Viale Tiziano, 70 - 00196 Roma METODOLOGIA DELL'ALLENAMENTO PER LO SVILUPPO DELLE QUALIT FISICHE DEL LOTTATORE Roma, 1985 RLPJ COTII FEDERAZIONE ITALIANA LOTTA PESI JUDO Viale Tiziano, 70 - 00196 Roma METODOLOGIA DELL'ALLENAMENTO PER LO SVILUPPO DELLE QUALIT FISICHE DEL LOTTATORE A cura di: Bruno ANDREANI Carlo BULDRASSI Carlo MARINI Vittoriano ROMANACCI Progetto grafico di: Stelvio BERALDO C E N T R O S T U D I F I L P J Lo sviluppo delle qualit fisiche LE QUALIT' FISICHE Le qualit fisiche sono quei fattori che condizionano sempre una prestazione atletica. In un principiante, il livello delle qua- lit fisiche, sar quello necessario per affrontare gli stress della vita quotidiana. Ma evidente che esse possono essere poten- ziate notevolmente, mediante un allenamento razionale che se- gua i principi dell'adattamento progressivo. Le qualit fisiche possono essere sviluppate singolarmente con un allenamento spe- cializzato; nelle pagine successive infatti indicheremo quali sono le metodiche per lo sviluppo di ciascuna qualit, senza scendere per nei particolari delle metodiche stesse ponendo per ipotesi che il lettore conosca o comunque si documenti sul loro svolgi- mento pratico. Le qualit fisiche sono: la resistenza; la forza; la velocit; la destrezza; la mobilit. La sopra indicata suddivisione delle qualit fisiche gene- rale in quanto ogni singola qualit sopra elencata pu essere di- visa in sotto-gruppi, come vedremo successivamente. LA RESISTENZA Per capire nella maniera pi esatta il concetto di resistenza bisogna considerarne i suoi quattro aspetti distinti che, anche se nel gergo comune sportivo vengono tutti chiamati col nome unico di resistenza, devono essere analizzati separatamente; un 7 atleta infatti pu possedere un tipo di resistenza e difettare in un altro come se si trattasse di due qualit diverse. I quattro tipi di resistenza sono: Resistenza organica aerobica; Resistenza organica anaerobica; Resistenza muscolare aerobica; Resistenza muscolare anaerobica. E' evidente che la suddivisione fatta dei vari tipi di resisten- za una suddivisione che ha uno scopo prettamente didattico per chiarire tutti gli aspetti che detta qualit presenta. In pra- tica non vi uno stacco netto fra un tipo di metodica ed un altro, ma vi una interdipendenza. La specialit sportiva della Lotta, pur avendo la durata corrispondente alle competizioni di media e lunga distanza, ha una preparazione diversa per la con- tinua alternanza delle intensit e delle forme di movimento che un combattimento presenta. Oltre a ci nelle situazioni di gara si manifestano numerose interruzioni di ritmo che conferiscono al carico un carattere di tipo intervallato. L'allenamento di resistenza deve pertanto tenere conto di queste specifiche condizioni. La durata ed il modo di manife- starsi della intensit, durante un combattimento, pongono ele- vate richieste sia alla resistenza aerobica come a quella anaero- bica. Pertanto, dopo il potenziamento della capacit aerobica, che costituisce la base della resistenza specifica di gara, si do- vr provvedere allo sviluppo delle capacit anaerobiche utiliz- zando i metodi di allenamento intervallati e adattati al nostro sport nella loro forma pi ampia. Quindi saranno sempre va- riati, sia la durata degli stimoli, sia l'intensit, sia i tempi di ri- pristino, costringendo l'organismo a reagire e ad assuefarsi a quelle condizioni di ritmo e di sforzo aciclico non sempre pre- vedibili che caratterizzano gli incontri di lotta. E' importante inoltre che, nonostante le difficolt oggettive che si manifestano nella nostra specialit sportiva, si cerchi con ogni mezzo di misurare l'insieme e l'intensit dei carichi o perlomeno di valutarli (il mezzo pi efficace a disposizione la frequenza del polso). Infatti, senza una determinazione del ca- rico, non possibile uno sviluppo sistematico e programmato della resistenza. 8 RESISTENZA ORGANICA AEROBICA Si pu definire come la qualit che consente di proseguire il pi a lungo possibile uno sforzo muscolare generalizzato in condizioni aerobiche. Per condizioni aerobiche si deve intendere quelle in cui si trova un atleta che compie uno sforzo richiedente una quantit di ossigeno inferiore od uguale a quella massima che egli in grado di assumere ed utilizzare. Il muscolo un motore che produce energia meccanica a spese dell'energia chimica prodotta dalla trasformazione di so- stanze che si trovano nel muscolo o che vi giungono per mezzo della circolazione sanguigna. Mentre l'energia, che pu essere sfruttata da un motore, pu essere di varia natura (elettrica, chi- mica, idraulica, atomica, ecc.), l'unica fonte di energia che pu essere sfruttata direttamente ai fini della produzione del lavoro nella contrazione muscolare l'ATP (adenosintrifostato) che, tra- sformandosi in una molecola pi semplice ADP, libera energia chimica che viene successivamente trasformata in energia mec- canica dai muscoli. Ogni altra sorgente di energia non pu essere sfruttata direttamente. Poich l'ATP contenuto in piccole quantit nei muscoli, dopo poche contrazioni il muscolo si esaurirebbe e non sarebbe possibile un'attivit continuata se l'ATP stesso non fosse rifor- mato a spese di altri processi. Il pi diretto di questi la scis- sione di un'altra molecola, la fosfocreatina, che scindendosi pro- duce la quantit di energia necessaria per la resintesi dell'ATP. Anche la fosfocreatina si trova nei muscoli in quantit li- mitata e pertanto anch'essa non permetterebbe un lavoro prolun- gato nel tempo se non fosse riformata a spese dell'energia libe- ratasi dalla combustione delle sostanze provenienti dagli alimenti (glicidi-lipidi). Riassunmendo in forma semplificativa, quindi di- remo che il muscolo pu utilizzare solo una determinata sostanza e che questa sostanza si pu formare solo a spese dell'energia proveniente dalla combustione degli alimenti, combustione che avviene solo in presenza di ossigeno. Da qui la necessit dell'as- sunzione di quantit di ossigeno proporzionali all'intensit dello sforzo ed alla quantit di muscoli interessati (respirazione). Il livello della resistenza organica aerobica, quindi, dipende soprat- tutto dalla capacit di un individuo di assumere e trasmettere ossigeno sempre pi rapidamente e di eseguirne il trasporto nella pi grande quantit nell'unit di tempo, fino alle masse musco- lari interessate allo sforzo e di assicurare infine efficaci scambi al livello cellulare. 9 Facciamo un esempio esplicativo: quando un atleta passa dalle condizioni di riposo ad una condizione di allenamento o di gara, aumenta la necessit del- l'ATP; parallelamente per le ragioni sopraddette aumenta la ri- chiesta di energia proveniente dalla combustione degli alimenti. A queste maggiori richieste l'organismo provvede aumentando la assunzione ed il trasporto della quantit di ossigeno mediante rispettivamente atti respiratori pi ampi e frequenti e con la frequenza cardiaca pi elevata. L'atleta potr aumentare il suo sforzo fino a quando la richiesta di ossigeno sar uguale a quel- la massima che l'atleta stesso potr assumere e trasportare a livello muscolare. Fino a quando l'intensit dello sforzo rimarr entro questi limiti, egli potr indefinitivamente continaure a sopportarlo (condizione di steady-state ), se invece l'intensit dello sforzo aumenter ancora, egli dovr contrarre un debito di ossigeno che gli limiter la durata dello sforzo stesso, e delle cui modalit tratteremo successivamente. Gli organi responsabili della capacit di assumere, traspor- tare ed utilizzare ossigeno in ultima analisi sono: il cuore e la sua capacit funzionale; l'efficacia degli scambi gassosi. Pertanto l'allenamento per la resistenza organica aerobica dovr seguire due metodologie distinte: una per assicurare lo sviluppo del volume del cuore e della sua capacit funzionale; l'altra per favorire il miglioramento della qualit degli scambi gassosi. Consideriamone una alla volta, separatamente: METODOLOGIA DI ALLENAMENTO PER MIGLIORARE LA FUNZIONALIT' CARDIOCIRCOLATORIA L'allenamento ad- intervallo corto, lo stimolo pi potente per assicurare lo sviluppo del cuore e della sua capacit funzio- nale. L'allenamento ad intervallo, di cui l'interval-training il pi noto, caratterizzato da: durata dello sforzo; intensit dello sforzo; tempo di recupero; numero delle prove. 10 Durata dello sforzo La durata dello sforzo dovr essere di circa da 30" a 2 mi- nuti (consiglio 1' per i lottatori). L'allenatore, tenendo presente questo fattore, potr scegliere il tipo di sforzo da far fare ai suoi allievi, ad esempio: corsa di lunghezza non superiore a m. 400, esercizi con i pesi, esercizi con il manichino, esercizi con il partner, lotta, imitazioni, esercizi a carico naturale, nuoto, ecc. Intensit dello sforzo L'intensit dello sforzo non dovr superare l'80% dello sforzo massimo che l'atleta in grado di effettuare, in pratica cio l'atleta non dovr superare, durante lo sforzo, la frequenza cardiaca di 170-180 battiti al minuto. Tempo di recupero I tempi di recupero non devono portare ad una completa ristabilizzazione. II nuovo carico deve intervenire quando si ottenuto al- l'incirca una frequenza del polso da 120 a 130 al minuto e quin- di nello stadio della ristabilizzazione incompleta. Numero delle prove Esso dipender dal grado di allenamento e, comunque, sar piuttosto elevato trattandosi di prove ad intervallo corto di in- tensit relativamente moderata; orientativamente dalle 5 alle 10 prove. METODOLOGIA DI ALLENAMENTO PER MIGLIORARE L'EFFICACIA DEGLI SCAMBI GASSOSI Il lavoro continuo l'allenamento per migliorare l'efficacia degli scambi gassosi. Per lavoro continuo si deve intendere un tipo di lavoro che per i lottatori non superi i 45 minuti e la cui 11 intensit sia tale che la frequenza cardiaca, di coloro che stan- no eseguendo tale lavoro, non superi i 130-150 battiti al minuto in base allo stato di allenamento. Anche in questo caso l'allenatore potr sbizzarrirsi nel tro- vare il tipo di esercizio da fare effettuare ai propri allievi, senza dimenticare che uno dei migliori resta la corsa. Facciamo esem- pio di lavoro continuo: corsa lunga e lenta in modo che la fre- quenza cardiaca di chi la esegue non superi i 140 battiti al minuto. Inizialmente la durata di questa corsa sar di 10-15 minuti, poi con una progressione lenta ma continua si arriver, dopo un mese circa, a 30-50 minuti di corsa senza interruzioni. Dopo aver raggiunto questo incremento di tempo di corsa non pi necessario accrescerlo in quanto pi efficace aumentare il ritmo della corsa stessa. Se un atleta, per esempio, riesce a percorrere in 30 minuti 5 Km., egli non dovr aumentare la durata dell'allenamento ma tenter di compiere pi chilometri nello stesso tempo fino a quando sar in grado di non variare la frequenza cardiaca. Invece nella corsa, anche se essa sempre consigliabile, un allenatore potr far eseguire ai propri allievi esercizi pi speci- fici per i lottatori: lavoro con il manichino; anche qui i punti fermi saran- no la frequenza cardiaca ed il prolungarsi nel tempo dell'eser- cizio (140 battiti al minuto - 30 minuti), arrivati alla durata voluta dell'esercizio, si cercher di aumentare il ritmo di lavoro fino a quando, naturalmente, la frequenza cardiaca rimarr nei limiti stabiliti. In questo caso aumentare il ritmo di lavoro si- gnifica aumentare il numero dei colpi tirati al manichino nel tempo considerato. Ferme e restando, quindi, le caratteristiche basilari dell'al- lenamento al lavoro continuo, l'allenatore potr far eseguire: lotta a ritmo moderato, giuochi, esercizi a carico naturale senza pause di recupero, esercizi con il partner, ecc. La resistenza organica aerobica alla base della prepara- zione di tutte le specialit in quanto, non solo permette di pro- lungare i tempi di allenamento, ma favorisce anche il recupero negli sforzi particolarmente intensi la cui esecuzione ci ha co- stretti ad andare in debito di ossigeno. 12 RESISTENZA ORGANICA ANAEROBICA Si definisce come la qualit che permette di proseguire il pi a lungo possibile uno sforzo muscolare generalizzato in con- dizioni anaerobiche . Per condizioni anaerobiche si deve intendere quelle in cui si trova un atleta che compie uno sforzo richiedente una quan- tit di ossigeno superiore a quella massima che l'atleta stesso pu assumere, trasportare ed utilizzare. Abbiamo visto, precedentemente, che il consumo di ossige- no dipende dall'intensit del lavoro effettuato e dalle dimensioni del gruppo muscolare interessato e che la capacit di consumo di ossigeno dipende dalla resistenza organica aerobica. E' evi- dente che, pi alto sar il livello della resistenza organica aero- bica, pi alta sar l'intensit dello sforzo sostenibile in condi- zioni tali che la richiesta di ossigeno sia in equilibrio con la capacit di assunzione ed utilizzazione. Se per si continua ad aumentare l'intensit dello sforzo, si arriver, naturalmente, ad un carico limite, variabile da atleta ad atleta, in cui non sar pi possibile soddisfare le ri- chieste di ossigeno. In queste condizioni un motore si fermerebbe, la macchina umana, invece, ha ancora una grande possibilit: essa pu di- fatti trarre energia da un carboidrato che si accumula nei mu- scoli; il glicogeno, che scindendosi in molecole pi semplici, li- bera energia senza bisogno della presenza di ossigeno. Durante questa scissione, per, il glicogeno si trasforma in acido lattico che pu essere tollerato dall'organismo in quantit ridotta, in quanto l'acido lattico inibisce i processi chimici del muscolo ed la causa chimica della fatica. Lo sforzo in queste condizioni, pertanto, pu essere solo di lieve durata anche se di notevole intensit (durata massima dello sforzo anaerobico 45 secondi). Una volta cessato la sforzo, inoltre l'organismo si trova nella necessit di eliminare l'acido lattico accumulatosi; tale elimi- nazione avviene risintetizzando il glicogeno, a partire dall'acido lattico, utilizzando l'energia proveniente dalla combustione delle sostanze provenienti dagli alimenti glicidi e lipidi in presenza di ossigeno. Ecco perch, una volta cessato uno sforzo di note- vole intensit, gli atti respiratori e la frequenza cardiaca non diminuiscono in proporzione subito ma permangono, per un certo tempo, numerosi fino a quando l'organismo che ha pressoch eliminato la quantit di acido lattico, precedentemente accu- mulata. Continuer, cio, il trasporto di quell'ossigeno che, per 13 un limite fisiologico, l'organismo non era riuscito a trasportare durante l'esecuzione dello sforzo stesso. In questi casi, si dice che l'organismo ha accumulato un debito di ossigeno perch di un vero e proprio debito si tratta in quanto l'organismo, in tali condizioni, non in una situazione di equilibrio e dovr portar- cisi continuando ad assumere, trasportare ed utilizzare una quan- tit di ossigeno che saldi il debito stesso. In definitiva, aumentare la resistenza organica anaerobica, significa aumentare la capacit di sopportare quantit sempre maggiori di acido lattico, aumentare cio il debito di ossigeno che si pu accumulare. La resistenza organica anaerobica dipen- de principalmente da due fattori: la resistenza organica aerobica; evidente, infatti, che pi grande la capacit dell'organismo di trasportare ed utiliz- zare quantit di ossigeno sempre maggiori e pi difficilmente si andr in debito di ossigeno (occorreranno sforzi sempre maggiori) ; la capacit fisiologica e psicologica di resistere alla pre- senza nell'organismo di acido lattico. Le modalit per aumentare il primo fattore sono state viste precedentemente; analizziamo adesso le modalit di allenamento per l'aumento del secondo fattore. L'allenamento ad intervallo lungo il migliore stimolo per l'aumento delle capacit dell'organismo a sopportare presenza di acido lattico ed aumentare, cos, la possibilit di accumulo di debito di ossigeno. Una seduta di questo tipo di allenamento prevede i seguenti parametri: durata dello sforzo; intensit dello sforzo; tempo di recupero; numero delle prove. Durata dello sforzo La durata dello sforzo dovr essere compresa, in base all'in- tensit dello stesso, tra i 45 secondi ed i 3 minuti. Tenendo presente questa condizione, l'allenatore potr sce- gliere il tipo di sforzo da far fare ai propri allievi: corsa, lavori con carico, lavoro con il manichino, con il partner, con i pesi, ed il pi specifico nel nostro caso, la lotta. 14 Intensit dello sforzo L'intensit dello sforzo dovrebbe essere tale che la frequen- za cardiaca raggiunga il suo limite estremo e, pertanto, potr raggiungere anche i 190-200 e pi battiti al minuto. Tempo di recupero Il tempo di recupero dovr essere quello sufficiente a far tor- nare la frequenza cardiaca a 100-110 battiti al minuto, e per- tanto la ristabilizzazione sar pi completa anche se non totale. Numero delle prove Trattandosi di un allenamento molto impegnativo, il numero delle prove sar ridotto (orientativamente da 6 a 3). Facciamo un esempio esplicativo in un allenamento ad inter- vallo lungo specifico per i lottatori: tipo di sforzo: l'allievo dovr eseguire pi colpi possibili ad uno, a due o pi partners in un tempo di circa due minuti. L'allievo al via dell'istruttore comincer ad eseguire il pi velocemente possibile colpi di lotta al proprio partner ( ovvio che si alzer in piedi anche il pi velocemente possibile). Allo scadere dei due minuti, l'allenatore avr cura di misu- rare la frequenza cardiaca dell'allievo e di tenere in mente il numero dei colpi che egli ha effettuato non appena la frequenza avr raggiunto i 100-110 battiti al minuto, egli far ripetere l'e- sercizio con le stesse modalit all'allievo. In base al numero dei colpi che effettuer l'allievo in questa seconda prova e nelle prove successive, l'allenatore potr dedurre interessanti dati sullo stato dell'allievo stesso. Quello fatto sopra, naturalmente, un esem- pio che per pu essere modificato a piacere dall'allenatore in base alle conoscenze che ha, al piano di lavoro che ha effettuato ed ai tipi di esercizi che ha insegnato ai propri allievi. L'allenamento ad intervallo lungo come detto una meto- dica molto impegnativa, se ben eseguita, ed pertanto sconsi- gliabile ai ragazzi inferiori agli anni 15 ed agli atleti che non ab- biano ancora acquisito una solida resistenza organica aerobica. La metodica stessa inoltre dovr essere eseguita tenendo conto anche dell'et, del periodo di allenamento in riferimento alle 15 gare, della gara da preparare e della reazione psicologica del- l'atleta nei confronti di questo metodo di lavoro. RESISTENZA MUSCOLARE AEROBICA Si definisce come la qualit che permette di proseguire pi a lungo possibile uno sforzo muscolare localizzato in condizioni aerobiche . Sappiamo ormai il significato di condizioni aerobi- che, spieghiamo adesso il significato di sforzo muscolare loca- lizzato : uno sforzo che si riferisce ad un particolare gruppo muscolare, isolatamente, in modo che la richiesta di ossigeno non molto elevata in valore assoluto ma abbastanza elevata nel muscolo che sta effettuando quel determinato sforzo. Fac- ciamo un esempio esplicativo: consideriamo un atleta che stia effettuando delle distensioni su panca con un peso di lieve en- tit rispetto alle forze dell'atleta stesso. E' evidente che, in tale tipo di sforzo, solo i muscoli tricipite, deltoide anteriore e il grande pettorale sono interessati, mentre quasi tutta l'altra mu- scolatura si trova in uno stato di riposo. In queste condizioni il bisogno di ossigeno non sar elevato in valore assoluto in quan- to, come abbiamo detto, la maggior parte della muscolatura si trova in stato di riposo, ma sar quello necessario per per- mettere la contrazione dei muscoli interessati allo sforzo. L'atle- ta potr continuare a fare il summenzionato sforzo fino a quando avr un adeguato apporto di ossigeno e di sostanze nutritive. Un apporto di queste sostanze in quantit sufficiente dipende in gran parte dalla qualit della circolazione sanguigna locale (ca- pillarizzazione, volume sanguigno locale, tempo di circolazione sanguigna). Abbiamo visto dunque che la capacit di resistere pi a lungo in uno sforzo, che interessa un determinato distretto muscolare, dipende dalla capacit che ha il muscolo interessato di ricevere ed utilizzare ossigeno, dalla quantit di sostanze nutri- tive presenti nel muscolo e dalla capacit di eliminazione di pro- dotti tossici. E' chiaro per che la forza muscolare gioca un ruolo molto importante nella resistenza muscolare aerobica. Se infatti prendiamo in considerazione due atleti i cui massimali su panca siano rispettivamente Kg. 100 e Kg. 50 e facciamo loro eseguire un numero di ripetizioni massimali con Kg. 25, sar chiaro che l'atleta che ha il massimale di Kg. 100 effettuer anche il mag- gior numero di ripetizioni, e ci non perch egli sia pi allenato o abbia una migliore circolazione sanguigna locale, ma solo per- ch, essendo pi forte, esegue uno sforzo percentuale minore di 16 quello che effettua l'altro atleta. Ricapitolando, possiamo dire, dunque, che la resistenza muscolare aerobica dipende principal- mente da due fattori: la forza muscolare; la qualit della circolazione sanguigna locale. Vedremo successivamente ed in maniera particolare quali siano le metodologie dello sviluppo della forza; analizziamo ora quale il tipo di allenamento che assicura lo sviluppo e la qua- lit di circolazione locale. Tale allenamento consister nel fare eseguire ripetizioni di sforzi muscolari locali con carichi che non superino il 25-30% della forza muscolare massima locale. Facciamo un esempio: ad un atleta che pu distendere in piedi un carico massimale di Kg. 60, gli faremo eseguire, per quanto detto sopra, ripetizioni con un carico di Kg. 20. Il nume- ro delle ripetizioni sar quello massimo che egli potr effettuare dopo un tempo di recupero di circa 2 minuti, gli faremo ese- guire un'altra serie e cos via fino ad un massimo di cinque serie. Questa continua ripetizione di movimenti crea l'esigenza di un maggiore apporto sanguigno al distretto muscolare interes- sato. Si sviluppa allora una pi fitta rete di capillari per permet- tere una maggior sanguificazione ed anche un rallentamento pe- riferico del circolo sanguigno (poich aumenta la sezione totale dei vasi) che rende pi completi gli scambi dei prodotti utili alle combustioni e di quelli da eliminare. Crescono inoltre le riserve di sostanze nutritive del muscolo e viene di conseguenza ad au- mentare progressivamente la capacit di eseguire pi a lungo un lavoro locale: aumentata cos la resistenza muscolare aerobica. RESISTENZA MUSCOLARE ANAEROBICA Si definisce come la qualit che permette di proseguire il pi a lungo possibile uno sforzo muscolare localizzato, in condi- zioni anaerobiche . Se si continua ad aumentare l'intensit di uno sforzo muscolare localizzato, si arriva ad un punto che, per quanto il muscolo sia capillarizzato ed abbia un'ottima circola- zione locale (vedi resistenza muscolare aerobica), la richiesta di ossigeno da parte del muscolo stesso sar maggiore della possi- bilit di apporto. In tali condizioni, il muscolo potr ancora con- trarsi accumulando per un debito di ossigeno con produzione di acido lattico che, come sappiamo, la causa chimica della fatica. 17 Tale tipo di sforzo pertanto potr durare un tempo molto limitato. I due principali fattori che determinano il grado di re- sistenza muscolare anaerobica sono: la resistenza muscolare aerobica; evidente infatti che pi grande questa qualit e pi grande dovr essere lo sforzo affinch il muscolo vada in debito di ossigeno; la capacit fisiologica e psicologica di resistere alla fa- tica muscolare locale. Abbiamo visto precedentemente quali siano le metodiche per lo sviluppo del primo fattore. Analizziamo ora il tipo di allenamento da fare eseguire per lo sviluppo del secon- do fattore. L'allenamento dovr essere tale che il muscolo inte- ressato accumuli il maggior debito di ossigeno in modo da abi- tuare il muscolo stesso alla presenza di acido lattico. Questa condizione si verifica quando un atleta compie il massimo numero di ripetizioni con un carico di intensit del 75- 80% rispetto al suo massimale. Facciamo il solito esempio: un atleta pu distendere, in piedi, Kg. 60; con un carico di 45-47,5 Kg. effettuer il massimo numero di ripetizioni (dovrebbero es- sere all'incirca da 8 a 10). Dopo 2-5 minuti di recupero, effet- tuer un'altra serie e cos via fino a farne un massimo di 7 serie. 18 LA FORZA DEFINIZIONE E CENNI ANATOMO - FUNZIONALI DI MIOLOGIA La forza muscolare, qualit fisica dell'uomo, riguarda essenzialmente la capacit che hanno i muscoli di sviluppare tensioni per opporsi o vincere una resistenza. Essa dipende direttamente da: la sezione trasversa del muscolo in oggetto, quindi la sua dimensione; la frequenza di impulsi che i neuroni (1 ) sono in grado di trasmettere ai muscoli. In un individuo adulto di sesso maschile, di peso e conformazioni normali, il peso della muscolatura scheletrica (muscoli volontari) oscilla tra i 25 ed i 35 kg, circa il 40% del peso totale. I muscoli volontari sono ben 501. L'unit funzionale dell'apparato muscolare rappresentata dal muscolo, considerato come l'insieme delle unit contrattili; riunite nel ventre muscolare, e delle parti non contrattili; il tendine prossimale, quello distale, la giunsione muscolo tendinea e quella osteo tendinea. Il ventre muscolare formato dall'insieme di numerose fibre che rappresentano le unit strutturali del muscolo stesso. Ogni fibra si presenta in forma cilindrica, notevolmente allungata e con gli apici arrotondati; le fibre si accollano una all'altra nel senso della lunghezza formando una prima serie di fasci muscolari (primari), pi fasci primari formano i fasci secondari e questi ultimi unendosi tra loro formano i fasci terziari. Gli elementi cosi costituiti sono circondati di tessuto connettivo elastico. La parte pi nobile del muscolo quindi rappresentata dal ventre muscolare che possiede alcune qualit precipue. La prima l'estensibilit, ossia la capacit di allungarsi entro certi limiti, quando sia sottoposto a forze traenti. La seconda l'elasticit, ossia la capacit di riacquistare gradualmente la lunghezza di partenza dopo una contrazione o un allungamento, consentendo la continuit e l'armonia dei movimenti. La terza propriet rappresentata dalla contrattilit, ossia la capacit del tessuto di accorciarsi avvicinando cos i propri punti di inserzione. La contrazione avviene con cambio di forma ma non di volume, realizza il movimento e produce la potenza muscolare. Quest'ultima proporzionale al numero delle fibre interessate alla contrazione, cio stimolate, tra tutte quelle costituenti il muscolo e al diametro trasverso del muscolo stesso. Il diametro trasverso, pur rivesten- do un ruolo importante, non quindi l'unica causa di una forza massima pi elevata, si pu notare infatti come individui di pari masse muscolari abbiano differenti risultati di forza max. Questa differenza essenziale dovuta al fatto che le unit motorie di un uomo riescono a sincronizzarsi in base alla condizione e al tipo di allenamento, alle attitudini del soggetto stesso e soprattutto alla frequenza degli impulsi inviati dai neuroni. Le unit motorie, secondo vari Autori, sono composte da numerose fibre muscolari e la numerosit varia a seconda che il muscolo sia piccolo o grande e abbia compiti di raffinatezza del movimento o sia capace di contrazioni grossolane. La capacit di sviluppare la forza dipende quindi anche dalla capacit di stimolare simultaneamente il pi alto numero possibile di unit motorie, mediante una elevata frequenza di scarica. Solitamente la percentuale di sincronizzazione varia tra il 20 e il 30% (Kuznesiov, Zacioski) mentre la frequenza di scarica max. di circa 40 - 50 impulsi al secondo, conservando una notevole riserva di forza che il Prof. Marchetti quantizza in un 30% dell'intera capacit. Ovviamente in soggetti molto allenati e di capacit eccezionali si possono raggiungere percentuali di 1 ) Cellule nervose deputate alla conduzione degli Impulsi dall'encefalo e dal midollo spinale ai muscoli e viceversa 19 utilizzazione delle unit motorie molto elevate, cio capacit di tensioni che solitamente sono posssibili solo in casi di estrema gravit o in condizioni emotive create artificialmente (ipnosi). Il neurone motore soggetto ad una serie di stimoli inibitori e attivatori e la sua azione la risultante di questi stimoli, la massima frequenza di scarica si realizza in assenza assoluta di stimoli inibitori. In base alle caratteristiche del neurone si possono distinguere due tipi di unit motorie: 1 ) unit motorie lente, con neuroni capaci di basse e prolugate frequenze di scarica che innervano le fibre rosse, capaci di produrre tensioni muscolari poco elevate e a bassa velocit, prolungabili per nel tempo. 