Sei sulla pagina 1di 796

GRANDE LESSICO

DEL
NUOVO TESTAMENTO

Fondato da GERHARD KITTEL

Continuato da GERHARD FRIEDRICH

Edizione italia11a a cura di


F. MONTAGNINI· G. SCARPAT · O. SOFFRITTI

VOL. X

PAIDEIA
Titolo originale dell'opera

Theologisches W drtedmch z1m1 Nciten Testament


in \Tcrbindung mit zahlrcichcn F:ichgenosscn
begrlindet von GERliARD K1TTEL
herausgegcbcn von GERHARD fRIEDRICll

All'edà.ioue ita/ia11a di q11eslo deci111u vo/11111i:


banno collaborato come traduttori:
FRANCO RONCHI
DENEllETTINE DEL MONASTERO DI S. SCOLASTICA
GINO CONTI'

T11t1i i diritti sono riscri•ati. È rigorosamente vietata, 11 termini


di legge, la riprod11z.io11e anche parziale ddle voci o il ri11m111/o
delle stesse.

© W. KOHLHAMMF.R VERLr\G, STUTTGART 1959

@ PAIDEIA, BRESCIA 1975


PREMESSA AL SESTO VOLUME TEDESCO

Dopo cinque anni è stato ultimato un altro volume del Theologisches


W orterbuch. Esso è abbastanza ponderoso, eppure abbraccia soltanto
due lettere, mentre i primi volumi ne contengono da tre a quattro. Le
ragioni di questo ampliamento sono varie e dipendono sia dal contenu-
to sia dai tempi . Si sa che in periodi di molteplice attività non si riesce
ad essere brevi, e ciò ha influito anche nella preparazione degli articoli
di questo Lessico. Benché il direttore sia spesso intervenuto con tagli
drastici, non sempre è riuscito a ridurre i singoli articoli a proporzioni
ragionevoli.
Ma se diversi articoli si stanno facendo più lunghi di quanto non fos-
se stato previsto o progettato, ciò dipende anche da cause oggettive e
comprensibili. Il Theologisches Worterbuch è impostato in modo che
ciò che costituisce il dato concettuale teologicamente rilevante e carat-
teristico di un gruppo di vocaboli viene riassunto in uno di essi, sicché,
per quanto riguarda gli altri vocaboli dello stesso gruppo, ciascun artico-
lo può in sostanza limitarsi ad un breve cenno di ciò che ne costituisce
l'aspetto specifico. Questa impostazione può essere rispettata se l'opera
viene portata a termine in un breve lasso di tempo. Ma dalla composi-
zione del primo articolo di questo Lessico ad oggi sono trascorsi tren-
t'anni, e in questi trent'anni - nonostante molteplici eventi politici -
qualche progresso si è avuto anche in campo teologico. Ne segue che in
tutta una serie di articoli che da ora cominciano a comparire non si può
semplicemente rinviare ad un volume precedente, com'era stato proget-
tato all'inizio, ma si deve dire qualcosa di più o anche di diverso da ciò
che s'era pensato. E in questo modo il Theologisches _W orterbuch assu-
me dimensioni più ampie del previsto.
Anche durante la pubblicazione del ses.to volume la morte ha strap-
pato al loro lavoro molti collaboratori. Ricordiamo con riconoscenza A.
Oepke, K. L. Schmidt, J. Horst, O. Schmitz, A. Debrunner, T. W. Man-
son, V. Herntrich. Diversi articoli hanno potuto essere approntati per
la stampa anche dopo la morte dei loro autori.
Come in passato, cosl anche in questi anni mi sono avvalso di una
schiera di collaboratori che con abnegazione hanno svolto un lavoro mi-
vm PREMESSA AL SESTO VOLUME TEDESCO

nuto e paziente, akuni come specialisti impegnati nella revisione dei


manoscritti, altri controllando le bozze da precisi punti di vista, tutti
contribuendo alla validità e al buon esito dell'opera. Con profonda ri-
conoscenza e alta stima ricordo G. Bertram, J. Betz, A. Bohlig, P. Boen-
<lermaker, E. Dammann, A. Debrunner, J. Fichtner, G. Fohrer, D. J.
Georgacas, A. Hiller, W. Kasch, P. Katz, H. Kleinknecht, H. Kramer,
E.Lohse, \V.Lohse, T. W.Manson, C.F.D.Moule, E.Nestle, C.H.
Peisker, K. H. Rengstorf, E. Risch, K. H. Schelkle, G. Schlichting, \V.
Schneemelcher, ]. Schreiber, S. Schulz, K. Staab, H. Traub, A. Wanncr,
K. Zimmermann.
Infine il direttore vorrebbe rivolgere una preghiera a coloro che si
serviranno di questo Lessico. Quando si utilizza la benché minima mi-
scellanea è consuetudine citare non soltanto la raccolta, ma anche l'au-
tore. Nel caso del Theologisches Worterbuch si offre spesso non solo
un compendio dcl lavoro altrui, ma ricerche originali che raggiungono
l'ampiezza di monografie, e non è un buon costume farne menzione ci-
tando soltanto il volume e le pagine del Lessico. Gli autori hanno il di-
ritto di essere citati per nome.
Per la sesta volta un volume del Theologisches Worterbuch viene dif-
fuso nel mondo in migliaia di copie. Il direttore nutre la speranza che
anch'esso si presti a· un servizio di n~tura scientifica, poiché congiun-
ge :filologia e teologia, e in forma ecumenica, poiché, al di là delle
confessioni, conduce alla Bibbia; e a un servizio di natura pratica, poi-
ché offre, a chi ha cura d'anime, uno strumento utile alla predicazione
e all'istruzione.
Erlangen, 16 giugno 1959· G. FRIEDRICH
AVVERTENZA AL DECIMO VOLUME ITALIANO

Il decimo volume italiano comprende le pp. 58-623 del sesto volume


tedesco.
AUTORI
DELLE VOCI CONTENUTE NEL DECIMO VOLUME

Direttore
GERHARD FRIEDRJCH, professore ordinario di N.T., Erlangcn.

Collaboratori
Orro BAUERNFEJND, professore ordinario di N.T., emerito, Tiibingen.
FRIEDRICH BAUMGiiRTEL, professore ordinario di A.T., emerito, Erlangen.
\'<7ERNER Brnnr.R, professore straordinario di scienz:i delle missioni e libero docente di N .T.,
Base!.
HANS BIETENHARD, libero docente di N.T., Ilcrn.
HERBERT BRAUN, professore ordinario di N.T., Mainz.
RuooLF BuLTMANN, profe5sorc ordinario cli N.T., emerito, Marburg.
OSCAR CuLLMANN, professore ordinario di N.T., Bascl e Paris.
GERHARD DELLING, professore con cattedra di N.T., Halle.
]OHANNES FrcHTNER, professore di A.T.," Ilcthel.
LEONHARD GoPPELT, professore ordinario di N.T., Hamburg.
HmNRlCH GREEVEN, professore ordinario di N.T., Kid.
GilNTHER HARDER, professore di N.T., Berlin-Zchlendorf.
t FRIEDRICH HAUCK, professore straordinario di N.T., Erlangen.
]OACHIM ]EREMIAS, professore ordinario di N.T., Gottingcn.
WILHELM KASCH, assistente, Kiel.
HERMANN KLEINKNECllT, professore ordinario di filologia classicll., Miinstcr.
CHRISTIAN MAURER, professore di N .T., Bethel.
RunoLr. MEYER, professore con cattedra <li A.T., Jcna.
WILllELM M1cuAEUS, professore ordinario di N.T., Bcrn.
i" HERBERT PREISKER, professore con cattedra di N.T., Jena.
KARL HEINRICH RENGSTORI', professore ordinario di NJ'., Miinstcr.
SIEGFRIED Sc11ULZ, libero docente di N.T., Erlangen.
EDUARD ScHWElZER, professore ordinario di N.T., Ziirich.
HEINRICH SEESEMANN, decano e incaricato di N.T., Frankfurt a. M.
ERIK SJO!lERG, rettore, Johanncshov {Svezia).
GusTAV STii.HLIN, professore ordinario di N.T., Maini.
HERMANN S'l'RATHMANN, professore ordinario di N.T.. emerito, Erlansen.
ARTUR WEISER, professore ordinario di A.T., Tiibingcn.
INDICE DELLE VOCI

'ltEpLa-crEuw, v;i:Ep1tEPLCTCTEuw, rcEpLcrcroc;, ùitEpEX'ltEpLcrO'où, ùitEpEX1tEpLcro-wc;,


7tEpLcrcrEla., 7tEplcrawµa. (t Hauck) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
7tEptO''tEpa, -cpuywv (Greeven) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
7tEp1.-tɵvw, m:ptToµT), èt.1tepl-cµ:l')-coc; (Meyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
'ltEp~q>povÉw -+ v, coli. 260 ss.
'ltEplo/IJµa. (Stiihlin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
'ltEP1tEpEÙoµa.L (Braun) . .. ... ' .. . .. . . . .. . . . . . . .. . . . ' . . . . . . . . . . . . . 103
itÉ"tpa. (Cullmann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
IlÉ'tpoc;, Kriq>&c; ( Cullmann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 23

'1ti'J'YTJ (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159


miMc; (Rengstorf) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
7tTJpa; {Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
mxpoc;, mxpla., 7tLxpa.lvw, 7Capa.mxpalvw, 7Capocmxpacrµ6c; (Michaelis) . . 185
1tLµ7tÀ.T)µL, ȵ'1tlµ:r.À.1}µL, 7tÀ.i'}CTµovTi (Delling) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203
7tlvw, rcoµa;, 7t6cnc;, 7tO'tOV, 1tO'tOc;, 7tO"tljptov, Xet.'ta'1tlvw, 'ltO'tlsw (Goppelt) 223
1wn:p6.crxw (t Preisker) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297
7tl7t'tW, 'Tt-cwµa., 'lt-cwcrtc;, bcrci'Tt-cw, xa-carclit-cw, iapa.'ltbt'tw, 'lta.pa7tTwµa.,
7tEp1.1tl'TtTW (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 299
m<r-cEuw rclC1Ttc;, m<T't6c;, m<r't6w, li.7tLO"toc;, èt.mcr'tÉw, à.mcr'tla., oÀ.Lyom·
O"'toc;, ÒÀ.tyomcnla. (Bultmann, Weiser) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337
11:)..Ct.vaw, rcÀcx:vrioµa.t, à1tc1tÀ.cx.v&w, &.no7tÀ.a.v6.oµat, 7tÀ.avri, 7tÀ.a\loc;, 'ltÀa-
vii'ti'Jc;, 7tÀ.6.VJ)c; (Braun) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 487
rcMcraw, 7tÀ.ao-µa., 7tÀ.a.cr-c6c; {Braun) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 53
1tÀt'.owH;,w, ump7tÀEov6.~w (Delling) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 575
1tMOVÉX't'l)c;, 7tÀ.EOVEX'tÉW, 1tÀ.EOVEçllX. (DelJing) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 585
1tÀ:ijì)oc;, 'TtÀl}lMvw (Delling) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 607
7tÀ.i}P1}c;, 7tÀ.1]p6w, 7tÀ:r)pwµtX., OCVct.7tÀ'r)p6w, a\l"tlt.VO:TCÀ1)p6w, bmÀ1)p6w, lx-
'lt).T)pWO'Lc;, O'Uµ:n:À1)p6w, 'TCÀl)po<popÉw, 7tÀ.1)pocpopla (Delling) . . . . . . . . 633
'JtÀl}<Tlov (Greeven, Fichtner) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 711
'FtÀ.ov-coc;, 7tÀ.oucnoc;, nÀ.ou'tÉw, 'ltÀ.ov'tlsw <t Hauck/Kasch) . . . . . . . . . . . . 729
'TC\IEUµa., 1tVEVµCl'tLX6c;, m1lw, lµ'1t\IEW, '7tV01), bm1lw, ì)e61t'\/EUCT'tOc; (Klein-
knecht, Baumgiirtel, Bieder, Sjoberg, Schweizer) . . • . . . . . . . . . . . . . . . 767
1t\llyw, a'7t07tVlyw, CTVµ'ltvlyw, 7t\ILX't6c; (Bietenhard) . . . . . . . . . . . . . . . . . I 107
'ltOLÉW, 1tOL1)µa., '7tol111nç, '7tOL1)T1}c; (Braun) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1I]7
'1tOLXlÀoc;, 7tOÀ.U7tolxtÀ.oc; (Seesemann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . u 91
INDICI! DE.LLE VOCI XHI

7.0Lµ'l)v, apXL':tOL[U]\I, 1tOLµCl.L\IW, 'ltO~µV'f), 1tolp.VLO\I (Joach. Jctcmias) . . . . I I93


7tOÀ.Eµoç, 1to).EµÉCJl (Bauernfeind) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 3 5
noÀ.Lr;, 7toÀ.l·n1i;, 1toÀ.vrEvoµaL, itOÀ.L-.Eia, ;i;oH-.:wµet. (Strathmann) . . . . . . 1273
1toÀÀ.ol (Joach. Jeremias) .. . .... : . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r 329
7.oÀuÀoyla. (Maurer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 3
~OÀ.V1tOlY.LÀoç --+ col. 1192
1tOÀ.Vç --+ coli. 1329 SS.
1tOÀ.UU1tÀ.ayxvoç--+ crotÀanvC~o~w.t
7t6µa --+ coli. 253 ss.
•r.ov'l')poc;, r.ovnpla ( Harder) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.5 7
7tOpEuoµaL, do-7topEuoµa.L, bmopEuoµaL (Hauck/Schulz) . . . . . . . . . . . . . . . . I4 n
7t6pvY), 7topvor;, 7tOP\IEla, 7t0P\IEVW, Ex1t0p\IEUW (Hauck/Schulz} . . . . . . . . . . 144 7
7t6cnç --+ coli. 253 ss.
-r.o't'aµoç,, 1to-ret.1J.ocp6prr•o.;, 'Iopo<hrqç (Rengstorf J . . • . . . . • • . • • • . • • . . . . q89
1tO"flJPLO\I --+ coli. 265 ss.
7to-rl~w --+ coli. 295 s.
r.6't'O<; --+ coli. 253 ss.
ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI

ANTICO TESTAMENTO

Gen. Gcncsis Sap. Sapientia Salomonis


Ex. Exodu5 Ecdus Ecclcsiasticus (LXX Sir.)
Lcv. Lcviticus Is. Isaias
Num. Numeri lei·. Ieremias
Deut. Deuteronomium Bar. Barnch
Ios. los11c Lam. Lamcntationcs
Iud. Iudiccs Ep. lcr. Epistula Ieremiae (Vg. Bar. c.6)
Ruth Ruth Danicl (Vg. c. 13 = Susanna; 14
1-2 Sam. (::: LXX 1-2 Regnorum; Vg. 1-2 ::: Bel et Draco}
Rep,um) Ez. Ezechiel
1-.1 Rcg. ( '"" LXX 3-4 Regnorum; Vg. 3-4 Dan. Danicl
Regum) Mal. Malachhis
1-2 C!1ron. \'ulg. 1-2 Pnml. Os. O;eas
1-2 Par. 1-2 Paralipomcnon Am. Amos
r-~ Es<lr. 1-3 Esdrae( = Vulg. 3 Esdr. Mich. Michaeas
[apocr.], Esdr.i+u [::: T. Mas. Iocl Iocl
Esdr., c.1-10; Necm. c.u-23]) Ab<l. Abdios
Tob. Tobias Ion. Ionos
Judith Iudith Nah. Nuhum
Esth. Esthcr Abac. Abacuc
lob Iob Soph. Sophonins
Ps. Psalmi Ag. Aggaeus
Prov. Provcrbia Zach. Zncharios
Ecci. Ecdcsiastes (hebr. Qohelet) 1-4 Mach. I-.f Machabaeorum (3-4 apocr.)
Cant. Canticum Cantìcorum

NUOVO TESTAMENTO

Mc. Evangelium Matrhaei 1,2 Thess. Epist. ad Thessnlonicenscs t,2


Mc. Evangelium Marci 1,2 Tim. Epistulae ad Thimotcum 1,2
Le. Evangelium Lucac Tit. Epismla ad Titum
Jo. fa·:mgelium Ioannis Philm. Epistuh ad Pbilemonem
Acr. Actus Aposiolorum Hcbr. Epistula ad Hebr:ieos
Rom. Epistula ad Romanos foc. Epistula focohi
1,2Cor. Epistuluc ad Corinthios 1,2 l -J fo . . Epistulae Ioannis 1-3
Gal. Epistuln ad Gal:uas 1,2 Pc!t. EpistulAc Petri 1 ,2
Eph. Epistula ad Ephesios Ju<luc Epistula ludae
Phil. Epistula ad Philippenses Apoc. Apocalypsis Ioannis
Col. Epistu!::i ad Colossenscs
ABBREVIAZIONI IN CARATTERI GRECI

Quando un libro biblico è citato con abbreviazioni greche, il rimando è fatto ulfo
versione dei LXX in quanto si distacchi dal T .M . Per es.:
ljJ Psafmi, nel testo dei LXX AEV't. De11tero11omi11111, nel testo dci LXX
I BctCT. 1 Reg., nel testo dci LXX ·nu. Ose11s, nel testo dci LXX

TRASCRIZIONE DELLE PAROLE SEMITICHE

Le parole ebraiche sono crascrittc in cnrntteti hltini nel sistema semitico corrente,
indicato dalla seguente tabella:

:i patal?
b (con e sem;a dageJ lene; e così co11 ii qiime1
tulle {.-: begadkefat, eccetto p, f) '1 !Ja!ef - pala~
hb (dage! forte: e così in ogni caso di -a qàme; con -h finale
dage! forte) -uh qàmes co11 ·h e mappik
g (vedi b) e segol
d (vedib) e sere
h (: l?areI · segol
w é !ùe e sego/ con j
z J?freq
l.1 hireq w11 j
o hOlem
j o ;/i:IJ!e! !Ja{tlf
k (l'edib) o !;a{e/ qii111e,r
I ò O CO/I W
m li qibbu!
n 11 u con w
s I'wà' prommciato
Una parola ebraica tra i due apici ' ' è /e-
p.f ziotte delle versioni antiche.
~ Li! parole 11on vocalhzale nel testo tedesco
q ( specialmenll! rt1dici verbali) sono riferite
r di norma se11zn vocali
s
s
(vedib)
LESSICO
II
(continuazione)

, .
1tEpt.CTO"EUtù, U7tEP'ltEpLO"O"EUtù,
,

. -
'JtEPLO'O"O<;, V7tEpEX1tEpLO"O'OU,
,
U7tEpEX7tEp1.0"0"tù<;, 1tECil.O'O'El.ct,
7tEplcrcrcuµa.

'tÒ 1t~i>oc;, «nell'essere irragionevole l'e-


lemento passionale è presente in misu-
ra eccessiva»; spec. leg. r,80. b) Con
A. USO DEI VOCABOLI FUORI DEL N.T.
soggetto personale: avere sovrabbon-
. r. Uso intransitivo. a) A proposito danza di qualcosa, Polyb. r8,18,5 (op·
di cose: esserci in sovrabbondanza 1• posto di ÈÀ.À.El7tEW); Xenoph., an. 4,8,
I I (esser superiore di numero); Philo,
Xenoph., sym. 4,35 : 't'àp:x:ouv'ta 1'.x;n
xai 1tEPL't't'EUOV'ta, «ha il necessario e rer. div. ber. 191 (a proposito del mira-
anche il superfluo»; Flav. los., ant. r6, colo della manna: Ex. 16,r6-r8; oppo-
I 9: xpi)µCX.'t'CX. (contrapposizione tra Ì
sto di VO''t'EpijO'cx.L); traboccare di: los.,
beni sovrabbondanti e quelli che sono ant. 19,150 (EÒvolcx.c;).
sufficienti: µTi µ6vov htcx.p:X:E~v); bell. 7, Uso transitivo: rendere abbondante,
331 : « ...pur non mancando di vettova- straricco; accordare, procurare, offrire
gliamenti (-rpocpijc; àcpi}ovlav) e avendo in sovrabbondanza; Athen. 2J42 b pro-
abbondanti armi e sovrabbondanza di
l1mgare ('trXç &.'.lpac;).
ogni altro apparato ... »; Philo, Ios. 243 2. Nei LXX il tema 7tEpt<10'- rende
(opposto: EXÀ.L1tELV). Forma media (P. quasi costantemente la radice ebraica
Lond. II 418,4; Flor. 242,2): avanzare, itr, in diversi derivati 2 , ed è attestato
rimanere alla fine, ecc., Aristot., hist. 60 volte: 2 3 nell'Ecclesiaste (__,,. col.
an. 1,9 (p. 619 a 20): «il cibo che avan- l 8 ), solo 2 nel Pentateuco, 7 nei libri
za», ii 1tEPL•'tEUOUO'(.( 't'pccpl); 670 b 5; di Samuele e dei Re, i 3 nei libri profe-
los., ani. 13,55; 3,229. Essere in so- tici. Il verbo 1tEPt<1<iEVEt\I è usato solo
vrappiù, esser di troppo, in senso de- con soggetto personale: avere sovrab-
teriore; Soph., El. 1288: 'tà. µÈv m:- bondanza di, ad es. Ecclus u,12: «ric-
PLO'O'EVOV'ta 'tWV À.oywv, «quelle paro- co di miseria (1t-rwxEl~)»; 19,24: «uno
le che sono proprio in più». Esserci che teme Dio ed è povero d'intelligen-
in misura eccessiva, esagerata, Philo, za vale più di uno che ha accortezza da
/eg. all. 3,200: 't'<{> 8'licppovL 1tEPL't"t'EUEL vendere (7tEptO'O'Euwv Év cppovi)cm) e

7tEPLCTCTEl'.JW X't' À. S., O. I.


I Etimologia: da che n sua volta
7tEpLCTCT6<;, 2 Il tema 7tEPL<TCT- nei LXX non rende mai il
deriva da 7tEpl =
inlomo e oltre, di Id: tema l'r e pertanto non indica mai il 'resto'
ScHWYZER 1 472; II 499 s. ~ IX coli. 1497 santo.
1t€pw·uEuw A 2 - B 1 (F. Hauck) (vr,59) 8

trasgredisce la legge»; superare qualcu- B. USO DEI VOCABOLI NEL N.T.


no (r Mach. 3 130) o avere un vantaggio
su qualcuno (Eccl. 3,19: mxp~ -.ò X'tfi- Nel N.T. TIEpl.O'O'EUE~\I è usato quasi
voc;, «sul bruto»). In 1 Ba.<r. 2,33 7tiiç esclusivamente in contesti che parlano
7tEpL<T<TEuwv otxou O'OV traduce l'ebrai- della pienezza escatologica che è presen-
co marbtt e significa suboles, rampollo,
te o si annuncia nel nuovo eone, men-
progenie.
tre difetta nel vecchio, oppure della
3. L'idea che l'età della salvezza, il nuova intensità e misura in cui essa è
riscontro dell'età paradisiaca, avrebbe
portato con sé un'abbondanza generale, richiesta nell'età a venire. 7tEpLCTCTEUEl.\I
è certamente presente già nell'A.T., an- è pertanto un termine squisitamente
che se nòn è espressa nei LXX con il escatologico.
verbo 7tEpL<TCTEVEW (cfr. Am. 9,13; Is.
65,17-25; Ez. 47; Ioel .p8 ecc.). Lev.
26,4 s. 3 costituisce per l'esegesi rabbi- 1. Sinottici e Atti degli Apostoli
nica il testo principe della torà a so-
stegno di tale concezione, che la lette- 'ltEp~O'O'EVEL\I è usato senza note esca-
ratura tardo-giudaica abbellisce abbon- tologiche in Mc. 12,44 par. e Le. I2,15
dantemente. 4 Esdr. 8,52 riassume l'i- per indicare beni terreni sovrabbondan-
dea con una formulazione pregnante:
praeparatum est futurum tempus, prae- ti. Invece in Le. x5,r7 è usato con va-
parata est habundantia 4 • L'abbondanza lore teologico, giacché il sovrappiù che
escatologica è descritta in particolare viene pagato ai braccianti assunti dal
come una miracolosa fertilità della ter- padre simboleggia la grazia sovrabbon-
ra, una ricca prole, una sovrabbondan-
za di denaro e di beni; dr. Hen. aeth. dante del Dio misericordioso. Usato da
xo,16-19; apoc. Bar. 29,4-8 5• Il mira- Gesù in un'affermazione che forse è
colo della manna si ripeterà in misura più che altro un proverbio giudaico 7
ancor maggiore: M. Ex. a 16,25 (p.
38 b) e a 16,33 (p. 59 b. 60 a). La nuo- (Mt. 13,12; 25,29; dr. Mc. 4,25), il
va età porterà anche doni e beni imma- verbo significa la generosità di Dio, che
teriali e spirituali: la piena gioia (Sib. 3, dona sovrabbondantemente, in cui il
702-730; Hen. aeth. 51,5 s.), giustizia e discepolo di Gesù può sperare. La mol-
sapienza (4 Esdr. 8,52; Hen. aeth. 48,
1 ), pienezza di Spirito santo (test. L. tiplicazione dei pani e dei pesci compiu-
r8; test. Iudae 24; Sib. 4,46.187). La ta da Gesù per sfamare la moltitudine
sovrabbondanza escatologica fa da ri- è antitipo del cibo dato a sazietà al po-
scontro alla graduale diminuzione delle
forze e dei beni dovuta al peccato delle polo nel deserto: Gesù è il secondo
origini 6• Mosè (~ VII, col. 819). Ma l'azione

l S. Lev. 26,4 (448 a) in STRACK-BILLERBECK· s Altre indicazioni in VoLz, Esch. 359 s.;
IV 938 S. 948 S. 9JO. STRACK-BILLl!RBECK IV 836 s.; cfr. Philo,
4 Anche se non è sicuro, 'ltEpt.aD'· è probabil· praem. poen. 98-107.
mente il tetmine greco di base: cfr. B. V10- 6 Gen. r. n; STRACK-BILLERBECK IV 949 co
LBT, Die Apk. des Esra und des Baruch, 7 BuLTMANN, Trad. 108; DALMAN, Worte ].
GCS 32,1 (l924) 119 s. I 204.
nEp~ucmiw Il 1-2 (F. Hauck) (Vl160) IO

messianica si distingue da quella mo- ricorrendo alla forma Ù7tEprte:ptcrcre:ue:w


saica per la sua abbondanza: nel deser- (Rom. 5,20; 2 Cor. 7,4; cfr. Eph. 3,20;

to fu dato soltanto quanto bastava a I Thess. 3,ro; 5,13) •


10

ciascuno (Ex. r6,r8), mentre tutti i rac- Più volte 7tEpLcrcre:vEw ricorre in con-
conti evangelici sottolineano che la testi escatologici. Paolo vive la gioia
quantità di cibo nel miracolo della mol- dell'età escatologica, che è cominciata
tiplicazione fu tale che tutti mangiaro- con la glorificazione di Cristo e ne indi-
no a sazietà, e ancora ne avanzò molto ca la sovrabbondante pienezza, che non
(Mt. 14,20; 15,37; Le. 9,17; Io. 6,12 ha confronto nell'epoca precristiana. La
s.) 8 • Anche Mt. 5,20 ha un riferimento pienezza caratteristica della natura di
escatologico: il giusto comportamento Dio (cfr. ÙrtEpe:xmpta-<rou: Eph. 3,20;
richiesto per poter partecipare al regno ~ rtÀ.ou'toc;) si spiega in tutta la sua
di Dio deve di gran lunga superare 9 il ricchezza nell'età escatologica, caratte-
massimo che si possa conseguire nel rizzata appunto da una gradazione su-
vecchio eone, quella massima prestazio- perlativa rispetto all'età precedente. Ma
ne religiosa che è esemplificata da Fari- questa sovrabbondanza dell'era escato-
sei e Scribi, i virtuosi della religiosità. logica non si annuncia nell'eccedenza
La notizia della rapida e sorprendente di beni materiali 11 bensl nell'ambito del
crescita della comunità, espressa con le 7CVEiJµa e riguarda soprattutto la ~
parole È7tEpl<.1<.TEUOV 't(i'l apL~ X<X~ 1
xciptc;, il dono salvifico del nuovo se-
1)µ.lpav, «crescevano ogni giorno di nu- colo: in Cristo essa fu donata con ge·
mero» (Act. 16,5; cfr. 2,41; 4,4; 6,7; nerosa magnificenza alle moltitudini
9,31 ), non contiene soltanto un'infor- (Rom. 5,15). Mentre nel vecchio eone
mazione statistica, ma implica l'idea il peccato si moltiplica per mezzo della
che tale crescita è opera del Cristo glo- legge, in Cristo la grazia diviene ancor
rificato (2,47) e del suo Spirito (9,31 più sovrabbondante (5,20: Ù1tEpE1te:plcr-
~ IX, coJl. 661 s.). cre:u<.TE'V; dr. 5,17: 't'T)v 7tEptcraEla:v 'ttjc;
xapL'toc;). Conforme a tale ricchezza di
2.7tEptcrcrE1'.1Ew è usato particolarmen- grazia, al servizio della giustizia (oL-
te da Paolo, il quale anzi rafforza l'idea xa.tocrV'llTJ) cristiana ~ompete una gloria

s Mc. 8,8 ~ col. 20. role composte: dr. A. FRIDRICHSEN, Observa-


9 1tEPLCTCTEVELV rafforzato mediante 7tÀEiov, cfr. tionen wm N.T. aus Ael., var. hirt.: Symb
BLASS-DEBRUNNER § 246. Osi 5 (1927) 63; R. STEIGER, Die Dialektik
der pau/inischen Existenz (1931) 97 s. 176 ri-
ia Cfr. 4 Esdr. 4so: mperabrmdavit; l'esem-
manda allo sfondo teologico di questa prefe·
pio di ùmpr.Ept!TCTEIJW preso da Maschio
renza (questa esuberanza, questa energia che
(PREUSCHEN·BAUER, S.IJ.) non è antico, ma
supera ogni forza umana, è dovuta a Dio).
medievale: DEISSMANN, L.0. 66 n. 6, Paolo
ha una preferenza tutta ellenistica per tali pa- 11 ~ coli. 12 s.
II (VI,60) 'ltEpt.a'cnuw B 2 (F. Hauck) (VI,61) 12

(o6çcx.) superiore al patto dell'A.T. (2 La presenza del tempo della salvezza


Cor. 3,9 ~ u, coll. r392 ss.). Rivelan- è segnalata nella comunità dalla grande
do loro il mistero del suo pfano salvifi- abbondanza di doni, di forze e di mini-
co, Dio concesse agli apostoli una gra- steri. Paolo vive questa realtà e ne a-
zia abbondante (uso transitivo di '1tEptcr- spetta fa manifestazione concreta nella
<Teuw) sotto forma di ogni sapienza e colletta tra le comunità. L'Apostolo lo-
intelligenza (Eph. r,8) 12 • La grazia do- da le comunità macedoni perché la lo-
nata da Dio fa traboccare il credente di ro estrema povertà trabocca nella ric-
gratitudine e porta a un'illimitata glori- chezza della loro liberalità (2 Cor. 8,2).
ficazione di Dio ( 2 Cor. 4,15 ). Neanche Egli loda Dio, che sparge abbondante-
la sofferenza (~ 1x, coli. 1066 ss.) può mente (uso transitivo di 7tEpt<T<TEVEW)
offuscare questa nuova ricchezza del- ogni grazia sulle comunità ( 2 Cor. 9,8 ),
l'età salvifica: le sofferenze di Cristo perché esse, nella loro sufficienza (av-
abbondano nella comunità, ma cosi ab- 't"apxrnx, ~ 11, col. r 245). sovrabbon-
bonda anche la consolazione dell'Apo- dano (uso intransitivo di 7tEptO'<TEVEL\I)
stolo mediante la comunione con Cri- di ogni opera buona. Come sono ricche
sto (2 Cor. 1,5). Secondo Rom. 3,7 la di fede, conoscenza, zelo e amore, esse
veracità di Dio(~ I, col. 652), che con devono abbondare pure di benevolenza
la sua parola rivela che ogni uomo è (xaptç, 2 Cor. 8,7) 13• Ma la colletta
mendace (v. 4, con rimando a Ps. n6, non serve soltanto a sopperke a una
xr ), è resa ancor maggiore dalla piena carenza economica (~ Ù<T"tEpi)µai:a)
manifestazione dell'infedeltà umana e dei destinatari, ma è una 'liturgia' e ha
trabocca quindi a maggior gloria di un contenuto religioso 14 : è straordina-
Dio. I 'forti' della comunità corinzia riamente ricca perché moltiplica le azio-
apparentemente attribuivano un valore ni di rendimento di grazie a Dio ( 2 Cor.
religioso all'uso che facevano della car- 9,12) 15• Per Paolo, che è profondamen-
ne delle vittime immolate ngl'idoli con- te grato per il dono della grazia di cui
siderandolo una prova della loro liber- è ben consapevole, il 7tEpt<T<TEVEW e lo
tà cristiana; ma Paolo deve dir loro che Ù<T't"EPE~at di beni materiali sono del
cosi facendo non acquistano alcun me- tutto indifferenti (Phil. 4,12). Grazie
rito particolare agli occhi di Dio (I Cor. alla ricchezza che ha in Cristo, anche il
8,8), perché nel regno di Dio le cose miglioramento apportato alla sua situa-
esteriori sono del tutto indifferenti zione economica dal dono della comu-
(Rom. 14,17). nità di Filippi, per quanto lieve, si tra-

12Cfr. EWALD, Gefbr., od I. 1$ WINDISCH, 2 Kor. a 9,u; dr. però -.. vr,
IlCfr. HEINRICI, 2 Kor., ad l.; WINDISCH, 2 coli. 620 ss.
Kor., ad l. rs HEINRICI, 2 Kor. e \VJNDI SCH, 2 Kor., 11d I.
13 (v1,61) itEpt11116c; I (f. Hauck) (v1,61) r4

sforma in sovrabbondanza (Phil. 4,18). i11)µa.O'L; eth. Nic. 2,6 (p. l 141 b 6, in-
Nelle esortazioni e nelle preghiere di sieme con iJauµacr'tci). e) Più che sufj;-
ciente, superfluo : Xenoph., mem. 3,6,6
Paolo si manifesta quella che è la sua (oami.vat); Dio C. 38,20,2: miv 't'Ò
principale preoccupazione missionaria, ÙrcÈp 't'Ì'j\I XPEla'IJ 't'L'IJt Clv 7tEptn·6v ÈO"TL,
cioè la crescita spirituale delle sue co- «tutto ciò che uno ha in più del neces-
sario è superfluo»; Ios., ant. 4,117:
munità o, com'egli veramente desidera
Dio può «ridurre ciò che abbonda ... e
con tutto il cuore e dice con maggior dare ciò che manca» (xaL -rà 'ICEpL't'tà
forza, il loro nEptcrcrc.uc.w. Cosl egli au- µnouv ... xa.t -.à À.Et7tO\J't'a S1.86va1.). -.ò
gura ai fedeli di Roma di sovrabbonda- 7tEpt.crcr6v è la preponderanza, la supe-
riorità di numero o di forze (Xenoph.,
re di speranza per la forza dello Spiri- Cyrop. 6,3,20); la disposizione supple-
to santo (Rom. 15,13) ed esorta quelli mentare di un testamento (BGU 326 II
di Corinto a sforzarsi di essere più che 9 ); Èx 1tEPL"t"'rou = inutilmente, in ma-
niera superflua (P. Tebt. u 488), d)
ricchi di quei doni che servono all'edi-
Spesso è usato nel senso deteriore di
ficazione della comunità (I Cor. 14, 12) superfluo, inutile, esagerato; Aesch.,
o di sovrabbondare nell'opera del Si- Prom. 383 (µ6xi1oc;); Soph., El. l24r
gnore (r Cor. 15,58). Egli intercede per ( llxi>oc;); Pla t., resp. 3 ,407 b (ÈmµiÀ.Eta.
TOU crwµo:.-.oc;); Philo, praem. poen. 99
i Filippesi, perché il loro amore c:liven- (insieme con 1tEplepyoc;); 'TtEpt.crcrèt cppo-
ga ancor più ricco di conoscenza (Phil. 'JE~V, «essere presuntuoso, orgoglioso,
r ,9) e spera che col loro progresso cre- arrogante» (Eur., fr. 924,2. [T.G.F
659]). e) 'tÒ 1tEptcrcr6v, il resto: .Anth.
sca ancor più il loro vanto ( Phil. r ,2 6; Pal. II ,2 3 9; -.ò 1tEpt.ucròv -.i}ç -riµÉpa.c;,
~ v, col. 306). Ai Tessalonicesi chiede Xenophon Ephesius (R. Hercher, Eroti-
di crescere ulteriormente nell'amore re- ci Scriptores Graeci [1858])·x,3; 2 1 14.
f) Numero dispari (opposto di lipTtoc;):
ciproco (1 Thess. 3,12; 4,ro) e nella vi-
Plat., Prot. 356 e.
ta cristiana e di sovrabbondare in essi Riferito a persone 1: a) straordinario,
(I Thess. 4,1). notevole: Eur., Hipp. 948; Aristot.,
probi. 2,10 (p. 953 a rn): 7tEpt<r<rot xa.-
'tèt q>t.Àoa-ocpla.v; Plut., Demetr. 2,2 (r
889: :d.ÀÀEt., insieme con bauµau'toç);
·r 1tEpLO"O"éc;, t\mEpEX1tEpLcT<rou, Dio C. 46,21,2 (o 8Ewéc;, ò Ttept.cr0'6ç);
t ùm:pEX7tEpLO"a"wc; Ps. Sal. 4,2: 1tEptcrcròç EV À.6yotc; ... U7t~p
1ttZV•ac;, «superiore· a tutti in parole».
1. Riferito ad oggetti: a) insolito, b) In senso deteriore: Eur., Hipp. 445
straordinario; detto di doni (8wpa) : (insieme con µÉya q>povouv't'a); Polyb.
Hes., theog. 399; Philo, Ios. 4, insie- 9 ,1 ,4 (insieme con noÀU7tpiiyµwv ).
me con èçalpEToc;. b) Eccezionale, stra- · L'avverbio 7tEpt.<rcrwc; significa straor-
no: Theogn: 769; Soph., Oed. Tyr. 84r; dinariamente, eccezionalmente. Hdt. 2,
Isoc., or. 12,77 (insieme con 't'Epct'tw- 37= «(gli Egiziani) essendo straordi-
811); Antiphon 3AS 7tEpLO'O'O't'Épotc; na- nariamente religiosi (1lEOO"E~ÉEc; 'ltEpt.a"-
r.Eptcnròc; x-r)..
I Eustath. Thessal. 484,10-19.
15 (v1,6t) 7tEPtCTl1o<; 1-3 (F. Hauck) (VI,62) r6

crwc; Mv-cEc;), assai più di tutti gli altri natia della salvezza che Cristo, a diffe.
uomini...»; Polyb.1,29,7. Comparativo: renza dei falsi profeti, darà ai credenti:
Hdt. 2,129; superlativo: Dio C. 37,
«io invece sono venuto perché abbiano
17,2; 62,7,3. Il neutro, l'avverbio e
anche il comparativo 7tEpLcrcr6npov e vita e l'abbiano in abbondanza» (Io.10,
7tEpL<r<ro-tÉpw<; nella koiné sono usati 10: tva swliv itxwow xal. 7tEptCTcròv itxw-
spesso al posto di 7tÀ.Éov e µ(i.À.Àov 2 3
<TLv ). Mt. 5,37 : le afferma~ioni che van-
(cfr. Ios., ant. 6,59).
no oltre il semplice 'sl' e 'no' sono Stl·
2. Nei LXX TCEpLcr<r6c; traduce parec- perfl.ue a motivo dell'assoluta veracità
chi derivati della radice ebraica itr: a)
del discepolo; le parole in più sono in-
il residuo, il resto, il rimanente; Ex.
10,5: 7tav •Ò 7tEpLcrcròv (jeter) •'ile; yf}ç fatti una conseguenza del male che do-
-cò XOC'l'rLÀELcpttév (hanniS'eret), «tutto il mina il mondo. Mt. 5,47: l'amore per-
resto della terra che è rimasto»; 4 Bacr. fetto che somiglia a quello di Dio non
2 5 ,II: -.ò 7CEpLcr<ròv (ieter) -rou À.ocov -cò
xcx-cocÀEicpi>Èv (hanniS'arim) ÉV -.jj n6- può limitarsi a rendere la gentilezza ri-
ÀEL, «ii resto del popolo che fu la- cevuta. Rom. 3,1: i Giudei hanno, ri-
sciato nella citth; anche riferito a per- spetto agli altri, un vantaggio. 2 Cor. 9,
sone: Iud. 21,7 (cod. B); l Bmr. 30,9;
l: 1'esortazione al servizio in favore dei
3 Brur. 22,47 (cod. A). Il resto ( = ciò
che non è stato ancora detto o nomina- santi sarebbe superflua. Mc. 6,5 r: il po-
to): 3 Ba.a. 14,19; Ez. 48,23; I Mach. tere miracoloso di Gesù rende i disce·
9,22. b) In senso deteriore: superPuo, poli oltremodo (be nEptcro-ov) stupiti.
inutile: Eccl. 2,15; Ecclus 3,23 (µi] 7tE-
pi.epyci~ou); 2 Mach.12,44 (insieme con Immensa (be 1t'Epi11uov) è la costerna-
À:r)Pw6E<;). e) Straordinario, eccezionale, zione dei. discepoli di fronte alla seve-
eminente, Dan. 5,12 (Theod.): Daniele rità dell'impegno cristiano (Mc. ro,26).
ha «uno spirito eccezionale», '1t\IEVµoc
7tEpto-o-6v (anche 6,4); 5,14 (Theod.): L'intensità passionale dell'odio contro
O'ocpla. d) Vantaggio, superfluo: Prov. Gesù è espressa con 7tEpiao-wi; (Mt. 27,
14,23 (motiir, opposto cli mapstJr, dan- 23; Mc. l5,r4; Act. 26,II).
no, miseria, Ev8ELcx); per !'Ecclesiaste
~col. 18.
Il comparativo iteptcru6-rEpoc; ( l 6 vol-
L'avverbio 'ltEpt<rCTwc; viene a signifi- te nel N.T.), nel greco veterotestamen-
care semplicemente molto: Dan. 8,9 tario è un sostituto popolare di nÀelwv.
(Theod.); 7,7 (Theod.); 7,19 (Theod.); Nei paragoni espressi con questo ter-
2 Mach.8,27; ~ 30 (31),24: -.otc; 7tEptO"-
crwc; ('al-ieter) 1tOLOVCTL\I Ù1tEplJ<prL'lllet.'ll, mine il N.T. fa talora affermazioni teo-
Vulg.: abundanter facientibus super- logiche importanti. Giovanni ha una di.
biam. gnità superiore a quella dei profeti an-
3. Nel N.T. l'aggettivo è usato solo tichi e pertanto ha un significato deci-
6 volte. Indica l'abbondanza straordi- sivo (}W't.II,9 par. 4 ). L'amore è più im-

l RADERM/\CHER 69; BLASS-DEBRUNNUR § 60, s. e n. ,4.


3· 4 Interpretare 1tEp~r:ruO"tEpov come un maschi-
J Buss-DEBRUNNER § 60,3; ·~ vnr, coli. 508 le (Emsmo, e.A. FRITZSCHE, Ev. Mattbaei
17 (v1,62) rtEp~uaElCL (F. Hauck)

portante di tutti i sacrifici (Mc. 12,33 ). muni~à di Tessalonica (r Thess. 2,17).


Dio pretende di più da colui al quale Cfr. inoltre 2 Cor: 7,13.15; Phil. 1,14;
ha affidato molto (Le. 12,48). Gli scri- J-Jebr. 2,1; 13,19.
bi saranno colpiti da un giudizio più se-
vero per la loro religiosità apparente
(Mc. 12,40 par.). Per ragioni pastorali
Paolo vuole evitare al colpevole una TIEpLcrO'Elrx. XPTJµihwv, eccesso di ric-
tristezza eccessiva (2 Cor. 2,7). Dio vol- chezze: IG v 550 =
CIG r 1378 1•
le dimostrare con maggiore certezza Nei LXX si riscontra solo nell'Eccle
l'immutabilità deJla propria volontà sal- siaste (I 3 volte) in connessione con la
visione pessimistica dell'autore, per il
vifica (Hebr. 6,r7). Cfr. inoltre Mc. 7,
quale ogni fatica umana è inutile: 6,8
36 (~~CiÀ.À.ov m:pw116•e:pov, così anche e 7,Il per joter; 2 1 II per r'ut 2 ; altro-
in 2 Cor. 7,13 5 ); Le. 12,4; r Cor. 12,23 ve sta per ;itron, guadagno, vantaggio
s.; Hebr. 7,15. (r,3; 3,9; 5,8.15; 10,11), pregio, supe-
riorità (2,13; 7,I2).
Nei paragoni Paolo usa spesso la for-
ma ne:p~O'cr6•Epoç, che per lui è vero- Nel N.T. nc.pi1111Elrx. indica la traboc-
similmente un grado più alto di µliÀ- cante pienezza, l'abbondanza delFetà
Àov, usato anch'essi? frequentemente. deila salvezza rispetto al dominio .della
Paolo superava tutti i suoi coetanei nel- morte nel tempo antico: immense so-
lo zelo per le tradizioni dei padri (Gal. no la grazia e la giustizia di Dio mani·
1 14), tutti gli altri apostoli nell'impe-
1
festatesi in Cristo (Rom. 5,17); immen-
gno missionario (I Cor. 15,10), tutti i sa è la gioia che si ha in Cristo, pronta
suoi avversari giudei neilc sofferenze al dono generoso anche nell'indigenza
del ministero (2 Cor. n,23 6 ). L'Apo- materiale (2 Cor. 8,2). In 2 Cor. 10,15
stolo conduce una vita pia davanti al Paolo esprime la speranza che l'impe-
mondo, soprattutto davanti ai credenti gno ubbidiente della comunità di Co-
di Corinto (2 Cor. r,12), che ama con rinto permetta una più jntensa e profi-
particolare intensità (2,4; 12 ,15). Egli cua azione missionaria 3 • In Iac. 1,21
ha un vivo desiderio di rivedere la co- 7tEp~O'O'ELct. xrx.xfo;ç non significa «resto

[ 1826) ad l.) è in contraddizione con l'uso NER §§ 12 appendice; 116,3; 1851 1; 230.
linguistico del N.T. e con il caso analogo di 7tEPL<TO'E la,
Mt. 12,6. DEISSMANN, L.0. 66.
s Buss-DEBRUNNER § 60,3. I Gli Utra mandaici non derivano affatto da
6 Altre gradazioni estranee al greco classico jwtr' (ebr. iotcr), sovrabbo1Jda1Jza, ma da
ed ai LXX: txm:pLCTCTÙ>ç: Mc. 14,21; òmprtE· 'wtr' (cbr. 'oJer), ricchezza: LIDZBARSKI, Gin-
pLCTCTWç: Mc. 7 ,37; V7tEpEX7tepiO'O'ou (Dan. 3, za 6 n. 8.
22 var.): Epb.3,20; r Thess.3,rn; J,13 (var.); 2 Cfr. BERTRAM, Hebr. rmd griech. Qoh.:
òm:pEX7tEpiO'O'Wç: Mc. 7,37 (var.); r Thers. 5, ZAW N.F. 23 (1952) 26-49.
13. Per questi composti cfr. BLASS-DEBRUN· 3 HEINRICI, 2 Kor., ad I.; WtNDISCH, 2 Kor.,
-:iEpi-: nrwµa (F. Hauck), 7tEPLO''tEpli (H. Greevcn)

di cattiveria», ma «eccesso/ sovrabbon- 34 e Le. 6,45 indica ciò di cui il cuore


danza di malizia»: dati la presenza di trabocca e che si esprime nelle parole
7téi<; ( micra\I pur.et.pla:v, «ogni sudiciu- dell'uomo manifestandosi come bene o
me») e il significato fondamentale di come male. 2 Cor. 8,13 s.: raccomandan-
m:ptCT<TEVELV, 7'EPW'C1'EL(t. significa che la do ai Corinzi la colletta per la chiesa
malvagità da deporre è quanto mai gerosolimitana, Paolo li esorta affinché
grande 4• la loro sovrabbondanza possa esser pa-
ri all'indigenza della comunità-mAdre,
t m:plcnrEUµa cosl come la ricchezza dei beni spi-
rituali di questa ha pareggiato la ca-
Eccedenza, sovrabbondanza, eccesso renza di cui essi soffrivano. Mc. 8,8:
(Oribasius 22,7,1). Nei LXX significa,
eccesso e si legge solo in Ecci. 2,15; ma il pane avanzato (-+ coli . 8 s.) dopo
si ttatta probabilmente di un'interpo- che la folla ebbe mAngiato a sazietà te-
lazione cristiana, alla quale va preferito stimonia l'abbondanza del dono nella
il T.M. 1
moltiplicazione dei pani.
Nel N.T. è usato 5 volte. In Mt. 12, F. HAUCK t

t '1tEpLcr"t'ep&., t -rpuywv

SOMMARIO: L'etimologia del sostantivo 7tEptO''tE-


A. La colomba 11el mondo antico. pa non è stata ancora chiarita. :È: possi-
B. La colomba nell'A.T. e nel giudaismo. bile 1 che la dissimilazione consonantica
C. La colomba nel N.1'. secondaria del greco moderno 'ltEÀtO''tÉ-
D. La colomba nella chiesa antica. pt abbia fortuitamente restaurato la for-

ad I. Altertume: Schulprogramm Wurzen ( 1886);


G. WmcKBR, Der Seelenvogel i11 der alte11 Li-
4 DIBELIUS, ]ak-, ad I.; HAUCK, ad L
tera111r und Kunst (1902); H. GRESSMANN,
7tEp(O'O'EVµ« Die Sage von der Tau/e Jesu und die vorder-
orientali1che Taubengottin: ARW 20 (1920/
I H.W. HERTZBilRG, Der Prediger, Korom. z. 21) l -40.323-359; E.A. AneOTT, From Letter
A.T. 1614 (1932) 78 s.; P. KATZ, recensione lo Spirit (1903); S. HIRSCH, Tau/e, V crs11-
in: ThLZ 63 (1938) 34; STRACK·BILLERBECK ch1mg und Verkliirung ]esu (1933); F. SiiH·
1639. LING, Die Taube als religiOscs Symbol im
christlichen Altertum: Romische Quartal-
1tEPLO''t"Epa, -tpvywv schrift, Supplement-Heft 24 (1930); K. GAL·
STEJER, art. 'T11Ube': PAuLY-W. 2. Reihe 8, LING, art. 'Taube': RGG' v 999 s.; PREU·
2479-2500; O. KELLER, Die antìke Tierwell SCHEN·BAUER, J.V.
u (r913) 122-131; B. LoRENTZ, Dic Taube im 1 ScHWYZER 1 258.
21 (vr,63) 1tEpLG-repu A (I-l . Greevcn) (VI,64J 22

ma pnmltiva, e che m:pLO''tEp<i derivi La colombicultura, e quindi il colom-


quindi da 7tEÀLoç, grigio scuro. Ma te- bo domestico, hanno avuto nell'antichi-
nendo conto dei nessi storico-religiosi tà una grande importanza, come testi-
dell'animale, non va trascurata, anche moniano le colombaie a torre ('l':Ept<r'tE-
se non preferita, l'antica ipotesi 2 che pEwveç) 10 che si possono vedere ancora
7tEPLO''t'Epii sia un imprestito semitico e oggi nell'alto Egitto e nel territorio a
derivi dalla forma *perah-Istar =
uc- est del Giordano. Sappiamo inoltre con
cello di !star. -rpuywv è invece voce certezza che il piccione bianco d'alleva-
onomatopeica, come il latino turtur e il mento è venuto in Grecia dall'Oriente,
verbo 'tpui::w. in seguito all'affondamento di una flot-
ta persiana presso la penisola del Mon·
A. LA COLOMBA NEL MONDO ANTICO te Athos nel 492 a.C. 11 L'aspetto purn-
mente economico dell'allevamento del
Non è facile dire con precisione qua- colombo non basta però a spiegarne la
le dei numerosi colombiformi fosse larga diffusione, cosl che bisogna piut-
chiamato ?tEpLO''tEpci. Omero per colom- tosto tener presente il particolare signi-
ba usa un unico termine - ;cEÀ.w~, 1tE- ficato religioso di questo uccello.
À.rnii; 3 - , che indica certamente il co- Anche nell'antica Grecia il colombo
lombo torraiolo (columba livia). Gli al- è un uccello caro agli dèi. Ln saga tra-
tri nomi usa ti in greco per i colombi- manda la presenza di colombe all'ora-
formi sono: cpci4' 4 e il sinonimo <pa"l'- colo <li Zeus a Dodona, le cui sacerdo-
5
't(J.,/<plx.o-rra. , colombaccio (columba pa- tesse erano chiamate TtEÀEtaoEc;. Mone-
lumbus); olvcic; 6 , colombella (columba te ritrovate a Pesto (Creta) mostrano
oenas); 'tpuywv 7, tortora. Nel comples- l'immagine di Zeus con la colomba 12•
so di questa nomenclatura TtEpln'tEpci 8 Ma molto pi\1 spesso l'uccello è associa-
indica quasi sempre il colombo dome- to a divinità femminili 13 • Un eonfronto
stico (columba livia domestica), anche delle numerose testimonianze rimaste-
se talora può essere usato come termine ci 14 mostra come ci sia una linea conti-
generico per tutti i colombiformi 9 • nua che collega la snga della regina Se-

2 E. AsSMANN, 1tEP~(nEpct: Philol. 66 (1907) 11 Athen. 9,51 (394 e); vedi 4 STEIER 2490.
313 s. L'ipotesi è accolta anche da .BmsACQ 4 Il Secondo ~ KEI.LER 123. A quanto mi con-
773. sta, l'ampia, accurata e pur sempre indispen-
3 Omero conosce però anche <p6.aaa, come di- sabile documentazione raccolta e ordinata dal
mostra Il. I 5 ,237 s.: ~P1l~ <pa.<Tcroq>6voc;. 4 LoRENTZ non utilizza questa prova numi-
4 Attestato già in Acsch., fr. 2ro.257 (T.G.F. smatica.
71.82). Il E. WERTH, Der heifige Voge/ der grossen
s Attestato fin da Aristoph., Ach. no4; av. Gottin, Sitzungsberichte der Gesellschaft Na.
393; pax 1004. turforschender Freunde zu Berlin (1935) 273-
282 :· secondo il Werth l'odierna area di dif-
6 Attestato in Aristot., hiJt. a11. 5,r3 (p. 544 b
fusione del piccione selvatico (che secondo
6); 8,13 (p. 593 a 20): confronto dei vari tipi
Darwin è l'unico colombiforme da cui possa
di colombo.
essersi sviluppato il nostro colombo domesti-
1 Attestato già in Aristoph., av. 302.979.
co) è limitata a nord dall'isoterma di +3" in
s Già in Soph., /r. 782 (T.G.F. 314). gennaio e coincide a sud con il confine del-
9 Ael., var. hist. 9,2: si passa indifferente- l'area occupata dalla razza bianca (civiltà del-
mente da 1tEP~CT'tEpa a 1tEÀt~ac;. l'aratro) entro cui si situa, quasi ovunque, il
10 Altre indicazioni ·in ~ STEIER 2491; figu- culto della Grande Dea.
re in ~ KELLER 126. Il ~ GRESSMANN 332-359; ~ STEIER 2495-
TCEpLO"'TEpri. A (H. Grceven) (VI,65) 24

miramide con la dea Colomba di Asca- Zeus Sabazio e alla Mater Heipta (II sec.
lona, passando per la Atargatis-Dorceto d.C.) un malfattore confessa: E1tEL f.-
di Ierapoli (Ba:µ~uxri sull'Eufrate supe- 7tEL<t.G"ct. 7tEptO"'t"a.pàç 't"WV i>EWV ÈxoÀ.a-
riore). Esposta dalla madre Dorceto, la <T~V i.e; 't"oùc; Òq>~aÀµovc; xat f.viypa.o/a
piccola Semiramide sopravvive grazie 't"i]\I cipE't"Tj\I, «avendo preso delle co-
alle colombe che la nutrono finché non lombe care agli dèi fui punito con un
vien trovata da alcuni pastori, che la male agli occhi e fissai in questa iscri-
prendono con sé e l'allevano fino a zione la guarnigione miracolosa» 20 • Ben-
quando non la prende in moglie il re ché sia un ucce1lo caro agli dèi, il co-
assiro Nino; alla sua morte la regina lombo non è assolutamente intoccabile.
viene quindi trasformata in colomba 15 • È molto usato come vittima sacrificale,
Benché manchino prove dirette, la co- di cui però è vietato mangiare le carni 21 •
lomba è certamente connessa con la La colomba non è soltanto messag-
dea !star 16 • Anche nel resto dell'area gera, attributo, anzi incarnazione della
mediterranea è comprovata l'esistenza dea (in origine certamente teriomorfa);
di una dea Colomba, e ciò molto prima nel mondo antico essa è anche uccello-
del 49 a.C. (--) col. 22). La cipria Afro- anima. Si può affermare che in questa
dite (il cui nome «tesiste ad ogni eti· concezione confluiscono idee diverse,
mologia greca» 17 ) era, come mostrano che hanno molteplici punti di contatto
numerose monete, una dea Colomba, di tra loro e si sono variamente influenza-
cui uno dei più antichi luoghi di culto te a vicenda. In tutta l'area indoeu-
era Pafo 18• Anche le testimonianze tro- ropea (come anche in Egitto) l'idea
vate a Cnosso (Creta) e a Micene ri- dell'uccello-anima (spesso anti:opocefa-
salgono al II millennio a.C., mentre al- lo) ha dato una forma visibile al feno-
quanto più recenti sono le prove del meno dell'anima, a quel misterioso ele-
culto di una dea Colomba in Etruria, mento inafferrabile che emerge dall'i-
Sicilia, Cartagine e Fenicia. Tutte le te- gnoto e nell'ignoto svanisce 22 • L'uccel-
stimonianze indicano un'origine orien- lo dei morti è, in senso assoluto, l'epi-
tale, e anche in epoca posteriore si sa fania dell'anima che si separa dal cor-
che la colomba in Oriente è considerata po. Il gran numero di colombaie situate
sacra 19• In un'iscrizione lidia dedicata a nei cimiteri o usate, in forma di torre,

2500; O. GRuPPE, Griechischc Mythologie ti l'anima. Di parere diverso è 4 STEIER


und Religionsgeschichle (4 Handbuch AW 2496.
V 2) Il (1906) 1343-I346. 18 Ancora nel JII sec. d.C. Nemcsiano, de au-
Il Ctesia in Diod. S. 2,4. cupio 22 (A. BAEHRENS, PoeJae latini minores
M Vedi l'etimologia~ coli. 20 s. m [1881) 204) chiama le colombe Paphiae
17 U.v. WILAMOWJTZ-MOELLBNDORF, Die Ilias
aves.
19 Tib. 1,7,17 s.: quid re/eram, uJ voli/et cre-
1111d Homer (1916) 286. Almeno dalla etimo·
logia popolare il nome alternativo di Perse- braJ intac/a per urbes alba Palaesti110 sancta
fone, ClJEpcrÉ- (iI»Eppé-) <pana, è stato colle- calt1mba Syro.
gato alla colomba. Una prova indiretta di 20 H.W. BucxLER, Some Lydia11 Propiliato-
questa supposizione ci è forse fornita già da r.v Imcriptions: The Annua! of the British
Diosc., mat. med. 4,59: la verbc11a 01Jici- School at Athens .21 (1914-16) 169.
11alis è chiamata q>EpCTe<p6VLOV e 1CEpLO''tEPEWV. 21 Xenoph., an, 1,4,9; Pseud.-Luc., Syr. dea
Una prova esplicita è invece data da Por- 14.54.
phyr., abst. 4,16: lepòv -yàp au"tf}t; ( = Perse- 22 Ampia presentazione . delle testimonianze
fone) 1) cpét"t'tCX. Il nesso può però essere an· letterarie e iconografiche in --), WEICKER; dr.
che dovuto all'idea che la colomba rapprescn· inoltre 4 Si.iHLING 155 s. 289.
1.EpL7~€(.la A-B (H. Grceven) (\'I,65) 26

come pietre tombali, mostra che tra B. LA COLOMBA NELL'A .T . E NEL GIU-
i molti generi di uccelli-anima (l'anima DAISMO
di Alessandro Magno appare sotto for-
ma di aquila 23 ) anche la colomba ha la La colomba che appare nel racconto
sua parte 24 • del diluvio (Gen. 8,8.12) ha il suo ri-
La colomba è usata variamente nella scontro nell'epopea di Gilgamcsh, dove
poesia, nei proverbi e nel parlare figu- Utnapishtim invia successivamente una
rato come modello o esempio del com- colomba, una rondine e un corvo. Non
portamento umano. Come vezzeggiati- si può dire con certezza se Il la colomba
vo affettuoso cpci"t''t'LO\I e parole simili si sia considerata in origine un messo de-
riferiscono alla tenera grazia della co- gli dèi o un uccello delle divinità; co·
lomba in amore 25 • È credenza comune munque anche nella saga di Deucalione
che la colomba sia casta e rimanga lega- e Pirra Plutarco menziona espressamen-
ta per tutta la vita al primo compa- te la colomba 33 e in alcune monete di
gno u.. La colomba è considerata trepi- Apameia Kibotos in Frigia (III sec. d.
da e timida 27 ; la sua mitezza 28 e sem- C.) compaiono delle colombe sopra l'ar-
plicità 29 sono proverbiali. D'altra parte ca di Noè 34 • Tutti questi indizi fanno
un chiacchierone è detto «più ciarliero pensare che la colomba avesse un suo
di una tortora» {"t'puyovoc; À.<J..À.<.o--.e- posto .fisso nelle saghe del diluvio. An·
poc;) 30 e il verso della tortora è sentito che il racconto della creazione sembra
come un lamento, cosl che (Xct"t'tX) "t'pU· contenere una reminiscenza mitica
y6w1. 1JniU.rn1 significa 'lamentare la quando dice che lo spirito di Dio (riììih
propria sventura' 31 • In quest'ultimo uso 'elohlm) 'covava' sulle acque (Gen.1,2).
Jinguistico traspare un altro antico si- Questa reminiscenza è connessa da una
gnificato della colomba: essa è uccello parte, con il mito del mondo-~ovo e
di sventura e di morte. Da questo pun- dall'altra, con la leggenda tardi~a secon~
to di vista si spiega certamente la suu do la quale un uovo cadde dal cielo nel-
associazione a Persefone 32• l'Eufrate, fu portato a riva dai pesci e
venne poi covato da colombe finché ne

23 Pseud.-C:ttlisth. 3,33,26-27. cistifellea. Una tale ignoranza è però già bol·


24 ~ GRESSMANN 325-330. lata in Gal., de atra bile 147,20 ss. (C.M.G. v
25 Aristoph., PI. rnn; Plaut., Casina 138; se· 4,1,1).
condo Attemid., 011eirocr. 2,20,22 ss. cpauua 29 ~ STEIBR 2495: «Un uomo semplice, faci-
indica la ragazza leggera, '!t'EpLCT'tEp&. l'amante le a lasciarsi intimidire, era chiamato 'l'JµÉVTJ
onesta. mÀmi:ç». Cfr. Hcsych. e Suid., s.11. fjuÉVTJ
26 Aristot., hisl. on. 9,6 (p. 612 b) 33 s.; Plin., 1tEÀ.ELttç. L'opposto è spesso dato dal ~rvo
hist. nat. 10,104; Ael., nat. an. 3,5.44. In un sfacciato. Iuv., sai. · 2,63: dat ueniam corvis
incantesimo degli apotelesmata Apollonii Tya- vcxat censura columbas. Prud., di1tochaco1J
11ensis cosl vengono invocate le colombe: op- 192: corvor mutare columbis; ~ STEJER 2494
VEO: xa&apà. -cov lttou -cov xa&aplirav't'oc; ..~ s. .
'JtÀ.auµGt o.1hov: Patrologia Syriaca n 1388 s., . 30 I1 proverbio è documentato già in Menan-
ed. R. GRAFFIN (1907). dro: Ael., 11at. an. 12,10.
27 Aesch., scpt. c. Theb. 277 (m~V'tpoµoc;} e 31 Hesych., Suid., s.v. -rpvywv. Così già Plin.,
spesso nei poeti antichi (Sofocle, Ovidio, Vir· hist. nat. 18,267: ge111itus.
31 ~ STEIER 2495 s.; ~
gilio, ecc.); ~ STEIER 2489. n. 17.
28 Diog. L. 7,64. Fin nel Medioevo si credet· 31 de sollertia animalium 13 (II 968 s.).
te erroneamente che il colombo non avesse Jf A. ] EREMIAS, Dar A.T. im Lichte des Al-
la bile, mentre gli manca soltanto una vera ten Orients• (1930) 146-153 s. [BERTRAM] .
1tEPL<T"tEp&. B (H. Greeven) (VI,66) 28

uscì la Venere siria 35 • Invece nel detto l'A.T. Ciò nonostante, qua e là fa capo·
di Ben Zoma (c. 90 d.C.), che paragona lino l'idea di uccello-anima. Ma per
l'aleggiare dello spirito di Dio sulle ac- l'antico Israele ne abbiamo soltanto
que a quello di una colomba sulla una tenue traccia, quasi impercettibile:
sua nidiata, non abbiamo che una sem- per indicare il modo in cui parlano i
plice precisazione del tipo di movimen- morti o gll spiriti dei defunti l'ebraico
to, senza che la colomba abbia alcun usa il medesimo verbo che indica il pi-
significato autonomo. Infatti in tradi- golio o il cinguettio degli uccelli 41 • Ps.
zioni parallele si prendono a termine di 84 ci offre, però, un altro possibile in-
paragone altri uccelli 36 • Il rapporto tra dizio: possiamo, infatti, perlomeno
spirito di Dio e colomba si delinea in- chiederci se il v. 4 (l'uccello 42 ha trova·
vece più chiaramente quando si dice to un nido per i suoi piccoli) non stia
che la 'figlia della voce' (hat qol) nel in parallelismo col v. 3 (l'anima è giun-
tempio suona come la voce di una co- ta alla meta tanto agognata, al tempio).
lomba 37 , oppure quando una tarda ese- Questa associazione di immagini ap·
gesi interpreta il qol hattor, 'il grido pare del tutto naturale se le si pone a
della tortora' (Cant. 2 1 12), come detto base la concezione dell'uccello-anima.
dello Spirito santo 38 . Per Filone la CO· Comunque stiano le cose per l'A.T., è
lomba è immagine allegorica di Àoyoc;, provato che nel giudaismo l'idea del-
vouc; o O"OC(Jlcx e non solo di quelli del- l'uccello-anima ha una sua parte, come
l'uomo, come si vede chiaramente dal- dimostrano chiaramente, ad es., gli af-
l'interpretazione delle prescrizioni sa- freschi della sinagoga di Dura-Euro-
crificali 39• Qui la tortora (-tpuywv) è pos 43, che rappresentano le anime come
associata alla crocplcx divina, la colomba esseri alati che si affrettano a entrare
( 'ltEpt<t'tEptk) alla o-orpla umana <IO. Ma è nei corpi che devono tornare a vivere.
possibile che questo aspetto del pensie- In questo complesso d'idee la colomba
ro fìloniano abbia una matrice ellenica. ha una parte importante 44 , come è pos-
Senza dubbio, la colomba quale uc- sibile dimostrare non solo con le colom-
cello degli dèi è estranea alla fede del- baie a torre diffuse in Palestina (~
15 Hyginus, fabulae 197; ~ LoRENTZ 26. 10 dei Mandei moderni dr. M.N. SrouFPI,
36 T. Hag. 2,5 ( 234); STRACK-BILLERBECK t Études sur la religion des Soubbas (1880)
124. JI9.
39 Ad es., mut. nom. 248.
37 Be1. b. 3 a; STRACK-BILLERBECK I 124 s.;
~ A.BnOTT 139-181, sulla bai qol. Va notato 40 rer. div. he1. 126 s.
41 !if!ef: dr. ls. 8,19; 294 con 10,14; 38,14.
anche che secondo Hull. b. 139 b il verso dei
colombi suona xliptE xupc.E; vedi DALMAN, Per la questione vedi P. ToRGE, Seelenglaube
Worte f. I 268 s. Un'idea simile potrebbe und Unsterblichkeitshoffnung im A.T. (1909)
aver determinato nei LXX la traduzione di 7os.
d'r6n ( = rondine?) con -.pvywv (Ps. 84,4). 42 ~n . 37·
I LXX traducono diversamente Prov. 26,2. 41 Cosl R. MBYER, Belrachtungen zu J Fres-
:ia STRACK·BILLERBECK I 125; ~ n. 43. Nei ken der Synagoge von Dura-Europos: ThLZ
testi mandaici la colomba del battesimo di 74 (1949) 35-38. Per contro, secondo W.G.
Gesù è considerata incarnnzione della rflhii': KilMMEL, Die iilteste religiOse Kunsl der Ju-
LIDZDARSKI, ]oh.108,1 s. Quest'unico caso po- den : Judaica 2 (1946) ,2 le quattro figure
trebbe però esser dovuto all'influsso cristia- alate rappresenterebbero lo spirito di Dio (ri·
no, giacché altrove la rlJhii' assume la forma ferimento allo spirito di Dio che viene dai
di hawwii': LIDZBARSKI, Gini;a R. n6,1 ss. quattro venti [fa. 37,9]?).
Per il sangue di colombo usato nel sacramen· .i.1 Cfr. ].B. FREY, Corpus Inscriptio1111m Ju·
29 (VI,66) 7tEpt<T'tEpa B (H. Greeven) (vr,67) 30

col. 22), ma ancor più con le iscrizioni là ( Os. 7 ,II). La tortora conosce il tem-
tombali giudaiche 45 • po in cui deve migrare; ma il popolo di
Secondo Lev. r ,r4 le tortore (tor) e Dio non vuol saperne della legge del Si-
le giovani colombe (jona) sono gli uni- gnore (Ier. 8,7). .
ci uccelli adatti al sacrificio ·li>. Conside- L'immagine non è però soltanto ne-
rato che secondo il rituale dell'A.T. gli gativa. Israele tornerà dall'Assiria alle
animali selvatici non possono venir sa- sue case in patria come uno stormo di
crificati (il sacrificio deve infatti venire colombi che ritorna alle proprie case
dai beni dell'offerente), bisogna conclu_- (Os. II,II). Dio non abbandonerà la
dere che la norma presuppone la colom- sua tortora in balla del nibbio 51 , poiché
bicultura 47 • Più precisamente, l'israelita «egli ha scelto per sé tra tutti gli alberi
offre una colomba se non può disporre soltanto la vite... tra tutti i fiori soltan-
di un animale piì:1 prezioso 48 • to il giglio ... tra tutti gli uccelli... solo
Nel linguaggio figurato la colomba la colomba, tra tutti gli animali... sol-
rappresenta chi è abbandonato, indife- tanto la pecora» 52 • Da quest'uso figura-
so, alla mercè del nemico: è cosl imma- to non si può certo separare l'espressio-
gine di Moab, come anche del popolo ne affettuosa 'mia colomba', con cui l'in-
di Giuda e dell'orante che ha la morte namorato si rivolge all'amata nel C:m-
nel cuore 49 • Il verso della colomba è tico dei Cantici 53• Questo canto d'amo-
interpretato come un lamento (~ col. re non fa altro che usare il vocabolario
50
2 5) • Efraim, incerto se allearsi con amoroso poetico comune ai suoi giorni.
l'Assiria o con l'Egitto, è paragonato a Ma quando è riferito a Jahvé e alla sua
una colomba che svolazza in qua e in eletta sposa, anche il nome di colomba

daicarum I (1936) 664 s.v. colombes; V. AP- 47 Cosl anche Is. 60,8; 2 Reg. 6,25 (?).
TOWITZER, Die Seele als Voge/: MGWJ 69 43 Lev. .5,7.n; r2,8; 14,22.30.
(1925) 167. Ibidem 163: corvo = istinto mal- 49 Ier. 48,28; fa. 7,16; P.r. 55,7.
=
vagio; colomba istinto buono. 4 n, 29.
9.1 Is. 38,14; 59,n; Nah. 2 18. Oppure Is. 38,
45 La Mishna (R.H. 1,8; Sanh. 3,3; dr. Er. b.
14 allude già alla voce di un morto, cosl che
82 a; Sanh. b. 27 b) vieta che usurni, giocato-
sarebbe da mettere a confronto con 8,19 e 29 1
ri di dadi e anche «coloro che fanno volare i
colombi» (mpri{Ji jwnjm) possano essere giu- 4~ ""'n. 4r.
dici o testimoni. ~ molto dubbio che l'esclu- s1 Ps. 74,19: nefeI toreka. Ma sembra che i
sione del terzo gruppo di persone dipenda in LXX abbiano letto tOdekà = t)NxiJv t!;oµo-
qualche modo dal possibile valore religioso )..oyouµÉVl]\I uet. Secondo M. FLASHAR, Exe-
del colombo. II dibattito riportato in Sanh. gelische Studien zum Sepluagintapsalter: ZAW
b. 25 a.b menziona però come motivo dell'im- 32 (1912) 177 s. non si tratterebbe però di
pedimento solo l'adescamento dei piccioni al· una semplice svista, bcnsl di una esplicita
trui (---+ n. 26) 1 che è considerato un furto ca· congettura del traduttore, che non avrebbe
muffato, oppure l'organizzazione di gare di capito l'immagine e avrebbe invece jnserito
volo, perché equivarrebbero a un gioco d'az- nel testo l'idea, per lui importante, della con·
zardo come quello dei dadi. Cfr. G. HoL- fessione e della lode di Dio [KATZ].
scHllR, Sanhedrin tmd Makkot (1910) 60 n . . 52 4 Esdr. 5,26; cfr. 2 Sam. 12,3? Le due im·
6; S. KRAuss, Sanbedrin-Makkot (1933) 123 magini dell'agnello e della colomba appaiono
s. insieme anche nei testi mandaici e vengono
'46 Vedi anche Gen. 15,9; Lev. 12,6; 15,14.29;
riferite ad Eva : LmzBARSKl, Joh. 215 17 [M.
Num. 6,10. Philo, spec. leg, 1,162: Bt6n 1tE- DIDELIUS].
pL<T'tEpà. µ1v 'tWV q>vcm -ttDacrwv xat aye:- 5l Cani. 2 1 14; 5 12; 6,9; gli occhi dell'amata
}.au·nxwv 1}µEp1.:mnov, -.pvywv fìÈ -.wv q>v- sono come colombi: 1,15; 4 11; cosl le sue
O"Et µO\lùl'"tLXWV '"ttl)o:crw-.a:-tO\I. guance: 1,10 [LXX].
r.EpL<T1"r:;ri e I (H. Grccvcn} (v1,68) 32

assume un significato che rafforza il le- lui) «come una colomba» 56• Marco e
game di questo libro con il resto del Matteo indicano (ma non in senso limi·
canone 54 •
rntivo) questo evento come un'espericn·
za di Gesù 57 , mentre Giovanni, confor-
C. LA COLOMBA NEL N. T .
memente al suo racconto indiretto, lo
I vangeli raccontano 55 che dopo il
I. descrive come esperienza del Battista e
battesimo nel Giordano il cielo si aper.- Luca si limita a riportare i fatti. In
se e lo Spirito santo ne usd e scese su ogni caso né l'uso di 'vide' (EloEv) in
Gesù (Giovanni aggiunge: e rimase su Marco e Matteo né l'uso della particel-

>I Le numerose interpretazioni rabbiniche 1tVEVµa.1"oc; liuvaµctc; ... È1tEÌl.TJÀ.UDéVIXL È1t'a.ò-


presenti soprattutto nel Midrnsh al Cantico "t'OV (dr. Mc. 3,16). Anche Mc. con Etc; a.ò-.6v
dei Cantici (ad es. la colomba = il popolo intende esprimere solo il moto a luogo ( = a
d'Israele) sono raccolte in STRACK·BILLER· lui), lasciando del tutto aperta la questione
BECK I 123 S. del modo in cui avvenne l'unione. Soltanto
ss Mc. 1,9-n; Mt. 3,13-17; Le. 3,21-22; Io. 1, nel Vangelo degli Ebrei abbiamo il primo
32-34 (sotto forma di una testimonianza del tentativo di risolvere questo specifico proble-
Battista). ma: ~V ErlìEL 1tEpL<1"CEpiic; Xct'TEÌl.itOVO"I)<; xat
50 L'unione dello Spirito santo con Gesù è
El<TEMovO"l)c; El.<; aò-.6v (ev. Ebr., /r.3). I rac·
espressa dagli evangelisti in modi diversi. Mc. conti più antichi si astengono dal fornire qual-
unisce direttamente xa:ra~a.i:\IO\I con d~ «Ò- siasi chiarimento e riflettono con l'approssi-
-t6v; Le. preferisce invece ~7t'aò-.6v come mazione della loro terminologia l'aspetto mi-
Mt., che però vi frappone ancora un tpx6µe- sterioso e incomprensibile di tutto l'evento.
vov. Anche Io. collega xa-ca~ixlveLv con fo' Certamente Io. i,32 s. (µiw:w Èn'a.ò-t6v) non
o..ò-r6v, ma vi aggiunge enfaticamente µÉ\IEW vuol dire che la colomba aleggiasse sopra Ge-
b:'a.v-r6v. Sembra che in Matteo, Luca e Gio· sù come l'alato Ahura-mazda sul capo dei re
vanni si sia imposta la terminologia con cui persiani (~ GRESSMANN 39). Questa idea è
i LXX esprimono la venuta dello Spirito san- presente piuttosto in Od. Sai. 24,1: «La co-
to. I verbi usati dai LXX sono: ylvEcrbaL lomba volò sopra il capo di Cristo, nostro Si·
(Iud. II,29), btépxe<T&cu (Is. 32,15, cfr. Mt.!), gnore, perché egli era il suo capo. Essa can·
l7tL-tLM\11u (Is. 44,3), i'D..lecrbm (Iud. 14,6. tò sopra di lui e la sua voce fu sentita~. He-
19; 15,14 [cosl il cod. B; il cod. A ha ogni liand 987-989 (secondo la trad. di v. K. SIM-
ROCK) parla rosl dello Spirito santo: « ...è
volta xa-ttuihJvELV]; 1 Sam. 10,10; tq>&:ì.le-
<TltaL: 1 Sam. 10,6; n,6), àvana.vEcrbtxL (Ir. perfettamente paragonabile a un bell'uccello,
u,2). Benché il verbo cambi, la preposizione a una dolce colomba. Essa volò sulla spalla
è sempre t1tl con l'accusativo. Non si può es- del Signore, si posò presso il figlio dell'Onni·
ser certi che, come sostiene il SAHLIN (op. cii. (lctcnte» (dr. BuLTMANN, Trad. 265 n. 1).
[ ~ n. 64) 99.104), l'espressione giovannea s1 Per contro, in Màrco la limitazione dell'e-
µivnv bt'tti>"t'6v contenga una voluta allusio- sperienza a Gesù va messa in rapporto con lo
ne alla shekinà (µévw = Jakan). lnl con l'ac- sfor20 dell'evangelista di mostrare come la ve-
cusativo non esprime infatti, come nel greco r:i dignità di Gesù fosse dapprima nascosta
classico, soltanto il moto n luogo, bensl anche ai suoi contemporanei: dr. Mc. 1,34.44; 9,9
lo stato in luogo (Bu.ss-DEBRUNNER § 233). ccc. ('segreto messianico'). A questa concezio-
È più verosimile che Io. pensi a Is. n,2 ne si adatta anche l'uso della seconda perso-
e voglia quindi alludere all'adempimento di na nelle parole pronunciate dalla voce cele·
questa profezia. Iust., dial. 87 spiega Is. n,2 ste («tu sei. .. in te ...»), mentre Mc. 9,7 (e an-
( t'ltClVCl'ltctVO"E't'tx.L bt'av'TÒ\I TtVEuµa f>EOV che Mt. 3,17) usa la terza persona. ~ VIII,
X'TÀ.) con queste parole: 'tO.V"t'a.c; -tàc;... 1"0U coli. 994 s.
33 (v1,68) TCEpLO"'t'Epa e I (H. Greeven) ((vI,68) 34

la W<; davanti a 'lt'Ep~O''t'Epav 58 autoriz- tista dovette e poté capire subito, sen-
zano a concludere che i vangeli non ab- z'ombra di dubbio (e evidentemente
senza una particolare indicazione), che
biano voluto descrivere un'apparizione l'apparizione di una colomba nel mo-
materiale e sensibile in senso stretto 59 • mento decisivo significava appunto la
La precisazione t:rwµcx:nxQ erDE~, 'in presenza dello Spirito. Anche gli ascol-
tatori del racconto del battesimo nel
forma corporea', che Luca aggiunge al
Giordano non devono aver provato al-
racconto tradizionale, non è diretta in cuna particolare meraviglia al sentire
primo luogo contro tendenze docetiche che lo Spirito era apparso in forma di
né, se si sottolinea particolarmente Et- colomba, ma piuttosto ravvisarono in
ciò una conferma della sua concreta di-
OE~, contro un'idea troppo materiale scesa. Tutto ciò è perfettamente com-
dell'evento. In realtà Luca vuole solo prensibile quando si consideri la quan-
affermare e sottolineare che lo Spirito tità di associazioni che nell'A.T. e in
tutta l'area medio-orientale sono esisti-
santo si è manifestato al battesimo di
te per millenni tra la colomba e il
Gesù in una maniera particolare, men- mondo divino. Nel nostro caso non ser-
tre più tardi apparve come fiamma di ve molto addurre la prova che in Assi-
fuoco (Act. 2) o soltanto, come nella ria la colomba era associata all'elezio-
ne regale«>, senza per questo negare
maggior parte dei casi, negli effetti pro- l'enorme contributo della ricerca stori-
vocati dalla sua presenza (-7 'lt'VEùµa.). co-religiosa per la comprensione del
molteplice significato della colomba 61 •
Qui dobbiamo chiederci perché lo Piuttosto questa immagine è cosl piena
Spirito santo sia apparso proprio 'come di forza simbolica derivata dai prover-
una colomba' e non come un'aquila, un bi e dalla saga, dal culto e dal costume,
passero o come qualche altro essere. dalla storia sacra dei padri e dei profe-
Forse già il modo in cui Io. 1,32 s. rac- ti dell'antico patto, che anche in que-
conta l'evento ci permette di cogliere st'ora, in cui Dio riconosce il Figlio, la
una certa proprietà di questa particola- colomba poteva essere quasi l'unica for-
re forma di manifestazione. Dio aveva ma appropriata e immediatamente com~
preannunciato al Battista la discesa del- prensibile della manifestazione dello
lo Spirito su colui che in futuro avreb- Spirito. Nel giudaismo, inoltre, la co-
be battezzato nello Spirito; ma il Bat· lomba era la mediatrice della bat qol

ss Contro HAUCK, Mk., ad J. Anche in Aci. loro lettori conoscevano abbastanza bene il
2,3 il fuoco non è solo apparenza, ma un'epi- modo _in cui il 'soffio di Dio' poteva agire
fania, percepibile sensorialmente, dello Spirito sempre e dappertutto, e no.n avevano biso-
santo. Le particelle tiJç/wo-tl hanno IO sco- gno che l'idea venisse loro spiegata per im-
po di far capire che quanto è stato percepito magini. La fr:ise, invece, vuole evidentemen-
è 'trasparente'. te affermare in maniera esplicita che si trat-
59 Non di rado ·è stato suggerito di intendere tava di una manifestazione visibile.
la frase 'come una colomba' in riferimento 60 ~ GRESSMANN 40.359 pensa di produrre
non allo Spirito, ma al modo della sua disce- una prova almeno verosimile, se non certa,
sa. Tale tesi, sostenuta ad es. da B. WErss, ma non va oltre una serie di postulati.
Das Matthiiuscvangelium (r910) ad J., è as- 61 Per una presentazione sommaria dei possi-
solutamente inverosimile. Gli agiografi e i bili nessi storico-religiosi v. CLEMEN 124 s.
35 (v1,68) 'ltEP~CT"t'Epci. e I (H. Greeven)

(~ col. 27 ), cosl che la sua apparizio- che se questo non è documentato da


ne, insieme con la voce celeste (sia alcuna testimonianza antica): J"klna =
questa che quella vengono entrambe Jekkajjona (la forma consonantica delle
'dai cieli') appare doppiamente natura- due parole in ebraico è praticamente i-
le 62 • È possibile anche che ci sia un cer- dentica: Jkjnh/Jkjwnh) =
ciò che è si-
to rapporto tra la forma di colomba e mile a t1na colomba = Wt; 1tEpLO""t'Epa 64 •
una particolare locuzione giudaica: si Nei racconti del battesimo nel Giordano
diceva infatti che i proseliti venivano non sembra invece trasparire alcuna re-
«sotto le ali della shekinà» 63 • Quest'ul- miniscenza della colomba di Noè 65 •
tima parola si presta a un bisticcio (an-
62 Considerata l'unanimità della tradizione, ri- popolo di Dio dell'A.T. non ha alcun rilievo
sulta insoddisfatcntc l'ipotesi proposta da ~ particolare (Mt. 2,15 contiene solo un cenno
ABBOT u4 s., setondo cui l'apparizione della allegorico). Cfr. ancora M. DIBELIUS, Die
colomba risalirebbe a un antico errore di let- Formgeschichte des Ev! {1933) 272 n. r.
tura (j611a invece di ;ant1al;, cfr. ls. n,2). Per 6.5 Di opinione diversa è A . ADAM, Das Sint-
la medesima ragione va respinta la complica- flutgebet in der Tau/liturgie: Wort und Dienst,
tissima e avventata tesi di F. SPITTA, Bei- Jahrbuch der Theologischen Schule Bethel N .
/rage zur Erklarung der Synopt.: ZNW 5 F . 3 (1952) 21: «Nel racconto del battesimo
( 1904) 316-323: il Vangelo degli Ebrei legge di Gesù nel Giordano (Mc. 1,10) la menzione
(secondo Hier., in ls. 11,2 [MPL 24,148 BJ) della colomba sembra rkhiamare la colomba
descende/ omnis /ons Spirit11s sancii; bisogne- del diluvio: ne risulta quindi la tacita identi·
rebbe quindi supporre che il testo originario fìcazione del ramo d'olivo su cui si posò la co-
leggesse xo).vµfli)&pa. -roù 7tveuµa:toi; e non lomba di Noè con il germoglio promesso dai
parlasse affatto di una colomba. La menzione profeti (Zach. 3,8 e 6,12)». Dobbiamo però
di questo uccello sarebbe dovuta soltanto a osservare che, benché si sia teorizzato ben
un madornale malinteso: xoÀ.vµ~1Ji>pcx > x6- presto sul rapporto tra battesimo e diluvio (si
ì..vµ~oi;, un uccello tuffatore > columhr1J. Tut· ricordi I Petr. 3,19-22), qualsiasi accenno al·
to ciò è fantastico. Ancora meno convincente la colomba manca prima di Tenui., bapt. 8
è l'esegesi razionalista di F.v. EDELSHBIM, (CSEL 20,207 s.). Nella cristianità orientale la
Das Eva11gelion nach Markos (1931) 35: l'e· colomba appare ancora più tardi quale nesso
sperienza di Gesù sarebbe dovuta all'improv- tra diluvio e battesimo. Troviamo il primo
viso splendere del sole attraverso le nubi e accenno in questo senso in Cyr., catechesis
ad una colomba selvatica che per caso gli vol· 17,10 (MPG ,33,982 A·B). Né Giustino, nella
teggiava in quel momento sopra il capo. G. sua ampia esposizione in dial. 138, né Orige·
RuNZE, Das Zeichen des Me11sche11sohnes ne stabiliscono alcun rapporto tra la colom-
rmd der Doppelsinn des ]ona-Zeichens (1897) ba di Noè e la colomba del Giordano. Per
74-rr4 sostiene con forza l'identità della co- l'iconografia cfr. ~ SOHLING 222: «Che io
lomba dcl battesimo nel Giordano col segno sappia, non si trova nei battisteri alcuna raf-
di Giona e col segno dcl Figlio dell'uomo figurazione di Noè». G.B. DE Rossi, La Ro-
(Mt. 24,30). Per la controversia ~ IV, col. ma sol/erronea cristiana I (1864) .324 aveva
1238 bibl. per B, e }EREMIAS 4 IV, col. 1242 riprodotto la più antica raffigurazione pittori-
n. 18. ca del battesimo di Gesù (quella dell'ipogeo
di Lucina). disegnando ertoneamente la co·
61 Num. r. 8,7; Ruth r. a 2,12; cfr. MooRE 1 lomba con nel becco un ramoscello d'olivo. È
330; ~ HIRSCH 53· significativo che proprio per questo errore gli
M Cosl ~ HlRSCH 57. SAHLIN, Studien wm altri archeologi respinsero dapprima l'identi-
3. Kap. des Lk. (1949) 101-105 ricorda che la ficazione, in sé corretta, proposta dallo stu·
colomba è immagine del popolo d'Israele. dioso italiano. La sua tesi venne accettata
Questo riferimento non è necessario, anzi è soltanto dopo che l'errore fu srnperto e cot·
impossibile, poiché la colomba scende dal cie· retto da ]. WtLPERT, Die Malereien der Ka-
lo e altrove nel N.T. l'identità di Gesù col lakomben Roms (1903). Cfr. ~ SOHUNG u.
TtEP~CT'tEpa e 2 (H. Grcc\'en)

2.Nella storia lucana dell'infanzia di Wç OL oqmc; XCtL Ò:XÉpCX.LOL wc; CX.L 7tEpt-
Gesù la colomba è nominata come ani- CT't'Epal, «siate dunque astuti come i ser-
male per il sacrificio (Le. 2,24): come penti e semplici come le colombe». È
offerta per la sua purificazione Maria difficile che il termine di paragone sia
porta due tortore o 66 due giovani co- costituito dal fatto che la colomba è un
lombe. Il fatto che Maria offra due uc- animale adatto per i sacrifici 71 , giacché
celli mostra che essa non aveva i mez- questa caratteristica è comune anche ad
zi per procurarsi un agnello di un an- altri animali. L'antitesi interna alla cop-
no per l'olocausto e perciò offriva il sa- pia di figure richiede che all'astuzia del
crificio dei poveri 67 (-7 col. 29). Evi- serpente (Gen. 3 ,1: «il serpente era il
dentemente la famiglia di Gesti non è più astuto di tutti gli animali», <ppO\IL·
benestante ed egli è solidale fin dalle µw-.a-çoc; 7tÒ:VTwv 't'W\I i>'l)pLl!JV) corri-
origini con i poveri e gli umili. I ven- sponda, per la colomba, una qualità op-
ditori di colombi sono espressamente posta, ma altrettanto evidente. Poiché
menzionati anche nel racconto della pu- in tutto il mondo antico alla colomba
rificazione del tempio (Mc. II,15; Mt. vengono attribuite tali qualità, è a que-
21,12; Io.2,14.16) 68 , ma non è chiaro ste che bisogna pensare in prima linea
se si tratti di liberi mercanti o di di- e precisamente alla sua innocenza e
pendenti dell'amministrazione del tem- semplicità (si spiega cosl perché, trat-
pio 69 • tandosi di persone, venga usato !;agget-
3. La colomba è usata come simbolo tivo axÉpa1oc; 72 ). I discepoli devono
di candore (-7 col. 25 e -7 àxÉpaLoc; perciò rispondere con la massima ac-
I, coll. 565 s.) nella sentenza gnomica cortezza all'inimicizia degli avversari,
di Mt. IO,r6, con cui Gesù probabil- ma senza che per questo sia abolita la
mente applica ai suoi discepoli un an- norma che vuole il cuore puro e l'oc-
tico proverbio 70 : 1+.1EO"i}E oÙ\I cpp6\ILµot chio limpido 73.

66 Il racconto non d dice quale dei due tipi nan (t 279) in Ex. r. 21 (83 c). Entrambi i
di colombi previsti dalla legge (Lev. 12 16.8) passi rabbinici sono riportati in STRACK-BIL-
Maria abbia offerto. LERBECK I 574 s. ; dr. BULTMANN, Trad. ro7.
II2,
6? Lev. u,8; STRACK-BILLER1lECK II 123 s.
11 Cosl G. KtTTEL ~ I, col. 566.
6i!Per l'aumento del prezzo dei colombi e le
misure prese per combatterlo cfr. Keretot 1,7 72 Ad es., Eur., Or. 922 e ~ J, col. '65.
in STRACK.-BILLERBECK 1 85I.
7l Per Ignazio d'Antiochia (Poi. 2,2) la parola
.69 STRACK-BILLERBECK I 850 s. d1 Gesù insegna invece come ci si debba com-
H Si spiegherebbe cosl, nel modo più natu- portare in situazioni diverse. Il significato del-
rale, il fatto che lo si riscontri ancora presso la sentenza risulta pertanto più vicino al sen-
R . Jehuda h. Shimon (c. 320) in Midr. Cani. so del proverbio di Midr. Caltl. 2,14 ( IOI a):
2,14 (101 a) e forse già prima presso R. Joha- cfr. STRACK-BILLERBECK I 574.
39 (vr,70) 'ltEP~O"•Epa D 1-2 (H. Greeven)

D. LA COLOMBA NELLA CHIESA ANTICA considerata forma e simbolo del Cristo


nonostante 1a formazione del dogma tri-
La figura della colomba nella chiesa nitario, anzi durante questo processo
antica ha una forza simbolica quasi ine- dogmatico e persino molto tempo dopo
sauribile, giacché ora vi confluiscono e la sua conclusione. Per Origene le co·
si compenetrano i motivi biblici (co- lombe (plurale) di Cant. 4,1 simboleg-
lomba di Noè --7 col. 26; Israele, co- giano il Figlio e lo Spirito 76• Cirillo
lomba di Dio: --7 coll. 29-31; la co- cl'Alessandria nel sacrificio dci colombi
lomba del battesimo di Gesù: --7 coli. vede prefigurata allegoricamente la mor-
31-36), quelli diffusi nella religione te di Cristo 71 • Per diversi eretici la co-
antica (uccello e messaggero degli dèi: lomba apparsa al Giordano fu una pro-
--7 coll. 22-24; uccello-anima :--7 coll. 24 va opportuna per sostenere che soltan-
s.) e nella sapienza popolare {la colom- to al battesimo il Messia era sceso sul-
ba come simbolo di certe qualità: --7 col. l'uomo Gesù, figlio di Giuseppe e Ma-
25; opposto del serpente: --7 coll. 37 ria, e si era unito a lui 78 • L'equivalenza
s.). Certamente l'uccello non è con- Cristo = colomba è stabilita anche con
siderato un animale 'sacro' né è ogget- l'ausilio della gematria: II (80) + E (5)
to di una particolare venerazione, ma + P (100) + I (10) + l: (200) + T
lo s'incontra ad ogni piè sospinto e nel- (300) + E (5) + P (xoo) + A (1) =
la letteratura e nell'iconografia. 801 = A (r) + n (800) = Cristo
(Apoc. 1,8) 79 • Nella Pistis Sophia per-
1. La colomba come signum dello Spi-
sino il Padre appare 'in forma di co-
rito santo rimane centro e punto di ri-
lomba' 00•
ferimento di ogni enunciato 74 • Ma dato
che molto spesso Logos e Pneuma veni- 2 . La discussione sorta intorno all'in-
vano identificati 75, e quindi la colomba terpretazione delle famose parole di
apparsa al Giordano era anche immagi- Tertulliano nostrae columbae domus 81
ne del Logos, la colomba poté essere mostra eloquentemente quanto varie

74 Per la parte seguente cfr. l'ampia documen- dem 226,34 ss.) che la tortora è ipso sapimtia
tazione raccolta da --+' Sfu.ILING. Cfr. ibidem Dei. Per Ippolito la tortora è Giovanni Bat-
34-51 per l'apparizione della colomba nella tista: commento a Cani. 2,12, fr. 19 (GCS
spiegazione e descrizione dell'annunciazione a 1,365,34 ss.).
Maria e del miracolo di Pentecoste, in occa- n de adora/ione 15 s. (MPG 68,9(i9.972.1001.
sione dell'elezione del vescovo, ecc. 1009.1020.1048).
7S Cosl Clem. Al., paed. 1,6,43,3 e passim:
7! Cosl lo gnostico Cerinto e forse anche gli
vedi F.J. DOLGBR, IX8Yl: I (1910) 49.82.
Ebioniti giudeo-cristiani: Iren., haer. 1,26,1 s.;
Per la colomba nell'epiclesi battesimale e eu- Hipp., re/. 7,33 s.; Epiph., haer. 28,r,5 s.
caristica cfr. --+' SiiHLING 80-86.
19 Cosl il valentiniano Marco, secondo Iren.
76 Or., comm. in Cani. 3 (GCS 33,174,14 ss.): haer. I,I4,6; Hipp., re/. 6,47,2; 49,5; Pseud.-
duae columbae intelligantuT esse fili11s Dei et Tertul., adversur omner haereres 5 (CSEL47,
Spirilus sanctus. Et ne mireris, si columbae 22); H. LEISEGANG, Die Gnosir (1924) 40 s.;
simul dicantur, cum ulerque similiter advoca- F. M. M. SAGNARD, La gnose valentinienne
tus dicatur, sicut ]ohannes evangelista dee/a·
(1947) 373 s.
rat... (cfr. lo. 14,16 s. con 1 Io. 2,1). --+' SHO-
LING 58 erra quando sostiene che per Orige- 8J Cap, I,I.

ne (ibidem 200, 22 ss.) la voce della tortora 11 Val. 3: dr. F.J. DDLGER, Unserer Taube
(Cani. 2,12) significherebbe la voce di Cri- Haus: Antike und Christentum 1I (1930) 41-
sto. Invece Origene dice espressamente (ibi- 56 e le opere ivi indicate.
TCEPW'tEp&. D 2-3 (H. <ireeven)

siano le possibilità del simbolismo del- tura e l'abitazione della colomba con
la colomba. Nel suo scritto polemico la natura e l'abitazione della chiesa:
contro i Valentiniani lo scrittore nord- tutto il periodo ha un doppio senso, e
africano, di cui ben conosciamo l'abili- bisogna riconoscerlo. Il simbolismo ri-
tà retorica e la cultura giuridica, affer- prénde n dove termina il parlare figura-
ma che anche lui e i suoi confratelli han- to (Amat ... ): la colomba è figura spiri-
no il dono della gnosi e si richiama a tus sancii. La proposizione precedente
Mt. Io,16. Naturalmente, se si conside- (nostrae columbae etiam domus ... ) non
rano le due caratteristiche ciascuna per significa altro che questo: da noi, che
sé, la semplicità va preferita all'astuzia, stiamo dalla parte della colomba ( = i
perché più vicina a Dio. La natura del cristiani non gnostici), persino la casa
serpente è (solita est) di tentare Cristo, ( = la chiesa) è semplice. Oltre il cuore
quella della colomba di mostrarlo (de- e la mente, è semplice anche il luogo di
monstrare 82 ) . La colomba è messaggera culto dei cristiani ortodossi. In questo
della pace divina, il serpente ladro del- contesto la colomba sarebbe, nel senso
!'immagine di Dio. Con grande abilità più ampio, l'immagine della figliolanza
retorica Tertulliano mostra poi come il divina dei veri credenti.
serpente nel suo covo sotterraneo sia 3. Nessuna meraviglia, quindi, che
figura degl'intrighi segreti e della disci- anche i credenti siano chiamati colom-
plina arcana dei Valentiniani, e quindi be di Cristo. Quest'uso figurato comin-
prosegue: Nostrae columbae etiam do- cia con Clemente Alessandrino ed è pie-
mus simplex, in editis semper et aper- namente sviluppato in Origene as. La
tis et ad lucem. Amat figura spiritus convinzione che lo Spirito santo abitas-
sancii orientem, Christi figuram. Ter- se nei credenti, congiunta con il detto
tulliano parla qui della casa di Dio op- di Mt. ro,16, spianò la via a questa im-
pure della colombaia, alla quale si adat- magine. Non molto lontano da que-
terebbero con altrettanta precisione le st'uso linguistico si pongono quei rac-
sue parole? Se si preferisce la prima conti che narrano come alla morte di
alternativa, si può dedurre l'esistenza un martire una colomba spiccasse il vo-
di vasi eucaristici in forma di colom- lo dal suo corpo: qui la colomba raffi-
ba 83 ? Com'è l'edificio di culto che essi gura insieme lo Spirito santo e l'uccel-
presuppongono 84 ? Si rende però giusti- lo-anima. Anche se in mari. Polyc. 16,1
zia a Tertulliano se si riconosce che egli la menzione della colomba è probabil-
pone in parallelismo metaforico la na- mente spuria 86, essa ritorna però fre-

82 Una parte degli interpreti intende demon- cilio di Costantinopoli del 536: v. J. SAUER,
rtrare nel senso di 'simboleggiare', 'rappresen- Symbolik des Kirchengebiiudes... (1902) r93 ;
tare', cosl che la colomba risdterebbe un sim- secondo il Dé>tGER, op. cii. (--+ n. 81) 43 la
bolo di Cristo. In questo caso, però, il verbo prima menzione si trova nelle co11s11etudines
opposto associato col serpente non dovrebbe cluniacensi.
essere templare, ma diabolum demonstrare o 3~ Secondo il D6LGER, op. cii. (--+ n. 81) 55 s.
qualcosa di simile. È molto più probabile che .tale edificio avrebbe l'entrata principale a
Tertulliano pensi alla colomba del Giordano oriente.
e che la frase solita est vada attribuita allo
stile retorico del polemista. ss Clem. Al., p11ed. x,5 (GCS 12,98,10 s.);
BJ Cosl ancora H . LECLERCQ in Dictionnaire
Orig., comm. in Mt. 26,21 s. (GCS 40,549,
d 'archéologie chrétienne et de liturgie 31 13-550,27; 552,29-553,2); dr. --+ SìiHLING 97-
(1913) 223i. Tali recipienti vengono però no- rn9 .
minati per la prima volta nell'art. 5 del con- M Le parole r;EpL<T-rt:pèt xal sono state proba-
4J (VI,71) m~LO''tEpa D 3-5 (H. Grceven)

quentemente negli atti e nelle leggende dimora nei credenti: «Bella è la colom-
dei martiri a partire da Prudenzio 87 • ba che ha trovato un'unione santa: Ge-
sù è ... nel cuore di chi crede in lui» 93 •
+ La colomba della pace ha un posto Il serpente simboleggia, per contro, lo
fisso nella letteratura e nell'arte della spirito impuro 9~. Più volte l'amore di
chiesa antica. Per il mondo antico il 1"0· Dio è rappresentato come una colomba
moscello d'olivo era simbolo di pace 811 bianca 95 : «Fa' posto alla colomba, a lei,
e la colomba era considerata timida e dalle bianche ali; non metterle un ser-
semplice(--+ col. 25) . La colomba diven- pente vicino, affinché essa non si spa·
ta però 'colomba della pace' (con o sen- venti e non fugga via da te» 116 • Anche
za ramoscello d'olivo) soltanto in epo- Cristo è invoc.11to come la santa colom-
ca cristiana 81 , quando la chiesa, che ba (bianca) che 'nuota' nei cieli con in.
era stata incaricata di proclamare sulla bocca il triforcuto anés (ramoscello dcl·
terra la pace di Dio, vide raffigurata la vita? mazzolino di fiori?) 97• La co-
nella colomba di Noè 90 la fine dell'ira 91 • lomba è anche figura dei credenti 93 • Se-
5 . Anche presso i Manichei la colom- condo Mani il Figlio di Dio non è stato
_ba ha una parte importante 92 • Nel Li· _ un vero uomo, proprio come la colom·
bro dei Salmi la colomba rappresenta lo ba apparsa: ·aI 99
Giordano non era una ve-
Spirito santo, soprattutto lo Spirito che ra colomba • H. GREEVEN

bilmente inserite nel testo in un secondo tem- nn. 29 e 44) che sta volentieri fra i rifiuti e i
po, giacché mancano in Eus., hist. eccl. 4,15, cadaveri e pertanto non ritorna all'arca: vedi
39. La loro autenticità non è certo conferma· ~ SiliILING, indice s.v. corax, corvus, Rabe.
ta dal parallelo (per di più inesatto) del mar- ?1 Devo ringraziare a questo punto A. AnAM
tirio di San Marna, contro E. NESTLE, Ein per le indicazioni fornitemi e per avermi gen-
Gegensliick wm GewOlbe 1md :r.ur T nube im tilmente consigliato, soprattutto per quanto
Mari. Poi.: ZNW 7 (1906) 359 s. Non è ne- riguarda il copto.
cessario supporre una correzione come 1tt'.pt 9.1 Manichaean Manuscripts ili tbe Cheste1
<T'tvpaxu. (WORDSWORTH). Cfr. anche ~ Sfu.1- Beatty Co/lection. Voi. II: A Ma11ichaean
LING 124-130. Psalm-Book, Part 11, ed. C.R.C. ALLl!ERRY
87 peristephanon 3,161-172 nell'inno per il (1938) r6r,7 s. (la citazione segue Ia traduzio-
martirio di Eulalia. ne inglese),
88 Ad es., Vergil., Aen. 7,153-155; 8,n6. 91 Psalms-Book (-') n. 93) li 156,28:
89 Cosl Tertull., bapt.8: quemadmodum enim 95 Psalms-Book (-') n. 93) n 156,25 s.; 158,8.
post 11quas diluvii, quibus iniquitas antiqua 96 Psalms-Book (....+ n . 93) n 167,57-60; cfr.
purgata csl, post baptismum, ut ila dixerim, 158,11 s.; 182 129-34.
mundi pacem caclestis irae praeco columba 'TI Psalms-Book e~ n. 93) II 185,u-13. Anche
terris adnuntiavit dimissa ex arca et cu"' alea 165, 2 s. sembra riferirsi al Cristo: «Bella è una
reversa, quod sig11um etiam apud 11ationes pa- colomba che tuba, circondata dai suoi piccoli;
ci praetenditur, eadem disposi/ione spiritalis bello è un pastore che dà un pascolo al suo
elfectus terrae id est carni 11ostrae emergenti gregge».
de lavacro post vetera delicta columba sancii 93 Manichaean Matmscripts, I.e. (~ n. 93).
spiritus advo/111 pacem dei ad/ercns, emissa Vol. 1: Manichaische Homilien, ed. H.J. Po-
de caelis, ubi ecclesia est arca figurata. Vedi LOTZKY (1934) n,5-8: «...essa (?) uccise le
anche ~ SfuiLING 217-222. colombe [ ... ] che tubano sui misteri di Dio
90 La sinagoga si chiese invece perché mai la [...essa aprl?J le loro (earum) gabbie e le fe-
colomba avesse riportato proprio una cosa co- ce uscire. Essa tuffò [le sue mani nel] sangue
sl amara come l'oliva: STRACK-BILLERBECK 1 dei loro (earum) piccoli~.
123. 99 Cosl, almeno, Egemonio, acta Arche/ai 59
91 L'opposto è rappresentato dal corvo (--> (GCS 16,86 s.), riporta la sua argomentazione.
45 (Vl,p} '"''°'J.f ..... I '1' -

t TCEPL't'i(..LVtù, t 7tEpvroµl),
t arcEpl't'µ"Q't'Oç

~ cixpo0ucr't'lcx. 1, coli. 605 ss. A. L'USO LINGUISTICO EXTRA-BIBLICO

r . a) Attestato nella letteratura greca


SOMMARIO: .fin da Omero, il verbo 7tEpt-.ɵ'llw ri-
corre nel suo significato originario di
A. L'uso linguistico extra-biblico:
tagliare tutt'intorno in Hes., op. 570: ot-
I. 'ltEPL't'ɵvw; vo.ç -..Eptmiµ\IEW, potare le viti; Hdt.
2. 1tEPL'tO)J:i1; 4,71: 7tEpt'taµ\IE<Tilcx.L Bpcx.xlovo.ç, inci-
3. &:1tEpl-tµTr~oç. dersi Ie braccia tutt'intorno in segno di
grave lutto; Dio C. 62,7,2: -.oùç µcx.-
B. La circoncisione nell'A.T.: CT"t'oùç 7tEPL'tɵ'llELV, asportare le mam-
1. l'uso linguistico; melle. b) 7tEpt·tɵvw significa circonda-
2. origine, significato primo e diffusione del re con lo scopo di portare via, sottrar-
rito; re, derubare. Cosl, ad es., al medio in
3. la tradizione veterotestamentaria. Horn., Od. 11,402: Bouç 7tEpt't'aµ'\/6µE·
vov Tio'otGw 1CWEO. xaÀ.0:., «mentre raz-
C. La circo11cisio11e nel giudaismo: ziavi buoi o splendide greggi» ( cfr. 24,
1. la circoncisione nell'età ellcnistico-ro- u2); Hdt. 4,159: 7CEpL'taµv6µtvoL yi)'ll
mana; TtoÀ.À.l]v, «essendo stati privati di un
2 . la circoncisione nel periodo successivo gran territorio» ; Polyb. 23,13,2 : mlv-
alla distruzione del tempio. -ro.x6ilE'll 7tEpvrɵvEcrtlat mhou 1) àpx1J
«(vedendo che) il suo dominio veniva
D. La circoncisione nel cristianesimo primi-
ridotto da ogni parte»; Diog. L. 3 ,6 3:
tivo :
TIEPL'taµvE<ri>at 7t&<rav o-ocplo.v, «appto·
1. l'uso linguistico; priarsi di ogni sapienza». Accezione
2. il problema della circoncisione nell'età militare: Xenoph., Cyrop. 5,4,8 men-
apostolica. ziona la cattura di alcuni carri da guer-

1\'EPL•Éµvw X'\À..
LIDDELL-ScoTT, MouLTON-MILLIGAN, PAPE, drmg: ZAW 29 (t924) 70-73; H . RANKE, A.
PAssow, PREUSCHEN·BAUER ', Thes. Steph., ALT, E. EBELING, K. SuDHOFF, art. 'Beschnei·
s.v. dung', in RLV I (1924) 445 s.; ]. BENZIN-
Per B: GBR, Hebr. Arcbiiologie i (1927) 126-129.
STEINER, art. 'Beschneidung', in ScHENKEL I Per C:
404-4u; B.STADE, Der Hiigel der Vorhiìute: BoussE.T-GRl!SSMANN, indice s.v. 'Beschnei·
ZAW 6 (1886) r3n43; J .H. GRAY, G. Fòu- dung'-; S. KRAuss; T almudische Archiiologie 11
CART, D.S. MARGOLIOUTH, G.A. BARTON, art. ( 19n) II s .; MQORE, indice s.v. 'Circumci-
'Circumcision' in : ERE III 659-680; C.v. sion'; STRACK-BILLERBECK IV 23-40; L . FIN-
0RELLI, art. 'Beschneidung' in: RE 1 n 343· KELSTEIN, Tbe Pharisees ( 1938) indice s.v.
346; H . GRESSMANN, Mose u11d seine Z eit 'Circumcision'; H. SAHLIN, Die Besch11eidung
(1913) 56-61 ; A. BERTHOLBT, art. 'Beschnci- Christi = Symbolae Biblicae Upsalienses X2
dung' in: RGG 2 I 946 s.; R. KITTBL, Ge- (1950); F. SmRKSMA, Quelqt1es remarques
schichte des \Fo/kes Irracl r 1·' ( 1923) indice, mr la circoncision en Isra~l: Oudtestamenti·
s.v. 'Beschneidung'; J.C. MATTHES, Bemer- sche Studieen 9 ( 1951) 136·169, .con ulteriori
k1111gen u11d Mitti:ilrmgen iiber die Beschnei- indicazioni bibliografiche.
7tEWtɵvw A r - B r a ( R. Meyer)

ra (&pµa-ta) <(che erano stati circondati B. LA CIRCONCISIONE NELL'A.T.


dalla cavalleria», '1tEpL"t'Eµv6~va Ù1tÒ
"t'WV bmÉwv. c) Come termine tecnico r. L'uso linguistico
rituale 1tEpL"t'ɵvw è attestato nella let-
teratura greca fin da Hdt. 2,36.104, ove a) Nei LXX 1tept"t'ɵvw è usato esclu-
è usato al medio: 7tEPL'ttiµvEcritat 't'~ sivamente come termine tecnico ritua-
aiSoi:«., «circoncidersi i genitali». Tra le, prevalentemente in senso proprio:
gli scrittori più recenti ricordiamo Diod. Gen. 17,ro-14.23-27; Ex. 4,25; 12,44.
S. r,28,3; 3,32,{: 1tEpL-cɵVEW 't'OV<; 48; Lev. 12,3; Ios. 5,2-8; 21,42 d; 24,
yevvwµÉvouç 1tcti:oaç, «circoncidere i 31a; Esth. 8,17; Iudith 14,10; I Mach.
neonati», e tra le innumerevoli testimo- 1,6os.; 2,46; 2Mach.6,ro; 4Mach.4,
nianze dei papiri il P. Tebt. II 292,20 2 5. Ma è usato anche in senso trasla-
(189-190 d.C.): si richiede a uno stra- to; Deut. ro,16: xrx.t 1tEpt•EµEtul>e -.i)v
tega una lettera in base alla quale pos- uxÀl)poxapolctv ùµwv, «e circonciderete
sano venir circoncisi (1tEpt'tµt}l>ijvaL) la vostra durezza di cuore}> (il T.M. leg-
due ragazzi che devono diventare sacer- ge: umaltem 'ét 'orlat l"babkem, «e
doti di Soknebtunis 1 • circoncidete il prepuzio del vostro cuo-
re»}; Ier. 4>4 4• Ciò che colpisce nell'uso
2.Il sostantivo nept"t'oµi), circoncisio- linguistico dei LXX è il fatto che 'Ttept-
ne è attestato nella lingua letteraria fin -rɵvw non traduce soltanto la radice
da Agatarchide 2 e Artapano (n sec. a. mul con tutti i derivati, ma anche tutti
C.). Per Artapano cfr. la citazione in gli altri termini ebraici che significano
Eus., praep. ev. 9,27,ro: fi 7tEpt't'oµ'Ì) circoncidere. Ad es., Ex. 4,2 5: 7tEptÉ't'E·
'tW\I alSolwv, «la circoncisione dei ge- µev 'TTJV àxpoBucr-cla.v 't'où vtou a.ò-cijç,
nitali». Il plurale è usato in Strabo 16, «circoncise il prepuzio di suo figlio»,
2 ,3 7, che considera le circoncisioni (1tE· mentre il T.M. legge: wattikrot 'et- 'or-
pt"t'oµal) un costume giudaico 3 impor- lat benab, «e tagliò il prepuzio di suo
tato dall'Egitto(~ n. 19). Ricordiamo, figlio»; ler.4,4: 1tEpt"t'lµécri)e -ti)v O'XÀ.'f}·
infine, P. Tebt. II 314,3-6 (II sec. d.C.): poxctpolrx.v ùµwv, «circoncidete il vostro
mO'"t'EUW O"E µi) à:yvoEÌ:\I Bcrov xaµ[ a]· cuore duro», per l'ebraico hasirt1 'orlot
't'OV ilvEyxa ~wç 't''Ì)v [7t]epi['to]µ1Jv l"babkem, <{togliete il prepuzio del vo-
Èx1tÀ.~~w, «sono sicuro che tu sai con stro cuore}>. Persino il tema hiljahed,
quanta fatica io sia riuscito a far accet- convertirsi al giudaismo, che compare
tare la circoncisione». un'unica volta nella lingua recente del-
l'A.T., è precisato ulteriormente con
3. L'aggettivo ànepl"t'IJ.'f}'toç significa una endiadi: ?tept"t"lµvEcri)ai. xc:d lov-
non mutilato in Plut., de am. prolis oatsnv, «circoncidersi e vivere da giu-
(u 495 c) e incirconciso in Preisigke, dei» (Esth. 8,17). Quest'uso linguistico
Sammelbuch 6790,14 (257 a.C.). omogeneo si spiega evidentemente con
1 Cfr. inolt~e P. Lond. I 24,r2 (x63 a.C.): 3 Nel medesimo contesto Strabone menziona
wc; Ml>oc; tu-rL[vJ 't'oic; AlyVTI:'"l'lo!.<; "JtEp~('t'E)­ anche la circoncisione (anzi, le circoncisioni:
TɵvEO'bet~; vedi PRBISIGKB, Worl., LmnBLL- twtoµal) delle ragazze: cfr. r7,824: 't'à ytv-
ScOTT, P.RBuSCHEN·BAUER •, s.v. vwµ.&va. i;atlila xat f>fJ).Ea b-rlµ'llEW, 8TI:Ep
xat 'tO~ 'IoulìafoLc; v6µtµov. Ma non è esat·
l Geographi Graeci minores 1 (ed. C. Mi.iL- to attribuire al giudaismo tale pratica.
LER) 1,4; cfr. inoltre Timagenes (r sec. a.C.), 4 Ez. 44,7.9 parla di stranieri incirconcisi di
fr. 88 (F.G.H. U n. 321) in PREUSCHEN· cuore e di corpo: cX'ltepC-rµ11-rot xaplìlq. xixt
BAUER •• S. IJ. aTI:tp{'t'µ'T)"COt uap~l,
49 (vr,73) itEpi'tɵvw B r a-e (R. Meyer)

l'influenza che la terminologia degli E- c) L'aggettivo Ò.1tEpl'tµ1}-toc;, incircon-


giziani, considerati nell'antichità i rap- ciso, risponde di regola all'ebraico 'àrel
presentanti tipici della circoncisione ( ~ ed è usato prevalentemente in senso
n. 19), ha esercitato sul vocabolo dei proprio. Quindi ha significato rituale,
traduttori giudaici, cancellando e unifi- ad es., in Gen. 17,14; Ò.1tEpl-cµT)'tOç èf.p-
cando le sfumature del testo ebraico 5 • CTT)v, «il maschio incirconciso» (T.M.:
I LXX si scostano dal solito uso soltan- 'are! zàkar), o indica i non israeliti, ad
to in Deut. 30,6 (mul = 7tEp~xa:l>a:pl­ es. i Filistei (Iud. 14,3; 15,18). Per l'u-
~m1) 6 e in Jos. 5 A (mul =
1tEp1.xa.l>a.l- so traslato va ricordato particolarmen-
pm1) 7 , L'uniformità dell'uso dei LXX, te Ier. 9,25: éht 'ltlX.v-ca -.a.
ElNYJ &.m:-
condizionati in questo dalla terminolo- pl'tµ'r}'t<.t 1mpxl, xa..t 1tfiç otxoc; Icrpix'l')À.
gia egizia, è rotta 8 per la prima volta cbtEpl'tµT}'tOL xapola.c; o.ù'twv, «giacché
da Simmaco, un giudeo-cristiano della tutte le nazioni sono incirconcise nella
fine del 11 secolo, che distingue netta- carne, e tutti quelli della casa d'Israele
mente tra il termine tecnico in senso sono incirconcisi di cuore».
proprio e il suo uso traslato. In que-
st'ultimo caso egli si serve di xc.d)a.pl- d) Va notato che nei LXX si parla di
smi (-+ col. 76), che è il verbo usato circoncisione e d'incirconcisione più che
dai LXX in Deut. 30,6 . nel testo ebraico. Prescindendo da Esth.
8,17 (~ col. 48), ciò è vero, ad es.,
b) Anche il sostantivo ?tEpvtoµi), cir- per Ex. 4 ,25, dove le parole arµet 'to
concisione è usato soltanto nell'accezio- 'tijc; 1tEpvtoµTjc; ( ~ b) non hanno ri-
ne rituale, ad es. Gen. 17,13 ( =infinito scontro nell'ebraico, e anche per Ios.
assoluto nif'al himmol, essere circonci- 5,4.6, dove i LXX si aUontanano note·
so); Ex. 4,26 (rende il plurale mulot, volmente dal testo ebraico 9 •
circoncisioni); cfr. inoltre Ex. 4,25: -cò
a.lµa. 't'i)<; 'ltEpt.'toµi]ç -tov 7ta1.Slou µov, e) L'uso linguistico di Filone e di
«il sangue della circoncisione di mio fì. Flavio Giuseppe non differisce da quel-
glio» (-+ col. 5 o). I er. rx ,x 6 è oscuro. lo dei LXX 10•

s Nel verbo ebraico karat, tagliare (dividen- tosto singolare 'rl, /asciare come prepuzio
do), il carattere di atto magico protettivo (~ (_. col. 51), con 7tEpLxa.Dc.tpll;w, che signifi-
col. 54) ha un risalto maggiore che nel te- ca proprio l'opposto (cfr. Tg. O. e Vulg.). TI
ma mul, che proviene probabilmente dal lin· verbo 7tEpLxo.f>a.lpw, che come T.EflL'.lmftapll;w
guaggio agricolo e significa in origine tagliare appartiene alla terminologia del sacrificio di
(ad es., l'erba): cfr. KoEHLER-BAUMGARTNER, espiazione (cfr. De11t. 18,ro; ls. 6,7 [BER-
s.v. La forma hif'il di mtil, respingere, che i TRAM)), è usato anche in 4 Mach. 1,29 nel
LXX (ljl n7,ro ss.) traducono con ci.µvvw (an- significato di potare.
che Aquila usa questo verbo nel v. 10), va pro- 8 Come ha fatto notare DErSSMANN, B. 151 .
babilmente dis tinta da mlii 1: cfr. KoEHLER-
9 Cfr. il v. 4: <ScroL 7tO'tÈ ÈyÉvov'to É'J 'tTI liS<'il
BAUMGARTNER, s.v. Invece di ci.µvvw Simma-
co ha 8tcxftpU'lt1:W (cfr. lii 57,7: ftpV'lt'tW), fa- xat OCJ'OL 'ltO'tÈ 1btEp(i:µ'l)'tOL ncrcxv 'tWV Èl;E-
cendo quindi, evidentemente, risalire la for· . ÀTJÀ.Vfr6'tW\I ti; Alyv'lt'l:OV, e il V . 6: lM &.1tE-
ma a malal, indebolire [G. BERTRAM]. pL1:(..l.TJ1:0L i'jcrav ol 7tXELC1''tOL <XV'tWV -i:wv µct-
6 X<Xt 1tEptx<XilctptEL XVpioç -i:T)v XCXpofo:v CTOV
xlµwv 'l:WV l!iEÀ.TJÀ.VMi:wv lx. Yii<> Atyu1t1:0V.
traduce l'ebraico 11111iil jhwb ''éloheka 'et-l'- 10 Cfr., ad es., Philo, spec. /eg. 1,1-9 (_. col.
biibkii, «Jahvé, tuo Dio, circonciderà il tuo 63); Ios., bel/. 2>454 (lovlìa.t~EW µÉXPL 7tE-
cuore». pL'toµf}c;) ; ani. 1 ,192 (plur. 7tEPL'toµcxl); Ap.
7 Lev. I9,23: i LXX traducono il verbo piut- 2,137 .141 ss.
rtEpi"t"ɵ\IW B 2 n-b (R. Meyer)

2. Origine, significato primo e diffusio- la terminologia del rituale della circon-


ne del rito cisione in Lev. r 9,2 3 s. è presa dal ce-
rimoniale dei sacrifici. Al contrario del-
a) La circoncisione è compiuta di re- la concezione magico-religiosa della cir-
gola sui maschi (1tEpL'toµi)), più rara- concisione, il significato igienico della
mente sulle femmine (Élt'toµ1}) 11 . Il ri- pratica ha un'origine del tutto seconda-
to è di origine magica, ovvero si collo- ria ed è menzionato per la prima volta
ca in una religiosità primitiva 12, e ha da Hdt. 2,37 (--+ n. 44). La circon-
soprattutto due funzioni: da una parte cisione fu osservata ora come rito pube·
costituisce un sacrificio di riscatto, dal- rale, ora come rito nuziale; ma anche
l'altra un segno tribale e federale. Nel- la circoncisione dei neonati fu molto
l'A.T. sono presenti entrambe le funzio- diffusa. Nell'A.T. abbiamo traccia di
ni, ma Ja circoncisione come segno fe- tutti e tre i riti, ma è prevalsa, prescin-
derale, cioè come segno dell'alleanza, dendo da quella dei neoconvertiti, la
passa solo gradualmente in primo pia- circoncisione dei neonati di sesso ma·
no. Alla circoncisione, come sacrificio schile.
di riscatto (~col!. 53 ss.), va avvicinata
per analogia la norma di Lev. I9,23 b) Mentre, per quanto sappiamo, i
(Legge di santità) che riguarda la cam- Semiti orientali non conoscono la cir-
pagna: i frutti degli alberi appena pian· concisione u, gl'Israeliti non sono certo
tati vanno considerati per i primi tre gli unici Semiti occidentali a praticar-
anni come un prepuzio ('orla) e non la 14 • Gen.17,23 ss. (P) menziona espres-
possono esser mangiati; il quarto anno samente la circoncisione d'Ismaele, cioè
li si dedicherà a Jahvé come sacrificio attesta l'uso della circoncisione presso
di ringraziamento. In tale norma si e- le tribù ismaelitico-arabe, come del re-
sprime lo sviluppo ovvero l'effetto di sto ci confermano anche fonti dell'età
un'antica usanza che a livello della Leg- ellenistico-romana. Già a priori è vero-
ge di santità non è più percepita nel suo simile ·che tra i Semiti occidentali ci
significato originario: i primi prodotti fossero tribù e gruppi che non la pra-
venivano dedicati ai demoni della fer- ticavano (cfr. Gen.34,15 ss. 15 ), anzi che
ti1ità e agli spiriti dei campi per riscat- l'uso non sia stato sempre e dappertut-
tare iI raccolto successivo e assicurarsi to 16 osservato con continuità 17 • Per
anche la protezione dei 1mmi11a. Inoltre quanto riguarda Israele, l'origine del ti·

Il J.,a circoncisione è praticata ancor oggi da 14 Secondo Hdt. 2,rn4 i Siri .e i Fenici so-
più di 200 milioni di uomini. Non è comune no circoncisi. È possibile che lo storico greco
mt gli Europei e gli Asiatici non semiti, a includa tra questi anche i Giudei e i Sama-
meno che non siano maomettani o professino ritani, due popolazioni dell'entroterra numeri·
fa fede mosaica com!! la tribù turca dei Ca· camente poco consistenti.
sari (e. 740 d.C.). Per questa popolazione no- 1$ Cfr. H. GUNKEL, Gm. 5 (1912); O.
made dr. E. WnDSCHMIDT-B. SPULER-H.O. PRoCKSCH, Gen. l ·l · ( 1924), ad l. Ma, conside-
H. STANGE·O. KRESSLER, Gcschichte Asiens rata l'antichità della tradizione contenuta nel
(1950) 321-322. Tra i cristiani praticano la racconto in questione, bisogna tener presente
circoncisione i Copti e gli Abissini. la possibilità che i signori di Sichem fossero
Il BERTHOLF.T, in RGG 946 s.; G.v.o. LEEUW, di origine non cananea ovvero non semitica.
Phiinomenolo&ic der Religio11 (1933) 176.452. 16 Cfr. Hdt. 1,104: ll>owlxwJ bx60"o~ "t'lJ
I.I B. MinsSNER, Babylonien u11d A.uyricn I 'E>..>..uli~ tmµlcryo\l"t"t.l~, oinchL Alyv~-rlovç
(1920) 349s.;--+ EBllLING : RLV .g6. Questa µ~µÉO\l'tm xcx.-rò. 'tà atBofo.. Dato che Erodo·
constatazione vale almeno. per l'epoca storica. to parla per conoscenza di causa, è evidente
53 (v1,75) 'itEWtɵ'Jtù l3 2 l> - 3 a (R. Meyer) (v1,75) .H

to della circoncisione si perde nella not- una tr:ldizione del deserto, la cui sede
te dei tempi 18 • L'antico uso linguistico va vista in una religione prejahvisticn
semitico occidentale sembra indicare di tipo demonico: Mosè e Sefora vo-
che il rito avesse una sua parte nell'ini- gliono evidentemente celebrare le noz.
ziazione matrimoniale, e con questa in- ze in una località sacta (badderek bam-
formazione potrebbe collimare il fatto miil6n); il nt1me11 del luogo contende n
che, in base alla tradizione conservata Mosè Io iris primae noctis e attenta al-
nell'A.T., non è dimostrabile l'origine la sua vita. L\ coraggiosa Sefora circon-
egiziana della circoncisione ebraica 19 • cide allora il marito con un coltello di
pietra 21 e, pronunciando l'invocazione
3. La tradizione veterotestamentaria apotropaica batan diimlm 'atta ll, «tu
mi sei uno sposo di sangue», tocca i ge-
a) La testimonianza letteraria più an- nitali del demone, e questi desiste dal-
tica che riguarda i primordi della cir- l'attaccare Mosè 22 • Cosl In circoncisione
concisione in Israele è Ex. 4,24 ss., un indica il riscatto e la liberazione di Mo·
passo in cui s'incrociano tradizioni di sè. A questo proposito va confrontata
diversa origine estremamente interes- la radice antico-semitica occidentale
santi dal punto di vista della storia del- ~' fJatana = sposare/ sposarsi, circonci-
le religioni 20 • La base è costituita da dere (-> n. r8). Lo stadio narrativo di

che il contatto con popolazioni non semitiche WELLHAUSEN, Reste arabischen Heidel/Jttm.r'
ha portato all'abbandono dell'antica pratica ( 1927) 174-175 e, per la discussione, KoEH·
tribale e nazionale. LER-BAUMGARTNER, s.v. ~iitiin. Si può quindi
ipotizzare una forma antico-semitica occiden-
11 L'Egitto ci offre un ottimo e documentato
tale *{Jatana = sposare (trans.), circoncidere;
esempio di questo processo. Nell'antichità la più tardi deve essere sopravvenuta una divi-
circoncisione è praticata generalmente come sione secondaria dei due significati.
rito di iniziazione matrimoniale ( ~ RANKE
445). lor. 5,8; fa:. 3J,X8; 32,19·32 presuppon· 19 Hdt. 2,104 afferma che i Colchi, gli Egi-
gono ancora tale usanza (ma W. RuDOLPH, ziani e gli Etiopi furono in origine gli unici
]er. [1947J a 9,25 interpreta Ios. 5,8 diver- a praticare la circoncisione, mentre i Siri e
samente). Forse nell'età ellenistica la circon- i Fenici avrebbero preso da loro tale usanza;
cisione cessò di essere osservata comunemen- ma Erodoto non può personalmente garanti·
te, giacché i papiri ci attestano unicamente re questa informazione. Per la questione cfr.
la circoncisione dei sacerdoti. Dopo l'emana- -> A. ALT, in Reallexiko11 445 s. Similmente
zione del decreto di Adriano (~ coli. 65 s.) neanche lor. 5,9 costituisce una prova dell'o-
che vietava ogni circoncisione, anche per que- rigine egiziana della circoncisione ebraica.
sta era necessaria ogni volta un'autorizzazio-
ne particolare delle autorità: cfr. W. OTTO,
21 Cfr. G. BEER, Ex., Handbuch A.T. 3 (r939),
Prierter und Tempel im beli. ÀgypJen 1 ad I., con le indicazioni bibliografiche essen-
ziali.
(1905) 231-216 (ibidem 213 n. 2 la bibliogra-
fia meno recente); A. ERMAN, Die Religiot1 der 21 {Or = pietra focaia, coltello di pietra: dr.
if.gypter (1934) 400; un po' diversa è l'espo- KmmLER-BAUMGARTNER, s.v. Oltre che in Ex.
sizione di H. KEES, ÌÌ.g)'pte11 (1933) 87. 4,25 e Ios. 5,2 s. i LXX menzionano i coltelli
di pietra (µ<ixa~pa~ 7tf-rpwa~) con cui Gio·
rn Nelle tavolette d'argilla di Ugarit (xrv sec. suè circoncise gl'Israeliti anche in due aggiun·
a.C.) abbiamo la radice !JJ11 = *f,>ntrma, spo- te al T.M. (Ios. 2r:42d e 24,31•).
sarsi, e il derivato fJJn = *fJatan11, genero
(GoRDON 232.807). Ciò corrisponde nll'ebraico 22 Come, per primo, ha giustamente ricono-
biitiin, sposo e hiitén, suocero. La medesima sciuto E. MEYER, Die Isracliten und ihre
~adice significa in arabo circoncidere; cfr. J. Nachbarstiimme (1905) 59.
55 (v1,n) r.EWtɵvw B 3 a-b (R. Meyer)

J presuppone un certo sviluppo rispet- cemente che con la circoncisione Jahvé


to sia all'idea di Dio sia alla prassi ha fatto «rotolare» da Israele <(la ver-
della circoncisione. In questo stadio a gogna dell'Egitto», cioè il disprezzo de-
volte sembra che sia il figlioletto ad es- gli Egiziani per tutti gl'incirconcisi 24 •
ser circonciso dalla madre, che accom- Sia questa tradizione sia quella esa-
pagna l'azione col grido apotropaico «tu minata in precedenza fanno pensare, co-
mi sei uno sposo di sangue», e quindi me abbiamo già accennato, che la cir-
ad essere riscattato, mentre in altri casi concisione israelitica rappresenti un ri-
colui che assale Mosè è Jahvé. Teologi- to anteriore risalente alla preistoria e-
camente significativo è il fatto che Ex. braica, derivato, spiegato e dapprima
4,24ss. tradisca l'origine popolare e pri- anche eseguito in modo diverso nelle
mitiva del rito della circoncisione, che varie tribù. Il rito della circoncisione
sta ancora in un rapporto del tutto in- non è essenzialmente legato allo jahvi-
certo e fluido con la fede in Jahvé. smo e solo gradualmente mise radice
Anche Ios. 5,2.8 s. posa su di un'an- nella vita religiosa ebraica 25 • È lecito
tica tradizione popolare. Nell'area del supporre che la circoncisione venisse
santuario certamente preisraelitico di praticata comunemente in Israele già
Gilgal, presso Gerico, c'era una Collina nell'xr secolo a.C. 26 , come indica so-
del prepuzio (gib'at hà'ariilot), eviden- prattutto la consapevolezza israelitica
temente un antico luogo di circoncisio- della propria identità tribale e naziona-
ne ove venivano circoncisi gli adulti, le, rispetto ai Filistei, basata proprio sul-
secondo un rito di riscatto o di pu- la circoncisione 27 •
bertà. Questa tradizione, conservata e
tramandata da ambienti beniaminiti, in b)Gen. 17,1-27 (P) rappresenta, ri-
Jos. 5,2.8 s. viene storicizzata, legata a spetto a Ex. 4,24 ss. e Ios. 5,2.8 s., un
Giosuè, l'eroe tribale di Efraim, e am- ulteriore sviluppo. In questo passo la
pliata fino a interessare tutto Israele 23 • circoncisione è inserita nel sistema teo-
E significativo che l'antico rito, esegui- logico .dello scrittore sacerdotale, che
to con coltelli di pietra (~ n. 21 ), ven- compose la propria opera nel v secolo
ga, sì, riportato a un ordine di Jahvé, a.C. La circoncisione viene ora eseguita
ma non venga invece affatto assodato, otto giorni dopo la nascita (v. 12, cfr.
come sembrerebbe naturale, all'idea del- Lev. 12,3 ), è considerata segno dell'al-
l'alleanza. Infatti l'etimologia popolare leam:a 28 (v. n: 'ot b"rit) ed è obbliga·
spiega il nome Gilgal dicendo sempli- toria non solo per tutti gl'Israeliti nati

23 H.-J. KRAus, Gilgal, eit1 Beilrag zur K11l1- grafkhe ibidem.


gerchichte Israelr: VT I (1951) 181-199 ten- 2.5Cfr. G. HoLSCHl!R, Gesch. der irr. und
ta di recuperare in lor. 3-5 un'antica tradizio- jiidischen Religion (1922), indice s.v. 'Be-
ne della festa dell'alleanza conservata a Gil- schneidung'. EICHRODT, Theol. A.T. I 3 60 fa
gal. lor. 5,2.8 s. sarebbe stato più tardi inse- notare che la circoncisione non ha 1a sua sede
rito in questa tradizione, ma lo stesso autore primaria nel culto ufficiale.
non sa precisare bene come. Comunque l'ipo- 2° Questo non significa certamente che il rito
tesi proposta non chiarisce in alcun modo venisse già praticato dappertutto nello stesso
quale sia stata la natura della circoncisione modo.
nell'età preesilica. Z1 Cfr., ad es., Iud. 14,3; 15,18; I Sam. 14,6;
21 L'etimologia non e chiara e permette spie- 17,26.
gazioni diverse: cfr. M. NoTH, Jor.1, Hand- 2s ErcHRODT, Theol. A.T . 1 1 60
afferma a ra·
buch z.A.T. 7 (1953) ad l.; indicazioni biblio- gione che soltanto a questo punto nella sto·
7tEpL-i:ɵvw B 3 b-c (R. Meyer)

liberi, ma anche per gli schiavi nati in fini perché per la circonclSlone i suoi
casa (j"lld bait) e per quelli estranei alla figli vengono inclusi nell'alleanza con
tribù che sono stati comprati (miqnat Dio in senso proprio e sono i soli desti-
kesef mikkol ben-nekar) 19• Senza dub- natari delle promesse divine (vv. 4-7).
bio P si riallaccia a tradizioni nazionali
e religiose della circoncisione correnti c) Molto prima che lo scrittore sacer-
prima dell'esilio, e le espressioni pole- dotale esponesse la propria concezione
miche di ler. 4,4: 6,10 (~col. 58) po- teologica e precisamente durante il re-
trebbero forse significare che i Giudei gno di Giosia (639/8-609 a.C.) un pro-
della fine del VII secolo attribuivano feta, Geremia, usò la parola 'circonci-
un valore particolare alla circoncisio- sione' in senso traslato: «Circoncidete-
ne 30• Ma il nomismo che si affaccia in vi per 'me' 31 e togliete il prepuzio dal
Gen. 17 rende verosimile che il passo vostro cuore» (Ier.4,4); «il vostro orec-
rifletta un'elaborazione teologica e che chio è incirconciso» (Ier. 6,rn; cfr. an-
Gen. 17 rappresenti l'ancoramento nel- che 9,25). Nella profezia di Geremia, di
la storia della salvezza di una delle leg- colui che come i suoi grandi predecesso-
gi fondamentali giudaiche, compiutosi ri condusse un'aspra guerra contro la
durante l'esilio babilonese, quando la religione ritualistica popolare, emerge
comunità giudaica dovette affrontare il la prima testimonianza documentata
problema della sopravvivenza religiosa. della problematica teologica di un rito
In ogni modo P non tace che anche al- che, in fondo, appartiene all'ambito ma-
tre popolazioni hanno lo stesso rito. Se- gico-sacramentale e che in qualche mo-
condo il racconto sacerdotale tutti i di- do può essere ammesso nello jahvismo
scendenti d'Abramo sono circoncisi e soltanto perché è spogliato della sua
il patriarca circoncise anche il tredicen- natura concreta e grossolana e viene ri-
ne Ismaele, che rappresenta gli Arabi, ferito all'uomo interiore e al suo rap.
quando la nascita dell'erede legittimo, porto con Dio. In questo modo Gere-
Isacco, era stata appena promessa (vv. mia ha avviato una nuova linea teolo-
19-26). Pertanto, secondo questa espo- gica che nei secoli successivi riemerge 32
sizione, se tutti i discendenti d'Abramo di continuo per sfociare, infine, nella
si differenziano dagli altri popoli per- critica paolina della circoncisione (~
ché fruiscono della circoncisione, a sua coll. 72 ss.).
volta Israele si distingue dalle tribù af-

ria d'Israele troviamo la prova più antica del- vv. 48 s. lo straniero (ger) che si è sotto-
l'inserimento della circoncisione nella teolo- posto alla circoncisione insieme con tutti i
gia dell'alleanza. Ragione non ultima di tale suoi familiari di s~sso maschile va considera-
fenomeno può essere il fatto che Israele, a- to israelita ('ezra~ · hii'àre!).
vendo perso l'identità nazionale, venne a di- 30 fi: possibile che i Giudei del vn sec. ab-
pendere sempre di più, per la propria soprav- biano sopravvalutato il rito della circoncisio-
vivenza, dalla stabilità della famiglia e dal· ne a causa dell'eccessiva presenza straniera
!'inserimento di questa nell'alleanza. nella vicina Samaria e per la conseguente ne-
2J Cfr. a questo proposito la norma seconda- cessità di una delimitazione.
ria di Ex. 12,43 ss. (P), secondo cui nessuno 31 Secondo il testo emendato (invece di leg·
straniero (ben-nekiir), nessun forestiero (16- gere jhwh): dr. W. RunoLPH, ]er., Hand-
siib) o salariato (fiikir) poteva partecipare al buch z.A.T. 12 (1947) ad l.
banchetto pasquale. Invece qualunque schia- 32 Cfr. Deut. 10,16; 30,6 (~ n. 6); Ez. 44,7;
vo comprato per denaro poteva, se circonci- O. Sai. n,1 ss.; 15,4; altre indicazioni in
so, mangiare l'agnello pasquale. Secondo i LIETZMANN, Rom. a 2,29.
59 (v1,77) 1tEpi'tɵvw e I a (R. Mcyer) (VI,77) 60

C. LA CIRCONCISIONE NEL GIUDAISMO paese» si facessero circoncidere e di-


ventassero giudei (-7 col. 48 ), per ti-
more dei Giudei 36• Nel corso delle sue
r. La circoncisione nell'età ellenistico- vittoriose compagne di espansione, l'a-
romana smoneo Giovanni Ircano I ordinò intor-
no al I28 a.C. che si eseguissero in Idu-
a) Le fonti letterarie del periodo dei mea circoncisioni in massa e si com·
Seleucidi sono le prime a parlare della pisse la giudaizzazione forzosa della
circoncisione come segno di professione regione. Cfr. Ios., ant. 13,257: «Egli
religiosa. Per questa ragione le lotte te· permise loro di restare nel paese a pat-
ligiose condotte durante H regno di An- to che si circoncidessero e seguissero le
tioco IV (176/5-163 a.C.), dovute in ul- leggi dei Giudei» 37 • Con questa politi·
tima analisi ai tentativi di riforma di ca, che possiamo veramente chiamare
certi ambienti gerosolimitani 33, provo- atavica in senso stretto, gli Asmonei
carono la proibizione del rito e ln con- vanno ben oltre le tradizioni antiche,
seguente esecuzione delle donne che a- anche quelle conservateci in Gen. 34 e
vevano fatto circoncidere i figli e anche fob. 30,1-18 38, e non perseguono fini
dei neonati che portavano il segno del- puramente 'mondani' 39• Anche se non
l'alleanza (cfr. I Mach. l,60 s.).H. In siamo informati con precisione circa i
questo modo la circoncisione appare co- motivi che li hanno spinti a tali misure
me un'appropriata espressione della te· coercitive, pure sembra chiaro che alla
ligione avita, per la quale valeva la pe- base di tale politica di 'conversione'
na di affrontare il più atroce martirio. forzosa ci sia l'idea di una restaurazio-
D'altra parte il medesimo segno fu an- ne della 'terra santa', nella quale non
che simbolo di vittoria sulle popolazio- poteva abitare alcun pagano. Effettiva-
ni vicine sottomesse, quando si poté a- mente più tardi gl'Idumei si conside-
vere il predominio politico 35 • In forma rarono giudei a tutti gli effetti, an-
romanzesca Esth. 8,17 (LXX) racconta che se l'aristocrazia di Gerusalemme li
come, dopo la vittoria del partito giu- chiamava con disprezzo 'mezzo-giudei'
daico nella trama d'intrighi alla corte (l)µttouoa.i:oL) "°.
Una configurazione si-
persiana, «molti fra le popolazioni del mile assunse la sottomissione degli Itu-

31 E. B1cKERMANN, Der Goti der Makkabiier ani. 13,257 ci sia l'imposizione di osservare
(1937) 59-65. un particolare rito giudaico. Diversamente in-
:u Cfr. inoltre 2 Mach. 6,10; 4 Mach. 4,25. tende W. RunoLPH (~ n. 17), riferendosi a
35 Cfr. 1 Mach. 2,46 per la circoncisione for- H. CORNILL, ]er. (1905) a 9,25.
zosa. Questo era praticata in prima Jinea sui 3:1 Cfr. test. L. 6,1 ss. I discendenti di Levi
bambini giudei incirconcisi. vengono ordinati sacerdoti a motivo dello
~ Cfr. M. HALLER·K . GALLlNG, Die fiinf Me· zelo di Levi per «la giustizia, per il giudizio
e,illoth, Handbuch 2.A.T. 18 (x940), ad I. e la vendetta». contro i nemici d'Israele: tra-
37 Gen. 17,18 ss. indica, tra l'altro, che anche spare qui evidente la mano di un fautore de·
gli Arabi e gli Edomiti erano circoncisi. Inol- gli Asmonei. Cfr. per la questione R. M EYER,
tre gli Edomiti-Idumci abitavano vasti terri- LevWsche Emanzipatio11sbestrebm1gen in
tori dello scomparso regno di Giuda, inclusa 11achexi/;scher Zeit: OLZ 41 ( 1938) 723-726.
fa città reale di Hebron. È quanto mni inve- Sullo sfondo della politica asmonca si colloca
rosimile che Ja popolazione di questi territo- forse anche il Midrash sulla circoncisione di
ri, dove non mancava certo l'antica compo- Iub. 15,23-34 (Gc11. 17).
nente giudaica, non praticasse la circoncisio- J~ Cosl S CHURER ' I 264 s.
ne. i! più naturale supporre che a base di o!() Cfr. Ios., beli. 4,270-282; a111. I4AOJ.
61 (VI,77) 1tEpt"rɵvw e I a-b {R . Meyer) (VI,78) 62

rei nella Palestina settentrionale 41 nd smo che imperava in Siria e Palestina


opera di Aristobulo I ( 104-103 a.C.), come in tutta l'area mediterranea e nel-
come pure le conquiste ih Sirin sotto le zone limitrofe. Il rito barbaro della
Alessandro Ianneo ( 103-76 a.C.). In circoncisione ern particolarmente espo-
quest'ultimo caso è più che probabile, sto alla critica ellenistica, giacché sia
anche se mancano prove esplicite, che per i Greci che per i Romani la circon-
il programma di imposizione della legge cisione era non solo scandalosn e inde-
giudaica abbia incluso anche la circon- cente 44, ma perfino perversa, e Adriano
cisione forzosa della popolazione mi1- la equiparò alla castratio (-7 coll. 6 5
schile 42 • Nell'età ellenistico-romana la s.), che veniva punita come omicidio 45.
circoncisione è una delle norme giudai- In quegli ambienti che si aprirono to-
che fondamentali, la cui osservanza co- talmente alla cultura ellenistica provan-
stituisce un presupposto essenziale per do nei suoi confronti un complesso
una stretta convivenzn con i Giudei. d'inferiorità, come nel caso dei circoli
Ciò risulta chiaramente anche dal com- giudaici riformisti di Gerusalemme nl-
portamento degli Erodi verso i loro vi- 1'inizio del n sec. a.C. 46 , la circoncisio-
cini non giudei: nonostante l'adesione ne venne naturalmente nbbandonata.
al modello di vita e agli ideali della so- Cosl lo scherno riservato ai Giudei cir-
cietà ellenistico-romana, questi sovrani concisi che in Gerusalemme frequenta-
preferirono rinunciare a un matrimonio vano le palestre o praticavano lo sport
d'indubbia convenienza politica piutto- spinse molti 11 un intervento di 'chirur-
sto che ammettere nella famiglia un ge- gia plastica' (È7tL0"1taO"(J.o<;) per ricùsti-
nero incirconciso 43 • tuirsi il prepuzio; dr. r Mach . .r,I5:
xat ÈTeolT]o-av fo.v'toi:ç àxpo~vo..tlaç.
b) Quantunque tenessero la circonci- Anche se questo comportamento ra-
sione in tanto onore, i Giudei sono sta- dicale, prescindendo dai tempf di per-
ti sempre sensibili alln problematica in- secuzione(~ n. 64), non ha avuto con-
sita in questo antico rito tradizionale. seguenze profonde, pure l'apologetica
Intanto, prescindendo del tutto dall'o- giudaica mostra che il giudaismo fu
stilità politica e dall'antigiudaismo la- sempre costretto a ripensare criticamen-
tente, 1a religione giudaica nel suo com- te questo antico rito. Anche Filone di-
plesso fu posta in questione dall'elleni- fende questo costume giudaico ripren-
41 Ios., ani. 13,319, con riferimento a una ci- fanio di Commagene e Drusilla, figlia di Ero-
tazione di Timagene riportata da Strabonc: de Antipa I, fu rotto perché il fidanzato non
rò ~lipoç -roù "l'W\I 1 I'toupr1.(wv lltvouç $,mw· volle accettare la circoncisione (dr. Ios., rmt.
711.'tO Ot:crµQ O'U\IUtjicxç ·l'"(j '1'4)\1 cxtootlù\I 1\EpL- 20,139 s.).
'toµfi. 44 Già Erodoto aveva detto che gli Egiziani
41 Ios., ani. 13,395 ss.; dr. Sctri.iRER' I 286. erano 7tPO'tLµWV'tEc; xa.i}a.poL dva.L iì EV'ltpE-
r.Éa''tÉpo~ (2,37 ).
4l Secondo Ios., ant. x6,220-225, l'arabo Sil-
leo avrebbe vanamente aspirato alla mano di 45 L'espressione polemica di Gal. ,5,12 mostrn
Salomc, figlia di Erode il Grande. In questa come anche Paolo considerasse la circoncisio·
circostanza la circoncisione non è menzionata ne vicina alla castrazione.
espressamente, ma è comunque possibile che 46 Cfr. specialmente 1 Mach. 1,n. Non è que-
il rito giudaico abbia costituito uno degli o- sto l'unico esempio di come i Siri fossero di-
stacoli principali, senza che per questo sia sposti n<l abbandonare un'antica usanza per
pregiudicata la possibilità che gli Arabi fosse- conformarsi all'ellenismo; cfr. già Hdt. 2,104
ro circoncisi (4 n. 37). È invece documenta· {-> n. r6) e E. BrcKERMANN, op. dt. (4 n .
to esplicitamente che il fidanzamento tra Epi- 33).
mp~'tɵvw e I b - 2 a (R. Meyer)
dendo motivi che sembrano radicati nel- e} Nei gruppi, nelle correnti e nei
la tradizione apologetica di Alessandria. movimenti interni al giudaismo stesso
La difesa filoniana della circoncisione la circoncisione è certamente un pre-
si svolge lungo queste linee (spec. leg. supposto naturale, ma essa passa, per
r ,1-xr): 1a circoncisione è necessaria cos} dire, in secondo piano rispetto al
per ragioni igieniche 47 , è del tutto con- suo impiego traslato. Cosl la spiritua-
. veniente a un popolo di sacerdoti (i sa- lizzazione dell'antico rito, presente nel-
. cerdoti egizi forniscono un esempio op- l'A.T. già in Geremia e nella letteratu-
portuno 48 ), rende l'organo responsabile ra deuteronomistica (~ col. 5 8 ), vie-
della vita fisica simile al cuore che ge- ne accolta e fatta propria dalla setta
nera i pensieri più alti, favorisce la pro- di Qumran: «(Ognuno degli uomini
creazione e procura una prole più nu- della comunità) circonciderà il prepu-
merosa. A questi argomenti Filone ag- zio della sua concupiscenza e della dura
giunge ancora due motivi allegorici: da cervice» (1QS 5,5) 51 ; cfr. inoltre iQS
una parte la circoncisione si oppone al- 5,26, dove il testo ricostruito sembra
la sensualità, dall'altra alle tenebre che leggere: «Nessuno odierà un altro [che
attribuiscono alla capacità di procreare sia incirconciso] di cuore ( [ 'wrlt]
un carattere divino 49 • A quanto sem- lbbw)», cioè un altro membro della co-
bra, questa apologetica tralascia di pro- munità che si comporti male verso
posito di accennare alla circoncisione i confratelli 52• Questa testimonianza,
come segno dell'alleanza; infatti a que- tratta da un testo che proviene proba-
sto proposito si manifesterebbe tutta la bilmente da circoli esseni 53, ha un'im·
problematicità di questo rito atavico 50 • portanza che supera quella dei docu-
La circoncisione rappresenta cos} uno menti già noti perché mostra che la
dei principali ostacoli di tutta l'apolo- concezione traslata e spiritualizzata del-
getica giudaica nei confronti del mondo l'antico rito della circoncisione non era
greco-romano. Inoltre il rito costituisce affatto sconosciuta neanche nell'ambito
anche il limite che condiziona tutta l'at- del cosiddetto giudaismo palestinese.
tività missionaria e propagandistica del
giudaismo, e i timorati di Dio ( q>o~où­ 2. La circoncisione dopo la distruzione
µE\IOL o CJ'E~6µEVOL 'tÒ\I ~E6\I ), che si av-
del tempio
vicinavano numerosi alla fede giudaica
e avrebbero poi costituito un terreno a) Con la fine della ierocrazia geroso-
fertile per la giovane chiesa etnico-cri- limitana nella tragedia del 70 d.C. si
stiana, non sono obbligati alla circonci- venne affermando sempre più il nomi-
sione, né di fatto vi si sottopongono. smo farisaico-rabbinico che poi, nella

47 Cfr. Hdt. 2,37 (~ n. 44). cisione. Anche la storia della conversione di


411 Anche Ios ., Ap. 2,140-143 si richiama alla Izate (Ios., anJ. 20,38-48) rivela la problema-
circoncisione dei sacerdoti egiziani. tica inerente a questo rito.
47 Philo, spec. leg. I ,304-306 parla della cir- s1 w"m {mwl. bj!Jd 'wrlt ifr w'wrf qsh. Per
concisione spirituale; egli sembra anzi cono- w"m = w'n'fi h'mt, cfr. rQpHab 7,10.
scere dei Giudei che apprezzano soltanto il si-
gnificato traslato, e contro costoro insiste sul- 52H. BARDTKE, Die Handschri/Jen/unde am
le due circoncisioni, quella corporale e quel- ToJen Meer (1952) 95 n. 3·
la spirituale (migr. Abr. 92; cfr. 89). Cfr. L. RosT, Der gegenwiirtige Stand der
5.l
53 Cfr. Sib. 4,164 : nella predica che li invita Er/orschung der in Palaslina neu ge/undenen
alla conversione i pagani sono esortati a sot· bebr. Handschri/ten: ThLZ 77 (1952) 277-
toporsi a un'immersione, ma non alla circon· 280.317-320.
1tEp~·dµvw e 2 3 · C (R . Mcyer) (v1,80) 66

seconda metà del II secolo d.C., domi- riguardava tutto l'impero 59• Spartiano
nò tutto il giudaismo~. In questo pe- potrebbe essere nel giusto quando vede
riodo la circoncisione fu concepita solo in questo divieto uno dei motivi che
in termini concreti, anche perché negli portarono alla rivolta di Bar Kochba:
anni della crisi giudaica la pratica as- movenmt ea tempestate et Iudaei bel-
sunse uno spiccato valore di professio- lum, quod vetabantur mutilare genita-
ne religiosa 55 • Così, oltre a R. Ishmael, lia ro. In base alla lex Cornelia Adriano
anche R. Akiba Ct 135 d.C.) si distin- previde per la circoncisione e la castra-
gue per la condanna di qualsiasi spiri- zione 1a stessa pena che per l'omicidio.
tualizzazione del termine 'prepuzio': Il divieto di circoncidere rimase in vi-
egli prende in senso letterale le parole gore anche dopo che la rivolta fu soffo-
bibliche che parlano dell'incirconcisione cata e fu abolito soltanto con l'editto di
di cuore, orecchio e bocca (Gen. r. 46 tolleranza emanato da Antonino Pio nel
§ 5 a Gen. 17,1) 56, mostra l'impossibi- r38 d.C. 61 A differenza degli Egiziani,
lità di una simile 'circoncisione' e rife. che dovevano richiedere alle autorità
risce quindi le parole al corretto e legit- un permesso speciale ogni volta che un
timo posto della circoncisione che egli giovane doveva venire circonciso per
chiama «prepuzio del membro» ('rlt poter diventare sacerdote, i Giudei po-
hgwf). La sottolineatura del momento terono dunque godere di un permesso
corporale esclude la spiritualizzazione generale di circoncisione già pochi an-
del rito che poteva esser dedotta dalla ni dopo la fine della rivolta di Bar
'circoncisione' di cuore, orecchio e boc- Kochba.
ca 57 e bandisce dalla teologia ufficiale
l'uso traslato della parola 'circoncisio- e) I Tannaiti dell'età post-adrianea
ne', anche se questo è documentato da hanno dato al rituale della circoncisio-
Geremia in poi fino all'epoca del N. ne l'indirizzo decisivo, valido nei trat-
T. sa ti fondamentali ancor oggi, rifacendosi
alle antiche tradizioni ovvero conti-
b) Adriano (II 7-13 8) proibl la cir- nuandole, arricchite dell'esperienza del
concisione con un decreto generale che, periodo critico 62 • La circoncisione, chia-
come dimostrano i papiri (~ col. 47), mata ora mUa, è un dovere assoluto di

s1 R. MEYER, Die Bedeutung des Pharisiiis· 51 ScHtiRER' I 677-679; inoltre ScHLATTER,


mus fiir Geschichte und Theologie des Jude11- Gcsch. Isr. 373 s.; M. NoTH, Geschichte
tums: ThLZ 77 (1952) 677-684. lsraels ( 1950) 380 s.
s; Per questo motivo i rabbini stilando le lo- ~1 Vi/a Hadrioni commenlario illtwrata (.r869)
ro norme devono tener presente anche l'bt~- 14. Un'interpretazione diversa è sostenuta da
0"7taoµ6ç e cercare di renderlo impossibile. H . BrETENBARD, Freihei/skriege der ]uden
Sò Con riferimento a Ier. 6,10; Ex. 6,30; Icr. tmter den Koirem Tra;an 11t1d Hadrian und
9,25. der messionische Tempelbart II: Judaica 4
57 Cosl anche H.}. ScHOEPS, Tbeologie und (1948J 93 s. Nonostante si richiami allo
Geschichte des Judet1chrislent11ms (1949) 139. ScHLATTER (~ n.·59) e ad altri, è molto im-
Per contro, sulla base di un'errata traduzione, probnbilc che questo studioso abbia rag.ione.
il W1NDISCH, Bam. a 9,5, pensa che in Get1. 61 Modestinus, digesto 48,8,11: circumcidere

r . 46 § 5 si affermi tanto la circoncisione spi- Irulaeis filios suos tantum rescripto divi Pii
rituale quanto quella corporale (cfr . quanto permillitur: in non ei11sdem religio11is qui hoc
è stato osservato per Filone~ n. 49). fecerit, castrat1/is poena irrogatur. Su questa
s~ Cfr. la polemica antigiudaica in Iust., dial. testimonianza dr. ScHURER' l 677 n . Bo.
12,3: liw-rtpai; 7)15n XPElcx. 7tEP~-roµfjç, xal 61 ~ KRAUSS 11 s.; J. PREUSS, Biblisch-Tal·
ÙµEti; É7tl -rii ua.pxt µÉycx. (jlpO'llEhE. mudische Medi:zin {19n) 278-289.
67 (Vt,80) 'ltEPL'tɵvw e 2 e - DI b (R. Meycr) (vr,80) 68

ciascun giudeo verso il figlio nato sa- cisione Dio si è assunto la difesa del
no 63 ; va eseguita l'ottavo giorno dopo suo popolo e gli ha dato la terra d'I-
la nascita, e se questo giorno dovesse sraele. La forza vitale che emana dalla
essere un sabato il dovere della circon- circoncisione fa sentire il suo influsso
cisione 'sposta' la legge del sabato: «La dappertutto nel cosmo e nella storia, e
circoncisione stessa, com'è parere uni- anche nell'eone futuro Israele verrà sal-
versale, sposta il sabato» (mjlh gwfh vato dalla Geenna in virtù di essa e par-
dbrj hkl dwbh fbt, Shabb. b. 132 a). teciperà cosl alla gioia dell'epoca mes-
La circoncisione include i seguenti atti: sianica 67 •
taglio del prepuzio (mila), scoprimento
del glande mediante lacerazione (p'ri'a), D. LA CIRCONCISIONE NEL CRISTIANE-
rivolta tura della mucosa (ftftm ), suc- SIMO PRIMITIVO
chiamento con la bocca del sangue del-
la circoncisione (miif<lf) e infine l'appli- r. L'uso linguistico
cazione di un linimento ('isp•Janit) in-
sieme con del comino (kammon ). La a)Nel N.T . il verbo 'ltEPt'téµvw è u-
descrizione particolareggiata del proce- sato, come nei LXX, unicamente come
dimento mostra che si è fatto di tutto termine tecnico rituale 68 , prevalente-
per rendere impossibile l'bmr'ltaoµ6c;, mente in senso proprio, all'attivo (Lc.1,
che era stato abbastanza spesso effettua- 59; 2,21; Io. 7,22; Aci. 7,8; 15,5; 16,
to nei momenti di persecuzione e in 3; 2 r ,21 e Barn. 9 ,8 con riferimento a
particolare durante l'impero di Adria- Gen. 17,23 ss.) e anche al medio-passi-
no 64• La cerimonia era accompagnata da vo (Act. 15,1; r Cor. 7,18; Gal. 2,3; 5,
speciali benedizioni e si concludeva con 2 s.; 6,12 s.). L'uso traslato si ha in Col.
un banchetto. 2,u, dove il verbo si riferisce al batte-
simo (1tEPl.E'tµi)il"C}'tE 7'E(Jt-roµ.'[j &.xEt(JO·
d) Sul piano teologico la circoncisio- 1tot1)'tl!), «foste circoncisi con una cir-
ne costituisce presupposto, segno e si- concisione non fatta da mano umana»),
gillo della partecipazione all'alleanza e in Barn. 9,1-4; io,12.
che Dio concluse con Abramo. Chi me-
diante l'tmnn-aaµ.6<; cancella questo se- b) Il sostantivo 1CEpt-toµ1), circonci-
gno ha rotto il patto e perde la salvezza sione, è usato come nomen actionis at-
mediata dalla circoncisione ~5, cosl che tivo in Io. 7,22; Act. 7,8 (oiaa1)x"C} itE·
se vuol rientrare nell'alleanza deve far- pt"toµijc;, <dl patto deJla circoncisione»,
si nuovamente circoncidere. Allo stesso con riferimento a Gen. 17,ro); Gal. 5,
tempo la circoncisione è un segno di II (El TCEP~"toµl}v ~'tt xripooaw, «se prè-
professione religiosa, il segno della fe. dico ancora la circoncisione»); Barn. 9,
de per il quale Israele è pronto a subi- 7 (npùhoç 1tEpt-toµ1}v «[Abra- oou;,
re il martirio 66• Da essa proviene una mo], circoncidendo per primo»). Ab-
benedizione che possiamo esprimere in biamo l'accezione medio-passiva in Io.
questi termini: a motivo della circon- 7 ,2 3 ( m:pt-çoµ'Ì}v Àaµ~&.vEtV, «esser cir-

61 La documentazione per quanto segue è STRACK-BILLERBECK IV 32-40.


raccolta in STRACK-BILLERBECK IV 28-31. 6S STRACK-BILLl!RBECK IV 34.
61 Cfr. T. Shabb. 1;s,9: «Chi ha tirato in a· 6o STRACK-BILLl!RllECK IV 37 s.
vanti il prepuzio deve essere circonciso di 67 STRACK-BILLRRBECK IV 38 ss.
nuovo ... Ai siorni di Ben Kosba molti si sono M Va osservato che nel N.T., in particolare
fatti ricirconcidere,.: costoro si erano sottopo- negli scritti paolini, 1tEP~-tɵ\IW e 7tEp~-roµ'l)
sti all'bturmicrµ6c;. Ulteriori indiC1l2ioni in sono usati molto più che ncll'A.T.
7tEpL-rɵvw D 1 b - 2 a (R. Meyer) (v1,81) 70

conciso, farsi circoncidere); Rom. 2,25 xrx.t àTtEphµ11-.ot xapolatç xai -.oiç
SS.; 3, I ( 't'l<; TJ Wq>ÉÀmi ·djc; 1tEpL't'O- WO"lv, «duri di cervice e incirconcisi di
µ ijç;, «a che giova essere circoncisi?»); cuore e di orecchi» 69 • Cfr. inoltre Barn.
4,10 (Év 1tEpL-.oµfi dvaL, «essere cir- 9,5b: 6 OÈ Àct.òc; oi'.i't'oc; &.m:pl'tµl)'toc;
conciso»; si confrontino con quest'uso xa.polq., «ma questo popolo ha il cuore
Barn_ 9,6 e Ign., Phld. 6,1); 4,II (1tEPL· incirconciso» (richiamo a I er. 9,25) 711 •
't'Oµijc; crcppa:ylc;, «il sigillo della circon-
cisione»); r Cor. 7,19; Gal. 5,6; 6,15; 2. ll problema della circoncisione nel-
Phil. 3,5 (1tEpt-çoµft 6:>mx:1iµEpoc;, «cir- l'età apostolica
conciso l'ottavo giorno»; cfr. --? col.
67); Barn. 9,4; Diogn. 4,i. Uso traslato a) Per la tradizione sinottica è del
di nEpt't'oµ-ri : Rom. 2,29 ( nEpL-toµT} xcx.p-
ola.c;, «circoncisione del cuore» i --? coli. tutto ovvio e naturale che Gesù e 1
73 s.); Col. 2,II e~ coli. 73 s.); Barn. primi discepoli siano vissuti entro gli
9,4. Uso metonimico (l'astratto per il schernì del giudaismo palestinese, cosl
concreto) = i circoncisi, i Giudei, cosl
che per essa non si pone ancora, in nes-
chiamati in senso proprio, come riscon-
tro di àxpo~ucr't'lct. = gl'incircondsi, i suna forma, il problema della circonci-
pagani (Rom.3,30; 4,9; Eph.2,1 r; Col. sione. È vero che, ad es., la predicazio-
3,u). Qui rientrano anche Rom. 4,12 ne di Giovanni Battista (Mt. 3 19; Le. 3,
(oL be 1tEPt'toµfjc;); 15,8; Gal. 2,7 ss. nE·
pL'toµ1J è termine tecnico per significa- 8 [ Q]) pone seriamente in questione il
re i giudeo·cristiani in Act. I0,45 (nel- concetto di figlio d'Abramo 11 e quindi
la locuzione oL Éx 'ltEpL'toµi'jc; TtLCT'toi., «Ì implica, per l'ascoltatore giudaico, una
credenti che provenivano dal giudai-
smo») e Act.11,2; Gal.2 1 12; Col.4,II; critica fondamentale del patto con A-
Tit. I ,IO {locuzione più semplice e fre- bramo e della circoncisione che ne è il
quente: ot h 'ltEpt-.oµ'i'jc;). In un solo segno concreto; ma se pensiamo alla
caso TtEpt'toµl) è usato metaforicamente
polemica sull'osservanza del sabato dob-
per indicare i cristiani come il vero I-
sraele: -i}µEi:c; yap ÉcrµE\I 1) 7tEptnµ1}, biamo dire che la tradizione sinottica
«giacché siamo noi i (veri) circoncisi» non s'interessa minimamente della cir-
(Phil. 3,3; --? col. 74). concisione né in senso proprio né in
c) L'aggettivo aTtEpt't'µ"f]'t'Oç in senso senso traslato. Solo nel vangelo lucano
proprio non è usato negli scritti cano-
deJl'infanzia (Le. l,59; 2,21) si parla
nici, ma si trova in Barn. 9,5: 'lta\l't'ct.
..~ EWlJ CÌ:1tEpl-rµ"fl't"<X. àxpof3u<nlQ., «tut- con tutta naturalezza della circoncisio·
ti i pagani hanno il prepuzio incircon- ne del Battista e di Gesù. In entrambi
ciso» (ler. 9,25 ). Abbiamo invece una i casi la circoncisione è legata all'impo·
volta l'uso traslato in Act. 7 ,5 I, dove
l'aggettivo indica i Giudei in una cita- sizione del nome, che è il vero centro
zione mista dei LXX: crxÀ.l)po-.p&:xlJÀOL d'interesse della narrazione n, secondo

69 Cfr. Lev. 26,41; Ier. 6,xo; Ez. 44,7.9. Cfr. venire da una tradizione precristiana, ma ora
\'7ENDT, Ag. e BAUERNFEIND, Ag., ad l. lo abbiamo in una rielaborazione cristiana:
70 Per il carattere della citazione v. Wrno1scH, cfr. KLOSTERMANN, Mt., nd l.; inoltre R. MEY·
Bar11., ad l. ER, Der Prophet aus Galiliìa (1940) n6.r24 s.
71 Il discorso miMccioso del Battista potrebbe 72 KLOSTERMANN, Lk., ad f.
71 (vr,8r) mp~'tɵvw D 2 a-e (R. Meyer)

un uso che non è documentabile per il sto l'unico indizio dell'ottima conoscen-
giudaismo dell'epoca 73 • za che Giovanni ha del giudaismo con-
temporaneo. Nella disputa in questione
b) II Vangelo di Giovanni menziona il Cristo giovanneo si pone, sia pure
solo teoricamente giacché in realtà egli
la circoncisione in occasione di una di- si oppone al giudaismo, sul terreno del-
sputa di Gesù con i Giudei durante la la comprensione rabbinica della legge.
festa delle Capanne (I o. 7,22 ). «Per Egli conduce i suoi oppositori ad ab-
questo Mosè vi ha dato la circoncisio- surdum, dimostrando come agisca, in
base ai loro stessi presupposti, del tut-
ne», dice Gesù, volendo dire semplice- to legalmente: «Non giudicate dalle ap-
mente che la circoncisione è contenuta parenze, ma date un giudizio retto» (v.
nella legge mosaica. Quest'affermazione 24). Conforme alla collocazione storica
dell'evangelistn, è lecito vedere riflessa
è però subito limitata dall'inciso suc- in lo. 7,23 s. la polemica che contrap-
cessivo («non che essa provenga da Mo- poneva il primo cristianesimo e il giu-
sè, ma dai padri») che è sostanzialmen- daismo negli anni immediatamente suc-
te esatto, in quanto il punto sul quale cessivi alla distruzione del secondo tem-
pio. Naturalmente, un simile presuppo-
Gesù e i Giudei stanno disputando sto non pregiudica la probabilità che la
(l'obbligo della circoncisione sposta il tradizione risalga effettivamente a Ge-
sabato, cioè ha la precedenza sulla san- sù stesso.
tilìcazione del sabato, ~ col. 67) ap- c) Nella sua lotta contro lo 'Iov8l'.l~­
partiene effettivamente alla legge orale. aµ&; 75 Paolo è costretto ad occuparsi a
Ricolleganc:.losi all'obbligo di circoncide- fondo del problema della circoncisione.
re anche di sabato, Gesù conclude con Partendo dal presupposto ipotetico che
un'argomentazione a fortiori: «Se un la legge (-4 vn, coll. I36J ss.) possa
uomo viene circonciso di sabato, affin- essere compiuta, l'Apostolo in Rom. 2,
ché non si trasgredisca la legge di Mo- 28 s. esamina la natura e il valore della
sè, perché vi indignate contro di me, circoncisione 76 , e sottolinea la ·m:p1:to-
perché di sabato ho guarito un uomo µ'Ì) xapSlac; Év 1t\1Euµa·n où :ypaµµa·n,
tutto intero?» 74 • «la circoncisione del cuore secondo lo
La stretta affinità delle affermazio- spirito, non secondo la lettera», soste-
ni rabbiniche con Io. 7 ,2 J mostra quan-
to Giovanni sia al corrente delle discus- nendo cosl una posizione decisamente
sioni sulla legge. Del resto non è que- antitetica a quella giudaica, che asse-

73 Come prova, P.R. El. 48 (vm sec. d.C.) è vero che salvare una vita sposta il sabato».
non meno debole di Gen. 17,5; 21,3 s. Per la Per questa citazione e per le altre testimo-
discussione ~ n. 72. nianze cfr. BAUER, ]oh. n lo. 7,22 e BULT-
n L'argomentazione di Gesù ha un notevole MANN, ]oh. 208 n. 3.
parallelo in Shabb. b. i 32 b, R. Eleasar b. 75 Per questo termine tecnico cfr. Gal. l,I3
Asaria (verso il lOO d.C.) dice: «Se già la s.; Jgn., Mg. 8,1; 10,3; Phld. 6,1.
circoncisione, che riguarda soltanto un mem- 7b Per 1a psrtc che segue vedi LrnTZMANN,
bro dell'uomo, sposta il sabato, quanto più è Rom., ad I.
ì3 (VI,82) 7tEpL-tɵvw D 2 c (R. Meyer) (v1,83) 74

gnava unicamente alla circoncisione cor- egli può chiamare il battesimo addirittu-
porale un carattere sacramentale in que- ra 1tEpL-coµiJ Xincnoi'.i, «circoncisione di
sto mondo e nel futuro e che nell'età Cristo» 78 • In quanto con la m:pt-roµ1}
postadrianea sarebbe stata considerata xapSla:c, è dato Io dvaL È'V Xptcr~, è
] 'unica ortodossa sia nel giudnismo che stato raggiunto il punto di vista in base
nel giudeo-cristianesimo dopo la vitto- al quale sono superate e l'àxpo(3vcr'tla
ria dcl rabbinismo farisaico (~ col. e la Ti:EpL-top.T]. Da questa posizione si
76). In questo modo Paolo continua la comprende, ad es., un'affermazione co-
linea che da Geremia (~ col. 5 8) me quella di Gal. 5,6: «In Cristo Ge-
porta fino a quel gruppo probabilmente sù ... non conta né la circoncisione né
esseno (~ col. 64), la cui teologia l'incirconcisione, ma la fede, che agisce
possiamo ricostruire almeno parzial- nell'amore» (È'V yàp XpLcr-ti;> 'l'r)crou ou-
mente grazie ai reperti di Qumran. Ma 'tE 1tEpt-.oµ1} •t lcrxuEL cnl•E àxpo~u­
vi è ugualmente una differenza fon- cr-rla, àÀ.À.à. i.lcr·nc, 8t'ày&:1t'r)c; É'VEpyou·
damentale. Per gli Esseni, infatti, come µÉv1J) 7~. L'essere È'V Xptcr-rc';l segna la
per i primi gruppi cristiani, è del tutto fine e del giudaismo e del paganesimo,
naturale essere giudei in senso pieno, cosl che il segno fisico dell'alleanza è
incluso quindi il segno corporale del- del tutto insignificante. Per questa ra-
l'alleanza, anche se la circoncisione fi- gione Paolo afferma che, come l'ex-pa-
sica non serviva a impedire che alcuni gano non deve farsi circoncidere, cosl
divenissero preda di Belial e apostatas- anche l'ex-giudeo non deve sottoporsi
sero n . Paolo invece già in linea di prin- all'Émcrmxcrµ6c; (1Cor.7,18 s.). Si giun-
cipio supera i limiti dello 'IouoaXcrµ6c;: ge cosl in pratica a quella concezione
per lui è vero giudeo soltanto chi Io è del vero Israele che è tanto importante
nell'intimo e vale soltanto quella cir- e per cui Paolo può dire: T}µEic; yap
concisione che vien fatta sul cuore {1tE· ÉcrµEv Ti 1tEpt-.oµ1}, «giacché la circon-
PL't'oµT) xapola:c;: Rom. 2,28 s.). Certo, cisione siamo noi» (Phil. 3,3), dove il
una tale circoncisione del cuore può termine 1tEptnµTj equivale a 'vero I-
avvenire solo mediante lo spirito, non sraele' e assume pertanto un contenuto
mediante una norma umana (v. 29). Ne semantico totalmente nuovo 80•
risulta che per Paolo la circoncisione Dedsivo per la diffusione dell'evan-
del cuore è identica alla redenzione ope- gelo nel mondo ·antico fu il successo di
rata da Cristo, cosl che in Col. 2,rr s. Paolo, che nella lotta contro lo 'Iovoai:-

11 Secondo la Regola dell:i comunità tra co- 73 Cfr. DtBl!LJUS, Gefbr. a Col. 2,II s.
storo vanno noverati tutti i Giudei che non n Cfr. anche Gal. 6,15 .
appartengono alla comunità stessa: cfr., ad es.,
1QS 1,1-11; 1,24-2,1•; l,1b-9 e passim. s~ DIBELIUS, Phil., ad t.
75 (vr,83) r.EpL"tiµvw D :z c-d (R. Meyer)

oµéc; fece prevalere anche l'aspetto pra- gelo dell 'incirconcisione» ( EuayyÉÀLOV
tico e concreto della conoscenza di fe- -djc; àxpo(3vo-'tlac;), dall'altra Pietro, il
de ottenuta mediante l'esistenza in Cri- missionario dell'«evaogelo della circon-
sto. In Antiochia i giudeo-cristiani ge- cisione» ( dia.yyÉÀtov -rijc; itEpL'toµ.ijc;).
rosolimitani avevano accanitamente so- Né allora né poi si venne a un compro-
stenuto che la salvezza dei cristiani in- messo, che avrebbe potuto definitiva-
circoncisi doveva dipendere dall'accet- mente unire i due partiti, ma avrebbe
tazione del segno dell'alleanza 81 , met- richiesto all'uno o all'altro una revisio-
tendo cosl in questione i principi stessi ne radicale della sua posizione teo-
della teologia e della prassi missionaria logica.
dell'Apostolo. Si giunse pertanto a quel-
d) Ben presto la separazione tra cri-
l'incontro di Paolo con i proto-apostoli stiani ex-giudei ed ex-pagani si fa nota-
a Gerusalemme che si è soliti chiamare re anche nell'ambito della produzione
'concilio apostolico' 82 • Paolo respinse la letteraria. Per Barn. 9,1-9 il segno fisico
dell'alleanza è superato e la 1tEpL'toµ1)
posizione e le richieste dei giudeo-cri-
vale solo in senso traslato come circon-
stiani (dr. Gal. 2,3: 1H.).'oùoÈ Tl'toc; ò cisione del cuore 85 • Per contro il giudeo-
crùv ɵol, "E).),l}v wv, i}vayxacr~11 m:- cristianesimo si avvia consapevolmente
p~'tµl}i>i}vcu, «ma neppure il mio ac- per la strada del nomismo 86 , nonostan-
te sia stato scomunicato dalla sinago-
compagnatore Tito, che era greco, fu ga 87 • Come abbiamo già notato(~ col.
costretto a farsi circoncidere» 83 ) e ci si 49), nel II sec. il giudeo-cristiano Sim-
divise in pace e senza acrimonia. Cer- maco traducendo in greco l'A.T. so-
stituisce· xa.i>a.plsELv, purificare, a 7tEPL-
tamente Gal. 2,7 ci fa intravedere che "ttµ.vw quando il verbo è usato in senso
a Gerusalemme ci si limitò, in fondo, traslato. Ciò significa, da una parte, che
soltanto a prendere atto della libertà Simmaco si conforma alla teologia giu-
dallo 'Iovoa.i:0'µ6c; e che in realtà i fron- daica ortodossa della seconda metà del
II sec. (~ col. 65) e non ammette più
ti rimasero immutati, nonostante la re- una concezione metaforica della circon-
ciproca lealtà M; senza risolvere il con- cisione, dall'altra che egli compie una
trasto teologico di fondo, si giunse a delimitazione teologica nei confronti del
cristianesimo greco nell'ambito stesso
una contrapposizione bipolare: da una del testo biblico.
parte Paolo, il missionario dell' «evan- R. MBYER

s1 Act.1;;,1 s.; cfr. WENDT, Ag. e BAUER, Ag., s; Per questo aspetto dr. l'ampia discussione
8l Per il valore storico di Act. 15,3-21 vedi M. in WrNDISCH, Barn., ad l.
DrnELJUS, A11/riilze wr Ag. (1951) 84-90. Per 86 Per quanto segue vedi SCHOEPS, op. cii. e~
Ja storia del problema dr. O . CuLLMANN, n . .57) 137-139.
Pelrur (19;;2) 39-5:z, con ulteriori indicazioni 87 Cfr. la recensione cairina della Birkat ha·
bibliografiche. Minim che risale a Samuele il Piccolo (verso
83 Per Gaf. 2,1-10 vedi LIETZMANN, Gaf., ad l. il 90 d .C.); J. ELDOGEN, Der jiidirche Got-
84 Act. 21,21 rappresenta perfettamente l'a- /esdienst ili seiner geschichtlichen Entwick-
spetto giudeo-cristiano. lu11g l (1931) 36·40.
77 (v1,83) 1tEPii!inµa; A I (G. Stiihlin)

1tEptq>povÉw ~ v, coli. 260 ss.

(1tEpixocaapµa ~IV, coll. 1300 ss.) A. SIGNIFICATO DI m:plt!Jriµ.a


FUORI DE L N. T .

I. Origine del termine e suo sviluppo


SOMMARIO:
semantico
A. Significato di 7tEpl1Jniµ.a; fuori del N.T.: 7tEpl~l}µtx. è uno dei tanti sostantivi
deverbali in -µa: frequenti già nel dia-
I. Origine e sviluppo semantico; letto ionico e poi ancora più comuni
II. nEpli!i'r)µa. = vittima espiatoria presso i nella koiné 1 • Esso deriva da 7tEpi.iVtiw 2 ,
Greci; che significa raschiare tutto intorno,
grattare via, lavare, asciugare, pulire,
III. Uso ellenistico (e giudeo-ellenistico) di tergere, per es. gli occhi 3 , il corpo 4
7tEpl\jl'r)µrt. oppure anche oggetti vari 5• Di con-
B. 7tEpllJnlµoc nel N. T. seguenza 1tEpl~nµa: può significare: a)
ciò che è terso via, ciò che è tolto via
C. 7tEpllJnlµ.a; presso i Padri apostolici. (strofinando) 6, qualcosa che è destina-
3 Ad es., Aristoph., eq. 909; cfr. PI. 730.
1tEpltJnjµa.
Thes. Steph., PAssow, LIDDELL-SCOTT, PREU- • Cfr. Euthymius Zig. a 1Cor. 4,13 : TCEpLljici.v
SCHEN-BAUER 4 , s.v.; F. ZoRELL, Novi T esta- yàp -rò Ò.1toxocl>alpnv i:bv i.lipwi:a. Inoltre
menti Lexicon Graecum 1 (1931) s.v.; CREMER- Pseud.-Oecumenius, comm. in ep. 1 - ad Corin-
K6GEL 548, s.v. 1tEptxa»apµa; C. nu CANGE, thios a 4,13 (MPG I 18,692 D), -+ n. 12 e an-
Glom1rium Mediae et Infimae Lafinitatis VI che-+ n. 19.
(1886) 276, s.v. peripsema e peripsima; V. s Ad es., IG XI 2 ,287,84 (iscrizione rinvenuta
GEBHARD, art. 'Thargelia' in: PAULY-W. 5 A, a Delo): G'lt6yyoL 7teptljri\O"aL 'tà à.vaftTJµa."l'a..
x296 s.; In., art. 'Pharmakos': ibidem x9 1 r841 L'idea che la spugna serve per nermJrijv (co-
s .; H. UsENER, Der Stoff des griech. ]3pos me per 1tEpLxa.i>aCpew) è illustrata dalle ci-
in: SAW 137 (1897) III 62 = Kleine Schrif- tazioni seguenti: Theophylactus a r Cor. 4,13
ten IV (1913) 258; P. STENGEL, Griech. Kul- (MPG 124,616 D): 8i:a.v yàp pu7tap6v "CL
lusallertiimer 1 ( 1920) 13i. 162. 245 s.; F. Ù7t00"1tOYYlOj) "CLç, 1tEpi.xal>apµa. ì.t"(E-retL i:ò
SCHWENN, Die Memchenop/er bei den Grie- <Ì7toO'lt6rtLCTµa hEi:vo. xa.t "CÒ mpllJnlµ.a; li~
chen und Romern : RVV 15,3 (1915) 36-59; i:b a.irrò o'l']Àoi:. TCeptljlciv yàp Uy~-raL 'tÒ
]. LETPOLDT, Der Tod bei Grieche11 und ]u- nEpt.G"Jtoyylt;ELV. Eustath. Thessal., comm. in
den (x942) 42; Jott. Win ss, I. Kor. n4 s.; Od. 22,799,6: ~CT7tEp a.~ na).w i:ov Mµa."toc;
Euthymius Zig., Komm. zu den tJt.lichen Brie- àq>EÀfo·npov TÒ 1tEp!lji11µa, <T1t6yyLuµd: TE
/en 228 a I Cor. 4,13; H. VEIL in: E. HEN- ov aù-rb xal. xai:à -roiho èo,xòc; i;4°J Mµa.i;t
NECKE, Hdb. w den nt.lichen Apkr. (1904) (-+ n. 59). Cfr. ibidem l'indice s.v. mpllJnlµa. :
218; Ttt. ZAHN, Ignatius von Antiochien CTTC6yytaµa; xal a1tO\ILµµa..
(1873) 420-423; H.v. CAMPENHAUSEN, Die 6 Cosl Esichio, s.v.: 7tEpltlnJµa. = 'ltEptXrt't&.·
Idee des Marlyriums in der a!ten Kirche µa.yµa. (da [ nEpt-] xa"taµacruw, tergere, pu-
(1936) 6n8. lire). Cfr. anche Theod. Mops. a I Cor. 4,13 :
1 Cfr.
Buss-DEBRUNNER § 109,2. i:ò 7tEp(tJnjµa. tx µe'ta.cpopéiç EtpT)-rat TW\I
2 Per l'etimologia cfr. BoISACQ 4 rn76 (ljrijv); 'l'àç 'tpa1tt~ac; µE-rà "CÒV -roii cpocyEi:v xatpòv
PoKORNY l45 s. ; HoFMANN 428; ScHWYZER l cinoq>WV'tlùV xa.t Ù1tOppt1t"COU\l'tWV !ile; 1tEpt't·
i;à, ljr{JyµaTa .
328.
1tEplljinµa. A 1-11 (G. Stahlin) (v1,85) 80

to unicamente ad essere gettato via 7, Suida, s.v.: oihwc; ~7tÉÀEyov 'tQ xr.x:t'
qualcosa che si calpesta con trascuratez- È'JLa.u•Òv ȵ~aÀÀoµÉv~ 'tTI i>aÀ.acnrn
za 8, quindi i rifiuti, la sporcizia, la fec- vmvlq. È7tL ri.7taÀÀ.ayji 'tWV O'WEXOV-
cia, l'immondizia, 1a schiuma, lo sporco 'tWV xaxwv· 7tEpl\jJl)µa T]µwv ytvov,
ecc. 9 , il tutto in senso sia proprio sia tj't'OL O"W'tl)pla itCX.L à.1tOÀV'tpWO'tç• xat
traslato (--+ col. 84), come avviene per oihwc; ÈvÉ~aÀ.À.ov -.fi l>aÀrur<rn wuavtt
j sinonimi xai)apµa IO ~ 7tEptXaila.p- 'té;> IloO"ELOWVt i)uO"lCT.v ri.TCO"tWVVv·tEc;,
µa 11 • b) Il mezzo e lo strnmento che «sul giovinetto che gettavano in mare
serve per tergere e pulire, particolar- ogni anno perché servisse ad espiare i
mente il fazzoletto (per tergere il sudo- mali incombenti pronunciavano queste
re), l'asciugamano 12 e, in senso trasla- parole: 'Sii tu la nostra vittima espiato-
to, il mezzo per ottenere la purità reli- ria, la nostra salvezza e rendenzione'.
giosa, il mezzo espiatorio, la vittima o Con queste parole lo gettavano in mare,
il sacrificio espiatorio, il capro espiato· quasi offrissero un sacrificio a Posido-
rio 13• ne». Questa annotazione è d'importan-
za fondamentale per comprendere cor-
II. 1tEplljJnµa. - vittima espiatoria rettamente l'uso paolino di 'JtEplljlnwx..
presso i Greci Esso risulta essere un termine tecni-
co appartenente alla sfera di idee e
1tEplo/rJµa è attestato espressamente usanze connesse coi cosiddetti q>apµa-
in questa accezione soltanto in una tar- xol. cpapµrx.x6c;, quale forma maschile di
da indicazione lessicograficn che ha il cpapµaxo\I 1 ~, jndica la medicina, il rime-
medesimo tenore sia in Fozio che in dio divenuto persona, l'uomo-medici-
7 Cfr. quanto TeofìlRtto dice a proposito del- vov, 8 -covç l&p(;)-cac; -rou x&:µvwtoc; tt7too/Ti-
l'uso di 1tEplo/rJµ« in I Cor. 4,13 nel seguito XEL. Cfr. anche il commento a 1tEplW'rJµtt di
del passo sopra citato (~ n. 5): qrriut\I oiJv, N. C.u.ooERAS, l'editore del testo di _. Eu-
lht -COV &;nopp(?t-CE~a.l fopEV li!;tot, xa.t w:; thymius ·zig.: <TVVExllox~xbJ<; ... miv -cò n:pbc;
~lìi).uyµa. J..oyl~Eal)m. Cfr. anche gli autori xci.ftc.tpLaµòv 'ltpayµtti:6ç -cwoç pv7ta.pov fJ
citati alle ~ nn. 10 (Pseud.-Ammon., adfin. cJXEUovc; fi lloxElou axc.tMp-cov XP1J01.IJ.€VOV.
vocab. di/f., s.v. x«f>apai«), n (Euthymius 13 Questi significati derivano senza forzature
Zig.) e 6 (Theo<l. Mops.). da quello di detersivo. Non è quindi necessa·
B Cfr. Suidas, s.v. 'ltEpCljniµ«: Xct-C«n:liTl']µct rio ricorrere, come fanno ad es. BACHMANN,
ùnò <td: LXVT). Similmente Phot., lex., s.v. e le Kor., ad I. e CREMRR-K(X;BL, s.v. nEpLxaO«p-
aggiunte posteriori a Esichio, s.v. Anche Poll., µ«, all'idea del trasferimento della sozzura,
onom. 5,163 e gli altri passi indicati in WBTT- dell'impurità (cultuale) ecc. dal soggetto im·
STEIN a I Cor. 4,13. mondo al soggetto puro ed espiante per
9 Cfr. i significati di ·peripsema elencati in ~ spiegare l'accezione sacrificio espiatorio, capro
nu CANGE e il passo (tardo) registrato ibid., espiatorio (non è, cioè, necessario benché l'i-
s.v. peripsima. dea sia di per sé corretta: ~ n. 19).
IO Cfr. Pseud.-Ammon., adfin. vocab. diU., s.v. 14 La seconda a. di q>Ct.pµa;Y.6ç è stata traman-
xc.tMpcna.: x11.Mpµcx'ta = -cà µE'tÒ. '\"Ò xet,- data come lunga, ma A. KLOTZ, q>cx.pµax6c;? :
ftaplHjvct~ &:nopptn'tOUµ4VCl. Gioita 3 (1912) 236-241 mette in dubbio la
li Cfr. Theophylactus, I.e. (~ n. 5); anche giustezza della tradizione (vedi petb ~ Gi::-
Euthymius Zig. a I Cor. 4,13: afferma che llHARD, art. 'Thargelia' 1290); pertanto nulla
rcEplljniµ« è un perfetto sinonimo di 'ltEpuux- si opporrebbe alla stretta connessione di qi«p-
ftc.tpµ« e spiega quest'ultimo nel senso di ò µax6c; con ~pµaxov. Tuttavi:i bisogna di-
d.-itoppm-c61J.€voc; 'tW\I uwµU.-cwv pun:oc;. stinguere qi11.pµc.tx6c; = sacrificio espiatorio, dn
12 Cosl Pseud.-Oecumenius a I Cor.4,13 (MPG qiapµ«x6c; = manipolatore di farmaci, fattuc-
n8,692 D): 'ltEplljrriµcx. lìt ÀÉyE-cm -cò u&.pa.- chiere: ad es., Apoc, 21,8; 22,15; A1hanasius,
mpl\fin!J« A n (G. Stiihlin)

na 15 . Questi cpapµcr.xol erano persone veniva uccisa . Molto vtcma a questa,


scelte appositamente, destinate con la anzi talora strettamente connessa, è
loro morte violenta a procurare o ad as- l'altra idea di una divinità adirata
sicurare 'salute' a una città o ad un pae- (si trattava generalmente di Artemi-
se 16• All'origine di simili idee e riti ci de ed Apollo, di Posidone ed Atena)
dev'essere stata la concezione di un ta- la quale deve venir placata mediante il
bù che veniva trasferito su queste 'vit- sacrificio espiatorio di una vittima u-
time' e poteva quindi essere rimosso mana. Ma in origine non si trattava di
per mezzo loro 17• Questo complesso di un sacrificio in senso stretto 20, bensl di
idee si colloca naturalmente nell'ambi- vere e proprie uccisioni rituali 21 • Per
to della catartica greca: quando una designare tale 'vittima' si usavano, ol-
sventura colpiva una città o un paese, si tre q)(xpµax6ç 22 , anche molti altri no-
pensava che ciò fosse dovuto alla pre- mi, come xcH>cx.pµa., 7tEpLx6.i)apµa. (~
senza di un µlauµa 18, cioè di una con- rv, col. r 300 ), xo:.i)tip(nct 2-\ xafrap-.1]-
taminazione (di natura religiosa); allora, ptoç 2~, xpa:ÒT10-li;11ç 25 , onµ6cnoç 26 e co-
come avveniva per il tabù, questo p.let.- sl pure TCEpl~µa. L'uccisione dei cpap·
uµa veniva trasferito su di una persona ~io:.xot'. avveniva o annualmente, so-
che rappresentava il popolo 19, e questa prattutto in occasione delle targelie 21 ,

apologia ad Constanli11111 7 (MPG 25,604 D); sca, tuorli d'uovo, fichi, persino cagnolini) e
ep. 4 ad Serapio11em 22 (MPG 26 673 A); 1 che poi potesse essere tolto via con J'acquti ,
LrnDELL-ScoTT, s.v. Affine a <~apµo:xéc; è la divenendo cosl 'ltEpilfirl1..ta : cfr. RonoE li 406
forma xrx.ihx.pµ6ç che compare accanto a xU.- s.; ~ STENGEJ. 162.
ftapµo:: Hdt. 7 1 197; Plut., de rnriositale 6 20 È significativo che ancora si possa avver-
(Il p
_ 8 b). Cfr. ~ SCHWENN 39· tire come anche gli antichi siano stati con-
1; F. PF!STI:R, :irt. 'Kultus': PAULY-W. 22 sapevoli della differenza; cfr: SÙidas, s.v.:
traduce qio:pµo:xoc; ora 11omo-medici11a (2163) wcro:vd. lhJplav; J. Tzet2es, Historiar11m Va-
cd ora 11omo-/eticcio (2180). riamm Chitiades :; ( 1826) 726.729: wc; np6c;
1; Cfr., ad es., HARP r 298,9 ss. (ed anche 11 woio:v. Ma per lo più i riti vengono confusi :
446); RoHDE II 78 s. (e ivi n. 2); ~ UsENER cfr. Tzetzes; sebo/. ad Aristoph., Pi. 445: xa-
.59·63 (ovvero 255-259); ~ ScmvENN 26-59; Mpµo:"t"a ÈÀ.Éyovi;o oi. tnt xaMpoa ).oLµov
~ GEBHARD, art. 'Thargclin' 1290-1302; ~ ii i;woc; hÉpac; v6uov oV6µevo~ i;oi:c; ì}eo~ç.
ID., art. 'Pharmakos'. Le testimonianze anti- 2 1 Cfr. ~ ScHWENN 19.26 e passim.
che sono riportate in ~ UsENER 6r n. l (e n . 22 Ad es., Aristoph., ran. 733.
13.1); ~ SCHWENN 36 n. 5; 37 n . r. ~J Ad es., HARP, s.v.
17 Questa derivazione è sost~nuta soprntlutto u Hesych., s.v. cpapµo:xol.
dagli storici delfa rcli3ione; cfr. J.G. Fit,\ZER, 2i Hesych., s.v.: detti cosl d ai rami di lico
The Golden Bough vi: Tbe Scapegm:I' (1913 (>qici.Sat) che venivano gettati contro i <pap-
[195x]) r-71; ~ SCHWENN 26-28 e passim. llCl.Xol o con cui ·q uesti erano colpiti (Hip-
IJ Ad es. schof.ion ad Aristoph., cq. 1136. pon.ax, Jr. 6.7.10 Dm11L); dr. FRAZER, op. cii.
P Per il passaggio o il trasferimento del µla- e~ n. 17) 255-273.
CTl.ta. aveva talvolta una sua parte anche lo ~ Ad es., J\ristoph., eq. u36 e lo scholion re-
sfregamento (7tEpLlJniv): o i presenti si puliva- lativo: S·1J1iocrlovc; BÉ, -roùç }..e101.a.Évouc; cpa.p-
no le mani fregandole sul nEplljniµa umano µaxoùc; oi:itep xu.valpoucn -ràc; '1t6ÀEtç -r0
per trasferire su di esso la propria impurità ~aui;wv ~~6v<t>, ìì -roùc; lh1~iocrlq. xat imò "t"fjc;
(cfr. N. CALOGERAS in nota a ~ Euthymius T;o}..Ew<; -rp~qio11ivouc; .
Zig.), oppure c:oloro che volevano purificarsi 21 Per la diffusione di questi usi d r. ->
si strofinavano con qualche materiale che po- UsENER 60 s. (257); 4 GEBHAND, art. 'Thar·
tesse assorbire l'impurità (terra molle, cru- gelìa' 1287-1290.
83 (VI,85) 1tEplljrr1µa A n {G. Stahlin) (VI,86) 84

diffusissime cerimonie purificatorie cui non dice invece se la vittima designata


probabilmente accenna 1a notizia lessi- fosse particolarmente degna oppure in-
cografica su 1tEpllJ.11')µct. (~ col. 80: xa:t' degna. Infatti, mentre negli altri casi
ÈVLct.U't'6v), oppme 'secondo il bisogno', per i sacrifici umani si sceglievano soli-
cioè quando la collettività veniva colpi- tamente soltanto persone ragguardevoli,
ta da mali e sventure (CTVVÉXOV'tCX. xa.- come il re stesso 32, membri delle fami-
xa), ad es. in caso di siccità e carestia 23, glie nobili della città 33, ragazze ver-
di un'epidemia 29 , ecc. gini 34 ecc., sembra che in genere si sce-
gliessero come cp!Xpµ!Xxol persone di
Oltre ad informarci sulla regolare pe- bassissimo rango, delinquenti che era-
riodicità del rito, la notizia citata ci no comunque destinati a morte 15, buo-
consente di vedere un altro aspetto del- ni a nulla 36, morti di fame 37 che ad una
l'usanza che ha una notevolissima im- lunga sofferenza preferivano vivere i
portanza per la comprensione dell'uso loro ultimi giorni nell'abbondanza 33,
paolino di 7ttpl\jil)µa.: un singolo indi- storpi e infelici 39• Ora, essendo i cpa.p-
viduo 30 viene mandato a morte quale µa.xol persone di tal fatta, si capisce
rappresentante o sostituto di una col- facilmente perché il termine e i suoi si-
lettività (~ coll. 9.5 ss.). Si tratta anzi, nonimi fossero usati come insulti e of-
più precisamente, di un individuo gio- fese (~ coli. 90 ss.). Questo significa,
vane, secondo il costume di usare per i dunque, che 1tEplljniµcx. e 1ttp~xcHhxpµa.
sacrifici umani preferibilmente persone forse non sono diventati termini offen-
giovani e persino bambini 31 • La notizia sivi e ingiuriosi a motivo del 1oro signi-
2s Ad es., schol. ad Aristoph., ran. 730; Tzet- mente forte; cosi almeno ipotizza PFISTER,
zes, !.c. (~ n. 20). op. cit. (~ n. r5) 2163.
29 Ad es., Servius, in Vergilii carmina com· ~ Cfr. lo scholion ad Aristoph., eq. u36:
mentarii 1 (1881) 346 a Aen. 3,,7; dr. anche ...À.la.v cìyEWE~ xaL à.xrn'JO"-covc;. Significati-
N. CALOGERAS a ~ Euthymius Zig. vo è anche il commento caustico di Aristofa-
3C1 In uno stadio precedente evidentemente ve· ne (ran. 731-733): a dei 1tOV'rjpoL, che prima
nivano uccisi due qn:1.pµ«xo(, uno per gli uo- non erano stimati degni neanche di essere
mini e uno per le donne della città o del pae- usati come quxpµcixoC, si affidano ora nello
se: cfr. ~ UsENER '9 n. 2 {2" n. 128).
31 Cfr., ad es., Philo Byblius in Eus., praep.
stato i compiti di maggiore responsabilità.
37 Cfr. l'informazione fornitaci da una li\1)"(1l-
i!V. 4 1 16,II: à.v't't 't'ij<; 7ta\l't'W\I (j>ltopiic; ... 't'b cn~ di Callimaco:wvri't'i><; ll.vltpw11oç (.à!HrH-
1'rY«1t'TJµÉvov -CW'J 't'Éxvwv ... M-ipov -ioi:c; 't'~· I:EU: di poemi di Callimaco, ed. M. NoRSA
µwpoi:c; BalµoO"~ ... e G. VITELLI [1934] 35); Servius, op. cit.
32 Cfr. la leggenda di Codro, ultimo re di (~ n. 29) 346: unus ex pauperibus.
Atene. Per questa leggenda dr. ~ SCHWENN 38 Cosl Hipponax, /r. 9 DIBHL; Setvius, I.~.
77· (-+ n. 29); schol. ad Aristoph., eq. u36; an-
33 Cfr., ad es., -+ ScHWENN 43. che in Callimaco (~ GBBHARD, art. 'Pharma·
34 Ad es., Plut., sepl. sap. conv. 20 {li 163 b); kos' 1842).
Athen. n,1:; (p. 466 e); Antoninus Liberalis, 39 Ad es., Tzetzes, 'I.e. (-+ n. 20): 't'Ù>V ·miv·
µE't'ciµopqiwcrEwv ervva:ywyi) 25,2 s. in: E. 'ttùV aµopqi6't'Epo\lj in QUCStO senso Va proba·
Mt.RTINI, Mythographi Graeci u I (1896) 25, bihnente inteso anche lo scholion ad Ari·
2 s.; dr. Iud. n,34-40 {il voto di Jefte). stoph., ran. 730 {-+ IV, col. 1300 n. 2): q>aU..
JS Ad es., Strabo 10,2,9: 't'WV lv at't'l«~<; gv. >.o~ xc.cl ncxp~ tjc; qiUO"Ewc; b1~~ov>.Ev6µivo~.
't'Cù\I, Eus., praep. ev. 4,16,1: lva yàp 't'WV <(disgraziati, contro cui ha congiurato la natu·
t11L lhx.va:Tlfl li'l')µocr~ xa:taxpd)Év-cwv. Si ra». Per ~ Usl!NER 62 s. {ovvero 2'8 a.) an·
sceglievano i criminali perché costoro posse· che la descrizione omerica di Tersite (Il. 2,
devano{?) un 'mana' o un 'orenda' particolar· 216-219) è quella tipica di un cpa.pµax6c;.
85 (vr,86) nEplo/T}µo; A II (G. Stiihlin)

ficato originario (im111011dizia, rifiuti, oppure si sottolineava particolarmente


ecc. ~coll. 78s.)-10, ma piuttosto perché la sua spontaneità e la libertà della sua
uomini che erano la feccia o i rifiuti decisione 43 • La persona destinata a es·
della società (cioè 7tEpL~l)µ.a nella pri- sere 7tEpl~nµa veniva affogata in mare.
ma accezione) venivano usati come ca- La tagione di questa usanza non va vi·
pri espiatori {7tEPlW'l'JWX nella seconda sta nel fatto che «il mare vuole le sue
accezione). Questo disprezzo per i cpap- vittime» 41 o che si tratta di un sacrifi-
µaxol potrebb'essere dovuto anche al cio alla divinità marina 45 • Questo tipo
fotto che questi infelici si prestavano di morte 46 è scelto perché garantisce un
spontaneamente a fungere da q>a:pµa.- allontanamento perfetto della persona
xol 41 • La spontaneità faceva infatti au- ormai carica del tabù o del µla.<rµa ·47
mentare (o addirittura garantiva) il va· cd esclude qualsiasi possibile contatto
lorc espiatorio dcl 7tEplqrr1µa., Anche in con essa 48 • Gli altri tipi di morte soliti
altri casi, appunto, perché il sacrificio per i qia.pµaxol hanno tutti il medesi·
fosse efficace si richiedeva spesso che mo fine 49 , come la pratica di annegare
la vittima si offrisse spont:meamente 41 le vittime precipitandole 50 da una roc-

40 A tale conclusione si giunge già conside· no placato l 'ira di Apollo e si sono liberati
rando che il termine principale qlrt.pµax6c; tutti dalla punizione divina mediante lavacri.
non presentava affatto i significati negativi ti· i xa.Mpcno; (cioè tutto ciò che è servito >l
pici di 7tEpllji'J]µtt. e 7tEp~xl.tDapµa, eppure purificare: l'acqua delle abluzioni, ccc.) vengo·
venne ugualmente usato come ingiuria (-+ no gettati in mare ( xat Elc, tf>..rt. Mµct"t' E~o;),­
Il. 59). Àov).
41 È questo evidentemente il significato ulti- 43 Lo stesso principio che regola il compor·
mo del pronome riflessivo usato nello scho· tamento verso le cose impure vale anche per
lion ad Aristoph., cq. 1136: oi:nep xa.Da.lpou- le cose sante (cfr. WINDlSCH, Hbr. a Hebr.
cn -rà.c; ?tOÀE~<; "tctJ fo.u"twv cpOV<iJ. 13,12). In origine le crocifissioni · fuori della
4l Antoninus Liberalis, op. cii. (-+ n. 34) 25, città avevano il loro fondamento in un tobù.
2 s. L'autore della Lettera agli Ebrei capovolge la
43 Ad. es., Eur., Heracl. 550 s. situazione, interpretando la storia della ero·
~• Cosl L. BORCHNER, art. 'Leukas', in PAU- cifissione di Gesù alla luce di Lev. i6,27 (in·
LY·W. 12,2236. vece che di Lev. 24,14): per lui la crocifissio-
45 Introducendo un WCTctVEl Jo stesso autore ne è avvenuta fuori delle mura per osservan·
della notizia citata ci dice che questo non za delle norme regolanti il contatto con le
era, in fondo, il significato del 7tEplo/T}µct (4 cose sacre. Più tardi si ·è perso di vista il
n. 20). significato di simili particolari cosl che, con-
~ Altri esempi sono forniti, tra l'altro, dal tro l'unanime e chiara testimonianza dei van-
famoso costume di precipitare i condannati geli, il luogo della crocifissione di Gesù è sta-
dagli scogli di .L eucade (Strabo xo,2,9; Ser- to trasferito addirittura al centro di Gerusa-
vius, op. cii. [-+ n. 29) 390 s. a Aen. 3,279; lemme. Cfr. W. BAUER, Vas Lcben Jesu im
Ampelius, Jiber memorialis 8; Phot., /ex., s.v. Zeitalter der 11t.fichen Apokryphen (1909)
AEUXtt"tTJ<;) e dalle informazioni che troviamo 2IO.
in P1ut., sepl. sap. co11v. 20 (II 163 b); Athen. 49 In origine i q>apµmcol subivano inesorabil·
u,15 (p. 466 c). Costoro venivano precipitati mente una morte violenta, ma più tardi spes-
in mare forse perché si pensava che le acque so si offri loro la possibilità di salvarsi o di
marine non potessero venir contaminate co- fuggire, oppure ci si accontentò di bandirli.
me l'acqua dei laghi e dei fiumi; cfr. -+ STEN· Particolarmente indicativi di tale mutamento
GEL 162. nella prassi sono gli llsi attest:tti dn Strabone
H Omero ci offre una descrizione tipica dei (10,2,9) e Callimaco (4 GEnHARD, art. 'Phar-
costumi catartici greci proprio in questo ti· makos'). Cfr. 4 ScllWEN"I 45.47·51.
spetto (li. l,313 s.): dopo che gli Achei han· so Questa connessione è stabilita, ad es., pro·
itEpll}il')µa: A Il (G. Stahlin)

eia 51 , la lapidazione 52 fuori dell 'accam· al grido m:plt)niµa iJµwv yEvou è il de·
pamento o altra forma cli uccisione fuo- vovere del sacrificio espiatorio annuale
ri della città 53 • Quando la vittima veni- nd Abdera (Ovid., Ibis 465), mentre
va precipitata nei flutti si pronunciava una forma pitt accentuata è costituita
una formula che doveva servire a tra- dalle exsecrationes di Marsiglia, per
sferire il µlmrµa o la colpa sulla vit- mezzo delle quali si voleva: ottenere ut
tima: 'ltEpl\(>riµa iiµwv yt.vou, «sii no- in ipsum ( = la vittima designata) reci-
stra espiazione» (-"" col. 96 ). Que- derent mala totius civitatis s;.
sta formula rientra tra i cosiddetti voti
cspiatòri che venivano pronunciati o di- Scopo dell'uccisione del 1tEplljlriµa è
rettamente dalla vittima 54 oppme da l'allontanamento o la prevenzione di un
altri, come nel nostro caso. Parallelo male che minaccia il popolo (~ col.

prio dall'uso di prec1p1tare dallo scoglio di to citato in ~ GEBHARD, art. 'Pharmakos'.


Leucade (--'> n. 46). Lo --> STENGEL 131 vuole 53 Per questo aspetto cfr. anche Eus., praep.
identificare questo uso con l'annegamento in ev. 4,16,1: 7tpocx.ycx.yov"l'E(. 't'Òv éivl)pw7tov ~l;w
mare del r.Epll~T]µa attestato in Foz.io e mJÀWV ... focpa:t-rov. Anche Aci. 7,58 (con ri·
Suida; ma è difficile che abbia ragione, giac- ferimento a Lev.24,14 e a norme complemen-
ché nel caso in questione manca proprio il tari posteriori: STRACK-BILLERDECK II 684).
momento caratterizzante della precipitazione. >I In parte Io scopo cli tale usanza era l'espia-
SI Ad es., Hdt. 4 ,103.; Pherecydes, /r. 85 zione dei peccati della vittima stessa. Cosl i
(F.H.G. r 92); Strabo 14,6,J; Servius, op. cit. criminali giudei dovevano dire prima della
(--> n. 29) a Aen. 3,J7; probabilmente anche loro esecuzione: «Sia la mia morte un'espia-
Pscud.-Ammon., ad/ù1. vocab. difj. 142; inol- zione per tutti i miei peccati» (Sanh. 6,2). In
tre dr. Plut., de sera numinis vindicta 12 (II parte lo scopo del voto era l'espiazione dei
557 a) ed anche Le. 4,29: il modo di agire peccati altrui, come nel caso dei martiri giu-
degli :ibitanti di Nazaret non si comprende daici. Ciò è particolarmente evidente in 4
partendo puramente da presupposti giudaici Mach. 6,29: xcx.Mpcrw11 av-rwv ( = dei con-
(cfr. STRACK-BILLE.RDECK II 1:17, che non rie· nazionali e correligionari) 7to(11.,.ov 'tb lµòv
sce a darne una spiegazione plausibile). Non arµa xal «Y't(ljluxov CtV"l'WY À.a:~È Tf)V !µ'i)v
è né molto convincente né illuminante nean· IJivxiiv (cfr. 2 Mach. 7'37 s.). Cfr. MooRE 1
che In spiegai;ione offerta da RENGSTORF, Lk. 546-))2, spec..H8. L'esempio più noto e più
(N.T. Deutsch) 11d l. :il discorso di Gesù nella importante di tale concezione resta Rom. 9,3:
sinagoga sarebbe stato considerato sacrilego e Paolo dichiara di essere pronto a morire, an-
il comportamento dei Nazareni :indrebbe spie· zi di desiderare ardentemente di morire (e la
gato con la prassi della lapidazione, secondo morte è per lui, secondo la p iù .profonda con·
la quale il bestemmiatore prima di esser lapi- ce-.Gione del N.T., separazione da Cristo) come
dato veniva precipitato da una modesta altu- vittima espiatoria per il suo popolo. Forse
ra: Sa11h.6,4 (STllACK·BILLERBECK n 521.685); l'idea del sacrificio espiatorio a favore del po-
Sanh. b. 45 a B11r. (STRACK-BILLERBECK II polo è presente anche in Le. 23,34 e Aci. 7,
6S6). Ma questo particolare mnnca nei paral- 60 (~ IX, coll. 433 ss. e n. 475). Un'eco di
leli sinottici e potrebbe quindi esser dovuto queste idee potrebbe trovarsi anche nella fra-
a Luca. Se non è cosl, può darsi che presso i se araba che esprime una profonda devozio·
Galilei fossero penetrate usanze pagane con· ne: ;u'iltu fadaka, <cpossa io diventare il tuo
tro certe persone messe, come i cpapµcx.xol, al riscatto», <cpossa io sacrificarmi per te» (fada
bando per motivi religiosi o sociali. :::: ebr. pada; dr. W1Nn1scH, Barn. a 4,9).
s2 Ad es., Imos, /r. 33 (F.H.G. 1 422); Ovid., s; Formalmente simile è Prov. 21,18: mpi.-
I bis 465 s.; Luctantius Plncidus, qui diciltlr x&vapµa li~ lìtxcx.lou ll.voµo(.. Ma il senso è
com111e11/. iii Sta/ii Thebaida (ed. R. ]AHN· del tutto diverso e riflette un principio della
KE (1898] 10,793); Callimaco, nel frammen- teologia giudaica del contraccambio.
n:Epl1Jn1µet A II-III (G. Stiihlin) (VI,88) 90

So). Per questa ragione 7tEplqn1µa può sostituzione. Se ne hanno due esempi,
indicare appunto la salvezza, la libera- uno nei LXX e uno nei papiri; peraltro
zione personificata (cfr. Act. lJ,47; I in entrambi i casi il denaro serve a ri-
Cor. l,30): 7tEplo/rJµa è un mezzo per scattare un uomo che merita la morte o
ottenere, mediante la sua azione espia- che corre pericolo di morte. La madre
trice e dissolutrice, la liberazione e la di Tobia parla così dcl denaro che il
salvezza dall'impurità e dalla colpevo- giovane deve andare a prendere in Me-
lezza cultuali. Per questa ragione i due dia (Tob. 5,19): àpyvpLov -.cfi &.pyupi.4'
sinonimi 7tEpllJJTJµct. e '1tEp~xal>apµa (che µ'i) q>MCTCX.L, &.ÀÀCÌ 1tEpitjJi)µa 'tOV mu-
nei LXX rende il termine ebraico kofer) òlov -f}µwv yÉVOL'\O, «per me possa il
possono essere usati anche come sinoni- denaro non congiungersi col denaro (che
mi di à:v-i-iÀv.-pov e &.v-.llJiuxov 56, come abbiamo qui), ma serva da riscatto per
avviene nei voti espiatori dei martiri nostro figlio». La madre di Tobia è di-
giudaici(~ n. 54) o quando Ignazio di sposta a sacrificare una notevole somma
Antiochia parla del proprio martirio di denaro pur di salvare la vita del fi-
(~ coL 101). glio, cioè è pronta ad offrire a Dio quei
soldi come sacrificio 57 • Affine è l'idea
III. Uso ellenistico (e giudeo-ellenisti- che troviamo nel papiro: anche qui si
co) di '1tEpl1Jn1µa tratta di un figlio che manifestamente
ha ucciso un parente della personn. a cui
L'uso di m:plljJTJµa nel linguaggio sono dirette le parole: wc; f:~ÀaBéc; µE
cultuale spiega a sufficienza l'impiego x~Àlac; OLct.Xocrlac; Op(xxµ<ic;, m:plqn1µ<i
del nostro termine nell'ellenismo ed an- µov 'tou utov &.rciMwow, «giacché mi
che nella traduzione greca dell'A.T. Qui hai causato un danno di x200 dracme,
tuttavia 1tEplo/rJµa. compare 2 volte in consideriamo questa somma come risar-
tutto (LXX: Tob . 5,19; Sym.: Ier. 22, cimento 511 per mio figlio» (P. Michigan
28) in due distinte forme d'uso. VIII [cd. H . Cyoutic and J.G. \Vinter,
l. Là dove il denaro prende il posto 1951] 473,17 s.).
della vittima umana, abbiamo un ap- 2. 7tEpl~1](J.11. è anche usato per indi-
piattimento dell'idea di sacrificio e di care un soggetto indegno e spregevole,

56 Cosl Hesychius, s.v. Per il complesso di to: quel denaro sarà offerto a Dio se il figlio
idee riguardanti il valore espiatorio della mor- tornerà a casa sano e salvo. Cfr. J. }EREMIAS,
te in quanto tale dr. K.G. KUHN, Rom. 6,7: Dar Losege/d /iir Vie/e ( Mk. 10,45): Judaica
ZNW 30 (1931) 305-310. 3 (1947/48) 25r. Caratteristica è ancora una
volta (-4 coli. 87.96; nn. 64 e 72) la
57 Le parole della madre di Tobia possono formula 11EpL'1nJµet 'YÉVOL'\"O, che secondo if
essere foterprctnte diversamente. O significa- suo senso originario. era intesa, in un contesto
no che la rinuncia al denaro (che pertanto ri- come il presente, come formula di consacra-
mane nelle mani del debitore) potrebbe es- zione alle forze del destino (un po' come nel
sere considerata da Dio come un sacrificio, caso dell'anello .di Policrate). Il riscatto per
oppure contengono una proposta per il debi- mezzo del denaro è comunque contemplato
tore, nel senso che questi consacri a Dio il nell'A.T. (Ex. 30,r2-r6). Cfr. anche Ber. h.
denaro dovuto a Tobia (lo devolva cioè a 62 b con riferimento a 2 Sam. 24,15 s., e J. JE-
opere di bene). Con questo sacrificio i genito- REMIAS, op, cit. 250 S.
ri vogliono garantire la protezione divina al 5S In altri casi In legge prevede la confisca dei
loro figliolo, la cui vita essi non metterebbe- beni dell'assassino. Anche P. Oxy. xvr 1897
ro cosl a repentaglio. Ma è possibile anche contiene la proposta di un simile accomoda-
che la madre intenda pronunciare cosl un vo- mento.
91 (v1,88) r.epltliriµe1 A m (G. Stahlin)

e allora vale sia come insulto rivolto ad µ1) 1tEp(lJniµa 62 cpauÀ.ov xaL a?t6j3À.r)-
altri sia come mezzo per umiliare se ~ov ò li.vi)pw1toc;;, «quest'uomo (cioè
stessi. Tale accezione di 1tEplljn}µa è Ieconia = Ioiachin) è forse un sogget-
comune anche a molti dei sinonimi ri- to malvagio e abbietto?» 63 • Molto più
cordati sopra (~ col. 82) 59• La forza comune, e diffuso in tutto l'impero 61 , è
di un simile insulto è dimostl'ata dal pa- però l'uso di r.Eplljn}µa come termine
raJlelismo con '380..vyµet 60 e con c;xù- tipico della più devota cortesia, per e-
~aÀ.a 61 • Simmaco usa '1tEplljn}µa. in que- sprimere l'indegnità e l'umiltà di chi
sto senso quando traduce Ier. 22,28: parla. Il termine fu ripreso, in questa

59 Per qxx.pµax6ç cfr. Aristoph., eq. r405; De- ne di 1tEplljn)µa: à.'ltò µi::-cacpopiic; 8~ 'CÒ 1tE·
mosth., or.:z5,8. Per xallapµa cfr. Poll., onom. pllfnlµa \mo8T])..o~ xat TÒv E\m).ij li.vDpw-
5,162, che riporta x&l>apµa in un elenco di nov xa.l cpo;uÀov xa.l à.n6~ÀTJTOV.
offese sinonime di µ71lJEVÒç al;La e poi (3,66) 61 In Siria, a Zorava nella Traconitide, in
in un elenco di parole per indicare un indi- WADDINGTON 1,566 (Nr. 2493): IlaTpwV 7tEpl-
viduo asociale: -toùc; 'ltoÀ)..oùc; xaMpµc.rn:r. lj.ll]µa crou. In Asia Minore a Smirne, in
xat 'lt'tWJCOÙç à:noxaÀwv. Cosl anche lo scho- un'iscrizione cristiana (CIG 1v 9:z82): Éyw
lion a Aristoph., PI. 454: xaMpµa'ta. aÒ't'oOç 1tEpl\jn)µa 'ltttV'CWV. In Egitto ad Alessandria,
Cj)l)01.V à.V'tl 't'OU EÒ't'EÀEO"Té:ToVç, cioè «Uo- in Eus., hisl. ecci. 7,22,7, dove è presupposto
mini che degradano se stessi». Con lo stesso l'uso comune di 1tEpl\jnjµa crov (oppure
significato troviamo in latino phnrmac11s, usa- uµWv) come espressione ricercata di gentilez-
to come insulto greco: Petronius, saturae 107, za ('fÒ s,.u.tWBEç friiµa µ6Vl)ç 1iEL Boxoiiv <pL-
r 5. Perfetta.mente identico è anche il corri- ÀocppocrOYT)<; ~)(Ecrlla.L). Con questo lìl)µ(;}llEc;
spettivo latino p11rgament11m; Curtius, his- Pll!l4 non s'intende certo µ6V1)ç !hl BoxE~V q>L·
loriae Alexandri Magni (ed. E. I-hmICKE 2 À.cxppoO"ÙYT)ç MxtcrllaL, come sostiene A.W.
[1931]) 8,5,3 (detto di poeti spregevoli): ur- VAN BUREN, Epigraphica II: A Greek Graffi·
bium suarum purgamenta. Abbiamo il mede- lo o/ Ostia in: Classica/ Studies in Honor o/
simo termine usato come parolaccia in Petro- ].C. Rol/e (1931) 319 (la maggior parte dei
nius 74,9; Curtius 6,11 ,:z; lo,2,7; colloq11i- mss. legge 6oxouv e non 6oxE~v), bensl
rim Monlepessu{anum 14 (Corp. Gloss. Lat. proprio c%.m.6vnç mhwv (cod. A: + 1tflV-
UJ 657). Insulti di natura simile sono il sino-
1"WV per assimil112ione a I Cor. 4,13) 1tEp(\)nr
nimo À\jµa (dr. Eur., Tro. 591); iiÀ1)µa µa. La costruzione piuttosto singolare col
(Soph., Ai. 381.390: da à.>.lw, macinare) = verbo dnE4U fa pensare che anche questo ver-
un tipo scaltro, consumalo; 1Ctpl-cp~µµa à.yo- bo appartenga ad una locuzione fissa (-+
p~ (Demosth., or. 18,127); à:1toipi>.ox0:)..'l)µa
n. 72). Nella sun traduzione Rufino ha confe-
(Pseud.-Oecumenius a I Cor. 4,13 [MPG n8, rito al passo una nota ancora più marcatamen-
692 DJ; cfr. Thes. Steph., s.v. 1tEpl1!nnia),
te cristiana (andando oltre il cod. A): et ef-
ecc. Per tutto questo dr.-> UsENRR 61 s. (ov- fecti mnt eorum, ut dicit apostoli sermo, 'ltE-
vero 258) con 6:z n . x (n. 137). pl\jn)µa (GCS 9,2,683). In Africa settentrio-
ro Cosl Euthyrnius Zig. -> n. l 1. nale a Cartagine, nell'epitaffio del filosofo
61 In Pscud.-Oecumenius, ibidem (-> n. X2), Flavio Massimo di Gortina in Creta (CIL vm
61 II termine ebraico 'eseb (vaso, oggetto) che 1,12924): EÒ\jNXE~ xupLÉ µov Mal;LµE, ty<~
è tradotto qui con 1ttplljn)µa non ha in ori- crov 1tEplljn}µo; Tliç xa.)...ijç llivxiic;. Come il
gine alcuna connotazione dispregiativa; que- vedovo nell'iscrizione di Zoravn, cosl la vedo-
sta deriva forse dalla somiglianza formale con va dcl .filosofo si proclama la 'metil' peggiore.
'iisob (idolo), a meno che il sostantivo non Cfr. la nota di TH. MoMMSBN a CIL vm
si~ stato reso con un vocabolo spregiativo sol- Suppementum I 12924 e W. THIELING, Der
tanto a motivo degli attributi che lo accompa- He/J. in Kleina/rika (19n) 34. In Italia a
gnano (nibzeh, na/IJj). Ostia, in Mon11menti antichi 26 (1920) 368:
6) Evidenremente è di qui che N. CALOGERAS TJ µu-towv ?tEp~\jn)µa crov (riportato anche
a --->- Euthymius Zig. ricava la sua spiegazio- in VAN BuREN 318).
93 (v1,89) mpllJnlµa A m - B (G. Stiihlin)

accezione, persino in latino ove ricorre quanto 1tEp~xal}apµa si prestano ad es-


in trascrizione i.s; per il tramite della sere interpretati e tradotti in due mo-
Vulgata (r Cor. 4,13) l'esotismo perip-
sema divenne un termine comune nelle di: m;pl~1}µ.tx può esprimere un'estre-
espressioni di umiltà cristiane 66 • ma autoumiliazione (~ n. 54, alla fi.
ne; -+ coli. 92 s.) oppure rappresen-
B. 7tEplo/rJµa NEL N. T.
tare l'ingiuria (~ col. 84) con cui altri
In I Cor. 4,13 Paolo usa m:plljrriµa esprimevano il proprio disprezzo per
in un costrutto piuttosto libero, come l'Apostolo e che ora questi riprende co-
secondo predicato nominale del verbo me autodcsignazione: spazzatura, rifiu-
ÈyE\li)th}µE\I, accanto a 1tEp~xaD&pµa'ta to, feccia, immondizia, ecc. 67 • Rimane
'tOV xéuµou. Stando al senso del pe- possibile intendere il termine nell'acce-
riodo, la congiunzione wç si riferisce zione di capro espiatorio, di vittima so-
tanto al primo quanto al secondo pre- stitutiva, di sacrificio espiatorio, senza
dicato nominale; ma questi due sono però escludere del tutto una nota di
usati più propriamente come sinonimi disprezzo un tono di spregio e di auto-
che come paralleli. Tanto 1tEplljrriµtx umiliazione (~ n. 64) 68 • È del tutto

65 Cosl sul pavimento a mosaico di una fon· accolta nel linguaggio latino comune.
tana di Brescia CCIL V l ,4500 = DESSAU, 66 Riferimenti in -4 nu CANGR, s.v. peripse-
Inscr. Lat. Select. l i l (1902] 572:;): Bene ma.
lava. Salvu lotti. Peripsuma (sic!) su. Si tratta
61 Cosl pensano, ad es., K. BARTH, Die Aufer-
evidentemente di espressioni correnti della par-
lata quotidiana. Per salvu lotu = nlvum lu- steht111g der Toten (1926) ad l.; W. BousSET,
I Kor., in Schr. N.T. u', ad I.; K . HEIM, Die
/um cfr. hermeneumata Montepessulana 144 r
(Corp. G/oss. Lat. m 287,29); mari. Perpe- Gemeinde des Auferstandenet1 (1949) ad I.;
t11ae 21,2; inoltre K.J. NEUMANN, Der rom. J. CH. K. HOFMANN, Die Heilige Schrift des
Staat und die allg. Kirche bis auf Diokletian N.T. n (1864) ad I.; LIETZMANN, Kor., ad l.;
I ( 1890) 175. In peripsema non è più sentita
H.D. WRNDLAND, Die Briefe an die Korin-
la nota dell'umiliazione, come non lo è nel ther (N.T. Deutsch) ad l. -4 UsENER 62 (ov-
saluto comune servus, che pure costituisce un vero 258) traduce nEplljnjµa. = lavacro e 1tE·
termine di paragone abbastanza vicino per p~xO.~apµa. = sacrificio espiatorio; ma le due
questa parola di saluto (o di addio). HAUPT parole devono avere più o meno lo stesso si-
e MoMMSEN suggeriscono di completare su gnificato e non si può intendere una come e-
in sume e di intendere quindi «prendi l'asciu- spressione di profonda umiliazione e l'altrn
gatoio» (-4 n . u); anche VAN BUREN, op. come affermazione dèlla propria importanza.
cit. (-4 n. 64) 319 è favorevole a tale conget- Se questi due aspetti devono essere visti nel-
tura. Ma per quanto peripsmna sume si adat- le parole dell'Apostolo, allora ognuno è e-
ti a bene lava, salv11m /utum, se consideriamo spresso con entrambi i ternùni. Le annotazioni
la frequenza con cui sono attestati e l'uso di STRACK·BILLERBECK lit 338 s. provano CO·
convenzionale della locuzione 1tEpll)niµ6: uou me spesso si possa mancare di cogliere il sen-
e anche il costume di trascrivere frasi greche so proprio di una parola in un passo del N.T.
nelle iscrizioni latine (cfr., ad es., -4 rx, coli. se si considera soltanto una - in questo caso
663 s. n. 84), sembra preferibile accettare il il giudaismo - delle due aree del mondo del
testo cosl come è, vale a dire riconoscendo N.T.
che la smanceria greca 1tEplljnjµ& aov è stata 68 BENGEL, ad I. intende la parola proprio in
1.Ep(ljrrjµa B (G . Stahlin)

possibile che Paolo riprenda qui un in- che c'inducano a pensare che in I Cor.
sulto che era stato usato per offendere 4,13 non abbiamo soltanto una auto-
umiliazione convenzionale (~ col. 92)
e deridere lui ed nitri servi del vangelo: uccentuata in senso universale (7tctV-
questi apostoli, avrebbero detto tali per- -cwv 1tEplo/nµa), ma anche il suggeri-
sone, sono dei poveracci, degli esseri mento sottile dell'immagine di un 'ltE-
pl~TJi..l.O.. che, oggetto del disprezzo ge-
inutili che possono essere liberamente
nerale, si consegna spontaneamente al-
derisi e insultati da tutti; comunque lo morte in sostituzione di tutta una
sciupano e gettano via con le proprie collettività (.:...+ coll. 79 ss.). r. Il nesso
mani (e forse bisogna cogliere un'eco con mivi:wv 711; infatti caratteristica del-
l'usanza indicata con nEpl~T}µrt. è che
anche di tale idea) la loro vita nel mo- un singolo (o singole persone) vada-
do più spregevole. Riprendendo questo no alla morte per un'intera città o per
insulto Paolo lo applica a sé, ma gli dà tutto un popolo (~ coli. 83 ss.) 71 • 2.
Il nesso con ÈyEv1)l)T}µEv. Già da un
un altro significato 69 : certo, noi gettia-
punto di vista formale l'uso dello stes-
mo via la nostra vita; ma lo facciamo so verbo ylveO"tlm mostra che Paolo
per il mondo, e la nostra esistenza, che si rifà al voto espiatorio che veniva
sembra così inutile, torna invece a van- pronunciato sulla vittima: 1tEpl4'T}µa.
liµwv y~vov (~ coll. 87 s.). Gli aposto-
taggio di tutti. li hnn fatto sl che si adempisse un
tale voto nelle loro persone: Èyev1)l>n-
C'è tutta una serie di considerazioni l..t.Ev 1tEpl\frt]µa 72 • 3. Le ultime parole
questo doppio senso: non wlum ttbiectissimi, à.vEloEoc;, e anche Tzerzes 5,726, op. cii. e~
sed piaculnres. Cosl anche )oH. WEISS, I n. 20): -cw." n&.v-cwv aµopqi6-rtpov.
Kor., ad l. e J.B. LrGHTFOOT, The Aposlolic 70Data la frequenza della locuzione 1tEplljrrr
Fathers n 2 ( J889) 74. Verso questa inter- µa O"OU O 'ltEplo/r]µa uµWv, non Sono Certo
pretazione inclinano anche BoussET, op. cii. che anche il genitivo costituisca un argo·
e~ n . 67); CLEMEN 319: « ...cosl ci sarebbe mento a favore di questa interpretazione, co.
un accenno a un'usanza sacrificale pagana»; me sostiene N . CALOGERAS a --> Euthymius
H. ScHLII!R, Religio11sgeschichtliche Unter- Zig. (dr. anche --> VmL a Bom. 4,9), perché
sucbungen :r.r1 dcn lgnotiusbrie/en (1929) 63 col significato di feccia, rifiuti, ecc. ci si aspet-
n . 3. LrGHTFOOT :;o parafrasa cosl lgn., Eph. terebbe il dativo. Cfr. l'interpretazione di
8,1 : «Sono il minimo tra voi» e traduce (p. 1tav-cwv 1tEp!ljrrjµa in Teofilatto (MPG 124,
546) «mi offro (devote) per voi». Similmente 616 D. 617 A): ...a~tot, xa;t C:ic; ~oO..uyµa
interpreta Epb. 18, 1 : «Sono soddisfatto ... di ).oyl!;EcrDat, OUX ùµi:v µ6VOLç, aU.!X 7tO:V"t't
sacrificare ogni cosa e di diventare io stesso •4°> i<OVfJ.(fl x«t -::tiaw avi)pwrcoLc;.
un nulla per quella croce in cui Altri non ve- 71 Questa è l'idea che sta alla base di tutti i
dono che uno scandalo» (p. 74). sacrifici umani; cfr., ad es., Philo Byblius in
6) Qualcosa d i simile si ha anche nel caso di Eus., praep. ev. 4.16,n : à:v"t't -rijc; rc&.vi:wv
~x-rpwµa. (r Cor. 15,8; --> m, coli. 370 ss.). cp/}op<ic;.
La differenze è questa: nel caso di rx-rpwµa; 1l Possiamo notare qunlcosa di simile confron·
l'ingiuria proveniva dai giudeo-cristiani di Ge- tando altri due testi in cui compare ntplljrrj·
rusalemme, in quello di 1tEplljrrjµa; dai Greci. µa;, In P. Michigan VIII (1951) 473,18 abbia-
Comune alle immagini che stanno dietro ad mo, per cosl dire, una formula espiatoria se-
b-rpwµa e n mpl~riµa è anche In caratteri- colarizzata: 1ttplljrrjµa µou "l'OV utov àntMw-
stica dell'if1.1op<pOV (~ III, coli. 369 ss.); cfr. utv (cioè 1200 dracme, ~ col. 90). I cristia·
particolarmente Iren. l,4,7: aµopqioc; xo:t ni hanno messo in pratica questa formula (nel
T-Epl\jll}j.J.<X B (. Stlihlin)

della pericope riprendono, con una lie- µcx e 7tEptlJn1µa. dicono, ciascuno per sé,
ve variazione dell'immagine, le parole esattamente ciò che viene espresso in
iniziali ( v. 9): o i}Eòc; i)µiic; "TOÙç &:ito- quei versetti (la benedizione viene dai
CT'toÀouc; fo·xa'tOV<; ~1tÉOEL~EV wc; Èm- maledetti, la salvezza dai perduti): pro-
i>C1.WJ.'ttovc;, «Dio ha assegnato a noi a- prio coloro che sono insultati e disprez-
postoli l'ultimo posto, come a condan- zati sono fonte di benedizione e ricon-
nati a morte». In queste parole si co- ciliazione. In questo modo Paolo ri-
glie il rapido accenno all'immagine dei conosce di essere un uomo che get-
delinquenti condannati a morte 73 , che ta via se stesso e la sua vita e viene
sono considerati gli esseri infimi (foxa.- pertanto considerato un capro espiato-
"Toc;, -+ m, coli. 999 s.), cioè la feccia rio privo di qualsiasi dignità e valore,
della società 74 , privi di qualsiasi dignità una vittima espiatoria oggetto di di-
umana, a tal punto, che la loro stessa sprezzo; ma allo stesso tempo egli af-
esecuzione diventa uno spettacolo, un ferma la piena consapevolezza di esse-
divertimento per il popolo. Evidente- re, proprio in quanto tale, strumento di
mente questa immagine iniziale, cui se- riconciliazione per il mondo e fonte di
gue una descrizione della realtà della salvezza per tutti.
vita apostolica diretta e senza immagini
(vv. ro-12), ha come stimolato il pen-
L'idea espressa in I Cor. 4,13 si alli-
siero dell'Apostolo a ricorrere all'im-
magine analoga di colui che vien ucci- nea con le affermazioni simili che leg-
so, secondo il costume, a vantaggio di giamo in Gal. 6,17; 2 Cor. 4,ro s.; 6,9;
tutta la collettività. Se invece la parola r Cor. IJ,3I; Phit. 2,17; Col. 1,i4 ecc.
'l't'Epl-lrrJµa. gli è venuta in mente perché
costituiva un insulto corrente, certa- Ricorrendo all'immagine della vittima
mente e l'Apostolo e i suoi lettori al espiatoria, che pur essendo oggètto di
sentire le parole '1tEptxai>apµa. e m:pl- disprezzo vale per tutli, l'Apostolo si è
tlinµa poco dopo l'immagine dei delin- venuto a collocare nei pressi della cro-
quenti esposti nell'arena, hanno subito
pensato al criminale indegno e sprezza- ce di Cristo come in nessun altro pas-
to che pure muore quale vittima espia- so: proprio il fatto che colui che è sta-
toria 75 • 4. L'argomento più importante to giustiziato ignominiosamente è l'uni-
è però fornito dalle tre coppie antiteti-
che cli verbi nei vv. 12b e 13 a, giacché ca fonte di salvezza costituisce infatti
anche i due termini tecnici 1tEptxti:l>a.p- -.ò O'Xcivòa.À.o'll 'tOV <1''tavpov. Natural-

significato primitivo) quando durante un'epi- tx6:C'-Cl}V i)µ~pctV "tWV foLi}cx.va-rlwv awµa'ta
demia si sono sacrificati per i loro oppositori Mo.
pagani, àm6\l-CEç aVTW\I 7tEplljil}µct : Dionigi 74 Cfr. LIETZMANN, Kor., ad l.
di Alessandria in E us., hist. ecci. 7,22,7 ~ n. 75 L'associazione delle due immagini era tanto
64. Cfr. ~ ZAHN 420 n. 4. più naturale in quanto molte volte uguale era
il tipo di morte, ad es. col precipitare da una
7J Finora abbiamo solo due attestazioni fuori roccia (~ n: 73 e ~ coli. 86 s. e n. 51). An·
del N.T. per tale accezione di lmlla.v&:noc;; che se al tempo di Paolo non accadeva più
sono Dion. Hai., ani. Rom. 7,35,4 : lcTTL oÈ che si uccidesse pubblicamente un 'ltEplljil}µa.,
-cò xwplov Xpl]µvòc; H;a.!O'toc; (la rupe Tar- il ricordo di quell'uso era mantenuto vivo dal-
pea) l!DEv a.ù-cotc; lllot.; -ijv f3aÀ.À.ELV -coùt.; hti- la nota formula di espiazione a cui Paolo ac-
llava-rlovc;; nei LXX, Bel et draco 31: txo- cenna e che continua ad essere in uso fino ad
=
PTJYEtTO ctù-cotc; ( i leoni di Daniele) xa.&' oggi (~ n . 54).
1tEplljtr)µo: C (G. S1ahlin) (vr,91) 100

mente Paolo non vuole assumere la par- per esprimere la propria bassezza op-
te del Signore crocifisso e fin all'inizio pure un termine particolarmente en-
fatico di autoumiliazione, bensl è l'e-
esprime la differenza che da lui lo divi- spressione coerente della sua peculiare
de, dicendo wc;. Egli rimane il messag- coscienza di martire. Eph. 8,r: 1tEpl-
gero della salvezza e non ne diviene la o/rJµa. uµW\I xa.t ay\ll~oµcx.t ÙµW\I 'Eq>E-
crlw\I, L'immediata vicinanza di ày\ll-
fonte e il fondamento; lui e la sua vita <;oµa.t rende più che verosimile che
segnata dalla croce di Cristo sono og- 7tEpl~µcx significhi qui vittima espia-
getto di disprezzo come lo fu Gesù; toria. 0 dopo 7tEplo/riµct vµw\/ è sottin-
eppure, proprio come in Gesù, sono tesa la copula (cfr. Rom. 4,3) e allora
dobbiamo tradurre «sono una vittima
uno spettacolo voluto da Dio per la sal- espiatoria per voi e (in quanto tale) mi
vezza di tutti 76 • sacrifico per voi Efesini», oppme si può
tradurre «come una vittima espiatoria
io mi sacrifico anche per voi Efesini».
C. TCEplo/rJµa. Eph. l 8,I: 1tEpl'1>fJµa. 'tÒ ÈµÒ\I 'lt'VEOµa.
PRESSO I PADRI APOSTOLICI 'tOU Cl'trJ.VpOu o fo'-rw O"Xd\lila.À.o\I -roi:i:;
CÌ1tLO"'tOUOW, 1Jµi:v O~ CTW't"f)plcr. xcx.t ~WlJ
L'uso paolino di TCEpllj;i]µa. si pro- cx.twvtoc;, «il mio spirito ro è una vile e
lunga in Ignazio (Eph. 8,1; 18,1) e in spregiata vittima espiatoria della cro-
Barnaba (4,9; 6,5 ). Anche in Ignazio ce, il che è uno scandalo per gl'incre-
non è del tutto esatto tradurre ·m::plo/ri· duli, ma per noi salvezza e vita eter-
µcx. con feccia 71, spazzatura 78 e simili, na». La prima parte dell'affermazione
oppure servo umilissimo 19 • Come in significa praticamente: «disprezzato dal
Paolo cosl in Ignazio 'ItEplo/riµa. non mondo, io getto la mia vita per la croce
è semplicemente un modo comune di Cristo». La proposizione relativa che

76 Cosl anche lo stesso Gesù poteva essere 80 Senza considerare l'altra, tale interpreta-
chiamato 1tEpl!Jinµo:, come fa effettivamente zione di '\"Ò lµòv 1tVEVµa è suggerita già da
una volta Origene, comm. in Io. 28,18 (161) un confronto con Sm. 10,2 e Poi. 2,3 (nel pri-
a n,50 (GCS I0,4IJ); dr. anche ibidem 6,51 mo passo d:v-.l!Jivxov dei destinatari dello
(284) a 1,29 (GCS 10,163 s.), ove Orlgene sta- scritto è tyw xat '\"IÌ 6EC1}..UX µou, nel secondo
bilisce un parallelismo tra i -.eDvl)x6·m; 81.à 'tÒ mrEvµd µ01.1 xo:l '\"IÌ 8Eoµ4 µou), e ancora
Àotµ~xcì Xct'\"o:cr-ri}µa:ta., cioè i sacrifici espia- di più da Tr. 13 13, ove compare il medesimo
tori chiamati ?tep!ljtr)µa (Et y&.p -rc'L8E µìv pensiero ed anche la medesima costruzione di
U7tÒ 'E),.).i}\IW\I où µdTI)v lcr-.6P7}'\ct~), le sof- liy\lll;oµa~ (col semplice genitivo). RBrrzRN-
ferenze dei testimoni di Cristo e la morte del- STEIN, Hell. Myst. 394 s. e ScHLIER, op. cii.
l'agnello di Dio quale vittima sacrificale. Per (4 n . 68) intendono miEvµa nel senso di
1u1ta la questione cfr. W. MEYER, Der I. moi} (soffio, profumo, annuncio) e 1tEp!ljnjµa
Brie/ an die Korinther (Prophezei 1947) ad I. in quello di sacrificio. Ma il significato intrin-
n G. KRUGER, lgn., in IIBNNECKE 521._p3. seco di 1tEp(ljniµa (sacrificio espiatorio sprege-
vole) non si adatta alla loro interpre1azione
78F. ZELLER, Die Aposl. Valer, in Bibliothek («il mio messaggio della croce è un sacrifì.
der Kirchenvater 35 (1918) 124 (lgn., Eph. cio)) ), come ben riconosce anche lo Schlier.
18,1); egli traduce poi (I2o) correltamente L'unico vantaggio di questa interpretazione è
vittima espiatoria in lgn., Eph. 8,1. che !S si pub riferire direttamente a 1t\IEVµct.
n BAUER, lgn. a Eph. 8,1 e 18,1. Solo come e che il senso della frase corrisponde a 1
seconda possibilità egli suggerisce le accezÌC)- Cor. 1,23 s. Già 4 ZAHN 420 s. aveva colto
ni sacrificio espiatorio e riscaJfo (207 s.). chiaramente il vero significato del passo.
JOI (VJ,91) 1t~piljlnµa. C (G. Stiihlin) (vr,92) ro2

segue può riferirsi o a tutto l'enunciato scriptio; 7,2; Mg. rr; Phld. 9,2; Sm.
o particolarmente a TtEplo/r)µa; nel se- r .2 e passim) 81 , ma credeva di usare
condo caso Ignazio avrebbe usato il l'espressione di I Cor. 4,13 nel medesi-
pensiero di I Cor. 1,23 s. per interpre- mo senso di Paolo. D'altra parte non si
tare il doppio senso caratteristico di può fare a meno di constatare che egli
'l'tEpi'.o/rJµa; ma, pur nell'altissima valuta- esalta il valore espiatorio e sacrificale
zione del martirio in generale, e del del martirio in un modo che è quanto
suo in particolare, che è tipica d'Igna- mai lontano dal N.T. Per Ignazio la
zio, ciò costituirebbe un'esagerazione : propria morte è un sacrificio fatto a
neanche lui sarebbe giunto a chiamare Dio (cfr. Rom. 2,2; 4,2) e ha valore
il sacrificio della propria vita «salvezza salvifico per le comunità 82 : questo pen-
e vita eterna». In Eph. 18,r Ignazio e- siero, sviluppato sistematicamente, vie-
sprime forse la convinzione, affermata ne a porre quella morte in concorrenza
più volte altrove (Eph. 1,2; 3,1; Rom. con la passione di Cristo. Anche l'uso
3,2; 4,2 ecc.), di diventare discepolo, di m:pl~riµa in Ignazio è una prova
cristiano e credente soltanto dopo il di come il pensiero del vescovo martire
martirio e di venire cosl salvato, otte- vada oltre quello di Paolo e se ne al-
nendo la vita eterna. È però molto più lontani.
semplice supporre una costruzione im- Molto meno importante è l'uso di itE·
precisa e trasandata (cfr. 17,2), oppure pltfniµa in Barnaba, nonostante la vici-
che il neutro sia dovuto ad attrazio- nanza formale a quello d'Ignazio. An-
ne di crxavoa.À.ov. Come i martiri mac- che in Barnaba rcEplo/r]µa. indica una
cabaici (cfr. 4 Mach. 6,29; ~ n. 54; forma di autoumiliazione 83 , ma siii in
17,21 s.) e non senza una reminiscen- 4,9 che in 6,5 dipende dal modo di
za di certi passi paolini (Phil. 2,17; scrivere. Qui l'accezione di vittima e-
2 Tim. 2,ro), Ignazio considera la pro- spiatoria è quanto mai pallida è gene-
pria morte un riscatto ( àv'tltiiuxo\I: ralizzata, priva di qualsiasi rilevanza
Eph. 21,1; Sm. 10,2; Poi. 2,3; 6,r) per teologica. 6,5 : 7tEplo/r]µa ·t"ijç à:yam}ç
i suoi fratelli nella fede, nel senso che vµW\I si può tradurre con «uno che
egli è convinto di affrontare la morte (per amore) si dà tutto per voi», oppu-
in rappresentanza e sostituzione di mol- re (~ col. 99) «uno che per voi è di-
ti altri che sono risparmiati dalla per- sposto a tutto», « il vostro umilissimo
secuzione. Certamente Ignazio non in- servitore». In questa accezione sbiadita
tendeva toglier nulla al significato u- la parola continuerà poi a vivere fino al
nico della morte espiatrice di Gesù (dr. Medioevo, tanto in greco quanto in la-
il valore del mHo~ di Cristo: Eph., in- tino 84 •
G. STii.HLIN

81 Per questa questione cfr. ~ VON CAMPEN· meindetradifion bei lgn. von Antiochien
HAUSEN 74 s.; J.
MoFFATT, lgn. o/ Antioch: (1940) 84 nega, secondo me a torto, che per
The Journal of Religion 10 (1930) 177 s. 184; Ignazio la sofferenza del martire abbia da-
~ ZAHN 421 s. vanti a Dio un valore oggettivo.
8lCfr. ~ VON CAMPENHAUSEI'{ 71-73.76,78; 83 Cfr. ~ VEIL 218 ad l.
H.W. BARTSCH, Gnostisches Gut und Ge- 84 Cfr. ~ nn. 64-66,
103 (vr,92) mpnEpt:voµm (H. Braun)

t 7tEp7tEpEvoµm
L'etimologia di 7tEpm:pEvEcritcx.~ è in- la 7t€p7tEpoç I'paµµcx.·nx1J presenta que-
certa: non c'è alcuna connessione con sta caratteristica: invece di acconten-
il lituano purpti, 'gonfiarsi' o parpti, tarsi della tradizione orale della lingua,
'brontolare' 1, ma non è neanche certo si occupa delle sottigliezze della fone-
che si tratti di un imprestito dal lati- tica ed è cosl «eccessivamente artificio-
no perperam 2 • Il verbo rientra nel nu- sa» (math. r,54).
mero di quei verbi in -EvE<rì>cx.t che met- Troviamo il verbo composto ȵ7tEp·
tono in risalto le qualità buone o, par- 7tEpéUEO"ìl'ttL usato, non senza un tocco
ticolarmente, quelle cattive di una per- d'ironia dello scrittore verso se stesso
sona, come ad es. i verbi àxpa't'EVEcrl}cit, (clamores), da Cicerone (Att. r,14,3) 6 •
&,).cx.ço\/EUEcri>m, <Ì.VCX.tOEUEcri>cx.~ ( ~ col. Per Cicerone il verbo indica l'abile co-
ro4) 3 • Il verbo e il sostantivo connes- struzione retorica del periodo, mentre
so 7tÉp1tEpoç si riscontrano in testi tar- per Epitteto (diss. 2,1,34) designa la
di 4 e piuttosto raramente 5• Polibio superficialità degli scrittori. Per quanto
chiama 1tÉp1tEpoç Isocrate, un gramma- mi consta (e senza considerare r Cor.
tico (32,2,5}, e anche Aulo Postumio r 3 .4 ), nella letteratura ellenistica ab-
(39,r,r-3): ricorrendo a tale termine biamo un unico esempio 7 dell'uso del
vuol mettere in evidenza l'arroganza del verbo semplice 'ltEp7tEpEVEO"Ì}ctL, M. Ant.
loro modo di parlare. In entrambi i ca- 5 ,5 >4: yoyyut;Ew xat y ÀLCTXPEUEcrìl'ctL
si 7tÉp'ltepoç appare in compagnia di at- xal xoÀ.CIXEUEL\I xcx.t 'tÒ crwµa:nov xci-
tributi come ciarliero, scansafatiche, in- 'tct.L'rnin~a.t xct.t àpEO"XEUE<Ti)cu xa.t 'ltEp-
sopportabile, sprezzante, sentenzioso, 'ltEpEUEai}o.L xcx.t -rocrcx.v't'cx. pL'lt'tci.?;.EO""ttm
criticone, esagerato, provocatore. Nel 'tTI "'uxfi, «mormorare, startene oziow,
catalogo dei vizi Epitteto (diss. 3,2,14) adulare, accusare il tuo corpo, blandire,
classifica 7ttp"JtEpoc; insieme con vile, col- vantarti, turbare in mille modi ]a pace
lerico, ansioso, criticone, accentuando della tua anima» (trad. U. Moricca). La
cosl la qualità reale di una persona ri- millanteria è qui accoppiata con il vizio
spetto allo sfoggio vano di una cultura di criticare sempre tutto e tutti, con la
superficiale. Per Sesto Empirico, infine, grettezza, l'adulazione, lo scusarsi con-

7tEprtEpEuoµ1u
1 WALDR-POK. u 50; BmsACQ4 774. in Class Rev 1 ( 1887) 108 b, ove contesta
2 PRELt.WITZ, Etym. Worl. 363; WALDn-HoF- l'opinione di WlLKE-GRIMM' (353 a), l'adu-
MANN 29os. lazione non rappresenta il contenuto imme·
3 E. FRAENKEL, Gr. Denominativa ( 1906) 198 . diato di questo lµ1tEprcEpEueoi}m di Cicerone
4 Cfr. gli scoliasti a Soph., Ani. (Schol. in davanti a Pompeo; essa è però presente u-
Sophoclir Tragoedias ve/era Nr. 324, ed P.N. gualmente come atteggiamento mentale, e lo
PAPAGEORGIUS ( 1888) 234): xoµljioù.; yàp dimostra il passo di Marco Aurelio che ci·
0..Eyov oOc; vvv -iJµErc; 'ltEpntpouc; xat 'lto">.u- riamo più avanti nel testo.
M.">.ouc; <pa.µiv. 1 Secondo il WETTSTEIN (a r Cor. 13,4) la
' PREISIGKE, \Viirt. non registra né 1tEprtE- forma 1tEP71EpEuETm sarebbe attestata anche
PEU~(.(~ né i suoi derivati; questi e quello in Libanius, or. 46,19 (Libanii opera III ed.
mancano anche nei LXX. R. FoRSTER (1906] 388). Si tratta in realtà
6 tµnt:prcEpEvEoi}a, e i termini tecnici retorici di una lezione corrotta addotta già dal primo
non sono tradotti ma inseriti tali e quali editore delle opere di Libanio. In base al
nel contesto latino. Come sottolinea a ra- codex Vindobonensis (xn sec.) bisogna inve-
gione T.K. ARBOTT nella recensione apparsa ce leggere 'TIE'lt6pEV"to.
1tEpn:EpEvoµat (H. Braun) (vr,93) 106

tinuamente, l'ansia. Perciò quando tra- sunzione accoppiata con l'oziosità 14•
duciamo 1tÉp1tEpoc:; con millantatore, Mediante la vicinanza di s11À.ouv 15 il
spaceon e, e 1tEp1tEpe:ue:ai>aL con vantarsi,
millantarsi, dobbiamo ricordare che l'ac- contesto immediato colloca 1tEp7tEpe:uECT·
cento cade sulla milJanteria retorica o i>o.1. nei pressi dell'idea di un comporta-
letteraria, sulla sua esagerazione estre- mento provocatorio, e mediante l'asso-
ma, sull'effetto insistente, provocatorio, ciazione con q:iucnouaì)a.1. presso quella
inquietante, adulatore, sulla sua natura
tutta superficiale ed esteriore che è tut· del vanto infondato, un difetto che an-
to l'opposto di una solida cultura e di dava evidentemente biasimato proprio
una vera educazione 8 • Basilio 9 , Sine- in questa comunità venata di gnostici-
sio 10, Eustazio 11 e Zonara 12 confermano
tale significato dei nostri vocaboli fuori smo (1 Cor. 8,r) 16• Il contesto più am-
di qualsiasi riferimento esegetico a I pio fa invece pensare, almeno allusiva-
Cor. 13.4· mente, alla componente semantica di
Nel N.T. ne:p1te:pe:uwì>a~ è un hapax 1tEpm:pEuaì>at, che richiama l'accezione
legomenon (r Cor. 13,4). I traduttori e retorico-estetica del verbo: il rifiuto
i lessicografi spiegano il concetto gene- della crocpla À.6you ( r Cor. r, 17; 2, 1.4.
ricamente, parlando di un'azione ripro- 13), infatti, è sl nell'epistola in primo
vevole o comunque sconveniente 13, op- luogo il rifiuto di un messaggio non
pure sottolineano singoli tratti: l'aggres- coerente con il kerygma 17, ma certa·
sività, l'esagerazione, l'inutilità, la pre- mente non sono esclusi da tale condan-

8 Non è pertanto esatta la definizione propo- 11 Tcrtullian., de palientia 12 (CSEL 47,19,17


sta da J.A.H. TIITMANN, De synonymis in s.): nec protervum sapit. Clem. Al., paed. 3,
Novo Testamento (1829) 74: 1tEP1tEPEUE<TDett 1.3 ,I : 1tEpitEpE!a yèt.p 6 xa).)..wmaµbç 'ltEPL't-
dicit11r, qui bona, q11ae ipsi vere insunt, 't6Tl)'tOç x<Xl à.xpn6'tl}'tOç ~xwv ~µq>am.v.
nimia iactatione e/evnt et ostentai. Hesych., s.v.: 1tEP7tEPEUE'tfX\" xa.'tETCetlpE'tllt.
9 Basilius, regulae brevius lractatae 49 (MPG Suidas, s.v.: 'i} &.ya'ITT) oò TCEpm:pEvt'Ta.t, li
3r,1n6 C): -tl Ècr·nv -tò 1tEP1tEf)EUEcrl>at; miv 'A?t6CT-toÀ.oç Ilau>..6ç cpl)aw· 't'oÒ'tÉ<T'ttv, où
8 llfJ lìtà XPElav, <i)..)..à lìtèt xaì.>..wmaµòv 1tpottE'TEi:. Etym. M. 665,37s. (citato in WEIT-
ltO:pa>..aµ~~VE"tct.t, r.Ep1tEpEla.ç EXEt XO:'t''llYO- STEIN a I Cor. 134): TCEp7tEpe6nat, à.V'tt 't'OV
plav. µa'tcttOU'ta.t, 1Ì'tax·ni:, XCL'tE1tetlpE'tctt ~'Tà
11
Syncsius (c. 400 d.C.), de fcbribus 136 (ed. ~Ì.CLXEl<lç l1taLp6~voc; .
J.S. BERNARD [1749)), citato in WETTSTBIN 1s Qui !;'r))..o\iv e !;ijì.oç (~ m, coli. 1485-
a 1 Cor.13,4: &tà 'tÒ dvm 't' Ì"}V XOÀ.'Ì"}V wµi]v, 1502) sono naturnlmente voci medie come
r-Ép7tEpov xat t'icrW'tOV xat D.. o:q1p6v. in Gal. 41 17; i termini hanno invece un'acce-
11 Eustath. Thessal., comm. in Il. 145,20: Éx zione negativa in lac. 4,2; I Cor. 3,3; 2 Cor.
'tOV"tOV lìÈ xat pW1t01tEj)1tEpi]l}pa 'tt<; 1tpOC1Ef)- 12,20; Gal. 5,20; lac. 3,14.16.
pi)ih} tttt xvlìa.t6-tTJ'tt xat ip>..vcxp!q. crxw1t'tÒ-
16 cpv01.ov<TDa.t è usato nel N .T. 7 volte, delle
µEvoç.
12 Zonaras, ad Pelri Alexandrini canon X quali ben 6 in l Cor. (4,6.18.x9; 5,2; 8,1; 13,
(MPG 138,JooC): 1tEp7tEpElav o'Év'tct.Ul>o: 'ti)V 4). In Col. 2,18 l'infondatezza del q1ucr~ovCTDct.~
oh1ow xa;t 't'Ì'J'I ci)..a!;ovE!av xaì.E~. è esplicitamente affermata (ttxi}, sine causa),
u I mss. latini d e m leggono: no11 est per- ma tale precisazione non aggiunge niente di
pera; g: non pcrperat; t f Vg Origene, Cipria- nuovo al verbo, ché quell'idea è sempre im-
no, Ambrosiaster: non pcrpcram agii, oppure: plicita.
11on agii perperam. 11 H. BRAUN, Exegetische Randglossen :t. I .
107 (vr,93) mpnEpEuoµix~ (H. Braun)

na anche certi aspetti formali (dr. 2 to il suo contenuto semantico in una


Cor. 10,ro; I I ,6). Se inoltre si consi- serie di nessi tipicamente diversi dalla
dera la contrapposizione Myoç/'òuvo.- problematica stoica. Non è la predispo-
µLç (I Cor. 4,19 s.; cfr. Col. 2,18 ~ n. sizione naturale del singolo 19 che deter-
r 6), 'ltEP7tEpEUE<1trCCL riceve la connota- mina il rifiuto o l'accettazione del 'ltEp·
zione di un discorso sconclusionato, in- 7tEpEv<1lku, bensl l'ayQ:m1, l'amore, in
consistente e infondato. Alla luce degli cui si concretizza e attua quella possi·
axlaµa't'a (I Cor. 1 1 10 ss.), della sfre- bilità di esistenza escatologica che vie-
nnta libertà gnostica (I Cor. 8) e della ne offerta all'uomo con la 'ltl<i'"rn; e con
predilezione, tra tutti i xaploµO.'t'O., l'ÈÀ.r.t'.ç 20 • Essendo Dio colui che, nel-
proprio di quello più appariscente e vi- l'evento di Cristo, ci ha offerto tale pos-
sibile, cioè il À.o.À.Ei:v yÀwcrcro.Lç (r Cor. sibilità, l'Apostolo parla dell'opera di
12 e I 4 ), 7tEp1tEpEUE<1i1a.t si manifesta al- questa à:ychtl') in modo singolarmente
lora come una vera e non secondaria metapersonale. Chi non si vanta non è
minaccia per la comunione fraterna. il singolo cristiano che ama il prossimo
Tutti quegli aspetti impliciti nel verbo e la comunità, ma l'amore stesso: Ti
che vengono rifiutati dall'ellenismo, da aycbt1] ov
m:p7tEpEUE"t0.L. Mentre la Stoa
Polibio a Marco Aurelio, vengono es- enuncia imperativi diretti e netti che
senzialmente respinti anche dal N .T. devono convincere e abituare al rifiuto
L'uno e l'altro sono d'accordo nel con- del itEP1tEPEVEO'l}o.~ mediante l'esercizio,
dannare la preziosa, artificiosa forma o- il controllo di sé, l'attenzione e la ri-
ratoria del vanto che ferisce il prossi- nuncia alla neghittosità 21 , nel N .T. è ·
mo, crea disorientamento, provoca con- solo la cornice del nostro passo (I Cor.
tese e non è, in fondo, che un'arrogan- r2,3rb; 14,13 ) a indicare come l'acqui-
za del tutto infondata. sto della «via sublime sovr'ogni altra»
Eppure una differenza c'è. Nel testo (xai)'u1tEp~oÀ.l)v 686<;) da parte del cri-
paolino soggetto di ov
1tEP1tEPEOE't'<U è stiano passi, come per le altre funzioni
Ti ayc.brr1 , e questo particolare collo-
18
dell'ày6.7tTJ, anche attraverso lo 7tEP- ov
ca direttamente il nostro verbo con tut- 1tEpEUE't'CX~. H. BRAUN

K.: Theologia Viatorum 1 (1948/9) 26-29. Theol. 340.


18 Non ha importanza per il significato del 21 Epict., diss. 2,1,36: TIXÀì..« (tra cui ~µ7tEP-
versetto se si omette 'li artt'1t1'1 (cosl i codd. 7tEpEuea'f)aL) 8'li},,).o~ iiq>E~. µT)lìÈ q>wvfi\I 'tL<;
p 46 B 33 al f vg Padri) oppure se si rife- àxoucrn crou nEpL aÒTW\I 'ltOTE µrilì', i.iv litix~­
risce Yi d:yami a ov ~'11ÀO~ come fa B. WErss, vtcrn -nç l?t'ixvTotc;, à."txov, 861;,ov lì~ µTJ-
Das N.T. (Handausgabe) ui ad l. oElç tlva~ xa.xL Et8lva~ µ:r1lìlv. M. Ant. 5,5,5:
19 M. Ant. 5,J,1.3.4: où y&p 1ttq>uxa... oUlit- aÀÀ!Ì 'tOU'tWV (tra l'altro anche il 11Ep7tE·
µ(rL cicpvlctç xat à.\IE1tLTTj8EL6"tTJ'tOc; 1tp6q>a- pEuEa'f)a.~) µlv 'ltéiì..ai à.1tT}ÀÀaxDa~ tlìo"ix-
cnc;, .., 8L!Ì "ti> Ò:q>~ X!t'tE!TXEUaa'f)aL, <10••: xat '\'OVTO lìÈ d:O"XT)'tÉo\I µ'Ìj 1t!XPE\llhJ-
20 -+ 6:ya1taW I, roll. 129·142; BULTMANN, µouµl\llf> µl)8È tµq>iÀTJ8ou\l'tL 'tU vwDElti.
1tÉ't'pa A 1-2 (0. Cullmann} \ Yl,'.J)/ .uv

I
?tE'tpt'X.

SOMMARIO: cato dalla roccia, oppure anche la pietra


A. L'uso linguistico profano nel mondo greco o il sasso di qualsiasi dimensione e per
e nell'A.T.: qualsiasi uso (petraia minuta, pietra fo-
I.il greco profano; caia, sasso da lancio, ecc.) 4• Benché non
2.l'A.T. sia possibile distinguere nettamente e
B. Il sig11ificato simbolico della roccia. coerentemente 7tÉ'tptx da 1tÉ'tpoç (infatti
C. 7tÉ'fpa. nel N.T.: essi sembrano spesso essere intercam-
1. in senso proprio;
7tl-rpa.
biabili) 5, è bene tener sempre presente
la roccia dell'Horeb (1 Cor. 1:0,4);
2.
la differenza di significato, potremmo
3. Rom. 9,33 e 1 Petr. 2,7 s.;
4. Mt. 16,18. dire di accentuazione semantica, che ab.
D. I Padri apostolici e gli Apologisti. biamo rilevata.

2 . I LXX usano TCÉ't'pa. nelle seguenti


A. L'uso LINGUISTICO PROFANO
NEL MONDO GRECO E NELL'A.T.
accezioni: a) roccia, scoglio (Ex. 17,6;
ljJ 80,17); b) toponimo o indicazione
l. In greco il sostantivo femminile geografica (fod. 1,36; l Ba.o-. 23,28; 4
7tÉ'tpet. indica prevalentemente la roccia BaO'. 14,7); e) in senso figurato (Is. 8,
solida, ma talvolta è usato anche per 14) per indicare un carattere inflessibile
significare singole cime rocciose o an- (Is. 50,7) o una mente indurita {ler. 5,
che zone di montagna particolarmente 3 ); d) talora può essere anche un epi-
sassose o rocciose 1• Cosl in Omero la teto divino (2 Bac;. 22,2). Nei LXX 7tÉ-
r.É-.pet. è spesso associata a 1}).laa.-.oç 2• -rpoç è molto raro 6•
In senso traslato è immagine cli stabi- Le forme ebraiche che vengono tra-
lità, immobilità e saldezza (Rom., Od. dotte con 7tÉ'tpa sono soprattutto ~/Jr e
r 7,46 3 ), o anche di freddezza, assenza sela', mentre 'ehen è reso quasi sempre
di sentimenti o implacabilità (Aesch., con ).Ll}oç 7 • Oltre che nell'accezione
Prom. 242). L'etimologia di 7tÉ'l'pa; non profana di roccia, ~ur è usato spesso co-
è ancora chiarita 3 • Il sostantivo maschi- me epiteto divino 8 ; ma nell'A.T. non
le 7tÉ't'poç è usato più per indicare il troviamo alcuna identificazione diretta
singolo masso, il macigno che si è stac- di .Jahvé con la roccia 9 • Giacché il ter-

'ltÉ'fpa
I PAssow, s.v.; ad es. Horn., Od. 3,293; 4,501, 23,3; Is. 26A; 30,29; 44,8; Abac. 1,n; in
2 Horn., Il. 15,273; Od. 9,243; 10,88; 13,196; molti salmi ed anche in nomi propri. Cfr. A.
anche Xenoph., an. 1,4,4. WrnGAND, Der Gottesname ~r und seine
J HOFMANN, s.v.; dr. però anche le indicazio- Deutung in dem Sinne Bildner oder SchOpfer
ni in BoISACQ' 776. i11 der alte11 jiidischen Literatur: ZAW 10
4 Xenoph., an. 7,7,54; Plat., leg. 8,843 a; (r890) 85-96; A. }IRICU, Altorienta!ischer
Horn., Il. 7,270; Pind., Olymp. 10,72; Soph.,
Phil. 296.
Komm. wm A.T . (1923) 224. Per °'"'
elemento teoforo nei nomi propri (ad es.
come

s Horn., Od. 9,243; Hes., theog. 67'; Soph., Num . 1,5) cfr. H. SCHMIDT, Der heilige Fels
Oed. Col. 1595 ccc. i11 Jerusalem ( 1933) 87.
6 2 Mach. 1,16; 4,41; in Aquila: Ex. 4,25. 9 Anche i LXX generalmente non traduco-
1 La linea di demarcazione tra sur e seta', da no f/Jr con 'ltt-;p«, ma rendono il termine
una parte, e tra 1ur ed 'ebe11 dall'altra, non figurato con vocaboli che riproduc;ono il si·
è sempre netta e costante. gnificato dell'immagine; ad es. fteéç (Deut. 32,
8 Deut. 32,4.1,.18.30.3r.37; I Sam. 2,2; 2 Sam. 4.30), àv·n).i)µ'lt"twp (I)! 88,27).
1tÉ'rpu A 2 • B (0. Cullmann)

mine aramaico kf' indica comunemente ne è quella dei templi che, primi ad es-
una misura di peso e corrisponde al- ser costruiti nell'oceano primordiale, e-
l'ebraico Jeqel, nei targumim troviamo mergono come isole dalle acque del
l'aramaico kefii' per l'ebraico sela'. Il caos 15• Immagini simili s'incontrano nel
termine kéfii' rende anche flìr, mentre tardo giudaismo: «li Santo, sia bene-
l'aramaico {wr' corrisponde piuttosto al- detto, gettò una pietra nel mare e su
l'ebraico bar'°. D'altra parte sappiamo quella fu fondato il mondo. Sta scritto
che proprio l'aramaico kéfii' è usato infatti: Su che cosa posano le fonda-
spesso nel significato di À.Li7oc; 11 • Da menta di essa ( = della terra), e chi ha
questi fotti segue che kefii' include il posto la sua pietra di volta? (lob 38,
significato sia di 7tÉ:tpet. che di itÉ't'poc; 6)» 16; «Che cosa fece il Santo, sia be-
(À.li}oc;) 12, benché questi termini avesse- nedetto? Con il piede destro affondò
ro in origine contenuti semantici speci- la pietra fino al fondo dell'oceano pri-
fici e distinti. Già in base a questa con- mordiale e la rese pietra di volta del
siderazione appare assolutamente inve- mondo, come un uomo che incastra la
rosimile che il gioco di parole 1r.É't'pet./ pietra di volta in un arco. Perciò la pie-
IIÉ't"poc; in Mt. r6,r8, che s'appoggia tra si chiama 'eben s'tijjd (pietra di fon-
sulle possibilità semantiche dell'aramai- dazione), perché ivi è l'ombelico della
co kéfii', si fondi esclusivamente sull'ac- n
terra e di si estese tutto il mondo e
cezione kéfii' = ).li)oc; 13, su di essa è poggiato il tempio» 17 • La
roccia che si trova nel Santo dei San-
B. IL SIGNIFICATO SIMBOLICO
ti 18 è quindi considerata l'inizio della
DELLA ROCCIA
creazione del mondo e insieme il luogo
più alto della terra: è la porta del cie-
L'immagine della roccia appartiene lo 19 e appartiene al paradiso futuro 20 .
al linguaggio figurato mitico di tutto Inoltre la roccia chiude l'apertura del-
l'Oriente antico e anche all'antica im- l'oceano primordiale e così è fonte di
magine israelitica del mondo: la terra tutte le acque della terra ii e porta :u del
si erge come <mna montagna cava» 14 regno dei morti 23 •
sull'oceano primordiAle che la circonda Is. 28 e 8 mostrano che anche il pro-
da ogni lato. Analoga a questa immagi- feta condivideva, in senso lato, questa

10 Cfr. LEvY, \Y/orl., s.v. IS Per la connessione di roccia e altare degli


Il A. DELL, Mt. I6,I7-19: ZNW 15 (1914) olocausti cfr. SCHMIDT, op. cii. (-) n. 8) 3·6;
19; dr. 4 VI, col. 726 n. 3. ]BREMIAS, op. cii. (-) n. 14) 58-65.
12 M!oc; indica piuttosto il sasso, il macigno 19 Jalqut Gen. 120 a 28 ,22, citato in ]ERE-
di dimensione variabile, lavorato o grezzo. MIAS, op. cit. (-) n . 14) 53 ·
n Contro DELL, op. cit. (4 n. u) 19. Per il 20 ]EREMIAS, op. cii. ( 4 n. 14) 53-54.
problema linguistico dr. H. CLAVIER, Ilhpoc; 21 ]EREMIAS, op. cit. ( 4 n. 14) 56-57.
xut nÉ"rpu, in Neuleslamenlliche Studien /iir 22 }EREMIAS, op. cit. e~ n. 14) 57-58 . Con-
R. Bullmann, Beih. zur ZNW 21 (1954) ro1- tro il tentativo di Jeremias di voler <drova-
107. re persino nell'A.T . tracce ... dcl simbolismo
11 J.]EREMIAS, Golgotha (1926) 66 s, della roccia sacrn» cfr. H.W. HERTZBERG, Der
15 H. GRESSMANN, Dcr Messias (1929) uo. heilige Fels und das A.T.: The Journal of
15 R. Isac il Fabbro (c. 300), citato in }ERE· the Palestine Orientai Society H (1931) 32-
MIAS ,op. cii. (~ n . 14) 54· 42.
11Jalqut Gen. 120 a 28 122 1 citato in ]ERE- 2J Questa prima parte della sezione B è do-
MIAS, op. cii. (4 n. 14) 55· vuta a s. SCHULZ.
n€"t"pcx. B - C 2 (0. CullmannJ

concezione del mondo. Secondo il costu- (Apoc. 6,15 s.). Alla morte di Gesù un
me del tempo il profeta dettò una iscri- terremoto spacca le rocce e le tombe si
zione per 1a pietra angolare del tempio: aprono (Mt. 2 7 ,5 .r ). Nella parabola del
«Chi crede non sarà svergognato» (ls. seminatore il seme non cade in un ter-
28,16) 24. Ma questa non è l'iscrizione reno cosparso di frammenti di roccia,
della pietra angolare dell'antico tempio, bensl su una falda rocciosa coperta da
bensl del nuovo che Dio edificherà 25 • poche dita di terriccio (Le. 8,6) 27 • Nel-
L'antico tempio non offre più alcun ri- la parabola conclusiva del discorso del
paro dalla marea avanzante dell'esercito monte (Mt. 7,24-27 e Le. 6,47-49) la
assiro e deve inevitabilmente crollare. cnsa fondata sulla roccia è contrapposta
Secondo la leggenda rabbinica Davide a quella fondata sulla sabbia: qui 1tÉ't'pa
avrebbe pronunciato le parole di que- è il basamento sul quale posano le fon-
sta iscrizione per fermare le acque tu· damenta (i}EµEÀt.ow ~ 1v, coli. 3 r 7 s.;
multuose e crescenti dell'oceano pri- oi.xo8oµéw ~VIII, col. 390). La parola
mordiale 26 • La roccia sacra che ne chiu- di Cristo è l'unico fondamento, l'unica
de l'apertura è anche porta degli in- tJossibilità di esistenza della comunità
feri e del regno dei morti. Non a ( Mt. 7 ,24 ). Affine a questa paraboln del-
caso quindi in Isaia troviamo accanto 1'edificazione di una casa è la parabola
:ill'immaginc dei flutti caotici ( = gli di Mt. 16,18 diretta a Pietro;- ma qui
Assiri) che invadono il paese, la men- -r.hpa è usato in senso tra:>lato (~ coli.
zione del patto che l'Israele apostata 120S.).
stringe con il mondo infernale e la mor-
te (Is. 8 e 28). Sono le stesse idee che 2, La roccia dell'Horeb ( l Cor. 10,4)
riecheggiano anche in Mt. 16,18: xat Il testo paolino si riallaccia a quei
m'.JÀ.at {f.8ou où xa-rtcrxucrouow aù't'i'}c;, passi dell'A.T. che descrivono il mira-
«e le porte dell'Ade non prevarranno colo dell'acqua che scaturisce dalla roc-
su di essa»(~ IIÉ"tpoç col. 145). cia (Ex. 17 e Num. 20) o vi accennano
variamente 28 (~ u8wp). Secondo Ex.
C. 1tf..pti NEL N .T. 1 7 ,6 il miracolo avvenne sulla roccia
dell'Horeb ('al-hauur b"boreb) 29 • Già
r. 1tÉi:pa. in semo proprio nei passi dell'A.T. che riprendono que-
sto tema 30 la roccia miracolosa assume,
Fatta eccezione per ICor. I0,4; Rom. come del resto tutta la peregrinazione
9,33; r Petr. 2,8 e Mt. r6,18, il N.T. d'Israele nel deserto, un'ampiezza tipi-
usa 1tÉi:pa. in senso proprio. Cosi Mc. ca. La roccia è considerata un dono sal-
l 5 ,46 e Mt. 2 7 ,60 parlano del sepol- vifico paradisiaco con chiari riferimenti
cro scavato nella r.É-rpa.. All'apertura del escatologici. Nella speculazione tardo-
sesto sigillo gli uomini cercano rifugio giudaica la combinazione di Ex. 17 con
nelle spaccature delle rocce e sui monti Num .20 diede origine alla leggenda del-

21 GRESSMANN, op. di. (4 n. 15) uo. 9,15; lob 29,6; Ps. 78,15-20; 81,17; 105,41;
0 iisad nel T.M. è una correzione dettata da n4 18.
motivi dogmatici: 4 n. 36. ~ Questa indicazione topografica di Ex. 17,6
s ta in contmsto con quella di 17,8 (Rnfidim)
26 JEREMfAS, op. cii. (~ n. 14) 55 .
e di Num. 20 (testo parallelo).
21 Mc. e Mt.: -r:E-cpwonç. Y.l Cfr. i passi indicati nella ~ n . 28, parti-
28 Cfr. Deut. 8,15; 32,13; I s. 48,21; Neem. colarmente Is. 48,21; Ps. 81,17; n4,8.
itÉ'tpa. C 2-3 a (0. Cullmann)

la roccia che con la sua fonte ricca di tratta dell'unico e medesimo Cristo nel-
acque seguiva il popolo guidato da Mo- la sua preesistenza e postesistenza, del
sè: «Si comportò cosl con la fonte che
stava nel deserto con Israele, che era Cristo che sta sopra l'antico e sopra il
come una roccia, tutta bucata come uno nuovo patto e che opera secondo le si-
staccio, e l'acqua gocciolava e sgorgava tuazioni storiche, del Cristo di cui Pao-
come dalla bocca di una bottiglia. E la lo con <ZxoÀoui}ouaT)ç ( v. 4) sottolinea
fonte saliva con loro sui monti e con
loro scendeva già nelle valli ...» 31 • Ri- la fedeltà dimostrata verso il suo popo-
spetto agli enunciati dell'A.T., qui si lo, allora come oggi.
avverte una nota razionalistica.
Anche Paolo si richiama a una leg- p et r. 2,7 s. 11
...
3. Rom. 9,)3 e 1
genda di questo tipo quando parla del- ·
a) Rom. 9,33 (~ VI, col. 746).
la roccia che seguiva Israele (I Cor. IO,
Giacché Israele rifiuta la fede come via
4). L'Apostolo riferisce la roccia a Cri-
che porta alla salvezza e conta unica-
sto: +i '1tÉ't'prt. 8è ljv b Xp~a't'6ç, «e la
mente su se stesso e sulla propria giu-
roccia era Cristo». Il tardo giudaismo
stizia, Cristo è divenuto per lui pietra
non conosce un'interpretazione messia-
d'inciampo, anzi roccia di scandalo:
nica della roccia di Ex. 17 e Num. 20
l8où •l11riµt Èv l:~wv ÀW-ov '!tpoaxoµµa-
(diversamente~ vr, coll. 735ss.). Forse
qui Paolo sente l'influenza di testi co·
't'Oç xaL 7tÉ-i:pa\I uxav8a>..ov. xaì. b m-
me Io. 7,37 s. (~ VI, coli. 748 ss.) 32•
c:r-.t:uwv È1t'et.Ù't'(i> ou XCX."'C'CX.Lc:TXUVih1CTE-

Egli non vuole identificare assolutamen- «ecco, pongo in Sian una pietra
't'CX.L,

te la roccia che seguiva Israele con Cri- d'inciampo e una roccia di scandalo. Ma
sto, come se questi avesse assunto for- chi crede in lui non sarà svergognato».
ma di roccia(~ n. 33): Cristo rimane Paolo ha incastrato l'uno nell'altro due
una realtà spirituale ( mwµri:rnc6c;). passi dell'A.T., Is. 28,16 e Is. 8,14. Né
Tuttavia essa è tale che non si può l'uno né l'altro è citato esattamente se-
condo la traduzione dei LXX; ma en-
mai fare astrazione, mediante l'allego-
trambi sono più vicini al testo ebrai-
ria, dalla roccia concreta che al tempo co 35 • Tuttavia la forma paolina di Is.
di Mosè seguiva il popolo nel deserto 28,16 ha in comune coi LXX l'aggiun-
o dal carattere concreto ed empirico ta di È7t'a.Ù't'{i), che testimonia l'interpre-
tazione messianica del passo. La cita-
della cena del Signore che la comunità zione di Is. 28,16 1 che costituisce l'os-
cristiana è chiamata a celebrare 33 • Si satura del logion, si riferisce alla pie-

JI Sukka 3,11 ss. riportato in STRACK·BILLER· daismo Filone (leg. ali. 2,86) riferisce la 1tt'°tpa;
BECK III 406. al Myoc; e alla uoqi(a;.
JiPer l'interpretazione messianica dei passi
JZ }ERllMIAS, op. cit. (~ n. 14) 8<f.
veterotestamentari cfr. Mi>oc; ~ VI, coll. 73;1
JJ ~ noto che l'allegoria è usata variamente ss.
nella storia dell'esegesi. Già nel tardo giu- 35 Cosl anche r Petr. 2,8.
'ltbpa C 3 a-b (0. Cullmann)

tra angolare del nuovo tempio che Jah- centralità divenendo, appunto, 1tÉTptt
vé edifica in Sian :;r.. Nell'intenzione del TOU uxa.vS<iÀ.ov. Eppure Paolo lascia
profeta antico le parole hamma'amin
lo' io/JiS, «chi vi poggia sopra non proprio su questa 7tÉ't'pct l'iscrizione che
scivolerà», sembrano rappresentare, se- si rivolge ancora a Israele con il suo
condo un uso del tempo 37 , l'iscrizione invito e la sua promessa: xcd ò 7tL·
incisa su questa pietra. Traducendo il
fJ''t'EVW\I È1t'aù't'tf> ou Y.ll.'t'll.LO'ì(UvihicrE-
termine ebraico pinna con O:xpoylù-
vwXov i LXX hanno preparato la stra- 1'CLL.Dietro a una simile combinazio.
da a quell'interpretazione che trasfor. ne di passi dell'A.T. si legge tutta la
ma questa pietra angolare in chiave speranza che Paolo nutre per i suoi
di volta, cioè in quella pietra che si tro-
vava sopra il portale (~ v1, coli. 739 fratelli «secondo la carne» (xa.'tà. uap-
ss.). In questo modo la pietra di Is. xcx) e che traspare da Rom. 9-1 L
28,r6 si viene a trovare sulla stessa li-
nea delJa XEq>cxÀ.Ì'j ywvlcxç di P.r. u8,22. b) I Petr. 2 17 s. (À.l~oc; ~ vr, coli.
Is. 8,14 presenta Jahvé come «pietra 746 s.). L'autore della prima lettera di
d'inciampo e roccia di scandalo» ('ebe11 Pietro associa anche lui due passi del-
negef ul".rtir mikSol). Questo paralleli-
smo ha una grande forza espressiva ; 1'A. T. che rientrano nella 'teologia del-
Jahvé entra, per cosl dire, nella 'eben ht pietra' 33, ricorrendo a una combina-
posta sul cammino e diviene roccia di zione affine a quella notata in Rom. 9,
caduta (~ uxocvorùov ).
33, anche se ora i testi avvicinati sono
Paolo inserisce nella cornice di Is. Ps. u8,22 e Is. 8,14. L'esclamazione
28,16 l'affermazione decisiva di Is. 8, gioiosa di Ps. II8,22 (LXX n7,22) par-
14 con un effetto addirittura parados- la della pietra di volta posta sul por-
sale: questa pietra d'inciampo e roccia tale che ora, conclusasi la ricostruzio·
di scandalo (Is. 8) viene a prendere il ne del tempio distrutto, viene solenne-
posto della provata, preziosa, fonda- mente messa in opera completando
mentale pietra angolare che è la parola l'edificio. Come già in Rom. 9,33, que-
salvifica (Is. i.8) . L'Apostolo intende sta pietra che era l'ornamento di tut-
delineare il fallimento d'Israele e così to il tempio diviene, per effetto di
l'immagine della pietra angolare som- ls. 8,14, una tremenda e insuperabile
mamente preziosa conosce, grazie a ta· r.É't'pa. 't'OU crxa.voaÀ.ov posta sul cam-
le combinazione dei testi profetici, un mino della salvezza. L'autore dell'epi-
uso radicalmente nuovo e inatteso: da- stola contrappone antiteticamente (v. 6)
vanti all'incredulità d'Israele la pietra tale interpretazione in 1110/am partem
angolare del tempio manifesta il suo di Ps. n8,22 (e questo aspetto è mes-
aspetto tremendo, la sua ineliminabile so in un risalto ancora maggiore dal-

36 Da leggere mwsd. JS G. STi\HLIN, S/.:anda/011 ( 1930) 196.


37 Cfr. la trattazione-+ 4 (Ml. 16,18).
nÉ"t'pa. C 3 b · 4 {O. Cullmann)

l'accenno alla predestinazione nel v. 8b) Pietro) appartenga intimamente alla ri-
alla citazione dell'annuncio profetico velazione di Cristo e sia per natura in-
della salvezza (Is. 28,16) rivolto unica- cluso in essa. IlÉ-.poc; in persona, e non
mente a chi crede (v. 6}. Qui ormai già la sua professione di fede o la sua
non c'è pit1 traccia di quella speranza fede(~ coli. 146 ss.), è tale 7tÉTpa. Cer-
per l'Israele xa-rèt. crapxa (giacché an- tamente Ilhpoç è 7tÉ't'pa soltanto per-
che qui si pensa ai Giudei) che invece ché è quel Simone che il Cristo condu-
traspare ancora cosi viva nella combina- ce per mano, come avviene ad es. nel-
zione paolina dei testi profetici in Rom. l'episodio di Gesù che cammina sulle
9,33. acque; ma proprio in questo senso si
tratta veramente e concretamente della
4. Mt. z6,18 ~ (coll. 136 ss.) persona ·di IlÉ"Tpoç. Ora, se Cristo vuol
costtuire su questa 7tÉ'tpa un edificio
Già nel gioco di parole, evidente a
spirituale, la Èxx.)..ricrla., vuol dire che
sufficienza anche nel testo greco, è po-
proprio Ilhpoç in persona è il fonda-
sta chiaramente un'identità sostanziale
mento di questa Èxx)..T)crlcz, voluto e po-
tra TCÉ-rpa. e Ilhpoç, che risulta anche
sto dalla parola di Cristo «tu sei Pie-
dal fotto che non è possibile separare
tro» 39• Ma dobbiamo pure notare 1a
nettamente il contenuto semantico dei
eminente storicità·di questa fondamen-
due termini. La definitiva identità, for-
to: la conclusa unicità sia dell'aposto-
male e sostanziale, di 7tÉ"tpa e Ilhpoc;
lato sia della posizione che Pietro as-
ci è però confermata soltanto dalla for-
sume in esso.
ma aramaica presupposta dal logion,
che si può ricostruire con provata cer- Dato che il termine aramaico kéfa'
tezza: 7tÉ-rpa. = ke/a' = Ilhpo<;-. In copre anche il significato specifico di
nessun altro passo del N.T. il singolo 7tÉTpa, è quanto mai improbabile che
kefa' vada inteso puramente nel senso
cristiano è chiamato 1t'É-rpa; il credente di Mi>oç. Una simile possibilità viene
è piutosto )..li)oc; nell'edificio spirituale, anzi assolutamente esclusa da una sen-
nel corpo di Cristo (I Petr. 2,5; ~VI, tenza rabbinica che fa da riscontro ana-
logico a Mt. 16,18: «Quando Dio gettò
coll. 746 s.). In senso proprio soltanto
lo sguardo su Abramo che doveva na-
Cristo è 7tÉ-rpa. Se perciò Mt. 16,18 ci scere, disse: Ecco, ho trovato una roc-
costringe ad assumere un'identità for- cia su cui costruire e fondare il mondo.
male e sostanziale tra 7tÉ'tpa e Il1hpoc;, Perciò egli chiamò Abramo 'roccia'» 40 •
Abbiamo qui l'immagine di Abramo
ciò mostra fino a qual punto l'aposto- roccia cosmica, ed è in questa immagi-
lnto (e in particolare la posizione di ne che viene inserita la figura di Pietro,

3? Cfr. la parabohl di Mt . 7,24-27. -IO Jalq11t I § 766 cirato in STRACK-DILLERDECK


I 733 ·
J21 (v1,98) 1tÉ1:pa C 4-D (0. Cullmann) (v1,99) i22

facendo saltare così la concezione rab- della prima generazione, dai venticin-
binica di Abramo. Pietro viene a so- que deJla seconda, da altri trentacinque
stituirsi ad Abramo, con la differenza tra profeti di Dio e loro servitori. In-
che ora egli è il fondamento dell'Israe- fine fa parte del fondamento anche un
le «secondo Io Spirito» (xa-.à 1tVEuµa), quarto strato costituito da quaranta a-
della comunità del nuovo patto che Cri- postoli e dottori del messaggio di Dìo
sto edifica su quella roccia che è Pie- Né ai dodici apostoli né a Pietro viene
tro (olxo8oµÉw ~ vm, col!. 39oss.; riconosciuta alcuna posizione privilegia·
ÈXXÀ.t)<rla, ~IV, col!. 1537-1558). ta o particolare. Anche la roccia su cui
si fonda Policarpo è Cristo (Ign., Pol.
l ,1 ). Analogamente Giustino afferma:
D. I PADRI APOSTOLICI
E GLI APOLOGISTI À.lib; xaL 7tÉ't'pa Èv 1tCXpaBo'X.rt.i:ç o
XptO"-i-Òc; s~à. 'tWV "ltpOq>T)'t'WV ÈX"l')pua-
A quanto sembra, nella citazione di O'E"tO,«Cristo fu annunciato dai profeti
ls. 33,16 che troviamo in Barn. 11,5 in linguaggio figurato come pietra e
1thpa si riferisce a Dio (cfr. anche roccia» (dial. n3,6). Viene cos} fissa-
Barn. n,3; Is. 16,1). Dio o Cristo, il to un preciso principio ermeneutico:
Signore che si rivela nell'A.T., è la roc- quando nell'A.T. si parla di roccia e di
cia donatrice di acqua. Possiamo anche pietra il discorso riguarda Cristo, «la
ricordare la citazione di Is. 50,7 («in- bdla roccia» ( xa.À.Ì] 1tÉ'tpa: dial. 114,
fatti il profeta dice a riguardo di lui 4). Le parole con cui egli opera la cir-
[= Cristo]: ...opposi la mia faccia co- concisione dei cuori sono simboleggiate
me dura pietra») riportata in Barn. 5, dai coltelli di pietra usati in Israele
l4i 6,3 (cfr. Iust., apol. 38,3). Qui e (los. 5,2.3) per la circoncisione (dia/.
altrove 1tÉ't'pa, e À.lib; vengono usati 24,2; 113,6.7; II4,4). Giustino cita
promiscuamente. Secondo Herm., sim. anche Dan. 2,34: È't'µl]i)"l'} À.l~oç t~
9,2-14 Cristo è la roccia su cui la torre opouc; avEV XEtpwv, «una pietra si stac-
della chiesa viene costruita con pietre, cò dal monte senza essere spinta da
cioè con i credenti, che vengono così mani», e riferisce anche questo passo a
a costituire con lui un tutt'uno. Anche Cristo (dial. r 14,4). Con il medesimo
se queste pietre hanno importanza e testo egli vuole poi provare (dial. 70,1)
valore diversi, pure nessuna pietra ha, che il mito di Mitra che nasce dalla
rispetto alle altre, una posizione parti- roccia non è che un'imitazione pagana
colare di fronte a Cristo. Il fondamento del passo biblico 41 •
deIIa torre è costituito dai dicci giusti O. CuLLMANN

41 La sezione D è dovut:l n G . BERTRAM.


123 (vr,99) Jii-t·po~ A (0. Cullmann) (Vl,IOO) 12.J

Ilhpoi;, K1J cpiiç

SOMMARIO: to ancora :Euµe:wv, l:lµwv, :Elµwv IIÉ-


A. Questioni filologiche. 't'poc; e K 'l'}<péXc;. Fin dai tempi di Cle-
B. Il discepolo e la sua posizio11c nella cerchia mente Alessandrino c'è stato chi, per
dei Dodici: chiari motivi apologetici, ha sostenuto
1. dati biografici; che il Cefa di Gal. 2,u non fosse il
2. ln posizione particolare di Pietro;
discepolo e apostolo Cefa, bensl uno
3. l'imposizionc del nome.
C. Pietro, roccia su cui è fondata la chiesn: dei settanta discepoli 1• Tale opinione
l. il mandato apostolico (escluso Mt. 16,17- manca di qualsiasi fondamento. Il no-
19); me originario del discepolo è Simeone
2. il logion di Mt . 16,17-19: (sim'cm), un nome ebraico molto dif-
a) la collocnzione del logion: fuso tra i Giudei. Troviamo tale nome
b) I'autenticità del logion: trascritto in caratteri greci soltanto in
c) il significato del logion. Act. r 5 ,r4 e 2 Petr. 1 ,1 (secondo la le-
D. Guida della comunità primitiva e prima zione offerta da vari manoscritti) 2 • I
attività mi:rrionaria di Pietro.
E. Ulteriore attività missionaria e morte di vangeli hanno invece la forma Simone,
Pietro. nome proprio greco attestato già in
Aristofane (nub. 351) 3• Il discepolo sa-
A. QUESTIONI FILOLOGICHE
rà stato chiamato più tardi cosl perché
il nome greco era molto vicino a quel-
Fatta eccezione per Io . 1,42, ove 7tE- lo ebraico per suono e si prestava quin-
'tpoc; serve a spiegare il termine aramai- di egregiamente a sostituire la forma
barbara Simeone. È però possibile che
co X'l'Jq>~, nel N.T. il sostantivo greco Pietro abbia sempre avuto, oltre al no-
rçl-rpoc; ricorre unicamente come sopran- me ebraico, anche quello greco, soprat-
nome di Simone, uno dei discepoli di tutto se è vero che sia lui che Filippo
erano di Betsaida, città dove l'influenza
Gesù. ellenistica era particolarmente notevole
Nel N .T. questo discepolo è chiama- (Jo. I,44) 4•

IIÉ-rpoç trus Mt. 16,17·19: ZSTh 20 (1943) 223-282.


Per tutto l'argomento: Altre indicazioni bibliografiche in ~ Cutt-
MANN.
O. CULLMANN, Petrus, ]unger - Apostel -
Miirtyrer. Das hirtorische u11d dar theologi- I Eus., hirt. ecci. l,12,2 e inoltre negli elen-

sche Petrusproblem (.1952); K.G. GoETz, Pe- chi degli apostoli: cfr. Tu. SCHERMANN, Pro·
trus als Griinder und Oberha11pt der Kirche pheten- und Aposte/lefl.enden nebst )iinger-
und Schauer von Gesichlen nach den altchrist- katalogen (1907) 302. In tempi più recenti
fichen Berichten und Legenden (1927); F.J. la tesi è stata rjprcsa da D.W. RmDLE, The
FoAKES·}ACKSON, Peter, Prince o/ AposJ/es.
Cephas·Peter Problem, And A Possible So·
/1 Study in tbe Hislory and Tradition o/ lution: JBL 59 (1940) 169.
2 Ogni tanto qualcuno nega l'identità del Si·
Christianity ( 1927 ); F. SmFFERT, art. 'Pc-
trus', in RE1 15,186-212; H. KocH, art. 'Pe- meone di Aci. 15,14 con Pietro.
3 BLASS - DEBRUNNER § 53,2; A. FICK. F.
trus', in PAULY-W. 19, 1335-1372; E. STAUF-
FER, Zur Vor- und Friihgeschichte des Prima- BECHTEL, Die gr. Personen11amen i (r894) 30.
tus Pelri:ZKG 62 (1943/44) 3·34; H .STRATH· 251; A. DEISSMANN, Bibelsfudien (1895) 184
MANN, Die Stelltmg des PelrtlS in der Urkir- n. r.
che. Zur Friihgeschichlc des \Vor/es on Pe- 4 G. DALMAN, Orte und \Vege ]eru' (1924)
125 (VI,100) llÉ-cpoç A (0. Cullmann) (v1,100) 126

Nelle fonti neotestamentarie il di- di genere maschile. La differenza di si-


scepolo che risponde al nome di Simo- gnificato dei due termini greci non è
tuttavia costante, anche se nell'uso lin-
ne/Simeone è chiamato anche Kr1cptic;, guistico comune ò 'ltÉ'tpoç significa piut-
nome che rappresenta la trascrizione tosto masso, macigno, cioè una parte
greca della parola aramaica k&fii'. o un blocco di roccia, mentre b 'ltÉ"t'pct
significa roccia, nel senso di massa roc-
Contrariamente a quanto si è pensa-
ciosa(~ col!. 109s.).
to e detto 5, tale soprannome dell'apo-
stolo non è attestato in aramaico come La forma greca IlÉ"t'poç si è afferma-
nome proprio: kefa' è un nome comu- 8
ne di cosa che significa pietra, roccia_ ta nel N.T. • I vangeli non sono co-
La trascrizione greca di questo sopran- stanti nell'uso del nome: all'apostolo
nome aramaico è usata prevalentemen- danno ora il nome di Simone, ora quel-
te negli scritti di Paolo (Gal. r, 18; 2,
lo di Pietro o di Simon Pietro. Il fatto
9.11.14; I Cor. l,I2; 3,22; 9,5; 15,5),
ove abbiamo la forma TIÉ-tpoç soltanto che il termine aramaico kefa' sia stato
in Gal. 2,7 s. 6 • Nei passi succitati il tradotto è un a1tro segno che Cefa non
termine aramaico è trascritto K11cpéic;, deve essere stato un nome proprio {ché
con il tipico sigma finale greco. Il nome
appare anche tradotto in greco come i nomi propri non si traducono), ben-
Ilihpoc; (Kl')cptiç, 8 ~pµT]\IEVE"t'O'..L IlÉ"t'poc;, sì un soprannome indicante una caratte-
«Cefa, che in greco significa Roccia»: ristica della persona. Traducendo quin-
Io. 1,42) 7 : in questo caso la scelta di
1tÉi:poc; invece di TtÉ't"pa (che pure è u-
di i testi nelle lingue moderne bisogne-
sato dai LXX in Ier. 4,29 e lob 30,6 e rebbe cercare di conservare la forza del
rappresenterebbe forse una traduzione soprannome, quella forza che senza dub-
più letterale) per tradurre kefa' è sen- bio hanno sentito di agiografi e i primi
z'altro dovuta al fotto che 7tÉ-tpcx. ter-
mina con la lettera -oc, tipica del fem- lettori del N.T. ogni volta che scrive-
minile, mentre mhpoc; è un sostantivo vano o leggevano Simone Roccia.

