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Parte seconda

LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (1850-1970)


9. LE FASI DELLA CRESCITA
-9.1 I dati della crescita
La seconda rivoluzione industriale si concentrò sostanzialmente nel periodo compreso fra metà
Ottocento e Prima guerra mondiale, ma proseguì anche successivamente sino alla fine del secondo
conflitto mondiale (1850-1914)
L’economia dei vari paesi del mondo, verso la metà del secolo XIX, era complessivamente ancora
caratterizzata dalla prevalenza dell’attività agricola.
Si ebbero diverse fasi della crescita:
1. FASE DI ESPANSIONE I Sviluppo economico dal 1848 al 1873 (fase a Ciclo Kondratieff) con
aumento di produzione di generi alimentari ed un aumento di disponibilità di fonti di energia
come carbon fossile e petrolio. Questo portò ad un aumento moderato e regolare dei prezzi
così da favorire l’aumento dei salari e l’effettuarsi di maggiori investimenti. Durante questo
periodo vi fu un rapido sviluppo di tutti i settori:
 Affermazione del libero scambio: fu adottato da tutti i paesi che seguirono l’esempio della
Gran Bretagna, mentre quest’ultima però aveva applicato tariffe doganali che colpivano
pochi prodotti lasciando libera l’importazione agli altri, i governi europei preferirono
ricorrere ai trattati commerciali che fissavano i dazi che i paesi contraenti avrebbero
reciprocamente applicato e, prevedevano talvolta, la clausola della nazione più favorita
(imponeva ai paesi contraenti una reciproca estensione a loro favore delle condizioni più
vantaggiose che ciascuno di essi avesse stabilito con un altro paese);
 Sviluppo dei mezzi di trasporto: aumento di 10 volte della rete ferroviaria con lo sviluppo,
inoltre, della navigazione marittima. Questo consentì un incremento della produzione
industriale e del commercio internazionale;
 Maggiore disponibilità di oro: scoperta di nuovi giacimenti consentì una maggiore
coniazione di monete metalliche ma, anche, di una maggiore riserva per l’emissione della
cartamoneta.
2. FASE DI RECESSIONE nel periodo che va dal 1873 al 1896 ha inizio un periodo che prende il
nome di “Grande depressione” (fase b Ciclo Kondratieff). I prezzi agricoli diminuirono, i salari
frenarono e vi fu la diminuzione del tasso di profitto, dovuto a diverse cause:
 Aumento dell’offerta: grazie allo sviluppo tecnologico l’industria mise a disposizione una
gran quantità di beni che non riuscirono a collocarsi sul mercato per deficienza di
domanda;
 Riduzione dei costi di trasporto: le nuove tecnologie resero più veloci ed efficaci i trasporti
motivo per cui l’agricoltura locale subì una crisi;
 Diminuzione della produzione di oro: esaurimento progressivo delle miniere.
Tuttavia in paesi come gli Stati Uniti e la Germania si aveva un trend positivo dell’economia.
I paesi colpiti dalla depressione tentarono di fronteggiarla con varie soluzioni: i governi
decisero di tornare al protezionismo, le imprese si sforzarono di ridurre i costi di produzione, vi
fu una ripresa del colonialismo che si proponeva di trovare nuovi mercati per i prodotti della
madrepatria. Fino al dopoguerra il protezionismo è stato la regola e il libero scambio
l’eccezione.
3. FASE DI ESPANSIONE II  “Belle époque” in cui prezzi, profitti, salari e investimenti ripresero a
crescere (fase a ciclo Kondratieff). Si venne costituendo una prima forma di economia globale,
che assicurò una sostanziale libertà di movimento a uomini, merci e capitali. Le misure
utilizzate per fronteggiare la depressione avevano dato il loro frutto.
L’industria divenne il settore più importante e la borghesia assunse il ruolo di classe dominante
impadronendosi del potere politico ed economico.
10.LE CONDIZIONI DELLA CRESCITA: LA POPOLAZIONE
-10.1 Le dinamiche della popolazione
L’incremento demografico fu una delle condizioni della crescita economica. Il peso demografico
dell’Europa fu in crescita per tutto il XIX secolo.
L’azione di fattori come: a)maggiore disponibilità dei generi alimentari, b)miglioramento delle
condizioni igieniche, c)il progresso della medicina, determinò la diminuzione del tasso di mortalità
soprattutto quello infantile. Il tasso di natalità cominciò anch’esso a diminuire perché il
cambiamento dello stile di vita indusse le coppie a limitare il numero di figli. La vita media si
allungò fino a 50 anni in Occidente, prima della Grande Guerra. L’incremento demografico provocò
una sovrappopolazione delle campagne europee e la popolazione rurale fu costretta ad
abbandonare le campagne e cercare lavoro altrove, in particolar modo nelle città se si parla di
paesi industrializzati.
La popolazione divenne più istruita e il numero degli analfabeti continuò gradualmente a
diminuire, grazie all’azione dello Stato che si fece carico di assicurare l’istruzione, necessaria per
vivere nel mondo moderno.
Vi fu maggiore attenzione al capitale umano da parte dello Stato che si fece carico di assicurare
l’istruzione primaria diminuendo gradualmente il numero degli analfabeti.

-10.2 L’urbanesimo
Vi fu un accentuazione del fenomeno dell’urbanesimo dovuta alla liberazione di manodopera
agricola. Nel corso del XIX secolo, struttura e funzioni delle città si modificarono, il centro delle
attività si spostò nel quartiere degli affari situato tra la vecchia città e la nuova stazione ferroviaria
e furono aperti spaziosi viali alberati. Al loro interno fu vario l’insediamento abitativo dei vari ceti
sociali, la vecchia città vedeva la coabitazione nel medesimo edificio di varie categorie di persone
(pianterreno artigiani, primo piano borghesi, ultimo piano operai). La nuova città contrapponeva
quartieri borghesi e quartieri operai.
L’urbanizzazione, però, pose diversi problemi:
 Fu necessario provvedere all’illuminazione stradale e delle abitazioni prima con il gas e poi alla
fine del secolo con la luce elettrica;
 Provvedere alla costruzioni di acquedotti e fognature.

-10.3 I grandi flussi migratori


L’emigrazione fu un'altra conseguenza dell’esodo dalle campagne. In genere agirono
sull’emigrante motivi di “espulsione” e motivi di “attrazione” . Le principali destinazioni furono le
due Americhe in primo luogo gli USA ma anche Argentina, Brasile e Canada. I paesi di provenienza
furono sempre gli stessi, arrivavano principalmente dall’Europa Settentrionale.
A partire dalla Grande Guerra il fenomeno delle migrazioni si ridusse a causa del conflitto, della
Grande depressione degli anni Trenta e delle politiche restrittive dei governi. Il governo aveva
introdotto il sistema delle quote, in virtù del quale l’immigrazione delle persone provenienti da un
determinato paese venne fissata a una “quota” prestabilita dei loro connazionali presenti negli
Stati Uniti a una certa data.
Una novità durante e dopo le guerre fu l’apparizione di un altro tipo di migrazione: quella dei
profughi, costretti ad abbandonare le loro terre per sfuggire agli eventi bellici o alle persecuzioni.
-10.4 Gli effetti dell’emigrazione
Questi grandi spostamenti produssero:
PAESI DI PARTENZA PAESI DI DESTINAZIONE
EFFETTI POSITIVI  Partenza comportava la riduzione dell’offerta di  Gli immigrati costituivano una
braccia sul mercato del lavoro e i salari di risorsa per la nazione quando si
coloro che rimanevano tendevano ad trattava di persone adulte perché
aumentare conoscevano bene il mestiere e
 Rimesse degli emigranti che andavano sia a cominciavano subito a lavorare;
beneficio delle famiglie che a vantaggio  Possedevano spirito di
dell’intera collettività poiché potevano essere intraprendenza e capacità di
investite sia in opere pubbliche che private adattamento.
 Lavorando, concorrevano a creare
ricchezza e benessere per il paese
in cui si insediavano
EFFETTI NEGATIVI Avevano sostenuto dei costi per mantenere, fare Difficoltà di integrazione poiché non
crescere e istruire persone che andavano a lavorare conoscevano la lingua ed inoltre spesso
altrove avevano usi, costumi e religioni
differenti

11. LE CONDIZIONI DELLA CRESCITA: TRASPORTI, BANCHE E MONETA


-11.1 Lo sviluppo dei trasporti: ferrovie e automobili
La crescita degli scambi e la necessità di una maggiore mobilità diede una forte spinta al
miglioramento dei mezzi di trasporto e allo sviluppo del sistema delle comunicazioni.
La rete stradale non fece molti progressi però le strade furono migliorate e ne furono costruite
delle nuove in particolare nei paesi rimasti indietro così che, nel 1870, la differenza tra i vari paesi
diminuì sensibilmente.
Le ferrovie ebbero uno sviluppo incredibile così da raggiungere il milione di km. Per la costruzione
delle ferrovie si dovettero affronta dei problemi tecnici, dal traforo delle montagne alla
costruzione ponti e all’aumento di potenza e velocità delle locomotive, nonché dei problemi
economici dovuti alla necessità di ingenti capitali. Inizialmente i capitali furono forniti da grandi
banchieri privati, ma in seguito bisognò costituire società per azioni. Le azioni ferroviarie vennero
tratte in borsa diventando spesso oggetto di speculazioni che furono la causa di crisi finanziarie
come quelle del 1836, del 1847-48 e del 1857. Nacque una nuova categoria di lavoratori i
ferrovieri.
L’automobile riuscì ad affermarsi con l’avvento del motore a scoppio creato, grazie all’ingegno di
numerosi pionieri fra cui Carl Benz. La sua produzione in serie iniziò già prima della Grande Guerra
ma la sua vendita era ancora bloccata dagli alti prezzi. Dopo il conflitto, la produzione di
autovetture aumentò e il suo prezzo diminuì accrescendone così gli acquisti. Il nuovo mezzo di
trasporto innescò un processo a catena che diede impulso a parecchie altre industrie e alla
costruzione di strade.

-11.2 Lo sviluppo dei trasporti: navi e aerei


Grazie a dei perfezionamenti tecnici come l’elica a tre pale fu possibile l’affermazione delle navi a
vapore che pian piano sostituirono le navi a vela. Un'altra importante novità fu la costruzione di
navi in ferro di maggiore stazza che poterono alloggiare pesanti motori e disporre di ampie stive
per il trasporto delle merci. Il costo delle navi aumentò e fu necessario creare grandi società di
navigazione che sostituirono gli armatori privati. L’Inghilterra organizzò a perfezione il sistema dei
“tramps” cioè navi senza itinerario fisso, che viaggiavano a disposizione dei noleggiatori di tutto il
mondo e andavano di porto in porto, trasportando le merci che trovavano da imbarcare durante il
loro percorso.
Furono ristrutturati i porti per accogliere le nuove navi più grandi e furono aperti i canali di Suez
(1869) e di Panama (1914) che consentirono un enorme riduzione dei tempi di percorrenza.
Nacquero navi specializzate nel trasporto di merci particolari (petroliere e navi frigorifero).
Nei primi anni del secolo XX l’aviazione era ancora ai primordi. Nel 1903 i fratelli Wright erano
riusciti a far volare il loro primo aeroplano. Il progresso in questo campo fu rapidissimo, già nella
Prima guerra mondiale fu utilizzato per la ricognizione aerea, poi come caccia e infine per i
bombardamenti. Negli anni Venti e Trenta iniziò a svilupparsi l’aviazione commerciale. Durante la
Seconda guerra mondiale il suo impiego risultò determinante.
Gli effetti della rivoluzione dei trasporti sullo sviluppo economico furono rilevanti e riguardarono
tutti i settori:
a) commerci;
b) agricoltura;
c) industrie;
d) banche.

-11.3 Le comunicazioni
Alla vigilia della Prima guerra mondiale, anche le notizie ormai viaggiavano con grande rapidità
grazie a nuove invenzioni fra cui:
 il telegrafo elettrico (S. Morse) entro il 1902 i cavi collegarono tutti i continenti e le notizie
potevano raggiungere ogni punto del Pianeta, purchè munito di un ufficio telegrafico. Così che
gli operatori economici potevano conoscere con sufficiente anticipo i prezzi delle merci, le
quotazioni in Borsa, ecc. ;
 il telefono (A. Meucci) cominciò a diffondersi a partire dagli Stati Uniti;
 la radio (G. Marconi) destinata ad aprire la strada ad un sistema di comunicazioni di massa.
Fu utilizzata oltre che per l’intrattenimento, anche come mezzo di pubblicità e, negli anni dei
regimi totalitari, come mezzo di propaganda;
 il radar  inventato negli stessi anni dagli americani, permise di localizzare e colpire navi e
aerei nemici.

