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FEDERICO BELLINI

ALTRI MONDI
Ricostruzioni e scenari extraterrestri

William Blake

(2010)
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SOMMARIO

3. Introduzione

4. Arieti, i modellatori

9. Taurini, i ribelli

15. Felini, Narasimha

20. Canidi, protettori dell’altro mondo

25. Mutaforma, la menzogna


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INTRODUZIONE

All'interno della Gerarchia fanno parte teoricamente 4 razze, di cui 2 aliene e 2 umane (in realtà 1): razza
Canide, razza Felina, razza Mutaforma e Uomo Primo. Gli antichi persiani consideravano regali 4 stelle del
cielo, in quanto punti celesti che quadripartivano il moto del Sole attorno alla Terra, considerandole
guardiane dei solstizi e degli equinozi. Tale conoscenza, fu probabilmente mutuata dalla tradizione
astronomica babilonese-caldea. Le quattro stelle regali erano: Antares della costellazione dello Scorpione
guardiano dell'equinozio d'autunno, Aldebaran della costellazione del Toro, guardiano dell'equinozio di
primavera, Regolo della costellazione del Leone, guardiano del solstizio d'estate, Fomalhaut della
costellazione del pesce australe, guardiano del solstizio d'inverno. Quest'ultima è l'unica stella a non
rientrare in una costellazione zodiacale odierna, il ché è abbastanza bizzarro, dato che lo zodiaco è
proprio l'insieme delle costellazioni che sono attraversate dal percorso che il sole traccia sulla volta
celeste e che in base a questo fatto scandivano i 12 mesi dell'anno. Tuttavia è probabile che Fomalhaut
anticamente facesse parte dell'Acquario, andando in questo modo a definire il IV punto dell'eclittica solare
in perfetta antitesi rispetto alla costellazione zodiacale del Leone. Ciò è plausibile sulla base del fatto che
spesso, nella storia, la stella di Fomalhaut fu messa in relazione con l'XI costellazione poiché era indicata
come un pesce intento a bere o a nuotare nelle acque versate dalla coppa dell'acquario, quindi è
probabile che presso gli antichi tutta quella zona del cielo rientrasse in un'unica costellazione. Inizia da
questa considerazione, la ricostruzione di un percorso di creazione alternativa, dove l’Uomo Primo,
attraverso i dinosauri sul nostro pianeta, diede vita alla razza dei Sauroidi e a tutte le altre, spostandosi
nelle stelle più vicine. La maggior parte delle stelle presenti nelle costellazioni dello zodiaco, insieme alle
altre, dove comunque sono presenti gli alieni a noi conosciuti, sono distanti da 7 a 150 anni luce massimo,
una distanza vicinissima a noi, e tutte incentrate su una fetta di cielo ben definita e collegate tra loro.
Noi siamo praticamente al centro di questo sistema, il punto di inizio di un grandioso progetto sfuggito di
mano.

Le ricerche riportate in questo testo, sono il frutto di un lavoro personale che sto portando avanti da
molto tempo. Ogni ricerca, dedicata ad una diversa razza aliena, è scritta in modo riassuntivo, esponendo
a grandi linee tematiche che abbracciano diverse discipline. Tengo a precisare che ogni ricostruzione è il
frutto di una ricerca individuale e non costituisce una verità assoluta nel campo della ricerca dell’ufologia
e delle abductions. Se veramente l’Anima (di cui disponiamo e che per il problema alieno è uno dei temi
fondamentali del loro operato sull’Uomo), non ha la percezione del tempo, ma vive ogni epoca e in ogni
luogo nello stesso istante, è facile presupporre che sia capace di vedere realtà distanti nel medesimo
momento. Dato che la nostra Mente, interpreta le visioni di Anima per archetipi (anche in base alle
conoscenze e la cultura della persona), è possibile dar vita da una ricerca dove attraverso le varie
conoscenze umane, sia possibile creare un quadro, se non completo, almeno esauriente di determinate
realtà.

30 Luglio 2010

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ARIETI

I modellatori
Khnum era un dio di origine antichissima il cui nome significa "creare". Venne adorato soprattutto nell'Isola
di Elefantina situata vicino alla prima Cataratta del Nilo, dove formava una triade insieme alle dee locali
Anukis e Satis. Khnum era considerato il "Guardiano delle sorgenti del Nilo", che anticamente si
immaginava che emergessero da due grotte di Elefantina, e presiedeva alle inondazioni, comandando
perciò l'elemento determinante della fertilità in Egitto. Generalmente Khnum venne rappresentato con
figura umana e testa di ariete dalle corna girate a spirale orizzontalmente verso l'esterno (la razza di
arieti con questa caratteristica si è estinta nel II secolo a.C.); qualche volta apparve anche con l'aspetto di
un ariete eretto sulle zampe anteriori e allora era chiamato "Anima vivente di Ra". Sembra che Khnum
personificasse la forza creatrice del dio Sole Ra in quelle parti dell'Egitto, dove Ra non era riconosciuto
come creatore supremo. Si riteneva che Khnum si fosse autogenerato, diventando in seguito il creatore del
cielo, della terra, del regno dei morti (Duat), dell'acqua e di tutte le cose presenti e future. Inoltre era
colui che con l'argilla aveva modellato l'uomo e gli animali, per questo motivo il suo simbolo era la ruota
da vasaio e quindi era considerato il protettore dei vasai, oltre ad essere venerato come dio creatore. Con
il processo di solarizzazione del pantheon egizio rivestì la forma di Khnum-Ra. Ebbe culto in molte città
egizie tra cui Mendes.

Un caso: un Nome, un Faraone, una Piramide


Il Faraone egizio aveva ben 5 nomi che facevano parte della sua "titolatura" reale. Si trattava del nome
"Sa-Ra" = Figlio di Ra, che il sovrano aveva come nome di battesimo, del nome "Nesu-Biti" = Re dell'Alto e
Basso Egitto, del nome Horus, spesso rappresentato dal Cartiglio tipo "Serekh" = "facciata di palazzo", dal
nome Horus d'Oro, e dal nome "Neb-ty" = "Due Signore". Abitualmente viene detto che Cheope aveva come
nome Horus "Mezed-u", come nome Nesu-Biti "Khu-f-u," e forse, come nome Neb-ty "Mezed".

In geroglifico il nome di Horus = Mezed o Mezed-u

In geroglifico il nome di Nesut-Biti = Kh-u-f-u

Il Faraone noto come Cheope viene identificato usualmente dagli Egittologi dal cartiglio che reca, al suo
interno nell'ordine: il simbolo del "setaccio", pronunciato "Kh"; il simbolo del "pulcino di quaglia",
pronunciato "u"; il simbolo della "vipera cornuta", pronunciato "f"; nuovamente dal simbolo del "pulcino di
quaglia" = "u". A questa forma "breve", del nome, presente in grande quantità nella Piana di Giza, si
affianca la forma "estesa". Il nome "Kh-u-f-u", in questo caso, viene preceduto dal simbolo della "brocca",
pronunciato "Khnem", e dal simbolo dell'ariete a corna attorcigliate orizzontalmente. Per precisione, come
ci informa l'Egittologo Christian Jacq, alla fine del nome "Khu-f-u" ci dovrebbe essere il simbolo di un
"uomo", pronunciato "i", ma che, si considera implicitamente eliminato dal cartiglio, visto che non
compare fisicamente mai nelle iscrizioni del Cartiglio reale. La grafia globale del nome del Faraone
sarebbe pertanto "Khnum Khufui", ed il suo significato sarebbe "Khnum" = Dio Khnum a testa d'ariete; "Khu"
= protegge; "f " = egli; "u-i" = me. Il simbolo della "brocca", che ha valore fonetico di "Khnem", ha il
significato di "unificare, acquisire, associare", tanto che alcuni studiosi interpretano i Cartigli che recano i
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simboli di "Khnem-u" come "Colui che è unito a....". La "brocca"/"Khnem" è peraltro correlata al Dio Khnum
soltanto quando compare il determinativo della figura antropomorfa a testa d'ariete del Dio, e non l'ariete
in se stesso. L'ariete dalle corna orizzontali, considerato in quanto tale, non ha usualmente valore di
determinativo, ma ha invece la fonetica di "Ba", risulta associato al Dio Khnum. La pronuncia dei primi due
simboli geroglifici: la "brocca" e l"ariete", risulta pertanto "Khnem-Ba". Il Re, collegato da Diodoro alla
Grande Piramide, era chiamato anche Chembis. Poiché, ai tempi di Diodoro, la lingua geroglifica era quasi
morta, soprattutto per la correlazione grafia-pronuncia, è davvero molto significativo che compaia la "B"
di Chem-b-is, perché conferma la realtà della pronuncia "Khnem-Ba", dove il "Ba" dell'Ariete" era
realmente pronunciato, e non foneticamente muto. In realtà il nome "Kh-u-f-u" è presente nelle iscrizioni
soltanto quando compare da solo, senza cioè i due simboli, che danno vita al "Khnem-Ba". Il risultato è che
il nome diviene "Kh(e)-f-u".

In una tavola, tratta dalle tombe nei pressi delle Piramidi, mostra il cartiglio Nesu-Biti "Kh-u-f-u" + il
cartiglio Horus "Mezed-u", nettamente separato da quello che presenta la dizione: "Khem-ba Khe-f-u",
come appartenente ad un altro Faraone. Egli chiama questo Re come "Numba Khufu o Chembes", rivelando
di aver compreso la reale fonetica del nome, e rinforzando ancor più la versione di Diodoro. Una delle
tombe di Giza, illustrata da Richard Lepsius nel suo monumentale Denkmaler, mostra infatti le iscrizioni
presenti in una tomba, il cui proprietario risulta ignoto per via del danneggiamento del tempo sul suo
nome. Sono invece ben visibili i titoli che il defunto aveva in vita a Gizah. Vi possiamo così leggere: Hm
Neter "Khnem-Ba Kh-u-f" o "Khe-f-u" = "Sacerdote di Khnem-Ba Khuf" o "Khefu"; Hm Neter "Kh-u-fu" =
"Sacerdote di Khufu"; "Khnem-Ba Kh-u-f" o "Khe-f-u" khent "Kh-u-f-u" = "Khnem-Ba Kh-u-f "o "Khe-f-u"
dentro/di fronte a "Kh-u-f-u".

Note:
"Pyramids and Temples of Giza", 114.
An egyptian hieroglyphic dictionary.
Manners and Customs of the Ancient Egyptians.

La costellazione dell’Ariete
L'Ariete (in latino Aries) è una delle costellazioni dello zodiaco, si trova tra i Pesci ad ovest e il Toro ad est
ed è una figura caratteristica dei cieli autunnali boreali. Si tratta di una costellazione di dimensioni
relativamente contenute: occupa infatti 441 gradi quadrati di volta celeste, ossia poco più della metà del
vicino Toro. Le sue stelle sono tuttavia abbastanza appariscenti, in particolare Hamal (α Arietis) e
Sheratan (β), entrambe di seconda magnitudine; altre stelle importanti sono Mesarthim (γ1) e Botein (δ).
L'Ariete si individua con facilità poco ad ovest delle Pleiadi e a nord della grande costellazione della
Balena. La costellazione diventa visibile nel cielo serale alla fine dell'estate boreale (settembre) e resta
visibile per tutto l'autunno e l'inverno, fino al mese di marzo. Dall'emisfero australe invece la sua visibilità
è più limitata, anche a causa dell'incremento delle ore di luce nei mesi compresi fra ottobre e dicembre.
Le due principali stelle, di nostro attuale interesse sono: Hamal e Sheratan. Hamal (α Arietis) è la stella
principale; di magnitudine 2,01, spicca per il suo colore arancione vivo. Dista da noi 66 anni luce.
Sheratan (β Arietis) è una stella bianca, di magnitudine 2,64, che fa coppia con Hamal. La sua distanza è
stimata sui 60 anni luce. Alpha Arietis (α Ari / α Arietis) è la stella più luminosa della costellazione
dell'Ariete. Il nome tradizionale della stella è Hamal, in origine riportato come Hamel, Hemal, Hamul o
Hammel. Altro nome della stella era El Nath o Al Natih, il Corno, che oggi è assegnato a β Tauri. Il nome
Hamal deriva dall'espressione che in lingua araba si riferisce all'intera costellazione, Al Ħamal, "l'Ariete".
Per evitare confusioni, l'astro a volte è anche chiamato rās al-ħamal, "la testa dell'Ariete". Hamal è una
stella gigante di tipo spettrale K2 IIICa, dove la notazione "Ca" indica la presenza di linee di calcio nel suo
spettro; è una stella molto grande (circa 55 volte più brillante, 18 volte più grande in diametro, e 4,5
volte più massiccia del Sole) e di colore arancione. Hamal dista circa 65,9 anni luce dalla Terra, questa
distanza relativamente piccola, combinata con la sua luminosità intrinseca, permette alla stella di
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splendere con una magnitudine apparente di 2,01 (variabile di circa 0,05), il 47° astro più luminoso nel
cielo. Nell'antichità, fu una stella di grande importanza, duemila anni fa l'equinozio di primavera, il punto
in cui il percorso apparente del Sole nel cielo interseca l'Equatore celeste, era situato nell'Ariete (è per
questo motivo che nell'astrologia il primo segno zodiacale prende il nome proprio da questa costellazione).
Il cosiddetto Primo Punto d'Ariete si trovava a soli nove gradi a sud di Hamal, la stella più luminosa nelle
vicinanze. Attualmente si trova nel sud della costellazione dei Pesci, uno spostamento dovuto alla
precessione dell'asse di rotazione terrestre. Le levate eliache (gli attimi in cui l'astro è ancora visibile
prima di essere inghiottito dalla luce solare) di Hamal, in collaborazione con Spica, erano dunque studiate
per stabilire gli equinozi al sorgere e al tramontare del Sole. Al mattino dell'equinozio di primavera (26
marzo) Hamal era appena visibile nelle vicinanze del Sole mentre dalla parte opposta Spica stava
tramontando. Quando si verificava la situazione opposta, con Spica che sorgeva e Hamal che tramontava si
aveva l'equinozio d'autunno (28 settembre).

Il loro mondo
Attualmente del loro mondo non ne rimane molto. Il pianeta che ancora oggi ruota attorno alla stella
Hamal, nella costellazione a noi nota dell’Ariete, è un pianeta privo di vita, completamente morto. In
tempi antichissimi, al contrario, è stato un pianeta colmo di vita, dove la varietà della flora e della fauna
era di una complessità tale da superare ogni immaginazione. Il pianeta, grazie alla sua posizione, ha
beneficiato di un clima semi-tropicale, favorevole allo sviluppo di una lussureggiante vegetazione e,
tipica, di molti mondi alieni, al gigantismo delle proprie specie, anche animali. E’ in questo contesto che,
probabilmente, è emersa la razza degli Arieti e nella quale ha operato finché non si è estinta.

Milioni, forse un miliardo di anni fa


Il pianeta, grande più o meno il doppio della Terra, era attraverso da una colossale catena montuosa che
da nord si estendeva a sud del pianeta, creando una barriera naturale, capace di dividere il clima del
pianeta in due distinte ed enormi aree. Tale catena montuosa era il frutto di un’unica e gigantesca faglia,
costellata di innumerevoli vulcani, che nel corso della sua evoluzione, ne ha persino aumentato la massa,
continuando un processo di accrescimento del pianeta stesso. Da questa unica catena montuosa, a
decrescere si stagliavano grandi distese di colline, che appiattendosi, diventavano poi pianure, perdendosi
a vista d’occhio, sino ad arrivare alle zone più basse, lacustri, i mari e i grandi oceani (principalmente
due, in entrambi gli emisferi). Grazie all’unicità di questa catena montuosa, il clima sul pianeta era
pressoché uniformato, distinguendosi per le zone ai poli per un clima più fresco, che diventava poi sempre
più caldo verso l’equatore. Ago della bilancia climatica sono sempre state le alte montagne, che dividendo
in due pianeta, hanno contribuito alla formazione di due aere dal clima temperato su tutto il pianeta. Le
zone montuose sono da sempre state le più disabitate a causa delle avverse condizioni climatiche e della
pericolosità sismica e vulcanica, mentre al contrario le ampie zone collinari, sono state utilizzate per
l’agricoltura e l’allevamento. Le grandi ed avveniristiche città degli Arieti, si stagliavano invece nel bel
mezzo delle pianure, spiccando per l’incredibile tecnologia e la monumentalità degli edifici. Pianeta pieno
di vita e di colori, tra i più sgargianti e dalle sfumature più incredibili, anche nell’artificiosità delle
costruzioni di questa civiltà, si rispecchiava un rispetto per il mondo circostante e l’utilizzo delle sue
stesse particolarità naturali.

