a istituzioni e professionisti esterni, come esperti di vario tipo, società di
revisioni, studi di consulenza, merchant bank, ecc..

CAP.24) LE CRISI BANCARIE.

24.1) Le modalità di manifestazione delle crisi bancarie.

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La crisi di una banca rappresenta la manifestazione dell’incapacità del management di


gestire i rischi impliciti nell’esercizio delle attività di intermediazione finanziaria. La
situazione di crisi è generata da una serie di errori gestionali, sia strategici sia operativi, o da
veri e propri fenomeni di frode che determinano una stato di illiquidità e di insolvenza e la
conseguente impossibilità di rimborsare i creditori. L’obiettivo dell’autorità di vigilanza
nella gestione delle crisi è, dunque, duplice: evitare che situazioni di illiquidità si
trasformano in sitazioni di insolvenza e che situazioni di insolvenza limitate a una banca si
propaghino al resto del sistema bancario. La prima preoccupazione deriva dalla circostanza
che ciò che è liquido per le singole banche in condizioni normali, non lo è per l’intero
sistema bancario in condizioni difficili e che senza iniezioni tempestive di liquidità
aggiuntiva l’equilibrio economico-finanziario delle stesse singole banche può essere
definitivamente compromesso. Una particolare attenzione deve essere, dunque, prestata al
profilo della liquidità, sebbene le autorità di vigilanza spesso si limitino a esaminare S.P. e
C.E. ignorando i flussi di cassa. La seconda preoccupazione delle autorità di vigilanza
deriva dalla probabilità che la crisi di una banca si propaga alle componenti sane del sistema
attraverso due canali alternativi: la partecipazione al sistema dei pagamenti e la corsa agli
sportelli dei risparmiatori. In relazione al primo canale, il rischio che si verifichi una crisi
sistemica deriva dalla probabilità che l’incapacità di un partecipante al sistema dei
pagamenti di far fronte ai propri impegni possa provocare un effetto domino, impedendo
alle istituzione creditrici della banca in difficoltà di onorare a loro volta i loro impegni. Il
secondo canale di trasmissione della crisi, cioè la corsa agli sportelli. Il manifestarsi di
questi fenomeni è tipicamente ricondotto al comportamento irrazionale dei risparmiatori, la
cui corsa agli sportelli, pure essendo innescata dal timore di non ottenere il rimborso dei
propri crediti, può determinare l’accelerazione della situazione di difficoltà ed essere la
causa stessa del fallimento della banca. Questa circostanza è tanta più preoccupante in
quanto anche un’istituzione sana, ma che effettua fisiologicamente una trasformazione delle
scadenze, può essere messa in difficoltà da una situazione di panico finanziario scatenata da
informazioni infondate sul proprio stato di salute.

24.2) Le determinanti aziendali.

La crisi di una banca, a prescindere dai casi di frode, deriva tipicamente dall’assunzione
volontaria o involontaria di rischi eccessivi rispetto alla capacità di assorbimento delle
perdite. In particolare, rilevano da questa sede i soli rischi speculativi, che possono essere
distinti tra rischi economici, ovvero connessi all’equilibrio tra costi e ricavi della gestione, e
rischi finanziari, ovvero connessi all’equilibrio tra entrate e uscite. Tra i rischi economici
assume un ruolo di particolare importanza il rischio di credito. Una seconda tipologia di
rischi economici è rappresentata dai rischi di mercato, ovvero dalla probabilità che
l’andamento delle variabili che definiscono le condizioni di negoziazione dei valori
mobiliari subiscono variazioni sfavorevoli, generando perdite sulle posizioni detenute dalla
banca. Ai rischi economici appartengono, infine, il rischio monetario, connesso a variazioni
sfavorevoli dell’inflazione e al conseguente deprezzamento netto delle attività e delle
passività di natura finanziaria, e il rischio operativo, connesso all’irrigidimento della
struttura di costo della banca a fronte di un ridimensionamento dei volumi intermediati e al
conseguente mancato raggiungimento del punto di break-even. I rischi finanziari che si
richiamano all’incapacità della banca di far fronte a i propri impegni di pagamento, con le
conseguenze già evidenziate con riferimento ai concetti di illiquidità e di insolvenza.

