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I muscoli sono il motore del nostro organismo e come tutti i motori necessitano di energia per
funzionare. Tale energia è fornita dall'ATP, una molecola che consente di trasformare l'energia
chimica contenuta nei cibi in energia meccanica.
Il cibo che ingeriamo viene prima "smontato" in molecole semplici costituite da glucosio e
trigliceridi (i grassi), questi vengono trasportati ai muscoli dove particolari cellule specializzate, i
mitocondri, li trasformano in ATP. Maggiore è la quantità di ATP a disposizione del muscolo,
maggiore è la forza che esso sarà in grado di esprimere.
Il meccanismo aerobico
Il meccanismo aerobico è molto efficiente poiché consente di ottenere la maggior quantità di ATP
da una singola molecola di glucosio, ed è in grado di utilizzare anche i grassi per ottenere grandi
quantità di ATP.
Maggiore è lo sforzo, maggiore è la velocità con cui il muscolo deve produrre ATP, minore è la
quantità di grassi utilizzata per produrre tale energia, e maggiore è quella di carboidrati. In una
corsa lenta (che consente di parlare con un compagno senza affanno) l'energia necessaria è ottenuta
bruciando carboidrati e grassi circa in egual misura, mentre in una corsa ad andatura sostenuta la
percentuale di grassi può scendere fino al 5% o meno.
Questo modo di dire rende bene l'idea: quando finiscono le scorte di carboidrati, i grassi non
possono essere più utilizzati come fonte di energia e il meccanismo energetico va in una crisi
profonda: la prestazione crolla a livelli bassissimi. È il caso del classico "muro" del maratoneta.
Il meccanismo anaerobico
Quando l'ATP viene "bruciato" dal muscolo, perde una molecola di fosforo, che può essere
prontamente ripristinata dal creatinfosfato, una molecola di creatina a cui è legata una molecola di
fosforo. Dopo la cessione, il creatinfosfato diventa creatina, la quale tramite altre reazioni chimiche
(molto pìù lente della prima) viene a sua volta ricaricata della molecola di fosforo perduta ed è
pronta per un nuovo ciclo di "ricarica" dell'ATP.
Tale sistema è molto pronto ed è in grado di fornire tanta energia al muscolo in breve tempo, ma la
quantità di creatinfosfato nel muscolo è molto bassa, pertanto tale meccanismo si esaurisce in pochi
secondi (mediamente, una decina). Nella gara dei 100 metri piani, o nelle gare di powerlifting
(sollevamento pesi), nel salto in alto o con l'asta, nel salto in lungo, la fosforilazione ossidativa è il
meccanismo energetico quantitativamente più importante.
Precisamente, il glucosio viene trasformato in acido lattico e questa reazione chimica sviluppa
energia (ATP). L'acido lattico che si accumula nei muscoli è dannoso sopra certe concentrazioni,
dunque esso viene smaltito tramite il flusso sanguigno, che lo porta al fegato, il quale lo ritrasforma
in glucosio e lo rimette in circolo. La capacità di smaltimento dell'acido lattico ha un limite:
dunque, se la richiesta di energia tramite la glicosi anaerobica si mantiene entro questo limite, essa
può continuare a lungo (a differenza della fosforilazione ossidativa che si esaurisce dopo pochi
secondi).
In realtà il meccanismo è leggermente più complesso: a seconda della richiesta di energia, si
possono verificare 3 situazioni.
1) Il meccanismo aerobico è in grado di fornire tutta l'energia necessaria: dopo un iniziale aumento
di concentrazione di acido lattico, una volta che il meccanismo aerobico è a regime la
concentrazione di lattato nel sangue torna a livelli identici a quelli a riposo (il meccanismo
anaerobico è spento).
2) Il meccanismo anaerobico non riesce a fornire tutta l'energia necessaria, l'energia che manca
viene fornita dalla glicolisi anaerobica, tuttavia la velocità di produzione del lattato eguaglia quella
di smaltimento, dunque la concentrazione di lattato nei muscoli rimane costante entro un livello
tollerabile per un certo periodo di tempo (tipicamente, da qualche decina di minuti a più di 3 ore, a
seconda del livello di lattato in cui si instaura l'equilibrio).
3) La richiesta di energia è tale che il lattato prodotto non riesce ad essere smaltito, la
concentrazione di lattato nei muscoli cresce e l'organismo, per difendersi dal danno che il lattato
provocherebbe se superasse una concentrazione critica, inizia a inviare precisi segnali al cervello,
che fanno ridurre la prestazione e quindi la richiesta di energia (bruciore ai muscoli e ai polmoni,
nausea).
Il seguente grafico riporta l'andamento della frequenza cardiaca al variare della velocità di
esecuzione di un esercizio aerobico, nel caso specifico, della corsa. Un grafico del tutto simile lo
si otterrebbe con altri sport, ma con valori numerici diversi.