Oggi
Oggi di quel magnifico mondo non rimane altro che un pianeta caldissimo, arido e quasi completamente
annerito. Frutto di tale cambiamento non è stata una chissà quale catastrofe naturale, ma la conseguenza
di una terribile guerra, che come vedremo in seguito, ha coinvolto in questo atroce destino, anche
un’altra razza aliena. Le grandiose città degli Arieti sono state rase al suolo, mentre ogni forma di vita è
stata annientata. Gli effetti collaterali di questa guerra e delle armi utilizzate, hanno poi contribuito al
surriscaldamento globale ed una maggiore attività sismica e vulcanica. Molto probabilmente il pianeta
potrebbe spaccarsi in più parti e forse esplodere, in un prossimo futuro.

Chi erano gli Arieti


Essenzialmente la forma di questo essere alieno non si discosta molto da quella che ci è stata tramandata
dal pantheon egizio. Il dio Khnum veniva rappresentato con figura umana e testa di ariete dalle corna
girate a spirale orizzontalmente verso l'esterno, a volte con il colore della testa colorato di verde o in altri
casi marrone o del colore della pelle umana. In realtà si è sempre trattato di raffigurare in forma umana
un entità che in comune, aveva soltanto un vago aspetto umanoide. La razza degli Arieti si distingueva in
maschi (dalla pelle color verde, quasi fosforescente), femmine (dalla pelle color marrone) e una tipologia
rara ermafrodita dalla pelle colore quasi rosato. Tutte e tre le tipologie presentavano un corpo alto, quasi
tre metri, possente e molto forte, muscoloso nei maschi e più aggraziato nelle femmine. Caratteristica
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comune era la testa, con il muso simile a quello del nostro ariete, ma con debite differenze somatiche e
la particolarità di larghe e forti corna orizzontali. Altra caratteristica era la pelle, costituita da un vasto
reticolo poroso e che, presentava una vera e propria folta pelliccia posizionata tra il collo, gli avambracci,
le spalle, sino quasi a scendere sul fondo schiena. Tale pelliccia era di un colore simile all’oro, cangiante
in più sfumature, dal rossiccio al marrone. Fisico possente e forte, quasi del tutto umanoide e bipede,
ancora portava insito nella sua natura l’aspetto primordiale e quadrupede. I fianchi, sporgenti e dalla
grossa ossatura, permettevano ancora agli Arieti di poter prediligere, a seconda delle situazioni, la
posizione eretta o quella a quattro zampe e, proprio grazie a questa particolarità, avevano tenuto agli arti
inferiori una sorta di zoccolo, mentre agli arti superiori si erano evolute, oltre allo zoccolo più piccolo
ancora presente, una sorta di mano, formato da quattro tozze dita. La società degli Arieti era molto
complessa e naturista, i cuccioli venivano cresciuti sino alla maggiore età allo stato brado, lontani dalla
propria casa e dai genitori, ai quali sarebbero tornati una volta maturi, immersi nella più completa natura
e seguiti da dei maestri di vita, ovvero dagli Anziani. Lo “stato brado” della società degli Arieti era un
esclusiva dell’età giovanile e anziana, iniziando e concludendo un ciclo della propria vita che principiava e
si concludeva nella natura. L’età matura, invece, si svolgeva nelle città, nell’agio e il comfort della
tecnologia più avanzata. Appena raggiunta la maturità, i giovani venivano introdotti nell’alta società e
immersi in un mondo artificioso e avveniristico, per la prima volta veniva presentata la loro famiglia di
origine e nella quale avrebbero poi abitato e scalato la propria ascesa professionale. La tecnologia in
possesso gli era stata donata, prima dell’avvento della definita “Era Moderna”, gli Arieti erano un popolo
pacifico e immerso nella più completa natura, evoluto spiritualmente e con una propria cultura ben
definita, ma lontani da idee di sviluppo e ricerca. Tutto era cambiato quando quella razza primigenia fu
modificata e resa più intelligente dopo un intervento esterno, lo stesso intervento che modificò anche lo
sviluppo di altre razze, tra cui le Mantidi.

Che cosa accadde


La ragione della loro estinzione? Un sacrificio. Questo spiegherebbe perché anche nelle culture antiche
della Terra, era usuale nei sacrifici agli dei, porgere arieti o vitelli (ma non solo), portando sul piano
umano un retaggio di un sacrificio molto più grande e che si era consumato in un mondo lontano.
Sacrificare l’ariete o l’agnello al Dio ebraico, significava sacrificare la razza degli Arieti al proprio
creatore (l’Uomo Primo), a colui che aveva modificato e permesso lo sviluppo di nuove forme di vita
senzienti in una fetta di cielo galattico, del tutto ristretta e particolare. Capire i meccanismi di tale gesto
non è ancora un impresa facile, ci sono da capire a più livelli il grado di influenza che questa razza aliena
poteva avere sulle altre o nella nascente “Gerarchia Superiore”, ma sta di fatto che gli Arieti ad un certo
punto si ribellarono alla “cupola settaria” che si era formata e, molto probabilmente, si era persino
ribellata al suo stesso creatore. Grandi conoscitori della natura e delle sue capacità alchemiche, gli Arieti
erano stati creati, per dar vita ad una razza aliena di abili manipolatori della materia. Una volta raggiunto
un alto grado di evoluzione, non solo civile, ma anche scientifico, furono utilizzati per studiare e
catalogare la maggior parte delle specie viventi, intelligenti e non, in tutti i pianeti allora conosciuti,
compresi quelli del nostro sistema solare. Successivamente furono gli Arieti che selezionarono i più idonei,
non solo per dar vita a nuove forme aliene, ma manipolando la natura e l’energia in essa contenuta,
avviarono i germi di uno studio di manipolazione genetica, che avrebbe portato infine alla nascita del
nostro genere umano. Probabilmente quando gli Arieti capirono che sino a quel momento, erano soltanto
stati usati per uno scopo ben preciso, quello di imbrigliare questa energia in un qualcosa di avverso alle
stesse leggi della natura, si ribellarono, non solo al loro Creatore (UP), ma anche alle altre razze aliene
sino allora alleate. La punizione fu spietata e arrivò per mano delle altre razze aliene, bramose del potere
assoluto e che allora facevano parte della primigenia “Gerarchia Superiore”: Felini, Canidi, Horusiani e
Sauroidi. In questa guerra, trovarono degli alleati, la razza dei Taurini che spiegherò nel successivo
capitolo, ma questo fronte, seppure potente e temuto, non ebbe la meglio contro un asse ben più
numeroso e finì per soccombere, la loro civiltà annientata, insieme ai pianeti in cui erano vissuti. Una
incompresa razza aliena “buona”? Probabilmente, anche se la sua necessità primaria era sempre stata la
propria salvaguardia esistenziale. Fece appena in tempo a gettare i germi della nascente nostra razza
umana, quando gli Arieti vennero distrutti; altri, poi, presero in eredità e svilupperanno successivamente
le loro conoscenze per i propri scopi.

Nella Mitologia
Gli arieti erano sacrificati agli dèi e Zeus stesso fu qualche volta identificato con un ariete. Ma i mitografi
concordano nel considerare speciale quest'Ariete, che è quello il cui vello d'oro fu l'obiettivo del viaggio di
Giasone e degli Argonauti. L'Ariete comparve sulla Terra nell'esatto istante in cui il Re Atamante di Beozia
si accinse a sacrificare suo figlio Frisso per allontanare una carestia incombente. Il re Atamante e sua
moglie Nefele non erano una coppia felice, e allora Atamante si unì a Ino, figlia del Re Cadmo della vicina
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Tebe. A Ino non andavano a genio i figliastri, Frisso ed Elle, e organizzò una cospirazione per farli
uccidere. Cominciò a bruciare il grano per evitare che ci fosse un raccolto. Quando Atamante chiese aiuto
all'Oracolo di Delo, Ino corruppe i messaggeri affinché ritornassero con la risposta falsa che Frisso doveva
essere sacrificato per salvare il raccolto. A malincuore, Atamante portò suo figlio in cima al Monte Lafisto,
che sovrastava il suo palazzo a Orcomeno. Era sul punto di sacrificare Frisso a Zeus quando Nefele
intervenne per salvare suo figlio, mandando giù dal cielo un ariete alato dal vello d'oro. (Da notare la
somiglianza con la storia di Abramo e di suo figlio Isacco). Frisso s'arrampicò sul dorso dell'animale, dove
fu raggiunto da sua sorella Elle che anche temeva per la propria vita. Volarono via in direzione est verso la
Colchide, che si trovava sulla sponda orientale del Mar Nero, sotto le Montagne del Caucaso (la Georgia ex
sovietica di oggi). Lungo il percorso Elle non riuscì a mantenere la presa e cadde nel canale fra l'Europa e
l'Asia, i Dardanelli, che in suo ricordo i Greci chiamarono Ellesponto. Una volta raggiunta la Colchide,
Frisso sacrificò l'ariete a Zeus in segno di gratitudine. Regalò il suo vello d'oro al terribile Re della
Colchide, Eeta, che, in cambio, gli concesse la mano di sua figlia Calciope. Dopo la morte di Frisso il suo
fantasma ritornò in Grecia per perseguitare suo cugino Pelia, che si era impadronito del trono di Iolco in
Tessaglia. Il vero successore a quel trono era Giasone. Pelia promise di lasciarglielo se gli portava a casa
dalla Colchide il vello d'oro. Fu questa la sfida che diede il via all'epico viaggio di Giasone e degli
Argonauti. Al suo arrivo in Colchide, come prima cosa, Giasone chiese educatamente al re Eeta di dargli il
vello che pendeva da una quercia in un bosco sacro, custodito da un enorme serpente sempre sveglio. Il
Re Eeta non accolse la sua richiesta. Fortunatamente per il buon esito della spedizione, la figlia del re,
Medea, s'innamorò di Giasone e si offrì di aiutarlo a rubare il vello. Di notte i due furtivamente si recarono
nel bosco dove il vello d'oro brillava come una nuvola illuminata dal Sole nascente. Medea ammaliò il
serpente così da farlo addormentare mentre Giasone portava via il vello. Secondo Apollonio Rodio, il vello
era delle dimensioni della pelle di una giovane mucca, e quando Giasone se lo buttò sulle spalle quello lo
coprì fino ai piedi. Il terreno prese a brillare della luce che quella lana dorata lasciava dietro di sé mentre
Giasone e Medea scappavano. Quando finalmente non furono più inseguiti dalle truppe del Re Eeta, essi
usarono il vello come coperta per il loro talamo. Il suo luogo di riposo finale fu il tempio di Zeus a
Orcomeno, dove Giasone lo appese al suo rientro in Grecia.

Nell’antichità
Nelle vecchie carte celesti l'ariete è rappresentato in posizione accucciata, ma senza ali, con la testa
rivolta verso il Toro. Non è una figura che si distingue bene in cielo. Il suo tratto più evidente è una linea
curva di tre stelle, che segna il punto della testa. Di queste tre stelle, Alfa dell'Ariete si chiama Hamal,
dalla parola araba che significa ariete; Beta dell'Ariete è Sheratan, che in arabo vuol dire «due» di qualche
cosa (forse due segni o due corna, poiché originariamente si usava sia per questa stella che per quella
vicina, Gamma dell'Ariete) e Gamma dell'Ariete è Mesarthim, una curiosa rielaborazione di al-sharatan, il
nome che prima aveva in comune con Beta dell'Ariete. In astronomia, l'Ariete ha molta più importanza di
quanto non farebbe pensare la sua brillantezza, poiché ai tempi dei Greci conteneva il punto cardinale
noto come equinozio di primavera. Ma l'equinozio di primavera non è fisso, a causa della lenta oscillazione
dell'asse terrestre nota come precessione. A causa del fenomeno non esiste più alcuna corrispondenza
sulla volta celeste fra la costellazione astronomica dell'Ariete ed il relativo segno zodiacale, sebbene,
secondo gli astrologi, le caratteristiche ascritte in astrologia al segno zodiacale corrispondente sarebbero
in realtà relative al simbolismo della figura che le stelle nella volta celeste ritraggono, e non come
erroneamente si pensa alla loro intrinseca posizione.

In astrologia
Secondo l'astrologia occidentale, l'Ariete è un segno zodiacale cardinale e di fuoco. È governato da Marte e
Plutone. In questo segno il Sole si trova in esaltazione, Venere in esilio, Saturno in caduta. È opposto al
segno della Bilancia. Il suo metallo è il ferro, le sue pietre preziose e minerali sono il diamante, il rubino,
l'ametista, pietre rosse in genere, ossidiana, zolfo e pirite. I suoi colori: il rosso vermiglio, fuoco, il colore
del sangue e di Marte. Nel significato simbolico attribuitogli dall'astrologia occidentale, il primo segno
dello zodiaco rappresenta la vita e la morte; dall'ariete prendono vita tutti gli altri segni e, secondo alcuni
autorevoli astrologi, il segno avrebbe in embrione caratteristiche peculiari di ciascuno degli altri segni.
Per questo motivo, nella sua apparente semplicità, l'ariete è talvolta visto come il più inafferrabile tra i
dodici segni, capace di dar luogo a personalità tra loro assai diverse. In generale, tuttavia, le persone con
posizioni di rilievo in Ariete sono energiche, appassionate e impulsive. Impazienti ed egoiste, amano
detenere il potere. Hanno un carattere battagliero ed uno spirito giovanile. Come nel caso dell'animale
che le rappresenta, tendono ad affrontare la vita a testa bassa.

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TAURINI

Il Minotauro
Il Minotauro (Μινώταυρος) è una figura della mitologia greca, un essere mostruoso e feroce, metà uomo e
metà toro. Era figlio del Toro di Creta e di Pasifae regina di Creta ed il suo vero nome era Asterio o
Asterione. Minosse, re di Creta, pregò Poseidone di inviargli un toro, come simbolo dell'apprezzamento
degli dei verso di lui in qualità di sovrano, promettendo di sacrificarlo in onore del dio. Poseidone
acconsentì e gli mandò un bellissimo e possente toro bianco di un valore inestimabile. Vista la bellezza
dell'animale, Minosse decise di tenerlo per le sue mandrie. Il Dio, allora, per punirlo, fece innamorare
perdutamente Pasifae, moglie di Minosse, del toro stesso. Nonostante quello fosse un animale e lei una
donna, ella desiderava ardentemente accoppiarsi con esso e voleva a tutti i costi soddisfare il proprio
desiderio carnale. Vi riuscì nascondendosi dentro una giovenca di legno costruita per lei dall'artista di
corte Dedalo. Dall'unione mostruosa nacque il Minotauro, termine che unisce, appunto, il prefisso "minos"
(che presso i cretesi significava re) con il suffisso "taurus" (che significa toro). Il Minotauro aveva il corpo
umanoide e bipede, ma aveva zoccoli, pelliccia bovina, coda e testa di toro, era selvaggio e feroce,
perché la sua mente era completamente dominata dall'istinto animale. Minosse fece rinchiudere il
Minotauro nel labirinto costruito da Dedalo. La città di Atene, sottomessa allora da Creta, doveva inviare
ogni anno (secondo altre fonti: ogni tre o ogni nove anni) sette fanciulli e sette fanciulle da offrire in
pasto al Minotauro, che si cibava di carne umana. Tèseo, figlio del re ateniese Ègeo, si offrì di far parte
dei giovani per sconfiggere il Minotauro, ma Arianna, figlia di Minosse e Pasifae, si innamorò di lui.
All'entrata del labirinto, Arianna diede a Tèseo il celebre "filo d'Arianna", un gomitolo (di filo rosso,
realizzato da Dedalo) che gli avrebbe permesso di non perdersi una volta entrato. Quando Teseo giunse
dinanzi al Minotauro, attese che si addormentasse e poi lo pugnalò (secondo altri, lo affrontò e lo uccise
con la spada). Uscito dal labirinto Tèseo salpò con Arianna alla volta di Atene, montando vele bianche in
segno di vittoria, ma poi abbandonò la fanciulla dormiente su un'isola deserta (l’isola di Nasso, donde il
detto, abbandonare in Nasso o popolarmente, in asso). Il motivo di tale atto è controverso. Si dice che
l’eroe si fosse invaghito di un’altra o che si sentisse in imbarazzo a ritornare in patria con la figlia del
nemico, oppure che venne intimorito da Dioniso in sogno, che gli intimò di lasciarla là, per poi
raggiungerla ancora dormiente e farla sua sposa. Arianna, rimasta sola, iniziò a piangere fino a quando
apparve al suo cospetto il dio Dioniso che per confortarla le donò una meravigliosa corona d'oro, opera di
Efesto, che venne poi, alla sua morte, mutata dal dio in una costellazione splendente: la costellazione
della Corona. Poseidone, adirato contro Tèseo, inviò una tempesta, che squarciò le vele bianche della
nave, costringendo l'eroe ateniese a sostituirle con quelle nere. Infatti a Teseo, prima di partire, fu
raccomandato da suo padre Ègeo di portare due gruppi di vele, e di montare al ritorno le vele bianche in
caso di vittoria, mentre, in caso di sconfitta, di issare quelle nere. Ègeo, vedendo all'orizzonte le vele
nere, si gettò disperato nel mare, il quale poi dal suo nome fu chiamato mare di Ègeo, cioè Mar Ègeo.

