Lallenamento intenso obbliga tutto lorganismo ad "adattarsi a questa nuova condizione di "super lavoro attraverso lo sviluppo di modificazioni morfologiche e funzionali, che sono definite adattamenti.
Per quanto riguarda lapparato cardiocircolatorio, gli adattamenti pi vistosi si osservano negli atleti dediti a discipline sportive aerobiche o di resistenza, le quali richiedono il raggiungimento ed il mantenimento per lunghi periodi di Gittata Cardiaca (quantit di sangue che il cuore pompa nella circolazione in ununit di tempo) massimale. Tali adattamenti fanno s che il cuore di questi atleti appaia cos diverso da quello di un sedentario che stato coniato con il termine di "cuore datleta. La presenza di questi adattamenti consente al cuore datleta di fornire prestazioni superiori al normale durante lo sforzo. La loro entit varia in funzione di: tipo, intensit e durata delle competizioni e delle sedute di allenamento; caratteristiche fisiologiche di base del soggetto, in gran parte definite geneticamente; et del soggetto ed epoca di inizio dellattivit; Possiamo distinguere gli Adattamenti in:
ADATTAMENTI CENTRALI ADATTAMENTI PERIFERICI A carico del cuore A carico dei vasi sanguigni, arteriosi, venosi e capillari
AduLLumenLI CenLruII Tutti gli adattamenti del cuore datleta sono finalizzati ad accogliere e pompare fuori dai ventricoli una quantit di sangue nettamente superiore a quella di un soggetto non allenato; il cuore riesce cos ad aumentare notevolmente la Gittata cardiaca sotto sforzo soddisfando le maggiori richieste dO2 da parte dei muscoli. Le modificazioni principali sono:
3 laumento di volume del cuore (cardiomegalia); La riduzione della frequenza cardiaca (bradicardia) a riposo e sotto sforzo. Lingrandimento del volume del cuore il fenomeno pi importante ai fini dellaumento della Gittata Sistolica (quantit di sangue espulsa ad ogni sistole) e della Gittata Cardiaca. Negli atleti che praticano sport aerobici ad altissimo livello il volume cardiaco totale pu anche raddoppiarsi. Osservando il cuore di questi atleti ci si pu domandare quando esso debba essere considerato "patologico, dovuto da una cardiopatia. Per definire questi limiti dobbiamo prendere in considerazione la taglia corporea del soggetto (superficie corporea). Per esempio nel mondo animale, le dimensioni del cuore dipendono strettamente dalla grandezza dello stesso e dal tipo di attivit fisica che svolge; la quale condiziona naturalmente le richieste energetiche muscolari. Per lappunto il cuore pi grande in assoluto quello della balena, invece quello pi grande in relazione al peso corporeo quello del cavallo. In relazione a ci che stato appena detto, in genere, i cuori pi grandi sono anche quelli che battono pi lentamente e viceversa; per esempio il cuore di un piccolo roditore chiamato mustiolo supera i 1000 bpm!. Con l'avvento dellecografia stato possibile scoprire lesistenza di differenti modelli di adattamento del cuore in atleti che praticano sport diversi. Per quanto riguarda il ventricolo sinistro sono stati identificati due modelli di adattamento: IPERTROFIA ECCENTRICA riguarda gli atleti aerobici, di resistenza, nei quali il ventricolo sinistro aumenta il suo volume interno e lo spessore delle sue pareti, assumendo una forma tondeggiante;
IPERTROFIA CONCENTRICA riguarda gli atleti dediti a sport statici, di potenza, nei quali il ventricolo sinistro aumenta lo spessore delle pareti senza aumentare il volume interno, mantenendo la sua forma originale, ovoidale, o assumendo una forma pi allungata. Lecografia oggi ha un grande potere in mano al cardiologo perch gli consente di distinguere una cardiomegalia fisiologica, dovuta allallenamento, da quella patologica, dovuta a malattie del cuore legate ad alterazioni del normale funzionamento delle valvole cardiache (valvulopatie) o ad una disfunzione del muscolo cardiaco (miocardiopatie). Lallenamento aerobico o di resistenza provoca importanti modificazioni a carico del sistema nervoso autonomo del cuore, caratterizzate da una riduzione del tono simpatico (adrenergico, da adrenalina) con prevalenza del tono vagale (dal nervo vago dove scorrono le fibre che raggiungono il cuore) questo fenomeno cos chiamato "ipertono vagale relativo. La conseguenza pi evidente di questa nuova regolazione del sistema nervoso autonomo del cuore la riduzione della frequenza cardiaca a riposo. In un soggetto sedentario, anche dopo poche settimane dallenamento, possibile osservare una riduzione della FC di 8 - 10 bpm.
A grandi livelli di agonismo possibile raggiungere i 35 - 40 bpm, valori che configurano la classica bradicardia dell'atleta. A questo punto possiamo farci la domanda: "fino a che punto un cuore datleta pu battere lentamente? la risposta ormai semplice grazie all elettrocardiogramma (ECG) di holter, capace di registrare su nastro magnetico per periodi di 24 - 48 ore; ci indispensabile per capire se valori cos bassi di FC rientrino nella normalit.
IL CUORE DELL'ATLETA DURANTE LO SFORZO
A riposo la Gittata Cardiaca di un atleta allenato sovrapponibile a quella di un soggetto sedentario di pari et e superficie corporea, circa 5 L/min in un soggetto adulto di corporatura media. La differenza tra il cuore dellatleta e quello del sedentario diviene chiara durante lo sforzo. In atleti molto allenati di resistenza, la GC massima pu raggiungere eccezionalmente i 35 - 40 L/min, valori in pratica doppi di quelli raggiungibili da un soggetto sedentario. Lallenamento non modifica sostanzialmente la frequenza cardiaca massima (che determinata dallet del soggetto). Valori cos elevati di gittata cardiaca sono invece possibili grazie all'aumento della gittata sistolica, conseguente alla cardiomegalia. La GS, gi superiore
4 in condizioni di riposo (120 - 130 ml per battito contro i 70 - 80 ml del sedentario), pu nellatleta raggiungere durante lo sforzo i 180 - 200 ml e pi, in casi eccezionali. Il cuore allenato aumenta la GS rispetto ai valori di riposo in misura superiore a quella del cuore di un soggetto sedentario; infatti a parit dintensit dellesercizio la FC nellatleta sempre largamente inferiore a quella del sedentario (bradicardia relativa durante lo sforzo). Oltre a queste differenze appena descritte, vi sono altre differenze nel comportamento del cuore durante lo sforzo. A mano amano che la FC aumenta nel corso dellesercizio fisico si riduce parallelamente il tempo a disposizione dei ventricoli per riempirsi (la durata della diastole): il cuore allenato, essendo pi "elastico, ha maggior facilit ad accogliere il sangue nelle sue cavit ventricolari e riesce di conseguenza a riempirsi bene anche quando la FC aumenta molto e la durata della diastole si riduce. Tale meccanismo contribuisce al mantenimento di una GS elevata. AduLLumenLI perIIerIcI logico che anche il sistema circolatorio, costituito da vasi arteriosi e venosi, debba adattarsi a questa nuova realt. In altri termini la circolazione dev'ssere potenziata al fine di consentire lo scorrimento di flussi sanguigni (equivalenti al traffico automobilistico) cos elevati senza "rallentamenti. A carico della microcircolazione, gli adattamenti pi importanti riguardano naturalmente i muscoli, particolarmente i muscoli pi allenati. I capillari, attraverso i quali avvengono gli scambi tra sangue e muscolo, sono distribuiti in maggior misura attorno alle fibre muscolari rosse, lente, a metabolismo aerobico (fibre ossidative), che hanno bisogno di una maggiore quantit di ossigeno. Nellatleta di resistenza con lallenamento si realizza un aumento in assoluto del numero di capillari e del rapporto capillari / fibre muscolari, fenomeno conosciuto con il nome di capillarizzazione. Grazie ad esso, le cellule muscolari vengono a trovarsi nelle migliori condizioni per sfruttare a pieno le aumentate disponibilit di ossigeno e substrati energetici. Laumento della superficie capillare e della capacit di vasodilatazione delle arteriole muscolari, fa si che i muscoli riescano a d accogliere quantit di sangue veramente notevoli senza che aumenti la pressione arteriosa media. Oltre ai vasi della microcircolazione, anche quelli arteriosi e venosi di medio e grosso calibro aumentano le loro dimensioni ("vasi datleta). Il fenomeno particolarmente evidente nella vena cava inferiore, il vaso che riporta al cuore il sangue proveniente dai muscoli degli arti inferiori, utilizzati molto nei vari sport. A seguito dellallenamento di resistenza, si ha un aumento delle arterie coronarie, che nutrono il cuore. Il cuore dellatleta, aumentando il suo volume e la massa muscolare, ha bisogno di un maggior rifornimento di sangue e di una maggiore quantit di ossigeno. Laumento del calibro delle coronarie (i vasi che nutrono il cuore) costituisce un altro degli elementi che differenziano lipertrofia fisiologica del cuore da quella patologica legata alle malattie cardiache congenite o acquisite.
EsumI curdIoIogIcI
La valutazione delle condizioni dell'apparato cardiocircolatorio costituisce il momento cruciale della visita alla quale ogni soggetto che pratica attivit sportiva, agonistica e non, viene sottoposto. Quando vengono riscontrate irregolarit (per esempio soffi o alterazioni elettrocardiografiche), occorre stabilire se tale riscontro debba essere considerato fisiologico o patologico. Se si verifica questultima ipotesi, il compito del medico sportivo dovr essere quello di riuscire a valutare [avvalendosi, oltre che dell'esame obiettivo, anche di una serie di esami strumentali (elettrocardiogramma, fonocardiogramma, telecuore, ecocardiogramma)] se lo stato patologico possa dare luogo a peggioramento, oppure se possa in qualche modo
3 esporre il soggetto ad eventi imprevisti improvvisi, come la morte o la sincope, pericolosi sia per il soggetto in questione che per coloro che si trovano a dover assistere a tali condizioni. inoltre necessario che la valutazione avvenga tenendo conto del particolare tipo di sport che il soggetto intende praticare; si dovr cio considerare l'impegno dell'apparato cardiovascolare in quel particolare tipo di sport. EETTROCARDOGRAMMA Mediante l'elettrocardiografo possibile registrare, utilizzando appositi elettrodi, gli stimoli elettrici e trasformarli in un segnale grafico: l'elettrocardiogramma. La carta su cui viene registrato un elettrocardiogramma millimetrata: in senso orizzontale ogni quadretto corrisponde a 0,04 sec; ogni serie di cinque quadrettini, delimitati da una linea leggermente pi marcata, dura perci 0,2 sec. In orizzontale si misura la durata di ogni evento elettrico; in verticale si misura, invece, l'ampiezza delle onde: 1 cm corrisponde a 1 millivolt. Le correnti che eccitano il cuore sono il risultato di un complesso movimento ionico (in particolare degli ioni, sodio, potassio, calcio, cloro) che si verifica tra l'ambiente intracellulare e quello extracellulare. Un elettrocardiogramma formato da una serie di onde e di tratti che si ripetono ciclicamente; la sequenza degli elementi elettrocardiografici che compone un ciclo cardiaco elettrico la seguente: onda P - tratto PR - complesso QRS - tratto ST - onda T - eventuale onda U. L'onda P corrisponde alla depolarizzazione degli atri, ovvero al propagarsi dell'impulso elettrico dal nodo seno-atriale, dove si forma, a tutta la muscolatura atriale che di conseguenza si contrae; il fenomeno elettrico precede il fenomeno meccanico (cio la contrazione). Mentre in condizioni di riposo l'onda P ha visibili limiti di durata e di ampiezza, nel soggetto sotto sforzo questi limiti possono essere di gran lunga superati. Il tratto PR si misura dall'inizio dell'onda P all'inizio del complesso QRS, cio il tempo impiegato dallo stimolo elettrico per attivare gli atri ed attraversare il nodo atrio-ventricolare. Nel soggetto normale la sua durata compresa tra 0,12 e 0,20 sec, nei fondisti maggiore.
Il complesso QRS lespressione della depolarizzazione dei 2 ventricoli; anch'esso presenta limiti di durata e di ampiezza. Per quanto riguarda la durata, non dovrebbe superare i 0,08 sec; per quel che concerne l'ampiezza, i limiti sono molto pi imprecisi. Nell'atleta stata comunque riscontrata l'aumentata ampiezza del complesso QRS. Il tratto ST, infine, rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli.
6 L'elettrocardiogramma pu essere registrato anche quando il soggetto produce uno sforzo, pedalando su di un cicloergometro, o camminando su di un nastro trasportatore. Queste registrazioni servono a valutare eventuali alterazioni dell'elettrocardiogramma a riposo (dubbio di ischemia), o aritmie, oppure quando si voglia osservare la prestazione cardiaca durante il lavoro muscolare. ONOCARDOGRAMMA Il fonocardiogramma trasforma in un segnale grafico i rumori prodotti dal cuore durante la sua attivit. Solitamente viene registrata contemporaneamente anche una traccia elettrocardiografica, in modo tale da poter correlare, con precisione, gli eventi meccanici con quelli elettrici. Questo esame viene registrato mediante l'apposizione di una speciale sonda sul torace, la quale viene successivamente spostata sui vari focolai di auscultazione. Per ogni focolaio, vengono effettuate pi registrazioni, selezionando frequenze acustiche diverse. I rumori normali prodotti dal cuore sono il 1 e il 2 tono cardiaco. Il 1 tono prodotto dalla chiusura delle valvole atrioventricolari; il 2 tono prodotto invece dalla chiusura delle valvole semilunari (aortica e polmonare). Frequentemente, specie nei giovani atleti, si riscontra uno sdoppiamento fisiologico del 2 tono, o la presenza di un tono aggiunto all'inizio della diastole. Gli intervalli fra il 1 ed il 2 tono (pausa sistolica) e fra il 2 tono e il 1 tono successivo (pausa diastolica) sono normalmente silenziosi, ma, in alcuni casi possono presentare rumori (soffi) che saranno detti sistolici o diastolici secondo la pausa che occuperanno. Il fonocardiogramma serve a valutare con maggiore accuratezza un eventuale soffio cardiaco; sar perci possibile stabilire con precisione in quale parte del ciclo cardiaco il soffio si colloca, la sua intensit e frequenza, e la particolare morfologia. Tutti questi elementi sono utili per distinguere i cosiddetti soffi innocenti o funzionali, da quelli che derivano da una malattia cardiaca. Si tratta, comunque, di un esame che viene usato molto meno frequentemente rispetto al passato e che di solito ben poco aggiunge ad una accurata auscultazione con il fonendoscopio.