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L’accelerazione del processo di innovazione finanziaria e l’accresciuto volatilità delle


variabili finanziarie consentono spesso di attribuire a fattori esogeni una corresponsabilità
nella manifestazione della crisi. È possibile distinguere le determinanti endogeni della crisi
in due categorie, in funzione della loro natura strategica piuttosto che gestionale. Le prime
riguardano la definizione delle direttrici di sviluppo individuale dal management della banca
su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, con riferimento agli assetti proprietari,
alle aree di operatività e alla struttura dell’attivo e del passivo. Non meno importanti sono le
determinanti endogene di carattere gestionale, che a loro volta possono essere suddivise in
funzione dell’esistenza o meno di comportamenti fraudolenti. Limitandoci ai casi di
decisioni gestionali errate, si può affermare che esse sono tipicamente generate da previsioni
sbagliate sul futuro andamento dei flussi finanziari e dei flussi di reddito. Allargando il
campo ai numerosi casi di fallimento generati da comportamenti fraudolenti è opportuno
evidenziare che esse sono generalmente facilitati da carenze di carattere organizzativo e
dalla debolezza dei controlli interni.

24.3) i sistemi di controllo interni.

L’insorgere della crisi può essere graduale, quando la stessa si è generata dal progressivo
deterioramento delle condizioni di liquidità, redditività e solvibilità, o improvviso, quanto
essa sia il frutto di un’errata valutazione dello esposizione al rischio della banca al
verificarsi del peggior scenario possibile. Tale circostanza induce a riflettere sulla
costruzione di sistemi di controllo (early warning systems), esterni e interni, in grado di
fornire informazioni tempestive sullo stato di salute della banca e di suggerire le azioni
correttive più appropriate. Il monitoraggio della stabilità delle banche avviene tipicamente,
mediante il controllo di tipo cartolare e quello di tipo ispettivo. Il primo consiste nella
richiesta alle banche di segnalazioni periodiche contenenti le informazioni necessarie per
valutare il rispetto dei ratios patrimoniali imposti a fini prudenziali. Il controllo ispettivo si
propone invece di verificare periodicamente l’attendibilità delle informazioni oggetto di
comunicazione nelle segnalazioni di vigilanza e di intervenire su base occasionale quando
dalle stesse emerga un deterioramento della situazione aziendale. La Banca d’Italia si è
dotata di un early warning systems denominato PATROL finalizzato a ottenere una serie di
informazioni aggiuntive rispetto a quelle desumibili dalle segnalazioni di vigilanza.
L’obiettivo è evidentemente quello di individuare con tempestività le banche in difficoltà,
allo scopo di minimizzare gli effetti della manifestazione della crisi. Un altro tentativo di
costruzione di un indicatore sintetico di solidità delle banche è stato realizzato dal Fondo
interbancario di tutela dei depositi che attribuisce alle istituzioni consorziate un rating sulla
base di una serie di profili gestionali riguardanti la rischiosità, la solvibilità, la
trasformazione delle scadenze, l’efficienza e la redditività. Un discorso a parte merita il
problema dei controlli interni, ovvero degli early warning systems sviluppato dalle banche
per finalità gestionali. Obiettivo di tale regolamento è quello di conciliare la redditività
dell’impresa bancaria con l’assunzione dei rischi gestionali che sia al tempo stesso
consapevole e compatibile con le caratteristiche economiche-patrimoniali della banca. Ciò
ha indotto la nascita di apposite unità organizzative dalla valutazione dell’esposizione al
rischio della banca nel suo complesso ( risk management units, comitato di gestione del
rischio).

24.4) Gli interventi di soluzione ex ante.