La costellazione del Toro


Il Toro (in latino Taurus) è una grande e prominente costellazione del cielo invernale boreale, tra l'Ariete
ad ovest e i Gemelli ad est; verso nord si trovano il Perseo e l'Auriga, a sudovest Orione e a sudest Eridano
e la Balena. Il Toro è una costellazione di dimensioni medio-grandi situata nell'emisfero boreale, facile da
individuare e ben nota, la sua caratteristica più conosciuta in assoluto è la presenza delle brillanti Pleiadi,
il più luminoso ammasso di stelle dell'intera volta celeste. Le Pleiadi, riconoscibili con facilità anche dai
meno esperti, si trovano nella parte più occidentale della costellazione, la quale continua in direzione est-
sudest verso un altro gruppo di stelle molto noto e luminoso, quello delle Iadi. Le Iadi, che appaiono
dominate da una stella arancione di magnitudine 0,8, chiamata Aldebaran, costituisce l'occhio del Toro.
Verso oriente si stendono poi le corna dell'animale, rappresentate dalle stelle β Tauri (El Nath) e ζ Tauri,
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poste sul bordo della scia luminosa della Via Lattea. Lo sfondo della costellazione è pervaso da un gran
numero di stelle di quinta e sesta magnitudine, ma esplorando con un binocolo mancano quasi del tutto le
stelle di settima e ottava grandezza, specialmente sul lato nord; ciò è dovuto alla presenza di grandi
banchi di polveri, facenti parte del complesso oscuro Taurus-Auriga. Nonostante sia una costellazione
boreale, il Toro è ben osservabile da tutte le aree abitate della Terra, il periodo più propizio per la sua
osservazione nel cielo serale va da ottobre ad aprile. Nell'emisfero nord è una tipica figura del cielo
stellato invernale, la cui discesa ad ovest subito dopo il tramonto del Sole indica l'arrivo prossimo
dell'estate. Aldebaran (α Tauri) è la stella principale; si tratta di una stella gigante arancione,
rappresentante l'occhio del Toro. La sua magnitudine è 0,87, e si trova in un campo ricco di stelle visibili
ad occhio nudo, nell’ammasso delle Iadi. La sua distanza è stimata sui 65 anni luce. Alnath (β Tauri) è una
stella azzurra in comune con l'Auriga; costituisce uno dei corni del Toro. La stella, di magnitudine 1,65,
dista 131 anni luce. Alcyone (η Tauri) è la stella più brillante dell'ammasso delle Pleiadi; brilla di luce
azzurra di magnitudine 2,85, distante 368 anni luce. Alheka (ζ Tauri) è una stella azzurra che rappresenta
il corno meridionale del Toro; ha magnitudine 2,97 e dista 417 anni luce. Il Toro è attraversato nella sua
parte più orientale dalla Via Lattea; questo fa sì che nella costellazione siano presenti oggetti
appartenenti alla nostra Galassia. Tuttavia, gli oggetti maggiori si trovano nella regione ovest: la regione
orientale infatti, e in particolare quella settentrionale, è fortemente oscurata da un grande complesso
oscuro, la regione nebulosa oscura del Toro e dell'Auriga, una densa nube molecolare in cui ha luogo la
formazione stellare; alla periferia di questo complesso è stata scoperta quella che poi è divenuta la stella
prototipo di una particolare classe di stelle giovanissime, la variabile T Tauri. Un altro oggetto, visibile
con un telescopio, è la Nebulosa del Granchio (M1), un resto di supernova a nordest di ζ Tauri. L'esplosione
che lo generò fu visibile dalla Terra il 4 luglio 1054, e fu così brillante che rimase visibile in pieno giorno
per molti mesi. Fu addirittura registrata dai testi storici cinesi e dagli Indiani d'America.

Vari pianeti per un unico popolo


Stabilire quale sia il pianeta di origine di questa razza aliena non è compito facile, possiamo però
affermare che l’evoluzione di questa civiltà, si è svolta attraverso la colonizzazione di vari pianeti,
pressoché interni alla costellazione del Toro. Aldebaran era una stella fortunata, che portava ricchezze ed
onori, ed era insieme ad Antares, Regolo e Fomalhaut, una delle quattro "stelle reali" dei Persiani dal
3.000 a.C. Molto probabilmente la loro civiltà si è sviluppata su un pianeta attorno ad Aldebaran, un
pianeta molto grande, roccioso e posto ad una considerevole distanza dalla stella, essendo una gigante.
Nel 1997 è stata annunciata la possibile scoperta di un grande pianeta, o di una piccola nana bruna,
orbitante attorno alla stella, con una massa minima pari a 11 volte quella di Giove e posto alla distanza di
1,35 unità astronomiche; il pianeta non è ancora stato confermato. Forse sarà questo il pianeta di origine
dei Taurini, un pianeta dove, a causa delle particolari condizioni interne a questo complesso, quanto
affascinante sistema solare, la vita si è sviluppata in un modo del tutto inaspettato. Probabilmente non
doveva discostarsi molto dalle particolarità lussureggianti del clima e delle forme di vita presenti sul
pianeta degli Arieti, in quanto l’origine “bovide”, sviluppata dall’Uomo Primo, era comune per entrambi,
come molto probabilmente le due razze hanno avuto un origine, o comunque una manipolazione
successiva ed esterna (indotta da UP), del tutto simile. Il pianeta, gigantesco, era formato da imponenti
catene montuose, pianure immense e vastissimi oceani. Con una atmosfera dall’altissima concentrazione
di anidride carbonica, la vita in esso contenuta si è sviluppata nel corso della sua storia, raggiungendo
forme ciclopiche, con vegetazione, tra cui “alberi” anche alti centinaia di metri o forse chilometri. Forme
di vita animali difficili da descrivere, non solo per la grande quantità in esso presenti, ma anche per
varietà e tipologia. Anche i diversi pianeti dove la civiltà taurina ha abitato, sia nelle altre stelle della
costellazione del Toro, che esterne, avevano più o meno le stesse caratteristiche del pianeta di origine,
seppure con le dovute differenze. Necessità di questo popolo era quello di avere un pianeta dai vasti
spazi, dove poter prosperare liberamente e dal quale sfruttare ogni possibile risorsa. Sicuramente colonie
ci sono state nelle stelle delle Iadi, nell’ammasso delle Pleiadi, soprattutto nella stella Alcione (η Tauri),
in comune anche con altre razze aliene per periodi di tempo più o meno lunghi (attualmente abitate da
ulteriori altre razze aliene). Attualmente di quel pianeta originario attorno ad Aldeberan non rimane quasi
nulla della bellezza di un tempo, non solo per la distruzione avvenuta in passato da parte di altre razze
aliene, durante la prima guerra galattica, ma anche perché Aldebaran stessa, ha incrementato la sua
massa e quindi il suo calore su tutti i pianeti in esso contenuti. Stessa sorte è toccata anche agli altri
pianeti colonizzati dai Taurini, distrutti o conquistati e riutilizzati da altre razze per altri scopi ed
esigenze, completamente diverse.

Arieti e Taurini, un origine in comune


Esiste un quadro molto significativo di Carlos Schwabe (1877 – 1926), pittore simbolista svizzero-tedesco,
che rappresenta un Fauno. Il Fauno è una figura della mitologia romana, una divinità della natura, in
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particolare della campagna e dei boschi. Il suo aspetto è dalle forme umane, ma con i piedi di capra e con
le corna sulla fronte. Più tardi fu fatto corrispondere al Satiro della mitologia greca, benché quest'ultimo
fosse legato al culto del dio Dioniso (Bacco per i Romani).

Partendo da questa figura sarà molto più semplice ricostruire l’aspetto della razza Taurina, ma anche
quella degli Arieti.

In questo immagine è raffigurato invece Teseo che uccide il Minotauro, scultura di Antoine-Louis Barye,
(1796 – 1875) scultore francese. Come accaduto sulla Terra, dove all’interno della razza bovide si trovano
sia arieti che tori, anche nella galassia è avvenuta la stessa cosa. Molto probabilmente la razza dei Taurini
doveva trovarsi in origine sullo stesso pianeta in cui vi abitavano gli Arieti e che poi, successivamente, una
volta manipolati, sono stati portati in un’altra costellazione, quella del Toro. Tale divisione è stata
necessaria per permettere ad una sola razza di vivere e svilupparsi su un pianeta, in modo da non
intralciare le loro evoluzioni e creare conflitti. Da queste ricostruzioni artistiche, è facile riscontrare come
doveva essere l’aspetto di entrambe queste razze, per molti aspetti del tutto simili. Comune era il busto e
il pube dalla forma quasi umana, mentre le gambe restavano animali e ripiegate, permettendo anche la
posizione da “quadrupede”. Le braccia si concludevano con delle mani dove si fondeva la precedente
forma di zampa e sul dorso, dal collo sino al fondoschiena, era presenta una folta pelliccia di diverso
colore. La testa ovviamente differiva notevolmente nella morfologia, soprattutto le corna: quelle degli
ariete erano lunghe ed orizzontali, mentre le corna dei Taurini, possenti e verticali.
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Chi erano i ribelli Taurini


E’ in questo contesto che appare la civiltà del “Toro”, un primordiale animale, possente, grande, dalla
forza indescrivibile, un animale simile ai nostri tori, bisonti e bufali, fusi insieme in un qualcosa di unico.
Grazie a tutte questa particolarità, venne deciso in origine il suo sviluppo, come avvenuto con tante altre
razze primigenie (arieti, tori, felini, canidi, sauroidi, mantidi, etc.), perché molto probabilmente le
caratteristiche di questa razza aliena, sarebbero potute risultare utili. In effetti, questa antichissima
razza, fu tra le più potenti e temute della galassia, perché fu una civiltà altamente sofisticata e quanto
mai complessa, sia culturalmente che tecnologicamente e perché fu investita, probabilmente dal suo
creatore (UP), del ruolo di guardiano per la messa in sicurezza di tutti i sistemi solari e le costellazioni,
dove l’Uomo Primo, aveva avviato il suo nuovo progetto di vita. Da qui nasce il mito del Minotauro e del
suo compito di proteggere il celeberrimo labirinto, un labirinto che in realtà, rappresenta in modo
archetipico, un complesso progetto di portata cosmica, dove il labirinto stesso, in realtà, si trova nel cielo
tra le varie costellazioni attorno alla Terra, e che doveva restare segreto e ben custodito.
Originariamente, animali selvaggi che vivevano allo stato brado, con caratteristiche di vite molto simili a
quelle degli Arieti, ad un certo punto della loro tranquilla esistenza, si presenta un entità che cambierà
per sempre il corso della loro vita. L’Uomo Primo, attuerà una manipolazione che porterà allo sviluppo di
una civiltà evoluta, culturalmente e tecnologicamente, modificando pesantemente anche la loro
costituzione fisica, la quale da quadrupede, diventerà bipede e dall’aspetto molto più umanoide. La razza
degli Taurini si distingueva in maschi (dalla pelle color marrone scuro) e femmine (dalla pelle color
marrone chiaro). Tutte e due le tipologie presentavano un corpo alto, quasi quattro metri, possente e
molto forte, muscoloso sia nei maschi che nelle femmine. Caratteristica comune era la testa, con il muso
schiacciato e forti e lunghe corna verticali. Altra caratteristica era la pelle, quasi simile al cuoio,
presentando una vera e propria folta pelliccia, come negli Arieti, posizionata tra il collo, gli avambracci,
le spalle, sino quasi a scendere sul fondo schiena, tale pelliccia era dello stesso colore della pelle. Fisico
possente e forte, quasi del tutto umanoide e bipede, ancora portava insito nella sua natura l’aspetto
primordiale e quadrupede. Altra somiglianza con la razza degli Arieti, erano gli arti. I fianchi, sporgenti e
dalla grossa ossatura, permettevano ancora ai Taurini di poter prediligere, a seconda delle situazioni, la
posizione eretta o quella a quattro zampe e proprio grazie a questa particolarità, avevano tenuto agli arti
inferiori una sorta di zoccolo. Gli arti superiori, invece, si erano evoluti diversamente, oltre allo zoccolo
più piccolo ancora presente, si trovava una sorta di mano, formata da cinque tozze dita. La società dei
Taurini era molto semplice. Originariamente abitavano sulla superficie del pianeta in agglomerati urbani
dagli edifici dalla particolare forma cubica. Potremmo parlare di “Civiltà al Cubo”, data l’architettura
sfaccettata, deformata, con edifici originari, inglobati all’interno di altri attraverso forme geometriche
ben precise. Quando successivamente le condizioni sono diventate proibitive a causa del surriscaldamento
della stella Aldebaran, buona parte degli edifici sono stati abbandonati e tutta la loro civiltà si è trasferita
nel sottosuolo, riportando la stessa capacità in profondità e specularmente al contrario di come lo era in
superficie. Gli interni vasti e asettici, si contraddistingueva per una intensa luce presente in alcune sale,
al contrario di altre quasi immerse nell’oscurità. Questo contrasto era presente nella vita pubblica e
privata, a seconda delle diverse esigenze e situazioni quotidiane. La società, strutturalmente molto
semplice, presentava al vertice una guida o sorta di dittatore, con funzioni di governatore dell’intero
pianeta (stessa cosa avveniva in ogni colonia, l’unione dei dittatori di ogni colonia formava il “Grande
Consiglio”), a scendere esistevano dei sotto-dittatori o governatori, incaricati di amministrare gli
agglomerati urbani delle colonie-capitali. I Taurini vivevano tutti insieme, non c’erano come sulla Terra,
città o paesi sparsi, anche distanti o di pochi abitanti, da subito si erano concentrati in una vastissima
pianura e li avevano creato la loro unica e gigantesca città, talmente grande da contenere miliardi di
individui. Quindi l’unica città o capitale era l’insieme di tanti agglomerati urbani, sparsi in un territorio
sconfinato. Fortemente militarizzati, sin da giovanissimi tutti i maschi venivano avviati ad un duro
addestramento che alla maggiore età, li avrebbe portati a svolgere le più diverse mansioni nell’esercito.
Le femmine, al contrario, erano dedite al lavoro “casalingo”, alla crescita dei piccoli, ma anche a svolgere
tutte le attività amministrative pubbliche, ricoprendo anche alte cariche.