177: «Chi era cresciuto a Betsaida probabil- 7 Come nome proprio Pietro (Pelms, abbre-
mente non solo si sapeva esprimere in greco, viazione di Pe1ro11ius) non può essere atte-
ma grazie al contatto con gli stranieri era più stato con sicurezza prùna dell'epoca cristiana,
raffinato e assuefatto alla cultura greca». come ha cercato di fare Ml!RX, op. cii. e~ n.
1 Cosl ZAHN, Mt., a Mt. 16,18, senza però ad- 6) 160 richiamandosi a Ios., ani. i8,6: qui si
durre un solo esempio. Anche M.J. LAGRANGE, tratta evidentemente di un errore di scrittura,
Évongile selon Sai11/ Matthieu (1923). ad I. ri- invece di 'ltpW"Coc;. Vedi A. MEYER, Jem
tiene possibile che si tratti di un nome di Mt1ttersprt1che ( 1896) 5I. Di opinione contra-
persona, ma non offre alcuna prova positiva. ria è A. DELL, Mt. 16,17-19: ZNW 15 (r9q}
6 Paolo usa qui la forma Jll'"Cpoç forse per-
14·17.
ché cita un documento ufficiale. Cont_ro tutte 8 Non è affatto certo, ma potrebbe darsi che
le testimonianze testuali A. MERX, Die vier in aramaico esistesse un nome proprio Pelros
ka11onirchen Evangelien nach ihretn iiltesten (STRACK-BILLERBECK I 530) = primogenito
bekonnten Text n r (1902}, ad l. sostiene che (LEVY, Wort., r.tJ. 'peter'; DALMAN, Wort.,
tale lezione è secondaria e che il testo origi- r.v.) e che tale fatto abbia favorito la scelta
nale aveva K'l]q:>éic;. della forma Ill'\'poc;.
r27 (vr,xoo) TIÉ-rpoç B 1-2 (0. Cullmann) (v1,rnr) 128

B. IL DISCEPOLO E LA SUA POSIZIONE 2. La posizione particolare di Pietro


NELLA CERCHIA DEI DODICI
Secondo la testimonianza dei sinot-
r. Dati biografici tici Pietro occupava una posizione par-
ticolare nel gruppo raccoltosi attorno a
Simone è figlio di Giona 9 e origina· Gesù. Insieme coi figli di Zebedeo e
rio molto verosimilmente, di Betsaida con il fratello Andrea, Simone appar-
'
= città del pescatore (Io. I,44), unn tiene alla cerchia dei discepoli più fida-
cittadina giudaicn sulla riva orientale ti. Ma anche in questa cerchia più ri-
del Giordano, nella quale l'influenza stretta (Mc. 9,2 par.) Pietro occupa una
greca era sensibile 10• Egli è un 'illette- posizione di preminenza, e i vangeli si-
rato' o un 'ignorante' (secondo il no· nottici ce lo presentano sempre alla te-
stro uso corrente del termine), cioè uno sta del gruppo (Mc. 9,5 ). Cosl Gesù
che non ha compiuto studi regolari né permette soltanto a lui e ai figli di Zc-
nel senso greco né in quello rabbinico bedeo di entrare nella casa del presi-
dei termini (Act. 4,13); è un semplice dente della sinagoga (Mc. 5 ,3 7 ), ed è
pescatore (Mc. r,r6 par.; Le. 5,2; Io. ancora Pietro ad avere un particolare ri-
21,3) che lavora in 'società' (Le. 5,rn) lievo nell'episodio della pesca miraco-
con i due figli di Zebedeo. Più tardi losa (Le. 5,r ss.) o a cercar di imitare
dovette risiedere a Cafarnao (Mc. r,29 il suo Signore che cammina sulle acque
par.) e qui Gesù frequentò la sua casa, (Mt. 14,28). Un eccesso di zelo e una
abitando forse per un certo periodo grande voglia di fare lo mettono sl in
presso di lui (Mt. 8,14). Secondo la te- mostra, ma ne fanno rilevare anche i
stimonianza di Mc. r,29-31 par. e ICor. limiti. Pietro si fa portavoce dei Dodi-
9,5, Pietro era sposato. Le notizie tar- ci 11 e deve poi incassare dure parole
dive sui suoi figli e sul martirio della «vattene via da me, Satana: tu non pen-
moglie sono leggendarie. Prima di se- si secondo Dio, ma secondo gli uomi-
guire Gesù, pare che tanto Simone ni» (Mc. 8,29-33 par.), parole che son
quanto il fratello Andrea abbiano fat- dette a lui ma valgono per tutti i di-
to parte della cerchia dei seguaci di scepoli (Mc. 8,33: «rivoltosi e guarda-
Giovanni Battista (almeno cosl sembra ti i suoi discepoli ... »). A nome degli al-
potersi dedurre da I o. I ,35-42 ). tri discepoli Pietro pone a Gesù il que-

9 Per R. Ezsurn, ]esous basileus ou basileusas 10 ~Il. 4·


n (1930) 68 bar-Jona significa estre"!ista. Egli
si discosta cosi notevolmente dall'interpreta· Il Accade anche che in un vangelo Pietro sia
:.!ione comune dell'espressione aramaica: bar· il solo a patlare, mentre nel passo parallelo
Jon6 = liglio di Giona (Jona o Giona = tutti i discepoli interrogano Gesù: cfr. Mc.
Giovanni: Io. r ,42; 21,15). 7,17 con Mt. 15,15; Mt. 21,20 con Mc. 11,21.
129 ( VI,IOI) IlÉ-cpoc; B 2 (0. Cullmann) (vr,102) 130

sito; «Signore, quante volte devo per- vi compaiono di volta in volta conser-
donare il fratello che pecca contro me? vati nella stessa maniera, pure vi si
trovano distribuiti uniformemente. Co-
Fino a sette volte?» (Mt. 18,21). A lui sl, ad es., Marco non ci ha tramanda-
è affidato il compito di preparare la to il logion sulla chiesa (Mt . 16,17-19)
pasqua insieme con Giovanni (Le. 22 , né ha cercato di nascondere le debo-
lezze di Pietro; eppure nel complesso il
8 ). Nel Getsemani neanche lui riesce a
suo racconto non lascia dubbi sulla par-
restare sveglio un'ora col suo Signore, te singolare e preminente che l'evangeli-
come Gesù aveva chiesto ai suoi fede- st1 attribuisce all'apostolo 12 • Non è
lissimi, e questi poi rinfaccia aspramen- neanche il caso di postulare un parti-
colare interesse ecclesiastico di Matteo
te tale debolezza a lui e ai figli di per Pietro 13 solo perché questo evan-
Zebedeo (Mc. 14,37; Mt. 26,40). An- gelista è l'unico ad averci conservato il
che certi estranei, ad es . gli esattori del- logion della roccia su cui è edificata la
chiesa, mentre Luca non ci dice niente
le imposte (Mt. 17,24), si rivolgono a
di lui quale fondamento dell'ÈxxÀ:riafo..
lui considerandolo la persona più impor- La parola di Gesù in Le. 2 2 ,3 l s. («Si-
tante della cerchia degl'intimi. Questa mone, Simone, ecco Satana vi ha richie-
posizione di rilievo è confermata anco- sti per vagliarvi come si vaglia il grano.
Ma io ho pregato per te, perché la tua
ra dagli elenchi dei discepoli (Mc. 3,16; fede non venga meno. E tu, quando ti
Mt. 10,2; Le. 6,14; Act. r,13), che non sarai convertito 14 , rafforza i tuoi fratel-
sono. identici eppure pongono sempre li») costituisce un riscontro quasi per-
fetto, anzi un parallelo 15 di Mt . 1,6,17-
al primo posto il nome di Pietro (Mt. : 19 (~ coli. I39 s.) in quanto affida a
1tpw-roc;), confermando cosl la parte pre- Pietro un particolare incarico futuro per
min~nte che i racconti evangelici gli i suoi fratelli, benché anche in questo
passo l'apostolo sia considerato insieme
assegnano. Particolarmente indicative
con gli altri discepoli e partecipi delle
sono anche l'espressione «Pietro e i loro debolezze.
suoi» in Mc. 1,36 e Le. 9,32 (e 8,45 se- Il Vangelo di Giovanni ci offre un
condo alcuni mss.) e le parole dell'an- quadro diverso, nel quale la chiara po-
sizione di rilievo data dai sinottici a
gelo in Mc. 16,7 : «Dite ai suoi disce- Pietro si fa problematica. Il misterioso,
poli e a Pietro». anonimo 'discepolo prediletto' appare in
una certa concorrenza con Pietro; ma
Non esiste nei sinottici differenza nel questo fatto potrebbe essere spiegato
presentare la persona di Pietro, e an- con l'interesse dell'agiografo per la si-
che se i singoli tratti esposti sopra non tuazione attuale ne1Ia quale e per la
12 R. BuLTMANN, Die Frage nach dC111 messia- atteggiamento dei vangeli verso Pietro dipen-
nischen Bewusstsein ]esu und das Petrus- de dal fatto di appartenere, per disposizione
Beke11ntnis: ZNW 19 (1919/20) 170 parla di dello stesso Pietro, all'una o all'altra chiesa.
'animosità' di Marco verso Pietro. Invece 14 Una variante legge 'convèrtiti'. -+ STAUF-
per M. GOGUEL, L'Eglise primitive (1947) 191
FER 20 n. 58 adduce diverse ragioni per pte·
«non c'è in Marco traccia alcuna di antipe- ferire tale lezione.
trinismo».
Il Per ~ H. STRATHMANN 223 s. il diverso i; -+ coli. 134 s.
131 (VI,102) JIÉ'\"poc; B 2-3 (0. Cullmann) (VI,103) 132

quale scrive. Tuttavia la posizione par- tro proprio perché tende a far risaltare
ticolare di Pietro non è messa in di- anche quèlla del discepolo amato. Cosl
scussione (lo. 1,42; 6,68), ma è subor- l'evangelista riporta già al principio ( r,
dinata all'interesse dell'evangelista per 42) l'imposizione del nome: «Tu ti
il legame che unisce il discepolo predi- chiamerai Cefa}>.
letto con Gesù. Ma proprio una simile
situazione comprova la saldezza della 3. L'imposizione del nome
tradizione riguardo alla posizione di
Pietro in seno al gruppo dei discepoli. Non è lecito attribuire l'imposizione
Mentre costoro restano in ombra, nella
storia della passione passa in primo pia- del nome agli altri condiscepoli di Pie-
no la concorrenza tra l'anonimo disce- tro e spostarla nel periodo dopo la pa-
polo prediletto e Pietro. Cosl, durante squa, quando gli altri lo avrebbero chia-
l'ultima cena (13,24 ss.) il discepolo a-
mato cosl perché era stato il primo a
mato si appoggia al petto di Gesù e
Pietro deve rivolgersi a lui per sapere vedere il Signore 17 , anche se è certa-
un segreto del Maestro. Più tardi «l'al- mente singolare che Gesù stesso abbia
tro discepolo, che conosceva H sommo sempre usato il nome Simone. È co-
sacerdote» entra con Gesù nel cortile
ed è solo in seguito, quando ritorna, munque difficile stabilire in quale oc-
che vi fa entrare anche Pietro ( 18,16), casione Gesù gli abbia imposto quel
il quale poi rinnega Gesù. Ai piedi del- soprannome: a Cesarea di Filippo, quan-
la croce c'è solo il discepolo misterioso
(19,26). La scena della tomba (20,1-10) do Gesù ha spiegato il soprannome do-
è particolarmente illuminante e costi- po che Simone ha confessato la messia-
tuisce, per cosl dire, la chiave per ca- nità di Gesù? o in occasione della chia-
pire come l'evangelista tratti i due ri-
mata dei discepoli (Mc. 3,16)? oppure
vali: Pietro, deciso e impulsivo, entra
nel sepolcro; il discepolo amato, che quando Gesù incontrò Simone per la
pure vi è giunto per primo, entra dopo prima volta (Io. 1,42)? Non è possi-
di lui, ma 'crede' per primo, dopo 'aver bile stabilire questo punto con sicurez-
visto' 16• Questo passo illumina il testo
di Io. I ,41, dove le varianti ('ltpiiYtoi;, za, perché si è persa molto presto la
7tpw<tov) mostrano come ci si sia accorti memoria dell'occasione di questo even-
ben presto dell'interesse del quarto e- to. La tradizione evangelica ha solo
vangelista per la questione della pre-
conservato il ricordo di questo fatto:
minenza, e poi anche l'appendice del
vangelo (c. 21), dove al 'primato' di Gesù ha dato a Simone un rilievo parti-
Pietro viene contrapposto il 'primato' colare tra i Dodici, chiamandolo Roccia.
d'altra natura del discepolo prediletto. Secondo gli esempi dell'A.T. (Gen. 17,
Il Vangelo di Gìovanni conferma cosl
indirettamente la testimonianza sinot- 5.15; 32,29; Is. 62,2; 65,15) e l'uso
tica della posizione particolare di Pie- rabbinico, i soprannomi rimandano a

16 ~ questo, per il quarto evangelista, il se- di M. Goguel (1950) 56 s.


gno del vero discepolo: O. CuLLMANN, Et8tv
xr.d l'ltW'tEVO'E\I, in Aux sources de la tradi- 11Cosl -> GoETZ 67 ed E. HIRSCH, Friih-
tion chrétienne, volume ecelebrativo in onore geschichle des Ev. u (1941) 306.
I 3.3 ( VI 1 IOJ) IIhpoç B 3 . e I (0. Cullmann) (Vl,IOJ) 134

una particolare situazione rispetto alla da degli altri discepoli. Dopo la morte
quale hanno carattere promissorio, op- di Gesù gli viene però effettivamente
pure affidano a chi li riceve un compito affidata, pel' un certo periodo, la guida
particolare (~ ovoµa., VIII, coll. 713- della sorgente comunità (~ coli. I49
716) 18 • Nel caso di Pietro il sopranno- ss.). Questa posizione di Pietro nella co-
me non può essere spiegato esclusiva- munità di Gerusalemme si fonda su una
mente col carattere dell'apostolo 19• Cer- designazione di Gesù, quale abbiamo
tamente, al momento in cui gli impone ad es. nell'imposizione del nome e in
quel soprannome, Gesù sa benissimo Le. 22,3r s. (~ col. 130), oppure so
quanto Simone sia zelnnte, impulsivo e un compito affidatogli, in modo analo-
facile allo scoraggiamento; d'altra par- go alla vocazione di Paolo, dal Signo-
te queste caratteristiche si manifestano re risorto 20 ? Certamente l'incarico as-
soltanto quando è il momento di esegui- segnato a Pietro dal Signore risorto (Io.
re la missione affidatagli. 2r,15 ss.), visto insieme con la vocazio-
Tutti i vangeli riconoscono il ruolo ne di Simone da parte del Signore in-
rappresentativo di Pietro; in essi l'a- carnato, ha una grande importanza per
postolo gode di tale posizione di pre- l'origine dell'apostolato petrina. 1 Cor.
minenza sempre e soltanto in virtù di 15,5 e Le. 24,34 ricordano le appari-
un rapporto con Gesù e mai, come av- zioni del Signore risorto a Pietro, infor-
viene ad esempio negli atti apocrifi di mandoci così che questo presupposto,
Pietro, indipendentemente e al di fuo. importante ma non unico né essenzia-
ri di un simile rapporto. le 21 , della vocazione apostolica, nel ca-
so di Simone è soddisfatto in modo par-
ticolare. Questi due passi non ci dico-
C. PIETRO, ROCCIA SU CUI È FONDATA
no se l'apparizione del Signore abbia
LA CHIESA
coinciso con una conferma dell'ufficio
apostolico di Pietro, ma Io. 21,15 col-
I. Il mandato apostolico (escluso Mt.
lega con l'apparizione del Cristo risor-
I6,I7-I9)
to il compito pa~ticolare di pascere le
Ln posizione particolare di Pietro pecore. In ogni caso è estremamente
non implica, finché vive Gesù, la gui- importante ch_e in I Cor. 15 ,5 Pietro

I~ Cfr. BotxV1]pytç (Mc. 3,17). Per l'uso rab- mata particolare all'apostolato fatta dal Signo-
binico vedi P. FrEBIG, Die Gleichnisreden ]esu re risorto vedi A. FRIEDRICHSEN, The Apostle
im Lichle der rabb. Gleichnìrse der 11eutesla· and his Message, Uppsala Universitets .Ars·
mentlicben Zeilallers (1912) 53. skrift 3 (1947) 3-23.
21 Vedi soprattutto H.v. CAMPENHAUSEN, Der
19 Cosl particolarmente ~ SIEFFERT 53.
11rchristliche AposJelbegrilf: StTh 1 (1948)
20 Per il problema della necessità di una chia- 112 s.
r35 (v1,103) IIÉ't'poç e I-2 n (0 . Cullmann)

appaia come il primo testimone ocu- stiani di svalutare la portata delle appa-
lare della risurrezione 22• Questo parti- rizioni del Cristo risorto per Ja costi-
tuzione dell'ufficio apostolico. Questa
colare è confermato indirettamente alla tendenza si è venuta sviluppando nella
Ene dell'episodio di Emmaus, dove i di- polemica contro l'apostolato di Paolo,
scepoli rimasti a Gerusalemme infor- che per il proprio mandato apostolico
poteva richiamarsi a un'apparizione del
mano i due tornati dà Emmaus che «il
Signore risorto. Abbiamo una testimo-
Signore è veramente risorto ed è appar- nianza esplicita di questa tendenza in
so a Simone» (Le. 24.34)- È tuttavia Ps. Clem., recogn. 2,62 e Ps. Clem.,
del tutto singolare che i vangeli non hom. 17,19 26 •
c'informino diffusamente su tale appa-
Questo silenzio non toglie comun-
rizione.
que nulla al fatto che Pietro ricevette
In base a Mc. 14,28 e 16,7 si po- da Gesù un incarico che dopo la pa-
trebbe supporre ragionevolmente che squa gli venne riconfermato dal Signo-
nella conclusione del Vangelo di Marco
andata perduta fosse narrato questo e- re risorto che apparve a lui per primo,
vento 23 • Il racconto di tale appari- e che mediante questi eventi egli ven-
zione potrebbe anche costituire il fon- ne implicitamente costituito prima le-
damento di Io. 21,15-23 24 • Su questo
punto non è però possibile raggiunge- gittima guida della comunità cristiana.
re una qualche certezza 25 • Di questo
fatto non ci restano che tenui tracce; 2. Il logion di Mt. 16,17-19
e allora ci si chiede perché questo e-
vento sia scomparso totalmente dalla a) C9ltocazione del logion. Il raccon-
narrazione evangelica. La spiegazione
più probabile di tale fenomeno va for- to nel quale sono inseriti i versetti di
se cercata nel tentativo dei giudeo-cri- Matteo che parlano di Pietro e della

2! F. KATTENBUSCH, Die Vorwgutellung des possibilità. Per contro K.L. SCHMIDT, Ka110-
Petrus und der Charakter der Urgemeinde zu nische und apokryphe Evangelien und Apo-
]erusalem, Festgabe fiir K. Mtiller (1922) 328; stelgeschichten ( 1944) 27 e N .B. STONEHOUSE,
ID., Der Spruch iiber Petrtu und die Kirche The \"f!itness o/ Mallhew a11d Mark to ChrisJ
bei Mt.: ThStKr 94 (1922) 130 cerca a torto (1944) 86 sostengono che le parole ~cpo~OV\l'fO
di negare questo fatto sostenendo che E!"tct yap sono l'effettiva conclusione del vangelo.
non va inteso in senso cronologico. Nell'elen- 24 Cosl già A. MEYER, Die Au/erstehung
co di I Cor. 15,5-8 l'ordine di successione non Christi (1905) 168.
è senza importanza. Il fatto che Pietro sia
2> ~ CULLMANN 62 S.
stato il primo a vedere il Signore risorto è
valutato in tutta la sua importanza da A. 26 O. CuLLMANN, Le problème lilléraire et
HARNACK, Die Verklarungsgeschichte Jesu, hislorique du roman pseudo-clémenlin (1930)
SAB (1922) 68; ~ GoETZ 4 s.; ~ STAUFFER :248 s.; C. HoLSTEN, Die Messiasvision des
8-9. Petrus und die Genesis des petrinischen E-
21 In base a Mc. r4,28 e 16,7 si potrebbe vangeliums (1867) 120. Gli scritti extra-ca-
proprio esser portati a postulare un tale rac- nonici contengono certamente moltissimo ma-
conto, come ipotizza, ad es., ~ STAUl'FER z 1- teriale riguardante la visione di Pietro. ~
12. Anche ~ GoETZ 73 . tiene conto di tale GoETZ 89-93.
137 (v1,104) Ill-rpoc; C 2 a (0. Cullmann) (VI,105) I 38

chiesa è riportato anche da Marco e da Matteo invece affievolisce l'unicità


Luca, ma senza costituire qui l'occasio- dell'avvenimento con un accorgimen·
to redazionale facendo confessare ai di-
ne o la cornice di questo logion di Ge- scepoli, già in un episodio precedente,
sù. In Matteo il nostro logion viene che Gesù è il Figlio di Dio (Mt. r4,33).
dopo la confessione della messianità di Anche da un punto di vista stilistico il
racconto di Matteo non presenta la stes-
Gesù a Cesarea di Filippo, mentre negli
sa precisione di quello marciano 28 • Ci si
altri due sinottici la sentenza non ap- deve inoltre chiedere se egli non abbia
pare affatto, né qui né altrove. interrotto il filo del racconto inseren-
dovi il logion diretto a Pietro. Sembra
Marco tramanda il racconto nella for- pertanto giustificato considerare la con-
ma originaria, come si può facilmente fessione di Pietro come un corpo estra-
dedurre dalla narrazione sobria e linea- neo inserito in una narrazione che con-
re degli eventi e, soprattutto, dalla po- danna come satanica l'opinione che Pie-
sizione centrale di questa pericope nel tro ha del Messia. Infatti la morale del-
piano del suo Vangelo. Gesù, che fìno l'episodio in Marco è proprio la corre-
a quel momento non ha permesso che zione delle idee messianiche di Pietro.
si parlasse della sua messianità, solleci- In questo contesto rimane incompren-
ta i discepoli a esprimersi su questo sibile la parola di Gesù sulla rivelazio-
argomento. A nome di tutti Pietro ri- ne divina fatta a Pietro.
sponde: «Tu sei il Cristo». Mentre vie-
ta loro di parlare con altri, Gesù spiega L'ipotesi più verosimile è quindi che
ai discepoli la propria concezione del- Matteo abbia cercato un posto ·adatto
l'ufficio messianico, che contrasta con
l'opinione corrente e con l'intensa at- per le parole di Gesù a Pietro conser-
tesa del popolo. Questa rivelazione di vate dalla tradizione orale (~ IV, col.
Gesù sconvolge talmente i discepoli, I54r) e abbia creduto di averlo tro-
che Pietro lo prende da parte per pro-
testare vivacemente contro questa con- vato nell'episodio della confessione mes-
cezione totalmente nuova della .figura sianica, indotto anche dal parallelismo
e della funzione messianica, facendo- formale tra le due affermazioni 'tu sei
gli presente che essi avevano seguito il Cristo' e 'tu sei Pietro'.
Gesù come Messia, ma avevano tutt'al-
tra idea dell'ufficio messianico. In Mar- Quando ci si mette in cerca della col-
co la scena si chiude con il brusco ri- locazione originale di Mt. 16,17-19 vien
fiuto di Gesù: «Vattene via da me, Sa- fotto subito di pensare a Io. 21,15-23:
tana» n. Matteo potrebb.e aver spostato questa

21 La protesta di Pietro costituisce il punto confessione del Messia era necessario mettere
saliente di tutto l'episodio di Cesarea e non in risalto la diversità delle concezioni messia-
un nuovo racconto, come sostengono R. BULT· niche. Persino Pietro, colui che pronuncia la
MANN, op. cii. (~ n . r2) 169-173; Io., Trad. confessione, sostiene la concezione 'diaboli-
277; K.L. ScHMIDT, Der Rahmen der Ge- ca' del Messia.
schichle ]esu (1919) 217-220; \VI. MICHAELIS, 23 Cosl, ad es., Matteo anticipa già la rispo-
Das Ev. nach Matthiius (Prophezei) II (1949) sto quando scrive: «Chi dice la gente che sia
339; ScHLATTER, Mt., ad I. La storia è stret- il Figlio dell'uomo?», mentre in Marco la do-
tamente connessa con il racconto precedente. manda ~ formulata in modo certamente più
Lo si vede proprio dal fatto che in vista della originario: «Chi dice la gente che io sia?».
139 (v1,ro5) IlÉ'tpoc; C 2 a-b (0. Cullmann) (v1,ro6) 140

apparizione del Cristo risorto al tempo rinnegamento e insieme anche il ravve-


della vita di Gesù, retrodatando, per dimento e la costituzione del gregge
così dire, l'avvenimento 29• Ma, per su di lui come roccia. Questo nesso è
quanto una simile ipotesi sia seducen- presente in Lr:. 22,3i-34. Matteo po-
te, non sembra verosimile che durante trebbe essersi servito di una tradizione
il suo ministero Gesù non abbia mai particolare nota, forse, anche all'auto-
spiegato il soprannome di Simone; per- re di Io. 21 ,15-23· che presuppone ap-
tanto è più ragionevole cercare la col- punto un episodio simile. Infatti l'im-
locazione primitiva delle parole di Ge- magine delle pecore che Pietro deve pa-
sù a Pietro nell'occasione del logion di scere implica quella del gregge e l'idea
Le. 22a I s., che fornisce un parallelo dcl gregge è molto vicina a quella del-
esatto di Mt. 16,r7-r9. Il dialogo di Le. la chiesa di Mt. 16,18 (~col. 144).
22,31-34 contiene la dichiarazione di
Pietro che è disposto a seguire Gesù ·Pertanto il logion di Mt. i6,17-19 va
anche in prigione, la predizione del rin- probabilmente collocato nella storia del-
negamento di Simone e l'incarico di la passione e collegato con la predizio-
Gesù all'apostolo di rafforzare i fratel-
li. Il passo di Io. 21,15-23 1 che va con- ne del rinnegamento di Pietro dopo
siderato un parallelo diretto di Mt. 16, l'ultima cena, alla vigilia della crocifis-
17-19, presuppone che durante la vita sione. Se questa è la probabile colloca-
di Gesù ci sia stata un'occasione come
quella descritta da Le. 22,31-34 . Anche zione originale del detto, dobbiamo
il passo giovanneo è comprensibile solo chiederci se esso è autentico e che cosa
premettendo quello lucano. A riscon- significhi propriamente.
tro del triplice rinnegamento di Gesù
abbiamo la triplice affermazione: «Si- b) L'autenticità del Jogion. Fin dal
gnore, tu lo sai che io t'amo»; alla di- sec. xix.si è messa seriamente in dubbio
chiarazione di Pietro fa riscontro l'an-
nuncio del martirio; all'incarico di raf- l'autenticità del logion con un'animata
forzare i fratelli fa riscontro quello di discussione che ha occupato ampio spa-
pascere il gregge di Cristo. Possiamo zio, ma nella quale gli esegeti non han-
quindi descrivere cosl il rapporto che no mai trovato una risposta unanime 30 •
lega Mt. 16,17-19, Le. 22a1-34 e Io.
21,15-23: il passo giovanneo lascia in- In genere, quasi tutti gli studiosi rico-
travvedere la conoscenza di un episodio noscono il carattere semitico della lin-
particolare della storia della passione, gua di Mt. 16,r7-r9 31, il quale compro-
secondo il quale Gesù avrebbe predetto
a Pietro, che aveva dichiarato di voler va che il logion non può aver avuto ori-
seguire il Signore fino alla morte, il suo gine nella diaspora greca: infatti il gioco

29 Cosl soprattutto ~ STAUFFER 26. 261-267; A. 0BPKB, Der Herrenspruch iiber


JO Per la storia dell'esegesi più ·recente vedi die Kirche Mt. 16,17-19 in der neuesten For-
J.R. GEISELMANN, Der pelrinische Primat schung: StTh 2 (1950) no-165; --> CULL-
( Mt. 16,17), seine neueste Bekiimp/ung und MANN 181-190.
Rechtfertig11ng, Bibl. Zeitfragen 12,7 (1927);
K.L. SCHMIDT, art. txx)."l)ala -+ IV, roll. 31 A. HARNACK, Dà Spruch iiber Petrus als
1537 ss.; R. BULTMANN, Die Frage nach der den Felsen der Kirchc (Ml. 16,17 /): SAB
Echtheit von Mt. 16,17-19: ThBI 20 (1941) (1918) 637; BuLTMANN, Trad. 277.
141 (v1,106) IIhpoç C 2 b (0. Cullmann) (v1,rn6) 142

di parole è perfetto soltanto in aramai- manda in sé legittima, si deve tentar di


co, dove non si hanno due parole di- mettere da parte tutta l'ecclesiologia po-
steriore e intendere il termine txxÀ.'l'}crloc
verse, come nella forma greca (itÉ't"poc;.•• nella sua accezione giudaica di 'popolo
-rti!:tpoc), ma la stessa parola ripetuta due di Dio' M. Bisogna considerare soprat-
volte (kéfii') 32. Anche il fatto che il tutto che i LXX usano il termine tx-
xÀ.11crla. più di cento volte (v. anche Act.
padre di Pietro sia chiamato Bar-Jo-
7,J8). La costituzione del popolo di Dio
na, l'espressione 'carne e sangue' ( = è implicita nella pretesa messianica. Cer-
uomo} 33, la forma ritmica, l'immagine tamente l'idea che Gesù ha del popolo
della roccia quale fondamento, per la di Dio si distacca profondamente da
quella comunemente accettata dal giu-
quale abbiamo un riscontro perfetto daismo sia per la parte che vi ha l'idea
nella letteratura rabbinica (Abramo, del resto d'Israele(~ IV, coll. 1556 s.),
roccia del mondo: ~ coll. 120 s.) 34, co- che equivale alle 'pecore perdute' (Mt.
10,6; 15,24), sia soprattutto per il ri-
stituiscono altrettante testimonianze del
lievo dato alla sofferenza del Messia. Al-
carattere semitico del detto, e quindi la messianica ricostituzione del popolo
della sua antichità 35 (~ v, col. 562). di Dio mira anche il 'nuovo patto' che
Gesù annuncia e insieme instaura, alla
Ma è verosimile che Gesù stesso ab- vigilia della sua morte, in occasione del-
bia già parlato di una chiesa che egli l'ultima cena (-Hl, coll. rn8 9 s. ). A que-
avrebbe edificato? È questa l'obiezione sto proposito è importante notare che
principale avanzata da sempre contro la setta di Qumran usa, tra gli altri, an-
l'autenticità del logion. Prima però di che il termine 'patto' per indicare la co-
rispondere negativamente a questa do- munità. Se la promessa di Gesù conte-

l1 Per M. GOGUEL, L'Eg/ise naissante (1947) della primitiva comunità di Gerusalemme,


189 n. 4 tale argomento non è affatto deci- quando ormai questa era guidata da Giaco-
sivo, giacché in un gioco di parole non è ne- mo. Certamente l'origine palestinese e l'anti-
cessario che la corrisponderu:a sia perfetta. chità della tradizione non sono ancora prove
" Nel N.T.: I Cor. 15,50; Gal. 1,16; Eph. 6, della sua autenticità, ma certamente ne costi-
12; Hebr. 2,14. Nell'A.T. non abbiamo tale tuiscono i presupposti necessari.
36 ~ IV, coll. lJJI ss.; L. RosT, Die Vorstu-
locuzione, ma la troviamo neUa letteratura
giudaica: Ecclus 14,18 e molto spesso come Jen von Kirche und Synagoge im A .T. =
espressione tecnica negli scritti rabbinici: BWANT IV 24 (1938). A me non pare ne-
STRACK-BILLERBECK I 730 e K.G. KUHN, TIE~­ cessario preferire l'equivalente ebraico k•nlJtii'
pa.aµ6ç - ttµap-rla - <Tap!; im N.T.: ZThK quale termine di base; meglio è lasciare aper-
49 (1952) 209. ta questa particolare questione. Cfr. M.J. LA-
GRANGE, op. cii. (___,, n. J}, ad l. La questione
~ J. JEREMIAS, Golgolha (1926} 73, che ri- non ha importanza decisiva poiché tutti gli
manda giustamente anche a Da11. 2,34 s. 44 s. equivalenti ('ed•ta', !ibbt1rd, k•ni!tii', qiihiil)
J5 Il fatto che solo Matteo riporti il logion rientrano nelle indicazioni del popolo di Dio.
è un'ulteriore indicazione dell'origine pale- Alla luce dei reperti di Qumran è necessario
stinese della tradizione: W. MICHAELIS, op. riesaminare tutta la materia. Il termine usa;
cii. (~ n. 27), ad l. Un altro argomento a to più frequentemente per indicare la comu-
favore della notevole antichità della tradizio- nità di Qu!llran è japad; sono usati inoltre
ne è costituito dalla considerazione che essa sOd, 'èda, 'eft1, b'rlt. Stranamente nei testi fin
non sarebbe stata altrimenti tramandata in qui studiati il termine qiihiil appare soltanto
un periodo in cui Pietro non era più a capo due volte.
143 (vr,106) Ilɕpoc; C 2 b (0. Cullmann) (v1,107) 144

nuta in Mt. 16,17-19 va veramente col- costoro Gesù vede, come nella propria,
locata nella cornice dell'ultima cena (--> l'inizio dell'imminente tempo della sal-
col. 140), la predizione della edifica- vezza 39 • Questa idea di ÉxXÀ.'l')<rlct si e-
zione deifixxÀ.'rjO'Let. assume in questo sprime nel N.T. con l'uso dei vocaboli
contesto un significato particolare. I 'pecore, pastore, gregge' 40 • Nella setta
verbi 'edificare' e 'costruire' mostrano di Qumran, nota grazie al documento
inoltre che Gesù, fedele alla genuina di Damasco e ai reperti del Mar Mor-
tradizione ebraica, ha rappresentato an- to 41 , il concetto di 'pastore' era abba-
che altrove il popolo di Dio quale casa stanza corrente (--> 1toiµ1}v) e cosl an-
d'Israele(~ vm, coli. 390 ss.). che l'idea di 'comunità'. In questo com-
Ma come può Gesù aver pensato di plesso rientra anche il logion del tempio
edificare questa casa nell'eone presente? (Mc. 14,57 s. par.; cfr. Mc. 13,2; Io. 2,
Trattandosi di Gesù questa domanda 19; ~ vn, coli. 858 ss.) che rappre-
non va posta nella prospettiva di una al- senta un parallelo perfetto di Mt. 16,17-
ternativa tra comunità presente e futu- 19. Secondo la tradizione sinottica Gesù
ra, poiché nella sua predicazione il re- avrebbe annunciato l'edificazione di un
gno di Dio deve ancora venire, eppure tempio non costruito da mano umana,
è già apparso nella sua persona (Ml. 12, e tale tempio non può essere che il po-
28; II,5) 37 • Il concetto di popolo di polo di Dio che egli avrebbe costituito.
Dio si riferisce tanto alla sua realtà pre- Anche nel logion del nuovo tempio
sente quanto alla sua realizzazione fu. compare l'immagine della costruzione,
tura. Gesù vede uniti in sé entrambi e ciò rende ancora più chiaro il paralle-
questi aspetti della realtà del popolo di lismo oggettivo e sostanziale con Mt.
Dio. Egli lega la fondazione delJa co- 16,17 (~VIII, coJl. 390 ss.).
munità alla propria persona; mediante Ma come può Gesù usare il futuro
lui si compie la costituzione del vero e dire 'edificherò' 1a mia chiesa? La
popolo di Dio, incominciando col grup- sua morte non significa forse l'irruzio-
po dei Dodici{--> II, coli. 1575 s.) che ne dell'era finale? 42 • C'è tutta una se-
riceve da lui l'incarico decisivo di an- rie di detti che contraddicono tale opi-
dare «alle pecore perdute della casa nione. Il tempo della preparazione mes-
d'Israele» (Mt. 10,6) 33• Nell'opera di sianica comincia con la predicazione e

37 W.G. KOMMEL, Verheirsung und Er/Ul· 39 BuLTMANN, op. cii. (-> n. 30) 27'), d'accor-
lung 1 ( 1953). do con A. Lo1sY, Les F.vangiles sy11op1iq11es
(1908) 23, è del parere che il fatto che Gesù
JS Gesù ha la consapevolc-aa che il compi- abbia raccolto attorno a sé una cerchia di di-
mento è presente nella propria persona, men- scepoli non ha a che fare con la 'chiesa'.
tre la prima comunità vede il compimento
40 BuLTMANN, op. cii. (-> n. 30) 268 conte-
nella chiesa. Ma il compimento nella perso-
na di Gesù porta direttamente al compi- sta tuttavia che nei passi sinottici ci sia l'idea
di un gruppo; inoltre in Giovanni le parole
mento nella comunità e, viceversa, quest'ul-
avrebbero tutt'altro ·significato.
timo rimanda a quello. Questo va sottolinea-
to contro W.G. KtiMMEL, Kirchenbegrif/ und •• L. RosT, Die Damaskusschri/1, KIT 167
Geschichtsbewus:rtsein in der Urgemeinde und (1933); K.G. KuHN, Die in Paliistìna gefun-
bei ]ems, Symbolae Biblicae Upsalienses I denen hehr. Texte rmd das N.T.: ZThK 47
(1943). il quale pensa che qui coesistano due (19,0) 199·
forme, affini ma inconciliabili, di consapevo· 4? Cosl A. SCHWElTZER, Dar Abendmahl im
lezza della storia e che pertanto il logion di Zusamme11hang mii dem Lebe11 ]esu und der
Mt. 16,17-19 non possa essere genuino. Geschichte des Urchri1te11Jum:r (1901) 61 s.
r45 (vr,107) Ilt'..-poc; C 2 b-<: (0."Cullmann)

le opere di Gesù, raggiunge l'apice alla Gesù stesso gli ha dato il potere di
sua morte, ma non si conclude a que- aprire l'ingresso nel veniente regno di
sto punto. La tensione tra presente e
Dio e di fare così il contrario dei Fa-
futuro dura oltre la morte sulla cro-
ce 43, come mostrano le parole sulla mis- risei che, con la loro missione, «chiu-
sione dei discepoli e anche quelle del- dono la porta del regno dei cieli» (Mt.
l'ultima cena. Non è quindi necessario 23,13). Cosl ciò che Pietro fa 'in terra'
negare l'autenticità del nostro Jogion
se si porge attenzione al contesto teo- avrà effetto 'in cielo' (~ v, coli. 566
logico oggettivo. Le 'porte dell'Ade' s.). Questo potere è espresso dai due
non prevarranno sul popolo di Dio, verbi 'legare' e 'sciogliere' (~ II, coll.
cioè sull'hxÀ:T)crlct. che Gesti edifiche-
rà (Mt. r6,r8b ~ 1, coll. 399 s.); il che 894 ss.), i quali significano che Pietro
significa che lo strapotere del regno dei ha la potestà di rimettere i peccati, ben-
morti 41 , fino ad ora indiscusso, ha tro- ché non si possa escludere del tutto
vato un limite, e che l'Ade, privato del- anche il secondo significato possibile,
la sua forza, deve spalancare le sue por-
te davanti alla potenza dell'ÈxxÀ:r10-lct.. cioè che l'apostolo ha l'autorità di fis-
In questo modo l'ÈxxÀ:T]CTL~ succede :i. sare delle norme 45 • Cosl, alle altre fun-
Gesù nelle sue funzioni in quanto pro- zioni che erano state già assegnate ai
lunga la vittoria che Gesù ha consegui-
ta sugl'inferi mediante la morte e la discepoli quando Gesù era in vita e che
risurrezione. La comunità della chiesa sono identiche a quelle esercitate da
partecipa quindi attivamente alla ri- lui stesso (Mt. 1r,4ss.; Mt. rn,7s.), si
surrezione, e perciò nell'analogia del-
viene ora ad aggiungere l'altissimo uf-
l'immagine si dice ancora che a Pie-
tro vengono date anche le chiavi del ficio della remissione dei peccati, che
regno dei cieli(~ v, coli. 562 ss.), del fino ad ora era stato riservato a Cri-
regno della risurrezione e della vita. sto, ma che questi adesso consegna a
Pietro, roccia su cui si fonda l'edifi- Pietro in vista della costituzione del po-
cio, ricevendo le chiavi del regno dei polo di Dio su questa terra. Certamen-
cieli direttamente da Cristo, il padro- te Pietro divide con gli altri discepoli
ne di casa (ls. 22,22; Apoc. 3,7), è il il potere di 'legare' e di 'sciogliere' (Mt.
mediatore umano della risurrezione al r8,r8), come è conforme appunto alla
quale compete. di far entrare il po- struttura interna del gruppo dei Dodici.
polo di Dio nel regno della risurrezione. e) Il significato del logion. Che cosa

O W. MrcHAELIS, Der Herr verziehl nichl Mt., ad I.


die Verheissung (r942); KiiMMEL, op. cii. 4.1I due verbi ('sr e Jr') permettono entram-
e~ n. 37) 38-40; O. CULLMANN, Christus be le interpretazioni: a) proibire e permei/e-
tmd dei Zeif ( 1948) 131 s. re, cioè fissare delle regole (così DALMAN,
"" Qui l'Ade designa certamente il regno Worte f. r r75s.; KLOSTERMANN, Mt., ad l.;
dei morti e non, in primo luogo, il regno del \Yl. M1cHAELIS, op. cit. [~ n. 27], ad l.) e b)
peccato e della perdizione. Cosl interpretano scomunicare e assolvere (per i passi rabbinici
anche KLOSTERMANN, Mt., ad I. e SCHLATTER, relativi v. STRACK-BILLERBECK I 738).
147 (vr,108) Ilhpo; C 2 e (0. Cullmann)

intende dire Gesù con le parole «SU compito che Pietro è chiamato ad assol-
questa roccia 46 edificherò la mia chie- vere rimane unico e rende cosl possi-
sa»? I Riformatori hanno sostenuto che b~le l'edificazione della chiesa. L'opera
la roccia indica la fede di Pietro ~ 7 ; ma di edificazione avrà una durata che non
tale interpretazione appare poco verosi- è fissata da Mt. l6,r7 s., mentre la po-
mile già per la collocazione probabil- sa delle fondamenta cli questo edificio
mente diversa in cui va considerato il è legata alla persona di Pietro che nella
brano (~col. 140). Infatti non è che sua azione è necessariamente limitata
l'episodio mostri proprio una gran fede alla durata della vita dell'apostolo (lo.
da parte di Pietro, mentre il parallelismo 21 ,28 ! ). Pietro riceve la potestà di 'le-
tra «tu sei Roccia» e «su questa roccia io gare' e di 'sciogliere'; ma tale potere
edificherò» mostra che la parola 'roccia' non dura illimitatamente anche nel fu-
indica sia nel primo che nel secondo turo, bensl limitatamente alla vita di
caso la medesima realtà, cioè Pietro. Pietro dopo la morte di Gesù.
È pertanto chiaro che per Gesù la pa- Nel N.T. incontriamo l'idea di una
rola 'roccia' indica la persona di Pietro, realtà permanente radicata in una real-
al quale egli ha imposto il soprannome tà unica e limitata: in Pietro, nel logion
di Roccia. Egli destina Pietro, il suo se- di Mt. 16,17-19, abbiamo l'espressione,
guace dal carattere cosi impulsivo, fa- potremmo dire classica, di tale conce-
cile agli entusiasmi ma anche agli sban- zione. Il compito affidato a Pietro va
damenti, ad essere il fondamento della pertanto visto unicamente nella pro-
sua txxÀ:r1crla. Fin qui l'esegesi catto- spettiva -della preghiera sacerdotale di
lica ha ragione nel rifiutare tutti i ten- Gesù, dove egli dice che la genera-
tativi protestanti d'interpretare diversa- zione futura crederà «per la loro ( =
mente questo dato di fatto; ma anch'es- degli apostoli) parola» (Io. I7,20 ). In-
sa pecca quando cerca cli leggere nel no- fatti il fondamento della chiesa non è
stro testo un accenno ai 'successori' di altro che la testimonianza della morte
Pietro. Nel logion non si fa parola di e della risurrezione di Gesù e dell'iden-
alcun successore; il suo significato si tità del Cristo che promette col Cri-
basa tutto sulla coppia di termini Pie- sto glorificato. Gli apostoli sono l'unico
tro-txxÀ:r1afa. Il logion dice soltanto irripetibile fondamento della comunità
che fo chiesa che verrà edificata nel fu- (Eph. 2,20; Apoc. 2r,14), e tra loro
turo si fonda su quella roccia unica che Pietro è il primo e principale testimone
è la persona, storicamente limitata e oculare della vita, della morte e della
definita, di Pietro. Ciò significa che il risurrezione di Gesù.

46 Cfr. Jeremias, o.e. (~ n. 34) spec. 73. un fondamento filologico a tale interpretazione
47 STRACK-BILLERBECK I 7.P cerca di dare risalendo all'aramaico.
1.19 (v1,109) Ilt-tpoc; D 1-2 (0. Cullmann)

D. GUIDA DELLA COMUNITÀ PRIMITIVA nella difesa del vangelo davanti alJe au-
E PRIMA ATTIVITÀ MISSIONARIA torità (Act. 4,8 e 5,29), nell'esercizio
DI PIETRO della disciplina ecclesiastica (Act. 5,1-
[ 1 ), nel controllo della missione in Sa-
r. II libro degli Atti narra come,
maria (Act. 8,14-17 ), nell'attività mis-
morto Gesù, Pietro esegua il mandato
sionaria a Lidda, loppe e Cesarea con
affidatogli. Da rappresentante di un
la conversione del pagano Cornelio
gruppo di discepoli riunito intorno al
(Act. 9-10) so.
loro rabbi, Pietro diventa la loro gui-
da riconosciuta. Certamente questa po- Dato che le lettere di Paolo appar-
sizione di guida è limitata nel tempo e tengono tutte ad un periodo posteriore
agli eventi narrati in Act. l-12, non vi
dobbiamo anche evitare di confonderla troviamo alcuna informazione circa que-
troppo con l'episcopato monarchico di sta parte dell'attività di Pietro, fatta ec-
un'epoca successiva. Esula dai nostri cezione per la breve notizia di Gal. r,
r 8 riguardante il primo soggiorno di
compiti presenti tratteggiare la storia Paolo a Gerusalemme ove ebbe occasio-
del primo cristianesimo in connessione ne di conoscere Cefa. È giusto che Pao-
con la persona di Pietro o1a. Qui dob- lo intraprenda i1 viaggio soltanto per
biamo limitarci a trattare alcuni punti incontrarsi con Cefa, giacché egli sa evi-
dentemente che questi sta a capo della
particolari, importanti per la discussio- comunità gerosolimitana. Comunque
ne del significato di Pietro nella storia Paolo s'incontra anche con Giacomo
della salvezza. che, quale fratello di Gesì1, aveva già
nella comunità un ruolo importante ac-
La sua posizione di guida appa- canto a Pietro.
re nell'elezione del dodicesimo apo-
stolo (Act. x, r 5). nella spiegazione del 2. Dopo l'arresto ordinato da Erode

miracolo di pentecoste (Act. 2,14), nel- e la sua liberazione, Pi~tro lascia la cit-
la guarigione del paralitico ( Act. 3, I ) 49 , tà santa (Act. r2,17), dove om abbia-

4l! ~ CuLLMANN 30-169. accertato nel quarto Vangelo(-+ coli. 130 ss.).
4? In modo del tutto inaspettato qui e nel SO Forse già a Gerusalemme Pietro aveva as-
resto del racconto Giovanni appare costante- sunto una posizione mediana tra giudaisti cd
mente accanto a Pietro. Il modo in cui Gio- ellenisti: cfr. W. GRUNDMANN, Das Problem
vanm e introdotto nella narrazione e il fat- des beli. Chrisle11lu111s innerhalb der jemsale·
to che egli faccia da semplice comparsa, mer Urgemeinde: ZNW 38 (r939) 54. Questi
possono indurre a credere che il suo nome riconosce un nucleo storico nel racconto della
sia stato aggiunto accanto a quello di Pietro conversione di Cornelio per mezzo di Pietro;
in un secondo momento. Se l'anonimo disce- dr. anche W. GRUNDMANN, Die AposJel
polo prediletto di cui parla il quarto Van- zwischen Jerusalem tmd Antiochia: ZNW 39
gelo fosse stato già in questo periodo identi- (1940) 132-136. Per M. DIBELIUs, Das Apo-
ficato con Giovanni, ci si potrebbe chiedere slelkonzil e Die Bekehmng des Cornelius in:
se la menzione di Giovanni accanto a Pie- Aufsiitze zur Apostelgeschichte ( 19:;1) 85.96
tro nel racconto degli Atti non corrisponda s. il racconto va attribuito sostanzialmente al-
a una tendenza analoga a quella che abbiamo le tendenze dell'autore degli Atti.
151 (v1,109) ·IIÉ-Tpoc, D 2 (0. Cullmann) (v1,no) 152

mo Giacomo a capo della comunità, e stava più v1crno a Paolo degli altri
si dedica completamente all'attività mis- membri della missione gerosolimita-
sionaria 51 • Negli Atti Pietro appare an- na S4. Questo si deduce chiaramente dal
cora una volta sola, in occasione del co- modo in cui Paolo parla di lui pro-
siddetto concilio apostolico (Act. I 5 ), prio quando Io deve rimproverare (Gal.
che probabilmente va identificato con 2,14). Paolo rimprovera a Cefa soltan-
l'incontro narrato da Paolo in Gal. 2,1- to di essersi comportato contrariamen-
52
IO • Secondo gli Atti lassemblea non te alle sue intime convinzioni e di ave-
è presieduta da lui, ma da Giacomo; re finto per paura (Gal. 2,II s.). Que-
anche Paolo, parlando delle 'colonne' sto particolare si adatta bene alla de-
della comunità (Gal. 2,9), non nomina scrizione psicologica di Pietro che ri-
per primo Cefa, bensl Giacomo 53 • L'ac- caviamo dai sinottici. D'altra parte dob-
cordo raggiunto in questa occasione nel biamo dire, ·a suo discarico, che nella
senso che Paolo e i suoi collaboratori sua qualità di dirigente della missione
vadano ai pagani e quelli di Gerusalem- gerosolimitana Pietro si trovava, rispet-
me ai circoncisi, porta, anche ufficial- to agli inviati di Giacomo, in una po-
mente, l'attività missionaria di Pietro a sizione molto più difficile di Paolo, che
dipendere da Giacomo, mentre Paolo era indipendente. Inoltre questo con-
è legato a Gerusalemme soltanto dal flitto deve aver portato Pietro ad
vincolo della colletta comune. A que- affrontare un dilemma veramente dolo-
sto punto Pietro non è che il respon- roso, al quale sembra accennare I Clem.
sabile della missione giudeo-cristiana 5 ricordando i diversi n6vo~ che l'apo-
che è posta sotto la guida e il controllo stolo dovette sopportare a causa delle
diretto di Gerusalemme. gelosie interne (~ coll. 157 s.). Il fat-
Bisogna sottolineare qui che Pietro to 15 che Pietro debba 'temere' gl'inviati

SI La ragione per cui Pietro lascia Gerusa- 18 ( 1950) I S.


lemme, dove dopo il suo arresto la guida del- Sl In un testo di questo genere l'ordine di
la comunità passa a Giacomo, può essere successione non può certo essere casuale. Se
collegata alla persecuzione che ha colpito solo ne sono ben resi conto gli antichi copisti, co-
lui e non Giacomo. Non si sarebbe potuto ri- me attestano le varianti testuali. Il cod. D
petere qui quanto era avvenuto dopo la perse- che pone Pietro avanti a Giacomo offre cer-
cuzione contro Stefano? In quell'occasione fu. tamente la lectio facilior.
rono colpiti solo gli ellenisti, mentre i Do-
dici poterono restare a Gerusalemme (Aci. 8, SJA ragione E. HIRSCH, Petrus und Paufus:
1). Allora avremmo un'altra prova del fatto ZNW 29 (1930) 64 sostiene, contro H. LIETZ·
che Pietro era più vicino a Paolo di quanto MANN, Zwei Notize11 zu Paulus: SAB (1930)

non lo fossero gli altri membri della comunità 154, che non è giusto considerare Pietro sem·
gerosolimitana. plicemente come l'esponente del punto di vi·
sta gerosolimitano.
s2 Un'esauriente esposizione dello sJaJus quae-
slionis in W.G. KuMMEL, Da.r Urchristentum: ssCosl specialmente F. OVERBECK, Ober die
ThR 14 (1942) 82; 17 (1848/49) 3 s. 103 s.; Au/fammg des Slreites des Paulus mii Petrt1s
153 (v1,no) fIÉ-rpoç D 2 - E I (0. Cullmann} (vr,u 1) 154

di Giacomo dimostra chiaramente che terpretazione deliri persona e dell'o-


in questo periodo non si può più par- pera di Gesù alla luce della figura
del Servo di Dio sofferente, sia dovuta
late di u~ primato di Pietro: il primato proprio a Pietro. In Act_ 3 e 4 Gesù è
è ora nelle mani di Giacomo 56 • chiamato quattro volte nai:c; IXÙ>tou op-
pure 1tai:c; O'ou ( = >tou ikou; ~ 1x, colI.
3. La situazione difficile in cui si tro- 403 ss.; 412 s.): in Act. 3,13 (con ri-
vò Pietro era dovuta proprio al fatto ferimento a Is. 52,13); in 3,26 (dove si
ch'egli era teologicamente più vicino a tratta addirittura di un titolo cristolo-
Paolo che ai suoi mandanti di Gerusa- gico vero e proprio); in 4,2 7.3 o (in un
lemme. È vero che non sappiamo molto testo liturgico, ove 7tct.i:c; mostra quasi
della teologia di Pietro e dobbiamo ba- la tendenza a diventare nome proprio).
sarci su deduzioni e inferenze, giacché Di questi quattro versetti, gli unici in
anche se si considera genuina la prima tutto il libro degli Atti in cui Gesù
Lettera di Pietro, abbiamo una base sia chiamato cosl, due si trovano in di-
troppo limitata per un giudizio. Tut- scorsi di Pietro e due in una preghiera
tavia, proprio in occasione del conflitto ch'egli pronuncia insieme con gli altri
ad Antiochia, vediamo quanto l'univer- discepoli. Forse non è troppo arrischia-
salismo di Pietro fosse vicino all'atteg- to attribuire all'autore degli Atti il ri-
giamento paolino verso i pagani. Evi- cordo che proprio Pietro abbia visto in
dentemente, stando in compagnia di Gesù il Servo di Jahvé. Sarebbe com-
Gesù Pietro ha imparato che la salvez- prensibile che il discepolo che. prima si
za è offerta a tutti coloro che «verran- era opposto così violentemente alla via
no dall'Oriente e dall'Occidente e si della sofferenza che il suo Signore vo-
siederanno a tavola, nel regno dei cieli, leva percorrere, poi alla luce della re-
con Abramo, Isacco e Giacobbe» (Mt. 8, surrezione di cui fu, secondo I Cor. 15,
l I). Ma questo universalismo sembra 5, il primo testimone, abbia procla-
aver radici teologiche ancor più profon- mato la necessità della sofferenza e del-
de, e fondarsi sulla comprensione, ac- la morte di Cristo.
quisita dopo le apparizioni del Cristo
risorto, che la morte di Cristo ha E. ULTERIORE ATTIVITÀ MISSIONARIA
valore espiatorio. Non è lecito conside- E MORTE DI PIETRO
rare la teologia della croce come con-
quista esclusivamente paolina. Potreb- r. Della seconda metà dell'opera mis-
be darsi che la più antica cristolo- sionaria di Pietro non sappiamo prati-
gia che abbiamo nel N.T., cioè l'in- camente nulla, se non che ci fu (I Cor.

in Anliochien bei den Kirchenviitern ( 1877); guarda proprio l'espressione cpopouµEvoi; di


A.M. WoELLMECKI!, Ein neuer BeiJrag :r.ur Gal. 2,12. Secondo loro, q>of3oiiµEvo.; signifi-
alten Kcphosfroge: Jahrbuch von St. Gabriel cherebbe qui che Pietro temeva delle difficol·
(1925) 69-ro4. tà (da parte, in questo caso, di un inferiore).
Ma tale interpretazione è in contraddizione
56 Nella loro critica a -+ CuLLMANN, Petrus, con l'uso costante del verbo che, negli altri
i teologi cattolici hanno giustamente notato passi, indica sempre il timore verso un supe-
l'importanza decisiva che ha, per la questione riore o di un'istanza superiore. Inoltre è del
del primato, il ruolo storico che questo libro tutto conforme all'immagine di Pietro tratteg-
riconosce a Giacomo. Il maggiore argomento giata dai vangeli che l'apostolo venga preso,
con cui gli studiosi cattolici cercano di smi- proprio nel momento decisivo, dalla paura
nuire la posizione preminente di Giacomo ri- dell'autorità superiore.
l,55 (vr,nx) JU'tpO~ E 1·2 (0. Cullmann) (v1,n2) lJ6

9'4 s.). L'introduzione della prima Let- che Pietro sia stato personalmente in
tera di Pietro ( l,l) sembra presupporre quella città YJ.
una sua attività missionaria in Asia Mi-
nore. Il suo nome è collegato soprattut- 2 . Più importante è il problema, di-
to a tre centri missionari: Antiochia, battutissimo, se nel corso della sua at-
Corinto e Roma. La tradizione che at· tività missionaria Pietro si sia recato
tribuisce a Pietro la fondazione della anche a Roma e vi sia morto martire.
chiesa di Antiochia storicamente non Essendo questo problema strettamente
tiene, nonostante la sua relativa antichi- congiunto con la questione del primato
tà. Infatti secondo Aci. rr,19 i cristia- papale, ovvero con la pretesa di prima-
ni dispersi dalla persecuzione di Ste- to del vescovo di Roma, la polemica
fano giunsero in quella città, mentre gli confessionale ha per più versi influen-
apostoli erano restati a Gerusalemme zato la discussione su questo punto.
(Aci. 8,r ). Secondo Gal. 2,r r-14 Pietro Una risposta a questo interrogativo è di
si trova ad Antiochia in un momento competenza esclusiva della pura ricer-
successivo. La notizia incontrollabile ca storica e noi non possiamo adden-
della tradizione, secondo cui Pietro sa- trarci qui in tutti i particolari, giacché
rebbe stato fondatore e primo vescovo la controversia su questo problema, che
della comunità antiochena, è importan- dura da secoli e si potrae ancor oggi (XJ,
te soltanto nella prospettiva della pre- oltre che sugli scritti del N.T. si basa
tesa del vescovo di Roma di applicare anche e soprattutto su testimonianze
solo a se stesso Mt. 16,17-19 51 • Altret- letterarie extra-canoniche e post-cano·
tanto incerte sono le informazioni sul niche dell'antica letteratura cristiana,
soggiorno di Pietro a Corinto. Certo su documenti liturgici più recenti e su
questo soggiorno è possibile; ma alla scavi archeologici. Dobbiamo solo ri-
notizia di Dionisio di Corinto 58 , secon- cordare che non c'è alcun documento
do la quale Pietro avrebbe predicato precedente alla seconda metà del II se-
in questa città, non si può dare molto colo che parli esplicitamente del sog-
credito, perché afferma anche che l'a- giorno e del martirio di Pietro a Roma.
postolo sarebbe stato uno dei fondatori Per quanto riguarda il martirio in sé,
della comunità. I Cor. 3,6 e 4,15 esclu- abbiamo l'antica tradizione di lo. 21>18
dono assolutamente una cosa del gene- s. Anche I Petr. 5 1 1 e 2 Petr. l,14 sem-
re, e anche l'esistenza di un partito di brano presupporre il martirio cli Pietro.
Cefa a Corinto {I Cor. 1,12) non prova Per quanto riguarda il soggiorno roma-

57Orig., hom. in Le. 6 (MPG 12,1815 A); L'apotre Pierre a-t-il joué son rote personnel
Eus., hist. ecci. 3,J6,2.22; Chrys., hom. in Ign. danr les crises de Gr~ce et de Galalie?: Rev
(MPG 50,591); Hier., Gal. 1,2 (MPL 26,J40 ThPh 14 (1934) 46i.
B); Hier., de viris illustribus 1 (MPL 23,607 60 In ~ CuLLMANN 73-169 si dà la biblio-
B-609A). grafia recente e una discussione più partico-
58 Eus., hist. ecci. 2,25,8. lareggiata della questione del soggiorno di
s~ Tra i sostenitori di un soggiorno di Pie- Pietro a Roma e della controversia provocata
tro a Corinto ricordiamo MEYnR, Ursprung III da H. LIETZMANN, Pelrus und Pa11lu1 in
441; HARNACK, Miss. 63 n. 2; H. LIETZMANN, Rom l (1927), sostenitore del soggiorno roma-
Die Reisen der PetruJ: SAB ( 1930) 153. Tra no dell'apostolo. L'oppositore principale della
gli oppositori di tale teoria abbiamo W. tesi del Lietzmann è stato K. HEoss1, in par-
Bt.UER, Rechtgliiubigkeil und KeJ~erci im iii· ticolare col saggio War Pelrus in Rom?
terten Chrfrtenlum (1934) u7; M. GOGUEL, (1936). La discussione continua ancora.
157 (v1,112) Ilhpoç E 2 (0. Cullmann)

no di Pietro, non si può dare troppo portante per la soluzione di questo pro-
peso al silenzio degli Atti, perché que- blema è la prima Lettera di Clemente.
sti non parlano per niente deUa fine di I Clem. 5 non dice espressamente che
Pietro e neanche di quella di Paolo. Pietro sia morto martire a Roma; ma
Importante è invece il silenzio della nel corso di una lunga pericope dedica-
Lettera ai Romani, perché dimostra che, ta alle <(conseguenze della gelosial>, l'au-
se non in linea dì principio, la presen- tore parla della morte di Pietro (e di
za di Pietro a Roma è da escludersi al- Paolo) con accenni a precise situazioni
meno per il periodo in cui fu composta particolari che possono riferirsi soltan-
la lettera. Come testimonianza indiret- to a Roma. Questo passo sembra au-
ta è però interessante Rom. IJ,20 s., torizzare la conclusione che Pietro sia
giacché secondo questo passo la comu- rimasto (insieme con Paolo) vittima del-
nità fu fondata molto probabilmente, la persecuzione neroniana mentre si tro-
se non da Pietro, certo da alcuni giu- vava in qualche modo implicato nei
deo-cristiani (v. anche Act. 2,rn). Se- conflitti interni della comunità. A so-
condo l'accordo raggiunto a Gerusalem· stegno del martirio romano di Pietro
me, e al quale qui sembra riferirsi Pao- si può citare, con molte riserve, an-
lo, sarebbe logico e naturale che Pie- che un'altra testimonianza antica : Ign.,
tro, il responsabile dell'attività missio- Rom. 4.3·
naria dei giudeo-cristiani, fosse venuto Le antiche fonti non c'informano
una volta a visitare 1a comunità della affatto sull'attività di Pietro durante
capitale delI'impero, tanto pit1 che ci la sua (verosimilmente breve 63 ) per-
sono indizi di difficoltà che sarebbero manenza a Roma. Prima del IV seco-
sorte, a un dato momento, tra la com- lo non si parla d'un suo episcopato
ponente giudeo-cristiana e quelia etni- romano. Dalla seconda metà del 11 se-
co-cristiana delia comunità (I Clem. 5 colo comincia tuttavia a delinearsi con
e forse Phil. 1,15 ss.), come sembra ri- sempre crescente precisione la tradi-
sultare anche dal contenuto di tutta la zione del soggiorno e del martirio di
Lettera ai Romani. La prima Lettera Pietro a Roma. Una simile tradizione è
di Pietro, sia o non sia autentica, nel conosciuta da Ireneo, Tertulliano, Cle-
suo saluto (5,13) attesta un soggiorno mente Alessandrino, Origene e dal pre-
romano di Pietro: è infatti generalmen- sbitero romano Caio. Quest'ultimo of-
te ammesso (~ H, coli. II s.) che qui fre alla tradizione di Pietro a Roma un
Babilonia indica molto probabilmente sostegno topografico 64 • Alcuni credono
Roma 61 • Più di recente si è voluta ve- che i recenti scavi sotto la basilica di
dere un'ulteriore testimonianza del mar- S. Pietro confermino la notizia del pre-
tirio romano di Pietro in Apoc. n,3- sbitero circa il tropaion ai piedi del Va-
12 : secondo alcuni i due •testimoni' non ticano 65 ; ma manca ancora una prova
sarebbero altri che Pietro e Paolo 62 • archeologica sicuro che permetta di dire
Il documento di gran lunga piì:1 im- che il monumento a colonne che gli ar-

61 Per le varie interpretazioni proposte dagli gnete 3,22 e risalente al polemista anticristia-
esegeti 4 CULLMANN 88-92. no Porfirio.
62 J. MuNcK, Petr11r und Paulur in der Of- 64 Eus., hist ecci. 2,25,7.
fenbarung Johanne; (1950). 65 B.M. APOLLONJ-GHETTJ, A. FBRRUA, E.
61 Un breve soggiorno romano di Pietro è at- KIRSCHBAUM, E, Jos1, Esplorazioni 10110 la
testato dalla notizia riportata da Macario Ma· Con/essio11e di S. Pielro in Vaticano (1951).
159 (vr,112) 1tTJYTJ A I (W. Michaelis) {VI,113) 160

cbeologi sono riuscltl a ricostruire sia no affatto di identificare una tomba di


effettivamente quel tropaion. Comun- Pietro.
que questi scavi vaticani non permetto· O. CULLMANN

A. 'ltiJYlJ FUORI DEL N.T. Pers.238). Sempre secondo tale uso mi-
YTJ può significare origine, causa, ad es.
Xenoph., Cyrop. 7 12,13: al -dxva.t ~
I. 1t'l1YTJ significa fonte, sorgente 7C1)ycic; q>ML -rw\I xa.Àwv EtvaL, «le arti
(d'acqua). Fin da Omero indica la sor- che sono considerate origine delle cose
gente di ruscelli e fiumi, mentre per le belJe»; Plat., Phaedr. 245 c: 1t1)Y'ÌJ xcx.t
fonti artificiali, la cui acqua non scorre cipx1J xw1)cm,,<;, «origine e principio
poi in un rusceilo, si usa il termine del movimento»; Plut., de Herodoti
xplJVTJ (nel N.T. XpTJVTJ = fontana, fon- maligni/ate II (II 856 e): tXPX'Ìl\I O~ xat
te, non è usato; abbiamo invece cppfo.p 7t'TJYlJ\I °t'W\I Émq>tx.\IECT't"<X:rwv xcx.t aa.01.-
= pozzo). Tutte le sorgenti d'acqua, À.LXW°t'cl't'W\I YEVW\I, «principio e origi-
sia le fonti naturali che le xpfjva.~ (e ne delle stirpi più illustri e regali»;
persino i cppÉa'ta. e le condutture idri- Plut., lib. educ. 7 (II 4 e); 'ltiJY'lÌ yàp
che), erano considerate nell'antichità xcxt pl~cx. xa.À.oxaycx.i}lac;, 't'Ò voµlµou
sede o proprietà di esseri divini ed ave- 'tUXEt\I 7ttx.toda.ç, «fonte e radice della
vano cosl una parte rilevante nel cul- perfetta nohil,tà d'animo è infatti il go-
to 1• L'uso traslato di mirn è molto an- dimento· di un'educazione regolare» 2 •
tico, ad es. parlando di lacrime: nl}yat Nelle iscrizioni si nominano spesso sin-
xÀavµ<i'tW\I (Aesch., Ag. 887 s.), mi- gole sorgenti, ad es. Ditt., Syll. 3 '46
ya.t Sa.xpuwv (Soph., Ant. 803), oppu- A II e B 5 (m-11 sec. a.C.); Ditt., Or. 1
re in senso più generale per indicare 269,:z (241 a.C.); II 634,2 s. come ti-
l'abbondanza o il flusso copioso di qual~ tolo di merito di un funzionario di Pal-
cosa, ad es. mryat y0:.À.a.x-toc; (Soph., mira: ÉmµEÀ.l)'t'Ì)ç... "Eqixac; m}yi)ç
El. 895; Suid.: 7tl}yàc; y6.À.a.x-toc;· 1to- (161/2 d.C.; cfr. l'iscrizione in Ditt.,
À.Ù yciÀ.a. wc; 1tl}yac; oa:xpuW\I, 1tOÀ.À.c1l Syll.' 281,24ss. [v sec. a.C.] che men-
orixputt, <donti di latte significa molto ziona la Émµ.ÉÀ.Eta. 't'W\I Xpl)\IW\I e la
latte, come fonti di lacrime significa sezione 7tEpt 'tàc; xpawxc; dell'iscrizione
molte lacrime»), 1ta.yà btlwv (Pind., di Andania, Ditt., Syll.' 736,84 ss. [94
Pyth. 4,299), 1t'TJY-/i apyvpov (Aesch., a.C.] )3. L'uso linguistico dei papiri è
1tT)y{) n. 24.
1 Per l'ambito greco-romano cfr. H. HERTER, 2 Cfr. PAssow e LIDDELL-ScoTT, s.v.
art. 'Nymphai 1.' in PAULY-W. 17,1527-1581, 3 L'importanza delle istall112ioni idriche pub-
spec. 1535 s.; M . NrncK, Die Bedeu111ng des bliche è chiaramente attestata anche altrove.
Wassers im Kult und Leben der Alten: Phi- Cfr. d'altra parte la superba affermazione di
lol. Supplement-Band 14,2 (1921) passim. Per Callimaco (epigr. fr. 28,3 s. [i1 88): oUli'ànò
l'argomento in generale dr. J. HEMPEL, art. xP1'JVTJi; (conduttura idrica) 1t('llW' atxx11lvw
'Quellen', in RGG 2 IV 1668 s. (con bibl.). -..+ (detesto) 7ta\l'fci 'fcl liTJµ60'14.
161 (vr,113) 7t1JYlJ A 1-2 (W. Mich:iclis)

del tutto conforme a quanto è stato det- cppfop voa-.oç ~W\l't"O<; (dr. Cant. 4,15),
to sopra 4• contrapponendo volutamente l'acqua di
fonte all'acqua piovana della cisterna
2 . Nei LXX mffii è usato in circa (o all'acqua freatica); cfr. anche I er. 2,
100 passi, ove rende tutta una serie di r3. Le sorgenti nominate nell'A.T. so-
parole ebraiche: circa 30 volte 'a;tn no sempre imbrigliate, sono cioè fonta-
(che in questa accezione è tradotto sem- ne. Si spiega cosl come la stessa fonte
pre con TITJYTJ), circa 20 ma';an (sem- venga (Gen. 16,7; 24,16) chiamata ora
pre = 7tlJY1i ), inoltre maqom, mabbUa', 'a;i11/rr;rrr1i. ora (16,14; 24,20) b"'ér/
ecc. Oltre a 7tl]y1} troviamo anche xp1}- rppÉap.
VlJ: Ecclus 48,17 e 6 volte in 2-4 Bmr. La povertà d'acqua dcl paese ha fat-
(qui l'ebraico legge sempre berékd = to sl che <la sempre le sorgenti che sgor-
laghetto, stagno artificiale). Più di 50 gavano dal suolo venissero contenute
volte incontriamo cppfop, quasi sempre con opere idriche e che si dedicasse par-
per b"'ér, che a sua volta è tradotto qua- ticolare cura alla manutenzione delle
si esclusivamente con cppfop. Le ecce- fonti ottenute scavando per raggiunge-
zioni sono dovute al fatto che talora re una falda d'acqua o una sorgente sot-
rppfo.p traduce bor e che talora be'er è terranea 6• L'importanza delle sorgenti
tradotto anche con À.axxo<;, cisterna 5. è sottolineata dal grande numero di sor-
La differenza tra pozzo e cisterna non è genti ricordate, con o senza nome, nel-
quindi stata osservata in questi casi, for- l'A.T. (molte sorgenti sono legate ad
se anche perché i termini b"' ér e bar si importanti eventi della storia vetero-
scambiano facilmente. Pozzi e cisterne testamentaria, tuttavia non costituisco-
sono simili perché in entrambi l'acqua no mai un luogo sacro in senso ex-
si raccoglie sotto terra; ma la differen- trabiblico ). L'importanza vitale delle
za è che solo le cisterne servono a rac- sorgenti è sottolineata anche dal.le pa-
cogliere e conservare l'acqua piovana. role minacciose di Os. 13,15; !Ep. 28
Per questo rispetto la cisterna non si (Jr ),36, dalle promesse di Is. 35,7; 41,
differenzia solo dal pozzo, ma anche no- 18; 49,10; 58,n, dall'immagine escato-
tevolmente dalla fontana e dalla sorgen- logica di Ioel 4 18: 7tlJYTJ È~ otxov xv-
1

te naturale. In questa differenza è im- plou Èl;EÀEUCTE'tltL, «una sorgente scatu-


plicita anzi una vera e propria contrap- rirà dalla casa del Signore» (cfr. Ez-47,
posizione; cos} Gen. 26,19 pada di un 1 s.; Zach. 14,8); sta inoltre all'origine

• PRE1s1GKE, Worl.11 303; MouLToN-MILu- mento a I er. 2,r3, il (l&.7t'tL<7J.1<.t cristiano, che
GAN 5n, s.v. Nei papiri magici I'lllìwp 'lto'tti.- è UOWp "tfjç l;w·i'jç (dia/. l4,l; cfr. II4,5; 140,
µtov è molto importante, ma talora è richie· l s. ), alle lustrazioni giudaiche che sono (lci-
sto anche l'Olìwp mircti:o\I; ad es., PRl.!ISEN· 7t't~aµo; ... ci:vwcpE).Èç -.?> 'tW\I ì..&.xxwv (dia/. 19,
DANZ, Zauh. IV 2456. 2). Cfr. anche l'interpretazione messianica di
5 Per Sap. lo,14 cfr. J. F1cttTNER, Weirheit Is. 35,r-7 in Iust., dia/. 69,5 s. Per espressioni
Salomos ::::: Handbuch zum A.T. II 6 (1938) affini nei LXX ~ otljiaw u, coli. 1332 ss.
38.41. Nel N.T. non compare il termine ).ci:x- [BERTRAM],
xoç. Cfr. 1 Clem. 45 16: ).ocxxoç ).f6v-.wv (ri· ·6 Cfr. H. GuTHE, art. 'Pallistina' parte v: 'Be-
ferimento a Da11. 6 dove, secondo quanto so- wlisserung und Fruchtbarkeit', in RE> 14,591
stiene A. BENTZEN, Dan. 6, in Festschr. A. s.; J. BENZINGER, art. 'Wasserbauten', ibid.
Bertholet [1950] 59 s., la famosa fossa sareb· 21,10-12; P. THOMSEN, art. 'Bewasserung und
be una cisterna). Importante è la differenza Wasserversorgung', in RLV 2,IC>-r4; K. GAL-
trn miYl'I e À.cixxoç nel linguaggio simbolico LING, art. 'Wasserversorgung', in Biblisches
cristiano. Giustino contrappone, con riferi- l<eal/e:.:iko11 (1937) 534-536.
1tYJYll A 2-3 (W, Michaelis)

del largo e vario uso traslato di 7t'YJYYJ ancora come un nome astratto.
di cui abbiamo esempi neil'espressione
'itl)ya.t oaxpuwv (Ier. 8,23; ~col . 159), 3. Filone usa il termine 1tlJYTJ 150
nella lirica erotica (Cant. 4,12.15), nei volte, prevalentemente in senso trasla-
proverbi che riguardano la vita ses- to. Anche là dove, rifacendosi a passi
suale (Prov. 5,16.18; 9,18 e; inoltre 4, <lell'A.T .• parla di sorgenti in senso
21 ['aiin = occhio scambiato con 'ajin stretto, l'Alessandrino passa all'inter-
= sorgente]) e, soprattutto, nella fre- pretazione allegorica. In questa accezio-
quente locuzione 1tTffYl ~wfjç. L'espres- ne traslata 1t1'))'TJ (spesso assodata con
sione 7t1')i'TJ ~wf]ç, «fonte di vita», è à.pxil: ~ col. 160) significa origine,
usata spesso nella letteratura sapienzia- causa : ad es., EÀ.itlç, 1J 1trJYTJ 'tWV alwv
le per indicare il fine del comportamen- (praem. poen. 10); 'tÒ o'O.wrov 7t1')y7)
to o dell'azione saggia e molto spesso Y.UXW\I (spec. leg. I,121), cfr. àVLCJ'6"C'Y)·
potrebbe essere tradotta con fortuna 'ttt, TIJV <ÌOLxlaç &.px1}v, ÉV1)q>U\ILCTE\I
(Prov. 10,IIj 13,14; 14,27; 16,22; 18, LO'O'tT]'tL, il-rLc; fo'tt 1t1')j'lJ OLX<l.LOO'U\l'ijt;,
4; Ecclus21,3) 1 • Quando però, fuori «la disuguaglianza, principio dell'ingiu-
degli scritti sapienziali, è riferita a Dio, stizia, sparl davanti all'uguaglianza, che
l'espressione manifesta tutta la sua pro- è fonte di giustizia» (leg. Gai. 8 5 ); É·
fondità . Il salmista confessa {4' 35,ro): m1h.iµt'.a ... ti.7taV'tW'J 7tllYlÌ -twv xa.xwv,
ltapèt o-ot 7tTff(} SWiiç, ÈV 't@ <pW'tl O'OU «la brama, che è fonte di tutti i ma-
ò\)Jop.e:ikt. cpwc;, «presso di te è la fonte li» (spec. Jeg. 4,84); 1trJYTJ ot 7taV'tW\I
di vita, nella tua luce vedremo la lu- abLXT]µa-rwv àl}EO'tT]t;, «fonte di tutti
ce» 8• Chiamando i cieli a testimoni, Dio le ingiustizie è l'ateismo» (deeal. 9 r ). Il
accusa il popolo ribelle (1er. 2 ,I 3 ): l}Ei:oç Àoy~ (~VI, coll.252 ss.) è «fon-
ÈµÈ ÉyXa'tÉÀ.mov, 7tl)j'TJV uOa'toç l;wf]ç, te di sapienza» (a-oq>laç tO''tL 7tTJY1i, fug.
<(hanno abbandonato me, sorgente di 97), oppure (som . 2,242) sgorga come
acqua viva», un'accusa che il profeta ri- un fiume «dalla fonte della sapienza»
pete in altra occasione (17,13): É:yxa- ( à1tÒ inJYiiç i;ijc; crocplaç). Dio stesso è
-rÉÀ.mov 1trJYTJV ~wijç 'tÒV xup~ov, «han- chiamato «fa sorgente della sapienza»
no abbandonato la fonte di vita, il Si- (1) 1trJyÌ] Tijc; rrocplaç, sacr. A.C. 64).
gnore» (cfr. la promessa profetica di Is. Dopo aver fatto riferimento a Gen. 24,
12,3: ti.V't'À.'i}O'E'tE UOWp µE't' 1EÙq>pOO'U\11')c; r6 e 14,7, due passi che parlano di una
fa 'tWV 7t1')ywv -rou CTW'tl)plov, «attin- mrni (fug. 195 s.), Filone continua
gerete con gioin l'acqua dalle sorgenti (197 s.) spiegando che il Padre dell'u-
della salvezza»). Nell'espressione m}'Y'Ì) niverso (7t11.-ri)p -.wv lSÀ.wv) ha parlato
swi]ç la parola 1tT'J"r"ii viene quasi a si- mediante i profeti (cioè nel passo di
gnificare origine ( cfr. 7t1JY'lÌ -rijc; rro- Ier. 2,13 citato poco prima) 7tEpÌ 'tijc;
cpl11.<;, Bar. 3 1 12), ma non viene scntitn &.vw't'a'tw xat àp!O''tl)c; 7t'Y)yijc;, «della

7 I LXX permettono cosl, almeno al lettore 8 In un certo senso è lecito parlare qui di
che credeva nella resurrezione, di intendere «mistica della vita», come suggerisce G.v.
queste e simili immagini in una prospettiva RAD, 'Gerechtigkeil' und 'Leben' ili der Kult-
escatologica o trascendente. Cfr. G. BERTRAM, sprache der P.r., in Festschr. A. Bertholet
Die re/igiOse Umdeutung allorientalischer Lc- (1950) 431; cfr. anche, prescindendo dalla sua
bemweisheit in der griech. Obersetzung des costante confusione tra mistico e misterico,
A.T.: ZA\YI N.F. 13 (1936) 166. 4 m, coli. R. KITTEL, Die hell. Mysterienreligion u11d
1424 ss, [BERTRAM). das A .T., BWANT N.F. 7 (1924) 91 s. ~
vm, coll. 9u s.
x65 (vr,114) 7''lJYii A 3 ·Il I (W. Michaclis) (vr,115) 166

fonte somma e ottima>>, cioè di se stes- cosl anche 1tTJY1J e xp'fiv·fJ in ant. 8,
so: oòxoùv b i}Eoc; È<r-.w 1J 1tpE<r(3u-.6.n1 341).
(
I ) t°' 3 '
1'11YlJ ' ... o< oE I'
vEOc; 1t11.1".0\I" I Y
't'L 1] ..,w'r), ep. Ar. 89 loda la ricchezza d'acqua
"it"f}YlÌ -.ou sfiv, wc; CX.V't'Òc; EÌ'ltE\I, M.v- di Gerusalemme, nbbondantemente ri-
vaoc;, «certamente Dio è la fonte più fornita da una ricca sorgente naturale
antica, ...e Dio è più che la vita, è fon- ( q>UO"LXW<;) 9 • Anche per l'età tardo-giu-
te eterna - come disse egli stesso - di daica possediamo abbondanti citazioni
vita» . Altrove (virt. 79) Filone parlando rabbiniche attestanti l'importanza delle
delle inesauribili sorgenti della grazia di- sorgenti d'acqua per la campagna e per
vina dice che 't'ètc; 't"WV y_apl't'WV m'.i't'ou la città 111• Il passo messianico di test.
> y \ '
rt'r)yètc; aE\lc1.ovc; µÈV OUO"l"J.C,, «le sorgenti I U d. 24,4 (ClV't11 1} 1t1}'Y1} ELç ~Wl}\I "JtO:-
Il I I

della sua grazia sono eterne»; esse non CTl}ç crapx6c;, «questa è fa fonte di vita
sono accessibili a chiunque, ma solo agli per ogni carne»} è probabilmente un'in-
txÉ't'<X.i, cioè a coloro che amano la no- terpolazione cristiana forse suggerita da
biltà d'animo (xrx.À.oxci.ycdllac, Èpwv·n:c;) Io. 4,14 (dr. inoltre 24 ,5 a nell'ed .
e ai quali è concesso attingere (CÌ.pU'tE- Charles). Per Hen. aeth. ~ n. 25.
cri}aL) «alle sorgenti santissime» (a1tÒ
-rwv tEpw•ét:t<il\I 7tl)ywv) quando hanno
sete di <rocpla. Il. it'Y)y1) NEL N.T.
4. L'uso linguistico di Flavio Giusep-
pe (cfr. anche~ nn. r1.r5.2r) non pre- 1. In tutto il N.T. si nomina soltan-
senta caratteristiche particolari (ad es., to una volta, in un racconto, una deter-
ant. 4,8r; beli. 1,406; 2,168; J,45.181.
5 r9). Quando si riferisce all'A.T. lo minata sorgente, la 1tTJYii -.ou 'fo.xw~
storico si attiene generalmente al testo (lo. 4,6 a), che subito dopo (4,6 b) è
e usa cosl 7t'Y)y1] (ad es ., ant. 7,347), nuovamente chiamata 1t'l'JY1i 11 , ma poi
cppfo..p (ad es., ant. 1,212.260.262) op-
(4,I r s.) è detta cppfo.p. Qui non si tratta
pure anche 1tTJY1i e cppÉap come sinoni-
mi (ant. 1,246.254; cfr. Ge11. 24,rr.42 affatto, secondo l'uso comune seguito
s.). Conseguentemente egli può anche anche dai LXX, di una cisterna, bensì
usare una volta 1ITJY1i (a11t. 1,219) lad- di un pozzo, che poteva benissimo es-
dove l'A.T. leggeva <ppÉap (Gen. 21,
19). In ant. 8,154 1t11Y'li e <ppfo.p sono ser chiamato sia 1ITJY'll che cppfo.p (~
invece concetti nettamente distinti (e coII. r61 s.) 12 • Per mostrare quanto sia

9 Cfr. G. DALMAN, Jcmsalem tmd sein Ge- Ios., ani. 2,257: xa~ulMç E'ltl ·nvoç cppÉa.-
lii11de ( 1930) 266~284. -roç EX 't'OV xcmov xa.t "tfjç 'ta:Àa:mwplaç
10 Cfr. S. KRAUSS, Talnmdirche Archiiologie 1}pÉf.m µEO'T)~plaç OÌiOì)ç OÒ 'nOpp!.IJ -tijç n6-
r (1910) 78-83.212.417-427.669; II (r9u) 164. ÀEWç (parafrasi di Ex. 2,15; ScHLATTER, ]oh.
206. 1t'TJYlJ è passato come imprestito (pjgi) n7).
nel vocabolario rabbinico; cfr. S. KRAUSS, 12 Davanti a quésto uso linguistico è del tut·
Griech. und lai. Lehnworlcr in Talmud, Midr. · to secondario chiedersi se la fonte (come sup-
11nd Tg. II (1899) 440. pone HoLTZMANN, N .T. 977 a Io. 4,n) rice-
Il Io.4,6: bd 'tU nrrrii può significare «pres- vesse l'acqua, oltre che da una falda freatica,
so la fontana» (cfr. Ios., alll. ,5,J8; WETT- anche da una sorgente sotterranea che giustifi-
STEm u 858 s.), ma anche, in certi casi, «sul- casse il nome <li miy/). Certamente, se la fon-
la fontann>>, doè <~sul bordo di pietra che te conteneva 'acqua viva'(~ coli. 170 ss.), con
la vasca cingeva» (ZAHN, ]oh.'·' 236). Cfr. questa espressione non si sarebbe mai potuto
'IHJYTJ B l (\'Q' . Michaclis) (VI,I16) 168

innaturale che la stessa bocca benedica perirono Éx -rw\I ùOa"t'W'V, perché erano
e maledica (3,10), l'autore di Iac. 3,11 diventate amare» (lh~ È1t~xpa\ll>'Y)cra.v).
ricorre ad un paragone: µ1rn 1i 'lt'l'JYlJ In questo contesto 1t7Jyai non sono le
Éx -tfjç cc.Ù-tfjç orcfjç ~pOEL "t'Ò y À.IJXU fontane, la cui acqua potabile si con-
xcd "t'Ò '1nxp6v;, «forse che una sorgen- trapporrebbe in certo senso all'acqua
te versa dalla stessa apertura acqua dol- meno potabile dei fiumi, bensl le sor-
ce e amara?» 13• Il paragone è traspa- genti: l'autore vuol dire che i fiumi so-
rente e chiaro: ci sono soltanto fonti no diventati amari già alla sorgente 15•
d'acqua dolce o d'acqua salsa; nessuna La medesima idea si avverte anche in
sorgente d'acqua salsa può versare ac- Apoc. 16,4 (grado superiore della piaga
qua dolce (3,12 h) 14• In Apoc. 8,10 la di 8,10 s.), dove oltre ai ito"t'a.µoi si
grande stella "AljJLvltoc; cade sui fiumi menzionano le 1tl')ya.t •W'V ùoa"t'W'V:
( r.o"t'aµol) e sulle «sorgenti delle acque» tutte queste acque diventano sangue
(nriya.t "t'wv uo1hwv); nel versetto se- (cfr. Ex. 7,19, dove però non si fa pa-
guente ( 8 ,II) tanto i '1tO"t'cxµol quanto rola delle sorgenti). Apoc. 14,7 parla di
le 1t7]yal vengono riassunte nel termine Dio «creatore del cielo, della terra, del
uocx:m e leggiamo che «molti uomini mare e delle sorgenti di acque» (-t~

intendere acqua freatica. In ogni caso è erra- DIBELIUS, Jak. 189, un parallelismo uomo/
ta affermare che «la fontana è chiamata 'sor- fonte e O"t6µa (3 110) / 61t'fi (3,u). 6trfi =
gente' perché era alimentata non solo dall'ac- foro, apertura (nel N.T. compare ancora in
qua piovana, ma anche dall'acqua freatica» Hebr. n,38) è usato molte volte nei LXX, ma
(SCHLATTJ!R, Job. u6 ad l.; cfr. anche BULT- mai per· indicare lo sbocco, l'apertura di una
MANl'f, ]oh. 129 n. 7). Una fontana non serve sorgente. CT"t6µa 1t'l'lYiic; in 2 'EO'lìp. 12,13 in-
a raccogliere acqua piovana e una cisterna non dica l'accesso a una fontana (dr. 1tÒÀ.1J "tjjc;
può essere alimentata da una falda d'acqua, 1t'l')yijc;: 13,15 var.).
perché è completamente murata. Certo, si po- H La variante dei mss. della koiné a 3,12 b
tevano costruire cisterne anche in aperta cam- (oìh'wc; où!ifµlcx 1t'l'lY'li à).vx~v xat yÀ.uxù
pagna (dr. KRAuss, Archiiologie II [ ~ n. no~ljCTa~ iiowp), che rappresenta una ripetizio-
xo] .H6 n. u5), ma la fonte di Giacobbe ne della domanda cli 3,rr con la risposta ad
non era allora, e non è neanche oggi, una essa, è probabilmente secondaria; tuttavia 3,
cisterna, checché ne dica HoLTZMAl'fl'f, N.T. r2 b non è una glossa (HAUCK, Jak. 174 s.).
a Io. 4,6. Dato che l'A.T. non ne parla, non 15 Non è detto che gli uomini siano morti per
sappiamo niente dell'origine cli questa fonte; aver bevuto quell'acqua. L'autore potrebbe
evidentemente si tratta di uno scavo eseguito anche voler dire che le acque amare inquina-
(nella proprietà di Giacobbe:cfr. G. DALMAN, rono l'aria o irritarono la pelle, causando co-
Orte und Wege fesu l [1924] 228) per tro- sl malattie mortali ('mxp6c; ~ col. 192). La
vare acqua. Questo pozzo avrebbe incontrato, frase 1t'l')yat 't'wv uochwv, insieme con 1t'l'lrll
a una notevole profondità, una ricca massa (-roii) ulìa-coc; <~ n. 21). è comune nei LXX,
d'acqua. Il reperto archeologico conforta tale ove si riferisce generalmente a fontane o a
supposizione; anche Io. 4,12 va inteso in que- sorgenti imbrigliate (ad es., Ex. 1,,27; Lev.
sto senso in quanto ~lìwxtv presuppone che n,36), ma può indicare anche sorgenti libere
Giacobbe avesse un qualche diritto sul pozzo, (ad es., !Ji 17,16; 41,2; Prov. 8,24). Cfr. anche
cioè che l'avesse scavato lui stesso. (con e senza riferimento all'A.T.) los., ant.
l3 Non è affatto necessario vedere, come fa 2,294; 8,329; 941 (cfr. 9,36).
169 (vr,n6) 7t1JY1i B 2 (W. Michaelis) (vr,u6) 170

1tOL1}0"G.V'tL -.òv OUpCJ:VÒV xa.t 't'TJV yjjv smise improvvisamente di fluire; in al-
xat -ri]v iM.À.acrcrnv xat 7t1'}ycìc; ùM- tre parole, che il flusso di sangue si fer-
't'WV ). Qui le sorgenti d'acque non so- mò 18 • Possiamo paragonare con Mc. ),
no menzionate perché l'autore conside- 29 l'uso di 'ltl)yl) in 2 Petr. 2,17: con
ri la creazione come divisa in quattro grande efficacia l'autore sacro chiama
parti, ma solo come completamento di '!tY)yat &wopot, «sorgenti secche», gli e-
...-~v 1}0:.),,acrcrav 16; proprio come nei pas- retici che deludono col loro comporta-
e
si citati sopra (Apoc.8,10 16,4) le 1t1'J- mento scandaloso le grandi speranze che
yai -rwv ùochwv sono assodate ai 1tO- avevano dapprima destate con la loro
-raµol 17. boria. Dato che l'autore ha cambiato
la forma usata nello scritto che gli for-
2. Nell'episodio dell'emorroissa ab- nisce la traccia (Iudae 12), dobbiamo
biamo l'uso traslato di "ltl'J''l"D· Il termi- pensare che egli intenda l'espressione
ne (usato solo in Marco) non indica, in- nel modo più comune e naturale, cioè
fatti, una sorgente in senso proprio. che TITJYli significhi anche qui 'sorgente'
L'evangelista riferisce che la donna toc- e non 'fontana' 19 •
cò la veste di Gesù «e subito si seccò Nel corso del colloquio con la sama-
In fonte del suo sangue» (xaL Evil'ùi; el;- ritana Gesù dice (Io. 4 114 b): -rò \Jowp
T)pavl}T} ii 1tTJYlÌ -rou o:tµa-roc; aù-rijc;, O OWcrW O:V'té;l ')"EV1}<TE't'tXL Èv a.vie';> 1C'\'j-
Mc. 5,29). Il testo non vuol dire che fu YTJ uoa.-roc; &.À.À.oµÉ\IOV dc; ~wl)v alw-
eliminata la fonte, cioè l'origine del VLO'J, «l'acqua che gli darò diventerà in
flusso di sangue, ma che i1 sangue che lui fonte di un'acqua che scaturisce in
scorreva come l'acqua di una sorgente vita eterna». Con queste parole Gesù

li Davanti a '1t'1)yà.c; ùott'l"WV manca l'articolo, traducono con 'lt'l)rTl 't'OU o:tµcc't'oc; 0:1hfj~ . In
mentre l'articolo prima di M.A.o:o-uo:v è origi- Lev. 20,18 i LXX traducono la medesima e-
nario (cfr. anche P 41 ). --> n. 17. spressione con /lume; 't'OU a{µcc'l"oc; mhljc;
17 Forse si pensa particolarmente alle sorgen· (cfr. Le. 8,44 e Mc. 5 125 par.); nello stesso
versetto miiq(ìr è tradotto con 1t'l'JY1J. Ma l'e·
ti del mare. Cfr. T)Mrc; oÈ l7tl 1t'l'Jriiv ilo:Mu-
u'l)c; (lob 38,16) e le ·'lt'l)yaL tjc; &.~uuuou sprcssione ebraica non indica tanto il Busso
di sangue, quanto il luogo del medesimo, le
oppure à~ùuuwv nominate in Gen. 7,n:; 8,
pudende: cfr. anche l'uso rabbinico di miiqor
2; Deut. 8,7; 33 113 (--> 1, col. 27). Ma ~ean­
che questi ultimi passi dell'A.T. permettono in STRACK-BILLERBECK 11 xo. La frase 1tTJ'Y'111
di condudere che 'lt'l)yo:t uM't'W'J indichi
-rou atµ.cnoo; di Mc.5,29 non rappresenta pe-
rò un'espressione tecnica della medicina. Il
in Apoc. 14,7 il regno dei morti, l'Ade. Il
verbo ~'Y)po:(vw per indicare l'esaurimento di
cppfo.p Tijc; a~Ucr<TOV di Apoc. 9,1 s. non è
una 'ltT)YTJ è usato in IEp. 28 (Jx),36 e vien
una fontana da cui scorra acqua, bensl <da
detto di un XEµàppouc; in 3 Bo:u. 17,7.
voragine a forma di pozzo» che costituisce
I? KNOPF, Petr. 302, ad I. : «Nella stagione
l'ingresso dell'll.~v<ruoç (~ J, col. 28).
calda la vena d'acqua si esaurisce e il pelle-
1~ L'espressione corrisponde esattamente al· grino assetato che sa dov'è la sorgente si tro-
l'ebraico m'qor diiméha (Lev.12,7), che i LXX va deluso davanti ad un buco asciutto».
l/l (vr,u6) 1tTJYTi B 2 (\VI. Michaelis)

sottolinea la differenza tra l'acqua sor- pure m}'Y'Ì) -ro\i v8a"toc; "tijc; ~wij.;: ~
giva che egli dona e l'acqua che si può col. 17-3) 22 ; il rapporto con la vita e-
attingere al pozzo di Giacobbe 20 : l'ac- - terna è invece stabilito mediatamente
qua di Gesù spegne la sete EÌ<; 't'Ò\I aiW- coll'aggiunta àÀ.À.oµÉvou EÌt; SWlJ\I atw-
\la(~ II, coli. 1330 s.) e diventa a sua \ILO\I riferita a VÒct't'O<;. Il passo è ispi-
volta una 'lti)Y'ÌJ voa"toc; 21 ét.À.À.oµÉvou rato all'idea di un movimento verso la
dc; SW'.fi\I cdw\l~O\l, Il testo non implica vita eterna, nel quale l'uomo rimane
certo che l'uomo possa ora disporre li- soltanto grazie alla comunione con Cri-
beramente di quest'acqua che gli scatu- sto 23. Abbiamo cosl anche in questo
risce inesauribilmente, bensl che il pos- testo quel concetto, escatologico in sen-
sesso di questa ìt'l'Ji'YJ lioa:toç è vinco- so · stretto, della vita eterna che anche
lato alla costante comunione col Cristo altrove troviamo in Giovanni (5,29;
(cfr. Io. I5i4). La 'It'rffTJ uoa-.oc;
non è 12,25)24.
chiamata direttamente 7t'l)yi) swilc; (op- L'espressione 1ti1i'lJ swfi.; che, come

20 La samnritana non pensa certo che il poz- ferimento al battesimo (ma ne dubito: cfr.
zo di Giacobbe non abbfo acqua sorgiva. Co· W. MICHAELIS, Die Sakramente im ]oh.-Ev.
sl invece intende ancora BULTMANN, ]oh. 132 [1946) 15-19), esso non sarebbe stabilito dal
n. 5, quando vuole espungere il v. n', consi· vocabolo '!';TJ'Y'TJ. Neanche l'espressione iiliwp
dcrandolo una cattiva glossa che non si adat· ~ltl\I può costituire un evidente o sufficiente ri-
terebbe alla netta contrapposizione tra acqua ferimento all'idea del battesimo, benché nella
di fontana e acqua sorgiva che pervade tutto chiesa antica si battezzasse in acqua viva, cioè
il v. 12. Bisogna invece riconoscere che l'ac- corrente. Cfr. TH. KLAUSER, Tau/et in lebendi.
qua di fonte e di sorgente non sono qui 11n· gem W asseri, Antike und Christentum, Erg.-
titetiche, perché cppfo.p indica una 1tTJYii con- Bd. 1: Piscic11li (1939) 157-164. Ancora più
tenuta, recinta. Anche \lna tale fonte contiene remoto è un riferimento allo Spirito santo
«acqua viva» (Gen. 26,19 -> col. 162; ZAHN, (0. CuLLMANN: ThZ 4 [ 1948) 367 s.). Per
]oh."' 235 n. 7). ~ n. 12. l'espressione omnis /ons spiril11s sancii che
21 La frase 1tTJYl'i ('tOV) ulì1.t'tO<; (cfr. ~ n. ricorre nel racconto del battesimo di Gesù in
1_5) è usata spesso nei LXX, ove si riferisct! Hier., in Is. 4,n a n,2 (MPL 24,144 D ·
generalmente 11 fontnne o a sorgenti la cui 146 A) dr. W. BAUER, Das Leben Jem im
acqua è contenuta da opere in muratura (ad Zeitaltcr der nt.lichen Apokryphen (1909) n9
es., Gen. 16,7; 24,13.43; los. 15,9). ma può s. Contro un'interpretazione troppo estensiva
indicare anche sorgenti naturali (ad es., Is. 35, di questo passo dr. BULTMANN, Trad. 266
7). Cfr. Ios., a."Jt. 2,294: 1tT)yi)v htpixv ùM- n. x. Per la dea delle sorgenti Il'J)yf], la
-rwv ovx ~xouo-w. cui figura d'età sassanide viene combinata con
21 La voluta reticenza dell'evangelista, che quella <li Maria, cfr. (oltre all'accenno del
traspare anche da questa sfumatura, dovreb- ButTMANN, ibidem) anche R. RmTZENSTEIN,
be indurci a modecazionc nell'applicare senza Die Vorgeschichle _der christliche11 Ta11/e
riserve i risultati dell'esegesi a questo pas- (1929) 35.48 n. 2.277 n. x.
so, ipotizzando un uso bivalente o persino 2J Di diversa natura, nonostante le affinità
polivalente del termine; cfr. O. CULLMANN, con il passo in esame, è Io. 7,38, dove si trat·
Dcr joh. Gebra11cb doppeldeutiger At1Sdriickc tn degli effetti che la comunione del credente
als Schliisscl zt1m Verstii11dnis des. 4. Ev. : con Cristo ha su terze persone. Cfr. H. BoRN-
ThZ 4 (1948) 367 s.; ID., Urchrisle11tmn und 11iiusER, St1kk11 (1935) 36 s.
Gouesdienst ,, AbhThANT 3 (19,-0) 53. An- 2~ Un po' diversa è l'interpretazione offerta
che se in Io. 4,ro ss. ci dovesse essere un ri- d:i R. BULTMANN ~ m, coli. 1468 s. Per il
173 (vr,117) 'lt11Y'D B 2 (W. Michaelis)

abbiamo visto (-7 col. 163), è fre- yà.ç uòa.'tw\I, «(li guiderà) alle fonti del-
quente nei LXX, non costituisce un pre- le acque di vita» (?,I?; anche qui Stùi'jç
cedente diretto di Io. 4,14; riappare va riferito a UO(hwv; cfr. 22,x.17) 25 •
però nell'Apocalisse, almeno nella for- Con l'immagine delle fonti d'acqua di
ma ÈX 'tfjc; 1ti]yijc; 'tOU u8oc-.oc; 'tijç vita l'autore intende parlare del compi-
swijc;, «{darò)... deHa fonte dell'acqua mento finale u, della perfezione che Cri-
della vita» (Apoc.21,6), e É1tt swfic; 'ltiJ· sto donerà il giorno finale 27•
W. MICHAELIS

matcrinle storico-religioso relativo a Mwp !;wv Is. 55,1; per Apoc. 7 ,17 spec. Is. 49,10; ljl 22,
e al significato dell'acqu11 (e delle sorgenti) 2) non padano di sorgenti. Hen. aeth. 96,6
cfr. BuLTMANN, ]oh. 133-136; ~ ilowp. K.H. parla della fonte della vita; 22,2.9 di una sor-
RENGSTORF, Die A11/ange der A11scina11derset- gente d'acqua per gli spiriti dei giusti nel-
zung zwischet1 Cbristusglaube tmd Asklepios- 1'Ade (cfr. F. CuMONT, Die orientalischèn Re-
/rommigkeil, Schriften dcr Gesellschaft zur /igiotJefl im rom. Hcide11tr11n 3 [ 1931] _250 s.);
Fotderung der Westfalischen Landesuniversi- 48,r delle fontane della giustizia in paradiso.
tlit zu Miinster 30 ( 1953) 21 s., sostiene che Cfr. ~ nn. 15.21.24.
anche in Io. 4,14 è presente un'esplicita po· z~ LoHMEYER, Apok. 165 sostiene ·che Apoc.
!emica contro il culto di Asclepio. Una simi- 21,6 si riferisce in particolare ai martiri (cfr.
fo tesi è inverosimile, né bast11 a confortarla 21,7), ma 21,8 sembra piuttosto escludere tale
la presenza in Io. 4,14 del vocabolo 7tTJYii interpretazione restrittiva.
che, data la situazione descritta, è del tutto 27 7tTJYTJ nei Padri apostolici. Herm., sim. 9 ,
naturale. Anche la polemica contenuta in Io. 1,8; 25,1: nella visione della roccia e dei mon-
4,14 deriva naturalmente dalla situazione del
ti l'ottava montagna è ricca di sorgenti. 1
momento e sarebbe una forz:uura volerla ve- Clem. 20,10: nella descrizione dcl miracolo
dere causata dall'ambiente pagano del Van-
della creazione si nominano delle 6.Éva.o~ 7tTJ·
gelo di Giovanni; inoltre è chiaro che essa yal. Bam. 1r,2 (citazione di ler. 2,13) e I.J:
non è diretta conico un'altra sorgente che
'ITTJYTJ !;wf)ç (var. in r,3 : .àya7t"flt;). In act. lo.
(come quelle dei templi di Asclepio) potesse
ro8 Cristo è chiamato i) pC(,a 'tflt; &.Da.va.a-la.;
procurare «la salute fisica e cosl una vita piì1 xat 1J 1tl)YTJ 'tfiç àqil)apo-laç. Cfr. F.]. DoL·
lunga nonostante la malattia e il pericolp di
GER, IX0Y.E 1 (1910); II (1922), indice, per
morte», ma non la vita eterna (ibidem) . Nean- l'uso seriore di 7t1lYTJ come epiteto cli Dio, di
che il richiamo a Io. 4.42 serve a rendere tale Cristo, dello Spirito santo, di Maria, del bat-
interpretazione più plausibile. Certo Gesù è tesimo ccc. Nei -testi mandaici si parla spesso
chiaramente crw-d)p -.ov x6crµov e 4,42 appar- di fonti (fonte della vita, fonte della luce;
tiene alla stessa pericope di 4,14; ma questo '111' e m'mbwh' oppure m'mhwg'). Questi pas·
attributo di Gesù non è direttamente connes- si non contribuiscono però a una migliore
so con 4,r4, né è dimostrabile che esso sia comprensione dell'uso di 'ltTJY'fi nel N.T., giac-
diretto esclusivamente contro Asclepio (cfr. ché qui non si menziona la 'fonte della luce',
IlENGSTORF, op. cii. 8-19, spec. 13 ss.). e di •fonte della vita' si parla solo indiretta-
2~ I paralleli del!'A.T. (per Apoc. 21,6 spec. mente.
175 (vr,n8) rtl)À.6<; (K. H. Rcngstorf) (v1,r18) r76

Insieme col verbo 1tl]À.6W (che man- vio Giuseppe (ant. l,244; 4,275; Ap.
ca nel N.T. e nei LXX) e una serie di 2,252) nei casi, non molto numerosi, in
di composti, rtl]À.Oc:; (probabilmente da cui si servono del nostro vocabolo 9 •
* pals6s) etimologicamente è forse af-
fine al latino paliis ( = palude) 1 ed
è usato fìn dall'età classica in svaria- Paolo usa 1tl}À.6c:; in Rom. 9,21 (o xE-
te accezioni: pantano, melma 2, sporci- pcx:µEÙc:; 'tou 'ltl)À.ou, il vasaio) riprenden-
zia 3 , fango 4, argilla, creta 5 • 'lt'YJÀ.6c:; in- do un'immagine frequente nell'A.T. 10
dica quindi l'impasto di polvere 6 o di ispirata all'antica concezione dell'uomo
terriccio con un liquido, soprattutto con
l'acqua. Pertanto il termine può signi- creato da Dio con la polvere 11 o col
ficare, da un lato, ciò che si deposita in fango, diffusa anche nell'antichità non
un recipiente pieno di liquido (come la giudaica 12• L'Apostolo si serve efficace-
feccia nel vino 7 ) e, dall'altro, la polvere
che si è mischiata con un liquido e può mente di questa immagine (con chiaro
cosl essere maneggiata 8• I LXX cono- riferimento a Is. 29,16) per mettere in
scono il termine nell'accezione, confor- evidenza la libertà e l'indipendenza di
me all'uso comune greco, di melma (tJi Dio verso l'uomo, sua creatura, e anche
68,15 ecc.), sporcizia (2 Bixcr. 22,43
ecc.), argilla o creta (Sap. 15,7; ler. 18, verso i suoi desideri, le sue aspirazioni,
6 ecc.). Lo stesso vale per Filone e Fla- le sue pretese. In questo testo, confar-

7'1]À6<;
1 HOFMANN 267. Non esiste però alcuna ccr· LmnELL-ScoIT, s.v.; dr. A.e. PEARSON al fT.
tezza per quel che riguatdn l'etimologia; dr. 783 di Sofocle). Questa supposta accezione
EoISACQ • 779 oltre a WALDE-HoFMANN' II del termine non è affatto comprovata dai pas·
243, s.v. 'palus'. si che si continuano a citare: Plut., de cohi-
2 Hdr .•p8: nelle regioni abitate dagli Sciti benda ira 15 (n 463 a) e Trifiodoro (v sec.
regna, otto mesi l'anno, un freddo cosl insop- d.C., verosimilmente in Egitto) 349 (Tryphio-
portabile che si può ben dire: Èv 'tO~O't il!ìwp dori et Collynthi Carmina, ed. W. WEINBER·
ÉXXÉa~ miMv ou notlJCTELç, -rtvp oÈ !Zvaxa.l- GER (1896)).
wv 1tOtTJCTEL<; 'itTJÀ.6'1. 3 Ael. Arist., or. 48,74 s.: massaggio 'ti;> 'ltT}-
l miì..6c; insieme, ad es., con pinco<;: Plat., À.~ 1tpòc; 't~ cppÉa-c~ -ci{) lEpiil (si tratta della
Parm. 130 e; con xovLopT6ç: Plut., de com- fonte sacra di Asclepio nella zona consacrata
munibt1s notitiir 2 (n 1059 s.). al dio, a Pergamo) seguito da un lavacro a.u-
4 Arisroph., vesp. 257: 'tÒv 'lt1JÀ.ÒV &O'mp à.'t- 't6lkv. Secondo la stele di Apella di Epidauro
'ta.ytic; (francolino) 'tUp~IXO'Etç ~aSll;wv. (c. 160 d.C.; D1TT., Sylf.l r170) Asclepio pre·
5 Plat., Theaet. r47 a: 'lt1)À.Ò<; Ò 'tWv XU'tpÉwv scrisse a lui, quale suo paziente, tra l'altro di
ecc. acpij (polvere) mi>..Wuaa'llr.tt.
6 Aesch., Ag. 494 s.: xricn.c; (sorella) mi>..oii ... 9 Lo stesso vale anche per le altre traduzioni
x6vL<;. dell'A.T., per quanto possiamo sapere in ba-
7 Questo significa probabilmente il termine se alle parti che ci sono pervenute (HATcH-
in Soph., jr. (cd. A.C. PEARSON [r917J) 783 llEDPATH, s.v.).
(1toÌ\.Ùc; oÈ ttl)À.Ò<; tx nWwv 'tUPPcXSE'tat) piut- '° Is. 45,9; Ier. 18,6.
tosto che orvoc;, come è indicato nei lessici, li Gen. 2,7; 3,19; lob 4,19.
anche se si intende 1tTJÀ.6c; come vino pesante 12 Ad es., Epict., diss. 4,11,27: -cò crwµli-cLo\I
o non ancor:\ fermo ( «thick or muddy winc»: IH. q>UCTE~ 1t1)À.6<; tu·n.
rn (vr,n8) 7tl]Mç (K. H. Rengstorf) (vr,n9) 178

memente al passo profetico richiamato, nnMw in ricette mediche 17 • Forse è


1t"rtÀ.6c; significa argilla o creta, senza al- più illuminante l'uso di entrambi i ter-
cun senso più profondo o particolari mini nelle prescrizioni del <run"fip Ascle-
intenzioni. pio a infermi che cercavano guarigione
Nel Vangelo di Giovanni 1tl)À.6c; è da lui. Questi termini vengono usati in
la poltiglia che Gesù forma con sputo connessione con abluzioni nei santuari
e terriccio, cioè artificialmente, per met- del dio. Questa indicazione è partico-
terla sugli occhi dell'uomo cieco fin larmente interessante perché tali pre-
dalla nascita (Io. 9,6). Il fatto che il scrizioni si collocano, sia per il tempo
termine compaia, in questo passo e in (prima metà dcl II secolo), sia talvolta
questa accezione, associato con la sali- anche per il luogo (Pergamo: -..+ n. 8),
va, cui si attribuivano virtù terapeuti- nelle vicinanze del quarto Vangelo. Con
che 13 (cfr. Mc. 8,22 ss.), e per di più l'uso di 'ln1Mc; in Io. 9,6 ss. l'evangeli-
con insolita frequenza (5 volte: vv. 6. sta si propone forse di distanziare il O'W·
1r.14 s.), ci porta naturalmente a ve- 't'TJP ch'egli proclama, Gesù 18, dal 'sal-
dervi più di un semplice, e sia pure ac- vatore' Asclepio 19, dimostrando allo
centuato, accenno alla libertà dalla leg- stesso tempo, mediante la guarigione
ge sabbatica dimostrata da Gesù anche inaudita di un cieco nato, l'assoluta su-
in questa occasione 14, per quanto forte periorità del primo sul secondo 20• Ov-
possa pur essere la presenza di tale mo- viamente ciò non vuol dire che il signi-
tivo 15 • Neanche l'uso occasionale di m')- ficato più profondo dell'atto di Gesù si
Mc; ìn ricette magiche 16 basta a spiega- esaurisse, per l'evangelista, in questo
re pienamente il nostro testo, e lo stes- riferimento.
so vale per l'uso tecnico di 7t'l)À.6ç o K.H. RENGSTORF

Il In genere i commentatori sì soffermano sol· av... (seguono segni e parole magiche).


tanto su questo elemento; cfr., ad es., BAUER, 17 Ad es., Gal., de theriaca 19 (14,291 ed.
]oh., ad/. KuHEN).
14 Cosl SCHLATTER, ]oh., od I. 18 Cfr. l'epiteto di Gesù in Io. 4A2; 1 Io. 4,
1s Le indicazioni fornite in STRACK-BILLER· 14: CTW't'i)p 'tOV x60'µov.
DECK II 530 non contengono alcun parallelo H ~ n. 8 e tutta la pericope in Ael. Arist.,
in senso stretto al 7tl]À6<; dì lo. 9,1 ss. or. 48,74 ss.
l-~ PRErSENDANZ, Zaub. I 28 s.: ì..a~wv m}ÀÒ'J 20 Cfr. K.H. RENGSl'ORF, Die Anfiinge der
xal>iipov -tàt; qiì..~OC[ i; -tov xo Jm;,vo<;... xat Auseittanderset:wng t.wische11 Chrfrtusglaubc
ov-.w 1tTJÀW:T!X.t; l7t[l]ypa<pE -.à ypa[cp6µ]Eva und Asklepiosfrommigkeit (19.n) 17 s. e nn.
'tCXV'ta. xalx(ìj ypacpEl~ Et(; -tT}v SE~~à.v <pÀ~· 56·62.
7ti)pa. 1-2 (W. Michaelis} (VI,120) 180

-7 (3aÀ.À.av·no'J 11, coli. 31 ss. cato i polli o un agnellino 3, ni cacciato-


ri per portarsi dietro i loro arnesi, ai
I. Il sostantivo n1)pa 1, usato già in pastori e ai viandanti da borsa per i1
Omero (Od. 13>437; 17,197.357.4u . cibo 4 • I filosofi itineranti dell'età elle-
466; r 8, r 08 ), indica In sacca, la bisac- nistica, in particolare i Cinici, avevano
cia che completa la trasformazione di sempre una 'lt1]pa, più per dimostrare
Odisseo in mendicante: «(Atena) gli la loro semplicità di costumi che per
diede un bastone e una brutta bisaccia, mendicare 5• 7tTJPCX. significa invece pro-
tutta strappi: n'era tracolla una corda» prio sacca da mendicante nell'iscrizione
(Od. 13,437 s.; trad. Rosa Calzecchi O- trovata in Siria presso Kefr-Hauar. Nel-
nesti). La 7tlJpa. si porta quindi a tra- l'iscrizione un oouÀoç della Dea Siria
colla (17,197; 18,108) mediante una racconta che ogni questua ha fruttato
cinghia (13,438; x7,198); ma non è 70 sacche~: à( 'lt )oqi6p'J)O"E ÈxaO"-c'T) à:yw-
specificamente la borsa del mendicante, yl) 7t1}pcx.ç o'.
bensl una sacca o tasca di pelle, aperta
a un'estremità, che si portava a tracolla 2. Nei LXX 7ttJpa. è usato solo in Iu-
sul fianco sinistro mediante una cinghia dith 10,5; 13,ro.15. Quando Giuditta
che passava sulla spalla destra. 7t1}pa. si prepara per recarsi nell'accampamen-
indica proprio una simile sacca comune, to assiro, fa prendere alla sua schiava
oppure anche un 'tascapane': cfr. Sui- (I 0,5) un otre di vino ( cicrxo"ltu-cl'Vl)'V
das, s. v.: i} lhixll -cwv &p-.wv, «fo borsa otvou), un vaso d'olio (xa.lf;ocx'J)v f>..cx.i.-
dei pani»; Thom. Mag., ecloge, s.v. ou) e una 7ttJpa con pane d'orzo, schiac-
7tdpct: oÉpp,IX 'i:L Ò:p-cocp6po'V, <mna bor- ciata di fichi e pane bianco, il vitto ne-
sa di pelle per il pane» 2 • Questa sacca cessario per più giorni (cfr. n,2.9s.
serviva ai contadini per portare al mcr- r9) 7 • In questa m')p~ piuttosto capace

r.:1}pa
L.O. ' 86-88; F. ScHULTESS, Zur
DEISSl\-tANN, bito dei culti dell'Asia Minore dr. F. Cu-
Sprache der Ev.: ZNW 21 (1922) 234; S. MONT, Die orie11lalischen Religionen im rom.
KRAuss, Die Inslruktion Jes11 an die Ap. : Heidcntum 1 (1931) 255 n. 2. Cfr. PREISEN-
Angelos I (1925) 96-102; K.R. RENGSTORF, Jc- DllNZ, Zaub. IV 238x.2400: descrizione di una
b11moth ( 1929) 214 s.; r. WoTJ(E, art. 'Per,1 figura di cera che avrebbe dovuto fare arric-
2', in PAULY-W. 19,563 s. chire il suo autore: si tratta di un questuante
I Bo1SACQ <, s.v.: «Etimologia sconosciuta». che stende la mano destra e tiene con la sini·
2 -> WoTKE 563. stra una 7ti)pa (con su scritta una parola ma·
3 Cfr. l'illustrnzionc 5566 in G . LAFAYE, urt.
eica) e un bastone.
'Pern (II1Jpoc)', in DAREMBERG·SAGLlO IV 1,386. 7 Per T-i)pa nei LXX ~ RENGSTORF 2x5 ri-
4 Abbondante esemplificazione in ~ WoTKE. mane.la a -+ KRAUSS 99, dove però abbiamo
Cfr. anche PASSOW e LmDELL-SCoTT, .r.v. alcune imprecisioni. Cosl, sempre secondo il
5 Testi in ~ WoTKE 564; WENDLAND, He/l. KRAUSS (cfr. KRAUSS, Talmudischc Archiiolo·
K11lt. 84. gic Il [19n] 265), il termine aaxoTt1)poc usa·
6 Cn. FossEY, Inscriptions tle Syrie: BCH 21 w in lttdith 10,5 indicherebbe che la -ITT)pa
(1897) 59 s. (In citazione si trova a p. 60, r. «sembrava un otre di cuoio». Ma in que·
I ss.; cfr. anche r. 7 s.). DEISSMANN, L.O.' 87 sto passo i LXX non usano à~xori;i)pa; {che
è stato il primo a farvi ricorso per spiegare secondo LIDDELL·SCOT'l', s.v. è un termine
Mt. 10,10 par. Per le questue comuni nell'am- quanto mai raro); invece la Vulgatn, che
!::ÌI (\'f,l:?OJ ;;ftpu 2-4 (\Xl. Michaelis) (vr,121) 182

verrà poi nascosto il capo di Oloferne puSòoc;) comportino che i discepo-


(-;i..
(cfr. l 3, l 5 ) ~. li appaiano ora come viandanti e ora
3. Al posto di xaÒLOV ( 'ItOLIJ.t\ILXOV)' come mendicanti 12, in Mt. 10,10 par.
usato in l Ba.o-. 17,40.49 (ebraico: k'li .-Tipa indica comunque l'accessorio ti-
[ haro'im] ), Giuseppe Flavio usa (ant.
pico del viaggiatore. Ciò non risulta
6,185.189) nljprx. ('ìtoLµEvLx1}) 9• Non è
certo che 1ti}pa sia passato come impre- dAl semplice fatto che in Le. rn,4 1t1}pa.
stito nel linguaggio rabbinico m. Il ter- è associato direttamente con (3u..À.À.av-
mi ebraico jalqfi! (-7 n. 8) usato in I -rtov, la b01·sa del denaro, e pertanto
Sam. 17'40 è reso nel Targum con
trmjl, un vo-.:abolo molto frequente an- non dovrebbe coincidere per significa-
che nella Mishna, che indica un sacco to con quest'ultimo termine (-7 n, coli.
o una sacca di pelle con cui ci si porta- 34 ss.); infatti ~a.U.<iv·nov manca in
va dietro il cibo necessario per un viag-
gio, in particolAre il pane 11 • Marco e Matteo. Comunque 1tlJpa. non
indica, in origine e di regola, la sacca
4. Nel N.T. -;tTjprx. è usato in Mt. ro, del mendicante (-> col. r79) 13. v.1
IO (par. Mc. 6,S; Le. 9,3) e in Le. ro, inoltre considerato che nell'ambiente di
4; 22,35 s. Inviando i suoi discepoli in Gesù, indipendentemente dalla parola
missione (Mt. lO,ro), Gesù proibisce aramaica usata (11irmtlii' o un'altra) con
loro di portarsi un.\ n1Jpcx. Indipenden- tasca, sacca, bisaccia s'indicava in pri-
temente dalla questione se le diffe- mo luogo fa borsa in cui il viandan-
renze sinottiche riguardanti il ba5tone te portava il cibo (soprattutto il pa-

non ha tradotto mipix, ha reso il termi· gerimento di I. Low: nel passo succitato in-
"" Ò:O'XOmJ'tLVl'J (cocl. S: &1nc6<;) di Iudith vece di pwrh bisognerebbe leggere pwrnh =
rn,5 con ascopa (cfr. Thes. Ling. Lai. II 772, cpoupva., forno (cfr. ibidem II 434).
s.v.) ovvero con ascopera (questa forma è li Per l'aspetto e la fabbricazione della saC"ca
usata dalla Vulgata unicamente qui). Anche cfr. G. DALMAN, Arbcit m (1933) 304 ~.; rv
il rimando di KRAuss, ibid. a 4 Bete1. 442 per (1935) 109; II (1932) I.52 s. (con abbondanti
'lt-éipa, è enato: i LXX non hanno tradotto il riferimenti a fonti antiche e moderne). Il sac-
termine ebraico b'!iqlòn~ (il cod. A presenta co della vita (kn'p hji') mandaico (LIDZBARSKr,
h1 trascrizione di Teo:.lozione ~axE}..À.Ei)); pe- Uturg. 84,5; Ginza 4p,5; 587,24; in Git1z11
rò fo Vulgata legge pera (per 'lt-éipa come eso· p. vm combinato con vwr h!Jijm [.1 Sam. 25,
tismo in latino-> WoTKB 563). 29]) indica piuttosto una piega della veste
8 Inoltre in 1 Ilau. 17,40 Simmaco ha tradot- nella quale si teneva, proprio come nella cin-
to l'ebraico j11lqu{ con lv -.ii 'lt-éipq., meglio turn, denaro o altri oggetti di valore (~ Il,
cioè dei LXX (Etc; uvÀÀ'Jyfiv, cfr. Bibl. Hebr., ccli. 34 s.) e non ha quindi n che fare con In
KI'ITEL) e di Aquila (lv -t4'i av!XÀEX'tl)p(~). ITT-Jpix.
9 In FJavio Giuseppe non ho incontrato altri 12 Cfr. -> SCHULTHEss 234 e, d'altra parte,
esempi di 'lt-éipa.. Il Leisegang non registrn il Sc11tATTER, Komm. Mk. 124; ZAHN, Mt.4 399
vocabolo in Filone; esso manca pure nei Te- n . 22; ZAHN", Lk. 1-1 .;67 n. 65.
stamenti dei XII Patriarchi e Hen. gr. u È molto improbabile che Gesù abbia mai
tl Cfr. S. KRAuss, Gr. 11111/ /at. Lelmworler incontrato un esemplare del relii;ioso o del fi-
i11 Talmud, /'.-fidrasch u11d Targum I (1898) 87 losofo itinerante con il suo sacco da mendi-
(cfr. 248); II (1899) 43~ a pwrh in D.Q.j. 3 a cnntc, com'era tipico delle religioni dell'Asia
47. Però cfr. nelle aggiuntc.rbid. n 6q il sug- Minore e del cinismo.~ n. r8 .
r83 (vr,121) 7ti)pa. 4-5 (W. Michaelis) (v1,12r) 184

ne: ~ r, col. 1269) necessario per il 35 i discepoli l'hanno poi effettivamen-


viaggio 14 • La menzione successiva del te sperimentata. Anche in Le. 9,3 7t1jpa
pane e della borsa per il pane non può è usato nella rnedesimA accezione 18• Né
essere considerata una tautologia super- per Le. 9,3 né per I0,4 19 è necessario
flua 15 • In realtà a(;-to<; e 7t1]pa sono col- scorgere, dietro al divieto della 7ti}pa,
legati come xaÀ.x6i; e swvn. Lo stretto il desiderio di distanziarsi da alcune
legame tra cXpTO<; e -:t1)pa nel nostro e- specifiche abitudini borghesi (come av·
pisodio è confermato palesemente dal viene forse nel caso di ~aÀ.À.a\l"tLO\I: ~
fotto che Matteo ha pensato che non II, coll. 34 s.). Le. 22,35 s. si riferisce a
fosse necessario menzionare esplicita- 10'4 e non a 9,3 e fa vedere chiaramen-
mente il pane oltre la 1t'ijpa (~ n. I4 ). te la mutata situazione dei discepoli(~
Col divieto di portare in viaggio una n, col!. 34 ss. ).
1ti]pa non s'intende quindi proibire di
mendicare 16, ma si vuole piuttosto dire 5. Nei Padri apostolici 7ti}pa ricorre
soltanto in Erma, ove appartiene agli
che i discepoli non devono portarsi die-
accessori tipici del pastore: vis.5,1 (cfr.
tro, come tutti gli altri viandanti, una sim. 9,10,5); sim. 6,2,5 20 • Negli Apolo-
sacca (capace) con (molto) cibo. Anche gisti il termine compare solo in Tat., or.
questa disposizione significa che essi de- Graee. 2 5, r : 1a 7tTJptX è un accessorio
caratteristico dei filosofi itineranti pa-
vono confidare unicamente nella bontà gani 21 •
provvìdentc di Dio 11 • Secondo Le. 22, W. MICHAELIS

14 Ponendo E~ ò86v dopo m'Jpi:i.v, Matteo più poveri dei filosofi cinici itineranti noti ad
mostra che per lui m'Jpi:i. significa la sacca da ogni ellenista. Tale spiegazione potrebbe al
viaggio in cui si porta ciò che può servire per massimo valere per lettori ellenistici.
strada, e non già fa sacca da mendicante che 19 Per il rapporto intercorrente tra questi due
parte vuota e si riempie per via. passi, cfr. SCHLATTER, Lk. 2n.
1s Contro DEISSMANN, L.O. • 87: «Non fa 20 PREUSCHEN-BAUER, s.v. ricorda giustamen-
piacere trovare una tautologia in questi sinte- te: 1a famosa statua del Pastor bonus del Mu-
tici, asciutti precetti di Gesù». La tau· seo Lateranense (m sec.): il pastore porta la
tologia riceve espressione fonetica soltanto caratteristica borsa a tracolla. Nell'interpreta·
nella traduzione, quando cioè si sceglie l'e- zione simbolica dei diversi attributi del pasto-
spressione specializzata borsa del pane, In re (bastone, siringa e mungitoio) la borsa non
greco la tautologia tra l!pni; e 1tTJPl:I. non è sembra avere avuto un valore particolare. Cfr.
maggiore che tra xcxÀx6~ e !;WVTJ. TH. KEMPF, Christus der Hirt (1942) spec.
16 ~ RENGSTORF 2r5; ~ KRAuss 99 s. Con- 139-143 e W. JosT, IIOIMHN. Das Bild vom
tro E.C. HosKYNS e F.N. DAVEY, Das Riitsel Hirten in der biblischen Oberlie/mmg und
des N.T. (1938) 10. seine christologische Bedeuttmg (1939) 50-57.
l' K.H. RENGSTORF, Lk. (N.T. Deutsch 3) n La sacca non è adatta a simboleggiare la natu·
9,3. ra e la potenza di Cristo, come per Filone
B Nell'uso sinottico di 1t'fipi:i. non c'è traccia con è adatta a simboleggiare la natura di Dio
di una «contesa tra cultura giudaica ed elle- come pastore, natura che l'Alessandrino de-
nistk:n> (~ ScHULTHESS 234). HAUCK, Lk. scrive in agric. 50-.H con riferimento a Ps. 23
120 a 9.J interpreta il divieto di Gesù nel [BERTRAM].
senso che i discepoli devono apparire ancor 21 Per const. ap. 3,6,4 dr. DE1ssMANN, L.O.•
185 (vr,122) m;<poç x.-)... r (W. Michaelis) (vr,122) 186

I I I
m.xpoc;, ·mxp1.a, ·mxpa1.vw,
I
1tapct1tl.Xpa1.\IW,
mxpamxpacrµoc;

t mxp6c;, t mxpla, male; al ridere quando è forzato (Anth.


t mxpcxlvw Pal. 5,180,2); alle lacrime (già in Horn.,
Od. 4,153) non perché abbiano un sa-
1 . Il significato originario di mxp6c; pore amaro, ma perché in quel caso non
è aguzzo, appuntito, acuto. L'aggettivo si vorrebbe o dovrebbe piangere, giac-
può indicare una qualità delle frecce ché non si tratta di uno sfogo di pian-
(Horn., Il. 4,n8), del xÉnpov (Eur., to liberatore. Gli uomini sono chiama-
Herc. fur. I288), poi di tutto quanto ti mxpol quando sono severi (cos1 è
punge i sensi: un odore è penetrante chiamato il 81xa.cr·niç in Polyb. 5 ,41 ,3 ),
(Horn., Od. 4,406), un suono è acuto, violenti, ostili (Aesch., Choeph. 234),
stridulo (Soph., Phil. 189), una sensa- crudeli (Hdt. 1,123). L'avverbio m-
zione è dolorosa (Horn., Il. II,27r), un xpwç serve ad accentuare ancor più
sapore è forte, acre, amaro (Hdt. 4, l'idea principale; cos), ad es., mxpwç
52; 7,35) e qui mxp6ç è l'opposto di ~l;E"t'asm1 indica un interrogatorio du-
'YÀ.vxvc;. Quest'ultima accezione divie- ro, spietato (Demosth., or. 2,27); cfr.
ne preminente anche nei derivati, co- mxpwc; otaxEi(Tila.t 1tp6c; -.wa, «essere
come mxpla, amarezw (il sapore ama- irritato contro qualcuno» (Polyb. 4,14,
ro delle piante: Theophr., hist. plani. 1 ). Analogamente 1ttxpitX nell'uso tra-
6,10,7). Essa sta anche alla base del- slato (attestato non prima del periodo
l'uso traslato di tutto il gruppo di vo- attico) significa severità, durezza (De-
caboli quando vengono riferiti alla sfe- mosth., or. 25,84), rancore (Polyb. lJ,
ra psichica: in quest'uso è preminente 4,u). Il verbo deponente 1ttxpalvoµa~
la nota di una sensazione spiacevole, significa divengo irato, irritato; l'atti-
inattesa, indesiderata. L'aggettivo è co- vo mxpcx.lvw (attestato in epoca tardi-
sl riferito al dolore (À.l'.l'ITT)) perché fa va) significa rendo irato, irrito 1•

87 n. 3: anche qui è del tutto adatta l'acce- s1GJCE, Wort. n 305; MouLTON-MILLIGAN 512
zione sacca, borsa (capace). nella quale trova s.); ma proprio le locuzioni più caratteristiche
posto molta roba. Per Protoevang. Iacobi 21, (1t~xpk tl:liixi}µa.-o:, amara ingiustizia; civa·
3 e per il giudizio di Epiph., de fide 8,3 Àwµa'tct mxpci, spese dolorose) vengono dal-
(GCS 37,504,7 ss.), secondo il quale il testo l'epoca più tarda. mxf)Wç è già attestato in
originale di Mt. 2,n avrebbe letto Tàç 'l't1i- P. Petr. m 42 H (f), 8 (nr sec. a.C.): m-
pa<;, cfr. ZAHN, Mt.• 103 n. 93· xpwç ero~ txpi}cro:"to, «ti ha trattato brnsca-
mentc»; n1 comparativo: P. Par. 46,20 (152
inxp6ç X"t'f..
a.C.). Il verbo mxpalvw non è attestato nei
I Esichio, s.v.: inxp6v · XCXÀE7t6V, àypcx.).fov papiri, ove invece abbiamo 1tpo1rmxpalvw
e mxpGli; · xctTctx6pwç, àxpcnwç. In Drrr., (cfr. LIDDELL-ScoTT, s.v.). Circa l'etimologia
Syll. 1 e Or (indice) non c'è alcuna testimo- di mxpctlvw notiamo: dato che le forme in
ninnza per il gruppo di termini. La morte è -«(vw sono molto rare, bisogna pensare che
ocx.lµwv 6 xtpx6ç IG III 1338 (m sec. a.e., fa forma sia sorta per analogia. La ricerca
epitaffio): Epigr. Graec. 640 (n sec. a.C., sembra avere stabilito con certezza che nei
epitaffio): xctl xoc)..ò\I -rò 'tVX'll'> xat 1ttxpòv testi più antichi il verbo ha significato de-
or1Jct ~lou. Nei papiri 1ttxp6i; è attestato ponente: adirarsi. Bisogna quindi partire dal
molto presto, anche nell'ilso traslato (PRE1- gruppo &.q>palvw, µcxpyalvw, àyp~al\lw ecc.
;mq>6<.; Y."t'À. 2 (\Y/. Mich:ielis)

2. I LXX usano l'aggettivo mxp6ç cir- volte è unito con xÀ.alEW ( ~ n. 12);
ca 40 volte, di cui l 2 in 2-4 Mach. 17 Js. 2 2 ,4: 7ttxpwç x:ì..o:vcroµcn = 'ama-
volte 1m~péç rende l'ebraico mar e co- rer babbekt, «piangerò amaramente»
me questo è usato prevalentemente in (qui indica un pianto sconsolato); Is.
senso traslato, mentre raro è l'uso pro- 3 3 ,7 ; ayyEÀOt y!Ìp cX1tOCl''trLÀTJO'OV't(.(;L
prio (ad es. Ex. 15,23: l'acqua amara; à.~LOVV'tEc;Elpl]vriv mxpwç XÀ.rLLOV't'E<;
come termine di confronto in Icr. 23, 7.apaX<XÀ.OUV't'E<; ElpTJV'f}V = mal'aké sa-
I 5 ). Gli uomini sono detti 7tixpol quan- lom mar jihkàj1l11. Anche qui è interes-
do sono amareggiati (Ruth 1 120) o cru- sante notare la differenza tra testo e-
deli (Abac. 1,6; 4 Mach. 18,20); mxpoL braico e testo greco: mentre nel primo
(variante X<X:'tWOuvoi) 4iuxii (!ud. 18, il pianto amaro degli ambasciatori in-
2
2 5) significa impetuosi, furiosi. Per il gnnnati vuol espl"imere la loro ptofon-
lettore dei LXX il grido di Esaù (Gen. dn delusione, nell'altro non si tratta che
2 7,34 : cpuMÌ (.Lé:ycX.À:ri xcd mxpcX. crcp6- dell'irrefrenabile, ma forse soltanto ben
opa) è «forte e acuto», mentre il testo simulato, singhiozzare che accompagna
ebraico pada piuttosto di un miserevole la loro richiest!l di pace.
lamento (anche per Soph. 1,14 bisogna
seguire il testo ebraico). La morte (M- Il verbo mxpalvw è usato una doz-
va:roç) è mxp6ç in l Bacr. 15,32 (cfr. zina di volte, sempre e solo con valore
mxp6't'Epov Ù7tÈp iM.vo:-rov: Ecci. 7 1 26)1 traslato. Senso attivo transitivo: 't'Tiv
ma è «meglio d'una vita amara», xpElcr- ilivxl]v (lob 27,2; var. cod. A: 7tt·
crwv ... unÈp sc..>i}v mxpav (Ecclus 30, xp6w 3 ); xÀ.avllµ6v (Ecclus 38,17 ); l'op-
I7 ). Quando è attributo di à.vayx'l'} (2 posto è EÙcppaivw (r Mach. 3,7) 4; sol-
Mach. 6,7) e <Ì.7tELÀ1} (3 Mach. 2,24; tanto in IEp. 39 (32),32 indica l'irrita·
cfr. 5 118)1 ~acravoç (2 Mach. 9,5) e 7t6- zione divina, che generalmente è espres-
voç (4Mach. 15,16), mxpoç significa sa col verbo 7tapamxpalvw (~ col.
doloroso, terribile, grave. Ha valore 196). Più frequente è il deponente pas-
avverbiale in Ecclus 2 5, I 8 ( &.vEo..rÉva- sivo (fotta eccezione per il costrutto
~EV mxpa); cfr. Ez. 27 1 3o:xExpéc!;ov't'at singolare di Ruth I ,13: ~mxpcivih1 µoi.
mxp6v (var. cod. A: mxpwç, proba- v..Èp uµ<ic;, «sono amareggiata per voi»,
bilmente per influenza di Teodozione). e per il riferimento etimologico di l,20:
L'avverbio mxpwç è usato 9 volte; 2 <mon chiamatemi Noemi ma Mara, per-

(tutti verbi intransitivi). Cfr. A . Dl!.nRUNNl!R, attestato, oltre che in lob 6,3 (Sym.), soltan-
lu den konso11antischen io· Priisentien im to in un papiro del rv sec. d.C.
Griech.: Indogermanische Forschungen 21
3 Questa vnri:mtc risale probabilmente ai CO·
(1907) :J7 ~. (per il passaggio dalla forma at·
dici lucianei. È stata ripresa da Aquila, che
tiva intransitiva a quella deponente cfr. pp.
per i verbi causativi ama creare nuove forme
60-62, per ·mxpcxlvw in particolare p. 63).
in -6w [P. KATz]. LIDDELL-ScoTT, s.v., segna·
L'attivo causativo far adirare è secondario {e
fa soltanto il passivo (una sola testimonianza
attestato solo tardi). Dubbia risulta invece
del m scc. d .C.).
l'ipotesi che 1ttXpalvw sia un verbo transi·
tivo formato sul modello di y)..uxcxlvw (però 4 Dobbiamo forse supporre che l'ebraico ab-
anche la formazione di quest'ultimo verbo bia letto mrh (invece di m"-+ col. 197 n. 3) e
non è certa: ibidem 32 s. 44). Cfr. anche tradurre quindi «si indignò contro molti re»
DEBRUNNER, Griech. Wortb . § 222. [DE- [P. KATZ]. L'antitesi xal Ellq>pavtv "Cb'J Ia-
BRUNNER]. xw~ ci farebbe aspettare piuttosto un verbo
2 Cfr. xcna:ittxpot "t'TI l)ivxii: 2 Bcxa. 17,8. transitivo (t1tlxpavtv = 1tap6Jpy~crtv). Cfr.
Secondo LIDDELL-SCOTT, s.v., xa:"t'&.mxpoc; è però-> col. 199 n. 6.
mxp6ç x·ù. 2-3 (W. Michaelis) (Vl,l23) 190

ché l'Onnipotente mi ha riempita d'a- maledire chi è stato spietato con lui. La
marezza»): sono adirato, incollerito, vicinanza ad ò:p<i e o6Àoc; in 4' 9,28
stizzito: Ex. 16,20; l E/.rop. 4,31; IEp. ( ro,7) fa propendere per l'accezione
44 (37),15 ecc. (non è mni predicato di amarezza piena d'odio 5 , mentre 1a con-
Dio). nessione con i>vµ6c; (Js. 28,21 6; 37,
29) suggerisce il significato di amarezza
II sostantivo mxpla compare circa adirata. In Is. 28,21 e 28,28 (par. op-
30 volte. Il nome geografico miira è pri- ylsEcrt}cx;t) si tratta (entrambe le volte
ma trascritto Mi::ppa. (Ex. 15,23), poi senza riscontro nell'ebraico) della m-
tradotto Iltxpla (Num. 33,8 s., plur. xpla. divina che, per la precisione, è
Iltxplat); ~ col. 200. L'associazione di considerata <ÌÀ.ÀO"tpla {28,21) e momen-
mxplcx; e xoÀ.1] (Deut. 29,17: qui abbia- tanea (28,28). Nella traduzione passiva
mo la locuzione È\I xoÀ:fi xat 1nxplq.,--')> 1ttxplac; ÈvE1tÀ.1]crih1v, «fui pieno di a-
col. 114) si ritrova anche in Deut. 32, marezza» (Ier . 15, I 7) non si capisce più
32; Lam. 3,15.19; cfr. mxp6_~n:pov xo- direttamente che si tratta dell'ira puni-
À:ijc;, «amaro più del fiele» (Prov. 5,4). tiva (za'am) di Dio (cfr. lob 9,18).
In questi casi xoÀ.1) corrisponde a ro'J Il sostantivo 1ttxpao-µ6c; non è atte-
(come, del resto, anche altrove) ovvero stato prima dei LXX, dove è usato due
a la'ana (Lam. 3,15; Prov. 5,4); d'altrn volte: Ecri). 4,r7°; Ez. 27,3 7 .
parte mxpla. rende la'ana (-7 nn. 7 e
8) in Deul. 29,17; Lam. 3,19 (e Am. 3 . Filone usa mxp6c; soprattutto in
6,12 ), altrove invece m•rorot (Deut. 32, senso traslato, pur impiegandolo talora
32) e m"riMm (Lam. 3,15). I traduttori in senso proprio qunndo pa~b. di :icqua
hanno pertanto sentito i due termini co- amara (rer. div. ber. 208) o di 1tlJY<X.l
me affini. La traduzione di sillon ma- amare (vit. Mos. 1,182 e passim; si
m'ir, 'aculeo pungente', con ax6Àoljl 'ltL- tratta di riferimenti a Ex. 15,22 ss.;
xpla.c; (Ez. 28,24) è dovuta a un errore: cfr. anche poster. C. 154-156). Fame e
si è fatta derivare la forma mam'lr da sete sono 1tLXpcx.t 8Écr1tOW~t (viri. l 30 );
mr ovvero mrr, invece che da m'r. 'itt- cfr. 'l'Ctxpot 'tUpawo~ (omn. prob. lib.
xpla. \}Jvxfic; significa interiore afflizio- 106), mxpòc; O'VXOq>av~ric; (leg. Gai.
ne, tristezza in lob 7,n; 10,1; 21,25 355 ). Amari sono oouÀ.dcx; (vii. Mos. I J
(cfr. 3,20 cod. A; qui e altrove, in as- 247), 1tovoc; (vit. Mos. 2,r83), à.À..yl]-
sociazione con ò&vvri); Ecclus 7, r r. In- owv (spec. leg. I,292; exsecr. 145),
vece in Ecclus 4,6 indica l'esasperazio- wol:vEc; (con/. ling. 26). Il sostantivo
ne che induce il bisognoso respinto a 'lt'txpla (usato 10 volte) apre un elenco

. s Il testo ebraico legge mirma = illga11no, 7 Aquila, Teodozione e Simmaco usano ·m-
falsità (che nei salmi è tradotto spesso con >epoc; in Num. 5,23; Is. 38,17; mxpla (la-
ooÀ.oç; nel nostro versetto o6À.o<; rende inve- 'amJ 4 col. 189) in Ier. 9,14. La forma •m~pa­
e~ tok ). Il traduttore ba forse considerato il uµo<;, ancora rara nei LXX, compare più volte
prefisso nominale m come prima radicale di nelle traduzioni sunnominate. Anche la for-
mar [P. KATZ] ~ col. 200 n. n. Per ljJ 13 ma mxpaµi.tol (lob 3,5, Aq.) va corretta pro-
(14), 3 ~ n. 14. babilmente in mxpac;µol (SCHLEUSNilR IV
6 Per la variante CTCX'ltpla. cfr. C. LINDHAGEN, 325); dr. però la forma attica vcpa.µµct, da
EPrAZEl:0AI. Vie \Vurzel l:AIT im N.T. ùq:a.Cvw, e altri casi simili in ScHWYZER r .524
tmd A.T.: Uppsala Uriivcrsitets Arsskrift n. 2, con appendice. La forma affermatasi nel
( 1950) 47-53. medio e neo-greco è r.~xpa.µ6ç. [ GEORGAKAS] .
mxp6ç xù. 3-4 (W. Michaelis)

di vizi che comprende, nell'ordine, 7tO· e ttaslato (test. D. 4,2; test. Ios. 1,7);
'111]pfo.., 7tO:Vovpyla., Òpyi}, i)uµ6c;, ecc. mxplrt. in senso traslato (test. N. 2,8
(ebr. 2 2 3 ). Abbiamo il sostantivo a1 par. Wµoç) e in test. L. I 1,7 interpre-
plurale nell'espressione -.ijc; tjiuxi)c; m- tando il nome m criirl (Gen. 46,II e pas-
xplo:ç (migr. Abr. 36) e nell'interpreta- sim, non spiegato nell'A.T.) come 'lttXpla.
zione dell'acqua amara di Ex. 15,25, µou (variante probabilmente spuria: m-
che significherebbe il mxplo:c; yɵoV"t'O: xptac;µ6c; [ Charles] ).
vouv che viene mutato in dolcezza sol- Testamento di Salomone: mxp(jj.; è
tanto dal bene perfetto (ibidem). Il ver- collegato con O'"t'eV~SeW (5,Il H; D 1 ,
bo mxpo:lvoµcu (usato 5 volte) signi- II) e ìlpTJVELV (D 1,6); cfr. anche 5,13;
fica essere irritato, indignato, risentir- 20,2 (M.vo:'t'o<; mxp6c;); 26,5 Q.
si: ad es., congr. 164; vit. Mos. 1,302.
Né 'ltLXplcx. né 7ttxpo:lvecrl1o:t vengono 4. Nel N.T. mxp6c; è usato in senso
mai attribuiti a Dio. proprio in Iac. 3,II: µ1j"t'L Ti 7tTJ"'('lJ tx
Oltre che in senso proprio (il Mar 't'fj<; et.ù't'ijc; o?tijç Bpun 't'Ò y Àuxù xu.t
Morto è detto 7tLXpà xo:t ayovo<;, bel!.
'tO mxp6\I, «forse che la sorgente fa
4 >476; cfr. ant. 3,2 s.), Flavio Giusep-
pe usa spessissimo l'aggettivo mxp6c; fluire dalla stessa apertura acqua dolce
(raro è invece l'uso del sostantivo m- e amara?» e~ col. 166 s.). 't'Ò mxp6v è
xplo:, ad es. ant. 17,148) in senso tra- l'acqua sorgiva che ha un sapore ama-
slato: lo troviamo cosl come attributo
di Mwt.'toc; (ant. 6,155; 10,122), ÒOUVTJ ro, che è salata (cfr. 3,12 b). Un'acce-
(2,294; 7,325), oouÀ.Elct {rr,263), ~a­ zione simile ha il verbo mxpr.dvi::ulìo:~
<J't:t.VOC, ( I2 ,2 5 5 ), ~pEUVt:t. (I 5 ,290), À.OL· in Apoc. 8,u : l'enorme stella "A\f.itv·
ooplo: (beli. 1,642), Oe0'1tO't"l'jC, (Ap . I,
210; 2,277), vlxri (una vittoria di cui lìoç cadendo sulla terra contamina le
non si può gioire, beli. 1 ,540 ). Cfr. an- acque dei fiumi e delle sorgenti e le
cora ant. 7,r77 .264; 14,367; bell. r, rende mortali: noÀ.À.ot "t'W\I &:v17pw1tW\I
473. Negli scritti dello storico giudaico
ibtÉ17a:vov h 't'WV ùooc-tw\I èht Émxpct\l-
troviamo più volte l'avverbio mxpwc;:
ant. 3,13 (una violenta irritazione), vii. l'}ricrcx.v 8, «molti uomini morirono di
339 (rimproveri energici), bell. 2,41 quelle acque perché erano diventate
(rigorosa investigazione); dr. ant. 9, amare». In Apoc. 10,9 s. il sapore ama-
n&; r2A e mxpwc; EXEW, essere adira-
to (ant. 8,220; 12,122). ro 9 è una figura la quale significa che
Testamenti dei XII Patriarchi: 7ttxp6c; il veggente stesso soffre per il messag-
è usato in senso proprio (test. G. 5 ,r) gio che gli viene affidato e per l'inca-

8 ~ coli. 167 s. e spec. n. r5. Nonostante il mi tempi» (Ex. 15,23 s.) hanno «il loro ri-
plurale, t-mxp1h1frtiO't.t.\I va riferito a ~oa.-ru. scontro negli ultimi tempi», come suggerisce
L'assenzio, ebr. la'and (che Aquila traduce ] . BEHM, Apok. (N.T. Deutsch u) ad l.
tiljllv&~ov in Prov. 5,4 e Ier. 23,15; àiJ!lv- Neanche 4 Erdr. 5,9 (dr. Paral. Ierem. 9,16)
ih.ov corrisponde a rii's II in I er. 9,14) è co~tituisce una prova a favore di tale idea,
considerato nell'A.T. una sostanza partico- perché è un testo troppo generico.
larmente amara (-+ col. 189); non è p erò 9 Apoc. 10,9 è l'unico passo dei LXX e del
a~~olutamente velenosa (ZAHN, Apok. 391 n. N .T. in cui l'attivo 1mcpalvw sia usato nel-
4; HADORN, Apok. l02, ad /.). L'Apocalisse l'accezione di conferire rm sapore amaro, r en-
vuol forse dire che «le acque amare dei pri- dere amaro.
r.txp6ç xù. 4 (W. Michaelis) (v1,n5) 194

rico <li proclamarlo (a differenza di Ez. danno che può venire a tutta la comu-
3,1 ss.) m. Dopo il rinnegamento Pietro nità dal peccato anche <li un solo mem-
(~ v, col. 491) pi.mge mxpwc; (Mt. 26, bro è chiaramente formulato sulla base
75 par. Le. 22,62) 11 : è un pianto vio- di Deut. 29,x7: µ1'j 'tlç fo-rw É.v ùµi:\I
lento, esterrefatto, che esprime tutta {>C(,a. avw q>ÙOUO'rt. È.V XOÀr{j xa.l mxpl~,
la disperazione profonda del discepolo «non vi sia tra voi alcuna radice che ger-
per avere rinnegato il suo maestro 12• mini con galla ed amaro», anche se il te-
L'uso traslato dell'aggettivo, che pure sto usato presenta una forma corrotta 13•
è tanto diffuso nella letteratura greca e Le parole con cui Pietro constata la per-
raramente è privo di una nota di pro- dizione di Simon Mago (Act . 8 ,2 3: Ei.c;
fondo pessimismo ( mxpòc; ~<i.vane;, m- yàp xoÀ.l)v mxpla.c;... òpw <rf. ov'ta:)
xpà. oouvrJ, ccc.), si ritrova nel N .T. non richiamano in particolare Deut.
soltanto in Iac. 3,I4, ove lo sl]À.oc; (~ 29,17, ma ripresentano quell'associa-
m, coli. 1499 s.) è detto mxpoc;. Hebr. zione di xoÀ.1} e mxpla che è cosl co-
l 2,15: µi} ·rn; pf.s<J. mxplac; élvw q>VOVl]'<J. mune nell'A.T. (~ col. 189). Rom. 3,
ÈvoxÀ.Ti, «cercate la pace ... badando ... 14 cita, con minime differenze, ifl 9,28
che nessuna radice d'amarezza spunti (~col. x90) 14 • Eph. 4,31 presenta la
fuori a molestare». Questo richiamo al mxpl<J. in testa a un breve catalogo di

10 J. BE.HM, o. c., (-+ n. 8) ad I.: «Perché piene (e leggono lvo)'):[j invece di ÈV XOÀ:ij),
prima della vittoria. resta da affrontare l'ul- sono già influenzati da Hebr. I2,15. D'altra
tima e più aspra battaglia». Non si pensa pnrte è difficile che l'autore della Lettera agli
affatto (proprio come nel caso di fa:. 3,r ss.) Ebrei abbia osato alterare lui stesso il testo
all'effetto del messaggio sugli ascoltatori. __.,,. dd LXX, soprattutto cambiando Èv xo)..ii in
v. col. 667 n. 6; VI, coll. 1497 s. Èvox)..ii; è invece molto più probabile che
11 Le. 22,62 deriva forse da Mt. 26,75: cfr. esistesse già prima un testo dei LXX che pre-
HAUCK, Lk. e KLOSTERMANN, Lk., ad l. sentava lo scambio anagrammatico tra Èv
12 Molto più importanti dei paralleli extra-bi- XòÀ:ij ed tvoxÀ.ij. A questo errore andrebbe
blici (-+ colJ. 186. 188 s.; WETTST.EIN I 52S allora attribuito anche il mutamento di xat
a Mt. 26,75; paraileli rabbinici: SCHLAITER, mxp~ (che non si adawwa più alla nuova
Komm. Mt. 76,) sono quelli dell'A.T.: Is. 22, costruzione della frase) in (~l~cx.) ·iuxp~. È
4; 33,7 (-+ col!. 187 s.). mxpwç serve a raf- difficile invece condividere l'opinione di Mr-
forzare (cfr. Esichio -+ n. 1), non a qualifì- CHEL, Hebr. ' 308 n. 5, secondo la quale <cii
c11re l'idea espressa da b)..cwcrEv. Il ravvedi- testo dell'A.T. usato dall'autore di I-lebr. è
m<:nto e il pentimento non vengono mai det- più semitico e più vicino al testo originale
ti 'amari'. Anche Ja collocazione di mxpwç in ebraico di quanto non lo siano i LXX». 1tlr
fine di frase serve a conferire all'azione una xp(cx.c; è un genitivo attributivo semitizz:tnte
nota di profondità e forza, che Lutero ha e va inteso (come Deut. :29,17) in senso pro·
reso efficacemente con bitterlich, amaramente. prio. Tutta l'espressione è poi figurata : una
Il Per le questioni riguardanti la critica del radice, un germoglio da cui nascono frutti
testo cfr. RIGGENBACH, Komm. Hbr. 1 · 3 403 s. amari. Non è esatto che ?t~xpla significhi
n. 80; P. KATz, recensione: ThLZ 76 (19,1) direttamente veleno: cfr. -+ n. 8 e anche
437. Dovrebbe essere abbastanza chiaro che Horn., Il. n,846: una pll;a. 1t~XPll serve per
quei mss. dei LXX che in Dellt. 29,17 inse- calmare i dolori e fermare il sangue.
ri~cono dopo ~ll;cx. un -rt~xp(a.c; come dop- 14 Con Rom. 3,13-18 anche Rom. 3,14 è pas-
195 (vr,n.:;) r.o:pa.m;q:a.lvw, 7ta.pa.mxpo:aµ6ç 1 (W. Michaelis)

vizi 15, seguita immediatamente da ì}u- sternato in parole o atti. Anche l'agget-
µoc; e òpyT). In questo contesto mxpt'.a. tivo è usato in senso traslato: mand. 5,2,
3 (la pazienza non ha in sé nulla di ama-
non significa quell'amarezza soggettiva ro); mand. 12,4,6 (i comandamenti del
che include la rinuncia alla comunione diavolo sono «difficili, amari, crudeli e
e quindi isola (quest'accezione non sa- lascivi»); mand. 6,2,4 (l'angelo della
rebbe d'altra parte attestata altrove), malvagità è <{collerico, aspro e insensa-
to»); sim. 6,3,2. In sim. 6,2,5 abbiamo
ma piuttosto l'esasperazione, l'astio, l'i- il rarissimo e tardo aggettivo 'l'tEplm-
raondia verso il prossimo. In Col. 3, xpoc; (il grande pastore dall'aspetto sel-
19 mediante il verbo mxpcx.L\IECTì}cu i vaggio aveva «uno sguardo torvo»).
mariti vengono appunto esortati a non
lasciarsi prendere da una simile 'ltLXplcx.: t rtapa.mxpal\lw, t 7tapamxpa.crµ6c;
µ'Ì] mxpa.l\IEcri}e rcpoc; cx.ù-.ct.c;, «non sia-
l. Entrambi i vocaboli non sono at-
te aspri con esse ( = le vostre mogli)»,
testati prima dei LXX, e anche in se-
né col pensiero né, soprattutto, con pa- guito appaiono molto raramente e so-
role o peggio con atti 16• lo sulla scia dell'uso biblico. Il verbo
tcapamxpal\lw (usato nei LXX più di
5. Padri apostolici. Se si fa eccezione 40 volte, di cui I2 nel Salterio e 21 in
per Did. 4,10 par. Barn. 19,7 (non biso- Ezechiele, dove compare ben 14 volte
gna comandare agli s.cbiavi €.v mxplq. l'espressione ofacoc; mxpamxpa.lvw\/),
<{con asprezza collerica»), troviamo i] sempre attivo (passivo solo in una va-
gruppo di termini usato soltanto, e spes- riante a Lam. l,20; ~ n. 1); al con-
sissimo, in Erma: mxpa.l\lw, passivo e in trario, il verbo semplice è raro come
senso proprio (mand. 5,1,5); mxpa.lvo· attivo e~ coli. r88s.), è probabilmen-
\loµcx.L, deponente e in senso traslato te (cfr. però ~ n. 4) una creazione dei
(mand ro,2,3; cfr. anche É.\I rcixplfl. yE- LXX, che forse hanno scelto il prefisso
vÉ(fì}m, mand. 5,2,2), ove l'irritazione 1tapa.- per influenza di 7ta.popyl~w (cfr.
è conseguenza della 6çuxoÀ.t'.a., iracondia. anche 'ltapot;uvw). Il verbo significa
La mxplcx. è associata anche altrove chiaramente (nella misura in·cui traduce
(mand. 5,2>4.8; 6,2,5) con la òçuxoÀ.la. k's all'hif'il) irritare, esasperare, far an-
(che è anch'essa 'amara': mand. 5,1,6): dare in collera 1: è usato in questa ac-
qui mxpt'.a è il malumore che viene e- cezione, sempre con Dio per oggetto ( ~

sato, per vie traverse, nel testo di 4' 13 ( 14),3 provocata da lei, ma da altre persone o cir-
di alcuni mss. secondari dci LXX. ccstanze.
is Come in Philo, ebr. 223 (-.) col. 191), ove
similmente troviamo più avanti 6py-fi e Dvµ6ç. 7tttprL7tLXpalvw wrÀ...
Cfr. A. VOGTLE, Die Tugend- tmd l.Asterka- A questo articolo ha contribuito con molte
taloge im N.T. = Nt.liche Abh. XVI 4/5 indicazioni e osservazioni P. KATZ.
(1936) 218 n. 83. I In questa accezione il verbo è sinonimo di
16 La costruzione con 7tp6c; (che non è atte- m1popyll;w, cui generalmente nel testo ebrai-
stata né nei LXX né in Filone; dr. HELBING, co corrisponde k's hif'il (cfr. anche Esichio:
K11Susryntax 212) sottintende forse che non 'ltapo:mxpa.lvwv· m1popy(l;wv). Questa affi.
bisogna sfogare sulla moglie anche - o par- nitil. semantica è confermata anche da Phi-
ticolarmente - la mxpl« che non sia stata lo, som. 2,177 ; rco:pa7tLKPlllVELV xo:L 7tapop-
7trt.pa.mxpa.lvw, -napa7tLXpa.crµ6i; r (W. Michaelis) (v1,126) r98

col. 188), in IEp. 39 (32), 29.32 (var.); caparbio, ecc., perché esso rende anche
51 (44),J .8 2 • Ci sono poi altri passi che i verbi ebraici srr (\jJ 65 [ 66] ,7; 67
nel testo greco sembrano simili ai pre- [68],7) e mrd (Ez. 2.J [due volte]).
cedenti(~ 5,n; 77[78],.17.40) e han- Certo, teoricamente anche srr e mrd a-
no anch'essi Dio per oggetto. Qui si vrebbero potuto essere confusi con mrr
potrebbero col1ocare anche (nonostante (per il nesso tra srr e mrh in '1i 77 [ 78],
una certa modificazione semantica) i 8 ~ VII, col. 745), ma i dati a nostra
passi in cui oggetto di 7tapocn:Lxpcx.lvEtv disposizione sembrano complessivamen-
sono il pfjµcx. (3 Ba.<r. l3,2r.26), i À.6yot. te favorire la spiegazione proposta so·
( ~ l04 [105],28) o i À.6ytcx. (ljJ 106 pra 3. Ora, dato che 1ta.pa.1tLxpa.lvw
(107],II), lo cr"toµa. (Lam . l,18) e il rende sistematicamente, e non occasio-
nvEuµa. (ljJ 105 [ 106 ),3 3) di Dio. Però nalmente, il verbo ebraico mrh, ci sem-
in tutti questi casi, e in altri ancora, bra abbastanza naturale supporre che
1ta.pa:mxpa.lvEtv rende il verbo (in Eze- mrh sia stato, sl, tradotto una prima
chiele il sostantivo meri) mrh al qal o volta con 7t0'.pamxpa.l\lw per un erro·
all'hif'il, recalcitrare, essere ribelle, ca- re fortuito, ma che poi, per una qualche
parbio. Per spiegare tale curiosa tradu- ragione, questa traduzione errata sia
zione non basta l'ipotesi di un semplice stata volutamente e sistematicamente
scambio, di una confusione tra mrh e seguita 4• Inoltre anche nel caso di mrh
mrr, essere amaro. Intanto il numero e mrr può aver giocato un sistema di
piuttosto elevato di testi che presen- traduzione del testo sacro che non si
tano tale traduzione (si tratta di circa riscontra soltanto in Aquila. I tradut-
30 passi) fa escludere che si possa trat- tori del testo sacro sembrano infatti
tare di un errore occasionale, per quan- aver l'abitudine di associare le radici
to una confusione tra mrh e mrr pos- ebraiche omonime o assonanti e di ren-
sa facilmente accadere e in alcuni ca- derle con un unico termine greco. Que-
si sia effettivamente verificata. Inol- sta traduzione comporta però un'esten-
tre per i traduttori il verbo 1tapa.m- sione semantica, più o meno forzata,
xpalvw non può aver significato soltan- del vocabolo greco prescelto. Anche
to irritare, ma anche recalcitrare, essere nel caso di ml'h e mrr questa prassi

y(t'.,ew (fu;6v); leg. all. 3,u4: bpyl!;ov-tcn xat 4 Cosl M. FLASHAR, Exegetische Studien zum
7trt.pu.mxpalvo\l'trt.L (il deponente passivo com· Sep111agintapsalter: ZAW 32 ( 1912) 185-188
pare altrove solo in Herm., sim. 7,2 s.; -+ considera Deut. 31,27 come il modello che
col. 196). ha influito sulla traduzione stereotipa di mrh
con 1trt.Ptx1t~xpalvw in ro passi del Salterio.
2 Inoltre come variante a Deul. 32,16 invece
A torto HELBING, Karmsyntax 101 s. sostie·
di Éxmxpalvw. Quest'ultimo verbo, che altro-
ne che nel Salterio «abbiamo soltanto una
ve compare raramente (ad es., Ios., 0111. 5 ,
continua e costante confusione di miir/J e
234), nei LXX è usato solo qui.
màran> (102). Degna di nota è l'osserva·
3 l E<Tl>p. 6,14 è una prova meno sicura del- zione di FLAsHAR 186: se in Dcli/. 31,27 ~i
la accezione recalcitrare, ribellarsi. Qui ìnfat· tratte di un caso singolo, e probabilmente
ti, anche se è usato assolutamente, 1tapa.m- fortuito, di errate lettura del testo ebraico, il
xpalvw corrisponde pur sempre al verbo tran· verbo 7trt.pamxpalvw non è stato però certa-
sitivo 'ltapopylt;w usato nel passo parallelo di mente inventato proprio per questo passo pre-
2 Eo-op. 5,12 e traduce l'ebraico rgi; all'hif'ìl. ciso, ma deve essere stato (nel senso di ir-
Neanche I Mach. 3,7 è un argomento sicuro ritare, sdegnare, come in Deut. 32,16) una pa-
a favore della spiegazione proposta (-+ col. rola della lingua volgare. Cfr. HELBING, Ka-
188 n. 4). rnssyntax 103: «certamente volgare».
199 (vr,126) 1ta:pamxpa.lvw, 7tapamxpcxaµ6ç 1 (W. Michaelis) (v1,1;q) 200

può quindi aver fatto sl che l'ambito Deut. 33,8 con 1tdpa.), l'attento lettore
semantico di 7ta.pa.mxpa.lvw si sia este- di \j.i 94 coglie nel testo dei LXX un chia-
so per l'influenza di mrh 5 . Di conse- ro riferimento (confermato, inoltre, da
guenza i traduttori avranno effettiva· tutto il contenuto del salmo e dai vv.
mente associato a 7tapa:1ttxpa.lvw an- 9 s.) a Ex. 17,7. Ma perché e con qua-
che il significato di ribellarsì, reca/ci· le significato è stata scelta la singolare
trare, ecc. 6 • Questa conclusione è im- traduzione 7ta.pamxpa.CTµ6c;? Non è pro-
portante anche per l'uso di 7ta.pa.m- babile una confusione con il nome della
xpaaµ6c;. fonte mard in Ex. 15,23 8 (nonostan-
te che questo nome sia tradotto Ifocpla.
Il sostantivo 7tocpa1mcpa.crµ6c; è deri- o Iltxpla.t: -7 col. 189): il nome miin1
vato da 7tapa.mxpalvw, come 1t~xpa­ è troppo raro né è mai associato con
crµ6c; ~ col. r90) da mxpa.lvw. Nei massa, mentre i nomi massa e m•rrbd
LXX esso è usato soltanto in un testo 7, sono strettamente associati non solo in
ma proprio quest'unico testo è stato ri- Ex. 17 ,7 e 4i 94,8, ma anche in Deut.
preso dal N.T. In tJ> 94 (95 ),8 i LXX 33,8 9 • È altrettanto inverosimile che i
traducono con 7tapa.mxpa.<1~~6c; il no- LXX abbiano letto, o per errore o per-
me m'ribli (la fonte scaturita dalla roc- ché avevano un testo diverso di Ps. 95,
cia al tocco di Mosè) che nel primo pas- merf>ra invece di m•rtba 10, anche se es-
so in cui appare (Ex. 17,7) è tradotto si traducono m•rorot e m'ror1m con 1tL-
(in connessione con l'uso di ÀotoopEt- xploc (-7 col. 189): anche m'ròrd è mol-
CTÌ}cu in Ex. r7,2) À.oto6pl]D'Lc; (-7 VI, to raro (solo in lob 20,r 4.25) e non è
col. 789), altrove À.otooplcx. (Num. 20, un nome geografico. Il problema può
24) e CÌ.V't'LÀ.oyla. (Num. 20,13; 27,14; essere risolto riallacciandosi alle os-
Deut. 32,51; 33,8; ~ 80 [8r],8; 105 servazioni fatte sopra a proposito del-
[ ro6],32) oppure è trascritto (solo in l'uso di 7tc.tpa1ttXpcdvw. Ci si può co-
Ez. 47,19; 48,28). Ora, dato che anche sì chiedere se per caso il prefisso m
il nome geografico massa è già tradotto di m•rtba non sia stato considerato la
in Ex. 17,7, poi in Deut. 6,16; 9,22 ed prima radicale di mar, 'amaro' 11 • Sem-
anche in o/ 94,8 con 7tELpmrµ6c; (in brerebbe però più naturale supporre

s P. KATZ, Philo's Bib/e (1950) 64 n. 2 e è usato da Aquila e particolarmente da Teo-


passim; ~ ve, coll. 7.3 s. n. x3. dozione e Simmaco. I LXX usano generalmen-
6 Il momento concettuale dell'amarezza esau- te cim:~Dtw.
risce il suo effetto nel dare all'atteggiamento B Come suggerisce E. NESTLE, T-lebrews 3,8.
ostile un carattere più netto [P. KATZ]. L'uso r5: ExpT 2r (1909/10) 94.
transitivo di 'ltapcxmxpalvw, anche nell'acce· 9 Cfr. anche l'accostamento di 1tc.tplX'lt~Xpctlvw
zione di recalcitrare, può essere stato facilitato e (lx)rmpii~w in \)! 77 (78),17 b.18 •.56 [P.
dal fatto che, tra l'altro, mrh è costruito an- KATZ] ,
che con 'et. 10 Come ipotizza G. HARDBR, Die Seplua-
7 Le altre traduzioni, che usano anche m- ginlazitate des Hebr., in Theologia Viatorum
xpaaµ6c; più spesso dei LXX(~ col. 190 n . 7), (r937) 35; cfr. M1c11EL, Hebr. • 101 n. 5.
impiegano ugualmente m~panLxpctaµoc;: Aqui- 11 La traduzione di mirma con mxpla: in ljJ
la in x Bacr. 151 23 (T.M.: m'r1; LXX: òl>vV1'); 9,28 (10,7) è dovuta a un fenomeno analogo
Sym.: 1tpoaEpl~m1); Simmaco in lob 7,11 (- col. 189 n. 5): come Il la seconda radicale
(T.M.: mar; LXX: "lt~xplct); Teodozione in di rmh è trascurata a vantaggio del nesso con
Pl'Ov. 17,11 (T.M.: m'r1; LXX: &.v~~À.oyla; mar, cosl qui si passa sopra al b di rjb. La
Sym.: tpElltuµoc;). Cfr. FrnLD, ad I. e ScHLEUS· traduzione 1tctpEnlxpetv&.v UE (PJ. 5,n) può
NEk rv 215. Anche il verbo 1tapamxpctlvw esser dovuta a un testo ebraico che leggeva
201 (v1,r27) 7t0'.p1Xmxpalvw, 7t1Xp1Xmxpoc<rµOç 1-2 (W. Michaelis) (VI,127) 202

una combinazione con m'ri (da mrh), 2. Hcbr. 3,8.15 cita '1i 94 (95),8 e
tanto più che meri è stato tradotto con ritroviamo cosl la frase èv "tQ 7t(Xpet.m-
7tapamxpaaµ6ç anche da Aquila e Teo-
dozione (---,). n. 7 ). Aniviamo poi a una Xp(XCTµQ. Poco dopo (3,16) viene usato
soluzione ancora più semplke se con- anche il verbo: -tlvEç yàp &.xovcta.v't'E<;
sideriamo che m'rlbd significa anche li- 1mpe7tlXp(XVCXV; Ora, il fatto che l'agio-
te, contesa, discordia (Gen. 13,8; LXX: grafo usa il verbo in assoluto mo-
µO:xn) e ci ricordiamo quanto è estesa
l'accezione di recalcitrare, ribellarsi, ecc. stra che qui 1tttpa:1tLxpo.lvw non signi-
del verbo 7tctpamxpalvw. Partendo da fica per lui irritare, ma piuttosto (se-
questa accezione era facile arrivare al condo l'accezione che il verbo ha co-
significato di ribellione, disubbidienza,
ostinazione, caparbietà per m:c.pamxpa- munemente nei LXX, ~ col. 197) ri-
crµoc;, significato che non è poi tanto bellar:ri, recalcitrare, opporsi. Conforme
lontano da quello di &.v"ttÀ.oylct che ai LXX ( -~ col. 201) egli ha anche in-
ugualmente traduce m'r'iba (--.,). col.
I 99 ). È ovvio che un sostantivo deri-
teso il sostantivo 1tctpamxpwrµ6c; nel
vato da un verbo faccia presupporre senso di ribellione, caparbietà, seguen-
la medesima estensione semantica del do cosl fedelmente l'uso linguistico
verbo stesso. Inoltre non sembra im- di quella che era la sua Bibbia. Tra-
possibile che l'accostamento di m~pct7tL·
xpalvw e (Èx)1mpa~w (~ n. 9) in un ducendo quindi la Lettera agli Ebrei
salmo precedente (lfi 77) abbia influito non si dovrà partire, per i nostri ter-
sulla traduzione del ljJ 94. L'uso del mini, dall'etimologia greca 13, ma dal
verbo 7tttpamxpcxlvw è comunque un
solido argomento per sostenere che nel mutamento semantico che verbo e so-
sostantivo 7tctpamxprmµ6ç non pre- stantivo hanno subito nei LXX. Non
vale l'idea di amarezza (secondo l'etimo sembra inoltre del tutto impossibile che
greco), ma piuttosto l'accezione rivol-
ancora l'autore dell'epistola abbia con-
ta, ribellione, opposizione, secondo la
comprensione dei traduttori. Complessi- siderato (come i LXX) 1ttXpO.'lttXpaaµ6c;
vamente le traduzioni scelte per m"riba (e forse anche 1mpacrµ6c; in 3,8) come
e massa mostrano che nei LXX, e an- un nome geografico 14_
che nel nostro tjJ 94, si pensa ancora a
dei nomi geografici 12 • W. MICHAELIS

m•rtbekii (part. hif'il) invece di marfJ bak: («amarezza per ciò che si pretende dall'uo-
ancora una volta si avrebbe un analogo trat- mo»). Queste traduzioni passano a uno psi-
tamento di r;b. [P. KATZ]. cologismo che non può essere giustificato
12 Fatta eccezione per questo passo e per Ex. quando si tenga presente l'uso linguistico dei
17,7, si legge sempre me m'r1ba ovvero !l8wp LXX.
tiv-cLÀ.oylw; I Ào~8opl«<;. L'articolo davanti a 11 Su id., s.v.: 1tocpa.mxpa.o-µ6ç· ii lv lpi}µC!)
1tr.<p1Xmxpixaµ6ç e 1mpaaµ6<; in lji 94,8 si 'ltoÀ.ÀaxL<; ytvoµÉvTJ av'tLÀ.oyla -cwv 'Iupa.T)-
spiega come rimando anaforico ai luoghi geo- À•....&v. Questa definizione si basa su lii 94,8;
grafici menzionati nell'Esodo. Cfr. BLAss-DE- Hebr. 3,8.:r' e sulla traduzione di m•rtba con
l!RUNNER §§ 260 s. [P. KATZ]. ci:v-cLÀ.oyla, prevalente nei LXX(---> col. r99);
13 Vanno quindi respinte sia l'interpretazione essa è anche una prova indiretta di quanto
di WINDJSCH, Hebr. 31 («l'irritazione provo- fosse raro il termine fuori dei testi biblici. Per
cnta in Dio»} sia quella di MICHEL, Hebr.' 104 Hetm., s;m. 7,2 s. -7 n. :r.
203 (vr, 127) (VI,128) 204

ȵ7tlµ-rt).,T]µL: a) riempire in senso


letterale, ad es. xocpl\loVç {Aristoph.,
av. 1310). Più spesso significa colma-
re, riempire fino all'orlo, ad es., dei re-
cipienti (Aristot., hist. an. 5,18 [p. 55oa
A. IL GRUPPO DI VOCABOLI FUORI DEL 2] ); con il pus di una ferita ricevuta
N.T.
in battaglia vengono riempiti 66 catini
(dal racconto di una guarigione miraco-
losa ad Epidauro : Ditt., Sytl.' r 169,
r. Entrambi i verbi sono presenti già
57). b) Riempire in senso traslato; è
in Omero, eppure in parecchi scrittori
1 usato frequentemente in Platone (ad
greci e nei papiri il loro uso è raro •
es., Phaedr. 2 55 d: tfivx1}v ìtpw'to<;,
La radice è la stessa di ~ -rtÀ.1)p11<; ecc.
«riempire l'anima d'amore»); chi è pie-
Il significato fondamentale dei due ver- no di «voluttà disgustante» non è adat-
bi coincide: colmare, riempire, e poi an-
to alla gnosi (Corp. Herm . 7,J). c) Plat.,
che saziare (per la costruzio;1c ~ col.
leg. 12,959c: il defunto «se ne va per-
205).
correndo fino in fondo e adempiendo il
7tlµ-rt).:l']µL: riempire (al medio : riem-
suo destino» ( 7tEpalvov-ta. xct.t ɵmµ-
pirsi); ad es., gli occhi di lacrime (per nM·.na. 'tTJ\I a.ù'tou µotpa.v ). d) Soddi-

la gioia: Soph., El. 906); ÀÉx't'pa. ... sfare, ad es. i desideri (Xenoph., an. r,7,
oa.xpuµwrn1 (Aesch., Pers. 134); per in- 8: &.nav-twv 'ttJ\I "(\IWµ.T)v ). e) Soddisfa-
dicare il concepimento: Aristot., hist. re interamente, satollare, sfamare, appa-
an. 6,22 (p. 576 b 29); 29 (p. 578 b gare : usato al medio in senso proprio (ad
32). es., Plat., Gorg. 505 a: «soddisfare gli
Uso traslato: l'anima, «divenuta gra- appetiti, come mangiare a volontà quan-
vida di smemoratezza e di vizio» (Àiiih]c; do si ha fame, bere quando si ha sete»),
'tE xa.t xa.xlet<; 7t)..1)cri}E~cro.), cade sulla oppure in senso traslato, detto della
terra (Plat., Phaedr. 248 c); cicppocruvnc; mente (Philo, som. 1,48: distinto da
xat i}pacrEOc; 7tlµ7tÀIX\l'tett (Democr. B YEVECTÌ}a.~) o dell'anima {Philo, Deus
254). Significa poi saziare (abbondante- imm. 151: l'anima si appaga contem-
mente, completamente): fi crl-twv 'ij plando beni eterni).
µÉi}T]c; 7tÀTJCTi}Év, «Sazio di cibi o di be- 2. Nei LXX la forma semplice del ver-
vande» (Plat., resp. 9,571 c, ~ col. bo è un po' più rara di quella compo-
213: 7tÀ1}CTµ0\11]); a.tµ(htil\I (Soph., Ant. sta e serve a rendere diverse forme di
121); i)oovwv {Plat., resp. 4.442 a). ml' (77 volte) e di ih' (25 volte); una
AI passivo significa anche essere saxio, volta {tP 64,12) rende r'f, 'grondare',
nauseato (Soph., Phil. 520). 'gocciolare'.

TttµTtÀ.1]µ~,
tµrclµ?tÀ.1]µL posto figura 2 volte, il semplice manca; il
I DrnLs •, indice: il verbo semplice figura so- verbo semplice manca anche in Filone ed è
lo 3 volte; Aristot., indice: ciascun verbo 2 attestato in Dione Cassio solo 2 volte, men-
volte; in Epitteto mancano invece entrambi. tre entrambi questi autori usano abbastanza
PRe ISIGKll, \Vort. registra ciascun verbo u .1n frequentemente il composto, conforman<lo~ i al-
sola volta; D1TT., sm. ', indice: il verbo com- la tendenza della koiné.
205 (VI,128) (vr,128) 206

a) '1tlµ7tÀ.1JllL è usato normalmente xlaç, à.voµlaç).


nel senso proprio di riempire: ciò
che viene riempito è all'accusativo, ciò Nei LXX ɵ1tlµnÀ. l)µL rende sia ml'
con cui si riempie al genitivo (come si (59 volte} sia sb' (60 volte). Nono-
ha generalmente nel greco classico) e ta- stante l'inevitabile spostamento d'ac-
lora al dativo2 (come già in Horn., Il. cento e talvolta un necessario c"mbia-
16,373 s.), con <bt6 (Ecclus 36,13 b) mento d'immagine e di costrutto, si
per rendere l'ebraico min (anche Él.l7tlµ- avvicinano molto al senso del testo ori-
1tÀ1)µL in Ecclus r,17; 24,r9); per il ginale quei passi in cui ȵ1tlµn:Àriµ~
doppio accusativo ~ coll. 207 s. Esem- traduce qbl = ricevere (Ecclus 31 ,3:
pi: -taµlrnt. (Prov. 3,10); cfr. Ez. 28, satollarsi), pwq all'hif'il = conseguire,
16: i depositi sono colmi di beni ingiu· ottenere (Ecclus 32,15: la legge; LXX:
sti ( = à.voµlaç, ~ qui sotto); EvÀ.o- esser riempito o saziato con la legge),
ylaç (Ecclus 37,24: i frutti della bene- ~wf all'hif'il = traboccare (Ecclus 47,
dizione). I4 : essere colmato), gjl = giubilare,
b) Uso figurato: xaxwv (sventure, esclamare (Is. 29,19: essere riempito di
mali: Prov. 12,21 ); l>vµou (Dan. 3,19 gioia), din _al pu'al = essere ingrassato
[LXX, Theod.] ); à.pE'tct.À.oyla.ç (Ecclus (ls. 34,7: esser satollato, accanto a µ.t-
36,r3: probabilmente il termine indi- l>u<ilHJO'E't'm), nwp all'hif'il = placare,
ca quelle azioni che suscitano ammira- calmare (Ez. 24,3: appagare, saziare 't'6\I
zione); à.o~xlocç ( Gen. 6,II. 13 : riempi- l>uµ6v µou }. Il contenuto del passo viene
re la terra con scelleratezze; Dan. 12,4 alterato dai LXX in Ecclus 4,1 2 (pwq al·
[LXX]; !Ep. 28 [ 51] ,5) oppure à.voµlm; l'hif'il); 47,15 (ql! = ricevere, accoglie-
(Ez. 8,17: violenza; Lev. 19,29: impu- re); Is. I I '3 (rwp, infinito hif'il = ave-
dicizia; Ecclus 23,1 I 8 : ingiustizia): qui re compiaci111ento); lob 40,13 (pbI =
va osservato come il sostantivo (al sin- legare, in ebraico è un passo diffici-
golare) significhi delle azioni (al plura- le). Una ventina di volte diversi ma-
le); o6çT)c; xuploo (la tenda fu piena del- noscritti presentano -rtlµ'ltÀ:iiµt. per ɵ-
la gloria del Signore: Ex. 40,34 s.; cfr. 1tlµ'1tÀ1]µt e viceversa. a) ȵmµ"JtÀ.avttt
2 Par. 7,1 s.; 3 .Boc11. 8,10 s.; Ez. 10,3 -cl 't't.Voc; = riempire qualcosa con qual-
[VEq>ÉÀT)], ~ col. 207: ȵTt(µ'ltÀ.T}µL) . cosa (più raro il dativo 't't.Vt.) . b) In sen-
c) Con riferimento al tempo: al pas- so figurato, soprattutto nel linguaggio
sivo, passare, trascorrere, finire (-ra- plastico del Libro di Giobbe: o--.6µ«
1tet\IWl1Lç: Is. 40,2 ). ')"ÉÀ.W't'O<; (lob 8,21); CT't6µa. ÉÀ.É"(XW\I
d) Quando si tratta di una promessa (13 ,4: prove); le ossa con forza giova-
di Dio i LXX usano ~ 1tÀ:r1p6w per nile (20,n); µE mxplac; (9,18; cfr. ler.
adempiere, compire. 15,17). Vanno inoltre notati i seguenti
e) Saziare: ol:vou (Sap. 2,7); in sen- costrutti: ȵ'ltlµ1tÀ:nµL Evrppocruvl)ç (Ec-
so traslato: «l'anima mia è sazia di clus 4,12; Is. 29,19); v6µou (Ecclus 2,
mali», xaxwv Ti "'vx1i (ljJ 87,4); anche 16 ~ sopra Ecclus 32,15); auvfo·Ewç
!aziare al massimo, satollare, al passi- (Ecclus 47,14); 1tVEuµa'toc; ata1H111ewc;
vo ricevere troppo (Prov. 30,9.22; for- (Ex. 28,3); 'm'EUµl:t't'Oç O'UVÉ<TEWç {co-
se anche r ,31: à.crEBelaç = le conse- municato con l'imposizione delle mani:
guenze dell'agire empio; _ , sopra à.oi- Deut. 34,9); 'lt\IEuµcx'tt O'OVÉO'Ewç (Ec-

2 Ciò con cui si riempie è indicato anche ticolareggiata v. HELBING, Kasrmyntax 144-
mediante tv strumentale col dativo (ebr. 150 [indicazione di B ERTRAM].
b'): 4 BaO'. 9,~4. Per un'info.~azione più par-
207 (v1,r8) nlµnÀT}!~t. l1.ir.lµ1t).l]µt A 2 - B rn (G. Delling)

clus 39,6); T.VEuµa. cp6~ov i}Eou (ls. rr, dJ)..oyl.av rcapà xuplou, «sarà colmato
3); 7tVEliµa. i}Ei:ov crocplw; X't À. (doppio di benedizione da parte del Signore»,
accusativo: Ex. 3r,3; 35,3r); 7tvEl'.1µcx- con il complemento d'abbondanza in
i:oc; aù.-ou (di Elia: Ecclus 48,12). accusativo; cosl anche lfJ 102,5. Qui la
Quando c'è un nesso tra i nostri verbi salvezza di Dio consiste chiaramente,
e la 86~a. xvplou si nota una tipica am- in primo luogo, in beni materiali che
biguità, come un'incertezza del costrut- suscitano gioia per la benevolenza e il
to. Se si parla del tempio che vien riem- favore divino. Questa gioia è sottoli-
pito dalla «nuvola della gloria del Si- neata in ~ 62,6. Nella storia simboli-
gnore» (2 Par. J,I3), si suscita l'idea ca di Ez. 16 il verbo indica la soddisfa-
di una qualche sostanza che occupa con- zione sessuale (vv. 28 s.). Abbiamo un
cretamente un dato spazio e impedisce uso. più nettamente traslato in Ez. 24,
pertanto agli uomini di soffermarvisi (v. 13 ( 'tÒV i>uµ6v, «la collera»); Eccl. r,
r4; cfr. i passi simili con TCtµTIÀ:riµt ~ 8: OUX ɵ'lt).. 7)<Ti)1)o-E>!Xt Ò<pi)a).µòc; 'tOU
col. 20 5 ). Queste descrizioni della pre- opav, «l'occhio non si sazia di guarda-
senza di Dio vogliono sottolineare, da re»; cfr. 4,8. Dio sazia con la sua grazia
un lato, la venuta benevola del Dio tra- (\f! 89,14: qui abbiamo però un nesso
scendente nel luogo della rivelazione e, con gli altri passi del Salterio trattati
dall'altro, la santità divina che l'uomo sopra; cfr. ~ 90,r6: «lo sazierò con una
non riesce a sostenere 3 • In ogni caso lunga vita»). La morte è insaziabile:
Num. 14,2r va inteso in senso figura- . Mwnoc; oùx ȵmTtÀaµevoc; (Abac. 2,
to: ȵ7tÀ1}crEt +, ò6t;'1. xuplou mia'a.v -ti}v 5); Prov. 27 ,20: f!.011c; xa.t cl'ltWÀEtct oux
yijv, «fa gloria del Signore (cioè, nel ɵ1tlµ1tÀ<X.V"ta.1, «inferno e distruzione
contesto, gli atti di Dio a favore del suo non sono mai sazi»; cfr. 30,15 s.
popolo) riempirà tutta la terra». In
senso traslato va intesa anche la profe- B. IL GRUPPO Dl VOCABOLI NEL N.T.
zia di Is. rr ,9: ÈvmÀ1)crih1 ii cruµTC®Gt
(sci!. 'Y7l) -tou yvwva.L -tòv xuplov, «tut- Il N.T. presenta un fenomeno stra-
ta la terra fu ripiena della conoscenza no: i due significati fondamentali dei
del Signore». c) Solo in Is. 65,20 il
nostri verbi, riempire ~e saziare, sono
verbo indica il compimento, l'adempi-
mento temporale: ȵnÀi)<TEL 'tÒ\/ XPO· nettamente distinti e attribuiti rispetti-
vov au-tou ~ col. 2rr). d). L'adem- vamente al verbo semplice e al verbo
pimento delle promesse divine è espres- composto. Ciò di cui o con cui si riem-
so con ~ 1tÀ7)p6w. e) Non di rado il
verbo significa saziare (ad es., &p.-ov pie o sazia è espresso esclusivamente al
oùpavou, «di cibo celeste») con il dop- genitivo.
pio accusativo (ljl ro4,40); anche in sen-
so traslato (x6;)..).ouc;: Sru. [Theod.J r. 7tlµnÀ:r1µ~
32). Anche 1a \j!vx-fi è soggetto di ɵ·
TCÀ71cri)fjvat, ma spesso si vuole indi- a) Riempire in senso concreto, spazia-
care cosl la sazietà corporale (ad es., le (Le. 5,7; Mt. 22,ro; 27,48: questi
Prov. 6ao; 13,25; anche di animali: passi di Matteo sono gli unici testi non
lob 38,39). In Deut. 33,23 abbiamo lucani in cui viene usato il verbo sem-
unf! peculiare compenetrazione dei sen·
si letterale e traslato: ɵ'lt)...7)0"ITTJ't'W plice; in lo. r9,29 i codd. dellit famiglia
4
3 ~ u, coli. 1364 ss., anche col. 1377; cfr. ErcHROI>T, Theol. A.T. II 9 s.
(Vl,IJO) 2!0

SP non rappresentano certamente la 1e- · terotestamentaria deJlo Spirito (Num.


lione originaria). rr,25-29; Is. 59,21; 61,r 4) : è lo Spi-
b) Per indicare emozioni e moti del- rito promesso a Giovanni Battista fin
l'animo. Nel Vangelo di Luca questa dal seno materno (1,15), lo Spirito del-
accezione di 1tLµ1tÀ.1)µ~ indica le rea- la profezia, che pone sulle labbra di
zioni suscitate daJle parole e dalle azio- Elisabetta ( r .4 l) e Zaccaria ( l ,67) il
ni di Gesù. Nella sinagoga di Nazaret i canto di lode a Dio che ha adempiuto
presenti «s'infuriarono» (È1tÀ.1]cri)11cra.v nei figli di Maria e di Elisabetta la sua
ì7uµov: 4,28; cfr. Dan. 3,19); per la antica promessa di salvezza. Negli At·
guarigione dell'uomo dalla mano secca ti il verbo r.À.t}aMivm descrive l'azio·
gli Scribi e i Farisei vanno in collera ne dello Spirito santo nella cristianità.
(&.vola.e;: 6,II); le folle che vedono le Questa volta non si tratta del dono pro-
opere di Dio compiersi per mezzo suo fetico, ma dell'autorità della predkazio.
sono invece piene di timore (q>6~ou: 5, ne che viene con la pienezza dello Spi·
26). Anche queste espressioni denotano rito. Lo Spirito riempie Pietro prima
la consapevolezza che in Gesù l'uomo è del suo discorso (Aci. 4,8), 'tutti' pri-
posto davanti a decisioni ultime e as- ma della loro testimonianza in occasio-
solute. Negli Atti la predicazione apo- ne di una riunione di preghiera (4,31;
stolica provoca una reazione analoga. qui abbiamo anche fenomeni esteriori
Alla vista dello storpio guarito gli astan- concomitanti), Paolo t>rima della rispcr
ti «furono ripieni di stupore e meravi- sta ad Elima ( l 3 ,9 ). In altra occasione
glia» ( 3, ro: ÈnÀ:{jai)'Y)cra.v MµSouc; xa.t (2,4) il dono dello Spirito è seguito dal-
bccr'trurEwc;); i fanatici capi del giudai- la glossolalia. Un passo che a prima
smo gerosolimitano (5,17) e i Giudei di vista presenta parecchie possibilità d'in-
Antiochia di Pisidia sono pieni di ge- terpretazione è Aci. 9,17: la pienezza
losia ( ~T)À.ou) per il successo della pre- deilo Spirito è connessa con la conver-
dicazione cristiana ( l 3,45 ); il tumulto sione, con un dono particolare (cfr. 13,
provocato da Demetrio riempie Efeso l: dono profetico di Paolo), con i ca-

di confusione (19,29: 'tfjc; crvrxvcrewc;). rismi cli dottore (cfr. 13,r) o di aposto-
Ancora più notevole è l'uso del verbo lo(~ m1tuµa). In armonia con la con-
con riferimento allo Spirito, limitato ai cezione pneumatologica generale del-
soli scritti lucani. Nel Vangelo di Luca 1'opera, l'uso linguistico degli Atti non
il verbo ricorre unicamente nei racconti esclude, bensl conforta l'opinione che
dell'infanzia, in testi che si trovano in per l'autore tutti i cristiani abbiano il
linea con una particolare concezione ve- dono dello Spirito. Da questo dono, per

4 Vedi però ElcHRODT, Tlieol. A.T. II' l4 s.


211 (vr,130) (VI,131) .212

cosi dire, 'normale' andrebbe poi di- 14,17 il verbo è costruito col genitivo
stinto un dono più intenso, un cari- di ciò che sazia: Dio sazia i cuori con
sma più potente che si espHca, ad es., il nutrimento e quindi con la EU<ppo-
nella predicazione, nella glossolalia, nel- <TU\l'l'J. Questo linguaggio va inteso co-
l'apostolato 5 • Cfr. anche ~ 1tÀ.1}pric;. me quello analogo dei LXX 7• Una certa
c) Ugualmente, solo negli scritti lu- ambiguità pervade Le. I ,53: «ha ricol-
cani 7tÀ.1')criH)va~ indica il finire, lo sca- mato di beni gli affamati» (1tEWW\l't'<U;
dere di periodi regolari. Anche questa ~\IÉ7tÀ.'rJCIE\I aycd}wv: tV 106,9 è inteso
volta tale accezione è limitata alla sto- qui in termini decisamente concreti).
ria dell'infanzia: finisce il turno di ser- Questa affermazione va messa in rap-
vizio di Zaccaria (Le. 1,23), scade il pe- porto con il regno messianico di cui si
riodo entro cui bisogna circoncidere il scorge l'inizio e potrebbe avere impli-
neonato (2,2I), termina il xa~aptcrµ6ç cato dapprima, almeno in origine (se
(2,22, in accordo con Lev. 12), finisce il salmo è radicato in una pietà di stam-
la gestazione (1,57; 2,6). Tale modo di po giudaico), la fine delle privazioni e
esprimersi è probabilmente dovuto allo degli stenti. In Le. 6,25 è trasparente
stile semitico delle fonti usate per que- il passaggio all'uso traslato: i sazi sono
sti racconti (4 col. 207). certamente persone che hanno da man-
d) Solo nel Vangelo di Luca 7tÀ:'t)- giare e bere a sufficienza, anzi in abbon-
o-~1)va.1. è usato per dire che le profe- danza; ma ciò che li esclude dal regno
zie dell'A.T. 6 si compiono, si avverano di Dio è il fatto che i beni corporali li
( 2I ,22: con la distruzione di Gerusa- 'saziano' anche interiormente. Un uso
lemme, cfr. specialmente Os. 9,7; ~ puramente traslato abbiamo in Rom.
col. 205; altrove in questa accezione 15,24: Paolo vuole saziarsi almeno in
è usato ~ 7tÀ1')p6w). parte della comunità di Roma, assapo-
rando la sua vita cristiana e godendo
2. Nel N.T. ȵ7tlµ1tÀ"l'}µ~ significa della comunione nella fede con essa
soltanto ed esclusivamente saziare, ed è durante il suo soggiorno nella capitale
usato prevalentemente al passivo: di- imperiale. Col vocabolo 'saziare' l'Apo-
ventare sazio. In Io. 6,r2 il verbo indi- stolo vuol mettere in risalto l'idea della
ca la sazietà corporale concreta. In Act. gioia e del rinvigorimento.

s Cfr. H. v. BAER, Der Heifige Geisl in den 6 Cfr. F. BAUMGARTEL, Verheissu11g (1952)
L11kasschri/1en (1926); F. BiicHSl!L, Der Geisl r6·27.
Gottes im N.T. (1926) 228-266; spec. R. 7 ~ col. .207. per Prov. 6,30; ~ 111, coli.
AsTING, Die I-Ieiligkeil im Urchrisle11t11m, 1204 ss.; M. DrnBuus, Aufiotze zur Apo-
FRL 46 (N.F . .i9) (1930) 95.r18.125-127. stclgeschichte (1951) 65 s . n . 3.
2r3 (VI, 13I) n">..'J'}crµovn A 1 1 (G. Delling)

t 1tÀ:r1crµovl] disfazione del desiderio sessuale (~


col. 215). B> In senso traslato 7tÀ.1)-
A. L'uso LINGUISTICO FUORI DELLA uµovfi indica il satollamento, cioè l'ap-
pagamento dell'anima; Philo, cher. 75:
BIBBIA GRECA
xÉvwow àv•t ,.).,TJCTµovi'jc;... tliuxii oE-
I. L'uso linguistico comune
!;aµEvoc; (~ col. 216). L'uso esposto
in questa sezione è comune agli autori
l. Negli usi considerati in questo ar- antichi (Euripide), ai LXX (ove è molto
ticolo, 1tÀ:r1oµovii 1 può indicare sia lo frequente) e anche all'esegesi patristica
stato di pienezza che l'atto o il processo di Col. 2,23.
del riempire. Non è sempre possibile b) 7tÀ.l')CTµov1i indica inoltre l'essere
distinguere Jo stato di pienezza dall'at- strapieno, la saturazione (opposto di
to o dal processo che ad esso porta. E\IOELa., mancanza: Plat., ;esp. 9,571 e),
a) In primo luogo 7tÀ.l')l1µovii signi- in particolare il risultato (o l'azione)
fica pienezza oppure riempimento (il suo del mangiare senza misura, il satolla-
contrario è xÉvw11Lc;: Plat., symp. 186 mento smisurato (Xenoph., resp. Lac. 2,
c). a.) In questa accezione può essere 5: tanto pane wc; vnò 7tÀ.'r}CTµO\li'jc; ...
usato in senso proprio o traslato. In µ1}ito"tE ~cipuvE<rÌ}cu), ovvero la smode-
senso proprio indica particolarmente il ratezza, l'intemperanza, la crapula (Xe-
fatto di una sufficiente ingestione di ci- noph., Cyrop. 4,2,40; cosl anche in as·
bo, la sazietà ( = essere s:i.zio, pie- sociazione con µÉlh}: Philodem. Philos.,
no); in Poll., onom. 5, r 5 r ricorre Èv de musica 62,1 ). Cosl nella locuzione
7tÀ:r1oµovfi Etµ~ con diverse espressioni entrata nell'uso letterario comune (dal-
che designano lo stato di sazietà; Xe· l'uso popolare?) 7tcipciµvi}La 7tÀ.l)trµo·
noph., mem. 3,u,14: 't'ij<; 7tÀ.'r}CTµO\l'ij<; vijc; (genitivo oggettivo): ciò che spin·
7t<tvtrciµE\IOL, «coloro che non sentono ge chi è già sazio (ahstractum pro con-
più di essere sazi»; Eur., fr. 892,4 creto) a prendere ancora qualcosa (la
(T.G.F. 646): a qualcuno non basta più- frutta: Plat., Critias II5 b; Dio C. 65,
essere saziato con pane e acqua; Plat., 4,3 : l'emetico, ecc.: Plut., de tuenda
Phaedr. 233 e: non s'invitino a pranzo sanitate praecepta 22 [II 134 a]); cfr.
gli amici, bensl coloro che hanno biso- la massima ~\I TtÀ.'r]<Tµovij Kv'ltpt.ç, «(so-
gno di essete saziati ( = gli affamati). lo) chi è sazio cerca Venere» 2 (An-
7tÀ.1')11µov1) può significare anche la sod- tiph. 242,3; Aristot., prohl. 9.47 [p.

n À:ricrµovi) tcnsskapssamfundet Lund 39 (1946) 79.138;


B. WEiss, Das. N.T. (Handausgabe) n' (1902)
T.K. ABBOTT, A Criticai a11d Exegelical Com·
mentary on the Epistles to the Ephesians and ad I.
lo the Colossians (ICC) a 2,23 (1922); G. 1 Formazione della parola: -µovfi è propria·
BoRNKAMM, Die Hiiresie des Kolosserbriefes: mente Ja desinenza femminile per indicare
ThLZ 73 (1948) 11-20 = Das Ende des Ge- l'astratto di -µwv: ScHWYZER I 5~4. d 2;
selzes (1952) 139-156; DrnELIUS, Gefbr. J; BLASS-DEBRUNNER § rn9,6 [DEBRUNNER].
EWALD, Gefbr.; HAUPT, Gefbr.; P.L. HBDLEY, 2 C:Ontro questa opinione polemizza Plut., dc
Ad Colossenses 2,.20-3,4: ZNW 27 ( 1928) 2II- tuenda sani/aie praecepta 8 (n 126 e): où y«p
216; J.B. LIGHTFOOT, Saint Pa11l's Epistles to lv 1t">..'J'}:rµova~ Kunp~c,. tJ.)..).à 11cD.">..ov Èv
the Co/ossians and to Philemon (1904) ad l.; tMi~ crapxòc; ( ! ) Y.at ya">..1ivt1 xat Ku1tptc;
LoHMEYER, Kol., ad I.; E. PERCY, Die Pro- tt<; 'IJlìovnv -rt">..Ev't~ xa.t ~p(;)cnç xat n6cn~.
bleme der Kolosser- 11nd Epheserbriefe, Skrif- In questo passo 'ltÀ.'J'}O'µov-1) ha chiaramente
ter utgivna av Kungliga· ·Humanistiska Ve- la connotazione negativa di eccesso.
215 (v1,131) r.">..T]CT(J.OVYt A I 1 -II (G. Dclling) (VI,r32) 216

896 a 24]). Anche metaforicamente: ancora quando afferma che l'orgoglio e


Aristoph., Pl. r89-192: viene un mo- la malvagità non si saziano mai (Phileh.
mento in cui si è pieni fino al disgusto 26 b). Certo, 'riempirsi' di cibo e be-
di tutto: dell'arte, degli onori, del po- vanda smoderatamente porta alla ma-
tere, e non solo della ricchezza (~ lattia (Gorg . 518 d); il saggio evita che
nlµ7tÀ:'{)µL col. 204). il corpo soffra il digiuno o sia supersa-
2. a) Talora 7tÀ:n<Tµovi) può signifi- tollato (resp. 9,571 e). Si può essere sazi
care anche ciò che riempie; Pseud.-Xe- anche in riguardo ai rapporti spirituali;
per tale ragione è sconsigliabile che i
noph., cyn. 7,4: BapEi:IXL 1tÀ:r1<Tµova.l,
«vitto pesante» (opposto a latte). b) giovani continuino a vivere con i geni·
Da quest'ultima accezione si passa (e il
tori dopo il matrimonio (leg. 6,776 a).
passaggio è evidente in Philo, rer. div. Ancora più significativa è una sentenza
ber. 2 97: àµap1:"riµ6.'twv 1tÀ:Y}CTµovi]c;)
di Diogene d'Apollonia (v sec.) traman-
al significato b) moltitudine, pluralità, dataci da Theophr., de sensu et sensihi-
quantità, ecc., geoponica l,10,8 : 1tÀ:n- libus 44, che si coJloca nell'ambito del-
vwv 7tÀ.1)<Tµov6.c;, «l'abbondanza di col- la speculazione dei filosofi della natura
pi». sugli elementi. Secondo questa massi-
ma l'umidità ostacola il vovc; (di natura
II. L'uso del termine presso i filosofi aerea) e perciò chi dorme o è dedito al
bere e alla crapula (µÉÌ)a.Lc; ... itÀ.1]<TµO-
Gli scritti dei filosofi non mostrano va.i:c;) ha capacità razionali (<ppovei:v) ri-
un uso linguistico che si scosti essen- dotte.
zialmente da quello comune discusso
sopra. Anche in questo tipo di lettera- Fatta eccezione per alcuni passi (cher.
tura 7tÀ.'l")CTµov'i] non ha necessariamen- 75; rer. div. her. 297), il vocabolo è
te una connotazione negativa(~ sopra). usato da Filone nella polemica contro la
Ciò è formalmente vero anche per tutta sopravalutazione dei bisogni corporali.
una serie di passi che pure sono di natu- La voglia di carne (Num. u,4 ss.) ri-
ra critica e biasimano una certa condot- sultò funesta già per la generazione del-
ta. È questo il caso dei passi in cui Pla- !'esodo (vrcò 'tfjc; 7tÀ.'l")<Tµovi}c; cbtoU.v-
tone rifiuta la pederastia (Phaedr. 241 c: cri>a.t.: spec. leg. 4,129). Animali vengo-
questi amanti amano «per soddisfarsi e no arrostiti o lessati dc; 7tÀ.1)crµovi]\I
saziarsi, come i lupi amano gli agnelli»; &otxov dello stomaco vuoto ( vit. Mos.
leg. 8,837 c: chi desidera con l'anima 2,r56), la cui 7tÀ.'l")crµovTi (&µE-rpoc;) non
l'anima dell'altro, giudica vergogna 'tlJV solo fa star male (sobr. 2), ma stimola
1tEpt 't'Ò <Twµa. 'tov <Twµa't'oc; 1tÀ.1JCTµo- il desiderio sessuale ( cfr. il proverbio
vTiv, «la sazietà che un corpo trae da un riportato sopra ~ col. 214; agr. 38;
altro corpo»; neanche nel discorso scher- vii. Mos. 2,24; anche som. r,122), ren-
zoso di Aristofane in syntp. 191 e, co- de arroganti (ÙrcEpo'1Jl(t: viri. x63) e of-
gliamo una nota di biasimo), oppure de- fusca l'occhio della ragione (À.oytcrµ6c;:
scrive il comportamento di chi è dispo· leg. Gai. 2). Perciò vengono presentati
sto a tutto «purché, come un animale, a modello i Terapeuti, che rifuggono dal-
possa cosi mangiare ogni tipo di cibo, la rcÀ.T)CTµovn ritenendola nemica del
bere ogni bevanda e soddisfare fino corpo e dell'anima (essi mangiano e be-
in fondo il desiderio sessuale» (leg. 8 , vono quanto basta per non patire né
83 r e), o di chi «cerca di soddisfare la fame né sete, ma non di pili: vit cont.
sua fame di onori, di vittoria e di pas- 37) e si esalta l'esempio dei Giudei, che
sione (i1uµov)» (resp. 9,586 d), oppure digiunano il giorno del gran perdono
217 (VI,132) 7tÀl)crµovi1 A I[. eI (G. Dclling) {Vt,133) 218

per conciliare con le preghiere il Padre 2 . a) Ciò che sazia (ls. 30,23: o
dell'universo senza essere impediti da abbiamo il significato seguente?); in
desideri corporali (vit. Mos. 2,24: ~ senso letterale e insieme traslato: ls.
col. 216: gli effetti di uno stomaco pie- 55,2. b) Abbondanza (Ecclus 18,25;
no secondo Filone). In questi contesti Prov. 3,10); quantità (ler. 14,22: la
-r.À:r1crµov1] è usato generalmente già nel- pioggia è un segno della benedizione di-
1'accezione di crapula, intemperanza, sa- vina; G!!n. 41,30, par. Eùi}11vla, dovi-
tollamento (eccessivo, smoderato). zia [ v. 2 9], mentre il testo ebraico leg-
ge entrambe le volte siibii'); sovrabbon-
B. L'A.T. GRECO danza (Ez. 16,49); in senso traslato:
pienezza, cioè il massimo (<ro<plcxç: Ec-
Nei LXX '1tÀ:r1crµov1) è usato 28 volte clus r,r6).
e traduce prevalentemente derivati del- Nelle traduzioni di Aquila, Simmaco
la radice fb'. Le eccezioni sono: Is. 30, e Teodozione nÀ.'t)O"µovi) è usato rego-
23 ( = diisen, grasso [agg.]); Is. I,14 larmente per tradurre sb'(h ), talora in
( = !i5rab, peso); Ier. 14,22 ( = r"bi· senso positivo ("' r5,n [Aq., Sym.]:
blm) 3 • pienezza delle gioie che Dio dona; Gen.
26,33 [Aq., Sym.]: «fonte dell'abbon-
I. a) 7tÀ.71crµovi) è usato per lo più
danza»; Is. 55,2 [Sym., come i LXX]:
nell'accezione originaria di sazietà, sa-
«ciò che non sazia»; Is. 23,18 f Aq.,
tollamento, di appagamento della fame Sym.]: mangiare per sfamarsi), talora
con cibo (Ex. 16,3.8; Lev. 25,19; 26, in senso negativo (Ecc!. 5,r I [Sym.]:
5; ljJ 77,25; Ag. l,6; Prov. 27,7: Èv la crapula non lascia dormire i ricchi). In
TIÀ:ncrµovfi o~crcx.; Ecclus 45,20; dr. Is. Ier. 5,24 (Aq., Theod.) 'ltÀ.'J)<rµo\l<U; rap-
56,n) o della sete con bevanda (ludith presenta la traduzione meccanica di una
7 ,21) o, genericamente, in quella di ab- evidente dittografia (Jb'wt): qui il con-
bondanza, appagamento di doni divini testo fa propendere per l'accezione po-
(Deut. 3 3 ,2 3; par. EÒÀ.oylcx.v ). Indica an- sitiva, mentre in O.r. 7,14 la Quinta
che l'atto di saziare (Iudith 8,31; var.: legge itÀ.ECTf.lOV'ijç (crl'Cov) senza riscon-
?tÀ.1)pwaw). b) In senso deteriore: cra-
tro nell'ebraico e in senso negativo.
pula (Ez. 39,19: accanto a µml)); sa-
zietà eccessiva che porta al peccato (a-
C. ILN.T.
postasia da Jahvé: Os. 13,6: lvE1tÀ.1}-
crl}l)CTct\I EÌ<; 7tÀ.l)<rµoviJV): quest'uso par- 1. Interpretando Col. 2 ,2 3 i Padri
zialmente figurato è già in principio una della chiesa considerano quasi tutti O"ttpl;
metafora (cosi anche Is. 65,15); Abac. come sinonimo di uwµ<X., dando cosl a
2,16: ubriachezza (à-ctµlcx.~); uso pale- uap~ un senso positivo e intendendo
semente traslato: Is. r,14: disgusto. 1tÀ.l)crµoviJ in modo analogo, cioè co-
Lam. 5 ,6 presenta parecchie possibilità me la soddisfazione del desiderio natu-
d'interpretazione. rale (non peccaminoso) 4 • Evidentemen-

3 In ljJ 10515 i LXX hanno letto una forma ne', con .fb', 'saziare' (7tÀ'T]aµovi) significa
dell'ebraico rwh, 'bere a sazietà', e 7tÀ:r1aµovi) quindi sazietà) [BRRTRAM].
significa quindi saziettl. In Prov. 26,16 (come
anche è accaduto per Gen. 26,33 in Aq. e 4 Cosl ancora H. DRLAFOSSE, Les écrits de
Sym.) i LXX hanno confuso Iib'a, 'sette', con St. Paul 3 (1927) 208, che traduce: «Non
.fb' (lv ?tÀ'T]aµovfi, «a sazi_i;tà» o «Con sod- tengono conto di ciò di cui la carne ha bi-
disfazione) e in ls. 65,1 .5 J•bli'a, 'malcdizio- sogno per vivere».
219 (v1,133) 7.À.'TlG'IJ-:lvTt e I·2 (G. Delling) {VI,133) 220

te i Padri vedono nella proposIZione di I Cor. 9,27. Come seconda possibi-


oùx È.V ·nµu "t'L\IL 'ltpÒc; 'ltÀT)<TµOVÌ}\I -.ijç lità, egli avanza anche l'ipotesi dell'equi-
crapxoc; una epesegesi di aqmol~ CTfu.. pollenza di cura salurandae carnis e di
µa:toc;. Gli eretici non hanno riguardo non parcere corpori: non 'aver riguar-
per il corpo, cioè non gli rendono quel- do' deJla carne significa disonorarla
l'onore che Dio gli ha concesso (ò ÒÈ (non honorifice possidere, secondo I
i}Eòç 'tTJ\I rrapxa hlµT)O"E\I, «ma Dio ha Thess. 4 ,4, ove per Paolino «il proprio
dato al corpo un suo onore»), privan- vaso» significa «il proprio corpo»). Se-
dolo di quello che è suo e non sazian- condo questo commentatore, quindi,
dolo 5 • O, secondo un'altra interpreta- riempire il corpo significa rovinarlo,
zione, gli eretici non hanno cura del quia distentio ( = riempimento) corpo-
corpo., cioè non reputano lodevole -rò ris animae sobrietatem necat et inimica
òLà 'ltCivTwv 7tÀ'l"Jpouv -ti)v CTapxa 6 = est castilati. Anche in questa interpre-
nihil honoris dignum existiment, ut ex tazione ascetica permane però la sino-
omnibus repleant corpus 7 • La Vulgata nimia di crwµa. e crap~ . Nell' Ambro-
separa in modo quanto mai chiaro CÌ.cpEL- siaster (MPL 17,457) troviamo un'in-
olq, dalla precedente preposizione È.V 8 terpretazione diversa. Per questi cr&:p~
( ~v H}E)..oi}p1JO"xlq. xat i:mmvocppoauvn indicherebbe il senso carnale: sagina
xat aq>EtOlc,. a-w1.tai:oc;) e legge non (l'alimentazione, 'JtÀ.'l")a"µovij) carnalis
(sic!) ad parcendum corpori, 11011 in ho- sensus lraditio h11mana est, «che dice
nore aliquo ad saturitatem camis. Il da- bastare ciò che la provvidenza ha tra-
tivo aq>ELOlc,. equivale quindi per la Vul- smesso per la carne». L'Ambrosiaster
gata a Wa""t'E àcpELOE~V (la negazione è riferisce l'ultima parte di Col. 2 ,2 3 a
anticipata dalla frase seguente oòx h1 'X.6yov ... croq>la.ç della prima parte del
"t'Lµfi "t'LVL x-.'X..). Aug., ep. 149.JO versetto, quando aggiunge: rationem
(CSEL 44,376) afferma che non c'è dif- enim videt11r habere sapientiae, iuxta
ferenza di dignità tra i cibi che servono c11r11em.
a saziare il corpo; bisogna solo badare
a che esso sia rinvigorito con nutrimen- 2. Non possiamo esporre particolareg-
ti che giovino alla salute. Un posto a sé giatamente tutte le posizioni che si de-
ha l'interpretazione di Paolino da Nola lineano nell'esegesi moderna di Col. 2,
che dapprima suppone una opposizione 2 3. Cerchiamo soltanto di esporre in
tra non parcendum e ad saturitatem via sommaria e di proseguire quella
(ep. 50: CSEL 29,4r6 s.), restando co- linea interpretativa che risulta dai pun-
sl sulla linea di un'interpretazione po- ti comuni ai vari commenti 9 , a) 1tp6ç
sitiva di 1CÀ.T]a"µov1) 'tijc; <ra:px6c;, ma poi indica l'effetto 10 : in Paolo l'aspetto :fi-
intende il non parcere corpori alla luce nale e quello consecutivo non sono

5 CRAMER, Cat. VI 327, ad I. (interpretazione carne». Cfr. HAuPT, Ge/br. u7, -+ IIE»LEY
attribuita a Severiano). 215 e spec. ~ ABBOTT 276 s.
6 Theod. Mops., dr. CRAMER, Cat. VI 327. rn Cfr. -+ HEDLEY 215: «to produce»; -+
7 Theod. Mops., in epistolas B. Pauli com- BoRNKAMM 18 n. 2: «dient (nur) dazu ... »
mentarii, ed. H .B. SWETE r (1880) 297. [ = «serve (soltanto) a ...»]; -+ Wmss: «ge-
8 Sullo stesso piano si pone la canc:elJazione reichen» [ = 'risultare']; cfr. LoHMEYER, Kol.
del xal davanti ad àqm6(~ nel cod. B ecc. 130 n. 4: «Sembra ricalcato sulla locuzione
9 Praticamente tutti respingono la traduzione EL<; 1tÀ.TJCTµOvYJV, che ricorre continuamente
di 7tpÒç X't'À. proposta dal ~ LtGHTFOOT 204- nei LXX» (ove Etç 7tÀT)<7µov1Jv appare 14
206 : «non serve a guarire le debolezze della volte).
221 (vr,133) 1tÀ'r]crµovii C 2 (G. Delling) (v1,134) 222

sempre nettamente distinti in quest'uso qualche nesso tra 7tpÒ<; 1tÀ:l')oµovirv "t"1jc;
di 7rp6c; (cfr. 2 Cor. 4,6); il senso fina- <rapx6c; e thwti tcr"t"L\1 21 ; in questo ca-
le ricorre spesso quando la preposizione so tutta la parte À.byov ... <rwµa"t"oc; co-
è costruita con un sostantivo n. b) <Tap!; stituirebbe una parentesi 22 • Se si consi-
va intesa in malam partem 12 come nel dera anche ovx tv "t"tµfi ·rnn come e-
v. r 8: <Tap!; indica «la natura totalmen- nunciato a sé stante e si riduce la pro-
te peccaminosa» «dell'uomo vecchio» 13, posizione À.oyov ... <TWµa"t"oc; al ruolo di
in particolare «l'orgoglio e l'autocom- secondaria («benché ... » 23 ) 24 , si riesce
piacimento dell'uomo naturale» 14 «nel ad ottenere un ordine sintattico per lo
suo egoismo» 15• c) 1tÀ.'r)<Tµovri significa meno possibile. Certamente «è strano
«sazietà» 16, «soddisfazione» 17 , ma ac- che manchi una qualsiasi avversati-
quista un'accezione negativa 18 soltanto va» 25 ; ma la contrapposizione tra ~xov­
per il nesso 19 con <Tctp!;. d) Non regna 't'et e ovx É'll "t"tµi'} "tL\IL ovvero 1Cpòc; 7tÀ:l')-
unanimità per quanto riguarda la collo- <Tµo\11}\I 'ti)<; <Tapx6c; è accennata abba-
cazione sintattica di 7tpÒc; 'ltÀ.T}CTµO\llJV stanza esplicitamente da É<T'<L\I e µé'll 26.
"t"fjc; <rapx6c; nel periodo. Sembra ra- Dobbiamo comunque ricordare che que-
gionevole supporre che il testo ci sia sto non è l'unico passo paolino in cui
giunto corrotto; ma nessuna delle con- sia difficile stabilire un preciso costrut-
getture proposte soddisfa pienamente 20 • to sintattico 27 •
L'ipotesi più verosimile è che ci sia un

11 Cfr. soprattutto BLAss-DEBRUNNER § 239,7. (ove il termine lm).i)aµwv è usato appunto


n DIBELIUS, Ge/br. ', od I.; PREUSCHEN- tre volte [129.485.629]; in Aristofane anche
BAUER • 1225; --+ HEDLEY 215; in senso ne- un'altra volta: Lys. u88), ritiene che il te-
gativo: -7 LIGHTFOOT 205 b. sto originale abbia letto !ntÀ.'r]aµoviiv, e
Il HAuPT, Gefbr. rr8. interpreta: l'ascesi «non riesce affatto a far
14 -+ PERCY 139; un'interpretazione analoga dimenticare la carne».
abbiamo già in 4 Wmss. 21 Cfr. BENGEL; EWALD, Gefbr. 406 s.
li 4 PERCY 79. Se c'è una contrapposizione 22 DIBELIUS, Ge/br. 1 preferisce invece rial-
tra 7tÀ.'r]CJµOvTJ O"CCpx6c; e aqmlì(cc O"Wµcno<; lacciarsi al v .22 •; lo contraddice ~ HEDLBY
(-+ WEISS), anche crap!; è contrapposto a 215.
awµa.. 21Per quest'ultimo punto dr. EWALD, Ge/br.
16 ~ WHrss; LoHMEYER, Kol. (traduzione). 407 s., che però riferisce lv 'ttµfi 't~VL ( 'tWl
17 HwPT, Ge/br. n8; in modo simile tra- = «per non so chi») alle altre proposizioni
duce anche --+ Wmss. Cfr. -+ PERCY 139; introdotte da una preposizione.
DIBELIUS, Ge/br.', ad !.; -> ABBOTT 278: 24 -+ WEiss inserisce una virgola sia dopo
«piena soddisfazione». fo-rlv sia dopo 'tWl.
18 Bl!NGBL:/ere excessum noJat; HAUPT, 25 -+ BoRNKAMM 18 n. 2; ibidem: «La con·
Ge/br. n6: «si tratta di un concetto che, mo- trapposizione è però espressa già in oòx lv
ralmente, è per lo meno dubbio». 'ftµTI 1WLt>.
19 Contro HAUPT, Ge/br. u6; --+ ABBOTT ;u; Cfr.--+ LIGHTFOOT 203, che fa presente co-
276; -+ LtGHTFOOT 20J. Cfr. l'uso del termi· me già nel gxeco classico si usi µlv senza
ne fuori del N.T. ~ coli. 213 ss. lìé: v. BLAss-DEBRUNNl!R § 447,3 s.; BENGBL:
20 HAUPT, Ge/br. rr8 n. r considera la pos- vis parlic11/ae òL late/ i1l verbo pnito fo't'~;
sihilità che tv "t"Lµii 'ttv~ sia una glossa ad cfr. EWALD, Gefbr. 406; ~ WEiss.
riqmlìlq; (prima di O"Wµ(X't'O<;). -7 HEDLEY Xl LoHMEYER, Kol. l3I n. 1: in Col. 2,23
215 suppone invece che sin caduta un'intera abbiamo una pura successione di termini an-
riga. Cfr. inoltre l'apparato critico nel NBSTLE. titetici, e pertanto non si dovrebbe «chiedere
Cfr. B.G. HALL, Colossians 2,23: ExpT 36 quale sia il nesso sintattico di questi due ul-
{1924/25) 28J: rifacendosi ad Aristoph., nub. timi sostantivi».
223 \vr,134) 7:ÀT)CTJ!O'JTJ e 3 (G. Delling), nlvw (L. Goppclt)
3. Il contesto di Col. 2,23 contrap- fatto a loro u e servono alla soddisfa·
pone la manifestazione della religiosità zione 29 del desiderio egocentrico del·
combattuta nell'epistola, che si vanta di l'uomo, che si nasconde sotto le spoglie
una gloria terrcno-~osmka (3,4), alla vi- della religiosità (la religione autonoma
ta dei credenti che al presente è ancoru e non teonoma serve soltanto all'auto-
nascosta con Cristo in Dio (3,3). La esaltazione dell'uomo) 30• Tali norme
linea xéc;p.oc; (2,20), civì)pt:mwv (2,22), hanno sl l'apparenza e la fama di sapien-
crapt; ( 2 ,2 3 ), -.èt btL ·rf\c; ytjc; {3 ,2) sta za (con una pietà rigida nell'osservare
in antitesi con ]'altra a:JtEiM.VE'tE (2 ,20), l'.! proprie norme autonomamente fissa·
crvvnyÉpì)lJ'tE (3 ,r ), -tà &vw (3,r s.). I te, con !"umiltà' e il 'disprezzo per il
precetti che vietano l'uso di determina· corpo'), ma non hanno alcuna vera va·
ti doni terreni danno a questi un'impor- lidità e servono soltanto a soddisfare
tanza che non hanno, acquistano essi l'egoismo (religioso) dell'uomo.
stessi un'autorità che non si addice af- G. DELLING

I I I I f
7tt.VW, 7tOµCX., 1t00'1.ç, 7tO'tOV, 7t0't'Oç,
'
7tO'tT)p1.0V, I
XU'ta1U'VW, 'Y
7tO'tt."W

1tlvw b) bevande terapeutiche.


II. "lttvw in senso traslato:
1. uso
generale;
SOMMARIO: nell'A.T.;
2.
3. nel giudaismo e nella gnosi.
A. 11lvw nel mondo del N.T.: B.1tlvw nel N .T.:
I nlvw in senso proprio: x. mangiare e bere quale segno di monda·
1. nella sfera profana; nità;
2. nella sfera cultuale: 2 . il mangiare e bere di Gesù e dei disce-
a) astensione dalle bevande; poli quale segno di libertà dal mondo;

28 tv ·nµlj Elv~L indica la stima, la valutazio- incomprensibile. ~ molto più naturale suppor-
zione (di cui qualcuno è oggetto): Xenoph., re il significato di saziare, soddisfare (~ coli.
an. 2,5,38; Hom., Il. 9,319. Probabilmente 213 ss.), éhe è ben attestato. La scelta del voca-
bisogna confrontare 1 Thess. 4,4. Inoltre vedi bolo 'lt).1)c;µovfi non dovrebbe pertanto essere
~ -CLµi). casuale; ma allora esso non contiene un ri-
29 ~ BoRNKAMM 18 n. 2 suppone il signi- ferimento antitetico al 1tÀ.TJpoucr&at degli av·
ficato di riempimento (traduce «rimpinzare la versari (Col. 1,9; 2,rn).
carne»). Tale accezione compare talvolta fuori
del N.T., ma nel presente contesto rimane :io Cfr. ~ WEiss; HAUPT, Ge/br. n8.
225 (v1,135) 1tlvw A 1 x (L. Goppelt) (v1,135) 226

3. il signiftc:ito storico-salvifico del mangia- e~ III, coli. 975 ss. Ea-frlw). La bevanda
re e del bere di Gesù con i suoi; inebriante, poi, ha sulla vita personale
4. l'uso figurato del termine; un effetto ancora più profondo del cibo.
a) bere il calice d'ira e di dolore; Per questa sua importanza elementare
b) bere l'acqua di vita. il bere, durante i pasti e fuori dei pa-
sti, tende ancor più ad assumere una
dimensione religiosa e a divenire in più
A. 7tL\IW NEL MONDO DEL N.T. alta misura un mezzo cultuale.

I. nlvw in senso proprio I. Nella sfera profana


Bere per placare la sete è, particolar- Le bevande più comuni nella Pale-
mente in Oriente, un bisogno vitale an- stina antica 1 erano l'acqua 2, il latte 3 e
cor più forte e impellente del mangiare il vino(~ VIII, coll. 457ss.) 4• Nei LXX 5

1Clvw x-.À. WALTHER, ]esus, das Passalamm des Neuen


Per B 3: Bundes, der Zentralgedanke des Herrenmahles
Per la bibliografia sull'ultima cena fino al (1950); K.G. Kum-1, Vber den 11rspr. Sinn des
1937 -+ V, coll. 502 ss.; per le opere pub.. Abendmahls tmd sein Verhiiltnis zu den Ge-
blicate dopo questa data: E. LoHMEYER, Vom meinschaftsmahlen der Sekte11schri/t :EvTh 10
11rchrisllichen Abendmahl:ThR N.F. 9 (1937) J. SCHNIEWIND·E. SoM-
( 1950/51) 508-527;
168-227.273-312; N.F. lo (1938) 81-99; ID., MERLATII, Abendmahlsgespriich (1951); B.
Das Abendmahl i11 der UrgemeùJde: JBL 56 REICKE., Diakonie, Festfreude tmd Zelos in
(1937) 217-252; E. KXsEMANN, Das Ahend- Verbindt1ng mii der altchristlichen Agapen-
mahl im N.T. in: Abendmahlsgemeinschajt feier (r95x); A.J.B. H:!GGINS, The Lord's Sup-
{1937) 6o-93; In., Anliegen und Eigenart der per in the New Testament (1952); BuLTMANN,
paulinirchen Abendmahlslehre:EvTh 7 (1947/ Theol. 41.59 s.143-.151.309 s.; P. BRUNNER,
48) 263-283; W. v. LoEWBNICH, Vom Abend- Grundlegu11g des Abendmahfrgespriichs ('54);
mah/ Christi (1938); A. ARNOLD, Der Ur- E. SCl-IWElZl!R, Das Herrenmahl im N .T.:
sprzmg des christl. Abendmahls im Lichte ThLZ 79 (1954) 577-592.
der neuesten liturgiegeschichtlichen For- 1 Ecclus 39,26; Is. 55,1; cfr. DALMAN, Arbeil
schung 1 (1939); H. SASSE, Dar Abendmahl VI (1939) n9-129.
im N.T. in: Vom Sakramenl des Altars (1941) 2 Insieme col pane, l'acqua rappresenta un
26-78; E. GAUGLER, Das Abendmahl im N.T.
bisogno primario dell'uomo: 1 Reg. t8A; 19,
(1943) :;::: lnternationale Kirchliche Zeit-
6.8; Ez. 4,16; 12,18 s.; Ecclur 39,26-+ uliwp.
schrift 33 (I942) ,97-164; N. JoHANSSON, Del
urkristna nattvardsfirandet (1944); M. BARTH, 3 Gen. 18,8; Iud, 5,25-+ n, coli. 347 ss.
Das Abendmahl, Passamahl, Bundesmahl und 4 Il vino viene usato principalmente nei ban-
Messiasmahl (1945); W. MlcHAELIS, Die Sa- chetti (Ge11. 49,12; Ecci. 9,7; Mt. n,x9 par.
kramente im Johannesevange/ium (1946); M. Le. 7,34; Io. 2,1 ss.; cfr. -+ ]EREMIAS 27 s.)
GoouEL, L'église primitive (1947) 343-391; ed è associato particolarmente al banchetto
STAUFFBR, Theol.' 141-144; F.J. LEBNHARDT, escatologico (I:r. 25,6; cfr. 65,13; STRACK·
Le sacrament de la Sainle Cène (1948); P. B1LLERBECK I 992; SCHUTTER, Komm. Mt.
ALTHAUS, Die christliche Wahrheìt li (1948) a 26,29; -+ }EREMIAS n3; -+ III, coll. 981
362-379; J. }EREMIAS, Die Abendmahlsworte s.).
]ern 1 (1949), con esauriente bibliografia (pp. s 1t(vw coincide quasi del tutto con il verbo
5-9); W. MARXSEN, Die Einsetzungsberichte ebraico Jiita. Il verbo riiwa, bere a :ratietà,
zum Ahendmahl, Diss. Kiel (1949); CHR. è tradotto generalmente con 4 µElhluxoµtu
MAURER, lgnatius von Antiochien und das o con ~ µtWw, cosicché in greco si oscu·
Johannesevangelium (1949) 77-99; O. CULL· ra la differenza semantica tra riiwa e Jàkar,
1
MANN, Urchr. und Gottesdienst (1950); G. ubriacarsi, inebriarsi, che nei LXX è reso coi
2l/ (VI,135) rclvw A 1 1-2a (L. Goppelt) (v1,r36) 228

nlvw è usato prevalentemente nella lo- Deut. 9,9 .18; cfr. Philo, vii. Mos. 2,
cuzione 'mangiare e bere', ampiamente 24; Strack-Billerbeck IV 77 s.; ~ III,
entrata nell'uso comune fin da Omero col. 987) e solo nel caso di un digiuno
( ~ III, coll. 97 5 ss.) 6 • In Israele il man- prolungato abbiamo una minore severi-
giare e bere 'profano' assume un valore tà rn. Una forma particolare dell'asten-
religioso di molto superiore a qualsiasi sione dt11le bevande è data dalla rinun-
mangiare e bere rituale in senso stretto, cia al vino e alle bevande inebrianti
perché togliendo o concedendo queste prevista dal voto di nazireato 11 • Dap-
necessità elementari della vita 7 (para- prima il voto era perpetuo (l ud. r 3 ,r 3
digmaticamente con i miracoli dell'eso- s. ; Am. 2,12; cfr. r Sam. r ,II), poi
do ) 8 Jahvé si dimostra, rispetto ad ogni (Num. 6,2 ss.) ebbe dei limiti di tempo.
orgoglio umano (Is. 22,13), il vero e A differenza dei cibi, le bevande sono
unico Signore deila vita . Questo pro- impure per i Leviti soltanto per effetto
fondo valore religioso del mangiare e di contatti contaminanti (Lev. I I ,34;
del bere trova nel giudaismo espressio- cfr. Strack-Billerbeck I 934 ss.). Per i
ne ad ogni pasto, particolarmente nel- Giudei che vivevano in un ambiente pa-
la benedizione della tavola e nella co- gano la rinuncia di Daniele al vino ave-
munione conviviale 9 • va valore esemplare, giacché in quella
situazione poteva sempre trattarsi del
2. Nella sfera cultuale vino di una libazione 12 •
Anche nel mondo ellenistico il di-
a) Astensione dalle bevande giuno, che tra l'altro era osservato co-
me preparazione all'iniziazione misteri-
Neil'ambito dell'A.T . e del giudaismo ca, includeva spesso la rinuncia al bere
il bere viene regolato da norme cultua- (~ VII, coli. 970 ss.). L'astensione to-
li, in prima linea ·per quanto riguarda tale dal vino, qual è pratica frequente-
]'astensione. Il digiuno richiede anche mente nel giudaismo dei tempi del
la rinuncia alle bevande (Ex. 34,28; N.T. (~ nn. rr e 12), è osservata in

medesimi verbi. Sia il greco che l'ebraico han- elusi sacrifici e preghiere; Quintilianus, de-
no verbi particolari per dire far bene; ~ col. clamationes 301; LlfANT. DE LA SAUSSAYB 4 n
29; : ~o~tt;w. 322; LIETZMANN, 1 Kor. a xo,20; - > coli. 289
6 Non si approva l'uso di sbevazzare fuori s., nn. 88 s.
dei pasti (ls. ; ,rr s. 22; Am. 4,1; Prov. 20,1; 10 Dan. 10,2 s. Sn.>.CK·BILI.ERBECK IV 95.98
21,17; Eccl11s 19,1 ss.). s.: R. Sadoq {c. 70 d.C.) avrebbe digiunato
7 Am. 4,6-2; 5,11; 9 ,14; Mich. 6,13-16; Soph. 40 anni e si sarebbe nutrito unicamente sue·
chiando fichi secchi.
1,13; Ez. 4,9-17; 12,17·20; Ag. r,6·n ; Ecci.
11 Cfr. E. SELLIN, Gesch. des isr.-iiid. Volkes
2,24 ss. (3 ,13; 5,17 ss.; 9,7). 1
8 Ex. 17,6; Num. 20,5 .II; I Reg. 19,6.8;
I (1935) 128 s.; EicHRODT, Theol. A .T. I J
15os.; Philo, vita coni. 37; STRACK-BILLER-
Deut. 29,5 s.; ls. 43,20; ·48,21; 49,ro; Ps. BECK 1I 80-89, spec. 84-89.747-751; Le. 1,15;
78,r;; cfr. Philo, spec. feg. 2,197-199.203. Aci. 18,18; 21,23 ss.; Eus., hist. cccl. 2,23A·
9 4 Tpocmt;a, cfr. 4 }EREMIAS n2. Nell'A. Anche i Recabiti si astenevano dal vino (ler.
T. non abbiamo alcuna testimonianza espli- 35; dr. 2 Reg. ro,15 s.).
cita della preghiera conviviale (cfr. Deut. 8, 12 Dan. 1,5.8.12; cfr. STRACK·BILLERBECK IV
10), ma ai tempi dcl N.T. la pratica è ge- 366 s.; DALMAN, Arbeil IV (1935) 392 ~
neralizzata: STRACK-BILLERBECK 1 685-687; IV col. 290 n. 89. Secondo la legge, soltanto i sa-
621-623.627·634. Il mondo pagano consacra cerdoti in servizio dovevano astenersi dal
agli dèi cibo e bevanda con diversi riti, in· vino (Lev. 10,9; Ez. 44,21; Ios., beli. 5,229).
7tl\IW A I 2a-b (L Goppclt)

primo luogo dai neo-pitagorici (per a- biblico il bere assume un molteplice va-
scetismo) n. lore religioso anche fuori del pasto cul-
tuale 17, mentre nell'ambito dell'A.T. e
b) Bevande terapeutiche del giudaismo tale valore appare soltan-
to in alcune usanze isolate 18 e nel lin-
Nell'A.T. e nel giudaismo il bere è guaggio religioso fìgmato 19• Ai livelli
un mezzo cultuale per conseguire la co- inferiori della religiosità pagana incon-
munione con Dio non di per sé, ma triamo ogni sorta di bevande che in
unicamente in quanto parte (subordina- modo magico permettono di partecipa-
ta) del convito dell'alleanza o del con- re di 'forze' diverse 20 • Una parte im-
vito sacrificale 14 e delle usanze convi- portante hanno le bevande che servo-
viali giudaiche 15 • no a ristorare i defunti 21 o a comuni-
Nel mondo pagano i banchetti cul- care l'immortalità 22 alle anime nell'ol-
tuali che uniscono in una comunione tretomba. Spesso bevendo si provoca
conviviale uomini e dèi «sono celebrati un'ispirazione estatica con lo spirito di
con molto vino puro e tavole ricca- divinità profetiche 23 • In tutti questi riti
mente imbandite» 16• Nel mondo extra- il bere è un mezzo mitico, magico o

13 H . STRATHMANN, Gesch. der /riihchris1/i- vVV 'tcij µéÀt·n a7t67tLE 'ltptv avo;i;o).:ijç -ij)..lov,
che11 Askcse (x914) 307. Altrove l'astensio- xat [cri:at "t~ [vDeov èv -cii aii xap5~. Cfr.
ne da bevande alcooliche è talvolta richiesta CHANT. DE LA SAUSSAYE' l 489; II 292;
solo come preparazione ad atti di culto: VAN DER LEEUW, op. cit. (~ n. 17) 339; TH.
STRATHMANN, ibidem 216.218 s. KLAUSER: RAG II 45 s.
H Ex. 24,u; Jesi. Iud. 2r; cfr. r Cor. 10, 21 CHANT. DE LA SAUSSAYE 4 I 586 s.; II 297
18; vedi EICHRODT, Theol. A.T. IJ 72-74; ~ s. La libagione appartiene prevnlcntementc al
m, coli. 979 ss.; ~ v, coll. 704 ss. culto dei morti: ROHDE 1 '- 10 241 s. Nel mon·
I~ ~ ]ERBMIAS n2, dr. 23-26. Una posi2io· do ellenistico si usa spesso porre recipienti per
ne particolare assumono tra queste i pasti bere nella tomba dcl defunto: TH. KLAUSER,
comunitari degli Esseni e di altri gruppi si- in RAC n 43 s.
mili: Ios., beli. 2,129-133; dr. 138 s. 143;
22 Nell'antica Persia si attribuisce questo ef·
r QS 6,1-6; dr. BoussET-GRESSMANN 460 s.,
fetto, tra l'altro, alla bevanda ottenuta dalla
~ Kmm ,09-512.
sacra pianta dell'Haoma: F. BAMMBL, Das
16 Philo, vii. Mos. 2,23 s., Tertull., apologe-
heilige Mahl im Gla11be11 dcr 1Vii/ker (1950)
licum 39,14-16; Aug., ep. 29,9; cfr. LIETZ- 54.131; CHANT. DF.. LA SAUSSAYE' II 248. Su
ll·tANN, 1 Kor. a to,20; TH. KLAUSER, o.rt.
epigrafi funerarie ellenistiche leggiamo spes-
'Becher', in RAC tr 41.43; ~ v, coll. 699 ss. so la formula òoh1 O'OL ò "001.p14 'tb ~xpbv
17 ~ m, coll. 979 ss.; cfr. oltre i testi ivi illìwp: RoHDF. n '· 10 390 s.; cfr. Hen. aelh.
citati Mithr. Uturg. r70-173; G. VAN DER 22,9.
LEE.UW, Phanome110/ogie der Rcligion (r933)
23 Cosi avviene a Delfi quando lo Pizia beve
342 s.
da una fonte sacra (Luc., Hermol. 60) o ad
18 Cfr. l'uso dell'acqua di maledizione nel
Argo quando i sacerdoti di Apollo Dciradiote
giudizio di Dio: Num. 5,11-28 (Philo, spec. bevono il sangue di un agnello immolato
leg. 3,61). (Paus. 2,24,1). Cfr. Tat., or. Graec. 19,3. Ab-
1'1 Cfr. l'immagine dell'acqua velenosa che biamo lo stesso fenomeno in religioni primi-
deriva probabilmente dall'acqua di maledizio- tive: J.G. FRAZER, The Go/de11 Bo11gh I l
ne: Jer. 8,14; 9,14; 23,r5 ~coli. 267 s., n. 20. ( 1911) 382 s. Questa concezione molto diffo-
- nn. 22 s. s:t potrebbe aver influito sull'immagine usata
n Istruzione di un libro di magia, PREISllN· in 4 Esdr. l4,38-41: l'atto di ricevere la rive-
DANZ, Zaub. 1 20 s.: xat )..a~wv i:ò y&.'>,.a bzione è rappresentato con queste parole:
231 (v1,137i nlvw A 1 2b (L. Goppclt)

pneumatico, ma non sacramentale. (cioè l'atto che potrebbe essere consi-


Quando è usato in un'accezione stori- derato una teofagia) appartiene allo sta-
co-religiosa generale, il termine 'sacra- dio primitivo del culto e va quindi po-
mento' dovrebbe significare unicamente sto in relazione con In religiosità pri-
la «sublimazione di un'attività sempli- mitiva n, per la quale chi voglia ap-
ce ed elementare della vita comune» te- propriarsi direttamente di una divinità
sa a stabilire una comunione redentrice deve necessariamente· mangiare la so-
con un dio salvatore 24 • Il mangiare e il stanza che la rappresenta 23• Per quan-
bere in un banchetto sacrificale assumo- to riguarda il significato del bere nei
no valore sacramentale in tale senso riti d'iniziazione, ricordiamo i seguenti
se la divinità è tenuta lontana dall'im- esempi. Nei misteri ellenistici di Dioni-
mediata comunione conviviale, cosl che so il vino aiuta il miste che danza di
il mangiare e il bere fanno partecipare notte all'aperto a raggiungere l'h1i>ou-
di essa solo (cioè della sua azione reden- cnacrµ6c; che porta all'unione col dio 29 •
trice) indirettamente 25 • Nei misteri eleusini il miste, che ha os-
I seguaci della chiesa antica videro nei servato prima il digiuno, comincia l'ini-
misteri il parallelo ellenistico più di- ziazione bevendo il xuxEwv, l'antica be-
retto dei sacramenti cristiani (~ col. vanda inebriante greca 30• Epigrafi tro-
289 n.86). Nei misteri il bere, partico- vate nell'Italia meridionale menzionano
larmente il bere una bevanda inebriante, riti d'iniziazione che consistevano nel
costituisce spesso una parte più o me- bere xuxEw'V, latte e acqua del ricordo 31 .
no importante del rito che provoca, Nei misteri di Atti 32 e di Mitra 33 un
nella sua interezza, la comunione sacra- mangiare e bere simbolico è connesso
mentale con il dio salvatore e col suo coi riti d'iniziazione. In tutti questi mi-
destino. A questo proposito si può par- steri il bere concreto costituisce parte
lare di teofagia al massimo nel culto più ·o meno rilevante di un'azione ri-
dionisiaco 26 • Tuttavia anche qui il di- tuale che sprigiona forze redentrici ed
vorare il toro che rappresenta il dio è quindi una celebrazione sacramentale.

«Allora mi fu porto un calice pieno, che era 26 Cosl VAN DER Liumw, op. cit. (~ n. 17)
pieno come d'acqua, ma il cui colore era 342 s.; di opinione diversa sono LIETZMANN,
come di fuoco ... E non appena ebbi bevuto il I Kor. a 10,21 e BAuER, Joh. a lo. 6,,9. En-
mio cuore fu pieno d'intelligenz:i ... il mio spi- trambi però non distinguono con sufficiente
rito si ricordò e la mia bocca si aperse». Poi- precisione;~ col. 289 n. 87.
ché qui il bere è simbolo di un processo spi- 21 Cosl R EUTERSKIOLD, op. cit. (-i> n. 25)
rituale, il passo si avvicina molto all'uso lin- 126-133; K. Pai.iMM, Der christl. Glaube und
guistico gnostico; --+ coli. 233 s. die altheidnische Welt II (1935) 390-39,.
211 REUTERSKIOLD, op. cit. (---> n. 2,) 92-102;
24 VAN DER Lmmw, op. cit. (-7 n. 17) .341 s.; BAMMEL, op. cii. (~ n. 22) 65-69.
cfr.BuLTMANN, Theol. 133 s.
29 ] . LEIPOLDT, Dionysos (1931) 38.
2S VAN DER LEEUW, op. cit. (--+ n. 17) 336; 30 Clcm. Al., prot. 2,21,2; cfr. Mithr. Litrirg.
CHANT. DE LA SAUSSAYE 4 11 293; E. REUTER· 124-126.
SKIOLD, Die Entstehung der Speisesakramente 31 Mithr. Liturg. 172.199.
(1912) 3-10; ElcHRODT, Theol. A .T . I J 72-74 32 Firm. Mat., err. prof. rei. 18,1; Clem. Al.,
addirittura chiama il sacrificio di comunio· prot. 2,15; cfr. NrLSSON II 620 s.
ne 'il sacramento dell'A.T.'. Nel giudaismo 31 Iust., apol. 66,4: lip'to<; xcxt 'lto-ti)pio\/
hanno carattere sacramentale soprattutto i \l8r.t."l'o<; -tlf}E'taL lv -ta'iç -tou µuouµlvov -teÀ.E-
pasti comunitari delle sette influenzate dal sin- 'tlXL<; µn"tmÀ.oywv -tLvwv. Cfr. N1LssoN n
cretismo (--+ n. 15). 663.
233 (Vl,I J8) ltLVW A I .21>-II 1 (L. Goppeh)

Nella gnosi, invece, il bere fisico diven- za: tutti gli assetati ne bevvero e diven-
ta controfigura dualistica del vero bere, nero pieni di sapienza ... » (cfr. 96,6;
dell'appropriazione dcl dono celeste su- 4 Esdr. 14,38-40; -7 coll. 230 s., n. 23).
perno .>i da parte dell'anima 35, che ne L'uso gnostico del termine trapassa nel-
trae la vera vita. Quest'uso gnostico dcl l'uso figurato nella stessa misura in cui
termine 36 rientra formalmente nell'uso va scomparendo l'antitesi dualistica tra
figurato (~ II l); ma la sua partico- bevanda celeste e bevanda mondano-
larità consiste nel fatto che esso è in- corporale (-7 coli. 2 36 s.).
teso in senso proprio e non già impro-
prio: alla soddisfazione apparente del II. TCLVW in senso traslato
bisogno corporale d'acqua, essenziale al-
la vita, mediante il bere terreno, viene I. Uso comune. Quando indica l'as-
contrapposta la vera, reale soddisfazio- sorbimento di un liquido da parte di
ne 37• In questa forma l'uso linguistico un soggetto inanimato, 'ltlvw significa
gnostico era già presente in Filone, ove assorbire, imbeversi. Le piante (Xe-
però rappresentava un linguaggio tra- noph., symp. 2,25; Ez. 3I,14.16) o la
dizionale diluito da un moralismo gene- terra (Hdt. 3,117: 4,198; Deut. II,
rico: cibo e bevanda di questa terra rr; Hebr. 6,7} 'bevono' l'acqua o la
sono il nutrimento effimero per il cor- pioggia. La terra 'beve' il sangue degli
po caduco (op. mund. 119; leg. alt. 3, uccisi (Aesch., Sept. c. Theb. 736.821;
161; det. pot. ins. n2-xr8.r56-158), Eum. 979; Soph., Oed. Tyr. 1401). Va-
ma l'«anima celeste» che «si sazia della rie locuzioni stereotipe con 7tlvw indi-
visione dei beni veri e imperituri» e cano per estensione un atto connesso
che «si è sciolta dai beni falsi e tem- col bere; ad es. «quelli che bevono
porali» ( Der1s imm. 15 l) desidera fo be- l'acqua nera deil'Esepo» (Horn., Il. 2,
vanda d•immortalità, la bevanda della 825 : 'ltl'\IO'\l"t'E<; v8t~p µÉÀ.~v Ato-1}'Jto~o)
virtù (spec. leg. 1,304): «cosl colui al sono coloro che abitano la regione ba-
quale Dio dona la pura bevanda ine- gnata da quel fiume (cfr. Ier. 2,18). Dal
briante non desidera certo bere a una mondo degli animali feroci viene l'im-
fontana» (Deus imm. 158, dr. 155 ~ magine di 'bere il sangue' che significa
col. 271 n. 26}. Tale visione gnostica del- uccidere (Num. 23 1 24; Ez. 39,17 ss.;
la realtà è espressa anche da Hen. aeth. Is. 49,26; cfr. Apoc. I6,6; 17,6). In
48,r: «Ll (in cielo} vidi una fonte della un'accezione· completamente figurata
giustizia che era inesauribile. Intorno a 1tlvw indica i momenti inclusi nel pro-
quella c'erano molte fonti della sapien- cesso biologico dcl bere e significa co-

~ Per l'analisi storico-religiosa di quest1 idea gine simbolica di Uh:i ingestione pneumatica
cfr. H. LEVY, Sobria Ebrietas, ZNW Beih. 9 che avviene non mediante, bensl insieme con
( 1929) 90-103. quella corporale. Cfr. act. Thom. 133.158.
3; Per es., ac/. Thom. 36: «Pnrliamo del
~ Riprendendo tale idea preetistiana, la
mondo superiore, di Dio e degli angeli, del
gnosi cristiana riferisce I o. 4 all'acqua celeste
cibo eterno, della bevanda della vera vite»
che lo gnostico beve: Hipp., re/. 5,9 (i Noes-
(cfr. cap. 25). lbid., cap. 7: (1Essi furono il-
scni); 5,19 (i Setiani); :j,27 (Giustino Gno-
luminati al cospetto del loro Signore, 1n cui
stico).
ambrosia essi ricevettero, ed essa rimane in
loro intatta, e bevvero anche il suo vino che 37 Darsi al cibo improprio dcl mondo infe-
non suscita in loro né sete né desideri». An- riore fa dimenticare la vera patria; acJ, Thom.
che la fruizione (qui variamente accennata) 109: «Mangiai il loro cibo e non seppi più
dcl sacramento diventa in fondo controimma· di essere un figlio di re». ~ n. 46.
2:15 (VI,l38) "lw,J A I 1·3 {L. Goppelt) (v1,139) 236

sì ricevere, assimilare, assorbire, acqui- trU.'t'E 7ttE'tE a\IEU à:pyuplou Xct.t


Xct.t
sire, ecc. qualcosa che si desidera forte- ot'.lov xct.t U"t'Éap, «voi che avete
't'L(J.fjç
mente perché essenziale alla vita, oppu- sete, venite all'acqua; e voi che non
re subire, ricevere, patire un'amarezza.i avete denaro, fatevi avanti, comprate e
un dolore ecc. che non si può evitare. bevete senza denaro né prezzo vino e
Talora può anche significare placare, grasso». In questo passo 'bere' signifi-
soddisfare un desiderio, ad es. il desi- ca ricevere la salvezza offerta per sola
derio amoroso (Ecclus 26,12; Prov. 5, grazia, accoglierla in sé per viverne.
15; Cant. 5,1). Esempi delle accezioni L'antitesi sottintesa in questa immagine
del primo gruppo sono Luc., dial. deo- non oppone l'ingestione di cibo mate-
mm 4,5 (-m6v-ca. ·d]ç &.1'a..va.<rlaç, «sor- riale e di cibo spirituale, bensl il dono
bire l'immortalità», cioè «divenire im- gratuito della grazia e lo sforzo vano
mortale»), lob 15,16 (LXX: itl'VVJ'J aoL- per procurarsi da soli, con le proprie
r-l<Xç tO"<X 7to-cQ, uno «che beve le ini- forze, quanto è essenziale alla vita (dr.
quità come pozione») e lob 34,7 (Teo- Ier. 2,13).
<lozione: 7tlvwv µvX"tTJpLoµÒv w<rmp
UOCJlp ), Giobbe è uno «che.beve lo scher- 3. L'uso figurato di 7tlvw è noto an-
no come acqu:i>:-. che al giudaismo. In questa acceziont
'bere' significa recepire intellettualmen-
te o spiritualmente quanto promette la
2. Uso teologico. Nell'A.T. due degli vita. La sapienza chiama gli uomini:
usi .figurati di 7tlvw hanno una partico- iD..-frcx.-ce <p&.ye-tE 't'W\I ȵGw &p-.wv xcx.t
lare rilevanza teologica. a) Bere il ca- 1ttE'tE oh1ov, ov ÈxÉpu.<ro. ùµi:v, «venite,
lice di Jahvé (~ coll. 267 ss.) 38 signi- mangiate i cibi che ho preparato e beve-
fica subire l'ira del giudizio divino ( ~ te il vino che ho versato per voi» (Prov.
VIII, coll. II2 3 s.). Quest'immagine vuol 9,5 ). Prov. 9,18 e (LXX) ammonisce di
forse esprimere l'idea che i condannati non bere a una fonte altrui: ci.'ltò 'ltl)yijç
eseguono con le proprie mani, senza Ò.À.Ào-cplet.c; µl} 7tlw;;. Ancora la sapien-
avvedersene, la sentenza divina. La co- za afferma che ol 7tlvo'll't'~ç µe ~'tL BL-
strizione esercitata in tale contesto (Ier. ljJl}crovcrw, «quelli che bevono me ( = fa
25,28 s.; 49,12; Ps. 75,9) ricorda l'u- sapienza) avranno ancora sete» (Ecclus
sanza di far bere il veleno ai condan- 24,21 [LXX]; cfr. 15,3). Per i rabbini
nati (~ col. 268 n. 20), l'obbligo di bere i passi dell'A.T. che parlano di qualcu-
quando si era alla tavola di un potente no che beve acqua talvolta significano
(cfr. Abac. 2,15 s.) o l'irresistibile desi- allegoricamente il ricevimento dello Spi-
derio di bevande inebrianti che porta al- rito (Strack-Billerbeck II 433 s .), più
l'autodistruzione (cfr. Apoc. 18,3). h) spesso lo studio della torà 39• Frequen-
La seconda immagine teologicamente te è l'espressione 'bere l'acqua di un
importante ci è offerta da Is. 55,1: ol sapiente' per indicare il rapporto del
oilJJWV"tEc;, 7t0(JEUEO't}E È<p'vowp, xat OO'Ot discepolo verso il maestro -40.
µ1} t:xe'te àpyupiov, ~aolaav'tec; àyop&.- Nelle Odi di Salomone (opera gno-

38 Ier.
25,16.27 s.; 49,12; 51,7; Abac. 2,16; cfr. H. OnEBERG, The Fo11rth Gospel (I929)
Ez. 23,32 ss.; Is. 51,17.22; Ps. 75,9. Cfr. il r57-160. Così anche 1 QH 4,19 s. e, senza la
bere la pozione d'ira: Abd. 16; Ps. 60,5 (T. parola 'bere', Dam. 3,13-17; 6,1-11; 19,33 s.
M.); lob 21,20 (T.M.). 40 STRACK-BJLLERBECK Il 436; SCHLATTER,
Job. a 7,J8; Ah. l,4 : «Bevi con sete le
)} STRACK-BJLLERBECK II 434 ss. 483 .485.492; loro pnrole».
237 (v1,139) nlvw A 11 3-B 1 (L. Goppelt)

stica) la gnosi è paragonata a un cor- la il reale fondamento della vita (Mt.


so d'acqua che inonda tutta la terra 24,38 par. Le. 17,27; Le. 17,28; dr.
e si offre a tutti gli assetati 41 , oppure
a una fonte paradisiaca alla quale il re- anche Le. 14,18-20; l6,r9-31) 43 • Per
dento ha bevuto l'immortalità (0. Sa!. la massa di «questa generazione» 'man-
II,6-8; cfr. Ps. 36,9), o anche ad una giare e bere' è l'unico scopo da persegui-
fonte di vita che sgorga dalle labbra
re (Mt. 6a2 s. par. Le. r2,30 s.), l'unica
del Signore come parola di conoscenza
(0. Sal. 30). Quest'uso figurato si con- preoccupazione (Mt. 6,3 1 par. Le. 12,
fonde con l'uso proprio del termine, 2 9 ). La soddisfazione di questo bisogno
tipico del linguaggio gnostico ( ~ coll. o la sicurezza di poterlo appagare porta-
233 s.).
no però a una gioia compiaciuta e. arro-
B. 1tLVW NEL N. T. gante 44 «questa generazione», che trova
nel 'mangiare e bere' sicurezza e pienez-
Nel N .T. 7tlvw è usato circa 70 vol-
te: 30 nella frase fatta É<il}lm1 ( 'tpW- za di vita (Mt. 6,25 par. Le. 12,22; Le.
"(ELV) xai 7tlvnv, ro ancora in parallelo r2,r5 .19). La consapevolezza della mor-
con Écrftlw e 30 da solo. In questo arti- te inevitabile non fa che rafforzare que-
colo basta quindi completare quanto è
stato già detto alla voce fol}lw ( ~ III, sto suo atteggiamento: «mangiamo e
coli. 983 ss.). beviamo, perché domani morirem<;»> (I
Cor. 15,32 :=: Is. 22,r3). Con questa
r. Mangiare e bere quale segno di mon- massima della più profana mondani-
danità tà 45 Paolo riassume le conseguenze di
'Mangiare e bere', cioè placare la fa- una concezione del mondo gnostico-dua-
me e la sete, è una delle funzioni ele- listica che concede ogni soddisfazione
mentari della vita umana 42 e insieme a quel corpo che invece è svalutato, di-
occasione primaria di peccato per tutti. sprezzato e destinato alla morte e alla
I contemporanei di Gesù sono cos} oc- distruzione assoluta (I Cor. 6,13 s.).
cupati a soddisfare questa esigenza vi- Questa valutazione del mangiare e del
tale, da non vedere, proprio come la bere è tipica del paganesimo (Mt. 6,32
generazione del diluvio e gli abitanti di par. Le. 12,30; I Cor. l0,7), è espres-
Sodoma, i segni dell'éschaton che sve- sione elementare della 'follia' 46 e del-

41 O . Sai. 6,u ss.: «Tutti gli assetati ne bev- Mt. 24A9 par. Le. I2A5 (/ip!;YJ'TCl~ 'TUTI:'TEW
vero»; cfr. Et. 47,x-1:2. 'C'OÙç auvlìouÀ.ovç... µE'\'"CÌ. 'TWV µE~6v-rwv
42 Ign., Tr. 9,1; cfr. Philo, leg. alt. 3,147. [Le.: xixt µEDUCYxEoi>a~]); r Cor. ro,7 (~x6.­
th.uEv•.• xci.t àv~CT"t'l'JCYa\I nal!;E~V).
43 Anche Le. 13,26 riflette tale atteggiamento.
Gli esclusi non accennano certo alla comu- 4S Cfr. W ETTSTEIN ad I. e LIETZMANN, I Kor.
nione conviviale con Gesù, come sostiene a 15,32.
invece HAUCK, Lk., ad l. 45 Le. r2,20, dr. Mt. 24,25 par. Le. 12,42
4-1 Cfr. i verbi che inquadrano la nostra lo- (cpp6vLµoç); I Cor. 15,34: &:yvwul~ 't'OU DEou.
cuzione in Le. 12,19 (àva:1ta.U"ov... EÙq>palvov); Cfr. i paralleli citati in REITZENSTEIN, Hell.
239 (vr,x40) nlvw B 1-2 (L. Goppelt)

I"ubriachezza' 47 di questo mondo; ma corruzione del mondo 48 •


proprio per questa ragione costituisce, La frase 'non mangiare e non bere'
in quanto figlia dell'btti)uµdv (I Cor. descrive il digiuno di tre giorni che
l0,6), una tentazione costante per i cre- Paolo osserva dopo l'evento di Dama-
denti, dalla quale essi vengono esplici- sco, quale segno di pentimento (Act. 9,
tamente messi in guardia (Mt. 24,49 9) ~9, il digiuno che i quaranta Giudei
par. Le. 12,45; I Cor. ro,7). Il limite, zelanti avevano giurato solennemente
sempre facilmente valicabile, che separa di osservare 50 .finché non avessero uc·
l'appagamento della sete e l'ubriachez- ciso Paolo (Act. 23,12 ss.) e anche il di-
za (cfr. Le. 12,45) è fissato in modo giuno osservato dal Battista durante
inequivocabile per l'àgape cristiana (I tutto il suo ministero come segno per
Cor. u,21 ; cfr. Eph. 5,18 s.; -7 vr, corroborare il suo appello al ravvedi-
coll. 1483 s.) con una disciplina che si mento (Mt. u,18: «Giovanni che non
oppone chiaramente a che il mangiare mangiava e non beveva», cfr. par. Le.
e il bere vengano eretti a idoli e siano 7 ,3 3: «Giovanni il Battista, che non
fine a se stessi. mangia pane e non beve vino»; l'ag-
giunta 'pane' e 'vino', conforme a Mt.
2. Il mangiare e bere di Gesù e dei di- 3 ,4 par. Mc. l ,6, serve a precisare la
scepoli quale segno di libertà dal portata del digiuno) 51 •
mondo Al contrario, i vangeli ci presentano
Mangiando e bevendo con gioia e gra- Gesù (Mt. n,19 par. Le. 7,34) e i di-
titudine Gesù e i discepoli attestano scepoli (Le. 5,33; cfr. Mt. 9,14 par. Mc.
la libertà dei figli di Dio sia verso il 2,18) che 'mangiavano e bevevano',
mondo caduto nel soddisfacimento ab- cioè che non si astenevano né parzial-
norme delle necessità naturali, sia verso mente né totalmente dai cibi e dalle be-
ogni forma di astensionismo praticato vande comuni. Per questa ragione il
come protesta contro la decadenza e la Battista sembra ai contemporanei 'anor-

Myst! 292, dove la liyvwaia. è menzionata x6pov.


insieme con l'ubriachezza; Corp. Herm. :x,27: 41Questo digiuno di Paolo non ha niente
w ).aot... ol µt&n xal ijmi~ fo.ui:oùç ÉXOE· a che faxc con l'uso, divenuto più tardi co-
owxlm:ç xa.t -rii àyvw~ -rou i>Eov, vfil)iai:E. mune, di digiunare prima del battesimo (Did.
7,1: no~ q>fpE~, w livi>pwrco~. µiDVov-cEç, 7A; Iust., apol. 61).
i:òv ·djç liyvt.XTlo:ç f!xpai:ov (Myov) tx-
movw;... O'-ri}-cE vfi\)iav·m~. so Il voto del digiuno ha una doppia fun.
•1 Mt. 2 4,49 : µi,.li ,.wv µilNov,.wv. cfr. zione: è sprone per chi lo pronuncia e of-
ferta per ottenere l'assistenza divina (r Sam.
I Cor. 1.M4= vfiljia.n onca.lwç ~ n. 46.
48 Cfr. l'ideale della temperanza proposto da
r4,24; Ier. 14,12; Ps. 132,3 s.).
Philo, leg. ali. 2,29: tàv li~ ~ Myoc; lo-xvCT'll 51 Le. 1,15 descrive il Battista come un uo-
àva.xo:f>éipo:~ ,.ò 7t&.i>oç, oU-cE n(vov'CEç µE1'u· mo consacrato a Dio nell'antico senso del
ux6µEftct oU-cE t~lovw; t~u~p(~oµEv lM: termine; ~ col. 228.
241 (v1,140) 11lVt.i B 2-3 (L. Goppelt)

male', Gesù invece 'mondano'. Il digiu- 136,18 ss.), motivo di scandalo (Rom.
no, spiega Gesù, si addice a coloro che 14,21; ~III, coli. 988 ss.). In altra oc-
aspettano il regno di Dio, ma non a casione (I Cor. 10,2r s.) egli vieta ai
coloro che lo portano (Mc. 2,r9 e par.; cristiani di bere, per amore del Si-
~ VII, coll. 985 ss.). Ciò significa, per gnore, dal calice con cui si era offerta
quanto riguarda l'esistenza in questo una libagione agli dèi (~ coli. 228 ss.)
mondo, che chi appartiene totalmente a giacché questo è un vero e proprio at-
Dio è, per dirla con Lutero, «un libero to cultuale e non un semplice modo,
signore su tutte le cose» (Mc. 2,28 par.; per sé indifferente, di soddisfare un bi-
52
I Cor. 3,21-23; I Tim. 4,4; Tit. l,15) • sogno naturale dell'uomo (r Cor. 6,13;
A coloro che cercano in Gesù il regno Mt. 15,17 par. Mc. 7,18).
di Dio viene «dato in aggiunta» tutto
ciò che serve per vivere in questo mon- 3. Il significato storico-salvifico del man-
do (Mt. 6,31 ss. par. Le. 12,29 ss.), giare e bere di Ge_rrì con i suoi
senza che per questo venga abolito il Oltre agli aspetti esaminati sopra,
nesso reciproco tra lavoro e sostenta- il mangiare e bere di Gesù con i suoi
mento (Le. ro,7; cfr. Mt. 10,10; I Cor. durante il suo ministero terreno ha an-
9,4). Come tutto H resto, anche il man- che un significato storico-salvifico. Go-
giare e il bere, garantiti dalla grazia di- dere con piena allegrezza nel mangiare
vina, avvengono per la gloria di Dio e e nel bere, soprattutto vino, è un segno
nell'amore del prossimo (z Cor. 10,31 della venuta della salvezza escatologica
ss.; Rom. 14,21; dr. Mt. I0,42 par. (Mc. 2,18 s. e par.; Mt. rr,19 par. Le.
Mc. 9,41). Col suo insegnamento (Mt. 7,34). La comunione conviviale con Ge-
23,25 s. par. Le. u,39 e Mt. r5,u par. sù fa partecipare alla salvezza escato·
Mc. 7,15) Gesù libera i suoi discepoli logica di Dio che è presente in Gesù 5l
anche dai precetti dell'impurità levitica e garuntisce cosl la partecipazione al
riguardanti le bevande (~ col. 266 n. banchetto escatologico$!. Per contro, il
14). Paolo esorta i 'forti' delia comunità mangiare e il bere cui Gesù, la notte
di Roma a rinunciare per amore al vino, prima di morire, esorta i suoi discepoli
giacché per i 'deboli' esso costituiva, con le parole dell'ultima cena 55 , non
data la loro educazione giudaica (~ fanno partecipare del Cristo in quanto

52 Mc. 16,18 (deuterocanonico) esprime questa concezione v. KLOSTERMANN, Mk., ad I.


realtà in termini estremi: conformemente al- SJ Mc. 2,15 ss. e par.; Mt. rr,19 par. Le. 7,
la profezia del paradiso rinnovato (cfr. Is. 34; Le. 15,1 s.; dr. ~ ]EREMIAS IOO.Il2. --)
II,8), nessuna creatura può più nuocere ai n. 4.
discepoli: ocpetç àpouaw xll" Da.\la<nµ6v ·n 5-1 Mc. I4,25 par.; Le. 22,29 s.; cfr. Ml.
n(wcnv où µ1j mhoùç !H,6.l)ln. Per esempi 8,II s. par Le.; --) n. 66 e col. 257 n. 9.
della leggenda cristiana coniiess11 con questa ss Mc. z4,22-24 par. Ml. 26,26-28; I Cor. n,
1tlvw B 3 (L. Goppelt)

i1tto di comunione conviviitle con lui, significa l'accoglimento dell'evento sal-


bensl in quanto rappresentano un'azio- vifico. Già l'atto del bere descritto dai
ne a sé stante, diversa e indipendente cosiddetti 'racconti dell'istituzione' è un
dai soliti pasti 56• Gesù non beve coi atto sacramentale 59 •
suoi dallo stesso calice dopo aver pro- La natura di questo atto va dedotta
nunciato fo benedizione conviviale 57 , in primo luogo dalla sua collocazione
storico-salvifica. L'atto è posto nella
bensl porge lorn il calice dopo averne
cornice della missione terrena di Ge-
spiegato il significato. Secondo le paro- sù che si chiuse, secondo ogni probabi-
le interpretative, con il calice viene of· lità storica, con l'ultima cena, e anche
fetta la morte redentrice rappresenta· nella cornice dell'evento salvifico nella
comunità che fin da principio celebrò
ta dal redentore 58 • La bevanda materia- quell'atto 00 • L'attività terrena di Gesù
le è dunque sublimata (~ coli. 2 30 s.) e era rivolta non a una parusia attesa

23-25; Le. 22,19 s. Insieme con ~ }EREMIAS cui parla la parola interpretativa riguardante
67-79 e BULTMANN, Theol. 144 ritengo che il il calice è la morte <li Gesù nella sua portata
testo lungo cli Luca sia originario dal punto salvifica. Già durante la sua vita terrena Ge-
di vista della critica del testo e secondario, sù non coilcede alcun dono salvifico che non
rispetto a Mc. e a I Cor., per quanto riguar- sia strettamente congiunto con la sua persona.
da la storia della tradizione. Uno sguardo Sia Paolo che Giovanni intendono in senso
d 'assieme sulla storia del testo è offerto da analogo la parola interpretativa e~ n. 70, ~
A. MERX, Die vier kn11011ischen Evrmgelie11 coll. 247 ss.).
11ach ihrem iiltesten bekan11te11 Text II 2: 51 BULTMANN, Theo/. 59.144·147 riconosce
Markus und Lukas (1905) 432-449; H. che i testi, secondo il senso letterale, parlano
SCHiiRMANN, Der Paschamahlberichl, Lk. 22, di un mangiare e bere sacramentale, ma a tor-
7-18 (1953). Verosimilmente, dal punto di vi- to li interpreta partendo dall'analogia dei mi·
sta della storia della tradizione, il testo di steri ellenistici (cfr. Theol. 293). -+ }EREMIAS
Marco è più originario di quello di I Cor., co- (88·99) e -7 KUHN (513-515.521 s.) mostrano
me sostengono ~ }EREMIAS 86 e BuLT· invece che, filologicamente e storicamente, i
MANN, Theol. 144; di parere diverso sono W. testi appartengono all'area del giudaismo pa-
MARXSEN, Der Ursprung des Abendmahls: lestinese e risalgono molto probabilmente al-
EvTh 12 (1952/J3) 293-303 e E. SCHWEIZER, lo stesso Gesù, Da questa constatazione, però,
D.1s joh. Ze11g11is vom Herrenmahl: EvTh essi hanno il torto di dedurre (sempre in
12 (1952/J3} 341 s. Quanto alla forma let1er<i· base nl principio dell'analogia storico-religio-
ria, i racconti dell'istituzione rnpprcsenrano sa) che le parole presuppongono similmente il
una tradizione liturgica della comi.mit~. pensiero e gli abiti mentali del giudaismo pa·
51, L'indipendenza dei due atti non è affatto lestinese, e quindi non possono essere intese
intaccata dalla possibilità che Gesù abbia in· in senso sacramentale, Per questi studiosi il
teso riferirsi alla carne e al sangue dell'agnel- mangiare e bere fa partecipare (--:> }EREMIAS
lo pasquale, secondo l'ipotesi ripresa recen- 106.112.124) ovvero assicura parabolicamente
temente da -7 }EREMIAS 105 s. e -7 WAL· la partecipazione e~ KuHN 521.523-527) alla
THER 47 s. (--:>coli. 285 s., n. 75). virtù espiatrice della morte di Gesù, di cui
57 Questo particolare è tanto più significa- gli clementi sono parabole esplicative. Il
tivo in qu:mto è contrario all'uso giudaico: significato proprio dei testi non risulta però
STRACK-B1LLERBECK IV 631; --;) }EREMIAS 83. dall'ambiente pagano o giudaico, ma soltan-
II8 S. to dalla loro collocazione storico·salvifica.
5d Secondo l'esegesi unanime (-> 1, coll. 468 6;J La cena presenta inoltre diversi riferimen·

s.; -7 }EREMlAS 83 s. 9x.ro7·III) il dono cli ti alla storia della salvezza dell'A.T. (L.
245 (v1,142) 7tlvCJ> B 3 (L. Goppcltl

come immediatamente :;uccet;:;iv.1 nl!a Spirito pronunciata nell'A.T. (Mc . 1,10


sua morte violenta, bens} in primo luogo par.; Mt. ro,20 par. Le. 12,11 s.; cfr.
a un tempo della chiesa ti. Durnntc la 2 Reg. 2,9 s.): i discepoli la comprende-
ccnn, che si svolge sotto il :;cgao cnrat· ranno al momento <lell'adempimento,
terizzante del logion escatologico ripor· quando cioè il Signore glorificato verrà
tato da Le. 22, I7 s. e par. (~ coli. 2 lh nello Spirito, in quel momento nel qua-
ss.), porgendo il pane e il vino dopo le culminano le apparizioni del Cristo
aver pronunciato la formula interpre- l'isorto (Io. 20,22) (>I. Il pasto sacrale
tativa Gesù promette che la comunio- della chiesa primitiva (Aet. 2,42 .46)
ne conviviale (nella quale si era concre- non era meramente la continuazione
tizzata fisicamente l'appropriazione del- della comunione conviviale preceden-
la salvezza durante il suo ministero ter- te, con in più la partecipazione o la
reno) sarebbe continuata in questo mo- presenza invisibile del Signore risorto.
do anche dopo la sua morte, finché non Questa idea 65 è una costruzione roman-
si fosse perfettamente compiuta nel tica che non si rende conto della situa-
banchetto escatologico 62 • Nel periodo zione storico-salvifica della comunità cri-
tra l'ultima cena e il banchetto escato- stiana. La comunione conviviale che i
logico Gesù si offrirà ai suoi nel pane discepoli avevano goduto col Cristo ter-
e nel vino, perché essi si approprino reno si rinnova soltanto quando il Cri-
di lui che è morto per loro; si offrirà sto risorto mangia e beve con i suoi,
ai suoi in modo d:i entrare in loro 63 • durante le apparizioni di Pasqua (Aci.
Gesù può promettere questo ai discepo- ro,41; cfr. Le. 24,30 s. 35.43; Io. 21,
li soltanto grazie alla promessa dello 13) 66 : ma tali apparizioni sono un'espe-

GoPPELT, Typos [1939] 131-137.173-176): i te radicata in un chiaro momento della sua vi-
sinottici mettono l'ultima cena in rapporto ta terrena. Non è invece possibile trovare un
con il pasto pasquale, il pasto della prima tale aggancio o un tale inizio nella situazione
liberazione, che probabilmente costituisce l'oc· della chiesa primitiva.
casione storica dell'ultimo pasto di Gesù coi él Quando la cena venne istituita questa ap-
discepoli (----)> col. 279 n. 49 ), e anche col san· propriazione avvenne, per cosl dire, proletti·
gue del patto del Sinai; Paolo la collega an- carnente. Ciò che Il era prolettico divenne
che ai miracoli della manna e dell'acqua av· reale e presente con la morte e la risurre-
venuti durante l 'esodo (4 coli. 247 ss.). In zione di Ges\1. Divcrs:i è l'interpretazione di
questi p:iralleli ddl'A.T. il N.T. non vede del- STAUFFER, Thcol.' 141-143.
!<: ::1•1::ihi::!c storico-religiose, bensl dci tipi bi- M ----)> CuLLMANN 18-23 attribuisce alla fractio
blici. Il loro contributo all'interpretazione pa11ìs durante le apparizioni pasquali un'in-
dell'ultima cena va quindi stabilito partendo fluenza esagerata sulla nascita dcl pasto cul-
dall'opera di Cristo e tenendo conto del con- tuale della comunità primitiva.
testo storico·snh-ifico ( ~ coli. 258 ss.). 65 Troviamo questa idea in H. LmTZMANN,
él L. GoPPELT, Chrislcnlt1m tmd Judenlum Messe tmd Herrenmahl (1926) 250-255; BuLT-
im ersten und ~weiten ]ahrbunderl (1954) 67. MANN, Theol. 59; -> KuHN 520. Giuste so-
62 In Io. al posto dell'istituzione della cena no le obiezioni di ~ GAUGLER 34 s. Una
abbiamo appropriatamente i discorsi d'ad- panoramica degli studi recenti sull'argomento
dio, che sviluppano proprio questa promessa ci è offerta da E. ScHWEIZER, Das AbetJdmahi
(Io. I3·17). La tradizione palestinese che at- eine Vcrgegcnwiirtigrmg des Todes Jesu oder
tribuisce a Gesù l'istituzione del pasto comu· ein eschatologiscbes Fre11demmt1h/?: ThZ 2
nitario sacramentale (I Cor. u ,23-25), tradi· (1946) 8I·IOI.
zione ripresa da Paolo a poco pitt di 10 :in- M Quando il Cristo risorto beve con i suoi,
ni dalla morte di Gesù, è quindi saldamen- non si tratta ancora di quel 'bt:re di nuovo'
247 (vr,r42) 7tlvw B 3 (L. Goppelt)

rienza peculiate dci primi testimoni. I1 con la tipologia veterotestamentaria, l'A-


Signore è presente tra i membri della postolo respfoge un'interpretazione del-
comunità della Pentecoste come lo Spi- la cena che patta delle concezioni reli-
rito che opera in loro 67• II sacramento giose ellenistiche 69• II sacramento non
è ora, in questo tempo della chiesa, l'ap- garantisce affatto la partecipazione alla
propriata concretizzazione fisica della salvezza solo per l'atto che si com-
comunione col Signore. pie ( r Cor. ro,5-r 3), giacché è un in-
contro con l'opera salvifica di Dio che
La natura del mangiare e del bere l'Israele del deserto ebbe già a pro-
nella cena è definita con maggior pre- vare tipicamente. Come però l'uso de-
cisione da Paolo e da Giovanni. Secon- gli elementi non ha nulla di magico o
do Paolo questo mangiare e bere può di misterico, cosl esso non è neanche
essere paragonato all'ammissione ai do- simbolo di una appropriazione della
ni salvifici dell'età mosaica, la manna e salvezza che avvenga al di fuori di es-
l'acqua della roccia (I Cor. 10,3 s. -+ so. Piuttosto, chiunque mangia il pane
coli. 257 ss.), e con l'antico banchetto sa- spezzato e beve il calice benedetto, ine-
crificale ebraico, ove si gustava la car- vitabilmente, già per il solo fatto fisico
ne dei sacrifici e il calice della libagione di mangiare e bere gli elementi della
(1 Cor. 10,r8-2x) 68 . Soltanto il primo cena, si trova in presenza dell'offerta
paragone è usato per spiegare la cena che di sé fa il Signore glorificato, colui
del Signore, mentre il secondo serve ad che è morto per lui 70 • Perciò l'atto fisico
illustrare il divieto di partecipare ai di mangiare e bere gli elementi fa sl che
banchetti sacri pagani, perché questi e- l'opera salvifica di Dio che s'incontra in
scludono una partecipazione a quella quest'atto divenga un giudizio sui parte-
cena (-+ coll. 288 s.). Argomentando cipanti 71 • Per quest'azione si chiede un
di cui Gesù aveva parlato nell'ultima cena significato salvifico e~ I, col. 468). Lo aIµa
(Mc. 14,25 par. Mt. 26,29), come invece "tOU XptO''tOU fa però partecipare a questa
sostiene - M. BARTH 44 ss. Il logion esca- morte soltanto per concessione divina e per
tologico patia della venuta visibile del regno l'offerta che il Signore glorificato fa di sé
di Dio <- n. 54), mentre le apparizioni pa- (perciò in 1 Cor. 12,13 leggi~mo: fv m1ruµa
squali sono l'ultimo atto della kenosis - bto"tl.ofuiµEv). Quindi il dono non è soltanto
col. 257 n. 9. «la virtù espiatrice della morte di Gesù» (--+
67 Mt. 18,20 e 28,20 si adempiono nel modo }EREMIAS 124, cfr. u5), né «il corpo 'ucciso
indicato da Aci. 4.31 e Io. 14,23. di Cristo che, in quanto tale (grazie alla ri·
surrezione), è anche il corpo di o6t;a. con la
6S Per 1a discussione su I Cor. 10 cfr. H. v.
sua virtù efficace» (BULTMANN, Theol. 145);
SonEN, Sakrame111 1md Ethik bei Paullls, in l::i prima interpretazione parte da premesse
Urchristentum u11d Gescbichte I ( 1951) 239· veterotestamentario-giudaiche, Ja seconda da
275; ~ LoHMEYER: ThR (1937) 286-290; premesse ellenistiche (- col. 261 n. 22), ed è
LrETZMANN, Kor.' 181 ss. inoltre inconciliabile con l'affermazione asso-
69 Pertanto non bisognerebbe interpretare le lutamente parallela sull'cdµa. (Lo stretto pa-
affermazioni paoline sulla cena dcl Signore rallelismo è abbandonato soltanto da Ignazio
partendo da presupposti ellenistici, come in· d'Antiochia: - col. 261 n. 22) - col. 259
vece hanno fatto molti sulla sc:ia di W. n. 17.
HEITMULLER, Tau/e 1111d Abendmahl im Ur- 71 A. ERHARD, Sakrament tmd Leiden: EvTh
christentum ( 19II) 69-75. 7 ( 1947I 48) 1001 propone di tradurre I Cor.
70 Lo alµ« "tOU XpLO''toU, cui questo bere fo n,29 cosl: «Chi mangia e beve, mangia e
partecipare (1 Cor. 10,16), non è il sangue beve la sua condanna, poiché non fa ecce-
fisiologico, bensl la morte di Gesù nel suo zione per la sua persona». Ora, sia la progres·
1tlvw B 3 (L. Goppclt)

mangiare e un bere che si distinguano precisa che il dono portatore di vita


consapevolmente dal mangiare e dal be- non è colui che si è incarnato (Io. 6,
re comuni, perché l'uomo, mediante la 33.41 .50), ma solo colui che è morto
fede 72 , si apre fisicamente all'opera di per il mondo (Io. 6,51 c.53). Ma di!l
Dio, che altrettanto concretamente gli ricevere il Signore morto per il mon-
si pone davanti (I Cor. n,27-32). do la vita proviene soltanto perché
la sua morte coincide con la sua e-
Io. 6 parla di un duplice mangiare e saltazione al Padre, con la glorificazio-
bere il dono di Gesù portatore di vita, ne cui seguirà l'azione dello Spirito (I o.
di un mangiare e bere che in entrambi 6,60-63) 75• L'appropriazione segue una
i sensi consiste sempre e soltanto in lui linea analoga. Il ricevere Gesù me-
stesso (Io. 6,35.48.57). Da un lato (Io. diante la fede deve diventare un far
6,26-5 r ..h), con un uso formale della proprio il Signore mediante l'uso degli
terminologia gnostica, questo mangiare elementi (Io. 6,53), e quest'uso è ne-
e bere è un ricevere spiritualmente, me- cessario alla salvezza come la totale
diante la fede, l'offerta che Gesù fa di incarnazione della Parola (cfr. I Io .5,6).
sé (Io. 6,35); da un altro (Io. 6,51 c-58), Gesù si riceve mediante l'uso degli ele-
passando al linguaggio misterico, si trat- menti, non è già un momento che si
ta di un ricevere che si compie gustan- affianchi al mangiare e al bere. Io. 6 è
do gli elementi eucaristici (~"t'pwy11l) 73 . quanto mai esplicito: quasi brutalmen-
Ora la pericope di Io. 6,51 c-58 non è te afferma che si deve mangiare la car-
parallela, per quanto riguarda la deter- ne e bere il sangue del Figlio dell'uomo,
minazione del contenuto del dono, alla che si deve mangiare e bere il dono (la
pericope precedente (lo. 6,26-51 a-b>. carne e il sangue) mediato dagli ele-
ma ne costituisce il prolungamento 74 e menti. Giovanni con queste parole non

siva mutazione semantica del tema xplvw nel voca mangiando» (BACHMANN, Kommentar r,
contesto e~ .KASEMANN, Anliegen 276 s.) sia ad l.: xplµa è accusativo dell'oggetto in-
il discorso paolino nel suo complesso fanno terno). Il xplµa. è l'effetto del ricevere sen-
preferire la traduzione comune: «Chi mangia za fede l'offerta che fa di sé il Signore
e beve, mangia e beve la sua condanna, se crocifisso, è il lato negativo di questa offerta
non distingue (scii. do! cibo comune) il cor- (Rom. 8,3; 2 Cor. 5,14). Cfr. Io. 3,18 s.;
po (scii. del Signore)». Inoltre le punizioni Hebr. 10,9.
corporali (r Cor. 11,30) per l'uso indegno n 8ox~µa~hw (I Cor. I.I,28) indica in fon-
della cena del Signore (r Cor. n,27) nasco. do, come o.ltrove (2 Cor. 13,5), il problema
no dal xplµa., cioè dalla condanna di Dio, della fede: ognuno esamini se crede, giacché
e non sono dovute al fotto che «un oggetto, solo con la fede si partecipa 'in modo degno'
per cosi dire, carico di virtù divine» è diven· alla cena del Signore (I Cor. n,18 ss.; Rom.
tato un cpapµaxov ~a.va'l'ou «per chi l'ha 14,23).
usato in modo profano», secondo l'interpre- 7J Cfr. BuLTMANN, ]oh. 166 n. 1.
tazione magica proposta da }OH. WEiss, I 7~ Per l'unità letteraria di Io. 6 dr. J. ]E·
Kor. e LIETZMANN, I Kor., ad I. Il xpiµa non REMIAS, Job. 6,51 <.,s redaktionell?: ZNW
è però una reazione successiva alla profana- 44 (1952/,3) 256 s.
:zione, come intende~ LoHMEYER:ThR(1937) 75 Perciò «le parole che vi ho dette (a pro-
291; esso si attua nell'atto stesso del man- posito della carne) sono spirito e vit11» (Io.
giare: colui che mangia e beve indegna- 6,63). Giovanni non vuol dire che soltanto
mente, non mangia certamente xplµa. invece la parola porti la vita, come intende E.
che corpo e sangue del Signore (cosi inten- ScHWEIZBR, op. cit. (-+ n. 55) 362; si ved11
de ScHLATTER, Kor., ad'/.), ma «Se lo pro- invece ScHLATTER, Joh., ad l.
2JI (Vl,r44) 1tlvw B 3-4 (L. Goppelt) (VI,144) 2J2

intende indicare delle sostanze connes- la sofferenza decretata da Dio (Mc. ro,
se anticamente con gli elementi 76 , ben- 38 s. par. Mt.; Mt. 26,42; Io. I8,n).
sì fa morte di Gesù (lo. 6,51 e) che vie-
ne 'amministrata' mediante l'offerta che Queste immagini sono diventate poi ste-
fa di sé colui che è morto per il mondo reotipe al punto che non è possibile in-
(lo. 6 157). ~col. 26r. dividuMe più, nei singoli passi, un e-
Secondo la chiara e unanime testimo- ventuale riferimento alle situazioni che
nianza del N.T. il mangiare e bere du- stanno oll'origine dell'uso figurato (~
rante la cena del Signore è dunque un coli. 235 s.).
incontro concreto con l'offerta che fa di
b) 'Bere l'acqua della vita' (lo . 4,13
sé il Signore glorificato, che è morto
s.; 7,37; cfr. 6,35 ~ vowp) sta in pa-
per tutti, negli elementi benedetti che
rallelismo con 'mangiare il pane di vita'
vengono amministrati ai credenti. Que-
(lo. 6,35 .50 s.; cfr. 4,32) e indica l'atto
sto mangiare e bere è un atto salvifico
di ricevere, mediante la fede, il mezzo
se esprime l'apertura concreta di tutto
salvifico offerto da Gesù, in ultima a-
l 'uomo, nella fede, alla concreta opera
nalisi Gesù stesso (~ n. 81) 78 • Qui la
salvifica che gli sta davanti.
promessa dcli'A .T. che negli ultimi tem-
pi nessuno avrebbe più patito la sete
4. L'uso figurato del termine 71 (~ coli. (~ IX, coli. 1393 s.), cui rimanda espli-
235ss.) citamente lo. 7,38 b' è formalmente tra-
a) Chi subisce l'ira di Dio 'beve' il sformata nella concezione gnostica del
calice o il vino dell'ira(~ coli. 267 ss.) 'vero' bere per placare la sete di vita(->
in quanto si lascia sedurre dalle poten- coll. 233 s.). A questa concezione gnosti-
ze di questo mondo (Apoc. 1813 ~ ca si rimanda sia richiamando per anti-
col. 271) oppure patisce una pena eter- tesi il bere naturale (Io. 4,13; dr. 7,
na (Apoc. 14,ro). 'Bere il calice di do- 37 ") ' 9, sia ricordando il bere durante la
lore'(~ coU. 274 ss.) è un'immagine per passato età della salvezza (lo. 4,12 s.;
indicare l'esperienza e l'accettazione del- cfr. 6,32 ~ col. 261 ). Questo modo

76 Contro BuLTMANN, ]oh. 162.:r75; Theol. causa l'uso di alcune sette gnostiche di bere
145 s . l'acqua del battesimo: dr. W. BoussET,
n Non rientra in questo uso Le. 5,39, dove Hauptprobleme der Gnosis (1907) 293 e L.
il verbo 'bere' è usato nel corso di una pa- . FENDT, Gnoslische Mysterien (1922) 36.
rabola, ma in senso proprio. 79 La collocazione cronologica dell'episodio
7, Giovanni accenna fo un altro modo a una (Io. 7,37 ss.) pone l'invito di Gesù in antite·
mediazione sacramentale di questo atto di ri- si con il rito dello distribuzione dell'acqua
cevere Cristo, come già a questo proposito che si osservava durante la festa delle ca·
pensava Giustino (dial. 14,1; cfr. 114,4). L'iin- panne e che era collegato alla preghiera per
magine usata (bere l'acqua) esclude di per sé ottenere la pioggia (STRACK·BILLERBECK Il
un nesso con il battesimo, né giova il tenta- 799-805; J. }EREMIAS, Galgo/ba [ 1926] 60-
tivo di --+ CULLMANN 82-86 di chiamare in 64.80·84).
253 (vl,144) nCvw B 4 - TI6µa, Y.'t'Ì•• 2a (L. Goppclt) (vr,r45) 254

figurato di parlare del bere esprime al- ro [Theod.J). 'itOCTLc; indica: a) l'atto
cuni tratti essenziali della fede 80 : la fe- . del bere, il bere (Rom. 14,17; Coi. 2,
I 6) e b) ciò che si beve, la bevanda
de riceve in sé ciò che veramente dà (lo. 6,55).
vita 81 • Questo ricevere è possibile sol-
i:o 'JtO'tOV, molto usato da Omero in
tanto dopo la 'glorificazione' di Gesù poi e anche nei LXX, significa ciò che
(lo. 7,39) e conduce chi ha 'bevuto' ad si può bere, la bevanda. Nella lettera-
offrire ad altri l'acqua della vita (Io. tura protocristiana è usato soltanto nei
Padri apostolici: Did. ro,3; Ign., Tr.
7138)82_
2 ,3. Il sostantivo ò 'ltoi:oc; (usato in Se-
nofonte, in Platone, in molti altri au-
tori e nei LXX) significa sbevazzamen-
t ;i;6µa, t 'Jt6(nc;, t 7tO'tOV, t 7tO'tO<; to ( r Petr. 4,3 ).
x. L'uso linguistico generale
2. L'mo dei termini nel N.T.
-rò 7toµa, bevanda, è una forma che
sostituisce l'antico attico nwµ e si ri- a) Riti, norme alimentari e principi
scontra in Pindaro (Nem. 3,79) e nei dualistico-ascetici
poeti posteriori, poi anche nella prosa
ionica e posteriore (Hdt. 3,23) e nei Secondo Hebr. 9,ro le norme del-
LXX. Nel N.T. è usato in I Cor. X0,4; l'A.T. che regolano i sacrifici sono, co-
12,13 (variante); Hebr. 9,10; cfr. Ign., me I }e prescrizioni riguardanti Ì a{JW•
Rom. 7,3.
µa:rn (~II, coll. 337s.) e i it6µa.'t'ct 2 ,
ii 7tornç già in Omero è usato spesso soltanto OLXcttwµa.'t'tt ua.pxéç, «precet-
insieme con~ f3pWai.ç (ad es_, Od. 10,
176). Quest'associazione è costante nel ti carnali»(~ 11, coll. 1317s.), cioè
N.T. e appare anche neJl'unico passo norme che si riferiscono unicamente al-
dell'A.T. greco che usa 'Jtocrtç (Da11. r, l'esistenza terrena e corporale dell'uo-

80 In modo simile alle parole che invitano MANN, Hebr. (N.T. Deutsch) ad I., ricono·
a 'venire' e Gesù (vedi ScHLATTl!R, ]oh. a 5, sciamo ad bt' valore cumulativo e conside-
40 e BuLTMANN, ]oh. 168 n. 4). BULTMANN, riamo µ6vov .•. ln~xe(µiva. (v. IO) come ap-
Theol. 416 s. schematizza eccessivamente le posizione di !ìwpa xat Dualctt (v. 9).
locuzioni. 2 Per le norme riguardanti le bevande impure
81 La fede accoglie in sé la parola di Ge- vedi Lev. n,33 s. 36; Ag. 2,12 s. Non è
sù (Io. 8,37; 15,7), il suo spirito (Io. 7,39; 14, probabile che Hebr. 9,10 pensi all'estensione
17), lui stesso (Io. 6,56; 14,20; 15,4 s.) e prescritta ai sacerdoti (Lev. w,9; - col. 228
quindi la vita (Io. 6,53). n. rz), come suggerisce H. STRATHMANN, op.
81 b m<T'tEUW\I è un nominativo assoluto che
cii. (---+ n. 1) ad I. Nelle spiegazioni razionali
fa parte della proposizione seguente. a1hoii delle leggi di purità che troviamo nella Lettera
non si riferisce probabilmente a chi dona di Aristea si parla di 'cibo e bevanda' secondo
l'acqua, ma a chi ne beve. una comune frase fotta, ma non si adducono
esempi per quel che riguarda le bevande (ep.
Ar. 128.142 .162). Con una interpretazione af-
1t6µa, 1t6crn; fine a quella di Hebr. , anche nella Lettera di
Per Ja bibliografia ~ 'l'l'vw Aristea le prescrizioni per i sacrifici appaiono
1 Con RIGGENnACH, Hebr. e H. STRATt·J- associate a quelle dietetiche (ep. Ar. 170).
255 (Vl,I45) T.oµa xù 2a (L. Goppelt)

mo che si svolge sotto il segno della gnostico-giudaizzante impone, evidente-


tentazione e della morte, e non riesco- mente con intenti ascetico-dualistici
no a superarla. Pertanto essi non val- (Col. 2 ,23: acpE~ol~ <rwµa'toc;) e per ri-
gono che «fino al tempo in cui ci sarà guardo agli elementi del mondo (Col. 2,
un ordine migliore» (Hebr. 9,10 b). Le 20 ), un digiuno periodico oppure, più
prescrizioni alimentari sono abrogate verosimilmente, l'astensione totale da
soltanto con la sostituzione del nuovo certi cibi e da certe bevande 7 • Corri·
all'antico patto: tutti coloro per i qua- spondcntemente l'Apostolo esorta i
li il nuovo patto è una realtà non sono 'forti' della comunità romana a ri-
più tenuti ad osservarle (~ coli. 241 nunciare a quanto possa scandalizza-
s.) 3 • Questa posizione è conforme all'in- re i ' deboli' (Rom . 14,21 ~ coli. 241
segnamento di tutto il N.T.: di per sé s.; ~ 1, col!. 1308 s.) e spiega che es-
tutti i cibi sono puri, perché creati si possono e devono farlo «giacché il
da Dio 4 ; ma lo sono realmente solo regno di Dio non consiste né in cibo né
per coloro che hanno quel cuore puro in bevanda»: où ytip E<r'tw Ti ~cunÀEla
che viene con la nuova alleanza 5 • In "t"ou ih:ou ~pwcr~c; xat 7t6cr~ç (Rom. I4,
questo senso va intesa anche l'esortazio- 17; ~ II, coll. 336 s.) 8 • Il mangiare e
ne ai cristiani di Colossi: «Nessuno vi il bere, proprio come il cibo naturale
giudichi per quello che mangiate o be- (Rom. 14,15; I Cor. 8,8), servono a nu-
vete (~v ~pwcré'.~ xat hi '1tOO"EL)» (Col. 2, trire il corpo mortale dell'uomo, e per-
16), che muove dal presupposto della tanto non hanno a che fare col regno
presenza di un nuovo mondo iniziato di Dio. Il regno di Dio porta infatti
con la risurrezione di Cristo. Un'eresia 6 l'unione del cuore dell'uomo con Dio

l A differenza dcl giudaismo ellenistico (a<l 6Cfr. G. BoRNKAMM, Die Haresie des Kol.:
es., ep. Ar. 128-171) e del protocattolicesi- ThLZ 73 (1948) n-20, spec. 16.
mo (GoPPELT, Cbrislenl11m mtd ]udentum im 7 Co!. 2,21:µ1) aljln µl]Bè YEV<T{) µ118!
ersten und zweilen ]ohrhtmdert [1954] 294· i>ln1c;. Cfr. E. PERCY, Die Probleme der Ko-
296.304 s.), la Lettera agli Ebrei non separa le loSier- rmd Epheserbrie/e (1946) 140-142. Af-
norme riguardanti i sacrifici e 1a puriti\ dai fini sono le imposizioni dell'analoga eresia
precetti morali ancora validi, considerandole combattuta nelle Pastorali (z Tim. 4,3; Til.
mere prescrizioni cultuali e cerimoniali. Es- 1,14 s.). Il consiglio di I Tim. 5,23 è proba·
sa prende quello che ai suoi occhi è l'or- bilmente dato pensando sotto sotto ai settari:
dinamento espiatorio centrale dell'A.T. e µ1}XÉ't~ Ù!ipcnc6·m, aÀ.À.à Ot\I~ 6Àly41 XpW.
ne denuncia l'inadeguatezza e la provvisorie-
ta ponendolo sullo stesso piano delle norme 8 Ber. b. I7 a sembra un'affermazione paralle-
cerimonillli secondarie. la: «Nel mondo futuro non si mangia né si
4 Rom. 14,14; I Cor. 10,26; I Tim. 4A· beve, non si genera né ci si riproduce... ». Ma
s Questa argomentazione cristologica non è Ji. il parallelismo è solo apparente, ché, secon-
mitata a Paolo (~ coli. 255 s.), mn si ritrovn do STRACK-BILLERBECK I 890, la sentenza si
anche nelle Pastorali (I Tim. 4A; Tit. t,15) e riferisce al mondo celeste delle anime, non
negli Atti (10,r5; 15,9). al regno escatologico.
1tÒµa x't)., 2 a-b (L. Goppclt)

e porta anche un nuovo corpo e un nella terra promessa, il popolo dell'anti-


nuovo mondo quali possibilità e stru- co patto sia stato sempre nutrito con
menti di un nuovo agire (r Cor. 6,13; 1tvwµa:nxòv ~pwµa., «cibo spirituale»
15,50; dr. Mc. 12,25 par.) 9 • Ora, sic- (~ II, coJJ. 338 S.) e 7tVEUµtX:tLXÒV 1t0·
come Cristo porta la redenzione del !J.CX., «bevanda spirituale» 10• Queste due
corpo e non la liberazione dal corpo, ciò espressioni erano verosimilmente d'uso
che si mangia e beve, essendo espres- corrente nelle comunità paoline, in par-
sione di un'azione corporale, non è in- ticolare a Corinto 11 , per indicare gli
differente, come sostengono gli Gnosti- elementi della cena del Signore che ve-
ci (r Cor. 15,32 -7 coli. 238 s.). Per nivano distribuiti ai fedeli 12 (cfr. Did.
l'opera di Cristo il mangiare e il bere ro,3: 7tvwµa:nx:r1v -.pocpìiv xa.ì, 7tC't'ov,
vengono liberati dalla forma di questo «un cibo e una bevanda spirituali»).
mondo e, compiuti ora in obbedienza,
L'esperienza d'Israele rappresenta ti·
non servono più all'egoismo e all'arro- pologicamente e profeticamente ciò che
ganza dell'uomo (Rom. l4,2I; I Cor. verrà dato alla fine dei tempi (I Cor.
13
ro,31-33). IO,II) . Nella comunità dell'antico pat-
to come in quella del nuovo, il cibo e
la bevanda spirituali non vengono of-
b) La cena del Signore ferti insieme con gli elementi, ma so-
no gli elementi stessi nella loro effica-
Scrivendo ai Corinzi, Paolo ricorda cia. Qui ~ 1tVEVµa.·nx6c; non significa
(r Cor. 10,3 s. ~col. 247) come, dopo soltanto 'figurato' 14 o 'soprannatura-
il 'battesimo' al Mare delle Canne ( r le' 15, ma 'connaturale allo spirito di
Dio' 16 • La manna e l'acqua dell'esodo o
Cor. l0,2) e durante tutto il lungo viag- il pane e il vino della cena, sui quali
gio attraverso il deserto per giungere è stata pronunciata la parola interpreta-

9 Il Signore risorto mangia e beve coi suoi E. KASEMANN, Das Abendmahl im N.T. in:
discepoli per ristabilire la comunione con lo- Abendmahlsgemeillschaft ( 1937) 74.
ro(""")' coli. 246 s.) e non per dar prova di una B Gli eventi dell'esodo non sono 'esem-
corporalità che non ha più bisogno di que- plari' per gli eventi dell'età escatologica (-)>
sti cibi. Questo, almeno, er:i il significato ori- coli. 244 s., n. 60) né sono 'identici' ad essi, co-
ginario degli episodi. Al banchetto escato- me sostiene E. Ki\sEMANN, Anliegen rmd Eige-
logico il vino sarà 'nuovo' (Mc. 14,25 par. 11art der pa11l. Abe11dmahlslehre: EvTh 7
Mt. 26,29; -)> 1v, col. 1348). Quale sarà la ( 1947I 48) 268. Ciò che è comune ad entrambi
sua natura è ancora nascosto, come anche gli ordini di fatti è piuttosto la corrispondenza
la natura della nuova corporalità (I Cor. storico-salvifica.
I.5>JJ-44). 14 SrcKENBERGER, Kor., ad l.
e
IO Ex. 17,6; Nt1m. 20,7-II; """)' rrÉ-tpa 2; dr. 1s LrnTZMANN, Kor. e JoH. WEiss, 1 Kor.
J. ]EREMIAS, Golgotha (1926) spec. 84. ad l.; """)' II, coli. 338 s.
Il -+ 1t\IEUµ!1.'tLX6i; è usato 25 volte in tutto 16 SCHLATTER Kor. e BACHMANN, Kommenlar,
il N.T., di cui ben 14 in I Cor. ad l. L'interpretazione della roccia (r Cor. 10,
12 Cosl sostengono F. DIBELIUS, Da:r Abend- 4) rende necessaria questa comprensione cri-
mahl (19n) 1 ro e ]OH. WE1ss, 1 Kor., ad l.; stocentrica del termine.
1\'0µa x-rX. 2b (L. Goppelt)

tiva (-7 coli. ::?87 s.), sono un dono e cibo e 1a bevanda spirituali e la vita
(già per questa loro natura) sono tra- eterna» ( 1tVEµa-md1 'tpocpi] xat 1t6't-ov
mite della salvezza divina mediata da xat ~w·i) a.lc:ivtoç) 19 : la stretta asso-
Cristo 17• In quan to tali essi offrono la ciazione delle due formule esclude qual-
possibilità di vivere, in fede e obbe- siasi interpretazione magica e sottolinea
dienza, dell'opera salvifica di Dio. Nel la funzione della fede.
caso d'Israele si trattava di vivere sto- La Didaché (10,3 s.) loda Dio per il
ricamente; nel caso della comunità di
vivere escatologicamente 18• Gli elemen- dono dell'eucarestia, compimento dei
ti non sono però affatto, come si pen- doni della creazione che rendono possi-
sava a Corinto, un magico agente d'im- bile Ja vita in questo mondo. Giovanni
mortalità per l'anima, che dispensi dal-
l'ubbidienza concreta (-7 col. 248 ). La (6,55) contrappone l'eucarestia, chia-
preghiera di ringraziamento dopo l'eu- mandola ~pG'xnc; ovvero 'ltOO"tç à.À:ri-
carestia conservataci nella Didaché rin- i}1)ç 20 (vera, autentica, reale: ~ I, coll.
grazia dapprima per la «conoscenza, la
667 s.), a tutto quanto serve per le ne-
fede e l'immortalità» ('Yvwo-tç xat 'ltt-
O"'t'tç xat a1>a.va.crla.) mediateci da Cri- cessità della vita naturale, e quindi an-
sto (Did. l0,2), e poi ( 10,3) per «il che alla manna (Io. 6,31 s.) 21 •

17 Ki\SEMANN, op. cit. (-> n. 13) 267: data alle prime due a formare un'endiadi.
«Spi;lµa. e 'ltOµct 'lt\IEUµa·nx6v significano un H Cosl leggono i codd. della recensione esi-
cibo e una bevanda che trasferiscono il pos· chiana prn Cl, mentre S ~ D al lat sy leg-
sesso del Tt\IEi:iµa. ... ». Questa interpretazio- gono CÌ.À:r1Dw<;. Questa variante antica direb·
ne intende il concetto di 'lt\IEUµa dell'Apo- b~ in pratica quello che può significare anche
stolo in senso troppo ellenistico (cfr. JCX. à.À.1)»i}<;: la carne di Gesù è realmente cibo,
SEMANN, op. cit. [-> n. l2] 76: «Gli ele- il sangue di Gesù è realmente bevanda. Que-
menti portano in sé la sostanza pneumatica sto aspetto è comunque già sottolineato da ~
celeste») e contraddice Ja sua concezione dello '\"pWyw. La visuale giovannea rende verosimile
stato storico-salvifico della comunità veterote- l'interpretazione proposta sopra.
stamentaria (2 Cor. 3,7-18; cfr. Io. 7,39). I 21 Cfr. l'analoga antitesi in lgn., Rom. 7,3:

Cor. .x2,13: l'affermazione 1tVEuµa litmua-rr «Non provo gioia al cibo corruttibile, né al-
µEv è valida solo per il compimento escatolo- le gioie di questa vita. Voglio il pane. di Dio...
gico, non anche per il tipo. Cfr. la successiva voglio per bevanda (:n:6µo:) il suo sangue». La
interpretazione (demitizzante) proposta· dal rinuncia a vivere del cibo che questo mondo
IO:SEMANN, ibid. 271: «Per l'Apostolo il dono può dare e il desiderio del veèo cibo che è
sacramentale del 'ltVEuµa: ... non è una qualche offerto da1l'eucarestia sono qui un modo fi.
forza celeste... Il dono dà il suo donatore, è gurato per esprimere il desiderio del marti-
un modo in cui appare il Signore glorificato rio. Col martirio quel che la cena offre alla
che diviene manifesto in esso». In questa in- fede diventa visione: partecipando alla morte
terpretazione il rapporto con la croce sva- di Cristo si partecipa alla sua immortalità.
nisce però quasi completamente, cosl che il È questo un segno che la forte immagine del
KXsEMANN (ibid. 264 s.) non riesce più a ren- ipapµaxov Q:i)o:vaila<; (lgn., Eph. 20,2) non
dere giustizia a 1 Cor. 10,16 • ...-,) coli. 2-t7 s., dev'essere affatto intesa in senso magico, co-
n . 70; col. 288. me si è invece usi fare . lgn., Tr. 2,3: «l dia-
coni... non sono dei servi che distribuiscono
13 In questo senso I Cor. 12,13 b parlando
cibi e bevande (rco>twv), ma servitori della
dell'eucarestin può dire: miEuµa: lno>tlaih}y.iEv chiesa di Dio». Anche se qui si vuol dire che
e~ n. 17).
i diaconi amministrano l'eucarestia, non è il
1? Entrambe le volte l'ultima parola è asso- caso di vedervi un'antitesi, almeno esplicita.
noµu. x:r}.. 2b - 1'to•iiPLOV (L. Goppelt)

L'antitesi giovannea è sostanzialmen- Myou l>eou O"cxpxo7totT}adc; '1110-ouc; Xpt-


te diversa dalJ'opposizione gnostica alla O"-ròc; 6 O"w•TiP -~µwv xa.t o-6.pxa xctt
creazione e alla storia salvifica dell'A. alµa ùrcÈp crw·t"l'}plctc; 'Ì)µwv foxEv,
T.; in essa rivive piuttosto l'antica an- ov•wc; xat -ri)v ot'Eùxlic; Myov -rou imp'
titesi biblica alla concezione di una vi- a.ù-rou EuxaptO''t'l'}lìEi:cra.v -rpoqil}v, Él; -r)c;
ta assolutamente e totalmente 'natura- ctlµa. xat cr6:pXf:ç xa.-rà (~E•a.Bo'ì-."Ì)v -rpÉ-
le' (~ II, coll. 339 ss.; --> col. 236). (POV'tcr.L 1Jµwv, È'lcdvov 'tOV CTctpXO'Jt'Ol:J}·
L'evangelista chiama 'vero' cibo e 'vera' frÉv.. oc; 'I11crov xa. t O"apxct xctt alµa ÉOt-
bevanda (e 'vero' significa qui 'l'unico oaxi>TJµEv ELVa..t, «non prendiamo que-
che dia la vita': ~ coll. 233 s.) non più sti elementi come se fossero un pane
gli elementi che vengono distribuiti, ma comune e una comune bevanda. Ma
direttamente ciò che essi mediano se- come Gesù Cristo, nostro salvatore, in-
condo le parole dell'istituzione, cioè la carnatosi per virtù della parola di Dio,
'carne' e il 'sangue'. Tuttavia anche qui possedette carne e sangue per la nostra
non si tratta di qualcosa di consostan- salvezza, così ci è stato insegnato che il
ziale al pane e al vino, ma di un dono cibo sul quale si è celebrato il ringrazia-
che si verifica nell'amministrazione e mento con le parole della preghiera da
nell'uso degli elementi. Il termine --> lui derivata e del quale, per cambia-
crap~ 22 rimanda ancora più chiaramen- mento, si nutrono il nostro sangue e
te di ~ O"wµa, grazie anche al paral- le nostre carni, è la carne e il sangue
lelismo con a.tµ!X. (--> coll. 247 s., n. 70), di quello stesso Gesù che si è incarna-
aIIa morte sulla croce. Questo evento di- to». (apol. 1 ,66). Manca qualsiasi trac-
viene vero cibo di vita nel modo ac- cia di riflessione sul modo in cui va-
cennato in Io. 6,62 s. (--> coll. 250 s.), da posta questa equazione, che ·è co-
mediante il dono che il Signore glori- munque intesa anticamente. Partendo
ficato fa di sé, ma anche mediante un da questa dottrina dell'eucarestia Ireneo
effettivo mangiare e un reale bere (~ respinge la cristologia dei Doceti (Iren.,
n. 20). haer. 4,18,5; 5,2,2 s.).
Solo nella letteratum post-canonica
si lascia questa interpretazione del do-
no dell'eucarestia e ci si avvia verso una t itO't-f) pLO\I

oggettivazione magica o misterica .del


SOMMARIO
divino. Possiamo cogliere gl'inizi di que-
1. L'uso linguistico generale.
sta tendenza in Ignazio d'Antiochia(~
2. Uso proprio di lt'O"ti}ptov (Mt . 23,25 s. par.
n. 22), anche se essa era da molto tem-
Le. u,39 s.).
po presente in seno al cristianesimo, co- 3. Uso figurato di 1'tO"ti)ptov:
me dimostra a sufficienza la polemica di a) il calice dell'ira.;
r Cor. IO. Giustino formula cosl l'inse- b) il calice della p~ssione.
gnamento cristiano -sull'eucarestia: où 4. Il calice eucaristico:
yap wc; xowòv ap-rov oùo€ xowòv ?toµa a) il Jogion escatologico di Le. :n,17 s.;
-ra.i:i-roc Àaµ~avoµev·&.À.À.'8v -rp67tov OLIX. b) il calice della parola interpretativa;

22 Ignazio è il primo (Sm. 7,1) che, in base ciliabile con il concetto che di cr6.pl; hanno
alla sua antropologia decisamente diversa da Giovanni e il N.T. (unica eccezione nel N.T.
quella biblica, chiama l'eucarestia (-"t''Ì)V) o-ap- è Le. 24,39): qui cr&.pl; rappresenta l'esisten-
xa: ... 'ITJO"Oo Xp~O""t"OV, -t'iiv V1tÈP -.wv àµap- za naturale destinata a morire (cfr. lo. 3,5 s.)
·nwv -r]µwv na.itoii<rct.v, flv ... b 1ta.-.i)p ~ynpe.v. che Gesù ha dato alla morte (lo. 6,51 ") 4
L'idea della risurrezione della carne è incon- coli. 247 s., n. 70.
1to-r'fipLov r (L. Goppelt)

c) il calice del Signore e il calice dei demoni munemente per bere (in ebraico kos,
(I Cor. ro). più genericamente kelé mafqeh, «vasi
per bere», r Reg. 1 o ,2 r ) era una cioto-
1. L'uso linguistico generale
la di coccio (chiamata anche sefel =
-rò 1co-r1}pLov, boccale, bicchiere, cop- ÀExtivl]) 4 che veniva riempita con una
pa, calice, è usato dagli autori greci bi:occa (!appapat o kad) tenuta sul ta-
(a cominciare da Alceo 34 [Diehl]; Saf- volo. Fin dai tempi più antichi si cono-
fo, Suppi. 55 aro [Diehl]; Hdt. 2,37: scevano però calici o tazze di pietra
3,148). Nei LXX traduce l'ebraico kos 1 o di metallo 5, a cui si aggiunsero, nel-
(che quasi sempre è reso cosl). Nelia l'età ellenistica, bicchieri e coppe di
maggior parte dei passi dell' A.T. greco vetro 6• Su alcune monete di Simone
abbiamo l'uso figurato di ;co-c1}pLO\I ( ~ Maccabeo è raffigurato un calice col pie-
coli. 267 ss.). Quest'uso è molto raro nel de 7 • Nell'A.T. si menzionano spesso i
greco extra-biblico 2 e ha piuttosto le numerosi recipienti usati nel tempio a
sue radici e le sue analogie nell'Antico scopi cultuali, ma solo una volta (Ps.
Oriente(~ coll. 268 ss.). rr6,13) si parla di un 7to-ci)pLO\I =
In Palestina 3 il recipiente usato co- .Ms 8 • Nel greco extra-biblico 'Ito-c-TJp~ov

-;WdJpLO\I romano in ~ KLAUSER 46 s.


Ttt. KLAUSER e S. GRliN, art. 'Becher', in J Per i reperti archeologici del mondo elleni-
RAC n 37-62. co e orientale extra-palestinese ~ KLAUSER
Per 3 a: 37-39.47.
H. GRESSMANN, Der Ursprung der iJr.-jiid. 4 G. DALMAN, Arbcil IV (1935) 390; vn
Eschatologie ( 1905) 129-136; ID., Der Fesi·
( 1942) 227-229.
becher, in Sellin·Festschrift (1927) 55-62 ; W.
LoTZ, Das Sitmbild des Bechers: NKZ 28 s Calici d'oro vengono menzionati in I Rcg.
(1917) 396-407; ].G. DAvrns, The Cup o/ 10,21; 2 Par. 9,20; ler. 51,7; Apoc. i7,4.
Wralh and the Cup o/ Blessing: Theology 6 DALMAN, Arbeit vn 229 .
51 (1948) 178-180. 7 DALMAN, Arbcif IV 391.
Per 4 c: 8 Nella descrizione dell'arredamento del tem-
Oltre alle opere elencate nella bibliografia di pio i LXX menzionano i seguenti recipienti
-> 1tlvw: E. HuDER, Das Tra11kop/er im simili al calice: 'l;b crrcovotfov, vaso, recipie11-
K11lle der Vèilker ( 1929); F.J. DOLGBR, Der tc, calice, taz:r.a, per le offerte cultuali, in
Kelch der Diimonen in Ant Christ lv 266- particolare per le libagioni (rende costante·
270. mente qalwa, brocca); Ti q>LiiÀ.T), scodella, ta:r.-
1 In Is. 51,17 rende qubba'al, che in Is. 51, :r.a, coppella (~ n. 89), che traduce quasi
22 è tradotto con il sinonimo TÒ x6v!>v, boc- sempre mi:r.riiq, ciotola per le aspersioni o
cale, coppa. Altrove TÒ x6vlìv corrisponde per le libagioni: nei LXX Ti qirA"k11 indica
(Ge11. 44,2.n.16 s.) a giibia'. I vocaboli ebr:ii· solo poche volte un oggetto profano (Prov.
ci q11bba'a1 e giiblìi' indicano certamente un 23,31 = ebr. kos; Ca111. 5,13 e 6,n:
calice di una certa dimensione, una coppa da uso poetico); nelle traduzioni più recenti è
sollevare con due mani. Inoltre sia in greco usato più frequentemente ed è entrato come
che in ebraico molte parole indicano bicchie- imprestito nell'ebraico rnbbinico (piji.'ifii'); Ti
ri e boccali, ma non è sempre possibile stabi- ~laxT), ince11siere (traduce quasi regolarmen-
lire con precisione a quale dei diversi recipien- te ka/, qui ciotola) ; ò xua.&oç, allingiloio (ren-
ti rinvenuti dagli archeologi si riferisca cia- de sempre m'naqqlt, coppa d elle libagioni). Nei
scun nome. Per quanto riguarda l'area greca LXX non vengono tradotti k'/Qr, ciotola, e
vedi ~ KLAUSl!R 37-39; per l'area ebraica sa/, calino. Per riproduzioni di recipienti tro-
-l> n. 8. vati in Palestinn vedi C. W ATZINGER, Denk-
l Esempi dell'uso figurato nel mondo greco- miiler Paliisti11as I (1933), spec. tavola 42 .
ltO'tlJpLOV r-2 {L. Goppelt) {vr,149) 266

appare invece frequentemente negli e- ché non si avvedono che l'interno (per
lenchi di suppellettili dei templi paga- Matteo si tratta dell'interno del bic-
ni 9 •
chiere) 12, che anche per loro è natu-
2. Uso proprio di 'ltO'tlJptov ralmente la parte più importante, è
Nel N.T. 'li:O'ti)ptov è usato in senso impuro. Per Gesù l'interno del bicchie-
proprio nei seguenti passi: Mc. 9'41 re, e con esso tutto il bicchiere, è puro
par. Mt. 10,42; Mc. 714; Mt. 23,25 s. se H contenuto non proviene dalla 'ra-
par. Le. II,39-4r. Gli ultimi due si ri- pina', cioè dall'avidità e dall'avarizia
feriscono a un detto con cui Gesù de- (cfr. Mc. I2,40 par. Le. 20,47; Le. r6,
nuncia le colpe dei Farisei chiamandoli 14), e non consiste nella cupidigia di
al ravvedimento: «Guai a voi, Scribi e piaceri 13 : in breve, è puro se sta nella
Farisei ipocriti, perché mondate l'ester- mano di un uomo dal cuore puro (Mc.
no del bicchiere e del piatto, mentre 7,20 par. Mt. 15,18) 14 • Quindi l'esigen-
l'interno è pieno di rapina e d'intem- za di purezza nel bicchiere comporta
peranza. Fariseo cieco, lava prima l'in- l'esigenza della purità di cuore, ma Ja
terno del bicchiere, affinché anche l'e- prima non è l'immagine simbolica del-
sterno sia mondato» (Mt . 23,25 s.). La la seconda, come invece suggerisce già
legislazione dell'A.T. prescrive di to- Lucn con la sua interpretazione (Le. r l,
gliere l'impurità che contamina l'in- 39: 'tÒ fow~E\I ùµwv, «ii vostro inti-
terno dei recipienti 10, ma i Farisei so- mo») is.
no anche in questo caso iperzelanti e In questo detto Gesù non mostra ai
ne mondano accuratamente anche l'e- Farisei la via del ravvedimento con una
sterno ( 'tÒ ìi!;lùi>Ev 'tOU 'ltO'tl'Jplou: Mt. metafora ma, molto più efficacemente,
23,25; Le. 11,39; Mt. 23,26 ha invece: con un particolare della loro vita quoti-
'tÒ ÈX'tÒ<; a.Ù'tou) 11 . I Farisei dimostra- diana, col bicchiere che sta sempre sul
no però di essere ciechi e ipocriti, giac- loro tavolo.

9 Dirr., Syll. 1 144,10; 495,10; m 1099,xo; Il Cosl intende KLOSTERMANN, Mt ., ad l .


DITT., Or. 1 214,10. II Con questa formulazione del concetto di
Hl Lev. n,33; 15,12; dr. STRACK-BILLERBECK purità Gesù non invalida soltanto la casisti-
1 934 s.; DALMAN, Arbeit IV 39r. ca rabbinica e l'ipocrisia farisaica che se ne
serve, ma anche la stessa legge di purità
11 Il fariseo mm solo immerge nell'acqua il dell'A.T . che costituisce la base di entrambe.
recipiente divenuto impuro (Mc. 7,4; STRACK- J'i DALMAN, lVor/e J. 50.372 nega a ragione
BrLLERBECK I 935 s.), ma cerca scrupolosa- che Le. n,39 riproduca più fedelmente di
mente di proteggerne anche l'esterno dagli Mt. 23,26 un originale aramaico, come so-
schizzi che lo rendono immondo (ScHLATTER, stiene }. WELLHAUSEN, Bini. in die drei et
Mt . e J. ScHNIEWIND, Mt. [N.T. Deutsch], sten Evangelie11 ~ ( z9u) 27. L'introduzione di
ad f.). ùµwv oscura il senso di tutto il logion, come
12 Mt. 23,2r ttuwlk-.i , 23,26: -cò 6vr6ç, vale mostca I'incerteµa della sua interpretazione
a dire la parte interna. in Le. n ,40 s.
1wti}p~o\I 3a (L. Goppelt) (v1,r50) :z68

3:Uso figurato di 1Co~i)p~ò\I Deutero-Isaia chiamano esplicitamente


questo calice «calice di orrore e di stor-
a) Il calice dell'ira dimento» (Ez. 2 3 ,3 3 ), <(calice di vacil-
lamento» (-.ò 7'0'tlJptov -.ijc; 7t't'W<TEwc;,
L'immagine del calice dell'ira, che «calice di caduta») e «calice del furo-
troviamo nell'Apocalisse, ha i suoi pre- re» (-.ò 7tO'tlJptov oppure -.ò x6vou -.ov
cedenti diretti nell'A.T. Nella metà dei wµov: Is. 51,17.22). Offrire il calice
circa 28 passi dell' A.T. in cui è usato significa infliggere il giudizio d'ira, e il
kosf'rwci)piov troviamo l'immagine del passaggio del calice di mano in mano
«calice che Jahvé tiene in mano» (Ps. indica l'avanzata del giudizio di popolo
75,9; Is. 5r,r7; Ier. 25,r5; Abac. 2, in popolo (ls. 5r 122; Ier. 49,I2; fa.
r6). Quest'immagine è presente come 23,3 I; Abac. 2,16). II paragone dell'ira
motivo dominante negli oracoli di giu- con una bevanda inebriante e della tra-
dizio contro i popoli (ler. 25,r5-38; duzione in giudizio con l'ubriachezza è
46-5 r) 16 e ne costituisce perfino l'intro- diffuso indipendentemente dall'immagi-
duzione: «Cos} disse Jahvé, Dio d'I- ne del calice 19 • Ma qui, come in altre
sraele: Prendi dalla mia mano questo immngini (-> n. 39), il calice non è sol-
bicchiere (il vino è l'ira) e danne da tanto il recipiente che contiene tutto
bere a tutte le nazioni alle quali io ti ciò, ma ha un significato simbolico au-
mando. Esse devono bere, vacillare e tonomo. L'offerta del calice non rap-
impazzire davanti alla spada che io man- presenta il gesto cortese dell'ospite, ma
do in mezzo a loro» (Ier. 25,15 s., cfr. un atto sovrano di un potente. In
25,17.27 s.; 49,I2; 51 17). L'immagine Abac. 2,15 s. essa è giustapposta all'ob-
ricorre anche in Abac. 2,16; Lam. 4, bligo di bere al tavolo dell'Altissimo.
21; Ez. 23,31-34; Is. 51,17-23; Ps. 75, Nell'immagine però non si ha soltan-
9. Il calice (come precisa correttamen- to la trasposizione simbolica di un'u-
te la glossa a Ier. 25,15) contiene l'ira sanza conviviale 20 • Il calice che sta
punitiva di Dio. Come una bevanda in mano a Jahvé fa pensare al calice
inebriante 17, la collera divina priva tenuto in mano dalle divinità nei rilie-
colui che deve bere il calice (--')- coli. vi babilonesi, segno verosimilmente del-
2 35 s.) dei suoi sensi, lo fo vacillare e la loro assoluta sovranità sul destino
cadere cos1 che non possa più rialzar- degli uomini 21 • Forse questa concezio-
si 18 . Per questa ragione Ezechiele e il ne costituisce Io sfondo prossimo del-

16 Anche se questi oracoli non sono, in tutto per altre ipotesi: il calice mantico (Gen. 44,5)
o in parte, di Geremia, non sono però lontani che da mezzo divinatorio diventa immagine
dalla sua età. della forza del fato (P. VoLZ, Der Prophet
17 Il calice contiene vino (ler. 25,Y5; 51,7; Jeremios 3 [ 1928] 393 ); il calice avvelenato
Ps. 75,9), che «tuttavia non è vino» (J.r. 51, che dev'essere bevuto dal condannato (cfr.
21). R. K1TTEL, Die Psalmen '·' [ 1929] a Ps. 7 5,
18 Is. 51,17.20; Ier. 25,15 s. 27. 9), benché quest'uso f9sse estraneo alla pras-
19 Ier. Y3,1.3i 51,39; Abd. 16; Noh. 3,n; Ps. si penale orientale e~ GRESSMANN: Sellin-
II,6; 60,:s. Fcstschrift 60); il calice avvelenato che nel
2Q Cosl, mentre prima si spiegava l'immagine giudizio di Dio (dr. Num. 5,n ss.) segnala
considerando gli effetti della bevanda ine- la colpa o l'innocenza dell'accusato, a secon·
briante (~ LoTz 404 s.) o pensando alla da che questi muoia o meno (H. ScHMIDT,
trasformazione antitetica del banchetto della Dic Psolmcn [ 1935] a P.r. 75 ,9).
salvezza nel banchetto dell'ira (~ GREss- 21 A.O.B. nr. 45, dr. nr. 42; M. JASTROW,
MANN, Eschotologie 135), oggi si propende Bildermappe wr Rcligion Bobylonie11s und
7tO"t'TJPLO\I 3a (L. Goppclt) (VI,151) 270

l'idea 22 • Nella mano del Dio dell'allean- ra contro Gerusalemme ... ». L'esegesi
za, del Dio santo e giusto, il calice del rabbinica organizza le differenti affer-
destino diventa calice del giudizio 23 • Il mazioni dell'A.T.: il calice è figura del
calice di Jahvé è figura della sovranità giudizio divino che decreta la punizio-
che suUa storia esercita quel Dio che la ne delle nazioni, ma ad Israele, dopo
sottopone al giudizio, oppure immagi- una pena limitata, arreca conforto e gra-
ne della sua potenza di giudice: « ...Dio zia. Questa idea è inoltre collegata coi
è giudice; egli umilia questo ed esalta calici della pasqua; Pes. j. 10,37 c,5 25 :
quello. Ché una coppa sta nella mano i quattro calici della pasqua «corrispon-
di Jahvé... ne succhiano pure le fecce, dono ai quattro calici della punizione
ne bevono tutti gli empi della terra» che Dio farà bere un giorno ai popoli
(Ps. 75,8 s.). Per questa ragione il ca- del mondo (Ier. 25,r5; 51,7; Ps. 75,9;
lice può essere direttamente inteso co- I I ,6) ... E corrispondentemente Dio farà
me quella potenza mondiale che esegue bere un giorno agl'Israeliti quattro calici
il giudizio di Dio esprimendone la for- di consolazioni (Ps. 16,5; 23,5; u6,13
za punitiva: «Babilonia è un calice [plur. 2])». S. Deut. 324 (138 b) a 32,
d'oro in mano a Jahvé, un calice che 34 (Strack-Billerbeck I 837): <<. .. (Ps.
inebria tutta la terra ... » (1 er. 5 I ,7) 24 • 75,9) ... Di quelle gocce hanno bevuto
gli uomini delia generazione del dilu-
L'immagine continua ad essere usata vio, ... il faraone, ... Nabucadnezar ...
anche nel tardo giudaismo. 1 Q p J-lab e di quelle gocce berranno un giorno
n,14 s. interpreta cosl Abac. 2,16: «La tutti quelli che vengono al mondo ... Co-
coppa dell'ira di Dio rovinerà lui ( = il sl è anche scritto (Ier. 51,7): 'Babilo-
sacerdote empio), accumulando su di nia era un calice d'oro .. .'. Come è nàtu-
lui il suo... e il dolore ... » (testo mu- ra dell'oro che, dopo ch'è stato rotto,
tilo). Ps. Sal. 8 ,q s.: <~Perciò.. (Dio) può essere riparato, cosl anche la puni-
donò loro un calice di vino puro per zione, se una volta s'è allontanata dai
inebriarli. Egli avanzò... decretò la guer- popoli, un giorno tornerà di nuovo su
Assyriens (19n) figure 86.97; B. MEISSNER, rato si avvicina al significato simbolico che è
Babylonien rmd Assyrien (1920), tavola 17. spesso attribuito al calice. «Il mio calice tra·
Secondo l'interpretazione corrente, nei reci- bocca» (Ps. 23,5): qui il calice sempre pieno
pienti raffigurati viene offerta acqua di vita; che viene continuamente porto al fedele (du-
essi esprimono dunque la sovranità fatale rante il banchetto sacrificale) è simbolo della
degli dèi (cfr. -+ GRESSMANN: Scllin-Fest· grazia abbondante che Dio gli dimostra e
schrift 61 ). dona. «Il calice delle salvezze» (7to"t"i)pLO\I O"W·
21 Cosl -+ GRESSMANN: Sellin·Festschrift 61, 'tEplou} in Ps. 116,t3 (115,4) è il calice .che
anche H. GuNKEL, Die Psalmc11 (1929) e si leva per ringraziamento (KlTTEL, op. cii.
KITTEL, op. cit. (~ n. 20) a Ps. 75,9. [~ 20], ad l.) oppure il calice che ha porta-
21 Nell'A.T. il calice non è, come si afferma to all'assoluzione in un "giudizio di Dio (Num.
spesso (ad es., PREUSCHEN - BAUcR, s.v. ; 5,II ss.; .ScHMIDT, op. cìt. [-+ n. 20] ad 1.).
STRACK-BILLERBECK l 836), figura dcl desti· Secondo l'antico costume israelitico, al ban-
no in senso sia buono che cattivo. A questo chetto funebre si offrivano alle persone col-
significato neutro si avvicinano soltanto le im- pite dal lutto il 'pane di consolazione' (cfr.
magini scialbe usate in Ps. u,6 e 16,5: 'la Ez. 24,17) e anche il 'calice di consolazione'
parte dcl suo calice' (forse anche Ps. 16,5 leg· (1wç-fipLov d<; 7tapcixì..rio-w) (ler. i6,7).
ge 'suo calice', ma i LXX hanno comunque Ti 24 Cfr. Zach. 12,2 ~ n. 33.
µtpt~... "t'oii 1'CO"t''l'JPlov µov). La 'parte del ca.
lice' è la sorte che Dio, come un paler/amilias, 2; STRACK-BILLERBECK I 836 s.; cfr.J. }ERE-
assegna a questo o a quello. Quest'uso figu- MIAS, Die Abendmahlsworte Jesu 1 (1949) 32.
:q 1 (v1,15r) 1tO'tTJptov 3a (L. Goppelc) (vr,151) 272

di loro... Come è natura di una suppel- la porge 29• Il calice che Babilonia tiene
lettile di coccio che, dopo ch'è stata rot- in mano è dunque simbolo del potere
ta, non può essere riparata, cosi anche la
punizione, una volta che s'è allontanata concessole da Dio (Apoc. 13,5; cfr. Io.
da Israele, in futuro non tornerà più su 19, II) non solo di soggiogare i popoli
di loro» u. con la forza e la propaganda(Apoc. 13),
Anche per quanto riguarda quest'uso ma anche di sottometterli spiritualmen-
figurato l'Apocalisse si riallaccia diret· te alla sua idolatrica autoapoteosi. In
tamente all'A.T. Babilonia, la meretri- questa enorme potenza di Babilonia si
ce, ha in mano «un calice d'oro pieno manifesta l'ira escatologica di Dio, la
degli orrori e delle lordure della sua quale 'abbandona' (cfr. Rom . l,24) al
prostituzione» (Apoc. 17,4; dr. Ier. 51, peccato dell'anticristianesimo tutti co-
7 ). Il calice è figura dell'influenza della loro che non sono seri tti nel libro della
cosmopoli sui popoli. Il contenuto che vita (Apoc. 13,8). Al momento fissato
viene offerto alle nazioni nello splen- questo potere concesso da Dio passa ad
dido involucro ( xpvcroùv?) della poten- altri e si rivolge contro chi lo detene-
za e del benessere (Apoc. r7,r8; 18,3) va prima, e i popoli, che stanno diret-
non è che l'orrore dell'idolatria e della tamente al servizio dell'Anticristo ma
decadenza morale che le si accompagna. calpestano Babilonia obbedendo effetti-
Altrove questo contenuto è chiamato vamente a Dio (Apoc. 17,15-18), vengo-
o o!voc; "t'OV l}uµou Tijc; 1top'llElac; a.ù'tfjc;, no incitati alla rappresaglia spietata:
«il vino d'ira della sua prostituzio- «Rendetele il doppio delle sue opere;
ne» v (Apoc. 14,8; 13,3; cfr. q,2 se- nel calice in cui vi diede a bere, versate-
condo IEp. 28,7 (51,7 bJ; cfr. Abac. le il doppio» (Apac. 18,6). Chi riceve
2,15; [ ~ IV, coll. 591 s.]). Questa l'incarico di offrire ad altri questo calice
bevanda è vino d'ira, non solo per- rappresenta, nei confronti di costoro, il
ché chi ne beve viene colpito dall'ira potere dell'ira di Dio. L'incitamento
divina (Apoc. 14,9 s.) 28 , ma in primo che abbiamo appena ricordato non è che
luogo perché è l'ira di Dio quella che l'esecuzione del decreto di Apoc. 16,

2~ In Filone TCO'tTJPLOV è usato solo due volte porge all'animn ... ».