-11.4 I sistemi bancari


Lo sviluppo economico fu reso possibile dall’introduzioni di altre forme di credito e dall’istituzione
di nuove categorie di banche:
 CASSE DI RISPARMIO  sorte già nella prima metà dell’Ottocento. Esse raccoglievano i piccoli
risparmi delle persone in modeste condizioni, alle quali corrispondevano un interesse. Lo scopo
era di consentire anche ai meno abbienti un’accumulazione di denaro da utilizzare in caso di
necessità. Alle casse di risparmio si affiancarono le CASSE DI RISPARMIO POSTALI, incaricate di
raccogliere il risparmio presso gli uffici postali;
 ISTITUTI DI CREDITO FONDIARIO  si approvvigionavano di fondi attraverso l’emissione di
proprie obbligazioni dette “cartelle fondiarie” con lo scopo di concedere mutui di lunga durata,
rimborsabili a rate e garantiti da ipoteca su immobili;
 BANCHE COPERATIVE  forme di società cooperative che avevano il compito di accettare
depositi e concedere prestiti ai soci. Si dividevano in banche popolari (centri importanti) e
banche rurali (zone agricole);
 BANCHE COMMERCIALI o di DEPOSITO  costituite come società anonime (joint stock banks),
raccoglievano depositi dal grande pubblico che remuneravano con un interesse e investivano i
fondi disponibili prestandoli in varie forme a operatori economici grandi e piccoli;
La varietà di aziende di credito consentiva a tutti di accedere ai servizi bancari, dallo Stato al
grande capitalista, dal proprietario terriero all’imprenditore.
Al vertice dei sistemi bancari vi erano gli ISTITUTI DI EMISSIONE che agivano come prestatori di
ultima istanza o “banche delle banche”. Ad esse si rivolgevano le banche per anticipazioni in caso
di necessità a cui veniva applicato un interesse in base al tasso ufficiale di sconto. Con il tempo
questi istituti, che di norma operavano per lo Stato, ottennero anche la funzione di controllare il
sistema bancario e perciò si dissero banche centrali. I biglietti emessi venivano riconosciuti
dappertutto come moneta a corso legale. I principali mezzi di pagamento erano ormai
rappresentati dalla MONETA BANCARIA.
-11.5 I modelli bancari
Durante la seconda rivoluzione industriale, l’industrializzazione diventò più costosa. Perciò, i
sistemi bancari furono chiamati a sostenere la crescita industriale e si adeguarono al grado di
sviluppo raggiunto dal proprio paese.
In Europa possiamo distinguere due modelli bancari:
1. MODELLO ANGOLSASSONE caratterizzato dalla specializzazione bancaria e dalla prevalenza
della banca pura. Si affermò un tipo di banca che raccoglieva i depositi a vista e concedeva
impieghi a breve termine alle imprese. Le operazioni finanziarie di lunga durata venivano
svolte dalle merchant banks, che collocavano sul mercato inglese titoli obbligazionari di società
e governi esteri, e favorivano i pagamenti internazionali mediante l’accettazione di tratte
spiccate su di loro da operatori economici stranieri;
2. MODELLO CONTINENTALE o TEDESCO consisteva nella prevalenza della banca mista, ossia
un tipo di banca che raccoglieva depositi a vista e li impiegava a breve, a medio e a lungo
termine, soddisfacendo ogni richiesta delle imprese. Questo modo di operare era molto
rischioso per il mantenimento dell’equilibrio finanziario, perché se le banche avessero
concesso troppi prestiti a lungo termine non sarebbero state in grado di far fronte a un
eventuale consistente richiesta di rimborso da parte dei depositanti. Le banche miste
finanziavano le imprese acquistandone obbligazioni oppure sottoscrivendo parte del loro
capitale sociale stringendo stretti rapporti con le stesse.

-11.6 Il gold standard


Un elemento importante, che favorì la crescita economica fu l’adesione di quasi tutti i paesi al
GOLD STANDARD, inizialmente sviluppatosi in Gran Bretagna.
Il bimetallismo adottato da la maggioranza dei paesi cominciò a funzionare male perché prima vi
fu una diminuzione del valore delle monete d’argento rispetto all’oro quando vi fu un’enorme
produzione di argento nelle miniere scoperte.
Di conseguenza, a poco a poco, i paesi industrializzati preferirono aderire al gold standard. Ciò
comportava la possibilità di importare ed esportare liberamente l’oro, che quindi era accettato in
pagamento nelle transazioni internazionali da tutti i paesi che vi avevano aderito. In tal modo si
realizzò un sistema di cambi fissi fra le monete tutte legate all’oro. Il cambio dipendeva dal
contenuto di oro fino di ciascuna moneta, anche quando venivano utilizzate le banconote. La
sterlina ormai accettata in ogni parte del mondo diventò una sorta di moneta internazionale.

12. LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE


-12.1 Le innovazioni in agricoltura
Nonostante la popolazione aumentasse notevolmente, le carestie scomparvero dall’Europa
occidentale. Tali risultati furono possibile grazie all’incremento della produttività agricola europea
e alla messa a coltura di enormi estensioni di terra negli altri continenti.
L’aumento della produttività agricola fu determinato dall’ impiego delle prime macchine agricole
che prima utilizzavano il vapore (trattori a vapore) e poi applicarono il motore a scoppio dando
inizio all’epoca della motorizzazione agricola. Queste poterono diffondersi a due condizioni: la
presenza della grande proprietà e la pratica della monocoltura granaria.
La diffusione dei concimi aumentò i rendimenti e la produzione. Degli studi, misero a punto i primi
concimi chimici che la nascente industria chimica riuscì a produrre in gran quantità.

-12.1 L’agricoltura mondiale e l’Europa


Lo sviluppo dell’agricoltura, oltre che dalle macchine e dai concimi, fu favorito anche
dall’estensione dello spazio agricolo (agricoltura estensiva). Il miglioramento dell’agricoltura non
avvenne in contrapposizione all’industrializzazione. Anzi vi fu un Europa industriale con forte
produttività agricola e un’Europa non industrializzata a debole produttività.
Le zone temperate come Stati Uniti, Canada, Argentina e Australia svilupparono un’agricoltura
estensiva, vale a dire che (al contrario di quella intensiva) si basava sulla coltivazione di un’enorme
quantità di terra, con un limitato impiego di capitali e con un basso rendimento per ettaro .
Nelle zone tropicali, come le Antille, il Brasile, l’Indonesia si erano diffuse le piantagioni coltivate
per conto di grandi proprietari che producevano cacao caffè, tè o banane.
Molto importante fu l’esportazione di gomma dal Brasile.

-12.3 Lo sviluppo della tecnologia e della ricerca


Alla vigilia della Prima guerra mondiale erano ormai l’industria e il settore terziario a dominare la
scena.
Nella seconda metà dell’Ottocento si concentrarono un numero rilevante di invenzioni che diedero
luogo a una rivoluzione tecnologica. Grazie al legame formatosi fra scienza, tecnica e industria il
tempo necessario per l’applicazione di una nuova invenzione divenne brevissimo. La ricerca
scientifica si organizzò, oltre che nelle università, anche presso le aziende in particolare quelle
chimiche. La Germania, in questo campo, fu all’avanguardia: la Bayer adoperò ricerche sulle
materie coloranti, conseguendo buoni risultati.

-12.4 Una nuova fonte di energia: il petrolio


Le fonti di energia si ampliarono e il petrolio si affiancò al carbone. L’estrazione del petrolio ebbe
inizio negli Stati Uniti. All’inizio fu utilizzato specialmente per l’illuminazione domestica e la
lubrificazione delle macchine. Le sue possibilità di applicazione aumentarono notevolmente dopo
l’introduzione del motore a scoppio, dell’automobile. Si sviluppò un nuovo ramo dell’industria
chimica, il petrolchimico, che consentì di produrre fibre tessili e resine sintetiche, detersivi, gomma
sintetica, insetticidi ecc. Tra le due guerre furono scoperti ricchi giacimenti nel Medio Oriente.
Iniziò lo sfruttamento del petrolio dell’Iraq, del Bahrein e dell’Arabia saudita e, subito dopo la
Seconda guerra mondiale, di quello del Kuwait e del Qatar. Si arrivò alla formazione di un cartello
internazionale fra le principali società produttrici poi note come “sette sorelle”.

-12.5 Vecchie e nuove industrie


Fra le vecchie industrie notevole importanza conservarono quelle tessili, anche se quella
dell’industria tessile europea a partire da fine secolo cominciò ad essere ridimensionata, perché
finì per dipendere dagli altri paesi per le importazioni di materie prime.
L’industria siderurgica, a metà Ottocento, doveva capire come riuscire a produrre acciaio a buon
mercato. Grazie all’ introduzione del convertitore Bessemer e del forno Martin-Siemens fu
possibile ottenere acciaio di ottima qualità direttamente dalla ghisa fusa saltando la fase del
pudellaggio; iniziò così l’era del ferro e dell’acciaio.
L’industria metallurgica iniziò la lavorazione su vasta scala di numerosi metalli. L’alluminio trovò
applicazione in molti settori e divenne quasi il metallo per eccellenza della seconda rivoluzione
industriale. Altri metalli importanti furono il rame e il nichel.
La nuova industria automobilistica si sviluppò rapidamente specie negli Stati Uniti. Si passò dalla
costruzione artigianale, alla produzione in serie e sorsero numerose fabbriche tra cui Ford, Fiat,
Renault.
Altre invenzioni come la macchina da scrivere, il perfezionamento delle macchine tipografiche e la
creazione della macchina fotografica diedero luogo a nuove attività produttive.

-12.6 Chimica ed elettricità


Le industrie chimiche furono tra quelle che, maggiormente, caratterizzarono la seconda rivoluzione
industriale. Furono inventate le prime materie plastiche sintetiche, le fibre tessili sintetiche e
artificiali.
Un nuovo comparto fu quello dell’industria della gomma.
L’industria elettrica fu un'altra attività peculiare della seconda rivoluzione industriale. La scoperta
fondamentale fu quella del generatore di corrente L’elettricità trovò un gran numero di
applicazioni a cominciare dall’illuminazione grazie all’invenzione della lampada a incandescenza da
parte di Thomas Edison; essa era indispensabile per i sistemi di comunicazione a distanza e rese
possibile nel 1895 la nascita dell’industria cinematografica anno in cui Louis Lumière presentò la
prima pellicola cinematografica. L’elettrificazione fu probabilmente l’innovazione più importante
del periodo fra le due guerre mondiali, tanto che lo stesso Lenin, affermò che la rivoluzione russa
era costituita dai Soviet più l’elettrificazione.

-12.7 Commercio e investimenti esteri


Il commercio interno che prima si era svolto principalmente nelle fiere fu rivoluzionato
dall’avvento della nuova figura del commesso viaggiatore che collocava merci per conto di case
rinomate presso i negozianti, ai quali venivano inviate successivamente tramite la ferrovia. Si
cominciò a sviluppare il commercio fisso con l’apparizione dei primi negozi, dapprima bazar che
vendevano ogni genere di articoli e poi negozi specializzati. A metà dell’Ottocento apparvero
anche i grandi magazzini. Negli Stati Uniti si svilupparono le prime forme moderne di pubblicità
commerciale e furono introdotti il sistema dei saldi, la vendita per corrispondenza e la vendita a
rate.
Un’importanza molto maggiore ebbe il commercio internazionale che aumentò di sei volte fra gli
anni Trenta e gli anni Settanta dell’Ottocento e si triplicò ancora fino alla Grande guerra.
L’Europa inviava negli altri continenti il carbone e i suoi manufatti (articoli d’abbigliamento
materiale ferroviario, locomotive ) e importava materie prime (metalli non ferrosi, petrolio,
gomma e fibre tessili). Accanto a questo commercio estero si affiancava il circuito di scambio di
manufatti fra i paesi industrializzati.
Il commercio internazionale fu indubbiamente favorito dal libero scambio, anche se negli anni
ottanta molti paesi tornarono a varie forme di protezionismo che ripresero anche in seguito nel
periodo fra le due guerre mondiali. Questo schema degli scambi fra materie prime contro
manufatti non esauriva il commercio estero dell’Europa. Esso era affiancato dal circuito di scambi
di manufatti far i paesi industrializzati, fra i quali stabilirono strette relazioni commerciali.
Gli investimenti inglesi andarono a società private, mente quelli francesi si rivolsero al debito
pubblico. I finanziamenti, erano concessi dai risparmiatori che tramite le banche o direttamente in
Borsa acquistavano azioni e obbligazioni emesse da società oppure sottoscrivevano titoli pubblici.
I paesi che ottennero i maggiori prestiti furono numerosi, fra questi abbiamo gli Stati Uniti, la
Russia e l’Australia.
I fondi da destinare agli investimenti esteri erano costituiti, da oro valute o divise, frutto
dell’avanzo della bilancia commerciale (differenza fra valore delle importazioni e delle esportazioni
delle merci). Ma anche quando la bilancia risultava in disavanzo, fu possibile effettuare
investimenti all’estero con le entrate derivanti dall’esportazione di servizi, ossia con l’avanzo della
bilancia dei pagamenti (costituita dalla differenza fra tutti i pagamenti e tutte le riscossioni di un
paese verso il resto del mondo; pagamenti, ossia uscite= dovuti a importazioni di merci, acquisto
dei servizi all’estero; riscossioni, ossia entrate= dovuti all’esportazione delle merci, vendita dei
servizi a stranieri)