Che cosa accadde


Come avvenuto per gli Arieti, un’altro sacrificio è alla base della loro scomparsa. Questo spiegherebbe,
come anche per gli Arieti, perché nelle culture antiche della Terra, era usuale nei sacrifici agli dei,
porgere Tori, portando sul piano umano un retaggio di un sacrificio molto più grande e che si era
consumato in un mondo lontano. Tutto è iniziato quando gli Arieti si ribellarono al progetto del loro
creatore (l’Uomo Primo), quando capirono che sino a quel momento, erano soltanto stati usati per un
scopo ben preciso. Da sempre grandi alleati, non solo per l’origine in comune, ma anche per una
inossidabile amicizia e collaborazione, mossero guerra contro la primigenia “Gerarchia Superiore”: Felini,
Canidi, Horusiani e Sauroidi. Questa alleanza, seppure potente e temuta, non ebbe la meglio contro le
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altre razze, ben più numerose, e finì per essere completamente distrutta. Si pensa che esistano ancora dei
superstiti di questa razza, in qualche pianeta di costellazioni più lontane.

Nelle altre mitologie


Sappiamo con certezza che Gilgamesh fu un giovane re di Uruk, appartenente alla prima dinastia (circa
2600 a.C.). La sua opera più famosa fu la costruzione delle mura di Uruk, come è menzionato nel poema
“l’Epopea di Gilgamesh” e confermato da un successivo re della città, Anam, il quale, parlando della
ricostruzione delle mura, le definisce un’antica opera dell’eroe. Il poema, formato da 12 tavolette di
argilla trovate durante il secolo scorso a Ninive, tra le rovine del tempio di Nabu e della biblioteca di
Assurbanipal, si apre con una breve dichiarazione sulle imprese e sulle fortune di questo personaggio, un
prologo che presenta Gilgamesh come un grande saggio e sapiente, come colui che fece un lungo viaggio
alla ricerca dell’immortalità e che, esausto e rassegnato, tornò a casa e scrisse su una tavoletta tutto ciò
che aveva fatto e sofferto. A questa presentazione fa seguito la storia vera e propria. Nella Tavoletta V,
Gilgamesh ed il suo amico Enkidu uccidono un terribile gigante, Humbaba, quindi tornati a Uruk si lavano e
indossano abiti puliti e una fusciacca. La bellezza di Gilgamesh colpisce la dea Ishtar, l’impetuosa e
aggressiva dea babilonese della fecondità e dell’amore, nonché protettrice delle meretrici e dei luoghi
dove si beveva birra, ma Gilgamesh non è tentato dalla dea ed elenca, con disarmante franchezza, le
sventure che hanno colpito i suoi precedenti amanti, trattati dalla dea con estrema crudeltà, uccisi o
torturati oppure trasformati in rane o in lupi. Ishtar, non abituata a sentir parlare con tanta sincerità, salì
nell’alto dei cieli e chiese al padre Anu (il dio del cielo) il Toro del Cielo per distruggere Gilgamesh. Anu
tentò di placarla, ma Ishtar si infuriò tanto da minacciare di rompere i cancelli dell’oltretomba e di
lasciare liberi i morti. Le sue terribili minacce ebbero effetto sul padre, ed essa rientrò a Uruk tenendo in
mano le redini del Toro del Cielo. Questo Toro era, per i popoli mesopotamici, il Toro del Paradiso.
Davanti al fiume, il Toro sbuffò e nella terra si aprì un crepaccio in cui precipitarono centinaia di giovani
guerrieri di Uruk. Sbuffò di nuovo e si aprì un altro crepaccio in cui caddero altri guerrieri. Quando sbuffò
per la terza volta, un ulteriore crepaccio si aprì ed anche Enkidu vi cadde dentro. Prontamente balzò
fuori, afferrò la coda del Toro per distrarlo, permettendo a Gilgamesh di affondare la sua spada
nell’enorme collo. Quindi Enkidu squartò il toro e ne gettò i pezzi in cielo, contro Ishtar. Tale
smembramento forse spiega come tutte le mappe stellari, anche le più antiche, rappresentano la
costellazione del Toro solo con la parte anteriore dell’animale. Il muso dell’animale è formato
dall’ammasso stellare a forma di V noto come Iadi; Il suo occhio rosso e scintillante è costituito dalla
stella Aldebaran; le punte delle lunghe corna sono rappresentate da b (beta) e z (zeta) Tauri. Vicino a z
(zeta) Tauri esiste M1 (NGC 1952), la Nebulosa Granchio, della quale si conosce esattamente l’età. Gli
astronomi di corte cinesi riportarono nelle loro cronache di una “stella ospite” apparsa il 4 luglio 1054. La
stella brillò così luminosa da poter essere osservata in pieno giorno per ben 23 giorni. M1 deriva
dall’esplosione di una supernova. Il dorso del Toro è rappresentato da un altro ammasso stellare, il
celebre ammasso delle Pleiadi. La gigante rossa Aldebaran, distante da noi 68 anni luce ha un diametro 46
volte maggiore di quello del Sole. Il nome Aldebaran pare derivi dall’arabo Al Dabaran, che significa
“l’inseguitrice”, infatti la stella “segue” il gruppo delle Pleiadi. Gli Inuit conoscono Aldebaran, come
Nanurjuk, “l’orso polare”, inseguito dai cacciatori, Ullaktut, che, dispersi durante una caccia, furono
trasferiti insieme nel cielo, rappresentati dalle tre stelle della cintura di Orione. Il toro, o più
generalmente il bovino, nelle regioni indo-mediterranee, rappresenta gli dei celesti a causa della
fecondità infaticabile e incontenibile di Urano, dio del cielo. Simbolo della forza creatrice, il toro ha
rappresentato il dio El sotto forma di una statuetta di bronzo, destinata ad essere fissata alla sommità di
un bastone o di un’asta: insegna portatile simile a quella del Vitello d’Oro. I prototipi di questi emblemi
religiosi risalgono all’inizio del terzo millennio avanti Cristo. Il culto di El, praticato dai patriarchi ebraici
immigrati in Palestina, fu proscritto da Mosè, ma esso continuò ad esistere fino al regno di Davide, come
attestano le statuette di toro sacro, influenzate dall’arte egizia, che risalgono a quella data. Anche il dio
vedico Indra è paragonato a un toro. Gli inni vedici celebrano la vacca, intesa qui nel senso simbolico
generale del bovino, come una divinità:

“la Vacca ha danzato sull’oceano celeste e ci ha portato i versi e le melodie...


la Vacca ha per arma il sacrificio e dal sacrificio è nata l’intelligenza...
la Vacca è tutto ciò che è, Dio e Uomini, Asura e Profeti...
in Essa risiede l’Ordine divino, la Santità, l’Ardore cosmico.
Sì, la Vacca fa vivere gli Dei, la Vacca fa vivere gli Uomini”

Il bovino si ricollega così al complesso simbolico della fecondità: corno, cielo, acqua, fulmine, pioggia. Il
toro è l’emblema di Indra ma anche quello di Shiva, come tale è bianco, nobile, la sua groppa evoca una
montagna nevosa. Rappresenta l’energia sessuale: ma cavalcare il toro, come fa Shiva, vuol dire dominare
e trasformare questa energia per la sua utilizzazione Yogica e spirituale. Il toro di Shiva, Nand",
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rappresenta la giustizia e la forza, il Dharma, l’ordine cosmico e per questa ragione è detto insondabile o
mistico. Il toro vedico Urishaba, è il “sostegno del mondo della manifestazione”, colui che, dal centro
immobile, mette in movimento la ruota cosmica. Nella leggenda esso ritira uno dei suoi zoccoli dalla terra
al termine di ciascuna delle quattro età: quando li avrà ritirati tutti, le pietre del mondo saranno
distrutte. I Sioux attribuiscono lo stesso ruolo al bisonte primordiale. Anche presso i popoli altaici e nelle
tradizioni islamiche, il toro appartiene al ciclo di simboli-sostegni della creazione, i cosmofori, come la
tartaruga. È infatti talvolta posto fra due sostegni sovrapposti: una tartaruga sostiene una roccia, che
sostiene un toro, che sostiene la terra... In altre civiltà altri animali, come l’elefante, svolgono lo stesso
ruolo. Incarnazione delle forze ctonie, sotterranee, anche per i numerosi popoli turco-tatari, il toro
sopporta il peso della terra, sul dorso o sulle corna. Il simbolo del toro è anche legato a quello del
temporale, della pioggia e della Luna. Nelle culture arcaiche, e ancora oggi fra i Mongoli e gli Yakuti, si
riscontra la credenza di un toro acquatico, nascosto in fondo ai laghi e che muggisce prima di un
temporale. Il muggito è stato spesso paragonato all’uragano o al tuono, entrambi manifestazioni della
forza fecondante. In Egitto la divinità della Luna era il “Toro delle stelle”, Osiride, raffigurato a volte
appunto come un toro. In Persia la Luna era Gaocithra, “conservatore del seme del toro”, poiché si
narrava che il toro primordiale deponeva il suo seme nell’astro della notte. Molte lettere, geroglifici e
segni sono in rapporto sia con le fasi lunari che con il toro, le cui corna sono spesso paragonate alla
crescita della Luna. Emblematico in questo senso è la prima lettera dell’alfabeto ebraico, Alef, che
rappresenta la testa di un toro stilizzata, ed è simbolo della Luna durante la prima settimana. In quasi
tutta l’Asia il toro nero è riferito alla morte. In India e in Indonesia esiste l’uso di bruciare il corpo dei
principi in un feretro a forma di toro. Per i Tatari dell’Altai, il Signore degli Inferi è raffigurato sia in una
barca nera senza remi, sia in groppa ad un toro nero che cavalca a rovescio. Egli tiene in mano un
serpente o un’ascia a forma di Luna e a lui si sacrificano tori neri. Nell’Europa del nord il toro era visto più
come simbolo di forza. Presso i Celti un eroe o un re di grande valore militare è spesso chiamato “toro del
combattimento”. In Gallia, l’iconografia presenta un toro con tre corna: il terzo corno rappresenta ciò che
in Irlanda si chiama Lon Laith, “luna dell’eroe”, una specie di aura sanguigna che sgorga dalla cima del
cranio dell’eroe in stato di eccitazione guerriera. Ma il toro può anche avere la peggio: è la vittima di
quello che in Irlanda viene definito il “festino del toro”, prima parte del rituale dell’elezione regale. Si
sacrifica l’animale, un poeta (figura molto amata ancora oggi in Irlanda) mangia un po’ di carne, beve
brodo a sazietà, si addormenta e in sogno vede il candidato re che deve essere scelto dall’assemblea dei
nobili. Anche Plinio, nella sua “Storia Naturale”, parla di sacrificio di tori bianchi a proposito della
raccolta del vischio. Le corride sono l’estrema e più antica usanza, ancora oggi in uso, di supremazia
dell’Uomo nei confronti di questo possente e forte animale.

* * *
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FELINI

Narasimha
Narasimha ("uomo-leone"), chiamato anche Narasingh e Narasinga in devanagari, è la quarta incarnazione
o avatar di Shri Visnu nei Veda e nei Purana, testi sacri dell'Induismo. Con un suo precedente avatar,
Varâha, Visnu aveva ucciso il rakshasa Hiranyaksha, il fratello di questi, Hiranyakashipu, ebbe dunque in
odio Sri Visnu e i suoi seguaci, e decise di guadagnare poteri magici per combatterlo. Celebra dunque una
cerimonia per Brahma e affronta una dura penitenza, al termine della quale Brahma, compiaciuto dal suo
gesto, si offre di esaudire un suo desiderio, non potendo chiedere l'immortalità, chiede di non morire né in
terra né in cielo, né nel fuoco né nell'acqua, né di giorno né di notte, né in un palazzo né fuori, né per
mano di uomo né di animale, né di dio né ad opera di ogni essere vivente o inanimato. Con il potere
derivategli da questo desiderio può quindi partire nella sua guerra contro i muni e i seguaci di Visnu. A sua
insaputa, il divino saggio Narada parla della grandezza di Visnu al figlio di Hiranyakashipu, Prahlada,
mentre questi è ancora nel grembo materno, e così Prahlada nascerà già ardente devoto di Visnu.
Hiranyakashipu non riuscirà a convincere suo figlio ad unirsi a lui nella lotta contro Visnu, e cercherà di
ucciderlo, ma il fanciullo è protetto dal dio e egli non riuscirà a toccarlo. Alla richiesta di riconoscere il
padre come Signore dell'Universo, Prahlada risponde che questo titolo spetta a Visnu, essendo egli
onnipresente, allora Hiranyakashipu indica una colonna e chiede se Visnu sia lì; Prahlada risponde "c'era,
c'è e ci sarà". Hiranyakashipu, infuriato, distrugge la colonna, e da essa compare Visnu nelle sembianze di
Narasimha. Per poter sconfiggere Hiranyakashipu, che non può essere ucciso da un uomo, da un animale o
da un dio, Narasimha è qualcosa di diverso, un dio incarnato in una creatura in parte umana in parte
animale. Appare a Hiranyakashipu al tramonto (quando non è giorno né notte) sulla soglia del palazzo (né
dentro né fuori), solleva il demone (né in terra né in cielo) e con i suoi artigli (né viventi né inanimati) lo
smembra. Dopo aver ucciso Hiranyakashipu, Narasimha non riesce a contenere la sua furia animalesca.
Secondo lo Shiva Purana, Narasimha fu placato da Sri Śiva sotto le sembianze di Sarabhesvara, ma nel
Bhagavata Purana si dice che nessuno dei semidei presenti fosse in grado di fermarlo, finché, su richiesta
di Narada, Prahlada fu portato al suo cospetto, e Narasimha si placò alle preghiere del suo devoto. È
invocato dai suoi devoti nei momenti di pericolo, e ci sono molte testimonianze di persone salvate da lui.