(.rom. 2,200 e 203). II calice (Filone usn 21 Benché possibile, non va forse accettata la
sinonimi di 1tO'ti)ptov) è il recipiente in cui traduzione «il vino della sua insaziabile lus·
l'anima attinge il dono divino (som. z,246 surie».
ss.) oppure essa o il logos si offrono (som. 2s J. BEHM, Die O/fenbar11ng des ]oh. (N.T.
2,183; cfr. ebr. 152) ~ col. 2z3. Cfr. 4 Esdr. Deutsch) a 14 ,9 e LoHMEYER, Apok. a 14,8.
14,38 ss. ~ co!l. 230 s., n. 23. Troviamo un'im- i~ Boussu, Apok. e HADORN, Apok. a 14,8
magine del tutto simile in Pistis Sopbia 147 ~ rv, col. 592 ; ~ VIII, coli. 1228 s.Anche
(1,252): all'uomo che snle dalla i}),,1) un soc- in Apoc. 14,10; 16,19 il 'vino dell'ira' non
corritore porge <iun calice pieno di pensieri e è un vino che si trac dietro l'ira, ma un
di sapienza, e la sobrietà si trova in esso, e lo vino che consiste in ira.
273 (vr,1.51) ;r;o-i:itpw1 3:1-b (L. Goppelt) ('JI ,] 52) 274

19: «Dio si ricordò di Babilonia la gran- figura del potere dell'ira di Dio giudi-
de per darle il calice col vino della sua ce 32 non solo quando sta in mano a
ira tremenda». Come Babilonia è con- Dio (Apoc. 14,10; 16,19), ma anche
segnata al potere dell'ira conferito mo- quando, in occasioni diverse, esso è da-
mentaneamente alle potenze storiche, to, momentaneamente e parzialmente,
cos} tutti coloro che avevano ceduto al a potenze storiche (Apoc. 17,4; 18,6) e
culto della potenza mondiale si trovano persino quando si manifesta come po-
la strada sbarrata dal giudizio e dalla tere di seduzione all'idolatria (Apoc.
potenza dell'ira divina nella sua forma 17,4)33.
pura e definitiva, quando il giudizio fi-
nale pone fine alla storia: «Berranno il b) Il calice della passione
vino dell'ira di Dio, versato puro ( ~ Nel dialogo coi figli di Zebedeo (Mc.
vm, col. 466) nel calice del suo furore» ro,38 s. par. Mt. 20,22 s.) e nel Get-
(Apoc. r4,ro), saranno cioè dannati in semani (Mc. 14,36 par. Mt. 26,39; Le.
eterno (Apoc. q,ro bs.). Cos} nell'Ape· 22,42; cfr. Io. 18,II) Gesù parla di
calisse il vino ed il calice rappresentano «questo calice» (Mc. 14,36 e par.) e
fenomeni di specie diverse, ma indicano più precisamente lo chiama «il calice
sempre ln stessa realtà (~ vm, coll. che bevo» (Mc. 10,38 par. Mt. 20,22),
465 s.). Il vino è figura delJ'ira di Dio indicando con ciò la passione incomben-
attiva e lo è non solo in Apoc. 14,10; te. Come i figli di Zebedeo chiedono di
16,19; r9,15, ma anche in 14,8 30 ; (17, partecipare in modo particolare al suo
2) 31 e 18,3. Analogamente il calice è regno-", cosl Gesù risponde 35 annun-

30 Il potere di far bere ('JtO't(~ew) gli altri Jl La coppa dell'ira (Apoc. 15,7; 16,1 : q>LaÀ:'lJ
(Apoc. 14,8) equivale al potere di porgere il -.ov fhiµoii) raffigura l'accumularsi dell'ira (cfr.
calice (Apoc. 18,6; - col. 272). Rom. 2,5). Secondo Zach. 12,2, negli ultimi
Jt Non solo la punizione dell'idolatra, ma an· ciomi Gerusalemme sarebbe diventata una
che la seduzione all'idolatria sono opera del- coppa di stordimento (sa/-ra'al) per tutti i
l'ira (--> vm, coll. 467 s.), come comprova l'ag- popoli che l'assediavano. In questo quadro
giunta di ìhJµ6ç accanto a 7topvdrx in Apoc. G.:rusalemme non è un calice come Babele
14,8 e 18,3. (ler. 51,7), cioè una potenza storica attiva,
32 Di per sé il calice esprime 1a forza eh-: bensl intangibile santuario di Dio, 'pietra d'in-
plasma la storia; ma tale forza esprime ed ciampo'. Dal punto di vista linguistico il pas-
attua un giudizio, ed è pertanto la potenza saggio da calice a coppa è fluido: il Targum
dell'ira. Per l'Apocalisse ogni giudizio (xpl- legge Is. 51,17 cosi: pljélé kàsa' dilwii{ii', «la
vew, xplut.c;, xplµa) è ira (òpyi), fhiµoç: cfr. coppa del calice della sua maledizione» (~
Apoc. 19,11.15); l'ora del giudizio (x4,7; 20, n. 8).
12 s.) è il giorno dell'ira (6,16 s.; 14,10.19); JI I due chiedono di stare vicino al suo trono
tutta l'ira è giudizio (cfr. Apoc. x6,x con regale (cosl SCHLATTER, Komm. Mi., ad I.,
16,5.7 ecc.). Ma il complesso· delle immagini cfr. Mt. 19,28; Le. 22,29 s.), oppure al suo
di calice, coppa, vino, torchio è connc~so sem- posto d'onore al banchetto messianico (cosl
pre con l'idea dell'ira, non con quella dcl ]EREMIAS, op. cit. [--> n. 25] 100).
giudizio. JS Mc. 8,34 p:u.; Ml. 10,38 s. par. Le. 14,
27j (Vl,I 52) TCO'tTJp~ov 3b (L. Goppelt)

dando loro non soltanto lil croce che nunda di essere pronto: «Non do-
ogni suo vero e fedele discepolo dovrà vrei forse bere il calice che il Padre mi
portare 36, ma il martirio 37• Quando Ge- ha porto?» (lo. 18,n). La determina-
sù chiede se possono bere il calice che zione del vocabolo mediante il prono-
egli sta per bere, non chiede solo se so- me dimostrativo o la proposizione re-
no decisi ad agite, ma se sono pronti lativa fa pensare che 'calice' qui signi-
ad accettare la sofferenza decretata da fichi praticamente destino, sorte (so-
Dio (~ coli. 2 5 r s. ). Il significato e il prattutto in senso avverso), fato. In
peso di ciò che è stato preannunciato quest'accezione l'immagine del calice è
a Giacomo e Giovanni di Zebedeo di- nota sia all'A.T. (ma come uso margi-
ventano chiari quando Gesù stesso, tre- nale) 38 sia al mondo del cristianesimo
mante e titubante, chiede che «questo primitivo 39 • Ma è di fondamentale im-
calice» passi oltre (Mt. 26,39, cfr. v. portanza vedere che Gesù non crede
42), ovvero che venga allontanato da di trovarsi davanti a un amaro desti-
lui (Mc. 14,36; Le. 22,42). e quando, no, bensl n un giudizio di Dio 40 • L'in-
dopo aver cos) pregato e lottato, an- dicibile tristezza e l'angoscia (Mc. 14,

27; 17,J3; Mt. 5,u par. Le. 6,:u. non significa però che abbiano subito la stes-
J~ In Marco all'immagine cli bere il calice fa sa sorte (come intendono STRACK-BILLERBECK I
riscontro quella dcl battesimo di morte, quel· 838, od /.), bensl la stessa punizione. Ne
la sommersione che spegne l'esistenza natu- consegue la possibilità di un uso linguisti-
rale (~ n, coli 66 ss.; vm, coll. 1225 s.). Non co come quello attestato in latino da Plaut.,
si può dire con sicurezza se Marco abbia vi- rnsina 933: ... 111 senex (hoc) eodem poc(u)lo,
sto, nell'assonanza formale, un accenno ai due quo ego (hibi), biberet, «possa il vecchio pro-
sacramenti cristiani. vare la mia stessa sventura» (cfr. Plaut., au-
37 Per la bibliografia riguardante la discus- lrilarin 279; rudens 884). Se non è un'inter-
sione sul significato di questa profezia, che polazione cristiana, mari. Is. 5,13 presenta un
secondo la tradizione della chiesa antica si parallelo diretto dell'espressione evangelica:
avverò solo per Giacomo, ma non per Gio- Isaia congeda i suoi compagni prima del
vanni, v. PREUSCHEN-BAUER, s.v. TCO'ti)pLOV 2. martirio, «giacché Dio h;i preparato solo a
me il calice». Gli altri usi figurati in cui il
38 Ps. n,6; 16,5 4 n. 23. Numerosi com-
calice è il veicolo d'una sciagura indicata con
mentatori (ad es., KLOSTERMANN, Mk. a xo,
38} rimandano, oltre che ai passi suindicati, un genitivo attributivo non vanno considerati
analogie prossime della nostra espressione: il
anche a Is. 51,17.22; Et. 23,32 s. ecc., per-
calice dell'amarezza (G. DALMAN, Jesus-]c-
ché ritengono, erroneamente, che il calice raf·
figuri Il il destino. ~ n. 23.
schua (1922) 145 n. 4). il calice di lacrime
(Pseud.-Philo 50,6 riportato in RIESSLER 839;
3) A questo significato si avvicina l'armoniz-
cfr. Ps. 80,6), il calice (amaro) della morte
zazione rabbinica dei diversi usi figurati del
(test. Abr. 16; Tiirgum frammentario al Ge-
calice ncll'A.T. (~coli. 269 s.). Tale interpre-
nesi 40,23 citato in ScHLATTBR, Komm. Mt.
tazione rabbinica è preceduta in Midr. Ps. 75
a 20,22).
§ 4 (170 a) da queste parole: «Trovi che ci
sono 4 calici per il bene e 4 calici per il 4~ Cfr. ScttLATTER, Komm. Lk. a 12,50: «Si
male» (STRACK-BILLERJ3ECK I 837). S. Deut. tratta deUa sentenza di Dio, per la qunle vie-
349 (144 b) a 33,8: «Simeone e Levi hanno ne consegnato a coloro che lo crocifiggono»
bevuto dallo stesso calice (Gm. 49,7 )», il che (~ vm, coli. 1225 s.). I martiri giudei vede-
277 (vr,153)

33 s. par. Mt. 26,37 s.; cfr. Le. 22,44) tirio proprio per influenza dei detti di
che spingono Gesù a pregare perché Gesù considerati sopra. Mentre sta per
morire .Po1icarpo prega cosl: «Ti be-
ciò che gli sta innanzi passi oltre sen- nedico, perché mi hai stimato degno di
za toccarlo, non sono dovuti al ti- questo giorno e di quest'ora, e di aver
more di un destino oscuro né alla pau- parte, nel numero dei martiri, al cali-
44
ra del dolore fisico e della morte, bensl ce del tuo Cristo» (mart. Pol. J4,2) •
Anche secondo il N.T. il calice della
esprimono l'orrore che afferra colui che passione ha la sua connotazione decisi-
vive di Dio quando si vede allontanato va per il fatto che l'ha bevuto Gesù.
da lui 41 , esposto al giudizio che abban-
dona il santo alla potenza del peccato 4. Il calice eucaristico
(Mc. J4,41 par. Mt. 26,45; cfr. Le. a) Il logion escatologico di Le. 22,17 s.
22,53 ). Si può così supporre un nesso
Luca collega il logion escatologico
so:;tanziale con l'idea che domina l'im- (Mc. 14,25 par.) con l'accenno a un ca-
magine del calice nell'A.T. Secondo que- lice (Le. 22,17 s.). Secondo la più accre-
sta interpretazione, le parole di Gesù ditata analisi testuale e storico-tradizio·
nale dei racconti dell'ultima cena (~
che parlano del calice dovrebbero si-
coll. 242 s., n. 5 5 ), il logion escatologico
gnificare, più per lui 42 che per l'evan- e la parola interpretativa sul calice rap·
gelista, che la passione imminente non presentano due distinte e autonome uni-
45
è solo destino, bensì un giudizio che, tà tradizionali • Nessuno mette in dub-
bio che il logion escatologico sia stato
nel senso di I Petr. 4,12, colpisce an- effettivamente pronunciato da Gesù, e
che i discepoli 4.l . la presenza della locuzione «frutto del-
la vite» (Mc. 14,25 par.) fo appari-
Nella letteratura del cristianesimo re probabile che esso in origine fosse
antico il calice diventa figura del mar- connesso con la eulogia che veniva pro-

vano nella loro morte il verdetto di Dio: S. ta del passaggio di questo calìce ai discepoli
Deut. 307 a 32A; cfr. E. LoHSE, Miirtyrer (~col. 268). Dopo quanto abbiamo ricordato
und Gol/esknecht (1955) 73 s. alla ~ n. 40 non troviamo convincente l'ipo-
41 Gli stessi salmisti alla fine non pregano tesi che si tratti del calice della sofferenza
più di essere preservati dalla morte, bensl (ScHI.ATTER, Joh. a 18,n) o della morte (~
di restare presso Dio (Ps. n,25-28). Questa vm, col. 1229 n. 386) e non del calice dell'irn.
preghiera si conclude col grido di Mc. 15,34 44 Altri passi che attestano questa formulazio-
par. Mt. 27,46, col qu:ile chi è abbandonato ne relativamente rara sono mari. Is. 5,13 (se
da Dio lo cerca e invoca. non si tratta di un'interpolazione, ~ 39) e,
4? La parola del calice è attestata da tutta la implicitamente, Ign., Rom. 7,3 -> col. 260
tradizione evangelica. Chi avrebbe osato met- n. 21.
terla sulle labbra di Gesù? Per la storicità del 45 I testi sono analizzati criticamente da }P.-
logion rivolto ai figli di Zebedeo cfr. J. REMIAS, op. cit. (~ n. 25) 55-57.77 s. e, con
SCHNIBWIND, Mk. (N.T. Deutsch} :t 10,39. importanti precisazioni, da K.G. KmIN, Vber
Tuttavia ..... Il, coli. 66 ss. den 11rspriingliche11 Sinn des Abe11d111ahls rmd
4\ Secondo Io. 18,n il calice è porto, come sci11 Verhiiltnis w den Gemeinscha/tsmahle11
nell'A.T., direttamente da Dio. Ez. 23,32 s. e der Sektenschrift: EvTh lO (1950/51) 5u-
altri passi simili offrono un'analogia immedia- 523.
279 (v1,154) 'lto•7Jp~ov 4a (L. Goppelt) (vr,154) 280

nunciata su di un calice (L,_;. 22,17 2


) , sù coi suoi discepoli prima del ban-
giacché questa eulogia suonava: «Sii chetto escatologico 50 • Le parole inter-
lodato, Signore nostro Dio, re del mon- pretative acquistano un significato uni-
do, che hai creato il frutto della vite» .v.;_ camente in virtù di questo annuncio
Ad ogni pasto in cui si beve:;se vino il (~ coli. 244 ss.) e perciò tutto sembra
paterfamilias pronunciava questa lode confermare la giustezza della collocazio-
sul proprio calice dopo aver spezzato il ne lucana del logion 51 • La posizione del
pane per tutti 47 • Al banchetto pasquale, logion escatologico nel racconto di Mar-
invece, egli pronunciava lo eu!ogia sul co corrisponde invece alla sua colloca-
primo dei quattro calici del pasto, prima zione nella liturgia della comunità 52 •
ancora di rompere il pane, insieme con il
qiddus, la formula di consacrazione per
la festa 4.'l. Secondo il racconto lucano il Con questo calice Gesù si comporta
logion escatologico fu associato al pri- come col calice della parola interpreta-
mo calice di un banchetto pasquale, e tiva (~ col. 282). Contrariamente al-
questa dovrebbe essere la sua giusta col-
locazione storica giacché l'ultima cena di l'uso, egli non ne beve 51, e invece lo fa
Gesù molto verosimilmente fu proprio circolare tra i discepoli: À.a~E't'E 't'OU't'o
un banchetto pasquale 49 • Il logion e- I:' J. d
XaL oLaµq>LCTa"C'E ELc; t:.<tU't'OVc;, «pren e-
I I t I

scatologico non è solo un annuncio, ma


telo e distribuitelo tra voi». Seguendo
è una manifestazione di volontà, è una
specie di giuramento: esso vuole riba- quest'invito i discepoli devono bere
dire che questo è l'ultimo pasto di Ge- tutti da questo calice 54 oppure, ma è

46 Ber. 6,1; Pes. b. 103 a. 106 a, dr. STRACK- MARXSEN, Die Einsetwngsbericble zum Abend-
BILLEIUlECK IV 62; DALMAN, op. cit. (-> n. mabl, Diss. Kiel (1949) 9 s.
39) 137; ]EREMIAS, op. cii. (-> n. 25) 93; -> 5~ In questa liturgia la parola escatologica do-
v, col. 519. vette passare alla fine (cfr. Did. 10,6), venen-
47 STRACK-BILLERDECK IV 621; dr. I QS 6,4 do cosl a perdere qualsiasi collegamento con
s. un calice. Nella celebrazione della cena la co-
~ STRACK-BILLERDl!CK IV 61 ss.; DALMAN, op. muni tà parte dalla croce e dalla resurrezione e
cii. (-> n. 39) 138; ]EREMIAS, op. cit. (-> guarda al banchetto escatologico (I Cor. II,
n. 25) 23-25.47 s. Un'altra possibilità è ricor- 23.26). La lode per il calice si fonde con il
data alla --+ n. 73. ringraziamento pronunciato sul calice nella be-
o Come ha dimostrato ]EREMIAS, op. cii. (-+ nedizione che il Signore porge ai suoi fedeli
n. 25) 10-49, contro i dubbi avanzati, ad es., (Did. 9,2 -> nn. 72 s.; -> coli. 287 s.). Se-
da H. LIETZMANN, Messe und Herrenmahl guendo l'ordine dell'ultima cena, la comuni.
( 1926) 211-213.--+ v, coli. 521 ss. Per l'ordine tn continuò forse a benedire il calice prima
del bimchetto pasquale: STRACK-BILLERBECK di spezzare il pane; ma questo veniva preso
IV 56-74; -> v, coli. 518 ss. per primo (r Cor. 10,16 ~ n. 85; Did. 9,2-
SO Cosl DALMAN, op. cii. (-'> n. 39) 141 s. 5; IO,J). Non si può invece assolutamente
Con un'interpretazione troppo angusta ]ERE· sostenere l'ipotesi che la comunità primitiva
MIAS, op. cii. (-> n. 25) 118-123 ritiene che abbia celebrato la cena eucaristica soltanto
si tratti di un rigoroso voto di rinuncia e nell'ambito del banchetto pasquale (ZAHN,
ne deduce che esso era collegato al terzo Ag. a 2,42-47 •; -'> V, coli. 514 ss. 53.3 s.;
calice che chiudeva la parte principale dcl cfr. B. LoHSE, Das Pana/est der Quartade-
banchetto pasquale (ibidem 120 n . 7). cima11er (1953) IOI-112).
si Cosl STRACK-BILLERBECK rv 75; ]ERllMIAs, S3 --+ col. 243 n . 57.
Die Abe11dmahlsworte ]esu' (1935) 62 s .; W. 51 DALMAN, op. cii. (-> n. 39) 140; ]EREMIAS,
281 (VI,I.54) TtO't'JÌptov 4a-b (L. Goppelt) (Vl,155) 282

meno probabile, servirsene per riempi- ne veniva pronunciata la preghiera con-


re ciascuno il proprio bicchiere ss. Il fat- viviale di ringraziamento • Durante il
58

banchetto pasquale questo calice era


to di bere insieme da uno stesso cnlice il terzo 59 • La tradizione protocristiana
stringe i discepoli in una comunità con- fa risaltare questa corrispondenza fra il
viviale sotto il segno deila parola pro· terzo calice pasquale e il calice della
benedizione chiamando il calice offerto
nunciata da Gesù su questo calice 56 e
da Gesù 1-ie-t<X 't'Ò OEL'ltVijCTctL, «dopo il
tale caratteristica distingue questa co- pranzo» (1 Cor. rr,25; Le. 22,20), ap-
munità conviviale tanto da quella di un punto 't'Ò 'ltO't'TJpLov -.fjç EVÀ.oylctç, «il
comune banchetto pasquale quanto da calice della benedizione» (I Cor. ro,r6
~coli. 287 s.) 60 • L'introduzione alla pa-
quella di cui essi avevano finora fatto rola esplicativa (Mc. 14,23 par. Mt. 26,
parte 57 • L'ultima cena si distanzia dalla 27) descrive esattamente il rituale con-
61
comunione conviviale che si era ripetu- sueto ; colui che rende grazie a nome
di tutti i presenti alza il calice della be-
ta giornalmente durante la vita terrena nedizione un palmo sopra il tavolo (À.a·
di Gesù e si orienta verso il banchetto ~wv) e, tenendo gli occhi fissi sul ca-
62
escatologico. Le parole interpretative lice stesso , pronuncia per tutti, dopo
pronunciate in questa circostanza mo· la benedizione d'apertura, la preghiera
conviviale sul terzo calice, il calice del-
strano ciò che deve riempire l'interval- la benedizione (EÙXet:PLO"TlJCTctç). Subito
lo tra i due banchetti. dopo, senza averne (contro l'usanza) 63
bevuto, Gesù fa circolare il calice fra i
discepoli e pronuncia la parola inter-
b) Il calice della parola interpretativa pretativa.
AI calice della parola interpretativa Senza dubbio il particolare del calice
(Mc. 14,23 par. Mt. 26,27; 1 Cor. II, su cui è pronunciata la parola esplicati-
25; Le. 22,20) fa riscontro, nel pasto va risale alla chiesa palestinese~ e, pos-
giudaico, il calice della benedizione siamo dire, proprio a Gesù stesso. Né
(kos sei beroka). Alla fine della parte il testo breve di Luca (--,> coll. 242 s., n.
principale di ogni pasto in cui si be- 5 5) né il fatto che questo pasto fosse
vesse vino, sul calice della benedizio- chiamato fractio panis né, n maggior

op. cii. (n. 25) 39 s. nel frattempo, il mangiare e il bere sacra-


55 STRACK-BILLERBECK lV 58 .75. mentali non avvenivano più nel corso di un
~6 .fRREMlAS, op. cii.(~ n . 25) IIl. comune pasto (r Cor. II,20 s.), ma erano stati
51 Cfr. LoHMEYER, Mk. 309 s. Questa situa- isolati e avvicinati trn di loro (JEREMIAS, op.
zione storico-salvifica spiega le peculiarità del- cii. [~ n . 25] 98 s.).
l'ultima cena rispetto a un normale ban- 6J Cfr. STRACK-BILLERDECK IV 630; ScHLAT·
chetto pasquale. ~ n. 75 . TF.R,Komm. Ml. a 26,27.
58 Ber. b. 51 a; cfr. STRACK·BILLERBECK IV ~ Contrariamente all'uso corrente (STRACK-
630 s .; 0ALMAN, op. cii. (~ n . 39) 138-141; BILLERBECK n 246), spezzando il pane Gesù
~ n. 73· alza gli occhi al cielo (Mc. 6,41 par.), di-
59 Pes. 10,7; cfr. STRACK-BILLERBECK IV 72. mostrando anche qui la sua libertà.
627 s. 63 Pes. b. J05 b ~ col. i43 n. 57.
<>?La mane11nza di una tale indicazione nel M Per l'argomentazione particolareggiata vedi
racconto di Marco indica .probabihnente che, }EREMIAS, op. cii. (~ n. 25) 90-94.
ito•fJP~O'J 4b (1. Goppelt)

ragione, il riferimento di questo calice sto» (Marco, Matteo), la parola inter-


alla morte di Gesù 65 giustificano in al- pretativa intende riferirsi non al cali-
cun modo la tesi che il pasto sacro del-
la chiesa primitiva non comprendesse ce, bensl al suo contenuto 70, al vino
questo calice 66 • La mancanza di vino (rosso) 71 • Eppure neLN.T. il secondo
può aver fatto rinunciare al calice già elemento della cena non viene chiama-
nel primo cristianesimo 67 , e sappiamo to mai vino, ma quasi sempre calice 72 •
che particolari ambienti ecclesiastici in
diverse località fino al III sec. hanno u- Oltre al paragone col (rosso) 'sangue
sato acqua invece del vino 68 • In circoli dell'uva' (-7 n. 71), l'occasione per la
eretici giudeo-cristiani e in comunità sua 'sublimazione' mediante la parola
gnostiche per varie ragioni di principio
si celebrava l'eucarestia addirittura sen- interpretativa fu certamente offerta dal-
za calice 69• Ma tutto ciò non tocca il la posizione preminente del calice del-
problema dell'originalità storica del ca- la benedizione nel costume conviviale
lice.
giudaico 73 • Il calice della benedizione
Sia che cominci con le parole -.ou-to -.ò concludeva la parte del pasto che era
1tO'tTJp~ov,
«questo calice» (Paolo, Lu- cominciata con ln frazione del pane. Gli
ca), o semplicemente con -.ou-to, «que- elementi dell'eucarestia sono i due ele-

65 Il giubilo escatologico che caratterizza il nim1a (contenente per contenuto))>. Cosi in-
banchetto della chiesa primitiva (Act. 2,46) tendono anche KLOSTERMANN, Mk. a 14,23;
non esclude che esso «proclami la morte del LoHMEYER, Mk. 305; ]EREMIAS, op. cii. e~
Signore» (I Cor. u,26). Infatti l'eucaristia n. 25) 84.ro4 s.; diversamente interpreta in-
paolina non era <mna commemorazione della vece M. BARTH, Das Abe11dmahl, Passamahl,
morie di Cristo» (LIETZMANN, op. cii. [,. n. Bundwnahl tmd Messiasmah/ (1945) 18-22.
49] 251). 11 Già in Gc11. 49,II il vino è il sangue del-
66 Cosi W. HE1TMULLER, Tau/e und Ahend- l'uva. In genere si usava vino rosso; ma ai
mahl im Urchristet1tt1m (1911) 52; LIETZ- giorni di Gesù questa non era una prescrizio-
MANN, op. cit. (,. n. 49) 239-255 e BuLT- ne assoluta (DALMAN, op. cit. [-) n. 39] 145
MANN, Theo/. 4r.59 s. 149· n. 3; STRACK-BILLERlll!CK IV 6r; KUJ-1N, op.
67 Nei commenti a Le. e I Cor., ad I., lo cit. [ ~ n. 45] 516 s.).
SCHLATTER spiega cosl il fatto che l'ordine 1l La benedizione pronunciata sul calice (se-
di ripetere il rito del calice contenga (I Cor. condo la formulazione di Did. 9,2) riprende,
u,25) un accenno limitativo (òcnix~~ M.v modificandola, fa formula giudaica (-) coli.
'JtlV7]-i:E) e manchi del tutto in Le. 22,20. -È 278 s.) e ringrazia uitÈp 't'ijc; &ylcxc; àµTCÉÀ.ov
improbabile che l'aggiunta «bevetene tutti» .6.uulO (,. n. 52). Altrimenti, da I Cor. xo,
(Mt. 26,27) rappresenti una polemica contro 4 in poi, si parla di it6µcx (Iust., apol. x,66;
una communio mb una. dr. Ign., Rom. 7,3) o di 1tO'T6v (Did. 10,3);
63 HARNACK, Dg. I s 234. ~ V, coli. 531 s. in Io. 6,55 abbiamo invece 'lt6cnc;. Da Did. 9,
6~ LIETZMANN, op. cit. (~ n. 49) 23<)-249; 5; Ign, Phld. 4; Iust., apol. 65 s. in poi, gli
]. BETZ, Der Abendmahlskelch im ]uden- elementi vengono anche chiomati EUXCIP~O''t!a.
christentum, in Abhandltmgen uber Theologie 7l Cfr. DALMAN, op. cii. (~ n. 39) 138:
und Kirche, Festschrift fiir Karl Adam (1952) (<Quando c'era un solo bicchiere di vino, si
109-137. consigliava di lasciarlo per la fine del pranzp
7') PREUSCHEN-BAUER, s.v. TCO't1}p~ov; «In Le. e di pronunciare su quello tutte le benedizio-
22,20 • e r Cor. 11,25 • abbiamo una meto- ni: del vino, della consacrazione e del cibo».
1to-riJpLov 4b ( L. Goppelt)

menti fondamentali del pasto giudai- pretazione è certnmente posteriore ai


co 74, come il cibo e la bevanda Io sono racconti dell'ultima cena, ma questo
di qualunque pasto 15• Il porgere il pa- modo di considerare potrebbe non es-
ne e il calice non è un atto simboli- sere stato del tutto sconosciuto a Gesù
co 76, quasi una parabola, bensl l'offerta e al cristianesimo di estrazione giudai-
reale di ciò che è necessario alla vita 77 • ca. Il calice che Gesù tiene in mano e
Un secondo aggancio per la parola in· passa poi ai discepoli, senza averne be-
terpretativa era offerto dal vario e pre- vuto, richiama alla memoria di chi ha
gnante significato del calice nella Scrit- familiarità con la Scrittura il calice of-
tura. Né la preminenza del calice né la ferto dalla mano di Jahvé, -cò 1t01:YJpLov
sua interpretazione dipendono in par- Èx XELPÒ<; xvplov (cfr. !Ep. 3 2 ( 2 5] ,r 5;
tk9lar modo dal rituale della pasqua, 28[51],7; lji 74[75],9; Is. 51,17). Chi
tuttavia entrambe appaiono molto più porge il calice è mediatore dell'opera
naturali se inquadrate nel banchetto pa- di Dio; chi lo riceve è oggetto del-
squale 78 • l'opera di Dio che ora gli si manife-
Sopra (~ coJl. 269 ss.) abbiamo ac- sta efficace nella grazia che salva attra·
cennato a un'interpretazione più ampia verso il giudizio. La chiesa del N.T.
dei quattro calici, con la quale le affer- ha visto il nesso con il calice della be-
mazioni veterotestamentarie sui calici nedizione; il nesso con il calice di Jah-
del giudizio e della salvezza venivano vé è implicito, almeno per quanto ri·
riferite ai calici escatologici della puni- guarda il contenuto sostanziale, nell'im·
zione e della consolazione. Tale inter- magine del 'calice del Signore' 79 .

74 Cfr. anche Ier. I6,7 ~ n. 23. (1 Cor. ro,18) mette in risalto unicamente un
75 I sinottici collocano l'istituzione dell'euca- momento polemico.
ristia nel corso di un banchetto pasquale, e 76Come sottolinea a ragione E. LoHMl!.YER,
probabilmente tale collocazione è storica(~ n. Vom 11rchristlichen Abendmahl: ThR N.F. 9
49). Come ha però mostrato KUJIN, op. cit. (1937) 210.213.
(~ n. 45) 516-519, anche nei primi tre van- 77 Questa idea, espressa in 1 Cor. 10 e ancor
geli le parole interpretative non si allacciano più chiaramente in Io. 6 (~ n. 75), è colle-
direttamente all'uso specificamente pasquale gata con la parola 'bere' non solo nella gnosi
(ad es., ltp"toc; e non if.~uµov). Questo fatto e nell'ellenismo ( ~ coli. 233 s.), m:i anche nel
è sottolineato da tutto il resto del N.T. Sia giudaismo palestinese (~ col. 236).
Paolo che Giovanni mettono in risalto che 78 L'interpretazione simbolica di alcuni aspet-
Gesù morl quale vero agnello pasquale ( r ti del banchetto pasquale non costituisce una
Cor. 5 16-8; Io. 18,28; 19,3r.36; - 1, coli. vera analogia rispetto nlla spiegazione degli e-
918 s.), ma non associano gli clementi del· lementi eucaristici. Lo fa notare giustamente
la cena eucaristica con quelli del banchetto KuHN, op. cii. (~ n. 45) 517 s.
pasquale, bensl con gli elementi base di ogni n La linea che congiunge il calice immagine
pasto, il cibo e la bevanda (I Cor. 10; Io. 6). della passione e morte di Gesù e il calice con
Il contesto pasquale non costituisce il signi· cui egli porge la sua morte, linea su cui attira
ficato della cena, ma serv_e soltanto a sotto. l'attenzione, ad es., DALMAN, op. cit. (~ n.
linearlo. Il riferimento al banchetto sacrificale 39) 145 s., è tanto problematica quanto la li-
;.o-.i1p~ov -ic (L. Goppelt) (VI,157) 288

c) Il calice del Signore e il calice dei la Didaché (9,2 s.) è un esempio di tale
demoni (r Cor. 10) EÙÀ.oyla.. Con il ringraziamento i cri-
La formula eucaristica (r Cor. ro,r6) stiani attestano e confessano che il ca-
accolta e conservata dalla tradizione del- lice eucaristico è il calice che essi rice-
la comunità corinzia 80 , alla quale Paolo vono dalla mano del Signore con la pa-
si richiama per motivare la sua posizio- rola esplicativa e che cosl è sottratto al-
ne verso il problema della partecipazio- la sfera profana 83 • Il calice che si rice-
ne ai banchetti cultuali pagani (r Cor. ve dal Signore mentre si pronuncia la
10,17-22), ha ripreso dalla terminologia benedizione è la xowwvla. S4 -toO aXµa-
conviviale giudaica il nome del calice i:oc; 't'OU XptO'i:ov, la partecipazione al-
eucaristico che essa chiama esplicitamen- morte di Cristo, cioè l'atto con cui ci
te "tÒ 1to"t1}ptov 't'1jc; EÒÀ.oyt'.ac;, «il cali- si affida a lui che è morto per noi ( ~
ce della benedizione» (~ coli. 281 s.). coli. 24 7 s., n. 70 ). Il calice della bene-
L'aggiunta, niente affatto pleonastica 81 , Jizione è -;ò 7.0't1lPWJ ( 'tOV) xuplou, «il
o EÒÀ.oyovµEv, «che noi benediciamo», calice del Signore» (r Cor. 10,21; II,
serve a distinguere il calice della bene- 27), perché, in virtù della benedizione,
dizione cristiano da quello dei Giudei. esso viene ricevuto dalla sua mano e sot-
Con questa breve frase si sottolineano topone oggettivamente (-> coll. 248 ss.,
sia il soggetto sia l'oggetto della bene- n. 71) colui che ne beve alla potenza
dizione: si tratta del calice che noi be- attiva del Signore che è morto per lui
nediciamo, e il ringraziamento che pro- sulla croce.
nunciamo su questo calice non è per Pertanto è impossibile bere aUo stes-
qualche altra cosa, bensì proprio per so tempo «il calice del Signore e il ca-
quanto ci viene offerto con esso 82 • La lice dei demoni» (r Cor. 10,21) 85. Il
preghiera eucaristica tramandataci dal- calice dei demoni non è un qualche ca-

nea che congiunge il logion del battesimo di benedizioni (--+ m, coli. 1153 ss.); queste
morte con il sacramento del battesimo. --+ n. idee fanno forse capolino in molti manoscrit-
36. ti, che in Mc. 8,7 aggiungono a EVÀ.oyi)uac;
80 E. KXsEMANN, Anliegen und Eige11arl der un oggeuo in accusativo (--+ nt, coli. 1173 s.).
paulinische11 Abendmahlslehre: EvTh 7 ( 1947/ 84 --+ V, coll. 709-715; LoHMEYER, op. cit. <~
48) 263 s.; cfr. lgn., Phld. 4. n. 76) 287; LoHMEYI!R, Phìl. 17; Ki\SEMANN,
81 LIETZMANN, Kor. a 10,16. op. cii. (--+ n. 80) 275: «Venire a trovarsi
82 Cosl si esprime ScHLAT'l'ER, Kor. ad l.; in una sfera di potere». ·
--+ UI, col. n74. 85 L'ordine degli elementi nella formulazione

Sl Cfr. r Cor. 10,30; 1 Tim. 4,4: ~ in, coli. di 1 Cor. 10,16 (prima il calice, poi il pane),
u67 ss. Come ogni nitro atto della comunità che rispecchia probabilmente la prassi liturgica
durante l'eucaristia, In benedizione avviene E~ (~ n. 52), torna gradito a Paolo, per la cui
-ciiv ~µY)v àv&.µvr1crw (r Cor. u,24 s.; --+ i, argomentazione quest'antitesi è molto impor-
coli. 939 ss.). Qui siamo quanto mai lontani tante. L'Apostolo deduce dal pane l'intima
da idee primitive circa l'efficacia magica delle armonia della comunità (v. 17) e dal calice
;o;o-ci)pLO\I 4c (L. Goppelt)

lice pieno di un vino che sia connesso, re ai diffusissimi banchetti di carattere


in un modo o nell'altro, con riti e sa- cultuale (r Cor. 10,2x b; ~ "t"pcim::soc;
crifici pagani, giacché Paolo non condi- ~col. 247 n. 68 ), motivando tale divie-
vide, né nel caso di tale vino né in quel- to con l'accenno particolare al calice dei
lo analogo della carne deì sacrifici paga- demoni. L'Apostolo non argomenta par-
ni (r Cor. 10,25 s.; Rom. 14,14; -7 tendo da premesse pagane (-7 coll. 229
coli. 241 s.), la totale astensione prescrit- ss.) 87, bensl dal principio veterotesta-
ta dai Giudei (-7 col. 228 ). Ma egli mentario che i sacrifici che non vengono
non intende neanche definire, come è offerti al Dio vivente sono consacrati
preoccupazione degli apologisti 86 , l'eu- ai demoni 88 • Il calice dei demoni è il ca-
carestia rispetto ai banchetti misterici lice con cui si offre alla divinità una li-
apparentemente affini. Piuttosto, par- bagione durante un banchetto pubbli-
tendo dal significato dell'eucarestia, l'A- co (r Cor. 8,10) o privato (r Cor. 10,
postolo mette in guardia dal partecipa- 27 ss.) oppure in altre occasioni 89 • Li-

h sua separazione da ogni altro culto (vv. (1937) 2135 e DEISSMANN, L.O. 299 n. 4.
18-22). Questa differenza può essere indicata 89 Cosl "'4 D6LGER 268-270. Era questa l'in-
soltanto con l'argomento dcl calice, giacché la terpretazione che, con la sua sensibilità antica,
frazione del pane non ha posto nel banchetto proponeva già Basilio Magno (in !t:saiam pro·
rituale pagano. phetam 10 [MPG 30,533 s.] citato in "'4
&1 Iust., apol. 66; Tertull., proescr. hacr. 40 DDLGER 270): «Chi beve dal calice che è
(misteri di Mitra); Fitm. Mat., err. prof. rei. servito per la libagione, beve il calice dci dc·
~8.2 (misteri di Atti) moni». Per l'uso molteplice della libagione
bi Ad es., LrETZMANN, I. Kor. n 10,21 inter- cfr. ~ HUBER e K. KIRCHER, Die sakrnle
preta cosl: nell'eucaJ.istia entra in voi Cristo, Bedeuttmg des Wei11es im Altcrlmn (19ro) 5-
nd banchetto pagano i demoni (-7 V, coli. 73; HANELL, art. 'Trankopfer', iu PAULY-Wrs-
698 ss. ). Alla base di qucst:i interpretazione sta SOWA VI A 2 (1937) 2x31-2x3tl. Per la Ji.
una particolare immagine della religione elle- bagione si usava generalmente una <pitiì.T]
nistica, per la cui critica cfr. CLEMEN 183- durante i sacrifici (H. LusCHEY, au. <p!.&.),lJ,
190; LoHMEYER, op. cit. (-7 n. 76) 204-207; in PAuLY-WJssowA, Suppl. vu [1940] 1026-
A. ARNoLD, Der Ursprung des chrisllichen 1030 ), un 1tO't1JpLov a tavola. In epoca anti-
Abendmahls im Lichle der 11e11cslen li111rgie- ca il pasto greco cominciava spesso con un sa-
geschichtlichen Forsch11ng J (1939) 113-174; crificio e terminava comunemente con una (i.
ora anche LIETZMANN, Kor. 4 183. Inoltre i bagione: K. SCHNEIDER, art. 'Mahlzeiten', in
destinatari della lettera non condividono le PAULY-WissowA XIV 1 (r930) 525; HANELL,
concezioni pngane (1 Cor. 84). art. 'Trankopfer', in PAULY-W1ssowA VI A 2
88 I Cor. 10,20; dr. De11I. 32,17.37 s.; -7 (1937) 2135. ~ n. 88. Simile era l'uso ro-
II, coli. 767 s. 769 s. 783. L'espressione non mano: Valerius Mnximus, factomm et dicto-
deriva quindi neanche dalla definizione di mm memorabilium 8,15 17 (-7 DéiLGER ::i68
'ltOTTJpLov o µE-ctivm-cpov 'AyGdloti Aaiµovoc;, s.): quando giunse notizia della vittoria «non
come veniva chiamato il calice dal quale i ci fu nessuno che non versasse una libagione
Greci, finito di mangiare, prendevano un pic- a lui come si usa fare agli dèi immortali se-
colo sorso dopo averne fatto cadere per terra condo i riti conviviali». ~ crnlvoc.>. Bere dai
alcune gocce in onore del Buon Demone. calici della libagione era segno di abiura, ad
Athcn. 1,486 s.; 15,692 s.;-· cfr. HANELL, art. es. durante la persecuzione di Decio: «Ci si
'Trankopfcr' in: PAULY-W1ssowA VI A 2 dava reciprocamente la morte bevendo da ca-
29r (vr,158) X('1.'tlt1tlvw (L. Goppelt) (vr,r58) 292

bando da questo calice non si ringra- 459; cfr. 467); 7tpocrÉpXE"t'rLT. ... wc; Sn
zia Dio, bensl gli dèi; pertanto chi ne xa.-cam\16µEv6ç µE, «Si avvicina ... come
se volesse ingoiarmi» (Aristoph., eq.
beve e in tal modo rinnega Dio cade
69r; cfr. Eur., Cyc. 219). b) Con sog-
sotto il potere dei demoni. Per questa getti inanimati: la terra inghiotte l'ac-
ragione H calice dei demoni è il riscon- qua ("t'Ò Xct."trL1tOi>Èv •.. uowp: Plat., Cri-
tro negativo del calice del Signore. I tias II l d); il mare ingoia una città
(Polyb. 2,41 ,7: [ 7tOÀEwc;] Ù1tÒ "tijç i)a-
due calici si escludono a vicenda non }.6.crcrriç Xrt"t'a-;coi)dcrriç); i fiumi sono
per una incompatibilità fisico-magica ingoiati dalla terra (Aristot., meteor. r,
del loro contenuto ro, ma perché essi 13 [p.351ai]).
2. In senso traslato, frequente in vari
sottopongono chi ne beve a due signo- usi: a) in senso positivo: ricevere in sé,
rie incompatibili tra loro (cfr. Mt. 6, accettare, accogliere; XCL"ta.mwv EòpT.nl-
24 par. Le. 16 1 13; 12,28 ss. par. Le. Or)\I (Aristoph., Ach. 484); Luc., Iup.
trag. 1; oppure un'arte (Antidotus, fr. 2
n,20). Il calice del Signore e il calice
r. 4). b) In senso negativo, sopraffare:
dei demoni sono simili al calice di Jah- xo."tamou\l·rct.T. ùµ&c; 'Ai)rivo.fot (Plut.,
vé (~ coll. 268 ss. 286) perché, co- Alcibiades 15 [I 198 d]; "t'Ò\I 1)µLo1tO'll .••
me questo, significano il potere al qua- ò µÉyac; (aÙÀÒ<;) XC1."trL1tt\IET., «la grande
tromba soverchia il flautino» (Aesch.,
le soggiace chi beve. Si conclude co- e!eg. /r. 91 [T.G.F. 30]. e) Consumare,
sl la storia del concetto: il calice di esaurire, ad es. le entrate di uno stato
Jahvé dell'A.T. e il calice giudaico del- (Aristoph, ran. 1466).
la benedizione illuminano il significato Nei LXX, ove rende quasi costante-
del calice del Signore che sta alla fine mente bala' = ingoiare, annientare, di-
dello sviluppo semantico.
struggere 1, :>W.."t<t.nlvw è usato nelle me-
desime accezioni, solo con un lieve slit-
tamento verso un senso negativo. Nella
t xa:rn1tl'llw maggior parte dei casi l'oggetto è co·
stituito da persone: qualcuno è ingoia-
Il verbo xa.·w:1cl\lw tracannare, è
1 to dalle fiere (1011. 2,1; Tob. 6,2), dal-
usato già nel greco pre-classico (gene- la terra che si apre (Ex. 15,12; Num,
ralmente senza più alcun riferimento al 16,30.32.34; 26,10; Ps. rn6,q; cfr.
bere in senso proprio) nell'accezione ge- Prov. l,12), dalla profondità, cioè dal-
nerica di ingoiare, inghiottire, ingolla- la sventura (Ps. 69,16), soprattutto da
re, mandar giù, ecc. I. In senso pro- nitre persone: il popolo dai nemici (Os.
prio: a) con soggetto personale o ani- 8,8; le:p. 28 [51],34; Lam. 2,16; Is.
mato: "t'OÙc; ( mxtSac;) xa:tÉmve Kp6voc;, 49 119; Ps. 124,3), i giusti dai peccatori
«Crono inghiottiva i figli>} (Hes., theog. (Ps. 35,25; Prov. l,12; Abac. 1,13),

lici latori di perdizione;> (Cyprian., de {apsis zione, il vino della libagione, vomita poi il
9). Analogamente i libelli attestano regolar- vino eucaristico che gli vien fatto ingerire a
mente: «Io ho sacrificato e libato ed ho as- fotza. Cfr. ibidem. 26.
saggiato le offerte» (~ DòLGER 268). xa.-.cmlvw
90 Cosl Cyprian., de lapsis 25: un lattante l A sua volta biila' corrisponde a X«'fa'ltlvw
cui è stato fatto bere, durante una persecu· 19 volte su circa 47.
293 (v1,r58) Xet:tt:1.11lvw (L. Goppelt)

l'empio da Dio che lo strappa come una so di Mt. 23,24 2, l'azione (escatologica)
pianta (lob 8,x8). È usato assolutamen- di soggetti sovrumani: si tratta o del-
te una volta (Ps. 107 ,27) per indicare
l'annullamento della sapienza umana. l'uomo che cade preda di potenze tene-
Filone usa il verbo figuratamente per brose, del diavolo (I Petr. 5 ,8) 3 e del-
indicare fenomeni psichici: l'anima de- la disperazione causata da una vergogna
gli stolti è ingoiata dal corpo come da
senza scampo ( 2 Cor. 2,7) 4, cui è pre-
un fiume (gig. x3; in parallelismo con
XOC"tCZ'lton6w: gig. I 5 ), Balaam è in- clusa la possibilità di pentimento e per-
ghiottito dal vortice della follia (Deus dono (2 Cor. 7,9 s.; Hebr. 12,17), op·
imm. r8x), i pensieri isolati dall'errore pure della distruzione di tutto quanto si
come da una fiamma (leg. all. 3,230).
oppone a Dio, operata dal giudizio e
Nel N.T. l'uso di XOC"t'cml'Vw segue dall'azione salvifica di Dio (Hebr. II,
quello accertato nell'A.T. e si rifà più 29; Apoc. 12,16; 2 Cor. 5,4; I Cor.
volte ad esso (I Cor. x5,54 ~ n. 6; 15,54).
Hebr. u,29; Apoc. I2,16 ~ n. 5). Il Mentre il popolo di Dio che ha cre-
verbo non ha più alcun riferimento al- duto alla parola divina passa a piedi
l'idea di bere e significa ingoiare, in- asciutti il Mar Rosso, i suoi inseguitori
ghiottire. L'uso proprio e l'uso trasla- che osano avventurarsi senza fede per il
to si confondono. A motivo della sua medesimo cammino vengono inghiottiti
rndice xa"ta.1tlvw si differenzia da xa.- dai flutti (Hebr. u,29). La terra ingoia
"tEcrDlw: questo, che si richiama all'i- il fiume che il dragone ha sputato con-
dea di masticazione, indica una consu- tro la chiesa (Apoc. 12,x6) 5 • Con que-
mazione lenta e graduale (Gal. 5,15; sta immagine l'autore apocalittico in-
Apoc. I I ,5 ); quello, cui soggiace l'idea tende forse indicare i popoli della ter-
di ingoiare qualcosa d'intero (ad es., ra radunati contro la chiesa (Apoc. 17,
!on. 2,1 ), un processo o un avvenimen- I.15; e&. 16,13 s.; 17,x3 s.; 20,8); la
to totale e irreversibile, nell'accezione terra 1i inghiotte nel regno dei morti
assolutamente negativa di una distru- (cfr. Gen. 3,19), mentre la comunità dei
.zione ostile. Perciò xa:i:cutlvw indica credenti rimane indenne (Mt. 16,18).
sempre, a parte il paradosso immagino· Col sopravvestimento (~ II, coli. 1563

2 I Farisei filtrano le bevande con un panno 3 Il diavolo cerca di soggiogare i membri


per evitare che un insetto morto tocchi loro della comunità inducendoli, soprattutto per
le labbra (STRACK - BtLLERBECK I 933 s. e mezzo degli orrori di una persecuzione, al-
ScHLATTER, Komm. Mt., ad l.), ma poi in· l'apostasia.
gollano i cammelli, i grandi animali impuri • Cfr. Ps. 69,r6.
(Lev. II,4): essi sono scrupolosamente fana- s Formalmente il passo si l'ifà alla fine dei
tici per quanto riguarda la trasgressione delle partigiani di Coreh (Num. r6,Jo, cfr. v. 32).
minime norme, ma accettano senza reagire la Per le concezioni che fanno da sfondo a que-
mancata osservanza dei grandi, incomparabili sto passo cfr. ]. ]EREMIAS, Golgotha (1926)
comandamenti (Mt. 23,23 par. Le. u,42). 57 s. 85 s.
r.o..li;w (L. Goppelt)

s.) «ciò che è mortale yjene ingoiato dal- dcl Creatore 1 oppure della sua azione
la vita» (2 Cor. 5,4), quando il corpo salvifica 2 e della sua ira escatologica 3•
Anche qui l'uso proprio e quello figu-
mortale si trasforma nel corpo glorioso rato si confondono.
(I Cor. 15,52 ss.). Allora ( r Cor. 15,54) 6
la morte, che domfoava grazie al corpo Il N.T. rinnova l'antico dovere di
sottomesso ar suo potere {I Cor. 15,44- dissetare gli assetati, motivandolo però
49; Rom. 5,12 ss.; 7,24), scompare nel- cristologicamente (Mc. 9>41 par. Mt.
la vittoria della vita conquistata da Cri- ro,42; Mt. 25,J5.37.42; Rom. 12,20
sto (I Cor. 15,57.26), «non esiste più» = Prov. 25,21) 4 • L'episodio del sol-
(Apoc. 2I,4). dato che disseta Gesù in croce (Mc. lJ,
36 par. Mt. 27,48; cfr. Le. 23,36; Io.
t 1to-.lsw 19,29 che si rifà a Ps. 69,22) è spie-
1. Riferito ad uomini e animali ito- gato con diversi motivi 5• In 1 Cor. 3,2.
-rl~w significa
dissetare, abbeverare, far 6·8 il verbo è usato figuratamente: l'A-
bere, dar da bere (Hippocr., aphorismi postolo descrive l'istruzione fondamen-
7,46). 2. Riferito a piante e ad oggetti
inanimati significa inafjiare, irrigare, ba- tale e il consolidamento della comunità
gnare (Xenoph., sym. 2,25 ). Nei LXX per mezzo della predicazione con l'im-
traduce quasi costantemente la forma magine dell'allattamento di un bambi-
hif'il di Jqh, che a sua volta è resa
no(~ II, coll. 345 ss.) e dell'irrigazione
generalmente da 1to-.l~w. Il verbo ito-
-rlsw è un causativo che fa riscontro a di un campo. In Apoc. 14,8 7to't'lsw è
1tL\IW e indica il far bere, l'azione che usato nell'immagine del vino d'ira (col.
rende nossibile bere. Pertanto è usato
273 n. 30). r Cor. 12,13 («tutti siamo
nel medesimo ambito concettuale di 1tl-
\IW e conosce le sue stesse variazioni stati dissetati [ 1to-.lsi::~v] con un solo
semantiche. Spirito [ ~ 1t\IEUµcx] ») si riferisce pro-
Co~l nell'A.T. il 1to-rlsi::w che ha Dio babilmente all'eucarestia {~ col. 259
per soggetto è prova della provvidenza n. 18).
L. GOPPELT

6 Le parole riprendono Is. 25,8. Cfr. A. 3 Ps. 80,6: dissetare con lacrime; Ps. 60,5:
RAHLF S, Ober Theodotio11-Lesarten im N.T. far bere j) vino del barcollamento (---'> col. 268
u11d Aquila-Lesarle11 bei ]uslin: ZNW 20 s.); Is. 29,10 (LXX): dare a bere lo spirito
( 1921) 183 s. dello stordimento; Ier. 8,14; 9,14; 23,1;i: da-
re a bere acqua velenosa (T.M.) o amara (LXX).
7tO't"ll;w ~ col. 229 n. 19.
I Ps. 104,11.13. 4 Le. 13,15: nella polemica sul sabato si di-
2 Ps. 78,15: il miracolo dell'acqua nel deserto C!! di passaggio che anche in questo giorno
( ~ col. 227 n . 8); in senso traslato Ps. 36,9: è lecito abbeverare gli animali. Cfr. STAACK-
dissetare al ruscello della gioia in Dio; cfr. DILLERl!ECK li 199·
Ecclus 15,3: dar da bere l'acqua della sa- s - vm, coll. 642 ss.; cfr. ora anche r QH
picnzo (---'> coli. 236 s.). 6,19 s.
297 (vr,160) nmp<i<rxw (H. P1·eisker)

t m1tpacrxw

7tt1tplicrxw 1 significa vendere (Hom., 1tpci<TXW significa consegnare. Secondo


Il. 21,rn2 ecc.; Od. 15'453 ecc.; Hdt. l'espressione usata in alcuni passi (3
2,54,56; Aesch., Choeph. 915; Ag. Ba.a. 20,20.25; 4 Bacr. 17,17; I Mach.
1041; Soph., Trach . 252 ; Plat., leg. 1,15), certi uomini si vendono all'ingiu-
85oa; BGU I 13,n; P. Oxy. xu 1494, stizia (?tOLfj<Ta:L 'tÒ 1tOVl)pOV ): m1tpcXCTXW
4: vendita privata; P. Eleph. 27,7: significa qui abbandonarsi a istinti pec-
asta pubblica di strade statali), vende- caminosi. Filone non usa mai il nostro
re cedendo alla corruzione (Demost., or. verbo, raro anche in Flavio G iuseppe
IO ,63; 'tOÙc; 1tE7tpa.x6-tac; Cl.lYtoÙc; hd- (ad es., ant. 2,42; 3,283), che usa più
V([l: cfr. 17,13; 'ta o'oÀ.a. ... 1tE7tpCl.XÉ\la.L: frequentemente 1tWÀ.Éw col genitivo del
18,28; 'ti)v 1tct"tpciJa.'ll yljv 1tE1tpcx.xÉvcu: prezzo {ad es., bell. 5,42I) oppure &.1to-
Dinarch. l,71), appaltare, affittare (P. Wìoµat.
Lond. III 842,9 ). È usato anche in sen-
so traslato: tradito e venduto, sedotto, Nel N.T. 1tmpaO'xw è usato nel sen-
rovinato; cosl 7tÉ7tpa.µ<.n xà.?toÀ.wÀ.a.: so proprio• di vendere cose e persone,
Sopb., Phil. 978; Evµopcpi~ 7tpaM:<Ta.:
Eur., Tro. 936. Oggetto dell'azione pos- con l'accusativo dell'oggetto sia inani-
sono essere persone e cose; il prezzo di mato (Mt. 13,46; Act. 2,45; 4,34; JA)
vendita è al genitivo (Xenoph., an. 7, che animato (Mt. 18,25; cfr. Herm., vis.
7,26).
l,1 ,1) e il genitivo del prezzo (Mt. 26,
Nei LXX, ove rende generalmente 9; Mc. r4,5; lo. 12,5).
miikar, mnp&.crxw =
vendere, è usato
Rom. 7,14 presenta invece l'uso tra-
per indicare la vendita di uomini (Gen.
31,15; Ex. 22,2; Lev. 25,39.42.47 s.; slato: l'uomo è venduto al peccato come
Deut. 15,12 ecc.; Esther 7'4 i ls. 52,3; uno a un pacfrone (~I, col. 801). L'uo-
i!; 104,17; 2 Mach. 5,14; 8,14; ro,21 2 ; mo in quanto cr&:p~ 5 ha perso la sua indi-
Sap. lO,r3), di bestiame (Lev. 27,27),
di beni reali (Lev. 5,23.34: proprietà pendenza, è schiavo dèlla à:µap'tlcx., non
fondiaria; Ez. 48,14: proprietà rurale; è più che un oggetto. È alla mercè del
2 Mach. 4,32: suppellettili del tempio).
padrone più tremendo, che paga con la
Quando il soggetto è Dio e oggetto un
singolo uomo ( 1 Bixcr. 2 3 ,7) o il popolo morte. Cosl la frase 1tE1tpaµÉvoc; Ù7tÒ
(ls. 50,1; 48,ro 3 ; Iudith 7,25), m~ 'tlJV à:µa.p'tlav, «venduto come uno

7tmp&.uxw r4 (1940) XI-24; HoFMANN 265, s.v. 7tÉPVTJµt


( DEBRUNNER).
PAPE; LIDDELL-SCOTT, s. v.; BLASS-DEBRUN- 2 Per la vendita dei debitori cfr. Ios., ani.
NER9 § IOI.
9,47.
1 Etimologia: radice *pera- pra, 'vendere', pro- J I LXX leggono l!ìov 7tÉ1tpeix&: (fE ovx lvexEv
babilmente identica alla radice pera-, 'portate &:pyvplov; il T.M. è diverso. Cfr. anche Bar.
di là', di 7tEpaw: WALDE-PoK. n 40; Bo1sAcQ 4 4,6.
774; P . CHANTRAINE, Co11iugaiso11 el histoire 4 Per il r apporto con 7tWì..lw e &.7to!ìllìoµa~
des verhes signifiant vendre (7tÉpvl']µL, 7tWÀ.ÉW, cfr. Buss-DEBRUNNER 9 § 101.
Ù.7to!ìllioµ~L, ~µ7to).w): Revue de Philologie 5 Cfr. BuLTMANN, Theol. 240 s.
7tl'lt-rw A 1 (W. Michaelis) (v1,r61) 300

schiavo al peccato», descrive l'uomo in lo Dio può liberarlo 6 •


una situazione disperata, dalla quale so- H. PREISKER t

I - - > I
7t',1t'ttù 1 7t't'Wµct, 7t't'W<r!.ç, EX7t1/Jt't'W,
Xct't'ct1tl1t-i;W, 1tctpct7tL7t't'W,
7tClpa1t't'Wµ<X., 7tEp~7tt1t't'W

t 1tl7t't'W Omero -r.ln-rc..1 significa morire, venir


ucciso in battaglia (ad es., Il. 8,67); oi.
SOMMARIO: 7tE1t't'WXO'tEC, sono appunto i caduti, i
A. Uso dei verbo fuori dd N.T. morti in guerra (Xenoph., Cyrop. l ,4,
B. Uso del verbo nel N.T.: 24). Nell'uso traslato 7tl7t't'W significa
I. uso proprio: perire, cadere i;1 rovina, finire, rovinare
r. accezioni generali; (Aesch., Choeph. 263; Hdt. 8,16), per-
2. nl-r..,,.w e npocrxuvÉw;
dersi (Horn., Il. 23,595), scadere, sva-
Il. uso traslato: uire, cessare, volgere al termine, ecc.
r. accezioni generali;
2. cadere = dh·cnirc colpc\'<>k
( Aesch., Sept. c. Theb . 7g4). In locu-
;.:ioni come n:LTITW dc; òpyrrv (Eur., Or.
'696)~ 1tL7t'tW dc; xa.x6•l)'t'(J. .{ Thcogn.
A. USO DEL VERBO FUORI D1òL N.T .
42), 7tl7t'tw a.tax.uvn, (Soph., Trach .
l. Dal significato fondamentale di ca- 597 ), il verbo per sé non implica ancora
dere, precipitare,. crollare, abbattersi un giudizio morale, ma significa sempli·
(Horn., Il. 6,307; II,425; Hes., op. cemente cadere in preda a, incorrere in.
620) si sono sviluppate, già nell'antichi- Manca inoltre qualsiasi prova che 1tL1t·
tà, numerose e varie accezioni di 7tl7t't'W ..-w, usato assolutamente, indichi una ca-
(si pensi anche all'alto numero di com- duta colpevole, un fallo morale. Verso
posti del verbo). Quando si tratta della questa accezione sembra muoversi l'uso
caduta di oggetti inanimati o anche di di 7tl7t't'W in un passo platonico (Phaed.
animali, iI verbo indica un movimento roo e): 'tOV'tov ÉxoµEvoc, T)yovµa~ oòx
dall'alto in basso, rapido e inarrestabile, a:v 7t0"t'E nEvd'J, tÌ.À.À.'acr<paMc, ET.vrtt,
la cui causa è esterna al soggetto stesso «tenendomi stretto a questo, penso che
(molte volte 7tl'R't'W può essere conside- non potrò mai cadere». Nelle iscrizioni
rato il passivo di arnJ.
w). Quando in- 'itL7t't'W è usato generalmente in senso
vece il soggetto che cade è un uomo, proprio (ad es., per indicare il crollo di
la caduta può essere intenzionale e ab- costruzioni: Ditt., Syll.' II 852'46 s.; m
biamo i significati precipitarsi, gettarsi :963,:17; II16,5 s.), ma non mancano
addosso a qualcuno (Horn., Il. 13,742), né l'accezione sbiadita di essere anno-
gettarsi a terra (Eur., Hec. 787). Già in verato tra, appartenere a una classe, ca·

6 Per l'uso di '1tE7tpaµtvo~ in Rom. 7,14 cfr. (STRACK-Bll,LERB~CJç JH 238).


Deut. 32,30; I Reg. 21 120.25; .r Maçh, 1115
301 (v1,161) '1tl1t't'W A 1-3 (W. Michaelis)

dere sotto, ecc., ad es., V7tÒ -r1)v apx1}v addirittura nell'accezione di essere sfor-
(Ditt. Sylt.' lI 7r4,6 [n sec. a.C.]), né tunato, subire ima sventura (senza aver-
quella tecnica dcl linguaggio fìnamiario ne colpa). Possiamo quindi affermare
1
(ad es., Ditt. Syll. II 495,172 s. (230 che tln :k nei LXX (-> coli. 300 s.)
1

a.C.] ). Nei papiri l'uso giuridico e fi. 7tl7t't'v) non significa ancora 'peccare'
nanziario è ancorn più preminente 1• (questo significato compare in 7t<Xp<X-
7tL1t"t'W, ~col. 327) •
2

2. Nei LXX 7tl7t'tW è usato più di 400


volte e rende quasi esclusivamente 3. In Filone troviamo invece un uso
(quando nel T.M. c'è un corrisponden- di 7tL1t'tW che implica una colpa del
te verbo ebraico) la forma qal di npl vouç o della \jluxl). Quest'uso ha però
(che a sua volta è resa di preferenza con nncora un tale aspetto immaginoso-con-
-;.lTI:'t'W). Nei LXX l'arca semantica di creto, che non si arrivn neanche qui al
itl1nw ha la stessa ampiezza e varietà significato di peccare: cfr. virt. 7; Abr.
detl 'uso extra-biblico (--? cali. 30;: s.). 269 {7tl1t-rw usato con vitocrxEÀ.lsoµa.t,
grazie anche alla ricchezza semantica subire uno sgambetto, inciampare); mut.
del corrispondente verbo ebraico npl. nom. 54-56.154 s. 175 (esegesi di Gen.
Nei LXX 7tl7t-rW non è mai usato come 17,3. l 7 ). Diversamente che nell'imma·
termine tecnico del linguaggio burocra- gioe del crirro dell'anima (a;?.ric. 74 s.:
tico e finanziario (-+ coll. 300 s. ). Il si- le briglie si allentano, il cavaliere cade,
gnificato di rovinare, perire, finire, che i cavalli si precipitano), in altri passi
abb.iamo riscontrato nell'uso linguistico {agric. 94 s. 122; ancor più leg. ali. 2,
extra-biblico (--)> coll. 300 s. ), nei LXX 99-101) che interpretano Gen. 49,16-18
avrebbe potuto subire un approfondi- la caduta del cavaliere è considerata la
mento teologico nel senso di perdere sua salvezza: il cavaliere (vouç o tVUXTJ)
la salvezza, andare ili perdizione (in sen- è ora libero, il cavallo ( mii}oç, la passio-
so soteriologico-escatologico), ma di tale ne) continua da solo la sua corsa.
accezione si possono rilevare tracce al Fl:.tvio Giuseppe, che usa molto fre-
massimo in Prov. 11,28; I:tp. l,30; 2,7. quentemente 1tlTC-tw e i suoi composti 3,
Anche in questi pochi passi è però impiega il verbo quasi unic~::-i ::nte in
presente il significato di incorrere in una senso proprio per indicare costruzioni
sventura (per punizione), che troviamo che crollano (ad es., ant. l5,r22; 16,18;
in ~ 36,24; Prov. 24,16 s.; Ecci. 4,ro 18,280; bell. 3,254; Ap. 1,192), animali

1 Cfr. PRl!ISIGKE, \'fiori. II 360 s. e MouL- l Oltre a quelli trattati nel nostro articolo,
TON-MILLIGAN 5r4, s.v.; MAYSl!R II 3 (1934) Flavio Giuseppe u5a anche altri composti di
:;. 199 s. 1tl1t't'W, in primo luogo lµ-, Èm·, 1tpou-, e
2 Oltre ai composti e ai derivati trattati cruµitl1t'tW; poi tX\la.- (ani. 6,329; 8,256.282;
in questo articolo, i LXX usano anche i se- beli. 4,50), a'lto- (bell. i,527), l>ttt· (ani. 15,
guenti {in ordine di frequenza): ÉltL· (anche 264; hell. 2,347), Eta- (ani. 14,410; bell. 4,
Aq., Theod. e Sym.), tµ- (anche Aq., Theocl. 292 e passim), µE't'a.- (ani. 2,287; 12,2 e
e Sym.), 1tpocr- anche Sym.), lita.- (anche Sym.), passim), 7tpo- (ani. 4,195; beli. 2.37 e panim),
C\J~L- (anche Aq. e Sym.), xa.-.a-, 6.?.o- (anche V1t07tl7t't'W (atti. 15,251; vii. 381; beli. 5,329.
J\q ., Thcocl. e Sym.), r.;po· (a'.1chc Sym.). ù·r:1.- 382; 7.37!); inoltre St.Ex- (ant. 14,334; r9,
(anchc Aq. e Sym.l, µE-;anln·•;,i, Gu;.·.~;-;.;;:.·.r.: nB.136), lm:t<r· (beli. 6,431), bmruµ- (ani.
(anche Aq.), \mo-, civ-tml1t'tW, 1bt6'lt't'wµa (an- 15,359), O'U\IEX· (Ap. 1,300), O'U\IEtC11tl1t't'W
che Aq. e Sym.), lìr.ét- (anche /i)..)..), 1tp6'lt't'W- (ani. 15,15-1; beli. l,337 e passim); usa an-
cri..;, m.tpEµ'ltl7t-tW. In li).).. abbiamo inoltre che i sostantivi a"Vµ1t<Wµa (ani. 3,267; 15,
rX\la1t't'W<Ttc; e aVµ'lt't'WO"t.<;. 144; beli. 4,287) e tx7t't'WCTl.ç (Ap. 1,247.266).
303 (v1,162) nln-rw A 3 ·Il I 1 (\V/. Michaelis) (v1,163) J04

che cadono a terra (ant. 4,275; 19,87), B. USO DEL VERDO NEL N.T.
persone che si buttano giù (ani. 5 ,206;
bell. i,593) o si prostrano (davanti al I. Uso proprio
re: ani. 6,285; bel!. l,621; per prega-
re: ant. 3,3 IO; insieme con 'ltpocrxuvÉw: r. Accezioni generali
ant. 7,95; 9,rr). Ma l'accezione più fre- Nel N.T. 1tLT.'tW 5 ricorre molto spes-
quente negli scritti dello storico giu-
daico è quella di cadere in battaglia, so, nella maggior parte dei casi in senso
morire in guerra (ani. 6,345.369.374; proprio e per indicare una caduta acci-
7,2.9.13; vii. 24; bell. 1 1 102.172; Ap. dentale.
2,212 ecc.). Anche la neve cade, oiene
giù (ant. l 3 ,208) e l'ira ( Duµ6ç) cade, a) Vi sono costruzioni che crollano
cioè viene meno, sparisce (bel!. r,444). in seguito a un terremoto, a cattivo sta-
In ant. 161380 leggiamo che per irre- to, ccc. : murn (H.ebr. n ,30; cfr. Ios.
sponsabilità «gli altri sensi» ( q>pÉvEç) 6,5 .20; 3 Ba.cr. 21,30; Is. 24,23 ecc.);
«sono caduti (cioè svaniti) dall'anima» una torre (1tupyoç): Le. 13,4 (Is. 30,25
(7tE1t"tWxacrw Èx 't'ijç 4'uxijç). Abbiamo ha forse l'uso traslato: crollano le po-
infine l'accezione indebolirsi, fallire (ant. tenze mondiali rappresentate come nup-
19,294). yot); case (Mt. 7 1 25.27; dr. Ez. 13,II
s. 14 s.; Le. r 1,17 6; Act. lj,16 [ =
Nella Lettera di Aristea 4 e nel Libro Am. 9,11; cfr. Iud. 7,13]) 7 ; interi quar-
greco di Enoc nl7t-.w non è usato. Nei tieri (Apoc. 11,13) e città (Apoc. r6,
Testamenti dei xn Patriarchi troviamo r 9 ). Si ha inoltre la caduta di Babilonia
spesso la locuzione Ènt np6crw1tOV 7tl- in Apoc. 14,8; 18,2 (cfr. Is. 21,9; IEp.
1t'tELV, «gettarsi con la faccia a terra» 28,8) come figura del giudizio: l'im-
(tesi. Zab. 2,1; 3 1 7; test. los. 6,8). In magine di un mucchio cli rovine è con-
test. Iud. 9,3 il verbo significa essere uc- servata nelle scene che seguono e de-
ciso. La variante gnatcrEv in test. !ud. 9, scritta vivacemente (con l'ausilio di Is.
3 è probabilmente secondaria rispetto a 13,21 e altri passi simili). b) Una enor-
É'ltEO"EV, mentre in test. G. 4,3 è forse me pietra cade su di un uomo e lo
nÉGTI secondario rispetto a 7t"talan (in schiaccia (Le. 20,18b; cfr. Mt. 21,44b
caso contrario questo passo attesterebbe [ var.] ); colline, montagne e rocce frana-
per nln"t"W il significato di perdersi, pec- no o rovinano (Le. 23,30; Apoc. 6,16;
care). cfr. Os. 10,8}; Je briciole cadono dal
(basso) tavolo (Ml. 15,27 8 ; Le. 16,21 ); i
chicchi di grano cadono sulla terra (Mt.

4 Oltre a ~ lx7tl1t'TW e a ~ xa-ta.7tl1t'TW, in ta' (1trn-twxvi:a.), non bisogna pens>1re al crol-


questo scritto sono usati i seguenti com- lo di una reggia, ridotta 11d un ammasso di
posti di nln'TW: lita.- (29.189), npoO'- (180) macerie, bensl ad un padig1ione che si è
e Vlt01tl1t't'W (214); inoltre i sostantivi ava- sfasciato. Cfr. \VI. M1CHAELIS, Zeli und Hiitte
1t't'WCJU; (187.203) e CJ"Vµ1m.i>µa; (316). im biblischen Denken: EvTh 14 (19.54) 38.
8 Se paragoniamo Ml. 15,27 con Mc. 7,28
s Oltre ai composti trattati nel nostro arti-
colo, nel N.T. sono usati anche à.vcr.-, a7to·, notiamo che Matteo formula la risposta della
àn~-. lµ-, lm-, npo<r- e crvµnl1t-rw.
donna cananca in modo tale da far pensare
(con un'efficace gradazione rispetto a Mt. lJ,
6HAucK, Lk. 155, ad I.; ZAHN, Lk. 459 n. 26 par. Mc. 7,27, ove si usa ~aì..>..w) nlle bri-
39. ~ n. 21 . ciole che cadono inavvertitamente ai con-
7 Nel e11so delln <TXT)V'ÌJ ~a.vtli, chç è 'rovina- vitati,
1tlm:w B 1 1·2 (W. Michaelis)

13.4-8 e par.; Io. u,24)9 ; inoltre Act. limite tra l'uso proprio e queJlo trasla-
27,34 (variante; cfr. 1 Bacr. 14,45; 2 to: cr-r6µa-r~ µo:xo:lp11ç, «cadranno a fil
Bacr. 14,rr ). e) Le ste1le cadono dal cielo di spada» (Le. 21 ,24); in tale accezione
(in contesti escatologici: Mt. 24,29 par. 1tl1t'tW è usato anche in assoluto (I Cor.
Mc. 13,25; Apoc. 6,13; cfr. Is. 34,4; 10,8; Hebr. 3,17; Apoc. 17,10: qui for-
test. Sal. 20,r6 e test. Sa!. D 4,14 -> se Ttl7t't"W =andare in rovina, crollare).
r, col. 1340; anche Apoc. 8,10; 9,1 ~
I, col. 1340; VI, col. 81) 10; Le. 10,18 usn
2. 'itL'it'tW e 7tpOCTXU\IÉW
la medesima immagine come paragone: Nella maggior parte dei casi m cui
tttEwpouv 't"ÒV cra:u1.vfiv .•. bt -coli oùpa:· soggetto di 1tl7t-rw in senso proprio è
vou 'JCfo'ov"Ca, «vedevo Satana cadere
dal cielo ... » 11 • d) Vi sono animali che una persona, si tratta di una caduta, per
cadono a terra (Mt. ro,29; Le. 14,15), così dire, intenzionale: la persona in
e anche certi uomini cadono o precipita- questione si getta a terra. Nelle situa-
no senza volerlo e senza poterlo evitare
zioni descritte fo tali testi '1tL'lt't"W è
(Act. 20,9; Mt. 15,14; 17,15; Mc. 9,
20; Io. 18,6; Act. 9,4; 22,7; per Le. spesso congiunto, in maniere diverse 13 ,
20,18" ~ col. 309 ). Un uomo col- con~ 1tpovxuvÉw. In Mt. 18,26 ritro-
pito da morte improvvisa stramazza al. viamo l'atteggiamento che era d'obbligo
suolo (Act. 5,5.ro; cfr. Apoc. l,17) 12•
L'accezione cadere =
morire, essere uc- per gli schiavi davanti al padrone o al
ciso, frequente anche nei LXX, sta al re, e che giustamente manca pochi ver-

9 II seme 'cade' perché è 'gettato' (cfr. Mc. 4,14) --+ Vl!I, coli. i490 ss. Forse Èx -.ov où-
4,26. In Le. l .3.J9 si ha Pa'X.À.w anche se il pa;vov va però riferito soltanto a wc; àO'"tp~­
seme di senapa viene effettivamente piantato 'ltT)'V (in Io. 12,3x si pensa però all'allontana-
accuratamente nella terra). Non appena è gel· mento di Satana dal x6crµoç, non dal cielo)
tato il seme affonda però da sé nella terra. cd allora 1tln-.:w potrebbe essere usato in sen-
Tuttavia un'interpretazione allegorica di 'ltf· so traslato per significare essere rovesciato
crwv in Io. 12,24 (ad es., Gesù è portato al- (dal trono) = perdere il potere; il pacagone
fa morte da Dio, oppure Gesù va a morte) col fulmine vorrebbe allora indicare soltan-
rappresenta pur sempre una forzatura (--+ V, to la rapidità con cui è avvenuta tale esau·
col. 730 e n. 4; ZAHN, /ah . .5q s.). torazione.
ll Forse in Apoc. 7,16 bisogna leggere 'Ttalo-11 12Il testo può significare: <do caddi ai suoi
invece di 'lt~O"ll (Is. 49,ro ha 1tl"X'\"OC!;E~). L'idea piedi ed ero come morto» (cosl intende anche
gnostica delle particelle di luce precipitate sul- K. G. Kmm, con riferimento a Hen. aelh. 14,
la terra è del tutto estranea al N.T. Per la con- 13 s. 24 s.) oppure: «io caddi giù come uno
Ce2ione gnostica dr. H. JoNAS, Gnosis umi colpito da morte improvvisa mentre sta in pie.
spiitantiker Geist 1', FRL N.F. 33 (1954) rn5. di o cammina» (cfr. SCHLATTER, Joh. 51).
Il Riferito a Satana, 1tE0"6'Y"ta equivale prati· Il Nell'Apocalisse i due verbi sono sempre
camente a jH.:ri!Mv-.a. (dr. Io. 12,31 : lxj3)..11· coordinati (cfr. 2 Par. 29,30) e solo due vol-
~O'E"ta:t). Non è assolutamente necessario te abbiamo la subordinazione ( 19,10; 22,8)
considerare quest'uso di '1tl1t"tW un semitismo, con 1tpoaxuvljo-~~ come infinito finale (BLASS·
come fa K.G. KuHN, r.npao-µ6ç - àµap-.fo. - DEnRUNNER' § 390,1) dipendente da it'7c-.:w
o-api; im N.1',: ZThK 49 (1952) 220 n. 2 , (cfr. Eccl11s .5<\17). Nel resto del N .T. il par·
con riferimento anche ad Apac. 12,9.12 (--+ ticipio aoristo di nlr.•w è congiunto a for-
col. 299}. Non è \•erosimilc che il testo in- me finite di 7tpOO'XuvÉw (dr. Iuditb 6,18; lob
tenda dire eh;: Satana ha abbandonato di sua 1,20; Dan. [LXX] 3.5 s. 10 s. 15; Dan.
volontà il cielo(--+ 1, col. 1343 n. 3; test, Sai O [Theod.] 3,5 s. 11.15).
1tlT."tw D 1 2-11 2 (W. Michael1s)

iictti dopo (18,29) 14• In tutti gli altri qualcuno (cfr. 1 Pal'. 26,r4; Esther 3,
casi si trattn di un gesto di .adorazione, 7; E:z. 24,6; Ion. r,7; anche 4i 15 16
[ var.]) è nata dal fatto che in origine
come si addice alla divinità: Mt. 4,9; le sorti cadevano effettivamente quan-
Act. 10,25; r Cor. 14,25; Apoc. 4,10; do il recipiente che le conteneva veniva
5,14; 7,u; 11,16; r9,4.to; 22,8 (fat· scosso 16 • In Act. 1,26 l'espressione è
p~rò già una frase fatta, un modo di
ta eccezione per 5,8, nell'Apocalisse
dire. Il verbo è usato figuratamente
=
'ltl'lt'tW gettarsi a terra è sempre usa- quando si dice che ]a tenebra e il buio
to in associazione con npocrxwÉw); Mt. cadono su qualcuno (Act. 13,u), op-
2,r r. Il semplice '1tl1t-i-w senza 'ltpoo-xv· pure che il terrore assale qualcuno
(Apoc. 11,u [var.J; cfr. I Btta. 26,
véw non significa ancora adorare. Il ge- 12; 2 Ea-op. :r6,r6; Iudith 2,28; r5,2):
sto di gettarsi a terra davanti a Gesù con questa immagine si vuole esprimere
serve a corroborare una richiesta (Mc. la subitaneità e l'irresistibilità di un
evento 17• In Le. 16,17 troviamo l'acce-
5,22 par. Le. 8,41; Le. 5,12), ad espri- ~ione cessare d'aver vigore, perdere l<1
mere con maggior forza la gratitudine validità, ecc. (dr. Ios. 23,14 [var.];
(Le. 17,16) o vale come saluto riverente Ruth 3,18; 1 Bacr. 3,19; 4 Bacr. 10,10;
inoltre h'1tl7t'tW ~coli. 322 s.).
(1 o. r I ,32 ). Altrove si tratta invece del-
la posizione che Gesù assume per pre-
gare (Mt. 26,39 par. Mc. 14,35) 15 • 2. Cadere = divenir colpevole

Il. Uso traslato Nel N.T. notiamo un fenomeno lin-


guistico che è ancora sconosciuto ai
1. Accezioni generali LXX: '1tl1t"t'W viene introdotto nella sfe-
L'cs-pressione la sorte i: caduta su ra etico-soteriologica. Neanche qui, pe-

rr J. HoRST, Prosky11ei11 1 in Nt.Hche For- rcolìwv: Apoc. 19,10; 22,8; ivwmov: Apoc.
schungen III 2 (1932) 226. Ibidem 175: testi 4,xo; 5,B; 7,n (cfr. Iud. 20,32.39). Nel N.T.
c:he provano un significato di Ttpo:rnlit-.w Ttl'lt"l'W non è congiunto a Èitl "ttX y6va."t'a. (dr.
molto vicino a quello di 1tpouxuviw. Peraltro, '-Par. 6,13; ~ II, coll. 593 ss.).
in Mc. 3,rr par. Le. 8 1 28 1tP0!11'l'1t-tW probabil- M Anche in Dam. 20,4 e I QS 4;26 si usa npl,
mente esprime un atteggiamento originariamen- mentre in Dom. l3,4; I QS 6,16.18.:22 la sorte
te ostile. Nel N.T. 'ltlit-tw non è usato nell'ac- non 'cade', ma 'esce fuori'(#'). [K.G.KUHN].
cezione di precipitarsi éonfro quofctmo. 17 Anche quando in Act. I0,44 si dice che
lo Spirito santo è cadt1fo su qualcuno (qui
i_; Nella maggior parte dci rnsi abbiamo un'ul- abbiamo Èm-nl'lt'fW, che appare costantemen-
teriore precisazione: lTCt (-rò) 1tp6awnov: Mt. te come variante di·Ttl-n-tw in 1 Baa. 26,12;
17,6; 26,39; Le. 5,12; 17.16; r Cor. 14,25; 2 Ecr8p. 16,16; l11dith 2,28; l5,2; dr. l Bao-.
Apoc. 7,u; u,16 (cfr. Gen. 17,3.17; Num. 18,10; E:i:. 11,5), si sottintende ce rtamente che
16,.p2; 1 Bau. 5,3 s. e panim); hct "t'où; Io Spirito viene 'dall'alto', ma, in base al
tc6lìac;: Act. 101 25 (cfr. 1 Baa. 25,24 e confronto con altre descrizioni del conferi-
passim); '1tapt% •ove; r.61iac; "l'Woc;: Le. 8,.41; mento dello Spirito, sembra che si voglia
17,16 (dr. anche Act. 5,10 var.); r.pbc; -.o•)c; sottolinei1rc piuttosto la rapiditÌI del movi·
?tolia; "l'Lvoc;: l'Jc. 5,22; Io. u,32 {dr. El; mento. Cfr. W. M1cHAELlS, Rcich Gottes tmd
..-oùc; 1t65aç: Mt. 18,29 var.); ~µ'ltpoul>Ev "l'WV Geist Goth•s nach dem N.T. (1931) 38 n. 22 .
r.l7t·rtù B Il 2 (W. Michaelis)

rò, 7tlrc"t't.J assume il significato diretto che denota la colpa d'Israele. La cadu-
di peccare, cioè di commettere un de· ta non segna il momento in cui Israele
terminato peccato evidente (e più che diventa colpevole, ma la possibilità di
mai manca la limitazione del concetto perseverare nella sua colpa o, ancor me·
di 'cadere' alla sfera sessuale). Non si glio, di essere abbandonato da Dio nel
può tuttavia negare che anche nell'uso suo peccato, di restare escluso dalla sal-
dì 1tL7t"t'W questo significato di 'essere vezza 19 • Usando l'immagine della cadu-
peccatore' assuma una più intensa rndi- ta Paolo non pensa tanto al fatto di
ca1ità, che va senz'altro connessa con cadere quanto piuttosto a quello di re-
il generale approfondimento del concet- stal' distesi dopo la caduta. Invece in
to di peccillo che si registra nel N .T . Rom. u,22, ove l'Apostolo chiama sen-
(~ 1, coli. 8r9 ss.). Questo fotto si nota za riserve i Giudei increduli 'ltECTé\l'tEç,
chiaramente già nel logion di Le. 20,18a «i caduti» 20 , 7tl7t'"tl.i.> indica chiaramen-
(dr. Mt. 2!,44 a [var.]; -? col. 305). te la colpevolezza d'Israele.
che contiene un'espressione figurata Anche in 1 Cor. ro,12 7tt7t"t'W indica
(<:chiunque cadrà su questa pietra»): l'abbandono della fede e la separazio·
l'ammonimento severo supera i capi dcl . ne dalla grnzia: ò ooxwv Ecr-.&.w.t~ ~À.E­
popolo giudaico responsabili della mor- 'ltf.'tW µ1] '1tÉcr1), «chi crede di stat ritto,
te di Gesù per colpire ogni atteggia- guardi di non cadere». Cadere qui non
mento di rifiuto che trovi motivo d'in- significa commettere un determinato
ciampo nella sua persona e nella sua peccato, anche se I Cor. 10,5 ss. ricorda
esigenza 18. Fortemente figurata è anche alcuni precisi cnori d'Israele~ qui i sin-
la domanda retol'ica di Rom. I I ,rr : goli falli d'Israele servono soltanto da
µ-iJ fo-T<XtO"IX\/ ~va 7tÉO"Wcrw;, «hanno for- prove dell'nllont:.tnamento profondo dcl
se inciampato cosl da cadere?». Non popolo da Dio 21 • Anche in I Cor. ro,
è il cadere, ma l'incfr1mpare (~ 1t'tlXL<..J) r2 si tratta dell'allontanamento da Dio

13 Per i paralleli <lcll'A.T. cd :mchc per il 2•1 L'uso di r.l'l!;'tW in u,22 non è legato al -
problema di come si debba immaginare con- contesto diretto (ma è probabilmente determi-
cretamente il 1tl1t-tnv btl di Le. 20,18 • (e nato dal ricordo di IX,n): l'Apostolo non vuo·
20,18 b), dr. -)o VI, col!. 743 s. 757 ss. e par· le dire che i rami spezzati ( u,17 ss.) sono 'ca·
ticolarmente VI, col. 758 n. 9 e~ col. 325 n. 3 . duti' -al suolo o vi sono stati gettati (dr.
19 Secondo ZAllN, Rom. 505, -n:lr.-tw si rife- l'immagine dei cpu)..)..a che c:1dono: Prov. 1 r,
rirebbe :i.Ila condizione dcl liimfaismo incre· 14; Is. 34,4; Jesi. Sai. D 4,rG; dr. 20,16 [lxnl·
'!t'tW)).
dulo verificatasi in seguito al rifiuto di Gesù
e descritta in rr,7 s. L'Apostolo qui si chie- 21 Il nlrc-tw tli 10,12 non è determinato dal·
derebbe quindi se questa condizione rappre- lo ~TIEO'CJ.') di 10,8 (~ col. 306), ma \la piut·
senti <do scopo ultimo di Dio nel dirigete la tosto messo in rapporto con la-t'J}XGt. Cfr.
storia d'Israele». Ma usando 'l!;L'!t'tW probnbil- anche l'uso frequente di fo-tl}XGt o di <T'tlJXW
mcntc .Paolo pcnsn ancora pit'.1 esdusivamcnt<: negli scritti paolini con il signifièato di siare
proprio 11lla situazione e~catologica, saldo. Cfr. W. STJIAU!I, Dic Bildcrsprache des
JII (VI,165) 'itl'lt'tW B li 2 (W. Michaelis) (v1,166) 312

e da Cristo: un tale pericolo incombe di/ cadere' non equivale esattamente


soprattutto su chi è fiero del suo a 'non peccare/peccare' : l'immagine u·
ÈO"'tav~~. perché lo attribuisce ::il pro- sata dall'Apostolo vuol piuttosto dire
pria qualità di cristiano. Benché l'ammo· che ciascuno deve rispondere di sé al
nimento dir Cor. 10,12 riceva un'inten- suo Signore come a proprio giudice 23 •
sità escatologica dai vv. II e 13 (~ lX, Anche in Hebr. 4,n 1tL7t>W è usato
coll. 1429 ss.), la caduta non indica co- in assoluto 24 : lva µl) È::v 't<{> aù-c<[l -cLç
munque la perdita escatologica della sal- u7toodyµa:n 'ltÉo'U 'tl}c; àm:d}i::fo.ç, «af-
vezza. 1tl7t'tW indica piuttosto un errore, finché nessuno cada, dando cosl il me-
un fallimento che rende à:ooxLµoi; ( r desimo esempio di disobbedienza». Non
Cor. 9,27) colui che s'immagina tanto si tratta di un preciso peccato, ma
sicuro. Anche in Rom. 14,4 Paolo si 1tL1t"CW è lo stesso che &.7tEll}ELet. 25 e può
serve dell'antitesi tra stare in piedi e quindi essere anche spiegato con <Ì7to-
cadere 22 : 't<{> lol~ xupl~ u-c1pm 1ì 7tl- O''t'Tjvcu <Ì'Tto i}Eou ~WV'toc;, «allontanarsi
7t'tE~, «Se sta ritto o se cade, è cosa dal Dio vivente» (Hebr. 3,12) 26• L'e-
che riguarda il suo padrone». Benché sortazione di Apoc. 2,5 (µvrn.1..ovwe: oùv
il cristiano che giudica il fratello ( 14, it6i}i::v 1tÉ'1t-rwxaç, «ricordati dunque da
r ss.) voglia stabilire che questi ha pec· dove sei caduto») si differenzia da r
cato, la coppia antitetica 'stare in pie- Cor. 10,12 (~ coll. 310 s.) e da Hebr.

Ap. Paulus (1937) 23. 11 cambiamento di ou ~v [variante: Et<; V1t6xptO'W] 'TCéO'l')'tE) 7tl1t'tW
cncdh'JO'E'ta.~ (Ml. 12,25 par. Mc. 3,25) in ha lo stesso significato che nei costrutti con
'lt(TnE~ (Le: u,17} comporta contemporane:i- dç esaminati so[lta (- col. 300} e possia-
. mente un mutamento di significato (4 n. 6). mo tradurre la frase con «affinché non incor-
u Nei LXX questa antitesi non si risconua, riate in giudizio», cioè «affinché non siate
mentre è frequente quella tra cadere e rial· sottoposti al giudizio>~ (forse l'idea è che il
zarsi: Am. ,.,2; 8,14; Mich. 7,8; Is. 24,20 e giudizio graverà sul reo come un peso oppri-
passim; cfr. anche Prov. 24,16; Ecci. 4,10. mente). SCHLATTER, ]ak. 279 n. I fa notare
2J In origine dire che qualcuno 'stava ritto' che in Flavio 'Giuseppe invece di 7tl'!t'tW si
significava che costui poteva restare in piedi usa in tale contesto ùno7tl7t'tW. Anche nei
e a testa alta davanti al giudice, senza venire LXX il costrutto otl'!t'tW 1'm6 è molto raro
allontanato; conservava, insomma, la dignità (cfr. 2 Mach. 7,36; in senso proprio: 2 Bacr.
e i diritti di uomo libero. Cfr. nel nostro te- 22,39).
sto Io O''tcxf)liO'E'tctL che segue immediatamen- 2• 11l'lt'tW non è costruito qui con tv. Cfr.
te a '!tl'lt'tEL e l'uso linguistico di ili 129,3 e MrcHEL, Hebr.' n3, ad l.
Apoc. 6,17. In Ro111. 14,4 'cade'(= non può
'stare ritto') significa forse 'deve confessarsi 2S In CREMER-KOGEL 920 s. 1tl1t't'W è consi-
colpevole' (attivo: cade in fallo) o, più vero- derato piuttosto una conseguenza della a'ltEl-
similmente, 'viene condannato' (passivo: vie- i>mr..
ne fatto cadere = viene indotto in fallo). 26 Le numerose ammonizioni a non cadere
1tl1t'tW non è tuttavia un termim: tecnico del che costell:mo l'Ecclesiastico ( 1,30; 2,7; 22,
linguaggio forense nel senso di essere condan- 27; 28,26; cfr. anche 28,18) non costituisco-
11ato (anche un giudizio, un verdetto cade = no un parallelo dell'uso linguistico del N.T.
viene emesso). In Iac. ,.,12 (lva µÌ'j vnò xpL- (- coli. 301 s.).
313 (v1,166) r.:ln'tw B n 2 (W. Michaelis) (vr,166) 314

4,rr perché 'lti'lt-.w = cadere non signi- me successive sono futuri 28 e che nel
fica l'allontanamento totale da Dio e da N.T. ovoÉ'ltO"t'E non è mai usato altrove
nel senso di ovx. dc; "t'O\I a.lwvo:, «mai,
Cristo, bensl l'abbandono della carità pertuttal'eternità» (cfr. zCor. 8,13; ~
d'un tempo (Apoc. 2,4). 'ltoÌ)Ev vuol ti· 1, col. 536). Inoltre, sia per forma che
chiamare l'alto livello cristiano raggiun- per contenuto, l'affermazione è del tut·
to uguale a quelle concise che la prece-
to una volta dalla comunità e indica la
dono ( l 3,4-7) e nelle quali àyar.l} è
profondità della caduta, 'R'l'lt-.w invece la soggetto come in 13,8 ". Per queste ra-
velocità del movimento verso il basso gioni bisogna chiedersi se per caso la no-
di cui Ia comunità è colpevole. stra proposizione non costituisca la con-
clusione della pericope precedente ( 13,
L'affermazione di I Cor. 13,8 a (1) 4-7) piuttosto che l'inizio di una nuo-
&.ya'ltl} oÒoÉrco-rE 1tl'lt-rEL) è generalmen- va 29 • In questo caso avremmo un per-
te connessa con la seguente («le profe- fetto riscontro tra il quadruplice 7tcX\l'tct
zie avranno fine, le lingue cesseranno
di 13,7 (7ta:v-.a = sempre, in ogni cir-
costanza) e oÙÒÉTco-re ( = in nessuna cir-
e la scienza finirà»). Secondo questa in- costanza, in nessun caso, mai) di 13,8 a.
terpretazione 'ltL'lt"t"W sarebbe pratica-
mente sinonimo di xa.'t'a.pyn&i}crE't'O:t o In Cor. x3,8 ° 1tl1t"CW significherà
I

'ltct.UCTE't'O:L e significherebbe venir meno, quindi cedere, soccombere, farsi mette·


re con le spalle a terra, ecc. 30 , cosl che
cessare, finire, ecc.(~ I, coll. 137 s.) 27 e
verrebbe ripreso antiteticamente dal la frase va positivamente tradotta: «l'a-
µÉvEt di r3,13. more resta sempre in piedi». Certo,
1tl1t-rw non significherà esplicitamente
Un primo dubbio circa tale interpre-
tazione nasce però dalla considerazione peccare, perché nel N.T. manca qualsiasi
che Ttl'lt't'EL è un presente, mentre le far- altro testo che provi tale significato 31 • Ci

21 Questo significato è evidentemente presup· oùlifoo"CE non conferisca a 11l1tnL anche un


posto da quei manoscritti che l'hanno acccn· senso futuro.
tuato ulteriormente con la variante bmln'Tf.L, H Cfr. E. LBHMi\NN-A. FRIEDRICHSEN, I Kor.
Tuttavia nl'lt'Tf.L costituisce probabilmente la I 3. Eine chr.-stoische Diatribe: ThStKr 94
lezione originaria, anche se BACHMANN, I Kor. (I922) 89 s.; W. MrorAELrs, 'H àyà1t'l) ou-
400 n. 1 non è di questo patere. Non c'è oé11o"CE 1tl71"CEL, in Pa11ltu-Hellas-Oiku111e11e
neanche alcun nesso con Ab. 5,16: «L'amore (1951) 135-140. Peso ha l'obiezione che in que·
che non dipende da un oggetto sensibile non sto caso non si potrebbe spiegare soddisfacen·
cessa m:ii più ('é11iih betela /"6/iim)» <~ 1, temente il lit in r3,8 (Eht ÒÈ 'ltPO<Jlfl'tEWxt).
col. 136 n. 146) né il passo di 1 EO"òp. 4 ,38
Y.1 Cfr. la traduzione proposta in A. Dmss-
(cfr. H . SAHLIN, r Esdras et e Cor. 13: Con.
MANN, Pa11/us 1 (1925) 163: «L'amore non
Ncot. 5 [ 194!) 29) contribuisce a chiarite il
nostro problema. Inoltre solo se si presta at- crolla mah> (die Liebe bricht nicmals zusam·
tenzione all'orientamento escatologico di I men).
Cor. 13,8 si evita che la traduzione «l'amore JI Soltanto con questa riserva è possibile sta-
non viene mai meno» dia adito ad un'inter- bilire un parallelismo tra I Cor. 13,8 e Rom.
pretazione moralistica, sentimentale, edifican- 14,23 •. Cfr. MICHAllUS, op. cit. e~ n. 29)
te, 140: «Ciò che non deriva dall'amore né ha
is In una lettera W. THEILER si chiede se la sua origine nella fede, questo è peccato».
315 (vr,r66) mwµa. (W. Micliaelìs)

si deve però anche chiedere se per caso Suid., s.v.: 'TC't'Wµa· awµa., llvEU 'tijc; XE-
1tL1t'tW non abbia qui il medesimo signifi- corpo privo di te-
c;>a.À:Tjc,, «1t-twµa:
sta»). Nei p~1piri è usato unicamente
cato che ha in Rom. 11,22 (col. 310); nell'accezione di caduta, crollo (P. Oxy.
I Cor. ro,12 ("' col!. 310 s.) ecc. e in- I 52,12 [lv sec. d.C.J), frutti cascaticci
dichi un atteggiamento di disubbidien- (P. Fay. 102,20 [II sec. d.C.]; cfr. Suid.,
s. v.) e come espressione tecnica dei pa-
za che non soddisfa le richieste divine.
gamenti (P. Lond. 1 3,37 [II sec. a.
Che cosa implichi concretamente un tale C.])'.
atteggiamento, può esser dedotto dalla Nei LXX ricorre 23 volte, di cui 8 in
pericope di I Cor. I3'4 ss. trasformando Giobbe (solo I I volte c'è un termine
le affermazioni positive in negative e vi- corrispondente nel testo ebraico e qua-
si ogni volta si tratta di una parola di-
ceversa. Allora tale pericope divente-
versa): J.r. 30,13 s. (crollo di un muro);
rebbe, con i suoi esempi presi dalla 2 Mach. 9,7 (caduta da un carro); lu-
massa delle tentazioni, la clescrizione ditb 8 119 (morte in battaglia). Nella
più completa di quello che il N.T. in- maggior parte dei casi abbiamo il si-
gnificato di sventura, rovilla, distruzio-
tende con cadere, cioè l'inadempienza ne, perdizione (come pena): è associato
del comandamento divino dell'amore, con 7tp6o-xoµv.a (Is. 8,14 [anche in
che può essere adempiuto solo con la Theod. e Sym.]; Ltp. 34,16 [variante]),
con auv'tptµµa (ls. 51,19; 30,14), con
forza che viene dalla piena comunione uvv-rpt~i} (Prov. i6,18), con à:rcwÀ.Etc.t
con Dio e con Cristo 32 • (Ltp. 31,6). Il significato di cadavere si
trova solo in fod. 14,8 (la carogna di un
leone) e forse anche in l{J 109,6. Que-
st'accezione è più frequente in Aquila,
Teodozione e Simmaco.
7M'Wµ« significa caduta, crollo, rovina
(Aesch., Sr,ppl. 797), in senso trasla- Anche in Filone 1t"t'Wµa è usato ge-
to sventura, rovina, sconfitta (Aesch., neralmente nel significato di crollo, ca-
Choeph. i3; Eur, Herc. fur. 1228), d11ta (ad es., Deus imm. I 30; agric. 1 r o.
poi ciò che è caduto. In questa acce- i71; più volte abbiamo 'lt"t'Wµct Ttl1t-
zione può essere riferito a costruzioni: -tm1: mut. hom. 55.57; migr. Abr. 80),
rovine (Polyb. r6,31,8), o a resti di vi- ma non manca l'accezione di cadavere
venti: cadavere {da Eschilo in poi), co- <l'uomo (los. 17 [variante: o-wµa.]; leg.
struito con un genitivo (ad es., 'lt'tW· Gai. 308 ). Quest'ultimo significato è in-
µa."t'a \IExpwv, «i corpi dei morti»: Eur., vece preponderante in Flavio Giuseppe:
Phoen. 1482) o, più tardi (Polibio e cfr. ani. 7,r6; bell. 5,34.440.570; 6;2.
altri), senza (inesatta è l'indicazione di 405 contro 1,594; 6,30.217 2•

32 L'uso linguistico dei Padri apostolici è in mwµa.


armonia coi risultati della suesposta analisi 1 Cfr. PREISIGKR, Wort. u 434, s.v.; MAYsER
del N.T. Secondo PREUSCHllN·BAUER' 1201, 1 (r906) 435; MouLTON-MILLIGAN 558, s. v.
s.v. 2 a~, in 1 Clem. 59,14 -nl1t'tW significhereb- 2 In tesi. Sal. D 1,7 -n-twµa fa sl dA. riscon-
be essersi sviato moralmente. In bnse al con· tro nd aµap't7)µU. del v. precedente (1 ,6), mn
testo 1tE1t-twx6-;«Xc; è affine al precedente -;oùc; poiché in 1,7 il contrnrio di TC'fWµu. ~ liLbp·
lv IH,(l)iEL. Cfr. KNOPF, Cl. , nd. I. l>u.•'.lt<;, 'lt";'WjV.t non ~ir.nifi:n dirl' :t.m1~n t::: s11i:1·
1t>WJ~ç (\\I. Michaelis) (vr,r68) 3T3

Nel N.T. 7t'tWµet ha soltanto il si- tuta e ci si aspetterebbe piuttosto 1t'tW-


gnificato di carogna (Mt. 24,28; il cod. µa, perché altrove 'lt'tWO't.c; non ha mai il
significato di ciò che è caduto); IEp. 30,
S legge invece o-wµa, per influenza di
15 (T.M. 49,21: immagine indicante b
Le. 17,37) e, più spesso, di cadavere; punizione di Edom, ma descrizione di
Mt. 14,12 (variante codd. ~: o-wµct) una caduta reale che scuote la terra);
par. Mc. 6,29 (cadavere di Giovanni Iud. 20,39 (co<l. B) nella locuzione
'lt'>W(Tf'.L 7tl7t'TELV, essere ucciso (simile è
Battista); Apoc. II,8 s. (i cadaveri dei Nah. 3,3: nel T.M. si parla dei nume-
due testimoni; rr,8.9 n: singolare con rosi guerrieri caduti; [fo:pei:a. 'lt'TWO't.<;
valore collettivo; v. 9 h: plurale). Il non può però indicare i caduti, ma solo
la loro caduta in battaglia) 2 • In tutti gli
cadavere di Gesù è chiamato 7t'>wµa. altri casi 7t'tWO"tç significl!. sve11tura, ro-
soltanto nei codd. SBD in Mc. 15,45 3 • vina, avversità, perdizione (come puni-
zione).
In Filone 'lt't'Wcnc; è usato come ter-
mine tecnico grammaticale (De11s imm.
Il sostantivo 7t't'WO'~ç è usato meno 141); in Flavio Giuseppe (ant. I7,71)
frequentemente di 1t't'WJLct (nei compo- indica una caduta dal tHto e in Hen.
sti, al contrario, ·7t-rwµCl è generalmen- gr. rno,6 il crollo, la rovina della· à:oi.-
te meno comune di -'lt'tWG"Lç) e significa xlet..
caduta (Plat., resp. 604 e); è anche ter-
mine tecnico grammaticale: caso (Ari- Nel N.T. n-tW(rtc; ricorre in Mt. 7,27,
stot., poet. 20 [p. 1457a18]) 1• ove indica il crollo di una casa (par.
Nei LXX 7t't'Wcrtc; è pitt frequente di f'rih'µet.: Le. 6,49); in Le. 2,34, ove è
7t'twµa (38 volte, di ciJi I2 nell'Eccle- usato nel senso traslato di fine, rovina,
siastico, 7 in Ezechiele; 18 volte ha un
corrispondente ebraico, quasi sempre di- ecc. per indicate il destino di coloro che
verso). Raramente 7t't'WO'tc; indica una troveranno in Cristo motivo di scanda-
caduta in senso proprio: ludith 10,2 (ci lo: oi'ii:oc; XEhat dc; 7t'tWO'L'.I XctL &.vti-
si prostra per pregare); Ez. 31,13.16
O''tt'lO'L\I 'ltoÀ).wv, «costui è posto a rovi-
(caduta di un albero come simbolo del-
la caduta del re d'Egitto; in Ez. 31,13 na e a risurrezione di molti» (cfr. ~ r,
il testo ebraico parla del tronco abbat- coli. 998 s.) 3 •

mento, sbandame11to morale. 7>'Lwa~ç


I Né l'indice di DITT., Syll l e Or., né Pnm.
l I cocld. AC e la maggioranza dci mss . leg- SIGKE,· Wort., s.v.; MouLTON-MtLLTGAN, s.v. re·
gono <Twµa;, che è usato anche in Mc. 15,43 gistrano alcuna tc~timoninnza.
e par. Contrariamente all'opinione di HAUCK, 2 In 3 Mach. 6,31 1t't"W<nç è affiancato si a
Mk. a 6,29 e r5,45, '!t't'Wµa. non va conside- -raqioç, ma non significa morte, bensì l'ovina
rato un termine volgare. Forse un cadavere (par. 8XEbpoç: 6,30). lob. 21,20 (Sym.) ha
appeso (alla croce) non veniva chiamato 'lt>W· '!t'fWO'L~
(LXX: uqio;yi)); dr. Abac. 3,5 (AÀ.À..).
µet perché in esso si sentiva ancora molto il l È dubbio che il testo voglia indicare una
significato di ciò che è caduto, cioè l'indica- caduta dovuta all'incespicam~nto in un::i pie·
zione del cadavere steso o Rettato per terra tra, come suggeriscono i paralleli addotti in
(dr, Apoc. n,8 s.). -+ I, coli, 998 s. Nei passi dci LXX che pre·
319 (VJ,168) É:x.1tlr-i:w (W. Michaclis) (v1,168) 320

t ÈX7tLTC'tW variante del cod. A: Èx11n:acri>jj); le cor-


na cadono (Dan. 7,20); frequente è l'im-
ÉX7CL7CO:W, usato da Omero in poi, si-
magine del fiore (èivi}oç) che cade, si
gnifica cadere fuori da, cadere gìtì, in
stacca, simbolo della caducità e del rapi-
sensoproprio(Hom.,Jl. 5,585; lI,179) 1
do mutamento (lob q,2; 15,30.33; Is.
e anche precipitarsi fuori, fare una sorti-
28,1.4; 40,7). Abbiamo anche alcuni po-
ta, fuggire (Hdt. 9,74). bm(rc'tw indica lchi esempi d'uso traslato: un ordine
sorti che cadono dall'urna (Xenoph.,
lo/TJcptCTJ.ta.) viene diramato (2 Mach. 6,
symp. 5,ro) e l'oracolo che proviene,
8); l:tp. 34,7: coloro che avevano posto
proma1w, esce clal santuario (Luc., Alex.. la loro speranza nei sogni rimasero a ma-
4 3 ). Abbiamo inoltre i seguenti significa- ni vuote (ÉçÉ'ltEO'O\I ), rimasero delusi, in-
ti: allontanarsi da qualcosa, ad es. dalla
gannati; lob 24,9: ÉX7CE7t'tWXOTet OÈ
strada: smarrirsi (Xenoph., an. 5,2,31 );
É'Ca.7te:lvwcrctv vuol dire: «hanno umilia-
dal soggetto del discorso: divagare, di-
to fino in fondo uno che era già dere-
gredire (Aeschin., ep. 2,34); abbandona-
litto» 3 .
re la speranza (Thuc. 8,81 ). In senso pas-
sivo: essere gettato, spinto a terra dal Flavio Giuseppe usa ÉX7tL1t"CW gene-
mare (Hom., Od. 7,283); essere cac- ralmente nel significato di venire cac-
ciato, bandito, escluso, espulso (Hdt. ciato (ad es., ant. 8,271; 10,59.183; 15,
l,150); con il genitivo, con Éx od CÌ.1to: 180; Ap. r,228; 2,35); essere privato
essere privato di qualcosa, perdere qual- (del potere, ant. l5,19r.323); sf11ggire
cosa (Hdt. 3,14) 1• Nei papiri si registra- (vit. 162; beli. 3,{14); cadere fuori dd
no le seguenti accezioni: cadere ( non = in senso proprio (ant. ro,274; beli. 7,
aver luogo, venire meno), venire a ces- 453); una notizia è pubblicata (ant . 16,
sare, essere sospeso, andare perso (P. 207). Anche ep. Ar. 249 presenta l'ac-
Tebt. r 27,26 [rr3 a.C.]); estendersi (ad cezione e.rsere cacciato. In un'uggiunta
es., BGU II 603,9 [II sec. d.C.]); anche a test. fod. 2 r .4 abbiamo la frase h7tE-
col genitivo: perdere, lasciarsi sfuggire O'E~\I xvpiov = allon/anani dal Signore,
qualcosa (P. Tebt. r 50,q [ r 12 a.C.]) 2 • apostatare.
Nei LXX Éx7tl1t't'W è usato 15 volte Nel N.T. bml7t-rw è usato soltanto
e rende ( l 3 volte) termini ebraici di-
ro volte (per la variante a r Cor. 13,8 •
versissimi; ricorre quasi esclu_sivamente
in senso proprio: il crtS1)ptov di una scu- ~col. 313 n. 27), ma presenta una ric-
re esce dal manico (Detti. l 9,5) o scivola chezza semantica ancora maggiore che
di mano al boscaiolo (4 Bau. 6,5; dr. nei LXX. ÈX1tl7t't'W è usato in ·senso pro-
Eccl. ro,ro ); la stella del mattino cade
dal cielo (Is. 14,12); un albero cade h. prio nella citazione di Is. 40,7 (•o &v-
oppure àxò -rfjç il1)xriç (ls. 6,13; cfr. In i>oç [mhov] È~É1tEO"E\I, «il [suo] fiore

sentano l'immagine di cadere/ risorgere (pe- 237 s. 248. Anche H sostantivo blti:wi.ia è
raltro usando i verbi e non i sostantivi --,) attestato nel significato di crollo, rovino (II
col. 3n n. 22) non si parla comunque d'in- sec. a.C.).
ciampare in una pietra,
3 La variante del cod. A a 2 Mach. 10,30
~X'ltl'lt'tW (l!;tnbt'tovv con l'accusativo, invece di t!;Epp(-
l Per i particolari cfr. PAssow e LIDDELL- 111'0VV) ·è dçivuta evidentemente ad un erro-
ScoTT, s.v. re di scrittura. Anche le altre traduzioni usa-
2 Cfr. PREISIGKE, Worl. I 452 s,; MAYSER
2
I no l:>mllt1'W, ad es. lob 13,25 (Sym.); ls.
3 (1935) 218; Il I (1926) 205)-308; II 2 ( 1934) 40,7 (Theod., Sym.; cfr. i LXX).
321 (v1,168) hotln:Tw (\Y/. Mi;:hnelisl

è rnduto» ), che troviamo esplicitamen- gnificato di bc·,--;lr.-.w col genitivo =


te in I Petr. r,24 e implicitamente in perdere qualcosa, che è attestato nelJa
Iac. 1,rr, cd anche nel racconto delJa letteratura extra-biblica 7 , appare anche
libctazione di Pietro dal carcere (Act. in 2 Peti'. 3 ,I 7 (tva: µ!J ... ÈX1t'fo'l)'t'E -cou
12,7): xat ll;fot<Ht.v aù-rou cx.t ò:Mcrw; tolov O"•l1PLYµou, «affinché non deca-
é:x -rwv XELpwv, «e le catene gli cadde- diate dalla [ =non perdiate la] vostra
ro giù dai polsi» 4 . Act. 2 7 ,3 2 viene so- fermezza») e Gal. 5 ,4 ( -rtiç xupvcoç
litamente tradotto: «tagliarono le corde E!;rnfoa:-rE, «avete perduto la grazia»).
della scialuppa e la lasciarono cadere Mentre in .2 Petr. 3,r7 si potrebbe co-
(da:cra:v a:Ù't'Ì)v Èx7tEO'ELV)» . Dato però gliere l'idea di un movimento :mche in
che la scialuppa si trovava già in mare hmfo11•E, a motivo del cru\la:Tiaxi1Évnç
(v. 30: «i marinai ... mettevano la scia- immediatamente precedente, e quindi
luppa in mare ... »), abbiamo un'evidente trndurre con cadere 8 , questa possibilità
contraddizione~. Ci dobbiamo pertanto è quanto mai remota in Gal. 5,4 9 •
chiedere 6 se ÈX7tL'lt'tW non significhi
piuttosto andare alla del'iva e Act. 27, In Rom. 9,6 (oux ofov oÈ oTL Èxml-
32 non vada quindi tradotto: «allora i 1'"tuJXEV o Myoç -.cG 1kou) Èx7tl7t"t'ul è
soldati tagliarono le corde della scia- usato in assoluto nell'accezione di cessa-
luppa e la lasciarono andare alla deri- re d'aver vigore, divenire inoperante,
va». Questo significato ricorre inoltre perdere la forza e il diritto, scadere, pas-
più volte nello stesso capitolo: Act. 27, sare, e la frase va tradotta: «non è vero
17 (variante cod. S*: Èx'ltÀ.Écrwcnv). 26. che la parola di Dio sia divenuta inope-
29 (variante cod. S: ȵ7tÉcrWµEv }. Il si- rante». Questo significato di Èx'ltt7tTW è

4 o:u-rov corrisponde qui al dativo simpateti- to. Eccltt.r 14,;! legge: OÙY. E'itEO'EV a:rcò 1'TJç
co non enfatico, il quale l!sprime la persona ~Àn:llioç a.u-.où. Cfr. però Ios., ani. 7,203:
n cui cnde qualcosa (dr. già Horn., Il. 15,465: wç liv Ba.utÀ.Ela.ç bmEcrwv, «come se avesse
-r6!;ov oÉ ol EXltEO'E XEtp6i;). Ciò spiega la gi~ perso il suo regno».
posizione di aÒ'TOU verso l'inizio della fra- fl In questo caso O''TT){JLyµ6ç ::=: salde:u.a, fer-
se. Cfr. BLASS-DERRUNNER • § 284,1; 473,1; me:r.za, verrebbe inteso come ambito.
ScuwYZER u 147 s .; O. M ERLIER, Le remp/a. 9 È vero che la frase precedente e pat31lela
cement du dati/ par le génilif en grec f!JO· all:i nostra (xa-cT)pyiiDl]-cE Ù.1tÒ XpLu-coii) con-
deme: BCH 55 (1931) 216-219. Alcuni codd. tiene l'idea di un allontanamento da qualco-
(D e altri) pongono a.u'TOV in fine di frase, co~ sa, di una sottrazione da una sfera d'influenza
me se si riferisse a Y.E~pwv. (-> I, col. I2II). Tuttavia concepire qui la
5 Può destare perplessità anche il fatto che
grazia come una sferu da cui si può cadere
in questo caso M:w con l'infinito sia quasi presupporrebbe che anche altrove la grruda
usato per sostituire un verbo fattitivo. Que- indichi appunto un ambito in cui, ad es.,
st'uso non ha p3ri in tutto il N.T., neanche in si sto. Ora una frase come «stare nella gra-
zia}> è del tutto estranea al linguaggio paolino
Act. 23,32.
ed a tutto il N.T . Per questa ragione dobbia-
6 Cfr. PREUSCHilN-BAUEK • 441, .r.v. mo tradurre Gal. 5,4 con «avete perduto hi
7 ~ col. 3r9. I LXX non hanno tale costrut· grazia» o «la grazia vi è tolta».
Xct."tct.1tln-tw (\VI. Michaelis)

attestato fuori della Bibbia io, manca è sempre usato in malam partem: ad
invece nei LXX (comunque vi fa pensa- es., Elç àm1nlc.t\I, «diventare inattendi-
bile» (Plat., Phaed. 88 d). Frequente-
re l'uso di Éx7tl7t't"W in !:tp. 34,7-+ col. mente usato è il participio perfetto =
320). Nei LXX abbiamo però 7tl7t't"W umile, spregevole: yÉvoi; 8.'t"Lµov xa.t
(-+col. 308) e Ot(X:ttl'Jt't"W (Ios. 21,45) Xct'tct.1tE'1t't"WX6<;, «una razza vile e spre-
gevole» (Plut., Phoc. 4 (1 743 c).
in enunciati che si riferiscono alla ina-
Nei LXX xa't"a.7tl1t't"W è usato 8 vol-
dempienza (che J'A.T. costantemente
te; a queste va aggiunta la variante del
contesta) delle promesse di Dio 11 • Co- cod. S a ls. 49,19 (XtX'\"tX1ttn:-twx6't"ct
munque l'affermazione paolina è più am- invece di 7tm'twx6't"a., o per assimila-
pia, in quanto si riferisce a tutta la pro· zione alla variante xa.'t"Ecpi}apµÉ\lct o per
errore di trascrizione da Y.at 't"à. 7tE7t't"W·
messa divina che riguarda Israele (-+ x6't"a.). Di queste 8 volte, solo 2 xa't"ct·
VI, col. 314). 1tl7t'tW ha un corrispondente ebraico:
il nif'al di '?b in 2 Euop. 18,II (lo stes-
so verbo nel versetto precedente è tra-
dotto con Ota.7tl7t't"W; sarebbe stato più
esatto usare À.U7tÉoµo.:i, come ad es. in
In senso proprio xa.'t"r.mln'tW signi-
fica cadere lungo disteso per terra (ad Gen. 45,5); npl in ljJ 144,14. In que-
st'ultimo passo e in 3 Mach. 2,20 il
es. Horn., Il. l6,31i.414: 7tP1}V1}<; i'Jtt
verbo è usato in senso traslato: essere
yrxl11 XU7t1tE<TE), cadere giù (Horn., Il.
12,386: aq>'ùljrriÀou 7tupyou, «dal som-
in basso, essere malridotto (in paralle-
lo con essere piegato, oppresso) 1• Ab-
mo della torre»; Xenoph., oec. l,8:
biamo inoltre i significati cadere giù
!bp'tTCnou, «da cavallo»). Nelle iscrizio-
(Sap. 13,16), cadere per terra, precipi-
ni e nei papiri significa anche crollare,
rovinare, cadere a terra, con riferimen- tare a terra (Sap. 7 ,3; 4 Mach. 4,1 l:
«mezzo morto», 1)µdla.v1j~); in senso
to a costruzioni (Ditt., Syll.' II 8,52,31
traslato: cadere (nel terrore), abbando·
s. [149 d.C.]; BGU I 282, 7 [II sec.
d.C.] e passim). Raramente è usato co-
narsi (alla paura) (Sap. 17,15 e nell'ag-
giunta del cod. A a lob. 15,23) 2•
me passivo di xa.'t"a.ati.À.Àw (Aesch., Ag.
15.5 3 ). In senso traslato: il coraggio Philo, agric. 8 3: xa.-rrxn:lit't"W = pre-
viene meno (Horn., Il. l~),280: 7ta.paL cipitare al suolo (immagine del voii~ co-
7tOO'L x&.mmTE ihiµ6<;); nell'accezione ca· me auriga ~col. 302); los. 144 (uso
dere in, incorrere in, ecc., xa't"a.n:l7t't'W traslato): il coraggio viene meno. In

10Bisogna ricordare particolarmente Plut., lib. 11 Anche le parole di un uomo «non cadran·
educ. 13 (II 9 b): alcuni genitori sforzano i no invano», cioè si avvereranno (Iudith 6,9;
figli pretendendo da loro troppo: 1t6vovç dr. 6A).
aÙ"totç Ì>1ttpµÉ-rpouç lmPa).)..ovcrLv otç à:rcav· Xct"ta.7tL1t'tW
l:ìwv-tEç ix1tl7t-roucnv. Ci si può però anche ri· ' H.G. MEECHAM, The LeUer o/ Atisteas
fare all'accezione andare perduto (~ 168,20 (193J) 2Jl nega (a torto) che i LXX usino
s.). Non va invece considerato come pre· xu-tamwrw anche in senso traslato (sostiene
cedente immediato il significato di cadere = che anche in 3 Mach., 2,20 c'è solo «un uso
far fiasco, essere bocciato, essere sconfitto {det· scmimetaforico» ).
to di oratori, poeti o candidati), attestato in 2 Cfr. ancora ljl 143,14: xa.-ç&.1t-twµa (T.M.
Aristot., poet. 18 (p. 1456 a 18). Cfr. LIBTZ- pcref); J Mach. 2,14 e l:Lp. 35 (32),15 (va·
MANN, Rom., ad 1. riunte): XO.'ttt'lt'tWCT\~.
'f(1Xpa7tlr.-rw, 7tapa.tt'twµa. A 1 (W. Michaelis)

Flavio Giuseppe predomina il significa- che si legge in Mc. 4,5 par. Mt. 13 15
to di cadere, precipitare a terra, abbat- (anche in Le. 8,5.7 s. ricorre ETCE<TEV;
tersi al suolo durante la battaglia (ant.
5,147; 6,223; 7,142; 10,7; 13,61; bell. cfr. 8,14) 3 .
2,544; 5,513; 6,64: bt'<x.U"tTJ\I scii. 1tÉ-
--cpcx.v ), anche cadere giù (dall'alto: beli. Ì 7t<Xpct1tL1t"tW, t 1tCX.p~7t"tWµct
3,232), crollare (mura: ant. 5,27; 9,
237), gettarsi a terra (beli. 2,171). Non A. IL GRUPPO DI VOCABOLI FUORI DEL
manca l'uso traslato: ammalarsi (dc; N.T.
v6'J'O\I XCX.'t'('.(1tlTC"tEL\I: ani. 13,304.398),
addormentarsi ( dç urcvov: ant. 7 ,48 ), x. Il verbo 7tct.pct.1tl7t't'W significa ca-
crollare (moralmente), perdere il corag- dere accanto, cadere a lato (Aristot.,
gio, perdersi d'animo (ani. 2,336; 6,329 gen. an. r,7 [p. 7r8 a !]), poi imbat-
[vfiriante]; bell. 7,87). In ep. Ar. 144 tersi per caso in qualcuno o qualcosa:
un Myoc; ( = opinione, concezione) è o
ad es., 'ltapct.TCl'lt"tWV, chiunque capiti
detto xa"ta.1tETC't'Wxwc;, cioè i11consiste11- (Plut., Galb. 8 [1 1056 d] ); affrettarsi
te, superato. verso qualche luogo (Polyb. 4,80,9 ).
Polibio usa il verbo, costruito col ge-
Nel N.T. xa"taTCl1t't'W è usato unica- nitivo, nel significato di mancare, sba-
mente da Luca, sempre in senso pro- gliarsi, smarrirsi: 'ti]c; 6Sou, «andare
fuori strada» (3,54,5); in senso trasla-
prio: cadere a terra. Act. 26,14: sulla to: i:fjc; ciÀ:rJiMac;; (I2,12,2); 'tou xa.-
via di Damasco Saulo ed i suoi compa- i)i}xov"toç (8,II,8). Lo storico usa però
gni cadono tutti a terra, dc; 't'Ì]v yfiv il verbo anche assolutamente nell'acce-
zione di commettere un errore (18,19,
(cfr. 9>4: TCbt't'EW Èrd i:fiv yijv ~ col.
6: si tratta però di un errore casuale,
305). Cfr. anche Act. 28,6: Y.a."tc.mlTt- giustificabile, come dimostra la vicinan-
't'EW VExp6v, «cadere a terra morto>>, op- za con ri:yvoÉw); cfr. Xenoph., hist.
pure «cadere a terra e morire» (cfr. 4
Graec. l,6,4 .
Analogamente il sostantivo 'lta.pci.·
Mach. 4,1 l: cadere a terra mezzo mor- 'lt"tWµcx. significa (da Polibio in poi) er-
to; Apoc. l,17 ~col. 306 n. 12). Nella rore, svista (collegato ad &-yvoLa in Po-
parabola del seminatore Le. 8,6 ha xa- lyb. 15,23,5; 16,20,5). Simile è il signi-
ficato del sostantivo 'lt'a.pci.'1t'tW<Tl.ç (in
"tÉTCE<TE\I ( ~'ltL 'ti)V 7té"tpcx:v ), «la semen-
Polyb. 16,20,5 ), nel quale si ritrovano
te cadde sulla roccia», invece di E1tE<TE\/ anche altri significati del verbo 1•

3 La scelta di xa-.a11l7t'tW non può dipende- cade su questa con la ·faccia in giù (1tPlJvi}ç).
re né dalla sostituzione di 1tE'tpw6Ec; (Marco Questo passo costituisce piuttosto un paral-
e Matteo) con 11Éi:pa. né da una diversa idea lelo a Le. 20,18 •(~col. 309 n. 18).
del modo di seminare. ZAHN, Lk. 343 n. 16
considera (probabilmente n torto) originaria la 7tapa1tl7t-.w, napan'twµo:
lezione ~1tEO"EY ( xai:ém:CTEY non rappresentereb- 1 Il gruppo di termini è evidentemente raro
be che «la ripetizione meccanica del prefisso nelle iscrizioni (gl'indici di DITT., Sili. 1 e Or.
xa.i:- di xa.i:ma·niDTJ e xai:Éq>ayev del v. :;» ). non registrano alcun esempio}. Nei papiri 'ltct-
Ios., beli. 6,64 (-7 sopra, nel corpo dell'artico· po:7tl'lt'tW significa prevalentemente (dal u sec.
lo) non costituisce un passo esattamente paral- a.C.) nndare perduto (cfr. PREISIGKB, Wort.
lelo perché n l'azione si svolge diversamente: 11 254; MouLToN·MILLIGAN 488 s., s.v.), ma
qualcuno scivola, urta (7t·mlw) in una 7thpa. e ci sono anche casi in cui significa toccare, ca-
327 (v1,171)

2. Nei LXX il verbo 1tapa.7tl7t"t'W è fallo verso Dio cd abbin un significato


usato 8 volte (in 2 Mach. I0,4 la lezione più debole (mancanza nelle mansioni
1ta.pa.1tE<TEi:v del cod. A è un errore di d'ufficio). Da tutti i passi, e non solo da
trascrizione e sta per 7tEfmmrdv ). E- quelli in cui la parola è usata al plurale
sther 6,rn: µ-i} napa1m1cX.-cw aov À.6- (~ 18,13; lob 36,9; Ez. J4,II e passim),
yoc; (T.M.: nfl), «la tua parola non ca- è chiaro che ?tapcbt't'wµa. indica la sin-
da invano», cioè venga eseguita. r.apa.- gola mancanza. Possiamo cosl affermare
'ltlTI'TW è usato in assoluto in Sap. 6,9; che nell'uso linguistico di napém.-wµa
12,2. Nel primo passo si tratta dell'esor- non si manifesta espressamente quello
tazione ai 'TUpawot (~va. µaihyte crocpla:v sviluppo teologico verificatosi nei LXX
xa:L µ1) 1tet.pa.n~C1'1')"t'E), che potrebbe es- (riconoscibile nell'uso di tiµap't'la: -7
sere tradotta «affinché impariate la sa- I, col. 779) per il quale il peccato è
pienza e non commettiate errori»: que- un atteggiamento globale e una dispo-
sti errori possono essere evitati con la si:done fondamentale dell'uomo. Nono-
sapienza. Il contesto sembra però confe- stante ciò r.apci1"'tWµa. non indica né
rire un tono più severo al verbo. Nel comporta una valutazione indulgente e
secondo passo ( 'Toùc; 7tGtpr.t1tl7t.-ov-cac; leggera del singolo peccato. 1tapa1t"t'W-
XCl'T'ò)...lyov é)...ÉYXEtc;) 1t<1.pCt.7tl1t"t'W si- 1.1.a s'inserirebbe benissimo nel quadro
gnifica invece sicuramente peccare, co- presentato in ~ 1, coll. 719 ss., quale
me dimostrano le parole successive: xai concetto usnto non molto frequente,
ÉV dç àµcxp-ta\IOVO'L\I l'.rn;oµqJ.\ITI<TY.W\I mente, ma non privo d'importanza.
vovbE'Tdc,. Tale accezione è presente an- In Filone il gruppo di termini non
che negli altri passi, tutti di Ezechie- ha alcun particolare rilievo 3 • 1tc:t.pci1t-çw-
le: con l'accusativo 1ta.pa1t"t'Wµa ( 14, µa. ha un significato molto sbiadito
13); col dativo 1tapCt.7t't'wµa.-t (15,8; in migr. Abr. 170: µe.yci)...a OÈ 't<Ì. è!;
18,24); con lv (20,27: 1tapc.t7t't'Wµa.<Tt\I; àvrn~o"tT)µocruvTJc; xat 7toÀÀov i}pacrovc;
22,4: oXµaow). In Ez. 22,4 m.tpa- ?tttpa?t't'wµa't'c:t., «grandi sono gli sbagli
7tl1t't'W corrisponde all'ebraico 'Jm, ne- che si commettono per ignoranza ed ec-
gli altri passi di E:t:. :l m'l e~ n. 7). Il cessiva sicurezza». Cfr. anche la defini-
contesto mostra che in tutti i passi di zione di 1ti:tpci1t'twµa in un frammento
Ezechiele il verbo indica un errore le- filoniano 4 : quando qualcuno che, per
gato ad una colpa, un peccato. testimonianza comune, va considerato
Lo stesso vale per il sostantivo ?ta- un uomo sicurnmente pio «cade in pec-
pcbt't'Wµa, che nei LXX è usato 19 vol- cato, si tratta di un r.o:pcbt't'wµa.: in-
te. Quando c'è un corrispondente ebrai- fatti costui si è innalzato fino al som-
co si tratta generalmente <li ma' al, peJa' mo dei cieli e poi è precipitato nelle
e 'awel2. Dan. 6,5 (Theod.) è l'unico profondità dell'Ade» (Èx-r.fon dc; &.1.1.ap-
passo in cui 7ta.pa7"'t'Wµa non indichi un ·t'lav, 't'o\h6 Écr't'~ 1tap<in..-wµa· àvil)...ite.v
pilare, offrirsi (cfr. MAYSER' I 3 [1935] 227). soretico (4,24) e lo rende liberamente. nctprl-
TCttptbt'ttùµa è usato in P. Tebt. I 5,91 ( n8 n:"t'tùµa corrisponde ·qui al termine aramaico
a.C.); PREISIGKE, \Vorl. II 255 traduce qui I'/erua', tranquillità, pace; però anche la parola
ammanco, mentre MouLTON-MILLIGAN 489 e ebraica Jalwt1 è tradotta dai LXX con 'ltap&.-
MAYSER I ' 3 (1935) 57 preferiscono la ttn· 1t1'W01.ç (Ier. 22,21: unico esempio di Tl'IXPtt·
duzione svista, errore. In quest'ultima acce- 1t'ttùCTI.<; neiLXX).
zione il sostantivo si risconti-a anche in H.J. .l Nel LEISl!GANG non è registrato affatto.
BELL, ]ews and Christiam in Egypl (1924)
82 nr. 1917,14 (Iv sec. d.C.). 4 Ed. TH. MANGEY, Phifonis ludaei Opera n
2 Dati. 4,27 (Theod.) si allontana dal testo ma- ( x74:z) 648.
mi:pr;r:1tL1t'TW, rw.p6.1t't'W(J.!'1. A 2 • B 2 (W. Michaelis) {vr,172) 330

yàp dç -tò ·\hjJoç -tou oùpocvou xoct 7tÉ- ni, il sostantivo r.:ap6.7t-twµa è usato
r.rçwxev dç .,;òv ?tui)µÉva. -tou ~oov») 5 • soltanto in Mt . 6,14 s. e Mc. u,25. Mt.
In Flavio Giuseppe rtoc9a:7t't'wµa non
è usato 6, mentre Ttapoc1tt7t'tW ricorre nel 6,14 (M.v Y~P cXq>TJ'tE 'tote; àv~pW7tO~<;
significato di capitare (ant. 13,362; 16, -.à 1t(1:PU7t't'WµOC"Ca mhGl\1, «Se infatti ti·
200). Cfr. ancora rtocpa:1t.,;wµoc in Ps. mettete agli uomini le loro mancanze» )
Sai. 3,7; 13,5.10. è l'unico passo in cui 7Ca.pa7t"Cwµa è u-
B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T.
sato per indicare delle mancanze com-
messe verso uomini 9 • Veramente c'è an-
r. Nel N.T. il verbo r.ocpocitl7t-tw ri-
che l'esempio di Dan. 6,5 (Theod.) (~
corre unicamente in Hcbr. 6,6 : (6,4)
coli. 327 s.), ma si tratta di un'accezio-
à.ouva-tOV yap 'tOÙ<; &1ta~ cpw-ttcriUv-
ne totalmente diversa. In Mt. 6,15 (cfr.
-taç ... ( 6,6) iW.L 1t!X.pa.r.EO"Òv·mç 'ltUkLV
Mc. 11,25 ed il versetto secondario Mc.
O:.vaxmvlsELV El<; µE-tUV:)Locv. Benché il
l 1,26) -i:cX. itapet.7C'i'Wµa-ta vµwv sono in-
passo si riferisca ad 'apostati' nel scn-
vece mancanze verso Dio. Il fatto che in
i;o di 3, I 2 ( a'J':OCJ't")iVO:.t CmÒ i)eoij SWV-
entrambe le situazioni si usi lo stesso
't0<;1 «allontanarsi dal Dio vivente»),
termine non deve indurci a collocare i
r.apa:n:l7t-tW non significa apostatare,
na.poc7t-tÙJµa't'OC verso Dio sullo stesso
abbandonare, ma, come nei LXX, sba-
piano dei 'ltapa.1t-rwµa.-ra verso gli uo·
gliarsi, commettere un .fallo, peccare 1 •
mini; al contrario, l'uso di 7tapa1t-rwµa
Per interpretare questo passo si può per indicare le mancanze verso gli uomi-
ricorrere a quello simile di Hebr. ro,26
ni serve a sottolineare proprio la loro
principalmente perché in entrambi i casi
gravità. Inoltre né in 6,14 né in 6,15,
le singole mancanze non sono conside-
mancando la precisazione 'verso voi' o
rate in sé, ma piuttosto come espressio-
'verso lui', si indica contro chi sono di-
ni di un atteggiamento globale 8•
retti i 1tocpa1t'twµa't'a, come invece av-
2. Oltre che in numerosi testi paoli· viene, in una sentenza formulata con

:i CREMER-Kù GEI. 922 e TRENCH r59 soprav- Per 1t<Xpéµ1t'TW!Tt<; (ibidem) cfr. PREUSCHEN-
1
valutano chiaramente questo passo. BAUER n39, s.v.; KNOPF, Cl. 128, ad I.
• Cfr. ScHLATTER, Komm. Att. 217 a- 6,t4; 9 Nella proposizione condizionale corrispon-
Sc~tLATTER,Tbeol. d. ]t1dt. 1 _~7. dente di 6,15 nkuni codici (S D e altri) usa-
7 Cfr. MICHE!., Hebr. ' r49 n. r. Di per sé no à;ipl'l)µL assolutamente (come nella prin-
non è però impossibile che, data la marcata cipale di 6,14), mentre B e altri leggono an-
familiarità che l'autore di Hebr. aveva con l'u- che qui "t'à mxpa"lt'TWµGt'TGt av;wv (cfr. an·
so lìn.iiuistico dci LXX, non gli sia sfuggita la che la variante a 18a5). La sostituzione in
corrispondenza esistente tra m'l, essere infe- Iac. J ,r6 di -.tiç d:µap-rlaç con "t'OC 11:11.pa'lt'tW-
dele = apostntttre e 7tO:prt:1tlr.-r<» (~ col. 327). µci.;a nei codd. ~ dipende forse dal fatto
a Invece in 1 Clcm. 51,1 (Baa. ';tCXpEitfoaµEv) che, a motivo di à.).),.iJ)..otç, si è pensato (a
il verbo si riferisce m.l un certo numero di torto) a mancanze tra confratelli e quindi si
singole mancanze. Nella Bibbia greca -.apct· è ritenuto più adatto, ricordandosi di Ml. 6,
r.l1t't'W non è mai costruito con l'accusativo. 14, usare -cà 'ltlXPGt1t'tWµa'tct.
331 (VI,172) TI'rl.pa:rclrc't'w, TI'apcbnwµa B 2 (\'V. Micho1elis) (VI,173) 332

fine diverso, in Mc. l l ,25. Sia in Mt. Come la aµap·da (Rom. 5,13), cosl an·
6,14 che in 6,15 si tratta appunto che il 1tap6:7t"~W(.La, usato qui come suo
di 7tr.tpr.t1t"t"Wµr.t'tCX. in senso assoluto. sinonimo, esisteva prima della legge (5,
Non c'è alcun rtcx.pa7t"t"wµcx. verso il 20 ): questa ebbe come effetto soltanto

prossimo che non turbi il rapporto con una ulteriore crescita del 1tetpÒ..7t'tWJU1..
Dio, e viceversa 10• In questo modo è fissata chiaramente ln
Paolo chiama 7Ca.ptbt-ewµoc il peccato diJlerenza tt<l 1tocp6.7t't't..i1 ia::: &µ6:p·n1(J,a
d'Adamo (Rom. 5,15 o.b. 17 S.j già Sap. e 1tttp&.Bacr~~. Il concetto di 7trtpci~tt<nc;
10,1 lo chiama cosl), dopo averlo chia· presuppone l'esistenza di una legge (cfr.
mato prima (5,14) '1tcx.p&.~cx.<rLc; (~ 1x, 5,13 s.; Gal. 3,19): 1tocpa~a:trLc; indica la
coli. 506 s. ). L'uso del singolare è ap- trasgressione di un comandamento (~
propriato perché l'Apostolo pensa sen- IX, coll. 505 ss.); 7ta:p6:1i:'twµa va invece
z'altro al fatto singolo del peccato origi- più a fondo e indica proprio il turba-
nale (Gen. 3). In questa pericope 7tCY.· mento del rapporto con Dio causato dal-
pa1t'tWµ« sostituisce il termine aµap- la colpa dell'uomo 12• In Rom. 5,r6 ab-
'tl'}µCX. che è piuttosto raro negli scritti biamo il plurale 1tcx.pc.t7t1'WJJ.a."tcx. che va
paolini (dr. la lezione secondaria a considerato chiaramente un esempio del-
Rom. 5,16). D'altra parte Rom. 5,20 l'accezione 7ta:pti'lt-.wµa ::: àµap"tt)µrx.;
(tva. 'ltÀ.Eovlioi'l "t"Ò 7tctp&.7C'tWµcx.) mostra cosl anche Rom. 4,25 (ls. 53,12 ha
come l' Apostolo, oltrepassando l' uso ò:µttp"tloc~); 2 Cor. 5,I9, cfr. Col. 2,13b;
linguistico raggiunto nei LXX ( ~ col. Eph. 1,7 (cfr. Col. 1,14: rlµa:p·tlllt); 2,1
328 ), possa indicate con 7tr.tprbt-.wµa. (collegato a &.µap·tlcx.t); 2,5, cfr. Col. 2 ,
anche una manifestazione globale, giac- 13 ~. Nella medesima accezione è usato
ché essendo la frase succitata ripresa alla il singolare in Gal. 6,1: Èàv xat 7tPO·
fine nella formulazione ov ot È1tÀEovcx.- Ài)µq>~ft /1:vì}pw7to<; EV 'ttvt 'lta:pan-rw·
uev 'Ì) aµrxp-cla., ne viene che 1tttpa- µr.t"t'I. X't'À., «anche se uno viene colto
7t"'tWµtt e àµap·tla sono qui sinonimi 11 . in fallo, ecc.». Considerato il significato

10 Cosl ScHLATTBR, Komm. Mt. 217 spiega la mxpa7t't'Wµa collettivo e à11ap't'la., altrimenti
scelta di questa parola: usando 1tctPOC'1t't'Wµt.t Pnolo non avrebbe cambiato pacohl nel giro
si «afferma che Gesù richiede ai discepoli pa· della frase. Inoltre n«pÒ:'lt'tWµ« non parteci-
:<lenza e a.more non solo per le debolezze e pa certamente dell'uso personificnto di ò:1mp-
i difetti, ma esplicitamente per quelle azioni -.ltt, supposto che tale uso sia presente in
che vanno condannate moralmente e respin· Rom. ,,21 (~ I, coli. 801 s.).
te». 12 Al contrario CREMER· KOGEL 922 crede di
11 PRBUSCHBN·BAUEK • n32, s.v. chiama 'col- poter definire cosl la differenza tra i due
lettivo' quest'uso di itctpart1'Wµ« in Rom. 5, termini: 7tcxpapao'l.~ indka il peccato ogget·
20; cfr. anche il plurale 1'W'\I -napa~.Xcrewv tivamente, come azione; TI'txpÒ:n't'Wµtx sotto-
xapw nel passo simile di Gal. 3,19. Non SUS· linea invece più l'aspetto soggettivo della col-
siste tuttavia alcuna perfetta sinonimia tra pevolezza e le sue conseguenze.
333 (VI,173) (vr,173) 3.34

comune di 7tapa:1t't'Wµc:t anche in Paolo, 1tln"t'w compare solo in I Clem. 51,1


non è verosimile che l'Apostolo abbia (~ n. 8). I Clem. 56,1 (É\l't'VXWµE\I
m:pt -.wv g\I 'tWL na.pa:n-.wµc:tTL ùmxp-
voluto scegliere una parola per 'pecca- x6v'twv) ricorda Gal. 6,I. Cfr. Barn.
to' meno forte e diversa da àµa:p'tla u, 19,4 par. Did. 4.3 16•
tanto più che à1lap·da non compare
neanche altrove nella parte parenetica t 1tEf)L7tlit'tW
di Gal. (è usato solo in l,4; 2,17; 3, Nel verbo -n:Ept1tl1''tw prevale l'idea
22). Di conseguenza neanche il verbo di urtare in qualcosa per caso, imbattersi
(Hdt. 6 ,ro5 ), di incorrere in qualcosa
7tpOÀ.'l'JI-~<f>~TI intende in qualche modo senza averne colpa, soprattutto in sven-
minimizzare l'accaduto o scusare la per- ture e simili (Eur., Or. 367 ). Ha inol-
sona sorpresa in fallo, ma appunto por- tre il significato di cadere a terra, af-
re il caso che un fratello sia colto in fondare (P1ut., Anton. 67 [1 947b]) 1.
Il sostantivo rtEpl7t'tWµa. significa sven-
flagrante mentre commette un 1tc:tpci- tura, accidente, disgrazia (Plat., Prot.
7tTWµc:t 14 . Rom. 11 ,II s.: Paolo parla del 345 b), più spesso 1tEpl7t'tW<n~, caso
7tctp6:7t-.-wµa d'Israele che consiste nel (Sext. Emp., math. l,25). Nei LXX mx.-
pa.nL7t'tW è usato 9 volte (di cui 5 nei
suo rifiuto dell'evangelo (~ coll. 309 libri dei Maccabei): 2 Mach. 9,7: incor-
s.) JS. rere in una violenta caduta; Ruth 2,3 e
2 Bcio-. 1 ,6: il verbo costruito, per figu-
rn. etimologica, con 'l'tEPL7tTWµct'tt (uni-
C. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEI PADRI co esempio del sostantivo nei LXX) si-
APOSTOLICI gnifica giungere per caso in un luogo;
inoltre Prov.u,5; Dan.2,9; 2 Mach. 6,
L'uso linguistico dei Padri apostolici 13; 9,21; I0.4 (variante: mx.pa.7tl7tTw):
segue le linee fissate dal N.T. napa- incorrere in una sventura o in una pe-

u 0EPKB, Gal. 1u, ad l.: «li termine più di CREMER·KOGEL 923 per il significato (mal·
tenue per dire 'peccato'». La traduzione er- to raro anche fuori della Bibbia: cfr. PAssow,
rore, passo falso (ibidem no; PREUSCHEN- s.v.) di sconfitta.
BAUER' 1132, s.v.) non deve essere conside-
15Ulteriori indicazioni in PREUSCHEN-BAUER 4
rata necessariamente una attenuazione. Del re-
n32, s.v. 1tttPOC'lt't'Wµet. In I Clem. 59,r nbbin-
sto tale traduzione conserva (più chiaramente
mo m1pa'lt't't..>:nç (->col. 326).
di trasgressione) l'idea primitiva di 'ltapa1t(TC't'W
e napa'lt't'Wµa che è quella <li qualcuno che mpml1t't'W
si svia, che vn fuori strada (~ col. 326),
non quellQ di uno che va troppo avanti e su-
' n verbo compare in tale accezione anche
in iscrizioni, ad es , DrTT., Sy/l. 3 I 495,56 (230
pera un limite (dr. K. BARTH, Kircbliche Dop,-
11.C.); 667,9 (161 o . 160 a.C.). Nei papiri il
matik IV I [1953] 551: «Laggiù (dort drii- verbo significa solitamente incorrere in qual-
he11 )». Cfr. ?tapa~alvw in rapporto a UTCEp- cosa, ma :mche incontrare qualcuno (P. Tebt.
~etlvw.
I 230 [n sec. a.C.]; P. Oxy. xrv 1639,20 [r
'~ Un'interpretazione diversa è proposta in scc. a.C.)); gellarsi m qualcosa (P. Grecì e
4 vr, col. 48; TRENCH 158. Latini IU 172,13 s. [II sec. d.C.]). Cfr. PREC·
13 r.apa1t't'Wµa è certamente connesso in que- srGKE, Worl. 1 297; MouLTON-MrLLIGAN 507;
sto caso con l'uso di 11l'!';'t'W in rr,u.22. MAYSER II 2 (1934) 249. Il verbo è costruito
Nulla sembra quindi giustificare !:i prefcrcnz:1 costantemente col dativo.
33.> (v1,r7 3) 1CEpml1t-rw (W. Michadis) (Vl,17.J) 3_16

na, ora senza colpa (ad es. ù.crilEVElrt: 2 ricolosa (secondo l'accezione incompa-
Mach. 9,21) ora meritatamente (a<l es. rabilmente più comune del verbo). Nel
fr:t•l1..t.o~c;: 2 Mach. 6,13). Il testo di 4
il;Jach. 1,24, probabilmente corrotto 2, nostro passo il verbo significa quindi
usa -rtEpir.l·wrw col dativo della perso- concretamente ( consi<lernto anche il fot-
na cui accade qualcosa di piacevole o to che abbiamo il dativo di persone)
di doloroso. Filone usa m:pml1nw as-
cadere nelle mani, essere in potere di
solutamen tc (Deus imm. 73) per indica-
re il cadere (figuratamente) in /allo per qualcuno che ci ha assaliti 3 • Act.27,41
propria colpa, oppure di solito col dati- presenta una costruzione insolita ('itEPL·
YO nell'accezione di cadere, ricadere: +i
7tL'lt'tW con dc;) : 1tEPL1tE<rovnc; oè dc;
~UY.lJ 7tEp~-:.lr.""C'E~ ""C'Otç oqm:rw, «l'anirnn
ca<le tra i serpenti>> (leg. ali. 2,84 cfr. ""t'O'ltOV OLiMJ... wrcrov, «giunsero ad una
86); i]oovo:tc;, «nei piaceri» (77; leg. lingua di terra con il mare da entram-
spec. r,224). Flavio Giuseppe usa 1tEp~- bi i lati». Tale costruzione è dovuta
7tl1C""t'W col dativo: incappare, assalire di
sorpresa (ant. 4,252; r9,r23 .125; beli. al fatto che in questo caso si doveva
3 .499 ), gettarsi sulla spada o simili (ant. menzionare un luogo 4; 'ltEPL1tl7t""t'W si-
15,152; 19,273), cadere nelle mani (ani . gnifica qui giungere inaspettatamente
r9,r53; cfr. r,59; 3,96 s.), generalmen-
in un luogo, a meno che l'autore non
te incorrere o cadere in: malattia ( ro,
25; 15,244; Ap. r,305-}13), prigionia volesse dire che la nave non poté
(ant.8,229), sventura (r,42.r10; 5,264; mantenere la direzione voluta (v. 40).
10,39; bell.7,219), pericolo (ant-4,293; Iac. 1,2 usa il verbo in senso traslato :
20,48; vù. 83). Anche nei Testamenti
dei XII Patriarchi TIEPLTi:L'll:'tl•J significa o-cav 7tELpanµotc; 7tEpL7tÉCTTJ""C'E 7tOLXtÀ.oLc;,
incorrere in, cadere i11: test. D. 4 ,5; <iquando siete esposti a molteplici ten-
tesi. Ios. 10,3. tazioni»: l'autore vuol mettere in evi-
denza come ci si possa trovare inaspet-
In Le. ro,30 (À.n<1-rcttc; '1tEPLÉ1tEO'EV) il
tatamente e improvvisamente esposti al-
verbo non significa incontrare qualcuno
le tentazioni 5 •
(significato piuttosto raro). L'evangeli-
sta non vuol dire, infatti, che il viag- Nei Padri apostolici abbiamo I Clem.
giatore si sia imbattuto inaspettatamen- 5 r ,2: alxicw; 1CEpml1t-tEW, «essere sot-
toposti a tormenti>>, e I Clem. I,I: 1tE·
te nei briganti, ma cbe si è venuto a pm-rC:)!TELc; (usato insieme con cruµqio-
trovare in una situazione critica e pe- pal) = sventure, disgrazie.
w. MICHAELIS

? Cfr. A. DEISSMANN in KAUTzscH, Apkr. 11. pmE<TE~"tct~ (cfr. 1,,; 2,22).


P.rcudepigr. Il i53 ad I. 4 Cfr. BLASS·DEBRtJNNER' § 202.
l Cfr. Diog. L. 4 , 50: 7>À.Éwv ... Àncr-r~ri; nEptÉ- 5 Nel caso di ~µTtl7>-rouaw dc; 'ltE~pci;uµov (1
'ltun:. Artemid., 011eirocr. 3,65: XE~µwvt µE- Tim. 6,9) si pensa piuttosto all'inevitabilità
y&ì..~ fJ À.TJCT't7J!JL~ ( = banda di ladroni) m- della tentazione in cui incorrono i ricchi.
1:L?"'t'éVt<J x-.)•. (R. lìultm;.11111-A. \\1eiser)

nw't'Euw, nlcr·nç, m<r-r6c;,


t mcr't'6w, èimcr'toc;,
t b.mcr't'É:(JJ, àmcr-rla..,
6ÀLy6m<r't'oc;, ÒÀ.Lyonw-rla

SOMMARIO: II. II concetto giudftico cli fede:


i. continuità con l'A.T.;
A. L'uso linguislico greco: 2. differenza dall'A.T.
I. Il greco classico: 11.I .-L'idea di fede in filone.
r. m!1'1'6c;; D. 1':lO'"t'tç ed il mo gruppo co11ceU11a{e 11cl
l. amcr1'oç; N.T.:
3. r.lo"ttç: I. Aspetti forimli:
a) fiducia;
l . 1ttO'"t'EVw;
b) fidatezza, attendibilità, certezza; 2 . 7tl<:rnç;
c) sicurezza;
3. 7tt!l''t6ç;
..j. 7tLCJ"'t'EVW;
>J. 1tLCT-t6w;
5. à:7tLC7't'ÉW; 5. lhtLcr-toç;
6. ét:rCLCJ""t' (cr.;
6. Ò:1tLU't'Éw;
7. mcri:6w;
7. amcr"t'ta;
8. il problema <lella terminologia religiosa.
8. 6Àty6mcri:o:;.
I I. L'uso ellenistico:
II. L'uso cristiano comune:
r. dall'uso filosofico all'uso religioso;
I. continuità con fa tradizione ebraico·
2. l'uso linguistico della propaganda re-
giudaica:
ligiosa;
a) 1tLO'"t'EVW = credere;
3. l'uso linguistico della Stoa.
b) TiLCJ"i:Evw :::: ubbidire;
B. Il co11ce110 nell'A.T.: c) mcruùw :::: confid:Ìrc;
I. Dati generali. d) mcr-revw :::: sperare;
II. La radice 'mli e termini affini: e) mcri:evw :::: essere fedele.
i. la forma qal; 2. l'uso specificamente cristiano:

2. la forma nif'al; a) 7tLC7"t'Lç = nccettazione del kerygma:


3. 'ii111e11; b) il contenuto <lclla fede;
+fa forma hif'il; c) la fede come rapporto P'~rsona lc con
5. 'mn e derivati; Cristo;
6 . la dinamica religiosa. d) giungere a!i:t kàe ed essere credente;
III. L:i radice nominale bJb: e) 'lt'W'tLç :::: fides qr1ae credit11r;
1. Ja sicurezza come staÌ~; f) evoluzione dell'uso di 'ltL<i't'EVw;
2. la sicure:>.za come scmnzione; 3. fede cristia11n e fede veterotestamenta-
3. confronto con '11111. ria.
IV. La radice nominale hsh: Hl. TiLCJ"'t'tç e mcr"t'EÙw in Paolo:
1. la ricerca di un rifu.gio; 1. Paolo ccl il wmune concetto cristiano

2. il rapporto con Jahvé.


di fede :
V. Le radici nominali qwh, j/Jl, l}kh: a) accettazione dcl kcrygma, Ò!kOÀoylu.
r. significato fondamentale; e ùnaxoi);
2. l'uso linguistico religioso; b) la vita nella fede;
3. l'uso in Isaia; 2. il concetto p~olino di fede contrappo-
4. l'uso nei testi pit1 recenti. sto a quello giudaico:
VI. Riepilogo. a) 7tta·nç cd itpya v6µov;
b) il carattere escatologico delh1 7t'ai:v:,;
C. La fede nei gi11daismo: 3. il concetto paolino di fede contrappo-
I. L'eredità veterotestamentari:i. sto a quello r.nosticu:
339 (VI,175) 7t~<T'TEUW x-r),, (R. Bultmann-.lt Weiscr) (v1,175) 340

a) fo fede come orienr:irnento 111 futuro 3. fede e salvezza;


CÈÀ.7tlc;); 4. la fede come rinuncia al mondo;
li) 1'1'l<T·ttc; e cp6~o.;; 5. il concetto di fede in Giovanni e in
e) n1et-rL<; ed esistenza storica. Paolo;
6. il carattere antignostico del concetto
IV. m<T-rEuw in Giovanni: giovanneo di fede;
I. 1'1'~CT"t'EVW = accettazione del messaggio; 7. credere e conoscere;
2. 'lttCT"t'éVW E/.ç e 1tLO''t'EVw col dativo; 8. fede e amore.

7'i.cr·nç X't' ).. Per C m :


Per il concttto di 7tLO"'t'Lc; in generale dr., H. WrnmscH, Die Frommigkeit Pbilos {1909)
oltre alle principali teologie <lell'A.T. e dcl 2y 29; W. BoussET, Kyrios Christos 2 (1921)
N.T., F. FLACIUS, De voce et re /idei (1549); r.}5-147; Bouss&T - GRESSMANN 447 s.; M.
H. HonLEMANN, Bibelstudien 1: Die bibli- PEISKER, Der Glaubembegrilf bei Philon, Diss.
sche11 Grundbegrilfe der \Y/ahrheit (1859) l- Breslau (1936); E. K.XsEMANN, Das wandernde
53; H.H. WI!NDT, Der Gebrauch der Worter Gollesvolk (1939) 48-52.
èù:f1ilmt., à).."t)fH1ç u11d &>. :r11h.v6c; im N.T. a11f Per D n:
GmnJ des at.lithe11 Sprachgebrauches: Th M. DIBELIUS, Jesus' ( 1949) 106 s.; E. KX-
St Kr 56 (1883) 5n-547; A. Porr, Das Ho/- SEMANN, Das wandemde Goltcsvolk (1939)
fe11 im N.T. in seiner Beziehung zum Glau- 19-27.
ben (1915); A. NAIRNI!, The Faith of the Per D m :
N.T. (1920); R. GYLLENBERG, Pistis I n, in W.H.P. HATCH, The Pauline Idea o/ Faith
svedese ( 1922); A. SCHLATTER, Der Glaubc i11 its Relation to Jewish and Hellenistic Re-
im N.T.• (1927); B.B. WARFIELD, Biblica/ ligio11 (1917); W. BoussBT, Kyrios Christos 1
Doctri11es (1929) 465-508; W .G . KOMMEL, (1921) 145-154; E. W1ssMANN, Dar Ver-
Dcr Glaubc im N.T. : Th Bl i6 (1938) 209- baltnis van itlu-r~ und Christusfrommigkeit
221; J. DuPONT, G11osis (1949) 250-252.26os. bei Paulus (1926); W. MrcHAELIS, Recht/er-
J9B-409 e passim; V. WARNACH, Agape (1951) tigung aus Glauben bei Paulus in: Festgabe
581-585 e passim. filr A. · Deissmann {1927); E. LoHMEYER,
Per A n: Grtmd/agen paul. Theologie (1929); K. MtT-
REITZENSTEIN, Hell. M.yst. 234-236; R. WAL- TRING, Heilswirklichkeit bei Paulus {1929);
ZER, Galen on Jews and Chrirtians (1949) M. DIBELIUs, Glaube und Mystik bei Pa11lus:
48-56. NJbch Wiss. und Jugendbildung 7 (1931)
Per B: 683-699; W. MUNDLE, Der Glaubensbegrilf
L. BACH, Der Glaubc nach der Anschauung des Paulur (1932); R. GYLLENB.ERG, G/aube
dcJ. A.T., BFTh 4 (1900) 1-96; ] . PEDERSEN, bei Paulus:ZSTh 13 (1937) 612-630; M. HAN-
Israel, ils Li/e and Ct1lture I ( 1926) 336-348; SEN, Om Trosbegrebet hos Pls. (1937); R.
K.H. FAHI.GREN, Sedaka nahestehende tmd ScHNACKRNBURG, Dar Heilsgeschehe11 bei der
e111gcgengeseJzte Bcgrilfe im A.T. (1932); Tau/e t1ach dem Ap. Paul11s (1950) u5.188 s.
K.J. CREMER, 011dtestame11tische semasiolo- e passiT11.
gie: Gcreformccrd Theoloc:isch Tijdschrift 48 Per Div:
(1948) 193-200; 49 (1949) 1-15.79-99; VIR- s. J.O. Buswl!LL, The Ethicso/ 'Bclieue' in thc
GULIN, La fede 11cl profeta Isaia: Biblica 31 Fourth Gospel: Biblica Sacra 80 (1923) 28-
(19,0) 346-364. 483-:;03; J-C.C. VAN DROSSEN, 37; W.H.P. HATCH, The Idea o/ Faith in
D.: derivala van den slam 'mn in hel He- Christian Literaturc /rom the Death o/ St.
breeuwsch van /Jet O.T. (1911); G.}. BoT- Pa11l lo the Close o/ the Second Century
TERWl!CK, 'Goti crken11e11' im Sprachgebrauch (1926); ]. HUBY, De la co11naissa11ce de foi
dcs A.T., Banner Bibl. Beitriige n ( 1951 ). danr Saint Jean: Recherches de Science reli-
P er C: gieuse 21 (1931) 385-421; R. SCHNACKl!NBURG,
BousSET-G1rnsSMANN 193-196 e passim; Moo. Der Glaube im 4. Ev., Diss. Breslau (1937);
R~, passim; STRACK-BILLl!RBl!.CK m 187-201; W.F. HoWARD, Chrislianity according lo St.
Votz, Esch. 80 s. fohn 1 (1947) 151-165.
341 (vr,175 mo..trvw x-r).... A r 1 (R. llultmann)

A. L'uso LINGUIS T ICO GRECO in Soph., Oed. Col. 1031 e Dio C. 37,
12,r. Dato che ln fiducia può costituire
I. Il greco classico 1 un dovere, mcri:éc:; viene anche a si-
gnificare ubbidiente 6 • b) mcr-.6c:; nel sen-
Dei termini formati con ma--i:- 2 il pri- so di degno di fiducia, fidato, è usato
mo ad essere attestato è l'aggettivo (ver- dapprima nella sfera giuridico-sacrale:
bale) m<Ti:oc; insieme con la sua forma vengono detti m<ri:a. gli opxta (Horn.,
privativa èi.m<T-toc;. m<Ti:6c; ha un sen- Il. 2,124 ecc.) e cosl pure i 'tEXµ1)pw.
so attivo e uno passivo e significa tan- (Aesch., Suppi. 53 ecc.). La locuzione
to fiducioso quanto degno di fiducia, fi- 'ltL<T-.èt. &86vocL xocL Àocµ~civi;:w indica la
dato 3 , In Omero compare solo in que- stipulazione di un contratto 7 ; i:Ò: m<T'tri
st'ultima accezione, ma poiché nel poe- indica l'attendibilità, la fidatezza del-
ta &m<J'i:oc; significa diffidente (ad es. le parti vincolate dal contratto (Aesch.,
Od. 14,r50), è chiaro che entrambi i Ag. 651; Xenoph., an. 2,4,7), la fe-
valori ineriscono originariamente alla deltà. Il medesimo significato ha 'tÒ
parola. Tali valori si riscontrano an- mo-.-6v (Thuc. r ,68 ,r ). Di conseguenza
che nel sostantivo 1tl<T'tt<;. 7tt<T"t"oc; (degno di fiducia, fidato, fedele)
r. Nella letteratura mo-i:6c; è usato viene usato a proposito di persone le-
con varie accezioni. a) Fiducioso: ab- gate da una qualche forma di patto 8 :
biamo un primo esempio in Theogn. l'hai:poç, il cplÀoç e il coniuge 9 , il µcip-
28 3: cX<Ti:wv µT}OEVL m<T'tO<; Èwv it68a -çvç e l'èi.yyEÀ.oç, il cpuÀa.t; e il &ouÀ.oc;
i:wvoz itpb~a.LVE 4 • In Aesch., Prom. ed altri simili vengono qualificati con
915-917; Pers. 52-55 è usato poetica- mcr.-oc;, e la moglie con m<r-tl}. II signifi-
mente nel senso di fiducia nelle armi o cato diviene però più generale, sl che
nell'abile uso di esse 5 • II vocabolo in- ("t"O) m<T"tOV può indicare la fidatezza e fa
dica la fiducia negli uomini come nel sicurezza in genere 10 e mcri:oc:; diviene
succitato passo di Teognide cosl anche l'aggettivo tipico per indicare chi dimo-

1 In questa sezione A trattiamo solt11nto di 4 nn. 32 e 46.


quell'uso e di quelle accezioni di 1tlcr·rn; x'tL 1 Xenoph., a11. 3,:!,5; -1,8,7 ccc. E anche P.
nel mondo greco che hanno una particolare Pctr. n 19,1,4 (m sec. a.C.): -rà. mo-'t& oL·
importanza per 1n storia del concetto biblico lìé\>at, "dare l'assicurazione definitiva».
o che offrono un interessante termine di con-
B Cfr. particolarmente Xenoph., bisl. Graec.
fronto con esso.
213,29: -to<ToV•tp 6'ì!Y.f}Lov (è il tradimento del-
2 I vocaboli formati con rw:r-.- sono derivati
dal deponente 1u:ll>oµat ( ~ rx, coli. 1351 ss. ):
I:i lotta aperta: r.polìoo-l11.. 1tO:\.lJ.tOV) OO"Ci,> 'ltO·
),rµloLç µ~v lfvf}pw1toL xat crnÉvliovw.t x<tl.
vedi WALDE-POK. II 139; S. SCHULZ, Die W'ur-
cr.ùl>Lç mO'-rot ylyvov-rtXt, 8v 6'/iv 1tpolìto6vw,t
zel IIEI0 (IIIS) i111 iil1crc11 Griechiscb, Diss.
)...o;µ~civwuL, -rov•1.ii oihr Ècrr.dcra.-ro n<!inon
Bem (1952) 50-58; J. HoLT, Les uoms d't1ctio11
oMEtc; ov•'ÈnlcnEVO"E -.oi.i ÀOL'iCOV. In iscri-
e11 · CJ"l4 (-·nç). Etudcs de linguisliquc grecque
zioni siriache r.W't6ç compare nddiritturn co-
(1940) 36 s.41. 57.63 s. me titolo per indicare l'uomo di fiducia: vedi
J Sc HWnER 1 501.
LIETZMANN, Kor. a r Cor. 7,25.
4 Cosl anche Theogn. 284, dove ricorre il si·
nonimo ?tfo-uvoç che appartiene ugualmente al 9 Eur., Med. 5n: dr. J.B. BuRY, Euripider,
tema 7trn'.l-. 'ltlO'Uvo; è usato in egual senso Medea: Class Rev 3 (1889) 220 b. Per cpl)...oç
anche in Acsch., Pers. I 12. 'ltta''toc; = cptÀoc; O'acpTiç in Platone cfr. A.S.
FERGUSON, Plnto's Simile of Light: The Classi·
s Similmente Plat., lcg. 7,824 .
6 Xenoph., hisl. Gracc. 2,.1>30: -ti}v 'tWV cal Quartcrly 15 (1921) 144.
'AtlTJVO:ltù\I XWPCtV otxdav XIXl 'ltLCT't'Ì]V 1tOLTJ• 11 Thuc. l,141,5 (par. -rb fJÉpa1.ov); 2,40,
uacrl>aL. Cfr. Esichio: mO''t6ç = EÙm:dhiç e 5; Eur., Hec. 956. Cfr. 't'b mO''t'6v -rijç &.À:r1·
TWT'tEUW X't")'. A 1 i-3 (R. Bultmann)

stra /cdelttì 11 • mu'toç non è riferito ad cessivi 15• b) Infedele, infido. Così già in
oggetti o cose in senso stretto, ma so- Omero e poi spesso. Con amO'"tO<; pos-
lo a persone e a situazioni create o so- sono essere definite, oltre che persone
stenute dagli uomini. Ln saldezza del- indegne di fiducia, anche situazioni pre-
le cose viene indicata con BéPcno.; che cal'ie (Thuc. I,120'4) e poi onche so-
può riferirsi anche a persone e a rap- prattutto la parola, il discorso (Hdt.
porti personnli (-7 II, coll. 227 ss.) e 3,80; Plat., Phaedr. 245 e). Cosl é.tm-
può quindi essere in pnrtc sinonimo di <T'toc; assume anche il valore di inatten-
1
mo--.6ç 12 • In particolare mu't'éç può es- dibile, non degno di fede ~.
sere attributo di E7toç, pi]1rn o Àoyoc; u,
3. a) Conformemente all'uso di m-
oppure anche di yÀ.wa'<rcx. 14 , e quindi in
O"t6c;,'ltlG''t'L<; può avere il significato (a-
filosofia si posson() definire 1ttO"'toç o
TM''tD il Myoc; (Plat., Tim . 49 b), la
stratto) di fiducia 17 e in questa acce-
v7t6l}Ea-~c; (Plat., Phaed. 107 b) o l'cbt6-
zione 'ltLO''t"tç può riferirsi sia . a perso-
on~tc; (Plat., Pht1edr. 245 c), e mo-'t6ç
ne che a situazioni (Thuc. I,120,5) e
a cose 16 • Poiché l'idea di fiducia con-
può essere associato ad !Ì.1t05EtX'ttx6c;
tiene in una certa misura anche quella
(Aristot., rhet. 2,r [p. 1377b23)).
d'incertezza, la fiducia può essere con-
2. Analoghi sono i significati di O.m- trapposta alla conoscenza (Soph ., Trach.
cr.-oc;. a) Di/fidente. Cosl in Omero (Od. 588-593)1 come avviene esplicitamente
q,150 e passim) e spesso in autori sue- in Platone 19• Tuttavia 'RL<T'tt<; può nn-

ildw; (Soph., 'J'l'dcb. 398) o ·djç tma-'ti)· Herm. 9,10.


v:'I<; (Thuc. 6,72,4); Plat., Crat. 437 b: xat 11 Hes., op. 372: -n:l<ri:m; &p 't'Ot bµGic; xat
,e, mv"t'ÒV lcnàv 7.U.V't"a:n:a<n a"t}Jl.c.tlvEL. Tal- cimcnlat wÀE<rav t'lvopaç. Theogn. 831: d-
volta -;o;•,O"'t'o; rniò persino significare ve;o, gl'- o-i:EL xpiJµa-c'oÀ.Euo-a, à.-n:tcri:lTJ l»~crawcra.
1111ino. Soph., Oed. Col. 950. I sostantivi terminanti
11 Horn., Od. 1 1>456; Soph., Tracb. 54r; in -'tt<; (-ai.e;) sono in origine soltanto nomi
PimL, Ne111. 10,78 ccc. Cfr. anche l'aus. 1,II, astratti, che soltanto successivamente hanno
3: ma"'t'W<; ~XEW = restare fedele, essere assunto cventuaJi significati concre!i. Come ciò
(!dato. possa avvenire è illustrato chiaramente da W.
l? Plat., Tim. 49 b: 7WJ'1'i;J xat P~~alci> xP1i- PORZIG,Die Namen fiir Satt.inhalte im Griech.
O'Cl.!1ila.L À.6yl(.I. tmd Jndogermaniscben (1942) 115-n7, spec.
13 Hdt. 8,83; Soph., Ùl'd. Col. 625 s.; Po- n5 ove tratta dei costrutti con ot56vat. Ecco
lyb. I5,ì,1. Cfr. yri6:~1µa,-t:t. ittCT-ra nell'iscri- alcuni buoni esempi che mostrano come si pas-
zicne di Abercio (6): T11. KLAUSl!R, rtrt. 'Aber- si dall'astratto al concreto: Xcnoph., bist.
kios' in RAC 1 13. Graec. 7,IA4; lyw uµi:v 'tllV"t''t')V -n:lu't'tV Eµc.tv-
u Eur., I pb. Ta11r_ io64; cfr. Eur., Hipp. 1'0V lìwcrw, ((Vi clarò questa garanzia per la mia
395. persona (lett.: fiducia in me)»=«vi darò que-
I.I Thuc. c,68,1; 4,17,5; Epicuro in Diog. L. sta garanzia per la mia fedeltà»; Horn., Il. I.t,
10,n; DrrT.. Sy/l_J III u6B,30 ss. (iscrizione 198: Sòc; 'VVY ~tot qnÀ6't'l')'tll r.at tµEpov, Era
dd tempio di Asclepio): qui a1tLO"toc; è usa- dice ad Afrodite: «Domani ora la magia d'amo·
re» (lett.: concedimi il fascino amoroso). Cfr
ti) nei due significati correlati: O'tt -.o(vuv
anche i significati del latino fides: r. /ides='fi-
t1.mpooi>Ev &7ttCT't"Et<; (scil. -ro'Lc; imyptiµµo;uw)
ducia'; 2. /idem dare (et nccipere)='dare (eri-
ovx Éovaw &:r.l!1'totc; (<<che pure non sono
cevere) garanzia', 'dare la propria parola'. [DE-
indegni di fede») -.ò À.ot-n:Òv fo,-w 't'Ot, cpaµtv,
DRUNNER]. Per fides cfr. R. HEINZE, Fides:
"Amcnoc; (<dncrcdulo») ovoµix. L'aggettivo
Hcrm. 64 (1929) 140-166.
sostantivo 't"Ò (};;-;tcr-rov significa sfiducia, dif-
fidema in Thuc. 8,66,4. I~ J>Jat., Phaedr. 275 a: o~à 7tLC11'LV -ypctq)'ijç.
Vi Em., Hec. 689; Aristoph., pax 131; Corp. IQ Cfr. specialmente Plat., resp. 6,5II cl-e: (1ui
.»-15 (vr,117i mv-rEuw x-.À. I\ r 3 (R. Bultmann)

che significare co11vi11zio11c e certezza valore è sì allìne n quello di fidatezza


(soggettiva), giacché o6~n µÈ\I !'.m:'t'a.~ (col!. 342 s.), ma ne va per altro distinto
1tlcr-.Lc; (Aristot., an. 3,3 [p. 428 a 18- chiaramente; esso equivale piuttosto
20] ). Parmenide contrappone la t.l<r·n; a quello dcl 1iass. mc;nuE<TÌÌcx:L (Plu t..
à..À.'Y)i>T)c; (/r. I ,30 [Diels 7 I 230,12]: Pericl. 33,2 [I x70 a] e passim; v. an-
verità che dà affidamento, vale a dire che -7 nota 2 5 ). Sovente si sottolinea
fiducia nel reale) alle B::>o'tW\I o6~cx:L 20 • che tale r.lcr-.L.; è un bene superiore al-
Anche Platone parla (resp. 6,505 e) del- la ricchezza 22 • In questo senso 7tLO''CL<;
la 7tLO"'t'Lç µ6vLµoc; (fede salda) e altrove viene associata a 1tapaoox-fi (Polyb. r.
(Tim. 37 be) delle &6ça.L e 7tL<nnc; che 5,5) e a1toooxiJ (Polyb. l,43,4). e) In
sono BÉacx:toL e &.k'rJO<tc;, ma che però senso concreto 1tL<T'tL<; indica la garan-
si devono ancora distingue1·e dal \love; zia che dà la possibilità della fiducia,
e dalla Èmcr-.T}µ'Y). In modo analogo egli ciò che dà a/Jiclamento (o la garanzia
contrappone (resp. lo,601 e) J'bttO''tTJ- della fidatezza) , 1a sicurezza. Anche qui
µ'Y] alla itlcr-.tc; 6pi}1J, Ma sovente 1tlO'·n; si trova anzitutto l'uso sacrale-giuridi-
significn, senza siffatte distinzioni, con- co: T-l<i'tL<:; viene spesso associata a op-
vinzione ferma 21 • b) Come la lingua xoç (Hdt. 9,92; Plat., leg. 3,701 e e
greca consente, 'itl<T·nc; r-uÒ significare passim), e si dice 'ltlv·· mç (7tl0'-n\I)
sia la fiducia che si 1111tr<', come anche 8t06vcx:i e À.cx:µBa\IELV o oÉXEO'ÌÌaL 23 • 7tl-
la fiducia di cui si gode (cfr.-HI, col. <r·nc; è il giuramento di fedeltà, il pegno
x349, o6ça), e indicare quindi la qua- di fedeltà, la garanzia 24 ; onde 'ltlO-'tLc;
lità di chi ?: degno di ficluci11 . Questo può acquistare da un lato il significato

v6T]cnç (intelletto), OL~VOVl. (intelligenza}, 1tl- 22 Gorgias, Jr. XI a, 2r (DIET.S 1 II 299,t.1-r9);


<1't'L<; (fede} ed di<acfa. (verosimiglianza) so- Demosth., or. 20,25; 36,57.
no ordinate secondo il loro rapporto con 21 Hdt. 3,7; Plat., Phaedr. 255 d; Xenoph.,
l'(H:1iftEi.a. Abbiamo un'altra elenco in resp.
hisl. Graec. 7,r,44 ecc. Secondo Plut., Numa
7,533 e-534 a: E'ltL<T-riJµTJ, oLiivoio:, 'ltlcr-riç, d-
16,x (r 70 f) Numa sarebbe stato il primo a
xacrla. Qui gli ultimi due elementi vengono
dedicare un tempio alla m~niç e al dio T er-
riuniti nel concetto di 06~0:, i primi due in
quello di \IOT]cr"L<;: come la v6l)<iL<; sta alla
milms e 'tTt\I µÈV IllO''tW opXOV !Ì'ltO/)E~/;O:t
'Pwµo;lot<; µÉyio:r'tov. Per le raffigurazioni e
Oé!;a, così l'~m<T'ti)µT] sta alla 7tlcr-rtç. Cfr.
I:: immagini della dea Illu-ri<; cfr. dcl resto
o
nncora Plat., Tim.29 c: -rl 7tEp r.pòc; yÉvEcriv
RosCHER III 2512; per quelle dcll:i Fides (con-
ovaia, ">OU't'O itpòc; TILCl''tLV 1H.-i1Dmt. Per il
siderata già anticamente una dea) ibidem 1
concetto platonico di 7tlv·nc; cfr. J. STENZEL,
1481-1483. Cfr. anche Theogn.1135-u38: 'EÀ-
Flato al:r Erzieher ( 1928) .B_J, nell'indice ana-
7.lc; lv &:vfrpw'ltoicn µ6vri DEÒ<; foftM1 f'.vEcr-riv,
litico s.v. 'lt(Ci't'Lc;.
aÀ).ot 8' OU)..uµ?tovlì' Èx'1tpOÀL'lt6\l"tE<; l~o;v.
2'l Cfr. Parm., fr. 8,27 s. (DIELS 1 237,8): 7tl- l!'.>XE'rO llÈV rnn~; .. flEyci.Ì..TJ VE6c;, clJXE'tO o'
7

<1't'L<; <1iì..TJ1h'Jc;. Il Diels traduce «il vero con- &.vlìpù)v l:wcppoa-vvn... Abbiamo la petsonifì.
vincimento», cioè l'essere convinto della realtà. cllzione della '1tl<1-tL<;, lld es., anche nel verso
21 Muson . 35,9 ss.: r.wç o•a_,, èi.ìJ..wc; t.l«ÀÀov (male attestato) che appare in Hes., op. 372
(-7 n. 17) e Soph., Oed. Col. 611: llvncrxEL &~
àv&pwmf) v'ltap!;mv (scii. -Ti b.vlipElo:) 't'i ::i: -;iç
7ttCT'tL<;, ~ÀO:v'tlÌVéL o'àm<1-tlo;, Ilfr;'>L:; è in-
mpt l>ava-rou xal r.6vou ì,c/.ffoL nlai:iv l<Txu-
vocata insieme con Ll.lxri nell'Inno Orfico
pàv wc;
ov· xaxo~v <Svi:oiv mhoi:v; (abbiamo
(proemio 25). Per nlcr-r~<; nell'iscrizione di
I~ locuzione 7tlcnic; luxup6. anche in Plut.,
Abercio(~ n . 1 3J \•cdi P. J. Dor.GER, lrhlhys
Ser/orius 8,5 [ 1 572 b] ); Plot., e;m. x,3,J (p. n ( r922) 482 s.
59,27 ss.): -.à µ~v lii} µa.1)·~1u1.-ru. 80-.fov 'ltpÒ<;
CTV\ldhoµòv Y.tt'ta\loi)crn.i:; x1.1t 7-LU'lEW<; Ù.<1W- 2~ Soph., Oed. Col. 1632: o6c; µo~ XEPÒ:; <1Tj:;
J.lchou. ·d<i-rw &:pxo:lo;v -rÉY.vo~ç. Anche Trac h. n82 s.
347 (v1,r77) mo-'t'Euw x-r}.. A I 3-4 (R. Bultmnnn)

di sicurezza, credibilità 25, dall'altro quel- significa godere fiducia 33 •


'itLCT'fEVEcrl1aL
lo di prova, attestato 26• In senso speci- Dato che anche le parole possono esse-
fico ?tlcr·nc; designa l'attendibilità, la fi- re oggetto di m<T'l'EUELV 3\ il verbo as-
datezza delle persone, la fedeltà 21 • In sume il significato di credere e in tal
modo particolare troviamo aflermato caso può anche avere per oggetto una
che 1tl<r-.ic; è una qualità essenziale al- persona (al dativo) 35 oppure una cosa
i'amicizia (q>LÀ.la) 28 • (all'accusativo); 36; ma può anche co-
struirsi con 1tEpl37, oppure con l'accu-
4. 'TCL<T'TEUW (attestato a partire dal sativo e l'infinito 38 o con una frase
vn sec. ), derivato da ·mo--.6c;, significa introdotta da O't'L (Plat., Gorg. 512 e);
fidarsi, fare affidamento su 29 • Sono og- può essere usato anche assolutamen-
getto di mcnEVEW gli accordi e i giu- te, ma in modo che sia sottinteso un
ramenti (Xenoph., an. 3,1,29; 5,2,9), oggetto 39 • Anche col signifìcato di cre-
anche le leggi (Aeschin., or. in Ctesiph. dere 1tLO''t'EVELV può essere usato al pas-
r ), gli strumenti del potere, gli arma- sivo (Plat., leg. r ,636 d; Atistot., an. 3,
menti (Polyb. 5,62,6) oppure, in sen- 3 [p. 428 b 4]), e in tal caso l'oggetto
so astratto, i dati di fatto 30 o la pro- personale al dativo può diventare il sog-
babilità (Plat., resp. ro,603 b); infine le getto della frase passiva 40. In epoca suc-
persone 31 : in questo caso m<r"tEUELV può cessiva 'TCLO''l'EUWJ significa sovente af-
contenere l'idea di ubbidire ~2 • Il pass. fidare 41 , un uso che in attico è ancora

25 Aristot., eth. Nic. l0,9 (p. n79 a 17 s.); Po- 3,5,2; Xenoph., veci. 2,4.
lyb. 4,33,1; Plut., Demostheues 2,1 (I 846 d). J? Soph., Oed. Tyr. 625; Oed. Col. 174 s.;
Cosl forse anche Thuc. 6,53,2: oLà. 'Jtovripwv Trach. i228 s.: 1tElilou· Tò yap 'tot µtyaÀa
à:vi}pw1twv otlu·nv e anche Plat., Phaedr. mx·
TCtO''tEUcTCl:V't'~µot oµtxpotç a'ltLCTTEL\I 'tTJV
275 a: 8Là. 1tl!T'tL\I ypacpijç (o 1tlO"'tL<; significa poç <1\JYXE~ xapL\I (cfr. 1251). Cfr. J.S. PHIL·
qui fiducia? 4 n. 18). LIMORE, Notes on Sophocles Oedipus Tyrn11-
26 Democr., Jr. 125 (DIELS' n r68,8); Eur., n11s: Class Rev 16 (1902) 338 b (~ nn. 6 e
Htpp. 13ZI; Plat., Phaed. 70 b; Aristot., rhet. 46).
3,13 (p. 1414 a 34 ss.): 'tOV'tWV oÈ 'tÒ µÈv 7tp6- 33 Xenoph., an. 7,6,33; Cyrop. 6,1,39; Aristot.,
ikalç fo'tL, 'tÒ ÒÈ 7tlO"'tL<;, wamp Et "tL<; f)Lt. pol. -'•5 (p. lJ05 a 21 s.); Plut., praec. coni11g.
ÀOl lhL 'tÒ µÈ\I 7tp6~ÀT)µa, 'tÒ lìÈ à.1t61ìELJ;L<;. 36 (II 143 e).
77 Acsch., Pers.443; Thcogn. 1137 (~ n. 23); 31 Ht.lt. 2,n8; Soph., El. 883-886; Eur., Hel.
Xenoph., Hiero 4,1: -rçlO''tEW<; ISCT'tL<; lÀ&.XL!T· 710; Plat., Phaed. 88 d; Phileb. 13 a.
-;ov µt'tÉXEL, 7tW<; oòxt iuy&.ì..ou &.yaitov iu1.- 3; Hdt. 2,120; Aristot., rhel. 2,14 (p. 1390 a
ovex'tti:; 1tola µÈv yàp !;uvoua(c.t 'li8tfo: livw .32 s.): oihE 1téiO"L m<T'tEUOV'tEç oili:E TCii.<lL'J
nfo'tEW<; · 'Tll<; 1tpÒc; à).)..'l'J}..ouc;, 1tola. ò'à.vBpt CÌ.'ltLO''tOVV'TE<;.
xal yu\l<XLxt 'tEp1tVYJ èf.VEU 1tl0"'t'EW<; oµL)..{(.(, 36 Aristot., an. pr. 2,23 (p. 68 b 13): &nc.tv-ca
1toi:oç fiÈ ittpét7twv 1)8ù.; à:TCLO"'t01~µEvo.;; Cfr. yàp m<1't'ElioµEV fJ 81.b. <1\JÀÀoyLO"µOV ~ È!;
Plut., lib. educ. 14 (n 10 s.). t11aywyijç.
28 Xenoph., 011. l,6,3; hist. Graec. 2,3,28; Ari· 37 Hdt. 4,96; Aristot., eth. Nic. 8,4 (p. u57
stot., elh. m. 2,u (p. 1208 b 24); eth. Eud. 7,2 a 21).
(p. 1237 b 12 ): oux fo'ttxL iivw 1tlCT'tEW<; cpLÀlrJ. 38 Hdt. 6,105; Plat., Gorg. 524 a: il ~rw
pa~a:LO<;. Ò'.)(.'l)xoW<; 'l'tLO"nuw à:Àrtfni dvat. Luc., phi-
29 Cfr. E. FRAENKEL, Gricch. Denominativa lops. 32; Plot., e1111. 4,7,10 (p. 138,7 s.); 5,8,
(x906) 179 . I I (p. 246,4 s.). .
.30 Demosth., or. 44,3: i)µE~c; l.lÈV yb.p 'tat.; 39 Soph., Oed. Tyr. 625; Corp. Ilcr111. 9,ro.

1U'l)Dda1<; 1tL<T'tEV0\11:E<;. 40 Xenoph., dli. 7,7,25: 1tLCTTEVi}EI.~ aÀ.i)i>Ev·


31 Thuc. 3,83,2; 7,85,1; 8,81,3 (bis); Xenoph., O"EL\I li ÀÉyEt<;.
an. 1,9,8; Eur., Or. 1103; anche tau'ti;>: Thuc. 41 Plut., apophlh.: Agis lu11ior 2 (n 191 e):
349 (VI,178) m!l''tEUW X'tÀ. A I 4-8 (R. Bultmann) (VI,179) 350

rnro 42 ; questo significato è frequente Oed. Col. 650; Thuc. 4,88). In questo
col passivo del verbo 43• senso viene usato anche il passivo
5. La forma privativa &.mo"'tÉW (de- (Horn., Od. 15,436; Eur., Iph .Aul. 66).
rivata da CX.'lttCT'tO<;) non è assolutamen- Al medio si ha il significato di prestarri
te attestata nell'accezione di no:z esse- (vicendevolmente) garanzia (Horn., Il.
re degno di fiducia, non essere fidati, 6,233; 21,286; Polyb. I,43,5; t8,22,
mentre lo è in quella di essere diff iden- 6). b) Rendere uno fiducioso; in questo
te, incredulo, non aver fiducia 44 • In tal senso viene usato il passivo: esser reso
fiducioso, acquistare fiducia (Horn., Od.
senso è riferito in particolare a parole 45
21,217 s.; Soph., Oed. Col. ro39).
e può quindi significare no11 credere
(Epict., diss. 2,22,23; Plot., emi. 5,8,
I I [p. 246,2 ss.] ). Anche al passivo può 8. Nel greco classivo i vocaboli for-
essere usato così (Xenoph., Hiero 4,r mati con m<T-r· non sono diventati ter-
[ ~ n. 2 7] ). Ne è derivato il senso di es- mini del linguaggio religioso. Certo, la
Jere disubbidiente 4f>, specialmente quan-
do oggetto del 7tLCT't"EUEL\I sono le leggi fedeltà agli impegni assunti è anche un
(Sopr., Ant. 2r9.38r s. 655 s.). dovere religioso 49 , e la fedeltà è stret-
6 . Il corrispondente sostantivo àm- tamente connessa con la pietà 50 • Inol-
<r'tla. significa: a) ma/fidatezza, infedeltà tre 7tt<J't"O<;, che nel senso di fiducioso
(Soph., Oed. Col. 6rr; Xenoph., an. 2, è sinonimo di 7'lauvoc;, può avere per
5,21; 3,2,4) e quindi anche inattendibi-
lità (Hdt. r,193; Plat., Phaed. 88 d); b) oggetto la divinità (Aesch., Sept. c.
sfiducia, dubbio 41• Theb. 2n s.), e &mO'-roc; nel senso di
7. Tra gli altri vocaboli formati con incredulo può anche riferirsi all'atteg-
mO''t"- è ancora da ricordare, in vista del giamento riguardante la divinità 51 • Tut-
N.T., m<T't6w 48• Significa rendere qttal-
tavia 1ttCT't'6c; non perviene in alcun
cuno 1tl.a''to<;: a) vincolandolo, e quindi
rendendolo fidato, mediimte giuramen- modo ad indicare il rapporto specifica-
to, contratto, garanzfo o simili (Soph., mente religioso con Dio o l'attep,gia-

oòx... 'lt~O''fEUE~\I -.oùc; c'lÀÀ.O'tploui:, -.i!> 7tpo- aav); Aesch., Prom. 640; Soph., Trach. u24.
lì6v·n 'tOV<; l6louç. Per i papiri vedi PRI!ISIGKE, 1229 (qui opposto a 7tl.<T'tEUELV; - nn. 6 e
\'lori., .r.v. 32). 1240; Xenoph., an. 2,6,19 (non significa
n Thuc. 2,35,1 (?); Xenoph., mem. 4,4,17 : essere infedele, com'è detto in PREUSCHEN·
'fi\I~ l)'a\I 'TI.<; µtXÀÀOY munucrm ?tCtpct.Xa:· BAUER ', s.v.); 6,6,13.
'Ttdt~a.t il xiriJµa'ta: ft vtovc; t\ ~rtt'tÉpa.ç; H Theogn. 831 <-
n. 17); Hes., op. 372 (~
Cosl anche Xenoph., symp. 8,36 (7ta:pa.xa.-ra.· n. 17); Aesch., Ag. 268; Em·., Hcl. 1617.
'tl1'Ecri)C1.L). ·'3 Cfr E. FRAENKEL, op. cit. (4 n. 29) 150.
4l Polyb. 8,17,4; PRI!ISI!NDAZ, Zaub. II 13, 49 Xenoph., Ag. 3.J:· 1itra. xat xa:ÀÒv X't"iiµa
14c s. (e 445 s.): ò Ù'lto <rou 'taxftEti:, xa:i ... àvopt 01} O''tpa:'tl}Yi!i 'tÒ ocn6v 'TE xcxt ·m-
1t&.Y'Tt:l 'lttO''tEUlMç -.à aMEV'fLx<i., "Hltoç... cnòv dval u xal l>v'fa Èyvwcri)at.
41 Hom., Od. 13,339; Eur., Aie. u30; Ari· 50 Eur., Hec. 1234 s.: o{h'EÒO'E~lj yò:p oUu
stoph., Eccl. 775. Cfr. la massima di Epicar- 1tl.<T'tÒ\I otc; txpi'jv, oòx 6crtov, oò olxc.tto\I EU
mo, Jr. 13 (DrnLs 1 I 2or ,2): viiqie xttt µÉµvcxu' opauEtc; ~Évov.
cim<rn~v· l!p~ptt 'ta:1ha 'ttXV qipevwv. SI Eur., Iph. Ta11r. 1475 s.: IJ..vrt<r<T' 'AM.va,
1S Eur., Med. 927. -.o~cn -.wv 0Ewv Hyotc; o<r'tt<; xÀ.uwv lfot-
4? Hdt. 6,w8 (oòx 1)7tlcr't1]crcxv ~ t-nlcr-.w- <T'toç, OUX op0wç cppo\IE~.
:t) I (VI ,I 79 l m(l'TEUW x;ì•. ;\ 1 8-H 1 (R. Bultm:mn)

mento religioso fondamentale dell'uo- JT . L'uso ellenistico


mo. Neppure 1'.:tcr·nç è divenuto un ter-
m!ne tecnico religioso. Al massimo si l . Dall'uso filosofico all'uso religioso
può dire che al vocabolo era intrinseca Mentre nel mondo greco antico la
In possibilità di diventarlo, perché 'ltl- convinzione dell'esistenza di esseri divi-
a·nç nel senso di fidam di, fare affida- ni si esprime di solito con voµlsEL\I s9,
mento su può riferirsi ad un oracolo di- in epoca successiva viene usato anche il
vino s? e nel senso di convinzione può verbo TCL<T"t'EVELV, dal momento che esso
nnche avere per oggetto l'esistenza del- può assumere il significato di credere
la divinità 53 • Anche per un uso religio- (-?col. 348).
so di rrn:r·n:urw, CÌ7tLCT'tc::i:v e &.7tL1nla si
Tale uso linguistico si va formando
trovano nel greco classico soltanto pos- nella discussione contro lo scetticismo e
sibilità germinali. Nel senso di aver fi- l'ateismo. Cosl Plut, superst. I I (n 170
f) dice: oùx otr'tct.L i}Eoùç E!va~ 6 lfi)Eoç,
ducia m<T"t'EUEl\I può riferirsi alla 'tU·
b oÈ oEtcrLocx.lµw\I où BouÀr"t'ttL, m<r"t'EUH
xri 54 , ma anche alla divinità s:;. Nel senso o'lJ.xwv· cpO~Ei:"t'tt~ yà.p <ÌmCT"t'ELVro, «l'a-
di prestar fede può avere per oggetto sia teo non crede che gli dei esistano; il su-
parole umane sia oracoli divini 56 , ma perstizioso non vorrebbe, mn ci crede
contro voglia, perché ha paura dell'in-
anche la divinità stessa 57 • Lo stesso va- credulità». La fede nell'esistenza degli
le per rh:tCT'tEt'.1 e ò:mcr-.la 58 • dèi possiede certo una sua sicurezza, ma

~~ Soph., Oed. Tyr. 1445: xa.L yàp crù vvv ~ Acsch.,-Pers. 800 s.; Xcnoph., ap. 15; Luc.,
;liv -rii> 1'E~ nl.,-·nv <?~po~ç. «ora potresti nn· Alex. 11.
=
che tu prestar fo<lc al dio ( all'orncolo cli A- S1 Soph., Phil. 1374 : i>Eoiç 't'E 1tLcrnucrav'Ta
pollo)». È improbnbile che in Emped., fr. 71,1; 'toi:c; 't'ȵo'Lç MyoLc;.
n4,3 (DIELS 1 I 338,1; 356,2) 1t(O''Tt.ç signi- 53 Hdt 1,158 ('t'i;i XPTJ<Tµl;J); Eur., lo11 557
fichi /ede (nella rivelazione divina), come so- ('Ti;'> i!El7' yovv oòx àmcr"CE~v Elxoç) 1606;
stiene \V/. NESTLE, Vom Mythos wm Logos Plat., Tim. 40 d-e.
(1940) 113. In questi testi 1tlO''Tt<; significa 59 Aesch., Pers. 497 s.; Aristoph., nub. 819;
piuttosto co11vinzio11e; ~ col. 345. Plat., ap. 24 b (accusa contro Socrate); Xe-
SJ Pl:tt., leg. 12,966 d: aprx ovv (O)lEV 8·n noph., mem. 11111; Plut., Pericl. 32 (1 169 d):
M 'tO''TÒV -r~J mpt &twv liyov-rt tZç 7tla'·nv, Dicpide propone un progetto di legge che
OO'C1. od1).~011EV ÉV 'Torç 1tpo0'1kv (cioè la na- disponga ~di denunciare coloro che non cre-
tura dell'anima e l'ordine dcl cosmo). Una dono negli dèi (elua:yyiÀ).eai>o:L 'TOÌJ<; 'tà
t:ile nlcr'Ttç costituisce il presupposto per es- Defo. µ7) voµ(~oV'Tttc;)». Luc., !tip. trag. 42.
sere bto<rt~liç (967 d); essa manca allo li1'Eoç Cfr. Pseud.-Luc., Syr. Dea 2: 1'ewv lwol'l)v
(966 e; 967 a.e). À!:t.~dv. --. VII, coli. 1237 s. Cfr. inoltre la
51 Thuc. 5,104; 112,2; Aristot ., rhet. 2,17 (p. recensione di K. LATTE: Gnomon 7 (1931)
1391b1 ss.); Plut ., apophth. lnc.: I.eolychides Ilo; J. TATE, Greek /or 'Athcism': ClassRev
1 (u ~24 d). 50 (1936) 3-5; In., More Greek /or 'Atheism':
5s Aristoph., 1111b. 437; Thuc. 4,92,7; Acschin., Class Rev. 51 (1937) 3; K. KERÉNYI, Die an·
0111/io in Ctesiph. li Pseud.-Plat., Epin. like Religion (1940) 77-79; B. SNELL, Die
980 c. Per Tt(<11Jvoç (--. n. 4): Hdt. 7,153 Entdeckung des Geistes (1946) 4r s.
8,143 . Cfr. Vergil., Aen. 2,402: Heu nihil ff.l Luc., pset1dolog. 10; vlJ µoL liox~iç ... -.à
fovitis far q11emq11nm fidere divis. 'TOLctV'TCX. ÀÉywv ov8È ileoùç Elwu 1tL<TnVELV.
353 (v1,179) mu·m'.iw X"tÀ. A II I (R. Bultmnnn) (v1,180) 3'.J4

non è cosa ovvia e anzi presuppone il su- ta è: la divinità stessa che guida l'incre-
peramento di una difficoltà oggettiva 61 • dulo alla fede <>t. In tal caso è chiaro che
Che la forza divina che governa il mon- la nicr·nc; non è solo una convinzione
do sia invisibile non deve rappresentare teoretica, ma è al tempo stesso pietà
un ostacolo a credere in essa 62 • E secon- (EÙCTÉ~Eio:). La fede negli dèi è al tem-
do Plotino(~ n. 21) l'uomo deve essere po stesso fede nella provvidenza divi-
educato dalla scienza a credere in ciò che na 65 e Plutarco pone in rilievo l'aspet-
è incorporeo, perché soggetto della fede to devoto di una siffatta fede 66 • Por-
non può essere l' o:l'.crl}11a~c;, che riguar- firio descrive come la fede determini il
da gli oggetti corporei, hensl soltanto il modo di vita 67 • Rientra nella fede in ciò
vouc; 63 • Secondo Vcttio Valente talvol- che è invisibile anche la fede nell'im-

61 Corp. Herm. 4,9: "tà. µ!v yà.p cpmv6µEva. 11:pciyµa.-roc;... µiiÀÀov oÈ OÀWC, -rà d:XLVT)"tr.t.
"tfpTCEL, "tcX o~ d:q>a.v'i) OVum<T"tELV 7t0LEL. XL\IELV 't'i'jc; nEpt DEWV o6çl')c; i'ìv ~xovp,EV, 7tEpt
62 Pseud.-Aristot., mund. 6 (p. 399 b 12 s.): ExcÌ'J'"tOV Myov 6.7tr.t.L"tW\I xa.t a'lt60Ed;w· &.pxci:'
l'invisibilità del governo divino dcl mondo yàp 1i 7tthpLoc; xa.t 7tCXÀ.r.t.Là tdO'"tLc; ... à,)..)..'~llpa.
ouoo;µwç fr-.w fµ7tolìtov o\hE lxd\ll] 7tpÒç "ttC, a.ih11 xa.t Pautç Ùq>E0'1.'WO'a. xoLvlj 7tpòc, Ev-
"CÒ opéiv, oll"CE i)p.LV 7tpÒç 7tt!1"tEUO'IXL. Cfr. <TtPELa.v, Eàv Ètp'Èvòç -rapd:"C'tT]"tr.t.L xa.L 11a.-
però già Heracl., fr. 86 (DIELS 1 l 170,5 s.): ÀfV1')1.'r.t.L 1.'Ò ~tPrxtov a.ù"tiic; xa.L VEvoµt-
à).)..à "t'WV µÈv -l}Elwv "tà. 'ltoÀÌ..CÌ, xa.a"Hp6:- r;µÉvov, Èmuq>rxÀi}ç ylVE'ictt nii.crL xa.l uno-
XÀEL-rov, à.m!T-clT)L Òta.q>vyyd:vEL µ1} "(L)'\IW· '!l:'t'OC,. Is. et Os. 23 (II 359 f): la spiegazione
<TXE11&a.t, «la conoscenza del divino si sottrae cvemeristica dei miti potrebbe Él; oùpa.voù
pt•t la maggior parte alla comprensione perché µ f."trlq>ipEW btL yij\I ov6µa."tlX Tl')ÀLXa.iha. xo:t
non vi si crede» (cosl DIELS 2 l 74,34 ss.); ';'Lµ'liv xa.t nlu-ctv ò)..lyov oEi:v ana<Tt.v Éx
cfr. Plut., de Corio/a110 38 (l 232 c), che si ri· 7tpW"tT)ç j'E\lfoEWC, ÉVÒEOuxui:a.v l!;tcr-rtiva.L
chiama alla sentenza di Eraclito parlando della xa.ì. civaÀ.vn\I. ~ n. 77.
1tlCT"t'tç nel carattere meraviglioso della ouva.· ~1 Porphyr., Mare. 21 ss. : ...-l}Eòv ol ~v Elva.t
µLe; divina. voµlt;ov'\"Ec, xa.L ototxdv i.i:rta.v1.'a. -rou•o yÉ·
6l Plot., enn. J,8,11 (p. 246,2 ss.): 'l;Ò ouv prxc; ÉX"tofia'a.v"to lltà. -r1jç yvwtrEWc; xat "tijc,
CÌ.71Ll1'\"0VV 'lÌ a.t11~crlc; ÈO'"tLV, ò lìÈ li.ÀÀoç ( = PEPala.ç 7tfo"tEWC,, -cò µEµa.~xtva.t iht U7tÒ
il vo\ic;) ÈO'"ttv Ò l&wv· i), El à.m<T"tOL xaxE~Voç, Dwu npovoEi:-rrxL miv•a: xo:t Etutv aneÀoL
oùO'&v aÙ'tÒV 7tLO''tEUO'ELEV riva.L. -l}Efol "t'C: xa.L &.yaDot òa:lµovEç l:n6n-rat 'l'Wv
64 Vett. Val. 9,1 (p. 331,12 ss.): (;i chi ha rico- r.pa"t'-roµÉvwv, oOç xa.t )..o:l>ELV ò.µiJxa.vov.
nosciuto la legge nel mutamento della vita xa.t lll) '\"OU"tO o\hwç ~XEW 1tE7tELoµÉVOL q>U-
viene la divinità; a chi invece non l'ha rico- Àa"C'tOV"t'r.t.L µÈv µ'!Ì oLa.7tl7t1.'Etv 1.'oi:'c; xa."tà.
nosciuta, essa si nega) o7twç SLà -.ov"tWV o! -ròv Plov, 1tpl> oi!JEt.lC, ~xovw; 1.'TJV "tWV DEWV
ciµa.aet:ç xa.L DeoµaxoL 7tW"ttv È\leyxò:µevoL ò:va.7.68pa.11-rov ~cp6pa.aw· eùyvwµova. oÈ fHov
xat l'\"eiLpol )'E -rfjc; aÀ.T)/)da.ç j'EV6µEVOL X"tT10'ci.µevoL µa.vM.vou01. Deoùç yivwcrxona.l
\ma.px't'ÌJV xaL <TEPciol.UO\I "t'ÌJV Èml1"ti)µT]V "tF )'LVWO'XOµÉvotç lleoi:ç. (21) ot lìÈ µ1)"CE
xa't"a)..6.~wuw. ELvat Droùç ntu-rrvua.v-rrc, µi)-re 'ltpovof.q. i>rou
6-' Plut., ser. num. pun. 3 (n 549 b): on -ri)v OlOLXEi:u'i}a.L '\"cX 1$)...o;, Ò(XT)C, x6)..a.aw 'ltEmivDaO'L
7tl<1'TW 1} ppaS\i"tT]ç Ò:q>a.tpEi"t'ct.L "t'Tlc; 1tpo- -rl µiJ-iE ÉCX.V"toi:ç 'ltLO'"CEVELV µ-ljD'htpotç éht
vo(ac;. Per à.m<Tdw e 8.mcr'toc; riferiti alla l)eol El01. xo:l oùx aÀÒyl!l cpopij. òtotxEi:'tat 't'.X
potenza miracolosa della divinità 4 n. 15. 7t6.v-ra... Essi agiscono senza alcuna legge, Ò:·
M Plut., Pyth. or. 18 (n 402 e): Se~ yàp µ1J vaLpri:v 7tELpwµEvot -rTiv 'ltrpl -lleoùç ùn6l11\)iiv.
µaxe<Ti)aL 7tpòc; '\"Òv l>eòv µT]S'd:vatpetv µE'tà. xat sri "tOV"tOUç µÈv ciyvola.c; ~\IEXa xa.t U1tt·
"t'fjç µaV'fLxfjc; a11a "tTJV 1tp6VOLO:V xaL "tÒ O'"t(rxc, Drot òta.qm'.iyov01.v... (23) x8.v &toùç 'tt-
i>Efov, à.)..)..à -cwv vnEvanLoo<r&cu ooxovv-rwv µiiv orwv"ta.L xa.t 7tE1tELC7&a.t Eiva.t l>eovc;, UPE·
À.VO'ELc; lml;TJ"CEtV, -ri)v ò'eÙO"ePTi xa.t 'lta"tpLOV -rijç OÈ aµEÀWO'L xa.t O'O<pla.c,, i'}pVT]V'\"IXL DeoÌJç
µ1J 7tpotecrllaL nlu'tw. amat. I3 (n 756 ab): µr- xa.t à.·nµcit;ouow. ou"tE yàp ll).oyoç 1tiO''tLç
yà.)..ou µOL OOXEic; ibt"CEGl}a.L... xa.t 1tapa.p6)..ov o(xa. "COV òp'i}wç ( l;Tjv) Em"tux7ic; i>EOU, OU"t'E
355 (vr,180) m!T'tEVW x-.J.... A II 1 -2 (R. Bultmann)

mortalità dell'anima 68, anzi la fede nel- gli uni (i cristiani) predicano un salva-
la propria appartenenza al mondo divi- tore, gli altri un altro, ma tutti dicono:
no 69 e la fede in un giudizio successivo 7tlO"-tEVcrov, EL crwftl}vat DD..Etç, Tì èiTct~~.
alla morte 70 • S'intende quindi come per «credi, se vuoi essere salvato; altrimenti
Porfirio (Mare . 24) la 1tlcr·rn; sia uno vattene!». Gli scritti ermetici riflettono
dei quattro O"'t"OLXEL!X (~ n . 67) 71 • tale uso linguistico 73 : seguendo la par~­
la della predicazione, il '\loiiç si eleva alla
verità e perviene in tal modo alla fede,
2. L'uso linguistico della propaganda re- xat -tfi xaÀ:n 1tLO"'t'Et ~7tavrnauO"a't'o 74 ,
ligiosa 71 «s'è acquetato in questa bella fede» . Co-
sl Lucio, iniziato ai misteri di Iside, di-
L'uso di 1tLO""'t"tc; come termine tecni- chiara: piena iam fiducia germanae reli-
co religioso ricevette forte incremento gionis obsequium divinum frequenta-
dal fatto che 7tLO"'nç divenne un termine bam (Apul., me/. n,28). Quest'uso è
del vocabolario non solo cristiano, ma presupposto anche nella litania di Jsicle
(P. Oxy. XI x380, 152): opwcrl CTE ot
di tutte le religioni che praticavano il xa"tà -.ò mcr-tòv Èmx<X.À.ovµi;vot, che può
proselitismo. Ogni predicazione di tipo significare soltanto: «ti vedono coloro
missionario esige la fede nella divinità che ti invocano come si conviene al rap-
porto di fede (fra Dio e l'uomo)» opp;:1-
che annuncia. re: <( ...al modo dei credenti» 75 • Lo stes-
so uso presentano le Odi di Salomone:
Cosl Celso (come ricaviamo da Orig., «La grazia è rivelata per la vostra reden-
Cels. 6,u [GCS 80,3 .3 ss.]) dice che zione. Credete e cosl vivrete e sare~e r~-

µi)v -.6 'tLµliv ftEOO'E(3tç ilvEU 'tOV µcµab-r}- e:cemplis, nec minis, sed ipsa passione poe-
xtvaL li'tf.t.l -.p6n:f.t.l xalpEL 'tÒ ftE~OV 't'L~ 11mw11 (ScoTT 1 366,20 s.).
µn1ov ... (24) ...-tlrro-apa <T't'OLXE~a. µà.">.ta-ca 7t Similmente negli oracoli caldaici la nla-t1.ç
xcxpa-n'.l\ll>W 'ltEpt ftEoii· 'ltlu-ri.ç, à.}.T]ftHa., costituisce una -rpuU; insieme con I'à').1)1)~to;
E~, tì..7tlç. TCLO''t'tiicra.L yàp lie~ lht µ6Vl) crr»- e npw<;: W. KROLL, De oraculis Chaldaicis,
't~lPUt 'ii 'lt~ 'TÒV fttòv lm.cr-tpoqni, xat '711.<T'tEU.. in: Breslauer Philologische Abh. VII z (1894)
<Ta\l'ta wç :l'vt JA«).tcr-ra irnovMuat 'tÒ.À.1JDij 26.
-yvWvat ntpl a.Ù'tov, xat yv6v'ta lpaaDfivat
-.oii yvwal>Év'toç, ÈpacrDtv'ta. li~ O.:rclaw
72 Cfr. RmTZl!NSTEIN, Hell. Mysl. 234-236; O.
KITZIG, Die Bekehrung dcs Paulus ( 1932) 176-
iìya&a~ <tpÉqmv -rlJv. tliuxiiv lità. -.oii (Jfou.
180.
6, PJot;, enn. 4,7,10 (p. 138,6 ss.): se ogni uo-
mo avesse un'anima divina, oùlìdc; oihwc; (liv) 7l In Corp. Herm. 4A al cuore umano sono ~i:
i'jv lt'ltl.CTTOç W<; µi) 1tLO"tEUEW 'tÒ 't"ijç ljluxijc; volte queste parole: {ià.ITTt.crov O'Eau-rl)v ti òu-
aÙTo~ 7t6.\l't1) à@à.va-rov E!vat. Cfr. ScoT'l' vaµl~ ti.e; -roii'to\I TÒv xpa't"ij~a (che Dio ha
I 370,9 ss.: chi si è fatto illuminare da Dio
inviato dall'alto), 1't 'ltt<T'tEUOUO'tx. g-. n «vEMVO'fl
cd è libero dalla sua r:atura mortale immor- 7tpÒç -r6v xa-.a'lttµljiav-ra -còv xpa-rijpa. In
talitatis Juturae concipit fiduciam. Corp. Herm. 1,32 il credente confessa: !iiò
69 Plot., enn. 4,8,r (p. 142,10 ss.): ito}.).6.xi.ç;
mO'TEUW xal µap'tupi;)· eic; t;w1)•1 xat qiwç
tyEtp6µtvoc; ttç lµauTÒV ... i>auµaO"'tÒ\I 1)).(,. xupbi.
7• Corp. Herm. 9,1'o: il testo non è purtrop·
XO\I 6pbiv x&.ì..À.o<; xat ·djc; XpE(TT0\10<; µol-
pa<; 7tt.cr-tEUC1a<; T6n µ«).icr-.a Etw.u. po del tutto certo; dr. Scon 1 185,25-186,-4
10 Scorr I 36616 ss.: la incredìbilitas humana e REI'l'ZENSTEIN, Hell. Mysl. 235.
disdegna di credere ad un giudizio dopo la 7S Cfr. R. REITZENSTEIN, Dìe Forme/ Gla11be,
morte; ma gli increduli (i11credibiles) ... posi Liebe, Hoffnung bei Paulus, NGG, P.hilolQ·
ddicla cogenl11r credere, non verbis, sed gi~ch· hist. Klasse (1w7) 132.
3.57 (vr,181) 'ltLO"·miw Y."t'}v, A n 2-3 (R. Bultmann) (VI,182) 358

denti» 76• Il verbo m<r't'EVEW ecc. ricorre tezza, nei due stoici seriori Epitteto e
nel contesto della credenza nei miracoli e Marco Aurelio. Dice Epitteto (diss. 2,
della {ede nella dottrina anche nella leg- 4,r ): ò èX.viJpw1toç 1tpòç 1tLO"'t'W yÉ"(O\IE'V
genda pitagorica 77 • Infine tale terminolo- xat "tOU't'O ò civa.-tpÉ'lt!.ùV iiva.'t'pÉ1tEL "tÒ
gia è penetrata anche nella magia 78 • È ~SLov 't'OU ~viJpw7tov, «l'uomo è nato per
dubbio se la 'vergine della fede' con la la fedeltà; e chi la sovverte, sovverte ciò
quale, secondo un'iscrizione aramaica è proprio dell'uomo». Alla base di sif-
della Cappadocia, il 're Bel' si unisce fatta valutazione si trova la distinzione
in matrimonio sia da intendere secondo stoica tra le cose che sono Ècp'T)µi:\I e
il ·significato suddetto. Sembra piutto- quelle che non sono Ècp'T)µi:v. L'uomo
sto che la 'vergJne della fede' sia la per- deve configurare la sua 1tpoalpE<Ttç in
sonificazione dello zoroastrismo 79 . Il ti- modo ch'essa s'indirizzi solo verso -tà
tolo dell'operà gnostica Pistis· Sophia ecp'T)µ~" e sia quindi <TVµcpwvoç 'tU cpu-
attesta la personificazione mitologica O"EL. In tal caso la npoalpE<rLç è m<r-c1}
della Illcr·nç. Questa particolare perso- ed egli stesso, che rivolge ogni sua aspi-
nificazione tuttavia può risalire all'uso razione solo all'tq>''Ì)µt\I, è un 1tLO"'t6c;,
cristiano 80• un uomo <{degno di sicura fiducial>
(Epkt., diss. 1,4,18 s.), il suo 1)yel,.i.ovt-
3. L'uso linguistico della Stoa x6v è mo--t6\I (Epict., diss. 2 ,22 ,2 5 ). Di
conseguenza 1tl<T'ttç è la saldezza del
Nella Stoa antica l'atteggiamento di carattere ed è sintomatico di tale acce-
7tlo-·nç ( = fiducia) è proprio del <rocp6ç, zione che mo-'t'6c; e '1tl<T-rtc; vengano u-
in quanto essa è una xa:tciÀTJlfitç tcrxv- sati assolutamente, senza esigere più la
pci, ~E~CX.tOUO"<X. 't'Ò U7tOÀ.a.µ~ct\16µéVOV presenza di un oggetto: 1tt<r't6ç non è
(Chrysipp., fr. 548 [v. Arnim III r47,9- che l'altl'a faccia di fÀ.Evi}epoç, un ter-
r r'J ).' La 1Cl<r·nc; hà poi acquisito parti- mine col quale non di rado è connes-
cofore valore nel sensò di fedeltà, fida- so 81 • Come Dio è mcn6ç ed H.evih:poç,
- .
76 O. Sai. 34,6; cfr. inoltre 4,); 8,XI; 28,3; ')'GUV tnl<r"t'EVOV xat 'ltrtpEL}v1}q>EO"ClV 'ltEpL wv
29,6; 35,5.13; cd i 'credenti':4,3; 15,10; 22,7. 8oyµa-rlt;ouuw lh~ oux tlJIEU8olìo~11't'a~.
Naturalmente non è possibile determinare con n PREISENDANZ, Za11b. 1 4,1012 ss.: la divi-
cs2ttczza fino a che punto negli scritti man- nità viene cosl invocata : 6 t'ltt 'tTJ'i 'tOV x6-
daici e manichei il discorso sulla fede sia ra- oµou xEqia}vijç xGtM]µEvoç xaL xplvwv 't'lX
dicato nella storia generale della · religione el- 1tciV"tO:, 'ltEPL~E~À'YjµÉVoç 't<';l 'tijç «i}v'!}bElaç
lenistica e quanto sia influenzato dall'uso lin· xctt nlO'-rEwç xuxÀ~. xn 228 s.: una formu-
i;i:iistico. cristiano. Cfr. H. JoNAS, Gnosis und la di esecr112ione dice: tyw . Ti Illcr-tw tlc;
spatantiker Geist I 2 (r954) 137 ed il mate- avl)pW'ltOVç EÙpE6E~O'C1. xat 1tpOqnlTI')ç 'tW\I
1:iale raccol~o in -:+' WrssMANN 44 s. 0:.y(WV ovoµci'tWV Etµl.
77 Iambl., vit. Pyth. r38 (p. 78,r7 ss.) dice dei n M. LIDZBARSKI, Ephemeris 1 (1900) 69;
Pitagorici: '1tiiai yàp mO''fEUOUO"L 'toLç 'tOLOV· REITZJ::NSTEIN, Hell. Mysl. 23,; H. GRESs-
'tO~ (cioè ai µvl)o>..oyouµEvo: riguardanti i MANN, Das religiomgeschichtliche Problem des
&ELoL lfvbpw'ltOL) ... Wç OVlÌÈV &.in<r-;oOV'tEç (l Ursprungs der hell. Erlosungsreligion: ZKG
·n 8.v t~ 't'b i)Efov 6.v6.rn,.«i. 148 (p. 83,18 N.F. 3 ( 1922) 186.
ss.); qui dice di Pitagora: U7tTJPXE lìÈ «v-tii'> sa C. ScHMrDT, Pistis Sophia (1925) XXI; cfr.
CÌ.'ltÒ "tTjç EUO'E~Elaç x«l ii 1tEpt DEwv 'ltlO"'ttç la personificazione della IIlui:Lç nell'iscrizio-
(-+ n. 66). mxpi)"('YEÀÀE yàp 1ht 1tEpt bEWV ne di Abercio-+ n. 23; Ign., Sm. l0,2: Gesù
(.l'l'JSÈV i}11uµo:a-ròv à'ltW't'E~V µ'l)SÈ 'ltEpt itElwv Cristo stesso è chiamato Ti 'tEÀEltx 7tlO''tfA; (var.
lìoyµci.-.wv, wç miv-ra 'tWV DEWV 8vvaµivwv. ÈÀ'ltlç).
xat "tà i>E~IX 8È li6yµ<.t'ttx . ÀÉYELV (oic; X'PoQ 81 Epict., diss. I,4,IB s.; 2,14,13; 22,27; 4,
ma't'EVEW) &. IIultctp6paç 'ltctpl/foJxEv. ov"t'wç 3,7.
359 (vr,182) mo"tEUW X't'À. A Il 3 - B I (R. Bultmann-A. Wciser)

così deve essere anche l'uomo (Epict., gico cede per lo più il passo alla vi-
diss. 2,14,13). La natura del m<r't'6c; è sione teocentrica. Per l'A.T. la fede è
ulteriormente precisata dai frequenti
nessi di 7tL<r't6ç con a.lol]µwv 82, e di sempre reactio dell'uomo all'actio pri-
7tLCT'tLç con a.lowc; (~ 1, col. 456) 83 • maria di Dio. Inoltre, dato il carattere
La 7ttcr·nc; è dunque in primo luogo un comunitario della religione veterotesta-
comportamento dell'uomo verso se stes-
mentaria nell'età più arcaica 85 e la con-
so, non già verso altri. Proprio perché
è fedeltà dell'uomo a se stesso, la 7tl- seguente difficoltà per la comunità di
CT'tLç consente però anche un corretto esprimere la propria vita interiore, la ric-
rapporto dell'uomo con gli altri: chi è chezza espressiva dell'uso linguistico co-
mcr't'oç, ossia fedele a se stesso, può
essere anche mcr't'oc;, fedele, nei con- mincia a dispiegarsi ulteriormente quan-
fronti di altri. Soltanto costui è capace do l'individuo si svincola dalla collet-
di vera amicizia 84 • tività e, in seguito a una propri:i espe-
Nella Stoa 7tlcr·nç non ha quindi un rienza interiore, considera con interesse
significato religioso, non indica cioè un particolare il comportamento dell'uomo
rapporto dell'uomo con la divinità né verso di Dio. Cosl i profeti hanno dato
implica che la divinità e il suo governo un nuovo impulso creativo alla ricchez-
siano oggetto della 7tW't'tç. La 7tlO''t'L<; za del linguaggio riguardante la fede ap-
costituisce tuttavia un atteggiamento profondendone i contenuti, ed è nei
religioso nel senso che l'uomo, in quan- salmi, vale a dire in quella letteratura
to 7tLcr-.6ç, ÈÀ.Eui)Epoç e a.lol}µwv, attua che più di altre esprime la religiosità
in essa la sua affinità con Dio. individuale, che si registra la massima
R. BULTMANN e più varia espansione del vocabolario
riguardante la fede.
B. IL CONCETTO NELL'A.T. Un'indagine sulla fede nell'A.T. non
può trascurare un dato di fatto rilevan-
I. Dati generali te, ossia che per esprimere i rapporti
Se per fede s'intende in senso molto dell'uomo con la divinità si fa ricorso
to generale il rapporto dell'uomo con la a due gruppi semantici sostanzialmen-
divinità o il suo comportamento verso te diversi, anzi addirittura opposti: il
di essa, allora gli enunciati dell'A.T. ri- timore e la fiducia, due elementi di cui
guardanti la fede non hanno alcun ri- si avvertì sino ad epoca tarda il carat-
salto particolare. L'interesse antropolo- tere antitetico e che tuttavia sono sem-

8l Epict.; disr. 2,2,;j.; 4,2; 3,28,18 ecc. <n6c; e q>tÀaÌ..À.7)À.ot;. Cfr. inoltre 2A,l·3 e
2,12: 7tEpl q>LÀUx<;: solo il mcr't'6c; è capace
83 Epict., diss. 1,3>4; 3,14,13; M. Ant. 3,7; di amicizia.
5,33; ro,13 ecc. as Vedi F. BAUMGARTEL, Die Eigenarl der al./i-
84 In Epict., diu. 4,r 1126 sono coUegati m- chen Frommigkeit (1932) 20-15.49-63.95-103.
m<1't'EUW xo:)... B 1 (A. Weiser)

pre v1cm1, s1 compenetrano l'un l'al- te; è inoltre usata 23 volte in senso
tro al punto che sovente il timore di profano. La forma nif'al fìgura 45 vol-
te: è usata 12 volte a proposito di Dio
Dio non è che espressione di fede 86 • stesso, e solo 3 volte a proposito del
Tale viva tensione, che si esprime in mpporto dell'uomo con Dio.
termini linguistici antitetici, tale pola·
rità dinamica del rapporto con la divi- Ci si deve domandare se la statistica
nità ha un'importanza fondamentale per numerica dell'uso delle singole radici
comprendere che cosa sia la fede per verbali, secondo cui la radice 'mn/m-
l'A.T. 87 cr'tEUELV si trova solo ai quarto posto,

Sotto l'aspetto statistico, l'uso dei sin- dia un quadro esatto dell'importanza
goli gruppi di termini si presenta così: qualitativa delle singole radici nominali
i termini indicanti il timore e la fiducia
come espressione del rapporto con Dio nell'A.T. (sì che l'uso di 1ncr'tEVEL'\I nei
sono in numero più o meno uguale LXX e nel N.T. debba figurare come
(compaiono gli uni e gli altri circa r 50 scelta arbitraria di una radice che nel-
volte). Quanto alle radici verbali del
l'A.T. era meno importante), oppure
secondo gruppo, l'uso di bt/J è quanti-
tativamente al primo posto: 57 volte se il N.T. si sia rifatto ad una forma
con significato religioso (di cui 3 7 volte essenziale e fondamentale per la con-
nei salmi e 3 volte riferito ad idoli), 60 cezione della fede nell'A.T., avvalen·
volte con significato profano. Segue bsh:
34 volte (di cui 24 volte nei salmi) in dosi di un'espressione che rendesse in
senso religioso, 5 volte in senso profa- modo completo ed efficace il pensiero
no. Poi vengono i verbi della speran- veterotestamentario sulla fede. Dal mo-
za: qwh: 32 volte riferito a Dio (di cui
r 2 volte nei salmi) e r 1 volte usato in mento che nessuna delle radici menzio-
senso profano; ihl : I 5 volte in riferi- nate ha un'origine specificamente religio-
mento a Dio, 14 volte in senso profano; sa ma sembra derivare il suo uso religio-
hkh: 6 volte riferito a Dio, 8 volte in
so da quello profano, per precisarne il
~enso profano; la forma hif'il di 'mn
(solo per questa forma i LXX usano il valore è necessario muovere dall'accerta-
sostantivo 7tlcr·nç e derivati) viene in- mento del valore specifico delle singo-
vece riferita solo IJ volte direttamente le radici osservandone l'uso profano e
a Dio; viene associata ro volte in senso
religioso con la parola, il comando, l'o- tentare, su questa base, di delineare il
pera di Dio oppure usat:> assolutamen- quadro della loro evoluzione semantica.

86 Ad es., Gc11. 20,u; 22,!2; Is. 8,t3; II,2; denheilsgefiihl, «sentimento di distacco e u·
Prov. 1,7; Ps. 19,ro; nr,ro ccc. nione», usate da Hempel perché per l'A.T. il
timore è più del senso di minaccia e anni-
a1 J. HEMPEL, Gott 1111d Me11sch im A.T.', chilamento della propria esistenza, e la fidu-
DWANT (1936) 4-33.233-249. Evito voluta· cia-fede implica un particolare modo di esse·
mente le espressioni Abstands- tmd V crbu11· re che va oltre l'attaccamento o l'unione.
m~-cEÙW X'tÌI.. B 11 I·2 (A. Weiser)

Il. La radice 'mn e termini affini (~ ne comune con saldo, fermo, sicuro, al:
r, col!. 62 5-640) tendibile ha un valore soltanto approssi-
mativo e non giunge a toccare il signi-
r. La forma qal di 'mn, usata soltan-
ficato fondamentale ultimo 89• Questo
to al participio, ha un ambito semantico
significato traspare soprattutto nell'uso
molto ristretto. Il participio qal è rife-
profano quando il verbo è connesso con
rito alla madre, alJa nutrice, al curatore
un oggetto, ad es. con un luogo, per
di un bambino (2 Sam. 4,4; Ruth 4,
esprimere la sua idoneità a un dato
16; Num. rr,12); sostantivato indica il
scopo (Is. 22,23: «lo conficcherò corrie
tutore, il curatore (2 Reg. ro,r.5; E-
un paletto in un maqom ne'b11ii11», o
sther 2 ,7; [1r. 49 ,2 3] ). Il participio
con una dinastia (progenie) per dire
passivo indica il bambino che è stato
che non si estinguerà (I Sam. 2,35;
avvolto nella porpora (Lam. 4,5), il 90
nif'al (Jr. 60,4) i piccoli che vengono 25,23; 2 Sam. 7,r6; I Reg. n,38) • In
portati dalle madri sul fianco, nello Deut. 28,59 il participio è usato per in-
dicare non solo la lunga durata, ma an-
sgonfio dell'abito. Con una forma fem-
che l'effetto disastroso di «grandi affii-
minile appare il sostantivo astratto
zioni e terribili malattie». Che in que-
'omnd (Esther 2 ,20) che significa cura
st'ultimo caso siano insoddisfacenti le
in quanto educazione. Partendo da que-
traduzioni comuni, è dimostrato and1e
st'uso non si può decidert' con sicurezza
dai LXX che sono costretti n parafrasare
quale accezione sia più vicina al signi-
ficato primario di 'mn, se la traduzione con ih:wp.aa..t6c;. In Is. 33,16 il parti-
cipio indica l'acqua 'inesauribile'; al con-
comune portare, sostenere oppure lo
stretto rapporto che esiste tra madre, trario, in Ier. 15,18 il nif'al ·indica
nutrice, curatore, tutore e bambino; al- l'acqua che «non mantiene ciò che pro-
trettanto incerto ~ il nesso (se ne esi- mette», in parallelo
91
con «un ruscello
ste uno) tra quest'uso della parola e ingannatore» • Infine il nif'al è usa-
quello religioso (~ colL 367 ss. 372 ss. to per la parola che si «dimostra ve-
e n. rr1) 88 . rm> perché corrisponde alla realtà dei
fatti (Gen. 42,20) 92 • Questi esempi mo-
2. L'ambito d'uso della forma nif'al strano l'impossibilità di tradurre la for-
è notevolmente più ampio. La traduzio- ma nif'al sempre nel medesimo modo 93:
es Non si può stabilire con certezza il signi- qualità».
ficato di 'òm'nòt in 2 Reg. 18,16 (si traduce 91 Simile è l'uso del part. pass. haf'al m•hé111an
generalmente 'montanti della porta') ed il rap.. (Dan. 2,4J) in riferimento all'int~rpretazione
porto di questo termine con la radice 'mn ( = dei sogni.
sostenere?).
9J Le difficoltà che si creano cosl per la tra·
8~ I LXX traducono 9 volte con ma"T6ç, 9
duzione possono essere già notate nei LXX
con n~CT't'ouv, r volta ciascuno con à.~t61tt­
che seguono, nei loro singoli strati, metodi
O'Tor;, lµmO''tEÙEtY, 1tlO''ttY itXEL\I e i}auµ«-
diversi. Lo strato più antico (che include il
O''t'6r;. Pentateuco e gli altri· libri tradotti per pri-
90 Abbiamo la medesima accezione in 2 Reg. mi sotto la sua influenza, e in particolare
20,r9: Jiild111 we'emet, «una pace duratura, Isaia) traduce liberamente, cercando di rendere
che non cessa». il senso dell'ebraico. Lo strato più recente (se-
91 Ex. 17,12 va inteso in modo simile: «Le guendo uno sviluppo che culminerà poi in
sue ( = di Mosè) mani erano 'emt2n8», cioè Aquila) preferisce invece usare un termine
non si abbassavano; cosl anche Ier. 2 , 21, dove fisso per ogni vocabolo del testo ebraico in
zera' 'emet significa ~<tralci di qualità», in modo da riprodurre nel modo più preciso (e
antitesi con nokrijia, «tralci bastardi d'infima meccanico) questo testo. Con questo metodo
t.L<r"tEUW x•}.. B 11 2 (A. Weiser)

la forma ne'emiin non esprime dunque esigenze e all'acume della capacità d'os-
una qualità che viene rifetita al sogget- s~rvazione 9~.
to in parola e che potrebbe ugualmente Bisogna partire dai risultati di questa
attenere ad nitra circostanza; 'mn mo- analisi per valutare l'uso del nif'al con
stra invece di essere un concetto forma- soggetti personali. La forma verbale è
le ·il cui contenuto va determinato di- riferita a servitori (r Sam. 22,r4; Num.
versamente, di volta in volta, secondo 12,7 (Mosè]), a testimoni (Is. 8,2; Ier.
il soggetto particolare. 'mn dice che le 42,5; in questo caso il termine non in-
qualità che vanno riconosciute al sog- clude soltanto la veracità delle afferma-
getto in questione sono effettivamente zioni, ma anche la capacità d'osservare
e realmente presenti. Cosl 'mn com- e rammentare, la memoria, l'intelligen-
prende ciò che noi potremmo descrive- za e le capacità descrittive 95 ), a messag-
re con l'aggettivo 'specifico' e indica il geri (Prov. 25,13) 96 , a profeti (rSam .
rapporto della realtà con ciò che è ca- 3,20: Samuele, la figura ideale di un
ratteristico di un dato soggetto in que- profeta 'come dovrebbe essere', è chia-
stione. Conformemente !li modo di pen- mato ne'emiin), a sacerdoti (r Sam . .2,
sare in termini globali che è caratteti- 3 5 ), alla città (Is. r ,21.26: la città è
stico dell'A.T., non si tratta qui di un raffigurata come una moglie) 97 , ai super-
attributo particolare, ma della totalità visori (Neem. 13,13) 98 • I risultati del-
delle caratteristiche di un soggetto. La l'analisi precedente possono essere ap·
natura dello spirito ebraico richiede plicati senza difficoltà a questi nuovi e-
jnoltre che questo rapporto tra concetto sempi: anche qui Ja parola, che formal-
e realtà sia visibile non nell'astrazione mente è sempre la stessa, viene usata
del pensiero . logico, bensì sempre nel per indicare qualità affatto diverse; ciò
raggio dell'esperienza concreta, così che è possibile perché il termine significa
nel concetto formale è sempre presente sempre che le qualità richieste al sog-
ed è sempre sentito a tutti i livelli (pen- getto sono in lui realmente presenti.
siero, sentimento ed esperienza) il con- Questa corrispondenza effettivi tra real-
tenuto corrispondente ed in questo mo- tà e qualità essenziali per un dato sog-
do il rapporto logico è contemporanea- getto e la variabilità del contenuto in
mente sempre rapporto esistenziale. Il dipendenza delle diverse situazioni so·
contenuto del termine assume quindi ·di no illustrate efficacemente da Prov. 11,
volta in volta un approfondimento od r 3: in antitesi con il ca1unniatore che
un ampliamento conformi al grado delle trndisce i segreti, è ne'eman r/ic'ip chi h:i

l'interpretazione del p:isso è lasciata a coloro duttori più reçenti è la traduzione di 'em/Jna
che. sono incaricati della spieg:izione del te- = dovere d'ufficio in I Par. 9: be"émi"1fl
sto sacro. Cfr. P . KATZ, Philo'~ Bible (1950) è tradotto al V. 22 cOn 't'i] 1tl<T"tEL a.Ù'tWV, al
spec. 34 s. 42 s. 64-67.83 ss. 149· Cosl, ad es., v. 26 con lv [ + -rij) 1tlcr·m, al v. 31 con
i LXX traducono (Ex. 17,u) jiidiiw 'emfina EV Til 1tl<TTEt [KATZ].
con t<r"tTJPL'Yµéw.u , una traduzione compren- 94 Si pensi, ad es., alle diverse caratteristiche
sibile che sostituisce all'immagine il suo conte- che costituiscono l'idea di una autentica pian-
nuto significativo, come fanno poi i Tarr,umìm. ta rara.
Invece Aquila traduce con itl<r"tt~, che non 9,; Cfr. 'cmfln: Prov. 14,5.
rappresenta tanto una traduzione letterale
% Corrisponde a ·~ml1n in Prov. 13,17; detto
quanto il termine fisso con cui Aquila ren-
dell'amico in Prov. 20,6.
de costantemente 'emiina, qualunque sia il
significato richiesto dal contesto. Un altro e- 97 Cfr. Zach. 8,3 : «città della 'emet».
sempio di questo metodo meccanico dei tra- 9.'I Cfr. il part. pass. haf'al in Dan. 6,5.
ma'tEUW x-rÀ.. B 11 2 (A. Weiser) (vr,t85) 368

un comportamento conforme alla natu- durevoli per sempre ed in perpetuo, fat-


ra di un segreto, cioè chi mantiene se- ti con 'emet e ;oser»; Ps. 19: la legge
• • • 99
greti 1 segreti .
di Jahvé riceve i seguenti predicati:
L'uso profano del termine che abbia- 'C!net, !ilhor, bar, ;alar, tam'im) mostra-
mo appena discusso illumina anche quel- no come il concetto di 'mn contenga e
lo religioso. Quando 'mn è riferito a serva ad esprimere la totalità delle ca-
Dio, i1 carattere formale del vocabolo ratteristiche necessarie alla legge perché
rende possibile esprimere sempre con lo questa possa davvero conseguire il suo
stesso termine tutto il ricco spettro del- scopo quale manifestazione della volon:
le diverse manifestazioni delia vita di tà divina per la formazione della vita
Dio. Deut. 7 ,9: Dio è ìl Dio 'fedele', <lcll'uomo. In simil guisa l'A.T. parla
cioè colui «che mantiene il patto e lo della 'emet e della 'émuna di Dio(~ 1,
pesed con coloro che lo amano e osser- coll. 62 5 ss.): ancora una volta il signifi-
vano i suoi comandamenti», colui che cato fondamentale è l'essenziale = ciò
mantiene il giuramento giurato ai pa- che rende Dio Dio. Il contenuto specifi-
dri. Is. 49,r nel secondo canto del Ser- co e concreto dell'idea, che certamente
vo di J ahvé la fedeltà di Dio significa non manca mai, dipende tuttavia, per il
che il Signore manterrà le sue promesse singolo caso, dalla particolare concezione
aI Servo che si è scelto. Il nif'al di 'mn di Dio di un autore o di un'epoca oppure
è riferito alia parola di Dio per indicar- dall'aspetto della realtà di Dio cui si vuo-
ne l'attuazione, l'efficacia reale e con- le dare risalto in quella determinata cir-
creta: sia essa promessa (I Reg. 8,26; costanza. Cosl, ad es., nella locuzione
r Par. r7,23 s.; 2 Par. r,9; 6,17; ls. 55, pesed we' emet 101 oppure besed we' emli-
3; Ps. 89,29) o minaccia (Os. 5,9) 100 la na, che è diventata poi una formula li-
parola di Dio si avvererà, giacché l'av- turgica stereotipa, la parola f!esed ( =
veramento appartiene alla natura della amore, grazia, favore) indica il contenu·
promessa (o della minaccia). Il termine to concreto, mentre la parola 'emet o
è usato con significato simile per i co- 'emtina ( = fedele stabilità dell'intento
mandamenti (Ps. III,7) e la legge (Ps. e della manifestazione d'amore) costi-
19,8). In questi passi le affermazioni e tuisce l'elemento più formale.
i predicati paralleli (Ps. 111,7 s_: «L'o-
pera delle sue mani è 'emet e mispa{, La forma nif'al è usata per indicare
il rapporto dell'uomo con Dio nei se-
immutabili sono tutti i suoi precetti, guenti passi: Neem. 9,8; Ps. 78,37:

9? lob 12,20: ne'~man, usato assolutamente, mente le promesse e gli ammonimenti divini.
indica l'uomo giusto, abile, esperto, in paral- 101 Cfr. A. WEISER, Die Psalmen 1 (A.T.
lelo con 'anziano' e 'nobile'. Deutsch, I955) 28. Per ·~met cfr. il sostan-
tivo simile 'omen in h 25,r; probabilmente
100 Ps. 93,5: le 'testimoninnze' sono probabil- anche 65,16.
mcrnvw x-t).. B u 2-3 (A. Weiscr) (VI,186) 370

Ps. 78,B 102• In Neem . 9,8 abbiamo un'al- Benaia risponde 'amen a Davide che or-
lusione allo he'emin di Gen. 15,6: «Tu dina di ungere re Salomone ( r Reg. r,
trovasti il suo ( = di Abramo) cuore 36), tale risposta significo che Benaia ha
ne'emàn al tuo cospetto, tu stringesti capito l'ordine, lo approva ed esprime
con lui il patto». In Ps. 78,37 degli I- il desiderio che «Jahvé possa attuare
sraeliti del tempo di Mosè si dice che la parola del re»; allo stesso tempo, pe·
«non tennero fede al suo patto» (lo' rò, significa che Benaia è pronto a fare,
11e'emnfì bibrito) in parallelo con «il lo- per parte sua, tutto quanto si richie-
ro cuore non era stabile con lui» (nakon de perché l'ordine venga eseguito. Così
'immo); si allude qui al rapporto d'I- anche nel caso di 'àmen sussiste l'idea
sraele con Dio venutosi a creare col pat- di un rapporto tra ciò che la parola ri-
to. Ps. 78,8 fa invece riferimento alla chiede e la realtà, l'iden che la tota-
inosservanza dei comandamenti: lo' ne- lità delle caratteristiche di un comando
'emna 'et-'él rul;o, «(affinché non) fos- (della maledizione, della dossologia) e
sero infedeli a Dio con il loro spirito». le loro conseguenze debba divenire real-
In questi casi il termine 'mn esprime tà. Questo aspetto si rispecchia an-
il comportamento umano verso Dio cor- cora chiaramente nei LXX che tradu·
rispondente a quanto Dio si aspetta da- cono 'iimén ben 14 volte con yÉvo~"o
gli uomini nelle varie circostanze. L'at- r. solo 3 volte usano la trascrizione
teggiamento richiesto da Dio all'uomo &µ1Jv (--+ 1, col. 912) 104• Fermo restan·
non include solo la correttezza del com- do questo rapporto oggettivo tra con-
portamento esteriore, m:i anche quella cetto e realtà, non bisogna però dimen-
del sentire (léb, diii};), né si limita all'at- ticare il rapporto soggettivo tra .colui
to singolo, ma abbraccia il rapporto glo· che dice 'iimen e quanto egli conferma
baie dell'uomo con Dio. con tale parola. Questo rapporto inclu-
de in sé la conoscenza e l'assenso sog-
3. NelJa medesima direzione va l'uso gettivi (teoretici), ma insieme anche la
dell'aggettivo verbale 'iimèn (--+ r, coll. sottomissione pratica dell'intera perso-
909 ss.) 101 • 'iimèn può essere usato per na (conoscenza, volontà e atteggiamen-
indicare la conferma di un ordine del to) alle esigenze dell'ordine (ovvero del-
re (r Reg. 1a6), l'accettazione della ma- la maledizione e della dossologia) in
ledizione (divina) (Num. 5,22; Deut. questione. Il concetto di 'mn abbrac.
27,15-26; Ier. 11,5; Neem. 5,13), op- da cosl, in questo uso, un duplice rap·
pure il desiderio che un oracolo di sal- porto: da una parte la conoscenza ed
vezza si avveri (Ier. 28,6). Altrove il riconoscimento del rapporto tra ri·
'iimèn costituisce una formula liturgica chiesta e realtà; dall'altra la validità di
conclusiva pronunciata dopo una dos- questa richiesta per colui che dice 'iimèn,
sologia (Neem. 8,6; Ps. 41,14; 72,19; con tutte le conseguenze pratiche che
89,53; 106,48; I Par. t6,J6). Quando tale validità comporta.

102 Os. 12,1 è incerto. te (Gen. 10,12; Ios. 7,20).


ic.i In IEp. 35 (28),6 ì LXX leggono t'tì..ril)wc;.
Jru Un uso simile conoscono gli avverbi In Num. 5,22 e Deut. 27,15-26 Simmaco e
'omniim = certamente (2 Reg. 19,17; Jr. 37, Tcodozione hanno la trascrizione 6;µ7Jv, proba-
18; lob 9,2; 12,2; 19'4 s.; 34,12; 36,4; Ruth bilmente favorita dall'uso liturgico, mentre
3,12), 'um11iim :=:: veramente?, davvero? (in Aquila preferisce 1tE71La"-twµlvw;; nella secon-
domande: Gen. 18,13; Num. 22,37; I Reg. 8, da delle sue due edizioni traduce invece m·
27; 2 P11r. 6,18; Pr. 58,2) e 'om11i1, cerlamen·· l'l'tl•lni)-tw in !Ep. 35 (28),6 (KATZ).
J71 {vr,186) 1I~'1't"EU<>J h'\').., B H 4 (A. Weiser) (v1,187) 372

+· Il risultato raggiunto nell'analisi riguarda gli uomini passa in primo pia··


dell'uso di 'iimen ci permette di defini- no piuttosto l'atteggiamento globale di
re nel modo più· semplice il significato fondo, cioè quell'aspetto che è implicito
della forma hif'il he'emin = credere 105, anche nei nostri verbi prestar. fede · a
forma che i LXX traducono 45 volte con qualcuno, fidarsi di qualcuno. Nella fi-
'li:LO..tEVEW, 5 con ȵmO''t'EVEtV, I con ducia che si nutre in un vassallo (I Sam:
xcx-rctmO'-rEUEL\I e 1 con 'ltElt)Ecrl}aL (~ 27,12-), in un amico (Mich. 7,5; Ier. r2,
coli. 400 ss.), cioè: dire amen a qualcosa, 6), in un adulatore (Prov. 26,25), in un
con tutte le conseguenze che ne conse- servitore (lob 4,r8), nei santi (lob· r5,
guono per ·l'oggetto e per il soggetto. 15), è presente da una parte il rico-
Con questa definizione, o parafrasi, si e- noscimento di tutto ciò che le parole
sprime sia il riconoscimento del rappor- 'amico', 'servo'> ecc. implicano e, . dal-
to oggettivo dell'oggetto con la realtà sia l'altra, la validità del contenuto intrinse-
il riconoscimento del rapporto soggetti- co a questi concetti per lit persona che si
vo del soggetto credente con l'oggetto. fida. E quindi questo rapporto recipro~
Fermo restando questo duplice aspet- co, il quale rende fiducia la .fiducia, che
to, possiamo . distinguere tra la costru- è incluso nella forma he'emtn, e non già
zione con t~ o ki (o anche t• con l'in- un rapporto soltanto unilaterale. Del re-
finito) 100,- che indica pili ]'atto di cre- sto l'A.T. usa la forma he'emin soltan-
dere, e la costruzione con b' che mette to per un rapporto personale, giacché
più in risalto l'atteggiamento globale del anche dietro la- parola alla quale si cre-
soggetto credente 107• Cosl, nell'uso pro- de c'è l'uomo del quale ci si fida un.
fano, 'credere' a una parola, a una no-
tizia, ad un racconto significa, in primo Impiego analogo . ha la forma hif'il
luogo, prendere conoscenza di quanto quando esprime il rapporto dell'uomo.
viene riferito e giudicarlo vero; signifi- con Dio. Anche in questo caso essa
ca però,. contemporaneamente, assume-·
re un atteggiamento conforme alla pa- non ha valor~. causativo: ma piutto-
rola o alla notizia ricevuta (Gen. 45,26; sto dichiarativo 110: dichiarare Dio ne-
Ex. 4,r.8·s. 108; I Reg. 10,7 = 2 Par. 9, 'emàn; oppure, parafrasando: dire amen
6; ler. 40,!4; Js. 53,1; Abac. r,5 [Prov. a Dio. ~eanche cosl si abbraccia per~
r4,r5); 2 Par. 32,15). Mentre· in tutti
questi esempi è sottolineato particolar- tutto il significato di he'em1n in que-
mente l'atto singolo, quando he'emzn st'uso specifico. Dapprima he'emin·com·

tos Dan. 6,24: Mmin (forma haf'al). falo, che torni indietro?»), Deut. 28,66 e lob
106 La costruzione con 'eJ- (non segno del- 24,22 (in entrambi abbiamo la locuzione «fi·
l'ncc., ma preposizione '= con) in I11d• .II,20 darsi della propria vita»). il primo passo
va tradotta con 'accordarsi con' = permeuere, presenta una cliiara metafora ripresa dal rap:
concedere. Forse all'infinito costrutto seguen- porti umani; negli altri due testi il signifi-
te è caduto un /• per aplografia. cato negativo <mon ci si può fidare della pro-
101 In Ps. ro6,24, dr. v. 12 (anche 78,32), pria vita» mostra proprio l'impossibilità di un
sembra che tale distinzione non venga più rapporto personale con la vita; forse non bi-
fatta . sogna neanche escludere la poss.ibilit?t di una
101 L'uso profano trapassa qui in. quello re- assimilazione di he'emltz al significato (in òri-
ligioso. gine distinto) di bfl;, essere sicu;o (-4 coli.
11» Sembrano costituire eccezioni a questa re-
.384 ss.}.
gola lob 39,12 («puoi fidarti forse del bu- 113 GESENnJS·KAUTZSCH § '3 d.
mcr-n:u·w x-.À. B n 4 (A. Weiser) (vi,187) 374

pare in quest'uso· come un concetto for- damenti di Dio (Detti. 91 23; Ps. n9,66
male che significa riconoscere e accetta- [2 Reg. r7,r4]) 113, allora fede significa
re il rapporto nel quale Dio si avvici- accettazione della volontà di Dio e ub-
na all'uomo, cioè entrare in questo rap- bidienzn dell'uomo. Se si tratta invece
porto, cosl. ·che anche in questa acce- della promessa divina (Gen. 15,6 [Ps.
zione il rapporto reciproco tra Dio e rn6,12 J ), allora he'em(n esprime l'ac-
uomo appartiene alla natura della fe- cettazione della promessa, il riconosci-
de 111 ; più precisamente questo rappor- mento del fatto che Dio-ha il potere di
to r.e ciproco è di tale natura che l'uo- adempirla e la celebrazione: dell'onore
mo non è mai il primo a stabilirlo, nean- di· Dio, Signore potente, che vi è impli-
che quando la fede significa un'attività cita (N:mt. 20,I?.) 114 . I due motivi del-
umana per la quale l'uomo è e può es- la volontà esigente e della promessa di
sere reso responsabile (si pensi ai casi in Dio sembrano sintetizzati in he'emln-in
cui è richiesto all'uomo di avere fede). Ex. 4,z.8 s. e Ps. rn6,24.
Anche nei passi in cui non è detto espli- Il campo di applicazione della parola
citamente, è sempre implicito che quan- non è però ancora esaurito, perché gra-
do si tratta di fede Dio è colui che sta- zie al suo carattere formale he'emin:pos-
bilisce il rapporto tra Dio e uomo 112 • siede altre possibilità di ampliamento
Per quanto riguarda .la determinazione ed approfondimento che risultano utili
specifica, il contenuto concreto del ter- per descrivere tutta l'ampiezza · e la va-
mine, tutto dipende dall'aspetto parti- rietà del rapporto globale tra Dio ed
colare del rapporto reciproco che si vuo- uomo (Ex. 14,31; 19,9; Num. 14,11;
le mettere in evidenza in un dato caso. Deut. l,32; Ps. 78,22; forse già Gen.
Se si ·tratta di richieste, ordini, coman- 15,6) 115• Se si guarda in direzione di

111 Partendo da questa constatazione bisogne- zum A.T. II 2 r1926] · ad I.). Mi scmbr:i che
rebbe vedere se questo uso linguistico religio- ln possibilità di queste due traduzioni esem-
so non ·sia radicato linguisticamente nel rap- plifichi proprio la bilateralità del rapporto e-
porto concreto che sussiste tra madre, nutri- spresso da 'mn·: si traduce il testo in un mo-
ce, ecc. ed il bambino, rapporto che è espres- do o nell'altro, infatti, secondo che · si consi·
sc1 dalla forma qal (~ col. 363). dera _l'uomo o Dio .come punto di partenza
del rapporto di fedeltà.
112 Ps. 31 124: la frase 'emunim llOfer ihwh
IU I QpHab 2,14-s.
è tradotta de alcuni con «Jahvé serba fedel-
tà» (i LXX, F. · HITZIG, Die Psalmen · ( 1863) 111 Il concetto di fede presenta una connota-

ad I.; E. K6NIG, Die Psalmm (1927] ad I.), zione simile in Ps. 78,32: «Con tutto ciò...
da altri con «Jahvé ha cura dei fedeli» (B. non avevano creduto alle opere miracolose di
DUHM, Die Psalmen, in: Kurzer Hand-Kom- Dio».
mentar zum A.T. 14 3 [1922) ad I.; R. KIT- 115 La fede dei pagani in Dio (Jahvé) indica
TEL, Die Psalmen, in: Komm. zum A.T. 13.., anche in !on. 3,5 tutta la religione nel suo
r1914) ad/.; K.AU1'7.SCH, a:! I.; H. GIJ~lKEJ.. complesso. Cft. I QpHab 2,4: credere al pat-
Die Psalmen, in: Gottinger Hand-Kommentar to di Dio.
mcr·miw X"t'À.. B II 4 (A. Weiser)

Dio, il termine include tutte le caratte- ta umana. Così la forma he'emin è usa-
ristiche per le quali Dio è appunto Dio to con sfumature e connotazioni diver-
e vuole stabilire il rnpporto con l'uo- se. Ad es., in Is. 43,ro («affinché cre-
mo. Queste caratteristiche sono il po· diate che prima di me non fu fatto al-
terc, la potenza miracolosa, la volontà cun dio e che non ce ne sarà alcuno ol-
d'elezione, la disposizione amorevole, la tre me») he' emin è usato in paralleli-
stabilità e la fedeltà del suo comporta- smo con jd' e bjn (conoscere e com·
mento, l'avveramento della sua parola prendere), sottolineando cosl l'aspetto
e dei suoi disegni, la sua volontà esigen- conoscitivo del rapporto con Dio; in
t<'., lii sua giustizia, come appunto in par- Os. 4,r riscontriamo una forte carica
ticolare f1esed, miSpa! e tdiiqa ncll' A.T. di sentimenti insieme con l'aspetto co-
caraterizzano più precisamente la 'c- noscitivo nella triade pesed, 'emet, da'at
m et ('em1l11a) di Dio. Quindi l'uso re- 'elohim; l'aspetto della volontà risalta
ligioso di he'emin nell'A.T. viene a nei passi sopra citati in cui la fede si
significare ritenere con assoluta serietà muove in direzione dell'obbedienza;
che Dio è Dio, contenendo cosl anche in altri passi (Ex. r4,31; Ios. 24,14; 2
l'idea essenziale dell'unicità ed esclusi- Par. 19,9; Ps. 86,r r) nel concetto di
vità del rapporto con Dio. Quest'ultimo fede emerge particolarmente il momen-
aspetto risulta anche dal fotto che nel- to del timore 117• Questo aspetto dell'e-
1'A. T. non credere è spesso sinonimo di sclusività richiesta nell'agire e nel sen-
ps', apostatare, abbandonare Dio 116• Orn, tire dal · rapporto con Dio è affermato
dato che l'idea di 'aposta~ia' deriva dal- per antitesi dall'espressione palaq leb
l'ideologia veterotestamentaria dell' al- ( = essere di cuore diviso) che in Os.
leanza ed ha un senso solo nel contesto ro,2 indica l'atteggiamento opposto al-
di questa, diventa palese che l'uso reli- la fede. Viceversa, la locuzione, cosl cara
gioso della radice 'mn ha sede e origine al Deuteronomio, «con tutto il cuore,
nella tradizione veterotestamentaria del- con tutta l'anima» (Deut. 6,5 e passim),
l'alleanza sacrale con Jahvé. AIJ'esclusi- non lascia dubbi su come I'A.T. intenda
vhà estensiva fa riscontro una esclusivi- l'atteggiamento dettato dalla fede . II
tà intensiva, nel senso che il concetto tratto fondamentale del rapporto di fe-
di 'mn include nel rapporto con Dio de secondo l'A.T., che consiste appunto
la totalità delle manifestazioni della vi- in questa esclusività estensiva ed inten-

li& Cfr. Deut. 32,20: «Figli, nei quali non c'è sieme con il richiamo del profeta alla fede,
'cmun», una frase che sta in parallelo con il anche Is. 8,13: <iJahvé Sabaot, lui ritenete
culto reso agli idoli. per eccelso (taqdiltl), lui solo sia il vostro
timore cd il vostro terrore». Cfr. Ps. 78,22
117 A questo proposito bisogna ricordare, in- coi vv. 32 ss.
377 (VI,188) 1'lt.<T1'EVW X'TÀ. B li 4 (A. Weiser)

siva, è attestato ulteriormente con tutta intrinsecamente al monoteismo, può es·


chiarezza in quei passi in cui tale rap- sere formulata, con l'ampiezza e l'appro-
porto è più precisamente definito con fondìmento rilevabili nell'uso linguisti-
espressioni come Siilem (indiviso = to· co di he'emin, l'idea dell'esclusività del
talmente dedito) 118 e in cui la assoluta rapporto reciproco tra Dio e uomo.
e completa fedeltà a Dio è espressa con Lo sviluppo e l'approfondimento più
la frase mii/è' 'ahare ihwh, «seguire fe- significativi si riscontrano nell'uso as·
delmente Jahvé» 119 , oppure tamlm 'im soluto di he'emzn, più precisamente nel-
ihwh, «essere perfetto con Jahvé» 120 • In la forma che risale ad Isaia 121 • Al cen·
tutti questi passi si coglie chiaramente tro dell'interesse d'Isaia c'è il problema
che cosa significhi fede nell'A.T. e in della possibilità dell'esistenza, il proble-
quale senso venga usato be'emin: si trat· ma 'fede ed essere'. L'idea del residuo,
tn di un rapporto con Dio che include la speranza in Sion, la costituzione di
tutto l'uomo, nell'interezza del suo com. una comunità di fede nella cerchia dei
portamento esteriore e della sua vita in· discepoli, sono tutti momenti che van·
teriore. Perciò he'emin non è mai usato no valutati in riferimento al problema
per indicare il rapporto con altre di. centrnle e che sono strettamente con·
vinità, mentre altri termini, ad es. b!!; nessi con la concezione isaiana della fe.
e f;sh, vengono usati indifferentemente de, concezione che, a sua volta, risale
e senza esitazione anche per gl'idoli. all'incontro personale d'Isaia con Dio
Quest'uso esclusivo è comprensibile in avvenuto nell'ambito della tradizione
una forma di religione come lo jahvismo cultuale (ls. 6,r ss.). La delimitazione
dcll'A.T. con la sua concezione centrale della fede rispetto alle considerazioni
dell'alleanza con Jahvé; infotti solo in politiche (7,r ss.) 122, alla tracotante si-
una religione di questo tipo, tendente curezza nell'imminenza di pericoli (28,

m Jalem 'im ;hwh: r Reg. 8,61; II,4; 15,3. invece un analogo giudizio. A ragione non
14; 2 Par. 16,9 (con 'el); cfr. b'lebab satem: hanno trovato seguito le obiezioni all'uso as·
2 Reg. 20,3; Is. 38,3; 2 Par. 19,9 (entrambe soluto di he"émin in Isaia avanzate da J.
le volte in parallelo con 'emet, 'e111ti11a); r Par. BoEiiMER, Der Glaube und ]esaia: ZAW 41
28,9; 29,9 (19); 2 Par. (r5,I?) 25,2. L'espres- ( 1923) 84"93· -
sione ricorre sovente nella lotta all'idolatria.
122 Non è questa la sede adatta per adden-
119 Num. 14,24; 32,u; De111. 1,36; r Reg. trarci nel dibattutissimo problema dei rap-
n,6. porti tra profeta e politica. Per la questione
120 Deut. 18,13; Pr. 18,24 = 2 Sam. 22,24 si vedano i commentari, in particolare O.
( 4ui con /'); come sostantivo in parallelo con P110CKSCH, ]esaia I, Komm. A.T. 9 (1930)
·,~me/: Ios. 24,14; dr. r Reg. 9.4= b'tom· xo-17; V. HERNTRICH, Der Prophet _Tesaja (A.
lébob. T. Deutsch 17 1, 1954) xx s. n8-122; ed inol-
121 Pr. 116,10 potrebbe essere vicino alla con· tre: J. HEMPEL, Chronik: ZAW 49 (1931)
cczione della fede tipica d'Isaia; l'uso profa- 152 s.; F. WEINRICH, Der religiO!·utopische
no del termine in lob 29,24 non permette Charakter der prophetischen Politik == A111
mU'tEÙW X'tÀ.. Dli 4 (A. Wciscl')

14 ss ..) ed alla .fiducia nella potenza u· positivi otteniamo"una nffermazione di


mana (30,15 ss.), mostra, insieme con questo tipo: nella fede stessa consistono
l'uso assoluto di he'emln, come per il modo d'essere e la stabilità o esisten-
Isaia 'fede' sìgnifichi una particolare za del popolo di Dio 124 • Questa con-
forma di esistenza degli uomini legati vinzione ed in più il rifiuto di temere la
unicamente a Dio,)a quale si manifesta potenza umana (7,1 ss~) e di fare affida-
nella for.tezza (g"bura.: 30,1:5) e costi- mento su di essa (30,15 s.), ·che è cosl
tuisce il fondamento, posto da Dio stes- caduca, come anche l'inserimento del ti-
so, della comunità di Dio m (28 116). In- more unico di Jahvé-(8,13) nel rappor-
vero per Isaia fede ed essere sono iden- to di fede, mostrano inoltre ·che per
tici, come Fisulta anche dalla fomosa pa- Isaia la fede significa 'l'unica forma· di
rola profetica di Is. 7,9:- 'im lo' ta'ami- esistenza possibile, un'esistenza che e-
niJ ki. lo' té'iimenu, «se non avrete fede sclude nel modo più assoluto ogni al-
ncn starete saldi». ·Qui la stabilità (nel tro atteggiamento autonomo dell'uomo
senso · dell'esistenza globale dell'uomo, ed ogni altro legame che non sia quello
~ éol. 365) non è considerata a mo' con Dio; Per Isaia, dunque; assoluta-
di ricompensa per la fede, quasi che mente tutto dipende unicamente da
la fede costituisse il presupposto del- Jahvé, . dalla soa volontà e dai suoi di'-
1'esistenza. La parola profetica aJlel'- segni, e daWatteggiamento che l'uomo-
ma invece (poiché qui la congiunzione assume . davanti a lui. Con questa.. aon-
k1 ha .valore dimostrativo-esplicativo) cezione· che esprime in termini estremi
l'identità di fede e stabilità ( = esisten- sia l'esclusività. estensiva sia. l'esclusi-
za). Se parafrasiamo Is. 7,9 in termini vità intensiva (mediante. lo stretto nes:

der W elt der Religion, Bibl. Reihe, Heft 7 A. WEISER : Fiir Arheit Qnd 13esinnung .7
(!932); K: ELLIGEit, Prophet unii Politik: (1953) 1)8-r60. · · ·· .. ·
ZAW 53 ( 193:;) 3-22; J. HEMPEL, Gott und l2l L'interpretazione messianica tardogiudni-
mcnrch im A.T. i (1936) 32~ s~: K. ELLJGER, da della 'pietra-fondamento' (~ VI, coll: 735
Nochma/J · Prophet 11nd Polilik' :. ZAW 55
ss.) che trovio.mo nei Targumim di Jonatan e
(1937) 291-296, con un poscdtto ·di J. HEM·
Rashi ed è stata ripresa, tra gli altri, da F. DE-
PEL; H.J. Kiii.us, Prophelie tmd , Politik,
Ll'I"lSCH, Komm. iiber das Buch ]esaias 1
Theologischc Existen~ heute, ·N.F. 36 (1952); (1889).316 e da O .. PROCKSCH, Jesaia r, Kom:TI:
E. WilRTHWEIN, Js. 7,1·9. Ei11 Beilrag zu dem A.T. 9 (1930) 358, non si lascia dedurre di·
Thema 'Prophetie..tmd Politik', in:Festschrift rettamente dal testo ·profetico. In .r Pelr. 2,6
fiir K. ·Heim ·(r954 ) 47-63. G. V. RAD, Der s. Is. 28,16 viene riferito insieme con Ps. 1.18,
beilige Krieg im alte11 Israel ( 1952) 56-61 in- 2 2 a Cristo, pietra fondamentale della comu-
terpreta Is. 7,rss:; 30115.ss.; 31,1 ss. come at- nità cristiana primitiva_(-;-+. coll. n8 s.).
tualizzazione degli antichi ordinamenti ·sacri
della guem1 snnta, nei quali egli vede l'origine m Questo aspetto non è presentato con la
della fede veterotestamentaria ed il suo proba~ dovuta chiarezza da O . PROCKSCH, Theologie
bile Siti im Leben (dr. p. 31).- Questa in· des A.T. (1950) r8I, ove' la fede è definita
terpretazione non rende però giustizia al .con· Bedingung der -Existenz,: «condizione dell'esi·
cetto di fede delJ'A.T.: dr. !:i recensione di stenza».
ma.-rr.vw x-rÀ. B II 4-6 (A. ·Weiser)

so stabilito· tra fede ed essere) del rap- si può notare chiaramente Ja tenden-
porto di fede, si raggiunge il limite mas- za ad ampliate il più possibile l'area di
simo di ,approfondimento dell'uso lin- validità del termine, tendenza a cui non
guistico. Isaia è chiamato il ·profeta .del- si sottrae neanche il sostantivo 'emuna
la fede e si merita tale epiteto anche dal che Yiene ad abbracciate l'intero com-
punto di vis.ta dcll'u~o linguistico: in- portam~nto, l'intero tenore di vita det-
fatti ha dato ·u n contributo determinan- tato dalla fede{Abac: 2,4 !25 ;. 2 Par. x9,
te sia all'approfondimento massimo del 9; ler. 7,2·8 [5,3]) 126• Infine, anche
contenuto linguistico sia all'ulteriore svi- 'emet, conformemente all'espressione
luppo semantico della terminologia. 'elohe 'emet = il vero Dio (2 Par. .15,
3), viene a significate semplicemente. In
j. Ciò risulta evidente se gettia:~o un
vera religione (Dan .. 8,I2; 9-,13; xo,
rapido ·s~ardo' sullo svilup12ci successivo 121
21) . ..Siamo. così giunti alle estreme
dell'uso religioso di ·•11111. Nella susse-
conseguenze dell'idea di esclusività, che
guente storia dell'uso dei nostri termini
sfocia ora, aUa fine dello sviluppo, nella
il fulcro del concètto isaianci di fede non
pretesa.di assolutezza.
è andato più perduto ..È con Isaia, infat-
ti, che comincia la forte influenza quali- 6. I?obbiamo ancora chie_derci quale
tl1tiva di be'bnln sugli altri term_ii:ii usati sia l'origine di quel!a prepotente dina-
nel linguaggio religioso per indicare il mica religiosa che ha espresso· la pecu-
comportamento dell'uomo verso Dio. liarità della religione dell'A.'t. nei suoi
Ncnostante un calo puramente statistico diversi stadi ~ediante la radice nomi~
dell'uso di 'mn, ·il. signifiçat~ delle radi- nale 'mn. Tale dinamica sembra stretta-
ci brl,;, l,;sh, qwh, jp.l,.. bkh, che in ori- mente connessa, fì~ dall'inizio, con fo
gine era · fortemente limitato, è venuto natura peculiare de_l!a siruttum e elci
ad avvicinarsi a que!Jo di he' emi11 tan7 pensiero religioso dello jahvis.mo ebrai-
to da indic;are "il rapporto. esclusivo- ·e co, Nèlla storia · de_lla asc~sa al trono.
personale tra uomo e Dio(~ coll. 384 di · David scritta -da .un contempora-
ss.). Là:dove è usata la forma he'em1n, neo trovfa~o tramandato un antico pro-

1is Nell'oracolo profetico originario di Abac. ( ~ II, ·coll.


u 34 s. ). I LXX traducono 6 6È
2,4 (v. ·Bibl. Hebr., KITTBL) ·H 'giusto' indica· 6lxa.Loç lx 11la·m~c;
µov l;i}':TE'ta.L, interpre-
il popolo di Dio. È ~oltanto in seguito, quan- tando cioè be'lfmlitriiti = la fedeltà di Dio :ÌI
do, per un processo già iniziato nell'età del- patto; collocandolo così in una . prospettiva
1'A.T.; l'oracolo .si trasforma· in una senten- teocentrica, i LXX conferiscono all'oracolo un
za sapienziale, che si afferma l'interpretazio- altro e diverso significato.
ne individuale (il giusto = l'uomo giusto, 126 Per 'èmu11 in questo senso cfr. Deut. 32,
il si.ngolo uomo pio), .interpretazione che sog, 20. . .
giace. anche all!uso .paolino di -Abac. 2.4 in 127Similmente vanno forse intesi Ps. 25,5; ·26,
Rom. z,17 (~ n, coli. 1275 ss.) e Gal. 3,n 3; 86,u .
m<r-ttuw x-tì... B n 6 · m I (A. Weiser)

verbio (2 Sam. 20,18s. ) 128 : «Si indaghi 22.32; 106,12.24) mostra con sufficien-
in Abel e in Dan se è uscito dall'uso ciò te chiarezza la stretta connessione esi-
che gli 'emémé jifra'el hanno decretato». stente tra il significato particolare del
La donna saggia di Abel continua poi termine 'mn e la tradizione sacra de-
accusando loab di volere distruggere, gl'inizi dello jahvismo in Israele. L'A.1;.
!ii
assediando città, «l'eredità di Jahvé». ha visto nel rapporto descritto con
Il fatto eh~ l'espressione «i fedeli d'I· he'emtn l'atteggiamento religioso parti-
sraelel> si sia conservata in un antico colare del popolo di Dio verso Jahvé 130
proverbio e sia poi pcrtinentemente as- e ciò è tanto più significativo in quanto
sociata con_il concetto religioso-dogma- qui abbiamo quell'esempio che è sem-
tico della «eredità di Jahvé», ci porta a pre servito alla religione dell'A.T. come
concludere che l'origine di quest'antico punto di riferimento per rigenerarsi, rin-
uso linguistico di 'mn vada ricercata novarsi e svilupparsi.
nella federazione jahvista e nella sua
tradizione sacra, cosl che sembra che la III. La radice nominale b!l:i
natura particolare dello jahvismo di
r. Nel caso di h!b, che i LXX tradu-
stampo israelitico abbia determinato fin
cono per lo più con 'itE1tod>év~t ed H.1tl-
dall'inizio il significato del concetto di ~EL'V (---') III, coll. 5 I 7 s.; IX, coli. l 363
'mn ne1l'A.T. Invero, nell'uso linguisti- ss.), abbiamo la situazione inversa a
co, per designare il rapporto particolare quella di he'emin, giacché il nostro verbo
fidare, confidare ha un significato più am-
tra Jahvé e Israele si è affermato il pio di quello primitivo della radice, il
concetto più comune e generale di bertt cui significato fondamentale è ancora
(---') II, coli. 1050 ss.) e soltanto con chiaramente riconoscibile nell'uso asso-
luto, particolarmente in due testi anti-
Neem. ro,1 l'atto impegnativo del rin- chi (Iud.18,7.27) dove hofeap è spiega-
novamento del patto nella riforma re- to con Joqe! (v. 27) e con j6Jehet-liibe-
ligiosa di Neemia è chiamato 'amand 129• !ah (v. 7; LXX: T)<TVxa~ELV ), cosl che
Mn la circostanza che nella maggioran-
btb significa trovarsi in condizione di si·
cure:r::r.a (betah ). In alcuni testi è sotto-
za dei passi dell'A.T. in cui ricorre lineato più i·~spetto oggettivo di trovar-
he'emin si tratta del rapporto del po- si al sicuro, essere al sicuro (lud. 18;
polo con Dio ai tempi di Mosè (Ex. 4, Prov. u, lJ [LXX: IÌ.O"<p<H.na.]; [lob
40,23]), in altri più quello soggettivo
8 s.; 14,31; 19,9; Num. 14,u; 20,u; (lo stato contrario al timore) di sentirsi
Deut. r,32; 9,23; 2 Reg. 17,14; Ps. 78, sicuro (Is.32,9-II; 12,2; ler.12,5; Ps.

123 Secondo i LXX, che h:mno conservato qui m L'uso di he'em1n in Gen. 1,,6 non con·
il testo migliore. traddice questa interpretazione perché l'agio-
grafo ha modellato la figura ideale di Abra-
m ar. l'uso di 'emana per indicare il dovere mo, prototipo del credente, secondo il proprio
d'ufficio dei diversi funzionari del culto nel concetto di fede, sviluppato nell'età postmo-
tempio in I Par. 9,22.26.31. saica.
ma"'m}w x-.).. B III 1-2 (A. Weiser)

27,3; Prov.14,16; 28,r; lob 6,20; rr, jhwh, «Ezechfo non vi ispiri fiducia (non
18) 131 • A differenza di he'emin, b/{1 non vi faccia sentire sicuri) in Jahvé» (2 Reg.
esprime un rapporto (neanche quando la 18,30) 132, indicano lo stesso significato
causa o l'autore della sicurezza sia preci- fondamentale della radice. A tutto ciò si
sato mediante le preposizioni be, 'al o aggiunge l'uso del termine in senso ne-
'el), bensl uno stato del soggetto. Po- gativo presso i profeti i quali esprimono
tremmo rendere l'idea fondamentale del e condannano con bth l'autosicurezza
costrutto con bth traducendo sentirsi si- dei loro contemporan~i: Su 30 casi in cui
curo a motivo di, oppure basare la pro- è usato bth con riferimento a cose, 20
pria sicurezza su. Ciò risulta chiaro dn apparteng~no agli scritti profetici ( l r
passi dove b!f; è usato in modo tale di1 al solo Geremia, che usa il termine in
escludere l'interdipendenza che si ha senso positivo solo in Ier.39,18). Un al-
nel caso di 'm11; nd es., quando b!/; tro esempio che può illuminare la diffe-
significa fidare nella propria forza (Ps. renza di significato e d'uso tra b(p e 'nm
49,7; Prov. 28,26), nella propria opem rilevata precedentemente è fornito dal
(Abac.2,18; Ier.48,7), nella propria giu- fatto che 'mn non indica mai la fiducia
stizia (Ez. 33,13), oppure confidai:e in negl'idoli, mentre b/f; può essere tran-
cose come un'imboscata (lud. 20,36), quillamente usato anche in tale accezio-
carri da guerra (Os. ro,13 [LXX cod. ne (ls. 42,17; Ier. 46,25) 133•
AJ; Is. 31,1), città (Am. 6,1; Ier. 5,17),
mura (Deut. 28,52), archi (Ps. 44,7), ric- 2. Eppure nell'uso religioso si nota,
chezza (ler. 49,4; Ps. 52,9; Prov. lI,28), oltre al significato sentìrsi sicuro, un am-
bellezza (Ez. 16, 15 ), oppressione (ls. 30, pliamento dell'area semantica di h!!; che
u; Ps. 62,11), malvagità (ls. 47,10). va precisamente verso un'assimilazione
Anche in quei passi in cui il verbo indica col significato di he'emin (Ier. 39, I8;
fiducia in una persona, risalta chi:uamen- Soph.3,2; [Mich.7,5]). Quest'uso parti-
te, soprattutto in alcuni testi più antichi colare è frequente soprattutto nel Deu-
ove bth è costruito con 'al (2 Reg. 18,20. teronomio, che non distingue più tra b!p
o
24) ·con il dativo etico (2 Reg. l8,2I. e he'emin. Anche in aggiunte seriori ai
24 [I er. 7 ,4.8] ), l'aspetto squisitamente libri profetici btb esprime un rapporto e
soggettivo d~l senso di sicurc?.:m, senso non più uno stato, anche se talvolta tra-
che risale cioè unilateralmente al sogget- spare ancora, sia pur debolmente, il si-
to ed è quanto mai diverso da quello e- gnificato primitivo del senso di sicurez-
spresso da 'mn, che si fonda su di un za che il soggetto prova in una data si-
rapporto reciproco. Anche il participio tuazione (Is .50,10; ler.46,25)'1'1• Questo
passivo biitua!; bjhwh, «teso sicuro da sviluppo raggiunge un punto tale che
Tahvé» (Ps. u2,7; Is. 26,3), e la forma (soprattutto nei Proverbi e nei Salmi)
hif'il uf'al-jab!a!; 'etkem pizqljiihtJ 'el- br!; nel significato di he'emin si sostituì-

131 Significato simile ha mib!ii~=motivo, auto· m In parallelismo con appoggiarsi, 1mk, al


re della sicurezza (che i LXX traducono 9 volte part. passivo qal (Is.26,3; Ps.x12,8) e al nif'al
con t>..n~. 3 con 7tmot1'~va~) specialmente in (Ps.71,6 [Is.48,2]); con il nif'al di fn nell'uso
Is.32,rB; Proti.14,26; kesel: Ps.49,14 (LXX: linguistico profano (Is.30,12; 31,1; lob 8,r5) e
ux<ivlìaì..ov!); lob 31,24; 8,14 (kirla: lob 4,6; religioso (ls. _50,rn [ 2 Pr1r. 13,18; r4,10; 16,7
LXX: ltqipo!7Vvri): nel linguaggio rituale questo s.; Mich. 3,ull.
vocabolo conserva ancora il suo significato pri-
mitivo di lombo (Lev.3,4.IO.IJ e passim). rn Qui veramente sarebbe appropriato tradur-
m Cfr. Ps. 22,ro: mabtibi 'al-I'dé 'i111111i. re con aver fiducia; cfr. kesel: Pr.78,7.
'ltL<T't'EUW x't').. B 111 2 -3 (A. Weiser) (VI,193) 388

sce quasi completamente a quest'ultima sare con ancor maggiore precisione una
forma. Cosl, ad es. in Prov.3 15, si parla svolta decisiva nell'uso di b!f; per indi-
di fiducia in Jahvé «con tutto il cuore», care l'intero atteggiamento religioso: ta-
con un'espressione riservata altrove alfa le svolta è data dall'influenza di Isaia sul
fede in Dio; in Ps. 78 1 22; 37,3 btf.J e he- linguaggio religioso. In un passo di gran·
' emin ( 'emlJ11a) ricorrono in parallelismo de importanza (Is. 30, 15} abbiamo un
sinonimico; in Ps. 40, 4; 56, 4; 26, r .3 esempio pertinente della creatività lin-
nel rapporto globale con Dio è incluso guistica del profeta. Certamente anche
anche il timore. Anche in quei testi in Isaia conosce l'uso comune di bth accer-
cui non compare alcun parallelismo di- tato sopra (b!/;=stato di sicurezza urna·
retto con he'emin, bth è usato comune- na: 30,12; 3r,1; 32,9 ss.), anzi è proprio
mente per indicate ii pio (Prov.r6,20; questo falso senso di sicurezza quello che
28,25; 29,25; Ps.32,ro; r25,r; Ier.r7, egli combatte; in 30,15 il profeta usa pe-
7 ), spesso anche in forma stereotipata rò la radice b{p in senso positivo: «Nel
nelle formule liturgiche d'introduzione e ravvedimento (Suba) e nella calma (nn-
di chiusura per indicare l'atteggiamento l;at) è il vostro aiuto, nella tranquillità
di chi si accinge a pregare (Ps. 9r,2; 84, (hasqe!) e nella fiducia (bi/pa) è Ja vo-
13; 25,2; 31,7 e passim). L'evoluzione stra forza (gebura)». Ora, il fatto che I-
dell'uso linguistico segue qui un cam- saia non scelga una forma del verbo b!f;,
mino simile a quello di 'mn. ma preferisca due neologismi di sua crea-
zione (bi!!Ja e .Mba) 135, rivela forse l'in-
3. A confron~di 'mn, il cui sviluppo tenzione di determinare il nuovo termi-
semantico non comporta alcuna altera- ne rispetto al significato corrente di b!f.i
zione del significato fondamentale, il mu- che egli altrove rifiuta; ad ogni modo Is.
tamento di significato di btp richiede unn 30,15 testimonia lo sforzo per dare e-
spiegazione. Genericamente parlando, spressione linguistica a un contenuto che
tale trasformazione è dovuta a una serie rappresenta qualcosa di nuovo rispetto
di fattori che possiamo cosl elencare: lo al significato corrente di b/f.J. Invero in
sviluppo sempre più chiaro della fede Is. 30,r5 ancora traspare l'antico signifi-
monoteistica in Jahvé nella tradizione cato dcl senso di sicurezza, ma tanto su-
cultuale jahvistica, sviluppo accelerato ba quanto guburatkem lasciano traspari-
dal confronto polemico con le altre re- re sullo sfondo il concetto di fede di Is.
ligioni; il messaggio dei profeti; la pres- 7,9 e 28,16; inoltre il versetto seguen-
sione degli avvenimenti storici; la situa- te (30,r6: <~Ma voi non avete volu-
zione religiosa dell'esilio e l'impotenza to, ed am~i avete detto: - No, fuggi-
politica anche dopo l'esilio; il crescente remo su dei cavalli») mostra chiara·
sentimento di «essere gettato su Dio» mente che con gebtJratkem il profeta
(per tale espressione cfr. Ps.22,11) per non indica 1a forza degli uomini, bensl
il quale il credente cerca e trova la pro- quella forza che deriva dal rapporto con
pria sicurezza soltanto in lui; infine an- Dio (bi!~r1). Abbiamo qui il punto in cui
che l'emergente individualismo religio- si può cogliere direttamente il mutamen-
so, cui si accoppia la trasformazione del- to di significato di h{p: Isaia ha immes-
la nazione in una 'chiesa' che, in virtù so nel1a radice btb il proprio concetto di
della pietà laica suscitata dal profetismo, fede e operando creativamente su di es-
guadagna sempre più terreno. Ma al di sa come nel caso di 'mn ha dato un nuo-
]i\ di questi fattori generali possiamo fis- vo impulso allo sviluppo semantico.

m Nell'A.T. le due forme compaiono soltanto qui.


'l':LO"'WJr.ù X<À.. B IV 1-2 (A. Weiser) (v1,193) 390

IV. La radice 11omi11ale ~sh dèi pagani (Deut.32,37).


r. hsh =cercare/trovare rifugio, me/-
al
tersi sicuro 136 (accadico: {lisu, con il 2. bsh conserva spesso tracce del suo
medesimo significato; LXX: 20 volte fì..,. significato primitivo anche quando è usa·
nlsw.1, 9 7tE7tot-i>ÉvaL, 3 EuÀ.a(ki:crikn, 2 to per esprimere il rapporto con Jahvé,
CTXE7t6.SEt\I, l volta ciascuno <T~SEL\I e àv- soprattutto in quei salmi in cui il Salmi·
'tÉXEtv) mostra uno sviluppo semantico sta, minacciato da ogni sorta di pericoli
simile a quello di b!b· Termine piuttosto e di insidie, cerca il suo Dio (Ps.57,2 ;
ricercato, bsh ha in origine un'area se- 91,4; 25,20; 61,5 e passim). Spesso tut-
mantica più ristretta di btb: mentre que- tavia (e qui viene spontaneo il confronto
sta radice può indicare anche la sicurezza con btb) il termine è usato in maniera
di sé fondata sulle forze del soggetto stereotipa nelle formule liturgiche d'in-
stesso e~ col. 385), quella presuppo- troduzione e conclusione, con un'accezio-
ne piuttosto il bisogno di aiuto e la di- ne dilatata ad abbracciare l'intero rap-
pendenza dall'altrui protezione. L'origi- porto con Dio (Ps.7,2; 16,1; 18,3; 25,
ne poetica è ancora visibile nell'immagi- 20; 3x,2; 2,12; 5,12; 34,23). Esso inol-
ne dell'albero, alla cui ombra «ci si ri- tre ricorre in parallelismo sinonimico
para» (Iud.9,15; ls.30,2: «cercare ripa- con hfp (Ps.118,8s. [cfr. 25 ,2 e 20)) <!
ro all'ombra de11' Egitto»), oppure nel- in parallelismo con 'temere Dio' (Ps.31,
l'immagine dell'uccello che stende le ali 20). L'ultimo grado di questo sviluppo
«alla cui ombra si trova rifugio» (Ruth linguistico sembra essere l'uso assoluto
2,12; Ps. 36,8; 57,2; 61,5; 91,4). La se- del participio qal poslm, che significa i
conda immagine ricorre solo come me- pii (Ps.17,7) 138 • Lungo simili linee si è
tafora riferita a Jahvé. Anche nel caso di ampliato anche il significato di mapseh:
fish il significato primario non è quello, usato in origine per indicare il rifugio,
diciamo, di un rapporto reciproco tra sia nel senso di luogo che in quello di chi
chi cerca e chi offre rifugio, bensl lo sta- offre rifugio, è usato poi (Ps.62,8; 94,
to de1l'essere al sicuro, oppure l'atto che 22; 73 ,28: «ho posto la mia fiducia in
cerca di provocare questo stato. Questo Jahvé») in parallelismo con la 'comunio·
significato si deduce tanto dal nesso con ne con Dio' (qirbat 'elohim) per indi-
tnfiat, 'sotto' (Ruth 2,12; Ps.91,4), quan- care il rapporto stesso con lui. Per quan-
to dalla locuzione «cercar riparo nella to riguarda la profondità del contenuto
propria perfezione» (Prov. 14.32) m. An- semantico, il nostro termine non è infe-
('he fish, come già abbiamo notato per riore alla concezione della fede di Isaia
bt!J e~ col. 386), può esser riferito agli (~coli . .394 s.) 139•

136 Cfr. rifugio, !1iisilt (Io.30,3); mapasch (Ps. sviluppo dei verbi dàras e biqqèJ, per i quali
104,18; lob 24,8; Is. 28,15): uso profano (i in origine l'uso religioso è limitato alla consul·
LXX traducono con xa:ta.<puylj, cn~t-:ni, f.)•• rnzionc dell'oracolo divino (Gen.25,22; 1 Sam.
r.lç); Ps. 46,2; 6,14; 91,9 e passim: con rife- 9,9; 1 R eg. 22,8; 2 Reg. 22,13.r8; consultazio-
mento a Jahvé (i LXX traducono con xa.Ta.<pv· ne di Baal: 2 Reg. 1,2 s. 6.16; dell'indovino:
yi}, lÀ.1tlç). I Sam. 28,7; dei morti: Is. 8,19; Deut. 18,
11), o al desiderio di vedere il volto di Dio
m Bisogna leggere, coi LXX e la versione siria-
nel culto (2 Sam. 21 ,1; Ps. 24,6; 27,8; 105,
ça, h•tummo invece di h0 moto.
4; Os. 5, [6: J 15 [2 Sam. n,16; Soph. 1,
Il.I I LXX aggiungono tuttavia btL <1É. 6]); nell'ultima fase dello sviluppo i ver.
139 In un certo senso sarebbe paragonabile lo bi vengono invece usati per indkare il raJ>-
'RLG'tf.VW x-rÀ. B v 1-2 (A. Weiser) (vr,194) 392

V. Le radici nominali qwh, j~l, J:ikh micità emotiva che traspare ancora nel-
l'uso tardivo del verbo, il cui significato
Una parte essenziale dell'atteggiamen- fondamentale è lo stato di attesa lunga e
to dettato dalla fede che ci è presentato dolorosa. Il significato fondamentale di
nell'A.T., vale a dire il lato rivolto verso hkh sembra essersi conservato con la
il futuro, potrebbe venire trascurata se maggiore purezza in .2 Reg. 9,3 (tratte-
qui non si trattassero anche le radici dei 11ersi, indugiare) e forse anche in Os.
verbi indicanti lo sperare. Esse vanno G,9 (aspettare in agguato, in senso chia-
considerate nel presente articolo sulla fe. ramente ostile). Anche nell'uso pro-
de anche perché più tardi nell'A.T. ven- fano traspare il significato primitivo:
gono usàte, senza alcuna differenza, nel- l'operaio attende (qwh) il suo salario
lo stesso significato dei verbi indicanti il (Iob 7,2), i nemici del salmista aspet-
credere. Nonostante i diversi significati tano il momento opportuno per uccider-
fondamentali delle singole radici, questi lo (Ps.56,7; n5>,95). La nota dell'attesa
termini possono venir trattati insieme lunga e dolorosa risuona nell'uso di jpl
a causa della somiglianza del loro svi- in r Sam.13,8 (Saul attende invano Sa-
luppo semantico e anche perché i tre muele per sette giorni) e in lob 14,14
temi verbali vengono spesso usati come (Giobbe vorrebbe attendere tutto il pe-
semplici sinonimi interscambiabili, feno- riodo della sua milizia). In tutti questi
meno, questo, che si esprime :.inche nel testi la nota che più risalta è quella sog-
fatto che tutti e tre possono essere tra- gettiva di uno stato di attesa. Le radici
dotti con sperare, aspettare, attendere qtuh e ibl subiscono, soprattutto nei Pro-
(con ansia, impazienza, a lungo). verbi e in Giobbe, un ampliamento del
significato primitivo, venendo a indica-
l.Per le traduzj.ooi di questi verbi nei re spesso, con un'accezione che mostra
LXX ~ m, coli. 517 s. Il loro signifi-
chiaramente l'effetto della riflessione
cato fondamentale è la condizione di u-
concettuale, speranza, energia vitale
na tensione concreta. qwh, la cui radice (qwh: lob 3,9; 30,26 141 ; jpl: lob 6,rr:
è attestata sempre con lo stesso signifi- 13,15; 30,26)10.
cato in accadico, arabo e siriaco e ha con-
servato con la maggiore purezza il signi- 2. Nell'uso linguistico religioso i ver-
ficato primitivo in qaw, nastro mise1ra- bi di sperare esprimono in primo luogo
tore e tiqwa (los. 2,18,21), cordone, si- l'attesa ansiosa e intensa di qualcosa di
gnifica in primo luogo essere teso. /!Jl concreto e ben definito. Più precisamen-
sembra essere imparentato con {Jil, avere te, quando si tratta della religiosità col-
le doglie, partorire J.1o. Questa affinità lettiva, essi indicano generalmente la
spiegherebbe anche la più intensn dina- speranza della salvezza, spesso con Ja lo-

porto totale, anche quello interiore, con Dio; la tendenza, riconoscibile ancora ncll'impcrn-
ad es., Am.,A; Deut.4,29 (cercare Dio «con tivo e nell'infinito dei verbi pe-jod, di ristabi.
tutto il cuore e con tutta l'animalo)); similmen· lire il tl'ilitterismo amplinndo le radici bilit-
te Jer.29,13; in.fine, al participio, indicano fre- tere. Per questa tendenza cfr. G. BEER, Hebr.
quemente il pio (per es., Ps. 9,u; 40,17; 69, Gtammatik II (1921) 42.
7 e passim). Anche in questo caso sembra che a 141 Cfr. il sostantivo femminile astratto tiqwa,
determinare tale mutamento semantico siano usato nella medesima accezione: Prov.23,18;
stati il rifiuto degli aspetti puramente esteriori 24,14; 26,12; 29,20; lob 5,16; 8,r3; n,18.20;
del culto e l'interiorizzazione, accompagnata a 14,7; 17,15; 19,10; 27,8; miqweh: 1 Par.29,15.
un approfondimento, del rapporto con Dio. m Cfr. tohelet in parallelismo con tiqwa in
1<111 Grammaticalmente ci troviamo davanti al- Prov.10,2Bi u,7.
393 (v1,194) mo°''t'EVW X't'À. B V 2·3 (A. Weiser) (v1,19~) 394

cuzione metaforica 'attendere la luce', 22; 24,13; lvic. 13,13). Anche in tutti
'sperare nella luce'. In questa accezione i passi in cui la speranza in Dio include
sono usati qwh (ler.8,15; 13,16; Is.59, un fine concreto, il carattere decisamen-
9.11; 64,2; ler.14,19 : in parallelismo te immanente della pietà veterotesta-
con l,Jkh), if;l (Ez.13,6) e pkh (Soph.3, mentaria dovrebbe trovarsi nella sum-
B; Ps. 106,13). Nell'ambito della pietà menzionata linea della ' teofania', mo-
individuale essi esprimono invece la spe- strando un interesse particolarmente in-
ranza nell'aiuto divino in una partico- tenso per la manifestazione visibile del
lare difficoltà, l'attesa ansiosa di chi pre- governo divino.
ga e spera che Dio lo ascolti ed esaudi-
sca. Abbiamo queste nccezioni, ad es., 3. Oltre allo sviluppo accennato, se
in Ps. u9,8 l (speranza nella salvezza di
ne è però verificato un altro per il qua-
Dio). 74.II4.147 (nella parola di Dio).
43 (nel giudizio di Dio); 33,18 (nella le lo 'sperare in Dio' è divenuto espres-
grazia di Dio). Benché qwh abbia sem- sione della fede quale rapporto totale
pre Jahvé quale fine della speranza, alcu- con lui. Ancora una volta, come già per
1ie volte la ' speranza in Jahvé' cela at-
tese quanto mai concrete: fo speranza 'mn (-Hall. 378 ss.) e btf; {-Hai. 388),
di aiuto (Prov. 20,22), di esaudimento è in Isaia cbe si manifesta il muta-
della preghiera (Ps.40 ,2; cosl anche 130, mento semantico decisivo dei verbi di
5, in parallelismo con jf;l; 33,20 ss.: le
tre radid f;kh, h!/; e ibl sono usate con- sperare, che conferisce loro il massimo
secutivamente con lo stesso significa- approfondimento. Is.8,17 ci mostra il
to) 143• Gli ultimi passi citati non mostra- profeta in un atteggiamento di profonda
no comunque un uso che possa essere
fede in Dio, nel Dio nascosto:_ «lo a-
considerato senz'altro come una trasla-
zione lineare del significato fondamen- spetto fedelmente (/;ikkit1) Jahvé, che
tale all'area religiosa, indicando l'attesa nasconde il suo volto alla casa di Gia-
di Dio stesso. La matrice di quest'uso cobbe, e spero (qiwwétl) in lui». Il cam-
linguistico, che è il più comune nel Sal-
terio, può essere forse collocata neil'at- biamento che si è verificato in questo
tesa de11a teofania, sia nel culto sia nel- passo diventa più evidente quando lo si
la storia, dove era annunciata partico- confronti con 2 Reg.6,33, dove il re (Io-
larmente dai profeti. Partendo da questa
origine, l'evoluzione linguistica potreb- rnm?), davanti alla carestia che colpisce
be aver portato, passando per il Deutero- Samaria, dice ad Eliseo: «Ciò viene da
Isaia 144, a que1I'uso escatologico che in- Jahvé; come dovrei aspettarlo (jpl) an-
contriamo nel tardo giudaismo e che si
cora?». La differenza è lampante: il mo-
trova in Dan. I 2 ,I 2: <e Beato chi aspetta
con costanza ... fino alla fine dci giorni» mento che segna per il re la fine della
(bkh; Thcod. ùnoµ(vm1; cfr. Mt. ro, speranza in Jahvé, per Isaia è invece il

J4J In modo simile è usato al pi' cl (qal=esami- Dio (Ps.146,5).


nare a/lentamente: Nee111.2,x3.15) il verbo sbr
=sperare; P:r.rn4,27; 145,15: attendere Dio, m I verbi in parola sembrano indicare l'attesa
i: donatore del nutrimento; II9, i66: sperare ansiosa della rivelazione di Dio: Is.51,5 («le
nell'aiuto; I:r.38,rB: sperare nella 'emet di Dio. isole mi aspettano con ansia [qwh]»); (60,9);
Cfr. il sostantivo leber=:rperanza nell'aiuto di 42,4 U!Jl).
395 (VI,195) mv't'EVW X't'À.. B v 3 (A. Weiser)

momento in cui osa veramente sperare; re stato abbandonato da Dio: «La mia
il giudizio e l'ira di Dio non ha inter- via è nascosta a Jahvé e il mio diritto è
rotto per lui il precedente rapporto con ignorato da Dio» (Is.40,27). Il Deute-
Jahvé, la fede d'Isaia è ancora una realtà ro-Isaia strappa questi spiriti stanchi (e
che esiste, ma (e qui abbiamo il nuovo qui ritroviamo lo stesso 'eppure' d'Isaia)
momento della conoscenza di fede del alla loro disperazione richiamandoli pro-
profeta in cui traspare ancora il signifi- prio a questo Dio nascosto, alla sua in-
cato primitivo di qwh e f;kh) in una ten- scrutabile sapienza e all'inesauribile for-
sione, in una 'esaltazione' dell'energia z:i che egli dona appunto al debole e allo
della fede, dietro cui s'indovina la ten- stanco (vv. 28 s.). È nel corso di questo
sione tra timore e speranza: questo at- messaggio che il profeta afferma: qowe
tendere e sperare è fede, fede che non ;hwh ;apìiliffl koìip, «coloro che aspetta-
vede eppure crede. La tensione nell'in- no fedelmente Jahvé rinnovano 145 la for-
timo del profeta (espressa nel significato za» (v. 3 I). In questa frase la 'speran-
primitivo delle parole qwh e bkh) sgor- za in Jahvé' è concepita come una nuova
ga dalla consapevolezza dell'incredibile forma di esistenza e di energia vitale,
rischio di una tale fede, considerata la come una meravigliosa forza sovrumana
disperata condizione esterna d'Isaia: in che rende possibile l'impossibile. Anche
questa tensione della fed~ rinchiusa se i ragazzi diventano stanchi e fiacchi, e
non la rassegnazione, in cui brilli il de- i giovani si accasciano (v. 30: si noti l'i-
bole barlume di speranza di un 'forse', perbole stilistica), chi spera fermamente
ma l'accresciuta energia di un 'eppure' in Jahvé può correre senza stancarsi mai.
che nasce da una certezza ultima che non In questa parola profetica è espressa con
si arrende. tutta chiarezza la differenza che corre tra
Nessuno ha capito tutta la profondi- il vigore fisico e l'energia della fede, una
tà della lotta di Isaia per la fede meglio forma diversa di forza (spirituale) che
del Deutero-Isaia, cui noi dobbiamo la professa il proprio attaccamento a Dio
formulazione veterotestamentaria classi- contro ogni apparenza e in questo rap-
ca della speranza sostenuta dalla fede (Is. porto col Signore supera ogni tentazione
40,3r ). La concezione del Deutero-Isaia e debolezza. Anche il Deutero-Isaia è
nasce da una situazione interiore simile consapevole che solo Dio dona all'uomo
a quella d'Isaia e affronta il medesimo questa forza della fede (40,29) e tale sua
problema: si tratta anche qui del Dio consapevolezza coincide con il concetto
nascosto. Sotto l'impressione della cata- isaiano di fede {cfr. 28,16). L'intera pro-
strofe dell'esilio il popolo crede di esse- fezia del Deutero-Isaia, canto di Is.53

IH ~l/, pi'el e hif'il=mcnere al posto di1 cam· bù1re (abiti): Gen.41,14; i Sam.12,20.
397 {v1,196} 1wr1euw X'tÀ. B v 3 · VI (A. Weìser)

incluso, costituisce la prova vivente del- fiume. Anche per i verbi di sperare si
la potenza vittoriosa di questa energia conferma l'osservazione fatta per gli al-
della fede che domina interiormente le td trattati in questo articolo, cioè che
situazioni più difficili e tragiche di que- alla fine essi si consolidano in forme con-
sta vita, e anche la morte, perché le sue venzionali per descrivere l'atteggiamen-
radici affondano in un altro mondo, nel to devoto di chi prega (specialmente nel-
mondo trascendente. le formule liturgiche: qwh: ls.33,2; jpl:
Ps.33,22; rr9,r47; pkh: Is.30,r8; Ps.
4. Un ampliamento e approfondimen-
33,20) oppure per caratterizzare in bre-
to dei verbi di sperare lungo le linee fis-
ve l'uomo pio in contrapposizione al-
snte dall'uso dei due Isaia può essere no-
l'empio (Ps.37,9).
tato anche in testi seriori, particolarmen-
te nei Salmi. Oltre all'uso già menziona-
VI. Riepilogo
to (speranza di aiuto in una situazione
concreta, speranza di essere ascoltati ed Siamo cosl alla fine della nostra disa-
esauditi) e alla forte nota emotiva dell'a· mina. Se ci volgiamo a considerare l'uso
nelito religioso, in particolare nei Salmi linguistico dcli' A. T. nel suo sviluppo
'sperare' viene usato per indicare in bre- complessivo, possiamo rispondere final-
ve l'intero rapporto dell'uomo con Dio; mente alla domanda che ci eravamo po.
ad es., Ps.42,6.I2; 43,5: «Spera (jpl) in sti al principio (~ col. 362}: i LXX
Dio, giacché lo loderò ancora, lui, aiuto e il N.T. hanno visto giusto quando han-
del mio volto (cosl B. H. Kittel) e mio no riallacciato il termine indicante la fe-
Dio» (cfr. Ps.130,5 s.). Sulla via di que- de e il credere ( 'ltLO''tEVEW) alla radice
sto sviluppo le radici di sperare vengono veterotestamentaria 'mn, giacché è nel-
usate come sinonimi di bfp (Ps.25,3.5 l'uso di questa radice che si manifesta
cfr. v. 2; 33,2r s.) 146, di psh (Ps.25,21 l'aspetto particolare e anche il più pro-
cfr. v. 20), di jr' (dr. Ps.25,14; 33,22 fondo del concetto di fede dell'A.T. An-
cfr. v. 8 ), senza che si noti alcuna diffe. che se da un punto di vista quantitativo
renza di significato. L'alternarsi quasi l'uso di he'emln è meno frequente di
compiaciuto dei verbi più diversi per in- qu~llo di altre radici, pure la sua preva-
dicare il rapporto con Dio in Ps. n9 147 lenza qualitativa è indubbia e si manife-
è certamente la prova più evidente del sta nel fatto che l'assimilazione al signi-
fatto che l'uso linguistico nell'A.T. scor- ficato di 'mn con il mutamento seman-
re dai più diversi affluenti in un unico tico che gli è connesso costituisce il fe-

H~ Simile è il caso in cui Jahvé viene chiamato 14/ Cfr. particolarmente l'uso di attendere con
«la speranza» dell'orante: Ps. 7r,5; tiqwat1 in ansia: vv. 43.49.74.147.
parallelismo con mibta/;1.
399 (v1,197} 7t~O"'tEUl>) x-r>... B Vl (A, Wciser) e I (R. Bultmann)

nomeno principale dello sviluppo delle intima natura; hanno dato all'uso lingui-
altre radici. Le ragioni di questo singola- stico un approfondimento creativo e ( en-
re processo linguistico possono essere tro l'orizzonte dell'A.T.) una perfezio-
tre. r. Una ragione linguistica: dal la- ne che, ripresa dalla pietà individuale,
to linguistico-formale, la radice 'mn si aiutò ogni volta a superare interiormen-
mostra la più elastica e, per quanto at- te le catastrofi storiche e le tragedie in-
tiene al contenuto, la più mobile; ha co- dividuali 148 • Infatti è proprio in questo
sl 1a capacità di accogliere in sé sempre aspetto che si manifesta il significato del
nuovi elementi, senza per questo dover concetto di fede dell'A.T.: esso esprime
rinunciare al suo significato fondamen- fa particolare forma di esistenza e di vi-
tale. In questo modo il verbo, nella for- ta del popolo di Dio, posto nella dimen-
ma hif'il, riesce ad includere il rapporto sione di un rapporto vivo con Dio, e di
reciproco tra Dio e uomo, che è totale, ogni suo membro; di tale rapporto esso
esclusivo e personale. 2. Una ragione sto- coglie tutta l'ampiezza e la profondità,
rica: il termine 'mn si mostrò, in tale le quali divengono palesi solo quando,
accezione, il più vicino al caratteristico nell'ora in cui l'esistenza umana è minac-
rapporto con Dio che univa Jahvé e I- ciata, la certezza di Dio sprigiona nuove
sraele, e divenne quindi ben presto il ter- energie di fede e di vita.
mine usato per esprimere questo rappor- A. WEISER
to con Dio specificamente veterotesta-
mentario, che veniva coltivato ne1la tra- C. LA FEDE NEL GIUDAISMO
dizione del patto. 3. Una ragione teo-
logica: i profeti, specialmente Isaia, con I. L'eredità veterotestamentaria
1a propria esperienza e riflessione religio-
II veterotestamentario be' emin (~
sa hanno approfondito al massimo que- coll. 371 ss.), che nei LXX è tradotto
sto rapporto con Dio, svelandone la più quasi senza eccezioni con mcr'tEUEW 149,

148 Le radici bJI;, !Jsb, qwb, j!Jl, l;kh sono, fin 2,,8: qui, evidentemente, soltanto per cambia-
dall'inizio, molto più concrete e vivide, mentre re espressione; nel v. 7 Jm' è tradotto con
he'emin è piuttosto un termine formale. Que- àxouEw). Anche gli altri derivati del tema
sta differenza può essere stata una delle ragioni 7tlO''t- rendono quasi esclusivamente derivati
per cui quelle radici, particolarmente dopo la della radice 'mt1. Ricordiamo i dati più impor-
lcro assimilazione semantica al concetto di 'mtt, tanti. 1tt!1-.6ç corrisponde quasi sempre ( 29
hanno superato statisticamente quest'ultima volte) al nifal di 'mn; 1tW1:t.<; rende 6 volte
nell'uso comune. 'mt, 20 volte '1:111mh, mentre viceversa 'ml
149 45 volte; inoltre 5 volte con lµ1t~O'"t'EUEL'J, è tradotto 87 volte e (specialmente nei salmi)
x volta ciascuno con xa:retmO'-tEUE~\I e rmal)i\- 'mwnb 22 volte con cl'>..11ilEt(.(. fooln·..: 'mt è
\let~ (~ IX, coli. 1359 s.) e, in alcune varianti, tradotto 12 volte con uì..1)1hv6(;, 6 co~ li;xc·.-
con l}Éì..E~'J, Analogamente mu-rtvew rcuJc OvUVTJ e 4 con olxettoc;. Va notato che 1UCi1:EV·
quasi senza eccezioni h'mjn, I volta ciascu- EW non è mai usato per b!IJ (~ m, col. 517).
no il nifal e I' af'el di 'mit, r volta Im' (Icr. È significativo che 1tt<1'tEUEW e 'ltE1totDlvcxL non
ntO"nlJW r...-À.. el (R. Bultmann)

corrisponde effettivamente al greco m- riferimento a Dio h'mj11 significa spes-


O"'tEUEW in quanto entrambi possono si- so riconoscere (Ex.14,3r: par. jr'; Num.
gnificare confidare (in persone: r Sam. 20,12: par. hqdjf; Js-43,10) oppure ub-
27,12; Mich. 7,5 ecc.), prestar fede, cre- bidire (Deut.9,23: par. sm'; Num .14,
dere (alle parole: Gen. 45,26; r Reg. ro, rr: opposto di n'~; 2 Reg. 17, 14: par.
7; Prov. 14,15 ecc.)(~ col. 347 e col. sm'; cosl anche con riferimento a Mosè,
348). È conforme all'uso greco di mo-- rappresentante di Dio: Ex-4,I.8 s.: par.
'tEVEL\I servirsi di questo verbo per espri- sm' ). Di conseguenza anche i comanda-
mere la fiducia in Dio (Gen. 15,6; Deut. menti di Dio possono essere oggetto di
I ,3 2 ecc.) oppure la fede prestata alle h'mjn (~coli. 373 s.).
parole di Dio (Ps. 106,12.24) (~ col. Credere in Dio significa nell'A.T. ri-
350 e col. 35 I). La realtà espressa con conoscerlo quale Dio (-7 coli. ~72 ss.),
b'mjn, e quindi il concetto di fede clcl- cosa che comprende tanto la fiducia (->
l'A.T., sono più ricchi e ampi rispettiva· coli. 384ss.) e la speranza(-> coli. 392
mente del fenomeno espresso in greco ss.) quanto il timore(~ col. 376) e l'oh-
con mO"'tEVEL\I e del concetto greco di fe. bedienza (~ col. 374). Ma i due mo-
de. Anche il greco mo--re:uEw può conte- menti costituiscono un'unitn, perché h
nere la sfumatura di obbedire(-> nn. 6. fiducia è intesa in senso ra<lic:ale (-'>
32 e 46); ma questo aspetto è incomp<1· coll. 3 78 ss.) e abbraccia il superamento
rnbilmente più marcato nella fede del- sia del timore che della fiducia in sé 151•
l'A.T., anzi spesso e predominante. In Credere significa osare di decidersi per

s'incontrino mai nei termini ebraici a cui cor- duttori esaplati sono gli unici che preferisco-
rispondono. Da un lato le forme nif'al e hiril no tradurre 'mumh con 'itl'J''ttç. Anche altre
di 'mn vengono tradotte con precisione filolo- trnduzioni particolari dei LXX vengono abban-
girn. con 'ltL<1'tE•)ELV; anche i derivati della radi- donate, ma per ragicni filologiche. Per ':111,
ce '11111 indubbiamente hanno o ricevono nei invece, anche i traduttori csapbri co,rin:.i:i-
LXX un significato parzialmente assai diverso, no ad usare aÀ:fjDF.ta.. [DERTRAM]. Nei LXX
ma vengono comunque tradotti sempre con 1tL· 7tL<T'tE•)ELV e i composti vengono costruiti co-
<T't"EUET.\I ecc., mai con 1tE'ltcd)Évo;~. Solo una vol- stantemente col dativo della persona (tale è la
ta (Prov.26,25) 1m!l'D'i)w.tt è usato col signifi. costruzione anche in Flavio Giuseppe [cfr.
ce.to di 'farsi ingannare'. D'altra parte itÉ1tOL~a. ScHLATTER, Ios.28] e Filone), oppure col dati·
corrisponde a numerosi termini ebraici, anche vo dell'oggetto inanimato (per es., My~. tixofl
senza contare b!/;, e questi vengono resi nei e simili, per es. anche crl]µElot.; : Ex.4,9). Inol-
LXX in modo molto vario ('mn con la sua chin- tl'e abbiamo i costrutti con f.v (1 Ba.'T.:q,12;
rn e unica traduzione greca rappresenta una Mich.7,5; Ier.12,6; t~ 77,22; 105,u; 2 Par.20,
vera e propria eccezione), ma non avvil!ne 20; Da11. 6,24 [Theod.J); con É'ltl e il dativo
mai che a una di queste parole ebraiche possa (ls. 28,16: probabilmente è il testo originale);
corrispondere mo-TE•)Ew. Certamente non si con fol e l'accusativo (Sap. 12,2); con XIX.Tét e
trntta di un puro caso: per i LXX fede e fidu- il genitivo (lob 4,18; 15,15; 24,22). Natural-
cia sono ancora distinte. itÉr.otfra. ( = bth) è meni:c 1tL<T'tEUEL\I può anche reggere una secon-
già un termine specifico dcl linguaggio r~Ùgio­ daria introdotta da l:S-rt (per es., Ex. 4,5; lob 9,
so; come tale è usato nei LXX anche indipen· 16; Lam. 4,12; Philo, migr. Abr. !8; rcr.div.
dcntemente dal testo ebraico e acquista uno her. 101) oppure un :iccusntivo con l'infinito
spazio ancor m11ggiore nei traduttori successivi. (Ios., Ap. 2,160). Il sostantivo 7tlvT•..; è co·
7tt<T'tEUELV (= '11111) non è im·ece ancora consi- struito col genitivo (Ios., Ap. 2,218) oppure
derato un termine religioso, e in questo anche con r.p6.; (4 Mach. 15,24; 16,22; Philo, rcr. div.
i traduttori seriori non si differenziano dai hcr. 94; som. 1,68; Abr. :z68.270 s. :z73; pracm.
LXX. Uno spostamento nell'uso si h :1 sola- poen. :z7) o con 7tEpl (los., Ap. 2,169).
mente in qu:rnto Aquila e Simnw:o fra i rrn- t~n Naturalmente la comprensione radicale non
7ltO"'tEtM X't).. e I (R. Dultmann)

Dio, voltando le spalle al mondo minac- de in Dio, conforme alla pretesa tota-
cioso e rinunciando alla propria forza litaria di Dio sul popolo, dovrebbe de-
(---7 coll. 380 s.). La fede si presenta per- terminare tutta la vita del popolo e non
tanto, come talora è sottolineato nei te- è quindi richiesta soltanto occasional-
sti (per es., Gen.15,6), come fede contro mente in singole situazioni. Ma, se si
le apparenze e, «in quanto fiduciosa de- prende il metro del N.T., è anche chia-
cisione per Dio, contiene in sé la tenta- ro che l'A.T. non conosce ancora la fe-
zione soffocata» 151 • Una tale fede non è de quale atteggiamento assolutamente
una generica 'fiducia in Dio', bensì è ra- dominante che permea la vita dell'uomo,
dicata in ciò che Dio ha fatto nel passa- come si vede ad es. dal fatto che il pro-
to 152 : essa perciò ha sempre un fermo blema della morte non è né posto né
riferimento al passato e dunque è allo esaminato alla luce della fede. Quando
stesso tempo fedeltà (---7 col. 3 77 ). Co- nei Salmi la fiducia in Dio ha un riferi-
iui che ha fiducia (ma' amtn = mcT'rEVW'V) mento alla sorte dell'individuo e~ coll.
è contemporaneamente colui che è fede- 397 s.), tale fede è compresa unilateral-
le (ne'eman=mr:;-roc,). Analogamente la mente quale fiducia nell'aiuto di Dio so-
fede ha un fermo riferimento al futuro prattutto nelle angustie, come risulta già
(---7 col. 374) in quanto è la certezza dal fatto che in questi casi non si usa la
che Dio adempirà ciò che ha promesso. forma h'mjn, che collega la fede alla
Il contrario della fede sono la mormo- storia, bensl b1{J1 qwh, ecc. 154 • Nell'A.T.
razione e il dubbio (~ n, coll. 570 manca dunque la comprensione radicale
ss. [ yoyyu<;w J e coll. 994 s. [ OL<Ù.oyL- della situazione umana quale situazione
crµoc,J ), coi quali si 'tenta' Dio. La fede d'incertezza davanti a Dio, sicché non si
è attesa piena di speranza ( ~ III, coll. riconosce che l'uomo, nel bene non me-
518 ss.; col. 394) e tranquillità. La no che nel male, può stare davanti a Dio
fede ha anche un fermo riferimento al so1tanto con 'fede', cioè rinunciando ra-
presente in quanto obbedienza ai cdman- dicalmente a se stesso, e che ogni sua
damenti divini (---7 coll. 373 s.), nel cui opera può valere agli occhi di Dio sol-
compimento deve manifestarsi la fedel- tanto nella misura in cui nasce dalla fe-
tà del popolo al patto. de (Rom. 14,23 ). Spesso avviene, anzi,
Nell'A.T. una simile fede è però es- che la fìducia in Dio poggi sulla pietà
senzialmente riferita alla storia del po- dell'uomo 155 : anche tale pietà non è dun·
polo, la cui esistenza è dovuta all'opera que intesa in senso radicale come fede.
di Dio e la cui obbedienza è richiesta
da Dio. Il singolo è soggetto della fede Infine, nell'A.T. l'azione di Dio, ver-
essenzialmente in quanto è membro del so la quale l'uomo sa di essere impegna·
popolo e la sun fede si volge al futuro to con la sua fedeltà e nella quale spera
del popolo m. Ne consegue che la fe- fiducioso per il futuro, è concepita co-

è sviluppata ovunque con identica chiarezza. stipite. La sua fede è prototipica.


Cfr. spec. Is.7,4·9; 8,5-15; 28,15 s.; 30,15-17 e m Si noti anche che dn h'm;11 non sì è forma-
i Salmi. to un sostantivo che corrispondesse, ad es., a
151 ~ ScHLATTER, Gla11be 10 s. mhfb o lqwh, anche se 'ml nel senso di f edeilà
1s~ La fede non è quindi una proprietà <lei ca- può essere considerato, fino ad un certo punto,
rattere, come 'itlO-'t~~ per gli Stoici. un sostitnto di tale sostantivo. Solo con l'ora·
maico compare il sostantivo bj111nwt'=-fedel1à
I>! Anche la fede di Abramo in Gen.15,6 non
e fede. Cfr. ~ ScnLATTER, G/aube 559 s.
riguarda il destino individuale del patriarca,
ma il futuro del popolo di cui egli è il capo- 15, Pct es., Ps. 16; 37; 52; 71.
r:~a·mjll) X"()•. e l·II I (R. Bultmann >

me azione immanente, sia che si attui de; include la fedeltà(-> col. 377), l'ob-
nella storia dcl popolo oppure nel desti- bedienza (~ coli. 373 s.), la speranza e
no dell'individuo. Perciò, anche se signi- l'attesa (~ coll. 392). Data l'intima
fica una rinuncia del mondo, in quanto connessione dei momenti, talora non è
comporta la fine e del timore e della fi- possibile dire quale aspetto sia premi-
ducia in sé, la fede dcll'A.T. non è an- nente. Va tuttavia notato che nella let-
cora quell'atteggiamento radicale di de- teratura rabbinica la fede è intesa uni-
mondanizzazione che è invece la 'ltLCT-rLc; lateralmente come obbedienza alla legge,
del N .T., per la quale la dpl]Vr) 1tpÒc; -ròv mentre negli apocrifi e pseudepigrafì so-
1}E6v (Rom. 5 ,1) può prescindere sia dalla no messi in maggiore risalto gli altri mo-
storia del popolo nel mondo, sia dalla menti 157 •
sorte intramondana dell'individuo. Il momento della fedeltà è sottolinea-
to spesso 1;.;: si tratta della fedeltà ai
II. Il concetto giudaico di fede 156 'patti' di Dio (4Esdr. 3,32) che de-
v'essere conservata nell'affiizione e fra i
L'eredità dell'A.T. è stata ripresa tan- tormenti 159• La fede trionfa 1611, «giacché
to dal giudaismo palestinese quanto da
in verità chi è fedele otterrà in premio
quello ellenistico come un bene comune. la vita» (Bar. syr. 54,16). «Agli occhi di
Tra i due rami del giudaismo non sussi-
Dio grande è la fedeltà alla fede» 161 • An-
ste quindi su questo punto alcuna diffe-
che quando si associano opere e fede ( 4
renza e solo in pochi casi bisogna met- Esdr.9,7; 13,22), s'intende 1a fedeltà al-
tere in risalto nella presentazione genera- la fede. Abramo e altri padri antichi so-
le un aspetto proprio aU'uno o all'altro. no presentati quali esempi e modelli di
Filone richiede una esposizione a parte. una simile fedeltà 162• Come nel caso di
r. Continuità con l'A.T. Abramo, la fedeltà deve dare prova di
sé specialmente nella tentazione 16J. La
La struttura del concetto giudaico di fedeltà è allo stesso tempo obbedienza,
fede (per i nostri scopi presenti basta e- e cosl oggetto della fede appaiono a vol-
sporne l'uso linguistico religioso, trascu- te la legge, i comandamenti 164 • Anche ne-
rando quello profano) presenta tutti i gli scritti rabbinici 'credere in Dio' è
momenti del concetto di fede dell'A.T.: sinonimo di obbedire a Dio •6S. Gemella
credere significa anche per il giudaismo dell'obbedienza è la fiducia: osservare la
confidare (~ col. 384) e prestare /e- legge (n~r, LXX: -r.t<i't'EVEW) e fidare in

1~, Cfr. ~ SCHLATTER, G/(mbe 9-42; BousseT- lfD 4 Esdr.7,34; allrc indirnzioni in STl!ACK ·
GRESSMANN. :1"90-201; MoORE 237 s.; ~ W1ss- BILLERDE.CK lii 193·
MANN 50-54;. A. MEYER, Dns Riitsel des ]aco· i.;c M. Ex. a Ex. 14,31 e r5,r (citnto in MEVER,
busbriefes (1930) r23-x41 op.cii. [ ~ n. 156) lJO).
151 STRACK-BILLERD!lCK III 188.
16l Ecclus 44,20; Iub. 19, 9; I Mach.2, .52; .J
m ~ ScHLATTER, Glaube 15 s. Cosl anche nei
Moch.16,22; cfr . .STRACK - BILLERBECK III 199
testi di Qumran : 1QS 8,~; Io,26; 1QpHab 8,3.
ss.; MOORE II 237 s.
Qui è usato sempre 'emiìnt1, mentre 'emet sem·
bra significare costimtcmente verità (anche nel- 163 Ecclus 2,1 ss.; Iudith 8,25 ss.; Ps.Sal. 16,14
la locuzione 'iifiJ 'emet [ 1 ,5; 8,2]? ). s.; cfr.A.SoMMI:R, Dcr Bcg:ifl der V ersucht1nf!.
1s1 4 Mach.15,24; r6,22; 17,2; Hen. slav.62,1; im A.T. 11nd ]11de11t11m, Diss. Breslau (1935)
66,6; Ex.r. 15,7 (citato in~ ScHLATTER, Glau- 12-15.
be 17); Tg.]. r a Is.28,16 (citato in MEYER, op. ll4 Bar. syr.54,5; 4 Esdr.7,24; dr. - > ScHLAT·
cit. e~ n. 156] 130); cfr. ~ ScHLATTER, Glat!- TER, Glaube 19 s.
be 17 s.; STRACK-BILtt:nncK m 192 s. 165 STRACK-BILLt:.RUECK Jll 19r.
407 (v1,:200) me71'(V{J) X"tÀ . e Il I (R. Bultmann) (v1,201) 408

Dio (b!fi, LXX: 1tE1todMva~) si trovano tiene all'essenza della fede e che in ori-
in parallelismo 166• Naturalmente, spesso gine aveva per oggetto le parole e le pro-
la fede è esaltata come fiducia in Dio 167 messe di Dio (credute=ritenute vere) 178,
e spesso si ripete l'esortazione ad aver è un momento che acquista particolare
fiducia in lui nel tempo della distretta e importanza nel confronto con le altre re-
della prova 168 . Un aspetto specificamen- ligioni ·e nell' opera di propaganda del
te ellenistico di tale fiducia in Dio è la giudaismo: la fede in Dio diventa pro-
fede nella provvidenza divina (Ios., ant. fessione di monoteismo 179• Naturalmen-
4,60; Ap.2,r70). Opposto della fede (in- te questa accezione si sviluppa in modo
tesa sia come fedeltà che come .fiducia) è particolare nel giudaismo ellenistico (Sib.
il dubbio che tenta Dio 169 , la sfiducia 170• 3,584 ss.), e cosl incontriamo anche in
Segno caratterizzante della fede è la sem- Filone (-7 coli. 41 2 ss.) affermazioni che
plicità 171 , l'orientamento unitario del sembrano poggiare su formulazioni di
cuore. Questa semplicità di cuore è ri- tipo omologetico (Philo, op. mund. 170-
chiesta nei Testamenti dei XII Patriar- 172; virt. 2 I 6); a tale tradizione risale
chi in contrapposizione alla doppiez- anche il primo mandato di Erma 180•
za m, contro cui combatte anche la let- Poiché la parola 'fede' esprime con
teratura rabbinica 173 • In questo contesto tanta ampiezza il rapporto dell'uomo con
nasce il concetto <li 'credente Ji poca Dio e con la legge divina, dunque l'at-
fede' 174, e quello d'ipocrita m. Nella mi- teggiamento dell'uomo pio, è compren-
sura in cui la fiducia in Dio è fede nella sibile che le parole indicanti la fede pos-
sua promessa, la fede è insieme spenm- sano venire usate anche in forma asso-
za 176. Ma tale fede, se mai guarda al fu- luta. Certamente nella maggior parte
turo, è in senso molto generale fede nel- dei casi l'oggetto del credere è esplicito
la retribuzione m, e in quanto la retribu- (Dio, le tliStimonianze di Dio e simili) 181 ,
zione è concepita come realtà ultraterre- ma non m\mcano esempi dell'uso assolu-
na, una tale fede diventa una questione to. I pii, come possono essere chiamati
di partito(~ r, coli. 993 s.). semplicemente i 'fedeli' 182, cosl possono
La convinzione della verità, che appar- anche esser chiamati i 'credenti' (4 Esdr.
100 Ecclm 32,24; cfr. n,21; Bar.syr. 48,22. Nel 'di poca fede».
testo greco di Ecclus 33,3 la legge prende ad- 11s ~ ScHLATTER, Glaube 19.
dirittura il posto di Dio: l.ivl>pwnoc, cruvt-tbç 176 Bar. syr.42; J7,2;59,2.10; 4 Esdr. 6,5. Cfr.
È1~m!1-tEVO'n véµeii, xai b v6µoç a.ò-rc7> 1tL<T-ri>ç l'abbin!lmcnto di fede e speranza in 1 Mach.
1!.iç tp1.:m1µa. SiJ).t•Jv (v:1r. o~xalwv). 2,:>9.61; Ecclur 2,6.8 s.
167 r Mach . 2,59; Ios., ant. 3,309; 20,48; cfr. 171 STRACK·BJLLERBECK III 190 s .
MoORE 1 136 s. m Tob.14,4; Sap.18,6; Tg.]. 1 a Is.7,9 (le pa-
I~~ Ecclt1s 2,r ss.; los., a11t.2,333; cfr. MEYER, role dei profeti).
op.cii. (-> n. r56) 131 ; STRACK-BILLERDECK III IH fodith 14, 10; He11. aeth. 43,4'; 46, 7 s. ecc.
191 s. Cfr. SrRACK-BILLERDECK III 189 s.
161 Iudith 8,12 ss.; Sap.1,2; cfr. SOMMER, op. 1$0 Herm., mand. 1 ,r: npw-rov 'JtOCV't'WV 1tle7't'EU-
CÌt. (-> n. 163) II S. e7ov IS't'~ Elc; fo'i:w 6 itEoç, ecc. Cfr. DrnEuus,
110 Sap.1;i.: ama"tei:v. Herm., ad l.; W1NDISCH, ]akbr. a Iac.i,19; 4
1;1 Sap.r,r : a1tÀ6-tl)ç. \X'ISSMANN 49 s.
l1l BoussET-GRESSMANN 418 s. 1a1 ...+ ScHLATTER, Glti11be 20 n. 1; «Istruttivo
173 ~ ScHLATTER, Glaube 18 s.; STRACK - BIL· è il Targum, che non ha più potuto far proprio
LERDECK III 751 a Jac.r,8; HAUCK, Jk.49 n . 47· l'uso assoluto del verbo come l'abbiamo in
114 qcfa1111é 'a111a11a: STRACK-BILLERBECK 1 438 Isaia, ma indica quale oggetto della fede le pa-
s.; cfr. spec. Sola 48 b: «Chi ha pane nel cesto role del profeta».
e dice: 'Che mangerò domani?' è ·un credente ts! 11'mn, ~ ScllLATTER, Gla11be 15 s.; STRACK-
mO'TEVW Y."t'À. e li 1·2 (R. Bulrmann) (VI,201) .po

7,131). Quest'uso linguistico è nato e si La storin viene, in certo qual moc..lo,


è sviluppato evidentemente in antitesi fermata e non sussiste più un vero e pro-
ai connazionali 'empi' 1s3 e ai pagani 18~. prio collegamento con essa. La storia
Analogamente si parla anche di 'fede' in passata non serve ad altro che a fornire
assoluto 185 • al giudeo la consapevolezza di apparte-
nere al popolo chiamato ed eletto. Il
Riepilogando possiamo dire che, an- presente non può più essere la continua-
che se il concetto giudaico di fede con- zione vivente della storia e della sua tra-
tiene gli stessi momenti costitutivi del dizione, ma si limita a mediare la tradi-
zione canonizzata. Il codice della Scrit-
concetto di fede dell'A.T., pure tra i due
tura è considerato un presente fuori del
concetti corre una differenza non trascu- tempo, che viene acquisito e interpreta-
rnbile 186 • to con lo studio teologico-giuridico. La
fede non ha più il carattere di decisione
2. Differenze rispetto all'A.T. in una data situazione storica, ma «si
presenta come qualcosa di statico e d'i-
In seguito alla canonizzazione della nerte, come forma di conoscenza che
tradizione nella 'Scrittura', l'obbedienza prende avvio dall'interpretazione della
Scrittura e in essa si risolve» IS7. Il prin-
fedele diventa obbedienza alla legge, cioè cipio dell'ispirazione della Scrittlll'a con-
osservanza. Essa non è più propriamen- fina l'opera dello Spitito nel pass.ito 1 ~t.
te fedeltà a quanto Dio aveva compiuto ~ limita l'intervento divino agli eventi
storici trascorsi. Ne consegue ai)Che
nella storia per il suo popolo, mantenuta
«uno spregio delle condizioni naturali di
nella fiducia nella futurn azione storica vita» 189, mentre la fede, in quanto spera
di Dio. :mcora nell'azione di Dio, è diretta uni.