ECOCARDOGRAMMA Fisicamente, questo tipo di indagine si fonda su di un fascio ultrasonico riflesso che viene captato da una sonda (la stessa che emette il fascio ultrasonico) e trasformato in un segnale elettrico che, a sua volta, viene convertito in forma grafica, dando luogo ad immagini che corrispondono alle varie strutture del cuore in movimento (le pareti libere dei ventricoli, i setti, le valvole, le cavit). L'ecocardiografia si pu eseguire con tecnica monodimensionale o bidimensionale. Nel primo caso (tecnica monodimensionale) si esplora, di volta in volta, un settore isolato del cuore; la risoluzione spaziale molto buona ed possibile effettuare tutta una serie di misurazioni che riguardano le dimensioni dei ventricoli, quelle degli atri, l'ampiezza dei movimenti valvolari e la qualit di questi movimenti. La tecnica bidimensionale ci d una visione completa del cuore in movimento, chiarendo i rapporti spaziali che le varie strutture hanno tra di loro. Il potere di risoluzione , per, minore rispetto alla tecnica monodimensionale. Concludendo, si pu affermare che le tecniche sopra descritte non vanno applicate separatamente, ma fanno entrambe parte di un esame ecocardiografico completo.
L'esame ecocardiografico permette di: - analizzare con precisione i movimenti di tutte le strutture cardiache; - effettuare misurazioni piuttosto precise delle dimensioni delle strutture cardiache, valutando i rapporti esistenti tra di loro; - risolvere eventuali dubbi diagnostici. L'ecocardiografia, ci consente di studiare l'adattamento del cuore ai differenti tipi di discipline sportive. Negli atleti dediti a sport di resistenza, le modificazioni principali riguardano i
7 diametri delle cavit cardiache, che risultano anche notevolmente aumentate, mentre l'ispessimento delle pareti solo moderato. Queste alterazioni, indotte dall'allenamento, sono reversibili nell'arco di 2-3 mesi, se l'allenamento viene sospeso. Negli atleti dediti ad attivit di potenza si verifica sopratutto un aumento di spessore delle pareti ventricolari.
ALLIvILu sporLIvu e puLoIogIe curdIovuscoIurI
La pratica sportiva apporta indubbiamente molti benefici fisiologici in ogni et della vita: essa aumenta la capacit fisica e la forza muscolare dell'individuo, aiuta a tenere il peso corporeo sotto controllo e rende gli apparati osteoarticolare e muscolare pi flessibili ed efficienti. Una componente non trascurabile di questi benefici rappresentata dal miglioramento delle condizioni psicologiche, in altri termini della qualit della vita. Questi aspetti rivestono un'importanza ancora maggiore nell'et evolutiva, un periodo nel quale lo sport assume anche un ruolo formativo ed educativo. In questo contesto appaiono del tutto giustificate le istanze rivolte a consentire l'attivit sportiva anche a ragazzi cardiopatici, istanze divenute pi pressanti da quando negli ultimi anni i progressi diagnostici e terapeutici, soprattutto cardiochirurgici, hanno consentito il recupero alla vita attiva di un numero non trascurabile di bambini ed adolescenti precedentemente destinati all'inattivit fisica. Nel nostro Paese l'attuale legislazione vincola medici e cittadini all'obbligo della visita preventiva per la certificazione dell'idoneit sportiva agonistica e non agonistica. Questa procedura comporta responsabilit medico-legali specifiche da parte del medico certificatore e, ovviamente, si traduce nella necessit, specie in presenza di cardiopatie, di espletare tutte le indagini cliniche e strumentali indispensabili a stabilire la gravit della malattia e la capacit funzionale del soggetto. In ultima analisi occorre definire la compatibilit della cardiopatia con quella determinata attivit sportiva. In ambito sportivo si possono configurare due diverse circostanze in cui occorre un attenta e precisa valutazione cardiovascolare, e precisamente: 1. il caso in cui il soggetto affetto da cardiopatia intenda intraprendere o proseguire un attivit sportiva; 2. il caso in cui si scoprano dati clinici e/o sintomatologici in un soggetto che pratica od intenda praticare attivit sportiva. In alcuni casi esistono analogie tra il cosiddetto cuore dello sportivo e determinati quadri patologici, come per esempio lingrandimento cardiaco di chi pratica intensa e prolungata attivit di fondo, le alterazioni elettrocardiografiche aspecifiche dello sportivo, la patologia ischemica, i soffi cardiaci di natura benigna e la patologia valvolare. La presenza di malformazioni complesse (gravit delle lesioni originarie e frequente persistenza di difetti residui anche dopo correzione chirurgica) controindica, di per s, la pratica agonistica. Tra queste ricordiamo: la trasposizione delle grandi arterie la tasposizione corretta delle grandi arterie latresia della tricuspide latresia della polmonare il ventricolo destro a doppia uscita il ventricolo unico il canale atrio-ventricolare la malformazione di Ebstein lorigine anomala delle coronarie la sindrome di Marfan la sindrome di Ehlers-Danlos. Le cardiopatie congenite sono malattie cardiovascolari presenti alla nascita e dovute ad anomalie di sviluppo. In bassa percentuale sono riferibili a cause note (infezioni,
8 farmaci, radiazioni ionizzanti). In forma isolata od associata, le malformazioni possibili sono molto numerose, ma solo una decina ha maggiore interesse pratico, in quanto pi frequenti.
Potologie piu freguenti.
L'ipertensione arteriosa una malattia che colpisce dal 10 al 20% della popolazione; nella stragrande maggioranza dei casi (95%) di tipo cosiddetto essenziale, cio primitiva; nei restanti casi secondaria ad altre patologie, per lo pi di origine renovascolare ed endocrina. Si ricorda che l'ipertensione arteriosa uno dei principali fattori predisponenti all'infarto miocardico. Il riscontro di elevati valori pressori nel soggetto giovane impone l'arresto dell'attivit sportiva ed un completo screening eziologico. Esclusa la presenza di coartazione aortica, di malformazioni arteriose e di squilibri endocrini, se l'ipertensione arteriosa stabile, si rende necessario un intervento terapeutico appropriato, e successiva esecuzione di test da sforzo massimale (sotto terapia sia dietetica che farmacologica); i valori pressori sotto sforzo non dovranno superare i 220 mmHg per la P.A. sistolica ed i 105 mmHg per la diastolica. Attivit consigliate sono il tennis, lo sci alpino non in alta quota, ciclismo in piano e nuoto non agonistico, ecc.; sono esclusi tutti gli sport con impegno della forza isometrica. Un discorso a parte va fatto a proposito dell'ipertensione arteriosa sistolica nel quadro della cosiddetta sindrome ipercinetica cardiaca, di frequente osservazione nei soggetti giovani, che comporta oltre ad elevazione dei valori pressori, sintomi quali tachicardia, palpitazioni, difficolt respiratoria, vertigini, dolori toracici. Non di rado i soggetti affetti da tale sindrome presentano una buona capacit fisica lavorativa, ma possono venire esclusi dall'idoneit sportiva a causa degli anomali valori pressori. In realt comprovato che l'attivit sportiva rientra con efficacia tra i provvedimenti terapeutici attuabili con normalizzazione dei valori pressori. Secondo i casi e l'eventuale tachicardia associata, verranno associati farmaci beta- bloccanti, che determinano una riduzione della stimolazione simpatica del cuore e blocco della stimolazione noradrenalinica dei beta-recettori. SoIII curdIucI Non necessariamente un soffio cardiaco riveste un significato patologico; di frequente riscontro nell'infanzia, i soffi funzionali, cio innocenti, vengono con relativa facilit differenziati dai soffi organici, cio quelli patologici. I soffi cardiaci sono costituititi da: - una serie di vibrazioni acustiche che possono essere provocate da anomalie strutturali che ostruiscono il normale flusso; - un aumentato flusso attraverso strutture normali (iper - afflusso); - un'inversione del flusso stesso, situazioni nelle quali si realizza un gradiente pressorio tra le camere cardiache interessate Del soffio cardiaco, vanno valutate le seguenti caratteristiche: - la fase del ciclo cardiaco nella quale si colloca; - l'intensit, espressa in gradi da 1 a 6; - la sede di ascoltazione; - la frequenza e la qualit del suono. Generalmente si ascolta un soffio quando la corrente sanguigna diventa vorticosa. I soffi possono essere sistolici, diastolici e continui, a seconda del tempo che occupano nel ciclo cardiaco. I soffi sistolici da eiezione dovuti a stenosi valvolari organiche sono in genere protomesosistolici con acme mesosistolico (forma a diamante) o pi tardivo se il gradiente ostruttivo importante. Quelli dovuti ad iperafflusso (ad es. quello del difetto interatriale) sono ad acme protosistolico. I soffi sistolici da rigurgito sono dovuti ad insufficienza delle valvole atrioventricolari, o a difetto del setto interventricolare.
9 I soffi diastolici da eiezione atriale e da riempimento ventricolare sono dovuti a stenosi delle valvole atrioventricolari sia organiche che funzionali da iperafflusso. Soffi diastolici da rigurgito sono dovuti all'insufficienza delle semilunari aortiche e polmonari causata da alterazioni organiche intrinseche dei lembi valvolari o a dilatazione della radice dei rispettivi vasi. Il soffio continuo, un rumore che inizia con la sistole e continua oltre il secondo tono in tutta o parte della diastole. Esso origina da un flusso che si dirige da una zona ad alte resistenze verso una zona a basse resistenze senza interruzione tra la sistole e la diastole. Generalmente dovuto a comunicazioni aorto-polmonari, fistole arterovenose, alterazioni del modello di flusso in arterie o vene. La sede di ascoltazione distingue i soffi in mitralici, aortici, polmonari, tricuspidalici, ascellari, giugulari, interscapolo-vertebrali. La scoperta di un soffio cardiaco in un soggetto che pratica attivit sportiva un'evenienza non infrequente. Sono da ritenersi privi di significato patologico i soffi sistolici, aortici e polmonari, di natura cosiddetta elettiva, che sono espressione di un aumentato volume sistolico espulso con maggiore velocit attraverso un apparato valvolare normale. Sono da ricordare, come situazioni all'origine di soffi cardiaci funzionali il pectus excavatum e la sindrome da schiena diritta, che comportano entrambe una riduzione del diametro sagittale toracico ed un avvicinamento cardiaco alla parete toracica, facilitando l'auscultazione di eventuali minimi soffi cardiaci. Nell'ambito dei soffi e dei rumori cardiaci rilevabili durante un esame sistematico di uno sportivo, meritano attenzione particolare il click ed il soffio riferibili al prolasso della valvola mitrale.