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Le soluzioni ex ante rappresentano un intervento diretto nei confronti della banca in


difficoltà e, in linea di principio dovrebbero essere attivati soltanto quando il loro costo sia
considerato inferiore rispetto a quello che la collettività dovrebbe sopportare qualora il
mancato salvataggio dovesse rendere la crisi irreversibile. Appartengono a questa categoria
sia gli interventi di carattere amministrativo, come l’amministrazione straordinaria la
sospensione dei pagamenti e la gestione provvisoria, sia quelli di carattere finanziario, come
il credito di ultima istanza, la costruzione di una bad bank, lo svincolo della riserva
obbligatoria e l’assunzione temporanea di partecipazione. Tra gli
interventi di carattere amministrativo un ruolo di particolare rilievo spetta alla procedura di
amministrazione straordinaria che le autorità creditizie avviano quando siano state accertate
gravi violazioni legislative, regolamentari e statutarie o quando siano previste ingenti
perdite patrimoniali tali da suggerire la rimozione degli organi della banca e la loro
sostituzione con dei commissari straordinari incaricati della gestione della banca.il credito di
ultima istanza (CUI) ovvero il rifinanziamento erogato dalla banca centrale al sistema
bancario, rappresenta il principale strumento di intervento a disposizione delle autorità
creditizie.gli inerventi di ultima istanza si propongono di evitare situazioni di crisi. In
particolare, è possibile identificare una tassonomia fegli stessi in funzione di due
dimensioni: l’ordinarietà dell’intervento e l’ampiezza del beneficiario. Il CUI può essere,
ordinario quando sia finalizzato a finanziare fisiologiche esigenze di liquidità connesse alla
partecipazione al sistema dei pagamenti o al regolamento delle transazioni su titoli di stato,
ovvero straordinario, quando sia giustificato da una situazione di eccezionalità che, in
assenza di un rifinanziamento rischi di degenerare in uno stato di insolvenza. Il CUI può
inoltre essere erogato in modo incondizionato a tutto il sistema bancario quando lo stesso
non sia in grado di frenare fenomeni di panico finanziario, oppure essere indirizzato verso
singole banche che versino in situazioni di scarsa liquidità. È opportuno ricordare che
un’ulteriore fonte di liquidità per le banche in crisi è rappresentata dal fondo interbancario
di tutela dei depositi. Lo scopo del fondo nel garantire i depositanti delle consorziate, che
vengano disposti interventi di sostegno delle consorziate in amministrazioni straordinaria,
nella forma di finanziamenti di garanzie, assunzioni di partecipazioni, e altre forme tecniche
. l’ultima forma di rifinanziamento erogabile dalla banca centrale è rappresentata
dall’anticipazione regolata dal decreto ministeriale del 1974, finalizzata a finanziare gli
istituti intervenuti nel salvataggio di altre banche poste in liquidazione coatta
amministrativa. La costituzione della bad bank, letteralmente della banca cattiva,
rappresenta una novità nella gestione delle crisi bancarie in Italia e costituisce il tentativo di
scorporare dalla banca in crisi la componente ritenuta responsabile dello stato di difficoltà,
generalmente individuata in una frazione più o meno consistente del portafoglio prestiti.
Questa forma di intervento si propone, di riportare a condizione di normalità la banca in
crisi dando vita a due realtà distinte, anche giuridicamente, di cui una “cattiva “ incaricata
della gestione dei crediti problematici, e una “sana” incaricata della ripresa dell’attività
senza il fardello delle perdite su crediti, che avevano contribuito a determinare la situazione
di difficoltà. Il decreto sul salvataggio del Banco di Napoli ha introdotto due ulteriori novità.
La prima consiste nella facoltà concessa alla Banca D’Italia di disporre lo svincolo delle
somme depositate a titolo di riserva obbligatoria, al fine di facilitare il superamento della
situazione di difficoltà. La seconda forma di intervento dal suddetto decreto legge consiste
nella possibilità concessa al ministro del tesoro di acquisire, unitamente all’intervento di una

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o più banche o altri investitori istituzionali, partecipazioni nel Banco di Napoli di carattere
temporaneo.

24.5) gli interventi di soluzione ex post.