Aumentando la velocità di corsa aumenta in modo pressoché lineare la frequenza cardiaca. Questo
se vogliamo è naturale: per prestazioni di durata superiore ai 3-4 minuti l'energia è prodotta
soprattutto con il meccanismo aerobico, il quale necessita di ossigeno fornitogli dal sangue pompato
dal cuore.
Dunque, maggiore è l'energia (e quindi l'ossigeno) richiesta dai muscoli, maggiore la quantità di
sangue ossigenato che il cuore deve pompare, dunque maggiore è la frequenza cardiaca.
Come abbiamo detto quando abbiamo trattato i meccanismi energetici, essi funzionano in parallelo,
cioè contemporaneamente. Quello che varia, e di molto, è la percentuale di utilizzo dei vari
meccanismi.
Partiamo da zero e iniziamo a correre, attestandoci ad una andatura molto tranquilla. Appena
partiamo, il meccanismo aerobico è ancora "freddo" e non riesce a fornirci tutta l'energia necessaria.
I meccanismi anaerobici sopperiscono tale mancanza, e di conseguenza la concentrazione di
lattato nel sangue aumenta.
Una volta che il meccanismo aerobico entra a regime, esso è in grado di fornire tutta l'energia
necessaria, il meccanismo anaerobico alattacido praticamente "si spegne" e il lattato nel sangue si
abbassa tendendo ai valori di riposo (figura in alto).
In questa situazione, stiamo correndo ad una andatura inferiore a quella della soglia aerobica
(SA). Cosa avviene quando raggiungiamo la SA? Il meccanismo anaerobico lattacido aumenta il
suo contributo tanto che la concentrazione di lattato nel sangue aumenta, per assestarsi a un valore
di circa 2 mmol/l (millimoli per litro di sangue), come si osserva nella figura in basso.
La soglia aerobica (SA) è la velocità minima per la quale il lattato si mantiene a livelli
costanti, superiori a quelli di riposo.
La Soglia Anaerobica (SAN)
Se aumentiamo di poco la velocità oltre la SA, la frequenza cardiaca aumenta linearmente, e anche
il lattato aumenta, passando per esempio da 2 a 3 mmol/l, ma una volta raggiunto un nuovo valore
di equilibrio, rimane costante nel tempo.
Aumentando ancora la velocità, a un certo punto la velocità di produzione del lattato supera la
capacità dell'organismo di smaltirla: la concentrazione di lattato continua ad aumentare anche se la
velocità è costante, fino a che non è più in grado di tollerare concentrazioni di lattato superiori e si è
costretti a rallentare.
La massima velocità per la quale il lattato si mantiene costante è detta soglia anaerobica. Il valore
del lattato in corrispondenza della soglia anaerobica è di circa 4 mmol/l per l'80% degli atleti,
mentre per il 20% circa presenta valori anche molto diversi (da 2 a 8 mmol/l).
La soglia anaerobica (SAN) è la velocità massima per la quale il lattato si mantiene a livelli
costanti, superiori a quelli di riposo.
Notiamo che al di sopra della soglia anaerobica, la frequenza cardiaca non aumenta più linearmente
con la velocità, ma più lentamente. Questo avviene in quanto il meccanismo aerobico sta andando
in crisi. Per questo il meccanismo anaerobico lattacido entra in gioco in modo determinante per
sopperire alla richiesta di ulteriore energia. Questa flessione caratteristica della curva
velocità/frequenza cardiaca viene utilizzata in un famoso test, il test di Conconi, proprio per
misurare la velocità di soglia anaerobica. Questo test è economico, perché non richiede la
misurazione del lattato, ma non è preciso, perché non consente di determinare esattamente la
velocità di soglia anaerobica ed aerobica: il modo più indicato, anche se molto più complesso da
eseguire, è quello della misura della concentrazione di lattato alle diverse andature.
Come abbiamo appena visto, esiste un intervallo di velocità, i cui estremi sono rappresentati dalla
SA e dalla SAN, all'interno del quale la concentrazione di lattato nel sangue mantiene valori
costanti. Tali valori però non vengono mantenuti per sempre, dopo un certo periodo di tempo il
lattato ricomincia ad aumentare fino a che la velocità non può più essere mantenuta.
Ovviamente tale periodo è molto maggiore per la SA (oltre 2 ore) rispetto alla SAN, che può essere
mantenuta per 1 ora, ma solo da atleti di vertice ben allenati. Un atleta mediamente allenato è in
grado di mantenere la velocità corrispondente alla SAN per circa 40 minuti.
Si definisce Capacità Aerobica il tempo per il quale un atleta è in grado di mantenere la velocità di
soglia anaerobica.
Un atleta è in grado di prolungare lo sforzo in condizioni di massimo consumo di ossigeno per circa
7 minuti, in tale condizione la concentrazione di lattato nel sangue può variare, a seconda dell'atleta,
da 5 a 8 mmol/l.