AnomuIIe eIeLLrocurdIogruIIcIe
L'elettrocardiogramma (ECG) la registrazione grafica delle correnti elettriche del cuore, attraverso derivazioni dette standard D1-D2-D3, unipolari degli arti AVR-AVL-AVF e precordiali da VI a V6. Prenderemo in considerazione nell'ambito dei disturbi rilevabili elettrocardiograficamente le aritmie, i disturbi della conduzione atrio-ventricolare ed intraventricolare. Per aritmia si intende un disturbo del ritmo dovuto ad alterata eccitabilit o conduzione dello stimolo cardiaco; possono essere classificate in aritmie ipocinetiche ed aritmie ipercinetiche (o tachiaritmia). ArILmIe IpocIneLIcIe La bradicardia sinusale un rallentamento del normale battito cardiaco, al di sotto di 50 battiti/min. La valutazione di una bradicardia deve tenere conto, in ambito sportivo, delle condizioni di allenamento del soggetto; in un soggetto allenato infatti non riveste significato patologico una frequenza cardiaca (f.c.) a riposo molto bassa, (es. 35 battiti/min). Se la frequenza cardiaca a riposo inferiore a 30 battiti/min si studier la f.c. sotto sforzo, con l'esecuzione di un test ergometrico e di un ECG dinamico (ECG-Holter) durante una seduta di allenamento. Un blocco seno-atriale, che si ha quando lo stimolo formatosi nel nodo del seno non si trasmette regolarmente agli atrii, non controindica l'attivit sportiva, se scompare dopo il test da sforzo. I blocchi atrio-ventricolari (A-V) sono disturbi della conduzione dello stimolo dagli atrii ai ventricoli; di natura funzionale od organica, possono essere localizzati a diversi livelli delle vie di conduzione ed essere di diverso grado. Nel blocco A-V di I grado si ha un ritardo della conduzione A-V, senza interruzione del passaggio dello stimolo ai ventricoli. All'ECG si osserva un allungamento del tratto PR. Il blocco A-V di II grado consiste nell'interruzione periodica del passaggio dello stimolo dagli atrii ai ventricoli; se ne distinguono due tipi principali: i periodi di Luciani-Wenckeback o tipo
10 Mobitz I, ed il tipo Mobitz II. Nel blocco A- V di III grado si ha infine interruzione completa della conduzione A-V dello stimolo. L'ipertono vagale, caratteristico degli sportivi, viene per lo pi accentuato dall'allenamento in endurance, e spesso favorisce la comparsa delle aritmie ipocinetiche. Nel caso dei blocchi A-V di I grado e Il grado tipo Mobitz I la scomparsa del disturbo con lo sforzo ha significato benigno. Nei restanti casi si impongono successivi accertamenti, come l'ECG dinamico registrato per 24 h, compresa una seduta di allenamento. I disturbi della conduzione intraventricolare consistono in un ritardo od una interruzione della propagazione dello stimolo a livello della branca destra o della branca sinistra. Il ritardo pu essere incompleto o completo, a seconda dell'ampiezza del complesso QRS (inferiore o superiore a 0,11 sec). Il blocco incompleto di branca dx non controindica di per s l'attivit sportiva; il blocco completo di branca dx ed i blocchi di branca sn con QRS inferiore a 0,11 sec impongono l'esecuzione di ulteriori accertamenti (test da sforzo massimale, ecocardiogramma). Il blocco completo della branca sinistra controindica l'attivit sportiva. TucIIurILmIe (ArILmIe IpercIneLIcIe) Le extrasistoli sono battiti anticipati che originano da un centro ectopico, che pu essere atrioventricolare, giunzionale o ventricolare. Possono essere causate da ogni tipo di cardiopatia, comparire in seguito ad alcune terapie farmacologiche, essere secondarie all'abuso di caff e tabacco; spesso non si riscontra una causa specifica nel determinare la loro insorgenza. Generalmente non provocano disturbi soggettivi, al massimo si pu avvertire senso di palpitazione. Nella tachicardia reciprocante atrio-ventricolare (TRAV) il circuito di rientro coinvolge il nodo AV e/o una o pi vie accessorie. Nella tachicardia reciprocante giunzionale, il circuito di rientro localizzato all'interno ed intorno al nodo AV intra e periodale. La fibrillazione atriale parossistica, pu insorgere autonomamente o come complicanza di una tachicardia reciprocante ad elevata frequenza. I meccanismi elettrogenetici di insorgenza ed interruzione delle tachicardie reciprocanti sono stati ampiamente studiati e sono il pi delle volte facilmente riproducibili in corso di studio elettrofisiologico endocavitario e/o transesofageo. Un battito prematuro, pi frequentemente sopraventricolare, in virt delle differenze funzionali esistenti tra le varie sezioni del circuito di rientro (refrattariet, velocit di conduzione anterograda e retrograda, ecc.), viene bloccato in uno dei rami del circuito (blocco unidirezionale) e sufficientemente ritardato lungo l'altro ramo da trovare rieccitabile in senso retrogrado la via in precedenza bloccata (fenomeno di rientro). La frequenza cardiaca (FC) durante tachicardia reciprocante dipende da: - le dimensioni del circuito di rientro; - le propriet elettrofisiologiche (refrattariet/velocit di conduzione) dei tessuti che costituiscono il circuito anatomico; - il livello di attivazione adrenergica.
In alcuni pazienti l'accesso tachicardico pu insorgere spontaneamente o essere inducibile unicamente sotto sforzo. La diagnosi differenziale tra i due tipi di tachicardia, atrio- ventricolare da via anomala e giunzionale, il pi delle volte possibile con l'ausilio di una registrazione elettrocardiografica intraesofagea, in base alla durata dell'intervallo ventricolo- atriale durante tachicardia. Con lo stesso metodo possibile il pi delle volte distinguere, in presenza di aberranza del QRS, una tachicardia reciprocante ortodromica con blocco di branca frequenza dipendente (l'impulso scende lungo la normale via atrio-ventricolare e risale lungo la via anomala), da una tachicardia antidromica (l'impulso scende lungo la via anomala e risale lungo lanormale via atrio-ventricolare): in questo secondo caso l'intervallo A-V pi breve di quello V-N. ' In corso di fibrillazione atriale sostenuta possibile osservare battiti con diverso grado di PEV. In questa condizione, di particolare importanza quantizzare la percentuale dei battiti preeccitati, l'intervallo R-R minimo e l'intervallo R-R medio tra due battiti preeccitati, parametri considerati significativi ai fini della determinazione del rischio di desincronizzazione
11 ventricolare secondaria. bene, tuttavia, sottolineare che l'evento aritmico nel soggetto con PEV la risultante di fattori causali multipli che non sempre possono essere quantizzati, variando in funzione del prevalere di effetti neurovegetativi di tipo simpatico o parasimpatico in un cuore peraltro sano. Di fatto, sebbene siano riportati casi in cui l'insorgenza di tachiaritmie parossistiche sicuramente correlatile allo sforzo fisico, la reale aritmogenicit dello stesso in atleti con PEV tuttora controversa. Bisogna tener conto che il condizionamento atletico modifica il tono neurovegetativo in misura diversa a seconda del tipo e grado di allenamento, e che nell'impegno agonistico ufficiale, specie in condizioni estreme, entrano in gioco ulteriori elementi, quale soprattutto lo stress psicologico, l'entit del quale pu variare significativamente da individuo ad individuo a seconda delle caratteristiche di personalit. Il prevalere di effetti di tipo adrenergico pu essere un fattore di rischio in corso di fibrillazione atriale sostenuta in un atleta con documentata ipersensibilit della via anomala alle catecolamine, mentre pu facilitare la conduzione preferenziale nel nodo AV in altri soggetti. In proposito, numerosi studi hanno ormai dimostrato che in soggetti con PEV il rischio di fibrillazione ventricolare e morte improvvisa maggiore quando si documentino: - una storia di fibrillazione atriale spontanea e/o tachicardia reciprocante ad elevata frequenza; - la presenza di vie anomale multiple; - un intervallo R-R minimo preeccitato durante fibrillazione atriale < 250 msec a riposo (< 210 msec sotto sforzo).
tuttora controverso il valore prognostico da dare alla durata del periodo refrattario anterogrado della via anomala, specie se valutato indirettamente. Infatti, mentre valori inferiori a 270 msec a riposo sono considerati un fattore di rischio,", il riscontro di valori superiori a 270 msec non esclude con certezza il rischio di complicanze aritmiche fatali, essendo possibili variazioni transitorie ed imprevedibili della refrattariet, associate talvolta a conduzione supernormale (in pratica pi veloce di quella abituale) nelle vie accessorie. Alla luce di ci, quindi opportuna una valutazione dinamica dei parametri elettrofisiologici mediante studio elettrofisiologico transesofageo ripetuto in pi sessioni. La riproducibilit della metodica, recentemente valicata certamente adeguata ove la tecnica sia utilizzata in modo appropriato. Le extrasistoli che scompaiono durante e dopo lo sforzo vengono ritenute prive di carattere patologico; viceversa quando permangono o aumentano dopo lo sforzo, oppure si presentano con alcune caratteristiche (ripetitivit, elevata frequenza, polimorfismo nel caso delle extrasistoli ventricolari), si rende necessario un approfondimento diagnostico per escludere una causa patologica nel loro determinismo. Aritmie ipercinetiche sono il flutter e la fibrillazione atriale, la tachicardia parossistica sopraventricolare, la tachicardia ventricolare, forme pi complesse e di varia eziologia che necessitano sempre di indagini cardiologiche approfondite, in alcuni casi fino allo studio elettrofisiologico (registrazione dell'attivit del sistema di conduzione, specialmente nel fascio di His, mediante introduzione di particolari elettrodi nelle cavit cardiache). CurdIopuLIu IscIemIcu
Il miocardio un organo il cui metabolismo di tipo essenzialmente aerobico, basato cio su reazioni ossidative che necessitano di un rifornimento costante e sufficiente di ossigeno; per ipossia o anossia si intende una carenza nell'apporto di ossigeno da parte delle arterie coronarie, condizione questa estremamente mal tollerata dal muscolo cardiaco. Nel soggetto normale, a riposo, il sangue venoso refluo dal miocardio molto povero di ossigeno, in conseguenza dell'estrazione dello stesso dal sangue arterioso. Infatti, prelevando sangue venoso dal seno coronarico la saturazione di O 2 all'incirca del 20%, dato questo che indica una estrazione a riposo pressoch massimale. I fattori che determinano specificatamente il consumo di O 2 da parte del miocardio sono la frequenza cardiaca, la contrattilit, il precarico ed il post-carico cardiaci, le caratteristiche
12 meccaniche, cio, dell'attivit cardiaca. Nel soggetto normale il rifornimento di ossigeno dalla circolazione coronarica regolato in modo tale che in occasione di uno sforzo anche massimale, la domanda di ossigeno miocardica sia sempre ampiamente soddisfatta. Il miocardio normale, irrorato da arterie coronarie sane, non quindi mai ipossico. La malattia coronarica definita dalla presenza di lesioni ateromatose a livello delle arterie coronarie (aterosclerosi coronarica), lesioni che limitano la circolazione coronarica da cui dipende il normale funzionamento del muscolo cardiaco; la compromissione cardiaca dipender dalla severit e dall'estensione della malattia coronarica. Le lesioni sono generalmente localizzate nel tratto prossimale delle arterie (ma possono essere anche diffuse e colpirne le diramazioni pi periferiche) e determinano un grado di ostruzione, o stenosi, pi o meno severo. La stenosi coronarica comporta una riduzione del flusso sanguigno e quindi un minore apporto di O 2 al miocardio situato a valle della stenosi stessa, che diventa pertanto ipossico; come meccanismo di compenso a questa situazione, si determina una dilatazione a carico delle arteriole coronariche, allo scopo di mantenere un flusso sanguigno il pi possibile adeguato. Se la stenosi coronarica moderata, il miocardio a valle potr ricevere, a riposo, un rifornimento di O 2 ancora sufficiente; quando la stenosi severa (ostruzione del lume arterioso superiore all'80%) si creer una situazione di ipossia o ischemia cronica, nonostante la vasodilatazione massimale delle arteriole coronariche. Se la richiesta di O 2 da parte del miocardio aumenta, ad es. in occasione di uno sforzo fisico, le lesioni stenotiche causano un ostacolo al rifornimento dell'O 2 stesso, determinando quindi una situazione di ischemia. L'ischemia a sua volta comporta la comparsa dei segni di sofferenza miocardica, e cio: anomalie metaboliche (produzione di acido lattico), depressione della funzione miocardica (insufficienza cardiaca), anomalie elettrocardiografiche, sintomatologia anginosa. Va ricordato che, oltre al restringimento coronarico determinato dall'aterosclerosi, una situazione di ischemia miocardica pu essere secondaria al cosiddetto spasmo coronarico. Per spasmo si intende un restringimento prolungato, intenso e localizzato di un tratto di arteria coronaria; esso pu instaurarsi sia su arterie coronarie sane, sia su arterie coronarie aterosclerotiche. Per quanto concerne i quadri clinici della cardiopatia ischemica, si possono distinguere diverse situazioni, definibili come fase acuta e fase cronica. Fanno parte del primo gruppo la morte improvvisa, generalmente per aritmie ventricolari gravi o blocchi A-V, l'angina pectoris, l'angina preinfartuale e l'infarto miocardico. La cardiopatia ischemica cronica rappresentata dal quadro clinico cronico e stabilizzato riferibile alla coronaropatia aterosclerotica. I principali fattori predisponenti alla malattia coronarica sono: l'ipertensione arteriosa, il fumo di sigarette, il diabete mellito, le iperlipoproteinemie primitive e secondarie, l'eccesso ponderale, il sedentarismo, l'iperuricemia, l'ipotiroidismo, lo stress. La cardiopatia ischemica, che colpisce pi frequentemente l'uomo rispetto alla donna, da ritenersi una delle pi comuni cause di morte nei Paesi industrializzati occidentali, superando notevolmente la mortalit conseguente al cancro. Su 100.000 abitanti, da 100 a 500 morti sono da ascriversi a tale patologia. Si ricorda che negli ultimi anni si registrata una graduale ma significativa riduzione della mortalit cardiovascolare, verosimilmente in relazione ai provvedimenti attuati per la correzione dei principali fattori di rischio, precedentemente elencati; tali provvedimenti configurano la cosiddetta prevenzione primaria della malattia coronarica. La terapia pu essere di ordine medico (farmaci antiischemici), chirurgico (rivascolarizzazione miocardica, soprattutto con by-pass aorto-coronarico) e riabilitativo. La riabilitazione del cardiopatico in effetti rappresenta il punto di contatto tra la malattia ischemica e l'attivit fisica, e consiste, come precisa l'OMS, in una serie di provvidenze da attuare allo scopo di ricondurre il paziente alle migliori condizioni fisiche, mentali e sociali possibili, compatibilmente con la suamenomazione . Per quanto concerne la riabilitazione del cardiopatico necessario considerare diversi stadi e precisamente: - fase acuta; - fase di convalescenza; - fase postconvalescenza e di stabilizzazione.
