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1. Tra le più celebri fra le Canzonette di Gabriello Chiabrera, in questo componimento egli
canta la bellezza delle labbra della donna amata che, quando si schiudono in un sorriso,
hanno una grazia superiore al riso della terra in fiore, del mare increspato di una brezza
leggera e del cielo nella luce dell’alba. Il paragone della bellezza della figura femminile
con quella della natura (utilizzati dal poeta come forma di similitudine) è uno dei più
frequenti nella tradizione della lirica d’amore, utilizzato da provenzali, stilnovisti,
Petrarca, e lirici rinascimentali.
2. Chiabrera si chiede se la donna amata sorrida perché prova pietà per l’innamorato (egli
stesso), che non sopporterebbe di vederla sdegnata, o perché mostra di godere
crudelmente del fatto che lui quasi muore d’amore: “O pur è perché voi siete tutte liete,
me mirando in sul morire? Belle rose, o feritate, o pietate del sì far la cagion sia, io vo’
dire in nuovi modi vostre lodi” (vv. 16-23). Egli è tormentato da questo suo
comportamento recandogli quasi dolore; malgrado ciò al poeta importa che la sua
donna sorrida, perché tutta la sua felicità è in quelle labbra ridenti.
3.
● Sinalefe: “degli Amor” (v.4); “preziose amorose” (vv.7-8); “di te ond’è” (v.10); “vivo
ardente” (v.10); “disciogliete un” (v.12); “regge alle” (v.15); “vostr’ire o: (v.15); “mirando
in” (v.18).
Dieresi: “aïta”; “prezïose”.
Sineresi: “Bei”; “aurora”; “guardo”; “voi”; “disciogliete”; “ciò”; “mia”; “siete”; “liete”.
● I versi ottonari appartengono alle strofe: 1-3-4-6
I versi quaternari appartengono alle strofe: 2-5
● spìne (v.2); tesòri (v.2); ròse (v.1); porporìne (v.1); auròra (v.3); aprìte (v.3); minìstre
(v.4); àmori (v.4); “dènti” (v.6); “custodìte” (v.6).
4. Tra la terza e la quarta strofa sono presenti diversi rimandi fonici tra un vocabolo e
l’altro: aïta, vita; ire, morire; siete, liete; feritate, pietate; sia, tuttavia; modi, lodi.
5. Nel testo contribuiscono a conferire musicalità alla canzonetta anafore e altre figure di
ripetizione; concorrono a ciò anche l’innovatrice e originale scelta del poeta di alternare tra
loro versi brevi e parisillabi (in questo caso, ottonari e quaternari) e l’utilizzo della rima
baciata. Alcuni esempi di figure retoriche sono: “Rose”; “Bel/Belle”; “noi diciam”; “se”; “ride”;
“dite” (anafore). Numerosi poi, sono i rimandi fonici tra un vocabolo e l’altro: rose; preziose;
amorose; custodite; dite; dite; e i singoli fonemi interni alla parola: “or” in pORpORine,
aurORa; tesORi; “ard” in guARDo; ARDenti; “ent” in dENTi; ardENTe, repENTe.
10. vv. 2-3: “che tra spine/su l’aurora non aprite” funzione relativa
v.15: “che non regge alle vostr’ire” funzione relativa
vv.31-33: “che un zefiretto [...] bagni il piè nell’onde chiare” funzione soggettiva
v.36: “che ride il mare” funzione dichiarativa