BTLLERBECK 111189; 1tl.O"-r6.;: x Mach.2,52; for- camm I (1936) nr. 1p6; cfr. ibidem anche nr.
se anche Sap.3,9 ~ n. 183. 72 e 641. S'incontra anche l'espressione «UO·
183 Sap.3,9 (a meno che qui 1tLO"'tol non signi-
mini della fede» ('a11Jé 'amiina, oppure ba'alé
fichi 'i pii'); 4 Esdr. 7,131; Bar.syr. 42,2; 54,
'ùmiina), v. STRACK·BILLERBECK m 189. Nel
16.21; Hen . slav. 51,2; passi rnbhinid in libro ebraico di Enoc questi '11Jj 'mumwl sem.
brano costituire una cerchia in cui si traman·
S'fRACK-BILLmmECK 111 189.
davano dottrine apo~alittiche esoteriche. Così
1.14 Hen.aeth.46,8; Sib.3,69 (7t~novç -r' ÉxÀtx- ::nchc nei testi <li Qumran? Cfr. H. nAnDTKE,
-.ouç i}' XTÀ.). 724 (mO''t"Ot ltvi>pWTCOL); 5,r61. Di<: Ha11dschriflc11/rmde am 1"ote11 Afrer ( 1952)
426; cfr. mO''tEUO'«VTEt;: I Afacb. 2,59; ci:m- 93 n, 4. Cfr. anche ~ WJSSMANN 40-43.
a-rouv'tEC,: Sap. 18,13. Cfr. STRACK-RILLERDECK 18~ ~ ScHLATTER, Glaube 12; «Infatti la strut-
III x89. tura interna della fede 'd ipende da quanto ci si
18.i Sap.3,14 s.; M.Ex. 16,19.49 h (~ Scm.AT- c ffre m:lla storia come azione e dono divini. I
TF.R, Glaube 21); Tg.]. I a Js.28,16 (citato in doni divini che il giudaismo dei tempi del N.T.
MEYER, op.cii. [ ~ n. 156] 130); nss. Mos.4,8 ; sapeva di possedere. erano hl Scrittura e il tem-
4 Esdr.6,27; 7,34; 9,7; He11.aetb.58,5; 61,4.u; pio. Da questo fatto scaturiscono le differenze
Hen.slav. 62,1; 66,6; Bar.syr. 59,10; Sib. 3,585; tra il comportamento di fede dcl giudaismo
test.L.8,2 ('tÒ 1tf-rc.t).ov Tllç 1tl<1'tt'.Wt;). Nell'i- cc.ntemporaneo al N.T. e quello del giudaismo
scrizione nr. 145 delle catacombe giudaiche di preesilico;>.
Monteverde leggiamo: quae vera fides. Cfr. N .
MtiLLER, Die Inschrifte11 der jiidischen Kata·
•~1 - Sc11LATTER, G/aube 20.
kombe am Monteverde :w Rom ( r919) 134 O\'· 1s.q ~ Sc11LATTER, Gfa11be 14 s.
vero J. B. FREY, Corpus Inscriptio1111m Iudai- 18~ ~ SCHLATTER, G/aube n s. Sintomatico è
·PI (Vl,201) m!T·miw Y.>)•. Cli 1 - m (R. Bultmann) ( VI,202) 412

lr.ternlmente al mirHcolo 190• La fiducfo della grazia, e solo il 'convertito' la rice-


non riguarda quindi più il destino stori- ve 195 ; al giusto bastano i propri meriti.
co al quale partecipano col loro agire il La fede posta accanto alle opere indica
popolo e l'individuo, bensì è essen- che il giudaismo vede che c'è un'obbe-
zialmente un abbandonarsi alla sofferen- dienza che non si esaurisce nella giu-
za 191 e una generica fede nella provvi- stizia delle opere, bensl implica l'accet-
denza, oppure l'attesa di miracoli. La tazione della completa volontà divina;
speranza è indirizzata, oltre la storia, mn a questo concetto è tolto qualsiasi
all'evento escatologico soprannaturale peso e valore quando la stessa fede è
e il giudizio divino non si attua piì1 considerata un merito 196•
negli eventi storici, bensl è l'atto fo-
rense escatologico. Cosl anche la figu- ILI. L'idea di fede in Filone
ra del Messia dell'antica speranza viene
modificata, o addirittura sostituita, dalla Per il suo concetto di fede Filone rien-
figura del 'Figlio dell'uomo'. La salvez- tra nel giudaismo ellenistico, in quanto
za non è più destinata alla generazione per lui la fede è anzitutto fede nell'uni-
futura del popolo, bensl ai 'fedeli' e ai co Dio e fiducia nella sua provvidenza.
'pii'. Il giudizio diventa giudizio univer- Entrambi i motivi sono riassunti in virt.
sale e la fede nel futuro diventa essen- 216: OLÒ xetbtL<r-tEVO'at. ÀÉyE-ta.t. -.<{"> i}E<{l
zialmente fede nella ricompensa indivi- 7tpW'tOç, È7tEL01} Xct.L 'ltpw-.oç axÀ.~'VTj xa.i
duale, una fede che è quindi priva di fk~(Xfav E<rxEv ù7toÀ.TJljli.", wç Ecr-tw E'V
certezza 192• ahto\I 'tÒ Ct\IW'ta'tW xa.ì. 'ltpO'VOEi -.ou 'CE
Ma fede nella ricompensa è allo stes- x6crµou xa.ì. 'tWV È'V a.Ù't(i">, «perciò si di-
so tempo fede nel merito. L'obbedienza ce che per primo (Abramo, secondo Gen.
fedele alla legge porta all'obbedienza al- 15 ,6) credette in Di~oiché per primo
la lettera della legge e a calcolare l'osser- ebbe la ferma e salda convinzione che
vanza dei comandamenti in termini di c'è una sola causa suprema che anche
merito. In questa prospettiva si presup- provvede al mondo e a ciò che è in
pone una libertà dell'uomo che è radical· esso» (cfr. op. mund. 170-172). Della fi-
mente opposta alla vera fede 193 : l'uomo ducia nell'aiuto divino 197 e nelle promes-
non dipende più totalmente dalla grazia se di Dio 198 Filone parla come tutto il
divina, e perciò la grazia di Dio e il suo giudaismo 199• Ma per il filosofo alessan-
giudizio punitivo non costituiscono più drino il vero significato della fede sta nel
un tutt'uno 194• Per grazia s'intende ora fatto che essa rappresenta il ripudio del
l'indulgenza divina che lascia correre al- mondo del divenire e del transeunte per
cuni errori: il 'giusto' non ha bisogno volgersi al Dio eterno; è in questo pas-
che ci si domandi se il ricorso al medico sia re l'unità della persona e l'interezza della sua
compatibile con la fede! storia e da unirle con Dio».
191l ~ SCHLATTER, Gla11be 25. 195 ~ S c HLATTER, Glaube 38 s.
l'li Questa posizione è sostenuta con partico- 1% Per il concetto del merito della fede (;ciikt1t
lare vigore da Aqiba, ~ ScHLhTTER, Glrwbc 'amii11i1) v. ~ SCHLATTER, Glaubc 29-32; MEY-
ER, op.cii. e~ n. 156) 132; STRACK-BILLERBF.CK
45-48.
III 199-201.
19~ ~ ScHLhTTER, GJaube 32-35. 19' sacr. A.C. 70; vii. Mos. 1,22,5; 2,259.
191 ~ ScHLATTEn, Glaubc 26: «L'uomo fonda 1~'11 leg. ali. 3,308; mut. nom. 166; Abr. 275.
con la sua azione l'azione di Dio». J9J Filone usa 1tlcr'tu; anche assolutamente: po-
1·1~ ~ ScmhTTER, Gia11be 40: «li perdono di sler. C. 13; con/. ling. 31; migr. Abr. 43 s.;
Dio ... non è nulla di totale, cosl da abbraccia- mlii. nom. 182 ccc.
413 (Vl,202) 7tLO°'tEUW X'tÀ.. e III (R. Bultmann) (VJ 1 20_3 ) .p4

saggio che l'uomo trova quella sicurezza «opera di una mente grande e olimpica»
che ricerca costantemente. Filone ha (µEyaÀ 'l']<; Xa.Ì. OÀ.IJµ'Jt(OU ~pyo\/ OLCX.Vol-
quindi inteso il rapporto dell'uomo con cxç) 203, è lo aiJÀ.o\/ (premio) che Abramo
Dio secondo la tradizione greco-platoni- riesce 11 cogliere 2G1. La '1tlO''t'tç è stretta-
ca; ma per lui il significato fondamenta- mente connessa con l'àpE't1) della pietà
le di Tilu·nc; è sempre fiducia. Cosl, ad ( EÙ<TÉ(3Etct) 205 , è per Dio la «vittima per·
es., dice: clÀ.'l']~Èc; µÉ\/ È<r'tL Ooyp,a 't'Ò 7CL- fetta e più bella» (aµwµov xat xaÀ.À.L-
O"'t'EUEL\/ ?}EQ, l.jJEOooc; oÈ 't'ò m<r't'EuEw O''t'O\I lEpEfo\I: cher.85) e cosl è insieme
'tOLc; XE\/oìc; À.oyt<TµoLc;, «affidarsi a Dio l'unico vero e incrollabile bene (µ6vo\I
è un principio vero, mentre affidarsi a t'tl)JwoÈc; xa.L (3f.(3mov aycx.iJo"V ).
vacui ragionamenti è falso» 200 ; oppure: In sostanza la 1tlO''ttc; è dunque la fer-
ò µÈv 't'olwv ci.~wowc; 7ttv't'EV!7a:c; ilE<{> mezza, l'impertt1rbabilità dell'uomo, ba-
'ti)V ÈV 't'Oi:c; riÀ.Àotc; Q(j(l. ')'E\/l}'tà. xa:t sata sull'abbandono all'unica realtà stabi-
<pilap'tà xa.'t'ELÀ.'ì')q>EV tim!7'tla.v, «colui le e salda, sulla fiducia in colui che solo
che si affida sinceramente a Dio si è re- è. Nella misura in cui 1tla'ttc; indica il ri-
so conto che tutte le altre cose meri- fiuto della realtà caduca e il volgersi a
tano diffidenza. essendo create e corrut- quella eterna, Filone segue la tradizione
tibili» 201 ; o a'ncora: éh·~ o' E!;EyÉ\IE't'O platonica; ma in quanto chiama un tale
'ltciv'ta µf.v o-wµC'X.'ta. '1tocv'ta. oè &.!7wµa- atteggiamento '1tlcr·nc;, l'Alessandrino se-
't'C'X. V'ltEpLOEL') xctt U'ltEpxul/la.t, µ6'ilcp o' È- gue la tarda Stoa. Apparentemente si al-
1tEpEl<ru.~ru xa.t O''t'l']pL!7t:tO'i}ctL ilEQ µE't'' lontana dalle posizioni stoiche, perché
tcrxupoyvwµo\loc; Àoyiaµou xat àxÀ.t- insinua nel concetto stoico di 'ltl<T'ttc; ( =
vouc; xat rM3ct.LO't'U'tl}c; 1tLO''t'EWc;, EU Oa.l- fedeltà a se stessi~ col. 359, impertur-
µw\/ xat 't'pLCTµaxciptoc; oihoc; wc; IÌÀ.'t}- babilità) il significato veterotestamenta-
i)G)c;, «veramente felice e tre volte beato rio di fede=fiducia, con un'operazione
è colui al quale è concesso di trascurare facilitato e resa possibile dalla intima
e trascendere tutte le cose corporee e unità di fede e fedeltà nell' A. T. e nel
incorporee e di fermarsi e tenersi salda- giudaismo. Al posto dello Èq>' T)µi:v, a
mente all'unico Dio con saldo convinci- cui, secondo gli Stoici, dovrebbe orien-
mento. e con fede incrollabile e ferma» tarsi l'intenzione dell'uomo, subentra
(praem. poen.30). Il volgersi a Dio non Dio, che per Filone è l'oggetto costante
rappresenta, diciamo, la risposta alla pa- della fede. Ma dato che il rapporto che
rola di Dio ovvero aJla sua azione stori- lega l'uomo alla comunità del popolo e
ca, ma consegue dalla contemplazione alla storia è stato infranto, e poiché Dio
del mondo 202 ed è un atteggiamento del- non è più visto nella sua azione storica,
]' anima (St6.ilEcrtç: con/. ling. 31), una succede che Ja fede è ora diretta al puro
ècpE't'I], anzi la 'tEÀtHO'tci't''l') lipE't'W'V (rer. essere, che però può venir definito solo
div.hcr.91), la (3E(30CLO•ci't1] 'tW\I àpE't'W\I negativamente, come non-mondo. La '1tL-
(viri. 216). la ~mnÀtc; 'tW'V &.pE't'WV O"'t'tç è l'atteggiamento di rifiuto del mon-
(Abr.270). Non è facile conseguirla; è do in senso puramente negativo; il con-

iro /eg. ali. _3,229; cfr. soprattutto 222 ss. 2t.l rer. div. her. 93; cfr. Abr. 262; cfr. -> PErS·
2~1 praem. pocn. 28. Cfr. rcr. div. ber. 93; ebr. KER 13.
40; mul. nom. 201; Abr. 269; viri. 218; ~ 2ot migr. Abr. 44; praem. poen. 27.
PEISKER 5.9.
29: leg. ali. 2,89: 1tWt; liv 'tLt; 1\LO"'tEOO"«L i>E4J; 2~;migr. Abr. 132: &pµ6t;ou0'L yàp xat tvovcrt
M.v 11ai>TJ lh~ 'ltavTa "ttX riJ.)..a ,.pfaE'taL, µ6· at ò:pETct.t (cioè EÒcrl~Etct. e 'ltlO'i:ti;) &q>Mpi:<p
voi; oè «V't"Òt; c'i't"pE'lt't6t; ~a·n. <puon ot&:votav.
1mr·m)w Y.'tÀ. e Ili . D I l (R. Bultrnann) (vr,203) 4x6

tenuto positivo del non-mondo, al qua- dere a 11>S. Il verbo si costruisce col dati-
le ci si è accostati con la 7ttO''t'L<;, non è vo dcHa persona mo della cosa 210, oppu-
accessibile a questa, bensl solo all'estasi. re anche con l'accusativo della cosa m. Il
Con la 1ttcr·nc; l'uomo non si trova al co- costrutto greco mcr-rEVELV nEpl si riscon-
spetto di Dio, per ricevere da lui; bensl tra solo una volta (lo. 9,18) 212 • Natural-
la 1tlcnLc; è il fine della pietà, alla quale mente incontriamo anche l'uso assolu-
l'uomo giunge con le sue proprie for- to m. Da 7tLO''tEUELV può dipendere una
ze 206• In veritiì la 7tlcr-rn; non indica un proposizione introdotta da O't'L m, o l'in-
rapporto dell'uomo con Dio. bensì. come finito, o l'accusativo con l'infinito 215 _
nella Stoa, un rapporto dell'uomo con Abbiamo anche la costruzione passiva
se stesso. (essere creduto) 216 • Per l'influenza del-
l'uso linguistico semitico (~ n. x49)
D. 7tfo-w; E IL SUO GRUPPO CONCET- abbiamo 'ltLCT'tEUEL'V costruito con E1tL
TUALE NEL NUOVO TESTAMENTO e l'accusativo 217 o il dativo 218 e an-
che con Èv 219 • Ma peculiare è soprllt-
I. Aspetti formali tutto il costnttto frequente mcr-rEVELV
El<; (~ III, coli. 277 ss.) per signifi-
r. mcr't'Euw. L'aspetto puramente for- care credere in; questo costrutto non
male dell'uso linguistico del N.T. e de- è né greco né presente nei LXX 2..'0. Non
gli altri scritti protocristiani presenta po- è il caso di spiegare questo mcr't'EVEt'V
chissimo di particolare rispetto all'uso dç come uno sviluppo da mcr"t"EVELV
linguistico greco. Come nel mondo greco col dativo = fidare in; al contrario,
(-7 coll. 347 ss.), 'ltLO''t'EUELV significa fi- mcr-rEUELV col dativo è spesso usato
darsi di, fare af!idamenlo su qualcuno, fi. come 7tLO'"tEUELV
I I
Etç, venend---.._ • d'1 a
o qutn
dare in, co11fidarem, prestar fiducia, ere- significare credere in 221 • Piuttosto )'equi-

2<kl ~ ScHLATTllR, Glaube 61: «Anche qui, in senso religioso - coH 436 ss.
pertanto, colui che crede guarda al proprio 2
1i Lc.1,45; Act.9,26; 27,25; Io.6,69; Barn.7,
comportamento dettato dalla fede e rende tale 2; Hcrm., vis.3,8,4; 4,2,4 ecc. In questi casi
comportamento il fattore base <la cui dovrcbb:! 1tlO'TEUEt'll presenta talora la sfumatura di cre-
dipendere };J sua partecipazione a Dio». dere =ritenere possibile; vedi J. }EREMIAS,
'J.1J/ In una parola: lo. 4,50; in Dio; Aci. 27,25; Bcobachtungcn w 111./ichcn Stclle11 "" flattd
Barn.16,7; Herm., vis.4,2,6; mand.12,6,2 ecc.; dcs 11eup,efu11dene:1 griechis::be11 He11och·Tex-
'T':VEUl.lO:Tt: Herm., ma11d. 11,r7.2x. tes; ZNW 38 (19~9) 120.
201 Credere a una parola ovvero :i chi la pro- m Act. [8,37;) 15,n; Ign., Rom.10,2; dr. an-
nuncia: Mc.r3,21; Io.4,21. che Ign., Sm.3,1: tv 11etpxl o:Ù'tÒV oHia. xat
2C'I Jo.4,2x; Acl.27,25; Ign., Rom.8,2; Herm., 'r.la''tEVW ov'ta.
Per Rom. 14,2 - col. 46o.
mand.1,2, ecc. Cosl anche Rom. 4,17, dove il 216 2 Thesr.r,10; r Tim.3,16; Hcrm., mand.3,3;
genitivo è dovuto soltanto ad attrazione. Da D1og11.11,3; 12,8.
questa costruzione va distinta quella di 1n<TTEV- 211 Rom.4,5.24; Mt.27 142; Act.9,42; 11,17; 16,
EW col dativo=credere in(~ n. 221). 31; 22,19.
2w lo.4,50 (À.6Y<!>); Acl.24,14 (To~ ... yEypaµ- 218 r Tim.1,16. Secondo l.r.28,16 [var.]: Rom.
µÉvoLç); 2 C/em.II,I (Ti\ É1ta.yyE)..(~); Herm., 9,33; I Pctr.2,6.
ma11d. 2,2 (>fi Y.a.-mÀa.),t~). 2 •~ Mc.1,15.

211 Jo.II,26 (-toi.i-to); r Cor.13.7 (mbmx); Po- 21.-J Fattn eccezione per Ecc/us 38,31 (dç XEtp«ç
lyc.8,2 (-.oi:i-to). av'tW'll ÉVE1tLO"TEUO'av), che è una traduzione
m In Polyc.6,1 abbiamo 1rntTEVEW xo:Ta = ermta dell'ebraico; cfr. v. 31b e R. SMl!ND, Dic
credere qualcosa co11/ro q11alctmo. \l7 cisbeil des Sir. ( 1906) 351; anche HELBING,
211 Mc.13,21; Lc.22,67; I Cor.11,18. Da que- Kamssyntax 201.
st'uso va distinto quello assoluto di 7W1TUJHV 211 Ac1.16,34 ('ti;> ilEi;>; cod. D: i1tl -.òv ilE6v);
417 (v1,2o3) 'JWT'tEuw x't),,. D I r -2 (R. Bultmann)

valenza di 7tLCT'tEUEL\I E.le; con mcr'tEUEL\I propag:rnda religiosa sia pagana che giu-
on mostra che il costrutto tipico 'IttCT'tEU· deo-ellenistica (-> coli. 355 ss. 408).
EL\I Elç prende le mosse dal significato In quanto m<T-CEVELV ELC, (particolarmen-
transitivo di mCT'tEUELV = credere, rite- te all'aoristo) significa convertirsi alla fe-
nere vero, credibile212 • m<r'tEUEL\I dc; Xp~­ de cristiana dalla fede (giudaica o) paga-
cr-.òv 'hicrou\I (Gal. 2,16), Elc; aù'to\I e dc; n:i (~coli. 431 ss.), tale costrutto va in-
鵃 (spesso in Giovanni) ed espressioni teso anche in analogia con È1tL<Y'tpÉq>ELV
simili non significano altro che «credere f::tl o r.péc; con l'accusativo: lo dimostra,
che Gesù morl e risorse», mcrnuEL\I O'tL ad es., la vicinanza delle espressioni in
'I'Y]croiic, OC7tÉi>avEv xat &.vÉcf't1J .•• ( r I Thess. 1,8 (1) 7tlcr-ctç ùµwv Ti 7tpòc; -còv
Thess-4,J4; cfr. Rom.10,9), oppure cre- l)E6v) e I ,9 ( rcwc; É7tE<T't"pÉ\{Jo:"tE 7tpÒc; 'tÒV
dere «che Gesù è il messia», éht 'I11crov<; l)E6v ). Spesso 1tL0"1:EVEL\I assoluto ha il
ÈCT'tL\I ò xpiu-r6c; (Io.20,31) e simili. Spe- valore di TCL<T'tEUé'.LV Etc;, col quale si al-
cialmente negli scritti giovannei mCT'tEU· terna 225 •
ELV dc; e m<r'tEVEL\I O'tL si alternano co- Non di rado mCT"tEUELV significa alfi.-
stantemente nell'identico significato 223 • dare (Lc.r6,II; Jo.2,24), e cosl viene
La stessa cosa provano la forma passiva usato anche il passivo 226 • Questa accezio-
ÉmCT'tEUi}1J (scil. 'Il]crouc, Xptcr'toc;: r ne non costituisce un uso linguistico ti-
Tim. 3,16) e il fotto che anche il costrut- picamente cristiano, neanche quando la
to 7tLCT'tLC, dc, non equivale a 7tlCT'tLC, col persona che ha l'incarico è Cristo (Ign.,
dativo, ma a 7tlO''tLC, col genitivo ogget- Phld.9,r).
tivo (~ col. 419). mcr-tEUEL\I Elc; va
quindi interpretato come una brachilogia 2. Il sost:intivo 1tla-rtç ha, come nel
che si è affermata e consolidata nel lin- mondo greco e~ coli. 344ss.), il doppio
guaggio della missione 224 e che è tanto significato di fedeltà e fiducia; ma nel N.
più comprensibile in quanto la parola itl- T. è usato solo raramente nell'accezione
O''ttc; era già un termine affermato della di fedeltà m. Solo nell'uso linguistico re-

18,8 ('Ti{) xvp(<i); cod. D : Elç -;liv xuplov); Til. W Chiarissimo è quest'uso in Jgn., Mg.10,3:
3,8 (i)Ei{)). Anche in Giovanni si alternano m· (m<1"t'Eiicrm = divenir credente) dc; 'fov8cr.-
O''TEUELV E/.ç e mcr-rEuELV col dativo. Tuttavia ì:r,p.6v ... dc; Xpicr-.ta.w;µ6v.
'll't<T'TEÙELV col dativo mantiene il suo signifi- m Al contrario 1ttO""'C'EVELV usato assolutamente
cato primitivo di preslar fede a qualcuno significa credere = aver fiducia, confidare, in
(quando parla): cosl in Io.5,38.46 s.; 8,,u s.; Mc.J,36; 9,23 s.; u,23 s. Questa accezione è
10,37 s .; 14,u. L'alternanza (che abbiamo, per presente anche in tJl n5,1 cui allude Paolo in
es., anche in un singolo versetto [6,29 s.J) non 2 Cor.4,13: l'Apostolo dà però a È1tlCT'tEVcra. il
dipende dunque dal cambiamento del significa- senso cristiano.
to di m<T'TEUEtV col dativo (tale cambiamento
W• Rom.3,2; I Cor.9,17; Gal.2,7; I Thess.2,4;
va ipotìzzato solo in 8,31 e I lo. 3 ,23), bensl
I Tim.1,n; Tit.1,3.
dal fatto che per Giovanni 'prestar fede al-
le parole di Gesù' e 'credere in Gesù' sono so- m Rom.3,3; fedeltà di Dio; Mt.23,23;Ga/.5,
st:mzialmente la stessa cosa e~ col. 438). 22; Tit. 2,ro: fedeltà nei rapporti umani; I
Tim. 5,12: fedeltà a Cristo (qui 7tla-ctc; signifi-
2.!1 Probabilmente la locuzione giudaica he-
ca quasi giuramento; v. PREUSCHEN-BAUER).
'emin l'Iim (SCHLATTER, /oh., a lo. 1,u) non Cosl ancora nella tradizione usata in Le. 22,32
costituisce dunque un parallelo. (v. BuLTMANN, Tf(id. 228), anche se per l'evan-
m Cfr. anche Act.8,37 (cod. E), dove il m- gelista r.lcr"'t'tc; significa fede. Aci. 17 a1 : 7tl-
<T-ceÙELVassoluto, che altrimenti si alterna con cnw ?ta:ptxnv ha il significato greco di offrire
1tLCTTEUELV Etç, si avvicenda con 1tLCT'tEVEL'll con una garanzia, fornire 11na prova: vedi M. Dr-
l'accusativo e l'infinito. nnrns, A11/satze wr Ag. (1951) 54 .
m.<1-nvw nÀ. D 1 2-6 (R. Bultmann) (v1,205) 420

ligioso 7tlcr-.Lc; ha il senso di fiducia, fe- do invece significa fiducioso, mcr't'6c;


de: in questo caso è usato generalmen- non è usato in senso profano, ma solo
te in assoluto, ma può anche essere co- nel senso religioso, e più precisamente
struito con Etc; 223, con È7tl e l'accusativo cristiano di credente, fedele (~ col.
(Hebr. 6,1 ), con 7tp6c, e l'accusativo ( r 449).
Thess. 1,8; Philm. 5); anche il costrutto
con È\1 229 (~III, col. 281) ha il mede- 4 Nel N.T. 7tLcr't'6w ricorre solo una
simo significato; inoltre, invece dci com- volta (2 Tim.3,14), al passivo, e signifi-
plementi con preposizioni possiamo ave- ca venir convinto, essere portato alla fe-
re il genitivo oggettivo 230• de. Il verbo è usato nella medesima ac-
cezione in I Clem. 42, 3, mentre in I
3. Anche l'aggettivo 7tLcr-.6c, ha en- C!em. 15,4 (secondo tjJ 77,37) significa
trambi i significati greci (~ coll. 341 ss.) attenersi fedelmente a, osservare fedel-
di fedele e fiducioso. In senso profano mente.
è usato spesso mrJ-.6ç=fedele, fidatom. 5. Passando alle forme privative ( t'i.11:L-
La fedeltà non è intesa in senso religio- O'"'t'oc;, ocmCT't'~W, OC1tt<nla.), l'aggettivo &-
so neanche se è esercitata al servizio di mcr't'oc; in Lc.12,46 è forse usato nell'ac-
Dio (r Cor.4,2.17; 7,25), mentre invece cezione di infedele (in antitesi a fede-
dovremmo avere questa accezione reli- le, v. 42), ma è più verosimile che l'evan-
giosa quando 7tLcr"t'6c, indica la fedeltà al- gelista intenda dire incredulo, non cri-
la fede (Apoc. 2,10; 17,14[?]), oppure stiano 234• L'aggettivo ricorre spesso al-
quando è attributo di µ6;p-.uc, (~ v1, trove con questo significato (--> col.
coli. 1331 ss.; cfr. Apoc. 2,13). Un uso
449). Nell'accezione più generale di in-
religioso non si ha invece quando la pa- credulo, iimcr't'oc; compare in Mc. 9, x9
rola della predicazione cristiana è detta par. (senza fiducia) e Io. 20,27 (scetti-
mrJ-c6ç =attendibile, fidata, come nella co verso la notizia della risurrezione,
formula 1tL<1't'Òç ò 'Myoc; {xat 7taCT'r)c; a- dr. v. 2 5 ). In Act. 26,8 &mCT-coc; signi- -....._,
7tOOoxiic, lf~Loc;) (~ 11, col. 881) 232, op- fica incredibile.
pure quando la profezia cristiana è qua-
lificata come degna di fede e verace 6. àmCT'tÉW significa essere infedele
( OÌ À.OyoL 7tL(f't'OÌ xa.t aÀ.'l')~LVOl ElaW : (Rom.3,3; 2 Tim.2,13) e non prestar fe-
Apoc. 2r,5; 22 ,6). Neanche quando si de (a delle parole: Lc.24,n.41; Act.28,
riferisce a Dio stesso o a Cristo m1n6c, 24: opposto di nelne:~a~). Quest' ulti·
ha acquistato un senso religiosom. Quan- ma accezione cbtLO'"'tÉW presenta anche

22ll Act.20,21; 24,24; 26,r8; CoJ.2,,; I Petr. però giustificata.


I,2I(?). 211Ml.24,45; 25,21.23; Lc.16,10 s.; 1 Tim.3,
m Gal. 3,26 (?); Col. 1 14; Eph. l,15; I Tim. 3, n; 2 Tim.2,2; cfr. J Io.5: 7t!.O''tÒV not.f!v =
r3; 2 Tim. 3,15; non Rom. 3,25 (--> IV, col. agire fedelmente.
1007). 2ll I Tim.1,15; J ,r; 4 19; 2 Tim.2,n; Tit.3,8;
2.lll Mc.xr,22; Acl.3,r6; 19,20 (cod. D); Rom. cfr. Tit. 1,9; vedi DIBELIUs, Past. a I Tim. 1 ,
3,22.26; Gal. 2,16; 3,22; Phil. 1,27: 3,9; Col. 2, 15.
20 I Cor.10,13; 2 Cor.1,18; l Clem.27,r; 60,
12; Eph. 3, 12; 2 Thess. 2, 13; Apoc. 14, 12; r
Clem.3A; 27,3; Ign., Eph.16,2; 20,x; Brtrn.6, I; 2 Clem. n,6; Ign., Tr. 13 13 ecc. (Dio); 2
r7; Herm., mand.n,9. G. Scm.i\GER, Bemer- Tim. 2,13; Hebr. 2,17; 3,2 (Cristo).
kungen zur 7tlo''tt~ 'I11<Tou Xpw-cou: ZNW 7 m Il passo proviene da Q, il cui testo dovreb-
(1906) 356-358, suggerisce di espwigere i geni- be essere stato conservato con maggiore purez·
tivi 'I1)<10U XptO''tov ovvero '1110-ov in Rom.3, za da Mt.24,51 (µE-cà -rwv Òttoxpi-r6h1), men-
22.26; Gal. 2,16; _3,22. Tale · proposta non è tre Luca lo ha mutato in µt-rà "l'W\I d:7ttO''TW\I.
421 (VI,205) 1tLO""!EUW x-tÀ. D 1 6· II 1 b (R. Bultmann) (v1,206) 422

nella chiusa spuria di Marco ( l 6,r 1 ), ne missionaria del primo cristianesimo,


mentre in Mc. 16,16 ha invece un signi- simile anche in ciò al giudaismo. Nel lin.
ficato tecnico: rifiutarsi di credere al
kerygma cristiano. guaggio missionario, di questo come di
quello, 'fede' significa accettare il Dio
7. à.mu'tla significn infedeltà (Rom. nnnuncìato nel messaggio, convertirsi a
3,3; Hebr. 3,12). Strettamente congiun-
to con questa accezione è il significato lui. Cosl nell'uso cristiano comune di
di disobbedienza, come mostra Hebr.3, nlcri:tç (TCLCT't'EUEW, mcr-céc;) si riflette
19 (cfr. cbtnl>EL\I, v. 18). In senso ge- chiaramente l'eredità veterotestamenta-
nerale significa incredulità= mancanza di
.\tia e giudaica.
fede o di fiducia (Mc. 6,6 par.; 9,24;
Mt. 17,20 [variante]; Rom. 4,20); tri-
a) m<T'tEUW significa spesso credere,
lora la à.mcr't"la è più precisamente in-
credulità verso parole pronunciate (Mc. prestar fede alle parole di Dio. La fede
r6,r4) e verso il kerygma cristiano riguarda perciò la Scrittura (Io. 2,22):
(Rom. rr,20.23; rTim. r,13). ciò che è scritto nella Legge e nei Pro-
8. oÀ.Lyom<7-to<; è termine di origine feti (Act.24,14); ciò che i profeti hanno
giudaica(--:> n. 174), che non compare detto (Le. 24, 25) o, semplicemente, i
negli scritti degli autori greci. Nel N.T.
profeti (Act.26,27); Mosè ovvero i suoi
ricorre solo nei sinottici (Ml. 6,30 par.;
8,26; 14,31; 16,8). Il sostantivo ÒÀ.~yo­ scritti (fo.5,46s.); anche ciò che Dio di-
mui:la compare in alcuni codici (N B) in ce al presente, ad es., mediante un an-
Mt.17,20. gelo (Lc.r,20.45; Act.27,25). In questo
senso leggiamo che Giovanni Battista è
II. L'uso cristiano comune colui al quale si deve credere (Mc.rr,
1. Continuità con la tradizione 31; Mt.21,32) e nel Vangelo di Giovan-
ebraico-giudaica ni (e solo in questo) si dice che si crede o
Nel cristianesimo primitivo l'assunzio- si dovrebbe credere a Gesù e alle sue pa-
ne di '1tlCT't"L<; a termine principe per indi- role 235 : egli è infatti inviato da Dio (5,
care il rapporto dell'uomo con Dio è 38) e parla le parole di Dio (3,34 ecc.).
dovuta in parte all'analoga posizione di In sostanza questo modo di dire per Gio-
preminenza che la 'fede' aveva raggiun- vanni non significa altro che credere in
to nell'A.T. e nel giudaismo dove, co, Gesù(--:> col. 438 e n. 221); ma è ti-
me abbiamo visto e~ coll. 372 ss. 408 pico d} Giovanni che i due momenti
ss.), essa era diventata l'espressione coincidano 236•
più pregnante del comportamento re- b) Specie in Hebr.II si vede chiara-
ligioso, e in parte a!Ja intensa vocazio- mente che, in piena conformità con l'A.

21; Io.2,22; .5>46 s.; 8,45 s. ecc. verso parole (decisive) di Gesù con O:rcl4'tELV
(1.c.24,1i.4r; Act.28,24 [opposto: 7tdDtu»ct.~J;
m Si può esprimere l'atteggiamento incredulo Mc.r6,u) oppure con a11LC1"!la (Mc.16,14).
423 (v1,206) m<r·nuw X'TÀ . D li 1 b-c (R. Bultmann) (Vl,206) 424

T., credere alle parole significa obbedire fede» (Rom. 1,5) 238 . Per l'interpretazio-
ad esse (~ col. 406 ). In alcuni casi ne teologica della fede implicita in tale
la 1tlcri;tc; dei personaggi dell'A.T. ricor- formulazione ~ col. 4 5 7.
dati in Hebr.u significa, più o meno e-
splicitamente, obbedienza 237 • Quanto na- e) Nel N.T. non manca neanche il si·
turalmente 'ltLCf'W'.mv includa il signifi- gnifìcato di fiducia (connesso a quello di
cato di obbedire, si vede nel fatto che fede), che abbiamo già riscontrato ncl-
l'accettazione della predicazione cristia- l'A.T. e nel giudaismo(~ coU. 406 s.).
na può ess:.:rc indicata, invece che con Tale significato spicca particolarmente
m<T'tEUEL\I, anche con 1tElih:o-i)cx.i ( ~ ix, quando si ha una forte influenza della
coll. q6r s.) e l'incredulità può esse- tradizione ebraico. giudaica. Relativa-
re espressa, oltre che con à1tt<T't'E~\I, mente poco si parla di fiducia in Dio (-->-
anche con <Ì1tEL-frEiv (~ 1x, coll. 1380 IX, coll. 1368 s.); mn è naturale che la
s .). Soprattutto Paolo sottolinea il ca- Ttlcri;iç dei personaggi dell'A.T. elencati
rattere di Òbbedienza della fede: per lui in Hebr. l l sia, oltre che obbedienza, an.
T.l11·nc; è addirittura identica a ÙTtcx.xo1} che fiducia; così si dice ( v. I I ) che Sara
(cfr. Rom.r,3 e I Thess.r,8 con Rom. «stimò fedele colui che le aveva fatto la
15,18 e 16,19; oppure 2 Cor.ro,5 s. con promessa» (7tLCT"tÒV 1ry1Jcra-co i;Òv Èm1.y-
10,15). Per l'Apostolo credere significa ')' nÀ.riµEvov ). E invero la TCl<T'tL<; di cui
vr.cx.xovEL\I i;4) EÙcx.yyEÀ.l~, «obbedire al- parla Hebr.11,n s. indica da un lato la
i' evangelo » (Rom. 10,16); rifiutarsi di fiducia che Dio manterrà la sua promes·
239
credere significa non obbedire alla giusti- s1 (~col. 407) e, dall'altro, la fidu-
zia offerta alla fede nell'evangclo (Rom . cia nella sua potenza di operare mirnco-
10,3). Paolo può chiamare la dichiara· Ii (vv. 17-19 e 29 s.). In questo senso i
zione di fede ncll'evangelo «l'obbedien- sinottici parlano di fede nelJa potenza
za della professione di fede neH'evangc- miracolosa di Gesù l4Q. Nella missione
Jo di Cristo» ( unoi;cx.y-i) -.fjc; òµoÀ.oylcxc; cristiana al suo posto subentra la fede
EÌ<; -cò EÙcx.yyéÀ.iov 't'OU Xpi<r-.ou, 2 Cor. nell'ovoµa (-->- vm, coll. 777 s.) di Ge-
9,13 ). E ancora Paolo crea l'espressio- sù che opera miracoli (Act. 3,16) o nella
ne umixoi) TtLC1'tEWt;, «obbedienza della potenza apostolica di compiere miracoli

m Per es., Hebr.n,4-6.8; anche 27 s. 30 s. 33. 202.


Analogamente Ò::nLu-rla. è la disobbedienza: m Cosl anche Hebr.11 ,7.8 ss. 13.17 ecc.; inol·
Hebr.3,19 (dr. à'ltnllE~'ll v. 18). tre .:2 C/em.u,1; I--lerm., sim.1,7; mand.12,6,2;
238 Le espressioni E~ Ù"Jtaxoi}v ~(O"-rEwç (Rnm. analogamente la fede nella futura ricompensa
161 26) e Ùlt1JXOU<Ta.-tE 6è x'T)... (Rom.6,r7) sono divina: Herm., sim. 2,5; dr. vis. 3,8,4; 6,:;.
conformi all'uso linguistico paolino. Tuttavia i 24<> 'ltL<r'tEUEW: Mc.5 136; Mt.8,13; !»28. 7tW'tL<;:
due passi non sembrano dell'Apostolo ; dr. R. Mc.2,5; 5,34; 10,52; Mt.8110 par.; 9,29; r:;,28;
BuLTMANN, Glosse11 in Rom.: ThLZ 72 (1947) forma stereotipa: Lc.17,19.
425 (v1,206) mu'l"fVW x-r)•. D II 1 e (R. Bultmann)

(Act.14,9). In senso più generale 'fede' 4, 17 • 20). È probabile che il costrutto


significa nei sinottici la fiducia nell'aiuto dc; 'tÒ dvat x-i-À.. di Rom.4,I1 non abbia
miracoloso di Dio 241 , Anzi anche nel pro- valore consecutivo, ma dichiarativo, che
prio potere di compiere miracoli 242 • TA- indichi cioè il contenuto della 'ltl<r-.i.c;
le accezione si ritrova anche in Paolo (I d'Abramo; quindi la 7tlcr-i:tc; è la fiducia
Cor.12,9; 13,2). Una tale 7tl<r-i:Lç è fon- nell'adempimento della promessa divina.
damentalmente unfl fede che si esprime Uguale valore ha, forse, anche il costrut-
nella preghiera: lo rivela già il fotto che to El.e; 'tÒ yc.vfo17at. x-.À.. di Rom. 4,18.
è chiamata (Mc. II ,2 2) itl~•Lç ih:ou w. Anche i due passi di Rom. 9,33 e IO,
e questa prima impressione è conferma- 11, in cui Paolo (citando Is. 28,16) par-
ta dalla frase aggiunta in Mc. II,24 la di 1tLCT't'EUEt.\I É7t' cx.ù-.Q (scii. Dio), in-
(«tutto quanto chiederete in preghiera, tendono mcr'tEUEW nel senso di confida-
credete che l'otterrete, e l'avrete») nella re, fidare m. In modo analogo è usata al-
quale la 7tlo"'tLç è chiaramente la fede che cune volte &:mo--.la = sfiducia, che in
si esprime nella preghiera. 7tl<1'tLc; signi- Rom. 4,20 indica la mancanza di fiducia
fica anche altrove questa fede che si e- nella potenza miracolosa di Dio, in Mc.
sprime nella preghiera, fiduciosa e senza 6,6; 9,24, in quella di Gesù, in Mt. 17,
dubbi 2-H. In genere negli scritti paolini 20, codd. D, latini, syr', nella propria ca-
notiamo un regresso dell'uso di 7tLCT'tLç pacità di operare miracoli. Anche lim-
= fiducia (però -7 coli. 418 s.), ma ab- O"'to<; ha questo significato in Mc. 9,19.
biamo tale accezione quando Paolo de- Similmente l'aggettivo oÀ.t.y6mcr-i:oc;, che
scrive la fede di Abramo come fiducia è ripreso dal giudaismo (--7 n . 174) 2-46.
nella potenza miracolosa di Dio (Rom. Nel significato generico di mancanza di

m Mc.4Ao; 9,23 s. ('!tav-ra òuva,-à 'Te';) m- lh)c; (r Clem.26,1) per descrivere la pietà (-+
u-rtuov-i:i x-rÀ.). IX, col. 1374); Herm., mat1d.1,2: 'ltlcr-rEUcrov
m Mc.n,22 s. par.; Mt.17,20; Lc.17,6. o\.v ttV't(~ (sci/. bEi;-,) :cat <po~i}Ui')-i:L aù>6v. Cfr.
2;:, La frase ~Y.E'"tE '!t~O..t'L'J ìkov è un'aggiunta Diog11. xo,r. Come in r Clem. 35,2 la 1tLU-tLc; tv
introduttiva dovuta a M11rco (v. BuLTMANN, 1tE'ltOttiJcrtt è elencata tra i doni di Dio (-+ IX,
Trad. 95), che Ja variante cli Q (Mt. 17,20-Lc. col. r374), cosl in Herm., ma11d. 6,1,1-2,10 ap-
17,6) non conosce e che :indie i.I passo par11llclo pare come una virtù accanto a q>6~oc; e tyxpa-
a Mc.xr,22 (Mt.21,21) evita. 1tl0'-rt.ç itEov è usa- 'tELll. Nella sezione seguente la 'ltlo''Ttç è de-
to soltanto qui in questo senso (Rom.3,3: 1tl- scritta come fede nel 8lxa.tov, ovvero nell'an-
O"-rLç Ì)Eoii = «fedeltà di Dio») e tale accezione gelo della òtxatOcrV\l'l'J. Herm., sim.9,-15,2 s.: la
non è conforme né all'uso linguistico del giu· IIlO''TL<; è la prima delle virti1 simboleggiate
daismo né a quello dell'A.T., ma alla termino· dalle vergini, alla quale corrisponde, primo dci
. . Ifl •il.~l,?'~:.~C
V!:".:1
A •
logia missionaria. Ì)EOV manca in alcuni mss.: 1

cfr. LoHMi!YER, Mk., ad I. m Mt.6 130 par.; qui il termine indica la debo-
m lac.1,6; 5,1 :;; Herm., mand.9,6-12 (opposto: lezza della fiducia in Dio; in Mt.8,26; 14,31;
oLl)ivxla.); cfr. uis.4,2,6. 1618 sembra invece indicare la mancanza di fi.
m Cfr. alcune locuzioni ·ancora più sbiadite; ducia nella potenza miracolosa di Gesù. In Mt.
ad es. oovJ.tVEW tv 1tt1tOLlh'JO'n 1t(U;ewc; !Xya· 17120 i cocld. S B Iee13ono oJ.tyo1ttO"-r(a per d<;-
mCT'tEVW x-.À. D 11 1 c-d (R. Bultmann) (VI,208) 428

fede, cioè di fiducia, àmcr-.la è associa· H ebr. I I ha certo assunto anche le ca--
to a OLljJuxla in 2 Clem. 19,2. tegorie di pensiero ellenistiche (61onia-
ne) : la 'ltlcr-.iç si dirige verso la realtà
d) La lìducia in Dio è strettamente "invisibile non solo in quanto questa rap.
congiunta con la speranza (~ col. 407 presenta il futuro promesso, bensl an·
e --7 III, coli. 542 ss.). L'affinità tta c:he perché questa è la realtà celeste che
fede e speranza come è messa in rilievo non può essere colta dai sensi, ma solo
dall'affermazione paolina oc; r.ap' n. Ttl· creduta per fede: '1ttCT'tEL \loouµE'V xa.-
oa E1t' H.1tloi È1tlO..tEUCTE\I, «il quale (scii. 'tt)p'tla-l)m -.où<; a.lwva.c; p1Jµa.-ri ilEou,
Abramo), sperando contro ogni speran- Elc; 'tÒ µii Èx <pa.woµÉVW\I 't"Ò ~À.E1t6µE·
za, credette» (Rom. 4,18), cos} risalta an- Vo\I YEYO'VÉ\let.L, «per fede comprendia-
che chiaramente nella descrizione della mo che l'universo è ordinato da una pa-
fede in H ebr. l 1: 1a fede nella promessa rola di Dio, sicché non da cose parventi
di Dio è già di per sé anche speranza, e provennero le cose visibili» ( v. 3; ~ vn,
questo significato in H ebr. I I è quello coll. rn37 s.). E la definizione che apre
predominante 247 • Appunto perciò i per- tutto il discorso (v. r) Abbraccia entram-
sonaggi dell' A.T. possono essere di e- bi gli aspetti: ifo"-.w oÈ 1tL<1'tL<; fX.msoµÉ·
sempio ai cristiani, la cui fede è ugual- \lwv ùnfo'ta.<TL<;, 1tpa.yµti-cw\I i::lEyxo<;
mente volta al futuro promesso da Dio; ou ~ÀE'ltOµÉ'Vw\I, «la fede è certezza (~
essi sanno, come quelli, che su questa m, col. 54r) di cose sperate, prova dico-
terra non sono altro che «stranieri e pel- se che non si vedono» (-+- III, coli. 396
legrini» (v. r3). Ciò è tanto più possi- ss.) 250• Questa concezione di 'ltlcrtt<; ha
bile in quanto il futuro promesso ai cre- per conseguenza, da un lato, che Hebr.
denti dell' A.T. è fondamentalmente i- I I può intendere la fede oltre che, come

dentico a quello promesso ai cristia- nel resto dello scritto, in conformità con
ni 248 e in quanto quelli non ne videro l'A.T., anche nel senso della terminolo-
ancora il compimento 249 • Il carattere pa· gia missionaria: Tttcr'tEUCitt.L y~p oEi: 'tÒ\I
rndossale di questa fiducia piena di spe- 7tpo<1Epx6IJ.E\IOV ik@, IS·n M<T-.w xa.t 'toi:c;
ranza è fortemente sottolineato sia in ÈXSl)'tOUCTW mhòv µLcri>a'lto06n1<; ylvE-
Rom. 4,19 sia in Hebr. 11 (-7 v, coli. 'tCU, «giacché chi si accosta a Dio deve
22 3 s.): essa è diretta a ciò che è invi- necessariamente credere che egli esiste e
sibile {v. 7), ovvero a colui che è invi· che ricompensa coloro che lo cercano»
sibile (v. 27). Per questa paradossalità (v. 6; cfr. 6,1); dall'altro, che la rinuncia

scrivere la debolezza delll\ fede dei discepoli m vv. 7.10.14 · 16.26.


verso 1a loro propria potenza di operare mi· 24) vv. 13.39 s.
racoli. può assumere questa sfumatura an-
253 'ltl<r'fi.<;
m Cfr. ~ KiisEMANN 19-27. dw in Paulo: 2 Coi·. 5,7 .
429 (v1,208) r:~O-'t'EVIJ> X't'À.. D u d-e (R. Bultmann) (vr,208) 430

alla realtà terrena e il volgersi al mondo riprende un momento del passaggio dal
celeste ricevono un risalto tutto partico- cap. 10 al cap. rr : ...u1toµovijc; yàp EXE·
lare (vv. 7.15 s. 24-26; cfr. 12,2 251 ). An- 't'E XPdCX.'V , «di costanza avete bisogno»
che nei casi in cui 'ltlcr·nc; è usato nell'ac- ( 10,36). ÈÀ:r.lc; e V1toµo'll'i) sono correla-
cezione tipicamente cristiana (~ coll. te (4 m , coli. 541 ss.). Cosl sono cor-
431 s.) di fede in Cristo, l'aspetto di spe- relate anche 1tl<T'ttc; e u1toµo'll'i) (2 Thess.
ranza è mantenuto ugualmente; con una i,~) .?..'\ ;~l7·nç e 1w.7.:;cvuµl.u (Hebr. 6,
differenza, però : la speranza è nominata 12 ), infine àyli7t'l1 1 1tlO''ttc;, otcx.xo\lloc e
accanto alla 1tlcr·nc,, espressamente di- V7tOµovl] (Apoc.2,19). La fede dei capi
stinta da questa. Quanto meno la 7tla·nc; (-iirovµE'VOL) che vengono proposti all'i-
Elc; ... cristiana è di per sé speranza, tan- mitazione dei lettori della Lettera agli
to più la H.1tlc; (massimamente in Paolo) Ebrei ( I 3 ,7) va in tesa essenzialmente an·
mantiene il suo aspetto originario, già che come fedeltà; 2 Tim.4,7 (-tll" 7tl-
presente nell'A.T., di credente fiducia CT'tt'll "t'E't'lJpTJXa. 2S4) va tradotto con «so--
(~III, coli. 541 ss .). 1tLO''t'LC, e f>...7tlç ap- no rimasto fedele» ( TClcr·nc;= fedeltà) e
paiono contigue (e congiunte con &.yét.- Apoc.2,13 (xpcx.-cEi:c; "t'Ò <Svoµti µou xat
1tTJ) in I Thess. r,3 e 1 Cor. 1 3,13, al- oux 1)pv1}aw -t-Y!v 'ltlcr-.w µou) con «tu
trove anche diversamente connesse 252 • (scii. l'angelo della comunità di Perga-
1 Petr. 1,21 sottolinea la fondamen- mo) stai afferrato saldamente al mio no--
tale inscindibilità di 7tl0'-ttc; e ÈÀ.1tlc;: me e non sei mai stato infedele». Vice-
WO'"T:E -div 1tl<i'tW uµw\I xa.ì. H.7tl8a. EL- versa l'infedeltà dei cristiani è indicata
va.t Elc; De:o'V, «cosl che la vostra fede sia con àma"t'la. (Hebr. 3,I 2) e &:mO'"T:Et'J (2
insieme anche speranza in Dio» (~ 111, Tim. 2,13). 7tlct-tLc; in quanto fedeltà re·
coll. 542 s. n. 105). siste ne1la tentazione (Hebr. u,17) e di-
venta u1toµo\11j (lac. 1,2 s.}. Anche in 1
e) In 1tl<T-ttc; è presente anche la no- Petr. la nota della fedeltà nella prova
ta veterotestamentaria della fedeltà (~ predomina nell'uso di 1tl.cr't'tC, l:SS. Quando
col. 406 ). Lo dice già la conseguenza Paolo pensa aUa 'fede' d 'Israele, allora
che Hebr.I2,1 trae dal ricordo dei testi- anche nell'uso paolino di 7t'O'-ttc; si ac-
moni della fede (Hebr. 11 ): 8~' Ù7toµo - centua il momento della fedeltà, mentre
vijc; "t'P~xwµE'll "t'Ò'V 'ltpOXElµE'VO'V -l)µL\I à- l'infedeltà d'Israele è espressa con cim-
'(W'JrJ., «corriamo con costanza la gara O''t'Et'V e àma-rla. (Rom.3 1 3). Quando in-
che ci è proposta»; questa conseguenza vece l'Apostolo vuole esortare i cristia-

251 Cosl anche la conseguenza in Paolo: 2 Cor. 2;1 Inoltre Apoc.13,rn (dr. 14,12).
5,6 ss. m Per ~Tiv 'ltlo--rw 'tTJPEtV ::: restar fedeli vedi
m Col.1,4 s. 23; Hebr.6,n (var.); cfr. Barn.4, PREUSCHEN-BAUER4, s.11.
B: lv H.:ri:CBL ~Ti~ nlo-~tc.>ç CXU't'ou. 255 I Petr.1,7; dr. .1,J.9; 5,9.
431 (v1,208) T;tcr·m'.lw x°").. D 11 1 c-2 a (R. Bultmann)

ni alla fedeltà ricorre alla frase <T'tTJXEtv spiega considerando che si m1th1 in pl"i·
Èv 'tll 7tL<T't'EL, «rimanere saldi nella fe. mo luogo di terminologia missionaria
de» (rCor. 16,13) 256 ; vale a dire che, (--7 coli. 408 ss. 4I7 s.). Si parla dap·
nell'uso paolino, 'Jtlcr·nc; non significa di prima di 'fede in Cristo' come si parla di
per sé fedeltà; essa è piuttosto la fede 'fede in Dio', cioè rivolgendosi a perso-
alla quale bisogna restare fedeli. ne che non conoscono ancora l'unico Dio
e non credono ancora in lui, ma in lui
2. L'uso specificamente cristiano
appunto devono cominciare a 'credere',
cioè a riconoscerne l'esistenza prima di
a) Da tutti i significati trattati fin qui potere, in un secondo momento, 'cre-
va distinto l'uso specificamente cristiano dere' in lui nel senso che tale verbo ha
di 1tlcn~c;. che è indicato nel modo più ncll'A.T. Hebr. 1 r,6 usa espressamente
chiaro dalla formulazione caratteristica mcr't'EUELV nel primo significato: ma"tEU·
nlu'ttc; Elc; (--7 coli. .p 6 ss. 41 9 ). Qui D"a~ yàp oE~ -tòv 7tpocrEpx6µE'llov 1)~,
7tlCT"'t'tc; significa l'accettazione del ke- O't'L Eu't'LV X'tÀ.., «infatti chi si accosta a
rygma cristiano e indica pertanto la fede Dio deve necessariamente credere che
salvifica che fa propria, con gratitudine, egli esiste, ecc.») (~col. 428). Effettiva-
l'opera salvifica di Dio compiuta in Cri- mente la primitiva missione cristiana
sto. Naturalmente 'JtLO"'tt<; include anche proclama la fede in Cristo insieme con fa
in quest'uso il significato di prestar fede, fede nell'unico Dio, a cui devono conver-
né sono esclusi i momenti dell'obbedien- tirsi i pagani rifiutando gli 'idoli'. La
za, della fiducia, della speranza e della conversione dei Tessalonicesi è pertanto
fedeltà; viceversa è possibile che anche chiamata (I Thess. I,8) la loro <{fede in
dove uno di questi aspetti è predomi- Dio» (TCt<T'ttç 1tpòc; 'tÒV l>Eov ), e tale e-
nante sia ugualmente presente il rappor- spressione è illustrata concretamente su-
to con Cristo 257 • Il significato primario bito dopo (v. 9): «come vi convertiste
di 'ltLO"'tEVEW nell'uso linguistico specifi- dugl'idoli a Dio, per servire al Dio vivo e
co del cristianesimo rimane però quello vero» (--7 col. 4r8). Secondo Hebr. 6,r
di accettazione del kerygma di Cristo 258 • tra i rudimenti del cristianesimo accan-
Quest'uso specificamente cristiano si to al <{ravvedimento dalle opere morte»

256 Cfr. <f'tlJXEW tv xvpl~: PhiLp; 1 Thcss. puyµu. quale oggetto della fede : I Cor.1,21; 2,
3,8. 4 s.; 15,n .x4; Hcrm., sim.8,3,2. EuayyÉÀ.i.ov:
251 Lo si vede nel modo più chiaro, ad es., in I Cor.15,2; Phil.1,27 (?); Eph.1,13; Act.8,12;
Apoc. 14,12, dove 'l'llCT'tL<; = fedeltà è seguito 15,7; Mc.1,15. Cfr_ Diogn.u,6. µap-tupiov: 2
dnl genitivo oggettivo 'l'l')CTOV, il quale proprfa· Thess.1,10; I Io.5,ro; cfr. Io.1,7. &.xoi): Rom.
mente indica l'oggetto del kerygma. rn,16; Io.12,38; cfr. Herm., sim.9,17,4. À.6yoc;:
2S8 La 1tlcr'tL<; è presentata diffusamente come Aci. 4 ,4; 13A8; Eph. 1,13; Barn. 9,3; cfr. u,11
açcettazione dcl kerygma in Rom.10,14·17. x:r]- e dr. f'Jnm. 6,9: ò Myoc; !1.V't'QV 't'Tjc; T>lct;€WC',.
433 (vr,209) T:LIJ"tEVW x,).. D 11 2 a-b (R. Bultmann) (v1,2.to) 434

(µE-i-6.voLt:t cbcò vrnpwv Epywv) sta la «fe- ti, sarai salvo». Poiché nel parallelismo
de in Dio» ( nlcr·rn; È1tt 17E6v) 259 • Mentre sinonimico oµoÀoyE~V e 7tLO"'tEVEtV si e-
nell'A.T. e nel giudaismo (fatta eccezio- quivalgono (-7 VIII, coli. 587 s.), è pa-
ne per la propaganda), la 'fede' viene ri- lese che tanto il riconoscimento della si-
chiesta quale atteggiamento appropriato gnoria di Gesù quanto l'ammissione ( =
verso il Dio che da tempo si è fatto co- convinzione della reale verità) del mira-
noscere e la cui esistenza non viene po- colo della sua risurrezione costituiscono
sta in dubbio, il kerygma del cristianesi- il contenuto della fede cristiana. Va da
mo primitivo proclama che c'è un solo sé, ed è confermato da altri testi, che le
Dio e contemporaneamente annuncia due affermazioni costituiscono un tut-
Gesù Cristo, suo Figlio, e quanto Dio ha t'uno, dunque che la resurrezione non
fatto e ancora farà per mezzo di lui. m- è solo un evento eccezionale, ma il dato
CT'tEUELV significa l'accettazione di questo di fatto salvifico in virtù del quale Ge-
kerygma. È chiaro quindi che nel con- sù divenne xvpLoç. Naturalmente, a mo-
cetto specificamente cristiano di 'ltlcr·rn; tivo dell'intima unità delle due afferma-
il momento della speranza fiduciosa pas- zioni, è possibile pronunciare da sola
sa in secondo piano. La 'JCLCi'tLC:, dc; .. è ora l'una ora l'altra, oppure anche de-
volta primariamente a ciò che Dio ha scrivere la realtà salvifica in modo diver-
fatto, e non a ciò che farà 260 • so o più diffuso. Ma in ogni caso s'in-
tende il tutto_ oihwç Xl)pvcrcroµEv xat
b) Paolo indica quale sia il contem1- oihwç Èma--rEUCTa-rE, «cosl predichiamo
to della fede cristiana con una formu- e cosl credeste>>, scrive Paolo ai Corin-
lazione (Rom. 10,9; ~col. 417) che non zi (I Cor. r 5 ,II) riferendosi allo t:va.y-
riflette la sua opinione particolare (e, yÉÀtov ( v. r), del quale uno dei primi
scrivendo ai Romani, l'Apostolo è ben punti ( v. 3: È.v 1tpw-i-oiç) è che Cristo
consapevole di questo fotto), ma il pa- mori per i nostri peccati, fu sepolto e
trimonio comune e indiscusso di ogni fu risuscitato il terzo giorno ed apparve
predicatore cristiano: O"t"L Mv òµoÀ.oy1)- poi, mostrandosi risorto. Secondo Rom.
crnc; ÈV 't~ cr-roµa-rl CTO\J XVp~o\I 'll)CTOVV, 4,24 i cristiani credono «in colui che ha
xa.ì. mcr-rEvcrnc; Èv -ri'\ xrxpSl~ crou o-rL 6 tisuscitato dai morti Gesù, nostro Signo-
ikòç aù-ròv 'Ì'j)'ELPEV Èx VEXPWV crwìhi- 1 l'c» (È.7ti -tòv Èyt:lpa.v'f;a '!110-0\iv -ròv xu-
a-n. «Se confessi con In tua bocca che ptov 'Ì)µwv Èx vExpwv, v. anche Col. 2,
Gestt è il Signore e credi col tuo cuo- I2), e secondo I Thess.4,14 essi credo-
r~~ che Dio lo ha risuscitato dai mar- no «che Gesù morl e risorse» (lhL 'Il)-

m Cfr. come in Act.17,22-31 sono collegate la o'tL d~ tu·dv ò ~E6ç (--+ n. rSo).
predicazione teologica e crisfologica. Cfr. anche 200 Vedi J. WF.1Ss, Das Urchristc11/r1111 (1917)
Herm., r.1a11d. 1 .• 1: rtpW>OV 'lt~'J<WV -p;C<r.-~v:rov J:! 3; -> WISSM.\NN 71 s.; --+ MuNor.F. 73-n4.
4~' (VI,210) 7\'Lu·miw x't)., D II 2 b (R. Bultmann)

crouc; li7tÉÌ)a..vEV xa..l àvÉcr1."llr"1. Anche vezza è descritta in altri termini, ad es.
se ]a presentazione dell'umiliazione e cht Èyw 1tapfi 't'OV i>Eou É~T}À.i}ov, «che
dell'esaltazione di Cristo in Phil.2,6-Ir io sono uscito da Dio» (lo . 16,27.30),
non è espressamente indicata quale og- O'tL rfu µE <btÉCT't'EtÀ.ac;, «che tu mi hai
getto della '1tl<T·nc;, pure essa va intesa mandato» (Io. II.42; 17,8.21), o, con
come tale. Il riconoscimento della signo- espressione ancor più giovannea, O't'L
ria di Cristo (Èl;oµoÀoyEi:crDaL O't'L xuptoc; tyw év Té;> i'C<I't'pÌ. x-.}.., «che io sono
'll)crouc; XptO''t'6c;: v. II) da parte degli nel Padre» (Io. 14,10 s.), o con la breve
esseri terrestri (È-.tl')"ELOL) non è infatti frase 5-.t Éyw Elµt, «che io sono» (Io. 8,
altro che la professione deila 1tLO''t'Lc; (cfr. 24; r3,r9)™. Il fatto salvifico che Dio
Rom. 10,9 ). Le sezioni kerygmatiche ha operato in Cristo ed è oggetto della
dei discorsi degli Atti 262 descrivono il fede può essere chiamato, più in gene-
contenuto della ?tLO''t'tc;, anche se ciò non rale, ci.ya1t'r], ilv E)(Et ò i>eòc; Év -l}µi:v,
è detto sempre espressamente come in «l'amore che Dio ha per noi» (1 Io.4,
A.et. r 3,39. Kcrygma e fede sono correla- 16), oppure descritto secondo la sua im-
ti (-7 n. 258; cfr. 1 Tim. 3,16). Non fa portanza per il credente: El OÈ &:rcEM.-
differenza se la dignità di Gesù è indica- voµev crùv XptO''t'é;>, mO"'t'EÙOµEv lhL xat
ta con l'epiteto di xuptoc; o con altri che O'V~-i}O'oµev aù•ci>, «se dunque siamo
lo dicono oggetto del '1tLO''t'l:'.VEW (come, morti con Cristo, crediamo che anche vi-
ad es., in Io. 20 13 r: tva mO'TEUiJ't'E O't'L vremo con lui» (Rom.6,8) 265 • Questa fe-
'I11crouc; ÈO"'t't\I ò XPLO''t'Òc; ò vtòc; 't'OV l}EOV, de salvifica è formulata brevemente co-
«affinché crediate che Gesi:t è il Cristo, me 1tLCT'tEUELV ('1tlrf-.Lc;) Elc; ... 2h6 (al posto
il Figlio di Dio» 263 ), oppure se nella di- del costrutto con preposizione si p~ò
pendente introdotta da BTL l'opera di sal- avere 7tlcr't'Lc; col genitivo oggettivo 267 ).

201 Cfr. I Petr.1,21; Polyc.2,1. 3,36; dr. lo.3,16.18); E(c; -ròv ulòv -roi.i i>Eov
1t2 Act.21 22-24; 3,13-r'; xo,37-41; 13,26-37. (r Io.5,10); E/.ç ,.òv 1.11.òv 'tov &.vl>pwnov (lo.9,
261 o
Cfr. inoltre lo.H,27: lht uù Et XPLO'"l'Oç 35); E/.ç a\nov (Act.10A3; Io.2,n; 4,39; 7,31;
X'tÀ..; 6,69 : ll'tL cTÌJ El aytoç 'tOU bEOV. !noi· 8,30 ecc.); E/.ç EµÉ (Io.6,35; 14,1; 16,9; 17,20;
tre 1 Io. 5,r.5; Aci. 8,37 (codd. E nl). Mt.18,6); E/.ç 'tÒ ipWç (Io.12,36); Elç TÒ 8voµa
2.;.1 Nell'epoca successiva spesso le formulazioni (fr 1,12; 2,23 [IXV't'OU]; Io. 3,18 ['tOU µovoyE-
sono motivate dall'opposizione a un'eresia; v. \ICi.iç 1.1lov "\'OV bEoi.i]; 1 I o. 5,13 [ -rou 1Jloi.i -to\i
per es. Ign., Sm.3,1: Éyw yàp xa.t µE'tÒ: -ri}\I l>cou]); di; 8v 6:1tfo·m).EV lxE~voç (lo. 6,29).
&.vau'taow Ì:\I uapxt aii'tòv oUfo. xat 1ttO''t'EVW r.lu·nç Elç: dç "'t'Ò\I "vptov i)µWv 'I11crouv (Act.
èi'J't!X. 20,21); El<; Xpta--.òv 'Incroiiv (Act.2.p4); Elç
26.; In Herm., mand. 1r ,9 1tLCT't~ç &Elou 1t\IEV· Xpin-r6v (Col.2,,); 1tpbç 'tÒV xvpLo\I 'hJO'OVV
(Philm. 5); Etç lµ~ (Act. 26,18).
µe<'t'Oç significa «la fede che lo Spirito di Dio
esiste», ovvero che esso è dato nella comunità. m 1tW"l'Lç con genitivo oggettivo: 'I11uou Xpi-
U>6 1tt0'1'EUEW dç: El<; "tbv 'lT)O'OV\I (Acl .19'4i O''toi.i (Rom.3,22; Gal.2,16; 3,22); 'ITJO'OV (Rom.
lo. 12,n); c.lç XpLc71'b\I 'll)a'Ou\I (Gal. 2,16; cfr. 3,26; Apoc.14,12); Xpl.cT'tOV (Phil.3,9); -rov xu-
I Petr.1,8); Et; 'tÒ\I xupLO\I (Act.r4,23; Herm., plou 1)µwv 'IT)uou Xp1.c1-roii (lac.2,1; cfr. Eph.
mand.,h3,3; cfr. Rom.10,14); d.ç "l'ÒV ulo'J (lo. 3,12); 'tOV xuplou (Herm., vis.4,1,8; sim.6,1,2;
•137 (vr,211) 'il~!T'tEUW x-r).. D 11 2 b-c (R. Ilultm:mn)

lu questa accezione 1tto-·nç e 1t~O"'\'EVE~\I I1 costrutto ma-i:i:uEt.\I col dativo, che in


possono essere usati anche in assoluto: molti passi (Rom. 4'3 · [ 17]; Gal. 3,6;
Tit.3,8; Act.16,34 [cod.D: É1tÌ. 't'òv 1k
quest'uso è talmente frequente negli 6v] }270 esprime il rapporto con Dio, è
scritti paolini e deuteropaolini, negli At- usato sl frequentemente in Giovanni con
ti, in Giovanni ecc., che è assolutamente riferimento a Gesù, ma non significa cre-
dere (in Gesù}, bensì prestar fede (a Ge-
inutile citarne qui alcuni esempi. Esso sù o alle sue parole). Questa formulazio-
non ha mancato di lasciare tracce anche ne per Giovanni è sostanzialmente iden-
in Marco e Luca 268 • tica a ma--çEuEw Et~ ( (J.V"to\I ), ma lin-
guisticamente dobbiamo distinguere i
c) Dobbiamo chiederci, ora, se la bra- due costrutti (-7 coil. 416 ss.J. l)el re-
chilogia 1tt<T'tt.<; ( m<T'tEUEt.\I) Elç ... , che sto solo raramente mo-•EVEW col dativo
è riferito a Gesù, e solo una volta in tut-
prima di tutto è un fenomeno linguisti- to il N.T. indica un rapporto personale
co, possa assumere anche un significato con Cristo ( 2 T im. l ,1 2): ol&a -ycì.p ~
proprio, cioè se il costrutto possa indi- 1tmla-i:wxa, «poiché so in chi ho cre-
duto», ove il 'credere in' comporta l'a-
care anche un rapporto personale con
vere fiducia. Così anche lgn., Tr. 9,
Cristo, tale che (poiché mu't'EUEt.\I Elç 2. In altri passi (Mt. 27,42, cod. D;
Xpt.<r't'Ò\I 'l"l')crov\I segna l'accesso alla sal- Act. 18,8 [cfr. r6, 15]; I lo. 3,23) m-
CT't'Euw.1 col dativo va invece interpreta-
vezza} Ja 'fede in Cristo' abbia in so-
to (come mostra chiaramente r Io.3,23)
stanza Io stesso significato del rapporto nel senso di 1ttCf'tEVEW Elç (~ col I.
con Dio. 416 s.}. La costruzione mc:r't'EUEW E7tt col
dativo indica (Rom.9,33; 10,u; I Petr.
È degno di nota che nel N.T. il rap- 2,6; r Clem. 34,4 [citazione da Is. 28,
porto con Dio non è praticamente mai l 6 J} il rapporto con Dio, ma è usato
· indicato con 'ltt.CT't'EUEW dç w. Viceversa con riferimento a Gesù solo una volta
i costrutti m<TnUEW col dativo e 1ttO"'t'EU- (I Tim.1,16), dove la nota predominan-
Et'V fol col dativo, che nei LXX sono usa- te (come mostra la frase dç ~WTJ\I a.lw-
ti per esprimere iJ rapporto con Dio (~ \liov} è quella della .fiducia piena di spe-
col. 416), praticamente non sono mai u- ranza 271 •
sati per indicare il rapporto con Cristo. L'uguaglianza del rapporto con Dio e
3,6); -rou utov -rov 1'Eoii (Ga/.2,20; Herm., sim. Io.I4,1: 1tUY'l:EVE'TE ECc; -ròv ite6v, X!lt E~ lµÈ
9,16,_:s); -roù 6\loµcx-.oc; o:Ì>"toù (Act.3,16); µov m<rnÙE"tE. Questo è un cnso particolare: l'au·
(Apoc.2,13). tore sceglie questo costrutto per esprimere l'u-
U8 nl<n~ (Lc.1 8,8); mcr-rEvtw (Mc.9,42; Le. nità <li Gesù con Dio.
8,12 s.). Anche nella chiusa spuria di Mc.16, m Inoltre Act.16,15 (cod. D): mcr-ròç ,;(il itt<!>.
16 s. Anche Io.5,24; r fo.5,ro : 'itw--tEÙEW col dativo,
U9 Ci sono solo due casi possibili: a) r Petr.1, però nel senso particolare di prestar fede (a
21 ~ col. 429. Se dovessimo tradurre con Dio).
«cosl che 1a vostra fede e la vostra speranza si 271 Nei casi in cui abbiamo 'itl.0'"1:-EÙE~v lv (Mc.
volgano a Dio», allora la preposizione E~ sa- I,15; Io.3,15 [?])oppure nlcri:u; lv (Gal.3,26
rebbe dovuta a n .'it(ç e non a '1tl'71'1.C; (cosl an- [?]; Col.1,4 [?]; Eph.1,15; r Tim.3,13; 2 Tim.
che r C/em.12,7), in conforrrj~_tà con un uso lin- 3,1_:s; r C/em.22,x) non si tratta della ripetizio-
guistico attestato già nei LXX (v. 2 Cor.1,xo; ne del costrutto dei LXX, ma semplicemente
Act.24,15; Io ..:s.45 4 m, col. 520 n. 34). b) cli una variante linguistica a ma-.Evtw (n(-
439 (vr,21 r) m,cr-n:uw /."tÀ. D Il 2 c (R. Bultmann) (v1,212) 440

con Cristo è indicata invece dal costrut- ria di Gesù Cristo, come è appunto e-
to mCT"tEVEL'V btl con l'accusativo, che è spresso con la frase 1tlcr·nc; Elç -.òv xu-
ancora raro nei LXX, ma è usato alcune
12
\·oltc nel N.T. ~ • Questo costrutto non ptov T]µwv 'I11crouv, «fede nel nostro Si-
è una brachilogia, m:1 indica il volgersi gnore Gesù», e con altre simili. Allora
alla persona del Signore, come 7tLCT"t'tc; 1ttO'"t'EÙEL\I dç Xptcr-còv 'l'Y]O'ouv signifi-
È'7't ltdv (Hebr. 6,r; cfr. Act. r6,34 cod.
ca di fatto un rapporto personale con
D) e ?tlcr-w; 7tpòc; "tÒV l}Eov (rThess.r,
8 -)o col. 419) indicano la conversione Cristo, analogo a quello con Dio, eppu-
dal paganesimo a Dio 273 • Ugualmente re da esso distinto. Se si caratterizza il
Philm. 5 (-.i]v 'itLO''tLV fìv EXEL<; 7tpÒc; "tÒV rapporto con Dio dell'A.T. come 'fede
xup~ov 'IT)CTOVV, «la fede che hai nel Si-
gnore Gesù») mostra che mcr-.Evav può in Dio', abbiamo subito una differenza
esprimere un rapporto personale con tra una tale fede in Dio e la 1tlcri;tç Etç
Cristo. Xptcnòv 'l'Y]crouv: la fede dell'A.T. (in-
Ma il punto decisivo è questo : la fe- tesa come obbedienza e fedeltà) è indi-
de in Cristo quale accettazione del kc- rizzata verso un Dio In cui esistenza co-
rygma che ne parla non afferma l' esi- stituisce una premessa indiscussa; inve-
stenza di una persona divina fino allora ce la fede in Gesù Cristo, nel suo signi-
sconosciuta, di una «divinità straniera» ficato originario e autentico, non è l'ob-
(Act. 17,i:8). Infatti la figura di Gc- bedienza al Signore che è già noto da
sÌl Cristo è inseparabile dal suo 'mi- sempre; piuttosto l'esistenza di questo
tci', vale a dire dalla storia che si è svol- Signore è conosciuta e riconosciuta pro·
ta con la sua vita, morte e resurrezione. prio nella fede, cioè la fede abbraccia la
Questa storia è però Heilsgeschichte, convinzione che per essa questo Signore
storia salvifica, il che vuol dire che colui Gesù Cristo esiste. Infatti solo nel ke·
che al kerygma risponde positivamente rygma questo Signore incontra la fe-
con 'fede', riconosce cosl che questa sto- de, e la fede crede per questo keryg-
ria si è verificata per lui 274, e poiché Ge- ma come anche in seguito può crede-
sù Cristo è diventato xuptoc; in virtù dcl- re soltanto con riferimento ad esso.
lu sua storia 275 , l'accettazione del keryg- La proclamazione cristiana non diven-
ma implica il riconoscimento della signo- ta mai una pura comunicazione a ti-

O"nç) ~(e; . 274 Ciò che nel N.T. è affermato con formula-
zn Act. 9,42; n,17; x6,31; 2 :i , 19; J\lt.27,42 zioni introdotte da V1t~p. mpl e simili, più tar-
(cod. D: aÙ'Ti(J; g: l1t' mhtii). di è espresso in locuzioni come le seguenti: m-
27J Diverso è il caso di Rom.4,24 (Col.2,12 e CT'fEVEW Elç "TÒV iM..va:rov a1hou (Ign., Tr.2,1),
1 Pelr.1,21 variano l'espressione): 'TOtç mCT'TEV· Ek "tÒ alµa XpL<r'TOU (lgn., Sm.6,1); dr. Barn.
OUCTL\I l1tL 'Tl>V tyElpaV'T(J. 'I11110Gv X'T À. è CO· 7,2: 1tL?''TEUO'(ù~,EV ~'fL ò vtòc; "t'OU l>EoU oòx.
struito evide ntemente in analogia con n..- lif;uva'fo nallE~v d µ·~ lìL' T]µéiç. Barn. u,8 ~
1tl~Ew È1tl, che è poi il significato di mcrnum1 n, 273.
in questo caso (cfr. Bam.11,8: t1tl 'TÒV CT'TCLVpÒv
t).:l(lO'etv·m;). Così anche Rom.4,5 (dr. 4,18).
441 (v1,2r2) mO"-rEvvJ x-rÀ.. D IT 2 c-d (R. Bultmann) (vr,213) 442

tolo informativo, che cessi di servire M\j;eL 'I110-oi.i XpLCT't"ov) ov oùx lo6v-rec;
non appena se ne sia presa conoscenza, àya:mhE, Elc; 0\1 ap'tL µi} opWV't"Ec; m-
bensl rimane sempre il fondamento del- Ci'tEUOVTEç OÈ àyccÀ.À.Lii'1ìk .. , «(quando
la fede. Insieme con l'evento di Cristo, comparirà Gesù Cristo) che voi ama-
Dio ha fatto valere il Myoc; -rf]:; xa- te pur senza averlo veduto e nel quale
'ta).).ayijc;, la «paroln della riconcilia- credendo senza ancora vederlo, esulta-
zione» (2 Cor. 5,18 s.). Perciò la fede te ... », o ancora Act. 14,2 3: 7tct.pÉDE.v'to
nel kerygma e la fede nella persona co- Ct.V'tOÙc; T4) XUPtl!> dc; ov 1tE'ltL<T'tEUXEL-
municata dal kcrygma sono insepara- vCl..V, «li affidarono al Signore, nel qua-
bili e la fede rimane sempre un 'rischio', le avevano creduto». A questi passi si
nel senso che essa crede in base e con ri- aggiungono quei pochi altri in cui il
ferimento a questo kerygma. rapporto con Cristo è espresso median-
Alcuni passi mostrano che il costrut- te 'itL<T'tEUELV col dativo ('ltLCT't"EUEL\I =
1
to TrnnEl'mv dc; Xpto--ròv l'Y)O"ouv può confidare, ~ col. 438) 276 e 1tLO"'t"EUELV
veramente esprimere, nonostante il suo lml (~col. 438), oppure mediante ;i;l-
_...,carattere convenzionale, un rapporto CT-rLc; 11:p6c; ( p hitm. 5) 277 •
personale. Rom. Io,9 dimostra anzitutto
chiaramente che credere in Gesù Cristo d) La fede salvifica indicata con nl-
significa riconoscerlo quale Signore; e se cntc; e mcr-rEVEL\I (usati in assoluto o con
(Rom.Io,q) il 7ttO"'"t"EVEW Elc; et.V">OV por- qualche determinazione complementare)
ta ad invocarlo, allora il 1ttCT'tEVEtv, a- può essere considerata o dal punto di
vendo come conseguenza il battesimo, vista del suo inizio o da quello della
porta l'uomo a un rapporto personale r.ua continuazione. Se vengono procla-
con Cristo. La fede porta alla comunio- mate µe-ravota e nlcr-ttc; (Act. 20,21;
ne con lui, come mostrano Rom. 6,8; cfr. Hebr. 6,1 ), gli ascoltatori vengo-
Gal. 2,20 e, in modo singolare, anche no esortati al ravvedimento e alla fe-
Phil. l ,29: O'tt vµi:v ÈXa:pt'.cri}n 'tÒ Ù1tÈp de. 7ttO''t"L<:; significa accettazione del mes-
Xpt<r-rou, oò µévov -rò El:; ai.J-ròv mcr-rEÙ- saggio cristiano, ad es., in Rom. I,5;
E~V à).À.&. xrx.t -rò U1tÈp mhou 'ltr.i:CXEW, 3,25; 10,17; I Cor. 15,14.17 e forse an-
<(poiché a voi è stato donato non solo di che in r T hess. 1 ,8 (1} 7tt<T'ttc; ùµwv =
credere in Cristo, ma anche di patire per voi che avete accettato il vangelo); Rom.
lui», oppure I Petr.1,8: (iv·"n Ò:7toxcc- I ,8; II ,20 (-çli àmcr"tl~ i~EXÀ.aCT~'l')O"~\J,

1
216 Cfr. gli esempi di epoca posteriore: 1tv.:T'tEV- ycbtTJ diretta al xvptoç l'T)ctovç. Ma verosimil-
1
ELV -rii xapL'tL !T}<TOV XpL<1'tOU (Ign., Phld.8,1; mente ci troviamo davanti a una inversione
cfr. Pol. 7,3); -rfi XPllO"-r6-rTJ-CL ttÙ"t"ov (Diog11. (LOHMEYER, Phlm., ad I.), cosl che il testo par
9,6). la di una nlo--rtç diretta a Cristo e di tma àyO:-
277 Forse Phi/111. 5 parla nddiritturn di una Ò'.· rcT) diretta agli /iytoi.
443 (VI,213) 1tLCT'"CEVW Y.'tÀ. D u 2 d (R. Bultmann) (v1,214) 444

<1Ù ot-.fj 'ltLO"'tEL fo'tt)XCX.<;, «sono stati altrove) :!Bo. Talora il significato preciso è
recisi per ]a loro incredulità, mentre ambiguo e potremmo quasi tradurre 7tl-
tu hai raggiunto la tua saldezza per- rr-tt<; con convinzione, giacché spesso
ché hai creduto») e ovunque Paolo par- o.lcr-ttç non indica tanto il fatto di es-
li del Stxcr.tovcrfrcr.t o della oLxcr.torrtl\11} sere credente quanto piuttosto l'ecci-
EX itlCT"t'EWt; (Rom.3,28; 5,r; Gal.3,24; tazione, la vivacità, il calore dell'essere
Phil.3,9 e altrove). Questa accezione è credente. A questa vita nella fede si
naturalmente molto diffusa anche in e- pensa quando si parla del µÉ'tpov 1tLCf'tE-
poca post-paolina 278 • Analogamente ci.m- wç (Rom.12,3;-,) 1, col. 939), della de-
CT'tla significa il rifiuto del kerygma cri- bolezza della fede (Rom.14 , x) 281 o della
stiano (Rom.n ,20.23). sua forza 282, della crescita della fede ( 2
Altrove nlCT-tL<; significa fede nel sen- Cor. 10, x5) 283, della perseveranza nella
so di uno stato duraturo ( = essere cre- fede 284 , della pienezza della fede 285 o del-
dente, vivere da credente). Particolar- la sua abbondanza (2 Cor.8,7 ), della sua
mente evidente è tale accezione quando attività (I T hess. r ,3: µv'r)µovEuov't"Eç v·
si parla del xpovoc; 'tijç 1tl<r"t'EWç 279 ; ma µwv .-oO Epyou "tijç 1tl<T-.ewç, «ricordan-
e!lsa è indubbiamente presente anche in do l'attività della vostra fede»; cfr. Phi-
1 Co1'. 2,5; 2 Cor. 1,24; r3,5; Gal. 2, lem.6), oppure della sua unità uo, e in
20; 2 Thess. 3,25 ss., in scritti non pao- tutti i testi nei quali 1tl<T"tLç e à::yti7t'T) 287
lini (Eph . 6,16; 1 Tim. 3,13; lac. 2,i.5 e vengono associa te 288 •

21s Col.IA; Eph.1,15; 2 Thess.3,2; Act.13,8; m Phil.1,25: ti.e; 'tfJV ùµwv 'ltpoxon:TJv xat x«-
14,27; 20,21; 26,18; Hebr.4,2; Herm., vis.x, piì.v -rijc; nlO"'tEWc;, cfr. Polyc. 3,2: otxolìoµe~­
3.4· uDctL Elc; 't1}V lìol}Efoa\I \iµ~v nlCT'tLV.
279 Did.16,2; Barn.4,9; dr. Herm., vis. 3,5,4: 284 Co/.1,2 3: El yE tmµÉvE'tE -rn nl<T'tf.L -cd}f.·
'VfoL ... lv 'tTI nCCT··m. µEÀLWµÉVOL Xo:l ÉlìptttoL (~ n. 282); ɵµÉ'llELV
2to Analogamente I Tim.1,13 usa d1tLO"t(a. Co- -rn nlCT't'EL (Act.14,22; Herm., sim.8,9,1) ; Ù1to-
sl anche lgn., Eph.8,2, a meno che qui i ter- µÉvm1 Év 't'TI n:lCT'tEL (Did.16,5); dr. Ign., Sm.
mini non presentino un'accezione ancora più 1,I: Xct'tT)p'trnµÉvou~ tv àxwl)-c(/l nlCT'tEL.
stereotipa, cosl che n(CT't~ e à.'Ttt0"-cl11. signifi. 285 1CÀ.i}p11c; 7tlCT-cEw~ (Act.6,5; II ,24); n:)..Tjp"IJc;
chino semplicemente cristianesimo e pagane- Èv 'tTI 'ltlCT-cEL (Herm., mand.5,2,1 ; 12154); m:-
simo. r.À.T)pwµÉvoc; tv nlO"'tEL xa.l ayan:n (Jgn., Sm. ,
m Cfr. Herm., sim.9,26,8: xoÀ.of3ot ... &.r-ò -rTjc; intr.).
'TtW't'Ewc; ctÙ'tWV. Viceversa Herm., mand.5,2, 236 Eph.4,13 : µÉXPL Xct'tet.V't-i)crwµEv ot miV'tEc;
3: 't1}V nl<T'tW ~Y.EW 6Mx)..'l]pov. El.e; 'tTJV lv6n1-cct -rTjc; 1tW'tEWc; xa.l 'tTjc; l1tL-
282 Col.2,7: ~E~CLLOVµE'JOL 'tTI TCl<T'tEL. Herm., 'Y\IWCTEWC, ... ; Ign., Ephs;,1: 6µ6voLa -rij~ 7tl-
vis.3,5,5: {17Xupol lv -cii n:l<T'ttt; mand.12,6,x: O''t'Ewc;; 20,2: (7\)Vi!pxErittL tv µf4 n:l<T'tEL xat
!17Xvpcmotijucu av'tovc; lv '\"TI n:lO''ttL; vis.3 ,12, É'J 'I11uov XpL<T'tt~; Hcrm., sim.9,17,4: µla nl-
3: tvlìuwiµovO"Dat lv 'tfj nlO''tEL. 1 Clem .1,2 : O''ttç ctu-cwv tyi!vE'tO xal µla <tya1t'I], simil·
't1j'll ... f3E~CL(CLv vµwv 1tlCT'tW. Act.16,5: O"'tE· mente 9,18,4.
pEoùricu 'tTI n:Ca-n:t. Col. 2,5: ~Àlm.ilv ùµwv 287 2 Thesr.i,3; Eph.3,17; 6,23; 1 Tim.1,14; 2,
't1}v 'tal;w xat 'tÒ cr-rEplwµa 'tijc; etc; Xpi.cr-ròv 15; 4,12; Ign., Sm., intr. (~ n. 285); Hcrm.,
1tld'tEWc; ùµwv. lgn., Eph. rn,2 : tlìpa.~oi 'tTI 11l- sim.9,17,4; 18,4 (-+ n. 286).
<T'ttL ~ n. 284, 2as Inoltre cfr. Rom.1,12; 14,22 s .; 2 Cor.4,13.
445 (v1,2x4) ma-cEuw ><-e).. DII i e (R. Bultmann)

e) In tutti questi casi la TCLO"ttc; è na- stianesimo, e questa accezione può a sua
turalmente la fides qua creditur (certa- volta presentare una serie di valori e sfu-
mente riferita al suo oggetto). L'uso lin- mature: essere cristiano, cristianità, mes-
guistico si sviluppa però tanto, che nl- saggio cristiano, dottrina cristiana, prin-
Q'·rn; può anche significare la fides quae cipio cristiano. È in questo senso che
creditur. Se Paolo può chiamare pijµix. l'Apostolo parla, ad es., di olnfot -tijc,
-i-ijc:; 7ttO''TEWc:; (Rom. 10, 8) il messaggio 1tlO'-tEwc,, «gli altri cristiani», «i confra-
che esige la fede ( =fides qua creditur), telli» (Gal. 6, 10 ), oppure usa '1tlo'°tt.ç co-
oppure se lo chiama <ÌXO'JÌ 7tL<T"CEWc; ( = me oggetto di Eua.yyEÀ.lsEo-&a.L e di 1top-
«la predicazione che esige la fede», op- 1>Ei:v (Gal. 1,23 ); lo stesso vale forse an-
pure «la predicazione che dischiude la che per Rom. 12,6: Ei:-tE npOC[Yl'}-tda.v,
possibilità <lel1a fede», Gal.3,2.5), allora XIX.'tà. 'TÌ)V &.va.Àoylix.v -ti)<; nl<newc,, «Se
si comprende che possa dire sintetica- abbiamo la profezia, profetizziamo in
mente Eua:yyEÀ.lsE0'1><u 'ti]v 7ttCT'TW (Gal. conformità con la fede».
I,23). Il messaggio stesso può quindi es- Fuori delle lettere paoline, 7tlo''tt.ç in-
~re indicato con 1tLO''t'L<;. A ciò si aggiun- dica la predicazione della fede (Aci. 6,7:
ge che Paolo può servirsi di 7ttO''TLç per molti sacerdoti «obbedivano alla fede»,
indicare (poichè itla--ttc, è l'atteggiamen· lin1ptovo'\l 'tft ,.;lO''tEt), un principio (Eph.
to umano richiesto da Dio e in quanto 4,5 : elç xvpioc;, µlix. 1tl<r·nc;, Èv aa'lt'tL·
tale è la via della salvezza aperta da Dio) aµa., «un solo Signore, una sola fede, un
una norma o un principio. Abbiamo que- solo battesimo») 289• La 7tW"t't.ç indica la
sta accezione quando 7tLO''t'L<; e voµoc; so- fides quae creditur in I Tim. 3,9 (µuu't1J-
no contrapposti come le due vie per PLO\I -i-fjc, nlO''t'EWC,, «il mistero della fe-
giungere alla salvezza (Rom.3ar; 4,41) de» che è poi indicato nel v. r6). Grazie
e quando l'Apostolo parla della 'venuta' a questa accezione· la 7tl!T'tt.ç può essere
(~III, col. 936) della 7tl<r-i-Lc:;, ipostatiz- connessa con la xix.À.'Ì) otoaaxaÀla. (r
zandola (Gal.3,23 .25 ). Paolo può cosl ar- 1'im. 4,6); 'cadere nell'eresia' si dice
rivare a dire véµoc, 7tt<T't'e:wc:; (Rom. 3 ,2 7; aq>lu-ra.O'thx~ 't'i)ç 7tlO'"t'EWç (I Tim. 4,r:
~ vn, coll. 1363 s.). Anche altrove 7tl- «allontanarsi dalla fede») oppure vava-
O'"CLC, indica un principio (Rom.4,r6; Gal. '(EL\I ovvero M'TOXEi:v 7tEpL 't'i)v 7tW-i-iv
3,12; I Cor. 13,I3). Pertanto già Paolo ( 1 Tim. 1,19: «far naufragio nella fede»;

può usare TClO'·nç nel significato di cri- 6,2r: «deviare dalla fede») 290 • La dottri-

E improbabile però che lx nlO''tEWc; Etc; 1tW"tW fi "tE 1ttO'"t!.c; xat 'i) 0.1tl.ç "tW\I txÀEX'tW\I, Ign.,
in Rom. 1,17 (--> u, col. 1394) vada tradotto: Sm.10,2: oùO~ ù1.«iç l1tctl.CTXU~'tttL -i) "CE·
«dall'accettazione ali' approfondimento della ÀEla 1tW'f!.C; (var. l)..1tlç), 'llJCTOÙç Xpw-t~.
fede». 200 Cfr. i Tim.1,6 e 2 Tim.2,18: &O"toxerv r.epl
2s9 Cfr. inoltre r Clem.58,2 : ~TI yàp ò ~EÒt; ... -ri}v à)..T)lle~av.
447 (v1,2q) 1w1·rn)w A'tÀ. D 11 2 c-f (R. Bultm:mn)

Dll ortodossa della chiesa è chiamata 1tL- to in questa accezione in proposizioni se-

cr-rLç (I udae 3 .20; 2 Petr. r ,r ). A 1tlo-·nc;


condarie introdotte da l:wt. 297 • Anche l'in-
dicativo presente significa talora conce-
in quanto significa il cristianesimo corri- pire /ede, cominciare a credere 298• An-
spondono modi di dire convenzionali che l'occasionale connessione <li m<r'tEU-
299
che sostituiscono l'aggettivo 'cristiano', WJ con µE"tO:.\loE~V e con f3a.1t't'LO'~fj­
Vtx.L :>-."J mostra che ma--i:EVELV può in-
non entrato ancora nell'uso comune: xa.- dicare l'atto del concepimento della fe-
-rà. xow-fiv 7Clcr-rLv, «secondo la fede co- de, della convinzione, che sta alla base
mune» (T it. r i4 ), xai:à. 1ttO"'tW ÈxÀ.EX- dcl cristianesimo 301 • Più di rado mcr-ceu-
-rwv, «secondo la fede degli eletti» (Tit.
nv significa essere credente, avere la fe-
de; il presente va certamente interpre-
r,r), Èv 7Clcr-rn, «nella fede» (I Tim.r, tato più volte in questo senso 302 • Un al-
2.4; Tit.3,5) oppure È'V 7ClO-'tEL xa.t akri- tro valore ha però il presente gnomico
7JElq., «nella fede e nella verità» (1 Tim. di Rom. 10,10: xaplìl~ yàp mcr-rEUE't"r.tL
d::; &xetLOO'U'VlJV, che possiamo tradurre
2 ,7 ), Èv r.lu-ra 'fr10-ou XpLo--rou, «nella o: «giacché è col cuore che si comin-
fede di Gesti Cristo» {lgn., Mg. r, r ). cia a credere e si è giustificati», oppure:
«giacché è col cuore che si è creden-
f) Il significato di 1tLO"'tEUELV si è svi- ti e si è giustificati». Cosl va anche in-
luppato e differenziato in modo simile. terpretato il participio presente, frequen-
Nella maggior parte dei casi 1tLO-'t'EUELv te in Paolo e Giovanni 303 • Il significato
significa certamente accettare il messag- tende a divenire convenzionale, come
gio 291 , in particolare quando è all'aori- mostra soprattutto l'uso del participio.
~to 292 , ma talora anche al perfetto 293 • Invero il pr1rticipio presente conserva in
Significato identico hanno il participio alcuni casi il suo genuino valore parti-
aoristo 29~ e perfetto 295 e, naturalmente, dpinle {=coloro che credono in me),
l'imperativo 296 • Spesso mcruui:w è usa- precisamente quando segue una dctermi-

291 Cfr. fa sinonimia di lìÉXECJ'ltaL (àrcootx<- '91 fo.1,7; 9,36; Il.-42i 17,21; 19,35; 20,31; I
c-#rx~ >ÒV ).6-rov con 'i.L~'t~VEW in 1 Thcss. 1,6; Io.3,23.
Act.8,13 s.; 17,11 s.; Lc.8,13. Analogamente 298 Jo.1,50; J,12; 4,42; 6,64 (?); 10,26; 14,10;
r'tmCJ'-rE~Y significa il rifiuto del kerygma in Mc. 16,30 s. Diversamente Rom.10,9; I Tim.1,16;
x6,16; Ign., Epb.18,1. Act.15,7; Io.3,12; 5,44.
292 Rom.10,q.16; 13,u; I Cor.3,5; 15,2.u; 2 m Mc. r ,1 5; K cr. Pctr. (KIT J,I,5); Herm.
Cor-4,I3i Gal.2,16; Acl.4,4; 8,13; 9,42; 18,8 sim.9,22,3.
ccc.; Io.4,39.41; 7,31.48; 17,8 ccc.; Herm., vis. 300 Act.8,12; 16,_;1-33; 18,8 (cfr. 2,41; n,18;
3,6,1; sim.9,22,3; 2 Clem.15,3; Polyc.8,2. Infi- Hebr.6,1 s.); Mc.16,16.
nito aoristo: Barn.16,7, 301 Cfr. anche ot µfÀÀ.O\l'm; mCJ'-rEVEW: z Clem.
29 1 Act,14,23; 2 Tim.1,12; Jo.3,18; 6,69; II,
42,4; Herm., mand.4,3,3; sim.9,30,3.
27; I Io.4,16; 5,10. 302 Rom.6,8; 1 Thess.4,14; Act.15,11; Lc.8,13 ;
291 Eph.1,13; Act.n,q.21; 19,2; Hebr-4,3i Io. Io.16,9; Ign., Mg.9,1 (2); 2 Clem.17,3; 20,2.
7,39; Mc.16,16; Herm., mand.4,3,3; sim.8,3,2; JOJ Rom.4,24; 1 Cor.1,21; Gal.3,22; Jo.1,12; 3,
9.13,5 ccc. Ign., Phld. 5,2; 2 Clem. 2,3.
1&.36; 6,35.47; 7,J8; n,25 ecc.; r Io. 5,5.13
29.; Ti1. 3,8; Aci. 16,34; 18,27; J9,18; 21 ,20.25; (var.). Anche 1 Petr. 2,6 (secondo Is. 28, 16);
Herm., vis.3,6,4; 7,1, Herm., si111. 8,3,3. Spesso con 1ta<;: Rom. 1 ,
295 Mc. x,15; Act. 16,31; Io. 10,37 s.; 12,36; i6; 3,22; ro,4; Io.3 15 s.; I lo.5,1; Act.ro,43;
1

14,i.n. Il futuro: Barn. 3,6. 13,39.


(Vl,zt6) 450

nazione (Elç ... , Ènl ... ) m oppure quando nostre osservazioni circa il concetto cri-
si dice noi/voi credentiJ-05• Altrove ot stiano di fede comune nel N.T. e nel cri-
mcr'tEUO\ITE<; SOOO semplicemente j cre-
denti = i cristiani 306 ; nnche il partici- stianesimo primitivo. Qui si parla di 'fe-
pio, aoristo 301 e perfetto 308, può essere de' in parte nel senso della tradizione
usato così. dell'A.T. e del giudaismo (~ coli. 421
Con quest'uso particolare il participio ss.) e in pnrte con un'accezione tutta
di mCT'tEVEW viene ad assumere lo stes- nuova(~ coli. 431 ss .) anche se i due u-
so significato di 7tLcr-.6ç. Anche mcr•oc;
si non si escludono necessariamente (~
riceve talora un complemento, cosi da
assumere forza verbale ( mO"T6ç = cre- coli. 4 3 r ss. ). Il rapporto tra questi due
dente) 30'). Nella maggior parte dei ca- momenti va però chiarito maggiormente
si tale valore vetbale è però andato con una riflessione sul rapporto tra l'i-
perduto, anche se è ancora presente
in Io. 20,27 3 w: p:q ylvou limcr'toc; à';..- dea spedficamente cristiana di fede e
ÀÙ mO"Toç, <mon essere incredulo, ma quella dell'A.T. in generale. Nella misu-
credente». mO"-coç significa poi cristia- ra in cui 7t(cr-.t<; (mcrnuELv) indica nel
no, sia come aggettivo 311 sia come so-
stantivo 312 • Analogo all'uso di mo-'toç N.T. la fede nella parola di Dio(~ col.
è quello di &mcr-toc; (~ col. 420 ), che 422) non sussiste, da un punto di vista
in Jo.20,27 ha ancora forza verbale, ma formale, alcuna differenza rispetto all'A.
,s.eneralmente è usato nel senso tecnico
T. e al giudaismo {~coli. 407 s. ); anche
/di 11011 cristiano 313 •
il costrutto tipicamente cristiano 7tt<T't'EU·
3. Fede cristiana e /l'd~· ELV dc; ... (~ coJl. 416 ss.) include que-
veterotestamentaria sta fede, giacché 'credere' significa sem-
Possiamo riepilogare come segue le pre anche credere alla predicazione che

l64 Act.22,19; Mt.18,6; Jo.1.JJ. d i I Clcm. 48,5 e nel nesso 1tL~not xat àyal>ol
305 Eph.1,r9; IPclr. I,8; 2.7; l,21 (wdd. Ne di Herm., .sim. 8,7,4; 10,1, oppure nelle locu-
ft' ). forse nnche Act. 5,14. zioni ~à'\I yàp TI 'tLC, ntnb't'a-coi; àvfip .•. di
lln Act.18,18 (cod. D); 2 Thess.r,IO {vnr.); /lk. Herm., mand. 6,2,7, e xal yE )..lav mu-coùc,
9,12. xut lCTxopovi; di Herm., ma11d. 9,9.
307 Act.2,44(?); 4,Jz(?); 21'hcss.1,10; Hcrm., 311 I Cor.7,r4 (var.); I Tim.6,2 ; Tit.1,6; Aci.
si111.9,27,1 ecc. Singolare è la formulnl.iOne di 16,1; Ign., ~on~.3 ,2 ; ~g. 5,2; ~e.rm., si111.8,9,
Ii;_n., Mg. 30,3: Elc, ov, (scii. Xpt?"~LO>JL?"t!?v) 1; cfr. T.LO''TO<; ~-, xupL<!J = crtsllano (Herm.,
7'(J.<10. y À.wo-cra. l.LCT'TEV!'O.CTU. ••• 111t1nd.4,1,4).
3o:t Act.21,20.25 . 312 2 Cor.6,15; 1 Tim.4,10.12; 5,16; Act.10,45.
3()'} Ac/.16,15: -.<{) xuplip (co<l. D : ib{>); r Petr. Cfr. Ign., Sm.r,2: oi liyLot xat 1tLO''t'ol a1hoi:i.
I.21: ( var. 1tLCT'TEVOV1'E<;) Elc, bebv. Invece In Per ma--rbc, nelle iscrizioni v. E . PETERSON, Eic,
frase~" XptCTTi\> ('Iricrou) con mcr-.6c, (Col. 1,2; GlEbc, (1926) 32-34.309. Cfr. Tcrtull., de c11ltt1
Eph. x,1) non indica evidentemente l'o~:getto feminarum 2,4 e 5 (CSEL 69,78 s.): fidelis =
della fede, ma significa «coloro che sono in Cri- Cbristian11s.
sto (Gesù)». Qui mo"rbc, è dunque usato nsso· 313 r Cor.6,6; 7,12-15; 10,27; 14,22-24; 2 Coi·.
lutamente. 4,4; 6,14 s.; I J'im.5,8; Tit. 1,15; Apoc. :u,8;
310 Forse anche 1 Tim.4,3; invece in Apoc.17, Ign., Mg. 5,2; 2 Clem. 17,5; mari. Poi. 16,r;
14 forse mcnbc,= /edcle. r.tin6c, sembrn avere Diogn.II,2. In Ign., Tr.10,1; Sm.2,1; 5,3 lint-
forzn verbale nel catalogo delle 'virtù' cristiànt• <T'TOC, caratterizza particolarmenté gli eretici.
451 (VJ,:216) m<r'TEUW X'TÀ.. D Il 3 (R. Bultmnnn) (VJ,217) 452

interpella l'uomo come parola di Dio. to con la porola della predicazione. Per-
Ma la parola di Dio ha assunto un altro tanto si può persino dire che l'opera
carattere (----+ col. 433), perché diverso di Dio è la sua parola, cosl che Gio-
è ora il suo rapporto con l'opera di Dio. vanni (che trae appunto questa con-
Se prima la parola di Dio esigeva obbe- seguenzo) può chiamare Gesù il Logos,
dienza e fedeltà sulla base di quello che la Parola. Per questa ragione il 7tLCT'tEU-
Dio aveva compiuto nel passato oppure ELV -rii> À.6y~ 'tOU ilEOU diventa il 'l'tLCT'tEU-

prometteva un intervento divino nel fu- ELV Elc; Xptcr-r6v.

turo, ora invece parola ed opera di Dio Da quanto abbiamo detto si può capi-
sono congiunte in guisa che quest'ope- re che nel N . T. la richiesta della fede
ra viene dischiusa appunto in questa non ha niente a che fare con l'esortazio-
parola. ne alla fede che troviamo nei Profeti
Nell'A.T. l'uomo pio crede (con fedel- (e nei Salmi). Nel N .T . la fede non è la
tà e obbedienza) in Dio sulla base del- fiducia nella fedeltà divina al patto che
le opere divine, ma non occorre che ri- si è manifestata e si manifesterà ancora
duca tali opere a oggetto di fede, poiché nella storia del popolo. Infatti l'opera
esse sono Il, evidenti, nella storia del po- di Dio, su cui si fonda la fiducia della
polo 314. Nel N.T. è invece proprio l'ope- 7tLCT'tLc;, non si manifesta nel destino del

ra di Dio che va 'creduta', giacché ciò popolo o del singolo ad esso legato, ben-
che di essa è evidente è la vita di Gesù sl nella sua azione escatologica (tale è
che finisce con la croce e che Gesù ha infatti l'opera divina compiuta in Cristo)
vissuto sulla terra in forma di servo. Non che pone fine a tutta la storia 315• Quan-
è invece affatto palese che la 'follia' del- do in quest'ambito significa fiducia e~
la croce sia 'sapienza' divina, che colui coll. 424 ss.), 7tlcrnc; indica In fiducia nel-
che è stato crocifisso sia colui che è risor- la potenza miracolosa di Dio che può
to, che è glorificato, che è il Signore. suscitare la vita dalla morte e che farà
Non è dunque evidente che quanto è av- risorgere noi come ha risuscitato Cri-
venuto con Gesù sia l'opera salvifica di sto 316. E quando significa speranza (~
Dio; ma tutto ciò diventa palese appun- coll. 427 ss.), la 7tla''ttc; è diretta al com-

m Anche in Ps. 78,32, dove le ni/l1J'~t (LXX: tratta dei doni escatologici: &q>EITL<; tt.µap-tt.Wv
i>cx.uµ«ovi.) di Dio sono menzionate come og- (Co/.1,14; Eph.1,7; Lc.24A7; Act.2,38; 5,31 ;
getto di h'mjn, non si tratta della fede 'nelle' I0,43; 13,38; 26,18 ecc.), o~XtXtoaVVI] (Rom.x,
opere di Dio, ma della fedeltà a Dio a motivo 17; rn,rn; Phil. 3,9; Act. 13,39; I Clem. 32A
dei suoi miracoli. Cfr. Ex.4,8 s., dove si parla ecc.), O'W"tTJpCa in senso escatologico (Rom. x,
dello h'mjn «alla voce del segno» e poi, in 16; 10,rn; I Cor. 1,21; 2 Tim. 3,15; Lc.8, 12;
breve, «ai segni» a motivo dei quali il popolo Act. 1:;,11; 16,31 ccc.), t;wi) scii. atwvto<;
dovrebbe prestare .6ducia a Mosè. (Rom. 1,17; Gal. 3,11; lo. :zo,3x; Bam. r,6;
315 Indicativa di questo fatto è la natura dei do- u,u ecc.), rcvEvµa. (Gal. 3,14; 5,5 ecc.).
ni divini che vengono ricevuti con la fede: si 316 Rom.6,8; 8,u; i Cor.6,14; 2 Cor.4,r4.
tcLa·uvw x-tÀ. D n 3 (R. Bultmann)

pimento dell'opera salvifica iniziata in to nelln persecuzione. L'obbedienza della


Cristo, un'opera che non terminerà con ltLO"i:tc; (---+coli. 422 ss.) non è l'osservan-
il coronamento della storia di un popo- za dei comandamenti divini che esigono
lo, ma con il compimento della ÈY.XÀ.'fl- giustizia ed equità per la vita del popolo,
crla. Nella misura in cui, sulla base del- bensl la 'obbedienza della fede' rispetto
la 7tlcr·nç cristiana, può sorgere una fi- all'unica via della salvezza aperta in Cri-
ducia piena di speranza in senso più ge- sto. Tale fede è anche l'allontanamento
nerale (fiducia in Cristo come in Dio), dal peccato 320, perché la salvezza include
si tratta della fiducia e insieme della spe- naturalmente il perdono dei peccati.
ranza che, nella situazione intermedia Sotto tutti questi aspetti la 7tlO"'tL<; si
tra il 'non più' e il 'non ancora' venu- manifesta come l'atto in virtù del quale
t<Jsi a creare con Ctisto, il Signore, ov- l'uomo, rispondendo all'opera escatolo-
vero Dio, non farà vergognare chi con- gica di Dio in Cristo, si pone fuori dal
fida in lui 317; è la fede che, se siamo mondo e si volge decisamente e radical-
morti in Cristo, vivremo anche con lui mente a Dio; come l'atto sul quale si
(Rom. 6,B); che Dio custodirà i creden- fonda la nuova esistenza escatologica del
ti fino a 'quel giorno' (2 Tim.1,12), per cristiano e come l'atteggiamento proprio
la vita eterna (I Tim.1,16). È la fiducia di questa nuova esistenza 321 • E quale
piena di speranza che parla nelle affer- fondamento che fonda l'esistenza, la Til-
mazioni che si aprono con 1tLO"-rÒç ò ikéç, Ci't'Lç dirige e governa tutta la vita. Ap-
«fedele è Dio» 318, oppure mO"-rÒç o xu- punto per questa ragione nel linguaggio
pLoç, «fedele è il Signore» ( 1 T hc?ss.3, cristiano predomina l'uso assoluto di
3; 2 Tim.2,13) e che dicono tutte che -r.(O"-ctc; e m!T't"EUEL\I, che invece è ancora
Dio, ovvero il Signore, non abbandone- sconosciuto all'A.T. (fatta eccezione per
rà il credente (cfr. Phil. r,6; 2,13). E Is. 7,9 [?] e 28,16) e nel giudaismo
se la fede stessa è fedeltà (---+ co11. 429 è appenn agli inizi (---+ coll. 408 s ). Solo
s~.), non si tratta delJa fedeltà alle ma- col cristianesimo 'fede' significa sempli-
nifestazioni della grazia divina nella sto- cemente 'religione' e i cristiani son det-
ria del popolo, bensl della fedeltà all'o- ti 'i credenti'. Ora, se tale fede che
pera salvifica in Cristo, all'unico 'nome' determina tutta la vita dell'uomo, in
nel quale c'è salvezza (Act.4,12 ). Biso- quanto fatto e atteggiamento decisivo, è
gna restare fedeli, «rimanere saldi nella diretta verso Cristo, potrebbe sembrare
fede» 319 in tutte le tentazioni, soprattut- che la fede cristiana faccia passare il rap-

317 Rom.9,33; rn,n; 1 Pelr.2,6. l?·J Cfr. l'abbinamento di 1tLcr·nc; e µEi:avwx.


318 1 Cor.1,9; xo,13; 1 Thess.5,24; Hcbr.10,23. ~ n. 299.
Jl9 1 Cor.16,13; 2 Cor.13,5; cfr. Gal.5,1; Col.4, 32! Cfr. l'abbinamento di "mCi'tEUEW e ~<t7t'\'L­
12; Eph.6,II ss. cri)ijvfJ.L ~ n. 300.
·155 (Vl,21i} 1wr-.tvw x-.)... D n 3 · 111 1 n (R. Bultmann)

porto con Dio in secondo piano. Eppu- III. nl11·nc; e mCT'tEUW in Paolo 32.l
re la fede diretta a Cristo crede proprio
nell'opera di Dio in Cristo. Il fatto che r . Paolo e il comune conce/lo
cristiano di fede
il N.T. non parli nello stesso modo di
'JtLO'°'tEUEW dc; -CO'V ik6v come di 'JtLCT't"EU· a) Fondamentale per l'uso linguistico
rn.1 dc; Xpitn6v (~ coll. 437 ss.) mostra paolino è l'uso cristiano comune che
già di per sé che Dio e Cristo non stan- abbiamo delineato sopra con esempi
no davanti al credente come due diversi tratti dagli scritti di Paolo(~ coll. 421-
oggetti di fede (quale che sia il loro rap- 449 ). Anche per Paolo, che ha posto
porto: di coordinazione o di subordina- il concetto di 7tLO"'tLç, al centro <lella
zione). Anzi, in Cristo è Dio stesso che d teologia, 1tlCT'ttc; non è un atteggiamento
si fa incontro; meglio ancora: Dio ci psicologico dell'uomo, bensl in prima li-
si fa incontro solo in Cristo. In Cri- nea l'accettazione del kerygma 324 , cioè la
sto abita tutta la pienezza della divi- sottomissione alla via della salvezza vo-
nità (Col. 1,19; 2,9). In altre parole: luta da Dio e manifestata in Cristo. Per
Cristo è l'opera escatologica di Dio Paolo, dunque, la 1t'LCT-CLç, è sempre fede
che non lascia spazio ad altre opere in ... 32s. Perciò 1tlo-·rn; e òµoÀ.oyla sono
che esigano o fondino la fede. Se il pio correlate indissolubilmente, come dice
dell'A.T. aspetta l'opera futura di Dio in modo esplicito Rom. 10,9 (~ coli.
pensando a quelle già avvenute, il pio 433 s.). Nella ÒµoÀ.oyla. il credente non
del N.T. aspetta soltanto la manife- guarda più a se stesso, ma professa Ge-
stazione totale della salvezza che Dio ha sù Cristo quale suo Signore, il che signi-
già operato. Cristo è l'ultima opera di fica anche che confessa che quanto è ed
Dio, un'opera che abbraccia in sé anche ha, lo deve tutto a ciò che Dio ha com-
il futuro 322 • piuto in Cristo. Per questa ragione non
troviamo in Paolo, come non troviamo
nel resto del N. T., alcuna descrizione
della «nascita della fede secondo il suo
svolgimento psicologico» 32.1. Cosl, ad es.,

311 Questa coscienza si esprime chiaramente, di 1tlcr-c:Lç e 'ltLCT1'EVW


419; per l'interpretazione
ad es., in Hebr.1,r s. in Paolo vedi DEISSMANN, Paulus' (192.5) 126
m Per la bibliografia -+ col. 340, bibliografia s.; O. ScHMITZ, Die Chris/usgemeinscha/t des
per D 111; principalmente la ricca bibliografia Paulus im Lichte seines Genitivgebrauchs
paolina. Cfr., per es., -+ MrcHAELIS u6-138; ( i924); A. WIKENHAUSER, Die Chrisfusmystik
- > LottMEYER 62-156; -+ MITTRJNG 146. des /Jeiligen Pault1s (1928) passim; -+ W1ss-
MANN 68-n; ~ MUNDLE n-94; 'IUCT"tEVELV con
m Rom. 10,17: IJ.p<1. Ti 7tlcr-.Lc; H; axoiic;, ecc. dç -> coli. 416 s.; per la costruzione con ~T~
-> n. 2,8. -+col. 416.
l'.S Per nl1nLc; col genitivo oggettivo -+ col. JM -+ ScHLATTRR, Glaube 260.
457 (\'1,218) 1wr·m)w X'tÌ.. D 111 1 n-b (R. Bultmann)

anche Gal. 3,23-26 tratteggia la storia a questo momento.


salvifica e non già (come fa invece Filo- La conoscenza comunicata nel kcryg-
ne) la genesi della fede individuale. Pao- ma e fatta propria nella fede include per-
lo presenta la fede come possibilità stori- ciò, insieme con la conoscenza di ciò che
ca, non già psicologica. Secondo Paolo Dio ha operato in Cristo, anche una nuo-
l'evento storico-salvifico non si attualiz- va comprensione di sé da parte dell'uo-
za per il singolo individuo nell'esperien- mo: la 1tta-·nç è la maniera peculiare
za devota, bcnsl nel battesimo a lui som- di capire la xciptç divina e di compren-
ministrato (Gal. 3,27-29), e la fede si ap- dere anche se stessi in dipendenza dal-
ptopria di quell'evento. La 7tl<T·nc; non la x6:ptc;. Perciò l'Apostolo parla della
sta dunque alla fine della via che mena a conoscenza dei credenti in un duplice
Dio, come per Filone(~ coli. 416ss.), senso: da una parte come conoscenza
bensl al suo inizio. Anche se la 7tl<T'tL<; è dell'evento salvifico mediata dal keryg·
l'accettazione credente di ciò che il ke- ma 327, dall'altra come nuova comprensio-
rygma annuncia, non si riduce però ad ne di sé a cui il credente giunge nella
essere una pura fides historica, perché, fede 328• In questo comprendersi alla lu-
in quanto confessione dell'opera di Dio, ce dell' opera salvifica di Dio è incluso
essa è il riconoscimento del valore che anche il momento della fiducia. È vero
quest'opera ha singolarmente per me. che poche volte in Paolo 7tt<T't'tc; signifi-
Essendo éµoÀ.oyla, la 7tL<T'tL<; è anche ca esplicitamente 'fiducia' (~ coli. 424
vita.xoi) (~ coll. 423 s.), cioè appunto il ss.), poiché 7tLu'tt<; è in primo luogo
riconoscimento della via della salvezza oµoÀ.oylct e vmxxoi). L'uso di 1tE7todU-
disposta da Dio, della via della gra- vat (-4 IX, coli. 1367 ss.) mostra però
zia. L'accettazione della grazia divina che la fiducia appartiene, come la spe-
è ini:a:x.01) perché questa grazia si fa ranza ( ~ coli. 427 ss.), alla fede. Que-
incontro ali 'uomo· nella forma parados- sto momento della 7tlcntc; ha una parti-
sale della croce di ·Cristo, cioè perché colare evidenza nel concetto di 7tapp'r)-
l'opera divina della grazia significa pari- <Tta. {~ IX, coli. 919 ss. ).
menti il giudizio che sulla croce è stato
pronunciato sull'uomo con i suoi pec- b) Se la 1tt<1't'tc; è insieme òµoÀ.oyla:
cati e con la sua ambizione di giustizia e e Ù7ta.xo1), allora si capisce come con 7tl-
di sapienza. La fede è dunque accetta- O"'ttç ( m<1't'EVELV) si possa indicai-e non
zione obbediente del giudizio divino sul solo il momento in cui si diventa cre-
concetto che l'uomo ha avuto di sé fino denti, bensl anche la condizione di ere-

3~ 7 Rom. 6,8 s.; :i Cor. 4,13 o.; dr. Rom. rn, l1.'! Rom. 5,3; 14,14; .2 Cor. r,7; 5,6; Phil. l,19,
!.)-1 ì -
45S (vr,219) 'ltLO"'tEVW X't'À. D m 1 b (R. Bultmann) (v1,220) 460

denti, l'essere credenti(~ coli. 443 s.). 'solo' per la fede, con esclusione dei tuoi
Paolo esprime questo stato con le frasi meriti): una chiara indicazione del fatto
'ltlcr·nv EXELV (Rom. I4,22; Philm. 5), che l'essere cristiano è un riferirsi co-
ElvaL ÉV 't'TI 'ltLCT't'EL (2 Cor. I 3 ,5 ), Ècr-.&.- stante all'opera salvifica di Dio. Per-
vat Év -.ft 'ltlCT't'EL (I Cor. I6,r3; 2 Cor. ciò, in apparente contrasto con l'idea
r,24). Il significato dell'ultima locuzio- della fede quale unico e decisivo vol-
ne è chiarito dalle espressioni parallele gersi alla grazia di Dio, si può parlare
È<T't'liVa.t Èv xupl~ (I Thess. 3,8), nella di gradi e di possibilità individuali del-
xapic; (Rom. 5 ,2) 329, nell'EùayyÉÀ.toV la nlcr't'tc:;. Ci sono «deficienze nella
( 1 Cor. I 5, I ) : essete cteden te significa fede» (VO"'t'Ep1)µa.-ra. 't'fjc:; 'ltLCT'tEWç: I
appartenere al Signore e alla grazia ma- Thess.3,ro), c'è una crescita nella fede
nifestata in lui e proclamata nell'evan- (2 Cor.ro,r5), c'è una pienezza delia fe-
gelo. de331, c'è una debolezza della fede (Rom .
Allo stesso tempo il contesto in cui I4,1 ). Se Ja debolezza della fede di Rom.
ricorrono le espressioni dva.t lv 't'TI 1tl- 14,I s. (ticraEvei:v 't'lJ 'ltW't'Et) corrispon-
<T'tEt e ÈCT't'a'Vt'XL È.V 't'U 'ltW't'EL fa vedere de all 'cicri}EvEi:v della coscienza (cruvElO't)-
chiaramente che l'essere credente non è cnç) di I Cor. 8,7-I2, diventa chiaro che
una condizione statica, ma dinamica, per- per il cristiano il 1tLCF''t'EVEW si attua nel
ché si attua nelle vicende alterne della sapere ciò che deve fare in ciascun caso
vita individuale, e anche che il creden- concreto. Perciò incontriamo l'afferma-
te deve sempre guardarsi dal pericolo di zione singolare: oç µÈv mcr't'EUEt. q>CX."(EtV
t1na 'caduta' ('1tl7t't'EW ~ coll. 3 IO ss.) 330• 1taV't't'X, «uno crede di poter mangiare di
La 'ltlCT-ctc; non si esaurisce, dunque, nel- tutto» (Rom. 14,2), e quella fondamen-
1' accettazione del kerygma, quasi che tale: '1ta'V St ooùx ÈX 7ClO"t'EW<; aµa.p't'la:.
questa fosse una specie di adesione a una tcr't'lV,«tutto ciò che non proviene dalla
nuova religione; essa, in quanto atteg- fede è peccato» (Rom. 14, 23 ). Benché
giamento che dirige e governa tutta la tutti i credenti stiano nella stessa unica
vita, deve piuttosto affermarsi continua- 'ltlcr-.Lc:;, il loro giudizio su ciò che si de-
mente contro i conflitti interiori e le ten- ve fare o non fare può essere diverso,
tazioni. Lo mostra, ad es., Rom.rr,20: perché il mCT't'EUEt.V deve attuarsi nella
crù OÈ 'tfl 7tLCT't'Et fo-trixcx.c;, che non va vita individuale. Ciò che importa è che
tradotto «tu stai nella fede», bensl «tu «ciascuno sia pienamente convinto nel-
hai raggiunto la tua stabilità per mezzo la propria mente» (Rom. 14,5: lxa.cr't'oç
della fede» (che nel contesto significa lv 't'i;> lolf.l.I vot 'ltÀTJpocpopElcr~w ), giacché

329 Cfr. Gal.5,4: 't'fjc; xapL't'oc; l~E'l(foa.-.E. 5) oppure 7tÀ.TJpoc:popla (I Thesu,5). Con que·
330 ICor.10,12; Rom.14,4; Gal.5,4. sti termini si vogliono esprimere la convinzione
331 Paolo usa 1tÀ.TJpocpopTJ&fi\let.L (Rom.4 1 u; 14, e la certezza proprie della 7tCcr-.r.ç.
-!6r (v1,220) 7nO'"TEVW X'tÀ.. D III xb· 2 a (R. Bultmann) (Vl,221) 462

il rapporto di fede con Dio è sempre in- ta e insuperabile con le opere della leg-
dividuale: crù 7tlO"'tLV il'J EXEL<; xo:'tà. llE· ge (Epyo: v6µou) e sviluppando in mo-
o:u't'ov EXE ÈVW1tLov -rou 17eou, «tu, la fe- do radicale il suo carattere di Ù1taxo1).
de che hai, serbala per te stesso davanti
a Dio» (Rom.14,22). Il cppovE'Lv dev'es- 2. ll concetto paolino di fede
sere guidato: ÉXaO"'t~ wc; O i}EÒ<; ȵÉpL· contrapposto a q11ello giudaico
llEV µhpov 1tl<T"t'EWc;, «ognuno in pro- a) Fede e opere. La novità e la totale
porzione alla misura della fede attri- diversità del rapporto con Dio, che si
buitagli da Dio» (Rom. 12,3). In questi ha nella 'ltLO"'t'tc; intesa come abbandono
casi si tratta non solo di stadi e gradi del- all'opera salvifica divina e nella costante
h 1tlcr-rtc;, ma anche di differenziazioni disponibilità ad essa, sono da Paolo e-
determinate dai doni e dalle concrete si- spresse col far dipendere correntemente
tuazioni individuali, come mostra già il e rigorosamente il bene della salvezza
rapporto tra Rom. 12,6 (exov-cEc; OÈ xo:- esclusivamnte dalla 1tlO"'t'L<; stessa. Poi-
plcrµo:'to: XO:'t'ct 't'iiv xcipw 'tii\I oolMcrcx.v ché il bene della salvezza è chiamato, co-
i}µ'Lv otcicpopa., «avendo carismi diversi me nel giudaismo, OLXaLOO"UV1J, Paolo
secondo la grazia che ci è stata conces- può affermare quello che per il giudai-
sa») e I 2 ,3 («non vogliate stimarvi più smo è un paradosso, cioè che la otxa.to-
del dovuto ma, nei limiti della modera- <TU\11] è donata al1a itlO''tLç, che dunque
zione, ognuno in proporzione alla misu- la OLXaLOcrV\ll) non è ascritta all'uomo in
ra della fede attribuitagli da Dio»). Per- base alle sue opere (~ II, coll. 1275
ciò Paolo può parlare di un Epyov 1tl- ss. ). L'uomo può sussistere davanti a
CT'tEWc; (r Thess.1,3) e accennare a tutto Dio soltanto in base alla sua itlo-·nc; e
l'ambito in cui la 7tlC1"'tL<; deve attuarsi mai in virtù de1le sue opere m. Tut-
nella vita individuale, come fa quando ta la Lettera ai Galati lotta contro l'e-
dice 7tl<T·nc; 5t' ~ycbt'Y]c; ÉvEpyouµÉvn, quivoco, ancora possibile, che la 1tlo--t'tc;
«la fede che agisce nell'amore» (Gal.5, debba essere in qualche modo comple-
6) 332. tata con 1' osservanza di alcune opere
Già in tali enunciati paolini si ve- deJla legge. Questa concezione radicale
de con chiarezza quale sia il significato fa vedere che la 1tl0'-nç è l'assoluto ab-
fondamentale della Til<ri:tc; cristiana. bandono dell'uomo a Dio, al quale l'uo-
Paolo ha però sviluppato appieno il suo mo non può decidersi da solo (ché allo-
significato ponendola in antitesi assolu- ra resterebbe nella sfera degli ~pya),

m Cfr. i nessi soliti di 'ltlcr-.1.ç con à:ylX.'1t"t) (I fede cristiana, ma solo la fedeltà nei rapporti
Cor. 13,x3; I Th e.rr. 1,3; 3,6; 5,8; Philm. 5) e umani.
con V'JtOµoviJ (r Thess.r ,3). Nel catalogo delle m Rom.3,20-22.25.28; 4,2.5s.; 9,30-32; X0>4·6;
virtù (Gal.5,22) 'JtlCT-t~ non può significare la Gal.2,16; 3,6 ss.; Phil.3,9 ecc.
m<r'tEVW X't).., D 111 2 ;1 (R. Bultmann)

ma che può essere soltanto un abbando- co s'interpreta il rifiuto paolino delle


no aJla grazia divina, dunque solo una opere come se si riferisse soltanto alle
risposta all'opera di Dio (-Holl. 454 s.). opere della legge mosaica, mentre sa-
È però altrettanto chiaro che tale ab- rebbe chiaro che la fede in quanto at-
bandono è un moto della volontà, pre- to d'obbedienza implica sempre «una
cisamente la decisione radicale della vo- certa misura di autoattività dell'uo-
lontà con la quale l'uomo si abbando- mo» 336• In verità la fede non com-
na. Questo abbandono è un atto nel porta «una certa misura cli autoattività»,
quale realmente l'uomo sta, mentre con ma è atto nel senso più eminente del ter-
Vi'.pyov egli rimane a fianco di ciò che mine, e, appunto perciò, opposto di ogni
riesce a fare. L'aspetto concreto deJla nl- 'opera', di ogni prestazione, perché l'atto
cr·rn;,, il suo carattere di atto, è sottoli- della fede consiste proprio nella negazio-
neato da Paolo in due modi: da un lato ne di ogni attività che serva da fonda-
considerando la itlO"'t~ç come vrr;cx.xo-lJ mento dell'esistenza umana. Per Paolo il
(--.)> col. 457), dall'altro, del tutto invo- rifiuto degli Epyet. non è limitato, ma fon.
lontariamente, non dicendo mai (come <lamentale e assoluto. Lo mostrano l'an-
fa, ad es., Agostino 334 ) che la rr;lcr·nç è titesi xciptç-epya; m, che ha il medesimo
ispirata: nl credente viene, sl, donato lo significato dell'altra 1tl'J"·nç-i!pya, e il
Spirito, ma la rr;lo-·nç non è un cari- fotto che l'Apostolo contrappone consa-
sma 335• La fede è il modo di vivere di pevolmente la x6:ptç a un tpyasEcr~at
colui che è «crocifisso con Cristo», che che possa pretendere un µtcrl>6c:;, giun-
non vive più come un io solo e indi- gendo così a formulare l'antitesi xcx.-r&.
pendente, ma nel quale vive Cristo (Gal. xapL\I xa""tà ~cpElÀ.r}µ<X. (Rom. 4,4 s .). È
2,19 s.). Se non si capisce il fatto pa- anche chiaro che se Paolo esige dai cre-
radossale che la 1tlcr·rn; è un moto della denti l'adempimento della legge in un
volontà e insieme negazione deJla volon- senso nuovo, cioè nella ci.ycbtl) (Rom.
tà, allora è facile fraintendere l'antitesi 13,8-10; Gal. 5,14), gli Epyrx. v6µou non
itlO"""ttç-E"pya. \loµov, come se la 'ltto-·rn; vc:ngono rifiutati per il loro contenuto
fosse a sua volta un'opera, fosse il ri- (perché legge mosaica}, ma per il modo
sultato di uno sforzo umano (~ III, in cui si compiono. E giungiamo final-
coll. 873 ss.). In virtù di tale equivo- mente al motivo per il quale Paolo ri-

m Cfr. H. JoNAS, A11gt1rtin tmd dar paulini- il fatto che una comunità sia giunta alla fede
sche Freiheitsproblem ( r930) 54-62. in Cristo (Phil. 1,29). Quando però elenca i ca-
m Abbiamo un caso diverso quando la 7tlU't~ rismi donati alla comunità \I Cor.I.4-7) mnn-
è menzionata nel rendimento di grazie con cui ca, sintomaticamcnte, la 'ltl<T·rn;.
si aprono le lettere paoline (Rom.1,8; I Thess. 336 _. MUNDLE JOL
1,3; Philm.j; cosl anche Col. r,4), giacché Pao-
lo può certamente considerare un dono (di Dio) 3'7 Rom.4,16; 6,r4; u,5 s.; Ga/.2,21.
r;r,'1-çE•itoJ i:--:ì.. D 111 .? a - 3 a (R. Bultmannl

fiuta le opere: la via degli Epya v6- vita credente non sono due momenti
11.ov è la falsa vi:i della salvezza per- distinti, bensl formano un tutt'uno(~
ché l'uomo se ne serve per basare su coli. 458 ss.), poiché l'abbandono della
tali opere il suo xa.uxTJµa., il suo 'dirit- sicurezza umana nell'atto di divenire cre-
to' e la sua 'pretesa' verso Dio 338 • Dato denti dev'essere mantenuto e difeso per
che con l'eliminazione di ogni vanto u- impedire all'uomo naturale di riprende-
mano si colpisce in ugual misura tanto re:: il sopravvento. E in quanto la 7ttO"'tLç,
la giustizia del giudaismo basata sulle quale vera v7taxo1], è l'abbandono del-
opere quanto la sapienza pagana, risulta l'uomo naturale, è anche l'atteggiamen-
chiaro che, rifìutan<lo gli itpya., Paolo to escatologico dell'uomo reso possibile
rifiuta nn preciso atteggiamento dell'uo- dall'opera escatologica di Dio, è il mo-
mo, cioè quell'atteggiamento caratteri- do di essere dell'uomo 'nuovo'. Questo
stico che consiste nella sicurezza di sé carattere escatologico de!Ia 7tLO'"tL<; è in-
nei confronti di Dio, ovvero nello sfor- dicato dal parallelismo esistente tra Év
zo per giungere a tale siwrezza. Cosl la T>:tO''t'EL, da una parte, e Év xvplei_1 e
nlO'·rn; appare come genuina u'lta.xo·fi, co- ÉV xapvn, dall'altra (~ col. 459). Ma
me l'atteggiamento fondamentale del- con queste locuzioni si indica proprio
l'uomo voluto da Dio e reso possibile l'esistenza escatologica: chi è Év XptO"'t'~
ckll'opera della grazia di Dio in Cristo. è una nuova creatura (2 Cor.5,17); l'età
Esso si contrappone non soltanto all'at- della x6:ptc; ha preso il posto di quella
teggiamento specificamente giudaico, ma del v6µoç (Rom.6,14 ecc.); la 'venuta'
anche a quello tipicamente pagano: in d ella 'ltLO''t'Lç è l'età ·escatologica (Gal.
una parola, si contrappone all'atteggia- 3 .23 ss.).
mento dell'uomo naturale puro e sempli-
ce, che s'illude di poter reggere davanti 3. Il concetto paolino di f edc
a Dio con le proprie forze. contrapposto a quello gnostico

b) È chiaro che , se la nlo""t'L<; è un ta- u) Paolo non elabora il significato del-


le atteggiamento, non è qualcosa di cui la 1tl<T't'L<; in contrapposizione all'ideo.
l'uomo possa venire a capo occasional- logia gnostica con la stessa completez.
mente o secondariamente, ma è quel- za mostrata nel confronto col giudai-
l'atteggiamento di fondo della vita che smo; ma la sua posizione risulta comun-
determina ogni singolo comportamen- que chiara anche su questo secondo
tn (~ coli. 459 ss.). È anche chiaro fronte. La 7tl1rrn; è atteggiamento esca-
che l'inizio e la continuazione della tologico; ma ciò non significa che essa

J_'M Rom.3,27 ; 4,1 s.--? v, coli. 298 s.


1tt0"'tEVW X'tÀ.. D Ili 3 a-b (R. Bultmann)

stessa sia già il compimento escatologi- 13,13); tuttavia la vita terrena vissuta
co. Le due cose non vanno confuse. La nella 1tlcr·rn; è provvisoria, perché le
7tlCT't't<; non è, come per Filone, una di- manca ancora la visione: St& TCla"tEWç
sposizione (Stal}Ecnc;) dell'anima, non è y<Xp 7tEpL7ta.-.ouµev, oò ÒLcX Ei:òouç, <{giac-
l'ail'À.o\I, il premio della vittoria (~ ché camminiamo per fede e non per vi-
coli. 4z3 s.). Anzi, colui che è stato sione» (2 Cor.5,7). Con la 7tlcr-.tc; la no-
giustificato perché ha creduto (Phil. 3, stra o-w-rripla. non è già un nostro pos-
9) continua a lottare per la perfezione, sesso, bensl una speranza certa (Rom.8,
corre per ottenere il ~pa.~Ei:o\I ( Phil. 3, 24s.; Gal.5,5; 4 nr, coli. 54r ss.).
z2-r4). Nella 7tLO"ttc; non si realizza, co-
me nella yvwO"tc; degli Gnostici, la defi- b) Questa posizione corrisponde al
nitività di un essere escatologico: la 7tl- fotto che la itlO'-tLc; è l'autocomprensio-
O"'t'tc; non sfugge alla provvisorietà del- ne dell'uomo sotto la xlipic; divina (4
1'essere storico, bensl realizza l'essere e- col. 458}, giacché questa xtipt<; non è
scatologico nella temporalità 339 • Infatti, una òuvaµtc; divina in senso gnostico,
come è continuamente riferita al passa- cioè una ouva.µtç che sia stata infusa
to, a ciò che Dio ha fatto in Cristo nell'uomo e lo muti nella sostanza, di-
(Rom. ro,9 ), cosl la 7tlO"'t'tc; è d'altra par- struggendone l'essere storico. La xliptc;
te rivolta costantemente al futuro, a ciò paolina è invece grazia in senso stretto,
che Dio farà (Rom.6,8: 1tW't'EVOµt:V o"tt è la grazia del Dio che è giudice. Tale
X('l.L cru~1)0"op.ev a.ò't't7>, « crediamo che xapLç si fa dunque incontro aJl' UOffiO
pure vivremo insieme con lui»). Il rap- sempre come grazia del perdono, nella
porto con passato e futuro costituisce quale sono comprese la condanna del
un'unità (1 Thess. 4,14) proprio perché peccato e la responsabilità dell'uomo nei
l'opera di Dio compiuta nel passato è la confronti dell'esigente volontà di Dio
sua opera escatologica, che ha potere che vuole il compimento del bene. Tale .
determinante su tutto il futuro. La co- xaptc; non permette quindi mai all'uomo
noscenza della nuova esistenza data con di sottrarsi alla situazione concreta della
la fede si riferisce al futuro (2 Cor. 4, vita storica. Perciò alla rclcr-.t<; appartie-
13 s.; Rom. 6,8 s. 4 col. 458). Cosl a n:! anche il timore (~ cp6~oc;), che ne è
fianco della 7tLCT'ttc; compare la H..1tlc; (4 uu elemento costitutivo come la ~À.rclc;.
coll. 427 ss.). È vero che la 7tUr"ttc;, in Questo q>6~oc; non è certamente il timo-
quanto è riferimento alla grazia divina, re che si nasconde dietro lo sforzo del-
non sarà superata neanche nel compi- l'uomo naturale per ottenere la salvezza
mento escatologico, ma 'resterà' (1 Cor. con le proprie forze, perché il credente

31" H. JoNAS, Der Begrifl der Gnosis, Diss. ( 1930) 43 s.


7-~!ì'tEVc.> Y.~ À. D III 3 b·c (R. Bultmnnn)

non ha ricevuto <mno spirito di servitù abbiamo una tale speranza, ci ·compor-
per ricadere nel timore», bensl uno «spi- tiamo con tutta franchezza» (3,12: EX0\1-
rito di adozione» (Rom. 8, r 5 : où yà.p -cEç oùv 'tOLCt..V"t''t]V ÈÀ.7tlOa. 7toÀ.Ài) 1tC1.p·
ÉÀ.a~E'tE 'Jt\IEUµet.. oouÀ.Elo.c; ?taÀ.w dc; qié- p11crlq. xpwµE~a) e a «ora abbiamo una
Bov, U.).À.à. EÀciBE-tE 1tveuµa. uioDE<rlaç). tale fiducia» ( 3 '4: 7tEitolDnow oÈ 't'Otav-
Ma non per questo il credente è sottrat- 't"T)\I EXOµEv ). Il qi6~oc; significa che il

to all'imperativo di Dio; il qi6~oc; che gli credente sa di essere al cospetto di Dio


si conviene non è altro che la consape- ( 2,17: xa't'Évav·n VEou; 4,2: Évwmov
volezza di non poter contare su di sé, la -cou llEov). Perciò nelle lettere paoline si
preoccupazione di scadere dalla grazia sia ripetono le esortazioni a stare fermi nel-
per leggerezza sia per l'orgoglio di una la fede 340 , giacché il credente è esposto
presunta sicurezza. Perciò l'esortazione alla tentazionem e deve esaminarsi co-
ad agire per la propria salvezza con timo- stantemente 312 •
re e tremore (µE'tà cp6Bou xcx.L "i"péµou
'tYJV Ec.l.U'tW\I O"<.ù'ti)pLCX.\I XCX.'1"Epyci1'.;EO"ik) c) Se la 7tlcr·nc;, quale concezione cri-
riceve una motivazione paradossale: stiana dell'essere, rispetto al giudaismo
«poiché è Dio che, nella sua benevolen- è il 'non più', rispetto alla gnosi è inve-
Z<l, opera in voi il volere e l'agire» (l>Eòc; ce il 'non ancora'. L'essere cristiano nel-
ycip fo'·nv ò ÈVEpywv Èv ùµtv xcx.L 'tÒ DÉ- la itlu-.ic; è dunque l'essere escatologico
À.EL\I XCl..L 'tÒ ÈVEPYEtV ÙitÈp 'tfjc; EVOOXLCt..<;, paradossale entro l'esistenza storica, un
Phil. 2,r2 s.). Di qui anche l'esortazione essere insieme nel 'non più' e nel 'non
ai cristiani di provenienza etnica: 'tTI ancora', com'è descritto nel modo più
à7Ct(J"tL~ tçExÀao-i>i)<TCt..\I, où OÈ 'tTI 7Cl- chiaro in Phil.3,12-14. Non più, perché
O"'tEL ECT'ti)xac;. µl) ùtJn1M: <pp6vEL, àH.à. la decisione deUa fede ha abbandonato il
cpoSou, «per la loro incredulità (i Giudei) passato della fiducia in sé e del vanto di
furono recisi, ma tu hai raggiunto la tua sé (Phil.3,4-8}. Questa risoluzione, che
saldezza grazie alla fede. Non insuperbi- ci pone sotto la xapLc; di Dio senza però
re, quindi, ma temi» (Rom. rr,20). 2 sottrarci all'esistenza storica, va ripresa
Cor. 5, rr mostra come questo cp6Soc; si e riconfermata continuamente per poter
unisca 11lla fiducia e alla franchezza (?tE- essere mantenuta, mentre il passato 'di-
itoli>'Y}crtc;, ?tcx.ppi)crlcx.): la frase «poiché menticato' è costantemente presente co-
dunque sappiamo che cosa sia il timore me realtà superata. Pertanto il ricordo
del Signore» (Eloé-cEç ovv -rov <p6~ov "i"OV (non il rimorso) appartiene alla fede, per
xvplov) fa da riscontro a «poiché dunque la quale 'dimenticare' non significa can-

Jl9 I Cor.16,r3; dr. r Cor.rn,r2; Gal.5,1; Phil. Cor1,5; Gal.6,r; r Thess.3,5.


341 I
I ,27; 4,r. m r Cor.u,28; 2 Cor.13,5; Gal.6,3 s.
471 (\'l,l.q ! mcr-c<.1'.11_,,, x1J,. D m 3 e . IV 2 (R. Bultmann l (\'l,U.J) 472

celiare dall:t memoria, bensì non ricade- quente il verbo mO"-CEUEW nell'accezione
re, non forsi prendere più. La 'Jtla-·rn; cristiana comune di accettazione del mes-
saggio cristiano che parla di Gesù. Il
comporta anche il 'non ancora', in quan- contenuto del messaggio può essere in-
to l'abbandono del vecchio essere è pro- dicato in diversi modi con una dipen-
prio il rifiuto <li quella sicurezza di sé dente introdotta da o·n (---) col. 416);
ma invece di questo costrutto possiamo
che pensa di poter dispone liberamen- talora trovare anche la brachilogia m-
te della propria esistenza. Questo ab- O''tEUEL\I El.e;, con alcune variazioni (~ n.
bandono esclude proprio che nello scam- 266). Anche T-LO''t"EUELV assoluto è abba-
stanza frequente ed è usato con il me-
bio si giunga ad nuovo possesso di cui
desimo valore 341•
si possa disporre a piacere. Non è che
un bene vecchio, di cui potevano u- 2. mu-ceuw Ei.c; e mo--cEuw col dativo
na volta disporre, sia stato sostituito da Caratteristico di Giovanni è l'uso di
uno nuovo, altrettanto disponibile: il m<r-cEVELV col dativo al posto di m<r't"EU-
cambio dal prima ali' adesso implica piut- rn1 Ei.ç, (~ n. 221 ), senza che la varia-
zione di costrutto comporti una sostan-
tosto la rinuncia a qualsiasi volontà di ziale differenza di significato. Ciò vuol
possesso, l'abbandono alla grazia di Dio. dire che per Giovanni 'prestar fede a
'Non ancora', dunque, per quanto riguar- Gesù• che reca il suo annuncio {e dice
la verità: Io. B,40.45 ), ovvero alla sua
da l'uomo che tuttora vive In sua esi- parola (2 22) o alle sue parole (5,47) e
1

stenza storica e per il quale non si può 'credere nel Gesù oggetto dell'annun-
344
ancora dire che :ibbia raggiunto· la meta cio' sono la stessa cosa • Questa identi-
tà corrisponde a quell'identificazione tra
( ?<ll'tuÀ:Y)q>Éva:t ); 'eppure già', in quan-
Gesù predicatore e Gesù predicato che
to è vero che egli è stato raggiunto da Giovanni ha già compiuto e che i sinot-
Cristo Gesù ( xcti:a.À.l]µq>ìHjva:t ùrtò Xpt- tici non hanno ancora raggiunto. Gio-
1 vanni non pensa certo di 'correggere'
0'-tov l'l')<rou, Phil. 3,12 s.).
con questo passo l'esposizione dei si-
nottici; sarebbe più esatto dire che vuol
IV. ·iw1-çeuw Ì11 Giovanni correggere il kerygma. L'evangelista
vuol sottolineate e rendere evidente che
1 . JtLO''t'EUW = accettazione nel kerygma parJa e ci si fa incontro
del messaggio cristiano proprio colui che viene annunciato. Ciò
che il kerygma proclama come un even-
Fatta eccezione per I Io.5 1 4 1 dove la to (l'opera di Dio) ha esso stesso il ca-
-;cia-·nç, 1)µwv è chiamata la forza che vin- rattere di parola. Perciò Giovanni può
ce il x6aµoç, (~ v, col. 950), il sostan- chiamare Gesù stesso 'Logos' ( r ,1) e in
tivo 'Jtl<T-tLc; non è mai usato né nel Van- questo modo porta alle estreme conse-
gelo né nelle lettere, mentre è molto fre- guenze l'idea che la parola e l'opera di .
JH Si alternnno, per es., 1n0'1'EUEW Elç av't6V, di di; e ii;~,-1'EUEW 8'tL (Io.n,2:;-27).
'JtW''tEUEt\I
T.L0"1'EUUV assoluto e 'iW!T'tEVEtV Elc; 'tÒ ovoµa ... 3U Cfr. l'alternarsi di 'JtL<T-tEvEw Etc; a1h6v e
(fo.3,r8). Cfr. l'alternarsi cli mfnEVEW E(c; e mcrnvtw rxv1'4> (fo.8,30 s.). O>sl a fianco di
7'LC11'EVEtv assoluto (fo.4,39.41 ), di 'l1:LO'"t'EVEW Àctµ~&.vt~ 1'~ {Y/)µa-ru. (lo. 12,48; 17,8) si ha
i1ssoluto e mcrnvEW o-CL (lo.u,40-42: 16,30 s.), ÀO:µ~aVEW 0..V't6V (fo.1,12; :;,43).
·!73 (VI ,22-~) .-:~O"\E'jt.J x~)•. D IV 2·3 (R. B11ltm:rnnJ (v1,225) 47·1

Dio costituiscono un'unità: nella parola -che egli chiama non o~xmo:ruvn. come
incontriamo l'opera di Dio, l'opera di Paolo, bensì sempre, con un termine ca-
Dio è In sua parola(~ col. 452). &.xou-
nv può avere lo stesso significato di m- ratteristico, ~w1j. Ora sembra che su
O''"tEUEtV 345 • 'Credere in lui' equivale a questo punto ci sia un accordo tra il
'venire a lui' >46, ad 'accoglierlo' ( 1, 12; messaggio cristiano e il 'mondo' al quale
5 A 3 ), ad 'amarlo' 347•
esso si indirizza, in quanto tutto il mon-
do aspira ardentemente alla 'vita', nel-
3. Fede e salvezza
la quale vede la salvezza. Ma la predi-
La fede diretta alla parola pr_o clamata cazione giovannea vuole proprio mostra-
dn Gesù e proclamante Gesù, diretta re che. questa identità di vedute è solo
quindi a Gesù stesso, ottiene la salvez- apparente, perché ciò che tutto il mon-
za: questo principio è espresso ripetuta- do chiama 'vita' non è affatto vita, ma
mente e in forme diverse in tutti i logia ne ha solo l'apparenza. Il mondo non è
che affermano che chi crede ha la vita nell'errore, bensì nella menzogna (8,44 .
(eterna)™(~ m, coli. 1468 s.), è pas- 5 5) e non presta fede a Gesù perché que-
sato daJla morte alla vita (5,24, cfr. 8, sti dice la verità (8,46). Il mondo non
24), non è giudicato (3,18), e cose si- contesta, come i Giudei contro cui com-
mili >49 , È evidente che il significato pre- batte Paolo, l'esigenza della fede in quan-
ciso è che solo questa fede raggiunge la to tale, bensl sarebbe prontissimo acre-
s2lvezza. Certamente Giovanni non ha dere che Gesù è il Figlio di Dio, ma a
chiarito questa concezione come Paolo, patto che egli provasse di esser degno
con l'antitesi 7tlcr·w;-f:pya (~ colL 462 di fede 350 ; se, invece di usare un lin-
ss.). Infatti i 'Giudei' che Gesù com- guaggio incomprensibile al mondo (8,
batte nel quarto Vangelo (~ 1v, coll. 4 3 ), accettasse di parlare in modo da es-
u57 ss.) sono del tutto diversi dai Giu- sere capito ( ro ,24 ); in una parola, se
dei (e giudaizzanti) contro cui lotta Pao- accettasse i criteri di verità del mondo.
lo (~ IV, coll. II 67 ss. ). L' occasione Ma ciò che Gesù dice è per il mondo
che provoca le affermazioni giovannee rcapo~µla, un enigma (ro,6; 16,25.29),
sulla 'ltlO'·rn; non è, come nel caso di Pao- e diventa parola chiara 351 soltanto per
lo, la discussione sulla via della salvezza. chi crede (16,25.29). Gesù non può dire
Giovanni lotta invece per affermare pro- questa parola come essi la capirebbero,
prio la retta concezione della salvezza, giacché allora sarebbe qualcosa d'altro.

m lo.5 125; 6,60; 8A3·47i 18,37. 3-N lo.6,35; 11,25 s.; 12,36.46; 1 lo.5,1.5.
lo.5Ao; 6,35.37.44 s. 65; 7,37.
3.lci l!J Io. 6,30; cfr. la richiesta di legittimnzione
m Jo.8,42; 14,15.21.23 s. 28; 16,27. (Jo.2,18).
348 fo.3,15 S. 36; 6,40.47; 20,31; I Jo.5,13. m Detta come m.t.ppryrlo: (lo.10,2.1).
.fì.5 (Vl,H,5) -;;~:J'TEV!.l.l X'T),. D IV 4 m. 13ultmann) (v1,326) 476

4. La fede come rinuncia al mondo vita che Gesù dona e che appare là do-
ve il mondo non vede che morte. Si chie-
Da tutto ciò risulta chiaramente che de al mondo di rinunciare all'idea di un
il mondo non sa affatto che cosa sia ve- 'Figlio dell'uomo', di un Salvatore che,
una volta venuto, rimanga in eterno (I2,
ramente la salvezza, la 'vita'. Perciò i 34); il che significa, naturalmente, che
Giudei scrutano la Scrittura pensando il mondo abbandoni l'idea di un'età fu-
di trovarvi la vita (5,39) 352 e non vo- tura portata dall'azione di Dio che non
sia altro che un perdurare dello stato
gliono venire a Gesù per avere la vita.
terreno.
Essi dovrebbero volgersi dalla menzo-
gna alla verità; dovrebbero liberarsi di Credere significa rinunciare in modo
tutti i loro criteri e giudizi, rinunciare a radicale al mondo: è questa la sost:mza
tutte le sicurezze precedenti. E appunto di una serie di passi i quali affermano
questo è il significato primo della fede : che lo stesso atto della fede non è un at-
rinuncia al mondo, cioè rinuncia dell'uo- to dell'agire mondano, bensl un evento
mo a se stesso. La fede è la rinuncia del- che ha b sua origine fuori del mondo,
l'uomo a se stesso, il volgersi a ciò che è un'opera o un dono di Dio stesso 353 •
non si vede (20,29), a ciò di cui non si Bisogna essere 'da Dio', 'dalla verità',
può disporre. per poter udire la voce di Dio (8,47; 18,
37); bisogna appartenere ai 'suoi' per
Questo significato della fede diventa poter credere ( 10,26). Posti in una pro-
ancora più chiaro quando se ne conside-
spettiva dogmatica, questi testi signifi-
ri il contrario. Gli uomini non possono
c!'edere perché ricevono «onore l'uno cherebbero semplicemente che può cre-
dall'altro» (5,44), cioè perché con la lo- dere soltanto chi è predisposto a crede-
ro mutua approvazione si costruiscono re; questa interpretazione si scontrereb-
reciprocamente la loro sicurezza, conso-
lidano il loro 'mondo' e Io chiudono ver- be però con l'appello alla decisione della
so l'alto, contro Dio, perché non si cura- fede rivolto a tutto il mondo e con l'ac-
no dell'onore che viene da Dio né lo de- cusa della cattiva volontà(~ col. 474).
siderano. Cosl il cap. 6 chiarisce tale si-
tuazione: la folla non può credere in Di fatto quei passi dicono che il fc.
Gesù, pane di vita, perché desidera un nomeno della fede non va visto come un
pane che assicuri l'esistenza fisica e ter- evento terreno, ma solo come un mi-
rena. Cosl ancora lo.5,1-16 e 9,1-34: i
racolo e caratterizzano così la fede stes-
'Giudei' non permettono che si turbi Ja
loro forma di vita, che è resa sicur:i dal- sa come l'atto di sottrazione al mon-
l'osservanza scrupolosa deIIe norme. Co- do, di demondnnizzazione (Entweltli-
sl le pericopi di Io.5,17 ss. e la.IX chie- chung). Gesù ha scelto i suoi traendo-
dono che l'uomo abbandoni i concetti di
vitn e morte che sono per lui familiari li fuori dal mondo, cosl che essi non
e validi, per rimanere aperto a quella sono più be 'tOU x60-1-tou, cioè non appar-

352 t!mNtt"t't è indicativo, non imperativo. 3S1 Jo.6,37.44.65; cfr. BULTMANN, ]oh. a 6,45.
4i7 (v1,326) ;w;"nuw x-rÀ. D IV 4 (R. Bultmann) (vr,327) 478

tengono più al mondo (r5,r9; r7,q; per l'uomo soltanto per la rivelazione di-
--+ v, coll. 949 ss.), vina, che è l'evento escatologico che po-
ne fine al mondo perché significa per
Questo carattere della fede è inoltre esso il giudizio 355, cosl che il verdetto
chiarito col presentare l'oggetto di es- di vita o di morte viene pronunciato se-
sa come non degno di fede, come in- condo la fede dell'uomo. Soltanto ora,
credibile secondo i criteri di questo mon- da quando «la luce è venuta nel mon-
do. Gesù e il mondo concordano che do» (J,I9), c'è la possibilità della fede
oggetto della 'fede' è Dio ovvero il mon- e dell'incredulità in senso decisivo 356•
do divino. Ma lo scandalo davanti al Soltanto ol'a, con la venuta del rivela-
quale il mondo o perde ogni fiducia tore, la demondanizzazione è divenuta
in se stesso o si decide definitivamente una vera possibilità. Ma proprio la ri-
per le tenebre, è il fatto che il Figlio velazione è lo scandalo: l'invisibile di-
di Dio appaia come uomo: ò À.6yoc; venta visibile, anzi tanto visibile, come
uàp~ tyÉVé'to (x,r4) 354. Ora, infatti, secondo i canoni del mondo, non po-
la fede non è di certo neanche una trebbe né dovrebbe essere. Il Figlio di
concezione dualistica del mondo, con Dio è venuto nella carne l57 : un uomo,
la quale l'uomo, scosso nella sua sicu- di cui si conoscono genitori e luogo d'o-
rezza, si sottragga al mondo per ab- rigine (6,42; 7,27.41), che non corri-
bandonarsi alla speculazione, alla medi- sponde affatto ai criteri stabiliti dal dog-
tazione, al misticismo e innalzarsi cosl a ma messianico, cioè dalle concezioni
un mondo ultraterreno. La 'demonda- mondane della rivelazione divina (7,27.
nizzazione' che si verifica nella fede non 4r s.), che viola la legge, quest'uomo af-
è un atto che possa esser compiuto libe- ferma di essere uguale a Dio (5,I7-19).
ramente dall'uomo stesso, con una de- Costui pretende di edificare in tre gior·
cisione autonoma a cui la parola di Gesù ni un nuovo tempio (2,20), di essere
non avrebbe offerto che l'occasione fa- da più di Abramo (8,58) e la sua pa-
vorevole. Un tale atto presupporrebbe rola dovrebbe preservare dalla morte:
che il mondo divino fosse a portata e a ma chi crede di essere (8,53)? Rifiuta
disposizione dell'uomo; tale premessa di dare qualsiasi prova, o la concede sol-
annullerebbe proprio quella demonda- tanto in senso paradossale (2,19; 8,28).
nizzazione che dovrebbe invece provoca- Difatti la verità della parola può essere
re, giacché l'uomo che agisce con la pro· conosciuta soltanto nella fede 358• Anche
pria libertà rimarrebbe 'mondo'. La de- i suoi segni (CT'l)µéfa) non sono una pro-
mondanizzazione è invece pensata in va univoca che soddisfi le richieste del
termini radicali, perché Dio è visto mondo: sono fraintesi (6,26), provoca-
come colui che agisce in piena libertà: no soprattutto scandalo e infine porta-
la demondanizzazione diviene possibile no Gesù aUa croce 359•

35i ! caratteristico che in Giovanni il vero e 21-27; 9,39; 12,1.


proprio scandalo non consista, come in Paolo, 356 Cfr. R. BuLTMANN, Glauben und V erslehen
nella croce, cioè nel fatto che il 'diritto' di Ge- 1
1
(1954) 134·152 •
sù è posto in dubbio, bensl nella sua umanità 357 Io.1,14 e i passi chiaramente diretti contro
in quanto tale, cioè nel fatto che la sua divinità fa gnosi di I Io.4,2; 2 lo.7.
non è dimostrabile. In Giovanni la croce ap-
pare piuttosto come Ja fine dell'umanità di Ge· 358 Io.3,33 (cfr. BULTMANN, ]oh., ad l. e a 5,
sù, come la sua glorificazione (lìo~ar;&ij\lai). 31-37 ).
3S~ lo. 3,16-21 (cfr. BULTMANN; ]oh. Ili s.); 5, 359 Cfr. BuLTMANN, ]oh.152 s. 161 e a Io.6,30.
mQ''tEVv> X'tL D I\' 4-6 <R. Bultmann)

Tutto ciò mostra come la demonda- lo un'opern buona, come l'incredulità


nizzazione non sia una fuga dal mondo, non è un'opera malvagia. Senza dubbio
ma piuttosto la conversione, la rottura la fede e l'incredulità sono decisioni e
delle norme e valutazioni mondane. quindi atto nel vero senso della paro-
È pei-ò ugualmente un equivoco rite- la 361 • Paolo e Giovanni concordano inol-
nerla un allontanamento del credente tre nell'affermare che la fede ha il carat-
dal mondo (17,15). Il credente si di- tere di obbedienza: lo rivela il fatto che
stacca dal mondo in quanto ha rinun- anche le espressioni 'tl'JPELV "tÒ\I Myov o
ciato al male (r7, 15). Infatti il 'mon- "t'rJpEi:v .-àc; ~v'toÀ.ac; possono essere usa-
do' non è per Giovanni una entità na- te come equivalenti di 1tLO""tEUEW. Que-
turale; non è, come nella gnosi, una ste locuzioni, che indicano l'obbedienza
362
sfera estranea alla natura dell'uomo, che ::i un ordine , vengono usate da Gio-
lo tiene prigioniero con una coazione vanni in senso vario, ora per significare
fatale; il 'mondo' giovanneo è un'enti- la docile accettazione della parola 361, ora
tà storica, una forza storica costituita per indicare lri fcdeltà di questa obbe-
dagli uomini che si allontanano dalla lu- dienza 3l>I _
ce, da Dio; alla sua realtà e forza cia-
scuno contribuisce con il proprio com- 6. Il carattere antignostico
portamento 360• Per questo mondo la ri- del concetto giovanneo di fede
velazione è scandalo, poiché lo mette in
dubbio: essa è il giudizio del mondo Ma è pure chiaro che la polemica di
(3,19; 12,31). E la fede è l'atto che Giovanni non è diretta contro lo sforzo
sottrae al mondo perché è il superamen- tipicamente giudaico di giungere alla
to di questo scandalo, la rinuncia ad o- 'propria giustizia' (Uìi'.cx. 81xa1o<ruv'r]),
gni potere autonomo dell'uomo su se bensì contro il mondo nel suo comples-
stesso. Detto in termini positivi, crede- so, del quale i Giudei non rappresen-
re significa afferrare la rivelazione che tano che un caso singolo. I Giudei
ci si fa incontro nella parola. non possono credere non già perché si
vantano della legge mosaica e delle pro-
5. Il concetto di fede prie opere, bensì perché sono be -.ou
in Giovanni e in Paolo x6C1µou ~. Essi quindi servono da rap-
presentanti del 'mondo' in genere, co-
L'intima unità della concezione gio- me mostra palesemente il rapido pas-
vannea con quella paolina è evidente, saggio dall'attacco contro i Giudei al-
in quanto anche per Paolo la fede è la l'attacco contro il mondo nel cap. 3 366•
rinuncia dell'uomo ad essere signore di Nella misura in cui si volge contro una
sé, a stabiJire con le sue forze la propria particolare espressione della 'mondani-
giustizia, a vantarsi(~ coll. 464s.). La tà', Giovanni prende di mira piuttosto
fede non è né per Giovanni né per Pao- quella che cerca cli risorgere all'interno
:ioo Cfr. BULTMANN, Joh.33 s. 12,17; x4,12); così anche <puÀa't'tELV rei/. -cà
361 Cfr. BuLTMANN, ]oh.n2-u5 e a lo.6,28 s. Pf1µcxw. (12,47). Con riferimento all'obbedien-
za che Gesù prestn olla sua vocazione si dice
362 Cosl 1 Brw.15,11; Ecclus 29,1; Ios., anl.8,
-:·1;pei:v -;Ò\I Myov mhov (scii. di Dio: Io. 8,
120; Mt.19,17; dr. r Cor.7,r9.
55 ). Per un ulteriore significato di queste Jo-
.ll>J lo. 15,20 e forse onche 8,51 s.; r7,6. In cuzioni -> col. 486.
questi passi si ha sempre 'tTJPE~v -.òv 16yov. .165 lo.8,23; l,5,19; 17,14.r6; 18,36; dr. 8,44.
JM Cosl 'tTJPE~V -rÒ\I Myov ovvero -.oùç )..6yovç -17·
(lo.14,23 s.), -.ài; Év•oÀ6.:ç (14,15.21; cfr. Apoc. J"6 Cfr. BuLTMANN, ]oh.ro3 s.
1tL<T't'EUlù Y.'t'À. D IV 6 (R. Bultmann)

del cristianesimo, cioè la gnosi. contenuto nella fede è chiaro, perché la


fede è la rinuncia radicale al mondo e
Se il credere è concepito come l'atto ha 'già' la vita. Il credente ha però la
di una radicale demondanizzazione ( ~ vita 'soltanto' nella fede: egli non l'ha
coll. 476 ss, ), c'è la possibilità d'intende~ come un possesso, come una qualità na-
re il 1wr-cEvEW in quanto tale come una turale; non è (come doveva essere se-
sottrazione al mondo in senso sbagliato condo la gnosi) divinizzato. Giovanni
Se, in termini negativi, la fede è la ri- non conosce l'estasi, d.oè quel fenome-
nuncia al mondo, in termini positivi no culminante della gnosi nel quale (con
credere deve significare nfferrnre il mon- peculiare contraddizione) la realtà non
do superiore. In effetti si può dire, e terrena doveva diventare qualcosa di
sempre si ripete, che la fede ha la vita terreno 367• La visione della o6çcx. del Fi-
(Io.3,15 s. ecc.), che il credente è già glio è donata solo all'occhio che guarda
passato dalla morte alla vita (5,24; I Io. ii Logos incarnato ( r ,r4), e contro la
3,14), che non morirà in eterno (Io.rr, gnosi si sottolinea la realtà dell'incar-
26). Nella fede l'éschaton è dunque già nazione (I Io. 4,2; 2 Io. 7 ). La visione
raggiunto e quindi ogni futuro monda- diretta della S6l;a. è riservata a un'esi-
no-temporale è già superato. L'éschaton stenza futura fuori del mondo (Io.r7,
è divenuto presente. 24). Finché sono nel mondo i credenti
Questi modi di dire sono noti anche non devono illudersi di esser sottratti
allo gnosticismo, la cui terminologia ha all'esistenza storica ( 17, l 5 ); anzi essi
notevolmente influenzato il linguaggio sono esposti ai continui assalti del mon-
di Giovanni. Ma interpretare simili af- do, come lo fu anche Gesù nella sua
fermazioni in senso gnostico non sareb- esistenza umana ( r 5 ,18 ss. ). Questo si-
be solo un errore. Esse infatti servono gnifica però che la fede non può mai
proprio per segnare una delimitazione sciogliersi dalla parola; ciò che la fede
rispetto allo gnosticismo, di cui l'evan- 'già' possiede, lo ha appunto 'soltanto'
gelista riprende la problematica allo sco· quale fede nella parola; proprio cosl es-
po di porla sotto la luce della rivelazione sa è demondanizzazione in senso radica-
di Gesù. In verità il concetto giovanneo le. Infatti la rivelazione di Dio è pre-
di fede ha un orientamento antignostico sente nel mondo 'soltanto' come parola
in quanto chiarisce il rapporto partico- che mette in dubbio il mondo. La fede
lare tra il 'già' e il ' non ancora' della ha dunque carattere di provvisorietà,
fede. Il 'già' ovvero il 'non più' che è come risulta anche dal fatto che al Ri-

'367 Cfr. H. JoNAs, op.cii.(~ n. 339) 21; H . Jo- 199-203_


1
NAS, Gnosis tmd spatantiker Geisl 1 (1954)
r.:O""t'EUW X"t"), . DIV 6-7 (R. Bultmann)

vdatore i testi attribuiscono la cono· complesso. Essi non si differenziano per


scenza, ma non la fede (--7 col. 485). l'oggetto: tanto la fede quanto la cono-
scenza, infatti, percepiscono che Gesù
7. Fede e conoscenza è stato inviato dal Padre 370 ; sia la fe.
(~II, coll. 524 ss.)
dc (16,27-30) che la conoscenza (7,17)
Abbiamo visto che l'atto della fede sanno che Gesù ovvero il suo inse-
non estrania il credente dal mondo, ma gnamento vengono dal Padre. Se la
lo sottrae ad esso. Questo atto di de- conoscenza giunge alla &;).1)i}eta (8,32),
mondanizzazione va costantemente rin- vi giunge anche la fede in Cristo ( 14,1 ),
novato, cosl che esso non si esaurisce che è appunto l'à)...1)i}mi ( 14,6). Che egli
in un atto singolo, ma pervade e dirige è il Cristo, è oggetto di fede (rr,27; 20,
tutta la vita. Questa ripresa dell'atto 31 ), ma anche di m<r-tEUEW e ywwo-xEw
della fede è messa in evidenza anche insieme ( 6 ,69 ). Poiché 1rn:r-cEUEL\I in-
dalle esortazioni giovannee a 'rimanere' dica spesso l'atto del primo volgersi a
(µÉ\IEW, --7 VII, coll. 31 s.). La fede de- Gesù 371 , siamo autorizzati a concludere
ve diventare una 'permanenza' nella che, allorché i due verbi appaiono nella
parola di Cristo (8,31). I credenti ap- successione m<T-rEUEW • ywwcrxEL\I, 'ltL·
partengono a Cristo e rimangono in lui <rnuew indica appunto il primo volger-
soltanto se la sua parola rim:m:! in lo- si a Cristo e yt\IWO'XEL\I la conoscenza
ro 368• A chi rimane nella sua parola è che ne deriva e alla quale tende la fe.
promessa la conoscenza della verità (8, de 372• Ma anche l'ordine inverso è possi-
32). Siamo cosl giunti a quel rapporto bile (16,30; 17,8; r Io. 4,16}, e in
tra fede e conoscenza di cui Giovanni questo caso 'l'tLO''t"EVEL\I indica l'atteg-
si serve per spiegare la struttura del giamento risultante dal ywwcrXEL\I, Il
'!tLO'tEVEt\I. Giovanni non può contrap- fatto che si possono avere entrambi
porre '!tLCT'tEVE~\I a ywwuxew nel modo i casi mostra che 1tLO''t"EUEW e yww-
in cui, diciamo, Paolo contrappone 'itt· Ci'XEL\I non possono essere distinti sem-
o"rn;·e i!pya v6µov (-Holl. 462 ss.), poi- plicemente come stadio iniziale e stadio
ché yww:rxEw non è una via di salvez- finale di uno stesso processo, e ancora
za analoga agli l!pya e perciò in con- meno si può giungere alla distinzione
correnza con 'JtLO"'t"EUEW 369• Il rapporto tracciata dalla gnosi cristiana tra due ti-
tra yWWcrXEt\I e 'lttO"'tEVEL\I è molto più pi di cristhmi, i pistici e gli gnostici. AI

368 Jo.I,.4-7· La fedeltà può essere anche indi- 111 ~ col. 447 e cfr. le esortnzioni a 'rimanere'
a1ta con "t'TJPE~v "t'bv 'ì..oyov ovvero "t'Ò:<; lv"to· ->col. 483.
~- n. 364.
369 Giovanni evita forse di proposito, sia nel m Io.6,69; 8,31 s.; cfr. 10,38. Cosl in r lo.2,6
Vangelo che nelle lettere, il sostantivo rvwcn<;. lv t:.tù-.l!> 1.iÉvm1 può riprendere il rwwcrxEW
373 Credere: lo.rr,42; 17,8.21; conoscere: 17,3. av"tOV del v. 4.
TC~:r-ctùw x-cÀ. D IV 7-8 (R. Bultmann)

contrario della gnosi, Giovanni afferma sibilità di manifestare la sun demonda-


che la conoscenza non può mai elevarsi nizzazione con la condotta di vita. Que-
sulla fede, staccarsene e lasciarla indie- sto comportamento del credente è de-
tro. Ogni conoscenza che comincia con scritto in termini generali come osser-
la fede rimane nella fede, ma ogni fede vanza ( 't'l'JPEL\I) dei comandamenti ( tv-
dovrebbe anche diventare conoscenza. 'toÀ.a.l) o del Àoyo<; 373 di Gesù (~ m,
Come ogni conoscenza può essere sol- coll. 606 ss.). Come queste espressioni
tanto credente, cosl nella conoscenza la possono caratterizzare l'obbedienza e la
fede raggiunge se stessa: la conoscenza fedeltà della fede (~ col. 480 ), cosl
è dunque un momento della struttura caratterizzano anche la condotta di vi-
della vera fede. Se inoltre teniamo pre- ta da essa derivante (15,10; 1 Io.2,3 s.;
sente che il rapporto del Figlio con il 3,22; 5,2). Il duplice significato di quel-
Padre non è mai presentato come ogget- le espressioni indica l'intima unità del
to di fede, ma sempre e solo di cono- credere e dell'agire, come poi 1 Io . 3,23
scenza, comprendiamo che quell'unione s. indicherà che il contenuto della tv-ro-
di fede e conoscenza descrive la fede ÀTi di Dio è duplice: credere e amare.
umana che deve diventare conoscenza, All'unità del credere e dell'agire corri-
ma senza mai arrivare ad essere uno sponde il contenuto dei comandamenti
stato definitivo di pura gnosi. Solo quan- in quanto l'opera che essi esigono non è
do l'esistenza umana (in quanto realtà altro che l'amore (lo. 13,34; 15,12; 1
umano-terrena) ha fine, solo allora alla Io. 2,7 s.; 4,21 ~I, coll. 140 ss.). Infat-
fede conoscente o alla conoscenza cre- ti, poiché la fede riconosce Gesù quale
dente subentra una visione, la quale ha rivelatore dell'amore divino (lo. 3,16),
per oggetto non più la o6ça. del Figlio è essa stessa accoglimento del suo amo-
celata dalla a-cip!;, ma direttamente que- re; è da questo accoglimento che l'amore
sta o6l;a. (lo. r7,24). sgorga. Nell'amore di Gesù per i suoi è
fondato il loro amore reciproco ( &,}.À:{J-
8. Fede e amore À.ovç &.ya.'Jttt\I) 374 • Al restare in lui ovve-
Il credente non può attuare la possi- ro nel suo amore (Io. 15,r-10) corri-
bilità di sottrarsi al mondo entro que- sponde l'amore reciproco dei discepoli
sto stesso mondo in modo da farsene ( I 5,II - I 7 ). Cosl r Io. espone in molte-
una condizione oggettiva; è invece pro- plici variazioni l'idea che il fatto di rice-
prio e soltanto nella fede che egli vince vere l'amore di Dio donatoci con l'invio
il mondo (I Io. 5,4). Egli ha però la pos- del Figlio ci impegna all'amore per il

37, Il significato è identico, come mostra in 37• Io.13,34: xa~w:; ha, come spesso in Gio-
particolare l'alternarsi dei termini in I lo.2,3·J. vanni, valore cau sale: poiché.
JtÀ.av6:w X'tÀ. A (H. Braun)

frateilo 375 • Ma tale a:ya.1ta.v ha però ca- sto tutti conosceranno clic siete miei di-
rattere dimostrativo: Èv 'tOU•~ yvwcrov- scepoli, se avete amore gli uni per g1i
-rcxi miv'tEç o'tt ɵot µa.i>'l'}'t<Xl É<r'tE, M.v altri» (Io. 13,35 ).
Ò:y(btriv EX"l'J'tE Èv àÀÀ1}Àotc;, «da que- R. BuLTMANN

t 1tÀ.a.vcic.0, t rcÀ.a.vcioµa.1.,
t&:rto1tÀ.a.vciw,
t CÌ7t01tÀ.a.vcioµa.t, t 7tÀ.6.vri,
t rcÀ.civoç, t rcÀ.a.v1}'t"l)c;,
t rcÀ.<ivnc;
~ &.-ita.'tci:w r, coII. xo27-ro29
~ ywwcrxw n, coll. 461-530
~ òS6ç VIII, col!. II7-275

SOMMARIO: D. Il gmppo di vocaboli nel N.T.:


I. senso non traslato o parzialmente traslato;
A. L'uso classico-ellenistico del gruppo seman- II. senso traslato:
tico: r. accezione veterotestamentaria e tardo-
I. senso proprio; giudaica;
II. senso traslato: 2. accezione stoica di µi) 'ltÀa.vii.crbE;
1. il verbo sul piano conoscitivo cd etico; 3. accezione dualistica;
2 . l'errare religioso e metafisico; 4. accezione escatologica;
3. sostantivi e aggettivi del gruppo se- 5. accezione razionistica e moraleggiante;
mantico. 6. gli apostoli e il Cristo come 'inganna-
tori';
B. Il gruppo di vocaboli nei LXX: 7. riepilogo.
1. uso letterale; E. L'uso dei vocaboli nella chiem antica:
2. uso traslato.
r. nei Padri apostolici;
C. Gli scritti apocalillici e delia mistica elleni- 2. nei secoli successivi.
stica:
I. Filone; A. L'uso CLAss1co-ELLENisT1co
Il. l'accezione dualistico-escatologica: DEL GRUPPO SEMANTICO
1. il traviamento operato dalle potenze;
2. lo sfondo dualistico; 1tÀ.ocvci:oµm si trova già in Omero;
3. l'uso escatologico. nÀav&:w invece, all'attivo, solo a parti-

31~ I Io.2,5.9-n; 3,rn s. 13-17.23 s.; spec. 4,7- PKEUSCHEN-BAUER, HATCH-REOP., tutti s.v.; E.
21; 5,1-3. FRAl!NKEL, Gesch. der griech. Nomina agentis
1tÀ.avétw X'tÀ. a11f -'fTJP, .-çwp, -'fT]<; (-'f·) I ( 1910); II ( 1912);
WALDE-PoK: 11 62; HoFMANN 273; LIDDELL· K. KERÉNYI, Die Griech.-Orienta/ische Ro-
ScoTT, PREISIGKE Wort., W1LKl!-GRIMM, manliteraltlT (1927)1 passim (cfr. indice 272,
7t)..c.r.vaw x·ù. A 1 (H. Braun) (vr,231) 490

14) 5; Democr., fr. 152 [Diels II 125,


1
re da Eschilo ed Erodoto, ed ~ decisa-
mente più rarn che Ja forma medio-pas- 34] ), di moti che 'serpeggiano' nei cor-
siva; 7tÀ.rXVTJ s'incontra a cominciare da pi (Plat., Tim. 86 e; 88 e; 91 c), del cor-
Sofocle ed Erodoto; 7tÀ.avoc; da Sofo- po (Plat., Tim. 43 b), delle anime anco-
cle; 7tÀ.&.vnc; 1 a partire da Ipponatte ra vincolate al corpo dopo la morte
(VI sec. ), 7tÀ.a.vii-tTJ<; da Sofocle. Il grup- (Plat., Phaed. 81 d; 108 c), di animali
po 7tÀ.rx:v- richiama il norvegese (lana, ( TIÀ.ctvaoµcu, detto di destrieri che si
girovagare (cfr. il francese fl!iner, di de- allontanano dalla pista: Horn., Il. 23,
rivazione germanica 2 ), e insieme a 7tÀ.OC- 32z, il primo passo in cui si trovi un
~w, è'.7tÀ.et.y~a. (spinger via), che al pas- vocabolo del gruppo; a7t07tÀ.a.vlioµa.t è
sivo (frequente in Omero) ha un signi- detto di vespe e api selvatiche, senza
ficato affine, appartiene probabilmente regina né alveare, Aristot., hist. an. 5,23
a una radice indoeuropea pela-, esten- [p. 554 b 23]), degli odori (Soph., Oed.
deri_si), diffonder(si). Il rapporto di de- Col. 304), della tribolazione (Aesch.,
rivazione fra i vocaboli sopracitati è di- Prom. 275), di sogni e visioni (Hdt. 7,
scusso 3 ; altri nessi etimologici sono tut- 16), dell'a.l'tla, causalità errante, al mo-
tavia ancor meno sicuri 4• mento della costituzione del mondo
(Plat., Tim. 48 a). L'uso assoluto e quel-
I. Senso proprio lo accompagnato da indicazioni di luo-
go si alternano. Per i pianeti, Platone
7tÀ.a.vciw significa fuorviare, sviare, (leg. 7,821 s; 822 a) nega il 7tÀ.a.vii<rl}a.t,
7tÀ.a.v&oµa.L sbagliare strada, smarrirsi, perché nel verbo è implicita la mancan-
andare errando, 7tÀ.civT) e rcÀ.avoc; l'atto za di un'orbita fissa e di una regola; A-
del vagare, peregrinazione, 7tÀ.a.v1)'tt}c; e ristotele invece Io usa spesso (meteor.
7tÀ.avnc; errante, errabondo; dapprima I,8 (p. 346 a 2]),
in un senso locale, che comunque per- c) 7tÀ.avl): l'andare in giro è un pe·
dura fino a tutta l'età ellenistica. ricolo per l'embrione (Democr., fr. z48
1
a) TIÀet.vciw: Argo fa errare Io in di- [Dicls II 171,25 ]). I viaggi degli uo-
verse contrade (Aesch., Prom. 573). mini sono un andare errabondi (cfr.
b) 7tÀ.CX.\laoµetL , a1t01tÀ.et.vcioµa.L, va- Hdt. 2,rn3), come si dice a proposito
gare qua e là, è detto degli uomini di Paride-Alessandro (Hdt. 2,u6) e di
(Thuc. 5,4,3; Plat., ep. II,358 e; Eur., Platone (Plat., ep. 7,350 d); si parla i-
Hel. 598; Lys. 12,97; Plut., Lucull. 34 noltre dell'errare di Demetra (Orpheus,
[1 515 b]; Epict., diss. 2,12,3; Luc., fr. I5 [Diels 7 I I3,15]).
Per. mori. I 6; Luc., verae historiae 2, d) La testimonianza più antica di
27; BGU II 372 II 20), di membra del 7tÀ.ttVTJ<; si trova in Ipponatte, fr. 65
1
corpo (Emped., fr. 57 [Diels I 333,rr. (Diels' III 98 ): il contesto è incerto,

s.v. itÀ.a'llT}); O. BEcKER, Das Bi/d der Weges t Secondo --+ FRAENKEL (u 200 s.) sarebbe da
(.1937) passim (cfr. indice 2.16, s.v. 1t)..cr.véi- accentare; nonostante Erodiano, 1t°).c.r.vi)c;
ul>cr.~); W. e H. GuNDEL, Planeten bei Grie- (-it).cr.vi)Tl'}c;, come yuµvi}c;-yuµvi}Tl']c; ecc.).
chen u. Romern in PAtiLY-W. 20 (r950) 2017- 2 WALDE-POK. lI 62.
2185; E. MXoER, Die abendliindische Ar1/gabe 3 J. WACKERNAGEL, Mircelle11 zur griech.
des Lehrerr der alten Sprachen {Gymnasium Grammatik: Z.vergl.Spr. 30 (1890) 300 ammet-
61 [ 1954] 40 s.); G. v. RAD, Die falschen te una derivazione inversa di itÀ.a'llTJ da it).a.-
Propheten : ZAW 51 (1933) 109-120; G. v&oµtt~, --+ FRAENKEL (1 27) una normale de·
QuELL, Wahre 11 . /alsche Prophete11 (19,p ) rivazione di 1t)..a.v&oµtt~ da 1tM'llt}.
85-104; W. BAUER, Rechtg/iiubigkeit u. Ket- 4 [DEIIRUNNER]; cfr. HoFMANN 273.
xerei (1934} 198-242. 5 --+ BECKER 147·
491 (v1,231) 'lt)...a.\law """)...· A 1-11 (H. Braun) (v1,232) 492

ma per 1t).cZ\l'l')'tt non vi sono dubbi. Minore la portano fino in Egitto. Pari-
Come sostantivo: sono chiamate erran- menti Edipo, reso cieco, si presenta co-
ti le Menadi eccitate da Bacco (Eur., me il ramingo (11:À.ct.'VlJ"t'7]c;: Soph., Oed.
Ba. 148 var.). Come aggettivo: si parla Col.3.124) che va errando accompagna-
della miserabile vita raminga (Eur., to da Antigone (7tÀ.cr..vaoµa~: Soph.,
Heracl. 878) e, a partire da Democrito Oed. Col. 347), finché la sua peregrina-
(/r.86 [Diels' II 105,7]) 6, del caratte- zione ('lt'À.a\loc;: Soph., Oed. Col. rn4)
re errante dei pianeti 7 • trova fine a Colono 8 • Nell'epica omeri-
e) Anche 7tÀ.ch1oç è adoperato come ca il nostro gruppo di vocaboli non è
aggettivo a proposito dei pianeti (Ma- usato in questo senso; manca pure in
netho, astrologus 4,3 ). ambedue gli inni omerici intitolati a
Demetra, là dove si descrivono le pere-
In certi casi il senso specifico di 'an- grinazioni della dea 9 • Specialmente la
dar errando' passa in seconda linea. Per figura di Io - e proprio questo fa del
7tÀ.CLv&oµm., Ù.1t07tÌ..ct.v&.oµm: i giovani suo tipo e, in certo qual senso, di quel-
adepti della xpvrt'l'Ela, indurandosi alla lo di Edipo una forma caratteristica del-
fatica, percorrono in lungo e in largo, di la condizione umana - rivela un duplice
giorno e di notte tutto il paese (Plat., aspetto. Il non riuscire mai a raggiun-
leg. 633 s); sangue e ritmo respiratorio gere la meta investe nnche.l'intimo del-
si diffondono con le loro pulsazioni in l'uomo, poiché l 'enare spaziale-geogra-
tutte le parti del corpo (Hippocr., 7tEpL fico si accompagna all'andar ramingo
'fpe<pljc; 3 l } . Per 7t M.vn : si ha notizia dello spirito. Inoltre questo errare, in
della sapienza di Solone e dei suoi viag- ultima analisi, non è senza una meta,
gi (Hdt. l ,30); i pianeti compiono giri, ma è tensione verso il raggiungimento
legati a una misura di tempo, numerosi di quella fissata dal1a decisione divina.
e formanti un mirabile intrico (Plat., Ci sono infatti 11:Àcivct.1. Dti}À.cr..-.o~, «er-
Tim. 39 d; 40 b).Per 7tÀ.!l.VlJ't'l')c;: i com- rori ai quali spinge la divinità» (Plut.,
mercianti sono definiti coloro che viag- de/. orac. 16 [ 11 418 s. J; ~ coll. 496-
giano alla volta delle città (7tÀ.avjj'tcu 499).
i-Jet "t'à.c; 7t6Àttc;: Plat.• l'esp. 2,371 d;
dr. anche Pseud.-Xenoph., cyn. 5,17).
Il. Senso traslato
Nell'uso di questi vocaboli è di sin-
golare importanza l'accezione 'andar er- In senso non locale il gruppo di vo-
rando' riferita a particolari personaggi
caboli connota l'essere incerto, il ten-
della tragedia classica. In Eschilo, lo
va errando qua e là incalzata dalla pau- tennare e il fallire lo scopo nel campo
ra che Argo le incute per ordine di Era del conoscere, del parlare e dell'agire.
(1tÀ.a\laoµm: Aesch., Prom. 565}; le Sovente nel constatare questo fallimen-
sue peregrinazioni (1tÀ.a\11) e 'ltÀ.avcu:
Aesch., Prom. 576.585.622.784) attra- to se ne menzionano le cause, e que-
verso la Grecia, la Macedonia e l'Asia ste, quando sono indicate, rientrano

6 Per questa terminologia ~ GuNDEL 2021 s. 8 ~ BECKER 210-212 ; H. BRAUN, Der Fah-
rcnde: ZThK 48 (1951) 32-38.
1 ~ àu-n')p 1, coll. 1337 ss. Xenoph., mem. 4, 9 Cfr. Hymni Homerici ed. A. BAUMEISTER
7,,; Aristot., meteor. 1,6,342 b 28,31; Plut., ( 1915) 5 e 13. Per Ulisse, che non girovAga
de exilio n (II 604 a); Luc., de astrologia 4, ma è sbattuto qua e là, cfr. ,,;)...!X.yxihJ (Horn.,
362; salt. 7,271 . Od. l,2).
493 (v1,232) 1tÌ..a.vciw X"t'À. A u I a-b (H. Braun)

nell'ambito della conoscenza teoretica, giudizio teoretico o etico-pratico; parti-


empirica o riflessa, più di rado in quel- colarmente in Platone lo sbagliarsi con-
cettuale e morale, nel giudizio e nella
lo metafisico-religioso; anche in questo condotta, vanno di pari passo. In que-
caso la divinità può bensl figurare tal- sto sviamento manca per gran tratto la
volta come causa prima, ma raramente componente religiosa.
come un'istanza di fronte alla quale ci
b) 'TtÀ.avaoµm, &.1to1tÀa.vaoµat, ten-
si rende responsabili. tennare, farsi illusioni, connota l'incer-
tezza dell'agire (Hdt. 6,52 12) e la man-
I. Il verbo sul piano conoscitivo canza di regola di una situazione e di
ed etico una condotta (Hippocr., progn. 24;
Plat., Menex. 248 a; resp. 6,484 b; IGi
a) 'itÀavaw, a7t01tÀ('t..\lattl acquista il 1v 1,81,13). Riferito al discorso può
significato di sviare, trarre in errore, in- implicare una nota di biasimo (tergiver-
gannare, di cui sono autori gli uomini sare, non dire la verità: Hdt. 2,115 13 ),
col loro modo di agire concreto (Me- o costituire semplicemente una consta-
nand., peric. 79; Theognet. 2,2 [C.A.F. tazione (divagare, fare una digressione)
m 365]; P. Oxy. r,u9,X2), con con- senza valore peggiorativo (Plat., polit.
versazioni e scritti. Spesso si ha il signi- 263 a; à.'ltortÀavaoµa.L, lsoc. 7,77; fare
ficato peggiorativo di sviare dall'argo· affermazioni contradditorie: Pseud.-
mento con una digressione. 1tÀ.a.\law: Plat., Aie. I ,1 I2 d; 1 I7 ab) o persino
Demosth., or. r9,335; &.11:01tÀ.a.v<iw, sottintendere una lode (saper parlare a-
Hippocr., itEpÌ. &pi}pwv ɵ~oMic; 34; dattandosi alla situazione: Hermogenes,
Aeschin., oratio in Ctesiphontem r 76. 'ltEpL O"t'ctO'EWV 3,24). In gran parte dei
190; Luc., Anacharsis 21 (forma attiva casi l'oscillazione si verifica nell'ambito
con significato medio). L'inganno è ordi- del pensiero ( &.no'lt)..a.v&:oµat, essere
to ancora da Eros (Moschus, reliquiae l, svagato, senza significato peggiorativo:
2 5 ), da cose materiali come il labirinto Pseud.-Plat., Ax. 369 d); si tratta di un
(Apollodorus, bibliotheca 3 ,II) 10, dal trovarsi in dubbio (Hdt. 6,37; Soph.,
carattere sensuale (Plat., Prot. 356 d), Oed. Col. 316 [forma attiva con signi-
da situazioni e idee non chiare (Plat., ficato medio J; I so c. r .5..5 2 ), con valore
leg. 65 5 cd; Aristot., meteor. I ,12 [ p . parallelo ad &.nopEi:'ll e contrapposto a
.347 b 35]; Aristot., rhet. 3,14 [p. Et0É'lla.~ (Plat., Hi. I 304 c; Hi. II 372 d;
1415 a x4]); oiarcÀavaw (Epict., diss. 376 e; Phaedr. 263 b; soph. 230 b;
r,20,10). In questo senso si può ricor- Pseud.-Plat., Aie. 1,1 r7 h-d). Talvolta si
dare anche il proverbio del truffatore sottintende che tale opinione incerta
che resta truffato, di cui si trovano ci- viene estrinsecata verbalmente. Anche
tazioni nella Stoa e nel neoplatonismo 11 • la tensione della volontà al fine · può
Questo trarre in errore e ingannare fa oscillare (il contrario è c:t<; ev ~Àt7tEW,
sbagliar strada in senso esterno e spa- «mirare a un'unica meta»: Plat., leg . 12,
ziale (ad es., nel labirinto), ma soprat- 962 d). Tale oscillazione porta all'erro-
tutto nel campo de1la conoscenza e del re. Questo sbaglio, quando non rimane
10 Moschus, reliquiae, in Bucolici Graeci, ed. Il P. WENDLAND, Belrogenc: Betriiger: Rhein.
O. KoENICKE (1914); Apollodorus, bibliothe· Mus. 49 ( 1894) _309 s.
ca, in Mythographi Graeci I ed. R. WAGNER 12 -> BECKER 124 s.
(1894) 109. 13 -> BECKER 116.
495 (v1,233) TtÀct\16.w xi:À. A 11 1 b. 2 b (H. Braun)

generico (come a'TCO'JtÀct\laoµctt in Chry- 2. L'errare religioso e metafisico 16


sipp., fr. 137 [v.Arnim III 33)), si ve-
rifica se non si sa cogliere il momento a) Una serie di figure della tragedia
buono (Pind., Nem. 8,4; P. Flor. l,61, classica è alle prese con un errare che
1,16), se si fa unà vita troppo dedita ai è insieme senza colpa e colpevole, e per-
piaceri (Xenoph .• Cyrop. l,3,4), e so- ciò tragico. Nei tragici, perciò, il grup-
prattutto nel dar giudizi 14 e nel discu- po di vocaboli in questione finisce per
tere (Plat., Lys. 213 s). connotare In follia. Quando Edipo co-
mincia ad avere dei sospetti contro se
Per quanto una condotta senza sco- stesso, lo invade t!Juxiic; 7'À6.vriµ<1.. x&.-
po possa far pensare a un andar ramin- vaxlvri<nç cppEvwv, «uno smarrimento
dell'animo e un turbamento del cuore»
go (lsoc. 6,rn), nei documenti dell'età {Soph., Oed. Tyr. 727 ~ col. 492) 17 . J1
classica ed ellenistica il tentennare e canto delle Erinni è un delirio che fa
l'essere incerto, nell'ambito della cono- smarrire la mente ('Ttctpacpopà q>pEvo-
nÀ.rx.vi)c; 18 : Aesch., Eum. 330.342). An-
scenza e in quello etico-pratico (dr.
che il nÀ.avliO"i)<1..L di Prometeo, il qua-
specialmente Epict., diss. r,18,3.6; 2.8, le non sa che partito prendere nelle sue
9 s.), non è mai detto con tono di bia- disgraziate vicende, è ai confini della
simo, cosl come non è detto per lungo pazzia (Aesch., Prom. 473 19 ) . Diogene
di Enoanda (jr. 2 7) 20 parla ancora del
tempo per aµctpTa\IW (~ I, coll. 791 grande pericolo costituito dai 1tÀctVW·
s.). Siamo chiamati a una conoscenza ret- ~\1<1.. mX.ilri {cfr. anche fr. 3 3 per 1tÀ.Ct·
ta, a un agire giusto; ma 1tÀet.vfurt}a.t, es- \lr) ).

sere incerti, tentennare, non è una col-


Questo errare è un castigo degli dèi
pa. Il µ1) nÀavficTDE, 'non v'ingannate',
e conduce, proprio attraverso i passi
del predicatore stoico ( X1Jpucrcrw\I: E-
falsi, alla meta fissata dalla divinità: in
pict., diss. 4,6,23) invita semplicemente
Eschilo, Io trova in Egitto la fine libe-
a riconoscere che il saggio è al riparo
ratrice del suo 'ltÀ.a:vfuri)cu; Edipo fatto
dai bisogni. Anche il 'lasciarsi sviare' di
cieco la trova a Colono (----+ coll. 491 s. ).
Filodemo ( m:pt CT1)µtlwv xat Ol'Jµrn1>-
crewv ts 7,n s.; 36,24 s.) ri~ane in que- b) Platone parla (Phaed.79 e) delle a-
sta prospettiva non metafisica. nime che oscillano (sinonimi -rcr:p&i:·n:-
cri}aL e µeiMEtv); ciò dipende dal fatto
che l'uomo, mediante i sensi 21 , è coin-

14 Parmen., fr. 8 (DIELS 1 I 239,xo); Isoc. 15, (1865).


265; 6,10; Dion. Hai., de Demosthene 9,981 16 Per quanto segue sono debitore a H.
in Opuscula, cd. H. UsENER e L. RADER- KLEINKNECHT di una serie di indicazioni chia-
MACHER l (1899] 148,12 s.; in Epitteto in rificatrici e ricche di suggestioni.
senso generico (diss. 1,7,31; 20,10; 2,7,7; 3,1, 17 ~ BECKER 201.203.
31; 21,23; 4,6,23) o specifico sulla questione 18 Cosl congettura H. WEIL, Aesch. Tragoe·
del bene e del male (diss. 1,18,3.6; 28,9.10; diae(1921).
3.22,23); Alex. Aphro<l., commentario in A- 19 ~ BECKER 157.160.
ristotelem Graeca 1,139,12. 20 Ed. J. WILLlA.M ( r912).
15 Herkulanische Studie11, ed. TH. GoMPERZ
21 !'1.tlh1<TL<;; dr. la forzn del fjlo:w6µE\IOV che
·197 (v1,233) 1tÀo:v6:w h°tÀ. A Il 2 l.i-c (H. Braun)

volto nella sfera del mutevole. Materia- À.Etç, della «genia dei sofisti che vanno
listi di tal fatta durante tutta la loro vita girovagando per le città» (Plat., Tim.
vanno errando (Plat., resp. 9,586 a), sen-
za <pp6V'l'}CTtc; né apE't1}, nelle regioni me- x9 e), e per contro in analogia, sia pure
diane e basse, senza assurgere 1tpÒç 'tÒ indipendente, con le TCÀ.avat (peregri-
ét.À:r1itwc; &vw. La vera oùcrloc inve- nazioni) delle religioni misteriche.
ce (P1at., resp. 6,485 b), in quanto è
sempre (<iEt ovcra. ), non soggiace alle c) Plutarco (Is. et Os.27 [II 361 d-e])
fluttuazioni del divenire e del corrom- riferisce che Iside, come memoriale del-
persi ( yÉvEcrtç, cpl)opcX.). I pensieri aggro- la sua travagliata ricerca sulle orme del
vigliati (-.E'ta.pa.yµEVCl..t) e 'ondeggianti' marito e fratello, avrebbe introdotto nel
devono perciò informarsi agli <hét.pa- culto alcuni riti (opwµEva) imitativi,
X"t'Ot e chtÀ.avei:c; ?tEploooi, ai corsi tran- istruttivi e consolatori. Questo suo cer-
quilli delle stelle, che non conoscono care è designato coi termini iil)À.ot (pro-
deviazioni (Plat., Tim. 47 c). ve), à.ywvEç (lotte), 7tÀ.ét.vr.n (peregtina-
7.ioni) 22 , 7toÀ.À.à Epya. <rocplctç e àvopElctc;
La visione metafisico-dualistica della (atti molteplici di sapienza e coraggio),
gnosi tardiva si concretizza attingendo 1ta.D'l)µa."t'ct (sofferenze). Il legame, sin
con il vagare <li Io e di Edipo (~ coli.
qui contenuti e terminologia; il TCÀa.véi- 491 s.) sia con l' irretimento dell'uo-
c;i)o:i diventa l'essere irretiti. Ad es- mo platonico nel mondo dei sensi n
so (~ col. 500) il sapiente si sottrae l'iesce tanto più evidente in quanto Pla-
tone in questo contesto accenna esplici-
distogliendosi dal mondo dei sensi e af- tamente ai misti (Xct"t'à 'tW\I µEµVT}µÉ-
fissandosi al mondo delle idee. Qui r-M.- vwv, Phaed. 81 a); cosl i opwµc.va dei
VlJ, inteso come cammino lungo e tor- misteri ellenistici di Iside vengono a
tuoso verso la metà della vera sapienza, coJlocarsi sul piano dei misteri eleusini
di Demetra 24 • Anche la corrispondenza
finisce per diventare qualcosa di indi- di TtÀ.c1.v1} e <rocpla. è già presente in Pla-
spensabile, dal momento che Socrate tone (~ col. 497 ), anzi in Solone (Hdt.
parla delle proprie fatiche (micrxetv, r ,30 ~col. 491 ).
patire, 1t6vot, travagli: Plat., apol. 22 a) Questo TCÀ.a.vaO"i>a.L è dunque il de-
nella ricerca della sapienza come di un stino di una divinità che viene cultual-
suo particolare vagabondaggio {?tÀ.6.v'r] : mente rivissuto dal miste, e quindi un
Plat., apol. 22 a), a cui corrisponde la cammino di salvezza che in certi mi-
sua sapienza particolare {crocpla.: apol. steri diventa consueto e indispensa-
20 e). Entrambe sono intese in senso i- bile (~ coli. 496 .497 ); al termine di
ronico-dialettico, a differenza del <roq>~­ esso dopo le 7tÀ.&.va.t (peregrinazioni),
CT'tW\I yévoç... 7tÀa\IT)'\Ò\I 0\1 XIX't<Ì. 1'6- le 7tEptopoµa.t xoTtwoE~c; (giri faticosi),

fa cadere in errore e il successivo µE-taµéÀEW iJ ~ coli. 496-498.500 s.


in Plat., Prot. 356 d (~ col. 493).
22 In de/. orac. 15 (u 417 e) Plutarco nega 24 Cfr. Clem. Al., prot. 12,i.: xat -i:Ì}v 1tÀ.6:-
che gli dèi operino le 1tÀavo:t, e le attribui- VT)V xaL -i:i)v af)1ta.yl)v xo:L "tÒ 1tlv&o~ ai>-
sce ai demoni. -i:ai:v 'EJ...EUcrlç oq;oouxEi:.
499 (vr,2_34) 7tÌ.ll.vaw x-t>... A 11 2 e - 3 d (H. Braun) (vr,23.:;) .:;oo

&à crxo'touc; 'tL·.iÈc; U1t07t'tOL Tiopda~ xo:l va.L. Manca ovunque, da principio, una
à'tÉÀ.EO''tOL (cammini infidi e senza fi- valutazione peggiorativa o a sfondo me-
tafisico; dr. la definizione di émt:i.'t"l') in
ne attraverso le tenebre) e simili, ven-
Moeris 65 (~I, col. 1029), nella quale
gono cpwc; 'tL ì>auµaaLov e -co'ltoL xaì>a- 1tÀ.ciVTJ e 'tÉpo/Lc; sono equiparati. 1t>..&:-
pol, «una luce meravigliosa e luoghi \ITJ è quindi il termine tecnico indican-
te la digressione, nella quale il pensiero
splendenti» (Themistius 25 ). A partire di
si muove in vari sensi (Plat., Parm.
qui la 7tÀcivl} diviene tema obbligato 135 e; 136 e), come pure l'esposizione
deU'antica letteratura romanzesca 26 • Il (Plat., leg. 683 a), l'una e l'altra inevi-
contrassegno metafisico di tutto questo tabili e utili per trovare la verità ( ~
col. 494). Si incontra però anche quel-
1tÀ.avéicrì>ru non è la colpa, ma la tra- l'uso peggiorativo e metafisico-negativo
gedia. che abbiamo già notato per il verbo ( ~
coll. 496 s.): esso è chiaramente presen-
3. Sostantivi e aggettivi dei gruppo se-
te quando si dice (Plat., resp. 4'444 b)
che lo sbandamento (accanto a 'ta.pa.xTi.
mantico
turbamento) delle varie parti dell'anima
a)7tÀ.avn è l'oscillare, l'andare erran- dà luogo atl'(H)~xla., ingiustizia, e a ogni
do. La gamma di accezioni registrate per sorta di vizio ( xa.xia.), oppure (Plat.,
il verbo vale anche per il sostantivo. La Phaed. 8r a) che la dispersione (insieme
vita degli uomini che perseguono scopi con &voLa, cp6f3oL, èX.ypLOL gplù'tE<;, &ÀÀ.a
diversi (Critias, fr. 15 [Diels 1 II 38r, xa.xci) caratterizza questa vita, e l'anima
20] ), lo stesso agire di molte persone del filosofo ne è liberata quando muore;
(Philodem. Philos., volumina rhetori- cfr. anche Plutarco(~ col. 498).
ca 27 8,33, accanto a 7tapa).oywµ6c;, fal- b) 'ltÀ.avl}'tl')c;, incostante. Detto del-
so ragionamento) f>UÒ ben dirsi un cam- la vita disgraziata degli atei (Porphyr.,
mino errabondo. Aristotele chiama TIÀ.a- ad Mare. 22).
\ICU ( an. 1 ,x [ p. 402 a 21]) le strade fal- c) 7tÀ.avoc; (aggettivo). Oltre nl valo-
se della ricerca, 'ltÀ.cl\llJ ( eth. Nic. x ,r re passivo di incostante (accanto a 'ltOL-
[ p. 1094 b 16]) l'effetto imprevedibile x.lÀoc;: Menand., Cith. 8; Moschus, reli-
delle cose belle e giuste (xaÀ.ci, ot'.x1:urt). quiae 5,10 [ ~ n. ro]), in epoca più re-
11 significato attivo di sviamento, ìngan- cente (~ col. 499: significato attivo
110 è raro e tardo (Diod. S. 2,18; forse di 'ltÀ.ti.\ll')) compare nel senso attivo di
P. Lond. II 483,19). Quello di illusione seducente, traviante (riferito aU'adesca-
(in senso passivo) nel vedere (Plat., tore: Theocr. 21,43; agli strali di Eros:
resp. 10,602 c) e in genere nelle perce- Moschus, reliquiae r ,29 ( [ ~ n. ro ]).
zioni sensibili (Epict., de rerum natu- d) 7tÀ.&:\loç (sostantivo). Partendo da
ra 11l 28, fr. 7), l'incertezza del conoscere una connotazione traslata significante
(Plat., soph. 245 e), che si verifica an- divagazione poetica (Plat., ep. 7,344 d),
che nel sapiente (Plat., Hi. II 376 c), tentennamento, da cui l'anima si libera
l'errore conoscitivo che deriva dal dare rinunciando alla percezione sensibile
un'importanza eccessiva al piacere (1}- (Plat., Phaed. 79 d); confusioni nella
Òo\IYJ: Plat., resp. 6,505 e): tutto que- commedia (Aristoph., vesp. 873, passa
sto può essere inteso con 7tÀ.civ'I'} o ~À.&:- a designare una persona come ciarlala-

25 Mithrasliturgie 163 s. 27 Ed. S. SUDHAUS I (1892) 30.


26 --+ KERÉNY1 88.92.188 s. 28 Cfr. LIDDELL-SCOTT, s.v.
501 (vr,235) r.).av6.r..i x ù. A 11 3 d · D I b (H. Braun)

110, ciurmatore (Nicostratus 24 [ C.A.F. tafìsiche ostili a Dio, come il diavolo.


rr 226]; Dionysius 4 [C.A.F. II 426].
itÀavoc; diventa così parola ingiuriosa I passi dei LXX in cui figura 7tÀa.-
(Diod. S. [ed. L. Dindorf v, 1868, 90], vaw sono 121; di essi, 42 lo usano per
fr. 2,14; Vett. Val. 2,16 [p. 74,16-20]) tradurre forme al qal, all'hif'il o al nif'al
a metà strada fra µ6.yoc; e i>U't'"r}c;. di t'h 30 • Vari altri equivalenti ebraici,
quando almeno ce ne sono (per alcu-
B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEI LXX
29 ni testi, infatti, come il libro della
Sapienza, manca l'ebraico), nessuno è
I LXX traducono conforme a questa usato cosl spesso, che meriti di esser ri-
levato. Quest'ultima osservazione vale
prassi linguistica già fissata. Ma le mo·
anche per gli equivalenti di itÀ.avl) e
dificazioni che necessariamente vi ap· 7tÀ.avoc;. Nove volte nei LXX il verbo
portano sono significative dal punto di costituisce un ampliamento dcl T.M. 31 ;
vista teologico: il senso proprio resta 21 volte nei LXX itÀcx.vci.w è una alte-
razione del T.M. 32 •
tal quale, ma nel senso traslato di 'in-
durre' e 'cadere in errore' la componen-
I. Uso letternle
te biasimevole e religiosa di rado è as-
sente, e una dimensione puramente teo· a) 7tÀ.a.v6.w, sviare, mettere scompi-
glio, far vacillare. Quando si vieta di
retica in ordine al conoscere manca del
condurre un cieco fuori strada (Deut.
tutto. Viene per contro connotata con 27,18), il senso è puramente locale. Nel
questi vocaboli Ja trasgressione della significato di far barcollare, detto del
volontà rivelata di Dio, e in particolare vino (r Ea-op. 3,18; Is. 19,13 s.), il va·
ciliare locale trapassa in quello deJJa
l'istigazione ad adorare gli idoli. Tale mente, allo stesso modo che più tardi
trasgressione implica una responsabili- nel Documento di Damnsco (r,15) il
tà davanti a Dio, è colpevole e compor~ trascinare nel deserto senza strada (t'h,
ali' hif' il) ad opera dell" uomo dello
ta un castigo. Dio infatti non è, come scherno' diventa un traviare lontano da}.
nella grecità, l'essere eterno, ma il si- la verità.
gnore sovrano che agisce ed esercita di- b) 1tÀ.a.vcioµa~. errare qua e là, bar·
ritti (-+II, coli. 482 ss. ). Gli autori di collare. Gli uomini girano qua e là
quando viaggiano, quando fuggono e
tale trasgressione sono gli uomini e Dio quando son puniti da Dio 31. Nel tempo
stesso, ma non ancora delle potenze me- escatologico di salvezza questo deviare

29 Qui uso alcune annotazioni di G. EERTRAM ta: lob 2,9 d (var.); I9A'; Prov. 9,12b; 13,9';
su TtÀ.a.v6.w nei LXX e alcuni suggerimenti da· Is. 13,14; 21,15.
timi per iscritto da J. F1CHTNER. Per l'insieme 32 1tÀ.av&:w come traduzione errata: 2 Esdr. 9,
dr. H.ncH-REDP. I I (cocl. S); lob 12,23; Os. 8,6; ls. 9 115; .~o.
30 Come '!tÀ.rJ.\l&.oµtn, t'b indica dapprima in 20 (bis); 41,29; fa. 8,17 (cod. B). 1tÀ.av&:o.
senso letterale un 'errare qua e là' locale; dr. µaL come traduzione errata: lob 12,25; Is.
un nnalogo cambiamento di significato nel 16,8; 17,u; 22,5; }j,8; 41,10; 44,8 (var.).20;
contrario Jwb. 46 15.8; 64,4; Ez. 33,12; 44,13.
li "ltÀtx.vaw come aggiunta: Ecci. 7,26 (var.); 33 Ge1Ù1,14; 371 15; Ex.14,3; lob 2,9d (var.);
Is. 30,u; t:..a.v. 6,23. tcÀ.a.vao11aL come aggiun· lji 106,4; Ecclus 34,9.10; 51,13; Is. 16,8; 21,
Jt).avac.i xù. B 1 b - 11 a (H. Braun)

dal cammino non d sarà più (ls. 35,8; mostra il fatto che gli ampliamenti o le
contro il T.M.). Gli uomini barcollano reinterpretazioni del T.M. ad opera dei
per il vino (lob 12,25; Is. 19,14; 21,4; LXX, nei passi profetici, vengono intro-
28,7; 47,15), vanno errando nella mi- dotte proprio con una forma del verbo
seria (Ecclus 29,18; 36,25), si trascina- TCÀ.ctvaw (~ nn. 3r.32). Altre volte I -
no intorno (Prov. 9,12 b; 29,15; Ecclus sraele è sedotto dai profeti di menzogna
9,7). Le bestie vagano, come fa il bue con l'aiuto di predizioni salvifiche fatte
(Ex. 23,4; Deut. 22,r), la pecora (Deut. non per comando di Jahvé ma, in parte
22,1; Is. 13,14; IEp. 27[50],17), i gio- almeno, per loschi guadagni (ls. 3,12;
vani corvi (lob 38,41 ). 9,15 [due volte]; Mich. 3,5; Ez. 13,rn).
c) rtÀ.ccv'fi't"l)c;. Il castigo di Dio ridu- Soprattutto nei libri sapienziali si parla
ce gli Israeliti a erranti senza pace ( Os. di seduzione a forme di vita contrarie a
9,17) in mezzo ai pagani. ciò che piace a Jahvé (e più tardi anche
d) JtÀccvij·nc;. La moglie di Giobbe alla torà 34). Questa seduzione è ope-
parla come una vagabonda, come una ra soprattutto degli empi (Eccl. 7,26
salariata (lob 2,9 d). [var.]; Prov. 1,rn; 12,26; 28,10; Ec-
e) cbto7tÀ.a.vét.w, ét.rto7tÀ.avét.oµa~, 7CÌ.ci- clus 3,24; !:l.ccv. 6,23).
V'l'J e JtÀ.avoc; rnno usati solo in senso
traslato. Un gruppo a parte formano i passi in
cui si tratta del traviamento operato da
II. Uso traslato
Jahvé in persona, che seduce i pagani
a) 1tÀ.avciw raramente significa un 'in- (lob 122,3), i grandi (lob 12,24; ljJ 106,
durre in errore' profano. Nei pochi casi
in cui ciò avviene, si tratta di questioni 40), i profeti di menzogna (Ez. 14,9) e
pratiche e mai di conoscenza teoretica persino l'intero popolo (ls. 63,17). Es-
(lud. 16,ro.13.15 [cod. B]; 4 Bcc<r. 4, so è un <i1toÀ.ÀVEtv (mandare in rovina,
28; Tob. 10,7; Ecclus 34,7). lob 12,23), uno crxÀ.71pvvEtv "Tàt; xccp-
La seduzione religiosa induce al cul- Slccc; (indurire il cuore, Is. 63,17). Ana-
to dei simulacri e delle divinità pagane. logamente a ciò che avviene per à·m1-
È opera dei falsi profeti e dei cattivi 'rfiv (~ 1, col. 1028), il culto degli idoli
reggitori del popolo (Deut. 13,6; 2 Reg. non è mai espressamente nominato co-
21,9; 2 Chron. 33,9; Is. 30,20 [due vol- me contenuto di questo traviamento o-
tc].21; 41,29; Ier. 23,13.32), talvolta perato da Jahvé. Tutto ciò indica chia-
degli stessi dèi stranieri (Os. 8,6; Am. ramente che Jahvé cela in sé elementi
2,4; Tob. 14,6, cod. S) e dell'arte figu- che appartengono ancora alla sfera del
rativa (Sap. 15,4). demoniaco e del tremendum 35 • In epo-
Oggetto della seduzione è quasi sem· ca più tarda questo Dio cosl drastico
pre Israele, che può venir fuorviato da non è più accettato (Ecclus 15,I2); tut·
un tvvnvtov (Deut. 13,2; Ier. 23,32), da
un O'l)µEL'ov o un '"t'Épcci; (Dr:ut. 13,2 s.). tavia il Dio che nel Documento di Da-
Era questo un tema corrente, e lo di- masco fissa una rigida predestinazione

15; 22,,. Ilei h. ZA\VI 62 ( 1933) 79-97.


JI J. FICHTNER, Die altorie11talisc/Je \'Vcisheit, li ~ QuELL 85-104.
505 (VI,236) 1tÌl.r.l:VO.to> X'"t"ÌI.. B li 11-b (H. Braun) (v1,237J 506

ancora «trae fu or di strada» co-


( 2, r 3) lob 6,24; 19,4; Prov. 7,25 var.; 13,9 a;
loro che sono da lui odiati. Nei LXX Ecclus 9,8). Anche i passi di Is. q,11;
44,8 (var.).20, che sono poco chiari nei
Satana non appare in atto di 7tÀavfj;v, particolari, vanno intesi in questo qua-
sebbene in I Chron. 2 r,1 si dica che dro d'insieme. Solo alcuni testi tardivi
spinge, aizza (Èmc:rdEtV) 36, cosa che in attribuiscono un traviamento spirituale
anche ai pagani, riferendolo al culto i-
2 Sam. 24,r è fatta da Jahvé.
dolatrico (Is.46,5.8; Sap.n,15; 12,24;
b) Significati corrispondenti presenta 13,6; 14,22 38; Bel 7 [Teodozione]; 3
il medio-passivo 1tÀa.vaoµat. Senza va- Mach. 4,I6) o a errori personali (Sap.
lore peggiorativo, anzi con accento di 17,1; 2 Mach. 7,I8).
compassione, il verbo è usato per dire L'imperativo singolare µ'li 1tÀ.avw è
che Israele si trova smarrito, non sa detto per far coraggio a chi teme (ls .
più orientarsi. Come sinonimi si usano, 41,10), mette in guardia dal girovagare
ad es., CÌ.1tOÀWÀÉWJ.L, vVV'tE'tpi:q>i><J.L, µi) (Ecclus 9,7 ), dall'illusione (Bel 7 (Teo-
TCÀ.a.vw accanto a µ.1) cpo~ou. Il pensicl'o dozione]) e dall'errore (2 Mach. 7,18);
è enunciato con la metafora della peco- il plurale µìi 1tÀaviic:ri>E (che ricorre una
ra (7tp6~a.•ov ), espressa chiaramente ( 4' sola volta : Is. 44 ,8 [ var.]) probabilmen-
II8,176; Is. 53,6) o soltanto accenna- te vuol premunire contro la seduzione
ta (Ez. 34,4.I6), o anche fuor di meta- che induce al culto degli idoli.
fora (Is. 41,10). Quando si insiste sullo
sbaglio nel parlare (lob 19.4 a; Prov. 16, Nei LXX il gruppo semantico espri-
lo), si intende esprimere una condan- me la condanna del falso profetismo,
na; la maggior parte dci testi allude evi-
radicato nel culto e nella prassi dell'in-
dentemente a un traviamento spirituale,
considerato come del tutto negativo dal tercessione, che, con le sue predizioni
punto di vista religioso, a un apostatare, di prosperità ( 3 Bac:r. 22,2-28), è un'of-
a un lasciarsi fuorviare. Ciò è detto so- fesa alla trascendenza e all'opera crea-
prattutto di Israele e più tardi, quando
si afferma l'individualismo religioso, an- trice di Jahvé 39 , e insieme è usato per
che dei singoli israeliti infedeli, sia in inculcare la monolatria(~ IV, coli. 358·
senso assoluto 37 e senz'altra precisazione, 387 ). È istruttivo l'uso linguistico dei
sia con riferimento al culto degli dèi pa-
gani (Os. 4 1 12; Deut. 4 1 19; u,28; 30, singoli autori. In Giobbe solo Jahvé è
I7; Ez. 44,10.13.I5 [citato in Dam. 4, soggetto di 1tÀ.avaw; fo Isaia, in Giob-
I]; 48,1 I), a un errare lontano da Jah- be e nell'Ecclesiastico si nota l'uso cor-
vé e dal sentiero della giustizia (fa:. 14, rente di nÀavaoµa.L in senso proprio; in
rr ; Bar. 4,28; Prov. 21,16; Sap . 5,6), a
una mancanza del singolo contro i voleri Giobbe, nei Proverbi e nell'Ecclesiasti-
di Jahvé o contro la torà {ljJ 118 1110; co il gruppo di vocaboli non si riferi-

35 La versione di Osea usa -itÀ.o.v&w una vol- 12; 4'


57 ,.1; 94,10; lob 5,2; Prov. l0,17; 14,
ta (Os. 2,16) in senso buono, come affettuoso 22; Ecclus I6,23; Snp. 2,21; Tob. 5,14; :i
allettamento di Jahvé nei confronti di Israe- Mach. 6,25.
le. Sul senso positivo ~ coli. 494.499 s. Simil- 38 I passi della Sapienza hanno un tono stoi-
mente nei LXX per d:.1to.-r6.w. co-razionalistico, 4 1, col. 317.
37 h 29,24; 64,4; IEp. 38 (31 ),9; Ez. 14,9; 33, JQ ~ V. RAD II0-120.
itÀctvaw X-tÀ.. B 11 b-d (H. Braun) (VI,238) 508

sce mai al culto degli idoli; Giobbe lo 32, accanto a lJ;Eu&oc;) e il peccato di
usa volentieri per rendere la rndice e- fragilità_(lob I9A).
brnica sgh, 'peccare per errore e debo-
lezza' (6,24; 19,4 [due volte]); spesso i d) Finalmente, per l'uso linguistico
Proverbi esprimono con questo termine dei LXX è teologicamente rilevante no-
un modo di agire contrario ai voleri di tare che il giudizio negativo espresso
Jahvé. dai nostri vocaboli riguarda soprattut-
to Israele; mentre solo in testi più re-
c) &7to7tÀ.cx.\16:w. L'uso traslato signi-
fica ingannare nella sfera profana (Ec- centi tocca nnche i pagani. Dietro que-
clus 13,6), sedurre inducendo al culto sto errare non si profila un dualismo
degli idoli (IEp. 27[50],6; 2 Chron. 21, metafisico: I 'uomo non erra semplice-
1 r ) e a1la trasgressione del volere di
mente in quanto è uomo; egli erra piut-
Jahvé (Prov. 7 ,21 ). tÌ.7tonÀ.a.\llioµm si-
gnifica lasciarsi imbrogliare, senza con- tosto perché non dà ascolto alla volon-
notazione religiosa negativa (Ecclus 13, tà di Dio, non obbedisce ~ 1 , lascia il
8 ), e, con nota di biasimo, lasciarsi svia- cammino da lui segnato e percorre la
re, cadere nell'idolatria ( 2 Mach. 2 ,2 ),
contro il volere di Jahvé (Ec.clus 4,19). strada cattiva 42 • Perciò deve essere mes-
7tÀ.rX\ll'J, in quanto errore e seduzione, so in guardia contro il castigo, chiama-
indica la disubbidienza di Israele in ge- to a È?tLCT'tpÉq>WJ, «convertirsi» (Is. 46,
nere (Ez.33,10, dove precede a\loµla~).
la sua idolatria (Ier. 23,17; Tob. 5,14 , 8; Bar. 4,28; Ez. 33,II s.; 34,4.16), a
var.), quella dei pagani (Sap. u,24) e µE'tavoi::tv, «mutar mente» (Is. 46,8).
le singole trasgressioni (Prov. 14,8; Ec- Sintomatica per questa prospettiva del
clus 11,16, var.), tanto che la vita può tutto ignara di dualismi metafisici ap-
essere considerata una 7tÀ.6:\ll'J (Sap. r,
12 40 ). Nonostante la protesta di Eccl11s pare la stessa mancanza di un legame
15,12 e~ col. 504) contro un presun- fra i nostri vocaboli e il OtctBoÀ.oc;, pu-
to 'itÀ.tt\la\I attuato da Jahvé, la 7tÀ.à\ITJ re là dove questi compare(~ col. 505)
di Ecclus u,r6 (var.), almeno nella sua
interpretazione secondaria, è «creata nei testi pit1 tardivi (Sap. 2,24). An-
con i peccatori». Il senso attivo di in- che per descrivere la caduta in peccato
ganno, raro anche nella grecità, nei di Gen. 3, essi non sono usati 43 • La
LXX non è attestato (~ col. 499). stessa escatologia si presenta prima di
7tÀ.6.voc; non è mai riferito a persone,
ma solo a cose (~col!. 500 s.} e connota tutto, proprio in ordine al nostro grup-
l'errore religioso dell'idolatria (Ier. 23 1 po di vocaboli, come un'epoca felice

"° Qui la formulazione indica già la concezio- potenza che esso dà, risente della mentalità
ne dualistica di cui tratteremo pit1 avnnti ~ greca.
col. 509. 42 Is. 3,12; 35,8; ltp. 38 [31],9; De11t. n,28;
41 Os.9,17; Deut.n,28; 30,17; ls.29,24; 44,8
13,6; Is. 63,17; '1194,10; xo6AOi lob 12,24;
(var.); lji 57,4 s.; 94,7.8.10; il fatto che in Sap.
Prov. 12,26; 21,16; 28,10; Sap. 5,6; 12,24.
z3,6 s. si giustifichi in certo senso la deificazio·
ne del creato per l'impressione di forza e di H -+ àmx"t&.w 1, col. rn28.
509 (v1,2 38) 'ltÀ.11.vaw x-.À. B n d . C 1 (H. Braun)

libera dal 7tÀctV<iD'i>a.t (Is. 35,8; 30,20; ce di questa maniera d,intendere l'es-
IEp. 38( 3r ],9 -1-1). sere, che è in fondo gnosticn, si opera
I primi passi verso un dualismo si lo sviamento dell'uomo per l'interven-
notano nell'accostamento di nÀtivri e to di potenze, nella lotta fra luce e te-
o-x6i:oc; (Ecclt1s II ,16. var.: interpreta-
zione tarda!), mentre altrove (~ col. nebra, verità ed errore, in riferimento
508) è relativo a 'ltÀ.ci.vri non il non. alle realtà ultime.
vedere, ma il non-ascoltare. In uguale
direzione va la formula di Sap.2,21 con I. Filone
1tÀ.ctviio-1'ctL e à:n:o·rnq>À.ouv appaiati. Si
tratta di nessi che nei LXX sono rari e Un posto a parte occupa l'uso lingui-
tardi, ma già denuncinno una concczio· stico di Filone 47 •
ne generale diversa ~s. a) La forma attiva di TCÀa.vtiw manca.
b) TCÀ.ctVtfoµcc~ in senso non traslato
C. GLI SCRITTI APOCALITTICI E DELLA connotn il vagare qua e là di Giuseppe
MISTICA ELLENISTICA (det . pot. ins. 10.17.22), delle stelle
(cher. 21; mut. nom. 67; rer. div. ber.
L'uso neotestamentario del gruppo 208; congr. 104; decal. 104) e del x6a-
di vocaboli, che andiamo esaminando, in µoç-<rwµct (plant. 5 ). Con valore trasla-
un considerevole numero di passi non to 7tÀ.a.véiO'i)a~ esprime l'incertezza del-
la parola formulata in modo impreciso
si può riallacciare immediatamente né (det. pot. ins. 131 ), l'inconsistenza del-
all'uso classico-ellenistico né a quello l'opinione che si basa sulle apparenze
dei LXX. Esso presenta infatti tre ele- (praem. poen. 29), l'oscillare errabondo
della percezione sensibile che apporta
menti caratteristici che nel complesso una valutazione errata della q>v<Tt<; e del
dei testi finora trattati non abbiamo caso (leg. Gai. 2), il vagare incerto della
trovato: potenze metafisiche che sedu- mente (vouc;) che senza crorpla. si muove
cono l'uomo; l'errare umano situato nel nella materia (if>..ri: plani. 97), nel pia-
cere e nella concupiscenza (T}oov-fi, ~m­
quadro di una concezione dualistica; il i}uµla: praem. poen. I I 7 ), l'aggirarsi er-
rapporto dei vocaboli con l'escatologia. rabondo della ~ux1} (rer. div. ber. 82)
Tali motivi tipici figurano invece - seb- che si trova nel pericolo (/ug. u9), sen-
za libertà (congr. 108) e intenta a cer-
bene di rado - in una serie di testi del-
care meditando (fug . r 31 ). lnol tre desi-
l'apocalittica tardo-giudaica, del giudai- gna l'errare in senso spirituale, ricavato
smo ellenistico e gnosticizzante e della in parte attraverso l'interpretazione alle-
mistica ellenistico-orientale. Vi si pos- gorica, di singole persone che l'A.T. pre-
senta in atto di aggirarsi in senso pro-
sono riconoscere influssi platonici e prio; tali sono, ad es., Giuseppe (det.
anche iranico-babilonesi 46 • Nella corni- pot. ins. 17.22) e Rachele (leg. all. 180).

« Tipiche alterazioni (almeno parziali) del ZNW 36 (1937) 124-132.


T.M. (~ n , 32). H Sulla questione nell'ambito della storia del-
4S Sulla Sapienza in quanto libro sapienziale
le religioni cfr. IloUSSET-GRESSM. 469-,5 24.
J.
apocalìttico cfr. F rcHTNf.R, Die Stellrmg der
Sap. in der Lit.- 11. Geistesgesch. ihrer Zeif: 47 Cfr. l'indice di L E JSEGANG.
5u (v1,238) 1tÌ..ctv6:w Y.'TÀ.. e I (H. Braun)

Questo errare è volto alle cose esteriori ins. r 9 ), non si riesce a cogliere il vero
(det. pot. ins. 28) - e molte volte senza (cbr. 38). Dominano le sensazioni (u.l-
discernimento (otci'Jota.: rer. div. her. cr/)1)c;Hç) e rendono inevitabile l'errore
!2) -, all'eccessiva import'.1~7.~ d:ita :i[?.1i (cher. 66; vii. Mos. 2[3] 272; decal.
atti esterni di culto (det . pot. ins. 21 ), al 5 2 ). Tranne che in ?tÀavoç, restano in
dispregio dell'allegorismo (det. poi. ins. ombra i traviamenti morali e le pratiche
22) o della &crx'l'}CTL<; (det. pot. ins. 10), idolatriche. Il vedere degli occhi è squa-
al culto politeistico degli astri (spec. leg. lificato come nei LXX, ma in modo rad-i-
1,15.16), e sempre si scosta dalla via cale, essendo In sensazione un cammi-
mediana e diritta. Gli imperativi µ1} no sbagliato per arrivare a conoscere
TtÀ.a.vw, µ'Ì] 1tÀa.véicri)E mancano. Dio (fug. 131; spec. leg. l,16; leg. Gai.
c) Il sostantivo 1tÀci'J1'}, come nei 2); anche l'udire non basta (rer. div. ber.
LXX, è più raro del verbo ed è usato 12). La via giusta è tuttavia anche un
solo metaforicamente per esprimere I'cr· vedere, ma di altro genere: (~ VIII,
rore morale degli uomini (dccal. ro4) o coll. 940 ss.; det. pot. ins. 22 ). Il rap-
della ljJux1J (del. pot. im. 24), il contra· porto del nostro gruppo di vocaboli con
rio della €yxptX'fELr.t di cui dà prova Giu· òo6ç, riscontrato nei LXX(-> col. 508),
seppe (det. pot. ins. 19), il politeismo continua (det. pot. ins. lo.2r.22; migr.
dei Giudei apostati (exsecr. 163). L'ac· Abr. 133; plant. 97; fug. J3I; praem.
cczione attiva di inganno non è testimo· poen. u7; det. poi. i11s. 19; spec. leg.
niata. 1 ,60 ). Tuttavia l'errore non consiste tan-
d) Il vocabolo corrente in Filone è to in una disubbidienza (l'idolatria resta
7tÀ.6.\lo<;, che in senso proprio significa in ombra) ma piuttosto dipende dalla
peregrinazione (spec. /eg. 4,158) e in nostra disgrazia di esser schiavi dei sen-
senso traslato l'errare, lo sbandamento si: i:òv àxoucrtov 7tÀ.civov Elcr&.mt\I Éxov·
dello spirito a causa di opinioni non va.L xa.À.mév, «è difficile sbarazzarsi
ben fondate (ebr. 38; spec. leg. 1,60 completamente dell'errore involontarim>
[aggettivo]); appare in connessione (cher. 66). Questo appare dai seguenti
con la perdita della libertà (congr. ro8), fatti: la mancanza di Èmcr.-pÉq>EL\I e µE-
particolarmente nelle idee circa la divi- i:a.voE~\I, tipici dei LXX (-)- col. 508)
nità (/eg. all. 3,180; decal. 52), in se- per connotare l'allontanamento dall'et·
guito alle percezioni sensibili (cher.66), rare, e Ja loro sostituzione con ȵBa.l-
e in special modo quando ci si dà al vw,1 ELç 't'TJV q>pC\llJO'EW<; OÒO\I (p/ant. C)8 ),
culto degli idoli e delle creature (vit. ~td)opµlsEcri}ru (congr. ro8), µE-.a.{3aÀ-
Mos. 2[3],272; spec. leg. I,15.16; virt. ).Ew (exsecr. 163), 11Ei:a.otS6.crxEw, <Ì1to-
65 .178). i.Àch1oç non indica mai le per- O"t'i')\lctt, àxoÀ.ovi}Ei:v (ebr. 38), soprat-
sone. . tutto Èr.~vt~Vct~ (congr. 108) e àv!Y.yE-
e) 7tÀciv1ym; in Filone figura quasi cri>o:t (praem. poen. u7, var.). Non sono
sempre come termine tecnico indicante potenze mitologicamente denominate a
i pianeti, in quanto differiscono dalle causare questo traviamento. Anche l'e-
stelle fisse ( rhtÀ.a.vEi:<;). scatologia resta completamente fuori
gioco. D'altra parte manca un legame
Talvolta l'idea di errore si estende fra questi vocaboli e µii)n, quale si può
anche alla sfera intellettuale; ma per trovare nel Corpus Hermeticum (~col.
Filone l'accento cade sullo sbaglio nel- 517), sebbene tale termine, in senso tra-
la conoscenza di Dio. Perciò il concet- slato, sia usuale in Filone.
to è usato quasi sempre in malam par-
tem; si manca la via giusta (del. pot.
'JtÀO.VcXW X'tÀ. e II I (H. Braun)

II. L'accezione dualistico-escatologica (B.6,r, var.), appellativo ingiurioso, che


nella glossa cristiana del passo è dato
Naturalmente anche l'apocalittica e dai Giudei anche a Gesù (L. 16,3). Nei
la mistica ellenistica adoperano i nostri Testamenti dei XII Patriarchi 1tÀ.'1.\loc;
vocaboli con significati non diversi da è riferito solo a persone. La 7tÀaV'I') (e
quelli testimoniati dal greco classico ed analogamente 1tÀav&.w e nÀct'Jaoµm.)
ellenistico: si ha 1tÀ.a.vaw per inganna- alla quale inducono gli spiriti e da cui
re nell'ambito profano (test. Iss. 1,13) ci si deve guardare (µ.q 'ltÀa.vacri>E: G.
o per traviare in senso religioso ad ope- 3,1) si contrappone al v6µoc;, e alle È'J-
ra di uomini (test. L. 10,2; R. 5,3) o del 'tOÀ.a.t xoploo (A. 5,4; 6,2 s.; Ios. 1,3);
vino (test. Jud. 14,1 .5 .8 ); 1tÀ.et.vaoµCt.L essa di rado consiste nell'idolatria (R.
(Corp. Herm. 2,6 b; 10,7; 16,17). 1tÀ.&.- 4,6; L. 16,1; Zab 9,7; Iud. 19,1; 23,1;
voc; (Stob., excerpta 6,4 [Scott I 412]) N. 3 ,3 ), per lo più in seduzioni concre-
e 'ltÀ.ctVTJ'tT)c; (Stob., excerpta 6,2 [I te: ubriachezza (Iud. 14,I.8), µfo·oc; (G.
410]) son detti degli astri, 'ltÀavoc;, (I_le- 3,1), ìh.Jµ6c; (D. 2,4), l;t)À.oc; (S. 2,7),
gli scritti ermetici riferito a cose, mai cpD6voc; (S. 3,1), TCÀEoVESlet. (Iud. 19,4),
a persone) è usato nell'ambito della co-
V'ltvoc;, cpav-racrla. (R. 3 ,7 ). Fra i vizi è
noscenza teoretica (Stob., excerpta 2 A, messa in forte risalto la 7topvEla. (R. 4,6;
3 [ Scott 1 3 82 J), 'ltÀaVTJ e 'ltÀ.et.vaoµa.L
5,3; Iud. 14,I.8; 17,1; Iss. 4,4; D. 5,
indicano una concreta opinione erronea
5; Ios. 3,9; B. 6,3). A queste seduzio-
(Corp. Herm. 2,10; 10,20; 12,16). Ma ni presiedono gli otto spiriti seduttori
è impossibile passare in rassegna tutte
( miEuµa."t'a. "t'ljc; 1tÀciv11c;) che portano
le concezioni gnostiche. ciascuno il nome del proprio vizio (R.
3,2-7).
Il traviamento operato dalle potenze
l .

In Hen . aeth. accanto ai peccatori Anche nei Libri Sibillini (3,63·69) il


(94,5) sono gli angeli di Gen. 6,2 ss. o seduttore porta il nome di Beliar ed
Asasel che traviano gli uomini indu- esercita mediante numerosi prodigi la
cendoli a una vita turpe e all'idolatria sua 'ltÀ.a\11) escatologica sui fedeli giu-
(Hen. gr. 8,2; 19,1); le schiere di Asa- dei e sugli eletti. La parte cristiana del-
sel nelle parabole inducono al peccato 1'Ascensione di Isaia, elaborando delle
gli abitanti della terra o il mondo (Hen. tradizioni giudaiche, parla anch'essa del-
aeth. 54,6; 64,2; 67,6 s.; 69,4.27), e la potenza dei prodigi di Beliar (4,10.
specialmente Eva (Hen . aeth. 69,6). 2-6.).

Nei Testamenti dei XII Patriarchi Secondo il Libro dei Giubilei la se-
hanno un posto importante "t'Ò 7t\1Evµ« duzione viene parimenti esercitata da
o -rà. 'lt'JEUµIX"t'CX. "t"ijc;, 1tÀaVT)c; -48, i oal- demoni impuri e da cattivi spiriti, gli
µo\IEc; -ri)c; 7tÀ.6.vric;, (Iud . .23,1), l'apxw\I spiriti di Mastema (10,r.2; u,4; 19,
-rfic; 7tÀ.U\11)c; (S. 2,7; !ud. 19,4) BEÀ.fo:p 28); presi di mira sono i discendenti di
stesso (L. 3,3; !ud. 25,3, var.; Zab. 9,8, Noè ( lo, 1.2; 11 ,4); la seduzione non
var.; B. 6,1, var.). Sono essi, e non Dio, cessa del tutto neppure quando i demo-
autori del 'ltÀa.'Jciv, di cui quasi sempre ni vengono puniti e decimati ( ro,8 ).
è vittima Israele e solo di rado i paga- Agli spiriti Dio ha dato potere su tutti
ni (N. 3 .3 ). Beliar è chiamato 7tÀ.6.voc; i popoli e le genti (I 5,31 ), eccetto Abra-

4S R. 2 ,1; 3,2.7; S. 3,1; 6,6; L. 313; !ud. 14,8; D. 2,.J; 5.5 (var.); N. 3,3; A. 6,2 (var.); B. 6,
20,1; 2513; Iss. 44; Znb. 9,7 (var.).8 (var.); 1 (var.).
1tÀa.v&.w x-rÀ. e Il I (H. Braun)

mo e il suo seme (19,28). La seduzione grottesco, come con Peli mo ( Qid. 8 r a:


consiste nell'allontanare da Dio (r5,31; Strack-BHlerbeck I 140 ).
19,28) e nell'indurre all'idolatria (n,4)
Teofilo (Autol.2 ,15) - evidentemen-
e ai vizi ( 50,5 ).
te utilizzando materiale del tardo giu-
Il dualismo dei testi di Qumran è e- daismo - considera i 1tÀ.cx.vTj-tcx.L come
vidente: Il traviamento (t' wt) di tutti -tunoc; -r:wv à.IJ)LO'-tcx.µivwv civi}pwm.<.lv
i figli della giustizia avviene ad opera &.1tò 'tov i>eou, «figura degli uomini che
dell'angelo della tenebra (I QS 49 3,21 si allontanano da Dio». Nell'apocalit-
s.; per t'h cfr. pure 1QS 5,4.11; u,1). tica si mettono in parallelo gli angeli
Il grande avversario è Belial (rQS 1,18. apostati di Gen. 6 con i sette astri che
24; 2,5.19; rn,21) o Mastema (1QS 3, hanno abbandonato la loro orbita (Hen.
2 3 ). Dio ha assegnato agli uomini due aeth. 18-21; 90,21-24) 53• Nella Preghie-
spede di spiriti (1QS 3,18). Negli in- ra di Ciriaco 8 54 , che utilizza motivi
ni 50 sono i profeti di menzogna ad o- gnostici tardo-giudaici, appare il opa-
perare il traviamento, che consiste nel xwv che seduce (1tÀcx.v&.w, 1tÀ.avl)) gli
distogliere dall'osservanza della legge. angeli, il primo Adamo, Geroboamo e
Per il Documento di Damasco, il tra- Salomone.
viamento (t'h : 5,20), che consiste nella
trasgressione della torà e principalmente Per i testi mandaici il traviamento
nell'indurre alln poligamia e al matri- umano è operato dai sette pianeti
monio con nipoti (3,1+14; 12,3), pro- (Lidzbarski, Gìnza 46,29; 52,7.15; 131,
2 5 ), dai dodici apostoli identificati con
viene da coloro che spostano i limiti
(5,20), che assumono un atteggiamento gli spiriti dello zodiaco (51,27), da Cri-
di diniego di fronte all'inasprimento sto (47,16; 52,6 s. 28 ss.), da Ruha
della torà propugnato dalla setta 51 , ma ( Lidzbarski, Ginza l 34,26; Johannes
soprattutto da Belial (4,13-18; 5,18; 199,19) e dai daèvas (demoni) di Samis
12,2) e dall'angelo di Mastema (16,5) 52 • (Lidzbarski, Ginza 28,25; 46,36 s.).
Queste potenze con opere prodigiose
Nonostante la definizione program- (Lidzbarski, Ginza 47,17 ss.; 49,8 ss.),
matica «Satana scende giù e seduce» con oro, argento e ventre pieno (Lidz-
(B.B. 6 a Bar.: Strack-BHlerbeck I 139), barski, Ginza 28,31 s.; 52,26), con leg-
i rabbini non parlano molto della sedu- giadri aspetti e magie (Lidzbarski, Gin-
zione. Quando lo fanno, il più delle za 52,33) seducono i figli degli uomini
volte si riferiscono (Strack-Billerbeck 1 (Lidzbarski, Ginza 28,33; 46,37) trasci-
140 s.) alla prova ordita da Satana (~ nandoli nelle fantasticherie e nelle buf-
ix, coll. 1424 s.), la quale, quando riesce fonate dei seduttori (Lidzbarski, Ginza
del tutto o in parte (come al Sinai, con 52,24 s.), cioè inducendoli ad adorare
David e Abramo), di fatto si identifica gli astri (Lidzbarski, Ginza 28,33 s.; 46,
con la seduzione. Qualche volta la de- 30), a dir bugie, a far bravate e scor-
scrizione di Satana seduttore finisce nel paèciate (Lidzbarski, Ginza 46,36-38;

•9 I testi con t' h sono presi da K.G. KuHN. 51 H. BRAUN, Beobachtungen wr Tora-Ver-
Per il Manuale di Disciplina dr. L. RosT, Der schiir/u11g im hiirelischen Spiiliude11tum :
gegenwiirlige Stand der Erforschung der in ThLZ 79 (1954) 347·3.P ·
Paliistina ne11 ge/undenen hbr. Handschriften: 52Cfr. però~ coli. 504 s.
ThLZ n (1950) 341-344. 5J Cfr. BoussET-GRESSM. 252.323.
50 E.L. SuKENIK, 'w1r hmgjlwl hg11wzw1 SI H. GRl!SSMANN, Das Gebet des Kyriakos:
(1954) 38 :w 16.20. ZNW 20 (1921) 25 s.
1tÀ.avO:w Y.'t).. e II I-2 (H. Braun) (v1,2.p) 518

52,3.4-53 19; 134,26, ecc.). A questo 2. Lo sfondo dualistico


traviamento si oppone l'istruzione
(Lidzbarski, Ginza 41 15 ). D'altro canto Tutto ciò in sostanza mette in luce il
la polemica contro l'ascesi cristiana (pro- secondo elemento che caratterizza l'uso
pria di una redazione tarda del testo) gnostico dei nostri vocaboli : tale erra-
dà a questa condanna mandaica della se-
duzione una nota particolare. re avviene sullo sfondo e in rapporto
con un dualismo metafisico, che si e-
Nelle Odi di Salomone la seduzione
s'incarna nella coppia di eoni contrari sprime in testi di varia provenienza e
a Dio (38,9 s.) che, contraffacendo Cri- con una terminologia che, per quanto
sto e la chiesa, fanno perdere al mondo non sempre usata con la stessa intensi-
sapienza e intelletto e lo gettano in
braccio alla frenesia e alla rovina ( 38, tà, risulta unitaria.
I I-14). Il nesso nÀ.avl)-CTX6'to<; (raro nei
Nei testi ermetici il 7tÀ.avocv e nÀ.a- LXX) e la contrapposizione altrettanto
véicrikt~ dell'~pwc;, che si contrappone rara di 7tÀavacri>cx.t a &,).'l)l>rnx e q>wç
a .-ò Àoytxòv µtpoc; -.jjc; tJiuxfic;, «la par- (~col. 509) manca anche nell'apocalit-
te razionale dell'anima», connota lo sta- tica(Hen.; 4Esdr.) 56 •
to di rovina dell'anima e del corpo ca- Ma i Testamenti dei XII Patriarchi,
duti in baBa dei demoni (Corp. Herm. nonostante le forti reminiscenze vetero-
r6,r6). L'uomo astrologicamente lega- testamentarie (cfr. l'importanza dell'a-
to 55 al cerchio zodiacale è vittima del scoltare e dell'obbedire, S. 3 1 1; N. 3,};
traviamento, della 'ltÀ.avl], in preda al- G. 3,1), proclamano programmaticamen-
le ·nµwplt:t~ 't'OV crx6-rouc;, «castighi del- te la differenza fra àÀ.1)i>Eta e 'ltÀ.aVl) e
la tenebra» (Corp. Herm. 13,11c.12). fra i due 'ltVEuµa-.cx. ad esse corrispon-
Anche se manca una esplicita nomen- denti (lud. 20,r.3, var.; cfr. anche A.
clatura mitologica, è chiaro che 'ltÀét.\ITJ, 5>4i Ios. 1,J); l'li.p)CW\I tjç TtÀ.tlVl]<;
come i suoi sinonimi µéi}l) (ebrietà), opera il -tuq>ÀOV'\I (Iud. 19,4) e impedi-
vrcvoc; ( li.À.oyoc;: sogno [confuso]), ri- sce quindi di vedere. Il x6crµoç ha que-
y\IW<fl(J. -.oO i}Eov (ignoranza di Dio), sto di caratteristico, che è sottoposto al-
i>ciwx.'t'oc; {morte), ii:yvotcx. (ignoranza), la 'ltÀ.avl}, che consiste nel trasgredire i
a-x6"t'oc; (tenebra), qii}opa (rovina) hanno precetti (lss. 4,6). Significativo è anche
il carattere di potenze (Corp. Herm. 1, il forte prevalere di 'ltÀcivl) su 'ltXavCi-
27 s.). cri)a~ (25,8) nei Testamenti, mentre nei
LXX si ha esattamente l'opposto.
L'anima che erra nel labirinto del
mondo, lontana dal soffio divino (Inno Nel Manuale di Disciplina il travia-
dei Naasseni in Hipp., re/. 5,10) è pri- mento dell'uomo ad opera di Bella](~
gioniera nell'amaro caos senza via d'u- col. 515) ha per sfondo la distinzione
scita. Il suo 'ItÀ.a:véiCTl>cx.t., anche se non tra i figli della luce (IQS 1,9; 2,r6; 3,
sono espressamente nominate le poten- 13 .2 5) e i figli delle tenebre (I QS I,
ze mitologiche, rappresenta un destino 10). Il contrasto fra luce (I QS 3,3 .7.
cosmico. 19.20.25; 4,8; rn,1; u,3.5) e tenebre

5> ~ GuNDl!.L 2u9-2122, dualismo in 4 fadr. e in Bar. syr.; anche i


5.> Cfr. BoussET-GRl!.SSM. 253 per l'assenza di rabbini non palesano uno mentalità dualisticQ.
1tÀ.~vaw xi:À.. C n 2-3 (H. Braun) (v1,242) ,520

(rQS 2,7; 3,3.r9.2r.25; 4,1r.13; rn,2; ci1t1XÀÀ<iyr)'t'E 'tOU CTXO'tEWOU (j>W't6c;, µE-
r I ,xo) e fra i loro corrispondenti, come 't'aÀ<i~E'tE 't'f}c; ài}avaala.i;, xa:raÀEl-
fedeltà e durezza (I QS 3,19), domina l).iav'tEc; 't'Ì]V q>~opciv, «allontanatevi da
tutto il quadro sr. quella luce che è ombra e, abbandona-
ta la perdizione, partecipate all'immor-
Nei testi mandaici errore e confusio- talità» ( Corp. Herm. I ,28 ). Tipica è l'o-
ne di questo mondo vengono nomina ti stilità contro il crwµa. e le sue al<Tthi-
in relazione a Satana, agli dèi pagani, <TELç (sensazioni: Corp. Herm. 1,24). Il
agli idoli (Lidzbarski, Ginza R. r6,28 corpo, essendo materia (UÀ.l]), impedi-
s.) a tibit (mondo) e alle opere del se- sce all'uomo di prendere atto della pro-
duttore (Lidzdarski, Ginza R. 280,26 pria condizione di essere decaduto; que-
s.). Di qui appare il posto centrale 58
sto misconoscimento del proprio stato è
di luce, vita e kusta (verità) e dei loro
i1 vero male della 1tÀ.0:vn dell'uomo
contrari. (Corp. Herm. 6,3 b 59 ). Poiché siffatta
Parimenti nelle Odi di Salomone ve- TtÀ&.vn in senso stretto è una temerarie-
rità e 7tÀ.6:\ll] personificate procedono tà ('t6Àµa.), in parallelo con àv&:.yxl]
di pari passo (38,4-7.15). Il cammino (necessità), dµapµÉVTJ (destino) e èi.-
dell'errore si svolge nella sfera del tran- "(VOLa. (ignoranza), bisogna distinguerla
sitorio e del mortale (r5,6), della follia, dalla &.crÉ(3ELa. (empietà); è al di là di
dell'insipienza e della nullità (u,10); ogni responsabilità e non soggiace ad al-
con essa Dio non ha contatto alcuno (3, cun castigo da parte degli dèi (Corp.
ro; 18,10) e l'uomo ne è sottratto quan- Herm. 16,u). A questa conclusione non
do l'anima si eleva (15,6; 38,1). giungono i testi del tardo giudaismo (Te-
La trattazione più diffusa di questo stamenti dei XII Patriarchi) e mandaici,
dualismo si trova nei testi ermetici. I anche Jà dove al massimo si limitano
ih:toc non possono né vogliono 7tÀrJ.vfi- talvolta ad accennarvi con cautela (~
criJocL ( = à.µap'tU\IELIJ, Scott 1 420 ), co- coli. 507 s., n. 41 ).
me invece fanno gli uomini che constano Infine, anche nell'Inno dei Naasseni
di xax1] uÀ.l]. L'uomo che ricusa l'im-
l'anima, nel suo errare senza uscita nel
mortalità e nella 7tÀ.a\ll] accarezza il cor- labirinto del mondo, è manifestamente
po, errando nel buio (1tÀ.ocvticrihx~ lv trascinata qua e là nel contrasto tra
't1;> crxbnL) resta nel mondo dei sensi \IOVc; e x!ioc;, cpwc; e ÈÀ.EEL'Vii, come de-
( cfr. 1i 'tOV xbcrµou U7tU'tlJ; «l'inganno nuncia il carattere di destino cosmico
del mondo», Corp. Herm. 13,1), nella del suo vagare, illustrato anche dal pa-
sfera della morte (Corp. Herm. l,19). I ragone con la cerva (Hipp., re/. 5,10).
crvvooEu<ra\l'tEc; 'tTI 7tÀavn xcd <nJyxo~­
vwvi}cra.nEc; 'tU à.yvolti, «coloro che 3. L'uso escatologico
hanno per compagna di viaggio la 1tÀ.ci-
\ll] e hanno fatto causa comune con l'i- a) I tempi escatologici adducono con-
gnor~nza», ricevono dai misti divinizza- fusione sia per gli astri (Hen. aeth. 80,
ti questa esortazione (mancano però gli 6; 4 Esdr. 5 ,5) sia per gli uomini. Que-
imperativi µTj 1tÀa\lw, µ1} 1tÀocvéicrilE! ): sti cadono nell'errore dell'idolatria

57 Per il dualismo negli altri testi di Qumran molto più smorzato: l'opposizione fra luce e
cfr. K.G. KuHN, Die in Paliistina gefundenen tenebre manca completamente.
hbr. Texte: ZThK 47 (1950) 197-199. Nel 511 Cfr. l'indice in LIDZBARSKI, Ginza.
Documento di Damasco (-4 col. 515), ri- si Con Scon (n 177) ritengo Ti yacrTpiµap-
spetto al Manuale di Disciplina, il dualismo è yla una glossa di indirizzo ascetico.
1tÀl't.Valù X"tÀ. e Il 3 (H. Braun) (vr,242) 522

(Hen. aeth. 80,7), nello smarrimento di gli uomini fraudolenti ('nfi mrmh ), i
spirito e nella paura (Bar. syr. 70,2); maestri d'errore (mlhj rmjh: I QH 4,16.
64
vengono diffuse notizie, voci, appari- 201 ) e i1 vaticinatore di menzogna
zioni (Bar. syr. 48,J4). I popoli e i lo- (mfif hkzb: I Qp Hab rn,9 65 ). È chiaro
ro capi restano disorientati (4 Esdr. 5, che lo stesso Flavio Giuseppe conosce
5; 9,3 ). Vi saranno È7tt -rn <iV\lnÀ.El~ questo tema. Egli non adopera quasi mai
't"W\I a.lw\IW\I 7tÀ.Ct\IWV"tE<; i:òv 'Icrpa.-fi).., i nostri vocaboli (tranne in betl. 2,259:
«alla fine dei tempi alcuni che travie- 'ltÀci\lot yàp l!vbpw1to~ xa.L IÌ.7tO:'tEW\IE<;,
ranno Israele» (test. L. 10,2), e il glos- « ... uomini seduttori e ingannatoti»), ma
satore cristiano riferisce questo al rifiu- èmo:'t<i.V e dc; CÌ.7COCT'rO:<i~V àmiyEw,
to giudaico di Gesù. Tale 7tÀ.a.vi'icri}a.~ «spingere alla ribellione», quando descri-
durerà 70 settimane (test. L. 16,1). Nel ve l'istigazione alla rivolta politica ad o-
tempo finale, che è quello presente, pera di Giuda il Galileo (ant. I 8,4 ss.;
profeti di menzogna hanno visioni di bel!. 2,n8), di Teuda (ant. 20,97), del-
'inganno' e proferiscono chiacchiere l'Egiziano (ant. 20,167-172; beli. 2;261),
( zQH 60 ). Anche nel Documento di Da- o quando parla dello o/EU007tpoq>1)'TT)t; e
masco l'età ultima, in cui vive la comu- degli altri 7tpoqrr]-ro:t (bell. 6,285) che
nità ( l ,12), porta seduzione e tentazio· inducono a protrarre fino all'ultimo la
ni (5,20; 7,21; 19,10); lo stesso mae- difesa di Gerusalemme. I mezzi coi qua-
stro di giustizia viene alla fine dei gior- li gli pseudoprofeti attuano la loro se-
ni ( 6, II). Quando i tempi volgeranno duzione politico-teocratica sono i discor-
alla fine, compariranno gli imbroglioni si insinuanti (ant. 18,4 ss.; bell. 2,rI8;
(ass. Mos. 7,4.1). Il 7tÀ.a.vi'iv escatolo- a11t.10,1n) e la promessa di interventi
gico di Beliar, di cui si parla in Sfb. 3, salvifici miracolosi (ant. 20,97.170; beli.
68 (che sembra un'elaborazione cristia- 2,261), i (TT)µEi:a. (beli. 6,285) o -rfpa.-.a.
na 61 , e non precristiana 61 ), è un moti- xo:t O"l')µ.Etct (ant. 20,168). Anche que-
vo apocalittico ben radicato: esso è o- sto miracolismo fallace (dr. Deut. 13,2
pera di potenze metafisiche (~ coli . 513 s.--)> coli. 503 s.) è un luogo comune del-
ss.), concepite miticamente, che tutta- l'apocalittica ( cfr. Oracoli sibillini, A-
via possono venir presentate anche in scensione di Isaia, i testi mandaici [ ~
aspetto umano, come l'Anticristo 63 • Lo coli. 514.516] ). Nella letteratura rab-
lj;rnoo7tpoqn]-rnc; (anche al plurale) è an- binica il tema dello sbandamento a ol-
ch'egli una figura apocalittica di tal ge- tranza dei tempi escatologici ha scarso
nere; tuttavia nei LXX (Zach. 13,2; Ier. seguito 66 •
6,13) e in Filone (spec. leg. 4,51) in con-
nessione con 7tÀa.vU.v sta, a quanto pare, b) I tempi escatologici pongono fine
non il falso profeta, ma solo t!iEuooc; (~ al 7tÀ.ctvi'iv. Già nei LXX (~coli. 508 s.)
coll. 503 s.). Invece i testi di Qumran si prelude a questo tema. Gli angeli de-
mettono in relazione con la seduzione caduti, Asasel e le sue schiere seduttri-
(t'wt) i profeti di menzogna (nbi' kzb), ci degli uomini (Hen. aeth. 19,r; 54,6;

ro Cfr. --.. n. 50 e Kmm, op. cit. (~ n. 57) 61 Come vuole ScHORER III 440 s.
208 s. 63 BoussET. GRESSM. 254-256; DrnEuus,
61 Cfr. KAU'l'ZSCH, Apok. u. Pseudepigr. II Thess. 47-5x.
182; HENNECKE 402; J. GEFFCKEN, ad l., in: 61 SUKENIK, op. cii. (~ n. 50).
Handbuch z. den nt.lichen Apkr., cd. E. HEN- 6S I due ultimi passi mi sono stati additati
NECKE (1904); W. ScHMID-0. SrXHuN, Gesch. pcJ iscritto da K. G. KuHN.
der Griech. Lit. n 1 6 (1920) 613 s. 66 STRACK·BILLERllECK IV 981·986.
.P3 (vr,242) nÀ.a\laW X"(À.. e Il 3 . D I 2 (H. Brallll) (v1,243) .524

64,2; 69,27), i 1tve:uµcx.-.a -rijc; TI:Àcivric; mocivo centrale del N.T., cioè dall'e-
xcx.t -rou Be:À.lcx.p (test. S. 6,6; L. 3,3; vento di Cristo.
Zah. 9,8, var.), gli homines dolosi (ass.
Mos. 7,4) lo Zabulus (ass. Mos. 10,1)
vengono puniti e messi fuori causa. Nel- I. Senso non traslato o traslato solo in
l'ultima età i pagani capiranno che il parte
culto degli idoli è una diserzione e ri-
conosceranno il loro errore: Tiiu:i-c; o' I. Il N.T. adopera il medio-passivo
àlJCJ.\lcX't'OLO 'tpl~ou 1te:TtÀ.CJ.Vl)µÉVOL dµk\I J
«ci siamo sviati dalla via immortale» r.:Àcx.\lcioµCJ.L in senso letterale solo in
(Sib. 3,721 ). XCJ.t oùx Ecr't'CXL ÈXE~ 1t\IEVµCJ. Hebr. rr,38. L'accezione corrisponde
7tÀcivnc; -tou Be:À.lcx.p, <<non ci sarà più all'uso profano(~ coli. 489 s.) e a quel-
allora Io spirito di menzogna di Beliar»
lo dei LXX(~ coll. 502 ss.). L'idea del-
{test. Iud. 25,3, var.; cfr. Iub. 50,5; 23,
2 9 ). Anche questi temi hanno scarsa eco la rinuncia a una sede stabile per amo·
nei rabbini 67 • La fine escatologica della re di Dio - anche se non espressa coi
'ltÀ.ct\IT) si può paragonare - ma solo for- nostri vocaboli 68 - è ben nota sia al·
malmente - con un motivo dei testi er·
metid (Asci. J,26 a [Scott I 344]) ri- la tradizione veterotestamentaria che a
salente alla conflagrazione universale de- quella del giudaismo 69• Ad essa si ispira
gli Stoici: quello di ci-rCJ.~lcx., itÀ.tiVl] l'intero cap. I I di Hebr. e il v. J8 in
e xcx.xia che scompaiono a opera del de-
miurgo e lasciano posto alla restaura- particolare: «Erravano per i deserti e
zione del mondo primordiale. sui monti, tra le caverne e le spelonche
della terra 70 ». Questi 7tpEo-{3u-ce:poL con
D. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T. il loro 1tÀa\l(ì.o-llat. fonno vedere che
cosa significhi la fede: EÀ.ml;oµÉ\IW\I
L'uso dei nostri vocaboli nel N.T. è
Ù1t6o--cct<nc;, 1tpctyµ6.-.wv ~).e:yxoc; ov
caratterizzato dal confluire della prassi
{3M:itoµÉvto.>V, «realtà delle cose che si
linguistica classico-ellenistica e dei LXX
sperano, argomento di quelle che non.
con quella dei testi dualistici e apoca-
si vedono» (Hebr. 11,1 s.).
littici in un miscugJio in cui prevalgono
di volta in volta uno o più tipi. A 2 . Rifacendosi ai LXX (~ coli. 505
ciò si aggiunge un'altra nota decisiva: ss.) Mt. 18,12 s. parla del 1tÀcx.vM"i)ct~
questa terminologia, diversamente O· della pecora. Le. I 5,4-7 la presenta al·
rientata a seconda dei testi, riceve più lo stesso modo; ma invece che 1tÀCJ.\ICi·
o meno una colorazione particolare dal oi11u dice 'perdere', cioè parla della pe·

61 STRACK·BILLBRBECK IV 914 s. 11; 10,6; Flav. Ios., nnt. 12,271 s.


6! Fa eccezione Ps. Sal. 17,17. Hbr., ad l.; E. KAsEMANN, Das
73 WINDISCH,
flJ Cfr. per David I Bciu. 24,1 s.; Flav. Ios., wandernde Gottesvolk (1939) u7 s.: si po·
ant. 6,247; per i profeti del tempo di Achab trebbe pensare a. una tradizione giudaica mu·
J BctO". 18,4.13; 19A.8; per i pii del periodo tuata tal quale, dato che l'autore non si cura
maccabaico r Mach. 2,29 ss.; 2 Mach. 5,27; 6, di presentare tipi marcatamente cristiani.
1tÀet.vaw x-rÀ.. D 1 2 - u I (H. Braun)

cora che è perduta 71 • L'uso del vocabo- sente qui l'eco delle altre metafore del
lo nel testo attuale di Mat~eo forza il gregge senza pastore 73 • La forma ma-
senso letterale di 1tÀcx.viio-l>cu. La peco- schile 74 mostra chiaramente che l'im-
ra che si smarrisce significa in origine magine allude all'errare degli uomini
l'allontanarsi degli uditori o il rifiuto da quando non erano ancora cristiani, non
parte degli empi e più tardi, nell'appli- all'errare delle pecore. La colpa di que-
cazione, l'apostasia di qualche membro sto errare è più marcata che nella for-
della comunità. Un tale errare è colpe- mulazione dei LXX(~ col. 505): non
vole (difatti il parallelo Le. 15,7 parla si tratta più di una condizione da com-
giustamente di aµcwtwÀoc;); ad esso po- piangere; qui errore e conversione si
ne rimedio l'opera di Gesù e il kerygma contrappongono, come ocµttp"t'la.1. e &t-
della comunità proclamato nel nome del xcx.iocruvri (r Petr. 2,24).
Signore glorificato.
II. Senso traslato
3. La metafora della pecora smarrita
presente nei LXX (col. 505) figura an- L'uso traslato dei nostri vocaboli nel
che in r Petr. 2,25. Ma la prima per- N.T. non riguarda il cadere o il far ca-
sona plurale dell'aoristo di Is. 53,6 è dere in errore su un piano della pura
qui sostituita dalla circonlocuzione par- conoscenza, se non in via eccezionale
ticipiale ij"t'E ... itÀcx.vwµEvot 72 ; viene (~coli. 545 s.). Di solito si tratta di ca-
cosi sottolineata tanto la realtà del- tegorie religiose.
la passata situazione quanto la sua
fine. Essere cristiano vuol dire essersi I. Accezione veterotestamentaria
lasciato alle spalle il tempo dell'errare e tardo-giudaica
( ~ vn, col. r488 n. 67 ), perché si è ri- Quando in Rom. 1,27 la defezione
tornati al pastore e custode (~ II, col. dei pagani da Dio viene identificata con
452; III, coll. 774 s.) delle anime. Si la divinizzazione delle creature e l'ido-

71 Perciò la redazione della parabola pare pii1 (STRACK·BILLERBECK Il 210-212), suffragano


vicina alla forma originaria in Matteo che in la tesi che alla base dei testi vi sia un logion
Luca. Invece la sua applicazione, in Mt. 18, originario di Gesù. Però non siamo più in
ro.x4, ai µtxpol della comunità e all'obbligo grado di riconoscere se questa forma origina-
di non trascurarli è chiaramente di fattura ec- ria della parabola prendesse di mira polemi-
clesiale; il riferimento originario agli écµcxp'tc.>- camente la sicurezza religiosa ostentata dal
ì..ol bisognosi di ritorno è conservato più chia- tardo giudaismo o fosse un invito rivolto ai
ramente in Le. (BULTMANN, Trad. 184 s.). Il peccatori (BuLTMANN, o.e. 216).
modo di esprimersi che si riallaccia a for- 1l Come Rom. 6,17; dr. BL.-DRBR. § 327.
me tardo-giudaiche (per il rapporto 1% dr.
7J Cfr. E;;. 34,5 e passim.
STRACK-BILLERBECK I 784 s.) e l'importanza
data al peccatore che si converte, in contrasto ; .1 La forma attributiva 7'.:).a.vwµi;v« è una va-
col tardo giudaismo che in questo punto si riante dovuta alle tendenze appianattici della
presta per lo meno a diverse interpretazioni koiné.
1tÀ.<.tvtiw X"tÀ.. D u 1 (H. Braun)

latria - Rom. r,21-23 spiega che cosa stiani (Hebr. 4,15; 2,x7), in Hebr. 5,2
implichi la 7CAcXV'rJ di Rom. r,27 -, bal- sono chiamati 'ltÀ.oc'llwµEvo~, e il termine
za subito agli occhi che lo sfondo è il parallelo à.yvoovv·m; fa capire che si
modo tardivo di vedere dei LXX (~ tratta di quel peccato di debolezza e di
col. 507 ). Ma questo sfondo è già al- ignoranza, ma pur sempre da espiare,
quanto confuso, quando in Tit. 3,3 l'er- che già era noto all'A.T. (~coli. 506 s.)
rare nel paganesimo di un tempo (TjµEv) e per il quale andrà considerata anche la
non è messo in relazione specificamente terminologia razionalistico-stoica (~ n.
con il culto degli dèi pagani, ma entra 38). Nella forma attuale di Iac. 5,19 si
nella cornice generica di un catalogo di parla dell'eventualità che un fratello
vizi (Tit. 3,3), oppure quando TCÀ.aVT} cristiano possa incorrere nel 7tÀ.aviio-i)'oct
(come in 2 Petr. 2,18) è usato in assolu- e nella 'ltÌ..cbrri òoov aÙ"tou, cioè diven-
to per indicare l'immoralità dei pagani tare un &.µap'twÀoç. La presenza, nel
e tradisce influssi dualistici mutuati at- contesto, di ò86ç e E:mcr't'pÉqmv (~ vm,
traverso il giudaismo ellenistico 75 • In col. 243; ~col. 508) fa pensare a uno
questo modo di considerare la vecchia sfondo veterotestamentrio, mentre tiÀ.1]-
pratica pagana come defezione si avver- i)'rnx. 77 richiama quello tardo-giudaico
te un noto luogo comune delle prime (~I, coll. 655 s.): l'errare non ha an-
generazioni cristiane 76 • cora una propria specificazione cristiana.
Più in linea con la maniera veterote- Anche il 7tÀ.avcw~oct di cui Gesù par-
stamentaria di intendere i nostri voca- la rispondendo ai Sadducei (Mc. 12,24.
boli sono quelle accezioni che riguarda- 27 e Mt. 22,29) non va oltre la cornice
no non i pagani, ma l'apostasia dei cri- del tardo giudaismo. Anche qui Luca
stiani (~ coll. 505.506). In Hebr. 3, omette il vocabolo e~ coll. 524 s.). Il
xo essi vengono ammoniti, con una ci- OLà. 'tOU't'O di Marco può riferirsi tanto

tazione quasi letterale di tfJ 94,7-u, a a ciò che precede 78 quanto a ciò che se-
guardarsi dall'ud rcÀ.a.viiulta.L 'tTI xocp- gue 79 ; ma in entrambi i casi resta in
olq., che in modo prettamente veterote- sospeso se il non conoscere le Scritture
stamentario (~ col. )0.5) in Hebr. 3, né la potenza di Dio sia la specificazione
12 è interpretato come ti'ltOCT'tilVa.L à.1tò oppure la causa del 1tÀ.a.vcw1'cu. Chia-
DEoO ~WV'toc;, «allontanarsi dal Dio vi- ro è invece ciò che si respinge come
vente». Gli uomini, ivi compresi i cri- 1tÀ.avéfo1'a.t, cioè l'idea che la resurre-

75 Cfr. il contenuto della n)..ciVTJ nei Testa- 78 WELLHAUSEN, Afk., ad l.; KLOSTERMANN,
menti dci XII Patriarchi~ coli. ,5IJ s. Mk., ad l.; probabilmente anche Ja versione
76 Cfr. DIBELlUS, Post., a Tit. 3,3. siro-sinaitica in A. MERX, Die Ev. des Mk ti.
77 La variante cX1t~ Tiji; 650\i -if\c; CÌ.À.1)1Mac; Lk, in: Die vier Ev. nach ihrem iiltesten be-
in Iac. ,,r9 è il risultato di ambedue Je pro- kannten Texte n 2 (190,), ad l.
spettive combinate insieme. 79 Cosl la maggior parte degli esegeti.
'ltÀavaw x-tÀ. D 11 1-2. (H. Braun)

zione sia un proseguimento del modo mente cristiano, per quanto sia un'am-
di vivere sulla terra o, come dice Le. monizione rivolta ai cristiani. La sua
20,34, il disconoscimento della· diversi- origine formale non va ricercata nei
tà dei due eoni 80 • LXX, dove l'imperativo plurale nel sen-
Importante a questo proposito è sot- so di 'non ingannatevi' manca del tut-
tolineare che i contrasti tra una fede to· (col. 506 ), ma nella diatriba stoi-
grossolan~ nella resurrezione, qui rap-
presentata in modo fittizio dai Saddu- ca 84 • Ha quasi il valore di una interie-
cei, e un'altra spiritualizzata, si incontra- zione 85 e, come in Iac. r,16, può anche
no proprio sul terreno del tardo giudai- essere una formula di transizione 86 • µi)
smo 81 ; l'argomentazione con cui Gesù TIÀa.véicritE si riferisce sempre a ciò che
illustra la realtà della resurrezione -
invece di procedere in un modo tipica- segue. Analogamente alla corrisponden-
mente cristologico - si adegua agli sche- te terminologia tardo·giudaica K1, i cri-
mi dell'esegesi rabbinica ~2 • L'errore e- stiani sono esortati a non cadere nel pe-
spresso da TCÀ(.X.véiai>a.t 33, come nei LXX,
n.on è di ordine intellettuale, ma è con- ricoloso errore di ·sottovalutare la serie-
cepito come una carenza religiosa, e per tà dei divini castighi. In I Cor. 6 1 9 l'e-
ciò che concerne le modalità della re- spressione introduce un catalogo di vi-
surrezione, quali le presentava la fede, zi 88 , che risale alla tradizione ellenisti-
oltrepassa i LXX, ma non l'apocalittica
e 'i testi rabbinici. co-giudaica. In Gal.6 17 µ'i) 'ltÀ!x:véia'i)E 89
mette in guardia, citando forse un det-
2. Accezione stoica di µ7} 1tÀ.a.véi<rfrE to proverbiale \10, contro l'illusione che
Anche il µ7} 7tÀttvéia'i)E del N.T. (z Dio si lasci prendere in giro. Il µi} 'ltÀ.o.-
Cor. 6,9; Gal. 6,7; Iac. 1,16; I Cor. 15, véia'ttE di Iac. x,16 - probabilmente an-
33) non implica un contenuto specifica- che qui con una citazione 91 - secondo

8'J Se alla base di questo episodio, che è sen- 8f -> col. 495; cfr. LIETZMANN, . Kor., a 1
za dubbio cli origine redazionale, ci sia una Cor. 6,9.
parola attribuita dalla tradizione al Gesù sto- as LtETZMANN, Gal., a Gal. 6,7.
rico (LoHMEYER, Mk.), o se qui si riflet- 86 DIBELIUS, Jk. 95; A. MEYER, Das Rii/se/
ta qualche polemica antigiudaica della primi- des ]k. (1930) 175.
tiva comunità (BULTMANN, Trad. .25). è que- 87 Basta confrontare 2 Mach. 7,18.

stione che non si può risolvere con certez.za 8S Del resto esso si ha solo qui e non ·negli
(BuLTMANN, Trad. 51 s.), e del resto ha scar- altri cataloghi di vizi (Gal. 5,19; Col. 3,5;
sa importanza. Eph. j,5); la formula dunque non necessaria-
ai STRACK-BILLERBECK .I 888-891; III 473 s.; mente appartiene al catalogo di vizi.
1v 890 s. II32 s.; BoussET·GRESsM. 274-277; 8? La tr_
asformazionc della messa in guardia in
-> I, coll. 992-994. una affermazione, lasciando il µi), come si
31 STRACK-BILLERBECK I 893-895. legge in alcuni codici della vetus latina e in
81 Un equivalente ebraico-aramaico manca co- Marcione, se si considera il carattere stereo-
munque nelle relative dispute dci rabbini. tipo della formula, è certamente una corre-
Cfr. Gen. r. 14 (10 e) (STRACK-BILLERBECK Ili zione.
473); Ab. R. Nat. 5 (ST.RACK-BILLERBECK iv 90 LIETZMANN, Gal., a 6,7.
343); Sanh. 90 b (STRACK-BILJ.ERBECK I 893); 91 Drneuus, ]k., ad l.; WINOISCH, ]akbr.,
Tanh. 3 a (STRACK·BILLERBECK I 885). ad l.
itÀet:vaw X"l'À. D n 2-3 a (H. Braun)

il testo dell'esametro, controbatte l'opi· mente teoretico, ma da una colpa.


nionc che qualsiasi dono buono possa
venire da altri che da Dio. Ma il con- 3. Accezione dualistica
testo si scosta un po' dall'A.T. 92 cd è Là dove, nel N.T., i nostri vocaboli
invece in linea col giudaismo ellenisti- si richiamano a contenuti tipicamente
co 93 ; grazie ad esso viene condannata cristiani, riflettono quei tre elementi ca-
come perniciosa l'idea che da Dio pos- ratteristici che giù abbiamo sopra ricor·
sa derivare anche qualcosa di male, co- dato: il dualismo, le potenze seduttrici
me l'esser tentati(~ IX, coll. 1431 ss.). ostili a Dio e l'escatologia. È raro che
È incerto se I Cor. I 5 .3 3 debba essere questi tre motivi stiano a sé; il più del-
inteso nel senso finora adottato di 'non le volte figurano combinati insieme, ma
ingannatevi'. A favore di questo modo con prevalenza dell'accezione escatolo-
il tradurre sta, sul piano della forma, la gica.
citazione inserita anche qui (~ IX, col. a) La nÀ.avri di Eph. 4,14, diversa-
834) e sul piano contenutistico l'invito mente da quanto abbiamo visto sin qui,
a non negare la resurrezione e non di- è legata all'evento di Cristo. Il suo con-
menticare che il peccato vien ripagato. trario è il crescere verso il Cristo, XE-
Se invece bisogna tradurre al passivo cpa.)..1) del O"WjJ.a. 95 , o meglio il far cresce·
('non lasciatevi traviare' 9i), il riferi- re verso Cristo la totalità dell'univer-
mento al deprecato culto degli idoli pre- so 96, i1 che si attua mediante la profes-
sente nell'unico µ'i} nÀ.~vii<rik dell'A.T. sione della verità (cioè della vera fe-
(~ col. 506), qui come in test. G. 3,1 de 97 ) nell'amore, L'errore invece è ca-
(~ col. 514) cederebbe il passo a un ratterizzato dall'insidia (µEi}ooElct, Eph.
substrato gnostico-dualistico (Èxvi)cpew, 4,r4~v111, coll. 291 ss.), tesa dagli UO·
à.yvwcrla Deou ~ 1, colJ. 318 ss.): chi mini (7tpoç: Eph. 4,r4) con mezzi subdo-
ricade nella seduzione, incorre ncll'&.- li (xu~Ela., mx.voupyla.: Eph. 4,I4), e dal-
1..LaP'tetVELV e in una situazione indegna la volubilità contro cui i cristiani (xÀ.u-
di un cristiano (I Cor. 15,34). La diffe- OW'llt~6µE'llOt. xa.i 7tEpt.<pep6µevot. 'ltet.V'tt
renza fra le due interpretazioni non è à."Elll~ Tij<; o~Oc.t(ncaì..lc.tc;, «sballottati e
di capitale importanza, poiché anche portati qua e là da ogni vento di dottri-
l'ammonimento 'non ingannatevi' non na») devono essere pressantemente mes-
cerca di stornare da un inganno purn- si in guardia. Qui spicca chiaro jj dua·

92 ~ 1mpoc~w e ~ coli. ,04 s. a.v~avEw: DrnELlUS,


9-' Ge/br. ', ad I., e
93 WINDISCH, Jakbr., ad l.; oltre alle testimo- PREUSCHEN-BAUER, S .V .
nianze filoninne da lui presentate cfr. anche
!>; Così H. SCHLrER, Chrislus 11. die Kirche im
leg. all. 3,180.
Eph. { 1930) 70-72.
91 Vg.: nolile seduci; JoH, WEtss, I Kor., ad
I. e PREUSCllEN-BAUER, s.v. 97 DrnELIUS, Gefbr.1, ad l. e ~ t, col. 674.
533 (vr,246) TtÀavaw x-r)... D n 3 a·b (H. Braun) (VI,247) .5 34

Jismo 93 (~ coll. 5r8-520) di nÀ.avn e tori (TtÀ.civoL: 2 lo. 7), in linea col doce-
à.À.l}Ì>ELa 99 , e nell'uso di xu~Ela 100 e µE- tismo, ricusano di credere che Gesù «è
i)ooEio. 101 si profila la partecipazione che venuto nella carne», di credere in Gesù
hanno in questa r.À.civTJ le potenze ne- stesso (4,2.3.6; 2 Io. 7) 103 • Ma il crite·
miche di Dio. rio che viene offerto per individuare
b) Non c'è da stupirsi che anche nel· questi maestri di errori cristologici (che
la Prima di Giovanni l'uso dei nostri si ascolti il messaggio della comunità
vocaboli abbia uno sfondo dualistico 102 : ( 4,6], che permanga fra i cristiani la
il 7C)..ava;v e la 1tÀ.6.vTJ non provengono dottrina udita da principio e tramanda-
dalla &.À.l}Ì>ELO. ( r ,8; 4 16 ), si realizzano ta (2,24] ), mette in luce in ambedue i
nel raggio d'azione di ètÀ.TjìlEia e ljJEv· casi il carattere pratico di questo inse-
Soç (2,2I s. 27), di cpwç e crxoTla (1,5- gnamento erroneo (-->- I, col. 664). E
7; 2,II), di 1}6.VCX.'t'O<; e SW'l) (3,14); SO· se è vero che un simile 'ltÀ.a:véiv è ope-
no cose estranee all'essenza autentica ra di uomini (2,26; 3,7), e anche di
della comunitfi (2,19). L'errore diviene cristiani che se ne fanno vittime ( l ,8 ),
il contrapposto della à.À.1}i>rnx., della i falsi maestri 101 sono però figure meta-
realtà divina. I 1tÀ.ct:vwv-m;, i falsi mae- fisiche (av'tlxptO'-.ot: 2,18; ò nÀ.a\loc;,
stri (2,26; 3,7), e quei fedeli che parla- ò à.v-rlxptcr-.oç: 2 Io. 7 ); la potenza de-
no come loro (1,8), negano l'esisten- moniaca del x6crµoc; {4,4), il ~t&.Bo>..oç
za del peccato nel cristiano e la neces- (3,8), il 1t\1Euµa "t'ijc; 'ltÀ.avl)c; (4,6) che
sità di attingere perdono (1,8 s.), oppu· si contrappone al 1tw:vµcx. Tijc; à.À.'l'}-
re, su basi antinomistiche, ritengono che ~Elac;, agiscono in loro. Le potenze se-
per il cristiano non abbia importanza il duttrici che già abbiamo conosciuto par-
compiere ( noLdv) la giustizia ( &xcno- lando dell'accezione dualistica dei voca-
uUVTJ) o il peccato (ci.µcx.p-.lri.} (3,7). boli(~ coli. 5r3 ss.) sono qui espressa-
Questo è ben vivo anche là dove i no- mente denominate. Un tal genere di
stri vocaboli sono legati a un contenuto errore costituisce certamente un pe-
specificamente cristologico. I falsi mae- ricolo per i cristiani, che devono esse-
stri negano che Gesù sia il Cristo (2, re ammoniti a guardarsene (3,7; 1,8).
22 .26); lo spirito dell'errore e i sedut- Essi tuttavia vengono in fondo immu-

98 Cfr. anche r Cor. 15 133; ~col. 531. lOJ Per lo stato dcl testo di 4,3, per la con-

99 DJBELlUS, Gc/br.i, ad I. dotta di questi maestri d'errore e per l'inter·


pretazione escatologica o meno dell'lpxoµtvov
100 Per Io sfondo demonologico cfr. DrnE·
(2 Io. 7) cfr. W1ND1scn, ]ohhr., ad I. e H.
LIUS, Gefbr.i, nd I.
BRAUN, Literarana/yse 11. thcol. Schichtung im
IOJ Cfr. Eph. 6,xr e in Eph. 4,14 l'aggiunta I ]oh.: ZThK 48 (1951), 287-292; per 7tM~­
del cod. A. voc; sostantivo ~ coli. 500 s.
102 Per l'interpretazione di tale sfondo ~ I, lo.I WrnmscH, Kath. Br.3 , a r lo 4,3 e ap-
coli. 658·665. pendice.
1tkctv&.w xù. D n 3 b · 4 a (H. Braun)

nizzati in quanto sono da Dio {4,4), XPt<:T"t'oc; si può congetturare 10!1. Anche
posseggono lo Spirito e conoscono la qui (~ coll. 524 s. 528) Luca evita di
usare i nostri vocaboli, tranne che in
verità (2,20 s. 27). Perciò i 1tÀct.VWV't'Eç 21,8, dove però l'attivo di Marco/Mat-
di 2,26 vanno intesi come coloro che teo è sostituito dal passivo.
'vorrebbero' sedurre. In Giovanni tali Anche i mezzi coi quali queste figu-
forze seduttrici sono figure dell'apoca- re apocalittiche esercitano la loro sedu-
zione sono i tradizionali m. Gli pseudo-
littica (~ col!. 521 s.): i falsi maestri profeti si autodichiarano salvatori esca-
compaiono anch'essi nell'ultima ora tologici (Mc. 13,6; Mt. 24,5 111 ; la stes-
(fo'xci'tl) wpr.t: 2,18) e portano il nome sa pretesa è nell'appellativo di \jlwo6-
XPt<r-ro~ di Mc. 13,22; Mt. 24,24), fan-
del grande avversario apocalittico, l'An- no segni e miracoli (Mc. 13 122; in Mt.
ticristo 105 (2,18; 2 Io. 7). Ma in 2,18 il 24,24, con riferimento a Deut. 13 1 2 112,
plurale indica che le figure di origine i segni sono 'dati' e sono 'grandi').
Oggetto della seduzione sono i TtoÀ-
apocalittica hanno già assunto forma
Àol (Mc . 13,6; Mt. 24,5.u); ma anche
storica e sono cosl diventate maestri di i destinatari del discorso devono far at-
enore (~ coll. 541 ss.). tenzione a non lasciarsi sedurre (Mc. 13 1
5; Mt. 24,4; Le. 2r,8) 1 il che può acca-
dere persino agli ÉXÀEx-rol (Mc. l 3,22
4. Accezione escatologica sottolinea tale possibilità meno energi-
camente di Mt.24 1 24 ( ~ v, col. 762]).
a) Le apocalissi sinottiche si rifanno Il mondo pagano vittima della seduzio·
certamente all'apocalittica tardo-giudai· ne (cfr. i passi delle parabole di Hen.
ca anche per quanto riguarda i nostri vo- aeth., ~ col. 513), il termine tecnico
caboli. Soggetto di 1tÀctviiv sono: ·rn; EXÀEX't'Ol e~ VI, coll. 508 ss.) e il fatto
(Mc. 13,5; Mt. 24,4), i 1toÀ.Àol (Mc. lJ, che anche questi m possono esser sedotti
6; Mt. 24,5 ), gli lfJw&oxpi<r-ro~ 106 e gli sono tre elementi dell'apocalittica tardo-
o/EUOo'ltpocpij't'ctt (Mc. 13,22 107 ; Mt. 24, giudaica.
I I .24; in Mt. 24,24 il testo oscilla fra Ne11a tradizione apocalittica 7tÀ.tX.\lcXW
attivo e passivo) che rappresentano non ecc. vengono cristianizzati con due espe-
due, ma una sola e medesima categoria dienti: nell'osservazione iniziale sono
di uomini 108 • Nell'apocalittica dualisti- messi in bocca a Gesù (Mc. IJ,5 par.),
ca o/wooTtpocpi)T1)ç è attestato, \jJEuoo- e i seduttori stessi si appellano a Cristo
ios L'uso delle maiuscole supposto da W1N- Sal. 38,9 s. ~ col. 517 .
DISCH, Kath. Br., a 2 Io. 7, potrebbe indi- lii L'lyw Elµt. o Xpto""t'O<; di Matteo interpre-
care che si tratta di un nome impresso. ta bene l'tyw El.µt. di Marco.
106 La loro mancanza nel testo occidentale di 112 Per il mutamento del tipo di errore al
Mc. deve essere secondaria.
13,22
quale è diretta la seduzione, dr. -+ col. 503
107 In Mc.
13,22 si ha il composto OC7t07tkct- con col. 522.
v&.w, ~ coli. 493 s. e 507 s. lll Cfr. Sib. 3,68, ~ col. 514; cfr. la nccessi_-
108 KLOSTERMANN, Mk., o4 I. tà dello stare in guardia in vista della scal-
l~ ~ col. 521, L'ipotesi dì LoHMEYER, Mk., trezza degli homineI dolosi in ass. Mos., -+
a 13,23, che \jiEull6xpLo"tOc; sia stato coniato coli. 521.523; per l'urgenza della parenesi in-
per analogia dai cristiani non è verosimile. dirizzata ai membri della comunità della nuo-
llD ~ col. 522. Per la versione gnostirn del- va alleanza benché si tratti di 'detti' -+ coli.
la seduzione mediante contraffazione cfr. o. 515.521.
537 (VI,248) 1tÀa.v6:w x-r).., D II a-b (H. Braun)

(Mc. r3,6). Ma proprio la formula htt tardo-giudaico che si avverte in Mc. r 3


-rQ 6v6µa"t'l µov (Mc. r3,6) mostra che e par. compare anche nei passi con rtÀ.cx-
qui sono riuniti elementi disparati: EYW
dµ~ è quanto dicono i falsi cristi della
vaw dell'Apocalisse giovannea (quasi
tarda tradizione giudaica, senza per que- sempre il verbo attivo; passivo una vol-
sto richiamarsi a Gesù; alle parole di ta sola). Solo, qui si introducono due
Gesù si richiamano invece gli pseudo- elementi differenziatori: le potenze se-
profeti cristiani, ma senza avanzare la
pretesa di essere il Cristo 114• Elementi duttrici figurano in veste decisamente
apocalittici del tardo giudaismo sono co- mitica e la loro seduzione (eccettuato
sl trasformati in discorsi di Gesù grazie 2,20) si rivolge non ai cristiani, ma e-
a piccole aggiunte. Non è verosimile, né
veramente importante, che tale trasfor- sclusivamente al mondo.
mazione sia avvenuta ad opera di Gesù La seduzione è un attributo del gran-
stesso 115• Oggetto di studio può essere de dragone, del serpente antico chiama-
unicamente il processo letterario attra- to diavolo o Satana (Apoc. 12,9). Il suo
verso il quale essa è andata operando- nome e l'attività seduttrice, il suo miti-
si; ma i pareri sono discordi 116, sia cir- co destino (gettato giù dal cielo [ 12,9],
ca il grado di conformità con la tradi- temporaneamente incatenato [ 20,3], di
zione giudaica, sia nella determinazione di nuovo lasciato libero [ 20,8] e alla
di ciò che risale a dati tradizionali e di fine distrutto completamente [20,10])
ciò che invece è frutto dell'elaborazio- provengono dal quadro mitico~apocalit­
ne proto-cristiana o della redazione fi- tico 118, come pure la sua identificazio-
nale ad opera dell'evangelista. Per Mt. ne col serpente del peccato delle origi·
24,r l (Mt. 24,10-12 è un inserto del- ni 119 ( 12 ,9 ); e questa è la ragione al-
l'evangelista che suddivide diversamen- meno indiretta per cui rtÀa.véi\I sta al
te il materiale 117 ) si è incerti fra la tra- posto di 1bmi:iiv (~ I, col. 1028), che
dizione giudaica genuina e l'elaborazio- è il termine usuale per l'inganno del-
ne cristiana. Lo slittamento semantico l'Eden. Nei testi apocalittici paralleli ad
in questa assunzione della tradizione Apoc.20,B s. che parlano dell'ultimo as-
apocalittica ad opera del cristianesimo salto dei pagani a Gerusalemme 120, man-
è chiaro: ora gli pseudo-profeti fanno ca il rtÀa.vfiv di Satana 121 ; ma la cosa
deviare da Gesù, ora gli pseudo-cristi non ha importanza.
stanno in antitesi al Messia Gesù e ora L"altra bestia' (~ IV, coll. 504 ss.),
il pronome Uµ.Et'c; indicante i destinata- una entità mitica 122 interpretata dal veg-
ri del discorso designa i membri della gente secondo il motivo apocalittico (~
comunità. coli. 521 s.) dello pseudoprofeta (r6,13;
r9,20; 20,10), attua anch'essa la sedu-
b) Il medesimo sfondo apocalittico zione (r3,r4). Questo pseudoprofeta

114 Cfr. WELuiAUSEN, Mk., KLOSTERMANN, col. J16; ~ II, coll. J34-950.1465-1472;
Mk., LoHMEYER, Mk., a Mc. 13,6. BouSSBT-GimssM. 251-256.286-289; LottMEY-
m J. ScHNIEWIND, Das Eu. nach Mk. (NT ER, Apok., a 12,3.9; DrnBLIUS, Thesr. 47-5r.
Deutsch), a Mc. 13. 119 Per le potenze che inducono al peccato
116 Oltre ai commentari dr. BULTMANN, Trad. originale cfr. Hen. aeth. 69,6; Preghiera di
129.133; E. HlRSCH, Fruhgeschichle des Bo. Ciriaco ~ col. 516.
I (1941) 140. I2Jl fa. 38 s.; Hen. aelh. J6,5-8; 4 Esdr. 13.
117 Cfr. una sinossi. 121 Cfr. però Esth. 1,1 d- l k.
m ~ coli. JI3 ss.520 ss., specialmente ~ 122 Cfr. LoHMEYER, Apok., a 13,n.
539 (VI,249) 1tÀ.ctvtX.w X'tÀ.. D n 4 b (H. Braun)

ingannatore è aggregato alJ'Anticristo, stia con l 'aiuto dello pseudoprofeta (13 ,


cioè alla prima bestia, o alla bestia sen- 15-17) e da Babilonia (17,6; 18,24; 19,
z'altra specificazione, e soccombe insie-
me con lei, come vuole un altro topos 2) non è propriamente un 7tÀa.vfi.v.
apocalittico ( ~ coll. 5 22 ss. ), lottando Quanto allo scopo della seduzione, a
col cavaliere dal cavallo bianco e col proposito del dragone (conformemente
suo esercito (19,20). Qui il contenuto
al carattere stereotipo della figura) non
cristiano ha il sopravvento sulla forma
apocalittica preesistente. Proprio la di- si dice nulla (12,9; 20,J.8.10); invece
struzione di questo avversario sedutto- Babilonia mira alla lussuria ( 1topvela:
re è seguita dal veggente con partecipa- 18,3), la bestia e il suo pseudoprofeta
zione vivissima m.
Fra le potenze seduttrici dell'Apoca- all'erezione di un'immagine (Elxw\l) in
lisse sta al terzo posto la 'grande Babi- onore della bestia, perché ad essa ci si
lonia' (18,23: verbo passivo). Questo prostri in adorazione ( 1tpOO"XUVE~\I : 13,
pseudonimo di Roma, testimoniato dai
libri Sibillini e dalla letteratura rabbini- 14 s.). Sono tutti motivi veterotestamen-
ca, ha un'impronta apocalittica m; ma il t:ui e~ coli. 503 ss.) e della letteratura
verbo 7t}.a:vfi.v è applicato a Babilonia apocalittica tardo-giudaica ( ~ coli. 5 r 3
soltanto qui (Apoc. 18,23) 125•
ss.). Solo, qui non alludono, come in
In accordo con un tratto tipico della origine, al culto di Baal o in generale al-
letteratura apocalittica 126, anche nell'A- le forme idolatriche pagane, ma all'ado-
pocalisse giovannea la seduzione delle razione e al culto dell'Anticristo, il cui
potenze si rivolge esclusivamente ai pa- rifiuto ha come conseguenza la morte e
gani 127 : oixouµtvri o}.'l'J (l'intera ecu- il boicottaggio (13,15-17). L'atrocità e
mene: 12,9); ol XCt.''COLXOU\l..Ec; btt -.l)c; il carattere di questo regno dell'Anticri-
yijc; (gli abitanti della terra: 13,14); ot sto, frutto della seduzione, suscita nel
À.ct~6"V-.Ec; "tÒ xapccyµa. 't'OU 1}'l')plov xa.i veggente sdegno e orrore; di qui l'acca-
oi npocrxuvou"V-.ec; "'TI dx6v~ a.ù-.ou (co- vallarsi dei sinonimi in 12,9 123•
loro che hanno ricevuto l'impronta del- I mezzi per sedurre, quando non ri-
mangono sottintesi (12,9; 20,3.10), so-
la bestia e ne adorano l'immagine: 19, no anch'essi quelli tradizionali: il dra-
20); ita\l't'a. 't'tl ~ihiri (tutte le genti: 18, gone eccita i pagani (Gog e Magog, ~
23); 'tcX lihil) (10,3.8) = a.Ù"Col (20,10). II, coll. 73 l-736) alla battaglia finale
contro Gerusalemme (20,8 s.; ~ col.
La comunità non è raggiunta da questo
538); lo pseudoprofeta compie i mira-
1C}.av&v. Infatti la guerra mossa alJa coli consueti dell'apocalittica (13,13 s.:
comunità dal dragone ( 12, 1 7 ), dalla be. il prodigio di Elia; 191 20 ~col. 522)

123 LoHMEYER, Apok., a 20,1-3. m Hen. aelh., Itib. e 4 Esdr. ~ coll. ,-13.514
124 ~ u, coli . .:;-12; STRACK-BILLERllECK 111 s. .520 s.
816. 117 Cfr. i 1tOÀ.À.ol della piccola apocalisse si-
125Perciò giustamente nella panoramica stori- nottica ~ col. J36.
co-religiosa delle potenze seduttrici non figu·
ra Babilonia ~ coli. ,-13 ss. ,-20 ss. 1211 Cfr. LoHMEYER, Apok., a 12,9.
1t), a.\16:W X'\À.. D Il 4 b - .5 b (H. Braun) (v1,250) 542

~VW7tLO\I 'tov l)T]plou, «al1a presenza un contenuto escatologico, anche se non


della bestia» ( r 3 ,14; r 9 ,20), sottoli- è usato nello spirito dell'escatologismo.
neando il proprio riferimento all'Anti-
cristo che trae la sua importanza dal- Nella storia del vocabolo questo testo
l'essere l'antitesi del Cristo (~ IV, col. rappresenta un'importante transizione.
504; ~ n. uo); anche la magia, con Gli smarrimenti e i seduttori degli ulti-
l'aiuto della quale Babilonia ha operato
mi tempi assumono i tratti dei maestri
le sue seduzioni (18,23), proviene dal-
l'A.T. 129 e forse per l'apocalittica è già di errore - specialmente gnostici - che
un elemento stereotipo 130• Tutti questi al presente minacciano la comunità. Lo
mezzi sono posti a servizio della lotta smarrimento escatologico dalla fede sal-
escatologica che l'Anticristo sferra con-
tro il Cristo per il possesso del mondo. vifica si identifica, per una trasposizio-
ne razionale e morale, con la caduta nel-
c) Nella formula 'forza di errore' (2
Thess. 2,n) sono riuniti tutti quanti i l'eresia.
motivi apocalittici tradizionali 131 • Tut-
te le manifestazioni di 2 Thess. 2,3· b) Le Pastorali. In r Tim. 4,r si for-
IO
132
costituiscono la spinta ( ~vÉpyrnx.) mula un principio reinterpretato, che si
sovrumana allo smarrimento escatologi- presenta come profezia cristiana ed ha
co. Ma in due punti la situazione è
valore generale (2 Tim. 3,1; 4,3; .2 Petr.
cambiata rispetto ai testi apocalittici
cristiani studiati finora: l'intera tema- 2,1; 3,3; Iudae 18) anche se non viene
tica tradizionale della 7tÀavn escatolo- ovunque espresso con itÀa.'Vci:w: nei tem-
gica, e particolarmente il motivo del pi futuri o ultimi 134 ci saranno degli a-
Xct.'tÉXW\I (~ III, col. r357), viene ad-
dotta per negare la prossimità della pa- postati che andranno dietro a spiriti se-
rusia (.2,2); inoltre Dio manda questa duttori ( itÀci:vo<;, aggettivo con signifi-
7tÀ.aV1) a quelli che non han creduto, per cato attivo; ~ col. 500) e a dottrine
punire la loro disubbidienza (2,ro-12).
L'apocalittica, se si bada al suo effetto, di demoni. Questi falsi maestri (non si
è usata per smantellare l'escatologia e tratta più di pseudoprofeti), 1tÀ.ct.\IW\l'\"E<;
per fare opera di moralizzazione 133 • xa:L 7tÀ.a.vwµEVOL, «ingannatori a lor vol-
ta ingannati», come tipicamente 115 si e-
5. Accezione razionale e moraleggiante
sprime .2 Tim. 3,13 che, ispirandosi a un
a) In 2 Thess. 2,r1 itÀ.av11 ha ancora proverbio del tempo 136 , usa l'espressio-

129 Is. 47,12 per Babilonia, Nab. 3,4 per Ni- m Perciò la 2 Thtm. potrebbe anche non es-
nivc; ambedue senza nÀa.v&:w. sere paolina. Cfr. H. BRAUN, Z11r nachpouli-
130 Sib. 5,165; cfr. 1tÀiivoç e µ/Lyoc; accop- nischen Herktm/J dcs 2 Th.: ZNW 44 (1952/
piati in Vettio Valente(-> col. 501). 53) 152-156.
131 Non ripetiamo qui la provenienza storica 134 La scelta del termine rivelo il senso fitti-
dei singoli motivi, che si può desumere da ciò zio della terminologia escatologica; cfr. D1-
che abbiamo detto precedentemente, in parti- BELIUS, Fast., ad /.; PR.EUSCHEN-BAUER, s.v.
colare dall'analisi della piccola apocalisse si- ìlO"tE por;.
nottica e dell'Apocalisse, -> roll. '35 ss. 135 DIBELIUs, Post., cxc11rms a 1 Tim. 2,2 e
lll Per i ·particolari cfr. DIBllLIUS, Thess., 3,1.
ad l. n~ ~ col. 493; dr. DrnELtUS, Pari., ad I.
543 (VI,250) 1tÀo:wiw X't'À. D II 5 b-c (H. Braun) (v1,251) 544

ne tra altre incriminazioni morali (ipo- men tari . e apocalittici che in un primo
crisia: I Tim. 4,2; yo71'tEc;, impostori: 2 tempo avevano trovato applicazione so-
Tim. 3,13), additano alla comunità (non lo in una prospettiva prettamente esca-
più al mondo o ai pagani -Holl. 5 37 s.) tologica (-+ col. 5 40 ). Gezabele che
uno spiritualismo ascetico- gnostico 137 si proclama profetessa 143 ( ~ IV, coli.
(non più uno pseudo-messia o un anti- ìJI s.) trascina (7tÀa.v(j.: Apoc. 2,20) col
messia-+ coli. 5 3 5 ss.) in contrasto con suo insegnamento i cristiani di Tiatira a
la sana dottrina 138 (r Tim. 4,3-6; 2 Tim. una falsa dottrina (che in Apoc. 2,6.14.
4,3 ). Come la cupidigia del denaro 139 , 15 è messa in rapporto con i Nicolaiti),
l'apostasia 140 ( CÌ1to1tÀa.vaoì}a.t <Ì1tÒ 't'ijç alla fornicazione 144 e a prender parte ai
1tl<r'tEW<;: I Tim. 6,rn) è prima di tutto banchetti rituali dei pagani 145 • Per stig-
immoralità. Qui non è più apostasia da matizzare la cupidigia dei maestri d'er-
Dio, come nell'A.T. (~ col. 505) e in rore del libertinismo gnostico che met-
Hebr. 3,10, e neppure - in senso duali- tevano in pericolo la comunità, come
stico - dalla OCÀTJ~Eta. ( ~ col. J I 8} 141 , avvertono la Lettera di Giuda e la .2
ma dalla 'ltl<r't'tc;, concepita razionalmen- Petr. 146, si ricorre al motivo di Balaam
te quale nuova norma 142• avido di compensi, che non è solo vete-
rotestamentario, ma anche tardo-giudai-
e) Ora che il nosiro gruppo di voca- co e rabbinico (~II, coli. 27-32) 147 :
boli è usato per i falsi maestri e le fal- I udae l 1 parla infatti dell'inganno
se dottrine, vengono inseriti, per deli- ( ttÀ.ti.V'l']) di Balaam per lucro 148, 2 Petr.
nearne il contenuto, motivi veterotesta- 2,15 del traviamento (7tÀavfuri>a~) di

m Dllll!.Llus, Pasl., excursus a r Tim. 4S· mente nel senso di libertinismo(~ n, col. 31
Ila DIBELIUS, Past., excursus a r Tim. r,10. n. II) oppure, alla maniera translata veterote-
139 Anche questo è un luogo comune ispirato stamentaria, di tendenze pagano-sincretistiche,
alla retta ragione e derivante dalla diatriba e cfr. LoHMEYER, Apok.1 29; H. KRAFT, Gt10·
dalla parenesi ellenistico-giudaica; cfr. Drne- stiches Gemeinscha/tslehen, Diss. (1950), e il
uus, Past., ad l. breve riassunto: ThLZ 75 (1950) 628.
1411 Per U'ltO cfr. lac. 5,19 (--> col. 505) e --+ 145 Nei LXX per Gezabele non si usa mai il
col. 528. gruppo di 1tÀ.etv&.w.
141 Di fronte a quella terminologia dualistica, 146 Per il loro caratt~re cfr. WINDIScH, Kath.
il frasario è ora divenuto, con il riferimento Br.3, a 2 Petr. 2,22.
alla -ITTu-tu;, indipendente e cristiano, anche 147 I testi greci sul tema di Balaam (Philo,
se il contenuto della '1tl<T·rn; è già razionaliz- vii. Mos. z,265-300; migr. Abr. 113~u5; Flav.
zato. Ios., ani. 4,nB-125) non usano il gruppo di
Hl DIBELIUS, Past., excursus a :r Tim. 1,5 e 1tÀ.etv&.w; non cosl le testimonianze rabbini-
2,2. che (Sanh.zo6 b: STRACK·BILLERBI!CK 1 1025).
143 Obbiettivamente, anche solo· nella forma 1"8 A meno che J.U.CTbou non sia genitivo di
di l!iw!iimpoljl'il~t~, il titolo non le è più rico- prezzo (PREUSCHEN-BAUI!R, s.v. µtcr&6t;): 4CSi
nosciuto! sono abbandonati per sete di lucro all'ingan·
14' Se si debba prendere il termine letteral- no di Balaam».
54;; (vr,251) nÀa.vaw x-rÀ. D n ;; e · 7 (H. Braun) (v1,2;;2) 546

coloro che seguono la strada di Ba- gli apostoli non appartengono alla ca-
laam 149• Invece Iudae 13 chiamando gli tegoria degli impostori, come i maestri
stessi falsi maestri à.cr-rÉpEç 1tÀ.t'.lVijTt'.lL 150 d'errore (2 Tim . 3,r3~coll. 542 s.). Se
si rifà a un tema mitico del tardo giu- l'affermare che Gesù è risorto viene
daismo (~ col. 516), le cui origini so- chiamato estrema impostura (Ècrxét:t1)
no in Gen. 6,2 ss.; l'identificazione con TCÀa'Vl): Mt. 7 ,64) 154, anche la vita e
i pianeti 151 (non con le comete) mostra l'insegnamento di Gesù e in particolare
il carattere demoniaco dei maestri d'er- la sua messianicità restano indiretta·
rore. Da questo inganno dei fautori del mente qualificati come la 7tpW't1l 1tÀ.ct·
libertinismo (1} "t"WV àbfoµwv 1tÀÙ':v'l'}: 2 vl]; Gesù stesso, in Mt. 27,63, è detto
Petr. 3,17) la comunità dev'esser messa impostore (nÀ.avoç), e in Io. 7,12 si af-
in guardia: esso coinvolge coloro che si ferma che egli 'travia' il popolo e in Io.
espongono al rischio, come in Iudae I I 7.47 che sono state 'sedotte' le guardie.
i falsi maestri sono travolti dal loro Il rimprovero 155 che suona in queste
stesso inganno, sottrae ogni punto di ap- frasi applica a Gesù il motivo tardo-
poggio e può esser vinto solo con la cre- gtudaico ( ~ coll. 520 ss.) dello pseudo-
scita spirituale, come dice Eph. 4,15 (~ messia.
col. 532).
7. Riepilogo
6. Gli apostoli e il Cristo come 'ingan-
Il fatto, esaminato per ultimo, che
natori'
gli avversari possano parlare di una
In I Thess. 2,3, in una pericope apo- nÀ.tivl] degli apostoli e di Gesù, mostra
logetica, Paolo dichiara che egli non chiaramente che i nostri vocaboli, an-
predica come una vittima dell'inganno che dopo essere stati assunti dal N.T.,
( 7tÀ.ct'\ll]) 152• Contro le apparenze che non sono divenuti specificamente cri-
potrebbero far credere che gli aposto- stil!ni. Essi non sono penetrati nel cuo-
li siano ingannatori (1tÀ.civoL: 2 Cor. 6, re del messaggio neotestamentario. Mi-
8 153 ), sta il fatto reale, anche se velato, nimizzare e praticare solo superficial-
della loro perfetta veridicità ( &.Àl]i}dç): mente la torà non costituisce per i si-

149 Per il rapporto con Mi6ç dr. Iac. 5,20 (~ attivo, assai raro (~ col. 499); cfr. i com-
col. 528). mentari ad I.
150 Per il termine ~ coll. 490 s.; la variante
1s1 1tÀavoç in senso attivo -4 col. 500.
(plur. di 1tÀ.6:Vl)ç) è senza importanza per il 154 Per la smentita di questa accusa nel rac-
senso. conto delle guardie al sepolcro (Mt. 27,62-66;
28,12-15) cfr. H.v. Ci\MPENHAUSEN, Der Ab-
151Cosl WINDJSCH, Kath. Br., ad l.; cfr. i sct- ltJuf der Os/erereignisse: SAHeid. 19'2 Abh.
t~ pianeti di H en. aeth. (~ col. 516) per gli 4 ( 19.P ) 26 s. 30-33.
angeli interpretati come astri. 155 STRACK-DILLERBECK 1 1023; inoltre --.
152 È difficile che qui r.Àh.VTJ abbia il senso col. ;;13.
.547 (v1,252) 1tÀa.v&w x-r>... D 11 7 - E t a (H. Br:mn)

nottici una 7tÀ.avri e un 7t).avtiCTÌ}at, né E. L'uso DEI VOCABOLI NELLA CHIESA


per Paolo la contestazione della otxcu- ANTICA
OCTU\ll} i}Eou e della 1tfoi:tc;, né per il
r. Nei Padri apostolici
quarto Vangelo il non saper cogliere la
ciÀ:1ii}Eta e la L,e,,)1) in Gesù. A proposi- Nei Padri apostolici l'evoluzione del-
to sia della tentazione .sia della passio- l'uso linguistico prosegue con particola-
ne di Gesù né il diavolo né i Giudei at- ri caratteristiche, là almeno dove i testi
tuano un 7tÀa\lfi.\l 156• Fa eccezione r Io. tardivi del N.T. e quelli della prima età
(~ col!. 533 ss.), dove si sente che l'er- apostolica non siano contemporanei o
rore è in qualche modo inevitabile (~ non interferiscano fra di loro: le singole
col. 496). Nel N .T. si conserva prima categorie semantiche (come quella ispi-
di tutto l'accezione tardo-giudnica e a- rata ai LXX, quella dualistica, quella
pocalittica dei nostri vocaboli, riferita il escatologica), che nel N.T. possono an-
più delle volte all'evento di Cristo, ma cora essere chiaramente distinte, perdo-
anche trasposta su un piano morale e no molto della loro pregnanza, perché
razionale. Il N.T., nonostante il suo dua- l'uso dei vocaboli si estende sia in rap-
lismo, mette in luce generalmente la porto alla loro applicazione a situazioni
colpevolezza dell'errore, come i LXX; vi concrete, sia nel quadro della sinonimia.
manca completamente il carattere di de- Gli ampliamenti 157 consistono in nuovi
stino tragicç> (~ col. 499 ). Superare nessi di contenuto o di espressione.
questo errare colpevole, sia esso conce-
a) Nuovi nessi di contenuto
pito come situazione anteriore alla com-
parsa del cristianesimo o come seduzio- L'ingannare in senso profano (lgn.,
ne ed errore dottrinale che minaccia at- Mg. 3,2; Phld. 7,1; Herm., vis. 2,4,I) si
riallaccia, al di là del N.T. all'uso 1in-
tualmente la comunità, diventa possibi- .
gu1stico comune (~ coll. ·' 493 ss. 503
le con l'evento escatologico di Gesù Cri- ss. ). U~a serie di entità concrete già
sto, al quale si riallaccia più o meno e- presenti nel N.T. sono ora collegate coi
nostri vocaboli: nella polemica antigno-
splicitamente la parenesi positiva e ne- stica, gli eretici appaiono come 'sedotti'
gativa. dal serpente (Diogn. 12 16), mentre ad
. e
es., m I or. 8,r-3 i nostri termini man-
,
cano; i demoni, come nel dualismo(~
coli. 513 ss.), operano seduzioni (test.
Sai. 8,9; 15,10 153; Iust., dial. 7,Jo.39.
70.88), mentre nel N.T. la demonolo-
gia ancora primi ti va dei sinottici non si
IS.S Come, ad es., in test. L. rn,2 (-+col. ,521). col N.T.
153 Il Testamento cli Salomone è per lo meno
157Qui non si parla dci casi nei quali i Padri rimaneggiato in senso cristiano; cfr. test. Sal.,
apostolici usano i nostri vocaboli in armonia introduzione 5r-n1.
549 (v1,253) 7tÀe1.v&w Y..-tÀ. E 1 a-b (H. Braun)

serve dei nostri term1m; essi poi sono precisati dalla crescente tendenza asce-
collegati ai demoni solo là dove gli spi- tica, dallo stato di persecuzione e dal
ri ti appaiono come persone storiche di consolidarsi della comunità e della ge-
falsi maestri e non vengono più intesi rarchia. L'uso linguistico di particolari
nel loro senso primitivo (I Io.; ~ coll. testi (si veda Barnaba quando parla del-
5 I 3 ss. ). Secondo la Lettera di Barnaba i l'errore dei Giudei, il Testamento di
Giudei si trovano per principio in erro- SalOmone e Giustino quando descrivo-
re (2,9; r2,ro; r6,r) 159 , mentre la pole- no la seduzione operata dagli spiriti de-
mica antigiudaica nel N.T. iro non ricor- moniaci e l'esortazione di Ignazio: 'Non
re ai nostri vocaboli. lasciatevi sedurre', cioè: state uniti al
Il gruppo viene ora utilizzato anche vescovo e alla comunità) è da conside-
per descrivere realtà nuove, tipicamen- rare come veramente tipico.
te diverse dal quadro neotestamentario.
L'errare dell'anima, potenziando certi b) Nuovi nessi verbali
primi accenni del N.T. 161 e in contrasto
con la dottrina erronea di cui parlano In Ignazio (Phld. 7 ,r) '1tÀa\la\I equi-
le Pastorali (~ coli . 542 s.), vien ricor- vale a \jlevOEO'i}a~ di Act. 5 A ( cfr. anche
dato per bollare il rifiuto dell'ascesi ( 2 JJ.VX't'r)PLSEO"i}a.i, Gal. 6,7 ). Per la sedu-
Clem. 15,1). L'errore sta in antitesi con zione dei progenitori ad opera del ser-
la retta ragione e 1a filosofia (Iust., dial. pente Diogn. 12,3 usa TtÀa\IT), mentre
3,3). La persecuzione dei confessori del- in 2 Cor. 1 I,J si aveva É~OCTCa:téi\I 164
la fede, diversamente dall'Apocalisse (come Gen. 3,13, ~ col. 508). L'apo·
(~ col. 539), è opera dei seduttori- s1asia - che in Mc. 4,I? e Mt. 13,:u
serpenti (Iust., dial. 39,6). Gli enanti è espressa con o-xa\18aÀ.lsEo-i}C1L, in
della comunità sono oggetto della pre- Le. 8,13 con àqilo-i:rxo-i}ru, in Io. 15,6
ghiera di intercessione della comunità con µT} µivEw - in Herm., mand. ro,I,
stessa (r Clem. 59,4) e vengono racco- 5 è cX1t01tÀ.a.v&o-t>cu àTCò ·d)c; ota\lolac;.
mandati particolarmente al ministero In 2 Clem. 13,3 accanto a TCÀ.6..vr) ricor-
dei presbiteri (Pol. 6,r) 162, mentre nel re come sinonimo µut>oc;, che nelle Pa-
N.T. 161 non sono ancora oggetto di una storali non è ancora connesso con il no-
pastorale organizzata e ufficiale. Con stro gruppo. Accanto a À.a.oTtÀ.!ivoç, in
µTi itÀavéio-i>E, diversamente dal N.T. Iust., dial. 69,7 165 ricorre µa:yoç, u16, che
(-> colL 529 ss.), si raccomanda di stare in Vett. Val. e~ col. 5or)- ma non nel
uniti alla comunità e al vescovo (Ign., N.T. - è accostato al semplice 7tÀa\loç,.
Eph. 5 ,2) e di resistere agli eretici (lgn., Il contrapposto neotestamentario di
Phld. 3,3). I nostri vocaboli vengono ÉopafoL, 'saldi' nella fede, cioè µE"t<tXt-

15Q Cfr. Mc. 12,24.27 (~col. 528). _,. coli, :524 s.; Hcbr. :i.2 -+ col. .528; I Petr.
160 Cfr. r Thesr. 2,1,, 'Iov!ìai:oL in Giovanni :?,25-+ col. 525) e dei fratelli (lac. ,,19 s. -+
e soprattutto la domane.la sul Figlio di David col. 528).
(Mc. 12,35-37 par.). Quest'ultimo pnsso in 164 Per il traviamento operato nell'apocalittica
Barn. 12,ro appare connesso con la T-ÀttYI) dal dragone mitico, già lApocalisse giovannea
dei Giudei. 1 z,9 (-+ col. n8) usa 1thet.vaw.
1~1 Cfr. Apoc. 2,20 (~ col. .:>44), anche r Cor.
1.;; Iust., dia/, 108 12; /est. L. 16,3 (-+col. 514)
6,9 (~ col. no).
162 Cfr. HENNECKE e KNOPF, Cl., ad /.; cfr.
e i t:irdi testi rabbinici in Sanh. 43 a (STRACK·
BILLERBECK I 1023).
anche Lit. Mare. 1,131; consl. Ap. 8,ro,17.
16l Nel N.T. gli erranti sono riportati sul ret· 166 Se ne ha il preludio in Apoc. 18,23 (-+
to cammino ad opera di Gesù (Ml. 18,12 s. col. 541 ).
551 (vr,253) 1tÀa.vaw x't'À. E r b - 2 e (H. Braun)

vEt<TÌ}aL, 'lasciarsi smuovere' (Col. l ,2 3; r.•Tic;: act. Thom. 80). Compie quest'o-
161
I Cor.15,58), in Ign., Eph.ro,2 è so- pera come compagno di viaggio (act.
stituito con 'ltÀ.cX.v1'). Thom. 156) nel paese dell'errore (1tÀ<Ì-
Vl}). Analogamente all'antitesi che Pao-
lo applica agli apostoli (2 Cor. 6,8; ~
2. Nell'età rnccessiva
col. 54 5), ora si dice che Gesù è chia-
a) Gli Atti degli Apostoli apocrifi co- mato seduttore (TIÀa\loç) mentre invece
noscono naturalmente l'uso linguistico libera i suoi dalla seduzione (act. Thom .
cristiano dei primi due secoli e lo con- 48 ). È significativo che negli atti apo-
tinuano. Il progresso che ora si compie crifi degli apostoli manchi il senso esca-
nell'evoluzione semantica presenta un tologico di questi vocaboli: un duali-
duplice aspetto: i nostri vocaboli ven- smo perfettamente conseguente e asce-,
gono inseriti in un dualismo cosmologi- tico se li è appropriati tutti, senza re-
co-ascetico e quindi eretico, con tutte le sidui.
conseguenze che ciò comporta; inoltre b) Il gruppo di vocaboli entra pure
Gesù è considerato programmaticamen- in altri nessi di contenuto del tutto par-
te come colui che libera dall'errore. L'a- tièolare. Significativo è l'uso lingui-
nima è capitata nel creato per un tragit- stico della Pistis Sophia 169 • Gesù volge
to d'errore 1 ~ (?tÀ.a.vfuri}a.t, 1tÀcivl}: act. in direzione opposta gli arconti assieme
Andr. l5) al quale è tuttora condizio- ai loro eoni, al loro destino e alla loro
nata; deve scoprire i misteri della pro- sfera, tanto che essi vengono tratti in
pria natura. L'errore (nÀavl}: act. Andr. inganno (nÀ.a.vfurfra.L: Pist. Soph. 32,
et Matth. 2) viene cosl mediato da in- 38), si trovano nell'errore (1tÀ.a\ll}: Pist.
cantesimo ed è di natura magica; cosl Soph. 31a2.38) e - a salvezza degli uo-
il serpente nasce dal mondo considerato mini - in seguito alla modificazione del
il «deposito di ciò che è traviato» àno- loro corso non riescono più a esercitare
ih11xri 'tOV 1tÀa.vni}Év•oc;: act. Phil. I 3 I). i loro influssi planetari. Anche il teolo-
Di conseguenza la norma di vita è seve- gumeno gnostico, solo accennato nel N.
ramente ascetica. La seduzione rinfac- T., dell'inganno subito dalle potenze
ciata agli apostoli (itÀ.&.voc;, 1tÀ!X.\lli.v: mediante l'evento di Cristo (I Cor. 2,8)
act. Thom . 96; act. Phil. r21) è la pre- ora è inteso materialmente come fatto
dicazione contro il matrimonio rivolta cosmologico ed entra in relazione coi
con particolare insistenza ai giovani. Si nostri vocaboli.
mette sempre in grande risalto e in mo-
do programmatico che Gesù è il libera- c) Per finire, un accenno all'impor-
tore da questo irretimento. Egli svinco- tanza dei termini nella storia del cano-
la (act. Thom. 38.67), salva (act. Thom. ne. Atanasio (ep. fesi. 39) citando Mt.
98) e redime (act. Thom. 67) dall'erro- 22,29 e 2 Cor. 11,3 1711 usa 'ingannarsi',
re (itÀavl}), che è schiavitù (act . Thom. 'essere ingannati' e 'ingannare' 171 nel
67) e tenebra (act. Thom. 80); è colui contesto della definizione ortodossa del
che lo annienta ('tfjç 1tÀ.&.v11c; È~tl.À.EL- canone 172 : i due passi citati - contro il
167 Come in r Tim. 6,10, il contrario del n<>- 110 qii)apfi è sostituito da 1tÀ.ct\l'T)l>waw; cfr.
stro gruppo è 'ltltr·nç. Diogn. 12,3 e~ col. 550) e~ n, II9.
IM Cfr. l'Inno dei Naasseni ~col. 520. l7l E. PREUSCHEN, Analecta (1893) 146,15 e
169 Si tratta probabilmente di equivalenti gre- 144,5 (7tlava<Tlla~). 145,8.9 (1tlavav).
ci del testo copto tramandato (Pist. Soph., 171 In Eus., hist. ecci. 3,3; 25; 31,6, dove si
introd. XIX·XXUI). tratta del canone, il nostro gruppo manca.
553 (vr,254) rcÀ.acrcrw, 'ltÀ.aaµa A 1 (H. Braun) (vr,255) 554

loto significato originario 173 - si servi- ne alle fonti della salvezza, cioè all'am-
rebbero di TCÀ.a'iJiiw per mettere in guar- bito del canone.
dia contro l'eterodossia per quanto attie- H.BRAUN

1tÀ.acrcrw, 1tÀ.acrµa, 1tÀ.cw't'6<;

~ OT)µtoupy6c; u, coli. 899 s. ~ XC1."tEpy&.!;oµet.L V' coli. 263 ss.