13 Le prime due sono normalmente svolte in ospedale e vanno dalla mobilizzazione precoce che comprende esercizi di ginnastica respiratoria, di mobilizzazione degli arti sino alla ripresa della stazione eretta, e del cammino prima in piano e poi per le scale in discesa. Tutte queste fasi sono costantemente sotto controllo con monitoraggio. Allorquando, dopo circa 6 settimane, il soggetto entra nella fase di postconvalescenza e di stabilizzazione, se non esistono controindicazioni, l'attivit fisica verr gradualmente incrementata con lavoro al cicloergometro o su ergometro trasportatore o mediante il cammino libero, ricorrendo ancora periodicamente a controllo specialistico con registrazione di elettrocardiogramma nel corso dell'attivit prevista. Inizialmente il soggetto pedaler per circa 8 minuti due volte al giorno a 50 pedalate al minuto a 200 kgm/min (33 W) di carico per portarsi progressivamente dopo un mese a 15 min con 60 pedalate al minuto e con un carico di 450 kgm/min (75 W). La fase di mantenimento dopo circa altri due mesi comporter un lavoro giornaliero di 15 min a 60 pedalate al minuto e con un carico di 600 kgm/min (100 W). Qualora il soggetto preferisca camminare o non abbia a disposizione un cicloergometro, inizier camminando per 12 min e percorrendo in tale tempo circa 800 m in piano. Dopo un mese, passer a percorrere in 20 min 2 km, per arrivare, dopo altri due mesi, ad un programma di mantenimento che consiste nel camminare per 30 min percorrendo 3 km. Successivamente, se non esistono controindicazioni sul piano medico in base ai controlli periodici, sar possibile la ripresa di attivit sportive blande. AnzIunI ed uLLIvILu IIsIcu: screenIng curdIoIogIco Nel soggetto anziano risultano pi probabili condizioni patologiche anche latenti che possono controindicare l'attivit fisica o limitarla. Per tale motivo opportuno un esame pi attento prima di consentire qualsiasi attivit fisica. Oltre ad un attento esame obbiettivo teso a stabilire le condizioni cliniche attuali, arricchito di un'attenta anamnesi, sar spesso necessario eseguire degli esami strumentali per una pi precisa definizione delle condizioni di salute del paziente. Il medico ed il cardiologo dovranno porre particolare attenzione ai soggetti con: anamnesi cardiologica positiva per cardiopatia ischemica recente con ischemia residua; affetti da scompenso cardiaco cronico; aritmie minacciose che necessitano di trattamento; ipertensione arteriosa di difficile trattamento con evidenza di danno d'organo. In linea di massima, tuttavia, la grande maggioranza dei soggetti anziani che intende praticare sport dovrebbe essere sottoposta a un qualche approfondimento diagnostico. Per questo motivo crediamo utile fornire dei consigli molto semplici sul come interpretare le diverse indagini diagnostiche nel soggetto anziano.
QUADRI ELETTROCARDIOGRAFICI
Nell'anziano, le anomalie dell'elettrocardiogramma (ECG) sono abbastanza frequenti ed esistono numerosi studi che riportano percentuali variabili a seconda dei criteri d'interpretazione utilizzati. In pratica, si pu considerare che circa il 50% degli anziani ha un ECG di superficie anomalo ed almeno un terzo dei soggetti con et sopra i 70 anni presenta una qualche aritmia cardiaca. bene dire subito che, anche se tali anomalie possono destare preoccupazione, non necessariamente debbono controindicare di per s l'attivit motoria. L'anziano pu presentare un certo grado di bradicardia sinusale, reperto che pu essere la naturale conseguenza dell'invecchiamento delle cellule pacemaker del nodo del seno, anche se talvolta pu nascondere una malattia del nodo del seno. L'intervallo P-R talvolta ai limiti superiori, ma sotto sforzo si normalizza. Cos come possono essere presenti turbe della conduzione come blocco di branca destra o sinistra o emiblocco anteriore o pi raramente posteriore. Tutte queste anomalie, presenti in una percentuale dal 3-5% dei soggetti anziani in buona salute, in assenza di altri segni di cardiopatia possono essere semplicemente il frutto della degenerazione delle vie di conduzione, e consentire egualmente l'attivit fisica. Una fibrillazione atriale cronica pu essere presente in circa il 2-3% dei soggetti anziani in buona salute, senza altri segni di cardiopatia. Come detto, infatti, la degenerazione delle vie di
14 conduzione piuttosto comune a cominciare dal nodo del seno, che diviene incapace di mantenere la sua funzione di pacemaker, contribuendo all'insorgenza della fibrillazione atriale, che pu anche non essere avvertita dal momento che non necessariamente il cuore diminuisce significativamente la sua efficienza. stato dimostrato, mediante prova da sforzo al nastro trasportatore con protocollo di Bruce, che una fibrillazione atriale cronica comporta solo un modesto declino della performance cardiovascolare stimato in circa il 7%. Questo modesto deficit sarebbe imputabile alla perdita del sincronismo atrio-ventricolare e della sistole atriale, che, come abbiamo gi ricordato risulta fondamentale ai fini del riempimento ventricolare e per mantenere una buona gettata sistolica nel cuore dell'anziano anche in presenza di un ventricolo sinistro normale. Un'extrasistolia sopraventricolare o anche ventricolare non ripetitiva pu essere osservata con relativa frequenza. Tali aritmie possono essere favorite dalla presenza dell'ipertrofia di parete frequentemente presente nel cuore senile. Queste aritmie non giustificano a priori veti assoluti nei confronti dell'attivit sportiva, ma devono passare al vaglio di altri accertamenti. L'ECG dell'anziano pu presentare inoltre anomalie dell'onda P, in particolare una deflessione negativa della P abitualmente in VI, espressione della dilatazione atriale sinistra da ridotta compliance del ventricolo sinistro. Per quanto riguarda il complesso QRS, l'asse elettrico tende a spostarsi verso sinistra con l'avanzare dell'et e non necessariamente implica una patologia cardiaca sottostante. Nel 10- 40% dei soggetti possono essere presenti i segni dell'ipertrofia ventricolare. In assenza di ipertensione essi non debbono assumere un significato patologico. Diverso il caso della presenza di modificazioni del tratto ST: infatti, il quadro dell'ipertrofia e sovraccarico si associa ad una pi elevata morbilit e mortalit.
QUADRI ECOCARDIOGRAFICI
L'ecocardiogramma (ECO) dell'anziano non portatore di una cardiopatia pu presentare una serie di alterazioni che meritano di essere segnalate, perch unicamente dovute al processo di invecchiamento. Il miocardio va incontro ad una parziale sostituzione con tessuto fibroso, mentre le valvole cardiache ed il tessuto fibroelastico possono andare incontro a parziale calcificazione. Il quadro che ne deriva sar di un miocardio frequentemente ispessito, in particolare il setto interventricolare, con diametri ventricolari nei limiti della norma. Le misure dell'efficienza sistolica globale, come la frazione di accorciamento e la frazione di eiezione risultano nei limiti della normalit. Viceversa il rapporto E/A del velocitogramma del flusso mitralico, cio il rapporto tra l'onda E (l'onda del riempimento rapido in protodiastole) e l'onda A (l'onda della contrazione atriale), si inverte a causa dell'aumento della rigidit del ventricolo sinistro con l'et. La valvola aortica pu andare incontro a fibrosi e a calcificazione pi o meno estesa creando i presupposti per una stenosi aortica. Anche l'anello mitralico pu andare incontro ad estese calcificazioni che possono estendersi fino ai lembi mitralci, riducendone la mobilit e creando i presupposti per una stenosi e/o insufficienza mtralica. Anche il prolasso mitralico pu essere conseguenza di un processo degenerativo conseguenza dell'et. Si stima che una percentuale di pazienti anziani che va dal 5 al 10% sia portatore di tale patologia. Per questi stessi motivi, piuttosto comune riscontrare all'ECOColor Doppler rigurgiti valvolari su base degenerativa spesso di entit lieve o moderata. Cos i quadri eco pi comuni saranno: linsufficienza mitralica ed aortica, la sclerosi valvolare aortica con modesta stenosi. Tutte queste condizioni di per s non controindicano l'attivit fisica, in quanto fanno parte del normale processo di invecchiamento, anche se debbono essere valutate nella globalit del quadro clinico del soggetto
LA VALUTAZIONE ERGOMETRICA
La prova da sforzo (test ergometrico) rimane l'esame fondamentale per colui che desidera svolgere un'attivit sportiva di un certo impegno, in quanto riproduce in laboratorio quelle condizioni di stress fisico che, sia pure con alcune differenze, si realizzano poi sul "campo". Questo tipo di test pu essere eseguito su attrezzature (ergometri) diverse, abitualmente sul
13 cicloergometro, con protocolli di lavoro diversi. La scelta del tipo di sforzo da eseguire deve essere fatta sulla base delle caratteristiche del soggetto e delle sue preferenze. Certamente il cicloergometro pone minori problemi di stabilit, per induce spesso una salita della FC pi lenta rispetto al nastro trasportatore. L'effettuazione di una prova da sforzo sotto monitoraggio elettrocardiografico (ECG da sforzo) risulta essenziale nella ricerca di un eventuale cardiopatia ischemica. Il giudizio sulla prova si poggia principalmente sull'eventuale comparsa di dolore toracico e delle modificazioni (sottoslivellamento) del tratto ST dell'ECG. La prova da sforzo tuttavia utile per verificare l'eventuale comparsa di aritmie e soprattutto il comportamento della PA. noto che nella popolazione anziana, sopra i 70 anni, la prevalenza della malattia coronarica al riscontro autoptico piuttosto elevata (circa il 54%), ma che in gran parte rimane non diagnosticata per diverse ragioni. Tale discrepanza tra prevalenza di cardiopatia ischemica autoptica e quella clinica ante mortem dovuta al fatto che in questa fascia d'et l'intensit del lavoro svolto minore. Occorre anche considerare che nell'anziano la cardiopatia ischemica pu manifestarsi con sintomi atipici, come dispnea o astenia, invece del classico dolore toracico anginoso. Pur tenendo conto di queste limitazioni possiamo affermare che nel soggetto anziano, in grado di raggiungere almeno l'85 % della sua FC massima, il test da sforzo ha un'ottima capacit diagnostica nei confronti della cardiopatia ischemica anche se la specificit ridotta, cio il test pu risultare "positivo" anche in soggetti sani. Occorre sottolineare il fatto che l'anziano che pratica una regolare attivit fisica pi idoneo del coetaneo sedentario a svolgere un test da sforzo con risultati anche pi che pi attendibili.
doneILu ugonIsLIcu per uLIeLI con uILeruzIonI e puLoIogIe curdIovuscoIurI [Fonti articolo: Barry J. Maron e Jere H. Mitchell]
Un importante aspetto dell'attivit competitiva consiste nel verificare se l'atleta sia in grado di esercitare il proprio giudizio, la propria valutazione libera e indipendente per interrompere l'attivit sportiva nel caso sia necessario. Ad esempio, sintomi quali le vertigini, le lipotimie, la dispnea o il dolore precordiale o qualunque altro sintomo minaccioso collegabile a malattie cardiache, osservati come conseguenza o durante l'attivit sportiva competitiva, sono difficilmente distinguibili in maniera attendibile, dall'atleta stesso, dai normali disturbi di un'intensa attivit fisica. inoltre importante notare che, a causa delle circostanze particolari e delle pressioni dello sport competitivo in generale, spesso l'atleta non in grado di interrompere l'attivit fisica, anche quando si presentino obiettive necessit mediche di interromperla. Un atleta pu essere considerato competitivo indipendentemente dall'et e dal livello di attivit sportiva praticata; ci include l'et giovanile, le competizioni a livello di scuole inferiori, di college, a livello professionistico e di sport nella categoria masters o veterani. Le linee guida non sono state formulate per essere applicate alle attivit sportive di tipo ricreativo non agonistico, e non devono costituire una limitazione per partecipare a programmi di riabilitazione cardiaca. Tuttavia, ci si rende conto che molto probabile che alcuni medici utilizzino queste linee guida anche per atleti che partecipano a sport non competitivi e per soggetti non atleti, il cui lavoro comporta attivit particolarmente vigorose e intense come i vigili del fuoco o gli infermieri impegnati nelle emergenze. Questo processo richieder la definizione di criteri certi e di estrapolazioni corrette per valutare le differenze esistenti, nell'intensit dell'allenamento, tra atleti competitivi e persone che svolgano attivit fisicamente molto pesanti. Tuttavia dobbiamo sottolineare che la prevalenza di malattie cardiovascolari in una popolazione di giovani che pratica sport molto bassa. Inoltre, bench il rischio preciso di morte improvvisa negli atleti con cardiopatie associate non sia noto, comunque senza dubbio basso. Infatti documentato che il numero degli atleti competitivi che muoiono di
16 morte prematura ogni anno ridotto, particolarmente quando si consideri l'ampio numero di atleti, di tutte le et, che partecipano alle molteplici attivit sportive possibili. Almeno 5 milioni di giovani sono attivamente coinvolti in sport competitivi negli Stati Uniti a livello di High School (scuola media), di College (Liceo), e a livelli professionistici, e questo senza includere quelli che partecipano a programmi sportivi nella prima giovinezza, nella scuola elementare o a livello di Masters nell'et adulta. Se la morte improvvisa negli atleti un evento raro, perch dovremmo considerarlo un rilevante tema medico di discussione? Questo probabilmente dovuto al fatto che pensiamo che gli atleti competitivi rappresentino la parte pi sana e la pi attiva della nostra societ, per i quali eventi cardiaci drammatici sembrano del tutto improbabili. Di conseguenza, questi eventi drammatici diventano simbolici, sollevano problemi importanti, sfidano le conoscenze del medico e richiamano sempre immediata attenzione. La risonanza, inoltre, di questi eventi drammatici di solito aumentata, in quanto amplificata dai mass media; ma l'interesse di solito molto elevato poich lo sport diventato un lavoro molto vantaggioso dal punto di vista economico, e consente spesso agli atleti di raggiungere fama e celebrit. Per queste ragioni la morte improvvisa di un atleta pu avere un impatto molto evidente sulla sensibilit del pubblico e al tempo stesso sugli atteggiamenti della professione medica. Sono disponibili solo pochi dati certi che dimostrino come l'esercizio fisico molto intenso predisponga l'atleta, con alterazioni cardiovascolari, a una morte che altrimenti non sarebbe accaduta. D'altra parte non dimostrato che linterruzione dell'attivit sportiva necessariamente prolunghi la vita. Quindi possibile che il giudizio medico possa talvolta obbligare alcuni atleti a interrompere l'attivit sportiva, in maniera ingiustificata e non necessaria. Questo naturalmente non giustificato, poich l'atleta trae, dall'attivit sportiva, una considerevole sicurezza in se stesso, confidenza nei propri mezzi, benessere fisico oltre a un ritorno economico. Va sottolineato, inoltre, che le linee guida, che permettono all'atleta di praticare carichi definiti di attivit fisica, proposte in questo documento, sono generalmente abbastanza rigide. Tuttavia esse sono presentate nel contesto delle linee guida e quindi non dovrebbero essere considerate immodificabili o assolutamente limitative. Un medico, con un il suo bagaglio conoscitivo sulla severit della patologia cardiaca del singolo atleta, sulla risposta psicologica dello stesso alla gara competitiva e la conoscenza di altri fattori clinici, rilevanti dal punto di vista medico, pu infatti scegliere di rendere meno limitative queste linee guida in alcuni casi selezionati. ALLIvILu sporLIve e Impegno curdIovuscoIure Lesigenza di classificare discipline sportive, le pi disparate, secondo criteri rispondenti a determinate finalit di tipo meramente biologico oppure operativo, s scontrata fin dai primi tentativi con l'obiettiva difficolt di identificare i criteri da seguire. D'altro canto una classificazione aggiornata ed esauriente rappresenta un importante strumento operativo per il lavoro quotidiano dello specialista in Medicina dello Sport (M.S.) e del cardiologo consulente, che devono conoscere non solo organi, distretti e funzioni particolarmente impegnati nella pratica delle diverse discipline sportive, ma anche, ed altrettanto bene, le caratteristiche bioenergetche e bomeccaniche che contraddistinguono molti sport oggi noti e praticati, con particolare riferimento al rischio cardiovascolare reale od ipotetico. Le attivit sportive, infatti, dal punto di vista fisiologico possono essere diversamente classificate in relazione ad uno o pi parametri che le caratterizzano. Cos, una classificazione a carattere generale pu essere effettuata in base alle sorgenti energetiche utilizzate nel lavoro muscolare, anaerobiche alattacide o lattacide, aerobiche, ed alle caratteristiche biomeccaniche proprie dei gesti sportivi di quelle attivit. Un tale tipo di approccio tuttora di grande utilit dal punto di vista strettamente fisiologico e tecnico, solo avvertendosi l'esigenza di modificare opportunamente la collocazione di quelle specialit sportive nelle quali pi grandi siano i progressi dal punto di vista della prestazione atletica e pi sensibili le innovazioni tecniche apportate. Nessuna di queste classificazioni risponde in modo esauriente alle esigenze del cardiologo dello sport, che deve tener conto in modo specifico degli effetti acuti e cronici che l'attivit sportiva determina sull'apparato cardiovascolare.