Sekhmet
Sekhmet il cui nome significa "Colei che è potente" era una divinità solare zoomorfa della mitologia egizia.
Centro del suo culto era a Letopolis nel 2°distretto del Basso Egitto. Veniva raffigurata come leonessa o
come una donna dalla testa leonina, ed a partire dalla XVIII dinastia acquisì anche i simboli divini quali il
disco solare, l'ureo ed il bastone uadj. Dalla parola egizia sekhem che significa potere derivano sia lo
scettro e, con l'aggiunta della desinenza et indicativa del femminile, il nome della dea. Figlia di Ra, nella
tarda teogonia menfita a partire dal Nuovo Regno, era membro della triade come sposa di Ptah e madre di
Nefertem, prendendo anche l'epiteto di "La grande, amata da Ptah". Era la terribile dea della guerra che
impersonificando i raggi dal calore mortale del sole incarnava il potere distruttivo dell'astro, ma anche
l'aria rovente del deserto i cui venti erano il suo alito di fuoco e con i quali puniva i nemici che si
ribellavano al volere divino. Rappresentava anche lo strumento della vendetta di Ra contro l'insurrezione
degli uomini imponendo l'ordine del mondo. Portava morte all'umanità ma era anche la dea protettrice dei
medici come citano alcuni papiri. Dal carattere molto pericoloso questa dea aveva quindi un lato benevolo
che richiedeva rituali specifici soprattutto durante gli ultimi cinque giorni dell'anno lunare, giornate
queste estremamente pericolose. Era temuta persino nell'Aldilà dove il malvagio Seth ed il serpente Apopi
venivano sconfitti dalla dea che abbracciava con le sue spire di fuoco Ra nel suo viaggio notturno.
Sekhmet incarnava il fiammeggiante Occhio di Ra ed era in questo caso assimilabile a Tefnet. Narra il mito
della Dea Lontana che Ra, adirato con gli uomini che avevano cospirato contro di lui, la inviò per
ucciderli, ma dovette poi fermarla ubriacandola con la birra, colorata di rosso come il sangue, per far
sopravvivere il genere umano. La dea, assetata di sangue, che stava uccidendo sistematicamente tutti gli
uomini dopo aver bevuto la birra si addormentò ed al risveglio prese le sembianze di Bastet che
rappresentava solo le qualità benefiche del sole. Per ricordare la terribile circostanza, nacque la Festa
dell'Ebbrezza, celebrata nella stagione di Akhet ossia dell'inondazione del Nilo e nella quale venivano
preparate grandi quantità di birra. L'attributo di Colei che è potente era in realtà attributo di Hathor e fu
quest'ultima, per punire gli uomini ribelli, che si trasformò in Sekhmet a sua volta identificata, oltre alle
già citate Bastet e Tefnet, anche in Uadjet. Più di cinquecento statue della dea sono state trovate nel
tempio di Karnak , fatte erigere da Amenofi III per non inimicarsi la crudele dea. Successivamente Mut, la
dea di Tebe, assorbì per sincretismo le caratteristiche ed i compiti della dea Sekhmet, che ne divenne così
il suo lato negativo ed oscuro.
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Bastet
E’ un'antica divinità della mitologia egizia, di norma raffigurata con corpo di donna e testa di gatto. Si
tratta di una divinità dai tratti solari simboleggiante il calore benefico del sole, venerata per la sua
potenza virile, la sua forza e la sua agilità. Centro del suo culto era la città di Per Bastet (la Bubasti dei
greci, attuale Zagazig, vicino al delta del Nilo), dove - secondo Erodono - si svolgevano anche dei
festeggiamento periodici in onore della dea, comprendenti processione di chiatte e riti orgiastici e dove è
stata rinvenuta una necropoli di gatti sacri mummificati, con relativo tempio. Alle origini, Bast era una
divinità del culto solare. Quando l'influenza greca si estese sulla società egiziana, Bast divenne una dea
lunare, in quanto i Greci la identificarono con Artemide. A partire dalla II Dinastia, Bastet venne
raffigurata come un gatto selvatico del deserto oppure come una leonessa con specifico riferimento alla
dea Sekhmet. Venne rappresentata come un felino domestico solo intorno al 1000 a.C. Bast era la "Figlia
di Ra", quindi aveva lo stesso rango di altre dee quali Maat e Tefnut. In più, Bast era uno degli "Occhi di
Ra", nel senso che veniva mandata specificamente ad annientare i nemici dell'Egitto e dei suoi dei. Da
quando i Greci identificarono Bast con Artemide, la dea fu detta "madre del dio dalla testa di leone Mihos"
(anch'egli venerato a Bubasti, insieme a Thoth), e fu raffigurata comunemente o come donna con la testa
di un gatto o come gatto vero e proprio. Racconta una leggenda che Bast, morsa da uno scorpione, fu
guarita da Ra. Gli Egiziani avevano un modo di dire: «non si accarezza la gatta Bastet prima di aver
affrontato la leonessa Sekhmet». Bast era infatti comunemente accoppiata a Sekhmet, la dea dalla testa
di leone di Memphis, Wadjet ed Hathor. Questo modo di dire affonda le sue radici nella leggenda di Ra
che, infuriato, provocò una siccità (evento terribile per gli egiziani che vivevano delle piene del Nilo).
Quando si fu calmato, Ra mandò Thot a cercare Bast in Nubia, dove la dea si nascondeva sotto forma di
leonessa (Sekhmet). Discendendo il Nilo, Bast si era bagnata nel fiume in una città sacra a Iside,
trasformandosi di nuovo in gatta ed era entrata trionfante a Per Bastet (città dei gatti), dove fu poi
trovata da Thot (per molti secoli gli egiziani hanno ripercorso il suo viaggio in venerazione dei gatti).
Secondo altre leggende, Bast era sorella di Sekhmet.

La costellazione del Leone


Il Leone (in latino Leo) è una grande costellazione zodiacale del cielo settentrionale, si trova infatti lungo
la linea dell'eclittica, tra la debole costellazione del Cancro, ad ovest, e la vastissima Vergine, ad est. Il
Leone è una grande costellazione zodiacale dell'emisfero nord, individuabile con facilità nei mesi fra
dicembre e giugno, nell'emisfero boreale, la sua presenza ad est dopo il tramonto indica il prossimo arrivo
della primavera, mentre nell'emisfero australe diventa una costellazione tipica dei cieli tardo-estivi e
autunnali. Le sue stelle principali formano un grande trapezio, al quale è connesso un famoso asterismo,
noto come La Falce, composto da Regolo, η Leonis e Algieba, assieme alle stelle più deboli Adhafera
(ζ Leonis), Ras Elased Borealis (µ Leonis) e Ras Elased Australis (ε Leonis). Anticamente la costellazione
era più estesa: la parte della testa comprendeva la parte settentrionale del Cancro e della Lince, mentre
la parte terminale della coda era rappresentata dalla famosa chioma di stelle che ora fa parte della
costellazione della Chioma di Berenice. La stella principale è Regolo, una stella azzurra di prima
grandezza, l'unica così luminosa a trovarsi ad appena 0,5° dall'eclittica; frequentemente la si può
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osservare in coppia con dei pianeti, in rari casi persino in congiunzione con essi, ed è frequentemente
occultata dalla Luna. Assieme a Aldebaran, Antares e Fomalhaut forma il quartetto di stelle note in
antichità come "le stelle regali". α Leonis (Regolo) è la stella più luminosa della costellazione, si tratta di
un astro di colore azzurro, di magnitudine 1,36 e distante 77 anni luce. È nota fin dall'antichità, sempre
con appellativi che richiamassero un qualcosa di "regale". γ Leonis (Algieba) è una stella doppia con
componenti di magnitudine 2,01 (la primaria, azzurra) e 3,80 (la secondaria), la sua distanza è stimata sui
126 anni luce. β Leonis (Denebola) è una stella bianca di magnitudine 2,14, distante 36 anni luce (dunque
relativamente vicina); si trova nella posizione opposta a Regolo rispetto alla costellazione ed indica la
coda dell'animale. δ Leonis (Zosma) è una stella bianca di magnitudine 2,56, distante 58 anni luce. ε
Leonis (Ras Elased Australis) è una stella gialla di magnitudine 2,97, distante 251 anni luce. θ Leonis
(Coxa)è una stella bianca di magnitudine 3,33, distante 178 anni luce. Nel Leone si trova una delle stelle
più vicine alla Terra: Wolf 359, distante 7,7 anni luce.

Regolo (designata α Leonis secondo la nomenclatura di Bayer; in latino Regulus) è la stella più brillante
della costellazione del Leone. Il nome Regulus deriva dal latino e significa "piccolo re", data la sua
posizione nella costellazione è conosciuta anche come Cor Leonis, "il cuore del Leone". Era una delle
quattro "stelle regali" dei Persiani, insieme a Aldebaran, Antares e Fomalhaut. Regolo presenta una
magnitudine apparente da Terra di 1,36, ed è la ventunesima stella più brillante del cielo notturno
terrestre, dista dal sistema solare 77,5 anni luce. La stella appartiene alla sequenza principale, è di tipo
spettrale B, ed è 4 volte più massiccia del Sole, trattandosi di una stella bianco-azzurra, è molto più calda
del Sole e circa 130 volte più luminosa. La stella ha una piccola compagna, distante 4200 unità
astronomiche, essa è in realtà sua volta una stella doppia, le cui componenti sono una stella di tipo
spettrale K1, con una massa pari all'80% di quella solare e una luminosità pari a poco meno di un terzo di
quella del Sole, e una compagna molto più debole di classe spettrale M e di massa pari a un quinto di
quella solare; queste due componenti distano fra loro 95 UA. Orbitano intorno alla principale con un
periodo di almeno 130 000 anni. Regulus si trova quasi sul piano dell'eclittica, per questo viene sovente
occultata dalla Luna, mentre più raramente, anche dai pianeti del sistema solare.

Il loro mondo
Descrivere il mondo degli alieni Felini e il sistema solare in cui si trova, non è compito facile. Data la
complessità del sistema stesso, che presenta ben 3 soli e un ampiezza tale da contenere 27 diversi
pianeti! La vita si è quindi sviluppata in modo del tutto diverso da come la concepiamo noi, molti di questi
mondi presentano condizioni favorevoli alla vita e buona parte, sono stati colonizzati dai Felini, inoltre è
sempre presente una illuminazione prodotta dai 3 soli, che salvo particolari congiunzioni o eclissi che si
verificano una volta ogni decina di migliaia di anni, rendono il buio pressoché sconosciuto. Il pianeta dei
Felini si trova nella fascia interna più prossima alla stella Regolo, ed è un pianeta massiccio e roccioso
grande quasi 8 volte la Terra. A causa del forte irraggiamento solare, presenta un atmosfera azzurro-
elettrico, con alte concentrazione di Azoto, Argon, Anidride Carbonica, Metano e soprattutto Ossigeno.
L’atmosfera del pianeta è unica nel suo genere, con formazioni di gigantesche tempeste all’equatore
(zona pressoché disabitata) con un clima più temperato, ma mano che ci si avvicina ai poli. Stranamente,
seppur il pianeta sia molto caldo, presenta ampie distese di ghiaccio ad entrambi i poli, con avanzamento
delle calotte sino a basse latitudini in ampi periodi misurati in migliaia di anni, che quasi arrivano a
lambire le città-stato. Su tutto il pianeta esistono ben otto grandi continenti, circondati da dodici oceani.
Le profondità degli abissi possono raggiungere anche i 20.000 metri di profondità, mentre la montagna più
alta, tocca quasi i 30.000 metri di altezza. Senza dubbio un pianeta pieno di record geofisici. Gli altri
pianeti, soprattutto i nove abitabili e colonizzati, presentano una grandezza diversa, seppure tutti minori
rispetto al pianeta principale, con diverse caratteristiche atmosferiche, geologiche e ambientali. Ogni
pianeta è stato comunque modellato, in grado di renderlo simile al pianeta di origine, e quindi del tutto
vivibili nelle migliori condizioni. Ricchi di materie prime, sono sottoposti a pressanti e spesso distruttivi
interventi di sfruttamento, che spesso creano problemi a cui raramente viene trovata una soluzione. Un
decimo pianeta, un tempo abitabile, si è trasformato in un “deserto”, mentre ampie zone della superficie
sono collassate al seguito del completo svuotamento di gas, liquidi naturali e materiali di vario genere,
presenti nel sottosuolo e in superficie.

Esistono migliaia di città-stato sparse nel loro mondo, tutte posizionate nella fascia temperata del pianeta
a nord e a sud dell’equatore. Ogni città-stato è amministrata da un governatore e l’insieme di tutti loro,
formano il “senato” che ogni 3 mesi (un anno dura 22 anni terrestri!) si riunisce nella capitale per
deliberare leggi e decisioni, insieme al “comandate supremo”. Rispetto ad altre razze aliene, il
“comandante supremo” viene eletto ogni 12 anni (264 anni dei nostri) in modo del tutto democratico,
attraverso una rosa di candidati scelti dal “senato”. Essendoci completa parità dei sessi, si alternano al
comando sia comandanti maschi che femmine, cambiando ad ogni amministrazione, tipologia di guida
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spirituale: patriarcale o matriarcale. Riguardo alle città, descriverò la capitale, la quale fa da modello a
tutte le altre migliaia di città-stato sparse sul pianeta. Divisa in migliaia di settori, ben delimitati e
perfettamente squadrati e allineati tra di loro, da formare infiniti quartieri per una migliore ed efficiente
organizzazione, presenta edifici dall’architettura avveniristica a forma triangolare. In genere si parte
dalle periferie con edifici bassi (decine di metri) dove abitano singole famiglie, sino a crescere per
quantità ed altezza, man mano che ci si avvicina al centro. Le enormi dimensioni della città si
caratterizzano per una latitudine di più di 300 km (nord-sud) e una longitudine di 300 km (est-ovest), su
un territorio di centinaia di migliaia di chilometri quadrati. I palazzi nel centro cittadino, sede del potere
politico, religioso e amministrativo, sono strutture gigantesche alte sino ad un massimo di 10 km,
intersecate tra di loro, grazie alla loro particolare struttura triangolare. Tutti gli edifici hanno un colore
nero ebano, che riflette la luce dei soli, creando degli effetti luminosi del tutto particolari e
impressionanti. Il pianeta presenta un numero incalcolabile di forme di vita, sia vegetali che animali,
molte delle quali sottoposte ad esperimenti genetici. Alcuni, i più adatti e con particolarità specifiche,
sono stati trasformati in robot biologici, svolgendo funzioni di vera e propria schiavitù, mirate al benessere
e alla supremazia della razza felina. Negli oceani esistono specie acquatiche, di cui una simile alle nostre
balene (anche se sono biologicamente diverse) che riescono a raggiungere la lunghezza record di quasi 100
metri. Altresì, sulla terraferma, l’animale quadrupede più grande, raggiunge i 9 metri di altezza e i 6 di
larghezza, per un peso di svariate tonnellate. La grandezza è dovuta ad una gravità minore, quasi di
leggera sospensione, dovuta alla forza traente dei 3 soli e degli innumerevoli pianeti presenti.

Chi sono
Ma chi sono realmente questi alieni felini? La loro raffigurazione è quanto mai semplice, dato che sono
visti con un corpo umano ma con la testa da Leone, interamente ricoperti di una pelliccia colore
marroncino molto chiaro, quasi dorato. Alti più di 2 metri (forse sino a 3 o 4 metri) portano tutti una tuta
blu aderente e degli stivali, neri per i maschi e argentati per le femmine. Presentano un simbolo al petto
formato da una coppia di ali, simile al disco solare egizio (guarda caso la dea leonessa Sekhmet nell’antico
Egitto, era la figlia del dio sole Ra). Possiedono grandi capacità telepatiche, poteri di telecinesi e
impressionante forza fisica. Hanno una complessa filosofia di vita ed una visione spiritualmente elevata
della vita e del cosmo. Vige una parità dei sessi, tra maschi e femmine, per la gestione regolare del
potere, con conseguente cambiamento nelle linee guida in stati patriarcali e matriarcali; tutta la società è
strutturata secondo uno schema fortemente militare. Civiltà antichissima, tra le prime create dall’Uomo
Primo, ha sempre condotto una politica ambigua, mirata a tenere saldi i rapporti con il suo “creatore” e
ha sostenere dall’altra, la ribellione aliena e l’inizio del progetto abdcutions. In questo modo, rimane in
bilico tra due fronti, dove il primo che conseguirà risultati, sarà per loro comunque una vittoria.
Cambiando più volte nel corso della storia, alleanze e obbiettivi, attualmente svolgono un ruolo di
protezione nei confronti degli Alieni Umanoidi che vivono su Sirio. Da quando è nata questa “protezione”
si è avuta anche una simbiosi che ha portato la razza degli umanoidi a sviluppare maggiormente una certa
conoscenza spirituale, altamente evoluta nei felini, nonché una visione comune ed uno scambio reciproco
di conoscenze e risultati conseguiti. Si evince la necessità di svolgere in silenzio il proprio compito, i
felini, non essendosi mai sporcati le mani direttamente nel progetto, hanno delegato agli umanoidi di
svolgere questa missione, dove a sua volta, anche loro, hanno tenuto un comportamento evasivo e per
certi versi misterioso.

La “Gerarchia Superiore”
La razza dei Felini, insieme a quella dei Canidi (che vedremo nel prossimo capitolo) fa parte insieme
all’Uomo Primo, della ormai famigerata “Gerarchia Superiore”. Questa Gerarchia è una sorta di cupola
dove si detiene il potere galattico sul progetto alieno-umano per il controllo della forza energetica
presente nell’Universo: le Anime. Essendo una tra le prime e più antiche razze create, grazie alla sua
particolare evoluzione e potenza, è sempre stata al vertice del potere, quasi assoluto, interferendo su
ogni sviluppo di qualsiasi altra razza aliena presente nella Via Lattea. Sono i Felini coloro che hanno
suddiviso i centri di poteri, il controllo sulle altre razze aliene per monitorare e mandare avanti il progetto
abductions. Sono sempre i Felini, coloro che hanno deciso le sorti di altre razze aliene, decretando persino
la distruzione delle civiltà degli Arieti e dei Taurini a seguito della loro ribellione, marchiata di
“tradimento”. Compito della “Gerarchia Superiore” è quello di mandare avanti il “Progetto di
Perfezionamento Umano”, ovvero sorta di missione astro-biologica, nel quale sia possibile fondere
l’attuale essere umano, con le razze aliene, soprattutto quelle della Gerarchia e lo stesso Uomo-Primo.
Recuperare le anime ribelli, conquistare l’immortalità e arrivare attraverso di esse, alla Coscienza (Dio) e
forse, persino prenderne il posto. In questo complesso scacchiere è facile capire che la “Gerarchia
Superiore” è nata per meglio controllare e monitorare tutto il lavoro svolto dalle razze aliene presenti. Si
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scopre che la razza dei Felini svolge un compito di “protettore” nei confronti degli Alieni Umanoidi, la
razza dei Canidi protegge e controlla la razza degli Horus, i Ringhio o 6 Dita e lo stesso Secondo Creatore,
riportando alla mente il ricordo ancestrale di divinità dell’oltretomba o dell’al di là (Dio Anubi degli Egizi).
L’alieno Mutaforma, razza ancora più complessa e misteriosa, quanto mai inesistente, essendo una
menzogna dell’Uomo Primo, di cui vedremo in seguito, ha il compito di controllare i Lux e i Sauroidi,
mentre lo stesso Uomo Primo, è stato ed è tuttora guida indiscussa della razza aliena delle Mantidi.