2) unit motorie rapide, capaci di grande velocit di conduzione che provocano accorciamenti rapidi, sono queste le principali fautrici delle prestazioni di forza. Esaminiamo ora le caratteristiche delle fibre bianche o rapide e di quelle rosse o fasiche. Le differenziazioni pi evidenti riguardano le capacit ossidative e quelle glicolitiche, la velocit, l'intensit e la durata delle contrazioni. Le fibre rosse sono tali per la grossa presenza di mioglobina, che aumenta la diffusione dell'ossigeno, e quindi ne predispone la fibra ad un alto consumo; a questa caratteristica se ne affiancano altre, come la bassa velocit di reclutamento delle unit motorie, un elevato numero di mitocondri (2) e una bassa capacit atpasica. Le fibre bianche sono all'opposto: alta velocit, alta attivit atpasica e glicolitica. Ovviamente ci sono anche tante fibre con caratteristiche intermedie, che sono poi le responsabili dei diversi livelli di adattamenti biochimici e nervosi a seconda dell'allenamento. In definitiva l'atleta in base alle caratteristiche e alla distribuzione delle sue fibre si specializza in attivit di forza max. o veloce o in quelle di resistenza. Le modificazioni ottenibili con l'allenamento non sono ancora completamente chiarite, comunque sicuro che modificazioni significative si verificano nella quantit dei substrati energetici (gruppo dei fosfati e glicogeno) e nella struttura nervosa (spessore dell'assone) con variazioni della funzionalit neuromuscolare. L'ipersincronizzazione delle contrazioni che si rileva negli atleti rappresenta dunque l'espressione dell'abilit, acquisita con l'allenamento, di attivare i circuiti inibitori e di raggiungere quindi frequenze di stimoli di attivazione anche doppie rispetto a quelle riscontrabili nelle persone normali (70 - 100 e perfino 130, invece che 50 al sec). Per ottmere questa esaltazione della funzionalit nervosa sono necessari stimoli allenanti della massima intensit che sollecitino tensioni massimali. Di pari passo con qualunque lavoro allenante per l'incremento della forza, si presenta inoltre un altro adattamento di determinante importanza per l'acquisizione di questa qualit, l'ipertrofia. Essa si verifica in diversa misura a seconda della somministrazione degli stimoli ed il fattore stabilizzante della forza. Infatti i valori di forza raggiunti grazie all'aumento della ipertrofia, se si dovesse sospendere l'allenamento specifico, regrediranno lentamente, tanto pi lentamente quanto pi prolungato nel tempo stato l'allenamento. Il valore di forza ottenuto con l'ipersincronizzazione delle contrazioni e l'aumento degli stimoli, regredi- sce invece molto pi velocemente alla sospensione dell'allenamento specifico. Va considerato per che l'aumento indiscriminato di massa muscolare si accompagna sempre ad un aumento di peso dell'atleta, cosa che pu diminuire il rapporto peso - potenza, non essendo di solito l'aumento di peso dovuto al puro e semplice aumento della massa muscolare. L'ipertrofia muscolare si ottiene con allenamenti che mobilitano massimalmente il meccanismo anae- robio) alattacido e creano condizioni di disagio sufficienti a stimolare una reazione significativa. In pratica per ottenere questo non si pu scendere sotto certi livelli di intensit; andranno usati perci carichi che non consentano pi di 6-10 ripetizioni in una serie, con recuperi relativamente brevi (1 -3 minuti), 2) Centri generatori di energia della cellula. 20 che non consentano un ristabilimento completo, ma che al tempo stesso permettano l'esecuzione di un certo numero di serie. Secondo Zacioski l'ATP viene impiegato nel lavoro muscolare in grande quantit, la sua carenza impedisce la sintesi di nuove proteine muscolari in sostituzione di quelle disgregate. Tutto ci provoca una fame proteica nei muscoli che viene supercompensata dall'organismo con un aumento delle proteine muscolari. Dal punto di vista biochimico la supercompensazione si caratterizza con un aumento delle proteine contrattili, nella cui sintesi pare giochino un ruolo importante i composti a basso peso molecolare (creatini- na, aminoacidi, fosfati, ADP e ATP) che si liberano in notevole quantit nei lavori intensi. Il ruolo di questi composti prevalentemente quello di regolazione dell'attivit del genoma (3) e delle sintesi proteiche, che si intensifica con l'aumentare della concentrazione di questi composti a basso peso molecolare. A questo fenomeno si accompagna anche un aumento del numero dei nuclei ed un aumento del DNA e del RNA, inoltre, contrariamente a quanto si credeva, si notato un aumento del numero delle fibre per divisione longitudinale. La capacit di aumentare l'ipertrofia muscolare massima in et giovanile e gradatamente si perde con l'avanzare degli anni. 3) Patrimonio genetico dell'individuo. 21 RAPPORTO TRA FORZA E PESO Le prestazioni dei sollevatori di peso e di altri atleti di varie discipline quali il getto del peso, il lancio del disco e il canottaggio hanno dimostrato che gli atleti pi pesanti (cio con maggiore massa muscolare e in grado quindi di sviluppare tensioni pi elevate) ottengono risultati in assoluto migliori quando la specialit sportiva prevede delle elevate resistenze addizionali. Se per il proprio corpo che deve essere spostato, come nella ginnastica, allora assume importanza prioritaria soprattutto la forza relativa, cio la forza che un atleta sviluppa in relazione al proprio peso corporeo. La forza relativa diminuisce se il peso del corpo aumenta eccessivamente a causa di una nutrizione eccessiva, pur potendo aumentare il valore di forza assoluta. Esiste quindi un rapporto ottimale tra massima tensione ottenibile, velocit di applicazione della forza e peso del soggetto, che, almeno riguardo alla nostra disciplina, situato piuttosto in alto nei valori di forza per kg. di peso corporeo, considerando il fatto che nella lotta oltre a dover spostare il proprio corpo bisogna vincere anche la resistenza dell'avversario. Purtroppo non conosciamo dei valori che possano considerarsi statisticamente indicativi, e le normati- ve di atleti di altre nazioni, che curano particolarmente questi rapporti di qualificazione dell'atleta lottatore, non ci sono note. importante far notare che in atleti adulti e qualificati la forza relativa pu essere migliorata anche mediante un modesto calo di peso. 22 CLASSIFICAZIONE DELLA FORZA Per meglio comprendere le manifestazioni tensive della forza molti Autori hanno proposto varie classificazioni, alcune semplici e brevi, altre molto elaborate; vengono qui riportati alcuni esempi di vari Autori che si riferiscono a parametri diversi. La prima si riferisce alle variazioni di lunghezza del muscolo senza considerare il tempo di estrinsecazione (Zacioski). In base a questa classificazione ogni contrazione pu avvenire: 1 ) senza modificazioni di lunghezza (statica o isometrica) - in tal caso la forza interna del muscolo e quella della resistenza si equivalgono, con questa contrazione i capi del muscolo non vengono n avvicinati ne si allontanano anche se la tensione proporzionale alla forza sviluppata; 2) con riduzione di lunghezza (isotonica, superante, concentrica) - in questo caso la forza interna prevale sulla resistenza esterna ed questo il tipo di lavoro vincente che si verifica pi frequentemente nei movimenti sportivi; 3) in allungamento contrastante (eccentrica, pliometrica) - la forza interna inferiore alla resistenza esterna, si ha quindi un lavoro cedente con allontanamento dei capi del muscolo. Un'altra classificazione (Kusnezov) assume come parametri l'entit della resistenza e l'accelerazione. In base a questa classificazione la forza pu essere: 1 ) forza esplosiva: accelerazione - massima, resistenza - minima; 2) forza rapida: accelerazione minore che massima, resistenza minore che massima; 3) forza lenta: accelerazione tendente a zero, resistenza - massima. Secondo Harre e colleghi la forza pu essere classificata in: 1 ) forza max. : forza massimale che il sistema neuromuscolare pu esercitare in una contrazione massima volontaria, determinante in sport con notevoli resistenze (sollevamento pesi, lotta ecc . . . . ) ; 2) forza rapida: capacit che il sistema neuromuscolare ha di superare la resistenza con alta velocit di contrazione (salti, lanci); 3) forza resistente: capacit di prestazioni protratte nel tempo in caso di lunghe applicazioni di forza (canottaggio, canoa). L'allenamento per la forza costituisce un fondamento essenziale per la elevazione della prestazione sportiva. Riguardo alla struttura del movimento e al rapporto forza-tempo, l'allenamento per la forza deve basarsi sulle esigenze specifiche della prestazione di gara. Per lo sviluppo di qualit complesse quali la forza rapida e la forza resistente sono necessarie esercitazioni con dosaggi particolari e stimoli specifici; per questo motivo che dei metodi efficacissimi per una certa disciplina sportiva non lo sono affatto per un'altra, e non quindi assolutamente giusto adottare incondizionatamente la metodica del sollevamento pesi in altri sport. Quando si lavora per esaltare le qualit di forza del lottatore bisogna ricordare quali sono le finalit che ci proponiamo, considerare la muscolatura pi interessata nei movimenti di gara e la capacit di sviluppare certe tensioni da parte dell'atleta e quindi, dopo un lavoro ben organizzato di sviluppo generale, specializza- re la sua preparazione per esaltarne le qualit peculiari. Non bisogna pero dimenticare che la forza rapida e quella resistente dipendono notevolmente dal livello della forza max, da ci si pu capire che un atleta in grado di sviluppare tensioni piu elevate rispetto ad un altro, pu vincere un uguale resistenza con maggiore velocit e sostenere una applicazione di forza per maggior tempo a parit di resistenza opposta. 23 ESERCITAZIONI PER L'ALLENAMENTO DI FORZA 1 ) Esercitazioni per lo sviluppo generale - queste esercitazioni sono la base della preparazione in tutti quegli sport che richiedono un allenamento di forza intensivo, in questo modo si impedisce una precoce e non valida specializzazione di qualit, che tende a svilupparsi soprattutto nei giovani, in seguito alla applicazione di sole esercitazioni specifiche per i movimenti di gara. Le esercitazioni per la forza generale si basano pertanto su esercizi diversi, nella loro struttura di movimento e nella loro applicazione nel tempo, alla tensione riscontrabile in gara. La forza acquisita in virt di questo lavoro viene in seguito convertita, mediante esercizi specifici, o di gara, in forza specifica. Esercizi generali possono essere considerati le trazioni alla sbarra, i piegamenti alle parallele, i vari tipi di balzi, gli esercizi vari con bilancieri, interessanti per il maggior numero possibile di distretti muscolari, ecc.. . . (vedi tab. n. 1 pag. 14). La esercitazione generale pu comprendere esercizi fisici generali, che servono al rafforzamento di molti gruppi muscolari, ed esercizi fisici particolari, attraverso i quali si ricerca il rafforzamento di un settore muscolare ben preciso mediante esercizi il pi possibile indirizzati; nel primo caso si carica in maniera elevata l'intero organismo, nel secondo caso invece si impegna soltanto una parte specifica del sistema locomotore, quindi il carico per l'organismo relativamente basso. Ovviamente la scelta delle esercitazioni di forza dipende dalle esigenze della disciplina sportiva, dallo stato individuale di allenamento e dalla meta prefissata per l'allenamento di forza nei singoli periodi di allenamento. Le esercitazioni per lo sviluppo generale della forza sono alla base della preparazione del giovane atleta e sono inserite prevalentemente nel periodo preparatorio della pianificazione di un atleta evoluto, con cicli di 4/6 settimane. Gli esercizi pur avendo le stesse finalit devono essere abbastanza vari, onde evitare un affaticamento psicologico dovuto alla monotonia delle esercitazioni. 2) Esercitazioni specifiche - esse devono accordarsi sostanzialmente nella struttura e nel decorso forza-tempo con il movimento di gara. Esercitazioni specifiche del lottatore possono essere considerate le girate al petto con il bilanciere, le iperestensioni del busto con bilanciere, vari esercizi per aumentare la forza del ponte e in ponte ecc. . . . (vedi tab. n. 2 pag. 15). Le esercitazioni specifiche sono inserite in qualsiasi tappa della preparazione di un atleta evoluto, alternate al lavoro generale visto in precedenza, nel periodo preparatorio, e sempre pi frequentemente in quello competitivo. opportuno protrarre tali esercitazioni anche nel microciclo della gara onde evitare una perdita di forza. 3) Esercitazioni di gara - sono valide in quegli sport dove esiste una resistenza addizionale (lanci, sollevamento pesi, lotta ecc. . . .), gli esercizi vengono strutturati avendo cura di riprodurre fedelmente il movimento di gara, es. (lavoro con il partner, sollevamenti da in piedi, cinture e sollevamenti del partner da terra ecc. . ..) e mirano a ottenere la rifinitura della coordinazione della forza e la capacit di convogliare in un gesto tecnico le tensioni raggiunte con le precedenti esercitazioni per lo sviluppo della forza. Questa esercitazione se protratta a lungo (una o due ore) tende ad esaltare la resistenza dell'atleta, ma se si finalizza il momento coordinatorio, e quindi la capacit neuromuscolare di esprimere una tensione giusta al momento opportuno, oltre che lavoro per la tecnica e la resistenza specifica pu essere considerato lavoro per la rifinitura delle qualit di forza. Prima di elencare e consigliare i metodi di allenamento pi consoni per l'incremento della forza nelle sue varie forme, opportuno illustrare alcuni aspetti riguardanti i principi generali di questo allenamento. Gli aspetti da esaminare sono tre: 1 ) l'intensit dello stimolo; 2) la specificit dello stimolo; 3) la super compensazione. L'intensit dello Stimolo, affinch lo stimolo risulti allenante, deve essere tale da produrre una attivazi- 24 ne significativa dei processi biologici, plastici e di funzionalit nervosa, cos da suscitare una reazione nell'organismo; solo in questo caso si ha un miglioramento delle capacit di lavoro dell'atleta. La specificit dello stimolo, per essere efficace, deve suscitare l'adattamento essenziale in quegli organi, strutture e apparati che si assumono l'onere di compiere o coadiuvare il lavoro, cosi da trasferire su movimenti specifici le qualit ottenute con il lavoro generalizzato. La supercompensazione si ottiene quando durante la fase di allenamento si realizzano nell'organismo delle modificazioni di tipo biochimico, plastico, umorale e di funzionalit nervosa, tali da spostare in avanti l'equilibrio omeostatico dell'organismo. Tali modificazioni sono reversibili. Durante la fase del recupero (se la sua durata giusta e lo stimolo allenante stato ottimale) la reazione dell'organismo non si fermer con il ritorno ai valori precedenti l'allenamento, ma andr oltre, aumentando i suoi potenziali. A questo punto si pu gi capire l'importanza della corretta applicazione dell'intensit degli stimoli allenanti, della loro specificit e di un giusto rapporto tra lavoro e recupero, nei vari periodi della preparazione. 25 MEZZI E METODI DELL'ALLENAMENTO PER LA FORZA I metodi di sviluppo della forza muscolare sono tre: 1 ) utilizzazione di una intensit o resistenza massimale; 2) utilizzazione di una resistenza non massimale fino all'esaurimento; 3) utilizzazione di una resistenza da vincere con velocit massimale. I mezzi possono suddividersi in tre categorie: 1) esercizi generali; 2) esercizi speciali; 3) esercizi di gara. I vari esercizi possono essere eseguiti: a) con sovraccarichi di vario genere; b) con il partner; e) con attrezzi grandi e piccoli (sbarra, parallele ecc.); d) utilizzando gravit ed inerzia (cadute dall'alto, accelerazioni, cambiamenti del senso del movimento ecc.). Adottando la classificazione della forza proposta da Harre (forza massimale - forza resistente - forza veloce), che riteniamo la pi completa e la pi utile da un punto di vista metodologico, entriamo ora nel vivo dell'argomento, esaminando dettagliatamente metodologie e mezzi per lo sviluppo dei sopracitati tipi di forza. La forza massimale Prendiamo in considerazione la forza massimale come prima qualit da sviluppare (considerata nella sua pi ampia generalit di distretti muscolari). Le metodiche prevedono lavori relativamente brevi, resistenze elevate e tempi di recupero dell'ordine dei 3-4 minuti. I mezzi di attuazione sono gli esercizi generali e gli esercizi speciali, con uso prevalente di sovraccarichi e di attrezzi. Sappiamo ormai che per lo sviluppo trofico dell'atleta e quindi per il suo conseguente aumento di forza la metodologia piu valida prevede l'esecuzione di 3-5 serie di 7-10 ripetizioni ciascuna con un peso pari al 60%-80% del max. Sappiamo anche per che in questa situazione lo stimolo nervoso non abbastanza elevato, perch la resistenza opposta non richiede la mobilitazione massimale delle unit motorie, possia- mo quindi affermare che indispensabile adottare anche la metodologia che prevede l'esecuzione di serie di 1-5 ripetizioni con un carico che va dall'85% al 100% del massimale. Questi due diversi metodi di usare come mezzo di allenamento il bilanciere (attrezzo facilmente adattabile alle resistenze che si vanno richiedendo) possono e devono integrarsi per ottenere lo sviluppo delle capacita di tensione muscolare Considerando la vita di un atleta, possiamo dire che la metodologia con carichi pi bassi a maggior numero di ripetizioni, si adatta maggiormente ai giovani e quindi a quella fascia di preparazione tendente a valutare le qualit muscolari dell'atleta esaltandole; da ribadire che con questa metodologia si ricerca anche la generalizzazione del lavoro muscolare, la capacit quindi di ipertrofizzare tutta la muscolatura scheletrica del lottatore senza ancora specializzarla. Uno schema preciso di questo metodo prevede l'esecuzione di 5-7 esercizi fondamentali, di ogni esercizio si dovranno fare 3-5 serie di 7-10 ripetizioni, con 2-3 minuti di riposo tra una serie e la successiva (il carico sar del 70%-75% del max). Gli esercizi devono essere scelti in funzione di una normale costituzione fisica e con rapporti normali di forza tra muscolatura anteriore e posteriore e tra busto e gambe interessando sempre vari distretti muscolari (vedi tab. n. 3 pag. 15). 26 Quando il giovane avr raggiunto un sufficiente sviluppo muscolare ed una sufficiente maturit fisica si integrer la metodologia sopra indicata con quella che prevede l'uso di carichi massimali o appena sub-massimali. Successivamente dopo un lavoro per la forza basato prevalentemente sugli esercizi generali, si passer ad usare prevalentemente gli esercizi speciali che prevedono gesti molto simili a quelli agonistici veri e propri e quindi interventi muscolari molto specifici. Anche in queste esercitazioni da considerare quanto detto per la forza max. generalizzata, si partir cio da 3-5 serie di 7-10 rip., eseguite con carichi pari al 70%-75% del max., per arrivare a 3-5 serie di 1-5 rip. con carichi pari all'85%-100% del max. (vedi tab. n. 4 pag. 16). Per la forza max queste esercitazioni sopra riportate possono essere integrate con un lavoro che pur con resistenze molto pi basse (40%-45% del max.), possa provocare uno stimolo nervoso max. L'eserci- zio consiste nell'eseguire il maggior numero di ripetizioni per una durata di 6-8 sec. Le serie saranno sempre 3 con 4-6 minuti di recupero. Le difficolt maggiori sorgono nella scelta degli esercizi in quanto spesso la velocit di esecuzione va a scapito dell'ampiezza del movimento e della giusta coordinazione, quindi una metodologia eseguibile con esercizi semplici nella loro struttura (es. distensione nei vari piani, bal zi . . . ). Esistono ovviamente altri metodi derivanti da quelli gi visti per il raggiungimento della forza massima- le. Uno dei pi noti il piramidale il quale prevede una successione carico ripetizioni, di questo genere: 8 rip. con il 75% - 6 rip. con l'80% - 4 rip. con l'85% - 2 rip. con il 90% - 2 rip. con il 95% -4rip. con l'85% - 6 rip. con I'80% - 8 rip. con il 75%. Con questo metodo si fa nella stessa seduta un lavoro specifico per l'incremento della massa muscolare ed un lavoro che stimola considerevolmente il sistema neuro-muscolare data l'entit delle resistenze da vincere (vedi tab. n. 5 pag. 16). Un'altra metodica per la forza max. prevede contrazioni isometriche della durata di 2"- 4" se massima- li, e fino a 8"-9" se pari al 75% del max. Questa metodologia utile perch si pu esplicare in qualsiasi posto e in assoluta mancanza di attrezzi. inoltre facile, individuata un'angolatura in cui l'estrinsecazione di forza da parte della muscolatura carente, o un'angolatura in cui necessaria un'estrinsecazione di forza particolare, allenare la muscolatura stessa a esprimere la max. forza possibile con quella particolare posizione relativa dei segmenti ossei. Solitamente consigliabile riservare a questa metodologia, che prevede contrazioni muscolari senza cambiamenti di lungezza del muscolo, non pi del 15% dell'intero allenamento per la forza max. Di uguale importanza possono considerarsi gli esercizi in contrazione eccentrica cio cedenti a una resistenza esterna maggiore della forza esplicata. Sono esercitazioni sempre max. e si fanno eseguire cedendo a carichi addizionali (per esempio in sospensione alla sbarra, dalla trazione massima fino a braccia distese). Tutti questi espedienti sono importantissimi perch abituano il muscolo a situazioni e a tensioni il piu possibile diverse, secondo il criterio della multilateralit. Inoltre l'alternanza di esercitazioni differenti tra loro pu rendere meno noiose e anche piu motivate dal punto di vista psicologico dell'atleta le sedute di allenamento per la forza massimale. La frequenza di questi allenamenti per la forza max deve essere molto elevata nel periodo preparatorio del giovane e dell'atleta evoluto, con almeno tre sedute di allenamento, usando varie metodologie, nell'arco di sei, sette allenamenti alla settimana. Nella fase generale della preparazione del giovane che abbia necessit di incrementare il proprio peso l'incidenza potr essere ancora pi frequente, se il soggetto si dimostrer in grado di assorbire tali allenamenti. Nel periodo fondamentale le esercitazioni per la forza max dovranno persistere a livello di mantenimen- to in almeno uno, due allenamenti ogni sette previsti in una settimana. Generalmente nei giorni in cui si lavora per esaltare la forza max opportuno non inserire altre esercitazioni impegnative dal punto di vista psichico, si deve inoltre fare della ginnastica di allungamento con molta accuratezza, e il riscaldamento sar breve e finalizzato. Nella tab. n. 6 pag. 16 si riporta un esempio di una tabella di mantenimento per la forza max. per atleti evoluti, periodo fondamentale. 27 Un'ulteriore specializzazione dell'atleta prevede l'esaltazione di altre qualit di forza, correlate a quella max, cio la resistenza alla forza e la forza veloce. Abbiamo gi appurato che il lottatore, per poter eseguire i gesti che questo sport prevede, ha bisogno pi che altro di capacit di forza max ma dobbiamo sapere pero che la frequenza di alte applicazioni di forza pu affaticare il sistema neuromuscolare e limitare le prestazioni delle successive contrazioni. A questo punto si ha la necessit di intervenire con un allenamento che consenta una resistenza alla forza. La forza resistente Il metodo per esaltare la forza resistente consiste nell'utilizzazione di una resistenza non massimale fino all'esaurimento, i mezzi possono essere esercizi generali, speciali e di gara. La metodologia per l'esaltazione di questa qualit muscolare prevede l'esecuzione del massimo numero di ripetizioni, ripetute per 3-5 serie, con ricuperi molto brevi (45"-1 ') e con un carico che varia dal 40% al 60% del massimale. Il segreto di questa esercitazione sta nel riprendere il lavoro muscolare prima che nel muscolo si siano ristabilite le condizioni preesistenti all'esecuzione della serie precedente. La crisi che viene provocata con questo continuo affaticamento fa si che il muscolo si premunisca, con opportune modificazioni biochimiche, per sostenere in futuro un lavoro analogo nel miglior modo possibile. Questa qualit di forza resistente legata fortemente al meccanismo energetico anaerobico lattacido, quindi facilmente comprensibile in quale modo sia legata anche alle capacit di resistenza organica e muscolare anaerobica dell'atleta. evidente quindi che le qualit fisiche, in uno sport come la lotta, con durate medie, variazioni di ritmo e grossi impegni muscolari, devono essere strettamente correlate tra loro e insieme sviluppate nel periodo di crescita del giovane lottatore, per poi essere sempre allenate durante l'intera sua vita agonistica. Il tempo da dedicare allo sviluppo delle varie qualit fisiche varier in funzione dell'et e del periodo, ma vi sar sempre un rapporto di prevalenza di alcune rispetto alle altre, mai di esclusione. L'allenamento alla resistenza di forza pu essere condotto anche con l'esercizio stesso di gara (nel nostro caso i vari tipi di incontri), ma anche opportuno far abituare l'atleta a vincere nel tempo delle resistenze esteme pi elevate di quelle che abitualmente dovr superare in competizione. La forza veloce Sullo sviluppo della forza veloce si pu agire in duplice modo: 1 ) mediante una elevazione della forza max; 2) mediante l'aumento della velocit o rapidit della contrazione muscolare. La proporzione ottimale tra l'allenamento di forza max e quello di forza veloce non ancora sufficiente- mente conosciuta, ed certamente diversa da specialit a specialit. Lo schermitore ad esempio ha senz'altro bisogno di un dosaggio di stimolo e di carichi diverso dal lottatore, dovendo quest'ultimo superare resistenze notevolmente pi elevate. Per il nostro sport quindi anche la forza veloce dovr essere allenata con carichi relativamente elevati, 50%-60%, con contrazioni rapide ed esplosive; l'allenamento dovr inoltre essere completato da esercizi di rimbalzi (anche con i bilancieri e i grandi attrezzi) e con carico naturale. Con quest'ultimo mezzo (ginnastica a corpo libero) si pu intervenire infatti notevolmente per migliorare genericamente la forza veloce. Perch questa esercitazione risulti significativa necessaria una notevole velocit dei movimenti, una velocit che dia valore anche alle tensioni frenanti e ai cambiamenti di direzione del movimento; classici possono essere considerati gli slanci delle braccia eseguiti alla massima velocit e con la massima ampiezza di movimento, i balzi dalle varie posizioni, i rimbalzi sulle braccia e sulle gambe, le torsioni del busto con bloccaggio del movimento nella posizione frontale, sempre per se eseguiti con il massimo dinamismo. Notevole risulta dunque l'apporto della ginnastica senza carichi esterni come esercitazione complementare a quella dei sovraccarichi. Per chiarire ancora di pi le idee riportiamo una tabella (tab. n. 7 pag. 17) in cui si riassumono i concetti espressi a proposito delle metodologie per l'incremento dei vari "ti pi " di forza. 28 TEST DI VALUTAZIONE I dati di valutazione sono: a) per la forza massimale l'entit del carico; b) per la forza resistente il numero di ripetizioni (il carico un dato fisso); e) per la forza veloce il numero di ripetizioni (tempo e carico sono dati fissi). Esempio di test per la forza massimale Si scelgono tre esercizi tra quelli pi significativi, e, dopo un accurato riscaldamento articolare, si effettuano alcune ripetizioni dell'esercizio prescelto con dei carichi successivamente sempre pi elevati, per passare ben presto a carichi submassimali e massimali, eseguendo naturalmente una sola ripetizione per ogni serie. Il dato del test sar il massimo peso che il lottatore riesce a sollevare nell'esercizio prescelto. Nella tab. n. 8 pag. 17 riportiamo delle normative per la forza Max. riferite ad alcuni esercizi base per il lottatore. I massimali riportati vanno riferiti ad atleti di livello medio-alto. Esempio di test per la forza resistente Avendo come dato fisso il carico che l'atleta deve sollevare, e che non deve superare il 60% del massimale, il dato del test il numero di ripetizioni che il lottatore riesce ad effettuare correttamente. Esempio di test per la forza veloce Avendo come dato fisso il tempo (15-20 secondi) e il carico (non deve superare il 60% del massimale) il dato del test il numero delle ripetizioni che l'atleta riesce ad effettuare nel tempo stabilito. Nel testo, alle tabelle cui abbiamo fatto cenno segue una documentazione fotografica (pag. 18) il cui scopo quello di illustrare l'esecuzione corretta di alcuni tra gli esercizi piu importanti per l'incremento della forza. 29 Tab. n 1 ESERCIZI GENERALI PER LO SVILUPPO DELLA FORZA Esercizi Distensione lenta Distensione lenta dietro la testa Distensione su panca Piegamenti alle parallele Rematore in piedi Rematore a 90 Trazioni impugnatura dritta Trazioni impugnatura rovesciata Stacchi da terra a gambe tese Stacchi da terra a gambe tiesse Flessioni del busto da decubito supino Iperestensioni del busto da decubito prono Torsioni e inclinazioni del busto Piegamenti gambe Flessioni della gamba sulla coscia Molleggi dei piedi su uno spessore Adduzioni della coscia Muscolatura prevalentemente interessata tricipite, trapezio, deltoide, grande dentato come sopra, con maggiore interessamento degli scapolari e del dentato tricipite, grande pettorale, deltoide tricipite, pettorale, deltoide, grande dorsale bicipite, trapezio, deltoide bicipite, dorsale, romboide, fissatori della scapola dorsale, romboide, fissatori della scapola, bicipite come sopra, con maggiore interessamento del bicipite lunghi del dorso, glutei, posteriori delle cosce lunghi del dorso, glutei, quadncipiti retto dell'addome, retto del quadricipite, psoas iliaco lunghi del dorso, glutei, posteriori della coscia addome, obliqui, quadrato dei lombi quadricipite, estensori della gamba sulla coscia posteriori della coscia polpacci (gastrocnemio, soleo) adduttori N. B. - Tutti questi esercizi possono essere eseguiti con pesi, e devono essere considerati come la base dell'esercitazione generale per lo sviluppo della forza. Una tabella valida deve tener presente due principi fondamentali: 1) alternare esercizi per muscoli agonisti a quelli per muscoli antagonisti (es.: dopo una serie di panca opportuno fare una serie di rematore a 90): 2) rispettare i dovuti tempi di recupero. A pag 18 viene riportata una documentazione fotografica riguardante alcuni degli esercizi sopra esposti. 