Sei sulla pagina 1di 37

METABOLISMO DEGLI ESERCIZI BREVI ED ALTA INTENSITA’

DESCRIZIONE SCHEMA SPORT BREVI?

Prima fosfocreatina, poi meccanismo anaerobico quindi glicolisi e glicogenolisi poi betaossidazione e ciclo di
krebs).

Attività molto intense che durano da alcuni secondi fino a 1-2 minuti (es. 100 m, corsa, nuoto ma anche in
alcuni sport di squadra).
Il metabolismo energetico lavora sull'impiego di ATP. La cellula muscolare deve produrre quindi in maniera
costante e continua ATP, non potendola immagazzinare come riserva. Lo fa attraverso diversi procedimenti,
uno dei quali è quello della creatina chinasi. Gli altri sono:

1) Fosforilazione a livello del substrato: vie di risintesi dell'ATP inserite in vie metaboliche. Si tratta della
risintesi dell'ATP a partire dalle molecole con un potere di trasferimento di un gruppo fosforico più elevato
dell'ATP. ln particolare, parliamo di fosforilazione del fosfoenolpiruvato, del 1,3bisfosfoglicerato e della
fosfocreatina. Es: l'enzima trasferisce il gruppo fosfato della fosfocreatina sull'ADP, formando così ATP e
creatina;

2) Mioadenilato Chinasi: enzima che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in un
deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Se l'ADP aumenta, l'enzima forma un ATP + AMP da 2 ADP. L'AMP
diventa un chiaro segnale per gli enzimi regolatori, cioè una molecola in grado di stimolare il metabolismo.
Questa molecola ha un sito specifico su diversi enzimi che regolano il metabolismo e quindi la sua presenza
in quel sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a stimolare la glicolisi e la glicogenolisi.

3) Fosforilazione ossidativa: (c’è bisogno d’ossigeno – mitocondri) in questo caso, viene aggiunto all'ADP un
gruppo fosfato inorganico (libero, non derivante da un'altra molecola che lo trasferisce come avviene
invece nel caso precedente). Non essendoci in questo caso il trasferimento di un fosfato da una molecola a
più elevato contenuto energetico a una molecola con contenuto energetico minore, l'energia deve derivare
da un altro processo, nonché il gradiente protonico. Quest'ultimo darà l'energia sufficiente all'ATPsintasi
per formare ATP da ADP + Pi;
Nell'esercizio massimale di breve durata si ha un utilizzo di ATP pari a 3,7 mmol ATP/kg/s. Impiegando
interamente le scorte di ATP muscolare (circa 5 mmol/Kg) non sarebbe possibile protrarre l'esercizio per più
di 2 secondi. ln esercizi submassimali (75% VO2max) con un utilizzo di ATP pari a 0,4 mmol ATP/kg/s si
riuscirebbe a sostenere l'attività per circa 15 secondi. Le scorte di ATP muscolare non sono sufficienti,
quindi, devono attivarsi nell'immediato altre vie di produzione energetica. ln ogni caso la cellula non può
scendere al di sotto del 60% delle scorte di ATP in quanto questo provocherebbe morte cellulare.
Cosa succede nel muscolo in esercizi brevi alla max intensità?

- La potenza diminuisce col passare del tempo;

- La fosfocreatina al 6" si riduce del 48%, ai 15" del 68%, ai 30" deplezione quasi totale (91%);

- L'ATP subisce una riduzione, ma soprattutto vi è un aumento progressivo di ADP e AMP;

- La Glicogeno Fosforilasi ha un’attivazione massima già nei primi 5" per subire poi un plateau e infine cala
a seconda dei livelli di glicogeno disponibile (Glicogeno cala).

- Il Lattato aumenta durante tutta l’attività, aumenta maggiormente all’inizio, poi si stabilizza quasi;

- Il piruvato ha un incremento iniziale per poi successivamente diminuire in quanto utilizzato dal piruvato
deidrogenasi. Questa si attiva intorno ai 15" per poi rimanere attiva;

- La produzione di H+ (acidificazione intracellulare cellulare) è notevole nei 30", raddoppia infatti quasi
all'istante (scissione di ATP e la produzione di lattato producono ioni H+).

ln una contrazione alla massima potenza aumenta il lattato intramuscolare (metabolita che indica l'attività
della glicolisi anaerobica) e diminuiscono i livelli di fosfocreatina (-50% circa). Per esercizi intensi di breve
durata (30") la glicolisi anaerobica contribuisce fino al 75% della produzione di ATP. Vengono utilizzati come
indice di attivazione le concentrazioni di ADP e AMP; l'ATP a volte, infatti, non si modifica nemmeno.
ln un'attività intensa di 30":

- 0-6” -> l'ATP è prodotta dall’idrolisi della Fosfocreatina e dalla glicolisi anaerobica (produzione di lattato).
ln questa prima fase il contributo dei due metabolismi anaerobici si equivale. La fosforilazione ossidativa
non è assente nei 6", ma ha un’attivazione marginale (9%). Questo perché impiega le riserve di ossigeno
interne al muscolo, come quello contenuto nelle mioglobine;

- 6-15" -> dai 6 ai 10" abbiamo una riduzione della Fosfocreatina che continua a produrre ATP ma in
quantità minore. La produzione di ATP viene mantenuta quindi dalla glicolisi anaerobica e dalla
fosforilazione ossidativa, che aumenta rispetto alla fase precedente. Qualora sommassimo l'attività dei vari
meccanismi energetici, l'attività di produzione di ATP rispetto alla fase precedente è inferiore;

- 15-30" -> Abbiamo una deplezione quasi totale della Fosfocreatina. L’accumulo del lattato va a ridurre la
capacità della glicolisi anaerobica; nella produzione di ATP aumenta notevolmente l’attivazione della
fosforilazione ossidativa. In generale cala ulteriormente la produzione di ATP. Metabolismo aerobico e
anaerobico contribuiscono entrambi al 50%.

Esempio: - 100m -> aerobico 10% / anaerobico 90%; 200m aerobico 20% / anaerobico 80%; 400m aerobico
30% / anaerobico 70%
Quanto incidono i livelli di glicogeno sulla capacità di sostenere attività di breve durata? L'utilizzo di
glicogeno nei primi 30" è di circa 100 mmol/kg dei 500 mmol/kg disponibili nel muscolo (circa 20%), con
una produzione di ATP di circa 300 mmol/kg/dm (75 mmol/kg ww), nonché 3-4 volte superiore alla
produzione di ATP dalla Fosfocreatina (25 mmol/Kg ww).

Nelle prime fasi del gesto la cellula è in grado di utilizzare/produrre più ATP rispetto ai 6-15 secondi:
avremo un calo di circa il 50% del turnover di ATP.
Questo è dovuto al fatto che l’uomo non è in grado di mantenere la massima produzione/utilizzo di ATP per
più di 6 sec.

REGOLAZIONE DELLA CREATINA CHINASI

È regolata dalla concentrazione dei substrati e dei prodotti, e si attiva in pochi millisecondi. La creatina
chinasi è un enzima quasi all'equilibrio, cioè reagisce in base ai substrati presenti. La deplezione della
fosfocreatina richiede alcuni minuti prima di essere ripristinata. Dal punto di vista alimentare è importante
avere un pool di creatina cospicuo. Se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina + ADP;
viceversa, se c’è Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP. Perché non abbiamo scorte maggiori di creatina
e fosfocreatina? Perché la creatina è una molecola carica, polare come il glucosio libero, per cui,
immagazzinare grosse quantità di questa molecola implicherebbe un aumento del peso per via
dell’osmolarità.

REGOLAZIONE DEL METABOLISMO DEL GLICOGENO (GLICOLISI ANAEROBICA – GLICOGENOLISI)

ln attività intense di breve durata, la regolazione non è ormonale, in quanto l'attivazione richiederebbe
troppo tempo rispetto alla durata dell'esercizio. Per questo motivo la regolazione viene gestita da fattori
allosterici, quindi per opera dei metaboliti prodotti dalla contrazione. I punti di controllo principali sono la
Glicogeno Fosforilasi, che scinde il Glicogeno in Glucosio-1-fosfato, e la Fosfofruttocinasi1 che produce
Fruttosio-1,6bisfosfato dal Fruttosio-6-Fosfato. La Glicogeno Fosforilasi ha due punti di regolazione:

- regolazione iniziale, grossolana e rapidissima, sincrona all'attivazione della contrazione muscolare in


quanto risponde alle concentrazioni di ioni Calcio (questo attiva l'enzima);

- Secondo punto di regolazione, più preciso, ad opera dei metaboliti prodotti (regolazione allosterica), quali
ADP, AMP, Pi che regolano in maniera più controllata l'attività enzimatica in base alla richiesta.

Se l'ADP è prodotto direttamente dal consumo di ATP, l'AMP viene prodotto dalla mioadenilato chinasi,
unendo 2 ADP e producendo così 1 ATP e 1 AMP.
Il significato di questa reazione può essere visto sia dl lato energetico, ma il più importante è di signaling.
L’AMP, infatti, funge da molecola segnale, ovvero da attivatore allosterico della Glicogeno Fosforilasi e della
Fosfofruttochinasi1.
La produzione di AMP aumenta in maniera esponenziale nei primi secondi di attività. Un buon messaggero
per svolgere la sua funzione non deve essere presente in quantità significative anche quando non è
necessario. L'AMP, una volta svolta la sua funzione di messaggero, in parte viene riconvertita in ADP, in
parte rientra nel catabolismo dei nucleotidi. Può essere deaminato e produrre ammoniaca, molecola
segnale (base) che abbassa il pH. Può poi essere prodotto l'IMP che potrà anche essere ulteriormente
convertito inosina (va in circolo – vasodilatazione) e poi in ipoxantina, molecola che diventa un indice
ematico dell'utilizzo dei nucleotidi muscolari. L'ammoniaca dovrà comunque poi essere smaltita, questo
avviene liberandola in circolo e convogliandola al fegato dove sarà processata nel ciclo dell'urea.
L’altra via parallela prevede un’eliminazione di 1 gruppo P dall’AMP, formando zucchero e base azotata
(adenosina) la quale può essere deaminata a inosina.
Questa via ha 2 vantaggi: diminuire la concentrazione di AMP e la produzione di NH3. Quest’ultima non è
una cosa che ricerchiamo, ma in questa fase (massima contrazione) potrebbe abbassare l’acidità del
muscolo in quanto capace di trasformarsi in ione ammonio NH4. Può avvenire perché ce ne sono molti di
H+.
In realtà oggi sappiamo che anche l’anosina non è solo un prodotto di scarto, ma è anche in grado di
vasodilatare il muscolo e funge da marcatore.

La glicolisi anaerobica non ha un andamento costante, in questo esercizio. Perché vengono prodotte
molecole che fungono da fattori allosterici negativi, in particolare gli ioni H+ (non è il lattato che determina
la diretta produzione degli ioni H+) ma l’idrolisi dell’ATP o anche la glicolisi anaerobica).

MECCANISMI DELLA FATICA NEGLI SPORT AD ELEVATA INTENSITA’

La potenza massima viene raggiunta in circa 2-4 secondi, segue subito un calo graduale, fino anche a un
40%-60%. ln sport di massima potenza (es: 100m), il calo della potenza è appunto immediato. Più si
raggiungono potenze elevate nei primi secondi, più si riesce a spingere anche nei secondi successivi.

Quali sono i meccanismi principali che determinano il declino dell'ATP e causano fatica muscolare?

L'insorgenza della fatica dipende da un aumento di ioni H+ e quindi un'alterazione del pH (acidificazione).
Nelle fasi iniziali, però, ciò che più influisce sul calo repentino della potenza è la deplezione della
Fosfocreatina.

La deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate di ATP.
L'incapacità di produrre ATP determina svariati effetti (ancora oggi non li conosciamo tutti), insieme anche,
parallelamente, l'incremento del Pi che deriva dalla scissione di ATP. I meccanismi chiave di determinazione
della fatica sono 3; si attivano probabilmente in momenti diversi ma contribuiscono tutti, nell'insieme, alla
fatica muscolare:

- Se non vi è ATP a sufficienza rallentano i meccanismi di riassorbimento del Calcio o anche di rilascio del
Calcio; in questo caso il Pi sembra influente. Conseguenza diretta è che la cellula si contrae di meno;

- I metaboliti prodotti da questo tipo di contrazione, come ioni H+, radicali liberi, Pi, abbassamento del pH
ecc… inibiscono il meccanismo di contrazione a livello dei ponti actina-miosina.

- L’attivazione neuromuscolare, in questo tipo di attività, viene influenzata dall’accumulo extracellulare di


ioni potassio che viene a crearsi. Questo accumulo è dovuto ad un’alterazione dell’attività delle pompe
sodio-potassio, che funzionando tramite consumo di ATP, soffrono inevitabilmente il calo di concentrazione
di questa molecola.

ASPETTI NUTRIZIONALI NELL’ESERCIZIO BREVE AD ALTA INTENSITÀ

Due principali aspetti nutrizionali: l'introito proteico (non importante durante l’attività, ma rilevante nei
meccanismi di recupero); l'assunzione di Carboidrati (rilevante nelle fasi di allenamento).
- Ciò che ci interessa delle proteine sono gli amminoacidi. Questi possono essere utilizzati in due modi: sia
come substrato, sia come stimolatori della sintesi proteica muscolare (ma anche a livello osseo e tendineo).
Il turnover proteico incrementa dopo l'esercizio, in modo diverso in base al tipo di esercizio svolto. Questo
avviene perché le proteine vengono impiegate in diversi meccanismi, come nella riparazione di strutture
cellulari danneggiate. Le linee guida suggeriscono un apporto proteico giornaliero (in un atleta) di 1,2-
2g/kg/die che può variare in base al periodo dell'allenamento. L'eccesso proteico può danneggiare gli
organi deputati al metabolismo delle proteine, quindi fegato e reni; inoltre, può determinare un aumento
delle LDL o causare disidratazione. Gli alimenti ad alto contenuto di proteine facilmente assorbibili sono i
latticini, le carni magre e gli integratori presenti sul mercato. Tutti gli amminoacidi vengono utilizzati nella
sintesi proteica, ma quelli che più di tutti la stimolano sono i BCAA: leucina, isoleucina e valina. Assumere
un contenuto elevato di proteine risulta efficace nell'induzione di una maggiore sintesi proteica tra le 0 e le
2h post esercizio.
L'assunzione contemporanea di zuccheri e carboidrati (cosa che normalmente avviene in una dieta
equilibrata) è vantaggiosa poiché la presenza di Carboidrati determina l'aumento dei livelli di insulina:
questa, oltre ad attivare i pathways del metabolismo del glucosio, determina un aumento dell'assorbimento
degli amminoacidi.
Un incremento di amminoacidi: garantisce un aumento dei substrati per la sintesi proteica; inoltre, attivano
diverse vie anaboliche come quella dell'mTOR indotta dalla leucina; infine, come già detto, determinano
una produzione di insulina che a sua volta aumenterà la capacità di assorbimento degli aminoacidi.
- Nei 30s viene utilizzato Glicogeno, ma le scorte di glicogeno non vengono esaurite in questo tipo di
esercizio; l'assunzione di carboidrati non è infatti strettamente correlata alla performance, risulta rilevante
però nelle fasi di allenamento. Un'esecuzione ripetuta di sprint, infatti, può determinare una riduzione
significativa del glicogeno.

PARLAMI DELLE PROTEINE COME INTEGRATORI, in particolare quella del siero.

Le proteine del latte sono interessanti perché il latte è formato da due tipologie di proteine quelle del siero
(parte liquida) e la caseina (parte solida)
Quest’ultimi rappresentano due condizioni di assorbimento differenti anche se provengono dallo stesso
alimento:

siero= sono proteine più piccole, meno aggregate tra loro e hanno un rapido assorbimento;

caseina= proteine che presentano strutture più complesse e quindi l’assorbimento è più lento.

Questa differenza deve farci riflettere sul fatto che:

quelle a veloce assorbimento (siero) creano pochi amminoacidi qualche minuto dopo l’assunzione.

E poi diversa tipologia di amminoacidi presenti nelle proteine. È importante perché se parliamo di sintesi
proteica muscolare, sono gli amminoacidi ramificati che la stimolano (sono anche quelli più presenti
all’interno del muscolo e quindi quelli di cui ha più bisogno).

Tra questi amminoacidi ramificati è la leucina ad aver un maggiore effetto in tal senso non è solo un
substrato ma è una molecola segnale riesce a stimolare dei pathway anabolici intracellulari. Quindi alimenti
ricchi di leucina sono più efficaci nell’indurre la sintesi proteica.

Invece il successo delle proteine del siero è dovuto a un duplice vantaggio: vengono assorbite velocemente
(utile nelle fasi post esercizio) e sono ricche di leucina.

Se mango caseina ho un primo picco di leucina a 30 minuti . questa concentrazione più alta rispetto a quella
basale viene mantenuta fino a 2 ore. (diminuisce gradualmente.)

Ad oggi sappiamo che deve essere di circa 3 grammi la quantità di leucina contenuta nel pasto (che devono
essere assorbiti velocemente) per poter indurre la sintesi proteica. Solo 25 grammi di proteine del siero
sono in grado di apportare tale quantità di leucina, non andando ad influire eccessivamente su quantitativo
di calorie giornaliere.

Ad oggi non vi sono evidenze che indichino che integrare La dieta con ulteriori apporti di amminoacidi
purificati (BCA) apporta ulteriori vantaggi, anzi si è visto che dopo un certo limite le proteine possono
essere anche controproducenti. Infatti, disponiamo di un unico trasportatore per tutti e tre gli amminoacidi
ramificati. Quindi se sappiamo che la leucina ha un effetto maggiore nell’incoraggiare la sintesi proteica,
assumere un cocktail di amminoacidi ramificati potrebbe andare a diminuire l’assorbimento della leucina
stessa (perché competono).