Interferenze con l’Uomo


L’intervento della razza Felina sul genere umano è intimamente connesso alla sua protezione nei riguardi
degli alieni Umanoidi. Come già ampiamente spiegato nella mia ricerca “Mondi Alieni”, gli Alieni Umanoidi
sono parenti lontani della razza umana e sono i responsabili della creazione genetica degli esseri umani.
Possiedono la mappatura genetica dettagliata dell’umanità, tanto che sanno distinguere gli esseri umani
che vanno scelti per i rapimenti da quelli che vanno scartati perché non possiedono quella cosa che a loro
serve: Anima. Sono loro ad intervenire quasi sempre per primi nell’arco della vita di un addotto, spesso
preparandosi il terreno già da prima della nascita dell’individuo prescelto. Se è invece la razza Felina ad
intervenire direttamente la situazione cambia radicalmente. Al momento non disponiamo di molti dati al
riguardo, sia perché questo genere di interferenza è molto raro, sia perché il lavoro che svolgono è ancora
avvolto dal mistero. Sappiamo per certo che esiste una collaborazione attiva tra le razze che compongono
la “Gerarchia Superiore” e che si aiutino a vicenda per raggiungere determinati obbiettivi. Svolgono azioni
di interventi per rimuovere o inserire nuovi microchip, molto più sofisticati e tecnologicamente avanzati,
seguono alcuni tipi particolari di impianto di feti (ibridi umano-alieni) nelle donne, non parassitano a
livello di MAA, ma sono responsabili della creazione continua di blocchi di acquisizione di coscienza,
soprattutto nei loro riguardi. Sono molto più abili a restare nell’ombra, sia della razza Canide che
dell’Uomo Primo, questi ultimi molto più conosciuti e attualmente maggiormente oggetto di studio.

Nelle altre mitologie


Eratostene e Igino sostengono che il leone fu posto in cielo perché è il re degli animali. In termini
mitologici, si ritiene sia il leone nemeo, sconfitto da Ercole nella prima delle sue dodici fatiche, dato che
Nemea è una città da qualche parte a sud est di Corinto. Questo leone viveva in una caverna con due
aperture dalla quale usciva per uccidere gli abitanti del luogo, che diminuivano a vista d'occhio. Il
fortissimo e ferocissimo leone era un vero flagello, perché sterminava greggi e sbranava uomini. Era una
bestia invulnerabile di incerti natali, correvano voci che fosse stato generato dal cane Ortro, ma anche
che fosse figlio del mostro Tifone e persino che i suoi genitori erano Zeus, il re degli dei, e Selene, la dea
della Luna. Aveva la pelle a prova di qualsiasi arma, perché il suo mantello era assolutamente
indistruttibile e ciò lo rendeva invulnerabile, come scoprì Ercole quando lo colpì con tre frecce e queste si
limitarono a rimbalzare, e quando la spada si piegò come di stagno e la clava si spezzò colpendo il felino.
Ercole era stato sorpreso dalla bestia mentre viaggiava nei boschi, il leone gli ruppe l'armatura con i
fendenti degli artigli, ed arrivò a strappargli un dito. Nel terribile duello, alla fine l'eroe afferrò la belva
per la testa e la folta criniera, e alla fine il leone si accasciò a terra sconfitto. Ercole se lo caricò in spalla
in segno di trionfo e lo portò a Micene, dove terrorizzò Euristeo, che gli ordinò di riportarlo indietro. Alla
morte, il leone nemeo fu posto da Zeus tra i segni dello zodiaco, dove formò la costellazione del leone. È
facile distinguere la forma di un leone acquattato nella costellazione del Leone, la cui testa è sottolineata
da alcune stelle disposte a falce. A segnare il punto del cuore del leone (dove lo localizzò Tolomeo) c'è la
stella più brillante della costellazione, Alfa del Leone, chiamata Regolo, che in latino vuol dire «piccolo
re»; il suo nome in greco Basiliscos, aveva lo stesso significato. La coda è segnata dalla stella Beta del
Leone, chiamata Denebola dall'arabo «la coda di leone». Gamma del Leone ha nome Algieba, che in arabo
vuol dire «la fronte»; questa denominazione genera qualche confusione, poiché secondo Tolomeo questa
stella è sul collo del leone, ma gli Arabi in questa posizione vedevano un leone molto più grande di quello
visto dai Greci.

* * *
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CANIDI

Protettori dell’altro mondo


Nella religione egizia, Anubi era la divinità che proteggeva le necropoli ed il mondo dei morti, per cui
veniva anche chiamato "Il Signore degli Occidentali". Prima divinità dell'Oltretomba, come recitano i "Testi
delle Piramidi", venne successivamente sostituito da Osiride, già verso la V dinastia, ma restava il dio
protettore del XVII nomos dell'Alto Egitto il cui capoluogo, Khasa, venne chiamato, in epoca ellenistica,
Cinopoli ossia "Città dei canidi" per il culto che vi veniva celebrato. Aveva numerosi titoli che coglievano i
vari aspetti della complessa natura del dio, tra i quali: "Colui che presiede l'imbalsamazione", "Colui che è
sulla montagna" intendendo la montagna ove erano scavati gli ipogei, "Colui della necropoli", "Colui che è
nelle bende" intendendo le bende funerarie ma dall'oscuro significato. Nel primitivo culto zoolatrico,
Anubi era raffigurato come un cane dal pelo rossiccio, con grandi orecchie e lunga coda, ma a partire dal
Nuovo Regno veniva rappresentato con il corpo di uomo e testa di cane, chiamata poi genericamente testa
di sciacallo, per identificare così l'animale che si nutre di carogne e quindi strettamente connesso alla
morte. La testa era raffigurata nera perché questo colore indicava la putrefazione dei corpi, il bitume
impiegato nella mummificazione ma anche il fertile limo, simbolo di rinascita. Quindi la comune immagine
di questo dio altro non era che un geroglifico indicante la "natura e le caratteristiche" della divinità. Le
divinità ibride con testa di canide erano diverse e ne citiamo tre: Anubi, Upuat e Khentamentyu. Anubi
veniva definito nei "Testi delle piramidi" come quarto figlio di Ra generato con la dea Hesat, dalla testa di
vacca. Le varie teologie, in realtà molto confuse, lo indicavano anche come figlio, frutto di un rapporto
tra Osiride e Nefti oppure della coppia Nefti-Seth ed era anche indicato come fratello di Osiride mentre,
inizialmente, negli antichi testi non venivano citati né genitori né coniuge. La dea Qeb-hwt, anche
conosciuta come Kebechet ossia "Colei che versa l'acqua fresca" che ristorava i defunti era considerata la
figlia di Anubi e qualche volta la sorella. La sua paredra era la dea Inpwt avente anche lei per simbolo il
canide ed un centro di culto sempre nel XVII distretto dell'Alto Egitto. Protettore della sacra terra della
necropoli, aveva il compito di accompagnare il Ba del defunto davanti al tribunale supremo degli dei, così
come narrato nel "Libro dei morti", illuminando il cammino con la Luna tenuta nel palmo della mano. In
questo caso diveniva la forma sincretica del dio Upuat che significa "Colui che apre la strada" ed era anche
assimilato all'altra divinità canide, Khentamentyu ossia "Colui che è a capo della necropoli". Ebbe anche
un ruolo importante nel mito di Osiride del quale imbalsamò le spoglie, su ordine di Ra, facendone così la
prima mummia e divenendo quindi il dio protettore dell'imbalsamazione. Gli stessi imbalsamatori erano
suoi sacerdoti e quello che presiedeva ai riti funebri indossava la maschera nera con le sembianze del dio,
divenendo egli stesso la personificazione della divinità. Partecipava inoltre alla psicostasia ove conduceva
il defunto nella "Sala delle due verità" e ne pesava il cuore assieme al dio Thot che come scriba ne
registrava la pesatura. Successivamente fu associato, dai Greci, a Hermes Psychopompos ossia "Hermes
che accompagna le anime" con il nome di Ermanubi che poche caratteristiche aveva del dio dinastico
Anubi. Nel Libro XI de Le metamorfosi di Apuleio si trova la testimonianza che il culto di Anubi durò, a
Roma, almeno fino al II secolo d.C
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La costellazione del Cane Minore?


Il Cane Minore (in latino Canis Minor) è una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo, ed è anche una
delle 88 costellazioni moderne. Rappresenta uno dei cani che seguono Orione, il cacciatore. Il Cane Minore
è una piccola costellazione dell'emisfero boreale che consiste principalmente di due stelle, Procione (α
Canis Minoris) e Gomeisa (β Canis Minoris). Procione è una delle stelle più vicine al sistema solare e con la
sua magnitudine apparente pari a 0,38, è l'ottava stella più luminosa del cielo notturno e costituisce il
vertice nordorientale dell'asterismo del Triangolo Invernale; ciò rende la costellazione, nonostante le sue
piccole dimensioni, immediatamente individuabile anche dalle aree urbane più popolate. Procione
significa letteralmente "prima del cane" in Greco, perché nell'emisfero boreale sorge prima della Stella del
Cane, Sirio (che fa parte del Cane Maggiore). Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo
serale ricade nei mesi compresi fra dicembre e maggio; la sua posizione praticamente equatoriale fa sì
che essa sia osservabile senza particolari preferenze da tutte le aree popolate della Terra. La stella
Procione in particolare resta invisibile solo in quella ristretta fascia racchiusa entro 6° dal polo sud,
mentre per presentarsi circumpolare nell'emisfero nord occorre trovarsi a latitudini totalmente polari.
Procione (α Canis Minoris) è una stella bianco-azzurra di sequenza principale di magnitudine 0,38;
trovandosi alla distanza di soli 11,4 anni luce, è la tredicesima stella più vicina al Sole. Gomeisa (β Canis
Minoris) è una nana bianco-azzurra di magnitudine 2,89, distante 170 anni luce. γ Canis Minoris è una
gigante arancione di magnitudine 4,33 distante 398 anni luce.

Procione
(α CMi / α Canis Minoris / Alfa Canis Minoris) è la stella più brillante della costellazione del Cane Minore e
una tra le stelle più vicine alla Terra, data la sua distanza di 11,4 anni luce dal sistema solare. Si tratta in
realtà di una stella doppia. La componente principale (Procione A o α Canis Minoris A) è una
nana/subgigante giallo-bianca di classe spettrale F5 V di magnitudine; la componente secondaria
(Procione B o α Canis Minoris B) è una nana bianca. Procione B orbita ad una distanza media dalla
principale di circa 14,9 UA (2,229 miliardi di km), poco meno di quella che separa Urano dal Sole, sebbene
l'eccentricità dell'orbita la porti da una distanza minima di 9 a una massima di 21 UA, con un'inclinazione
di 31,9°. Procione A è una stella giallo-bianca di tipo spettrale F5; ha una massa 1,4 volte quella del Sole
e da 1,4 a 2,3 volte il suo raggio. Procione A è 7,5 volte più luminosa del Sole. Una tale luminosità risulta
molto elevata per la classe spettrale cui appartiene; per questa ragione gli astronomi ritengono che la
stella abbia terminato la sua sequenza principale (classe di luminosità V), ovvero, abbia quasi
completamente convertito l'idrogeno del nucleo in elio e stia entrando ora nella fase di stella subgigante
(classe di luminosità IV). L'età della stella era stimata sui 3 miliardi di anni, ma nuove stime hanno ridotto
questo valore a 1,7 ± 0,3 miliardi di anni; si ritiene che la stella nei prossimi 10-100 milioni di anni
ultimerà la sua espansione, sino a diventare una gigante rossa di dimensioni da 80 a 150 volte quelle
attuali. Procione A manifesta anche dei lievi fenomeni di variabilità, che la accomunano alla classe delle
variabili BY Draconis. Possiede inoltre una corona simile a quella del Sole, scaldata sino a una temperatura
di circa 1,6 milioni di kelvin. Procione B è una nana bianca di classe spettrale DA; è la seconda nana
bianca più vicina al sistema solare, dopo Sirio B. La nana risulta molto difficile da osservare, per via della
grande differenza di magnitudine apparente tra le due componenti e per la piccola separazione angolare
tra di esse, circa 4" all'epoca della scoperta, al periastro pari invece a 2,23" (contro gli 8,04" che separano
Sirio e Sirio B). Procione B è decisamente meno massiccia di Sirio B, tuttavia, per le proprietà della
materia degenere, Procione B risulta più grande di Sirio B, con un raggio stimato di circa 8600 km contro i
circa 5800 km di Sirio B. La sua temperatura, pari a 7740 K, la rende più fredda di Sirio B, segno del fatto
che Procione B è più vecchia di Sirio B. Il nome Procione deriva dal greco antico πρό Κύων pro Kýon,
"prima del Cane", per il fatto che precede Sirio (la "stella del Cane") durante la rotazione della sfera
celeste a causa della rotazione della Terra sul proprio asse. Infatti, sebbene abbia un'ascensione retta
maggiore rispetto a Sirio, Procione possiede una declinazione più settentrionale, che fa sì che la stella
dalle latitudini più settentrionali si levi prima sull'orizzonte rispetto a Sirio. Presso i Romani la stella era
nota con la traduzione latina del nome greco, Antecanis; gli arabi la conoscevano invece come Al Shira ed
Elgomaisa. Il primo nome deriva da aš-ši‘ra aš-šamiyah, "il segno Siriano" (l'altro segno era Sirio); il
secondo da al-ghumaisa’, "la donna dagli occhi annebbiati", in contrasto con "la donna con gli occhi
lacrimanti", ovvero Sirio. (Per raffronto, vedi Gomeisa). Il nome moderno in arabo di Procione è ghumūş;
in Cina è noto come (in mandarino nánhésān), "la Terza Stella del Fiume Meridionale". Queste due "stelle
del cane" sono menzionate nella letteratura sin dall'antichità ed erano venerate sia dai Babilonesi che
dagli antichi Egizi.
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Da dove provengono
Tra Procione A e Procione B si trovano ben 13 pianeti tutti rocciosi. Solamente il secondo e il terzo
pianeta, hanno condizioni favorevoli ad ospitare la vita ed è nel secondo che abita la razza canide o gli
Anubis. Il pianeta ha una grandezza poco più ampia della nostra Terra, ma a confronto risulta essere
completamente diverso. Al primo impatto appare come un pianeta scuro, con ampie zone della superficie
annerite, completamente rivestito di una intricata rete di catene montuose. E’ del tutto roccioso,
presentando poche zone dove è possibile trovare delle pianure fertili, vi si trovano anche dei “piccoli
oceani” sparsi qua e là su tutto il globo, non rivestendo comunque una qualche importanza fondamentale.
L’aspetto ancora più particolare di questo mondo è nell’atmosfera, pressoché ricoperta di nubi e/o nebbia
in modo perenne, questo dovuto al massiccio irradiamento solare che rende il pianeta caldo e umido.
Anticamente il pianeta doveva essere molto più simile alla Terra, ma una qualche catastrofe,
probabilmente dovuta all’impatto di un planetoide, ha bruciato l’intera superficie, sterminando buona
parte di tutte le creature in esse presenti, con la conseguente vivacità geologica, scatenando terremoti ed
eruzioni vulcaniche, che nel corso dei millenni, hanno modificato per sempre l’aspetto di questo pianeta,
nel mondo opaco e nero di cui abbiamo testimonianza. Certamente un luogo non adatto alla vita
dell’Uomo, ma a quanto pare mondo ideale per questa razza aliena. Gli Anubis vivono all’interno delle
alte montagne, completamente scavate all’interno della roccia e dove si trovano immense costruzioni tra
il naturale e l’artificiale, che presentano tutti i canoni comuni di una normale convivenza tra i propri
simili. Centri di potere, uffici, negozi, luoghi di incontro, case, si trovano tutte all’interno della roccia
scavata, in un intricato reticolo ben costruito e funzionale. L’interno delle montagne, oltre a rendere più
accettabile il clima, quindi più temperato, ha anche la particolarità di rendere sicuro da attacchi esterni
di qualsiasi natura tutto il loro apparato. Il pianeta è privo di qualsiasi altra forma di vita animale o
vegetale, a parte qualche mostro carnivoro che vive negli oceani o pozze d’acqua sparse nelle risacche del
pianeta, e tutte le materie prime (se si escludono sostanze presenti all’interno del pianeta, come gas o
combustibili fossili, etc.), provengono dalle due lune che orbitano attorno o dal terzo pianeta. Le due lune
sono tra i satelliti più affascinati conosciuti, il primo, grande più o meno quanto la nostra Luna, è
completamente ricoperto di acqua, ma che a causa della sua particolare orbita e della composizione
atmosferica, durante il suo lento movimento attorno al pianeta e la sua posizione rispetto a Procione A,
presenta metà della superficie acquatica rivolta verso il pianeta ricoperta di ghiaccio, mentre l’altra metà
rivolta verso la stella, allo stato liquido. Questa continua fusione e congelamento delle acque, produce
una forte attività atmosferica con la formazione di gigantesche cellule temporalesche che riversano
continuamente pioggia o neve su tutta la Luna. La seconda luna, metà della prima, è un piccolo mondo
roccioso, privo di atmosfera, ma ricchissimo di metalli, gas naturali, etc. Nel terzo pianeta invece, molto
più temperato e simile al nostro, sono presenti forme di vita vegetali e animali in grande quantità e
varietà, questo mondo è sottoposto ad una forte pressione e sfruttamento da parte degli Anubis, come una
sorta di immenso e totale “mondo da allevamento”, nel quale ogni materia prima, forma animale o
vegetale esiste in funzione alla sussistenza e alla sopravvivenza della razza dei canidi.