30 Tab. n. 2 ESERCIZI SPECIALI PER LO SVILUPPO DELLA FORZA Esercizi Portate al petto Rematore in piedi Rematore 90 Stacco a gambe tese Stacco a gambe flesse Strappo Slancio Distensioni varie Trazioni varie Muscolatura prevalentemente interessata trapezio, deltoide, quadricipite, glutei, dorso bicipite, trapezio, deltoide bicipite, dorsale, romboide, fissatori della scapola lunghi del dorso, glutei, posteriori delle cosce lunghi del dorso, glutei, quadricipite trapezio, deltoide, gran dentato, lunghi del dorso, quadricipite, glutei quadricipite, tricipite, grande dentato, trapezio tncipite, pettorale, trapezio, grande dentato, deltoide bicipite, dorsale, romboide, scapolari, deltoide A pag. 18 viene riportata una documentazione fotografica riguardante alcuni degli esercizi sopra esposti. Tab. n. 3 ESEMPIO DI-UNA TABELLA PER LA FORZA MAX. BASATA SUGLI ESERCIZI GENERALI PER ATLETI IN VIA DI SPECIALIZZAZIONE (2 alien settim i l ' eser c. - distensione lenta 2 3 4 5 6 7 B) 1 es 2 3 4 5 6 7 - rematore in piedi - stacchi a gambe tese - flessioni del busto da supini - piegamenti alle parallele - trazioni impugnatura dritta - trazioni impugnatura rovesciata ere. - distensione su panca - rematore a 90 - iperestensione tronco da proni - piegamenti gambe - trazioni dietro la testa - piegamenti braccia in verticale - trazioni impugnatura rovesciata SERIE 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 RIPETIZI 7 7 7 7 max ma max 7 7 7 7 max max max N.B. Il carico sar del 75% del massimale in ogni esercizio, tranne parallele e sbarra che saranno eseguiti a carico naturale. I recuperi saranno di 3 minuti tra una serie e l'altra 31 Tab. n. 4 ESEMPIO DI UNA TABELLA PER LA FORZA MAX. BASATA SUGLI ESERCIZI SPECIALI PER ATLETI IN VIA DI SPECIALIZZAZIONE (2 alien, settim.) A) 1 ' eserc. 2" " 3 ' " 4 ' " 5" " 6" " B) 1 eserc 2" " 3 ' " 4" 5" " - portate al petto - distensioni dietro la testa - stacco a gambe flesse - trazioni imp dritta - trazioni dietro la testa - trazioni imp. rovesciata - rematore in piedi - slanci - rematore a 90 ; strappo - trazioni (salita alla fune) SERIE 3 3 3 1 1 1 3 3 3 3 3 RIPETIZIONI 5 5 5 max max max 5 5 5 5 max NB I carico sar dell' 80% del massimale con 3 minuti di recupero. Tab. n. 5 ESEMPIO DI UNA TABELLA A PIRAMIDE 1 eserc - portata al petto 2 " - slancio 3 " - stacco da terra 4 - distensioni 5 - trazioni sbarra 7/75% 5/85% 3/90% 1/95% 3/90% 5/85% 7/75% max max max NB I recupero sar di 3 minuti. Tab n 6 ESEMPIO DI UNA TABELLA PER IL PERIODO COMPETITIVO PER ATLETI DI ALTA SPECIALIZZAZIONE (ESERCIZI DI MANTENIMENTO O DI RICHIAMO PER LA FORZA MAX) 1 eserc - portata al petto 2" " - slanci 3 - rematore in piedi 4 - trazioni (salita alla fune) SERIE 3 3 3 3 RIPETIZIONI 3 3 3 max NB IL carico sar del l ' 85%-90% e si potranno effettuare anche tentativi con il 100% del massimale. 32 Tab. n. 7 TABELLA RIASSUNTIVA DELLE VARIE METODOLOGIE DI INCREMENTO DELLA FORZA % del max. 85%- 100% 70%- 75% 40%- 60% 40%- 60% N. rip. 1-5 7-10 6-8 sec max. N. serie 3-5 3-5 3-5 3-5 velocit intensit vel. bassa vel. bassa vel. max. vel. bassa tempo di recupero 2'-5' 2- 4' 4'-6' 30"-45" Specificit F. max F. max (ipertrofia) F. veloce F. resistente N.B. - La tabella limitata agli esercizi fatti con i sovraccarichi e non prevede contrazioni di altro tipo che quelle concentriche (con variazioni di lungezza del muscolo in azione, vincendo la resistenza estema). Tab. n. 8 NORMATIVA PER LA FORZA MAX (atleti livello medio-alto) Categ 48 52 57 62 68 74 82 90 100 + 100 Portata al petto 70 75 85 90 100 105 110 115 120 + 120 Stacchi da terra 120 130 150 160 170 180 190 200 + 200 + 200 Distensione avanti 45 50 50 60 65 70 72,5 75 80 + 80 Trazioni dietro la testa 25 25 25 25 22 20 20 18 15 10 Piegamenti alle parai. 30 30 30 30 28 25 25 25 20 15 Piegam gambe 80 85 95 105 115 120 125 130 140 + 140 33 LO SVILUPPO CORPOREO DEI BAMBINI E RAGAZZI E L'ALLENAMENTO PER LA FORZA Dal primo al ventesimo anno l'individuo nasce e diventa adulto. In questi anni si compiono veloci processi che variano le proporzioni corporee in modo notevole e creano specializzazioni tissutali e funzionali sempre pi accentuate. provato che i fattori che condizionano l'accrescimento sono in parte endogeni (patrimonio genetico) e in parte esogeni (ambiente, alimentazione ecc.); di questo secondo gruppo fa parte l'attivit sportiva. L'influenza di questi fattori varia a seconda dell'et dei soggetti, ma pu non essere omogenea, per cui spesso l'et cronologica non corrisponde all'et biologica, vale a dire che soggetti aventi la stessa et presentano un grado di sviluppo diverso. Questo fatto molto importante perch naturalmente nella scelta delle metodologie di allenamento da adottare si deve tener conto dell'et biologica e non di quella cronologica. L'allenatore deve essere in grado di valutare l'et cronologica dei ragazzi anche per essere in grado di giudicarne le capacit, infatti talvolta capita che alcuni mostrino una superiorit fisica dovuta non tanto ad un superiore talento, quanto ad un precoce sviluppo. Uno degli apparati pi importanti dell'organismo l'apparato locomotore, le cui trasformazioni durante la crescita sono imponenti. Lo sviluppo di questo apparato condizionato sia da fattori endogeni che da fattori esogeni, poco si conosce dei primi e pressoch nulle sono le possibilit di intervento. I fattori esogeni sono invece ben conosciuti e sono notevoli le possibilit di influenzare positivamente tramite essi, in particolar modo con una appropriata attivit fisica, lo sviluppo dell'organismo in generale e dell'apparato locomotore in particolare. r O.K. Sperling afferma che molti bambini e adolescenti non raggiungono la loro massima capacit potenziale di rendimento solo perch gli stimoli di sviluppo rivolti all'apparato locomotore sono troppo ridotti. Da questa considerazione nasce il problema della somministrazione dei giusti carichi allenanti, cio del rapporto tra carico e caricabilit; in alcuni casi infatti sono da addebitare alla errata applicazione degli stimoli allenanti i danni prodotti ai vari tessuti o, ancora in maggior misura, la non riuscita sportiva. Lo stesso autore, definendo le tre fasi dello sviluppo puberale (cio la fase pre-puberale, la prima fase puberale e la seconda fase puberale), delinea la particolarit di questi periodi. La fase prepuberale, che caratterizzata da uno sviluppo armonico, viene definita fase di riposo prima della crescita. Nella prima fase puberale appaiono invece crescenti disarmonie, e l'apparato di sostegno spesso non adeguato allo sviluppo della muscolatura, gli arti inoltre presentano una particolare fragilit. In questa fase un accentuato e troppo rapido sviluppo della forza pu costituire un pericolo per lo scheletro, per cui bisogna avere cura di evitare tensioni massimali. La seconda fase puberale caratterizzata da un ritardo della maturazione dello scheletro rispetto agli altri tessuti morbidi, che hanno gi raggiunto una stabilit paragonabile a quella dell'adulto. In questa fase non si dovr sovraccaricare la colonna vertebrale o ricercare elementi di forza concentrati nel tempo, considerando l'inadeguatezza delle articolazioni a reggere lo stimolo. Il pericolo maggiore si verifica quando si sottopone il ragazzo troppo a lungo a carichi impegnativi per i singoli settori del corpo, oppure gli si richiedono prestazioni dove l'intensit prevale sulla quantit. Un corretto allenamento deve quindi evitare lavori unilaterali, senza sufficienti intervalli di recupero e deve tener presenti i vari tempi di adattabilit delle strutture; per esempio la muscolatura in grado di recuperare molto piu in fretta dell'apparato scheletrico e delle strutture passive. In definitiva sono da tener presenti i limiti di caricabilit superiori, ma anche i limiti inferiori, in quanto, se 34 nel primo caso si rischia di compromettere le strutture dell'atleta, nel secondo si rischia di compromettere le sue possibilit potenziali non sottoponendo l'organismo a stimoli adeguati. I benefici di una attivit precoce sono senza dubbio notevoli, se si considera che le riserve di carboidrati muscolari possono aumentare fino al doppio rispetto ad individui non allenati e che tutti gli apparati sono influenzati in maniera favorevole dall'adattamento all'attivit motoria. Per realizzare ci vengono ritenuti opportuni carichi stabiliti in base al peso corporeo. Per gli atleti di 13/15 anni sono da consigliare carichi che vanno dal 40% al 60% del peso corporeo, soprattutto se sollevati sopra la testa. Il carico globale di una seduta dovrebbe essere collocato attorno ai 4.000 Kg. Gli intervalli tra una serie e l'altra dovranno essere abbastanza lunghi, 5/7 minuti. Per i giovani di 16/17 anni il limite superiore di carico pu raggiungere il 120% del proprio peso e il carico globale di una seduta pu raggiungere gli 8.000 Kg. Esempio di lavoro generale per l'ipertrofia e la forza max. per i giovani: sei esercizi di 3 serie x 9 ripetizioni, riguardanti lo sviluppo generale muscolare del giovane (senza specializzazione). I giovani che hanno buone condizioni di adattamento possono essere portati rapidamente ad una seduta con i sovraccarichi al giorno per lo sviluppo della forza. Sar opportuno rispettare delle precauzioni per evitare danni alle strutture in via di evoluzione (curando particolarmente la corretta esecuzione di alcuni movimenti e facendo assumere al giovane, che solleva da terra un carico, la posizione di <> schiena piatta , in modo da non sollecitare in maniera scorretta la colonna vertebrale). Al termine di ogni seduta di allenamento con i carichi indispensabile fare un buon allungamento per non perdere le qualit di estensibilit e articolarit. Per concludere l'uso del sollevamento pesi, come metodologia per lo sviluppo della forza nei giovani, non da considerare controindicato per una armonica crescita dell'organismo, anzi, secondo alcuni autori una pressione periodicamente interrotta e sub-massimale la favorisce, mentre solo l'uso frequente di carichi percentualmente troppo elevati che la ritarda. 35 INDICAZIONI PER EVITARE DANNI FISICI O LESIONI L'allenamento con carichi pu esporre a lesioni osteo articolari e muscolari qualora non vengano prese opportune misure e semplici precauzioni. Eccone alcune: a) apprendere pazientemente ogni nuovo esercizio prima di aumentare il carico; b) svolgere un accurato riscaldamento e mantenersi caldi durante tutto l'allenamento; e) eseguire ogni esercizio con la opportuna concentrazione; d) non richiedere sforzi massimali a muscoli gi stanchi; e) smettere di allenarsi all'approssimarsi di dolori e fitte della muscolatura. Per quanto riguarda le articolazioni degli arti inferiori, in particolare delle ginocchia, si dovr evitare di esercitare le gambe esclusivamente con serie molto dure di piegamenti; eseguendo i piegamenti si dovr inoltre mantenere i piedi in posizione corretta ed avere cura di usare calzature adatte. Per quanto riguarda la colonna vertebrale, i suoi legamenti e i dischi intervertebrali, le precauzioni da prendere sono: a) evitare di sollecitare troppo la colonna nella stessa unit di allenamento; b) scaricare la colonna con esercizi eseguiti in sospensione alla sbarra dopo l'esecuzione di esercizi che l'hanno compressa; e) rafforzare la muscolatura dorsale e addominale; d) mantenere la colonna eretta, in modo da distribuire uniformemente il carico su tutti gli elementi vertebrali. Un accorgimento importante riguarda il controllo della respirazione durante l'esecuzione di esercizi di forza. Durante l'esecuzione s provoca una tensione della muscolatura respiratoria e la chiusura della glottide con un notevole incremento della pressione intratoracica e con minore apporto di sangue al cervello, cosa che comporta il pericolo di perdite di conoscenza o annebbiamenti per ipossia. Per evitare questi inconvenienti si consiglia: a) mantenere la tensione per breve tempo; b) non eseguire troppe ripetizioni successive in apnea; e) evitare tensioni max ai principianti; d) evitare inspirazioni max; e) nei soggetti che cominciano esercitazioni di forza si osservi, ove possibile, un intervallo a met esercizio (es. portata al petto, intervallo, succesiva distensione). Accorgimento pratico per i principianti quello di invitarli ad espirare rumorosamente a ogni ripetizione in modo da poterne controllare il ritmo esecutivo. 36 LA VELOCIT DEFINIZIONE E FATTORI CHE LA DETERMINANO La velocit, qualit fisica dell'uomo, la capacita di realizzare azioni motorie in un tempo minimo. Secondo alcuni autori determinata da tre fattori fondamentali: 1 ) il tempo di reazione motoria; 2) la rapidit del singolo movimento; 3) la frequenza dei movimenti. Bisogna precisare che le componenti sopra menzionate non sono dipendenti l'una dall'altra, si pu ad esempio essere rapidi nella reazione e lenti nei movimenti, per cui lo sviluppo della velocit nasce da una influenza complessiva sui fattori che la determinano. Possiamo dividere la velocit in ciclica e aciclica. La velocit ciclica si compone di azioni tendenzial- mente identiche ripetute rapidamente, come ad esempio nella corsa veloce dopo la fase di accelerazione e nella velocit del ciclismo su pista dopo la fase di lancio. La velocit aciclica si differenzia dalla precedente in quanto il gesto non viene ripetuto, ma si tratta di coordinare i movimenti rapidamente, in una singola azione, come ad esempio in una azione di lancio o, nel nostro caso, nell'esecuzione di un qualsiasi tipo di azione tecnica. Gli eventi fisiologici che si verificano nell'effettuazione di un qualsiasi movimento attraversano 5 fasi: 1 ) il prodursi di una eccitazione del recettore; 2) il passaggio dello stimolo nella rete nervosa e la formazione del segnale effettore; 3) la trasmissione dello stimolo al S.N.C. (1); 4) la trasmissione del segnale di risposta dal S.N.C, ai muscoli; 5) la stimolazione del muscolo e la conseguente contrazione di questo. Ognuna di queste fasi richiede un certo tempo, in pratica quindi il passaggio attraverso di esse contribuisce a limitare la velocit. Biochimicamente i fattori limitanti sono la velocit di demolizione dei substrati energetici immediata- mente disponibili (a.t.p. e C.P.), la concentrazione enzimatica e la qualit degli stimoli nervosi. Un ruolo importante, anche se non determinante, gioca la rapidit delle reazioni motorie; queste possono essere divise in semplici e complesse. Per reazione semplice si intende la reazione ad un segnale predisposto con un movimento anch'esso predisposto. Per reazione complessa si intende la reazione ad una situazione non prevista o parzialmente non predisposta, comprendendo nel tempo di reazione quello necessario alla scelta del movimento di risposta. Questo ultimo tipo di reazione quello caratteristico degli sport di combattimento; in pratica si realizza seguendo questa successione: 1 ) il lottatore percepisce visivamente la posizione (guardia) dell'avversario; 2) valuta la direzione dei suoi spostamenti; 3) sceglie un piano di azione, valutando la possibilit reale di realizzarlo; 4) invia ai muscoli lo stimolo necessario per realizzare il movimento. 1)- S.N.C. - Sistema nervoso centrale 37 Queste fasi, eccetto l'ultima, costituiscono il periodo latente, che pu durare da 0,25 a 1 sec., la somma delle quattro fasi d il tempo di reazione motoria; dimostrato che non esiste relazione tra velocit di reazione motoria e velocit di movimento. Alla velocita di movimento concorrono in forma determinante la forza veloce, la mobilit articolare e la coordinazione specifica. La prima favorisce la rottura dello stato di quiete e il superamento di eventuali resistenze esterne; la seconda permette una diminuzione delle resistenze interne, un'escursione piu ampia del movimento e quindi un'applicazione di forza per un tempo pi lungo; la terza consente di eseguire il movimento con piu precisione facendo intervenire con perfetta sincronia tutti, e solo, i muscoli deputati al movimento. Un ruolo importante nella realizzazione di azioni esplosive riveste anche la capacit di concentrazione. Questa capacita varia notevolmente a seconda degli individui ed migliorabile solo con esercitazioni che coinvolgono notevolmente la volont stessa dell'atleta. 38 MEZZI E METODI PER LO SVILUPPO GENERALE DELLA VELOCIT Considerando le varie componenti fisiche e nervose che concorrono alla qualit in oggetto, possiamo definire dei principi generali di intervento. Il primo stadio prevede la determinazione nel giovanissimo del grado di reattivit motoria a stimoli visivi, uditivi e tattili, dapprima con il metodo delle reazioni semplici (segnale conosciuto e risposta gi predispo- sta), e poi con quello delle reazioni complesse. Come abbiamo precedentemente esposto, non esiste un legame tra velocit di reazione motoria e velocit di movimento, ma entrambe concorrono a esaltare il rendimento dell'atleta nello sport di combattimento. Stabilito questo fattore di origine prettamente nervosa e poco modificabile si comincia a lavorare sulla prima componente della velocit di movimento, la forza veloce, senza ricercare per una specializzazio- ne alla lotta e tenendo presente che per questa qualit in particolare opportuno intervenire molto precocemente (non dopo gli 11 anni). I mezzi piu congeniali sia dal punto di vista metodologico che da quello pedagogico sono i giochi sportivi e i giochi tradizionali. Per giochi sportivi si intende tutto l'insieme dei giochi con la palla, che presentano una vasta gamma di movimenti e un'alternanza tra momenti di relativo riposo e momenti di impegno notevole sia fisico che nervoso (coordinativo) Per giochi tradizionali si deve intendere alcuni giochi che richiedono in buona misura abilit motoria e impegno muscolare (il gioco della campana, vari tipi di staffette con percorsi di equilibrio o con ostacoli da superare o da aggirare ecc.). Come mezzo complementare ai giochi sopra indicati da considerare il preatletismo generale con tutto l'insieme di esercizi a carico naturale che lo compongono. Per atleti in via di qualificazione (16/18 anni) necessario intervenire anche con quelle metodologie e con quei mezzi esposti, a proposito della forza veloce, nella trattazione della forza. Seconda componente essenziale come abbiamo visto , la mobilit articolare e la capacita di rapida decontrazione del muscolo II mezzo piu indicato per migliorarle la ginnastica di allungamento, attiva e passiva, da eseguirsi in ogni allenamento, ma esistono anche altri mezzi, quali il fare abituare l'atleta all'ampiezza del movimento, correggendolo quando durante gli esercizi tende a non sfruttare al massimo le sue escursioni articolari. L'importante che ogni allenatore sappia che una grande mobilita articolare indispensabile per ottenere il massimo rendimento da qualsiasi atleta. Per esercizi e metodologia si rimanda alla trattazione di questa qualit fisica. Terza componente la coordinazione generale e specifica. Ovviamente il primo intervento deve essere generale; il suo scopo sar quello di ampliare il piu possibile la capacita di eseguire movimenti, sfruttando una enorme gamma di esercizi il piu disparati, abbinandoli tra loro e obbligando cosi il giovane a rielaborare degli schemi motori gi acquisiti. Cosi facendo si sprona l'intelligenza motoria dell'atleta senza mai consentirgli di adagiarsi sull'abilit che ha raggiunto nei movimenti ormai noti. Tra questi mezzi possiamo inserire l'acrobatica, con tutta la sua successione di esercizi. L'intervento successivo consiste nell'insegnamento della tecnica sportiva, ricordando che una ampia conoscenza dei movimenti rende possibile un migliore apprendimento della tecnica. questa la prima fase della coordinazione specifica. In seguito si passera alla seconda fase della coordinazione specifica, cercando di migliorare la capacita di esecuzione di un gesto tecnico in situazioni particolari di movimento. Questa fase riservata ad atleti qualificati, in quanto l'acquisizione del gesto tecnico ormai data per scontata, e noi dovremo preoccuparci 39 solo di elevare il pi possibile la velocit di esecuzione dei colpi conosciuti e di abituare il lottatore a riconoscere un notevole numero di situazioni favorevoli alla esecuzione dell'azione tecnica in oggetto e, quindi, a realizzarla nel pi breve tempo possibile. Tutto ci possibile solo se con il continuo addestramen- to tecnico e la ripetizione dell'azione riusciamo ad automatizzare il movimento escludendo dal normale percorso che deve compiere lo stimolo per ottenere una risposta motoria il sistema nervoso centrale (riflesso condizionato). Per la velocit di movimento possiamo ancora intervenire migliorando un altro dei fattori che la determinano, la volont, o meglio, la capacit di concentrazione. A questo scopo dobbiamo elaborare delle situazioni nelle quali l'atleta sia spronato a fornire prestazioni altamente qualificate. I test possono gi considerarsi un allenamento per la volont e la concentrazione, ma tanti altri sono i mezzi di cui possiamo servirci, ad esempio, l'uso di partner o di manichini per rendere piu difficoltosa la coordinazione, l'esecuzione di azioni in condizioni di grave disagio ecc . . . . Prima di concludere opportuno ricordare che la velocit ha due matrici: 1 ) la prima prettamente nervosa, fatta di percezioni, di trasporti pi o meno veloci degli stimoli recettori ed effettori dai muscoli al sistema nervoso centrale e viceversa; 2) la seconda prettamente fisica, correlata alle capacit di forza veloce, di mobilit articolare, di coordina- zione generale e specifica. Solo intervenendo in tempo su queste componenti, in particolare sulla seconda, perch, come abbiamo gi detto, la prima poco modificabile, si pu migliorare in misura apprezzabile. Infatti la velocit, come le altre qualit fisiche, ha un andamento condizionato dallo sviluppo complessivo dell'individuo e in primo luogo dalla sua maturazione fisiologica; comunque rispetto ad altre qualit fisiche, quali la forza e la resistenza, la sua alienabilit di norma sensibilmente inferiore. Secondo alcuni autori gli incrementi non superano il 18%-20% e possibilit concrete di miglioramento si possono avere solo nell'et precoce, diciamo entro i 14-15 anni. In seguito gli incrementi saranno relativi e in pratica per ottenerli si potr agire solo sulla forza veloce. Per concludere diamo alcune indicazioni metodologiche che devono essere sempre tenute presenti quando si faccia sostenere allenamenti volti ad incrementare la velocit generale e specifica. L'intensit dello stimolo deve essere massimale, tenendo conto che esiste gi, o almeno dovrebbe esistere, una padronanza totale del gesto; la ripetizione sistematica di uno stesso esercizio a velocit costante e non massimale, crea infatti una stabilizzazione e una assimilazione del movimento a quella velocit, rendendo estremamente difficoltoso il passaggio ad esecuzioni pi veloci. La durata dello stimolo deve consentire la realizzazione di movimenti della massima velocit e deve protrarsi per un tempo che risulti sufficientemente allenante, 10-15 sec; infatti esecuzioni troppo brevi 2-3 sec. non hanno l'efficacia massimale ed esecuzioni troppo lunghe non consentono l'estrinsecazione della massima velocit. Il tempo di recupero dovr essere abbastanza lungo, dai 4 ai 6 minuti, e durante esso si dovr stare bene attenti a non perdere la dovuta concentrazione nervosa; dobbiamo tener presente infatti che le esercitazioni volte all'allenamento della velocit sono stressanti sia dal punto di vista nervoso, in quanto si richiede sempre all'atleta una prestazione massimale, che da quello muscolare e che l'insorgere della fatica compromette la capacit di produrre intensit elevate e di eseguire movimenti corretti. La quantit di lavoro dovr essere ridotta, essendo alta l'intensit, e il lavoro specifico per la velocit dovr essere inserito preferibilmente all'inizio dell'allenamento, dopo un riscaldamento accurato, ma non affaticante. Settimanalmente sono sufficienti, per la velocit, una o al massimo due sedute di allenamento, secondo le necessit soggettive dell'atleta ed il periodo di preparazione in atto. 40 LA MOBILITA ARTICOLARE TIPI DI MOBILIT E FATTORI CHE LA INFLUENZANO La mobilit la capacit di eseguire movimenti con la massima ampiezza. La mobilit di estrema importanza per il lottatore, poich per l'esecuzione corretta di moltissime azioni tecniche indispensabile il possesso di questa qualit fisica (passaggio in ponte, vari tipi di proiezioni, vari tipi di rovesciamenti, ecc.). Lo sviluppo della mobilit rende possibile inoltre un piu rapido apprendimento dei gesti motori, ed una migliore utilizzazione di altre qualit fisiche, quali la forza, la velocit e la coordinazione. Si hanno due tipi di mobilit articolare: attiva e passiva. Per mobilit attiva si intende la capacit di un atleta di far compiere ad una articolazione dei movimenti della massima ampiezza con l'intervento esclusivo della propria muscolatura. Per mobilit passiva si intende, invece, la capacit di un atleta di far compiere ad una articolazione dei movimenti della massima ampiezza con l'ausilio di un partner, di un attrezzo, o del peso del proprio corpo. Nel corso di questa dispensa troveremo i valori della mobilit espressi in gradi angolari. Useremo questo tipo di misura poich gli standard medi fornitici dai test consultati sono cosi espressi. Nella pratica per la determinazione della mobilit, generalmente, si usa prendere dei punti di riferimento sul corpo dell'atleta (es. nell'inclinazione laterale del busto sul piano frontale, a gambe unite, si prende come punto di riferimento il contatto della punta delle dita della mano sulla coscia). I valori che si raggiungono con esercizi di mobilit passiva sono sempre maggiori rispetto ai valori che si raggiungono con analoghi esercizi di mobilit attiva La differenza in gradi angolari fra i due valori importante perch ci permette di conoscere il grado di mobilit dell'atleta. Quando la differenza minima l'atleta ha un buon grado di mobilit. I fattori che influenzano la mobilit sono le articolazioni (con le varie componenti), i muscoli agonisti e i muscoli antagonisti. Le articolazioni, sono superfici ossee o cartilaginee attraverso le quali si pongono in contatto reciproco due segmenti scheletrici oppure un segmento scheletrico ed uno cartilagineo. Un esempio classico di articolazione si pu vedere nella fig. n. 1. Per capire a fondo la meccanica delle articolazioni esaminiamo gli elementi che le compongono; essi sono: 1) le superfici articolari; 2) i mezzi di connessione; 3) le cartilagini articolari; 4) la membrana sinoviale. Le superfici articolari (fig. 1-c, e) possono essere ossee o cartilaginee. Generalmente le superfici ossee sono ricoperte da uno strato di tessuto cartilagineo o ialino. I mezzi di connessione sono: a) i legamenti, b) la capsula articolare, e) i tendini dei muscoli interessati all'articolazione. I legamenti articolari sono costituiti da cordoni fibrosi, molto resistenti, che tengono uniti i due capi ossei uno all'altro. Essi possono trovarsi sia fuori che dentro la capsula articolare. La capsula articolare (fig. n. 1 -a) costituita da un manicotto di tessuto connettivo che avvolge le superfici articolari. I tendini dei muscoli inseriti nelle vicinanze delle articolazioni hanno funzioni di legamenti. Le cartilagini articolari (fig. n. 1-d) sono il rivestimento che ricopre le superfici articolari. In alcune articolazioni tra le due cartilagini esiste un disco di natura cartilaginea chiamato menisco cartilagineo. La membrana sinoviale (fig. n. 1 -b) aderente alla capsula sinoviale ed ha il compito di secernere un liquido vischioso destinato alla lubrificazione dell'articolazione onde ridurre l'attrito tra le superfici articolari. 41 Tipi di articolazione Le articolazioni sono di tre tipi: 1) diartrosi; 2) anfiartrosi; 3) sinartrosi. Le diartrosi, chiamate anche articolazioni mobili, sono le pi numerose nel nostro organismo ed hanno diverse forme. Dalle diverse forme assumono i vari nomi specifici (fig. n. 2): a) enartrosi o articolazioni sferiche; b) condiloidee; e) trocoidi; d) artrodie con superfici articolari piatte o quasi, il movimento si attua per slittamento; e) trocleari; f) a sella o a incastro reciproco; g) trocoide semplice. Le anfiartrosi - o articolazioni semimobili, uniscono tra di loro due segmenti ossei, le cui superfici articolari sono piatte o quasi, permettendo cos movimenti molto limitati. Le sinartrosi - uniscono, tra di loro, due segmenti ossei, per non permettono alcuna possibilit di movimento. Movimenti articolari I movimenti articolari possibili nelle diartrosi, sono: 1) flessione - si ha la flessione quando due segmenti articolari si avvicinano (es. coscia sul bacino, avambraccio sul braccio, ecc.); 2) estensione - l'estensione il movimento opposto al precedente, si ha quando i due segmenti scheletrici si allontanano; 3) adduzione - quando i segmenti articolari si avvicinano al piano sagittale (piano passante per l'avanti dietro, divide il corpo umano in due parti, una sinistra, una destra); 4) abduzione - il movimento contrario all'adduzione, cio l'allontanamento di un segmento articolare dal piano sagittale; 5) cireumduzione o circonduzione - l'insieme dei movimenti sopra descritti quando si succedono l'uno all'altro; 6) rotazione - il movimento di un osso intorno ad un asse pi o meno parallelo alla maggior dimensione dell'osso; 7) scivolamento - quando le superfici articolari scorrono l'una sull'altra senza perdere il reciproco contatto, comune a tutte le diartrosi. Esamineremo ora pi dettagliatamente le articolazioni che pi rivestono importanza ai fini della mobilit, cio quelle che consentono movimenti pi vari e pi ampi. Esse sono: a) le articolazioni della colonna vertebrale; b) l'articolazione scapolo omerale; e) l'articolazione coxo-femorale. 