METABOLISMO SUGLI ESERCIZI INTENSI DI POCHI MINUTI

Attività molto intense che durano alcuni minuti (es. 1500m, nuoto, pugilato, canottaggio, ma anche alcuni
sport di squadra). Sono sport che hanno qualcosa in comune con gli sport brevi ad alta intensità, ma
aumenta la richiesta a carico del metabolismo aerobico. Anche in un atleta di altissimo livello la
performance non può essere sostenuta al 100% dal metabolismo aerobico, ci sarà sempre un'attivazione
del 20% circa del metabolismo anaerobico. Inoltre, l'attivazione del metabolismo aerobico non è
immediata, nelle fasi iniziali lo sforzo è quindi sostenuto da altre vie. Come si è visto per gli esercizi di
brevissima durata, i diversi metabolismi si attivano in maniera sequenziale: inizialmente l’esercizio sarà
sostenuto prima dalla fosfocreatina, poi dalla Glicolisi anaerobica e soltanto dopo il 15° secondo subentra il
metabolismo aerobico. [Confrontando, nel post esercizio, il consumo di ossigeno effettivo con quello
previsto dalla richiesta della prestazione, il valore energetico mancante è detto anaerobic capacity e
corrisponde alla quantità di energia sostenuta dal metabolismo anaerobico.] *Se in performance di pochi
secondi (es. 200m) il metabolismo anaerobico ricopre l’80% del consumo di ATP, in prestazioni di durata
superiore (es. 1500m) il contributo deriva per un 80-90% circa dal metabolismo aerobico. Ovviamente
questo switch di metabolismo si rispecchia nell'espressione di potenza.

Le fibre di tipo 2 che si sono contratte velocemente sono ricche di trasportatori di acidi carbossilici di tipo 4
(MCT4), questi trasportano il lattavo verso il fluido interstiziale (muscolo-capillari).
Gli MCT4 sono dei simporti: trasportano nella stessa direzione sia il lattato che gli ioni di H+. sappiamo che
c’è una correlazione tra H+ e il lattato a livello ematico. Anche se non è l’unico che contribuisce
all’acidificazione muscolare (forse non contribuisce per niente).

Oppure vi può essere un secondo destino. Infatti, può raggiungere delle fibre di tipo 1 (fibra che prima non
si è contratta) che non si è acidificata, in quanto ricche di MCT1 (diverse isoforma dello stesso
trasportatore, adatte a far entrare il lattato nel muscolo).

COME POTREMMO SPINGERE IL SISTEMA Più VERSO UN RILASCIO DI LATTATO EMATICO O AL


CONTRARIO RIDURRE QUESTA PRESENZA IN CIRCOLO OSSIDANDOLO NELLE FIBRE DELLO STESSO
MUSCOLO?

Defaticamento post-gara.
Se dopo lo svolgimento dell’attività rimaniamo fermi, la parte muscolare sarà minima (non sarà mai
completamente assente). Si attiverà prevalentemente il primo destino.

Svolgendo il defaticamento, invece, verrà attivato il secondo destino che si tradurra in una maggiore
velocità di recupero.

Il lattato che finisce in circolo andrà a finire in altri muscoli o organi se possono riutilizzarl9o. circa un terzo
finisce nel fegato.
Il destino finale del lattato sarà diverso, perché se finisce nel cuore, nel muscolo o nel rene viene riossidato
a piruvato; nel fegato invece viene ritrasformato in glucosio e questo è importante perché nelle fasi di
recupero, permette di riformare il glicogeno epatico o essere liberato per tornare nel muscolo.
Del lattato prodotto, ne abbiamo perso pochissimo: lo abbiamo riutilizzato per scopi energetici (muscoli)
oppure per ripristinare intermedi come il glucosio.
IONI DI H+ CHE DESTINO HANNO?

Il sistema tampone del corpo umano consiste in 3 diversi sistemi tampone:

sistema acido carbonico/bicarbonato, il sistema fosfato e il sistema tampone delle proteine del sangue
(emoglobina).

Una volta che hanno raggiunto il circolo ematico, gli ioni H+ si legano alle proteine ematiche (emoglobina è
la proteina nel circolo ematico più importante in grado di tamponare gli ioni H+).

Un altro sistema tampone importante presente nel sangue è l’acido carbonico/idrogeno carbonato (detto
anche ione bicarbonato). L’acido carbonico si forma di continuo nel sangue perché produciamo acqua e
anidride carbonica dall’ossidazione del piruvato (respirazione cellulare) che si legano a formare l’acido
carbonico.

È un acido debole, significa che si dissocia debolmente in ione bicarbonato e H+ questa via è in continuo
equilibrio. Durante la contrazione muscolare aumenta la concentrazione di ioni di H+ l’equilibrio si sposta
verso una maggiore produzione di acido carbonico e una maggiore fluidità nel circolo ematico permette una
più efficiente espulsione della anidride carbonica che si va a formare nell’ambiente circostante, e quindi gli
ioni H+ vengono smaltiti attraverso questo sistema sotto forma di un aumento di rilascio di anidride
carbonica. (CO2 è una molecola di rifiuto, ecco perché in parte aumenta la respirazione durante l’esercizio).

METABOLISMO OSSIDATIVO DEL GLUCOSIO

Al termine del processo glicolitico le 2 molecole di piruvato non vengono accumulate come tali, ma
vengono metabolizzate. ln condizioni aerobiche il piruvato verrà ossidato e insieme al CoA (coenzima A)
formando l'Acetil-CoA e potrà continuare la respirazione cellulare imboccando il ciclo di Krebs. La reazione
di ossidazione del piruvato in condizioni aerobiche avviene nella matrice del mitocondrio grazie al
complesso enzimatico della Piruvato Deidrogenasi. Una volta convertito il piruvato in Acetil-CoA è stato
definitivamente processato un carboidrato e non è più possibile tornare indietro. Per questo motivo la
regolazione di questo enzima sarà molto importante. La piruvato deidrogenasi, in parte, viene direttamente
controllata da fattori allosterici, quindi dalle concentrazioni più o meno alte di ATP e NADH. Questi vanno
direttamente ad inibire l'attività della piruvato deidrogenasi. L'enzima piruvato deidrogenasi (E1) è
essenzialmente regolato per fosforilazione/defosforilazione, saranno quindi presenti sia una chinasi che
una fosfatasi. La fosforilazione rende l'enzima inattivo; sarà attivo, dunque, defosforilato.

CAUSE DELLA FATICA ESERCIZIO INTENSO DI POCHI MINUTI

il processo di acidificazione in questa tipologia di sport diventa ancora più importante. Venendo attivato
tutto il metabolismo anaerobico, vi sarà una produzione significativa di lattato. I meccanismi della fatica
spiegano perché non è possibile correre alla stessa velocità all’aumentare della distanza; nella fase iniziale
si ha un calo della potenza dovuto alla deplezione della
Fosfocreatina: la deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate
di ATP. Si accumulano una serie di metaboliti che fungono da inibitori allosterici di importanti enzimi
regolatori e agiscono anche a livello dell'interazione actina-miosina.
In questa tipologia di esercizio, l'acidificazione acquisisce una maggiore importanza, questo non è tanto
dovuto alla produzione del lattato, quanto più alla stessa idrolisi dell'ATP, che determina un elevato rilascio
di ioni H+. Questo processo è per lo più citosolico, perché nel mitocondrio c'è un impiego di ioni H+ dovuto
al processo chemiosmotico.
L'utilizzo del lattato come marcatore è molto utile: è indice di quanto stia lavorando il metabolismo
anaerobico. Il pH nel muscolo si abbassa in maniera variabile in base al tipo di esercizio. Gli ioni H+
inibiscono la Fosfofruttochinasi1 e la Glicogeno Fosforilasi, oltre ad avere effetti diretti sul meccanismo
della contrazione muscolare, agiscono sul processo di rilascio del calcio e sull’interazione actina-miosina;
hanno effetti inibitori anche sulla sintesi di Fosfocreatina e sono invece un fattore allosterico positivo per le
terminazioni nervose sotto l’aspetto del dolore.

*Acido lattico = lattato + ione H+. L’acido lattico è un acido debole, questo dipende dalla sua PKA che ci
indica a che valore di pH troveremo un 50% di forma dissociata e un 50% di forma non dissociata della
molecola. La PKA dell’acido lattico è 3,8. A valori più bassi di pH la reazione tenderà verso la produzione di
acido lattico; a valori più elevati si avrà, invece, più lattato. Per questo motivo nel muscolo (PH=7) avremo
sempre lattato e mai acido lattico (può fare eccezione l’1% dei casi). *

Il lattato viene prodotto in condizioni di forte stress metabolico al fine di ossidare il NADH+H+ in NAD.
Questo perché i NAD+ prodotti serviranno per le tappe precedenti della glicolisi (via metabolica che potrà
accelerare in maniera brusca, devono essere garantiti gli accettori di elettroni).

La cellula muscolare, dopo l’esercizio, deve ripristinare le condizioni ->

- Risintesi di Fosfocreatina: i meccanismi di recupero della Fosfocreatina sono fondamentali in quegli sport
in cui vi sono sprint ripetuti (come negli sport di squadra); nel caso di sport ad alta intensità di breve durata
o di minuti, non vi sarà un ripristino delle scorte durante la prestazione, saranno necessari tra i 5 e i 10
minuti di riposo. Più l’attività sarà prolungata nel tempo, più tempo impiega a ripristinarsi.

- Acidificazione: in questo tipo di sport lavorano fondamentalmente le fibre di tipo 2. Nelle cellule muscolari
sono presenti numerosi trasportatori del lattato (MCT, monocarboxylate transporters) che effettuano un
co-trasporto di lattato e ioni H+. La fibra di tipo 2 non utilizza il lattato, questo viene trasportato fuori e
potrà avere 2 destini principali: il lattato può essere immesso nel circolo sanguigno e raggiungere
principalmente il fegato (dove verrà prodotto glucosio) o il cuore, muscolo, rene (dove sarà ossidato a
piruvato per la produzione di ATP); se post-allenamento faccio esercizi di defaticamento, le fibre di tipo 1
adiacenti richiameranno il lattato e lo impiegheranno. Vi è anche una trascurabile liberazione di lattato
tramite il processo di sudorazione.

Alla formazione di lattato può conseguire un'elevata produzione di piruvato: se in eccesso questo può
andare incontro a transaminazione (trasferimento del gruppo amminico da una molecola ad un’altra). Gli
ioni H+, in gran parte, raggiungono il sangue, dove intervengono differenti sistemi tampone.

ASPETTI NUTRIZIONALI DELL’ESERCIZIO INTENSO DI ALCUNI MINUTI

Gli esercizi della durata di alcuni minuti non sono in grado di ridurre completamente le riserve di glicogeno.
Si può raggiungere una riduzione di circa il 25% delle scorte, che dovranno ovviamente essere ripristinate.
400-500 mg di glicogeno sono sufficienti a sostenere i 1500 m, quantità superiori non sono necessarie. Una
dieta equilibrata non necessita quindi di integrazioni. Nel ripristino del glicogeno ha un ruolo principale il
glucosio, insieme alla dieta.

METABOLISMO ENERGETICO NEGLI SPORT DI SQUADRA

Gli sport di squadra sono caratterizzati dal fatto che gli studi sono effettuati su tanti soggetti diversi. Ogni
sport di squadra ha delle caratteristiche specifiche che lo differenzia particolarmente dagli altri. Queste
differenze si traducono anche in termini metabolici e, quindi, di substrati utilizzati. Gli sport di squadra sono
solitamente caratterizzati da brevissimi sprint (che per durata somigliano più allo sprint del 100metrista o
anche meno: quindi il calo di potenza nel tempo è minimo); questi sprint, poi, vengono ripetuti (con
intervalli tra uno sprint e l'altro con riposo o anche corsa a varia intensità). La capacità di compiere uno
sprint è data dalla capacità di ricoprire la distanza interamente alla massima potenza; quindi, in questo caso
il VO2 ha una certa rilevanza, vista la durata dei match.
La durata deglòi sprint, essendo di 10-20m, equivale ai 2-3sec, quindi sono sprint molto brevi. Le
caratteristiche metaboliche si avvicinano a quelli di breve durata (elevata intensità):

-nei primissimi secondi viene erogata una potenza maggiore (rispetto a un 200 metrista);

-vi è maggiore capacità di mantenerla, poiché la durata è minore.

ln base al tipo di sport, il numero di sprint effettuati può variare di molto, dai 20 ai 700. ln base al numero di
sprint effettuati, si registrerà un calo di potenza notevole tra i primi e gli ultimi sprint (30%). Nel primo
sprint vengono impiegate le scorte di Fosfocreatina (che contribuiscono al 50%) e vi è una produzione di
Iattato derivante dalla glicolisi anaerobica (40%); negli sprint successivi vi è ancora un impiego importante
di fosfocreatina, che sarà disponibile in quantità minori; per quanto riguarda la glicolisi anaerobica, invece,
questa non sarà più sufficientemente efficace nella produzione di ATP (il contributo passa dal 40% al 9%),
verrà dunque attivato il metabolismo aerobico (dall'8% al 40%). L'attivazione del metabolismo aerobico
determinerà un calo di velocità e potenza, ma consentirà di procedere nell'attività. Il contributo
proveniente dalla fosfocreatina è fondamentale ed è quindi necessario che in questo tipo di sport ci siano
dei momenti di recupero che consentano un ripristino quantomeno parziale delle scorte di fosfocreatina
(idealmente intervalli da 30” consentono un recupero del 50% delle scorte). Inoltre, questo tempo di
recupero consente di risolvere anche altre condizioni dovute all'affaticamento: la capacità risintesi dipende
dal grado di allenamento del soggetto. Il blocco della glicolisi anaerobica è dovuto all'incapacità di sfruttare
il piruvato e alla conseguente produzione del lattato e ioni H+, il cui accumulo determina acidificazione
intramuscolare. L'accumulo di ioni H+ determinerà l'inibizione degli enzimi chiave del metabolismo
glicolitico: Glicogeno Fosforilasi e Fosfofruttochinasi1. Contemporaneamente, la piruvato deidrogenasi è
poco sensibile all’acidificazione del pH, anzi funge da fattore allosterico positivo: Se ho prodotto tanti ioni
H+, vuol dire che ho convertito molto piruvato in lattato, allora la cellula, non potendo più portare avanti
questa reazione, deve attivare un altro meccanismo
di utilizzo del piruvato; per questo motivo gli ioni H+ attiveranno la piruvato deidrogenasi per la produzione
di Acetil-CoA. Avrà così inizio il metabolismo ossidativo.
A subire una forte deplezione in questo tipo di performance è il glicogeno, il quale sostiene sia la glicolisi
aerobica, sia anaerobica. Il lattato ematico subisce un picco già nei primi minuti della gara, come indicatore
dell'attività del metabolismo anaerobico, successivamente cala restando comunque elevato. Un andamento
opposto al lattato lo presenteranno gli acidi grassi liberi, questo è dovuto all’attivazione del controllo
ormonale (adrenalina). Quindi per quanto il metabolismo principale sia glucidico (fino al 70-80%), il
metabolismo lipidico, vista la durata, contribuisce della competizione.

STUDIO CICLOERGOMETRO?

Studio che si avvicina a caratteristiche di esercizi molto intensi, di breve durata (sotto i 10 secondi) ma
ripetuti. I soggetti hanno svolto sprint ripetuti di 6 secondi alla massima potenza, seguiti da un recupero di
30s.

È stata misurata la potenza massima raggiunta in quei 6 secondi e la media della potenza di tutto il gesto.
Questo procedimento è stato eseguito per 10 volte, la biopsia è stata svolta prima e dopo del primo e
dell’ultimo sprint.

Andando a misurare quanta potenza si raggiunge nel picco e quant’è la potenza media erogata da quel
gesto di 6 secondi vedremo che già ripetendo 10 volte alla fine ha un calo significativo (di circa il 30%) sia
della potenza massima che riesco a raggiungere a potenza di media complessiva.
Dopo il primo sprint avrò un calo di circa il 50% di fosfocreatina, che si associa ad un aumento immediato
del lattato (la glicolisi anaerobica si attiva in sincronia all’utilizzo della fosfocreatina).
Il glicogeno contribuisce notevolmente nell’esercizio in maniera par5ticolare in questa fase.
Ci sarà un impiego massiccio del metabolismo aerobico, per metà alattacido e per metà lattacido; ma
comunque dobbiamo considerare il fatto che abbiamo attivato anche la glicolisi aerobica (per questo
all’ultimo step c’è un decremento del lattato).

Negli sprint successivi, che verranno prodotti a 30 secondi l’un dall’altro, dato il tempo ridotto, non saranno
completamente riformate le riserve di fosfocreratina; pertanto, partirò da una base iniziale più bassa
(percentuale di consumo simile) che non è trascurabile.
Il lattato aumenterà fino a raggiungere a determinate concentrazioni (per poi raggiungere una condizione di
plateau), l’incremento maggiore è quello del primo sprint.

Nel decimo step sappiamo che produrremo meno energia: non si riesce a sostenere lo stesso livello di
potenza. Per la produzione di ATP disporremo:
- Buona quantità di fosfocreatina (l’80% dell’energia anaerobica prodotta deriva da quest’ultima);
- Scende fortemente la glicolisi anaerobica, questo perché:
il metabolismo si è spostato verso una glicolisi aerobica (che ora verrà utilizzata nella stessa percentuale
dell’anaerobica del primo step). La fosfocreatina dovrà essere risintetizzata in maniera aerobica.

Il muscolo quindi, se ha a disposizione una certa quantita di Pcr la utilizza. La glicolisi anaerobica non
funziona così perché: benchè il substrato ci sia (di glucosio c’è n’è tantissimo) viene bloccata, non abbiamo
la possibilità di produrre il lattato in maniera esponenziale (al contrario della creatina che può essere
utilizzata fino alla deplezione completa).

Ma non solo questo con il proseguire del test si sarà attivata la piruvtao deidrogenasi e quindi la cellula
inizia ad avere un enzima alternativo di utilizzo del piruvato. Utilizzo favorito dalla presenza di ossigeno
perché produce più molecole di ATP, anche se più lenti.
Questo spiega perché in questa fase non riesco ad eseguire il gesto alla stessa potenza, perché non riesco a
produrre negli stessi secondi la stessa quantità di ATP. (non riesco a contrarre allo stesso modo il muscolo).
= (fatica).

La fosfocreatina dovrà essere risintetizzata in maniera aerobica, ecco perché vi è la necessità di avere delle
pause (esercizi blandi di recupero) che permettono l’utilizzo aerobico di ATP. Se invece continuassimo senza
diminuire l’intensità (meccanismo anaerobico) le scorte di fosfocreatina possono essere anche utilizzate in
toto.