Un alieno di nome Anubi


Questa razza aliena, rispetto a tante altre che già conosciamo, è tra le poche che presenta un aspetto
simile a quello conosciuto nelle nostre antiche culture terrestri. Vedere una rappresentazione del dio
Anubi degli antichi egizi, è come vedere in fotografia un esemplare di questa razza aliena, per quanto sia
pressoché simile. Fisicamente sono alti dai 3 ai 6 metri, più alti sono i maschi, più basse le femmine ed
entrambi i sessi, con tutti gli appartenenti alla specie, hanno il colore della pelle di un nero ebano, più
lucido nei maschi e leggermente più opaco nelle femmine. La corporatura è del tutto umana, possente e
forte, le uniche differenze che esistono con il genere umano è data dalle mani e i piedi, a forma più di
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zampa che di arto umano, anche se in grado di poter tenere oggetti di qualsiasi forma. Altra differenza è
la testa dalla forma canina, simile a quello di un lupo nei maschi, con un muso allungato in avanti e le
orecchie lunghe, mentre più tondeggiante nelle femmine. Entrambi i sessi presentano una capigliatura
somigliante a capelli intrecciati finemente, che diventa quasi rasta nei maschi, di lunghezza variabile, ma
che non oltrepassa le spalle. Questa unione di faccia canide con capelli, conferisce un aspetto a caschetto
o di copricapo. Sono simili gli uni con gli altri, ci sono leggerissime differenze tra singoli individui, inoltre
il loro abbigliamento non lascia spazio ad ulteriori identificazioni. Quasi del tutto nudi, portano soltanto
un gonnellino alla vita, di vario colore a seconda della funzione, ai piedi portano dei calzari o sandali.
Raramente indossano delle tuniche, soprattutto quando si svolgono funzioni pubbliche di una certa
importanza, mentre portano svariati gioielli e bracciali, gli unici che permettono di far riconoscere l’alto
livello di appartenenza nella società. Più ornamenti sono presenti sul corpo, più elevato è il potere, anche
carismatico dell’individuo sugli altri della stessa specie. La loro società è gestita in modo “democratico”
da un “Consiglio degli Anziani”, retaggio di una antica tradizione di quando il popolo dei canidi viveva in
un diverso mondo, allo stato brado e dove al posto delle città, si trovavano tribù erranti guidate dagli
anziani (una società simile a quella degli indiani d’america). Nel consiglio si accede dopo aver raggiunto
l’età della massima maturità ed aver conseguito durante la lunga vita (attualmente 1.600 / 1.900 anni,
dato provvisorio) innumerevoli riconoscimenti. Dotati di grande forza fisica, possiedono anche una
straordinaria capacita psichica, con la quale riescono a comunicare tra di loro telepaticamente e
riconoscersi. Nei più anziani sono presenti anche casi di telecinesi, amplificata con l’utilizzo di una
appropriata tecnologia.

Anubi nella “Gerarchia Superiore”


Anche la razza dei Canidi fa parte insieme ai Felini e all’Uomo Primo, della ormai famigerata “Gerarchia
Superiore”. Questa Gerarchia è una sorta di cupola dove si detiene il potere galattico sul progetto alieno-
umano per il controllo della forza energetica presente nell’Universo: le Anime. Compito della “Gerarchia
Superiore” è quello di mandare avanti il “Progetto di Perfezionamento Umano”, ovvero sorta di missione
astro-biologica, nel quale sia possibile fondere l’attuale essere umano, con le razze aliene, soprattutto
quelle della Gerarchia e lo stesso Uomo-Primo. Recuperare le anime ribelli, conquistare l’immortalità e
arrivare attraverso di esse, alla Coscienza (Dio) e forse, persino prenderne il posto. In questo complesso
scacchiere è facile capire che la “Gerarchia Superiore” è nata per meglio controllare e monitorare tutto il
lavoro svolto dalle razze aliene presenti. Si scopre, come già ampiamente scritto in precedenza, che la
razza dei Canidi protegge e controlla la razza degli Horus, i Ringhio o 6 Dita e lo stesso Secondo Creatore,
riportando alla mente il ricordo ancestrale di divinità dell’oltretomba o dell’al di là (Dio Anubi degli Egizi).

Interferenze con l’Uomo


L’intervento della razza Canide sul genere umano è legato alla sua protezione o monitoraggio nei riguardi
degli alieni Horus, Ringhio o 6 Dita o diretti contatti con il Secondo Creatore, il quale si trova attualmente
in un Universo parallelo al nostro. Se è invece la razza Canide ad intervenire direttamente la situazione si
presenta sotto molteplici aspetti. Al momento non disponiamo di molti dati al riguardo, sia perché questo
genere di interferenza è molto raro, sia perché il lavoro che svolgono è ancora pressoché sconosciuto.
Sappiamo per certo che esiste una collaborazione attiva tra le razze che compongono la “Gerarchia
Superiore” e che si aiutino a vicenda per raggiungere determinati obbiettivi. Come spiegato per la razza
Felina, svolgono azioni di interventi per rimuovere o inserire nuovi microchip, molto più sofisticati e
tecnologicamente avanzati, seguono alcuni tipi particolari di impianto di feti (ibridi umano-alieni) nelle
donne, non parassitano a livello di MAA, ma sono responsabili della creazione continua di blocchi di
acquisizione di coscienza, soprattutto nei loro riguardi, esercitando una forte pressione telepatica.

Nelle altre mitologie


Il più antico animale domestico dell’uomo, rappresenta simbolicamente la fedeltà e la vigilanza. Non di
rado viene considerato guardiano dell’aldilà (Cerbero, cane a tre teste) oppure viene sacrificato ai defunti
per poter servire loro da guida anche nell’altro mondo. I cani sono considerati in grado di “vedere gli
spiriti” e quindi di salvaguardare dai pericoli invisibili. Più raramente ci si esprime in modo negativo, come
nel caso del cane di Hell Garm che, nella mitologia dei Germani settentrionali, alla fine del mondo uccide
il dio Tyr e contemporaneamente viene da lui ucciso. I cani neri erano considerati anche accompagnatori
demoniaci di streghe o maghi (per esempio da Faust e Agrippa von Nettesheim, 1486 – 1535). In alcune
culture primitive, il cane, a causa della sua intelligenza e della facilità di apprendimento, viene invece
considerato portatore di molti beni per la civiltà umana. Nell’antichità si citavano l’adulazione e la
spudoratezza dei cani, ma si sottolineava il loro attaccamento alla casa e le loro doti di guardiani del
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gregge. Dei e più tardi santi cristiani, erano accompagnati da cani. Nell’Islam invece, viene considerato
impuro, ma tollerato come cane da guardia. Nell’antico Egitto, come abbiamo visto, un grande cane simile
allo sciacallo era la forma presa dal dio Anubi, circostanza che ricollega ancora una volta il cane al ruolo
di guida delle anime nell’al di là. Nel medioevo Cani infernali accompagnano Satana, il cacciatore di
anime. Nell’antico Messico, i cani venivano messi nelle tombe, accanto ai defunti, come animali sacrificali
e guide nell’oltretomba. Il cane era anche la forma del dio Xolotl, per questo i morti che dovevano
attraversare i “nove fiumi” erano accompagnati da cani. Anche il Sole, che a Ovest cala nelle fauci della
Terra, ha Xolotl come accompagnatore. Egli lo riporta attraverso gli Inferi al punto in cui sorgerà, quindi
muore esso stesso e resuscita. Nell’antica Cina il cane è l’undicesimo segno dello zodiaco, il suo
significato simbolico-mitico ha invece caratteri diversi. In primo luogo i cani dovevano scacciare i demoni,
ma in alcune regioni venivano ritenuti carne commestibile. In altre zone si considerava il Cane portatore
di cibo, mentre per la popolazione dello Yao, nella Cina meridionale, il Cane è progenitore del popolo. Le
leggende di uomini dalla testa di Cane sono molto diffuse in Cina. I santuari giapponesi mostrano spesso
“cani coreani” come figure di guardiani. L’antica Grecia vedeva la dea dell’oscurità, Ecate, accompagnata
da cani da battaglia e attribuiva alla costellazione del Cane Minore una particolare storia.

Il Cane Minore è solitamente identificato con uno dei cani di Orione. Ma secondo un'antica leggenda
originaria dell'Attica (la regione intorno ad Atene), raccontata dal mitografo Igino, la costellazione
rappresenta Mera, il cane di Icario, l'uomo cui il dio Dioniso insegnò per primo a fare il vino. Quando Icaro
lo fece assaggiare ad alcuni pastori, essi si ubriacarono quasi immediatamente. Credendo che Icaro li
avesse avvelenati, lo uccisero. Il cane Mera corse ululando dalla figlia di Icaro, Erigone, prese le vesti tra i
denti e la tirò fino portandola nel luogo dove giaceva il padre morto. Sia Erigone che il cane si suicidarono
accanto al corpo di Icaro, fu così che Zeus pose le loro immagini fra le stelle a memoria dell'evento
sfortunato. Per riparare al loro tragico errore, le genti di Atene istituirono una celebrazione annuale in
onore di Icario e di Erigone. In questa storia, Icario si identifica con la costellazione di Boote, Erigone con
quella della Vergine e Mera è il Cane Minore. Secondo Igino, gli assassini di Icaro fuggirono nell'isola di
Cea, al largo dell'Attica, ma furono perseguitati a causa della loro cattiva azione. L'isola fu afflitta dalla
carestia e dalle malattie, attribuite nella leggenda all'effetto essiccante della Stella del Cane (qui
Procione sembra sia confusa con la stella del Cane Maggiore, Sirio). Il re dell'isola, Aristeo, figlio del dio
Apollo, chiese consiglio al padre che gli disse di chiedere aiuto a Zeus. Zeus gli mandò i venti Etesii, che
soffiano ogni anno per quaranta giorni dal momento in cui sorge la Stella del Cane, per raffreddare la
Grecia e le isole che la circondano durante la calura estiva. In seguito, i sacerdoti di Cea istituirono la
pratica di sacrifici annuali agli dèi prima del sorgere della Stella del Cane. Procione è particolarmente
interessante per gli astronomi perché si accompagna a una stella piccola, calda, una nana bianca che le
orbita intorno ogni quarant'anni. Casualmente anche l'altra stella del Cane, Sirio, ha come compagna una
di queste stelle nane bianche, piccole e molto dense.

* * *
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MUTAFORMA

La menzogna
La razza dei Mutaforma è la più misteriosa. Non sappiamo al momento da quale costellazione provenga,
anche se potrebbe esserci una corrispondenza con la costellazione del Pesce Australe (Acquario) e la stella
regale Fomalhaut. Sappiamo soltanto che si presentano sotto mentite spoglie, ovvero cambiano forma
volontariamente a seconda della situazione. Possono presentarsi con qualsiasi aspetto, umano e/o
animale, creando confusione soprattutto per la sua identificazione. Il loro aspetto reale, sarebbe quello di
esseri semieterici, irradianti una accecante luce bianca, spesso con effetti di luce simili a quelli di un
prisma, se esposti ad altre sorgenti luminose. Segni particolari ben visibili sono solamente degli occhi neri,
somiglianti a quelli umani. Seppure molto affini fisicamente, non hanno niente a che vedere con la razza
dei Lux, dato che i Mutaforma hanno una statura ben più imponente, rispetto alla ben più piccola dei Lux.
Seppure in questa forma luminosa, sembra che anche il corpo, abbia una vaga forma umanoide, per questo
si parla molto spesso di “Esseri di Luce”. Dotati di un grande potere telepatico, con il quale dispensano
alle persone contattate sulla Terra, presunti messaggi di amore universale, non conosciamo eventuale
forza fisica, conoscenze scientifiche o tipologia di tecnologia in uso. Spesso legati al mondo acquatico o
anfibio, potrebbero avere una certa somiglianza con gli antichi “Uomini Pesce” e in quanto tali è molto
probabile che proteggano sotto mentite spoglie aliene, la razza dei Sauroidi e dei Lux.

Occhi di Cielo o Occhi di Luce


Con questi due nomi, spesso è solito identificarsi un entità che si professa essere una sorta di grande
padre o sommo conoscitore della coscienza universale. Quasi ad assumere una superiorità intellettuale,
quasi divina, dispensa consigli alle persone contattate (o meglio parassitate) con messaggi carichi di
simbologie, spesse volte contraddittori e decisamente non classificabili sotto un unico problema alieno,
perché di problema alieno non si tratta. In realtà è un Uomo Primo, sotto una delle tante e innumerevoli
trasformazioni. E’ l’entità in contatto con l’Uomo, ma che fa da tramite anche con l’Alieno, soprattutto
della Gerarchia Superiore, che lo mette in continuo stato di tensione su delle presunte “scelte di vita” che
l’umanità deve cominciare ad affrontare. Sorta di contattismo di stampo divino e non alieno, presenta
molte problematiche da risolvere, soprattutto nelle persone coinvolte con casi di vero e proprio
parassitaggio, disagio sociale e scompensi fisici, non in grado di reggere una così forte pressione psico-
fisica. E’ l’ennesimo tentativo dell’Uomo Primo di cercare un compromesso diretto con le anime presenti
sulla Terra e di eliminare in qualche modo, il problema alieno che lui stesso ha creato.