42 Fig.1 ES. DI ARTICOLAZIONE CAPO ARTXOLARE SUPERIORE RI VESTMENTO CAf i TLAGI NEO CAPO ARTI COLARE INFERIORE TROCOOE SEMPLICE tt^T) ARTROCHA ENARTROSI 0 ARTIC SFERICA Rg. 2 TIPI DI DIARTROSI 43 ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE O RACHIDE La colonna vertebrale (fig. n. 3) costituita da trentatre o trentaquattro vertebre cosi suddivise: sette cervicali, dodici dorsali, cinque lombari, nove o dieci sacrali. Le vertebre sacrali sono saldate insieme e formano due ossa distinte, il sacro e il coccige. Caratteristiche delle vertebre Generalmente le vertebre hanno delle caratteristiche morfologiche uguali che possono essere identifi- cate in una vertebra dorsale (fig. n. 4-5). La vertebra dorsale costituita da un corpo cilindrico anteriore, denominato corpo della vertebra, nella parte posteriore esiste un foro, denominato foro vertebrale, nel quale situato il midollo spinale. Il foro limitato lateralmente da due tratti ossei, denominati peduncoli. Posteriormente ai peduncoli ed al foro si trova la massa apofisaria da cui hanno origine due sporgenze laterali denominate apofisi trasverse, una mediana detta apofisi spinosa, quattro piccole sporgenze verticali, due per lato, una superiore ed una inferiore, denominate apofisi articolari, perch servono a fare articolare ciascuna vertebra con quelle sotto e quelle sopra. Tra l'apofisi spinosa e le apofisi articolari esistono due masse ossee appiattite denominate lamine vertebrali. Le vertebre cervicali Le vertebre cervicali (fig. n. 6) si differenziano dalla vertebra precedentemente descritta per le caratteristiche seguenti: corpo vertebrale allungato in senso trasversale, sul margine superiore del quale sono posti due piccoli uncini ossei; apofisi spinosa bifida, essendo divisa in due parti, ad eccezione dell'ultima vertebra; esistenza di un foro detto foro intertrasversale. Caratteristiche ancora diverse presentano l'atlante e l'epistrofeo, che sono rispettivamente la prima e la seconda vertebra. L'atlante non ha n corpo vertebrale n apofisi spinosa, al loro posto si trovano due archi distinti, l'anteriore e il posteriore (fig. n. 7). Lateralmente agli archi si trova la massa laterale in cui si possono notare le apofisi articolari ed una superficie articolare, sia per la faccia superiore che per la faccia inferiore. La faccia superiore serve per l'articolazione tra l'atlante e l'osso occipitale, quella inferiore per l'articolazione fra l'atlante e l'epistrofeo. L'epistrofeo (fig. n. 8) che la caratteristica di possedere, sopra il suo corpo, una protuberanza cilindrica, detta apofisi odontoide. Ai lati della apofisi odontoide esistono due superfici pianeggianti, che servono per l'articolazione dell'epistrofeo con la faccia inferiore dell'atlante. Gli elementi vertebrali sono uniti insieme da una serie di articolazioni del tipo anfiartrosi. Ogni elemento unito all'altro da un disco cartilagineo, dai legamenti longitudinali anteriori e posteriori (che interessano l'intera colonna vertebrale), dal legamento giallo, dai legamenti intertrasversari, dai legamenti interspinosi e sovraspinosi. Movimenti della colonna vertebrale Data la poca mobilit tra le singole vertebre, prendere in considerazione il movimento tra due elementi vertebrali non ha un grande interesse, pertanto prenderemo in considerazione l'intero movimento della colonna vertebrale. I movimenti che pu compiere la colonna vertebrale sono: flessione in avanti, estensio- ne indietro, inclinazione (flessione) laterale, rotazione o torsione intorno all'asse longitudinale, cireumduzione. 44 Fig. 3 RACHIDE 0 COLONNA VERTEBRALE VERTEBRE CERVICALI VERTEBRE DORSALI VERTEBRE LOMBARI Fig.4 VERTEBRA DORSALE VISTA DALL'ALTO - CORPO DELLA VERTEBRA FORO VERTEBRALE APOFISI TRASVERSE APOFISI SPINOSA Fig. 5 VERTEBRA DORSALE VISTA LATERALMENTE CORPO VERTEBRALE NCISURA VERTEBRALE Flg.6 VERTEBRA CERVICALE APOFISI SPNOSA BFIDA FORO VERTEBRALE APOFISI TRASVERSE Fig.7 ATLANTE ARCO ANTERIORE -APOFISI TRASVERSE CAVIT GLENOIDI ARCO POSTERIORE Fig. 8 EPISTROFEO APOFISI ODONTOIDE APOFISI ARTICOLARI SUPERIORI APOFISI TRASVERSI 45 Si ha il movimento di flessione in avanti quando la colonna vertebrale compie un arco con concavit orientata verso l'avanti (fig. n. 9). Questo movimento limitato da: la tensione del legamento longitudinale posteriore; la limitata elasticit dei legamenti gialli; la distensione dei legamenti inter e sovraspinoso; la distensione della parte posteriore dell'anello fibroso dei dischi intervertebrali. Si ha il movimento di estensione quando la colonna verteorale compie un arco con concavit verso l'indietro (fig. n. 9). I fattori che limitano l'estensione sono: la tensione del legamento longitudinale anteriore; l'allargamento delle fibre collagene della parte anteriore del disco invertebrale; l'urto che avviene tra le apofisi spinose della regione toracica. Si ha la inclinazione laterale destra quando la colonna vertebrale si inclina sul piano frontale, formando un arco con concavit a destra, viceversa per la inclinazione laterale sinistra (fig. n. 10). La inclinazione laterale, per la regione cervicale e toracica, limitata dall'incontro delle apofisi trasverse delle vertebre; per la regione lombare da: la tensione dei legamenti gialli e della capsula delle articoiazioni interapofisarie; la distensione della parte laterale dell'anello fibroso e dei legamenti trasversali nel lato contrario a quello verso cui si realizza l'inclinazione. Si ha il movimento di rotazione, quando le vertebre ruotano verso destra o sinistra intorno ad un asse ben individuato ma che si pu identificare con quello longitudinale. La rotazione limitata da: la torsione dell 'anello fibroso del disco intervertebrale; la distensione del legamento giallo dal lato contrario a quello in cui avviene la rotazione. Si ha il movimento di cireumduzione quando i movimenti precedentemente descritti si combinano con un certo ordine, descrivendo una figura geometrica a forma di cono, il cui apice si trova sopra la base del bacino. Nella colonna vertebrale i movimenti variano di qualit e di quantit, da regione a regione. Essi dipendono dallo spessore dei dischi intervertebrali, dalla loro superficie, dalla struttura diversa delle vertebre. Una grande mobilit la troviamo nella regione cervicale, essendo i dischi intervertebrali molto alti e i corpi vertebrali piccoli. La regione cervicale pu compiere movimenti di: flesso-estensione, sono molto ampi e possono raggiungere i 130-150; inclinazione laterale, limitata dal contatto delle apofisi trasverse delle vertebre; rotazione destra e sinistra, pu raggiungere i 150in totale. Molto meno mobile della regione cervicale la dorsale essendo i dischi intervertebrali poco spessi, i corpi vertebrali molto grossi e l'inclinazione delle apofisi spinose molto marcata. I movimenti che pu compiere questa regione sono: flesso-estensione, secondo Dittemar pu raggiungere un'ampiezza media di 40per la flessione ed altrettanti per l'estensione; inclinazione laterale, pu raggiungere un'ampiezza media di 30per lato; rotazione, il movimento di rotazione ampio in virt della favorevole disposizione delle apofisi articolari vertebrali superiori ed inferiori, secondo alcuni autori il suo valore compreso fra i 30-90. Nella regione lombare il movimento di maggiore interesse la flesso-estensione, pu raggiungere un'ampiezza totale tra i 100-140, la ragione dovuta all'altezza relativamente grande dei dischi intervertebrali. II movimento di rotazione pressoch nullo, essendo il centro di rotazione delle articolazioni interapofi- sarie alla base delle apofisi spinose. Per le stesse ragioni le inclinazioni laterali hanno poca ampiezza, circa 40in totale. 46 W\ Fig. 9 FLESSIONE IN AVANTI AA' FLESSIONE IN AVANTI (L'ESCURSIONE E' DI 50CIRCA) AB ESTENSIONE (L'ESCURSIONE E' DI 40" CIRCA I Fig.10 INCLINAZIONE LATERALE AA 1 FLESSIONE LATERALE DESTRA (CIRCA 45) AA 2 FLESSIONE LATERALE SINISTRA (CIRCA 45) 47 ARTICOLAZIONE OCCIPITO - ATLANTOIDEA Notevole importanza riveste l'articolazione occipito-atlantoidea, esse unisce la testa alla colonna vertebrale. L'articolazione costituita dai due condili dell'occipite del cranio e dalle cavit glenoidee dell'atlante.Questa articolazione pu eseguire movimenti di flesso-estensione sul piano sagittale ed incli- nazioni sul piano frontale (piano parallelo alla fronte dell'individuo); il movimento di rotazione avviene invece tra l'atlante e l'epistrofeo (seconda vertebra), essendo quest'ultimo inserito tramite l'apofisi odontoide nell'arco ventrale dell'atlante. Nel movimento di flessione in avanti i condili dell'occipite slittano verso l'indietro sulle cavit glenoidi permettendo al mento di ruotare verso il basso ed all'indietro, avvicinandosi cos al manubrio dello sterno, mentre la nuca effettua un movimento contrario. Il movimento limitato da: il legamento cervicale posteriore che unisce l'occipite alle apofisi spinose delle vertebre cervicali; i legamenti occipito-atlantoidei laterali; i legamenti occipito-odontoidei; la parte dorsale del manicotto capsulo-legamentoso. Nel movimento di flessione dorsale o estensione avviene il movimento contrario alla flessione in avanti, i condili dell'occipite slittano in avanti sulle cavit glenoidi, permettendo cos al mento di ruotare verso l'alto, spostandosi leggermente indietro, e la nuca esegue il movimento contrario ruotando verso il basso in avanti. Questo movimento limitato da: il legamento occipito-odontoideo medio; il legamento occipito-atlantoideo anteriore; la distensione del legamento vertebrale comune anteriore; l'urto dell'occipite con l'arco posteriore dell'atlante. La flesso-estensione pu raggiungere in media valori di circa 50, di cui 20per la flessione e 30per l'estensione. Nel movimento di inclinazione laterale i condili occipitali slittano, l'uno avvicinandosi alla linea mediale l'altro allontanandosene. Questo movimento limitato da: la distensione del legamento occipito-atlantoideo laterale; la distensione del legamento occipito-odontoideo. L'inclinazione laterale pu raggiungere in media un'ampiezza di 15-20per ogni lato. Si pu notare, dai dati fornitici dai testi, che la testa ha poca mobilit, mentre invece i movimenti di cui gli atleti sono capaci risultano di gran lunga pi ampi. Ci dovuto al fatto che ai movimenti della testa si accompagna sempre un movimento delle vertebre cervicali (per esempio il contatto del mento con il manubrio dello sterno non potrebbe avvenire totalmente a carico della articolazione occipito-atlantoidea). 48 ARTICOLAZIONE SCAPOLO - OMERALE L'articolazione scapolo omerale formata dalla testa dell'omero e dalla cavit glenoide della scapola. Essa una diartrosi del tipo delle enartrosi per cui pu compiere tutti i movimenti. Le ossa interessate a questa articolazione sono la scapola e l'omero. La scapola, chiamata anche omoplata, un osso piatto di forma triangolare situato nella parte superiore e postero laterale del torace. La faccia anteriore, rivolta verso il torace, ha una larga fossa, denominata fossa sottoscapolare, dalla quale si ergono alcune creste, da cui originano i fasci del muscolo sottoscapolare (fig. n. 11). Sulla faccia posteriore si pu notare una sporgenza ossea, che divide in due parti la faccia stessa, denominata spina della scapola (fig. n. 12). La spina si estende dal basso in alto e dall'interno all'esterno in forma obliqua, termina poi lateralmente con l'acromion, che ha una forma piatta allargata. Superiormente alla spina si pu notare una fossa, denominata fossa sopraspina, da cui origina il muscolo omonimo. Nell'angolo esterno della faccia anteriore si pu notare una cavit, denominata cavit glenoide, in cui si articola la testa dell'omero, formando cosi l'articolazione scapolo omerale. Superiormente e medialmente alla cavit glenoide si pu notare un protuberanza ossea, denominata apofisi coracoide. L'omero un osso lungo, formato da una parte intermedia, denominata corpo o diafisi, e da due estremit o epifisi. Sulla faccia laterale del corpo si pu notare una cresta rugosa a forma di V, denominata V deltoidea, in cui si inserisce il deltoide, nella sua estremit distale (fig. n. 13). Sulla faccia posteriore del corpo si pu notare una doccia, che va dall'alto in basso e dall'interno all'esterno, denominata doccia di torsione (fig n. 14). Nell'estremit superiore dell'omero situata la testa dell'omero, che con la cavit glenoide della scapola forma l'articolazione scapolo omerale. La testa collegata al corpo dell'omero tramite il collo anatomico. Lateralmente al collo anatomico si trovano due protuberanze ossee separate tra loro da una doccia longitudinale, denominata doccia o solco bicipitale, entro la quale scorre il capo lungo del bicipite. Le due protuberanze sono denominate trochite la pi grande, situata in posizione postero laterale, trochine la pi piccola, situata in posizione antero mediale (fig. n. 13). Per quanto riguarda la parte distale ed inferiore dell'omero rimandiamo la descrizione ai testi di anatomia. Per aumentare la superficie articolare la cavit glenoide dotata di un orletto fibroso-cartilagineo denominato cercine glenoide (fig. n. 15). I mezzi di unione sono rappresentati da: la capsula articolare; il legamento coraco-omerale, che va dalla base dell'apofisi coracoide della scapola al trochite dell'omero; i legamenti gleno-omerali, superiore, medio ed inferiore, che vanno dal cercine glenoideo alla su perfide ossea vicina al trochine; i muscoli del cingolo scapolo-omerale (fig. n. 16). Movimenti dell'articolazione scapolo omerale I movimenti che l'articolazione pu compiere sono: abduzione, adduzione, anteroversione, retrover- sione, rotazione mediale e laterale, circonduzione. Esaminiamo singolarmente i pi significativi per la mobilit dell'articolazione. Abduzione il movimento di elevazione del braccio sul piano frontale (fig. n. 17), esso consta di due 49 fasi: La prima, in cui il braccio arriva a 90rispetto al corpo, si ha mediante uno scorrimento verso il basso della testa dell'omero nella cavit glenoide; essa limitata da: la tensione nella parte inferiore che esercita la capsula; il legamento gleno-omerale inferiore; il contatto del tronchite con la parte superiore del cercine glenoideo. Questa prima fase dell'abduzione dovuta alla contrazione del fascio medio del deltoide. Il deltoide si inserisce in alto sul terzo laterale del margine anteriore della clavicola, sull'apice e sul margine laterale dell'acromion, sul labbro inferiore del margine posteriore della spina della scapola; in basso fissato sulla V deltoidea dell'omero. La seconda fase, in cui il braccio pu arrivare fino a 180 dovuta ad un basculamento della scapola. La scapola tramite questo movimento, sposta l'angolo inferiore in fuori, dirige l'orientamento della cavit glenoide verso l'alto, permettendo cosi al braccio di elevarsi fig. n. 18 Il muscolo interessato a questo movimento il grande dentato, che si estende dalla faccia esterna delle prime nove coste al margine spinale della scapola. Anteroversione - il movimento, che si ha, quando dalla posizione eretta (braccia lungo i fianchi) si porta il braccio in avanti, descrivendo con l'estremo distale dell'omero un arco di cerchio. Il movimento avviene tramite lo slittamento della testa dell'omero nella parte bassa posteriore della cavit glenoide. Questo movimento limitato da: la distensione della parte posteriore della capsula; lo stiramento delle fibre posteriori del legamento coraco brachiale; la distensione del tendine del muscolo piccolo rotondo. Il muscolo interessato a questo movimento il fascio anteriore del deltoide. Retroversione - l'opposto del movimento precedente. In esso la testa dell'omero slitta in avanti alto sopra la superficie della cavit glenoide, descrivendo con l'estremo distale, verso l'indietro, un arco di cerchio meno ampio del precedente. Questo movimento limitato da: la tensione delle fibre anteriori del legamento coraco omerale; la distensione della parte anteriore della capsula; l'arrotolamento intorno alla testa dell'omero del tendine del muscolo sottoscapolare. Il muscolo interessato a questo movimento il grande rotondo, che si inserisce da un lato sul terzo inferiore della superficie ossea sottospinosa e sulla faccia posteriore dell'angolo inferiore della scapola, dall'altro sul labbro posteriore del solco bicipitale dell'omero. Circonduzione - l'insieme dei movimenti precedentemente descritti che si susseguono in ordine cronologico, descrivendo una figura conica molto piatta, la cui base descritta dalla parte distale dell'ome- ro, ed il cui vertice sta nell'articolazione scapolo-omerale. Questo movimento ha una grande ampiezza. La ragione sta nella grande mobilit della scapola, la quale con i suoi movimenti orienta la cavit glenoide in tutte le direzioni, evitando cos il contatto tra il trochite dell'omero ed il cercine glenoideo. 50 APOFISI CORACOIDE MARGINE SUPERIORE Fig.11 SCAPOLA DESTRA-FACCIA ANTERIORE SPINA DELLA SCAPOLA ANGOLO INFERIORE Fig.12 SCAPOLA DESTRA-FACCIA POSTERIORE TROCHITE TROCHINE SOLCO BICIPITALE V. DELTOIDEA FOSSETTA CORONOIDEA J: \\/ EPICONDILO -EPITROCLEA -TROCLEA CONDILO Flg. 13 OMERO DESTRO VEDUTO DAL DAVANTI EPITROCLEA TROCLEA - V. DELTOIDEA SOLCO RADIALE 0 DOCCIA DI TORSIONE FOSSA OLECRANICA Flg.14 OMERO DESTRO VEDUTO DA DIETRO 51 Fig.15 ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE SOPRASPINOSO SOTTOSCAPOLARE CAPO LUNGO DEL TRI CI PI TE GRANDE ROTONDO CAPOLUNGO DEL Fig.16 ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (INSERSIONI MUSCOLARI) Fig. 17 ELEVAZIONE DEL BRACCIO Fig.18 Scherno delle escursioni angolari delle vore articolazioni che concorrono al movimento di elevazione verticale del braccio 52 ARTICOLAZIONE COXO - FEMORALE L'articolazione coxo-femorale formata dalla testa del femore e dalla cavit cotiloide dell'osso iliaco. L'osso iliaco si articola con l'osso iliaco del lato opposto e con la porzione sacro-coccigea della colonna vertebrale per formarne il bacino. L'osso iliaco (fig. n. 19) nella vita fetale diviso in tre ossa distinte: ileo, pube, ed ischio. Nell'adulto queste tre ossa sono unite e formano un solo osso. Sulla faccia esterna si pu notare una cavit in cui si articola la testa del femore, denominata cavit acetabolica o cavit cotiloide. Davanti alla cavit acetabolica vi un foro, detto foro otturato. Nella faccia intema dell'osso (fig. n. 20) vi una linea arrotondata, denominata linea innominata, al di sopra di questa linea si estende la fossa iliaca, costituita da una larga superficie leggermente concava. I margini dell'osso sono divisi in quattro: superiore, inferiore, anteriore e posteriore. Il margine superiore chiamato anche cresta iliaca. Il margine inferiore presenta la tuberosit ischiatica, la branca discendente del pube ed ascendente dell'ischio. Il margine anteriore presenta nell'ordine dall'alto in basso: la spina iliacaantero-superiore, l'incisura innominata, la spina iliaca antero-inferiore, una superficie pianeggiante ed informe, il tubercolo e la spina del pube. Il femore costituito da un corpo e due estremit (fig. n. 21 ). Sul corpo del femore possiamo distinguere le facce, mediale e laterale, dove sono inseriti i fasci del muscolo quadricipite femorale. Sulla parte posteriore del corpo si pu notare un margine munito di una triforcazione sulla quale si inseriscono numerosi muscoli, chiamato linea aspra. Sulla estremit superiore, l'osso ha una conformazione sferica, chiamata testa del femore, collegata al corpo del femore dal collo anatomico, in posizione postero-laterale al collo del femore vi una protuberanza ossea, chiamata grande trocantere, mentre in posizione mediale ed inferiore vi un'altra protuberanza denominata piccolo trocantere. La testa del femore si inserisce nella cavit cotiloide dell'osso iliaco, formando con essa P articolazione dell'anca o coxo-femorale. Sull'estremit inferiore si possono notare due protuberanze ossee, una mediale ed una laterale, dette condili. In mezzo a questi due condili si pu notare una doccia profonda a forma di puleggia, chiamata troclea. L'articolazione coxo-femorale (fig. n. 22) tra le pi importanti, su di essa gravano circa i due terzi del peso corporeo. una enartrosi ed ha una grande mobilit, anche se inferiore a quella della scapolo omerale. formata, come si gi detto, dalla testa del femore e dalla cavit cotiloide. La cavit cotiloide ha una forma emisferica, che si pu dividere in due parti; la facies lunata all'esterno, e la fossa acetabolare all'interno, dove si inserisce il legamento rotondo. Nel margine esterno della cavit cotiloide c' un orletto, che aumenta la superficie articolare, chiamato cercine cotiloideo. I mezzi di unione dell'articolazione sono rappresentati dalla capsula fibrosa, che si inserisce sul collo del femore nella parte inferiore, sul cercine cotiloideo e sulla superficie ossea adiacente nella parte superiore, e dai seguenti legamenti (fig. n. 23): a) ileo femorale, che nella parte prossimale si inserisce sulla spina iliaca antero-inferiore, e nella parte distale si divide in due fasci, uno inserito sul piccolo trocantere, ed uno sul grande trocantere; b) pubo-femorale, che va dal bordo della cavit cotiloide alla capsula fibrosa; e) rotondo, un legamento intracapsular che si inserisce sulla testa del femore da un lato e nella cavit acetabolare dall'altro (fig. n. 22). 53 Movimenti dell'articolazione coxo - femorale I movimenti che pu compiere l'articolazione coxo-femorale sono: flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione, ed una circonduzione limitata. Esaminiamoli singolarmente. Flessione della coscia sul bacino. Per la flessione abbiamo diversi valori a seconda che venga effettuata a gamba tesa o a gamba flessa, in forma attiva o in forma passiva. I valori, in forma passiva, fornitici dal Dal Monte sono: a gamba tesa 120, a gamba flessa 145. I differenti valori sono dovuti alla tensione dei muscoli flessori della gamba sulla coscia. I muscoli che intervengono in questo movimento (fig. n. 24) sono: il tensore della fascia lata che si inserisce in alto sulla spina iliaca antero-superiore, in basso sulla tuberosit laterale della tibia; lo psoas-iliaco, costituito in alto da due parti, inserite rispettivamente sulla base e sul corpo delle apofisi trasverse della dodicesima vertebra dorsale e di tutte le lombari lo psoas, sulla fossa iliaca interna e sulla cresta iliaca l'iliaco, in basso il muscolo si inserisce sul piccolo trocantere del femore; il sartorio, in alto si inserisce sulla spina iliaca antero-superiore e sull'incisura sottostante, in basso sulla parte pi alta della faccia mediale della tibia. Estensione della coscia sul bacino. Anche per questo movimento abbiamo dei diversi valori, a seconda che venga effettuato a gamba tesa o flessa, in forma attiva o passiva. Essi sono: in forma attiva a gamba tesa 20; in forma attiva a gamba flessa 30. Questi differenti valori sono dovuti alla tensione dei muscoli estensori della gamba sulla coscia, e dei legamenti. I muscoli che interessano questo movimento sono: il grande gluteo, si inserisce in alto sulla faccia laterale dell'osso iliaco e sulla parte adiacente del labbro esterno della cresta iliaca, in basso sulla tuberosit glutea del femore; il bicipite femorale, in alto diviso in due capi, il lungo si inserisce sulla tuberosi ischiatica, il breve sul terzo medio del labbro laterale della linea aspra, in basso si inserisce sulla testa del perone; il semitendinoso, in alto si attacca sulla tuberosit ischiatica, vicino al bicipite femorale, in basso sulla parte pi alta della faccia mediale della tibia; il semimembranoso, in alto ha origine sulla tuberosit ischiatica, in basso il tendine si divide in tre fasci, il discendente, che si inserisce sulla parte posteriore del condilo mediale della tibia, l'orizzontale che si inserisce sulla parte antero-mediale di detto condilo, il ricorrente che si inserisce sul guscio fibroso del condilo laterale del femore e sullo spazio intercordileideo. Abduzione - Per questo movimento occorre prendere in considerazione ambedue gli arti inferiori, perch abducendo un arto si ha una rotazione del bacino nel senso dell'abduzione, per cui automaticamen- te l'altro arto rimane abdotto (fig. n. 25). I fattori che delimitano questo movimento sono il legamento pubo-femorale, l'ischio femorale, ed il contatto del grande trocantere sull'ileo. Altro fattore che influenza l'ampiezza del movimento lo stato di flessione dell'arto, maggiore ad arto flesso, minore ad arto esteso. I valori che si possono raggiungere, con il movimento contemporaneo di ambedue gli arti, sono di 120-130in forma attiva, fino a 180in forma passiva. I muscoli interessati a questo movimento sono: il tensore della fascia lata, gi descritto in precedenza; il piccolo gluteo, che si origina in alto sulla faccia laterale dell'osso iliaco e sul labbro esterno della cresta iliaca, in prossimit della spina iliaca antero-superiore, e in basso si inserisce sul margine anteriore del grande trocantere; 54 CAVIT* COTILOIDE 0 ACETABOLICA FORO OTTURATO Fig. 19 OSSO ILIACO DESTRO-FACCIA ESTERNA CAVITA COTILOIDE SINFISI PUBICA Fig. 20 BACINO-VISTO DAL DAVANTI LINEA INNOMINATA GRANDE TROCANTERE FACCIA ANTERIORE CONDILO LATERALE TROCLEA Flg. 21 FEMORE DESTRO-VEDUTO DAL DAVANTI CERCINE COTILOIDEO FOSSA ACETABCUC Flg 22 ARTICOLAZIONE COXO-FEMORALE 55 MUSCOLO RETTI ANTERIORE LEGAMENTO PUBOFEMORALE PSOAS ILIACO Fig.23 MUSCOLATURA DELL'ARTICOLAZIONE DELL'ANCA Fig. 24 MUSCOLI FLESSORI DELL'ANCA A- ABDUZIONE VERA DELLA COSCIA B-ABDUZIONE DELLA COSCIA CON BASCULA DEL BACINO Flg. 25 56 il medio gluteo, che si inserisce in alto sulla faccia esterna dell'osso iliaco e in basso sulla faccia laterale del grande trocantere. Adduzione - un movimento che pu verificarsi quando l'arto inferiore in flessione o in estensione. Il valore che pu raggiungere questo movimento di 30-40. I muscoli interessati sono: il muscolo gracile, ha origine in alto sulla superficie angolare del pube, termina in basso sulla parte prossimale della faccia mediale della tibia; il pettineo, si inserisce in alto sul tubercolo del pube e sulla cresta pettinea e termina in basso sulla linea pettinea del femore (tra la linea aspra ed il piccolo trocantere) il lungo adduttore, si inserisce in alto sulla faccia anteriore del pube (fra il tubercolo e la sinfisi), termina in basso sul terzo medio del labbro mediale della linea aspra del femore; l'adduttore breve, si origina sulla superficie angolare del pube e termina sul terzo superiore del labbro mediale della linea aspra; il grande adduttore, si inserisce in alto sulla tuberosit ischiatica e sulla branca ischio pubica, in basso sul labbro mediale e sul ramo mediale di biforcazione della linea aspra del femore. Rotazione - Anch'essa condizionata dalla posizione dell'arto, infatti a coscia flessa pu raggiunge- re i 90, a coscia distesa non supera i 50-60. Per i muscoli interessati a questo movimento dobbiamo fare una distinzione tra rotazione in dentro e rotazione in fuori. Per la rotazione in dentro i muscoli interessati sono: il medio gluteo (gi descritto); il piccolo gluteo (gi descritto). Per la rotazione in fuori i muscoli sono: il grande gluteo (gi descritto); il bicipite femorale (gi descritto); il muscolo gracile (gi descritto); il pettineo (gi descritto); il lungo adduttore (gi descritto); l'adduttore breve (gi descritto); il grande adduttore (gi descritto); l'otturatore interno, si attacca sulla faccia interna della membrana otturatrice, dalla superficie quadrila- tera posta tra la grande incisura ischiatica ed il foro otturato, e termina nella parte superiore della cavit digitale del grande trocantere del femore; l'otturatore esterno, si origina dal ramo ascendente dell'ischio, dalla faccia anteriore del ramo orizzon- tale e discendente del pube e dalla benderella sottopubica, termina nel fondo della cavit digitale del grande trocantere del femore; il piramidale del bacino, prende origine in alto, mediante tre fasci, sulla faccia anteriore dell'osso sacro, precisamente intorno al secondo e terzo foro, e termina sul margine superiore del grande trocantere"; i gemelli pelvici, sono distinti in superiore e inferiore, il gemello superiore si attacca sulla faccia esterna e sul margine inferiore della spina ischiatica, il gemello inferiore,invece, si attacca sulla tuberosit ischiatica; ambedue terminano in parte sul tendine dell'otturatore interno e in parte nella cavit digitale del grande trocantere del femore; il quadrato del femore, prende origine sul margine laterale della tuberosit ischiatica e termina sul grande trocantere del femore. Circonduzione - l'insieme, in ordine cronologico, dei movimenti precedentemente descritti, la sua ampiezza molto pi limitata di quella del movimento corrispondente della scapolo omerale. 57 ESERCIZI PER LO SVILUPPO DELLA MOBILIT Mobilizzazione dell'articolazione occipito-atlantoidea e del tratto cervicale del rachide Mobilizzazione attiva 1 ) Flessioni ed estensioni della testa sul piano sagittale. Posizione di partenza: eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: flessione - portare la testa in avanti-basso, in modo tale che il mento urti sullo sterno; estensione - portare la testa indietro in modo tale che la nuca urti sul dorso. 2) Inclinazioni laterali della testa a destra ed a sinistra, sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare la testa in modo tale che il lobo dell'orecchio vada ad urtare sulla spalla. 