Il massimo consumo di ossigeno è allenabile, ma non si può aumentare molto: si parla del 15-20%
di aumento grazie all'allenamento specifico, quello che è allenabile, e molto, è la % di utilizzo del
VO2Max. Un soggetto non allenato ha la soglia anaerobica al 50-60% di VO2Max, lo stesso
soggetto, dopo un adeguato periodo di allenamento, potrebbe arrivare ad averla al 75% del
VO2Max, con un incremento impressionante della prestazione. Gli atleti professionisti possono
arrivare ad avere la soglia anaerobica all'80-90% del VO2Max.
La genetica è molto più importante nella determinazione del V02 Max, che può variare moltissimo
da individuo a individuo. In generale il massimo consumo di ossigeno è predittivo rispetto alla
prestazione che un atleta può raggiungere (atleti di vertice hanno V02 Max elevato), anche se
esistono delle eccezioni, come accade per alcuni maratoneti molto forti, che hanno un V02 Max
nella media, ma riescono a correre la maratona ad una % del V02 Max molto al di sopra della
media. Insomma, studi recenti stanno sempre più convincendo gli addetti ai lavori a mettere in
discussione il nesso di causalità tra V02 Max e prestazione.
I muscoli, a livello microscopico, sono formati da miofibrille, una serie di cellule allungate formate
da due proteine, actina e miosina. In seguito all'azione di segnale elettrico determinato dall'impulso
nervoso, actina e miosina si legano tra di loro e scorrono l'una sull'altra, determinando lo
scorrimento delle miofibrille l'una rispetto all'altra. Il risultato macroscopico della somma di milioni
di questi legami tra actina e miosina, è l'accorciamento del muscolo e di conseguenza, il
movimento dell'arto corrispondente.
Questa spiegazione è volutamente molto semplificata, per chi desidera approfondire rimando a
questo interessante e dettagliatissimo articolo in inglese (*). Lo scopo di questo articolo è
approfondire il discorso sul tipo di fibre muscolari, importante da capire al fine di programmare in
modo ottimale l'allenamento.
È interessante, per lo sportivo, sapere che esistono differenti tipologie di fibre muscolari: un tipo di
fibre lente (ST), e due tipi di fibre veloci (FTA e FTX). La differenza tra le varie fibre, a livello
microscopico, è determinata da una subunità della miosina, chiamata catena pesante della miosina
(MHC, miosin heavy chain). Le fibre si differenziano per la percentuale dei vari tipi di MHC che
contengono.
Le fibre ST, dette anche fibre lente, che contengono principalmente la miosina MHC I, utilizzano
principalmente il meccanismo di produzione aerobico dell'energia, e si contraggono più lentamente
rispetto alle fibre veloci, ma si affaticano molto più lentamente.
Le fibre veloci si differenziano in due: le fibre FTA sfruttano un metabolismo misto, aerobico e
glicolitico (anaerobico lattacido) per produrre energia, possono contrarsi con una frequenza più
elevata rispetto alle fibre lente, e quindi generano una maggior quantità di forza, ma si affaticano
più velocemente.
Le fibre FTX sono quelle che producono la maggior quantità di forza, e si affaticano più
rapidamente, perché utilizzano prevalentemente il meccanismo anaerobico lattacido per produrre
energia.
È interessante sottolineare che il reclutamento muscolare avviene in maniera progressiva: a seconda
della richiesta di forza, prima entrano in azione le fibre lente (ST), poi le fibre veloci FTA e solo se
la richiesta di forza è massima, le FTX.
Dunque, se lo sforzo è di media o bassa intensità, le fibre veloci non entrano mai in azione. Questo
non è del tutto vero perché per sforzi molto prolungati, man mano che le fibre lente esauriscono le
scorte di energia (e quindi non possono più contrarsi e partecipare allo sviluppo della forza), queste
vengono rimpiazzate dalle fibre veloci, che in questo modo vengono sfruttate anche se la richiesta
di forza non è massimale. È sicuramente un modo intelligente dell'organismo per dare fondo a tutte
le sue risorse per continuare la prestazione il più possibile. Questa caratteristica è sfruttata per
allenare la potenza lipidica con opportuni metodi di allenamento.
La percentuale di fibre lente e veloci dipende dal tipo di muscolo (per esempio, nel polpaccio sono
prevalenti le fibre lente, nel quadricipite la ripartizione è circa uguale), e da soggetto a soggetto, è
una caratteristica individuale, dipendente dalla genetica dell'atleta.
Si può dunque dire che si nasce velocisti o fondisti, almeno dal punto di vista muscolare, a seconda
delle caratteristiche individuali che determinano la proporzione tra fibre lente e veloci.
(*)http://people.eku.edu/ritchisong/301notes3.htm.