17 bene sottolineare che la valutazione obiettiva dell'impegno cardiovascolare appare uno degli elementi determinanti nella formulazione del giudizio di idoneit o inidoneit soprattutto negli atleti portatori di cardiopatie lievi o anomalie elettriche, che generalmente implicano ai fini della normale vita di relazione un rischio minimo o del tutto assente, che pu invece divenire significativo in funzione della pratica sportiva. Purtroppo le reciproche interrelazioni fra esercizio sportivo ed apparato cardiovascolare sono molto pi complesse di quanto alcune schematizzazioni fin qui effettuate lascino intendere. Ci deriva innanzitutto dal fatto che l'impegno cardiaco nelle diverse attivit quanto mai variabile in relazione, oltre che ai fattori propri dello sport prescelto, anche a fattori esterni contingenti (stato psichico dell'atleta, condizioni atmosferiche, etc.). Inoltre occorre tenere conto che l'impegno cardiaco pu essere costante nel tempo, come avviene praticamente nelle gare di lunga durata (maratona, sci di fondo, ciclismo, etc.) o intermittente, come avviene ad esempio nei giochi con la palla (attivit aerobico-anaerobiche alternate), senza che ci diversifichi molto sul piano del rischio cardiovascolare i due tipi di attivit sportive. E' ormai accertato, ad esempio, che sforzi brevi, a brusco inizio e/o termine, purch sufficientemente intensi, possono avere una maggiore potenzialit aritmogena rispetto a sforzi sia pure massimali ma iniziati e terminati in modo graduale. A conferma di ci, l'arresto brusco dopo sforzi gravosi, dinamici, statici o misti, appare risultare spesso molto pi perturbativo dal punto di vista emodinamico ed aritmico che non qualsiasi altra condizione propria dell'attivit sportiva. Negli sport a prevalente impegno neurosensoriale, la componente cardiaca pu apparire modesta dal punto di vista emodinamico ed invece notevole sul piano della sollecitazione neuroormonale, soprattutto catecolaminica, anche se quest'ultima da sola non probabilmente sufficiente a realizzare un rischio cardiaco reale se non in casi eccezionali. Un aspetto non trascurabile rappresentato dal rischio intrinseco proprio di talune attivit sportive in relazione all'ambiente sfavorevole nel quale si svolgono (sport subacquei, alpinismo, sport motoristici, etc.). In queste discipline, l'eventuale insorgenza di episodi sincopali a genesi aritmica ed emodinamica pu risultare assai pi pericolosa per l'atleta ed eventualmente per gli spettatori (sport motoristici). Da questo stesso punto di vista, sia pure in termini probabilistici, ragionevole supporre che il rischio cardiovascolare possa aumentare negli sport di contatto nei quali possibile il realizzarsi di traumi contusivi toracici o di violente stimolazioni cardiache riflesse (traumi cranici, stimolazioni algogene intense) in grado di facilitare l'insorgenza di fenomeni aritmici per lo pi di tipo ipocinetico. Pur tenendo conto di tutte le difficolt sopra esposte, tuttora una classificazione delle attivit sportive che tenga conto dell'impegno cardiovascolare uno strumento essenziale per facilitare e razionalizzare il lavoro del Medico dello Sport e del cardiologo consulente. Del tutto recentemente nuove e pi complesse esigenze sono emerse, in gran parte riferite ai moderni schemi di allenamento o legate alle modificazioni degli impegni motori che si sono verificate negli ultimi anni sia per motivi tattici sia perch rese possibili dalle maggiori potenzialit che gli atleti sono oggi in grado di esprimere, grazie appunto anche alle moderne tecniche di allenamento. A queste ragioni si aggiunge l'emergere a getto continuo di nuove discipline sportive alcune delle quali gi riconosciute dalle Federazione Sportive Nazionali. Inoltre il progresso tecnologico e scientifico ha permesso di acquisire nuove informazioni e di modificare alcuni concetti acquisiti nelle precedenti classificazioni. Per esempio concetti come "impegno isometrico, impegno statico ed impegno dinamico" risultano fuorvianti in quanto carichi "statici o isometrici" sono oggi pressoch scomparsi e in competizione le fasi "statiche o isometriche" si possono verificare solamente in rari episodi e per pochissimi secondi o frazioni di secondo, non in grado comunque di produrre sovraccarichi significativi a carico dell'apparato cardiovascolare. Da quanto sin qui esposto emerge con tutta evidenza l'esigenza di procedere ad una revisione delle attivit sportive che tenga conto dell'impegno cardiovascolare. In particolare, per finalit pratiche, sono stati utilizzati, come criteri guida della classificazione, parametri di facile rilevamento come la frequenza cardiaca, il carico di pompa, la pressione di esercizio e le influenze emozionali. Tali parametri infatti consentono, se correttamente utilizzati, di formulare da parte dello specialista in M.S. e del cardiologo consulente un giudizio attendibile relativamente all'accertamento del rischio cardiovascolare. Inoltre nel suddividere i vari sport all'interno della classificazione, si ritenuto necessario non limitarsi a considerare solo l'impegno cardiovascolare di gara ma anche quello di allenamento,
18 ben pi incidente, sia per intensit che per quantit, sul rischio emodinamico. La valutazione del carico di lavoro in allenamento ovviamente difficile, variando essa da sport a sport e da allenatore ad allenatore; si tuttavia tenuto conto delle pi comuni acquisizioni in tali settori derivanti dalla letteratura o da dati sperimentali. Sulla base di tale criterio classificativo si potr quindi verificare che sport che potrebbero essere classificati, per il carico di gara, tra quelli ad impegno moderato, vengono invece inclusi tra quelli ad impegno elevato per quanto gli atleti compiono in allenamento. Evidentemente anche questa classificazione ha, per i limiti intrinseci di ogni classificazione un carattere solo indicativo. CIussIIIcuzIone Per criteri eminentemente pratici e per consentire di trovare corrispondenza tra la classificazione sostanzialmente innovativa che viene di seguito esposta e la terminologia in precedenza adottata nei protocolli COCIS 1989, le discipline descritte successivamente nel gruppo A potranno essere considerate indicative di un rischio cardiovascolare lieve, cos come quelle del gruppo B2; un livello di rischio moderato potr essere attribuito alle discipline del gruppo B1, mentre un livello di rischio da medio ad elevato potr essere attribuito alle discipline comprese nei gruppi C, D ed E che presentano tuttavia differenze sul piano delle risposte emodinamiche che possono risultare importanti in specifiche malattie o anomalie cardiovascolari (ad es. gli sport di "pressione" nel caso dell'ipertensione arteriosa, della coartazione aortica, etc.). Queste indicazioni, bene ripeterlo, possono essere ritenute in parte arbitrarie, e comunque soggette a possibili variazioni, ma devono essere considerate utili per ragioni eminentemente pratiche. La classificazione fornisce un'informazione "accessoria", costituita dall'aggiunta di un primo gruppo (A) che comprende attivit sportive a carattere non agonistico e che a rigor di logica esulerebbero dagli obiettivi del COCIS. Tuttavia si ritenuto di doverla inserire alla luce del gran de sviluppo che la pratica sportiva ha oggigiorno come mezzo terapeutico-riabilitativo in molte patologie cardiovascolari. Gruppo A Attivit sportive non competitive con impegno cardio-circolatorio minimo-moderato caratterizzato da attivit di pompa a ritmo costante, frequenze sottomassimali e caduta delle resistenze periferiche:
Podismo in pianura Footing Jogging Ciclismo in pianura Caccia Canoa turistica Nuoto Sci di fondo Pattinaggio Trekking (non esasperato) Golf Marcia in pianura Gruppo B Attivit sportive con impegno cardiocircolatorio di tipo "neurogeno" caratterizzato da incrementi della frequenza cardiaca e non della portata, dovuto, soprattutto nelle competizioni, ad importante impatto emotivo:
1. con incrementi della FC da medi ad elevati Tuffi Paracadutismo Motociclismo Velocit Automobilismo Ippica Aviazione Sportiva
19 Attivit subacquee
2. con incrementi della FC da minimi a moderati Golf Bocce e bowling Pesca sportiva Bocce e Bowling Sport di tiro (a segno, a volo, arco, etc.) Gruppo C Attivit sportive con impegno cardiocircolatorio di "pressione", caratterizzato da portata cardiaca non massimale, frequenza cardiaca da elevata a massimale e resistenze periferiche da medie ad elevate:
Salti Atletica Leggera velocit Sollevamento pesi Lanci Bob Nuoto pinnato 50 m ap., 100 m Nuoto 50 m Slittino Pattinaggio sul ghiaccio velocit Sci slalom, discesa,
Km lanciato Pattinaggio a rotelle velocit Motocross Alpinismo Free climbing Decathlon lanci e salti Sci acrobatico Sci nautico Eptathlon lanci e salti Body Building Motociclismo Wind surf Tennis tavolo, Nuoto Sincronizzato Ciclismo velocit e keirin
Gruppo D Attivit sportive con impegno cardiocircolatorio da medio ad elevato caratterizzato da numerosi e rapidi incrementi anche massimali, della frequenza cardiaca e della portata, con aumento delle resistenze periferiche particolarmente evidente nelle brusche interruzioni dell'attivit muscolare degli arti:
Calcio Pallacanestro Tennis Calcio a cinque Pallavolo Canoa slalom Football americano Pallamano Canoa polo Rugby Pallanuoto Squash Badminton Tamburello Arti marziali Ginnastica artistica Lotta Baseball Pattinaggio artistico Softball Cricket Hockey su ghiaccio Beach volley Scherma Hockey su pista Hockey su prato Pugilato
Gruppo E Attivit sportive con impegno cardiocircolatorio elevato caratterizzato da attivit di pompa con frequenza cardiaca e portata centrale e periferica massimali (condizionate nella durata dai limiti dagli adattamenti metabolici):
20 Atl. Leggera: 400 m, 400 m ostacoli, 800 m, 1500 m, 3000 m siepi, 5000 m, 10000 m, maratona, 20 km e 50 km marcia Canoa: 500 m, 1000 m, 10000 m, maratona - tutte le imbarcazioni Canottaggio: tutte le imbarcazioni Ciclismo: inseguimento individuale e a squadre, corsa a punti, Km da fermo, linea, cronometro individuale, mountain bike (cross country e downhill) e ciclocross Decathlon: solo corsa Eptathlon: solo corsa Nuoto: 100 m, 200 m, 400 m, 800 m, 1500 m, maratona Nuoto pinnato: 400 m e 800 m sub-200 m, 400 m, 800 m e 1500 m sup. Pattinaggio sul ghiaccio: 500 m, 1500 m, 3000 m, 5000 m, 10000 m Pattinaggio a rotelle: 500 m, 1000 m, 3000 m, 5000 m, 10000 m, 20000 m Pentathlon: corsa e nuoto Sci alpino: slalom gigante - super G Sci nordico: 15 km, 30 km, 50 Km Biathlon (sci- tiro) Triathlon classico.