~ É-rotµa)~w u1, coll. 1015 ss. ~x..l~wv,coll. r235 ss.
~ ì}E6c; IV, coli. 317 ss. ~1tOLÉW

t TtÀ.iio-crw, t nÀ.iio-µa ginariamente il modellare dell'artigiano


Il T.À.ét.a-crw pos tomerico (da TCÀ.aì}iw, o dell'artista h 7tTJÀ.ov ... i) 't'Lvoc; IJ.À-
con l'adattamento fonetico al presente À.l)c; ÙypéiC, O'\JtT't'aCiEWC,, «Con creta ... O
dei temi in gutturale) connota - ptoba- un'altra materia umida» (Aristot., pari.
biltnente nell'ambito dell'antichissima
an. 2,9 [p. 654,29 s·.]); tl>ELOlcx.ç 1tÀa:~­
tecnica dei vasai - l'atto di battere leg-
germente l'argilla per farla aderire allo .-wv, «Fidia che modella» (Plut., ad
stampo di vimini intrecciati: modellare principem ineruditum 3 [n 780 e]). Per
con una materia duttile, dare una forma l'attività plasmatrice di un essere divi-
(Plat., leg. 5,746 a). Un sicuro riferi-
mento ad altri idiomi non è possibile 1• no, i Greci usano il vocabolo solo con
A questa accezione originaria si aggiun- un certo ritegno; ad esempio, per Pan-
ge - nella grecità e in Filone, raramen- dora 2 plasmata da Efesto, secondo l'an-
te nei LXX (mai nel N.T.) - una serie
di significati traslati: formare mediante tico mito che Esiodo dovette trovare
l'educazione e l'esercizio (Plat., resp., 2 già formato ma che noi incontriamo per
377 c), ideare, escogitare (Plat., Phaedr. la prima volta nei versi:
246 c), inventare in contrasto con la ve-
rità (Hdt. 8,80). a.Ò"!:lxa. o'lx ya{1jç xÀ.u-ròc; 'AµqiL-
TCÀtt<TCTE\I
[ yui)ELc;
A. LA GRECITÀ m1plté.v~ a.Llìoin (xEÀ.ov KpovloEw lità ~ouÀ.ac;,

r. Il verbo «I' inclito zoppo subito plasmò con


nÀ.cicrO'W, tcÀ.acr11oµcn significano ori- terra una forza simile a degnissima ver-

J7J Per il senso originario ·di Mt. 22,29 4 s.v.


coll. 528 s.; in 2 Cor. u,3 Paolo mette in guar· l WALDE-Pmc. 11 63; BoISACQ 79x; HoPMANN
dia contro i superapostoli. 273.
'ltÀ.acrcrw, nÀ.6.CTJ.1.oc 2 Per la complessa documentazione della tra·
Thes. Steph. VI n55-u57; W1LKE-GRIMM, dizione di Pandora dr. W.A. 0LDFATHER,
s.v.; PREUSCHEN-BAuBR •, s.v.; LIDDELL-SC01'T, Pandora in: PAULY-\V. 18,2 (1949) 529-J48.
555 (v1,155) 11').riaaw, 1\').riuµ~ A 1 (H. Braun)

gine, secondo la volontà del Cronide;> do, i nuovi ·dèi visibili ricevono l'incari-
(Hes., op. 70 s.; cfr. theog. 571 s.). È co di dedicarsi alla Ol]µtoupyla. 'tWV
vero che nel corso della tradizione Pro- ~tf>wv (Tim. 41 c). Ma anche allora è Dio
meteo prende il posto di Efesto nel for- in persona che fa le anime degli indivi-
mare (7tÀacrcrELv) gli uomini e i viventi, dui e le mette in rapporto colle singo-
specialmente le donne 3; ma il mii)oc; mi- le costellazioni. L'a'ltEpyasEcrilat (Tim .
sogino di questa tradizione 4 arriva fino a 4 I cl; 43 a), il "(EWfi:v (Tim. 4I d), l'a..ò-
Luciano 5 • Non solo gli oggetti, ma an- ~aVEL\1 (Tim . 41 d) mirano a costitui-
che i soggetti di questo 'ltÀ.ao-crELV divi- re i corpi, e qui comincia a compari-
no sono di rango inferiore. La divini- re 'ltÀao-<Te:Lv· "toi:c; vfotc; 1ta.pé8wxe. i>Eo~ç
t?t suprema, che non crea dal nulla (~ o-wµa.-ç«. TCÀ.6.'t'tELV WTj"Ca, «affidò ai
rv, col!. 340 ss.) ma dà forma a qual- giovani dèi l'incarico di plasmare i cor-
cosa di preesistente, miv mxpa.À.c.t~~N, pi mortali» (Tim . 42 d). Questa funzio-
«avendo assunto tutto» (Plat., Tim. 30 ne di second'ordine propria di 7tÀ.Mcmv
a), viene detta i>Eoc; (Tim . 30 a), Ùl]µLoup- è significativa per la concezione greca
y6c; (Tim. 28 a; 29 a; 41 a), 7trt.'t1]p (Tim. dell'uomo: l'anima immortale, l'uomo
4 I a), ò 1tOLl]'tTJ<; xat 1t<X.'ti)p 'tOVOE -.ov l'ha direttamente da Dio, il corpo e la
7trt.V't6c;, «fattore e padre di questo uni- sua mortalità non dalla divinità, ma da
verso» (Tim. 28 c), b ')'Ewi]crac; 7trt.'tYJP, quegli dèi che sono essi stessi creati; e
«il padre che ha generato» (Tim. 37 c); qui l'espressione appropriata è 'ltÀ<l:o--
ma non ha nulla a che fare col TCÀ.acrcrEiv. <TEW, con il suo valore mediato.
L'animazione del mondo compiuta dal Teocrito (idyll. 27,44) può parlare del
padre e connessa con il dono dell'intel- 7tE1tÀ.a.aµÉvov 6 h ALÒ<; i:'pvoc;, «rampol-
ligenza consiste in un çuvtu't&.vat (Tim . lo plasmato da Zeus». Ma in Aristote-
3obcd; 31 b! 32 e), (çuv)'tEx-.alvEcri>at le è la natura ( cpvcnç) che opera il 7CÀ.M-
(Tim. 30 b; 33 b), 'ltOLELV (Tim. 31 b; CTELV, analogamente agli artigiani 7• Gli
37d; 38 c), çuyxEpawuo-i>m (Tim.35 a), dèi di Plutarco non si occupano di <tÒ
&.7tEp')'a~E<T1'at (Tim. 39 e; 40 a), yEwfi:v crwµa. 1tÀ.ttcrcrE:w, di influire sugli uomi-
(Tim. 41 a), yEwruri>at (Tim. 34 b) e ni dal di fuori (Plut., de Coriolano 32
<T7tElpEtV (Tim. 4 1 c). Dopo che il padre [I 229 d]). Epitteto adopera 7tÀ<icrctEW
universale ha infuso un'anima nel mon- solo per connotare la cura dei capelli '

3 Philemo Comicus, fr. 89 (C.A.F. II 504); x6v, 'bel male'.


Apollodorus, bibliotheca 1,45 in Mythographi s Citazione da Menandro in Luc., amor. 43:
Graeci J z9 (ed. R. WAGNER [1894]); Luc., la donna come lltvoç µ~ap6v .
Prometheus sive Caucasus 3.13; Prometheus 6 Il testo non è sicuro.
es in verbis 3; amor. 43; Plot., enn. 4,3,14 (p. 7 Cfr. l'indice della Akademie-Ausg. V 597 b;
27,5 s.). cfr. anche Plut., cons. ad Apoll. 10 (n xo6 e).
4 Hes., theog. 585: la donna come xaÀ.Òv xa· 8 diss. 2,24,24; 3,1 126.42; 22,10; 4,n,25.
557 (v1,256) ro:Àauo-w, 7tÀaO"J.lrt A 1 • B 1 1 (H. Braun)

e dei corpi 9, come in genere la grecità corpo umano si incontra anche nell'el-
ama indicare con r.:À.6.rr<rELV l'educazio- lenismo in antitesi dualistica con l)JuxTi
(Stob., excerpt. 23,39 (Scott I 478,
ne dei corpi 10, delle anime Il, la propria 19]; 24,9 [Scott I 500,8]; 25,5 [Scott
formazione spirituale (Plat., resp. 6, 1 508,31]; 26,4 [Scott I 516,18]) e
500 d) e l'educazione (1tctLOEVELV, ~ rx, 1tVEuµa. (Stob., excerpt. 23,67 [Scott r
492;24]) o anche senza tale contrappo-
coll. ro7-127) degli altri. Un'eco del
sizione (Ascl., epilogus 41 b [Scott I
concetto platonico di ttÀ.ao-o-ELV riferito 376]; Preisendanz, Zaub. I 4,212). Nei
alla divinità si ha nella Kopri Y.oaµ.ou er- papiri magici TCÀ.acrµa. connota la figu-
metica: Dio come "tEX.Vl-r·(jç, artefice, rina che si deve plasmare a simbolo del-
la persona su cui si vuol esercitare la
genera le anime, impasto <la lui prepa- coercìzione magica: -rò TCÀ.0Caµa. à.yoµÉ-
o
rato, 'ltpòç i>D..EL JtÀarrrrwv (Stob., ex- V1)ç (scii. dell'amata che dev'essere atti-
cerpt. 23,15 [Scott I 464,32]) 12 • Er- rata a forza [Preisendanz, Zaub. I 4,
304] ), oÀov -.o <~vprLµ« xa.t 1tÀlinµa
mete opera il nÀ.arrrrw; dei corpi nei 'Epµou, «tutto quanto l'impasto e la fì.
quali entrano le anime (Stob., excerpt. gurina di Ermete», al quale si vuol
23,30 [Scott r 474,8)). strappare la concessione dell'oracolo
[Preisendanz, Zaub. I 5,378]). In tut-
ti questi passi r.Àacrµ.a., inteso come
2. Il sostantivo corpo, non è l'opera di una divinità. So-
lo eccezionalmente si dice che una divi-
-rò 'TtÀ.ao-µa è l'immagine; la falsifica-
nità forma il corpo in quanto TtÀ.iioµa:
zione e la finzione; forma convenz.io11a- ii 'Ai>r}\la ~µr.vfovcra 'tÒ\I TtT}ÀÒ\I xctl
le dell'arte oratoria, letteraria e musi- Eµtfiuxa '1totourra Etvat 'tà. TtÀcXaµa.-ra,
cale (Dion. Ha!., ep. ad Pompeium 4).
«Atena che infonde lo spirito alla creta
Il terzo significato scompare nella Sacra e rende animate le figure» (plasmate da
Scrittura, il secondo ( 1tÀ6.rr1..1.~ = falsi-
Prometeo [ ~ col. 5 55]; Luc., Pro-
ficazione si trova in Filone (--)- coll.
567 ); qui ci interessa soprattn tto i1 pri-
metbeus es in verbis 3 ). È chiaro il te-
nore areligioso, in parte persino duali-
mo.
stico-negativo, di 1tÀ.tXo-µ«.
1tÀ.aaµa ::::: ciò che fabbrica l'arti-
giano o l'artista (Plat., soph. 239 e; Hi.
I 298 a; Luc., philops. 18), e anche pro- B. IL GIUDAISMO
dotto della fantasia (ad es. nei ragiona-
menti relativi al problema del conosce- I. I LXX 13
re: Plat., Theaet. 197 d; 200 c) è acce-
zione assolutamente corrente, mentre è 1. Il verbo
piuttosto raro che gli uomini siano det-
ti TtÀ.cXaµa-.a 1t1']Àou, figure di creta (A- Dei 50 passi dei LXX con 1tÀ.tXCTO'W,
ristoph., av. 686 ). 'itÀ.tio-µa detto del sette 14 si trovano in scritti di cui non

~ diu. 2,24,28; 4,9,7. qui ben oltre Platone.


10 Plat., Tim. 88 e; Plut., tib. educ. 5 (u 3 e).
11 Plat., resp. 2,377 e; in Plutarco si ha spes- n Cfr. HATCll·REDP. e HELBING, KasuSJynlax
so ro:Àa:t'tELV 'tÒ ijl>oç o -trt\I l!Jux1}v, cfr. 56.
Thes. Steph. VI 1159. 14 Sap. 15,7.8.9.rl.16 (due volte); 2 Mach. 7,
12 Il itÀ.aucmv anche rispetto alle anime va 23.
5~9 (vr,2,6) 'ltÀ.aO'O'W, 'ltÀ.alJ'µ~ B I I a (H. Braun) (Vl,257) 560

si ha iI corrispondente ebraico; due 15 Abac. 1,12), ha plasmato con la creta


sono ampliamenti, quattro 16 fraintendi- l'uomo come essere vivente e parlante
menti del testo ebraico. Negli altri 37
(lob 38,14), Ia genesi dell'uomo (2
passi i termini corrispondenti sono: 29
o 30 volte #r 11 (mai all'hif'il), 3 volte Mach . 7,23), anche i Samaritani (lr. 27,
(o 2) 18 !Wr, una volta '!b al pi'el, una II?) e colui che fabbrica idoli (Sap. 15,
volta nv (in Prov. 24,12 il traduttore II). In modo particolare gli occhi (ljl 93
forse ha letto #r), 3 volte (o una) 'sh,
una volta (o due) 19 kwn al pi'el. Come [94].9), il respiro (Prov.24,12), lo spi-
si vede, anche nell'ebraico dominano le rito dell'uomo (Zach. 12,1) e i cuori
radici indicanti il 'modellare' dcl vasaio (ljl 32[33],15) li ha plasmati Jahvé, co-
(ifr, !Wr, '!b al pi'el). L'unica voce me-
me pure la terra (Js.45,18 [var.]; lt'.p.
dia dei LXX (1tÀcicra<rl>at: 3 Bacr. 12,
33) ha come equivalente br'. Delle set- 40[33],2), il tutto (IEp. 10,16 = 28
te forme passive, una 20 non ba il corri- [5!],19), estate e primavera (IJi 73
spondente ebraico; due 21 sono amplia- [74),17 [var.]). Non si evita neppure
menti, una 22 è dovuta a fraintendimenti
del testo ebraico. I corrispondenti ebrai- di rappresentare antropomorficamente
ci delle altre tre voci sono una volta {Jjl questo plasmare da artigiano e artista:
al pilei, una volta j.rr al qal e una volta sono infatti le mani di Jahvé che mi
Io stesso verbo al pu'al.
hanno plasmato (lob rn,8; ljJ u8[ n9],
a) 1tÀcicrcrm• all'attivo è detto 36 vol- 73 ), che hanno plasmato la terraferma
te di Dio e r 4 degli uomini. J ahvé co- (tj,94[95],5).
me creatore 23 è colui che plasma, che Jahvé è modellatore e plasmatore
modella: 1tÀ.acrat; (tf/ 32 [ 33] ,15; 93 nella scelta, guida e liberazione del suo
(94],9; Prov. 24,12; Is. 27,u; 43,1; popolo. Il suo 1tÀacrcEw ha per ogget-
44,2; 49,5; !Ep. 10,16; 28(51 ],19; 2 to Israele e Giacobbe (Deu!. 32,6 [ed.
Mach. 7,23), 1tÀWFcrwv (Zach. 12,1; Is. Sixtina]; Is. 43,1.7; 44,2.2i.24), le fi-
44,24; lEp. 40[33 ],2). Egli ha modelia- glie di Sion ( 2 Reg. 19,2 5) e parimenti
to dalla terra il primo uomo (Gen. 2,7. chiunque apporti salvezza: Geremia
8.15) e anche gli animali (Gen. 2,19), (ler. 1,5), il SouÀoc; (ls.49,5.8 [var.])
specialmente iI Leviatan (o/ 103(104], e H mx.~c;: (Is. 53,II). Quando si dice
26). L'uomo pio confessa: egli mi ha che Dio ha plasmato b~ XOLÀ.lac;, 'fin
plasmato (lob 10,9; ljJ 138 [139],5; dal seno materno' (Is. 44,2.24; 49,5) o

15 Gen. 2,x5; Is. 4,,10 (var.). il k'tib.


16 lob 38,x4; Abac. x,u (dr. G . BERTRAM, 19Secondo che in ljl u8 [ 119),73 si legge col
Der Begriff der Erziehung in der griech. Bibel, cod. S o con i codd. SlA.
in 'Imago Dei', Festschr. fiir G. Krilger 2'> 4 Mach. 13,20.
[ 1932) 49); Is. 29,16; 53,1 r.
21 lob 34,1,; Prov. 8,15 (co<l. S ).
17 Per altre traduzioni greche di i~r ~ V, coli.
x253 s., n. ,7.
22 Ecr&. l,6 (cod. S*).
U A seconda che in Ier. 1,, si conta il q'ré o 23 Per la terminologia --+ v, coli. 1252-1259.
ltÀct<T<TW, nÀci.oµa. B 1 1 a (H. Braun)

l'V xoiÀ.ll{', 'già nel seno materno' (ler. 10,8.9; 34,15; 38,14; 4i 94[95],5; n8
r ,5) si vuol affermare che l'azione divi- [139],5.16; lEp. 28(51),19), grazie al-
na si estende a tutta la vita. Qui l'an- la quale egli stabilisce uno come profe-
tropomorfismo dell'artigiano al lavoro è ta (Ier. 1 ,5 ), o si diverte con il Levia-
chiaramente abbandonato. Il ,.,;}.<icrcn:w tan (ljl ro3[ro4],26). Tale superiorità
'tjj O"VVÉO"Et, 'plasmare con l'intelletto' di si applica tanto nell'aiuto (ljl 73 [ 74 J,
Is. 53,r r (in antitesi con l'ebr. jisba' 17; 89(90] ,2; Zach. 12,1) e nella sal-
beda'to) sa addirittura di mentalità gre- vezza che lui solo (ls. 45,18) procura
ca(~ coli. 556 s.). Egualmente eccezio- (ls.43,1; 44,2.24; 45,rn [var.]; 49,5.8
nale è che Jahvé 'prepari' dei mali (Ier. [var.]; IEp. lo,16; 40[33],2), quanto
I8,II 2'). nella punizione che infligge (Abac. 1,
12; --,> n . 16), nel ripagare (Is. 29,16
È istruttivo dare un'occhiata ai sino-
nimi. Jl 7tÀacrcrm1 di Jahvé sul piano [due volte]; Prov. 24,12) e nel ri-
creativo è sinonimo di 1tOLEL'V (fare: fiutare la compassione (Is. 27,n). Jah-
lob ro,8; tf194[95],5; Is.27,II; 29,r6; vé in quanto 1tÀ.cicro:ç comprende l'uo-
45,18; IEp. 40(33),2), cpU'tEVEtv (pian-
tare: tlJ 9 3 [ 94 J,9 ), É'totµ<i~EW (prepa- mo (ljJ 32 (J3] ,15 ), vede (lfJ 93 [ 94] ,9)
rare: ljJ u8[119],73 [var.]), ÈxnlvEt'V e, secondo il tardo giudaismo, nella re-
OVpc.tVOV (stendere il cielo) e iJEµEÀ.tOUV surrezione ridona ai martiri respiro e
yf\v (gettare le fondamenta della terra :
Zach. 12,1), yÉVE<Ttv Èl;EuplcrxELV (rinve- vita (2 Mach . 7,23). Proprio perché l'ha
nire la generazione: 2 Mach . 7 ,2 3 ); ac- plasmato egli deve ammaestrare l'uomo
canto al passivo 1tÀmrl)ijvat, nell'ambi- (tJi u8[r19],73), e anche l'uomo non
to della creazione, si trova Èv 'tTI µri-
deve dimenticarsi di lui (Is. 44,2I ). L'a-
'tfXi>~ yacr'tpt XCt.'tOLXELV, C1.Vl;T)i7f\vcr.i, "tE-
À.ECTq>Opr)i}fjvcr.t, &.7tonxi7f\vat (4 Mach. more tra fratelli esiste in quanto pla-
13,20). Nel quadro della storia della sal- smato da Jahvé (4 Mach. I3,20).
vezza si par1a di un 1tÀ.ctO'O'EW di J ahvé Non va trascurato il diverso uso ri-
in connessione con 7ta:t1)p (Deut. 32,6),
con &yEtV, var. cruvayEtv (2 Reg. 19,25), spetto al mondo greco. I testi - ad ec-
1tOtEi:V (Deut. 32,6; Is. 43,r.7; 44,2), cezione del racconto delJa creazione in
Àu'tpoucr~at (ls. 43,7) e otoovo:t (Is. 49, P - non hanno scrupolo di attribuire a
8 ); quando ha per oggetto un male pro-
Dio il rcÀWrCTEW in modo .concretamen-
vocato da Jahvé, nÀaCTO'ELV si accompa-
gna con À.oyl!;.Ecrfro:t (ler. r8,n). Infine te antropomorfico. Con tale nÀa<rO'Etv
il 1tÀ.cXCTCTEW dell'uomo che fabbrica idoli J 11hvé non compie solo la creazione del-
ha per sinonimi 1tOtEL\I (Is. 44,9) e yM- la natura materiale, ma guida anche
qmv (Is. 44,9.10).
il processo storico, che è inteso Co·
Il participio nÀ.acro:ç riferito a Jah- me determinante azione di salvezza. In-
vé ne mostra l'assoluta superiorità (lob fine: l'uomo non è inteso come un es-

u Cfr. Is. 45,7: Jahvé come 'ofeh 1iilom libo· ré' rii', ~ 'ltOLWV tlpi)VTj\I xal X-tll;wv X«Xa.
n)...tiuuw, nÀ.a~tl« Br 1 b - u 1 (H. Braun)

sere che vive su due piani diversi (il esplicitamente, come nel caso della i>Eloc
corpo e l'anima); Jahvé ha plasmato 1tp6vo~a di 4Mach. 13,20.
tanto gli occhi e il respiro quanto i cuo-
2. Il sostantivo
ri e lo spirito (la l!ivx1) non figura af-
fatto come oggetto del 1tÀa<1<1Ew! ). Dei 6 passi in cui compare 1tÀ.a<rµa
nei LXX, uno (Iudith 8,29) non ha ori-
L'interno dell'uomo non riscuote mag-
ginale ebraico, e un altro (Is. 45,10
giore stima, e il corpo non porta un [ var.J) è dovuto nd ampliamento del
marchio negativo: l'uomo costituisce traduttore. Nei quattro restanti, l'equi-
un tutt'uno. valente ebraico è tre volte je!er e una
d'rak1m. Nonostante la triplice tradu-
b) Del 1tÀ.a<rcmv dell'uomo, cioè del zione di je~er con 1tÀaaµa ( t~ 102
lavoro del modellatore in creta, i LXX [ 103 ],14; Abac. 2,18; Is. 29,16), la for-
non parlano mai senza un intento par- mula je~er ra' già ben nota al Siracide
ticolare. La metafora del vasaio, espres- non è mai resa con 11:À6:aµa., ma con
sione della libera sovranità del plasma- ÈWOT)p.a (Ecclus 21,1 l), 1tO\IT}pÒv ÈvM-
tore sull'oggetto plasmato è applicata a µT)µa (Ecclus 37,3) e Ota~ovÀ.tov (Ec-
Jahvé (Is. 29,16 [due volte); 4_51 10 clus 15,14; 17,6) 25 •
[ var] ). Altrove l'immagine del vasaio L'uomo è un 1tÀ.ciaµa di terra (tji 102
intento a modellare (Sap. l 5 ,7) introdu- [ 103 J,14), il suo cuore può essere un
ce la polemica contro la fabbricazione àyaÌ}Ò\I 'ltÀci<rµ.oc (Iudith 8,29). Gli ani-
degli idoli, alla quale il modellatore con- mali (in ebr.: ippopotamo) sono la pri·
sacra una fatica malamente spesa (Sap . mizia della potenza creatrice (1tÀ.aaµoc-
15 ,8.9.16 [due volte]), come fece Aron- '"t"O<;) di Jahvé (lob 40,19). Inoltre 7CÀ<i-
ne quando plasmò il vitello d'oro (Ex. aµoc indica l'oggetto modellato dal va·
32,4); chi plasma ripone la sua fiducia saio (Is. 29,16; 45,ro [var.]) e in par-
nell'immagine da lui formata (Abac. 2, ticolare l'idolo (Abac. 2,18). La sovra-
18 [due volte]), ma rimane deluso (Is. nità del Creatore (Iob40,19; Is. 29,16;
44,9.ro). Una sola volta 7tÀa<r<TEW si- 45,10 [var.]; Abac. 2,18) e la sua com-
gnifica il 'macchinare' il male del giudi- passione per l'uomo fatto di polvere (l{I
102 [ 103] ,14) sono il concetto teologi·
ce iniquo ( lfJ 9 3 [ 94] ,20 ).
Il medio 1tÀMcx<rÌ}a.~ è usato una so- co che guida i LXX nell'uso di 1tÀa<rµa.
la volta e designa il mutamento del ca-
lendario liturgico 'arbitrariamente ar- II. Filone
chitettato' da Geroboamo (3 Boc<r. 12,
33). Il passivo essere plasmato è detto I. 1tÀ6:<T<TW
dell'uomo (lob 34,15 ), dei suoi giorni
(IJi 138(139),16: traduzione sbagliata), 1tÀa0'<1W in Filone è attribuito esclu-
dei sette fratelli martiri ( 4 Mach. I 3, sivamente a Dio 26• Prima di tutto in
20), dell'orbe terracqueo ("' 89[90],2; citazioni di Gen. 2,7 (op. mund. 134;
Prov. 8,25, cod. S) e dei prodotti di un leg. all. l ,31; ambedue le volte è inse-
mestiere (Erri>. l,6, cod. S*; Ier. 19,1); rito Àa.~wv fra xouv e à'ltò '"t"ijç yijc;),
nei primi passi citati il 1tÀtia1'ij\lcxt sot- di Gen. 2,8 (leg. all. 1,43.47) e Gen. 2,
tintende Dio come modellatore, a volte 19 (leg. alt. 2,9). In Gen. 2,18.22 Filo-
11 BoussET·GRESSM. 403. 26 Tuttavia sogget!O dello s~o'!';)...(1.(l"'t'Er\I è la
rpvu~c; (op. mund. 67).
'ltÀacrcrw, nì..ao-1.1.cx. B 11 (H. Brnun)

ne presuppone un testo con 7tÀ.acrcrEtV afferma che gli uomm1 inventano fal.
BolJMv e yuVCJ,LXCJ,, al posto di 7tOtEi:V e si sul piano sia religioso (op . mund. 2;
olxoooµEi:V dei LXX (leg. alt. 2,5 .9; leg. vit. Mos. 2,281; spec. leg. 1,315) che
all. 2,r4.24). D'altra parte in Gen. 2,r5 giuridico (spec. leg. 3,82). Nel passivo,
sembra leggere 1tOLELV, mentre i LXX che - diversamente dall'attivo - nei
hnnno ,.)..~crvsL'J (leg. flll. l ,8 8 ). Dio LXX non è attestato nella tori\, vengo·
plasma le specie mortali (leg. all. l , no in chiaro i particolari intenti di Fi-
16), la figura umana (op. mund. 137). lone nell'usare i nostri vocaboli. Qui bi-
Tuttavia si deve fare una distinzio- sogna menzionare prima di tutto la di·
ne fra l'uomo ov ETtÀl.t<TEv, «che egli stinzione dualistica già da noi rilevata
plasmò», e quello ov ~1tol'T]CTE, «che egli fra ò vi.iv 1tÀmriMç IJ.vi)pw1toç, «l'uomo
fece» (leg. ({/l, 1,53), fra l'uomo terre- ora plasmato», e ò XC1..'tÙ. 't"IÌV dx6vCJ,
stre e quello simile a Dio, il vouc; (~ ìkou yqovwc;, «l'uomo generato a im-
col. 566; leg. alt. 2,5); qui i due ver- magine di Dio» (op. mund. 134; leg. ali.
bi diversi corrispondono alln differenza r,53; 2,4.r5), fra il suo 1tE.1tÀao-tla:i e il
del significato allegorico. Dio 'pla~ma' suo 'tE~um0crtla:i (leg. ali. 1,p; platlf.
i mx1'-·(), che sono allegoricamente rap- 44), il suo ylvEcri>m (leg. all. r ,32), e il
presentati dai i}11pla anch'essi secondo i suo 7tOLEi:cri>a:L (leg. all. l ,88 ). Quando
loro generi e le loro specie, come risul- l'uomo è descritto come 7tE1tÀ.MµÉvo<;
ta dal doppione di Gen. l,24 e Ge11. 2, xouç (zolla plasmata), impregnata di san.
19 con l'E't"L (leg. ali. 2,5.9-12); 'plasma' gue (rer. div. her. 58), o si parla delta
I 'a.to-ih1cr~c; ( sensuzbne ), allegoricamente sua 7tE7tÀ.a:<TµÉ\IT} O~ai)E<Ttç (disposizione
simboleggiata dalla yuvl] di Gen. 2,2r s. modellata: plani. 44), o il corpo è consi-
(leg. ali. 2, I4 .24 ); 7tall11 e a.tcrlh1cnç so- derato come 7tE'l't).a.qµ~voc; cbSpiaç,
no intesi come il Bol)it6c; (aiuto) di Gen. èixi}oc; 'tocrou'tov (statua modellata, pe-
2,18, che Dio 'plasma' (leg. alt. 2,5). Fi- sante fardello: agric. 25 ), siamo di fron-
lone non respinge esplicitamente un'in- te a una interpretazione dualisticamente
terpretazione antropomorfica del 7tÀ.acr- negativa. Naturalmente sono plasmati
O'EtV di Dio, ma il suo rifiuto di intende- anche gli animali, da intendersi allego-
re alla lettera il YEW1tOVELV e <j)U't"EVEtV ricamente (leg. all. 2,II) e la donna (op.
di Dio (leg. ali. r .43 ), come in genere il mund. 151; leg. alt. 3,185); mentre non
suo concetto spiritualizzato della divini- lo è la terra, a differenza dei LXX (~
tà, non lasciano dubbi in proposito. Nel- col. 560 ). Un dualismo simile è presente
la distinzione fra 1tÀ.ci.'t"'tEW e itOLELV, nell'allegoria di Ex. 3 r ,2 ss., dove il
7tÀ.a't't"EL'V a causa della sua accezione ma- 7i:À.a<r<TEtV di Mosè si ispira agli archeti-
teriale viene a trovarsi dal 1ato negati- pi ( &.pxé't"U'lt<X) direttamente, quello di
- vo. Questa differenza marcata nei LXX Besaleel solo indirettamente (leg. all. 3,
non c'è, tranne che nell'uso linguisti- 102 ss.). Qui del resto 7tÀ.a<rawita:L fi-
co di P (~ col. 562). Al centro della gura come sinonimo di ylvE<ri>ttt. e 't"O·
descrizione fìloniana della creazione sta PEUEO"i)a:r. (esser cesellato); la sinonimia
O'r)µ~oupyELV (~ II, coll. 899 s.) che si dei termini e~ qui sopra) varia infatti
incontra solo marginalmente in Sap. e in Filone secondo le esigenze dell'alle-
in 2.4 Mach. Il Tt'Àacrcrew di Dio non si goria. In op. mund. 141 e migr. Abr.
riferisce mai alla storia della salvezza di 167 compare un itÀ.a<rcrt:cri>a:L in senso
Israele. Anche il Tt'À.ttcr<TEtV del vasaio e neutro ad opera dell'artista. Tali riferi.
del fabbricante di idoli in Filone manca. menti non vogliono mettere in risalto
la sovranità del Creatore, come fanno i
Con la forma media 7tÀ.cio"a:cri)CJ,~ si LXX. Infine, come nella grecità, ma non
7tÀticrcrw, 7tÀctcrµcx. D u 2 · m (H. Braun)

nei LXX, ìl passivo 1tÀ.a<l<lt::rJ"?}cu può si- TCÀ.Mµa-rtt può essere una singola per·
gnificare essere dato a intendere, esse- sona, come Seiano (leg. Gai. 160), o una
re falsamente inventato, riferito sia a mente che produce immagini irreali
parole (exsecr. 162; aet. mund. r ,p; (Flacc. 164). Stanno a lato della 'tÉXVTJ,
Flacc. rn8) sia a comportamenti (virt. in antitesi alla <pvcnç (leg. all. 3,64).
39; leg. Gai.59).
Quando dai LXX si passa a Filone,
2. • 1t'X.a<rµa
nonostante l'uso frequente d ei nostri
vocaboli e la nuova e frequente accezfo.
II sostantivo ha le medesime sfuma- ne di falsificare, falsificazione, si re-
ture riscontrate nella forma passiva del sta colpiti nel vedere che in realtà i si-
verbo. L'uomo, o più precisamente j] gnificati sono meno numerosi che nei
secondo uomo (-7 col. 566 ), in quan- LXX. Il lessico di Filone si attiene ai
to y-fi~vo'J 7tÀ.a<l1..1.a -rou -rEx.vl-cou, «es- LXX, ma solo in parte, e inoltre in una
sere terrestre plasmato dall'artefice», interpretazione allegorica. L'altra fonte
sta in antitesi dualistica coll'oupa'Jtoc; del suo vocabolario è l'uso greco e in
a'Ji}pw7toç (uomo celeste), che è un es- special modo quello derivante da Plato-
sere generato (yÉwT)µtX: leg. all. r,31). ne. È di qui che proviene il senso dua-
Isacco non è yEvÉcnwc; 7tÀ.aa-µci., «pro- listico negativo di 7tÀcicrcrELV (~ coll.
dotto della generazionei>, ma Epyov -cov 5 55 s. ). Ma mentre in Platone il voca-
ét.yEv1]-i-ov, «opera dell'ingenerato» (det. bolo viene svalutato perché si attribui-
pot. ins.124); coloro che vivono di <rap~ sce il 7tÀcXO"CTELV a una divinità minore,
si contrappongono a quanti vivono di Filone non può fare altrettanto, poiché
r.vEvµa., come 7tÀ.®µct yijc;, ~<figura di il suo spiccato monoteismo glielo impe-
terra», a i}Ela.ç Etxbvoc; ÈXµcx.yi;;i:ov, «ri- disce. Invece nella concezione dell'uo-
produzione dell'immagine divina» (rer. mo, cioè nell'antropologia, il dualismo
div. ber. 57). In decal. 70 sono detti platonico e~ col. 556) si è liberamen-
nlauµa.-ra gli oggetti di culto fatti da- te fatto strada anche in lui 28 •
gli artisti. Nella stragrande maggioran·
za dei casi TtÀ.acrµa, come nella greci- III. L'ulteriore incidenza dei vocaboli
tà(~ col. 557), ma non nei LXX, indica nel giudaismo ellenistico e rabbi-
un'invenzione o falsificazione. Perciò mco
1tÀacrµa è connesso con µ\Ji}oc; e µui>t-
x6ç 27 , con Ù7t6xptcrtç (rer. div. ber. 43; Nei Libri Sibillini giudaici Dio è ò
leg. Gai. 22), con 'tucpoç (fumo, vanità : r.À.cicrac; (3,24; ~ coll. 559 ss.); Adamo
cher. 91; ebr. 36; spec. leg. r,309; virt. è 7tpw-roç 7tÀ.a<ri)'Elç ( 3 ,2 5 ; 7tpw-roç è in
178 ). Fra i temi mitici sono qualificati più rispetto ai LXX) e gli uomini ik6-
come 7tÀ®µtt-ra la conflagrazione uni- rcÀ.a<r-i-o'J EXOV"t"Eç Èv dx6vi µopq>l'jv, <(CO·
versale degli Stoici ( aet. mund. 90 ), il loro che portano in sé una forma plasma-
culto del toro praticato dagli Egiziani ta da Dio a sua immagine» (3,8) 29• In
(vit. Mos. 2,161) e i misteri (µucr-çtxà. Flavio Giuseppe Dio forgia (1t>..<i:crcrEw)
7tÀ.ttcrµtt-ra: spec. leg. l ,319 ). Fonte dei l'uomo (ant. 1,32.34) 30• L'argilla pia-

27 op. mu11d. 1.157.170; cher. 91; dei. poi. cfr. NILSSON II 580
ins. 125; congr. 6x s.; /ug. 42; Ahr. 243; l)ii. 29 La frase, se non nella terminologia, nella
Mos. 2,271; decal. 55.76.156; spec. leg. 1,51; linea di p ensiero è conforme all'A.T. e antifì·
viri. 102.178; praem. poen. 8; vii. coni. 63; loniana.
ae/. mu11d. 58; leg. Gai. 13.237. 3> In 1 134 il testo di Gen. 2,7 è ampliato con
28 Per il dualismo della Predica dei Naasseni un À.IX~W\I, come in Filone (-+ col. 564); ani.
TtÀ.a<T<TW, TtÀ.a<rµa. B III - e I (H. Braun) (v1,:z6r) 570

smata, incapace com'è di dare una ri- che può usar misericordia o indurire il
sposta e di comprendere una delibera- cuore a suo talento. L'oggetto plasmato
zione, rivela la sovranità di Dio sull'uo-
mo, fissato nella sua sorte con tratti non dice al modellatore: «Perché mi hai
predestinaziani ( r QS II ,22 ). fatto cosl? ».
Interessanti sono gli sviluppi esege- La prima parte della citazione, cioè
tici dei rabbini. R. Gamaliele II (c. 90 l'interrogazione retorica µi) Èpc:~ -rò
7CÀÙ:crµa 't(i.> TCÀ.ét.crct.\l'tt, «dirà forse l'og-
d.C.) nega che da Ge11. 1,27 e 2,7 si
possano trarre conclusioni politeistiche getto plasmato al plasmatore», è presa
(Sanh. 39 a, Strack-Billerbeck IV 41 r ). quasi alla lettera da ls. 29,16. Invece la
Dal formare di cui si legge in Ge11. 2,7, domanda è formulata da Paolo e non
wajji.rer è scritto con due;, si ricava l'af- può considerarsi come una vera citazio-
fermazione della resurrezione (Gen. r. ne. Si pensa al -.l 'TCOtEi:c;;, «che fai?», di
14 [roc], cfr. Strack-Billerbeck I 895 ls. 45,9, che l'argilla rivolge al vasaio,
s.; m 473; cfr. 2 Mach. 7,23). La terra
oppure 'tl É7Coll}(TO:c;;, «che hai fatto?»,
con cui fu plasmato l'uomo proviene dal di lob 9,12 e Sap. I2,12. Ma in nessu-
luogo dove più tardi sorse l'altare degli no dei due casi si trova la metafora del-
olocausti (R. Shemuel b. Nahman, Gen. 1'argilla e del vasaio. Il µE e l'oihwc; del
r. 14 [Io c], cfr. Strack-Billerbeck III
testo paolino mancano in tutti e tre i
passi. ErtÀwro:c; (cod. D, Theophylm') al
478 s.) o dalle quattro parti del mondo
Tg. ]erush. 1 Gen. 2,7, cfr. Strack-Bil- posto di Énol11aa.c; è certamente una va-
riante tardiva, per assimilazione.
lerbeck III 479; cfr. Sib. 3,25.26). Al-
cuni rabbini del sec. n e III d.C. riferi-
rcÀù:uixc; e 7CÀacrµO'.., cos1 come XEpo:-
scono hr di Ps. ro3,14 e waiji!er di
Gen. 2,7 all'istinto cattivo 31 ; altri (di µEuc; e TCl)À.éc; (-? col. 176 s.) in Rom.
cui alcuni intorno al 300 d.C.) in Gen. 9,21, come provano le citazioni dei
2,7 ravvisano 1a creazione di ambedue
LXX (ls. 29,16; 45,9), di solito indi-
gli istinti ad opera di Dio (Tg. Jerush. I
Gen. 2,7, cfr. Strack-Billerbeck III 479; cano innanzitutto il vasaio e l'oggetto
Ber. 61 a, cfr. Strack-Bìllerbeck IV 467 ). da lui plasmato; il parallelismo di
Analogamente al dualismo filoniano, an- nÀ.Ù:O"O"EL'V e rcotdv è ben noto dagli stes-
che fra i rabbini alcuni J:>ensano che
Jahvé plasmò l'uomo con la parte nobi- si LXX (~ col. 561). Ma, come già
le del seme umano (Nidda 31 a; Lev. r. nell'A.T. (-? col. 563), anche qui si
14 § 6)32. avverte che in realtà è di Dio che si in-
tende parlare. Tipicamente veterotesta-
C. IL NUOVO TESTAMENTO mentario è pure l'accento che tale me-
r. ln Rom. 9,20, citando l'A.T., si tafora pone sulla sovranità divina (~
usa l'immagine del vasaio per dimostra- coll. 561 s. 563; cfr. inoltre i passi pa-
re l'impossibilità di contraddire a Dio, ralleli di Ier. r8,6; Is. 64,7; Ecclus

1,35 specifica, come in Filone (4 col. 566), BrLLERBECK IV 474; Erub. 18 a, dr. STRACK-
il TtÀ&.cnTEW della donna. BILLERBECK III :z40.
32 R. MEYER, Hellenistisches ili der rabb.
Jt Gen. r. 34 (21 a), dr. STRACK-BILLER!lECK Anthropologie (1937) 33-43; K.H. RENGSTORF,
IV 469; Ab. R. N. 16 (6 n), cfr. STRACK- Mann u. Frau im Urchr. (1954) 40, n. 83.
571 (vr,261) rç).cl:o-o-w, 7t).cl:aµa eI . 3 (H. Braun) (vr,262) 572

33,13, anche se non vi ricorrono i no- lenistka. Del resto, l'ordine della crea-
stri vocaboli). Solo che proprio in Is. zione - prima l'uomo, poi la donna -
45,9.ro, come del resto nella maggior corrisponde alla tradizione jahvista e al-
parte dei passi analoghi, questa sovra- la letteratura che ne dipende, come pure
nità è volta a realizzare il piano di sal- al mito di Pandora(~ col. 554). Altro-
vezza (~ col. 562), mentre qui l'uomo ve questa successione non è messa in
è posto di fronte al tremendum di un particolare rilievo; anche il 7tPW1.'oc; di
giudizio di Dio 33 il quale usa compas- Sib. 3,25 (~col. )68) sta in relazione
sione o indurisce il cuore. L'uomo, es- con i discendenti nel loro insieme, non
sendo plasmato e creato, sta di fronte in particolare con Eva. Solo in I Cor.
alla divinità in completa dipendenza, si 1 I ,8 si ha un'argomentazione del gene·

trova abbandonato al suo giudizio e a re. L'inferiorità della donna che, consi-
piena discrezione della sua misericordia. derata come ovvia nell'ellenismo e nel
tardo giudaismo(~ II, coll. 691-715),
Questa concezione perdura chiara-
mente in Lutero (de servo arbitrio). in pratica è soppressa nei principi fonda-
Ben diversa è l'idea greca dell'uomo e mentali del N.T. (~ n, coli. 715·725),
di Dio, espressa da Plutarco 34 proprio qui come in I Cor. r r ,8 è presentata co-
con la stessa immagine (~col. 5 56 n. 7 ):
qui il 1tÀ.&:aarn1 del vasaio che torna a me una conseguenza della ben nota 35
impastare la stessa massa è una con- norma veterotestnmentaria e tardo-giu-
solante allusione alla natura che non si daica che attribuisce più v:ilore a ciò che
stanca di plasmare e riplasmare l'uomo
è più antico.
nel flusso del nascere e del morire.
3. Il N.T. non usa il nostro gruppo
2. L'autore delle lettere pastorali in Ji vocaboli per esprimere l'azione sal-
I Tim. 2,r3, per giustificare il divieto vifica di Dio nella storia, come fanno i
che 1a donna insegni e detti legge al- r..xx e~ col. 560), o la nuova crea-
l'uomo e il comando che se ne stia in zione spirituale del singolo, la quale
silenzio, rammenta che Adamo fu pla- viene designata con x-tlsw (Eph. 2,ro.
smato per primo ed Eva solo in un se- 15; 4,24), X1.'l<nc; (2 Cor. 5,17; Gal. 6,
condo momento (~ I, coli. 377 ss.). I 15), x-rlup.cx. (Iac. r,18), 7tOlt}µa (Eph.
primi ad usare 1tÀ.aa-O"EW e 7tÀ.1:1;criti'jvo:.~ 2,ro) (~ v, coll. 1326 s.). Manca però
per la donna in questo contesto non fu- ronche un sottinteso dualistico-negativo,
rono i LXX(~ coll. 559s.), ma Filo- che invece si ha in Filone (~ coli.
ne (~ col. 5 66) e Flavio Giuseppe (~ 565 .566). Il lessico neotestamentario
n. 30). L'autore deve dunque seguire corrisponde in sostanza a que!Jo dei
una tradizione preesistente, giudaico-e}- LXX (-~ coli. 559 ss.).

" Cfr. LIETZMANN, Rom. a 9,21. 87 s.


3• H. ALMQUIST, Plul. u. dns N.T. (~946) 3i Cfr. STRACK-BILl.ERBECK III 2~6-258 .645 s.
7tÀ.ciO'crw, nÀacrµa D r . 2, nÀacr-r6c; (H. Brnun) (VI,262) 574

D. L'uso CRISTIANO SUCCESSIVO no: la creazione dell'uomo in Gen. 1,27


fa pensare al rinnovamento spirituale
I. Il verbo che si opera nel cristiano mediante la
remissione dei peccati: il Signore vide
L'uso dei nostri vocaboli nei Padri i:o xaÀ.Òv 7CÀac;µa 'Ì]µWv, «la nostra
apostolici non si riallaccia ai due pas- bella forma» da lui plasmata (Barn. 6,
41
si neotestamentari sopra esaminati, ma I 2) • Tuttavia l'espressione cpi}opdc;
riflette piuttosto l'utilizzazione da parte -rtÀa<rµa..oc; i}Eov, «distruttori d'un'opc-
della comunità 36 dell'uso linguistico dei ra plasmata <la Dio» ( Did. 5 ,2; Barn.
LXX. Dio come nÀU.crat; dell'uomo 37 o 20,2 ), che evidentemente proviene da
come nmÀaxti.ic; della xapola. umana 38, un tardo catechismo giudaico-ellenisti-
il ri:Àac;c;m1 dell'uomo a immagine (d- co, non allude 42 a coloro che corrom-
xwv) di Dio 19, l'uomo come xo~xòc; pono i cristiani rinnovati nello spirito,
nÀrwfrElc;, «plasmato di creta» (Sib. 8, ma - dato che in entrambi i passi viene
445), le xdpec; di Dio come stru- dopo <pO\IELc; "tÉXVWV, «Uccisori dei figli»,
menti del nÀaCi<rEW ~a. la citazione alla e quindi è tradizionale - vuol indicare
lettera di ls. 53,11 in I Clem . 16,12, le persone che sopprimono il feto in via
il 1tÀao-awJ dcl fabbricante di ido- di sviluppo 41 •
1i (Diogn. 2a): tutto ciò è neJla linea
dei LXX (~ coll. 559 ss.). Ma il tono t 1tÀ.mn6c;
reciso, benché anch'esso ispirato ai LXX,
di Paolo quando parla del potere asso- Il significato letterale di questo ag-
luto con cui Dio dispone dell'uomo(--) gettivo verbale, assente nei LXX - pla-
colL 570 s.) non s'incontra più in que- smato, o plasmabile - è interessante
st'epoca aperta alla razionalità. Lode perché negli scritti dualistici finisce per
del divino artefice (Barn. 2,10; I Clem. assumere il valore di puramente corpo-
38,3 ), riconoscimento dei suoi benefici reo: il secondo uomo, terreno, non con-
(Diogn. 10,2), timore al suo cospetto forme all'immagine di Dio, in Filone
(Barn. 19,2), azione creatrice di Dio co- (~ coll. 565.566) è detto 7tÀcwi:6c;
me prototipo del compimento delle o- (leg. all. 1,54.55.90; 2,4); con l'occhio
pere di giustizia (I Clem. 33,8 ): questo fisico, cioè "'t'Q 7tÀ.a<ri:0 't"OU't<p a"toi-
indicano i nostri vocaboli nei Padri apo- XEt~, «con questo elemento corporeo»,
stolici. non si può conoscere in che modo l 'uo-
mo rinasce (Corp. Herm. 13,3). In sen-
2 .1l sostantivo
so traslato 7tÀCX<r'toc; significa falsificato,
dato a intendere, inventato. Una perso-
Il sostantivo 1tÀauµa ora è introdot- na relativamente alla sua presunta di-
to nel cuore dell'insegnamento cristia- scendenza (Soph., Oed. Tyr.780), il suo

36 È quasi un'ironia che fra i Padri apostolici 39 Diogn. 10,2; 1 Clem. 33,4; per il costrutto
proprio Barnaba presenti la maggioranza dei cfr. KNOPF, 1 Cle111., ad l.; Sib. 1,22 s.: è per-
casi con 4 passi. ciò un'allusione ad Adamo.
37 Barn. 19,2: nella cornice di una catechesi 40 1 Clem. 33,4; gli attributi iEpal e liµwµo1
delle due vie; in I Clem. 38,3 con Taq>oç e sono peraltro ellenistici.
crx6Toc; s'intende la terra, non il grembo ma- 41 In Sib. 8MO si pensa al Cristo preesistente
terno. quale 7tÀcXCT"t1]<; µEp61tW\I x-rlcr-r'l']ç "tE ~foLO.
3
~ Darn. 2,10, citazione di 1!J 50 (51 ),19 (con-
tro i LXX) per la struttura della citazione 4~ Come intende WINDISCH, Barn., ad /.
e la sua storia dr. WlNDISCH, Bam., ad /. H Cosl KNOPF, Did., ad I.
575 (v1,262) 1tM.cn6ç (H. Braun) -1tÀ.Eov6.sw. V1tEp1tÀ.Eovasw A r (G. Delling) (vr,263) 57 6

amore (Xenoph., Ag. x,38), le sue affe- 16), come in Filone, che collega 1t)..acr-
zioni (Luc., amor. 49} possono essere si- µa. nel senso di falsificazione con µu-
mulate, 11011 genuine; ma anche ispira-
zioni religiose ( TCÀ.ruT't'a.tcrL ~a.xxdmow) 11oc; (-7 col. 5 67 ). In quanto poi qui è
riguardanti il \IEW<T"t't oa.lµw'V AL6vucroc;, in gioco l'etica libertinistica, contro la
«il dio Dioniso or ora comparso» (Eur. , quale si batte la 2 Petr., il contenuto di
Ba. 218 ss.) o un racconto mitico (À.6-
yoc; 7CÀ.rt.CT"t'6c;, Hdt. r,68) possono risul- questi À.6yoç può esser ravvisato in mas-
tare falsificati e inventati. Tipica per il sime come 1ta\l'ta µot €l;Ecr-.w, «tutto
contenuto è la posizione di nÀ.a.cr-.6c; ac- mi è lecito» (I Cor.6,12). ÈO""t'rLVaL, «star
canto a q>Évcd; come attributo di "t'ucpoc; in piedi» (I Cor.10,12} e yww<TxEw 't"èt.
(vanità inventata e fallace : Philo, som.
2,140). ~a.~fo. "t'OU CTa."t'a.vfi, «conoscere le pro-
fondità di Satana» (Apoc. 2,24). Con la
In 2 Petr. 2,3 1 i nÀ.a.O'"t'ot À.6yot (per qualifica di 7tÀ.a.<T"t'OL tali mitologhemi
il co1legamento con Myoc; ~ vu, col. vengono deprecati come invenzioni -
6 II) sono le dottrine e le pretese naturalmente non nel moderno senso
con le quali nelia loro cupidigia i falsi razionalistico, ma in .quanto mancanti
maestri cercano di attirare a sé i mem- di sano giudizio - e le massime come
bri della comunità. Trattandosi di una un comportamento eticamente equivo-
metafisica fantastica (riguardante gli an- co, una U~pLç gnostico- entusiastica
geli}, si dovrà pensare ai <TECTO<pL~~VOL ( ÉW7t\1La~6µE\IOL: I udae 8 }.
µul>ot, «favole ingegnose» ( 2 Petr. x, H. BRAUN

A. AL DI FUORI è - almeno in sede letteraria - inteso


DEL NUOVO T E STAMENTO sin dall'inizio nel senso di troppo 2 ( ~
Tucidide; in Aristotele è il signi-
x. Il 'ltÀÉov contenuto in 7tÀEovasw 1 ficato prevalente); nei contesti morali,

1tÀ.CXO''t6ç DEBR., Griech. Worlb. § 240 [DEBRUNNE.R).


Thes. Steph. VI II6l ; WILKE-GRIMM, PRF.U-
SCHEN-BAUER ', LIDDELL-SCOTT, s.11. 2 Evidentemente diverso in ciò da mp~a­
1 Cfr. WINDISCH-PREISKER, Kath. Br., ad I. <TEUEW, che però talvolta, almeno formalmen·
'ltÀEOVtil;;w X't'À.. te, è usato come concetto parallelo di 7tÀ.to-
1 Formazione intransitiva da ;;À.fov-iit;;Ew, v6.~EW, ~ coll. 5 ss.
'!t)..eov<Xsw, Ò7tEp11:)..eova~w A 1-2 (G. Delling)

a cominciare d11 Tucidide, ha valore di ristot., po!. l,9 [p. 1257a 33]); avere
biasimo. Si fecero poi strada a poco a in misura maggiore qualcosa (costruito
poco i significati di essere molto e simi- col dativo): il composto femminile con-
li. Talvolta non è possibile distinguere tiene in maggior quantità l'elemento u-
con sicurezza se il senso è troppo oppu- mido e freddo (Stob., ecl. r,4ro,11); es-
re molto. Il vocabolo - testimoniato a sere di più, prevalere: nella costituzio-
partire da Tucidide - manca in Plato- ne maschile TtÀ.e:ova<;e:L «il secco e il
ne, Senofonte, Epitteto, ecc. caldo ... , perciò le anime in tali corpi so-
Senso intransitivo: essere di troppo, no dure e più fattive» (ibid. ); diventa-
sovrabbondare. Detto di parti del cor- l'e (troppo) numeroso, detto degli E-
po (Aristot., gen . an. 4>4 [p. 770 b 32; brei a Roma (Dio C. 60,6,6); moltipli-
p. 773 a II]); 1tapà. q>UCJ'L\I (ibid. [p . carsi, col sinonimo O'U'llCl.u~ave:o-ilaL
722 b r3]); esser troppo grande: l'ra'o\I (Flav. Ios., ani. l,32 a proposito di LXX
(~ coll. 588.590.591) è ciò che µ1)- Gen. r ,22: TIÀ.11ifuve:criìE); esserci in grail
•e: 7tÀe:ova~e:L µTj-.i:. 0 .)..Elne:L, <<non pre- quantità: la gran quantità di 'ÌjoowLl non
senta né eccesso né difetto;> (Aristot., è un criterio per giudicare che una vita
clh. Nic. 2,5 [p. rro6 a 31 s.]); e- è felice (Telcs 49,3); essere molteplice
saltarsi, con É7talpEO'i}cn, 'insuperbirsi' (Aristot., eth. E11d. 2,8 [p. 1224 a 24],
(Thuc 1,120,4); 1tÉpq. nv µe:,pfov, 'ol- il contario è à1tÀ.ij; essere frequente,
tre misura' {Demosth., or. 9,24); 't'OÙC, detto di determinati toni (Aristides
'
1t(J.\IVoEL\IOVç
{' ' ••. , O't'(.(\I
" 1t11.EO\la.,,w0'
' ')" • ' t.'ltL-
J. ' Quintillinnus, de musica 2,14); essere
<ri:aul>'ùµe:i:c, xoo-µlovc, 1tOLE~v, «quelli ricco di qualcosa (Aristot., metaph. r ,2
che sono davvero scaltri, se eccedono [ p. 994 b 18]: una definizione ricca di
sapete voi come riportarli all'ordine» motivazioni, À.6yl!J ).
(Demosth., or. 39,14; ~ col. 588: Senso tr;:insidvo ': rendere (troppo)
rr:ÀEoVÉx't''l')C,); farsi troppo grande, di- abbondante, "t"à a-ùaxux.... 1tÀEo\las6-
ventare presuntuoso: i:ò e:i.i-.vxficru.v µe:va, selad mangiati in quantità ecces-
vBpe:L 7tÀ.EO\/tt~Et, «ciò che ha avuto fe- siva (Athen. 8,53 [356 d] ); moltiplica-
lice successo imbaldanzisce insolente- re (indicare un numero maggiore: 1tÀ.Eo-
mente» (Dio C. 44,29,2; appena pri- vase:~ u..1h6.., scii. le miglia: Strabo 6,
ma si parla <le! xuxÀoc, ... -.wv xaxwv ); 3,10).
essere in sovrappiù, in eccedenza, detto Ù1tEp1t).EOvasw è raro, manca anche
del danaro: .-à 1tÀ.Eo\la~ov.-a lepà. Eo-.-w nei LXX e (a quanto risulta} nei papiri;
.-wv itEw\I, «le offerte in eccedenza siano
in fondo non è che un accrescitivo super-
degli dèi» (Ditt., Sili.' II 736,39 [ 92 fluo del verbo semplice, che già di per sé
n.C.J; abbastanza frequente nei papiri, contiene l'idea di troppo. È documenta-
a cominciare dal II sec. a.C.); straripa- to solo a partire dal I sec. a.C. nel senso
re dcl mare (Aristot., meteor. I,14 [p. di essere in eccesso (detto dell'aria:
35Ib 6]), del fiume (Dio C. 54,25,2; Hero Alexandrinus, pneumatica r,ro 4),
57,14,8; il contrario è É:À.ÀEL'ltEtv); so· essere sovrabbondante (detto del gua-
vrabbondare, sinonimo di Ù7tEp{3aÀ.ÀELV dagno, opposto boE:1)<;: Vett. Val. 2,21
i:<;> 7t):ri~EL (Aristot., gen. an. I ,18 [p. [p. 85,17]).
725 b ro]); avere un sopravvanzo (il
contrario è É\loEéi dwu), col genitivo (A- 2. L'uso che ne fanno Tucidide, De-

l HELllING, Karnssy11tax 79 [DEDRUNNER) . ~ Ed. \V/. S CHMIDT, Heronis Alexandrini Ope·


Per l'uso causativo dci verbi intransitivi nel ra I (1899) 76,q.
greco ellenistico cfr. Ht.-DEDR. § 148.
-:tÀEova~w. Ù7tEp1tÀEovli~w A 2-3 (G. Delling)

mostene, Aristotele ci ha già mostrato diventa passione(~ IX, coli. 1051 ss.).
l'importanza di 1tÀ.Eovci~w ·per la ter-
Filone riprende spesso la formula
minologia etica greca. Come itÀ.EOVE- stoica. Particolarmente chiara è l'allu-
X't"ELV (~ col. 588), esso rappresenta sione di spec. leg. 4,79 (passo importan-
in questo campo il contrario della retta te perché qui ha inizio la discussione sul-
misura, di foov, di x6crµtov; connota le parole oùx Èmi}uµi)crw;; cfr. Rom. 7,
ciò che è ita.pèt cpuaw. In particolare 7 ): ogni 7tai}oc; è riprovevole perché xa.t
questo significato è presente nella defi- 7tfi<Ta O.µe-rpoc; (~ sopra) xat 'ltÀ.Eovci-
nizione stoica spesso citata negli scritti soucra. Òpµ1) («anche ogni impulso SffiO·
filosofici: ~O'"'tt 0~ a.Ù-rÒ 't'Ò itcii}oc; XCJ:tà. dato ed eccessivo») e il moto dell'ani-
Zi)vwva. Ti &À.oyoc; xa.L ita.pà cpucriv ma irrazionale ( èD.oyoc;) e contro natu-
~uxi]c;. xlVr]cric;, ti òpµ-Yt 1tÀ.Eovci~ov<Ta.,
ra . (1tet..pà. cpùow) è biasimevole; si deve
«la passione, secondo Zenone, è un moto imporre una misura agli impulsi e met-
dell'anima irrazionale e contrario alla ter loro un freno come ai cavalli. Dalla
natura, o un impulso smodato» (Diog. ?tÀ.e:ova~oucra. òpµ'l) nascono fi.)..oyot
L. 7,110 [v. Arnim I 50,22s., cfr. III ÈmihJµlixt, 'brame irrazionali' (rer. div.
95,15; n3,15]). Cicerone (Tusc. 4,11) ber. 245). In som. 2,276 1)00\11) e Èm·
traduce cosl: perturba/io (mX:i}oc;) = lhiµla . figurano come 'ltÀ.Eovci~ouc;a
aversa a recta ratione contra naturam òpµ1), in parallelo con aÀoyov itcii}oc;;
animi commotio; più brevemente: per- in agric. 94 si dice che la foga di un im-
turbationem esse appetitum vehementio- pulso che prende il sopravvenlo viene
rem (qui appare il carattere comparati- domata quando si mette un freno alle
vo implicito in 7tÀ.e:ov6.sw ); ibid. 47: forze irrazionali. Cfr. con/. ling.90: 't"IÌ.c;
vehementior = qui procul absit a natu- &.Myovc; xa.t 'ltÀ.Eova.sovcrac; -.wv ito:-
rae constantia. In Clem. Al., strom. 2, i}w\I òpµ6:c; (~ vm, col. r 311 n. 5 ).
5 9 ,6 (GCS 15,145,4 ss.) 7tÀ.e:ovci~ou<Tet. è
spiegato come vitEp'te:lvovcrcx. 'tèt xa.'C'à. 3. Nei LXX 5 (sono indicati tutti i pas-
-ròv À.oyov µi-.pix, «che supera le misu· si). Intrans.: essere superfluo (Ex. 16,
re date dalla ragione», come a1mM1c; 23), essere sovrabbondante (Ez. 26,
6
À.6y4), «indocile alla ragione» . Chry- 12 ), eccedente (Num. 3,46.48 s. [due
sipp., fr. 479 (v. Arnim III 130,8-15) volte per l'ebr. 'dp al qal]. 51); sovrab-
interpretando la formula citata dice che bondare (Ex. 16,18: per 'dp all'hif'il);
in essa si esprime l'antitesi al À.6yoc;, al- esagerare ().6y~: Ecclus 20,8); indica
la ragione, a ciò che è naturale (nel senso l'ampiezza o la maggiore vastità di un'a·
di originariamente sano), l'eccesso, l'in- zione ('C'oV con l'inf.: 2 Ba.<1. 18,8;
sanabile. Analogamente ancora Chry- per rbh all'hif'il); Ez. 23,32 (per mirba,
sipp., fr. 462 (v. Arnim III II4,1-17): 'quantità'); crescere abbondantemente
il 7tMovacrµòc; Tijc; òpµi)c; consiste nel- (2 Chron. 24,u: ebr. rb); I Esdr. 8,72
l'oltrepassare ( VltEp~alvew) la giusta (c%µtxp-tlixt}; aumentare: É\I 7tÀ.Eova.sov·
proporzione .(o-uµµE-rpl<X) degli impulsi cm OtXr.t.tOCTÙV'rJ lcrxùc; 'JtOÀ..À..1), «nella giu-
naturali e razionali. Da questi enunciati stizia che cresce vi è grande forza» (l'e-
risulta evidente che itÀeo\lri~w significa braico dice tutt'altro: Prov. 15,6); ac-
andare oltre il giusto limite dell'impul- crescersi (I Chron. 4,27: per rbh a1-
so, il quale non è per sé riprovevole (~ l'hif'il); Ecclus 23,3 (&.µap'tla..t).
vm, coll. 1307 ss.), ma oltre quel limite Transitivo : accrescere (Num. 26,54:

s Nelle altre traduzioni greche dell'Esapla 6 In I Mach. 10,41 in forma negativa: dò che
1'CÀEov&:~m1 non è tramandato [BP.RTRAM] . nncora manca.
1tÀ.Eov&i;w, Ù7tEp7tÀ.eova!;w A 3 - B 2 (G. Delling)

il possesso ereditario); 2 Chron. 3 l ,5 persino agli effetti di un fatto notevol-


(Ù'.1tapx1'Jv); ~ 70,2! (la grandezza di mente anteriore al presente escatologico
Dio; ebr. [7r,21]: dell'uomo!). In
questi tre testi il corrispondente ebrai- (Rom . 5,20): la legge è entrata furtiva·
co è rbh all'hif'il; -rò o--r6µa crov È.7tÀ.f'.6- mente (~III, col. 958; IX, coli. 174ss.)
va<TE\I xaxlav, «la tua bocca ha detto affinché (come solo ora può rilevare
molto male»: tfJ 49,19; 2 Mach. 2a2 l'uomo giustificato) fa.trasgressione cre-
(riferito all'introduzione del libro; op-
posto Ém-rEµd\I, 'abbreviare'); Num. 9, scesse a dismisura, si manifestasse pie-
22 (per 'rk all'hif'il, 'allungare'); lEp. 37 namente come realtà avversa a Dio (cfr.
(30) 19 (per rbh all'hif'il; opp. ÈÀ<J.'t'- Rom. 5,13; 3,20; 4,15) e acquistasse
-roiio-~cu); render numeroso (Ecclus 35,
forza (Rom. j,2Ia; 7,8.13 ~ VII, coli.
l: chi osserva la legge offre molti sacri-
fici). Passivo: /arsi numeroso (I Chron. 1369-1373).
5 1 2 3, per rbh al qal); 1tÀEO\ICCO"'t6v = Rom. 5,20 s'inquadra in un pensiero
rifattosi delle perdite ( r Mach. 4,35 ). completamente diverso dalla formula
Stoica 1tÀE0\16:.SOVO'"(I.. Opµ1J (~ coli.
B. NEL NUOVO TESTAMENTO 579 s.). In questa non si tratta del-
l'uomo davanti a Dio, ma dell'uomo in
r. I vocaboli figurano solo nelle let- se stesso; non di un evento di valore
tere: oltre a 2 Petr. 1,8, solo nel cor- assoluto - il peccato si rivela come ri-
pus paolino, soprattutto nelle lettere at- bellione alla volontà dichiarata di Dio
tribuite con sicurezza a Paolo. Ad ecce- - ma dell'intensificarsi relativo di un
zione di I Thess. 3,12 (e 2 Cor. 4,15?), impulso umano che per sé non è ripro-
sono usati solo in forma intransitiva. Se vevole. Nell'enunciato stoico ci si ap-
si eccettuano I Thess. 3,12; Phil. 4,17; pella alla ragione e l'uomo è implicita-
2 Cor. 8,15, ricorrono sempre con sog- mente invitato a svilµppare le sue ener-
getto astratto, nel senso di aumentare, gie naturali, mentre Paolo afferma il
crescere eccessivamente, diventare so- fondamento religioso della disperata
vrabbondante ecc., talvolta con valo- condizione etica dell'uomo.
re superlativo. Formalmente 7tÀ.Eo'Vasw
compare nel N .T. come termine paralle- Quest'azione della torà in ultima a-
lo di 7tEpLCTO"EVW (accompagnato da que- nalisi a null'altro mira (cfr. t'lla v. 21 ;
sto o da un suo composto in Rom. 5, ~ ~v, col. 1026) che a portare al suo
20; 2 Cor. 4,15; I Thess. 3,12; cfr.
massimo sviluppo la grazia salvifica di
inoltre Rom. 5,20 con 6,1, ecc.); 7tEpt<r-
<TE.uw s'incontra circa tre volte più di Dio; quanto più grande è il peccato,
7tÀ.E.ov6:.~w. Si può parlare di un colorito tanto maggiore è anche l'azione di Dio
escatologico(~ coll. 8 ss.) di 7tÀ.EOV6:.~w che Io toglie di mezzo. ·P er parare le
solo in riferimento ai contesti: all'azione
salvifica · di Dio compete certamente il possibili conseguenze del fraintendimen-
carattere della pienezza; ma il senso spe- to di quest'affermazione per la condot-
cifico di compimento escatologico è pro- ta morale dei cristiani (Rom. 6,1 ), Pao-
prio non di 7tÀ.Eo\16:.~w, ma di ~ 7tÀ:r1 · lo si appella alla piena efficacia salvifica
p6w (~ coll. 655 ss.).
del battesimo. Paolo lavorando ad an-
2. Una volta 7tÀEovcisw si riferisce nunziare il vangelo {2 Cor.4,13, tvit nel
7t).Eoval:;w, Ì>1tEP7fÀEoval:;w B :i-4 (G. Dclling)

v. 15, ~ IV, col. 1039) mira a far sl la pienezza anche qui e chinramente
che la grazia, chiamando alla fede il sottinteso. Più riservata è la posizione
maggior numero possibile di persone 7 dell'autore di 2 Petr. I ,8: se le otto di-
(gioco <li parole itÀ.Eov6.crao-a-itÀELo- sposizioni religiose e morali addotte
vwv 8), raggiunga la massima pienezza, nell'elenco dei vv. 5-7 esistono e au-
si esplichi appieno; oppure che molti- mentano nei cristiani, possono renderli
plichi l'inno di lode reso dal maggior operanti e fecondi (-+ IV, col. l 340)
numero possibile di persone (~ col. «nella conoscenza (~ u, col. 509) del
1 l ). La grazia del 'Signore nostro' ha ab- Signor nostro Gesù Cristo» (come al-
bondato al di là di ogni misura imma· trove, il genitivo è probabilmente og-
ginabile nell'usare misericordia al per- gettivo 9 ) . Paolo ai Filippesi non chie-
secutore Paolo, dice I Tim. 1,13 s.; de 10 un dono in denaro come tale (Phil.
U1tEpE1tÀE6vmn:v sottolinea il fotto pa- 4,17); cerca invece nelJa loro libera of-
radossale di cui parla Gal. 1 1 1,5 (dr. ferta il frutto concreto (della loro con-
ibid. v . 13 s.; per Ù'ltEp- dr. Rom. 5,20, versione, della fede, dell'amore) che va
~col. 10). aumentando a loro credito (-+ VI, col.
2 92 ). Ciò significa che nei doni di quei
3. Accanto al valore superlativo dei
fedeli egli scorge la crescente attiva di-
vocaboli richiesto dall'argomento stes-
mostrazione del loro essere cristiani;
so, quando SÌ parla di XtXpLç, figura
per questo egli annota con gioia ciò
quello comparativo, in frasi riguardan-
che gli offrono (v. ro) 11 •
ti l'amore che grandemente si accresce.
Di esso Paolo sente il dovere di render 4. In 2 Cor. 8,15 Paolo motiva con
grazie (2 Thess. r,3, con ùnEpcx.uç&.vEL); un'esplicita citazione (yfypa.n-raL) di
che Cristo /accia crescere in carità i Bx. r6,18 1a luo"t'r)c; (-+ col. 571) pre-
suoi lettori è il vivo desiderio dell'A- sa come parola d'ordine per la cristia-
postolo (I T hes:r. 3, 12); il pensiero del- nità e applicata alla parificazione econo-

7 Oppure: raggiunga una pienet.za sempre traduzione di L!ETZMANN, Kor., ad l.


più grande nell'aprirsi alla fede di una schiera 9 Cfr. l,2 s.; :i,20, specialmente 3,18. Dello
sempre maggiore di credenti; ma ttÀ.tlovt1; è stesso parere W1NorscH, Kath. Br., ad l.; di-
usato forse con lo stesso valore che ha in 1 versamente 4 1, col. uo7; v, col. 221.
Cor. 9,19; P aolo non adopera il superlativo to tml:;'l)"tW implica anche l'idea di esigere (~
7CÀELO''t'Oc;. m, col. 1538); i destinatati della lettera pote·
8 Grammaticalmente otlt 't'WV '1tÀEt6vwv in 2 vano pensare che Paolo si aspettasse un com-
Cor. 4,15 si riferisce a ciò che segue; i pen- penso per la sua predicazione (cfr. v. 15 ; 1
sieri risultano in tfll caso intrecciati (come Cor. 9,11).
non di rado in Paolo) quasi che si fosse inteso li Nel complesso secondo la traduzione di D1-
dire x).eov!X0'<1.<T« lv 't'oi:c; 'ltÀ.Elocn: allora so- BE LIUS, The.rs., ad I.; HAUPT, Gefbr., ad l.;
no questi che ringraziano. Cfr. il riferimento EwALD, Phil., ad /.; diversamente ~ v, col.
di tvx«ptcr't'lav a 7tEptcr<rt:ucrn anche nella 220.
'ltÀEOVÉX't'r)c; X'tÀ. A (G. De!ling) (VI,266) 586

mica (-7 1v, coll. 1079-1084) libera- si operava quasi automaticamente una
mente promossa ed effettuata secondo specie di compensazione, lo stesso deve
le possibilità di ognuno per via di elar- avvenire ora per libero volere nella cri-
gizioni. Come al tempo della peregrina- stianità: colui che in un primo tempo
zione nel deserto (cfr. r Cor. ro,1-11, (in proporzione) ha ricevuto molto, de-
'" rr ~ ·wmxwc;), per divina disposi- ve alla fine non avere più dell'altro.
zione, in ciò che Dio dava al suo popolo G. DELLING

t 1tÀ.EOVÉX'til<;, t 1tÀEOVEX't'ÉW,
t 1tÀEOVE~la

A. L'AMBITO SEMANTICO GRECO AL DI Tucidide 'ltÀEO'VEX't'E~V vuol dire pren-


FUORI DEL GIUDAISMO E DEL CRI· dere la maggior parte dei vantaggi ( 6,
39,2: gli oligarchi), aumentare il pro-
STlANESIMO
prio possesso (4,62,3, accanto a nÀÉov
Il gruppo di vocaboli significa prima EXH'>'), aspirare a ingrandirsi (4,61,5),
di tutto a) avere di più (7tÀ.EOVÉX"t"'rJc:; è /ar soperchierie ( r ,77,3 ), cercare un pro-
formato 1 da 7tÀÉo'1 EXEL'll più il suffisso fitto politico (4,86,6); 7'À.fO\IÉX't''r}c; è il
·•l}c; 2); poi b) ricevere di più; infine c) predone ( r,40,1, con ~ltt1oc;), 'lt).eo\IE·
voler avere di più. Fin dalle sue prime t;la la volontà di imporre il proprio tor-
testimonianze letterarie non appare ap- naconto (3,45,4 : viene dalla u~p~c; del
plicato esclusivamente al possesso ma- potere); in 3,82,8, accanto a qnÀO't'Lµla.
teriale. In Erodoto la 7tÀ.eovet;la: è avi- (ambizione), connota in certo senso l'e-
dità di potere ( 7 ,I 49,3: degli Spartani), goismo.
7tÀ.Eo'1EX"t"ELV significa aspirare al potere Questi due ultimi testi mostrano co·
(8,112,r: Temistocle), 7tÀ.EOVÉx't''r}c; è me la nostra fomiglia di vocaboli possa
l'arrogante, il pretenzioso (7,158,r). assumere una spiccata importanza nelle
L'applicazione nella sfera politica di- questioni etiche riguardanti Ja comuni-
pende chiaramente dall'argomento trat- tà umana e la condotta del singolo. In
tato da Erodoto. Tuttavia i vocaboli Senofonte e Platone si rileva un ulte-
conservano la loro importanza per la riore ampliamento dell'uso linguistico,
vitn interna dello stato e per i rapporti senza che si possa determinare esatta·
internazionali nnche dopo Erodoto. In mente fino a che punto esso fosse già

'JtÀ.EOVÉX't'l')C:, Y. 't')..,
A. VoGTLE, Die Tuge11d- 11. Lasterkataloge im Griech. W'ortb. S 72.101.103.146 [DEBRUN·
N.T. (1936): Ntl.Abh. 16,4 s., indice, s.v. NER).
1 Per 'ltÀ.Eovlx't'r)c; X'tÀ.. dr. EÙEpyÉ'tl]c;, EVEP- 2 E. FRAENKEL, Geschichte der griech. Nomi-
YE"tE~V, EVEPYEOfa., -+ VII, col. 1414. DE'BR., 11a agelllis I (1910) 166 [DEBRUNNER].
587 (vr,266) 1tÀEOVtx·n1c, X-CÀ.. -A (G_ Delling)

fissato prima di loro: superare qualcu- gativo: cupidigia (Critias 12r b); insa-
no (genitivo) in qualche cosa (dativo: ziabilità nel cibo e nell'uso di altri beni
Xenoph., Cyrop. 4,J,21); essere stimato (resp. 9,586 b); sregolatezza, in paralle-
(Cyrop. 8,4,4) presso qualcuno (1tcxpa . lo con &.xoaµl.cx. itEpt &À.Ài)Àcx., 'srego-
'tWL: Xenoph., hist. Graec. 7,1,34); es- latezza vicendevole' (symp. 188 b); bra-
ser superiore per numero e armamento ma erotica (symp. r82 d); infine desi-
(Cyrop. 7,1,33); progredire in potenza gna un atto di soperchieria: l'usur-
(hist. Graec. 2,3,16); voler salire a spe- pazione (àµ&.p-c'l')µet.: leg. 10,906 e; al
se di un altro (hist. Graec. 6,3,9, cfr. 3, plurale, leg. 3 677 b) 3, e in particolare
1

u); trattare qualcuno con arroganza la volontà di potenza ecc., il desiderio di


(mem. 3,5 ,2: pass.). 1tÀEovÉX't'!lc; figura imporsi (resp. 2,359 e). In Gorg. 508 a
in un catalogo di vizi: m7.ic; yètp /lv fj alla 7tÀEOVE!;la si contrappongono la i.cr6-
àxapLO''tOL il clµEÀ.Ei:ç i) 1tÀEOVÉX'tCU fi 'tT}c; ')'EWµE't'p~x1}, 'uguaglianza geome-
&1ttO''tOL tl &.xpa.-ce~c; av~pW7tOL OVW1W- trica'(~ IV, col. 1074 s.), la xowwvlcx,
'TO cplÀot yEvÉO'ìhit;, «come potrebbero xocrµLO'tl}c;, crwq>pocrùvri, òtxa.t6-rl}c; (co-
degli scortesi o incuranti o arroganti o munione, ordine, saggezza, giustizia)
infidi o impulsivi diventare amici?» ((che tengono insieme cielo e terra, dèi e
(mem. 2,6,19). uomini». La "itÀ.Eoveçla è dello stesso
Ciò che abbiamo detto all'inizio del genere della &.xocrµlcx. e dell'cbcoÀcxa-la.;
capoverso precedente riguarda soprat- distrugge l'ordine del cosmo, l'armonia
tutto l'uso traslato in Platone. 1tÀEOVE- del tutto, del mondo divino e umano.
X'tEi:v vuol dire a) esser superiore nella Il Socrate di Platone in questo contesto
lotta (La. 182 b; 183 a); superare in nu- si contrappone all'etica dei Sofisti, secon-
mero (Parm. 149 b); sorpassare qualcu- do la quale tendere al più è cosa in-
no nel bene, nel retto agire·ecc. (resp. 1, giusta soltanto v6~ (per convenzione),
349 be: accanto a 1tÀÉov EXELV, cfr. 350 e non~ q>u<rE~ (per natura,~ VII, coll.
a}; avere qualcosa in più, detto di generi 1249-1254). Solo i più deboli avrebbe-
musicali opposti (leg. 7,802 d); b) rice- =
ro interpretato il "itÀ.EOVEX't'E't°V ( 1tÀÉ-
vere di più in assegnazioni materiali ov -cwv &À.Àwv ~'l'}-tEi:"V ~XEL"ll, «cercar di
(Gorg. 490 c-491 a); essere in vantag- avere più degli altri») come turpe e
gio, nel 'commercio' con gli dèi (Eu- ingiusto ( a.itrxpòv xa.L lX&Lxov: Gorg.
thyphr. 15 a); avere un utile in senso 48 3 a-e). Questa polemica con la mora-
traslato (leg. 3,683 a}; c) trar vantag- le del dominatore prosegue nei secoli se-
gio (Gorg. 483 c); compiere soperchierie guenti: non si deve pensare che 'tÒ xpa-
(resp. 2,362 b; 365 d); anche in senso 'foç 'tÒ È1tt 'tTI 1tÀEOVE~la, <da forza a
traslato, quando si baratta la verità con servizio della prepotenza», sia tipE-t'i) e
l'opinione (&6;cx.: symp. 218 e); impa- l'obbedienza alle leggi sia invece vile
dronirsi di una cosa altrui (ieg. 10,906 paura; da tale mentalità sorgerebbe ogni
e); ottenere con la violenza (resp. l,344 male (Anonymus Iambl. 6,1 [Diels 1
a); in senso traslato usare violenza, pe.r II 402] ). Gli uomini non possono vive-
es. alle leggi (leg. 3,691 a). re senza leggi e· senza Sixl] (ibid. 7,
Più limitato è l'uso di "itÀEOVE!;lcx.. I 3 [ Diels ' II 404] ); potere regio e ti-
Formalmente in essa c'è l'idea di trop- rannide son venuti da avoµlcx e 1tÀ.EO- .
po, di misura eccessiva (Tim. 82 a: opp. "VE~lcx.; cfr. Plat., leg. 3,691 a: i re del
itvoncx); in altri contesti il senso è ne- passato spadroneggiavano ("itÀ.EOVEX'tEi:v)
l Con una concezione romantica, le 1tÀEOVE· della vita cittadina; gli uomini dopo il dilu-
l;i'.cu vengono considerate come caratteristiche vio non le conoscev:ino. Cfr. ~ col. 594.
1tÌ..EovÉx-rriç X't'À.. A (G. Delling) (vr,268) 590

sulle l~ggi . razione fra povero e ricco, per cut s1


In Aristotele il nostro gruppo di vo· abolisce la rcÀEOVE~lct e s'instaura la
caboli si incontra soprattutto nell'Etica lcrO"t'TJ<; (cosl il politico e filosofo Archi-
Nicomachea e nella Politica. a) 'ltÀEOVEX·
ta, /r. 3 [Diels I 437,7-12], cfr. anche
1

'tEtV è aver di più (pol. 5,2 [p. 1302 a


26 = 1tÀÉov EXEW, 28] b r}; 1tÀEovE!;lcx. ~ IV, col. ro75). Altre notizie ~ v,
è la superiorità numerica ( pol. 3 1 12 [ p. coll. 678-690. Dietro la lotta contro la
1282 b 32] ). h) 1tMOVEX'tELV = riceve-
1tÀEOVE~lcr. stn pure l'ideale della mode-
re, conseguire di più (pol. 6 [p. 1293 a
23]; 5,1 [p. 1301 a :u]) fi XPTJµ&:twv razione (awrppocruvTJ). La nÀEOVE~la
fi ·nµijc;, «di ricchezze o di onore» (poi. non solo stende la mano sulla proprie·
2,7 (p. 1266 b 37] ); àyrx.i)où ... É1tÀ.EO· tà altrui, non è soltanto una colpa so-
vÉ>t'tEL, ofov oo~TJc; iì 'foti tt'ltÀov xcx.Àoù,
«conseguiva maggior copia di beni, per ciale: «è il più gran male per lo stesso
esempio di gloria o di assoluto decoro» individuo» (Dio Chrys., or. 67,7); «si
(eth. Nic.5,12 [p. rr36b 2rs.]); xci- deve anche pensare a Dio, come egli
P~"Toc; iì 'ttµwplac;, «di favori e aiuti»
punisca i TCÀEOVEX"t'OVV'tct<;» (ibid. 16).
(ibid. I I 3 7 a I). c) 'ltÀ.EOVE~la = cupidi-
Ambedue i motivi infine si collegano
gia (pol. 5,3 [p. 1302 b 9]}; 7tÀEOVEX-
'tEt\I accanto a ùf3pl~EW (ibid. r 302 b 6 nell'ideale di un retto ordinamento del-
s.; 5,7 [p. 1307 a 20]). Il 1tÀEOVÉX't'l')c; l'umana convivenza: uwqipoa'UVTJ e Òt-
(con il rcrx.pcivoµoc; e l'chncroc;) è un
liotxoc; (eth. Nic. 5,2 [p. n29 a 32 s. xc.uo"t''l')c; non devono esser separate, l'in-
b 1 s.]); l'adultero in quanto choÀa:- tima armonia del singolo e quella delle
<r-toc; è espressamente distinto dal 1tÀEo- comunità umane si condizionano a vi-
VÉX'tTJc; nel senso di avido, in quanto
cenda: «Ecco perché essi (i saggi) chia-
questo è un &òtxoc; (5,4 [p. n30 a 24-
27 ]); 'ltÀ.EOVÉX'tT]c; in 9,8 (p. II68 b 16- mano tutto questo insieme col nome di
19) è detto in rapporto al denaro, agli x6uµoc;» (Plat., Gorg. 508 a). I diversi
onori, ai piaceri corporei. temi .figurano connessi per es. in Eur.,
Nella controversia contro la 'ltÀEOVE- Phoen. 53r-567. Da un lato contro il
~la. confluiscono manifestamente diver- rcÀÉov sta sempre come nemico l'EÀ.cxu-
si motivi di etica sociale e individuale. D'OV (539 s.) e di qui si giunge al potere
In tutta l'antichità è diffuso, almeno assoluto ( &,gixlct Eò6cxlµwv, 'beata in-
come ideale teorico, il concetto di una giustizia', 549). D'altra parte «Che cosa
relativa parità fra gli uomini (~ IV, è il 'ltÀÉov? Un semplice nome, poiché
coll. 1073-1079). Riguardo al possesso, lo .s tretto sufficiente basta ai saggi»
negli schemi politici ideali questa parità (crwrppocrt, 55.3 s.). Il denaro non appar-
è richiesta solo entro certi limiti; ne so- tiene in proprio ai mortali (555). Nelle
no esclusi per principio gli schiavi (Ari- parole di Giocasta a uno dei due .figli si
stoph., Ecci. 6.51 s.; Plat., /eg. 6,777 b; contesta primieramente la q>tÀO'ttµlcx.
per Aristotele~ II, coll. 14rr s.). Una (brama di gloria); tuttavia proprio que·
norma ragionevole concorre all'equipa· sto viene in chiaro: che il 1tMov consi-
591 (v1,268) nÀEO\IÉx't'Tjç x-tÀ. A (G. Delling) ( vr,268) 592

ste non solo in un possesso più grande, diss. 3,4,u}, compiere sopmsi (qui per
ma anche nell'avere più autorità, poten- i.m guadagno etico: 2,ro,9); 7tÀ.EOVE-
X't'Et\I nel senso di avere u11 vanla?,gio
za, piacere ecc., e la 1tÀEo\IEçltx è metter
già in partenza (Plut., apophth. Lac.,
le mani su qualcosa di più di ciò che si Atwv b Eùpuxpa'tloa 2 [ n 224 f] );
addice all'uomo in generale. r.À.EovEl;loc come grandezza d'ingegno
(opp. 01.ÀW~~c;: lib. educ. 13 (II 9 e])
In Eur., Phoc11. 5 32 Dione Crisosto- ecc. In Diane Cassio 1tÀEO'VEX'tEtV si-
mo (or. 67 ,9) non senza ragione legge gnifica correntemente esser superiore,
1tÀEO\IE~loc al posto di cpLÀ.o·nµla, e in avere il sopravvc11to; cfr. anche 't'Ò
questo suo discorso nEpt 1tÀEOVEl;lac; t}pa<ruv6p.E\IO'll, 'cosa ardita', contrap-
(or. 67) accosta considerazioni di varie posto a E7tLnxÉc;, 'conveniente, mode-
specie. «Del nhovÉX't''fJc; nessuno ha sta' (41,29,2); con u~plsEw, 'agire con
pietà; perciò nessuno si degna di am· prepotenza' e Ìll antitesi a XOtrµLoç, 'or-
maestrarJo, ma tutti lo disprezzano e lo dinato', t:ò'3lo-i-oc;, 'di buona vita', ELPTJ·
giudicano loro nemico» (or. 67,7). L'e- w.doc;, 'pacifico' {52a9,3); accanto a
guaglianza (ra-ov) crea reciproca pace O"uiwcpa\l'tEfoi}cu, 'frodare' (_52,37,6);
per tutti (or. 67,ro). Nelle sfere divine infine r-ÀEO'VEl;la. connota J'usurpazione,
pare che non vi sia 1tÀ.Eo\IEçla alcuna; accanto a àO"ÉÀ"(Eta, 'scostumatezza'
questo spiega la loro eternità, perché (45,26,1), a xwa~oloc 'immoralità' (45,
ognuna conserva l'ordinamento che le 26,3).
compete, In notte, il giorno e le ore Anche in Musonio nÀEovEl;lci. ha una
(or. 67,II; ~ col. 588; Plat., Gorg. parte rilevnn te. La dissolutezza genera
508 a). La misura armonica in tutte le <i5Lxla. e nÀEovEl;la (113,:ro). Dio non
cose è buona (Dio Chrys., or. 67,18 s.). può esser vinto dall'l}Oov1) e dalla 'ltMO-
La 1tÀEO\IE~loc appare come un V1tEP~1i­ VE#a.; egli è pitt forte di qualsiasi bra-
\loct 't'Ò OixoctO\I, «andar oltre il giusto» ma, Jivore e invidia (90,ro). La filoso-
(or. 67,12). L'ideale della libertà dal bi- fia insegna agli uomini a mettersi al di
sogno (~ I, coll. u38s. 1242 s.) ha sopra di ogni Tj&ovi) e 1tÀ.EovEl;la ( 34,
un posto importante nel ripudio della 20 s.). Perciò anche la donna dev'essere
1tÀEOVE#a, là dove questa è conside- istruita neJla filosofia perché sia puta da
rata anzitutto come aspirazione al pos- avidità di lucro e cupidigia ( 11 >4 ). Co·
sesso (cfr. Dio C. 9,40,38: 1tAEO'VE~la. me soffrire ingiustizia è meglio che far-
è il contrario di àpxEi:ai}at, 'acconten- la; cosl è meglio esser danneggiato che
tarsi' di ciò che si possiede). In Filo- compiere soprusi (u,8). Plutarco fa un
strato il tipo deil'uomo moderato è A- accostamento (ser. nt1m. pun. 26 [Il
pollonia 4, e la diatrjba stoico-cinica met- 5 65 c J) fra certi vizi e certi colori:
te in risalto la libertà del sapiente da à'VEÀEUilEpfri (~ col. 5 93} e 1tlEO'VEl;la.
ogni desiderio (Epict., dis:r. 4,4,33; cfr. appartengono alla sfera dello scuro e del
ench. 1 ,4: il possesso toglie 1a libertà). sordido. Corp. Herm. 13,7 nomina do-
Resta tuttavia tutto l'arco delle altre ac- dici 'castighi' della materialità, effetto
cezioni: 7tÀEO\IEl;la nel senso di superio· deU'asscrvimento dell'uomo alla mate·
rità di un tribunale (Philodem., rhetori- ria, dai guaii egli deve liberarsi: 0.yvota.,
ca 5, fr. '3 2 9 5 ); itÀEo\IEX't'ELV col valore À.1'.11tn, àxpMlo:, Émì)vµla, à&txlci.,
traslato di arrogarsi qualcosa (Epkt., 1tÀEo'll~#a., cimi:tT], cpi)O'lloç, 06À.oç, op·

4 Cfr. H . STRATHMANN, Gesch. der' friih-


christlicben Ashese 1 (19q) 308.
593 (vr,268) li:À.EOVÉx"t'l]ç X"t'À. J\ - B r (G. Dclling)

y1i, npo1tÉ'tELCX., xcx.xla.; la forza che si rorum vitiorum, l11x11ri11e, cwaritiae, cru-
oppone ad esse è la xowwvla. ( 1 3 ,9). delitatis magister /uit; cfr. de legib11s I,
Accanto al rilievo dato alla 7tÀ.Eove- 5 i : quid enim /oedius avaritia, quid
~la.., anche la presenza di <pLÀ.apyupla., immanitts libidine ... ? Secondo Sen., ep.
'avarizia', nei cataloghi di vizi mostra 90,3 6 la filosofia insegna che in origine
quale importanza avesse- per l'etica an- tutti gli uomini avevano parte a tutti i
tica l'avidità di denaro. Ceb. 19,5 fa l'e- beni, ma poi l'avarit;a spezzò la comu-
lenco seguente: Èmi}uµla, ci.xpmrla., w- nione. L'invenzione di lucchetti e chia-
µ6ç, <p~À.a:pyvpla.; in 24,2, fra i xa.xci vi diede il siguum alla cupidigia (90 18).

sprecano: , ,
a.xpa<TLO:, '' y ,
a.11.a...,ovna., '
cpL11.a.p- Allora per fa prima volta avaritia atque
yvpla., xevooo!;let.; in 34,3 sono nomi- luxuria (dr. 1tÀ.eoveslo: e &.aÉÀ.yrnx) dis-
nati espressamente µÉi}u<roç, &.xpa-rl]ç, sociaverc mortales, tanto che dalla co-
qnM:pyupoc;, &oixoc;, itpoò6-tl]ç; in 2 3, munanza di beni praticata per l'innanzi
2; 26 12 <piÀ.a.pyvpla. e àxpa.crla sono si passò alle ruberie reciproche (90 1 36).
accostate al lutto e al pianto. Nei Ca- L'avaritia volle ::ivere qualcosa in pro-
ratteri di Teofrasto sono esplicitamente prio e quindi tutto diventò degli altri;
dedicati alle diverse forme di avarizia bramando molto perdette tutto (90,
quattro bozzetti satirici; nel c . 30 si de- 38); cessò la felice condizione iniziale
scrive come agisce in concreto l'et.luxpo- ( 90,3 9) in cui tutto apparteneva a ognu-
x.epo-fiç, cioè colui che fa guadagni di- no e ognuno Io divideva con l'altro (90,
sonesti; nel c. ro compare il µLxpoÀ.6- +o).
yoc;, 'colui che lesina su tutto'; nel c .
22 l'à.vEÀ.eMepoc;, il taccagno; anche B. LETTERATURA GIUDAICA IN LINGUA
l'&:val<Txuv-.oc;, 'sfacciato' (al c. 9) è GRECA
semplicemente una varietà di avaraccio.
L'avaritia ha un posto importante an- I. Nei LXX i nostri vocaboli traduco-
che nelle discussioni etiche della filo- no 7 solo bii~a· e be.ya', che comportano
sofia popolare fotina. Cicerone in una l'idea di recidere e originariamente con-
trattazione di massima intorno alle ae- notano il guadagno illegale. Solo in
grotationes animi aUinea l'avarizia, la qualche caso compare il significato neu-
sete di gloria e il correr dietro alle gon- tro di guadagno in genere. 7tÀ.Eove!;la è
nelle (Tusc. 4,24 s. 26, qui con l'ag- comunque dn intendere così in Abac. 2,
giunta di altri vizi); ibid. 79 tra le ma- 9 (con aggiunta di xa.x1)v); Ittd. 5,19,
lattie dell'anima sono poste in rilievo cod. A (cod. B: owpov). La brama di ar·
solo l'avarizin e la gloriae cupiditas. In ricchirsi illecitamente conduce a com-
nat. deor. 3,7r sono riunite libido, ava- mettere violenze e a uccidere (I er. 22.
ritia e facinus (scelleratezza); in fin. 2, r7, cfr. Ez. 22,27). Il desiderio sfrena-
27 avarus, adulter, luxuriosus (come al- to del possesso, spinto fino a ledere il
trettante specie del genere cupidìtas ); diritto nltrui, caratterizza il modo di
ìbid. 3,75 si dice di Silla: trimn pesti/e~ agire dei potenti (ibid.; ot a.pxov·m;.

~ Cfr. H .v. SCHUBERT, Dcr Ko1111111111is11111s der _11 :1 Rom. e,29 }.


Wiederliit1/cr 11. seiue Q11elle11: SAHcid. 10,
I I (1919) 31 s.; dr. ~ VOG'fI.ll 25: «A ogni 7 F:1tta eccezione pcl' i testi di Ecclus 14,9,
lettore specialmente dei classici romani è dove il vocabolo corrispondente è corrotto,
ben noto come l'avnrilia, la cupido diviliarum di Iud. 4,II (cod. B), dove è stato frainteso
ecc. fosse un principio informatore della vita un nome proprio, e di Is. 28,8, dove i LXX
privata e pubblicn» (con rinvio :i WETTSTEIN si staccano completamente dal testo ebraico.
7tÌ.EovlX'T'l'Jc; l('TÌ... B 1-4 (G. Delling)

cfr. 2 Mach. 4,50: 'tW\I xptX-çou\l'tW\I), i5,27 [Simmaco]; Ier. 8,10 [Teodo-
La sapienza aiuta chi le è devoto facen· zione] . rcÀEO'\IEçla è un guadagno· diso
dolo ricco (Sap. lo,n). rtÀEO\IEl;lct è un nesto in ls. 33,15 (Aquila, Simmaco,
guadagno disonesto anche in 4' n8, Teodozione: detto di tentativi di corru-
~6 (contrario: 'testimonianze' di Dio). zione]; LXX: avoµla.); 56,11 (tutt'e
Quindi rcÀ.EO\IE~lct non si usa mai in tre); 57,17 (idem); Ier. 6 1 13 (Simma-
un contesto in cui si parli dell'acquisi- co); 51 (28),13 (Aquila: usura); Ez.
Y.ione onesta di un bene. Analogo è l'u- 33.31 (Simmaco, Teodozione; opposto:
so di rcÀEO\IÉxi:T}ç (solo in Eccltls 14,9: ubbidienza alla parola di Dio); r Ba.cr.
l'uomo avido) e di rcÀEO\IEX't'E~" (solo in 8,3 (Aquila, Simmaco, Teodozione;
lttd. 4,11, cod. B; Ahac. 2,9; Ez. 22, LXX: CTVV'tÉÀ.ELCX., accanto a 'corruzio-
27 ). ne') . Significa venalità in Ex. 18 121
(Aquila, Simmaco, Teodozione; LXX:
2. Nell'Esapla i nostri vocaboli ricor- ÙrtEpl}cpa.vlcx.v). Nei passi citati i nostri
rono assai più spesso che nei LXX. Nei vocaboli traducono sempre bii!a' o be!a'.
libri di cui abbiamo !'.originale ebraico, Solo Simmaco in Ez. 7 ,l l (LXX; u~p~ç 3 ;
di fronte ai IO passi dei LXX stanno i Aquila: àoLxlct) e in Ahac. r,9; 2,17
16 di Simmaco, i 12 di Teodozione e (LXX: M"É~Eta.; Aquila: o:tµcx.) usa rcÀE-
i 12 di Aquila. In Aquila, Simmaco e ovE~lo:. per tradurre l;iimiiF, prepotenza,
Teodozione il gruppo è usato esclusiva- atto dispotico.
mente con valore negativo e, fatta ec- 3. Anche nei Testamenti dei XII Pa-
cezione dei due passi che menzioneremo triarchi 9 i nostri vocaboli indicano la
qui appresso e dei tre citati alla fine, cupidigia, il soprtlso. Spesso si dice che
connota sempre un guadagno· materiale. la 'ltÀEO\IE~la. guasta i rapporti col pros-
In lud. 4,n (Teod.) si ha un errore di simo e muove Dio a sdegno (A. 2,6).
traduzione: un toponimo reso, come Essa appare anche in connessione con
nei LXX cod. B, con 1tÀEO\IEK'tOU\l't'W\I l'arroganza (ùljiouiuvoi, lud. 21,8) e la
(l'unico caso in cui i tre traduttori coin· u~ptt; (G. 5,r).
cidono con i LXX). Aquila, Simmaco e
Teodozione si sbagliano anche in foh 4 . In Filone i tre vocaboli hanno so-
27,8, dove intendono hl nel senso, for- lo valore negativo. a) 1tÀ.EO\IEl;lct è la
se, di bramare, togliere, o di commet- prevalenza di qualcosa che non è equo
tere angherie anziché in quello di reci- (ii'VL<10\I) in antitesi alla parità (spec.
dere. In \J,i 9,24 ( 10,3) '1t'ÀEO'VÉX't1]ç in leg. 2,190); b)Ja posizione di privilegio
Aquila e Simmaco è l'usuraio; rcÀ.EOVE- (contrario dell'tcro'V, .rpec. leg. 4,54). e)
x-rdv significa imbrogliare ( 'tOÙç 1tÀ1)- 7tÀ.EO\IEXi:ii:v è voler avere di più in una
<1fo\J crov : Ez. 22,12, Simmaco, Teodo- ripartizione (vii. Mos. 1 1 324; opp. to-6-
zione), cercar guadagni (Ier.6,13, Aqui- 'tLµot, 'aventi pari diritti); predomina-
la). Con l'oggetto 'JtÀEOVE~trt.\J indica il re, detto del corpo nelle sue funzioni
mirare a un guadagno illecito (Prov. 1, (poster. C. r62); 7tÀEo\IÉX-rl}t; (sacr. A.
r 9 [Aquila, Simmaco, Teodozione]; C. 32 in un catalogo di vizi con più di

8 Dunque in Ez. 7,n 1tMOVt!;la contiene chi si debbano considerare completamente cri-
chiaramente l'idea di smisurato, eccessivo, nel stiani (M. DB JoNGB, Tbe TestamenJs o/ the
senso della concezione giudaico-ellenistica del twelve Palriarchs [1953], dr. la critica di O.
peccato [BBRTRAM]. E1SSFELDT: ThLZ 79 [ 1954] 478 s.), questo
paragrafo dovrebbe essere spostato più avan·
9 Nel caso che i Testrunenti dei XII Patriar· ti, sotto D.
397 (vr,270) 1t).EOVEX1:TJ<; xù. B 4 . e (G. Delling) (VT,270) ;>1)8

un centinaio di aggettivi: aOLXO<;, a\IL- non è soltanto l'aspirare o l'impadronir-


<roç, axowwvn-roc;, à<TVµBa-roç, a<r1toV- si di cose appartenenti ad altri, ma an-
ooc;, 'ltÀ.S:OVÉx'tT]c;, XctX0\10(.lWTctTO<;, &q>t- che lo spingersi al di là della misura sta·
Àoç, &otxoc;, &rcoÀtc;) significa colui che bilita per l'uomo o il ledere gli ordina·
con la sua condotta si -pone al di fuori menti che regolano la mutua conviven-
degli ordinamenti della comunità ed a- za degli uomini. La 'ltÀ.EOVE~la distrug-
nalogamente il prepotente che cerca il ge il xécrµoc;, l'armonica struttura della
suo tornaconto (vii. Mos. l ,56). 1tÀ.Eo- vita intima o della vita sociale, o di
ve:!;la (più di 40 volte) connota la ambedue.
cupidigia («passione insidiosa e diffici-
le a guarire}), spec. leg. 4,5; «sorgente 5. Lo Pseudo-Focilide 10 presenta una
di una vita infelice», vit. Mos. 2,186), lunga serie di ammonimenti riguardanti
l'arricchimento illecito (chi offre un sa- il problema della proprietà. I nostri vo-
crificio con un bene illecitamente acqui- caboli in principio vengono cosl para-
stato rende Dio complice della sua frasati: µTi 1tÀovi:Ei:v &.olxwc;, 'non ar-
7tÀEove:!;la: spec. leg. l,278) e i suoi at- ricchirsi in modo ingiusto' (5); &.pxE~­
ti concreti, cioè le usurpazioni della pro- <ri)cu. mxpEOU<Tt xat aÀÀ.oi:piwv Ò:.1tÉXE-
prietà altrui (agric. 83 ). In senso trasla- <ri}ai, 'accontentarsi di quel che si ha e
to indica le brame della "'ux1J, che ge- astenersi dall'altrui' ( 6). Tienti lontano
nerano il male (spec. leg. 2,52), l'ec- dal campo del vicino: µ1J ... um:p~i'jiç
cesso di dominio dei 1taDn corporei (35). L'avarizia è la madre di ogni mal·
(praem. poen. 121). Anche Filone è so- vagità (42). Segue {43-47) una lamen-
lito porre la 1tÀEO\le:!;l<1. in antitesi con tela per la distruzione degli ordina-
la parità degli uomini stabilita dalla na- menti umani causata dall'oro; poi come
tura (omn. prob. lib. 79, cfr. mut. nom. malaugurata conseguenza della ricchez-
103; vit. cont. 70: la àvt<rO•l')c; prima za si indica soprattutto la uBptc; (62 ).
fonte del male). In una serie di antitesi Non tenerti stretto il denaro, tanto non
etiche la 7tÀ.Eovd;la è contrapposta alla puoi portartelo nell'Ade {109 s.) . A
&txatocrVvl') (omn. prob. lib. 159), alla ognuno il suo; L<76-t1)c; o'f.v 1tMt.\I apL-
'saggezza', alla giustizia e alle altre 'vir- <1"t'O\I, «la cosa migliore in tutto è la pa-
tù• (praem . poen. 15), alla Éyxpti."t'ELct rità» ( r37, ~col!. 588.589 s.). In r4 s.
e all'assenza di bisogni (spec. leg. I, si deplora la frode, ad es. nei pesi; in
l 73 ). È invece connessa con l'1ha~la, 10.19 l'oppressione del povero; in 135
(assieme alla quale costituisce la causa s . si mette in guardia contro la ricetta·
prima dell'oligarchia e dell'oclocrazia: zione, in r53-r57 contro una vita da
decal. 155), con l'&.oixla (praem. poen. fannulloni che conduce al furto e al pa-
r5), con l'axoÀ.mrla, 'sfrenatezza' (spec. rassitismo {per quest'ultimo particolare
leg. l,r73), con le &.v-.Em~É<ruç, che so- cfr. Luc., de paras.).
no atti di ostilità, in contrapposizione
alla D...apà. EV1>uµla (spec. leg. 2,43 ); in C. IL NUOVO TESTAMENTO
un elenco figurano 1)8ovcd xixt Èmi>u-
µla.t xaL À.U1tctt x<1.t qi6Bot 1tÀEOVE~lat I nostri vocaboli s'incontrano soprat-
-i-E xat -«lcppo<ruvcù xa.t &.otxlcti (vii.
tutto negli scritti paolini ( l 5 passi su
cont. 2 ). Questi accostamenti e il con-
testo in cui sono inseriti dimostrano 19). Il significato di avidità di un pos-
che spesso anche in Filone 1tÀ.Eovd;la sesso materiale (tranne 2 Cor. 2,n) è
10 DrnHL 3 u 91-108.
599 (vr,270) n:Ì.COVÉX'tT]<; x-r).. e I (G. Delling) (VI,271) 600

ovunque possibile; dove c'è questo sen- (v T.ÀEOVE!;l~ vada inteso con valore
so prevale chiaramente il concetto del- modale (in dipendenza da Épyaula.\I):
mirando a un arricchimento dcl tutto
l'imbroglio del prossimo. Resta da chie- illecito, essi commettono ogni sorta di
dersi se il modo di intendere greco-elle- impurità (per ci.uD.:ye~~ non si deve
nistico delineato sopril continui in tut- pensare solo alla dissolutezza sessuale,
~ I, coll. 1303 s.). Se cosl non è, l\I
ta la sua estensione.
-rtÀEOVE!;lq. ha valore attributivo e va
Nel quadro degli ammonimenti
1. unito, in connessione logica, ad axa.·
i>apcrla.ç, senza tener conto del prece-
morali il passo particolare di Le. 12,15 dente costrutto (si ricordi la lentezza
contiene una raccomandazione di princi- con cui venivano stese le lettere anti-
pio a guardarsi da ogni bramosia di au- che).
mentare i propri beni per assicurarsi la
vita 11 • L'ammonimento di I Thess. 4,6 Il tema generale della disonestà nel-
riguarda il fratello e si fondn sul pen- la vita sessuale e negli affari viene evi-
siero del giudizio ( ~ III, col. 3 11; ~ dentemente trattato più volte anche nel
coJ. 590). N.T., come prima nella letteratura an.
In I Thes. 4,6~1tpiiyµa non signi- tica (~ coli. 589. 593). In Eph. 5,3
fìc<1 l'argomento, la ' foccendn' trattata questo gruppo di peccati figura di.
nel v. 4 e neppure un affare 12, ma una stinto (sul piano puramente formale)
contesa 11 ; Ù1tEp(3alvEw xa.t 7tÀEO\IEX"t'E~V
da colpe specifiche della lingua (~ I,
è un'encliadi (~ IX, coll. 517s.) 14 . Al-
cuni Padri della chiesa intendono que- col. 514; VII, coli. 756-759 ; VIII, col.
sto 7tpiiyµct. come la violazione del ma- 791 ), ment.r e solo nel v. 5 viene posto . /~
trimonio a danno di un fratello 15 ; ma in rilievo. Qui il 7tÀEO\IÉX"t'l}c; è designa- ·;;_,
questa interpretazione non trova appog- i·~~
gio sufficiente nell'uso linguistico extra- to come idolatra; 1a stessa cosa si af- :.·,:
cristiano 16• Per la questione se &.xa.- ferma in Col. 3,5 (~ IX, coli. 10,6 s.}~ ·:,;~
~apcrla (v. 7: con valore riassuntivo) Questa strana affermazione (~ III, col. ,·'~1
debba connotare in modo specifico l'im- ).
r38), che Polyc. n,2 sottolinea con e- "·'
moralità sessuale, ~ IV; coll. 1295 s.
(nnche per Eph. 4,19). A proposito di nergia, si spiega benissimo con la sen·
quest'ultimo testo qualcuno pensa che tenza di Gesù su mammona (Mt. 6,24

11 Cfr. ScHLATTER, Komm. Lk. 310; ibid.464: 11 Dal lato formale Ò7tEp~ctlvEw può essere u·
la fonte utilizzata da Luca in questa pericope sato tanto assolutamente (commettere una tra-
a lui propria si rivo1ge «a una società che po· sgressione) quanto con l'accusativo della per·
ne nel guadagno il valore della vita». sona; corrente è l'accusativo della cosa (~
1z Cosl DoBSCHUTZ, Thcss., ad l. r67; questa col. 591: Dionc Cassio; assolutamente e con
interpretazione talvolta è suggerita in alcuni l'accusativo della cosa si può spiegare Pseutl.
testi greci, come Plut., ad11lat. 14 (II 57 e): Phocyl. 35, ~col. 598). Più precise indicazioni
T:Ì..EOVÉK"'t'(U~ ... Xctl 1t).Ol)'tOVOW Ù.7tÒ 7tpctyµci- sul verbo in DoBSCHUTZ, Thcss. 168.
'tWV ct!uxpwv xat 'ltOVT]PWV. 15 Cfr. DrnELJUS, Thess., ad I.
B Così DIBELIUS , Thess., ad I.; cfr. r Cor. M E. KLAAR, 7tÀEovd;lct, -ilxn1~. ·EX"tE~v:ThZ
6,r. 10 (1954) 395·397 spec. 397: nessun testo.
6or (v1,27r) T.).rovix-r'l']ç X"TÀ. eI (G. Dclling) (VI,272)602

~ vr, coll. 1051 ss.); ad ogni modo il che stiamo studiando indicano fonda·
fatto che l'idea sia stata ripresa (o addi- mentalmente i peccati dì frode, qualo-
ra non si intenda in particolare la cupi-
rittura coniata ex novo) mostra quale digifl. In r Cor. 6, ro sono nominati an-
importanza avesse nella primitiva cri- che i ladri. Pure qui (vv. 9 s.) non si se-
stianità l:i . lotta contro i peccati di a- gue un ordine sistematico, ma è eviden-
varizia 17 • Accanto alla sfrenatezza dei te che nel v. 9 sono elencate a parte le
colpe sessuali, anche se sono interrotte
sensi, in cui rientra anche il mangiare dalla menzione dell'idolatria; gli avidi
oltre misura e l'ubriacarsi (~ VI, coll. di guadagni sono nominati solo dopo i
1483 ss.), la cupidigia di ricchezze mate- ladri(~ V, coli. 575 ss.). In base a que-
sti e altri passi (dr. Eph. 4,28; Rom. 2,
riali costituisce un particolare pericolo
2; Mc. 7,21 s.) è del tutto inverosimile
per la nuova vita del cristinno. Essa lo che i nostri vocaboli in altri testi meno
trascina su una strada demoniaca e con- espliciti vadano riferiti alla sfera ses-
suale(~ n. 16). La frequenza con cui i
traria a Dio, che lo separa completa-
cristiani sono messi in guardia contro
mente da lui rendendolo schiavo di un l'avidità e l'appropriazione indebita, se
potere estraneo. In I Cor. 5,1os. Paolo si pensa a tutto ciò che è detto altrove
esige che si eviti qualsiasi rapporto con nel N.T., non stupisce, come non stu-
pisce l'insisten?.a con cui si condannano
un 1tÀ.EO\IÉX'tl)i; all'interno della comu-
qneste colpe 20 . Anche quanto diremo ai
nità. Nel1a frase questi figura sulla stes- numeri 2 e 3 mostra l'importanza che
sa linèa dell'impudico e dell'idolatra; il per il cristianesimo primitivo avevano
v. I 1 ha un elenco pitt lungo. i peccati contro la proprietà.
In I Cor. 5,n; 6,10 è nominato e-
splicitamente anche lo &pitrx.~ 18 • Si ca- In Rom. 1 ,29 Paolo annovera la itÀ.Eo-
pisce che il significato di questo grup- \IE!;la tra le cose in cui si vede che Dio
po di vocaboli debba avere dei pun- ha rigettato l'umanità, abbandonandoln
ti di contatto con quello di 7CÀEovéx·t"ll~ al suo spirito perverso; si tratta di un
ecc.; ma probabilmente il primo grup-
po designa innanzitutto l'appropriazio- gruppo di quattro sostantivi che sinte·
ne violenta dell'altrui 19, mentre quelli tizznno 21 il potere de1 peccato che gua-

11 Cfr. I Tim. 6,10: la <p~Àapyvplo:. è la radice mini la vita» (56); dr. 40 s. a proposito dei
di ogni male; l'affermazione riprende una sen- poveri. W.B. SEDGWlCK, Covelot1mess and the
tenza precristiana, ~ col. 598; 2 Tim. 3,2; Sensual Sins in the N.T.: ET 36 (r914/25)
Hebr. 13.Ji ~ D. 478 s. spiega il fatto ricordando le difficoltà
19 STRACK-BILLBRBECK Ili 362 (a I Cor. _5,II) economiche e le tensioni sociali che da secoli
richiama l'attenzione su un dibattito rabbini· ormai agitavano il mondo mediterraneo all'e-
co tardivo in cui si designa come ladro anche poca del N.T. Cfr. F. HmcHEUJl!.IM, Wirl-
colui che si :irricchisce in maniera illecita scha/1/iche Schwa11k1111gen der Zeil von A/e.
(Sanh. 26 b). xat1der bis Augustus (1930) 45-47.97-106; ID.,
19 Cfr. rapina, rapere, diripere, rapax, raplor; Wirtscha/lsgescbichte des Al1er111ms I (1938)
cfr. a{)1tal;EW nel N.T. 640-646 (schiavi e proletari); sugli sforzi fotti
z-> S. LAUKAMM, Das Sillenbild des Arlemi· da Augusto per giungere a un equilibrio ibid.
dor von Ephesm: Angelos J. (t930) 32.71. 677-682.
rileva quanto qui «fa questione finanziaria do- i1 Il gruppo di 29 • è manifestftmente preso
603 (vr,272) 'itÀEovÉx·t..l')ç XTÀ. e I·2 (G. Delling
sta le relazioni umane(~ 1v, coli. I444 maestri di menzogna, la cui predicazio-
s.; dr.~ 1, col. 417). Viene spontaneo ne è caratterizzata dall'avidità di gua·
di pensare che 1tÀ.Eo\IE~lcx. indichi in ge- dagno.
nere l'atteggiamento dell'uomo che s'im-
C'è qui un chiaro gioco di parole:
padronisce di qualcosa al di là dell'am- «Nella loro cupidigia vi... compreran-
bito che gli è assegnato nella conviven- no» (e forse già il v. 1 può essere inte·
za umana, facendo (anche in senso figu- so cos}: «il quale li ha acquistati»: co-
rato) il prepotente con il prossimo (~ loro che furono riscattati da Cristo con
disinteressato amore sono ora oggetto
coli. 585-593); d'altra parte, la presenza di un indegno mercato da parte di avidi
di 7tÀ.Eov:#a nell'elenco potrebbe anche maestri di errore, fomentati da potenze
mettere in risalto specificamente il gra- menzognere). 7tÀEo\IE~la. potrebbe an-
che essere usato in senso lato e indica-
ve peccato della cupida usurpazione del- re la loro aspirazione a farsi valere, al
la proprietà altrui. potere(~ coli. 585-593). Ma è meglio
Nei vangeli i nostri vocaboli .s'incon- intendere secondo il contesto: per in-
trano solo in un catalogo di vizi in Mc. durvi a mantenerli, vi alletteranno con
false dottrine (soprattutto ispirate al li-
7,22 (in tutto r2 sostantivi: vv. 2I s.; bertinismo: v. 2). Una corrispondenza
il par. Mt. r5,r9 ne enumera solo 6). al v. 3 a si ha probabilmente. in ·Judae
Anche qui non si ha un ordine sistema- r 2: Èa.u'toùc; notµalvov•Ec;, «intenti a
pascere se stessi» 21 • Nel v. 14 l'accusa
tico 22 ; infatti due volte il pecc~to ses- è ripresa e accentuata: sono rotti a ogni
suale è frammisto a quello contro fo cupidigia, ne sono espertissimi; la loro
proprietà. È evidente che si tratta di un condotta è essenzialmente (xap&lav) e
luogo comune. 7tÀ.EO\IE!;la (cfr. v. 21) è completamente ( yEyuµ.vacrµl'Y:r)V) im-
prontata ad essa. In pratica, qui biso-
un impulso interiore che spinge l'uomo gna richiamarsi anche a quanto lasciano
all'azione cattiva e, a differenza di x)~o- intendere Did. 11,9 (il profeta che ap· -.:J
7ta.l, le itÀEOVE!;lcx.t saranno gli impulsi profitta delle mense dei poveri da lui }~
disposte 24 ) e Herm., mand. II,r2 (la ~';'.f
della cupidigia di possedere, che portano profezia a pagamento).
a imbrogliare il prossimo.
2. Per chi esercita un ufficio nella co- L'accusa di cupidigia contro i mm1-
munità cristiana c'è sempre il pericolo stri cristiani risale almeno 25 agli inizi
di abusare del proprio incarico per in- dell'evangelizzazione di zone europee.
dulgere alla cupidigia, o di farlo servire Paolo in I Thess. 2,5 chiama Dio a te-
a questo intento. 2 Petr. 2,3 parla dei stimonio (~ VI, col. r 3 I 8) che ·il suo

dalle serie successive di 29 b-31, che enumera- 12, alla frase sulle agapi, nel caso che si deb-
no i singoli vizi alla maniera dei 'cataloghi'. ba leggere a:ycbtcltç.
22 C'è invece una strutturazione formale: i sei 24 Cfr. KNOPF, Did., ad J.
plurali sono riuniti in due gruppi di tre. 2S Cfr. DrnELrus, Thers., traduzione di 2
23 Come il v. 2• corrisponderebbe, in ludae Thess. 2,5 .
605 (vr,273) 7tÀ.EOVÉX't'l)', e2 - D (G. Dclling) (vr,273) 606

apostolato missionario (v. I) :i Tessalo- non qualcosa di calcolato sul metro del-
nicu e in genere la sua predicazione (v. la loro grettezza; l'amore benedice, la
3} non sono stati oscurati da cupidigia cupidigia strozza il fratello lesinando
o da altri motivi egoistici (v. 4 ~ I, meschinamente l'offerta, che diventa co-
coll. n14 ss.; v. 5 ~ v, col. 748) che si sl una spilorceria.
potessero nascondere (ooÀ.cp, v. 3) die-
4. Va notato che i nostri vocaboli fi.
tro la sua disinteressata attività; egli
gurano in questa medesima lettera già
non ha annunziato il vangelo col segre-
in 2,u. Sono qui possibili due tradu-
to intento di arricchirsi 26 • È chiaro che
zioni: per non essere sopraffatti e per
pure qui la 7tÀ.tovd;la è una specie del-
non esser defraudati. Ciò avverrebbe ad
la axo.l}ap<Tlct (V. 3 ). In 2 Cor. 7,2 r.À.EO·
opera di Satana, se venisse rifiutato il
\IEX't'EL\I figura accanto ad &.òtu'Lv (~
perdono 28; oppure (e, dato il tenore ge·
c:oll. 588 ss. 592 s.; ~ I, col. 432) e
nerale della lettera, l'accento andrebbe
n cpiklpEtv: Paolo n Corinto non ha
posto qui}: ciò accadrebbe alla comu-
leso né imbrogliato nessuno. Gli ni-
nità e all'Apostolo con la distruzione
tri due verbi potrebbero anche assu-
della comunione esistente tra di loro, se
mere un senso figurato, come un accen-
non si trovassero d'accordo nell'atteg-
no all'accusa che Paolo avesse defrauda-
giamento verso l'offensore. Per questo
to i Corinti sul piano morale; ma sem-
anche Paolo gli perdona.
bra più ovvio ravvisarvi un'allusione ai
rjmproveri adombrati in 12,7 s. 21 • Qui il
D. I PADRI APOSTOLICI
contesto mostra che si tratta di una que-
stione finanziaria (v. I4 s.: ~ IV, col. Qui i due sostantivi figurano solo in
515; v. 16: -> II, coll. 126 ss.); Paolo contesti etici. Connotano senza possibi-
lità di equivoci lo brama del bene al-
non ha sfruttato i Corinti neppure per trui (Barn. 10,4; r9,6; Did. 2,6: accan-
mezzo dei suoi inviati. 2 Cor. 8,20 la- to a 'predone'; delle infrazioni alla mo-
scia supporre che i Corinti mossero que- rale sessuale si parla in 2,2). Compaio-
no inoltre in cataloghi di vizi. In Herm.,
st'accusa soprattutto in occasione della
sim. 6,5,5 l'elenco segue un ordine ben
colletta (cfr. 8,22 s.). preciso: adultero, ubriacone, maledico,
bugiardo, avido, predone. In mand. 6,
3. Forse le insinuazioni dei Corinti 2,5 dopo diverse forme di intemperan-
determinano la scelta del vocabolo an- za vengono «brame di donne e di arric-
che in 2 Cor. 9,5. Comunque il testo di-
chimenti (al genitivo) ... presunzione e
arroganza». Polyc. 2,2 fa questo elen-
chiara che lo loro offerta dev'essere una co: «Ùgni ingiustizia, (cioè) cupidigia,
vera benedizione (~ m, col. 1176) e brama del denaro, maldicenza, falsa te-

26 Cfr. in linea di massima Mc. 12,40 par.; 21 Cfr. LIETZMANN, Kor. a 2 Cor. 12,16.
Mt. xo,8 s.; Aci. 8,18-20. . 23 ScHLATTER, Kor. 492.
rc>..i'jl}oi:; A 1 (G. Delling) (v1,274) 608

stimonianza». Analogamente I Clem. 3 5 ,5 7tÀ.EovEçla.. sembra rappresentare il


35,5: «Ogni ingiustizia e malvagità, culmine dei vizi. Un'energica lotta con-
(cioè) cupidigia, contese, malignità» tro la cupidigia si ha in Policarpo quan-
ccc. Nei rimanenti passi di Did. 5,1; do parla delln cpLÀ.apyupla ( 2,2: acco-
Herm., mand. 8,5; Barn. 20,1 i vizi non stata a 1tÀEovel=,la.); 4,1 (eco di I 'tim. 6,
sono raggruppati esattamente. Tuttavia ro); 4,3; 6,1; cfr. 2 Clem. 6"4 (pecca-
niente suggerisce che i nostri termini in- ti di avarizia accanto a quelli sessuali);
dichino il peccato con la donna d'altri. Did. 3,5 (accanto a xev6ooçoç; ~ col.
Va notato che in Polyc. 2,2 e r Clem. 593).
G. DELLING

~col!. 203-212 7tlµ7tÀ:riµt, designante il tantum, la quantità; in pri-


- > coli. 57 5•5 86 TtÀ.EO\lcX~W, mo luogo il numero indipendentemente
dalla sua entità, ad es. Anaxag., fr. 3 e 6
~coli. 641-674 7tÀ.1')p6w 1
(Diels n 33,17 e 35,19); cfr. la defini-
zione di Aristot., metaph. 4,13 (p.
1020 a 8 s.): 7tÀ:iji)cç «è una quantità
in quanto numerabile». È anche la mas-
sa in senso quantitativo: Anaxag., fr. 2
A. L'uso EXTRA-BIBLICO (Diels l Il 33 ,3 ): -r:6 )'E 7tEpLÉXO\I Ci7tEtp6v
k·n "t"Ò 'itÀ:iji)oç, «l'avvolgente è illimi-
r. L'uso generale tato per quantità»; cfr. Philo, spec. leg.
4,2 34, dove 7tÀ:jjl>oç è un tipo di quan-
7tÀ:ijih; secondo l'etimologia signifi- tità (-cou 7'0:'.IOU ).
ca propriamente la pie11e:t.za 1 ; in Ome- Per mostrare quanto sia esteso l'uso
rn indica moltitudine di uomini, senza del vocabolo basti citare le sue acce-
precisarne l'entità numerica (Il.17,330), zioni in Platone: 7t'ì..iii)oç è la relati-
quindi la pluralità in contrapposizione va grandezza di un numero (Gorg. 451
al singolo (Il. 23,639) come lo ionico c; leg. 5 ,73 7 e [ = numerus, resp. 5,
7tÀ.'l')~ç più frequente in Omero (Od. 460 a], cfr. Xenoph., mem. 2,4,4: il pic-
II,514, par. oµtÀ.oç; Jl. 15,295 .305, colo numero di amici; accanto a µÉyE-
opp. &ptu-coL). In seguito 7tÀ:ijboç passò boc,, resp. ro,614 a; Critias II8 b); è il
presto a indicare una misura generica quantum, xpva-ou (Phaedr. 279 c), l'im·

nÀ:rjj}oç
}ACKSON·LAKE 4 (1933) 47 s,; 5 (1933) 376 S. -il-: 'i't).Tji)or;, cfr. '!tk~Dw, essere pieno (a par·
389; ScHLATTER, Komm. Lk. 696, s.v. e ai tirc da Omero) e il lat. plebes (plebs), la mns·
passi ivi citati. StJ del popolo. WALDE-POJ::. II 63 s.; BoISACO
1 Dalla rndice plc-, riempire (in ~lf.1·'1tÀ.'I}·µ~, 783 s.; \XIALDE-HOFMANN Il 320 S. [DF.BltUN·
-r.À.ii·P1Jr;, br. ple·nt1s, ecc., amplìficato con NER].
ttÀTjlloç A 1 (G . Delling) (VI,275) 610

porto, la somma di denaro (resp. 8,551 polo (come fanno in realtà molti tradut-
b). Riferito al tempo è la lunghezza, la tori); quindi il vocabolo compare in
durata (leg. 3,676b). In questa acce- sinonimia con of}µoç per indicare la
zione il superlativo si esprime con l'ag- maggior parie della popolazione (leg. 3,
giunta di un aggettivo: aµ1Jxa\IO\I, ' stra- 689 b). Analogamente 1tÀ:i'jiloc; sta per
grande' (Tim . 39 d), li.cpfrovov, 'copioso' òljµoc; in quei contesti nei quali ha va-
(detto dell'acqua: Critias rr7 a), mX:µ- lore positivo o almeno neutro; cfr. leg.
1toÀu, 'vastissimo' (detto di un territo- 6,768 a : è giusto far partecipiue la to-
rio: leg. 3,677 e), èint:tpO'J nÀ.·fii>E~, 'di talità del popolo a determinate decisio-
numero infinito' (Parm. 144 a; soph. ni politiche; Menex. 238 d: la forma
256 e; Phileb. 17 b); talvolta anche al dello stato ateniese è un'aristocrazia che
plurale (Critias u5 b). Oppure rcÀfjboc; ha il consenso della moltitudine; resp.
per se stesso significa il molto, il gran 8,563 b: la libertà di tutti (-cou -n:À.1)-
numero: il poco sta a mezzo fra l'uno e ~ouc;); Menex. 238 d: il popolo ha po-
il molto (polit . 303 a); l'opposto è d.; tere sulla maggior pnrte degli affari del-
(leg. 7,800 e; polit. 300 c; soph. 239 b); lo stato in quanto conferisce gli uffici;
come grande quantità è detto di un li- polit. 291 d: la democrazia si ha quan-
quido (resp. 4.437 e), di sostanze (resp . do domina la moltitudine. Anche qui
9,591 e; opp. : ÒÀ.Ly6-r'f}c;, 'scarsezza'). nÀ.fjboc; si trova per lo più in contrap-
In senso aggettivale equivale a molto, posizione ai pochi o al singolo; cfr. Xe-
dr. µr:rà 1'bii}ovc; lopGhoc;, «con molto noph., mem. 1,2,42 s.: che fan le leggi
sudore» (Tim. 84 e), 1'À:i'ji>oc; xp6vou, sono 7tÀ.fji>oç, òÀ.lyoL, -.upavvoc;. Il va-
«molto tempo» (Theaet . 158 d; polit. lore del vocabolo è neutro là dove 1tÀfj-
269 b). Come comparativo o superlati- i>oc; suggerisce l'idea di un gruppo riu-
vo indica la (grande) maggioranza, i nito (Plat., ap. 3 r c: 'tÒ 7tÀ.i]i>oc; "t'Ò ÙµÉ-
più, ad es., -cwv crocpLcr-rwv (Pro! . 3r4d); -cEpov; leg. 3,700 cl: "t'WV 1\0À.~'tWV 'tÒ
Ènt -rò 7tÀ.fji)oç = per Io più (resp. 2, 1t).:iji>oc;), e quando si aggiunge l'indica-
364 a), in massimo grado (Phaedr. 275 zione della cittadinanza (Meno 90 b:
b). Talvolta Platone fn il gioco di paro- 'A-frT}VClLW\/ 't<i) 7tÀ.TJi>Et, dr. ep.3a15 e:
le 'ltÀ.oi.ii:oç-nÀ.fji>oç: un artefice sale con l:upax.oucrlwv) 2• In ambedue i casi può
la ricchezza o con l'estendersi (11:},:r1i>Et) esser connessa al vocabolo l'idea di to-
della sua attività (resp. 4,4 34 b ); qual- talità del gruppo stesso .. Si intende
siasi superiorità numerica o ricchezza 7tÀ.fji>oc; con valore negativo partico-
cede alla virtì1 ( Menex. 240 d ). larmente quando si parla delle capa-
Ma è evidente che il vocabolo in Pln- cità intellettuali, artistiche e soprattut-
tone viene riferito per lo più agli uo- to etiche della maggioranza degli uomi-
mini e quindi diviene corrente per e- ni J . La massa non può far filosofia
sprimere un'idea politico-sociologica. Il (resp. 6,494 a; dr. leg. 2,670 e; polit.
contenuto specifico del vocabolo è va- 304 d, sinon.: oxÀ.oc;); per aver succes-
rio. Tradurre con moltitudine per lo so, l'oratore, secondo la sofistica, deve
più non è errato; tuttavia in molti pas- dire ciò che piace alla massa (Phaedr.
si ~Àfji>oç può esser reso ad es. con po- 260 a; dr. leg. 2,659 b e 3,700 c; resp.
2 Per questa accezione v. i testi tmtti da iscri· [DEBRUNNER) .
;doni in DmsSMANN, N.B. 59; PREUSCHEN- 3 Cfr. gli esametri di Cleante, fr. 559 (v. AR-
IlAUER' 1 2 17. ttÀij&oi:;, in modo del tutto e- NIM r 128,1 s.): où yà.p 7tÀ:ijftoç EXEL CTINE"Ci}V
quivalente a oiiµoç, è il popolo in quanto in· Y.p(crw, o!h& 5t:~C1.la•J o(l"CE xaÀ1)v, ò)..tyolç
sìemc di coloro che hanno diritto di voto. 51: mxp'&.v!ìpav~ ":oiiT6 xE•1 Eupct:;.
6n (VI,275) 7t).fj&oi; A r-2 (G. Delling) (vr,275) 6n

8,554 a); il volgo si vanta di praticare 'ltÀ:iji>oc; fin da Omero, già con gli Eleati
la pederastia come se fosse una virtù acquista importanza dal punto di vista
(Phaedr. 256 e). Talvolta il senso viene filosofico. Parmenide, /r.8 (Diels 7 I 235-
rinforzato pleonasticamente con l'uso 237) insiste nel dire che l'essere è •Jt<iv,
del plurale: la grande massa degli uomi- ~\I, O"IJ\IEXÉç (v. 5 s.), !;vvEXÈç miv ÉCT"t'tv
ni vuole arricchirsi (leg . II,918 d); le (V. 25), ou).oµEÀ.tç (V. 4), 'non divisi·
masse (popolari) es.ercitano un'influenza bile in parti' ( v. 22; dr. Plat., Parm.
(Gorg. 452 e) ecc. 128 a: fv ... dva.L "'t'Ò 'ltiiv). Perciò nel
pensiero del suo allievo Zenone l'esi-
Nella Politica di Aristotele 7tÀ:rii)oc;
stenza del 'ltÀ.fji>oç è negata 6 : se il 'mol-
ha un'importanza particolare. Anche teplice' esistesse, consterebbe di più
qui compare come sinonimo di o'i)µoc; unità; ma più unità {!vaÒEc;) non ci pos-
(J,IO [p. l3IO b 13] o di ol 'ltolÀol (3, sono essere. Esiste solo l'E\lj cfr. Plat. ,
8 [p. 1279 a 26 s.]), in opposizione a Parm. 127 e, dove la teoria di Zenone è
ot 'ltÀoucrLot. = ricchi (3,ro [p. 1281 a cosl formulata: «Se l'essere è moltepli·
12] ), a ot EU7topot. = i benestanti (5 ,9 ce (7toÀ.Àti), ...dovrebbe essere uguale e
[p. 1309 b 39]), a ot ÒÀlyot. (3,13 [p. insieme diverso, il che è impossibile»;
128 3 b 24. 3 3] ). Spesso indica sicura- si veda anche il dialogo fra Parmenide
mente la maggioranza 4 ed è sinonimo e Aristotele (ibid. 137 c ss.)7.
di -ro 'ltÀÉov µlpoc; (4,4 [p. 1290 a 31
s.]) ecc. In questi contesti si discute Contro questo concetto dell'essere,
specialmente se sia la maggioranza, cioè Platone polemizza nel Parmenide 8 spes-
la massa che deve avere il potere (xu- so, direttamente o indirettamente; in
pt.o\I ElvttL). Talora 7tÀ:Tjlloc; designa an- particolare più brevemente nel Filebo,
che l'intero gruppo (5,8 [p. 1308 b 29 dove si rifà al Parmenide ( 14 c - l 8 b.
s.]) 5• 'ltÀiji>oc; 1tOÀt.-rt.X6\l significa TI:À.i]- 25 a - 26 d) 9 , e anche nel Sofista 10 • In
i)oc; 7tOÀ.t."t'W\I {3,13 [p. 1283 b 2 s.]). un certo senso (almeno formalmente)
egli riprende un'idea di Pitagora, che
2. L'uno e il molteplice nella filosofia fra le dieci tXPXttL (~ I, coll. r276 s.),
greca le dieci antitesi che determinano l'es-
sere e il divenire, annovera anche ~v
L'opposizione fra uno o pochi e i xaL 7tÀ:iji>oç (Aristot., metaph. l ,5 [p.
molti o molti, implicita nel termine 986 a 22-24] ). Comunque Socrate gio-

4Passi di iscrizioni attestanti l'uso del voca- = singolarmente o in parecchi.


1t).i]lh]
bolo in senso politico si leggono in KNoPP, ~ Joannes Philoponus, In Aristotelis Physico-
Cl., a I Clem. 54,2 . rum Libros Tres Priores Commentaria ed. H.
VITELLI, Commentario in Aristot. Graeca 16
s In questo particolare uso del vocabolo non
si è pensato certo in primo luogo di indicare (1887) 42,9 ss.
con n).:ijl>oc; un gruppo organizzato, ma solo 7 Cfr. anche K. RIEZLER, Parmenides, Frank-
un gran numero di persone. E ciò vale anche furter Studien zur Religion u. Kultur der An-
per i passi riportati in PREISIGKE, Wort., s.11. tike 5 (1934); per Parmenide specialmente
col significato di corporai:ione, ecc. In DITT., 53-57.71 s. 75.79.84.87; per Zenone 85 s.; per
Or. I 56,24 (m sec. a.C.), ad es., si parla di il Parmenide di Platone 81.85.90-92; per Ari-
varie cpvÀ.a.t "t'OV nÀ.·l)&oui; "t'WV tEpÉwv che stotele 80 s.
sono il complesso dei sacerdoti; dr. Porphyr., a Cfr. inoltre C. RITTER, Pia/on u (1923) 63·
ahst.4,8 (p. 241,3): "t'Ò ... ).omòv "t'WV lEptwv... 96.
n).fil>or;;, tu/li gli altri sacerdoti. DITT., Or. 9 Cfr. RITTER, op. cii. (~ n. 8) 177.179.
669,n (I sec. d.C.): xa"t''6ì..lyouc; xal xa"t'èt . IO Cfr. RITTER, op. cii. e~ n. 8) 123 s. 179·
613 (vr,275) -;t},;Tji)oç A 2 • B 1 (G. Dellin!l)

vane afferma, contro gli Eleati, oÀ.ov 'tÒ da'at); 5,2.6; Nah. 3,4; Lam. 1,3; Ez.
dooç tv txa<r'tct> dva.~ -rwv 1toÀ.À.wv €v 28,r6. Le locuzioni preposizionali con
ov, che «tutto il genere è presente in le quali nel testo ebraico si ha rob, so-
ciascuna cosa neJla sua unità» (Parm. no sempre rese dai LXX con espressioni
r3r a, cfr. b); le idee, nella sfera della comprendenti nÀ:i'jDoc; n. L'espressione
realtà (tv 'tfj q>ucrn), sono per cosl dire di; 'ltÀ.iji}oc; (senza genitivo che ne di-
archetipi (mxpa:OElyµa:'ta:), le cose par- penda), benché si incontri anche nel gre-
tecipano delle idee in quanto sono pla- co extrabiblico, nei LXX è traduzione
smate su di esse ( l 32 d). Nel Filebo al dall'ebraico. Xtt't'à. '\'Ò 'ltÀ.'iji}oc; ... si rife-
posto di e(on si parla di µov&.SE<; ( l 5 b) risce in particolare alla grazia e alla mi-
a proposito dell'identificazione ('tttv't6v, . sericordia di Dio verso il suo popolo
15 d 11 , dr. 16 c.d: µla lofo..) delnv e (lji rn 5 .45 ) o il singolo fedele (cfr. tV
dei 1tOÀÀ.a ( l 5 b ). L'unità non esclude 50,3; 68,I]; Neem. 13,22; Lam. 3,32),
la molteplicità: questa piuttosto è inclu- oppure alla sua 'giustizia' (ls.63,7; ebr.:
sa in quella ( 17 d - r 8 a). Per il rappor- grazia). Per il primo caso si trova pure
to dell'unico bene coi molti nell'etica la formula ~V 'ltÀ.t]i}Et••• (Ps . .5 ,8; \)i 68,
cfr. resp. 7,507 b. 508 e. 534 be; Phileb. 14). Altrove si mette in rilievo, ad es.,
65 a. Per Aristotele ~ I, col. 32. Per la pienezza o la grandezza della sovra-
tutto l'argomento ~ coli. 6 7 4 ss. 1tÀ.1}- nità ( 06!;11c;: Ex. l 5,7; µEyaÀ.wcrVVl'}c;:
pwµa. Ps. 150,2) di Dio o della sua bontà
(~ 144,7). L'uomo invece non ha nes-
B. IL SIGNIFICATO DEL VOCABOLO NEI sun motivo per confidare nella grandez-
LXX
za della propria forza (\jJ 32 ,16), e nep-
pure il popolo può fidarsi della molti-
12
1. Nei LXX 1tM'\l}oç è usato soprat- tudine dei suoi guerrieri (Os. l0,13) o
tutto per i derivati della radice rbb, cir- del gran numero dei suoi sacrifici (Is.
ca lOo volte per rob (o rob): moltepli- r ,rr; con ingenuo vanto 2 Chron . .5 ,6 );
cità, moltitudine, totalità, grandezza. al contrario viene spesso sottolineata la
Come traduzione di rob è usato, in ri- grande quantità dei peccati (P.s. 5,n;
spondenza all'ebraico e al greco extrabi- Os. 9,7; Lam. 1,5; Ez. 28,18). La pie-
blico, col gen. sogg. e non di rado con nezza della salvezza, che in ~ 36,II è
valore aggettivale: molto, grande, po- promessa ai miti (7tprui:i;), è un dono
tente; ad es. Prov. 5,23; Ecci. r,18 (due di Dio. Così le frasi con 1tÀ.ij&o~ servo-
volte; la seconda volta i LXX leggono no a sottolineare la concezione vetero-
11 Cfr. anche resp. 7,525 a: noi vediamo la Deut. r,10; 10,22; 28,62; lor. 114 (LXX =
stessa cosa (la realtà) come unità e come mol- in numero; senza genitivo dipendente); col
teplicità infinito (ii1mpcx 'T<1> 1tÀ:ij1toç). semplice accusativo: 2 Chron. 11,23 (rob =
r.);ijftoç noM); b• con tv: Pr. ,,8; q, 68,14;
12 'it>-.71Wc; solo in 3 Mach. 4,17.
32,16.17; 6',J; Ecci. 1,:18; 5,2.6; u,1; Os.
13 Cosl min (per lo più = i11 seguilo, a cat1· 10,13; con xa-ra e l'accusativo (cfr. JoHAN-
.ra) con ò:no (dr. JoHANNBSSOHN, Prapos. Nl!SSonN, Priipos. 2,6): Ps. 5,u; 150,2; con
281):Ge11. 16,10; 2 Chro11. 5,6; lob 35,9; Nah. lx: Prov. 5,23; con à.1t6: Et. 28,16; col sem-
3,4; Lam. 1,3; Ez. 27,12; con lx: 1Ba.a. 1, plice dat.: Ex. 15,7; 'al con fot e il dativo: .V
16; 3 BcxC'. 7,32; Ez. :q,18; con liui e l'ac- 36,u; con l'accusativo: Lttm. 1,5; con ò-n:6:
cus.: Ez. 28,18; t• con dç: Gen. 30,30; 48,16 Or. 9,7; k' (a misura di [cfr. JoHANNBSSOHN,
(ròb = 7tÌviji>oc; 'ltoM); !ud. 6,5; 7,12; 2 BCl<T. Prapos. 255], corrispondentemente)~ reso con
17,u; 3 Ba.a. 1,19.25; 10,ro.27; I Chron. 4, X<X'Ttt e l'accusativo: Neem. 13,22; ljJ 50,3; 68,
38; 22,3.4.8; 29,H ecc.; col semplice dativo: 17; 10545; Is. 63,7; Lttm. 3,32.
7tÀij0oc; Il 1-3 (G. Delling)

testamentaria di Dio e dell'uomo. Per traduzione di hiim611, che propriamente


rendere con un'immagine la 'quantità indica il rumore, lo strepito, il chiasso,
innumerevole' della discendenza pro- quindi anche la moltitudine rumoreg-
messa ai patriarchi ( Gen. 32, l 3) e ad giante e infine la /olla in genere. Natu-
Aglll" (Gen. 16,10), o del popolo di I- ralmente 1tÀ.f\D"oc; non è il termine più
sraele (Deut_l,10; 10,22; 28,62) si fa adatto per rendere il significato prima-
uso delle similitudini dell'arena del rio di hiimon; e dove nell'ebraico esso
mare (Gen. 32,13) e delle stelle del cie- determina il senso, i LXX, usando 'ltAll-
lo (Deut. l,10; 10,22; 28,62), le quali i}oc;, lo alterano. T:tle è il caso di Ier.
in un certo senso tengono il posto del lo,13; Ez. 26,13; Is. 17,12; 60,5 (cod.
concetto di infinito 14 • Lo stesso vale per S), e.love nell'ebraico si tratta sempre
il paragone dei nemici di Israele con l'a- della descrizione per cosl dire acustica
rena del mare ( Ios. l l ,4) e con gli scia- dello scrosciare, del rumoreggiare, dello
mi cli cavallette (!ud. 6,5 e 7,12). strepitare. Evidentemente anche là do-
ve con hàmon il testo ebraico intende il
2. 1tÀ.fjì)oc; sta r 3 volte per rab. An- trambusto di uomini (2 Ba<T. 18,29; Ez.
che nei LXX, dunque, non di rado sta 30,IO: 1tÀ.ilÌ}oç Alyv7t-tlwv; Ez. 30,15:
per l'aggettivo (~ col. 609) numero- nÀijiloc; Mɵq>Ewc;), di schiere di armati
so (Ex. 1,9: con µÉya; Ez.31,6), per o di truppe (2 Chron. 20,2.12.24; 14,
15
molti (Ex. 19,21 ; Num. 32,ra; 2 ro ), si pensa in primo luogo anche allo
Chron.30,17; Eccl.6,3; Ez.47,10: 1tÀ:ij- strepito che vi è connesso, benché non
i>oc; 7tOÀU), per la folla (lob 31,J4, cod. sempre vi si accenni esplicitamente
A: À.rtou), per grande (ljJ 30,20: 7toÀ.Ù (lud. 4,7 ; 4 Bu..~. 7,13; Ez. 39,rr).
-.ò 1tÀijì)oc; ·djc; xprin6•ri•6c; <Tou; ana- Naturalmente nei LXX non è possibile
logamente 144,7); per abbondanza (i}TJ- cogliere questa sfumatura. Del resto,
cravpwv: IEp 28,13; ufia.,oc;: Ez.31,15). già nel testo ebraico hamon connota
In I s. 5 l ,IO 1tÀ:ijì)oc; è usato meccanica- anche semplicemente la moltitudine, il
mente: uowp ci.~uo-crou 1tÀ.f\ì}oc;. Sette gran numero (1tct:n'Jp 7tÀ1)i)ovç ~wwv
volte 7tÀ:ijì)oç traduce forme del verbo [Gen. 17,4; Ecclus 44,19], yvvaLXWV
rbh, al qal (Ecci. 5,10: l'accrescersi dei [2 Chron. 11,23]), la .folla, un nugo-
beni terreni), al pi'el (tlJ43,13: guada- lo (Is. 29,5, cod. B, ecc.), gli armenti
gno da una vendita), all'hif'il (Ex. 36, (IEp. 30,27), infine la schiera (2 Chron.
5: più... che; 2 Chron. 11,12 e 16,8: 13,8: spiegato con rab o 1toÀv). Da ul-
Elc; nÀ:fj!loc; crcp68pa., oltremodo, molto; timo hiimon = r.Àiji>oç può esser rife-
Ie:p 26,16: la truppa egiziana; 2 Ecrop. rito, nel senso di grande quantità, a co-
15,18: in quantità [testo corrotto]). se inanimate (I Chro11. 29,16; Ez. 29,
Una volta 'ltÀ:iji)'oç si trova per ribbo (al- 19; 30,4 [in entrambi nel cod. A e in
trove: diecimila [Os. 8,12)}, per mar- nitri]): ricchezze (2 Chron. 31,ro: de-
btt, moltitudine (2 Chron. 9,6), per tar- cime). Come in Ier. rn,13 ecc. (~ qui
b1t, aumento, usura (Lev. 25,36, accan- sopra), ham6n è tradotto male anche in
to a 't6xoç) = 1tÀ.Eovcx0'µ6c; ( v. 3 7 ). ls. 63,15, dove il testo ebraico intende
3. Una trentina di volte 7tÀ:ijì)oç è la commozione di Jahvé, mentre i LXX
11 fl7tELpoc; e affini non figurano nei LXX col probabilmente il senso di à.vÉpyaO''toç,
significato di 'infinito', ma in quello di non SCllLEUSNER, S.li.
sperimentato, non provato. Cosl in N11m. 14, 1s Anche qui lx sta
per mi11 (JoHANNESSOHN,
23; Sap. 13,18; Zacb. n,15 (per 'ewili, stol- Knms 17). Naturalmente i LXX possono aver
lo). In ler. 2,6 (v -rii à.7tElp~ (per 'ariiba) ha letto anche rob.
7tJ..iiiloç B J-5 (G. DeJling) (vr,278) 618

dicono: -.ò TtÀfjÒoc; -.où ÉHouc; <rou, «la (forze militari) e di conseguenza inten-
grandeàa della tua misericordia». A dono be~a· (alla lettera: guadagno per
quanto pare essi hanno presente di hii- usura) come 'abbondanza', 'moltitudine
mon l'accezione di gran 11umero, molti- di uomini' votata a Dio in sacrificio (op-
tudine, e quindi traducono con 1tÀ:fjòoc; pure l<rxvc;=TtÀfjì)oc;= ricchezza). In tjJ
anche là dove il suo vnlore originario 6 _3,3 rigsa, 'strepito' è tradotto con
ancora trapela o addirittura prevale. r.Àfjì)oç, il che fa pensare a regeJ, 'tur-
Quest'ultimo caso si verifica particolar- ba chiassosa'. In altri casi i LXX hanno
m:!nte in alcuni passi di Ezechiele: in nÀ:i'jì)oç perché leggono un diverso testo
31,2 .r8; 32,32 è preannunciato il giu- ebraico; per es. Zach. 9,10; Ez. 32,6;
dizio sul chiasso che fo il faraone, sulla Ex. 23,2; Nah. 2,14.
sua potenza tirannica; forse i LXX han-
no pensato alla forza militare (cfr. 7, 5. Negli scritti dei LXX di cui manca
12-14, cod. A). un testo ebraico, 1tÀfjlroc;, usato in acce-
zioni riscontrabili anche altrove ( ~
4. Inoltre 1tÀfjl}oc; nei LXX rende i se- coli. 607.609.611), serve talvolta per
guenti vocaboli di senso affine: 'edil segnare il contrasto fra i singoli indi-
(.Ecclus 7,7.r4; 42,1c [anche qui si pen- vidui (i C1!1Ì) e la massa 18 • Cosl in
sa ad assemblee)), qahal (Ex. 12,6; 2 Sap . 6,2: ot" xpcx.-.ou\1-rEc; 1t'Ài}ì)ouc;, «co-
Chro:z.31,18: in questo passo probabil- loro che dominano la massa»; 8,15: f.v
mente col senso di gruppo), 'ii!um, nu- ";tÀ:fj/}n, <ma il popolo» (Salomone); l
meroso (Num. 32,1b: dei beni in be- Ecrop. 9' I2: oL 1tPOl)yoÙµEV01. 'tOU 'ltÀ1)-
=
stiame; Deut. 26,5 [ r.À:i'jòoc; 1tOM] ), ì)ouc;, «coloro che guidano la moltitudi-
'ii!wn (Is. 31,1: 1tÀfjlroc;), 'am, schiera ne» (dr. ep. Ar. 310: ot 'tE 'i]yovµEvoi.
di armati (2 Chron. 12 13), 1n•lo' (Gen . -rou rc)..fjl}ouc;, in parallelo con 'i più an-
48,19), kiibéd, in massa Ex. 8,20), si/'a, ziani' del 7COÀl-.wµrx.); ~Mach. 7,13: i
moltitudine di destrieri (Ez. 26,10), m•- sacerdoti e ·miv -tò 'lt).fji}cc;; forse anche
Lim, la gente (Ecclus 7,16), mispiir, ntl- 2 Mach. 4,5: Onia pensa ;t ciò che è
mero (4' x46,4: solo Dio sa contare utile 'ltfX.V-rt -.Q 1tÀ1'}l}Et. Già qui è ov-
1.À:iiDTJ 16 (fo-.pw\I), kabbir, ingente (ls. vio che si intenda la totalità; cosl anche
28,2: uocx.-.oc; 1tOÀÙ n).fjboc;). A volte in r Ecrop. 9,4: il complesso dei reduci
fa scelta di 7CÀ:Tjl1oc; dipende da un frain- -.·(jc; alxµaÀwcrlac;, dal quale dovevano
tendimento del testo; cosl in Dan. 10,1, essere esclusi quelli che vivevano in ma-
dove !iiba' significa calamità; mentre i trimoni misti! Altrove poi nM}l>oc; con-
LXX hanno pensato all'esercito 17 • In tli nota chiaramente t11tto l'insieme del po-
9,25 'a/ invece che nel senso proprio di polo, particolarmente nel linguaggio di-
naso è inteso come ira (òpyflç) e quin- plomatico; cfr. .r Mach. 8,20: discorso
di gobah, 'altezza', è re;;o con 1tÀfjl}oc;. degli inviati dei Maccabei e del 'ltÀ'(jòoc;
In Mich. 4, 13 pajil è la ricchezza acqui- -twv 'Iouoa.lwv a Roma 19 ; 2 Mach. II,
stata; ma i LXX traducono con t<rxuc; 16: lettera di Lisia, procuratore del re,

I~ Il plurale potrebbe essere di mano del tra· IS Cfr. comunque 2 Chron. 30,5: gran parte
duttote, per analogia con il parallelo òv6µcx.- del popolo; lob 35,9: calunniato dalla molti-
-rcx., semot [KATZ]. tudine.
17 L'acce7.ione militate è corrente in Senofon- 19 La locuzione rammenta l'iscrizione su mo·
te ; cfr. già Omero e più chiaramente Eur., nete degli Asmonei, in cui il sommo sacerdote
Phoen. 715: «piccola è la schiera (di armati) e il heber dei Giudei sono nominati insieme
di questo paese». (cfr. G.F. HILL, Cata/og11e o/ the Greek coins
-r.:À:ijiloc; Il 5 .. C (G. Delling)

al popolo giudaico (-r@ 7tÀ.Tji)EL -rwv lo usano talvolta ot ~ 7tOÀ.À.oi nel so-
'Iou&a.lw\I ); cfr. ep. Ar. 308 (~ col. praddetto senso di 1tÀ.ijiloc; ( ~ qui sot-
610). Quando in 2 e 3 Mach. si vuol met-
to), ad es. Mc. 6,2: la moltitudine adu-
tere in rilievo l'idea di massa, si usa vo-
lentieri il plurale: moltitudini di popo- nata nella sinagoga; 9,26: la folla pre-
lo (2 Mach. 5 126; 3 Mach. 5,24.46; ana- sente; Mt. 24,12: i più; parimenti 2 Cor.
logamente ep. Ar. I 5 . 21 ), schiere di ar· 2,17; in I Cor. 10,33 ot 7tOÀ.À.ol è vicino
mati (2Mach. 13,1; 14,20.41; 15,21;
anche ep. Ar. u8). In r Enop. 9 "JtÀ:'i)- al significato di totalilà; forse anche Mc.
i)oc; connotn spesso l'assemblea, come I0.45 par. 20, dove 1tOÀ.À.ol è senza arti-
risulta chiaro nei vv. 45.48 .49, dove è colo. Questo pronome talvolta sta per
usato assolutamente, o quando è accom-
nÀ.iji>oc; anche nell'uso specifico di Luca.
pagnato da 'Jtéi\I; cfr. ep. Ar. 42.45; cfr.
'éda in Ecclus (~ col. 617); inoltre Negli scritti lucani talora la moltitu-
Bcclus 6,34: 1i):iji)oc, 7tpE11{3u·dpwv. dine (~ col. 618) è manifestamente
contrapposta a una cerchia più ristret-
C. I VOCABOLI NEL NUOVO TESTAMENTO
ta di persone, formanti un gruppo a
Anche nel N.T. 7tÀ.iji)oc; corrisponde parte 21 ; Act. 6,2.5: la moltitudine dei
in genere a moltitudine, abbracciando discepoli (in opposizione ai dodici), cfr.
cosl un ambito semantico di una certa r 5 ,30: la moltitudine dei cristiani di
ampiezza. Quale sfumatura prevalga poi Antiochia, alla quale Gerusalemme in-
nei casi singoli, non sempre è possibile via disposizioni con precisa autorità;
stabilire con sicurezza. Non si riferisce anche Le. I, 10: tutta la moltitudine del
mai a cose astratte, come avviene nei popolo pregava stando fuori (in oppo-
LXX. Dei 30 luoghi in cui compare, 7 sizione al sacerdote che pregava nel
appartengono a Luca (di cui uno in pa- tempio) 22• A questa accezione si con-
rallelo con Marco e 4 in passi a lui pro- nette quella che sottolinea con 1tÀ.iji)oc;
pri: l,ro; 2,13; 5,6; 23,27) e 16 agli l'insieme compatto di un gruppo abba-
Atti; dei rimanenti 7, due sono in Mar- stanza numeroso; Act. 15,12: apostoli,
co, 2 in Giovanni, uno rispettivamente anziani e comunità (? v. 22) di Gerusa-
in Hebr., Jac., I Petr. I sinottici e Pao- lemme; 4,32: il complesso dei creden·

of Pale1tine [ 1914], per Alessandro lannco 7tÀ.ijl>oc;, l'insieme della cristianità da lui gui-
p. 192-207 nr. n-60, per Antigono Mattatia data (analogamente in Tr. r,1); tuttavia l'ac-
p. 212-214). cezione del vocnholo in Ignazio si avvicina al
senso di comrmità; Tr. 81 2: -rò Èv l)Eé;J TC)..fj..
20 Per il semitico ~ ?to).J,ol = rabbim nel
l>oç è la schiera di quanti sono uniti in Dio.
senso di lutti, cfr. J. }ERBMIAS, Die Abend- Cfr. oxloc;, ~ IX, coli. 68 s. Per Aci . ~ IX,
mahlsworle ]esu 2 (1949) 92 s. (con l'articolo: col. 83. Cfr., per tutto l'insieme, ixXÀ.TJO"ta in
91 s.). Act.; ~ IV, coli. r498-1503.
21 Analogamente 1 Clem. 53,5: Mosè - il po- 22 Anche l'idea di adunanza può essere im·
polo; 54,2: In maggioranza della comunità; portante in questo e nei seguenti casi; dr.
Ign., Mg. 6,1 : pochi membri della comunità - Herm., ma11d. n,9: )..a).E~ Etc; -tll it)..ljlto~
"fb nav ?t)..ijl)oc;; Sm. 8,2: il vescovo - "fb (di uomini giusti).
itÀ:i)Doc; e - n:À:r1lh'.ivw I (G. Deliing) (VI,279) 622

ti era un sol cuore e un'anima sola; che il gran numero, come in Iac. 5,20;
14,4: l'intera popolazione della città, la I Petr. 4,8 (per questi due passi --> v,

massa dei cittadini ]J; 23,7: l'insieme coli. 68 s.). Ancora si indica la popola-
dei membri del sinedrio (foxl<rih1, 'si zione (Le. 8,37; Act. 5,16 [ 4 col. 62I
divise'). Sulla medesima linea è l'uso di per Act. l4'4i in questo senso gli Atti
'ltÀ:l'jib; per mettere in rilievo certa- usano anche oijµoç ~ coll. 610.6rr;
mente il gran numero, ma forse anche ~ n, col. 900). Senza articolo 1tÀ.i\-
la compattezza d'azione della moltitu- Doç in certi casi è equiparato a 1tOÀ-
dine cosl indicata; Le. 19,37: i seguaci Àol e usato come aggettivo (~ col.
di Gesù; 23,1: il sinedrio nl completo; 615; cosi Io. 5,3; Iac. 5,20; I Petr.
Act. 25,24: tutti quanti i Giudei. In 4,8; Le. 2,13, ecc.); talvolta è rinforza-
questi tre passi 1tÀ:j'jt1oc; è rinforzato con to con '7tOÀ.V; al plurale in Act. 5,r4;
&rca.v. In Act. 21,36 il vocabolo non è con articolo al singolare ha il valore di
per sé inteso con disprezzo; nel N.T., tutti (Act. 4,32; cfr. test. Itld. 14,5, do-
infatti, esso non ·è quasi mai usato in ve è sinonimo di 1t&.V't'Ec;). Infìne 1tÀi}-
senso peggiorativo, se non, forse, in i}oc; ha anche semplicemente il valore di
Aci. 25,24 (sulla bocca dei pagani) e, numero; forse in Hebr. n,12, e sicura·
con una sfumatura ancor più sbiadita, mente · in Aci. 28 13 (con 't~ = un bel
in Act. 2,6; dr. 19,9 (l'uditorio). fascio).
In senso più vasto '7tÀfjt1oç significa
folla, grande schiera, talvolta rafforzato t 1tÀ.'r)WVW
con 1toÀv (Le. 5,6; 23,27; Mc. 3,7.8; I. 'ltÀ1']Mvw
1
è in origine transitivo:
Aci. 14,1; 17,4). 1tÀijt1oç TtoM, in pa- render pieno, riempire ecc. 2, accanto al-
rallelo con oxÀoç TtoÀ.uc;, detto rispetti- l'intransitivo 1tÀ.1']i1Vw: divenir pieno o
esser pieno; quest'ultimo viene usato
vamente del popolo e dei seguaci di ad es. in Sofocle col senso di accrescer-
Gesù (Le. 6,17). La -stessa espressione si, Oed. Col. 377 (detto di una notizia
designa pure una moltitudine di schie- o
che si diffonde); 930: 1tÀ.1']ihiwv xp6-
voc,, il gran numero di anni (la vecchia-
re celesti (Le. 2,13; cfr. I Clem. 34,
ia). Hdt. 4,18 r ,3: &.yoptic; 7tÀ.r}ihlol'.ta'r}c;,
5), di malati (lo. 5,3), di pesci (21,6); «quando il mercato è pieno»: formula
in ambedue i passi si vuol indicare an- fissa, cfr. Suida, s.v. 7tÀ.1)tlou11ct à.yopli

23 Cfr. mari. Pofyc. 12,2: miv Tb ;c)..T\&oc; -vvw, i quali sono formati sull'aggettivo in
degli abitanti greci e giudei di Smirne. -uc; (ScHWYZllR I 728 r. I [cfr. 733 E]).
2 Al pari degli altri verbi in -vvw, il vocabolo
1tÀl]ihJVW ha significato fattitivo, causativo, cfr. gli e-
1 Derivato da r.X11lhi~, ~col. 607; A. DEBRUN· sempi citati da DEBRUNN!!R, Griech. W orlb.
NER, Zu den konsot1antfrchen fa Prarenlien § 224-226; ma la diffusione di questo feno-
im Griech.: Indog. Forsch. 21 (1907) 78 [DE- meno «si è mantenuta entro limiti ristretti»
IJRUNNER], in an11logia coi verbi transitivi in (§ 223).
1tÀTfDvvw 1-;! (G. Dcll:ng}

= l'ora terza; Hdt. 2,19,1; 20,2: 7'ÀT)- attestata, si trova anche itÀ.l]th'.ivoV"t"Et:;;
Mw.1 è detto del Nilo eh~ ingrossa ( an- de/. orac. 8 (n 414 b): "t"Ò xwplov 6:.vl>p•~­
che 2,24, 1: 7'À:~1DuEc-ì)cu). Platone: -r;À-q- -::oL<; È;:;~:i)ì>uvE, «il luogo si riempì di uo-
Duov-twv -.wv &:11ì)pw1twv, «aumentando mini». Flavio Giuseppe 4 usa 7tÀ.1]fiu<.~\I
gli uominb (leg. 3,682 c; dr. 678 b); come intransitivo nel s~ nso di esser pit:·
c:i:xoÀacrlaç.. . xat v6o-wv -;i;),riiluovo-wv, no: c:i:vopwv (bell. 3,50), Puire copios.?-
«abbondando l'intemperanza ... e le ma- mente (di sorgenti: beli. 5,4ro), essere
lattie» (resp. 3,405 a); il sangue s'ac- in aumento (detto del numero di coloro
cresce (Tim . 8 3 e). Ma entrambi gli che facevano una sortita: 5,80), accan·
usi sono già in Eschilo: 1tÀT)Mw in- to a 7tÀ.TJDtJVEW tanto intransitivo (au-
trans. =accrescersi (Coeph. 1057), riem - mentare di numero: ibid. 3 3 8, 'Iovoafot)
pirsi di (vExpwv: Pcrs. 42 r) e passivo, quanto transitivo (Ap. 2,x39 [passivo]:
Ag. 1370: 7tÀTJWvoµw,, sono quanto la terra fu riempita [ÈrtÀ.1')Mvlh1] di be-
mai i11cline a ... (oppure: sono persuaso stie selvagge). Diane Cassio usa 1tÀT)-
dalla maggioranza a ... ); Suppi. 604: xf.tp 11uw intransitivamente: gonfiarsi (del
1tÀ.T)ihJvEi:a.t, la maggioranza dei voti è Tevere: 78,25,5), divenir numeroso (56,
per... (in Eschilo dunque il vocabolo è 7,6 ), e con lo stesso senso 1tÀ.T)Mvoµm:
per cosl dire il termine tecnico per de- divenir numeroso (7,1,6; così Zonara);
signare lo svolgersi di una votazione 3 ); gonfiarsi (di acque: 75, r 3,4). "itÀT]~U\/Ul
in Ag. 869 (842) si può intendere in è intransitivo nell'espressione 'in qual-
senso sia transitivo che intransitivo e cuno andava crescendo l'avidità .. .' (Be·
perciò la formulazione oscilla tra i due rodian. 3,8 ,8 [III sec. d.C.] ), mentre
verbi; ciò vale anche per altri passi e è invece transitivo in H en. graec. 16,3 :
altri autori (~ sotto e n. 4). Già Ari- moltiplicare, rendere abbondante (1tÀTJ·
stotele usa 1tÀT)ì)uvw in senso intransi- Mvoucrtv ... -.à xaxci., «moltiplicano i
tivo ([MÀ.ai:i:a] -.o~<; pEuµet.crt 7tÀ.TJW· mali». I due verbi mancano in Seno·
vovcra., «il mare che ingrossa per le cor- fonte, Filone, e (finora) nei papiri.
renti»: meteor. x,14 [p. 35rb7] (~
col. 577: r.ÀEovcH;w) e anche transiti- 2.Nei LXX 5 nÀT]WVW 6 rende 7 pre-
vo: -.a.i:t; yuvcx.tl;~ -.ò yciÀa 7tÀT)ihJVE"ta.t, valentemente le forme verbali di rbh 8,
«alle donne abbonda il latte» (hist. a11. per lo più all'hif'il (circa 78 volte); pre·
7,n [p. 587 h 20)). È probabile che vale la forma attiva con valore transi-
7tÀ.'l}Mvw abbia tratto l'uso intransitivo tivo. Eccezioni: attivo intransitivo ( 1
da 1tÀ.t)Ww; quindi il passivo di 1tÀ'r)· Bacr. 1,12); essere pieno di occupazioni
iMvw riceve anche il senso del medio: (Ecclus n,10); con "t"OU e l'infinito o il
accrescersi (l'aoristo e il futuro medio participio (-? sotto); medio passivo
non s'incontrano). In Plutarco (quaest . per l'hif'il (Prov. 13,u; E:r.. 21,20: 22,
Plat. 7 ,B ,4 [II roo 5 s.]) accanto alla le- 25 ): essere o diventare ricco, numero-
zione ot 7to•aµot nÀ1Ji}vovw;, meglio so. Spesso significa moltiplicare quaku·

J THACKERAY 282 : riceve il sostegno del 1tÀij· 7 J)ej verbi che indicano piene'l.Za (~coli. 644

itoc;. ss. 1t).l]poiiv, ~ coli. 204 ss. -mµ:1tÀaw.tL, coll.


4· Tuttavia la trasmissione del testo è incerta; 653 s. yɵEW, yEµit;nv, µEO"'tOVV) è qudlo
cfr. L. DINDORF, Ohcr ]osephos 11. dessen più frequente nei LXX (BrmTRAM]. Ma~ coli.
Sprache: ]beh. f. Phil. 99 (1869) 843 s. 204.206.
5 Cfr. THACKERAY 282. 8 Per r'bitbJ dcl testo ebraico i LXX in Ez.
6 'it).:nbVw solo in 3 Mach. 5,41 = esser ricco 16,7 hanno forse letto rbi, cresci =
1tÀ.1J·
o pieno di (col dativo). !Nvov.
6 25 (vr,280) 7tÀ:nDuvw 2 (G. Dclling) (VI,280) 626

no, cioè la sua discendenza, il popolo; hanno il medio-passivo (essere o dive-


frequente nel Genesi; Lev. 26,9; Deut. nire numeroso, moltiplicarsi) in Gen.
passim; Ios. 24,3 ecc.; 1tÀ:rii}uvw 'tà <T'l')- 6,5; l Bcxcr. 25,10; Ps. 3,2; tJ; 24,r9;
µda. µou, «moltiplicherò i miei segni», 37,20; 68,5; Ecci. 5,ro (divenir sazio?
Ex. 7 ,3; rendere numerosi gli altari ( i}u- In Ps. 4,8 il testo ebraico è frainte-
<TLa.<T'tTJPLa: Os. 8,r 1 ); dilatare i confini so); l'attivo transitivo in Ier. 5,6, in-
(1 Cbrot1. 4,rn); far grande, detto di transitivo in lEp. 26,2 3; per lo stesso
Dio nei riguardi dell'uomo ( 2 Ba.o-. 22, verbo al pu'al, l'attivo intransitivo in \j;
36) 9 ; accumulare (XEVÒ.. Y.at J.t(ha..La. 143,r3.
bi).JiihJvEv, vanità e soltezze, Os. 12,2; rab corrisponde all'attivo intransitivo
i:Tjv 8h1aw le preghiere, Is. r,15; 86- in I BaO'. I 4,r 9; all'attivo transitivo in
!;rxv, l'onore, Dan. rr,39; le colpe, 2 ~ r7,15; Ez. 27,15; all'attivo con -i:ou
Chron. 33,23; à.voµia.ç, .. Ù1tÈP aùi:aç, e l'infinito in~ 64,ro; al medio-passivo
«più di ... », Ez. r6,51). 't"OU con l'infini- (essere o diventare numeroso) in Os. 9,
to si incontra in 4 Bacr. 2r,6; 2 Chron. 7; Ioel 4,13; fr 6,12; Lam. l,I.
33,6 (1tOLij<raL 'tÒ 1t0\ll)p6v); 36,14; 2 Oltre ai diversi derivati dalla radice
E<Top. rn,r3; \j; 77,38; Am. 4,4; col par- rbb, i LXX rendono per lo più con itÀ.TJ-
ticipio (É1i:).·MuvE 'RpO<TEUXOJ.l.É'J'l')) ricor- Wvw i vocaboli che anche nel testo e-
re. in I Ba:.,-. I , I 2 . braico hanno trn significato corrispon-
Il medio-passivo 10 invece sta general- dente al termine greco. Così 'ii!am, es-
mente per la forma qal (l'attivo rende ser numeroso: attivo intransitivo in
il qal solo in Ex. 1,20; l Baa-. 7,2 e in lEp.37,r4 , medio-passivo ibid. v.16 (am-
ambedue i casi il verbo ha il senso in- bedue le volte a.L àµap-.la~ aou! ); Ier.
transitivo di divenire numeroso; in Ex. r5,8; ~ 39,6.13 (à.vo1ila~); para, molti-
l l ,9 il valore è transitivo). In comples- plicarsi: attivo intransitivo Ecclus 16,2.
so 'itÀ.T)i>vvt·.l è usato per la forma qal 38 Inoltre 1tÀ.l}Mvw al medio-passivo in
volte, per lo piì:i quando Dio esorta le senso numerico è usato per para!, mol-
sue creature a moltiplicarsi (di solito ac- tiplicarsi, propriamente diffondersi (I
canto ad aù!;avE<Ti>E: Gen. 1,22.28 11 ; 8, Chron. 4,38; tjl rn5,29); per Jarar, bru-
17; 9,i.7; 35,11). Significa pure dive- licare (Ex. l,7); per daga, crescere di
nir numerosi (al 'I̵ÉpaL: Gen. 38,12; numero come i pesci (Gen . 48,16); ma
it-t'l'): Prov. 4,10; olxatoL: 28,28), pro- l'immagine particolare di questi voca-
gredire: È1tÀ:riMvi}TJ I:aÀwµwv ... Ù7tÈp boli nei LXX non è valorizzata. In sen-
i:i}v cppov'l')O'Lv mivi:wv ... , «Salomone so quantitativo, il medio-passivo di
progredì superando ... la sapienza di tut- 7tÀ.TJMvw sta per nub, esser fecondo (IJ!
ti>~ (3Baa.5,ro). 91,15), per Jiiga, crescere (tJI 91,13), per
Per la forma pi'el di rbh i LXX usa- Jg', aumentare (2 EO"Òp. 4,22), per gti-
no 7tÀ.'l')Mvw in Iud. 9,29 (aumenta la dal, esser grande (Ecclus 47,24). L'atti-
tua potenza beilica); Lam.2,22; Ez.19, vo transitivo rende jtr all'hif'il, far ab-
2, sempre transitivo. Per rabab al qal bondare, render ricco (Dcut. 28,n),

9 Anche la letteratura cristiana primitiva CO· 10 Passivo aoristo e futuro, mai medio aoristo
nosce una simile inconsueta espressione: o futuro.
Hcrm., sim. 9,24a: È7tÀ1]l>vvEv au'toùç Èv 'toi::;
x67toL~ -rwv XEtpwv a.Ò'tWV, il Signore 'fece I!Gen. 1,28 si rinette in Corp. Herm. i.18;
prosperare' i fedeli (diede loro successo) nel 3,3b forse per influsso giudaico; dr. C.H.
lavoro delle loro mani {in ricompensa delle bono, The Biblc a11d the Greeks (193~) 163-
loro elemosine, v. 2). 165.
627 (vr,280) 7tÀ.lJDvvw 2-3 (G. Delling)

ml' al nif'al (Ex. l,7: i LXX cambiano apostoliche (tranne 7 ,17, che è model-
la struttura grammaticale della frase), lato sui LXX); con questa accezione non
'ii!af (\jJ 64,r4: arida traduzione libera
della bella immagine del testo ebraico: compare altrove nel N.T. In tale forma
le valli si rivestono di messi; nei LXX: medio-passiva significa crescere: Act. 7,
producono abbondantemente); per 'rk I 7, detto del popolo d'Israele in Egit-
hif'il, prolungare (3 Bacr. 3,14. LXX: to, con riferimento a Ex. 1,7, come già
moltiplicherò -.èt.~ Ti11€paç crou 12 ); per
plh all'hif'il (Ecclus 48,16; propriamen- indica lo stesso accostamento di a.ò!;ci-
te separare; · nei LXX semplicemente \IEW e nÀ.71MvEuaa~ presente anche nel-
~TtÀ:i1fruvav aµap•lm;). Infine 1tÀ.71Mvw l'Esodo, oltre all'allusione di Act. 7,18
all'attivo intransitivo è usato per {Jlp al-
l'hif'il, propriamente rinnovare (Ecclus a Ex. r,8. Il discorso di Stefano si rifà
4 3,3 o: 7tÀ.7]tJUV<.t.'t'E ÈV tcrxuL ). alla promessa fatta ad Abramo in Gen.
17,2; 22,17, cioè a un'epoca ben deter-
3. Nel N.T. 7tÀ.1]Mvw è usato a) con
minata della storia d'Israele e precisa-
valore attivo transitivo. Hebr. 6,14 =
mente ai suoi inizi (~ col. 627). Act.
dare 11na numerosa posterità (~ sopra
6,7: 6 O:pd}µòç -twv µaa7J'TW\I, 'il nu-
col. 624) nelfo citazione di Gen. 22,
mero dei discepoli' a Gerusalemme; 9,
17 13. Per l'autore ciò che conta(~ III,
31: 1) ... ÈXxÀ.11ut'.a. in tutta la Palestina;
coll. 691 ss.) è la pazienza con cui Abra-
12,24: ò À.oyoc; "Tou xuplov. Per que-
mo attende che la promessa si com-
st'ultimo passo è ovvio pensare all'au-
pia; perciò non si dice sotto quale a-
mento del numero dei cristiani (cfr. 6,
spetto la Lettera agli Ebrei veda la rea-
7: o À.6-yoc; 'TOÙ ~EOU 71v!;a.\IE\I, xa.t È'JtÀ.1]·
lizzazione del TCÀ.71ih'.ivwv TCÀ:riìhNw ue,
W\IE't'O 6 apd~µ6ç ... 16): grazie al diffon-
«per certo ti moltiplicherò» 14 • 2 Cor. 9,
dersi della parola, i cristiani si moltipli-
ro = moltiplicare: dal vostro dono
cano. Lo sfondo teologico di una espres-
Dio farà crescere, moltiplicata, una ric-
sione di tal genere è indicato in 9,31
ca messe; oppure render copioso 15 : Dio
(~IX, coli. 661 s.).
vi darà abbondantemente di che dona-
re. b) Con vnlore attivo intransitivo = Di solito gli Atti esprimono con o.Ò·
diventare nt1meroro (Act. 6,r ). c) Ne- !;avEw il moltiplicarsi della parola di
Dio che fa crescere la comunità ( 6,7;
gli Atti 'JtÀ.'r)thhiw figura anche al medio- 12,24; 19,20). In questo termine si po-
passivo, sempre in resoconti di missioni trebbe cogliere anche l'idea che nella

12 1tÀ:r1Dvvtw 'Ì)µÉpaç è unu tarda traduzione scita dell'antico Israele; il parallelo potrebbe
pedissequa. I primi traduttori sono più abili indicare che il tema aveva corso in circoli di-
e combinano formule diverse con 1tOÀ.V·, µa- versi della cristianità primitiva e vi era forse
xpol}µEp·, dr. P. KATZ, Philos Bible (1950) variamente interpretato (-4 coll. 629 s.).
61 s. [KATZ). 1s SCllLATTER, Kor. 608. Questa interpretazio-
Il Cfr. Hebr. n,12; Paolo cita altri passi del ne collega 1tÀ.'T}l>v\IE~ n XOPlJrTJa'E~, l'altra lo
Genesi con analogo significato in Rom. 4,17 s. considera in parallelo con a.òl;Tjat:~.
11 In Act. 7,17 la promessa è riferita alla ere- 16 Cfr. 16,5: bupiaawov '\'fil &.pLi)µti).
629 (v1,281) 11;),nDUvw 3 (G. Delling)

parola agisce una forza 17 ( r 9,20: TJV~et.­ para la nuova creazione, il popolo nuo-
18
VEV xcd ì'.crxvi::v ; cfr. Aie. 4,8: aùl;a- vo (Barn. 5,7), al quale compete di
v6µEwx. xat g<J>EPE'V dc; ... ; Col. I ,6 ). Ma moltiplicarsi. Questa moltiplicazione
negli Atti (.d.1~iivw non differisce gran dei cristiani ( v. 18") che introduce al lo-
che da 1tÀ:r1Mvoµm 19 • I due verbi ri- ro dominio escatologico (vv. i8b-19) si
prendono il linguaggio dei LXX (~ coli. opera perché gli uomini sono vivificati
625 s.) e lo trasferiscono d11l popolo e- dalla parola (v. l7b). Barnaba ricalca con
letto dell'A.T. a quello del Nuovo. decisa interpretazione allegorica una li-
La letteratura protocristiana in pri- nea che già si trova, in certo modo, tipo-
mo luogo ripete semplicemente la frase logicamente accennata in Act.
dei LXX (Gen. 1,22 .28; ~ n. II) nel
suo significato originario; dr. I Clem. Con questa accezione degli Atti, do-
33,6, quando parla della gioia di Dio ve il verbo è termine tecnico per la
per l'opera da lui compiuta nella crea- storia della missione primitiva, contra-
zione. Nell'epiclesi di 59,3 ci si rivolge sta l'uso di Mt. 24,12. Formalmente ap-
a Dio come a colui che moltiplica i po-
poli sulla terra ("t'ÒV rtÀTJÌ}uvov-.ix EWTJ) pare ovvio intendere rtÀCtvi)O"ouaw
e, conforme al suo scopo, sceglie fra es- noÀ.À.ouc; (~ 5 3 3 ss.) in parallelo con
si i suoi. Questa dev'essere anche l'i- 1tÀtiih.ivlHjvcu 20 -.i)v &.voµfo.v (~ vu,
dea implicita in Herm., vis. l ,I ,6: Dio
col. 1405): poiché la ribellione contro
ha creato, moltiplicato e fatto crescere
( 7tÀ71Mva..c; xet.t et.ùl;Y)O"ac;) tutto in vista Dio avanza con tutta libertà e prende
della sua santa chiesa. Comunque l'agi- il sopravvento 21 , si raffredda l'amore
re di Dio che crea e conserva è ordina- per Dio 22 di quelli che ancora sono fe-
to all'opera della redenzione. Gen. r ,28
pare invece interpretato diversamente deli (cfr. anche il parallelo v. 24).
in Bam. 6,12.18, poiché è chiaro che il
v. 12 a si riferisce, mediante il v. rr, alla
In tre lettere 7tÀ71Mvw figura nella
nuova creazione. Qualcosa di analogo formula di saluto dell'intestazione 23 •
si deve allora supporre anche per I2 b, r Petr.1,2: xap~c; ùµtv xa.L dp1JVTJ 7tÀ1J·
tanto più che il v. I 3 allude ancora una l}uviMTJ
volta alla seconda cre1tzione. La frase di 2 Petr. I ,2: xtipL<; vµi:v xat slpi}Vt] 7t},,1]-
Gen. I ,28 è da Dio rivolta «al Figlio» t'}vvikl'l'l
(v. i2, alla fine) perché è lui che pre- Judae 2: EÀEoc; ùµi:v xat ELPTJ\IT] xat

l7 Cfr. ançhc Bo1SACQ, s.v. ; PREl.LWITZ, E- 't«L oi \jiEuOo7tpocpiha.t, per Ml. 24,n: 1\'0À-
tym. lVort., s.v.; G. CuRTIUS, Grimdziige der Àot ljiwlìottpoq>iha.t lyEplh'Jcro\l'tcn.
.~r. Etymologie 5 ( 1879) 383. 21 Secondo SCHLATTER, Komm. Mt. , ad I.,
I~ Il cod. D prescnt11 una lezione schematiz-
Matteo farebbe pensare piuttosto <(al gran nu·
zata; anzi una seconda mano ha qui corretto mero dì :t:doni nelle quali... è calpestata ogni
l'intransitivo attivo in medio-passivo. norma morale1>.
19 HAUPT, Gfbr. a Col. 1,6 per ttù!;av61uvov
rimanda a Teodoreto, ad l. (MPG 82,596 A): 1l ~ I, col. 120; diversamente ScHLATTER,
aii!;11ow oè (chiama l'autore) 'tW'J 'Jn<T'tE\J· Komm. Mt., ad I. : l'amore del prossimo, cioè
ovoçwv 'tÒ -rç)...'\il}oc;. dei fratelli; analogamente già Did. 16,3 s.
2'1Il cod. D legge un aoristo intransitivo. Did. 2l Intestazione = prescritto o 'protocollo'; O .
16,4 ricorre a una perifrasi: «Ò!;avouO'T]c; 't'\ic; RoLLER, Da.r Formular der paul. Brie/it
&.voµlac;; analogamente 16,3: 7tÀl)&IJvll1)<rov- (1933); per le nostre lettere cfr. ihid. 134·138.
itÀT)l>uvw 3 (G. Delling)

b.yam1 JtÀ:T)i)vviMri jifge' 25 (lettera ufficiale di Giudei ad al-


L:i formula della 2 Petr. è un'imita- tri Giudei); ancor prima: ELfY/i\IT) uµt:v
zione, come mostra la stessa aggiunta 7tÀ.11i>wiM'l'} (Aa.v. 6,26, Teod.; 4,1 );
di t-J biyvw:w, :wtÀ., che stilisticamen- dp1JVTJ ùµi\I 'ltÀT]i)uvi>El11 É\I 7t<J.V't'Ì X<U-
te non corre; essa non doveva essere p<';J (6.cx.v. 4,37c, LXX).
familiare all'autore che la prende (pro-
babilmente d11lla r Petr.) e la nmplifica. Non si può dire a priori se nel giu-
Invece tra le formule di 1 Petr. e lttdae daismo la formula sia originaria o mu-
è chiaro che non c'è dipendenza. La r tuata 26 ; comunque è penetrata nel N.T.
Petr. riprende forse il tipo di intesta- provenendo dal giudaismo. Né si può
zione p11olina nella scelt11 dei sostantivi;
la Lettera di Ciuda ha EÀ.Eo<; invece di decidere da un punto di vista formale
XtXptç (-7 III, coll. 4I7 S., nn. IOO s.) se si debba tradu.r re con cresca o con
e aggiunge ayrbti). sia largamente partecipata 27 • S'intende
Almeno in I Clem ., praescr.; xapt<;
ùµi:v xat dpl)v'r] (btò 7taV't'OXptX'topoc; comunque di augurare che possa attuar-
ih:oii otà 'I'T)<TOV XpLO"tOV ?tÀ:rii>uvi>Ell] si nella comunità la pienezza dei doni
(dr. Polyc., praescr.: EÀ.Eoç ùµi:v xat salvifici. Qui il senso di 1tÀ.T)i}uvi)fjvaL
dp1Jv11 mxpà ì}eou 7taV"t'OY.p<hop~c; x.aL
non è senz'altro equiparabile a quello
'Iri<Toù Xptcr-rov ..ov <Tw•flpoc; 1Jµwv
1tÀ.l}i>uvi>Ell'); martyr. Polyc., praescr.: di 7tEpLCT<TEUELV (-7 coli. IO ss.) e 'ltÀ.EOVOC-
~À.Eoç xat dpT)vri xci.t ciya'ltT) i>eoi:i 7ta- l;i::w (-7 coli. 5 82 s.) nelle frasi paoline
"tpòc; xat 'tou xuplou i)µwv 'li)uou Xpt- che hanno XtXPL<; come soggetto (ma cfr.
v'toù 1t):r]i>uvi>elri, cfr. Iudae 2 24 ) può
2 Cor. 4,15); in r Petr. 1,2 e nelle altre
darsi che la scelta del saluto protocolla-
re sia in dipendenza da una delle let- lettere prese in esame si hanno di mira
tere del N.T. o da una lettera non pao- in particolare gli effetti della vita co-
lina a noi sconosciuta, poiché la formu-
la con 1tÀ.l]l>uvìM11 rimanda allo stile munitaria 28, ed è per questo che Iudae
orientale. Cfr. Sahn. b. I I b: selomkon 2 aggiunge &.ya'lt'I') 29.
G. DELLING

11 Unn tarda eco si ha nel m(lr/. Sabae, P. miucx.


HALLOIX, lllu1Jrium eccleJiae oricntalis scrip- 27 Anche le moderne traduzioni di Daniele e
lorum... vitae... I (1633) 594: misericordia del Talmud sono di parere disparato.
pax e/ caritas dei patris et domi11i nostri Icsu
Chrisli impleal11r, che è traduzione della sa· 1~ Dell'incremento della conoscenza in seno al-
lulatio del mari. Polyc. la lxx)..T)uia trutta Diogn. 11,~ . dove si parla
2; Per il significato originario di Jal6m anche della grazia che si diffonde e che, data i11 pie·
nell'uso rabbinico (prosperità)~ m, col. 214; 11eua, viene accresciuta dnl Figlio fra i santi:
per le formule epistolari dcl N .T . ;bid. 220. lì~'oiL. xcipiç à.1t)..ouµÉvTJ È'J é.cylo~<; 1tkriw·
26 J.A. A critica[ a11d exegeti-
MONTGOMERY, VE'l'Ct.t (naturalmente tv à.yfoLç può connetter-
cal Commemary the Book o/ Daniel, I .C.C.
011
si anche ad à.'lt)..ouµl'VT)).
(1927) 224, rimanda a Tob. 5, 10 (cod. S): :n A questo proposito si dovrebbe confronta-
xcx(pm1 <Tot 1toÀÀà ylvot'to e a vari altri te- re, nd es., Pbil. 1,9; 2 Thess. 1,3; sul piano
sti. ID., Adverbial kullrt ilZ biblica/ Aramaic del contenuto anche 1 Thess. 3,12. Invece 2
and Hebrew: Journal of American Orientai Cor. 9,8 corrisponde ni nostri passi <~ col.
Society 43 (1923) 392 mette in dubbio che 12); si vedano le frasi con m.pLCT<TEUW, nel-
Esdr. 5,7 sia da tradurre 'ogni salute'; in le quali fanno da soggetto i fedeli, come
2 E0'5p. 5,7 comunque va inteso cosl: ElpTJVTJ 1 Cor. 14,12; 15,58; 2 Cor. 8,7.
1t).1JpTJc; x (G. Delling)

7tÀ:f}P''()<;, 7tÀTJp6w, 'ltÀ.fjpwµa,


àva'ltÀTJp6w, civ't'avcmÀ:1w6w,
bm'Arip6w, È:lmÀ.1)pwcnc;,
<ru µ '1t À'C) p6w, 7t À.T) po<popÉw,
'itÀT) pocpoplcx.

t 7tÀ.TJp"l')ç I lo con à..vEVOET)c;, 'che non manca di nul-


h' (M. Ant. ro,1,2); 1tÀ-fip'rJ -.l]v btLitv-
1. Il vocabolo s'incontra a comincia- µlo:v, (Aristot., eth. Eud. l ,5 [ p. l 2 I 5
re da Eschilo (7tÀTJP'l1c; oa.xpuv.l'V, «gon- b r8]); 'itÀ1Jpl"J o'EXO\l't'L iJuµòv W\I XPTI-
fio di lacrime», Prom. 146 ). ~OLC,, <(quando nvessi sazio il desiderio
a) Pieno, riempito, detto di ceste pie- di ciò che ti occorreva» (Soph., Oed
ne di sabbia (Hdt. 8,71 ); Ém:à:v r.}:rwric; Col. 778 ); i>TJEVµE\IOL 1tÀTJpEEC,, sazi di
yÉvrrtm (scii. il Nilo: Hdt. 2,92); di vedere (Hdt. 7,146).
navi = equipaggiate (Thuc.1,29,1); to-
b) Completamente coperto; detto de-
talmente pieno, che raggiunge la pie-
gli altari ingombri del pasto di cani e
nezza, detto del disco lunare (Hdt. 6,
uccelli (Soph., Ant. rn17), o della pia-
rn6). Anche con valore traslato: pieno
nura coperta di terreno pingue (Plat.,
della malattia del µTj rppowC:v (Soph.,
Critias l l r e).
Ant. rn52), di vuote fantasie (ooçacrµcX.-
't'WV, Eur., El. 384), àpe-.fjc; (Plat., leg . e) Colmato e quindi completo, inte-
rn,897 c). L'anima è piena a.loouc; (po- grale; 't'Ò oÈ. 1tÀ.fjpEc; -.ÉÀ.Etov ÈCT't'L (è
lit. 3rn d), ò&uvwv (resp. 9,579 e), i)&o- completo), 't'Ò o( O''t'Éq>EL\I (coronare)
vwv ... &:xoÀ.ao"twv (lambl., myst. 3,31 itÀ.1}pwcrlv 't'WC1.. O'l"]µo:l\IEL, <dndi.ca una
[ p. 177,3] ). Il tempo è colmo del cor- pienezza» (Aiistot., fr. 108 [p. 1495 b
so eternamente fluente (Critias, fr. 8 8 s.]); completo di numero, a proposito
[Diels' II 384,1 .5] ). Chi è invasato dal del popolo ( ofjµoc;) nelle assemblee po-
dio è '1t'À.1)p'r)c; ih:ov (Poli., onom. r,15). polati (Aristoph., Ecci. 95); quattro an-
Nell'interpretazione filosofica del mon- ni interi (Hdt. 7,20). Compiuto sino al-
do: 0a.À.1ic; $iiit'l1 'ltcX\l't'a 7tÀl}pYJ itEwv la fine: 'itÀiiP'llC, f\011 <roL 1i lcr-.oplo: -.ou
Etva.t, «Talete pensava che tutto fosse ~lov, <da storia della vita è .ormai per te
pieno di dèi» (Aristot., a11.1,5 [p. 4n a al termine» (M. Ant. 5,31,3); perfetto.
8] ). Poiché le stelle sono guidate da sinonimo di à:'ltpocroEÉC, (ibidem 11,1,2).
anime o dall'anima del mondo, tutto è Più tardi 'ltÀTJPl'lt; è adoperato popolar-
pieno, cioè popolato, di dèi (Plat., leg. mente come indeclinabile; in scritti ex-
rn,899 b); tutto è pieno di Dio, qui nel tra-cristiani assume il significato di pie-
senso che Dio è dappertutto (Diog. L. namente retribuito:' P. Leid. I (p. II8 e
6,37). Sazio, appagato; in senso figura- II 14)· per 7tÀ:ijpEc; (r6o a.C.); P . Oxy.
to è detto anche dell'anima, in paralle- II 237; IV 14 (n sec. d.C.); BGU m

1t~1iP11~
C.H. TURNER, On IlAHPHl: in St Joh11 I, Catholica Lovaniensis, Dissertationcs ad gra-
I4: JThSt I (1900) 120-125.56r s.; G.P. WET- dum magistri in Facultate theologica II 40
TER, Charis ( 19r3), vedi l'indice dei passi. J. (1949) 457-465.
DuPONT, Gnosis. La co1111aissance religieuse 1 Radice 7tÀ"I'}- ~ nlµ7tÀ"I'}µ~. suffisso p, cfr.
dt11JS /es épllres de Saint Paul. Univcrsitas fot. plèrus, p/er;-que {DERRUNNER].
1tÀ.i}PTJc; 1-2 /G. Dcllini:l

107,z 5 (11 sec. d.C.) ecc. 2• a Dio: 'toii lÀ.Éo~ xuplov itÀ.ii!'JTJc; Ti yij,
cl} Compresso, denso(~ col. 6:n, E- la terra è piena delle prove della miseri-
schilo: gonfio). Per i fondatori della fi- cordia di Dio (I/I 32,5; cfr. I I 8,64); OL·
losofia atomistica, Leucippo e Democri- xaioa-vvT)c; 1tÀ.i'}pT}c; ii OE~la crou ( ~ 4 7,
to, al dire di Aristot., metaph. 1,4 (p. I I) ; -rfjç 06~T)<; XUplou, ecc. ( 4 COIJ.
895 b 4-9); Diog. L. 9,31; Clem. Al. , 205 .207), Ez. 43,5; 44,4; Is. 6,1.3; Ec-
pro/. 66,1; Hipp., re/. 1,12,1; 13,2, clus 42,16. Inoltre: À.aòc; 7tÀ.l}P'l']ç ap.cxp-
1tÀfjpEc; e XEVÒv in quanto essete e non- 'TLl7l\I (/ S. I ,4); 7tÒÀ.t.<; 7tÀ.TJPTJ<; Ò'.Voµi.aç
essere sono a-roixEta o àpxat (~ 1, (fa.7,23). Del tempo si dice che è com-
coli. u75 s.) costfrutivi dell'universo, e piuto: 7tÀTJP'l']<; Ò XPÒVo<; O'OV (Aav. 4,
tutte le cose hanno origine dal movi- 27), come pure del numero dei mesi
mento fra r:ÀijpEç e XEV6v. Qui r:ÀijpEc; (lob 39,2).
è sinonimo di vaa;;/yv, denso, o di O'"t"E· Pieno in senso assoh110. Detto di una
pEbv, solido, e XEvov di µav6v, rado . persona (Ruth 1 ,21: ero partita piena,
cioè ricca); della luna (Ecclus 50,6); di
2. Nei LXX 3 i diversi equivalenti e-
una città, ii 7tÀ.TJP1l<; ii?liJM.o.l-rm, «la po-
braici comprovano esattamente il con- polosa è diventata deserta» (fa. 26,2 ).
tenuto specifico di 'ltÀTJPTJ<;. Esso tradu- Sazio : l BllO'. 2,5; 'ltÀi)pT)ç -IJµEp<';Jv
ce in prevalenza (47 volte) l'aggettivo (Gen.25,8, 'di giorni' manca nel T.M.);
male', 19 volte forme verbali di ml' (di
35,29; 1 Chron. 23,1; 29,28; 2 Chron.
cui T6 al qal), 8 volte m•to. 'ltÀ.TJP'l'J<; 7 24,1'; lob4i,t7. Saziato, saturo a·n-
volce corrisponde anche a JiibeiJ', sazio, µlcxc; (lob 10,15). òpyfjç (lob 14,r);
e 4 volte a ib', esser sazio o saziarsi (4 7tÀ.TJPTJ ylvEcri>aL = sa.?iarsi (òowwv,
col. 6 36 ). In 7 casi 7tÀTJPTJ<; rende Iti- lob 7,4); natJseato di olocausti (ls. 1,
lém, integrale, completo e~ col. 6'\6). II}.
In Cani. 5,5.13 traduce 'ober, traboc-
Cflllle, fluente in abbondanza ; in h. 1 .4 Per b); essere completamente coperlo
kàbcd; in Ecclus 42,16 'al-kol (con er- di sangue (ls. 1 ,15), di occhi (Ez. 1,18;
rore di grammatica nell'interpretazio- 10,12), di orzo (rChron. n,13 ecc.~
ne). Le accezioni sono in genere quel- n. 4).
le ricordate sopra ( 4 l a-c). Cfr. in Per e): completo, detto de lla mercede
particolare per a): pieno 06>..ov (Ecclus (Ruth 2,12); tv xapSlq. 7tÀ:/}pEL (e sim.),
1,30), Ev11t'3dac; (1EO'op1,21 ), òpyfjç con tutto il cuore ('4 Bcxcr. 20,3; r
(lob 14,I); le parole di Dio (T.M.: le Chron. 29,9; 2 Chron. 16,9; 19,9; 25,2,
sue labbra) sono piene di sdegno (ls.Jo, dr. 15,17: xapoi.a... 'ltÀ.TJPTJc; {senza
2 7 ); ii O.it~ lll'.rtwv <ii>a:vaqlaç 'ltÀ.1)- corrispondente ebraico: r Mach.8,25]).
PTJ<;, «la loro spera02a è piena di im- Nei codd. dei LXX a volte 'ltÀ.i)PTJ<; è
mortali tàl> (cioè della certezza della re· trattato come indeclinabile 4 in nessi di-
surrezione; una certa affinità con ~ versissimi. Nel senso di pienamente re-
'ltÀ.TJpoq>op-), Sap. 3,4. Con riferimento tribuito 4 coli. 634 s. non si legge.

! Cfr. MAYSER' I 2 (t9}8) )I!. intew come nomina1ivo singolare: sono inlt:·
J [Alcuni passi SODO stati indicar i da Bu- r4m~11te coperto [del sang~) della calpesta-
TIAM ) . ta). li cod. B mostra un'evidente prdcrcnza
' Dci 24 p3SS.Ì indica.ii sia d1 -+ TURNEll 121 per le forme non declinate (11 cui, di cui
che da THACkDAY i77, il Rahlfs ncll'appara10 5 presenti solo nel cod . BJ. Viene poi il cod. S
cri1ico r iporta 11>..iiP"TK solo per lob 21,i4: con 8 casi, di cui 4 presenti solo in S e due
Ecdus 19,26; 42 ,16 (in ls. 63'.1 d~v'csscrc solo in $'·'. Cfr. anche HEUINC ,2 .
7tÀ.i}p11c; 3-4 (C. Delling)

3. Filone~ usa 7tÀl]pl)c; con diverse superlativo per il xbo-µoc, (Ahr. 2; cfr.
accezioni in contesti religiosi, filosofici spec. leg. 2,203; agric. 53).
ed etici. Dio è pieno di beni perfetci
(spec. leg. 2,53); anzi è pieno di se stes- 4. Nel N.T. il vocabolo connota pri·
so, o.v-tòc; lav-roù 'ltÀ.lJPYJC,, e a se stes- ma di tutto in senso figurato una dovi-
so sufficiente (leg. all. 1.44 ). La stessa ziosa pienezza. Nel Vangelo di Giovan·
formulazione in riguardo ali' essere ( ov)
si trova in mul . nom. 27; analogamente ni (r,r4 6) l'accezione è specifica. La
in riguardo al Logos divino in rer. div. gloria del Verbo fatto carne(~ v1, coli.
her. 188. 1tÀ1}pl)c; designa Dio soprat- 365 ss. 375 ss.), visibile a colui che cre-
tutto come il perfetto; egli è il µ6voc; de (~ 11, coll. 1387 s.), ha per conte-
7tÀ1}PYJC,, perciò l'unità è la sua immagi-
ne (Elxwv: rer. div. her. 187). In quan· nuto genuino ~ xtiptc, e &:)...'fiilEto: (1,
to 1tÀ.i)pT)c, i>E6c,, egli non abbisogna di coli. 661 ss.) 7 di Dio, che mediante il
nulla (det. pot. ins. 54 ), rimane sempre Logos sono diventate evento (v. x7:
interamente uguale a se stesso (sacr.
A.C. 9). Riferendosi a Gen . 15,6, Filone ÉyÉvE-ro); essa non è particolare a lui
dice che la fede dev'essere 'ltEpl 1t6:v-ra in astratto, ma è una gloria nella quale
1tÀ.TJPYJC, (m11t. nom. 182). Altrove parla x<iptc; e 6:)...fi&E~a di Dio furono rese
del bene veramente perfetto, 1tÀ.ijpec,
note nella concretezza di un agire sto-
ov-twc; àyo.l>bv (det . pot. ins. 7 ). Della
natura superiore (µd~wv q>U<rtc,) che rico. La gloria del Figlio consiste nel
permea di sé tutte le cose, dice che 1tÀi)· fatto che essa è la dimostrazione genui-
PTJC. oÀYJ ot'èSÀwv fo-rlv, «resta tutta in· na della x<iptc, e àf.i)&rnr. divina ( ~
tera in tutto» (rer. div. ber. 217); di
ogni virtù, che 6:vEÀÀtmic; lo--tt xo.t coli. 635 s. lji). Tuttavia è vero anche l'in-
1tÀTJPTJC,, -rò (v-rEÀÈC, EXOVO'O. ti; av-rijc,, verso : essa è dimostrazione della x6:ptc,
«è senza carenze e completa e trova in e 6:).i]&rnr. divina, perché è gloria del
se stessa la sua perfezione» (spec. leg. Figlio unigenito(~ vn, coli. 47 r ss.).
4, r 44); della natura ideale ( q>vcnc,) di
un uomo dice che è 'ltÀ.TJPYJC, xo.t 7tÀ.i)pl)c; non può certamente essere
1t6:vto. -rEÀ.Eto-ra-rT), «pien:i e perfettis· riferito a 1tct.-rp6c;, ma neppure a À.byoc;
fima in tutto» (ebr. 135). Anche altro- (è quindi usato come indeclinabile 8 ).
ve 1tÀ.lJPYJC, è sinonimo di -rtÀ.n0<;, o al- Nel V. 14b l'idea centrale o6çcx viene
meno gli si avvicina. A proposito della svolta in due apposizioni: ooçav t:.ic,."
creazione si dice, ad es., che -rÉÀE~a 1.tiv e TIÀ.i)pT)c,... Perciò 7tÀ.TJP1lc; formalmen·
xcxl 'ltÀ.TJPTl 'ltav-ra otà 1t6:v-twv, «tutto te va unito a o6çcxv (~ li, coli. 1387
era perfetto e completo sotto ogni a· ss. ); così per molto tempo lo intese la
spetto» (plani. 128). TIÀ.'fipric; è usato al chiesa greca 9 ( cfr. la variante del cod.

5 Cfr. anche J. GB.ILL, Un1ersuch11ngtn iiber ~ Altrove testimoniato scarsamente nel N.T.
die Enlstehung des vierlen Ev. I (1902) 365- (BL.-DEBR. S 137,1); secondo -+ TURNF.R ut
368; -+ DuPONT 466 n. l S. parzialmente in Aci. . 6,,.3; 19,28; Mc. 8,19 ;
2 lo. 8. Invece neU'Hcnoch greco l'uso in·
• -+ roll. 635 s., o/ 32,5. declinato di TfÀ.lJpT)ç è preferito in 21,7; 28,
7 I due concetti non sono né identici né sem·
I; 31,2.
plicemente da giustapporre; l'uno deve essere
'inrcgr-ato' con l'itlrro. 9 -+ TUl\NER 123• 12~ .
r.)..i]pT)c; 4 (G. Delling)

D ccc.; ~ I, coll. 662 s. 10 ; ma ~ VI, completamente sotto la mozione dello


col. 3ì6, con n . 244). La prima apposi- Spirito di Dio 13 • La serie di questi e-
zione spiega oo~o:.v in rapporto alla per-
sona del rivelatore, la seconda in rap- nunciati mette in rilievo che alle perso-
porto al fatto della rivelazione. ne nominate vengono elargite forze so-
vrannaturali in misura straordinaria. Per
Del tutto diversa da lo. 1,14 è l'ac-
tutta la questione~ coll. 208 ss.; anche
cezione del termine in Luca, particolar-
per Act. 13,ro; 19,28.
mente negli Atti. Ln differenza risulta
Act. I3,IO è in netto contrnsto col v .
evidente soprattutto in Act. 6,8, dove 9: qui scende su Paolo la virtù dello
la frase presenta una certa affinità for- Spirito santo che gli conferisce pieni
male: Stefano è 7tÀ:rwric; xapvroç xo:.t poteri, là si dichiara che il mago Elima
è pieno di forze sataniche. Forse in Act.
Sw6:µi;wc;. Qui il senso è evidentemen- 9,36 1tÀ:{jpl]c; non va inteso in senso
te questo : egli possiede in copiosa mi- figurato : Tabita non aveva per così
sura una xc.t.,nc; 11 che gli viene da Dio e dire un tesoro di opere di carità, ma
era continuamenle occupata in opere di
che si concreta in azioni forti. Di solito
carità 14•
gli Atti invece di xapL<; dicono 1M:uµrx In senso esteriore e spaziale 1tÀ.TJpl]c;
( ayLO\I); per Ì sette da scegliere come figura soltanto in tre significati: a) pie-
diaconi si richiede che lo Spirito di Dio 110 (~coli. 633 s.) in Mt. r4,20; 15,37 e
e in Mc. 8,19; b) interamente coperto
si esplichi largamente in essi con una (~ coll. 634 .636) in Le. 5,12 (~ VI ,
sapienza pneumntica (Act. 6,3). Analo- coli. 637 s.). Col senso di e) completo,
gamente in 6,5 si afferma che Stefano perfetto (~ col. 634) si incontra solo
è ricolmo, ricco di 1tlcr·nc; e Spirito san- in Mc. 4,28; .:i Io. 8 (~ vr, col. 367 n.
23; 429 ss.) e inoltre in alcuni testi dei
to 12 • È chiaro che qui si parla di un pos- Padri apostolici. Cosl Herm., sim. 5 ,1, 3:
sesso permanente dello Spirito. Invece digiuno completo; r Clem. 2,2: una pie-
in 7 ,5 5 si intende dire che Stefano nel- na effusione dello Spirito santo; 2Clem.
.1 6,4: viene considerato felice colui che
l'ora del martirio fu gratificato in modo è trovato Èv 't'OU'totc; 1tÀ..TJpl)c;, perfetto
speciale del dono dello Spirito santo, (nella preghiera, nel digiuno e nelle ele-
sì da poter contemplare fo gloria di Dio. mosine). Per In gnosi cfr. Hipp., re/. 5,
16,7: nessuno può salvare coloro che
La frase ritorna neila stessa forma in
partono dall"Egitto' (da questo mondo)
Le. 4,1 ; ma qui significa soltanto che tranne ò 't'ÉÀ.Etoc;, ò 1tÀ.TJpl)c; 't'W\I 1tÀ..TJ·
Gesù si dirige verso la Galilea (v. 14) pwv oq>Lç (Num. 21,6 ss.).

IO Diversamente BuLTMANN, ]oh. 49 n . 2 . Il Il v. 14 sottolinea che Gesù agisce mosso


dalla potenza dello Spirito.
11 Gli Atti non hanno il termine xapu1µ~!
u Questo è pure il senso di ~pywv &:yaDw\I;
12 Cosl anche in 1 r ,24 a proposito di Barna- non si tratta delle opere meritorie secondo la
ba; anche qui i due sostantivi sono essenzial- mentalità giudaica. Per la terminologia gin·
mente interconnessi ~ n . 7. daica dr. STRACK-BlLLERBECK lV 536 s.
nÀ:T)p6w A (G. Delling)

t 1tÀ1)p6tol contenuti spirituali, della conoscenza


della vera realtà (Plat., resp. 9,586 a:
A. uso EXTRA-BIBLICO l'anima è piena 'tW\I xaphwv -rov 1h:ou,
«dei doni di Dio»). b) Nel linguaggio
Il verbo è testimoniato a partire da religioso: l'onnipotente Serapide regge
Eschilo (~ qui sotto) 1; per lo più con la vita degli uomini, dà loro, in qualità
valore transitivo e costruito col ge · di 'tttµ~ac; (dispensatore), ciò che dà va-
nitivo. Il significato letterale è: l'iempi- lore all'esistenza; perciò egli si chiama
re, ad es. un otre di acqua (Philo, pos- Zeus (ace. Alex.) Serapide, perché otà
ter. C. l 30); nel senso speciale di equi- ?taV'tW\I fpm xixt 'tÒ miv 7CE7t)...1]pwxs:,
paggiare navi in Hdt. 7,168, ecc.). Al <(tutto permea e tutto riempie» (Ael.
passivo significa riempirsi: detto di luo- Arist., or. 45,21). È'ltÀ1)pwo-ac; 1)µéi.ç, w
ghi di raduno che si riempiono di per- mhEp, 'tfiç a:yabfic; xaL xaÀ.ÀtO"'t'llc;
sone (Aesch., Ettm. 570) e, con valore l>foc;, «CÌ hai riempiti, o padre, della
assoluto, del fiume che si gonfia ( ep. Ar. visione buona e bellissima» (Corp.
u6), del fiato che s'ingrossa mis:uµaaw Herm. I0,4 b). 1tÀl)pwbjjvaL l}Eou =
(Aesch., Sept. c. Theb. 464), 1t\livµcx:toc; È.\ll}ouO"~ti<ra~ ecc. (Poli., onom. 1,r6);
(Eum. 568). essere fecondati ad opera di Dio (Plot.,
In senso traslato: riempire. l. a) Det· enn. 6,9,9), cfr. 'tW\I àpE'tfiç am:pµd:-
to di un sentimento, come eros che ci -rwv, «dei semi della virtù» (Philo,
riempie di familiarità (opposto: àÀ.Ào- Deus imm. 13 7); la Pizia dà i responsi
-rpL6't'l')'toç XE\IO~, «ci libera dall'estra- essendo ripiena (1tÀ'Y)pwiMcroc) del 1t\ltU·
neità», Plat. symp. 197 d); di un sen- µa. del dio (Orig., Cels. 7,J).
timento come s:Ùs:À:1ncr'ttm; (Philo, Ios. 2 , a) Saziare, appagare sul piano del-
255), xap<ic; (Abr. 108; vii. Mos. 1 , lo spirito: l)uµ6v (Soph. Phil. 324). Al
1 77 ), òpyijc; OLxalac; (ibid. 302 ); di passivo: cppO\llJO"Ewc; (Philo, poster. C.

nÀ'IJp6w
S. AALBN, Begrepel n).:ijpwµct i Kofosser- og MAN, Dar Cere/i erfiillen: Lunds Universitets
Efuerbrevet: Tidsskrift for Teologi og Kirke Arsskrift N.F. r 30,6 (r9.H); C.F.D. Mouu~,
23 (1952) 49-67; F. BAUMGARTEL, V erheir- <(Fulnesr» a11d «fili» ili the New Tertame111:
sung (1954); R, BuLTMANN, Weirrag1111g und Scottish Journal of Theology 4 ( 1951) 79-86;
Erfii/lung: ZThK 47 (1950) 360-366; G. DAL- F.R. MONTGOMERY HITCHcocK, Tbe Pleroma
MAN, Jerur-Jesch11a (1922) 52-58; J. DuPON'l', o/ Christ: Church Quartcrly Review 125
Gnosis. La connaissance religieure danr /es (1937/38) 1-18; E. PERCY, Die Probleme der
épilres de Saint Paul. Universitas Catholica Kol.- 11. Eph.-briefe: Skrifter utgivna av Kungl
Lovaniensis. Dissertationes ad gradum magi- Humanistiska Vetenskapssamfundet i Lund
stri in Facultate theologica II 40 (1949), s.v.; 39 (1946) 384-386; In., Der Leib Chrirti
A. FRIDRICHSEN, «Accomplir 1011/e justice»: (:I:wµa. Xp~u-.o\i) in den pa11l. Homologumena
Annales d'Histoire du Christianisme l (1928) 11. Antilegomena: Lunds Universitets Ars·
167-177, spec. 172-176; J. GEwrnss, Die Be- skrift, N.F. I 38,1 (1942); H. ScHLJl!R, Chri-
griffe 'ltÀ"l')po\iv 11. nì..1Jpwµct im Kof.• u. Eph.- stur 11. die Kirche im Eph.: Beitriige zur hi-
brie/, in Vom \Vort der Lcbens, Festschr. M. storischen Theol. 6 ( 1930); altra bibliografia
Meinertz :=: N.T. Abh. Erg.-Bd 1 (1951) 1.28- ~ lI, coll. 603 ss. (in nota); m, coll. 9n s.,
141; W.H.P. HATCH, Jesur' Summary o/ the n. 12.
1.Aw a11d the Achicvemenl o/ the Moral ldeal I Formato su nì...i)pT)ç verosimilmente ad imi-
according lo St. Paul: Anglican Theological tazione del sinon. µEa-.ow e (o) dell'opp. XE ·
Review 18 (1936) 129-140; YT.G. KOMMEL, vow ecc., E. FRAENKEL, Griech. Denominativ.-1
Verheimmg 11. Erfiillung 2 ( 1953); H. LJUNG- (1906) 89; testi, 150 [DEBRUNNl!R).
itÀ.1]p6w A-B (G. Delling}

136); soddisfare un desiderio, tmihJ- conforme alla loro natura (Epict., diss.
µlci;c; (P1at., Gorg. 494 e). b) A proposi- 2,9,r.3.22 (~IV, col. 201). Al passivo
to di Augusto: ov 1i 1tp6vw~ "tàc; TC&.v- significa andare a compimento, avverar·
"t'W\I EUX<Ìc; ... ~'ltÀ.1)pWO'E 1 «la cui pre- si, riferito per esempio a un oracolo:
mura appagò le preghiere di tutti» (An- 't'ou À.oylou 'ltE1tÀ.i]pwµivou (Polyaen.,
cient Greek Inscriptions in the Bri- strat. 1,18).
tish Museum IV 1, ed. G. Hirschfeld 5. Compiere un dovere (P. Oxy. x
[1893]) 894,12. c) In Filone 'itÀ.T]p6w è 1252 recto 9 [rn sec. a.C.]: 1tÀ'l)pwcrov
riferito pure agli insegnamenti etici, i 't'Ò XEXEÀ.Evµivov, «compi ciò che è sta·
quali adempiono "tOÙc; À.6yovc; ~pyoL<; É- to comandato»·, ecc).
1t'Ct;WE"t'oi:c;, «le parole con lodevoli atti>~
(praem. poen. 83). B. DATI LESSICALI NEI LXX
3. Portare alla giusta misura: a) com-
pensare, xpEla:v, in senso figurato (Thuc. 7tÀ.'r]p6w traduce una settantina di vol-
1,70,7); b) completare quanto al nume- te forme della radice ml' (~col. 206).
ro, completare una somma (Hdt. 7,29); Gli altri equivalenti confermano per
al passivo, ep. Ar. 10; in particolare 1tÀ.l)p6w il significato di riempire u1ta
rimborsare, pagare una mercede, 1'avwv certa misura. Ad es., in Lev. 25 ,29 (mi-
"tpOcpEi:a. 1tÀ.l)pWCTEL x1'ovl, «morto pa- sura di tempo), Dan. 8,23 ~col. 646;
gherà alla patria terra la mercede per a- klh, riempire fino all'orlo in 2 Chron.
verlo nutrito» (Aesch., Sept. c. Theb. 24,ro; adempiere una parola di Jah-
477). Frequente nei papiri, tanto nel vé {36,22); fiiba', riempire completa-
senso di soddisfare qualcuno dal Iato fì. mente ( ~ r 5 ,II); Jlm (haf'el) tenni-
nanziario, quanto di arrotondare una nare (un dato tempo) in Dan. 5,26
somma (P. Tebt. 36,6 [II sec. a.C.] 2 ); (Teod.), accanto a 鵃't'p'r]CTE\I. Questo
detto di durata nel tempo, all'attivo si- vale anche nei casi in cui le espressioni
gnifica compiere, al passivo scorrere: ebraiche sono tradotte solo a senso:
µÉXPt. 'tOU 'tÒV Xp6vov 7tÀ.'r)pw~ijvat., «fi- miqqe!, lhr.tv 7tÀ.'r)pwl}ft, 'quando saran-
no a che fu compiuto il tempo» (P. no trascorsi...' (IEp. 41,14); colmare, per
Oxy. II 275,24 [66 d.C.]). È usato an- nS' (nif'al) in Is. 40,4; riempire la terra
che a proposito di termini fissi e sca- (per lara!, brulicare,~ col. 626 'ltÀ.T]M-
denze, Ael. Arist., or. 22,9: certe feste vw) Gen. 9,7.
ricorrono ( 7t<X\IT))'UpEtc;... 7tÀ.'t)povv't'r.tt.} Senso proprio. Colmare, yct.<n:tpa
ogni cinque o tre anni. In Flav. Ios., (lob 20,23); uomini di ubriachezza (Ier.
ant. 6,49 'ItÀ.'r]p6w è usato per il mo- 13,13). Riempire (la terra) di uomini
mento che Dio ha fissato al profeta per (IEp. 28,14), in genere delle creature di
l'avverarsi di un fatto (Xa"tà. "t1}v8E "t''Ì)\I Dio (\ji 103,24); popolare (Gen. r,22 .
wpa.v): Samuele, seduto sul terrazzo 28; 9,i.7). Per lo più, anche al plurale,
della sua casa... ~;EOÉ)(.E"t'O "t'Ò\I xcnpÒ\I è usato nel senso specifico di riempire
j'Evfol}o;L, 'ltÀ.'r]ptù~ÉV't'O<; 01(l.U't'OV Xa't'ct- la mano (\jl 128,7) di offerte: la propria
~ac;..., «aspettava che arrivasse il mo- mano dei propri doni = recare offerte
mento; quanto fu giunto, discese... ». ( r Chron. 29,5; 2 Chron. 29,31 ); il sa-
4. Adempiere promesse, U7tO<TXÉC1et.c; cerdote la riempie coi doni altrui = ri-
(Herodian. 2,7,6); btci;yyEÀ.lav civ~pw­ ceve offerte da presentare a Dio ( 2
'JCOV o q>tÀ.ou6cpov, l'impegno di vivere Chron. 13,9); di qui (dr. Lev. 8,33, t.

2 PRE1srnKE, Wort. JI 321 s., MAYSER u 2 (r934) 206.


7t).t)p6w Il (G. Delling)

ebraico) 3 il significato particolare di Israele» (IMach.2,55); cfr. Js. 13,3:


'consacrare un sacerdote', letteralmen- lo sdegno di Dio (diversamente in e-
te: riempire le sue mani di offerte (lud. braico).
17,5, cod. B. 12, cod. B; 3 Bac;. 13,33; 3. Completare, al passivo esser porta-
Ecclus 45,15 ). Al passivo: essere (com- to a completezza, detto di una misura
pletamente) riempito. Detto di vasi (4 determinata 4; a) di una quantità di pec-
Bacr. 4.4), di otri ripieni di vino (I er. cati stabilita da Dio come limite massi-
13,12), del fiume pieno d'acqua (lfJ 64, mo (Dan. 8,23, cfr. 4.34, LXX); b) di
10); talvolta in questo senso è usata an- un periodo determinato: quando «siano
che la forma attiva intransitiva: essere compiuti» xmpot 't'OU atwvoc; (Tob. r4,
in piena (Ios. 3,15; I Chro11. 12,16); u- 5, codd. BA) o xpovoc; 't'W\I xa.tpwv
sato assolutamente 1tÀ:ripow assume il (cod. S.), le età del mondo fissate da
senso di divenir sazio (lob 20,22); detto Dio fino alla liberazione di Israele; i
della tJ.iuxTi in Eccl. 6,7; riferito alla lu- tempi della storia di Dio col suo popo-
na, significa esser piena, e con valore lo, i settant'anni del dominio babilone-
traslato lo si dice pure dell'esser ripie- se (lEp. 36,10); E't"1l (IEp. 41,r4) o E\ILIXU·
no di sapienza (Ecclus 39,1.2}. -i:bc; (Lev. 25,29 s.), secondo prescrizio-
ni giuridiche. Prevalgono in nessi di
In senso improprio: riempire, I. a) questo tipo le formule con 'iJµÉpa.t (~
qualcuno di qualcosa: 't'à. 1tp6c;wna èt- IV, coli. II? ss.): a proposito del tempo
·nµla.c; (4' 82,17 ); qualcuno (l'esercito pattuito da Giacobbe per il suo servizio
nemico) di confusione (3 Mach. 6,19). (Ge11. 29,21), del periodo di nazireato
Al passivo: essere riempito di senso ar- (Nwn. 6,5; forma attiva in Num. 6,13;
tistico (3 Ba.u. 7,2), di gioia (3 Mach. 4, r Mach. 3.49), delle nozze di Tobia
r6), di nobili sentimenti (2 Mach.7,21), (Tob. 8,20, codd. BA); un certo nume-
di superbia (9,7), xa.polct... 7COVl)pOu ro di anni fissato da Dio nel disegno del-
(Ecc/.9,3). b) Colmare(~ coll. 647s. la storia (Ier. 2:;, r 2 ). Si veda inoltre
per Sap. 1,7; ler. 23,24). A proposito lEp. 32,34: la misura del vostro tempo
dell'onnipotente parola di Dio che in (cioè del tempo della pazienza di Dio
Egitto causa la morte dei primogeniti: con voi) 'è compiuta' ed è arrivato il
O''t'à.c; i7CÀ.i]pwcrEv 't'à. 7Cav·m i>a.vét-rou, momento del giudizio divino. Infine
xa.t ovpavov µÈv i)n-.E't'O, ~E~'l')XEi o'E7Ct 1tÀ:t1p6w indica lo scadere di un termi-
yijc;, «giunta, riempl tutto di morte ne: finché sia giunto il giorno stabilito;
e toccava il cielo e camminava sulla cosl probabilmente in Lev. 8,33 (LXX):
terra» (Sap. 18,r6). [wc; Tjµ€pa. 'ltÀ.T}PWtm (con fraintendi-
2. Appagare, adempiere la volontà, le mento del testo ebraico); comunque
preghiere di un uomo(~ r9,5 s.); il pro- questo è il senso in Gen. 25,24: il tem·
prio proposito (lo eseguiste 'taic; XEpcrtv po del parto, e in r Ba<T. 18,27 (var.):
ùµwv, IEp. 51,25); l'incarico ricevuto da i! termine per le nozze. Più in generale
Dio, 'IT)O'OUc; ÉV 't'4) 1tÀl)pWO"IXL À.6yov e col verbo di forma attiva, uno 'com-
ÉyÉVE'tO XPL'tl)c; Év 'fopa1JÀ., «Giosuè a- pie' hl) aù-cou, gli anni di vita a lui
dempiendo fa parola divenne giudice in concessi (Hccltts 26,2), ed Enoc 'portò a

l Cosl E. R1GGENBACH, Der Begrifl 'tEÀElw<n<; ~ Per misure di tempo nei LXX: ~ ava1'Àr)·
im Hb.: NkZ 34 (1923) 186; contra R. K1T- p6w, UV~l1tÀ.T)p6w; per la misura dei peccati
1'EL in KAUTZSCH a Iud. r7 ,5: riempire la ~col. 664.
mano di denaro =
impiegare, assoldare.
1tÀ.1Jp6w B-C 2 (G. Delling)

termine' xp6vov<; p.axpovc; (Sap. 4,r3). anche dal contesto che qui si esprime
4. Adempiere, detto delle promesse un semplice pensiero biblico: niente di
che Dio ha pronunciato f.v 'trfl O'-toµa:n ciò che vien detto sulla terra resta cela-
a.Ù'tov e realizza, adempie perfettamen- to al cospetto di Dio, perché il suo spi-
te s Év ·mie:; XEp<Jtv a.1hov, di proprin rito (rtiap) 'in ascolto' penetra dapper-
mano (3 Ba.cr. 8,15.24; 2 Chron. 6,4. tutto (cfr. 4' 138,7; ~ vrn, col. 1534).
15). Si noti l'infinito (finale) 7tÀ.T)pw- ~ 'ltVEGµa. non è qui la sostanza-energia
17fjvat Myov (pljµa.) xuplou 8t~ O''toµa- impersonale che permea di sé l'univer-
-toc:; 'lE:pEµlov, «affinché si adempisse la so, quale la concepivano gli Stoici. Dio
parola (il detto) del Signore, pronuncia- riempie il mondo e lo tiene unito: i due
ta per bocca di Geremia» (2 Chron. 36, enunciati si integrano a vicenda (Sap. 1,
21 s.) e la formula analoga di 3 Ba.a-. 7) nel senso della concezione ebraica
2,27. della divintà: Dio è colui che conserva
5. In 4 Mach. 12,14 si avverte il signi- l'universo e veglia sull'agire di tutti gli
ficato di portare a compimento, a pie- uomini, è il creatore e il signore. I due
nezza (EÙcrÉBEtav): raggiungere la misu- momenti appaiono già congiunti in ep.
ra massima (attraverso il martirio). Ar. 132: Mosè mostrò per primo i$'t"t
µ6voc; O i}Eoc; È<r"t~ XllL oià. miV'tW\I 'Ì)
o uvaµ te;_IXU't"$U cpave:pà. yl\JE"ç"m '1tE1tÀ.1)·
C. IL CONCETTO DI DIO CHE RIEMPIE DI pwµÉvou 'Rl:t\l'tOç 't07tOU 'tfjt; ÒVYIXO"'t"El-
SÉ IL MONDO NELL'A.T. E NEL GIU- C{c:;, xaì. oùi>Èv aù-còv À.a'VM.\JEL... , «che
DAISMO Dio è unico e che la sua potenza si ma-
nifesta attraverso tutte le cose, essendo
r. In Ier. 23,24 l'idea che Dio non ha ogni luogo pieno del suo sovrano po-
limiti al suo conoscere è fondata sul fat- tere, e niente gli sfugge».
to che egli è presente dappertutto; si
potrebbe dire, con un'immagine, che il 2. Fil~ne mantiene l'uso linguisti-
suo occhio spazia in ogni luogo. L'e- co biblico. Ciò appare chiaro nonostan-
nunciato antropomorfico {~ VIII, col. te gli influssi filosofici che incidono su
1057) viene però evitato e sostituito parecchie delle sue formule, e lo si scor-
con la frase: «Non riempio io il ciclo e ge con evidenza là dove egli, come l'A.
la terra?» (LXX: µ1) ovxL "t"Òv oùpa.vòv T., pone a base di alcuni principi etici
xat 't'Ì)v yfjv tyw 7tÀ.'l")pw; À.ÉyEL xu- l'idea che Dio 'riempie' tutto di sé. Ad
ptoc;). Con ciò ovviamente non viene es., l'affinità col linguaggio biblico è pre-
eliminata l'immagine. di un Dio-perso· sente in gig. 47: 'lta\l't'tt... -1tE7tÀ.'l"JPW·
na. Un'espressione analoga si trova in XWc;... Èyyuç ÉO"'tLV, «riempiendo (di sé)
Sap. 1,7. Dio ode tutto (v. 6), iht 'lt\IEU· tutto... è vicino», tanto che noi ci guar-
µa xuplou 'ltE7tÀ.1)pwxEv "tlJV otxouµÉ- diamo dall'ingiustizia .affinché «il divino
\ll)V, xaì. "tÒ rruvÉxov 't"à. 7ta\J't"tt yvwrnv spirito della sapienza» non si ritiri da
~XEL cpwvljc;, «perché lo spirito {facoltà noi. L'accostamento di 7tE7tÀ.t)pwxwc; e
percettiva) del Signore riempie tutta la Éyyvc; (o anche: 'ltÀ:l')rrlov CS\l'tO~, «es-
terra e, tutto abbracciando, ha cono- sendo vicino») testimonia che Filone
scenza di ogni voce». Nonostante la co· con 1tE1t)..TJpWxwc; non intende identifi-
loritura filosofica che la concezione di care Dio con l'anima del mondo. Glielo
Dio presenta nel v. 7b, risulta chiaro impedisce 1a sua concezione trascenden·

s Per quest'ultima traduzione -+ LJUNGMAN 2ì.


nÀ11p6w C 2 (G. Delling) (vJ,288) 650

te della divinità 6 : «Neppure tutto quan- mondo creandolo e continua ad operar-


to il mondo sarebbe uno spazio degno vi conservandolo. Proprio questo con-
di Dio, poiché Dio stesso è il suo pro- cetto è appositamente utilizzato per da-
prio luogo ( -to1toc;) ed egli è pieno di re una solida base alle norme etiche
se stesso.. ., il resto - manchevole (Ém- (leg. alt. 3,4): «Dio ha riempito tutte
oEii), deserto e vuoto -Jo riempie (1tÀ.l]- le cose e per tutte è penetrato» (miv-
pwv) e lo contiene lui, mentre da nulla -ra.... 1trnÀ.1jpwXEV o
1'Eòc; :x:cx.t OLà 'ltciv-
egli è contenuto» {leg. all. I,44). In "t'WV OLEÀ.1)À.utkv); come è possibile na-
quanto pienamente bastante a se stesso, scondersi a lui (Gen. 3,8)? «Dio infat-
Dio è distinto dal mondo, come afferma ti è anteriore a tutto ciò che ha avuto
con assoluta chiarezza poster. C. i4: un inizio» 8; (ibid. 6): «Il malvagio si
Dio è «al di sopra dello spazio e del illude che egli sia in un luogo, non co-
tempo», Ém~ÉBrptE oÈ itfi<rtv, « trascen- me chi contiene, ma come chi è conte-
de ogni cosa»; «ma pur essendo al di nuto, perciò pensa di potersi nasconde-
fuori del creato ha riempito di sé il mon- re a lui» 9 • :B qui evidente che alla for-
do». In con/. ling. 136 h1 formulazione mula con '7tE'7tÀ1}pwxtiiç si collega la con-
paradossale viene ancor più accentuata cezione di una divinità che detta delle
(respingendo come falsa l'interpretazio- norme ed è quindi personale, cioè la
ne antropomorfica di Gen.II,5 7 ): U7tÒ ... concezione biblica di Dio. L'onnipre-
-rou VEOV 7trnÀ:f)pw-r<.u -i-à. 'ltci.vw.... <:;l senza di Dio, fondata sulla sua azione
'i'ta.v-i-a.xov 't'E xat oùòa.µou <rvµ~É~TJXEv universale e sul suo ufficio di giudice:
dva.L µ6v~, «l'intero universo è pie- ecco ciò che mette in rilievo il vocabo-
no di Dio ... al quale soltanto compete lo. Filone vi associa inoltre il tema del·
di essere dappertutto e insieme in nes- la rivelazione che Dio fa di sé (vit.
sun luogo». In nessun luogo, perché Mor. 2,238: in un oracolo Dio si ma-
non è lecito dire che il creatore sia con- nifesta come O 'ltaV"t'CX. O~èJ. 'lttXV't'WV
tenuto in ciò che ha avuto inizio; 'ltE'ltÀ.1)pwxwc; 'tljc; EÙEpyÉ'tLOoc; ~CX.U't'OU
«dappertutto, perché egli, dispiegando SuwiµEwc; [della sua potenza benefi-
la sua potenza attraverso la terra e il ca]). L'oracolo sulla immutabilità di
mare, l'aria e il cielo, non ha lasciato Dio (Ex. 17,6) è cosl parafras~to:
vuota alcuna parte dell'universo». In Fi- oil't'oç Eyw b Eµqiocvi]ç xoci encx.ui}cx. &v
lone dunque una concezione di Dio qua- È:x:Ei: 't'É ELµL xcx.t 1tct.V"t'CX.XOU, 7tE1tÀ"CJPW-
le anima del mondo è impossibile, data XW~ 't'à 1taV'tC1., E<1't'Wc; ev òµol~ xcx.i µÉ-
l'iden ch'egli ha della creazione; appli- vwv, èhprn-roc; W'IJ, «eccomi; io sono il
cando a Dio il termine 'itE1tÀ1)pw:x:tiiç, palese, colui che essendo qui è pure là
egli lo designa come colui che operò nel e dappertutto; tutto ho riempito, mi er-

6 Non c'è dubbio che in filone anche nel mo- ve potrebbe andare, lui che «tutto ha riem-
do di intendere Dio si possono cogliere più pito»? -
linee che corrono p:irnllele e anche si interse- a Anche in sacr. A .C. 67 l'idea dell'onnipre-
cano. Quì si tratta dì rilevarne una, significa- senza dcl Dio operante (TCE7tÀ.1Jpwxwç 7t6.v-ro.
tiva per il nostro verbo. Ben diverso è il rap- l>L~ m:i.vi;wv), con l'affermare che egli si tro-
por to col pensiero stoico in rer. div. her. 188: va di fronte a ogni cosa creata, viene netta-
il Logos è nana. -rnc; où<rla.c; ÈX1tE1tÀ.l]pW· mente distinta da una mutua compenetrazio-
xt~c;, <ccolui che h:t riempito ogni cosa della ne di Dio e natura.
sua sostanza». 9 Un'argomentazione simile in det. pot. ins.
1 Cfr. Deus imm. 57: se Dio nvesse piedi, do· 153 a Gen. 4,14.
'Tl'hT)pow C 2·3 (G. Delling)

go nella mia identità e vi rimango, es- cosl che lo riempie. Questo evidente-
sendo immutabile» (som. 2,22r) '°. In mente in tendono dire anche i passi nei
quanto ha riempito tutto, egli è l'assolu- quali il 'riempire' è contrapposto alla
to, l'eterno, colui che non cambia li; condizione di manchevolezza e di vuoto
dr. poster. C. 29 s.: la caratteristica di del mondo (leg. alt. I,44) ed è interpre-
Dio è la tl'anquillità e la stabilità, non tato come un non lasciar nulla di vuoto
il movimento. Gen. 46>4 non intende (leg. alt. 3,4; del. pot. ins. r53; con/.
dire che Dio cambia posto; egli è infat- ling.136; sacr. A.C. 67) . Convalida que-
ti colui che ha riempito tutto di sé. Ma sta interpretazione anche l'accostamen-
proprio questo insistere tmll'immutabi- to di 'ltÀ.'r]pWV e 'ltEPliXW\I oò 7tEptEx6-
lità di Dio implica che egli è al di fuori IJ.E\IOt:; (leg. all.1,44; con/. ling.r36; dr.
dell'universo. poster. C. 14); Dio non è contenuto nel
Fra le affermazioni di Filone su Dio mondo. Il legame fra le due espressioni
«che tutto riempie» e l'idea che egli formalmente contradditorie mostra che
compenetra il mondo a modo di sostan- Filone non pensa semplicemente alla
za, non sempre corre una delimitazione compenetrazione spaziale. La stessa af-
netta; dove tuttavia si esprime con mag- fermazione che Dio riempie 'di sé' il
gior precisione e si rifà al pensiero bi- mondo (poster. C. 14.30) non esclude
blico, questa distinzione è marcata con l'accenno specifico all'azione divina, ma
energia. È ben vero che la formula -i-à vuole soltanto escludere - come molte
1ta:v-i-a (o -rò miv: det. pot. ins. 153) altre (Deus imm. 57) - una localizzazio-
riprende un termine tecnico della filoso- ne mitica ( µu~o7toittx, leg. alt. r ,4 3) e
fia, ma in questi contesti vuole eviden- antropomorfica (con/. ling. r34 s.) della
temente significare il mondo creato da divinità. Le frasi fìloniane su Dio 'che
Dio. La formula 'Ttci.v-ra. o~ò: mi.V"tWV riempie' qualificano l'onnipresente co-
in queste frasi sottolinea l'operare di me colui che tutto opera, tutto domina,
Dio mediante le forze emananti da lui: tutto vede, e non come natura uni-
con tutto ciò che costituisce il suo in- versale.
tervento nel mondo, egli 'riempie' que-
sto (sacr. A.C. 67; vit. Mos. 2,238), co- 3. La letteratura rabbinica presenta
me chiaramente fa intendere la scompo- in parte le stesse idee. Il passo di I er.
sizione della formula in leg. alt. 3,4 (~ 23,24 ha un posto importante 13; ma
sopra). Ovviamente in certe espressio· anche in altri testi l'A.T. offriva lo spun-
ni, dal lato formale è prima di tutto e to per asserzioni circa il rapporto fra
semplicemente Dio colui che 'riempie'. Dio e il mondo sotto l'angolazione spa-
Ma questa interpretazione spaziale 12 di ziale: I Reg. 8,27; 2 Chron. 2,5; Is. 6,
'1tE'1tÀ.l)pwxwç non sembra sufficiente: 3 14• Dio è al di sopra di tutti i cieli, so-
Dio introduce la sua azione nel mondo stiene il mondo, ma essi non possono
in quanto lo conserva e vi si rivela: è contenerlo; se egli fa abitare la sua 5e.

10 Per i testi cfr. P. KATz, Phifo's Bible ( 1950) <laico sono trattati da M. ZEPP, Dcr Goti
7'"78 [!UTZ]. Alw\I in der he//. Theologie: ARW 25 (1927)
227-232.
11 Cfr. Deus imm. 20-85 (a Gcn. 6,5-7). Il ~ AALEN .54; Mooxe r 371 s.; STRACK-BIL·
I! Cfr. H. Raumtheorie im spiite-
LlllSEGANG, LERBECK Il! 598 s., cft. II 680.
ren P/atonismus, Diss. Strassburg (19n) 29- H Cfr. inoltre \Y/. MilLLER, Js. 6 in den altc11
38. I paralleli formali nell'ambiente extra-giu- Obers. ti. im N.T., Diss. Greifswald (19.14).
n}..'l')p6w C.D (G. Delling)

kina in mezzo agli uomini 15, lo fa per ricare (Gen. 45,17), usuale nel linguag·
grazia, per benevolenza. Piace a Dio di gio extra-biblico (yɵw = essere cari-
riempire cielo e terra e di parlare con co: Gen. 37,25; 2 Chron. 9,21). Ma an-
Mosè dell'arca dell'alleanza 16• La Jektnd che quando tali verbi sono usati in sen-
splende come il sole su tutto il mondo so traslato (yEµll;w 3 Mach. _5,47; yÉ-
(Sanh. 39 a); Dio abita nel più alto dei µw 1)19,28; 13,3; µECT"t'boµa.t J Mach.
cieli (Hen. aeth. 1,3; test; L. 3,4 ecc.); 5, r ), ·l'idea di spazialità resta presente.
la s"klna riempiva il santuario 17 • Queste L'osservazione vale anche per il N.T.
tre frasi non soltanto si affiancano, ma Rom. 3,14 è una citazione veterotesta-
si integrano a vicenda 18 ; e non bisogna mentaria; Le. u,38 manipola una frase
dimenticare che la s•ki11a - che in origi· di Mt. 23 ,25 intesa alla lettera. Negli
ne è il segno della presenza di Dio in stessi casi in cui si considera una quan-
mezzo al suo popolo - quando è chia· tità numerica, appare chiaro che ')'E·
mata J•ktnd di Jahvé iry può diventare µ( l~)w e µe0'-.6w indicano in origine
denominazione di Dio stesso 20• È chiaro un'idea di spazio, mentre 1tÀ.'r}p6w, ben·
che in questa serie di affermazioni si ché tale significato spaziale non gli sia
tratta ampiamente il problema della tra- del tutto estraneo (~sotto; col. 6 5 5) 22 ,
scendenza di Dio e dellA sua presenza figura nel N.T. particolarmente nelle ac-
nel mondo, come già aveva fatto Filone, cezioni contemplate nei nn. 2-5 (~ coll.
anche se le formule fìloniane hanno so- 659-674) : adempiere una norma, una
stanzialmente una portata ben maggiore misura, una promessa, portare qualcosa
che quelle rabbiniche. a com pimento, a per/e:done 23 ; nel signi-
ficato ricordato al n. r è costitutiva l'i-
D. IL SENSO DEL VOCABOLO NEL N.T. dea di totalità, di colmare. I significati
specifici dei nn. 2 e 5 sono preparati,
Non è soltanto per la sua maggior fre- almeno in forma allusiva, dall'uso extra-
quenza che l'uso di 7tÀ.'r)p6w nel N.T. si biblico (~ coll. 642 ss.) e poi meglio de-
stacca nettamente da quello dei paral- finiti dai LXX(~ coli. 645 ss.). La mol-
leli 21 yɵw (N.T. 1 r volte, LXX 8 vol- teplicità delle ramificazioni semantiche
te) o yEµl!;w (N.T. 9 volte, LXX 3 vol- di 1tÀ.T)p6w non permette sempre di in-
te) e µEo"tow (N.T. 1 volta, LXX 2 vol- casellare i singoli passi in uno schema
te). yeµlsw e µEO'"t'6w sono adoperati lessicale sicuro.
nel N.T. solo in senso spaziale, mentre
i LXX per yEµlsw ammettono pure una In senso proprio: colmare qualcosa,
spazialità figurata, oltre al senso di ca- come uno spazio (Act. 2,2; al passivo

11 Targum a 2 Chro11. 2,5; r Reg. 8,27; Ps. inesatto di Le. 21,22,-...+ col. 2rr), ~coli. 205 .
68,17, ~ AALEN 57 s. 204.

1.; R. Meir a Ier. 23,24; 4 AALEN 58. 22 Paolo a volte adopera ni;n-).'l')pwµÉvoc; come
sinonimo di iu:cr-t6c; (Rom. 1,29; 15,13 s.); ma
11 Secondo Ex. 40,35; BACHER, Pal. Am. II qui è il participio perfetto passivo che si as·
427; MooRE I 370. simila all'aggettivo, non viceversa. Anche in
13 4 AALEN 60 s. iuo..t"6ç in senso traslato resta chiara l'idea di
19 Frequente nei Targumim; J. BoNSIRVEN, spazio.
I.e iuddisme palesli11ien au lemps de Jésus- 23 'ltÀ.'Y)p6w in quest'ultimo significato si avvi-
Chrisl 1 (1934) 130. cina a -...+ -tE).E~l>w, ma indubbiamente se ne
2'I STRACK-BILLERBECK II 314. distingue per il caratteristico concetto di
21 Lo stesso dicasi di 1tlµTt).'l')µ~ (fino all'uso 'riempire una misura'.
1tÀ.1}p6w D x a-d (G. Delling)

Io. I2,3; Mt. 13,48; Le. 3,5), una ca- 1288 26 ). La piena consapevolezza del
renza materiale (Phil. 4,19). In Act. 5, divino volere ( ~ n, coll. 502 s.) rende
28 trapassa al senso figurato: avete
riempito tutta Gerusalemme della vo- capaci i membri della comunità di cor-
stra dottrina. reggersi a vicenda (Rom. 15,14; ~VII,
col. 1232). A differenza delle frasi cita-
r. Senso improprio: riempire di un
certo contenuto. Al passivo: esser riem- te per~ 1tÀ1}pw; (--?col. 639), in Act.
piti di qualcosa 24 • Se non è indicato, 13,52 si descrive il fatto straordina-
il contenuto è il soggetto stesso: riem- rio che accade a un'intera comunità di
pire (dì sé) completamente, colmare. In
fronte alla persecuzione dei suoi mis-
queste accezioni figura all'attivo a) con
soggetto astratto: À.V1t11 (Io. 16,6, ~ sionari: essa è presa da un'intensa com-
VI, col. 863), b) col soggetto o <TOC'tlt- mozione spirituale che, con una parola
vciç (Act.5 ,3 : Satana ha preso posto nel sintomatica, è detta ~ xcxp& (gioia). In
cuore del bugiardo Anania fino a do-
minarlo,~ col. 640); c) con Dio come
queste frasi 1tÀt)p6w indica che l'uomo
soggetto in Act. 2,28 (--? rn, col. I2o8) è completamente determinato e caratte-
e nell'invocazione augurale 25 di Rom. rizzato (~ anche col. 659) dalle for-
15,13, dove il dono della pace e del
gaudio è ricevuto mediante il 1tLCT'tEUELV
ze che lo riempiono; è inerente al voca-
(--?III, coli. 561 s.). bolo il momento forte della esclusività
e della totalità. La gioia, la conoscenza
d) Nelle frasi passive bisogna a volte
ecc., che riempiono il cristiano, determi-
sottintendere Dio come colui che ricol-
nano la sua esistenza e si impongono a
ma (ad es. Phil. l,II e Col. 1,9). È lui
tutto il suo essere, dominandolo.
che dona i beni dello Spirito, che dà
con assoluta pienezza (--? coli. 10 ss. ). Le. 2140 (--? <Tocpla; dr. Act. 6,3, --?
Paolo prega che nei suoi destinatari sia col. 639) è confermato dal v. 47 o per
meglio dire il v. 40 prepara il v. 47. In
viva la piena conoscenza di ciò che Dio Eph. ,5,IB 'essere ebbri' entra in un gio-
vuole da loro e possano, quando verrà il co di parole che forse contrappone alla
Cristo, stare alJa sua presenza ricolmi vita dissoluta (~ I, coli. 1347 s.) degli
ubriaconi la vita morigerata di coloro
dei frutti di giustizia prodotti da lui che per opera 27 dello Spirito santo son
(Col. r,9, cfr. Phil. 1,9 ss.; --? II, col. ricolmi dei doni di lui che opera l'e-

24 Il contenuto è generalmente al genitivo; 2S xapttÒc; 8~xc.t~OcrV\11)c; (Prov. u,30), al plur.


soltanto Rom. 1,29 e .2 Cor. 7,4 hanno il da- 3,9; r3,2, LoHMEYER, Phil. 34 n. r.
tivo; Phil. 1,n e Col. r,9 l'accusativo con il
verbo al passivo. Cfr. BL.·DRBR. § 159,1 con 77 Ti:À.'l')p6w lv con valore di con è testimo-
l'appendice. niato altrove (cfr. BL.·DRBR. S I72, con ap-
2.l Per .:z Thess. 1,11 l'interpretazione <1Dio vi pendice) tutt'al più nella variante del textus
riempia (tva òµ(ic; ... ) di ogni buon volere» è receplus in Col. 4,12; in Col. 2,10 comunque
meno probabile (per il doppio accusativo col non si deve tradurre 'riempire con' ~ col.
verbo all'attivo cfr. HELBING, Knsussynlax 6:;9 con n. 37. 1tÀ'l'Jp6w lv con valore di me-
··"" 147 s.); dr. -> n. 24. diante, ad opera di è presente in Rom. 8,4.
7tÌ.T)p6w D 1 d (G. Delling}

saltazione liturgica. Del pericolo di sci- 653) 18 ; l'espressione è trasferita da Dio


volare in riti orgiastici, nel contesto al Cristo n. Cristo può render ricca la
di Eph. non v'è traccia. In 2 Cor. 7'4
( ~ IX, col. 669) «sono pienamente con-
sua comunità perché è il Signore assolu-
solato» già assume il senso di saziato di to, riempie tutto della sua presenza do-
consolazione che invece è meno marca- minatrice e tutto consegue 30 • Allora l'af.
to in 2Tim. 1+ Rom. r,29: l'umanità
fermazione ben s'intona con quella del
abbandonata da Dio al suo capriccio è
piena di tutte le conseguenze possibili Cristo elevato al di sopra di tutti i cieli
e immaginabili della ciotxla: ... , non co- (v. ro; analogamente alla relazione di
nosce e non compie nient'altro che ... , Eph. 1,23 con la formula 'alla destra di
-> I, col. 417; IV, col. 1445 (cfr. inve-
ce Phil. 1,u, ~coli. 655 s.). Dio' di r ,20 ), come certe espressio-
ni affini del giudaismo 31 • Non si tratta
Dei quattro passi controversi delle comunque di una dilatazione spaziale
Lettere agli Efesini e ai Colossesi, Eph. dell' 'eone' Cristo. Epb. r,23 si muove
r,23 e 4,ro presentano sicuramente il sulla medesima linea . .. ~ 1taV'tet: non è
significato di riempire. In Eph. 4;7-II il cosmo che tutto abbraccia nel suo
Cristo è descritto semplicemente come aspetto naturale, ma il complesso degli
colui che distribuisce i doni della gra- esseri capaci di una scelta, dotati di vo,
zia; e tale è per il fatto (ò~o, v. 8) che lontà, e non soltanto gli uomini; p_er
ha acquistato autorità su tutto ciò che questo è usato il neutro plurale 32 ; esso,
sta in basso e in alto, su tutte le potenze comparendo nel v. 22a e nel v. 22\ li
(vv. 8 s.). Il v. 10 mostra il fondamen- salda in unità. tv 7tcXOW 33 corrisponde
to di questo potere assoluto del Cristo: alla formula al singolare usata altrove
il suo salire e discendere che tutto ab· da Paolo (ro volte in 2 Cor.) col signi-
braccia(~ v, coli. 281 s.) e avviene ì:va: ficato di sotto ogni aspetto, oppure al
1tÀ'T)PW01J -.Cx. miv-ta:. Dato il contesto filoniano otèt minwv, legato a 7tavw:.
è ovvio intendere 1tÀ.'T)pwcrn nel quadro Mediante tutte le forze che escono da
delineato al punto c (-7 coli. 647· lui, il Cristo esercita una sovranità 3• di

2~Cfr. forse Ael. Arist., or. 45 121 e contesto, 1111 Idiom Book o/ the N.T. Greek (1953)
ad es. 24, ~ col. 642. i6o.
2? ~ GEwmss 132; ~ PERC\', Prob/c111e 312 li Il medio è testimoniato anche altrove, ad
s. es. Plat., Gorg. 493 e (botti), più spesso le
.\O ~ Gnwu:ss 131 s. navi, col significato di equipaggiare (Senofon-
J[ ~ coli. 647-653; ~ J\1\LEN 55. te, Demostene): -+MONTGOMERY 13. In Epb.
3~ Tuttavia in Gal. 3,22 i:à 1tav't'a designa e Col. non vi è traccia di una compenetrazio·
anzitutto l'umanità. (i:à) 116.vTa ev miow ne spaziale, quale ad est:mpio è espressa in
non è formula generica; cfr. il suo significato Sap. 7,22.24 a proposito del 1t\1Evµa della sa-
specifico in I Cor. 12,6; 15,28. ~ ScttLIER 55 pienza e in 8,1 a proposito di questa stessa
n. 1: «Che compie il 'tutto' in tutte (le crea· sapienza, conforme alPidca stoica di un 7t\IEV·
ture)». µa superiore in quanto materia attiva infinita-
:1.1 Per i:à miv-ca ev ttliow: C.F.D. MoULE, mente fine.
7.).lJpÒw D 1 d-2" (G. Delling) (VI,292) 660

dominio sulle potenze che gli sono sta- di Dio, mai a un desiderio dell'uomo
te sottomesse (v. 22"), una sovranità vi- (cfr. -4 coll. 643.645).
vificante su tutta quanta la chiesa ( v.
a) Paolo
usa sempre questa nccezione
22b). Con queste affermazioni non si
in rapporto ·al complesso di esigenze
vuol negare che il Cristo sia persona. In
(Rom. 8,4; -4 II, col. 1317) del \1011oç
Eph. 3,19 il verbo è usato assolutamen-
(Rom. 13,8; Gal. 5,14), che il cristiano
te, e non solo perché il contenuto di
soddisfa pienamente 38 • Egli può farlo
'ltÀ.'l')pwtJ"ijTE è stato accennato già pri-
solo in quanto il peccato non ha pii1 al-
ma. La preghiera esprime l'augurio che
cun potere su di lui, da quando su di es-
i destinatari siano colmati al massimo
so fu pronunciata la definitiva condan-
degli infiniti doni di Dio (--)> col. 687 ).
na proprio là donde trae origine la sua
Col. 2,10 presenta un gioco di parole
potenza, cioè nella carne (-4 u&p~), me-
con 'ltÀ1}pwf..tCX. 35; l'uso assoluto del ter-
diante l'azione di Dio in Cristo che col
mine lascia In possibilità di due inter-
suo Spirito opera nel cristiano la vita
pretazioni: voi nella sfera della sua vi-
nuova (Rom. 8,4.9 s.). Le esigenze del
ta, o mediante lui, siete portati a pie-
\loµoç sono interamente compiute me-
nezza 36 ; oppure (più probabilmente):
diante l'amore del prossimo (Rom. 13,
voi siete perfettamente colmati ad ope-
8 39; Gal. 5,q 40).
ra di lui in quanto egli è il donatore 37
(cfr. il commento a Eph. 3,19). La volontà di Dio non dev'essere in-
tesa come una specie di contenitore, co-
2. Soddisfare un'esigenza, un. diritto:
me una pura forma che riceva la sua
nel N.T. sempre riferito aila volontà piena validità solo dall'tiy&.1tl'); questo

Ji Nessun parallelismo con 1tÀ:qpwµct del v. -rrç -rò i>tÀlJ(.W. ..-où i>Eoii.
9, contro DIBELIUS, Gefbr. 1, ad I.: 1tE1tÀ7JpW- 39 4 III, col. 1016; contra 4 vn, col. 1379;
r.livoç è «uno che ha raggiunto la comunione ZAHN, Rom., ad l.; ma per W. MARXSEN, Dcr
col pleroma»; 4 DuPONT 422: «è in lui che ~-ttpoç voµoc; R IJ,8: ThZ I I (I9JJ) :l.37
partecipate al pleroma». SCHLIER (-V. WAR· In legge è anche quella mosaica. -> LJUNG-
NACll), Die Kirche im Eph. (1949) no n. 15 MAN 122, ad I.: cosl che «nessuna parte della
capovolge il processo per Eph. e Col.: «1tÀ7J· legge resta incompiuta)>. ZAHN, Rom., ad J.:
pouv è ... rendere pleroma, riempire del plero- l'à:yct1tW'J <{ha adempiuto fa legge, cosl che
mn, 1tÀ71pou<rlki:t essere introdotti nel plero- essa non ha più nessun'altra esigenza da im-
ma, esser fotti pleroma». porgli» (anche in Gal. 5,14 c'è il perfetto!).
3~ L'espressione in HAUPT, Ge/br., a Col. 2,
Quindi il perfetto non è soltanto gnomico,
IO.
come pensa -> HATCH 138 s. nn. 22 s.
4J Il contesto mette in rilievo in qual modo
·11Per l'Èv strumentale nella formula Èv Xpt· si attui questa esigenza di amore; il pnsso -
ç•<!i -+ Ili, coìl. 571 -574; F. Buc!ISEL, «lfl nonostante il parallelismo formale con Rom.
ChrisJus» bei Paulm: ZNW 42 (1949) 141- 13,9 (4 coli. 693 s.) - non deve perciò essere
158, specialmente 142-149. inteso in un senso per rosl dire di principio
3' Cfr. E. SoMMERLi\TH, Der Urspmng des =: ~ portata alla sua norma pitÌ alta; Àoyoc;
neuen Lebe11s 11ach Paulus 1 (x927) 38. In è evidentemente la frase della torà citat11 in
Epb. 6,6 i cristiani sono comunque i 1tOLOUV· 14b, 4 vr, col. 313 (cfr. ScHLIER, Gal., ad/.).
661 (vr,292) s:),'l)po•.v D ~ a-b (G. Delling)

concetto non è consono né al modo e- parola di Jahvé, !Ep. 36,10), 'ltLO"'tOW (2


braico d'intender la legge, né all'idea Bacr. 7,25). ò}t1..tµivw: Jahvé sta alla
paolina di v6µoç. Così s'impone partico- sua parola (Num. 23 119), l'uomo sta al-
latmente per Rom. 8,4 l'altra interpre- le prescrizioni della torà (nel suo agire,
tazione: rispondere a una esigenza, a· Deut. 27,26). E) -c'l')pÉw: l'uomo osserva
dempiere una norma. In questa acce- gli ordini di Dio (r BM. 15,11, cod. A:
zione si cspri:;.1c il carattere assoluto fo-cT}O"EV ). La distinzione fra ÙJ'"tT}µ~ e
dell'esigenza. Questo è tuttavia l'uni- TIÀ.r)p6w è legittima anche per il N.T.,
co elemento che il termine ha in co- in quanto esso adopera manifestamente
mune con l'ebraico heqlm (aramaico iO"'t'r)µL nell'accezione particolare, docu-
qaijèm). Convalidare, effettuare median- mentata sopra, di dichiarare la validità
te l'ubbidienza da un lato, e dall'altro della legge (Rom. 3,3 I ) , con xa.'ta.pyEi:v
riempire la misura sono due idee diver- (annullare) come suo contrario (~ 1 1
se. Di conseguenza il verbo qwm in tut- coli. r 207 ss.; cfr. Mc. 7 ,9 [ var.] og-
te le sue forme non è mai tradotto dai getto la tradizione), in quella di far va-
LXX con 'ltÀ.'l')p6w. Gli equivalenti di lere il piano salvifico di Dio (Hebr.
heqrm nel senso di convalidare, adem- ro,9; cfr. IEp. 4 r ,18), con à.va.tpEi:'V per
piere sono principalmente 41 : a) LO''t'l')- contrario. Il N.T. ammette dunque la
JJ.~: Jahvé mantiene (nell'azione) il suo possibilità di una differenza fra i due
giuramento (Ge11. 26,3; Ier. 11,5 [con verbi. E questo è di non poca importan·
soggetto l'uomo in 2 EO"op. 15,13], av- za per intendere il passo di Matteo 42 •
vera la sua parola (3 Ba.O". 2 14; 6,12;
12,15; 2 Ecrop. 19,8; Don. 9,r2; 4' b) Il valore di 'ltÀ'Y]péw in Mt. 5,17
r 18,38) 1 quella di un profeta (Is. 44, non pUò esser determinato solo in base
26; IEp. 35,6); l'uomo non osserva all'antitesi con XO'..'t'a:À.ucra.t (v1, 001.906)
la 010:.ih'Jxri di Jahvé (IEp. 4r,r8), ese- nel senso di ba!!el, abolire, toglier di
gue gli ordini di Dio (1 Bf1.0'. 15,13) mezzo. Nel v. 19 À.vw figura in contra-
e anche quelli degli uomini (Ic.p. 42, sto non solo con ÒtoacrxEw, ma anche
r 4 [hof'al] .r6); Giosia manda in vigo- con 7tOLEt\I 43 • Comunque, il redattore
re le prescrizioni della legge recente- greco di Mt. 5,17 vide che non <T'tfjO"at,
mente trovata (4BM. 23,24 [v.3 OC\)l- ma 7tÀ."l'JpWO'<tL era il termine esatto per
O'"t'r]µt]; dr. 2 Chron. 35,r9°); il marito esprimere ciò che pensava 44 • Un equiva-
co11valida un voto della moglie (Num. lente ebraico di 1tÀ.iJp6w in Mt. 5,17 -
30 1 14 s.). ~) &:vlG'-cl}µL: Jahvé attua fo tenendo conto dell'accezione prevalente
sua parola (J Ba.o-. 8,20; .2 Chron. 6,10; di questo termine negli altri passi del
10,r5), la sua decisione (Ier. 23,20). N.T. - non può essere che ml'. Il sen-
y) Con lo stesso valore sono usati anche so di 7tÀ.'l')p6w non si desume a priori da
xa.~lO"'t'l')µL (!Ep. 37,24), È.cpLO''t1}µL (la un vocabolo aramaico che sarebbe po-

•t Le frasi all'hif'il sono le più numerose e compiere (Ab. 4,9; cfr. ~ LJUNGMAN 51 a Mt.
significative. 5,, 19: <1'eliminato', rimosso, messo da p:i.rte».
42 Per Mt. 5,17 4 LJUNGMAN 26-33 rifiuta 4 1 L'uso di jsp in Shabb. u6 b - io non so-
recisamente l'equivnlenza 7t)..1)p6w = qajjem no venuto per togliere alla legge di Mosè,
o heqlm; ma respinge anche l'interpretazione ma per aggiungere - risale, secondo ~ DAL-
di 1COLE~v come realizzare (19 s.; ~ VII, coli. MAN 53, a Deul. 4,2; per Shabb. u6 b cfr.
1340 ss.) e por/are a termille, completare (21- B.H. BRANSCOMB, Jesus '1t1d the Law o/
23.). A!oses (r930) 229s. n. 23; per Ml. 5,17: 226-
~-' ba!{el viene usato anche: nel senso di 11011 2 2 9.
itÀ.11p6w D 2 b-J (G. Delling)

stulato come archetipo~', ma si deve di genze da lui poste; che e come ciò av-
volta in volta ricavare dal contesto; ed venga, risulta ad es. nei vv. 21-28 (-)
è a questo punto che ci si può chiedere
quale sia il parallelo semitico che, a sua col. 660 per Rom. 13,8; Gal. 5,14) ·11 •
volta, potrebbe contribuire a capire e- Senza riferimento esplicito all'A.T. (ma
sattamente il termine greco. dr. v. 17: Is. 42 ,r), Mt. 3,15 mette in
rilievo che Gesù, facendosi battezzare
Gesì1 hn la missione di dar compi-
da Giovanni, risponde a un'esigenza
mento (Mt. 5,1l); in base a Mt. 5,17°
della volontà divina a lui ben manife-
s'intende prima di tutto il compimento
sta(-) II, coll. r254 s.; II, col. 66 48 ).
della legge e dei profeti 46 , cioè di tutto
l'A.T. (~ vn, col. 1333) in quanto ma- 3. Colmare, giungere al limite cli una
nifestazione della volontà di Dio. Gesù tleterminata misura 49• a) Il giudaismo
non solo afferma che intende mantener- contemporaneo, uccidendo Gesù, fini-
ne il valore, ma dice che ha il compito rà so per colmare 51 la misura di colpa
di attuare la divina volontà che dall'A. del popolo ebraico 52, tanto che esso vie-
T. è fatta conoscere(~ VII, col. 1_341). ne ripudiato (Mt. 23,32). b) In Apoc.
Egli è venuto perché la parola di Dio 6,r r: completare il numero dei martiri
sia pienamente compiuta, perché sia determinato da Dio 53 • c) Con particola-
l'aggiunta quella misura che Dio stesso re valore temporale TCÀ.T)pow è usato.
ha stabilito in lui. L'agire di Gesù è sempre al passivo, prima di tutto col si-
certamente un atto di obbedienza, an- gnificato di arrivare al termine (al pas-
che e proprio per il fotto che egli com- sato: essere al termine). Questa acce-
pie una promessa di Dio (cfr. Mt. 3,15). zione figura solo negli Atti (7,23.30),
Egli realizza la volontà di Dio espressa in una divisione schematica della vita di
nell'A.T., non solo dal lato della pro· Mosè (Deut.34,7)~; inoltre 9,23; 24,
messa fatta da Dio, ma anche delle esi- 27. In senso pregnante lo si usa per pe-

43 Soprattutto non è lecito applicare alle altre faxet.~ocrVvl] come l'azione salvifica di Dio che
accezioni del verbo - per una certa analogia dev'essere completamente realiuata.
con un determinato significato - un equiva· 49 Rientra forse in questa accezione la frase
lente estraneo al carattere figurato di 1tÀ.T)p6c.i. 'ho quanto basta' di Phi/. 4,x8, usata in senso
4~ Ai profeti non si accenna solo in quanto profano.
parlano della volontà di Dio come esigenza e- 5() - VII, col. 184; futuro col. cod. B e altri.
tica. Ci si deve invece chiedere prima di tutto 5' ~ coli. 646.699.703,
se, nominando la torà, non si sia potuto pen- 52 -)o VIII, coli. 88 SS.j mx:tÉpEc; - IX, col.
sare anche alle sue promesse. II95 n . 174·
47 Cfr. - LJUNGMAN 35: «Si tratta proprio di 53 Cfr. 4 Esdr. 4,36: «Quando il numero dei
fare e insegnare»; cfr. 75 s. vostri simili sarà completo», detto però dei
48 Cfr. O. CULLMANN, Die TauflehrtJ des N .T. 'giusti' in gencrnlc.
( 1948) 15 s.; ScnLATTER, Komm. Mt. 89 s.; ---+ 51 E. PREUSCHEN, Dic Apostelgeschichlc,
IX, coli. 396 ss. F.D. COGGAN, Note 011 SI. Handbuch N.T. (1912) a 7,23, dr. STRACK-
Mallhew J,J: ET 60 (1948/49) 258, intende IlILLERllECK Il 679 S.
7:À.T)p6w D J-4 (G. Dclling) (VI,294) 666

riodi o momenti fissati da Dio: all'epo- decisione personale e quindi libera, pre-
ca del dominio dei pagani Dio pone un sa da11a volontà di un Dio vivente, la
cui misericordia (Mc.I,15) opera il com-
termine (Le. 21,24 ~ vnr, col. 1210). pimento che spinge l'uomo a una gioio-
Per Io. 7,8 ~ IV, coll. 1378 s. In Mc. sa riconoscenza; il termine che spiega
r, 1 5 JtÀ.TJp6w è detto del xa.tp6c; per 7CE7tÀ.i)pW"ta:L è EUOOX'J')C1E\I.

eccellenza che, atteso dal popolo di Dio


4. Comp;ere, adempiere parole profe-
in base alle promesse, è giunto con la
tiche che sono state pronunciate con di-
comparsa di Gesù.
vina autorità e perciò possono esser
Nell'idea del xatp6c; così adempito considerate anche come parole dirette
non v'è traccia di uno schema cronolo-
gico fissato da Dio (come nelle apoca- di Dio. La Bibbia, per il concetto stesso
lissi giudaiche). Non è possibile calco- che ha di Dio, ritiene inconcepibile che
lare né arguire da segni esterni che il l'evento resti carente rispetto alla paro-
momento dell'evento si è compiuto 55 ;
la divina, e non riesca a raggiungere la
esso si presenta all'istante stesso del suo
compimento in base a una decisione so- pienezza che essa prospetta 58. Dio a-
vrana di Dio 56 • Questo modo di inten- dempie la sua parola in quanto ln effet-
dere il compimento si distacca anche
ltta completamente 59 • È vero che solo
dal pensiero greco, il quale conosce
sl il carattere di necessità (XPEW\I) di in Aci. 3,18 si afferma ciò con esplicita
un fatto Xet."t'à •YJ'll 'tOU XP0\10\J 't"a!;tv, menzione di Dio; ma quando, secondo
«secondo l'ordine del tempoi> (Anaxi- la narrazione di Aci. 13,27, in un di-
mand., fr. 1 [Diels 1 89,r 5) ): Eracli-
1

to, al dire di Simplicio (Diels 1 I 145,15 scorso tenuto nella sinagoga Paolo esce
s.), insegnava: xp6vov wptvµivov -cfiç a dire che il giudaismo gerosolimitano,
-rou x6a-µov µE't'aBoX.fjc; xa't'a -rwa d- condannando Gesù, ha compiuto gli o-
µa:pµÉvTJ\I à.wi:yX1)\I, «che [esiste] un
racoli dell'A.T., intende esprimere un
tempo definito del mutamento del co-
smo, secondo una fatale necessità» (cfr. concetto assolutamente parallelo a quel-
Plat., Prot. 320 d: xp6voc; dµa.p~~É­ lo di 3, I 8: Dio ha portato a perfetta
voc;) 57 • Ma il greco intende parlare di esecuzione la sua parola in questa ma-
una determinazione disposta da una
potenza impersonale e nella quale do- niera, contraria ai giudizi umani, in
mina una specie di necessità, non di una quanto il giudaismo come strumento

s; Per il giudaismo dr. VoLZ, Esch. x38: s .) sintetizza: No11 ... tempus fecit filium mitli,
<iTutto ha il suo tempo e tutto ha la sua mi· sed eco11/ra missio filìi feci/ lempus ple11i111-
sura»; nell'escatologi:i vale fin nei particolari, dinìs.
il principio «la... misura deve diventare piena 57 \V/. Tl!EILER, Zur Gesch. der te/eologi·
sino a che 1a salvezza possa giungere» (139); sche11 Nal11rbetracb/u11p, bis 011/ Arisfof. (1925)
per es. vale anche per i peccati (testi ibidem); Sr.
le scadenze dei tempi si possono calcolare,
s..i Per la differenza da qajjem - che anche
ccc. (141-145). Cfr. STRACK-BJLLERBECK III
ScHJ.ATTER, Mt., a 1 , 22 esamina per primo -
570.
56 M. LUTHER, Ersfe Vor/ernng iiher Gal.
cfr. -)> coli. 661 s.
(1516/17) a 4,4 (Weimarcr Ausgabe 57,30,15 59 Cfr. ~ LJUNGMAN 59.63 .
1tÀ.1]p6w D 4 (G. Delling) (v1,294) 66ll

di Dio deve collaborare alla parola pro- Matteo ( r 2 volte) 00 : nel vangelo del-
fetica per la realizza:àone del piano di l'infanzia (1,22; 2,15.17), nel racconto
della passione (26,54.56: il parallelo al
salvezza (r3,27). ~col. 647.
v. ,56, Mc. 14.49, è in Mc. l'unica testi-
monianza scritturale di questo genere);
Nell'addurre a prova la Scrittura il e ancora in 27,9, nella pericope dell'in-
N.T. usa le seguenti forrm1le (-> col. gresso di Gesù in Gerusalemme (2t,4)
647): in tutti i passi propri di Mat- e in 13,35, dove si dice per qual motivo
teo, e soltanto in essi, si dice: ~va Gesù parla al popolo in parabole (~
(o1twc;) 1tÀ.l)pwl>fi -.ò pl)l>Èv Sià -.ou 1tpo- VIII, coll. l 550 ss .; IX, coli. .554 ss.);
q>1}-.ou, «affinché si adempisse ciò che inoltre per provare che nell'opera di
fu detto per mezzo del profeta» ( l , 22; Gesù si compie l'attesa escatologica (8,
2,15; 13,35; 21,4; plur. 2,23; in 2,17 r7; 12,17); infine nel contesto del pas-
e 27,9 è aggiunto il nome di Geremia; saggio di Gesù a Cafarnao (4,J4). Nella
in 4,14; 8,17 e 12,17 quello di Isaia); storia dell'infanzia e nel racconto della
la precisazione Ù1tÒ xuplou (dal Signo- passione Matteo mostra una tendenza
re) si legge in 2,22; 2,15. Altrove si a generalizzare la testimonianza delle
trova i:va, oppure 1twc; 1tÀl)pwi>w11tv at profezie con la formula oÀ.ov («tutto
ypmpcx.l (Mt.26 .54.56; .Mc. 14,49), EOEt questo avvenne...»: 1,22; 26,56; cfr.
7t).l)pwl>Tjvcii -r'Ì)v ypcx.q>1]v (Act. 1 ,16), anche le osservazioni generali sull'atti-
1trnÀ.1]pw-rai 1i ypaq>{j (Le. 4,21), OE~ vità di Gesù in 8,17; 12,17; 13,35):
1tÀ.l)pwì>fjvat miv't<X. "tà yeypcx.µµÉva. in breve, nella persona e nell'opera di
(Le. 24,44), fo).11pwih1 Ti ypaq>i] {Iac. Gesù si compiono le promesse di Dio.
2,23), Cva Ti ypcx.cp'Ì) 1tÀ.l)pwDu (Io. lJ, In Giovanni la testimonianza della
18; 17,12; 19,24.36). Sono esclusive di Scrittura si riferisce a particolari della
Giovanni le formule ~vcx. ò ).6yoc; 'Hcrat- storia della passione ( r9,24.36; per la
ou ... ri;Àl)pwi)ft (12 ,38) e tva 1tÀl)pw&j] passione nel suo insieme Io. 19,28 ado-
ò À.6yoc; ò €v "t~ v6µ({.> av•wv ytypaµ- pera ~ -tEÀ.etow); soprattutto essa ri-
µivoc; (15,25). Infine gli Atti hanno guarda la figura di Giuda (13,18; 17,
due espressioni particolari: il 1tpoxa.- 12; anche Act. 1,16) e il rifiuto opposto
"tTJ'YYELÀ.Ev Otà ... ( 3,18) e -tà.c; q>wvàc; n Gesù dai Giudei (12,38; 15,25). In
-cw\I 'ltpOcpTJ"CW\I ... hù.i)pW<Tav (13,27). Luca si incontra 1tÀl)p6w solo in due
Per gli equivalenti semitici ~ coll. passi importanti a lui propri 61 • Mc. r,
644.661. La testimonianza scritturale l J riassume il messaggio di Gesù nel-
con le suddette formule presenta nel N. la frase: il x<.ttp6c; è compiuto; Le. 4,
T. un quadro ben delimitato (sulla boc- 2 1 lo fa dichiarando che col u;iµEpov
ca di Gesù solo in Mt. 26,54 =
Mc. 14, (oggi) della sua predicazione si compie
49, a quanto pare, eco di un'antica tra- nella sua persona la lieta promessa an-
dizione: Io. 13,18; 15,25; 17,12). II nunciata da Isaia. In 24.44 Gesù risor-
maggior numero di casi s'incontra in to mostra che la necessità divina ( &Ei:) 62

60 Oltre che per le citazioni scritturali, 'ltÀ'l'J· ca di Marco; anche dove per la testimonianlll
p6w figura in Matteo solo in 3,15; 5,17; 13, scritturale usa -> 'tE)..éw, Luca è indii.>endente
48; ::13,32; è usato sempre nel suo valore spe- da Marco e da Matteo: 18,31; 22,37; cfr.
cifico ed è chiara particolarmente la sua affi- Aci. 13,29.
nità con ml'. 62 -> n, coli. 799 ss.; oEt anche adoperato da
ol Luca dunque non ha preso né la moltepli- solo implica talvolta un velato accenno alla
cità delle prove scritturali di Matteo né l'uni- Scrittura, invocata per dire che un fatto è
r.Àr]p6w D 4 (G. Delling)

della croce e delia resurrezione si fon- ti particolari della vita di Gesù acqui-
da sull'intero A.T. (v. 27). Luca formu· stano per essi la loro importanza in
la con particolare evidenza il mistero
del Messia sofferente, e la risposta che quanto si riferiscono al volere di Dio.
ad esso dà il cristianesimo primitivo è L'idea neotestamentaria del compi-
basata sull'A.T. (Le. 24,46, cfr. v. 26; mento della parola di Dio riceve la sua
Act.3,18: aÙ't'ou!). I primi cristiani tro-
nota specifica dal contenuto escatologi-
vano la soluzione definitiva del proble-
ma proprio nel fatto che la morte di co della parola stessa, e proprio questo
Gesù adempie le parole di Is. 53 (~IX, la distingue dal compimento di cui par-
coll. 417 ss.). Come si vede, nei vangeli lano i rabbini: nel presente del N.T. la
in genere è il Deutero-lsaia che ha im-
portanza come prova che le attese si so- volontà salvifica di Dio giunge alla sua
no compiute. Per 1tÀTJp6oµa.~ cfr. Mt. pienezza nell'evento del Cristo. L'idea
8,17; 12,17; Io. r2,38; il Trito-Isaia in neotestamentaria di compimento si rias-
Le. 4,21 63 • sume nella persona di Gesù.

Il senso di tale dimostrazione scrit· Le formule con 1tÀ.TJp6w riferite al-


l'A.T. si limitano statisticamente ai van-
turale a cui abbiamo accennato risulta geli e agli Atti e hanno per oggetto ]a
anche dal fatto che essa in Giovanni (e sola figura di Gesù 61, con l'unica ecce-
anche jn Marco) è sempre introdotta zione di Iac. :l,23. Paolo non ne fo uso,
con i:va., in Matteo prevalentemente con neppure là dove anch'egli presenta l'e-
vento di Cristo come compimento del-
L'Ila. e 07tWç (ad eccezione di 2,17; 26, le Scritture. Per dare la prova teologica
54; 2 7 ,9 ). Questo L'Ila di fatto è inteso scritturale l'Apostolo si serve di espres-
come finale {~ IV, coll. IDII ss.). Af- sioni più semp1ici, ·che del resto ha in
comune con altri testi del N.T. e con g1i
fermare il compimento è una risposta a
stessi vangeli(~ II, coll. 6r6·623). In
determinati problemi di fede presenti Le. 1 ,20 la certezza del compimento di
nella cristianità primitiva, che alla base una parola divina appena pronunciata
dell'evento della vita di Gesù pone la da un angelo è espressa mediante una
formula con 1tÀ.l]p6w. La parola di Dio
volontà di Dio, che va riconosciuta dal· non è tutta Il, ormai conclusa e termi-
la sua parola. Per coloro che traman- nata (come nel giudaismo rabbinico);
dano il materiale non sono mai secon- egJi parla anche nel presente del N.T.
dari gli elementi ai quali attribuiscono e anche in ciò è messo in valore il
carattere storico-salvifico di questo pre·
il carattere di compimento (cfr. la loro sente. In Io. 18,9.32 la formula tva. ...
enumerazione~ coli. 667 s. ); anche cer. r.),ripwi}fi è applicata a paro1e di Gesù 65

necessario; In cosa è chiara per le frasi forte- mento che rientra nel tema del Sen•o di Jahvé
mente marcate di Mc. 8,3I par., 13,7 par., e -> ne, coli. 429 s.
corrispondentemente in Le. 24,26; cfr. in par·
M Lo stesso vale per -Jo. 'tEÀtw e -Jo. 'tE).e~6w.
ticolare Mt. 26,54.
6.1 Se Gesù stesso abbia visto le parole del- 63 L'analogia con le testimonianze scritturnli
1'A.T. compiute nel proprio ngire, è un nrgo- tratte ùall'A.T. rende verosimile il significato
'l)..1)p6w D 4-5 (G . Delling)

che si compiono nell'evento de11a pas- del 'discorso del campo', cosl ricco di
sione; evidentemente viene riconosciuta contenuto 71 ; Act. 13,25, a proposito
anche ad esse quella validità che spet-
ta alla parola divina dell'A.T.
<lei Battista (~ 'tPÉXW ), sottintendendo
forse: secondo la volontà di Dio; 19,
Secondo Le. 22,r6 la cena pasquale 2 r (al passivo) per concludere la nar-
sarà compiuta nella futura pienezza del- razione dei numerosi avvenimenti di
la comunità di Dio. In quale senso, non Efeso. b) Condurre a termine, esegui-
è detto; perciò si danno parecchie inter- re, a proposito di azioni comandate; si
pretazioni. tratta quasi sempre di incarichi ricevu-
Con la cena pasquale si pensa alla li- ti da Dio che vengono eseguiti intera-
berazione dall'Egitto 66 ; in questo caso
mente, in particolare di servizi resi in
evento veterotestamentario ed escatolo-
gico si contrapponebbero l'uno all'altro una comunità detctrninata o in tutta la
come tipo e antitipo 67 • Ma il giudaismo cristianità: il concetto di esecuzione
collega con la Pasqua anche l'attesa del- completa è evidente neJl'acccnno di Col.
la liberazione futura 68 ; in questo caso
Luca proseguirebbe semplicemente la li- 4,r7. Questa accezione del verbo de-
nea giudaica. Sopra tutto però i vange- signa anche tutta l'attività di Paolo
li presentano genericamente il compi- nel grande arco dcl Mediterraneo o-
mento escatologico nella .figura di un
rientale: ho interamente at111ato (al per-
banchetto 69 ; e allora l'espressione di Le.
2.2,16 sarebbe unicamente riferita alla fetto: Rom. 15,19, ~ III, col. ro82).
situazione concreta del momento. Que- Lo stesso vale a proposito dell'annun-
sta tesi non è affatto inverosimile, se si cio in Col. 1,25, di una parte dell'attivi-
fa un confronto con Mc. J4,25 e par. 7()
tà missiÒnaria in Act. r4,26, di un aiu-
5. Terminare. a)1tÀ.T)p6w implica un to (Aci. r2,25), dcl destino di morte di
senso puramente temporale solo in Gesù (Le. 9.JI, con un'espressione scel-
quelle frasi in cui si parla esplicitamen- ta non a caso). c) Portare alla misura
te di una misura di tempo. Nei passi piena e massima, a perfezione, sempre
seguenti è chiaro che si intende, secon- con un oggetto impersonale (per Col.
do il contesto, terminar di fare qualche 2,ro -)o col. 659). All'attivo: Paolo
cosa, portare a termine. Le. 7,r, con prega per i Tessalonicesi affinché Dio
una certa solennità, in considerazione voglia in essi portare a compimento (2

finale (il più ovvio, del resto) di questo tw.1.. 7J Cfr. H. ScHURMANN, Der Pnschamahlbe-
00 ZAllN, Lk.; ScHLATTER, Komm. Lk., nd I.; richt Lk 22,(7,14)15 - 18,1, Ntl.Abh. 19,5
B. WEiss, Dns N.T. 11 (1905), nd I. (1953) 21 s.; M. BLACK, The «Ft1lfilment» in
67 Cfr. PREUSCHF.N·B.mER' 1223 con biblio-
Jhe Kingdom o/ God: ET 57 (1945) 25 s. Se-
condo J. ]EREMIAS, op. cii. (--+ n. 68) 93,
grafia.
Mc. 14,25 è una ipsissima vox.
68 J. JEREMIAS, Die Abendmahlsworte ]esu 2 71 4- LJUNGMAN 57 s. pensa di poter stabilire
( 1949) 32.101; ivi alla n. 3 altro. bibliografia. nel N.T. un «ovvio rapporto fra 'riempire' e
W --+ u, coli. 825 ss.; HAUCK, Lk, a Le. 22,16. 'tutti'».
7tÀT)p6w D 5 - xXT)pwµci A I (G. Delling)

Thess. r,11) con la sua potenza(~ H , addio) e l'annuncio dei suoi messag-
col. l 5 49) il suo mistero di grazia (---'> geri (2 Io. 12 74 ; 1 Io. 1,4) mirano a
111, coll. 1129 s.), che porta al loro be- far sì che la gioia di coloro che a que~
ne 72, e l'opera della 1tLCT'tLç (~III, coll. sta rivelazione si aprono diventi o sia
868 s. ). Paolo prega i Filippesi di por- perfetta. Gli scritti giovannei in questo
tare al colmo ( 2 ,2) con la concordia la contesto non usano~ "TEÀ.Eiavv o altro
gioia che egli già prova per loro (4,1 ). verbo simile. Perciò 7tÀ.ijpoucri>a.i non
Al passivo: Paolo in 2 Cor. lo,6 fa con- connota il raggiungimento di un fine,
to che l'obbedienza dei Corinti diventi ma piuttosto una misura colma: me-
perfetta (le premesse ci sono già); a chi diante la rivelazione si riceve tutto, la
essa debba esser prestata, non è detto: pienezza perfetta 15 dell'opera salvifica.
l 'ubbidienza prestata a Dio 73 si comple- La gioia è completa perché essa dona la
ta con quella prestata all'Apostolo. salvezza piena che è stata largita con la
Negli scritti giovannei 7tÀ.1'}poucri}rxt è elevazione ed esaltazione di Gesù. Io_
riferito in una espressione speci6~a alla 1 6 .4 non si allontana da questa linea ca·'

gioia (~ xapet) che significa senz'altro ratteristica: colui che domanda la sal-
il compiersi escatologico della salvezza; vezza offerta nella comunione col Cri-
essa viene completata, giunge alla sua sto (cfr. v. 2 2 s.) riceve la promessa che
pienezza. La gioia del Battista, che è (proprio in questa comunione) 76 avrà
paragonata alla gioia che il paraninfo il dono di una gioia perfetta.
prova per l'unione dello sposo con la
sposa (~ vn, col. 1445), ha raggiun- t 1tÀ.1]pwµa
to il suo culmine con la venuta del Cri-
sto (Io. 3,29). Le altre frasi con 7tÀ.1)· A. IL VOCABOLO AL DI FUORI DEL NUO·
p6w sono tutte finali (con tva). Ad ec- VO TESTAMENTO
cezione di Io. 16,24, esse vogliono si-
gnificare che la rivelazione di Gesù ( r 5, I. Aspetti lessicali
rr; q,13, soprattutto nei discorsi di Già al di fuori del N .T . si constata
1l &.yci~WoV\11}nei LXX e altrove è adoperato 71 Il passo rientra probabilmente nella linea
tanto per il bene che gli uomini fanno ad al- degli :iltri testi giovannei e non indic;i la gioia
tri (lud_8,35, cod, A [cod. B: &:yaM]; 2 dell'essere insieme riuniti.
Chron. 24,16). quanto in genere per la condot- JS ScHLATTER, Komm. ]oh. a 3,29 rimanda a
ta moralmente buona dell'uomo (soprattutto espressioni rabbiniche con satem, per/etio, ~
~ _51,5); EMox(a. può anche connotare ìl mo- coli. 635 s.
do di sentire dell'uomo ~ III, coli. 1126 ss. 75 E. GuuN, Die Freudc im N.T.: Annales
Sarebbe possibile intendere anche cosi: Dio Academiae Scientiarum Fennicae B 37,3
voglia perfezionare in essi ogni proposito di ( 1936) 67-71: in questi contesti 1'CÀT)poùai)a~
agir bene. connota l'avverarsi di ciò che è oggetto della
73 ~ I, coli. 604 s.; SCHLATTER, Kor. 6r7 s., 11 gioia. Per la critica cfr. BULTMANN, ]oh. 387
10,5 : Cristo. s. n. 2.
?tì.1]pwµa A I 1 (G. Delling)

che il vocabolo ha una gran quantità di annovera il vocabolo tra quelli relativi
contenuti; perciò in ogni singolo passo alla guerra navale: -tà... -tTjç va:vµa:-
possono mescolarsi più significati lessi- xlm;) 2 e connota la stazza, il carico o,
cali, o anche ritrovarsi tutti insieme. secondo il contesto, l'insieme di ciò che
Ciò rende difficile la traduzione, e si ca- contiene l'arca (Philo, vit. Mos. 2 162) o
pisce quindi la tendenza a rendere il il contenuto comple$sivo della xa:À.oxa.-
termine genericamente con pienezza o ya:l>la (Philo, omn. prob. lib. 41), o
addirittura a tralasciarlo. Nell'uso speci- ricorre come sinonimo di ~pµa: ·(Philo,
fico esso ha in comune con rcÀl)pnç (~ omn. prob. lib. !28). Sempre nel lin-
coll. 633 s.) e 1tÀTJp6w (~col. 654) l'i- guaggio navale può indicare la ciurma
dea della misura piena. Connota in par- (in Plutarco, ad es., questo è l'unico si-
ticolare la compattezza, la mancanza di gnificato e figura 8 volte nelle vitae, an-
spazi vuoti. che al plurale); cfr. Hdt. 8,45; Lys. 21,
10 ecc. Inoltre può connotare in genere
.1. Ciò che riempie 1, il contenuto (al la squadra di lavoratori (P. Petr. n 15,
completo), ad es. di una cesta (Eur., 3,2 [m sec. a.C.J, ~II, col. 567; cfr.
!on 1412). Lo si dice correntemente a il nostro termine 'unità'), il complesso
proposito di navi (Poll., onom. 1,121 della popolazione 3 di una città (Ael.
7tÀ.i}pwµa lenlitlia11ischen Gnosis, NGG Philosophisch·
Oltre la bibliografia indicata per -+ 7tÀ.t]p6w historische Klasse (1920) 179-242; REITZEN·
(coll. 641 s.): BAUER, lg11. 192; F.C, BAUER, sTEIN, Poim. 25 s. n. 1; J.A. RoBINSON, The
Vie chr. G11osi! (1835) 129 s. 141s. 156 s. 166 Church as the Fulfilment o/ Jhe Chrirt: Exp
s.; BULTMANN, Joh. 51 s. n. 7; L. CERFAUX, La v 7 (1898) 241-259; In., St. Paul's Epistle lo
Théologie de l'Églire suivanl Saint Paul, the Eph.2 ( 1907; = 1943) 42-44.87-89.no s.,
Unam Sanctam 10 (1948), indice s.v. 'PlérO- spec. 255-259; ] . ScHMID, Der Eph. des Apo·
me'; DIBELIUS, Gefbr.1 a Col. 1,19; J. Do· stefr Paulus; BSt 22,3·4 (1928) 182-193-420
PONT, G11osir, La connaissance religieuse dans s.; T. ScttMIDT, Der Leib Christi (1919) 180-
/es ép11res de Saint Paul, Universitas Catholi· 191; A.F. SIMPSON, Pleroma, in ERE x 62·
ca Lovaniensis, Dissertationes ad gradum ma· 66; G. Or. STORR, Opusc11la ·1 (1796) 144·
gistri in Facultate theologica n 40 (1949) 187; A. WIKENHAUSER, Die Kirche alJ der
spec. 415)-427.453-476; Eu. DR FAYR, Gnosti· mystische Leib Chrisli 2 (1940) 187-191.
1 Corrispondentemente al significato abituale
quèJ et Gnosticirme 2 (192,); C.F.A. FRlTZ·
SCHR, Pauli ad Romat1os epirtula n (·1839) del suffisso -µa (DRBR., Griech. W ortb. S
465)-473; J. GRILL, Untersuchungen iiber die 311; · cfr. SCHWYZER 12 522 e: «Più tardi, di
E111s1ehung des vierten Ev. 1 (1902) 364-372; massima, nomina rei octae») il risultalo del
Sr. HA.NSON, The Unity o/ the Church in the riempire e· quindi l'intero co11tenuto [DE·
N.T., Acta Seminarli Neotestamentici Upsa- BRUNNBR].
liensis 14 (1946) 15'·161; H.J. HoLTZMANN, 2 Persino qui si presentano per lo stesso pas·
Lehrbuch der nt.lichen Theol.2 (1911) I 1_s6- so parecchie possibilità di interpretazione; in
. J5~i n .i76-280; H. JoNAs, Gno.Jis u. spiitanli- Drrr., Syll.3 II 709,40 (c. 107 a.C.) potrebbe
ker Geist 1 2 (1954) spec. 362-373; W.L..KNox, essere che per lµ 7tÀ.TJpWJ.Laut. -tp~a-l si sia in-
Sl. Paul and lhe Church o/ the Genti/es (1939) teso il carico (MouLT.-MILL., s.v.), la nave,
. 163-166.193 s.;J.B. LIGHTFOOT1 Saint Pauls forse anche la ciurma•
Epistles Jo Jhe Colossians a11d 10 Philemo11 l L'accezione completamento non è in realtà
(1904) 2.:u-:q1; W. LocK, .Pleroma, in D.B. documentabile; comunque essa non c'è nel te-
1v 1 s.; C.L. MrrroN, The Epistle to the Eph. sto, cl:i.e si cita di solito, di Plat., resp. 2,
(1951) 94-97; F.R. MONTGOMERY HITCHCOCK, 371 e: qui TCÀ.'l')pwµ« è formalmente il conte-
The Pleroma as the Medium of the Self-reali· 11u10 della citt~ (TCì..'l'Jpwµ.a ... -n6ì..ttliç ttai.v...
sation o/ Christ: Exp vm 24 {1922) 135-150; xal µ~aiw·tal [mercenari]) e secondo il sen-
K. MOLLER, Beilriige zum Versliindnis der va· so la popolazione (necessaria) che vi abita.
1t).1)pwµa A I 1-4 (G. Delling)

Arist., or. 21,9) intesa in origine come il compless.o n.umerico più perfetto).
numericamente compatta; l'insieme del-
le professioni costituisce il 1tÀ:qpwµa. 3. L'accezione ciò che viene riempito
della 1t6À.ic;, cfr. Aristot., poi. 4.4 (p. al di fuori della Bibbia è testimoniata
1291a17). sicuramente solo nel caso della nave a
2. Con questo primo significato si
equipaggio completo, dell'unità navale
collega facilmente l'idea di completezza (Luc., verae historiae 2 .3 7; 1tÉV'tE ...
e perciò quella di grande quantità e an- 7tÀ..1)pWµc.t't<X 38; Hesych., s.v.). In altri
che di somma complessiva (t:>o"'t'E xa.I. casi il significato è incerto: l'anima di-
venta un 1tÀ.1)pwµa. apE'tWV, cioè è com-
Èc; XLÀ.t'.ovc; -tò 1tÀ.1}pwµc.t 'tijc; yEpoucrlc.tc;
cx.ùç11iHjva.i, «cosL. il plenum dell'as- pletamente l'iempita di 5 virtù in forza
. semblea degli anziani fu portato a mil- delle doti naturali, dell'apprendimento
le membri» (Dio C. 52,42,1 ), di tota- e dell'esercizio, oùo~v É\I ta.u'ti] xcx.'ta-
lità (rcwv q>lÀ.wv 7tÀ.1]pwµ'cd}polcrac;, «a- À.moucra XEv6v, «non avendo lasciato
vendo radunato tutti quanti gli ami- in se stessa spazio vuoto» ( Philo, praem.
ci», Eur., Ion 663 s.), di entità comple- poen. 65).
ta {1tÀ.1}pwµrt ... 1tOÀ.Uet:vDpW1tO\J crvyyE-
\IElc.tc;, µ1'}0Evòc; ÉÀ.À.wpDÉ\1-toc; il µi- 4. L'azione del riempire, il riempi·
povc;... , «l'intera massa di un numeroso mento, designato con una certa proba-
6
parentado, non esclusa nessuna parte» bilità in Eur., Tro. 823 s.: Zt}\loc; E-
cioè ne$sun grado di parentela , Philo, 4 xw; xuÀ.lxwv ?tÀ.l)pwµa., xcx.À.À.lcr'ta.v
praem. poen. ro9 ). L'offerta di se stes· À.a.-rpElav, «ti è affidato il compito_ di
si a Dio, in quanto è 'ltÀ.i]pwµa. xaÀ.oxc.t- riempire le coppe di Zeu.s, l'ufficio più
ycx.l)(ac; è il sacrificio migliore (spec. bello» (detto a Ganimede); inoltre in
leg. 1,272). È detto ancora della durata Soph., Trach. u13: 1tupéic; 1tÀ.i).pwµ.a
massima della vita (Hdt. 3,22). In sen- (l'atto di accatastare la legna da ardere
so più generale il vocabolo connota an- per Eracle) 7 • Inoltre a mio avviso si
che la massa, ad es. di uomini (Eur., trova in Philo, Abr. 268: la fede in Dio
Or. 1642 ); 7tÀ.-/ipwµ6: ·twoc; eu-cuxlixc; è è 1tC1.pl)y6p11µa ~lov, 1tÀ.1)pwµc.t XPll-
«la- pienezza . di una situazione felice» CT't'W\I ÈÀ.7tl&wv, aqioplc.t µ!\/ xcx.xwv, a-
(Philo, leg. Gai. r r ). Infine 'ltÀ.1]pwµ.a yai}wv &È q>opci, «qualcosa che incorag·
si avvicina (cfr. ~ col. 634) al signi- gia aUa vita, riempie di buone speranze,
ficato di compimento (Philo, spec. leg. allontana i mali e apporta i beni», ecc.
2,213: la festa dei Tabernacoli è il co- In questo contesto 'ltÀ.-/ipwµcx è in pa-
ronamento delle feste [accanto a <Tuµ· rallelo con '!t<Xpl}y6pnµc.t ~lov e la sc~l­
rcÉpao-µrx., conclusione]; ibid. 200: il ta del vocabolo è determinata dalla de-
numero IO è 1tÀ.i]pwµa. ... 'tEÀ.Et6'ta:tov, sinenza (cfr. Rom. II,12).

Analogamente E. PERCY, Der Leib Chrisli l'antitesi con XEV6v "(P. KATZ]; altri invece
(l:wµr1. XpLCT-tou} i11 den paul." Homofogumena intendono: totale, somma complessiva.
11. Anlilegomena, Lunds Universitets Arsskrift, 6 O forse: «Tu tieni (in mano) la misura pie-
N.F; I 38,1 (1942) 51 n. 93. na della coppa di Zeus» = «ti curi di mesce-
4 Cfr. J. GEwrnss, Die Begri/fe n).'l')poiiv "· re a Zeus la coppia piena». Cfr. Eur., Ion
n).:lipwµa im. Kol.- u. li.ph.-Brief, in: Vom 1051: xpix-ti}pwv n).11,,Wµa-trx. [DEBRONNER].
Wort d~l Lebens, Festschr. M. M~inertz, N,T, 7 Ambedue i testi in LIDDBLt..ScoTT, .s.v. so-
Abh. Erg.-Bd 1. (1951) 135. no elencati con questo senso; Thes. Steph.,
5 Cosl forse si deve intendere a cause del- .r.v. per Euripide: uhi 'lt),.1)pw01.c; dici poterai.
7tì..Tjpwµa. A II 1-3 (G. Delling

II. L'uso di alcuni testi letterari Ez. 5,2 [Dan. 10,3, Teod.J); invece a-
doperato in funzione aggettivale signi-
r. Nei LXX il vocabolo è usato solo
fica violento (riferito al vento: I er. 4,
in senso spaziale; soprattutto connota
r 2 ). Abbiamo cosl elencato tutti i passi
il contenuto (Eccl. 4,6), in particolare dei LXX; come si vede, in essi 1tÀ.i)pw-
la pienezza completa, ad es., degli abi- O'tc; indica ancor più chiaramente l'azio-.
tatori e delle ricchezze del mare ( 3 vol- ne, mentre nel N.T. anche per essa con-
te) o della terra (8 volte; ad es ..t!J 23, tinua a figurare soltanto 1tÀi}pwµa.
1); in Cani. 5,I2: rcÀript:.lµa.'t"a. ùM't"wv
sono le acque abbondanti ( 12b: 7tÀ1)- :i. Ignazio nsa il vocabolo in un cer-
pwµa. = la pienezza), oppure semplice- to senso col valore di rcÀt]pocpopla. nel-
mente la distesa d'acque ( 12a: 7tÀ.1)pwµa. !'accezione a) (~ coll. 709 s.). Nel-
= ciò che è pieno). Nelle al tre tradu- l'intestazione di Trall. Èv -tQ 1tÀ.'l)pw-
zioni il vocabolo è cosl usato: Aquila, µa.·n va probabilmente riferito all'li-
Simmaco e Teodozione hanno 7tÀ.1)pwµa. crnci.soµat che precede immediatamen-
in Ex. 28,17 per millu'J (guarnizione, te: nel saluto di Ignazio bisogna sottin-
montatura) 8 e in ljJ 95,11 (come i LXX) tendere tutta quella pienezza di auguri
per m'lo'. Inoltre Aquila in 2 Ba.cr. 5 ,9 che contengono le lettere apostoliche
adopera meccanimente 7tÀ.1}pwµa. per il del N.T. 10 Anche l'intestazione di Eph.
nome millu' (propriamente colmatura). parla della pienezza con cui Dio ha be-
D'accordo con i LXX, esso figura anco- nedetto Ja comunità destinataria della
ra in Aquila in Ez. 12,19; in Simmaco lettera 11 • Giustino (dial.22,9; 36,3; 73,
in ~ 97,7; Ecci. 4,6 (sempre come tra- 4), analogamente a r Clem. 54,3 (cita-
duzione di m"lò'). Ancora in Simmaco, zione di ili 2 3 ,r ), usa 1tÀ.i)pwµa. solo con
ma non nei LXX, in Is. 31,4 rende m•/o'. riferimento alla terra e al mare (~ so-
Istruttivo è il confronto fra 7tÀ1)pwµa. e pra). Clemente Alessandrino, oltre che
?tÀi)pwcnç anche (-7 n . 8) nei LXX: sono in notizie riguardanti la gnosi eterodos-
ambedue adoperati senza distinzione per sa, adopera il vocabolo solo parlando
m'lo' 9 ( rck{]pwcr~ç, ciò che riempie la di nutrizione (paed. r,96,3; 2,103,2).
terra in Deut. 33,16, il paese in Ez. 32,
15 ); in Iudith 8,31 s'intende l'azione 3. Nel Corpus Hermetiwm 'ltÀTJPW- · i
del riempire (le cisterne), e cosl forse µa è usato non secondo le formule del- ::1.i
anche in Ex. 35,27; in I Chron. 29,2 la gnosi cristiana, ma piuttosto con un '·1
(incastonare un ornamento, cfr. sopra significato parzialmente affine a quello
Aquila, Simmaco, Teodozione). Con va- di 'ltÀ'l']pÉcr-ta.-toc;, assolutamente colmo
lore temporale nÀ.i)pwcnc; connota il in Lact., inst. 4,6,4 (Scott 298): il co-
compiersi di un certo spazio di tempo, smo (che è il secondo dio) è '1tÀ.7')pfo·-ta.-
il giungere di una scadenza (Ier. 5,24; 'toc; 7tciv-rwv 'tW\I &ya.i>wv (cfr. Corp.
B Invece per millu'im, montatura, castone, di Num. 22,18; 24,13; Ex. 16,33; 9,8; Jr. 6,3),
Ex. 25,7; 35,9 Aquila, Simmaco e Teodozione TCÀ.ij1'oç (Gen. 48,19), 7t0.V'l'Ec; (Mich. l,:z), ot
leggono 1\'À:i'1pwcnç; per lo stesso termine e- X«TOLXOUVTEç (Am . 6,8, ecc.).
braico nel significato cli assunzione del ser-
vizio (Lev. 7,37) e di sacrificio di insedia- rn Cfr. anche BAUER, lgn., nd l.; F.X. FUNK,
mento (Lev. 8,33) altre traduzioni greche usa- Patres Aportolici 12 (1901), ad l.
no il medesimo vocabolo TCÀ.TJ(JW~ (i LXX 11 H.W. BARTSCH, Gnostischer Gut u. Gc-
invece hanno 'l'EÀ.Elwcnç). meindetradition bei Ign. v. Antiochien (1940)
9 Per m'/{j' si ha tra l'altro anche 7tÀ.TJPTJ<; (4 32 accenna ad elementi che inducono alla
Ba.u. 4,39; Lev. 2,2; 16,12; 5,12; fod. 6,38; gnosi valentiniana.
1t)..l)pwµct A II N (G. Delling) (vr,299) 682

Herm. 12,15: il cosmo 1tÀi]pwµci fo··n eoni superiori (Hipp., ref. 6,29,6; cfr.
-rfjc; swfic;); per contenuto è contrario Iren., haer. 1 ,r ,r ). Il pleroma è per na-
n quanto si legge in 6 A: ò yap x6crµoç tura vicinissimo a Dio, ma resta unica-
o
1tÀi}pwµ6. Écrn ·d}ç xaxlac; 12, 5È i>Eòc; mente produzione di lui, e perciò Dio
-i-ou àyai}oO (il mondo è puro male, Dio è al di sopra del 'ltÀl]pwµcx., come µovo:;
puro bene). In 16,3 si dice che Dio, arÉwn..oc;, ov 't'61tov Exwv, ov xpé\lov ...
signore e creatore del tutto ( 'tW\I OÀ.W\I), &.vr.mavéµt\loç cx.ÌJ"tÒç tv E(J.V"t~ µ6-
è tutto e uno, «poiché la pienezza u \loc;, «il solo che sia ingenerato, al di
(1tÀi}pwµa) di tutto è una e in uno»; fuori dello spazio e del tempo, e l'u-
il tutto non è una seconda entità ac- nico che riposi in se stesso (Hipp., re/.
canto all'uno, entrambi sono insepara- 6,29,5) 16• È possibile che l'uso speci-
bili; 7tciv-rcx non si deve intendere É7tt fico del vocabolo sia derivato dal suo
1tÀ1)&ouc; (come somma), ma È1tL 1tÀ:1']· significato di totalità. Esso implica nel-
pwµa"toç (come totalità). È chiaro che lo stesso tempo un giudizio di valore:
mediante il termine 7tÀ.1}pwµa viene it)..1)pwµr1, allude manifestamente alla
precisato un concetto della divinità nel pienezza dell'essere propria di ciò che
quale Dio e il mondo si compenetrano. esiste davvero e nel senso autentico del
Anche qui il vocabolo è usato in modo vocabolo 17 • Solo cosl si spiega che gli
puramente formale. possa venir contrapposto il xÉvwµa, che
significa il vuoto di ogni elemento divi-
4. Nella gnosi cristiana 14 , specie nei no (Epiph., haer. 31,16,1: essere ~"
Valentiniani 15, 'ltÀ.1)pwµa è termine tec- O'XLciç xat xEvwµaToc; -réitoLç «in luo-
nico soprattutto per il complesso dei ghi [ ! ] d'ombra e di vuoto», significa
trenta eoni (Epiph., haer. 31,10.13; cfr. essere Eçw... q:>w"tòç... xat it)..'l')pwµa-
1."Ò 7tfiV JtÀ:r')pwµa "tW\I aiw\lw\I, 31, 1 3, "t"oc; 18• Phil. 2,7 viene spiegato in Clero.
6). Evidentemente Dio («il padre del Al., exc. Theod. 35,1 come un abban-
tutto») non appartiene al pleroma; egli dono del pleroma da parte di Gesù 19 ) .
ha emanato e costituito fuori di sé gli Siccome però fra le due sfere vi è una

I! Sco'J'T 169,17: una massa di malvagità; -+ LIGHTFOOT 269·271.


comm., ad l.: completamente riempito, tanto 16 -+ DE FAYE n9: «Il pleroma è... la divini-
che non resta spazio per nulla di buono. ->
tà senza Dio stesso»; 4J8: «Dio... è una
JoNAS 149: «la pienezza del male». C.H.
pura astrazione ... è al di sopra delle idee e dcl
Dooo, The Bible and lhe Greeks (1935) 127: mondo intelligibile».
totalità (cfr. anche 134).
17 Di conseguenza 'il tutto' nella gnosi valen·
u Totalità [K.nz]. Per il Corpus Hernreti-
tiniana può coincidere di fatto col 1t)..ljpwµa
rnm -> DuPONT 451-46r. 459: 1tÀ:fJpr·J~ux nel
Corpus Hermet.icum dev'essere inteso nel sen- (-> MuLLER 179 s. a mfo avviso esagera). Il
so stoico; il cosmo è nello stesso tempo unità mondo materiale non appartiene al 'tutto'.
e molteplicità, è il complesso delle cose, com· IS Il suo contrario formalmente può risalire
penetrato da un principio divino. alla terminologia della filosofia presocratica,
M È incerto se al testo siriaco delle Odi di che contrappone, quali U'tO~)(E~a, il -rb 1tÀ:i}-
Salomone sottostia il termine tecnico gnosti- pE<; come 't'b g\l e -tl> XE\IOV c:ome 'tb µ-Ji èSv
co (BuLTMANN, ]oh. 51 s. n. 7). W. FRAN· (4 col. 635: 1tÀTJP'l"J<;), Come sinonimo di
KENBERG, Das Verstiindnis der O. Sai. (19n) xtvwµa si usa anche ÙO''tlPTJµa, mancanza di
per i passi citati dal Bultmann sospetta che ci vero essere (Hipp., re/. 6,31,6). Altri testi -+
fossero vocaboli appartenenti al gruppo 'tE· LIGHTFOOT 267 n. l.
)..ELO·. 11 Nelle trattazioni cristiane la distinzione
H Per la presenza dcl vocabolo in altri testi gnostica fra il Gesù terreno e il Cristo celeste
nÀTjpwµa. A II 4 (G. Delling) (v1,300) 684

nettissima separazione non solo di na- ve radunare di nuovo tutto ciò che in
tura ma anche di spazio, il 7tÀ1)pwµa origine è pneumatico. Perciò l'uso del
formalmente appare soprattutto come vocabolo nella gnosi cristiana implica
un concetto di luogo 20 e connorn il evidentemente anche l'idea di perfezio-
mondo supremo e pneumatico ( -cò ù.6pa.- ne (cfr. anche Hipp., re/. 6,34,2: tv' n
-.ov xoct 1t'VEvµa-.Lxòv... 7tÀ1]pwµa: -cò 'JtÀ.i]pwµoc h1 cìpti>µiil -.EÀElct.> <TU'V1)-
Epiph., haer. 3I,10,13) totalmente se- i}p0Lcrµi\lo'V, «affinché il pleroma si tro-
parato 21 mediante l'"Opoc; dal mondo vi tutto insieme raccolto in un nume-
inferiore, dal cosmo, che è creato 22 a ro perfetto»). Lo dimostra lo stesso im-
immagine del pleroma (Clem. Alex., piego del termine al plurale. Gli eoni,
exc. Theod. 22,4; 42,1)2.1. Dal pleroma le potenze trascendenti che sono deri-
Gesù 24 ha condotto con sé gli angeli, vate per sizigia in un determinato or-
che non possono tornarvi se non con gli dine dagli coni superiori (Iren., haer.
Gnostici a ciascuno di essi corrispon- r,1,r s.), sono designati a loro volta co-
denti (exc. Theod. 35,I.4). Tutto il ple- me 7tÀl)pwµct't'a: ~era lx <TV~vylctc; 1tpo-
roma è la camera nuziale (wµqiC.:w) nel- ÉPXE't'<L~ 'JtÀ.1]pwµa.-i-<i lcr'tw (Clem. AL,
la quale entrano i pneumatici che si strom. 4,90,2; exc. Theod.32,r; cfr. 33,
sono spogliati delle loro anime, han- 1; Iren., haer. r,14,2 all'inizio; r4,5 =
no raggiunto gli angeli-sposi e son di- Hipp., re/. 6,43,1; 46,J). Infine itÀ:IJpw-
ventati spiriti puri (alw\IEc; 'VOEpol, exc. µct, con logico svolgimento delle due al-
Theod. 64). Il redentore Gesù 25 , se- tre accezioni, ne assume una terza: esso
condo un'espressione che ricorre conti- può connotare anche il partner angelico
nuamente in Hipp., re/. 6,32,i.2.4.9j dello gnostico (~ col. 683 ). Il 'mari-
34,3; 36,4, è il «frutto comune del ple- to' della Samaritana (Io. 4,17) è il suo
roma», prodotto da tutti gli eoni, e per- pleroma (1tÀ.1]pwµa. a.v-.ijc;), col quale
ciò egli stesso eone particolarmente essa deve unirsi per raggiungere la sal-
grande (ibid. 32,6). «L'intero pleroma vezza 26 • Qui il concetto di salvatore che
degli eoni... ha prodotto la bellezza più viene dal mondo superiore è individua-
perfetta e l'astro del pkroma, il frut- lizzato all'estremo: ognuno che sia ca·
to perfetto, Gesù, che è pure chiama- pace di redenzione ha il suo redentore
to redentore e Cristo ...» (Iren., haer. personale che può portare lui, e lui sol· .~
I ,2,6). Nel 7tÀ.1]pwµa, insomma, si de- tanto, nel mondo superiore, quasi 'sua' ':'.~
-~

non è sempre fatta con chiarezza (la tensione 6,31,1: t6pu~oç ly~vi:.-to E.v -ti!"> Tt).T]pWµtt'tL).
appare evidente in Hipp., re/. 6,36,3 [cfr. 3,, 22 Evidentemente è separato anche da Dio e
4-6]; Iren., htter. l,16,1), come del resto le perciò in Valentino stesso in origine vi sono
frasi a noi tramandate restano in gran patte due "OpoL (Iren ., haer. 1,u,1; ~ }ONAS 367}.
senza unità e non risultano sistematicamente 21 Ireo., haer. 2, praeJ. 1: conditionem secun-
coordinate. dum imaginem invisibilis... Pleromatis /aclatn
20 Il 'TtÀiipwµ<.t si trova verso oriente (dove è dicunt.
il mondo divino, secondo la concezione anti- 24 4n. x9.
ca; cfr. F.J. OOLGER, Sol saluli:r 2, in Litur- 2; Per il nome cfr. Hipp., re/. 6,32,2; in 36>4
giegeschi1=htliche Forschungen 4/5 [1925] egli è detto il secondo Cristo.
indice s.v. 'Osten' e 'Osthimmel'; sul cosmo, 26 Cosl Eracleone in Orig., comm. in Io. 13,
G. HoFFMANN, Zwei Hymncn der Thomarak- II a fo. 4,17; egli è il SUO crul;.U"(CllO &;nò Tl").'ft
ten: ZNW 4 (1903) 289 s. 292. ptl>µa-toi;, il suo marito proveniente dal ple-
21 Non si vuol con cib affermare che esso sia roma, col quale essa deve pervenire alla
al riparo da ogni perturbazione (Hipp., re/. sizigia (4 LocK 2).
685 (v1,300) 1t).1Jpwµa. A II 4-B 2 (G. DeUing) (vr,300) 686

celeste· perfezione. Anche qui ciò che in [28,4]; 56 [117,22]); si tratta di un


fondo è determinato è il concetto di va- concetto formale indicante l'unità, la
lore. totalità in contrapposizione all'articola-
zione in membri o al singolo (cfr. Corp.
5. Nel de mysteriis di Giamblico Herm., ecc.).
r.À-i)pwµci. connota iI contenuto: quando
l'anima si unisce agli esseri divini rice-
ve -rèt. àÀ1)i>fo'-ret:ta ... 1tÀ'r)pwµa-ça -rwv B. IL VOCABOLO NEL NUOVO
VOija"EW\I (3 1 3 (p. I07,7)); 't'èt. O'È1tL TESTAMENTO
yi]c; lv 't'oic; 1tÀ.1Jpwµacn -rwv i}Ewv
EXona 't'O E!vet.~ (I,8 [p. 28,18]). In Occorre notare che già nelia Lettera
Proda, in Tim., l'uso linguistico vien ai Romani 'ltÀ.i}pwµa figura in significa-
precisato lungo una linea ben definita:
ti diversi. Il vocabolo è usato abbastan-
il.plurale (che s'incontra r5 volte) de-
signa i contenuti, l'idea di completezza za volentieri da Paolo proprio per la
è espressa con l'aggiunta di '1tci..v't'a ( 2, sua ricchezza di riferimenti.
67 e 77 ) o di oÀ.<X. (3,r60 b 28). Il singo-
lare, che figura 8 volte, abbraccia i si- I. Ciò che riempie, il contenuto (Mc.
gnificati di contenitore (anche 1tÀ.1}pwµa 6,43; 8,20; in una citazione dell'A.T.
Erval 't'~vwv = essere pieno di qualco-
sa; l'anima, che è essa stessa ELOoc, in I Cor. 10,26 [-->- col. 679]; la top-
[idea], 'ltÀ:iipwµti la-'t'w dSwv: 3,208 pa (Mc. 2,21 = Mt. 9,16 [ ~ xx, coll.
b 29 ), e di complesso, sintesi. Cosl ad es. 442 ss.]).
i:ò µlv m'.i-co~0ov 'ltÀ:{ipwµci.. lO''t'~ 't'OV
1tÀ.1}i>ovc; 't'WV VO"f}'t'WV l;~w'V, «l'essere 2 . a) La misura completa. Cosl in
che vive di sé assommil in se stesso la Rom. II,25 relativamente al numero:
moltitudine dei viventi intelligibili» (4,
30
240 e ); dell'anima del mondo è detto:
la totalità, quasi equivalente di miv't'a;
7tÀ1)pwµa y6:p Ècr-t~ -twv éSÀ.wv, Elx6vcxc; .-à.... (dr. r,5), accanto a n:iiç 'Icrpeti}À.
EXOVO'a -tG>v 1taV't'W'V, «è il complesso del v. 26, per indicare il complesso dei
di tutte le cose, avendo in sé le imma-
pagani, con un'espressione piena, scel-
gini di tutte» (3,228 f31). Anche in que-
sti passi il significato tecnico proprio ta intenzionalmente(-+ Il, coll. rr2 s.).
della gnosi cristiana non .figura. Lo stes- In Eph. 4,13, ne] contesto di una meta-
so vale per l'ultimo dei neoplatonici, fora tratta dalla vita·personale: l'&.v1)p
Damascio. In de principiis 46 32 egli usa
7tÀ.1}pwµa ecc. per indicare l'indifferen- 'tÉÀEtoc; è l'uomo adulto; ad esso cor-
ziata(-->- vm, coll. 1276 s.) totalità del- risponde -ijÀLXta. che, in contrasto con
l'essere (h1 i:i;l àoLopl<n<t> TCÀ'r)pwµa't'L "lJmOL del v. 14, indica la condizione
'\'W\I ov-tw'll) e soprattutto connota col
dell'uomo giunto alla maggiore età ( ~
nostro vocabolo (anche al plurale) la
somma delle caratteristiche che costi- IV, coll. 101 ss.), pienamente maturo,
tuiscono la natura di una cosa (ibid. I4 che ha per suo prototipo il Cristo (v.