Tutto ciò per dire quanto, variabili come la durata dello sprint, il numero degli stessi e la durata del
recupero influiscono nel sistema di produzione dell’energia durante queste tipoloigie di attvità.

A livello locale per quanto riguarda l’utilizzo dei substrati:


- La fosfocreatina è stata analizzata prima e dopo il match, si è visto che in questi giocatori c’è stato
un calo ma non è arrivata a zero (hanno avuto il tempo di recuperar le scorte);
- Il lattato già a metà tempo in concentrazioni elevate, per poi rimanere in tale (il meccanismo
anaerobico è sempre attivato) e questo fa sì che l’acidificazione muscolare è presente (anche se
non in maniera così massiccia);
- Negli sport caratterizzati da lunga durata gli studi ci indicano un calo massiccio del glicogeno pre e
post gara (circa 50% delle riserve) è stata analizzata la quantità di glicogeno all’interno delle varie
fibre in quattro categorie:
3-fibre completamente piene di glicogeno
2- parzialmente piena
1-quasi vuota
0-Vuota
Prima della gara circa il 70% delle fibre è considerata come piena, il 30% restante parzialmente piena.
Post gara invece solo il 20% delle fibre possono essere considerate piene di glicogeno, molte delle fibre sono
parzialmente piene e quasi vuote avremo anche una più alta percentuale di completamente vuote.
Quindi in questo sport la deplezione del glicogeno può essere un limite (non riguarda solo l’endurance).
A questo calo del glicogeno si associa un aumento degli acidi grassi ematici, inizia la lipolisi (contributo dei
grassi nel metabolismo energetico).

Un ultimo substrato che può essere utilizzato è il glicogeno ematico che può derivare dal fegato se c’è
ancora glicogeno o perché il soggetto sta bevendo una bevanda che contiene (generalmente) Sali minerali,
acqua e maltodestrine piuttosto che glucosio o fruttosio.
Glicogeno e glucosio sono correlati: se utilizzo maggiormente il glucosio che deriva dal plasma, risparmio le
riserve di glicogeno muscolare. Non sono interscambiabili (glucosio permette di risparmiare) , il glicogeno
deve essere sempre presente.

Inoltre, in altri studi è stato dimostrato che atleti che hanno affrontato partite adottando strategie
alimentari a basso contenuto di carboidrati (basse riserve di glicogeno) a circa metà partita hanno esaurito
le riserve. I tempi di recupero del glicogeno sono più lenti della fosfocreatina quindi se arrivo in totale
deplezione non è che se ingerisco una elevata quantità di bevanda zuccherata la ripristino. La capacità di
modulare le riserve di glicogeno muscolare è molto marcata.

DOVE SI LOCALIZZA PRINCIPALMENTE IL GLICOGENO ALL’INTERNO DEL MUSCOLO?

Il 75% è inter-miofibrillare e il 25% è intra-miofibrillare (si trova tra i filamenti di actina e miosina). Di questo
25% una piccola parte si dispone sotto il sarcoplasma (porzione di glicogeno sub-sarcoplasmatica) e seerve
prevalentemente a sostenere i trasporti di membrana.

CAUSE DELLA FATICA NEGLI SPORT DI SQUADRA

Riduzione nel tempo della fosfocreatina; La deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità
di avere quantità adeguate di ATP: (minor rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico, minore interazione
tra actina-miosina e minore eccitabilità); aumento di metaboliti correlati alla fatica (AMP, IMP, Pi);
accumulo di lattato e ioni H+ (acidificazione – inibisce l’azione della creatinchinasi); riduzione della
disponibilità di glicogeno muscolare e glucosio plasmatico. Quest’ultimo fattore è molto limitante negli
sport di squadra. La quantità di carboidrati diventa, infatti, fondamentale per contrastare i meccanismi della
fatica che possono peggiorare la performance soprattutto nelle parti terminali della gara. La deplezione del
glicogeno sembra essere correlata anche al rischio di infortuni e al livello tecnico della performance.

ASPETTI NUTRIZIONALI DEGLI SPORT DI SQUADRA

Una dieta equilibrata può essere sufficiente a soddisfare le richieste nutrizionali, questo principio è valido in
tutte le tipologie di esercizio fisico e tanto più nel training. I carboidrati sono un alimento chiave nella
preparazione dell'atleta in pre-competizione. Viene consigliato un carico di carboidrati (6-8g/kg) nei giorni
che precedono la competizione, che sono solitamente giorni poco intensivi. Anche il giorno della gara si
consiglia un alto apporto di carboidrati, entro le 4 ore prima dell'inizio della competizione. In questo caso, il
tipo di carboidrati che deve essere particolarmente digeribile per non inficiare la competizione.
Altro aspetto chiave è l'idratazione: anche durante la competizione può essere auspicabile l'assunzione di
carboidrati (30-60gr), possono essere assunti dopo il riscaldamento e/o tra il primo e il secondo tempo (nel
caso del calcio) per mantenere i valori glicemici sufficientemente stabili. Anche il semplice risciacquo della
bocca con una bevanda a base di carboidrati può attivare dei meccanismi non tanto metabolici, quanto più
di riduzione di percezione dello sforzo senza andare ad intaccare l’intestino. Bisogna tener conto, infatti,
che i carboidrati richiamano acqua; quindi, un'assunzione di carboidrati non proporzionata al loro utilizzo
può determinare lo stazionamento dei carboidrati nell'intestino, il che può determinare problemi intestinali
anche gravi che si ripercuotono sulla performance. In particolare, questo è dato dall'assunzione di fruttosio
(bevande comuni), per il quale vi sono pochi trasportatori (GLUT5). Si è però notato che l'accoppiata di
glucosio e fruttosio è ottimale: se assumiamo un solo carboidrato, abbiamo una capacità di assorbimento di
1gr/min; tramite l'assunzione multipla di carboidrati si può raggiungere una capacità di 1,75gr/min.
Nelle fasi successive alla gara, la deplezione di glicogeno muscolare può essere quasi totale. Anche le
tempistiche di assunzione dei carboidrati post-performance sono rilevanti: se si attende a lungo dopo la
performance, infatti, il ripristino è meno efficace. I cibi con un alto indice glicemico, nelle fasi successive alla
gara, consentono un ripristino del glicogeno più veloce ed efficiente. Negli sport di squadra solitamente non
si hanno competizioni particolarmente ravvicinate, questo aspetto è quindi più rilevante nel training. 24h
sono sufficienti per ripristinare le riserve di glicogeno se viene seguita una dieta adeguata. Se nelle ore
successive alla prestazione l'assunzione di carboidrati viene accoppiata a quella di proteine, l'assorbimento
dei carboidrati sarà più rapido. Vista la difficoltà nell'assunzione di proteine di alta qualità, anche
l'assunzione di caseina nel periodo notturno può avere effetti favorevoli. Anche la creatina sembra sia in
grado di stimolare una maggiore sintesi di glicogeno.
Durante una stagione sportiva, ci sono 3 periodi: la preparazione, le gare e il riposo. Durante la
preparazione l'assunzione suggerita di Carboidrati può variare dai 3 agli 8g/kg/die. ln questa fase non va
posta in secondo piano l'assunzione degli altri 2 macronutrienti, lipidi e proteine. Durante una gara non c'è
un massiccio consumo di aminoacidi (contribuiscono al massimo al 10%), ma un corretto apporto durante le
fasi di allenamento e di post-gara è fondamentale ed è consigliato, visto l'aumento del catabolismo
proteico in tali fasi. ln particolare, le linee guida suggeriscono di aumentare l'apporto proteico a 1,6-
2,2g/kg/die; queste quantità sono comunque facilmente raggiungibili tramite un'alimentazione corretta;
nel caso in cui fosse necessaria un'integrazione, tramite amminoacidi ramificati ad esempio, tra questi
risulta particolarmente efficace la leucina.
Per quanto riguarda i grassi, hanno molteplici effetti fisiologici (sono precursori di vitamine e di molecole
del sistema immunitario, ad esempio), per questo motivo, un intake del 24%-30% del fabbisogno totale
giornaliero può favorire i processi cellulari.

METABOLISMO ENERGETICO NEGLI SPORT DI ENDURANCE

Negli esercizi di media durata il metabolismo aerobico contribuiva già alla produzione di energia; in questo
tipo di esercizio, invece, diventa il principale metabolismo. Prendendo ad esempio alcune prestazioni di
endurance più comuni, ritroviamo i 1500m, i 5000m o anche i 10000m; le durate delle prestazioni possono
essere quindi molto variabili. Nel caso della maratona (42,2 km) la prestazione può durare anche ore.
Parlando dei tipi di esercizio di breve/media durata ci si sofferma fondamentalmente su ciò che avviene a
livello muscolare; per parlare di sport di endurance diventa necessario approfondire anche il ruolo di fegato
e cuore. Un maratoneta deve correre circa 200 volte la distanza percorsa dal 200metrista, dimezzando la
velocità. La velocità diminuisce di circa il 30% passando dalle gare di 200m a quelle di 1500m; una volta che
il metabolismo aerobico è già il principale contribuente, la riduzione percentuale diminuisce notevolmente:
se si confronta una gara di 1500m con una maratona di 42,2km, infatti, la velocità cala solamente di 5-6
Km/h. La capacità di avere una performance migliore sta nell’avere una capacità di consumo di ossigeno
migliore (sistema aerobico allenato); in due soggetti che hanno lo stesso consumo di ossigeno, sta nella
capacità di mantenere per più tempo i livelli di VO2 più vicini al proprio massimo. La capacità e l'efficienza
con cui il soggetto è in grado di convertire le riserve energetiche (glucidiche, proteiche e lipidiche)
determinano, quindi, il livello della performance.
Nell'esercizio di endurance si attivano tutti i sistemi energetici, dalla fosfocreatina al sistema aerobico,
ovviamente non tutti si attivano alla stessa maniera o danno lo stesso contributo. Principalmente, l'energia,
in un esercizio di endurance, deriva dall'ossidazione del glicogeno. Anche il glucosio proveniente
dall'alimentazione darà un contributo, questo però è di più difficile impiego per via di una sorta di
competizione che si innesca tra glucosio e glicogeno; inoltre, il glucosio deve essere trasportato all'interno
della cellula e dall'utilizzo del glucosio viene prodotto un ATP in meno. Anche l'ossidazione degli acidi grassi
darà un contributo importante. Come per il glicogeno o il glucosio, vi sono acidi grassi presenti sottoforma
di trigliceridi muscolari e acidi grassi liberi derivanti dal tessuto adiposo, questi ultimi dovranno essere
trasportati e questo processo deve essere regolato.

Quando faccio un'attività a bassa intensità (25% VO2max), gran parte del contributo energetico deriva
dall'utilizzo degli acidi grassi ematici, e il glicogeno non viene impiegato.
Man mano che l'intensità aumenta, si riduce il contributo proveniente dagli acidi grassi ematici e aumenta il
consumo di glucosio ematico (fegato). Diciamo che il contributo ematico all'aumentare dell'intensità
rimane lo stesso, cambia solo la percentuale dei substrati ematici impiegati.
Per quanto riguarda i trigliceridi muscolari (acidi grassi liberi), vi è un impiego significativo soltanto in
attività di media intensità (65% VO2max), dove compare anche l’utilizzo del glicogeno muscolare; a bassa
intensità non vengono invece impiegati.
A intensità molto elevate (85%VO2max), diminuisce il contributo dei trigliceridi muscolari e aumenta quello
del glicogeno (65% del totale). Possiamo dire che in un’attività all’85% aumenta sia l’utilizzo del glucosio
ematico che quello del glicogeno muscolare. Il contributo è quindi sbilanciato verso l’impiego di carboidrati.
In un’attività al 65%, invece, il contributo dei grassi e dei carboidrati è alla pari.

METABOLISMO DEL GLICOGENO - GLUCOSIO

L’enzima chiave è la Glicogeno Fosforilasi che trasforma il Glicogeno in Glucosio-1-fosfato che


successivamente viene trasformato in glucosio-6-fosfato. La Glicogeno Fosforilasi ha 2 punti di regolazione:

- regolazione iniziale, grossolana e rapidissima, sincrona all'attivazione della contrazione muscolare in


quanto risponde alle concentrazioni di ioni Calcio (questo attiva l'enzima);

- Secondo punto di regolazione, più preciso, ad opera dei metaboliti prodotti (regolazione allosterica), quali
ADP, AMP, IMP e Pi che regolano in maniera più controllata l'attività enzimatica in base alla richiesta.

Nelle attività di endurance la regolazione della glicogenolisi è fondamentalmente allosterica, ma subentra


anche il controllo ormonale. Il controllo ormonale non è importante solo per il muscolo stesso, l'adrenalina
infatti favorisce anche il rilascio di glucosio a livello epatico. ln esercizi che si protraggono per ore, come le
maratone, entra in gioco anche il glucagone, il quale, post-esercizio, ripristina i livelli di glucosio ematico.
L'insulina tende solitamente a calare durante performance di lunga durata. Non solo la durata dell'esercizio
determina il rilascio ormonale, ma anche l'intensità di esercizio. L'azione ormonale e quella allosterica sono
comunque parallele.
Per quanto concerne il glucosio ematico, l'impiego deve essere finemente controllato, in quanto è presente
in quantità minime che non possono variare molto (4gr). Aumentando l'intensità di esercizio si riesce ad
utilizzarlo più facilmente. Ci sono 3 punti di controllo che spiegano questo aumento dell'utilizzo del glucosio
ematico, il primo è il flusso sanguigno: durante l'esercizio, il flusso sanguigno aumenta e più sangue
raggiunge i muscoli, più aumenterà la disponibilità di glucosio e il muscolo potrà captarlo più facilmente.
Il secondo punto di controllo è a livello del trasporto del glucosio ematico all'interno della cellula: nel
muscolo vi è una regolazione particolare del trasporto dei GLUT4. L'insulina, in condizioni normali, si lega al
recettore e facilita il trasporto delle vescicole che contengono i GLUT4 verso la membrana cellulare.
Durante l'esercizio, però, i livelli di insulina calano, ma nel muscolo vi è un meccanismo insulino-
indipendente di trasporto dei GLUT. Tale meccanismo può dipendere da diversi metaboliti: Il calcio può
stimolare la traslocazione dei GLUT4 sulla membrana, così come una diminuzione dei livelli di ATP e un
aumento di AMP, o anche segnali di stress, in particolare una produzione di radicali liberi o ossido nitrico.
Il terzo punto di regolazione è la velocità di metabolizzazione del glucosio: aumentare il trasporto del
glucosio che non può essere metabolizzato non avrebbe senso. È quindi l'attività della esochinasi a
regolarne l'impiego. L'attività dell'esochinasi è un punto di regolazione del consumo di glucosio ematico. Se
il tempo di esercizio aumenta, nei minuti successivi le riserve di glicogeno iniziano a calare e l'esochinasi
non è più inibita dal Glucosio-6-fosfato: aumentando la sua attività aumenterà anche il trasporto
intracellulare del glucosio ematico e il suo processamento.
Il glucosio (ematico o derivante dalla glicogenolisi) alla fine viene processato a piruvato e a questo punto la
regolazione sarà a carico della piruvato deidrogenasi (attivo defosforilato), regolata a livello allosterico dal
calcio e altri metaboliti che indicano un deficit energetico, in particolare l'ADP. Dopo alcuni minuti di
attività, soprattutto ad alte intensità, l'attività della piruvato deidrogenasi è molto elevata, procederà quindi
efficientemente la glicolisi aerobica. Se l'aumento di ioni H+ inibisce la Fosfofruttochinasi1 e la Glicogeno
Fosforilasi, la piruvato deidrogenasi è poco sensibile all’acidificazione del pH, anzi funge da fattore
allosterico positivo: Se ho prodotto tanti ioni H+, vuol dire che ho convertito molto piruvato in lattato, allora
la cellula, non potendo più portare avanti questa reazione, deve attivare un altro meccanismo di utilizzo del
piruvato; per questo motivo gli ioni H+ attiveranno la piruvato deidrogenasi per la produzione di Acetil-CoA.

METABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI

All'aumentare dell'intensità dell'esercizio, diminuisce il contributo di entrambe le fonti di grassi a nostra


disposizione (del sangue e muscolari). Nel tessuto adiposo, in risposta all'adrenalina (rilasciata in diversa
maniera in base all'intensità di esercizio), le lipasi all'interno degli adipociti scindono il triacilglicerolo in
glicerolo e 3 acidi grassi. Il primo non necessita di trasportatori, gli acidi grassi verranno veicolati, invece, ai
tessuti bersaglio grazie all’albumina (muscoli, miocardio, fegato).
Nel muscolo il procedimento è più complesso per favorire un utilizzo locale dei grassi. Quando si passa da
un'attività a bassa intensità ad una a moderata o ad alta intensità si ha un iniziale blocco dell'utilizzo degli
acidi grassi plasmatici. L’andamento delle concentrazioni di acidi grassi e glicerolo dovrebbe essere
parallelo, ma all’aumentare dell’intensità di esercizio la concentrazione degli acidi grassi diminuisce e quella
del glicerolo aumenta. Questo avviene perché, durante attività molto intense, vi è una redistribuzione del
flusso sanguigno verso i muscoli con una conseguente costrizione del flusso sanguigno nei tessuti periferici,
tra cui il tessuto adiposo. Gli acidi grassi, dunque, si accumulano senza poter essere utilizzati. Questa
situazione di accumulo si ripristina al termine dell’attività, quando il flusso della circolazione ripristina le
condizioni normali.
Ci sono anche meccanismi locali di controllo che bloccano l'ingresso e l'ossidazione degli acidi grassi a livello
del muscolo durante l'esercizio fisico ad alta intensità. Ancora oggi non si conosce la principale causa della
riduzione della captazione degli acidi grassi a livello muscolare. Sappiamo che, sia a livello di membrana
cellulare, sia a livello mitocondriale, si ha un blocco del trasporto interno di acidi grassi. Uno dei motivi per
cui la carnitina è utilizzata come integratore è la capacità di favorire il trasporto e l'impiego di acidi grassi.
La carnitina regola finemente il trasporto mitocondriale degli acidi grassi a catena lunga; gli acidi grassi a
catena corta possono attraversare la membrana mitocondriale indipendentemente dalla carnitina.
All'aumentare dell'intensità dell'esercizio, il consumo di acidi grassi a catena lunga (mediato dalla carnitina)
diminuisce; l'impiego di acidi grassi a catena corta rimane invece costante.
Per quanto concerne i trigliceridi intramuscolari, si ha sicuramente una riduzione dell'ossidazione per gli
stessi meccanismi locali che influenzano il trasporto degli acidi grassi ematici, poiché il meccanismo di
trasporto all'interno del mitocondrio è lo stesso.
ln una gara, dopo circa 2h di attività, l'impiego del glicogeno diminuisce notevolmente, sia per via di una
riduzione delle scorte, sia per la conseguente regolazione enzimatica del metabolismo del glicogeno. Ma in
un soggetto molto allenato, in grado di sostenere una competizione all'80% del VO2max, anche nelle ultime
fasi della gara prevale il metabolismo glucidico: non si ha più quel 50 e 50 di contributo lipidico/glucidico.
Un atleta di alto livello sarà quindi in grado di sfruttare al massimo le proprie riserve di carboidrati, senza
arrivare alla deplezione. Il contributo lipidico è comunque fondamentale.