13. LA GRANDE IMPRESA


-13.1 La formazione della grande impresa
Finora solo nei settori che producevano beni intermedi o strumentali si erano costituite GRANDI
IMPRESE capaci di sfruttare economie di scala nella produzione. Negli ultimi anni del XIX secolo la
costituzione di grandi imprese, che manifestò i suoi vantaggi, si estese anche ai settori di
produzione dei beni di consumo.
La GRANDE IMPRESA, per gli Americani corporation disponeva di un capitale elevato e
concentrava nella fabbrica un gran numero di lavoratori, costituendo il centro di accumulazione di
conoscenze scientifiche e tecniche. La forma giuridica era quella della società anonima o per
azioni. Essa si formò in seguito a un processo di concentrazione sia verticale (unisce imprese che
partecipano al processo di fabbricazione di uno stesso prodotto) che orizzontale (riunisce imprese
che operano nello stesso settore o nello stesso stadio di produzione), realizzato mediante fusioni
di più imprese o incorporazioni di imprese più piccole in imprese più grandi.
Un tipo particolare di impresa, era la conglomerata formato da imprese che producevano beni
molto diversi.
Oltre a quelle di scala si realizzarono anche economie di diversificazione della produzione in modo
da renderla meno sensibile alle variazioni della domanda di un singolo prodotto.
Lo sviluppo dell’economia mondiale portò alcune imprese a costituire all’estero proprie filiali o a
fondarvi società da esse controllate, nacquero così le imprese multinazionali che avevano un'unica
direzione nel paese d’origine.
Quando non si voleva o poteva costituire un'unica grande impresa si giungeva ad accordi sotto
forma di :
 Cartelli: accordi fra più imprese che trattano lo stesso prodotto, mediante i quali si fissano i
prezzi di vendita, la quota di produzione e le quote di mercato di ciascuna impresa.
 Trust: una società capogruppo, detta holding, acquista azioni di altre società fino ad averne il
controllo e porre le imprese sotto un'unica direzione strategica. Essi furono contrastati in
diversi paesi attraverso apposite “leggi antitrust”; nonostante ciò i trust riuscirono a
controllare importanti rami economici e nelle loro mani si concentrò un grande potere.
Le vecchie imprese che nacquero come imprese familiari giunsero pian piano alla separazione fra
proprietà e management. I proprietari dell’impresa, cioè lasciavano la guida a persone esperte e
capaci, i manager e si limitavano a esercitare il controllo tramite il consiglio di amministrazione.
Nacquero così le prime scuole superiori di commercio e business schools per la preparazione dei
manager. Difficilmente le aziende rimanevano nelle mani della stessa famiglia per più di un paio di
generazioni.

-13.2 Taylorismo e fordismo


All’interno della grande impresa, il lavoro fu organizzato “scientidicamente”, per aumentare il
rendimento dell’operaio. Frederick Taylor a questo fine, egli divise il processo di lavoro in
operazioni semplici e ne misurò il tempo di esecuzione definendo i tempi standard. Da ciò deriva il
termine TAYLORISMO, che fu applicato alla catena di montaggio costituita da un nastro su cui
scorrevano i pezzi. La catena di montaggio fu particolarmente utilizzata dall’industria
automobilistica, il merito di averla applicata su larga scala va ad Henri Ford che ebbe l’intuizione di
fare dell’automobile, un oggetto alla portata delle masse. Perciò, praticò una politica di alti salari
in modo da consentire agli operai di poter acquistare le autovetture. Era nato il cosiddetto modello
fordista di sviluppo o FORDISMO. Questi due modelli furono fortemente criticati dalle associazioni
sindacali per la monotonia delle operazioni da compiere e per i disturbi psichici che potevano
arrecare ai lavoratori. La catena di montaggio doveva funzionare senza alcuna interruzione, ragion
per cui il lavoro di un operaio era strettamente legato a quello di un altro.

-13.3 Le piccole e medie imprese e la cooperazione


Le piccole e medie imprese conservarono un ruolo molto importante. Sembra che, gli interessi
della classe operaia, fossero meglio salvaguardati nella grande fabbrica piuttosto che in quelle
piccole dove la tutela dei lavoratori risultava più difficile. Si svilupparono anche altre imprese, fra
queste abbiamo:
 IMPRESE COPERATIVE  costituite da persone che si associavano per gestire un attività
economica, non avevano scopo di lucro (=non destinata ai profitti ma, ma reinveste gli utili per
scopi organizzativi) e rispondevano a finalità etiche e sociali.
Esse si differenziarono in :
1. COOPERATIVE DI CONSUMO  acquistavano beni di consumo all’ingrosso per rivenderli al
minuto a prezzi più convenienti;
2. COOPERATIVE DI PRODUZIONE  riuniscono un gruppo di lavoratori per svolgere un’attività
produttiva e assicurare parità di salario e uguale distribuzione degli utili. Fra esse si distinguono
le cooperative agricole;
3. COOPERATIVE DI CREDITO  fondate per raccogliere risparmi e esercitare il credito a favore
dei soci. Esse assunsero la forma di casse rurali e di banche popolari.
Inoltre, molte imprese cooperative riuscirono a svilupparsi e diventarono grandi imprese, che
seppero assumere un posto di rilievo nel settore in cui si trovavano.

14. I PAESI INDUSTRIALIZZATI


-14.1 I diversi ritmi dello sviluppo
L’andamento dello sviluppo fu talvolta molto diverso da paese a paese, come si ricava dai tassi di
percentuali annui di crescita del Pil pro capite fra il 1820 e il 1950. La Gran Bretagna mostra fra il
1870 e il 1913, una diminuzione del tasso di crescita, segno delle difficoltà incontrate. Gli altri
paesi accelerarono così la rincorsa del paese leader.
Nel 1820 i paesi meno distanziati erano gli Stati Uniti e la Francia.
Nel 1870 solo gli Stati Uniti e la Germania si erano avvicinati alla Gran Bretagna (proprio perché in
quel periodo quest’ultima aveva accelerato il suo sviluppo).
Successivamente al 1870 fu la Gran Bretagna a rallentare mentre gli altri paesi crescevano più
rapidamente. Alla vigilia della Prima guerra mondiale nel 1913 vi fu il “catching up” degli Stati
Uniti mentre Francia e Germania si avvicinarono molto. Entro il 1950 però nessun altro paese
riuscì nell impresa degli Stati Uniti.

-14.2 Il declino relativo della Gran Bretagna


Nella seconda metà dell’Ottocento, la Gran Bretagna visse uno dei periodi più prosperi della sua
storia.
L’età vittoriana si chiuse con un rallentamento della crescita che ha fatto parlare di “declino
relativo” della Gran Bretagna. Essa infatti mantenne il suo primato che fu però offuscato dal fatto
che i paesi inseguitori ormai la tallonavano più da vicino. La popolazione, però, continuò a crescere
nonostante l’emigrazione. L’industria, conservava un posto di primissimo piano, intorno al 1870
deteneva quasi il 32% della produzione mondiale, ma alla vigilia della Prima guerra mondiale la sua
quota si era ridotta al 14% ed essa era stata superata da Stati Uniti (36%) e Germania (16%). Le
industrie traenti della prima rivoluzione industriale persero terreno rispetto ai concorrenti.
L’industria siderurgica nonostante l’incremento notevole della produzione fu superata da quella
americana e poi da quella tedesca. L’industria tessile mantenne il suo primato riuscendo a
alimentare un consistente flusso di esportazioni, però dipendeva fortemente dall’importazione di
materie prime.
La Gran Bretagna manteneva il primato nel commercio estero, con un ruolo molto importante
anche nel mercato di riesportazione. Il disavanzo della bilancia commerciale veniva colmato con i
proventi dei servizi resi agli stranieri oltre che con i rendimenti degli investimenti esteri
mantenendo la bilancia dei pagamenti in avanzo.
L’agricoltura, sacrificata dalla scelta liberoscambista, conobbe un periodo di crisi, specialmente
quando i prezzi dei prodotti agricoli crollarono in seguito all’arrivo di prodotti a buon mercato da
paesi lontani.

-14.3 Le cause del declino


Le principali cause del declino furono:
 LO SVANTAGGIO DEL FIRST COMER  l’Inghilterra possedeva ormai un apparato industriale
obsoleto. Qualche studioso ha notato una sorta di inerzia degli imprenditori del tardo periodo
vittoriano, i quali non apparvero così dinamici come i loro predecessori e non rinnovarono le
loro imprese;
 LA DIPENDENZA DALL’ESTERO  l’incremento della produzione industriale richiedeva
l’importazione di molte altre materie prime e di prodotti fondamentali del tutto assenti in Gran
Bretagna;
 IL SISTEMA D’ISTRUZIONE  si rivelò inadeguato di fronte alle esigenze dello sviluppo
industriale perché le scuole inglesi rimasero legate all’educazione classica riservando scarsa
attenzione alla preparazione scientifica;
 IL RUOLO DELLO STATO  ebbe in Gran Bretagna una funzione meno propulsiva per lo
sviluppo .Lo Stato si ispirava al principio del “laissez-faire” alla base della dottrina economica
liberista, contrario all’intervento dello Stato in economia e fiducioso nella sua
autoregolamentazione.

-14.4 La Francia dal Secondo Impero alla Belle époque


La Francia seguitava a soffrire di un lento aumento demografico e di un eccessiva presenza del
settore agricolo che tuttavia la rendeva autosufficiente dal punto di vista alimentare.
L’industria conobbe una lenta evoluzione perché i centri industriali erano pochi (solo a Parigi e a
Lione) e vi erano una miriade di microimprese e moltissime piccole e medie imprese. Pur non
riuscendo ad assicurare economie di scala, presentavano il vantaggio di una struttura produttiva
flessibile, capace di fronteggiare le crisi economiche.
Durante il Secondo Impero (1852-70), lo sviluppo economico conobbe un’accelerazione.
Napoleone III, rivolse la sua attenzione all’economia. In quel periodo la Francia costruì la sua rete
ferroviaria. Fu avviato un vasto programma di lavori pubblici, che riguardò la costruzione o
l’ammodernamento di alcuni porti nonché il rinnovamento edilizio di Parigi. Per sostenere lo
sviluppo industriale sorsero alcune banche costituite sotto forma di società anonime, fra cui il più
importante fu il Crédit Mobilier, che fece conoscere il credito mobiliare anche ad altri paesi
europei. Era un nuovo tipo di banca che raccoglieva fondi con l’emissione di proprie obbligazioni e
concedeva finanziamenti a lungo termine alle imprese. Fu costretto al fallimento dopo numerose
difficoltà nel 1871.
Il credito fondiario nacque per incoraggiamento dell’imperatore, il Crédit Foncier de France fu
l’unica società autorizzata ad esercitarlo mediante la concessione di prestiti fino a 50 anni,
garantiti da ipoteca, da estinguersi con rate semestrali. Per approvvigionarsi di fondi l’istituto
emetteva obbligazioni di importo pari ai prestiti concessi.
La Francia abbandonò il protezionismo e si avviò al libero scambio.
La sconfitta nella guerra franco-prussiana portò alla caduta del Secondo Impero. Fu istaurata la
Terza Repubblica e il paese dovette cedere l’Alsazia e la Lorena alla Germania e versarle una grossa
indennità di guerra.
Una parte dell’indennità fu utilizzata dai Tedeschi per acquistare prodotti francesi con il beneficio
del paese sconfitto, che grazie ai grossi risparmi di cui disponeva riuscì a pagarla rapidamente in
oro. Ripresa velocemente dalla disfatta la Francia conobbe un nuovo periodo di espansione durato
fino al 1881. In seguito risentì anch’essa della crisi agraria europea e tornò al protezionismo.
Una forte ripresa si ebbe a fine secolo con la Belle époque. L’agricoltura al riparo della protezione
conobbe un ulteriore sviluppo, l’industria conseguì importanti risultati sia nei settori tradizionali
che nelle industri recenti. La Francia diventò il primo produttore di bauxite e quindi di alluminio.
Anche il commercio estero ricominciò a crescere tuttavia la bilancia commerciale rimase in
disavanzo mentre la bilancia dei pagamenti continuò a far registrare un avanzo.