(Disegno di Tiziano Tummolo)

Ashtar Sheran, l’alieno che dice di essere buono


Primi anni ’50 del XX secolo, Ashtar Sheran, sedicente comandante della Flotta spaziale interplanetaria,
entra per la prima volta in contatto con i Terrestri, mediante George Van Tessel. Van Tessel, insieme con
altri sensitivi, afferma addirittura di aver viaggiato su una delle astronavi che orbitano attorno alla Terra.
Dalla metà circa del XX secolo, Ashtar, che proverrebbe dal pianeta Metharia, nel sistema solare di Alpha
Centauri, si rivolge agli “uomini di buona volontà” per ammonirli contro i pericoli di autodistruzione in cui
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potrà incorrere il nostro pianeta, qualora i suoi abitanti perseverino in una condotta irresponsabile. Per i
discepoli di Ashtar Sheran, egli è soprattutto un Maestro di verità: il suo compito è quello di combattere
gli errori e le menzogne affinché trionfino l’amore, l’armonia, la fraternità. Egli reputa che i suoi sublimi
insegnamenti non possano essere imposti: gli uomini, risvegliando la loro coscienza sopita, devono
dimostrare concretamente di anteporre il bene al male, per meritare di essere ammessi nella Fratellanza
cosmica, una sorta di federazione intergalattica cui aderiscono le civiltà evolute dell’universo. Solo allora
gli esseri umani potranno attingere ad un patrimonio di conoscenze utili non soltanto per un progresso
scientifico e tecnologico, ma specialmente efficaci per un’evoluzione spirituale. Essi sono spesso
identificati con esseri angelici giunti sulla Terra e descritti come figure dai tratti inconfondibili: sono alti,
slanciati, il loro viso dall’espressione serena, è incorniciato da capelli biondi. Gli occhi azzurri, le
sopracciglia lunghe ed arcuate, i lineamenti fini, la pelle glabra conferiscono a questi alieni un sembiante
che ispira istintivamente fiducia, nonostante qualche tratto un po’ gelido. Eppure un quadro così idilliaco
sembra essere incrinato, contraddetto da un particolare, il nome: Ashtar Sheran. È stato notato che il
nome Ashtar Sheran ricorda quello di Astarotte, uno dei demoni della cultura ebraica che, secondo una
tradizione non canonica, spinse Caino ad uccidere il fratello Abele. Astarotte o meglio, Ashtoreth è un
nome formato inserendo delle lettere in modo da ottenere il significato di “qualcosa di vergognoso”. In
origine Ashtoreth era una dea, trasformata dagli Ebrei in un demone terrifico e ripugnante. La Bibbia fa
riferimento a questa divinità in alcuni libri “storici”: essa fu adorata dal re Salomone (990- 922 a.C) e
dagli Israeliti idolatri. Il monarca famoso per la sua saggezza “venerava Astarte, dea dei Sidonii,” mentre
fu il pio Giosia, (640-609 a.C) sovrano di Giuda, che, rinnovando il patto d’alleanza con Dio, fece “gettare
fuori del Tempio del Signore tutti gli oggetti che servivano al culto di Baal, di Ascera e degli astri del
cielo. Fece portare fuori di Gerusalemme il palo della dea Ascera, lo bruciò nella valle di Cedron e lo
ridusse in cenere, che poi fu gettato nel cimitero della gente comune. Demolì la casa di prostituzione
attigua al Tempio del Signore, dove le donne tessevano tuniche per Ascera. Fece a pezzi i cippi, abbatté i
tronchi rappresentanti Ascera e riempì quei luoghi di ossa umane.” Astarte è una versione cananea di
Ishtar, divinità babilonese associata al pianeta Venere, a sua volta metamorfosi della sumerica Inanna.
Come stella del mattino, Astarte era circonfusa di fiamme, armata di spada e di due turcassi pieni di
frecce mortali. Ella guizzava come una rondine sui campi di battaglia. Come stella della sera, dea
dell’eros, Astarte s’inoltrava nel mondo sotterraneo per reclamare un amante perduto. I suoi colori erano
il bianco ed il rosso: in suo onore sull’acacia sbocciavano fiori vermigli e per questo l’acacia divenne il suo
simbolo. Le erano sacri anche i cipressi, gli stalloni, i primogeniti, le primizie e le offerte incruente. In
alcune raffigurazioni Astarte è ritta sulla schiena di una leonessa, regge in una mano un fiore di loto e uno
specchio, mentre nell’altra tiene due serpenti. In altri casi è rappresentata con il capo di leonessa, per
denotare la sua indole fiera e lasciva. Questa digressione su Astarotte-Astarte-Ascera induce a porsi alcuni
interrogativi: Ashtar Sheran si manifestò con un nome che assomiglia molto a quello dell’antica divinità
sumero-semita. Ciò come si può spiegare? È una coincidenza che tali nomi si collegano ad un retaggio
ebraico, anche se non canonico e certamente ignorato dai comuni cristiani, generalmente non ferrati in
studi teologici, in angelologia e demonologia? Non bisogna poi dimenticare che tutti e tre questi
personaggi, hanno i nomi di entità dai tratti non sempre angelici: Astarotte è un demone, anche se in
principio non lo era; Semeyaza è un ben elohim, un figlio degli dèi, che insegnò alle donne terrestri
pratiche magiche. Egli, insieme con i suoi angeli, unitosi alle figlie degli uomini che generarono dei
giganti, è condannato da Dio ad essere precipitato nell’inferno, giacché ha corrotto il genere umano.
Oertha è uno spirito del vento e brandisce una teda. Insomma, sono figure non molto rassicuranti. A
questo proposito, però, non bisogna dimenticare la tendenza, tipicamente ebraica, alla demonizzazione
delle manifestazioni culturali e religiose straniere. In parecchie comunicazioni, Ashtar afferma di essere
l’arcangelo Michele, “il riflesso di Dio”, la creatura che combatte il male, protegge gli uomini e la Terra.
Nell’iconografia Michele è rappresentato con una veste splendente bianco-dorata, mentre calpesta un
drago. Questa raffigurazione potrebbe adombrare simbolicamente la guerra tra differenti razze aliene, un
conflitto di cui si possono scorgere indizi nei miti e nelle opere artistiche di numerosi popoli e che oppose
una specie “ariana” (la tunica lucente) ad una rettiliana (il drago). In qualche caso il nome Ashtar è fatto
derivare dalla lingua adamitica con il significato di “pastore”; per altri sarebbe collegato al vocabolo
astrum, “stella”.

Andando a vedere più nel dettaglio:


Astarotte: demone della cultura ebraica, a sua volta da Astarte, dea di ambiente semitico
Astrum: in latino “stella”
Ashtar: termine che, in lingua adamitica (?), significa, “pastore”
Astor: una famiglia della “Confraternita”
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L’animico che non ti aspetti


L'Uomo Primo, a più livelli d’interferenza, è il creatore di quasi tutte queste razze aliene (solo quelle che
conducono le adduzioni), in altre parole ci sono alcune razze create ex novo da lui stesso come quella dei
Sauroidi e degli Alieni Umanoidi, mentre altre le ha aiutate nel loro sviluppo evolutivo, come gli Horus, i
Lux e soprattutto le Mantidi. Lo stesso intervento vale anche e soprattutto per le tre razze della gerarchia
superiore, la Canide, la Felina, sicuramente create da lui e la Mutaforma. In realtà il Mutaforma è l'Uomo
Primo stesso che in questo modo attua un piano completo di controllo, nel senso che nel farsi vedere agli
addotti può assumere ben tre diverse forme, quello di: "Finto Creatore", di "Uomo Primo o Gigante" e di
"Alieno", una triade perfetta (Creatore, Uomo Primo e Alieno) nel quale può interagire con i contenitori
animici (ma anche con gli alieni, facendosi vedere come uno di loro) nella forma da loro più preferita e
riconoscibile. Da questo si capisce una componente fondamentale dello "sperimentalismo creatore"
dell'Uomo Primo. Per avviare questa sua ricerca, all'inizio ha cominciato a manipolare gli animali che
erano già presenti sul nostro pianeta, partendo dai Sauroidi, poi i volatili e appena comparsi in
mammiferi, i Felini e i Canidi. Diversa questione è quella degli Orange, esperimento fallito è stato quello
di ricreare una razza quasi umana o più simile a lui. Come spiego nella mia ricostruzione in "Mondi Alieni"
di questa civiltà, anche gli Umanoidi sono nati nell'acqua, nella stessa "sostanza" e modo in cui è nato
anche UP. Anche altre razze sono nate nell'acqua, subendo poi anche radicali trasformazioni (tipo le
Mantidi). L'Uomo Primo non vuole morire, ma vuole anche diventare l'unico "Creatore" di questo Universo.
Per raggiungere questo scopo ha messo in campo nel corso della sua storia ogni possibile opzione
strategica. Nato mortale, con un espediente fa convincere il Secondo Creatore (quello che io chiamo il
Creatore Oscuro) a donargli l'immortalità, ma il Primo Creatore (il Creatore Luminoso) scoperto questo
"abominio" e una grave trasgressione alle "Regole del Gioco o della Creazione" lo caccia da questo Universo
in un altro, cosciente che nel passaggio avrebbe perso la sua Anima e non avrebbe fatto così più ritorno
(questo Creatore Oscuro, creerà poi le sue razze aliene che svolgeranno per lui il compito di ristabilire
contatto con questo Universo per poi un domani ritornarvi). Il Primo Creatore condanna la scelta di UP ma
non lo uccide o punisce, probabilmente lo priva di qualcosa o lo "ammonisce", UP quindi, dopo aver
raggiunto l'immortalità, rincoglionito le sue Anime e raggiunto determinati poteri, si rinchiude in una sua
dimensione protettiva, all'interno comunque del nostro Universo, in continuo spostamento, una sorta di
"Isola che non c'è" sfuggente ed introvabile, dove si mette a condurre i suoi esperimenti e pianificare i
propri piani. A questo punto si capisce una questione molto importante, che l'avere Anima è una cosa, ma
avere la Coscienza di comprendere questo potere è un'altra. Le Anime sono a se stanti, come anche i
contenitori e UP ha fatto la scelta di usare il potere delle Anime per i suoi scopi, arrivando tramite questo
espediente, al vertice del potere assoluto. Non tutti sono creati uguali ed è il libero arbitrio che alla fine
decide le sorti dell'Universo, se tu doni un pezzo di Dio ad un essere vivente, devi essere consapevole dei
rischi, perché quel contenitore potrà agire secondo Anima, ma anche secondo se stesso e se agisce per se
stesso, saranno guai seri. A seguito di questo "terremoto cosmico" UP aveva comunque bisogno di qualcuno
che svolgesse per lui il lavoro sporco, ecco che comincia a fare i suoi primi esperimenti nel cercare di
creare una manovalanza che, nell’impossibilità di essere qui fisicamente, possa svolgere il compito per
lui. Perché il suo problema adesso è quello di recuperare tutte le Anime andate "perdute", ovvero le
Anime di quegli Uomini Primi che non hanno fatto la scelta dell'immortalità, ma della mortalità, conscio
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che la loro ribellione, avrebbe potuto far saltare tutti i piani. UP-Ribelli rimasero nel "Giardino dell'Eden",
il pianeta Terra, procreando e morendo come aveva deciso per lui la Creazione, ma ben presto videro
l'arrivo dei servitori di UP, comparve la prima razza Sauroide (creata manipolando i Dinosauri),
comparvero poi le altre razze tra cui gli Horus, i Canidi, i Felini, e probabilmente anche i Mutaforma (lui
stesso), segnando un capitolo che sarà ricordato nella mitologia come lo Zep-Tepi, la mitica Età dell'Oro
dei milioni di anni, dove gli Dei vivevano sulla Terra insieme agli Uomini. Ed ecco che poi questi alieni
diverranno gli Dei Horus con Ra e Horus appunto, i Canidi Anubi (dio dell'oltretomba o dell'Al di là), i Felini
con Sekhmet e Bastet, i Mutaforma con tutti gli dei che mutavano aspetto (dall'uomo al bue, il toro,
l'ariete, forme sconosciute di uccelli e altri tipi di animali e di antiche razze aliene nel frattempo estinte)
e i Serpenti con Apopi e Sobek (UP sarà ricordato come la coppia primigenia Osiride e Iside che aveva il
trono nell'acqua primordiale e dove l'Osiride morto e smembrato, a causa del cattivo fratello Seeth, dio
degli inferi, creerà gli dei e gli uomini). Loro compito era di condurre esperimenti sugli UP-Ribelli e
ricondurli "a casa", arrivando a creare nuovi contenitori in grado di soggiogare le Anime per poi riportarle
da UP. Ma qualcosa ad un certo punto cambiò il corso degli eventi. Gli Alieni, seppure creati da UP si
accorsero che non avevano questa Anima, che erano stati creati sprovvisti di questo potere e che inoltre,
manipolati anche in malo modo e costretti a morire per scompensi genetici, venivano per giunta usati
come dei servi, quindi si ribellarono a sua volta al loro Creatore (UP) cominciando un nuovo esperimento.
Creare una nuova razza umana in grado di contenere le Anime, per sfruttarle per i loro scopi,
impossessarne e diventare simili o occupare il posto del loro stesso Creatore (UP). E da questo "secondo
terremoto" a noi il passo è breve ed è la storia che tutti conosciamo. Da questa ricostruzione si capisce
che nel corso di tutta questa vicenda, sono cambiati non soltanto i giochi di poteri, ma anche la
composizione della stessa Gerarchia Superiore. Ecco che da una prima gerarchia composta di Horus, Felini,
Canidi, Arieti, Taurini e Sauroidi, avverranno poi declassamenti pesanti come quella dei Sauroidi,
che doneranno (volenti o no) il Lux agli Uomini, "espulsioni o allontanamenti" come quelle degli Horus,
dopo aver preso contatto con il Creatore Oscuro lasciandosi da lui parassitare, o distruzioni, come quella
dei Taurini e degli Arieti, ribellatesi ad ogni progetto di UP o Alieno. Resteranno in questa gerarchia
decisionale la razza dei Felini, che prenderanno sotto la loro ala protettrice la razza degli Umanoidi (o
Orange), i misteriosi Mutaforma (UP sotto mentite spoglie aliene, con il compito di monitorare i declassati
Sauroidi e Lux) e per diritto quella dei Canidi (con il compito di sorvegliare gli Horus e i nuovi arrivati, i
Ringhio e il loro contatto con il Creatore Oscuro). Diversa storia (e per certi versi curiosa) è quella delle
Mantidi, protetti in qualche modo da UP e grazie a lui nell'aver acquisito la tecnologia. Esclusi dalla
Gerarchia, porteranno avanti dei loro piani ben precisi, restando fuori ad una deificazione (legate al
popolo ebraico sono comunque estranee a rappresentazioni divine, quanto piuttosto è il loro Creatore a
farne parte, ovvero UP) e in vari momenti collaborando comunque a più livelli con ognuna delle razze
delle Gerarchie Superiori: condurrà con i serpenti i primi esperimenti di un nuovo ibrido umanoide sulla
razza dei Grigi, grazie alle sue facoltà paranormali prenderà contatti con i Ringhio nell'anti-Universo
contribuendo alla sua venuta nel nostro attraverso con i robot a 6 Dita che loro stesse costruiranno,
collaborerà con gli Alieni Umanoidi per esperimenti fisici e animici (MAA, ricordi di MAA in vite passate),
etc. Ovvero le Mantidi svolgeranno un ruolo fondamentale di avvicinamento tra UP e gli Alieni e mentre le
Mantidi tesserano questa tela, UP ristabilirà contatto con la nuova Gerarchia Superiore formata dai Felini
e Canidi, costringendosi tra tutti a scendere a compromessi. UP, perdonata la ribellione dei suoi figli (gli
Alieni) offrirà loro la spartizione di un numero di Anime e di un posto privilegiato in quello che sarà il
nuovo potere universale dopo che avranno vinto. Le tre razze aliene della Gerarchia, non soltanto
sfrutteranno così le razze che proteggono (Mantidi, Horus, Ringhio, Umanoidi, etc.) ma arriveranno
persino ad ucciderli non appena raggiunto l'obiettivo (perché UP non può uccidere le sue creature, ma le
sue creature possono comunque uccidersi tra loro!). L'Uomo Secondo (noi), usato inizialmente dagli alieni
come "Cavallo di Troia" contro il loro creatore (UP), divenne così ben presto un esperimento troppo
perfetto e fuori controllo, dove le anime di questo nuovo contenitore si ritrovavano più volte a prendere
coscienza velocemente, costringendo gli alieni a "ritorni al passato", con catastrofi o soggiogamenti vari
per resettare la coscienza acquisita, consapevoli che tutto questo non sarebbe durato a lungo. A questo
punto dell’iniziale progetto, l'obiettivo primario diventerà quello di riportare le Anime ribelli a casa,
altrimenti i loro piani falliranno. Ecco che la nuova Gerarchia Superiore così composta di UP, Felini, Canidi
e Mutaforma (sempre UP), inizierà insieme e al tempo stesso separatamente, un progetto di ibridazione
umano-aliena per la creazione di nuovi contenitori zombie-anima, adducendo gli Uomini Secondi (noi) con
tutte le modalità ad oggi conosciute.

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