STRATEGIE NUTRIZIONALI SPORT ENDURANCE?

È stato fatto uno studio che dice che se nei giorni pre-gara, un atleta diminuisce l'intensità di allenamento e
contemporaneamente aumenta l'introito di Carboidrati, le sue riserve di glicogeno aumenteranno
notevolmente. Questo aspetto è importante tanto per la gara, quanto per l’allenamento.
I processi di ripristino del glicogeno possono richiedere un tempo più o meno lungo e questo può essere
influenzato dalle quantità di carboidrati introdotti con la dieta. Anche le tempistiche di assunzione dei
carboidrati post-performance sono rilevanti: se si attende a lungo dopo la performance, infatti, il ripristino è
meno efficace. I cibi con un alto indice glicemico, nelle fasi successive alla gara, consentono un ripristino del
glicogeno più veloce ed efficiente. Infine, la co-ingestione con altri macronutrienti (es: proteine), può
favorire un ripristino delle scorte più rapido. Ad esempio, la creatina sembra sia in grado di stimolare una
maggiore sintesi di glicogeno.

ln una gara potrei adottare due possibili strategie per ottimizzare al meglio il consumo di glicogeno:
- Aumentare le riserve interne di glicogeno tramite una dieta iperglucidica.
- Aumentare l'ossidazione degli acidi grassi diminuendo le scorte di carboidrati.

Ma se riduco i carboidrati, riduco quindi il glicogeno muscolare e di conseguenza la performance in attività


di lunga durata peggiora. Si può fare questa scelta solo se 3 giorni pre-gara si cambia la dieta con un alto
contenuto di carboidrati. Così facendo, il Glicogeno plasmatico non varia, l’utilizzo del Glicogeno muscolare
diminuisce del 30%, mentre l’ossidazione dei grassi viene aumentata. La performance, quindi, non aumenta
seguendo una dieta ad alto contenuto lipidico piuttosto che glucidico, a volte può anche diminuire; questo
perché la diminuzione dell'efficienza del metabolismo glicolitico può essere deleteria per gli atleti di alto
livello. Una performance di alto livello, infatti, è data dalla capacità di utilizzare al meglio le proprie riserve
di glicogeno e sfruttare, fin dove possibile, le scorte lipidiche a favore del risparmio dei carboidrati.

Un’altra strategia è quella di assumere carboidrati durante la gara stessa: la strategia si adatta bene a
esercizi di lunga durata, in quanto, anche se assumendo zuccheri semplici, devono avvenire i processi di
digestione e assorbimento. Più il carboidrato è complesso, più questi fenomeni sono dilungati. Bisogna
tener conto, però, che i carboidrati richiamano acqua; quindi, un'assunzione di carboidrati non
proporzionata al loro utilizzo può determinare lo stazionamento dei carboidrati nell'intestino, il che può
determinare problemi intestinali anche gravi che si ripercuotono sulla performance. In particolare, questo è
dato dall'assunzione di fruttosio (bevande comuni), per il quale vi sono pochi trasportatori (GLUT5). Si è
però notato che l'accoppiata di glucosio e fruttosio è ottimale: se assumiamo un solo carboidrato, abbiamo
una capacità di assorbimento di 1gr/min; tramite l'assunzione multipla di carboidrati si può raggiungere una
capacità di 1,75gr/min. Alcuni studi dimostrano che negli sport che prevedono prove ripetute nel breve
tempo, l'assunzione di carboidrati misti può favorire il processo di recupero. Pochi studi riguardano
l'integrazione di carboidrati, il principale problema è la grande variabilità che c'è a livello individuale sulla
tolleranza che si ha nell'assunzione di tali integratori. Altro aspetto interessante è la differenza tra la flora
batterica di un soggetto sedentario e di uno attivo. (si può allenare l’intestino alla tolleranza).
Nel flusso ematico, gli zuccheri hanno come organo bersaglio (oltre il muscolo) anche il fegato. ln condizioni
di riposo sarebbe questo il principale destino del glucosio, in fase di esercizio circa il 30% del glucosio viene
assorbito e metabolizzato dal fegato, il resto dal muscolo. Per quanto riguarda il fruttosio, anche in fase di
esercizio il 100% raggiunge il fegato, dove tramite gluconeogenesi, verrà convertito in glucosio che potrà
raggiungere il muscolo e andare incontro a glicolisi oppure andare direttamente incontro a glicogenosintesi.

ln una gara, può determinare il miglioramento della performance, anche il semplice risciacquo della bocca
con una bevanda a base di carboidrati, è stato infatti dimostrato che questo induce il cervello ad attivare
meccanismi in grado di ridurre la sensazione di fatica senza andare ad intaccare l’intestino.

L'assunzione di carboidrati determina una minore percezione della fatica, questo è dovuto probabilmente
alla capacità di mantenere stabili i valori glicemici. Potrebbe però diminuire la funzionalità del sistema
immunitario, il che può non essere rilevante per la gara in corso ma lo è per una eventuale gara successiva.

INTEGRATORI?
Tra quelli che meglio conosciamo abbiamo: Creatina (monoidrato), caffeina, sodio bicarbonato, Beta-
alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non abbiamo una piena
conoscenza. Tra questa creatina, caffeina e fosfati sono di interesse degli sport brevi ad alta intensità.
Creatina: è in grado di aumentare in maniera acuta la performance di sport ad alta intensità (100m o sport
di squadra) o gli effetti allenanti nel training di questi sport. I maggiori guadagni sono rilevati negli sport di
breve durata, sotto i 30s, anche se oggi sappiamo che può produrre benefici anche nell’endurance
(sembrerebbe aumentare la sintesi proteica, favorire stoccaggio del glicogeno, contribuire alla
termoregolazione).

Effetti dell'assunzione di creatina sono aumento di massa magra, di potenza e di forza muscolare; questo
perché aumentano le scorte interne di creatina (di un 20/30%) senza contare l’aumento della capacità dei
fosfageni di essere utilizzati in maniera ripetuta nel tempo (non vado in deplezione completa, quindi posso
recuperare prima).

Se mantengo per più tempo il sistema della fosfocreatina utilizzo meno l’anaerobico del glucosio (quindi
utilizzo di lattato, acidificazione muscolare). Inoltre, la fosfocreatina quando produce ATP dall’ADP utilizza
come reagente l’H+, incontrando l’acidificazione muscolare.

12g al giorno che vengono introdotti con la dieta, sembrano essere pochi per indurre un aumento delle
riserve. Per determinare un aumento si fa il cosiddetto carico di creatina. Circa 20g al giorni, suddivise in 4
dosi giornaliere per 5-7 giorni (non serve mantenerlo per più giorni). Successivamente vi è quella di
mantenimento che si avvicina alle dosi che si potrebbe assumere con la dieta (anche se 3-5 giorni non sono
facili da assumere solo dagli alimenti, equivalgono a circa 1kg di bistecca).

Si è visto che un contemporaneo utilizzo di carboidrati favorisce un uptake della creatina, cioè a stesso
dosaggio è più facile farla entrare nel muscolo se quella quantità di creatina la ingerisco insieme ai
carboidrati (l’aumento dell’ingresso di creatina nel muscolo è favorito dalla presenza di insulina). Essendo
una molecola idrofila, aumenta il volume vascolare (si porta dietro qualche g di acqua) e quindi la ritenzione
di liquidi intramuscolare. Questo determina un aumento di peso.

Non sono stati attualmente dimostrati effetti collaterali gravi, quello che si deve tenere in considerazione è
che la creatina richiama acqua (vengono sollecitati i reni), il che determina un incremento di peso. La
creatina agisce in brevi periodi: 3-5g/die per 5-7 settimane sono sufficienti a percepire i risultati.

Responders e no-responders = in uno studio sono andati a misurare i livelli di fosfocreatina a livello
muscolare pre e post fase di carico.
Incrementi di riserve di creatina importanti (ad 100%) si sono verificati in soggetti che avevano punti di
potenza bassi/intermedi: si è potuto osservare benefico dell’integrazione.
Nei soggetti che partivano già da quantità elevate, non si è potuto osservare un incremento importante (il
carico funziona, ma sulle persone che partono da concentrazioni basse di creatina).

Caffeina: è riconosciuta come sostanza ergogenica dal comitato olimpico. L'utilizzo è estremamente diffuso
sia tra gli atleti di endurance, sia tra gli atleti di sport brevi ad alta intensità. Approssimativamente, l'effetto
ergogenico è dato da un consumo di circa 3-6mg/kg (2 tazzine di espresso). Bisogna porre attenzione
nell'assunzione di determinati farmaci ad alto contenuto di caffeina, vicino al massimo dosaggio consigliato.
Il picco degli effetti lo abbiamo a 60' dall'assunzione circa. Dosaggi inferiori possono essere assunti appena
prima o addirittura anche durante la gara (questo è rilevante negli sport di endurance).
Meccanismi d'azione: Avendo un effetto analgesico riduce il dolore muscolare e la percezione dello sforzo,
probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da antagonista sul recettore dell’adenosina); Ha un
effetto sulla capacità di contrazione muscolare, probabilmente grazie ad un’azione diretta sul calcio; A
dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina che determina
un maggiore rilascio di acidi grassi, questo però non è influente sulla prestazione, a maggior ragione su
quella di breve durata. La caffeina favorisce la diuresi.
Gli effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
Fosfageni: Sodio-fosfato, calcio-fosfato, potassio-fosfato. Benefici in prestazioni di massima potenza da
pochi secondi ad alcuni minuti. Non ci sono evidenze scientifiche dell'accumulo di fosfato all'interno del
muscolo tramite supplementazione, per questo motivo non si possono dimostrare certi effetti ergogenici. Ci
sono comunque altri effetti ergogenici legati al consumo dei fosfati a livello ematico, in particolare rilevanti
negli sport di endurance: il fosfato entra all'interno dei globuli rossi e sottoforma di 2,3-bisfosfoglicerato
riduce l'affinità tra ossigeno ed emoglobina e induce così un maggiore rilascio di ossigeno a livello periferico
(>V02max); inoltre, sembra esserci un collegamento con un aumento di contrattilità cardiaca. Pur non
entrando nel muscolo, dal fosfato è possibile formare idrogeno-fosfato (accettore di protoni formando
diidrossiacetonefosfato), in grado di contrastare l’acidificazione. infine, c'è un effettivo aumento di ATP e
Fosfocreatina in vitro, ma non si conosce l'eventuale meccanismo all' interno del muscolo.

ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. Tra questi, creatina, caffeina, sodio bicarbonato, sodio citrato e beta-
alanina sono di maggiore interesse nell’esercizio intenso di pochi minuti.

Sodio bicarbonato NaHCO3: è in grado di aumentare l'effetto tampone extracellulare (aumenta acido
carbonico presente a livello ematico) a livello ematico, non raggiunge il muscolo.
Aumentando le capacità del sangue di neutralizzare l'accumulo di ioni H+, il muscolo sarà in grado di
proseguire la glicolisi anaerobica per più tempo, aumentando la performance. Nello specifico permette un
maggior rilascio di ioni H+ (e quindi di lattato) dal muscolo, questo perché se nel sangue ho più carboidrati
si legheranno in maniera più rapida con gli ioni H+.

Sodio citrato: avendo un assorbimento leggermente differente dal NaHCO3, si riducono gli effetti collaterali
a livello gastrointestinale. La funzione è analoga al sodio bicarbonato (l’effetto sembra essere minore).

Beta-alanina: aumenta le riserve endogene del muscolo di tamponi. A livello muscolare troviamo la
carnosina (accettore di ioni H+), dipeptide sintetizzato a partire da L-istidina e da Beta-alanina (è un
substrato in questa reazione).
Questo avviene nel fegato, poi la carnosina verrà trasportato nel muscolo.
La L-istidina è presente in grandi quantità, il reagente limitante può essere invece la beta-alanina;
integrandola, aumenterà la disponibilità di carnosina, aumentandone le riserve interne (quasi del doppio).
È stato dimostrato che l’intervento della carnosina nella regolazione dell’acidità muscolare risulta essere
molto significativo, anche se coinvolge soprattutto le fibre di tipo 2.
La somministrazione del supplemento può essere efficace nell'ordine di pochi mesi. La carnosina non può
essere ingerita come tale, viene ingerita e difficilmente captata dal muscolo, ecco perché si va ad assumere
beta-alanina.
Effetti collaterali possono essere formicolii e rush cutanei. Non è possibile quantificare l’aumento di
carnosina in seguito all’integrazione, in quanto risulta essere altamente soggettivo. L’efficacia di tale
integrazione su atleti di alto livello sembra essere dubbia.

ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. Creatina, caffeina, beta-alanina e nitrati sono integratori di cui si hanno
effetti scientificamente provati negli sport di squadra, altri sono rappresentati dai fosfati e la carnitina.

Creatina: Ha un effetto importante ergogenico diretto aumentando il pool di creatina/fosforcreatina. ln


questo tipo di sport, a carattere intermittente, è particolarmente importante avere elevate riserve di
creatina, poiché gli sprint si ripetono prima che il ripristino delle scorte sia completo. Anche gli effetti
dell'assunzione di creatina durante il training non sono da sottovalutare, per via della capacità di
stimolazione dei pathways correlato allo stoccaggio di glicogeno. La creatina agisce in brevi periodi: 3-
5g/die per 5-7 settimane sono sufficienti a percepire i risultati. Inoltre, la creatina aumenta il trasporto dei
GLUT4. Effetti dell'assunzione di creatina sono aumento di massa magra, di potenza e di forza muscolare;
questo perché aumentano le scorte interne di creatina (di un 20/30%). Non sono stati attualmente
dimostrati effetti collaterali gravi, quello che si deve tenere in considerazione è che la creatina richiama
acqua (vengono sollecitati i reni), il che determina un incremento di peso.

Caffeina: Approssimativamente, l'effetto ergogenico è dato da un consumo di circa 3-6mg/kg (2 tazzine di


espresso). Il picco degli effetti lo abbiamo a 60' dall'assunzione circa. Dosaggi inferiori possono essere
assunti appena prima o addirittura anche durante la gara. Meccanismi d'azione: Avendo un effetto
analgesico riduce il dolore muscolare e la percezione dello sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti
diretti sul SNC (da antagonista sul recettore dell’adenosina); Ha un effetto sulla capacità di contrazione
muscolare, probabilmente grazie ad un’azione diretta sul calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto
è quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina che determina un maggiore rilascio di acidi grassi.
Gli effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …

Beta-alanina: Aumenta le riserve endogene del muscolo di tamponi. A livello muscolare troviamo la
carnosina (accettore di ioni H+), dipeptide sintetizzato a partire da L-istidina e da Beta-alanina.
La L-istidina è presente in grandi quantità, il reagente limitante può essere invece la beta-alanina;
integrandola aumenterà la disponibilità di carnosina, aumentandone le riserve interne. La
somministrazione può essere efficace nell'ordine di pochi mesi. Effetti collaterali possono essere formicolii
e rush cutanei. Non è possibile quantificare l’aumento di carnosina in seguito all’integrazione, in quanto
risulta essere altamente soggettivo, inoltre l’efficacia di tale integrazione su atleti di alto livello sembra
essere dubbia.

Anche sodio citrato e sodio bicarbonato hanno un importante effetto tampone, ma non vi sono evidenze
scientifiche sull’impiego di questi integratori in questa tipologia di sport.

Fosfati: Sodio-fosfato, calcio-fosfato, potassio-fosfato. Non ci sono evidenze scientifiche dell'accumulo di


fosfato all'interno del muscolo tramite supplementazione, per questo motivo non si possono dimostrare
certi effetti ergogenici. Ci sono comunque altri effetti ergogenici legati al consumo dei fosfati a livello
ematico: il fosfato entra all'interno dei globuli rossi e sottoforma di 2,3-bisfosfoglicerato riduce l'affinità tra
ossigeno ed emoglobina e induce così un maggiore rilascio di ossigeno a livello periferico (>V02max);
inoltre, sembra esserci un collegamento con un aumento di contrattilità cardiaca.
Pur non entrando nel muscolo, dal fosfato è possibile formare idrogeno-fosfato (accettore di protoni
formando diidrossiacetonefosfato), in grado di contrastare l’acidificazione.

Carnitina: Migliorare il trasporto degli acidi grassi all’interno del mitocondrio consente di migliorare la
performance. Quando la glicolisi produce elevate quantità di Acetil-CoA, la carnitina può accettare il gruppo
acetile (acetil-carnitina) e liberare CoA, prevenendo l’accumulo di Acetil-CoA e il rallentamento del ciclo di
Krebs. Assumendo carnitina in combinazione con carboidrati per 24 settimane è possibile aumentare del
21% il contenuto di carnitina muscolare; un aumento della disponibilità di carnitina si traduce poi con una
riduzione del 35% circa della percezione dello sforzo. L’assunzione di carboidrati combinati a carnitina
provoca un aumento dell’insulinemia.