27 Ed. E. DIBHL J (1903) 220,4. J·) Ed. E . DIEHL III (1906) 8,18 s ....... DUPONT
467: somma.
2~ Ed. E. DIEHL II (1904) 68,15. 31 Ed. DIEHL l i (1904) 286,17 s.
29 Ed. DIEHL II (1904) 222,2. J l Ed. e .E. RuELLE l (1889) 92,6.
587 (Vl,JOO) r.).iJp<...~.w. Il 2 (G. Delling) (v1,301) 688

13). 1tÀi)pwµa quindi non può essere in- more di Cristo (v. i8 s. -+ I, coll. 129
teso nel senso di recipiente 33 , né inter- ss.) 35• In Io. 1,16 7tÀ.1)pwµ.o. riprende il
pretato nel modo gnostico corrispon- nÀ.i)p'l")ç (--)> col. 638) del v. 14 .'6; nel
dente a tale accezione (--)> rv, coli. 104 contesto si parla del Verbo incarnato.
ss.); si tratta semplicemente della mi- In lui tutta la pienezza della grazia di·
sura piena)A. I membri della comunità vina si è fatta presente e operante 37•
(--)> v, coli. 240 s.) che ha raggiunto Perciò l'atteggiamento di chi crede in
«la misura dell'età adulta, la dimen- Gesù può essere definito come un in-
sione piena del Cristo», non sono più cessante ricevere dalla sovrabbondant.a
dei bambini facilmente esposti a tut- di colui nel cui apparire storico Dio si
ti gli influssi (v. 14). b) Pienezza, ric- ;:innuncia son sovrabbondante liberalità
chezza. Questo significato è presente quale salvatore~.
in Rom. 15,29 (var. 7t).'Y)pocpopla., --)>
In Col. l,19 7tÀ.1)pwµa. compare iso-
col. 710). Qui vien naturale di risol- lato e usato assolutamente, ma nel qua-
vere l'espressione con un aggettivo: dro di una terminologia già altrove fis-
con la piena benedizione. Tuttavia l'u- sata; dr. già ~ 67 1 17: Eò56X1')a'EV Ò
l>ròç xa.Toixfr.,i i:v et.ÙT4} «a Dio piacque
so del sostantivo sottolinea la sovrab- di abitare in esso» (sul monte Sion). For-
bondante ricchezza (Vulg.: abundantia) mule di tal genere si trovano anche nel-
della benedizione con cui il Cristo ac- la letteratura rabbinica; qui tuttavia si
introduce l 'idea della Jek2na, condizio-
compagna il suo Apostolo. La frase fi-
nata dal rilievo che si vuol dare alla
nale (~va.) di Eph. 3,19 conclude cosl trascendenza divina (~ col. 6 53 ). Si
la preghiera dei vv. l6-19 a: che siate veda ad es. Tg. r Reg. 8,27: «~ piaciu-
ricolmi, in modo da divenire partecipi to effettivamente al Signore 39 di far a-
bitare la sua sektna fra gli uomini che
di tutta la ricchezza che Dio vi dona, vivono sulla terrai»> .a. Nella Lettera ai
principalmente nella conoscenza dell'a- Colossesi il Cristo prende il posto del

33 <1Alla misura di grandezza della comunità Cfr. la corrispondenza tra la fine del v. r4
.l6
riempita dal Cristo». e il v. 17b, Il v. 17& (lh~, v. 17•) spiega, mo·
M Tautologia con valore superlativo di µÉ- tivandola, l'affermazione del v. t6.
-tpov (1}À~x!ixç); forme di questo genere non 37 1tÀ1)pwµa; aù-tou, la pienezza manifesta in
stupiscono nello stile di Eph. Cfr. anche ~ lui; - col. 638 a 1,14. Né in senso gnostico,
n.44. né cosmologico: ~ DuPONT 469.
JS Per i'EL<; finale cfr. 2 Cor. 8,2 ~ m, col. 3,\ L'oggetto di n.a.~oµEv è espresso da ÉX
268; comunque è inteso in senso finale, dr. TOU (BL.-DEBR. 169,2) e il xal che segue è
la traduzione del DIBELIUS, Gefbr., ad l.; cpcsegetico (BL.-DEBR. 44.i,9); cfr. BuLT-
PREUSCHEN-BAUER\ s.v. '1t).'T)p6w r b; E. PER- MANN, ]oh. 5 1 n. 6.
CY, Die probleme der Kol.- u. Eph.-briefc, 39 'lr'i ii; per la rudice r", corrispondente al·
Skrifter utgivna av Kungl Humanistiska Ve- l'ebraico r1h, ~ lii, col. n27.
tenskapssamfundet i Lund 39 (1946) 301.38' 40 S. AALEN, Degrcpet 1tÀi'}pwµ« i Kol.- og
n. 34 ; v. anche la possibilità discussa alla ~ Efeurbrevel: Tidsskrift for Teologi og Kirke
col. 693. 23 ( 1952) 57s.
n)..ljpwµcx. B 2 (G. Delling)

tempio ebraico ~ 1 • Ma le affermazioni passi (1,12-20: preghiera di ringrazia·


vanno molto al di là di quelle rabbini- mento); -? VIII, col. 436.
che sul piano formale e su quello del
contenuto (cfr. Mt . r2,6 42 ), e anche al Col. 1,19 dice dunque che a Dio 46 è
di là dell'attesa ebraica di un tempo e- piaciuto che tutta la pienezza della na-
scatologico in cui Dio venga ad abitare tura (divina) prendesse (aoristo) dimo·
in mezzo al suo popolo (test. L. 5 ,2 ),
cioè, al dire di lub. r,17: nel suo tem- ra in Cristo. II contesto mostra chiara-
pio, «in mezzo ad essi»! 43 • Il termine mente che - in analogia a 2 Cor. 5, 19
rcÀ7}pwµ(l. pone l'accento proprio sul e 8 1 9 ecc. •7 - si intende parlare del Cri-
fatto che la pienezza dell'amore e della
sto storico (v. 20: o~à 't'OV ixtµa.1."oç,
potenza divina in tutta la sua estensio-
ne agisce ed esercita il suo dominio me- -rou <T't'a.upov a.Ù't'où) e perciò della pie-
diante il Cristo. Resta cos} spiegata an- nezza della natura del Dio che ama. In
che la scelta del vocabolo: esso si rac- Col. 2,9 è attribuita 43 (al presente) al
comanda per il suo carattere di totali-
tà 44 (cfr. l'uso del gruppo con radice Cristo crocifisso e glorificato tutta lo
rcÀi]p- soprattutto fo Paolo, anche ~ pienezza della divinità, intesa qui dal
coli. 8-13 ). Quindi non soddisfa nemme- lato della potenza •9 , Questa divinità in-
no l'intendere rcÀl]pwµa. come parola.
tera e indivisa appartiene in proprio al
chiave presa dai maestri di errore che
serpeggiavano a Colossi 45 , anche a pre- Cristo; 1tÀi)pwµa -.iic; 'Ì}E6n}'t'Oc; è una
scindere dal carattere liturgico dei due formula più forte che 1tÀ.lJpl)c; i}e6-cT]c;

41 AALEN, op. dt. (-+ n . 40) 60. Già G. CH. mondo (l'umanità) fu creato nella 'pienezza'
A. HARLESS, Commentar iiber de11 Brief Pau- di Adamo (cioè egli non aveva bisogno di
li 011 die Ephesier (1834) l2J a r,23: «Paolo svilupparsi ulteriormente); Adamo fu creato
esprime con itÀ:/11:wµcx. ciò che gli Ebrei in- in età di vent'anni (cfr. Eph. 4,r3!). [SpiegA-
tendevano in generale con Ikjnh»; cfr. L. zione del passo secondo RENGSTORF].
BAECK, Zruei Bcispiele midraschischer Predigl: 45 PERCY, op. cii. (-+ n. 35) 77: «quanto
MGWJ 69 :=: N.F. 33 (1925) 258-271 spec. mai inverosimile» a motivo dell'importanza
268 (n. 2: «concetti analoghi»). Similmente che ha per Paolo ciò che viene indicato con
AALEN (60 s .) non identifica i due concetti ma itÀljpwµa; dr. HAUPT, Gefbr. 39 n. 1.
tuttavia li considera come paralleli sia per 45 ~ m, coli. u17 .n30; LoHMEYER, Ko{. 65
forma che per contenuto in Col.1,19; 2,9 par.; n. 4. Il itÀ:qpwµa non è Dio stesso, come non
egli chiama in causa anche kobod (per Io. x, si dice che Cristo sia il 1tÀ1}pwµcx. (-+ m, coll.
14), sapienza (63 s., cfr. --+ KNox 164; contra 1 u7 s., n. 16; Dio per Paolo non è un'entità
~ DuPONT 470 s .) e bmqwm (65). Ma bisogna impersonale). Per giungere a questa interpre·
tener conto di ciò che itÀ:qpwµa ha di parti· tazione si congettura un XCX."to~xlua~, che evi-
colare. Le espressioni dei rabbini possono sol· terebbe il passaggio tbll'accusativo con l'infi-
tanto mettere in luce lo sfondo spirituale sul nito del v. 19 al semplice infinito del v. 20;
CJllale si delineano le frasi di Col. ma non è necessario.
~2 ScHLATTER, Komm. Ml., ad I.: «In Gesù 47 Evidentemente esiste una vera connessione
la presenza di Dio si realizza a un grado an- tra le frasi con itì..ljpwµcx. e quelle concerncn·
cor più elevato che nel tempio». ti la preesistenza e il Figlio.
o Forse va inteso in questo senso anche ~$ Contenuto polemico? (-+ O'"tO~XE~Cl.).
Jesi. D . 5,1 (V. LoHMEYER, Kol. 65 n . :r). ~9 -+ 1v, col. 464; AALEN, op. cit. (-+ n.
41 Ci si può riferire a m'le'4.~ completer.r.a, an· 40) 56: il v. 10, interpretato alla luce del v.
t'l1e per la frase di Gen. r. 14,7 a Gen. 2,7 : Il 1 :;, spieg11 il v. 9.
nJ..7)pwµa B 2-3 (G. Delling)

(divinità piena <o; per altri dati ---)- crw- vocabolo fosse usato come termine tec-
~~a."t~xwc;). Le formule con 1tÀ.1}pwµa. nico in senso gnostico.
Le frasi con 1tÀ1)pwµct compaiono in
nella Let_tera ai Colossesi mettono in parte in contesti in cui si tratta di Cri-
risalto la completa unità di azione fra sto come capo della txxÀ.riafa. I nessi
Dio e il Cristo in modo tale che non logici sono i seguenti: secondo Col. x,
18 ss. Cristo è divenuto capo della chie- '
risulta soppresso il loro carattere perso-
sa in quanto è il portatore storico del-
nale e nello stesso tempo si salva il mo- la pienezza divina, nel quale Dio si è ri-
noteismo; Dio opera mediante il Cristo conciliato con coloro che gli si eran
nella sua assoluta pienezza (r,19), nella fatti nemici. Dal capo fluiscono le for-
ze vitali che compenetrano il corpo;
sua perfetta divinità (2,9). perciò si può dire che Cristo lo riempie
agendo su di esso (Eph. I ,:22 s.). In
Bisogna notare che 1tÀ.1}pwµoc in Eph. quanto poi dimora in Cristo la pienez-
e Col. non è usato sempre in maniera za della divinità in tutta la sua forza,
uniforme né dal lato formale, né quan- egli è anche il capo delle 'potenze' (Col.
to al contenuto delle varie formule 51 • 2 ,9 s. ), le quali anzi sono in parte inse-
Col. usa il vocabolo in una sola linea, rite nella riconciliazione (Col. 1,18 ss.).
che però non ha rispondenza in Eph., Comunque in questi enunciati non si
la quale formalmente, e in parte an- può scorgere l'idea di un gigantesco cor-
che contenutisticamente, lo usa in tre po di eoni 52•
maniere diverse. Questo fatto non fa-
vorisce certo l'interpretazione di 1tÀ:r)- 3. In Eph. 1,23 la formula con 1tÀ.1)-
pwµct come termine tecnico, almeno per pwµa. è spiegata e ampliata dal genitivo .~
Eph. Non bisogna inoltre dimenticare che segue (-4 col. 658). 1t')..i)pwµa, !~~
che in entrambe le lettere più d'una
volta la frase con 1tÀ.1]pwµoc potrebbe connota il crwµa. quale tutto compie- :i~
essere formahnente sostituita con un'al- .
t amen/e nemptto. daIl'azione
. potente ·~~
,j~
tra avente l'aggettivo 'ltÀ.TJPni; o il ver- 53
del Cristo • Evidentemente continua, ·_:,;~
bo 1tÀ.np6w (anche se la scelta di 7tÀ:r1-
pwµa. ha le sue buone ragioni). Tale so- qui l'idea di 'corpo' di I Cor. 12 (dr,: 'i+·li,l
'I
stituzione non sarebbe possibile se il Eph. 4,16 ecc.)~. : ~~J
~;~
:~ ~
so Il N.T. evita, a quanto pare, l'uso assoluto termine 1tÀ:/jpwµtX, come abbiamo segnalato ~~

di "ttÀ:fipTJ<; in frasi propriamente teologiche sopra, non dispensa dal dovere di precisarne
(~ coli. 638 ss.); inoltre la frase assume una il più possibile il valore in ogni passo.
forma ancor più piena con l'uso del sostantivo s1 Cfr. in genere anche -+ HANSON n4-n6.
e l'aggiunta di nav. 129 S. I,59 S.
51 Nella tesi dello SatLil!R (-) col. 6;;9 n. 3.5 ), 5J Analogamente -) MtTTON 96. Contra: C.
dalla quale egli può scostarsi solo per Eph. r, F.D. MouLE, «Fulness» and «fili» in the N.
rn, il concetto viene cosl sfum:ito: «Nelle !et· T.: Scottish Journal of Theology 4 (r9,1) Si:
tere agli Efesini e ai Colossesi n'J..7)pwµa. è 1a Cristo è il pleroma di Dio; cfr. ID., A noie
realtà riempita di Dio, che nella sua pienezza on Eph r,22.23: Exp T 6o (r948/49) '3i
diventa riempitrice essa stessa. Nel concetto di E. J. Goodspeeds Theory Regarding the Ori-
'ltÌ.Ì"jpwµa. si fondono i tre significati for- gifl of Eph, ibid. 224 s.; contra PERCY, op. cil.
mali: ciò che è pieno, ciò che riempie e la (-+ n. J) 5I n. 93·
pienezza nel senso di sovrabbondanza» ecc. 5t Invece la concezione ebraica della presen-
La ricchezza di significato che ha in genere il za di Dio nel tempio non è affatto trasferita
tc>.:fipwµcx B N (G. Delling) · · ·

Qui si potrebbe prendere in conside- è dunque la ricapitolazio11e, ma il pie-


razione anche Eph. 3 1 19: cosi che dive- no adempimento pratico della legge, e
niate ciò che è completamente riempito perciò il contrario del formale ò:.vaxE-
dall'azione potente di Dio (per dc; cfr. cpaÀ.et.Lov-rcxL.
ad es. 2,22); tuttavia, pur considerando
l'affinità delle due frasi (r,23; 3,19) che b) Al passivo. In Rom. II,r2 il si-
incorniciano, riassumendola, la parte gnificato verbale si deduce dal gioco di
'fondamentale' della lettera, non è led· parole (~ col. 678) con i]n'l}µa, col
to lasciarsi indurre a interpretarle in
modo analogo fin nei particolari. quale 1tÀ.1}pwµa è in antitesi ed equi-
vale quindi a 'ltÀ'flpw&iivoc~ 56, giungere a
4. L'azione dell'adempiere. a) All'at· completezza numerica. Quando il nu-
tivo. In Rom. 13,10, come &.ya'lt"C) non mero dei redenti di Israele diverrà
connota affatto un sentimento morale, completo (in antitesi col 'resto'; ~ VI,
cosl 'ltÀ.-f}pwµa formalmente non è un coli. 580 ss.), anche i pagani potranno
concetto etico, nel senso di somma, ricevere la ricchezza del compimento
grado massimo. Ambedue i vocaboli ri- escatologico. È chiaro che in frasi ri-
guardano piuttosto l'agire. L'agire del- guardanti il piano salvifico 'ltÀ.1}pwµa è
l'amore (dr. vv. 8-rna) è adempimento usato in senso temporale con significa-
pieno e assoluto di ciò che Dio richiede to passivo. Cosl in Gal. 4'4 si potrebbe
nella legge. dire, più semplicemente: O'fE ÒÈ È'ltÀ.7}-.
Il significato attivo di Rom. 13,xo è pwlh) 6 xp6vo~ Sl. Ma la locuzione più
postulato dal v. gb (~ colt. 660 ss.). I piena non è casuale; già -l'jÀ.i>EV (si ve-
vv. 8bh- rob costituiscono un ragiona- da il par. 3 ,2 3 ! ) è un termine specifico
mento in sé concbiuso; la tesi enunciata
in 8b viene comprovata in 9-ro n (si noti dell'evento escatologico (~ III, coll.
iJ y<ip del v. 9) e ribadita a mo' di con- 935 ss.). In Gal. 4,4 non si dichiara
clusione in lob: qui la prova è raggiun- soltanto che un periodo di tempo fissa-
ta ( oùv ). Essa sarebbe mal condotta se
to da Dio è trascorso ed è giunta una
'ltÀ.1)pwµa avesse lo stesso significato di
avaxE<pcxÀ.atOV"t'a~, che appartiene inve- scadenza da lui stabilita 58• Il conçetto
ce all'argomentazione 55. 'ltÀ.i'}pwµa non di pienezza di tempo va decisamente al

all'azione ciel Cristo glorificato nella comuni- 55 I due vocaboli, di cui uno è molto raro
tà. Il concetto di tempio nel N.T. è collegato (~ v, coli. 386 ss.). sono accoppiati anche in
alla presenza di Dio nella comunità mediante Bph. 1,10.
lo Spirito Santo (cfr. -+ vn, coll. 863 s.). In ss Come ~•"t'r)l.14 è equivalente a i'rnticr&m.,
consf. Ap. 8,134 si prega òtt€p... 'ltll'V't~<; 'tOV essere in/etiore, stare al di sotto {rispetto
1tÀ.1JpWj.UX'toc; Tijc; lxxì..11cnac;; ma questa ai pagani). Questo è il significato cli Ti·n&.o-
supplica è preceduta de quella per i ministeri µa:L ad es. in Xenoph., Cy1op. J ,3,33; 4,32;
ecclesiastici; il senso del vocabolo è quello an. 213 123; 6,17.
profano di totalità (cfr. la distinzione fra 7t">.:l1· $7 LIETZMANN, Gal., ad I.
~ e !.EpErc; in Chrys., h'E_ m. in Act. 21 ,, Sl Cosl intendeva il giudaismo, STRACK·BIL·
[MPG 60,170]). LERBECK III ,70.,80.
1tÀi}pwµa. B 4 . ava.n'>-1Jp6w I (G. Delling}

di là di quello giudaico (-7 col. 665) 59 • llÉÀ.1)µ<.t [-+iv, coll. 295ss.], EÒOoxla.
Coll'invio del Figlio è senz'altro com- [-7 m, coll. u3r s.]).
piuto il tempo (cfr. I::ph. l,10); è al-
lora che esso raggiunge fo sua pienez· t à.va7tÀ.1)p6w
;:a non dello sua durata, ma del suo
1
l. Colmare ; al medio, la propria ca-
..1
contenuto. Questa frase non vuol can- •,
sa di beni (Eur., Hel. 907 ), una lacuna
cellare il tempo come tale, ma piuttosto nel verso (Luc., Tim. I), uno spazio vuo·
stabilire che 1'11zione salvifica di Dio ir- to ('tÒ xEvwbh1 mH..w à."mÀ.1]pwcrtv,
rompe direttamente nella storia 00 ; nel- «tornò a riempire il vuoto formatosi»:
l'evento storico del Gesù terreno (yEv6- Plat., Tim. 81 b), 't"'i}" ~opa.v (ibid. 79 b),
in senso traslato µÉpoc;; far la parte di
µEvov Èx yuva.Lx6c;!) Dio porta a com- un assente (P1at., Tim. 17 a 2 ). Comple-
pimento la sua azione escatologica. Que- tare un numero (Demosth., or. 14,16;
sto significato de!la locuzione con 7tÀ:r1- 2 7, l 3, al medio); a\IE7tÀ.1)povv "t"Ò "ti)c;
xa.U..ovijc; Èvapy~c;. «completavano lo
pwµa. è convalidato e chiarito da Eph.
splendore della bellezza» (e p. Ar. 7.5 ).
l,I0 • Il consiglio divino anteriore al
3
Supplire: Dio promette a Gedeone, il
tempo mira all'instaurazione salvifica quale fa presente la sua giovane età
e~ vm, coli. 428 ss.) della pienezza dei
e l'esiguo numero dei componenti la
sua tribù, a.Ù'tÒc; iva'!tÀ.'llPWO"EW 'tÒ
tempi: quell'instaurazione nella quale i À.d7tov, «che avrebbe supplito egli stes-
tempi dovevano giungere a compimen- so a ciò che mancava» (Flav. los., mtt.
to e di fatto si sono compiuti 61 • A que- 5,214); l'ardore dei combattenti a\IE·
7tÀ:i}pov -rei À.d7tovw., «suppliva a ciò _ <~
sto compimento degli spazi temporali che mancava» (in armi e in numero di '- i~
(a.lwvEc;, I Cor. ro,n; -7 'tÉÀ.oc;; cfr. uomini: Flav. los., beli. 4,198). Aggirm- r;~.;;J
xpovoc; in Gal. 4,4) tendeva il consiglio gere integrando, Et 'tL Èl;O..mo", ubv ~!)· -~ 1
primigenio di Dio: esso è fondato uni- yov ... CÌ\la.7tÀ.TJpWo"a.~, «se qualche co--. _ /:4
sa ho tralasciato, compete a te di comr;_ }ffi:)
camente sulla libera decisione divina (il pletare» (Plat., symp. 188 e); aggimV :->~
v. 9 allinea espressioni corrispondenti: gere completando (leg. 12,957 a); aù 1:'.lì
·:;:f
5? Esso non ha assolutamente nulla a che fare che mirava al compimento dei tempi, o simili.
con l'idea di evoluzione «nel senso che la du-
civan'>--np6w ;'<
rata di questo periodo di tempo e il giungere ., 'i
dcl suo momento terminale dipenda dall'evo· I Riempire 'fino in cima', 'fino all'orlo'; cfr. ,::.
Juzione interna che Israele doveva compiete». ScHWYZER II 440 [DBBRUNNER]. · · -:.~
Questa tesi è sostenuta da ZAHN, Gal. 200, 2 Cfr. &:rroTCÀ.1)p6w, che altrove corrisponde in /i
ad l.; ma egli non dice in che senso Israele larga misura ad àva1tÀ.1]p6w: C1't'pa:rn,;,'t'ol.I - · .«i~~
fosse maturo per la venuta del Cristo Gesù. 't'at;w, <le.tto di Tito che occupa il posto di\ ;~~
Cfr. C. SCHNEIDER, Ein/iihr1111g in die nt.liche un semp!tce soldato (Flav. Ios., beli. 5,88);: ·. :\.~
Zeilgeschichte ( i934) I. xwpa.v cutorrÀ.T]pWuct~ livDpwmx-f)v = assol· )~
"" Storia, naturalmente, non nel senso di qual- vere il compito di un vero uomo, essere un. . •;i~
cosa di cui l'uomo dispone, ma in que1lo di autentico uomo nel proprio comportamento. ·:;t~~
ambito della sua esistenza. (Epict., diss. 2,4,5). <Ì1tOTCÀ.T]p6w manca nei · :&1
61 Con minore probabilità: al piano salvifico LXX e nel N.T. ~-
6.va.1tÀ'llP6W 1-3 (G. Delling)

oi IJ.OU xocl. 'tà ÙCT'tEp-fiµoc-rcr. &.voc7tÀ:1)- mentare (Esth. 2,12.15; cfr. Lev. 12,6).
pwcrov, «tu, supplisci anche alle mie
carenze» (nella gnosi: Corp. Herm. r3, 3. Nel N.T.: sopperire a una man-
r ). Pareggiare il deficit ( 'tlJV EXOELet.v: canza, compensare, 'tÒ vµÉ'tEpOV VO"'tÉ-
Demosth., ep. r,r5 ). Inoltre, fare a pun-
pT]µa. 3 ::::::
quanto ma_nca a quel che ave-
tino una cosa, pagare integralmente (pa-
piri), espletare un lavoro (Flav. los., te fotto voi, ciò di cui rimanete in de-
ant. 8,58), compiere fino in fondo un bito verso di me (I Cor. 16,17), per sa-
dovere, assolvere il · compito di figlio
nare le tensioni fra me e voi (cfr. v.
(P. Oxy. xr rr2r,rr s. [295 d.C.]. Con-
durre a termine, una preghiera di rin- 18); in Phil. 2,30 è detto riguardo a
graziamento (Corp. Herm. 1,29). Appa- prestazioni personali ( ~ sopra; diver-
gare, soddisfare, opy-fiv (Demosth., ep. samente VI, col. 62 I). Ambedue le vol-
r,10).
te si effettua una compensazione vica-
2. Nei LXX il termine si trova r 3
ria ad opera di alcuni membri della
volte, di cui 6 per forme di ml' {sem-
pre riferito a periodi di tempo). All'at- comunità che «è rimasta in passivo».
tivo: riempire un incavo introducendo- I Thess. 2,16: colmare la misura dei
vi q11alcosa (Gen. 2,21, per sagar, ottu- peccati (conforme a Gen. r5,r6, ~
rare; à.nl, al posto di), portare al mas-
simo, il numero dei giorni di vita col. 697): qui però non si vuol indi-
(Ex. 23,26); condurre a termine un de- care un limite estremo della pazienza di
terminato periodo di tempo, la prima Dio, raggiunto il quale la sentenza d'ira
settimana dopo le nozze (Gen. 29,28;
si sarebbe scatenata sul giudaismo le-
invece nel v. 27 O'VV'tH.Ecrov: ambe- 4
due per ml'), il tempo dei preparati- galistico , ma il livello sempre ( mi\1-
vi (Esth. 2,12: miqqef). Intransitivo: 'tO'tE) più alto di peccato a cui il giu-
esser ricolmo di qualcosa (CTVVECTLV, Ec- daismo si spinge nel lottare per impe-
clus 24,26: 1a torà è ricolma di intelli-
genza). Passivo: giungere al colmo, det- dire che si predichi ai pagani il vange-
to della misura dei peccati (Gen. 15, lo che prescinde dalla legge. In 1 Cor.
16: per sii!em, completo); in genere r4,16 &.va"JtÀl)péw significa tenere il po-
si dice di uno spazio di tempo (Ex. 7,
sto dell'lotW't'rJ<; ( ~ IV, coll. 730 ss.),
25; Esth. 1,5); arrivare alla fine secon-
do la volontà di Dio (ls. 60,20); è det- assolvere nel culto il ruolo dell'lotwTI)c;
to anche di un periodo di tempo regola- (~ n. 2 5). Secondo Gal. 6,2 (cfr. Rom.

3 Paolo dice anche 1tpocra.va.1tÀ'llPOVV 1'Ò uu- vazioni: «Dio supplisca alla tua necessità~ (ad
1'ÉP'r)µa µou ( 2 Cor. 11 ,9 ), 1'cX ÙCT1'Ep1Jµa-ca. es. .Ber. 16 b; anche al plurale); però Paolo
-cwv èt.y!wv (2 Cor. 9,12), ambedue le volte non parla affatto di una compensazione ad
a proposito di carenze materiali (il verbo non opera di Dio.
si trova altrove nel N.T.): colmare i11tegra11- 4 Contra: DIBELIUS, Tben., ad l. Cfr. ~ coli.
do, in questo caso è volutamente premesso 646.664.703.
'ltpocr-, come in Sap. I9Ai PIRt., Meno 84 d (al 5 Questo passo liquida l'interpretazione di
medio aggiungere comple1a11do). Per r Cor. G.H. \\7HITAKER, 1 Cor XIV 16: JThSt 22
16117 STRACK-BILLEIUll!CK m 485 s. rimanda ( 1921) 268: compiere la parte del laico, senza
alla parola di consolazione giudaica nelle pri- la quale il servizio di Dio è incompleto.
13,8-rn, ~ coll. 660.693) il cristiano, le veci, ciò che non può fare il sostanti-
mediante un amore paziente, compie vo (cd. &.v-rwwµlo.~ "C'Ò ò;ovva.'t'o\I 'tou
o\16µa.-roc; à.\l't'CX.\ICI'ltÀ.'r)pOUCTa~); 3,1 l l
perfettamente (~ II, coli. II2 s.; VII, (passivo): esser reciprocamente integra-
col. I 3 79) la legge di Cristo (nella ti; 4,64: aggiungere integrando; cfr. E-
formula 'legge di Cristo' si suppone pitteto in Diog. L. I0,48: &.v-rava'Jt'À.1}-
pW<Ttc;, reintegrazione (incessante) .
in concreto quanto è detto in Mt. 22,
39 par.; Io. 13,34). Il verbo figura Nel N.T. ricorre solo in Col. l,24;
al passivo in Ml. 13,14: la parola pro· qui predomina l'idea del completamen-
fetka 6 su Israele che si chiude alla pa- to vicario, e si tratta proprio di comple-
rola e all'azione di Dio è pienamente 7 tare la misura z della tribolazione esca-
attuata nel rifiuto del messaggio e del- tologica ad opera della comunità, in una
!'opera del Cristo. solidarietà di destino col Cristo non mi-
stica, ma concreta e reale ('t'W\I i}À.l-
~Ewv -rov Xptcr-rov 3, ~ 1v, coli. ·528
s.); essa si fonda sul morire insieme con
In questo raro doppio composto 1 i-
gnoto ai LXX, CÌ\l't'- indica reciprocità o lui e~ r:v, col. 191 n. 79; cfr. special-
sostituzione o reintegrazione, risarci- mente Phil. 3,rn, ~ v, coll. 715 ss.;
mento, con possibilità che siano presen- ~ cruµµoprpl~w). Diversamente -+ IX,
ti anche sfumature particolari. De- coli. rn71 ss. 4, dove si trovano altri ri-
mosth., or. 14,17: supplire con i più
poveri ai più ricchi; Dio C. 44,48,2 mandi.
(passivo): venir completati, detto del
completamento proveniente dagli altri,
in 11na reciproca integrazione; Apoll. t È>c1tÀ.'r)p6w
Dyscol., synt. l,19: completare inte-
grando =
definire con più precisione; I. fa. «rafforza liidea dell'azione VCfr . ~~J
2,44: i pronomi compiqno, facendone baie compiuta, giunta al suo scopo»~. ·; ·

6 Formalmente cfr. 1 EO'op.1,54: d.ç &.vct.1t}.:ii· marginalmente alle ideè apocalittiche del glu·
pwcrw "tou PiJµa."toç "tOU xvplou fv O'"tOµ.tt"I'~ claismo e del N.T.; cfr.. STRACK-BILLl!RBECK
'IEprµlou. IV 977-985.
l &À~lj!Lç nel N.T. non connota mai le solfe·
1 Cfr. ZAHN, Mt. 478.
renze di Gesù stesso, ma sempre e soltanto
Ò.\l'tCL\I0.1tÀ.'l}pOw le tribolaz.ioni che risultano dall'essere uniti
~ rx, roll. 1072 ss., n: 20. A. STEUBING, Der al Cristo.
paul. BegriO «Chrirtusleiden», Diss. Heidel- • Bisogna che l'esegesi chiarisca ~rché vtn·
berg (1905) 4-17; A. WnrnNHAUSER, Die Kir- gono usati i vocaboli ~o-i:Erniµa."ta. e ò.vr11-
che als der myslische Leib Christi2 (1940) va.nÀ11p6w, ciò che non riesce a fare, ad ·es.,
192.197. neppure l'interpretazione di G. KITTEL, Kol.
I aVTt• 4<Sin dall'epoca classica e in misura r,24: ZsystTh 18 (1941) 186·191 (spec. 190
sempre · crescente~ è posto volentieri davanti s.).
a un composto, Sc HWYZER, II 442. bmÀ.1]pOw .
2 -4 uu·dP'l}µa. ; LoHMBYBR, Kol. 78 rimanda I SCHWYZER II 462 [DEBRUNNER) .
701 (vr,30,5) iim).rul6w 1 • lx1tÀ:i)pwai.<; 1 (G. Delling) (v1,306) 702

Il verbo è testimoniato a partire da So- progetto, un piano (J Mach.1,2 .22), un


focle (El. 708, cocchio da corsa). a) sacrificio (Flav. Ios., ani. 19,293. d)
Riempire: detto ad es. di una nave (più Appagare, soddisfare, È:miluµla.c; (Epic.,
precisamente equipaggiare, Aristot., pol. adlocutio 2 r 2). Nei LXX si trova solo
7,6 [p. r327 b 14)), di Dio in relazio- nei passi sopra citati.
ne al cosmo ('lta'll't'ct Sià 11:6.'ll't'W\I bme:-
7tÀ.'r)pwx6't'oc;, «che ha riempito tutto
2 . Nel N.T. ricorre solo in Act. 13,
attraverso tutto»: Philo, poster. C. 6),
del Logos divino ( 7t6.V't'a -.fjc; oùcrlcu, 33 (È:·mxyyEÀ.la.v, ~ sopra; III, col.
bme:1tÀ'Y)pwxwc;, «che ha riempito tutte 685), dove si parla del lieto annuncio
le cose della [sua] sostanzal>: Philo, rivolto ai Giudei: Dio nella resurrezione
rer. div. ber. 188); comportare un nu-
mero determinato (Hdt. 7,186; al pas- di Gesù (v. 34; ~ I, coll. 994 ss.), in-
sivo raggiungere : 8,82 ); integrare le tesa co'me termine ultimo della sua pro-
rendite dello stato (Xenoph., mem. 3,6, messa, ha compiuto definitivamente e~
5 ); completare l'arredamento di una ca- col. 700) quanto aveva annuncinto ai pa-
sa (Xenoph., mem. 3,6,14); 't'Ò H.À.e:iitov
ÈX'ltÀ'J)pWo'ct'tE, «completate quello che dri 3; si fa inoltre riferimento a Ps. 2,
manca» (Xenoph., Cyrop. 4,5,39). Por- 7 (~ n, col!. 410 s.) e nei vv. 34 s. a
tare al colmo, al sommo della misura; Is. .5.5>3 e a~ 15,ro (~ vm, col. 1375).
Tt xapic; ÉX1tE7tÀ.i}pW't'<Xi, «la benevolen-
za è stata pienamente attuata» (nei fat- Che nella resurrezione di Gesù si attui
ti: Hdt. -8,r44); dotando l'uomo degli l'evento di salvezza promesso nell'A.T.,
organi dei sensi, Dio rese l'anima asso- è sottolineato anche in I Cor. 1 .5 .4 (dr.
lutamente completa (Philo, cher. 60). b) il BEi: escatologico di Le. 24,7 ),
Soddis/are un obbligo, pagare integral-
mente una somma dovuta {xpfoc;: Pfat.,
leg. 12,958 b), rp6po\I, 'un tributo' (2
Mach. 8,10; cfr. i papiri: soddisfare
qualcuno in senso pecuniario); osserva-
re 'ltchptov ~i>oc;, 'le patrie usanze' (Phi- I. Raro. Riempimento, yacr't'p6ç, 'del
lo, spec. leg. 2,148); «sia chiaro che (la ventre' (Philo, leg. all. 3,1·4 5); compi·
città) ha assolto ogni dovere di osse- mento in senso temporale 't'OV /5À.ou t-
quio e devozione ( rpc.tt\17)'t'ct.t nciO'a:v 't'e:t· v~ctU't'OV, «deJl'intero anno» ( 365 gior-
µT)v xat tùcrlBwx.v lX1tE1tÀ.1Jpwxutct) ni non danno un. anno intero: Straho
verso la casa imperiale (Ditt., Syll., II 17,1,46); il completamento del numero
814,54 s.); adempiere le promesse ('t'« dieci (Philo, congr. 91); . il compimen-
't'ijc; vTtooXfoEwc;: P. Tebt. I 10,7 [rr9 to dell'ordine del x6aµoc;. (Philo, cher.
a.C. J), 't'àc; H:JtlOcu, xctt 't'à.c; btayyl- uo); strutturazione perfetta .(Philo,
À.lac; (Polyb. 1 ,67 ,1 ), le imprecazio- op. mrmd. 146); l'appagamento pie-
ni (lip!ic;: Ael., var. hist. 3,29). Al pas- no, 't'OV .fixpa-toi:iç {delPintemperante:
sivo: l'avverarsi delle parole di un so- Philo, somn. 2,201 ), lmi>uµlaç (di un
gno (Ael. Arist., or. 51 ,46. c) Condur- desiderio: Philo, f14g. 144), tmi>uµtwv
re a termine, mandare ad effetto, ~n (Dion. Hal:, ani. Rom. 6,86); la soddi-

2 -Ed. K. Wol'Kn, Epikurische Spruchsamm- 3 " IX, col. n95 n. r74; ibicl.: progenitori, n.
lung, Wiener Studien IP (,1888) 193 . . 178.
703 (\II,306) ÉlmÀTjpwu~c; 1 - uuµ1tÀTJpét» 2 (G. Delling)

s/azione Èm1'uµouµÉvwv {degli appetiti: leg. ali. 2,38). Al passivo: diventare


Epict_, diss. 4,r,r75). Nei LXX ricorre completo, per/etio, È!; à7t&.v-.wv ... <ruµ-
solo in 2 Mach. 6,14 a proposito dei 7'À.1]pouµÉvl]c; •iic; EUOaLµovla.c;, «giun-
peccati (aµr.i:p·nwv): Dio lascia che la gendo al completo la prosperità da tut-
colpa dei pagani diventi definitivamen- te le cause» enumerate (Diod. S. r,2,r).
te piena in vista del castigo definitivo. Il numero (Philo, op. mund. ro1) risul-
ta costituito di (ibid. 13); le costella-
2. Nel N.T. solo in Act. 21,26 : Pao- zioni son composte di sette stelle (ibid.
115; leg. ali. r,8). Nei LXX solo in Ier.
lo notifica nel tempio ( ~ I, col. 180)
25,12, codd. A.Q (codd. BS: TCÀ.TIPW·
quando il periodo di sette giorni ( cfr. v. ili'jvat) al passivo: compiersi di uno spa-
27) per l'atto di purificazione cultuale zio di tempo stabilito da Dio (70 anni);
(~ I, col. 334) dei quattro nazirei (v.
analogamente CiUµTIÀl}pwutc; connota il
compimento del tempo della devastazio-
23) è compiuto 1• ne di Gerusalemme (70 anni) in 2
Chron . .36,21; l Ecrop. r,55; Dan. 9,2
(Theod.).

I. Riempire imieme, completamente, 2. Nel N.T. solo al passivo. In senso


l'aia di grano (P. Petr. II 38 a 22 [m spaziale in Le. 8 ,2 3: riempirsi, caricar-
sec. a.C.], «fino all'altezza delle colon-
ne» (Ditt., Syll. 1 m 969,71 ), crap!;lv si (di acqua 1). In senso traslato si leg·
(Plat., Tim . 75 a); cruµ"JtÀi)pw~dc;, com- ge in due frasi perfettamente parallele,
pletamente riempito, detto del cosmo con riferimento a un periodo di tempo
(Plat., Tim. 92 e [ ~ v, coll. 886 s.]);
(i'JµÉpac;: Lc.9,51) o a un dato momen·
un contorno, un disegno (Plat., leg. 6,
770 b ). Usato correntemente nel senso to (T)µÉprxv: Aci. 2,1) che si compie se-
di equipaggiare navi (Hdt_ 8,x ,r: insie- condo il piano di Dio. La costruzione
me con altri concorrere a fornir l'equi- con l'infinito presente indica l'imminen·
paggio); Time. 6,50,2; 7,60,4; spesso in
Xenoph., hist. Graec. [ad es. 4,8,7] ). Al za (~1x,col. 1489 n. 38); il verbo si-
passivo: detto di uno spazio di tempo: gnifica che nell'evento si attua la volontà
compiersi (BGU IV 1122,22 [r4/r3 salvifica di Dio. In Le. 9,51 si vuol in-
a.C.J, arrivare al termine (Flav. los.,
nnt. 4 1 176). Completare: cruvmÀ1)pwcrE dicare il lasso di tempo determinato da
-.ò OÀ.OV Ò 1'Eoç, ÈV't"EÀEXi'j 1tOL1)paç 't'Ì]V Dio che conduce alla morte di Gesù;
yÉVE(J'W, «Dio completò il tutto avendo questi ne accetta l'approssimarsi e per-
resa continua la generazione» (Aristot.,
ciò risolutamente si dirige verso Geru-
gen. corr. 2,ro (p. 336b 3i]); la per-
cezione dei sensi (a spiegazione di Gen. salemme (cfr. 9,31); ad ogni modo la
2,2r:avrn).1)pov [sic]. .. (J'apxa.: Philo, frase insiste su questa disponibilità di

ÉX1tÀi]pw:n<; kas als 'fheofoge der Heilsgeschichte : EvTh


I Cfr. STRACK-BILLERBECK li 7,8. 14 (1954) 2'6·.2n (spcc. 262 s.).
O'Uµ1tÀ1')p6W I Naturalmente il soggetto logico è la nave,
.J.H. RoPES, Threc papers 011 thc text o/ Acts al posto della quale nel parlar popolare ven-
H: HThR 16 (192 3) 16B·1n; E. LoHsE, L11· gono nominati i passeggeri in pericolo.
cru~mÀ.1)POW l - 7tÀ.'T]po<popiw 1 (G. Delling)

fronte alla morte (--7 VI, col. 3 l ). Per i· nÀl]pocpopÉw


l'eventuale doppio senso di civaÀ:l']µ1!nc; l. Formazione tarda. Propriamente

--7 v\jlouv. Per Act. 2,1 --7 IX, coll. portare a pienezza 1, alla misura comple-
ta 2 ; in parte è semplice rafforzamento
1488 ss. 2• Nei due passi l'espressione
di 1tÀTJp6w 3, in parte ha un significato
sottolinea l'importanza dell'evento sal- specifico (~ qui sotto, punto c). a)
vifico annunziato e mette in rilievo il Compiere appieno (al passivo essere dei
suo entrare nel tempo. Cosi l'evento ac- tutto colmo, di carità: I Clem. 54,1):
ad es. 'ltpoa.lpEOW (un proposito: Vett.
quista carattere di concreta autenticità Val. 5,9 [p. 226,20)), O"Xfiµa (col ver-
(--+ vn, col. 601 ). bo al passivo: ibid. 1,22 [p. 43,18)),
soddisfare una preghiera (Herm., mand.
Mentre i termini indicanti il 'riempi- 9,2), un impegno contratto (ou 1tÀT)po·
re' nel contesto di asserzioni temporali cpopoucra. -.ò 1ta.'tp6o" cruv6:ÀÀa.yµva.: P.
originariamente connotano lo scorrere Hawara 69 verso .5 4 ); completare, an-
di un tratto di tempo fino al verificarsi che nel senso assoluto di fare ciò che è
di un evento, qui uno dei verbi viene al limite, lutto l'immaginabile, ciò che
usato in senso traslato per indicare l'i- è possibile all'uomo (P. Amh. 66 II 42
stante o il tempo stesso dell'evento 3 • [ 124 d.C.) ). Di qui dipende il significa-
Dal punto di vista formale non manca- to b): soddisfare appieno qualcuno, in
no corrispondenze nell'uso linguistico campo erotico (in un incantesimo d'a-
extra-biblico (dr. il parallelo, esterior- more, Preisendanz, Zaub. 7,910 [ = P.
mente molto calzante, di Ael. Atist., or. Lond. I 12 r; III sec. d.C.]); nei papiri
22 ,9 --7 col. 643) ed è già attestato nei è usato in materia finanziaria {al passi-
LXX (--7 col. 646); per il N.T. --7 col. vo: P. Oxy III 509,10 (n sec. d .C.] ).
21 I. Qui però esso acquista il parti- e) All'attivo: convincere; cosl probabil.
colare significato teologico che è lega- mente Ctesias, fr. 29,39 5: 'JtOÀÀ.oi:i; •••
to a 'JtÀT)pée,,J (~ coll. 66 5 s.), come opxoiç xai À.6yoLç 1tÀ.T)pOq>OPlJO'Ct.\l•Eç,
mostra anche il verbo composto. Nella «convincendo con molti giuramenti e
speciale dicitura di Le. 9,51 e di Act. discorsi»; senza dubbio, comunque, si
2,1 si ravvisa manifestamente lo sfondo ha il passivo nel senso di esser piena-
semitico. mente persuaso 6, raggiungere piena cer-
2 Compresa la correzione di DEBRUNNER ~ LocKER, Rfickliiufip,,es Worterb11ch der griech.
xx, col. 1489 n. 38. Sprache (1944) 586 s.
2
3 Cfr. Z1mN, Lk. 396 n. 27; ZAHN, ]oh . .220 s. Da un 7tÀ:npocp6poç, che porla una misura
n. 12; ZAHN, Apostelg. 70 s. piena (per altro non documentato), o simili;
DEBRUNNER, Griech. Wortb. § 38 [DEBRUN·
7tÀ.'TJPO<popÉw NER]. Cfr. anche Br..-DEBR. S 119,1.
M.J. LAGRANGE, Le sen; de Luc I,I d'après 3 Per la perdita di valore sublta da certi vo-
/es papyrus: Bulletin d'ancienne littérature et caboli in tarda età~ iv, coli. 137r.1384.
d'archéologie chrétienne, 2 (r912) 96-100; O. 4 APF 5 (1913) 383.
A. PIPER, The Purpose o/ Luke: Union Se- 5 Lat. fidm1 /aciendam. Cosl in C. MOLLER e
minary Review 57 (1945) 15-25; DEISSMANN, W. D1NDORI', Herodoli Hisloriamm libri IX
LO. 67 s. (con altra bibliografia). el Ctesioe Cnidii cl Chronographorum Casto-
1 ZAHN, Lk. 46 n. 11 rimanda a 'tEÌ..EO"cpoptw, rir, Eralosthenis etc. /rogmenta (1887);
portare o venire o maturità (cfr. i testi in ZAHN, Lk. 47 n. 14.
PREUSCHEN-BAUER, s.v.); per i numerosi com- 6 ~ LAGRANGB 98 vorrebbe far derivare que-
posti con -cpoptw cfr. P . KRETSCHMER·E, sto significato dall'accezione b.
707 (vx,307) 1tÀ.'l'JpO<jlOpÉw r-3 (G. Delling) (VI,308) 708

tezza (I Clem. 42 ,3; Ign ., Mg. 1 r ,r; eluso {Év i)µ~v) 12 • Nell'affermare cht:
Sm. r,r). questi fatti <{si sono compiuti» u, evi-
2. Nei LXX solo in Eccl. 8, rr: poi- dentemente si sottolinea 1a loro impor-
ché la confutazione dei malfattori (con
tanza in quanto atti salvifici compiuti
la loro punizione) non si opera rapida-
mente, «per questo il cuore degli uomi- da Dio. Il significato di raggiungere pie-
ni si gonfia (male') a fare il male» na certezza (~ coli. 706 s.) è sicuramen-
(LXX: È1tÀ."fJPO(j)Op1ji)1j xapolcr.... 'tOU te testimoniato nella Lettera ai Roma-
1tOLi]CTC1.L 'tÒ 1tOVT)p6v ). Qui il termine è
probabilmente scelto nel significato di ni. Cosl 4,21 : la fede rende Abramo as-
acquistar certezza, risolutezza, fermez- solutamente certo della piena rispon-
za 7 • Analogamente forse va inteso test. denza fra promessa e onnipotenza di
G. 2 ,4 8: 'tTI nÀ.EovE~iq. È1tÀ.iJpoqiop1)frl}-
a.unv, «per la cu-
µEv 'tTJc; à.vcr.LpÉcTEwç
Dio, la quale è in grado di chiamare al-
pidigia ci confermammo nel pensiero di l'essere ciò che non è 14 , di ridar vita
toglierlo di mez7.o», altrimenti: «erava- a ciò che è morto, di dare a lui una di-
mo tanto pieni di cupidigia, che pen- scendenza. Poiché la fede di Abramo,
sammo di toglierlo di mezzo» 9 ; in que-
sto caso però il dativo non sarebbe re- in Rom. 4, è modello di quella del cri-
golare. stiano, se ne conclude che si tratta del-
3. Nel N.T. All'attivo w compiere ap- la fede di giustificazione, fondata sulla
pieno (2 Tim. 4,5 [ ~ coli. 672 s.J. 2 fiducia ne!Ia promessa e nella potenza
Tim. 4,17 (passivo) si muove sulla stessa creatrice di Dio, pienamente certa del-
linea (~VI, coli. 478 s.). Anche in Le. l'azione di Dio e avente come oggetto la
I,I rtÀl)poq>opÉw significa compiere, por- vita nuova che è data ai cristiani con la
tare a termine, ma qui con un contenu- giustificazione (~ IV, col. 1349 ).
to più ricco, essendo riferito agli inter- In Rom. 14,5, a proposito del man-
venti di Dio 11 in un quadro storico nel giare carne (~ vr, coli. 192 ss.) e del-
quale l'autore si sente direttamente in- l'osservanza di determinati giorni u,

7 Erth. 7,5 traduce la stessa espressione con egli è a conoscenza dell'evento storico attra-
h6À.µ'l')O"E\I, ZAHN, Lk. 47 n. 14. verso la 'tradizione' dei 'testimoni oculari'
s Cfr. R.H. CHARLES, The Greek Versions o/ (cfr. v. 2; ~ vm, coU. 978 s. ro49). Evi-
the Test. XII (1908), od l. dentemente l'autore pensa in primo luogo al-
9 In modo simile traduce F. SCHNAPP, in la storia di Gesù; cfr. già nel v. 1 i no)..).ol.
KAUTZSCH, Apkr. u. Pseudepigr. u. 13 L'interpretazione di ScHLATTER, Komm.
10 Colmare qualcuno di qualche cosa: Rom. Lk. 20 (più o meno = divenir cerlezu) si
1;;,13, codd. BFG (~ col. 655). trova già nei Padri (sin da Origene), cfr.
Il E. l.oHSB, Lukas ofs T hco/ogc der Heils- ZAHN, Lk. 46 n. 13 con relativa critica.
gerchichte: EvTh 14 (1954) 261 n. 21: «dr- 14 Cfr. LIETZMANN, Rom.; C.H. Donn, The
conlocuzione del nome di Dio mediante il Epirtlc o/ Paul lo lhe Romans (r947), The
passivo». In ogni caso il redattore di Luca in- Moffat N.T. Cornmentary; MICHBL, Rom.;
terpreta i 1tp&:yµa:"ta come provenienti da ScHLA'ITER, Rom. a Rom. 4,17.
Dio. 1s Quali? MxcHEL, Rom., ad l. considera va-
12 La situazione non è infirmata dal fatto che rie possibilità.
7tÀl)pot;>opÉw 3 - r.À.T)pOq>op(a (G. Delling) (vr,309) 710

Paolo non dà alcuna regola concreta, tuali. In I Thess. r ,5 l'opposizione tra


ma esige unicamente che ciascuno, se- -;cÀ:qpo<poplq. -;coÀ.À.fi e Èv À.6y43 µ.6vov
condo il proprio discernimento, giunga (solo a parole) dev'essere tenuta in con-
alla ferma certezza «sulla quale, senza to quanto il parallelismo COO ÈV OV\la-
tentennamenti, si erige l'azione» 16 (per JUL e !v 1tVEvµa.·n &:yl4l. Queste tre
l'origine di questa certezza dr. vv. 22 s., idee si trovano giustapposte in modo
~ col. 463). In Col. 4,12 17 1tE1tÀ.1)po- del tutto analogo in I Cor. 2,4, dove si
cpopl)µÉvot è usato in modo assoluto; qualifica la prima predicazione dì Paolo
formalmente è possibile interpretare ( ~ vr, coll. 288 s.; 11, coll. r 5 36 s.); in
tanto nel senso di Rom. 14,5 (pieni di I Thess. 1,5 7tÀ.1Jpoq>opla si trova sulla

certezza 18), quanto in conformità a Col. stessa linea di ovv<XµLc; e 1t\/Euµa éi.yLO\I:
(portali a misura piena 19 ) . Parla a favo- non nella sola parola, ma nell'assoluta
re di quest'ultima interpretazione il nes- pienezza dell'azione divina (~ col. 708)
so con -.D..tiot (~col. 637): 'fotti adul- è stata portata 2 dall'Apostolo la buona
ti' in Cristo e giunti alla mirnra piena novella. Quindi TtÀ.1]poq>opla è uno dei
(del Cristo), i cristiani stanno saldi vocaboli con cui Paolo cerca di dar
(Rom. 14,4 b) Èv 7ta.v.. t i)e:}:t'nJ..cx:n 'tou forma espressiva alla smisurata ricchez-
ileov, «in ogni volere di Dio» (~ 1v, za dell'azione divina anche nella presen-
col. 302). ti! vita della cristianità (cfr. i composti
con Ù1tEp-, inoltre ~ coli. ro ss.). A-
t 7tÀ1)poq>opla. nalogamente in Col. 2,2, in tautolo-
gia con -;c}.o\hoc;, 7tÀ1)poq>opla conno-
In senso proprio: a) la massima pie-
nezza; fuori degli scritti cristiani è te- ta la sovrabbondanza con cui· l'intel-
stimoniato solo nell'accezione b) certez- ligenza della fede (in connessione non
za, Rhet. Graec. 1 vu 108,3: ÈitlppTJµ<i solo formale con l'a:ya1t1)) consente di
aEaOCUMEWc; 8v µ€'ttX 'ltÀT)pocpoplac; 't'Ò
1tCt"'(tO\I lµq>rt.lVEt -cijc; Xrt.'ta.}:f}~EWç conoscere Dio e la vita in luce cristia-
(cfr. Hesych., s.v. ae:acxi6'tTJc;). Si sup- na; tale intelligenza si riassume in Cri-
pone che il vocabolo abbia analogo si- sto, attraverso il quale Dio si manifesta
gnificato in P. Giess. 87,25 (II sec. d. nella concretezza dell'agire. Secondo
C.). Manca nei LXX.
Hebr. 6,1 I ai destinatari della lettera
Nel N.T. è detto solo di beni spiri- manca molto dello zelo 3 che porta a da-

1s ScHLATTER, Komm. Rom. l7I; an:dogamen- 'ltÀTJpoq>op(«


te ZAHN, Lk. 47 n. 14. I Ed. CH. WALZ (1833).
11 P 46 SP pm sostituiscono questo termine 2 -4 111, col. 1082, e specialmente MOLLANO,
poco noto con un altro corrente (per la valu- Da; Paulinhche Euangelion, Avhandlinger ut-
tazione -4 col. 659 a Col. 2,10). gitt av D~r Norske Videnskaps-Akademi i Os-
u Traduzione DIBELIUS, Ge/br.1, a Col. 4,12. lo 2 Hisr.-Filos. Klasse, Hcft 3 (1934) 49.
19 HAUPT, Ge/br., a Col. 4,12. J Anche qui in contesto con à.y&.'Ttl'), v. 10
7I I (Vl,J09) ;t}..l]alov A (H. Greeven) (vr,309) 7r2

re prova piena 4 della speranza sino alJa cristiano può stare innanzi a Dio con
fine, mediante fede e costanza (v. 12 ). piena fiducia. Qui '1t'À'r}pocpopla; si avvi-
Invece in Hebr. ro,22 si tratta senza cina all'uso teologico di 7t'IXPPlJO'La ( ~
dubbio della piena certezza 5 della fe- 1x, coll. 923 s.). Sul piano formale l'idea
de: essa fa assegnamento sull'opera e· della misura piena naturalmente non è
spiatr.ice che il sommo sacerdote Gesù scomparsa neppure nell'accezione b.
si è assunta; essendo cosl purificato, il G. DELLING

t 7tÀT) crlov

~ à:ycx.miw I, coli. 57 ss.; aOEÀ.ci>6c; I,


coli. 385 ss.; E'tEpoc; III, coll. 1009 ss.

A. 7tÀ:ricrlov NELL'uso GRECO to, come 1tÉÀ.aç (per il quale si veda ad


es. Eur., Med. 86: wc; 7tttc; ·ne; cx.u-tòv
Accusativo avverbiale di 7tÀ.'l']<Tloc; (a -tou 1tÉÀ.ac; µciÀ.À.ov qnÀ.Et, «ciascuno
partire da Omero): vicino, accanto 1• ama se stesso più del suo vicino»). Co·
Da Teognide in poi è anche sostantiva- s} ò TIÀ'l']alo\I è il vicino nello spazio, il
(WINDISCH, Hbr. e MICHEL, Hebr., ad I.); HoCHFELD, Niichstenliebe, in Die Lehren des
o:u"ti)v si riferisce però al grado dello zelo, Judentums nach den Quellen 3 I (1928) 328-
non al suo oggetto. 389; ]. LEwxow1TZ, art. 'Nachstenlicbe' in
~ WINDISCH, Hbr. traduce pieno sviluppo ; Jiid. Lex. IX 374 s.; H . KosMALA, Gedanken
cosl anche MICHEL, Hebr. xur Konlroverse Farbslein-Hoch: Judaica 4
s Questa interpretazione è favorita anche dal- (1948) 241-258; F.J. LEENHARDT, La parabole
la formula ~"'tà à.).110wijc; xo:p5lo:c;; ~ I, du Samarilain, in Aux sources de la tradition
col. 668. chrétienne, Mélanges ofierts à M. Goguel
(1950) 132-138; O. M1cHEL, Dar Gebot der
1t),:r1 alov Nachstcnliebe in der Verkiindingung ]esu, in
I. ABRAHAMS, St11dies in Pharisaism and the Zur sozialen Entscheidung (1947) .n-101;
Gospelr l (19r7) 18-29; n (1924) 33-40.206 MooRE II 85-88; A.T. N1KOLAINEN, Der Niich·
s.; K. BARTH, Kirchliche Dogmatik 1 l 2 (1945) sie als religiose Froge ìm N.T.: Akadernische
460-462; R. BuLTMANN, Aimer son prochai11, Abh. Helsinki ( 1937); PREUSCHEN·BAUER •
commandement de Dieu (1930) :::: Gla11ben u. 1224 s.; H. PREISKER, Das Ethos des Urchr.
Verstehet1 (1933) 229-244; H. CoHEN, Der (1949) 68-81; M. RADE, Der Niichsle, in Fest-
Niichste; Jiid. Schriften I ( 1924) 182-195; gabe fiir A. Jiilicher (1927) 70-79; C.H. RAT-
CRRMER-KOGEL 931 s.; G. EICHHOLZ, Jesus scHOW, Agape, Nachstenliebe u. Br11derliebe;
Christus u. der Niichste (1952); J. FICHTNER, ZsystTh 21 (1950/J2) 160-182; F. RosEN-
Der Begriff des 'Nachsten' im A.T.: \Y/ort u . ZWEIG, Stern der Erlosung 1 II (1954) 168.
Dienst, Jahrbuch der Theologischen Schule I Etimologia: radice pela- pia (n~).o:~. 1t&)...0;-
Bethel, N.F. 4 (1955) 23-52; E. FuCHs, Was ~w ecc.; forma dodca TtÀ.fi"'tloV = TtÀ'r)aiov)
heiss/; «Du sollst deinen Ni.ichsten lieben wie :::: avvicinarsi. WALDE-POK. u 57 s.; BorsACQ
dich seibsi»?: ThBI I I (1932) 129-140; S. 760 s. [DEBRUNNER),
nknalo\I A-B 2 (H. Greeven-J. Fichtner)

confinante, chi sia accanto (nella scuo· canti di corrispondente ebraico nel te-
la: Plat., Charm. 155 c; nell'esercito: sto masoretico. Dci restanti 170 passi
Flav. Ios., beli. 5,295) e anche, generi· all'incirca, per 15 l'equivalente ebraico
camente, l'altro; Filone ad es. usa l'e- manca o non è sicuro, cosl che ne re-
spressione È1tL Mµn 'tWV 1tÀ:ricrlov ~fjv, stano un 155 su cui istituire un con-
«vivere per la rovina degli altri» (spec. fronto. In 12 di questi 7tÀ.'l'}O'lov è par-
leg.3,rr; 4,21). Tuttavia accanto a que· ticella prepositiva 4 di significato spa·
sta continua a comparire sporadicamen- ziale e viene usato per equivalenti ebrai-
te l'accezione meno sbiadita il vicino, ci come mul, 'al-iad, 'el, miuad (cfr.
come in vii. Mos. 1,137. Con questo si- Ex. 34,3; Num. 33,38 [var. cod. A];
gnificato il termine figura in trattazioni Ios. r2,9). Negli altri 140 e più passi,
morali, ad es. Aeschin., or. in Ctesi· dove il termine è sostantivato, il te·
phontem 174: "t<Ì "tW\I 7tÀ..l)<rlov a.icr- sto ebraico 12 5 volte ha réa' (II 2 vol-
xpd:, «le ignominie dei vicini». L'idea te) oppure dei derivati della stessa ra-
di vicinanza può assumere allora un ri· dice 5 ; per il resto si hanno sinonimi
Iievo plastico, come in Plat., ap. 25 d: di réa' come 'iim'it (II volte), 'iib (J
O'tL ot µÈv xa.xot xax6v 'tt Èpycil;,ov•a.L volte) e ( r volta) qarob 'el-habbajit. Co-
&.EL -toùc; µa)..t<r-ta 7tÀ.1')crlov fo.u-.wv, «i sì il principale equivalente di itÀ.'l'}crlov
cattivi fanno sempre qualcosa di male nei LXX risulta essere rea' 6• Il vocabo-
a quelli che sono loro più vicini». Es- lo figura nel T.M. circa 190 volte ed è
sa prende inoltre un significato etico reso dai traduttori greci, anche al di
nella dottrina dei cerchi concentrici, al fuori dei LXX, con numerosi altri ter·
cui centro sta l'io dell'uomo 2 , come in- mini, di cui i più frequenti sono cpl'ì..oç
segna tra gli altri I erode 3 stoico. Mu· e &.U:r1À. ... 7 • Il concetto di 'prossimo'
son. 65,6 ss. accanto all'amore del pros- nell'A.T. è espresso dunque in prima
simo nomina un secondo e ben diverso linea col termine rea' e con gli altri de·
dovere: quello di non far male a se rivati da questa radice, oppure con si-
stessi. H. GREEVEN nonimi di rea'.
2. Il sostantivo réa' e i suoi derivati

B. 7tÀ.1')crlov NEI 1,xx E IL 'PROSSIMO' provengono da ra'a II. Questo verbo


NELL'A.T. nell'A .T. è relativamente raro e signi-
fica far causa comune con qualcuno
1. 7tÀ.1')crlov ricorre nei LXX circa 225 (Prov. 13,20; 28,7; 29,3 [qal]; Prov.
volte, di cui almeno 50 in scritti man- 22,24 [hitpa'el] 8 ), associarsi o, in par-

2 Cfr. ~ 1, coli. 121 s. ancor più di rado che nell'originale ebraico:


3 Ethische Elementorlehre cd. H.v. ARNIM .Y 27,3; 37,12; 12r,8; Zach. 3,8; I Ba.o-. 30,
( 1906) 61,10 ss. 26.
4 Preposizione impropria costruita col geni- 7 Solo circa un terzo dei 180 casi con cpl'>..oç
tivo (PREUSCHEN-BAUER, s.v. ). ha un equivalente diretto nel T .M.; di que-
5 9 volte ra'j(J con suffisso di prima persona sti 60 passi la metà traduce rea' ( r9 volte nei
singolare (traduzione: ii 7tÀ.TJoiov µou) solo Proverbi, 8 in Giobbe); per un'altra trentina
nel Cantico, 3 volte r'f'Jt (di cui due tradotto di casi la traduzione è aÀÀ'r}À. ... Altre tradu-
con Ti 1tÀTJO'fov) e una volta (lji 44,15) rè'fJ zioni di rèìi' sono ad es. ~-cEpoc; (6 volte),
plurale con suffisso (a.l 7tÀTJO'lov a1hfjc;); gli l-ca.i:poc; e ~oÀ.l-cT)c; (5 volte ciascuno), O'\NE·
altri derivati rè'eh e merèa' non sono resi dai -cmp(ç (3 volte) e aliEÀ.q>6t; (solo una O due
LXX con 7tÀTJO"fov. volte).
6 n).TJ<rlov in formule plurali figura nei LXX 8 In altri passi il testo è incerto o, più pro-
715 (VI,JIO) 1t):ri11fov B 2-3 (J. Fichtner)

tico1are, far da compare per le nozze gne della figlia di Iefte [lud. u,38]),
(Iud. J4,20). Il senso fondamentale sa- vicino (Prov. 3,29; 25,17; Ex. 11,2 r-
rà dunque unirsi a qualcuno per un'a- 'ut par. réa') 14 ; spesso, in un senso an-
zione, associarsi mutuamente 9 • Il so· cor più generico e lato, significa l'uo·
stantivo réìi' e la maggior parte degli mo mio simile che si incontra nella vita
altri derivati riflettono questo significa· di tutti i giorni (Prov. 6,x.3; 18,17;
to fondamentale con sfumature diverse 25,8; 26,19 15 ) e persino un altro (z
indicanti ciascuna un particolare mutuo Sam. 28,17, cfr. 2 Sam. 12,11 e r•'ut in
rapporto fra uomini. Tale rapporto può Ier. 9,19; Esth . 1,19).
essere più o meno stretto. Il polo e-
stremo è rappresentato per un verso 3. Tutte queste accezioni connotano
dall'uso particolare di rea' (e ancor più un mutuo rapporto fra uomini che, pur
spesso di re'eh) quale titolo di onore o non essendo espressamente riferito nel-
persino qualifica d'ufficio (amico del la maggior parte dei casi a quel partico·
re 10), e per l'altro verso dal suo uso del lare legame che nasce dal patto, in real-
tutto fodebolito e fossilizzato in locuzio· tà negli scritti veterotestamentari ri-
ne avverbiale con suffisso in riferimen- guarda sempre membri di questa allean-
to a 'H, 'iJsa e simili nel senso di a za, che vivono nell'ossequio all'unico
vicenda 11 • Fra questi due poli si allinea Dio e nella sottomissione ai suoi co-
un'intera serie di accezioni più o meno mandamenti. Questo vincolo, più che
forti di réa' 12 a volte non ben distin- nei passi con rea' citati fin qui, emerge
guibili l'una dall'altra: amico 13 (Deut. con assoluta chiarezza in una parte al-
13,7; 2 Sam. 13,3; Mich. 7,5; Ps. 35, meno dei testi di legge contenenti il no-
14; Prov. 14,20; 18,24; lob 2,n; 16, stro vocabolo, su cui non abbiamo por-
20, ecc.), amato, amante (Ier. 3,I.20; tato finora l'attenzione. Bisogna notare
Os.3,1, anche ra'ja: Canl.1,9.15, ecc.), che nelle raccolte legislative rea' non fi.
compagno, camerata (lob 30,29; Prov. gura con quella frequenza che ci si po·
17,17; ré'ot, femm. plur.: giovani coe- trebbe attendere. In ciascuna delle due
tanee della regina [Ps. 45,15], compa- redazioni del Decalogo (Ex. 20 e Deut.

babilmente, è derivazione da r'h r. dentalmente; l'attenzione va rivolta principal- ...~


;
~ La formula di L. K6HLER (KtiHLER·BAUMG., mente a rea'. I particolari in -lo FICHTNBR
s.v.) aver a che fare con un altro mi sembra 33-35·
prescindere dall'elemento dinamico e iniziati· B mérca' ha ·pure il significato particolare di
vo presente nella radice. guardia del corpo, compagno d ello sposo
1
~ I Chron . 27,33: 3 Bacr. 4,5; dr. W. Ru- (fod. 14,20; dr. x5,2.6). In lob x6,21 Dio è
DOLPH, Chronikbiicher [Handbuch A.T. 1 21] chiamato rea', cioè amico di Giobbe; dr. J.
FICHTNER, Hiob in der Verkiindigung 1mserer
(195J}, ad/., e -i- FICHTNER 29 .
Il In espressioni come 'iJ 'et-ré'èhl1, 'II 'el
Zeit: Wort u. Dienst, Jahrbuch der Thcolo· ·.
gischen Schule Bethel, N.F. 2 (1950) 81.
('al, me'et) re'ehU è detto anche di cose ina·
nimate (Gen. 15,10; cfr. r'ut detto di anima· H Per Ex. u,2: •ma me'et r"utii{;, cfr. 3,22:
li in Is. 34,16). Quest'accezione di rea' nel· 'iHa mm•kentiib limiggiirat bétal;.
l'A.T. è corrente e non di rado la si incontra u Quest'accezione di rea'' che spesso s'impo-
in parallelo con formule simili; cfr. Ex. 32, ne, costituisce in certo senso il passaggio al·
27: 'iJ 'et-'afiiw w'iJ 'et-re'èht2 w' 'if 'et·q'ro· l'uso avverbiale con suffisso, nel significato di
bd. È strano che qiirob solo una volta, in Ex. reciprocamente, a vicenda. In molti passi è
I2>4 ( !), sia reso dai LXX con ò 1tÌ..TJl1lo\I, difficile distinguere con sicurezza un uso dal·
12 Ai derivati conviene accennare solo ind· l'altro.
7tÀTJO'foV B 3 (J. Fichtner) (vr,3r2) 7r8

5) compare 4 volte 16, nel Codice del- dei membri del popolo dell'alleanza 21 •
l'alleanza 10 volte 17, nella legge deute- Formalmente, dunque, la maggior parte
ronomica 14 volte 18, nel Codice di san- delle prescrfaioni ha un carattere al-
tità solo 4 volte 19• Le leggi sono date quanto generico - confor.qie alla loro
al popolo; in esse la parola è rivolta a stretta parentela con le strutture del di-
Israele e spesso (con l'espressione 'tu ritto orientale antico 22 - e rea' non è
devi') a ogni membro del popolo del- mai termine tecnico indicante i mem-
l'alleanza 21J. Questo fatto, che per sé è bri del patto. Ma bisogna tener presen-
fuori dubbio, trova tuttavia espressione te che il Codice dell'alleanza non si è
nella terminologia di ciascun corpus le- limitato a far proprio, senza vagliarlo,
gislativo con diversa evidenza. La per- l'antico diritto orientale, ma ne ha fat-
sona a cui son rivolti i singoli precetti to una scelta, l'ha trasformato e com-
del Codice dell'alleanza è designata per pletato (soprattutto mediante le formu-
lo più in modo del tutto generico come le apodittiche), in modo che esso è di-
'15, 'iHa, oppure con un participio che ventato il diritto proprio di Israele 23,
indica la mancanza commessa: chi col- il diritto della comunità tribale. Perciò
pisce (makkeh: Ex. 21,15), chi ruba colui ('iS) che insieme al suo rea' com-
(gòneb: 21,16) ecc.; e colui sul quale pare nel Codice dell'alleanza è realmen-
la legge dev'essere eseguita è indicato te l'israelita ( 'IS jifrii' el 24 ). Comunque va
con un nome specifico (padre, madre, notato che si tratta di una formulazione
figlia, servo, serva) o, più genericamen- larga e generica. Con ciò gran parte
te, con 'un uomo' (Ex. 21,12.16) e al- delle norme giuridiche ricevono, alme-
cune volte con rea' (~ n. 17). Nel Co- no nella forma, il carattere di validità
dice dell'alleanza non s'incontrano nep- generale. Tutto questo vale a maggior
pure termini paralleli ai generici 'uo- ragione per i precetti del Decalogo, tre
mo' e 'il suo rea", che caratterizzano dei quali sono formulati in assoluto,
1.J Una volta nella proibizione di testimoniare Dt., BWANT III XI [1929] 17).
i! falso (Ex. 20,16; Deul. 5,20) e tre in quel·
ii «Il Codice dell'alleanza presenta i precetti
la di desiderare illecitamente (Ex. 20,17; Deul.
sul molto più ingenuo presupposto della loro
5,n).
17 autorità» (v. RAu, op. cit. [ ~ n. 20) 13). Solo
Ex. 21,r4.I8.3;s; 22,6.7.8.9.10.r3 con suffis·
in pochi passi il riferimento al popolo è sotto-
so di terza maschile sing. (soprattutto nella
lineato esplicitamente (ad es. Ex. 22,24; 23.
casistica giuridica); 22,2,:s con suffisso di se-
n), e il nome di Jahvé figura nei miJPii!im
conda sing. solo in Ex. 22,10.
13 Con suffisso di seconda sing. solo in De111.
19,14; 23,25 s. (tre volte); 24,10. Con suffis· 22 Cfr. gli studi sull'argomento di A. ALT,
so di terzn sing. maschile in Deul. 15,2 (due Die Urspriinge des isr. Rechts, Kleine Schrif-
volte); I9A·5 (due volte).n; 22,24.26; De111. ten zur Geschichte des Volkes !stael I (1953)
13,7 col valore di amico. 278·332; A. }IRKU, Das weltliche Rechi im
J) Con suffisso di seconda sing. in Lev. I9,13.
A.T. ( 1927); v. RAD, op. cii. (~ n. 20); Norn,
16.18; con suffisso di terza sing. in 20,rn. op. cit. e~ n. 20), ecc.
2 J Cfr. principalmente ALT, op. cii.(~ n. 22)
2'l Cfr. M. NoTH, Die Gesetze im Peni.:
Schriften der Konigsberger Ge1ehrten Gesell- 33·7I e ancor prima, fra gli altri, A. ]EPSEN,
schaft 17,2 (1940) 63-70 ('Die im at.lichen Untersuchungen wm Bundesbuch, BWANT
Gesetz angesprochene Gemeinschaft'). G. VON III 5 (1927) 82-86.
RAD osserva giustamente a proposito dcl Deu- 21 Cfr. l'osservazione di v. RAD su Ex. 21,16
teronomio: «Il 'tu' sulla bocca di Mosè quan· e De11t. 24,7: «Il 'il del Codice dell'alleanza
do si rivolge al popolo suona in un senso as· nel Deuteronomio è divenuto ben-ii!rii'ef»,
solutamente collettivo» (Das Gottesvolk im op. cii. (~ n. 20) 12,
7tÀTJCTCo\I B 3 (J. Fichtner) (VJ,313) 720

senza nominare un oggetto personale: v. 16 lo'-telèk riikil b"amméka


non uccidere (lo' tir~ab), non commet- lo' ta'amod rè'ekii 'ani jhwh,
tere adulterio (lo' tin'il/), non rubare «non andar sparlando dcl tuo popolo, non as-
sistere inerte (al pericolo del) tuo vicino: io
(lo' tignob). Invece i divieti di dir fal- sono il Signore!»;
sa testimonianza e di nutrir desideri il- v. 17 lo'-tifnii' 'et-'ii!Jika bilbobekii
leciti sono dati in relazione al rea' 25• È hokeah tokiah 'et-"amfteka
vero che l'introduzione al Decalogo, w'lo'-Ìiifii' •a;aw bèt',
che è poi il 'primo comandamento', è «non odiare l'amico n~l . tuo cuore, correggi
indirizzata con tutta chiarezza al popo- francamente il tuo socio e non addossargli
un peccato»;
lo che Jahvé ha liberato dalla schiavitù
v. 18 lo'-tiqqom w'lo'-tit{or 'et-b'11é 'ammekii
dell'Egitto e di cui ora esige il servizio, w''iihabta l're'aka konroka 'iilri jhwh,
ma poi le singole prescrizioni sono tal- «no·n far vendetta né serbar ranco1e ai figli
mente larghe e generiche che anche il del tuo popolo, ma ama il tuo prossimo come
rea'' che vi compare, non necessaria- te stesso: io sono il Signore!».
mente va inteso solo come il contraen-
te dell'alleanza, anche se dapprima il Senza dubbio i termini che qui ricor-
termine fu effettivamente usato per de- runo - e fra essi anche rea' - designano
signare lui.
Nella legge deuteronomica e nel Co- i contraenti del patto, i membri della
dice di santità si dice molto più chiara- comunità partecipi dell'elezione e del
mente che le disposizioni hanno in vi- patto e quindi dei doveri e diritti che
sta il fatto che Israele è il popolo scel-
esso comporta. Il precetto dell'amor
to da Dio 26 ; questo condiziona anche
l'uso di termini specifici per designare del prossimo (Lev. r9,18) vale quindi ·
il destinatario della legge e coloro nei prima di tutto nei riguardi di quanti
cui riguardi essa va applicata. Accanto partecipano all'alleanza con Jahvé, men-
a rea' nel Deuteronomio incontriamo
spesso 'àb {fratello) 27 ; nel Codice di tre non si può dire senz'altro Io stesso
santità ci si rivolge a 'chi è della casa per tutti gli uomini. In Lev. 19,34 esso
d'Israele' ('11 mibMt-jifrà'él: Lev.17,3} diventa tuttavia obbligatorio (cfr. Deut.
o ai 'figli d'Israele' (bené-jifrii'el: Lev. ro,19) - e ciò conferma che rea' nel
17,14) 23 e si invita a far qualcosa al
proprio 'socio' ('iimrt: 9 volte) e ai 'fi- nostro passo ha valore limitato - anche
gli del tuo popolo' (bené-'ammekà) . Par- relativamente al gér, cioè allo straniero
ticolarmente significativo è che tali ter- che abita nel paese, e questo è detto
mini specifici figurino insieme proprio con gli stessi termini che Lev. 19,18
nei versetti del Codice di santità che
contengono il precetto dell'amore (Lev. usa per gli 'Israeliti' (~ vm, coU. 30
19,16-18): s.; IX, coll. 802 ss.). Cosi il precetto ac-
2; Per l'ottavo comandamento dr. H.J. STOE- re dal re e scendendo fino agli schiavi e ai
BE, Da:r achte Gebot: \Vort u. Dienst, Jahr- debitori, tutti gli Israeliti con l'aggiunta di
buch der Thcologischen Schule Bethel, N. F. 3 questa parola sono posti sorto una denomina·
( r952} 108-126. zione comune».
23 Cfr. quanto osserva L. RosT sullo scambio
26 V. RAD, op. cit. (--> n. 20) 9.II·I9 e NOTH,
trn 'edii e b'11é·jiJrii'el in P: Die Vorstu/en
op. cit. (--> n. 20} 63-70. vo11 Kirche 11. Synagoge im A.T., BWANT IV
27 v. RAD, op. cit. (~ n . 20) 9 : «a comincia· 24 (1938) 78.
nÀ:qulov B 4 (]. Fkhtner)

quista già una dimensione decisiva, an- (nokri) e il residente (ger t6sab) che nel
che se è possibile arguirne un limite sot- giro di r2 mesi non si sia incorporato
tinteso in quanto il ger non comprende nella comunità giudaica 30•
il nokri, cioè lo straniero che non abita 4. Accanto a questa tendenza restrit-
nel paese ma vi si trova di passaggio. La tiva che si delinea chiaramente nella do-
legge concerne precisamente quelle che, manda del dottore dclln legge (\lop.Lx6c;)
in base alle condizioni del tempo, si pos-
di Le. 10,29 (~coli. 725 s.), nel mondo
sono considerare e definire 'personalità
giudaico si son sempre levate già prima
giuridiche' e non c'è da aspettarsi per
del cristianesimo altre voci a propugna·
principio che la formulazione di una
re un allargamento del precetto del-
'misura legale' come questa vada al di
l'amore 31. La cosa appare fra l'altro con
là di esse. I diritti e doveri riguardanti
particolare evidenza nella traduzione di
il nokr1 sono piuttosto quelli dell'ospi-
rea' con 1tÀ.TJO"lov nei LXX. Già nei LXX
talità (~ VIII, coll. 5 5 ss. ), il cui ambi-
1tÀ.TJO"lov è la traduzione più frequente
to è in verità assai ampio 29 • di réa' (-> coli. 713 ss.) in tutte le raccol-
L'uso del termine rèa' nel precetto
te legislative che abbiamo sopra esami·
dell'amore dà la possibilità di restrin-
nato 32 • La tradizione dei traduttori greci
gerlo e, insieme, di allargarlo. Una tarda
sceglie cosl, e non a caso, un termine di
interpretazione del diritto giudaico ce
portata particolarmente generale e va-
ne presenta un'esplicita limitazione,
sta, che non può limitarsi a designare i
considerandolo valido solo per gli Israe-
soli contraenti del patto 33•
liti e il 'proselito della giustizia' (gèr
La tradizione ellenistico-giudaica con-
haHedeq) e ne esclude il samaritano, lo corda con una corrente del giudaismo
straniero, cioè il cittadino di altri paesi palestinese che pnrtendo dal principio

2} Gen.18,1 ss.; dr. 19,1-8; Jud.19,11 ss. Cfr. simo per ciascuno, cioè essere uomo pari suo»;
A. BERTHOLET, Die StellutJg der Israelilen ti. voci di questo genere si dovrebbero tornare
der ]11den zu den Fremden (1896) 21-27 e a udire spesso nel dialogo di Israele con la
passim. Chiesa. Cfr. anche le opere ebraiche citate
31> Mek. Ex. 21,35. Nell'A.T. non esiste anco- nella bibliografia e alcune osservazioni nella
ra la distinzione fra ger haffedeq e ger tosiib; parte di questo articolo dedicata al N.T.
Abramo si dà l'appellativo di gér w'to!iib ri· l2 Decalogo, Codice dell'alleanza, legge deute-
spetto agli Ittiti (Ge11. 23,3 s.). Nel Manuale di ronomica e Codice di santità (per Deul. 13,7,
Disciplina, dove réìi' compare una ventin<t di -7 n. 18).
volte, il vocabolo ha un senso ristretto - tran· l i Diverse osservazioni particolari conferma-
ne i casi in cui è usato genericamente, come no che il pensiero dell'amore del prossimo si
in 5,23 e 8,20, forse anche 5,21 - e serve a fa strada e (talvolta anche in contesti di altro
designare i membri della setta, -7 FlCHTNER genere) cerca una sua espressione; in Ecclus
4 2 ·44· 13,15 leggiRmo: à:ya1tij. ... 1tii<; lfvl)pw1to<; -tòv
JJ Il grande studioso ebreçi L. BAECK, nella 1tÀ.?)<Tlov IXÙ>OU (nell'originale ebraico c'è il
sua opera Das \Vese11 des -Jt1de11t11ms ( 1926) participio di dmh). Cfr. anche 1J! 14,4 [G.
213 scrive: <~Essere uomo significa essere pros· BERTRAM).
;23 (VI,314) 1tÀ:r1<rlov B 4 - e I CJ. Fichtnet-H. Greeven)

Ji fede che tutti gli uomini sono im- fa rispondere (le. ro,25-28 37 ) riman-
magine di Dio aUo stesso titolo, esige- dando, come è noto, al doppio coman-
va per ognuno rispetto e considerazio-
ne 34 e apriva cosl la strada ad afferma- damento delJ'amore verso Dio (Deut.6,
re la validità senza barriere del precet- 5) e verso il prossimo (Lev. 19,18). È
35
to dell'amore • ]. FrcHTNER possibile che risposte di questo genere
avessero corso nel giudaismo contem·
c. 1tÀ:r1crlo1J NEL NUOVO TESTAMENTO poraneo J&' ma per Gesù l'elemento de-
l. Nel N.T. ricorre solo in forma so- cisivo sembra essere il forte rilievo da-
stantivata 36, con la sola eccezione di Io. to all'unità dei due precetti: l'uno non
4,5 (7tOÀ.~V ... 7tÀ.7]crlov 'tO\i XWplou, «cit-
tà vicina al podere»), e significa il pros-
può essere senza l'altro 39• Per Paolo H
simo. Lo stretto rapporto di pensiero precetto «Ama il prossimo tuo come te
con l'A.T. appare già dal fatto che ò stesso» è il compimento di tutta la leg-
7tÀ:r1crlov figura l 2 volte in riferimento a ge (Gal. 5,14), il riepilogo (<i.vo:xEq>rt.-
Lev. 19,18, una volta come citazione di
Zach. B,16 (Eph. 4,25) e come allusio- À.o:to\ha.t) di tutti i precetti (Rom. I3,
ne a Ex. 2,x3 (Act. 7,27), e solo due B- 10: b 1tÀ.'fJO'toV si alterna con ò E'tEpoc;
volte (Rom. 15,2; Iac. 4,12) in un testo [-+III, coli. lOr5 s.]); in Iac. 2,B esso
autonomo.
è detto comandamento regale. Che in
Fin dall'inizio il vocabolo ha un po- questi passi non si faccia parola dell'a-
sto fisso nelle controversie intorno al co- more di Dio (come in R. Aqiba-+ n.
mandamento dell'amor del prossimo. Si 38), si spiega con lo scopo del discor-
tratta prima di tutto di .sapere in che so e comunque non autorizza a suppor·
cosa si riassuma la legge, e Gesù ri- re che il logion sinottico non fosse co-
sponde (Mc. 12,28-31; Mt. 22,34-40) o nosciuto. Quando ai comandamenti ci-

3! Già nei Proverbi la motivazione della ret- stesso'. R. Aqiba (morto verso il 135) diceva:
ta condotta è tratta dalla fede nella creazione: Questo è un grande principio che abbraccia
chi opprime il povero ne offende il creatore tutta la torb. Cfr. anche in ~ PREISKER 72
(Prov. 14,31); cfr. 17,5 e lob 31,15. s. brani dai Testamenti dei XII Patriarchi. In
J :S -> MICHEL 63 è dell'opinione che un lo- Shabb. b. 31 a Bar. un tale non ebreo viene
gion di Gesù come Mt. 7,12 è possibile solo da Hillcl e vuole imparare tutta la torà· reg-
«qualora si presupponga il comandamento ve· gendosi su un piede solo e riceve questa ri·
terotestamentario dell'amore in senso non re- sposta: «Quel che non piace a te non farlo
strittivo>), Nelle dispute rabbiniche posteriori neppure al tuo prossimo (pbr). Qui sta tutta
si confrontano l'interpretazione larga e quella la torà. Il resto è spiegazione. Va' e imparo~.
stretta (ibid. 56·65 ). Cfr. inoltre BACHER, Tannaiten 1 1 4 s. Per la
3• L'uso predicativo in Le. 10,29.36 ha come
controversia giudaica su ciò in cui si assomma
la legge, v. testi in STRACK·BILLERBECK 1 900-
presupposto quello sostantivato.
908; per la ' regola d'oro' ibid. 459 s.
37 Circa il problema dell'originarietà della for- 39 Il tema è illustrato in certo senso dalla
ma lucana cfr. KLoSTERMANN, Mk., a 12,28-34. parabola del servo malvagio (Mt. 18,23-34).
38 Cfr. Le. 10,26 s. e lB nota frase di R. Aqi· Per l'intima struttura del doppio comanda-
ba in . S. Lev. 19,18 (STRACK-BILLERDECK 1 mento cfr. ~ FucHs 134-137; W. GuTBROD
357 s.): «'Amerai il prossimo tuo come te ~ vrr, coli. 1344 s.
1tÀl)CTlov e l•.} (H. Greeven) (v1,315) 726

tati al giovane rìcco in Mt. 19,19 si ag· sione chi va amato e chi no, viene inter-
giunge: xa.t &:ya.m'J<rEt<; 'tÒ\I 'ltÌ..TJ<rlo\I rogato sul suo presunto amore che vuol
O'OV W<; O'E<X.U't6V, è chiaro che SÌ allude amministrare con tanta economia, men-
del pari alla consummatio, anche senza tre esso dovrebbe erompere da lui con
nominare in particolare il precetto del- impeto irresistibile e tradursi in azio-
l'amor di Dio. ne. Per natura esso non è anzitutto un
agire, ma un essere; essere figli di Dio,
2. Ancor pii1 importante per il signi-
essere 'perfetti' come il Padre del cielo
ficato di ò 7tÀ.T]<rlov è il dibattito circa
(vv. 45.48). Questo amore scaturisce
la giusta delimitazione del concetto di
dall'essere amati e non ammette che si
'prossimo', che al tempo di Gesù era in
domandi quali ne siano i limiti.
pieno svolgimento~. In Mt. 5>43·48
Gesù si oppone all'interpretazione a 3. Il testo classico che dice come Ge-
quanto pare usuale dei precetti della sù parlava del 'prossimo' è il racconto
legge: «Amerai il tuo connazionale; ma del buon samaritano 42. Anche se la sua
non occorre che ami il tuo avversa- introduzione nella disputa sul maggiore
rio (personale)» 41 ; egli sottolinea l'esi- dei comandamenti è opera di Luca, non
genza dell'amore dei nemici; essa sol- si può negare che il luogo assegnatogli
tanto rappresenta quel di più ('1tEpt<r<T6v, è quello che gli compete. Posto pure in-
v. 47) al quale è promessa la ricom- fatti che prima fosse indipendente, qua·
pensa (v. 46). Ciò che qui appare for- le altro tema poteva avere la pericope
malmente come una radicale apertura afi'infoori di questo: «E chi è il mio
del concetto di 'prossimo' e come su- prossimo?» Solo le circostanze fanno sl
peramento del precetto dell'amore, è in che, con provocante chiarezza, il biso-
fondo un ribaltamento deIJa problema- gnoso sia un giudeo e il _misericordioso
tica: colui che vuol sapere con preci- un samaritano 43 • Qui si verifica in pieno

41) STRAcK·BILLERBECK 1 353 s. Gesù per i suoi ha messo 'l'uomo' al posto


•1 Cosl J. }EREMIAS, Die G/eiclmissc ]csu J del connazionale.
(19_!14) 144. Si veda anche il comando di odia- 43 Tutti sono d'accordo nel dire che il v. 35
re i figli delle tenebre, che torna ripetutamen- non può aver costituito la fine di un racconto
te nel Mamrnle di Disciplina {1,10; 9,21 s.: a sé stante. Ma ciò che viene proposto come
contro '11Jj 1pt. 'gli uomini dell'inganno'). probabile chiusa {JuLICHER, Gleichnisse ]esu
Ma subito dopo viene il divieto di vendicRrsi II 597: «Chiusa come in 18,14», oppure «Chi
del nemico personale (10,17 s., cfr. 19-21), di questi tre vi sembra degno di ereditate la
42 Per ~ RADE 72 riferire il racconto al pro- vita eterna, ...di essere vicino al regno di
blema del prossimo è soltanto una «tara ere- Dio)); ~ RADE 79 : Le. 10,37 b o 10,28 op-
ditaria» di cui è colpevole Luca. Se ci si im· pure 17,16 b, che sarebbe particolarmente ap-
punta come Rade su una definizione concet· propriato; ButTMANN, Trad. 192: si conclu-
tuale del prossimo e non si nota come Gesù de con una dom3nda: -tl<; 'tOU'tW'\I 'tWV
:macchi proprio questa posizione di partenza, Tp~wv... [il resto rimane incerto] e con una
non si può che finire nel generico e dire che risposta [ v. 37•]) sulla bocca di Gesù suona
nÀ.TJO'lov C 3-.5 (H . Greeven) (vra16) 728

quella inversione +i della definizione di rettamente la persona stessa dell'inter-


'prossimo' che si avverte in Mt. 5,43-48. locutore, che alla fine viene esortato a
fare come il samaritano. Chi sia il 'pros-
L'uomo moderno, soprattutto a par-
tire dall'illuminismo, è portato a inten- simo' non si può definire; la sola cosa
dere per 'prossimo' l'uomo pari suo. che si può fare è di esserlo 17 •
Ma questa definizione non calza affatto
per 6 1tÀ.l')CTlov, che non allude a un rap- 4. Il confronto degli altri passi del
porto generico, ma a qualcosa di parti- N.T. (Rom . 15,2; Eph. 4,25; lac. 4,u)
colare. Tant'è vero che si è voluto tra-
durre b 1tÀl')alov con amico 45 • Ma que- con l'uso di à.oEÀcp6c; mostra che tra
sto vocabolo ha una connotazione affet- questo e 1tÀTJ<rlov non vi è differenza.
tiva molto più marcata di b 1tÀi]O'LO'V. Come 6 1tÀT)O'lov può esser detto del fra-
La traduzione che meglio si adatta al tello cristiano (Rom . I5,2), cosl aOE)..
contesto del dialogo col voµ1x6c:; sareb-
be connazionale; ma essa non contiene cp6ç compare in un senso più largo (ad
quell'idea di comunanza di culto e di es. in Mt . 5 ,22-24 ). In complesso si
partecipazione alla promessa che è im- preferisce &.oEÀq>oc:; anche perché allude
plicita in rea' e che invece ha assunto
un sapore politico-razziale. Ma c'è un al- più direttamente alla consapevolezza
tro motivo che consiglia di tornare al- della filiazione divina.
l'antico e genuino valore del vocabolo
piuttosto che cercare traduzioni nuove, 5 . Tuttavia o 1tÀ.T}crlov non cade in
ed è che alla determinazione originaria· disuso, anzi nei Padri apostolici, pre·
mente locale di 'prossimo' ( = il vici- scindendo dalle citazioni, è molto piì1
no), si aggiunge plasticamente anche la corrente che nel N.T. Per l'evoluzione ';
componente dell'incontro, 'l'attualità di delle formule ci colpiscono frasi come N
ciò che il vangelo domanda' 46 • queste: àyci1tl)O'Eic:; -.òv 1tÀiJCTLo'V O'OV i:
U7tÈ:p -.l)v l]Jux.1Jv a-ou, «amerai il tuo
Dal racconto del buon samaritano ri- prossimo più della tua anima}> (sci:. di .~}i
sulta chiaro che determinare a priori te stesso: Barn. 19,5) e ... 'tfjç ay6.TCl}~;. t;,~
>fic:; Elç ikòv xcit Xpi<r-.òv xcit dç 'f~\I ·.. :'.t
chi sia il prossimo non è possibile, ma 1tÀ:r1<rlov, «dell'amore verso Dio e iJ ..
si rivela di volta in volta e con la ne- Cristo e il prossimo» (Polyc., ep. 3,3 ). ·/:
cessaria chiarezza nella vita concreta. 1tÀT]O'lov manca nel Pastore di Erma.
Anzi, il racconto colpisce ancor più di- H. GREBVEN ', ·.

sbiadito e piatto oppure non aiuta a capire 4; }EREM!AS, op. cii. (~ n. 41) 143. .·~·
chi sia il prossimo. ~ Cosl M. DIBELIUS, Das .saziale Motiv im .~-:

N.T., in Botschaft u. Geschichte, Gesamme1te


4; Similmente~ FUCHS 137 parla di capovol- Aufsiitzc I (1953) 197.
gimento. 41 Cfr. ~ LEENHARDT 136.
729 (v1,3r6) nÀou-roi; x-rÀ. (F. Hauck-W. Kasch) ( vr,316) 730

"I 7tÀ.ov't'oç, t 'TtÀ.oucnoç,


t 7tÀ.ou-rÉw, t 1tÀ.OU't'LSW
~ il11cr-a.up6c; IV, coli. 509-513; µa:µw-
v<ic; VI, coli. 1047-1054; 1tÉVT)<; IX,
col!. 1453-1462; 'JtÀEO\IE~la. coli. 585-
608; 7t't'WX6<;

SOMMARIO: e) la tarda tradizione veterotestament:iria.

J\. Uso linguistico extra-biblico: C. Ricchezza e ricchi nel giudaismo :


r. tradizione extra-filoniana;
x. dati generali:
2. Filone.
a) linguistici;
b) lessicali. D. Rkchezza e ricchi nel N.T.:
2. Ricchezza e ricchi nel pensiero greco ed 1. Gesù e la ricchezza in Matteo e Marco;
ellenistico: 2. in Luca;
a) nell'antichità; 3. il gruppo semantico nell'uso linguistico
b) dai presocratici ad Aristotele; paolino;
c) i Cinici e la Stoa. 4. gli :-iltri scritti.
B. Ricchezza e ricchi nell'A.T. : E. Ricchezza e ricchi nell'epoca sub-apostolica
r . dati linguistici; e nella chiesa antica fino n Clemente Ales-
2. valutazione della ricchezz11; sandrino e a Cipria110:
a) nell'antichità; i. Padri apostolici;
b) la critica dei profeti; 2. Clemente e Cipriano.

1tÀou-ro; X"t'À. H. ScHMIDT, Synonymik der griech. Sprache


Per l'insieme: W. BrnNERT, Die Arbeit nach IV (1886) 376-387; WALDE-PO~. II 63-65.
der Lehre der Bibel (1954); H. BOLKESTl!IN, Per A 2: J. HAsBBROEK, Griech. Wirtschaftr-
Wohltiitigkeil u. Armet1p/lege im vorchr. Al- 11.Gesellschaftsgeschichte bis zur Perserzeit
tertum (1939); F. HE1cHELHEIM, Wirtschafts· ( r93 I); J. HERMELRl]K, IlE'llLa en Il),,oihoc;,
geschichte des Alterlums I-II (1938); H. MEY- Diss. Utrecht (1925); S. LA.UKAMM, Dns Sit-
ER, art. 'Eigentum', in Evangelisches Sozial- lenbild des Arlemidor von Ephesus: Angelos
lexikon, ed. F. KARRENBERG (19.'4) 275-280; 3 (1928) 32-71; ].]. VAN MANEN, IlEvlrx 1!11
R. v. PoHLMANN, Gesch. der sozia/en Froge IlÀ.oihoç in de Periode na Alexander, Diss.
1
11. des Sozialismus in der antiken W elt 1-11 Utrecht (1931); M. PottLENZ, Der hellenische
(1925); M. RosTOVTZEFF, Social and Econo- Memch (1948) 31-57; H. ScmLLING, Das
mie Hìrtory o/ the Hellenistic World 1-111 Ethos des Mesotes (1930).
(1941); ID., Gesch. der alten Welt, trad. H.H. Per B: F. HoxsT, Dar Eigentum nach dem
Schaeder Hl (1941 s.); In., Gesellscha/t u. A.T.: Kirche im Volk 2 (1949); H.]. KRAUS,
Wirtscha/t im romischen Kaiserreich, trad. L . Die Bedeutung des Eigenlums im De11tero-
Wickert 1-11 (senza data); C. SCHNBIDE.R, Gei- 11omium: Kirche im Volk 2 (1949); A.
slcsgeschichle des antiken Cbristentmns n KusCHKE, Arm u. Reich im A.T. mit beso11-
(1954) 37.517-519; E. TROELTSCH, Die So- derer Beriicksìchtigung der nachexilischen
zial/ehren der chr. Kirchen u. Grt1ppen Zeit: ZAW N.F. 16 (1939) 3:r-,7; M. Lu.RJE,
(1912); G. WiiNScH, Re/igion 11. Wirtscha/t Studien wr Gesch. der wirtscho/tlichen u. so-
(1925); In., art. 'Eigentum' in RGG 1 II 57- zi11len V erhaltnisse im isr.-iiid. Reich, Beih. 4.5
66; ]. ZwICKER, art. 'Plutos' in PAULY·W. ZA W (1927); P.A. MUNCH, Das Problem des
XXI (19,1) 1027-1052. Reichtums in den Ps. 37.49.73: ZAW N .F.14
Per A r : BoISACQ 797; PoKoRNY 798·800.835; (r937) 36-46.
1CÀ.oii-toc, x·TÀ. A 1 a-b (F. Hauck-W. Kasch) (vr,_317) 732

A. USO LINGUISTICO EXTRA-BIBLICO d::ill'altra, per lo più unito a un geniti-


vo e spesso in contrapposizione a quel-
r . Dati generali la materiale, designa la ricchezza vera e
a) Da/i linguistici. Per il senso l'eti· genuina che è fondamento di una reale
mologia è di grande interesse. Il grup- sicurezza di vita. È quindi inesatto rav-
po semantico è connesso con b radice visare in espressioni come 'ricchezza .,
• "\

indoeuropea pel-, fluire, che in origi- di sapienza', 'ricchezza di grazia' un uso


ne ha forse lo stesso valore di pel-, linguistico traslato. È meglio distingue-
riempire, pieno. Di qui sono derivate re un uso specifico riferito alla ricchezza
le radicali greche 1tÀE( f)w ('1tÀ.ofri-oc;, materiale e un uso generale.
'ltÀ.oucnoc;, 7tÀou'tÉw, TCÀ.ou-ri.sw), 7tÀ.T)-
( TClµ7tÀ.T)µL, rtÀ:iji}oc;, 'ltÀ.1)pT)c;) e pelu b) Dati lessicali. itÀoÙ'toç. La lessico-
(7toÀ.Uc;), cosl che in definitiva tutti que- grafia rispecchia chiaramente i dati lin-
sti vocaboli risalgono a una radice co- guistici esposti. In Horn., Il_ r,171 il
mune che significa riempire ed esser vocabolo si trova unito ad èiq>Evoc;, 'ab-
pieno 1 • Nel gruppo 'ltÀ.OV'toc; la radice bondanza'; in 16,596 e 24,536 accanto
si limita al senso fondamentale di ab- a oÀBoc;, 'prosperità'; 24,546: 7tÀ.ou't<v
bondam:a dei beni di questa vita. rtÀ.où- -.E xoct ulacn xExticr~aL, «primeggiare
-roc; è espressione e contrassegno del be- per ricchezza e figli»; in Od. 24,486 di-
nessere di un'esistenza felice vissuta ce Zeus: itÀo\hoc; oÈ xoct Etpi}vn 6).. tc;
nel quadro dell'ordine naturale stabili- iicr-rw, «abbondino ricchezza e pace»,
to e quindi posta sotto la benedizione quale segno di una situazione 'escatolo-
della divinità 2• Sin dai presocratici per gica' che seguirà alla conclusione della
motivi sia religiosi che economici si ve- pace fra Odisseo e i suoi avversari. Det-
rifica un caratteristico mutamento di si- to della prosperità materiale: V1t~P 'tt El- ..'fc
gnificato. 1t)..ov't'oc; da una parte viene pirrnc; xat 1tÀ.ou'tou xaL crl'tov <pop&~, )'&
a indicare la ricchezza materiale indi- «per procacciarsi ~ace, rk~hezza e ~ii: ':~~~
penden/e dalla persona e dalla situazio- to» (m una preP;htera: Dm., Syll. u "/:?.~
ne, specialmente la ricchezza in denaro; 589,30); q>UCTLXÒ<; 1t)..ovToc; ... hm.~~. : .~~
·. ~·:.it~
Per C: F. GEIGER, Philon von Alexandria als Theol. u. Gesch. des Judench1iste111u~V·~~w
soiialer Denker, Tilbinger Beitrage zur Alter- (1949) z96..202; H:E. ~EBER, Dar Eige111ilm:,~r~?t~
tumswissenschaft 14 ( 1932); M. WEBER, Das nach dem N.T.: K1rche 1m Volk 2 (1949), .·? ·•::'./ l
antike ]udentum : Gesnmmclte Aufsar.ze zur Per E: W. HALLER, Dar Eigentutn itn Glati;- ':-',j~
Religionssoziologie lU (1921). ben u. Leben der nachapostolischen Kirche.: ;,
Per D: K. BORNHAUSER, Der Chrisl u. seinc ThStKr 64 (1891) 478-563 ; 0. SCHILLING, :;
Habe nach dem N.T., BFTh 38,3 (1936); A. Reichtum u. Eigentum in der altkirchlichen ·,~,;
FEUILLET, Lcs riches inlendants du Christ: Lit. (1908), ivi p. lx-xn altrn bibliografia. i~}
Recherches de sciencc religicuse 34 (1947) 3cr Avvertenza. Dopo la morte di F. Hauck, l'ai'• --:r
54; H . GREEVEN, Das Ha11ptproblem der So- ticolo è stato rielaborato da W. Kasch in base . '~8
iialethik it1 der neueren Stoa u. im Urchr. al manoscritto da lui lasciato. ··· ·.-i
( 1935); F. I·JAUCK, Die Stel/1111g des Urchr. ZII I WALDE-POK. II liJ-6,5; POKORNY 798-800. :.:i,~
Arbeit u. Ge/d, DFTh II 3 (1921); J. }ERE· 2 E. ScHwARTZ, Charakterkop/e ous der Att.· ~.':~~.r.~_j
MIAS, ]erusalem zur Zeit }esu n (1928); E. like, ed. J. STRouxJ (1950) 23 a 1tÀOi:i-rQli1 .,;
LouMEYER, Saziale Fragen im Urchr., Wisscn· «Un soffio ristoratore della benedizione cb~ 1'i~
schaft u. Bildung 172 (1921); E . PERCY, Dic terra e mare dispensano all'operosità u~ll) : "·.ip
Botschaft /esu: Lunds Universitcts Arsskrift dt quella benedizione che gli antichi Elleni ".;~~;~,:.'
N.F. I 49,5 (1953) 45-106; H. PREISKER, Das chiamavano, con un termine intraducibile,
Ethos des Urchr. (1949) 94-105; H.]. ScHOEPS, r.Àoiin~».
;t).oihoi:; x-rÀ. A 1 b-2 a (F. Hauck-W. Kasch) (v1,318} 734

µaxaptO\I X'tijµa. \IE\16µLO''tC(L 'ltÀ.OU't'O<;, Or. n 767,18 [r/n sec. a.C.J). Al com-
«ricchezza naturale... poiché la ricchezza parativo: Ditt., Syll., II 888,144; Philo,
è considerata un possesso che rende fe- leg. Gai. 203. Al superlativo: Philo,
lici» (Philo, som. 2,35 ). Plurale 'itÀ.ov- virt. 174.
't'Ot: Philo, Ios. 131; col genitivo cipyv-
1tÀou'tÉW = esser ricco, aoristo ar-
ptov (Hdt. 2,121 1 1); XPYJµchwv (Anti-
phon, Jr. 54, Diels II 362,15). In giochi
1 ricchirsi, sin da Esiodo (Hes., op. 313;
Theogn. 663; Prodicus, Jr. 8 [Diels'
di parole figura com~ antitesi di Ò'.pE'tYJ:
II 318,8]; Isoc. 3,50; P. Giess. r I3,
ou"te 'ltE\llac; V7tEpopwv, ou't€ 1tÀ.o\i't'ov
19). Col genitivo (Xenoph., an. 7,7,42:
cipE'tijc:; àÀ.À,' àpE't1')'11 1tÀ.OV't'OU 1tPO'tt-
cplÀ.w\I); col dativo (Xenoph., Ath. 2,
µG'N, «senza disdegnare la povertà né
II : O'tl:ì1]p4)); con l'accusa tivo ( Luc.,
preferire la ricchezza alla virtù, ma la
Tim. 48: Ù1tEpµEyÉlhj 'tWOC 1tÀou'tov,
virtù alla ricchezza» (Gorg., Jr. I I a,
«[fornito] di straordinaria ricchezza»).
Diels 1 II 302,12). In senso letterale ge-
nerico: 1tpa1tlSwv (di mente) 1tÀ.OV'toç 1tÀ.ou't'l~w,
arricchire qualcuno (Aesch.,
(Emped., Jr. 129, Diels I 364,2); <ro-
1
Ag.586.I26B; Xenoph., Cyrop.8,2,22 ).
<plac; (Plat., Euthyphr.12 a); ~v 'tfi ȵn
iliuxn (Xenoph., symp. 4,4, cfr. 4,34); 2. Ricchezza e ricchi nel pensiero greco
o <rocplaç ilEov 1tÀ.o\hoc;, « ...della sa- ed ellenistico
pienza di Dio» (Philo, poster. C. I 51 ).
o àÀ.'l]i)L'llÒ<; 1tÀ.oi:hoc; tv oòpa.vQ, «la ve- a) Agli inizi. In Omero nobiltà e ric-
ra ricchezza in cielo» (praem. poen. chezza si equivalgono. Essere nobile si-
ro4). Nel greco ellenistico è anche neu- gnifica 1tÀ.Ou't~ 'tE x~l uta<r~ xr;:xrurila.t,
tro (P. Fior. m 367,II). «primeggiare per ricchezza e figli» (I/.
24,546). I nobili e ricchi - in Omero
'itÀ.OUO'toc:; (aggettivo), benestante, ric· manca 1a voce 1tÀ.o\lcnoc:; - sono gli à-
co, testimoniato da Esiodo in poi. In tp'llELOl. 'fortunati' (Horn., Il. 9,483; 24,
senso materiale è riferito a persone 398) e oÀSto~. 'felici', che hanno tutto
(Hes., op. 22; Theogn. 621; P. Oxy. in abbondanza (Horn., hymn. 30,8-12).
III 471,79 [u sec. a.C.] ); Philo, plant. Il conseguimento e la perdita della ric-
69) e a cose {Soph., El. 36 r: 'TPOC1tE~a.); chezza, e quindi l'appartenenza o meno
col genitivo {Plat., resp. ?..52X a), col al mondo della nobiltà, stanno nelle ma-
dativo (Plut., Calo Maior 18 [I 347a]: ni degli dèi (Horn., Il. 24,525-533 ),
-i:oi:c; àxp1Ju-toic; xat 'l'tEpi't'toi:c;, « ... cose poiché sfortuna e colpa sono insepara-
inutili e superflue»). In senso generico bili quanto prosperità e virtì:1. Dnto
in Antiphon, Jr. 327 (C.A.F. II 134): che qui TtÀOV'to<; significa situazione fe.
IJivx'l'J'll ~XEL\I OEt 1tÀ.OVCTla.v, «bisogna a- ]ice, non può per ciò stesso consistere
vere un'anima ricca», e in ep. Ar. 15: nella ricchezza di danaro. Limitata in o-
1tÀEl~ xat 'ltÀ.ouirlrt 4>vxfl, «con anima rigine a ricca pro;irietà di greggi 3, nei
piena e ricca». Come aggettivo sostan- tempi omerici essa implicava grandi
tivato è usato con o senza articolo in possedimenti terrieri e i loro prodotti
senso materiale o generico: il ricco, il (granaglie, bestiame, olio, vino) oltre a
benestante (Anonymus Iamblichi. fr. 3 metalli preziosi, attrezzi e utensi1i vari e
[Diels 1 n 401,27]; Aristoph., Pl.346; schiavi (Horn., Il. 23,549 s.)''.
Plat., resp. 7,521 a. Avverbio: 1tÀ.OV· Mentre i poemi omerici si muovono
rrlwc:;=riccamentc (Hdt. n 44,~; Ditt., sullo sfondo della nobiltà, l'opera di

J Cfr. ~ HASEBROl!K 2. 4 Cfr. ~ HASl!BROEK ro-n.


735 (v1,31B) 1t:>..ov"t'o<; x'T:>... A 2 a-b (F. Hauck-W. Kaschl

Esiodo mostra invece la condizione del comunque mantenuto il collegamento


contadino. Il senso di 1tÀov..-oç non mu- con l'antichità, per la quale la ricchezza
ta per questo; mutano invece le pre- era l'espressione naturale e riassuntiva di
messe per conseguirlo e le sue dimen- un ordinamento sociale ovvio in quan-
sioni. Se per il ricco di Omero 1tÀou- to ordinamento ontologico. Ma il perio-
-.oç rappresentava quella condizione di do che va dal VI al IV sec. si distingue
vita nella quale si era dispensati dal la- dalle epoche precedenti in quanto non
voro(~ IX, col. r456), in Esiodo si af- presenta né un ordine sociale incontesta.
ferma il principio che per diventar ricchi bile né corrispondenti norme stabili. So-
bisogna lavorare 5 e che il lavoro non è lo su questo sfondo si può comprendere
umiliante, ma anzi è onorifico (~ III, l'etica dello stato di Platone e di Aristo-
col. 8 3 o) 6 • Resta però che soltanto la tele, con la tipica collocazione del ric-
ricchezza comporta valore e benessere co e della ricchezza. Ma questo proces-
e che l'indigenza è i}uµocp?Mpo<;, cioè di- so ha inizio con i lirici e i presocratici.
strugge il nerbo della vita (op. 717). Nei rivolgimenti economici e politici si
Tuttavia si critica la tracotanza della constata che la ricchezza e tutto ciò che
ricca nobiltà che defrauda dei suoi di- ad essa appartiene è esposta a rapida
ritti 7 il contadino che lotta faticosa- decadenza, e solo a determinate con-
mente per diventar ricco; con ciò si dizioni può garantire una vera sicu-
mettono in relazione la ricchezza e il la- rezza 8 . Unicamente chi ha un'esatta vi-
voro, ossia il comportamento indivi- sione dell'andamento delle cose è in
duale. Questo è un primo passo verso grado di giudicare il valore dei beni e
lo stadio successivo, nel quale il censo di amministrarli in modo che possano
e il valore della persona non coincido- esser duraturi 9• In tal modo ordine so-
no più. ciale e ordine morale privato, individuo
e comunità, vengono a contrapporsi.
b) Dai presocratici ad Aristotele. Il L'esperienza insegna che vi sono dei
greco dell'epoca classica, per il quale la poveri i quali hanno una cultura e de-
polis sta al centro del pensiero e del- gli incolti che sono ricchi 111• Ma se l'uo-
l'azione, valuta la ricchezza non dal mo non ha coscienza di potersi appog·
punto di vista di un'etica individuale, giare agli antichi ordinamenti, diventa
ma da quello della società, riferendosi egli stesso misura delle cose e può di-
a ciò che essa comporta per la polis e per re: 1tEVl"I') 1tÀov-to<; òv6µa-ta lv8ElT}c;
la posizione dell'uomo nella collettivi- Y.o:t x6pou, ou"t'E o\iv 7tÀovcnoç 6 iv8twv
tà. In questo riferimento 'politico' è OU't'E nÉv"l')c; 6 µ:r1 EvBlwv, «povertà, ric-

5 Hes., op. 308: l!; [pywv lì'd.vlìpEc; 7tOÀ.6µri- à.véµwv Sé8E"t'a.t, dr. Theogn.6J9-666 (DIEHL 1
Àol 'T'liq>vMl "t'E. Il 42).
6 Cfr. Hes., op. JII ss.: [pyo\I lì'ovoÈv o\IEl..- 9Democr., /r. 77 (DIELS 1 li 160,l s.): o6t;a.
ooc,, .Upyl11 Sé -r'ovttlìoç. d oé xE lpyat;n. xat 1tÀOV"t'o<; li.vEu ~uvÉo'to<; (discernimento)
>axr:i OC: l'.;T))..wcm ciepyòc; 7t:>..OV"t'EUV"t'c.t' 1tÀOv- OUX acrcpa)..fo. Y."t'TJµCL"t'c.t, cfr. anche jr. :288
't(V lì'<ipE'Tl) ;,cd xu8cc, 01tl)OE~. (DIELS 1 Il 205,14).
7 Significativa a questo proposito e riassunti- 1
JJ Democr., fr.185 (DIELS Il 183,3 s.): xptct-
va di tutta la situazione è la favola dell'usi- aovfr, dcrw al 'tWV 1tE1tc.tL8Euµtvwv lÀ.11!0E<;
gnolo e dello sparviero in Hes., op. 202-212. ~ 6 -rwv aµa&wv 11Àouuç, Solon, fr. 4,9
8 Cfr. il detto di Democr., Jr. 302 (DmLs 7 11 (DIEHL l I 31 ): rco).:>..ot yàp TCÀOU"t'OUCTL xa-
223,6 s.): µT)lit'ltO"t'E µaxa1:h1TJLC, liv&pw1tov xof, à.ya.~ot lì~ 11tvov"t'at, dr. Theogn. 683-
htt 1t:>..01hwt xat 1ì6!;1]L' TL"<iv"t'a yàp 'TCÌ. 686.rn~2-1062.no9-1II4 (DIEHL l Il 43.63 ..
"t'OLc.ti:i"t'a. "{W\I <iya.i)wv l:>..a"t''tO\IL 1tlCT'TEL "t'WV 66).
737 (VI,319) 1tÀoih·o~ X'tÀ. A 2 b (F. Hauck-W. Kasch)

chezza: nomi che indicano il bisogno e sbagliata 16 e contrapporre alla ricchez-


la sazietà. Perciò non è ricco colui che za esterna quella della virtù 17, la vera
ha dei bisogni, né povero quegli che ricchezza della sapienza 18• Ora che la
non ne ha» 11 • La posizione di una per- ricchezza viene intesa non più come e-
sona non si valuta più in ordine alla spressione ma come mezzo di vita, si
ricchezza 12 ; ma piuttosto ciò che si di- può anche discutere se per vivere sicu-
ce ricchezza e povertà dipende dal giu- ri valga meglio la ricchezza, la povertà
dizio e dal comportamento della perso- o la mediocritas 19 •
na. Pertanto l'esser ricco può essere co- Questi pensieri dei presocratici sul
sa buona e anche cattiva, a seconda del problema della ricchezza sono ben lun-
modo in cui agisce colui che usa l:i gi da!I'essere esaurienti. Anche la com-
ricchezza 13 • Soltanto ora si può giun- media e la tragedia non forniscono va-
gere a formare la ricchezza materiale e lide soluzioni d'insieme 20• Queste si in-
tecnica, il XP'llµa:n...iv 7tÀ.ou-i-oc; 14 • In cominciano n trovare solo nei grandi
senso materialistico l'individuo può op· sistemi etici di Platone e Aristotele.
tare per la ricchezza tecnica come mez- Ambedue insistono sul carattere funzio-
zo per vivere con la maggiore sicurez- nale, intravisto dai presocratici, della ric-
za possibile 15 ; ma può anche vedere chezza materiale, considerandola come
nell'aspirazione alla ricchezza una via mezzo 21 di cui misurano il valore in

Il Democr., fr. 283 (DmLs 1 u 204,12 ss.); Ct.)..)..'àpE'tlJV 1tÌ..OU'TOV 1tPO'tLµW\I (preferire).
cfr. anche fr. 284 (DIELS' n 204,1' ss.): fiv lii Democr., fr. 303 (DIELS 1 II 223,19).
µ'ij 1tOÀÀW\I lmD\JµiTjt.ç, "à. 6Myc:t 'tOL noÀ· l9 ~ n. 13 ; Democr., fr. 78 (D!ELS 7 H r6o,
Ì..Ò: oòçEL' O'µtXpà. y<Ìp 8pEç1.ç 'ltE\l(T)V laoai>t· J s.); Anonymus Iamblichi, /r. 3.4 (DIELS 1 II
vfo. 1t).,OU'tWt 1tOLlEt. 401,23 ss.); dr. 4 n. 17, inoltre Theogn,
12 Bias," /r. 13 (DIELS
1
l 65,8 s.): &.v&.çiov 1o67 S. u_n S. (DIEHL 3 Il 64,68).
IJ.vopa µ'ij foc:tlvn oi.à. 1tÀ.ouwv.
2~ Un esempio: in Aristoph., PI. 489"612 la
Il Pseud.-Plat., Eryx. 397 e: A Prodico fu dea IlEv'4 durante una disputa tenta di spie-
chiesto 1tWc; ort't(U Xt.tXl>\I d.'vai. "CÒ 1t>..oui:EtV gare a Cremilo che arte, scienza e commercio
xat iSltWc; !iya~ÒV' Ò ot i'cp'I') 'l'OLc; µiv xaì..oi:c; hanno la loro origine permanente nella nEvla,
xaya.i)oi:c; "CW\I &.~pWltWV Ò:ya.l)~v xa.t TO'Lc; cioè nell'aspirazione sempre insoddisfatta a
l-JUCT'tttµivoi..;, 01t0V otr XP'iiO'&a.L -cote; XPii- incrementare e organizzare l'esistenza; cfr. ad
µaat, 'tOU'tOLc; µ!v à:ydòv, i:otc; o~ µox1'7J· es. PI. 510 ss.: EL yàp 6 filo\hoc; ~).,llj/EtE
Po~ xaL U\IEma't-fJµoai.v xt.tx6v. lXEt o', rq>r), 1tcD..w ota.vElµe~lv -r'Ccrov o.:vi:òv, ai>n -r:É-
xaL -ràÀ.À.tt 'ltp&.yµa-to.: olhw 'lt!i\l'tct' ònofot XYrJY dv 'tW\I &.vOpW!twv oih'li.v aoqilav µeÀE-
y<lp /lv 'l'tVE<; wow ot )(pWJKVOL, -rotttuTa. xa.L '!<inJ ouoE/.ç. 553 s.: 'l'OU ot 1tlY'T]'tOc; (sci/, ~(oç
-cà 1tp<iyµa.'ta ttÙTorç àv<iyxT) t!vixt. k"Tl) l;i}v q>t~liòµE\lov xa.t -coi:c; ~pyoi.c; TtpoO'·
H Cfr. Antiphon, /r. 54 (DIBLS 7 Il 362,1,). É)';O\l"t'a.. Anche la conclusione di 593 s.: 7t&.\l't 0

15 Critias, fr. 29 (DJELS li 390,2 s.): aoqriìi; oÈ


7 fo'T'àya&'ùµ\v otà 'tf)V IlevCt.tv. Cremilo non
'ltlvlctç axatÒ'tT)'tt.t 1t>.ovalac; i<PE~7uo·1 ulN- può confutare queste argomentazioni in nes-
ctx6v fo'"tt'\I t" o6µotç EXELV, dr, 'Theo~n. sun punto (dr. PI. '71!); ma (e il poeta è
699-718 (DIEHL' Il 44 s.). d'accordo con lui) opta per Pluto che ha riac·
M Thales (DIELS 1 I 71 ,26): µT) ltÌ..OU'tEL xa.· quistato la vista, e quindi per la restaurazione
xwc;. Anonymus Jamblichi, fr. 4,4 (DIELS 1 Il dell'ideale dell'antico ordine aristocratico, nel
402,12 s.): ~O"TL<; of fo'ttV a'11ip Q.).,T)fiwc; quale ricchezza e moralità coincidevano.
!iyctt'Mç, o?hoc; ovx &.>.>.oTplwt XÒO'µwt 1lEPL· 21 Cfr. Plat., resp. 1,331 ab; Arìstot., poi. 1,8
xuµlvwt 'ti}v 86~a.v ih}p<i'tttL, à)...)..ò: 't-ijt a.V. ( p. 1256 b 35 s. ): ouo~\I yàp Bpya.vov if'ltE~­
TOV àpi:TijL. po\I ovoEµliic; tcr'tL '\LXV'l'J<; oiht 1tk/iltti. otln
Il Gorg., /r. 1 a 32 (DIELS 1 II 302, rr s,): µtytl)n, b O~ 7t).o\i-;oc; 6pyàVW\I TCÀ:ij06c;
oi>'\é m\llaç umpopw\I, o<l'tE 'lt>..ou'to" dpti:'iic; tc,..nv otxovoµi.xwv xcxt 7tOÀ~T~xwv. eth. Nic.
7.19 (vr,319) '!tÀ.ov-.oç x-.À.. A 2 b-c {F. Hauck-W. Kasch)

base all'importanza che ha per la vir- stinte anche concettualmente con pie-
tù 22 • Dato che anche il commercio e na chiarezza: una è funzionale (per
.l'industria possono condurre alla ric- cosl dire, di servizio) e l'altra senza
chezza 23, ne viene che l'importanza po- freno né misura, propria di chi vuol
litica della ricchezza può esser solo in- vivere sicuro a qualunque costo e nel-
diretta. L'appartenenza alla polis non 1'ammassar beni ravvisa la felicità (~
è determinata dalla ricchezza, ma dal- coil. 5 85 ss.) 31• Questa ricchezza sotto il
la posizione che riguardo ad essa si profilo dell'etica sociale è riprovevo-
assume. La ricchezza dev'essere un mez- le perché politicamente conduce alla
zo di formazione in quanto affranca rovina e rende l'individuo asociale; l'al-
dalla necessità del lavoro manuale 24 • tra invece è auspicabile perché senza
In quanto ricchezza e nobiltà eredita- il suo fondamento 1a libertà dell'uomo
ria essa deve promuovere la purità del- sarebbe impossibile 32• Si noti un certo
l'aspirazione dell'individuo alla giusti- divario fra la terminologia di Platone
zia in seno alla comunità 25 , poiché gli e di Aristotele. Nell'uso linguistico di
permette· di applicarsi alla virtù invece quest'ultimo la ricchezza è in ogni ca-
che al guadagno 26 . Questi principi e- so materiale e perciò un mezzo; ma r.i-
quivalgono a un monito a guardarsi guardo ad esso ci si può comportare al-
dalla grande ricchezza v, la quale com- la rovescia, considerandolo un fine. Pla-
porta svariate tentazioni e pericoli 28 • tone invece, accanto a quella di ricchez-
Migliore è una ricchezza moderata 29, za materiale, conserva l'antica accezio-
poiché essa si può amministrare con ne generica del termine e distingue la
minor fatica e perciò rende l'uomo di- ricchezza materiale da quella vera, che
sponibile per l'educazione e la virtù, consiste nell'abbondanza di sapienza,
che lo fanno capace di vivere come nella virtù e nella nobiltà di spirito"·
si conviene neila polis 30• Da tutto ciò "'..\
,

emergono due forme antitetiche di ric- c) I Cinici e la Stoa. Ambedue le · ~l


·chezza, che da Aristotele vengono di- scuole radicalizzano le soluzioni rag· -,~1
·, ... ~
.,
r ,3 (p. 1096 a 6): ò 7tÀ.ov-.oç lii)À.ov lh~ ov 'tÒ ristot., eth. Nic. ro,r4 (p. u78 b 33 ss.); P<{ · ;-~
. -, '· /<
s'l')'t'OVµEVO\I Ò;ya!tbv· x!riicn.µov yàp xctt /i"J.... 4,n (p. 1295 b 5 s. ). ,,j ; \~io~
À.ou xapw. 28 PJat., resp. 4,421 d; 422 a; leg. 744 d; Art..'::~
21 Cfr. Plat., resp. 7,52.I a; Aristot., eth. Nic. stot., pol. 4,n (p. 1295 b 15-21). :,( i}:-1,
29 Plat., E11thyd. 281 b.c; Aristot., poi. 4;~l- 1 1
r,2 (p. 1095 a 23); pol. 2,7 (p. 1266 b 1-40). ·: ;
2l Cfr. Plat., resp. 4,434 b; Aristot., pol. 3,5 (p. 1295 b 40; 1296 a 1; 1295 b 4 s.): q>a.W~ -X
(1278 R 24). pò11 o't'~ xa.L 't'WV i:Ò'tVX7Jµ6;'t'wv -ii x't'ijatc; -Q
11 Aristot., pol. 7,15 (p. 1334 a 32-34): µ6;À.r.- µla1) ~EÀ.'tlO''tl) 7tti.V'tWV. _
O''t'ct -yàp où1'oi oEi}uov't'ct~ <p~À.ouocplct<; xo:t 31 Cfr. Aristot., eth. Nk 4,1 (p. u20 a ,.6);
uwcppoa\JV'l')ç XClt li~xmoa\J11n.;, 8a41 µriÀ.À.ov poi. 7,9 (p. 1328 b 33 ss.); Xen., Cyrop. 8,3,
uxola!;ovcn.v tv èt.qi1'ovl~ 't'WV "toiou't'wv &.ya- 4os.
i>wv, cfr. 2,9 (p. 1269 a 34 s.). li Cfr. Atistot., poi. 1,9 (p. 1256 b-12_,a a 8).
25 Plat., re;p. 1,329 e-331; per l'associazione di Jl Aristot., poi. 2,9 (p. 1269 o 34 s.): !k~ µiv
ricchezza e nobiltà cfr. Aristot., pol. 5,1 (p. ovv OE~ 't'TI µEÀ.ÀOVO"l) Xtt~ 7tOÀ~'tEVtoitttt
1301 b 3 s.): EvyEVE~<; yàp Etvo.~ ooxouuw 't'TJV -twv à.va.yxa(J.,)v òttà.p)CEW CfXo).+,v1 "
ofç ÙrrÒ;p)CE~ 'ltpoy6vwv apE't''l') xat 7tÀ.OU'to<;. òµoloyouµEv6v fo"tw.
Cfr. Plat., resp. 6,494 e: 7tÀoucn.o<; xctL "(E\I· 33 Plat., resp. 7,521 a (circa lo stato ideale): '.·;
llctfo<;. lv µ6vn y!Xp a.ò't'ji cipl;ovaw oL 't'(i> IS\l'tt
26 Cfr. Plat., resp. 8,547 b; inoltre -+ nn. 28 e 7tÀ.OUO'~O~, ov XPV<Tlov à.).)..'ov 8Et >Tbv EVlìal-
29. µova nÀ.ov-.Ei:v, !;w7ji; à.-ycdn'ic; 'tE xctl fµqipo-
27 Cfr. ad es. Plnt., rcsp. 6,491 e; 8,550 e; A- voc;. Cfr. 8,547 b; Phaedr. 279 c. ·
741 (vr,320} 1tÀ.oui:o<; xi:)., A 2 e (F. Hauck-W. Kasch) (VJ,321) 742

giunte .finora, ponendo al posto della guardo al problema della ricchezza si


polis, come punto di riferimento della aprono su un orizzonte nuovo. La Stoa
loro indagine, l'uomo singolo e la sua antica, media e nuova sono concordi
felicità lt. Ma ciò che ad esse interessa nell'affermare che la ricchezza è qual-
non è l'intimo atteggiamento dell'uomo cosa di indifferente ( ci&iacpopov) 4 z. Poi-
di fronte ai beni 35• Rifiutano la ricchez- ché per natura gli uomini sono tutti
za perché la sua ricerca rende l'uomo uguali, essa non fa parte della condizio-
schiavo delle cose e delle circostanze e ne umana ma è solo un bene che l'uo.
lo distrae dal suo unico valido appog· mo ha a prestito 43 e quindi · non può
gio, che è Jui stesso 36• avere alcun diretto influsso su ciò che
Rappresentanti di questo rigoroso lo caratterizza essenzialmente. Numero·
principio sono specialmente i Cinici. se sentenze chiariscono che né ricchez-
Secondo Diogene gli EÙyEvÉo'-.a:to~, 'i za né povertà determinano, per se stes-
più nobili' sono coloro che dispregiano se, la sorte umana. Aristone di Chio af-
ricchezza, onori, piacere e vita (7tÀ.ov- ferma: ò µÈv '1t&7t<XiowµÉvcç xa.l Èv
"toc;, o6!;a, 'l)8ovi), ~wi)) 37 • Si potrebbe 1tÀ.ou-r~ xal È'V 1ttvl~ où -.ap(h'\E't'a.t,
dire che questa concezione incarna alla o 8f. à.mxl8w't'oc; Èv -à.µqiotv, «l'uomo
perfezione H capovolgimento dell'idea- ben formato non si turba né nella ric-
le greco nei riguardi della nobiltà. In chezza né nella povertà; l'uomo rozzo
chiara antitesi con quanto è stato di- invece in ambedue» 44 • Ma se fa parte
chiarato finora, il cinico dice che la delle cose indifferenti come ]a salute,
7t&vla. è un mezzo per raggiungere 1a l'onore e la gloria, vuol dire che in sé
sapienza 33, poiché consiste nell'essere la ricchezza non è né buona né catti-
liberi da ogni sorta di cure che ruba· va 45 • Quindi conviene misurarne i van-
no il tempo 39• Si arriva ad asserire che taggi e gli svantaggi su un piano pret-
In vera 'lt<t.~8Ela. è possibile solo a chi è tamente pratico. Un vantaggio consiste
povero .o e che ricchezza e virtù si esclu- nel fatto che se si usa ricchezza con
dono redprocamente 41 • giudizio, cioè da saggio, essa agevola la
Invece le affermazioni della Stoa ri- vita -46. Inoltre offre maggior facilità di
3• Cfr. E. MEYER, Gesch. des Al1ert11ms IV 1 42 Cfr. v. ARNlM m 28-39; Zeno, Jr. 190 (v.
(1901) rn; ]. KAERST, Gtsch. des Helle11i· ARNlM 1 47,25); Aristo Chius, fr. 359 (v. AR·
nnus I J (1927) :;7; P. BAJtTH·GOEDllCKEMEY· NIM I 81,33); Epict., diss. 2,19,13: à.yabà.
ER, Die Stoa' ( 1946) 2 ss. µÈv 015\1 cd ripei:at xaL Tà. µei:txov'ta cx1hwv,
35 Cfr. K . REINHARDT, Poseidonios ( 1921) 336· xct.xà. 8~ xa.xl.m xa.L "Tà. µEi:txovTa. XCI.Xl~.
.H :t, spec. 339. a8uiq>opa. O~ 't~ µETCX~Ù 'l:OV'tWV, 1tÀ.OV"t'Oç,
ùy~tct., l;wi). i)civ11i:o<;, 1J5ov{j, 1tovo<;.
:i.1 Cfr. Euripide in Stob., ecl. 5 1782 11: 'lt)..ov·
4J Epict., diss. 4,5,15: 'tOV'l:WV yàp ouoèv
TE~c;· T<Ì 8'?f)..).cx µi') 86xu ~vv~t\lcx~· lv T<{j
')'àp oX~tti q>auÀ.6T1')ç t\IEO'Tl -i~<;. 1ttv(a. 8è [oLO\I "t'~ à.vi}pWmp ~<Ti:lv, à.).)..à miv'ttX aÀ.-
O'Oq>Cav ~À.«XE s~à. i:l> OVO'TUXE<;. Cfr. i!Joltre )..6Tpl.«, Sov).11, \mEv&uva. Cfr. Sen. ep. 41,5
Crates, /r. 10.16 (DIEHL 1 I 123.12:;). ss.
37 Diogerie di Sinope, ed. G.A. MuLLACll, ~. Aristo Chius, Jr. 396 (v. ARNIM I 89,20 s.).
Fragmenta Philosophorum Graecort1111 n 45 Aristo Chius, Jr. 3:;9 (v. ARNIM I 81,21);
(1867) 30:;; cfr. Stob., ecl. :;,807,4. Chrysipp., /r. u7 (v. ARNIM III 28,13).
38 Stob., ecl. 5,782,18. 46 Cfr. Pronto, Jr. 196 (v. AKNIM m 47..t);
n Xenoph., Cyrop. 8,3,40 s.; dr. Crates, Jr. 7 Stob., Jr. 6r:; (v. ARN1M m 158,24 ss.); Chry-
(DIEHL' I 122 s.). sipp., fr. 698 (v. ARNIM rn 175,6·10); Diog.
"° Stob., ecl. :;,785,1:; ss. L. 7,122; Cic., off. 2,86; quel che si intende
41 Stob., ecl. 5,766,12; dr. 806,17 ss. per sriggio uso (della ricchezza) è indicato mo!.
743 (vr,321) 'TtÀ.oiiuc; A 2 c-B 2 a (F. Hauck-W. Kasch) (v1,321) 74-l

sviluppare lo spirito 47 , rende possibile 2 3 ). I passi restanti appartengono a


la difficile arte di dare e donare oppor- scritti non conservati in ebraico. È in-
tunamente 48 , è importante per l'ordine teressante la distribuzione del gruppo
e la prosperità sociale dello stato 49 • di vocaboli nelle varie opere: 6 volte
Presenta lo svantaggio che i dissennati nel Pentateuco, 9 nei libri storici da
l'usano malamente 50• Essa costituisce Giosuè a Samuele, 2 3 nei successivi libri
una tentazione anche per il savio 51 , poi- storici, 34 nei Profeti ( 17 volte in Isa-
ché minaccia di indurlo a farne conto, ia), I 6 volte nel Salterio, 9 3 negli scrit-
mentre è incerta e transitoria 52• Sop- ti sapienziali (compreso '!lcclus ).
pesando vantaggi e svantaggi, si conclu-
de che la ricchezza rappresenta un vn· 2. La valutozione della ricchezza
lore positivo nel contesto di una con-
dotta conforme alla natura 53 • Bene si- a) Già i dati statistici mostrano che
curo è solo la ricchezza vera, che con- nei libri più antichi il problema della ric-
siste nella sapienza, nella consonanza chezza non si pone. Tale constatazione è
deH'uomo con l'ordine universale, e convalidata da un confronto con la fre-
rende lo crnou&Ct.ioc;, l'uomo probo, ve- quenza d'impiego di 'ltÉV'l'}c; ( ~ IX, coll.
ramente ricco 54 • 14 59 ss.) e -)o 1t'tW)Coc; (e vocaboli del
loro gruppo), i quali nel Pentateuco, nei
Giudici e nei libri di Samuele ricorro-
B. RICCHEZZA E RICCHI no in tutto soltanto 15 volte e per lo
NELL'ANTICO TESTAMENTO più in brani recenti. Come nel mon-
do omerico, cosl anche nell'antico I-
J. Dati linguistici sraele vi sono carestie (Gen. 41 ss.),
ma non un problema sociale. Dove vie-
Nei LXX il gruppo 1tÀoù·rnc; ecc. ri- ne usato (nÀ.oucnoc;, Gen. 13,2; 2 Sam. .:"i
corre all'incirca 180 volte. In 76 casi 12,1.2.4; 11:À.ou·n:i:v, Gen. 30,43; Tt~~ ·<~
traduce la radice ebraica '.fr, 14 volte 'tlsEw, Gen. 14 123; 1tÀ.o\hoc;, Gen. 3X, ~j~
'ltÀoù'toc; sta per pajil, 7 volte per hii- 16) il gruppo indica una ricchezza con· . ~~{
mon, 6 volte per han. In 4 casi manco sistente in greggi, servi, serve e metal•.. 1\S
l'equivalente ebraico (I Sam. 2,ro; Is. 1~ preziosi, che, ove manchino discendeWJ\~~1;
24,8; Ier. 24,x; Prov. u,16); 13 volte u, non ha senso (Gen. 15,2 s.). Gen{/!f~
serve a tradurre vocaboli di senso di- r4,u-23·; 29,14-31,16 offrono un nid~ -?i~
verso {fra gli altri gedtilla, Esth. I,4; do quadro di come si realizza e si aé.!' .~;i
10,2; 'emund, ~ 36,3; Ja'anan, Is. 32, cresce la ricchezza: essa proviene dàf ,·\
I 8 ), oppure è traduzione libera (I s. 5, bottino di guerra, dalla dote e dai pro-
14; 29,2; Prov. 31,28) o intesa a cor- dotti di un allevamento fortunato. La ·'· 1'
reggere il testo (ls. 60,16; Prov. 13,
to chiaramente <la Sen., de vita beala 22,5;
sua valutazione è del tutto positiva. La . .
.
51 Sen., ep. 20,10. . '··
aput me divitiae aliquem locum habent, ap111 Sl Sen., Mare. 9,2.4; 1011; dr. anche le argo.. )
/!! wmmum. Ad postrem11111 divìtine mea:!
mentazioni di Epict., diH. 1,29,14 sul moti"/~ ·. '
sunt, tu divitiarum es. per cui dieci uomini sono più forti di uno 86- . )
47 Sen., de vita beata 22,1.
lo, il quale perciò deve mettere in conto una ···' '
48 Sen., de vita beala 24. '··
sconfitta.
4•> BARTH-GOEDECKEMEYER, op. cii. (--+ n. 34)
s1 Diog. L. 7,105.
139·
Plut., jr. 123 (v. ARNIM 111 29 143); Alex.
Y.I S4 Stob., /r. 593 (v. ARNIM m 155,13; dr.
Aphr., /r. l.P (v. ARNIM lll 36,28). 153-157).
745 (VI,321 'lt>..ov-.oç x-.>... B 2 a-e (F. Hauck-W. Kasch)

concezione veterotestamentaria si distin- Is. 53,9 empi e ricchi si identificano. Ma


gue da quella greca(-? coll. 734 ss.) in queste accuse rivolte reiteratamente dai
quanto considera la ricchezza dono di profeti alla classe altolocata (l er. 5 ,26-
Dio ed espressione della sua personale 31; Ez. 22,6-r3; Am. 3,xo; 5,7-12) so-
benedizione (Deut. 28,r-14). no stereotipe, cioè non si volgono con-
tro i singoli ma contro la categoria in
b) La critica profetica della ricchez·
quanto tale. Lo stesso dimostrano gli
za presuppone un mutamento delle con·
oracoli di sventura, che si indirizzano
dizioni e relazioni sociali in confronto
anch'essi al gruppo e non agli indivi-
al tempo antico. Sorgono le città regali
dui (dr. Is. 3,r ss.; 3,r6-4,1; Ier. 5,26-
di Gerusalemme e di Samaria con una
31; Ez. 22,24-p; Am. 5,7-I2; Mich. 2,
classe piuttosto ridotta di nobili e rie· r -11) e chiamano in causa espressamente
chi, alla quale si contrappone una vasta
i ric:chi: essi precipiteranno agli inferi in-
turba di nullntenenti e di persone prive
sieme al fasto e alla grandezza di Ge-
di diritti (cfr. Is. 3,2 s.; 10,r ss.; Ier. 5,
rusalemme (Is. ),I4); la loro ricchezza
4 s. 25-3r ; Ez. 22,25-29; Am. 2,6 ss.; 3, si disperderà come polvere (!s. 29,5 );
10; 5,7·I2; Mich. 2,r ss.; ~.9 ss.f·'. Es- la città opulenta resterà deserta e vuo-
senzialmente tale critica è il rifìut0
ti? ( Is. 32, r 2 ss. ); le donne nobili saran-
teologicamente motivato cli questo pro-
no private della loro posizione sociale
cesso (dr. già !ud. 8,22.23; I Sam. 10.
r8_s.), il quale comporta co11seguenze so-
(Is. 32,9-14).
dali come la servitù della gleba (Am. c) La maggior parte dei testi vetero-
5 ,7-I2), l'asservimento di connaziona· testamentari riguardanti il problema
li (Ier. 34,8-II), la violazione del dirit· deila ricchezza si trova nella letteratura
to delle vedove, degli orfani e della sapienziale. Che il povero è in dispre-
povera gente (!s. ),8-24 e passim). Que- gio al prossimo e il ricco invece possie-
sta critica è basata sulla persuasione de molti amici (Prov. r4,20) è consta-
che proprio nell'esistenza di uno stra- tazione che vale per ogni dove nel mon-
to sociale ricco 56 va c,~rcato il motivo do; e cosl pure che ai ricchi e ai grandi
per cui il popolo da Dio plasmato at- tutto è lecito, mentre i piccoli sono an-
traverso Ja storia della salvezza (cfr. . gariati (cfr. Ecclus 13,3.22 s.). Ciò che
ad es. ler. 2,6 s.; 3 r ,3 r s.; Ez. 20,5-26; i libri sapienziali hanno da dire sul pro-
Dan. 9,15; Am. 2,10; Mich. 6;~ ss.) blema della ricchezza è esperienza di vi-
vien mandato in rovina contro In stes- t:! pratica: diventa ricco chi governa be-
sa volontà divina. In Ier. _5 ,26 s. r.li ne la casa (Prov. 24,4), chi è industrioso
appartenenti alla classe elevata sono (Ecclus 31,J) e abile (Prov. 10,4; n,
chiamati 6.0'E~Etc;, empi; essi sono cre- 16 ), chi si astiene dai vizi ( Ecclus 19, 1
sciuti e si sono arricchiti perché hanno ss.). I frutti della ricchezza sono sicu-
accumulato dei beni carpiti con la fro- rezza di vita (Prov.10,15), amici (Prov.
de e hanno conculcato il diritto. In 14,20), onore (Eccl11s ro,30), pace (Ec-
Mich. 6,II s. viene rinfacciato loro l'uso clus 44,6), una vita felice e piena (dr.
di pesi falsi, di menzogne e violenze. In I Chron.29,28; Ecclus 44,r-8) e la pos·
55 Cfr. A. ALT, Das Konigrum in den Reichen (Ja'on = 7tÌ..ovcnoi); Ier. 24,1; Is. 53,9 (per il
lsrael u. ]uda, in Kleine Schriften zur Gesch. problema testuale cfr. K.F. EUl.ER, Die Ver-
dcs Volkes Israel n {r953) n6·134; inoltre kiindigung vom leidenden Gottesknecht aus
M. NoTH, Gesch. Israels' (1956) 152 s.; 194· Is. JJ in der griech. Bibel, BWANT IV 14
198. . {1934) 73-75; H. W . WoLFF, ]s JJ im Urchr. 1
56 Cfr. il testo ebraico di Is. 5,14 con i LXX (1952) 41.77.
747 tvr,3.22) rc)..ou't'o<; X't'À.. B 2 c-C 1 (F. Hauck-W. Kasch)

sibilità di fare elemosina ( Ecclus 3 r ,8; nedizione è lo stesso che porre un diffi-
Tob. 12,8). Accanto agli apprezzamenti cile problema di teodicea: come conci-
e alle valutazioni positive della ricchez- liare la manifesta felicità e ricchezza di
za, non se ne dissimulano i pericoli. Ess:t molti empi e la povertà e l'infelicità di
conduce alla presunzione (Prov. 28,u) molti uomini pii? (Cfr. lob. 21,7; ~ 36;
e all'orgoglio che prelude alla caduta 48; 72). La risposta, restando nell'am-
(Prov. 18,10 ss.; Prov. n,28). Induce bito della letteratura sapienziale e del
a far assegnamento su di essa ( Ecclus suo concetto di ricompensa, suona co-
rr,r9; ~ 48,7; 51,9), quantunque non sl: l'ordine giusto del1e cose sarà ben
la si possa portare nella tomba (Ecclus presto restaurato da Dio (cfr. t)i 36; lob
11,17-19; Eccl. 5,12-19). Grande è il 20 e passim). Più profondo è ~ 48,
pericolo di finire, per bramosia di ric- r 7 s.: «Non ti turbare se taluno divie-
chezza, su di una strada sbagliata (Prov. ne ricco, se il fasto ( 86l;cx.) riempie la
28,6; Ecclus 31,5.7 s.). La ricchezza, sua casa, perché alla morte nulla pren-
comunque, non è che un bene relativo, derà con sé». Qui si allude alla fuga-
inferiore ad altri, come la salute (Ec- cità e quindi alla relatività del benes-
clus 30,14 ss.), la buona fama (Prov. sere terreno e della ricchezza. Quel-
22,1), la sapienza (Sap. 7,8); senza dire lo che più si avvicina al messaggio neo-
che si accompagna a inconvenienti co· testamentario e alla soluzione di fon-
me l'insonnia e le preoccupazioni, che do di questo problema è il pensiero
il povero invece non conosce (Ecclus espresso in t)J 3 3, rr : «Anche i ricchi
31,1 s.; Eccl. 5,11). cadono in miseria e patiscono la fame,
In confronto con la concezione della ma coloro che cercano il Signore non
tarda grecità (~ coll. 7 40 ss. ), sem- mancano di alcun bene». Qui la fede
bra che il tardo periodo veterotesta· in Dio, più forte dell'esperienza dei
mentario valuti di più la ricchezza 57 • fatti, conduce a una soluzione che ·nel-
Inoltre esso se ne distingue per un tri- l'A.T. rimane insuperata (cfr. lJi 7:1,,
23-26).
plice riguardo: per il carattere esisten-
ziale, empirico, procedente dalla vita
vissuta e volto ad essa; per il progres- C. RICCHEZZA E RICCHI
sivo affiorare di una fede inconcussa NEL GIUDAISMO
nella ricompensa, che considera come
naturalmente connesse da una parte la r. La tradizione extra-filoniana
ricchezza e la religiosità, dall'altra la
Alla fine dell'A.T. e nel giudaisnfo
povertà e l'empietà (cfr. Prov. ro,r5;
del tempo di Gesù il movimento esca-
Ecclus 13,24; 44,6; Prov. 3,16; 22,4); tologico 58 dà al problema della teodi-
infine per la fede in Dio, che considera
cea una nuova risposta e, discutendo
la ricchezza come un dono ai giusti,
della ricchezza, non può fare a men<>
cioè come una benedizione (Prov. ro,
22; dr. Ecclus rr,r5 s. 23; Prov. r5,16).
di porla in una prospettiva escatolo-
gica. Là dove, come nella aristocrazia
Ma intendere la ricchezza come be- sacerdotale sadduccn 59, questa prospet~
-~·:.
s1 Fanno eccezione solo alcune asserzioni scet- Theo/ogie des A.T. 3 247-250. \::
tiche dell'Ecclesiaste (cfr. 2,II; 4,8; 6,2; 10, 59 Cfr. FJav. Ios., ant. 13,173.297-299; sulle /
6; J,14). loro dottrine dr. alll. 13 1173; 18,16 s.; beli. . .,
s·i Cfr. VoLz, Erch. 63-13.i; O . PROCKSCH, 2,164 ss.; cfr. ScHLATTER, Geschichte Isr. 165-
Theol. des A.T. (1950) 407-419; EicnRODT, 170; SCHiiRER Il 263.
749 (vr,323) r.Àou-.oç x-rÀ.. (F. Hauck·W. Kasch) (VJ,324) 750

tiva vien rifiutata, persiste la valuta- escatologico è qualcosa che si trova nel·
zione veterotestamentaria della ricchez. l'aldilà, una ricchezza terrena non può
za come espressione e sostanza delJo essere, in definitiva, neppure un bene
stato di salvezza 60 • Presso gli Esseni 61 salvifico 68 • È vero che la ricchezza è il
domina invece un radicale determini- presupposto richiesto per poter fare l'e-
smo 62 e il tempo presente si contrap- Iemosina flJ e vivere nell'adempimento
pone rigorosamente a queJlo futuro 63 ; della legge 70 ; ma essa non passa nell'al
si giunge quindi al rifiuto di ogni ric- di là, come fanno invece la conoscenza
chezza e possesso terreno 61, in quan- della torà e le opere buone 71 • Cosl la
to sarebbero la più manifesta espres· stima della ricchezza 12 , che il tardo giu-
sione di asservimento al mondo peritu- daismo ha in comune con l'A.T., trova
ro 65 • Ciò che presentemente è brutto qui il suo limite. Non mancano nemme·
e misero sarà buono in seguito; ma ciò no i richiami ai suoi pericoli 73 • Il porre
che ora è buono sarà molto peggiore l'accento sul giudizio escatologico por-
di ciò che nel mondo vi è di brutto 116• ta a un'inversione di valori, cosl che ci
Infine, dove la speranza escatologica si chiede se la ricchezza sia non tanto
appare come attesa nazionale e terrena, espressione della divina benedizione e
essa comporta, come contrassegno e do- compiacenza, quanto piuttosto un ri.
no &7, la pienezza e la ricchezza. Nel fa- chiamo all'ira futura di Dio e al giu-
risaismo questi motivi si intrecciano dizio annientatore 74 • Cosl ricchezza e
e si congiungono. Poiché il benessere povertà finiscono per apparire come

60 ScHLATTER, Geschichte Isr. 167; sui lusso e il mondo fui>; dr. inoltre Ps. Sai. 1,3.
e la ricchezza delle case dei sacerdoti dr. S. flJCerto anche il povero che non ha assoluta-
Deut. 303 a 31,14; Ket. j. 5,13 (30 b, 65 ss.); mente nulla può esercitare la carità con una
cfr. ~ ]EREMIA.S Il 95 n. 5· buona parola (cfr. STRACK-BILLERBECK xv 543,
61 Per le notizie di Flavio Giuseppe sugli Es- x.y). Ma queste asserzioni d mostrano che
seni e la loro dottrina cfr. bell. 2,n9-161; qui a riguardo dcl significato religioso dell'ele·
ani. 18,18-22; 13,173; SCHLATT.ER, Geschichle mosina si pone un problema.
Isr. 173-178. 10 Ciò risulta indirettamente dal giudizio rab-
62 Cfr. Flav. Ios., a111. 18,18; inohrc Ps. Sai. binico sulla povertà. Ex. r. 31 (92 b): «Non
5,4; per il problema del determinismo cfr. vi è niente al mondo di più gravoso della
VoLz, Eschatologie 299 s. povertà, poiché essa è 1a più pesante di tutte
~l Sulle formule di contrapposizione dei due le sofferenze nel mondo» (STRACK·BILLER-
periodi dr. VoLz, Eschatologie 65. BECK 1 818, con altri passi). Cfr. anche Ps.
61 Fiav. Ios., beli. 2,122: gli Esseni sono xa- Sai. 16,13: <!Se Dio non dà la forza, chi può
'tct<pPO'V1JTCll oè 1tÀ.OV"l'OV, xat i)a.uµaato\I a.Ù· sopportare la punizione della povertà?>>.
-roi<; -rl> xowwvtx6v, oùlìè fo'tw EVpEiv X'ti]· 11 Cfr. Ab. 6,9 (STRACK-BILLERBECK m 655).
O'EL '\W(L 1tctp'aù-.o~<; Ò'ltEPÉXO\ITa.; cfr. IQS 72 «R. Eleazar ha detto: Di qui (da Ex. 2,3)
3,2; 6,2.20.25; 7,25; 8,23 e passim. risulta che i giusti hanno più caro il loro de-
65 Cfr. ad es. Bar. syr.15,8; 50-52; Hen. aeth. naro che il loro corpo», Sola 12 a (STRACK-
94,8. BrLLERllECK I 827, con altri testi). Si veda
M Cfr. ad es. Bar. syr. 29,6; 51,u-52; 83; inoltre la stima della ricchezza in Flav. Ios.,
4 Esdr. 7; Hen. aeth. 96,4; 100,6; 103,4 s. ani. 7,391.
67 Cfr. le notizie in VoLZ, Eschatologie 359· 73 Vedi i testi raccolti in STRACK-BILLERBECK
408. I 827 S.
M Pea j. 4 (18", 60) a I Chron. 22,14 (STRACK· n Cfr. Hen. aelh. 96A: <!Guai a voi peccato-
BILLERBECK I 826): «R. Abin ha detto: Che ri, perché la vostra ricchezza vi fa vedere co-
cosa significa 'nella mia povertà'? Che non c'è me giusti, ma il vostro cuore vi fa passare
nessuna ricchezza innanzi n colui che parlò nel rango dei peccatori»; Beth ha-Midrasch
-r-À.ou-toc; X"tÀ. e 1-2 (F. Hauck-W. Kasch)
strumenti con cui Dio mette alla pro· cpopcx., 'indifferenti' (vii. Mos. 2,53; de-
va: prova il ricco per vedere se la sua cal. 71; del. pot. im. 122). Filone ha
mano si apre ai poveri, e prova il po- in dispregio la ricchezza terrena e la chia-
vero per vedere se accetta la sofferenza ma v6i>o<; (bastarda) e "t'Uq>À.6c:; (cieca:
senza mormorare 75 • Inoltre, secondo l'i- los. 2 5 8 ), cdcrÌ}TJ'to<; (sensibile: 111igr.
dea di retribuzione la buona sorte che Abr. 95 ), poiché in essa, in quanto non
è a disposizione dell'uomo è qualcosa sicura (Ios. x 3I ), non è insito alcun va-
di quantitativamente determinato; ne lore autentico (migr. Ahr. 95) e il suo.
viene che quanti hanno avuto molti acquisto va congiunto a pericoli per
beni in questo mondo ne avranno in l'anima (vii. coni. 17). Non condanna
misura proporzionatamente ridotta nel la ricchezza per se stessa; stoico qual
mondo avvenire 76 • è, egli sa che in ciò che è indifferen-
te esistono delle distinzioni. Pover-
Nel tardo giudaismo, dunque, nel
tà e disistima si sopportano a stento
contesto del problema della buona sorte
(viri. 5 ). Un uomo assennato rifiuterà
nascono molte idee nuove in torno alla
quindi ogni radicalismo nel disprezzo
ricchezza. Ma per quanto eterogenee e
dei beni esteriori (fug. 25); ma nem-
contradditoric nei particolari, sotto un
meno attaccherà ad essi il cuore e non
triplice aspetto esse si riducono a un
penserà, come la gran massa degli uo-
denominatore comune. Per il tardo giu-
mini, di potersi guadagnare la felicità
daismo, come per l'A.T. (~coli. 745.
(EÙO(uµovla) fondandosi sui beni terre-
747), Dio è l'unico datore ùella pro-
ni (spec. leg. 1,23 s. ). In definitiva la
sperità e della ricchezza 77 • Inoltre nel-
fede veterotestamentaria in Dio impe-
la ricchezza è insito un obbligo ver- disce a Filone di rifiutare nettamente i
so il prossimo, e sottrarsi ad esso è
beni della creazione, perché sa che essi
peccato 78 • Infine 1a problematica del- sono stati fatti da Dio per l'uomo, a
la ricchezza s'imposta sull'idea di re- sua salvezza. Anche quanto alla ric-
tribuzione: ricchezza e buona sorte so- chezza, l'importante è servirsene per
no soprattutto un compenso per d1i compiere i doveri assegnati da Dio e
adempie i precetti divini. usarne con giudizio (fug. 28). Come
tutti gli altri beni, essa appartiene a
2. Filone
Dio 79, il quale tutto possiede e non ha
Le idee di Filone sulla ricchezza so- bisogno di nulla (leg. ali. 3,78; vit. Mos.
no notevolmente influenzate dalla con- 1,157); perciò Dio dà queste cose in
cezione platonico-stoica. Questo influs- prestito all'uomo (cher. 109) e ne esige
so conferisce loro un carattere parti- il rendiconto (chcr. u8). Ma ancor più
colare di fronte alle rimanenti opinio- bella e più importante. della possibilità
ni giudaiche del tempo. I beni esterni - di usar la ricchezza per recar aiuto
ricchezza, fama, cariche - sono Ò.:OLa· (Ios. 144) è la partecipazione elci sag- . .
i
~-.

3.22,J4: «Chi è povero in questo mondo sarà io sono colui che ha fatto quello povero e te
ricco nel mondo futuro, come gli Israeliti, ricco; un giorno posso rifar povero anche te».
perché essi si preoccupano di adempiere i co- (Tanh. B § 8 (43 •]; STRACK·BILLERBECK I 820;
mandamenti» (STRACK-BILLERBECK lii 6,6 s.). cfr. ibid. altri testi).
75 Ex. r. 31 (91 e), dr. STRACK·BILLERllF.CK 1 n Cfr. in STRACK-BtLLERBECK IV 536·6rn l'e.\'-
822. c11rst1s sulla beneficenza privata e le opere ca·
7-; Cfr.STRACK-BILLERBECK IV 490-500. ritative nell'antico giudaismo.
79
77 «Dio dice (al ricco spietato): Sappi che cher. u3-117; leg. ali. 3,33.19'; plani. -'4·
1tÀ.()V'tOç X'tÀ. e 2-D la (F. Hauck-W. Kasch) (vt,325) 7H

gi, in qualità di servi (cher. 107; cfr. anche l'a1t!i"t'JJ 'tou 1tÀ.otrtov, «l'ingan-
s pec. leg. l ,3 II), alla ricchezza di Dio, no della ricchezza», soffoca la parola
il quale è il ricco perfetto (leg. all. l,
(13,22; cfr. Mc. 4,19; Le. 8,14); con ciò
34). È questa la vera pienezza della vi-
ta, realizzata in virtù delle doviziose non si afferma niente di specifico nei ri-
elargizioni della grazia (op. mund. 23; guardi della ricchezza, giacché un simile
leg. all. 3,163) concessn da Dio che effetto possono avere anche le membra
sempre è pronto a donare (qiiMowpoc;
ih:oc;). Perciò anche Mosè proclama che del corpo umano (.~,29 s. [ ~ VI, coli.
Dio è per lui patria, parentela, focolare 1514ss.J; 18,8s.) -> VI, col. 1442.
avito, civico diritto, libertà, ricchezza ab- Il ricco non seguì Gesù «perché aveva
bondante, preziosa, inalienabile (rer.
div. her. 27 ). Si può dire dunque che molte ricchezze» ("i'jv yap EXWV wt1}µa-
nei riguardi del nostro problema Filo- •a 7toÀ.À.a: 19,22). Gesù ne prende
ne, con l'ausilio del pensiero greco, si spunto per soggiungere che è più facile
è di fatto lasciato addietro le anguste a un cammçllo passare per la cruna di
concezioni giudaiche e, muovendosi sul
terreno della rivelazione veterotesta- un ago che a un ricco entrare in cielo
mentaria, ha potuto dare una nuova (\'. 24); al che i discepoli domandano:
qualificazione della ricchezza. Ma nono- -etc; èipu.. OUva-.a.L Q"W~ijVctL; «chi dun-
stante la sua intima organicità, anch'es-
sa è antropocentrica, individualistica e que si può salvare?» (v. 25). Questa
irretita nel concetto di retribuzione, reazione mostra che qui 1tÀ.Ou!noc; equi-
sia pure in forma spiritualizzata. Sotto vale in pratica ad ognuno. È l'uomo se·
questo aspetto si differenzia essa pure
dal N.T. condo la struttuta di questo mondo (cfr.
13,22), al quale non serve guadagnare
il mondo intero se poi perde l'anima
D. RICCHEZZA E RICCHI (cfr. 16,26). Il pensiero è espresso chia-
NEL NUOVO TESTAMENTO ramente nel discarso dcl monte, quan-
do si parla delle sollecitudini terrene
1. Gesù e la ricchezza in Matteo e
(--:)> v1I, coll. 7 5 ss.) come segno <li un'c-
Marco
sis tenza pagana (6,25-32), a cui si con-
In Matteo e Marco tutto il comples- trappone l'aspirazione al regno e alla
so tradizionale <li problemi, con le di- sua giustizia, che è invece il tratto di-
verse risposte(--;) coll. 743 ss.), è messo stintivo del discepolo (6,33 s., cfr. 16,
da parte per far posto a una visione nuo- 24 ss.). Questa mentalità escatologica e
va e radicalmente escatologica. teocentrica, esulante da un orientamen-
a) Nella spiegazione cl~lla parabola to etico, considera il problema della ric-
del seminatore so Matteo dice che, oltre chczzn in un modo che trova conferma
alla preoccupazione delle cose terrene, in Mt. 27,57 e Mt. 26,u. Che Giusep·

8a Se l'interprctnzione sia originale è problema discusso in 4 ]EREMIAS 49-51.


rtÀoihoc, xù. D 1 a-2 (F. Hauck-W. Kasch) (VI,326) n6

pe di Arimatea sia ricco, è una sempli- re il retto ascolto del messaggio della
ce informazione, priva di apprezzamen- ~M'~ÀElo: 'tOU i}EoU.
to di sorta 81 • Dal racconto dell'unzione
in Betania, nel contesto di Matteo si 2. In Luca
può inferire (cfr. anche 5 ,3 s.) che alla
In Luca il problema della ricchezza
povertà non compete alcun particolare
occupa maggiore spazio che in Matteo e
significato religioso.
in Marco. È quindi strano che il termi-
b) Mentre in Matteo il problema del- ne 7tÀounç vi appaia solo nel passo si·
la ricchezza è totalmente assorbito nel nottico di Le. 8,14. La tradizione luca-
messaggio escatologico e ultraterreno, na si occupa dei ricchi (18,25 par.; 21,
in Marco invece esso appare più indi- l = Mc. 12,41; Le. 6,24 ; I2,16; 14,
pendente. Nel commento alla parabola 12; 16,I.21.22; 18,23; 191 2) e della
del seminatore ( 4,19: xa.t a.t µÉpiµvai condizione dei ricchi (7tÀOV'tE~v: 1,n;
"t"OU a.lwvoç xa.t Ti IÌ7t6:n1 'rOU 7tÀ.OV'tOU 12,21 ), ma non della ricchezza. Data la

xa.l a.i. 7tEpL 'tÒ: À.Otrtà btd~vµla.L EÌCTTtO- mancata corrispondenza fra esser ricco
peubµEVCX.L cruµ'Jt\llyovaw 'tbv À.6yov, «e e ricchezza, ci si domanda se con 'TtÀ.ov-
sopraggiungèndo le preoccupazioni del O'LOt non si faccia riferimento a persone
i
mondo e l'inganno della ricchezza e che non sono semplicemente possessori '. ~;
tutte le altre bramosie, soffocano la pa· di beni materiali. In realtà a sostegno .J
raia») egli si esprime in modo che è di questa tesi stanno sia la struttura')[Jj
più vicino a Luca che a Matteo e, al- redazionale lu~ana sia .il contesto de~JI
lineando la ricchezza alle µÉpiµvat e racconto del giovane ncco ( 18,18-27>;,.~·r• ~
alle ~mihJµla.i, la pone in una luce cd- il quale è un ricco notabile (&pxw~j/·
tica (~IV, col. 59 n. 96). Inoltre Mc. La narrazione è infatti preceduta ~r~~
12,41-44 (cfr. Le. 21,1-4), a differen- fa parabola del fariseo e del pubb1k;fu. .
za di Matteo, riporta il racconto dell'o· (vv. 9-14), e che non si tratti di u~,''.·%~1·'
3'·'''-
,

bolo della vedova; ma dalla semplice accostamento casuale risulta dalla pe- ' :;n
presenza non si può dedurre immediata- ricope della vedova povera (2r,r-4), .i}:
·'I}~
mente che ln pericope voglia essere un che è preceduta dalle discussioni con i ;;H
• • • • • . _rili
attacco contro i ricchi (dr. xa.t 'n'oÀÀot maggtorentt g1ude1 ( 20, r ); è dimostra· ';i.~
nÀ.OVCTLOL f:(3o:À.ÀO'll 7tOÀ.À.0:., «e molti ric- to dalla parabola del ricco epulone ( 16, . :~J'
chi ne gettavano assai», Mc. 12,41 b). I 9-3 l ), anch'essa preceduta dalla crid- ':t~~
Tutto considerato, si può dire che per ca della 'giustizia' dei Farisei (vv. 1_4~\';~~
Marco la ricchezza costituisce uno degli l 8 ); mentre il racconto di Zaccheo, ca- ·1~
.• ~~Y(~
elementi che rischiano di compromette- po dei pubblicani (19,1-10), è seguito :;f~
·Sf.
81 Cfr. WotFF, op. cii. (-+ n. 56) 41.77.
.~ n
~J
J)

,'
757 (v1,_326) 1t).oii"toç x-c).. D 2-3 (F. Hauck-W. Kasch)

dalla parabola dei talenti (r9,r2 ss.) e A questi ammonimenti corrisponde la


la pericope l4,I2 ss. da quella del gran- promessa che proprio il distacco dalla
de convito (vv. 15-24). Il contesto dun- ricchezza nel seguire Gesù procura mol-
que mostra che i ricchi nominati nelle teplici vantaggi nel tempo presente e
pericopi in questione sono i Giudei ne- nel mondo futuro la vita eterna.
mici di Gesù. Se con ciò Luca fa pro-
3. Il gruppo semantico nell'uso lingui-
prio il concetto di ricco come catego-
ria, quale era stato fissato dalla critica stico paolino
profetica (-7 coll. 745s.), ad esso cor- Anche P:iolo non tratta il problema
risponde anche il rifiuto totale, non pen- della ricchezza dal punto di vista tradi-
sato in senso individuale, dell'esisten- zionale. Caratteristica del suo uso lin-
za del ricco (18,25, dr. 16,25; 6,24 guistico è l'applicazione dei no.s tri vo-
s.; 12 ,2 r) e il totale rovesciamento del caboli a Dio, a Cristo e alla comunità.
sistema: i primi invitati non avranno Cosl facendo egli continua e completa
parte al convito (14,24); gli affamati sa- quanto sulla ricchezza avevano affer-
ranno colmati di beni, mentre i ricchi mato i sinottici. Mentre in questi ulti-
saranno rimandati a mani vuote (I ,5 3); mi l'inconsistenza della ricchezza terre-
i perduti saranno salvati ( 19,rn ); chi na si fa manifesta alla luce del messag-
si abbassa sarà esaltato (14,u, dr. 18, gio escatologico di Gesù, Paolo invece
29 s.). qualifica in modo nuovo la natura del-
Ma questo non basta a presentare la ricchezza. Non è vero che egli usi un
nel suo insieme la concezione lucana linguaggio traslato. Paolo ritorna al si·
sul ricco. La situazione dei capi giudei, gnificato originario dell'idea di abbon-
che si reputano ricchi a causa del loro danza di beni (-7 col. 73 x). La ricchezza
retaggio e perciò rifiutano Gesù, è ti- diviene per.J ui un'espressione che ca-
pica della situazione del ricco il quale ratterizza l'essere del Cristo, l'azione
fa assegnamento sui suoi beni (12 ,19). di Dio nel Cristo e la situazione esca-
Esser ricco è un impedimento a seguire tologica della sua comunità. Cristo è il
Gesù (18,22 s., dr. 12,21) e la ricchez- 1tÀoucnoc; ( 2 Cor. 8 ,9 ), il itÀoVTW\I Eic;
za è un bene negativo (8,14). Di qui si miv'ta.c; 't'oòc; Émxa.ÀouµÉvouc; «Ìn:6v,
passa agli ammonimenti etici rivolti alla «colui che è ricco verso quanti l'invo-
comunità, alla quale vien proposto come cano» (Rom. lO,I2). In Rom. 2,4 Pao·
esempio la condotta di Zaccheo che dà lo parla di 'ltÀ.OU't'Oç Ti)c; XP'l'JO''t'O't'rJ'tOc;,
la metà dei suoi beni ai poveri e resti- cioè della ricchezza della bontà di Dio;
tuisce il quadruplo di quanto ha frodato in 9,2 3 di ?tÀ.ouToc; 'ti)c; Soçric; a.1hou,
(r9,8; cfr. 16,9; inoltre 14,12-14: il «ricchezza della sua gloria»; in u,33
dovere di invitare disinteressatamente). di {3a~oc; 7tÀOV'tov xa.t <Torplaç xat yvw-
ì59 (v1,327i 7tÀou-roc; X"'l'À.. D 3 <F. Hauck-W. Kasch) {vr,328) 760

vEwc; 1'Eoii, «abisso della ricchezza e divenne povero per far ricco il mondo
della sapienza e della scienza di Dio» 62 • con la sua povertà (2 Cor.8,9, dr. Phil.
La parola di Cristo dimora 7tÀouulwc;, 2,7 s.). Ma proprio questo è scandaloso
'abbondantemente' nella comunità (Col. per il modo di pensare naturale che,
3, 16), la quale è ricca mediante la po- prigioniero delle cure terrene, conta su
vertà del Cristo {1tÀOU't'Eiv: 2 Cor.8,9), se stesso o sui propri beni, non su Dio.
sotto ogni riguardo è stata fatta ricca Alla µopqnì xuplou corrisponde la µop-
nel Cristo {passivo di 1tÀ.ou·rl~EW: I cpi} oovÀ.ou (2 Cor. 6.4-IO cfr. lI,23-
Cor. r,5, cfr. 2 Cor. 9,u); D io ha reso 31). Vale anche per l'Apostolo il prin-
nota la ricchezza della glol'in del miste- cipio che, povero qual è, egli arricchi-
ro (Col. r,27, cfr. 2,2). sce molti (2 Cor. 6,10). Anzi, pare che
Un uso linguistico analogo si trova nella figura di Cristo gli si riveli · una
nella Lettera agli Efesini. Dio è 7tÀ.ou- legge salvifica, per la quale lo spogliarsi
cnoc; È.v ÈÀ.ÉEt, «ricco di misericordia» del proprio diritto diviene ricchezza per
( 2,4); in lui la comunità ha il perdono gli altri. Solo cosl Paolo riesce a com-
dei peccati xa:rà. "t'Ò itÀOVTOç 'l'llc, XcXP1· prendere il destino del suo popolo: con
-.oc; aùi:ov, <(secondo la ricchezza della Cristo, esso ha rifiutato la sua ricchez-
sua grazia» (Eph . 1 17, cfr. 2,7); me- za, e questa, attraverso fa predicazione
diante lo Spirito essa sa che cosa sia la di Cristo, riesce a beneficio dei pagani
ricchezza della gloria della sua eredità (cfr. Rom. 11,12·15). Con ciò la pro-
(Eph. r,18, cfr. 3,t6). L'Apostolo ha il blematica rimasta insoluta sia nel pen-
compito di annunziare l'imperscrutabi- siero greco che in quello veterotesta-
le ricchezza (-.ò cive:~1xvla1T'tov 1tÀov- mentario e giudaico trova la sua solu·
•oc;) di Cristo (Eph . 3,8). zione: la vera ricchezza è l'amore che
Ma per capire la pregnanza escatolo- si rivela nel dono di sé alla sequela di
gica del concetto che pone la ricchezza Gesù; esso non cerca ciò che è suo (I
come segno distintivo del mondo avve- Cor. l3,4-I3) e dimostra la sua auten-
nire reso presente nel Cristo è necessa- ticità in quanto non si gonfia per la ric-
rio rendersi conto che questa ricchezza chezza ricevuta, come fanno ad esem-
per sua natura appare al mondo come pio i Corinti, che ricevono da Paolo
povertà e stoltezza (cfr. I Cor. 1,23; 3, questo rimprovero (.r Cor. 4,7 s.); l'a-
.!
18), perché il mondo nella sua G'ocpla more perciò è libero dalle potenze de-
misconosce la vera naturn delle cose moniache del mondo e delle cose e con-
(dr. I Cor. r,20 s.). Il suo modello è fida che Dio colmerà ogni bisogno a
il cammino di Cristo, che essendo ricco misura delln sua ricchezza, nella glo·

8! Per il testo cfr. LIETZMANN, Rom.', ad/.


761 (Vl,J28) 7tÀ.OV"l'oç xù. D 3-4 (F. Hauck-W . Kasch)

da 81 (Phil. 4,19); anche per questo la ne e nel laccio e in molte bramosie in-
sua mano è aperta ai_fratelli (.2 Cor. 8, sensate e dannose, che inabissano gli
I·IO, cfr. 9,6.14). Infatti nessun posse· uomini nella rovina e nella perdizione»
dimento o bene terreno è ricchezza, si· (I Tim. 6,9). I ricchi non sono respin-
curezza di vita, ma solo un mezzo a ti come tali, ma esortati, nel senso del-
servizio dell'amore, senza validità pro- la tradizione, ad essere umili, a confi-
pria, secondo l'esortazione di Paolo ai dare in Dio piuttosto che nella ricchez-
Corinti: (--+ v, col. 946 ): xat ot xpw- z~ insicura, a compiere buone opere ( 1
µrvoi 'tÒ\I XO<Tµov wc; µ1} xa'tctXPWµé- Tim. 6,17 ss.). L'altra linea si ritrova
VOt, «e quelli che usano del mondo (lo particolarmente nella Lettera di Gia-
facciano) come se non ne godessero» ( r como e rifiuta radicalmente lo stato di
Cor. 7,31). ricchezza e i ricchi as. Ai ricchi I ac. 1,
10 s. dice che debbono compiacersi del
4. Gli altri scrilli~estame11tari loro abbassamento perché il ricco ap·
I rimanenti passt neotestamentari, passirà come erba cammin facendo ;
dopo quanto è stato esposto, abbisogna- Iac. 2,r-9 raccomanda che nella comu-
no solo di una breve trattazione. Alcu- nità non si tenga conto delle sostanze
ni di essi inoltre non hanno alcun rife- e della condizione sociale; ciò costitui-
rimento teologico: 1tÀ.ou<Tiwc; = abbon- sce un peccato e porta a preferire il
dantemente (Tit. 3,6; 2 Petr. r ,u; in ricco al povero (vv. 5 s.); eppure questo
Apoc. 6,15 [cfr. Is. 2,19.21] e in 13, è eletto da Dio, mentre il ricco usa vio-
r6 i ricchi sono nominati come un grup- lenza alla comunità, ne trascina i mem-
po fra altri). Nel resto si possono di· bri davanti ai tribunali e bestemmia il
stingu.e re due linee di pensiero 84 • Una nome di Cristo (vv. 6 s.). In Iac. 5,1-6
indica in tono parenetico i pericoli del- si rinfaccia ai ricchi di avere ucciso il
la cupidigia della ricchezza: ot 13ovM- giusto (v. 6), di aver vissuto lussuriosa-
µEvoi 1tÀ.OV'tEL'\I ɵ1ti1t't0VCJ'.L\I E~ 'itEL- mente e nelle dovizie, di aver defrau-
pMµÒV xcd m1.:ylo11. xai tmi>uµlac; dato i mietitori del loro salario (v. 4).
noÀ.Ààc; àvo1}'touc; x11.L ~À.al3EpcXc;, a~'tt­ Il loro oro e argento nell'ultimo giudi-
vrc; 13ui)l~ouaw 'tovc; à.v&pw7touc; Etc; zio te~timonierà contro di loro e li con-
oÀ.Ei)pov xat OC1twÀ.m1.v, «quelli che vo· sumerà come fuoco ( v. 3) 86 •
gliono arricchire cadono nella tentazio- L'uso linguistico dell'Apocalisse se-

81 Per il carattere escatologico dell'enunciato l.IUS, }k. 37·44.


cfr. LoHMEYER, Phil .. ad I. 8i Per i diversi tentntivi di inquadrnmento sco-
rico dr. la breve rnssegna in H . RENOTORFF.
81 Cfr. ~ SCHNETDER 517-_F9.
Horer und Tiiter. Eine Eillfiihrung itJ deu Jk.:
8~ Cfr. l'excursus «arm ami reich'> in DrnE- Die urchr. Botschnft 19 ( 1953) 10 s.
'!t),oihoc, r.-rÀ.. D 4-E I (F. Hauck-W. Kasch)

gue sostanzialmente quello di Paolo. ziani. Anche questo rientra nelia linea
L'agnelio è degno di ricevere 'T1)v &u- del pensiero paolino.
vaµw xaì. itÀ.ou-.ov xat <rorplav xaì.
tO'xùv xat ·nµ'l'}v xaì. &6!;av xaì. EÒÀ.o-
ylav, «la potenza e la ricchezza e la sa- E. RICCHEZZA E RICCHI NELL'EPOCA
SUB-APOSTOLICA E NELLA CHIESA
pienza e la forza e l'onore e la benedi- ANTICA
zione» (5 ,12 ). Nella lettera alla chie-
sa di Smirne si dice: onìti CTov -.1}v 1}),.t:- r. I Padri apostolici
Tt-.wxEla.v, Ò.ÀÀ.!X. 7tÀov-
tVtV xaì. 't'Ì]V
cnoc; d, «conosco la tua tribolazione e La linea di pensiero del N.T. conti-
là tua povertà; eppur sei ricco» ( 2 ,9 ); nua nei Padri apostolici. Cosl Barn. r,
2 parla delle grandi e riCche comunica-
invece la chiesa di Laodicea viene rim- zioni di Dio 88 nei riguardi della comuni-
proverata perché si crede ricca (cfr. r tà, nella quale è piantata la grazia del
Cor. 4,8). mentre in realtà è povera, dono spirituale che promana dall'abbon-
dante fonte del Signore ( 1,3) 89 • Ma con-
cieca e nuda, e quindi deve fare am-
temporaneamente, per le giqvani chiese
menda per ricevere ciò che è neces- che vivono in ambiente pagano 90, sorge
sario per la vita spirituale (Apoc. 3,17 il problema di come, partendo da queste
s.). Tutti questi enunciati corrispon- premesse, si debbano trattare la ricchez-
za e i ricchi in seno alla comunità. Erma
dono al pensiero paolino. In Apoc. 18, pone l'accento sulla inutilità della ric-
3. r .5. r 7. r 9 i mercanti, che si sono ar- chezza come tale (Herm., sim. 2,8 ). In
ricchiti della sfarzosa ricchezza della nessun caso si deve mirare e aspirare · :j
alla ricchezza (cfr. Herm., sim. 1,1-8; \\
gr:mde Babilonia, con la ricchezza sono
cfr. I Tim. 6,9) 91 • Polyc. 4,I cita r Tim. '1
travolti nella rovina della città. 6,xo: &:pxiJ &t 'ltav-twv xaÀ.E'ltwv q>L~ ,i
Resta da menzionare Hebr. u,25 À.apyvpia,f<cradice di tutti i mdali è ~:· ;.·:~Z. .1,'.
87
s. , dove si dice che Mosè preferl su- varizia» (e r. 2,2; 4,3; 6,1; Di . 3,5, . ~.
È deprecato il lusso che la ric~hezza: ,•!
bire maltrattamenti col popolo di Dio permette (Herm., mand. 8,3; 12,2,1; ··'i
piuttosto che godere la breve gioia del cfr. Rom. 13,14; Bas., sermo 6,2.4).
peccato, stimando l'obbrobrio del Cri- M1t al di sopra di questa linea gene·
raie vi sono due serie di affermazioni
sto (~ VII, coll. 570.825 s.) una ric- che non si possono ridurre allo stes·
chezza maggiore dei tesori degli ~gi- so denominatore. L'una (~ col. 762)

!7 Cfr. MICHEL, Hebr., od l.; inoltre L. GoP- di Diogn. II ,5: Cristo... s~·ov 7tÌ..OV'tl~n<Xt ii
PELT, Typos, die typologische Deut11ng des lxx)..71cr(tt...; dr. IIerm., sim. i,9; per il gfup·
A.T. im N.T., BFTh 43 (1939) 210 s. po semantico cfr. anche B11rn. 9,7; 1,7; 19,:z.
..
. ·:•

&i µEyaÀwv µlv ~v-rwv xa:t 1t)..ovt7lwv -rwv


9:1 Per l'atteggiamento del circostante mondo
-roi:i -DEov lì~xo;twµa-rwv tk òµ,(iç. Per il si- pagano verso la ricchezza cfr. ~ ScIINl!IDER ·).
gnificato di lìtxa:(w~ta cfr. \VJNDISCH, B11rn., .:117 e ._. LAUKAMM 40.
nd /.
91 Per il testo cfr. DIBBLIUS, Herm., ad /.
89 Per il testo e il suo senso cfr. WrNDISCH,
Bnrn., nd l.; cfr. anche la conclusione (spuria) 92 Cfr. i Tim. 6,5 s.
~À.oÙ>oc; x-rÀ.. E 1 -2 (F. Ffauck-W. Kasch) (Vf,HO) 766

condanna radicalmente la ricchezza e i rapporto della chiesa col mondo che più
ricchi (cfr. r C/em. 16,10; Barn. 20,2; tardi determinerà il monachesimo e che
Did. 5,2), richiama l'attenzione sui pe- si richiama al pensiero (contrario all'idea
ricoli ineluttabili e suile esigenze pra- paolina della giustificazione) dell'azione
tiche che la ricchezza impone agli uo- spirituale, buona e meritoria 94 • Tutta-
mini, distogliendoli dalla fede e dalla via non si può negare che un pensiero
preghiera (cfr. specialmente Herm., siffatto si muove sullo sfondo del pre-
sim. 9,20,r.2; vis. 3,6,5-7; ma11d. ro,1, cetto evangelico dell'amore, il quale, in-
4). D'altra parte, negli stessi scritti si tendendo ogni proprietà come dono di
rileva come la ricchezza venga ricono- Dio, ne fa un motivo di impegno e di
sciuta, sia pure a certe condizioni. Es- dovere, conferendo alla comunità cri-
sa, come ogni altro avere, è dono di stiana, in un mondo che va in rovina,
Dio (Herm., sim. r,8; cfr. sim. 2,10: un ordine sociale nuovo.
µa.x<iptoL ot EXOV't'E<; xcx.t CTU\ILÉ\l't'E<;, O't'L
7tapcX. 't'OU xvptou 7tÀ.ou't'lsov't'a.L, «bea-
2. Clemente Alessandrino e Cipria110
ti coloro che posseggono e comprendo-
no che hanno la ricchezza dal Signore»); Nella lunga discussione della chiesa
deve. servire a s~coqere i fratel~i indi- primitiva intorno alla ricchezza 95 han-
genti (Herm., ~r,8; dr. vts. 3,6; no una particolare importanza Clemen-
Did. 4,8; r Clem. 38,2; Diogn. 10,5 s.) te, Cipriano e Basilio, poiché essi, ri-
e, se la si ùnpiega in tal modo, non guardo al nostro problema, portano il
comporta pregiudizio alcuno, nemmeno pensiero dell'epoca sub-apostolica a una
per i ricchi. Dove quest'idea appare con conclusione che influenzò profondamen·
maggior chiarezza è nel singolare passo te fino ai nostri giorni le idee della cri·
di Herm., sim. 2,4-10, che risente della stianità sul ricco e sul povero. Clemen-
concezione giudaica del compenso e del- te ha il merito di aver definito in ter-
la retribuzione 93 e che si può considerare mini nuovi, secondo lo spirito cristia-
come un tentativo di conciliare le due no, diritti e limiti della ricchezza ter-
linee divergenti della valutazione della rena. Soprattutto nello scritto quis di·
ricchezza. Con l'immagine dell'olmo ves salvet11r, riallacciandosi - come era
sterile al quale si avvinghia saldamente inevitabile - al pensiero greco (~coli.
la vite, che nella stagione secca ne ri- 736ss. 741 ss.) 96, egli insegna su basi
ceve umore, si cerca di mostrare che cristiane l'indifferenza etica e religiosa
il povero, il quale ha tempo per prega- della .ricchezza e della povertà. Tanto
re e la cui preghiera è accetta e ricca il ricco quanto i1 povero possono esser
innanzi a Dio, intercede spiritualmente pieni di bramosie perniciose (quis div.
per il ricco; questi poi, grazie ai suoi salv. I 8 ); quindi è impossibile che ric-
beni, lo tiene in vita con i suoi donati· chezza e povertà terrena riescano a dc-
vi. Senza dubbio, qui si delinea quel terminnre il reale ed eterno destino del-

QJ Cfr. DIBELIUS, Herm., excursm «Reichc to stoico, se e fino a qual punto la ricche-aa
und Arme» ( H5 s.). sia un bene (paed. 3,85,4 ss.); inoltre la de·
!» Il parallelo segnalato da DIBELIUS, op. cii. fìnizione di prossimo (quis div. salv. 28); CO·
e~ n. 93) con I Cor. 9,11 è solo formale. Una me il giudizio sulla ricchezza dipenda dall'uso
reale corrispondenza si ha in Clem. Al., quis che se ne fa; la concezione aristotelica della
div. salv. 32. 11t<1T1 x<t-ca<r-c(lut.ç (paed. 2,16..i). Un riferi·
9.> Cfr. ~ ScHILLING e ~ HALLER. mento a Platone si ha in paed. 2,35,1, cfr.
95 Qui si deve ricordare soprattutto il dibatti· strom. 2,22,t.
1tVEvµa, 1tvwµa·nx6c; (H. Kleinknecht)

l'uomo. Veramente ricco, infatti, non è del giovane ricco (cfr. 14). Ma l'uso
colui che è tale secondo la carne, ma retto e conforme alla virtù è quello che
.colui che è ricco di virtù (àpE't'WV), del- corrisponde alla volontà di Cristo (dr.
le quali può far uso santamente e se- r3 s.), cioè quello che mediante la be-
condo i dettami della fede in ogni si- neficenza e la generosità (quis div. salv.
tuazione. Lo stesso si può dire dei po- 3 3) pone i beni n servizio del prossi-
veri (dr. quis div. salv. I9). A questa mo, nel quale Clemente ravvisa ogni
concezione, strettamente apparentata al- uomo (z8; cfr. paed. 3,7). Se Clemente
la filosofia greca (-7 coli. 736 ss.), si ag- giunge in questo modo a inquadrare so-
giunge il peso determinante dell'idea cialmente la ricchezza, il suo diritto e
cristiana di Dio. Proprietà e beni sono i suoi limiti, Cipriano e Basilio sono
dati da Dio in uso all'uomo (I 4 ), il quale fondamentalmente d'accordo con que-
ne è l'amministratore e deve ammini· st'idea 91 • In essi spicca il monito etico
strarli rettamente ( 31, dr. Bas., sermo a liberarsi dalla ricchezza con la prati-
6,3). È usandoli che se ne determina ca attiva dell'amore e col non lasciare
il valore, e questo dipende a sua vol- che essa irretisca e conduca lontano
ta dalla disposizione d'animo e dalla da Cristo 93 • Di fatto, la tensione di
virtù di colui che li usa. «Chi passe· questi due punti di vista, la quale cor-
desse dei beni, oro, argento e case, con· risponde all'essere 'nel mondo' ma non
siderandoli come doni di Dio e con essi 'del mondo' proprio del cristiano, deter-
servisse Dio che glieli dà, usandone per mina la problematica di ogni atteggia-
il bene degli uomini... non avrebbe bi- mento cristiano riguardo ai beni di que-
sogno di separarsene» (I 6 ), cosl Clemen- sta terra.
te afferma nel commento della pericope t F. HAUCK/W. KASCH

- I I
7tVEUµ<x., 7tve:uµcx.·nxoç, 7tVEW,
' L ' , ,
e:µ7tVt::W. 7tVO'r) I EX7t\IEW'
~E07tVEVCT"t'Oç

;z . respiro,
3. vita,
SOMMARIO: 4. anima,
.5· significato traslato: spirito.
A. mtuµa 11ella grecità: 6. 'lt\leuµa. e voiic;,
I. significato letterale: 7. µo:v·nxòv 'lt'.IEliµtt,
1. vento, 8. DE~OV 1tVEvµa,

w Cfr. Cyprlan., de opere et e/eemosynis 9; dt• ScoTT (anche se gli Addenda et corrigenda
bt1bitu virgi1111m II; dr. Bas., sermo 6 13. presentano qualche manchevolezza); P.REU-
93 Cfr. Bas., sermo 5.6; Cyprian., de habiJ11 .SCHEN·BAUER, s.v.; b) per la storia del 000·
virginum 7-ro; de opere el eleemosynis IO. cetto: A. BERTHOLET-L. BAECK, art. 'Geist
ri;veiiµa, 'ltVEVµa·nx6c; u. Geistesgaben im A.T. u . .Tudentum'. in
Pe1 tutto l'articolo: RGG' H ·940-943. F. BOCHSEL, Der Gei1t
a) per l'uso linguistico: PAssow; L!DDELL- Go!Jer im N.T. (19:z6); E. DE. W. BuRTON,
'lt\ltuµct, 'lt\IEU!.tet:nx6c; (H. Kleinknecht) (vr,331) 770

9. »Eòç 1t\IEVµa, b) rli'iih nell'uomo:


10. evoluzione semantica estranea al greco. a) principio che dà vita al corpo,
II. 1t'\1Eiiµa nella mitologia e nella religione: P> sede delle percezioni, delle funzio-
1. 1tVEVµc.t vitale; ni spiri tu ali e della volontà,
:? . 'ltVEuµct ispiratorio: y) la rtlii!J mossa da Dio;
a) nella poesia, e) la rrWh di Dio;
b) nella mantice. a) la forza operante di Dio,
II L mlEVµct nella scìenza della natura e nel- ~) la forza creatrice di Dio,
la filosofia. r) la natura intima di Dio,
IV. Il concetto greco di mituµa e il N.T. o) la ruìi/J come essere personale;
l . n'1iimt1 nell'A.T.:
B. Spirito 11e/l'A.T.: a) n'liima in quanto respiro,
I. il concetto: b) n'1iimd nell'uomo,
i . ruiih nell'A.T .: e) n'Jama di Dio:
a) rO'ii/J come fiato, vento: a) principio vivificatore nell'ordine
c.t) fiato, fisico,
~)soffio del vento, vento; f3) principio di intelligenza nell'uo-
Spirit, Soul and Flesch ... in Greek Wrili11gs 508; G. VERBEKE, L'évolution de la doctrine
a11d Tramlated Workr /rom the Earliest Pe· clu pneuma du sloicisme à S. Augurtin. ~tU·
'od lo 180 A.D. ... and in Hebrew 0.1'. de philosophique (1945): presenta il quadro

i 918); CREMER-KOGEL, s.v.; H. CREMER, art.


eiliger Geist', in RE' 6M4-450; In., Geisl
s Menschen im bibl. Sinn, ibid. 450-457; C.
H. Dono, The lnterprelation of the Fourth Go-
spel (r9n) 213-227; A. J. FESTUGIÈRE, L'idéal
dei passi relativi, con bibliografie; P. Vo1.2,
Der Geisl Gottes u. die verwandten Ersche1-
nungen im A.T. u. im anschliessenden Ju-
dentum (1910); H.H. WENDT, Die Begrif!e
Fleisch u. Geist im bibl. Sprachgebrauch
religieux des Grecr et Nvangi/e' (1932) 196- {1878).-
220; H. GUNKI!L, Die Wirkungen des hl. Per A u:
Geistes' (1909); K. KERÉNYl, Der Geist: AJ. P. AMANDRY, La mantique Apollinienne à
bac Vigiliae N.F. 3 (1945) 2?-4Ii H. LEISE· Delphes (1950) 215-224, e gli apprezzamenti
GANG, Der Hl. Gefrt I 1 (1919); Io., Pneuma critici di G. KLAFFENBACH, Das delphische
Hagion, Veroffentlichungen dcs Forschungsin- Orakel: Wissenschafdiche Annalcn 3 (19'4)
stituts filr vergleichende Religionsgeschichte Jl9";i26; H. BACHT, Religionrgeschicht/iches
an der Universitiit Leipzig 4 (1922); K. wm lnspirationsproblem: Scholastik 17 (1942)
PxiiMM, Religionsgeschichlliches Handbuch 50·69; E. FEHRLR, Die ku/Jische Keuschheit
fiir den &um der altchr. Umwelt (1954) 199- ;,,, Altertum, RVV 6 (1910) 7·9·79-89; E.
20I-4:Z7·434i llRtTZENSTEl.N, Die hellenirti- NORDEN, Die GeburJ des Kindes (1924) 76-
schen Mysterienreligionen 70-73.308-393; F. 92.
RùSCHE, Birlt, Leben und See/e. Ihr Ver- Per A m:
hiiltnir nach Auf!assu11g der griech. u. hell. \V/. ]ARDER, Das Pneuma im Lykeion: Herm.
Anlike, der Bibel u. der alten Alexandrini- 48 (1913) 29-74i lo., Diocles von Karystos
schen Theo/ogen, Studien zur Geschichte u. (1938), v. indice s.v.; M. Pou.L.ENz, D;e Stoa
Kultur des Altertums, Erg.-Bd. ' ( 1930); Io., 1 (1948) v. indice u s.v.; H. SJEBECK, Die
Pneuma, Seele u. Geist: Theol. u. Glaube 23 Entwicklung der Lehre vom Geirt (Pneuma)
(1932) 606-625; Io., Das Seelenpneuma. Seine in der Wissenschaft der Alterlums: Zeitschr.
lfotwicklung vo11 der Hauchreele :zur Geisl- fiir Volkeipsychologie u. Sprachwissenschaft
sede, Studien zur Gesch. u. Kultur des Al- 12 (1880) 361-407; Io., Neue Beitrage :zur
tertums 18,3 (1933); E. ScHWEIZER, Gegen- Entwick/ungsgeschichle des Geisl • Begrifls:
wart des Geisles u. eschalologische Holfnung Aichiv filr Geschichtc der Philosophie, N.F.
bei Zarathustra, spaJiiidischen Gr11ppen, Gno- 10 ( 1914) 1-16; M. WELLMANN, Die pneuma-
stikem u. den Zeuf?.e/1 des N]., in The Back- lische Schule, PhU 14 (1895), spec. 137-143.
ground of the N.T. and its Eschatology, Stu· Per B:
dies in Honour of C.H. Dodd {1956) 482· E1c»RoDT, Theol. A.T. '·• 11 18-31; }. HENN,
771 (Vl,331) m1e:iiµ.a., 7tVEVµ.tt.'tLX6<; (H. Kleinknecht) (v1,332) 772

mo; 7. "lt\IEiiµa. nell'Ecclesiastc;


3. 'ob nell'A.T.: 8. 7tVEiiµa nella Sapienza.
a) spirito di un defunto, II. "ltVEuµa. nel giudaismo ellenistico:
b) evocatore di spiriti dei motti. 1. Filone;
II. Lo spirito di Dio. 2. Flavio Giuseppe.
III. rt10~ nel giudaismo palestinese :
C. Spirito nel giudaismo: r . vento, regione della terra, direzione;
I. 11;ve:iiµa nei LXX: 2 . gli angeli e gli spiriti maligni;
1. traduzione delle espressioni ebraiche 3. il morto nella tomba;
nei LXX; 4. lo spirito dell'uomo:
2. 'ltVEiiµa. come vento; a) terminologia,
3. 7tVEUµa. come soffio vitale; b) l'eredità dell'A.T.,
4. "ltVEiiµa. come potenza sovrumana di e) spirito e corpo nell'antropologia rab-
benedizione e di punizione; binica,
5.1tVEuµa. come capacità spirituale, deci- d) antichità della concezione della pree-
sione, costituzione dell'anima; sistenza e immortalità dell'anima,
. 6. 7tVEiiµ.a. come dono escatologico; e) il problema storico-religioso;

Z11m Problem des Geistcs im allen Orie111 binical Literature (1912) 174-277; W. BA-
11. im A.T.: ZAW, N.F. 2 (1925) 210-225; Cl-!ER, Dìe ii/teste Terminologie der jiid.
P. VAN IMSCHOOT, L'aclion de l'esprit de Schriftauslegung (1899) 180-182; L. BLAU,
]ahvé dans l'A.T.: Revue des Sdences Phi· nrt. 'Holy Spirit', in Jew. Enc. vi 447-4:;0;
losophiques et Théologiques 23 (1934) 553- J. BoNSillVEN, Le judaisme palesti11ie1t 011
587; In., L'esprit de ]ahvé, so11;.:e de vie, da11s temps dc Jésus-Christ I (1934) 210-246.323-
l'A.T.: RB, N.S. 44 (1935) 481-501; In., 326.497 s. 536; 11 4-8; BoussET·GRBSSMANN
L'esprit de Jahvé et l'allùmce nouvelle dam 269-286.394·409; L. BROYDÉ-1. BLAU, nrt.
l'A.T .: EphemTheo!Lov 22 (1936) 201-226; 'Soul', in Jew. Enc. x1 472-474; DALMAN,
A. }EPSEN, Nahi (1934) 12-42; A.e. KNun- Wlorte ]esu I 166 s.; N. }OHANSSON, Para-
soN, The Religious Teaching o/ the O.T. kletoi (z940) 84-95.z:;7-161; R. MEYRR, Hel-
(1918). 93-114; R. KocH, Geist 11. Messias. lenistisches in der rabb. Anthropologie,
Beitrag tur bibl. Theologie des A .T. (1950); BWANT 4 F 22 (1937); MooRE r 237.247.
fo., Der Gottesgeist u. der Messias: Biblica 37r s. 401-413.421 s. 445-459.485-489; · II 287-
.27 (1946) 241-268; J. KBBERLB, Natur u. 322.353.384.389 s.; In., lntermcdiaries in Jew-
Geist nach der Aulfassung des A.T. (1901); ish Theo/ogy : HThR 15 (1922) 41-85 (spec.
L. KBHLER, Theo/ogie des A .T. 1 (1953) 96· 58 s.); S. MowJNCKEL, Die Vorstellungen des
105; E. KBNm, Theologie des A.T. 1 ·4 (1923) Spiitj11denlums vom Hl. Geist als Fiirsprc-
183-x86; In., Der Offenbartmgsbegrilf des A . cher ti. der joh. Paraklet: ZNW J2 (z933) 97-
T. {1882) 104-210; S. LINDER, Studier ti/I 130; W.O.E. 0.ESTBRLEY, The Belie/ in .An·
Gamia Testamentets forestiillingt1r om anden gels t1nd Demons: Judaism and Christianity
(1926); J. PEDERSEN, Isrt1el I-II (1926) 102· 1 (1937) 191-209; H. PARZEN, The R11ach ha-
106; O. PROCKSCH, Theologie des A.T. (19,50) kodesh in Tam1aitic Literature: JQR io ( 1929/
459.468; P. TORGE, Seelenglaube u. Unster- 1930) 51-76; B. RRICKB, The disohedient Spi·
blichkeitshoUnung im A .T. (r909) 1-28; TH. rils and the Christian Baptism: Acta Semi·
C. VRIEZEN, Hoofdlijnen der Theologie van narii Neotestamcntici Upsaliensis 13 ( 1946)
bct Oude Testament 1 (1954) 26N6J; A. 52-9z; H. RINGGRF.N, Word a11d ll'/isdom
WESTPHAL, Chair et Esprit (1885); W.G. (1947) 165-171; B. STADE-A. BBRTHOLET, Bihl.
WILLIAMS, The Rash Shamra lncriptions Theologie des A.T. 11 (1911) 374-393.407-414.
and their Significance for the History of 4.50-453: STRACK-BILLERBECK II 126-138.341-
Hchrew Religion: Amerkan Journal of Se- 346.615-617; IV 443-446 e passim (v. indice
mitic Languages and Literatures 51 (1935) IV 1229 s.).501-535.1016-u98; VoLz, Eschato-
233-246. logie 59.n7-n9.22z s. 229-272.392; WEBER,
Per C: Sos. 166-177.190-195.20J.2I0·212.225-23:t.2JI·
J. Al!ELSON, The lmmanence of God in Rab- 259.336-347.
nv:;uµa, 1tVEUµ(~:nx6c; (H. Kleinknecht) (VI,332) 774

5. lo spirito di Dio: J. il dono dello spirito a tutti ;


a) terminologia, 4, il dono dello spirito a Gesù nel batte-
b) le opere dello spirito, simo;
c) lo spirito e I'A.T., 5. passi propri di Matteo;
d) lo spirito e la giustizia, 6. il concepimento soprannaturnle cli Gesù
e) il dono dello spirito nel p:1ssnto, nel dallo spirito;
futuro e nel presente, 7. riepilogo.
f) la funzione cosmica dello spirito, II. Luca e gli Atti:
g) lo spirito ncquisisce una sua auto· r. il rapporto dello spirito con Gesù;
nomia, 2 . la 'la permanenza' dello spirito nella co.
f) Io spirito come intercessore. munita;
3. le manifestazioni esteriori dello spiri-
D . Il progressivo passa[l.gio all'io p11e11malico to;
della gnosi: 4. le opere dello spirito;
I. gli scritti di Qumran e la loro influema; 5. lo spirito come caratteristica del tem-
II. la gnosi: po delln chiesa;
r . il problema: lo spirito come creatore 6. la ricezione dello spirito;
della materia; 7. diversi significati di mituµo:.
3. la tricotomia. III. Paolo:
1. la linea veterotestamentaria ed cileni·
E. Il Nuovo T eslm111:11to: stica:
I. Morco e Matteo: A) il problema,
1 . lo spirito demoniaco e antropologico; b) la presenza di concezioni ellenisti-
2. lo spirito come forza di Dio; che,

Per E: FROVIG, Das Sendungsbewusstsein Jesu 11. der


E.W. BuLLINGER, The Spirit and bis Gi/JJ Geist (1924); W. MrcHARus, Rdch Gottes
(1953); BuLTMANN, Theologie 151-162.199· u. Geist Gottes nach dem N.T. (1931); H.
207.330-332 (§§ r4.18.38); E. DE W. BURTON, WINmsCH, Jes11s u. der Geisl nach synopt.
A Criticai and ExegeJical Commenlary on the Oberlieferu11g, in Studies in Early Cluistia-
Epistle to the Galatians, ICC (1921) 486- nity, ed S.J. CASE. (19.i8) 209-236.
492; M . GOGUEL, P11e11matisme et Eschato- Per E n (dr. E r):
logie da11s le Chrirtia11is111e primi/i/:RlfR 132 H. VON BAER, Der hl. Geist in den Lukas-
(1946) 124-169; 133 (1947/48) 103-161; schri/len (1926); H.E. DANA, The Holy Spi-
}ACKSON·LAKE I 1,322-327; A.J. MAC Do- ri/ in Acts (1943); G.W.H. LAMPE, The Holy
NALD, The Intcrpreter Spiri/ a11d Human Li/e Spirit in the \V/ritingr o/ St. Luke, in Stu-
(1944) R. PRENTER, Le St-Esprit et le re11011- dies in the Gospel, ed. D.E. NJNl!HAM (1955)
veau de l'Eglire (1949); K.L. ScHMlDT, Das r59-200.
Pneuma Hagio11 als Perso11 11. als Charisma: Per E m:
Eranos-Jbch IJ (1945) I87-235; E. ScHWEl- F.. B. ALLO, Sagesse et Pneuma dans la pri:·
ZER, Geist u. Gemei11de im N.T. u. beute: mière épilre aux Corinthiens; RevBibl 43
Theol Ex, N.F. 32 (1952); In., The Spirit o/ (1934) 3.i1-346; H. BERTRAMS, Das We-
Power: Interpretation 6 (1952) 259·278; E.F. sen des Geistes nach der Anschauung des
St:oTT, The Spirit in lhe N.T. ( 1913); STAUl'- Aportels Paulur (l913); E. FuCHS, Chri·
l'ER, Theologie 144-14.5; H.B. SWETE, The stus u. der Geisl bei Paulus (1932); P.
Holy Spiri! in the N.T. (1912); V. TAYLOR, GXcHTER, Zum P11cm11abegrilf di:s U. Pau-
The Spirit in the N.T., in The Doctrinc of lus: ZkTh 53 (1929) 345-408; W. GuTBROD,
tht.> Holy Spirit (1937). Die paulin. A11thropologie, BWANT rv 15
Per E I: (1934); LIETZMANN, Rom., excursus a 8,u;
C.K ..BARRET, The Holy Spiri/ and the Go- H.D. WENDLAND, Dar Wirken des hl. Geistes
spel Traditio.n (1947); J.W. BATD.ORF, The i;t d(m Glii11bige11 nach Pa11/us: ThLZ 77
Spirit o/ God in the Sy11oplic Gorpelr (Diss. (1952) 457-470.
Princeton Seminary, dattiloscritto 1950); D.A. Per E 1v:
77') (VI,332) miEuµa, 'lt\IEvµtt:nxoc; A 1 (H. Kleinknecht) (v1,333) 776

e) la rettifica a1la luce della primitiva A. 1t\IEUWX NELLA GRECITÀ


escatologia cristiana,
d) 'lt'YEi:iµo. come segno di ciò che deve I. s;gnificato lellerale
venire;
2. l'interprctazione propria di Paolo: Il deverbale 1tVEvµa;, derivato da
a) il problema, *mitfw, indica la forza elementare del-
b) mlEuµa come forza della 1tl<T"CV., la natura e della vita - sostanza e atto
e) 1t\IEVµa come rinuncia alla u&:p~, insieme - di cui l'effetto esterno e in-
d) 1t\IEVµ.a. come disponibilità per Dio
e il prossimo; ·
terno si può ravvisare nella corrente
3. il rapporto dello spirito con Cristo; d'aria, nel soffiar del vento, nell'inspi-
4. il miEuµa antropologico; razione e nell'espirazione e, in senso
'J. 1t\1Euµo."t~x6ç. traslato, nell'alito dello spirito che ispi-
IV. Giovanni: rando riempie e afferra con la forza del-
1.importanza dell'escatologia; l'entusiasmo. Nella parola si cela una
2.'lt\IEUµ.a. come sfera opposta alla sfera carica ben determinata, che agisce in
della o-&:p~; maniera più o meno segreta; essa viene
3. mieiiµo. come potenza che genera la vi- espressa non tanto dal formante -µa.,
ta, in opposizione alla 116.p~;
4. il Paraclito.
quanto dalla concezione fondamental-
V. Il resto del N.T.: mente energetica contenuta, nella radice
r. le cerchie paoline: "'7tw.f- 1, che trova espressione, ad es.,
a) la Lettera agli Efesini, come rappresentazione cosmologica in
b) le lettere pastorali, Plat., Phaed. 112 b, dove, nel mito il-
2. la Lettera agli Ebrei; lustrante lo stato del mondo, si stabili-
3. le lettere cattoliche: sce un raffronto tra i venti e la respira-
a) la Lettera cli Giacomo, zione: Wcr1tEP -rwv &.va1t\lt6v-rwv &.et
b) la prima Lettera di Pietro,
c) la seconda Lettera di Pietro,
ÈxmiEt -.i:: xat &.vami::t pfov -.ò mEu-
e) la prima Lettera di Giovanni; µa;, ou-rw xa.l bcEt !;wa.Lwpovµi:;vov 't~
4. l'Apocalisse. ùypi;> -.ò '1tVEvµa. oEwouç "tL\lttc; àv!µou~
x!XL &.µTJxcivouc; rçaptxE-rct.L xat i::lo-Lòv
F. I Padri apostolici: xaL E~LO'll, «come accade di chi respira,
1. la linea gnostica sostanziale; che il fiato sempre va e viene fluendo
2, la linea estatica; senza interruzione, cosl anche là questo
3. la linea ecdesio.stica. fiato che oscilla insieme con l'umore
produce venti terribili e sterminati en-
trando e uscendo» 2 ( trad. M. Valgimi-
C.K. BARRETT, The Holy Spiri/ in the Fourth 1 Cosl W. PoRZIG, Bedeurungsgeschichtliche
Gospel: JThSt, N.S. I (19')0) 1-15; M. Go- Studien: Indogerm. Forschungen 42 (1924)
GUEL, La nolion johannique de l'esprit et ses n6 s. 244 s.; In., Die Namen /iir Salzinhalte
antécéde11ts historiques (1902); W. F. How- i111 Griechischen u. Indogerm. (1942) 267 s.;
ARD, Christianily according 10 SI. John (1934); cfr. SCHWYZER I ')22 n. 13; ~ VEIUIEKE 1
H. W1NDISCH, Jesus u. der Geist im Joh.- s. n. I.
Ev., in Amidtiae Corolla, Festschr. J. R. Har- 2 Nella filosofia greca mitOµix viene determi·
ris (1933) J03-318. nato, da Empedocle (/r. 100,21.24 [DIELS 1
Per F.: i 347 ss.]) sino a Filone (gig. 2:i), abbastanza
TH. RtlscH, Die Enlslehung der Lehre vom unitariamente come x(VTJC11.ç o ~6r:nc; dipoi;
111. GeisJ bei lgn., Theophilus u. Ireniius, (Pseud.-Plat., de/. 414 e; Aristot., probi. 26,
Diss, Zilrich (19')2); H. WEINEL, Die Wir- 2 [p. 940 b 7 J ), oppure come x~vouµ.Evoc;
kungen des Geistes u. der Geister im nacha- 6.i}p (Chrysipp., Jr. 471 (V. ARNIM l i z,2,
postolische11 Zeitalter bis auf Ireniius {1899). 31-3,J) e simili (~ LEISEGANG, Hl. Geisl 34
177 (VI,333) 7tVEvµoc, mituµ<X"t~x6c; A 1 1-2 (H. Kleinknecht)

gli). Di qui logicamente le varie possi- luoghi sale dalle viscere della terra e
bilità d'impiego e differenze di signifi- contiene, o scatena, forze mantiche e
cato, sia letterali sia trnslate, prendono può essere anche mortale 3. Il "lt\lt:uµa,
l'avvio e si compiono a seconda della sia che come portatore di processi me-
realtà e del contesto entro cui 1.vEùµa teorologici naturali determini il clima,
è riconosciuto come efficace nella diver- la salute e lo stesso carattere dell'uo·
sa maniera d'essere e nella varietà della mo (Hippocr., de aere aquis locis ~-6
sua forza. [CMG 1 I,57-60]) o che, quale fluido
di un profumo divino, sgorghi dall'epi-
r. "Jt\/Euµcx. è usato in luogo dell'ome- fania di Artemide (Eur ., Hipp. I 391 ),
rico 7t\IO( L)1} a partire da Eschilo ed E- è sempre ricettacolo di qualche forza
todoto (per Anassimene ~ col. 828 n. che da esso fluisce e per mezzo suo è
8 r), in poesia e in prosa. Nel macroco- comunicata o anche svanisce con esso
smo designa lo spirare fisico del vento, (Cic., divin. 1,19,37). Quello poi che
sia in quanto corrente che ha una sua vale al di fuori, vale anche interiormen-
forza, sia in quanto elemento caratteriz- te: essendo una parte di natura, 1tvt:v-
zato da una materia propria, invisibil- µa, al pari di questa, è «tutto in una
mente sottile. In tal modo si può parlare volta»: è esterno e interno, materiale e
sia delle raffiche di venti ( èr.vɵwv 7t\IEU· spirituale, naturale e divino.
1..w.i:a, Aesch., Prom. ro86; Hdt. 7,16
a.), sia del loro alito ( OC'l"Jf..I.~ r.vw1..1.ci.'twv, 2. Analogamente, nel microcosmo dei
Soph., Ai. 674). nvEuµa. è la parola più viventi organici, specialmente nell'uo-
comprensiva indicante qualsiasi specie mo e nell'animale, "lt\IEuµa. ha vitlore fi-
di vento, che va riunendo sempre più siologico e signifìca il fiato; questo poi
in se stessa le proprietà dei vari sinoni- (essendo a sua volta atto e materia) è
mi ( nvo1), Ci:r1µa., à.1)-.t) [Plat., Crat. inteso o come respiro, con il succedersi
41ob], a\IEµo~ e a.ilpr.t [Poli., onom. I, alterno di inspirazione ed espirazione
r 5]), cd è di volta in volta la bufera ('ltVEuµ' a\IE~ EX mirnµ6'11hl'J, <~emetten­
violenta, il vento favorevole e la brez· do fiato dai polmoni», Eur., Or. 277;
za che sorge rapida e inattesa spiran- cfr. Phoen. 851; Time. 2,49,2; Plat.,
do in favore o in senso contrario (Xe- Tim.66 e; 91 e), oppure anche, con spe-
nop~ .• hist. Graec. 6,2,27; Aristoph., ciale accezione medica, a differenza del-
ran . 1002 s., non senza una venatura me- I'arfa esterna {à:T)p), è pensato come gas
taforica), l!efjluvio d'aria profumata di- o flatulenza che circola entro l'organi-
vinamente soave e pura, che dal cielo smo, «invisibile aIIo sguardo, ma mani-
spira tranquilla e arreca ristoro (Eur., festo al pensiero» (Ti) µ(v <ll)/EL aq>a.·
Hel.867; Tro.758; Plat., Phaedr.229b), vi)c;, -.i;l oè >..oyLu~ q1t1vEpoc;, Hippocr.,
ed anche l'esalazione, il fumo o vapore de flatibus 3 [CMG 1 1,93,5]); cfr.
(= chµéç, ci.vawµlwnç) che in certi Hippocr., de flatibus 3 (CMG I 1,92,20

s.), applicando in questo modo al concetto stesso stabilita nel commento a Gtn. 2,7, tra
soltanto l'uso linguistico generale. Con ciò r.vt\iµa. emion. che nei correlatitaxvc;,f.Ù-
si ama collegare l'idea di una forza e poten- -tov€ct, Bvvaµ~ mette in luce un tratto carat-
za che con la 'corrente' naturale trascina teristico della concezione del 1tVEVµ«.
qualcosa ron sé: Ò7tÒ ~!ttç 't'OV 1tVtUµct"t'O<; 3 sublim. 13,2; Plut., de/. or. 48 (u 4\6 f);
(Aristoph., nub. 164; cfr. Hippocr., de flati- l!lmbl., 111ys1. 3,u (p. 126A)i Pseud.-Aristot.,
bm 3 [CMG r x,92 s.J; Polyb. X.-44,4). Philo, mund. 4 (p. J9J b 26 ss.); Valerius Max. l,
lcg. ali. 1,42 vi collega la distinzione, da lui 8,10.
779 (v1,334) 'ltVEvµa, 1tVEUµa."t'~X6ç A 1 2·4 (H. Kleinknecht)

S.): 1tVEUµa. OÈ 'tÒ µÈV ÈV 'tO~O'"L O'Wµ<X- gnificato di alito vitale (7tVEuµrx. ~lou:
O'L <pVO'<X. xa.À.ÉE'tlXL, 'tÒ ÙÈ it!;w 'tWv o-w- Aesch., Pers. 507) passa a designare di-
µa•wv àl]p (v. anche Plut., quaest. rettamente la vita, e anche un essere vi-
Rom. 95 [II 286 e]). Vi è una diffe- vente, come nella fittizia iscrizione fu-
renza di forza, che va dallo sbuffare neraria di Nino: lyw Nlvoç miÀat
possente e vitale della bestia (Aesch., 1to-.'ÉyEv6p:r1v 'lt'llEVf.J.ll., VU'll o'oùx'~'t'OÙ·
sept. c. Theb. 464; Philo, aet. mund. OÉV, &).. )..&rii 7tE1tOtl}µa.t, « ...un tempo
128) all'alito tenue e svigorito che su- lontano ero un essere vivente; ora in-
bito svanisce, che passa come un'om- vece non sono più nulla, ma mi trovo
bra e un filo di fumo, espressione della ridotto a terra>> (in Fenice di- Colofone,
nullità di tutto ciò che è umano, giac- /1'. 3,16 s. [Diehl l III 129] ); cfr. IG 14,
ché «l'uomo altro non è che un alito e 769. 't'Ò 7t\1Euµa. EXELV OLri 't't\lrt. (Polyb.
un'ombra o, se si vuole, una parvenza» 31,10,4) significa che si deve la vita a
( o;vìlpW'ltoc; ÈO''tL 'ltvEuµcx. X<:t.L G'XLèJ. µ6· uno, e, viceversa, morire è lo stesso che
vov, EtowÀ.ov tn. À.wc;) 4 • Quando è det- emettere lo spirito vitale: Ò:q>fjXE 7tVEU·
to di oggetti inanimati, 'ltVEUµct è usa- µa. i}rx.va<rlµcv G"rpa.yii, «emise lo spirito
to in senso poetico e pregnante per de- per una ferita mortale», dice Eur., Hec.
signare la voce che il fiato dell'uomo 571, e lo scoliaste spiega l'espressione
(cfr. Aesch., Eum. 568) comunica allo con le parole ~~É7C\IEUO'E -t1}v 4iu:x1Jv, «e·
strumento, sia esso flauto o tromba: salò l'anima».
à0u~6~ <I>puylwv aù)..wv 7t'VE°vµa·n,
«con la dolce voce dei flauti frigi» 4. A partire di qui, 'ltVEuµa. assume
(Eur., Ba. 128). Questa funzione tecni- addirittura il significato e la funzione di
co-musicale di 'itVEuµa. è importante nel ~ 4'vx1J, a cui per gran parte s'accosta
paragone che Paolo, in I Cor. r4,7 s., grazie al suo carattere di alito e di prin-
stabilisce tra la glossolalia, opera del cipio vitale; anzi, qualche volta a ~ux'li
7t'VEUµ<X., e il suono di flauto o di trom- viene semplicemente equiparato 5. Per-
ba; in forza di essa tale paragone risul- ciò il Lessico di Suida, s.v., dà questa
ta adeguato e appropriato, poiché sia scheletrica indicazìone: 'ltVEiiµa Ti qro-
nell'uno che nell'altro caso si ha una vo- X"Ìl 'tOV à.v~pW'ltO\J 6.
ce (qiwvfi) prodotta da miEuµtt. Mentre da un lato 7tVEuµa è, con la
terra, l'acqua e il fuoco, uno degli ele·
3. In quanto è aria, e dato che que· menti di cui è costituito il corpo uma-
sta si può avvertire solo nel movimen- no (Epit:t., diss.3,13,14 s.), dall'altro si
to e proprio in questo è segno, condi- contrappone al corpo (come la !Jlux1J),
zione e v~icolo di vita (la quale special- con il quale è congiunto nella vita. Se
mente come manifestazione sensibile ne separa invece nella morte 7 , con l'e-
appare legata al respiro), 'ltVEi:iµa. dal si- stremo respiro, per ritornare nell'ele-

• Soph., Jr. 12 (T.G.F. 133); cfr. Nicarch.. 6 Del resto, è significativo che l'evoluzione
in Anlh. Pal. u,110,4; Xenophanes, Jr. I delle concezione greca dell'anima si sia com·
(DmLS ' 1 n3,28); Plat., Phaed. 70 a. 77 d-e; piuta non s.v. 1tVEvµa., ma s.v. __,. ljluxi}; cfr.
M. Ant. 2,2. W. }AEGER, Die Theologie der /ruhen griech.
Dr.nker (x9.n), spec. 88-106.241 s. n. 63.
5 Xenophenes, Jr. 1 (DIELS 7 I 113,28); Ze· 7 Demosth., or. 60,24: "t'a 'TE 'tOV'TW\I 1tVEV·

non, Jr. 136 (v. ARNIM 1 38,6·9); /r. 140 "t'WV olxE(wv uwµo:twv .
lu.t't' il.mi).).&:yTJ
(ibid. I 38,30-33; Jr. 715 (ibìd. Il 205,10·15); Epiét., diss, 2,1,17: f>iiva"t'oç i:l foi:L; ... i:ò
fr. 774 (ibid. II 217,13-17); /r. 798 (ibid. li o'wµ<ii:LOV liE~ XWprnaijVCX~ "t'OV 'ltVEUµO:'tfoU,
221 13·5); Epict., dfrs. 3,22. h.ç 'ltPO'TEpov lxEXWPLO''to,
'n'JEV(l(L, 7.Vwµrr:rnc6c; A I 4-5 (H. Kleinknecht)

mento dal quale proviene, neJla regione sempre trasformarsi in spirito di sciagu-
posta 'in alto', cioè nello spazio aereo ra (7t\IEVµa. O'Vµq>opiic;), come quello che
del cielo che ha un essere simile al suo, Toante vede all'opera nella fuga di Ifi.
o in quell'etere che più tardi, nello genia (Eur., Iph. Taur. 1317). Quando
stoicismo, sarà esso pure equiparato al muore la fiducia (1tlcr't~t;) ed emerge la
rcvEuµa. come una specie di quinta es- diffidenza ( à.'lttCi'tla.) tra gli uomini e
sentia. Tornato lassù, dà compimento 1
nella politica, spira un altro vento, e
aJ suo destino superiore: oi1EV 0 EX!l.- tra cittadini e strati che per l'innanzi
cr-.o\I Èç -.ò qiwc; Ù'..q>lY.E"tO, È'V't"IX.Ui}' tl1'EÀ- erano vicini non vive più lo stesso spi-
i}Ei:v, rcvEvµa. µè.v 7tpÒc; a.liMpa, -.ò ·crw- rito (Soph., Oed. Col. 6n ss.). Fino a
µa. li'Èç yijv, «donde ciascun essere è qual punto in questo caso il significato
giunto alla luce, colà se ne ritorna: lo materiale si avverta attraverso quello
spirito all'etere, il corpo alla terra» spirituale, e viceversa, si può vedere in
(Eur., Suppi. 532 ss.; cfr. Eur., /r. 971 passi come Aesch., Suppi. 29 s. Quan-
[T.G.F.674]); Epicharm., /r.22 (Diels1 do le Supplici in fuga pregano che Ar-
1 202 ,5 ): /l.\lù) -.ò 'lt\/Euµa. ota.µEvE~ xa.-r' go, loro patria, le accolga «con l'alito
oùpo:vov, «lo spirito permarrà in alto, pietoso del paese» ( oclool~ 'ltVEVµa.'t~
nelle parti del cielo» (dr. Epigr. Graec. xwpa.c;), è quasi impossibile dire con
250,6; 613,6). certezza se l'immagine poetica dello
spirito e dell'atmosfera cli probità e ti-
5. Nella lingua metaforica delle simi- more religioso richiami prevalentemen-
litudini, specie in quella poetica, il fat- te l'idea e la realtà fisica del vento che
to sensibile e concreto (tanto del sof- spira nel paese, o quella del respiro fi-
fiar del vento, quanto del respirare) è siologico degli abitanti. Sulle ali del-
espressione di corrispondenti esperien- l'analogia, l'uso proprio e quello trasla-
ze d'una realtà spirituale. Qui 7tVEuµa. to si innestano di continuo l'uno nel-
assume un significato 'spirituale' più o l'altro in maniera tale, che il modo mi-
meno accentuato, divenendo l'influsso gliore per cogliere il senso metaforico
in senso traslato, lo spirito di ogni sor- di mlEVµ~, anche nello stadio più· evo-
ta, che investe una persona nei rapporti luto del suo significato spirituale, è di
interumani o dalle regioni invisibili del riferirsi esattamente, caso per caso, al-
divino. Cosl in Eur., Herc. fur.216, ba- l'originario rapporto concre.t o·•. Come
sandosi sul significato concreto dello nell'animale che sbuffa il 'mieliµ« si av-
spirar del vento, favorevole o meno, si verte subito sensibilmente, cosl anche
parla in senso traslato del itEoO 'ltVEVµIX. negli uomini e negli dèi lo stesso mE0-
che, se ora innalza l'uomo, può però 11.a. si percepisce sotto la forma dell'ali-

a Su questa base -+ KER~NYI 33·40, confron- vinità da cui lo spirito provienç varia del
tando il colloquio con Nicodemo (Io. 3,r-8) e tutto passando da un caso all'al.tro: da un
il racconto della pentecoste (Aci. 2,r-4) con lato, si tratta del f>Eòc; -rou xvpfou 1)µw\I
la rivelazione di Apollo accordata alla Sibil- 'I11crov Xpicr-tov (Eph. l,17), dall'altro invece
h di Cuma (Vergil., Ae11. 6,42-53.74 ss.) e ap· si tratta dell'Apollo di Delfi, o della «divinità
plicando il risultato al concetto e all'esperien- che spira tempesta», di cui parla Goethe nel
ze dello spirito quale egli se lo rappresenta \Vanderers Sturm/ied. Del resto, cfr. O. BEK·
s.t·. TC\IEvµa;, giunge a cogliere un aspetto in KllR, Das Bild des WegeI ti. verwandte Vor-
cui - sotto il profilo della fenomenologia re· stellungen im /riihgriech. Denken, Herm.
ligiosa - l'antichità e il cristianesimo si tro· Einzelschrift 4 ( 1937), indice s.v. 1'Vlw, it'JEV·
vono d'accordo. La qualità specifica dello spi- µa;,
rito è però diversa, perché l'essenza della di-
moEiiµa, r.•Jtuf.111:nx6ç A I ,_6 (H Kleinknecht)

to e del respiro che da essi esce e si co- te, il quale vien sottratto a sicura mor-
munica a qualcuno: simbolo e segno vi- te da una cxvpl] oczlµovoç (Dioscorides,
sibile dell'invisibile fluire di quella for. in Anth. Pal. 6,220) 9 •
za che viene da essi comunicata, sia nel
bene che nel male: ò "Epwc;•.• oÙoÈ lvt 6. Nei contesti ricordati è giusto e
'Jt\IEUµIX't'~ "t'àc; i'JµE"t'ÉplXc; IJiuxfJ.c; tpEtH- assennato rendere '1t\IEVµcx con spirito.
~wv ... oiuaà. yàp o\l"t'W<; xa-tà -.òv "t'plX· Anche Io spiritus dei Latini, come il
"(Lxòv, «Eros non eccita le anime nostre 'IWEiJµcx dei Greci, infatti, inizialmente
con uno spirito solo; poiché sono in indica l'alito del vento e del respiro;
realtà due, secondo il poeta tragico» (fr. su questa base si è poi attuata l'evolu-
adespotum 187 [T.G.F. 878]); 'Jt\IEU- zione semantica del termine, che in par-
µcz-ta. 1tVEi ò "Epwc;, «Eros alita spiri- te corre parallela a quella del tedesco
ti» (Ps.-Luc., amores 37). Conforme al Geist 10 e che sta a testimoniare la per-
senso etimologico, 1tVEÙµa viene usato cezione della stessa realtà. In generale,
volentieri anche per concetti astratti, la grecità profana, anche quando usa
quando questi vogliono esprimere l'ec- 1t\1Euµa. in senso traslato riferendolo al-
citazione dell'anima. Cosl Eschilo, rife- la realtà dell'anima e dello spirito 11 , si
rendosi a Io, parla di «quel folle spiri- attiene alla concezione di fondo sugge-
to di furore» (À.UaO'T}c; 'Jt\/EuµIX µtipyov ), rita dall'etimo e pensa a qualcosa che
nel quale uno, perduto il controllo del- possiede energia, che è concreto e sen-
la lingua (yÀwO'<rT]c; «Xxpcz"t''lic;) e affer- sibile, e quindi designa l'aria che si
rato da una specie di glossolalia, fa di- muove e le sue molteplici funzioni sia
scorsi confusi (~oÀ.tpoi. À.byoi: Aesch., nell'uomo sia nel cosmo. Cosl facendo
Prom. 883 ss.); si parla di «spiriti di la grecità dà a conoscere che - al con-
furore e d'ira» (ihJµou xaL òpyi'jc; 'ltVEV- trario del vov~ 'teoretico' (~ vn, coll.
µIX't'tt, Thernist., oratfones I ,7 a), del- 1045 ss.), il quale nel vedere non fa al-
l'esaltazione selvaggia provocata da vee- tro che toccare le cose (iliyyavE~: Ari-
mente ispirazione divina (ayptlX.•. xa.- stot., melaph.II ,7 [p. 1072 b 21]) - il
M.mjc; 'Jt\IEVf.lCX't'a. DEuq>opl11c;) a cui va tratto fondamentale e caratteristico del
soggetto un sacerdote di Cibele deliran· concetto greco di spirito, quale si pre·
9 Da quest'uso linguistico va distinto quel- conoscere nell'affinità etimologica .di *TNÉfW/
lo che, senza distinzione, fa dipendere da 'ltVtiiµa ron l'omerico 1CEmivµÉ'.loc; nel signi-
miivµa i più diversi sostantivi astratti come ficato di imelligente (letter.: ispirato). Ma an-
gcnilivi di proprietà. Quest'uso non è pro- che questo argomento, che era l'unico, viene
prio del greco profano, ma risente dell'in· ora a cadete, dopo che, da poco tempo,
fluenza dell'ebraico e, in parte, ha unn forte 'ltE'ltVuµtvoç non viene più collegato alla radice
tendenza alla personificazione. TNEf·, ma a uno speciale termine-base che
significa intelligente: TCLVV"t'6ç = fµqipwv,
10Cfr. R. H1LDEBRAND, art. 'Geist', in De111- uWippc...>v (dr. H. FRISK, Griech. Wortpro·
sches Worterbuch, di J. e W. GRIMM xv blcme: Eranos 43 [1945) 223-22, ; A. NEH·
1,2 (1897) spcc. 2623-2626. RlNG, Homer's Descriplions o/ Syncopes: Clas-
Il t significativo che quando i termini itvÉw sica! Philology 42 [1947] III [A. DEBRUN-
(1Cvtiiµa), tm"JCVOIAX. s0no usati in senso tra· NER]). A prescindere da ciò, il tratto noc·
slato per indicare , l'elemento 'spirituale', nel tico di mitw dovrebbe essere completamente
greco classico ci si limiti agli aspetti em1>- scomparso in età post-omerica. Funzioni noe·
:donali ed affettivi della vita dell'anima urna· tiche nel senso di Pseud.-Plat., Ac. J70 e so-
n:i, senza toccare quelli noetici. Nondimeno no state attribuite a motiiµa solo più tardi e
qualcuno pensa che almeno un riferimento o- mediatamente, nel quadro della gnoseologia
riginario all'elemento noetico si possa rico- stoica e neopitagorica (--. coli. 834 ss.).
7Ii5 (v1,335 l 'ltVEVµa, 1tVEUµa1u6ç A t 6·7 (H. Kleinknccht)

senta nel termine 7tVEÙµa, è quello di · lido ancora in quest'età avanzata.


qualcosa di elementarmente dinamico
che riempie vitalmente e travolge con 7. Su questa base, nella mantica, co-
l'entusiasmo 12 • In tedesco, 7i:VEVµcx. e me pure nella poesia interpretata se-
vovc; vengono resi per lo più con lo condo il modello di questa, 7t\IEVµ(1 as-
stesso termine Geist (e anche il nostro sume più tardi una speciale importan-
spirito talvolta equivale ad entrambi i za: sulla falsariga di E7tL1t\ICLCI (~coli.
termini); ma in greco essi esprimono 8or s.), termine che gli è prossimo per
due stati e modi di agire radicalmente derivazione e per senso, viene a desi-
diversi. L'uno infatti (vouc;) è il medit1m gnare l'alito che provoca l'ispirazione
della luce, immobile e translucido, il e riempie di entusiasmo, quel 7t'llE0µa.
quale fa sl che le cose, nella loro stati- LEp6v o 0(1tµ6vtov (Democr., fr. 18
7
cità, per l'uomo che le guarda in di- [Diels II 146,15]; Plut., de exilio 13
stanza siano esattamente quel che sono [II 605 a]; Dio C. 63,1·4,2), µcx.v·nx6v
in realtà; l'altro (il 7t\1Eup,a) è la forza (Plut., de/. orac. 40; 42 [II 432 d f;
assai più materiale del moto dell'aria, 433 d]), lvl>ovow.O"'ttx6v (Strabo 9.J,
che per natura sua investe e il soggetto 5) 13 , di cui fanno esperienza certe ani-
considerante e l'oggetto considerato, lo me privilegiate di poeti 14, sacerdoti e
riempie, lo compenetra, lo afferra e l'av- profeti - mn soprattutto la Pizia delfi-
volge con una forza elementare, e lo ca - in determinate azioni sia del cor-
trascina nel suo moto o nella sua ten- po che dell'anima e dello spirito (sub-
sione <(pensabile come raffica di vento lim. 8,4; r3,2; Dion. Hai., ant. Rom.
o aura leggera» (wc; à.vɵou {mti} il I ,3 I). L'ambito semantico e la conce-
ÀE7t-ri} 't"L<; aiJpcx. \IOr}i}ijva~ OU\lfXµi\IT] ), zione di µ(1vnxòv 'TC\IEVµ(1 sono indica-
oppure è <(simile ad aroma di essenza ti in Poll., onom. 1,15: E~1to~c; liv xat
odorosa o a voluta d'incenso preparato (hµo'll µcx.v'tt.x6v, xal àu~µa o(1t.µò-
con vari elementi, che lieve trascorre vt.ov, X(1l i>tlav (1Upa'll, xat li.vEµov µcxv-
con una fragranza inimmaginabile e co- ·nx6v, xat q>Wvi')v 1tpoayopw-rtx1}v.
sl soave, da non potersi dire a parole» Infine, nell'antica retorica ed estetica
(ofovEi 1ivpov ·ne; òcrµ'Ì) iì i}vµLciµcx't'oc; letteraria 1t\/Evµct appare come uno sbia-
EX cruvi>ÉcrEwc; xa't'ECTXEuacrµÉvou À.rn-.Y] dito termine tecnico indicante il discor-
oto8tvoucrcx. Suvcx.µtc; àvEmvol}-.~ 't'LVt so umano che si manifesta in forma su-
xctì xpd..-.ovi ii Àoy~ lcr-.t\/ l~wtE~v blime. Qui il termine indica non tanto
EÙtllolq.: Hippol., ref.5,19,3}. La termi- l'entusiasmo, quanto piuttosto lo slan-
nologia usata qui da Ippolito per ren- cio espressivo e travolgente dell'oratore
dere in senso sia negativo che positivo e del poeta, a cui l'alito possente del-
la concezione di spirito propria dei Se- la poesia e dell'orazione non viene me-
tiani, mostra (e in maniera che è tipica no né fisicamente, né spiritualmente,
dell'uso linguistico del greco profano} né tecnicamente (sublim. 9,13; 33,5);
come i1 copcetto antinoetico di spirito Dion. Hai., de Demosthene 20. 22 [1
delineantesi in 1t\IEVµa sia del tutto va- 170,13; 177,22, Radermacher); Luc.,

12 ~ K!!RÉNYI 41; cfr. J. STENZEL, Zur terminologia che egli usa quando parla del
Entwicklung deJ Geistbegriffes in der griech. i>Eto\I xai npoqrrrnxbv miEvµa (/ug. 186); cfr.
Philosophie: Antikc 1 (l<J2~) 244-272; Io., --+ VERBEkE 2 50 ss.
Platon der Erzieher ( 1928) 197-199. 11 Cfr. il latino spiri1t1s in Horat., carm. 4,
13 La speciale concezione che Filone ha al 6,29; 2,16,38. Per Democr., Jr. r8 --+ col. 801
riguardo si riflette anche nella lingua e nella 42.
TNtvµe<, 1.vtvµa·mc6c; A r 7·9 (H. Kleinknecbt)

encomium Demosthenis r4; Horat., sat. in parte personale che nve:uµa ha nel
T ,4,46 s.) 15.
giudaismo e nel cristianesimo, il greco
8. Data la sua natura elementare, biblico ha creato un'espressione lingui-
fuori della portata dell'uomo, e la sua stica tutta sua e nuova, che vuol esse-
diretta efficienza, '1t\IEVµa è spesso sen- re completamente estranea al pensiero
tito come una realtà divina; perciò an- immanentistico della grecità 16 • Lo stes-
c:he in altri campi è direttamente quali·
ficato come divino (itve:uµoc i)dov, o so rilievo, circa la peculiarità dell'uso
i>Ewv, o i}Eov). Ciò che questo significa linguistico neotestamentario, va fatto
in concreto varia da un caso all'altro; il riguardo al latino. Qui per tradurre
sof}io divino può essere un elemento
dell'educazione musicale (Eur., fr. 192 iwEuµct &:yLov non ci si è serviti di spi-
[T.G.F. 417]), oppure il modo di es- ritus, o alflatus, sacer oppure divinus,
sere dell'onnipotente Tyche ellenistica, cioè di espressioni correnti ma in parte
contrapposto al vovç (Menandr., fr.482
già cariche di significato stoico e consi-
[C.A.F. III 139; cfr. Polyb. 1r,r9,5]),
uno «spirito divino veramente insito derate dalla tradizione religiosa e filo-
nell'anima» (ih:i:ov ov't'wç Èv[ov] m1e:u- sofica 17 come equivalenti dcl greco i}E~­
µoc 't'TI ~vxii), che consente di cono- O\I o tEpÒ'll 1tVEuµct; si è invece coniato
scere quanto avviene nel tutto (Pseud.-
Plat., Ax. 370 c), lo «spirito puro e lo speciale neologismo spiritus sanctus,
giusto di un dio salvatore» (xeti)ixpòv che non era meno originale.
olxixtov ... 'lt\IEVµa 0EOÙ CJ'W't'fipo~. The
Co/lectio11 of Ancient Greek Inscrip- 9. Analogamente a quanto avviene in
tiotts in the British Museum IV 2 altri concetti fondamentaH, soprattutto
[ l 9 l 6] ro6 2), o un TtVEuµa i}Eov capa- cosmologici (~ Myoc;, ~ v6µoç, ~
ce persino di fecondare una donna ter- vovç), l'evoluzione del significato greco
rena (Plut., Numa 4,6 [I 62 c]}. profano culmina nella filosofia religiosa
dello stoicismo, dove 'lt\IEVµoc è conce-
Nella grecità profana, invece, non si pito come sostanza dinamica cosmico-
è ancora trovata l'attestazione del con- universale, come «la sostanza vitale e
feconda presente nelle piante e negli
cetto di 1tVEuµa. ltyLo\I. Per esprimere animali e che tutto pervade» (1) ... iv
il contenuto e il carattere del tutto di- cpU't'OLç XGtL oni-
s$01ç xoct 8Lc'L 1tétV't'W\I
verso, soprasensibile, sopramondano e XOVCTGt ~µ~vx6c; 't'E xttt y6vLµoç oùcrloc);

., Cfr. F. WEl-IRLJ, Der Erhahene 11. der dente uso lessicale e linguistico, il quale va
schlichte Stil in der poetisch-rhetorischen oltre Ia scelta di epiteti come Ci.yLoV o anche
Theorie der Antike: Phyllobolia ( x946) 11 s. -> npOq>'ll""Lx6v e giunge fino a espressioni
16 Cfr. E. WrLLIGER, Hagios, Untersuchungen come ttvru lv 1t\IEVµa·n (Rom . 8,9), ylyve-
i.11r Terminologie des Hcilige11 in den helle- a'DaL E~ mtiiµa. (I Cor. 1,,45) e simili, e
nisch-hellenislischen Religio11en, RVV 19,1 tocca la stessa sintassi. Cfr. 4 VERBEKE 147.
( 1922) 96 s. La questione lessicale non è af· 393-396.
fouo cosl 'irrilevante' come pensa ~ Bi.icHSEL 17In Cic., pro Archia 8,17; nat. deor. 2,7,19;
,2; il fatto è che, a partire da Filone, il nuo- divin. x,6,x8; Valerius Max. 1,8,xo; Pseud.-
vo e non greco ampliamento di significato di Quint., declamationes 4,3; Sen., episJulae mo·
'lt\IEVµa. si avverte più che mai nel corrispon· rales 4x,2; 66,12; dialogi x2,8,3.
nv~ur.1a, 'ltVEV~l<X't~x6ç A 1 9-10 (H_ Kleinknecht) (v1,3_17) 790

questa definizione, che si legge in impossibile a percepirsi come massa


Pseud.-Aristot., mund. 4,ro (p. 394 b 8 corporea e vigore del pensiero ... rivesti-
ss.), designa la natura e la forma di ma- to di corpo di forma umana, e bello e
nifestazione della divinità stessa: òpl- d'augusta presenza» (Stob., cci. l,399,
SO\l'\°ct~ ÒÈ 'tTJ\I -cov l}Eou oùr:Ti.a:v ol i:.-oi:- 10 ss.; cfr. I,J89,6 ss.). Celso, da buon
xot oihwç 'lt\IEUµct VOEPÒV XIXÌ '!tUPW· filosofo greco, ironizza su quei filosofi
OE<;, «per definire la sostanza di Dio gli itineranti fenicio-palestinesi i quali di-
Stoici la chiamano spirito intellettuale cono: <do sono il dio, o figlio del dio,
e igneo» ( Aetius, placita r ,6 [ v. Arnim oppure uno spirito divino. Eccomi qui...
II xoo9] ); tlEÒV IÌ.7tOcpctlVoV"t'C1..t... xat io voglio salvare» ( Èyw ò bt:6ç ElµL +ì
7'VEvµa µÈv SL'i'jxov Si'oÀou -çoii x6crµou, 1"Eov m1Xc; 1) '!tVEÙµa. bEiov. f)X!ll oÉ·
«si rappresentano Dio ... alla stregua di •..È.yw oÈ uwcrai 1'ÉÀ.w, Orig., Cels. 7,
uno spirito che pervade tutto quanto il 9); cfr. Preisendanz, Zaub. n 69,r74
mondo» (ibid. r,7,33 [v. Arnim II s.: 8(-çt] µE E[)..ucre:Jv -cò &ytov '!tve:u·
ro27]; cfr. Sext. Emp., Pyrrh. hyp. 3, ~ta., -çÒ µovoye:vic;, -tò l,wv, «mi ha libe-
218 [v. Arnim II 1037]; Tertull., apo- rato lo spirito santo, l'unigenito, il vi·
logeticum 21,10; Orig., Cels. 6,71). vente» ).
In secondo luogo il significato di
10. A partire dalla Sapienza (dr. 7, 1tVEi:iµa. non è greco quando, special-
22) e da Filone (~ coli. 883 ss.), per mente nell'uso linguistico non lettera-
influsso giudeo-cristiano l'evoluzione se- rio e sincretistico dei papiri magici, il
mantica, seguendo due direttrici con- concetto s'abbassa e si materializza nel-
trapposte, finisce in un ambito che non la sfera magico-demonica, venendo a
è più greco. Ciò avviene innanzitutto designare degli esseri spirituali inter-
quando '!tVe:uµu. si stacca dal primitivo medi, soprannaturali, buoni o cattivi:
riferimento alla natura - come si veri- ocxlµovE<; xa.t 'lt\IEVµa:ta. (IG XIV 872,
fica nel N.T. e anche negli scritti erme- 3 ). Essi sono cxù-cocpcxvi'j ( Iambl., myst.
tici - e viene spiritualizzato e proietta- 2,3 [p. 73,13 ss.]; 2,10 [p. 93,9 ss.]);
to nel trascendente, diventa qualcosa di sono Ò:ÉpLcx 'ltVEV(J.O..'t'O.. (l'opposto dei xcx-
spirituale e divino sui generis, indipen- 'ta.xMv~oi oalµovE<;, Pseud.-Callisth. I'
dente, sopramondano e soprasensibile, r ), popolano l'aria e come tali fanno
qualcosa di puramente spirituale, pen- del bene o dcl male con la forza magi-
sato come vivente e operante in manie- ca, il OaLµ6v~ov 'ltVEuµcx, che da loro
ra personale, un'entità cosmologico-so- lJtomana (Preisendanz, Zaub. I r70; II
teriologica di grado sia supremo che in- 69 e passim), quella forza della quale il
feriore, e viene ipostatizzato e personi- mago o profeta deve riempire se stesso
ficato. Cosl nella K6p'T] x6crp.ou Minosse o il proprio oggetto (Preisendanz, Zaub.
viene descritto nel modo seguente: II 2 5; IO r) per poter compiere le sue
l~xup6-ca.'to\I ... 7t\1Ei:iµa., à.xa-ca)..TJ'!t'tov pratiche, le quali hanno come scopo su-
J.l.È\I m:ptoxii crwµa.·tec;, ovvaµEL OÈ qipo- premo 1a divinizzazione e l'immortalità
\ITJCTEWc; ùrccipxo\I ... 'tÒ r:TWµct µÈv Xct'tCÌ dell'adepto, conseguita ad opera di uno
'tU'TCO\I &.vopÒ<; 1tEpLXElµE\IOV xa.t xa.)..òv spirito immortale ( à.ba.voc't~ miEuµa.'t'L,
r:TEµ\lo'ltpE'TtÈ<; Hv, <espirito potcn tissimo, Preisendanz, Zaub. I 90.94) 18•

18 Ricca documentazione in REITZENSTEJN, :z90; ~ FESTUGIÈRE 397 s. nn . .J s.


Hell. Myst. 159; ~ VERBllKE, spec. 323 n.
791 (vr,337) 7tVEVllCL, 7tvwµo:-rLxoç A 11 1 {H. Kleinknecht) (v1,338) 792

II. 1t\1Euµa nella mitologia e nella re/i. trice di vita appartiene alla mitologia
gione primitiva ed è assai diffusa 20• Nella più
antica cosmogonia orfica l'uovo cosmi·
i:. 'it\IEUµa vitale co è «prodotto dal vento» (Orph. /r.
r [Kern)); da esso poi, «per delibera-
Neila grecità e nell 'ellenismo il con· zione dello spirito divino che sta in lui»
cetto di ?t\IEDµa. si evolve sulla base at· (1tpovola~ -.ov Évovnc; Év <XÒ'tw~ iMou
testata in determinate modalità dell'uso Jt\IEuµa.-.oc;), deriva, come 'primogenito',
linguistico generale, come pure in anti· il dio Eros o Phanes, il quale porta ogni
chissime concezioni della fede religiosa cosa alla luce (Orph. jr. 56 [Kern]). Il
del popolo circa la diretta connessione 7tVEvµa, che nella teogonia in prosa di
ontologica e dinamica esistente tra il Ferecide di Siro (sec. v1 a.C.) appare -
vento, l'alito, il respiro, l'anima e la insieme col fuoco, l'acqua, la terra e
forza generativa, vitale e spirituale 19 • una Tap'tapl'll µoipa - come una delle
Linguisticamente tali concezioni si e· cinque regioni della materia, chiaramen-
sprimono in parte con sinonimi ante· te concepite quali spazi del mondo pri-
riori e anche contemporanei, vicini per migenio che Cronos ha tratto da se
radice e per significato, quali, ad es., stesso (A 8 [Diels' I 46,ro] ), è un ter-
7tVOt1}, È1tL1t\IOta., È1tl1tVouc;, da-, Èll.-, mine della scienza ionica della natura,
Èil:m\IÉw, &vEJtoc;, &:r]p, ~vxii e simili; originariamente di carattere cosmologi-
più tardi esse, mediante 7tVEvµa., sono co-fisico, trasferito poi su terreno mito-
riferite terminologicamente al concetto logico con un procedimento di artificio-
e ridotte a sistema. Il vento è, per mol- sa mania di antichità. Con ciò ha inizio
teplici versi, una categoria ontologica e la ti'adizione di una <pucr1.x'Ì} 1}EoÀ.oylct,
una forma presentata dalla natura stes- simile a quella che continua più tardi
sa per indicare qualcosa senza principio nelle cosmogonie dell'ellenismo e del-
e anteriore ad ogni principio. Perciò l'epoca imperiale, non senza un qualche
l'idea che il soffiar del vento sia una influsso della Stoa e di Gcn. 1,2. Tali
forza cosmogonica generatrice e porta· sono, ad es., la cosmogonia egizia di Er-
19 L'ambito delle idee nel suo complesso non 1354-1360; F.X. LucKMANN, Das Anblasen
è ancora preso in considerazione, nemmeno des Teufels beim Tnu/i,e/obnis, Festschr. fiir
in R. MuTH, Triiger der Lebemkro/t, Aris- Rudolf Egger 1 (1952) 343-346.
scheidungen des Orgonismus im Vo/ksg/011- 20 Cfr. E. RIEss, art. 'Aberglauhe' in PAULY-
bw der Antike ( I9.H ). Tuttavia, in confron- W1ssowA 1 (1894) 42; -)o LEISEGANG, Pneu·
to con gli altri efflussi dell'organismo (sperma, ma Ragion 71; W. ScHMID, Geschichte der
sangue, lacrime, sudore, sputo, urina cd escrc· griechischen Literatur, in Hnndb. kl. A.W.
menti) l'alito è il più fine e il meno mate· VII 1,2 (1934) 440 n . 7 (con passi e biblio-
riale di tutti, e proprio per questo è parti- grafia riguardanti Soph., /r. 477, ed. A.C.
colarmente idoneo a rappresentare le forze PEARSON 1 [1917] 13os.); V. LUNosntiM,
vitali di natura spirituale non solo quanto Mons Tagrus: Eranos 37 (1939) 84; NJLSSON
alla loro sostanza, ma anche quanto a tra- r {1941) 655 n. r; S. MoRENZ, Jl.gyptcn u.
smissione ed efficacia. Di importanza fonda- die altorphisr:he Kosmogonie, in Aus Antikc:
mentale è, a questo riguardo, Plut., quoest. · u. Orient (-1950) 71-103 . Per fa posizione sto·
conv. 5,7,2 (n 680 f-681 a). Per il resto cfr. rica dell'orfismo quale rappresentante di un
-7 fEHRLE 85-89; S. ErTREM, Opferritus u_ nuovo livello, raggiunto dal pensiero specu·
Vorop/er der Griechen u. Riimer (1914), in- lntivo dei Greci nella polemica con In scienza
dice s.v. 'Hauch'; -7 LEI S EGANG, 1-Ieil. Geisl naturale ionica razionale del tempo, ora è di
50-54; \VI. ALY, art. 'blasen', in Hand- fondamentale importanza }AEGER, o.e., (~ n.
wcrtb, des deutschen Aberglaubens I ( 1927) 6) 69-87.
793 (vr ,~38) 1rvEv(Ul'., mievµa·nx6i; A 11 1 (H. Klcinknecht) (v1,339) 794

mopoli, ricordata da Eus., praep. ev. 3, to cosmico è una potenza generatrice:


2,6 s. (attingendo da Manetone e da ille generabilis rerum naturae spirit11s
Diod. S. 1,12 s.) e quella fenicia di Fi- huc illt1c tamqt1am in utero vagm (Plin.,
lone di Byblos-Sanchunjuton (c. 1 oo d. 11at. hist. 2,II6}. Nel più tardo mitolo-
C.)2 1 riferita ibid. 1,10,1-2. In ciascuno gumeno di Prometeo pfosmatore degli
di questi contesti miEuµcx. ha un suo po. uomini, Zeus fa insufflare la vita nelle
sto fisso, e anche privilegiato. sue creature ad opera dei venti (Etym .
M.471,1, s.v. 'Ixo\11.0\1; cfr. Ge11.2,7) 2 ~ .
L'antica fede popolare nella natura Secondo Lucian., Toxaris 38, gli Sciti
(specie trattandosi di animali) che con- giurano per il dio "A'·JEµoc;, che per es-
cepisce per l'azione del vento, trasferi- si è causa della vita (~wijc; c&noc;). In
ta dall'orfismo nella speculazione miti- Luc., vera historia 1 122 si fa la parodia
ca sul cosmo, si è sempre conservata vi- di una tale antropogonia in cui il vento
vace nella poesia: in Omero (Il.20,223 compare come generatore degli uomini,
s.) nel mito delle giumente di Dardano narrando come gli abitanti della luna
fecondate da Borea, dio del vento, in dapprima vengano tratti morti (vExpa)
forma di stallone; in Virgilio nel rac- dalla gamba dei maschi e siano resi vi-
conto del prodigio delle giumente dei vi solo quando, appena nati, vengono
Traci 22 • Dalla poesia, il mitologumeno esposti al vento con la bocca spalanca-
è passato anche nella scienza greca del- ta ( Éxi}Év't"Ec; ÒÈ rJ.ÌJ-r:à. 1tpòc; 'tO\I &\IEµov
la natura 23 e infine si è sviluppato nel- XEXl)\IO'ra: ~t{J01t0~0U(TL \I) 25•
la teoria pneumatica della Stoa. Il ven- La prima formulazione dell'idea del

11 La cosmogonia fenicia, che presuppone il cpalvov'tm lìtX6µtV<U. 'tlÌ miiuµa:ta. a.t ~pv1.­
pensiero cosmologico e la speculazione dei Dec;. schol. Nicand., alexipharm. '60: a.t 6pEt·
Greci sulla tipx-fi, nel principio come pure val xe>..wvat. Ù1t'à.vtJ.wv 1tÀ:qpouv'to:~ ~Ep
nrlta sua struttura corrisponde completamen- a.i o[mlyti;. geoponica (ed. H. BECKH (189,])
tl' a ciò che nell'età ellenistica o anche neo- 9,3: ot tivEµct. oò 't'Òt qlU"l"Òt µ6vov, à).).à xat
platonica conosciamo dagli scritti cosmogonici mxv'ta. ~f.(loyovovow.
di circoli 'orfici'. Come questi riferiscono i 24 S. EITREM, Die vier Elemente in der My-
loro trattati all'antico nome e alla venerabile sterienweihe: Symb. Osi. 4 (1926) :n, si ri-
autorità di Orfeo, cosl Filone di Byblos, per chiama, a questo riguardo, alla copia capito-
assicurare forza probativa a quanto va espo. lina del sarcofago di Prometeo, dove questi
nendo, soprattutto sulle remote origini, si ri- sta davanti al proprio modello di uomo, men-
chiama a un'opera fenicia come a presunta tre un dio del vento soffia in una tromba
fonte da lui stesso tradotra, cioè all'opera a forma di conchiglia, a indicare la ~µ11vtu·
di Sanchunjaton, della seconda metà del li µQ:'twcni; e il dono della voce, che qui si ve-
millennio a.C. Recentemente O, E1sSFELDT, rifica. Invece la lµl)iVxW<nc; ad opera di Ate-
Tea11tos u. Sanchunjaton, in SAB (1952) Nr. na è indicata dalla farfalla che la dea sostiene
J, spec. 25-70, ha trattato ampiamente il pro- sul capo dell'uomo appena creato.
blema della storicità· e del valore di fonte di 25 Pur tenendo conto della diversità, si può
quest'antica opera fenicia e, riferendosi ai addurre a paragone, almeno per .la struttura
testi di Rash-Shamra e di Bogh112koy, lo ha formale, Rom. 8,11: come qui dall'esterno,
risolto in senso decisamente positivo; cfr. ID., rosl là dall'interno vixpti o -Dvi}'t<k o-wµa.'ta.
Sanchun;a1011 von Berut 11. Ilumilk11 vo11 vengono chiamati in vita dall'èl.vEµoc; o dal
Ugarit, Beitriige zur Religionsgeschichte des miEuµa. nell'ambito di un'antropologia che
Altertums 5 (J952). pçnsa che ~olo in questa maniera 'pneu-
2.l georgic. 3,274 s.; cfr. Varro, de re rustica mntica' l'uomo diventa un \'ero v!6ç e -c:txvov
2,1,19; donde Plin., nat. hisl. w,166. (Rom, 8,:x4-:x6). Proprio lo sfondo csagerata-
23 Cfr. Aristot., hist. an. 6,2 (p. 560 a 7 s.): m<'nte fisiologico della concezione lucianea dà
795 (vr,339; lt\IEVµ~, 7t\IEVµa:nxo~ J\ II r (H. Kleinkncchr)

vento generatore di vita si ha in Egit- operata «dal tocco e dall'alito di Zeus»


to: nella cosmogonia di Ermopolis lo (È~ btrx.cpfjc:; xli~ Émmiolaç Aioi;, Suppl.
spirare del vento è collegato con Amon,
re degli dèi, in cui esso si concretizza 18 s.), La «madre veneranda» (v. 141),
iil una figura che non ha soltanto tratti l'argiva lo, figlia del re (la quale è una
mitici, ma anche contorni teologici 26 • specie di Iside), in Egitto, «nel paese
Nell'interpretazione greca il dio del mo-
to dell'aria, nella sua onnipotenza crea-
di Zeus» (v. 5 ), ha generato Epafo, i1
trice di vita, è corrispondentemente e- «torello di Zeus», frutto del tocco e
quiparato a Zeus e a 1t\1Euµa.: 't"Ò µlv dell'alito di Zeus (vv. 44 ss.). Confor-
ovv 'it\IEuµrx. Ala. 'ltpo<rayopEucra.L µE~EP­ memente alla legge la quale vuole che
µ"r)w:voµÉv11c:; 't"f]c:; Ml;Ewc:;, ov a:i'.·nov ov-
-rr.t -cov t!JuxLxoO -cote; <;t;loLc:; ~voµLcra.v
chi ferisce guarisca (6 -rpwcrC1.<; l&cre-rai),
U1tUPXEL\I 11:&.v-rw\I otovEl 't"L\la. 11:rx.-.Épa., sotto la mano possente e l'alito di Zeus,
«(gli Egiziani), interpretando il termi- l'oppressione, il vagare e la miseria di
ne, diedero a 'i\Vtup.a. il nome di Zeus,
e credettero che egli, essendo la fonte
Io hanno inizio con la sua fecondazio-
dell'elemento psichico negli animali, ne e terminano con la grazia e la reden-
fosse il principio di ogni cosa, alla stre- zione del parto: ~la 8' à.?tl]µav-c~ cr~É­
gua di un padre» (Diod. S. 1,12,1 s.; \IEt xcd ~EtctL<; bmt\IOLa.Lc:; 7Cfl.UE'tllt (vv.
Plut., Is. et Os. 36 [II 365 d]).
5 7) ss. ). Nello stile della leggenda sa-
Il più antico testimone greco del teo- cra, il bimbo divino vien celebrato co-
logumeno egizio è Eschilo, che nelle me figlio irreprensibile, pienamente
Supplici non solo conosce l'Amon-Re e- beato quanto è lunga la sua vita, alla
gizi.mo (vv. 585 s.; cfr. 212 s.), ma ricor- cui nascita tutto il paese erompe nel
da anche il caso, unico in ambito greco, grido di giubilo : - Questo è veramente
di un dio che, alitando in una donna il figlio di Zeus datore di vita (vv. 581-
mortale, genera un figlio divino: si trat- 585) 27 ! Il tocco (t1ta.q>1)) e J'insufHazio-
ta del mito della generazione miracolo- ne (É1tL7t\IOL~) sono due forme di nasci-
sa di Epafo - cioè del bue Apis egizio - ta28 diverse singolarmente accoppiate 29,

tanto maggior spicco all'ossoluta spiritualiz- lmcpu\ltoc; 'EÈ '\OV~ou yEvoµÉ\lov a.ò·tlxa ot
zazione paolina. Mo-+ n. 591. A!yuTC-rioi... ije;av tv D11>..lwn... "T6·TE '!t&.vnc;
2~ Per il campo dell'egittologia, ora cfr. so- Atyun-rtot xtxaPTJxo-rEç òp-ra?;ott\I.
prattutto MoRl!Nz, o. c. (-+ n. 20), spec. 89- 2BNelio stesso contesto Aesch., Prom. 849 ss.
1031 il quale, anche per quanto attiene al nu- parla dci .àtbc:; yt\lvfiµa-ra; cfr. Piat., Soph.
cleo centrale dell'antica cosmogonia orfica 26~d.
(l'uovo cosmico fecondato dal vento) sostiene 2~ 'Contatto' e 'inspirazione' ricorrono anche
l'ipotesi di una provenicnz:i d:ill'Egitto, men- altrove in connessione: come avrebbe la '1Nxii
tre, indipendentemente da lui, JAEGBR, o.e.(-+ conosciuto Dio, se egli non le avesse inspira-
n. 6) 80 si richiama al senso zoomorfo della lo il (proprio) T.\IEVµ« e non l'avesse toc-
natura proprio dei Greci per pronunciarsi cata (Et µi} tvfo\IEUO"E xat -ijl)lct"tO ctv'fiic:;)?
centro una «derivazione dall'Oriente». domanda Filone in un passo che riveste gran·
17 Cfr. Hdt. 3,27: tq>&.vri AtyuTC-rCo~cn. b dc importanza per il concetto di 7NEVµa.
..Amc;, -rl>•1 "E).À.71\IE-; "ETCCtcpov xaMoucn· (/eg. ali. 1,38). In Açt. 8,17 ss. appare, spi·
797 (VI,339) 1tYEUµ«, 7tYEuµct;"t'~x6i; A II r (H. Kleinknecht) (VI,340) 798

anche se qui indicano un unico atto di- tutto evanescente in senso docetico, è
vino. Ma la teologia, posta di fronte a attestata spesso nel greco per quanto
una tradizione religiosa 30 e intenziona- riguarda l'Egitto. Già Erodoto (3,28)
ta a conservarla quanto è possibile, ama conosce la tradizione egizia del bue
mescolare in questo modo i prodigi, e Apk nato dn una vacca vergine fecon-
l'btl1tvota - non costituendo (come È1ta- data dalla luce del cielo (o della luna).
<rTJ) una interpretazione etimologica del A questa tradizione si richiama Plut.,
nome operata dal poeta stesso - può con- qt1aest. conviv.8,I,2 s. (n 717 d-718 a),
siderarsi l'elemento più antico e origina- quando discute il teologumeno della
rio, che rende in forma greca una conce- generazione sessuale di Platone - qua-
zione egiziana. L'idea della generazione le 7tai:ç l'}Eofo (Horn., Il. 24,259) - ad
e della nascita di un figlio divino per opera di Apollo. Dio non genera col se-
mezzo dell'alito del dio, entrata nella me (ÒLcl CT1tÉpµa'toç), alla maniera del-
fede eschilea di Zeus, è tanto più si- l'uomo, bensl con una forza d'altro ge-
gnificativa sotto il profilo storico-reli- nere (Ci.À.),.TI ÒÈ OUVaµEL) 32, rendendo
gioso e teologico in quanto, a differen- operante nella materia, come già all'at-
za di tutte le altre forme di generazio- to della creazione del mondo, un prin-
ne portentosa presenti nell'area greca cipio generativo e facendolo pervenire
profana, successivamente non ricorre a una nascita 33• Con l'uomo, Dio non si
più, nemmeno in epoca ellenistica, per comporta come l'uomo con la donna;
modo che una sua connessione diretta «ma in maniere diverse, toccando e sfio-
con la nascita di Cristo dallo spirito rando in certe altre forme, imprime al-
(-> coli. 96 r ss.) viene a escludersi da l'elemento mortale un'altra direzione e
sé 31 . lo riempie d'un seme più divino», co-
D'altra parte, una siffatta idea del me dimostra il mito egizio di Apis che
concepimento, decentemente sublimata nasce grazie al tocco della luna (Émxq>fj
e spiritualizzata ma non resa ancora del 'ti'jç cn:À.1}V1}t;) J.J. La diversa natura del-

ritualizzata in senso pneumatico, la comuni- J2 Con la stessa contrapposizione Iust., apol.


c~zione dello spirito congiunta all'imposi;do- 1,33,6 ha espresso il pensiero di Le. 1,35 con
n(' delle mani. le parole: cò lìtoc c1uvouaiaç, &_),J.,&. lìvvoc-
lQ Cfr. Aesch., Suppi. 291-299; schol. 580. 1.lEWç.
JI Per la concezione del pneuma nella storia li -tov fh:oii "TI ~Àn "(Ovtµov &.pxi')v, òcp'1jç
di Epafo cfr. S. EITREM, art. 'Io', in PAULY- ~'ltcd>t.v x«t µnt~aÀ.Ev, tv·mcov-toi;- «À.YJ-
W1ssowA 9 {1916) 1734; WEINRErcu, A11- Doucrt "(&p 'tOt xavfµwv lìtt~olìoi. il1)ì.t:t«V
1ike Hei/11ngsw11ndel' 19-2x.23-25; ]. Vihrr- opvw, 'ltÌ.t,v ~'t«Y 11:apfi 'TOXOç» ( = Soph., fr.
1rn1M, Aischylos' Schutzflebende (1928) 30· 436 [T.G.F. 236]; cfr. --+ col. 792 n, 20).
48; specialm. W. KRANZ, Stasimon (1933) 34 Cfr. Plut., Is. et Os. 43 (n 368 e): -.òv
102-106.295; F. ZucKl!R, Athen m1d Ji.gypte11 oè ... Amv dxova µ!v 'Oulptlìoç ~!.ttlroxov EL-
bis 011/ den Begin11 der hell. Zeit, in Aus Anti- va.t, ylvt:O"b«t lì!: 6-t«v qiWç lpEL0'11 y6vtµov
kc u . Orient (1950) 150. cbcò 'tf'jç ae)..YJvnc; xat x«MIJ!ri-rat ~oòc; op-
799 (vr,340) 1tVEuµa., 1.vtuµcrnx6c; A n r-2 (H. Kleinknecht) (v1,341}800

la genernzione dipende dalla diversità suo ethos sono lontanissimi dalla «gioia
di sostanza e di essere degli dèi, che an- irrefrenabile della situazione erotica» 37,
tanto più che la sua intenzione di fon-
che qui è fatta espressamente consiste-
do è volta al prodigio di un figlio divi-
re, tra l'altro, ÈV mm)µcun. Che l'azio- no che nasce dal pneuma; questa nasci-
ne divina si compia di volta in volta ta è predetta alla madre, e non è quel-
nella forma di v.vi::uµa, htl-rtvOLc.<, È7ta- la di uno qualunque dei molti figli che
nel mito vengono generati da Giove;
qrii, oD.. o:c; o cpG1c;, non ha importanza, egli è invece il progenitore da cui, nel
tanto più che nel greco più tardo que- volgere di tredici generazioni, discende
sti diversi termini sono usati in gran Eracle, eroe e salvatore, mediante il
quale Zeus pone fine ai patimenti di
parte come correlativi o sinonimi e ven-
Prometeo, rappresentante d ella schiatta
gono anche equiparati l'uno all'altro(~ umana (Aesch., Prom. 77r ss.; schol.
coli. 824 s.). Ancor più chiara è l'appli- 774); la sua madre 'vergine' 38 , una spe-
cazione che Plut., Numa 4,4 ss. (1 62 cie di mater dolorosa, è un bell'esem-
pio della forza benigna (i::ùµEvT]c; ~la,
b/c) fa delle speculazioni egizie sullo Suppi. 1069) che, sotto la forma sensi-
ti::pòc; y6:µoc; al concetto di 'ltVEUl-«t bile-spiri tua le di È'ltbtvotcc e di È7toccp1},
i>Eou. Ci si chiede anche fino a qual Zeus ha fatto operare in lei (Suppi.
574 ss . ).
punto sia pensabile che fra un dio e un
uomo esista non solo la cp~)..loc, ma fi.
2. 7t\1Euµa ispiro torio
nanche una comunione di corpi; e Plut.,
Numa 4,6 (1 62 c) non ritiene incredi- L'alito del vento o del respiro è una
forma d'essere e una rappresentazione
bile la distinzione secondo cui è bensl
in cui soprattutto certe potenze divine
possibile che il 7tVEuµa di un dio si ac- superiori, di cui l'uomo non può dispor-
costi a una donna mortale e generi in re e che appartengono al genere piìt di-
essa certi germi capaci di dar origine sparato, comunicano all'uomo e anche
alla natura, nel bene e nel male, qual-
aJla vita, ma che un uomo abbia rapporti cosa di quel vivente essere cd agire che
carnali con un dio o una dea 35 è im- esse stesse sono. Anche qui il primitivo
pcmibile 36• elemento sensibile del soffio e dell'in-
sufflazione non va del tutto perduto.
Ciò cbe in Plutarco appare come og- Cosl quando Sarpedonte è stato colpito
getto sbiadito di speculazione teologi- a morte e già la sua "1uxn e il suo w-
ca, in Eschilo è invece un mito reli- µ6c; si sono dileguati, l'alito di Borea
gioso, espressione della fede in Zeus ( 7tVOLli BopÉcco) lo richiama ancora una
(St1ppl. 532 ss.). Il suo stile narrativo e il volta a trarre un ultimo respiro (Horn.,

ywO"r)ç. Per il carnttere pneumatico della lu- i>ivoç 1x, coll. 761 s.
na nelle Stoa, cfr. ~ PoHLENZ, Die S1oa t ~1 ~ BiicHSEL r92 s., senza conoscere la sto·
123. ria di Epafo, pensa che i miti pagani di ge·
nerazione nel loro insieme siano più o me-
li Plut., quacst. conv. 8,1,3 (u 718 b).
no caratterizzati in questo senso.
36 Cfr. REITZENSTEIN, H ell. .Myst. 245 s.; -)> l8 Aesch., Prom. 704-898; Nonnus, Dionys.
NoRDEN 73-82; ~ BiicHsEr. 191-:!01; ~ ,.ap- 3,284 ss.
801 (Vl,_HI) itvEuµa., -n;vEUµa.nx6<; A u 2 (H. Kleinknecht) (vr,342) 801

Il. 5 ,696 ss. ). Atena ha inspirato µE\IO<; stanno sotto un qualche soffio divino
in Diomede, e Apollo in Enea (Il. rn, (iMa 'tLc; È1tl7t\IOL«X, leg. 5,747 d-e).
482; 20,1rn; cfr. Plat., symp. 179 b), e L'autorità degli antichi oracoli, come
àpE't"ii in battaglia un dio ha inspirato quelli pronunciati a Delfi o a Dodona,
agli Elei (Xenoph., hist. Graec. 7,4,J2), è legata alla cooperazione di una E7tl·
cos} come un òoc(µwv ha fatto con Pe- 'Jt'VoLri. proveniente dagli dèi (leg. 5,
nelope (É\IÉ'lt\IEVO'E, Horn., Od. 19,138), 738 e). I dialoghi delle Leggi, col loro
suggerendole 1a sua astuzia. II dolce ali- colore poetico, agli interlocutori non
to di Demetra fa sl che il piccolo Demo- sembrano fatti senza qualche ispirazio-
foonte cresca simile agli dèi (Horn., ne divina ( oùx l:i:vEV "tWÒc; bcmvolaç
h·ymn. Cer. 2 3 8 ). Polibio parla della Ty- l}éGJ\I, leg. 7,8II e). Ed è ancora ~x ·n-
che che É·iwrt\ld, o anche in generale di \loç iMaç ~mmiolac; che, secondo la
una certa quale ispirazione divina (~d11. massima di resp. 6,499 b, il vero amo-
·rn; È1tl7tvo~11.), che agli occhi della mol- re dei re di questo mondo diventa una
ti tu dine (ri;oÀ.À.ol) riempie colui che com- vera filosofia. In Phaedr. 265 b Platone
pie imprese storiche ( rr ,19,5; l0,2,12; riduce a sistema e concettualizza le con-
10,~;,7)39. cezioni religiose della grecità riguardan-
Anche Platone, quando vuol indicare ti gli effetti dell'alito divino. Qui si di-
l'azione divina, non usa 1t\1Euµoc - poi- stinguono quattro forme di btbn>o~a.. e
ché questo è per lui un puro concetto si mettono in relazione con Apollo, Dio-
della scienza della natura - ma il più niso, le Muse e Afrodite (insieme con
antico É1tl1tvo~11.. Certi territori scelti, Eros). Analogamente, la mantica, la mi-
«dominio di determinate divinità», stica 40, la poesia e l'erotica 41 spiccano

39 La stessa concezione vive nell'uso lingui- schetto di Giunone a Lanuvio offrono un sa-
stico latino di alflare e il//1'11Us (divinus). Ve· crificio al serpente sacro.
nere concede ad Enea un sereno splendore 41 Un'antichissima fede nella forza generativa
degli occhi (lae/os oc11Jis adflarat honores, dell'alito che, per usare la terminologia suc-
Vergil., Aen. r,,90 s.), mentre ibid. 7,350 s. cessiva, in quanto 1wtuµ.a è anche O'l'Ctpµa
un serpente mandato dalla furia Aletto al· (Diog Apo!L, fr. 6 [DmLs 7 II 61,12]: Ze-
/1/C/u 11u1/o... vipeream inspirans animam ad non, Jr. 128 [v. ARNIM 1 36,2 s.]; Chry-
Amata, regina dei Laurentini, la rende com- sipp., Jr. 836 [v. ARNIM II 227,34 s.)) si è
pletamente pa2za. Secondo Ovid., me/am. 8, conservata nelle espressioni glossematiche
819 s., la dea Fame prende possesso di Eri- EtamriJÀa<;, Etcrm1TJÀO<; (insufjlatore), El<TmlEiv
sittone in questo modo: se... viro inspirai fau- lµ'ltvt~crDa~, con le quali gli Spartani designa-
cesque et pec/us et ora atflat. vano il pederasta e la pederastia (Callim., fr.
4 ~ Nell'ambito dei misteri greci l'alito divi- 65; scho/. Theocr., idyll. [ed. K. WENllllL,
no assume la sua importanza quando le bac- 1914] 12,13; Ael., var. hist. 3,12; Plut., de
canti sono ripiene di µ.avlo:. dalle 1tvoa\ow Cleomene 3 (1 805]). Ma in quest'uso lingui-
6Eou (scii. di Dioniso; Eur., Ba. 1094), o stico è già presente il punto d'aggancio per
quando Dioniso e il suo schiavo Xantia van- una spiritualizzazione, quale si avrà nella con·
ne nell'oltretomba e pregustano il grado som· cezione platonica dell'Eros, secondo la quale
mo di consacrazione dei misti beati: o:.vÀwv in questa generazione 'pneumatica' una cipi-.1}
7:\loi) e o:.ilpa 'ttc; di fiaccole accese El<Tl· e una natura spirituale vengono insulflnle da}.
7t\IEUCTE ~IU<T'W,W'ta:n1 (Aristoph., ra. 313 s.; l'anziano nel giovane (Xenoph., symp. 4,14);
dr. 337 s.). Per gli èi:ypta. ... )'.a.ÀE'ltij<; 7tvEV· cfr. R. PFEIFPER, Callimachus l (1949) 74
~una ilwqioplrii; nel culto <!i Cibele, ~ ooll. nell'annotazione ad /.; inoltre E. BllTHE, Die
783 s. Nel racconto del prodigio cultuale rife· dorische Knabenliebe: Rhein. Mus. 62 ( 1907)
rito in Aci., nat. an. 11,16, un singolare nvtu· 4_59.461; TH. HOPPNER, art. 'Mystcrien', in
µa iltfov guida le vergini che nel sacro bo- PAULY·W. 16,2 (1935) 1327-1329; ]. STEN-
· 803 (v1,342) 'ltVEiiµci, rcvEUµa:nxéç A n 2 a (H. K1einknccht) . (VI,342) 804

come le quattro sfere culturali della vita e dello tepò\l ·7C'VEUµcx., che fanno di una
. greca, le qu.ali per Platone stanno in rap- poesia quel che essa veramente è: TCOL1)-
·porto reciproco in quanto sono rette da 't"Ì)c; OÈ IJ.a<ra. µÈv lì.v yp6:q>l)~ µ.E-r'lvi>ou-
divine opere del pneuma. <rLaaµov xat tepov 'lt'Veuµcnoc;, xa.Xà.
x6:p-rcx. È<r'tl\I, «quanto il poeta scrive
a)' 'Jt\IEUµct tiella poesia mos~o da entusiasmo e da sacro affiato è
di straordinaria bellezza» (fr. 18 [Diels •
Già ad Esiodo, nell'atto della sua vo· II. 146,14 s.]) 42 • Di qui in poi mlEuµa.
cilzion.e a poeta, le Muse inspirano una è un termine fisso indicante la forza di-
voce divina ( É'VÉ7t'VEuaa.v oÉ µot a.uoTjv vina (Plat., fon 533 d. 534 c) dell'entu-
.i)Elnv ), affinché possa annunciare il fu- siasmo traboccante che, per divina mu- -!. ·
turo non meno che il passato (theog. 3 r ta:lione (i>Eia. É~aÀ.À.ayl)), innalza il
s.; -~ col. 794 n . 24; .coli. 807 ss.) .. In poeta al di sopra degli ordinamenti che
Plat., Phaedr. 262 d,.Socrate dice ironi- hanno valore per gli altri (Plat., Phaedr.
camente. che la.responsabilità del dono 265 a) 43 e lo trascina con sé, come av-
divino di cui è ispirato e per cui parla viene alla Pizia quando si trova sollo il
.in tono poetico ed entusiastico, risale soffio divino (xtt't'hclTC'VoLa\I ): 1tOU.ot
:agli dèi locali. o alle cicale che cantano, yà.p 6:ÀÀ.O'tpl~ 1>Eo<popou'V'tctL TC\IEUµct'tL
doè ai· profeti delle Muse (oi 'tW'V Mou- 'tÒ\I mhòv .'tpo1to\I ov xa.t Ilui>la.v À.6-
uwv. '!tpo<pfi'tm).•Euripide e Democrito yoç EXEL 'tpl1toOL 7tÀ't)CTLtX!;;ou<rav, «mol-
sembrano aver ricondotto il fatto dell"i- ti (poeti) infatti sono sotto l'azione di
·Spirazione' poetica ·al concetto nominale uno spirito estraneo, come, a quanto
di TC\IEUµcx.. L'uno parla del Dewv 7t'VEV- si dice, avviene alla Pizia allorché s'ac-
µa., di cui il poeta ha bisogno (/r. 192 costa al tripode» (sublim. I 3 ,2; cfr. 8,
[T.G.F. iJ.I7 ]}, l'altro del!'Évi}oua~cx.<rµ.6c; 4) 44 • La poesia è «emissione .dello spi-

Zl'L, Platon der. Er1.ieher (1928) 201. Poeti- nessione con l'atto di ypaq>m1, è espressione
camente umanizzati, moi) e {lm)1tvlw ap- di una mentalità che risulta lontana dalla
paiono come una . spede di dominio divino grecità profana del sec. rv a.C., mentre a Cle-
ndl'amore, sia quando le mioa.t 'Aq>po!ìl'tric; mente Alessandrino, cristiano qual è, si pre-
trlÌscinano Elena (Eur., lph. Aut. ·69; cfr. senta· come la maniera ovvia per rendere
Theocr.; idyll. 17,51 s.) ò Apollo 'lotta' nvfoYv Mtovaiixaµ6ç.
x6.pL\I.' per· l'amore· della veggente Cassandra 4.3 La presa di possesso dell'uomo, effetto e-
(Aesch., Ag. I206), sia quando gli Amorini statico temporaneamente sostitutivo del voli~.
vengono . pregati perché spirino in egual mi- che in Plat.; Pbaedr. 26.:fb at)pare come pro-
sura· in due amanti (Thc:ocr., idyll. 1.2,10; 4 pria della lrcl7t'llota· 1tOtT}'ttX'i) Mov11wv; viene
'col: 783). A ciò corrisponde in latino Venus da Filone ascritta al ltEi:ov m>EUµ«: t~o~x!·
ad/lai amores (Tib. 2,4,57) e adf/at o aspi- l;E'ta.t µ!v yàp lv 'J'iµ~v .li voiic; xa.-tà. -rl)v
rabat Amor (Tib. 2~1,80; _3,71). 'tOU - ltElou TCVEVµtt'toc; aq>tl;w, xa.i:<Ì 5è -ri)v
}2 Questo nel ·caso che. il testo del fram· µe-ta.v&:cr-rcxaw cxù-tou 'ltaÀ.w Ècrotx,l;E>ta.L,
mento sia davvero di Democrito e che le:pl>v l>ɵtc; yà.p oùx ~cnt lNlJ'f6'11 ttltttv6.-rl{l 11Uv-
·1tVEiiµa. - · che, posto - accanto a lvl)ovai.a.- or.xijua.t· lìtà. -rou"to '!'i !iVaic; 'tOV ÀoyLaµoii
aµ6ç, ne è quasi una tautologia· - non rap- xa.t 'tÒ rcepl u1hl>v· uxchoc; ~x11-ruow xttt
presenti già una terminologia cristianizzata da l>r.ocpépll-rov µavl'.av tytwT}!TE (rer. div. ber.
Clemente Alessandrino; come si· potrebbe de· 265, dr. spec. leg. 4>49). Per la critica pia·
durre dal confronto.con la formulazione del- tonica dr. -+. coli. 812 ss.
.lo stesso pensiero in Dio Chrys., or. _36,1 = · 44 Anche qui si hanno altri paralleli · latini;
Demcx:r., /r. 21 [DIELS 7 u X47A ss.]). In- Cic., divin. 1,38,80: negai .enim sine furore
latti lepl>v "ltVEVµa, come . equivalente della Democritus quemquam poetam magnum esse
t)da È1tlrcvota. platonica e per di più in con- posse, .quod idem dicit Plato; de oraf. 2,46,
805 (vx,342) 1tVEVµa., 7tVEUµa.·mc6c; A u 2 n-b (l{. Kleinknecht) (v1,343) 806

rito di un demone, ed è arduo rjdurla rizzato da una divina pienezza profeti·


sotto una norma» ( Éx~oÀ:i] -.ou 8cuµo- ca; perciò tale 1t'llE0µa. è detto E\IDou·
• '7t\1Euµa-.oc;,
vLou , • ò voµov
»..,v U7t . •t
-.a..,aL O"LctO"'tLx6v (Strabo 9,3,5 ), tEp6v (Dio C.
·8u<rxoÀ.ov; ibid. 33,5 ). Questa concezio- 63,14,2), oa.tµ6\ILO'll {Dion.- Hal., ant.
ne deUa poesia attinge il suo modello Rom. 1,31; Max. Tyr. 8,r b), o sempli-
dalla mantica 45 • cemente µrt\l'tLXO'll (Poll., onom. 1,15;
Iambl., myst. 3,II; Themist., or. 4
b) 7tVEuµa nella mantica (,53 a]) 47• Esso provoca effetti fisici u-
guali, in parte, a quelli causati dal ven-
La concezione del pneuma assu_me to: i capelli si sciolgono e si arruffano,
un'importanza speciale là dove è più an- il respiro si fa affannoso; si è riempiti,
tica, cioè nella mantica ispiratoria del afferrati e trascinati in una ebbrezza da
culto di Apollo. Tale concezione sem- baccante, caratterizzata dalla EX<T'ttX<nc;
bra già presente nel culto asiatico del e dalla µa.vla: -.o~ho yàp µav-cEwc;
dio, anteriore a quello greco, come una rl>LO\I, 'tÒ Él;ECf'tt)XÉ\laL, 'tÒ &.vayx'T}V
forma tipica di furore divino (~da µa- Ù7toµÉvew, 'tÒ wDE~O"ficu, 'tÒ EÀ.xEcri}m,
vla) e con questa caratteristica è giun- 'tÒ O"UpEO"itrtL i.'.xr7tEp µaLVOµEVO\I, «il di-
ta a Delfì 46 • In una specie di tEpÒc; y&.- vinatore ha questo di caratteristico: che
µoc; Apollo riempie col suo alito divino sta fuor di sé, non è più libero, viene
una donna, che nel mito è la sua aman- spinto, ttainato, trascinato come un paz-
te e nel culto la sua sacerdotessa. La ZO» -(Chrys., in epist. I ad Cor. homilia
cosa è espressa dapprima con le paro- 29 [MPG 61,241]). Le concezioni con·
le: o-ca.v ikou µa,;-.buwot 'ltvEua'c..j!r' nesse con tutto ciò vengono complessi-
a\layxat, «quando spirano i destini fa- vamente chiarite dall'elenco dei sinoni-
tidici del dio» (Eur., Iph. Aul. 760 s.). mi registrati da Poll., onom. x,x5 per
Solo molto più tardi, a partire dal sec. indicare la condizione di chi è ripieno
r· a. C., e certo non senza un influsso di '7t\1Euµcx µcx'llnx6v: l\li}Eoc; xat btl-
stoico, nella discussione dotta intorno 7t\louc; xat xchoxoc; xat bt~'tEltELIX<TµÉ\loc;
alla natura della divinazione e ispirazio- xa;t XCX'tELÀ.l]µµi'lloc; Éx 1'EOU ... xat ~
ne, il sostantivo 'lt\IEuµrx. diviene termi- i>oUO"LW\I xat XEXW'l']µÉ\loc; b 'tOU 1'EOU
ne tecnico indicante la forza del soffio xa.t à.vo:~Ef}ax.xwµÉ\loc; xrx.Ì 11:)..1JP'l'Jc;
che, investendo la Pizia, la trasferisce ~Eou xa.t na.pa.À.À.a'T'tWV b -Deov. La
in uno stato di raptus estatico caratte- lunghissima serie di tali effetti tradizio-

194: saepe mim audivi poelam bonum ne- xa.t "tQ µa.v·nx0 yÉvE~ 'ltÀ.1]CTi.6.~nv. A sua
minem, id quod a Democrito el Plotone in volta, Suid., s.v. i1tl1;-1ota., rende direttamente
scriplis reliclum esse dicunl, sine infiamma- con lv/}ovai.a.aµ6c; •
. lione ~nimorum existere posse et sine quo- 46 Cfr. K. LATTE, art. 'Orakel' in PAULY·
dom adflatu quasi /uroris; pro Arcbia 8,17: W1ssowA 18,1 (1939) 839 s.; ID., The coming
poelam... quasi divino quodam spiritu inPari. o/ lhe Pythia: HThR 33 ( 1940) 9-18 . .
Horat., carm. 4,6,29: spirilum Phoebus mihi,
Phoeb11s artem carminis nomenque dedit poe- 47 Diversa è l'opinione di Filone, il quale,
111e; cfr. RBITZENSTEIN, Hell. Myst. 321; ~ parlando dell'analogo dono della divinazione
LEISEGANG, Der Hl. Geist 132-134; ~ VI!R· concesso a Mosè o a qualche altro TCpoqrii't1J<;
Bl:'.KE 271 s. .283-285; O.Der Dichler
FALTER, ptescelto, usa l'espressione ~poqrrrnxbv 'lt\IEU-
u. sein Goti bei den Griechen u. Romern µa (f11g. 186}, con la quale egli applica una
( i934) 88-90. designazione peculiare alla sua, parimenti pe-
n Cfr. Pos., in Strabo l0,3,9: B '\'E. ivDou· culiare, concezione del pneuma; dr._ ~ VER·
rnaaµ6c; É1tl1tVEUCT!V ·nva. i>da.v ixt:w OOXd BEKE 250-257.
'ltVEUµct, 1t\IEVµct·ux6c, A II 2 b (H. Kleinknecht) (vr,344) 808

nalmente attribuiti al me:uµa, tra i zia in cui soffia un pneuma muto e mal-
quali non mancano nemmeno appari- vagio ( aÀr:t.Àov xa.t xaxòv 1t\IEUµa.,
zioni di fuoco, è offerta da Lucan., de
bello civili 5,169-174.190-193.211-218. Plut., def. orac. 51 (II 438 b)). Sotto
L'enunciazione di oracoli è il più alto il profilo della fenomenologia religiosa,
e (anche storicamente) il più importan- il riferimento alla stessa realtà è atte-
te effetto del 'lt\le:uµa.: "tlJV IIuDlav ... stato nel N.T.; nell'unione che sussiste
òe:xoµévriv •Ò m1Euµa à.7t0Dw"1tl!;rn1 itµ-
µE•p&. "tE xcd aµe:-.pa, «la Pizia ... rice- tra 1tYEuµa e r.pocpri·m'.Jnv (Le. 1,67; 2
vendo il pneuma pronuncia oracoli in Petr. 1,2 r, ecc.), nella glossolalia pneu·
versi e in prosa» (Strabo 9 3,5; sublim.
1
matica che a Corinto (I Cor. 12-14) è....
13,2; Orig., Cels. 7,3) 48 •
un riflesso deJla profezia pitica 50, come
pure quando si dice che lo spirito im-
Rilevanza teologica riveste l'idea di
mondo esce dall'uomo gridando e che
it\le:uµa quale causa e fonte del parlare
lo spirito 'santo', che in lui dimom, gri-
estatico 49, nel quale la sacerdotessa di-
da 51.
viene direttamente una 'voce divina'
Secondo la concezione tradizionale,
( ~ coll. 803 ss.) a tal punto, che il 'lt\IEU-
l'ispirazione avviene- nel modo seguen-
µa delfico può esser designato come la te, La Pizia, seduta su un tripode, acco-
voce (òµcpi}) che spira ( à.vamie:L) dal- glie in sé il nve:i:iµa mantice, che si le-
l'orifizio (o--t6µ~ov; Pseud.-Luc., Nero va sotto di lei da una spaccatura della
terra: cpa.o-t ò'E1:va.~ •Ò µa.v'te:i:ov iiv-
ro; Dio C. 63,14,2). Lucano (de bello -rpov xoP..o\l xa•à. ~a.aouc; où µ&.).a eù-
civili 5,83) parla dei venti loquaces del pvo--roµov, àvacp~pEcrba.1. 8'È~ aù't'ou
luogo dell'oracolo. L'ingresso e l'uscita 'Jt\IEuµa Èvi>ouo-Lao-·mc6v, l'.me:pxeicrbai.
o~ -rou o--roµlou 't'pl1tooa. ùlfnlMv, Èqi'8"
del TCve:i:iµa. si manifesta in connessione 'tl}\l IIul>lo.v &va.f3a.lvovo-av OEXOµÉV'l}V
caratteristica con effetti di voce ( qiwv1)), 'tÒ mie:uµa à1toi>E0"7tlSEW, «si dice che
siano essi il semplice suono di uno stru- la spelonca mantica è cava verso il bas-
so, non molto ampia all'imboccatura;
!Dento a fato (~ col. 779), di una fla- che da essa sale un pneuma divinato-
tulenza (7tpwxi:6c;, Aristoph., nub. z 64 ), rio; sull'imboccatura si trova un alto
un discorso estatico della Sibilla (Ver- tripode, sul quale la Pizia monta e, ri-
cevendo il pneuma, pronuncia oracoli»
gil., Aen. 6,82 ss.) e una profezia del-
(Strabo 9,3,5). In concreto, l'atto di ri-
fica (Diod. S. 16,26), o anche il grido cevere il 1t\lEuµa vien presentato come
gagliardo ( xpcw-yl) taxvpa) di una Pi- un accoppiamento, giacché 1a Pizia,

48 Sui particolari riguardanti il modo in cui 50 Cfr. S. EITREM, Orakel u. Myslerien am


realmente si procedeva nel pronunciare ora- Ausgang der A11tike: Albae Vigiliae, N.F. '
coli dr. ~ AMANDRY 81-168. (1947) 42. Di diverso parere G. D.ELLING,
49 ti significativo che l'antichità profana non Der Gottesdienst im N.T. (r9_:s2) 39-47, il
conosca una scrittura ispirata, una bEmru- quale mette in rapporto la glossolalia con
O"'t'oc; ypaqrli (.2 Tim. 3 116; cfr. Orig., Cels. l'entusiasmo dionisiaco quale appare nelle
J,60: 1"Ò: µlv ~L~ÀCct bEl1~ yEypacp~a~ mitV- Baccanti di Euripide.
µa>tL OµOÀoyouµtV); --> col, 833. 51 ~ xpa~t<> v, coll. 961-974.
7tVEuµo:, m1Eup.a-r~x6c; A II 2 b (H. Kleinknecht) (v1,344) 8ro

stando con le gambe divaricate, attra- de bello civili 5,97 ss. I61-169).
verso i genitali ( OL~ -rwv yEWlJ'tLXW\I
µoplwv) 'riceve' nel proprio seno 52 il Quanto alla forma, le caratteristiche
7tVEuµa fecondatore e ne resta 'incin-
dell'esperienza dello spirito divino de-
ta': -ri}v IIul>lav À.oyoç EXEL ;;pl;:oo~
7tÀ.l)iri6:soucra.v, i:vi}a. pf)yµG. fo-rL yfiç i tte in questi testi non differiscono
scr_
a\l<X.7t\1Éo\I, ClC, cpairw, ti-cµòv ~\IDEO\I a.u-
dn quelle che anche il N.T. presenta
..61)Ev ÈyXUµO\lct -rijc; Octtµovlou xa.1>L- nel racconto della Pentecoste (Aci. 2,r-
O"'ta.µÉ\IT]\I ouvaµtwc; 7tapa.u't'lx<X. XPlJ·
4), nel colloquio con Nicodemo (Io. 3,
O"~OE~\I xa."t"'btl7t\IOLa.v, «(come avvie-
ne), dicono, alla Pizia quando si avvi- 1-8) e nel fenomeno della glossolalia
cina al tripode; ivi si trova una spacca- nella comunità di Corinto (r Cor. 12-
tura del suolo che - a quanto si dice - 14) 53 . Il 7tVEuµa è qualcosa di 'diver-
emette un vapore divino; essa, gravida
della forza demonica, stando cosl assi- so' (sublim. 13,2) che viene da fuori, e
sa subito pronuncia oracoli conforme a come tale 'riempie' l'interno della casa,
quanto le viene ispirato» (s11blim. r3, in cui si trovano coloro che sollecitano
2 ). Questa concezione è ben lontana
dall'essere una deformazione tendenzio- l'oracolo, sia con tuoni che con un pre-
sa dei Padri della chiesa (a ciò si oppo· ziosissimo profumo divino 54 ; esso riem-
ne la stessa antichità dei testimoni gre- pie parimenti tutto ciò che sta nelle vi-
ci profani); in essa, comunque, si con-
cinanze, bestie e uomini che gli s'av-
serva un'antichissima fede religiosa fino
a un'epoca relativamente recente. vicinano (Diod. S. 16,26), ma special-
La forma più limpida dell'ispirazione mente l'intimo (!Jiux'l], mens, pectus,
intesa quale fenomeno religioso, cioè corda) della Sibilla o della Pizia. Dal
come esperienza dello spirito divino, è
quella attestata dai poeti. Vergil., Aen. momento che questa resta 'incinta', è
6,42-54.77-82 descrive in questi termi- chiaro che «lo sposo, che è lo spirito»
ni 1a rivelazione di Apollo concessa alla (Apoc. 22,17) è un principio maschile
sibilla Deifobe nell'antro di Cuma:
deus, ecce deus! questa è la sua prima il quale soverchia la resistenza femmi-
parola; frattanto adflata est numine... nile. Esso s'impossessa a forza di tut-
iam propiore dei... dehiscent attonitae ta la persona, la trascina come un vento
magna ora domus ... at Phoebi nondum
impetuoso (dr. 2 Petr. 1,21) e ne fa un
patiens immanis in antro bacchatur va-
tes, magnum si pectore possit excussis- essere alato e leggero (xovq>ov ... xat
se deum: tanto magis il/e fatigat os ra- 7t't1)\IÒ\I xcr.t ltp6v, Plat., Ion 534 b),
bidum /era corda domans, fmgitque pre- come il poeta quando è sotto la i>tia.
mendo. ostia iamque domus patuere in-
gentia centum sponte sua vatisque fe- f.7tl7tvota. delle Muse; dalle condizioni
runt responsa per auras... (cfr. Lucanus, usuali della vita trasporta nella condi-

S'! sebo!. Arisloph., P/111. 39; Orig., Ce!s. 3, tv~ -coùç xpwµlvovc; -ri{j ~~ xo:f){!;ouow ...
25; 7,3; Chrys., i11 cpirt. I ad Cor. homilia Eòw6!~ tivlln!µrc)...ll-tctt xat mieuµa-roç, o!llç
29 (MPG 61,242). 8.v -Cct 'ijSLO''tll Xctt 7tOÀl>-tEÀfo'-ra-ra 'tW\I
~ Cfr. ~ KERÉNYI 33-39. µupwv ct?toq>opàc; WO'rtep b mirTii; -coii
51 Plut., de/. orac. 50 (u 437 e): ò y«p o1xoc;, àBV-rou 7tpo0'~0:)..)..ov-roc;.
8n (\i1,344} 7tVEVj.1Gt, 1tVEVjW.-cLx6ç A II 2 b (H. Kleinknecht) (vr,345) 8n

zionc straordinaria di i:'.xcr-.a·n<; e µa- tesa cristiana di essere in possesso del


'Vlrt., scacciando la ragione e insediando- pneuma. Ancora in un papiro magi-
co tardo contenente prescrizioni per l'e-
si al suo posto ( ~ col. 8 I 2 ). Stretta- nunciazione di oracoli, lo aytO\I 7tVEU-
mente collegata con ciò, proviene dal [.trt., che suscitando l'estasi rende possi-
1tVEVµa. una virtù liber:;itrice: esso sve- bile la pratica mantica, è detto sincreti-
sticamente 'inviato di Apollo' (itpòc; Èm-
la, scopre e rivela 55 cose che altrimenti
'trt.YtJ'V &.ylov wEuµa:toc;, ày [ yéÀ.ov]
sono occulte, ignote o, al massimo, ar- cDolBo[v], Preisendanz, Zaub. III 289).
guite, e fonda cosl un rapporto con la Altrove, quando si parla degli effet-
verità delle cose (Cic., divin. l,19,37 ; ti del pneuma dell'ispirazione a Delfi e
in altri luoghi, la concezione della reli- ;
Plat., Tim. 71 e). Presentandosi di vol- gione di Apollo - che in origine era cul-
ta in volta senza una vera preparazione, tuale e mitologica - si presenta profon-
per quanto giunga non del tutto inatte- damente segnata <la teorie proprie della
scienza della natura o speculative, che
so, il 7tvtuµa non è qualcosa di cui l'uo-
vengono sviluppate dal platonismo, dal-
mo disponga come di una sua proprie- la Stoa e dal neoplatonismo nel tentati-
tà, anzi ne è piuttosto posseduto. Infat- vo di spiegare e giudicare il fenomeno
ti non solo la fonte, ma l'oggetto e il della mantica e della sua decadenza.
contenuto stesso dell'esperienza dello
Già in Platone la É1tl7tvo~a mantica
spirito (la quale n~n è accordata a tut-
vien giudicata, seppure in forma criti-
ti, ma solo ad anime elette e predispo-
ca , come un fenomeno religioso. È ve-
ste) è sempre qualcosa di divino, op-
ro che essa rende l'uomo pieno di Dio
pure un dio o - meglio ancora -:- 'il più
( É7tl1t\lou<; ov-.ixc; xal xa:rtxoµÉ\lovc; bt
spirituale' di tutti gli dèi, cioè Apollo.
-.ou l}Eou, Me11 .99 d), ma insie~e lo pri-
Un'ultima testimonianza poetica del- va della ragione, per modo che egli «è
l'ispirazione m·antica apollinea si trova posseduto dal dio e fuor di senno, né
in un'iscrizione di Didima (263 d.C.) 56 , più vi è in lui la ragione» (lvi}E6c; 't'E
nella quale si loda il nuovo modq di
"(É\li')'t'l'lL iat Exq>pW\l xoct . ò \lOU<; µ.1]-
concepire l'antica fonte oracolare di A-
pollo: bELoV 1tve\iµct 1tpocp1}-tcxL<; ap8E- :x:hL l\l aù~i;> lvft, !on 534 b)." In
que-
'ttx.L, cioè da ninfe alle quali è 'carn' ste condizioni può '-divinare' e -procura-
la mantica. Qui '1t\lEuµa iM:ov potreb- re un ·gran bene (Phaedr. 244 ·a), ma
be ben essere una contrapposizione a-
pologètica, usata dal movimento cli re- nop sa quel che dice (forun 8t oÒ~È\l
statirazione pagano contro la prete- wv 1Éyouow, Men. 99 c-d ; ap. 22 e).

5S Magnam cui (scil. alla Sibilla) mentem ani- no; cfr. O. WEINREICH, Gebel u. Wunder, in
111umque De/Ìlls inspirai vates aperitque /utu- Tilbingcr Beitriige z. Altertumswissenschaft 5
rt1 (Vergil., Aen. 6,12; cfr. E. NoRDEN, Ver- (1929) indice s.v. ltVEVµa.
gils Aeneis Buch VI 2 [ 1916J 144-149). L'an·
tica fede nella forza che il DELO\I 'ln>tuµa ha 56 Die Inschri/1e11 vo11 Didyma, hrsgg. v. A.
di 'aprire' si è espressa in forma cultuale e Rl!llM (1956 ) 207-209, nr. r59 (segnalazione
sensibile nei miracoli delle porte che si apro· di R. HARDER).
nv,vµ.o:, nvwµa:nxoi; A II 2 b (H.JUcinknecht)

Ciò che pronuncia non viene da lui· in o passato, o presente» ('Ité!V't'CX. Àoyt~
quanto uomo; è i1 dio stesso che, ser- OtEÀ.Éo'ilai, O'TCTI ·n aT}µcx.ivE~ xctt lhr.i.i
vendosi di lui come d'uno strumento, µÉU.O\l't'oc; ii 7tetptÀlJOV't'Oç. iì 'Itctp6v-toc;
ci parla e si fa percepire: -i-ouToic; XPil· xcx.xov n
&:ycx.frou, Tim. 72 a). Platone
Tat vnT)pÉ't'aiç... G.)..)..'b i}Eòc; a1h6ç si riallaccia all'uso cultuale, che si svi-
ÈCT't'L\I o ÀÉyW\I, 8ià 't'OU't'(]J\I OÈ q>i}ÉyyE-
luppò nel corso della storia, ·secondo
't'a~ 1tpÒc; 7Jµcic; (I on 5 34 c-d ). cui i sacerdoti o 'profeti>. di Delfì · rac-
coglievano le parole della Pizia ~ nor-
Con questi principi Platone ha posto malmente· pronunciate in istato di en-
il fondamento dell'idea di ispirazione tusiasmo .,_ e le completavano e• acco"
nella grecità profana. Filone (~ coli. stavano tra di loro, trasformandole in
889 s.), Plutarco e persino i primi apo- sentenze comprensibili. Richiamandosi
logisti cristiani si riallacciano tranquil-. espressamente alla tradizione, egli esige
lamente a queste concezioni: lo lEpÒv che il µG.vnc;, il quale è itxq>pwv e (an-
'Jt'JEuµa; o l'anima della Pizia, è un op- che per derivazione etimologica) µa.-
yavo\I i}Eou (Plut., Pyth. or. 2I [II VElc;, si aflidi a un altro, a un «saggio
404 b] ), che vien suonato come un .Bau. interprete di quelli che ,pronunciano ora·
to dal flautista (Athenag., suppi. ·9) 57, coli» (<Twcppwv 7tpocpiJ't'TJc; µa.VTE\JoµÉ·
o come la cetra da cui si traggono suo- vwv), -a un xpi-.l}c;, il quale dev'essere
ni col plettro sa. ripieno del1a capacità di ··«fare e cono-
Alle manifestazioni entusiastico.esta- scere le cose sue e se stesso» ('ltpri-titHV
tiche della iMa. btl11:vota: va aggiunto xixt yvwvcx.i 't'a 'TE Èa.U't"ou xa:t tcxv't'6v).
un secondo elemento, che per Platone ciò che non è invece in grado di fare
non è meno importante, cioè il giusto chi sta sotto !!azione diretta della l'Mcx
modo di intenderle, il «ricercare con É11:l1t\lota., la quale elimina ogni· opera-
ogni mezzo come e a chi esse annunci- zione dell'intelletto (Tim. 71 e-72 b).
no un male o un bene, sia esso futuro, Questi è il filosofo YJ.

