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Raffaello lavorò per committenti diversi.

Rifletti su coloro
che commissionarono opere a Raffaello mettendo a fuoco il
nesso tra il committente e l’opera. Argomenta sul rapporto
tra le scelte stilistiche, i contenuti, i temi iconografici delle
opere di Raffaello e il progetto o la cultura di ciascuno dei
suoi committenti.
Raffaello nasce ad Urbino, il 6 aprile 1483. Questi furono anni importanti, infatti ci fu la
scoperta dell'America nel 1492 e l’oro li trovato viene spedito al Papa. Figlio del pittore
Giovanni Santi, cresce nella Bottega del padre, frequenta poi il Palazzo Ducale dove
incontrerà le opere di Piero della Francesca e si troverà a contatto con le opere della corte di
Montefeltro. All'età di 11 anni il padre di Raffaello muore. Si trasferisce quindi a Perugia
dove avverrà il suo vero e proprio apprendistato, con l'aiuto di Pietro Perugino. Nel 1504 si
trasferisce a Firenze, attratto dai contemporanei Leonardo Da Vinci e Michelangelo. Nel
1508 riceve una chiamata a Roma da papa Giulio II (suo grande committente), per
affrescare le stanze papali e verrà affiancato da Donato Bramante. Resterà a Roma fino alla
sua morte nel 1520 all'età di 37 anni. Nella sua bottega Raffaello aveva una vera e propria
squadra; infatti molti dipinti, nonostante progettati da lui erano dipinti dai suoi giovani
apprendisti; le sue opere erano infatti molto richieste e spesso i suoi committenti dovevano
aspettare lunghi periodi prima di essere soddisfatti. Molte delle sue opere furono quindi
commissionali da papa Giulio II, tra alcune delle sue commissioni vi furono i dipinti della
stanza di Eliodoro ovvero: “la messa di Bolsena”; “ la liberazione di San Pietro dal carcere”;
“ La Cacciata di Eliodoro dal tempio”. Questa stanza era anticamente destinata alle udienze
private del pontefice e mirava a raccontare in diversi momenti storici dell'Antico
Testamento la miracolosa protezione accordata da Dio alla chiesa, minacciata dalla sua Fede
(elemento in comune dei tre dipinti). Essi furono dipinti anche per esprimere il programma
politico di Giulio II, che mirava a liberare l'Italia occupata dai francesi. Ne “La messa di
Bolsena” viene rappresentato il miracolo eucaristico avvenuto nel 1263. Proprio davanti al
sacerdote boemo si trova inginocchiato Giulio II, riconoscibile attraverso il suo ricco
abbigliamento, e differenziabile dalla massa poiché si trova con i gomiti appoggiati su un
cuscino regale. Giulio II appare anche nella cacciata di Eliodoro dal tempio, il cui affresco
illustra l'episodio tratto dal libro dei maccabei (ovvero una famiglia ebraica) dove Eliodoro
di Antiochia, ministro del re siriano, viene incaricato di rubare il tesoro racchiuso nel tempio
di Gerusalemme. Ciò aveva lo scopo di valorizzare e rafforzare la Chiesa, che attraversava
un momento difficile a causa del conflitto con la Francia. Nella parte sinistra del dipinto è
rappresentato Papa Giulio II che assiste alla scena sopra una lettiga; rappresenta
l'inviolabilità della chiesa e la riaffermazione del suo potere. La deposizione di Cristo della
Pala Baglioni invece, fu commissionata da un altro committente; Atalanta Baglioni. Con
questo dipinto voleva ricordare l’assassinio del figlio Federico, detto Grifonetto avvenuto in
una guerra civile a causa del cugino. Cristo infatti viene portato all'interno del sepolcro
sopra un sudario da parte delle persone a lui care, in questo caso Nicodemo, San Giuseppe
d'Arimatea, San Giovanni, San Pietro, Maria Maddalena e Maria con le tre Pie Donne.
Maria, che sviene va a rispecchiare il dolore materno della stessa Atalanta. La stanza
dell'Incendio di Borgo, al contrario di quello delle stanze di Eliodoro, non vanno a
rappresentare episodi storici nei quali si evidenzi la protezione di Dio accordata alla chiesa;
ma vengono dipinti per riferirsi ai papi aventi in comune il nome Leone; proprio per
compiacere il nuovo Papa Leone X. Nel dipinto “La scuola di Atene” Raffaello rappresenta
una delle due vie attraverso le quali arrivare a Dio ovvero attraverso la filosofia. Raffigura
infatti i più importanti filosofi dell'antichità, tra cui al centro troviamo Aristotele e Platone,
Aristotele con il volto di Leonardo Da Vinci, Euclide con il volto di Donato Bramante, e
Eraclito con il volto di Michelangelo. Decide di fare questa scelta per omaggiare
Michelangelo, autore della decorazione della volta della Cappella Sistina, richiesta da Giulio
II. “Incendio di Borgo” fu eseguito nel 1514 lo stesso anno in cui Raffaello viene nominato
architetto della fabbrica di San Pietro. L'episodio raffigura l'incendio divampato a Borgo
nell’ 847, con il semplice gesto di un segno della croce da parte di Papa Leone IV che in
realtà allude alla pacificazione dei principi cristiani di Papa Leone X durata fino al 1519.
Nell’affresco Raffaello pone a confronto la vecchia basilica paleocristiana di San Pietro in
fondo a sinistra con l'antico e l'architettura cinquecentesca quindi moderna. Cita poi quattro
ordini: il tuscanico, lo ionico, il corinzio e il composito. In più decide di fare una ripresa
letteraria della fuga di Troia di Anchise ed Enea, con il figlio Ascanio e la moglie Creusa.
Villa Madama e una villa suburbana che si trova ai pendici di Monte Mario. I lavori della
villa inizio nel 1518 sotto Papa Leone X (ovvero Giovanni De Medici) per volere del cugino
Cardinale Giulio De Medici. Prima che lui la comprasse nel 1516, la villa però apparteneva
al capitolo di San Pietro (il terreno). L'obiettivo di Raffaello era quello di far rivivere lo
splendore e la grandiosità delle ville antiche; quindi di accostare la vicinanza con quelle
romane. Le decorazioni all'interno della villa ovvero a grottesche e stucchi sono state fatte
con l'aiuto di Giulio Romano e Giovanni da Udine tra il 1520 e il 1525, con dei motivi
mitologici e continui rinvii a simboli araldici e medicei. Con la morte di Raffaello, la
scomparsa del Papa, il disinteresse del successore Clemente VII e l'immobilità di Adriano la
villa non fu purtroppo mai conclusa.

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