Nitrati: hanno effetto ergogenico in esercizi svolti alla massima intensità fino a esaurimento, in sport
intermittenti e quindi anche negli sport di squadra. Non ci sono effetti importanti in esercizi con durata
inferiore ai 12', hanno effetto maggiormente rilevante in prestazioni caratterizzate da ripetitività.
Solitamente, a partire dalla L-Arginina e dall'ossigeno viene prodotto, a livello endogeno, ossido nitrico.
Quest’ultimo è un vaso dilatatore e favorisce angiogenesi (produzione di vasi sanguigni). Aumentare
l'afflusso sanguigno può essere importante durante l'esercizio fisico, quando il flusso viene
prevalentemente richiamato verso il muscolo. Inoltre, funge da messaggero chimico: in presenza di Ossido
nitrico, ad esempio, il mitocondrio è in grado di utilizzare più efficacemente l'ossigeno; o ancora può
aumentare anche il rilascio di calcio e sembra aumentare la funzionalità delle fibre di tipo 2.
Tutti questi fattori sono rilevanti durante la performance. I nitrati si trovano soprattutto nei vegetali a foglia
verde (spinaci, lattuga, sedano e barbabietola; quest'ultima è particolarmente impiegata nell'ambito
sportivo). Il contenuto di nitrati in questi elementi rispecchia le quantità raccomandate. L'assunzione è
consigliata nelle 2-3 ore prima l'esercizio, la dose consigliata è compresa tra i 310 e i 560mg. L'assunzione di
nitrati come supplemento potrebbe determinare la comparsa di disturbi intestinali.

N.B. -> Gli studi scientifici effettuati su tutti gli integratori sono generalmente condotti su soggetti sedentari.
Gli effetti su soggetti già allenati potrebbero essere meno evidenti.

ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. In questo tipo di sport, creatina, caffeina e carnitina sono integratori
efficaci.

L’integrazione di creatina, non ci si aspetterebbe che possa essere un integratore di interesse degli sport di
endurance essendo che la fosfocreatina viene utilizzata nei primi secondi di esercizio; se assunta nel
training, però, favorisce il ripristino delle scorte di glicogeno. Attraverso il suo recettore attiva dei pathways
per la trascrizione genica di geni che spingono la cellula verso un aumento della capacità cellulare di utilizzo
dei carboidrati. Inoltre, favorisce il ripristino delle proteine muscolari nelle fasi di recupero. Avendo la
creatina proprietà osmotiche, inoltre, previene il processo di disidratazione durante la performance di
lunga durata. Per questa stessa proprietà, bisogna considerare, però, la possibilità di una riduzione delle
capacità prestative dovuta all’aumento del peso.

La caffeina raggiunge il picco del suo effetto dopo circa 60min, in questo tipo di sport può quindi essere
assunta anche immediatamente prima o durante la gara. Avendo un effetto analgesico, riduce il dolore
muscolare e la percezione dello sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da antagonista
sul recettore dell’adenosina); Ha un effetto sulla capacità di contrazione muscolare, probabilmente grazie
ad un’azione diretta sul calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è quello dell’innalzamento dei
livelli di adrenalina che determina un maggiore rilascio di acidi grassi. Gli effetti collaterali della caffeina
emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può determinare nausea, insonnia, un aumento
della produzione di urine, tachicardia, …

La Carnitina può avere due effetti principali ergogenici: facilitare l’ingresso degli acidi grassi favorendone
l’ossidazione; negli sport ad alta intensità; quando la glicolisi produce elevate quantità di Acetil-CoA, la
carnitina può accettare il gruppo acetile (acetil-carnitina) e liberare CoA, prevenendo l’accumulo di Acetil-
CoA e il rallentamento del ciclo di Krebs. Assumendo carnitina in combinazione con carboidrati per 24
settimane è possibile aumentare del 21% il contenuto di carnitina muscolare; un aumento della
disponibilità di carnitina si traduce poi con una riduzione del 35% circa della percezione dello sforzo.
L’assunzione di carboidrati combinati a carnitina provoca un aumento dell’insulinemia.

STUDI SULL’IMPORTANZA DEL GLICOGENO MUSCOLARE?

Negli sport caratterizzati da lunga durata gli studi ci indicano un calo massiccio del glicogeno pre e post gara
(circa 50% delle riserve) è stata analizzata la quantità di glicogeno all’interno delle varie fibre in quattro
categorie:
3-fibre completamente piene di glicogeno
2- parzialmente piena
1-quasi vuota
0-Vuota
Prima della gara circa il 70% delle fibre è considerata come piena, il 30% restante parzialmente piena.
Post gara invece solo il 20% delle fibre possono essere considerate piene di glicogeno, molte delle fibre sono
parzialmente piene e quasi vuote avremo anche una più alta percentuale di completamente vuote.
Quindi in questo sport la deplezione del glicogeno può essere un limite (non riguarda solo l’endurance).
Inoltre, in altri studi è stato dimostrato che atleti che hanno affrontato partite adottando strategie
alimentari a basso contenuto di carboidrati (basse riserve di glicogeno) a circa metà partita hanno esaurito
le riserve. I tempi di recupero del glicogeno sono più lenti della fosfocreatina quindi se arrivo in totale
deplezione non è che se ingerisco una elevata quantità di bevanda zuccherata la ripristino. La capacità di
modulare le riserve di glicogeno muscolare è molto marcata.

ADATTAMENTO LIPIDICO COSA PREVEDE?

Aumentare l’ossidazione degli acidi grassi diminuendo le scorte dei carboidrati.


Però se riduco i carboidrati, riduco il glicogeno muscolare e di conseguenza la performance in attività di
lunga durata peggiora. Si può fare questa scelta solo se tre giorni pre-gara si cambia la dieta con un alto
contenuto di carboidrati. Così facendo, il glicogeno plasmatico non varia, l’utilizzo del glicogeno muscolare
diminuisce del 30% mentre l’ossidazione dei grassi viene aumentata. La performance, quindi, non aumenta
seguendo una dieta ad alto contenuto lipidico piuttosto che glucidico, a volte può anche diminuire; perché
la diminuzione dell’efficienza del metabolismo glicolitico può essere deleteria per gli atleti di alto livello.
Una performance di alto livello, infatti, è data dalla capacità di utilizzare al meglio le proprie riserve di
glicogeno e sfruttare, fin dove possibile, le scorte lipidiche a favore del risparmio dei carboidrati.

COME SI CHIAMANO QUELLE DIETE AD ALTO CONTENUTO LIPIDICO?

Adattamento lipidico.

METABOLISMO AEROBICO COME E SOTENUTO?

è sostenuto dalla glicolisi anaerobica oppure anche dalla fosfocreatina.

DA CHI VIENE ATTIVATA LA FOSFORILASI?

Viene attivata dal glucagone livello epatico (digiuno prolungato), mentre a livello muscolare dall’adrenalina
(attività fisica).

CHE VANTAGGI HA LA CELLULA NELL’UTILIZZARE IL MECCANISMO ANAEROBICO?

Maggior velocità di produzione di energia e produzione energetica in assenza di ossigeno.

ASSORBIMENTO DEGLI AMMINOACIDI

Le proteine non le consideriamo esclusivamente come substrato energetico, ma anche come unità
strutturali nella costituzione del muscolo scheletrico. Le riserve proteiche che vengono impiegate come
substrato energetico vengono utilizzate in condizioni di digiuno notturno, o dopo attività particolarmente
intense. L'impiego delle proteine come substrato energetico avviene, quindi, nel recupero post-esercizio. È
il fegato l'organo maggiormente coinvolto nel metabolismo delle proteine.
Le proteine vengono inizialmente scisse nello stomaco dove vengono denaturate a opera delle pepsine
(endoproteasi), processo dovuto anche al pH gastrico. La digestione continua nell'intestino dove nel lume
del duodeno viene secreto il succo pancreatico da parte del pancreas endocrino. Nel succo pancreatico
troviamo zimogeni, ovvero peptidasi non attive, attivate progressivamente nel processo digestivo
(tripsinogeno, chimotripsinogeno, proelastasi, procarbossipeptidasi...). Le proteine vengono degradate in
aminoacidi, in particolare aminopeptidasi e dipeptidasi prodotti dagli enterociti: agiscono sui piccoli peptidi
formatisi, producendo aminoacidi liberi. Questi vengono assorbiti successivamente nel tratto digiuno
dell'intestino. I trasportatori di amminoacidi possono utilizzare un trasporto attivo al pari dell'SLGT1, altri
fanno un antiporto (portano dentro un aminoacido scambiandolo con un altro aminoacido essenziale, per
questo motivo questi trasportatori sono fondamentali). Sono poi noti 4 sistemi di trasporto che richiedono
il co-trasporto di un atomo di sodio e sono identificati in base al tipo di aminoacido trasportato:

- Aminoacidi acidi, come glutammato e aspartato;


- Aminoacidi basici, come lisina e istidina;
- Aminoacidi neutri, come alanina, glicina e serina;
- Glicina, prolina e idrossiprolina.

Gli aminoacidi liberi, dopo essere stati assorbiti dalle cellule enteriche, vengono immessi nel sangue,
raggiungono la vena porta e poi vengono ridistribuiti a tutte le cellule e al fegato. Gli aminoacidi verranno
riutilizzati per la sintesi di nuove proteine, ma non solo, possono essere: glucogenetici, quindi utilizzati per
dare glucosio; chetogenetici, per dare corpi chetonici.
Trasformazioni che gli aminoacidi subiscono dentro le cellule sono:

- Decarbossilazione: distacco del gruppo carbossilico (-COOH);


- Deaminazione: distacco del gruppo amminico (-NH2);
- Transaminazione: trasferimento del gruppo amminico da una molecola ad un’altra.

TURNOVER PROTEICO

Il 99% degli aminoacidi presenti nel corpo non è in forma libera, ma impiegato nella costituzione delle
proteine. Il muscolo costituisce la maggior riserva di aminoacidi dell'organismo. Nel muscolo è presente
anche il maggior pool di aminoacidi liberi (circa l’80%):

- Muscolo -> alanina, aspartato, glutammato, glutammina (20 mmol/Kg), leucina, serina, valina e taurina (25
mmol/Kg);

- Fegato -> alanina, aspartato (18,7 mmol/Kg), glutammato, glutammina, leucina, serina, valina e taurina
(8,5 mmol/Kg).

Molte proteine (come i messaggeri) hanno un emivita breve e devono perciò essere degradate quando non
sono più necessarie. La degradazione delle proteine prende il nome di turnover proteico. Quest'ultimo
caratterizza il 20 % del dispendio energetico giornaliero. ln media noi necessitiamo di 400 g di proteine al
giorno, tramite la dieta mediterranea, però, ne assumiamo circa 90 g, i restanti 300 ci vengono forniti dal
fegato che è, infatti, in grado di sintetizzare le proteine. Il turnover proteico avviene anche per la rimozione
delle proteine danneggiate, contribuendo al pool di aminoacidi liberi nelle cellule e nel plasma.
Il pool di amminoacidi liberi viene impiegato per:

- Sintesi de novo di proteine;

- Acetil-CoA, Glucosio e Corpi chetonici -> gli amminoacidi contribuiscono indirettamente in termini
energetici per produrre molecole impiegate poi per produrre energia;

- ln particolare, composti azotati (eme, creatina, purine e pirimidine, ammoniaca...) -> gli aminoacidi sono
molecole contenenti azoto, le proteine infatti sono la nostra fonte di azoto.

Gli aminoacidi, ad opera di alcuni trasportatori, entrano nei tessuti non potendo rimanere nel circolo
ematico come tali.
TRANSAMINAZIONE E DEAMINAZIONE OSSIDATIVA

Dalle proteine è possibile ricavare energia, vengono sfruttate soprattutto in condizioni di dieta iperproteica
o digiuno estremo. Il catabolismo proteico avviene principalmente nel fegato ed è caratterizzato da una
tappa, la transaminazione, durante la quale avviene la rimozione del gruppo amminico, tossico, e per
questo separato dall'amminoacido per essere metabolizzato sotto forma di urea e poi espulso.
L'amminoacido, per essere impiegato come molecola energetica, deve essere convertito in intermedi del
Ciclo di Krebs o della Gluconeogenesi, in acidi grassi o corpi chetonici.

Transaminazione: viene catalizzata dagli enzimi amminotrasferasi, specifici per ogni aminoacido. Tali enzimi
agiscono sugli aminoacidi staccando il gruppo amminico e trasferendolo al Carbonio alfa dell'alfa-
chetoglutarato. Questa amminazione converte l'alfa-chetoglutarato in glutammato e contemporaneamente
si ha la deaminazione dell'amminoacido, che diviene così alfa-chetoacido. ln questa reazione si ha, dunque,
un trasferimento del gruppo amminico e non la sua perdita. Lo scopo è quello di raccogliere i gruppi
amminici derivanti da diversi aminoacidi su un aminoacido comune, il glutammato. Sarà, quindi, l'alfa-
chetoglutarato l'accettore di tutti i gruppi amminici. Il glutammato rilascia nuovamente il gruppo amminico
per deaminazione ossidativa. ottenendo alfa-chetoglutarato (riutilizzato) e ammoniaca, ione carico che se
accumulato è tossico e appunto per questo eliminato nel ciclo dell'urea.

Deaminazione ossidativa: giunto negli epatociti il glutammato entra nei mitocondri dove va in contro a
deaminazione ossidativa, catalizzata dalla glutammato deidrogenasi. Il gruppo amminico verrà rilasciato
sotto forma di ioni NH4+, il glutammato ritornerà a essere alfa-chetoglutarato e può, quindi, entrare nel
ciclo di Krebs.
Il punto di controllo del catabolismo degli aminoacidi è a carico della tappa di conversione del glutammato
in chetoglutarato. Tutto quello che comporta una bassa carica energetica stimola il metabolismo, e
viceversa.

TRASPORTO DEL GRUPPO AMMINICO NEL FEGATO

Per trasportare al fegato l’ammoniaca prodotta dai diversi tessuti extraepatici, il glutammato viene
metabolizzato in glutammina dall’enzima glutammina sintetasi, impiegando 1 ATP: in questa reazione 1 ATP
reagisce con il glutammato formando un intermedio, che reagirà poi con l’ammoniaca generando
glutammina + Pi. La glutammina viene veicolata al fegato dove viene riconvertita in glutammato +
ammoniaca. Quest’ultima verrà convertita definitivamente in urea, mentre il glutammato potrà essere
ulteriormente metabolizzato dalla glutammato deidrogenasi che, liberando l’altra ammoniaca, lo converte
in alfa-chetoglutarato il quale potrà entrare nel Ciclo di Krebs o partecipare alle reazioni di
transaminazione. La glutammina in parte può ricostruire le riserve muscolari di aminoacidi, ed è
fondamentale perché rientra in numerose molecole che contengono azoto (purine, pirimidine,
amminozuccheri).

TRASFERIMENTO DEL GRUPPO AMMINICO DAL MUSCOLO AL FEGATO

Il muscolo è specializzato nell'utilizzo di 3 aminoacidi ramificati (BCAA): leucina, isoleucina e valina. Sono
aminoacidi essenziali introdotti con la dieta, di cui il muscolo ha una piccola riserva interna. Il catabolismo
segue in modo analogo quello del fegato, con il trasferimento del gruppo amminico all’alfa-chetoglutarato.
Il chetoacido ottenuto viene messo in circolo e giunge al fegato, il quale contiene gli enzimi per poterlo
utilizzare. Ne vengono prodotti intermedi del Ciclo di Krebs, impiegati poi per produrre energia. Nel
muscolo il glutammato ha 2 possibili destini:
- Subisce una transaminazione diventando alfa-chetoglutarato, cedendo il proprio gruppo amminico al
piruvato prodotto dalla glicolisi, che si trasformerà adesso in alanina tramite l'enzima alanina-
aminotransferasi. L'alanina prodotta sarà convogliata al fegato e nel citosol degli epatociti sarà sottoposta a
transaminazione, cederà infatti il suo gruppo amminico all'alfa-chetoglutarato che diventa glutammato e
l'alanina torna ad essere piruvato il cui destino sarà la gluconeogenesi. Il glutammato invece potrà entrare
nei mitocondri dove andrà incontro a deidrogenazione o transaminazione con l'ossalacetato per formare
aspartato;

- Il glutammato tramite la glutammina sintetasi che impiega ATP e NH4, viene convertito in glutammina che
sarà trasferita al fegato dove sarà riconvertita in glutammato per produrre urea.

Alanina + alfa-chetoglutarato -> Piruvato + glutammato (enzima: alanina aminotransferasi)


Aspartato + alfa-chetoglutarato -> Ossalacetato + glutammato (enzima: aspartato aminotransferasi).

COMITATO OLIMPICO
Noto anche come CIO è un’organizzazione non governativa che rappresenta il massimo organismo sportivo
mondiale. Di nostro interesse è il fatto che si occupa dell’analisi degli integratori per lo sport (no benessere
o salute): integratori coinvolti nella performance degli atleti.

Il CIO va a distinguere varie tipologie di integratori:

quelli che hanno un effetto erggenico, ovvero possno migliorare la performance. Vi sono:

creatina; caffeina; sodio bicarbonato; beta alanina; nitrato.

A questi il CIO aggiunge altri tre integratori, anche se ad oggi non vi è un’evidenza scientifica così chiara
riguardo la loro funzione ergogenica:

fosfati; sodio citrato; carnitina.

Quelli che mantengono la capacità di allenamento e coaudivano il recupero. Sono più difficili da
generalizzare sotto l’aspetto degli effetti. Prevalentemente ci occuperemo di quelli che riguardano il
sistema immunitario.

LATTATO DEIDROGENASI

La lattato deidrogenasi e un tetramero con subunità appartenenti a due diversi tipi che, combinandosi fra di
loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:
- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);
- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);
- Isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).

Questo enzima può fare due cose: convertire il piruvato in lattato (reazione di riduzione associata ad
un’ossidazione) o convertire il lattato in piruvato.

ln condizioni anaerobiche, come durante l'esercizio ad alta intensità, l’accumulo di piruvato prodotto dalla
glicolisi viene smaltito dalla cellula attraverso reazioni di riduzione in lattato, acquistando elettroni dal
NADH + H+ che si riduce a NAD+ (forma ossidata), impiegato poi nelle tappe della glicolisi. Questa è la
direzione del muscolo: quest’ultimo utilizza il piruvato per produrre lattato (riduce a lattato) in condizioni di
forte stress metabolico che permette la contemporanea presenza del NAD+. È fondamentale perché il
NAD+ prodotti servono per le tappe precedenti della glicolisi.