15. I PAESI A FORTE CRESCITA: GERMANIA E STATI UNITI


-15.1 Lo sviluppo economico tedesco
Prima delle guerre napoleoniche, la Germania era un paese molto frazionato e l’economia
risultava poco sviluppata. L’agricoltura, costituiva l’attività prevalente, ma le condizioni dei
contadini erano molto diverse fra la parte Ovest (più liberi) e la parte Est (condizioni servili alle
dipendenze degli Junker, i signori feudali discendenti dai conquistatori tedeschi). L’industria era
quasi assente il sistema di fabbrica si affermò solo con molto ritardo, utilizzando macchine
importate dalla Gran Bretagna. Le corporazioni rimasero forti fino al 1810, quando in Prussia il
lavoro fu reso libero e ognuno poteva esercitare un mestiere o trovare un’occupazione.
Nella prima metà dell’800 furono realizzate alcune importanti riforme:
 EMANCIPAZIONE DEI SERVI  portò alla fine della servitù e alla ripartizione delle terre fra
signori e contadini. Proprietà terriera affrancata da vincoli ;
 “MERCATO COMUNE”  commercio intralciato dalla presenza di un elevato numero di
barriere doganali. Per realizzare l’unione furono necessarie lunghe lotte politiche ed
economiche. A poco a poco la Lega centrale si disgregò e molti Stati aerirono alla Lega
prussiana per dare vita all’Unione doganale (Zollverein).
 MIGLIORAMENTO DEI MEZZI DI TRASPORTO  miglioramento strade e costituzione di prime
ferrovie;
La Prussia riuscì, grazie all’azione del cancelliere Otto von Bismarck, a realizzare l’unificazione
tedesca proclamata nel 1871. Si formo l’Impero (Reich) e fu posto a capo il re di Prussia Guglielmo
I, con il titolo di imperatore (Kaiser). La Germania in pochi decenni diventò una grande potenza
industriale tanto che si parlò di “miracolo tedesco”.
Tra la fine del secolo XIX e la Prima guerra mondiale, lo sviluppo si fece travolgente e la Germania
diventò la principale potenza continentale.
Nel settore industriale si formarono imponenti complessi e vennero costituite migliaia di società
per azioni.
La siderurgia si giovò di un forte incremento della produzione di carbone attinto dal bacino della
Ruhr e anche dei minerali preziosi in seguito all’annessione della Lorena, e si specializzò nella
produzione di cannoni e navi corazzate.
L’industria chimica e quella elettrica utilizzarono la tecnologia più moderna, sfruttando il vantaggio
del “last comer” effettuando una crescita rapidissima.

-15.2 I fattori dello sviluppo


Lo sviluppo fu agevolato da numerosi fattori fra cui:
 UNIFICAZIONE DELL’ALSAZIA E LA LORENA;
 SISTEMA BANCARIO  ebbe un compito di primo piano nel sostenere la crescita
economica e fu un fattore sostitutivo dei prerequisiti dello sviluppo. Al vertice del sistema
bancario c’era la Reichsbank costituita nel 1875, con il compito di regolare l’emissione
cartacea della nuova moneta il marco, che fu definito in oro con il definitivo passaggio della
Germania al gold standard. Le banche miste favorirono la costituzione di società industriali
acquistandone parte dei pacchetti azionari e facendo entrare i loro rappresentanti nei
consigli di amministrazione.
 RUOLO DEI TRASPORTI  fu ancora più rilevante che negli altri paesi, le ferrovie e la
navigazione interna furono potenziate, ma il vero miracolo fu la creazione di una potente
flotta mercantile.
 CARTELLI  si diffusero specialmente durante la grande depressione, con lo scopo di
regolare la concorrenza e evitare la sovrapproduzione. Lo Stato dopo averli inizialmente
contrastati, li regolamentò con una legge, rendendoli del tutto legali;
 DUMPING  politica di vendita che prevede due listini di prezzi: uno più alto per il mercato
interno e l’altro più basso per i mercati esteri. Lo scopo era quello di far conoscere il proprio
prodotto all’estero, offrendolo anche sottocosto se necessario, per poi aumentare il prezzo
appena esso si è affermato;
 RUOLO DELLO STATO  che sostenne lo sviluppo economico in diversi modi.
1. Diventò un grande consumatore e con la sua domanda sosteneva la produzione;
2. Favorì i cartelli e il dumping e adottò un efficace politica protezionistica;
3. Gestì la rete ferroviaria e indirizzò gli investimenti esteri verso paesi amici con i quali vi
erano rapporti commerciali e finanziari.
4. Riservò una particolare cura alla diffusione dell’istruzione tecnica e scientifica, rese
obbligatoria l’assicurazione dei lavoratori facendo della Germania il primo paese a disporre
di una forma di PREVIDENZA SOCIALE.

-15.3 Immigrazione e colonizzazione negli Stati Uniti


I fattori principali che determinarono l’imponente sviluppo economico degli Stati Uniti dal 1870 al
1913, consentendogli il “catching up” dell’Inghilterra furono molteplici:
 L’AUMENTO DELLA POPOLAZIONE aumentò sia per incremento naturale sia per il
contributo dell’immigrazione. L’inserimento degli immigrati non fu affatto facile per via
della diversità di cultura, di valori, di religione e in certi casi del colore della pelle.
I Wasp (white, Anglo Saxon, Protestant) che costituivano il gruppo dominante esigevano un
atteggiamento di rinunzia da parte degli immigrati alla loro cultura di origine e un’
accettazione di quella americana discriminando chi non lo faceva. Solo gli immigrati giunti
dall’Europa centro-settentrionale si integrarono senza grossi problemi dando l’impressione
che si stesse affermando l’idea del melting pot.
 IL COMPIMENTO DELLA COLONIZZAZIONE fu portata a compimento entro la fine del
secolo, quando ormai la frontiera non esisteva più e tutti i territori dell’Ovest erano stati
popolati e messi a coltura o destinati all’allevamento ;
 L’AFFERMAZIONE DELLA GRANDE IMPRESA (corporation);
Un’importanza notevole ebbe la coltivazione del cotone, praticata nelle grandi piantagioni del Sud
con centinaia di schiavi neri. La Guerra di secessione, fra gli Stati del Nord e quelli del Sud, fu
causata proprio dalla questione precedentemente enunciata. Ma, altro motivo fu quello relativo al
libero scambio, richiesto dal Sud che doveva esportare il cotone e avversato dal Nord che si stava
industrializzando. Alla fine della guerra il Sud sconfitto divenne la parte più povera dell’Unione e
tale rimase per quasi un secolo.
Un cenno merita anche l’allevamento del bestiame, che ebbe una notevole importanza
nell’economia americana.

-15.4 Grandi imprese e mercato


Lo sviluppo industriale statunitense fu eccezionale, sia per la quantità di manufatti prodotti che ma
per l’organizzazione della produzione. Le industrie americane si organizzarono sotto forma di
grandi società per azioni (corporations). Numerosi furono i trust che riuscirono a controllare il
mercato di diversi prodotti. Nel 1890, furono introdotti una serie di provvedimenti antitrust che,
nel settore industriale, furono alquanto deludenti mentre, funzionarono il quello bancario. Gli Stati
Uniti furono la patria del fordismo ed ebbe per gran parte del XX secolo la funzione trainante che
era stata propria del secolo precedente. Lo sviluppo americano si basò sulla formazione di un
vastissimo mercato nazionale che fu possibile grazie alla costruzione di un efficiente sistema di
trasporti, con il ruolo fondamentale delle ferrovie. Il commercio estero rappresentava una quota
limitata dell’intero movimento commerciale degli Stati Uniti.
-15.5 Un punto debole: il sistema bancario
Il sistema bancario americano non risultava adeguato al grande sviluppo che il Paese stava
conoscendo. Con la riforma adottata in piena Guerra di secessione le banche erano state divise in:
banche nazionali che avevano il compito di emettere biglietti ed erano sottoposte alla nuova legge
federale, e in banche statali costituite secondo leggi più permissive dei singoli Stati che vennero
scoraggiate dall’emettere biglietti. Tutte queste banche, avevano di solito un'unica sede e non
potevano costituire filiali fuori dall’area in cui operavano. Lo scopo di questa limitazione era
d’impedire che sorgessero banche di notevoli dimensioni, in grado di diffondersi su tutto il
territorio nazionale e di condizionare le grandi imprese. Tale ordinamento portò alla proliferazione
di aziende di credito.
Il problema principale di questo sistema era l’assenza di un istituto centrale di emissione, che
potesse fungere da prestatore di ultima istanza. Questo limite risultò evidente durante la crisi
finanziaria del 1907.
Nel 1913 venne approvato il Sistema della Riserva Federale, guidato da un consiglio con sede a
Washington, composto da 12 banche federali ognuna delle quali operava in un proprio distretto di
competenza, dove emetteva biglietti a corso legale.

16. DUE CASI PARTICOLARI: RUSSIA E GIAPPONE


-16.1 L’emancipazione dei servi in Russia
Fino alla sconfitta della Russia da parte di un corpo franco-britannico, i primi non si resero conto
della loro condizione sociale ed economica. Nonostante ciò, la popolazione russa conobbe
l’incremento più consistente fra i paesi europei.
Il problema principale, era la permanenza della servitù della gleba. Vi erano tipi principali di servi
che costituivano i due terzi della popolazione:
 I servi che appartenevano ai pomesciki (grandi proprietari terrieri), quelli che dipendevano
dallo Stato o dalla famiglia imperiale;
 I servi dei pomesciki erano considerati “proprietà battezzata” dei loro signori, le cui terre
erano affidate alle comunità di villaggio che le distribuivano alle famiglie in base alle unità
di lavoro che le componevano;
 I servi dello Stato si trovavano in una condizione migliore avendo un carico minore di
obblighi. I servi della famiglia imperiale si trovavano in una condizione intermedia.
Durante la guerra di Crimea emerse in tutta evidenza l’arretratezza del Paese. Perciò nel 1861 lo
zar Alessandro II decretò l’emancipazione dei servi. Questi ottennero:
 Le terre e la casa dove abitavano in uso permanente in cambio di un canone annuo al
pomesciki;
 Non ebbero la proprietà della terra ma potevano riscattare le terre assegnate e diventarne
proprietari pagando al signore una somma;
Lo Stato anticipò l’80% di quanto dovuto ai signori con obbligazioni statali a interesse annuo. I
contadini dovevano pagare il restante 20% ai signori e rimborsare in 49 anni l’80% anticipato dallo
Stato. Le terre furono affidate alle comunità di villaggio (mir) responsabili della riscossione delle
annualità e dell’imposta personale dei contadini.
Il forte incremento della popolazione rese necessaria la riduzione delle quote assegnate a ciascuna
famiglia. Le condizioni della classe rurale si fecero sempre più difficili e il malcontento aumentò. Il
miglioramento della produttività non fu possibile e si accumularono molti arretrati di imposte e di
quote di riscatto a carico della comunità.
La rivoluzione del 1905 indusse il primo ministro Stolypin a varare una riforma agraria con lo
scopo di formare una classe di piccoli proprietari, che avrebbero costituito la “cellula fondamentale
dello Stato”. La riforma prevedeva la possibilità di uscita dai mir da parte dei contadini, e di
ottenere un appezzamento di terra e una casa in piena proprietà individuale, oltre al condono
degli arretrati per imposte e annualità del riscatto. Si formò così una categoria di contadini ricchi
proprietari di terre: i kulaki.
-16.2 L’industrializzazione della Russia zarista
Per procurarsi i capitali necessari all’industrializzazione si fece ricorso all’esportazione del grano.
Lo sviluppo industriale fu realizzato dal 1890 al 1900 con un tasso di crescita della produzione
industriale dell’ 8% all’anno.
L’industria siderurgica realizzò progressi apprezzabili potendo contare sui ricchi giacimenti di
carbone del bacino del Donetz, e di minerali ferrosi neiintorni di Krivoj Rog. La produzione di
petrolio fece della Russia il primo produttore al mondo fino al 1900. I fattori dello sviluppo furono
molteplici:
 Ferrovie inizialmente finanziate con capitale estero furono successivamente costruite con
l’intervento diretto dello Stato;
 Il ruolo dello stato  fu essenziale nella sostituzione della domanda privata, ciò significò
puntare sull’industria pesante e sacrificare la produzione di beni di consumo imponendo una
forte pressione fiscale sui contadini. Lo Stato si impegno ad attirare capitali esteri accogliendo
imprenditori stranieri in grado di importare tecniche e denaro.
Il sistema bancario garantì la stabilità della moneta e favorì gli investimenti di capitali provenienti
dall’estero. Il compito di garantire la stabilità della moneta fu affidato alla Banca di Stato.

-16.3 La società giapponese e l’apertura all’Occidente


Il Giappone seppe far emerger una classe imprenditoriale, giovandosi dell’apporto dell’Occidente
da cui prese le tecniche e alcune istituzioni, non consentì però all’iniziativa straniera di sostituirsi a
quella nazionale.
A metà Ottocento la struttura sociale era la seguente:
 Al vertice vi era l’imperatore;
 Immediatamente sotto lo shogun ovvero una sorta di dittatore militare che da sette secoli
esercitava veramente il potere;
 Seguivano daimyo (signori feudali);
 Samurai (uomini d’arme alla dipendenza dei signori);
 Sotto di loro il popolo (contadini, pescatori, ecc.)
Era proibito cambiare condizione o mestiere.
Inizialmente il Giappone era chiuso alle influenze estere e vigeva il divieto di commerciare con gli
occidentali. Gli Americani nel 1854 costrinsero il governo nipponico ad aprire i suoi porti al
commercio con gli occidentali e vennero stipulati con gli Stati Uniti dei trattati commerciali.
L’istruzione era abbastanza diffusa, con tassi di scolarizzazione superiori a quelli di diversi paesi
europei. Le relazioni tra le diverse categorie erano contraddistinte da un forte senso di obbedienza
e di disciplina nei confronti del capo.