21 Allenamento in montagna L'ALLENAMENTO IN MONTAGNA VIENE UTILIZZATO PRINCIPALMENTE PER I SEGUENTI MOTIVI: migliorare la capacit di utilizzare l'ossigeno (via ossidativa): allenamento in altura e recupero a livello del mare; per migliorare la capacit di trasporto dell'ossigeno: soggiorno in altura (21-25 giorni) ed allenamenti qualitativi a livello del mare; per migliorare la capacit aerobica: allenamenti in altura per 10 giorni. MODIFICAZIONI DOVUTE ALLA PERMANENZA IN ALTA QUOTA: incremento della frequenza cardiaca a riposo incremento dei valori pressori durante i primi giorni adattamenti endocrinologici (incremento di cortisolo e catecolamine)
Performance atletica in quota Premesso che lo scopo principale dell'allenamento in altitudine lo sviluppo della prestazione, al centro di questo allenamento vi devono essere lo sviluppo della resistenza di base e la resistenza alla forza/velocit: occorre per accertarsi che tutti i mezzi di allenamento applicati siano volti in direzione di "shock aerobico". Con lesposizione allalta quota si ha un immediata riduzione del VO2max (circa 10% ogni 1000 m di quota a partire dai 2000m). Sulla cima dellEverest la massima capacit aerobica del 25% rispetto al livello del mare. La resistenza dell'aria l'insieme di forze che si oppongono al movimento di un corpo nell'aria stessa. Essendo in rapporto diretto con la densit dell'aria, la resistenza diminuisce con l'aumentare della quota, e ci comporta dei vantaggi nelle discipline sportive di velocit, perch parte dell'energia spesa per vincere la resistenza dell'aria pu essere utilizzata per il lavoro muscolare. Per le prestazioni protratte, specie quelle aerobiche (ciclismo), il vantaggio che deriva dalla riduzione della resistenza opposta dallaria pi che compensato dallo svantaggio dovuto alla riduzione del VO2max. La densit dell'aria diminuisce con l'aumentare della quota perch diminuisce la pressione atmosferica, ma anche influenzata dalla temperatura e dall'umidit. Il calo della densit dell'aria in funzione dell'altitudine ha effetti positivi sulla meccanica respiratoria. Il lavoro lattacido va svolto su brevi distanze, con velocit pari o superiori al ritmo di gara e con pause di recupero pi lunghe di quelle effettuate a bassa quota. Vanno evitati picchi di carico ed elevati sforzi lattacidi. A conclusione del soggiorno in quota vanno pianificati uno o due giorni di lavoro aerobico blando. Bisogna evitare di mescolare l'allenamento per la potenza aerobica con l'allenamento lattacido, in quanto si generano due effetti opposti e a discapito dell'adattamento. Dopo carichi intensivi vanno continuamente introdotti allenamenti blandi di capacit aerobica. Nelle fasi di acclimatazione non si devono applicare carichi di lavoro elevati. Vanno condotti controlli quotidiani dell'allenamento in ordine a: peso corporeo, frequenza cardiaca a riposo e al mattino; controllo dell'intensit dell'allenamento tramite cardiofrequenzimetro; valutazione soggettiva dell'atleta. Dopo sette/dieci giorni dal ritorno dall'altitudine si possono valutare gli effetti positivi. La preparazione di una gara importante non dovrebbe mai essere preceduta da un allenamento in altitudine svolto per la prima volta. In altitudine importante la quota di carboidrati nella dieta quotidiana: essa deve essere pari al sessanta/sessantacinque per cento dell'insieme delle calorie. In ipossia l'organismo richiede da solo pi carboidrati perch deve mantenere basso il fabbisogno di ossigeno. Un'alimentazione razionale con un apporto adeguato di fluidi sono condizioni essenziali per un fruttuoso allenamento in alta quota.
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L'AGONISMO DI ALTO LIVELLO
A fronte di una letteratura fisiologica ricca di dati concernenti il lavoro in alta quota con i risultati conseguenti all acclimatazione, ridotte od inesistenti appaiono le indicazioni volte a stabilire l'idoneit generica (od attitudine) a praticare attivit sportive di intenso impegno agonistico in ambiente analogo o solo di poco inferiore come altezza. Esempio tipico il Trofeo Mezzalama, istituito circa cinquanta anni fa per perpetuare il ricordo di Ottorino Mezzalama, pioniere assoluto dello sci-alpinismo: questa gara, arrivata alla XVI Edizione (2007), si dipana su di un percorso altamente suggestivo ed estremamente impegnativo, che va dal Plateau Rosa di Cervinia (3300 m) al Lago Gabiet di Gressoney-La Trinit (2000 m), attraverso i nevai del Verra, le cime del Naso del Lyskamm (4200 m) e tratti attrezzati e da ramponare del gruppo del Rosa. Fattore quota e difficolt intrinseche creano al medico dello sport un grosso problema: quali sono gli atleti idonei a tale gara e come valutarli a priori per ridurre i rischi di una gara che mobilita centinaia di uomini per tracciare il percorso e garantire il soccorso in questa che pu essere veramente definita una sfida alla natura? L'Istituto di Medicina dello Sport di Torino, nel valutare oltre la met dei concorrenti (circa 150 di provenienza anche extraeuropea), ha messo a punto un protocollo operativo basato su dati clinici ed anamnestici, laboratoristici e strumentali. Tra questi ricordiamo come pi significativo il test da sforzo: stato impiegato un ergometro trasportatore e spirometro a circuto chiuso, con un carico iniziale a livello mare in O 2 al 20,9370, ripetuto quindi ad una quota simulata di 3500 m, ottenuta riducendo la percentuale di O 2 nell'aria del circuito spirometrico, sino al 13,57% corrispondente ad una pressione parziale di 103,2 mmHg (pari a 13,76 kPa). Questo test ci ha permesso di introdurre una variabile: quella dell'adattamento alla quota. In effetti, tutti i dati routinari non davano significative modificazioni od alterazioni per gli atleti esaminati, consentendoci un solo giudizio di idoneit generica: con il test succitato si potuto analizzare il comportamento del polso di 02 (rapporto fra consumo di 02 e frequenza cardiaca, indice dell'efficienza cardiocircolatoria), sia a livello mare, sia in quota. La variazione di questo parametro per uno stesso carico di lavoro, cio l'entit della sua diminuzione nel passare da condizioni di normossia a uno stato acuto di ipossia, ci ha pemesso di stilare una tabella per definire l'attitudine al lavoro in quota. Questa attitudine risulta tanto maggiore, quanto minore il decremento del polso di O 2
passando dal livello del mare in quota. Si ritenuto ragionevole, per concedere l'idoneit, che l'atleta non presenti riduzioni superiori a 125%. Per riduzioni pi marcate, in effetti, la sicurezza sullo stato di efficienza fisica globale appare quanto meno dubbia, anche se rimane l'incertezza di una definizione esatta del distretto pi esposto: cuore, polmoni, sistema ormonale, reni.
IPOSSIA E MUSCOLI Qualunque sia il meccanismo responsabile, la ridotta concentrazione arteriosa di ossigeno determina nell'organismo tutta una serie di meccanismi cardio-respiratori, metabolico- enzimatici e neuro-endocrini, che in tempi pi o meno brevi portano l'uomo ad adeguarsi, o meglio, acclimatarsi alla quota. Tali adattamenti hanno come obiettivo principale il mantenimento di un'adeguata ossigenazione tissutale. Le prime risposte sono a carico dell'apparato cardiorespiratorio (iperventilazione, ipertensione polmonare, tachicardia): avendo a disposizione meno ossigeno per unit di volume di aria per uno stesso lavoro, necesario ventilare di pi, e, trasportando meno ossigeno per ogni gittata sistolica, il cuore deve aumentare la frequenza di contrazione per apportare la stessa quantit di O 2 ai muscoli. La riduzione dellossigeno a livello cellulare e dei tessuti, induce anche complesse modificazioni metaboliche, di regolazione dei geni, e di rilascio di mediatori. Un ruolo estremamente interessante lo giocano, in questo scenario, i metaboliti dell'ossigeno, pi noti come ossidanti, che agiscono come messaggeri fisiologici nella regolazione funzionale delle
23 cellule. L'ipossia rappresenta il primo e pi delicato problema dell'altitudine, in quanto fin dalla media quota (1800-3000 m), provoca nell'organismo che vi si espone modificazioni adattative, tanto pi importanti quanto pi aumenta l'altitudine.
In relazione al tempo di permanenza in quota viene distinta l'ipossia acuta dall'ipossia cronica, poich i meccanismi adattativi tendono a modificarsi nel tempo, nel tentativo di raggiungere la condizione di equilibrio pi favorevole per l'organismo che si espone all'ipossia. Infine, per cercare di mantenere costante l'apporto di ossigeno ai tessuti anche in condizioni di ipossia, l'organismo adotta una serie di meccanismi di compenso; alcuni compaiono rapidamente (ad es. l'iperventilazione) e vengono definiti aggiustamenti, altri richiedono tempi pi lunghi (adattamento) e conducono a quella condizione di maggiore equilibrio fisiologico che l'acclimatazione. Reynafarje nel 1962 osserv su biopsie del muscolo sartorio di soggetti nati e residenti in alta quota che la concentrazione di enzimi ossidativi e di mioglobina era maggiore nei nati e residenti in bassa quota. Questa osservazione serv a stabilire il principio che lipossia tissutale un elemento fondamentale delladattamento dei muscoli scheletrici allipossia. Una prova indiretta che la riduzione di potenza aerobica in altitudine non causata solo dalla ridotta quantit di combustibile ma anche dal ridotto funzionamento del motore, viene dalla misura del VO2max a 5200 m (dopo 1 mese di permanenza) durante somministrazione di O2 tale da ricreare la condizione che si ha a livello del mare. Ma l'effetto pi interessante dell'adattamento dovuto alla permanenza in altitudine, costituito dall'aumento dellemoglobina, dei globuli rossi e dell'ematocrito, che permettono di aumentare il trasporto di ossigeno ai tessuti. Lincremento di globuli rossi ed emoglobina farebbe attendere un incremento del 125% rispetto al livello del mare, ma i soggetti hanno raggiunto solo il 90%. Gli altri apparati mostrano adattamenti a volte non sempre sicuramente spiegabili. Ad esempio, dal punto di vista respiratorio, il nativo in quota presenta sotto sforzo una ventilazione polmonare minore del residente, anche se acclimatato. Attualmente si concordi con laffermare che lesposizione permanente ad ipossia severa ha effetti dannosi sulla muscolatura. La relativa scarsit di ossigeno atmosferico porta ad una riduzione delle strutture coinvolte nellutilizzazione dellossigeno che coinvolge, tra laltro, la sintesi proteica che risulta compromessa. L'ambiente di montagna presenta condizioni di vita svantaggiose per l'organismo, ma soprattutto la ridotta pressione parziale di ossigeno, caratteristica delle alte quote, che determina la maggior parte delle risposte fisiologiche di adattamento, necessarie a ridurre almeno in parte, i problemi provocati dalla altitudine. Le risposte fisiologiche alla ipossia interessano tutte le funzioni dell'organismo e costituiscono il tentativo di raggiungere, attraverso un lento processo di adattamento, una condizione di
24 tolleranza all'altitudine chiamata acclimatazione. Per acclimatazione alla ipossia s'intende una condizione di equilibrio fisiologico, simile alla acclimatazione naturale dei nativi di regioni situate in alta quota, che rende possibile la permanenza e il lavoro fino a quote intorno ai 5000 m. A quote superiori non possibile acclimatarsi e subentra un progressivo deterioramento dell'organismo. Gli effetti dell'ipossia iniziano a manifestarsi in genere a partire dalle medie quote, con notevoli variazioni individuali, legati alla et, alle condizioni di salute, di allenamento e di abitudine alla permanenza in quota. I principali adattamenti allipossia sono quindi rappresentati da: a) Adattamenti respiratori (iperventilazione): aumento della ventilazione polmonare e aumento della capacit di diffusione dell'O2 b) Adattamenti ematici (poliglobulia): aumento del numero di globuli rossi, modificazioni dell'equilibrio acido base del sangue. c) Adattamenti cardio-circolatori: aumento della frequenza cardiaca e riduzione della gittata sistolica.