Questo avviene ad opera de lattato deidrogenasi (LDH), Questo enzima può lavorare anche nella direzione
opposta partendo dal lattato che viene ossidato a piruvato impiegando NAD+ che viene ridotto a NADH +
H+. Questo avviene in tessuti differenti.

Perché Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato deidrogenasi lo troviamo come isoforma/isoenzima LDH4 e
LDH5 che gli permette di agire prevalentemente nella direzione di riduzione del piruvato a lattato. Il lattato
prodotto non si accumula solo nel muscolo ma viene messo in circolo, raggiungendo prevalentemente due
tessuti: cuore, nel cui tessuto troviamo l'enzima lattato deidrogenasi come isoenzima LDH1 e LDH2, le cui
subunità agiscono prevalentemente nella direzione di ossidazione di lattato a piruvato; fegato, dove il
destino del lattato può variare in funzione del tipo di attività. Nelle fasi successive all’attività fisica, nelle
quali il fegato deve ristabilire le scorte di glicogeno, il piruvato può essere riconvertito nelle riserve di
zucchero, il piruvato può essere impiegato per la gluconeogenesi, producendo glucosio impiegato per
alimentare la glicolisi.

ADENILATOCHINASI

Via Principale per la produzione di AMP, il quale agisce come molecola segnale di un’aumentata richiesta
energetica della cellula. È un sistema che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in
un deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Quando la cellula percepisce alti livelli di ADP, attiva questo enzima.
Questo enzima prende due molecole di ADP, stacca un fosfato di una delle due e lo trasferisce all’altra
molecola formando 1 ATP e un AMP. Con questa reazione facciamo due cose utili:

1) Abbiamo prodotto ATP da ADP che non eravamo in grado di utilizzare perché il metabolismo andava ad
una velocità troppo bassa per garantire una risintesi di ATP;

2) l’AMP invece diventa un messaggero, un effettore allosterico positivo cioè una molecola in grado di
stimolare il metabolismo; questa molecola ha un sito specifico su diversi enzimi che regolano il
metabolismo e quindi la sua presenza in quel sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a stimolare la
glicolisi e la glicogenolisi.

Questo comporta un duplice vantaggio: è una reazione energetica ma anche di signaling. Inoltre, agisce
come sensore di un’aumentata richiesta energetica della cellula.

SISTEMA DELLA FOSFOCREATINA

È un aminoacido specifico con funzioni energetiche, dato da creatina con un gruppo fosfato legato ad uno
dei gruppi amminici. Viene impiegata nel fornire energia nelle attività intense di breve durata (attività
massimale e sub-massimale). Appunto perché di breve durata, non vi è il tempo affinché la cellula riesca ad
attivare dei pathway esterni, quindi, verranno impiegate le riserve energetiche di cui il muscolo è munito: i
primi secondi sono sostenuti dalle piccolissime riserve di ATP, successivamente interviene la fosfocreatina.
Dalla fosfocreatina riusciamo a generare ATP rapidamente.

In realtà è un sistema attivo all’inizio di tutti i processi, indipendentemente dall’intensità. Durante i primi
secondi di es. muscolare i processi di fosforilazione a livello della glicolisi e della catena respiratoria non
hanno raggiunto la velocità sufficiente per produrre l’ATP necessario.
La fosfocreatina ha un gruppo fosfato che può essere (grazie all’intervento dell’acqua) idrolizzato per
rilasciare libera la creatina. Quindi questo fosfato viene donato all’ADP per formare ATP in maniera rapida,
tramite un unico passaggio enzimatico.

Il fatto che si liberi 43kJ/mol ci fa capire che siamo più in alto dell’ATP stesso. Ed è per questo che la
funzione principale è di cedere il P all’ADP.

Dire che la molecola è energetica significa che quando libera qualcosa poi da Kcal perché si stabilizza
(quindi quell’energia in eccesso in eccesso in questo caso può essere utilizzato per cedere il gruppo P).

Le quantità di creatina e fosfocreatina possiamo dire che sono abbastanza modulabili dall’allineamento (la
creatinchinasi è più efficacie) e dalla dieta (le scorte possono essere ampliate).

La reazione avviene ad opera dell'enzima creatinchinasi (CK). La Creatina Chinasi prende la Creatina, la
fosforila prendendo un gruppo fosforico dall’ATP formando Fosfocreatina + ADP. La Creatina Chinasi è un
enzima che lavora all’equilibrio, quindi la reazione andrà in un verso o nell’altro in funzione alla
concentrazione dei reagenti e dei prodotti: se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina +
ADP; viceversa, se c’è Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP.

ADP + PCr + H+ = ATP + Cr (creatinchinasi (CK)).

Inoltre, quando questa reazione procede verso la formazione di ATP viene consumato un protone H+
riducendo parzialmente il processo di acidificazione muscolare presente in caso di esercizio intenso.

(la reazione di utilizzo dell’ATP libera ioni H+, quindi acidifica la cellula. La reazione della creatinchinasi
ripristina velocemente le scorte di ATP e in parte contrasta il processo di acidificazione muscolare).

La reale concentrazione di fosfocreatina è di circa 5 volte superiore quella dell’ATP.

La Creatina Chinasi esiste in due isoforme differenti: una a livello dei mitocondri (nello spazio
intermembrana) e una a livello del sarcomero (nel sarcomero la troviamo legata alle proteine della linea M).
Nel sarcomero abbiamo una grande quantità di ADP prodotta dalle molecole di miosina, per questo in
questo caso la Creatina Chinasi prende la fosfocreatina la lega all’ADP e forma creatina + ATP. La creatina
tornerà nello spazio intermembrana a disposizione della creatinchinasi mitocondriale.

Ma non fa solo questo, la Creatina Chinasi funge anche come trasportatore dell’ATP (dal mitocondrio) ai siti
di utilizzo (sarcomero muscolare – miofibrilla). Si parla infatti di shuttle creatina-fosfato.

Nel mitocondrio, al contrario del sarcomero, abbiamo una significativa presenza di ATP prodotto dalla
fosforilazione ossidativa. La Creatina Chinasi mitocondriale è connessa con un altro elemento fondamentale
che è l’adenilato-translocasi, un antiporto che scambia l’ATP prodotto all’interno del mitocondrio con l’ADP
(quello derivante dall’idrolisi dell’ATP della contrazione muscolare).

Oppure, meglio ancora, la creatina presente a livello mitocondriale insieme all’ATP viene fosforilata dalla
Creatina Chinasi presente nel mitocondrio formando Fosfocreatina + ADP, la quale tornerà nei siti del
sarcomero per poter produrre ATP in loco. La fosfocreatina prodotta si diffonderà fino a livello del
sarcomero per essere riutilizzata dall’altra isoforma dell’enzima.

Questo processo è più funzionale in quanto la Fosfocreatina è una molecola più piccola dell’ATP e quindi è
capace di diffondere più velocemente nell’ambiente; inoltre, nella cellula abbiamo una quantità maggiore
di creatina/fosfocreatina rispetto all’ADP/ATP.
Come viene sintetizzata la creatina? la creatina la si trova anche sotto forma di fosfocreatina. Il 95% la
troviamo nel muscolo anche se, essendo un derivato amminoacidico, la sintesi avviene nel rene o nel fegato
(l’altro 5% nel cervello e nei testicoli). La fosfocreatina è un deposito di energia a pronto impiego; infatti, in
una cellula muscolare rilassata circa il 2/3 del pool della creatina si trova nella forma della fosfocreatina.
Circa il 50% della creatina è data dalla sintesi endogena il restante 50% viene introdotto con la dieta.

Glicina, arginina e metionina sono amminoacidi precursori della creatina, ognuno di quest’ultimi hanno un
gruppo funzionale diverso. La creatina sintetizzata (da fegato e reni) raggiunge il flusso sanguigno dove si
aggiunge alla creatina introdotta con la dieta per raggiungere i tessuti bersaglio. Nel muscolo entra tramite
specifico trasportatore per essere poi fosforilata. Una piccola quota di creatina viene eliminata nelle urine
sotto forma di creatinina. Contrazione muscolare di:

ATP 5 mmol/kg peso umido;


Fosfocreatina 20-30 mmol/kg peso umido;
Creatina 12-25 mmol/kg peso umido.

Quest’ultime non sono distribuite in maniera uniforme nel muscolo, ma le fibre di tipo 2 contengono un 20-
30% in più di fosfocreatina e creatina rispetto alle fibre di tipo 1.

Rene: si incontrano arginina e glicina che per mezzo dell’attività dell’enzima AGAT si trasformano in due
intermedi: guandino acetato e ornitina;

fegato: avviene una reazione catalizzata dall’enzima GAMT che consente nel trasferimento di gruppi
metilici da un intermedio (adenosilmetionina chiamato anche SAMT) all’acido guanidil acetico con
conseguente formazione di creatina. il SAMT, perso il CH3, diventa ornitina.

2 g di creatina al giorno vengono eliminati attraverso le urine, una volta persa la molecola d’acqua e
trasformatasi in creatinina.

QUANTITA’ DI FOSFOCREATINA?

È di 20-30 mmol/kg kg peso umido.

La quantità di creatina a peso umido è di 12-25 mmol/kg.

In un indivduo di 70 kg la quantità di creatina totale (fosfocreatina + creatina libera) del muscolo scheletrico
è di circA 120 g. tuttavia il muscolo scheletrico ha la capacità di depositare circa 160 g.

n un individuo medio di 70 kg, la quantità totale di creatina nel corpo umano, compresi sia
la creatina libera che la fosfocreatina, si aggira intorno a 120-140 grammi. Questo valore
può variare a seconda di fattori come l'età, il sesso, il livello di attività fisica e la dieta.

La maggior parte della creatina (circa il 95%) si trova sotto forma di fosfocreatina nei
muscoli scheletrici e cardiaci. La quantità di fosfocreatina nel corpo umano può essere
stimata in circa 80-100 grammi in un individuo di 70 kg.

Ricorda che questi sono solo valori approssimativi e possono variare da persona a persona.

GLIC0LISI
Nel muscolo, Glicogenolisi e Glicolisi sono collegate. Quindi in un muscolo che lavora, i segnali che
andranno ad attivare la Glicogenolisi, attiveranno anche la Glicolisi. Nel fegato, invece, Glicolisi e
Glicogenolisi sono due vie che non devono e non possono funzionare contemporaneamente, perché la
Glicogenolisi nel fegato serve per produrre Glucosio libero da mandare in circolo; quindi, il fegato non si
può permettere di utilizzare il Glucosio-6-fosfato nella Glicolisi. Il glucagone, quindi, blocca la Glicolisi nel
fegato per fare in modo che il Glucosio-6-fosfato venga defosforilato a Glucosio e vada in circolo per
stabilizzare la glicemia.
Nell’insieme la Glicolisi è una via metabolica (anaerobica) attraverso cui si ottiene Piruvato dal Glucosio,
attraverso 10 tappe. Il bilancio finale è il guadagno di 2 molecole di ATP, 2 NADH e 2 piruvato.

REAZIONI GLICOLISI
1.(1° Reazione di innesco, richiede ATP). Glucosio -> Glucosio-6-Fosfato: Esochinasi. Questa reazione
richiede l’utilizzo di 1 ATP ed è irreversibile. Solo nel fegato c’è la possibilità di riconvertire il Glucosio-6-
fosfato in glucosio. Il glucosio-6-fosfato stesso è un regolatore dell'esochinasi (se c’è n’è già tanto, la sua
produzione viene bloccata. Anche perché è una via dispendiosa, stiamo consumando ATP), viene definito
inibitore allosterico;

2.Glucosio-6-Fosfato -> Fruttosio-6-fosfato: Fosfoglucoisomerasi;

3.(2° Reazione di innesco, richiede ATP). Fruttosio-6-Fosfato -> fruttosio-1,6bifosfato: Fosfofruttochinasi1.


Reazione irreversibile. Questa è la principale tappa regolatrice del flusso della glicolisi.
Reazione necessaria alla produzione di ATP ma in realtà ne abbiamo consumate 2 (fa parte delle reazioni di
investimento energetico= questi primi passaggi permettono di attivare/produrre degli intermedi attivi, i
quali possono essere utilizzati successivamente per produrre ATP).
La Fosfofruttochinasi1 è un enzima chiave poiché sensibile alla regolazione: sia di tipo ormonale ma
soprattutto di tipo allosterico (risponde ai metaboliti principali prodotti, ad esempio, durante la contrazione
muscolare.
è stimolata da elevate concentrazioni di fruttosio-6-fosfato, nonché da attivatori allosterici quali AMP, ADP,
Pi. Ad inibire l’attività enzimatica sono elevate concentrazioni di ATP (l’ATP si comporta da effettore
allosterico negativo e contemporaneamente da substrato. Nel senso che L’ATP si lega al sito catalitico per
trasferire il suo gruppo fosforico al fruttosio-6-fosfato, ma se è presente a concentrazioni elevate funge da
modulatore allosterico negativo bloccando l’attività dell’enzima); è inibita anche dal citrato che è la prima
molecola che si forma nel ciclo di Krebs.
L’H+ è presente quando stiamo contraendo in maniera intensa il muscolo; quindi a livelli alti di
acidificazione muscolare si blocca il meccanismo glicolitico (o comunque rallenta) avviene perché la cellula
dà il segnale di stop, vi è necessità di smaltire tutta l’acidità per poi ripartire. Possiamo quindi dire che la
PFK – 1 è sensibile all’acidificazione muscolare.

Nel fegato, invece, è presente un intermedio, il fruttosio 2,6 bisfosfato, che è un attivatore allosterico della
fosfofruttochinasi (da qui non si producono altri intermedi metabolici).

Il regolatore più importante di tutti è il Fruttosio-2,6bisfosfato che è la molecola che più delle altre riesce a
convertire la Fosfofruttochinasi1 dalla sua forma meno attiva alla sua forma attiva anche con ATP elevato.
Il Fruttosio-2,6bisfosfato viene prodotto dalla Fosfofruttochinasi2 trasferendo un gruppo fosfato al carbonio
2 del Fruttosio-6-fosfato. L’enzima che degrada il Fruttosio-2,6bisfosfato trasformandolo in Fruttosio-6-
fosfato è l’enzima fruttosio-2,6bisfosfatasi. (stesso enzima con dominio chinasico e fosfatasico).
L’attività dell’enzima con due siti catalitici opposti (Fosfofruttochinasi2 e Fruttosio-2,6bisfosfatasi) è
modulata dallo stato di fosforilazione/defosforilazione di un dominio regolatore.

Nel muscolo la fosforilazione del dominio regolatore provoca l’attivazione del sito catalitico chinasico e
l’inibizione del sito catalitico fosfatasico; di conseguenza viene attivata la Fosfofruttochinasi2 e il Fruttosio-
2,6bisfosfato attiverà la glicolisi. Nel muscolo è l’adrenalina a promuovere l’attivazione della PKA che
fosforila l’enzima promuovendo l’attivazione della porzione chinasica.

Nel fegato la fosforilazione del dominio regolatore promuove, invece, l’inibizione del sito catalitico
chinasico e l’attivazione dell’enzima fosfatasi; di conseguenza viene inibita la Fosfofruttochinasi2 non
producendo, quindi, fruttosio-2,6bisfosfato. Verrà attivata, invece, la Fruttosio-2,6bisfosfatasi formando
Fruttosio-6-fosfato, che porterà all’attivazione della glicogenolisi e l’inibizione della glicolisi. In questo caso
sarà il glucagone a promuovere l’attivazione delle PKA che fosforila l’enzima inattivando la porzione
chinasica.
(l’adrenalina nel fegato blocca la glicolisi epatica, nel muscolo l’adrenalina ha l’effetto opposto. Questo
avviene perché il fegato è un organo che tende a cedere il proprio glucosio piuttosto che metabolizzarlo;

4. Fruttosio-1,6bifosfato -> Gliceraldeide-3-Fosfato + DiidrossiacetonFosfato: Aldolasi. Vi è la prima reazione


di taglio: eravamo partiti dal glucosio con 6 atomi di C ed ora a causa dell’aldolasi abbiamo 2 molecole a 3
atomi di C (che non sono uguali). Per funzionare, devono essere convertite entrambe a gliceraldeide 3
fosfato. Reversibile;

5. Gliceraldeide-3-Fosfato + DiidrossiacetonFosfato -> Gliceraldeide-3-Fosfato: Triosofosfatoisomerasi;


reversibile;

6. Gliceraldeide-3-Fosfato -> 1,3bifosfoglicerato: Gliceraldeide-3-Fosfato Deidrogenasi. Reazioni di


produzione di energia, esoergoniche (con la 7). L’energia è sottoforma di due intermedi, i trasportatori di
elettroni. Il gliceraldeide 3 fosfato viene ossidato a 1,3 bifosfoglicerato, ma l’ossidazione è presente in
coppia con la riduzione: il NAD+ diventerà NADH+H+;

7. 1,3bifosfoglicerato -> 3-fosfiglicerato: Fosfoglicerato Chinasi. Elimino il fosfato in posizione 1 e lo cedo


all’ADP. Anche qui si parla di 2 molecole inziali quindi come risultato avremo prodotto 2 ATP;

8. 3-fosfoglicerato -> 2-fosfoglicerato: Fosfoglicerato-mutasi. Processi intermedi di isomerizzazione, in cui


cambiamo la struttura della molecola (cambia posizione del gruppo P da 3 a 2);

9. 2-fosfoglicerato -> Fosfoenolpiruvato: Enolasi. Sarà in grado di eliminare acqua per produrre,
fosfoenolpiruvato: un intermedio un po' più energetico dell’ATP e quindi è in grado, nella tappa successiva,
di cedere l’unico fosfato rimanente;

10. Fosfoenolpiruvato -> Piruvato -> Piruvato Chinasi. Reazione irreversibile. L’enzima catalizzerà una
fosforilazione a livello del substrato: idrolisi del PEP e fosforilazione dell’ADP (trasferimento di un gruppo
fosfato da fosfoenol piruvato all’ADP).
Sarà un enzima regolato per fosforilazione/defosforilazione, vedrà come inibitori allosterici l’ATP, l’acetil-
Coa (segnali di un elevata disponibilità energetica) e l’alanina (prodotta dal piruvato stesso nel ciclo
glucosio-alanina). Inoltre, è importante per la regolazione della glicolisi in quanto l’enzima piruvato chinasi
è regolato dal fruttosio-1,6bisfosfato.
Quando la concentrazione di glucosio è bassa, l’organismo rilascia in circolo il glucagone che agirà
fosforilando l’enzima, rendendolo inattivo.