-16.4 Le riforme e la modernizzazione del Giappone


Con l’ascesa al trono dell’imperatore Mutushito finì lo shogunato grazie a una ribellione dei
daimyo e la nuova classe al potere, in collaborazione con gli occidentali diede avvio alla
modernizzazione.
Il Giappone varò importanti riforme per abolire il feudalesimo e ricorrere alla tassazione della terra
ai fini di trovare le risorse finanziarie utili al processo di rinnovamento:
a) eliminò le distinzioni fra classi;
b) restituì le terre feudali dei daimyo all’imperatore che le distribuì dando un indennizzo agli
espropriati.
c) fu introdotta un imposta fondiaria del 3% sul valore catastale del terreno che risultò efficace
per costringere i contadini ad accrescere la produttività. Molti samurai vennero liquidati con
titoli di Stato e poterono dedicarsi agli affari.
La popolazione giapponese aumentò notevolmente, passando da 32 milioni nel 1850 a 52 milioni
nel 1913. Come in Russia l’agricoltura fu chiamata a sostenere il peso della crescita industriale .
L’occidentalizzazione fu favorita dalla cultura giapponese, fondata sui valori collettivi del dovere,
della lealtà e della rettitudine che non erano in contrasto con i principi occidentali. Soprattutto
accolse consiglieri occidentali per introdurre innovazione che lo aiutassero nel processo di
modernizzazione del paese.
L’industrializzazione fu il principale obbiettivo e fu proprio il governo a prendere l’iniziativa
economica finanziando la costituzione di imprese e dando vita a un vero e proprio capitalismo di
Stato. A poco a poco si costituì una classe di imprenditori a cui lo stato cominciò a cedere parte
delle imprese che aveva costituito. Si venne a formare così un’oligarchia di uomini d’affari gli
zaibatsu che diedero vita a grandi concentrazioni industriali. Le industrie prosperarono grazie al
protezionismo e dalle commesse statali per la conduzione delle guerre contro la Cina e la Russia.
Il sistema bancario si ispirò ai modelli occidentali. Furono fondate numerose banche commerciali
di tipo misto. Nel 1822 fu costituita la Banca del Giappone con monopolio d’emissione e il compito
di stabilizzare la moneta nazionale, lo yen. L’indennità sostenuta dalla Cina sconfitta permise al
Giappone di aderire al gold standard.

17.L’ECONOMIA DELL’ITALIA UNITA


-17.1 Gli ostacoli allo sviluppo economico dell’Italia
L’Italia fino al Rinascimento, era stata fra le zone più sviluppate d’Europa. Ma, rimase ai margini
dell’economia europea fino a dopo l’unificazione.
Gli ostacoli che frenavano lo sviluppo economico italiano erano numerosi:
a) lenta crescita della popolazione;
b) natura del suolo  arabile solo per la metà;
c) scarsità di risorse minerarie;
d) inadeguatezza del sistema dei trasporti  strade insufficienti, anche per la presenza di catene
montuose, e senza una rete di fiumi navigabili;
e) scarsa disponibilità di capitali  non riusciti ad accumulare precedentemente;
f) assenza di un mercato nazionale.

-17.2 L’Unità e il divario Nord-Sud


L’entusiasmo e la speranza che avevano animato gli artefici dell’unificazione nazionale scemarono
a mano a mano che presero coscienza delle condizioni economiche del paese. Fu subito chiaro che
l’Italia avesse un netto ritardo rispetto alle nazioni progredite.
Essa si presentava a questo appuntamento con un’agricoltura complessivamente arretrata, con
un’industria quasi inesistente, una rete ferroviaria molto limitata, una marina costituita
prevalentemente di velieri e un sistema bancario del tutto inadeguato.
L’Italia, inoltre, si rese conto che un ulteriore problema a questo stato d’arretratezza, aggravato
dall’insufficienza di capitali, era l’esistenza di un divario regionale che con il tempo cominciò a
approfondirsi.
Se si prendono in considerazione, oltre al Pil, elementi come la dotazione di infrastrutture, il
credito, l’istruzione o la vita media risultava evidente l’arretratezza del Mezzogiorno.
Tuttavia, se gli studiosi hanno posizioni diverse sul divario iniziale, vi è concordanza sul fatto che
esso andò successivamente allargando. Fra l’Unità ed i nostri giorni, si conoscono almeno 5 fasi
dell’evoluzione del divario Nord-Sud:
a) periodo della stabilità (1861-90)  durante il divario aumentò di poco;
b) periodo della formazione del divario (1890-1920) —> quando l’Italia conobbe il suo decollo
industriale, con concentrazione al Nord;
c) periodo della divergenza (1920-50) —> durante il quale il divario aumentò notevolmente
d) periodo della convergenza (1950-70) —> coincide con il pericolo del “miracolo economico”
italiano, in cui per la prima volta il Mezzogiorno crebbe di più del Nord;
e) periodo della stagnazione (1975 ad oggi) —> divario riprese a crescere.
Il Mezzogiorno, in sostanza, ha beneficiato del diffuso processo di modernizzazione dell’interno
Paese, particolarmente intenso dopo la Seconda guerra mondiale. Ma, al contrario di quanto è
avvenuto al Nord, si è trattato di una sorta di modernizzazione passiva, ossia di un processo
trascinato dal generale miglioramento economico e sociale del Paese, che però non è riuscito a
stimolare un autonomo percorso di crescita delle regioni meridionali.

-17.3 Il divario nei settori produttivi


L’arretratezza, si manifestò soprattutto nel prevalente settore agricolo. Mentre l’agricoltura
settentrionale aveva un punto di forza nelle grandi aziende agrarie che assicuravano investimenti,
quella meridionale ne era sprovvista e vedeva la prevalenza della cerealicoltura estensiva e della
pastorizia transumante.
Nel settore industriale, ancora basati sull’artigianato e sul lavoro a domicilio, vi erano pochi nuclei
moderni sia a Nord che a Sud. Anche nell’Italia centrale, dove prevalevano i poderi condotti a
mezzandria*, l’agricoltura era abbastanza fiorente.
Le industrie meridionali favorite dal protezionismo si trovarono maggiormente esposte alla
concorrenza quando, dopo l’Unità, si adottò la politica del libero scambio. Le regioni del Nord e del
Sud, inoltre non erano complementari dal punto di vista economico, poiché erano entrambe
sostanzialmente dedite a un’agricoltura che dava più o meno gli stessi prodotti.
La popolazione dell’Italia tra il 1861 e il 1911 registrò un incremento del 40% . L’istruzione era
scarsamente diffusa e circa il 70% della popolazione era analfabeta, nella parte settentrionale
prevalevano gli studi scientifici tecnici ed economici. Nel Mezzogiorno gli studi classici,
l’avvocatura e la medicina.
Il ritardo iniziale del Mezzogiorno, costituì un grosso ostacolo allo sviluppo successivo delle regioni
meridionali e insulari.

*patto agricolo in virtù del quale il proprietario di un podere, in genere dotato di una casa colonica e degli attrezzi da lavoro, lo
affidava ad un mezzandro, in proprio e come capo della famiglia colonica, perché coltivasse e dividesse con lui io raccolto e le spese
a metà

-17.4 L’unificazione delle strutture economiche


Realizzata l’unificazione politica, fu necessario unificare le strutture economiche. Tralasciando
l’unificazione amministrativa e quella legislativa del 1965, dopo qualche anno si ricorda:
 l’unificazione monetaria e bancaria la moneta ufficiale diventó la lira italiana introdotta nel
1862 ma che impiegò molto tempo a sostituire definitivamente le precedenti monete. Venne
adottato un sistema bimetallico, con le importanti eccezioni delle Due Sicilia e della Toscana
dove vigeva il monometallismo argenteo. Moneta cartacea poco diffusa compito di metterla in
circolazione spettava a tre banche di emissione:
1. Banca nazionale Sarda;
2. Banca nazionale Toscana;
3. Piccola banca Toscana di Credito.
La più importante era la prima e dal 1866 fu denominata Banca Nazionale del Regno d’Italia.
 unificazione del debito pubblico  il nuovo Stato assunse su di sé tutti i debiti degli Stati
precedenti, iscrivendoli nel “Gran libro del debito pubblico”;
 l’unificazione doganale  attuata rapidamente perché rispondeva all’esigenza di dare vita a un
vasto mercato nazionale.

-17.5 La scelta liberoscambista e i suoi effetti


La storia economica dell’Italia fino alla Grande guerra può essere divisa in 3 periodi:
1. il primo ventennio successivo all’Unità (1861-80) fu caratterizzato dalla scelta del libero
scambio e dall’intervento dello Stato, per dotare il Paese delle infrastrutture necessarie;
Questa scelta era stata questione di un ampio dibattito che assunse un importanza molto
rilevante. Da un lato vi erano gli industriali che volevano conservare il protezionismo e
dall’altro i proprietari terrieri che invece che si battevano per il libero scambio. La scelta era
quindi tra: puntare sull’industrializzazione attraverso il protezionismo, che avrebbe concesso
alle industrie ancora giovani di potersi sviluppare al riparo dalla concorrenza estera, oppure
sull’agricoltura con il libero scambio, entrando nel mercato internazionale come esportatore di
prodotti agricoli e importatore di manufatti. Prevalse quest’ultima perché regnava l’idea che
l’Italia non avrebbe mai potuto competere con le nazioni industrializzate per mancanza di
capitali, materie prime e maestranze preparate.
Gli effetti furono, un raddoppiamento delle esportazioni fra il 1861 e il 1880 e uno stimolo alla
specializzazione dell’agricoltura.
Intorno al 1880 l’industria continuava ad avere un peso inferiore sia nei confronti
dell’agricoltura che del settore terziario, essa si andava concentrando in alcune regioni del
Nord dove esistevano alcune piccole fabbriche tessili, siderurgiche e delle costruzioni navali. Il
lavoro a domicilio cominciò pian piano a scomparire.
2. Secondo periodo (1881-96) fu caratterizzato dalla crisi agraria e dalla scelta a favore
dell’industrializzazione;
3. Terzo periodo (1897-1914) in cui si realizzò il primo consistente sviluppo economico.

-17.6 Il ruolo dello Stato e le sue fonti di finanziamento


Lo Stato fece grandi sforzi nel tentativo di modernizzare il Paese, esso ebbe un ruolo sostitutivo dei
prerequisiti dello sviluppo, cercando di stimolare e sostenere le attività economiche mediante
grossi investimenti in opere pubbliche.
Fu necessario aprire strade, creare e modernizzare i porti, provvedere alla costruzione della rete
ferroviaria, creare una marina a vapore nazionale e infine ampliare il servizio telegrafico e quello
postale.
Per sostenere le proprie spese lo Stato fece ricorso a diverse fonti di finanziamento come
l’inasprimento dell’imposizione fiscale, l’indebitamento pubblico e la vendita dei beni demaniali.
 Inasprimento dell’imposizione fiscale  le entrate tributarie crebbero notevolmente e
derivarono dai dazi di consumo, dalle imposte sui terreni sui fabbricati e sulla “ricchezza
mobile”. Pesante fu l’imposta sul macinato che diede luogo a molti tumulti in tutta la Penisola;
 L’indebitamento pubblico  il governo emise titoli sotto la pari (prezzo di vendita inferiore al
valore nominale), per facilitarne la vendita. Il debito pubblico si triplicò in 20 anni.
 Vendita dei beni demaniali  costituiti da terreni e fabbricati appartenenti allo Stato e da
quelli confiscati agli enti religiosi soppressi.
 Introduzione del corso forzoso  biglietti di banca, lo Stato ricorse all’indebitamento verso le
banche di emissione e sancì l’inconvertibilità delle banconote agevolando prestiti ai privati.

*i tributi si distinguono generalmente in imposte e tasse. L’imposta è la contribuzione obbligatoria pagata allo Stato o ad altri enti
pubblici territoriali in rapporto al reddito o al patrimonio del contribuente. Possono essere dirette quando colpiscono il reddito o il
patrimonio del contribuente (es: tasse universitarie) o indirette quando colpiscono i consumi (es: Iva) La tassa è la quota (inferiore
al costo) pagata allo Stato o a un ente pubblico da un privato, in cambio del servizio prestatogli dietro sua richiesta.