P. xa:r'~X<T"t'Ct!TW "t'WV Èv a1'i"t'o~ç )..oy~aµWv (pa<Tavl~tL\I) e infine di 'giudicare' (xpl\IEW,


XL:.ii]uetv'to<; CJ.Ò'tOÙ<; (scii. 'Mosè e i profeti Theael. I,10 b-c) ciò che da altri è natç> fisi·
dell'A.T.) -rov l>Elou 1t\IEVJW.:roc;, 8. ÉVl)p- camente, è stato prodotto con la tecnica o
you\l"t'O H;i:q>WVfJ<Tet\I, <TUYXP'll<TetµÉvov "t'ov in qualsiasi maniera è stato 'spiritualmente'
mlEVµet"t'e<;, wi; El xai CtVÀ.T}"t'i)<; ocùMv lµ- generato o ispirato, al fine cli stabilire in che
'lt\IEVITCXL. oosa consiste e a che cosa tende la bontà
58 ~ n. 69. di tutto ciò. Parlando della scoperta della
59 Qui si rende valido un motivo di fondo scrittura alfabetica Platone dice: 1.0.)..oi; (J.EV
che, al di là del problema riguardante Ja "t'fXE~v liuva'tÒ<; 'Tà -rijç -rixVTJç, lf)..1oç liÈ
mantica, investe tutta la filosofin platonica: xptvaL, -rlv'~XE~ µoipav ~M~l]<; ·'\E xat wq>E·
di fronte a tutto ciò che l'uomo produce, Àirtc; "t'OÌ<; µ.0..ÀOVITL xpljai>aL (Phaedr. 271 e).
scopre e fa, deve sempre esistere anche co- Il ricorso socratico alla maieutica, nelln qua-
lui che è in grado di esaminare rettamente le Apollo, in questo caso che riguarda l'uo·
'ltVEVJl«, nvwµa:nx6ç A 11 2 b (H. Kleinknecht) (vra47) 816

La 'critica' 00 a cui Platone sottopo· Cor. 14,9) e rechi giovamento al 'pro-


ne la «mantica divinamente ispirata e fano' e edificazione alla comunità ( r
verace» ( µcx:v·rnnì ~vikcç xai ocÀ:riihic;, Cor. 14,3 ss. 27 s.}. È necessario capire
Tim. 71 e} presenta fondamentalmente il va lo re del suono ('ti]'V ouvcx.µw -tii<;
alcuni punti di contatto con le otaxpl- <pwvl]c;, r Cor. l 4 ,II}. Alla manifesta-
O'Etc; 'Jt\IEUµa:twv (I Cor. 12 ,10) col ou.t.- zione pneumatico-estatica della glosso·
xplvtw, à.vaxplvtw e cruyxplvnv ( 1 lalia è necessario che si accompagni an-
Cor. 2,13-15; 14,29), col ooxtµci.~Et\I che la mente, il vo\iç (~VII, colJ. 1058
(Thess. 5,19-22), cioè con quegli atti con s.; r Cor. 14,14-16). Quando Paolo di-
cui Paolo, aiutandosi col retto giudizio chiara di preferire colui che 'profetizza'
(.-a.te; q>pEO'l, I Cor. 14,20), vuol ripor- (r Cor. 14,1-5) si richiama certamente
1

tare sul retto sentiero la glossolalia C· a un dato veterotestamentario; tuttavia


statica della chiesa di Corinto e ottene- almeno i termini che usa s'incontrano
re che si distingua il 'Jt\IEU!.ut xaMv da con quelli di Platone, il quale considera
quello xo\IT]p6v. Non diversamente, sot- il 'ltpOq>lJ't'l'J<; come un tipo a parte e gli
to l'aspetto formale, dalle <(parole del· accorda una preferenza pregiudiziale ri·
la profezia, o meglio del furore» ( ~+r spetto ai µihm:~c; estatici (Tim. 72 a-b;
1.ia't'a -ti'jc; µav't'Ettu; ii µà}.}.ov µavlru;, Charm. 17.3 e), allo stesso modo che
schol. Aristoph. Pl.39} pronunciate dal- Paolo lo distingue dalla generica cate-
la Pizia, anche le espressioni in lingue goria dei pneumatici estatici (r Cor.14,
(y }.GXTO'at) del cristiano estatico abbi- 37). Ma, a differenza di Platone, in
sognano di interpretazione (tpµ1)vEla, Paolo chi parla in lingue e chi interpre-
~ 111, coll.910 ss .}, se si vuole che l'in· ta può - anzi, deve - essere una sola ed
fedele non le scambi per puro furore unica persona {r Cor. 14;13), tanto più
(µalvE~at, r Cor. 14,23}, ma che il che 'ltpoq>1)'ttloc e ~Laxpttrtç '1t\IEUl.uhwv,
parlare in lingue ( otà. -ti'jc; 1 À.wO'trTJc;) yÉVT} e ÉpµrpJEl(t. y À.W<r<lWV non sono
gli appaia come un discorso che ha un che doni diversi di un solo e medesimo
chiaro significato (EUtr1)µoc; Myoc;, r 7t\1Evµoc dell'unico Iddio che opera tut-

mo (analogamente ad Artemide nel caso del- R Socrate da Chcrefonte, non si dimentichi


le donne), ha la stessa competenza («t·rni<;) che, secondo ap. 21 a ss., Socrate stesso si è
che gli viene tradizionalmente riconosciuta eretto a critico della predizione e proprio cosl
nella mantka, ha la sua più nobile funzio· l'ha resa 'vera'. Nella sua polemica contro
nc"<xciÀ.Àtirtov fpyov) nel xplvzw 'tÒ O:X71!lt~ il cristianesimo, Celso segue espressamente
'ti xixl. µ-I} (Theael. 150 b ss.). Lo stesso vale questo principio platonico, opponendolo ai
per i matematici, i geometri e gli astronomi, ll~yµ«'ta religiosi addotti dai bnrbari (Orig.,
i quali trasmettono le proprie scoperte al di!l· Cels. 112).
lettico, che è il solo che le sn giudicare e
applicare rettamente (Plat., E11thyd. .289 d 60 Cfr. E. FASCHER, IIPO«llHTHI:. Ei11c
ss.; cft. Cral. 388 b.390 e). Quanto al cele· sprach· u. religionsgeschichtliche Untcrmchuny,
bre detto dell'oracolo di Delfi, comunicato (1927) 20.
1t\IEU~la, nvEUµe<-ttx6ç A n 2 b (H. Kleìnknecht)

to in tutti (I Cor. l 2 ,4-II ) . Perciò, per ti sono e diventano quel che sono ovn
giudicare le manifestnzioni dello spirito <pVCTEL... oU-tE dxvn. àÀ.À'ErtL1tVOl~ lx
"t'WV i>ewv, <<non per natura ... né per
non si ricorre - come in Platone - al arte, ma per ispirazione degli dèi»
vouc;, alla <ppoVT)CTL<; e alla dialettica, ma (Pseud .-Plat., virt. 379 c-d), cioè per-
.-1! dono dello stesso spirito di Dio: ché .sono «ripieni di spirito» (nvE.vµa.-
1i:vwµcx-rLY.oi:c; (onvwµa·nxwç) 1.vtv- "toc; 1tÀT)pwi>Év-tEc;, Plut., amat. r6 [n
758 e]); cfr . Atistoxenus, in Stob., ecl.
p.a:·nxà &.vaxpl\lt-cai, (o crvyxplvovTtç) 1 189,11 s.; M. Ant. r,17,II. Quando
(I Cor.2,13 s.); b OÈ 7tVEvµcx:nxòç àvcx- gli oracoli scadono, sotto l'influsso di
xplVEL µÈv n6:.v·rn., aò,..òc; oÈ ùn'ouotvòç dottrine stoiche il pensiero dell'ispira-
zione vien discusso dalla filosofia, e al-
à.va.xplvt-ca:L, «l'uomo spirituale giudi- lora rivive e trova nuovo fondamento
ca ogni cosa, ma non è giudicato dn nes- come un teologumeno speculativo, che
suno» (I Cor. 2,I5; dr. 14,32). Ciò si- i;i presenta in forma notevolmente ma-
terializzata in Plutarco, mentre Giam-
gnifica che al posto del <pt.À.é:roq>oc; pla-
blico gli conferisce nuovamente un a-
tonico è subentrato in Paolo il vero spetto più libero da rappresentazioni
'ltVEVµO:'t'LXO<; . materiali. In questo contesto anche il
concetto di 'ltVEUµu. assume una specia-
Per Platone l'ispirazione mantica di le importanza.
Delfi è l'elemento formale e il paradig- Plutarco incomincia col ricollegarsi e-
ma sul quale egli non solo interpreta spressamente alla sistematizzazione pla-
l'ispirazione del poeta operata dalla Mu- tonica della ìMa. È1tl7tVoLtt (cfr. Plat.,
sa, ma configura anche l'aspetto di en- Phaedr.244 a ss. 265 a ss.). La profezia
tusiasmo o di eros del suo filosofare, in nppare come quella forma di ~vi}ovrrnx.­
contrasto con la retorica, la poesia e la crµ6ç che provien<! da un'ispirazione e
politica 61 • In tal modo una concezione possesso (tnl1t\loLa Y..tx.t xa~ox1J) da par-
otiginariamen te cultico-religiosa divie- te di Apollo (Plut., amat. r6 [n n8 d.
ne un fenomeno di portata universale e 759 a ss.]). Tuttavia vien respinta co-
spirituale che non si limita alla manti- me indegna <lella divinità un'ispirazio-
ca, ma affiora anche in altri campi del ne diretta, quai;i che il dio stesso entras-
reale con connotazioni fondamental- se nel corpo dei profeti e di Il si facesse
mente eguali. Anche l'nttista che ese- sentire come un ventriloquo (def. orac.
gue la ·sua opera è «mosso da una spe- 9 [u 414 e]). Nondimeno l'idea plato-
cie di ispirazione» ( W0'1tEP EX 't'Lvoc; É.nL- nica di btl1tVoL<t. viene concretizzata, in
nvolcxç xw11i)Elç) e co~cepiscc l'entusia- quanto a fungere da fonte, portatore e
smo ad agire «con favori di spiriti più mezzo dell'ispirazione e della profezia è
divini» (i>ELO't'Épwv 7t\IEU!1<i't'W\I é.pci\IOL<;, <mn flusso e uno spirito mantico», µa.\1-
Callistratus, descriptiones, in Philostr., ·rnc:òv pEu~ta. xat mieu1.ta. (del. orac. 40
ed. C.L. Kayser 2 [r87r] 422,23-29). (II 4 32 d-e] ), detto anche direttamen-
Nemo vir magm1s sine aliquo adflatu te µcxv·nxl) &:vawµiacnc;, <(esalazione
divino umquam fuit, dice Cicerone (nat. mantica» (de/. orac. 4r [u 433 a]), per
deor. 2,66 [ 167] ). Come «i divini vati mezzo del quale nell'anima della Pizia
e i fa tidici» (ot iMot. -twv µav'tEwv vien ridestata e messa in azione la for-
xai ot XPTJCTµoÀ.6yot.), gli uomini valen- za divinatoria. Il nveuµcx delfico è un

61 Cfr. H. GuNDERT, Enth11s111s11tos 11. Logos bei Plato: Lexis 2 (1949) 37-46.
7t\IEVµcx, nvEvµcxnx6c; A n 2 b (H. Kleinknecht)

alito, un fumo o vapore, concepito co- xat Otcx.pxl}c; Elç 'tÒ\/ chtEtpov xp6vo\I,
me qualcosa di concreto, come 6:."tµoc; ucp'ou 1ta\l'ttt Xttµ\/Et "t'rt µ1mx~Ù yfjç
(Paus. ro,5,7) o 6:.vcx.i>vµtcx.O"tc; (Plut., xat crE)..l)v'r)c;, «(la forza del pneuma) è
de/. orac. 46 [ l l 4 3.5 a]), che ha origi- veramente divina e demonica, non però
ne dall'azione del calore o da qualche inesauribile né incorruttibile, e neanche
altro influsso (def. orac. )O [n 437 c]) imperitura o tale che duri all'infinito,
e sale da una spaccatura del suolo 62 o dato che tutto ciò che si trova tra la ter-
da una fonte, insieme con l'aria oppu- ra e la luna tende ad affievolirsi» (Plut.,
re portato dall'acqua (Themist., or. 4 de/. orac. 51 (n 438 c-d]; cfr. 50 [II
[53 a]; Orig., Cels.7,J). È dunque una 437 c]; Pyth. or. I7 [II 402 b]). Ep-
delle numerose forze naturali della ter- pure tale potenza è qualcosa di «total-
ra (vis terrae, quae mentem Pythiae di- mente divino e santo» (ilEt6-.a"toV ~O"'t't
vino adflat11 concitabat, Cic., divin. r, xa.L Oa'tW'ta.-r:ov, de/. orac. 40 [ n 432
19), le quali secondo fo concezione stoi- d]), ma non in senso soprannaturale,
ca affiorano in molti luoghi e produco- bensl allo stesso modo che in medicina
no effetti straordinari, benefici per lo si dicono divine (ilE!cx) certe infermità
più, ma anche malefici: "tW\I 'ltVEUµa- che hanno la loro origine in eventi at-
•wv "JtoÀ.À.à 'itoÀ'X.cx.xou yl\c; O"-çoµw. mosferici, sui quali l'uomo non può nul-
a'\IÉtpX'tCX.t, W\I •.xµÈ\I Évi}oucn!l.v ?tOtE~ la (Hippocr., morb. sacr. 18 [Littté VI
'"'ove; ɵ7tEÀ.6.sov•ac;, '"'à. o'chpoq>Ei:v, 't'OC .394 s. ]). Si aggiunga che, per Plutarco,
OÈ XP'll~OE~'J, t.'.>77tEp -r:à É\I ilEÀq>:>~-:; la terra e, specialmente, il sole (identifi-
xat AEf3C1odq., -r:à. ol xcxt 7tcxv"ta7tcxcrtv cato, per natura, con Apollo) che insie-
à:vcupt~, xcdM:7tEp -cò f.v <I>puyl~, «in me producono il 'lt\IEuµcx, sono esseri
molti siti si aprono nella terra delle vo- divini, e che inoltre esistono dèmoni
ragini, delle quali alcune mettono in che sorvegliano e regolano il processo
stato di entusiasmo quanti vi si appres- dell'ispirazione nei suoi particolari
sano, altre li rendono flosci, altre anco- (Plut., de/. orac.48 [II 436 f. 437 a]).
ra fan loro pronunciare oracoli - come A questo punto Plutarco avverte il pe·
le voragini di Delfi e di Lebadia -, al- ricolo di un'obiezione in quanto, con-
tre poi addirittura li fanno morire, co· cependo la natura e l'azione del 1tVEU-
me la voragine in Frigia» (Pseud.-Ari- 1.w. in modo :fisico e naturalistico, si po-
stot., mund. 4 [ p. 39 5 b 2 6 ss.]; cfr. trebbe essere indotti a voltar le spalle
Vergil., Aen.6,236-241; Plut., de/. orac. agli dèi, finendo nell'lfl}Eov, cioè nell'ir-
40 [II 432 d-e] ). Inoltre 1t\IEVµcx. è an- religiosità (de/. orac. 48 (II 436 e]):
che un fenomeno tellurico-cosmico, alla ocnayoucn. 't''Ì)V ooça.v ~'ltÒ "tW\I i)EW\I
pari di tutto ciò che si trova .tra la ter- (def. orac. 46 [II 435 a]).
ra e la luna, e va soggetto ai mutamen- Nel penetrale (otxoç) in cui vien pro-
ti naturali e alla caducità. Come tale nunciato l'oracolo, il 1tVEuµcx diffonde,
:ippare a intervalli irregolari, con forza «come da una fonte» , una soave fra-
maggiore o minore, fino a spegnersi granza (eùwola., ~ III, col. 1299), si-
del tutto col passar del tempo: ~O"'t't o~ mile a quella che la presenza della divi-
i>da µÈ\I O\/'tW<; xrtt oai.µ6vtoc;, où µl}v nità sparge all'intorno, e «si appres-
ò.v!xÀ€t7t'tOc; oùo'acptltip'toc; oòo'&.yi}p(!lc; sa» 63 all'imima della Pizia (de/. orac.~o

62 Strabo 9,3,,; sublim. 13,2; Dio C. 63,14, sippo o a Posidonio.


2; !ambi., myst. 3,n. Anhelitus terrae, ad- 6l '7t)..TJ<1~&.t;tw
lascia ancora trasparire l'ori-
(lalur e terra, è detto da Cicerone (divin. 2, ginaria concezione genetica dell'ispirazione.
'7), il quale si richiama probabilmente a Cri- Qui il verbo, riferendosi alla ljluxiJ, è usato
!i21 (VJ,348) 1t\1Evµa, 'ltVEvµa·nxoç A Il 2 b (H. Kleinknecht) (v1,349) 822

64
(II 4 3 7 c-d] ) . Quale principio caldo forza divina e strettamente simile al-
che entra nel corpo e stabilisce un lega- 1'anima che, come una medicina (6'.xrm:p
me con Ja ~ux-fi, pensata come miEuµa cpapµaxov, def. orac. 5 r [ n 4 3 8 a]) 67 ,
essa stessa e come alito, il 7t'\/Evµa agi- accende la potenza divinatoria, che per
sce come 'vino' 65, che infiamma l'ani- natura sua xa.-.oc À.oyov xaL 7tpovoiav,
ma, ne apre gli anditi per farvi entrare «secondo ragione e previsione», sta so-
le rappresentazioni del futuro e disvela pita nell'anima (def. orac. 47 [n 436 d])
l'occulto; ~vikpµoc;... "(E'llOl..tÉ\ll] xal 7tV· e infiammandola le dà forza (de/. orar..
pwOl]c; l'anima scaccia la ragionevolezza 42 [n 433 d-c]): ii 't'OU 'itVEu~ia•oc; M-
terrena. (lNl]"tTJ 7i:pO'lllJO'L<; ), che tanto wt.µ.ic;... V1tÉXxa.uµa 1tapÉxEi xat ap-
spesso smorza il fuoco dell'entusiasmo x+iv (def. orac. 51 (n 438 c]). Ma soltan-
(def. orac-40 [II 432 e-fJ) . Oppure av- to un'armonica rela7.ione tra stato pneu-
viene che il calore dissecchi, nel senso matico e giusta costituzione dell'anima,
eracliteo (jr. u8 [Diels 7 I 177,4 s.]), fa erompere l'entusiasmo profetico, co-
il mJEvµcx. dell'anima, rendendolo sot- me insegna la storia narrata in def. orac.
tile come l'etere, puro specchio del di- 51 [n 438 a-e]) n proposito di una Pi-
vino, non appannato dall'umidità del- zia del tempo che, costretta a pronun-
l'aria. Al contrario, il 7t'llEUµa può agi- ciare oracoli, sarebbe rimasta vittima
re sull'a'nima anche rinfrescandola e di «uno spirito muto (cfr. Mc. 9,17 s.)
consolidandola, come si fa col ferro, e maligno» ( /fÀaÀ.ov xat xcx.xòv 'ltVEu-
quando lo si immerge nell'acqua fredda µa ). Allo stesso modo, l'anima dell'uo·
e gli si fa acquistare in durezza (def. mo o della Pizia sarebbe 1o strumento
orac. 41 [II 432 f-433 a]). Ma più che materiale 68 che il dio fa risuonare col
altro è la 4'uxn che si unisce al 1tVEuµa, plettro del mievµa tvi}ouaw;CT't'Lx6v e
come rocchio alla luce che gli è conna- della esalazione ( rnantica) ( [ µa.vnxn]
turale. Come l'occhio solamente grazie àva~µl!Xcnç, de/. orac.50 [u 437 d]).
alla luce del sole 66 diviene luminoso e Plutarco si serve di questa immagine 69
vede, cosl il µav·nxòv '1t\IEUIJ.ct è quella per spiegare il fatto ·dell'ispirazione, dal

senza dubbio in senso spirituale e traslato, ~7 L'interpretazione del fatto religioso del-
mentre altrove, come mostra proprio Plutar- l'ispirazione in linea di principio non si di-
co (quaesl. conv. 8,1,3 [n 718 a] e Numa 4, stingtle dalla teoria medica del m>Eiiµ11 cor-
6 [1 62 b]), si impie~n volutamente in senso rente in questo tempo, secondo la quale Plu-
pregnante, come termine tecnico indicante in tarco spiega la sanità e Ia malattia del corpo
maniera velata il rapporto ·sessuale di un e dell'anima; --> VERBilKB. 265 s.
pneuma ·divino con tina donna terrena. 68 IJiuxTi 8'ilpy11vov ~Eov ylyovtv, Plut., Py1h.
64 Cfr. E. WILL, Sur la nalure du pneuma or. 21 (n 404 b); cfr. Phìlo, rer. div. ber. 259.
delphique: BCH 66/67 (1942/43) I6r-175. M Gli Apologisti fanno proprio il motivo del
h5 Di qui proviene la stessa esperienza che .,-.;).l)x-.pov (Pseud-Iust., cohor/11lio atl Graaco.r
nel giorno di pentecoste fa dire con tono 8 [MPG 6,256]; Athcnag., suppi. 7,9; cfr.
beffardo agli increduli (cfr. I Cor. 14,23) che Epiph., haer. 48,4); cosl facendo, essi voglio-
coloro che son posseduti dallo spirito sono no certamente ri11llacciarsi prima di tutto 11
<1pieni di vino dolce» (Act. 2,13). Paolo, il quale in I Cor. 14,7 s. si serve del-
66 A sua volta il sole (Helios) per analogia le metafore degli strumenti (11ò).6c;, xLMptt,
coincide, quanto a natura cd operazioni, con 11aXmyl;), parzialmente suggerite ancora d:il-
Apollo, che è il dio principale e prediletto h viva concezione cli fondo dcl r-•Jeiiµix , per
di Plutarco (de/. orac. 42 [II 433 e]), del far risaltare la differenza tra gli effetti utili
quale in Pyth. or. 7 (II 397 e) è detto che ed inutili dello spirito; d'altra parte intendo-
q>wc; lv -tjj lfiuxn TCO~Ei: 'ltpòc; -tò µf>..).ov· li no anche mettere in parallelo la rivelazione
yèt.p Èv6oucnaaµòc; -.oiov-t6v ÈO"-t~. biblica data per bocca dei profeti con la tra-
;t\/Evµa, it'JEVµCl.'tLXoc; A 11 2 b (H. Kleinknccht)

quale non resta esclusa né la divinità (o É1tl7tvo~a. l}e:ou o anche ì>Ewv) e il


né la mente, per modo che «non faccia- 'itVEuµa. 73, inteso come principio, forma
mo della mantica qualcosa che sia o e mezzo della forza ispiratoria sopran-
senza il dio o senza ragione» {où YcXP naturale, proveniente dagli dèi sotto
8.l}EOV 1t0LOVµEv oùo'ttÀ.oyov 'tlJV µa.v- forma di puro dono spirituale, indipen-
't~Xi)V, de/. orac-48 [n 436 f]). Va no- dente e separato da qualsiasi fatto co-
tato che le ricerche archeologiche ese- smico-fisico collegato all'anima o al cor-
guite a Delfi non hanno dimostrato la po 74 • In tal modo, 1tVEuµci, da respiro
presenza né cli una spaccatura del suolo qual è in origine, diviene sempre più un
sotto il penetrale, né di un materiale fenomeno di luce, come nella magia con-
pneuma naturale e nemmeno di un tempornnea diviene quasi sinonimo cli
pneuma artificiale, come qualcuno sup- <pwc;, 1tup o aòyl) 75 ; a sua volta É1tlmiota.
poneva 70 • Perciò siamo fo presenza non è. intesa in senso spirituale, come atto
di una qualche realtà fisica, ma di un della illuminazione superna che riempie
fenomeno cli fede 71 o, se si vuole, di di luce 76 e secondo il volere degli dèi su-
una teologia, che ricorre agli strumenti scita nella nostra fantasia la visione e
filosofici e scientifici che il tempo of- la rivelazione divina (myst. 3,r4 [p.
friva allo scopo di salvare un aspetto I 3 2 ,1 I ss.]): il 1tpOq>1)'tl]<; - si dice -
tradizionale della religiosità delfica. ÈÀ.À.aµitovCTa;v EXEL 't"lJV .-ou i>Eou É1tl-
Lo stesso va detto per Giamblico 72 , 1tvota:v, «possiede l'illuminante ispira-
il quale presenta una teoria e fcnome· zione ciel dio» (myst. 3,1 1 [p. !26,r]).
nologia della m:mtica in cui stanno Perciò -tèt xaihixov-ta. a1tÒ 'tWV i>EWV
l'una accanto all'altro la l}Ela. ~'ltLitVOL<X cpCha xcà 'tà. Èv&OéµEva 1t'JEuµam.t 71

dizione pagana (umana) della Sibilla, che lo n -> AMANl>RY 215-230; soprattutto a !>- 224
Pseudo-Giustino sicuramente conosce. Men- esagera quando ne deduce che a Delfi non
tre' Paolo con le sue immagini mira esclusi- avveniva alcun processo di mantica ispirato-
\'llmente ad illuminare il contenuto intelli- ria, ma si aveva soltanto un sistema oracolare
gibile e sollecitante all'agire pratico, proprio a sorte. Per la critica di questa tesi ~
di colui che è ispirato, gli Apologisti lascia- KLAFFENBACH 519.523-525.
no intendere una reminiscenza pngan.i, qmm- 11 Il dubbio sugli oracoli o sulla forza divi·
do, servendosi dell'immnginc plutarchi3na, natoria innata nell'anima è indizio di debolez-
pongono un interesse specifico alla forma e za di fede (àcrDtvELCX.V à1tLCT'tla.ç) nelle virtù
nl modo in cui si attua l'ispirazione. Nondi- della forza divina (Plut., de/. orac. 45 [u
meno, dietro una concezione formalmente 434 d); 39 [u 432 a]).
uguale si cela un'idea sostanzialmente diver- 72 Cfr. -> VnRBEKE 374-385 (spec. 379-381).
71 Iambl., myst. 3,TO (p. 120, 16 s.; 121, 1-8.12);
sa clella natura dcl 7tVEvµcx., che in Plutar-
ce è materia cs<!lante dal suolo, mentre nello 3,r (p. 100,17 ss.); 3,27 (p. 164,5 s.).
Pseudo-Giustino \! lju;Ùcosn di puramc:Jte n lambl., myst. 3,6 (p. II3,2-6); 3,5 (p. xu,
spirituale che scende dal cielo. C'è chi di- ,i ss. 16); 3,1 I (p. 124,16-125,3; 127,16 ss.}.
stingue nettamente la concezione m1ntico- 75 Cfr. R. BuLTMANN, Zur Geschichte der
pagana dell'ispirazione da quella vcterotesta- Lichtsymbolik im Alterlum : Philol 97 (1948)
me-nt:uia e cristiana: FASCHER, op. cii. (~ 2J s.
n. 60) 70-n; ~ BACHT 62-69 (spcc. 59 s. n. 7S Quello che in Plut., def. orac. 42 (u
-!5); -> PROMM 432; art. 'Inspiration', in 433 d) era per il 1{\IEVµCI. un semplice elemcn-
Dictionnaire e.le la Bible, Supplément 20 ( 19-17) t<• di paragone, in Giamblico è una determi-
503-505; H. SASSE, Sacra Scriptum . Br11u:r- nnzione essenziale.
k11ngen zur lnspirationslehre A11gustins, in 77 Entrambi gli elementi sono ricordati con
Festschr. F. Dornseiff,". hrsgg. \'. H. KuscH predilezione nelb dottrina filoniann della cren-
( J 953} 262-265. zione (ofi. tmmd. 29-30).
825 (VI . 349) 1t\1Ev11a, ot'IEU!.~a·nx6c; A II 2 b (H. Kleinknecht)

à1t'a.u'"t'W\I (<de luci che provengono da- fonte, la cui acqua pertanto si riempie
gli dèi e gli spiriti da loro immessi»), di forza mantica (myst. 3,rr [p. 124,
intesi come principio di i>Ela µavla, 16 ss.; 127,1-8]). Analogamente, nell'i-
i>E.ocpopl(J.. e di Èvfro1JO'La0'µ6c;, sono no- spirazione dell'uomo il µa.v·nxòv 7t\IEÙ·
minati insieme in una specie di endiadi, µa, provenendo dall'esterno, incontrn
per dire che tutto abbracciano in noi I'aii>EpwoEc; xa.l aòyoELoÈc; 7t\IEVl.1a. [o
dominandoci in modo assoluto, che in- ox11µa.]) che avvolge la nostra lj/uxii
terrompono il corso delle nostre opera- (myst.5,26 [p. 239,7 s. J; 3,14 [p. 132,
zioni intellettive e ci fanno pronunciar 1 o ss.] ). In maniera incorporea, tale
parole tali, che nemmeno chi le dice le che non lo si può vedere ma solo in
intende, ma (come la Sibilla di Heracl., qualche modo avvertire, esso entra sus-
fr. 92 [Diels' I 172,3]) parla come in surrando, si riversa intorno a noi sen-
delirio (myst . 3,8 [p. n7,r-12]; cfr.3, za sfiorarci e, liberando l'anima e il cor-
I I [p . n3,3 ss.]). A Delfi il i>E.fo\l 1t\lf.u- po dai 1ttXitTJ (myst. 3,2 [p. 103,I3 ss.;
µa. erompe da una fenditura del suolo ro4,1 ss.] ), opera quella preparazione
in forma di alito sottile e igneo; a Di- e purificazione che è necessaria per ac-
dima da una fonte, in forma di fumo, cogliere il dio ('t"o\iyE i)Eou... ii btl-
e la npoq>fj'"t'Lç o la yuvi] XPTJO'µ~o6c; 7t\IOL<X ... Èm'tr}OELO'"t'TJ't"a. µ6vov xa.t Ù1to-
«pronuncia oracoli per virtù di un pneu· Y.aila.paw ... ip,7'oiEi'., OL'i)v ou\llx.-rot yL-
ma sottile e igneo che da qualche parte y\loµEba. XWPEL\I '"t'ÒV i}E6v, myst. 3,I I
sale da un orifizio ... , si abbandona allo [p. r25,y6]). Dal teurgo, che sta al ver-
spirito divino, è illuminata dal baglio- tice della mantica e sa evocare gli spiriti
re del fuoco del dio ... , è da lui riempi- o la luce ( à:ywyiJ misuµa-twv, oppure
ta di splendore divino .. ., diviene tutta CJJW't"éc;, myst. 3,14 [p. 132,9 s,]), il
quanta del dio» ( cbtò 7t\1Euµa.'"t'oç; À.E.- r.\IEÙµa., che discende e gli entra nel·
7t'"t'OV xa.L 1t1Jpw6ovc; à.wx.<pEpoµivou 1to- l'intimo, si lascia anche vedere quale e
fr~v IÌ.1tÒ CT'"t'oµlov i>E.µLO''"t'EUEL OtOWOW quanto grande è, e condurre e guidare
fo..V"t'.TJ\I -t<{J i}d~ 1tVEvµa.'tL, IÌ.1to 'tE '"t'ijc; .in maniera misteriosa: '\Ò or
µlyiu-rov
-tou l>Elov nupòc; &.x..tvoc; xa.'"t'a.uya~E­ opii't"<XL 't<i) 1}EaywyoUV't'L 'tÒ XU"t'.LÒV
'"t'(J..L... itÀ.T]pOU'\O'..L tX1t'<XV'"t'OU i}da.c; a.u- 'lt\lsuµa. xat Einxpw6µEvov, &rov -tÉ
y"i]c; ... oÀ.r} ylyvE'"t'<XL -rou i>Eoij, myst. 3, tcr·n xa.t 01tOLoV. µVCJ'"t'LXW~ 'tE 1!ELi>E'tlJ.L
II [p. 126,4-I6]). Ma il 1t\IEUµa. non xa.t 0t<XXVf3EpVCi't(J..L, myst. 3,6 (p. II2,
è ancora il dio in persona, poiché que- 10 ss.; cfr. n3,2.6]). Non tutti gli uo-
sto nella sua parusia illuminante rima- mini hanno la stessa attitudine a riceve-
ne a parte, è qualcosa di diverso e più re l'azione del '7t\/Euµa.; i più ricettivi
venerando del fuoco e del 1t\1Euµa: sono i semplici e i giovani (myst. 3,24
mipEO'"t'.LV... XWPLO''t"W<; b Ì}EÒ<; lmÀaµ- [p. I57 14-I7]). Del resto l'intensità,
1

1tW\I, ~'t"Epoc; è;)v xat 't"OU 1tUpÒc; xat '"t'OU le manifestazioni e gli effetti sono quan-
'7t\/Evµtt.'t"O<; (myst. 3,II [p. 126,I6 ss.; to mai vati, e vanno dnlla semplice par-
r27,I8; 128,I ss.]). Anche a Colofone tecipazione (p.E'"t'OVO"la.) alla comunione
il nvEvµcx µa\l·rnc.6v non pervade diret- (xoLvwvla.), per giungere fino all'unio-
tamente e immanentemente l'acqua del- ne (E\IWC1L<;) con la divinità ispiratrice;
la fonte dell'oracolo: non è come il non meno di queste, 1e carntteristiche
1tVEiiµa. deIIa concezione stoica che si clegli ispirati (-r:CN hmtvEoµÉvwv) sono
'distende' in tutte le parti del cosmo; tra loro differenti quanto gli dèi (op-
ma è il principio divino (i}Ei:ov) che fo pure i demoni o gli angeli) &.cp'wv lm·
cadere dall'esterno la sua luce, in for:na 1tVE6µEfra., «dai quali veniamo ispira-
i!Timaterinle e perciò indivisibile, snlla ti» (myst. 3,5 [p. III,3-17); 3,10 [p.
1tVtiiµo:, 1tVtvµa·nx6ç A 111 (H. Kleinknecht}

121,12s.]) 78 po precedente, per un processo retro-


spettivo, vengano designati col termine
III. 7t\IEUIJ.ll. nella scienza della nalt1rn TC\IEVµa., ormai d'uso comune. Questo
e nella filosofia vale soprattutto per il più antico dei
passi in cui miEuµa. è attestato (ammes·
Anche le teorie fisiche dei Greci in- so che il testo sia autentico), cioè per
torno all'importanza spettante all'ele- Anaxim., fr. 2 (Diels' I 95,x7 ss.): .ofov
mento aereo (in quanto respiro e in 1i "'uxii +, -i}µt'tÉpo: à'i)p oùcu.t. O'uyxpa.-
quanto vento) per la vita del mondo e -ri::~ l)µ<iç, xat oÀ.ov 'tÒV xé<Tµov TC\IEV-
delle sue membra, nell'orfismo 79, in A- µa. Y.ctt aiJp mpiÉxn <À.ÉyE-ra.L oÈ aw-
nassimene e in Diogene di Apollonia wvuµwç ài)p Xctt TCVEVµ.Ct), «COffie la
non vengono dapprima espresse e svi- nostra anima, che è aria, ci tiene uniti,
luppate col termine TC\ltuµoc (che sarà cosl pneuma e aria avvolgono tutto
utilizzato più tardi), ma con a-fip e ~ quanto il cosmo ( ci1)p e 7tVEvµa. sono
ljlux-fi, due vocaboli più antichi, di in- usati come sinonimi)». Qui avremmo
tonazione più noetica e che risento- pure la prima attestazione del concetto
no del concetto di apx'i), ma che tut- di cosmo inteso, a1la maniera stoica e
tavia coincidono in larga misura con in analogia con l'organismo umano (in
'!tVEUµtt. In ogni caso, nei presocratici cui ljluxli, a1)p e '1tVEvµa. nel senso ri-
non si ha alcuna originale e del tutto spettivo di anima, aria, respiro si equi-
sicura attestazione dell'uso di '!t\IEuµtJ. valgono), come principio di vita (àpx,1)}
con valore specifico; esso appare con che tutto tiene unito e domina 81 • Il so-
tal significato soltanto nelle relazioni spetto che ci si trovi in presenza di una
dei dossogrn6 80 • Dato il predominio che formulazione stoica esiste anche per la
il concetto di nvEvµa va man mano as- notizin dossografìca di Sext. Emp., math.
snmendo a partire dal1a Stoa, si affac- 9,127, secondo cui nella scuola di Pita-
cia il dubbio che, nelle notizie succes- gora 82 e in quella di Empedode ]a comu-
sive, certi dati corrispondenti del tem- nione degli uomini non solo fra di loro
78 Vi sono, sl, dei 1tVEUµ«'ttt di demoni ma· usa 'lt\IEVµtt con valore non terminologico; per
ligni i quali possono recar disturbo alla di- Democr., fr. 18 (Dmts 1 u 146,13 ss.) 342
vinazione; ma non appena la 'tWV OEwv ou- ~n. 42.
vaµtç, che riempie ogni cosa di bene, brilla, it K. REINHARDT, Kosmos u. Sympalhie ( 1926)
e~si devono ritirarsi, come· il buio al soprav- 209-213 ha addotto buoni argomenti per ne·
venir della luce: -ri'jç miv-ta àyal>Wv 1th1]- geré l'autenticità del frammento di Anassime·
poulTJ)<; 'tWV ikwv 6uvaµ€wç 1to)..)..ax61'tv ne, mostrando che esso si esprime in forma
È1t~Àttµ1tOUCTJ')ç ovx ~xn XWPIXV Ì') 'tWV xaxwv stoica e posidoniana. La sua tesi ha. avuto
'tttptiXfi 1tVEUµ&.'t<.ùV (Iamh1., mysl. 3,13 [p. l'approvazione di U. v. WILAMOWlTZ-MoEJ.-
l JO,u ss.] ). LENDORFF, Der Glaube der Hellenen 1 (1931)
79 Secondo la dottrina orfica, che, come ha 374 n. 3. La stessa terminologia specificamen-
dimosuato JAEGER, o. c. (-+ n. 6) 69-87 1 pre- te stoica si trova ancora in quel tardivo teo-
suppone e rielabora i risultati della scienza rico del pneuma che è Pseud.-Gal., definilio-
ionica della natura, l'anima è soffio portato nes medicae 96 (KuHN 19,372): l~r.ç fo-tt
dai venti insieme con l'alito dell'universo e 1tVEÙµ« awtxov xcd auyxpa'toiiv 'tek r.LtPTJ.
immesso nei corpi: <pl)crt ycìp (scii. 6 tv TO~ Di diversa opinione è W. KitAm, Kosmos als
'Op1p1.xoi:ç rmcn XttÀouµivor.c; Myoç) 'tÌ')V philosophischer Begri/J /riihgriech. Zeit: Phi-
IJNxi'iv tx -rou !S)..ou Elini\lrt.L àvrt.mE6v-rwv lol 93 (1939) 436, come pure JAEGE.R, o. c.
cpepo1tlVl')v Ò7tÒ -twv àvlµwv (Q;ph. /r. 27 (-)o n. 6) 48.240 s. n. 62.
[KBRN]), 82 Secondo Aristot., phJ.s. 4,6 (p. 213 h 22
80 Emped., fr. (rno,15-21 (Drn1.s 1 I 348,7 ss.) ss.), i più antichi Pitagorici si rappresenta-
829 (VI,350) 7tVEuµa, 7tVEuµa:nx6.; A !II (H. Kleinknecht) ( v1,351) 830

e con gli dèi, ma anche con il mondo in- In costituzione fisica e il carattere del-
feriore degli animali, si fondava sull'«u- l'uomo (Hippocr., de aere aquis locis
nico pneuma il quale pervade tutto il co- 3-6 [CMG I 1, p. 57-60]). Il termine
smo a guisa di anima e ci unifica con 11:\IEvµoc indica l'aria che il corpo fa sua
quegli esseri» (i1v ... itve:uµo: -to oià. n:av- non solo con fa respirazione ma anche
-tòc; 'l'OU x6<rµou o~i'jxov ~uxfic; 'l'p67tO\I con Cibi e bevande contenenti pneuma,
'tÒ xat Èvouv 1)µéiç 1tpòc; ÈxEi:vo:, Em- poiché <cnecessariamente con la quanti-
ped., /r.136 [Diels' I 367,1:5]). Se- tà degli alimenti entra anche copioso
condo Diog. L. 9,19, il primo che con- spirito» (µt'tÙ Oè '!tOÀ.ÀW\I CTL'tlwv ci.-
siderò la iYuxTi come 11:\IEVµa fu Seno- \lfl)'X'l'} xat 'ItoÀv 7t\1Euµoc ÉO'LÉvm, de fla-
fane (AI [Diels 1 1113,27-s.J); ma nel tibus 7 [CMG I r, p. 95,6 ss.]). Una
contesto si dice «che tutto ciò che divie- volta introdotta, quest'aria vien trasfor-
ne è perituro» (!h~ 'Itéi.\I 'to r~v6µE\IO\I mata in 'It\IEuµa. psichico, prima entran-
cpìla.p't"6\I EO'"t"t), sicché quella designazio- do nel cervello e poi, di n, in tutto l'or·
ne vuol solo indicare il respiro .fugace, il ganismo, al quale non soltanto conser-
quale anche altrove è spesso presentato va la vita e il movimento, ma conferi-
come la sostanza dell'anima (~ col. sce anche la coscienza: 't'TJ\I cpp6vl)t:nv
780). 1t\1Euµa è invece importante nella xa.t i:i]v xlv'l')O'L\I i:o~ç µO..t<rt mxpÉXEL
medicina greca a partire da Ippocrate 83 , (Hippocr., morb. sacr. 7 [Littré VI 372
il quale ne tratta diffusamente soprat- s.] ). Riempendo tutto ciò che sta fra
tutto in morb. sacr. 4.7 (Littré VI 368. la terra e il cielo, il 'It\leuµa. è una for-
372.374) e in de fl.atibus 3-4.7 (CMG za possente nella vita di tutta la natu-
I r, p. 92 s. 95 ), e dai dossogra.6 del- ra organica e inorganica: 't'Ò 1t\le:vµa
l'epoca imperiale che si rifanno agli stu- xat É\I 't'oi:c; !SÀotç itpfiyµacn Swa<ri:E.u-
diosi peripatetici {a meno che non sia- o\I xo:t ~.... i:oi'<rt <rwµrun 't'wv ~$e.lv 86•
no essi stessi influenzati dalla pneuma-
tologia stoica) 84 viene attribuito espres- La pneumatologia ippocratica, i cui
samente a Ippocrate. Esso è «l'elemen- effetti si sentono ancora in Platone
to vitale più necessario e importante (Tim. 84 d), probabilmente ha subito
tra quanti sono in noi» ( i:o y [ à.p] mie:u- una trasformazione ad opera della scuo-
µ[ a] tivayxtXtO't'a:t'O\I XlXÌ X\JPLW't«- la medica 'siciliana', che a sua volta po-
'rO\I ... -.[wv] iv 1)µi:v), e dal suo giusto trebb~ riallacciarsi a Empedocle. Tale
dosaggio e circolazione dipende la sa- scuola distingue tra l'aria atmosferica,
lute del corpo 85 • In quanto fenomeni che inspiriamo fredda, e il 7t\1Euµoc tlJu-
meteorologici, i 'It\IEuµa-ra. influenzano x,tx6v, che è caldo e che, sotto l'azione

vano l'universo come avvolto da un miEvµ<i Hippokrates u. die Begrundung .der wirsen·
(o da una 'ltVOTJ, Stob., ecl. 1,18,1 <) infinito, scha/1/ichen Medfrin (1938) 66-68.84 s. 92-94.
che il cosmo, respirando, in qualche modo SI Cosl L. EDnLSTBIN, mpl &tpwv u. die
attira a sé dall'esterno: trcrnn.tvtt~ avTb Ti;l Sammlung det hippokralischen Schrifte11:
wc;
ovpa.\li;l ÈX 't'OU à:ndpou 'lt\IEUµct't'O~ ava.- Problemata 4. ( 1931) 142 n. 1.
1tVÉo'll't'~. Contro questa rappresentazione del
mondo che respira (cfr. Aristoph., nu. 627) ss Anonymus Londinensis 6,13-31; 7,15 s. ( =
polemizzano Senofane (A 1 [DIELS' I II3,
Suppi. Aristotelicum m 1 [1893] 9 ss.); cfr.
26 s.]) e Platone: meuµa: · TE ovx Tjv 'T':Ept.E-
Hippocr., de natura hominir 9 (LITTRÉ vr p,
O"tbç !>e6µevov a'l/a.1tVoijç (Tim. n d . II).
~l Cosl a giudizio di K. DEICHGRAl!ER, Die 86 Hippocr., de flatibus 3 (CMG I r [p. 92,
Epidemien u. dar Corp11r Hippoc1alic11m, AAB :w ss.; - 93,6 ss.]); 4 (CMG I 1 [p. 93,19
( 1933) 162; cfr. specialmente M. PoHLENZ, ss.)); 15 (CMG 1 1 [p. ror,19 s.J).
831 (v1,351} 1tVtiiµa:, nvE•J1.m.'ttY.oç A m (H. Kleinknccht) {v1,35i) 832

del calore del corpo, evapora in conti- corpo nei suoi movimenti e sensazioni,
nuità dal sangue, circola per le vene, ha 1t\IEUµa, in quanto 1tpW't'O\I V7tÒ 't'lJV ljlv-
il proprio centro nel cuore ed è consi- X-fi\I (Pseud.-Aristot., de spiritu 5 [p.
derato come la vera e propria forza vi- 483 a 26)), è chiaramente distinto da
tale~. essa, come è distinto dalla Eµq>v't'oc;
Di questa distinzione, suggerita dalla ikpµo~ri<;. Invece la Stoa fa tutt'uno,
scienza della natura contemporanea, si in una visione materialistica, del 1tVEU·
appropria Aristotele, che ne fa il perno µa (presentato come Evikpµov, Sttiitu-
della fisiologia degli esseri organici 88 • pov, cruµcpvÈc; i)µi:v) e della 4'ux.1J (Ze-
1t\/Evµa è l'alito vitale che anima per no, fr. r35 [v. Arnim I 38,3 ss.]; 127
gradi e che in un modo o nell'altro è [v.Arnim 35,33s.])89 • Tramite lo scrit-
proprio di tutti i viventi, a differenza tore medico Diade di Caristo ro, la teo-
della materia inerte (mot. an. 10 [p. ria aristotelica non ha mancato di in-
703 a 9 s.] ). Quale CJuµq>v-to\I 1t\IEVµa fluenzare la dottrina del 'JtVEUµet; che si
(gen.an.2,6 [p.744 a 2ss.]), esso è il riscontra al centro della filosofia stoica.
principio formale intrinseco, che svilup-
pa e differenzia morfologicamente le at- Mentre dunque in Aristotele e in Dio·
titudini e gli organi racchiusi nell'em- de il 1t\IEÙjJ.rx. interessa la fisiologia o la
brione (gen. att. 2 1 6 [p. 741 b 37] ). A un psicologia, o anche la patologia, del
grado superiore di evoluzione della vita mondo animale (e quindi non è che un
imimale, si aggiunge, con funzione rin- momento della biologia e medicina
forzatrice e termoregolatrice, la maggio- scientifica), nella Stoa invece si presen-
re quantità di mituµoc necessaria all'esi- ta come una teoria universale, specula-
stenza, in forma di 1t\IEVµt:t Èm'.iCTt:tX't'O\I tiva. Modellata sull'esempio offerto dal
(pari. an.2,r6 [p. 659b 17ss.]), cioè
lJiuxtxòv 1tVEvµa. degli seri ttori di me-
aggiunto dall'esterno al nvEuµa intraor- dicina (Diocles, Jr. 44.59) 91 nel suo mp-
ganico, sicché ormai le funzioni si suddi- porto col corpo umano, questa teoria
vidono tra le due forme di 7t\IEÙµa. Nel vuole spiegare l'insieme del mondo or-
vivente completamente sviluppato il ganico e inorganico nella sua connes-
sione e unità, tensione e vitalità, nella
1t\IEUµa; è lo spiritur rector, cioè quell'or-
gano di cui si serve negli animali la q>CX.V· sua entità ontologica d'insieme, come
pure nella condizione qualitativa indivi-
'T<t.<Tlrt. e nell'uomo la ot<ivota per indur-
re il corpo a far dò che vuole (mot. a11. duale di ogni singolo essere. La pneu-
matologia, accogliendo e facendo pro-
10 [ p. 703 a 4 ss.] ). Lavorando al modo
pria la scienza della natura e la fede po-
di diastole e sistole del cuore, 'itVEuµa
polare nella forza divina e vivificante
nel corpo è fosieme motore e mosso
dell'alito, trova nella filosofia la sua e-
( mot. an. rn [ p. 703 a I I ss.]), come
spressione sistematica più logica e sto-
pure veicolo del calore vitale. Nella
ricamente più valida.
funzione subordinata di strumento (op·
yavov) corporeo-materiale, di cui la \jlu- Il concetto stoico di 'ltW.Gµa. presen-
XTJ si serve per guidare e sostenere il ta Yal'i aspetti: uno fisico (con riferi-

61 Cfr. ~ Ri.iSCHE, Blul, Leben u. Seele 78. i~ Secondo ~ JAEGER, Dos Pneuma 43-45.
PoHLENZ, o. c. e~ n. 83) 93·9,; M.
147.1,9; 89 Cfr. ~ VERBEKE 20-24 n. 46; 47.
WELLMANN, Die Fragmen/e der sikelischen 90 ~ }AEGER, Diokles 228 riconosce in Diocle
Arzle Akron, Philistion u. des Diokles von un peripatetico, contemporaneo del fonda·
Karys/os, in Fragmentsammlung dcr griech. tcre della Stoa.
Arzte J ( 1901) 79. 91 WRLLMANN, o . c. (--. n. 87) 137.142.
1t'llEÙµa, 7t'llEuµa-rLx6ç A m (H. Kleinknccht) (vr,352) 834

mento agli elementi), uno psicologico- olc; ilv ÈyyÉvwna.L µ~pEcn -r'ijc; \J).:nc;.
antropologico, uno cosmologico e infine doonotE~V ~xacr-rcx. xo:t uxl}µa:tl~ELv
uno metafisico-teologico 92• L'equipara- (sostengono che «le qualità sono spiri-
zione di 'ltVEuµa. ad uno dei quattro ele- ti e tensioni aeree che informano quel-
menti (l'aria) è rara 93 • E sso è invece con- le parti di materia a cui nderiscono») 102 •
cepito per lo più come specifica sostanza Lungo una scala ascendente di diversi
(crwµcx., ouO"lcx.), che comprende insieme gradi di purezza, di forza e di tensione,
fuoco e aria ( 'r.Up, à.1jp) 94 ; più fine, attivo esso, quale Éx·nxòv nvEvµoc, alle cose
e vivace dei quattro elementi, quale lo- inerti del mondo inorganico, come la
ro fonte e principio divino, li supera e pietra e il legno, dà la compagine indi-
li compenetra 95 , risultando una specie viduale: fo-·n OÈ E~tc; 7t\IEUµa. uwµo:"C'oc;
di quinta essentia, come l'etere ( al.~1Jp) O'UVEX-rtx6v (Chrysipp., fr. 368 [ v. Ar-
aristotelico 96 • Dotato di finissima, im- nim II 124,20]); in quanto q>vcnx6v
percettibile corporeità 97, forma aerea, TIVEuµa., fa crescere le piante, in quan-
di calore e fuoco 98 , di mobilità propria to q,uxtx6v <là ai viventi del regno ani-
e spontanea 99 e di tensione uxi, il mlEV- male la loro anima (Chrysipp., fr. 715-
µa è l'energia che investe la realtà in 716 [v. Arnim n 205,u-23]), la quale
tutte le sue parti, penetrandola, unifi- nell'uomo consiste in un 'ltvEuµa. di spe-
c:mdola, muovendola, vivificandola e ciale leggerezza e finezza (Chrysipp., /r.
~mimandola in Una Xpéia-Lç ~L' OÀ.OV 897 [v. Arnim II 246,16 s.]), innato 101,
(Chrysipp., /r. 479 ( v. Arnim II r57, EVi>f:pµov Y.ai OLci7tvpov, cioè tale che
3 6 s.]) e plasmandola così nd organismo contiene calore ed è percorso da fuo-
omogeneo e simpatetico: 1}vwaita.t 1.Jlv co uu. Esso ha sede propriamente nel
ur.o"C'Li>E-rcu -ci}v uu(.t'ltcx.cra.v oùcrlocv, cuore, che è il centro della vita dell'ani-
1tVEuµcx.'t'6c; -rLvoc; Stà 7taO'T]c; mhfjc; ma 105 , e di qui parte per circolare attra-
Ot'fpcov-roc;, ucp'ou CTINÉXE'rCX.' "C'E xo:t verso l'organismo seguendo speciali tra-
O'VµµÉvEt xa.L O"Uµ'lta.~Éc; Ea"tLV aÙ"C'G°l "C'Ò gitti (Chrysipp., /r. 826 [v. Arnim II
miv 101 • Inoltre nvEvµa. fond1 anche la 226,8 s.]) e, oltre a quelle vitali, rende
condizione delle singole cose, indivi· possibili anche le funzioni psichiche e
dualmente distinta: -.àç O~ '1tOt6'tl]"t"a<; spirituali dell'uomo, in particolare quel-
?t'VEUµa."C'CX. OVCJ'a.ç X<1.L "C'OVOUç !XEpw8Et<;, le dei cinque sensi, come pure la capa-

91 Cfc. 4 VERBEKE 11-174; 4 PoHLENZ, in- s.); /r. 471 (voN ARNIM n 152,32 s.).
dice, r.v. 'Pneuma'. o
ILWJ 'tOVO<; -tov nvtvµauç, Chrysipp., Jr. 441
qJ Chrysipp., Jr. (VON ARNIM n 145,1 ss.); {VON ARNJM 11 145,24 s.); fr. 447 (VON AmrM
Epict., diu. 3,13,15. Il 147,z8 s.).
~4 Cfr. Chrysipp., fr. 310 (VON ARNIM u 101 Chrysipp., f r. 473 (VON ARNIM l i 114,7
u2,33 ss.); fr. 442 (V0:'1 ARNIM Il 145,41 ss.); dr. Jr. 416 (voN ARNIM u 137.JO s.); fr.
ss.); fr. 786 (VON ARN!M Il 218,34 s.). 441 (VON AkNIM II 145,16 ss. 24 ss. 31 ss.); Jr.
95 ÉX 'TWV 'TE<T<Tapwv li~-i)XOV't"O<; liL'a.U'tW\I 447 (voN ARNrM 11 147,28 s.).
'TGV itEov, Chrysipp., fr. 414 (VON ARNIM Il 102 Chrysipp., fr. 449 (voN ARNIM 147,45-148,
1)7,16). 2); dr. Jr. 389 (VON ARNIM u 128,20 s.).
~ Chrysipp., /r. 310 (VON ARNIM II u2,36); 11
" Chrysipp., fr. 774 (VON ARNIM n 217,1'
fr. 416 (voN ARNIM Il 137,29 ss.). s.); fr. 885 (VON ARNIM _u 238,J2 s .).
"' Cleanthes, Jr. 484 (VON ARNIM I 108,28 1
~' Chrysipp., Jr. 773 (VON ARNIM n 217,8
s.); Chrysipp., /r. 897 (voN ARNIM 11 246,15). s.); cfr. Zeno, Jr. 135 (VON ARNIM J 38,3 ss.).
98 Zeno, jr. 127
(VON ARNIM I 35,33 s.); Chry- ms Chrysipp., fr. 897 (VON ARNIM u 246,13
sipp., fr. 1009 (VON ARNIM li 299,u s.). s.); Diogenes Babylonius, fr. 30 {VON ARNIM
99 Chrysipp., Jr. 442 (voN ARNIM Il 147,28 III u6,15 ss.).
635 (VJ,352) 'ltvEÙµet, 1tvEUµ(t:nx6c; A m (H. Kleinknecht)

cità di generare ul6, di parlare e pensare sta M. Antonino IO'J. In luogo di '1t\IEU-
(Chrysipp., fr. 827-830 [v. Arnim II µa egli ama usare il diminutivo 'lt'llEU-
226,14-31] ). Ma anche in quello che è µti"tiov e lo fa in tono spregiativo, per
il centro e l'organo-guida dell'anima indicarne l'instabilità e la caducità (2,
110
(Cleanthes, jr. 484 [ v. Arnim I ro8,28 2; 5,33,6; 12,14,5) equiparandolo
s.] }, m1euµcx. non è tanto principio, cosl alla 4'uxi} in quanto attua di que-
quanto piuttosto base e substrato ma- sta la funzione animale di rappresenta-
teriale dell'elemento egemonico (1)yE- zione e di movimento (5,33,4). Nei tre
µovtx6v}; nella sua essenza, questo è gradi gerarchici deU'organismo umano
pura ragione (À.6yoç o, in Posidonio, il primo posto spetta all'intelletto
vovc;), ma non per ciò è in contrasto (vou~), che essendo l'elemento-guida
col miEvµa., dato che anche quest'ulti- (1]yEµovix6v) dell'anima e permanendo <-

mo, nella sua forma più pura, è razio- in forma spirituale, costituisce la vera
nale (Mwouv 'tÒ m1Evµa. xa.L 1tup \IOE- e propria natura dell'uomo; invece il
p6'11} 107 • È una parte del 1tVEvµcx. finissi- 'lt'llEuµ&:i:tov è relegato espressamente
mo, cosmico-divino, calato nel corpo al secondo posto: 'tpla. É1nlv, E:~ W\I
dell'uomo ex illo caelesti spiritu (Sen., O'UVÉO""t'r)Xr.t.ç. crwµ&.'t~O\I, 'Jt\IEuµ&.'tLO\I,
dialogi 12,6,7) che ha la sua sede nella vouc;, «tre sono le cose di cui sei fatto:
regione dell'etere intesa quale rrfEµO\lt~ il corpicciolo, il lieve soffio e l'intellet-
x6v del mondo: ratio autem nihil aliud to» (M. Ant. 12,3,r). Non più lo spiri-
est quam itJ corpus humanum pars divi- ttJs, come in Seneca, ma l'intelletto di
ni spiritus mersa (Sen., epist. morales ognuno <(è Dio e da Dio è emanato:
66,12) 1~. In quanto spiritus sacer, che ò bc<io-'rov \love; l}Eòc; :xa.l lxe~ilev lppvTJ-
intra nos sedei, malorum bonorumque XEV» (M. Ant. 12,26) 111 ,
nostrorum observator et custos (Sen., Essendo ad un tempo materia e or-
epist. mora/es 41,2), è l'incarnazione di gano della natura che, da brava artista,
Dio nell'intimo dell'uomo. Perciò Ovi- crea in vista di un fine, 1t\IE\)µcx. nel co-
dio, parlando del poeta, dice: est deus smo non è soltanto la sostanza energe-
in nobis et sunt commercia coeli, sedi- tica e vitale, che penetra il mondo dal-
bus aethereis spiritus ille venit (ars a- l'intimo e giunge fino alla materia spre-
matoria 3,549 s.). In tal modo il 'm/Eu- gevole tutto stringendo, generando e
µ« stoico assume nella sua funzione vivificando 112 (quella sostanza vitale che
non soltanto la iliuxfi ma anche il vouc; ha propriamente il suo fattore creativo
aristotelico. nel 'TCVp "tEX\ILXÒ\I o&(il ~a.ol~o\I f1tt "(É·
Dalla dottrina stoica classica si se~ '\IEO"W XOCTµOU, cioè nel «fuoco plasmato-

•~ - coll. 802 s., n. 41. VLx6v dell'uomo, sono riscontrate dÌI. _.


11'7 Cfr. Chrysipp., fr. 443 (voN ARNXM 11 146, PoHL'BNZ .343.381 .420 sia presso gli gnostici
17s.); dr. /r. 779 (VON ARNJM n 217,31). Basilide e Isidoro (Clem. Al., 1Jrom. 2,112,1
ss.) sia presso lo stesso Clemente (strom . 6,
l'lll -+ VERllEKE 144·147.
134-136}, il quale distingue il O"etplm<ÒV m/EU-
JQ9 Cfr. - VERBEKE 166-171; - POHLENZ µa. (135,1 ss.) come pura ?;wnx'i) ouvaµLc;
342-344. da "TÒ «rlou moEuµ«"Toi; XetpttX'tTJPLCT"Ttxòv
no In Epict., diss. 3,13,1,; 2,1,7 1t\1Euµli·"'ov Lolwµ« (134,1).
è uno dei quattro elementi materiali, la cui m Ti tv tpV'toic; x<d l;~oLc; xcit 514 'ltli\l"TWV -
separazione dal crwµa:nov significa la morte. xat 6t&. "Twv tloExDwv (Chrysipp., fr. 1037·
m Tendenze analoghe a fare di meuµ« la rn39 [VON ARNIM 11 307,21-28]) - otTjxouO"tt.
sede stessa e il portatore degli affetti e di de- ~i.14'ux6c; "TE xat y6vLµoc; oùoia. (Pseud.-A·
prC2211rlo a confronto del VOU<; e de!l'1}")'EµO- ristot., mund. 4 [ p. 394 b 9s.1 ).
1tVEiiµo:, 'ltvwµcx>ttxoi; A m (H. Kleinknccht)

re che passo passo avanza nella realizza. «Dio, pur essendo pneuma intelligente
zione del mondo», Chrysipp., fr. 1027 ed eterno, è corpo» (Chrysipp., fr. 310
[v. Arnim II 306,r9 ss.]), ma è anche
anima razionale, della quale compie le [ v. Arnim II r12,31 s.]). Il primo a
funzioni di guida e di ordinamento: stabilire che la Divinità è miEvµa. sem-
spiritum ... motivum illum /ore non 1ta· bra essere stato Cleante 114 • La defini-
turam, sed animam et quidem rationa-
bilem, quae vivificans sensilem mu:1- zione che risale a Posidonio suona co-
dum exornaverit eum ad hanc, qua nunc sì: Dio è per natura uno «spirito intel-
inlustratur, venustatem, quem quidem ligente e igneo, che non ha forma, ma
beatum animai et deum appallant (Ze- si cangia in ciò che vuole .e a tutto si
no, fr. 88 [v. Arnim I 25,20 ss.]).
assimila» (7tVEvµa voEpov xat 'ltvpwoEc;,
Il fato (Etµapµlvn), che con ordine oux. itxov µ€v µopcpl}v, µE'tafM:À.À.ov
('ta~Lc;) regge l'universo, è perciò una &'Etc; o ~OUÀE'tCXL xcxt O'"V\IE~oµoLoUµE\10\1
forza spiri tua le ( ouvaµL~ 'lt\IEVµa'tLXlJ, 7tilo-w, /r. 1009 (v. Arnim II 299,11
Chrysipp., Jr. 913 [v. Arnirn II 264,r4 ss.] ).
s.] ), così come H «logos di Dio, che
scende fino agli uomini, anche ai più Il nome religioso-mitologico e poeti·
co del 1t\IEUµa. cosmico costituito di
piccoli» (Àoyoc; 'tOV ~EOV, ò iiEXPL à.v-
aria e di fuoco è in special modo Zeus.
i}pw1tW\I xat -rwv n..axlcr't'wv xa.-ra~a.l­ L'inno 'or.fico' a Zeus (Orph. fr. 2r a
vwv), altro non è che uno «spirito cor- [Kern] ), riportato da Pseud.-Aristot.,
poreo» (7t\/Euµa. o-wµoc'tLxov, Chrysipp., mund. 7 (p. 401 a 27 ss.), chiama Dio
col nome di 7tvod1 'lta:v-rwv, «soffio di
/r. 1051 [v. Arnim II 310,24 s.]). Nel-
tutte le cose» e di àxocµ&:-rov 'ltupòc; 6p-
l'inscindibile unità di materia, forza, vi- µ1), «impeto di un fuoco instancabile»
ta, forma e spirito, il 7t\IEVµa è la èau- (cfr. ~ col. 795). Ma le varie forme
sa prima ( 7tpW'tOV at'ttov, Chrysipp., Jr. in cui il 7t\/Evµa. si manifesta ed opera
sono state equiparate anche ad altre fi.
338.340 [v. Arnim II u9,12 s. r8 s.]), gure divine tradizionali della religione
la quale fa sl che ogni essere - non e- popolare greca 115•
scluso nemmeno Dio - sia quello che La pneumatologia stoica si fa senti-
re, in forma ridotta, nella cosiddetta
è, nel tutto e nei particolari m: tkòç ... scuola medica pneumatica dei sec. I e II
o-wµa, wEuµa wv voEpòv xixt &.l&wv, d.C. 116• Essa porta il concetto di 1t'\/EU·

m La teoria stoica del mrEvµa. quale porta- 114 fr. .5.H


(voN ARNJM 1 121,6 s.); cfr. Zeno,
tore della vita e dello spirito segue quasi ad Jr. 160 (VON ARNJM I 42,23·30).
ogni passo, fino all'attribuzone allo spirito 115 Chrysipp., fr. 1093 (VON ARNIM li 3r9,
stesso del carattere divino, la teologia dell'd1Jp 29 ss.); Cornut., theol. Graec. 31.
11
di Diogene di Apollonia, specialmente nei pas· ~ Cfr. Gal., inlroduclio 9 (KOHN 14,699): ot
si seguenti: fr. 4 (DIELS ' n 60,19 ss.); fr. 5 liè 1tEpl 'Alhjvcxfov xat 'APXt'YéVTJv µo\l(i) -rcl)
(Dll!LS 1 li 61,4-62,10); fr. 7 (DIELS 7 II 65, litTJXO\l'tt lìt'aÙ'tW\I 7t'JEUµa.-rt xa.l 'tà q>u01.d.
15-66,2); fr. 8 (DIELS' II 66,3 ss.), Cfr. ~ o·wt<r>t6.vt.u 'tE xat lhotXE~CT!tu xcxt 'tèt vo<rlt-
Lr:rsEGANG, Hl. Geist 47 s.; ]AEGER, o.e. (~ µa-ca ?tltna, -rou>tou 1tflW'C01ta.Do\iv>toi; y(-
n. 6) 188 s. vrcr&11t cl'l'tE.qriivaV'tO, a&tv XCXL 7t'JE.Uµtt-rtXOl
nvEuµa, r.:vtuµa-.Lx6ç A III (H. Kleinknecht)

µa al rango di dogma centrale, e torna Plotino 118 assegna al termine 7t\IEV·


a restringerlo quasi esclusivamente al l.let. un ruolo esclusivamente negativo,
campo medico, riferendo i fatti fisiolo- criticando la concezione che ne ha lo
gici - e soprattutto quelli patologici - stoicismo (cfr. cn11. 4,7,4 = Chrysipp.,
principalmente alla condizione e alla cir- /r.443 (v. Arnim II l46,r7ss.]; 4,7,7
colazione del 1t\1Euµa, il quale è un ele- s.). Data . la sua natura corporea, deter-
mento fondamentale nella costituzione minata dall'estensione e dalla divisibili-
dell'organismo umano: tTUVÉ<T't"l'}XE\I -li· tà, il 1.vE\iµa. non fa nulla di ciò che, se-
µwv -ttX. 11wµa'ta Èx a'tEPEwv, ùypwv condo Plotino, vien compiuto dalla tlJv·
xaì. 1t\IEVµcbwv, «i nostri corpi son fat- x1i 119; perciò, alla pari del sangue ( a.l-
ti di elementi solidi, liquidi, gassosi» µa), non può costituire l'essenza della
(Pseud.-Gal., definitiones medicae 33 ~w1) e lfJvx1); questa anzi, come prin-
[Ki.ihn 19,356]). Vi è un <rvµcpu'to\I cipio superiore, è contrapposta al 1t\IEU·
'Jt\IEuµa xa.L sw'tt.x6v (Gal., de digno- µa: xat µi)v oU'tE miEuµa. 8tà. ·mX.v-
scendis pulsibus 4,2 [Kiihn 8,936]) in- 'tWV OU'tE alµa., wvxri OÉ (enn. 4,7,
traorganico e caldo, che con l'attrito e 8 ). Solo in un passo si parla, ma con
il movimento genera il calore interio- circospezione, del 7tVEuµa. che circonda
re 117 e ha la sua sede centrale nel cuo- la nostra anima (e11n. 2,2,2).
re (Pseud.-Gal., definitiones medicae 33
[Kilhn 19,357] ); ad esso, nella respira- IL pensiero che in Plotino si avverte
zione per la bocca e per il naso come soltanto, passando a Porfirio 120 e al
pure attraverso le vene e i pori, vien Corpus Hermeticum (fr. 26,13 [Nock-
condotto un 'Jt\IEUµa affine, terreno e
Fest. IV 85,3 ss.]) si trova sviluppato
atmosferico, cioè l'aria, che serve a nu-
trire e a dar la giusta temperatura e che in maniera sistematica e assume la for-
dopo l'uso viene nuovamente eliminato ma della dottrina del 7t\1Euµa (o anche
(Pseud.-Gal., definitiones medicae 74. del 11wµa.) atitEpwOEc; xcd a.òycetoÉ<;
no [Kiihn 19,366.376]). Sull'esempio
della Stoa anche i medici distinguono, concepito come qualcosa che proviene
dal miEvµa. tx'tt.x6v e cpu<nx6v, il 'ltVEV· dalle regioni eteree, ha forma di luce
µa. ~ux1.x6v, St.'ou ~wµEv xa.l À.oyt.~6- immateriale, e tuttavia è anche mute-
µEi>a xa.L -.ai:<; À.Ot.7ta.i:<; IXWihJCTEOW
vole e perituro. Avvolgendo il mondo
ÈvepyovµEv, «mediante il quale vivia-
mo, ragioniamo e operiamo sulle altre e analogamente anche l'anima dell'uo-
sensazioni» (Pseud.-Gal., definitiones mo, costituisce, quale 'lt\IEVµa'tLX6v o
medicae 29 [Kuhn 19,355]). Tuttavia IJiuxijç ox11µa, il ponte fra le entità del
queste funzioni superiori della ~uxi'J
vengono spiegate in senso puramente corpo e dell'anima, della materia e del-
fisiologico. lo spirito, che altrimenti sarebbero del

XPTJµa'Tl~ovut.'V. Cfr. ~ WELLMANN, spec. -ra't'~ - 6Eoµlv~ nap«X ljlvxi}ç 't'atEwç, il


i;:37-143; ~ RilscHE, Blut, Leben u. Seele ).,6yoc; 'Vovç; enn. 4,7,3.
2n-277; ~ VERBEKR i9r-206. 120 se11te11tiae 29 (ed. B. MoMMERT [ 1907] );
111 Cfr. Antyll., in Oribasius, collectiones me- Procl., in rem pubi. 2,I96,24 ss.; in Tim.
dicae 6,ro,19 (CMG vr 1,r [p. 163]). 3II a; Iambl., myst. 5,26 (p. 239,7); 3,14
m Cfr. ~ VERllEKE 351-358. (p. 132,u s.); de anima, in Stob., ecl. I.49A3i
119 'tC~ yàp 't'ci~tç lv miEvµa·n - uxE8a.a-.o- Hierocl., carm. aur. 26.
7t\1Euµct, mrw11a·nx6c; A IlHV t (H. Kleinknecht)

tutto separate (Pseud.-Plut., vit. poes. dalla Stoa - ha scarsa rilevanza ed è


Hom. 122 [n II.57 c]). Per questo tra- relegato in secondo piano. Esiste, sl, un
mite l'anima discende nel mondo cor- certo parnllelismo nei modi di conce·
poreo e risale anche verso l'alto, e dalla pirlo, giacché da una parte e dall'altra
purità di esso dipende non solo la ca- mii::i.iµa. è una ouvcxµtç che 'riempie',
pacità divinatoria, ma l'intero destino 'genera', 'trascina', 'ispira' e 'dischiu-
dell'anima sulla terra e anche dopo mor· de', conferisce capacità di parlare ed
te (Iambl., myst. 3,II [p. 124,16 s.]; agire in modo straordinario e mette in
4,13 [ p. 198,11 ss.] ). Una siffatta na- relazione con la verità; ma tutto ciò non
tura pneumatica posseggono, oltre che bilancia la totale diversità nel concepire
la ljJvx'fi, anche i corpi degli eroi e dei la provenienza, la natura e l'autenticità
dèmoni (Iambl., myst. 2'3 [p. 73,13]), del 'Jt'VEÙµa., quale si rileva passando
i quali sono buoni o cattivi a seconda dal greco profano al N.T.
che le loro anime signoreggiano confor-
I. Per tutta la grecità profana il '!tVEU-
me a ragione (Y.et."t'IÌ. Myo'V) il 'll:'VEUµet.
µa; si precisa e rimane fondamental-
sul quale si basano, oppure si lasciano da
mente qi'ialcosa di corporeo, sottile in-
esso dominare ed eccitare (Porphyr.,
sieme ed efficace. Dato il suo carattere
abst. 2,38). Cosl, nonostante la sicura
materiale, non appartiene mai, a diffe-
spiritualizzazione che il concetto finisce
renza di quanto avviene nel N.T., alla
per assumere rispetto alla Stoa, si fa lu-
sfera della pura spiritualità, del tutto
ce il carattere di materia e di opyavov
al di là del sensibile, né mai è contrap-
(~coli. 833 ss.), che nella struttura del
posto, nel senso aristotelico-noetico o
mondo e dell'uomo fa del miEuµa un
moderno-idealistico o addirittura neote-
fenomeno di second'ordine.
stamentario, alla materia come dono so-
prannaturale e taumaturgico o come
IV. Il concetto greco di 1t'VEuµa.
manifestazione di un Dio concepito qua-
e il N.T. i 21
le persona e superiore al mondo. Là do-
Mentre nel N.T. TC'VEVµet. svolge una ve è un possesso di tutti, mii::uµa; è
parte preponderante, nel complesso del- piuttosto, in quanto determinato modo
la concezione greca dell'esistenza inve- di essere e di comportarsi dell'aria, una
ce - nonostante la posizione assunta forza naturale intramondana, imperso-

m Cfr. A. BoNHOEFFER, Epiktet t1. das N.T., vi:dere il termine 'llVEvµo;·rnc6v, che in Plut.,
RVV ro (19u) 67. 16o-164; ~ PRiiMM 199· quaest. Rom. 95 (n 28 b-e) quali.fica i legu-
201.427-434; -+ VERBEKE 5n-544; -+ PoH- mi considerati cultualmente impuri perché
LENZ, Die Stoa t 409 s.420-422.425 e nota. gonfiano e stimolano al coito, mentre in Pao-
Pe1 calcolare fino a qual punto si spinga la lo (I Cor. rn,3) caratterizza la manna quale
diversità nell'uso della stessa parola, si può cibo celeste.
mitvµtt, 1t\1Evµtt·nx6ç A 1v 1 (H. Kleinknecht)

nale e vitale, stabilmente insita nell'or- in pari tempo Dio come O'wµcx. Su que-
ganismo del cosmo e in tutte le sue sto aspetto, che muove a scandalo, si
parti. Essere e strumento ad un tempo, appunta la critica degli Apologisti (Tat.,
nella sua forma più pura e raffinata di or. Graec. 2; Theophil., Autol. 1,4; 2 1
sostanza dell'anima esso può essere se- 4) e dei Padri della chiesa, quando, non
de e veicolo materiale, ma non mai ve· senza risentire della pneumatologia stoi-
ro e proprio soggetto delle funzioni su- ca, mostrano la superiorità dello spiri-
periori psichico-spirituali, come \jJuxii, to divino neotestamentario su quello
<PPO\IT)O'Lç, Myoç o vouç. Se si prescin- stoico. Per quel platonico cristiano che
de da Pseud.-Plat., Ax. 370 c, il concet- è Clemente Alessandrino (strom. 5 189,
to noetico di spirito e la teoria della 2) Dio, stando oltre l'intelligibile, non
conoscenza si orientano e si evolvono, può essere un 7t\/Evµa materiale; esso
secondo i Greci, sulla base di un'espe- quindi «nel suo senso proprio» viene
rienza in cui non il 1t\1Euµa è avvertito definito un' «essenza incorporea e non
come realtà, ma la luce del giorno che circoscritta» ( ouulct.. àO"wµoc-toc; xct..t &.-
si leva sul mondo 122 • Solo il monismo TCeplypa.moi;, fr.39 [CGS 17,220,6s.])
stoico è stato spietatamente coerente e e solo in un passo è predicato anche di
ha proclamato che la natura e la forza Cristo (prot. 3,43,2). Celso, che è pla-
operativa della divinità, in quanto pe- tonico egli pure, interpreta secondo i
netra per tutto l'universo dandogli vi- canoni stoici il carattere di 'lt'.IEuµcx pro-
ta e unità, è 1t\1Euµa.: ikòc; ... CTwµoc, prio del Dio dei cristiani, e se ne serve
1t\1Euµa. C,v \loEp6v -tE xoci àl5Lov, «Dio per trarne la deduzione che non è im-
è corpo, pur essendo pneuma intelli- mortale. Gli ribatte Origene (Cels. 6,
gente ed eterno» (Chrysipp., Jr. 3 I o [ v. 70 s. ), osservando che il termine 7t\1Eu·
Arnim 11 1I2 ,3 I s.] ). La parola del Si- µa. riferito a Dio va inteso solo in sen-
gnore «Dio è spirito» (7t'.1Euµcx ~E6c;, o so metaforico e serve a spiegare la na-
Io. 4,2;t) coincide con l'espressione stoi- tura dell'essere spirituale mediante pa-
ca e con quella dei dossografi solo per role suggerite dalle realtà sensibili: t~v
la forma; ma se ne distingue radical- À.Éyrrra.t 'miEuµa.' ò i>E6ç, ou uwµa a.v-
mente perché questi ultimi designano -.òv ÀlyOµE'V dvctL, 7tpÒç y!Xp li\l-tL6Lcr.·

12! Per la distinzione fra il vovc; greco e il µclp~ 'TÒV vouv Elc; à.vDpÙ)nouc; fixm1 rpa.ai,
1tVEUµ<l cristiano, _.... FESTUGIÈRK JO n. 3 ri- xtdM.1tEP ID.a'TWV xat 'Apvno'TÉ).11c; 6µo·
manda a Clem. AL, strom. 5,87,4-88,3: 'lto).).oii À.cyo\icnv. ci)..).''l'nu~ µtv 'fii'> nE1t~CT-cevx6·n
"(E liEi: l!µoLpov E!vtt\ i>Elac; iwolo.c; 'TÒV 1tPOCTE1tL1tVEi:'7i>ttL 'TÒ ii.ytov 1'1VEVµ6. q>ttµt'll,
8.~pwnov, IS 'YE xo.L 'TOU tµqivC11)µ«"Toc; iv cl o~ dµqit 'TÒV IlM-twva. vouv µlv lv ilNXTI
Tf, "(EVÈ.<m µt'Ta).a~Et'll a\lo.yÉypa:1t'Ttt~ Xrt· i)~~ µo(pa:ç an6ppol.«\I òn&.pxov'Ttt, '1Nx1't\I
i>«pw·dpcic; oùcnttc; 'lto.pà 'TCÌ lf>.).a !'.,i;>cx. µt· 8~ lv rTWµlX'T~ Xtt"\'OLX(!'.,ovcnv ... Q:).).'oÙX ~
'Taaxwv. lvnv&E\I ol tiµqit Ilv&o.yopav i>E~ µtpoc; DEo\i lv txaCT-t<tJ i'JµWv 'tò 'lt\IEU(M.t.
Tt'\IEuµa., TCVEUµanx6<; A IV 1-2 (H. Kleinknecht)

u-r:oÀ:fiv 'tWV alo-~n-cwv ~itoc; -.lj ypa.cpij yÀ.~)O"O'a.iç (~ n, col. 550). Perché la
-r:à von'tà 6voµ<isrn1 -rcvEvµa-.c.i; xaL terminologia dell'entusiasmo greco riap-
itvEvµa:nx<i, «se Dio è detto 1tVEuµa, paia anche in espressioni cristiane ri·
non diciamo con ciò che egli sia corpo; guardanti lo spirito, dovremo attendere
la Scrittura infatti suol dare il nome di gli scritti degli Apologisti e quelli SUC·
it\IEVµG.'ta. e 1tVEUµrt.TLX<i alle realtà in- cessivi: llc.i;vl'l')ÀOç yÉ.yO'VE Xa't'OXOç T<i)
telligibili, per distinguerle da quelle 1'El~ 1t\IEUµa.·n, «Daniele fu preso dal-
sensibili» (cfr. Orig., comm. in Io. r3, lo spirito divino» (Pseud.-lgn., Mg. 3 ).
21-25).
3. Ciò che in entrambi i casi distin-

2. Mentre per la scienza della natura gue la concezione greca dal N.T. è il
senso teoretico-eziologico, per cui l'in-
e per la filosofia itvEùµa rimane un con-
teresse è volto al funzionamento del
cetto fisico-fisiologico di valore sostan-
'7tVE.uµoc e al modo in cui esso si attua,
zialmente materialistico-vitalistico, nel
linguaggio poetico, mitologico e reli- il che è completamente estraneo al N.
T., il quale concentra in mievµrt. un
gioso, invece, pur non essendo mai del
tutto scompagnato dalla materia (specie contenuto e un valore che trascende il
mondo ed è opera di Dio.
nella mantica), appare come un feno-
meno eccezionale di natura entusiasti- 4. In medicina, filosofia e religione il
co-estatica che in circostanze speciali 1t\/Euµa. ha sempre una funzione speci-
coinvolge persone elette. Anche nella fica di mediatore. Come nel microco-
teologia giudaica di Filone (~ col. 806 smo e nel macrocosmo esso funge sem-
n. 47; coli. 889 ss.) si ritrova questo trat- pre da mediatore meccanico tra esterno
to estraneo ed ellenistico. Il N.T. non i- e interno, tra caldo e freddo, centro e
gnora le manifestazioni pneumatiche di periferia, corpo e anima, materia e spi-
entusiasmo, ma tiene verso di esse un rito, e assicura 1a compagine organica,
atteggiamento critico, come fa nei con- cosl anche nella religione, nella manti-
fronti di qualsiasi manifestazione di ca e nella magia è un medium imperso·
IJ.a.vla; difatti si fa scrupolo di evitare nale, grazie al quale di volta in volta
tutta la gamma dei sinonimi religiosi di si compie - per via generativa, entusia-
1tVEuµrx. correnti nel vocabolario greco stica, magico-teurgica o cosmogonica -
profano, quali si trovano, per es., in la comunicazione tra il divino e l'uma-
Poll., onom. r,r5: evìlEoc;, Évitov(nct..- no, tra l'alto e il basso: -rò OÈ 1t\IEVµa.
uµ6c;, È1tl7NoUc;, É1tl1tVOLOC, ~IJ.1t\IEVO"Lc;, -r:Ò 'tE"t"OC"(µÈ'VO'V ÈV µfo~ "t"OV O'XO't'OVt;,
ɵ11:vEi:CTi}a.~, xchoxoc;, xa.-rÈXEUÌ)'a.~, ecc., 01tEP lO'-.t XtX't'W, xat 'tOV q:iw-.6ç, !S1tEp
e invece conia un'espressione sua pro- Éu-r:tv IJ.vw, <(lo spirito è ciò che è posto
pria per indicare queste realtà: )..o)..Et\I nel mezzo tra le tenebre, che stanno in
847 (vi,357) :i\1'Vµ«, '1t\IEUµa:nx6c; A iv-Il 1 1 (H. Kleinknecht-f. Baumgartel) (v1,357) 848

basso, e la luce, che sta in alto», dico- quanto spirito di veritiil> che deve rea-
no i Setiani (in Hipp., ref. 5,19). Il ca· gire sul peccato e generare la fede nel
rattere di mediazione religiosa finisce Cristo (~ Biichsel 497 ). Tra il concet-
per porre il 1t\IEGp.r.t al punto di demar- to greco profano di 1t\1Euµa. - sia esso
cazione tra il materiale e l'immateriale preso in senso fisiologico-cosmico, man-
(-.ò of. µem.çv -.ou x6crµov xaL 'twv tico-entusiastico o anche spirituale - e
Ù1tEpx0<1µlwv µailbptov 1t\1Euµa [Basili- quello neotestamentario corre questa
des, in Hipp., re/. 7,23]) e, nella co- differenza, che il Dio che sta alla base
smologia della tarda antichità, conce- di una concezione è 'del tutto diverso'
pendo il 1tVEUµ~ come OX'l')µa. 'Tll<; ~u­ da quello che si trova nell'altra.
Xll<; o oalµwv, garantisce il contatto H. KLEINKNECHT
fra le essenze corporee e le essenze spi-
rituali, che altrimenti risulterebbero del
B. SPIRITO NELL'ANTICO TESTAMENTO
tutto separate. Tale carattere si mantie-
ne poi nella pneumatologia cristiana, In questo articolo si danno solo i
fondamenti linguistici e i presupposti
sia pure alla luce di altri presupposti storico-semantici necessari per capire il
teologici. Quel che la grecità profana concetto di 'ltVEvµa. Il concetto biblico·
non conosce è il 1tVEÙµa come ipostasi teologico vien trattato sotto la voce~
~vxli insieme con quelli che sono fon-
spirituale, intesa quale essenza divini\. damenta1i per l'antropologia ncotesta·
Nella concezione greca 1tVEuµr.t è e ri- mentaria e risultano apparentati con es-
mane un'entità neutra, e non diviene so (o/vx.ii, xapola, vov<;, ecc.). Solo il
concetto di spirito di Dio viene qui trat·
mai persona. tato ampiamente(~ coli. 863 ss.).
5. Il significato greco di 7tVEUµr.t vie-
I. Il concetto
ne meno quando il concetto - sia pure
inteso metaforicamente - si stacca dal- Gli equivalenti ebraici del greco
la sua etimologia e dalla sua matrice e 'l.VEUµct sono ruap (264 volte nei LXX)
e n•Jamd (3 volte) 123 ; in considerazione;:
non appare più legato alla percezione di Le. 24,37.39 e di altri passi, si dovrà
sensibile del vento o del respiro, perce- chiamare in causa anche 'oh. In Ecclus
zione che peraltro un greco non sa se- 38,23 'lt"VEV[J.r.t sta per l'equivalente e-
braico nefeJ.
parare dalla natura dello 'spirito', fin-
ché questo gli si presenta come 7tVdiµa. I. ruap m nell'A.T.
Invece nel N.T. la «mediazione sensi- Etimologia: rw/;J (in ebr. solo al nif'al
bile dello spirito non ha più nulla a che
= fiutare, annusare) equivale all'arabo
riil;ii, spirare. L'arabo distingue tra rii;,
vedere con la natura dello spirito in vento e ru/;J, spirito.

l2l Esclusi Daniele (Teodoz. ) ~ l'Ecclesiastico. schlecht der hebr. Hn11ptworter: ZAW :i:6
1u Per il genere cfr. K. ALDRECHT, Dar Gc- (1896) 42-44; per l'uso linguistico~ CREMER.
lt\IEÙ(La, lt\IWitCL't'~xoc; B1 1 aa-~ (F. Baumgarlel)

a) n1èif; come fiato, vento 19). Ricorre nelle espressioni rua!; g~­
a) Alito della bocca. n/J{; p!w, «ali- dola, <<gran vento» (lob 1,19; Ion.1,4).
to della sua bocca» (Ps. 33,6); ruafJ rz1til; hiiziiq, «vento gagliardo» (Ex. rn,
l 9 ). Le due espressioni sono combinate
fc/iitajim, «alito delle labbra» (ls. Il,4);
'én-jd-rtWp b"pibem. <<non v'è alito nel- insieme in I Reg. l 9' Il: ruìib g"dola
la loro bocca», scii. degli iJoli (Ps. 135, w"l;iiziiq. Ancora : ruà{J qiidim 't1zza ,
I?); fiato (lob 19,17); bestb rua(;, «vento gagliardo d'oriente» (Ex. 14,
«prender fiato» (lob 9,18); sii'af rua{;, 2 l ), ruap qaJ!J, «Vento violento» (Is.
«ansare, ansimare, boccheggiare» (I er. 27,8) 127, rliap kabbir, «vento impetuo·
10,14; 51,17); nell'uomo e ncll'animaic SO» (lob 8 ,2 ), rtW{J so' a,
«vento travol-
(Eccl. 3,19.21). gente», par. sa'a1· (Ps. 55,9), riìap mii-
Il respirar forte, lo sbuffare, il furo- lè', lett.: «vento pieno» (Ier. 4,12), lo
re {Iob 15 ,1 3 ); rt1a{J 'iir/,rim, «lo sbuffo stesso che rzWb ~ap, «vento infocato»
dei tiranni» (ls. 25,4); il furore che fa (v. II); rua{; s"ara si legge in Ez. 1,4 e
sbuffare i popoli (ls. 33,11) 125 ; 'rs 'afor passim, e in Ez. 13,11.13 rua{J s«arot
'én ma'siir teruho, «un uomo che non è par. di ge'Sem sòtef, «pioggia torren-
sa contenersi» (Prov. 25,28); rztab 'ap- ziale»; rua{J zii' ii/o/, <<Vento infocato»
péka, «lo sbuffare del tuo volto», è det- (Ps. 11,6); in Is. 59,19 la violenza de.
to del corruccio di Dio (Ex. 15,8); niS- maniaca della procella è detta ruab
mat ruap 'appo, «il soffio dell'ira del jhwh, «vento di Jahvé» (cfr. Ex. l,5,8.
suo volto» è par. di ga'iirat jhwh, «ira IO).
del Signore» (2 Sam. 22 1 16) e in lob Un vento determinato: rua(J qadlm
4,9 e Is. 30,28 riìa{J 'appo è parallelo o haqqadlm, «vento d'oriente» (Ex.14,
di niSmat 'elòìi/J; cfr. anche Icr. 22, 22 . 2I; xo,13, ecc.); rlHi{J midbiir, «vento
del deserto», scii. del sud (ler. 13,24),
~) Vento, soffio di vento. La brezza riiab jam, «vento del mare», di occi-
leggera (lob 4,15; 41,8), par. hebel (Is. dente {Ex. ro,19), ruap {a/on, «Vento
57 1 13 ); riiìl(J holek uflo' jiislib, «vento del nord» (Prov. 25,23; Eccl11s 43,20).
che va, e non torna» (Ps. 78,J9). Il Designazione dei punti cardinali o
vento, passim (anche in lob 15,30, da deJle quattro regioni del mondo (assi-
leggere, con i LXX, pirl;o, «della sua ro: erbitti safl:). 'arba' rfihOt (haJSii-
gemma», in luogo di piw, «delia sua majim ), <dc quattro direzioni dcl cielo»
bocca»; è incerto se lo stesso si debba (Zach. 6,5; Dan. 7,2; 8,8, ecc.}; 'arba'
fare in lob 26,13) l 26 ; il vento che gior- rupot me'arba' q"fot ha.Hiimaiim' «le
nalmente soffia dall'ovest è detto riiah quattro direzioni dai quattro angoli del
hajjom, «vento quotidiano» (Gen. 3,8). cielo» (Ier . 49,36); ziira (piiriis) l"kol-
È anche il vento gt1r.liardo, la bufera, ruap (rupot), «disperdere (sbandire) in
ed è parallelo a zerem, pioggia torren- ogni direzione (a tutti i venti)l> (ler.
ziale (Is. 32,2), a su/ii. turbine (Is. q, 49,32; Ez. q,21, ccc.); i vari lati di
r3; lob 21,18), a {'iir/i, tormenta (Is. una l'egione sono ruap haqqiidlm, ha~­
41,16), a tswh, da leggere t"iu'lì, tem- {iifon, haddiirom, hajjiim, «direzione o-
porale (lob 30,22). È usato con ~rr, rientale, settentrionale, meridionale, oc-
che equivale forse a 'catturare' (Os. 4, cidentale» {Ez. 42,16 ss.).

125 Però, con il Targum, forse è da leggere Ili A meno che, con PROCKSCH, o. c. (~ n.
rilpl k'm6, oppure, r;:on O. PROCKSCH, ]esaia 125) 1 ad I., non si debba leggere kiiriiO{;
1 (Komm. A.T. 9,1) (1930), ad l., rria{; k'mo. haqqa1.
m Il significato di Ii/l'n non è chiaro.
Tt\IEVµtt, 7t\IEVµtt·nx6~ B 1 1 a~-ba (F. Baumgiirtel)

Vento in senso traslato, come sinoni- b) ruìip nell'uomo


mo di nullità, vanità, fallacia (lob 6,26; a) Principio che dà vita al corpo(~
7,7), par. 'iiwen, vanità, 'efes, nulla, coJl. 873 ss. ).
tohu, vacuità (ls. 41,29), seqer, menzo-
gna (Mich. 2,11), hebel, vanità (Ecci. riiab bajjim, «spirito di vita», è det-
1,14.r7, ecc.); è pure sinonimo di sape- to anche dell'animale (Gen. 6,I?; 7,
re sventato, da'at ruiib (lob x~p) e di I ,5)
128
• Il segno di ruap in quanto abita
discorsi sventati, dibre rua!J (lob r6,3 ). nel corpo e gli dà vita, è 1a n"siima, l'ali-
Essere come aria si dice haja l"ruìip to vitale che sta nelle sue narici (b"'ap-
(Ier. 5,13), pascersi di vento ra'a ruab piiw, cfr. Gen. 7,22 119 e l'espressione
(Os. 12,2), seminare vento è ziira ruah ruap 'ap#nu, «Spirito delle nostre na-
(Os. 8,7); si dice anche jalad ruab, par- ri», come designazione del re, Lam. 4,
torir vento (ls. 26,18), e ancora niibal 20 130, e anche lob 27,3); in Is. 42,5
ruab, immagazzinare vento (Prov. II, rtiab è usato parallelamente a n"Jàma 131•
29), 'amai laruab, faticare invano (Eccl. Gli idoli non hanno vita (Abac. 2,19).
5,r5); r'ut rliìip (Ecci. r,14, ecc.); ra'- La presenza della ruap vivifica; Ez.
jon ruab (Eccl. l,17; 4,16) è l'affannar- 3 7,5: w•natattl bàkem rlìab wil_,;item,
si invano. «porrò in voi lo spirito, e vivrete»; ma
Dio manda il vento. Esso «viene per se Dio, che è <di Dio degli spiriti per
me», jiibo' lt (Ier. 4,12), reca affanno ogni carne» ('elohé hàrubot l'kol-bàsar,
(biiqa' al pi'el , Ez. 13,13), crea (biirii', Num . 16,22; 27,16), toglie ('iisaf, Ps.
Am. 4,13); Dio ne capovolge (hiifak, 104,29) la rf1ap, oppure se questa torna
Ex. 10,19) il corso, lo scatena ({wl, (Stib, Ecci. 12,7) a lui, allora sopravvie-
hif'il, Ion. 1,4), lo fa uscire (jii!ii'. hif' il, ne la morte. Lo spirito di vita, la forza
Ps. 135,7; Ier. 10,13; 51,r6), lo invia vitale 132 si conserva (1iimar, lob lo,12),
(màna al pi'el, fon. 4,8), lo convoglia rivive (paja, Gen. 45,27, oppure 1i1b,
(niihag al pi'el, Ex. 10,13), lo leva (nii- I Sam. 30,12; llld. 15,19), se ne va (ia·
sa' me'et jhwh, Num. 11,3r), lo spirn fii', Ps. 146,4), scompare (kiilo, Ps. r4;J,
(niifab, hif'il, Ps. 147,18), lo fa trascor- 7 ), languisce ('iifaf, come fa anche 1a
rere ('iibar, hif'il, Gen. 8,1), lo ferma n"SiimJ, Is . .n,16), si spegne (r/Jbl bub-
('iimad, hif'il, Ps. 107,25; v. anche Ex. bola, lob I7,1) '"· leber b•ruìip (Prov.
1.p1; Ps. 48,8). Il vento è rtiab ihwh 15,4) equivale alla perdita della /011.a
(Is. 40,7; 59,19); «tu - dice l'inno in vitale. Secondo 1 Reg. 10,5, la regina
Ex. 15,10 - hai soffiato col tuo alito»: di Saba rimase interdetta dalla mett\vi-
(triisaftii b'rupìikii); Ps. l47,r8; Is. 27, glia, w•/o'-hajd bah 'Od ruap, «e restò
8 121. senza fiato».
Vita (Ps. 31,6), par. nefel (lob 12,
ro; Mal. 2,15 s.); per l'espressione niJ-

li• Cfr. ~ n. u9. se si richiama a Is. 42,,, va menzionato a que-


12 1
In Gen. 7,22 forse è da leggere, con i sto proposito.
LXX, niJmal l;aii1m. m A questo proposito potrebbe richiamarsi
130 Anche nelle lettere di el-Amarna il tito- anche l'espressione pajjé rtJpi di I s. 38,16 ( cfr. ,·
lo con cui ci si rivolge al re è !ari balt1tiia, v. 16 h: to'hapajenl); ma il testo è incerto. .
«alito della mia vita»; cfr. J.A. KNUDTZON, 131 Questa interpretazione è richiesta dal par.
Die el-Amarna-Ta/eln (1911), Taf. 141,2; t43, jiimaj (= durata della vita); quindi il testo
1; 144,2; cfr. Iariia, «mio alito» (281,3). non può significnre «il mio spirito è smar-
m Anche ruap 'iidiim di Zach. 12,1, che for. rito».
1tVEÙµa, r.vEVµtti:~x6ç B I 1 btt·~ (F. Baumgartel)

mar beruab, «aver cura dello spirito», tit'attef rubi e il par. jiitomém libbi
nel senso di fare attenzione a non per- vuol dire sono indispettito (Ps. 77 ,4;
der vita, dr. nismar bene/es, «aver cu- 143,4, cfr. 142,4). Nello spirito alber-
ra deU'anima» (I er. I7 ,2! ), ni'fmar 1~ne­ ga lo smarrimento: b•zar rupi, par. b"-
/ef (Deut. 4,15; Ios. 23,11). In Is. 38, mar na/Jt (lob 7,rx); mar ruap (Ecclt1s
I 6 si legge /Jaiié rUpt, «vita de) mio 7,II), Jeber rtìab, par. k"éb léb (ls.65,
spirito»; ma il testo è incerto. 14); in esso si riscontra il terrore (lob
6,4), l'alterigia (Ps. 76,13; par. tebàh,
(3) Sede delle percezioni, delle fun-
zioni spirituali e della volontà (~ col!.
Dan. 5,20), Io zelo (rua!; qin'a, Num.
5,14.30), l'emozione religiosa (rtiap
876 s.).
ben, Zach. 12,10).
Sede delle percezioni e degli affetti. La ruap è la sede delle funzioni spi.
Dell'inquietudine interiore: .2 Reg. x9, rituali, dell'intelligenza razionale e re·
7 134 ; Gen. 41,8 e Dan. 2 13 (pii'am al ligiosa. La ragione (]oh J2,8) 138 ; J•'ar
nif'al : esser preso da inquietudine); ruab è un rimasuglio di ragione (Mal.
; riìa~ !Jokma, spirito di .rapien-
139
Dan. 2,1 (pa'am 11ll'hitpa'el); 7,15 (es- 2, 15)
sere smarrito: kr' all'itpe'al); oppres- za (Deut. 34,9); una saggezza straordi-
sione, amarezza (Gen. 26,35: morat naria (lett.: d'avanzo) è detta rual; /at-
ruab}; in I Sam. 1,15 una donna infe- tira' (Dan.6 14), par. manda' e fokt•tanu
lice è detta 'iHa qesat rtltifi 135 e in Is. (Dan. 5,I2); Daniele comprende i se-
54,6 una abbandonata è detta 'a~ubat greti divini perché «lo spirito degli dèi
ruap; in Prov. 15,13 e passim per indi- santi sta in lui» (ruab 'elahin qaddifin
care un animo prostrato si dice rua~ ne. bep, Da11. 4,5; 5,II, ecc.); spirito è ·pu-
ke'a; in Is. 61,3 rtla/.J keha è lo scorag- re il talento artistico (Ex. 28,3 ), la pie-
giamento, e in Ez. 21,12 al posto di na dei pensieri (lob 32,18), il progetta-
ruab si dice leb, per indicare un cuore re (I Par. 28,12). Uno «spirito superiore
spento (kàha al pi'el). La pusillanimità alla mia intelligenza» è rr'iap mibh1nà-
in Ex. 6,9 è qofer ruap, e la stessa ra- t1 140, cioè che sa più di quanto uno pos-
dice q~r assodata a rtiìib in I oh 2 r ,4 e sa capire (lob 20,3); )'incapacità di ca-
Prov. 14,29 indica l'impazienza. In pire e operare rettamente è uno spirito
Iud. 8,3; Prov. r,23; 18,14 136 ; 29,u; di smarrimento (ruap 'iw'im, Is. 19,
Ecc!. I0,4; Ecclus 4,9 si parla di animo 14). E ancora: i pensieri brancolanti
scontento e adirato {qwf). Ez. 3,14: al dei profeti (fa;. 13 3), la cnrenza di in-
1

divampar dell'ira (bapamat rtWb 131• Uno tuito religioso-morale (ls. 29,24: to'e·
che cerca di quetar la propria ira è mo· ruap, «coloro che errano nello spirito),
set b•rupo (Prov. 16,32). L'amarezza è ruìip tardèma, spirito trasognato (ls.29 ,
ruah sara (I Reg. 2 I ,5 ), che in Ecc/. 7' rn ). Sede del pensare religioso (par. lé-
9 è. indicata col par. ka'as (dispiacere). bab, Ps. 77,7: la rualJ va cercando, l;a-

m L'interpretazione di questo passo non è 134 Ma cfr. -)o col. 8 59·


ben chiara; dr. -)o VoLz, Geist r3. IJ'I Il significato tuttavia non è sicuro.
IJS A meno che, con i LXX, non si debba 14.l Così, giustamente, G. BEER, Der Tcxt dcJ
leggere q'!at iom. Buches Hiob (1895), od I. (a meno che il te-
136 Da leggere, con i LXX, m'pal/eht1. sto non sia corrotto). Secondo altri il signi-
m Tuttavia J. HERRMANN, Ezechiel (Komm. ficato sarebbe «lo spirito che viene dalla mia
A.T. I I [ 1924}), ad l., dice che «rt1ìi!J non intelligenza». Non si può accettare il signi·
è lo spirito del profeta, ma lo spirito che è ficato di ~spirito senza intelligenza» (leggen-
venuto in lui». do, con i LXX, mibbina).
'ltVEÙµtt, 7t'JEUµa:nx6c; B l 1 bP-1 (P_ Baumgartel)

/as al pi'el). Il vedere profetico (Ecclus durò lo spirito di lui», Deut. 2,30 qaJa
.~8,24). all'hif'il); atteggiamento ostile a' Dio
Nello spirito risiede la riflessione, la i1_1fedeltà: lo' ne'emna rubo, «il.suo spi'.
volontà, il carattere: l'atteggiamento di rito non è fedele» 143, par. lo' hekin lib-
volontà e di carattere in generale. La ho, «il suo cuore non è solido (Ps. 78,
disposizione attiva a una cosa, nodba 8); riial; z'minim, «spirito di lussuria»
rii!10, «generosità del suo animo» (par. (Os. 4,12; JA); ruab hat1um'ii, «spiri-
n<Jà'o libbo, «stimolo del suo cuore>>, to di impurità» (Zach. 13,2).
Ex. 3 5 ,2 I); la decisione della volontà
(hè'lr 'et-ruab, ler. 51,1; Ag. r,14; ·r i La ruaf; prodotta da Dio
Esdr. 1,1; I Par. 5,26, ecc.); la volo111à
deliberata (par. 'e.ra, Is. 19,3); i pensie- Dio è «il Dio degli spiriti di ogni
ri che salgono (ma'alot rubkem, Ez. 11, carne» ( 'elohé hiirubot l'kol-basar, Num.
5, riferito al v. 2 : 'a~at-rii'); quel che 16,22; 27,16); produce la forza vitale,
viene in mente (hii'ola 'al rrWb, Ez. 20, lo spirito della vita (ls. 42,5 e Ez. 37,
32); un diverso e migliore atteggiamen- 6: niitan; Ez. 37,5, bo', hif'il; Zach. 12,
to di volontà (ruab 'aberet, N11m. 14, 1: jiifar). Custodisce lo spirito (lob 1 0,
24); un uomo calmo di spirito (qar 12: samar) e questo ritorna a lui (Ecci.
ruab, Prov. 17,27); fiducia (ne'eman 12,7: sub). Lo spirito vitale, che è ruah
ruab, Prov. II,13); longanimità ('erek- della sua rilab, Dio lo ritira ('iisaf, P;.
rrlab, Ecci. 7,8; Ecclus 5,u); umiltà 104,29, cfr. v. 30). La vita sta in po·
Wfal-rt'ìab, Prov. 16,19; 29,23); alteri- tere di Dio (Iob 12,10).
gia (gobab-rrWb, Prov. 16,18, cfr. Eccl. Dio produce 1'i11qt1ietudi11e (2 Re~.
7,8); l'atteggiamento personale nel suo 19,7, niitan), l'emozione religiosa (Zach.
insieme (Prov. 16,2). 12,10, sàfak); dà la ragione (lob 32,8:
La volontà religioso-morale. L'attiva il parallelo nismat Stiddaj, «alito dell'On-
risolutezza (rual; 11'd1ba, «spirito riso- nipotente», sottolinea questa origine di-
luto», Ps. 51 1 14); nostalgia di Dio (pnr. vina della ragione) 144• Secondo Deut.
nefeI, ls. 26,9, siibar al pi'el); spirito 34,9, con l'imposizione delle mani si
contrito (ruab nisbiira, par. leb, Ps. 51, conferisce, oltre allo spirito di sapienza
19; dakk"'é-rfiab, par. ni'fb"ré leb, Ps. (ruiip pokma), anche la ruap divina. O-
34,19; s'fal-ruab e ruab sefaltm, par. pera di Dio è il talento artistico (Ex. .,.
leh nidka'lm, Is. 57,15 141 ; n'keh-rual;, 28,3, mala' al pi'el), l'incapacità di iii-'. ·<~
Is. 66,2); di chi non cerca di nasconde- tendere rettamente (Is. 19,14, miisa~~· . "::i
re i propri peccati ('én h'rubo r'miijd, 29,ro, niisak). L'intelligenza-dei segreti
«nel suo spirito non v'è doppiezza», divini, secondo i pagani, è opera degli
Ps. 32,2); rinnovo della volontà (ruah dèi (Dan. 4,5; 5,II, ecc.). Sono opera
l;adiisa, par. léb f;iidas 142, Ez.n,1 9 ; 18, di Dio i progetti (Ier. 51,1.II; Ag. 1,
31; 36,26); (rtWb niikon, par. !eh !ilhOr, r4; Esdr. 1,r.5; r Par. 5,26; 2 Par. 21,
«cuore puro», Ps. 51,12); indurimento 16; 36,22: sempre 'ur, all'hif'il), ed
(par. 'immèi 'et-l"biibo, «[il Signore] in . egli li fa anche fallire (ls. 19,3, baqaq

111Cfr. P. VoLz, ]esala n {Komm. A.T. 9,2


m 'eJ-'él è da espungere; cfr. H. GuNKEL,
Die Psalmen (Handkomm. A.T. II 2' [ 1926])1 -. :,''.
[1932)), ad I. ~i -~
. ~~:
H2 Cosi probabilmente è da leggere anc:hc Ez. Ht A meno che il testo non sia corrotto e il ....
n ,19, contro il T.M. ('ebàd) e i LXX ('aber); testo originario fosse r11i'ip 'él (cfr. Simm:tco);
rfr. H. CORNILL, Das Buch des Propheten Ez. in tal caso il passo andrebbe considerato sot-
(l886), ad l. to e) (-" col. 859).
'Jt'JEV(let:, 'itvwµa:·nx6c; B I r ca.·~ (F. Baumgartel)

al nif'al) 145 • A lui risale la volontà mo- parlare ispirato in genere. Le visioni
rale (Ez. II ,19, niltan) e l'indurimento sono presentate come opera della ruah
(Deut. 2,30, qasa all'hif'il) . in Ez. 8,3 (mar'ot 'elohlm) e rr,24
(bammar'eh berlìab 'elohtm) 147• ·
c) La riìap di Dio Il carisma del condottiero è opera
a.) La forza operante di Dio della ruab: Iud. 3,10; II,29 (hilja 'al);
ruì.ib è l'agente divino in generale: Iud. 6a4 (liibaJ); I Sam. u,6; 16,13
muove i cherubini (Ez. 1,12.20), San- (!iila/1; il contrario è sur in 16,14). 11
sone (!ud. 13,25, pil'am), mette in ope- condottiero carismatico è un <<Uomo in
ra forze fisiche eccezionali (lud. 14,6. cui vi è lo spirito» ('t.r 'afer-r11ab bo,
19; 15,14: r1ìlab 'al), mette in piedi il Num. 27,18).
profeta (Ez. 2,2; 3,24 : bo' be). La ruah mette in atto le forze demo-
La ruì.ib di Dio trasporta in estasi: niche (rrl~~ rii' a, «spirito maligno») nel-
Num.II,25.29 (nalan 'al); Num.u,17 l'uomo: !ud. 9,23 (Sàlap , mandare: il
(fim 'al); Num. 11,25 s.; 2 Reg. 2,15
soggetto è Dio); I Sam. 16,14 s. (la
(nua{l 'al); r Sam. 10,6.10 (falah 'al); nWb sopraggiunge all 'improvviso: ba-
r Sam. 19,20.23 (hàja 'al); 2 Reg. 2,9 'at); v. 16 (hàja 'al); v. 23; I Sam. 19,9
(haja 'al) . Lo stesso spirito porta in al- (hiija 'el); I Sam. 18,10 (siilah).
to (I Reg.18,12; 2 Reg.2,16; Ez.3,12. Nei contesti segnalati ~otto a.) i pre-
14; 8,3; II,1.24; 43,5: nafii'), rapisce dicati verbali indicano piuttosto quel
(Ez.3,14, lizqab), trasporta in altro luo- che di misterioso ha l'agire dello spiri-
go (2 Reg. 2,16, sillak all'hif'il; Ez. 8, to di Dio, mentre invece nei casi segna-
3; II,I.24; 43,5: bO', hif'il; Ez. 37,1, lati sotto P) si presenta la forza creatri-
jilfii', hif'il). L'estatico è 'is harua{>, uo- ce di Dio, che configura e caratterizza
mo dello spirito, par. hannabi, il pro- le cose mediante il dono della ruq{J.
feta.
La rt1ì.ip provoca il parlare profetico B) Senso specifico: forza divina crea-
o estatico. «In lui vi è lo spirito di trice
Dio» (rt1ab 'clòhtm bO, Gen .41,38; cfr. Forza divina che crea la vita fisica.
V. 39: hOdta' 'efOhim, «Dio (ti) ha fatto Dio stesso è questa forza (Ez. 37,9.10,
conoscere»); 2 Sam.23,2: rda/1 'elohim cfr. v. r4), e la infonde nel suo popolo
dibber bi, «lo spirito di Dio parla in (Ez. 37,14, niitan b'). par. b"riika 148 : Is.
me»; I Reg. 22,24, par. 2 Par. 18,23 44,3 (iil!aq), l'invia all'uomo (Ps. 104,
(diibar al pi'el + 'et); Num. 24,2 (ha;u 30, siilab). Essa si trova nell'uomo (bii-
'al); Is. 61,1 (ruiip 'alaj, « ...su di me»); 'adam, Gen. 6, 3) e si identifica col suo
Ez. II,_5 (nii/al 'al); Ioel 3,1 s. (Siifak respiro (n'siima, lob 27,3); Dio la riti-
'al); 2 Par. 24,20 (labaS). Con la ruah, ra ('ara/, I ob 34,14, in parallelo con
Dio provoca il messaggio profetico i4<1 11esama); essa crea il cosmo (Gen. l,
(Zach. 7,I2). In I Par. 12,19 (/iibaJ); 2 2) 149 e la vita che è in esso (rua/1 plw,
Par. 15,1 e 20,14 (hàjd 'al) è detto del Ps. 33,6, 'iisa; por. n'siima: lob 33>4,

m Il soggetto è Dio, come si · vede dal par. nwnte G. v. RAD, Das crsle Buch Mose, A.T.
'aballea'. · Deutsch 2' [ 1950] 37, e K. GALLTNG, De;·
m b'rllpo potrebbe anche essere un'aggiunta. Cbaraklcr der Chaosschilder11ng in Gen. 1,2:
117 Ma b•rua!J forse è una glossa. ZThK 47 [1950] 153·156; v. anche In hi·
143 Cfr. Mal. 3,rn. bliogr. ivi indicata); ma la traduzione appare
H? rua!J 'e/ohlm è inteso dl\ qualcuno nel sen- problematica, in quanto altrove rlJap è ben
so di «tempesta di Dio» (cosl anche recente· ::1.ttestato come principio creatore, e questo si-
miriiµa, 'ltVEUµu:nx6c; B 1 1 c~-y (F. Baumgartel) (VI,362) 860

'ii1a; Is. 32,15, 'iira al nif'al). 5; Zach. 4,6: opposto a pajil e koab; 6,
Forza divina che produce le capacità 8) 154, la santificazione (Ps. 51,13: ruaf>
spirituali. Dio riempie (mii/ii' al pi'el) qods4kii); opera la santificazione del po-
di sapienza (pokma, cfr. Deut. 34,9), di polo (Is.59,21 m; Ez.36,27, niitan; 39,
intelligenza (t"huna), di senso artistico 29, Jii/ak 'al}.
(da'at), di abilità (m'liikii, Ex. 3r,3; 35, Forza divina che giudica e salva. Con
31), di luce (nahirA), cli acume (sokl'tii- la riJab Dio compie il giudizio (ls. 4,4:
nu), di sapienza (pokma, cfr. Dan. 5, ruab mispii{, r(Jìip ba'er, «spirito di giu-
14). Forse qui si può richiamare anche dizio, spirito bruciante»; 30,28; lob 4,
lob J2,8, se in luogo di ruap hl, «è lo 9: rtiìip 'appo, par. niJmat 'eloah); ope-
spirito», si legge ruap ihwh (cfr. il par. ra dello spirito è la pienezza di beni pa-
niSmat sadda;. «alito dell'Onnipoten- radisiaci, la felicità materiale, la pace
te»). sociale e la sicurezza (Is. 32,15, 'ara al
Carisma dei profeti. miile'ti koab 'et- nif'al+'a/}. Essendo buono (rtiab foba),
rtìap jhwh umi'fpii! uf!bura, «SODO ri- esso guida (Ps. 143,10: niipa all'hif'il)
pieno di forza, con lo spirito di Jahvé, e indica la giustizia (Neem . 9,20: Dio
di senso di giustizia e di fortezza» come soggetto di niilan ). Dio pone il
(Mich.3,8) 150• In Neem.9,30 b•rtJbakii, .ruo santo spirito (rtiap qodso) nel ·cuo-
«col tuo spirito», è identico a b•jad n•- re del suo popolo (I s. 6 3,I I ) , che dalla
bi'éka, «con la mano dei tuoi profeti». sua rtWh è condotto alla quiete (Is. 6 3,
Il profeta appare come l'ispirato di 1 4 : he~iaM
156
• ·
Dio 151 in Is. 48,16 i.u.
Fornisce doti di perfetto signore IS.l, y) L'essenzn intima di Dio
La ruaf.> jhwh, che si posa su (mlap 'al} ruap designa Dio in quanto imperi-
qualcuno, crea la sapienza (pokma), l'in- turo e in quanto è una forza che con-
telligenza (bina}, il retto agire regale serva, al contrario di biifiir, carne (ls.
('éfd, lett.: consiglio), la fermezza (1(- 31,3); come il parallelo pene jhwh, «vol-
bfJra), la conoscenza e il timor di Dio to di Jahvé», ne indica l'ubiquità (Ps.
(da'at W 4 jir'at jhwh): I.r. II,2; cfr. ls. l 39,7) e l'insondabile potenza e sapien·
42,x (niitan 'al}, za creatrice (Is. 40,13), come pure lavo-
Spirito divino che produce forze mo- lontà imperativa (ls. 34,16), santa ed
rali. La riJaf.> opera il retto giudizio e.rigente. L'atteggiamento ribelle coµ~
(miJpà!) e la giustizia (fdiiqa, ls. 32, tro di lui è diretto contro «il suo santò
15: 'ara al nif' al+ al); infonde miJpàf spirito» (rtìaf.> qodfO, ls. 63,10: 'af_ ab
al giudice e gebura (forza} al guerriero al pi'el; Ps. 106,3 3: miirA ·all'hif'il); si
(ls. 28,6), una volontà fiduciosa (Ag. 2, parla della trascuranza dello spirito di

gnificato si adatta del tutto al contesto pre- ll,2.


sente. I~ L'interpretazione di rlW~ in Zach. 6,8 è
no A meno che 'et-~ ihJl)h non sia una controversa (forse equivale a 'spirito dell'ira');
glossa. personalmente, lo intendo come una promes-
l"il A. DILLMANN, Der Prophet ]esaia s, Kurz· sa, come fanno E. SELLlN, Dar Zwiilfp1opht-
gc:f. exeg. Handbucb z. A.T. (1890), ad I. lenbucb, Komm. A.T. u (19:z:i), ad l., e F.
m rub6 è compi. ogg.; ma può darsi che il Ho.RST, Die zwolf Kleinen Propheten, Handb.
·.'.
testo non sia originario (dr. l'ipotesi che sl A.T. 1 14 (19,4), ad l.
trova 'i n VoLZ, o. c. e- n. :r41 ], ad I., e in 155 Ma Is. .:19,21 è di difficile interpretazione;
J.A. BEWER, Texl/i:rilische Bemerkungen :t. A. dr. VoLZ, o. c. (-4> n. 141), ad I.
T ., in Festschr. fUr A. Bertholct (19.:10 ] 66). 156 Ci si deve attenere al T.M., contw le
m Cfr. D1LLMANN, o. c. <- n. 1,1), a 11. versioni; cfr. Votz, o. c. (- n. 141), ad 1.
861 (vr,~62) 7t\IEVµa, 7CVtuµrrnx6ç B I I cy-2 c(3 (F. Baumgiirtcl)

Dio (lo' rufl1, Is. 30,1), e in Mich. 2,7 piiw, Gen. 7,22 158, cfr.-+ col. 852); pa-
ruab indica la longanimità di Dio (ha- ralleli sono rual; 'eloaf; b•'app1 (lob 27,
qii!Of rfla/J jhwh ). 3) e niJmat pajjim, l'alito vitale di Ge11.
2,7, che Dio soffia nelle nari dell'uomo
o) rilap come essenza personale ( waj;ippap b•'appiiw ). Forza vitale data
I Reg. 22 1 21 par. 2 Par. 18 1 20 («si da Dio (ls. 42,5, niitan), che ha come
fece avanti uno spirito e stette innanzi parallelo kòap di Dan. 10 1 17 e I Reg.
a Jahvé», wajjefe' hiirtlab wajja'amòd 17,17; in Is. 57,r6 l'alito (al plurale:
li/ne ihwh): lo spirito scatena forze de- n•Jiimot, par. ruap) languisce e vien me-
moniche (leqer, lett.: di menzogna; cfr. no. Ogni vivente, kol-(han)n"sama:
-+col. 858). Ez. 37,9 fa distinzione tra Deut. 20,16; los. 10,40; n,n.14; I
ruab e Dio. Se qui si possa chiamare in Reg. 15,29; Ps. 150,6. Vita, par. 'orpii-
causa Is. 48,161 è dubbio (cfr. -+ n. tiik (il destino, lett.: i tuoi sentieri,
152)m. Dan. 5,23); in Ecclus 9,13 si parla del-
la vita che vien tolta, liiqal; ). Sede del-
2. n•sama (niimii') nell'A.T. l'intelligenza o dell'ispirazione (lob 26,
4).
Etimologicamente si ricollega a nii-
Iam, equivalente all'arabo nasama, sof- e) n•sama di Dio
fiare (in ebraico solo al qal: sbuffare,
ansare, Is. 42,14). a) Principio della vita fisica. «Il sof-
fio deil'Onnipotente m'ha dato la vita»,
a) n"siima in quanto respiro niimat saddaj t•pafjen1, par. ruab (lob
33,4). Dio ritira ('asaf) il suo spirito vi-
Is. 2,22: n'Siima b"'appo, «sul volto tale, par. rrlab (lob 34,14). niimat 'el è
di lui (scil. dell'uomo) spira un soffio»:
la forza creatrice nella natura 1 ~9 (lob
detto dello sbuffare, ansare. Del soffio
37,10, niitan); cfr. inoltre Gen. 2,7 (-7
dell'ira di Dio parla Is. 30,J3, e in que- qui sopra).
sto senso si ha un parallelo in lob 4,9
(rlìap, cfr.-+ col. 849) e in 2 Sam. 22,16 ~) Dà perspicacia all'uomo: sul pia-
(ga'arat ;hwh, cfr.-+ co1. 849). no intellettuale forse parallelo a ruap
jhwh, in luogo di riiab hi' (lob 34,14),
b} n•Jama nell'uomo sul piano morale cfr. Prov. 20,27: ner
Principio che vivifica il corpo. Alito ;hwh niSmat 'iidiim, «fiaccola di Jahvé è
vitale che si trova nelle sue nari (b"'ap- lo spirito umano» 100 (in questo contesto
157 Incerta è l'interpretazione di rtialJ nei pas- LXX; ma questa viene esclusa per motivi
si seguenti: Is. 11 115, dove ba'iiim non si filologici, cfr. H. CoRNILL, Dar Buch des
può spiegare, e nemmeno si può ricostruirè Propheten Et. ( 1886), a r ,20. Nelle correzio-
sulla base delle versioni (stando al contesto, ni che si sogliono apportare (rtìa!J hal,Jaiiòt o
si può supporre il significato di tempesta, co- rlia{J 'iil;at}, rual; sarebbe la volontà come
me suggeriscono anche i LXX, che traducono aspirazione, a meno che non si voglia desi-
con nvE.'.Jµa·n Pi.a~); Ier. 12 123: rtU;a non gnare «il fatto meraviglioso• piuttosto che
si può spiegare e il testo è incerto (i LXX, ~la sintonia del movimento»; cfr. -+ Votz,
traducendo fv µ~p~, hanno inteso eviden· Geist 44.
temente nel senso di 'pnrte', come quan- m Cfr. -+ n, Il9.
do, in Ex. 42,20, usano µtpoç per riiif{J; in m Se si tien presente il v. 9 e Ecclus 43,
E:r. 1,20.2r; 10 117 rtJafJ hafJaiia è 'lo spirito 20, si potrebbe anche intendere nel senso di
· dell'essere vivente'. Qui il contesto sembra lt!mpesta.
suggerire la traduzione 1tVEÙµ«X ~wTjç dei 1ro Almeno se il testo è in ordine! Forse si de-
miEuµoc, m1tuµa:nx6i;_ B 1 2 c~-u r (F. Baumgartel) (VI,36_;) 864

nismat 'iidiim equivale a nifoMI Jaddaj qd: Is. 32,15 ss.). Questa potenza, dun-
in lob 32,8). que, comporta una connotazione etica,
3. 'ob nell'A.T. come si vede in Isaia (30,r), il quale af.
L'etimologia è sconosciuta. Potrebbe ferma che dove si fanno progetti che
derivare da 'wb, equivalente dell'arabo stanno iil di fuori della rrWp jhwh, si ac-
'tiba, tornare, oppure accostarsi a 'ob cumula il peccato. La rtiaf; jhwh è una
Ji lob 32,19, che indica l'otre d'acqua forza che rinnova (cfr. Ps. 51,12 s.) e che
che dà un suono cupo.
mira alla creazione di una realtà religio-
a) Spirito di un defunto ( ~ col.
894) 161 , abbastam:a spesso o nito con jid- sa e morale. È in questo senso che la ru-
d" 0111, spirito divinatorio ( Lev. 19,3 r; l;f; jhwh riposa sul Messia quale nJiif; 'è-
20,6; De11t. 18,r r; I Sam. 28 18; Is. 8, !.1 ug•bura, cioè quale «Spirito di consi-
19; 19,3; 29,4; I Par. 10,13). Lo spi-
rito può essere nell'uomo (b•, Lev. 20, glio e di fortezza» e «spirito di scienza e
27). Una donna che ha potere sullo di timor di Dio» (run{J da'at w'jir'at
spirito di un de/unto è detta ba' alai jhwh, Is. l r,2); nello stesso senso essa
'r)b (1 Sam. 28,7).
si esplica mediante il Servo di Jahvé
b) Evocatore di spiriti di morti (sem-
(Is. 42,r ss.). La perfezione d'Israele si
pre in connessione con jidd"' onl): :r
Sam .28,3.9; 2 Reg.21,6; 23,24; 2 Par. effettua ad opera dello spirito di Dio,
33,6. il quale trasforma il cuore di sasso in
cuore di carne e cosl cambia il popolo in
II. Lo spirito di Dio una comunità volta a Dio (Ez. 36,26
1. Is. 31,3 dice: «Gli Egiziani sono s.) 162• Tuttavia sarebbe fuor di luogo
'iidiim, non 'el, e i loro destrieri sono pensare che secondo il profeta lo spiri-
basar, non r1Wb». biisiir è la fragilità ter- to di Dio dispieghi la sua potenza solo
rena, l'impotenza, che caratterizza l'uo- nel nuovo eone 163, poiché la trasforma-
mo ( 'iidiim ); ruìi{J invece è l'assoluta zione dcl popolo in vero popolo di Dio
potenza e maestà propria di 'et. Con ciò si verifica già nel giudizio n cui esso è
si esprime il carattere dimtmico inclu- sottoposto e che i profeti ravvisano al-
so nella riìa{J jhwh e che è riconoscibi- l'opera già nel presente, nell'attesa di
le in ciò che In rual; compie: lo spirito qualcosa di immediato. Is. 31,3 (come
di Dio cambia il deserto in paradiso e pure 30,1 ss.) si riferisce nello stesso
per opera sua il deserto diventa sede del tempo alla promessa e al giudizio, che
giudizio (miSpii!) e della giustizia (!•da- per il prnfeta sono entrambi e a egual

ve leggere no!er in luogo di ner; cfr. Biblia Abwehr im A.T. [ 1912] 10) o assicella vi·
l-lcbraica, KlTTEL 1 e B. GEMSER, Spriiche brante (H. ScHMIDT, '()b, in Fcstschr. fiir K.
Salomos, Handb. A.T. I 16 (1937), ad I. Marti [I95:z.] 253-261).
l~t Incerte sono inveçe altre interpretazioni,
M2 Cfr. inoltre Jr. 4,2 ss.; 44,3; 7.m·b. 12,10.
come 'oggetto con cui si evocano gli spiriti
dei morti' (A. ]IRKU, Die Damone11 11. ihre 16) Cfr. facHRODT, Theologie II' ( r948) 26 s.
ltVEuµa, itvrnµa:nxoi; B n 1-2 (F. Baumgartel}

titolo un'opern presente dello spirito di è bensì oggetto di esperienza, ma non


Dio. si può scandagliare. Il tempo e il modo
Quel che in linea di massima è chia- della sua azione restano sconosciuti. I
ro, anzitutto nell'ambito della profezia termini e gli oggetti della profezia sono
classica, è questo: la ruaf.i jhwh è una indeterminati; la loro diversità, anzi la
potenza di ordine morale: potenza atti- loro contradditorietà, non si può appia-
va, poiché è l'opera di Dio tendente a nare con tentativi di armonizzazione.
un fine religioso-morale; potenza in at- Nella rrliib ;hwh è, o diviene, rintrac-
to in Israele, in quanto è una potenza ciabile l'aspetto dinamico, mentre la sua
storica. Infatti la trasformazione nella logica è oscura. Essa è effetto libero,
condizione nuova, la creazione dello non computabile, della volontà di Jah-
spirito nuovo (ruaf.i f.iada1o, Ez. I1,19; vé. Il tempo e il modo rientra nei se-
r8,31 ; 36,26; cfr. Ps. 51,12) avviene greti del 'piano' di Dio; ciò che è si-
ad opera del giudizio di Dio · che si curo è il fatto che la potenza divina
compie nella vicenda storica, e questa è all'opera.
trasformazione significa ad un tempo la
fine e il compimento della storia d'I- La seconda caratteristica clelln rtliif.i
2.

sraele. Ciò equivale a negare che esista jbwh si può capire chiaramente alla Ju-
una forza divina la quale riempie il C'! di quanto dice lo scritto sacerdo-
mondo in senso politeistico: una forza tale: «Lo spirito di Dio aleggiava sul-
siffatta appare come una fuga dal vole- l'acqua» (Gen. r,2). Anche qui la ruap
re personale di Dio, dalla sua maestà jhwh è concepita come un principio di-
assoluta, e quindi come resistenza a namico e creatore. Ciò che importa ri-
Dio, come peccato. Con ciò si viene pu- levare innanzitutto non è la volontà o-
re a negare che nell'uomo possano es· perante di Dio che compie la creazio-
ser presenti in forma abituale delle for- ne del mondo (dr. Ps . .33.6), ma piut-
ze divine, a differenza di quanto avvie- tosto la provenienza di ogni essere vi-
ne nella religione egiziana e babilone- vente, di ogni vita fisica, da questa po-
se, in cui il re è l'incarnazione della tenza. La rua!J jhwh è il principio fi.
forza divina. In Israele non si ha una sicam~nte vivificante che opera parten-
divinizzazione dell'uomo, il quale è in- do da Dio (Gen. 2,7) 164• La ruap jhwh
vece sottomesso a questa forza, e non .implica la vicirnmza alla parola di Jah-
si identifica con essa, giacché è bafar, vé (d•bar jhwh ; cfr. l'espressione «e
non rt1ap. E ancora: la rtWb ;hwh, es- Dio disse»): Dio crea «con lo spirito
sendo espressione della volontà di Dio, della sua boccn» ( b"riiab piw, Ps. 3 3 ,6,

164 Cfr. Gen. i.,7: 11iJmat. /.Ja;;im con Gen. 6, 17: rt?."i}J }Jajjim.
'JtvEÙµa, miwµrx:nxoc; B 11 2-3 (F. Baumglirtel)

par. bidbar ihwh ). Inoltre con la sua la sua ruaf; Dio abilita all'agire nazio-
ruab Dio conserva il creato: se egli ri- nale-politico, suscitando nel popolo dei
chiamasse a sé la propria ruìib o nesama, capi carismatici quando ancora non e-
ogni carne morirebbe (lob 34,14; cfr. siste una monarchia ereditaria; tali ca-
Ps. 104,29 s.). «La ruafi 'èl mi ha crea- pi sono, per es., Otoniel (!ud. 3,10),
to e la nismat Jaddaj mi dà vita» (lob Gedeone (6,34), Jefte (rr,29), Saul (r
33,4). Sam. I 1,6). Anche su David viene, con
Anche sotto questi punti di vista la l'unzione ad opera di Samuele, la ruìib
rual;i jhwh è una potenza divina e per- ihwh (r Sam. 16,13). Anche in questo
sonale che opera creando. Ciò equivale caso essa non è comprensibile a rigor
ad escludere la fede in potenze divine di logica o computabile, ma compatte
come quelle postulate da una concezio- i suoi doni dove vuole e a chi vuole.
ne del cosmo e degli eventi naturali che Vi sono uomini a cui nessuno mai ha
è insieme panteistica, mitica e mistica. fatto caso e che, sotto l'azione della
Non vi sono forze della natura imma- ruab, si presentano all'improvviso CO·
nenti e divine; la natura - a differenza me capi.
di quanto avviene nelle religioni circo- Speciale insistenza si pone nel sotto-
stanti - risulta privata di potenza e di- lineare il carattere improvviso e inquie-
vinità. Anche qui la potenza divina tante che l'azione della ruìif> riveste nel-
creatrice è potenza liberamente elargi- l'estasi. L'estatico è 'ls haruaf> (Os. 9,
trice. Ma è pure vero che, ancora una 7 ). La rtiap ;hwh balza sopra Saul (folafi
volta, essa è imperscrutabile, anzi in- 'al) facendolo andare in estasi (I Sam.
quietante. Infatti il dono della rtWp ha zo,6.ro). La forza gigantesca di Sanso-
dei limiti precisi (Gen. 6,3), e non si ne erompe all'improvviso nello stato di
.;
può sapere quand'è che Dio ritira il suo commozione estatica operata dalla rtììJI;
'alito'. La forza divina si avverte e si ;hwh (lud. J4,6.19; 15,14: anche qui
sperimenta, ma non si può capire. Que- si legge l'espressione fala[J 'al). In Num.
sto è fondamentale. u,24 ss. (doc. E) l'azione dello spirito
viene meditatamente articolata: Dio
3. Altra ancora è la maniera in cui prende una porzione dello spirito che
Israele sperimenta la rual;i jhwh che è in lui, la comunica ai settanta an-
mette in atto la storia: qui si avverte ziani, e questi vanno in uno stato di
la mancanza del momento religioso-eti- estasi che si trasmette come per conta-
co tanto rimarcato per l'innanzi 165• Con gio. All'estasi fanno pensare anche quei

165 Per l'autocoscienza israelitica esso è certa- un'istituzione sacrale; cfr. G. v. RAD, Der hl.
mente presente, poiché la guerra santa è Kl'ieg im alten Israel (19~x) 29-33.
1tVtuµa, r.vEVµtt"t'Lx6c; B u 3-4 {F. Baumgartel)

passi nei quali si dice che la ruìib jhwh fondi le proprie radici nel mondo cir-
è causa del parlare profetico o del ra- costante.
pimento (~ col. 8 57 ). Anche qui la La profezia classica ha rilevato da
ruab jhwh si palesa come potente ef- questo ambiente il pensiero della rliiib,
fetto divino imprevisto e insieme irre- togliendo la ruap divina dalla sua neu-
sistibile, e addirittura di carattere de- tralità religiosa ed etica e concependola
moniaco. La dinamica della rrWb jhwh come azione determinata dalla volontà
è ben percepibile, ma non se ne può della potenza personale divina tesa ad
comprendere né il fondamento logico un ·fine. ruiip jhwh indica l'operare del-
né il tempo. l'unico Dio nella storia e nella creazio-
ne, quell'operare che, per quanto impe-
4. Queste osservazioni ci portano sul netrabile ad una intelligenza logica, ri-
terreno della fenomenologia religiosa mane pur sempre un'operare di Dio.
comparata, poiché anche nelle religioni In tal modo ruab jhwh può indicare la
circostanti si conoscono queste opera- stessa natura intima di Dio e la sua
zioni della potenza di Dio. La vera ma- presenza 166•
trice dell'estasi difficilmente andrà cer- Un tempo alla parola di minaccia di
cata in Israele e, del resto, nemmeno Michea gli avversari avevano ribattuto
nelle altre religioni semitiche, ma as- chiedendo se lo spirito di Jahvé fosse
sai più nell'ambito delle religioni in- di corto respiro (haqii!aT ruap Jhwh,
doeuropee. Non è, certo, un puro caso Mich. 2,7). Una volta passato il giudi-
che l'ebraico per dire 'spirito' e 'ven- zio sul popolo, la fede sta salda nel
to' ricorra al medesimo termine, cioè ritenere che la ruap di Dio non è 'trop-
a rtW[J (~ coll. 848 ss.). Il vento è po- po corta' e che, nonostante ogni appa-
tente, di una potenza che lo rende ir- renza in contrario, Dio è presente nella
resistibile; ed è misterioso: «Il vento sua ruab quale dominatore della storia.
spira dove vuole; tu ne senti il rumo- Dio mantiene la promessa per la quale
re, ma non sai né donde venga né do- la sua rlJab ha configurato la storia e la
ve vada» (Io. 3,8 ), ed è ciò che le po- porterà al suo fine. La ruiip jhwh, in
tenze misteriose e imperscrutabili hanno quanto agire salvifico di Dio, potente
in comune col vento. Le potenze divine e irresistibile, diviene una forza soccor-
sono un sofjio, una ruab di Dio, e nelle ritrice: <di mio spirito è in mezzo a
altre religioni sono conosciute come for. voi; non abbiate paura!» (Ag. 2,5);
ze e potenze divine salvifiche o rovino- «ciò avverrà non per la potenza e per
se. La fede nella rtltJp fo sl che Israele af- 1a forza, ma ad opera del mio spirito»

tlo6 Cfr. Ps. 139,7 1 dove rtiìi!J jhwh è usato in parallelo con p•ne jhwh.
7tVEii11«, 7tVE~µ«·mc6:; B 11 4-C 1 1 (F. Baumgiìrtel)

(Zach. 4,6); lo spirito di Dio torna a mente 'ltVEvµa (277 volte) 167; altrove
radunare tutto il suo popolo (Zach. 6, ct\IEµoc; ( 5 2 volte) 168, tluµ6c; (6 volte),
7tVOlJ (4 volte). In vari passi i LXX ren-
l ss.). La riW!J ihwh pone il sigillo del-
dono rtWb con altri termini: à.vEµ6q>~o­
la fedeltà di Dio al suo patto (ls. 59, poc; ( Os. 8 ,7 ), civi}p ( Prov. 17,22; I 8,
21). 14), alµa. (lob 6,4), ljlux.1) (Gen. 41,8;
Ex. 35,21; Ecclus 7,II), voiic; {ls. 40,
5. Ancora un cenno a un tratto che 13), q>p6Vl)cnc; (los. 5,1). Per il resto
si osserva nella concezione della rulib si ha li.vi}pw7toc; 6 1tVEUµrt:tocp6poc; per
'1s hiiruab (Os. 9,7), 'lt\IEuµa'toq>opEL-
ihwh in Israele. Spodestando le pote- o-òa~ per Jii'af ruab (Ier. 2,24), 1'uµoiiv
stà e le forze cosmiche, l'A.T. ha an- per qfr rua{1 (lob 21 A), µa.xp6ihJµoc;
corato il principio demoniaco all'unica per 'erek ruab (Eccl. 7,8) e per qar-
vera forza, cioè alla ruap ;hwh. Questo
ruap (Prov. 17,27), µa.xpoihJµla. per
'erek niab (Ecclus 5,u), 7tpa.uihJµoc; per
può tradursi in atto quale spirito ma- s•fal-ruap (Prov. 16,19), àva.miEi:\I per
ligno (rda!J ra'a, Iud. 9,23; I Sam. 16, heiib ruap (lob 9,18), ÒÀ.LyotJiuXEL\I per
14 ss.; 18,10). In fine, questa rrlab tiiqt1f ruap (Ecclus 4,9), ÒÀ.Lyoljluxla
per qofer ruab (Ex. 6,9 ), 6)..ty6ljJuxoc;
;hwh si trova contrapposta a Dio come per 'afubat ruab (Is. 54,6) come pure
ipostasi; in r Reg. 22,19 ss., infatti, 'lo per dakkii' uJ•fal ruap (Is . .57 1 15 ), q"fal'
spirito' esce dalla schiera celeste che r!Jaf; (Prov. 14,29) e rt1a{J neké'a (Prov.
18,r4), -ra.'1tm16cppwv per Jefal rt1af;
sta intorno a Dio e si offre 11 divenire
(Prov. 29,23), xa.xocppoa'Vv11 per gobap
uno spirito di menzogna nella bocca dei rrUI; (Prov. 16,18), iia"Uxtoc; per nekéh-
profeti. In una situazione affatto simi- rual; (ls. 66,2), crxui}pw'ltaSEL'll per rlJiJp
le lob r,6 ss., per indicare la personi- n•ke'a (Prov. 15,13), tpl~ELV per morii
rtWb (Ge11. 26,35 ), crxÀ.1)ptl i)µtpa. per
fìcazione di questo spirito malvagio, rbat ruab (r Sam. r,15), 'tÒ 8EtÀ.L'116V
usa il concetto di 'Satana', che è la voce per rua!J hajj6m (Gen. 3,8), à.\la-roX1)
sotto la quale va trattata questa specia- per rlWp haqqiidim (Ez. 42,16), µlpo~
per r/Jap (Ier. 52,33; Ez. 42,20).
le concezione israelitica deilo spirito (-)
ot<X.~oÀ.oc; II, coli. 926 ss.). b) Per n•Jama (o nilmà') si ha soli-
tamente 'ltVOTJ ( 14 volte). Con '7No1} i
C. SPIRITO NEL GIUDAISMO
LXX traducono anche niJmat r/Jah in
Gen. 7 ,22. Altre volte nesama vien. tra-
dotto con tµ'lt\lfov (Deut. 20,r6; Ios. 10,
I. 'lt'Vti:iµa. nei LXX 40; I l , I I.14), con fµmlEUO"Lt; (Ps. 18,
l. La traduzione dei termini ebraici nei 16), con itveiiµa. (I Reg. 17,17; Dan. ''
LXX .23, LXX; Dan. 10,17, LXX, Teodoz.;
lob 34,14, dove l'ebraico ha rtWb insie-
a) Per tradurre ruap si usa ordinaria- me con tlsiima), con wµ6ç (Is. 30,33),

1~1 Compresi Daniele (Teodt>Z.) e l'Ecclesia- Sitach (1906), ad I.


stico, Non è preso in considerazione Bcclt1s
39,28, dove un originario rt21Jot è solo un'ipo- JtS Compresi Daniele (Teodoz.) e l'F..cclesla-
tesi; dr. R. SMEND, Die Weisheit des Jems stico.
7t\IEVµa., 1t\IEUµa:nxbi; e I 1-3 (W. Bieder)

con ~wl) (Ecclus 9,13 ). (Sap. 2,3) . Il re Sedecia si chiama «il


nostro alito vitale, l'unto di Jahvé»
e) 'ob è tradotto di solito con Èyya.· · ( miEuµa. itpouw'ltov l)µWv xpicr'tòc; xv-
CT't"plµvi}oc;. Per il resto 'ob corrispon- plov, Lam. 4,20) m.
<le a oÌ tx 'tTJc; yijc; q>WVOUV'tEç (I S. I 9,
3; 29,4), a i}EÀT)'tl}c; (2 Reg. 21,6, nel b) La forza vitale può momentanea-
cod. A dei LXX; 23 1 24), e a eÀÀ.T)v (2 mente ritirarsi (Dan. 10,17, LXX; Iu-
Reg. :2.1,6, nel cod. B dei LXX). dith 14,6) e poi ritornare (!ud. 15,19),
F. BAUMGARTEL riaccendersi (I Mach. 13,7), esser ripri-
stinata (1 Ba.a-. 30,12).
2. 1t\IEÙµa. come vento e) In quanto spirito cosmico, il it\IEU·
Per questo significato ~ coll. 777 s. e µa edifica e riempie il mondo e lo tie-
-7 coli. 849 s. Tra i passi singoli sonri ne unito (Iudith 16,14; Sap. 1,7). In
semplicemente da ricordare Ion. 4,8 169 Num. 16,22 le parole 'él 'eliihe harfJbot
e I er. 4,u 170 • l'"kol-biisiir, <m Dio, Dio degli spiriti di
ogni carne» (scil. di tutti i viventi), so-
no tradotte con i}Eòc; bEòc; mEVµa'tWV
3. miEuµct. come soffio vitale 171 (-7 coli. xa.t 1tliO'T)c; aapx6c; (cfr. 27,16), dove
852 s. e~ coli. 861 s.) una designazione del Creatore - com-
a) Non proviene dall'uomo (2 Mach. prensibile per il richiamo al racconto
7 ,22), ma da Dio (lob 2 7 ,3 ). Dio lo della creazione - cede il passo ad una
diffonde e ne dispone (Dan. 5,4, LXX), formula nella quale il mondo terreno
lo sottrae (<ivoc'X.aBei:\I, Tob. 3,6) m e e materiale vien contrapposto a quello
allora l'uomo muore (Bar. 2 17; Ecclus1 celeste degli spiriti, pur rimanendo sem-
38,23). L'uomo può togliere a un altro pre vincolato alla fede nel Dio unico.
il soffio vitale (J Mach. 6,24) e rendere Cfr. Is. 31,3, dove i LXX evitano il
il proprio (&.7ttOW)U'., 4Mach. 12,19), dualismo sostituendo rtia{J con f3o1)itELtx.,
ma non è in grado di riprenderselo mentre Aquila, Simmaco e Teodozione
( aV<XO'-tptcpn, Sap. I 6,14 ). Alcuni pen- traducono alla lettera con mEvµa.. _In
sano che l'alito vitale salga in alto 2 Mach. 3,24 si ha una designazione di
(Ecci. 3,21), altri che vada perduto Dio trascendente, che prescinde dalla

IS) Dato che il vento infocato viene dall'o- m In lob 7115 i LXX non rendono alla
ri<'nte, nei LXX si tralascia <li tradurre qadlm. lettera il testo ebraico: àmlXÀà!;ew; a'ltb
m1E6µa.-.6c; µou -div lfiux'h'll µou; in queste
17•1 1tVt\iµa. n>..a.v/iutwc;, in eh.r. rtJafJ ~ap
parole la morte è, alla maniera ellenistica,
(vento infocato). Simmaco ha 1tVEiiµa xa.U-
separazione dell'anima dallo spirito della vita.
O'W\10~ e Aquila 'ltvEiiµa. Àa.µ~6voc;. Il tra-
m Nei loro commenti Origene e Teodorcto
duttore <li Geremia fa uso abbastanza spesso presuppongono Xpl.<T'tb<; Kùp~oc;; cfr. l.L. SEE-
della radice "JtÀ.av- per rendere parole rare LIGMANN, The Septuagint VerJion o/ Isaiah:
(dr. 23,32; 23,17). Lo 'spirito della seduzione' Medeellingen cn Verhandelingen 9 (1948) 25;
gli è ben noto. Cfr. anche I Io. 4,6 e Os. 4, ~ IMSCHOOT, L'esprit de ]ahvA source de vie
12: miruµa.'t~ 1tOf>YE~ lnMr.~ua.v (dr.
495. Per xùpto<; come nominativo dall'abbre-
Os. ,M). viazione xu, dr. A. RAHLPS, Genesis (1926)
111 Per la provenienza di questa concezione 21. Aquila ha mEuµa µux-tnpwv i'}µWv, Sim-
dall'Egitto, cfr. In denominazione di «aria maco 'ltVai) µuxTi]pw\I 'l'JµWv. Le fonnulazio-
pe1 ogni naso con cui si respira., data al re ni vanno probabilmente intese in senso mes-
d'Egitto e- lMSCHOOT, L'esprit dc ]ahvé sinnico (M. HALLER, Die /iinf Megilfoth,
so11rce de vie 493). Handb. A.T. I 8 [1940) ad l.).
1tVEUf.t!t, 1tVEUµ!t•mt6<; eI 3•.5 (\VI. Bieder)

materia: o-.wv 7tVEuµ&:-i-wv xat it6:1TJ)ç clus 39,6). In Is. II,4 7tVEuµa. e À.6yoç
É~oucrlm; ou\16:CT'tTJ<;, «Signore degli spi- sono in parallelismo, fatto che si è vo-
riti e di ogni potestà». In lob r2,ro, luto spiegare come un'interpretazione
'afer Viado nefeJ kol-biii w"ruab kol pre-gnostica di stampo stoico del testo
besar-'is, «nella sua mano sta l'anima di ebraico 175• Similmente in Prov. r,23.
ogni vivente e lo spirito d'ogni carne In Is. 29,ro Dio inebria con lo spiri-
dell'uomo», i LXX rendono: ~v XE~pt to dell'intontimento ( 7tVEuµa. xa:ta.vu·
a:vTov '1ivxiJ it6:v-.wv -rwv ~wv'twv xa.t l;Ewç) 176• Tob. 6,8 parla dello spirito
7tVEUµa. 7tCX.VTOç civfrpW1tOU, riducendo la malvagio.
fede nel Creatore universale, che com-
prende insieme uomini e animali, al rap- 5. 7tVEuµa. come capacità spii'ituale, de-
porto antropologico di Dio con la forza cisione, disposizione dell'anima (-7
vitale, morale e spirituale dell'uomo. col!. 853 ss. e 858 ss.)
d) Alla fine dei tempi Dio darà il Dio riempie di talento artistico (Ex.
mit:Oµa. quale forza che opererà la resur- 28,J) e dona l'intelligenza (lob 32,8) 177 ;
rezione, allo scopo di ridar la vita al eccita la volontà dei Giudei di costruire
popolo d'Israele (fa. 37,6.14) 174• In 2 (x Ecrop. 2,5) 178 • mir::uµa. è la sede di
Mach. 7,23; I4,46 si ha chiaramente la tutte le funzioni dell'anima (Sap. 5,3;
fede nella resurrezione individuale. Dan. 3,39.86; Tob. 4,3). La piena dci
pensieri (-.b TIVEvp,a. -.1]c; yacr-.p6c;, I ob
4. 7tVEuµa. come potenza sovrumana di 32,r8) opprime l'uomo. Lo spirito del-
benedizione e di punizione l'uomo può esser privo di intelletto
Il saggio è ispirato dal 'ltVEtiµa. (Ec- (lob 20,3) 179, oppure riceverlo in dono

171 Cfr. A. BERTHOLET, Hesekie(, Handb. A. vov) in 17,22; fhiµOc;, ò>.tyòt!Nxoc; in 18,14.
T. I 13 (1936) ad I. I LXX non pensano a In I ob 32,8 i LXX hanno a>..)..à 'lt\IEVµii lcnw .·•.
Dio che crea mediante il suo spirito, ma pre- b ~po'toi'c;, e Simmaco 7tVEiiµa DEov. In lob
sentano il 1tVEvµa come indipendente, facen· 33,4 rtlnl;i-'èl è tradotto con 'ltVEVµrx bEi'ov dai
done una forza creatrice divina, che a cia- LXX, con r.vEii~ux Dtov da Simmaco. In Is.
scun uomo è data come «possesso ereditario» 57,16, secondo il testo ebraico, rt1ìJI; sembra
(--. BARRE'IT, Gospel Tradition r9) per il tem- essere il principio vitale che languisce; ma i
po della sua vira. LXX pongono l'uno accanto all'altra il dono
11s Cfr. SEELIGMANN, o. c. (--. n. 173) u9. divino dello spirito (m1Evµa) e la mo1) in
175 tardèma è tradotto con xa-ca.\lu~ewc; sotto senso biologico: nvEuµa yiìp 7tttp'iµou i!;t-
1'infiusso dell'espressione olvoi; Xct"t!lVvl;ewc; ÀEUCTE'\'ct~ xal 1tVOTJV 1tcXO'ctV tyw l1tol11au..
di "' -59,5 i vedi SEELIGMANN, o_c. ( -> n. 171) Cfr. anche la trasformazione in senso antro·
53. Cfr. G. BERTRAM, «Religiom> in der Bi- pologico di quanto 1)1 102 (103),r6 dice, sul
bel: Kirchc im Angtiil 12 (1936) 100 s. fiore e sul vento, con intento biologico: lo
111 La mto1r oLotiO"Xoucr« è parallela a TCVevµa., spirito non fa che passare attraverso l'uomo
dr. 2 Ecrc5p. 19 ('ltVevµa + lmµap-cuproitm) e non si trattiene in lui.
e I lo. 2,27. In Prov. I5A i LXX sono in· m Nel v. 6 il 'lt\IEVµtx vien ripreso con vovc;.
dipendenti dal T.M. e leggono: ta.crt.c; yÀ.wcr- m Già i modi di tradurre il testo ebraico dif-
U'l)c;... 6 ot CT\IV'tTJpWV a1'.J"t1)v TCÀ.TJCT!h'iCTi:."ta.t feriscono: «Tu mi dài in risposta del vento
'ltVtuµa't'oc;. Nei PIOverbi rl1ilp è tradotto con senza intelligenza» (C. STEUERNAGl!L, in
r.ve\iµa. solo qui; negli altri passi si ha 'it'loi); KAUTZSCll; «lo spirito dalla mia intelligenza
cfr. mu"tbc; l>t nvon (Aquila e Simmaco: 1tVtv· mi dà risposta» (G. Hl>LSCHER, Dar Buch
µa't'L) in Prov. u,13; avS~b-; oÈ ).U'i'CTJ!)O:j Hiob, Handb. A.T. I 17' (19,2] ad l.). Si
(Aquila: 'ltVEuµa itEnÀ11yµivov; Simmaco: vede bene che, nell'espressione f1' -ri'jc; cru-
"tt"C'a.newwµtvov; Teodozione: xa.'l'avEwyµt- vtcrewi;, la preposizione f1' può esser tradotta
Bn (v1,368) it\JEVµ«, mlEVIUX-'tLXOc; e I 5-7 (\V. Bieder)

(Sus. 45, LXX). Mediante lo spirito del- quanto il popolo eletto ( 'lt\IEuµa. xa.L-
la ragione (-i-@ 'ltVEvµ<X"t"~ "t"Ou À.oyLcrµou, v6v, Is. 44,3; Ez. u,r9; 36,26), river-
4 Mach. 7,r4, cod. A) l'uomo può ringio· serà del suo spirito (bGXEW, Ioel 3,r) ed
vanirsi 1ro. Il coraggio (Iudith 7,19; Bar. effonderà lo spirito di benevolenza e
3, 1) viene meno ( &.7tò auv-rp1~ijc; 7tVEU- di misericordia (Zach. 12,rn: itvEuµa.
1.1.a."t"oç, Is. 65,r4) 181 e ritorna (r Mach. xapt-ro<; xa.t olx-ttpµou). Lo spirito e-
I 3,7 ). L'uomo viene oppresso nello spi- scatologico verrà dall'alto, e sarà con-
rito ("t"Ò 'ltVEliµcx. O'"UVOXWPOUµe:voc;, 4 cesso a tutta la comunità (ls. 32,r5);
Mach. n,u), è abbandonato alla sua come una forza personificata 184, esso sta-
cupidigia (Ecclus 9,9) 182 • rà ( Éq>É<T"t"'r)XEV) nel mezzo della comuni-
tà rinnovata intorno nl tempio (Ag. 2,5 ).
6. 'ltve:Gµcx. come dono escatologico (~ Il servo eletto sarà portatore del 'ltVEU-
coli. 914 ss.) f.ll1. (Is. 42,1) e lo spirito riposerà sopra
il profeta (Is. 6r,1).
Dio agirà «con spirito di giudizio e L'uomo che non può fuggire innanzi
con spirito d'ardore» (Is. 4,4: ~v 7t\IEU- allo spirito di Dio (lfl 138,7) e che con-
µrx:n xptO"EW<; xat 'ltve:uµcx·n xava-Ewc;), segna il proprio 1t\1Euµa. nella mano di
ucciderà l'empio «con lo spirito delle Dio (tf/ 30,6) anela ardentemente alla
labbra» (Is. n,4): Èv 7tvEuµcnt oLa XEt- salute messianica, al 'ltVEuµa O'W't'T)plru;
ÀÉwv); con un sol soffio (E:vL 'lt\IEUµ<"l:t"L) (Is. 26,r8).
egli può abbattere e col suo alito pos-
sente può schiacciare (Ù7tÒ 'lt\IEuµcx.'toc; 7. "lt\IEGµrx. nell'Ecclesiaste
ouvaµe:wc; O'OU, Sap. II,20). Il respiro
del Signore che giudica è pari all'acqua La problematica espressione r'ut
che precipita attraverso una gola (Is. rtìap (1,14; 2,u.17.26; 4,4.6; 6,9) nel-
30,28). Egli toglierà di mezzo lo spi- le versioni esaplari viene resa con \loµi)
rito impuro (~~a.pw, Zach. r3,2). Nel- (~6CTX1)<TL<;) &.véµou, e nei LXX con
l'epoca futura della salute lo spirito ra- 7tpocx.lpECTL<; 1t\IEUJ.l.c.t't'oc;. Nella versione
dunerà insieme gli animali (ls. 34,16) 183 • che i LXX hanno dato dell'Ecclesiaste,
Dio porrà il suo nuovo spirito su tutto 7tvdjµa. è sempre un concetto antropo-

o con 'senza' o con 'da' (provenienza). Cfr. UU In luogo di 'tlll 'Jt\IEVµa'tt O'OV Clemente
lob 16,3, dove è incerto se si parli di un di- Alessandrino e i latini leggono a:tµai:L, che
scorso vano, sventato oppure di parole ripiene ~ BmtTON, Spirit 144 n. x considera ori-
di spirito. LXX: µ'l't 'ta;Lc:; tO'i:lv fniµaaw ginario; dr. I. LÉVI, La Sagesse de Jésus,
miEVµa.'toc;; in 20,3 la traduzione greca (Teo- fils de Sirach: Revue des Etudes Juives 35
dozione) sembra aver questo significato: «Un:1 (1897) 48-64. R. SMEND, Die Weiiheit des Sir.
correzione a mia vergogna dovrei ascoltare, e (r906) 86, in Ecclur 9 19 legge diimlm, cfr. lob
uno spirito senza intelligenza mi risponde» 6,4: ò lhi1.iòc; aù-rwv httl'JEL µov i:ò aIµa (te·
(7tatlit:la:v tvi:ponfic:; µov &:xouuoµm, xat sto forse corrotto, per miEvµa). Aquila ha
mlEvµa lx 'tijc; O"VVfoEwc:; iinoxplvEi:al µoL). miEuµa; Simmaco Ò.\Ja:1t\Jo1).
180 In lob r.s,2 i LXX leggono <1uvfotwc; 18J P.ROCKSCH, o. c. e~ n. 125), ad I .. rife·
mitvµai:oc; e sembrano aver presente (a dif- risce aò'taç non agli animali del deserto, ma
ferenza del testo ebraico) anche la ragione alle profezie che si compiono. Invece ~ VAN
che vien data dal 1tVEvµa. IMSCHOOT, L'esprit de ]ahué source de vie
m Per h 65,14 cfr. 66,2, dove in Aquila si 499 intende: «e il suo soffio li ha radunati».
fogge 1tE1tÀTJy6-.cx -tò 1wEuµa., in Teodozione m Del mi•vµcx personificato, che viene da
>V1t~6µtvov xapol~, nei LXX "i)crux~ov ; Prov. Dio e sta davanti a lui, si parla in 3 Bcxcr 22,
17,22; 18,14 (cfr. ~ n. 177). 11 e forse anche in lob 4,15.
879 (vt,369) ?:VEVµct., 1tv€Vj..lO:'nKO~ e I 7-8 b (W. Bieder)

logico-psicologico. In due passi ( .5, I 5; ci si dovrebbe chiedere se l'autore non


II ,4) si dice espressamente 0.vEµoc;. intenda distinguere il principio vitale
Cosl la 1tpoa.lpEcn<; 1tVEuµa.-i-oc; (o xap- proprio di Dio dalla vita effettiva, per
ola.c;, 2,22) è l'insieme delle aspirazioni affermare l'impotenza dell'uomo di fron-
e dei pensieri autonomi e perciò erronei te all'uno e all'altra.
e ingannevoli, l'arbitrarietà dello spirito
umano m. b) Dal 'JtVEiiµa inteso quale principio
vitale dell'uomo va distinto il 7t\1Euµa.
8.1tVE0µa nella Sapienzt1
che si identifica con la ~ O"ocpla. 188 • Es-
so non raggiunge l'uomo all'inizio della
a) 1t'llEU~~a in quanto principio vitale vita, ma gli vien dato grazie alla pre-
dell'uomo. L'autore, che sembra scrive- ghiera (7,7; 9,17). Questo nvtvµa., se-
re ad Alessandria nel sec. 1 a.C., ha pre- condo 7 ,22 s. 189 , è la forza intellettuale
so da Erasistrato, che insegnava nella (voEp6v), capace di conoscere in forma
stessa città, il concetto di spirito vitale chiara (crmpÉc;) e acuta ( òt;u) e, non
(1t\IEVµa SW'tLX6V) 186, che gli può esse- essendo legato a un luogo o ad un tem·
re stato suggerito anche da Gen. 2,7 po ( EÙxlvl]'tOV ), è in grado di penetra·
(1t\IO'ÌJV SWijc;). Questo spirito vitale ap· re ( 'tpa.vbv) gli oggetti con la sua forza
partiene a Dio, il quale lo insuffla ( l 5, sottile (Àrn-.6v) - universalmente effi-
n) o lo dona (15,16). Quello che in C<KC quale è ( noÀvµEpÉc;) - senza es-
tutti gli esseri animati vive per il tem- serne toccato ( àn-fiµav-.ov ). Essendo
po della loro esistenza non è un alito, una siffatta forza intellettuale, il 1tVEV·
che se ne va (2,3) 187, e non è nemmeno µa è volto al bene (cp~}.~ya.~ov), pu·
(nonostante la a'Jt6ppoLa. di 7,25 1 coi SUO ro da ogni macchia (&.µ6).uv-.ov); nel·
timbro panteistico) parte di uno spirito l'atto stesso in cui si volge al bene, esso
universale nel quale ritorni l'alito vitale mira a far del bene (EÒEpyE-..~x6v) agli
di ogni vivente; ma è l'incorruttibilità uomini ( <p~À~v~pW7tO'll, cfr. l ,6 ). A dif•
di quel Dio che si riversa nei singoli ferenza dell'alito vitale, esso non è in
viventi (dqi~ap-.bv CTOV TIVEOµa., 12,1). tutti, ma compenetra gli uomini che
All'atto della morte l'uomo perde il pensano, che sono moralmente puri e si
proprio alito vitale {16,14), ma viene aprono a lui nella preghiera 190, e che
ammesso alla incorruttibilità ( àq>i}a.p· in forza della loro attitudine al 7t'llE0µa.
O'la., 5,15; 2,23). In 15,rr e 16,14 la son detti 1tVEuµa.-.a. ( 7 ,2 3 ). La possibi·
i!Nx'l'i sembra equiparata a "ltVEuµa; ma lità di pensare e la forza di prendere de-

JS5 Cfr. G. BERTRAM, Hebr. 11. griech. Qo- Esprit dans l'A.T .: RB, N.S. 47 (1938) 39 n.
helet. Ein Beitrag wr Theologie der beli. Di- r. In Ecc/111 14,3 la sapienza procede dalla
bcl: ZAW, N.F. 23 (1952) 26·49. bocca dell'Altissimo e copre wç oµlxl7J la ter-
il6 ~ VERBEKE 22,.236. ra: il TtVEuµ~, che come un alito proviene
dalla bocca di Jahvé, si concretizza in una
m Cosl dicono gli empi, i quali forse vanno nuvola oscura che si stende sulla terra.
identificati con gli Epicurei. lr.9 Del 'ltvEiiµ~ si predicano 21 attributi ( ""
I~ mlEVµa O'Oip~ (7,7), q>~Mvi>plù1"0V yàp 3 x 7!}; cfr. K. G . Ku11N, Exegelische un.i
mrEiiµa uocpla. ( 1,6 "); le parole fo··nv (.rei/. TJ tcxtkritischc Ammerkungen t. Buche der Weis-
a'Oq>{a) yCÌp· EV avtji 'ltVEi:iµl'J. (7,22) possono brit: ThStKr 103 ( r931) 448.
essere intese in senso riflessivo: la sapienza HO ÀE'l'l'tO-t1hwv non dovrebbe riferirsi solo
è in se stessa 1"VEiiµa. P. H EI NISCH, Das IJuch alla immaterialità dello spirito, ma anche allo
dcr Weisheit, Exeg. Handb. z. A.T. 24 sun capacità di aver accesso a quelli che
(1912), ad {.; P. VAN lMSCHOOT, Sagesse et pregano.
TIVEuµa, nvwµa·nx6ç e I 8b {W. Bieder) (vr,370) 882

cisioni morali ( voEpwv xa.i>apwv) pre· dopo esser stato presentato quasi co-
sente nei 'ltVEuµo:"t'a. è per se stessa ef- me indipendente, venga trasferito in
fetto del 7tVEVJm che li compenetra e Dio e sottomesso alla volontà di Dio
che fa vedere il concreto volere di Dio che liberamente l'invia ( 9,17 ). II 1t\IEU·
che dev'essere tradotto in atto (9,!7). µet &uvap.Ewç di 5 ,2 3 probabilmente
Penetrando (xwpEq nei 'ltVEuµcno:, il non è la forza naturale del vento ga-
'ltVEuµcx. manifesta la proprio superio· gliardo 194 , ma lo spirito vendicatore di
rità su tutto ciò che è umimo: esso è Diol?S.
libero da affanni ( àµÉpLµvov) e da qual- Nella Sapienza il 'ltVEÙp.cx. è una realtà
siasi insicurezza cd insuccesso umano che dipende da Dio, e tuttavia è eleva-
WÉ~c:nov, <Ìcrcpo:À.Éç); le sue possibilità to al rango di entità in qualche modo
non hanno limiti ('lt!X.vnovvo.µov ); in- <lutonoma. Se ~i tratti di una realtà più
vigila su tutto (no.vE'ltlcrxonov) e tutto materiale o più immateriale, è un pro-
sente {1,7). Quest'energia superumana blema al quale non è possibile dar ri-
dalle caratteristiche intellettuali ed eti- sposta 196• Infatti l'autore, che si collo-
che sta in un rapporto unico con Dio ca nella tradizione giudaica, quando
(µovoyEvÉ<;), al quale appartiene come vuol parlare dell'azione del 'ltVEuµo:, de-
cosa sua propria (&yLov). Salomone è ve render testimonianza al Dio 'imrna·
il saggio che ha domandato di avere il teriale' e insieme annunziare che questo
1t\/Euµo: uocpla.ç ( 7 ,7) e cosl è divenuto Dio ha agito e agisce tuttora concreta-
1t\1Euµcx. egli stesso. Egli conosce anche mente nella materia. Il 'ltVEUJ.ta. parte-
le possenti energie degli spiriti ('Jt\IEV- cipa sia della superiorità di Dio rispet-
p.&:twv ~l~, 7,20) 191 , dal momento che to al mondo, sia della sua presenza at-
conduce una vita eticamente irreprensi- tiva nella storia; perciò può esser detto
bile 192 . Il 'lt\/Euµa., infatti, essendo spi- indifferentemente intellettivo (voEp6v)
rito di disciplina ( 'ltVEUµo: 'ltctLOElo.ç, I' e sottile (À.E1t't6V). L'autore si serve di
5) 193, non ha nulla in comune con il ma- un vocabolario ispirato in gran parte
ligno. In tal modo il nvEuµo: divino e il alla Stoa, ma se ne distingue in. quanto
1tYEuµo: puro dell'uomo stanno in rap- sottolinea la superiorità spirituale di
porto reciproco. Dio, il quale crea il singolo vivente e
Poiché nella sua funzione cosmica comunica al suo 'lt'VEVµa una· superiori-
(~ coII . 832 ss.) il 1tVEuµo: rappresenta tà rispetto al mondo. In ogni caso, il
l'attività divina nel mondo, viene ad 'lt'VEuµa identico o1la ~ux1J e quello
assumere una certa autonomia iposta· identico alla crorpla. compaiono l'uno ac-
tica. Ma l'autore non si prende la bri- canto all'altro senza essere ben armoniz·
ga di definire sistematicamente le sue zati. Quando distingue due it\/Euµa:to:
idee, e questo spiega come il m1Euµa, dati da Dio, l'autore può ben risentire

1~1 Salomone è il capo dei maghi, cfr. G. ad I.: «...sarà ripieno dello spirito di biasi·
SALZBERGER, Die Salomosage ;,, der semitì- mo». Per Sap. 1,5 e i rapporti con 7,7; 9,17
schm Lit., Diss. (1907) 92-129. cfr. Is. 63,10 e ]. F1cHTNER, W/cishcil Solo-
19!«Prima di peccare, Salomone dominava mos, Handb. A.T. II 6 ( 1938), ocJ. I.
i demoni maschili e femminili», dr. SAL7.· m Cosl ~ BUJlTON, Spirit r41.
DERGER, O.C. (~ n. 191) 93· IQS F1cnTNER, o. c. ( "°'
n. 193), ad I., pensa
l?I ~VAN IMSCHOOT, n.c. (""' n. 188) 44 in I' che lìUvaµi.; sia una perifrasi indicante Dio,
5 legge cosl : &yLov yàp 'ltVEU!..ta itixtllElm;... e rimanda a Ml. 26,64; dr. inoltre Is. 4'4:
EÀEYX~O"E't'llt («sarà respinto»); K. SIEG- n -,4.
FRIED, in KAUTZSCH, Apokr. 11. Pseudepigr., IQ6 ~ V1rn11EKE 232.
883 (v1,370) 'lt\IEVµa, 7t\IEUµct1'~'XO(, e I 8 b-ll I c (W. Bieder) (vr,371) 884

dell'influsso di Erasistrato e della distin· :ierea, quale vincolo il più connaturato


zione da questi posta tra il 1tVEuµa SW· ( crvµcpvÉa'"t'cx.-roc; oEcrµ6ç, rer. div. her.
-rLxov e il 'ltVEuµrJ.. iJ;uxLxov; tuttavia la 242). Esso si muove dal centro alla pe-
tradizione giudaica - con la concezione riferia e di qui ritorna al centro (Deus
del 1t\1Evµrt quale spirito vitale - e lo imm. 35) 201 • Anche nell'immensamente
scopo educativo, ch'egli ben vede quan- grande la terra è principalmente com-
do considera la sapienza come guida, paginata dalla forza della sostanza ae-
lo inducono a riconoscere che il 7tVEiJ1.1.rt rea unificante (op. mund. r 31: ?tVEvµa-
cosmico svolge nel mondo una duplice "oç Évw·nxou 8vv6.µe:L) 202 • Qualsiasi ma-
attività, che ridonda a bene sia dell'in- teria è permeata dal i.ve:vµa., e questo
tera umanità sia della cerchia degli e- dipende dal vovc;, che è l'elemento gui-
letti. dn (1Jyeµovtx6v) clcl!'anima (fug . 182).
e) Nell'ambito della psicologia, il
II. 1tVEUµIX 7t\IEVµet ha la sua importanza quando ci
nel giudaismo ellenistico si chiede che cosa sia veramente l'ani-
ma. L'essenza dell'anima, per Filone, è
1. Filone tanto il sangue quanto il 'ltVEuµcx. (det.
a) TCVe:vµa designa l'elemento supe- pot. im. 80.84). Egli distingue l'anima
riore 197 dell'aria (ebr. 106), la quale re- irrazionale, che l'uomo ha in comune
sta proprietà di Dio 198 , anche quando con gli animali, da quella razionale, che
la usa l'uomo (sacr. A.C. 97) 199; desi- è \jluxn \jJux;ijc; (rer. div. her. 55) e che
gna pure il vento (~ coli. 777.849), lo fa diverso dagli animali. L'essenza
con la sua buona mescolanza (op. mund. dell'anima irrazionale sta nel sangue;
41; Abr. 92), la sua instabilità e violen- l'anima razionale, in quanto è dell'uo-
za che consentono un'applicazione mo- mo, viene identificata col 7tve:uµcx. (det.
ralistica (leg. all. 3,53; som. 2,85.166), poi. ins. 80-84). L'idea degli Stoici, che
e ancora il respiro dell'uomo e degli ani- definiscono l'anima 1tVEvµcx. ~\li>Epµov,
mali (spec. leg. 1,338) 200• è fatta propria da Filone, per il quale
però nvi}Epµov xa.t 'ltE7tUpwµtvov 7tV€U·
h) In dipendenza dalla Stoa, per Filo- 1.1.a non è la sostanza materiale 203 , ben-
ne quel che dà compattezza al legno e al- sl la copia e l'impronta della forza di-
la pietra e conferisce loro struttura (E- vina: 't'U'ltOV ·w.i<X xa.t X<XP<XX't'Tjpcx.1}Elcx.c;
!;Lc;) è il 7tVEuµa, inteso quale sostanza 8waµEwc; (det. pot. ins. 83 ), dal mo-

m Quando distingue tra elementi inferiori ad analogia della voce dell'uomo per comuni-
e superiori, Filone dipende con ogni proba- care la rivelazione e formato nell'aria, il qua-
bilità da Crisippo, il quale nel dualismo ari- le.>, xaMJtEp 'ltVEU~ta. 8~à O'cX).7t~yyoc;, può
stotelico di materia e forma introduce la di- raggiungere i vicini e i lontani (decal. 33).
stinzione di <T"l'O~XE'i:a lìpa<r'ttx<i e 7talh1,.~xa; 21!1 «Che si ripiega su se stesso con un mo-
cfr. ~ VERBEKE 238. vimento di tensione, di concentrazione» (--+
1~a Filone non identifica mai nvEuµa con Dio,
FESTUGIÈRE 212).
ma rispetta rigorosamente la trascendenza di-
vina. m --+ BuRTON, Spirit 142 rende Tt\IEiiµa con
I'» L'elemento dell'aria in quanto tale dev'es·
«vento (aria?)». Ma vi sarebbe da chiedersi
srrc distinto dall'idea di aria, la quale si se qui non si tratti della sostanza aerea che
chiama nvEuµa l;t..i1'txi:.1'fct'fOV (op. mund. dn consistenza ai corpi, anche a quelli terre-
29 s.). stri.
20J Dall'alito umano va distinto il suono fatto 21J3 ~ BuRTON, Spiri/ 1,8.
885 (v1,37r) 1tVEvµa, rcvwµa:nxo<; C II 1 c-d (W. Bicdet) (VI,37r) 886

mento che l'uomo è un 1'7EoEtoèc; 011- 1tvc:uµa. da 'lt'JotJ: il primo è dato al-
p.toupy11µ<.t e un cpui:òv oùpci.vtov (det. l'uomo celeste, l'altra a quello terreno.
pot. ins. 84). Questo 1t\/Euµrx. sta fo a-
nalogia con Dio creatore, poiché, essen- La distinzione si riallaccia a Gen . r ,2
do Àoytxòv 1t\1Euµa. (spec. leg. l,171 ), e 2,7, e gli serve per illuminare Ia dif-
genera i pensieri e cosl si accosta all'or- ferenza puramente quantitativa del do-
gano generatore, svolgendo una funzio-
no dello spirito divino fatto all'uomo
ne ?naloga alla sua, ma su un piano s~­
penore; spec. leg. l ,6: ... 7tpoç ... yE- celeste e a quello terreno. Il soffio
\IE<1LV ... 7tetpE<1XEVCt<1'tCtL ÈyxapotO\I ( 'ltVOTJ) è poi una emanazione (d'ltO·
7tVEVµa VOl}µa't'W\I.
qiopa), e questo sta a indicare che Fi-
d) Dallo spirito inteso come copia lone, pur facendo distinzione tra 1t\IEV·
della forza divina si deve distinguere
il 1t\/Euµa i>Eiov, che è stato inspirato µrx. e 1t\IOlJ, non intende opporre l'uno
nell'uomo (op. mtmd. 135: 8 yà.p ÈvE- all'altra, tant'è vero che in Gen. 2,7 in-
cpvcrl)a-Ev, OÙOÈV rjv ~'tEPO'il 11 'lt\IEUµa. terpreta ÈvEq>UcrTJ<TE\I con E\IÉ'ltVEUO'E\I
i>Eio'il, «quello ch'egli inspirò altro non
era che lo spirito divino) ed è pene-
(leg. alt. x,36).
trato in lui (7to),J... ov pvÉv-roc; dc; aò-.òv In un caso il 1t\IEVµC1. i>Ei:ov appare
-cov i)dou 7t'VEuµa.-roc;). L'uomo, essendo come oggetto dell'azione divina (op.
un essere ragionevole, è 'lt'VEuµa, e quin- mund. r 3 5) e in un altro come una spe-
di riceve anche un 7tVEvµa divino che cie di realtà che fluisce per forza pro-
gli viene inspirato. Cosl pensando, Fi- pria (op. mund. 144). Con ciò la visio-
lone si tiene nel solco della dicotomia ne teistica di Filone risulta influenzata
tradizionale, che concepisce l'uomo co- dalla speculazione sapienziale giudaica;
me un composto di natura terrena (yEW· quando infatti interpreta la pioggia del-
arie; oùcrlet) e di mEi:lµrx. iMov. Tutta la manna come simbolo del nutrimento
quanta la vita dell'anima è nell'uomo della sapienza, pone il presupposto per
un dono divino. intendere il 1t\1Evµcx, equiparato aila sa-
Il 7t\1Euµa. è ricevuto sia dall'uomo pienza, alla stregua di un flusso 205• Ma
questo flusso spirituale hn una rilc-
celeste (leg. ali. r ,42) 204 che da queilo
vama non fisico-magica, bensl etica. Il
terreno (leg. ali. 1,31). La purezza in- dono divino del 'lt\IEUJ.La. è uno dei beni
temerata del vovç celeste (som. l,146) ( ò:ya.M) che Dio mette a disposizione
lii spiega proprio in quanto egli è stato di tutti gli uomini, allo scopo di ren-
derli partecipi della virtù (lcg . all. 1,
fatto partecipe del 'ltVEliµ.a. (leg. alt. r, 34) 2()6, di indurli a cercare lui con zelo,
42 ). In leg. all. I ,42 Filone distingue come pure di rivelare la pienezza della

2JJ Contro J. DuPONT, G11osis. LA Connais- soggiace la concezione di uno spirito di sa-
sance re/igieuse dans Ics Epilres de Saint pienza che vien riversato sui mortali dotati
Pouf, Universitas catholica l.ovaniensis. Dis- e li ispira~ (H. LEWY, Sobria Ebrielas. Un·
scttationes ad gradum magistri in facultate tcrsuchungen zur Geschichte der antiken My-
theologica n 40 (r949) 173 s., bisogna tener stik, Beih. z. ZNW [r929] 56).
fermo che in leg. ali. r ,42 l'uomo celeste è
colui che riceve il ~veuµa. m µE-touala non significa 'possesso', come
205 Vedi ad es. Ecclus 39,6; «Al paragone del- tn•duce Heinemann (L. COHN-L HElNEMANN,
la sostanza della sapienza con un liquido... Philos Werke m [19r9] 27).
1t\IEV1l«, 1tVWµtz:tLX6<; C li l d (W. Biedcr) (VJ,372) 888

ricchezza divina introducendoli in que- manda dove sia la patria dell'anima, gli
st'ambito etico. Grazie al 1tVEuµa. che Stoici rispondono che l'anima va dis·
gli è dato, l'uomo animato da questo ze- solta nell'elemento dell'etere 208 • Se è
lo conosce Dio (leg. ali. r,38); tuttavia qualcosa di meglio di un alito celeste,
lo conosce come l'inconoscibile 2117 , il il 'itvEuµa. l'}Eiov si sottrae per natura al
che significa che la conoscenza di Dio si dissolvimento di cui parlano gli Stoici e
estende al puro fotto che egli è (som. si colloca a lato di Dio.
r ,231; ->II, col. 496). In Filone è presente anche un'altra
Quando tenta di descrivere il m1ev- linea, nella quale il 'ltVEiiµa iMo\I si col-
p.a. ~Ei:o\I, Filone da un lato si studia di loca a fianco dell'uomo: l'essenza della
enunciare la natura profonda di questo parte più eminente dell'anima, che è il
TtVEiiµa., mentre dall'altro non riesce vouc:;, può esser detta 'JNEuµa. DEtoV (rer.
a liberarsi dal concetto caratteristico div. her. "t'i)v oiJcrlav •.• "t'OU o'i)yEµov~~
della filosofia, in particolare dello stoi- xw-ra<tou 7tVEuµa ~Etov ). Essa però si
cismo. In gig. 22 ricorda due tentati- chiama cosi solo allorché l'uomo porta-
vi di precisare il Tt\IEUµ« iMov: secon- tore dello spirito si è deciso sul piano
do alcuni esso è il terzo elemento, se- etico per il bene, dimostrando di appar-
condo altri è la ~1tLcr·d1µ1) alla quale ha tenere alla categoria di coloro che <(vi-
parte il saggio. Filone non prende po- vono veramente mediante l'alito divino,
sizione, ma sì limita a dichiarare che che è la ragione» (rer. div. her. 57). Di-
per lui il Tt\IEuµu. ìM'ov risulta chiaro stinguendosi da coloro che «vegetano ad
a partire da Ex. 31,2 s., dove i LXX opera del sangue e nei piaceri della car-
usano i concetti di sapienza, intelligen- ne», un tale uomo fa sl che il suo 'ltvEu-
za e conoscenza ( croq>la., ·o-uvEcrtc;, hu- µ<1., identico al vouc;, appaia quale 'lt\IEv-
O""t'TJµ1) ). Filone intende chiaramente ri- µa DEto\I. La divinità della ragione si
ferirsi alla già menzionata identificazio- fonda sul dato etico, ma anche sulla
ne di croq>la. e -:tVEuµa. (->- col. 886). sua origine, poiché essa è «un'autentica
giacché in gig. 27 dice che il Tt\IEVµa. è impronta di quel 7tVEVµa. divino e invi·
'tÒ C1ocp6v, -rò ~Ei:oV' "t'Ò &...µT]'tOV (indi- si bi.le» (p/ant. 1 8) ( ~ col. 926 ).
visibile), "t'Ò aOta.lpE"t'OV (indiviso), -rò Ma, nonostante l'uso di questi con-
!i<T"t'Eiov (eccellente), -rò 1t<i-v<tn oL'o)..w-v cetti, Filone non cade nel panteismo:
bt7tE'lt).l)pwµÉvov (quello che al tutto piuttosto colloca il 'TCVEVµa. iki:ov a lato
riempie di se tutte le cose). Pur serven- di Dio identificandolo col À6yoc:; divino,
dosi in parte di concetti stoici, Filone che egli distingue dal À.6yo<; immanen-
qui non propone affatto una concezione te 201 qualificandolo come atSLoç. Ne
panteistica, ma asserisce che Dio ac- consegue, in sostanza, che il Tt\IEuµa
corda ( 'ltpoCT"t'Eitlv) il 'JtVEvµa. al vovc:;, che costituisce l'anima razionale è im·
e che l'uomo ottiene di aver parte (IU- pronta della forza divina, e che, a sua
-ra.oo~lv) al Tt\IEVµa indivisibile. Essen- volta, il itVEVµa. che l'uomo riceve co~
do una forza onnipotente (plani. 24), il me essenza razionale eticamente orienta-
Tt\IEuµa. l'}Etov è uno dei beni (cì:yaa&.) ta è irradiazione della natura divina.
divini. Per Filone, esso è un «alito ce- In che cosa consiste dunque la differen-
leste, anzi qualcosa di meglio di un za tra questi due Tt\IEuµa.'t<t, sé entram-
alito celeste» (spec. leg. 4,123). Con ciò bi provengono da Dio? La loro distin-
egli traccia una delimitazione. Alfa do- zione accenna ad una incoerenza di

7J7 H .A. WoLFSON, Philo (1947) Il 110-126. 2119 Wou•soN, o. c. (-+ n. 207) 1 J2'·332.
:?<~ WoLPSON, o. c. (-) n . 207) 1 400.
889 (VI,37<} 1t\0Euµa, TC\OfVµa·nx6<; e li I tl-2 {W. Biccler}
pensiero percepibile sl, ma inspiegabile? 'saggi' il mondo della illuminazione co-
smica e queJlo della profezia divinn
e) Filone parla deJlo spirito profeti- vengono a contatto, e anche se non si
co (---+ coli. 8 57 .867 ss. ). In ciò egli di- possono ridurre a un denominatore co-
mune, tuttavia quanto a origine si pos-
pende dalla critica mossa da Platone sono comprendere solo a partire dal
/ alla mantica apollinea dell'ispirazione e Dio che trascende il mondo. Benché,
oppone lo spirito profetico al vouc; (rer. per la terminologia, Filone si accosti
da un lato a11o stoicismo panteistico
div. her. 26 5) 210 • Come Platone ha scel- e dall'altro a uno gnosticismo dualisti-
to il filosofo quale interprete dell'entu- co, tuttavia dal punto di vista del con-
siasta (---+ coli. 813 s. ), cosi Filone in tenuto non è né panteista né dualista,
quanto esegeta allegorico, si ritiene in ma un giudeo, cioè un teista etico di
formazione greca, per il quale il razio-
possesso dello spirito ispiratore (som. nalismo d'ispirazione pneumatica rag-
2,252), il quale ha il suo prototipo in giunge il suo limite nell'estasi profeti-
Mosè (vit. Mos. 2,251 s. 259.263-265. ca. L'elemento nuovo che l'uomo come
essere razionale riceve col m1e;Oµa divi-
268.272.280.288.291: si noti la perio- no, adombra la realtà pneumatica che
dicità dell'ispirazione!). accenna a un mondo rivelato da un Dio
trascendente. Quando l'uomo come es-
f) Il mie:uµoc divino per eccellenza, sere razionale riceve il 7t\1Euµa divino,
quello che viene ricevuto soprattutto questo dono lo porta a vivere nell'atrio
dall'uomo che a ciò è chiamato, è il di una realtà divina e pneumatica, che
7tve:uµa 1tpOcpl}nx6v. Se per Filone la agli eletti viene accordata nell'estasi
profezia è la più alta forma di cono- profetica.
scenza 211 , tra essa e la forma inferiore
vi è questa differenza decisiva, che la 2. Flavio Giuseppe
conoscenza superiore è resa possibile dal
\IOU<; grazie al dono del 'lt\IEUµa: ~ELo\I, L'uso linguistico di Giuseppe è appa-
mentre l'altra non può essere attuata dal rentato con quello dei LXX e di Filone.
vouc;, il quale dev'essere supplito dal Nel sangue ( alµct) è contenuta sia la
7t\1Euµet Ttpoq>l}"t~x6v. Nel passaggio tra t!;uxl} sia il miEvµa. (~ col. 884; ani.
due epoche, in Filone si scontrano due ,3,260 ). Di 7t\leuµa. è costituita l'anima
mondi, nel primo dei quali l'uomo ar- di Ester (ant. J 1,240; ~ coll. 876 s. );
ricchito del dono di Dio si muove in- esso è anche ln sede della passione hel-
contro a lui nella sua ragione e serven- Jicosa ( &p1)~o\I 1tVEuµrx, beli. 3 ,92 ). Co-
dosi di essa, mentre nell'altro l'uomo me nei LXX (r Sam. 16,23), cosl anche
ispirato da Dio viene innalzato in una in Giuseppe Saul è posseduto da uno
sfera che alla pura ragione non è ac· spirito maligno (TtO\IYJpbv miavµa.). Ma
cessibile. Filone non ha intrapreso un questo o è parallelo di 5a.iµ6vttt (ant.
tentativo sistematico di far coincidere 6,2II), oppure, con un'espressione mol-
fra loro i due mondi, ma si limita ad al- to più chiara che nei LXX, è detto Sai-
lineare, l'uno accanto all'altro, il 1t\IEU· µ6v~ov 7t\1Euµa. e designato come un es-
µa cosmico e quello profetico. Nei sere intermedio ( ibid. 2 14 ). I 8ett(.Lo\1Let

2W Sulla. spaccatura tra il rnzionale e il pncu- nltchristliche Hiiresie: ThZ 5 (1949} .p9-436.
nrntico cfr. anche G. Qu1sPEL, Pbila ti. die 2!1 \X'OLFSON, () . r. (---+ n. 207) II 2I .
TI\IEuµa:, 1t\IEVjl<X:nx6<; e li 2 (W. Bie<ler) . III 2 (E. Sjobcrg)
vengono identificati con gli spiriti (rcvEu· 2. Gli angeli e gli spiriti maligni
µa-.et.) dei malvagi morti (bell. 7,185;
'"""'7 u, coli. 764 s.). Viceversa l'ètyyEÀ.oc;
Gli esseri che appartengono al mon-
iMoc; è equiparato al 1tVEuµri ilE~ov (ant. do celeste - angeli e altri servitori di
4,108) 212 • Per designare lo spirito ispi- Dio - possono chiamarsi spiriti, con una
ratore, Giuseppe non usa quasi mai designazione corrente nella letteratura
apocalittica 214 • Gli angeli sono spiriti
l'espressione 7C\1Evµa (-.ou) i>Eou e, quan·
do lo fa, indica sempre i profeti bibli- immortali, che risiedono nel cielo (Hen.
ci del passato (per es., ant. 4,119). Usa
aeth. r5,4.6s.; 61,12; ro6,I7). Una
classe speciale di angeli è costituita da-
invece 7tVEvµcx. iM:ov, e con ciò sottoli-
nea che la norma profetica è scomparsa
gli spiriti degli elementi (spirito del
dalle visioni del presente. Zeloti ed Es-
vento, spirito della pioggia, spirito del-
seni, quando pronunciano vaticini (~
la neve, ecc.), che presiedono ai diversi
fenomeni della natura e li guidano se-
7tpoqn'}•t"l')c;), non hanno nulla a che fare
condo il volere di Dio (Iub. 2,2; Hen.
con lo spirito di Dio 213 • L'espressione aeth. 60,14-21; 69,22; 7,5,5; 4 Esdr. 6,
'!t\IEÙµct'toc; tmi}fov-roc; di Gen. 1 ,2 fa 4 I). Gli angeli decaduti hnnno lascia-
pensare all'alito (ant. 1,27), ma la tra- to la dimora celeste e, nonostante la
duzione latina (spiritus dei) sembra loro natura immortale, si sono mischiati
aver inteso questa espressione nel senso alla carne delle donne della schiatta
di 'spirito creatore cosmico'. umana, generando i demoni, che sono
W. BIEDER gli spiriti malvagi che vivono sulla ter-
ra 215• Questa concezione presuppone
l'esistenza di un contrasto tra la na-
III. rua~ nel giudaismo palestinese tura superiore degli esseri spirituali e
quella inferiore, ma non peccatrice, di
r. Vento, regione della terra, direzione quanti abitano la terra nella carne. La
fede negli spiriti maligni che dimorano
Come già nell'A.T. (~ coll. 848 ss.), nel mondo e creano ogni genere di pe-
cosl anche neU'ebraico e nell'aramaico ricoli agli uomini si fa particolarmente
cxtrabiblico ruah è il vocabolo corrente vivace nel giudaismo post-biblico 216•
che indica il vento. Nello stesso ambito Essa è generalmente presupposta nella
è usuale anche dire i quattro venti per letteratura sia apocalittica che rabbini-
indicare le quattro regioni della terra. ca; da entrambe risulta chiaramente che
Infine, ruap può equivalere semplice- la fede nei demoni non era presente
mente a direzione, oppure a lato di un solo nella gran massa del popolo, ma
oggetto o di un luogo; per es., Kil. 3,1. era condivisa pure dai capi religiosi,

212 A meno che il Tt\IEVµa: H:yLov non sia al Signore degli spiriti che ((di spiriti riempie
quello che si può conoscere dall'angelo. la terra», gli spiriti sono probabilmente questi
m SCHLA'l'TER, Theologie des ]udentums ;s8. esseri spirituali, non gli spiriti degli uomini.
?14 lub. I,25; 2,2; 15,31 s.; Hen. aelh. 1,,
4.6 ss.; 60,14-21; 61,u; 69,22; 75,5; 106,
m Hm. aeth. 15',4.6·10; 1o6,13 s. 17. In que-
sto passo anche il testo greco deve riferirsi
17; Hen. s/av. 12,1 s.; 16,7; test. L. 4,1; 4
Esdr. 6A1· Il titolo di 'Signore degli spiriti', alla caduta degli angeli, che sono il soggetto
dato a Dio nelle parabole di Henoc etiopico sottinteso di n11pt~1}0'tt\I nel v. 13.
(cfr. anche 2 Mach. 3,24; LXX Num. 16,22; 216Cfr. STRACK· BILLERBECK iv ;sor-53:;; Bous-
27,16) va inteso alla luce di questo contesto. SET-GRESSMANN 336-341; -+ BoNSIRVl!N I
Anche in Hen aeth. 39,12, nell'inno di lode 239-246.
893 (VI,374) 'ltVEVµct, 1tvtuµa:nx6c; C m 2-4 a (E. Sjoberg) (Vl,374) 894

compresi gli scribi. Essa andava con- solo relativo, al punto che l'azione di
giunta con la fede, assai più importan- Satana e degli spiriti maligni può per-
te, in Satana e negli spiriti a lui sotto- sino esser fatta rientrare nel governo
posti. Satana e gli spiriti maligni sono divino del mondo, quando si afferma
gli avversari cosmici di Dio e i nemici che solo col permesso di Dio essi han-
degli uomini e hanno come scopo prin- no il compito di sedurre gli uomini e
cipale di sedurre questi ultimi al pec- di portarli a rovina a motivo della loro
cato e portarli cosl a rovina. Questa cattiveria 221 • Solo nell'epoca finale ven·
concezione ha una grande importanza gono tutti legati e puniti 222 •
nella letteratura apocalittica 217 , mentre
nei rabbini mira quasi esclusivamente a 3. Il mori o nella tomba (~ col. 86 3)
danneggiare il corpo e la vita dell'uomo
(-7 II, col. 773), ed essi stessi non ap- Spirito (rtW!;) è detto anche il morto
paiono strettamente uniti a Satana (-7 che dimora nella tomba, donde di not-
II, col. 77 5 ). Si parla anche di un 'prin-
te, forse, esce per aggirarsi furtivo sulla
cipe degli spiriti maligni', ma non lo si terra, o forse è ospite in cielo e attra-
identifica con Satana 218 . Tuttavia Gen. verso la cortina celeste spia i segreti
r. 20, a 3,30, mostra che ai rabbini non divini 223 • In questo contesto lo spirito
era estranea l'idea che i demoni indu- è semplicemente l'uomo morto, che di-
cano al peccato; uno spirito domestico mora nel cimitero e in certe circostan-
può esser considerato maligno perché ze può andare in giro. Tra questa con-
conosce la propensione cattiva dell'uo- cezione e quella dei demoni non vi è
mo e così è in grado di indurlo facil- alcun legame (II, coll. 779-781 ).
mente al peccato 219 • Lo stesso può fare
lo spirito entrando in un uomo e tur- 4. Lo spirito dell'uomo (-7 !Jiux'l))
bandone il senno al punto da indurlo a L'antropologia tardo-giudaica sotto-
trasgredire un precetto di Dio anche linea fortemente la concezione dello spi-
senza che egli lo voglia espressamen- rito dell'uomo, sorpassando quanto di-
te 220• ce l'A.T.
Un dato che caratterizza il giudaismo
è la convinzione che l'origine delle po- a) Terminologia
tenze ostili a Dio va cercata in una Nel giudaismo non è possibile fissare
distorsione dell'originaria creazione. Il un'esatta distinzione tra 1e varie desi-
giudaismo non conosce una potenza ma- gnazioni dell'anima umana. Per i primi
ligna che si opponga a Dio fin dall'eter- tempi l'identità del significato di ruab
nità; il dualismo non è assoluto, ma e nefef è attestata con particolare chia-
m Particolarmente nel Libro dei Giubilei, in BILLERBECK IV 503).
Henoc etiopico e nei Testamenti dei xn Pa· 2>.1 lub. 10,7-u:su preghiera di Mastema, un
triarchi; -+ n, coli. 776 s. decimo degli spiriti maligni viene da Dio la·
21N In Leu. r. 5,1 , a 4,3, un demonio che vuol
sciato libero per questo compito; cfr. lub.
uccidere un neonato è detto JarihOn d'riìl;Jtii'; 15,3r. Col permesso di Dio, gli spiriti mali-
in Sheq ;. 5,6 (496,3) R. Hanina b. Papa di gni :idducono sugli uomini delle sciagure in
notte è minacciato dal principe degli spiriti punizione dei loro peccali (STRACK-BILLER-
(rabb'ihOn d'rlil;aiiii'). BECK IV 521 S.-+ col. 931).
m Ed. J. THEODOR (1903) 196 (STRACK-BIL·
2J..: STRACK-BILLERBECK IV ,527.914; Votz,
LERBECK IV 516); dr. Sota b. 3 a (STRACK-
BILLERBECK IV 504). E:schatologie 309-313.
220 Er11b. 4,1; dr. Er11b. b. 41 b (STRACK- 22.• Ber. b. 18 b; cfr. -+ MRYER 3-8.
1t\IEUµCl, 1t\IEU[.LIX'tLx6ç e III 4 a-b (E. Sjobcrg)

rezza da Ecclus 16,17: uma na/fi biq!ot 11'samo aell'uomo nella esegesi di certi
rlibot (kol-b"né 'adàm), «e che cosa è passi veterotestamentari i quali parlano
mai l'anima mia nell'insieme degli spi- invece di nefeJ e di ruah.
riti (di tutti gli uomini)?» 224 • Con ciò
s'accorda il fotto che le anime dei mor- b) L'eredità dell'A.T.
ti possono essere chiamate indifferente- La concezione antropologica dell'A.T.
mente 'mlEuµa'ta e ljJuxal 225 . Nei rab- si trova inalterata nell'Ecclesiastico, in
bini i termini ruab, nefef e n•fama so- Tobia, Giuditta, Baruc e r Mach. Non
no designazioni usuali dell'anima uma- si ha conoscenza né di una resurrezione
na, e tutti indicano un'unica anima - né di una vera e propria vita al di là
non tre anime diverse o tre parti diver- della morte. A questa concezione s'at-
se di un'unica anima -, come è detto tengono i Sadducei (Flav. los., ani. 18,
espressamente in Gen. r. 14 19 s., a 2, 16 s.; bell. 2,164 s.). L'antropologia è
7 226 • L'accostamento dei tre nomi, o di assai più evoluta che nell'A.T., e tutta-
due di essi, potrebbe far credere che si via lo spirito continua ad essere la for-
tratti di cose diverse; ma in realtà si za vitale e la se<le delle funzioni psichi-
spiega nei singoli casi con motivi di sti- che. Lo spirito in quanto forza vitale
le. Nei rabbini non si ha una rigida tri- è nominato spesso dai rabbini. Gli uo-
cotomia dell'anima umana, come quella mini possono bensl plasmare una sta-
t::he s'incontra nella mistica giudaica tar- tua, ma non immettervi uno spirito;
diva m. Tuttavia si può rilevare una cer- perciò essa non si muove e non ha
ta gerarchia, in quanto in certe combi- vita. Dio invece soffia lo spirito den-
nazioni vien preferito l'uno o l'altro ter- tro l'uomo, e questo vive 229• Ogni crea-
mine_ Cosl 11efei e rtWb indicano so- tura vivente reca in se stessa uno spi-
prattutto 1e funzioni animali e psichiche rito di vita (rua(; pajjim) 230 •
dell'anima m, mentre n•sama designa Come già nell'A.T. (~coli. 853 ss.),
correntemente l'anima in quanto prove- cosl anche nella letteratura rabbinica,
niente dal cielo. Ma n•Jiima è del pari quando si parla dello spirito come sede
usuale per indicare l'anima come forza delle funzioni psichiche, prende spicco
vitale (per es., Nas. b. 21 b; Ket. b. l'aspetto di sentimento e di volontl'1.
46 a); a loro volta rua(; e nefef posso- L'altezzoso ha una rua(; g<boha, l'avido
no indicare l'anima celeste, per quanto una nefe1 r''haba, l'umile una rt1lih tlmu-
0

in questo senso sia assai più frequente ka, il modes to una nefeI ;e/eta 131 .'Lo spi-
n~Jama. Pertanto i rabbini non distin· rito riceve conforto (qorat rua/J) quan-
guono Io spirito dall'anima, e ciò spie- do prova una gr:inde gioia, come è quel-
ga come si parli disinvoltamente della la dell'età futura (Ab. 4,17), e si ras-
m Cfr. anche il parallelismo in Sap. 15,rr; lli Ed. J. THEODOR (1903) 132 s.
16,14. in Cfr. J. ABELSON, Jeivìsh Myslicism (1913)
m Cfr. le pericopi di Henoc etiopico conser- 160 s.
v11te in greco: 1t\1Euµa'ta in 22,3.6.7.9.1i.12. n1 -> BoNSIRVEN 11 6 n. 1.
13 (98,3.10); 103,4; IJivxal in 9,3.10 (cfr. le m Ber. b. 10 a. Similmente Mek. R Sbim'o11
varianti -rà 1tVEUJUX'ta xat al IJ!uxal, o -r!X b. ]ohai Ex. 15,n (ed. D. HOFFMANN [190J]
1t'\IEVµtt'ta -rwv ljiuxw\I 't'Wv ò..vbpt:Jnwv: en· 67 s.); Midrash Shemu'el 5,6 (10 a). Altre no-
diadi; similmente 22,3: 'TÒ.. 'lWEVµa'ta 'tW'J tizie in ~ MEYER 120 s.
IJNxwv 't'WV VEXpWV); 102,4 s. 11; 103,3.7 s. 2•0 Emb. 1,7; Gil. 2,J; B.Q. 1 ,1; 7,1; Men.
Per tutto il problema cfr. ~ AHELSON 43; 9.9; Oha/01 6,1; 15,9.
H. OnERBERG, 3 Enacb (1928) T 174-180; nt Ab. 5,19; dr. Ab. 4,7: gas r1ÌÌJ~J. ~ltc:miso;
BoussET-GRF.SSMANN 400. ·H· 10: J'fa/ r1laf1, umile.
'i'C\IEVµcc, 1t\IEVµcn~x6c; e III 4 b-c (E, Sjoberg)
sicura quando accade qualcosa a qual- ma e il corpo provengono dalla terra.
cuno (Sheb. 10,9; B.B. 8,5). Queste e- Fa eccezione l'uomo, poiché la sua ani-
spressioni psicologiche servono anche ma (nefeJ) proviene dal cielo, il corpo
per parlare di Dio; ma ciò non ha nulla dalla terra» m. Secondo il modo di ve-
a che fare con la speciale concezione dere dell'antico Israele lo spirito, in
dello spirito di Dio. R. H:mina b. Dosa quanto forza vitale, proviene da Dio
Jice: «Nella persona in cui trova com- (~ coll. 856 s.). Da questa idea i rabbi-
piacimento lo spirito degli uomini, tro- ni hanno ricavato quella della preesi-
va compiacimento (anche} lo spirito di stenzn individuale dell'anima umana
Dio; in quella invece in cui non trova ( ~ coli. 901 ss.). Dio ha creato tutte le
compiacimento Io spirito degli uomini, anime umane già prima, o almeno al-
non trova compiacimento (nemmeno) l'atto, della creazione del mondo, cosl
lo spirito di Dio» in. che il numero degli uomini che devono
nascere durante tutto il tempo in cui ci
c) Spirito e corpo nell'antropologia rab- sarà il mondo è determinato in antici-
binica po. Le anime preesistenti sono custodi-
Per quanto riguarda lo spirito del- te nel settimo cielo (Hag. b. 12 b), nel-
la mano di Dio 234 , o in uno speciale
l'uomo il giudaismo non si è fermato deposito (giif)ns, e n rimanitono fino
alle concezioni veterotestamentarie, ma all'ora in cui Dio comanda all'anima di
ha sviluppato ulteriormente soprattut- entrare nel corpo fatto per lei, cioè
fino al momento in cui crea l'uomo.
to la distinzione tra spirito e corpo; con L'anima che vien dal cielo è, conforme
ciò è sorta un'antropologia in certo qual alla sua origine, pura, santa e giusta
senso dualistica, grazie alla fede nella (Ber. b. 60 h).L'uomo ha il compito di
restituire a Dio l'anima nello stato di
preesistenza e nelI'immortalità dell'ani-
purità in cui l'ha ricevuta (Shab. b.
ma(~ coli. 901 ss.). Queste idee si pre- 152 b). Lo spirito, venendo dal cielo, è
sentano pienamente evolute tra i rab- la parte più elevata dell'uomo. Interro-
bini, per i quali l'uomo è composto di gato dal pagano Antonino quale sia il
destino del corpo dopo morte, Rabbi
spirito e corpo; il corpo è di origine risponde: «Invece che domandarmi del
terrena, lo spirito di origine celeste. corpo, che è impuro, domandami dello
spirito (n"fama), che è puro» (M. Ex. r 5,
Questa concezione comune ai rabbi- r, in Horovitz [ ~ n. 269) r 2 5 ). Poi-
ni trova chiara espressione nel detto di ché, secondo Gen. 2,7, è dato all'uomo
R. Simaì: «Di tutte le creature di crea- da Dio, lo spirito può esser chiamato
zione celeste, l'anima (ne/e1) e il cor- anche 'lo spirito di Dio', o addirittura
po provengono dal cielo; di tutte le 'il santo spirito di Dfo'. Dio ha posto
creature di creazione terrestre, l'ani- nell'uomo il suo santo spirito (Tg. ]. I

2n kol Icrlial; babb'rijj6t 116/;a mlmennti 2' 4 Lev. r. 4,1, a 4,2; cfr. ~ MEYER 6J.
riia{J hammiiqom noba mimennri w'kol Je'cn m R. José ha detto: 11 figlio di David non
/'/;op habb'rijjol 110/;a m1mennfJ 'én rtWI; ham- verrà prima che le anime (n'liimdt) siano tutte
miiqom nol;o m1mennu, Ab. J,IO. Cfr. Hen. ruccolte nel deposito (gti/), poiché è detto: Da
nelh. 68 1 2, a proposito degli angeli. me è avvolto lo spirito (rt2ah) e le anime (n'Iii-
rn 5. Deu/. 306 1 a 32,2 (ed. M. FRJEDMANN 11161) le ho create io (Is. i7 1 r6); A.Z.b. ' a;
[ 1864] 132 a), dr. STRACK-BILLERBECK u 430. Nidda b. 13 b; Ieb_ ;. 62 a.
1tvEUJl«, nvwµa-.~x6.; e III 4 e (E. Sjoberg) (vr,377) 900

Gen. 6,3) 236 • Lo spirito vitale dell'uo- corpo, ma si parla semplicemente del
mo è lo spirito di Dio; perciò nella loro ingresso nel cielo con le espressio·
resurrezione Dio darà all'uomo una ni «io salii», «essi entrarono» (Hen.
nuova vita ponendo in lui il suo spiri- hebr. r,1; Hag. b. 14 b [alla fine];
to (~ col. 901 ). Ciò nonostante lo 1 5 b ). Cfr. la colorita descrizione del-
spirito non è un elemento divino nel- l'elevazione di Enoc in Hen. aeth. 71,
l'uomo, come vuole l'antropologia di dove è lo spirito ad esser rapito in
pura marca ellenistica. Anche l'anima cielo (71,1), e tuttavia il patriarca si
preesistente è l'anima dell'uomo e crea- trova in cielo con lo spirito e col corpo
tura di Dio. La distinzione tra Dio e (71,3.n).
l'uomo è dunque salva. Quando fa la Dopo la morte dell'uomo, lo spirito
volontà di Dio, l'uomo, grazie all'ani- sopravvive in un luogo a lui riservato.
ma d'origine celeste, diviene come una Per i rabbini, assai più importante che
delle creature del cielo, cioè come un quella del morto che dimora nel cimi-
angelo, non come Dio stesso 237 • Del tero (-7 col. 894) è la concezione del-
tutto assente è pure l'idea che l'unio- lo spirito che, dopo morte, vien por-
ne dell'anima con il corpo sia uno sca- tato in un luogo riposto del cielo o del
dere dell'anima stessa dalla sua esisten- regno dei defunti, dove attende di riu-
za celeste voluta da Dio. Al contrario, nirsi al corpo, nella resurrezione per
questa unione si realizza per un atto l'ultimo giudizio. Inoltre, immediata-
creatore di Dio, cioè per un comando mente dopo la morte si attua una divi-
divino. Né si pensa affatto che l'anima sione tra gli spiriti dei giusti e quelli
sia indotta al peccato dal gravame del dei peccatori ( ~ 1, col. 394; 1x, coli.
corpo umano, o che il peccato sia ope- 584 s.). Al momento della morte vien
ra del corpo materiale. presa in consegna da Dio l'anima (ne-
Essendo qualcosa di diverso dal cor- /d) del giusto, ma non quella dell'em-
po, lo spirito dell'uomo in certe circo- pio (S. Num. 40, a 6,24 [ed. H.S. Ho-
stanze può esercitare un'azione indipen- rovitz, 1917, 44]). Le anime dei giusti
dente anche dopo che s'è unito ad es- vengono custodite nel settimo cielo
so. Ciò avviene nel sonno, nel quale lo (Hag. b. 12 b), nel deposito celeste 240,
spirito (ruiib) vaga per tutto quanto il sotto il trono di Dio (Shab. b. 152 b:
mondo e predice in sogno avvenimenti R. Eliezer ), oppure nel paradiso 241 ; in-
futuri 231, oppure l'anima (n•Jama) sale vece quelle dei peccatori vengono da
al cielo e attinge nuova vita per l'uo- Dio scagliate via e sono costrette a va-
mo 219• Ma quando i grandi mistici s'in- gare per ogni dove (Qoh. r. 3,21; Shab.
nalzano alla visione celeste, per lo più b. 152 e), oppure vengono condannate
non si fa distinzione tra lo spirito e il subito alla geenna 242 • Nella resurrezione

2.16 Cfr. tesi. N. (ebr.) 10,9: «Felicità all'uo- Simai in S. Deul. 3o6, a 32,2 (FRIEDMANN
mo che non imbratta il santo spirito divino, [ ~ n. 233] 132 a).
chi.' Dio ha posto e inspirato nel suo inti- 2l8 Pirqe R. Eliezer 24; dr.~ MEYER 51 n. 1.
mo•. Vedi anche Dam. ,,11 (7,12); 7A (8, 2.1? Gen. r. 14,9, a 2,7 (THEODOR [_. n. 2261
20). Diversamente Sus. 4-' (Teodoz.): t!;'l'ryE~­ 133 s.); R. Meir (_. n . 249).
pEV 6 ~òc; 'tÒ 1tVEUjW. 'tÒ dyi.ov 'lt«LO«p(ou
2.0 S. Deut. 344, a 33 13 (FRIEDMANN [ ~ n.
\/EttYttpov rJ> ìSvoµa ll.t1.11Li))... Qui è detto santo
lei spirito di Daniele, perché questi è pio e giu- 233] 143 b); Qoh. r. 3,21 .
sto. Analogamente lub. l,21; test. B. 4,5. 2•1 STRACK-BILLERllECK iv u30 ss.
2l7 Cfr. le continuazione delle parole di R. 24? STRACK-BILLERllECK IV 1032 ss.
901 (VI,377) 'ltVEUµCl, 1tVEUµCl-t~x6<; e Ili 4 c-d (E. Sjoberg)

corpo e anima vengono nuovamente riu- stando in luoghi a loro riservati (~ I,


niti. Lo spirito vien riportato entro la col. 394) 244•
sua 'guaina', cioè nel corpo. Ma, dal mo- In 4 Esdr. e in Bar. syr. prende mag-
mento che lo spirito è la forza vitale gior rilievo la concezione dci depositi
dell'uomo proveniente da Dio, si può nei quali sono custodite, dopo la mor-
anche dire - richiamandosi a Ez. 36,26 te., le anime dei giusti in attesa della
s.; 37,14 - che alla resurrezione Dio resurrezione, mentre quelle dei peccato-
torna a immettere nell'uomo il proprio ri van disperse per ogni dove (cfr. 4
spirito. Vediamo dunque i rabbini oscil- Esdr. 7,75-101; Bar. syr. 21,23; 23,5;
lare tra queste due rappresentazioni: la 30,2; ~ coll. 900 s.). Nel giudizio finale
vita dell'uomo resuscitato da un lato la terra restituisce i corpi che dormono
viene dal suo spirito che ritorna in lui, nel suo seno, e il deposito lascia libere
dall'altro viene dallo spirito di Dio 243 • le anime che vi sono custodite (4 Esdr.
4,35; 7,32; Bar. syr. 42,7). È dunque
d) Antichità della concezione della pree- ben chiaro che al tempo di Gesù il giu-
sistenza e immortalità dell'anima daismo - con la sola e ovvia eccezione
(col!. 897 ss.) dei Sadducei - crede tanto nella resur-
Nel giudaismo ellenistico questi pen- rezione dell'uomo quanto nella soprav-
sieri appaiono assai presto (~ coll. 897 vivenza dell'anima in uno stato inter-
ss. 879 s. 885 ss.), mentre nell'area pa- medio successivo alla morte. La forza
lestinese si incomincia a parlare dello immortale che, al dire di Giuseppe (ant.
spirito che vive dopo la morte solo nei 18,14), i Farisei attribuiscono all'anima
Giubilei e in Henoc etiopico. Secondo non è una semplice interpretazione el-
Iub. 23,26-31 lo spirito del giusto de- lenizzante. I Farisei credevano nell'im-
funto prova la gioia della redenzione mortalità dell'anima e nella resurrezio-
di Israele nel tempo finale, mentre le ne, e le due idee sono intese in modo
sue ossa riposano in pace nel sepolcro. tale che l'una non esclude l'altra. Il
Qui dunque non si parla de1Ia resurre- tratto che le unisce è rappresentato
zione del corpo del giusto, ma solo del- dallo stato intermedio dell'anima, nel
la gioia del suo spirito, che è ancora tempo tra la morte e la resurrezione.
vivo. Più oltre si spinge Henoc etio- Più difficile appare il problema del-
pico, nel quale si afferma tanto la so- l'antichità della fede nella preesisten-
pravvivenza dell'anima immediatamen- za delle anime. Mentre la cosa si pre-
te dopo la morte, quanto la futura re- senta chiara nel giudaismo ellenisti-
surrezione dell'uomo nel giudizio fina- co (~ coll. 873 ss. 879 ss. 884 ss.), è
le. Le anime attendono la resurrezione invece incerta per quanto riguarda il

m Gen. r. 26,6, a 6,3 (TuEODOR [--+ n. :126) negli uomini; in quest'epoca, infatti, lo spi-
249 s.): «E Jahvé disse: 'Il mio spirito non rito abbraccia una [soltanto] delle sue mem-
dominerà nell'uomo'; R. Ishmael b. José dis- bra, ma nell'era avvenire abbraccerà tutto
se: 'Non porrò in essi il mio spirito (rwpj) quanto il corpo; questo è quel che sta scrit-
quando (nel mondo avvenire) darò ai giusti to: 'E porrò in essi il mio spirito' {Ez. 36,
il dono della loro mercede'... R. Huna disse, 27)». Vedi anche, per es., Ket. j, 12,3 (35 b, 5)
a nome di R. Aha: 'Quando riporto lo spi- e i passi paralleli (STRACK-BILLl!RBECK m
rito nella sua guaina, non riporto nelle loro 828 s.).
guaine i loro spiriti (rwl)n)'. R. Hijja b. Ab-
ba disse: 'Non metterò in essi la pienezza 241 Hen. aeth. 22; 39,4 ss.; 91,xo; 92,3; 98,
del mio spirito, quando verserò il mio spiriio 3.10; 103,3 s. 7 s.
7tVEuµa:, 7tVEUIJ.a...-Lxoc; e Ili 4 d-e (E. Sjoberg)
giudaismo palestinese 245, dato che negli l'uomo proveniente da Dio. Questa idc:i,
scritti apocrifi e pseudepigrafici di prove- conforme alla concezione tare.lo-giudaica
nienza palestinese non si trovano testi- dello spirito dell'uomo, è stata applica-
monianze univoche. Nel quarto libro di ta allo spiri~o che dopo la vita terrena
Esdra e in Baruc siriaco si trova espres- sopravvive in forma autonoma: è que-
sa l'idea che Dio ha fissato fin dall'ini- sto lo spirito che viene dal cielo. Ma
zio il numero degli uomini che devono ciò non equivale ancora ad affermare
nascere (4Esdr. 4,36; Bar. syr. 23,3 la preesistenza di tale spirito. È proba-
ss.), ma non si parla dei depositi cele- bile che anche 4 Esdr. 7,78 ss. si atten-
sti nei quali verrebbero custodite le ga ancora all'idea dell'anima umana che
anime non ancora nate ( ~ col. 898 ), proviene dal cielo, senza lasciarsi an-
e cosl sotto questo aspetto non si espri- dare a speculazioni sulla sua preesisten-
me alcuna idea di preesistenza. In 4 za 247.
Esdr. 7,78 ss. si ha questa descrizione Questa sembra, per sommi capi, la
della morte dell'uomo: «Non appena concezione comune del giudaismo pale-
è stato pronunciato il giudizio dell'Al- stinese nel I sec. dell'era cristiana 243 •
tissimo che l'uomo muoia, l'anima 246, Secondo queste linee si dovrà interpre-
quando si ritira dal corpo per esser ri- tare anche l'aneddoto riferito in Lev.
mandata a colui che l'ha data, per pri- r. 34,J, a 25,25, nel quale Hillel dice
ma cosa adora la gloria dell'Altissimo» . che l'anima è un ospite del corpo. La
Qui si potrebbe pensare che l'anima più antica testimonianza della fede nella
che ritorna al cielo, prima della vita ter- preesistenza dell'anima si ha probabil-
rena abbia avuto un'esistenza celeste; mente in Hag. b. 12 b, nell'elenco di
ma probabilmente il passo dev'essere in- ciò che contengono i sette cieli (~ col.
teso nel senso d'una ripresa dell'anti- 898) 2~9 • Perciò si può affermare, con
ca concezione dello spirito vitale del- una certa verosimiglianza, che tale fede

m Secondo STRACK·BILLERl!ECK u 341 s. si t;:ndono STRACK-BILLERBECK u 34r e Box, o.e.


potrebbe trovare a partire dalla metà del sec. [--)- n. 245 J 37 s. Parimenti il pensiero della
m d.C., mentre a giudizio di -> MEYER 49·61 preesistenza non si può ravvisare in 4 Esdr. 4,
sarebbe attestata già in R. Meir e in 4 Erdr. 12 (contro H. GUNKRL 3;>6 e Box 26); al ri-
e addirittura in Hillel. Anche altri studiosi guardo giudica rettamente VIOLET, o.e. [-> n.
credono di riscontrare l'idea della predestina· 246] Il 13.
zione negli apocrifi e negli pseudepigrafì, so- 2"11 Cosi anche J. }EREMIAS nel recensire
prattutto in 4 Esdr.; cfr. H. GUNXEL in R. ME.YER, Hellcnislischcs in der rabbini-
KAUTZSCH, Apokr. u. Pseudepigr. II 356.358; schen Anthropologie: ThLZ 65 (1940) 240.
G.H. Box, The fa.ra-Apocalypse (1912) 26. · m Qui nel settimo cielo si trovano le anime
m Probabilmente la parola ebraica è n'1iima nou ancora nate. Questo elenco è trasmesso
(cfr. B. V10LET, Die Apok. des Esr. 11. Bar. come massima di Resh Laqish, un amoreo
in deutscher Gesta/I, GCS 32 [ 1924] 89), df'lla seconda generazione, ma, almeno nei
che, conforme all'uso stilistico tardo-giudai- tratti fondamentali, risale all'epoca dei Tan-
c:o, va tradotta con 'spirito' o 'anima'. La tra- naiti, come mostra Ja discussione di Rab a
duzione 'respiro', proposta da Violet, sarebbe proposito di un paio di particolari; dr. Hag.
del tuuo errata. b. 12 b; Men. b. uo a. Secondo --)- MEYER
247H. GuNKEL, o. c. (-> n. 245) n 358 ha R. Meir; ma si
;> l ·.H l'elenco proverrebbe da
torto di trovare il pensiero della predestina- tratta di un'idea che si basa su una varia-
zione anche in 4 Esdr. 4J-4I, dove in realtà zione testuale proposta da BACHER, T annaiten
si parla delle anime dei giusti morti, esatta- II 65 n. 3 ma che non è necessaria. Il Meyer
mente come in 4 Esdr. 4,35 s. Giustamente in- trova il pensiero della predestinazione anche
1tVEUµa, /tVEVl~r.t.'t~)(Oç e Ili 4 c-5 ba (E. Sjoberg)
venne fatta propria dal giudaismo rab- impedl che l'antropologia si ellenizzas-
binico nel sec. II d.C., e che non c'è se del tutto, soprattutto escludendo la
ragione per asserire che esistesse già nel
sec. 1. concezione ellenistica del corpo come
sede del male(~ crwµci).
e) Il problema storico-religioso
Che l'antropologia del giudaismo el- 5. Lo spirito di Dio
lenistico (---7 coll. 81 .~ ss. 879 ss. 884 a) Terminologia
ss.) si sia formata sotto l'influsso di Come già nell'A.T. (~coli. 8.57 ss. ),
idee ellenistiche, è cosa ovvia. Ma senza anche negli scritti apocrifi e pseudepi-
grafici ricorrono le espressioni 'lo spi-
dubbio sotto un influsso simile si tro-
rito' o 'lo spirito di Dio' o 'il suo, tuo
va pure l'antropologia del giudaismo spirito' 251 , raramente anche quella di
palestinese pienamente elaborata dai 'lo spirito santo' 252 • rtiaf; haqqodeJ nei
rabbini 150• Nel mondo ellenistico la Pa- rabbini diventa una locuzione fissa. È
chiaro che essa può rendersi rettamente
lestina non era una regione isolata, ma solo con lo spirito santo e che quindi
risentiva della cultura circostante. Ma il sostantivo haqqode'f ( = la santità)
non va trascurato che le nuove idee non va inteso come una perifrasi del
nome di Dio 253 • Lo spirito dell'uomo,
antropologiche potevano ricollegarsi ad venendo da Dio, può esser detto esso
antiche concezioni israelitico-giudaiche, pure spirito di Dio, o addirittura il suo
soprattutto a quella che si rappresenta- santo spirito(~ coll. 898 s.). Ma il ve-
va lo spirito proveniente da Dio come ro e proprio spirito di Dio è una realtà
posta al di fuori dell'uomo, che viene
la forza vitale dell'uomo. Quando ven- a lui da Dio in speciali situazioni e con·
ne elaborata l'idea di una resurrezione dizioni.
e di una vera e propria vita dell'uomo b) Le opere dello spirito
al di In della morte, fu naturale che si ~) Che lo spirito dell'uomo possa
desse ulteriore sviluppo all'idea del- subire l'influsso di forze che stanno al
l'elemento vitale 'divino' presente nel- di fuori di lui risulta da quei passi che
- come già nell'A.T. (~ coli. 856 s.) -
l'uomo. Cosl vennero ad intrecciarsi parlano di uno spirito ben caratterizza-
concezioni specificamente giudaiche con to che esercita su di lui il proprio in-
altre ellenistiche. Ma l'eredità giudaica flusso. All'uomo sopravviene uno spiri-

in un detto di R. Meir tramandato in Gen. 4; Jesi. lud. 24,2; ludith 16,14; lub. 40,,;
r . 14,9 a 2,7 (THl:ODOR [""' n, 226] 133s.}: Bar. syr. 23,,; test. S. 44; test. D. 8,2. In
«Nell'ora in cui l'uomo dorme, l'anima sale Sap. n,20 mtE\iµa ha l'antico significato di
in alto e dall'alto attinge per lui nuova vi- 'alito'.
t11». Qualcosa di simile dice Flav. Ios., beli. li~ 4 Esdr. 14,22; asc. Is. ,,14; cfr. Ecclus
7,349, a proposito dell'anima che viene dal 48,12 (LXX cod. A); Dan. ,,12 (LXX); 6A
cielo; cfr. -+ MEYER 50 s. (LXX); Ps. Sai. 17,37; Sap. (1,5); 9,17. Per
"°' MEYER. Sus. 45 (Teodoz.) e lub. 1,21 "°' n. 236.
H ·>
m Cfr. "°'BACHER 180; DALMAN, Worlc J.
2•1 Vedi ad es. Hen. aelh. 91,1; Bar. syr. :u, 1 166. Errato ~ BoNSIRVEN 1 210 n. 2.
1t\IEÙµa, 1tVEVµct'\'~)(0<; e III 5 ba-~ (E. Sjoberg)
to di intelligenza e di sapienza, oppure chiarezza i Testamenti dei XII ·Patriar-
di stoltezza e di inquietudine, ecc. e~ chi, i quali affermano che la giustizia e
coll. 929 ss.) 254 • Non s'intende, con ciò, il peccato dell'uomo sono ispirati ri-
parlare di demoni buoni o malvagi, da spettivamente dallo 'spirito di verità' e
cui l'uomo sia posseduto o influenzato dallo 'spirito di menzogna' o dai nume-
(solo nei Testamenti dei xn Patriarchi rosi spiriti del male 257 • Conoscendo tut-
l'idea prende una piega siffatta) 255 • Si ti gli atti dell'uomo, lo spirito di Dio
tratta, invece, di una determinata carat- può farsi anche accusatore. nel giudizio:
terizzazione dello spirito umano, che «Lo spirito di verità tutto attesta e
non trova fondamento nell'uomo stesso, mette sotto accusa tutti» (test. Iud. 20,
ma viene operata dall'esterno mediante 5) 258.
influssi che il giudaismo considera sem-
pre più decisamente come opera dello ~) Secondo i rabbini la presenza del-
spirito di Dio 256 • Chi possiede lo spirito lo spirito si può rendere percepibile an-
di Dio ottiene, mediante esso, uno spi- che in manifestazioni esteriori, come ap-
rito di intelligenza, di forza, di sapien- parizioni luminose e un suono gagliar-
za, ecc. do. Finees, quando era in possesso del-
Lo spirito di Dio nel giudaismo è lo spirito santo, aveva il volto luminoso
soprattutto spirito di profezia (~ coli. come se fosse di fiamma 259 • Quando lo
908 s.). Mediante lo spirito si vedono spirito santo riposava sopra Sansone, i
cose nascoste e future (Ecclus 48,12 s. capelli dell'eroe si facevano rigidi e si
24; Hen. aeth. 91,1; test. L. 2,3); nel urtavano come tante campane e davano
dare la benedizione è possibile, median- un suono che si poteva sentire da Sorga
te lo spirito, determinare e prevedere fino a Eshtaol (Lev. r . 8,2, a 6,r3, detto
il destino dei propri discendenti (I ub. di R. Nahman). Per contro, i rabbini
25,14; 3r,12). Anche una vita morale non si rappresentano mai lo spirito san-
conforme ai precetti di Dio è opera del- to in forma di colomba (~ col. 2 7) 2ti0.
lo spirito, come dicono con particolare Anche per i rabbini lo spirito santo è

2~ Sur. 45 (LXX).63 (LXX); Ecclur 39,6; He11. 4; teli. L. 18,II (cfr. 111,7}; test. lud. 24 13;
aelh. ,6,,; 99,14 (gr.); Pr. Sal. 8,14. test. B. 8,2; gli spiriti maligni, test, R. 2 , 1
~5 Cfr. R. EPPEL, Le piétirme juif danr /es s.; 3,3-6; Jesi. L. 3,3; 18,12, ecc. Cfr. i ma·
Tertamentr der douze Patriarches ( 1930) 83- noscritti del Mar Morto ~ coli. 929 ss.
87.128 s. Anche i Testamenti dei XII Patriar- 2~J Per lo spirito in quanto intercessore cfr.
chi oscillano tra una concezione psicologica ~ roll. 927 s.
e una concreta e mitologica; vedi EPPEL 85 25J Lev. r. I,l, a I,I (STRACK-BILLERBECK 11
s.; MooRB I 191; -+ BoNSJRVEN I 243 n. 3 131), cfr. Pe1ik1. 178 a. Cfr. anche le espres-
(-+ roll. 933 s.). sioni metaforiche «lo spirito brilla» (h0f1a'),
l'ò.S Ecclus 39,6 parla in generale di 1tvEuµcx «lo spirito risplende» (ni1ne!}; Makk. b. 23 b;
cruvt<rEWc;, di cui il saggio è ripieno, mentre Gen. r. 85,9, a 38,18 (THEODOR. [-+ n. 226]
Sap. 9,17 parla dello spirito di Dio che dà 1042); 91,7, a 42,11 (THEODOR. 1127). Il pen-
la sapienza; cfr. Sap. l,4 s.; 7,7 s. Vedi an- siero che la presenza divina va congiunta con
che Jesi. L. 2,3 (miEuµci <TINfo'Ewc; xvplov); apparizioni di fuoco e di luce è corrente; cfr.
fob. 21,14; 31 112; 4 Esdr. _5 122. Secondo test. STRACK-BILLERBECK II 603 s.
I.. 18,7 il Messia sarà in possesso dello «spi- UJl STRACK-BILLERBl!CK I 123 ss. Ma il giudi-
rito di intelligenza e <li santifr:azion-:: ~>. che, zio del Billerbeck è eccessivamente circospet-
come mostra /est. Iud. 24 12 (e prima ancora to. In realtà le cose non cambiano per il
Is. :n,2), non è altro che Io spirito di Dio. fatto che R. Josè b. Halafta, stando alla leg-
:m test. !ud. 20; lo spirito di Dio, ieri. S. 4, genda, un giorno tra le rovine di Gerusa·
7t\IEU(lct, 1tVEVµtt-r~x6ç e III 5 b~·C (E. Sjoberg) (v1,381) 9xo

prima di tutto lo spirito profetico (~ tutto quello profetico che parla nell'A.
col. 907) e l'organo della divina rive· T. (~ coll. 857 s.). Ogni scritto vetero-
lazione. Nei targumim è frequente che testamentario è ispirato dallo spirito w;.
lo spirito di cui parla il testo dell'A.T. Chiedersi se ogni scrittura debba esse·
si precisi espressamente come 'spirito re accolta nel canone è lo stesso che
della profezia' (ruiip nebii'd)21>1• In altri chiedersi se sia scritta nello spirito san-
casi, quando si pongono in rilievo le ge· to™. Perciò una parola dell'A.T. può
sta potenti di coloro che sono ispirati essere addotta sia come parola della
da Dio, Io si chiama 'spirito di forza' torà sia come detto dello spirito san-
(ruap g"bUra) '262 • Per mostrare che i pa- to u7, Il fatto che la Scrittura nel suo
dri d'Israele ed altre persone pie del· insieme è ispirata dallo spirito santo
1'A.T. possedevano lo spirito santo, il non impedisce che per certi passi si
Talmud e il Midrash sogliono rilevare parli di affermazioni di vari autori, né
che essi avevano la forza di predire co· che si dica che, sotto di esse, sta l'uni·
se future e segrete 263 • «Tutto ciò che co spirito santo. Nel testo, una frase vie-
fanno i giusti, lo fanno nello spirito ne intesa come detta da Israele o da.
santo», si legge in Gen. r. 97, a 49,27 altre persone o gruppi, e un'altra come
(Theodor 1224), e dal contesto risulta un'affermazione aggiunta dallo spirito
che non si fa riferimento allo spirito santo. Cosl, ad es., in Deut. 2r,7-8 il
santo in quanto forza della loro vita v. 7 sarebbe detto dagli anziani della
giusta, ma s'intende dire che le loro a- città in parola, il v. 8 a dai sacerdoti e il
zioni contengono una profezia che si v. 8 b dallo spirito santo. Analogamente
compie in seguito. Dove non ci sono avviene in Iud. 5,28-31: in 28 b parla
profezie, va da sé che non vi è nemme· la madre di Sisara, in 29 la moglie e 1a
no lo spirito santo 264 • nuora e nel v. 3r a lo spirito santo 268•
Si assiste anche alla giustapposizione di
c) Lo spirito e l'Antico Testamento due diversi passi, intesi l'uno come un
Secondo i rabbini, lo spirito è soprat- pensiero espresso da Israele e l'altro co-

lemme abbia inteso una bat-qol che tubava LERBECK II 129.


come una colomba; cfr. Ber. b. 3 a (STRACK· Vi> - Vm.z, Geist 78 n. r; S'l'llACK·BJLLER-
B1LLERBECK 1 124). Su T. Hag. 2s [234] llECK 11 129. rt1ìi{l g•bt1rt1 anche in Ecclus 48,
- col. 27), Il tubare della bal·qol si spie- 24; Iub. 3r,r2 parla dello «spirito di profe-
ga col dolore di Dio per la distruzione zia». '
del tempio e la devastazione di Gerusalem- z.;:i Esempi ~ n . 284.
me, di cui si parla nel testo. Quanto al 2,1 Sanh. ;. 10,2 (28 b, 59), R. Hunja (STRACK·
tubare, come espressione di cordoglio, cfr. BILLBRBECK II I29).
Ts. 38,14; 59,u; Nah. 2,8. Per la nostra m Cant. r. r,x S 5-10; Lev. r. 15 12 1 a 13,2
questione non ha importanza nemmeno il
(STRACK-BILLERIIECK 11 134 s.; 1v 444). Cfr.
fatto che «la voce della tortora» (Cani. 2 1
12) nel Targum è riferita alla vo:e dello 4Esdr. 14,21; Flav. Ios., Ap. r,4r.
2M T . ]ad. 2,14 (STRACK-BILLERBECK 11 135);
spirito santo che annunzia la redenzione dal·
l'Egitto (STRACK-BILLERl!ECK 1 12,). Si trat- Meg. b. 7a.
t:t infatti di un'interpretazione allegorica del 21i1 Non se ne deve trar la conclusione che
testo, conforme allo stile usuale dei rabbini. A la torà e lo spirito santo siano identificati, co-
ciò non era necessario presupporre uno spe- me fa ~ AllELSON 225.
ciale collegamento fra lo spirito santo e la 201 T. Sola 9,2 s. 9; Sola j . 9,7 (23 d/24 a);
colomba. cfr. - Bt.CHER 129 s. 146.163.180 s.; - PAR·
2r.1 Cfr. ~ VoLz, Geist 78 n. 1; STRACK·BIL· ZEN 56-60.
911 (VI,381) 7t'JEV).la:, 1tVEUIJ!X.nx6ç e Ili 5 c-d (E. Sjéiberg)

me la successiva risposta dello spirito ta. Dove è lo spirito santo, là sono uo-
santo, e sono testi che intendono esal- mini pii e giusti, e dove sono uomini
tare sia Dio che Israele. Ad es., nello giusti, là vien donato lo spirito santo.
s"ma' Israele professa la propria fede Se al Mar Rosso gli Israeliti ebbero fe-
in Jahvé Dio unico (Deul. 6,4) e lo spi- de, vuol dire che su di essi stava posa-
rito santo risponde con 2 Sam. 3,23, af- to lo spirito santo. Da ciò R. Nehemja
fermando che Israele è l'unico popolo trae la conseguenza di ordine generale
sulla terra 269 • In simili espressioni lo che «chi nella fede prende su di sé un
spirito santo sta in luogo di Dio e mani- precetto è degno che lo spirito santo
festa la reazione divina a ciò che è ac- riposi su di lui» 270 • E in Lev. r. 35,7, a
caduto e che è stato detto, ma non vie- 26 13, R. Ahn afferma che «chi studia (la
ne identificato con Dio. Può anche darsi torà) con l'intenzione di eseguirla me-
che un passo venga interpretato come rita il dono dello spirito santo» 271 • «Chi
se certe parole in esso contenute fosse- dona se stesso per Israele riceverà il
ro rivolte dallo spirito santo a Dio; così merito dell'onore, della grandezza e
avviene, ad es., in quei rari passi degli dello spirito santm> m.
scritti rabbinici che mostrano lo spirito Lo spirito santo si ritira dall'uomo
santo in atto di presentarsi a Dio co- pio, quando questi pecca 273 e anche
me avvocato (~ coli. 92 7 s. ). quando si accosta a un luogo dominato
dal peccato 274 , giacché esso non può
d) Lo spirito e la giustizia agire in regioni impure. Perciò, secon-
Anche i rabbini conoscono un'unio- do un'opinione assai diffusa, è legato al
ne tra lo spirito santo e una vita con- paese d'Israele, e fuori della Palestina
dotta nell'obbedienza a Dio, di cui il non si dà ispirazione divina 275 • Tuttavia
dono dello spirito appare soprattutto all'inizio anche i pagani poterono rice-
come premio. Il possesso dello spirito vere lo spirito santo, e ciò spiega co-
appare primariamente come conseguen- me anche presso di essi siano comparsi
za di una vita giusta, non come suo dei profeti 276 • Ma dopo l'abuso del do-
fondamento. Ma ovviamente esso è an- no della profezia di cui si rese colpevo-
che l'ispiratore dell'uomo, al quale è le Balaam, lo spirito santo fu tolto ai
dato perché continui nella sua vita san- gentili e riservato a Israele 277 • Per pos·

2G9 M. Ex. x~.2 (ed. H . HoRovrTZ-J. A. RAllrN feta Elia, di vent:1ata meniul'ia>>; Sota 9,t5;
[r931] 126); S. Deut. 335, a 33,26 (FRll!D· A.Z.b. 20 b {STRACK-BILLERBECK I 194). Cfr.
MANN [ ~ n. 233] i48 a); dr. STRACK-Bn.- A. BuCHLER, Types o/ Jcwi:rh Palestinian Pie·
LFRllECK u 236; ~ BAc•mR 181. ly (1922) 42-67.
m M. Ex. 15,r (HoROVITZ [ ~ n. 269} u4); 21l Gen. r. 60,3, a 22,14 (THEODOR [-+ n.
cfr. STRACK-BILLERBECK n i35. :u6] 644).
271 i! quanto, ad es., dice di Ester, che si
m STRACK-BILLERBECK u 134·
21l Num r. 15,20, a xx,x6 (STRACK-BILLER- avvicina al palazzo del re pagano, ]alqut Shi-
BECK 11 133 s.). Alla concezione comune cor- meoni Esth. ,5,2; cfr. -+ .ABELSON 270. Vedi
risponde la concatenazione ben nota di R. anche in Gen. r. 65, :1 26,34 (THEODOR [ ~
Pinhits b. Jair: <{Lo zelo (nell'osservanza del- n. 226] 715) il detto di R. Jeoshua b. Levi:
la legge) porta alla purità del corpo, questa pt:r via di Esaù lo spirito santo s'è ritirato
porta alla purità rituale, questa alla tempe- da Giacobbe.
ranza, questa :i.Ila santità, questa all'umiltà, m Mek. Ex. 12,1 (HOROVITZ [ -> n. 269) 3);
questa alla detestazione del peccato, questa al- cfr. STRACK-BILLERBECK I 643; ~ PARZEN 53·
fa pietà, questa allo spirito santo, questo alla 27u STRACK-BlLLERBECK II I 30.
2T/ Tanh. blq 231 a; Num. r. 20,1, a 22,2
tesurrczione, e questa viene per mezzo dcl pro-
'ltVeVjJ.CJ;, 1wc:u1.l«'t~KO<; e III .5 d-c~ (E. Sji:iberg)

sedere lo spirito si richiede anche for:t:u nevale, egli non serbò mai rancore»
e salute fisica e psichica: «Lo spirito (test. S. 4,4). Questo modo di conce-
santo riposa solo su un cuore lieto» 278 ; pire i padri è stato ulteriormente svi-
per questo, quando Giacobbe si abban- luppato dai rabbini, secondo i quali sot-
donò alla sua ambascia dopo aver rice- to l'influsso dello spirito santo hanno
vuto la notizia della morte di Giusep- agito . e parlato tutti i pii dell'A.T. I
pe, lo spirito santo si ritirò da lui Z79. giusti e i pii delle prime generazioni
Con l'affermazione che specialmente la grazie al dono profetico loro accordato
gioia per un comandamento divino ri- erano introdotti nei misteri di Dio 281 •
sulta favorevole nl consegllimento dello Naturalmente, le grandi figure della sto-
spirito santo 230 , ci si ritrova al punto ria salvifica possedevano lo spirito in
di vista religioso-morale. una misura speciale. Che Mosè fosse
profeta, è attestato dall'A .T.; David e
e) Il dono dello spirito nel passato, nel Salomone, poi, devono esser stati in.
futuro e nel presente possesso dello spirito santo, non fos·
«) Secondo la concezione giudaica le s'altro quali autori di scritti sacri 282 • Il
grandi figure dell'A.T. erano ispirate successo nel pronunciare oracoli con gli
dallo spirito santo. Ovviamente lo era- urim e tummim poteva arridere a un
no prima di tutto i profeti (Eccl11s 48, sacerdote solo se possedeva lo spirito
12.24), ma anche altri personaggi par- santo 283 • Ovviamente, i patriarchi pos-
larono sotto l'ispirazione profetica. Re- sedettero lo spirito; ma anche le loro
becca benedisse Giacobbe «dopo che mogli hanno visto e parlato mediante lo
era disceso nella sua bocca lo spirito di spirito santo 28•.
verità» (!uh. 25,14), e Isacco benedisse
Levi e Giuda mediante lo spirito di S) Nel
tempo della fine e~ col. 877
profezia (I11b. 3 x,12 ). Giuseppe recò s.) a possedere lo spirito di Dio sarà
in se stesso lo spirito di Dio quale for-
za che lo spingeva a condurre una vita il Messia, come asserisce l 'A.T. (I s. xr ,
morale: <'Misericordioso e compassio- 2 ). Quest'idea nel giudaismo è assai vi-

(Sl'RACK-BILLERBECK 11 IJO). Secondo altri m STRACK·BILLERBECK Il 1 32 .


detti ki cosa accadde dopo che Israele aveva 23l ]01110 b. 73 b; STnACK-BILl.ERilECK H 132,
ricevuto la legge (Seder Olam Rabba 21 m Cosl si afferma per Isacco in Gen. r. 75,8,
(STRACK-BILLERDECK Il 130)), oppure dopo a .32.4 (THEODOR ( ~ n. 226] 886), per Gia-
che era stato terminato il tabernacolo (Cant. cobbe in 84,r9, a 37,33 (THIWDOR 1024); 98,7,
r . 2,3; R. Ishaq). a 4;z,n (THEODOR 1127); per Giuseppe in
m S11kk11 i. 5,1 (55 a, 63); cfr. SrnAcK-BIL· 93,12, a 45,14 (THEODOR 1170); per Sara
1.nmr::cK 1 643. in 45,2, a 1612 (THEODOR 4·!'1). In 72,6.
a .30,31 (THEODOR 845) si legge: «Le progeni-
m Gc11. r. 91,6, a 42,1 (THEODOR [ ~ n.
trici sono state profetesse, e una di esse è
u6] 1121); Tg. J. I Gen. 45,27. Anche il R11chele». Cfr. anche Mcg. h. 14 a: Sara ha
dcno profetico cli Giacobbe negli ultimi gior-
avuto il potere di vedere per mezzo dello
ni di vita era stato ritirato a motivo dell'età spirito santo; essa era una delle sette profe-
e della debolezza fisica; Ge11. r. 97, a 48,10 tesse d'Israele, che sono, oltre a lei, Miriam,
{1'HEODOR [~ n. 226] x243).
Debor:i, Anna, Abigail (cfr. ·Qoh. r. 3,21 ),
2!lil Pes. b. 117 a (ST RACK-BILLERDECK III 312). Olda e Ester. Anche Tamar (secondo G~n. r.
201 Gen. r. 97, a 49,27 (THEODOR [ ~ n. 226] 85,9, a 38,18 [THEODOR ro.g]) e Rahab (5.
x224); Tat1b. wjhi ,-8 a (ed. S. BUDER [1885] Deut. 22,' a i,2~ [FRIEDMANN, -> n. 233,
~ 13,1 ro n); dr. STR,\CJ<-HJu.~:~!li:C.K li I rr ~;. 69 b]) hanno profct:ito e visto nello spirito.
m.tEuµa., 1t\IEIJµt1.-CLX6~ e Jil 5 e~ (E. Sjoberg)

va, ed è attestata sia negli apocrifi e accenno ai quattro regni pagani, e nel-
pseudepigrafi sia negli scritti rabbinici. 1.:> spirito che aleggia sulle acque un ac-
«Dio lo rese forte nello spirito santo» cenno allo spirito del Messia. Qui il Mes-
(ò 1'Eòc; xa:t'ELpytio-a't'o aÙ't'Ò\I ovv<I't'Òv sia non dev'essere identificato con lo spi-
È\I 7t\leuµa't'~ &:yl~), dice del Messia Ps. rito di Dio, cosl come i regni pagani non
Sai. 17,37 (cfr. Ps. Sal. 18,7). Hen. vanno identificati con il caos primordia-
aeth. 49,3, richiamandosi a Is. 11 ,2, di- le 285 •
ce che sull'eletto, sul Figlio dell'uomo, Nell'epoca finale anche i giusti re-
riposa «lo spirito di sapienza e lo spi- denti riceveranno lo spirito di Dio. L'at-
rito che dona intelligenza, lo spirito di teso rinnovamento morale si avrà me-
consiglio e di forza e lo spirito di co- diante il cambiamento dello spirito e
loro che si sono addormentati nella giu- del cuore dell'uomo, che secondo certe
stizial>. «Su di lui è effuso lo spirito di dichiarazioni sarà opera diretta di Dio
giustizia» (Hen. aeth. 62 2). Analoga- (per es. lub. 1,23; 4 Esdr. 6,26), men-
1

mente si esprimono test. L. 18,7 e test. tre secondo altre sarà compiuto dallo
!ud. 24,2 parlando del Messia. Tg. Is. spirito effuso sopra i giusti. Ad essi
42,1-4 interpreta il Servo di Jahvé co- 'lo spirito di santificazione', 'lo spirito
me il Messia e presenta Dio che, par- di grazia' viene accordato da Dio stes-
lando di lui, dice: «Farò posare su di so (test. Iud. 24 13) o per mezzo del suo
lui il mio spirito» (analogamente Tg. Is. Messia (test. L. 18,II). Va però detto
11,2). Nel Targum si rispecchia 1a con- che negli apocrifi e pseudepigrafi la con-
cezione comune ai rabbini, che prende nessione tra il rinnovamento finale e il
le mosse da ls. 11,2. Non si giunge pe- dono dello spirito si riscontra solo di
rò a identificare il Messia con lo spiri- rado 286, mentre assai più chiare sono al
to di Dio, nemmeno nella dichiarazione riguardo le fonti rabbiniche. Per i rab-
di R. Shimon b. Laqish (Gen. r. 2,4, n bini i passi centrali della Scrittura at-
1 ,2 [Theodor 16 s.] ), che nella descri- testanti l'attesa futura sono Ez 36,26 s.
zione del caos primordiale riscontra un e 37,14. Sulla base di questi (~ col.

2&S L'interpretazione del rabbi non vuol de- alla conversione). Cfr. STRACK-BtLLERBECK Il
scrivere gli eventi della creazione ma (secon- 3,0. Solo, non si dovrebbe parlare di un'in·
do il metodo usuale dell'esegesi rabbinica} e- terpretazione allegorica del rabbi; secondo il
nucleare iI contenuto profondo della parola modo di vedere dei rabbini, si tratta di una
scritturistica, che si può trovare accanto al vrra esegesi della parola biblica, non di fan·
senso letterale: anche questo passo contiene tasie arbitrarie.
il messaggio riguardante i nemici d'Israele e 2.!6 C'è solo il passo appena citato. I testi di
il Messia, che verrà per operare la reden- 2 Mach. 7,23; 14A6; Sib. 4A6.189 (Dio ri·
zione d'Israele, quando questi si converta a darà ai pii «spirito e vita») non si riferisco·
Dfo (ciò significa l'aleggiare sulle acque, che no allo spirito di Dio, ma alla ridonata forza
secondo l.Am. 2 1 r9 contengono un accenno vitale degli uomini.
'1t\IEVµct, 7t\IWµa·nx6c; e III 5 c(3-y (E. Sjoberg)
90 r) si attende la resurrezione ad o- durli al peccato 290 • Gli apocalittici par-
287
pera dello spirito di Dio ; a Ez. 3 6,26 lano e scrivono mediante lo spirito san-
to, ma lo fanno solo nel nome di per-
s. si ricollega anche la speranza che nel- sonaggi della storia sacra morti ormai
l'era avvenire Dio annienterà l'istinto da lungo tempo 291 • La profezia è spen-
malvagio, togliendo via il cuore di pie- ta 292 • Secondo una diffusa convinzione
tra, e infonderà il suo spirito nell'inti- teologica, chiuso il canone con gli ultimi
profeti, l'ispirazione profetica s'è riti-
mo degli Israeliti 238 • Nella formulazio- rata da Israele. Nondimeno, anche in
ne di questa speranza lo spirito è in- questo tempo hanno luogo alcune espe-
teso come una forza ispiratrice sul pia- rienze profetiche (~ '1t"poq>i]'tT]c;). Giu-
seppe riferisce infatti che Giovanni Ir-
no morale capace di trasformare la vo- cano fece una predizione profetica, e
lontà deU'uomo, mentre in altre dichia- narra pure di altri uomini che si pre-
razioni emerge ]a forza profetica ispi- sentarono in qualità di profeti. Quel
che egli dice a proposito degli Esseni ,
ratrice dello stesso spirito, grazie alla
cioè che tra di essi vi sarebbero state
quale negli ultimi tempi tutti gli Israe- manifestazioni profetiche, concorda con
liti saranno profeti. Al riguardo la fon. la convinzione dei membri de1la setta
re scritturistica decisiva è loel 3 1 1 s. 289• qumranica del 'nuovo patto', i quali si
consideravano in possesso dello spirito
y) Gli apocrifi e pseudepigrafi acco- santo e pensavano d'aver ricevuto da
stano senza difficoltà l'idea che lo spi- esso l'intelligenza dei misteri divini, la
rito può esser concesso tuttora agli uo· purificazione dal peccato e la capacità
mini, all'altra secondo cui la grande di condurre una nuova vita conforme
epoca profetica è ormai passata. Chi al volere di Dio (I QH 4,31; 7,6 s.; 9,
osserva la legge può ricevere la sa- 32; 12,11 s., ecc.) 293 •
pienza ad opera dello spirito santo (Sap. I rabbini dicono espressamente che,
9,17; cfr. Sap. 7,7; Ecclus 39,6). Lo dopo gli ultimi profeti (Aggeo, Zacca-
spirito di Dio cerca di ispirare gli uo- ria e Malachia), lo spirito santo si è ri-
mini perché siano a lui obbedienti, men- tirato da Israele :m. Perciò si ritiene an-
tre lo spirito di Beliar si studia di se- che possibile che nel secondo tempio