3) Circonduzioni della testa. Posizione di partenza: eretta, testa appoggiata sullo sterno, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare la testa sulla spalla destra, indietro, sulla spalla sinistra e di nuovo sullo sterno, senza soluzione di continuit. Osservazioni: eseguire l'esercizio ad occhi aperti, cambiare senso di rotazione ogni due o tre ripetizioni, per evitare il senso di vertigine che si viene a creare eseguendo l'esercizio sempre nello stesso senso. 4) Torsioni della testa. Posizione di partenza: eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: ruotare la testa alternativamente a destra ed a sinistra, intorno ad un asse passante all'incirca al centro dell'articolazione dall'alto verso il basso. Mobilizzazione passiva. 1 ) Flessioni (avanti e indietro), inclinazioni laterali, circonduzioni. Attrezzo: Materassina. Posizione di partenza: a terra in ginocchio, testa appoggiata sul tappeto, mani sulla materassina all'altezza della testa. Esecuzione: caricando sulla testa il peso del tronco eseguire i movimenti gi descritti. Variante:per aumentare il carico sull'articolazione occipito-atlantoidea passare dalla posizione in ginocchio ad una posizione a gambe divaricate e tese, con testa il pi vicino possibile alla linea passante per i piedi, e mani dietro la schiena. 58 Mobilizzazione prevalente del tratto dorsale del rachide Mobilizzazione passiva 1 ) Inclinazioni laterali del busto a destra e sinistra. Posizione di partenza: eretta, gambe leggermente divaricate, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il busto di lato facendo compiere alla colonna vertebrale un arco con concavit verso un lato e successivamente verso l'altro. Variante: portare le mani dietro la nuca. Mobilizzazione attiva 1 ) Torsioni del busto. Posizione di partenza: eretta, gambe divaricate, braccia orizzontali piegate a 90. Esecuzione: ruotare alternativamente il busto a destra ed a sinistra. Variante: braccia tese in fuori. 2) Circonduzioni del busto (mobilit fortemente anche il tratto lombare) Posizione di partenza: gambe divaricate, posizione del busto inclinata in avanti, mani ai fianchi. Esecuzione: portare il busto inclinato su un lato, indietro, sull'altro lato, in avanti. Osservazioni: far eseguire i movimenti ad occhi aperti ed invertire il senso di rotazione ogni due tre ripetizioni. Variante: portare le mani dietro la nuca. Mobilizzazione prevalente del tratto lombare del rachide Mobilizzazione passiva. 1 ) Flessione del busto in avanti. Posizione di partenza: eretta, braccia in alto distese, gambe unite e tese. Esecuzione: portare il busto in avanti-basso, fino a toccare la faccia sulle gambe e le palme delle mani per terra. Variante: per aumentare l'impegno dell'esercizio, portare le mani dietro la nuca, o dietro la schiena. 2) Estensioni del busto indietro. Posizione di partenza: eretta, braccia in alto distese, gambe unite. Esecuzione: portare il busto indietro-in basso ed il bacino in avanti, testa estesa indietro. Variante: come l'esercizio precedente; 3) Estensioni alla spalliera del busto all'indietro (mobilita anche l'articolazione scapolo omerale) Attrezzo: spalliera. Posizione di partenza: seduti dorso alla spalliera, gambe piegate in appoggio plantare, braccia che impugnano la spalliera all'altezza della testa. 59 Esecuzione: raddrizzare le gambe, spostare il bacino e le spalle in avanti, stendendo le braccia, e terminare in iperestensione dorsale. Mobilizzazione attiva. 1) Flessioni del busto in avanti. Attrezzo: panca. Posizione di partenza: decubito supino, arti inferiori bloccati, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il tronco in alto-in avanti in modo da toccare le ginocchia con la faccia. Variante: per aumentare l'impegno portare le mani dietro la nuca oppure in alto sopra la testa. 2) Estensioni del busto indietro. Attrezzo: panca. Posizione di partenza: decubito prono, arti inferiori bloccati, tronco sporgente sulla panca, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il tronco in alto. Variante: per aumentare l'impegno portare le mani dietro la nuca oppure in alto sopra la testa. Mobilizzazione della articolazione scapolo - omerale Mobilizzazione attiva. 1 ) Slanci delle braccia per avanti-alto e in basso-dietro. Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare le braccia, slanciandole, in avanti-alto e, di seguito, in avanti-basso-dietro. 2) Slanci delle braccia in fuori. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti. Esecuzione: portare le braccia, slanciandole, in fuori, portando contemporaneamente le palme verso l'alto. 3) Circonduzione delle braccia. Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare le braccia in avanti, alto, dietro, basso, avanti; dopo alcune ripetizioni invertire. Mobilizzazione passiva. 1 ) Circonduzione forzata degli arti superiori. Attrezzo: bastone. Posizione di partenza: eretta, braccia in basso avanti, impugnare con ambedue le mani un bastone. Esecuzione: portare il bastone in avanti, alto, dietro, basso e ritornare per basso, dietro, alto, avanti. Osservazioni: durante l'esecuzione mantenere gli arti superiori distesi e non allargare l'impugnatura di partenza sul bastone. 60 2) Retroversione (o proiezione indietro) forzata degli arti superiori. Con partner. Posizione di partenza: supini, braccia in fuori, partner seduto dietro con presa ai polsi. Esecuzione: il partner porta le braccia dell'esecutore, facendole passare per il basso-dietro, in retroversione forzata, portandole pi in avanti possibile ed avvicinandole fino a far toccare le mani tra di loro. Mobilizzazione della articolazione coxo - femorale Mobilizzazione attiva. 1 ) Flessione della coscia sul bacino sul piano sagittale. Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in avanti alto, in modo tale da toccare il petto con il ginocchio. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi in avanti. 2) Flessione della coscia sul bacino sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti basso con le palme delle mani appoggiate sull'inguine, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in alto di lato, avvicinando il pi possibile il ginocchio alla spalla. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi di lato. 3) Circonduzione della coscia sul bacino. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti basso con le palme delle mani appoggiate sull'inguine, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in avanti-alto, in fuori, indietro e quindi di nuovo in posizione di partenza. 4) Slanci dell'arto inferiore in avanti e in dietro sul piano sagittale. Posizione di partenza: eretta, mani sui fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare l'arto inferiore verso l'avanti-alto, avvicinando il pi possibile il ginocchio al petto, e successiva- mente verso l'indietro-alto. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi in avanti, l'arto che si muove deve essere a ginocchio bloccato. 5) Slanci dell'arto inferiore verso l'esterno (in fuori) e verso l'interno (in dentro) sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, mani sui fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare l'arto inferiore verso l'esterno-alto e successivamente verso l'interno-alto sollevandolo il pi possibile. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve inclinarsi, l'arto che si muove deve essere a ginocchio bloccato. 61 TEST DI VALUTAZIONE PER LA MOBILIT 1 ) Estensione all'indietro della colonna vertebrale. Misurare la distanza che intercorre tra la testa ed i piedi del giovane che si trova nella posizione di ponte al massimo dell'altezza. 2) Flessione in avanti della colonna vertebrale. Dalla posizione eretta sopra di una panca si effettua una flessione massima del busto in avanti. La misurazione si far tenendo fisso un metro con i 50 cm. in corrispondenza del piano della panca. 3) Inclinazione laterale della colonna vertebrale. Si mette il giovane con le spalle al muro e si misura nella posizione eretta il punto in cui arriva la mano, si fa effettuare una inclinazione massima laterale e si prende nuovamente la misura dove arriva la punta delle dita. La differenza fra questi due punti il valore della flessibilit laterale. 4) Circonduzione degli arti superiori con bastone centimetrato. Mettere il giovane in posizione eretta. Fare impugnare il bastone con ambedue le mani. Portare il bastone in avanti, alto, dietro, senza piegare gli arti superiori. Il valore della mobilit dato dall'impu- gnatura delle mani sul bastone. 5) Divaricata degli arti inferiori sul piano sagittale (spaccata). Sorreggendosi ad un appoggio, divaricare gli arti inferiori uno in avanti e l'altro indietro. La mobilit data dalla distanza tra il pube e la terra. 62 La periodizzazione dell'allenamento CONCETTO E PRINCIPI DELLA PERIODIZZAZIONE Individuati tutti i mezzi di allenamento di cui si pu disporre, importante attingervi a pie- ne mani, non privilegiandone alcuni a scapito degli al tri , ma dando solo la preferenza in senso quantitativo a quelli che, in funzione dell'et e della qualificazione dell'atleta, devono essere usati pi degli altri in quel determinato periodo della stagione agonistica. Si deve quindi operare una scelta che determini il contenuto degli allenamenti, vale a dire una scelta dei mezzi da usare e della metodologia con cui vanno usati. Cos facendo non si fa altro che pianificare gli allenamenti o, per meglio dire, program- marli, in quanto la programmazione la realizzazione pratica della pianificazione, intendendo- si per pianificazione la proiezione di una attivit futura per un periodo di tempo piuttosto lungo. Attualmente il principio razionale ispiratore della pianificazione, e quindi della program- mazione dell'allenamento sportivo quello della periodizzazione, cio della suddivisione in periodi del ciclo annuale dell'allenamento. In passato si faceva dipendere la periodizzazione dal calendario agonistico, oggi si cerca di far dipendere il calendario agonistico dalla periodizzazione, si cerca cio di compilare il ca- lendario in modo tale che i principi basilari della periodizzazione vengono rispettati. I principi della periodizzazione obbediscono a precise leggi fisiologiche che governano la capacita dell'organismo di raggiungere il miglior grado di forma e di mantenerlo per un certo tempo; essi possono venir riassunti in poche parole: le gare importanti devono essere concentrate in uno od al massimo due periodi non troppo lunghi; ogni periodo agonistico vero e proprio deve essere preceduto da un periodo preparatorio sufficientemente lungo; al ter- mine di ogni periodo preparatorio vanno inserite gare non importanti, di controllo, con im- pegno crescente, per disputare le quali pero non va modificato il piano di lavoro; al termine di ogni periodo agonistico (fondamentale) bene fare un periodo transitorio, anche se breve, di relativo riposo. Un calendario razionalmente concepito deve inoltre tenere conto anche dell'et degli atle- ti cui e destinato Purtroppo ancora oggi il calendario agonistico risponde solo in parte a questi requisiti, dovendo coloro che lo stilano barcamenarsi tra il rispetto dei principi che ispirano la perio- dizzazione ed altre esigenze di varia natura di cui impossibile non tener conto. Nel prosieguo di questo lavoro si cercher di teorizzare la periodizzazione dell'allena- mento in modo abbastanza pratico, portando varie esemplificazioni per chiarirne al massimo i principi Sara compito poi di ogni singolo allenatore adattare questi principi alle proprie esi- genze nel miglior modo possibile, tenendo conta del calendario effettivo, dell'et degli atleti, della loro qualificazione e del tempo a disposizione per gli allenamenti. 65 CONCETTO E FASI DELLA FORMA SPORTIVA Cerchiamo ora di analizzare un po' pi a fondo il concetto di forma sportiva e le leggi che ne regolano lo sviluppo, poich, come si gi detto, la periodizzazione dell'allenamento deve, per quanto possibile, basarsi su di esse. Innanzitutto distinguiamo tra condizione fisica e forma. La condizione fisica determi- nata da un alto livello delle capacit funzionali dell'organismo, possiamo dire che uno status di base dell'atleta che pu essere mantenuto molto a lungo. La forma, che un atleta pu raggiungere solo partendo da una buona condizione fisica, molto difficile da definire; potremo indicarla come quello stato in cui l'atleta riesce a sintetizzare tutte le proprie ca- pacit fisiche ed a finalizzarle ad uno scopo ben preciso, quello agonistico, rendendosi dispo- nibile al massimo rendimento sia da un punto di vista fisico che psichico. Vi sono tre teorie sul raggiungimento e sj l mantenimento della forma. La prima la con- sidera uno stato estremamente labile che pu essere raggiunto rarissime volte nella carriera agonistica di un atleta, a volte anche inaspetta:amente. Questa teoria, pur fondandosi su dei dati di fatti obiettivi, si riferisce solo a punte estreme che non possono ovviamente condizio- nare la periodizzazione. La seconda, al contrario, considera possibile mantenere un alto gra- do di forma per periodi molto lunghi; evidente come qui si confonda lo stato di condizione con lo stato di forma. La terza, che quella che riteniamo pi rispondente alla realt e quin- di quella da prendere in considerazione nella periodizzazione, considera la forma uno stato che pu essere raggiunto uno, due. al massimo tre volte in un anno e mantenuto per un certo pe- riodo di tempo, la cui durata determinata dal numero d picchi annuali che intendiamo far raggiungere allo stato di forma. Fig. n. 6 wr//////^-//y/>A <0J X. , * | 11 ! I l t . y L V ( v y V v FIGN 6 Zi " VS/MVW* Uuiq*pr.airi der isorllulnn Form Fig. n. 6 - Tipi pri nci pal i di dinamica del rendi mento nel l ' arco di un ci cl o annuale di al l enamento e loro supposto rapporto con le fasi della forma sporti va. Gli esempi sono presi dai l anci atori del l ' at l et i ca l eggera; val ori medi . Legenda: JD = media annuale dei ri sul t at i . ZE = fase i ntermedi a. Moriate des Zykl us = mesi del ci cl o. Entwi ckl ungsphasen des sportl i chen Form = fasi di svi l uppo del l a forma sport i va. Sportl i che Leistung rel ati v zum Jahresmi ttel ni veau = prestazi one agoni sti ca rel ati va al l i vel l o annuale medi o. 66 Nel processo di acquisizione della forma si distinguono tre fasi: di sviluppo, di manteni- mento e di perdita temporanea. La fase di sviluppo comprende due tappe: 1) ricerca di una efficienza generale allo scopo di aumentare le capacit funzionali dell'or- ganismo. Ci si ottiene attraverso una attivit il pi multiforme e poliedrica possibile; 2) ricerca degli elementi che portano al raggiungimento della forma vera e propria attra- verso la prevalenza del lavoro specifico sia per quanto riguarda le qualit fisiche che le capacit tecnico-tattiche. La fase di mantenimento o di stabilizzazione caratterizzata da leggere ondulazioni del grado di forma, dovute all'andamento ondulatorio dei carichi di allenamento, che si realizza con opportune variazioni della quantit e della intensit, oppure dovute a cause contingen- ti di lieve entit come piccoli traumi o leggere indisposizioni; le oscillazioni in ogni modo non devono essere marcate. La fase della perdita temporanea della forma si ha nel periodo transitorio ed caratteriz- zata da un calo della condizione generale che per non deve essere troppo pronunciato. A ta- le proposito chiaramente da evitare un abbandono assoluto dell'attivit fisica; si deve anzi cercare, con un allenamento appropriato, di mantenere la condizione fisica ad un livello ac- cettabile, cos da poter raggiungere nel successivo periodo di formazione (prima tappa dello sviluppo) un livello pi elevato di rendimento di quello raggiunto nel ciclo precedente. E' molto importante ricordare che l'eccessivo prolungamento del periodo di mantenimento causa delle difficolt notevoli nello sviluppo della forma nel ciclo successivo. Per quanto riguarda la durata ottimale delle varie fasi del ciclo di sviluppo della forma (fase di formazione pi fase di mantenimento pi fase di perdita temporanea), questa dipende dall'et dell'atleta, dalle sue peculiarit individuali e dal livello della sua condizione fisica generale. Per i giovani la periodizzazione deve essere pi elastica, gli obiettivi immediati sono meno importanti e il fine principale deve essere quello di alzarne il livello delle qua- lit fisiche facendogli nel contempo fare esperienze agonistiche molteplici; di conseguenza il tempo da dedicare alla prima tappa della fase di formazione sar notevole, mentre sar di mol- to inferiore il tempo da dedicare alla seconda tappa, sempre della fase di formazione, ed alla fase di mantenimento. Per gli atleti pi anziani ed evoluti invece la possibilit di miglioramento delle qualit fisiche ormai limitata, mentre la loro stabilit notevole, quindi potr essere pi breve il tempo dedicato allo sviluppo della forma e conseguentemente pi lungo il tempo dedicato al mantenimento della stessa. Per questi ultimi l'allenamento in sostanza potr e dovr essere finalizzato esclusivamente per il raggiungimento di determinati obiettivi. Adottando un ciclo annuale il periodo dedicato allo sviluppo della forma potr essere di 5-6 mesi, non pretenden- do ovviamente di mantenere la forma al massimo per tutta la fase di mantenimento, ma fa- cendole compiere leggere ondulazioni. Adottando un ciclo semestrale invece, allo sviluppo della forma saranno destinati non pi di 1-2 mesi. In quest'ultimo caso si verificher una sovrapposizione tra la fase di per- dita della forma di un ciclo e la fase di sviluppo del ciclo successivo, questo perch i periodi non debbono considerarsi rigidamente delimitati, ma collegati tra loro nel tempo. L'adozione di tre cicli ogni anno da scorsigliarsi perch meno razionale delle due sopra esposte, quindi ogni calendario ben congegnato dovrebbe non invogliare gli allenatori ad adot- tarla. Per i giovani si deve consigliare una periodizzazione con un ciclo annuale, per gli atleti pi evoluti quella semestrale: anche per questi ultimi comunque ogni 4-6 cicli semestrali bene introdurre un ciclo annuale, in quanto c'ue cicli semestrali implicano, rispetto ad un ci- clo annuale, un maggior numero di impegni agcnistici ad alto livello e di conseguenza una mag- gior fatica psico-fisica. 67 LA COSTRUZIONE DELL'ALLENAMENTO Si realizza partendo dai principi dell'allenamento che abbiamo esposto: la multilateralit, la continuit, la dinamica e la ciclicit dei carichi, la individualizzazione. L'allenamento nella sua totalit va costruito programmandolo unit per unit; ogni alle- namento singolo per va programmato tenendo conto del microciclo in cui inserito e degli altri allenamenti singoli del microciclo; ogni microciclo tenendo conto del mesociclo in cui inserito e degli altri microcicli del mesociclo; ogni mesociclo tenendo conto del periodo cui si riferisce. Vediamo ora come si pu costruire razionalmente un singolo allenamento, un microci- clo e un mesociclo, portando anche alcuni esempi in modo da chiarire ancor pi le idee. Struttura di un allenamento singolo Ogni allenamento singolo, si compone di tre parti: preparatoria, fondamentale, conclusiva. La parte preparatoria detta comunemente riscaldamento , in essa si eseguono eserci- zi di ginnastica generale, di mobilit, di imitazione, per la concentrazione ed alcuni esercizi specifici come gli esercizi in ponte. La durata media della parte preparatoria sar di circa 20 minuti; sar pi breve per allenamenti in cui si dedicher molto tempo alla parte fondamen- tale e pi lunga e pi ricca di contenuti per allenamenti in cui la parte fondamentale sar ab- bastanza breve e molto intensa. La parte fondamentale avr una durata che potr variare dai 60 ai 120 minuti e pi, na- turalmente la durata dipender dai contenuti e dall'intensit del carico. In genere la parte fon- damentale sar finalizzata, vale a dire che essa sar dedicata prevalentemente allo sviluppo delle qualit fisiche o della tecnica (apprendimento o perfezionamento) o della tattica (pre- parazione colpi) o della tecnica e della tattica (perfezionamento e preparazione colpi). Per quan- to riguarda le qualit fisiche in genere, sar bene finalizzare ulteriormente l'allenamento, e non dedicare la stessa seduta allo sviluppo di tutte le qualit fisiche; vi deve essere perlo- meno la netta prevalenza di una sulle altre. Naturalmente nella parte fondamentale ricadono tutti i tipi di incontro. La parte conclusiva, durata media 20 minuti, sar dedicata ad esercizi di allungamento e rilassamento, potr comprendere anche la sauna e i massaggi e, come la parte preparatoria, sar pi lunga e varia se la parte fondamentale stata breve e con grande intensit di carico. Alcuni esempi di come si costruisca una singola unit di allenamento si possono vedere negli schemi n. 2-3-4-5. 68 ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO Parti < oc O i - < ce < a. LU CE Q_ LU _ l < 1 z LU < Q z O Li . < > CO _ J o z o o CONTENUTO Corsa l eggera; Corsa vari a; Eser- cizi di gi nnasti ca general e; Eser- cizi per la concentrazi one nervo- sa; Esercizi di mobi l i t Esercizi di acrobati ca (tuffi a pe- sce capri ol e i ndi etro, ri bal tate in avanti , ri bal tate i ndi et ro, sal ti mort al i in avanti , sal ti mortal i i ndi et ro, vari ti pi di ruota . . . ) Al t r i t i pi di balzi vari (i n l ungo, in al to, l ateral i , su una gam- ba. . . ) Corsa, scatti brevi (50 mt.) Corsa scatti media di st. (200 mt.) Corsa vel oci t prolungata Giuochi sport i vi (a t enere la pal- la, due squadre di 4-5) Esercizi di ri l assamento e allun- gamento INDICAZ. METODOLOG. Brevi ri cuperi tra un eserci zi o e l' altro Di vi si in gruppi di 5-6, con sostegno o senza secondo l' abilit Ricupero tra una ese- cuzione e l' altra Balzi si ngol i e in seri e di 5-6, buon ri t mo Ricupero tra una esecu- zione e l' altra 10 scat t i , 1 ogni 45" Ri cupero fine esercizio 4 scat t i con 1 ' 30" di ri cupero tra uno e l'al- t ro Ricupero fi ne eserci zi o 1 serie di 1' Ricupero fi ne eserci zi o 2 x 1 0 ' con 5' di ricupe- ro, ri t mo el evato Ri cupero fine eserci zi o Brevi ri cuperi t ra un eserci zi o e l ' al tro TOTALE D U R A T A ef f et t i va 15' 10' 10' f 2' r 20' 8' 57' ri cupero 5' 20' 10' 6' 2' 4' 30" 3' 5' 5' 5' 2' 67' 30" compl es. 20' 30' 20' 9' 9' 30" 6' 30' 10' 124'30" Pulsazioni 120-130 140-150 150-160 160-180 180-200 ol t re 200 150-160 80-100 Periodo preparatorio, 1 gruppo. Allenamento per abilit motoria, velocit e resistenza generale. Carico medio, infatti intensit medio-grande = 6,7, quantit medio-leggera Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro. 57. 69 ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO Parti < ce O CC < a. LU ce Q_ w - J < 1 - z 5 < Q Z o LL < > CO = > - J o z O O CONTENUTO Corsa l eggera; Corsa vari a; Eser- ci zi di gi nnasti ca general e; Eser- ci zi per la concentrazi one nervo- sa (es. scat t i brevi ); Esercizi di ri scal damento per il pont e; Eser- cizi di mobi l i t Esecuzioni t ecni che con partner per apprendi mento nuove azioni t ecni che Incontro di datti co di al l enamento Esercizi speciali per il ponte Scatti su distanza medi a (200 mt.) Giuochi sport i vi (Pallacanestro) Esercizi di ri l assamento e allun- gamento INDICAZ. METODOLOG. Brevi ri cuperi tra un eserci zi o e l' altro 6 x 5 ' (6 seri e di 5 mi - nuti ) 3 seri e si esegue, 3 seri e si fa il partner; partner che non fa re- si stenza Ricupero fi ne eserci zi o 10 x 2' al ternando chi esegue, partner che fa resi stenza medi a, ogni 2 seri e 1' di ri cupero Ricupero fi ne eserci zi o Il ri cupero va i nseri t o tra un eserci zi o e l ' al tro 6 seri e di ci rca 30", ri - cupero T30" vel . appe- na i nf eri ore alla max. Ricupero fi ne eserci zi o 2 x 5 ' con 3' di ricupe- ro, ri t mo el evato Ricupero fine eserci zi o Brevi ri cuperi t ra un eserci zi o e l ' al tro TOTALE D U R A T A effetti va 20' 30' 20' r 3' 10' 10' 100' ri cupero 5' 5' 4' 5' 3' 7' 30" 2' 30" 3' 3' 2' 40' compl es. 25' 35' 29' 10' 13' 16' 12' 140' Pulsazioni 120-130 130-140 140-150 140-150 180-200 150-160 80-100 Periodo preparatori o, 1 gruppo. Al l enament o per apprendi mento e perfezi onamento azioni t ecni che. Cari co grande, i nfatti i ntensi t media = 5 e quanti t grande = 100. Previ sti 6 al l enamenti setti manal i nel piano di l avoro. 70 ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO Parti < ce O l < ce < UJ ce Q. UJ < i - Z UJ 5 < D Z o L_ < > co 3 O z O u CONTENUTO Corsa l eggera; Corsa vari a; Eser- ci zi di gi nnasti ca general e; Eser- cizi per la concentrazi one nervo- sa; Esercizi di mobi l i t ; Esercizi speci al i per il ponte Tecnica i ndi vi dual e guidata (si parte da una presa i ndi cata dal- l ' al l enatore e si eseguono alcune combi nazi oni , ogni atl eta sce- glie le pref eri t e) Incontro di al l enament o: Lotta a terra Riprese brevi e massi mal i di lot- ta in piedi Proiezioni con il mani chi no Gi uochi sporti vi (Pallacanestro) Esercizi di ri l assamento e al l un- gamento INDICAZ. METODOLOG. Brevi ri cuperi tra un eserci zi o e l' altro 10 x 2'. ogni seri e ese- gue un solo l ot t at ore. resistenza del partner media, ri t mo el evato. ogni 2 serie 1' di ricu- pero Ricupero fine esercizio 2 x 5 ' con 2' di ri cupero Ricupero fine eserci zi o 2 x 5 ' alternando chi sta sotto, ri cupero 2' Ricupero fine esercizio 5 x 1 con 1' di ri cupero tra le seri e Ricupero fine eserci zi o 3 x 1 ' con 1' ri cupero, ri tmo sub. max. Ricupero fine esercizio Ritmo medio Ricupero fine eserci zi o Brevi ri cuperi tra un eserci zi o e l' altro TOTALE D U R A T A effetti va 15' 20' 10' 10' 5' 3' 10' r 80' ri cupero 3' 4' 5' 2' 5' 2' 3' 4' 5' 2' 3' 3' 3' 44' compl es. 18' 29' 17' 15' 14' 8' 13' 10' 124' Pulsazioni 130-140 160-180 160-180 140-150 180-200 180-200 130-140 80-100 Periodo f ondament al e, \" gruppo. Al l enament o per tecni ca e resistenza speci fi ca, ci rca 20 gi orni pri ma di una gara i mport ant e. Cari co grande, i nf at t i .i ntensi t tra medio-grande, e grande = 6,5; quanti t tra medi a e medio-grande = 80 Previ sti 6 al l enamenti set t i manal i nel piano di l avoro. 71 ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO Parti < ce O 5 ce < Q. UJ ce a. _i < i z LU 2 < Q Z o u_ < > co 3 O z O o CONTENUTO Corsa l eggera; Corsa vari a; Eser- ci zi di gi nnasti ca general e; Eser- ci zi per la concentrazi one nervo- sa; Esercizi di mobi l i t ; Esercizi per il ponte Esercizi di i mi tazi one, con part- ner e senza Giuochi sport i vi (Rugby sul tap- peto, due squadre di 4-5) Esercizi di ri l assamento e di al- l ungamento INDICAZ. METODOLOG. Brevi ri cuperi tra un eserci zi o e l' altro 1 0 x 1 ' con f di ricupe- ro tra le seri e Se esegui ti col partner il recupero avviene du- rante l' esecuzione di questi - Ritmo l eggero Ricupero fi ne eserci zi o Ri tmo el evato Ricupero fine eserci zi o Brevi ricuperi tra un eserci zi o e l' altro TOTALE D U R A T A effetti va 15' 10' 15' 10' 50' ri cupero 5' 9' 5' 5' 5' 29' compl es. 20' 24' 20' 15' 79' Pulsazioni 120-130 120-130 150-160 80-100 Periodo fondamentale, 1 gruppo. Allenamento di compensazione. Carico, leggero, infatti intensit tra medio-leggera e media Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro. 4,5: quantit leggera = 50'. 72 Struttura dei microcicli Il microciclo di allenamento un frammento breve, ma abbastanza completo, dell'intero processo dell'allenamento; esso pu comprendere dalle 5 alle 12 sedute di allenamento, ge- neralmente, come si gi detto, copre l'arco di tempo di una settimana, questo per ragioni pratiche facilmente intuibili. Il microciclo va considerato la struttura di base dell'allenamento e nella sua costruzione vanno rispettati i principi dell'allenamento di cui abbiamo parlato (p. della multilateralit, p. della continuit, p. della dinamica dei carichi), basandoci soprattutto sull'andamento ondulato- rio dei carichi. Il microciclo potr essere strettamente finalizzato oppure no. Lo sar spesso nel periodo fondamentale, quasi mai nel periodo preparatorio; si dovr in ogni modo parlare, come al so- lito, solo di prevalenza di determinate esercitazioni su altre anche quando sar finalizzato. Tra esercitazioni di diverso tipo vi dovr inoltre essere sempre una giusta successione, in modo tale da rendere efficace al massimo il lavoro svolto. Ripetiamo che in linea di massi- ma bene inserire all'inizio del microciclo al enamenti per la velocit, per la tecnica e la tattica, quindi allenamenti per la forza ed infine quelli per la resistenza specifica e generale, anaerobica e aerobica, questo sempre rispettando il criterio della prevalenza e non quello della uniformit. Il contenuto degli allenamenti naturalmente varier a seconda del periodo e quindi degli scopi che si vogliono ottenere. Una suddivisione, per quanto sommaria, dei microcicli li distingue in: a) Microcicli di allenamento propriamente detti b) Microcicli precompetitivi (comprendenti la gara) e) Microcicli di compensazione. I microcicli di allenamento propriamente detti si suddividono a loro volta in: microcicli di preparazione fondamentale, microcicli di preparazione specifica. Questo a seconda della ten- denza del loro contenuto. I microcicli precompetitivi precedono le gare del periodo fondamentale e si distinguono per il particolare andamento del carico, normalmente abbastanza ridotto e caratterizzato da basse quantit di lavoro. I microcicli di compensazione sono anch'essi microcicli a carico ridotto che vengono in- seriti, per rispettare il principio dell'andamento ondulatorio dei carichi, dopo uno o due micro- cicli piuttosto pesanti. Possono venir anche intesi come microcicli post-competitivi. Alcune esemplificazioni della costruzione dei microcicli relative a diversi periodi dell'alle- namento si possono vedere negli schemi n. 6-7-8-9. 73 Esempio di microciclo di allenamento di preparazione fondamentale 1 gruppo. 