Le soluzioni ex post rappresentano, un intervento diretto nei confronti dei depositanti allo
scopo di compensare la perdita patrimoniale sopportata in conseguenza della dichiarazione
dello stato di insolvenza della banca. Appartengono a questa categoria gli interventi del
sistema di garanzia dei depositi e del sistema di indennizzo degli investitori. La direttiva
comunitaria 94/39 in materia di sistemi di garanzia dei depositi ha introdotto, alcune
significative innovazioni nel funzionamento del fondo stesso. Infatti, l’adesione al sistema
di garanzia dei depositi non avviene più su base volontaria, ma ogni banca è tenuta ad
aderire obbligatoriamente a uno dei fondi istituiti e riconosciuti in Italia. Una seconda
importante innovazione riguarda il destinatario della protezione che è non più il singolo
deposito ma il titolare del deposito, evitando in questo modo il rischio che il frazionamento
delle disponibilità patrimoniali su più conti consenta di aggirare le regole sull’importo
massimo di rimborso. Inoltre è stata rimossa la prassi di rimborso graduato in funzione della
dimensione del deposito ed è stato ridotto l’importo massimo rimborsabile a ciascun
depositante. La tutela offerta dal fondo si limita riflettere sull’opportunità di estendere la
protezione del solo risparmio inconsapevole agli investitori non qualificati, impiegando le
loro disponibilità in attività senza obbligo di rimborso non devono incorrere in rischi
aggiuntivi rispetto a quelli propri del comparto di investimento prescelto. Le banche, se
autorizzate all’esercizio di servizi di investimento, devono obbligatoriamente aderire al
fondo al pari delle società di intermediazione mobiliare, degli agenti di cambio e delle
società fiduciarie. L’intervento del fondo, che è automatico ed è finalizzato a rimborsare i
creditori che non abbiano contribuito allo stato di insolvenza o ne abbiano contratto
beneficio,proteggerà gli investitori sino ad un massimo di 20000 euro.

24.6) tendenze internazionali nel salvataggio delle banche in crisi.

E’ opinione diffusa che le banche non possano fallire. In Italia questa convinzione si è
radicata in modo particolare a causa della sostituzione delle normali procedure concorsuali
con l’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa e del
comportamento accondiscendente della Banca D’Italia. In realtà, la molteplicità delle
soluzioni percorribili in occasione di una crisi bancaria dimostra che il fallimento di una
banca non soltanto è possibile, ma è addirittura auspicabile quando consenta l’eliminazione
dal mercato di sacche di inefficienza, senza degenerare in una crisi sistemica. Questa
circostanza giustifica la diversa propensione delle banche centrali nell’erogazione del CUI e
la generalizzata tendenza, osservata a livello internazionale, verso un ridimensionamento
degli interventi delle banche centrali e l’attribuzione di un maggior ruolo ai sistemi di
garanzia dei depositi e agli interventi governativi. Con riferimento ai criteri di intervento
seguiti nella gestione delle situazioni di difficoltà è possibile individuare una griglia di
analisi che distingua tra modalità di soluzione della crisi e fonti di risorse cui attingere in
caso di necessità. Tra le modalità di soluzione delle crisi rientrano : la conservazione in vita
della banca in crisi mediante il rifinanziamento e la ricapitalizzazione, l’acquisizione della
banca in crisi da parte di una o più banche; l’amministrazione straordinaria sotto il controllo
del fondo di garanzia dei depositi o di una agenzia governativa: la liquidazione coatta

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amministrativa. Tra le fonti di finanziamento rientrano: la banca centrale . il sistema


bancario. Il fondo do garanzia dei depositi , il governo. Un intervento finalizzato al
salvataggio della banca, avviene soltanto occasionalmente attraverso un coinvolgimento
diretto della banca centrale, che spesso si limita ad un ruolo di regista coordinando gli
interventi endogeni, ovvero del sistema bancario o dei fondi di garanzia dei depositi, e quelli
esogeni, ovvero riconducibili al governo.

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