-17.7 Crisi agraria, ritorno al protezionismo e crisi bancaria


Il modello di sviluppo economico incentrato sulle esportazioni non funzionò più bene quando
l’Europa fu colpita dalla crisi agraria. L’Italia avvertì in ritardo la crisi perché il corso forzoso agì
come una sorta di protezione avendo provocato una svalutazione della moneta che rendeva le
merci straniere più costose.
La riduzione dei prezzi agricoli portò ad una diminuzione della produzione e una riduzione della
superfice agricola coltivata.
L’attività industriale conobbe un notevole impulso grazie alla protezione che era stata accordata
ad alcuni suoi rami (attraverso una tariffa che sostituì i dazi ad valorem con quelli specifici) e alla
maggiore disponibilità di capitali.
La crisi agraria e la crescita industriale promosse una coalizione tra industriali e proprietari terrieri
che chiesero a gran voce un ritorno a protezionismo. Fu adottata nel 1887 una tariffa fortemente
protezionistica con una chiara scelta a favore dell’industrializzazione con l’aiuto dello Stato.
Ma gli inizi non furono facili. L’adozione della nuova tariffa protezionistica portò alla rottura
commerciale con la Francia. Gli italiani erano convinti che i Francesi non potessero fare a meno
dell’importazione italiana ma non fu così.
Fra il 1888 e il 1894, il Paese fu scosso da una profonda crisi economica e bancaria. Buona parte
dei capitali affluiti dall’estero con il momentaneo ritorno alla convertibilità della moneta si erano
indirizzati alle speculazioni edilizie. Lo Stato era intervenuto con cospicui finanziamenti e su di essi
si era appuntato l’interesse di numerosi investitori desiderosi di partecipare al grande affare
edilizio. Quando il boom delle costruzioni cessò, parecchi investitori si trovarono in difficoltà e
trascinarono con loro le banche che li avevano finanziati.
Le banche di credito mobiliare furono travolte e dovettero chiudere. Il vuoto che lasciarono fu
colmato con la costituzione della Banca commerciale Italiana e del Credito Italiano che assunsero il
carattere di banche miste. La Banca Romana fu al centro di un grosso scandalo per aver ecceduto
nell’emissione di banconote e aver finanziato alcuni politici.
Nacque dopo la liquidazione della Banca Romana, la Banca d’Italia dalla fusione fra la Banca
Nazionale del Regno d’Italia, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito.

-17.8 Il decollo industriale


Dopo il 1896, l’economia italiana riprese a crescere rapidamente, almeno fino alla crisi ciclica del
1907.È il periodo della Belle époque che in Italia coincise con l’età giolittiana .
L’agricoltura potè giovarsi dei prezzi elevati e si formarono buoni mercati di consumo in tutta la
Penisola. Si fece ricorso ai concimi chimici e alle prime macchine agricole. I lavori di bonifica resero
coltivabili circa 400 mila ettari di terra.
Lo sviluppo industriale fu formidabile e riguardò tutti i rami. L’industria si concentrò in tre regioni
Piemonte, Liguria e Lombardia i cui capoluoghi costituirono i vertici del triangolo industriale
(Torino, Genova, Milano). L’industria della seta conservò una quota rilevante del mercato
mondiale e il suo ruolo risultò molto importante perché oltre a mantenere l’Italia sui mercati
internazionali consentì l’integrazione dei redditi alle famiglie di contadini che allevavano i bozzoli e
permise l’accumulazione di capitali.
L’industria pesante assunse il ruolo più rilevante di questo periodo. L’industria siderurgica,
appoggiata dallo Stato dalla Banca commerciale e dal Credito italiano, conobbe una notevole
espansione e utilizzò i rottami di ferro. Fu anche organizzato un cartello siderurgico che
comprendeva le principali industrie del settore. L’industria meccanica crebbe poco, tuttavia si
svilupparono la produzione di locomotive, carrozze ferroviarie, navi a vapore di ferro. Le
automobili erano fabbricate da un gran numero di piccoli produttori (Lancia, Alfa, Bianchini e
Isotta) che furono a poco a poco soppiantate dalla Fiat sorta nel 1899.
L’industria chimica, fece registrare una crescita modesta, limitandosi alla produzione di concimi
chimici e gomma, la cui produzione raggiunse un certo rilievo grazie alla Pirelli (1872)
L’industria elettrica puntò quasi soltanto sull’utilizzazione delle risorse idriche poiché l’Italia
difettava di risorse carbonifere.
Il commercio estero aumentò in misura considerevole, giungendo a raddoppiarsi dal 1900 al 1913.
La bilancia commerciale rimase sempre passiva ma il disavanzo venne colmato con le rimesse dei
numerosi emigrati e con le spese dei turisti stranieri.
Lo sviluppo economico italiano fu la conseguenza di numerosi fattori:
 Funzione dello Stato  con l’avvio di una sorta di “capitalismo di Stato”, esso sostituì talvolta
la carenza di imprenditorialità e intervenne per sostenere o salvare imprese o rami industriali
in difficoltà;
 La funzione delle banche  prima quelle di credito mobiliare e, successivamente alla crisi
bancaria, quelle miste. Si formarono stretti legami fra banche e imprese dove le prime
inserivano propri “fiduciari” nei consigli di amministrazione.
 Il protezionismo  agevolò la crescita industriale del periodo giolittiano e allineò l’Italia con gli
altri paesi europei;
 Gli investimenti esteri  risultarono particolarmente utili in un paese che stentava a creare
accumulazione;
 Bassi salari reali  nonostante l’aumento dei salari nominali che i lavoratori riuscirono a
ottenere grazie all’azione dei sindacati;
L’economia italiana, tuttavia, presentava due punti oscuri:
-la “questione meridionale” (fra coloro che trattarono ciò abbiamo S. Sonnino e L. Franchetti);
-l’emigrazione

18. LA PRIMA GUERRA MONDIALE E LE SUE CONSEGUENZE


-18.1 La Grande guerra
Nell’estate del 1914 scoppiò la Prima guerra mondiale, che vide contrapposti da un lato l’Intesa
(Gran Bretagna, Francia e Russia) e dall’altra gli Imperi Centrali (Germania e Austria-Ungheria).
Successivamente entrarono in guerra altri paesi, come l’Impero turco, che si schierò con gli imperi
centrali, mentre il Giappone, l’Italia (1915) e gli Stati Uniti (1917) si allearono con l’Intesa.
Il conflitto fu scatenato per le rivalità politiche, economiche e militari. La crescita economica
tedesca aveva preoccupato Francia e Gran Bretagna, codeste rivalità economiche esistevano
anche fra Russia e Germania che allora erano confinanti, in più la questione dei Balcani vedeva
contrapposte le principali potenze europee.
L’intenzione di effettuare una guerra lampo fu subito sfatata, dopo l’invasione del Belgio da parte
della Germania e il suo insediamento sul fronte occidentale francese, essa si trasformò in una
guerra di posizione svolta nelle trincee.
La guerra trovò i paesi belligeranti impreparati soprattutto dal punto di vista economico. Era la
prima guerra del mondo industrializzato e gli sforzi dovevano essere rivolti alla produzione di tutto
ciò che serviva per vincerla (materiale bellico, vestiario, carburante, generi alimentari). Gli Alleati
imposero il blocco agli Imperi centrali vietando il commercio con essi anche ai paesi neutrali, e i
Tedeschi risposero con la guerra sottomarina.

-18.2 L’economia di guerra e il costo del conflitto


Appena scoppiata la guerra i governi dichiararono l’inconvertibilità dei biglietti di banca, per
evitare la corsa del pubblico per cambiare le banconote in monete metalliche. Si passò al corso
forzoso che sanciva la fine del gold standard. Vennero chiuse le Borse per evitare speculazioni sui
titoli.
Un problema che si manifestò immediatamente fu la difficoltà di far funzionare molte fabbriche, in
seguito alla mobilitazione generale. Fu subito chiaro che bisognava programmare un’ economia di
guerra. I paesi coinvolti crearono organismi governativi incaricati di procurare le materie prime e
organismi incaricati dei rifornimenti di generi alimentari e della fissazione dei prezzi di vendita con
un calmiere (provvedimento che stabilisce i prezzi massimi), si sviluppò così il mercato nero.
Si giunse al razionamento dei generi di prima necessità e si tentò in tutti i modi di far aumentare la
produzione agricola.
Fu favorita la concentrazione delle imprese perché lo Stato preferiva trattare per le forniture
militari, con poche grandi aziende piuttosto che con numerose imprese di modeste dimensioni.
L’altro problema che i governi dovettero affrontare fu il finanziamento della guerra che venne
fronteggiato in tre modi:
 l’aumento delle imposte  vennero aumentate le esistenti e appositamente introdotte altre.
Nei paesi più ricchi si servirono principalmente dell’imposizione fiscale;
 aumento del debito pubblico  gli altri paesi si rivolsero al debito pubblico offrendo titoli in
sottoscrizione a banche e cittadini, appellandosi al loro spirito patriottico;
 prestiti delle banche di emissione e prestiti interalleati  stamparono biglietti facendo crescere
la circolazione monetaria ed inoltre, vennero stipulati prestiti con i paesi interalleati
-18.3 Le conseguenze dirette della guerra
Le conseguenze dirette della Grande guerra furono molteplici:
 Le vittime;
 I danni materiali riguardarono i territori dove si era combattuto;
 Sostituzione del lavoro maschile con quello femminile;
 Pesante intervento dello Stato nell’economia che provocò la fine del gold standard e la
riduzione del commercio internazionale;
 Diffusione nuovi processi produttivi come la catena di montaggio e la standardizzazione dei
prodotti al fine di risparmiare tempo e manodopera;
 Stimolata la ricerca scientifica per la produzione di nuove armi e il perfezionamento di
macchine da guerra;
 Facili arricchimenti di coloro che producevano e distribuivano tutto ciò che serviva agli
eserciti.

-18.4/5/6 Le conseguenze indirette


Tra le conseguenze indirette possiamo enumerare:
 La crisi di riconversione del 1920-21  i paesi dovettero procedere alla ricostruzione delle zone
devastate dalla guerra e contemporaneamente alla riconversione dell’economia di guerra in
economia di pace. Le industrie che si erano dedicate alla produzione di materiale bellico furono
costrette a chiudere o a ristrutturarsi profondamente. Durante il conflitto molti consumi erano
stati rinviati, di conseguenza finita la guerra esplose la domanda di beni che fece aumentare i
prezzi e stimolò l’attività produttiva. Si giunse però, esaurita la domanda insoddisfatta ne
periodo bellico, a una crisi di sovrapproduzione, che provocò una consistente riduzione dei
prezzi l’accumulo di merci invendute e la chiusura di numerose fabbriche con conseguente
disoccupazione;
 L’inflazione  si sviluppò nel dopoguerra a causa dell’innalzamento dei costi di produzione,
della diminuzione dell’offerta di beni e soprattutto del forte incremento dei biglietti di banca e
di Stato* messi in circolazione. L’inflazione si trasformò in iperinflazione, dalla quale si poteva
uscire solo ritirando la moneta in circolazione e sostituendola con una nuova. L’inflazione
provocò una violenta redistribuzione della ricchezza, colpendo i percettori di reddito fisso e
favorendo coloro che si erano indebitati o che vendevano beni;
 Gold exchange standard  siccome le riserve auree non erano più sufficienti per assicurare la
convertibilità dei tantissimi biglietti di banca in circolazione, si decise di porre a garanzia dei
biglietti, non solo l’oro ma anche le banconote convertibili in oro che perciò si dissero “valuta
chiave”;
 Debiti interalleati  videro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna assumere la posizione di creditori.
Keynes propose di annullare tutti i debiti generati dal comune sforzo poiché riteneva non
potessero essere mai stati pagati. Gli Americani pretesero che fossero saldati e gli Europei
accettarono facendo ricorso alle riparazioni di guerra imposte alla Germania. Nel 1924 fu
predisposto il piano Dawes che ridusse l’importo delle rate ma non dell’ammontare
complessivo. Nel 1929 un nuovo piano Young ridusse il debito e le annualità. Nel 1929 in
seguito alla crisi, il presidente degli Stati Uniti Hoover dichiarò la moratoria dei debiti tedeschi,
ossia la temporanea sospensione dei pagamenti, che in sostanza mise fine al versamento delle
riparazioni e al rimborso dei debiti interalleati.

*I biglietti di Stato sono moneta a corso legale, in genere di piccolo taglio, messi in circolazione, come le monete
metalliche, direttamente dallo Stato e non dalle banche di emissione

-18.7 I mutamenti strutturali dell’economia


Ben più gravi e duraturi furono i mutamenti strutturali dell’economia:
 Intervento dello Stato nell’economia  il liberismo sembrava aver fatto il suo tempo con
l’incremento dell’intervento Statale. A guerra terminata si riteneva però che si dovesse
ripristinarlo ma la lunga depressione degli anni Trenta e infine la Seconda guerra mondiale non
consentirono la riduzione dell’ingerenza statale, anzi, l’aumentarono. I pubblici poteri spesso si
sostituirono all’iniziativa privata incapace di affrontare momenti particolarmente difficili.
 Perdita dell’egemonia politica ed economica dell’Europa  rubata da paesi come Stati Uniti e
Giappone che profittarono del conflitto per conquistare il primato. Il vecchio continente era in
grossa difficoltà per i danni causati dal conflitto e il suo accresciuto frazionamento economico
non gli concesse di mantenere l’egemonia. Per tentare di limitare gli effetti negativi di questa
politica, si diffuse il meccanismo dei rapporti bilaterali, ossia di accordi diretti fra due paesi, che
fissavano i quantitativi di merci da scambiare.