Le 2 molecole di Piruvato prodotte dalla glicolisi sono molecole molto energetiche impiegate nelle tappe
successive.

Visto che i NADH non vengono utilizzati nel citoplasma (dove avviene la glicolisi) ma devono essere
trasportati nel mitocondrio abbiamo vie differenti di trasporto, generalmente si considera la produzione di
6 ATP.
La glicolisi tranne che in pochissime cellule (come i globuli rossi che non hanno il mitocondrio e pertanto
non possono proseguire, il piruvato dovrà essere smaltito producendo lattato), non rappresenta altro che la
parte iniziale del destino del piruvato, che potraà essere o ossidato o ridotto.

ENZIMI REGOLATORI GLICOLISI?

Per regolare la Glicolisi si agisce prevalentemente sugli enzimi regolatori, ciascuno dotato di un “potere”
regolatorio differente. Gli enzimi regolatori sono gli enzimi che catalizzano le tre tappe irreversibili, quelle
cioè con un ΔG fortemente negativo (catalizzano delle reazioni lontane dall’equilibrio):

1)Nella prima tappa vi è il primo enzima fondamentale: l’esochinasi, che catalizza il passaggio da glucosio a
glucosio-6-fosfato (fosfato legato al carbonio 6).

-È un enzima presente in tutte le cellule del corpo in maniera costitutiva (viene continuamente degradato
ma sempre rimpiazzato, non ha bisogno di stimoli esterni per essere presente). Significa che una volta che il
glucosio entra viene da subito utilizzato da questa fosforilasi (prende un fosfato dall’ATP e lo attacca al
glucosio) anche a basse concentrazioni.

-È un enzima ad alta affinità: se c’è il glucosio viene attivato facilmente. Ecco perché se andassimo a
misurare le quantità di glucosio nel sangue non sarebbe poi così tanto (soprattutto nel muscolo) viene
subito convertito.

-Tutto ciò ha un significato biologico importante: gli zuccheri fosforilati rimangono all’interno della cellula
(non passano più la membrana, hanno bisogno di un intervento esterno per essere liberati) , in modo da
poter essere immagazzinati o utilizzati nelle varie vie biochimiche.

(fegato e in parte pancreas hanno un altro enzima che si chiama glucocinasi ha la stessa funzione
dell’esochinasi trasforma il glucosio in glucosio-6-fosfato. È un enzima inducibile cioè è presente solo
quando si ha grosse quantità di glucosio (per pochi minuti poi viene degradato: è un enzima instabile).

La glucocinasi ha un’affinità inferiore rispetto all’esochinasi e questo spiega perché la glicolisi epatica si
attiva più tardi, ad elevate concentrazioni di substrato.

Il glucosio entra nella cellula epatica viene convertito a glucosio-6-fosfato dalla glucocinasi e rimane
intrappolato All’interno della cellula. A questo punto il fegato può decidere di sintetizzare il glicogeno o fare
in modo che il glucosio-6-fopsfasto venga utilizzato per la glicolisi o nella produzione di intermedi.

L’elevata concentrazione di glucosio-6-fosfato all’interno del pancreas è alla base del sistema di secrezione
degli ormoni (insulina)).

2)Il secondo è l’enzima fosfofruttochinasi1 che catalizza il passaggio da fruttosio-6-fosfato a fruttosio-


1,6bisfosfato.

3)Il terzo è l’enzima piruvato chinasi che catalizza il passaggio da fosfoenolpiruvato a piruvato.

Tutti gli altri enzimi che catalizzano le altre tappe non catalizzano reazioni lontane dall’equilibrio; quindi,
non sono enzimi regolatori; la variazione di energia è, quindi, minima in tutte le altre tappe e molti enzimi
lavorano in cooperazione tra loro.

IL DESTINO DEL PIRUVATO


Al termine del processo glicolitico le 2 molecole di piruvato non vengono accumulate come tali, ma
vengono metabolizzate. I destini a cui può andare incontro il piruvato sono 3, ma solo 2 di questi
avvengono nelle nostre cellule:

- ln condizioni anaerobiche nel muscolo in attività il piruvato viene ridotto a lattato;

- ln condizioni aerobiche il piruvato verrà ossidato e insieme al CoA (coenzima A) formerà l'Acetil-CoA e
potrà continuare la respirazione cellulare imboccando il ciclo di Krebs.

PIRUVATO DEIDROGENASI

La reazione di ossidazione del piruvato in condizioni aerobiche avviene nella matrice del mitocondrio. Il
complesso enzimatico della Piruvato Deidrogenasi (PDH) rende possibile una reazione di decarbossilazione
contemporanea ad una di ossidazione, grazie alle 3 subunità da cui è costituito (E1, E2, E3). Questa reazione
comporta la produzione di 1 Acetil-CoA, 1 NADH e 1 molecola di CO2.
Quindi se il piruvato va incontro a ossidazione viene completamente utilizzato (cosa che non avviene
quando lo riduciamo, il lattato verrà riutilizzato nel ciclo di cori).
L'Acetil-CoA è il prodotto che entra nel Ciclo di Krebs, ed inseguito a reazioni di ossidazione produce GTP
(convertito poi in ATP), 3NADH, 1FADH2 e 2CO2. Al termine di questo ciclo gran parte dell'energia la
troviamo all'interno dei NADH e dei FADH2, i quali in seguito alla fosforilazione ossidativa, il rilascio di
elettroni e l'ATPsintasi consentono la produzione di ATP. Alla fine, le molecole di ATP prodotte in totale
saranno di 34-38 ATP per molecola di glucosio.

REGOLAZIONE DELL’OSSIDAZIONE DA PARTE DEL COMPLESSO DELLA PIRUVATO DEIDROGENASI:


(complesso sta ad indicare il fatto che è un enzima composto da più subunità).

una volta convertito il piruvato in Acetil-CoA è stato definitivamente processato un carboidrato e non è più
possibile tornare indietro. Per questo motivo la regolazione di questo enzima sarà molto importante. La
piruvato deidrogenasi, in parte, viene direttamente controllata da fattori allosterici, quindi dalle
concentrazioni più o meno alte di ATP e NADH. Questi vanno direttamente ad inibire l'attività della piruvato
deidrogenasi. L'enzima piruvato deidrogenasi (E1) è essenzialmente regolato per
fosforilazione/defosforilazione, saranno quindi presenti sia una chinasi che una fosfatasi. La fosforilazione
rende l'enzima inattivo; sarà attivo, dunque, defosforilato. La fosforilazione viene regolata dalle proteine
chinasi, la quale preleva un gruppo fosfato da un ATP e lo lega ad una serina di E1 inattivandolo. La
regolazione della proteina chinasi dipende dalle concentrazioni di ATP, NADH e Acetil-CoA; infatti, ad alte
concentrazioni di questi elementi, evidentemente il ciclo di Krebs sta proseguendo in modo ottimale e non
sarà necessario processare il piruvato. Per attivare la proteina fosfatasi, che rimuove il gruppo fosfato per
attivare E1, sarà necessario l’intervento di ioni calcio (risentirà anche delle concentrazioni del piruvato
stesso). Nel muscolo la regolazione della piruvato deidrogenasi, oltre ad avvenire per inattivazione della
proteina chinasi, avviene anche per attivazione stessa della proteina fosfatasi, grazie ad un legame
allosterico della proteina fosfatasi con il calcio, il quale ne facilita la defosforilazione, attivando, quindi, la
piruvato deidrogenasi.

Ma non è detto che l’aumento di calcio dovuto all’esercizio si traduca automaticamente nell’attivazione del
complesso.
Infatti, se E2 non contribuisce al processo di conversione del CoA ad Acetil – CoA, la conversione del
piruvato sarà interrotta.
E2 rallenta se sale la concentrazione di Acetil – CoA, perché significa che la concentrazione del substrato
proveniente dal metabolismo degli acidi grassi è sufficiente, non è necessario utilizzare altro piruvato.
E3 ha come coenzima il FAD, il quale si ridurrà a FADH2 e cederà gli elettroni al NAD che si riduce a
NADH+H+.
In un muscolo a riposo, laddove l’ossidazione dei grassi rappresenta la fonte principale di substrati
ossidabili per ottenere l’ATP, la PDH è inattiva. Perché è elevata la concentrazione di NADH, ATP ed Acetil –
CoA, trovandosi la cellula in una situazione di benessere energetico in cui l’ATP prodotto supera quello
consumato. In questa situazione ATP, NADH e Acetil – CoA inibiscono allostericamente l’enzima agendo
sulle proteine chinasi che si trovano legate alle PDH. Queste fosforileranno l’enzima inattivandolo.
In aggiunta a ciò, in condizioni di riposo, non essendo particolarmente attiva la contrazione muscolare, è
bassa anche la concentrazione intra-mitocondriale di ioni calcio. Il calcio non attiverà le fosfatasi.

Quando invece iniziamo un esercizio fisico, aumenterà la richiesta di Acetil – CoA per alimentare il ciclo di
krebs; quindi, bisognerà attivare la PDH (per necessità di energia). Si procederà all’inibizione delle proteine
chinasi: l’aumento della concentrazione di calcio inibirà le chinasi ed attiverà le fosfatasi; le stesse chinasi
saranno inibite da una diminuzione di NADH e di acetil CoA. Quindi piruvato, ma anche AMP, CoA e NAD
inibiscono allostericamente l’enzima.
Le variazioni dell’attività della PDH indotte dalla regolazione avvengono in tempi molto brevi: è l’aumento
di Ca a determinare una repentina attivazione dell’enzima, mentre invece le variazioni dei rapporti
NADH/NAD+, ATP/ADP, AcetilCoA/CoA agiscono secondariamente e stabilizzano la modulazione avviata dal
calcio stesso.

ln condizioni anaerobiche il piruvato viene ridotto a lattato. Non essendoci ossigeno, accettore finale di
elettroni nella fosforilazioni ossidativa, il mitocondrio non può funzionare. ln questo caso si attiva un
pathway specifico del muscolo, ovvero la riduzione del piruvato a lattato. La reazione di riduzione comporta
l'ossidazione del NADH a NAD+. Quindi l'attivazione di questa via consente la produzione di NAD+,
impiegato successivamente come substrato delle reazioni di ossidazione nella glicolisi. L'enzima che
consente questa reazione è la lattato deidrogenasi (LDH) la quale grazie alle diverse subunità da cui è
costituito, può sia ridurre ma anche ossidare. La lattato deidrogenasi, infatti, è un tetramero con subunità
appartenenti a 2 diversi tipi che, combinandosi fra di loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:

- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);

- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);

- isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).

ln condizioni anaerobiche, come durante l'esercizio ad alta intensità, l'accumulo di piruvato prodotto dalla
glicolisi viene smaltito dalla cellula attraverso reazioni di riduzione in lattato, acquistando elettroni dal
NADH + H' che si riduce a NAD+. Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato deidrogenasi lo troviamo come
isoforma/isoenzima LDH4 e LDH5 che gli permette di agire prevalentemente nella direzione di riduzione del
piruvato a lattato.

COME VIENE RICAVATA ENERGIA NELLE CELLULE

Ossidando molecole. Le reazioni di ossidoriduzione rappresentano la base molecolare per la generazione di


energia nelle cellule. Si può dire che viene ricavata energia sottraendo elettroni, quindi più elettroni avrò,
più energia potrò ricavare. Gli elettroni vengono sottratti come atomi di H legati al C; più ne avrò più
energia potrò ricavare. Quando gli ioni di H+ si allontanano portano dietro di sé degli e-. il lattato è
prodotto da una reazione specifica catalizzata dall’enzima LDH, una reazione di ossidoriduzione in cui un
substrato si ossida perdendo e-, l’altro invece si riduce acquistando e-. in questo caso il piruvato verrà
ridotto a lattato accettando uno ione idruro (H- che porta legato con sé 2 elettroni); il donatore di elettroni
è il cofattore NADH, che perdendo elettroni sottoforma di H-, passerà alla sua forma ridotta NAD+.

DESTINO DEL LATTATO E DOVE VIENE PRODOTTO

Il lattato viene prodotto principalmente nel muscolo. (fermentazione lattica: formazione di lattato da
piruvato).

-Circolo snaguingo, dove poi giungerà al fegato come substrato della gluconeogenesi;

-Viene catturato da una fibra vicina, possibilmente fibra che dispone di molti mitocondri; per cui una volta
entrato sarà ossidato a piruvato; il sistema guadagna NADH, la fibra ha mitocondri e quindi NADH trasporta
elettroni alla catena di trasporto degli elettroni. Parliamo quindi dello shuttle intramuscolare di lattato.

L’acido lattico è un acido debole con una PKa di 3,8, quindi a PH fisiologico lo ritroveremo sotto forma di
anione lattato. Essendo nella fibra sotto forma di anione per poter uscire dalla cellula ha bisogno di
trasportatori.
Nella fattispecie i carrier del lattato sono MCT1 e MCT4, sono trasporti attivi di tipo secondario, garantendo
un co-trasporto al di fuori della cellula di lattato e di H+.

Questo è plausibile in una fibra muscolare, il cui PH fisiologico favorisce la forma di anione lattato rispetto a
quella di acido lattico. Quindi il cotrasporto favorisce la fuoriuscita nel fluido extracellulare di lattato.

Acido lattico= lattato + ione H+. l’acido lattico è un acido debole, che dipenda dalla sua PKA che ci indica a
che valore di pH troveremo un 50% di forma dissociata e un 50% di forma non disciolta e un 50% di forma
non dissociata della molecola. La PKA dell’acido lattico è 3,8. A valori più bassi di pH la reazione tenderà
verso la produzione di acido lattico; a valori più elevati si avrà, invece, più lattato. Per questo motivo nel
muscolo (PH=7) avremo sempre lattato e mai acido lattico (può fare eccezione l’1% dei casi). *

Immaginando di eseguire un esercizio ad elevata intensità.

Le fibre di tipo 2 che si sono contratte velocemente sono ricche di trasportatori di acidi carbossilici di tipo 4
(MCT4), questi trasportano il lattavo verso il fluido interstiziale (muscolo-capillari).
Gli MCT4 sono dei simporti: trasportano nella stessa direzione sia il lattato che gli ioni di H+. sappiamo che
c’è una correlazione tra H+ e il lattato a livello ematico. Anche se non è l’unico che contribuisce
all’acidificazione muscolare (forse non contribuisce per niente).

Oppure vi può essere un secondo destino. Infatti, può raggiungere delle fibre di tipo 1 (fibra che prima non
si è contratta) che non si è acidificata, in quanto ricche di MCT1 (diverse isoforma dello stesso
trasportatore, adatte a far entrare il lattato nel muscolo), dove verrà riconvertito a piruvato, che a sua volta
entrerà nel mitocondrio dove sarà convertito in acetil-Coa per supportare il ciclo odi krebs. Parliamo di
shuttle intramuscolare del lattato.

COME POTREMMO SPINGERE IL SISTEMA Più VERSO UN RILASCIO DI LATTATO EMATICO O AL CONTRARIO
RIDURRE QUESTA PRESENZA IN CIRCOLO OSSIDANDOLO NELLE FIBRE DELLO STESSO MUSCOLO?

Defaticamento post-gara.
Se dopo lo svolgimento dell’attività rimaniamo fermi, la parte muscolare sarà minima (non sarà mai
completamente assente). Si attiverà prevalentemente il primo destino.

Svolgendo il defaticamento, invece, verrà attivato il secondo destino che si tradurra in una maggiore
velocità di recupero.
Il lattato che finisce in circolo andrà a finire in altri muscoli o organi se possono riutilizzarl9o. circa un terzo
finisce nel fegato.
Il destino finale del lattato sarà diverso, perché se finisce nel cuore, nel muscolo o nel rene viene riossidato
a piruvato; nel fegato invece viene ritrasformato in glucosio e questo è importante perché nelle fasi di
recupero, permette di riformare il glicogeno epatico o essere liberato per tornare nel muscolo.

Del lattato prodotto, ne abbiamo perso pochissimo: lo abbiamo riutilizzato per scopi energetici (muscoli)
oppure per ripristinare intermedi come il glucosio.

(la produzione di piruvato nel muscolo è favorita anche metabolicamente - -in caso di attività fisica - -di:

AMP attivatore allosterico della glicogeno fosforilasi: produzione di G6P da glucosio, attivatore di AMPK =
attivazione di tutte le vie metaboliche;

fruttosio 2 – 6 bisfosfato: attivatore della glicolisi.

L’attivazione della glicogenolisi e della glicolisi che portano alla produzione di G6P e di piruvato aumentano
in maniera esponenziale all’aumentare dell’intensità dell’esercizio fisico).

QUAL È IL VANTAGGIO DI PRODURRE LATTATO

Siccome non sa cosa farsene di tutti gli e- provenienti dalla glicolisi. Infatti, nella glicolisi esiste una tappa
specifica in cui gliceraldeide3P viene ossidata a 1,3bifosfoglicerato: il triosofosfato dona e- al NAD che
diventa NADH. Una reazione di questo tipo è possibile solo se abbiamo disponibilità di NAD alla forma
ossidata; se non fosse presente si bloccherebbe la glicolisi, quindi non si formerebbe ATP.

Lo scopo principale della conversione del lattato è quindi la rigenerazione del NAD. Se NADH non cedesse
elettroni al piruvato per formare lattato (fermentazione lattica), non si ripristinerebbe il NAD+ che a sua
volta non potrebbe accettare una nuova fonte di elettroni. Tutto il sistema si bloccherebbe.