Eritropoietina ed allenamento in altura
ERITROPOIETINA (EPO), FATTORE INDOTTO DALLIPOSSIA (HIF) E IPERVENTILAZIONE
L'EPO da tempo riconosciuta come il regolatore fisiologico della produzione di globuli rossi. Viene prodotta soprattutto nel rene in risposta allipossia e al cloruro di cobalto. La maggior parte delle cellule, esposte allipossia, si pone in uno stato di quiescenza riducendo di circa il 50-70% la sintesi di mRNA. Alcuni geni, come il fattore indotto dallipossia, vengono invece stimolati. HIF una proteina contenuta nel nucleo cellulare che svolge un ruolo fondamentale nella trascrizione genica in risposta allipossia. E infatti un fattore di trascrizione che codifica per le proteine coinvolte nella risposta ipossica ed fondamentale per la sintesi delleritropoietina. In condizioni di ipossia la via del sensore di ossigeno (per molte cellule rappresentato dal citocromo aa3) bloccata e quindi HIF aumenta. Gli eventi che si succedono a valle del sensore per attivare lespressione del gene dellEPO richiedono una nuova sintesi proteica e la produzione di specifici fattori di trascrizione. Nel nucleo inizia la trascrizione del gene dellEPO sul cromosoma. I livelli di EPO in condizioni di ipossia aumentano in maniera significativa a 3000 m dopo 114 minuti e a 4000m dopo 84 minuti. I valori medi passano da 16.0 a 22.5 mU/ml (3,000 m) e da 16.7 a 28.0 mU/ml (4,000 m). Al termine dello stimolo ipossico i livelli di EPO continuano a salire per circa 1.5 h e 3 h e poi si riducono con un unemivita media di circa 5.2 h. Liperventilazione si manifesta a riposo gi a partire dai 3400 m circa (proporzionalmente alla quota raggiunta). L'ipossia acuta stimola i chemocettori (in particolare i glomi carotidei), sensibili all'abbassamento della PO2 nel sangue arterioso, i quali possono fare aumentare la ventilazione sino al 65% circa. Dopo alcuni giorni di permanenza in quota si instaura la cosiddetta "acclimatazione ventilatoria", caratterizzata da evidente aumento della ventilazione polmonare a riposo. L'esercizio fisico, sia in ipossia acuta che cronica, determina iperventilazione molto pi elevata che a livello del mare; la causa sarebbe da ricercare in un potenziamento dell'attivit dei chemocettori e dei centri respiratori provocata dalla ridotta pressione parziale di O2. Infine va rilevato che il costo energetico della ventilazione polmonare aumenta in quota per
23 effetto dell'iperventilazione. Infatti secondo quanto riportato in studi condotti da Mognoni e La Fortuna nel 1985, a quote variabili fra 2300 e 3500 m, stato riscontrato un costo energetico per la ventilazione polmonare da 2.4 a 4.5 volte superiore che a livello del mare (a parit di sforzo). Il valore medio del pH del sangue in condizioni di normossia di 7,4. L'iperventilazione che compare nell'ascensione ad alta quota, oltre ad avere l'effetto di aumentare la quantit di ossigeno disponibile per i tessuti, provoca un aumento dell'eliminazione di anidride carbonica con l'espirazione. Il conseguente calo della concentrazione ematica di CO2 determina uno spostamento del pH ematico verso l'alcalinit aumentando fino a valori di 7,6 (alcalosi respiratoria). Il pH del sangue influenzato dalla concentrazione ematica degli ioni bicarbonato [HCO3-], che rappresentano la riserva alcalina dell'organismo. Per compensare l'alcalosi respiratoria, nel corso dell'acclimatazione l'organismo aumenta l'escrezione di ione bicarbonato con le urine, riportando i valori del pH ematico a livello normale. Questo meccanismo di compenso dell'alcalosi respiratoria che si verifica nel soggetto perfettamente acclimatato ha come conseguenza la riduzione della riserva alcalina e quindi del potere tampone del sangue nei confronti ad esempio dell'acido lattico prodotto durante lesercizio fisico. E' noto infatti che nell'acclimatato si ha una notevole riduzione della "capacit lattacida". Dopo circa 15 giorni di permanenza in quota si verifica un aumento progressivo della concentrazione dei globuli rossi nel sangue circolante (poliglobulia), tanto pi marcato quanto pi elevata la quota, raggiungendo i massimi valori dopo circa 6 settimane. Tale fenomeno rappresenta un ulteriore tentativo da parte dell'organismo di compensare gli effetti negativi dell'ipossia. Infatti, la ridotta pressione parziale d'ossigeno nel sangue arterioso provoca unaumentata secrezione dell'ormone eritropoietina che stimola il midollo osseo ad incrementare il numero di globuli rossi, cos da permettere all'emoglobina in essi contenuta, di trasportare una maggiore quantit di O2 ai tessuti. Inoltre insieme ai globuli rossi aumentano anche la concentrazione di emoglobina [Hb] ed il valore dell'ematocrito (Hct), cio del volume percentuale di cellule del sangue in rapporto alla sua parte liquida (plasma). L'aumento della concentrazioni di emoglobina [Hb], si oppone alla riduzione della PO2 e, in occasione di lunghe permanenze a quote elevate, pu aumentare del 30-40%. Anche la saturazione di O2 dell'emoglobina subisce modificazioni con l'altitudine pssando da una saturazione del 95% circa a livello del mare all'85% tra i 5000 e i 5500 m di altitudine. Questa situazione crea seri problemi nel trasporto di ossigeno ai tessuti, in particolare durante il lavoro muscolare. Sotto lo stimolo dell'ipossia acuta la frequenza cardiaca aumenta, per compensare con un maggior numero di battiti al minuto, la minore disponibilit di ossigeno, mentre cala la gittata sistolica (diminuisce cio la quantit di sangue che il cuore pompa ad ogni battito). Nell'ipossia cronica la frequenza cardiaca ritorna ai valori normali. La massima frequenza cardiaca da sforzo subisce per effetto dell'ipossia acuta una riduzione limitata e scarsamente influenzata dalla quota. Nel soggetto acclimatato invece la massima frequenza cardiaca da sforzo risulta molto ridotta in misura proporzionale alla quota raggiunta.
Es.: MAX F.C. da sforzo a livello del mare : 180 pulsazioni al minuto MAX F.C. da sforzo a 5000 m : 130-160 pulsazioni al minuto
La pressione arteriosa sistemica presenta transitorio aumento in ipossia acuta, mentre nel soggetto acclimatato i valori sono simili a quelli registrati a livello del mare. L'ipossia sembra esercitare un'azione diretta sulla muscolatura delle arterie polmonari, provocando vasocostrizione e determinando un aumento significativo della pressione arteriosa nel distretto polmonare. Le conseguenze dell'altitudine sul metabolismo e sulle capacit di prestazione non si possono schematizzare facilmente, esistono infatti parecchie variabili da considerare, legate alle caratteristiche individuali (es. et, condizioni di salute, tempo di permanenza, condizioni di allenamento e abitudine alla quota, tipo di attivit sportiva) ed ambientali (es. altitudine della regione in cui si effettua la prestazione, condizioni climatiche). Chi va in montagna deve considerare insieme ai problemi legati all'altitudine, le possibili variazioni meteorologiche (e di temperatura in particolare), responsabili dell'accentuazione dei
26 disturbi provocati dall'ipossia. L'ipossia causa diverse anomalie funzionali sul tessuto nervoso, tra queste le alterazioni psichiche e comportamentali sono piuttosto frequenti tra coloro che svolgono attivit fisica in montagna, anche a quote modeste. Tali disturbi possono essere caratterizzati tanto da euforia quanto da depressione del tono dell'umore associata ad apatia e astenia. Tali variazioni dell'umore iniziano a manifestarsi, secondo Zchislaw Ryn, gi a quote relativamente basse (1500-2500 metri s.l.m.), fin dai primi giorni di permanenza in montagna, persistono alcune ore o alcuni giorni, e scompaiono spontaneamente. Lo stesso Ryn ritiene che in alcuni casi tali disturbi possano essere permanenti. Per quanto riguarda gli effetti sul metabolismo energetico, si pu affermare che l'ipossia provoca, una limitazione tanto a livello dei processi aerobici che di quelli anaerobici. E' noto infatti che, tanto in ipossia acuta che cronica, la massima potenza aerobica (VO2max) diminuisce proporzionalmente con l'aumentare della quota. Tuttavia fino a circa 2500 m di altitudine, la prestazione atletica in alcune prestazioni sportive, come la corsa dei 100 m e dei 200 m, o gare di lancio o di salti (in cui i processi aerobici non sono interessati) migliora leggermente. Tale fenomeno collegato alla riduzione densit dell'aria che permette un leggero risparmio energetico. La capacit lattacida dopo uno sforzo massimale in ipossia acuta, non si modifica rispetto al livello del mare. Dopo acclimatazione invece subisce un'evidente riduzione, verosimilmente a causa della diminuzione del potere tampone dell'organismo in ipossia cronica. In queste condizioni infatti l'accumulo di acido lattico causato da un esercizio fisico massimale, porterebbe ad una eccessiva acidificazione dell'organismo, che non potrebbe essere tamponata dalla riserva alcalina ridotta per effetto dell'acclimatazione. Generalmente escursioni fino a 2000 m di quota non richiedono, per soggetti in buone condizioni di salute e di allenamento, particolari precauzioni. Nel caso di escursioni particolarmente impegnative, conviene raggiungere la quota il giorno prima, in maniera da permettere all'organismo di avere un minimo adattamento alla quota (che pu causare tachicardia e tachipnea moderate), cos da consentire l'attivit fisica senza eccessivo affaticamento. Quando si intende raggiungere altitudini tra i 2000 e i 2700 m, le precauzioni da seguire non si discostano molto dalle precedenti, consigliabile solo un periodo di adattamento alla quota un po pi lungo (2 giorni) prima di iniziare un'escursione, o in alternativa raggiungere la localit gradualmente, possibilmente con le proprie risorse fisiche, facendo iniziare l'escursione da una quota che si avvicini a quelle in cui si soggiorna abitualmente. Se si compiono escursioni impegnative di pi giorni ad altitudini che vanno dai 2700 ai 3200 m s.l.m., le ascensioni devono essere frazionate in pi giorni, programmando una salita alla massima quota seguita da rientro a quote pi basse. Il ritmo di marcia durante le escursioni deve essere costante e di bassa intensit per evitare fenomeni di insorgenza precoce della fatica dovuta allaccumulo di acido lattico. Bisogna inoltre avere sempre ben presente che gi ad altezze superiori ai 2300 m, sostenere allenamenti alla stessa intensit di quelli a livello del mare praticamente impossibile, e con laumentare della quota si riduce proporzionalmente lintensit degli esercizi. A quote intorno ai 4000 m, per esempio, i fondisti possono sopportare carichi allenanti intorno al 40 % del VO2 max rispetto a quelli a livello del mare che sono intorno al 78% del VO2 max. Oltre i 3200 m le escursioni impegnative di diversi giorni, consigliano di soggiornare a quote inferiori ai 3000 m per un periodo di tempo variabile da qualche giorno a 1 settimana, tempo per lacclimatazione utile ad evitare o per lo meno ridurre i problemi fisici prodotti dall'ipossia. E necessario prepararsi allescursione con un allenamento adeguato allintensit ed alle difficolt dellescursione, per non rischiare di mettere a repentaglio la propria incolumit e quella di chi ci accompagna, oltre che quella di eventuali soccorritori. La montagna un ambiente straordinario di cui possibile vivere molteplici aspetti, abbandonandosi ad esperienze uniche e personali, come la soddisfazione intima di avere con i propri mezzi attraversato e raggiunto luoghi magici, godendo di ambienti naturali splendidi, lontano dal caos e dallinquinamento delle citt. Alla fine di unescursione impegnativa, le sensazioni di benessere e di serenit che ci accompagnano ci fanno dimenticare le fatiche, i disagi e i pericoli che a volte abbiamo affrontato. Bisogna sempre avere presente, che i rischi in montagna possono essere moltiplicati dalle caratteristiche particolari ed estreme dellambiente stesso (quota, clima, caratteristiche
27 geomorfologiche), per cui semplici passeggiate nei boschi o escursioni impegnative devono sempre essere programmate in maniera conseguente e proporzionata alle condizioni fisiche e alla preparazione tecnica di ogni partecipante, organizzandosi in modo responsabile e lasciando da parte inutili competizioni. Nel complesso, gli studi indicano quindi che, dopo lacclimatazione, si verifica un significativo aumento dell'emoglobina (Hb) e dell'ematocrito (Hct), i due parametri pi semplici e pi studiati. Scendendo nei dettagli, tuttavia, ci si accorge che i risultati sono tutt'altro che univoci, sia a causa dei differenti protocolli utilizzati, sia per la presenza di fattori "confondenti". noto, ad esempio, che l'acclimatazione all'ipossia provoca una riduzione del volume plasmatico (VP) e conseguentemente un incremento relativo dei valori di Hct. Questo processo potrebbe essere dovuto ad una perdita di proteine dal plasma, ad un incremento della permeabilit capillare, alla disidratazione o ad un aumento della diuresi. Inoltre, durante esercizio fisico, avviene una ridistribuzione del VP che passa dal letto vascolare all'interstizio muscolare, a causa di un aumento della pressione osmotica tissutale e di una maggiore pressione idrostatica capillare. Questi due meccanismi suggeriscono che, in atleti gi acclimatati all'alta quota, il volume plasmatico possa ridursi in maniera significativa durante esercizi strenui condotti in ipossia. Lo stimolo ipossico (naturale o artificiale) di durata adeguata produce, quindi, un reale incremento della massa eritrocitaria, seppure con una certa variabilit individuale. Ai fini del miglioramento della performance, tuttavia, probabile che intervengano altri adattamenti periferici, come una maggiore capacit da parte del tessuto muscolare di estrarre ed utilizzare ossigeno. Questa affermazione vera sia in soggetti sedentari che in atleti, purch questi ultimi riescano ad allenarsi con carichi di lavoro di intensit adeguata per rimanere competitivi. Concludendo, si pu affermare che lesposizione a condizioni climatiche diverse da quelle abituali rappresenta un evento stressante per l'organismo; l'alta quota costituisce una sfida non solo per l'alpinista ma anche per il fisiologo ed il medico.
EFFETTI CARDIOVASCOLARI DEL SOGGIORNO E DELL' ALLENAMENTO IN ALTURA
Oltre agli aspetti strettamente fisiologici, riguardanti la performance atletica, un aspetto interessante per il cardiologo dello sport quello che riguarda gli eventuali effetti cardiovascolari del soggiorno e dell'allenamento in altura. La pratica regolare dell'esercizio fisico riduce la morbilit e la mortalit per malattie cardiovascolari in funzione del tipo, della frequenza, della durata e dell'intensit dell'attivit fisica, ed ragionevole supporre che anche le condizioni ambientali nelle quali essa si svolge abitualmente possano avere un ruolo significativo. In popolazioni esposte cronicamente all'ipossia da alta quota, sono stati riportati una ridotta concentrazione ematica di colesterolo totale e LDL, una minore prevalenza di cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa e accidenti cerebrovascolari, con conseguente riduzione del tasso di mortalit per malattie cardiovascolari. Una riduzione del colesterolo totale e LDL, dei trigliceridi e della pressione arteriosa, sono stati riportati anche in seguito ad un'esposizione acuta all'ipossia in soggetti che normalmente vivono a livello del mare. Volendo sintetizzare questi concetti, potremo dire che l'ipossia, comunque indotta, un efficace stimolo eritropoietico, sebbene la risposta individuale appaia variabile. Gli adattamenti ematologici, muscolari e respiratori che conseguono a tale stimolo permettono all'atleta di incrementare la propria capacit di trasportare ossigeno ed utilizzarlo in periferia. Beneficiario ideale d queste pratiche l'atleta di resistenza, nel quale all'aumento della potenza aerobica segue il miglioramento della prestazione di gara. Di contro, i valori di Hb e Hct raggiunti non sono molto elevati, e comunque non tali da far ipotizzare un rischio trombotico. L'attivit fisica in quota sembrerebbe in grado di ridurre ulteriormente, rispetto al
28 solo esercizio fisico, il rischio di malattie cardiovascolari (ma questi dati, estremamente favorevoli ai montanari e al turismo in montagna e sfavorevoli a noi poveri marinai, debbono essere confermati).