19. L’UNIONE SOVIETICA


-19.1 La rivoluzione e il comunismo di guerra
Nel febbraio del 1917 scoppiò la rivoluzione in Russia, che costrinse lo zar Nicola II ad abdicare e
portò al potere dapprima il principe Georgij L’vov e poi Aleksandr Kerenskij. Il nuovo governo, di
orientamento liberale, era debole e decise di continuare la guerra, mentre si andavano
organizzando i primi Soviet (consigli) dei rappresentanti degli operai e dei soldati.
Intanto si rafforzava il partito bolscevico, poi detto comunista, sotto la guida di Nikolaj Lenin il cui
programma prevedeva la fine della guerra senza annessioni ne indennità e il diritto di
autodeterminazione dei popoli, nonché la distribuzione delle terre ai contadini e il controllo degli
operai sulle fabbriche. I comunisti conquistarono il potere con la rivoluzione di ottobre nel 1918,
poco dopo stipularono la pace separata con la Germania. Seguì una lunga guerra civile alla fine
della quale nel 1922 fu proclamata l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss).
La realizzazione del socialismo in Russia passò attraverso tre fasi distinte: il comunismo di guerra,
la Nuova politica economica e la pianificazione.
 Il comunismo di guerra (1917-21)  fu il regime economico instaurato mentre era in corso la
guerra civile fra l’Armata Rossa e le armate “bianche” controrivoluzionarie, sostenute da Stati
Uniti, Inghilterra, Francia e Giappone.
I provvedimenti del comunismo di guerra furono:
• L’abolizione della proprietà privata delle terre  la confisca delle terre dei nobili, della Chiesa e
della Corona, che divenute statali, passarono in “usufrutto” ai lavoratori e vennero assegnate ai
Soviet dei contadini dei distretti.
 Requisizione forzata dei generi alimentari in eccedenza per rifornire le città;
 La nazionalizzazione delle industrie e delle banche che vennero espropriate senza indennizzo e
assorbite dalla Banca di Stato.

-19.2 La Nuova politica economica


Dal 1921 al 1928 fu applicata da Lenin una Nuova politica economica (Nep), che fu adottata in
seguito al fallimento del comunismo di guerra (“un passo indietro per andare avanti”).
Nel settore agricolo si ritornò a forme più libere di organizzazione della produzione. I contadini
furono autorizzati a vendere i loro prodotti sul mercato libero e ebbero la possibilità di dare in
affitto la terra e di assumere salariati. Nacquero così tre categorie di contadini:
a) il proletariato rurale;
b) i contadini poveri;
c) i kulaki ricchi contadini che prendevano terre in affitto le coltivavano con l’ausilio di braccianti
e vendevano i prodotti sul mercato libero.

Il settore industriale fu diviso in due:


1. privato, che però forniva il 5% della produzione;
2. pubblico.
Le fabbriche nazionalizzate avevano una gestione decentralizzata. Le più grandi erano gestite
direttamente dall’Urss, le medie dalle repubbliche federate e le più piccole dalle autorità locali.
L’Unione Sovietica puntò sull’industria pesante.
Il commercio interno fu liberalizzato e si creò una rete vastissima di punti vendita privati, mentre il
commercio estero rimase di competenza dello Stato.
Il sistema bancario fu ricostituito. Fu fondata una nuova Banca di Stato, la Gosbank, incaricata di
emettere il nuovo rublo, in sostituzione di quello precedente completamente svalutato. Il rublo
non venne definito in oro e la Russia non entrò nel gold exchange standard. Si costituirono alcune
banche specializzate in forme particolari di credito, una rete di Casse di risparmio e una di
cooperative di credito.

-19.3 La pianificazione
Alla morte di Lenin (1924), si scatenò la lotta per la successione fra Josif Stalin, che puntava al
“socialismo in un solo paese”, contro Lev Trotzkij che riteneva necessaria la rivoluzione in tutto il
mondo.
Nel 1928 Stalin, salito al potere, considerando superata la Nep riprese la strada verso il socialismo
e promosse l’economia pianificata.
In agricoltura fu avviata una rapida collettivizzazione delle terre con lo scopo di giungere ad
aziende di vaste dimensioni per favorire l’ingresso delle macchine e l’incremento della
produttività. Si scatenò una dure lotta contro i kulaki e i nepmen (commercianti arricchitisi con il
libero commercio). I contadini furono spinti a creare dei kolschoz (cooperative volontarie), ossia
aziende agricole collettive, conferendo la loro terra. Accanto alle fattorie collettive si formarono
aziende agricole di proprietà statale i sovchoz (aziende sovietiche) i cui lavoratori erano dipendenti
pubblici e i cui prodotti erano distribuiti attraverso le aziende statali di commercio all’ingrosso.
Nel commercio e nell’industria si eliminò gradualmente il settore privato e si passò alla
pianificazione. L’attività economica fu completamente pianificata e il compito di provvedervi fu
affidato al Gosplan (comitato per la pianificazione di Stato) che doveva preparare i piani
quinquennali e controllare che fossero attuati. Fino al 1941 vi furono tre piani quinquennali, i primi
due consentirono una rapida industrializzazione del paese mentre il terzo non fu portato a termine
per lo scoppio della guerra

21. LA GRANDE DEPRESSIONE


-20.1 L’espansione degli anni Venti negli Stati Uniti
Nei “ felici anni Venti” dal 1922 al 1929, gli Stati Uniti conobbero un periodo di prosperità che si
basò principalmente sul mercato interno stimolato dalla politica degli alti salari, dalle vendite a
rate e dalla diffusione della pubblicità commerciale.
Il ramo automobilistico risultò in evidente espansione, la fabbricazione e la circolazione di un gran
numero di automobili stimolò la produzione e il consumo di petrolio, acciaio, gomma e vetro e fu
necessario costruire nuove strade.
Altre industrie in grande espansione furono quelle elettrica e chimica. Nonostante il mercato
interno non fosse in grado di assorbire la grande produzione e gli Stati Uniti avessero adottato da
tempo una politica isolazionistica, introducendo elevati dazi doganali, le esportazioni furono
finanziate con gli investimenti di capitale all’estero.

-20.2 La lenta crescita dell’Europa


In Europa la ripresa fu molto fiacca.
 La Gran Bretagna conobbe una crescita lenta, le difficoltà emerse già prima della guerra furono
accentuate da quest’ultima. I paesi non coinvolti nel conflitto saturarono parte del mercato di
esportazioni britanniche, favoriti dalla decisione inglese di ripristinare la convertibilità della
sterlina al valore dell’anteguerra. Infatti la moneta inglese che ormai non teneva più testa al
dollaro risultò sopravalutata e ciò significò un ulteriore disincentivo all’esportazione.
 In Germania il pagamento delle riparazioni fece cedere gratuitamente ai Tedeschi la maggior
parte del ricavato ottenuto con l’esportazione della sua produzione. Dopo la stabilizzazione del
marco furono stabiliti degli alti tassi d’interesse per favorire l’affluenza di capitali stranieri. Così
la produzione si riprese e tornò ai livelli prebellici.
 La Francia registrò i progressi migliori. Le ragioni furono il recupero dell’Alsazia e della Lorena e
la stabilizzazione del franco a un valore realistico, che tenne conto della sua perdita di valore.
La produzione industriale si servì dei lavoratori stranieri e aumentò notevolmente. Le
esportazioni crebbero e per la prima volta la bilancia commerciale francese divenne attiva.

-20.3 In Italia: battaglia del grano, bonifiche e stabilizzazione della lira


Anche l’Italia profittò della congiuntura positiva degli anni Venti e si pose in Europa subito dopo la
Francia per i risultati ottenuti. Il potere fu preso dai fascisti con la “marcia su Roma”. Il nuovo
governo realizzò il pareggio del bilancio statale e diede spazio alla libera iniziativa avvantaggiando
industriali e proprietari terrieri.
La bilancia commerciale rimase passiva perché l’Italia era costretta a importare le materie prime di
cui era in difetto. Nel 1925 fu avviata la battaglia del grano per tentare di ridurre la dipendenza
dalle importazioni. Questa puntò ad incrementare la produzione di frumento attraverso la bonifica
integrale di molti terreni che consisteva nella normale bonifica idraulica più la creazione delle
infrastrutture necessarie alle terre recuperate. Inoltre, impose alti dazi d’importazione.
Le importazioni tuttavia continuarono ad aumentare e la domanda di valute estere per poterle
pagare determinò il peggioramento del cambio della lira rispetto alle altre monete (la sterlina
giunse a 133 lire). Il governo ottenuto un prestito dal mercato americano decise la stabilizzazione
della lira fissando il suo valore in oro in maniera tale che il cambio con la sterlina raggiungesse la
“quota novanta”. Le esportazioni furono scoraggiate, mentre le importazioni si poterono fare a
prezzi più convenienti, con vantaggio per l’acquisto di materie prime e lo sviluppo industriale.
Nel 1926 un provvedimento riservò solo alla Banca d’Italia il diritto di emettere biglietti.

-L’economia siciliana fra la grande guerra e il primo dopoguerra


Nel primo anno di neutralità, si ottennero benefici per alcune industrie settentrionali. L’ingresso in
guerra dell’Italia, nel maggio del 1915, accentuò la crescita di quei rami produttivi del settore
industriale utili alle esigenze belliche (industria aeronautica, industria automobilistica, industria
siderurgica). In parziale controtendenza l’industria dello zolfo continuò a subire la concorrenza
statunitense e vide contrarsi produzione ed esportazioni.
L’agricoltura siciliana, con la parziale eccezione dell’agrumicoltura, entra in crisi durante la Grande
Guerra a causa della chiamata alle armi di buona parte dei maschi adulti, nonostante il governo
intervenisse con calmierazioni, requisizioni e incoraggiamenti di vario tipo.
La pressione sociale (scioperi, occupazione delle terre e insurrezioni locali) stimolò la mobilità del
mercato fondiario e portò alla quotizzazione di ben 341 ex-feudi (circa 120.000 ettari), intaccando
sia pure marginalmente il latifondo (combattentismo siciliano).
La stabilizzazione della piccola proprietà nata dalla quotizzazione dei latifondi dipese in modo
rilevante dalla durata dei pagamenti. A causa della rivalutazione della lira dopo il 1926 i mutui
contratti per acquistare i terreni diventarono insostenibili.
Fra l’affittanza individuale o collettiva, prevalsa durante l’età giolittiana, e la quotizzazione
entrarono spesso in conflitto prevalendo l’uno sull’altro ma, fu la seconda a prendere il
sopravvento per la convergenza degli interessi dei proprietari con quelli dei contadini.
Tuttavia, il processo di quotizzazione del latifondo, sviluppatosi durante il primo dopoguerra, fu
alquanto limitato e intaccò marginalmente la struttura latifondistica dell’agricoltura estensiva della
Sicilia lasciando che la maggior parte della coltivazione delle aree latifondistiche restasse a
carattere estensivo e l’influenza sociopolitica del grande proprietario non fosse seriamente
intaccata.

-L’impatto sociale dell’avvento del fascismo


Il movimento fascista aveva pochi legami con i ceti dominanti in Sicilia. Questi ultimi temevano lo
sconvolgimento dei tradizionali equilibri socioeconomici esistenti nell’isola. L’aristocrazia terriera
aveva da lungo scelto l’assenteismo, accontentandosi di una rendita fissa che le consentisse di
trasferirsi nelle città politicamente più importanti per difendere i propri interessi
La classe dominante siciliana, che era riuscita a superare con qualche difficoltà il biennio rosso del
primo dopoguerra, cercò di dimostrare al regime di non avere bisogno di interventi di riforma
politica e sociale schierandosi al suo fianco.
Il governo Mussolini inviò subito in Sicilia efficienti funzionari governativi, sostituì sei dei sette
prefetti e diede l’incarico di commissario straordinario a Pietro Bolzo, fascista della prima ora, per
impedire infiltrazioni moralmente condannabili nel partito. Nel 1924 viene richiamato in servizio
dal ministero dell’Interno l’ex prefetto di Bologna Cesare Mori (1871-1942).e inviato in Sicilia come
prefetto di Trapani. Mori ha sua fama di uomo energico, non in contatto con la mafia locale e
conoscitore della Sicilia. Come primo provvedimento Mori ritirò subito tutti i permessi d'armi, e
nel gennaio 1925 nominò una commissione provinciale che doveva provvedere ai nullaosta (resi
obbligatori) per il campieraggio, attività tradizionalmente controllata dalla mafia. Dopo l'ottimo
lavoro in provincia di Trapani, Benito Mussolini nominò Mori prefetto di Palermo, dove si insediò il
20 ottobre 1925, con poteri straordinari e con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di
sradicare il fenomeno mafioso nell'isola.
Ben presto però circoli politico-affaristici di area fascista collusi con la mafia riuscirono a
indirizzare, con attività di dossieraggio, le indagini di Mori e del procuratore generale Luigi
Giampietro sull'ala radicale del fascismo siciliano, coinvolgendo anche il federale e deputato del
PNF Alfredo Cucco, uno dei massimi esponenti del fascio dell'isola. Cucco nel 1927 venne
addirittura espulso dal PNF e dalla Camera "per indegnità morale" e sottoposto a processo con
l'accusa di aver ricevuto denaro e favori dalla mafia, venendo assolto quattro anni dopo. Nominato
Senatore del Regno nel dicembre del 1928 Mori sarà messo a riposo «per anzianità di servizio» nel
luglio del 1929. Il regime fascista dichiarò orgoglioso che la mafia era stata sconfitta. Molti
esponenti mafiosi o erano emigrati o erano rimasti nei paesi in attesa di tempi migliori,
riemergendo dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia nel luglio 1943. Il regime pensava di abolire la
lotta politica e i contrasti che ne seguivano. Apparentemente tutto sembrava andare on quella
direzione poiché le contrapposizioni erano rarissime, ma i contrasti continuavano ad esistere ed
apparivano sotto altre forme come le accuse di corruzione. In ultima analisi, si riaffermò il dominio
politico e clientelare della vecchia classe dirigente tra gli anni 20 e 30 del Novecento, segnando
spesso un forte distacco tra le esigenze del regime e quelle della società periferica.