6 al l enamenti set t i manal i previ sti dal piano di l avoro. LUN - Al l enament o per abi l i t motori a general e e per vel oci t (rapi di t) general e. Cari co medi o (i ntensi t medio-grande, quanti t medi o-l eggera). MART. - Al l enament o per il perfezi onamento della tecni ca e per la resi stenza speci fi ca. Cari co grande (i ntensi t grande, quanti t medi a). MERC. - Al l enament o per il perfezi onamento della tecni ca e per la forza speci fi ca. Cari co medio-grande (i nt ensi t medio-grande, quanti t medi a). GIOV. - Al l enament o di compensazi one. Cari co l eggero. VEN. - Al l enament o per il perfezi onamento del l a tecni ca e per la resi stenza speci fi ca. Cari co grande (i ntensi t media, quanti t grande). SAB. Al l enament o per la forza general e e per la resistenza general e. Cari co medio-grande (i nt ensi t medi a, quanti t medi o-grande). Rappresentazione grafica del l ' andamento del cari co L M M G V S Esemplo di mlcroclclo di allenamento di preparazione specifica 1 gruppo, 6 al l enamenti setti manal i previ st i dal piano di l avoro. LUN. - Al l enament o per abi l i t motori a speci fi ca e per vel oci t (rapi di t) applicata alle eserci tazi oni t ecni che. Cari co medio (i ntensi t medio-grande, quanti t medi o-l eggera). MART. - Al l enamento per il perfezi onamento del l a tecnica e per la forza speci fi ca. Cari co grande (i ntensi t gran- de, quanti t medi a). MERC. - Al l enament o per il perfezi onamento del l a tecni ca e per la resi stenza speci fi ca. Cari co grande (i ntensi t medio-grande, quanti t medi o-grande). GIOV. - Al l enament o di compensazi one. Cari co l eggero. VEN. - Al l enament o per il perfezi onamento del l a tecni ca e per la vel oci t (rapi di t) speci fi ca. Cari co medio- grande (i ntensi t medio-grande, quanti t medi a). SAB. - Al l enament o per il perfezi onamento della tecnica e per la resistenza speci fi ca. Cari co grande (i ntensi t media, quanti t grande). Rappresentazione grafica del l ' andamento del cari co L M M G V S 74 Esempio di microciclo precompetitivo 1 gruppo. 6 allenamenti settimanali previsti dal piano lavoro. LUN. - Allenamento per abilit motoria specifica e per velocit (rapidit) applicata alle esercitazioni tecniche. Carico medio-leggero (intensit media, quantit leggera). MART. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica individuale e per la resistenza specifica. Carico me- dio-grande (intensit grande, quantit media). MERC. - Allenamento per la forza specifica. Carico leggero (intensit medio-leggera, quantit leggera). GIOV. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica individuale e per la resistenza specifica. Carico medio (intensit medio-grande, quantit medio leggera). VEN. - Allenamento di compensazione carico molto leggero (intensit media, quantit molto leggera). SAB. e DOM. - Gara importante. Rappresentazione grafica dell'andamento del carico M M Esempio di microciclo d compensazione 1 gruppo, 6 allenamenti settimanali previsti dal piano di lavoro. LUN. - Allenamento di compensazione. Carico molto leggero. MART. - Allenamento per abilit motoria generale e per velocit (rapidit). Carico medio leggero (intensit me- dia, quantit leggera). MERC. - Allenamento per forza specifica. Carico medio-leggero (intensit media, quantit leggera). GIOV. - Allenamento di compensazione. Carico molto leggero. VEN. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico medio (intensit medio-leggera, quantit medio grande). SAB. - Allenamento per la resistenza generale. Carico leggero (intensit leggera, quantit medio-leggera). Rappresentazione grafica dell'andamento del carico L M M G V S 75 Struttura dei mesocicli Il mesociclo di allenamento un frammento non troppo breve, e certamente completo nella sua struttura, dell'intero processo dell'allenamento. Ogni mesociclo si dipana, come si gi detto, in un periodo di tempo che pu variare dai 20 ai 40 giorni, e pu essere quindi inteso come la somma di un certo numero di microci- cl i , da 3 a 6. Le necessit che hanno reso consigliabile la suddivisione dell'allenamento in mesocicli so- no principalmente due: 1) rispettare l'andamento ondulatorio dei carichi di lavoro anche durante un arco di tempo ben pi ampio di un microciclo, in modo tale che nel processo di allenamento si produca quel sommarsi di carichi necessario per incrementare lo sviluppo di qualsiasi qualit e si rispettino nello stesso momento i tempi di ripristino dell'organismo; ci si ottiene al- ternando opportunamente microcicli di compensazione a periodi contraddistinti da grande carico di lavoro; 2) modificare periodicamente il contenuto e la metodologia di allenamento nei diversi periodi. In base a ci si possono distinguere i seguenti tipi di mesocicli: a) introduttivo b) di base e) preagonistico (comprendente la gara) d) interagonistico (comprendente la gara) e) di compensazione. a) I mesocicli introduttivi sono caratterizzati da un aumento costante sia della intensit che della quantit con netta prevalenza di quest'ultima. Ci riferendoci all'andamento medio, per- ch, come abbiamo visto, sono consigliabili periodiche brusche inversioni di tendenza. Ogni ciclo agonistico comincia con un mesociclo del genere che quindi quello che contraddi- stingue l'inizio del periodo preparatorio. Un esempio dell'andamento del carico in un mesoci- clo introduttivo si pu vedere nella fig. n. 7. b) I mesocicli di base costituiscono i mesocicli pi importanti dell'intero periodo preparato- rio. E' durante i mesocicli di base, che sono anche i pi lunghi, che viene svolto il lavoro fon- damentale dell'allenamento, volto a incrementare le capacit funzionali dell'organismo e ad as- sicurare l'apprendimento ed il perfezionamento della tecnica e della tattica; soprattutto l'ap- prendimento per i giovani, e il perfezionamento per gli atleti di media e alta qualificazione. A seconda del loro contenuto si distinguono in mesocicli di preparazione generale e in mesocicli di preparazione specifica; per gli atleti di alto livello i mesocicli di preparazione ge- nerale debbono per essere gi abbastanza specifici. A seconda della tendenza delle esigenze di allenamento si distinguono in mesocicli di svi- luppo e in mesocicli di stabilizzazione. Durante questi mesocicli il carico di lavoro solitamente molto elevato anche se vi si dovr inserire uno o due microcicli di compensazione per concedere all'organismo un recu- 76 pero adeguato, cos da permettergli in seguito di sostenere ancora carichi di lavoro molto ele- vati. Due esempi dell'andamento del carico in un mesociclo di base dedicato alla preparazione generale e in un mesociclo di base dedicato alla preparazione specifica si possono vedere nel- le figg. n. 8-9. ;) I mesocicli preagonistici precedono le competizioni pi importanti. In essi l'allenamento sar prevalentemente specialistico e il carico di lavoro sar influenzato soprattutto dall'inten- sit pur nella variet delle esercitazioni. Cominceranno generalmente con un microciclo di com- pensazione, per consentire all'atleta di recuperare le energie, se il mesociclo di base prece- dente stato particolarmente impegnativo e non terminato con un microciclo di compensa- zione; comunque termineranno sempre con un microciclo agonistico che avr il suo culmine nella gara vera e propria. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo preagoni- stico si pu vedere nella fig. n. 10. d) I mesocicli interagonistici sono inseriti tra le competizioni importanti La loro durata sar determinata dall'intervallo di tempo fra una competizione e l'altra ma non superer normal- mente le 3-4 settimane Se le due gare dovessero essere pi distanziate nel tempo tra esse sa- rebbe bene inserire un mesociclo di preparazione specifica, di sviluppo o di stabilizzazione, e quindi un mesociclo preagonistico. I mesocicli interagonistici cominceranno sempre con un microciclo di compensazione e saranno volti al mantenimento o alla rifinitura della forma attraverso un opportuno andamento ondulatorio dei microcicli che li compongono. Il carico sar prevalentemente determinato dal- l'intensit e anche essi termineranno con un microciclo agonistico comprendente la gara vera e propria. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo interagonistico si pu ve- dere nella fig. n. 11. e) I mesocicli di compensazione sono caratterizzati da carico non elevato e da una variet di mezzi vastissima. Hanno lo scopo di consentire all'organismo un recupero completo, sia fisi- co che psichico, dopo alcune gare importanti. Vengono usati nella periodizzazione semestrale tra la fine del 1periodo agonistico e l'ini- zio del 2 periodo preparatorio annuale. La loro durata non superer mai le due-tre settimane, sia la quantit che l'intensit, ma soprattutto quest'ultima saranno basse e il contenuto degli allenamenti il pi vario possibile. Va rispettato comunque il principio dell'andamento ondula- torio dei carichi, con periodiche brusche inversioni di tendenza, caratterizzate da allenamenti con carico abbastanza elevato, alla cui determinazione contribuisca in maniera elevata l'inten- sit. Per consentire all'organismo il recupero nacessario da sconsigliarsi nella maniera pi assoluta l'astensione completa da ogni attivit fisica, ci sarebbe molto dannoso e compromet- terebbe il lavoro dei successivi mesocicli. Un esempio dell'andamento del carico in un me- sociclo di compensazione si pu vedere nella fig. n. 12. 77 ANDAMENTO DEL CARICO I N UN MESOCICLO I NTRODUTTI VO -f? GRUPPO periodizzazione semestrale , 6 allenamenti 4 settimane MEDIO LE&6CM - Fi t ti. % L M M 6 V S D L M N S V S D L M M G V S D L M M G V S 0 ANDAMENTO DEL CARICO I N UN MESOCICLO DI BASE DI PREPAR. GENERALE 4! GRUPPO, periodi J semestrale , 6 allenamenti settimanali, 6 settimane L I VLLO 01 CARICO . 4 .H L FIG. ti. L n M G V S 0 L n H C V D L M H e v S 0 L H M a V S D L n M a v S D L n n 6 V S ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO DI BASE DI PREPAR SPECIFICA I' GRUPPO , periodiz. semestrale , 6 allenamenti settimanali s settimane LIVELLO DEL COKKO flEWO LU* FK.M.5 L M M t V S D L M M f r V S , D L M M S V S D L M M 5 V S D L M M G V S D 78 ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO PREAGONISTICO -I? GRUPPO ; pQriodizza2ione semestrale , allenamenti settimanali, A settirmana LIVELLO DEL CARICO 6Q.AHDE MEDIO LE GCCat . Fig. N. 10 L M M S V S D L M M C i V S O L M M & V S D L M M & V S O ANDAMENTO DEL CARICO IM UN MESOCICLO IMTERAGONISTICO . GRUPPO, penodi i . semestrale, 6 allenamenti settimanali, 3 settimane LIVLLO DEL CURILO 6RANDE MED"J LEW.tJ Fig. N. 11 I ' I I I I I L M M 6 V S D L M M G V S D L H M C - V S D ANDAMENTO DEL CARICO DI UN MESOCICLO DI COMPENSATONE H? GRUPPO , penooliz semestrale , fe allenamenti settimanali, 3 settimana LIVELLO DEL CARICO CrMftDt MEDIO LEOGEtO Fig. N. 12 L M M G - V S b L M N & V S D L r l n c V V S D 79 IL PERIODO PREPARATORIO E' il periodo dedicato alla preparazione dela stagione agonistica vera e propria, i suoi mezzi per non si limitano ai mezzi di preparazione propriamente detti, ma vengono scelti in un'ampia gamma e tra essi vanno inseriti anche quell'impegni agonistici che serviranno di rodaggio alle gare pi importanti. Nella realt questo periodo deve servire quindi non solo al- la preparazione di base, ma anche, nella sua fase conclusiva, alla ricerca di un buon stato di forma che dovr essere solo rifinito nel successivo periodo agonistico o fondamentale. Per questa sua grande variet di scopi, diversificati nel tempo, quindi di mezzi e di me- todologie da usare, opportuno dividere il periodo preparatorio in due tappe, una dedicata prevalentemente alla preparazione generale e l'altra prevalentemente alla preparazione speci- fica. La durata dell'intero periodo preparatorio e delle due tappe di cui si compone varia a se- conda che si adotti una periodizzazione annuale o semestrale. Adottando una periodizzazione annuale l'intero periodo preparatorio avr mediamente una durata di 4-6 mesi, fino ad arrivare ai 7-8 mesi per atleti giovani. Le due tappe avranno una du- rata media di 3-4 mesi la prima, 1 V2-2 la seconda, per arrivare a 5-6 mesi la prima e 2-3 la se- conda per i pi giovani e meno qualificati. Nel caso di una periodizzazione semestrale, l'intero periodo preparatorio avr una durata media di circa 3 mesi, potendo arrivare ad un massimo di 4 per gli atleti meno qualificati, mentre le due tappe che lo compongono avranno una durata di 2 mesi, fino a un massimo di 3 la prima, e di 1 mese, un mese e mezzo al massimo, la seconda. La durata del periodo preparatorio strettamente legata all'intensit e sar tanto maggio- re quanto minore risulter l'intensit media degli allenamenti. All'intensit anche legata la durata delle due tappe, pi flessibile la prima, perch meno intensa, pi rigida la seconda per- ch maggiormente condizionata dalla intensit. Una schematizzazione della durata del periodo preparatorio e delle tappe di cui si compone si pu vedere nella fig. n. 13. Prima tappa del Periodo preparatorio Nella prima tappa del periodo preparatorio si dovr cercare di allargare il pi possibile la base . si dovr cio incrementare al massimo quella condizione generale partendo dalla quale, in seguito, si potr ricercare il raggiungimento della forma . Il raggiungimento di questa condizione, che si fonda sulle aumentate capacit funzio- nali dell'organismo, si ha attraverso l'incremento delle qualit fisiche di base: forza, resisten- za, velocit, mobilit, coordinazione. Allenamento quindi generalizzato al massimo, senza alcuna remora per i pi giovani, per i quali eventuali transfert (adattamenti che si hanno su una qualit fisica facendo un allena- mento volto ad incrementarne un'altra) saranno senz'altro positivi, con un po' pi di attenzione per gli atleti pi qualificati, per i quali eventuali transfert possono essere anche negativi, Si pu ovviare a questo inconveniente, inserendo gi in questa fase alcune sedute pi speci- 80 DURATA PERIODO PREPARATORIO - SCHEMATI ZZAZI ONE PERI ODI ZZAZI ONE ANNUALE J L ys TAPPA 2 TAPPA SGRUPPO : Atleti giovani, dotati, ma di 1* qualificatone fino a 4P - 48 anni y TAPPA 2* TAPPA 2 GRUPPO : Atleti di media Qt/alifi canone, livello nazionale, dopo i - / / - /<? Anni PERI0DI2ZAZI0NE SEMESTRALE V G-RUPPO y * TAPPA 2*TAPPA 2 ? GROPPO V_ / * TAPPA 2* TAPPA FI&.N.I3 81 fiche, rispettando il principio della interruzione periodica della gradualit e, soprattutto, ren- dendo l'allenamento oltre che generalizzato il piu multilaterale possibile, cos da sviluppare le varie qualit fisiche in modo parallelo attraverso una grande variet di mezzi. Solo se l'atleta presentasse una lacuna vistosa, cosa che, d'altro canto, non dovrebbe accadere nella maniera pi assoluta per un atleta qualificato, allora sarebbe opportuno cer- care di colmarla attraverso un allenamento finalizzato, anche correndo il rischio di un tran- sfert negativo. Per quanto riguarda specificamente il lavoro per la tecnica e la tattica, in questa prima fase del periodo preparatorio le esercitazioni devono volgere soprattutto ad ampliare l'abilit motoria generale e ad acquisire abilit motorie specifiche con l'apprendimento di nuove azioni tecniche. In parte, e quasi esclusivamente con atleti di alta qualificazione, si cercher di mi- gliorare abilit motorie specifiche gi possedute attraverso il perfezionamento di azioni tec- niche. Per quanto riguarda lo sviluppo della tecnica e della tattica c' da tener presente, che esso strettamente legato allo sviluppo delle qualit fisiche, non potendo certe azioni tecni- che essere acquisite se l'atleta non in possesso di sufficiente forza o velocit o mobilit articolare e cos via. E' necessario quindi incrementare prima le qualit fisiche, almeno fino a portarle a quel livello che indispensabile per poter passare all'insegnamento di determi- nate azioni tecniche, e questa prima fase del periodo preparatorio la fase pi indicata per farlo. Scendendo un po' pi nei particolari, per quanto riguarda i mezzi e i metodi di allena- mento da usare in questa fase, c' da dire che la loro scelta dipende in larga misura dalle ca- ratteristiche dell'atleta e dal suo grado di qualificazione. Come si gi detto per gli atleti giovani l'allenamento dovr essere molto generalizzato, volto a migliorare le capacit funzio- nali dell'organismo, incrementando in pari misura tutte le qualit fisiche, e ad aumentare il bagaglio tecnico e tattico. La preparazione generale avr nettamente il sopravvento su quella specialistica, il rap- porto sar inizialmente di circa 4 : 1 , 3 : 1 ; per portarsi sul 2 : 1 alla fine della tappa. I mezzi da usare con prevalenza saranno: la corsa di durata a ritmo costante; gli scatti brevi; gli esercizi con carichi (bilancieri, manichini, sacconi, palle mediche, ecc. . . .) e agli attrezzi; gli esercizi con partner; gli esercizi di ginnastica generale e di acrobatica; i giuochi sportivi; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi di esecuzione delle azioni tecniche, li- mitati per all'insegnamento puro e semplice; gli incontri didattici (vedi tab. riassuntiva pag. 58). Solo saltuariamente si inseriranno esercizi pi specifici ed esercizi si mi l i , come impe- gno, alla gara, gli incontri didattici di allenamento e gli incontri di allenamento. Solo in casi particolari di effffettivo bisogno per alcuni atleti si potr prevedere, oltre al tipo di allenamento suddetto, esercitazioni specifiche volte a colmare eventuali lacune, condi- zionanti negativamente il rendimento, che si pensa non possono essere colmate con il solo lavoro di gruppo. Per gli atleti di livello pi elevato il principio sempre valido, cambiano solo le propor- zioni tra lavoro generale e lavoro specifico che saranno di 2 : 1 all'inizio per portarsi sull'1 : 1 alla fine di questa prima tappa. I mezzi da usare saranno pressoch gli stessi, ma ad essi se ne aggiungeranno alcuni pi specifici, come parte degli esercizi speciali, che modificheranno so- stanzialmente il lavoro tecnico vero e proprio. L'allenamento infatti deve ricercare meno l'ac- quisizione di abilit motorie generali e pi l'acquisizione di abilit motorie particolari, neces- sarie per eseguire azioni tecniche complesse, e il perfezionamento, fino alla raffinatezza del gesto, di movimenti gi posseduti, utilissimi a tale scopo gli esercizi di imitazione. 82 Per gli atleti di alto livello il discorso sulle lacune da colmare dovrebbe essere ridotto, in ogni modo se ce ne fosse la necessit, questa tappa certamente la pi indicata per farlo. Per quanto riguarda l'andamento dei parametri del carico di lavoro, si nota come la ten- denza generale sia per un aumento notevole della quantit di lavoro e per un contemporaneo, ma molto pi ridotto, aumento dell'intensit. In effetti la quantit alla fine di questa tappa do- vr raggiungere pressoch il suo culmine, mentre l'intensit raggiunger circa il 50-60% dei suoi valori massimali, ma dovr comunque essere quasi la massima che quella determinata quantit di lavoro consente. Il problema di trovare la giusta combinazione tra massa e intensit, cosa di non facile soluzione, poich si pu correre il rischio, privilegiando l'intensit e il lavoro specifico, di non allargare sufficientemente la base, intesa come livello delle capacit fisiche dell'atleta e, privilegiando oltre misura la quantit e il lavoro generale, di ritardare troppo l'aumento dell'in- tensit e del lavoro specifico e perci il raggiungimento della forma . Naturalmente anche in questo caso il discorso va diversificato a seconda che si tratti di atleti giovani o di alto e medio livello, dovendo temersi pi la prima evenienza per i giovani e la seconda per gli al tri . Seconda tappa del periodo preparatorio Questa seconda tappa del periodo preparatorio che pu anche essere definita tappa di preparazione speciale caratterizzata, rispetto alla precedente da un incremento del lavoro specifico e da una progressiva diminuizione di quello generalizzato; in pratica per i conte- nuti dell'allenamento variano di poco, pi che altro varia la sua struttura, cio il rapporto tra lavoro specifico e lavoro generalizzato, e il rapporto tra intensit e quantit. Anche qui la difficolt sta nel trovare il rapporto ottimale tra questi parametri. In ogni modo, come indirizzo generale, inizialmente la quantit si manterr pressoch costante e l'in- tensit continuer ad aumentare; poco dopo per, dovendo l'intensit continuare ad aumenta- re, si dovr diminuire la quantit per non portare il carico a livelli insostenibili. L'intensit prender il sopravvento verso la fine della tappa, e quindi dell'intero periodo preparatorio. Nell'applicazione pratica di questo, concetto generale bisogna comunque tenere conto de- gli atleti cui si rivolge, tenendo presente che per i giovani non ancora consigliabile, in questa tappa rendere l'allenamento troppo specifico n troppo intenso. Per gli atleti evoluti si potr invece anticipare il momento in cui l'intensit predominer sulla massa, e acuire l'influenza che l'intensit avr nella determinazione del carico a scapito della quantit; quest'ultima verso la fine della tappa potr essere anche quasi dimezzata ri- spetto ai valori massimali raggiunti. Anche il lavoro specifico prender abbastanza presto il sopravvento su quello generalizzato, pur rispettando sempre il criterio della variet. All'inizio della tappa comunque opportuno mantenere sufficienti quantit di lavoro ge- neralizzato, per non correre il rischio di diminuire l'efficienza funzionale raggiunta con un pas- saggio troppo brusco dall'attivit generalizzata a quella specifica. Volendo esprimere numericamente il rapporto tra lavoro generalizzato e lavoro specifi- co si pu dire che per i giovani esso sar di 2 : 1 all'inizio per portarsi sul I '1 : 1 verso la fine della tappa, mentre per gli atleti evoluti esso dovr essere di 1 : 1 all'inizio per portarsi sul- l'1 : 2 e, verso la fine, anche sull'1 : 3. I mezzi da usare in prevalenza saranno: la corsa di durata a ritmo prima costante, poi variabile; gli scatti brevi; la corsa di velocit prolungata (300-400), anche se non troppo spes- so, almeno inizialmente; gli esercizi con carichi e con il partner, scegliendo per esercizi 83 abbastanza specifici; gli esercizi di acrobatica; i giuochi sportivi, che avranno per una inten- sit pi elevata rispetto alla prima tappa e. psicologicamente, una funzione di evasione; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi introduttivi; gli esercizi di esecuzione di azioni tecniche e tattiche, anche complesse, sfruttando varie metodologie (partner che non fa resistenza, che fa una resistenza parziale, che fa resistenza, da fermo, in movimento, a tempo, ecc.); gli incontri di- dattici di allenamento; gli incontri di allenamento (vedi tab. riassuntiva pag. 58). Saranno questi ultimi i veri e propri esercizi di competizione, che acquisteranno man ma- no pi importanza. Non dobbiamo per standardizzarli nella durata delle serie, nella loro inten- sit e nel recupero tra una serie e l'altra, ma, al contrario, variarli spesso. Verso la fine della tappa sar opportuno inserire anche vere e proprie competizioni con carattere preparatorio e di controllo, molto utili per verificare l'allenamento sostenuto fino a quel momento e per preparare l'atleta a rientrare gradualmente nel clima agonistico delle gare pi importanti. L'allenamento comunque non dovr mai essere modificato in prossimit di queste gare che dovranno anzi essere inserite nel piano considerandole solo come degli allenamenti puri e semplici. La diminuizione della quantit in questa tappa si ottiene pi che altro diminuendo la du- rata degli esercizi, mentre l'incremento dell'intensit si ottiene aumentando il ritmo con cui gli esercizi si eseguono e dando pi spazio ai veri e propri esercizi di competizione E' importante notare che, a causa del cambiamento abbastanza accentuato della struttu- ra degli allenamenti, in questa tappa i mesocicli saranno pi brevi e la loro durata sar al massimo di 3-4 settimane 84 IL PERIODO FONDAMENTALE O COMPETITIVO E' il periodo in cui sono addensate le gare importanti, quelle verso cui si finalizzata la pianificazione dell'allenamento. E' perci il periodo in cui, avendo come base la ottima con- dizione fisica raggiunta alla fine della seconda tappa del periodo preparatorio, si cercher di acquisire gradatamente il vero e proprio stato di forma sportiva, in modo da raggiungere l'opti- mum in occasione della gara pi importante. Adottando una periodizzazione annuale la durata del periodo fondamentale sar di 5-7 mesi per gli atleti pi evoluti e di 3-4 mesi per i pi giovani. Gli atleti qualificati potranno porsi nell'arco dell'intero periodo pi di un obiettivo principale, vale a dire pi di una gara in cui cercare di ottenere il massimo della forma, ci sar possibile attraverso una opportuna oscil- lazione della stessa determinata dai contenuti degli allenamenti; comunque sconsigliabile cer- care di raggiungere l'apice pi di due, tre volte in un anno. Per i pi giovani invece l'ideale senz'altro quello di andare in forma una volta al- l'anno, al massimo due, se esigenze contingenti proprio lo richiedessero; in ogni modo, ba- sandosi l'allenamento su un lavoro meno intenso e meno specifico, per loro l'arco di tempo in cui la forma pu essere mantenuta pi lungo, anche se il suo livello sar proporzionalmente pi basso. Nel caso di una periodizzazione semestrale la durata del periodo competitivo osciller tra i 2-3 mesi per gli atleti evoluti e 1-2 mesi per i pi giovani. L'acquisizione del massimo gra- do di forma potr essere ricercato non pi di due volte dagli atleti evoluti e una volta dai pi giovani, restando valido il concetto espresso per la pianificazione annuale. Durante questo periodo il lavoro generale diminuisce un po' rispetto a quello sostenuto nella seconda tappa del periodo preparatorio, mentre aumenta l'incidenza del lavoro specifico e delle competizioni vere e proprie. Questo valido per gli atleti qualificati a patto che il lavoro specifico sia abbastanza multiforme e non troppo standardizzato, cosa non difficile da realiz- zare nel nostro sport. Se viceversa il lavoro specifico eccessivamente standardizzato e si basa, per esempio, quasi esclusivamente sugli incontri di allenamento, allora si corre il rischio di avere una di- minuzione dello stato generale di allenamento e del livello delle singole capacit funzionali dell'organismo. Per gli atleti giovani invece si pu mantenere costante il volume del lavoro generalizzato rispetto a quello specifico, sempre rispetto alla seconda tappa del periodo preparatorio, varian- do opportunamente solo gli altri parametri dell'allenamento, l'intensit e la quantit. Se tuttavia il periodo competitivo particolarmente lungo, il caso della periodizzazio- ne annuale, allora ad un certo punto di esso, durante quella che potremo definire la tappa in- termedia del periodo, si dovr ristabilire tra lavoro generalizzato e lavoro specifico un rap- porto meno favorevole a quest'ultimo. Ci si ottiene inserendo nell'allenamento, per circa 3-4 settimane, discrete quantit di lavoro generalizzato e multiforme. Questa provvisoria inversione di tendenza dovr essere inserita quando tra due gare importanti vi sia un lasso di tempo abbastanza lungo (45-60 giorni), il che dovrebbe acca- 85 dere. con un calendario razionale, all'incirca a met del periodo II suo scopo quello di cer- care di mantenere per tutto il periodo competitivo, che molto lungo, un buon stato di forma, da cui sia possibile passare, in occasione delle gare clou, allo stato di forma ottimale. Nella periodizzazione semestrale, in cui il periodo fondamentale non lungo, si potr in- vece mantenere costante il rapporto tra lavoro generale e lavoro specifico senza correre ec- cessivi rischi di scadimenti di forma. Quest'ultime notazioni valgono sia per gli atleti evoluti sia per i giovani, anche se i con- tenuti dell'allenamento sono diversi Una schematizzazione della durata del periodo fondamentale e delle tappe di cui si com- pone si pu vedere nella fig. n. 14, DURATA PERI ODO FONDAMENTALE - SCHEMATI ZZAZI ONE PERI 0 DI 2 ZA2 I 0 NE ANNUALE -f me s e I I 1 1 I i I M G-RUPPO J 1 1 1 i I i I I 2? GRUPPO tappa intermedia PERIODIZZAZIONE SEMESTRALE -I? GRUPPO J I I I i 2? GRUPPO 86 I mezzi pi indicati in linea generale sono: la corsa a ritmo variabile; gli scatti; la corsa di velocit prolungata; gli esercizi con carichi e agli attrezzi; gli esercizi con il partner, sce- gliendo soprattutto esercizi si mi l i , come struttura dei movimenti, alle azioni tecniche vere e proprie; gli esercizi di acrobatica; i giuochi sportivi, che dovranno avere pi che altro il com- pito di interrompere la monotonia degli allenamenti, pur mantenendo una loro precisa funzio- ne allenante; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi introduttivi; gli esercizi di esecuzio- ne delle azioni tecniche e tattiche, usando prevalentemente metodologie tendenti al perfezio- namento e alla rifinitura delle azioni in condizioni simili a quelle di gara (con partner che fa resistenza, in movimento, a comando, a tempo ecc.); gli incontri didattici di allenamento; gli incontri di allenamento; gli incontri di controllo; gli incontri di competizione (vedi tab. riassuntiva pag. 58). Gli incontri di competizione assumono in questo periodo un ruolo fondamentale per il per- fezionamento delle capacit tecniche e tattiche e per l'ulteriore incremento delle capacit fi- siche. Tutto ci perch in gara determinate azioni vengono compiute in condizioni psicologiche ed emozionali tali, per cui la mobilitazione di tutte le proprie energie e capacit massima e quindi massimo anche l'effetto che gli esercizi compiuti in tali condizioni hanno sull'organi- smo. E' perci molto importante