FISIOLOGIA DELL'ALTITUDINE
Allaumentare dell'altitudine, l'aria che raggiunge gli alveoli contiene meno ossigeno. Le pressioni parziali di anidride carbonica non cambiano molto in termini assoluti in quanto questo gas costituisce solamente una piccola componente dell'aria. Siccome la Po2 alveolare diminuisce con l'altitudine, la Pco2 arteriosa diminuisce a sua volta, determinando una condizione nota come ipossiemia. Con livelli bassi di ossigeno nel sangue, una minor quantit di ossigeno disponibile per i tessuti, determinando ipossia (diminuzione di ossigeno nei tessuti). Il grado di ipossia dipende dall'altitudine e da quanto a lungo la persona vi rimasta. Inizialmente l'ipossiemia d luogo a risposte di compenso nel tentativo di ristabilire la Po2 arteriosa. Se la Po2 scende sotto i 60 mmHg, i chemocettori periferici vengono attivati e il centro respiratorio aumenta la ventilazione. Se per la ventilazione aumenta troppo rispetto alla richiesta metabolica, sia la Pco2 arteriosa che la concentrazione di ioni idrogeno nel sangue diminuiranno, determinando una diminuzione dell'attivazione dei chemocettori sia periferici che centrali e contrastando cos gli effetti della bassa concentrazione di ossigeno. Si instaura quindi uno stato di alcalosi respiratoria. Con una diminuzione dell'acidit del sangue interviene uno spostamento verso sinistra della curva di dissociazione dell'emoglobina (aumento dell'affinit). Un aumento dell'affinit sta a significare che una minore quantit di ossigeno viene rilasciata nei tessuti, ma significa anche che una maggior quantit di ossigeno viene legata all'emoglobina nei polmoni. Se la permanenza alle alte quote perdura per alcuni giorni, il corpo inizia ad acclimatarsi. I reni contribuiscono a mantenere l'equilibrio acido-base producendo bicarbonato per compensare la perdita di ioni idrogeno che accompagna la riduzione di PCo2 arteriosa. Se la permanenza dura molto tempo, intervengono altri fenomeni di acclimatazione. In risposta all'ipossia, i reni secernono l'ormone eritropoietina, che stimola la sintesi di eritrociti, determinando un aumento fino al 60% dell'ematocrito, condizione indicata con il termine policitemia. Con l'aumento del numero di eritrociti si provoca un aumento della concentrazione di emoglobina nel sangue e quindi un aumento della capacit di trasporto di ossigeno del sangue. In seguito all'esposizione ai bassi livelli di ossigeno, i livelli di ossiemoglobina diminuiscono, causando un aumento della produzione di 2,3DPG da parte degli eritrociti. Il 2,3DPG diminuisce l'affinit dell'emoglobina per l'ossigeno, aumentando il rilascio di ossigeno ai tessuti e contrastando gli effetti dell'alcalosi. Qualche volta, la permanenza alle alte quote non viene tollerata dall'organismo e si pu sviluppare il cosiddetto mal di montagna cronico. I sintomi iniziali includono mal di testa, vertigini, stanchezza e respiro corto. Tale patologia pu aggravarsi fino a causare disorientamento ed attacchi di cuore. I sintomi del mal di montagna sono causati principalmente dall'ipossia e dalla policitemia. Pu intervenire anche la vasocostrizione polmonare, obbligando il lato destro del cuore ad un lavoro maggiore a causa di una maggiore resistenza.
Precauzioni e controindicazioni dellallenamento in altitudine Il cardiopatico pu essere a rischio se esposto all'alta quota per l'incapacit del cuore ad adeguare la propria prestazione in risposta allo stimolo generato dalla ridotta disponibilit di ossigeno. Ma dall'esperienza riportata dai vari autori si pu affermare che i cardiopatici operati possono riprendere a frequentare la montagna a quote inferiori a 3000 metri, a patto che si rispettino alcune regole. Prima di tutto, si raccomanda un'accurata valutazione clinica che stabilisca, attraverso esami strumentali specifici lo stato di salute del paziente, le condizioni di funzione del suo cuore e l'adeguatezza della terapia. E' opportuno poi limitare l'attivit fisica durante i primi giorni di soggiorno in quota durante il processo di acclimatazione; ridurre
29 l'entit dello sforzo ed evitare l'attivit fisica in condizioni climatiche sfavorevoli (giornate molto fredde e ventose o molto calde e umide); prestare attenzione a eventuali disturbi che possono insorgere durante lo sforzo o subito dopo (angina, dispnea, vertigini, affaticamento eccessivo); non fare attivit fisica da soli, non sospendendo la terapia in atto, evitando gli aspetti dell'attivit fisica che comportano un forte impegno muscolare e un intenso stimolo emotivo. Agli amanti dello sci alpino consigliabile evitare la rapida salita ad alta quota con la funivia e la rapida discesa pi volte al giorno. E' meglio rinunciare a una giornata in montagna piuttosto che doversi poi rammaricare.
Prima di iniziare un periodo di allenamento in altitudine bene ripristinare i depositi di Ferro, specie in quegli atleti con ridotti valori ematici. Infatti gli atleti con deficit di Fe ++ non sono in grado di aumentare i globuli rossi in risposta allaltitudine.
IDRATAZIONE Il mantenimento di una normale idratazione in altitudine un elemento molto positivo ai fini della prestazione sportiva ad alta quota: infatti contribuisce ad eliminare i rischi legati alla disidratazione senza pregiudicare il trasporto di ossigeno ai tessuti.
ALLENAMENTO E VITA IN ALTITUDINE Studi controllati su soggetti che trascorrevano un lungo periodo in altitudine vivendo ed allenandosi a quote moderate non sono mai riusciti a dimostrare un effettivo miglioramento delle performance a livello del mare. Questa metodica invece valida se l'allenamento viene svolto ad alta quota.
NON PORTARE L'ATLETA IN MONTAGNA, MA PORTARE LA MONTAGNA ALL' ATLETA Si andata sviluppando negli ultimi tempi una metodica alternativa, in grado di apportare uno stimolo ipossico "a domicilio": le cosiddette tende ipossiche - ipobariche. Si tratta di strutture chiuse nelle quali l'atleta soggiorna per alcune ore al giorno (in genere quelle notturne) respirando aria nella quale stata ridotta artificialmente la pressione parziale di ossigeno. Questo metodo sicuramente pi economico di quello tradizionale e di pi facile da utilizzare, ma vi sono al momento notevoli discussioni sulla sua liceit. Brevi esposizioni ipossiche (1.5 -2.0 ore), sono sufficienti a stimolare il rilascio di EPO e quindi ad incrementare i globuli rossi.
VIVERE IN QUOTA ED ALLENARSI A LIVELLO DEL MARE Questa strategia combina lacclimatazione ad una altitudine moderata (2500m) con lallenamento ad una quota inferiore (1200m) e si dimostrata in grado di migliorare le performance a livello del mare per prestazioni della durata di 8-20 minuti.
TIPI DI ESPOSIZIONE: 3 GRUPPI
1. Vive a 2500m, si allena a 1250m (High-Low) 2. Vive a 2500m, si allena a 2500m (High-High) Ambedue i gruppi che vivono a 2500m mostrano un aumento dellEPO, del volume di eritrociti e del Vo2max. Sebbene il VO2 max sia aumentato in ambedue i gruppi che vivono a 2500m, solo il gruppo che ha effettuato le sedute di allenamento a bassa quota ha migliorato il tempo sui 5000m dell 1,5%.
3. Vive e si allena a livello del mare su un tipo di terreno simile. (Low-Low) I soggetti High-Low sono in grado di mantenere sia la velocit di allenamento sia il flusso periferico di ossigeno durante le sedute di allenamento intenso (= 1000m di corsa al 110% di velocit rispetto alla velocit di gara sui 5000m) che sono fondamentali per il rendimento degli atleti che competono in gare di corsa. I soggetti High-High durante le sedute di allenamento intenso correvano a velocit inferiore, con un minore consumo di ossigeno, una minore frequenza cardiaca e un minore picco di lattato. Mentre gli atleti High-Low sono in grado di mantenere la capacit tampone dei muscoli, questo non accade negli atleti High-High.
30 Altura e allenamento
PER QUANTO TEMPO UN ATLETA DEVE RESTARE IN ALTITUDINE OPPURE IN AMBIENTE IPOBARICO/IPOSSICO PER OTTENERE GLI EFFETTI SULLA PERFORMANCE?
Il fatto che esposizioni di breve durata (inferiori a 10 ore per un periodo di tempo inferiore a 3 settimane) non inducano un incremento dei Globuli Rossi sembra suggerire lesistenza di una "soglia", ma non noto quanto questa esposizione/dose minima sia correlata al livello di ipossia, alla durata giornaliera o alla durata totale. Gli atleti che vivono a 2500m, si allenano di base a 2000-3000m e svolgono allenamento intenso a 1250 m (= High-High-Low) hanno gli stessi miglioramenti degli atleti High-Low cio degli atleti che vivono in alto e svolgono tutto lallenamento a bassa quota
QUINDI:
1. Living High & Training Low migliora le performance a livello del mare 2. Il meccanismo principale risiede nella stimolazione delleritropoiesi, con aumenti dellemoglobina, del volume ematico e della capacit aerobica. 3. Leffetto di questo incremento nel trasporto di O2 amplificato dal fatto che i soggetti riescono a mantenere, durante lesercizio intenso, il normale flusso di ossigeno che hanno a livello del mare, evitando la down regulation della struttura del muscolo scheletrico che si verifica quando anche lallenamento si svolge in ipossia. E importante riconoscere che la via coinvolta nelleritropoiesi una via complessa e non lineare nella quale la variabilit genetica gioca un ruolo molto importante; in questo senso per, gli studi da fare sono ancora molti.
INTENSITA' dell'ESERCIZIO
H = ipossia N = normossia Allenamento intenso: (4-6mmol/L lattato) alla stessa intensit relativa = 66-67% Allenamento non intenso: (2-3 mmol/L lattato) alla stessa intensit relativa=58-52% I carichi di lavoro sono stati scelti in modo che il gruppo H-intenso ed il gruppo N-bassa intensit lavorassero ad una potenza assoluta simile (54-59% della massima potenza in normossia).
SOGGETTI NON ALLENATI: RISULTATI FUNZIONALI
Il VO2max misurato in normossia aumenta del 9-11% indipendentemente dallaltitudine e dal tipo di allenamento. Quando per il VO2max viene misurato a 3200m i gruppi N aumentano solo del 3%, mentre i gruppi H aumentano del 7%. I 2 gruppi H hanno ottenuto una maggiore performance rispetto ai gruppi N in altitudine. A parte gli ovvi vantaggi dellallenamento in ipossia per performance in ipossia, IN SOGGETTI NON SPECIFICATAMENTE ALLENATI I MIGLIORAMENTI FUNZIONALI IN NORMOSSIA SONO STATI SIMILI.
SOGGETTI NON ALLENATI: MODIFICAZIONI STRUTTURALI
Aumento del 5% del volume del muscolo scheletrico (estensore del ginocchio) nel gruppo H- Intenso. La Lunghezza dei capillari aumenta nel gruppo H-Intenso. Il Volume dei mitocondri aumenta del 11-54% in tutti gruppi. Sia lintensit del lavoro che lipossia hanno un significativo effetto sulla capacit ossidativa del muscolo. Se lesposizione allipossia limitata alla durata dellallenamento si possono evidenziare delle
31 specifiche risposte a livello molecolare nel tessuto del muscolo scheletrico. Lallenamento H-alta intensit induce anche aumento di VEGF (vascular endothelial growth factor), della capillarit e del mRNA della mioglobina.
ATLETI ALLENATI
Le sedute in ipossia sostituiscono tutto il lavoro di endurance ma non gli aspetti tecnici dellallenamento. Il VO2 aumenta nei soggetti allenati in ipossia quando misurato a 500m, 1800m, 2500m, 3200m. La concentrazione del lattato e la scala di Borg si sono ridotte significativamente alla massima intensit di esercizio nel gruppo allenato in ipossia ma solo alla quota di allenamento. Laggiunta di sedute di allenamento in ipossia alle usuali sedute di allenamento migliora la funzione mitocondriale, incrementando il controllo della catena respiratoria e determinando una migliore integrazione tra la richiesta e la fornitura di ATP. Nei muscoli dopo lallenamento in ipossia (ma non dopo allenamento in normossia) sono significativamente aumentati a livello molecolare le concentrazioni di mRNA dell hypoxia- inducible factor 1alpha (+104%), del glucose transporter -4 (+32%), della fosfofruttochinasi (+32%), peroxisome proliferator-activated receptor gamma coactivator 1alpha (+60), citrate synthase (+28%), cytochrome oxidase 1 (+74%) e 4 (+36%), carbonic anhydrase-3 (+74%), e manganese superoxide dismutase (+44%).
MEZZOFONDO RESISTENTE: ALLENAMENTO IN ALTURA
1a Settimana - Resistenza aerobica a volume ed intensit crescenti. - Lavoro tecnico.
2a Settimana - Resistenza aerobica. - Potenza aerobica: frazionati fino a 2'. - Potenza I Resistenza aerobica: frazionati fino o 6'. -Lavoro tecnico.
3a Settimana - Resistenza aerobica. - Ritmi gara: ripetute fino a 3' di sforzo. - Lavoro tecnico.
MARATONA: ALLENAMENTO IN ALTURA
1a Settimana - Resistenza aerobica a volume ed intensit crescenti. - Lavoro tecnico.
2a Settimana - Resistenza aerobica: ulteriore incremento del volume.
- Resistenza / Potenza aerobica: corsa continua e frazionata (6'-10') ad alta intensit. - Potenza / Resistenza aerobica: frazionati fino a 2'. - Lavoro tecnico.
3a Settimana - Si ripete lo schema della secondo settimana, con maggiore puntualizzazione delle intensit elevate
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