-20.4 La crisi del 29


L’economia mondiale degli anni Venti presentava alcuni squilibri fondamentali, utili a spiegare la
crisi successiva.
L’opportunità offerta dalla guerra e lo sviluppo della tecnologia fecero aumentare la produzione
industriale. La mancanza di sbocchi alla fine del conflitto generò una sovrapproduzione cronica,
che portò la disoccupazione a livelli molto elevati. Inoltre, gli Stati Uniti si chiusero si chiusero in un
forte isolazionismo rifiutando di assumere il ruolo di leader dell’economia mondiale, e
svantaggiando così il commercio internazionale.
Nel 1929 proprio in America si manifestò una grave crisi borsistica a cui fece seguito una
depressione durata alcuni anni. Sull’onda dell’euforia degli anni 20 le banche cominciarono a
concedere prestiti facili e le holding spinsero verso l’alto il valore delle azioni anche con pratiche
scorrette come l’aggiotaggio. Ciò incoraggiò molti risparmiatori a investire il loro denaro e prese
via un enorme speculazione. Quando il prezzo delle azioni, ormai giunto a livelli elevatissimi,
cominciò a scendere tutti si precipitarono a vendere i titoli azionari causando l’esplosione della
bolla speculativa creatasi precedentemente che portò alla crisi della Borsa di New York nel 1929.

-20.5 I difficili anni Trenta


In un’ economia affetta da numerosi squilibri la speculazione borsistica portò dapprima a un
aumento della domanda con un conseguente aumento della produzione e successivamente, per
via della crisi, al suo crollo e quindi alla mancanza di sbocchi per le merci prodotte che determinò
una crisi di sovrapproduzione. Molte fabbriche chiusero e la disoccupazione dilagò.
Le banche non riuscirono a recuperare i loro prestiti e fallirono a migliaia, il governo dovette
intervenire per salvare quelle più solide e sottopose la borsa al controllo di un apposito ente, la
SEC (Security Exchange Commision).
La depressione si diffuse dappertutto a causa degli scambi internazionali e del ruolo predominante
che quel Paese aveva nell’economia mondiale. Inoltre, molti capitali americani erano stati investiti
in Europa, soprattutto in Germania. La Germania fu il paese europeo maggiormente colpito dove la
crisi assunse un carattere bancario. La Repubblica di Weimar si dimostrò fragile e instabile dal
punto di vista politico e soprattutto economico per lo stretto legame che si era venuto a creare fra
banche e imprese. Inoltre, dopo il crollo di Wall Street il richiamo dei capitali che erano stati
prestati alla Germania aumentò notevolmente per timore che la crisi si potesse estendere. I
Tedeschi ebbero difficoltà a pagare, e furono salvati dalla “moratoria Hoover”.

21. LE POLITICHE CONTRO LA DEPRESSIONE


-21.1 Il deficit spending
I Paesi colpiti dalla depressione adottarono quasi tutti politiche ispirate ai principi keynesiani che
prevedevano un maggiore intervento dello Stato in economia. Tuttavia, ciò avvenne con ritardo
perché essi erano fortemente legati alle concezioni economiche liberali. Per contrastare la
diminuzione dei prezzi ricorsero tutti a un inasprimento della politica protezionistica, soprattutto
gli Stati Uniti che aumentarono i dazi d’importazione (legge Hawley-Smoot) in media al 60%
provocando reazioni di rappresaglia da parte degli altri paesi. La Gran Bretagna, Francia e il
Giappone incrementarono gli scambi con i loro possedimenti e cercarono di far fronte alla crisi
stringendo rapporti commerciali più intensi all’interno delle aree che controllavano. I principali
paesi quindi cercarono di far fronte alla crisi stringendo i rapporti commerciali più intensi
all’interno delle aree che controllavano. In generale, ogni paese cercò di uscire dalla crisi da solo,
senza che si giungesse ad alcuna forma di cooperazione internazionale, anzi si tentò di risolvere i
propri problemi a discapito degli altri (politica “beggar thy neighbour”).
I governi si convinsero con ritardo che era necessario sostenere la domanda globale dei prodotti,
sia interna che internazionale. La domanda interna fu aumentata con la politica del deficit
spending (spesa in disavanzo), che si rifaceva alle teorie di Keynes, ricorrendo all’indebitamento
per sostituire la domanda privata con quella pubblica. Furono avviati dappertutto grandi lavori
pubblici (bonifiche, costruzione di strade e di autostrade…) che assicuravano un salario ai
lavoratori. Per la stessa ragione i governi introdussero gli assegni familiari, da corrispondere ai
lavoratori dipendenti per i familiari a carico, i sussidi di disoccupazione e altre provvidenze.

-21.2 Le svalutazioni competitive


Il sostegno alla domanda interna non bastava, era necessario stimolare la domanda estera. Questo
fu possibile con le svalutazioni competitive, vale a dire un ribasso dei prezzi espressi in valuta
estera attraverso la svalutazione della propria moneta.
Nel 1931 il governo britannico decise di dichiarare l’inconvertibilità della sterlina, che era stata
sottoposta a pressioni dagli altri paesi che avevano deciso di cambiare in oro le riserve che
detenevano in sterline. La Banca d’Inghilterra non cambiò più la sterlina alla parità con l’oro e
lasciò che il suo valore fosse liberamente determinato dal mercato sulla base della domanda e
dell’offerta di sterline. La domanda di sterline diminuì e la moneta inglese perse valore. La sterlina
usciva così dal gold exchange standard.
Il dollaro fu svalutato del 41% e la moneta statunitense fu dichiarata inconvertibile. La
conseguenza fu una ripresa delle esportazioni e un avanzo della bilancia dei pagamenti già nel
1934, anche perché la nuova amministrazione Roosevelt stava cominciando ad attenuare il
protezionismo mediante la stipulazione. Gli altri paesi seguirono Stati Uniti e Inghilterra nella loro
decisione per recuperare la competitività perduta. Quando tutte le monete furono svalutate si
tornò sostanzialmente al punto di partenza e nessuno godeva più dei vantaggi competitivi, di
conseguenza le svalutazioni non furono in grado di dare un consistente impulso agli scambi
internazionali. Decretarono però la fine del gold exchange standard, ormai i biglietti di banca
avevano definitivamente sostituito la moneta metallica.

-21.3 L’intervento statale negli Stati Uniti: il New Deal


Le misure ricordate determinarono una forte ripresa dell’intervento dello Stato nell’economia.
Negli Stati Uniti fu attuato con il New Deal del nuovo presidente Roosevelt, che prevedeva una
serie di misure in diversi campi (bancario, monetario, industriale, agricolo…):
 Nel settore industriale, fu approvata una legge, il Nira (National Industrial Recovery Act, 1933).
Si favorì la concentrazione delle imprese per diminuire i costi, e si fissarono per ogni ramo
industriale dei codici, che fissavano i prezzi, i salari e l’orario di lavoro. Lo scopo era quello di
rilanciare l’attività produttiva ed evitare la sovrapproduzione;
 Nel settore agricolo, con un’altra legge AAA (Agricultural Adjustement Act, 1933) il governo
americano ritirò le eccedenze dal mercato e concesse sussidi a chi riduceva le terre coltivate,
nonché un indennità a chi lasciava i propri campi a maggese o vi coltivava leguminose;
 In campo bancario, dopo il fallimento di migliaia di aziende di credito, una legge nel 1933 pose
fine alle banche miste e stabilì una netta distinzione fra banche commerciali, che dovevano
occuparsi del credito a breve termine, e banche d’investimento, incaricate del credito
mobiliare delle imprese;
 Venne creato un piano di sviluppo della valle del Tennessee, mediante la creazione di un ente
federale la Tennessee Valley Authority (Tva), e fu avviato un vasto piano di lavori pubblici
(costruzione di dighe, bonifica e irrigazione di terreni, corrente elettrica nelle fattorie ecc.);
 Con una legge nel 1933 furono introdotte le ASSICURAZIONI SOCIALI a favore dei lavoratori
(pensioni, assicurazioni contro le malattie e gli infortuni sul lavoro…) le quali, siccome
sostenevano il loro reddito, contribuirono a far riprendere la domanda di beni e servizi.

-21.4 L’intervento statale nei paesi europei


-La Gran Bretagna  incoraggiò le fusioni di imprese e la razionalizzazione dei settori in crisi. Per
combattere la disoccupazione, il governo incentivò con sussidi la creazione di fabbriche nelle zone
depresse. Mentre l’agricoltura fu sostenuta con un sistema di prezzi garantiti e sovvenzionati dallo
Stato;
-In Francia  si puntò su un incremento dei salari, in seguito agli accordi fra imprenditori e
lavoratori promossi dal governo del Fronte popolare. La riduzione della settimana lavorativa e una
politica di grandi opere pubbliche avevano lo scopo di ridurre la disoccupazione e fornire potere
d’acquisto ai lavoratori.
-In Germania  il nuovo governo nazista di Adolf Hitler, introdusse piani quadriennali. Il primo
piano si propose di ridurre la disoccupazione mediante l’avvio di lavori pubblici e favorendo la
concentrazione industriale. Il secondo piano puntò sulla realizzazione dell’autarchia, vale a dire
dell’autosufficienza economica, ma il suo reale obbiettivo era il riarmo della Germania.
-In Italia  l’intervento dello Stato fu particolarmente deciso e si orientò verso l’autarchia. Nel
settore agricolo furono portate avanti la battaglia del grano e la bonifica integrale. Nel settore
industriale si favorirono la concentrazione e varie forme di consorzi e di intese per ridurre la
concorrenza e i costi di produzione. Furono inoltre realizzate numerose opere pubbliche e concessi
assegni familiari ai lavoratori e si estesero le assicurazioni sociali. Le banche miste sostennero il
processo di concentrazione. Le principali banche si trovarono sull’orlo del fallimento e il governo
dovette intervenire per salvarle.
Nel 1933 fu costituito l’Iri Istituto per la Ricostruzione Industriale) che assunse le partecipazioni
industriali possedute dalle banche salvate con lo scopo di rivenderle successivamente a privati, ma
non ci riuscì, perciò dovette conservare i pacchetti azionari e costituire diverse holding per gestirli
(es. Fincantieri, Fin meccanica).
Una legge bancaria nel 1936 pose fine all’esperienza delle banche miste e distinse fra banche di
credito ordinario (credito a breve termine) e istituti di credito speciale (credito a medio-lungo
termine).
In conclusione, si può affermare che la depressione fu arginata ma non dappertutto sconfitta. Solo
il riarmo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale posero definitivamente fine alla lunga
depressione degli anni Trenta e riuscirono a riassorbire completamente la disoccupazione.

-21.5 La Seconda guerra mondiale


Molto più della prima questa fu una guerra “mondiale”. Provocò danni enormi, specialmente a
causa dei bombardamenti che distrussero città, porti e impianti industriali.
Questa volta la guerra fu preparata e scoppiò nel 1939 quando dopo l’invasione della Polonia da
parte delle truppe tedesche, la Francia e la Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania; una
guerra che si protrasse fino al 1945. In seguito (1940-41) furono coinvolti moltissimi paesi, Russia e
Stati Uniti che si schierarono contro la Germania mentre Italia e Giappone che invece si allearono
con essa.
La capacità produttiva dei belligeranti fu determinante e la produzione industriale crebbe
enormemente. L’organizzazione dell’economia di guerra fu accuratamente preparata. Gli Alleati
attuarono nuovamente il blocco contro la Germania. Gli Stati Uniti, non subendo la guerra sul
proprio territorio poterono sfruttare al massimo la loro capacità produttiva. L’evoluzione tecnica
subì una forte accelerazione in tutti i campi ma soprattutto in quello della chimica. Fu inventato il
radar e si portarono avanti sperimentazioni sui razzi e sull’utilizzazione dell’energia atomica.
Il costo della guerra fu 5 volte quello della Prima guerra mondiale, fu finanziato con l’imposizione
fiscale, il debito pubblico e i debiti con le banche e interalleati grazie ai quali gli Stati Uniti si
arricchirono notevolmente.

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