che nel calendario, opportunamente intramezzate alle gare fondamentali, siano inserite gare secondarie; se cos non fosse necessario creare saltuaria- mente in allenamento l'atmosfera degli incontri di controllo tra atleti della stessa societ, usando, se necessario, opportuni accorgimenti, come l'handicap, per rendere gli incontri mol- to incerti e combattuti. Venendo ad analizzare l'andamento del carico, all'inizio del periodo fondamentale la quan- tit diminuisce, anche se non di molto, rispetto alla seconda tappa del periodo preparatorio; in seguito si stabilizza. L'intensit invece aumenta il pi possibile, considerando il livello della quantit, e poi si stabilizza anch'essa sui valori massimi. Questo discorso per quanto valido relativo. Infatti la stabilizzazione della quantit e del- l'intensit riferita a periodi di tempo piuttosto lunghi; mediamente cio si stabilizzano, ma nell'ambito di periodi brevi (mesocicli) e brevissimi (microcicli) tutte e due presentano del- le oscillazioni che, per quanto riguarda i microcicli, possono essere talvolta anche notevoli. Nel caso che il periodo competitivo sia piuttosto lungo, il che accade nella periodizzazione annuale in quella che abbiamo definito la tappa intermedia del periodo, opportuno variare, in parte, la dinamica del carico di allenamento. All'inizio della tappa vi dovr essere un au- mento della quantit e una contrazione, anche se non eccessiva, dell'intensit, mentre nella seconda parte vi sar la tendenza inversa, e, attraverso un aumento dell'intensit ed una rela- tiva diminuizione della quantit, la dinamica del carico riprender l'andamento dominante del periodo. In pratica in questa tappa nella dinamica del carico si ritroveranno alcune caratteristiche proprie della seconda tappa del periodo preparatorio, per in misura pi sfumata, non arrivan- do la quantit ai livelli toccati in quella fase e restando invece l'intensit a livelli un po' pi alti. In ogni modo mentre nella periodizzazione semestrale non opportuno inserire questa va- riazione di tendenza, a causa della brevit del periodo fondamentale, nella periodizzazione an- nuale consigliabile adottarla, ma non pi di una volta, e per non pi di 3-4 settimane; in caso contrario, per buona parte del periodo seguente il rendimento agonistico non risulter ade- guato. Per quanto riguarda il rapporto tra la quantit del lavoro nel periodo fondamentale e quel- la della seconda tappa del periodo preparatorio, mediamente si pu pensare che la quantit 87 del p.f. debba essere I '80 % di quella della 2-' tappa del p.p., mentre i valori massimi del p.f. possono arrivare al livello dei valori medi, sempre della 2 J tappa del p.p. Queste convinzioni sono scaturite dall'osservazione da parte di numerosi studiosi delle prestazioni ottenute da atleti praticanti varie discipline (nuoto, corsa veloce, mezzofondo) e dal confronto delle prestazioni stesse con quelle precedenti e con la dinamica di carico che aveva contraddistinto gli allenamenti. Le altre due varianti, quella caratterizzata da una eccessiva diminuizione della quantit e quella caratterizzata da una limitata contrazione della stessa, che in pratica avveniva solo molto vicino alle competizioni, non hanno dato buoni risultati e gli atleti che le hanno adotta- te hanno peggiorato le proprie prestazioni. L'intensit dovr invece aumentare proporzionalmente alla diminuizione del volume in mo- do da mantenere il carico, che ne pressoch una risultante, anche se dipende in misura mag- giore dall'intensit, all' inarca agli stessi livelli. Sottolineando ancora una volta l'importanza delle competizioni in questo periodo, c' da te- nere presente la maggior influenza che le stesse hanno sull'andamento del carico rispetto ad un lavoro analogo sostenuto in allenamento, essendo naturalmente la motivazione, e quindi l'impegno fisico e psichico, molto maggiore. Durante il periodo fondamentale, pi che nel preparatorio, si dovr comunque ricorrere al- l'alternanza di carichi relativamente bassi con carichi alti o addirittura massimali. Questo con- cetto rispecchia il principio della dinamica dei carichi di allenamento e va sempre tenuto pre- sente nella strutturazione dei mesocicli e dei microcicli di questo periodo. In occasione delle gare principali, nei 7-10 giorni precedenti la gara, in pratica nel micro- ciclo precompetitivo, bisogna ridurre la quantit dell'allenamento in misura sensibile, mante- nendo l'intensit pressoch costante, in modo tale che il carico diminuisca, ma non oltre il 30- 40% rispetto ai valori medi del periodo. Il numero di competizioni fondamentali nel caso di una periodizzazione semestrale non dovrebbe essere superiore a tre e nel caso di uns periodizzazione annuale, a 5-6. In caso con- trario difficile programmare l'allenamento in modo tale da rispettare una giusta dinamica del carico E' opportuno invece inserire tra le competizioni principali un certo numero di compe- tizioni secondane per noi mantenere iroppo a lungo gli atleti lontano dal clima agonistico, ma per le quali, bene insistere su questo pur.o. non va alterata la dinamica del carico di allenamento. 88 IL PERIODO TRANSITORIO E' il periodo intercorrente tra la fine di una stagione agonistica e l'inizio della prepara- zione per la stagione successiva; il cosiddetto periodo di riposo attivo . Durante questo pe- riodo l'atleta deve cercare di smaltire la fatica psico-fisica eventualmente accumulata durante il periodo agonistico precedente, ricaricandosi per affrontare nel migliore dei modi il lavoro futuro.. Si deve evitare nella maniera pi assoluta il riposo totale, in quanto l'interruzione improv- visa dell'allenamento particolarmente dannosa e i suoi effetti si fanno poi sentire nel tempo. Non d'altro canto consigliabile neppure il passaggio immediato da un periodo di compe- tizione ad uno preparatorio, perch in questo caso, oltre a correre il rischio di un sovraffatica- mento fisico, non si consente il necessario recupero psichico all'atleta e, anche se inizialmen- te i risultati sembrano buoni, in seguito egli ne risente negativamente. L'importanza di questo periodo non va sottovalutata. Il buon andamento di una program- mazione si basa su una giusta attivit fisica svolta nel periodo transitorio. Questa, rispettan- do sempre il principio dell'alternanza dei carichi, contraddistinta da carichi non elevati e da un lavoro quasi esclusivamente generalizzato, che si basa sulla quantit, pur con sporadici richiami della intensit. Vale a dire che almeno una volta la settimana, anche nel periodo tran- sitorio bene inserire un allenamento breve ma intenso, che determini l'instaurazione di un debito di ossigeno piuttosto elevato, anche se non massimale. I mezzi propri di questo periodo sono soprattutto gli esercizi di preatletismo generale, i giuochi sportivi e gli sport ausiliari (vedi tabella riassuntiva pag. 58); il rapporto tra prepa- razione generale e preparazione specifica dovr essere di circa 5 : 1 . La durata del periodo varia: nel caso di una periodizzazione annuale oscilla dalle 3-4 set- timane, per gli atleti qualificati, alle 8-10 sett nane, per i pi giovani. Nel caso di una perio- dizzazione semestrale si deve distinguere tra il periodo di transizione vero e proprio, che oscilla dalle 2-3 settimane per atleti qualificati, alle 4-5 per gli atleti giovani, a quel periodo transitorio sui generis che passa tra i due cicli semestrali in cui si spezza l'anno agonistico, che necessariamente pi breve ed anche diverso nei contenuti, identificandosi praticamen- te con un mesociclo di compensazione (fig. n. 12, pag. 47). In definitiva il periodo transitorio un punto fermo della moderna concezione di allena- mento senza soluzione di continuit. Il lavoro che si sostiene durante esso, mentre da un lato consente il recupero fisiologico dell'organismo, dall'altro mantiene un certo stato di al- lenamento, in modo tale da riprendere con il successivo periodo preparatorio, ad un livello di condizione superiore a quella di partenza dell'anno precedente. 89 TABELLA RIASSUNTIVA DEI MEZZI DA USARE NEI VARI PERIODI Periodo preparatorio 1* tappa Corsa di durata a ritmo costante Scatti brevi Esercizi con carichi (bilancieri, manichini, sacconi, palle mediche) e agli attrezzi (paralle- le, sbarra, palco per salite) Esercizi con partner Esercizi di ginnastica generale e di acrobatica Giuochi sportivi Esercizi speciali preparatori Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche Incontri didattici e. saltuariamente, incontri didattici di allenamento e di allenamento. Periodo preparatorio 2' tappa Corsa di durata a ritmo costante Corsa di durata a ritmo variabile Scatti brevi Corsa di velocit prolungata (300-400 mt) Esercizi con carichi e agli attrezzi Esercizi con partner Esercizi di ginnastica generale e di acrobatica Giuochi sportivi Esercizi speciali preparatori Esercizi introduttivi Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche e tattiche Incontri didattici di allenamento Incontri di allenamento e, saltuariamente, incontri di controllo e di competizione 90 Periodo fondamentale Corsa a ritmo variabile Scatti Corsa di velocit prolungata Esercizi con carichi e agli attrezzi Esercizi con il partner Esercizi di acrobatica Giuochi sportivi Esercizi speciali preparatori Esercizi introduttivi Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche e tattiche Incontri didattici di allenamento Incontri di allenamento Incontri di controllo Incontri di competizione Periodo transitorio Esercizi di preatletismo generale Giuochi sportivi Sport ausiliari N. B. - Non tuttavia da escludere che in un periodo possano essere usati saltuariamente dei mezzi indicati per un altro; vi sempre comunque da tener presente il criterio della prevalenza. 91 C O N C L U S I O N I Concludendo questo lavoro si ritiene opportuno ribadire che l'organizzazione dell'allena- mento cos come prevista dalla programmazione esposta, resta valida a tutt'oggi per atleti giovani di prima qualificazione, anche se evidentemente abbastanza dotati, e per atleti di me- dia qualificazione, diciamo di livello nazionale, con le opportune diversificazioni che sono sta- te via via fatte. Come compendio generale delle nostre riflessioni riportiamo quattro rappresentazioni grafiche dell'andamento dei parametri del carico (quantit, intensit) relative ad una periodiz- zazione annuale e ad una semestrale, rispetti/amente per gli atleti del 1 gruppo (giovani) e del 2 gruppo (di media qualificazione) (vedi figg. n. 15-16-17-18). L'andamento riportato graficamente quello medio. Esso non tiene conto, infatti, della di- namica del carico, e quindi della intensit e della qualit, in periodi di tempo brevi (allenamen- to singolo e microcicli). Le cifre riportate in ordinata devono intendersi come cifre convenzionali e servono solo per apprezzare meglio visivamente il rapporto tra i valori della quantit e dell'intensit nei vari periodi e il rapporto tra i differenti valori che l'intensit e la quantit assumono in funzio- ne del periodo. Al esempio per il r gruppo, periodizzazione annuale, si ha: all'inizio quantit quasi il dop- pio dell'intensit, rapporto 8,3 4.5; alla fine della r tappa del periodo preparatorio quantit quasi il doppio dell'intensit, rapporto 15.1 : 8, 1; alla fine dell'intero periodo preparatorio quan- tit quasi uguale all'intensit, rapporto 12,5 : 12.4; nel periodo fondamentale quantit quasi la met dell'intensit, rapporto 8 : 15: nel periodo fondamentale quantit quasi la met della quantit alla fine della 1 tappa del periodo preparatorio, rapporto 8: 15,1, e quasi due terzi della quantit alla fine dell'intero periodo preparatorio, rapporto 8 : 12,5; alla fine della pri- ma tappa del periodo preparatorio intensit quasi la met dell'intensit nel periodo fonda- mentale, rapporto 8.1 : 15, e quasi due terzi dell'intensit alla fine dell'intero periodo preparato- rio, rapporto 8.1 : 12,4, A proposito della quantit e dell'intensit specifichiamo che: 1) la quantit del lavoro data dalla somma della durata netta degli esercizi in minuti, 1 = 1 minuto (convenzionalmente si pensato bene di prendere come metro di paragone un valore facilmente misurabile in pratica da chiunque) ed essendo Q,, Q,, Q, . . . Q = quan- tit in minuti di ogni esercizio e 0., = quantit di lavoro di un allenamento, Q., = Q, + Q, + O, + Q, 2) l'intensit degli esercizi viene convenzionalmente stabilita in punti, in base ad una scala appositamente studiata (tab. pag. 65), con un metodo scientificamente poco ortodosso, ma pratico, che l'esperienza e appositi studi hanno dimostrato essere comunque abbastan- za aderente alla realt: i valori riportati nella scala, in corrispondenza dei vari tipi di eser- citazione, sono stati infatti determinati in base al numero delle pulsazioni cardiache che, mediamente, l'esecuzione degli esercizi provoca in un atleta allenato; essendo I,, l 2 , l 3 . . . . 92 fig. N. 15 I *** t 2 t r i I ac M I jr. I M i I X D i I jz ln7f t n wj: P E R I O D O P - R E P H T t ) R I O I T H P P ft -Hp T fl I M' K i i r E i i i m F O f V D f l we wT t e ( D U l J I T i r l 6 B V P P O P E R I O D z z P z t o r e n * u fl L E fio. /V. 76 fjPE 81C B 0 P I E P Sf cl i TO R I > ~ j Pi I 0 o n I', E r TUPPf t-<f -"H rKPPrt-^j FOMOflrtEwrnLE [ I V I t * f I T * I TAPPP- 0 : O u m T I T ' t o m o | P E RI O DO PE RIO DO B Tf l PPP-^ FCN6ftri6llirt6 [ TBPWITOmO 6 R (/ p p 0 P E ft I 0 Is. 2 Z A I I 0 E I f N E t T R f l L E 93 Fig. N. 1 7 I * l u n u e a
a 11 * > * * * i it 3 X 1 o 0 I 1 ' * > ~~J / l \ j X i \ / / 1 \ / 0 / 1 X / i / \ S ^ 1 ^ 1 1 1 : ! i 1 * r 1 :w+st * * * # / 1 JE [> I * M i t " p r ft f- ft fi > l * [ r r f l n n t r ) n i ^ r t n ' u v v r it c r nn n i Ki7 I I/ , * Jt 1 1 1 j ! 1 y^ \ 1 1 / \. Y i \ _ ^ ( i i i ^^^ i ' / \ y \ I N. - _ -*^ i i ^ i i i i 1 ! 1 1 I | I | 1 1 ' JHf * * i * ' m **et j i xw* i | * / e b r Q 1 A A A . A U n H C I T B I C , r f r f l 1" Vv O r U N d H f l t f i i H L c 1 ' M 1 I i * r e * rifar 1 . 1 Jt i nWr j e ' Wrt t _2ff J I k*Xot PE R1 ODO TMin i TOflio I * r fc* s r tA". r QO * T I 7ft & R V P P PFft I O f l 2 2 & 2 l H F R ti H U fl I fig. A/. T8 St WtSt PEfflQOO PREPfflftTOfrlO I Tf i f PA) f cI T*Pr*ft i JT r jv 11 r 1* 6 * .0 e :f o r* f n . o H n fi n o . S E M E S T R A L I 94 I = intensit di ogni esercizio e La = intensit media di un allenamento. (Q, I,) + (Q 2 - l 2 ) + , . . . ( Q - U Ima - "" Q, + Q 2 + . . . . Q I valori della quantit e dell'intensit cos determinati ci permettono di conoscere l'anda- mento di questi due parametri allenamento per allenamento, cos da apprezzarne tutte le va- riazioni per periodi di tempo non troppo lunghi (microcicli e mesocicli). Viceversa, stabi- lita quale debba essere l'intensit e la quantit dei singoli allenamenti, si ha la possibilit di costruirli razionalmente, scegliendone il contenuto e le metodologie, in modo tale da rispet- tare le scelte fatte. Se, invece, si vuol conoscere l'andamento medio della quantit e dell'intensit per un pe- riodo di tempo pi lungo che non il singolo allenamento, si dovr calcolarne i valori medi setti- manali. Questi ultimi non riportano fedelmente il comportamento ondulatorio della quantit e dell'intensit nell'ambito dei microcicli, ma danno un'idea abbastanza precisa, del loro anda- mento in periodi di tempo mediamente lunghi (uno o pi mesocicli). Vediamo come si calcolano la quantit media settimanale e l'intensit media settima- nale: essendo Q a = quantit di lavoro di un allenamento Q E = quantit di lavoro giornaliero Q ms = quantit media settimanale Q g = Q a] + Qa 2 + Q" dove Qa,, Q, 2 Q a = quantit di lavoro dei vari allenamenti so- stenuti in un giorno Qu + Qg 2 + - Q e n Q ms = dove Q g |, 0,2 . . . . Q, = quantit di lavoro nei vari giorni in cui 7 si sono sostenuti gli allenamenti. essendo l m , = intensit media di un allenamento | mg = intensit media giornaliera | ms = intensit media settimanale (I m, , Qa, ) + (lma2 " Qa2) + . . . . (Iman 0, ) u = Qa , + Qa2 + Qam dove La,, La 2 , . . . Lan = intensit media dei vari allenamenti giornalieri Umg, * vj gj j - r Umg2 ' vJg2J + Umgn ' UgnJ Ims Og, + Qg 2 + . . . . Ogn dove Lg,, L g2 , Lgn = intensit media dei vari giorni in cui si sono sostenuti gli allenamenti. 95 Nelle tabelle a pag. 66 riportiamo indicativamente un termine di paragone numerico per la quantit e l'intensit riferito ad un singolo allenamento e alla media settimanale. Per gli atleti di livello internazionale il discorso diverso. Pur restando validi infatti i concetti generali esposti, per essi vanno fatte delle considerazioni particolari: cambia per esempio il rapporto tra lavoro generalizzato e lavoro specifico, a favore del secondo, gi nella prima tappa del periodo preparatorio, pur rispettando sempre il criterio della variet dell'eser- citazioni; cambia l'incidenza dell intensit nel carico, essendo pi determinante; i mesocicli sono pi corti e piu finalizzati gi nel periodo preparatorio; le punte di carico che si fanno rag- giungere sono di conseguenza pi elevate, e pi frequenti i momenti in cui vengono toccate le punte massime Per fare un'ultima precisazione, relativa questa alla strutturazione del periodo fondamen- tale, sempre con riferimento ad atleti di livello internazionale, vi da dire che, nel caso in cui nell'annata ci sia un traguardo che primeggia sugli altri (olimpiadi, camp, del mondo, camp, europei) la preparazione dovr essere imperniata su quello e le altre gare, anche importanti, sia in campo nazionale che internazionale, dovranno essere considerate come gare prepara- torie per quella pi importante. Non tutti gli anni potranno per essere strutturati cos, Dopo un anno del genere, in- fatti , bene far seguire un'annata meno finalizzata su di un unico traguardo, diciamo pi leg- gera, almeno da un punto di vista psicologico. Un pi approfondito esame delle problematiche inerenti la programmazione dell'allena- mento di atleti di cos alto livello esula comunque dai limiti del presente lavoro che, ripe- tiamo, va ritenuto valido per atleti di prima qualificazione e per atleti di livello nazionale o di media qualificazione. 96 TABELLA INTENSIT' TIPI DI ESERCIZI Lotta a ri t mo massi mal e (ri presa da 30" a 1'). - Esecuzione azioni tecni che con partner o con il mani chi no max. vel . di esecuzione (seri e da 30" a 1'). - Corsa di vel oci t prol ungata al max. del l a vel oci t (ci rca 1'). Incontri di cont rol l o. - Incontri di competi zi one i mpegnat i vi . - Lotta a ri t mo sub. max 1 (ri prese da 1' a 2' ). - Esecuzione az. t ecni che con partner o con il ma- ni chi no a ri t mo sub. max. (seri e da 1' a 2' ). - Corsa di vel . prol ungata a ri t mo sub. max. (seri e da 1' a 1'30"). Incontri di al l enamento (ri prese da 3' a 5'). - Inc. di compet. medi amente impe- gnat i vi . - Esecuz. az. tecni che con partner o con mani chi no a ri t mo el evat o 2 (varie seri e da 1'-2). - Esercizi di i mi tazi one a ri t mo el evato. - Esercizi i n cir- cui t o. - Corsa distanza media ( 2- 3) a ri t mo el evato. - Pratica al tri sport indi- vi dual i a ri t mo el evato. Incontri di allenarti, (ri prese ol t re 5'). - Esecuz. az. tecni che con partner o ma- ni chi no a buon r i t mo 3 (seri e di 3'-5'). - Eserc. di i mi taz. e speci al i preparatori a buon ri t mo (seri e da 3'-5'). - Corsa distanza medio-lunga (ci rca 5') a buon ri t mo. - Giuochi sport i vi a ri t mo el evato. - Ri scal damento a ri t mo el evato. - Preatl. a ri t mo el evato. Incontri di dat t i ci di al l enamento. - Esecuz. az. t ecn. con partner o mani ch. a ri t mo medio 4 (seri e ol tre 5'). - Eserc. di i mi taz. e speci al i preparatori a ri t mo medi o. - Corsa distanza lunga (ci rca 10') a ri t mo medi o. - Pratica sport i ndi vi d. a ri t mo medi o. - Serie di sal ti e acrobatica vari a. Incontri di dat t i ci . - Esecuz. az. t ecn. con partner o mani ch. a ri t mo l egger o' . - Es. di i mi t . e spec. prep, a ri t mo l eggero. - Corsa prolungata a ri t mo varia- bi l e. - Giuochi sport i vi a ri t mo medi o. - Preatl. a ri t mo medi o. - Riscald. a ri t mo medi o. Corsa prolungata ri t mo cost ant e. - Sport indiv. a ri t mo l eggero. - Preatl. e ri se, a ri t mo l eggero. Corsa a ri t mo l eggero. - Giuochi sporti vi a ri t mo l eggero. - Gi nnasti ca general e a ri t mo l eggero. Passeggiate a buon ri t mo di marcia. - Eserc. di al l ungamento e ri l assamento. - Sauna. . . Pulsazioni (val ore indie.) ol t re 200 180-200 160-180 150-160 140-150 130-140 120-130 100-120 80-100 Intensi t i n punti 10 9 8 7 6 5 4 3 1-2 t. Al 90% del massimale 2. All' 80% del massimale 3. Al 70% del massimale 4. Al 60% del massimale 5. Al 50% del massimale 97 TABELLE INDICATIVE VALORE QUANTIT' E INTENSIT' ALLEN. SINGOLO MEDIA SETTIMANALE o C CO 3& 5 TI 0) 2 oS f a es o
Ouantit in minuti 1 Gr. 85 70 57 45 30 2 Gr. 95 80 65 50 35 Intensit in punti 1 Gr. 6 5 4 3,2 2,5 2 Gr. 7 6 5 4 3 ' o ' N T I
0 C CO
co co CO CO 5 o 2 v S, m CO 2_GD CO CD DI D) CD - J Quantit In minuti 1 Gr. 110 90 70 55 40 2 Gr. 120 100 80 60 45 Intensit In punti 2 Gr. 7 6 5 4 3 1 Gr. 8 7 6 5 4 N. B. - I valori medi settimanali sono calcolati sulla base di un piano di allenamento che prevede 6 allenamenti la settimana. I valori della quantit sono netti, si riferiscono cio alla durata effettiva degli esercizi, escludendo i tem- pi di ricupero. 98 350 esercizi per lo sviluppo delle qualit fisiche del lottatore ESERCIZI DI PREATLETISMO Il preatletismo comprende tutti gli esercizi ginnici a carico naturale e si divide in preatletismo generale e preatletismo specifico. Il preatletismo generale costituito da quelli esercizi e quelle metodiche di esecuzione che hanno come finalit lo sviluppo armonico di tutte le qualit fisiche ed alla base di tutte le specialit sportive. Il preatletismo specifico costituito da quelli esercizi e quelle metodiche di allenamento che hanno come finalit lo sviluppo di quelle qualit fisiche che caratterizzano una determinata specialit sportiva ed una tappa intermedia tra il condizionamento generale e l'esercitazione tecnica vera e propria. Gli esercizi di preatletismo si eseguiranno in apposite sedute, molti di es- si inoltre, con la sola esclusione dei pi impegnativi dal punto di vista musco- lare ed organico, costituiranno la base del riscaldamento. ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 1) Andatura di passo veloce Tutte le andature e i vari tipi di corsa hanno come finalit principale l'incremento della resi- stenza organica e della coordinazione 2) Andatura con rullata del piede Prendere contatto con il tappeto con il tacco (tac- co, pianta, punta) 3) Andatura sulla parte esterna dei piedi Ruotare al max. i piedi in dentro 4) Andatura sulla parte interna dei Ruotare al max i piedi in piedi fuori 101 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 5) Marcia sportiva Attacco (tacco, pianta, < > punta) \-> 6) Corsa a ritmo blando 7) Corsa a ginocchia alte in avanti Flettere le ginocchia al petto 8) Corsa a ginocchia alte in fuori Ruotare il pi possibile la coscia in fuori 9) Corsa calciata dietro Toccarsi i glutei con i tal- <M| Ioni c_ 102 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 10) Corsa calciata dietro in fuori Ruotare il pi possibile la gamba in fuori 11) Corsa calciata dietro in dentro 12) Corsa sul fianco 13) Corsa all'indietro 14) Corsa incrociata in avanti Ruotare il pi possibile la gamba in dentro Partire con la gamba an- teriore (nel senso della di - rezione di marcia) prima che la posteriore vada a toccarla Incrociare bene a gambe tese 103 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 15) Corsa incrociata sul fianco Guardare avanti, accen- tuare la torsione del baci- no 16) Corsa incrociata all'indietro Incrociare bene a gambe tese 17) Corsa balzata Ginocchio dell'arto avan- zante flesso al petto, arto posteriore teso dietro 18) Corsa balzata incrociando i balzi es. 19) Corsa saltellata 104 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 20) Corsa saltellata all'indietro 21) Corsa saltellata in avanti, due saltelli successivi per parte 22) Corsa saltellata all'indietro, due saltelli successivi per parte 23) Spinte degli arti superiori in avanti Posiz. di partenza, mani alle spalle; spinta molto dinamica, il ritorno deve avvenire sfruttando l'ela- sticit muscolare (rimbal- zo) Tutti gli esercizi di spinte, slanci e cir- conduzioni degli arti superiori, fatti in corsa, incrementano in varia misura le qualit fisiche a seconda del ritmo esecutivo. Con ritmo esecutivo di andata su un appog- 105 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 24) Spinte degli arti superiori in alto Posiz. di partenza, mani alle spalle; spinta molto dinamica, il ritorno deve avvenire sfruttando l'ela- sticit muscolare (rimbal- zo) 25) Spinte degli arti superiori in fuori 26) Spinte degli arti superiori in a- es vanti, in alto, in fuori 27) Slanci degli arti superiori in avanti fino a 90 gradi gio e ritorno sull'altro si incrementa la rapidit, la coordinazione, la mobilit articolare, la resistenza organica aerobica. Con ritmo esecutivo di andata e ritorno ogni appoggio, oppure di andata e ritorno ogni saltello a piedi uniti, si incrementa la rapidit, la coordinazione, la re- sistenza organica e muscolare aerobica e anaerobica (la com- ponente anaerobica varia a seconda della durata di ogni singolo impegno e della durata dei recuperi), la mobili- t articolare. Se gli stessi esercizi sono eseguiti da fermo si incrementa pi che altro la rapidit, la mo- bilit articolare, la resi- stenza muscolare Posiz. di partenza con braccia lungo i fianchi 28) Slanci degli arti superiori in fuori es. fino a 90 106 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 291 Slanci degli arti superiori da 90 in alto per avanti Da braccia in avanti, non piegare le braccia ma te- nerle tese e parallele, for- zare lo slancio 30) Slanci degli arti superiori da 90 in alto per fuori Da braccia in fuori, non piegare le braccia, palme in fuori 31) Slanci completi degli arti superio- ri in alto per avanti Da braccia lungo i fianchi, curare l'ampiezza e la correttezza del movi- mento 32) Slanci completi degli arti superio- ri in alto per fuori 33) Slanci degli arti superiori in avanti da braccia in fuori Curare al max. la rapidit del gesto, non battere le mani l'una contro l'altra 107 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 1 34) Slanci degli arti superiori indietro da braccia in avanti 35) Slanci degli arti superiori indietro da braccia piegate a 90 e rivolte verso l'alto (pdsiz. a candelabro) Forzare al max. lo slancio, slanciare le braccia leg- germente verso l'alto supinandole Non portare l'avambrac- cio in avanti durante lo slancio, slanciare verso I' indietro-alto e non verso I' indietro - basso, mante- nere gli angoli di 90 du- rante lo slancio 36) Slanci degli arti superiori indietro da braccia piegate a 90 e rivolte verso il basso (posiz. a candela- bro rovesciato) 37) Piccole circonduzioni delle brac- cia nei due sensi Da braccia in fuori, brac- cia tese 38) Circonduzioni di un braccio nei due sensi Da braccio in alto, curare al max. l'ampiezza del mo- vimento 108 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 39) Circonduzioni delle due braccia nei due sensi Da braccia in alto, curare al max. l'ampiezza del mo- vimento 40) Flessioni della coscia sul bacino, in avanti Gamba portante tesa, ac- centuare al max. la fles- sione senza venire in avanti col petto 41) Flessioni della coscia sul bacino, in fuori Ruotare bene la coscia in fuori, non inclinarsi col tronco 42) Flessioni in avanti della coscia sul bacino e successiva abduzione della coscia stessa Non ruotare in fuori il ba- cino abducendo l'arto 43) Flessione in fuori della coscia sul bacino e successiva adduzione della coscia stessa Ruotare bene la coscia in fuori flettendola sul baci- no Tutti gli esercizi di fles- sione, flessione e spin- ta, slanci degli arti in- feriori possono essere eseguiti con varie me- todiche: 1) di passo, una ese- cuzione ogni tre passi; 2) di passo, una ese- cuzione ogni due pas- si; 3) di passo, una ese- cuzione ogni passo; 4) di corsa, una esecu- zione ogni tre appoggi; 5) di corsa, una esecu- zione ogni due appog- gi: 6) di corsa, una esecu- zione ogni appoggio, con saltello di recupe- ro, partendo dopo che arrivato a terra l'altro arto (successive); 7) di corsa, una esecu- zione ogni appoggio, senza saltello di recu- pero, partendo prima che arrivi a terra l'altro arto (alternate). Le finalit variano a seconda del ritmo e- secutivo, in analogia a guanto visto per gli e- sercizi degli arti supe- riori. Gli esercizi per gli ar- 109 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 44) Flessioni e spinte degli arti infe- riori in avanti 45) Flessioni e spinte degli arti infe- riori in fuori 46) Slanci degli arti inferiori in avanti 47) Slanci degli arti inferiori in fuori 48) Piegamenti braccia con mani in appoggio su una panca e piedi a terra 110 Gamba portante tesa, pri- ma flettere la coscia sul bacino, quindi estendere la gamba sulla coscia, dando come un colpo di tallone in avanti es.; ruotare bene l'arto in fuori prima di esegui- re la flessione-spinta Gamba portante tesa, arto slanciato teso; accentua- re al max. lo slancio senza andare indietro con il tronco es.; accentuare al max. lo slancio senza inclinarsi di fianco con il tronco Corpo teso dietro, max. escursione del movi- mento. L'impugnatura pu essere larga, me- dia o stretta. Con im- pugnatura media i mu- scoli prevalentemente interessati sono gran- de pettorale, deltoide anteriore e tricipite. Con impugnatura larga relativamente mag- giore l'impegno del grande pettorale. Con impugnatura stretta relativamente mag- giore l'impegno del tri- cipite ti inferiori si possono combinare variamente con quelli per gli arti superiori. Le possibili combinazioni sono molte e si lascia alla in- ventiva dei singoli alle- natori il compito di sc- glierle. Combinando esercizi per gli arti in- feriori con quelli per gli arti superiori si compli- ca notevolmente l'ese- cuzione e quindi assu- me importanza de- terminante la coordina- zione Tutti gli esercizi se- guenti hanno come fi- nalit l'incremento di tutte le qualit fisiche, con prevalenza dell' una o dell'altra a se- conda della metodica esecutiva Dal 48 al 56 impegno del cingolo scapolo- omerale, della parte superiore del tronco e degli arti superiori ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 49J Piegamenti braccia con mani e piedi a terra 50) Piegamenti braccia con mani a terra e piedi su di una panca () 51) Piegamenti braccia con mani ri - volte verso l'esterno 52) Piegamenti braccia con mani ri - volte verso l'interno con le dita che si toccano ' es.; relativo maggior impegno del tricipite 53) Piegamenti braccia con braccia in avanti in appoggio sugli avam- bracci 54) Piegamenti braccia in verticale (vari tipi) () Vedi esercizi di potenzia- mento ) Gli esercizi contraddistinti dal pallino sono piu impegnativi da un punto di vista muscolare od organico, hanno una influenza pi marcata sullo sviluppo delle qualit indispensabili al lottatore e quindi sono da ritenersi piu "Specifi- ci. ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 55) Piegamenti alle parallele () Vedi esercizi di potenzia- il M i mento 56) Trazioni alla sbarra (vari tipi) () 57) Piccoli slanci alternati degli arti inferiori sul piano sagittale Bacino bloccato e -schiacciato sul tappeto, braccia lungo i fianchi o incro- ciate sul petto, testa flessa in avanti, posiz. di partenza supina Dal 57 al 72 impegno dei flessori della co- scia sul bacino e della fascia addominale (ret- to dell'addome, obliqui, trasversi), con esclu- sione dei flessori della coscia quando l'eser- cizio viene eseguito a gambe flesse 58) Circonduzioni degli arti inferiori descrivendo con i piedi piccoli cerchi 59) Circonduzioni degli arti inferiori a gambe unite, descrivendo con i piedi cerchi piu ampi 112 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 60) Abduzioni e adduzioni degli arti inferiori dopo averli sollevati da terra 61) Slanci simultanei degli arti inferio- ri verso lavanti-alto sul piano sa- gittale, fino a toccare con i piedi sopra la testa 62) Flessioni in avanti del tronco a gambe tese 63) Flessioni in avanti del tronco a gambe raccolte 64) Flessioni e torsioni del tronco a gambe raccolte 65) Flessione e torsioni del tronco a gambe raccolte es. ; arti inferiori tesi degli arti forzare l'abd. e l'add. Da supini, gambe tese, braccia lungo i fianchi, tronco bloccato. Da supini, gambe tese e bloccate, braccia in alto Da supini, gambe raccolte con i piedi bloc- cati, mani dietro la testa, testa flessa in avanti; non sdraiarsi completamente in- dietro e non arcuare la schiena andando in- dietro, ma tenere il bacino bloccato e schiacciato sul tappeto es.; dopo ogni flessione eseguire una tor- sione, una volta a dx., una a sx. l ' i ^ es. ; dopo la flessione eseguire una suc- cessione di torsioni a dx. e a sx., cercando di mantenere l'inclinazione del tronco a 45 es. ; con interessa- mento anche degli ad- duttori e abduttori della coscia 113 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 66) Chiusure a libro a gambe tese Da supini, flettere contemporaneamente Je es. gambe e il tronco i W/7 ^ 67) Chiusure a libro a gambe rac- colte 68) In sospensione alla spalliera max. Arrotolarsi cercando di raccolta degli arti inferiori al pet- arrivare con le ginocchia tot.) al petto 69) In sospensione alla spalliera, slanci simultanei degli arti inferiori per avanti-alto a gambe tese() Arrotolarsi, slanciare le gambe in alto e cercare di arrivare con i piedi pi in alto possibile 70) Flessioni in avanti del tronco su un piano inclinato a gambe rac- coltel) Piedi bloccati in alto, mani dietro la testa, testa flessa in avanti; non sdraiarsi indie- tro, tenere il bacino bloccato e schiaccia- to 114 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 71) Flessioni e torsioni su un piano in- clinato a gambe raccolte () 72) Flessione e torsioni del tronco su un piano inclinato a gambe rac- colte () es. ; dopo ogni flessione eseguire una tor- sione, una volta a dx.. una a sx es. ; dopo la flessione eseguire una suc- cessione di torsioni a dx. e a sx. 73) Iperestensioni alternate degli arti inferiori Da proni, sul tappeto, tronco bloccato sulla materassina, gambe tese 74) Iperestensioni simultanee degli es. arti inferiori Dal 37 al 78 impegno della muscolatura po- steriore delle cosce, dei glutei e dei lunghi del dorso 75) Iperestensioni simultanee degli arti inferiori e del tronco Mani dietro la testa, iperestendere simulta- neamente tronco e arti inferiori; gambe te- se, testa iperestesa all'indietro 115 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 76) Iperestensioni del tronco Su pan- ca orizzontale () Supini, mani dietro la testa, testa iperestesa ali indietro, tronco fuori della panca, gambe bloccate W Dal 37 al 78 impegno della muscolatura po- steriore delle cosce, dei glutei e dei lunghi del dorso 77) Iperestensioni e torsioni del tronco su panca orizzontale () 78) Iperestensione e torsioni del tronco, su panca orizzontale () 79) Serie di saltelli a gambe unite dal- la stazione eretta (in avanti, sul fianco, indietro, in avanti laterali, indietro laterali, in avanti e indie- tro incrociati con torsione del tronco) 80) Traslocazione e brevi passi mol- leggiati in posizione di massima accosciata () 81) Serie di balzi in lungo e in alto dalla mezza accosciata () 116 e s . dopo ogni iperestensione eseguire una torsione, una volta a dx . una volta a sx. es.: dopo la ipe- restensione ese- guire una suc- cessione di tor- sioni a dx. e a sx. Gambe quasi tese, spingere bene con il piede e s . con interessa- mento anche degli o- bliqui e dei trasversi es. , con interessa- mento anche degli o- bliqui e dei trasversi Prevalente impegno del tricipite surale (po- steriori della gamba) mx Non sollevare il bacino durante la traslocazio- ne Gambe unite Negli esercizi seguenti vi un impegno della totalit della muscola- tura degli arti inferiori e dei glutei ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT' 82) Serie di balzi in lungo e in alto dalla massima accosciata () Gambe unite 83) Serie di balzi in avanzamento con completa estensione degli arti in- feriori es. ; spingersi ver- so lavanti - alto, quindi iperesten- dere leggermente il corpo indietro 84) Sene di balzi in avanzamento con es. ; prima spingersi, quindi flettere le gi - flessione delle ginocchia sul ba- nocchia cino 85) Serie di balzi in avanzamento con flessione delle gambe sulla co- scia es. ; prima spingersi, quindi flettere le gambe 117 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 86) Balzi in alto superando un osta- colo () 87) Salti in basso () es. ; da fermo e con una piccola rincorsa fr 88) Salti in basso con successivo balzo in alto o in lungo () 89) Traslocazione in massima piegata (.) es. ; ammortizzare e spingere, cercando di sfruttare l'elasticit muscolare w Non sollevare il bacino durante la traslocazio- ne 90) Successione di piegate in avan- zamento sul piano sagittale con molleggio 118 Sollevare un arto e cadere elasticamente in avanti sull'arto sollevato; busto eretto, gam- | ^ ba dietro tesa (tipo spaccata del solleva- / \ * \ c ^ ' mento pesi) Iflf ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALIT 91) Successione di piegate sul posto, sul piano sagittale previa esten- sione e con cambio in aria degli appoggi () 92) Contropiegate sul piano sagittale 93) Piegate sul piano frontale 94) Contropiegate sul piano frontale Dopo aver effettuato la piegata spingersi verso l'alto e invertire in aria la posizione delle gambe Piegare un arto ed estendere indietro l'altro, busto eretto Sollevare un arto e, sbilanciandosi di fianco, caderci elasticamente sopra; piedi rivolti in avanti e paralleli, busto eretto, l'altro arto teso 13 Piegare un arto e protendere in fuori l'altro; piedi rivolti in avanti e paralleli, busto eretto, arto proteso in fuori te- so 119 ESERCIZI DI POTENZIAMENTO CON PESI E ATTREZZI ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA ( + ) 1) Distensione lenta dietro la testa Piedi leggermente diva- ricati, gambe tese, im- pugnatura un po' pi larga dell'ampiezza delle spalle, scendere ogni volta con il bilanciere all' altezza delle scapole Trapezio, deltoide, grande dentato, tricipite 2) Distensione lenta avanti Piedi leggermente diva- ricati, gambe tese, im- pugnatura larga quanto I' ampiezza delle spalle, non schienarsi durante l'esecuzione 3) Piegamenti in verticale, dietro la testa (con ca- valletto) Altezza del cavalletto 40 cm., non spostare i piedi sulla parete durante l'esecuzione, affonda- re bene, impugnatura un po' pi larga dell'ampiezza delle spalle 4) Piegamenti in verticale, avanti (con cavalletto) Tricipite, deltoide, grande dentato, trapezio Trapezio, deltoide, grande dentato, tricipite Tricipite, deltoide, grande dentato, trapezio ( + ) - Altri muscoli possono intervenire nell'esecuzione degli esercizi, ma il loro intervento secondario rispetto a quelli citati. L'ordine con cui sono citati i muscoli rispetta l'importanza che essi hanno nell'effettuazione degli esercizi, cio la prevalenza di impegno. ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 5) Distensione con manubri 6) Rematore in piedi Piedi leggermente divaricati, gam- be tese, impugnatura rivolta verso l'interno Impugnatura stretta, partire in piedi dopo aver staccato il bilan- ciere, effettuare la tira- ta concludendo l'es. con il bilanciere al mento e con i gomiti alti Deltoide, tricipite, grande dentato, trapezio 4f#V Deltoide, trapezio, flessori dell'avamb. sul braccio icipite, brachiale ante- riore, coraco brachiale) 7) Aperture laterali con ma- nubri 8) Distensione su panca in- clinata in alto 9) Distensione su panca o- rizzontale, impugnatura media Braccia tese, non fer- r marsi con le braccia lungo il corpo, portare / le braccia fino a 90 Deltoide laterale, trapezio Spingere lungo la vertica- le, non fare il ponte staccando i glutei dalla panca Non fare il ponte- staccando i glutei dalla panca Tricipite, deltoide anterio- re, grande pettorale, tra- pezio Grande pettorale, deltoi- de anteriore, tricipite 121 ESERCIZI MUSCOLATURA INDICAZIONI METODOLOGICHE PREVALENTEMENTE INTERESSATA 10) Distensione su panca in- clinata in basso, impu- gnatura media 111 Croce su panca con ma- nubri, dal decubito supi- no Braccia tese, partire da braccia in fuori (orizzontali) e portarle in avanti (verticali) Spingere lungo la verti- cale Grande pettorale, deltoi- de, tricipite Grande pettorale, deltoi- de anteriore 12) Pull-over a braccia pie- gate su panca Testa fuori dalla pan- ca, partire con il bilanciere al petto, andare molto in bas- so con il bilanciere senza fare ponte- Grande pettorale, grande dorsale, deltoide anterio- re 13) Pull-over a braccia tese su panca Partire con il bilan- ciere in alto, lascia- rlo scendere fino al - I orizzontale fuori dalla panca, non piegare le braccia tornando nella posi- zione di partenza Grande pettorale, grande dorsale, deltoide anterio- re 14) Piegamenti alle parallele Affondare bene senza andare in avanti col petto e indietro con le gambe Tricipite, pettorale, deltoi- de, grande dorsale 122 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 15) Estensione dell'avam- braccio sul braccio con bilanciere, impugnatura dritta 16) Estensione dell'avam- braccio sul braccio con bilanciere, impugnatura inversa In piedi, braccia pie- gate con i gomiti verso l'alto, estende- re l'avambr. sul brac- cio senza portare il braccio in avanti Tricipite Tricipite 17) Piegamenti dell'avam- braccio sul braccio con bilanciere, impugnatura dritta In piedi, braccia lungo i fianchi, flettere le brac- cia senza aiutarsi an- dando indietro con il bu- sto Flessori dell'avambraccio sul braccio, muscoli dell avambraccio 18) Piegamenti dell avam- braccio sul braccio con bilanciere, impugnatura inversa 19) Piegamenti dell'avam- braccio sul braccio con manubri es. , mani rivolte verso I in- terno, piegamenti alternati (un braccio steso, uno in posizione di massima fles- sione) es. con un maggior inte- ressamento del bicipite 123 ESERCIZI. INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 20) Trazioni dritta impugnatura Impugnatura un po' pi larga dell'ampiezza delle spalle, eseguire l'es. par- tendo a braccia tese e ar- rivare con il petto a toc- care la sbarra Dorsale, bicipite, fissatori della scapola 21) Trazioni impugnatura in- versa Impugnatura uguale alla larghezza delle spalle, cu- rare la massima ampiezza del movimento come nell' es. precedente es. con maggior interes- samento del bicipite 22) Trazioni col triangolo Curare la massima ampiezza del movimento 23) Trazioni dietro la testa Impugnatura molto larga, curare la massima ampiezza del movi- mento 24) Trazioni con impugnatu- ra rivolta in dentro 124 es. con maggior interes- samento del grande dor- sale es. con maggior interes- samento del bicipite e del grande dorsale ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 25) Trazioni con impugnatu- ra rivolta in fuori 26) Salita alla fune Senza l'aiuto delle gambe, senza oscilla- zioni del corpo es. con maggior interes- samento del grande dor- sale es. con maggior interes- samento del bicipite, del trapezio e dei muscoli dell avambraccio 27) Trazioni con corpo oriz- zontale Corpo teso a tavo- la, massima am- piezza di movi- mento Dorsale, deltoide poste- riore, bicipite, fissatori della scapola 28) Rematore a 90 29) Rematore a 90 con bi - lanciere bloccato a terra ad una estremit Schiena piatta, impugnatura larga, concludere la tirata con il bilanciere al petto e i gomiti alti Schiena piatta, im- pugnatura stretta (col triangolo), non sollevare il busto durante la tirata es. con interessamento anche dei lunghi del dorso (bassa schiena) e s 125 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 30) Slanci delle braccia in fuori dal decubito, prono su panca orizzontale, con manubri 31) Circonduzioni delle spal- le con bilanciere 32) Tirate al mento 33) Portate al petto 34) Spinte delle braccia in alto con bilanciere al petto 126 Partire a braccia in avanti (verticali) e slanciarle in fuori fino all'orizzontale -r\_^ Deltoide posteriore, fissa- tori della scapola In piedi, impugnatura stretta, gambe leg- germente divaricate, circondurre nei due sensi, usare carichi pesanti- Impugnatura stretta, schiena piatta, effettuare la tirata concludendo l'es. con il bilanciere al mento e i gomiti alti Trapezio Quadricipite, glutei, lunghi del dorso, trapezio, deltoi- de, bicipite Impugnatura larga quanto l'ampiezza delle spalle, partire a braccia tese, effettuare la tirata a schiena piatta, girare il peso andandovi sotto e ( concludere l'es. in posizione eretta es. con un maggior inte- ressamento del quadrici- pite e dei glutei Flettere le gambe (non molto), spingere il bilan- ciere verso l'alto sfruttando la spinta delle gambe e, data una inerzia al bilanciere, stendere com- pletamente le braccia, riflettendo le gambe che avevamo esteso alla fine della spinta, per andare sotto al peso; tornare quindi in posizione eretta stendendo di nuovo le gamb Quadricipite, glutei, trape- zio, deltoide, tricipite ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 35) Strappi 36) Stacchi da terra a gam- be tese 37) Stacchi da terra a gam- be flesse 38) Estensioni del tronco dal piegamento in avanti (good morning) con cari- co 39) Iperestensioni del tronco dal decubito prono su panca, con carico Impugnatura larga, effettuare la tirata a schiena piatta e riprendere il peso andandogli sotto, con- cludere I es. a braccia tese; il bilanciere deve sa- lire il pi vicino possibile al corpo dell'atleta Lunghi del dorso, quadri- cipite, glutei, trapezio, deltoide Impugnatura con una mano inversa per consenti- re una presa pi forte, partire a braccia tese ti - rando di gambe e schiena, schiena piatta (per quanto possibile), concludere l'es. in posizione eretta Gambe divaricate, bilanciere sulle spalle, piegarsi fino a 90 a schiena piatta, tornare in posizione eretta Proni su panca con il tronco fuori, gambe bloc- cate, carico dietro la testa, piegarsi a 90 e quindi iperestendere il tronco indietro Lunghi del dorso, poste- riori delle cosce es. con interessamento anche del quadricipite e dei glutei Lunghi del dorso, poste- riori delia coscia, glutei 127 MUSCOLATURA ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE PREVALENTEMENTE INTERESSATA 40) Torsioni del tronco con bilanciere dietro la testa In posizione eretta, gambe divaricate, torcere il busto tenendo bloccate le gambe e il bacino 4 & Obliqui, trasversi 41) Torsioni dalla posizione in ginocchio, con bilan- ciere bloccato a terra ad una estremit Impugnare l'estre- mit libera del bilan- ciere andando mol- to sotto con le gi - nocchia, effettuare la torsione portando l'estremit del bilan- ciere di fianco Obliqui, traversi, deltoide, trapezio 42) Inclinazioni del tronco con manubri In piedi, gambe leggermente divaricate, braccia lungo i fianchi, mantenere le braccia tese durante l'esecuzione dell'esercizio Obliqui 43) Flessioni del tronco dal decubito supino, su pan- ca orizzontale, con cari- co Supini su panca, gambe tese e bloccate, carico dietro la testa, non fermarsi col tronco verticale Retto dell'addome, retto del quadricipite, psoas i- liaco 44) Flessioni del tronco dal decubito supino su pan- ca inclinata in basso, con carico 128 es. ma a gambe pie- gate, non sdraiarsi completamente an- dando gi Retto dell'addome ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 45) Slanci degli arti inferiori a gambe tese in sospen- sione alla spalliera 46) Piegamenti gambe in ac- cosciata fino a 90 Slanciare le gambe tese verso l'alto e arrotolarsi cercando di arrivare con i piedi pi in alto possibile Non estendere le gambe incurvandosi in avanti, ma cercare di mantenere la schiena piatta 47) Piegamenti gambe in ac- cosciata completa Inizialmente retto del qua- dricipite e psoas, in segui- to retto dell'addome Quadricipite, glutei, po- steriori della coscia (bici- pite femorale, semimem- branoso, semitendinoso), lunghi del dorso es. con un maggior inte- ressamento dei glutei 48) Balzi in accosciata con bilanciere sulle spalle 49) Piegamenti spaccata gambe in Il ginocchio della gamba anteriore non deve sor- passare la punta del pie- de, busto eretto, gamba dietro tesa es. con un maggior inte- ressamento dei posteriori della coscia 129 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 50) Estensioni della gamba sulla coscia, con carico o con elastici 51) Flessioni della gamba sulla coscia con carico o con elastici Mantenere la coscia orizzontale, partire sempre con la gam- ba a 90 rispetto al- la coscia Portare la gamba a 90 rispetto alla coscia Quadricipite Flessori della gamba (bici- pite femorale, semimem- branoso, semitendinoso) 52) Slanci dell'arto inferiore in avanti con carico (scarpa di ferro) o elasti- ci 53) Slanci dell'arto inferiore indietro con carico (scarpa di ferro) o elasti- ci 54) Slanci dell'arto inferiore in fuori con carico (scarpa di ferro) o elasti- ci Slanciare la gamba tesa senza prende- re lo slancio Flessori della coscia, (ret- to del quadricipite. psoas iliaco, tensore della fascia lata) Glutei, posteriori della co- scia Abduttori della coscia 130 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA PREVALENTEMENTE INTERESSATA 55) Slanci dell arto inferiore in dentro con carico (scarpa di ferro) o elasti- ci Slanciare la gamba te- sa senza prendere lo slancio Adduttori della coscia 56) Estensione dei piedi con appoggio della punta su di uno spessore Bilanciere sulle spalle, bu- sto eretto, max. esten- sione possibile Tricipite surale (gastroc- nemio, soleo) 131 ESERCIZI CON IL PARTNER Gli esercizi con il partner sono da considerarsi fondamentali per la prepa- razione di un lottatore. La loro influenza sul processo dell'allenamento molto varia a seconda della metodica di esecuzione, ma essi sono indispensabili soprattutto perch abituano il lottatore a muoversi con il partner e ad esercitarsi con lui in una si- tuazione di equilibrio, statico e dinamico, che si avvicina alla lotta vera e pro- pria. Abbiamo diviso gli esercizi con il partner in due gruppi: Esercizi da fermo Esercizi in movimento Gli esercizi da fermo sono stati raggruppati, per facilitare la loro com- prensione, secondo il settore muscolare che interessano; essi, variando op- portunamente la metodica di esecuzione, sono particolarmente indicati per in- crementare nell'ordine: la forza, la resistenza muscolare, la rapidit e la mobili- t articolare. Gli esercizi con il partner specifici per la mobilit articolare non sono qui di seguito riportati perch sono stati inseriti negli esercizi specifici per la mobi- lit (vedi pag. 69). Gli esercizi in movimento comprendono tutti i tipi di trasporti ed i cosiddet- ti giochi di lotta, e costituiscono una tappa intermedia obbligatoria tra la pre- parazione fisica generale e la lotta vera e propria. Gli esercizi in movimento servono prevalentemente per migliorare nell'or- dine: la resistenza organica e muscolare, il senso della posizione, l'equilibrio, I abilit motoria specifica. Per quanto riguarda la resistenza bene fare una precisazione: per lo svi- luppo della resistenza generale (sia organica che muscolare) si utilizzer una vasta gamma di esercizi in modo da interessare tutti I settori muscolari, il ritmo esecutivo non sar eccessivamente elevato e la durata di ogni singola eser- citazione superer i 60 minuti; per lo sviluppo della resistenza specifica si utiliz- zer un minor numero di esercizi, ma specifici per il settore su cui vogliamo agire, con un ritmo pi elevato ed una durata inferiore. ESERCIZI CON IL PARTNER DA FERMO ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI 1) Piegamenti sulle braccia affer- randosi le mani: A supino braccia in avanti, B pro- no corpo proteso dietro con le mani in appoggio sulle mani di A Flettere ed estendere contemporaneamen- te le braccia, scambiare la posizione ogni serie Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e del- la parte superiore del tronco 2) Piegamenti sulle braccia affer- randosi le caviglie: A supino braccia in avanti, con le mani afferra le caviglie di B che sta prono sopra di lui con la testa verso i piedi di A, B a sua volta af- ferra le caviglie di A 132 es. ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE I SETTORI INTERESSATI 3) Croce dal decubito supino: A supino braccia in fuori, B sopra di lui con le mani afferra i polsi di A, A cerca di portare le braccia avanti vincendo la resistenza di B 4) Pull-over a braccia tese dal de- cubito supino: A supino braccia in alto, B sopra di lui con le mani afferra i polsi di A, A cerca di portare le braccia in avanti, vincendo la resistenza di B 5) Pull-over a braccia piegate dal decubito supino: A supino braccia in alto, B seduto dietro con i piedi contro le spalle di A; A e B si afferrano le mani, A esegue il pull-over tirando e flet- tendo le braccia 6) Piegamenti sulle braccia con partner che tiene l'esecutore per le caviglie 7) Piegamenti in verticale con part- ner che aiuta e mantiene in ver- ticale A a braccia tese, B deve regolare la forza in modo da far fare un conveniente numero di ripetizioni ad A K_ Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e del - la parte superiore del tronco B deve lavorare di schiena cedendo len- tamente ad A, in partenza A a braccia te- se Mantenere il corpo teso 0jK Spingere verso I alto cercan- t es. do di mantenere la posizione di equilibrio 133 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI 8) Aperture laterali con partner: A in posizione eretta braccia in fuori, B afferra le braccia ai polsi e spinge in basso; da braccia lungo i fianchi A cerca di riportare le braccia in fuori vincendo la re- sistenza di B 9) Distensione da seduti con partner che oppone resistenza: A seduto sul tappeto con braccia a candeliere, B in piedi dietro di lui oppone resistenza 10) Slanci del partner: A e B si pongono l'uno di fronte all'altro, A afferra B sotto le a- scelle e dopo un leggero piega- mento sulle gambe lo slancia in alto A deve man- tenere le brac- cia tese con palme rivolte verso il basso, B deve regolare la forza in modo da far fare ad A un conveniente numero di ripe- tizioni B deve tenere le gi - nocchia contro la schiena di A per man- tenerlo a schiena piat- ta, regolare la forza es. La spinta delle gambe deve servire a spingere il partner in alto a braccia tese ed aiu- ta soltanto la spinta delle braccia, qualora questa non sia sufficiente Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e del- la parte superiore del tronco es. con interessamen- to anche degli arti infe- riori 11) Chiusure delle braccia al tronco: A e B di fronte, A con le braccia a candeliere, B pone le proprie braccia sopra quelle di A e cerca di chiudergliele al tronco 12) Stesso esercizio con A seduto e B in ginocchio dietro di lui 134 A palme verso l'interno, braccia in fuori a 90; B cerca di chiudergliele facendo forza con i gomiti verso il basso in dentro ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI 13) Flessioni ed estensioni dell'avam- braccio sul braccio con partner che oppone resistenza: A seduto, B dietro ad A; B afferra A per un polso e blocca con il braccio libero il braccio di A, A effettua flessioni ed estensioni dell'avambraccio sul braccio 14) Stessa posizione dell'esercizio precedente, B tiene fermo con un braccio il braccio di A e con I' altro gli afferra il pugno cercando di flettergli il polso e quindi I' avambraccio sul braccio B deve mantenere ben fermo il braccio di A e deve regolare la forza in modo da far fare un conveniente numero di ripetizioni ad A es., A deve cercare di resistere al max. con il polso in estensione Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e del- la parte superiore del tronco 15) Tirate e spinte delle braccia a stantuffo: A e B di fronte piegati a 90, testa contro testa, mani reciproca- mente afferrate 16) Tirate delle braccia a stantuffo: posizione come I esercizio pre- cedente Compiere il movimento il piu veloce possi- bile Compiere il movimento di forza- cedendo lentamente a chi tira 17) Movimenti forzati del collo: a) A in greca, B dietro di lui, A cerca di mantenere il collo eretto, B gli fa compiere delle flessioni, estensioni, inclina- zioni e circonduzioni forzate della testa b) A in piedi, B di fronte, A cerca di mantenere il collo eretto, B gli fa compiere delle flessioni e delle inclinazioni forzate Non fare forza di scatto, ma sempre pro- gressivamente e anche in posizione statica. Altri esercizi di potenziamento del collo con il partner sono stati inseriti negli esercizi in ponte e per il ponte Muscolatura propria del collo 135 ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI 18) Estensioni del tronco con partner appeso al collo: A disteso a terra, B dietro la sua testa piegato a 90. A afferra il collo di B, B lo solleva esten- dendo il tronco L'esecutore (B) non deve aiutarsi con le gambe n tantomeno con le braccia, il part- ner (A) deve tenere il corpo teso a tavola Muscolatura della schie- na, con interessamento anche dei muscoli del collo 19) Stacchi con presa in cintura in- versa: A in greca, B gli si pone di fianco, lo afferra in cintura inversa ed esegue una successione di stac- chi L'esecutore deve far passare il partner ogni volta con i piedi verso l'alto e lo deve ripog- giare a terra con la testa dalla parte oppo- sta Muscolatura della schie- na, con interessamento anche degli arti inferiori 20) Oscillazioni del partner sul piano frontale: A prende B in cintura dal davanti con presa di braccio e tronco e, dopo averlo sollevato, compie delle oscillazioni sul piano fron- tale 21) Oscillazioni del partner sul piano sagittale: A prende B in cintura dal di dietro con presa di braccio e tronco e, dopo averlo sollevato, compie delle oscillazioni sul piano fron- tale 136 Portare ogni vol- ta il partner in posizione oriz- zontale A a gambe diva- ricate, durante le oscillazioni de- ve rimanere, per quanto possibile, a schiena piatta e deve ipere- stendersi all'in- dietro al termine dell'oscillazione ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI 22) Sollevamento e slancio indietro del partner. A sta in piedi a gambe divaricate. B entra sotto con la testa e. sol- levando A, lo scarica dietro di se 23) Slancio degli arti inferiori in avanti stando attaccati al collo del part- ner: A sta dietro B. B afferra il collo di A. si appende a lui e slancia gli ar- ti inferiori in avanti portandoli a squadra Non aiutarsi con le braccia sollevando il partner, scaricarlo spingendo con le gambe ed estendendo dinamicamente la schiena Mantenersi bene a squadra mentre il part- ner si sposta sul tappeto Muscolatura della schie- na, con interessamento anche degli arti inferiori Muscolatura della schie- na (A) e della fascia ad- dominale (B) 24) Flessioni del tronco agganciati al- la vita del partner con le gambe: A in piedi, B gli aggancia con le gambe la vita, si appende a lui ed esegue delle flessioni del tronco 25) Flessioni del tronco agganciati al- la vita del partner che sta in gre- ca: A in greca, B seduto sul collo con mani dietro la testa e piedi ag- ganciati all'inguine di A A corpo proteso dietro e ben piazzato sulle gambe, mani sotto i glutei del partner, B mani dietro la testa; ad ogni flessione del tronco B deve andare a toccare con il prop