Il tutto poi procede verso la fosforilazione ossidativa. NADH è in grado di far entrare elettroni nei
mitocondri; da NADH e FADH2 gli e-, attraverso una serie di trasportatori, vengono trasferiti nei mitocondri
(membrana mitocondriale interna), fino a raggiungere l’O2. L’ultimo passaggio della catena consiste nella
riduzione dell’O2 a H2O. durante il passaggio di e- all’O2 viene rilasciata una grande quantità di energia, che
viene presa e immagazzinata sotto forma di ATP che viene poi utilizzato per fornire energia ai processi che
lo richiedono.
Nelle fibre glicolitiche (2X) non succede proprio questo: in quanto hanno un metabolismo ossidativo scarso.
Infatti, sarà attiva la via glicolitica sarà difficile che prosegua lungo il ciclo di krebs/fosforilazione ossidativa;
l’unico modo per smaltire piruvato e NADH è la fermentazione lattica: il piruvato è ridotto a lattato, il NADH
è ossidato a NAD+ (ho preso 2e- dal NADH e li do al piruvato sotto forma di ione idruro; una coppia di e-
fornisce al sistema 1/1,5 ATP).

PERCHE’ ASSOCIAMO LA PRODUZIONE DI IONI DI H+ A QUELLA DEL LATTATO?

l’associamo nel momento in cui non andiamo a produrre acido lattico, perché l’acido lattico ha una PKA
(costante ) 3,8 mentre di conseguenza a pH fisiologico 4,6 soprattutto in un pH muscolare che corrisponde a
7 andiamo a ritrovare sempre e costantemente anione lattato, che sarebbe lattato più protoni di
conseguenza dalla produzione di lattato andiamo a produrre anche protoni ed infatti sono gli H+ la
principale causa di acidificazione muscolare etc.. di conseguenza il lattato permette anche attraverso la sua
uscita tramite simporto MCT1 e MCT4 insieme al protone, di conseguenza, il lattato permette una minore
acidificazione muscolare facendo uscire anche il protone in sé.
SINTESI DEL GLICOGENO COME AVVIENE

La glicogenosintesi è un processo mediante il quale il glucosio viene convertito in glicogeno per essere poi
immagazzinato nel fegato e nel muscolo. Si attiva quando nell’organismo vi sono elevate concentrazioni di
glucosio (dopo i pasti es).

Innanzitutto, il Glucosio viene fosforilato in Glucosio-6-fosfato tramite l’enzima Esochinasi; dopodichè,


Affinché il glucosio nella sua forma fosforilata (glucosio 6-fosfato) entri nella sintesi del glicogeno deve
subire una modifica. L'enzima Fosfoglucomutasi converte il glucosio 6-fosfato in glucosio 1-fosfato,
spostando il gruppo fosfato dal C6 al C1. Per ottenere la polimerizzazione con altre molecole di glucosio è
necessario che intervengano molecole di zuccheri legati ai nucleotidi. ln questo caso la molecola di
zucchero-nucleotide che interviene è l'UDP-glucosio. La sintesi di tale molecola avviene attraverso una
reazione di condensazione mediata dall'enzima UDP-glucosio pirofosforilasi, attraverso il quale è permesso
il legame tra il nucleotide UTP e il glucosio-1-fosfato. Questa reazione permette la produzione di UDP-
glucosio. La sintesi del glicogeno si ha partendo da glicogeno preformato (almeno Otto residui di glucosio)
ottenuto dall'interazione con una proteina chiamata glicogenina, la quale svolge la funzione di catalizzare il
legame
tra otto residui di glucosio costituendo l'innesco per la sintesi di glicogeno. Questo aggregato non verrà mai
degradato, ecco perché il glicogeno non viene mai esaurito del tutto. Al glicogeno preformato si
aggiungeranno altre unità di glucosio che allungheranno la catena. La reazione di trasferimento di glucosio
dall'UDP-glucosio all'estremità non riducente (non ramificata) della catena di glicogeno è catalizzata
dall’enzima Glicogenosintetasi, il quale forma legami alfa-1,6 grazie all’intervento di un enzima ramificante.
Sulle nuove ramificazioni la glicogenosintetasi può aggiungere altri residui di glucosio e l’enzima ramificante
può creare ulteriori ramificazioni, accrescendo così la molecola di glicogeno.
La Glicogenosintesi si trova principalmente in due forme: GSa (attiva e defosforilata) e GSb (inattiva e
fosforilata). Questo dipende prevalentemente da due proteine.

La prima è la Fosfoproteina Fosfatasi che defosforila attivando la glicogenosintesi;

La seconda è la Glicogenosintasi Chinasi, una proteina chinasi dipendente da cAMP, che fosforila
inattivando la glicogenosintesi.

Ci troviamo in condizioni metaboliche opposte a quelle dell’attivazione dell’enzima Glicogeno Fosforilasi. In


questo caso in circolo vi sarà insulina. La Glicogenosintesi risponde anche di una regolazione allosterica, con
una differenza tra muscolo e fegato. Nel fegato risente tanto della presenza di Glucosio-6-fosfato che la
attiva allostericamente, anche perché l’insulina promuove un aumentata sintesi e attività di enzimi quali la
glucochinasi, per cui la concentrazione di Glcuosio-6-fosfato aumenta e questo Glucosio-6-fosfato andrà ad
attivare allostericamente la Glicogenosintesi. Nel muscolo non risente tanto del modulatore allosterico
Glucosio-6-fosfato, quanto piuttosto del Glicogeno stesso che retroagisce come modulatore allosterico
negativo. Nel muscolo sono presenti delle Glicogenosintasi Chinasi muscolari che inattivano la
Glicogenosintesi; queste chinasi risentono molto della concentrazione di Calcio e di cAMP.

IL FATTO CHE SIA COSI RAMIFICATA LA MOLECOLA DI GLICOGENO COSA


DETERMMINA? (GLICOGENO FOSFORILASI PUO AGIRE SU PIU PUNTI)

Perché risulta più facile l’attività della glicogeno fosforilasi di conseguenza può andare ad effettuare il suo
lavoro su più estremità non riducenti quindi nell’unità di tempo andremo ad avere più molecole di glucosio
(glucosio1P). quindi è più facile l’attività delle glicogeno fosforilasi in condizione di ramificazione.
GLICOGENOLISI IN GENERALE E COME VIENE ATTIVATA LA
GLICOGENOFOSFORILASI (GRAZIE A AMP CICLICO)

La glicogenolisi è un processo metabolico che degrada molecole di glicogeno fino ad ottenere il glucosio-1-
fosfato, convertito, infine, in glucosio-6-fosfato. In breve, alla fine di questo processo, l’attivazione
dell’enzima Glicogeno Fosforilasi permette la produzione di unità monomeriche di glucosio-1-fosfato che
grazie all’enzima Fosfoglucomutasi (funziona in entrambe le direzioni: permette la prdozuine di gluc – 1 – p
quando abbiamo necessità di produrre glicogeno, quando invece abbiamo bisogno di produrre intermedi
della glicolisi agisce nell’altra direzione con il glucosio – 6 – P ) viene convertito in glucosio-6-fosfato.

Il Glucosio-6-fosfato avrà un destino differente a seconda se ci troviamo nel muscolo o nel fegato. Nel
fegato ci sono delle fosfatasi che hanno come obiettivo la defosforilazione: quindi la defosforilazione
consente al glucosio di uscire dalla cellula per regolare la glicemia. Nel muscolo le fosfatasi non ci sono,
quindi il glucosio-6-fosfato rimane intrappolato. Quindi a livello muscolare il Glucosio-6-fosfato servirà a
sopperire alle richieste energetiche del muscolo per la contrazione; a livello epatico, invece, il glucosio
immesso in circolo andrà a garantire il mantenimento dell’omeostasi glucidica.

N.B. Il glucosio-6-tostato ottenuto dal glicogeno, entrerà nella glicolisi evitando la prima reazione della
stessa (nella quale il glucosio viene trasformato in glucosio-6-fosfato) e così facendo, oltre a velocizzare il
processo glicolitico, alla fine della glicolisi, si risparmierà una ATP (quella che dovrebbe essere utilizzata
nella prima reazione glicolitica) ottenendo in totale, 3 ATP anziché 2, come avviene nella glicolisi che utilizza
glucosio libero.

L'enzima Glicogeno Fosforilasi svolge la sua funzione fino a che non raggiunge un punto che dista 4 residui
di glucosio dal punto di ramificazione, in prossimità del quale blocca la sua azione. Qui interviene un enzima
deramificante che svolge due funzioni:

- Un’attività transferasica che sposta un blocco di tre residui (sui quattro rimanenti) dalla ramificazione ad
una estremità non riducente vicina legandolo attraverso un legame glicosidico alfa-1,4;

- Un’attività glicosidica attraverso la quale viene scisso il legame alfa-1,6 della ramificazione e il singolo
residuo rimasto sul punto di ramificazione viene rilasciato sotto forma di glucosio libero.

Essendo fatto di tante ramificazioni quando la fosforilasi vuole agire non ha solo un punto di azione, ma può
farlo rivolgendosi a tutte le estremità presenti anche quelle interne. Quindi con una reazione enzimatica si
possono liberare tantissime molecole di glucosio – 1 – fosfato in tempi rapidi.

La glicogenofosforilasi ha 2 livelli di regolazione principali:

1)Regolazione iniziale, grossolana e rapidissima, che avviene in sincronia all’attivazione della contrazione
muscolare in quanto risponde alle concentrazioni di ioni calcio (che attivano l’enzima)

2)Seconda regolazione, più precisa ad opera dei metaboliti prodotti dalla contrazione, che regolano in
maniera più controllata l’enzima (in base alle specifiche richieste).

Un modulatore allosterico negativo è ovviamente il glucosio-6-fosfato, prodotto della glicogenolisi; quando


questo si accumula va a modulare negativamente la Glicogeno Fosforilasi e positivamente la
Glicogenosintesi. Il Glucosio-6-fosfato cambia conformazione all’enzima Glicogeno Fosforilasi rendendolo
pronto all’azione delle FosfoproteineFosfatasi.
Un modulatore allosterico positivo è, invece, l’AMP. Nel momento in cui il muscolo lavora, per sopperire
alle necessità energetiche del muscolo una parte dell’ATP è idrolizzata in ADP + Pi. Quindi la concentrazione
di ADP aumenta e si attiverà l’enzima Mioadenilato-chinasi che a partire da 2 ADP forma 1 ATP e 1 AMP.
Questo succede quando il consumo di ATP inizia a superare la capacità di risintesi dello stesso. L’AMP
segnala che è necessario produrre più ATP, quindi verranno incrementate la Glicogenolisi e la Glicolisi.
L’AMP agisce come modulatore allosterico positivo sulla Glicogeno Fosforilasi A (quella già fosforilata e
predisposta a lavorare) e la stimola a lavorare ancora più velocemente ed efficacemente, il risultato è una
produzione maggiore di glucosio e una risintesi di ATP.
Sulla Glicogeno Fosforilasi B interviene un altro soggetto, l’IMP (Inosinmonofosfato) che deriva dalla
degradazione dell’AMP. L’IMP è un secondo modulatore allosterico positivo e quando interviene l’IMP
siamo certi che tutta la Glicogeno Fosforilasi si troverà attiva e verrà garantito un grado di efficienza
massimo. La Glicolisi e la Glicogenolisi aumentano, quindi, di ben 100\200 volte.

Risulterà sensibile all’acidificazione muscolare.

DESTINO DEL FURTTOSIO?

Il fruttosio contribuisce a circa il 10% delle Kcal introdotte con la dieta. La cellula muscolare è in grado di
impiegare, oltre che il glucosio, anche il fruttosio. L'assorbimento del fruttosio è completamente diverso da
quello del glucosio, impiega, infatti, un trasportatore proprio: glucosio e galattosio utilizzano l’SGLT1,
mentre il fruttosio utilizza il GLUT5, in maniera del tutto indipendente. Dalla superficie basale della cellula,
per entrare nel circolo ematico, utilizzano entrambi il GLUT2. Il fruttosio può essere impiegato
dall'enterocita stesso, ma in gran parte raggiunge il fegato (anche i reni e la mucosa intestinale) al cui
interno è presente un enzima affine al fruttosio. Il fruttosio viene fosforilato grazie all'enzima fruttochinasi,
consumando 1 ATP, e ottenendo fruttosio-1-fosfato. Quest'ultimo sarà il substrato dell'enzima aldolasi B,
che scinde il fruttosio1-fosfato in gliceraldeide e diidrossiacetonfosfato. Il diidrossiacetonfosfato, come
visto nella glicolisi, grazie all'enzima triosofosfatoisomerasi viene convertito il gliceraldeide-3-fosfato,
impiegato poi nella glicolisi o nella gluconeogenesi. La gliceraldeide grazie all'enzima trioso chinasi,
impiegando 1 ATP, viene fosforilata in gliceraldeide-3-fosfato per poi essere impiegata nel metabolismo.

I metaboliti del fruttosio entrano nella glicolisi dopo la 4° tappa, bypassando la via principale di regolazione
della glicolisi, ovvero la fosfofruttochinasi1. Per cui, il metabolismo del fruttosio non è regolato dalla
fosfofruttochinasi1. Ingerire notevoli quantità di fruttosio, vorrebbe dire produrre anche grandi quantità di
Acetil-CoA (ottenuto dall'ossidazione del piruvato). Non avendo necessità di produrre energia la cellula
epatica impiega l'Acetil-CoA nella sintesi degli acidi grassi. L'aumento di grassi epatici è dannoso.

Nel muscolo il fruttosio viene direttamente fosforilato dell'esochinasi (enzima che fosforila il glucosio),
impiegando 1 ATP, e ottenendo fruttosio-6-fosfato.

Problematica legata all'abuso di fruttosio è la deplezione della carica energetica intracellulare. Infatti,
soprattutto nell'utilizzo del fruttosio a livello epatico, l'attività della Frutto Chinasi richiede l'impiego di ATP,
producendo di conseguenza ADP. L'ADP non viene accumulato a livello cellulare, ma viene metabolizzato. Il
metabolismo di questi nucleotidi determina la produzione di acido urico, il cui accumulo è la causa di
malattie del metabolismo come la gotta.

Peculiarità del fruttosio è che il suo ingresso nella cellula non è regolato dall'insulina, e ne stimola molto
meno la secrezione rispetto al glucosio.

Nello sportivo l'assunzione di fruttosio è importante in quanto è facilmente assimilabile dai tessuti e la sua
utilizzazione è indipendente dall'insulina. Inoltre, rispetto ad una quantità equivalente di glucosio non
aumenta la glicemia e quindi non stimola la secrezione di insulina. <- *metabolismo del galattosio*

DIETA CHETOGENICA E CORPI CHETONICI IN GENERALE


I corpi chetonici vengono sintetizzati dal fegato in condizioni di limitata disponibilità di glucosio, come
digiuno prolungato, diete con ridotto apporto di carboidrati, diabete. I corpi chetonici si distinguono in
acetoacetato, Beta-idrossibutirrato e acetone. Nel fegato, quando abbiamo ridotte disponibilità di
glucosio, non venendo prodotto piruvato come prodotto terminale della glicolisi, saranno basse anche le
concentrazioni di ossalacetato, impiegato dal fegato stesso per la gluconeogenesi. Il fegato, per sopperire
all'accumulo di Acetil-CoA, lo impiega nei mitocondri delle cellule epatiche, producendo corpi chetonici e
CoA impiegato poi nella Beta-ossidazione. Acetoacetato e beta-idrossibutirrato vengono liberati dal fegato
nel circolo sanguigno, giungendo ad organi quali muscolo, cuore e cervello, dove verranno degradati ad
Acetil-CoA, impiegato nel Ciclo di Krebs senza dover impiegare glucosio. L’acetone viene facilmente
eliminato tramite la respirazione. I corpi chetonici, inoltre, tendono ad abbassare il pH del sangue,
acidificandolo.

La dieta chetogenica è una strategia nutrizionale basata sulla riduzione dei carboidrati che obbliga
l’organismo a produrre il glucosio necessario alla sopravvivenza e ad aumentare il consumo energetico dei
grassi contenuti nel tessuto adiposo.
Dieta chetogenica significa dieta che produce corpi chetonici (residuo metabolico della produzione
energetica). Regolarmente prodotti in quantità minime e facilmente smaltibili con le urine e la ventilazione
polmonare, nella dieta chetogenica i corpi chetonici raggiungono un livello superiore alla condizione
normale. L’eccesso indesiderato di corpi chetonici, responsabile della tendenza all’abbassamento del pH
sanguigno, è detto chetosi.
Anche l’attività motoria incide, positivamente o negativamente (a seconda del caso), sulla condizione di
chetoacidosi. La presenza di corpi chetonici nel sangue esercita diversi effetti sull’organismo; alcuni
considerati utili nel processo di dimagrimento, altri collaterali.
Alcuni tipi di dieta chetogenica vengono utilizzati in ambito clinico (epilessia, obesità grave associata a
patologie metaboliche), si trattano di sistemi sfruttati nel campo del fitness e della cultura estetica.

SMALTIMENTO DEI CORPI CHETONICI

I corpi chetonici possono essere ulteriormente ossidati, dalle cellule muscolari, dal cuore e in minor parte
dal cervello (che li usa in carenza di glucosio), oppure eliminati con le urine e con la ventilazione polmonare.
Aumentando i corpi chetonici nel sangue aumenta anche il carico di lavoro dei reni. Se la produzione di
corpi chetonici oltrepassa la capacità di smaltimento dell’organismo si accumulano nel sangue dando luogo
alla chetosi.

CHETOSI, CHETOACIDOSI E ACIDOSI METABOLICA

Questa condizione abbassa il pH sanguigno definendo il quadro dell’acidosi metabolica (diabetici non
trattati) in casi estremi l’acidosi può portare al coma e persino alla morte.

ATTIVITÀ MOTORIA E CHETOACIDOSI

Il ruolo dell’attività motoria sulla chetoacidosi è contraddittorio. Partendo dal presupposto che il ricorso alla
dieta chetogenica è una forzatura metabolica che può portare conseguenze spiacevoli, anche in un
organismo allenato è doveroso specificare che:

da un lato, l’esercizio fisico intenso aumenta le richieste energetiche di glucosio favorendo la produzione e
l’accumulo di corpi chetonici. Dall’altro. L’esercizio fisico moderato aumenta l’ossidazione dei corpi
chetonici opponendosi all’accumulo e agli effetti negativi che possono esercitare nell’organismo.

Potrebbero piacerti anche