237 La stessa concezione dello sptr!to santo, :m IMach. 4A6; 9,27; q,41; Bar. syr. 85,
come forza che opera la redenzione, nella con- 1·3· Non v'è dubbio che, nonostante il rive-
catenazione di R. Pinhas b. Jair riportata nel- stimento storko, anche l'ultimo passo espri-
l:i ~ n. 272 (Sola 9,15; A.Z.b. 20 b). me convinzioni del proprio tempo. Dn11. 3,38
~~~ Pesikt. 165 a; Tan~. qdwsim 170 b; Il!' Jk (LXX) intende invece soltanto presentare la
216 a (STRACK-BILLERBECK m 240). situazione successiva alla distruzione del tem-
pio salomonico.
1~ STRJ.CK-BlLLERnECK l i 134.615 s.; IV 915.
Nl ani. Y3,282 s. 299 s.; Y7A2 s.; beli. I,68
Lo stesso in Sib. 3,582.
s.; 6,300 ss. 28J ss. Cfr. R. MEYER, Der Pro·
290 test. B. 8,2 : l'uomo pio non ha macchia phet ous Galiliia (1940) 41-70. Per 1 QH cfr.
di sorta nel cuore, perché su di lui riposa E. SJOBERG, Neuschiipfu11g in dc11 Tolm-Meer-
lo spirito di Dio. Cfr. tesi. fod. 20,1 e i Rollen: Studia Theologka 9 (19JJ) 135·
manoscritti del Mar Morto -+ coli. 929 S$. m «Dopo In morte degli ultimi profeti Ag-
m He11. 11eth. 91,x (ma non 7r,5, dove il te- geo, Zaccaria e Malachia, in Israele è cessato
sto migliore parla di Michele che rapisce <do lo spirito santo» (T. Sota x3,2). Paralleli in
spirito di Henoc»); 4 Esdr. .5,22; q,22.37 ss. STRACK-BILLBRBECK t 127.
91 y ( \'I,384) 1':VEUJ!·!'.t, t.'JEV[./.r.l'HY.OC, em .5 ey (E. Sjoberg)

non fosse presente lo spirito santo 295 • tannaiti si narra che hanno veduto per
Una rivelazione ispirata dallo spirito, mezzo dello spirito santo. In un incon-
che possa equipararsi a quella dell'A.T., tro casuale con un pagano R. Gama-
non c'è più. Tutto ciò non era soltanto liele II agisce e parla mediante lo spi-
una speculazione teologica, ma aveva la rito santo - difatti sa il nome dell'in-
sua influenza nella vita pratica, come si terlocutore, che gli è totalmente scono-
vede in particolare là dove si dichiara sciuto - e grazie allo stesso dono si pos-
che questo o quel rabbino sarebbe ben sono ricavare dal suo comportamento
stato in grado di possedere lo spirito alcune valide disposizioni di legge 299 •
santo, ma non Io ricevette perché non Anche R. Shimon b. Johai deve allo
ne era degna la sua generazione 296 • R. spirito la capacità di vedere cose occul-
Akiba si lamenta che non venga piì:t da- te 300; lo stesso si narra di R. Akiba e
to lo spirito, sebbene si faccia ciò che di R. Meir 301 • È invece poco probabile
propriamente dovrebbe portare al dono che si ritenesse comunemente che l'im-
dello spirito 217 • posizione delle mani nell'ordinazione
Ma, nonostante tutto, i rabbini non dei rabbini andasse congiunta con la
hanno mantenuto coerente la concezio- comunicazione dello spirito 302 ; se cosi
ne che non si poteva più avere lo spiri- fosse, sarebbero incomprensibili le di-
to. Talvolta si dice senza limitazione chiarazioni categoriche circa il venir me-
che una vita gradita a Dio porta a ri- no del dono dello spirito con gli ultimi
cevere il dono dello spirito(---+ coli. 91 r profeti, come pure le affermazioni appe-
ss.). Di Hillcl è conservato un detto se- na rammentate, secondo cui vi erano
condo cui tutti gli Israeliti banno pos- dei rabbini degni di ricevere lo spirito,
seduto Io spirito 298 , e di singoli rabbini ma che in realtà non lo ricevettero.

».1 Jomn b. 21 b; Tlftlll. j. 2,t (6511, 59). Pn· versamente in B.B.b. 12 a, dove R. José dice
ralleli in STRACK-BlLL!'.RBECK li 133. Cfr. che ciò che non può aver l'appoggio dì argo-
Qoh. r. 12,7: dopo la distruzione dcl primo menti scritturistici dev'essere respinto come
tempio lo spirito santo si è ritirato da Israe· una 'profezia', cioè come un insieme di pen-
le (STRA.CK-BILLERJlECK Il 133). sieri soggettivi. Invece fa discussione succes-
2116 Ciò è detto di Hillcl e di Samuele il siva, riguardo alla parola di R. Abdimi b.
Piccolo (T. So/li 13,3 s.; par. in STRACK-BIL- Haifa (che ricorderemo pii1 avanti), afferma
LERBECK I 129). Secondo T ..fota 13,4, in che l'esegesi corretta presuppone proprio una
punto di morte Samuele il Piccolo fece ef- specie di dono profetico: con ciò si spicghe·
fettivamente una predizione, e questo <limo· rcbbe come mai due rabbini, indipendente·
stra che ricevette una qualche ispirazione ad mente l'uno dall'altro, possano giungere allo
opera dello spirito santo (STRACK-BILLERBECK stesso risultato e addirittura trovare una hala-
II 133).
ka dat11 sul Sinai eia Mosè.
201 Sa11h. b. 65 b. Lo stesso in S. Detti. 173, 300 Sheb. j . 9,1 (38 d, 37), cfr. STRACK-B11.-
a 18,11 (FRIEDMANN [-? n. 233] 107 b) CO· LERBECK I 557.
mc parola di R. Elazar b. Azarja (STRACK-
BILLERllECK li 133).
301 Lev. r. 21,8, a 16,3 (STRACK-BILr.ERBECK u
133); Sola;. 1,4 (16.d, 44), dr. STRACK·BIL-
2,>s T. Pcs. .1,2; lo stesso è detto, ma senza
LERBECK l 216.
ricordare lo spirito santo, in Shabb. ;. 19,1
(17 a, 4); Pes, b. 66 a (STHACK-DILl.ERUl!CK li 302 Cosl pensano WEBER u6 s.; -? VOLZ,
627). Geist n5 n. 2; STRACK-BILLEl:JIEGK 11 65 ~ e
m T. Pcs. 1,27 (STRACt.:.-BlLLI.ltrnECK 1 ;;28). BoussET-GRESSMANN 169; cfr. E. LoHsE, Die
Qui si giunge a fissare delle dfaposizioni di Ordination im Spiitj1ulen1um tt. im N.T.
legge basandosi sull'ispirazione profetica. Di· (1951) n-55 .
7t\IE\iiut., f(\IEUµO:"t'LY.O(, e Ili } cy-f (E_ Sjoberg)

Quando più tnrdi R. Ahdimi b. Haifa ( ~ coli. 85 8 s. 860. 8 66). Ma i testi


sostiene (d'accordo con rabbini contem- sono pochi, e questa funzione delln
poranei e posteriori) che il dono della spirito resta decisamente in ombra di
profezia è stato tolto ai profeti ma non fronte alla concezione dello spirito qun-
oi saggi, cioè agli scribi 303, si ha una ret- le portatore della rivelazione profetica
tifica dell'idea acquisita già dnlle età e quale dono elargito alle persone reli-
passate, che si spiega alla luce di una giose. Nella letteratura rabbinica più
situazione in cui già da lungo tempo si antica la funzione cosmica dello spiri-
era abituati u considerare i rubbini come to non sembru per nulla ricordata ;10j.
i capi spirituali, incontrastati e sufficien- In Gen. 1 1 2 rtWh viene comunemente
ti, del giudaismo. inteso nel senso· di 'vento' 3!>5. R. Shi·
mon b. Laqish, in connessione a Ps.
f) La funzione cosmica dello spirito
139 ,5, lo riferisce allo spirito di Ada-
La concezione dello spirito quale or- mo, che fu la prima delle opere della
gano della divina cteazione è ben pre- creazione, mentre ·H suo corpo, secondo
sente negli apocrifi e pseudepigrafi (Iu- Gen. l,26, fu l'ultima 307 • Tg. J. 1 e II
dith 16,14; Sap. r,7; 2,12; Bar. syr. 21, per Gen. l ,2 usano la perifrasi «spirito
4) 36-1. Questa fede ne1Io spirito come di misericordia che viene da Jahvé»,
strumento di Dio nella creazione deve ravvisandovi l'idea che Dio ha creato
essere stata corrente anche nel giudai- il mondo con misericordia 308 •
smo e poté trarre alimento dall'A.T.

303 B.B.b. 12 a (STRACK-BILLERBECK I 670). flusso dell'altrn intcrprt:t:izione del medesimo


304 Bar. syr. 2I.-I, rifacendosi a Ps. 33,6, di- rabbìno, secondo cui Gen. 1,2 va riferito ai
ce che Dio mediante fa sua parola ha sta· quattro regni del mondo e allo spirito del Mes·
bilito il firmamento e mediante il suo spirito sia (~ coli. 915 s.). Si ha qui una raccolta di
ha fissato le altezze del cielo. Anche in Bar. interpretazioni rabbiniche di Ps. 139,5, le quali
syr. 23,5 lo spirito appare quale organo del- 11pplicano tutte questo versetto ad Ad.amo.
la creazione, con richiamo ;1 Pr. 104,JO, in Tra esse si trova anche l'esegesi di R. Shi-
special modo della creazione dell'uomo e pro- mcon b. Laqish che, nella maniera suddetta,
babilmente in prospettiva escatologica, non riferisce il versetto alla creazione dello spi-
in riferimento all'epoca primordiale: «Il mio ri io e dcl corpo di Adamo. Quest'interpre-
spirito crea i viventi», entrnndo nell'uomo e tazione va rafforzata e chiarita con quella
dandogli la vita (-+ col. 901 ). ch'egli dà di Gen. 1,2, dove inseg11:1 che l'ani-
30S STRACK-BILLERBECK I 48 s. ma di Adamo venne creata prima di ogni ahrn
.Jllò 1'g. O. Gen. 1,2; 1-fog. b. 12 a: R. Jchud.1 cosa. In questo contesto una parola sullo
b. Jehesqel; Ge11. r . r,9, a 1,1 (T!IEODOR {-> spirito dcl Messia avrebbe senso solo se que-
n. 226] 8): R. Gamaliele; Ge11. r. 2,3, a l,2 sto si equiparasse allo spirito di Adamo. Ma
(THEODOR 16): R. Jehu<la b. R. Simon; Gen. questa conce2ione, nonostante ogni paralleli-
r. 2,4, a 1,2 (THEOOOR 17): R. Haggai in no- smo tra Adamo e il Messia (cfr. B. Mun-
me di R. Pedat; (STRACK-BILLERBl'.CK T -t3 s.). MELSTF.IN, Adnm, eill Beitrag :r.ur Afessit1s-
Jm Tanh. tzrj' 153 a (BuBER [-+ n. 281] § f<!hre: WZKM 35 ( 1928] 242-275; 36 [1929]
2 16 b); Midr. Ps. 139,5 (ccl. S. BueER [ r891] 51-86; -+ r, coU. 382 ss.), non risulta attestata
265 a). «Ù> spirito del Messia•> in luogo di negli scrini rabbinici; contro \Y/. STAERK, Die
«lo spirito di Adamo» nello stesso contesto
Erlosererwar1u11g in dm usllichen Reli~ionen
in Gen. r. 8 11, a r,26 (TllEODOR [-;. n. 226] I 1938) 25 e H. 0DEBERG, The Fo11rth Gospel
56 corregge il testo) e in Lev. r. J4,I, a J2,2, (1929) 54 n. 2.
è - secondo una inoppugnabile prnposta di JOa STRACK-IlILLERBECK 1 48 s. I rabbini ri-
Billerbeck (STRACK-BILLERBECK II 3.Fl - una tengono comunemente che il mondo è creato
trasformazione secondaria determinata dall'in- con Riustizia e insieme con misericordia;
7t\IEUµ(J., 7'\IEVµC7.'t~X6ç e III 5 g (E. Sjobcrg) (VI,386) 924

g) Lo spirito acquisisce una sua auto- complesso di concezioni che non è giu-
nomia daico, può condurre facilmente a idee
Nel giudaismo fa spicco il processo errate. Quando si descrive l'attività del-
per il quale lo spirito acquista una sua lo spirito con le categorie personali,
autonomia. I rabbini parlano spesso non si intende presentarlo. come uno
dello spirito in categorie personali, e speciale essere celeste, ma piuttosto co-
in tutta una serie di passi lo presenta- me una realtà divina oggettiva che si
no in atto di parlare, di gridare, di am- fa incontro all'uomo e lo sollecita. La
monire, di far cordoglio, di piangere, di sua presenza può esser descritta anche
rallegrarsi, di consolare, ecc. 309; giun- con espressioni impersonali - si dice
gono persino a raffigurarlo in atto di che esso riposa (Jara) sull'uomo, che lo
parlare a Dio (~ col. 927). Questo riempie (mille') e risplende (nì~ne~) su
ha fatto spesso pensare che nel giudai- di lui, che brilla (hO/la') in un luo-
smo lo spirito appaia come un'ipostasi, go-, ma ciò non presuppone una con-
anzi come un essere angelico persona- cezione dello spirito diversa da quella
le 310. Ma nel far ciò sono state intro- che regge le espressioni personali. L'ele-
dotte alcune idee che non corrispondo- mento decisivo sta nel fatto che l'uomo
no alla concezione giudaica. Lo spirito si trova davanti a una realtà provenien-
non è un essere angeliforrne e celeste 311 • te da Dio, che in certo qual senso signi-
Negli scritti giudaici esso non compare fica la presenza di Dio pur non identi-
mai nell'adunanza celeste innanzi al tro- ficandosi con lui.
no di Dio 312• Piuttosto, si potrebbe
Per farsi un'idea del modo in cm 1
chiamare ipostasi intendendo con ciò rabbini si rappresentano l'opera dello
esprimere il suo agire indipendente. Ma spirito si devono considerare altre due
anche questo concetto, preso da un circostanze. Anzitutto, lo strumento sti-

MooRE I 389; ~ BoNSIRVEN I r71; E . SJ~ solo nelle se-.lioni cristiane dell'Ascensione di
BERG, Golt u. die Siinder im paliisJinische11 Isaia (3,16; 4,21; 9,39 s.; I0,4; IIA) e in
]11denlt1m, BWANT IV 27 (1939) 4 n. 1. Herrn., mand. I I ,9. Nella dichiarazione di R.
309 Cfr. ABBLSON 224-237; STRACK-BILLER- Pinhas b. Hama, in Ex. r. 32,r, a 23,20
(STRACK-BILLERBECK Il 132), lo spirito san-
BECK Il 134-138.
to non è presentato come l'angelo supremo,
319 ~ VoLZ, Geist 145-194; ~ LINDER 132-
ma è contrapposto agli angeli: ~Prima voi
.154: BoussET-GRESSM. 347-349; V. HAMP, (scii. Israele) vi rallegravate di esser guidati
Der Begriff «Wort» in den aramiiirchen Bibelii- dallo spirito santo, ora (dopo il peccato del
ber.retzungen (1938) n6-uo; -+ RINGGREN vitello d'oro) dovete valervi della guida. di
165. Di contro S·rucK-Bll.LERBECK n 134 s.;
un angelo». Lo spirito santo indica fa pre-
MOORR 1 415-437; -+ MooRE, lnlermediaries
senza di Dio in maniera del tutto diversa da·
51; -+ BoNSIRVEN 1 212-216; ~ ABELSON
gli angeli (contro MoWJNCKEL, ibid.).
2l4-237.
JllLa designazione di «angelo dello spirito 112Cfr. H. BIETENHARD, Die. himmlische Well
santo», addot111 da MowINCKEL II6, si trova im Urchristentum 11. Spiitjudentum .(19,1) 61.
1t\1Evµa, 'ltVEVµct't~x6ç e III 5 g (E. Sjoberg)

listico della personificazione e della tura quello che rivolge la parola scrit-
drammatizzazione è tipico della lettera· turistica a Dio llS,
tura rabbinica, come mostrano, ad es., Nonostante la tendenza a riconoscere
le due proprietà principali di Dio - la allo spirito una sua autonomia, si vede
misericordia (middat raf.>amim) e la giu- bene che esso, in definitiva, procede da
stizia (middat haddin) - che sono pre- Dio stesso: è lo spirito di Dio e viene
sentate in atto di parlare innanzi a lui da ·lui inviato. Ciò appare con tutta
sebbene non siano né ipostasi né, tan- chiarezza negli apocrifi e pseudepigra-
to meno, esseri personali. In secondo fi 316, né diversamente stanno le cose
luogo, la reazione personale dello spi- negli scritti rabbinici. Il possesso dello
rito si ricollega sempre a parole della spirito è un segno della grazia divina
Scrittura: lo spirito parla, grida, am- e significa un contatto con il mondo di-
monisce, ecc., con le parole scritturisti- vino, un'unione con Dio. Lo spirito non
che m. Per dire che piange, si ricorre a è considerato come un surrogato de11a
una citazione di Lam. 1,16: «Lo spiri- presenza di Dio, come qualcuno pensa
to santo grida e dice: È per questo che partendo dal presupposto che nel tardo
piango» 314 • Perciò gli enunciati riguar- giudaismo Dio non sia che il Dio remo-
danti lo spirito non sono da intendere to. Per dire che Dio è presente nell'uo-
come semplici formule di citazione, ma mo, si afferma che su questo riposa lo
vogliono esprimere una vera reazione spirito santo o la shekinà 317 • Tuttavia
divina rappresentata dallo spirito. Ma è spirito e shekinà non sono identici;
importante notare, per il problema del- mentre infatti questa non è altro che
la personificazione dello spirito, che in Dio in quanto presente 318, lo spirito
queste dichiarazioni si tratta sempre santo, invece, è una speciale entità divi-
dello spirito che parla nella Scrittura. na che viene inviata da Dio e agisce in
Anche nei passi in cui esso è presentato maniera autonoma, sia pure entro i Ji.
in atto di parlare davanti a Dio si ha miti fissati dal divino volere. Ma, poi-
un'interpretazione scritturistica. Non vi ché è inviato da Dio, il suo possesso
è una sola scena celeste in cui lo spi- equivale a un'unione con il mondo di.
rito compaia a parlare direttamente in- vino e, in definitiva, con Dio stesso.
nanzi al trono di Dio, ma è sempre
lo spirito di Dio che parla nella Scrit-

313 Sola 9,6 non rappresenta un'eccezione. La 316Anche fodith 16,14 risente dello stesso
parola dello spirito rende chiaro il senso di presupposto, come pure Sap. 1,6 s.; 9,17; 12,.t.
Deut. 21,8, che viene inteso come una dichia-
317 Cfr. --> AllELSON 377 ss.; MooRE r 437;
razione dello spirito, sebbene non sia citato
--> MooRE, Intermed;a,i~s ,-s.
ad lilleram. Contro ST.RACK·BILLERBECK Il
136. 318 La shekinà non è, come si pensa talvol-
314 Lam. r. a I,I6, § 45 (STRACK-BILLERJIECK ta, un essere speciale accanto a Dio; ciò ri-
H 135). sulta, ad es., dalla parola di R. José il Ga·
315 Oltre ai passi addotti sotto (-) col. 927), lileo (Sola b. 30 b ): gli Israeliti, al veder la
cfr. anche Lam. r. a 3,59 (STRACK-BILLERBECK shekinà al Mar Rosso, dissero tutti, compresi
u 135): quando Adriano assassinava i Giu· i bimbi: «Questo è il mio Dio, lui voglio lo-
dei con raffinata crudeltà, lo spirito santo gri- date» (Ex. 15,2). Se la shekinà fosse qualcosn
dò le parole di Lam. 3,59 s. e disse: ~Tu ve· di diverso da Dio stesso in quanto presente,
di, o Jahvé, la mia oppressione..., vedi tutta saremmo portati a constatare la più grave di
Ja sua vendetta». Vedi anche Sota ;. 9,7 (24 tutte le eresie, cioè l'affermazione di due po-
a, 8); Cani. r. 8,14 (R. Levi). tenze divine. Par. in -) Ml!YER 84 n. x.
-:-tVEV(.lf1., 1tVEUµo:-nx6c; e Ili 5 h (E. Sjèibcrg)-D !E. Schweìzer)

h) Lo spirito come intercessore 'figlia della voce' (bat·qol), che stn al


Lo spirito come intercessore s'incon- posto dello spirito santo, vien detta in-
tra di rado nel giudaismo, e questo si- terceditrice (s"11€~or), -7 ix, col. 708 ).
cmamente perché esso non è uno spe- E. SJOBERG
ciale essere celeste. Che Michele e altri
angeli si presentino a Dio ad intercede- D. IL PROGRESSIVO PASSAGGIO
re per Israele, è normale (~ IX, coli. ALL'IO PNEUl\1ATICO D!.:LLA GNOSI 3~ 1
704 ss. 707 s.). Ma lo spirito non è un
angelo e non viene nemmeno identifi- Il giudaismo non può evitare d'in-
cato con l'angelo intercessore 319• Solo
contrarsi con il messaggio dell'A.T., nel
casualmente può esser presentato in
una funzione simile. In test. lt1d. 20,5 quale l'uomo si trova di fronte a Dio
figura come testimonio contro gli uomi- e al suo spirito (~ coll. 865 s.). L'es-
ni (-7 col. 908; Ix, col. 705 ); quindi sere afferrati da Dio è grazia, non na-
vien posto in risalto solo l'aspetto ne-
gativo, giacché l'accusa è mossa contro tura (-7 col. 867): questo si vuol di-
i peccatori 320• Vi sono però due passi re quando si afferma che l'anima del-
rabbinici parzialmente paralleli, in cui l'uomo proviene dallo spirito di Dio.
lo spirito viene espressamente presen-
tato come intercessore (Lev. r. 6,1, a 5, Ma qui nasceva il problema che impe-
1; Deut. r. 3,11, a 9,1); entrambi sono gnò intere generazioni. Quando l'ani-
un'esegesi di Prov. 24,28 s., nella quale ma cessa di essere la semp!ic<'! forza
i due versetti sono intesi come parole
vitale e si presenta come l'io propria-
dello spirito santo rivolte rispettivamen-
te a Israele e a Dio (-7 IX, col. 707). mente responsabile che dura oltre la
Alla luce dei presupposti rabbinici, morte (-7 coli. 901 ss.), si presentano
questa . interpretazione non ha nulla di questi interrogativi: se essa è una parte
sorprendente, anzi, risponde al metodo
esegetico usuale dei rabbini (-7 coli. dello spirito di Dio, non deve venir
9xo.925). Perciò non è lecito trar la salvata automaticamente? oppure si de-
conclusione che lo spirito presentato ve distinguere da essa un altro io, uma-
quale intercessore e testimonio sia co-
sl corrente nel giudaismo, che In men- no, che può accogliere o respingere que-
zione della testimonianza resa innanzi sta parte dello spirito di Dio, conser-
n Dio richiami senz'altro la figura del- varla pura o insozzarla? Ancora: que-
lo spirito santo come intercessore. Piut-
sta parte dello spirito di Dio va intesa
tosto, si tratta di un'introduzione occa-
sionale della figura dell'intercessore nel- come possibilità di decidersi liberamen-
l'ambito dell'esegesi. Oltre ai due men- te? Come va distinto da ciò l'agire at-
zionati, nei rabbini vi è un solo passo tuale dello spirito di Dio? Come raf-
in cui si può supporre che lo spirito
appaia in qualità di intercessore: si figurarsi la sopravvivenza alla morte?
tratta di Cani. r. 8,u, a 8,ro, dove la Sono questi i problemi intorno ai quali
319 Cosl si potrebbe concludere dalla prcsen- 321 Ampia esposizione in ~ ScttwEIZER, Ge-
t112ione di -+ MowINCKEL 109-116. gcnwart 48,--501; cfr. anche F. NoTSCHF.R, Zur
theol. Terminologie der Q11mra11-Textc (1956),
320 Cfr. Sap. 1 ,7 s. indice s.v. 'Geist' e 'Geister'.
TCVEU~l<t, 7tVEVl.1lJ."l"LJC6c; D I t (E. Schweizer) (v1,388) 930

si affaticano il giudaismo, il Nuovo Tc- Esso è il 'bene', a favore del quale egli
slamento e la gnosi. ha preso posizione fin da prima di ve-
nire in questo mondo e torna assidua-
mente a prenderla; il bene che non è
I. Gli serilii di Qumra11 e la loro influen- inteso come una pura idea, ma come
za una forza di Dio che lo sollecita e so-
r. Già nelle parti tardive dell'A.T. stiene 326• Diversamente da come fu in-
acquista una crescente importanza l'idea teso dall'ellenismo, il dualismo è senti-
che lo spirito di Jahvé è la forz:i che to come qualcosa che pervade il mondo
opera non solo cose straotdinarie, m<1 dei corpi e degli spiriti. Anche la Re-
anche il bene etico (~ coli. 859 s. 863 gola della Comunità (I QS) è domina-
s. 870 ). Quanto più ci addentriamo nel ta dall'idea dei due spiriti, quello della
tardo giudaismo tanto più si fa im- verità e quello della malvagità, che lot-
portante Ja decisione etica del singo- tano per dominare l'uomo (3,18 s.; 4,
lo, la scelta ch'egli fo tra il bene e 23 ss.) 327 • Essi son detti anche, rispetti-
il male. Nei 200 anni della domina- vamente, 'spirito della luce', 'angelo
zione persiana JU Israele dovette rico- della verità', 'principe dei lumi' (cfr. an-
noscere che il canovaccio ideale di que- che Dam. ,5,18 [?,19]), 'spirito della
sta concezione poteva trovarsi nell'i- conoscenza', oppure 'spirito (o 'angelo')
dea - persiana appunto 3! 3 - dei due delle tenebre' (3,20-25; 4,4) 328• In pri-
spiriti antagonisti 324 dai quali l'uomo è mo luogo quest'idea designa semplice-
condizionato e tra i quali deve sceglie- mente il carattere decisionale della vita
re m. Lo spirito è rappresentato come umana, quale è presentato nell'A.T. e
qualcosa di durevolmente presente al- nei rabbini, quando parlano rispettiva-
l'uomo, che ne è determinato in tutta mente della scelta tra Jahvé e Baal e
quanta la sua esistenza (~coli. 906 ss.). tra il bene e il male 329• Cosl anche in

3!2 Naturalmente bisogna tener presente che vi trambi sono avvolti da una schiera di spiriti
sono forme miste. Anello <li congiunzione può ad essi addetti. Per la traduzione cfr. F.C.
esser stata la Mesopotamia o la Siria; W. ANDRE!AS, Die drilte Ghiilii des Zaralu!lhro,
IlAUMGARTNER, Die Bedeulung der Hohlct1/u11- NGG ( 1909) 42-49; ].C. TAVADIA, Zur ltl-
de aur Palifrlina /iir die Theologie: Schweizcr lerprelafion der Gala des Zaralhustro:ZDMG
theol. Umschau 24 (1954) 62. IOO (19_50) 232-237.
323L'aggancio con le concezioni giudaiche può ora è un aspetto della
l26 «Lo 'spirito santo'

vedersi in asc. Jr. 3,26.28. Altre notizie in natura di Ahura Mazda - propriamente l'a·
NoTSCHER, o. c. <~ n. 321) 79-92. spetto che più lo qualifica, anzi è la sua
stessa natura - ora è una natura indipendente
m Un accenno in E. ScuwEIZER, Die sieben nccanto a lui» (E. l\BEGG, Dar Problem des
Geisler in der Apok.: EvTheol I I (1951/52) Biisen im G/auben Zaralhustras: Neue Ziir-
506 n. 23.; A. DUPONT-SOMMER, L'inslrucJion chcr Zeitung u .I.19,5,5, fase. 6).
sur !es deux Esprits dans le Ma11uel de Di- 327 La battaglia si svolge tra gli angeli e Asa·
scipli11e: RHR r42 (1952) 16 s.; K.G. KuHN, sele (apoc. Abr. lJ s.; Philo, Abr. 13 s.; plani.
Die Sektenrchri/t u. die irmtischc Re/igio11: 23 s.) o tra l'angelo di Dio e il demonio
ZThK 49 (1952) 296-298. (Iust., dial. n6,1) .
32S «E all'inizio vi erano questi due spiriti, i .m In r QM 13,10 s. il 'principe della luce'
gemelli, ...il bene e il male. Tra di essi hanno si contrappone all"angelo dell'ostilità' (H.
scelto rettamente quanti agiscono bene, non BARDTKB, Die Kriegsrolle von Qumriin uber·
quelli che operano male. Incontrandosi, que- sel:ll: ThLZ 80 [19.5_5] 401-.po).
sti due spiriti determinarono la vita e la 319 B. Or:zEN, Die 11euge/u11denen hebr. Hand-
morte» (Yasna 30,3 s. ; dr. 45,2, ccc.). En- schr. u. die Terta111e11te der 12 Palriarchen:
93l (v1,388) m>Euµa, 7tVEUµa-.~x6ç D 1 r (E. Schweizer)

I QS 3,20 s. il «camminare in essi (scii. dell'uomo determinato d:tll'esterno è poi


nei due spiriti)» non significa altro che cosl forte, che certe asserzioni si ac-
«camminare per le strade della luce o costano a una dottrina della predestina-
delle tenebre» . I 'consigli' dello spirito zione 333.
buono invitano a una serie di virtù, Il termine 'spirito' viene usato an·
mentre un catalogo di vizi contiene l'e- che in un altro senso 334 , e designa pu-
numerazione di «ciò che appartiene al- re lo spirito dell'uomo 335 ( r QS 4 ,3?;
lo spirito di malvagità». Ma qui, più 8,3; II,I; I QH l,8 s. 15.32; 2,15) e
che nel modo di vedere rabbinico e con può risultare identico all"io' (1 QS 4,
maggior aderenza alla concezione vete- 36; 7 ,29 ), da un lato riferendosi all'in-
rotestamentaria, si sottolinea che l'uo- telligenza (I QS 5,23 s.; 6,14.17) 336,
mo, sia che viva sia che cada vittima del dall'altro abbracciando insieme e l'intel-
maligno, non lo fa per forza propria ligenza e le opere (5,21; cfr. 2,20; 4,
ma per la forza di Diol30. Diversamen- 26; 9,14; Dam. 20 1 24 [B 9,48]). Quel-
te che nel parsismo si tien fermo che i lo che si separa da Dio o che vien di
due spiriti o angeli 331 son creati da Dio nuovo purificato da lui è lo 'spirito' del-
(r QS 3,25). Inoltre l'esperienza del l'uomo (r QS 7 1 18.23; 8,12; cfr. I QH
potere soverchiante del male è espres- 1,22 s.; 3,21; 7,5; 13,15). Il vocabo-
sa dall'idea che esiste una moltitudine lo, dunque, è pronto per diventare la
di spiriti maligni (I QH 3,18; r QS 3, designazione dell'esistenza umana spe-
14; 4,20; I Q J6,2,5) 332 • La concezione cificamente animata da Dio, l'io perso-

Studia Thcologica 7 (l954) 139: mitologiz- I QM (-+ n. 328) I2,9; 13,10; 19,1; di an·
zazione dell'idea dello ie1er. Ma probabil- geli cattivi in 13,2.II s.; 14,10; 15,13; cfr.
mente all'origine sta da un lato la concezione (rw?)!Jj 'ml in r QH 2,4; «Spiriti della co-
dei due spiriti, dall'altro quella dell'impulso nosce112a» in 3,22; «spiriti santi» in 8,u; «i
malvagio (dr . ~ ScttWEIZllR, Gegenwart 490 tuoi spiriti» in I Q 36,17 (probabilmente rife.
n. 4). Cfr. anche l'espressione 'spirito di am- rito a Dio).
bizione' in r Q 29,14, <1Lo spirito del consi- 333 r QS 4,24 s.; I QH 3,22 s.; cfr. r QS 3,
glio della verità di Dio» in concreto si iden- 13 s. 24; ,3,26·4,1 sembrano riferirsi ai due
tifica con la legge, N5TSCHER, o. c. (4 n . spiriti. Cfr. NoTSCHllR, o. c. e~ n. 321) 179 s.
3u) 60. Cfr. 'spirito della rettitudine, della 334 r QH 1,10: vento; r,rr: «spiriti eterni
prostituzione', ecc., r QS 3,8; 4,10. nel loro dominio», par. a 'invfati di Dio',
3lO r QH 4,31 : «La condotta dell'uomo non 'portatori di luce' e 'stelle'; I QS 9,3; I Qll
è stabile se non nello spirito, (che) Dio gli ha 12,12; 16,12: 'spirito santo'; r 128: respi-
procurato». ro (?).
315 Non però lo spirito rinchiuso nel corpo,
331 Spiriti e angeli sono sinonimi anche in
come DUPONT-SOMMER, o.e. (~ n. 324) 32 in-
1 QM <- n. 328) 13,10 s. Lo stesso si dica tC"nde a proposito di I QS 4,20 s. Cfr. .1
per i Testamenti dei xn Patriarchi, sia pure Q.M r~ n. 328) 7,5: «perfetto di spirito e
con uno stile un po' meno settario (0TZRN, carne (rtv!> wbir)»; I QH 9,16, dove l'uomo
o. c. [ ~ n. 329) 136 s. 140-142), e per il Pa- appare sia come 'carne' che come 'spirito'.
store di Erma <- col!. 933.934 s.); inoltre dr. Cfr. I.P. HYATT, The View of Man in the
lub. 1,25; 15,31 s.; Hen. aeth. 15,4-6; He11. Q11mra11 'Hodayot': NTSt 2 (1955/56) 276·
slav. 16,7. Quanto al sopravvivere dell'idea 284.
dei due spiriti, dr. Pseud.-Clem., hom. 2,16, l36 Cfr. I QH 1,28 s.; 10,8 («Signore di ogni
4; 3,I2-16 (H.J. ScttoEPS, Theologie u. Ge- spirito [o = degli angeli(] e maestro di
schichte des Judenchristentums [1949] 165 ogni opera») e Yarna 31,21: il credente è
n. 1). amico di Ahurn Mazda «nello spirito e in
m Una quantità di angeli buoni appare in opere>>..
rt\IEvµa, miwµa·nx6ç DI 1-2 (E. Schweizer)

nale dell'uomo che ne regge il corpo e 6; D. 4,5; 6,2; B. 6,r); la decisione


l'anima. È possibile che a ciò abbia con- spetta all'uomo (S. 3,r) o a quel suo «spi·
tribuito la concezione persiana della rito di acume d'intelletto, che sta in mez-
daena 331 , che è «la individualità religio- zo e al quale compete volgersi dove vuo-
so-spirituale pensabile anche come sepa- le» (lud. 20,2; cfr. Ecclus r5,14). L'uo-
rata da chi ne è investito», «quella forza mo può esser considerato anche come
o parte dell'anima che entra in funzio- un vaso abitato dal diavolo (N. 8,6).
ne nella visione religiosa», «l'organo Anche nel Pastore di Erma 341 due
dell'immortalità nel senso più vasto del spiriti lottano tra di loro per il domi-
termine» 338 • nio dell'uomo (mand. 5,r,4; 2,5, ecc.):
sono lo 'spirito di verità' (mand. 3,4), o
2 . Per il giudaismo la continuazione 'angelo della giustizia', e }"angelo della
diretta di questi concetti si trova nei malvagità' (mand. 6,2,r s. 8 s.). Anche
Testamenti dei XII Patriarchi 339, per il qui l'uomo è un vaso abitato dall'uno
cristianesimo nel Pastore di Erma. An- o dall'altro spirito 342• Ma lo spirito mal-
che in test. XII Patr. compaiono i due vagio non è altro che la cattiva coscien-
spiriti o angeli (Iud. 20,1; L. 5 ,6; D. 6, za (mand. 3,4); quello buono è il san-
I s.; B. 6,1); di essi, quello malvagio to spirito di Dio (mand. 5,2,5.7), ma
è nominato anche al plurale (Iss. 7,7; che «abita in te», «è concesso a questa
D. l,6s.; 5,5s.; 6,r; cfr. R. 2s.:m; tua carne» (mand. 3,r; 5,1,2; 10,2,5
Dam. 12,2; [14,5]). Tali spiriti ven- s.). Si scorge qui, con particolare evi-
gono chiaramente ricollegati a Beliar denza, la componente morale. Inoltre,
(Iss. 7,7; D. 1,7; B. 3,3 s.; cfr. Dam. pure qui lo spirito malvagio si dispie-
5,18 [7,19]) o a Satana (G. 4 ,7), ga in una molteplicità di spiriti, che
mentre quello buono compare come lo vengono equiparati ai singoli vizi (per
spirito santo di Dio (!ud. 24; dr. I QS es., mand. 5,2; 10,r,2), mentre altrove
4 ,2I ). Lo spirito malvagio seduce, quel- gli spiriti santi sono assimilati alle 'ver-
lo buono fa opera di intercessore (L. 5, gini', le quali, a loro volta, rappresenta-

337 Assai istruttive sarebbero le argomentazio- rd11 - Apokalyptik - Essenismus: Saeculum 6


ni di NY.BERG, Die Religionen des alten Iran ( 1955) 252-254 sottolinea la stretta rassomi-
(1938) n8-129, ma sono anche assai discus- glian2a con i testi di Qumran. Cfr. M. BuR-
se, -+ uwµu. Xp~O'"t'OV. Rows, The Dead Sea Scrolls (1955) .22I e
l38 E. ABEGG, Der Messiasgla11be in I ndien 11. ~ coli. 907 s.
Iran (1928) 204 n. 3; NYBERG, o. c. (-+ n. 340 I sette spiriti neutrali, tra la schiera di
337) IX5s. quelli buoni e di quelli cattivi, sono un'inter-
339 Cfr. P.A. MuNCH, The Spirils in the Te-
polazione secondaria; cfr. Test. XII, ed.
CHARLES, ad l.; B. NoACK, Satanar u. Soteria
staments of the Twelve Patriarchs: Acta 0-
rientaJia 13 (1935) 257-263. Contro questo au- (1948) 45·
tore, io ritengo come primario l'elemento de- 341 Cfr. J.P. AUDET, Affinilh littéraires et
monologico, e come secondaria, invece, la psi- doctrinales du <1Ma11t11:l de Discipline»: RB 59
cologizzazione (tesi. D. 2-4: spirito d'ira = {1952) 2!9-238.
ira). Alcuni accettano l'origine giudeo-cristia- m Se vi abitano entrambi, lo spirito malva-
na dei Testamenti: M. DE JONGE, The Testa· gio ne caccia quello buono; mand. 5,1,2-4; :z,
ments of the Twelve Patriarchs (1953); J.T. 5-7; mand. 10,r,2; 2,1-6 (ma vedi mand. 6,2,
MILIK, Le T eslament de Lévi en Araméen: 2). Lo stesso, senza coloriture mitologiche, è
RB 62 (1955) 406. Di diverso parere sono detto in mand. 3r4i 10,2,2.4; 3,2: lo spirito
ALBRIGHT, o. c. (-+ n. 382) 166; G. MoLIN, buono viene 'contristato' (Is. 63,ro; Eph, 4,
Die Sohne des Lichles (1954) 162; In., Qum- 30).
1tVEiiµa, 1tVEUµa·nx6c; D 1 2·1! r (E. Schweizer)

no varie virtù, ma concepite come «for- oppure 'integro', anzi 'rinnovato'( mand.
ze di Dio» (sim. 9,13,2.7; 15,1 s.) 343 • 3,2; sim. 9,14,3; .32 1 2-4) 346 • In tal mo-
L'antica fede nella pressione irresistibi- do il problema è posto. Nella gnosi esso
le che questi spiriti esercitano sull'uomo verrà sviluppato secondo un determina-
si conserva ancora in mand. 6,2,7 s.; to aspetto; nel N.T. apparirà un po'
ma ciò che interessa all'autore è soltanto dappertutto (~ coll. 947 s.; 970 n.
l'appello morale (v. 9 ! ) 344 • 446; 998 s.; 1083 ss.; 1095 ss.), e so-
Per vedere quanto confuse siano que- prattutto in Paolo troverà una soluzio-
ste idee, basta osservare che qui si ne di fondo(~ coll. ro57 ss.).
frammischia una prospettiva che inizial-
mente è del tutto diversa. Già nel tar- II. La gnosi
do giudaismo l"anima' data da Dio de-
signa l'esistenza responsabile innanzi
I. Il problema: lo spirito come creatore
a lui, e come tale è detta volentieri della materia
'spirito'. Nasce cosl il problema dell'ar- L'ellenista si raffigura la forza come
bitrio umano. Una prima soluzione di sostanza l-47 , Il primo pensiero greco si
esso si ebbe concependo l'io dell'uomo pose il problema dell'&.pxi), e nel cam-
come distinto dallo spirito e come ciò po della scienza della natura ricercò non
che può custodire oppure distruggere solo la causa prima della cosmogonia,
questo 'spirito' (Dam. 5,n (7,12]; 7, ma anche l'essenza del cosmo (e quin-
3 s. [8,20]) 345, il quale del resto può di, per i Greci, anche di Dio). Quando
venir chiaramente distinto dalla forza il giudaismo fece propria questa pro-
vitale biologica (test. N. hebr. 10,9). In blematica, dovette naturalmente rispon-
questa prospettiva lo spirito è ancora dere che l'àpxn è Jahvé; e, se volle e-
dato da Dio e in definitiva appartiene sprimere lo stesso pensiero in forma
a lui; ma ora non produce più attiva- moderna e scientifica, dovette dire che
mente la decisione etica, bensl è deter- l'apxT) è lo spirito di Jahvé 343 • Questo
minato da essa. Cosl nel Pastore di Er- termine era quanto mai indicato, per-
ma appare come 'deposito' (7Cttpttxcx:tcx.- ché rispondeva al messaggio dell'A. T ..
1'1)xl)) di Dio, che può essere a lui re- inoltre per un greco conteneva l'idea
stituito 'menzognero', 'inutilizzabile', della sostanza vitale (-+ coll. 779 s.) e

Bisogna tuttavia tener fermo (contro Dr-


l.fl motivo appare, trasformato completamente in
BELIUS, Herm. 518), che questa cquiparazio· categoria sostanziale, in Pseud.-Clem., hom.
ne non sta all'origine dell'idea della lotta 20,2,3 s., dove è detto che l'uomo è costitui·
degli spiriti. to di due sostanze, O'Wµll e 'ltVEVµ«, e che,
:\44 Anche in mand. 10,2,5 appare come atto in quanto av'td;ouO'l.O~, può scegliere tra le
responsabile dell'uomo ciò che altrove vien due vie che gli si presentano innanzi.
347 Nemesius, de natura hominis 3040 (MPG
fatto risalire agli spiriti; sim. 9,15,6 risolve
il problema dicendo che gli uomini possono 40,540 b. 561 a): «La forza (6Wttµi~) è ma·
allontanarsi dagli spiriti, oppure avvicinarsi teria (v>.TJ 'ti.I;)», «la forza è fatta di materia»,
ad essi (cfr. anche 24,2). «partecipa di essall), «la materia, dunque, è
fot'Zll»; Diog. L. 7,,6: 'ltéiv ~b 'ltoi.oiiv cr(jjµa
345 Qui equivale a ~de vostre anime» (Lev.
la•n"; in particolare per mie:iiµa dr. anrora
20,2J). Per i rabbini cfr. STRACK·BILLERBECK N1LSSON 11 254.672 . Altre noti.zie in ~
1 20, s.; -+ coli. 897 ss. SCHWEIZER, Gegenwarl 497 n. 1. Per l'A.T.
346 napaxa~ixMJx11 di Dio è l'anima che è - n. 545.
una 'parte di Dio' e abita nel corpo 'ad ~ Per il concetto quasi identico (- MAC·
essa estraneo' (Flav. Ios., beli. 3,372.378). Il DoNALD 33) - O'oql(tt.,
'ltvtup.cr:, 'ltVWµtrrn(6; D n I (E. Schweizer)

in quei centro del giudaismo ellenistico giudaismo acquista maggior importanza


che era l'Egitto evocava la concezione la storia del paradiso, e in essa Adamo,
primordiale dell'alito di Dio che en- quale uomo primordiale divino (~ 11
trando nella materia le dà la vita (~ col. 379), riveste una parte sempre più
coli. 794 s.).}.19 • Cosl la funzione di crea- importante. In tal modo nel giudaismo
tore che in Ge11. l ,2 compete allo spi- era assai diffusa da un lato l'idea di un
rito viene ad assumere un'importanza essere divino caduto nei lontani pri-
insospettata(~ coli. 912 s.) 350• Di nuo- mordi, dall'altro quella di un 'uomo'
vo vi è che ora lo spirito viene inteso che deve venire nell'epoca finale. Quan-
sempre più marcatamente come sostan- to ai Greci, è possibile che le antiche
za, anche se per lo più non si può dire divinità, già interpretate come simboli
in quale misura ognuno intenda il con- del logos esprimente questa parte del-
cetto a partire dal!' A.T. oppure dal l'uomo (~ VI, coll. 248-252), abbiano
pensiero ellenistico. Da un lato, il giu- contribuito alla combinazione del mi-
deo parlava dello spirito santo in sen- to greco dell'anima con quello dell'uo-
so antropologico, designando cosl quel- mo primordiale decaduto. Certi miti di
la vita spirituale dell'uomo, dono di divinità vengono interpretati come raffi-
Dio, che per lui rivestiva tanta impor- gurazioni del destino dell'anima, il qua-
tanza; dall'altro, invece, l'ellenista do- le vien prospettato in forma mitica. Il
veva ravvisarvi l'idea dell'anima pri- Gesù annunciato dalla primitiva comu-
gioniera nel corpo (~ coli. 835 s. 841 nità come l"uomo' degli ultimi tempi
s.), che ivi discende dalla sfera di Dio, già venuto dev'essere stato inteso dal-
alla quale torna poi a risalire dopo l'ellenista come l'incarnazione del ritor-
la morte. In età ellenistica l'unità di no dell'uomo primordiale decaduto, del
Dio e mondo si va allentando sempre 'secondo Adamo'. L'idea, ereditata dai
più e sempre più chiaramente si avverte misteri, che il destino del credente sia
H contrasto fra la regione luminosa del un'imitazione di quello del dio, può a-
cielo e il mondo della materia. Cosl si ver contribuito a far sl che nella vicen-
sente in misura crescente la estraneità da deila discesa e dell'ascesa di lui si
dell'anima, dal momento che essa è del- ravvisasse il destino della propria a-
la stessa sostanza di Dio ( ~ coli. 787. nima 352•
837 s.) 351 • Ma l'affermazione di Is. 31,3, secon-
Tale essendo il senso del mondo, ne do cui il mondo divino è caratterizzato
veniva la nostalgia per l'età dell'oro, che dal 7t\1Euµa e quello umano dalla
già fu e tornerà ancora a venire. Nel cnxp~ m, nel mondo ellenistico circo·

319 E1cHRODT, Theologie des A.T. 1 n 19 (S 351 Testi in E. SCHWEIZER, Erniedrigung 11.
13 a); --. VERBEKE 335~337; testi in E. NoR- Erhiihung bei Jesur 11. seinen Nach/olgern
DEN, Die Geburt des Kinder (1924) 77 n. 7; ( 1955) II8 S. 124 s.
STAERK, o. c. (~ n. 307} 308-316; cfr. 325- 352 Notizie più precise in SCHWEIZER, o. c.
329. (4 n • .3P) 154-162.
3so Herm., sim 5,6,5; Corp. Herm. 1,5; 3,1 m Cfr. Num. 16,22; 27,16, dove i LXX di-
(C.H. Dono, The Bible and the Greeks (1935] stinguono il regno degli spiriti da quello del-
101-134.217-231; ~ VERBEKE 318 s.); anche la carne, trasformando l'espressione ~Dio de-
Asci. 14. Per la gnosi Iren., haer. 1,30,x; gli spiriti di ogni carne» nell'altra «Dio degli
Hipp., re/. .:;,19,13-19; cfr. 10,2; Epiph., haer. spiriti e di ogni carne~ (come in I Clem. 59,
25,5,1; Pseud.-Clem., hom. p,22-24; cfr. re- 3; 64; DtTTENBl!RGER, Syll. 1 n1 u81,2 s .), e E.
cogn. 6,7 s.; Hcgemonius, acta Arche/ai 8 Sc1·1WEIZER, Der vorpa11lil1ische Gegenratz von
(GCS 16 (1906]). Fleiich u. Geisi i11 R. I ,3 s.: EvTheol 14
mitvµ«, nvEvµ«·nxoç D 11 l-2 (E. Schweizcr) ( v1,391} 940

stante dev'essere stata intesa come det- 2. La liberazione del 1tVEi:iµa dalla ma-
ta della sostanza. Nel '(figlio del)l'uomo' teria
questa primitiva sostanza celeste è tor-
Numerosi sono i tentativi della gno-
nata a penetrare nella materia, allo sco-
si 355 di dare una risposta al quesito 356 •
po di liberare la sostanza dell'anima u-
Dio ha una natura pneumatica 357• In
mana con essa apparentata e farla sa-
qualche modo 358, nella creazione una
lire nella sua primitiva patria celeste.
sostanza pneumatica 359 vien legata nella
Ma come può Iddio e il suo spirito es-
materia, dove reclama la propria ·reden-
ser creatore anche della materia, che
zione 360 • Talora essa può esser chiama-
è in se stessa cattiva 354 ? Come può es-
ta 1.Jivx1i 361 o Àoy~xTi l.Jivx.Ti 362 ; ma per
servi in essa il 1t\IEUµa divino che si
lo più il 7tVEiiµa. vien distinto dalla
trova nell'uomo?
4'vx1J terrena come 'io' divino 36J . Es-
(1955) 563-571; inoltre - > n. 335. zione dal nulla nel pensiero gnostico (G.
351 In ciò si ha la negazione radicale di Ce· QUISPEL, L'bomme g,11ostique [La doctrine
rinto (Iren., haer. l,26,1) e dei Manichei de Basilide]:Eranos Jahrb. 16 [1948] 120 s.).
(t1cta Arche/ai [n. 350) 7). Iren., hoer JS9 mrwµa·nxYj ovaia, Iren., haer. l,2,4; per
2,J ,2 si batte contro la bestemmia di chi affer- Valentino dr. SAGNARD, o. c. (~ n. 355) 398-
ma che «il mondo è il prodotto del caso e 415.
dell'ignoranza». Per Marciane cfr. Tertull., 300 Clem. Al., slrom. 4,26,3 s.: V1t€px6aµ~oc;
Mare. 1,15 e i testi raccolti in A. voN HAR· q>v<m ... q>vcm -roii x6oµov t;tvoc;; Hcracleon,
NACK, Marcion (1924) 97-106. Pensieri simili Jr. 23 (Orig., comm. in Io. r3,20) ; lo spi-
possono raccogliersi a formare il mito che rito «si è perduto nella ~a.i)Ei:a. ii).TJ -.1jc;
presenta la materia come divenuta tale in 'ltì..&.vric;»; Hlpp., re/. 5,10,2; 19,16; 26,x7;
quanto il nvtiiµoc (o il )..6yoç) se ne è al- acta Arche/ai (~ n. 350) 8; per i Mandei i
lontanato prima della crev.ionc (Corfl. lfcrm. testi son raccolti in H. JoNAs, Gnosis 11. spai·
l,10; Iren., haer. 1,u,1; dr. G. Qu1SPEL, antiker Geist I 1 ( 1954) 96-uo.
La conception de J'homme das la gnose va- 361 Per es. Hipp., ref. 5,10,2; Pistis Sophia
lentinienne: Eranos Jalub. 15 [ 1947] 281 s.). ur.132 (GCS 13,x82,21-185,20.222,7-226,22);
m Raccogliamo soltanto i tratti più generali, acta Arche/ai (-> n. 350) 8.
essendo impossibile, in questa sede, stabilire 362 Clem. Al., strom. 2,20,u2; qui i mmi-
la necessaria differenziazione. Per i Valcnti- µa-.a. di cui si veste l'anima sono l'elemento
niani abbiamo un saggio esemplare in F. cattivo, cosl come lo è l'tX\l'tlµi.µov 'lt\IEiiµa.
SAGNARD, La gnose valentinienne et {e t~­ della Pislis Sophia (~ n. 361). In fine pres-
moignage de St. lrénle (1946). so i Mandei ruba diviene il principio mal-
m Intendere l"io' gnostico (come fa S.rnNARD, vagio, mentre l'anima assume la funzione del
o.e. [--,> n. 3.'.)5] 607) soltanto come cffet10 'lt\IEUµa gnostico. Per l'idea delle due anime
di enunciati paolini è troppo semplicistico. cfr. Iambl., myst. 8,6.
357 Heracleon, /r. 24 (Orig., comm. in lo. 13, 3f>J Iren., haer. 1,21 ,4; dr. Hipp., re/. 5,:?6,
25); cfr. Corp. Herm. 18,3 (e la raccolta les- 8.25; 6,34,1; 7,27,6. Il 'ltVEVµa.'t~XÒç èivDpw· .
sicografica per miEuµa nel Corp. Herm. in --,> 'ltoc; viene identificato con il primo unmo di
GXcHTER 362 s.). L'equiparazione dell'egizio Filone(~ coll. 885s.) in Iren., haer. l,18,2;
Amon con il miEiiµa. in Plut., Is. et Os. 36 cfr. Hipp., re/. 5,26,36; cfr. E. HAENCHEN,
(Il 365 d); Diod. S. l,12,2; PREISENDANZ, Vas Bt1ch Baruch: ZThK 50 (1953) 123-158.
Zaub. 1 168. Con terminologia stoica Plutar- Questo io intimo è «un concetto rivoluzio-
co riferisce anche in quaesl. conv. 8,x (n nario» (JoNAS, o.e. [--,> n. 360] 238) e pro-
718 ab) la credenza egiziana nella oucrla. calda- priamente può esser definito solo in scmo
umida e aeriforme degli dèi (cfr. ~ VER- negativo (R. BuLTMANN, Das Urchriste11/11111
BEKE. 292). [ 1949) 186). I dati relativi al mandeismo in
35! Basilide vuol introdurre persino la crea- JoNAS 183; per Origcne, ibid. 187 s.
941 (VI,391) 1tVEuµa., 1tVEUµCt.'ttx6c; D II 2 (E. Schweizer) (v1,392) 942

so ha la stessa natura cli Dio o di è che lo sforzo di isolare lo spirito -


Cristo 364 • Ciò spicca particolarmente in che è la sostanza inamissibile data dal-
Valentino, in cui il «seme della natura la grazia - dal corpo e dall'anima quali
supetna» (O'..ri;Épµct -t'fjc; &vw~EV OUCfLct.ç), parti costitutive dell'uomo 368 • Nel pen-
il «germe o seme pneumatico» (xV'fl!_W., siero gnostico, pertanto, la redenzione
CT1tÉpµa 7tvEuµ.a. ..ixov) - formato sul non è che la riunificazione di tutte le
modello degli angeli - dal redentore particelle di 'lt\ltvµa., e si compie in
vien frammischiato alla t!iuxi) all'insa· quanto il redentore, lui pure di natura
puta del demiurgo 365. Ma questo CT1tÉp- pneumatica .169 , si cala nella materia no,
µa. risulta «ucciso dall'esistenza nel raccoglie i residui pneumatici in essa di-
mondo»; quel che ancora vive è il suo spersi 371 e in loro compagnia 372 torna
secondo io, l"angelo' 366 , il quale però a salire 373 • La sua ascensione segna l'ini-
c'è solo a partire da Cristo, altro non zio del processo di dissoluzione della
essendo che il Cristo che entra nel sin- mescolanza 374 : egli restituisce al caos la
golo 367• Qui l'intera mitologia altro non sua parte somatica e psichica, e quella

364 Heracleon, jr. 24 (Orig., co111111. ili Io. r 3, le!); 30,u s.; dr. 24,6: fondamento più mar-
25); O. Sai. 26,6 s.; Iren., baer r ,5,6 : O!-IOOV· catamente soteriologico in 6,r (a proposito
crto\I 'tTI µT]._pl (scii. alla l:ocplet.). dei Valentiniani, i quali però insegnano che
365 lren., haer. I,4,5; 5,6; 2,19,1.3; Clem. Cristo discese solo al momento del battesi-
Al., strom. 2,36,2 s.; exc. Theod. 2; 53,2-5. mo e risall al momento della passione, e che
366 Clem. Al., exc. Theod. 22,2; ogni angelo lo stesso 'Cristo psichico' passò attraverso Ma-
viene inviato alla 'sua anima': Heracleon, jr. ria semplicemente come l'acqua passa attra-
35 (Orig., comm. i11 Io. 13,49). verso una tubatura, ibid. 7,2). Cfr. il modo
367 Clem. AI., exc. Theod. 36,1 s.: gli angeli classico di esprimersi del docetismo in Epiph.,
sono Elc; O\l'tEc; wc; 1btò lv~c; 7tpoeÀMvnc; = haer. 26 110,5.
il Cristo 'suddiviso' per i 'suddivisi' nd bat- 371 Corrispondentemente, lo gnostico può
tesimo; altre notizie in QuISPEL (~ n. 354) <~raccoglier se stesso» (Ephiph., haer. 26,3,1 ;
264.276. rn,9; 13,2; cfr. Porphyr., Mare. 10).
36S «L'elemento spirituale non è natura, ma m Li porta con sé come preda (Eus., hisl.
grazia» (Tertull., Val. 29; dr. QUISPEL (4 ecci. 1,13,20), li prende sulle sue spalle e li
n. 354) 262-267.274 s. porta nel pleroma (Clem. Al., cxc. Theod. 42,
349Iren. r,26,1; Epiph., haer. 30,34; dr. z), li porta in alto con la ruota dello zodiaco
lo t;wv miEiiµ« dei Manichei, che tuttavia è (acta Arche/ai ( ~ n. .3JO] 8); vedi anche
solo una prima figura di redentore, che crea H. ScHLIER, Religio11sgeschichlliche U11tersu-
il mondo (acta Arche/ai [ ~ n. 350) 7 s.); si chungen zu den Ignatiusbriefen, Eeih. z. ZNW
vedano ancora i giochi di gematria per cui 8 (1929) 115-123. Quando sale attraverso le
si giunge a identificare Cristo con la colomba sfere, la sua fona, o gnosi, o formula ma-
dello spirito santo (Hipp., re/. 6,49,5) e l'e- gica salva il credente (act. Thom. 148; acf.
quiparazione di Simone con lo spirito santo Phil. r44; act. Io. n4; Epiph., haer. 16,10,7;
(lrcn., haer. 1,23,1). 13,2; per j Mandci vedi JoNAS, o. c. r~ n.
37-0 Il redentore percorre le sfere e indossa 360] I20·I40).
in ognuna l'abito ad essa corrispondente (per m Ascesa attraverso tutte le sfere in aspetto
l'origine di quest'idea vedi ScHWEIZER, o. c. glorioso (asc. Is. u,23-32; Pislis Sophia II·
[4 n. 351] 124 s.). Per lo più si tratta di r4 [GCS 45,12,26-1_p ]); SCHWEIZER, o. c.
un travestimento inteso a trarre in inganno [4n. 351] 125-127).
i demoni: asc. ls. 10,8-30; Pislis Sophia 7 374 «Tutta la dottrina loro (scii. dei Basili-
(GCS 45,7,26-30); Epiph., haer. 21,2; Iren., diani) è mescolanza ... separazione e ritorno di
haer. 1,23,J (dove si sottolinea che questa quanto era mischiato al posto primitivo»
incarnazione è soltanto apparente, non rea· (Hipp., re/. 7,27,H).
7tVEvµa., 1tVEVJ.W:nx6<; D u 2-3 (E. Schwcizcr) (Vl,393) 944

pneumatica a Dio 375• Come il redentore, le, che vive in lui salvato per natura
cosl anche i redenti, liberati da tutti i (q>VO-Et C1ti>s6µEvoc;) 381 • In definitiva, il
vincoli corporei e psichici, divengono redentore non è che lo stesso uomo
puri 1tVEvµa-ra 376• Quando tutti sono pneumatico 382 ( ~ II, coli. 469-480 ).
raccolti nel grande corpo pneumatico m,
allora la redenzione è compiuta. 3. La tricotomia
Nonostante le raffigurazioni mitiche,
in questo insieme la discesa e l'ascesa Cosl dividendo il 1t\1Euµa. dalla "'vx1J,
del redentore non sono, in definitiva, si attua espressamente 383 la divisione
che un duplicato del destino del '!tVEU· dell'uomo in tre parti, che sono il cor-
µa incatenato nell'uomo. Che si trat- po, l'anima e H 7tVEiiµoc divino aggiun-
ti o no di un evento reale 378 , non ha im- to ad essi JS•. Nella grecità si aveva la
portanza 379, poiché sia in un caso che tripartizione platonica dell'anima 3&S e
nell'altro iJ pneumatico è fatto attento la triade posteriore di vovc;, "'vx'li e
unicamente JSO alla sostanza inamissibi- <rwµa 386, ma ciò non è ancora una tri-

l7S Hipp., re/. 5,26,3x s.; 7,27,10-12; il 'JtVtV- (cioè il Cristo che viene al singolo) è l'altra
µa che Gesù restituisce al Padre si identifi- metà del seme pneumatico presente nell'uo-
ca con la schiera degli eletti (Clem. Al., exc. mo. Egli porta questi alla redenzione, inter-
Theod. 1,1 s.). cede per lui, ma non può accedere perso-
376 Iren., haer. 1,7,1 (dr. 21,5); Clem. Al., nalmente alla redenzione senza di lui (Clem.
exc. Theod. 64. Al., cxc. Theod. 35). Con ciò si può sottoli-
m act. lo. 100; ~ uw1.icr. Xp~<T'tOV. Testi in neare l'assoluto carattere di grazia che com·
BuLTMANN, }oh. 285 n. I. pete alla redenzione. Si può ugualmente dire
37$ Cfr. QUISPEL, o. c. e~ n. 3.H) 249 s. che l'uomo non è che il redentore, o vice-
m Per questo è dubbio se la figura gnostica versa (cfr. anche QursPEI., o. c. [-+ n. 354]
del redentore sia precristiana; ScHWEIZER, o. 277-280). Per la gnosi dr. R.P. CASEY, Gno-
c. e~ n. 351) 161 s. siJ, Gnosticism and the N.T.. in The Dack·
3lllJ act. Thom. 110; Clcm. AI., paed. 1,31,1; ground o/ the N.T. and it's Eschntology (1956)
cfr. Ircn., haer. XA,Ii 8,2. 52-80; W. F. ALBRIGHT, Discoveries in Pale-
J.!I Iren., haer. l,6,2; Clem. Al., strom. 2,10, sti11e nnd tbe Gospel o/ St. John, ibid. 162 s.;
2; 4,89Ai ,,3,3; exc. Theod. 56,J; dr. strom. H. J. Scf!OEPS, Z11r Standortbestimmu11g der
2,115,1; 5,3,2; Corp. Herm. 13,14; nella Stoa G11osis: ThLZ 81 (1956) 413-.px.
la teologia rientra nella fisica (JoNAS o. c. 383 Iren., haer. :1,5,6; 6,1; in corrispondenza
[ ~ n. 360] 175). L'immortalità assurge a vi sono (7,5) tre classi di uomini (altri te-
programma in quanto dimostra come meglio sti raccolti in SAGNARD, o.e. [-+ n. 335) 171-
non si potrebbe Ja inamissibilità della so- 198); dr. Clem. Al., strom. 2,1012; exc.
stanza pneumatica (Iren., baer. r,6,2). È ve- Theod. 54-56; Heracleon, /r. 15 (Orig., comm.
ro che la gnosi si studio di pensare il 7tVtuµ« ili Io. 10,37 ); lren .. hacr. I ,24,4.
in forma rigidamente trascendente (Clem. Al., JU -+ n. 363; cfr. JONAS, o. c. (-+ n. 360)
cxc. Theod. 8 I ,3 distingue 1'6.\IWl>E\I oo&tv 211-214 e gli autori citati alla ~ n. 398.
i}µ~\I mlEUµa dawµ«TO\I dal rTWµet.'t~XÒ\I 'lt\IEU- 385 -+ vr, col. 1046; ripresa per es. in Philo,
µa, che nel fuoco diventa fumo); ma il tenta- leg. n/I. 1,22 s.; Clem. Al., strom. 3,68,5; 93;
tivo non può riuscire, finché tutta la conce- paed. 3,1,2; dr. QuISPEL, o. c. (-+ n. 354)
zione gnostica si basa sulla diversità di natura 272 s.
tra miruµa e ~>..TJ. 386 Per Aristotele e Plutarco ~ ALLO 335;
W «li punto d'avvio è sempre l'uomm> (SA- inoltre M. Ant. 12,3,1 (cfr. 14,5); 5,33,
GNARD, o. c. [ ~ n . 355) 568), Hipp., re/. 6; 8,56,r s.; 2,2,1 (<ra.pxl«, 7t\IEµa·nov, TJYE·
,,8,xo: xa'tà. 7t6.\ll>'l>µoovO"to~. Non a caso il µovLx6v). Nella gnosi non è raro che al po·
dio supremo si chiama "A\ll>pW1tO<; (Iren., sto del 7t\OEVµa compaia il vouç; (per es.
haer. 1,30,6). Per i Valcntiniani )"angelo' Hipp., re/. 5 110,2; 19,14 s.); nel Corpm Her-
9 -0 (YI,393) 1tVEuµa, r.vEVlla:·nx6c; D n 3-E (E. Schweizer)

cotomia vera e propria~·, in quanto il perfetto solo se al corpo e all'anima si


vouç non viene distinto dall'anima 388 • aggiunge anche lo spirito 395 • Per il giu-
Tra i demoni di Senocrate, a iVux1J e deo che si ricordi che l'anima di cui
<rwµa si aggiunge il i)dov 389 . I testi parla l'A.T. appartiene alla carne 396 e
magici nei qu::ili TCVEuµa. occupa il pri- voglia caratterizzare l'uomo naturale
mo posto di questa triade 390 sono assai come un essere che pensa, vuole e co·
tardivi e pieni di influssi stoici, giudaici scientemente vive, l'antitesi di 1t\/EUµ<X.·
e cristiani 391 • Nel Corpus Hermeticum ·nxoc; è tanto O"wµa.·nxoc; m quanto tJiu-
"A'JEÙµa appare subordinato alla iVuxn m x~x6c; (-7 col. 1059). Dato che finora
e qualcosa di simile si può dire anche di la contrapposizione si è trovata solo in
certi circoli gnostici 393 • Nel giudaismo, scritti giudaici e cristiani, e in altri da
invece, la concezione dello spirito come questi influenzati, sembra che la conce-
contrapposto a corpo e anima dell'uo- zione decisiva sia stata quella giudaica,
mo risulta centrale e viene applicata che si rappresenta il "lt'VEGµa come un
anche al "ltVEuµa. che abita nell'uomo. principio che trascende l'uomo e in lui
Il passaggio dall'una all'altra concezio- abita 3118 {~ coli. 932 s.).
ne si avverte specialmente in Ireneo:
qui lo spirito di Dio è inteso come la E. IL NUOVO TESTAMENTO
forza che resuscita il corpo e l'anima 394,
ma insieme si stabilisce che l'uomo è Molto prima di divenire oggetto di
meticum il voi:ic; sta in concorrenza con il xòv xat i]yeµov~xov sta al dì sopra del
'ltVEuµrx:tLXÒc; Myoc;, che è oµOOVO'LO<; ( x ,5. nvEuµ.ct O"cxpxLx6v (cfr. Tertull., de anima 14).
JO; Douu, o. c. e- 350] 125). In Henoc Tra il regno di Dio e il cosmo gli Ofiti in-
ebraico appare il vovc; neoplatonico, ma non seriscono un regno intermedio psicofisico (H.
ancora la tricotomia della mistica giudaica tar- LEtSEGANG, Die G1101is 4 [ 1955] 169 s.), al
diva (0DEBERG ( - n. 225] I 174 e n. 1). quale appartiene il corpo dei resuscitati (lrcn.,
387 DoBSCHi.iTZ, Thess., excurms a 1 Thess. haer. 1,30,13); tra i Setiani (per influsso di
;PJ (con passi dci Padri della chiesa); nella Ge11. 1,2 e, forse, di istanze stoiche, cfr. -
grande rassegna di -+ BuRTON, Spiri/ 205· \'ERBEKE 294-297) il itVEvµu appare come un
207 circa la superiorità del m>Evµct sulla n:i:;no che sta tra la Juce e le tenebre: Hipp.,
o/uxTi non si trovano paralleli greci che re/. 5,19,4; anche in Basi!. 7,23,1 (si veda
non possano aver risentito dell'influenz11 giu- QurSPEL, o. c. [-> n. 3'8] 102 s.); cfr. 6,
dairn o cristiana. 36,7. Nell'uso linguistico usuale della gnosi
388 JoNAS, o. c. (- n . 360) I8o. questo 'INEVµc.t intermedio corrisponde alla
38'.I Plut., Is. et Os. 25 (11 360 e); de/. orac. ljiux-/i (LEISI!GANG, O. C. 219) -> n. 806.
J 3 (n 416 d}; E. ScHWEJZER, Z11r Tricbotomie 39f epid. 42; v. pure mari. Pofyc. 14,2 (Eus. ,
i·on I Th. 5,23 11. di:r U11terscheidt1ng des hisl. eccl. 4,15,J4).
r:v::uµc1:nXO'J itnm o/UXLXOV in I K. 2,r4; 15, 393 Iren., haer. 5,6,l; similmente "Clem. Al.,
44; Jak. 3,15; .Imi. I9: ThZ 9 (r9nl 76s. slrom. 5,87,4-88A; Tat., or. Graec. 15,2.
390 REITZENSTEIN, Hall. /lfysl. 308-JI4; -+
VERllEKE 322-332.
396 Hen. aelh. 16,1: «anima di carne»; J.A.T.
RoBINSON, The Body (19,2) 23 n. 2. Qu.:·
391 - ALLO 328-332; - VERBEKE 326.333-
337; DUPONT, o. c. (-+ n. 204) r66-168. st'uso linguistico non si può certo far dcrlvn·
392 Corp. Herm. xo,13 .16 s.; l'icle:i del m>~Ù­ r.: soltanto da Ge11. 2,7 (R. BuLTMANN, G110-
µa quale rivestimento esterno della iliuxiJ ha sis: JThSt, N.S. 3 [ 1952] 14-16).
precisi paralleli greci; qui miEuµa è inteso 397 Per es. Epiph., haer. 33,5,13, o aapx~x6c;:
in senso medico, come sistema nervoso (ScoTT lgn., Eph. 7,2; 10,3; Sm. 12,2; 13,2; Mg. 13,
H 253.256.262; cosl pure Clem. Al., slrom. 6, 2; Pol. 1,2; 2,2.
136,r). 398-> ALLO 336-341 ; DUPONT, o. c. [-> n.
J9J In Clem. AL, stro111. 6 ,135,3-5 il ).oyta'tt· 204] lJ;-rso; -+ VERBEKE '38-543.
'lt\IEUlJ.C1., 'lt\IEV~lU."tL>to.; E I 1-2 (E. Schweizer)

insegnamento, lo spirito fu per la co- (cràp~ acrllEv1)c;), come si addice all'e-


munità un dato di esperienza. Su que- sperienza dell'uomo che accusa una
sta base si spiegano la netta differen- spaccatura interiore. Questa esperienza
ziazione e l'unità delle espressioni neo- appare già negli scritti di Qumran, e in
testamentarie. forma diversa dalla psicologia elleni-
stica 401 , gi11cché la contrapposizione al-
J. Marco e Matteo la carne (peccatrice) consiste non in
una migliore parte dell'uomo, ma nel-
r. Lo spirito demoniaco e antropologico l'elezione di Dio. Se si tien presente
In Marco, su 2 3 passi in cui compare che l'espressione 'spirito volonteroso'
nveuµa.., 14 contengono l'espressione proviene dal testo ebraico di Ps. 51,
nvEu{J.a. àxalJap'tO\I (o sim.) come equi- r4 402 e che qui s'identifica con lo 'spiri-
valente di oa.lµwv o Otttµo\ltO\/ 399• to santo' di Dio, risulta chiaro che si
Quest'idea è viva nel giudaismo 400 • parla dello spirito di Dio concesso al-
Matteo di regola evita questo termine, l'uomo, il quale lotta contro la debo-
ma poi in 8, I 6 rende il Oa..tµo\/t(J. di lezza umana.
Mc. I ,34 con il semplice 'tà nvt:uµ_a..'ta..,
senz'altra specificazione (4 n. 460; 2. Lo spirito come forza di Dio
col. 1081 ). nveuµa ha valore puramen- Sostanzialmente in Marco e in Mat-
te antropologico in Mc. 2,8 (cfr. 5,30!); teo 1t\1Ei:iµa. si presenta con la caratteri-
8, 12, dove indica la sede delle perce- stica pienamente veterotestamentaria
zioni e delle reazioni affettive, e in Mt. (~ coU. 857 s.) di forza di Dio per il
27,50, dove designa la forza vitale (~ compimento di speciali azioni. Della
coli. 1101 s.). Una coloritura speciale si bestemmia contro lo spirito santo (~
hii in Mc. 14 138, dove lo spirito, in quan- II, col. 288) secondo Mc. 3,28-30 si ren-
to è pronto (m1Eilµa.. np6wµov ), è con- dono responsabili coloro che negli esor-
trapposto alla carne in quanto è debole cismi di Gesù ravvisano non la forza

Cosl nei passi par. a Mc. 5,13. Cfr. E.


39'> Leib u. Leib Chrisli (1933) 96, mentre -+
LANGTON, Euenlials o/ Demonology (1949) BilcHSEL 18e>-183 sostiene che mituµa va
147-171; S. EITREM, Some Notes 011 the De- inteso in senso stretto come spirito di Dio.
monology in the N.T.: SymbOsl 27 (1950); Un rinvio a I QS in K. G. KUHN, rmpc.t(1l10~
V. Mc CASLANO, By tbe Fing,•r o/ God ( 1951 ). - aµap'Tla - o-api; im N.T.: ZThK 49 (1952)
209-2n. Cfr. G. ScHRENK, SJ11dien zu Paulus
400 ~ coli. 892 ss.; n, coli. 765-781; contro-> (r954) 34, a proposito di Hillel.
1v, col. 1293, ma cfr. 4 coli. 929 ss. 933 ss. e 402 LoflMEYER, Mk., ad l.; K.G. KuHN, ]e-
NoACK, o. c. (4 n. 340) 51: lix&Dap-.ov non sus ÙI Gethsemane: EvTh 12 (1952/53) 277.
potrebbe essere una qualificazione etica con- Sono i LXX quelli che ne fanno il nvtuµa.
trapposta a a:y~ov? i'}yEµO\ILXO\I della Stoa. Cfr. Ps. 51,19 in
~01 Questa è la spiegazione di E. KXsEMANN, 1 QS 8,3 e KuHN, o. c. 274-285.
TI\IEÙµcx, 1t'JEUIW•~x6i; E r 2 (E. Schweizer) (VI,395) 950

di Dio, ma quella del demonio che for- titolo di 'Figlio dell'uomo', dunque, de-
malmente 403 si palesa nella stessa ma- signa il Gesù terreno, non ancora inse-
diato quale Figlio di Dio xcx-.à 'ltVEuµa
niera 40l. ( ~ coli. 1003 s. ).
È difficile esprimere un giudizio sul- In ogni caso, il logion enuncia l'as-
l'origine di questo logion . La forma che
esso ha in Marco contrappone la be- soluta certezza della comunità di essere
stemmia contro lo spirito a tutti gli al- in possesso dello spirito. Inoltre è da
tri peccati e bestemmie; quella che ha osservare che in Mc. 3,28 e Mt. 12,
in Q la contrappone alla bestemmia
32 ~ 408 si sottolinea innanzitutto la gran-
contro il Figlio dell'uomo. Matteo ac-
costa le due varianti; Luca (~ coll. 976 dezza del perdono, che supera ogni im-
ss.) assume solo Q. Ci si può doman- maginazione. La severità con cui si fu-
dare se una forma anteriore a Marco stiga l'opposizione alla testimonianza
leggesse '\Q ut<{J 't'OU a\l~pW'ltOU 40', che
da un lato avrebbe portato a leggere dello spirito si può intendere solo alla
'to~c; uto~c; 'tW\I av~pw'ltW\I, cioè alla luce di questo principio. Se crede alll'I
formula di Marco che esclude ogni pos- realtà dello spirito che opera in essa, la
sibile equivoco, dall'altro starebbe al-
l'origine di Q, nel senso che in essa con comunità può vedere tale resistensa so-
l'espressione 'Figlio dell'uomo' s'inten- lo come cosciente trncotanza contro la
desse indicare il solo Gesù 4<Xi. Ma è potenza travolgente dello spirito (---7 I,
piuttosto da pensare che il logion si sia
col. 824). A una tale tracotanza non si
formato come regola missionaria, de-
stinata a mostrare ai Giudei la serietà può concedere remissione, perché essa
della decisione 4fJT. Sostanzialmente esso stessa non la desidera '409.
corrisponde a Aci. 3,17. Avendo co- Nello stesso contesto rientra Mt. u,
scienza di possedere lo spirito (r Thess.
l ,6 ecc.), la comunità pensa che l'epo-
28. Qui 1t\1Euµa-.t è probabilmente una
ca dell'ignoranza è ormai conclusa. Il correzione dell'originario oax-ruÀ.~, 'col

40~ ~ GUNKEL H-38. Per questo entrambi évangi/es synoptiques (1907) ad l. Sull'ar-
possono esser chiamati 'lt\1Euµ11.; ma questa gomento dr. Did. rr,7; 2 Reg. 7,2.r7 e ~
designazione viene sempre più evitata. Al Vor:z, Geist r42.
òa~µo'l1L~6µEvoi; (che ricorre solo nei sinot- 407A. FRIDRICHSEN, Le péché contrc le St.-
tici) il '1tVEµa:nx6~ (esclusivo delle lettere) Esprit; RevHPhR 3 (1923) 369; cft. ~ WIN-
non è mai contrapposto come sua buona a· DISCH, Synopt. Oberlie/erung 220, che ri·
nalogia (JACKSON· LAKE I _5,102 s.). chiama Le. 23,34. È improbabile che la frase
404 Numerosi testi dell'epocn successiva in W. risalga a Gesù (~ MICHAEUS 16, contro R.N.
BAUER, Das Leben ]es11 im Zeitalter del' FLEW, Jesm aud His Cburcb' [ 1943j 49).
~ n. 408.
11t.liche11 Apokryphen (1909) 465 s.
40S In Mt. n,32 • il pensiero è volto più
405 Il titolo di Figlio dell'uomo in Mc. non nettamente alla situazione successiva alla pen-
appare altrove prima della confessione di Pie- tecoste (~ 1, col. 278; ~ BATDORF 497 s.),
tro (T.W. MANSON, The Teaching of ]es11s mentre Mc. si riferisce a un avvenimento an·
(1931) 214; cfr. anche JACKSON-LAKE I l, teriore alla pentecoste (v. 30).
380 s.). 40Q La frase, dunque, non può dirigersi con·
~06 WELLHAUSEN, Mt., ad l; A. Lo1sY, Les tro quelli che temono di esserne colpiti.
9.P (n,395) 'ltVEUllCl, 7tVWµu.1~x6c; E I 2-3 (E. Schweizer) ( VI,396) 9:)2

dito', apportata dalla comunità che ha 3. Il dono dello spirito a tutti


fatto l'cspel'ienza delle opere dello spi- Il fatto essenziale è che l'identifica-
rito in mezzo ad essa (Le. II,20, ~II, zione rabbinica di spirito santo e Scrit-
coli. 79I·794). Tra i quattro mezzi esor· tura(-> coli. 909 ss.) affiora solo in Mc.
cistici ricordati dai rabbini non figura 12,36 412 . La comunità sa che lo spirito
lo spirito di Dio ~•G, e ciò mostra la to- profetico le è dato non solo nel passa-
tale diversità di atteggiamento (~ coli. to salvifico, al tempo dei profeti scrH:-
908 s.; ~ II, col. 38). Que~to passo è tori, ma anche al presente (Mc. 13,11
carntteristico in quanto la presenza del- par.) 41 3, Lo spirito di Dio che trasmet·
lo spirito che scaccia i demoni vi vie- te fa parola appare anche nell'A.T. (2
ne interpretata come la presenza della Sam. 23,2); ma qui la cosa è intesa in
~mnÀEloc (~II, col. 187) 411 • Cosl, se- senso nuovo, poiché lo spirito che par·
condo M t. 12, 1 8, nelle guarigioni di la è un segno dell'aiuto divino nella
Gesù si vede anche il compimento del- tribolazione escatologica 414 •
la promessa che Dio porrà il proprio Un dono universale dello spirito è
spirito sul suo servo, conforme al mo- però menzionnto solo in Mc. r,8. È cer-
do di sentire della comunità, che nella to che Marco ha r11.vvisato il compimen-
venuta dello spirito operatore di mi- to di questa parola nell'effusione dello
racoli ravvisa l'avvento dell'epoca fina- spirito sulla comunità 415 ; la stessa in-
le. Anche Mc. 1,12 non si spinge oltre; terpret~zione si trova anche in Act. I,
ma qui la coloritura veterotestamen- 5; u,16..
taria è cosi pesante (~ coli. 857 s.),
che già Matteo la mitiga. Qui lo spi- Non c'è dubbio che la formulazione
di Q è più antica. Infatti, mentre si
rito non è inteso come una spede di capisce facilmente che si ometta l'in·
aiuto nella tentazione, ma come forz11. comprensibile x~t 1tupl, non ci si spie-
irresistibile di Dio che rapisce chi ne ga invece che lo si aggiunga, dal mo-
mento che un battesimo di fuoco non
è colto (~ coll. 98 r s. ). si è avuto. Luca stesso, ad ogni modo,
non intende parlare di esso in Act. 2,3,

410 STRACK-BtLLERBEcK 1v 532-n5 (dr. il in Q (LoHMEYER, Mk. 273; DuPoNT, o. c.


drammatico esorcismo alla presenza di Ve- [ ~ n. 204] 226 n. 1).
spasiano). m La frase, che limita il dono dello spirito
m Il logion potrebbe risalire (almeno quan- a momenti di speciale tribolazione (LoH-
to alla sostanza: E. KASEMANN, Das Proble111 MEYER, Mk., ad I.; --> HoWARD 78). è pro-
des historischen ]es11s: ZThK 51 [ 1954] r48) babilmente di Gesù. In Le. lI 115 la sostitu-
a Gesù (E. PERCY, Die Botscha/I Jesu (19.53] zione dello spirito col Cristo glorioso e la
179); di diverso avviso è ~ GOGUEL, Pneu- generalizzazione della promessa sono secon-
matisme 148 s. darie.
rn Cfr. --> col. 1106 . 415 Vi è da chiedersi se ne parlasse Mc. x6.
41l Probabilmente la forma origina1·ia si ha 9 ss. (--> BARRETT, Gospel TradiJion 1:25).
953 (VI,396) 1t\IEU~~o;, 1t\lev11o;-r~x6ç E 1 3 (E. Schweizer) (v1,397) 954

poiché in r ,5 cita il logion solo nelln battesimo dello spirito si possa capire
forma di Marco. La formulazione di Q, alla luce di questi presupposti, oppure
dunque, deve risalire al Battista (o a sia solo un'aggiunta cristiana 420 •
Gesù) 416 e rientra nel clim~1 delte arJcn- Il dono dello spirito - spesso indica-
ti attese escatologiche. Or:i, il fuoco è
un simbolo diffusissimo del giudizio 417, e to con la metafora dell'acqua purifica-
tale è soprattutto nei versetti di Mt. 3, trice 421 - e il fuoco del giudizio corri-
ro.12 ( = Le. 3,9.17 =Q), che sono spondono all'attesa escatologica 412 ed
il contesto prossimo del logion. Il bat-
tesimo di fuoco, dunque, nella forma appaiono anche in I QS 4 113.2 x. Il
più antica del logion che ci è possibile Messia avrebbe dunque il duplice com-
raggiungere è stato inteso quale giudi- pito di annientare gli empi e di puri-
zio escatologico 418 • Ne consegue che
ficare gli uomini pii 423 ; ma le due mis-
'colui che viene' non è, sicuramente,
solo Elia, ma il giudice messianico 419 • sioni non sono direttamente connesse,
Resta da chiedersi se la promessa di un ed è raro che il Messia sia considerato

416 ~ fROVlG 202. Anche il deprezzamento 419 -7 FROVIG 202, contro A. SCHWEITZER,
del battesimo d'acqua non si potrebbe inten- GeschichJe der Leben.Jesu-Forschrmg • (1926)
dere come creazione della comunità. 418 s.; al più, un Elia messianico: BROWNLEE,
m Is. 66,r:; s. (cfr. x,31; 30,30.33; 3x,9; 34, o.e. (-> n. 4r7} 86 s.
9 s.); Am. x,4; 7,4; Mal. 3,2 («il giorno del· 420 Cosl V. TAYLOR, The Gospel according to
la sua venuta ... come il fuoco del fonditore»); SJ. Mark (x953), ad l. (m~ -> n, 424). Si-
Ps. Sai. r:;,4; 4 Esdr. 13,4.10 (apparizione del curamente TtUp non è una pura manifesta·
Messia!); Bar. syr. 48 139; test. Abr. x4 (ed. zione dello spirito (-7 LEISEGANG, Pneuma 72-
M.R. }AMES [189:;] 94,18); Mc. 9,43-49; r 80). Va attentamente considerato l'inlJusso del-
Cor. 3,13; 2 Thess. 1,8; 2 Petr. 3,7; Apoc. la concezione iranica del giudizio mediante
20,9; r QH 3,28-31; 6,r8; I QS 2,8.15; 4,13 lo spirito e il fuoco (Ynsna 31,3; 36,r.3; 47,
(per eventuali contatti del Battista con la 6), dove l'uno e l'altro hanno funzione puni-
setta e per paralleli persiani cfr. W.H. tiva e salvifica. Ma, se non si possono mo-
BROWNLEE, fohn the Baptist i11 the New strare degli anelli cli .:ongiunzionc, la supposi·
Light of Ancient Scrolls: Interpretation 9 zione resta campata h arin (1 QS 4,13.21 è di-
[ 1955] 71·90, spec. So s.), ecc.; altre noti- verso). Cfr. W. MrcHAELIS, Zt1m iiid. Hinler.
;:ie - VIII, colf. 1122s. 1224; -7 v. BAEI< grund der Johan11estaufe: Judaica 7 (19:;1)
159· I6I. 81-120; per la sopravvivenza della concezio-
118 Il logion è formulato in analogia col bat· ne cfr. C.M. EosMANN, Le bapteme de feu
tesimo d'acqua di Giovanni (C.H. KRAELING1 (1940) 182-190; J. KosNETTF.R, Die Tau/e
]obJt the Baptist [ 195r] xr4-xr8); ~a.~·n­ Jesu, Theologische Studien der osterreichi-
<Tln)wxL è usato in senso traslato anche in schcn Leo-Gesellsci:iah 35 (l935) 223 s.; J:.
Mc. 10,38 s.; Le. 12,50; l'idea della corren· STAUFFER, Probfeme . der Prieslertraditio11:
te, o mare, di fuoco è usuale; Dan. 7,10; 4 ThLZ 81 (1956) 144 s.
Esdr. 13,10; Sib. 3,54; Apoc. 19,20; 20,10. ~~; T. F. ToRRANCE, Proselyte Baptism : NTSt
14; STRACK·BILLERBECK 111 773 c; altre no· I (19:;4/5:;) 152 s.: SCHLATTER, Joh., a 3,5;
tizie in R. EISLl'.R, IJU:OY~ BA:EIAEY.L OY
-> nn. 736.750.
BA.LIAEYl:A:E H (1929) 106 n. 8; - n,
422 -> FROVIG 203: Ioel 3,1-:;. Cfr. -> n. 417.
col!. 42 s. 67; vm, coli. u25 ss. STRACK·BIL·
LERBECK I 121 s. mostra almeno che l'accosta- m -> FROVIG 203; ZAHN, Mt • 140; E. Lou-
mento dell'immersione nell'acqua e nel fuo::o MF.YER, Das Urchristentum I ( 1932) 84-86;
vc·niva spontanea sulla base di Nt11n. 31,23 (dr. F. LANG, Das Feuer im Spracbgebraucb der
anche la purificazione degli intermediari in Bibel, Diss. Tiibingen (1950) r39-r42; Mal.
Hm. hebr. 44,5). 3,17-20.
955 (v1,397) 1tVEvµo;, 1t'JEUµo;·nx6i; E r 3-4 (E. Schweizer) (vr,397) 956

come colui che dona lo spirito(~ coli. bente (~ II, col. 65) 427 , già nei sinot-
914 ss.). Né sarebbe facile, all'interno tici la concezione compie un decisivo
delle metafore del giudizio, concepire passo avanti, poiché per essi la parte-
senz'altro il 1t\1Euµa come dono della cipazione allo spirito nella comunità di
grazia e 7tup come giudizio punitivo, Gesù è già l'anticipazione deUa salvez-
senza che questa distinzione fosse ac- za dal giudizio escatologico. Il batte-
cennata. Probabilmente ali 'inizio 1t\IEV- simo 7t'VEuµa·n xat 1tupi è cosl divenu-
µa indicava il vento (~ col. 849) 42~. to il perfezionamento del battesimo sal-
Spesso il turbine e il fuoco sono nomi- vifico di Giovanni. Anche in tal modo
nati insieme, per es. quando si descri- esso è inteso come giudizio discrimi-
ve il 'Figlio dell'uomo' che viene per il nante e purificatore; ma questo non si
giudizio con le nubi del cielo 425; l'uno attende più unicamente per l'avvenire,
e l'altro sono presupposti soprattutto in bensl è già oggetto di esperienza, av-
Mt. 3,X2, che si riallaccia direttamente vertito come salvezza per colui che lo
al v. IO: il turbine fa da ventilabro accetta 428 •
(ls. 41,16; cfr. 27 1 12; ler. 4,11; Am.
9,9) e la pula vien bruciata nel fuoco 426 . 4. Il dono dello spirito a Gesù nel bat-
Se dunque all'inizio il battesimo di tesimo
Giovanni era inteso come rito di una Il racconto del battesimo di Gesù ci
schiera di penitenti che con esso spe- è conservato solo 419 nella forma di Mc.
ravano di sottrarsi al giudizio incom- r ,9 ss. 430, dove si vuol narrare già qual·

424 ErsLBR, o. c. (-+ n. 418) xo4-n4; -+BAR- HPhR 5 {1925) 68 ravvisa l'eco di questa
RETT, Gospel Tradition 126; KRAru.ING, o. c. parola in Apoc. 14,14-20 (v. 18: mip6t;).
(-> n. 418) 63; TAYLOR, o. c. (-+ n. 420), 427 KRAELING, o. c. (-+ n. 418) nS-122; ~
nd I., come possibilitìl. BARRE1T, Go1pel TraJirion 31-34.
m 4 Esdr. 13,10.27 (spiritus, ig11is, tempes- 428 Cfr. 4 Erdr. 13,37 s., dove H v. 10 viene
/as); cfr. Is. 29,6; 30,27 s. (giudizio); fa. l, reinterpretato (LANG, o. c. [~ n. 423] 78).
4 (teofania). Il solo turbine è menzionato 429 Peraltro 4,3 •.6 • sta in favore dell'idea
in Is. 4,4 (cfr. v. ,5); 40,24; 57,13; Ier. .23, che anche Q conosceva per l'innanzi una pro-
19; 30,23; Ez. 13,11.13. In Ps. 1,1-5 sono clamazione del Figlio di Dio (~ FROVIG 19'
accostate le immagini dell'albero fruttifero s.).
(Mt. 3,10) e del vento che disperde la pula 430 Contro A. Lo1sY, L'évan1.ile relon Luc
(Mt. 3,n s.). Soprattutto è da ricordare Gen. (1924) ad I., il quale parla di leggenda cul-
r. 83, richiamato da G. KLnrn, Predigt des tuale, sta il fatto che non si accenna all'isti-
]oh.: ZNW 2 (1901) 343 s.: qui il giudizio tuzione del battesimo (dr. Mt. 28,19); cen-
dei pagani è paragonato all'opera del venti· tro l'idea che· si tratti di una leggenda atte·
labro, ove concorrono il fuoco (Mal. 3,19) e stante la subordinazione di Gesù al Battista
il turbine (is . •p,16). Cfr. 1QSb1,24 s., do- (dr. M. GOGUEL, Le ']ésus' de M. Ch. Guigne·
ve il Messia «uccide gli empi con l'alito della berl: RcvHPhR 13 [1933] 424 n. 13) stanno
sua bocca» e fa uso dello «spirito del con- la voce che viene dal cielo e il fatto che il
siglio» (?) e dello «spirito della conoscenza». Battista passa del tutto in secondo piano.
426 M. GoGUEJ., Note s11r Apoc. 14,14: Rev Contro lo scetticismo di BuLTMANN, Tradi-
_957 (v1,397) 1tVEUJ10., 1tVtuµo.'t~x6~ E r 4 (E. Schweizer)

cosa di più della vocazione di un pro· (~ I, col. 277) e lo distingue netta-


feta. (Per l'interpretazione positiva ~ mente dai racconti ellenistici di estasi 435 •
coll. 3r ss.). Tutte le possibilità sembra- Inizialmente il dono dello spirito nel
no accennare a un racconto riguardante battesimo segna J'inizio della dignità
la donazione dello spirito al Messia. messianica di Gestt; ma, a differenza
Che il Messia sia portatore dello spi- di quanto avviene poi nell'adozianismo,
rito di Dio, è una promessa contenti· non si tratta di un'espressione riflessa,
ta già nell'A.T. e ripetuta più volte che escluda esplicitamente qualche al-
nel giudaismo (~ coli. 9 r 4 ss.) 431 • Che tra interpretazione. Perciò non si av-
qui si verifichi qualcosa di diverso da verte ancora la difficoltà dello presenza
quanto avviene con i profeti m risulta di questo racconto accanto a quello del-
non perché venga espresso un nuovo la concezione miracolosa dallo spirito 436 •
modo di intendere lo spirito 4", ma Qui non si tratta di spiegare col con-
perché si ha l'intervento visibile della cetto di sostanza l'origine di un uomo
colomba e deJla voce divina che accre- meraviglioso ; piuttosto, entrambi i rac-
dita Gesù e soprattutto perché questo conti vogliono annunciare la già ricono-
dono dello spirito ha luogo alla fine dei sciuta singolarità di Gesù, presentando
tempi, dopo che Io spirito era rimasto l'azione diretta compiuta da Dio. nei
spento per un lungo tempo(---;) coll. 9r7 suoi riguardi in momenti essenziali e
ss.) 434 • Ciò caratterizza questo evento affermando che in lui è all'opera Dio
come l'inizio della nuova era di Dio stesso.

tfon 263-267, cfr. Sc1-JWEIZER, o.e. (~ n. re del Battista (KOSNETTER, o.e. r~ n . .po]
351) n. 203. Usato in assoluto, non neces- 137-139).
sariamente 'ltVEiiµa. è ellenistico (1 QS 4,6; r m ~ BATDORF 360. Queste sono diretta-
QM 7,6?), e sicuramente non lo è l'insedia· mente provocate e rimangono un'esperienza
mento a figlio nel senso di re. del singolo chiusa in se stessa, che non è
431 Cfr. ~ BARRETT, Gospel Tradition 42-44; segno di un nuovo agii-e di Dio. dç a.in:bv
bibliogr. in H. RrnsENFELD, ]ésus transfiguré non dice nulla di più che t.-:.'o.v-r;6v (BLASs-
(1947) 76 n. 69. Cfr. specialmente M.A. DEBRUNNER § 207; Mc. 3 1 13; diversamente
CHEVALLIER, Le don de l'Esprit-Saint au in Ev. Eh. 4). Più tardi vengono narrati ef-
Messie-]bus. Thèse Strasbourg, 1956 {inedi- fetti cosmici (0. Sc1l._ 24); per altre notizie
ta). dr. J.H. BERNARD, The Odes of Salomon:
432 LOHMBY.ER, Mk., t1d I. JThSt 12 (19II) 2M4; H. BRAUN, Entschei·
433 Altre operazioni dello spirito, diverse da dende Motive in deJt Berichten iiber die Tau/e
quelle dei testi presi in considerazione, non ]esu von Mk. bis ]ustin : ZThK 50 (1953)
sono presupposte. 39-43. Anche come modello del battesimo
434 Quando nel giudaismo compaiono degli cristiano la vicenda è stata utilizzata solo in
individui pneumatici (~ itpoqr/j'trjc;), in essi via secondaria, W.F. FLEMINGTON, The N.T.
si ravvisa un segno dell'epoca finale. Certo Doctrine o/ Baptism (1948) 29; ~ WINDISCH,
è che i sinottici non vogliono annunciare un Synopt. Oberlieferung 215; Lorsv, o. c. (~ n.
rinvigorimento di Gesù, ma non vogliono 430) 142.
nemmeno parlar!! e.li una dimostrazione a favo- 436 Diversamente Iust., dia/. 87 s.
itvEv11a, 'itVEUµanxbç E 1 :; (E. Schwei:.:crl

5. Passi propri di Matteo l'uomo(-> colf. 932.935 s.); cosl anche


Tra i passi propri di Matteo va ri- in Mt. 5 ,3 il povero, il membro del «po-
cordato subito 5 ,3. L'espressione oi. polo della terra» ('am ha'are!) che po-
TI"-rwxot -rQ 1tVEuµa."n non può signifi- ne in Dio tutto il proprio aiuto, è di-
c.ire 'quelli che sono poveri di spirito chiarato beato in contrasto con chi è
santo' 437 • D'altra pnrte, nvEvµa.-r~ non ricco non di beni materinli (Le. 6,20) o
può intendersi nemmeno come dativo intellettuali, mn di conoscenze e presta-
strumentale, ma, parallelamente a xcx- zioni religiose.
i)'a.pot -rft xa.polq.. e al rabbinico 1'/al Un posto speciale merita il comando
diii~ (Prov. 29,23; Is. 57,15), come da- di battezzare, in Mt . 28,19 -440, dove quel
tivo di relazione 43g. 'itVEuµa. designa dun- che sorprende non è l'accenno allo spi-
que lo spirito umano. La novità, rispet- rito nel battesimo(~ coll. 992 s!:. ), m:l
to ai paralleli giudaici 09, sta in ciò, che il nome dello spirito ricordato accanto
non si invita n tenere tale atteggiamen- agli altri due(~ vm, coll. 769ss.}. Ciò
to come se si trattasse di una virtù da equivale ::i dare a 7t\1Euµet un senso del
praticarsi <lall'uomo, ma si lo<lano CO· tutto diverso dagli altri passi di Mat-
loro ai quali tale atteggiamento viene teo. Probabilmente la formula gli era
concesso. Già nel giudaismo rtlab ha nota come formula battesimale (~ IV,
accolto sempre più chiaramente la sfu· col. 434; IX, col. 1234 n . 279), forse
matura dell'individualità religiosa del- di una cerchio ristretta. Una volta che

4J7 Cosl intenderebbe l'ellenista; ~ LEISE- 61 l'uso di battezzare con la formula trimem·
GANG, Pneuma 134 s, brc è fondato sul testo di Is. 1,16 ss. e sulla
03 BLAss-DllBRUNNER S 197; esattamente u- tradizione apostolica, senza citare Ml. 28,19.
guale ili 33,19. Contro ScHLATTllR, Mt., ad l. Nella prassi della comunità la formule appare
(secondo il quale è lo spirito che li rende 'po- per la prima volta in Did. 7,1. Ma Did. 9,5
veri'), e con P. Fmem, Jesu Bergpredigt (1924) mostra che, accanto ad essa, continuava ad
2 (verso il 100 d.C. due rabbini invitano a essere usata anche la formula a un solo
ciò), ~ col. 78:;. Particolarmente istruttivo membro. Dal momento che essa non era vei-
è I QM (-+ n. 328) n,9·13, dove 'i calpe- colo di una dottrina trinitAria· particolare, po-
stati di spirito' o 'i poveri' sono coloro che teva all'occasione emergere senza venir in-
combattono al fianco di Dio; dr. 13,14; 14, tesa come una novità sorprendente, esatta-
7; altri passi in A. DuPONT-SOMMRR, La guer- mente come in Paolo appaiono talvolta for-
re des fils de l11mière: RHR 148 (19.u) 16o mule triadiche; perciò non è impossibile che
n. 4. esistesse già al tempo di Mt. (analoga inter-
pret112ione in A. H. Mc NBILE, 'J'be Gospel ac·
m STRACK-BILLERBl!CK, ad l. cording lo St. lifat1hew (19,2) ad I.). Essa
+lO V'è da chiedersi se la formula trimembre non può invece risalire a Gesù; infatti non
non sia un'antica interpolazione (-+ BARRETT, nr. sanno nulla né Le. né lo. né .Paolo e nem-
Gospel Tradition 102 s.). In un numero di ca- meno Mc. 16,1, (!), e la primitiva comunità
si che oscillano tra i 21 e i 25, Eusebio cita ignora una formula battesimale trinitaria e
se02a questa formula, e solo dopo Nicea usa anche un comando di evangelizzare i gen-
i tre membri; ma il primo modo può essere tili; dr. FLEMJNGTON, o. c. (-+ n. 43,) 108
una semplice abbreviazione. In Iust., apol. x, -+ n. 842.
7tVEÙJia, rcvw11oc't•.x6.; E I 5·6 (E. Schwcizcr)

accanto a Dio fosse posto anche il xu- cun accenno a Gesù; 2. che la storia
pioc;, era facile che vi si aggiungesse della natività non presuppone la peri-
cope di r,26-38 442 • Le storie del Bat-
pure il 7tVEvµa... Non si trattava di una tista e di Gesù si sviluppano secondo il
speculazione circa la loro relazione re- motivo del raffronto e risultano in-
ciproca, ma di attestare che a Dio non trecciate in modo che ciò che riguarda
si può giungere per via logica, al ter- Gesù corre parallelo a quel che si ri-
ferisce al Battista e insieme lo supe-
mine di un sistema monoteistico, ben- ra. come si vede con la massima chia-
sl che Io si incontra solo là dove egli rezza in r,26-38 40 • La conseguenza più
stesso si fa incontro alla comunità, cioè probabile mi pare la seguente: n) r,26-
38 e 2,1-20 in origine sono leggende
nel Figlio o - per il singolo - nello spi- indipendenti; b) Le., o il suo precurso-
. rito, nel quale l'individuo fo l'esperien- re, le usa per mettere in parallelo le tra-
za di quest'incontro con il Figlio 411 • dizioni già in corso intorno al Batti-
sta; c) questo motivo determina fin dal-
l'inizio la tradizione di r ,26-38; per
6. Il concepimento soprannaturale di questo i paralleli sono qui più chiari
Gesù dallo spirito che non in 2,r-20.
Da ultimo dobbiamo ricordare Mt. 1,
In Mt. r,18.20 nvevµa. è, come in Le.
18.20, cioè l'accenno alla concezione so-
I ,35, la forza divina creatrice (~ IX,
prannaturale di Gesù dallo spirito.
coli. 776 s. ), che forma la vita di questo
Rispetto a Le. questa tradizione è se- bimbo senza pari, secondo un~ conce-
condaria, poiché presuppone già la po- zione che non troviamo nel giudaismo
lemica contro l'evento. Questo non vie-
ne affatto narrato, ma è solo riferito, rnbbinico 4-H, bensl in certi scritti popo-
e per giunta dall'angelo, allo scopo di l:iri (---,) coli. 92 r s. e n. 304 ).
toglier forza a un eventuale sospetto.
L'analisi di Le. mostra: r. che i raccon- Dal momento che anche la fede nel-
ti circa il Battista sono originariamen- l'intervento creatore di Dio nel proces-
te indipendenti e non contengono al- so generativo era assai viva, il passo

441Certo, non è possibile distinguere netta- copc, almeno a partire da!l11 sua connessio-
mente tra di loro formule liturgiche e profes- ne con i racconti del Battista (S. HIRSCH,
sioni di fede(~ BATDORF 404-4u, contro O. Die Vorstellung von einem weihlichen 'lt'.IEii-
CuLLMANN, Die ersJen chris1lichen Gla11bens- µa.iiy~ov, Diss. Berlin [ 1926) 4 s.). Contro
hekem1tnisse: Theol St 11 [1943) 31 n. 62); BuLTMANN, Trad. 321 s., è da seguire DIBE-
ma ciò non dimostra che siffatte formule o.
uus, c. (~ n. 442) u-14 1 il quale ritie-
fossero possibili solo in un tempo nel quale ne che il corpo estraneo nella leggenda pri-
si incontrano già configurate letterariamente mitiva non sia il miracolo dei vv. 34 s., ma
professioni di fede in tre membri. Giuseppe (v. 27). HIRSCH 7 distingue due
442 M. DIBELIUS, ]1111g/rauensohn 11. Krip- tradizioni: vv. 28 s. 31-33.38 e 30.35.34.36 s.
penleind: SAH 22 (1932) 24-26.4 s. I I s. 4H Nel nostro racconto si supera la presen-
4-13 G. ERDMANN, Dir: VorgeschichJe11 des Lk- tazione dell'intervento diretto di Dio nella
11. Mt-evangelimm u. Vergils vierJe Ekloge nascita di Giovanni (~ v. BAER 48), che è
(1932) 9-n. Pertanto il miracolo della na- analogo a quanto si legge anche in STRACK-
scita non può essere assente da questa peri- BILLERBECK I 49 S.
ltVEvµa., 1tVEU!.ta:nx6ç E 1 6-7 (E. Schwcizer)

per arrivare a Le. 1,35 e Mt. I ,20 ri- espressioni riguardanti lo spirito. Di es-
sultava facile. Ma esso viene preparato se, una sola (Mc. 13,n par.) si può
anche da un altro punto di vista. Da un
lato, già nel giudaismo egizio-ellenisti- nella sostanza far risalire con discreta
co ls. 7 ,14 è interpretato come miraco- sicurezza a Gesù. Ciò mostra innanzi-
lo di una nascita senza padre; inoltre, tutto la stupefacente fedeltà della tra-
proprio in Egitto è già formata la con-
dizione, poiché si vede che la comunità
cezione della generazione ad opera del
'lt\IEuµcx. di Dio (~coli. 797 ss.); infine, non è partita dalle proprie esperienze
una ricca messe di paralleli storico-re- dello spirito per retroproiettarle nella
ligiosi 445 mostra che la generazione ad presentazione della vita di Gesù 448 • Ma
opera di un dio era largamente sentita,
specie nell'ellenismo del tempo, come in tutto questo emerge anche un inte-
una caratteristica assolutamente necessa- resse teologico essenziale.
ria del redentore(~ JX, coll. 760 ss.) 446 •
La tentazione di delineare Gesù co-
Così nei nostri testi la fede nell'in- me un pneumatico non poteva esser lie-
ve. È vero che Gesù non mostrò molti
tervento creatore e singolarissimo di tratti di pietà estatica 449 ; tuttavia an-
Dio si è unita con l'idea, già presente che nella tradizione che lo riguardava e
nell'A.T., della forza creatrice dello spi- che aveva conosciuto i tagli della cri-
tica i momenti 'pneumatici' erano an-
rito di Dio (~ coll. 8 .5 8 ss.) 41\ la quale, cora relativamente numerosi rispetto ai
partendo dai paralleli greco-egizi, nel rabbini. Anche la menzione della sua
giudaismo ellenistico venne trasferita t~O\JO'la. e OV\la.µ~~ non è propriamen-
te altro che una variante di quanto si di-
anche al processo generativo.
ce dello spirito in senso popolare-vetero-
testamentario 450 • Il rinvio a Isaia e Ge-
7. Riepilogo remia 451 non può spiegare come mai
non si ricordi lo spirito, poiché tale
Da questa rassegna risulta che Mt. e omissione nei due profeti è una rea-
Le. hanno, sorprendentemente, poche zione contro l'abuso dei n•bi'im. Gesù

445 O . RiiHtE, art. 'Jungfrauengebutt', in lineata da FtBMINGTON, o. c. (~ n. 43,) 9'


RGG' m 569 s.; MEYBR, Urspr1111g 1 54-57; a proposito del battesimo.
per Orfeo cfr. W. Wiu, Orphische Myste- 449 C.H. DoDD, ]esus als Lehrer u. Phophel,
rien: Eranos Jahtb. I I (1944) 67. in Mysterium Cluisti (1931) 76. - GooUBt,
446 I ·paralleli filoniani {cher. 40-52; Jug. 108 Pneumatisme 132.141-157, vuole eliminarla
s.; ebr. 30; leg. ali. 2A9-51; cfr. ~ BAR- del tutto.
k1!1T, Gospel Tradition 9 s.) consentono an-
cora di individuare il sottofondo mitico del 450 ~ WINDtscH,. Synopt. Vberliejerung 22,-
pensiero egiziano. Quanto a Filone, egli ri- 230; dr. le profezie del &umo, relativamen-
tiene che si tratti di un evento puramente spi- te frequenti, attribuite a Gesù (Donn, o. c.
rituale. Contro altti tentativi di spiegazione e~ n. 449} 76 s.).
cfr. -+ BARRBTT, Gospel Tradition 10-15. et DoDn, o. c. (- n. 449) 76;-+ FR6VIG u4;
447 Cfr. -+ BARRETT, Gospel Traditio11 17·24; ].E. F1soN, The Blessing o/ lhe Holy Spiril
~ F.ROVIG II7. (1950) v (ne debbo l'estt·· •o a P. Meyer, Yale
m FLEw, o. c. (-+ n. 407) 49; BAR.RETT, University); giustamcnt• __. llA'lRET, Gos-
Fourth Gospel 1. La stessa idea viene sotto- ppl Tradilion 152.
'ltve\iµa:, 1tveuµa-c~x6c; E I 7 (E. Schweizer)

invece non è in lotta con gente di que- signatus, o che i discepoli riuscissero a
sta fatta, anche se simili figure talvolta capire tutto ciò soltanto dopo la con-
possono esser comparse nel giudaismo
(-7 1tpoq>1}'tr}ç). Che Gesù sia stato dap- clusione deUa sua opera 456, oppure, an-
prima descritto come pneumatico e che che, che egli non si aspettasse affatto
poi questi tratti siano stati soppressi un'effusione dello spirito 451 • Ma que-
nell'interesse di una cristologia evolu-
sto significa che ha ragione Giovanni
ta 452, appare come una costruzione in-
verosimile. Dal momento che il giudai- quando dice (~coli. 1076 s.} che Ja co-
smo conosce il Messia come portatore noscenza piena di Gesù si trova non
dello spirito (-7 coli. 9 r 4 ss.), quel che nelle sue parole, ma nell'annuncio post-
ci si dovrebbe attendere è l'introduzio-
ne di tratti messianici, non la soppres- pasquale della comunità. Proprio que-
sione di quelli pneumatici. Non si può sta comunità ebbe allora l'esperienza
dire che lo spirito, essendo una 'istan- del dono dello spirito quale segno di
za intermedia', ponga Dio a una certa
distanza, mentre Gesù annuncerebbe la Dio che imprimeva in essa il sigillo di
diretta vicinanza del Padre 453 : il fatto popolo escatologico. Essa conobbe pure
è che la comunità ha avuto proprio nel- che ciò poggiava solo sulla venuta di
lo spirito l'esperienza della presenza
Gesù e sulla fede in lui. Ma molto tem-
di Dio. Nemmeno è possibile, per spie-
gare i fatti, dire che la presenza dello po doveva ancora passare prima che
spirito era cosi indiscutibile, che si po- questa fede potesse venir chiaramente
teva anche tralasciare di parlare di es- formulata (-7 coli. 999 ss.). Se invece
so. I vangeli, infatti, intendono narra-
re, annunciare, e non solo chiarire dei la comunità è stata coerente nell'evitar
punti controversi 454 ; del resto, gli Atti di presentare Gesù semplicemente co-
e Paolo parlano frequentemente dello me il primo pneumatico, da ciò emer-
spirito.
ge con stupefacente chiarezza come es-
Che Gesù abbia tanto poco parlato sa sappia che Gesi1 fa di lei il popolo
dello spirito 455 dovrebbe essere un fat- escatologico, ma non in quanto modello
to storicamente certo, anche se può es- pneumatico, e nemmeno in quanto mae-
sere incerto il motivo per cui si è com- stro. L'essenziale in ciò è che in lui
portato a questo modo: può darsi che Dio stesso si è mostrato al suo popolo.
egli si considerasse come il Messias de- Perciò tutte le espressioni che parlano

452 ~ Wrnnrscn, Synopt. Vbr:rlieferung 230- 456 FLEw, o. c. (~ n. 407) 51.


234. 457 Cosl C.K. BARRETT, The Holy Spiri/ and
453 ~ ScOTT 79· the Gospel Tradition : ExpT 67 (1955/56)
142-145. Altri fanno risalire l'esperienza dello
454 ~ BARRETT, Gospel Tradition .141 s.; con· spirito non oltre la comunità ellenistica; per
tro ~ TAYLOR 53 s. es. ~ LBISEGANG, Pneuma 140-143; BuLT-
455 ~ M1CHAELIS 9; di diverso avviso W.F. MANN, Theologie 41; M. GOGUEL, La nais-
LoFTHOUSll, The Holy Spirit in Jhe A cts and sa11ce d11 christianirme ( 1946) 112- n 5; ID.,
in the Fourth Gospel: ExpT 52 (1940/41) Les premiers temps de J'église (1949) 53; ma
334-336. vedi ~ n. 462.
TI:VEVµCI, 7tVWJ.1a:nx6ç El 7-u (E. Schweizer)

dello spirito in riguardo a Gesù sotto- nella generazione di Gesù sono assunte
lineano soltanto che egli è unico, che concezioni pit1 recenti, mutuate dal giu-
occupa una posizione 'escatologica', che daismo eJlenistico. Del tutto nuova è
in lui c'è realmente Dio in un modo invece la rigorosa subordinazione dei
che non si riscontra altrove 458• Questo fenomeni dello spirito alla coscienza che
vogliono dire i pochi passi nei quali Ge- in essi è spuntata l'era finale messiani-
sù è presentato come portatore di una ca 459• Perciò tutte le espressioni riguar-
forza pneumatica (Mt. 12,18.28; Mc. 3, danti lo spirito mostrano un interesse
29 s.), e con una consapevolezza ancor puramente cristologico.
più chiara questo significano gli altri
che, basandosi su ciò che lo spirito ope- II. Luca e gli Allì
ra in lui, Jo esaltano al di sopra di Per rilevare la diversa valutazione
quanti sono comparsi finora (Mt. r ,20; dello spirito in questo ambito basta os-
Mc. r,10) o lo descrivono come colui servare che in Luca 1t'\1Euµa. è usato a
che conferisce il battesimo escatologico designare lo spirito di Dio un numero
nello spirito (Mc. r,8; cfr. 13,u). triplo di volte rispetto a Marco %0. L'uso
In tal modo per Marco e Matteo lo relativamente più frequente nel N .T.
spirito di Dio è sostanzialmente lo stes- si ha tuttavia in Act. r-I.2, dove si leg-
so dell' A.T. Esso è la forza di Dio ge 37 volte 461 • Ma anche quanto al con-
che rende idonei a pronunciar parole tenuto si vedrà che l'idea di spirito in
e a compiere atti a cui non si poteva Luca è nuova. Solitamente, la cosa vie-
giungere con le forze umane. Solo a ne spiegata adducendo un'«influenza
proposito della funzione dello spirito greca e dell'Asia Minore» 462 ; ma appa-

•sa La situazione è capovolta rispetto ;1


giu- 462 -+ VoLz, Geist 198; parimenti -+ I, coli.
daismo, dove al centro stanno solo i beni 280 s. Ma sembra difficile raffigurarsi la comu-
dell'era escatologica mentre il Messia, che nità palestinese come una comunità non pneu-
ne è il dispensatore, ha una parte accessoria matica (-1> n. 457); cfr. la bibliografia men-
(BouSSET-GRESSMANN 222 s.); l'affermazione zionata in KliMMEL, Das Urchri'stentum: ThR
riguardante il possesso dello spirito da par- 17 (1948/49} 26 s.; 1 !! ( 1950) 6 la bibliografia
te della comunità nel kerygma primitivo è citata alla n. 6; E. F. ScoTT, T he Varielies
assai meno marcata· che non quella riguar- o/ N.T. Religion (1943) 32 s .; e.e. ToRREY,
dante il Messia; dr. C.H. DoDD, The Apo- The Aramaic Period o/ the Nascent Christian
slolic Preaching and its Developmen/s (193~) Church: ZNW 44 (19,2/53) 207 s.; ScnwEI-
133-135 = (1944) 57 s. ZER, o. c. e~ n. 351) 77 s. Gli Atti parlano
~ -> BARRETT, Gospel Tradition 153. solo di profeti giudaici (anche nella sezione
4liO L'espressione 1tVEUµ~ àxaftapi:ov e altre in prima persona plurale 2IA·9 s.), sebbene
simili ricorrono 12 volte; per il senso antro- suppongano l'esistenza di profeti in territorio
pologico -> coll. 998 s. di missione (20,23). La costituzione della co-
461 Nella sezione di Aci. 13-28 si hanno sol- munità escatologica (con il trapianto a Gerusa-
tanto 18 passi, sebbene essa sia di un terzo lemme!), l'accoglienza del messaggio, la pene·
più lunga che non quella di Aci. I-I2 ( - trazione nel territorio pagano. son tutte cose
GA.CHTER 374 s.). impensabili senza forti esperienze pneumati·
'it\IEV~t«, wevµ«·nx6ç E II i (E. Schweizer)

rirà chiaro, invece, che l'evoluzione re- to» 463• Egli non è un pneumatico, ma
ca nettamente l'impronta del giudaismo. è signore del 1tVEuµa.. In 4,14 Luca
Seguiremo il metodo di prendere sem- reinserisce 1t\/Euµ.a. e pone tutto ciò che
pre le mosse da Luca - perché qui si segue nella luce della presentazione di
può veder bene il progresso dell'idea Gesù quale possessore della forza dello
rispetto a Marco - per concludere la spirito 464 • Anche 4,18, che è proprio
nostra rassegna con gli Atti. del solo Luca, sottolinea che lo spirito
rimane sopra Gesù. Ci lascia sorpresi
1. Il rapporto dello spirito con Gesù la reinterpretazione di 12,10, dove Lu-
In Mc. 1,12 si legge: 't"Ò nve.uµa aÙ· ca sottrae al contesto di Marco quanto
'tÒ\I ÈxP<iÀ).. E~ dc; 'tTJV Epl]µov, «lo spi- è detto a proposito del peccato contro
rito lo caccia nel deserto», mentre Le. lo spirito (~ coll. 948 ss.) .:M perché non
4,1 si esprime in questo modo: 'll]O'ouc; può pensare che gli esorcismi di Gesù
oÈ 1tÀ.i)pl]c; 1t\/Euµa'toc; ciylou ur.Écr'tpE· pneumatico costituiscano la manifesta-
~E\I ... xa.t ì]ye.'to iv -rQ 'lt\leuµa-r~ tv -rii zione decisiva de1lo spirito. Il passo di
Èpl)µ~, «Gesù, ripieno di spirito santo, 2,40 è perfettamente parallelo a r,80;
partL. e fu nello spirito condotto nel ma a proposito di Gesù non si parla
deserto». Si vede bene che Luca evita di una crescita dello spirito come si fa
di presentare lo spirito come soggetto invece a proposito del Battista~. Vi-
superiore a Gesù. Per lui non è suffi- ceversa, in l,35, Luca può far sua la
ciente l'idea veterotestamentaria della narrazione della generazione · di Ge.sù
forza di Dio che piomba sull'uomo (-7 dallo spirito ( ~ co1l. 962 s. ). Qui il
co11. 867 ss.). I1 soggetto dell'azione è ?tVEi.iµa. appare quale forza creatrice di
Gesù, che la compie «nello spirito san- Dio con tratti ancor più marcati che in

che. Ci si dom:mda invece se anche la co- 465 Difficilmente ciò era già avvenuto in Q;
munità palestinese non fosse pienamente ca- infatti Mt. · non conosce questa connessione,
rntterizzata dn uno spiccnto pncnm:nismo che e Le. 12,ro •, accanto al v. 9, non risulta
non escludesse affatto il rilievo della tradizione originario (sebbene ·Ja formulazione sia stata
(H. v. CAMPENHAUSEN, Tradition u. Geist im esattamente ndattat:i mediante l'asimmetria
Urchristentum: Stuclium Generale 4 [1951] 1t!iç Il~ ..., ò oL o -r~ oL). In ogni caso, Le.
351-357 ). Cfr. E. KXsEMANN, Siitz.e beillge11 evita l'interpretazione a lui nota di Mc. 3,30.
Rechter im N.T.: NTSt 1 (1954/55) 257 s. -+col. 974·
%3 Gesù vien condotto 11ello spirito, non dal- ~ -+ v. BAER 49; -+ LAMPE 168. L'inseri-
lo spirito; 1t'>.TJpY)ç (->coli. 633 ss.), I\ differen- mento di TÒ 'l>VEiiJ,Ui 1.1.ov nel testo dell'A.T.
za di 1t).1ltrftElç (~ coli. 210 s.), indica Ja pie- (IA7) mostra che mtuµa. è in paraJlclo con
nezza permanente,-> nn. 475 s. Solo qui, dun- ljluxl}, ma che Le. vuol sottolineare che qui
que, lo spirito diviene una forza che fotta è in azione non solo una capacità umana,
contro Satana, -+ BATDORF 368. bensl quell"io' che in definitiva non si può
464 -+ LAMPE 170 s. In Le. 4,14 ".15 si de· distinguere dal 7t\l&vµa. di Dio e che è do·
scrive questo possesso. Perciò non si deve nato all'uomo (-+ co!l. 936.946). Lo stesso
interpretare: 'per impulso dello spirito'. vole nnche per 1,So; 2AO·
971 (vr,403) 'lWEV(W., ltVWµa:nx6ç E II 1 (E. Schweizer) (vr,403) 972

Matteo (-7 col. 96 I s.) 467 ; ma quel che il dono dello spirito a Gesù sta su un
importa è il risultato, non il modo del- piano del tutto diverso da quello fatto
l'azione 468 : essendo nato dallo spirito, alla comunità .
. Gesù è sin da principio possessore del- Possedendo pienamente lo spirito sin
lo spirito, e non solo suo oggetto come dall'inizio, Gesù dopo la resurrezione 471
il pneumatico. A ciò non contraddice è colui che dona lo spirito alla comunità
il fatto che Luca accoglie dalla tradi- (Le. 24,49; Act. 2,J3) 472 _ A questo pun-
zione anche l'elargizione dello spirito to dovette affermarsi l'idea che in que-
nel battesimo (3,22)~, o che (in 10,21) sto dono ci si incontra con lo stesso
ad un logion ispirato fa precedere la Cristo glorioso. Perciò lo spirito entra
notizia che Gesù fu ripieno dello spi- in parallelo col Cristo glorioso (Le. 12,
rito 470, né costituisce contraddizione il 12/21,15; Act. 10,14/19; i6,7; cfr.
fatto che, a suo dire, Gesù ha ricevuto -7 n. 534).
definitivamente lo spirito dopo la sua In Luca, dunque, si prende chiara-
esaltazione. Con ciò non si descrive una mente una decisione teologica. Marco e
crescita graduale del dono dello spiri- Matteo potevano ancora presentare, in
to; piuttosto, in questi testi è vivo an- tutta semplicità, Gesù come pneumati-
cora il concetto biblico (-7 coli. 865 s.) co, anche se già essi volevano con ciò
che lo spirito rimane sempre spirito di chiaramente designarlo come l'unico re-
Dio anche quando è dato all'uomo, per dentore escatologico. Luca prende CO·
modo che ogni sua attualizzazione è scienza di quest'idea: Gesù non è un
in definitiva un nuovo atto di Dio (-7 pneumatico sul tipo di quelli che s'in-
n. 475 ). Se i due racconti del battesimo contrano nella comunità. Egli non è og-
al Giordano e della pentetoste non so- getto dello st>irito che è all'opera anche
no stati in alcun modo tra di loro as- nella comunità; anzi solo in lui si ri-
simila ti, ciò può significare che per Luca vela lo spirito di Dio, e attraverso di

467 Qui non si hn lo schema 'creazione / nuo- 470 Luca dice (rn,21) che quello di cui Gesù
va creazione' (contro C. F. BuRNEY, The Ara- è ripieno è il 1tVEV~ li.yLO'll, mentre non fa
maic Origin o/ the Fourlh Gospel [1922] 44. proprio il 1tVEV~ ttò-tov di Mc. 2,8 (8,12).
47, il quale rimanda a 1,78 s.; 2,32; 3,38 : 471 Nella sua condizione terrena Gesù è l'u-
Cristo nuovo Adamo). i:iico portatore de1lo spirito (H. CoNZELMANN,
46.S Il modo del concepimento non è fatto Die Mille der Zeit [1954] 1'5 s.).
oggetto di riflessione, -+ n, coli. I.513 s. Non •n La tradizione soggiacente ritiene (diversa·
si pensa a un fatto sessuale (-? v. BABR 112- mente da Le.) che solo nella gloria Cristo ha
131, contro -+ l.BISEGANG, Pneuma 28 s.). ricevuto lo spirito; cfr. lo. 20,22 (v. 17!);
rlJah è femminile, 1tVEV~ è neutro e qui sta Eph. 417-12 e la data della festa dell'ascen-
in parallelo con ÒU'llttµL<; (HIRSCH, o. c. [-+ 3ione, fissata nell'antica chiesa d'Oriente nl
n . 443] 3 s.). cinquantesimo giorno (G. KRB.l'SCHMAR, Him-
469 Le. sottolinea questo dono ancor più for- melfahrl ti. Pfingsten: ZKG 66 [1954/.55]
temente di Mc. e Ml., 4 v. BABR 59 s. 209-221).
nVEU(AC<, 11vwµa-rtxoc; E II 1·3 (E. Schweizcr)

lui tale spirito perviene alla comunità. di Dio è radicalmente diverso dall'uo-
mo, ma anche dove si usano formule
2. La 'permanenza' dello spirito nella 'dinamis tiche ', accanto all'espressione
comunità r.À1)(n)c; 7t\JEVµc1.:roç, che sottolinea l 'u-
Analogamente si può constatare co- nione stabile con lo spirito (Act. 6 1 3;
me anche Luca, pensando alla comuni- rr,24; dr. 17,55; Le. 4,1) 475 , si ha la
tà, cerchi di superare la concezione che locuzione 7tÀ.T)U~ljva~ Tt\JEVµet"t'~, «essere
raffigura lo spirito come una forza che st·ati riempiti di spirito», la quale stabi-
balza sull'uomo e poi se ne allontana 473 • lisce che ogni attualizzazione dello spiri-
Tipico di questo atteggiamento è il fat· to di Dio rimane un atto che proviene
to che, accanto alla primitiva conce- da lui 476 • Il credente 'ha' lo spirito allo
zione animistica, la quale si raffigura lo stesso modo che 'ha' il Dio fedele, alla
spirito come un qualcosa che irrompe cui azione sempre nuova egli può ab-
sull'uomo ma che sta al di fuori di lui bandonarsi.
ed è indipendente, ora si affaccia quel-
la originariamente dinamistica, che con- 3. Le mani/estazioni esteriori dello
sidera lo spirito come un fluido che spirito
riempie l'uomo 474 • Essa è meglio atta Nel racconto del battesimo Luca ag-
a designare lo spirito come caratteriz- giunge che lo spirito discese in f~rma
zante tutta l'esistenza dell'uomo. Tut- corporea (<Twµa·nx<l) EtOEt) e n.on pre-
tavia si evita il pericolo gnostico; lo senta il fatto come oggetto della sola
spirito non è semplicemente un posses- percezione di Gesù m. Quel che gli pre-
so naturale del credente. Non solo vie- me rimarcare è l'oggettività di questa
ne mantenuta la terminologia 'animi- discesa dello spirito. Lo stesso dicasi
stica' perché sottolinea che lo spirito quando egli accoglie volentieri le mani-

47l Cfr. Gen. 41a8; Num. II,17; 27,18; ls. povv-to in Aci. 13,52. Per Aci. 5,3.9; 15,28 ~
42,1; 61,1; Soph. 3,4 (LXX); Os. 9,7 (~ col!. 980 s. In Act. 9,31 ÉnÀ1)DVVE-tO (-+ col.
GuNKEL 30; di diversa opinione A.H. Mc 628) è probabilmente da tradurre con cresceva,
NmtE, N.T. Tedching in tbc Lighl o/ St. secondo 6,1.7; 7,17; 12,24; 19,20 cod. D (con-
Paul's [1923) 130). Il particolare dello spi- tro -+ DUPON"l', o. c. [-+ n. 204) 239 n. 1)
rito che parla nel discepolo manca in Le. e perciò non rientrà in questa prospettiva.
n,12; 21,15 (CoNZELMANN, o. c. (-+ n. 471) 476 Nell'individuo, Aci. 4,8; 13,9; nella comu-
198 n. 2). nità, 4,31. Questo passo sarebbe insufficiente
a costituire un'antica variante del racconto di
4M La prima concezione s'incontra special·
pentecoste, e ne risulterebbe poi l'impossibi-
mente nell'A.T., 1a seconda nell'ellenismo. Te-
lità di 4,8 (~ v. BAER 97). Cfr. inoltre Le.
sti dell'una e dell'altra in ButTMANN, Theol.
1,41.67 e 1,15; Aci. 2,4; 9,17, dove 'lt).'!}.
154 s. Cfr. J.E.L. OULTON, Holy Commtmio11
oin)vr1.L indica l'inizio di un possesso duratu-
and Holy Spirit (195r) 42-48.
ro.
475 Essa è presupposta anche in Act. 2,38; 19, 4n Già Mt. evita questa ·restrizione quando
2; Le. 2,25; cfr. anche l'imperfetto tn:).ri· parla dell'apertura dcl cielo.
1CVEvµ11., it\ltv~ta:nx6ç E II 3-4 (E. Schwcizcr)

festazioni visibili avvenute nel giorno di tabile. In tal senso queste manifesta-
pentecoste 478 o ricorda il terremoto co- zioni sono per lui più importanti che
me attestazione della realtà dell'evento per altri testimoni neotestamentari 480•
(Act. 2,3-6; 4,21). Così si spiega per- Lo spirito trasmette le chiare disposi-
ché anche il parlare profetico (1tpocptJ- zioni di Dio, alle quali non si resiste 481 •
'tEVEtv) è per lui uno dei vertici di quel- Anche se, a questo proposito, certe e-
b glossolalia che anche agli estranei ap- spressioni devono esser corrette con
pare come un fenomeno meraviglioso l'ausilio di altri passi del N.T., è tut-
(~ n. 488). tavia essenziale il pensiero che lo spi-
Luca è un ellenista, e perciò può rap- rito sottomette l'uomo a Dio anche nel
presentarsi la forza solo come una so- corpo e che la sua azione si spinge fino
stanza (~ n. 347). Ma il suo interesse a queste cose.
non sta qui ~;9 , poiché dall'ellenismo egli
si distacca in quanto non descrive mai 4. Le opere dello spirito
in qual modo lo spirito entri nell'uomo Secondo Le. r2,10 (-7 col. 970)
(~ n. 468 ). Di conseguenza per la men- lo spirito per la bestemmia contro il
talità di Luca il 1tVEVµlh ha ovviamente quale non si dà perdono è la forza di
carattere di sostanza; egli però non è Dio che si manifesta non negli esorci-
propriamente interessato a ciò, ma vuol smi 4s2, ma, come dice chiaramente il
affermare che il mlEvµa. si manifesta v. I 2, nelle parole ispirate dei testimo-
fin nelle forme del visibile e del consta- ni di Gestt 481 • Luca, dunque, fa propria

478 Non è del tutto sicuro che le fiamme sia- festazioni non sono mai prove irrefutabili
no intese come percepibili da tutti, mentre (Act. 2,13).
invece lo è il rumore. M:i lo spirito non vie- .fai A rigore, 21>4 afferma che lo spirito può
ne identificato né con la colomba né con il dllrc anche un'indicazione errata, per cui an-
fuoco o il vento impetuoso (wc;, WC1'7tEP, wUEl). che qui si rende necessaria la decisione re·
479 -4 coli. 973 s. Vi è da chiedersi se il con- sponsabile dell'uomo. Ma pare che Luca in-
cetto di oovaµ\c;, tanto strettamente con- renda solo sottolineare l'esattezza della pro-
giunto con mlEVµlX, rechi cosl evidenti i ca- fezia dello spirito, la quale è connessa a un
ratteri di sostanza (-4 u, coli. 1513 s.; IJ38, consiglio errato, ma umanamente compren·
n. 86; il passo citato in -4 u, co1. 1515 pro- sibile.
viene da Mc.!). Certo, Luca non esita ad ac- m Questi negli Atti perdono decisamente
cogliere racconti che attribuiscono forza cu- d'importanza (JACKSON-LAKE I 5,108).
rativa all'ombra o al sudal'io dell'apostolo 483 Cosl anche --> LA!'<1PE 190 s. Solo, ci si
(Act. 5,15; 19,u); ma poi, nella tradizione si- può chiedere se i discepoli vengano consolati
nottica, egli evita di parlare dei contatti fi- oppure messi in guardia. Nel primo caso i
sici (-4 BARRETT, Gospel Tradition 83 s.), e bestemmiatori sono i persecutori, nel secondo
2 Reg. 13,21 mostra che nel pensiero primi-
sono i discepoli stessi, qualora non ascolti-
tivo siffatte rappresentazioni sono del tutto no la voce dello spirito e rifiutino di profes-
correnti. sare la fede. La preferenze va a questa secon-
4&> Aci. IOA7: 11,17; 15,8. Tuttavia egli non da possibilità, poiché la frase dei vv. 8 s., for-
dimentica che, per chi non crede, tali mani- mulata nella stessa maniera, è sicuramente in-
rt\lcùµa, 1tVEuµa,.~x6ç E n 4 (E. Schweizer)

la concezione tipicamente giudaica che sa usare ouvaµtç e 'ltVEUµa quasi come


si raffigura lo spfrito come spirito del- sinonimi 487 , in questa questione la di-
la pwfczin ( ~ coli. 907. 908 s. ). Que- stinzione tra di essi è chiara. Ciò non
sto si vede anche in Le. .5,2 3-27, do- significa che Luca non consideri come
ve addirittura si esclude che i segni miracolosa la testimonianza operata dal-
prodigiosi menzionati nella citazione del lo spirito. Tale la considera certamen·
v. 18 siano manifestazioni dello spiri- te quando è resa sotto forma di glosso-
to, e si scorge il compimento di quella lalia 483, e anche quando un'ispirazione
profezia soltanto nel mandato di re- momentanea rende capaci di vedere nel
care il messaggio'™. Certo, per Luca i futuro 489 • La stessa categoria di visio-
miracoli hanno grande importanza; non- ne profetica si ha quando il discepolo,
dimeno essi non sono mai fatti risali- sotto l'azione dello spirito, vede certi
re allo spirito, nemmeno una volta. pensieri dell'interlocutore che sono ce-
Quel che risana è il nome di Gesù, la lati all'uomo naturale e gli annuncia
fede in lui, Gesù stesso, la preghiera, quel che ha nel suo intimo 490 • In mo-
il contatto fisico del discepolo, l'ombra do particolare si sottolinea che è opera
e il sudario 485 o, più semplicemente, la dello spirito la capacità d'intendere il
òvvczµtc; di Gesù 486 • Sebbene Luca pos- volere di Dio che diversamente rimane

dirizzata ai discepoli e, in Act. 26,u, il ver- non significa quel che Eraclito dice dell'ora-
bo ~À.«<T'PTJµ€~V nello stesso contesto è rife- colo delfico: OV't'E ÀÉYE~ olh-E XpV7t'm aÀ.ÀCÌ
rito ad essi. L'opinione di FRIDRICHSEN, o. c. C"l]µ«LVEL [BAUER, ]oh.. a Io. 12,31]); 20,23 ;
(-> n. 407) 370 è assai inverosimile. 21,..pr cfr. 11 16; -f,2.J (è una gloss1? E. HAEN·
484 Diverso è il caso di Mt. II,5 = Le. 7,22, Schriflzitate 11. Texliiber/ie/ert111f!. in dcr
CHE.."I,
dove tuttavia non si legge 1tvEiiµa.. Apostelgescbichle: ZThK ·51 [ r954J 157);
m Act. 3,6.16; 4 130 (qui la distinzione appa· 28,i5. Nei passi di Le. x4r.67, attinti da una
re con particolare chiarezza nel v. 31 bi con· fonte, ciò che appare determinato dallo spi·
tro W. KNox, The A cts o/ the Apostles rito è più genericamente la disposizione di
[1948] 88); 5,15; 9,34.40; 16,18; 19,13; 20, colui che parla; nei pitssi degli Atti invece
lO j 28,8. è precisamente il parlare come tale. Le profe-
486 Le. 5,17; 6,19 (aggiunta rispetto alla fon- zie sono pronunciate lìLò: 'tOÙ TtVEUµtX'tO~ o
te); solo secondo Aci. IO.J8 l'unzione di Gc· addirittura d 31 1tVEvµa. Le. 10,21 è probabil·
sù con 1tVEiiµa e 8vvaµ~i; ( ! ) si manifesta in mente da atlribuire a Luca stesso(--> n. 470);
opere prodigiose (-+ u, coli. 1512·1515); ma come mostrano gli altri passi, opern dello
qui si ha una formula mutuata. Anche in spirito non è la à.ya).).la~ in quanto tale,
Aci. 6,8.10 si mantiene saldamente la distin- m:i in quanto si esprime nella testimonianza
zione tra 1tVEiiµa e 6Vvaµ~i; (contro -+ II, profetica; dr. Dooo; o. c. (-> n. 449) 75.
col. 1540). 4
~ Aci. 13,9 (per 5,3.9 ~ coli. 980 s.). Paral-
m Le. 24,29; . Aci. l,5.8; Le. l,17; 4,14; so- leli ellenistici in BuLTMANN, ]oh. 71 n. 4. Qui
no già uniti in lvlich . 3,8 (H. A. Guv, N.T. il 'ltVEiiµa: non cagiona né «eccitazione inten-
Prophecy [1947] 90 n . b). sa» (ZAHN, Ag., ad I.) né ('«occhio maligno»
'1.'\li Aci. 2,4 (-+ col. 985); ro..t6; 19,6; fors<~ (JACKSON-LAKE I 1,4, ad I.), che provoca 99
anche 8,18. c.:.1si di morre su 100 (STRACK-BILLERBECK Il
489 Le. r,4r.67 ; Aci. 11 ,28 (qui a11µaCvELV 713-715).
n\1Eu1w., nvevµa:nx6ç E n 4 (E. Schweizer)

nascosto, un'intelligenza che dà le di- dimorante in maniera stabile nell 'indi-


sposizioni dirette per l'agire concre- viduo o nella comunità, appaiono del
to 491 • Ma più di tutto vien fatto risa- tutto marginali 49~.
lire allo spirito il messaggio dei disce-
poli, che appare come un prodigio di Dare un giudizio su Act. 5,3 .9 non
Dio, anche se è presentato innanzi a un è facile. Che vi si descriva il peccato
contro lo spirito, secondo quanto si leg-
mondo ostile che perseguita chi lo re- ge in Mc. 3,28 s., è assai improbabile, al-
ca m. Per rendersi conto della centra- meno per Luca(~ coll. 976 s.) 49s. Ma
lità solidamente occupata per Luca dal non si può dire nemmeno che gli aposto-
li come tali siano presentati in possesso
'ltpOq>'l)'t'EUE~V inteso come intervento
dello spirito. L'idea è quella che si leg-
dello spirito, basta notare che, nella ge in 13,9 {~ n. 490). Ci si può piut-
lunga citazione di Gioele sull'effusione tosto domandare se già in 15,28 (e
dello spirito, che già era presentata in fors'anche in 20,28) non si riscontri
l'idea successiva, che nella disposizione
maniera quasi immutabile, egli inserisce delle autorità ecclesiastiche riconosce eo
questa parola 493 • Per lui la comunità ipso una disposizione dello spirito san-
degli ultimi tempi è una comunità di to 496• Si noti tuttavia che 1t\1Euµct e
i)µEi:'ç sono accostati e che non si dice,
profeti. Alcune formule nelle quali lo ad es., 1t\IEÙµC1. lv 1}µtv; perciò è pro-
spirito è inteso in senso generale, come babile che, qui come in genere, Luca

491 Aci. 8,29; 10,19; n,12; 13,2.4; 16,6 s . tattica, e non riferita a una testimonianza
Anche 20,22 va inteso in questo senso (li:yLoV dello spirito, che continui in altri messaggeri
manca sovente anche a proposito del 'ltVEuµa anche dopo un'eventuale uccisione degli apo-
divino); si parla dunque dell'avviso dello spi- stoli (contro BAUER, Ag., ad l.). In r8,2' (~
rito trasmesso a Paolo stesso, mentre il v. col. 994) si accenna - analogamente a 5,32;
23 nomina gli avvertimenti di altri membri 6,10 - alla perdurante abilitazione a render
della comunità («di città in città»; con ZAHN, testimonianza. Anche la forza dello spirito no-
Ag.; HAENCHEN, Apg., contro }ACKSON-LAKE minata in Le. l,17 (~ II, col. 1512) e 4,14
_I 1,4, ad 1.). È probabile che anche 7,,1 va- sembra esprimersi principalmente nella predi-
da interpretato cosl. Alquanto diverso è 7,,5, cazione.
dove lo spirito accorda la capacità di scor- 493 Aci. 2,18 . I codd. D it correggono se-
gere le cose che stanno in cielo nell'ora della condo il testo dell'A.T. Cfr. Le. 2,26.
morte, ciò che conduce però a µap'tVPEL\I con
494 Sta in parallelo con O'oq>lct (Aci. 6,3), 'ltt-
la parola e con l'opera.
O''tl.ç (6,,; n,24), cp6~oi; "fOU xupfou (9,31),
.191 Le. 12112 è preso dalla tradizione ma è ·
fortemente sottolineato grazie all'accostamen- xap&. (13,,2).
to al v. IO e~ col. 976); inoltre Aci. 1,8 m Con~ v. BAER 14,, contro W. FRITSCHY,
(da non intendere come forza miracolosa, Notes sur le péché con/re le St. Esprit, Thèse
come mostra il v. 8 b; contro }ACKSON-LAKE I Neuchatel (dattiloscr., 1942) .3' s. Al più si
1,4; PREUSCHEN, Apvslg., od /.); 4,8.31; 6, potrebbe pensare a uno stadio anteriore della
10. Anche ,,32 va preso nello stesso senso; pericope, poiché la forma Q del logion di
la testimonianza dello spirito non consiste Le. 12,10 offriva la possibilità di farne una
nell'evento visibile (2,33 !) della pentecoste, regola disciplinare da applicare ai vari gradi
ma nell'annuncio degli apostoli e di tutti quel- di trasgressione (cfr. FRIDRlCHSEN, o. c. e~
li che 'avevano obbedito'. La paratassi va n. 407] 370).
probabilmente risolta in una costruzione ipo-- 496 Cfr. ~ GuNKBL 27.
98l (vqo6) ~\IEVJla, nvtuµa nx6ç E II 4 (E. Schweizer)

intenda lo spmto profetico, al quale 7t\1Evµci a xuplou potrebbe spiegare la


si uniscono quanti sono compresi nel omissione; oppure potrebbero essere in-
pronome ·~µri:i; (cfr. 5,J2; ~ n. 492). vocati anche motivi dogmatici, poiché
Anche 20,28 è da interpretare secondo qui nessun apostolo appare come me-
13,r-3, ricordando solo che Luca pre- diatore dello spirito 497• In caso diverso,
suppone l'opera dello spirito per tutti avremmo la sopravvivenza di un passo
i casi, non solo per quelli straordinari. di tradizione pre-lucana.
Di qui la possibilità che più tardi sor- Luca ha dunque in comune con il
gesse un equivoco e che si collegasse
automaticamente lo spirito con il retto giudaismo l'idea che lo spirito è essen-
adempimento della vocazione ecclesia- zialmente spirito di profezia 498 • Questo
stica e~ coll. 1098 s.). non gli permette di far risalire al 7t\IEU·
Con una sua singolarità si presenta
Act. 8,39, che attribuisce allo spirito il µlX. né i doni di operar guarigioni (x«-
rapimento di Filippo. Non è possibile plcrµci"t'u tuµci'tw\I) 499 , né certe opere
annullare il prodigio accettando la le- che hanno un marcato carattere etico,
zione à:rt'a.ù-rou, peraltro non sicura
(Zahn, Apostelg., ad l. ). Si hanno nu- come la vita comunitaria della chiesa
merosi casi paralleli di rapimenti mira- primitiva 500• Luca è ancora abbastanza
colosi (I Reg. r8,I2; 2 Reg. 2,16; Ez. vicino a una concezione che misura l'a-
3,14; Ba; Ev. Hebr. [Orig., in lo. 2, zione dello spirito col criterio della sin-
r2]; Bel et draco 36; Herm., vis. r,r,
3 ; 2,r ,r; Philostr., vit. Ap. 8 1 10 [a golarità; ma ciò che lo interessa non è
mezzogiorno a Roma, la sera a Pozzuo· la singolarità come tale, bensì il desi-
li]). Potrebbe darsi, invece, che il te- derio di sottolineare che Dio dà alla
sto originario si trovi nel cod. A, che
fa risalire il rapimento all'angelo. A fa- sua comunità dei segni visibili della
vore di questa ipotesi si può addurre sua opera e delle chiare disposizioni.
la singolarità della concezione dello spi· L'annuncio fatto dallo spirito è sempre
rito che s'incontra nel testo corrente e un prodigio di Dio, ma di regola non è
la regolarità con cui sempre, fino al cap.
10, vien narrata, o almeno promessa, concepito come qualcosa di singolare sot.
la sua effusione. Il salto meccanico da In esso viene soprattutto data alla co-

497 PREOSCHEN, AposJg.; ZAHN, Ag., ad I. SOi Nella seconda parte degli Atti, nella qua-
498 GuY, o. c. (~ n. 487) 93 n. a; ~ LAM PE le si riproducono meno fonti, il meraviglioso
193· nel senso di singolarità rimane in ombra, ed
499 I Cor. 12,28; anche ncll'A.T . i miracoli è proprio qui che l'ammonimento dato di-
non vengono fatti risalire direttamente alla rettamente dallo spirito prende il posto di
rt1ìfp, ma spesso vengono attribuiti solo a co- quello che nella prima parte era dato dagli
lui che ha lo spirito (EICHRODT, Theol. A .T .' angeli (KNox, o. c. [ ~ n. 48'] 9I s.; in Act.
II 21 n. 9 = § 13 A u). 271 23 si tractn probabilmente di un sogno).
soo L.S. TuoRNTON, The Common Li/e in the Anche in 4,3I la comunità prega che le sia
Body o/ Christ (1942) 6.74 s.; Dono, o. c. (~ data non la glossolalia, ma la TCappY}CTl<X. In
n. 458) 137 non notano che manca un cspres· 9,27 s. questa è la vera prova della sincerità
so riferimento allo spirito. Dono dello spi- della conversione, e con un accenno a que·
rito è, per Luca, non il rinnovamento mo- sta si chiudono gli Atti ( 28,31 ~ \'. BAER
rale, ma la missione (cfr. ~ v. BAER 108). I02),
nvEvµa, 7CVEuµa·mt6c; E II 4-5 (E. Schweizer)

munità l'azione dello spirito. Se per- sti sono ancora strettamente legati alla
tanto è vero che l'eJlenista Luca ha in- concezione veterotestamentaria, che nel-
teresse per il carnttere visibile degli in- la comparsa dello spirito vede qualcosa
terventi dello spirito, va tuttavia detto di straordinario; perciò, all'infuori del·
che In limitazione di essi all'annuncio la parola del Battista, vi è un solo lo-
profetico è di stampo completamente gion che prometta alla comunità un so-
giudaico 502• stegno momentaneo dello spirito in vi-
sta di partico1ari angustie. Luca invece
5. Lo spirito come caratteristica del tem- sa che le profezie dell'A.T., le quali
po della chiesa promettono lo spirito al popolo esca-
Le. xr,13 promette il 'TtW;vµa a:yLO\I tologico (N11111. 1 r ,29! ~ coll. 916 s.),
a quanti lo chiedono a Dio. Originaria- hanno avuto compimento. Ciò significa
mente la promessa aveva quale oggetto che lo spirito è dato non a uno, ma a
solo dei 'beni' (a:ya.11ci, Mt. 7,II) 503 • tutti i membri della comunità, e in for-
La rettifica si presenta a Luca sponta- ma duratura 50' .
neamente, dato che per lui gli <iya.ìM., Che ogni battezzato possegga lo spi-
intesi quali beni terreni, apparivano rito e che lo spirito sia per lui visibile
facilmente sospetti ( 12,18 s.); ma essa e sensibile, è presupposto in Aci. 19,2;
mostra che a suo giudizio lo spirito è anche in 2,38 s., dove la promessa del-
il dono per ecceJlenza, che spetta al cre- lo spirito è rivolta espressamente a tut-
dente che fa parte della comunità di Ge- ti; in 15,8 s. la promessa è estesa in mo-
sù. La cosn risulterebbe sottolineata an- do speciale ai pagani. Si vedano anche
cor più fortemente se in Le. r I ,2 la i passi di 8,16-18 (39--> coli. 981 s.);
formula più nntica della preghiera fos- 9,17; I0,44; II,16 s.; 19,6, dove il
se: «venga su di noi il tuo regno e ci dono dello spirito appare come un'ov-
purifichi» 504 • via conseguenza della venuta alla fe-
Per Marco e Matteo lo spirito è un de 506•
evento escatologico. Ma i due evangeli-

502 Dalla concezione ellenistica del nvEiiµa. R. LEANEY, The Luca11 Text of the Lord's
µa.v·nxov lo divide la mancanza di interesse Prayer: NovTest I (1956) rn3-n1; ma deve
per il processo di penetrazione della sostan- trattarsi di una preghiera battesimale ante-
za pneumatica nell'uomo (cfr. ~ VERBEKE riore a Marciane (per quanto il testo di Mar·
396 s.). Solo con questa modifica si può dire cione non sia ben chiaro!), cfr. act. Thom.
che gli Atti «hanno presentato in forma sto- 27; E. LoHMEYER, Das Valertmser (1946)
rica la forza clcllo spirito di Gesù negli apo- 185-192; ZAHN, Lk., exet1rsus IX.
stoli», A. v. HARNACK, Die Ag. (1908) 4. 505 In ciò sta, secondo ~ PRENTER 30 s., la
SOl Ilvtoµa. &y~ov è un modo di dire luca- differenza fondamentale tra l'Antico e il Nuo-
no; Luca lo usa volentieri anche altrove. vo Testamento.
5M KwsTERMANN', Lk., ad I.; ~ LAMPE 184; 506 A partire da n,19 mancano gli accenni a
1tVEUf_la, nvrnµa:nxoç E II 5 (E. Schweizer)

La prima impressione è che in Luca la costumanza greca di invocare la di-


l'effusione dello spirito sia presentata vinità con «ogni sorta di voci e di par-
come il vero e proprio evento escato· late» (mxcrn !pW\lft xcxL TCacrn OLa-
logico. Come tale lo presenta la cita- ).fa-rl{J) 511 • Che Luca abbia frainteso
zione di Gioele (Aci. 2,17-21) 507 ; trat- TtÀWO"<T~ perché non conosceva più la
ti escatologici appaiono anche nel modo glossolalia, è una spiegazione che non
di presentare il fatto della pentecoste si può accettare, se si tengono presenti
e~ II, coll. 557-560). L'unicitR della i passi 10,46 e 1916 . Tuttavia non è
lingua è un fenomeno escfttologico (test. escluso che la forma attuale della storia
Iud. 25,J; Plut., Is. et Os. 47 [II risalgn a lui. Per lui il primo dono dello
37ob]; dr. Is. 66,18s.) 508 e, nono- spirito è qualcosa sui generis, che po-
stante si dica che i presenti 'sentono' trebbe esser messo all'inizio degli Atti
(v. 6: i)xouov; v. 8: 1hovoµEv) 1 il v. 4 cosl come Le. 4,16-30 potrebbe stare
ci fa certi che l'autore non intende par- all'inizio del Vangelo 512 . Ma già prima
lare di un puro miracolo di udito soo. di Luca 513 si pensava al nuovo patto, a
L'analisi della pericope presenta gra- una nuova legge per i Giudei sparsi in
vi difficoltà(-+ IX, coll. 1488 ss.). Stori- tutto il mondo 514, ed è assai più proba-
camente, dovrebbe trattarsi di un'espe- bile che proprio questo pensiero abbia
rienza decisiva di effusione dello spirito influito fortemente sul formarsi della
nella prima comunità, a cui è possibile storia della prima venuta dello spirito.
che si sia aggiunta per la prima volta la Certo è, comunque, che prima del cri-
glossolalia 510• Ma il problema sta nel ca- stianesimo si hanno i passi di Iub. 6,17.
pire come mai questa sia stata intesa co- 19 (---,)IX, coll. 1483 s.; ma v. anche 1,
me un miracolo di lingue. I ; 15, I ; 44 ,4 s. ) e la descrizione di Filo-
Il racconto non si può spiegare con ne che presenta la voce divina al Sinai

un'effusione dello spirito, eccezion fatta per 17,22 s.). Inoltre, Ja comparsa della glosso-
19,6. Ma questo vuol dire solo che Luca lalia negli Atti segna alcuni stadi decisivi.
prende dalla tradizione le notizie ri.~uardanti s11 ---+ LEISEGANG, P11e1111111 131 s.
Je effusioni de!Jo spirito oggettivamente accer-
512 ~ V. BAER 91; ---+ LAMPE 159·
tabili, e che in esse ravvisa una special~
indicazione di Dio in momenti di scelte de- 513 Analogamente W. GRuNDMANN, Das Pro-
cisive. blem des beli. Christentums innerhalb der
567 L'aggiunta delle parole l'll 'tate; ~a-xa'tat.ç Jerusalemer Urgemeinde: ZNW 38 (.1939) 49
i]µtpa:Lç nel v. 17 qualifica l'effusione dello n. 10, accetta l'ipotesi di due tradizioni rie-
spirito come un evento escatologico; ma forse laborate.
si tratta di una correzione tardiva (E. HAEN· m KNox, o. c. (~ n. 485) 80-82; per il ca-
CHEN, O. C. [ ~ n. 489) 162). talogo dci popoli si veda (oltre ---+ IX, coli.
508 Alla glossolalia Paolo riferisce anche Is.
•490 s. n. 44) ibid. 84 n. 1; H. Fucns, Zum
28,n, e cosl fa caratterizza come un feno- Pfingsfwtmder Aci. 2,9-II : ThZ 5 ( 1949) 233
meno escatologico (1 Cor. :r4,21). s. La speranza nella riunificazione di tutti i
dispersi è ben viva. La questione è discussa,
509 Cosl K .L. ScHMID'l', Die Pfingstm:iihlung
con ricche indicazioni bibliografiche, in U.
11. das Pfingstereignis (1919) 20-22, con rin-
HoLzMEISTER, Quaestio11es pentecosta/es: VD
vio a una corrispondente leggenda riguard:m- 20 (r940) r3I-I34. Un parallelo tra il Sinai e
te Budda. la pentecoste è ravvisato anche da L. CllR-
sro Solo cosl si spiega il v. 13. Ma il ricorso FAUX, Le symbolisme allaché 011 miracle des
a un malinteso, al quale risponde poi il di- langues: EphTheolLov 13 (1936) 258 s. Il ri-
scorso dell'apostolo, è schema peculiare di chiamo del v. 3 a Deut. 32,R (ibid. 257) può
Luca (3,II s.; 14,n-15; cfr. 4,9 s.; 6,13 s .; esser casuale.
;i;vtv1.iu., TIYEVl..ta-rtxoc; E 11 5 (E. Schweizcr l

che ha un'eco speciale in ciascun'anima, discorso sulla nuova legge. Nell'evento


si tramuta in fiamma e passa come un egli vede piuttosto l'inizio del tempo
1t\1Evµcx. attraverso una tromba, raggiun- della chiesa e anche un segno premoni-
gendo i vicini e i lontani e arrivando tore della penetrazione del vangelo at-
fino ai confini della terra (decal. 33.35; traverso i popoli, e si può pensare che
spec. leg. 2,r89) 515 • Una simile spiega- intenda la lingua dello spirito come una
zione risulta naturale quando si pensi nuova lingua prodigiosa che tutti com-
che già prima del 70 la pentecoste era prendono 518 • Potrebbe anche esservi un
considerata come la conclusione della riferimento antitipico all'episodio della
pasqua e della celebrazione dell'esodo torre di Babele (Gen. 11,1-9) 519 •
(-7 IX, col. 1485) e che già in Deut. 4, Ma per Luca questo non è l'even-
10; 9,10; 18,16 (LXX) il giorno della to escatologico; esso introduce un tem-
promulgazione della legge è detto Ti 7i- po, ma non l'ultimo tempo. Posto tra
l.lÉpcx. 'tljc; ÈxxÀ.l)ofaç. Probabilmente la storia salvifica dell'A.T. e della mis-
nelle cerchie non ortodosse del Libro dei sione, per lui l'evento di Cristo è «il
Giubilei, e forse anche nei seguaci della centro del tempo» 520• Perciò l'effusio-
Setta, la pentecoste veniva celebrata ne dello spirito può ripetersi ogniqual-
come 'festa del giuramento' e segnava volta vi sono degli uomini che abbrac·
il rinnovo del patto e l'inizio dell'anno ciano la fede, e assume forme speciali
religioso 516 • Può darsi che la frase del allorquando si compie un nuovo passo
Battista circa colui che battezzerà con in direzione dei popoli (Act. 8,17 s.;
turbine e fuoco (-7 col. 9 55) sia sta- I0,44 ss.). Le. 1.2 ci dice che uomini
ta storicizzata, determinando la formu- ripieni di spirito esistevano già prima
lazione dei vv. 2 s. Luca fa proprio que- della venuta di Cristo. Quest'idea dove-
sto racconto. Per lui non è essenziale va esser stata presa dalla tradizione 521
- come lo è invece per Matteo 517 - il e valere per Luca quale segno premoni-

s1s La legge e il fuoco sono uniti anche nei WIKENHAUSER, Die Ag. (1951) 84s., ad I.
rabbini, STRACK-BILLEBRECK n 603 s. I passi 10,47; n,r5.17 indicano che in 10A6
516 fob. 6,21 (KRETSCHMAR, O. C. [-+ O. 472) (e 19,6) Luca ravvisa fondamentalmente lo
227 s. e n. 84; MouN, o. c. [-+ n. 339] 96). stesso evento, e quindi anche in 2,6 si r.ap-
KRETSCHMAR, o. c., 223-234 adduce altri dati presenta una glossolalia che viene intesa da
per provare che già avanti l'era cristiana i persone che parlano lingue diverse.
Giudei celebravano la pentecoste come ricor- 519 J.G. DAvrns, Pentecost and Glossolalia:
do ddla promulgazione della legge al Sinai. JThSt, N.S . .3 (1952) 228 s.; dr. -+ y)..waaa.,
Contro l'opinione espressa da KRETSCHMAR, q>wvi), ouvExuih].
o. c. 236.243 ritengo che alcuni tratti estatici 520 CoNZELMANN, o. c. e~ n. 471); cfr. P.
(forse non glossolalici) siano storici (dr. Num. VIELHAUER, Zum 'P11ulinlsm11s' der ApoJtelg.:
u,16 s.; Eph. 4,7-JI non è una prova in con- EvTheol 10 (1950/51) 12 s.: G. Vos, The
trario, anche se in quell'epoca i fenomeni esta- Eschatological Aspect o/ the Pauline Concep-
tici stavano già diminuendo), e penso anche tion o/ the Spiril, Biblica! and Theological
che il miracolo delle lingue sia piQ antico del Studies, Princeton (1912) 223 s. Ma, se si
pensiero della missione. tien presente la sezione di Rom. 9-u, non si
s1; ~ vero che Luca non è più sulla posizio· può insistere troppo sulle differenze rispeuo
ne di Matteo, che mette il discorso del mon- a Paolo; anche a giudizio di Luca la salvezza
te in parallelo con la proclamazione della operatasi in Cristo non viene più superata
legge del Sinai (KNox, o.e. [-)- n. 485) 81 s.); nella storia, la quale è piuttosto la storia del-
ma ciò non avviene perché il posto del di- la fede nella salvezza, quindi è storia della
scorso del monte sia preso dalla pentecoste. missione.
S18 H.H. WENDT, Ag. (1899) se; s.; cfr. A. s21 -> GOGUE L, Nolion 45 n. J; di diverso av·
itVEuµo: , 'ltVtuµci:-nxoç E n 5 (E. Schweizer)

tore di ciò che stava per venire. D'al- chiara che lo spirito è posseduto da
tra parte, talvolta egli evita di dire che tutti i membri della nuova comunità,
uno scrittore dell'A.T. ha parlato 'nello
spirito' (Mc. 12,36 = Le. 20,42; ma per modo che la sua presenza non può
dr. Aci. l,16; 28,25). Qualcosa di si- limitarsi a manifestazioni momentanee,
mile si deve dire del concetto paralle- eccedenti il consueto. Ma, nonostante
lo di ouvaµtç nella parusia (Mc. 9,1). tutto ·ciò, Luca è fermo alla concezione
Luca ha fatto un passo importante antica. È vero che la manifestazione
oltre Marco e Matteo. A lui non basta dello spirito non si riduce ad una sin-
presentare Gesù come il portatore del- golarità esteriore e può invece consiste-
lo spirito ricordandone qua e là dei trat· re nella 'ltapp11crla. {-'> n. 501 e Ix, coli.
ti pneumatici o anche narrandone la 916 ss.). Tuttavia lo spirito non impron-
nascita e il battesimo. Ciò che gli sta a ta l'esistenza del credente senz'altro co-
cuore è il tempo della chiesa, poiché me esistenza totalmente rinnovata, 'esca-
è in questo che trovano compimento le tologica', ma gli conferisce un dono spe-
profezie del popolo di Dio, alla cui tota- ciale, che lo rende capace di manife-
.!ità è concesso il dono dello spirito, stazioni di fede ben determinate e sup-
cosl che profeti non sono più degli in· plementari, le quaH appunto sono neces-
dividui isolati, ma tutti i membri della sarie alla missione, non ancora conclu-
comunità escatologica. sa, ancora in atto, anzi la rendono pos-
Si vedono qui i limiti della sua con- sibile.
cezione e il legame che l'unisce alla tra- Questo si vede sotto il profilo nega-
dizione giudaica. Egli infatti non si sco- tivo in ciò, che allo spirito non si fa
sta sostanzialmente dall'idea che lo spi- mai risalire la fede, nemmeno là dove
rito altro non è che la forza straordina- Luca vuol sottolineare che il credere
ria che rende capaci di compiere incon- (1tt.<T't'Eucro;~) non è un evento natura-
suete azioni potenti, anche se questa le, ma un evento miracolosamente con-
concezione ha subito due rettifiche: una cesso da Dio 522 • Nessuna meraviglia,
ad opera della tradizione giudaica, per pertanto, che la condizione ideale della
la quale lo spirito rende quasi solo comunità sia descritta senza far menzio-
idonei al parlare profetico ( ~ coli. 907 ne dello spirito m, né che mai ad esso
s.), l'altra ad opera della fede, che di- sia attribuita la buona sorte 524 • Lo spi-

viso ~ LAMPE t67; questo significa anche 522 Act. 16,r4: 6 xupLo; lki)VOl~E\I 'f~\I xap-
la stretta relazione che lega al culto del ò(ct.'J; 3,16: +, 1tlcr-ti.c; Ti 8L'aò-to\i (.tcil. Gesti).
tempio tutti coloro che hanno il dono del- 523 Per es. Act. 2,42-47 ( 4 GUNKEL 6).
lo spirito (eccezion fotta per Marill). È per- 524 Questo modo di pensare è del tutto giu-
tanto assai improbabile che Luca abbia strut· daico. Nell'ellenismo la salvezza è frutto della
turato la storia dell'infanzia sul modulo di divinizzazione e della rinascita; }ACKSON-LAKE
loel 3,r s. (Guv, o.e. [4 n. 487] 28s.). I 1,326.
7tVEuµrL, 1tVEvµa:tLxoç E 11 5-6 (E. Schwei?.er) (Vl,411) 992

rito, secondo Act. 2,38, viene accorda- comunità priva dello spirito. Quanto al-
to a quelli che già si sono convertiti e la pura e semplice esistenza della co-
si son fatti battezzare; secondo 5,32, il munità, se Luca non l'attribuisce anco-
dono dello spirito dev'esser precednto 1'.I allo spirito, con ciò viene a r:im-

dall'obbedienza. Tra la venuta alla fe- mentare alla comunità stessa la neces·
de e il dono dello spirito possono inter- sità di una tale attività concessa dallo
correre dei giorni e, in casi eccezionali, spirito.
anche intere settimane e persino degli
anni, senza che per questo i credenti ri- 6. La ricezione dello spirito
tornino nella condizione di non creden- Di regola, il battesimo nel nome di
ti (9,17; 8,16; 19,2). Pure la preghie- Gesù conferisce lo spirito e, se i di-
ra non è mai intesa quale atto dello scepoli di 19,2 non l'hanno ricevuto,
spirito, ma come preparazione a rice- vuol dire che non hanno ricevuto nem-
verlo (~ n. 532). Certo, sarebbe erra- meno il battesimo. La promessa del do-
to attribuire allo spirito solo le opera- no dello spirito in 9,17 sembra ovvia-
zioni religiose 'straordinarie' 525; tut- mente compiuta con il battesimo ricor-
tavia, secondo Luca esso non fa che dato nel v. 18. In 2,38 il dono dello
dare la forza che rende idonei ad ese- spirito viene almeno dopo il battesimo.
guire un compito speciale, a dare cioè Viceversa I0,44-48 mostra che il bat-
alla fede la forma di un agire concre- tesimo viene dopo l'effusione dello spi-
to. Tra questa concezione dello spirito rito, ma che, comunque, quest'ultima
e quella veterotestamentaria vi è per- non lo rende superfluo.
tanto una sola differenza: nella nuova
era della salute lo spirito non è soltan- Ci si chiede fino a che punto si ab-
to nell'individuo, ma nell'intera comu- biano qui veri ricordi storici. In r 1, r .5-
I 7 il battesimo non è ricordato e, in
nità e, per conseguenza dell'evoluzione luogo dell'espressione xwÀvrrat 'tÒ u5wp
verificatasi nel giudaismo, l'azione del- di 10,47, si dice xwÀurrcu 'tÒV i}ebv. La
lo spirito è intesa quasi esclusivamente citazione di II, I 6 b ha senso solo se
poi non c'è un battesimo di acqua o,
come azione profetica. quanto meno, se questo non è essen-
La testimonianza lucana ha dunque ziale. Secondo I I ,3 il rimprovero mos-
questo di caratteristico: una comunità so a Pietro è solamente di aver preso
la quale non abbia una forza speciale i pasti insieme con i pagani, non anche
di aver loro amministrato il battesimo.
per dare attuazione concreta al suo com- Ma da ciò non si può concludere che in
pito missionario è per ciò stesso una 10,44-48 il battesimo rappresenti una

525 ~ GuNKl!L 8; tuttavia la 'TtGCPPTJCTla. vien si esprime in maniera singolare; cosa che non
fotta risalire allo spirito anche quando non avviene per le guarigioni miracolose.
aggiunta secondaria. Se cosl fosse, per- te si può pensare che dodici discepoli di
ché mai Luca non avrebbe fatto altret- Giovanni fossero convertiti da Paolo e
tanto in r1,3.17? Lu conclusione che si che nell'antico r:icconto si distinguesse
può trarre è invece che in I0,47 s. egli tra il battesimo di Giovanni, che non
accoglie dalla tradizione la menzione conferisce lo spirito, e quello di Gesù,
del battesimo ma questa non gli sembra che invece lo dìi ·'"3 • Anche Apollo, per
avere speciale importanza 526 • Infatti, se Luca, è già cristiano, mentre sul piano
si ha presente 1,5, il passo di II,16 ap- storico si può credere che fosse un mis-
pare sicuramente come un'aggiunta lu- sionario giudeo, che giunse egli pure
cana e dimostra che per lui il battesi- a convertirsi soltanto ad Efeso 529 • In
mo è al massimo qualcosa di accidenta- un caso la tradizione parlava di batte-
le rispetto all'effusione dello spirito, simo, nell'altro no. Ma nel quadro lu·
che, sola, è veramente importante. cano non c'è posto né per un missio-
Anche 2,38 significa solo che per nario giudeo che opera nello 'spirito',
Luca il battesimo rientra ovviamente né per un gruppo che è rimasto legato
nella conversione, la gunle per lui è as- al Battista . .J due racconti gli servono
sai più importante 527 , cosicché egli non per illustrar~ il progresso della salvez-
sta nemmeno a riflette•e sul fatto che za, che dall'A.T. giunge alla chiesa pas-
persino sui 120 discepoli di Act. 1,15 sando per il Battista. Ad ogni modo, da
lo spirito venne effuso senza il battesi- questa situazione non si può dedurre
mo. Ciò confcrmn scmolicemente che che in un certo tempo il battesimo dello
per lui il battesimo noi{ è il mezzo es- spirito facesse apparire come non neces-
senziale per ricevere lo spirito. Lo stes- sario il b::ittesimo di acqua 530 • Improb:i.
so potrebbe valere anche per 19,1-7 bile è pure che nella primitiva comuni-
(dove, secondo Luca, si tratta di cri- tà battesimo ed effusione dello spirito
stiani che non sanno nulla circa l'effu- non fossero ancora uni ti per essere il
sione dello spirito), specie se si tien primo considerato negativamente un
presente il passo di r 8 .2 5. Storica men- puro rito di purificazione s31 • Per lo me-

52<• Anche 10,9-r6 risale probabilmente a Lu- ~1~ E. K.i\SEM.\NN, Vie Johamresjii11.~cr in
ca (M. DrnELIUS, Die Rede11 der Aposlelg. F.pbcms: ZThK 49 ( 1952) x4.1-154; E.
u. die anlike Geschichtsschreib1111g, SAH 35 ScHWEIZF.R, Die Bekchrrmg des Apollos:
[ 19-~9 ] 31 == Reden ;.;n Apo;Jc/,",. [ r ~n i'I EvTh 15 (r955) 247-254. W. MtC!HF.Lls,
140). Die sor,. Joba11.'lesjiin1.er in Ephes11s: NkZ 38
527 In I QS 3,4-12; 5,r3 il battesimo è il se· ( 1927) 727-735 pensa che si tratti di cristiani
gno esteriore dell'avvenuta conversione, la so- i quali non hanno vissuto la pentecoste; si
la che purifica. Questo aspetto del battesimo potrebbe quindi credere che siano dei Gali-
è fortemente rilevato da M. BARTH, Die Tau/e lei (E. l..oHMEY.ER, Galiliia u. Jer11snlem
rin Snkrame111? (1951) (per gli Atti vedi IH· [ 1936) 7:) s. 78). Ma è un'ipotesi che non
154). ha alcun aggancio storico.
s2s II passo non dimostra che il Battista non 530 ~ FLEMINGTON, o. c. (~ n. 435) 44 n.
abbia detto nulla dello spirito, ma solo che 1; 45, contro ]ACKSON·LAKE I l,337-343; J.
quei dis:cpoli no:i !iaa fouo n:i:orn :i!::an;l WEISS, Das Urcbristen/11111 (1917) 36. Per il
esperienza dell'eliettiva e!Iusione di esso (-'> problema storico del battesimo cfr. KRAELING,
GuNlrnL 51; E. Lor·JMEYER, o. c. [-'> n. o. c. (~ n. 418) 171-175).
423) 26, contro-'> LEISEGANG, P11e1111M 72 s.;
.-+ v. BAER, 162 s.; B.W. BACON, The 'Comillg m W.G. KilMMEL, Das Urchrislent11m: ThR
011e' o/ ]oh11 the Baplisl: fa:p VI 10 [ 1904] 22 (1954) 143, contro BuLTMANN, Theologie
q; -> WrN01sc;1. Sr110f1t. (th<'rfi('/cm.'1g 2 q). 138.
995 (vr,4u) 'lt\IEVµtt, TIVEUµa:mdlç E n 6 (E. Schweizer)

no, esso poteva essere la preparazione a conta è che proprio negli Atti si sot-
ricevere lo spirito. tolinea fortemente la libertà dello spi-
rito: esso non si lega al battesimo. In
Dunque Luca riprende dalla tradizio- un caso scende sulle persone prima del
ne l'associazione del battesimo con la battesimo (10,44) e in un altro senza
elargizione dello spirito oppure men- di esso (2,1-4); una volta scende su un
ziona il battesimo come ovvia espressio- discepolo che conosce solo il battesimo
ne della conversione, ma non lo sotto- di Giovanni ( 18 ,2 5 ), quel battesimo
linea in maniera particolare. Comunque che, secondo 19,3 s., non può comuni-
per Luca assai più importante del bat- care lo spirito sn.
tesimo, come preparazione al dono del- Ma in 8,14-17 non è forse detto che
lo spirito, è la preghiera 532 • Come suo il dono dello spirito 535 è legato all'apo-
presupposto è sempre menzionato il stolica imposizione delle mani? Alme-
mo"tEVO"O'..L (2,38; 8,12; 9,1-19, ecc.). no qui, non fa capolino il primo catto-
Secondo 15,8 s. quella che purifica in licesimo, nel quale lo spirito appare le-
vista del dono dello spirito è la fede, gato all'ufficio e al rito, e non vicever-
non il battesimo. Ciò non vuol dire che sa 536 ? Ma questo è un passo singolare.
per Luca il battesimo d'acqua sia un L'imposizione delle mani non è men-
rito superfluo ed esteriore. Egli non è zionata in 2,38 e in I0,48 537 ; in 9,I2 è
uno spiritualista che conosca solo il bat- fatta da un membro qualunque della
tesimo dello spirito 533 • Quello che più comunità. In questo caso essa viene sl

512 In Le. 3,21; Act. 9,9.II in occasione del- ( 1951) 81-91 qui pensa allo spirito della pen·
Ja prima ricezione dello spirito; in 4,31; 13,1- tecostc, impartito mediante l'imposizione del-
3 in occasione della sua ripetizione; in 8,15 le mani degli apostoli, la quale porta a pcr-
il dono è chiesto dagli apostoli e in 8,18-20 fC2ionc i doni dello spirito conferiti nel bat·
si respinge drasticamente un malinteso ma- tesimo, dandone la piene2za ( 106). Cosl il
gico; cfr. E. v. D. GoLTZ, Dar Gebet in der passo è la più antica testimonianza della con·
iiltesten Christenheit (1901) 3. fermazione (nr). G.B. CAIRD, The Apostolic
!llJ Diversamente non potrebbe scrivere 2,38 Age ( 1955) 71 vi ravvisa uno speciale segno
e nemmeno accettare lOA7 s. e 19,5. Luca di Dio, che conferma agli apostoli la giustez-
non affcnna unilateralmente né un principio za della rotta intrapresa, che li porta al di là
'statico' né un principio 'dinamico' (BAuER, del giudaismo.
Ag. a 10,44-48). 536 Indicazioni più particolari in SCHWEIZER,
S34 Per la libertà dello spirito vedi anche 10, o. c. (~ n. 529) 249.
20 (con rilievo del pronome lyw); 13,1-4; 537 Anche se essa non venisse menzionata per·
16,6 s.; 20,22 s.; 21,4.II. ché presupposta come ovvia (FLEMINGTON,
535 WIICENHAUSER, o. c. (~ n. _ p 8) 81 pensa o. c. [--> n. 435) 44 n. 1; ma in Paolo man-
allo spirito dei carismi, distinguendolo da ca del tutto!), per Luca non sarebbe tuttavia
quello generico già conferito; analogamente decisiva. Lo stesso dicasi per 19,6, dove l'in-
J.E.L. OuLTON, The HolY. Spirit, Baptis111 and tera pericope mostra che l'elemento essenzia-
Laying on of Ha11ds in Acts: ExpT 66 ( 1954/ le non è l'imposizione delle mani, mn il bat-
.55) 328; N. ADLER, Ta11fe u. Handaufiegung tesimo nel nome di Gesù.
997 (vr,4n) 1t\IEVJla, 1tvEUµ<k·tLx6<; E u 6-7 (E. Schweizer)

ricordata, ma solo come mezzo di gua- 27), sia gli apostoli stessi (8,r4). Per
rigione 538• questo il viaggio di Paolo a Gerusa-
Ma ciò che Luca sottolinea col mas- lemme è posto in un rilievo analogo a
simo interesse è la libertà d'azione quello in cui nel terzo Vangelo è posto
dello spirito, anche in quei passi nei i! viaggio di Gesù. La stoda guidata da
quali l'elemento decisivo è rappresen- Dio procede da Gerusalemme e là fa CO·
tato da considerazioni di 'politica eccle- stantemente ritorno. Più tardi da que-
siastica'. Egli è al corrente della col- sto presupposto si svilupperà una spe-
letta (Act. 24 1 17), che Paolo considera cie di 'califfato' gerosolimitano; ma per
come una dimostrazione di lealtà a Ge- Luca si tratta solo di fissare il corso sal-
rusalemme, in quanto si tratterebbe vifico dell'opera di Dio.
della tassa del tempio giudaico (Gal. 2,
rn; Rom. 15,27) 539; ma non la presen- 7. Diversi significati di 'ltVEUJ.\tx.
ta affatto come espressione di un'orga-
nizzazione ecclesiastica unitaria, bensl In Le. r,47.80 1t\1Evµa. appare con
valore antropologico; ma in entrambi i
come frutto di una libera ispirazione passi sembra implicito il pensiero della
profetica ( l r ,28 ). Anche nel passo ci- forza divina che, propriamente parlan-
tato di 8,r4-r7 l'elemento decisivo non do, sta di fronte all'uomo e a lui è so-
lo data (~ col. 970 e n. 466). In pa-
sembra né il rito dell'imposizione del-
rallelo con Le. I,47 va inteso anche Act.
le mani né l'ufficio di apostoli, ma so- 17,16, mentre in Act. l9,2I, come for-
lo la loro unione con Gerusalemme. se in Le. 2,27, ci si riferisce allo spiri-
Come Le. r e 2 s'inquadrano in un to di Dio; lo stesso dicasi per Act r8,
25 e 20,22 (~ col. 994 e n. 491). In
mondo che è totalmente quello del giu- Le. 8,55 'ltVEtiµa., a differenza di Marco,
daismo religioso, cos) anche Act. 8,14- appare come una parte dell'uomo che
17 vuol testimoniare che lo spirito non sopravvive alla morte(~ coll. 901 ss.);
questo vale pure per la citazione di Le.
guida la comunità per sobbalzi in zone 23,46 e per Act. 7,59,- che ne dipende.
del tutto nuove, ma agisce riallaccian- Assai dubbio è che da Le. 2 3 '4 3 e Act.
dosi chiaramente al passato. Perciò è 2,24.31 s. si possa dedurre, secondo
Luca, che Gesù nel triduo della morte a-
essenziale che da Gerusalemme venga-
vesse un'esistenza in forma di 7C'\/Evµa. 540 ,
no sia certi profeti che parlano per separata dalla a!Xpç (incorruttibile). Ad
l'opera momentanea dello spirito (II, ogni modo, in Le. 24,37.39; Act. 23,

538Non perché solo un apostolo potesse tra- .w O come compimento cli Is. 2 ,2 s.; 60,5-16
smettere lo spirito; in 9,17, infatti, esso vie- (]. MuNcK, Paulus 11. die Heilsgeschichle
ne atteso per la mediazione di Ananfa. An· ( 19.541 298)?
che in 13,3 quelli che impongono le mani non S40 W. BIEDER, Die Vorstellung von der Hol-
sono apostoli (J. BROSCH, Charis111et1 u. Ji.mter lenfahrt Jesu Chrisli (1949) 69 n. 234. Per
in der Urkirche [ 1951] 163: semplice rito di l'ellenismo, cfr. i beati senza corpo, Luc., ve-
preghiera. Cfr. anche 8,39 (cod. AJ). ro historia l,Il.
ltVtiiµa, it\IEVµa-m:6c; E m r n (E. Schweizer) (v1,413) rooo

8 s. 7t\1Euµo:. in senso del tutto diverso si attende. La salvezza, infatti, non può
da quello ellenistico indica l'esistenza consistere semplicemente nella presen-
spettrale e incorporea, che non costi- za di ogni tipo di nuove forze operatri-
tuisce affatto l'Èyw aù-c6c, (Le. 24a9). ci di prodigi.
A questa concezione Luca cerca di
III. Paolo sottrarsi, perché personalmente non vi-
ve più in un'attesa ardente della paru-
I. Linea veterotestamentaria ed elleni- sia. Ma proprio qui si manifesta l'apo-
stica 541 ria, perché al posto della parusia si af-
faccia la storia della missione. Allora
a) n problema lo spirito non è più un bene escatoh
Tutto quanto è stato finora conside- gico, bensì una forza storica per il tem-
rato recava in fondo l'impronta vetero- po intermedio. Soprattutto poi - quale
testamentaria. Come nell'A.T. e nel che sia l'interpretazione proposta - c'è
giudaismo, lo spirito non appariva co- da chiedersi quale legame esista tra il
me qualcosa di necessario alla salvez- messaggio dello spirito e il xvpioc, cro-
za, ma come forza di compiere azioni cifisso, risorto e venturo 542 •
supplementari. Dunque non vi era, di- Giungendo a uomini nettamente con-
rei, altra possibilità all'infuori di que- dizionati dalla mentalità greca, il mes·
sta: che lo spirito cosl inteso apparis· saggio di Cristo si trova trapiantato in
se come segno di qualcosa di singolare una comunità che è lontana dal conce-
e non ancora acquisito. Cosl in Aci. 2, pire la storia come un processo evolu-
19-21, nella citazione dì Gioele, l'effu- tivo e finalistico 543 • Questa non pensa
sione dello spirito appare ancora chia- più nello schema del dissolversi degli
ramente come l'inizio della catastrofe eoni, bensl, con mentalità dualistica,
escatologica, e in Hebr. 6,4 s. proprio nello schema delle sfere sovrapposte 544 •
il 1tVEvµa operatore di prodigi (2,4) è Qui pertanto il 1t\lEuµa non può esser vi.
la pregustazione dci beni del mondo av- sto come semplice sintomo di quel che
venire. Lo spirito poi non è che uno ha da venire, ma - essendo una parte del
speciale preludio della parusia, un ben- mondo celeste - è la realtà stessa. Per
venuto ma non essenzialmente neces- l'ellenista la forza è sempre qualcosa di
sario segno della realtà vera che ancora sostanziale (-). n. 347) 545 ; perciò l'av-

541 Nel giudaismo, e ancor più nel primitivo 23).


cdstianesimo, la comunità ellenistica e palesti- :-11 Per b. gnosi ~ col. 9'\7; prr In mesco-
nese si sono influenzate reciprocamente e in lanza dei due schemi nel tardo giudaismo cfr.
forte misu:a; tl'altrnn<lc b G:lOSÌ sembra es- ScHWEIZER, o. c. (-7 n. 351) 130-132.
sere in gran parte un giudaismo eterodosso,
che risente dell'influenza del dualismo irani- 545 Concezione di rtiah come sostanza nell'A.
co. e ellenistico (SCHWEIZER, o. c. [-+ n. 351] T.: -+ GuNKEL 44-47; -+ VoLz, Geisl 23;
154-162). Anche in Paolo non è facile distin- contro, N.H. SNAITH, The Dislinclive ldeas
guere le due linee, o/ tbc O.T. (1944) 156. Quel che per i rab·
54Z Per il cristianesimo nascente questo è il bini dice W.D. DAVIES, Pa11l and Rabbinic
problema decisivo (0. M1cHEL, Das Ze11gnis Judaism (1948) 184 non è più di quanto è
des N.T. vo11 der Gemeinde [1941] 65). stato detto sopra (-+ col. 908). In sintesi: il
543O . . CuLLMANN, Christus tmd dic Zeit pensiero ellenistico, che concepisce a mo' di
(1946) 44-50; ScHWEIZER, o. c. (-+ n. 351) sostanza, si riallaccia a concezioni primitive,
nB-120. La gnosi è «una rivolta contro il le quali sono vive nell'A.T. non meno che
tempo» (QmsPEL, o. c. [-+ n. 358] 122 n. in ogni altra cultura; ma è solo nell'ellenismo
1001 (v1,4r3) 1tv~vµa, 7lVEUf.llt'ttx6c; E m i a-b (E. Schweizcr)

vento dello spirito per lui è l'irruzio- concezione non trovi posto la croce, e
ne di una sostanza celeste. Se Gesù è che l'incarnazione possa venir intesa
portatore dello spiiito, porta con sé solo come inganno delle potenze osti-
tale sostanza e di essa fa dono ai cre- 1l. 547.
denti, congiungendoli con il mondo ce-
leste. Ciò rende per la prima volta pos- b) La presenza di concezioni ellenistiche
sibile una soluzione radicale, giacché il in Paolo
senso della missione di Gesù sta pro· In Paolo il punto decisivo è l'esca-
prio qui: nel portare al mondo il 'lt\IEV- tologia. Più nettamente che in tutti i
µct, la celeste sostanza dinamica. As- suoi predecessori, in lui la croce e la
sociarsi a lui vuol dire unirsi a que- resurrezione sono intese come la grande
sta sostanza, cioè al mondo celeste, svolta (--)- I, col. 559) e non solo come
quindi significa la salvezu1. avvio alla parusia. Pertanto egli doveva
Nel sec. II la gnosi, che porta deci- considerare la vita nello spirito come
samente a termine questa possibilità, la vita della nuova x-rlcnc; 548• Perciò
(--)- coll. 940 ss. ), ci mostra quale pro- Paolo può fare un po' più di posto
spettiva potesse assumere questa inter- alla interpretazione ellenistica dell'even-
pretazione anche nella sua impostazio- to di Cristo e mostrare chiaramente
ne iniziale. Per la gnosi il senso della come la presenza dello spirito sia lega-
missione di Gesù consiste effettivamen- ta ad una discesa ed ascesa del Re-
te nel dono dello spirito, e lo spirito dentore, e insieme come essa costitui-
è in realtà la salvezza stessa, essendo fa sca la stessa nuova esistenza deJla co-
cpuo-tç che salva il pneumatico t~ n. munità, e non un semplice fenomeno
381). supplementare.
La logica di quest'ultimo pensiero do-
vette portare a concepire la natura Rom. 1,3 s. mostra che già prima di
pneumatica dell'uomo come esistente Paolo 1t\IEUI..tO: designava la sfera cele-
da sempre; ne viene che la redenzione ste o la sua sostanza, e che Paolo ha
non gliela procura, ma solo gli fornisce accolto quest'idea 549 •
un'istruzione su di essa 546 • Ma ciò non
significa che necessario è solo il mito, In r Tim. 3,16 si ha una formula
che trasmette questa conoscenza (~ affine, costruita secondo le norme di un
coli. 943 s.)? Non è forse dcl tutto in- rigido paL·allclismo chiastico: a-b/b-a/
difierente che una cosa sia o non sia av- a-b 550, in cui aapç, E~lJ, x6crµoç corri-
venuta? Non è un caso che in questa spondono a 7WEVµa, /iyyEÀ.OL, ooça 551 .
che questo pensiero diviene costitutivo del da Paolo con ciò che costituisce il suo vero
concetto di spirico. interesse.
546 È vero che il sapere dello gnostico è un m Prova in ScHWEIZllR, o. c. [-+ n. 353]
intendere se stesso (BULTMANN, ]oh. 210); 563.568 s.; cfr. anche SCHWl!IZER, o. c. [-+ n.
ma proprio in ciò non si dimosaa che tal 35r] 55 s.
sapere è solo questo e che in esso l'uomo 550 Analisi in ScHWEIZER, o, c. ( ~ n. 351 J
incontra solo se stesso e~ Il. 382)? 63-66.
547 LIETZMANN, Kor., excursus a I Cor. 2,6, 551 o61;tt (~ II, col. 1376.1380.1383-1389.
~ n. 370. x395-1398), al pari di r.vs\iµa (~ note 357.
518 A. Sc11wEITZllR ha il merito duraturo di 369; cfr. rCor. 15,43s.: 06!;a. = ovvcxp.tc;
aver richiamato l'attenzione su ciò (Die My- = 1tVE1Jµa-.Lxov (RmTzENSTllIN, Hell. M)•st.
stik des Apostels Paufus [1930) 159-174), an- 358.361]), designa la natura di Dio e n~chc
che se ha scambiato la terminologia accolta degli angeli e~ II, col. 1395). Per wqilh)
7tVEiiµr.t., 7tVEUµa·nx6ç, E m 1 b (E. Schweizer)

Pertanto, nell'antitesi a t.v crn.pxl, l'e- II, col. 1524; vm, col. 1270) 556• In origi-
spressione f.v 1tve:uµrnt vuol dire 'nel- ne la formula conteneva una cristologia,
la sfera dello spirito' (~ II, coli. 1299
s.). La salute consiste nella ritrovata secondo la quale Gesù venne insediato
unità delle due sfere 552 , e TCVEiiµet non è figlio di Dio soltanto al momento del-
solo indicazione di un ambito locale, ma l'esaltazione (Act. 13,33; 2,36; per la
vuol pure qualificare questo come l'am-
bito della sostanza celeste. Inoltre, va idea cfr. Mc. 9,3.7). Nello schema xa.-rà.
da sé che la natura del Redentore ori- uét.pxl.X. / Xl.X."tà. 7tVEiiµa la comunità ha
ginariamente è pneumatica, come si ve- combinato questa idea sua propria con
de dal fatto che il µvO"-r{ip~o\I ha inizio quella, ricevuta dal giudaismo ufficia-
con la manifestazione nella carne ( q>et-
ve:pwi}ijwJ.t f.v <retpxl) m . Un giudizio si- le, secondo cui Gesù è un discendente
mile va dato sul modo di esprimersi di terreno di David. Una correzione è ap-
I Petr. 3,I8 h. Qui verrebbe spontaneo portata premettendo il titolo di 'figlio
di intendere 1tVEÙµet-rt come dativo
strumentale 554 ; ma tale non può essere di Dio' (vlòc; l.X.Ù'tOV) a tutta la formula.
il parallelo O"a.pxl. Perciò anche qui si Pertanto, già prima di Paolo 7t\1Euµcx.
impone l'interpretazione: nella sfera
designa la sfera della gloria divina (~
della <rap!; e in quella pneumatica 555 •
1, col. 308), nella quale il Redentore
entra a1 momento della sua esaltazio-
Anche in Rom. r .3 s. si dice che Ge- ne 557 • L'opposizione veterotestamenta-
sù Cristo nell'esistenza secondo la car- ria tra il santo spirito di Dio e la car-
ne debole, anzi peccatrice (Is. 31,3), qui
ne è figlio di David, in quella pneuma- comincia ad assumere tratti ellenistici,
tica è figlio di Dio nella potenza (-) preparati a loro volta 'dall'apocalittica

àyyÉÀ.otc; --> nn. 372 s.; per !ltxmwf>i'iva.t Kath. Br., ad I.; altri dati in DIEDER, o. c.
~ u, col. 1299, e ScHWEIZER, o. c. (--> n . [--> n. 540] 103-105); se infatti si accetta
351) 64 s. l'equiparazione di 7tVEUµa ·con iJ!vxii (E.
.SS2 DIBEUUS, Pasl.1, ad I. KiiuL, Die Brie/ e Petri u. ]11J11e, Kr.·exc;:.
m Altri dati in WrnnrscH, Zur Christologie Komm. iiber das N.T. v. H.A. Meyer' [1897],
der Par/oralbrie/e: ZNW 34 (1935) 222 s. Se ad l.) o con il 'lt\lt:uµa eterno e divino (WoH-
la formulazione dovesse risalire nll'antico ce- LllNBERG, Petr., ad l.), ci si riduce a non ca-
rimoniale egiziano dell'intronizzazione (JoAcH. pire l'espressione ~W01tOt'l'}&elc;. Il paralleli·
]EREMIAS, Die Brie/e 011 Tim. 11. Tit., N.T. smo che unisce i singoli punti della profes·
Deutsch 9' [ 1949], ad. I.). allora sarebbe an- sione di fede di 1 Tim. 3,16 e I Petr. 3,18-22
cor più chinro che abbiamo qui una lingua è illustrato da E.G. SELWYN, The First Epis-
egiziano-ellenistica e che si parla deH'esalta- tle o/ St. Peter (1947) 325,
zione e del dono di qualcosa di divino, come S56 Cfr. P. ALTHAUS, Der Brie/ and die Ro-
pure delb presentazione al monclo celeste e mer, N.T. Deutsch 6 1 (1954), ad I. e l'influs·
terreno e dell'intronizzazione. so sulla cristologia di Ignazio (Sm . 1,1 s.;
s~ Cosl già Calvino (In N.T. Co1umenlarii, cd. Rom. 7,3; Eph. 18,2) e di Ireneo (epid. 30).
A. TuoLUCK [1838], ad l.); cfr. il contenuto Per l'interpretazione patristica di Rom. I.J s.
di I Cor. I5A5; 2 Cor. 3,6; Rom. 8,u (?); dr. K.H. SCHELKLE, Paulu>, Lebrer der Viiter
E~. 37- (1956) 21-26.
sss ScHWJ!IZER, o. c. (4 n . 353) 569. Non è SS1Cfr. Phil. 2,9·n ; Apoc. 5; E. KXsEMANN,
affauo vero che «la persona di Gesù venga Das wandernde Gollesvolk: FRL, N.F. 37
scomposta in carne e sangue» (WINDISCH, (1939) 58-74 (per Hebr. e la gnosi).
1t\1Euµa, 1t\IWJJ,a't~x6c; E m 1 b (E. Schwcizer) (VI,415) roo6

e dai rabbini con la distinzione tra mon- concetto, e cosl pure quando usa la for-
do 'inferiore' e 'superiore'. Se per il mula E.v Xptcr't(il 561 • Questa concezione
giudeo questo mondo si caratterizza per si ha anche in I Cor. 12,13. Nel v. 12
la ribellione contro Dio, o almeno per EV crwp.a. è pacificamente identificato
la sua caducità, per l'ellenista invece o
con XpLCT'toc;, e ciò mostra che nel v.
esso ha come carattere saliente la so- 1 3 esso non può indicare soltanto lo
stanza estranea a Dio 553 • Per lui l'esi- scopo che si raggiunge con l'unificazio-
stenza dell'uomo è determinata dalla ne delle membra, ma il corpo già esi-
sfera o campo di energie in cui essa stente, per l'immissione nel quale i cre-
è posta 559 • Ma, se a determinare l'esi- denti vengono battezzati 562 • Le conce-
stenza è questa sfera, allora entmre nel- zioni sono dunque omogenee: il 'lt\IEU-
la sfera pneumatica equivale a entrare µa. rappresenta l'elemento pneumatico
nell'esistenza pneumatica. Perciò il Cri- nel quale i credenti sono inseriti e col
sto, che vi è entrato, dev'essere defi- quale sono abbeverati ( v. l 3 h) 563 • Nel
nito come n'VE:Vµtx. lui stesso, il che co- V . 13 a !v 7t\IEVµ<1.'tL è probabilmente da
stituisce, dal punto di vista formale, prendere in senso strumentale, come in
564
una designazione della sua sostanza, 1 Cor. 6,11 ; ma la forza che attua
ma · in realtà indica pure la sua forza, l'incorporazione è di nuovo concepita
cioè quel che egli è per la comunità. in forma di sostanza, come un elemen-
Che Paolo condivida l'idea che il to, parallelamente a È'V \ioct't~ ('nell'ac-
corpo spirituale del XUpLoc; glorioso ab- qua'), che ricorre di frequente 565 •
braccia tutti i membri (--? n. 377) si
vede già quando patia con tutta natu-
ralezza del --7 crwµet Xpt<T'tou come chi Il rapporto tra 7tvi::uµa e <rwµa Xpt.-
non introduce ma presuppone sc-0 questo cr-rou qui non è ancora univoco; ma in

5S& A questa visione potrebbe accostarsi I Tim. dell'effusione dello spirito cfr. BuLTMANN,
3,16, mentre in Rom. 1,3 s. si ha ancora una Joh. 133 n. 5; THORNTON, o. c. e~ n. 500) 89-
sensibilità chiaramente giudaica. 91. Il bere acqua opera l'ispirazione: Tat.,
559 E. KAsEMANN, Kritische Analysc von or. Graec. 19,3. Data la presenza dell'aoristo,
Pbil. 2,5-n: ZThK 47 (1950) 33i:. La co- si può supporre che anche il v. 13 ~ si rife-
noscenza dell'origine e del fine caratterizza risca al battesimo e non alla cena (con Kt.iM-
perciò l'uomo (BULTMANN, Joh. 210 n . 6). MEL [LIETZMANN, Kor.', od I.]; G. FlUE-
In termini moderni C. MICHALSON, The Holy DRICH, Geist u. Amt: Wort u. Dienst 3
Spirit a11d thc Cburcb: Theology Today 8 (1952) 65 n. 17, contro E. KAsEMANN, An-
(1951/52) 43 s. licge11 tt. Eige11art der paulinischcn Abe11d-
560 ScHWEIZER, o. c. (--). n. 351) 156-160. Ciò 111a/Jlslehre: EvTh 7 [1947/48] i67). In que-
non esclude affatto che qui abbiano una par- sto caso a\ltemmo qui l'unico passo nel quale
te essenziale certe concezioni veterotestamen- Paolo farebbe espressamente risalire il pos-
tarie e il pensiero del corpo dato per noi sul- sesso dello spirito al battesimo (cfr. ~
la croce; cfr. E. ScHWEIZER, Lordship and BiicHSEL 427).
Discipleship, cap. 4. 564 THORNTON, o. C. (~ n. 500) 89.
56S Perciò 'ltVEiiµ.a può essere tanto la forza
561 4 n, coli. 572 s.; KAsEMANN, o. c. (~
causativa del battesimo (13 '), quanto il nuo-
n. 401) 168. vo 'elemento' che esso comunica (13 h); dr.
562 LIETZMANN, Kor.4 (con Ki.immel, contro FLEMINGTON, o. c. (~ n. 435) 69. Ma per
Lietzmann), ad l.; BARTH, o. c. (~ n. 527) quale ragione Le. 3,16; Act. 1,5; n,16 usa-
332-337 interpreta cosl: «battezzati nel corpo no rigorosamente due diversi costrutti: vlìa·n
di Cristo». (semplice dativo) e t\I 1t\IEUJJ,a•~ (ibid. 39 n.
56.l PREUSCHEN-BAUER, s. v. Per la metafora 2)?
1007 (VJ,4r5ì

2 Cor. 3 'I 7 il xuptoc; è identificato col r Cor. 10,2 J) col 1tvi::ui.w. mostra che
7tw:uµa.. volgersi a lui siBnifica pure volgersi al-
la nuova ow.xovla. nel 1t'JEUl-~a.. Qual-
Si tratta, però, di un'esegesi contro- cuno nota che Paolo, pur attribuendo
versa~. La frase sar~bbe un'annotazio- in larga parte le stesse funzioni a Cri-
ne interpretativa della citazione, e ver- sto e allo spirito, peraltro non li equi-
rebbe a dire che il Y.upto~ nominato in para mai 568 ; ma ciò non è esatto (-7
quest'ultima indica lo spirito (però, coi!. rno8 s. xorn ). Rom. r >4 non può
stando a Gal. 4,25 1 si dovrebbe dire: essere addotto a fovorr:: di una divcrs:1
-r:ò oè xup~oç) 561 ; per cui volgersi allo concezione di Paolo: (->coll. rno3 s .).
spirito significherebbe togliere il 'velo',
e il v. 17b dcsignercbL~ ancor meglio Dunque sì affermava che il Cristo e-
lo spirito come spirito di Gesù. Ma sai tnto è il 1tvi::uµa. e che il volgersi a
gli argomenti addotti a favore di que-
sta spiegazione non sono plausibili. lui significo essere inseriti nell'ambito
La frase non rappresenta affatto una dcl nvsijµ~. Chi va a lui entra nella
occasionale osservazione cristologica. sfera dello spirito 569 • Se il v. 17 b fa
Nei vv. 6.8 il nuovo wlto appariva
determinato dal ?.:VEii~.LC{ e nc :1 dal y9a;.1.- distinzione tra :x:urnoç e 'ltvi::uµa., ciò
µa.; poi si è mostrato che il giudaismo non fo che render chiaro che il v. r7 a
incredulo sta ancora sotto quel velo che non afferma l'identità di due entità
solo Év XpL<Vi.·Q viene distrl! tto (v. q).
personali, ma qualifica con 7tVEV!J.a. la
e che solo il volgersi al xuptoc; (che è
poi il Xpt'.r"=O-; rV. q l. com 'è uso CO· forma d'esistenza del xuptoç. Quando
stante, ~ v, col. r 464) toglie di mez- perciò si parla di 7tVEuµa. xuplov si vuol
zo. L'affermazione che questo xuptoç è descrivere la sua forma d'esistenza, cioè
lo spirito conclude le due serie di enun-
ciati. Proprio l'identità del xuptoç glo- la sua forza, con la quale egli s'incon-
rioso (al quale, e non a Mosè, dovreb- tra con la sua comunità 570 • In quanto
be volgersi Israele [cfr. Rom. I0,4 s.; Cristo è visto nell'importanza che ha

S66 Cfr. K. PRUMM, Die katho!iscbe Ausle- n. 563) 63 s.


gung von 2 Kor. J,q • ùt de11 letxtcn vier 569 Non è tuttavia esatto che, secondo r Cor.
Jahrxehntc11: Biblica 31 (1950) 316-345; 32 9,r, la libertà di un"anima solitaria', non le-
(1951) 1-24; B. SCHNEIDER, Dominus aulem gatn e.d alcum trndizionc, si fondi sulla vi-
Spiri!tls est (1951); per gli studiosi di lin- sione dcl Cristo pneumatico (REITZENSTEIN,
gua inglese; DAVms, o. c. ( ~ n. 545) l96 n. He/I. Myst. 379 s.); ~ n. 615.
1; C.H. Dono, History n11d the Gospel ( 1938) 570 L'espressione 'spirito di Cristo' in Paolo
55-57; per la patristica J. LEBRETON, Les ori- è assai rara (cfr. ancora Rom. 8,9; Phil. 1,19;
gines d11 dogmc de la Trinité (1910) 492. Gal. 4,6; f.RIEDRICll, o. c. [~ n. 563] 62 s.).
567 Recentemente KOMMEI. (LIETZMANN, Kor.4, Per il v. 18 - > III, coli. 993-996; vn, col. 1527
ad I.); ivi bibliogt:ilh; E. FucHs, \1111rum (diversamente DuPONT, o. c. [ --7 n. 204]
forderl dcr Glaube von ttns ein Sdbs11Jcr- 126 s., che intende nel senso di 'riflettere').
stii11d11is?: ZThK 48 ( 1951) 357; ~ 'Yh-.NiJ· Il TIVEuµa. accorda In visiooe portentosa e la
LAND 4~9. trnsformazione nella ool;a del Signore con-
568 r Thess. 1,5; 2 Cor. 12,9; Phil. 4,r3; cfr. templato, --7 III, coli. 182 s.; TI, coli. 1392 s.
C.A.A. ScoTT, Christianity nccordi11g lo St. E. Puc11s mi comun:ca per lettera ch'egli ri-
Pmd (1927) 260: i11o! t :·~ 2 Co:-. .:,10 e Col . 5, riticnc che il rispecchiarsi si compia nell'in-
4; Gal. 5,25 e 2 Cor. J,6; f'RIEDRICH, o. c. (--7 contro mutuo all'interno della comunità. Re-
1009 (vr,.p:6j 'itVEv1.1.a, 'itVEuµa·mc6c; E m l b (E. Schweizer)

per la comunità e nella forza con cui ché si compie proprio con il corpo e
agisce in essn, può essere identificato quindi compromette in modo partico-
col 'ltVtuµa; ma, essendo padrone della lare l'unione con Cristo 511 • In I Cor.
propria forza, ne può anche venir di- I5i45 si dichiara espressamente che Cri-
stinto, allo stesso modo che l"io' sem- sto nella resurrezione 572 è divenuto
pre può esser distinto dalla forza che 'it'JEuµa. swortotouv e che a questo fatto
da lui promana. La medesima conce- va legato il dono del --'> crwµa <tVEVp.e1.-
zione appare con precisione ancor mag- -rLx6v al credente 573 • Tutta l'argomen-
giore in I Cor. 6,17, perché qui ricor- tazione ha come presupposto che Cri-
re l'idea del corpo spirituale del Signo- sto e Adamo includono ciascuno in se
re glorioso, il quale comprende in se stesso l'intera umanità. Con questa in-
stesso anche i credenti. In questo caso terpretazione, influenzata in parte dalla
l'unione dei credenti con Cristo è vista concezione veterotestamentaria del pa-
in piena analogia con l'unione sessua- triarca, in parte dall'ellenismo 514, Pao-
le con una prnstituta, e per sottolineare lo stabilisce che la resurrezione (o l'e-
ulteriormente fa cosa si aggiunge che saltazione) ha trasferito Cristo neila
l'impudicizia è jJ peggior peccato, per- sfera dello spirito e che l'unione con

Sta incerto Se l'espressione XUpL:><; "ltVGl~µa:tO<; poi quello terreno, ciò che certi Gnostici rife-
significhi «il Sigf!ol'e, che è spirito», presenti riscono a 7tVEu1ia. e "1uxn (LIBTZMANN, Kor.
cioè un gen. di qunJità (come si ha in XUpLOc; ad l.); difatti i w . 20 ss. 46 di:nostrano che
·6j; &6~·11:;); cfr. LrnTZMANN, Kor. ', t:d I.; il pensiero è volto alla resurrezione; del resto,
se cosl non è, si deve interpretare secondo :mche ~W01tOLEtV nel N .T. è ·usato solo in
il v. 17 b. senso soteriologico, mai cosmologico, --+ n1,
571 Questa valutazione è tradizionale (Prov. 6, coli. 1479 s. Il parallelismo con Adamo non
23-35; Muson., disser/alio11es 12 [p. 65,8],
si ispira a Filone, ma al mito dell'uomo pri-
in L1ETZ~·tt".~JN 1 }~or.", ad /.}. E.r ;;~,~Uik~~ n Y! mordiale, che è già presupposto nei vv. 21 s. e
vuol sottolineare la diversità del legame (ibid., in Rom. 5,12-21 (--+ r, coli. 379-386.983; di-
con Kiimmcl, contro Lietzmann); nella cita- versamente III, 179-181); NYBERG, o. c. (-+
zione Paolo ha sostituito anche cr<ipt; con n. 337) 3rr. Ciò consente a Paolo di intro-
uwµa. I tre concetti sono dunque intercam- durre nel v. 45 i concetti decisivi di 7tPW-roç
biabili (E. PERCY, Der Leib Christi ( 1942) 14 e 'AM!J. e, nel v. 45 \ di trarne fa conse-
s.). È proprio nel nvEuµa che Cristo è il guenza (\V/. MICHAELIS, Zur E11gelchrislologic:
<1W[.l<X che abbraccia l'universo (KASEMANN,
im Urchrisle11/11m [ 1942] n. 71; di diverso
o. c. [-+ n . 563) 282 s.). Paolo si limita a avviso BURNEY, o. c. [--+ n . 467) 45-47, H
variare a seconda dell'aspetto che gli si pre- quale pensa a una citazione da una raccolta
senta con maggior evidenza. rabbinica di testi con relativa spiegazione).
Cfr. KiisEMANN, o. c. (~ n. 401) 166; per le
s12 Non è possibile pensare a una creazione speculitzioni su Adamo, STAERK, o. e, (--+ n.
del Cristo preesistente che preceda quella dcl 307) 7-61.
mondo (JoH. WE1ss, I Kor., ad I.; M . WER· 573 L'interpretazione di -+ BuRTON, Gal. 489,
NER, Dh· E11t:rte!nmg des chri!tlicbe11 Dogmas e di ScLW\'N, o. c. (-.;. n . 555) ~~-~ ~- (il c::ir-
( 1941) 305). Qui non si pensa alla duplice po del 1tVEVW.t; umano che può vivere anche
creazione di Filone (leg. al/. l ,3 l ) , secondo il senza il corpo terreno) è inammissibile.
quale vien creato prima l'uomo celeste, e s14 Cfr. Sc11wE1ZER, o . c. (-+ n. 351) 156-160.
1nituµcc, nvEuµcc"t~x6ç E III 1 b-c (E. Schweizer) (v1,.p8) 1012

Jui assicura anche al credente l'esisten- dei Corinzi; ma lo fa per contraddirli


za pneumatica, come vita nella comuni- proprio su questo punto: per lui il uw-
tà 575. µo:. 1t'VEUµo::nx.6'V non è un dono che al
credente è già stato fatto e che sempli-
c) La rettifica alla luce della primitiva cemente sopravvive alla morte, ma è
escatologia cristiana un dono che Dio gli concederà un gior-
no nella resurrezione. Perciò egli non
In r Cor. 15 il pensiero di Paolo è parla nemmeno di un 1t'VEUµa ~w'V, ca-
illuminato dall'evento della resurrezio-
pace di comunicare la propria vita, ma
ne di Gesù, e non alla maniera dello
del 'ltVEuµa swoitoLoU'V, vale a dire della
gnostico, per il quale il mito serve solo forza creatrice dcl Risorto ~6 •
a ravvivare il ricordo di una realtà che
già vive in lui. Questo evento ha cam- L'idea di un corpo pneumatico na-
biato totalmente le cose. Perciò non a scosto sotto il corpo terreno è del tut-
caso Paolo non parla mai, come inve- to estranea 577 ; anzi, il v. 46 mostra
che Paolo si schiera proprio contro que-
ce fa la gnosi, della sostanza pneuma- st'idea. Dato che il v. 45 non fa che
tica del Preesistente. Questo vuol dire provare Ja tesi di 44 b, bisogna dire che
che per lui il pensiero del corpo spiri- il v. 46 si riferisce solo a questa, e non
al v. 45 518, e perciò si deve sottintende-
tuale del Cristo glorioso è solo un au-
re C'wµo:. ( ~I, coll. 383 s.). Paolo non
silio che gli permette di chiarire alla respinge un'idea che voleva sostituire la
comunità che cosa la resurrezione di venuta escatologica del redentore con la
Gesù significhi per la resurrezione di dottrina di un uomo primordiale preesi-
stente(~ n. 572), ma combatte contro
essa. È vero che in r Cor. 15,35-50 una fede la quale considera il uwµo:.
Paolo prende le mosse dalle concezioni come un dato originario che è proprio

s1s Nell'interpretazione di W. BouSSET, Ky- rezione.


rios Christos' (1921) 120-r4)', l'elemento giu- ~n O. CuLLMANN, La délivrance anlicipée d11
sto è la realtà di quest'asserzione. Cfr. ]OH. corps humain d'après le N.T., Hommage et
Wmss, I Kor., a 15,44 •. Più prudenti e per- Reconnnissance à K. Barth (1946) 31; -4
tinenti sono J. KNox, Chapters in a Li/e o/ BERTRAMS 130-132 contro SCHWEIZER, o. c.
Paul (r9_50) 128-140; K.H. RENGSTORF, Die (~ n. 548) 99 s.; LIETZMANN, Kor., ad I. e
Auferstehung Jesu ( 1952) 64-67, i quali par- a 2 Cor. ;; ,5. Cfr. ancora 2 Cor. 4,n, dove la
lano della 'nuova creazione' avvenuta nella re- vita appare proprio «nella nostra carne mor-
surrezione di Gesù, nella quale viene assunto tale» (e non 'sotto' di essa), e inoltre KuM-
il credente. Cfr. anche C.H. Dono, The Epistli: MEL (LIETZMANN, Kor. •, ad /.). L'immagine
o/ Pau! lo the Romans, Mollat N.T. Commen- tradizionale della vegetazione (STRACK-BILLER-
tary (1932), a Rom. 6,6; J. MoFFATT, I Cor. BECK Il .55Ii rn 475; KNOPF, Die zwei Cle-
(1945), a I Cot. 1 .~.,14. mcmbrie/e 87; NYBERG, o.e.[~ n. 337] 3n)
57~ Una delimitazione ancor più netta in F.W. ovviamente non va intesa fo senso moderno ed
GROSHEIDE, I Cor. (19_53) 387, n I Cor. 15, evoluzionistico.
45, il quale pensa che Cristo divenne nvEuµa 578 Contro M1cnAEUS, o. c. (~ n. .572) n.
!;wor.otovv grazie a tutta la sua vita di me- 76; W. ScHMITHALS, Die Gnosis in Kori11lh
diatore, e non in modo speciale per la resur- (19_56) 136 s.
1tVEu11a, nvEUµa:nxoc; E m I c (E. Schweizer)

dell'uomo in sé e quindi non gli deve limiterebbe ad assumere In sostanza


esser dato solo nella resurrezione. Cer- pneumatica in luogo di quella sarchi-
to, il v. 44 b, sembra presupporre che
gli avversari non conoscnno alcunché ca 582• Il vero interesse di Paolo appare
di simile; ma dal v. 29 risulta chiara- nell'interpretazione di 4'vxLxo<; e 'lt\IEU·
mente che essi pensano a una vita do- µa.·rnc6ç: il primo ( v. 44) è inteso co-.
po la morte 579 ; ma conoscono non un
me corruzione (q>ibpcX., vv. 42.50), de-
corpo pneumatico come l'intende Pao-
lo, bensl soltanto un corpo di tipo gno- bolezza ( cX<rih:\IELa.) e spregio ( &:nµla,
stico, che esiste già, nascosto sotto quel- v. 43; dr. Phil. 3,21: 'ta.1tdvwni;); il
lo psichico e che, semplicemente, con- secondo come incorruttibilità ( chpila.p-
tinua a vivere anche dopo la morte 580 •
Perciò anche nel v. 49 Paolo dice <po· ula., vv. 42.50), potenza e gloria (ov-
pÉ<roµE\I e~ III, col. 182 ll. roo). Dal va.µL<;, o6ça., V. 43; Phil. 3,21). Sotto
presupposto dei Corinzi ...:. per i quali la forma di concezione per sostanza si
Cristo, al pari di Adamo, qualifica tut-
cela dunque il contrasto veterotesta-
ta l'umanità che gli appartiene - discen-
derebbe la conseguenza che ne traeva- mentario tra debolezza e forza 583 • L'uo-
no i Corinzi stessi, cioè che tutti coloro mo rimane tributario della forza crea-
che gli appartengono sono già È"itov- trice del suo Signore, che Io resuscite-
pav~o~. Per Paolo, invece, essi Io sono
solamente nella fede in colui che tali rà 584 • La continuità fra corpo terrestre
Ii renderà un giorno, e quindi non per e celeste poggia sul miracolo sas_ Lo stes-
la differenza fisica che li distingue dai so si vede nel v. 4 7, dove la prima pro-
non pneumatici sai .
posizione con yij indica la materia di
Ma non si può nemmeno ritenere che cui è fatto il 'primo uomo', ma la suc-
uwr.i.a.,
in quanto 'aspetto', rappresen- cessiva caratterizza il 'secondo uomo'
ti quell'elemento continuo, il quale si non mediante la sostanza di cui è fat-

5/Q L'interpretazione di M. IZAEPER, Vikarù1/s· (nonostante 3,7; cfr. -+ BERTRAMS n5-n8).


tau/e in 1 Cor. 15-29?: ZNW 41J (1955) 258· 584 In questo senso anche il pneumatico fa
260 («in vista dei loro parenti cristiani de- ancora parte degli l1ttynoL (vv. 48 s. 40; cfr.
funti») mi pare troppo artificiosa. -+ ALLO 342; l'aor. lq><>pÉcraµtv va inteso al-
'i80 Per 2 Cor. _5,1-10 cfr. R. BuLTMANN, Exe- la luce del futuro cpopfoo~v) .
getische Probieme des 2 K: Symbolac Biblicac 585 KXsEMANN, o. c. (-+ n. 401) x34. -+ BER·
Upsalienses 9 (1947) 3-12; contro, KiiMMEL TRA.MS 94 s. definisce il 'ltvEVµrt come la forza
(LIETZMANN, Kor.', ad I.); ScHMITHALs, o. c. che penetra sempre più nell'uomo, finché que-
(-+ n. 578) 223-236; inoltre -+ BERTRAMS sti diviene 1t\1Eiiµa; ma dimentica l'importan-
138-142 e -+ col. 1018. za del miracolo creativo nella resurrezione.
581 Contro REITZENSTEIN, Hell. Myst. 348. D'altra parte, non è possibile ridurre I Cor.
ssz LmTZMANN, Kor., ad I.; ma secondo i vv. 15,45 all'idea che il Cristo risorto assuma le
37 s. sono proprio i o-wµa:-ra che cambiano, e funzioni del "ltVEiiµa creatore di Gen. 1,2
nei vv. 39 ss. ah.pi;, awµa, Ml;a sono parai· (ScoTT, o. c. [-+ n. 568] 259), sebbene ciò
teli (dr. KiiMMEL, ibid.•). risponda in qualche modo all'interesse di Pao·
583 Cfr. Rom. 6,19; 8,26 (DuPONT, o. c. [-+ lo. L'espressione lyfvt-to Etc; mostra che si
n. 204] 273); che anche ò61;a: non sia uno sottintendono le concezioni menzionate sopra
splendore materiale, risulta da 2 Cor 3,8-4,6 (-+ coli. mm ss.).
'ltvEVµet, itVEUµa·nx6c; E m r c (E. Schweizer)

to 586, bens} mediante Ia sua provenien- sù e quella di tutti i credenti. Perciò


za 587 • Così si potrà intendere il <rW· rinche qui ~ 11WJJ.CX. non è la semplice
sostanza fìsica, tant'è vero che viene
p.a nvwµa:nxov del Redentore e del distinto dal ventre (xoiÀlcx., --)- v, col.
credente non semplicemente come un 670 ), per il quale non vale la promessa
corpo fatto di nvEUJJ.<X, ma come quali- della resurrezione (v. 13 ). Il fatto che
ficato dal 1t\IEUµa 588 . Sia però chiaro che <rwµcx. possa essere ripreso con 1}µE~
mostra che per Paolo l'atto sessuale è
questo vale solo per quel che interessa determinato dalla relazione personale.
Paolo; nella sua terminologia si vede be- Cosl anche il vincolo del credente con
ne che egli, come ogni ellenista, si raf- Cristo è pensato come qualcosa di cor-
poreo, non però in senso fisico, bensl
figura la forza come una sostanza (~ in senso personale.
n. 347). Perciò il suo pensiero è giudai-
Anche Rom. 8,1 I (~ I, col. 854;
co, la terminologia, invece, ellenistica.
m, coll. 90 s. 1458) prende le mosse
Proprio questo si vede anche in r dall'evento della resurrezione e presup-
Cor. 6,14. Paolo parte dal fatto della re- pone che quella dei credenti si avrà in
surrezione di Gesù e sottolinea il carat-
tere fututo 589 della resurrezione del cor- avvenire 590 'a motivo' dello spirito che
po dei credenti. Ma si fa chiaro anche abita in essi 391 • Anche qui non si pensa
un altro fatto: l'idea della consostanzia- a una sostanza che sia garante 592, ma si
lità del credente con Cristo - che sem-
bra voler essere espressa in parallelo uniscono due concetti: I . il Dio che ha
con la fusione dei corpi nell'atto sessua- risuscitato Gesti Cristo è già all'opera
le{~ coli. roo9 s.) - non è l'element..:> in essi mediante iI '1t\1Evµcx., e quindi
proprio e caratteristico degli enunciati, continuerà ad agire anche dopo la mor-
ma serve semplicemente a descrivere il
mutuo rapporto che lega i due atti crea- te 593 ; 2. l'uomo naturale, essendo pec-
tori di Dio, cioè la resurrezione di Ge- catore, è vittima della morte (v. 10! ),

586 ~ BERTRAMS 136. correzione li~à nl<T-tEWc; (2,12) e 3,3 s.


se1 II contrario in RENGSTORI', o. c. (~
n. S\10Un riferimento alla resurrezione alla giu-
575) 91 n . 9. Certo, non si hn un'istruzione stizia, che non sia escatologico (LlETZMANN,
sull'inc:1rna2ione o sulla parusia, ma una qua- Riim., ad l.), è sommamente improbabile, per
lificazione di Cristo (M1c11AELIS, o. c. [ ~ n . il semplice fatto che VEXp6v (". IO) è sosti·
572) 42 e n. 86). Ma Cristo non viene qua· tuito da lNr)"t6:.
lificato mediante la materia di cui è fatto 591 L'accusativo, già attestato tre volte in Ori-
(della natura pneumatica del Cristo preesi- gene e univo::amente in Tertulliano, va prefc.
stente non si parla mai!), bensl mediante il rito in quanto lectio dif!ìcilior (G. VoLKMAR,
fatto che lo ha inviato Dio. Il parallelismo, Paulus' Romerbrief. [ 1875] 93 ), perché, se si
esteriormente perfetto, rischia di non far ri- eccettua r Cor. 15A5 (dove è connesso con
levare che Paolo sottolinea la materialità fa una citazione), 1tvEuµa in Paolo non è la for·
yijc; e la missione ~~ oòpavov. za creatrice.
588 BACHMANN, Kor.3, a I Cor. 15,44 •·b; KilM- 592 Contro Mithr. Lit. 176 s. («assolutamen·
MEL (LIETZMANN, Kor.4, ad /.). te non giudaico»); ::inche BULTMANN, ]oh. 175
589Con KiiMMnL (LIETZMANN, Kor.\ ad /.). n. 12, che adduce a paragone Io. 6,53, e Ro-
Una resurrezione dei credenti viene insegna· BINSON, O. c. (~ Il . 396) 72.
ta solo in Col. 2,12; 3,1, e anche qui con la s;J ->col. ro1S; dr. E. GAUGLE :~ . Rom. (1945),
1tVEuµo:, 1tvEuµr.t-r~x6c; E m re-et 1E. Schwcizer)

ma colui che è giusto in virtù del ;,:v:::u- e, dall'altro, la parusia e la resurrezio-


~tct (~ coll. ro30 s.) ris01·gerà (v. n). ne dei morti sono l'evento decisivo, ne
Infine, anche in 2 Cor. 3,17 quello viene che lo spirito dev'essere inteso
che prevale non è il pensiero della so- come nella comunità primitiva quale
stanza, come mostra non solo lo scam- segno di ciò che deve ancora venire. Do-
bio già ricordato con 1tVEOµa xuplou nel po l'evento della resurrezione di Gesù,
v. 17 b' ma anche l'articolo determinati- la resurrezione alla fine dei tempi non
vo davanti a 1t\1Euµa. Il punto di par- è più una speranza indefinita: la realtà
tenza è il concetto di 'TC\IEGµa già illu- della presenza dello spirito è garanzia
strato (ed esso non è affatto una sostan- della realtà di ciò che ha da venire. Per-
za miracolosa, --+ coll. 1035 s.), seguito ciò Paolo può designare il 1tVEÙµoc co-
dalla dichiarazione che il xuptoc; è que- me primizia ( à1w.px1}) della redenzione
sto 1tVEvµa. Paolo, dunque, fa sua la del corpo, che ancora dev'essere attesa
concezione prevalente del corpo spiri- (Rom. 8,23), o come pegno (à.ppoc~wv)
tuale del Redentore glorioso e se ne delJa nuova 'casa', che ancora ci atten-
serve per esprimere qualcosa che esula de (2Cor. 5,5; 1,22) 595 • Ma può an-
completamente dalla categoria di sostan- che far sua l'idea che lo spirito con-
za 594. cede miracoli straordinari (---+ n, coll.
1540 s.) 596. In I Thers. 5,19 il mieuµoc,
d) 'rn/Euµa come segno di ciò che deve in parallelo con 1tPO<f>lJ~~~at, appare co·
venire
me una forza che si manifesta in forme
Se la resurrezione di Gesù da un lato straordinarie 597• Resta solo il dubbio

ad. I . LIETZMANN, Kor. a 2 Cor. 5,5 [p. 117)), cose


594 L'interpretazione proposta da ScoTT, o. c. entrambe difficili da pensare. Per appuBwv co-
<~ n. 568) 259 s. è la seguente: il xvptoç nw termine dcl diduo commerciale dr. 4 r,
(Cristo) rappresenta (cioè significa per il ere· ccl. 1263; PREUSCllEN·BAUER ', s. v.; per l'in-
denti) il 'lt\IEuµa. tero problema, CULLMANN, o. c. (~ n. 577)
59S In tutt'e tre i casi -.ov mieuµo:-roi; è un 3 1-42.
genitivo appositivo (cosl interpreta già Eph. 596 Questo poteva esser detto anche dallo gno·
1,14, anche nel caso che oç fosse originario; stico. Ma per lui i miracoli sono la dimostra-
cfr. EwALD, Gefbr., ad l.), e non un geniti· zione della nuova sostanza pneumatica, men-
vo partitivo come nei LXX (con 4 I, col. tre per la comunità. primitiva, e soprattutto
1264; BLASS-DEDHUNNER § 167; E. FUCHS, per Paolo, sono il preludio dell'intervento
Die Freiheit des Glaubem [1949), ad I.; con- escatologico di Dio.
tro ~ I, coll. 1292 s.; PREUSCHEN·BAUER 4. 597 La formulazione triadica dei vv. 16-18 •
s.u. rbta:pxiJ: PH. MENOUD, L e Sori dc.r Tré- vien conclusa in mnniera tipica dal v. 18 b. Il
pasrés [1945] 34). Diversamente, la piena d - v. 23 esprime il desiderio finale. Il brano in·
fusione dello spirito avrebbe dovuto o abbmc- termedio costituirà quindi un'unità. La par·
ciare l'intera creazione (H.A.\Y/. MEYER, ticella lit mostra che nel v. 21 ', dopo le for-
Rom.' [ 1865); LrnTZMANN, Rom., ad /.), op- mulazioni negative dci vv. 19 s ., si introdu·
pure consistere nel dono dcl corpo spiritu11le ce quella positiva, che poi, nei vv. 21 b e
della resurrezione ( 4 MrcHAELIS n. 59; dr. 22, viene scomposta nelle . due possibilità (~
7t\IEVµc:t, -:tvwµc:t'ttx6c; E m 1 d (E. Schweizer) (Vl,421) 1020

che con esso s1 designi in via speciale vien tolta di mezzo dai <(discorsi di sa-
1a glossolalia (--7- II, coll. 555s.); cer- pienza» (<7ocplac; MyoL) e dalla «sapien-
tamente cosl non va inteso 2 Thess. 2, za degli uomini» (<Toq>~<X. à.vnpw7tw'll ),
2, poiché qui al ?tVEvµa è attribuita una anzi, secondo 1 Thess. l,5, semplice-
determinata dichiarazione. In Eph. 5, mente dal Myoc;; cfr. -7 II, col. 1541).
18 si indica probabilmente un fatto e- In Rom. 15,19 la «potenza dello spiri-
statico, ma questo - stando al v. 17 - to» ( ouvctµLc; 7tveuµa-toç) sta in paralle-
difficilmente potrà essere la glossola- lo con la «potenza dei segni e dei prodi-
lia 598. In zCor. J4,37 (II, coli. 555s.), gi» (ouva.µLc; Ui)µELW\I xat 'tEp(htùv) 600,
come nel v. l (dr. v. 12 ! ), m1wµa·n- in Gal. 3,5 1t'llf:vµa. sta in parallelo con
x6ç è probabilmente il concetto gene- Suvt.Xµw;. Il 7tVEiiµa. è qui concepito
rale, di cui 1tpoq>i}'t1)<; è un tipo parti- in genere come qualcosa che si può
colare. Lo stesso potrà dirsi anche per constatare 601 • Cosl Paolo può enume·
599
I Thess. 5,19 • Solo quando è con- rare tra le opere dello spirito sia la glos-
trapposto a vouç, in I Cor. 14,14-16, solalia che i doni di guarigione o la
?tVEuµa appare come la forza miracolo- forza di operar prodigi (~ II, coli.
sa che conferisce la glossolalia; ma qui 1549 s.) 602 • Sotto l'aspetto formale l'u-
l'accento sta tutto sulla negazione che guaglianza delle manifestazioni dello
il vouç abbia in ciò parte alcuna, e for- spirito con i fenomeni estatici del paga-
se il v. 15 presenta non due diverse nesimo è tale, che Paolo può indicare
possibilità, ma il caso, appropriato alla ai Corinzi un criterio in base al quale
comunità riunita in assemblea, dell'u- distinguere le espressioni dello spirito
nione di 1t\1Euµa con vouç. In z Cor. di Dio da quelle provenienti da altre
2,4 s. si arriva a dire che «la dimostra- fonti, e questo criterio consiste nel pro-
.·.,
zione deUo spirito e della potenza» fessare la fede in Cristo quale Kyrios
( àrc6EEL~tç 1tVEvµa-toç xat 8uv&µiwc;) (1 Cor. 12,2 s.) 603 • .· ·~

m, col. 126; ]. }EREMJAS, Unhekannte ]e-


susworle [ 1948] 76-78). A un riferimento
601 Gal. 3,2; Dooo, o. c. (-+ n. 4'8) '1
s.; L .
CERPAux, La tMologie de l'Eglise mivanl St. . '
. -~;
all'eucaristia (H. SCHLlER, Die Verkiindigung Paul (1948) 129 s.
im Gouesdiensl der Kirche, in Die Zeit der 602 Altri dati in BuLTMANN, Theol. 1,2 s.
Kirche [1956] 2.u s.) non si accenna mai. 600 Il contesto non consente di vedere qui un
S9a DIDELIUS, Gefbr. , ad I.
1
riferimento alla situazione precedente il giu·
;-:_
m Contro -+ GUNKEL 19; BERTRAMS 37; dizio; in tutta la Ì Cor. non si parla della .. .i
per l'insieme dr. DoBSCHiiTz, Then., a r persecuzione, e nel contesto di 11-14 ai parla
Thess. 5,19 e 2 Thess. 2,2; -+ VERBEKE 402. solo del culto (con KOMMEL [LIE~,
600 Ci si potrebbe chiedere se, nella successio- Kor. 1, ad l.l. contro gli studiosi ivi citati}.
ne chiasticii, non si debba riprendere My~; Il v. 2 indica certamente dei fenomeni esta·
ma, se si tengono presenti I Cor. 2A s.; 4,20; tici: Liv. 39,13,u-13; Hdt. 4,79; Tertullian.,
I Thess. 1,5 (dr. 2 Cor. 12,12), la cosa non nat. 2,7 (diversamente Diogn. 9,1; DuPONT,
:ippare probabile. o. c. [-+ n. 204] 149 n. 2). Per tutto il pro-
1021 (VI,421) 'ltVEuµo:, 7'VEu1u1:mc6ç E m l d {E. Schwcizer)

Lo stesso problema si pose in tutta ne al 7t'VEliµa itpoq>ryn:lct.c; propria del


la chiesa primitiva. In r Io. 4,2 vien tardo giudaismo e ~ei rabbini. Anche
precisata la formula dogmatica. Mt. 7,
16 e Did. n,7-12 fan consistere il cri- l'attribuzione al 1t\1Euµa. della funzio-
terio nella condotta etica dcl profeta, e ne di <Xppa~wv di ciò che deve venire
Herm., mand. II,7-16 vi aggiunge il appare in lui assai pit1 chiara che in Lu-
positivo contegno del profeta nei riguar-
di della comunità. I due passi menzio- ca.
na ti per ultimi valgono quali criteri po- Ma, se nella concezione 'ellenistica'
sitivi anche nel caso di una comparsa del corpo spirituale (~ coli. 1005 s.),
improvvisa e saltuaria dello spirito.
che sottolineava la presenza già attuale
Pseud.-Cor. 3 ss. llOl ricorre all'autorità
dell'Apostolo. Pseud.-Clem., hom. 2,6- dello spirito, abbiamo trovato l'impor-
11 fa valere come criterio di genuini- tante rettifica che, ciò nonostante, vi è
tà la presenza di predizioni dell'avveni- ancora da attendere, qui troviamo 1n
re (cfr. recogn. 4,21 ). ·
rettifica in senso opposto. Non meno di
Paolo rammenta questi fenomeni a Luca (~ col. 984), Paolo tien fermo
Tcssalonica come in Galazia, nella co- che tutti i membri della comunità pos-
munità di Roma (che non era stata fon- seggono lo spirito 605 {Rom. 8,9 ! ); ma
data da lui) non meno che a Corinto. si distacca da Luca in quanto deduce
Ciò potrebbe essere la prova che qui da ciò la conseguenza che la manifesta-
non sopravvive solo, per forza d'iner- zione dello spirito non necessariamen-
zia, una concezione primitiva. In un cer- te dev'essere caratterizzata da _qualcosa
to senso Paolo ancor più ingenuamen- di straordinario. Per questo egli, a dif-
te di Luca fa rientrare tutti i fenomeni ferenza dei Corinzi, enumera tra i suoi
straordinari tra le manifestazioni dello doni anche quello di assistere e di go-
spirito perché non accetta la limitazio- vernare ( cL'VTtÀ:{iµIJinc;, xvPepvl}O"Et<;) 606 ,

blema cfr. ancora ~ n. 689; SCHMITHALS, (BuLTMANN, Theo/. 156 s.). Ma r Cor. I4.J7
o. c. (~ n. 578) 45-52. La storia dell'esegesi ( - col. 1019) e Gal. 6,1 non si possono in-
in G. DE BROGLIE, Le lexle fondamenlal de tendere in questo senso. Ad ogni modo, I
Saint Paul con/re la foi noturelle: RechScRel Cor. 2,13-3,3 designa come 1tvEJUX.'tLX9l non
39 (r95r/52) 253-266, per il quale à.v&ifEµ« un gruppo di estatici, ma coloro che com·
'I11cro\iç non è che una formulazione contra- prendono il messaggio della croce <- coli.
stante con xvpLoç 'I11aov nel senso inteso da 1024 ss. 1059 ss.), cosl che in 3,1-3 probabil-
Hohzmann: «Come (ovviamente) nessuno be- ment~ si dice solo che il credente sta sempre
stemmia contro Gesù nello spirito di Dio, nella tentazione di perdere la fede (cfr. ScoTT,
cosl. .. ». La frase viene allora a dire che nes- o. c.r- n. 568] . 147 s.; 4 FUCHS 50). Tut-
suno può credere e professare la fede senza la tavia l'idea che il 'ltveiiµa. è qualcosa di stra-
forza dello spirito. ordinario ha ripercussioni cosl vaste, che ot
<:Gl Ed. P. VETTER, Der apokr. drille Kori11- itVEVµa.'ttxol non è divenuto una designazio-
1herbrie/ ( 1894) 52 s. 58. ne della comunità, come avvenne invece per
605 In certi passi rtVEUµ«·nx6ç sembra rife- ol èi.ytoL, ol ~v Xptv'ti;i (CEJ!FAUX, o. c. [->
rito a un gruppo ristretto, che sarebbe prc- n. 6or] 161).
paolino (~ GuNKEL 19), oppure gnostico 606 r Cor. 12,28; la mancanza di questo cari-
rn23 (\'1.<{.'.!l) 1tvcijµa., é.'JWµa>~xoç E 111 1 d-2 b (E. Schwcizcr) (v1 .+n) 102-1

così come altrove ricorda il ministero sicme di vedere questa come l'adesione
( otcxxovlcx) e le opere di misericordin al Redentore. Egli però ha corretto tut-
te le espressioni naturistiche e nel con-
(D.EEi:v), il dare del proprio (p.E-.a&- tempo ha accolto la linea definita a par-
06va.L) e il presiedere (r.poto--.etuDo:L, dr. tire dall'A.T., nel quale si dice espres-
Rom. 12,7s.) 607 • Ancor più importante samente che la salvezza non è un be-
ne di cui l'uomo possa disporre a pia-
è notare che Paolo deprezza notevol- cimento. Ma anche qui Paolo ha do-
mente la glossolalia, mentre per ì Co- vuto apportare delle correzioni. Dal
rinzi essJ era, tra i doni dello spirito, momento che la nuova creazione è già
quello più distinto e più elevato 608 • presente, lo spirito non può essere un
semplice segno premonitore di qualcosa
Ciò porta a dichiarare fondamentalmen- che deve venire, né una pura eccezio-
te privo di importanza il criterio della ne, ma deve rappresentare la nuova
straordinarietà é.."IJ, che in effetti potreb- esistenza come tale.
La nuova intelligenza dello spirito,
be aver valore per la religiosità paga- che comprende entrambi gli interessi,
na (I Cor. 12,2). Il criterio per giudi- è determinata in sostanza anche dal fat-
care il valore o meno dei doni dello to che Paolo seppe riconoscere come
decisiva per la salvezza quella croce che
spirito è la professione di fede nel xu-
per l'innanzi gli era apparsa come lo
ptoc; 'Irio-ove;, e insieme la edificazione scandalo decisivo e insuperabile.
(olx.oòoµ-/1) e l'utile (cruµcpÉpov) della
comunità 6 rn. Ma così si è raggiunta una b) 1>\1Eu1Jcx. come forza della 7ttO"'t'L<;
concezione totalmente nuovn (~ coli. La pericope di I Cor. 2,6-16 ruota in·
1045 ss.). torno alla dichiarazione che Paolo nul-
1'altro ha da annunziare all'infuori del
2. L'interpretazione propria di Paolo Cristo crocifisso (v. 2). In questa peri-
a) Il problema cope -,çvEiiµct vien definito come la for-
Si può dunque scorgere una vera e za miracolosa che dona una conoscenza
propria dialettica. Paolo ha fatto sua soprannaturale, come «la sapienza av-
1a linea ellenistica, ravvisando per 1a volta in un arcanm> ( rrocplu. Èv µu:t't''fJPl~
prima volta nella sua chiara coerenza
]a possibilità di interpretare senz'altro ò:rtoxexpv1..Lµevn, v. 7), a differenza del-
1t\IEVµct come la nuova esistenza e in- la «sapienza umana» (&.vi>pw1tlV1] rto-

sma nei vv. 29 s. mostra che esso non è di {;(111!. per questo che egli non può presen-
quelli a cui si nspirava a Corinto. tare l'azione attuale dello spirito compiuta
UJ7 Lo spirito non è nemmeno caratterizzato eia Dio come uno sbiallito ~xi:;-.fjvw. dclii\
dn una venuta repentina e intermiuente (r Cor. tlivx1J, né fare della resurrezione dei morti,
14,30), ma soprattutto dalla in!1bitazione per- opera della potenza creatrice di Dio, un elle-
manente (~ B EnTRAMS 92-94; diversamente nistico lxlì1]µ1'jam nella morte (per l'elleni-
~ col. 1021 ). smo cfr. REITZENSTEIN, Hell. Mysl. 372).
ros r Cor. 1+ Tuttavia I'npprez:u1 come edifi- 6IO ~ vm, coli. 396 ss.; r Cor. r4,J-5.x2.26;
cazione privata. 12,7; cfr. ScHRENK, o. c. (~ n. 401) 124-n7.
mituµo:, 11:vwµa:nx6c; E m ;! b (E. Schweizer)

cpla, v. lJ). Così facendo, Paolo da un Cristo crocifisso (XpLO'Tbc; ÉCT"t"aupwµt-


punto di vista formale si attiene del voc;, 1,23; 2,2), come viene conferma-
tutto alla concezione che era acquisita to in 2,8 612• Per chi non ha lo spirito,
nella comunità e risentiva dell'influsso tale sapienza è stoltezza (µwpla., 2,r4),
sia veterotestamentario che ellenistico. cos1 come, secondo r,23, lo è il Cristo
Il 7t\/Euµa. inteso quale forza miraco- crocifisso 613 • Lo gnosticismo cristiano
losa, determina la forma e il contenuto poteva intendere la croce solo come ri-
del messaggio, e perciò può esser per- sorsa tattica che trasse in inganno i de-
cepito solo da persone pneumatiche 611 • moni, sicché non ponessero impedimen-
E qual è il contenuto di questa istru- to all'evento salvifico dell'esaltazione
zione pneumatica? La risposta di Paolo (~ n. 370).
è del tutto di sapore gnostico, quanto In questo modo si è fatto un passo
alla forma; dice infatti che tale insegna- decisivo. La croce appare come xplcnc;
mento ha come oggetto le «profondità già avvenuta, che separa la nuova dalla
di Dio» (-.&. ~<Hh1 -rou l>Eou, v. xo, -> vecchia creazione. Paolo pertanto, in-
II, col. 13, cfr. III, col. 890 e n. 8). Ma, sieme con gli ellenisti, intende lo spi-
se si bada al contenuto, la risposta non rito come potenza che strappa l'uomo
ha nulla di gnostico, perché indica l'a- da 'questo eone' e lo trasferisce nell1al-
zione salvifica di Dio sulla croce. Nel tro (v. 6). Ma egli arreca anche la ret-
v. 12 b tale contenuto è indicato con le tifica decisiva: l'unione del credente
parole -.à incò -rov l>iiov xa.p~cr1Mv·rn. con il xùpioc;, non avviene in una mate-
T)µi:v, «quello che da Dio ci fu largi- ria pneumatica, bensl nella conoscen-
to». Secondo l,24 «la sapienza di Dio» za - accordata nel 7t\1Evµa. - di colui
(uocpla l)Eou), che, secondo 2,7-IQ, vien che per il suo bene è stato crocifisso 614 •
rivelata dal 1t\1Evµa, non è altro che il È dunque chiaro in qual modo Pao-

611 ~ v, col. no8; di diverso avviso KtiM- Principalities and Powers: NTSt x (1954/55)
MBL (LIETZMAN~, Kor.', ad l.). Parallelo è il :!2s.; anche O. CuLLMANN, Zt1r neuesten Di-
principio secondo. cui l'gµoLov è conosciuto skussion iiber die u;ovo-lo:~ in Rom. IJ,I:ThZ
6µot~: Emped., /r. 109 (DIELS 2 r 351 ,20 ss.); IO (1954) 330 S.
Orph. Fr. (KERN); per Io gnostìcismo, Lnrrz- 613-+ 11, col. 515; vu, col. 692; cfr. TnoRN·
MANN, Kor., ad l.; per i testi magici, REIT-
TON, O. c. (-+ n. ,500) 108 S.
ZBNSTEIN, Hell. Myst. 310 s.; Mithr. Lit. 4,ro
s. I demoni aeriformi e igniformi di regola 614 Dooo, o. c. (-+ n. 458) 146 s. sottùlinea
possono esser visti solo da pneumatici (Tat., giustamente che aver parte allo spirito è aver
or. Graec. 15,3). parte a Cristo, e non solamente a uno dei
612 Non si può pensare che si tratti delle au- doni da lui elargiti; ma a sr.stenere questa
torità giudaiche (J. ScHNIEWIND, Die /J.rchon- tesi non basta l'accenno a Rom. IA e nem-
len dieses Ji.ons, in Nc1chge{assene Reden 11. meno a 2 Cor. 3,17; l'uno e l'altro passo po-
Aufsatze [ 1952] 104-109); tutt'al più come trebbero essere intesi in senso puramente na-
scrumcnto dei demoni: G .H.C. MAc GREGOR, turale.
nvEuµa, 1t\IEU(..La't~x6i; E m 2 b (E. Schweizer)

Io fa sua la concezione del corpo spi- perché il criterio decisivo non può più
rituale deJ XUpLoç: poiché la categoria esser cercato nel carattere straordinario
di sostanza è accolta unicamente come delle manifestazioni. La conoscenza è
forma logica per intendere ciò che per soprannaturale, ma non perché venga
l'israelita è solo forza essenziale, con concepita o comunicata in forma esta-
ciò non si va oltre il concetto che il tica 615 , né perché si edifichi per via lo-
credente vive soltanto per l'indissolubi- gica o alogica. Il miracolo risiede inve-
le vincolo che lo lega a quel xup~oc; nel ce nella possibilità che un uomo creda
quale Dio ha compiuto l'azione salvi· che Dio sta a sua disposizione in Gesù
fica a favore di lui. L'ingresso nel 'cam- Cristo 616 • Ciò che si conosce per via
po di forza' del corpo-1t\IEVµ~ in real- soprannaturale non è la rivelazione di
tà significa solo che il credente si ab· misteri celesti 617 , ma il fatto che Dio,
bandana alla forza degli eventi salvifici sulla croce, ha compiuto il suo atto
e quindi si dona alla comunità che vive d'amore, facendo del credente un fi-
della croce e della resurrezione. Ma vie- glio suo 618 •
ne dal pari rispettata l'esigenza, di
stampo veterotestamentario, per la qua- Il miaùµa pertanto può esser detto
le colui che ha lo spirito rimane a com-
pleta disposizione dell'azione divina. senz'altro «spirito della fede» (1t\1Eùµa.
Egli vive non della sua nuova sostan- 't'ijc; ?tlO''t'EWç, 2 Cor. 4,13}. Possedere
za, ma dell'azione di Dio sulla croce. il «pegno dello spirito» ( àppcx~W\I 't'OÙ
Così si rende possibile una concezione
miEuµa:toc;) è lo stesso che «cammina-
dello spirito in cui il 1t'llEVµa semplice-
mente fonda l'esistenza del credente e re nella fede» (&à. 'ltlCT"tEWç 1tEpma.-
non è più pensato soltanto come forza 't'EL\I, 2 Cor. 5,5.7). In I Cor. 12,3, a
miracolosa supplementare, senza tutta-
differenza di tutte le altre caratteristi-
via divenire sostanza posseduta da co-
lui che per natura viene salvato ( q>VO'EL che accessorie, il 7t\IEVµa. si dimostra
cr~~6~voc;). Quindi si capisce anche tale facendo conoscere Gesù come il xv-
61S 1 Cor. I5.3 mostra, per es., che la rive- gato nel futuro. li Myo14 del v. 13 si com·
la2ione pneumatica di I Cor. 2,6-16 non de- prende solo se qui continua ancora la discus·
ve aliatto stare in contraddizione con for· sione di 2,1-5, e 3,II.r8-23 mostra che il
mulazioni trasmesse della tradizione; contro contesto è ininterrotto da 1,18. Cosl 3,1-3
ScHWBtTZER, o. c. (~ n . .548) I72 (cfr. ~ (con 1,7; 3,16) è da intendersi come detto
n. 569); ~ u, coll. u88 s. dell'incongruenza di chi, pur credendo, spes·
616Cfr. ~ FucHs 37 s. n9 s. Nel concetto so non vive della sue fede (id. 8,7 accanto
paolino di spirito l'elemento dinamico non a 8,1, e anche Rom. 8,1.:2-14 accanto a 8,9).
è allora ciò che veramente importa (contro Se in 2,1 - come è probabile - si deve leg·
SCHNACKBNBURG, Die Johannesbriefe [.r953] gere µua-ifjp~ov, questo non può essere altro
209). che quello nominato in 2,7. Cfr. -4 coli. 1059
617 1}µt~c;(v. 12) può riferirsi solo a tutti ss. e E. SJOBERG, Der verborgene Menschen-
i credenti, e quindi questo vale anche per il sohn in den Evangelien (1955) 22·24.
v. 10 (clr. Eph. J,18, dove appare anche 618 Rom. 5,5 (interpretato dal v. 8; per 15,
pa&oc;;). I Palhi -tou &tov nel v. u vengono 30 ~ n. 656); Rom. 8,16. In via secondaria,
ripresi da 'tÒ. -tov &t:ov, nel v. 12 da 'tcX ... Paolo può far risalire al 'lt\lsuµa. la cognizio.
Xt.tP~o'i>tvTa 1)µ~v (aoristo!); quindi designa· ne in una casistica concreta (I Cor. 7>40) o
no in genere la divina azione di grazia, già in un concreto problema di coscienza (Rom.
compiuta, e non qualcosa di speciale, rele- 9,1).
nvtvµa, tcvwµa·rnd><; E m i b (E. Schweizer)

pLoç e portando alla professione di que- più che nell'avvio al credere ('JtLO'"tEU-
sta fede. Gal. 3,14 (e forse anche 5,5), CTIX.L), consiste nel credere continuato
dove si dice che ]o spirito vien rice- ( mcr-cEuEw ), che si manifesta all'ester-
vuto mediante la fede o a partire da no 61!. Perciò, a differenza di Rom. 8,
623
essa (OLOC / ÉX nlcr"t'Ewç), è solo appa- 16 , in Gal. 4,6 Paolo può far risali-
rentemente in contrasto con questo pen- re allo spirito la vita concreta nella con-
siero 619 , L'insistenza sul contrasto col dizione di figli, non la conoscenza di
concetto È~ Mpywv v6µou, <(dalle ope- ta1e condizione 624 • E questo non fa che
re della legge», viene a dire soltan- confermare che 'Jt\IEuµ.a. non è solo una
to che lo spirito non è stato ottenuto forzo misteriosa che appare prima della
grazie a meriti umani 620 • Secondo Gal. fede e ne spiega l'origine, ma è la forza
5,5 quel che abbiamo ricevuto è l'at- che permanentemente si manifesta nella
tesa della «speranza di giustizia» (H.7ttç 'ltla·nc; 625 ( ~ coli. 46 3 ss. ).
&xa.Locruv11ç), il che di fatto e in verità Essere inserito nel crwµa. XpLO''tOU e
non è altro che la fede ( 7tlcr-ciç), Ja abbeverato col 7tvEuµC't. (r Cor. 12,13)
quale conosce se stessa alla luce della non differisce dunque da ciò che è det-
OLXa.LOcrV\11] divenuta realtà in Cristo. to in I Cor. 2,12 o in Rom. 8,16; cioè
Ciò dimostra che nvEuµa non è sempli· è quell'evento che all'uomo rivela e ap-
cemente un evento iniziale 621 • Anche plica l'azione salvifica di Dio in Gesù
dall'insieme della tradizione si può ca- Cristo, quell'azione che ne fa un figlio,
pire che per Paolo l'opera del 'JtVEvµa., per modo che di essa vive 626• Poiché

619 In Gal. 3,14 si ha un genitivo appositivo vio dello spirito inteso come forza dell'esiste-
(L1ETZMANN, Gal., ad l.). re (analogamente Rom:· 8,3 s., cfr. MtCHl!L,
620 Forse anche in Gal. 3,i.5 si usa un modo Rom, 159). Parallelamente al v. 4, H;ct1tÉ·
di dire singofore, cioè UXO'IÌ TC(CT'fEW<; (non O't'ELÀ.Ev sembra corrispondere al primo e fon-
à.xofjç ,..;(O"tL<;) in luogo di 'lt(cr-rt<;, pòiché damentale invio (alla 'pentecoste'), mentre il
questa, propriamente parlando, è già opera participio xpii!;ov (parallelamente al v. 5 b)
del 1tVEUµtt. descrive l'opera dello spirito nel credente (con..
611 Può essere che la prima elargizione dello tro FLEMINGTON, o. c. [~ n. 435] 58 s.);
spirito sia descritta con l'aoristo, mentre la sua THORNTON, o. e, [ ~ n. 500] n4-:r:z6; O!!PKE,
azione continuata vien presentata con il per- Gal., od I., i quali lo mettono in rapporto con
fetto (THORNTON, o. c. [~ n. 500] 8~ a il battesimo). 3,14 mostra soltanto che si pen-
Rom. 5,5); cfr. Èx ,..;lcr-rEwc; Etc; 1t!cr-rw in sa a una 'pentecoste' degli etnico-cristiani,
Rom. 'l,17. quindi alla fondamentale effusione dello spi·
622 Perciò manca anche l'enunciazione verbale rito su di essi.
che lo spirito dona la fede. 625 Il predominio di '!':lcrnc; in Rom. 1-5 e di
623 H. BRAUN, Gerichtsgedanke u. Recht/erti· · n;vEuµa. in 6-8 (per es. BRAUN, o. c. [ ~ n.
gu11gslehre bei Paulus, Diss. Halle (1930) 83. 623] 82) mostra che il primo concetto, come
624 La difficoltà si può evitare traducendo, con antitesi alle opere della legge, designa la con-
Lrn'J'ZMANN, Gal., ad l.: ~che siete figli (lo dizione preliminare della nuova esistenza,
riconoscete dal fatto che)...». Ma Paolo pen- mentre il secondo ne designa la possibilità.
sa alla uloi>EO'lct fondata obiettivamente nella 6l6 Pertanto il 'battesimo di spirito' non è
croce, che da questo fatto trae con sé l'in- iniziazione a una conoscenza superiore né
'lt\/Euµcx, 1n1wµcx-rtx6c; E m 2 b (E. Schweizer) (v1,.p .5) 1032

l'inserimento" nel crwµo:. XpLO'-r~u e ]'in· speranza di giustizia (Gal. 5, 5: 0.,1tloa


serimento negli eventi salvifici della cro- il cammi-
ÒLXO:LOO"U\lljç- cXTCEXÒÉXE<Ti>o:.i),
ce e della resurrezione { = &xcttwiH]- no nella fede e non nella visione (2 Cor.
VctL) sono in definitiva una cosa sola, 4,13 s.) 628 , la conoscenza della futura
anche questo processo può esser fatto redenzione del crwµcx. (Rom. 8,23), la
risalire al 'lt\IEuµct ( r Cor. 6, xr ). Il ÒL- vita eterna (Gal. 6,8: 1;,wi) r.dwvwç), so-
XO:LW~'i}VctL ha come causa oggettiva il no altrettanti doni del 'lt\/Euµa. 62'1.
<mo me del Signore» ( ovoµo: 'tOU xvplov) Ora, se ciò significa veramente che
e come causa soggettiva il 1t\1Euµcx.. Ne lo spirito è una forza di Dio che si quà-
viene che «essere nello spirito» (Elwxt lifica non per il carattere straordinario
Èv 1t'\1Euµo:·n) è sinonimo di essere Èv della sua azione, ma in quanto fa sl
Xptu'tQ. Le due espressioni designano che l'uomo creda e viva come credente,
l'esistenza del credente. Se questi vive vuol dire che essa non si può inten-
nella sfera d'influenza del CriSto per lui dere come una forza magica, alla quale
crocifisso e risorto, vive anche in quella l'uomo è dato in consegna senza pos-
dello spirito, che gli rivela Cristo e gli sibilità di opporvisi 630 • Essa va invece
accorda la sua salvezza orr. Ma, sulla intesa come miracolosa forza di Dio, la
scorta dell'A.T., viene ribadita la di- quale raggiunge l'uomo nello stato di
pendenza assoluta del credente dall'a- totale separazione da Dio e gli concede
zione di grazia del Signore, che è sem- la possibilità di vivere, cosciente e con-
pre anche futura; perciò l'attesa della senziente, di tale forza che non gli è

abilitazione a speciali dimostrazioni di forza 6'19 ~m, col. 1458! Cfr. ScHLATTER, Theol.
(FLEMINGTON, o. c. [ ~ n. 435] 56 s.), ma, der Ap. 355-360.
quale sottomissione all'opera salvifica di Dio
630 In 1 Cor. 14,32 (cfr. I Thes1. 5,19) si at-
in Cristo, è fondamento di tutti i doni dello
tribuisce al credente il controllo sul m>riiµa;
spirito (r Cor. 12,4-II) e perciò viene a coin-
in I Cor. 14,I.39 egli viene esortato a !;'l']À.ovv
cidere con il battesimo d'acqua. Proprio con-
e messo in guardia contro il xwÀ.\mv; Rom.
iro spiritualisti combatte Paolo (W. BrnDEI!,
12,6 vincola il profeta alla fede annunciata
Um de11 Ursprung der christl. Tau/e im N.T. : dall'apostolo (H. V. CAMPENHAUSEN, Kirchli-
ThZ 9 [1953] 165, contro BARTH, o. c. r~ ches Ami u. geistliche Vollmachl in den er-
n. 527] 325 s.; cfr. G.W.H. LAMPE, The Seal sten drei Jahrhunderlen [1953) 67; cfr. 6o:
of the Spirit [1951) 56 s., cfr. 60). «La sfera del Cristo e 1a sfera dello spirito
6TI Rom. 8,1.9; cfr. BuLTMANN, Theol. 331 s. santo sono... intese in pari tempo come fa
E. LoHMEYER, Grtmdlagen der paul. Theo- sfera della decisione personale»); lo spirito
logie (1929) 140 s. ha ragione di polemizzare non elimina in z Cor. 7.40 1a riflessione ra-
contro la concezione corrente della mistica zionale, né in Rom. 8,15 s. !"io' (dr. W. Bm-
del Cristo; ma non si può per questo toglier DER, Gebe11wirklichkeit u. Gehelsmoglichkeit
valore alle formule, che parlano anche di un bei Paulur: ThZ 4 (1948) 39 s.), né in Rom.
essere in Cristo o nello spirito. Questo com- 9,r la funzione naturale della ~ avvEll.ÌTj<Tl.ç
prende sempre l'essere nella comunità, ~ (SCHWl!IZER, o. c. [-+ n. 548) 168-170; -+
coll. 1045 s. GUTBROD 241); secondo I Cor. 14,14 la parte-
62! Cfr. LIETZMANN, Kor., ad I. cipazione del vou~ è valutata positivamente.
1033 (v1,425) 'ltVEuµa, 'lt\IEUµa-ctx6c; E 1!l 2 b-c (E. Schweizer)

propria 631 • Ma con ciò si indica il pro- trasto tra '1t\/Euµa. e ~ crci.pç indica pri·
cesso nel quale il 1tYevµa., in quanto for- mariamente l'opposizione tra la forza
za che crea la fede, è anche la norma se- estranea all'uomo e la debolezza del-
condo cui la fede vive, senza che i due l'uomo stesso 6Jl. Perciò anche Dio o
aspetti si possano sempre nettamente il xuptoç, la sua grazia o la sua promes-
distinguere. Paolo, quando vuol sotto- sa appaiono contrapposti a CT6:p1;, e in
lineare che il 1t\1Euµa. è totalmente do- Gal. 3,2 .5 miEuµa. prima di tutto e si-
no di Dio e non una capacità umana, curamente è inteso come forza miraco-
lo intende come forza; quando invece losa (~ col. ro20). Il v. 3, affermando
vuol mettere in chiaro che è una forza che i Galati hanno iniziato '1tVEvµa.'tt e
che chiama· alla fede e non una sostan- vogliono finire ua.pxl, vuol dire anzi-
za che divinizza automaticamente, allo- tutto che hanno la pretesa di conclu-
ra presenta il 'Tt'VEliµcx. come la norma dere con forze umane. L'interpreta-
alla quale il credente è chiamato a con- zione è esatta, ma non è ancora suffi-
formarsi nella sua condotta. Questo se- ciente, poiché ua.pxl ha come parallelo
condo aspetto è espresso con la massi- l'espressione Èç epywv \16µov, e 1tVEU-
ma chiarezza in Gal. 5 ,2 5 : El ~wµEv µa·n le parole Éç àxoi'jç 1tlCT't'e:wç ( vv.
1t\levµl'L't'L, 'lt\IEvµa.'tL xa:t a"'totxwµEv , 2.5 ). . Se l'antitesi è posta come prin-
<<Se di spirito viviamo, seguiamo come cipio e non limitatamente ai momen-
norma lo spirito». La protasi dichiara ti dell'estasi e del miracolo, 1t\1Euµa. de-
che quella potenza che è il 1tVEuµa: sta v'essere la forza che determina l'intera
sopra l'uomo e ne regge la vita; nel- esistenza del credente, in quanto fa s}
l'apodosi l'uomo è invitato a riconosce- che questi viva dell'evento salvifico.
re questo fatto e a far sl che la sua con- Perciò l'espressione 'Tt'VEuµcx.·n Èvapxe-
dotta ne sia del tutto condizionata 6:12• crDa.t, «incominciare con lo spirito», al-
Allora vivere nel 'Tt'VEuµa: significa, in l'indicativo significa che un uomo non
senso negativo, rinunziare alla uap!;, in vive della sua forza, ma di una forza
senso positivo, invece, stare apertamen- altrui, e all'imperativo è un invito a
te per Dio e per il prossimo. impostar la propria vita fidandosi di
questa forza, e non dell'altra, cioè a
c) 1t\1Euµcx. come rifiuto della <rci.p!; far sl che essa non solo informi la sua
Già nell'A.T. (-4 coli. 863 ss.) il con- vita, ma sia anche la norma a cui si

6JIIn termini paolini si direbbe: rinunciare MANN, Theol. 332-335; ~ GuTBROD 220-223.
al proprio ')(ctVXT)µct e~ V, coli. 298 ss.). Cfr. 6lJPer l'insieme della questione dr. ScHWEl-
anche ~ III, coll. 1857 ss. ZER, o. c. (---+ n . 353) 563-571. L'opposto di
1tVEiiµa. può perciò essere anche dvf)pw1to<;:
632Cfr. la coordinazione di indicativo e im- r Cor. 3,1·4; Ign., Eph. 5,1 (BuLTMANN,
perativo in Phil. 3,16; CoC 3;1, ecc.; BuLT- Theol. 152).
1tvEi:iµa., ;tvrnµa.·nx6ç E III 2 e (E. Schweizer)

adegua. La cosa appare chiara in Phil. all'uomo l'opera con cui Dio l'ha sal-
3,3. '7tVEUJla't't l>Eou À.a't'pEUEL\I è lo stes- vato e lo fa vivere di essa, dandogli
so che ovx Év crapxL 1tE1totl>Éva.t, e i vv. la possibilità di rinunciare alla sua pro-
4-6 definiscono la crcip~ come il com- pria giustizia (~ coli. ro67 ss.). Analo-
plesso delle doti o dei fatti di cui l'uo- gamente in Rom. 2,29, la «circoncisione
mo potrebbe gloriarsi come se fossero del cuore nello spirito e non nella let-
suoi propri, cioè come se fossero «la tera» (7tEpt't"oµli xa.polri.c; Èv 7t\/Euµa.-tt
sua P!opria giustizia, che viene dalla où ypcìµµa.·n), implica la rinuncia ad
legge» (v. 9). Invece nvEuµa è la for- attenersi a criteri umani 635 • Lo stesso,
za di Dio e quindi di Cristo. Vivere di in sostanza, vale per Rom. · 7 ,5 s., dove
questa è lo stesso che «gloriarsi in Cri- è detto che il v6µoc; non solo scopre o
sto Gesù» (xauxfi.cri}a.t Èv Xptcr-tQ condanna il peccato, ma addirittura lo
'11')crov, v. 3 ). Si tratta del gloriarsi pa- provoca, mentre invece il TC\IEUµrt. fa do-
radossale di chi nella fede in Cristo edi- no del nuovo oouÀ.EUEW; solo si sotto-
fica solo sulla «giustizia che viene da linea, in più, la fede che si traduce con-
Dio» ( 8txa.tocruvl) ÈX l>Eov) e che è do- cretamente in azione(~ col. ro42), co-
nata in Cristo; perciò reputa tutti i suoi me ancor meglio è chiarito in Rom. 8,
privilegi alla stregua di spazzatura (vv. r3. In Gal. 4,23.29 stanno in antitesi
8 s.; ~ v, col. 299). Corrispondente- ò xa.-cb. crcipxri. yEwl]i)Elc; e ò Xrt."t'b.
mente già in I Cor. 2,6-16 (~coli. 1024 'Jt\IEVµa.. Ma nel secondo caso, l'idea di
ss.) il '7tVEuµa. esige che l'uomo rinunci 1t\1Euµa come materia germinale della
alla sua propria sapienza (crocpla, vv. generazione(~ coll. 793 ss.) è del tutto
r-5), anzi, a tutti i criteri umani (vv. assente, manca infatti il participio yEV-
14 s.), perché il 1t\1Euµa. è la forza V1')ltdc;, e nel v. 23 l'espressione xa.'t'{t
prodigiosa che gli fa conoscere l'opera 7t\IEUµrt. cede il posto a oi{t -.ijc; È1tCX"(·
salvifica di cui Dio gli ha fatto dono. YEÀ.ia.c; (o OL È7tayyEÀ.lac;). Tanto più,
1

Anche in 2 Cor. 3,6 1t\1Euµa. è prima di poi, non si può parlare di un 7tVEuµa
tutto la forza operatrice di prodigi, alla femminino, quasi di una divinità-ma-
quale viene attribuita la funzione di dre che genera figli 616 • L'espressione
l;worcote:i:\I (qui, nel presente 634 ; nel- ot( b. -rl)c;) foa.yyEÀ.lac; va certamente
l'avvenire in I Cor. 15,45). Ma il v. 9 intesa in senso strumentale. Poiché la
mostra che esso è la forza che rivela h:a.yyEÀ.la. di 3,r8 sta in antitesi con

634 Il futuro sottolinea che la novità della zata» (H.V. MARTIN, Proleptic Eschatology:
vita non diviene un bene dell'uomo, ma re- ExpT 5r [ r939/40 J 88·90).
sta pur sempre un dono di Dio sul quale non 635 Indicazioni più precise in SCHWEIZER, o. c.
si possono accampar diritti; il presente inten- (~ n. 3.H l _564·:;67; per yp&.µµcx; -+ u, coll.
de dire che la svolta decisiva si è già avuta. 664 ss.
«f~ una escatologia prolettica, non già realiz. 636 Contro HrnscH, o. c. (-+ n. 443) 2:; s.
TC\IEUµa, rc1,1wµa:nx6ç E m 2 c (E. Schweizer)

voµoc; (-7 III, coll.686s.) 637 e in 4,29 sa all'intenzione dei due contendenti.
ò xa:'t'à cnipxa. ye.wl}ì>E.lc; è colui che sta Ciò significa che anche in quanto cre-
sotto la legge, l'interesse risulta volto dente l'uomo è sì gratificato della pro-
non alla descrizione di una nascita mi- messa dello spirito, ma anche esposto
racolosa 638 ma a stabilire che uno dei alla minaccia di cadere. Ma non si dice
due figli vive di possibilità umane, l'al- che carne e spirito agiscano del pa-
tro, invece, della divina promessa di ri in lui, o che l'uomo sia dato in
grazia. L'applicazione, poi, mostra che loro potere senza possibilità di scelta
causa e norma vengono un'altra volta o senza il concorso della sua volontà.
a coincidere: 7tVE.Dµa. indica la divina Anzi, egli può 'ltVEuµa.'t'L O"'tOLXELV pro-
promessa di grazia realizzata in Gesù prio in quanto è una crapç già crocifissa
Cristo quale causa della nuova esisten- (vv. 24 s.; ~ coll. 1042 s .). La~ <riip!;.
za e quale norma alla quale l'uomo si poi, non è, propriamente parlando, una
attiene in questa esistenza. Dunque, se potenza estranea all'uomo, ma il suo
inizialmente il 7t\IE.VµCt.. era una forza proprio volere. Quel che si riconosce è
prodigiosa che l'ivela l'opera salvifica di solo che questo può prevalere e farsi
Dio, fondando cos1 la nuova vita, qui, minaccioso.
essendo in parallelo con Éna.yyE.Àla, Il senso di 'norma di vita' compete
appare ancora più direttamente come la chiaramente a 7t\1Euµa. in Gal. 6,8, do-
forza obbiettiva della divina promessa di ve l'uomo decide della sua vita se-
grazia, che crea questa vita nuova e~ condo che sceglie di «seminare nello
coli. 1067ss.) 639 • In Gal. 5,17 l'uomo ap- spirito», oppure <mella sua carne». Lo
pare come il campo neutrale in cui si stesso dicasi per Rom. 8,4 s., dove 1a
svolge la battaglia tra a-&:p~ e 7tVEuµa.; formulazione XCJ.'t'IÌ. a-6.pxa/xrx:cà 1tVEU·
ma i vv. 16.18 mostrano che anche qui µa. m:pmrt't'EL\I viene ripresa con l'e-
non si pensa a un impulso irresistibi- spressione 't'a 't'fjc; a-cxpx6c; / 't'IÌ 'toi:i
le <>W; soprattutto va seriamente consi· 7tVEuµa't'o<; cppovEtV. Proprio qui, pe-
derato il valore della particella tvcx. nel raltro, torna a farsi chiaro il parados-
v. 17 641 , la quale mostra che Paolo pen- so per cui la 'norma' liberatrice del

637 Cfr. Rom. 9,8, dove ÈrcayyE>..la è il con- ThSt n [ r947] 20.23 n. 4). Per questo an-
trario di r;-cipl;, cosl come altrove lo è ?t\IEuµa. che il miEvµa vfoDEulac; di Rom. 8,15 vien
ol8 Contro DIBELIUS, o. c. (-> Il. 442) 29 s. definito come lo spirito che attesta la filìa·
zione, e non che la produce.
639 Cfr. i:;worcoLEL in 2 Cor. 3,6; ma il pen· 640 ~ B ERTR.u.1s 7x n. 2 ; contro -> GUNKEL
siero di Paolo è assai più marcatamente im· 73-
postato su concetti giuridici ('ltvEvµa = Ò:p· 641 1! difficile ammettere un valore consecuti-
paf3wv, à.rcapxiJ; la sua azione è quella di vo «in una sequenza propriamente effettiva»
µap·tupE~v. oLxmouv), che 'biologici' (Cfr. TH. (BLASS-DEBRUNNER § 391,5, cfr. ihid. l'ag·
PRmss, Das itinere Zeugnis des hl. Geistes: giunta), contro ÙEPKE, Gal., ad. l.
'ltVEÙµa., ttvwµa.·rnc6c; E III 2 e (E. Schweizcr)

7t\IEVµa non è altro che questo: Dio za della nuova vita (~ IV, col. r360).
ha operato e compiuto ciò che al v6µo<; Ancor più chiaro è Phil. 3,3, che par-
era stato impossibile <>n. Anche in Gal. la di un 1t\1Evµa.'tt 1'EOU Àc.t'tpEVEL\I (->
6,8 è sintomatico che r.vevµa, a diffe- vr, col. r 87 ), a differenza del 7tE'1tOt·
renza di O"clpl;, non sia accompagnato ltéva.L tv crapxl 645. Dunque, anche vi-
dal pronome riflessivo Éav.-ou 643 ; ciò vere Xc:t'trt 1t\/Eiiµa. e sciogliersi dalla
viene a dire che la norma dello spirito crtipç significa vivere nel 'campo di for-
a cui uno adegua la propria vita non za' dell'opera salvifica di Dio, anche se
è qualcosa di suo, ma è una possibili- in questo caso ciò è concepito più net-
tà a lui estranea, della quale gli è fat- tamente come decisione del credente,
to dono 644• Carne e spirito, quindi, non che non come qualcosa che si verifica
stanno esattamente sullo stesso piano. in lui 646• Ma anche questa decisione del-
«Camminare secondo lo spirito» (Xc:t'tà. la fede è dono di Dio, e non azione pro-
'it\/Etiµa.. nEp~mx.'td\I) è, per l'uomo, ac- pria dell'uomo; è la norma sulla quale
consentire alla forza di Dio, della qua- egli modella la propria decisione e, in
le egli non può disporre e che deve concreto, la forza stessa di questa de-
determinare la sua vita in luogo della cisione. È quanto si vede anche in Rom.
forza sua propria. Perciò non a caso in 8,4, dove, con espressione degna di
Rom. 8,13 a1l'espressione xa-tà. crtipxa, nota, è detto che grazie all'evento sal-
che esprime la norma, si contrappone vHico, la giusta esigenza della legge
il dativo 7t\IEvµa"tL, che designa la for- trova compimento in (non: ad opera

642 Qui non si ha un dualismo antropologico, tesi con ypaµµa, 1tVEuµCI non indica natural-
secondo il quale l'uomo consterebbe di due mente l'intimo dell'uomo distinto da tutto
parti (come sembra supporre R. LEIVESTAD, ciò che è esterno (J. GoETTSlll!RGilR, Die Hiifle
Christ the Co11queror [ 1954) I I ] n.). Il pas- de.r Mose nach Ex. 34 2 Kor. 3: BZ :r6
so andrebbe fotcso in modo alquanto diver- [1924] 10 (~ n, col. 670). Un influsso non
so, se v6µoç -rou 1t'llEUµa'foç fosse 1a legge è esercitato nemmeno dall'antitesi greca (rn"tÒV
mosaica concepita secondo quanto si legge in xat St&.voux. (B. CoHEN, Note 011 Letter and
Rom. 3,8-10 (Fuctts, o.e. [ ~ n. .:s9.:s], ad I.). Spiri/ in Jhc N.T.: HarvTheolRev 47 [19.:s4)
Ma in 7,23 v6µoc; va preso nel senso di 'nor- 197-203).
ma'; analogamente si deve interpretare 8,4 s. 646 -+ GUTBROD 220: la vita Xc.t'tèt 1t'\IEVµtt è
e 3,27 (Donn, o. c. [-4 n. 350) 37). Il senso possibile solo !v 'lt\IEUµCI·n, cioè perché si è
di v6µo~ nel v. 3 dove, usato assolutamente, ricevuto il dono del '!t\'EVµc.t. Dunque si trat·
designa ancora la legge mosaica, si spiega fa- ta assolutamente di un dono; tuttavia esso
cilmente in quanto essa è per Paolo la 'nor· non è inteso come qualcosa che rispondo a
mn' dell'uomo naturale, il cui agire è deter- une necessità di natura, ma come contrac:cam·
minato dal peccato e dalla morte (v. 2). bio d'obbedienza. Lo stesso in Gal. .:i,:r6.18,
60 BRAUN, o. c. (~ n. 623) 65. dove nòn è possibile pensare a un dativo di
644 Cfr. anche SGHLIER, Gal., a _5,16; DonD, norme (con ScHLlER, Gal., ad l., contro F.
o. c. (-+ n . .:in) :r36 s., a Rom. 8,28 ss. SIEFPERT, Gal., Kr.·exeg. Komm. iiber das
645 È abbastanza chiaro che, anche nell'anti- N.T. v. H.A.W. MEYBR' [1899), ttd /.).
nvEvµo:, 7tvEu1.1.a-ctx6ç, E m 2 c·d (E. Schweizer)

di) coloro che camminano secondo lo condizione di figlio, stabilita dall'opera


spirito e non secondo la carne <>17 • Il salvifica di Dio in Cristo, e fa sì che
concetto è ribadito ancor più chiaramen- viva in essa. Ma la libertà dalla «de-
te in 2 Cor. I ,I2, dove la xciptc; bEOU crepitezza della lettera» ( 7tG.À.rlLO"t''r)c;
è contrapposta al comportamento secon- ·rpaµµa."t'oc;) significa «servire nella no·
do la carne (dr. Rom. 5,2). vitù dello spirito» ( oouÀ.EVEW Èv xatv6-
Il contesto di pensiero in cui ci tro- "t'l]'n 'Jt\le:uµa."t'oc;). Le «passioni pecca-
viamo è dunque del tutto diverso da minose» (1trxtr1)µrx"t'a "t'WV aµap"t'LW\I ),
quello gnostico. Anche lo gnosticismo provocate dalla legge, ora non devono
conosce l'antitesi, ma la considera co- più essere poste in atto (Rom. 7,5 s.).
me un dato cosmologico, laddove in La retta esigenza della legge trova com-
Paolo essa è posta dall'opera di Dio in pimento in coloro i quali non vivono
Cristo, a cui l'uomo o aderisce o si più xa."t'oc crcipxa. ma xcnà 7tVEuµa.
rifiuta 643
• (Rom. 8 '4 ). Il qip6vnµa. -.ljc; crapx6c;
non ha potuto sottomettersi alla leg-
d)7tVEvµa. come disponibilità per Dio ge di Dio (Rom. 8,7); ma in forza del
e H prossimo miEiiµa i credenti uccidono le azioni
Secondo Rom. 8,15.25 s. e Gal. 4,6, O"wµa. (Rom. 8,13). La vita di figli
del
opera precipua dello spirito è di pre- è dunque una fede che si fa conéreta.
gare 6t9. La connessione è sottolineata La pericope in cui ciò è dettc;i con la
specialmente in Rom. 8,27, dove lo spi- massima chiarezzn è Gal. 5,13-25, do-
rito interviene per l'uomo, il quale da ve nei vv. 13.16 appare evidente che
solo non sa nemmeno che cqsa chiede- 7C'\IEUµa:n 1tEpL1t(1."t'ELV ( = btLÌ)uµla.v
re 650. La funzione 'etica' del 1tVEvµa <rapxòc; (J.'Ì) "t'EÀ.foa.t) equivale a OLà. 'tfjç
non è dunque altro che quella 'sote- &.ya:lt'I')<; OOUÀ.EVELV aÀ.À:i)À.oL~, cioè a
riologica': egli attesta all'uomo la sua «prestarsi un servizio vicendevole per

647 Qui si pensa chiarnmcnte al concreto agire M9 Non ricorre mai nei t<1bbini (STRACK-BIL-
del credente, ma altrettanto chiaramente que- LERBECK III 243}. ~ IX, coli. 1282 ss.; cfr.
sto è fondato nella forza di Dio; cfr. ~ Gul'· STAUFFER, Tbeol. I45; BIEDllR, o. c. (-4 n.
llROD 149 e i verbi 'spingere, testimoniare, por- 630) 22-40.
tare', che nelle righe successive interpretano
l'idea di 'abitare' (M1cHEL, Rom. i67 n. 3). 650 Non si tratta del 1wtiiµo. gnostico, che
M8 Contro W.L. KNox, St. Paul and the sospira nella materia (~ n. 360) e che è In
Ch11rch af Jhe Genti/es (1939) 99.109.127. Il parte più intima della personalità del pneuma·
solo passo di r Cor. 14,14 esclude che il 7tVEV- tico (cfr. FucHs, o. c. [-4 n . .595·] ad 1.). A·
µa rafforzi il voii.; (ibid. 99; similmente P. nalogamente, in Pbil. 1,19 va probabilmente
ALTHAUS, Paulus 11. Luthcr iiber den Me11- tradotto: «sostegno ad opera dello spiritm>
schen' [1938] 58, e, di contro, G. BoRNKAMM, (DIBELIUS, Phil., ad /.}. Si ripresenta questo
Der Mcnsch im Leibe des Todes : Wort u . aspetto in Rom. i.J,17, dove xap&. è il dono
Dienst, N.P. 2 [ I950] 42). dcl 7tVEuµa .
TC\IEV~la 1t'llEVµtt'tLX6<; E Ili 2 d (E. Schweizer)

mezzo della carità», proprio cosl adem- tate ed enumerate come opere dello
piendo tutto il v6µoc:; (v. r4) 651 • L'à:ya- spiritorM. Anche in I Cor. 13,1-3 né
1''l') non è dunque altro che la vita nello il carattere straordinario del miracolo
spirito - affrancata dalla liducia nella né la grandezza sovrumana del sacri-
aap!; - la quale si esprime esteriormen- ficio appare come un segno inequivo-
te; è la «fede attiva» di Gal. 5,6 (~m. cabile dell'&:ya'ltlJ e del 7tveuµa che in
coll. 880 s.). In essa si dà concreto com- essa si manifesta; tuttavia resta stabi-
pimento alla legge, in quanto l'uomo lito che lo spirito - per es. nel culto
vien dispensato dal cercar di attuare la (r Cor. 12-r4) - si esprime in concre-
propria giustizia (vv. r4-18) 652 • ta opera di carità. In Gal. 5,22 l'tiyti1t'l')
Perciò vivere della forza dello spirito è il primo dei doni dello spirito (~ I,
e secondo la sua norma significa vive- col. 134). Rom. 15,30 656 e Col. 1 18, e
re liberi dal v6µoc:;, vivere interamente più ancora I Cor. 13, mostrano che es-
del XpL<r"toç, della xapLç, dello <T't'OCVp6ç sa comprende in se stessa tutti gli al-
e in ciò rendersi liberi per l'a:ycbt'l'). tri doni 657 • Ma bisogna notare una vol-
Speciale attenzione merita Gal. 5,19-23. ta di più che l'ay1bt1J non può essere
Mentre l'agire della carne si rende tan- intesa se non come 1tLCT'tL<; nel su_o
gibile negli t'.pyoc, quanto al mieuµoc si orientarsi agli altri. Anche quando 7t\IEV-
può parlare soltanto del suo xap7t6ç 653, µa. appare come la forza santificatrice
che non è affatto puramente 'interiore' {Rom. 15,16; I Cor. 6,n, e forse an-
e invisibile. Nella pericope 5,26-6,10 (e che 2 Thess. 2,13), non è possibile sta·
del resto già in 5,21 b) si mostra che bilire se Paolo voglia mettere più for-
Paolo pensa chiaramente ad azioni con- temente in rilievo che lo spirito inse-
crete 6.54. Ma esse sono pure e semplici risce nell'opera salvifica di Dio, giusti-
azioni, che non possono esser presen- fica l'uomo, o fa sl che questi viva di

6St Al posto di 'ltVEvµa, il contrario di uiXpl; conquistato, ma il risultato cAsualc.


è à.y&:1'CT} (OEPKE, Gal., a 5,16). M4 -> Fuctts J.3.
652 Si interpretano mutuamente, da un lato 655 Perciò manca sia q>ll\1Ep6. sia la forma plu-
a&:pl; (vv. 13.16 s.), 'lloµoc; (vv. 2-4.18), TCE- rale. La cpa'lltpwcnc; -cou 'ltVEvµa.-coi; in I Cor.
wroµ1) (vv. 6.II), 8ovÀ.ll« (v. 1); dall'altro 12,7 è l'azione dello spirito nella comunità,
'ltVEvµa. (vv. 5.16-18), XpLC'-toc; (vv. 2-4), ma in quanto non si può misurare oggctti-
xap~ (v. 4), O'-ta\JpOt; (v. II), «rami (vv. \'amente, per es., in qual misura eccede l'or·
6.13), O.tvDEp!a (vv. 1.13). Cfr. ScHLlER, dinario (-> coli. 10~2 s.). Cfr. ScHLIER, Gal..
Gal., a 5,18. Questo significa ridurre al silen· a 5,22.
zio l'esistenza propria e~ FUCHS 54). Perciò 656 Se davvero si deve interpretare, paralle-
nel v. 18 può tornare, come antitesi di 'ltVEU· lamente a Philem. 9, secondo Gal. ,.,22, non
µa, il \16µoi;. Invece, l'opera della carne con· secondo Rom. 5,5, ~ n. 618, (cosi LIETZMANN,
siste nell'umiliare e annientare il prossimo (v. Rom., ad. l.).
15). 657 Come il corpo di Cristo contiene le mem-
m Anche in Rom. 6,21, dove è usato in ma- bra (G. BoRNKAMM, Der kostlichere Weg, in
lam partem, X«P1t6i; indica non il risultato Das Ende des Geselzes [1952] uo).
'ltVEuµa, nvEVµct't'~it6c; E m 2 d (E. Schweizer)

ciò nella sua concreta obbedienza 638 , Le siero della comunità. Paolo, parlando di
due cose coincidono 659 • ammissione nel 'corpo di Cristo' - for-
mula probabilmente ellenistica - sotto·
linea l'unità del corpo, il quale stringe
Qui la differenza rispetto alla conce- tra loro le varie membra 662 • Tutti i do·
zione gnostica appare in tutta la sua ni dello spirito hanno valore non in
chiarezza. Nello gnosticismo il 1tVEuµa. quanto sono la prova che chi li possiede
posseduto dall'estatico ne distrugge l'in- è un pneumatico, ma in quanto edifica-
dividualità (la sola cosa che importa è no la comunità (I Cor. x4 ). Certo, que-
la sostanza divina 660 ) e lo separa dagli al- sta è fatta di pneumatici; ma pneumatici
tri che, non essendo pneumatici, gli ri- sono tutti, e tutti hanno il loro ~ x6.-
sultano totalmente estranei, e se invece pt11µcx. 663 • Quegli individui che si iso-
lo sono gli servono soltanto perché pos- lano mostrano già con questo di non
sa riconoscere in essi se stesso, cioè la essere pneumatici, ma <rapxtxol 664.
sua medesima sostanza pneumatica 661 •
La realtà suprema è la yVW<it<;, cioè 7tVEÙµct. quindi appare ancora e sem-
la conoscenza della realtà divina in se pre come la forza prodigiosa che non
stessa. Essa sbarra all'uomo l'accesso al dipende dall'uomo, ma gli viene solo
proprio simile (I Cor. 8,r-3!). In Pao- e interamente da Dio. Questo pensie-
lo invece la yvwcrt<; è subordinata al- ro in Paolo è portato alle estreme con-
l'&.y!X.7t1) (~II, col. 516). La conoscen- seguenze. Proprio perché è divina, la
za donata dallo spirito ha quale ogget- forza non può palesarsi in fenomeni
to l'opera salvifica di Dio; perciò ren- singolari, sicché l'uomo possa appellar-
de l'uomo libero da se stesso e quindi si a proprie religiose capacità porten-
disponibile, aperto al suo simile. Essa tose. Si tratta, essenzialmente, della
torna pure a conferirgli la sua indivi- forza che lo inserisce nell'opera salvi-
dualità, ma non per far sl che egli pos- fica di Dio in Cristo, e come tale non
sa contemplarla e in tal modo ergersi di lo lascia in suo proprio potere, ma gli
fronte a Dio e al prossimo, bensl per- rende impossibile nutrir fiducia nelia
ché proprio grazie ad essa sia in grado propria crtip~ e gli dischiude invece la
di esistere per l'altro. vita nelI'à.ycbt'l'}. Con ciò Paolo non ha
Cosl norma vera e propria è il pen- fatto che portare fino in fondo gli ac-
658 Il primo modo è accentuato in I Cor. 6,11, permanenti (REITZENSTEIN, Hcl/. Myst. 392).
il secondo in I Cor. 6,19; 2 Cor. 6,6; I Thess. Cfr. H. KRAFT, G11ostfrches Gemeinscha/tsle·
4,7 s. (cfr. Rom. 14,17). Il fatto che vi si senta be11, Diss. Heidelberg (1950), ThLZ 75 (1950)
una terminologia cultuale (-+ I, col. 292) po· 628 .
trebbe essere prnticamentc privo di impor- 662 Rom. 12,4 s.; I Cor. u,r3-27; 10,17; Gal.
tanza . 3,28. Essere inseriti nell'opera salvifica di Dio
S59 C.T. CRAIG, Paradox o/ Holi11ess: lnter-
è lo stesso che morire a tutto ciò per cui
pretation 8 (1952) 147-161. Fra carne e spi- l'uomo può gloriarsi e distinguersi dagli altri
rito non vi è una zona neutrale; perciò la
(Rom. 6,3, par. Gal. 3,27 s.).
libertà dal peccato è necessariamente obbc·
dienza (-+ GuTBROD 228 s.). 66J Ki\SEMANN, o. c. (-+ n. 401) 170; tem-

660 SCHRENK, o. c. (-+ n. 401) uo s.; Pla- pio di Dio è la comunità ( r Cor. 3,16) e non
solo l'individuo (6,19).
tone e Filone, ibid. e -> col. 889. Anche
l'osservanza di straordinarie condizioni di spi- 66.\ I Cor. 3,J s. (-> BERTRAMS 69). Perciò la
rito (ibid. n6) porta all'assenza di comunione. comunità non è sottomessa alle individualità
661 P erciò il pneumatico gnostico fonda al pneumatiche, ma le può giudicare (ScHRENK,
massimo dei fXacrot, ma non delle ÉXxÀ:r1crfo.~ o. c. ( ~ n. 401] 124 s.).
1047 (VI;430) 'ltVEvµu., 7tVEvµa·nx6~ E m 2 d-3 (E. Schweizer)

cenni rHevabili già nei smotuct, quan· 3. Il rapporto dello spirito con Cristo
do presentano la croce quale espiazione (~ coli. 1006 ss.)
per i molti (Mc. 14,24, ~ coli. 1023
ss.), quale appello a penitenza capace di In Rom. 8,r-11 l'espressione 1tVEuµa.
scuotere ogni falsa sicurezza religiosa ikou ÈV uµi:'V «spirito di Dio in voi» (V.
(Mc. 12,1-12,~coll. ro33 ss.) e quale e- 9) si alterna con Xp~cr'tÒ<; Èv uµ~v, «Cri-
vento che rende possibile mettersi al
seguito di Cristo nella o~axovlcx. (Mc. IO, sto in voi» (v. 10); e uµti:'c; Èv 1tVEU-
42-45, -7 coll. ro41 ss.). p.a.·n, «voi nello spirito» (v. 9) con
Se dunque questa concezione dello 'toi:'ç tv Xp~1nQ «per coloro che sono in
spirito si distingue da quella degli Atti, Cristo» (v. r ), senza che vi si scorga
non è perché venga assunta la catego.
ria etica 665 , e nemmeno perché negli sostanziale differenza u 7 • Per quanto ri-
Atti Dio guidi la storia esteriore della guarda la terminologia, la si può spie-
comunità e qui invece quella intima gare alla luce della concezione elleni-
dell'individuo, oppure perché là il pos-
stica, secondo cui il Cristo glorioso è so-
sesso dello spirito si possa controllare e
qui sia invece oggetto di fede, o per- stanzialmente spirito e~ coll. 1002 s.),
ché da una parte si abbia dello spirito per modo che il dimorare in Cristo, in-
un concetto dinamico a cui in Paolo si
teso in senso locale, è anche un dimo.
contrapponga un «essere in Cristo 666 •
Tutti questi sono, al più, dei sintomi rare nello spirito 668 , e cosl pure il suo
nei quali si può ravvisare questa pro- dimorare in noi è al tempo stesso il
fonda differenza: il 'IWEvµa è la forza di dimorare dello spirito in noi. Secondo
Dio la quale fa sl che l'uomo creda nel-
la croce e nella resurrezione di Gesù. alcuni il valore strumentale dell'espres-
Tale forza può quindi apparire qua· sione Év 'ltVEuµr.n~ 669 starebbe contro
le straordinaria energia taumaturgica, questa interpreta:done; ma per affermar
quando se ne vuol sottolineare il carat·
tere trascendente; ma può anche essere questo bisognerebbe dimenticare che
il fondamento dell'essere stabilmente in quando Paolo parla di una sfera sostan-
Cristo; può guidare sia il destino ester- ziale, nella quale entra H credente, non
no della comunità, sia la vita interiore
fa che ricorrere a una presentazione
del singolo, operare in forma visibile o
invisibile, occasionalmente oppure in speciale dell'idea di forza. Ciò equi-
maniera continua. Ma in tutti questi ca- vale a dire che questa concezione può
si non si tratta più, come negli Atti, di spiegare solo la scelta del termine, non
un fenomeno supplementare, bensl del-
la forza che determina la vita di fede la cosa in se stessa. Nel contesto di
come tale. Rom. 8,r-n il nepma.'tE~V xa.-rà. 1tVEU-

66S 4 GUNKEL 71; contro -) WElNEL r~o J/iche Forme/ «ili. Chri1Jo ]esu~ (1892) 97 s.,
Il. I. che si basa su Rom. 8,9·n; inoltre KXsBMANN,
666 La questione è trnttata in -) Gi:CHTER o. c. (4 n. 4ox) x68.
376. fH1 Rom. 1,,13; 1 Thess. 1,,; lo scambio tra
661 Altri parelleli in DAVIES, o. c. (~ n . '45) lv ... e il dat. si ha in r Cor. 12,3/14,2 (dr. Eph.
178. 1,13/4130; 5 118); dativo in luogo di lv locale
668 Cosl già A. DmsSMANN, Die net1testamen· in Gal. 3,J; ,,,.16.2' (~ BERTRAMS 97 n. 1).
TIVEu11a, 1tVEU(1a·nx6ç E III 3 (E. Schwcizer} (Vl·,432) rn50

llll o il q>pOVELV -rà 'tOV 1tVri.Ufl.Cl.'t'O<; vien 'ltVE.uµa la prima designazione paolina
fatto risalire all 'e{vt:1.L xt:1.-rb. 7tVEvµa. ( vv. della terza persona della Trinità 674 •
4 s.). o all'ELVCl.L ÈV 1t\IEUµct:t'L (v. 9), e Spesso esso appare chiaramente come
questo, a sua volta, all'inabitazione del- qualcosa di impersonale (r Cor. r2,r3;
lo spirito (v. 9: .. :1tvi::uµa ... obtEi: Év r Thess. 5,19) e può alternarsi con cro-
ùµ!v) 670 • Così si fa chiaro un'altra vol- cp(a e ovvaµLç (I Cor. I ,4 S.I 3 ). Il 'ltVEU-
ta (~ coli. xo26 ss.) che Paolo cerca di µa donato all'uomo può esser detto
precisare la 'sfera' in cui vive il cre- 'suo' 'ltVEvµa o anche 'ltVEuµcx. ufol)Ecrlcx.c;,
dente in base a ciò che essa significa «spirito di adozione». Anche nell"inse-
per lui, cioè come una forza nella quale gnare', nel 'pensare', ecc., il 1tVtiiµa. ha
l'uomo è entrato e che pertanto ne de- a che fare con la <Tocpla o con la crap~ 675 •
termina i pensieri (cppovi::!v ), la condot- Il problema della personalità del 1t\IEV-
ta ( 1n:pL1tC1.'tELV) e la sottomissione alla µo. appare male impostato 676 per il sem-
legge di Dio ( uno'taO"crwl)u.L 'téi> v6µcv plice fatto che il termine 'personalità'
't'OU i)Eov) 671 • non esiste né in ebraico né in greco. Con
Questa forza non è anonima e sco- il giudaismo (-7 coll. 877.878) e con
nosciuta, ma si identifica col Signore la comunità primitiva (-7 coli. 967 s.
glorioso, tosto che questi si consideri 989 ss. 999 ss.) Paolo ha in com'°me l'i-
non in se stesso, ma nel suo agire nella dea che il 1tVE.uµa è il dono e ln for-
comunità 672 • La questione metafisica del za dell'era escatologica. Egli non si dà
rapporto che intercorre tra Dio, Cristo pena di abolire il concetto di 'forza'
e lo Spirito non tocca Paolo 673 • Questo in favore di quello di 'persona', ma
basta a mostrare che è errato vedere in piuttosto di mostrare che questa forza

670 Quest'idea ha nell'A.T. un fondamento an· trova la sua espressione nel duplice senso di
cor minore dell'altra, la quale ha ahneno un regnum; questo termine infatti designa l'am-
aggancio nella concezione secondo cui lo spi- bito in cui il signore esercita la sua autorità
rito 'riveste' l'uomo; ~ KOHLER n. 102; ma e in cui vuole che questa sia riconosciuta.
vedi p. n5, con il richiamo di Num. 27,18. 672 Le cose stanno cosl non soltanto in Pao-
671 Il fondamento è «lo spirito in noi». Quan-
lo (contro ScoTT, o. c. e~ n. ,568] 141-145);
do viviamo cli esso, si afferma la realtà espres- anche negli Atti Io spirito non è solo il neu·
sa con la formulo. «noi nello spirito» (~ tro "t'Oiho (2,33) diverso dal maschile btEi:voç
FucHs 55; cfr. KXsEMANN, o. c. [n. 563] di Paolo e di Giovanni (lo. 14,26). xvpLoç e
268). La formula lv XpLO''l:Q si può rendere miEuµa possono alternarsi anche negli Atti
con le parole: in regno Christi (~ BiicHSEL (~col. 972).
293); ma rispetto al concetto ellenistico del- 673 ~ GoouEL, Notion 62.
l'elemento spirituale, in cui il credente vive,
674 Contro ~ GXcHTER 407 s.
ciò presenta solo la differenza di evitare la
forma sostanziale, che è la categoria di pen· 675 Allo stesso modo, :mche la morte, il pec-
siero d'obbligo per l'ellenista. Anche il fatto cato e la legge possono essere 'petsonificati'
che la nuova forza vien concepita non come (vedi ~ BERTRAMS 149.153-155).
qualcosa che agisce in forma magica, ma CO· 676 Cfr. C. WELCH, The Holy Spirit and the
me una norma che l'uomo deve approvare, Trinity: Theology Today 8 (1951/52) 33.
1051 (vr,432) TtVEvµ«, miEUµa:nx6ç E UI 3 (E. Schweizcr) (v1,432) 1052

non è un'entità oscura, ma è invece la conda interpretazione 679 • Ma gli argo-


maniera in cui il xvpioc; si fa presente menti che si adducono per comprovarla
non convincono 680 • Quanto meno, il pa-
nella comunità. Perciò è possibile che rallelo più stretto, che è Phil. 2,1, non
si abbia ad un tempo e l'equivalenza si può intendere nel senso di «comunio-
con il xuptoç e la subordinazione a lui ne con lo spirito di Dio» (--> v, coll.
718 s.). In 2 Cor. x3,13 xuplou e i>Eov
(2 Cor. 3,17 s.; ~coli. xoo8 ss.)
671
• Per-
sono sicuramente genitivi soggettivi;
ciò Paolo può talvolta mettere in paral- perciò vi è da chiedersi se non si deb-
lelo 1h:6c;, xupioç e 1t\IEVµCX. (--> IV, col. ba applicare il parallelismo fino in fon-
434) appunto perché il loro incontro col do e interpretare cosl: «la comunio-
ne (xowwvla) donata dallo spirito».
credente rappresenta sempre un solo e Resta ancora da decidere se si parli di
medesimo evento 678• Al riguardo il pas- reciproca comunione fraterna o di co-
so più chiaro è r Cor. 12,4-6, non solo munione con lo spirito. In parallelo
con xapic; e àyci.'ltl), sarebbe da pre-
perché i tre concetti vi sono perfetta- ferire quest'ultimo senso, e allora xo~­
mente paralleli, ma anche perché il vw'Vioc avrebbe un significato chiara-
1t\1Euµa., in quanto si manifesta nella mente attivo e indicherebbe il dono con
cui lo spirito rende partecipi (di se stes-
vita della comunità, è indicato con una
so) (--> v, coll. 722 s.), senza che pe-
determinazione precisa quale «manife- raltro resti esclusa la compresenza del-
stazione dello spirito» (v. 7: cpcx:vipw- la prima accezione. In pratica, dunque,
<nc; "tov 'lt\IEVµoc-.oç) venendo cosl distin- l'interpretazione è la stessa che si ha
prendendo il genitivo come oggettivo.
to dalla fonte di questa operazione. Pro- Tuttavia è meglio intenderlo come sog-
blematico resta invece 2 Cor. 13,13. gettivo, sia pure con tutta la complessi-
tà del -concetto, dal momento che l'og-
Nell'espressione XOL\IW\lla. "t'OU a:ylou getto nel quale sussiste la comunione
1tvEuµa.'toc; si ha un genitivo soggetti- caratterizza quest'ultima non meno del
vo od oggettivo? I paralleli r Cor. 1, soggetto che la dona 681 •
9 e Phil. 3,10 sembrano suggerire la se-

671 Può anche esser quasi sinonimo di ftt6ç lrinitaire: RevHPhR 18 (1938) 126-144. E.
(1 Cor. 3,16; dr. 14,25; 2 Cor. 6,16), e tut- LEWIS, The Biblica/ Doctrine o/ the Holy
tavia essergli anche contrapposto (1 Cor. 2,10; Spirit: Interpretation 7 (1953) 281-298 1 mo-
Rom. 8,26 s. ). stra che siR nell'Antico sia nel Nuovo Testa-
678 Può aver influito la predilezione per for- mento in luogo dello spirito appare spesso,
mule triadiche (H. UsENER, Dreih~il : Rhein
se!Wl differenza di significato, Dio, il Signore,
Mus 58 [ 1903] 1-47 .161-208.32c>j62; KNoPF, ecc.
Pelr., a r Pelr. 1,2); sicuramente, invece, nes- 679 Cosl KfiMMn _(LIETZMANN, Kor.', ad l.):
suna influenza può essere stata esercitata dal- <1.Aver parte a ...~. StCKENBERGER, Kor., ad l.,
la concezione della famiglia degli dèi, giacché interpreta in senso trinitario-personale: «Co-
padre, figlio e spirito non appaiono mai in- munione con il...~.
sieme (-->- BiicHSEL 4n). Formule triadiche 681 Contro SBESEMANN (4 V, col. 718 n. 6,).
(-i> 1x1 coll. u97 s., n. 395) si trovano anche in Cfr. G.J. JoURDAN, KOINDNIA in 1 Cori!/·
Mt. 28,19; r Pelr. 1,2; Apoc. 1,4 s.; quindi non thians 10116: JBL 67 (1948) n6-n8.
si incontrano solo in area ellenistica (-->- 681 JouRDAN, o. c. (4 n. 680) u9.123 s.; dr.
BOCHSEL 414). Cfr. K.L. ScHMIDT, Le Die11 THORNTON, o. e, (4 n. 500) 74 S.
1053 (VI,432) 1t\1Euµa, 1t'llEuµa-t~x6i; E III 3-4 (E. Schweizer) (vr,433) 1054

Anche in Rom. 5,1-5 e Gal. 4,4-6 i come un tutto, insistendo solo di più
tre concetti, pur non essendo paralleli, sulla sua natura psichica che su quella
sono accostati 682 • Essi mostrano che l'o- corporea (2 Cor. 2,13; 7,5; cfr. 7,13;
pera di Dio nel Figlio o nello spirito I Cor. 16,18; sempre con pronome per-

dev'essere sempre intesa realmente co- sonale). Nei saluti conclusivi, «il vostro
me opera di Dio stesso, ma che, ciò no- spirito» (7t\1Euµct uµGw :Gal. 6,18; Pbil.
nostante, il rapporto che intercorre tra 4,23; Philem. 25) è lo stesso che il sem-
Dio, il Signore e lo spirito non è an- plice pronome personale ÒµEi:ç (r Tbess.
cora avvertito come problema. 5,28). Cosi, in I Cor. 2 1 11 '!t\IEuµa., in
quanto autocoscienza dell'uomo, può es-
4. Il 'lt\/€vµa. antropologico ser distinto dal 7t\IEUµct di Dio inteso in
In Paolo i termini antropologici non un perfetto parallelismo che definisce
sono né costanti né originali. Lo spiri- l'uso del termine. Anche nel celebre
to santo di Dio giunge a tutto l'uomo, passo di I Tbess. 5,23 7t\1Euµa., accosta-
e non è da spiegare psicologicamente 683 • to a lJluxiJ e a O"Wf-~<X, andrà anzitutto
Questo fa sì che Paolo accolga senza inteso, nel senso dell'antropologia po-
pregiudizio idee popolari. Non si può polare 685 , come parte costitutiva dell'uo-
dimostrare che egli non conosca un mo 686.
'lt\IEuµcx. antropologico 684 • Quando ap- Paolo quindi può, con tutta natura-
pare accanto a <Twµet o a o-&.pt;, esso lezza, prendere 'lt\IEVµ<X dall'uso lingui-
probabilmente non indica altro che le stico giudaico, come designa:Gione psi-
funzioni psichiche dell'uomo (I Cor. 7, cologica (-+coli. 894 ss.). Ma anche in
34; 2 Cor. 7,1; Col. 2,5?); quindi può questo caso egli intende parlare del
stare in parallelo anche con \jlux1J (Phil. 'lt\/Eliµa. donato da Dio, e quindi di una
1,27, -+ col. 1084); talvolta, paralle- realtà che in definitiva non è dell'uo-
lamente a crapt;, può indicare l'uomo mo 687 • Ciò può non venir sottolineato

682 Un'altra cinquantina di passi in --> 686 L'interpretazione di 'Tt\IEuµa come designa-
GXCHTER 388·4or. zione di tutto l'uomo, che si scomporrebbe
683 Pal!.1ss, o. c. <~
n. 639) 30 s . poi in l.Jivxii e awµci (CH. MAssoN, Sur r
684 C. CLEMEN, Paulus II (1904) 69 s.; per Tbess. 5,23: RevThPh, N.S. 33 [1945] 100
tutta la questione dr. W. KtiMMRL, Rom. s.), mi sembra impossibile; e non si può
7 und die Bekehrung des Paulus, UNT 17 nemmeno dire che mitiiµ~ sia lo spirito di
(1929) 30-34; ~ BERTRAMS 5-28, Dio contrapposto all'anima e al corpo (DoB-
(:li; ~ coll. 944 ss. La benedizione è tradiziona- sCHfrrz, Thess., ad l.).
le, forse liturgica; perciò dice poco intorno alla
concezione antropologica di Paolo (DlBRLIUS, 687 In contrario non vale nemmeno ricordare
Thess. ', ad l.). Può anche darsi che la com- che 'Tt\IEVµ~ può esser mantenuto puro o, in-
binazione sia casuale, come in Deul. 6,5 (W. vece, venir lordato (r Cor. 7,34; 2 Cor. 7,1 ;
ROBINSON, in ROBINSON, o. c. [ ~ n. 396] 27 KtiMMEL, o. c. [--> n. 684) (--> coli. 932 s.
n. 2). 935 s.).
1055 (Vl,4JJ) rt\IEUl~a.. rt\IEV!!.r.t'tt;:6c; E III 4 (E. Schweizcr)

o restare dcl tutto inavvertito 633 ; ma non è un carattere indelebile, giacché


può anche risultare ben chiaro. In 1 Paolo prende in considerazione la possi-
Cor. q,14 il 'it\IEOµa. che è donato al bilità di una perdizione, se non si com-
pneumatico ed è ben distinto dal vouc; pisse il giudizio nella cr6.pl; (e questo po-
di quest'ultimo (~ VII, col. 1059), è trebbe consistere in una malattia o nel-
tuttavia detto m1euµct 'suo' 689 • Anche la morte; II,30, cfr. Act. 5,I·II). Si
in Rom. 1,9 si parla probabilmente del- tratta del nuovo 'io' dell'uomo, che an-
lo spirito di Dio concesso individual- drebbe in rovina se uno cessasse del tut-
mente all'Apostolo(~ VI, coll. 185 s.; to di essere cristiano. Perché non si ve-
cfr. col. 1376) 690 • rifichi quest'ultima tremenda possibi-
I Cor. 5,3-5 non è del tutto chiaro litii. occorre che abbia luogo il giudizio
(~ VII, col. 476). Lo spirito del pec- purificatore della aaps m. Inoltre, sia
catore che dev'essere salvato è proba- qui che in Col. 2,5, si può intendere
bilmente quell"io', parte dello spirito il 7t'.1Evµa dell'Apostolo come il dono
di Dio, in cui è rappresentata la totali- dello spirito di Dio a lui accordato, do-
tà deH'uomo nuovo, del credente 691 • Mn no che designa la sua autorità e che ope-

68S Questo non è stato sufficientemente osser· manifestazioni che formalmente sembrano ana-
vato da DonscHUTZ, Thess, a 1 Thcss. 5,23 e loghe (che egli probabilmente fa risalire a
2 Then. 2,q; egli è fondamentalmente nel giu- Satana,~ n. 703), sebbene in 1 Cor. 12,3 eviti
sto quando interpreta miEuµa; come l'elemento significativamente l'espressione 'ltVEiiµtt Etliw·
nuovo, posto nell'uomo da Dio, ma ha il torto Àwv.
di pensare che divenga una parte della sua
natura. 690 KiiMMEL, o. c. [4 n. 684] 33; analoga-
mente va forse inteso Rom. 12,n. In Rom.
689 Cfr. anche Rom. 8,15 s. e i 'ltVEuµa;-ra: rtpo- 8 110 s. con 'ltVEÙµa si sottolinea fortemente
qni-cwv di 1 Cor. 14,32. Questo plurale non le provenienza da Dio (contro ~ BERTRAMS
dice di più. Non si può parlare nemmeno di 7-9).
accomodamento a un uso linguistico protocri-
691 È certo che non si tratta semplicemente
stiano (LtETZMANN, Rom., excursus a 8,n).
dell'anima umann, poiché Paolo non prende
~ vero che in 1 Cor. 12,10 si presuppone
mai in considerazione la salvezza della sola
che i 'ltVEUlut:rcx possano anche dire il falso,
anima e~ GuTBROD 82 s.). Parla di se stes-
per modo che si avverte l'eco di una conce-
so in qùanto ha un'esistenza che gli è do-
zione animistica, giacché non si può intende·
nata da Cristo e non in quanto ha delle
re semplicemente nel senso di 'operazioni del-
capacità e possibilità naturali (dr. 3,x5: a.U.
lo spirito' (M. DIBELIUS, Vie Geisterwelt im
-r6ç). Secondo G. BoRNKAMM (in v. CAMPEN·
G/a11ben dcs Pa11l11r [ 1909] 74); ma non si llAUSEN, o. c. [ 4 n. 630] :r47 n. l ), lo spirito
può nemmeno intendere nel senso di 'spirito
di Dio non può più essere abbandonato al
santo e demoni' (contro A.L. HUMPHRIES,
peccatore; ma il passo di 1 Petr. 4,6 e l'ac·
The Holy Spirit in Faitb a11d Experience cenno al giorno del #liudizio non ammettono
[ 1917] 210) poiché in 1 Cor. 14.32 è impos·
1
questa spiegazione.
sibile pensare a demoni. In linea di principio,
Paolo conosce un solo spirito di Dio, quello 692 Lacr<ip~ che vien distrutta non è il pec-
che è dnto individualmente in dono ai sin- cato (come vorrebbe GROSHBIDE, o. c. [ ~ n.
goli (2 Cor. rx ,4! ). Tuttavia, per brevità, rac- .n 61 u3, ad /.). Cfr. 1 PeJr. 4,1.6.17; ~
coglie sotto lo stesso concetto generale le coli. x087 s.
1057 (vr,43.~) 7t\1Euµcc, nvEUµa-.~x6c; E m 4 (E. Schweizcr) (v1,435) 1058

ra anche quando egli non è presente zionale e allom si nota che - come nel-
col corpo m. Per l'espressione 7tVEvµa lo gnosticismo - questo '7tVEvµa. indivi-
1tpa.i'.i-cT)-roc;, «spirito di mansuetudine» duale è contrapposto sia alla tJiux-fi sia
(I Cor. 4,21; Gal. 6,r) ~ n. 329 e al crwµct, in quanto trascende l'uomo ed
col!. 906 ss.: una concezione originaria- è proprio di Dio 698 • Questo appare in
mente animistica, posto pure che ci sia, forma positiva là dove viene distinto
sarebbe giìì dcl tutto sbiadita m.t. nettamente dal voùc; umono (1 Cor. 14,
Ciò che veramente conta è che que- 14), e in forma negativa quando, vo-
sto 7t\ltvµa dimorante nell'uomo si può lendo designare l"io' intimo dell'uomo
considerare soltanto come qualcosa che privo di Cristo, si evita di far ricorso
è stato posto in lui e che è affine a Dio. al termine 1t\1Evµa. "'".
Esso non è nemmeno l'anima integrata Tutto ciò appare a prima vista con-
dal 1NEuµa di Dio 69;. Qualche volta fuso (-) coli. 935 s.); ma, se ci si ren-
Paolo usa istintivamente 1tVEuµa circa de conto che Paolo muove radicalmen-
nel senso di t!Juxil; ma in questi casi te dall'opera dello spirito di Dio e ri-
si esprime nella consueta maniera giu- tiene che l'intera esistenza del creden-
dnica e~ coli. 894 ss.) che n:\turalmentc te ne è determinata, allora si incomin-
gli doveva essere familiare r#J. Egli non cia a vedere chiaro. Per lui lo spirito
dice mai ch~· Ja ~uxil trova compimento di Dio non è una potenza bizzarra e
nel 7tVEi:iµa. E se talvolta fo pensare a magica, ma rivela al credente -l'opera
un 'organo' che accoglie lo spirito di salvifica di Dio in Cristo e lo rende
Dio, anche questo 'organo' viene det- capace di accettarla con piena respon-
to 1t'VEvµa e designato espressamente sabilità(--> coli. rn23 ss., spec. ~ 1032
come 'lt\IEuµa. che non è proprio del- s.). Per questo il 'lt\IEuµa, mentre è
1'uomo, ma all'uomo è stato donato da interamente spirito di Dio senza mai
Dio (Rom. 8,r5 s.; I Cor. 2,rr) 697. Tal- diventare il 1t\IEÙµa individualmente
volta la formulazione di Paolo è inten- donato all'uomo ;oo, può anche divenire

f•n Contro Jot·t, W'Etss, I Kor., nd I. Si in- 538) 64 in Rom. 8,16 ravvisa il ltVEvµa im-
tende qualcosa di più dell'anima naturale. L1t manente all'uomo; ma vedi pp. 65 s.68 s.8I.
lìvvo:µ~ç 'I'l]aoii, che ne vien distinta, è eia ~·~ (fr. -7 coli. 1059 ss.; SNAITH, o.e. (4 n.
intendere come in Rom. 8,r5 s. (-7 col. ro57). 545) i84-186; F.C. SYNGE, The Holy Spirit
~ BULTMANN, Theol. 204; :malogumentc i
nlld the Sacraments; Scottish Journal of Theo-
Cor. u,18. logy 6 (1953) 68 s. Il dualismo immanenza-
tmscendenza viene dissolto dallo spirito che
695 Cfr. ~ FESTUGIÈRE 219 s.
le comprende entrambe (4 WP.NDLAND 468-
696 Non avviene mai che lo spirito umano ven- 470).
ga inteso, alla maniera stoica, qu3(c prnpar,- 699 In suo luogo usa lyw o voiic; (Rom. 7,
gine dello spirito di Dio, come potrebbe sur,- 17-23).
gerire Gen. 2,7 (-7 BOCHSEL 417). 700 Rom. 8,16! 4 VI, col. 1376; qui si ac-
6'f1 Cfr. Od. Sai. 6,7. BROSCH, o. c. c~ n. cenna all'interpretazione che vorrebbe alli-
1059 (VI,435) 1tVEiiµo., 1t'JEUµa:nx6ç E III 4·5 (E. Schweizer)

l"io' intimo di colui che non vive più In corrispondenza a tutto ciò il neu·
dell'essere suo proprio, bensl di ciò che tro plurale 1t\/Euµrt.'tLX6. può indicare
Dio è per lui. l'oggetto della conoscenza accordata so-
lo dal 1t\1Ei:iµa. di Dio, cioè quelle co-
5 . 1t\/Euµa:nx6ç se celesti, irraggiungibili al voiii;, che
Quando Paolo contrappone i pneu· in sostanza contraddistinguono il mes-
matici (TC\IEUµ<.t1:tXOt) agli psichici (W\J· saggio di Cristo {r Cor. 2,13 704 ; 9,n;
xtxol), il suo uso linguistico è parti- Rom. r5,27). Nei due ultimi passi si ri-
colarmente intenzionale. In I Cor. 2,13- cordano anche le realtà terrene, quali-
15 TCVEVµet:nxoc; è l'uomo che grazie al- ficate come carnali (urxpxtxa), ma non
lo spirito conosce l'agire di Dio {~ per questo considerate come malvagie;
coll. rn24 ss.), mentre lo ljJvxLxoc; è cie- si tratta di quelle realtà che promuo-
co davanti ad esso 701 • Il contrasto è net- vono solo la vita naturale, ma non uni-
tissimo, perché per Paolo non si dà scono a Dio. Cosl, anche dai cibi e dal·
un'esistenza neutrale. Non avere il 1t'\IEU· le bevande usuali si distinguono le be-
µa. di Dio significa esser determinati 702 vande e i cibi pneumatici, i quali pro·
dal 1CVEliµa i:ou xocrµou, cioè dallo spiri- vengono -direttamente dal mondo di
to del mondo 701 • Altrettanto specifica è Dio e comunicano una forza divina ( r
in I Cor. 15,44·46 la distinzione tra Cor. ro,3 s., ~ coll. 257 ss.). Con ciò
trwµrt. TC\IEUµcti;LXO\I e O'Wµr.t '1iVXLXO\I non si vuol dire, tuttavia, che gli ele-
(~ coll. 1012 ss.). Ciò prova che questa menti portino in sé il 1t\/Euµa. '1115, come
terminologia era stata scelta e diffusa si può .;,edere da altre espressioni pa-
. già prima di Paolo (~ coll. 944 ss. e n. rallele 7Cl6 e dal v. 4 b 707• Il neutra 1tvEV-
396). µct·rndt in r Cor. 14,1 designa l'insie·

neare, accanto allo spidto di Dio, la perso- BELIUS, C. C. (~ n.689) 91 n. 4, il quale


nale esperienza di fede, come suggerisce Wes· però integra con un J..6yoic; che suona al-
ley; ma cfr. PRBrss, o. c. [ ~ n. 639] 24; quanto duro. La conoscenza non naturale, pro-
BuLTMANN, Theol. 203. veniente da Dio, è detta 'Jt\IEUµct't~xi) anche
701 Cosi anche in fod11e 19; ~ col. 1090. Cfr. in Col. 1,9.
~ n. 384. 705 Contro H. LlETZMANN, Mesie und Her·
702 Per 2,16 ~ vn, col. xo19; per 3,1·3 e rcnmahl (1926) 252 vedi SCHWEIZER, o. c.,(-+
I Cor. 14,37: Gal. 6,1 ~ n. 605. n. 548) 263. Inte.rpretare nel senso di 'trasfe·
703 C'.once2ione mitologica che si riscontra an· rcnte nvtiiµa' (E. KXsEMANN, o. c. [ ~ n.
che in Eph. 2,z (~ BERTRAMS 19 s.). .:s63J 267; similmente ScHLIER, o. c. [~ n.
7G1 Per miEUµ«'ttXO~ ~ v, col. no8; ma '97 J 24) è troppo poco, né può considerarsi
il senso neutro (par. all'espressione lv lMo.x- adeguata l'interpretazione 'costituito di '1t\IEU.
-ioiç mituµ"-ioi; = nvEUJl~'tLXb>c;, cod. B) è µu' (~ GuNl<EL 45), ~ n. 706. Per lo solendo-
anch'esso da considerare attentamente, dato re della shekinà concepito come cibo dei
che il v. 14, volendo sottolineare l'acce2ione credenti, cfr. Hen. hebr• .:SA (0DEBERG, o. c.
personale, a iJiux~x6c; aggiunge ancora lJ.~pw. [~ n, 22,) II IJ).
'Jtoc;. Sostanzialmente dello stesso parere è DI- 706 I Pelr. 2,, e anche Barn. 16110 (tempio
1061 (VI,436) 'ltVEVjUI., mlEUjUl.'t'tx6ç E m 5-rv 1 (E. Schweizer)

me dei doni dello spirito 708• In Rom. 7, ancor più di Paolo, annuncia la presen-
14 la qualifica di 7t\IEUµri:nx6c; data al za di quella salvezza che un giorno avrà
compimento. La differenza rispetto ai
v6µoc; viene a caratterizzare quest'ulti- sinottici e a Paolo sta dWlque in que-
mo come véµoc; ilEov (vv. 22.25), cioè sto, che Giovanni è ancor più lineare
come qualcosa che viene dal mondo di nel metter da parte le antiche conce-
zioni.
Dio e non da quello degli uomini 7Cl9.
In Giovanni non si trova lo spirito
IV. Giovanni che compare all'improvviso o che si
r. Importanza dell'escatologia manifesta in forme fuori dell'ordinario,
con fenomeni estatici o con miracoli 712•
La frase trasmessa in Io . 21,22 si
mantiene ancora sulla posizione di Mc. Anche Gesù non appare mai come pneu-
9,1; I Thess. 4,17, cioè afferma che al- matico m, né i suoi discorsi ispirati o i
cuni faranno l'esperienza della parusin. suoi miracoli vengon fatti risalire allo
Vi era però chi già incominciava a far
spirito 714 • Evidentemente, la via segui-
del sarcasmo (2 Petr. 3,4; I C!em. 23,
2 s.; 2 Clem. 1 l) ed altri che, di con- ta da Luca non soddisfa Giovanni che
tro, si limitava a parlare di un rin- lascia completamente da parte l'idea
vio della parusia stessa (2 Petr. 3,8-10; dell'ispirazione, in quanto questa carat-
1Clem. 23,4s.; Barn.21,3) 710 • Giovan-
ni, invece, tiene per fermo che il com- terizza quella separazione di fondo tra
pimento non è ancora venuto 711 , ma, Dio e Gesù che deve esser superata me-

spirituale, a differenza di un altro costruito tion 8 (1954) 387-396. Per l'intera questione
con le mani, perituro, vv. 7.9). DM. ro,3 (ci- cfr. -+ HowARD 106-128.
bo e bevanda spirituali diversi da quelli usua· 712 -> FR6VlG 81. In 20,22 s. la pentecoste
li); Ptolem., ad Floram (in Epifanio, -> n. si verifica senza lingue di fuoco né vento
397:digiuno spirituale); Ign., Epbes. 5,1 (rap- tempestoso (-> BARRETT, Fo11rth Gospel 3 s.).
porto spirituale col vescovo); cfr. u,2; Mg. Anche in 16,13 non si hanno tracce dell'an-
13,1. Cfr. C.F.D. Mouut, Sanctuory and Sacri- tica concezione, secondo la quale lo spirito
fice in the Churcb of Lhe NT.: JThSt 1 (1950) profetico conferisce innanzitutto la conoscen-
34 s. ('pneumatico' equivale al rifiuto del cul- za dell'avvenire (BULTMANN, ]oh., ad I., e
to esteriore). BARRETT, o.e. [-+ n. 710] ad l., contro -+
1<ll La roccia pneumatica è di natura non ter- GOGUEL, Notion 14x; H. WINDISCH, Die fiinf
rena, miracolosa, e proviene da Dio (-+ coli. ioh. Parakletspriiche, in Festgabe fiir A. JO-
ll2. II5 S.), LICHER [1927) 121; dr, II8; -> WEINEL 52
708 Forse anche x2,x; cfr. Rom. x,n. s.). La testimoninnza çiello spirito non consiste
709 Anche Eph. 1,3; per Col. 3,16 =
Eph. mai in atti prodigiosi (come in Mc. 16,17 s.).
5,19 -+ col. 1019; per tutta la questione cfr. m Egli è invece «la divinità che concede il
anche SELWYN, o. c. (-+ n. 555) 281-285. 1t\IEU殯 (~ VoLZ, GeiIL 196 n. x).
110 -+ BARRETT, Fot1rth Gospel 2 s.; In., The 1" Per es. 7,28.37; I2A4; J,8; 6,u; 9,6 s.;
Gospel accordittg to St. fohn (1955), ad. I. II.43· Anche in u,33; 13,21 non si parla
711 6,27; x2_,25; 14,2 s.; 17,24. In n,24 il della commozione del pneumatico; mitvµa
concetto è inadeguato, ma non negativo. Più va concepito -in senso puramente antropologi-
precise indicazioni in E. ScHWEIZER, Das ioh. co come equivalente di tav>t6v (u,33; dr.
Zeugnis vom Herrenmahl:EvTheol 12 (1952/ 12 127), -+ BARRETT, Fourth Gospel 3; con-
53) 3'3·35Ji In., The. Reinlerpretation of lhe tro-> W1NDISCH, Joh.-Ev. 315. In 19,Jo de-
Gospel by the Fot1rlh Evongelist: Interpreta- signa la forza vitale fisica, -+ coli. IIOI s.
'ltYEVµrt., 'JtvEVµrt.-rLx6ç E 1v 1-z (E. Schweizer)

diante un terzo elemento, che è appun- categorie rabbiniche, pensa secondo


to lo spirito. Ma, se l'evento di Cristo quelle del giudaismo eterodosso. Si ri-
va realmente inteso come il passaggio cordi, ad es., 1'uso linguistico prepao-
da un eone all'altro, allora tutto l'essen- Jino (~ col. roo2), nel quale 1t'll:?:U·
ziale si riduce a questo: in lui s'incon- µet e crap~ distinguono rispettivamente
tra il Padre in persona, e non un sem- la sfera di Dio e la sfera del mondo
plice dono del Padre 715 • In tal modo, (3,6 ; 6,63) 718 • All'espressione ye:wri-
è naturale che non si parli della sua i)-(jva.L ÈY. -rou mie:uµa.'toç (),6) fa ri-
generazione dallo spirito né del dono scontro l'altra: yEWl')tH'j\la.L èX.\IWitE\I (o
dello spirito nel battesimo. E:x. ikou) ( 3,3; r, 13 ). Al!'E7:vaL Éx. 'tou
La menzione della prima è stata inse- ~e:ou si contrappone l'dwt.L È>t 'tW\I
rita assai per tempo in Io. I, I 3 716 ; ma x<hw, f.x 'tOu OLa.06f..ou, ÉX. •ou x6-
il versetto mostra che, per Giovanni, crµou 719, cosl come a yEye:w11µÈvov be
una generazione pneumatica si ha per i
credenti, ma non per il Figlio. Quanto 'tOU 1t\IEUµa.Toç si oppone j'Ej'EWT]µÉ-
alla discesa dello spirito su Gesù in r, vov È.x. •ile; c;apx.6ç. Da un lato si ha
33, vi è da dire che vien ricordata solo dunque ]'equiparazione di 1t\1Euµa, ii.vw,
come dimostrazione, non come causa,
della sua condizione di figlio 717 • lle:6ç, dall'altro quella di a&pt xchw,
OLaBo).oç, x6aµoc;.
2. 7t\1Euµa come sfera opposta alla crcips In 4,24 l'equiparazione suona: r.'llEV·
Altre differenze rispetto a Paolo non µa. 6 ì>e:6ç, «Dio è spirito:>720 • Con
sono fondamentali, ma dipendono dal queste parole si proclama che l'ora esca-
fatto che Giovanni, più che secondo le tologica, nella quale 'sopra' e 'sotto',

71S Sintetizzando si potrebbe dire che nei si- un'eco del tentativo fatto da Luca (-> coll. 973
nottici si parte dall'unità di Dio e spirito, s.) per modificare il dono dello spirito, tr.1·
estendendola al dono dello spirito a Gesù, sformandolo in un possesso duraturo (BAR-
mentre in Giovanni il punto di partenza è RETT, o. C. (~ n. 710) 74).
l'unità di Padre e Figlio, che porta al dono 718 Quest'uso non è accolto da Paolo (BuLT-
dello spirito da patte di entrambi (cfr. ~ MANN, Theol. 354), -> n. 735 . Cfr. KXsE-
WINDISCH, ]oh.-Ev. 315). MANN, o. c. (-> n. 401) 96; SCHWEIZER, a. c.
716 ~ HowARD 66-68; W. v. LoEWENICH, [-> n. 3531 563-J69 .
719 8,23.42-47; 25,19; 17,14.16. Materiale gno·
Das ]ohannesverstiindnis im 2. ]ahrhtmd. stico in G.P. WETTER, Ei11e gnostische Forme/
(1932) 8I S.
im 4. Ev.: ZNW 18 (r917/I8) 56-58; ScHLIEn.
717 ~ GoouEL, Notion 99. Forse, Giovanni o. c. (-> h . 372) 141 s.
non presuppone alcun battesimo di Gesù (M. 7?:l Pe1· una corrispondenza formale~ coll. 837
GOGUBL, ]enn-Baptiste [1928] 160 s.; ma ve- s. e lluLTMANN, ]ob. 141 n. 2 . Ma Giov:mni
di BULTMANN, ]oh. 65 n. 3); ad ogni modo, evita il termine voiii; e a nvEuµa dà un si·
esso non ha alcuna importanza per Gesù stes- gnificato del tutto nuovo opponendolo in as·
so, nemmeno come designazione della sua 'ora' soluto a uapl;. In questa accentuazione della
(contro ~ BiiCHSl!L 492). Al più, il verbo radicale differenza tra Dio e qualsiasi· realtà
µivEW (~ WJNDISCH, Synopt. Vberiie/erung umana si avverte. una sensibilità veterotesta-
232 n. 1) potrebbe mostrare che c'è ancora mentaria e giudaica, non greca.
7tVEu1.1.a., r.vwµtx:nxoç E rv i (E. Schweizer)

spirito e carne, Dio e mondo si incon- 20) 722 .L'adorazione cultuale fu rifiuta-
trano, può bensi non essere ancora com- ta ripetute volte m. Volendo sottiliz-
piuta, nondimeno è già presente 721 • In zare si può dire che il vero culto di cui
pieno contrasto col pensiero greco e parla Io. 4,24 è quello reso addirittura
gnostico viene annunciato che ciò che alla .carne e al sangue di Gesù 724 • Per-
si realizza non è l'incontro della sostan- tanto 7tVEuµa. non designa l'anima e la
za di Dio con quella che si trova sepol- mente dell'uomo, ciò che «nell'uomo
ta nell'uomo e che originariamente era più rassomiglia a Dio», ciò che è imma·
uguale ad essa (-> coll. 940 ss. ), bensì teriale, «puramente interiore» 715 • Al pa·
la volontà di Dio, che nell'uomo Gesù ridi à.}.1]1}m.t 726, anche 1tVE.uµa. designa
di Nazaret chiama l'uomo alla fede e la realtà di Dio. Formalmente, esso
intende incontrarsi con lui. Perciò ado- appare, alla maniera ellenistica, come
rare Dio nel 7CVEuµa. e nell'à.À:f1~m.t. qualcosa di sostanziale; ma in realtà
non significa più (~I, col. 663) adora- poggia sul riconoscimento che tale real-
re avendo coscienza della propria so- tà si può trovare solo in Gesì1. Cono-
stanza pneumatica, e nemmeno nella scere l'àÀ.1]~E~a. significa riconoscere, in
propria spiritualità, distinta da tutto ciò Gesù, 't'ÒV cXÀ.1")~WÒV ~e.6v (8,32; x7,
che è al di fuori; significa invece adora· 3) 727 • Cosl la formula Èv 'ltVEvµa'tt cor-
re ne Ila sfera di Dio e non più in quel- risponde di fatto all'Èv Xpicr't4) di Pao-
la del x6aµoc;, che è quanto dire nella lo 728 • L'atto sovrano della rivelazione
realtà, non nell'apparenza. Ma la real- di Dio in Gesù ha creato lo spazio in
tà si può trovare solo là dove Dio stes- cui si ha la vera adorazione. Ciò equi-
so entra nel mondo in colui che è «il vale a dichiarare che un culto che non
Dio verace» ( ò à.À:riihvòc; ~t:6c;, I Io. 5, sia prestato a partire da quest'atto di~

721 Cfr. ~ BARRETT, Fo11rth Gospel 6; In., BULTMANN, ]oh. 140 n . 3; BAUER, ]oh., ad l.;
n. c. (~ n. 7ro) ad l., qui intende 'Jt\IEUµ.tX v. anche Sen., episl. 41,1 s. (dr. 66,12): «le
come la forzn divina dispensatrice di vita, mani non sono d:l innalzare al cielo... Dio ti
mentre à.)..:f]Ow.c sottolineerebbe il vincolo è vicino, è con te, in te ... uno spirito santo
che unisce al Gesù storico. Più esattamente nbitn in noi». z,111N, ]oh. e BAUER . ]oh .. ad /..
si dovrebbe parlare di forza che unisce al intendono Io. 4,23 s. solo in questo senso.
mondo divino (e perciò dona la vita). 724 E .C. HosKYNs, The Fo11rth Gospel (1947)

122 Cfr. r,9; 6,32-35; 10,xr; r5,1; mao; q, ad I.


9 s. Completamente diversa è la concezione in 125Contro ~ VERBEKE 392; ~ HowARD 61;
Platone(~ coli. 812 s.). Di fotto la chiave per G.H.C. McGREGOR, Tbc Gospel o/ ]oh11,
intendere rettamente sono i passi 14,26 (da MNTC (1949), ad l., BAUER, ]oh., ad I.
non leggersi con il cod. D!) e 16,12 s.: lo m ~ I, coli. 646 s. 657-665; BULTMANN,
spirito non è altro che l'intcrprct:izione dcl Theol. 365 s.
Figlio incarnato (0. CULLMANN, Urchristen- m OoEBERG, o. c. (~ 307) 170.
tum 11. Gollesdieml 1 [ 1950) 48 s.). 1u Contro ~ 111, col. 576, con J. HoRST,
m 1 Rcg. 8,i7; tra gli Ebrei e tra i Greci: Proskynei11 (1932) 306.
1t'llEVl.1Gt, 'lt'llWµai:~x6ç E IV 2-3 (E. Schwcizer) (v1,439) 1068

vino, per quanto 'spiritualizzato' possa (I 7 ,3 ); egli quindi non percorre tutto il
essere, non è prestato nel TtVEliµa. n 9 , cammino compiuto dal pensiero di Pao-
lo, per il quale lo spirito dona la vita
3. TtVEuµa come potenza che genera la in quanto comunica la conoscenza del-
vita, in opposizione a rrapl; l'opera espiatrice compiuta da Dio sul-
la croce (-+coll.1027s.) e quindi tra-
Anche in Io. 3,3-5, come in 4,23 s. smette la libertà dal xa.ux'l')µa (-> coll.
(--? coll. 1064 ss. ), miEi:Jµa appare come ro33 ss.), la disponibilità per il prossi-
mo(~ coli. 1041 ss.), in una parola, la
mondo inaccessibile all'uomo che non otxatocruvn in tutta la sua estensione.
viva Èv 7t\1Euµa"'n 730, con la differenza Conseguentemente la concezione del
che qui la vita è fatta risalire a una 7t\1Euµcx. generatore di vita, che in ori-
gine si muove su tutt'altra linea, è da
generazione dal 7tVEVµa 711 •
Giovanni assunta in forma assai più di-
Il vero problema di Giovanni è di retta, ma con un significato che, tutta-
sapere come si ottenga la vita, la ~wi) via, resta sostanzialmente quello che si
(--? m, col. 1464) 7J2• Anche Paolo a- trova in Paolo. Anche Giovanni supera
vrebbe potuto porsi questa domanda in pieno l'idea iniziale di un 7t\1Evµa.·
e anche lui - al pari di Giovanni - sostanza. Da Paolo egli si distingue so-
avrebbe potuto rispondere che solo il lo in quanto afferma che, per togliere
1tVEiJµa dà la vita (sW01tOLE~, Jo. 6, la separazione esistente tra Dio e il
63; 2Cor. 3,6). Ma egli pensa nella mondo, basta unirsi al Redentore 734 ; di
categoria rabbinica della otxa.toauv'r} conseguenza, il 7t\1Euµtt designa - assai
(giustizia) e come tale definisce in pri- più rigorosamente che non in Paolo 7lS -
mo luogo la ~t.lYJ (~ n, col. 1285), di- il mondo di Dio, contrapposto alla <rap~,
stinguendola dalla xa.'t'axptatc:; (condan- come quella sfera da cui è determinata
na,~ coli. Io35 s.). Per Giovanni, inve- la nuova esistenza dell'uomo. Perciò,
ce, la ~wn consiste nel ywwcr:imv Dio m più disinvoltamente di Paolo, Giovan-
729 BULTMANN, ]oh. 140 s. L'antitesi tra lo ]oh., excursus a I Io. 3,9; DrnELIUS, Past. i,
spirito della verità, della conoscenza, della lu- a Tit. 3,5; DrnEuus, ]k. a l,18; ~ Dono
ce e quello dell'errore, della malvagità e delle 303 s. La concc;cione di 'lt"lltuµix come sostan·
tenebre affonda le radici nel giudaismo 'pre· za vitale (~ coli. 793 s.) non ha recato alcun
gnostico', ~ coli. 929 ss. e test. !ud. 20,1; contributo alla terminologia poiché nvevµ« è
Dam. 2,13 (2,10). Perciò 1t'llEVJ.Ut à.À:r1Dtlcxc; associato alla rinascita solo in Io. 3,5 (e con
non può essere inteso, alla maniera dell'A.T., minor precisione in Tit. 3,5).
come 'spirito della fede'~ r, col. 663 (contro ?Jz -4 GOGUEL, Notion 145·
SNAITIJ, o.e.[~ n..'451 18r.
1" yvwatc; manca del tutto, probabilmente
7JO 0DEBERG, O. c. (~ n. 307) 169.
per un motivo di polemica contro un uso
731 Lo spirito è generatore, non madre: 1,13;
'gnostico'; il verbo invece è frequente.
:t Io. 3,9. Ciò corrisponde anzitutto al prin·
cipio aristotelico secondo cui ogni natura ge- 7~ Per questo la croce non è considerata pri-
nera la sua propria sostanza (eth. M. 1,10 [p. mariamente come espiazione, ma come com·
1187 a 31]). Non si tratta di un semplice pimento dell'incarnazione, in cui si completa
corollario di Rom. 6,3 s.; I Cor. 15,4J, o di il passo d'emore che Dio compie verso il
una trasposizione di Ps. 2,7 da Gesù al ere· mondo (cfr. ~ Donn, 441 s. e passim).
dente (contro BuRNEY, o. c. [ ~ n. 467] 45; Ma Giovanni non ha r:tdicalizzato il con-
7.l.5
WINDISCH, ]oh., excursus a r Io. 3,9; ~ trasto, bensl lo ha solo corretto in maniera
HoWARD 198). Per la questione detla ri· meno chiara di Paolo (contro~ GOGUEL, No·
nascita ~ u, coli. 4r7-419.453 ss.; WINDISCH, tion 158, ~ n. 718).
'ltVEiiµo:, 'ltVEuµo:·rnc6ç E IV 3 (E. Schweizer)

ni può anche attribuire a questo mon- il xoCTµoç non conosce né la provenien-


do di Dio 736 i1 "'(E\IV8.V 737 • Ma con ciò za né la destinazione 741 , è ormai sot-
non si asserisce il mutamento della so-
stanza dell'anima 738 , bensl si de1:igna il tratto alla conoscenza umana. Per quan-
dono grazie a cui si riconosce che in to poi la fede si traduca in opere nel-
Gesù è Dio stesso che viene al mondo [' li.ycbtT), non è però a dire che la na-
e che questo dono diviene realtà nell'e-
scita dallo spirito significhi in sé un rin-
vento della fede. Le parole di 3,3-5,
dunque, affermano che tale conoscenza novamento morale 742 • Di tale nascita
non può essere che dono di Dio e non non si dà dimostrazione né nelle opere
dipende affatto dall'uomo, e (in quanto né nel modo in cui si manifesta, come
rivolte a Nicodemo) lo invitano a la-
sciar perdere le sue proprie capacità per potrebbe essere la repentinità, il trava·
aprirsi interamente al dono di Dio, cioè glia che conduce a penitenza o il senso
per credere 739 • di liberazione. Si tratta di quell'evento
che il mondo non può né misurare né
Nel v. 8 a 7t\IE\.iµa. significa vento 740
giudicare.
in quel che ha di incomprensibile e di
In 6,63 (cfr. Ij,J), in antitesi alla
sfuggente, e perciò in quanto rassomi-
<Tap!; che non giova a nulla viene at-
glia allo spirito di Dio (~ col. 1099 ).
tribuito al 7t\IEUµa.. un yEw8.v che ha
Ma è importante notare che questa ca-
luogo nella parola di Gesù quale Fi-
ratteristica non è attribuita allo spiri-
glio di Dio.
to, bensl al pneumatico. In tal modo
viene fortemente sottolineato il 'carat- Stando ai vv. 51-58, <rapi; non può
essere che la carne del Figlio incarnato
tere speciale' di colui che è generato quale si rende visibile nell'eucaristia, e
dallo spirito. Anche il credente, di cui nella maniera più urtante, in quanto ne-

736 Al termine ~ iHiwp, che è probabilmente intende la StxtttOoU'\/TJ come il dono fondato
originario, possono soggiacere speculazioni co- nell'atto espiatorio di Dio, dono che rende
smologiche circa le 'acque superiori' (Hen. impossibile ogni xo:~xTiµ« e possibile, quin-
aeth. 54,8; Pseud.-Clem., hom. n,24; Hipp. di, una vita nella 'ltlcr·rn;. Se invece si pensa
ref. 5,27,3, e HAENCHEN, O. C. [~ n. 363] nella categoria paolina del 8txatwf)l}vro. (non
130 e IJJ n. 1). Per altri, i quali intendono cosl in I Tim. 3,16), il rapporto del cre-
\lowp come 'seme' (naturale o spirituale), cfr dente con Cristo non può esser visto paral-
BARRETT, o. c. (-? n. 710), ad L. Ma Giovan- lelamente a quello di Cristo col Padre, quale
ni e i suoi lettori dovettero, in ogni caso, pen. si ha in Giovanni; cfr. W. v. LoEWENICH,
sare al battesimo. ]oh. Denken: ThBI 15 (1936) 270 s.
740 Si notino tc\IE~, GJWVlJ ~ coli. 873.891
7J7 Questo è ciò che contiene di giusto l':ic·
certamente di SCHWEITZER (o. c. [~ n. 548J ss.; diversamente TH. M. DoNN, The Voice of
341; contro, invece, W. MICHAELIS, Das ]oh.· lhe Spirit (] 3,8): ExpT 66 ( 1954/.55) 32.
Ev. 11. die Hellenisierung des Christenl11ms: 741 Cfr. 7,27 s.; 8,14; 9,29; 15,19; materiale
Kirchenblatt fiir die reformierte Schweiz 86 gnostico - n. 719.
(1930) 260; ma~ n. 739. m Contro H. STRATHMANN, Das Ev. nach
]oh., N.T. Deutsch 4 (195_~) 18, il quale dal-
m HuMPHRIES, o. c. (-..,) n. 689) 235 s. l'inizio scorge in ciò la caratteristica deter-
739 Proprio questo pensa anche Paolo quando minante.
'lt\IEUµa., miwµa.·rntbc; E IV 3 (E. Schweizcr)

cessaria per la salute dell'uomo. Di una rituale' (ciò forse equivarrebbe proprio
identità della u&.pç di Gesù con la 'ma- a schivare lo crx&.v8a).,ov ); ma nemmeno
teria' dell'eucaristia non si dice nulla, si vuol dire che la vita non si trova nel-
ma si sottolinea solo la necessità che l'elemento o 'materia'. Si afferma piut-
il singolo accetti concretamente il ser- tosto che, dato il carattere della O"cipt;
vizio di Gesù annunciato nel discorso - concreto fino ad essere urtante -,
del pane di vita. Battesimo e cena, per solo con la forza del 1tVEGµu. è possi-
Giovanni, hanno il compito di attesta- bile vedere in essa In o6~a., e quindi la
re l'incarnazione 743 • ~w-(j. Questo insistere sulla parola e
Ma c'è anche il passo di 6,63, il qua- l'esigenza di accoglierla con fede mo-
le afferma che questa cr6.p~ serve solo strano che qui, ancor più logicamente
se il 'Jt\/Euµcx. dona la conoscenza che in che in Paolo, non si vincola la sw1J
essa si trova la vita(--+ coli. 1076 s.r;·1• alla sostanza (sacramentale). Secondo al-
Perciò bisogna interpretare conforme a cuni 746 l'importanza dci sacramenti in
8,15: la carne di Gesù, la sua incarna- Giovanni risulta dal fatto che in essi si
zione, se la si considera da sola - qua- trovano congiunti spirito e materia. Co·
le nell'eucaristia ci è annunciata e of- me l'acqua - si dice - dapprimn raccolta
ferta come nostra salute - non giova a in un canale, passa poi in una rete di ri-
nulla (ovx W<fJEÀ.d ovoiv, --+ col. 2 19 gagnoli a irrigare il suolo, così lo spirito,
ss.); ma se le parole di Gesù, nelle qua- che in un primo tempo è concentrato in
li opera il 'itVEuµa., ci mostrano in essa Gesù, scorre nei sacramenti. Il frutto
la o6~a. del Padre, allora questa stessa della sua morte consiste nell'acqua e nel
Uctp~ produce la vita (sw::r:tOtEt, cfr. 13, sangue, cioè in quel che timane delln ma-
ro; 15,3). Questo vale sia per l'aggra- teria del suo corpo e che ha la possibi-
varsi dello r.rxa\llia.À.ov ncll'à.va.~rxlvm1 lità di congiungersi con lo spirito (19,
di Gesù sulla croce 745 sia in ogni celebra- 34 s.). Ma questa ricostruzione non reg-
zione eucaristica, nella quale l'uo:no na- ge, perché in Giovanni --+ u&.pç non in-
turalmente reagisce alla maniera di Pie- dica affatto la materia 747 e perché qui
tro (13,6). Certamente qui non si vuol l'eucaristia è intesa come aggravarsi del-
dire che occorre non fermarsi all'elemen- lo crxa'.loa.À.ov, cioè come esigenza <li
to esterno, ma concepirlo in modo 'spi- fede; né si deve dimenticare che in 6,63

m Ampia prova in ScHWElZE.R, o. c. ( ~ n . ]oh., Kritisch-exegetischer Komm. iiber das


7n) 353-362; ID., art. 'Abendmahl', in RGG 1 N.T.1 (1852); BuLTMANN, ]oh., ad l., E.
J n. Ma è eia dire che, per il credente, que- RucKSTUHL, Die literariiche Einheit des Joh.-
sto scandalo si muta in grazia e aiuto (cfr. Ev. (195,) 257, contro BAUER, ]oh.; ScHLA'l'-
BARREIT, o.e.[--? n. 710], ad/.). TER, Joh.; McGREGOR, o. c. (~ n. 725), ad I.
744 Contro McGREGOR, o. c. e~ n. 725) 161 In Giovanni, infatti, non si narra l'ascensio·
~ .• il quale interpreta i vv. 51 «58 in riferi- ne, e così dcll'u:JaPrxlvnv il mondo vede so-
lo l'esecuzione della morte (8,22; 12,32 s.).
mento alla comunione materiale e il v. 63
in riferimento alla comunione spirituale. ~ Anche in 3,r2-r4 l'avrxPa.l'1tw (che è l'esal-
tazione sulla croce) sembra rientrare nelle real.
Donn 342 n. 5 rnvvisa la soluzione nell'unità
tiì celesti {htovpav~a.), che sono a3cor più ur-
di gesto e parola. H. VAN DEN BusscHE,
tanti di quanto è stftto detto fin qui.
L'attente de la grande Révélation dans le qua·
746 SCHWEITZER, O. C. (~ n. 548) 343 S. 348,
trième évangile: NouvRevThéol 75 (1953) con rimando a Iust., apol. r,66,2; lgn., Mg.
1016 s., intende O'~p~, alla maniera dell'A.T.,
13,2; Rom. 7,3; similmente CuLLMANN, o. c.
come indicante l'uomo nella sua limitatezza.
e~ n. 722) ad es. 77·
74S Cosl con H.A.W. MEYER, Vas Ev. des m MICHAELIS, o. c. (~ n. 737) 263.
7tvçiiµcx, nvEUµcx'ttx6c; E IV 3 (E. Schwcizer)

e i 5,3 la ~wl) ha come unica fonte la Ciò corrisponde anzitutto alla succes-
parola (cfr. 5,24; 6,68; 8,51; !2,47), sione storica degli eventi; ma per Gio-
che in 3,6-8 non si riprende più il ter-
mine uowp, e che in 4,23 s. e 20,22 s. vanni ha un significato speciale, come
(a differenza di Mt. 28,19) non si fa mostreranno i detti riguardanti il Pa-
menzione del sacramento, per modo che rnclito 7S!.
questo, pur conservando in Giovanni il
L'elargizione dello spirito è nanata in
suo valore, non vi occupa un posto cen-
trale 748 • 20,22 (~ 111, col. 557) 152 , dove sono
di scena gli Undici in quanto rappre-
Lo stesso risulta in 7,38 s. 741 dove sentanti dei credenti in genere 753 • Vi è
- in forma sostanziale ma per nulla 5a- chi intende la scena quasi come il com·
cramentale - in concreto si dice solo pimento d'obbligo dei detti intorno al
che lo spirito, quale acqua di vita del- Paraclito, oppure come una soluzione
la comunità, scorrer?! nell'annuncio che escogitata in quanto la pentecoste non
ha luogo nella parola e nell'azione 750 • trova luogo in nlcun vangelo 754 ; ma
Di nuovo vi è l'asserzione che lo spiri- questo è possibile solo se non si capi-
to verrà solo dopo la morte di Gesù . sce che per Giovanni la swli risiede nel

748 Cfr. -+ HoWARD 147; BuLTMANN, Theol. il pensiero che ricorre in Act, 2,33 e che po·
405. BARRE'IT, o. c. (~ n. 7xo) 75 sottolinea trebbe risalire a una speculazione rabbinica
che il sacramento non dona lo spirito, ma (KNox, o. c. [ 4 n. 485 J.); ma esso per
che lo spirito è la forza che dona la bene- Giovanni non è più di importanza fonda-
dizione. mentale.
749 Posto che i versetti fossero originariamen- 152 Mt. 28,19 s. (~ WINDISCH, ]oh.-Ev. 312)
te nello stesso contesto. BuLTMANN, ]oh., ad I. e Aci. 2,1-x3 (J. KAFTAN, Neutestamenti.
ritiene che il v. 38 sia una glossa; lo stesso 1'heologie [J927] i99) conllubcono insieme
giudizio dànno ::ul v. 39 ~ WINDISCH, ]ob.-Ev. BARRETT, o. c. (~ n. 710), ad l., sottolinea il ri·
309 s. e ]. M. THOMPSON, Some Editoria{ Ele- chiamo a Gen. 2,7; Et. 37,9; Sap. r5,n : si trat-
ments in the Fourlb Gospel: fo:p VIII, q t:1 di una nuova creazione che clà la vita. Per il
(19J7) 22I $ . gesto <li alitare, inizialmente concepito come
75-0 Ciò richiama le concezioni menzionate so- un atto magico-sensibile cfr. STAERK, o. c. (--+
pra ( 4 col. 954, cfr. ~ 11 . 736; cfr. anche n. 307) 316 n. 1; per fa singolarità di questo
Dam. 3,16 [5,3]), non il rito dell'acqua ver- passo rispetto alla consueta concezione gio-
sata nella festa di Sukkot (BULTMANN, ]oh., vannea, dr. --+ DoDD 430.
nd l., contro J. ]EREMJAS, Go!r..otb11 [1926) 753 Cfr. 6,63; 7a&. A volerli considerare sol.
81-83; Io., Jerns als Weltvollender [1930] 46- tento come persone investite d'una funzione
_p ; l'interpunzione dopo ~(~É [·,:. 38J anzic:h.: (SCHWEITZER, o. c. [ ~ n. 458] 3,0 s.; J.H.
dopo 1tWÉ"tW sarebbe difficile, e insostenibile BERNARD, SI. fohn, ICC [1928] 672.676; cfr.
in considerazione di 4,14, THoMPSON, o. c. 575, a 17,18; L.S. THORNTON, Tbc Body o/
[ ~ n. 749] 220). In questo caso mvÉ-cw Cbrist, in The AposJolic Minislry, ed. K.E.
non sarebbe co:nesso diretta mé!;H-~ con o'.;)i.:{. KIRK (1946] 108 s.), bisognerebbe riferire sol-
(IlARRETT, o. c. e~ n. 710], ad l.). Per Gio- tanto a loro tutti i discorsi d'addio (anche il
vanni la diffusione della predicazione è som· comandamento dell'amore). Vedi la giusta os·
mamente importante : 1,40-46; 4,28 s.; 20,:21- servazione di Fu;w, o. c. (~ n. 407), 173 s.
23. 754 BAUBR, ]oh., nd /.; 4 MICHAELIS 47 n.
1:;1 All'ol'iginc di questo enund::lto vi è forse 80.
miEvµa, mwµa:t~x6c; E IV 3-4 (E. Schweizer)

riconoscere in Gesù l'à:À.t)th\lòc; ?koc; e cendo non parlano da loro stessi ( 14,
che pertanto il 'lt\IEiiµu. altro non è che ro; 16,13) 757 • Perciò lo spirito non è
la forza della predicazione che porta a che l'&ÀÀ.oc; 7tapcixÀ.11-coc; accanto a Ge-
tale riconoscimento. È per questo che sù ( 14,16; ~IX, coli. 676 ss., n . r ), e si
il potere di predicare significa tutto. sarebbe quasi tentati di dite che in Gio-
vanni non c'è posto per lo spirito 758•
4. Il Paraclito (~ coll. 927 s.) Nel Paraclito è Gesù stesso che viene
In 14,17; 15,26; i6,13 il Paraclito ( 14 ,r 8) 759 ; ma ciò non significa che tra i
(~IX, coli. 685 ss.) è detto ?t\IEuµa -.ile; due vi sia identità 700 • Egli viene dopo
ciÀ.TJtMet.c; e~ I, col. 663), apparendo che Gesù se n'è andato (7,39; 16,7) 761 ;
come rappresentante della realtà, in op- ma, mentre Gesù è stato con i suoi so-
posizione a tutto ciò che è solo appa- lo per un certo tempo e tornerà da
renza 755 • In lui è presente la realtà di- loro (13,33; 14,J; r6,4; 17,24), il Pa-
vina, cosl come era presente in Gesù raclito invece starà con loro per sem-
e come continuerà ad esserlo nella sua pre ( 14,16). Gesù si può vedere ep-
parola (17,13-17) 756 • Come Gesù (14, pure non vederlo, ascoltare eppure non
20), cosl anch'esso è nei discepoli (14, ascoltarlo (6,36; 5.37 s.): ciò avviene
17 ), e sono questi, e non il x6o-µo~, che quando ci si accosta a lui senza fede .
lo conoscono ( 14,1 7 ), come conoscono In un certo senso, la cosa vale anche
Gesù ( l 6,3 ). Entrambi sono inviati dal per i suoi, mentre egli è ancora con
Padre (14,24.26} e da lui procedono loro (14,5-II). Quel che «dà la vita»
(16,27; 15,26); entrambi insegnano (7, è solo il rcvEiiµu, che v.iene alla comu-
14; 14,26), rendono testimonianza (8, nità nella parola; il Gesù storico, in
r4; 15,26), convincono il x611µoc; di quanto tale, è la crap~ che «non serve
peccato (3,18-20; 16,8-u ), ma ciò fa. a nulla» (6,63; ~col!. 1071 ss.). Il Cri-

1ss In quanto dn l'ap"t"oç -rijc; !;W'i}c;, 6,36 (cfr. secondaria, come pensa WtNDISCH, o. c. (~
33.50 s.), cioè la à>..1)&E1.a (-+ 1, col. 658), ed n. 712) III. Contro, BAIUU!TT, o. c. (-+ n.
è lui stesso à:).:iil)mi (-+col. 1066). Per le pro- 710) 75 s. e commento a 15,26.
messe del Paraclito in generale, cfr. W .M. 1ro --> GOGuEL, Notion 136; contro R.H.
FIROR, Ft1lfillmen1 of Promise: Interpretation STRACHAN, The Fourlh Gospel {1941) 288 s.,
7 (1953) 299-314. il quale suppone anche in Giovanni un'eco
156 -+ How.t.RD 74. di 2 Cor. 3,17. Egli non è soltanto il ).6yo<;
m Cfr. l'associazione dei detti sul Paraclito sciolto dall'apparizione terrena (MICH.AELIS,
e di quelli su Gesù in 14,15 ss. e 18 ss.; 14, o. c. [~ n. 737] 260 s., contro ScHWEITZER,
2J s. e 21-24; 16,12-15 e 16-24 (BULTMANN, o. c. [-+ n. 548] 344). Dell'opera del Para·
/oh. 451, a 16,24). Per l'esegesi di 16,9, cfr. dito o dello spirito prima di Gesù non si
BARRETT, o. c. (-+ n. 710) ad /. parla mai, sebbene il giudaismo ravvisi lo
7.58 E.F. ScoTT, in J .G. StMPSON, Tbc Holy spirito quasi esclusivamente nell'A.T. (~ Go-
Spirit in the Fot1rlh Go1pe/; Exp IX 4 (1925) GUEL, Notion 91-93).
2 9.3· 761 -+ MrcHAELIS 29 s.; inesatto è invece F.
m Non si tratta affatto di una combinazione BOcHSEL, ]oh., N.T. Deutsch, a 7.39·
Tt\ltvµo;, Tt\IEUµ«-nx6~ E 1v 4 (E. Schweizer)

sto della predicazione, quello è il re- colui che «tutto attesta e tutti accusa,)
dentore 762 • Perciò quello che veramente (dr. Sap. 1,5 s., detto dello spirito),
inoltre in Herm., mand. 3,4 e in I QS
rivela Gesù ai discepoli è il 'JtVEvµa. -.fjc;
e~ col. 930). In tutt'e tre i passi si
&.À.11l}El~ (14,26; 16,13), è lui che Io hanno le stesse concezioni dello spirito
«glorifica» ( r6,14). Non che le sue pa- e lo 'spirito di verità' è pensato anche
role siano diverse da quelle del Gesù come una figura d 'angelo a sé stante 765 •
Compare come 'spirito di conoscenza'
storico ( 6,63; 14,26; 16,r4; ~ n. -~coli. 930 s. (cfr. test. R. 2,1; 3,1 s.;
722); tuttavia è un fatto che · queste test. S. 3,1 ). In test. D. 6,2 i suoi linea-
ottengono la loro vera forza in quelle menti si fondono con quelli dell'angelo
intercessore, «mediatore tra Dio e l'uo-
del '1t\1Euµa. (16,8-11). Per questo in ta- mo per la pace d'Israele». In tutt'e tre
le insieme di pensieri affiora la conce· i passi questa figura appare in un si-
zione di un intercessore o avvocato, che stema che in gran parte si esprime con
gli stessi termini del dualismo giovan-
va chiaramente al di là di quella del rive-
neo 766• Come si vede, nelle cerchie giu-
latore (~ IX, coli. 713 s., n . 98). Ma le daiche eterodosse, che sono assai vicine
parole dello spirito non sono altro che a. Giovanni, si incontra l'idea di uno spi-
quelle che vengono pronunciate nella rito santo simile a un angelo, uno 'spi-
rito di verità' che è testimone e accu-
predicazione autorizzata della sua co- satore, 'spirito di conoscenza' che porta
mum't'a ( 20,22 ss.; r5,2 6 s. ) 763. i suoi alla sua stessa esistenza spiritua-
le e sta in assoluto contrasto con lo
Per la provenienza ~ VIII, coll. 33 spirito del mondo. Questa concezione
s. 764 • Che io sappia, nel contesto ambien- in Giovanni si modella in forma cristia-
tale l'espressione 'spirito di verità' si na, in test. Iud. .zo in forma giudaica 767 •
trova solo in test. Iud. 2015, dove indica
762Perciò in Giovanni non si legge che egli parare Ia figura personale del Paraclito (BAR·
abbia detto: «Io vengo a voi nello spirito». RBTT, o. c. [ ~ n. 710] 77) aUo spirito, an-
Cfr. S1MPSON, o. c. e~ n. nB) ;z94-297. Una che in 20,22 s. (contro WitmJSCH, o. c. e~
elucubrazione sulle relazioni intertrinitarie n. 712] 130.133).
non è accennata (BULTMANN, ]oh. 426). 166Cfr. K.G. KUHN, Die in Paliistina gefun-
763 Naturalmente, non sono nominati due di- denen hehriiischen Texte 11. daI N.T.: ZThK
versi testimoni; si deve intendere come in 8, 47 (1950) 197·2II. ~ BAllRE.TT, Fourth Go-
r8 e J Io. 12 (BuLTMANN, ]oh .; HoSKYNS, spel I2 e o. c. (~ n. 710) a r4,I7, non ac-
o. c. [~ n. 724] ad l.); lu-r#. (in luogo di cetta il richiamo a tesi. Iud. 20, perché in es-
ij't&) mostra che si intende parlare dei te- so si tratterebbe dell'impulso buono e non
stimoni di tutti i tempi. Per l'argomento cfr. dello spirito di Dio; lo stesso fa BULTMANN,
K. BARTH, Kirch/iche Dogmatik IV 1 (1953) ]oh. 433 n. 1, adducendo come motivo che
723 s. ivi sarebbe in gioco un evento individuale,
764 A favore del significato di 'consolatore' si non cosmico. Ma queste osservazioni valgono
· pronuncia anche J.G. DAVIES, The Primary per la forma ivi giudaicizzata, non per i pa-
Meaning o/ 'lttx:p&.xJ.t1-ro~: JThSt, N.S. 4 ralleli assai più mitologizzati (~coli. 929 ss.).
(19_5 3) 35-38; ma ciò non sembra possibile, 767 Per la reciproca corrispondenza trn Gesù e
nemmeno nella forma prudente in cui si espri- lo spirito ~ n. 830, Nei detti riguardanti il
me - BARRET, Fourth Go1pcl 14 <-IX, coli. Paraclito può darsi che si abbia una remi-
677-685). niscema di alcune p arole di Gesù ( cosl affer-
765 Perciò non vi è alcuna difficoltà ad equi· ma decisamente W.F. LoFTHousl!, The Holy
1c79 (v1,442) 7tV€vµa:, 7tVÉuµa:'ttX6ç E IV 4 -V I a {E. Schweizcr) (v1,443) 1080

Così una volta di più si vede che per informa la vita del popolo escatologico
Giovanni 1t\IEU[J.Cl, non è che la forza di Dio ;69 e con ciò chiama il mondo
della proclamazione di Gesù redentore, e lo giudica.
nella quale la realtà divina s'incontra
con l'uomo 763 • La vera ~w1) si può tro- V. Il resto del N.T.
vare solo presso Dio, nella sfera del
1. Le cerchie paoline
7tVEUµrx.: cosl pensa già da tempo una
comunità che risente dell'influsso elle- a) Nella Lettera agli Efcsini l'uso lin-
nistico. Dio è r.VEU~~rx.. non l'.Tapç, e a guistico paolino è già alquanto sbiadi-
lui viene soltanto chi sta a sua volta to. 'ltVEuµa è, in senso generale, la for-
nel 7tVEuµrx.. Ma che è questo 1t'Js:uµo:? za che fa crescere la comunità (3,I6),
Le cerchie giudaiche eterodosse dànno in particolare poi la forza della preghie-
due risposte nettamente diverse: esso ra (6,18); specialmente è, come in Pao-
è o una sostanza celeste chiusa entro la lo (-7 coli. 1024 ss. ), la forza della ri-1c-
materia, oppure un angelo che opera lazione (r,17; 3,15). L'influenza della
nel bene. Per Giovanni, per tutta fa concezione protocristiana si avverte là
comunità, 'ii:vi::u~w. altro non poteva es- dove si pensa ad una rivelazione spe-
sere che la forza capace di far sl che ciale, come quella accordata agli aposto-
l'uomo conosca Gesù come il redento- li e ai profeti, o quella che può sempre
re nel quale Dio gli viene incontro. essere implorata per la comunità; non
Perciò Giovanni, alla pari di Paolo, ri- però dove si pensa al riconoscimento
prende la risposta del giudaismo: il basilare dell'evento di Cristo. In 6,17 si
itVEuµa. è il 'lt\IEUµ<.t 'Ti}c; 7tpOq>YJ'Te:lctç, dice, in modo che pare già tradizionale,
ma non un fenomeno dei tempi remo- che 1t'VEUJ.tct è soprattutto lo spirito che
ti, bens1 la forza di Dio che è presen- agisce nella Scrittura. Invece 5,18 sot-
te nella predicazione della comunità, tolinea piuttosto l'aspetto estatico. In

Spiri/ i11 the Acts a11d the Fot1rJh Gospel : Paraclito è l'evangelo predicato (A. STROM,
ExpT '3 (1941] 33'; vedi anche STRACHAN, Vetecomel; Acta Semin:irii Nc:Jtestamr.ntid
o. c. ~ n. 760] 287 s.). Quel che è certo, co- Upsaliensis I I [1944] 439). Ovviamente, è
munque, è che essi non sono soltanto un del tutto estranea l'idea dello spirito dell'uo-
ampliamento di Mc. 13,11 o Le. 12,12 (~ mo pervenuto all'11utocoscien :,1 ( BULTMANN,
HowARD 77-80; FRIEDRICHSEN, o. c. [ ~ n. ]oh. 432, con1ro Hegel).
407] 370 n. 1; dr. ~ WINDISCH, Joh.-Ev. 71/J Secondo H. STIRNIMANN, Die Kirche 11.
312 s.) o di Mt. 10,17-22 (per Io. 15,18-16,2 àer GeiJt Chrisli : Divus Thomas 31 (19j3) 3-
cosl sostiene D.W. BACON, Introductìon lo the 17 si ha qui la qualificazione della chiesa
N.T. (1900] 2'9). Nella pericope giovannea quale segno visibile dello spirito. Dell'unità e
manca il pensiero, essenziale nei detti sinot- della diversità della mi~sione degli apos1oli e
tici, dcll':iiuto nella persecuzione (4 BAR- dello spidto tratta Y.M.J. CoNGAR, Le St.
RETT, Fourth Gospel 9). Esprit et le corps aposlolique réalisaleurs de
l'oeuvre d11 Cbrisl : Rc\•ScPh;J'fh 36 (19n)
768 Cfr. BARRET'l", o. c. (~ n. 710) 76 s. Il 24-48.
1c81 (YI,443} nvEiiµo:, 7tvtuµo:·nxéi; E v 1 a·b (E. Schweizer)

4,4 è probabile che la verità antropo- 22} 771 ; tuttavia non si pensa a una so-
logica espressa con la formula «un solo stanza inamissibilc (~ col. ro86). Per
corpo, un solo spirito» (Ev <Twµa., EV 2,2 -7 n. 706. Il passo di 4,23 è in-
1tVEuµcx.) venga applicata al ~ crwµa. certo m .
XptO'"'t'OU che raccoglie in se stesso tut- b) Nelle lettere pastorali 7tVEvµa. ri-
te le membra . Perciò il itVEuµcx. che corre solo sei volte (in senso del tutto
opera in tutti dev'essere unico, cioè diverso da quello paolino) e una volta
dev'essere il 7tVEUµa. del xup~oc;. In nel senso di 'spirito ingannatore' (I Tim.
questo senso (e non conforme a Phil. 4,1) 774 • Tra questi passi, in r Tim. 3,
r ,2 7) vanno probabilmente intesi anche i6 (~ coll. roo2 s.) e 2 Tim. 4,22 (~
2,18 e 4,3. Come si vede, la Lettera col. 1054) 775 si hanno delle formule. In
agli Efesini è assai più vicina di quanto I Tim. 4,1 si parla dello spirito profe-
non sia Paolo a pensieri gnostici e an- tico in forma del tutto tradizionale (->
che a concezioni di un giudaismo 'pre- coll. 907 s. ). 2 T im. r ,7 è vicino a I Cor.
gnostico' (~ col. 929). Si pensi non 4,21 (~col. ro57). Ci si potrebbe for-
solo a 2,2, dove appare il 'ltVEvµa. ma- se chiedere se l'idea paolina che l'ele-
ligno (~ col. 947) 710 , che opera in mento straordinario non è costitutivo
quelli che van perduti, insieme con i dello spirito(~ coll. 1022 s.) abbia por-
suoi itVEuµa.'t'~Xli -tTic; 'ltoVl')plac; ( 6,12), tato a scambiare le operazioni dello spi-
che signoreggiano nell'aria: in 4,30, rito con certi cataloghi di virtù elleni-
si trova la formula tipica 'affiiggere' stici. Ma forse è meglio pensare che,
il santo spirito di Dio (-7 n. 342) che di fronte agli esaltati i quali vedevano
è dato all'uomo. Nel concetto di si- solo la stranezza delle proprie arti spi-
gillo (forse, sigillo di garanzia) appare rituali, si dovette riaffermare che la
in forma alquanto più marcata l'idea dimostrazione dello spirito si compie
paolina dello spirito che è pegno (cip- in forma molto comune.
pa~wv) della fu tura eredità ( xÀ.t)povo- Per 2 Tim. I,r2.14 -7 n. 346.
771
µla.; 1,r3 s. ; 4,30; cfr. 2 Cor. I, In Tit. 3,5 appare un pensiero nuo-

770 Cfr. NoAcK, o. c. (--" n . 340) :;2 s. T1J È meglio intenderlo ·come dativo stru-
m Il gen. -cfji; foo:yyEMai; sottolinea 1a sua mentale (allora vouc; indica solamente l'ambi.
posizione escatologica, come in Gal. 3,14. to nel quale agisce lo spirito [ ~ GuTBROll
235 s.]), piuttosto che come dativo cli rela-
T1l Cfr. Ez. 9,4; LAMPE, o. c. (~ n. 626) 3-
zione («quanto al vostro ...»; cfr. Rom. 12,2),
18; R. ScHNACKENllURG, Dar Heilsgercbehen
nel qual caso voù~ caratterizzerebbe il 7t'VEÙµo:
bei der Tau/e 11ach dem Apostel Paulus
( 1950) 81-83. Pn.ralleli giudaici in E. DIN·
come umano(--" BERTRAMS 1's.).
KI.ER, Zur Gescbichle des Kreuxsymbols: m Probabilmente sono i l.io;L~L6VL« che stanno
ZThK 48 (1951) 163-168; ma cfr. W . Mr- dietro gli eretici.
CHAELIS, Zeichen, Siegel, Kreux: ThZ 12 715 Non designa In grazia della mansione (D1-
(1956) :;o:;-:;25. BELIUS, Pmt.', ad l.) ..
1t\IEVµtt, 1t\IE.vµa:tLx6c; E v I b-2 (E. &hweizer)

vo (~ n. 73r)T.6 • In conformità al pen- la carne caduca, ma anche di quell'io


siero paolino (~ col. 1029), in questa intimo che un giorno sarà chiamato al
formula gli effetti dello spirito non so- rendiconto davanti a lui 780 . In 1,I4
no forze prodigiose, ma consistono nel- 'lt\1Euµc1:u.t è designazione di angeli m . In
la rinascita, che introduce nella giusti- 3,7; 9,8; IO,IJ 1t\1Evµa. è lo spirito che
ficazione e nella speranza m. Ma si può parla nella Scrittura, e ciò è del tutto
supporre che questa rinascita sia intesa nella linea tradizionale(~ coli. 909 ss.).
dall'autore in senso etico (vv. r-3!) 778 • In 4,12 7t\IEVµct e qiuxiJ vengono di.
stinti puramente sul piano antropologi·
2. La Lettera agli Ebrei co, come due parti particolarmente O·
Qui l'uso linguistico è alquanto com- mogenee; la distinzione è dunque cor-
plesso, ma risulta fortemente tributa- rente 782 • In 2,4; 6,4 s. siamo del tut·
rio cli quello giudaico. In r 2 ,2 3 TCVEV· to nell'uso protocristiano (--+ coll. 999
µa.'t'ix. sono i trapassati (~ coli. 900 ss. ), giacché gli effetti dello spirito con-
s.) 719 ; 12 ,9 mostra che qui si cela il dua- sistono principalmente in miracoli. In
lismo di un mondo sarchico e pneumati- 2,4 l'idea dominante è quella dello spi-
co, mentre è del tutto assente l'idea che rito di Dio che si divide e può venir
la 'natura creata da Dio' fondi la no- compartito a ognuno in maniera diver-
stra divina fìgliazione. Si dice soltanto sa 783 • Specialmente in 6,4 s. è visto CO·
che Dio non è unicamente il padre del- me pregustazione dell'eone futuro (~

776 In sostanza non fa differenza che si con- tarla (WINDISCH, Hebr., ad 1.). .t tuttavia
sideri 1t\ltuµet come dipendente da entram- dubbio che il passo sia cosl rigidamente esca-
be le espressioni, o solo dalla seconda, op- tologico come pensa BtEDER, o. c. (-+ n. 540)
pure da >.ouTpou. Il senso più probabile è 148.
il seguente: ~Bagno di una rinascita e di un 7Wl ~ col. 936 (contro WINDISCH, Hebr.,
rinnovamento operati dallo spirito santo» ad I.).
(~ IV, roll. x360 S.); in ogni caso, a\IC1XC1L·
781 Mentre Paolo considera gli angeli come
\IWUEwc; dev'esser posto in parallelo con 'ltCl·
potenze ostili assoggettate, qui siamo di nuo-
Àl.)')'E\IEafo.c; (~ Il, col. 459), non con
vo sul terreno del giudaismo ortodosso (WIN-
À.ovTpov.
DISCH, Hebr .. exc. a :>.,14).
m Ciò equivale a respingere tutte le idee el- 782 SPICQ, o. c. e- n. 779) I (195~) 52 s.:
lenistiche di divinizzazione (DlBl!LlUS, Past.1 , come in Filone, l!Nx.ii designa la fona vitale,
nd l.); per la diversità rispetto a Paolo cfr. mituµa la forza di Dio che ad essa si aggiun·
soprattutto B.S. EASTON, The Pastora[ Epis- ge. ID., Alexandrinismes dans l'épllre aux H~­
J[es (1947), nota nd I.; -+ ScOTT 176 s.; di breux: RB 58 (1951) 483 n. 6 rinvia agli
diverso avviso è FLBMINGTON, o. c. (-+ n. scrittori greci di medicina, i quali definiscono
435) 103 s. Per 2 Tim. z,6-+ col. 1098. la diversa situazione del mituµa. ?;WTix6v e
m FLEMJNGToN, o. c. <- n. 435) lOI. IJNXLX6v nel corpo.
779 Hen. aelh. (Sap. 3,1; 4,
22,9; 41,8; 103,3 7&.J IlvEI̵a.To<; è genitivo oggettivo, perché
14: tJiux«C); C. SPJCQ, L'~pltre
aux Hébreux aò"toii va riferito a l> f>e6<; (]. MOPFATT, Hebr.,
H (1935), ad /. La correzione dei codd. D * ICC [1924], ad 1.). L'idea è già nell'A.T .
d risente probabilmente dell'influenza trini- (~ GUNKEL 30 s.).
7tVEU[lO:, 1n1wµo:·nx6ç E v 2·3 a (E. Schwcizer) (vr,445) rn86

col. 999) 784 • In ro,29 7t\IEV~ta 'tij<; xci· fica è uno che viene dalla sfera del
pL-roç ( = Zach. l 2,10, LXX), sebbe- 7tVEiiµa., che possiede il 'lt\IEuµa 786 , e
ne sia in parallelo con <Xl~u:t -rfiç OL<:t· perciò porta una redenzione che dura al
~-i}X'T}<;, non può essere inteso nel senso di là della carne m; la preposizione s~&.
di causa della salvezza, ma indica lo spi- indica probabilmente la maniera in cui
rito quale segno della grazia escatolo- questo sacrificio è offerto 783 •
gica di Dio 785 • Una certa difficoltà pre-
senta 9,14 (~ IV, col. 901; VI, col. 3. Le lettere cattoliche
914): «Cristo ha offerto se stesso sen- a) Nella Lettera di Giacomo, oltre
za macchia a Dio otà. 'ltVEvµ.a'toç alw- all'uso puramente antropologico (2,26),
vlov». Anche qui, come in 12,9, sem- si ha una menzione del r.vEvµa solo in
bra prevalente l'opposizione alla crtipl; 4,5, intendendo probabilmente lo spiri-
(v. 13): nell'antico patto vi erano solo to che Dio ha posto nell'uomo ed esi·
realtà caduche e terrene nelle sfera del- ge di riavere puro 789 (~ coll. 935 s.). In
la <rapl;; ora invece colui che si sacri· 3,17 la uocplcx. (~ m, col. 708) in so·

784 W1NDISCH, Hebr., ad l. La suddivisione è 737 Per la concezione del sacrificio di Cristo
incerta; la soluzione più facile suggerisce di che continua nel cielo cfr. KXSEMANN, o. c.
considerare òwpECÌ hcoup&.vLoç e 1tV6UµIX (4 n. 557) 137-139. MoPFATT, o. c. (--+- n.
clyLoV in parallelismo sinonimico, che poi vie· 783) ad I. richiama a confronto 7,16 e soptat·
ne svolto in Pi]µa: e ouv~tuL<; . MrcHBL, Hebr., tutto Midr. Ps. 31 (STllACK-BILLl!ltBECK III
ad I. prende òwpE&: come concetto sovraor· 741): «Poiché la vostra redenzione ha avuto
dinato nel senso di 'salvezza'; MoPPATT, o. c. luogo mediante la carne e il sangue ... , per
(~ n. 783), ad. I., considera tutti i membri questo la vostra è stata una redenzione per
come paralleli e come parafrasi di q>W'\'lr un'ora fuggevole; ma in avvenire io stesso vi
crlMv-.o:ç. redimerò; io infatti vivo e rimango per sem-
785 O semplicemente «lo spirito che si offre pre; allora la vostra sarà una redenzione che
nella libertA della gt82ia» (MtCHEL, Hebr., durerà in eterno». Qui però non si dice che
ad /.)? Mc. 3,29 non è preso in considera- Gesù è tornato in vita grwe allo spirito eter-
2ione. no che è suo proprio, né clic per questo può
786 Non è possibile dite se, a giudizio del- continuare ad agire come sommo sacerdote
l'autore, questo spirito sia stato dato a Gesù (RIGGENBACH, Hebr., ad /.).
nella maniera affermata dagli adozianisti 783 BLASS·DEBRUNNBR S 223,3. Meglio che in·
(WINDISCH, Hebr., ad I.), oppure se fosse già tendere (con MICHEL, Hebr., ad l.): «nello
proprio del Cristo preesistente (GocuEL, No- spirito santo sacerdote e sacrificio diventano
lion 66). Lo spirito è forse concepito, ana- una cosa solai..
logamente a quello antropologico (4,12), ro- 789 La congettura npòç -tl>v DE6v ( = Ps. 42,
me una parte di Gesù, la sua 'essenza spiri- 2) è· improbabile; npl>ç q>Mvov unito a J,lyEL
tuale' (~ WEINEL 31), la sua natura divina non ha senso. Poiché nel v. 6 • il soggetto è
(SPICQ, o. c. [~ n . 779] ad I.) o anche la Dio, 1'VEVµ« dev'essere considerato come ac·
sua anima immortale (~ BiiCHSl!L 469), o cusativo; quindi 1tpòç q>D6vov va inteso in
non, piuttosto, come la sfera in cui viene senso avverbiale: 4<Dio desidera gelosamente
offerto questo sacrificio? Cfr. KAsEMANN, o. c. Io spitito che ha fatto abitare in noi•; cioè:
(~ n. 557) 99-102; R. BuLTMANN, Ursprung Dio attende gelosamente che gli sia restituito
u. Sinn der Typo/ogie als hermeneutischer integro lo spirito, ~coli. 93' s. (cfr. PREISKER
Methode: ThLZ 7' (1950) 2ro s. [WINDISCH, Kath. Br.1, ad I.]; ~ WEINEL
7tVEÙJl<L, 7tvwµa'ttxoi; E v 3 n-b (E. Schweizer) (vr,446) ro8ll

stanza si identifica col 1tVEU~la 790. 18 (~ col. 1003), :mchc in 4,6 si po-
trà pensare che vengano nominate le
b) La prima Lettera di Pietro è un
due sfere nelle quali si compiono giu-
po' più ricca. Nel senso tradizionale
dizio e salvezza, caratterizzate dalla so-
(-->coli. 907s.), in 1,11s. lo spil'ito
stanza del corpo e da quella dello spi-
profetico appare limitato ai profeti del-
rito che lo trascende i97.
l'A.T. e agli npostoli 791 , ai quali ven-
ne mandato dal cielo 792 • Ma la diversi- I dubbi riguardano i punti seguenti:
tà del tempo dei profeti rispetto all'e- r. In 13,19 Èv i;) è d.1 riforirc a
poca post-pasquale viene appianata: an- 1tVEVl.la.•L? Certo non nel senso che Cri-
sto al tempo di Noè abbia predicato
che per i primi si trattava già del nvEi:l- nello spirito a coloro che ora sono
µa XpLa"t'où 193 . In r ,2 lo s~)iri to è i ntc- prigionieri (cfr. Ign., M~. 9,2). Si p;1 ·
so genericamente come la forza della trebbe pensare che dopo la croce Cristo,
reso spirito senza corpo, andò dagli spi-
santificazione 79t . Il passo di 4,14 è in riti; ma è abbastanza sicuro che Èv i[>
armonia col pensiero giudaico e limita significa semplicemente 'circostanza in
la concessione dello spirito ai martiri cui' come in 1,6; 4.4 793 • Inoltre la re-
nunczione non va intesa distinta dallo
(4 coll. 952 ss.) 795 • Del tutto sbiadito è
?;,wo1tOt'l')i)i]vat, quasi fosse un secondo
l'l]cruxtov di 3 A (cfr. i Cor. 4,
'ltVEuµa c•1ento; essa implica invece due mo-
21, 4 co1. 1057). Per 2,5 4 n. 106'1% . n~enti: ln discesa agli inferi e l'asce-
I testi di 3,8 s. (--> I, coli. 277 s.; VI, sa al cielo. C'è solo da c'1iedetsi se
le due cose non si identifichino, sic-
·col. I 043 n. r II) e 4,6 presentano ché la cpu)..axii vada concepita 'lungo il
qualche difficoltà. Analogamente a 3, cammino' nell'aria 799 • Così era in ori-

159). H. GR!rnYEN, in DmELlUS, Jk. • (r9 ;;6) Parallelamente a 6Eov 'ltct'tp6ç e 'hJO'OV Xpt-
ad /., cita Shabb. b. 152 b: <iRendilo (scii. O''tOU, il gen. meuµa;'toç di I Pelr. 1 ,2 si può
lo spirito) in purità, come egli in purità te intendere solo come soggettivo. La formu·
l'ha dato». lai ionc triadica è in uno stadio assai avan·
m W. BrnoER, Christliche Existem: nach dem zato; però lo spirito precede ancora Cristo
Zet1gnis des Jk.: ThZ 5 {1949) in s.; ~ (-.-> n. 842).
BUCHSEL 463. ns WINDISCH, Kat. Br., ad l.
i~ SEJ.WYN, o. c. (~ n. 555), basnndosi su E.
791 Di questo non tien conto H .A. GuY, The
LOllMEYER, Vom urchristlichen Abendmahl:
N.T. Doctrine of lhe Lasl Thìngs {1948) 95,
ThR 9 ( 1937) 296, nei 'sn::rifì3 s'llrÌll•'lli'
il quale, qui come negli Atti, intende Io spi-
rnvvisa l'eucaristia; contro, F.W. BEARE, The
rito come irruzione delle realtà escatologiche.
First Epistle of Peter (1947), ad I. Cfr. anche
792 Piuttosto nella chiamata (pentecoste) che
FLEW, o. c. (-> n. 407) 16o.
nei miracoli (contro PREISKER [WINDISCH, 7~7 Tenendo presente 2.II {co1tro Pr.r.1s :~ER
Kath. Br.1, ad l.]). [WINDISCH, Katb. Br.>], ad I.), non si può
793 -.-> GOGUEL, Notion 66 s. L'omissione di negare un infltlsso ellenistico.
Xi;~O''toii
nel cod. B è una mitigazione se· 798 Con BrnDE R, o. c. (-> n . 540) 106, con·
condaria. Paralleli, quan~o al contenuto, so- tro W1Nmscn, Kath. Br., ad I.
no Bam. 5,6; Ign., Mg. 9,2; Iust., npol. 62, 799 ScHLIER, o. c. (-> n. 372) 19-23; R. REIT·
3 s. ZENSTETN, Das mandiiische Buch des Herrn
?74 = 2 Thess. 2,13; r Tbess. 4,7 ~col. 1044. der Grosse, SAH 12 ( 1919) 30.
7t\ltuµ11., 1rYEUlltt't~x6c; E v b-d (E. Schwcizer) (v1,447) 1090

gine, se possiamo ritenere esatta la ri· 1055 ss.) si ricava che può solo trattarsi
costruzione di un'antica formula 800 • Le di un giudizio nella sfera terrena, quin-
due cose risultano distinte nel contesto di della morte. In 4,6 xptl>wCTw è dun-
attuale. que da intendere in senso di piucche-
801
2. 1t\IEVµa'ta sono i demoni o i tra- perfetto 806 •
passati? (~ v, col. 452). L'ipotesi giu-
sta è probabilmente la seconda, dal mo· c) Nella seconda Lettera di Pietro lo
mento che 4,6 non va separato da que- spirito è semplicemente In forza ispira-
sto passo. Ma è possibile che, oscura· tiva della Scrittura, che ha già valore
mente, si alluda anche ai demoni (in
quanto operanti nei persecutori?) 802 • canonico ( 1 ,21) 607 , mentre la Lettera di
Ma sarebbero essi localizzati nell'Ade? Giuda lo intende, alla maniera gnosti-
3. Chi sono i morti (vExpol) di 4, ca, come il contrassegno di chi non è
6? È vero che in Herm., sim. 9,16,3- psichico, che si manifesta specialmente
6 il significato reale dì 'vivente' e di
'morto' si intreccia con quello spiritua- nella preghiera !I08.
le; ma qui è difficile che si abbia un ri- d) Nella prima Lettera di Giovanni
ferimento ad esseri ancora vivi sulla
terra ma spiritualmente morti 1103 , so- 'ltVEuµa. appare, del tutto in linea col
prattutto perché la formula di 4,5 sem- protocristianesimo, come contrassegno
bra non ammettere una interpretazione della grande svolta; ma la novità che
siffatta. Assai improbabile è anche in-
tendere \IEXpol come designazione di cri- in esso si riconosce non è più sempli-
stiani morti, che in vita avessero ascol- cemente l'irruzione deU'eschaton, ben-
tato il vangelo 804 • Se si tien presente 3, sl la permanenza di Cristo nei creden-
9, dove sono nominati i 'Jt\IEvµa'tct., è
ti (3,24; 4,13) 809 • Perciò non si sotto-
a questi che si deve pensare 1105 •
4. E CTapç che cosa è? Dal confronto linea il carattere straordinario dei doni
di 4,6 con 3,18 e I Cor. 5,5 (-7 coli. dello spirito. 'TCvEuµcx. è bensl concepito

~ R. BuLTMANN, Bekenntnis u. Liedfrag- re a una punizione della <r&.pl; resuscitata


ment in I Pt.; Conieclanea Neoteslamentica (-7 n . 692). C. ScnMIDT, Gespriiche ]es11 mii
II (1947) 1-14; contro, J. ]EREMIAS, Zwischen sei11e11 Jiingern nacb der Auferstehung, TIJ 43
Kar/reitag u. Ostern: ZNW 42 (1949) 194· (1919) 76 n. l, mostra che nel scc. II i cristia·
196, il quale però pensa che dietro i vv. 18 ni distinguono nell'uomo il corpo. l'anima e lo
e 22 stiano delle formule più antiche. spirito. Ma è assai dubbio che si pensi a un
SOi Quelli nominati da BIE.DER, o. c. (-+ n. diverso trattamento della carne e dello spirito
540) 112. nell'nl di là.
11>11 Cfr. E. IO:sEMANN, BegriJndet der t1t.lfr:he
1Kl2 W1NDISCH, Kath. Br., ad /.; -+ REICKE
115-118; BIEDER, o. c. (-+ n. 540) n2 s.; dr.
Katton die Einheil der Kirche?: EvTheol u
(1951/52) 19; --> coll. 909 ss. 952 ss.
test. N. J,Ji Bar. syr. 56,x3-15.
~ Per i vv. 19 s. -7 n. 384 e-+ coli. 1059 ss.
803 BIEDER, o. c. (-+ n. 540) 125 s. 154.
Nei vv. lo s. il 1tVEiiµcx. &y~ov sta accanto
a>1 BEARE, o. c. (-+ n. 796), (Id f., contro a ltE6c; e xvpLoc; i}µwv 'l'tJO'ouc; XpLO'"t6c; (-->
SELWYN, o. c. (-+ n. 555) 338 s. n. 842).
805 A 'coloro che si sono addormentati' pensa ti09 Va da sé che questo è il compimento
già ev. Pelr. 41. escatologico; ma esso è concepito in maniera
805 Motivazione in E. ScHWElZER, 1 Pt 4,6: assai diversa che nella comunità primitiva
ThZ 8 (1952) 152-154. No:i si può pensa- (dr. GuY, o. c. e~ n. 79z] 171).
1091 (VI,447) 7tvtiiµrt, 7tvtvµ<n~x6c; E v 3 d-4 (E. Schwcizer) (Vl.447) 1092

come dono dall'esterno, che non si tro- nato è il criterio per distinguete le mani-
va affatto nell'uomo (4,13) 810 ; ma co- festazioni dello spirito (~ col. 1021).
me in Giovanni(~ 439,29 ss.) cosl an- Per il plurale 1t\léuµo:."ta~ n. 689. Qui
che qui lo spirito rende testimonianza si avverte un po' di più la presenza di
(5,6-8), anzitutto globalmente in 'acqua' concezioni animistiche. Più che in qual-
e 'sangue' (v. 6 ), poi, in senso stretto, siasi altro scritto del N.T., qui si sot-
in terna con essi (vv. 7 s.) probabilmen- tolinea la fiducia nel 1tW:uµa che opera
te come annuncio della parola, il qua- nella comunità e non abbisogna di al-
le è in misura speciale opera del 1tVEU- cuna autorità ministeriale: rende la ve-
µCt.. m, accanto ai sacramenti 812 • La stes- ra testimonianza non perché apporti ri-
sa cc;mcezione dello spirito profetico che velazioni nuove. e inaudite, ma perché
rende testimonianza si ha in 4,1-6; ma arreca l'antico messaggio 814 •
qui la concezione giovannea (~ coli.
1077 ss.) confluisce in quelle che parlano 4. L'Apocalisse
dei due spiriti in lotta, anzi, in I Io. 4, Anche nel modo di pensare Io spiri-
6 la rispondenza giunge ai singoli ele- to l'Apocalisse occupa un posto specia-
menti della formula m. Tipicamente cri- le, che richiama chiaramente la cerchia
stiani sono la denominazione di &.v'tl- del giudaismo 'pre-gnostico'. Anche qui,
Y.P~O'-.oc; data alla potenza ostile nel v. 3 come nel giudaismo popolare ( ~ coll.
e soprattutto il riconoscimento che la 892 ss.) 815 , i demoni-spiriti ·impuri son
professione di fede in Gesù Cristo incar- eletti 1t\léVl.l.Cl't'Ct. (I 6 J I 3 s.; I 8 ,2) e la

810 Lo spirito è quello che domina e abbrac- disceso nel battesimo, ma è risalito prima
cia (lx!). della morte). Ma già nel v. 6 b il significato
811 Qui i sacramenti non sono portatori del- è cangiante. Nel v. 8 poi si pensa solo ai
lo spirito. La loro importanza deriva dal testimoni del suo battesimo e della sua mor-
fatto che lo spirito profetico anche per mez- te, cioè ai sacramenti e~ HowARD ' 47 s.;
zo di essi annuncia la vita e la morte reale SCHWEIZER, o. c. e~ n. 7II] .344•348).
di Gesù. Che il battesimo al Giordano sia 813 Ieri. Iud. 20,1: Tb Tij~ 1H.110tl«~ xixt TÒ
il vero e proprio evento redentore e che Tijc; ?:À.aV'T)~ (1tVEvµa) = coll. 933 ss. Cfr.
perciò la morte di Gesù avesse solo la fun· ScHNACKENBURG, o. c. e~ n. 616) 187-191.
zione di liberare lo spirito colà ricevuto per
81• ~ xpruµrt {2,20.27 ); 4 ScHWEtZER, Geist
trasmetterlo ai credenti (FLEMINGTON, o. c.
[....) n. 435] 89-91). è un'affermazione che .31 s.; BuLTMANN, ]oh. 484 n . 8; E. KXSE·
MANN, Ketzer u. Zeuge: ZThK 48 (1951) 292-
l'avversario gnostico potrebbe accettare. Ma
l'autore intende dire qualcosa di più, come 3u.
mostra 1,7. 815 ~ ScoTT 212: senza l'Apocalisse noi non
112 Cfr. lo. 19,34. Resta controverso ixtµa; sapremmo quali erano le primitive concezio-
secondo 4,2 gli avversari sembrano essere dei ni dello spirito nel popolo cristiano. Ma la
doceti gnostici. In tal caso 5,6 • viene a dire ragione per cui manca una pneumatologia non
che Gesù è passato attraverso il battesimo e va cercata nel fotto che qui, come nel cri-
la morte (FLEMINGTON, o. c. [....) n. 435] 88; stianesimo primitivo, tutta l'attenzione è de-
in Iren., haer. 1,26,1 gli avversari affermano dicata all'avvenire, e non all'attuale presenza
precisamente il contrario, cioè che Cristo è dello spirito?
mEiiµa:, 'ltVEVµa"t"LX6~ E v 4 (E. Schweizer)

forza puramente vitale appare come che parla può anche scomparire 82ll. Tut-
TCvEuµq. dato da Dio o anche da un tavia nell'Apocalisse lo spirito è riferi-
demonio (11,rr; 13,15). L'idea domi- to alla comunità e non all'individuo;
nante è però quella del 7tVEuµq. 'tijc; tant'è vero che parla sempre alla chie-
816
7tpOq>'Jl'tELCXc; ( l 9' I o; ~VI' col. l 3 .5o) ' sa, mentre colui per mezzo del quale
con chiara allusione a un fatto straor- parla ha un ruolo secondario 821 • Ma
dinario; la condizione di chi è É.V 'ltVEU- ciò che veramente conta è che questo
µ<Y.'tL è distinta da quella comune (1,ro; spirito altro non è che lo stesso Cristo
4,2; ~ vm, col. 991). Il 'Jt\IEvµa. è la glorioso (2,1 = 7.8 = II, ecc.) in
potenza che concede visioni che l'uo- quanto parla alla chiesa. Egli sta con
mo comune non ha 817 • Può portarlo i suoi solo in quanto è mie.uµa. . Ciò non
( 1 7 ,3; 21, 1 o) in regioni meravigliose è mai detto del xupioc; in sé, il quale
sottratte allo sguardo dell'uomo natu- sta solo in cielo 822 • È per questo che in
rale 815 • Perciò in 11 ,8 l'avverbio 7tVEU· 22,17 il 7tVEuµa. e la sposa (vvµ<p'l})
µa.'ttxwc; è usato per indicare il parlare dicono: «Vieni!». La comunità che in-
in linguaggio non comune, ma profeti- voca il suo Signore nella forza dello
co 819• E questo 7tVEliµo: non è stato al- spirito 823 non lo fa in definitiva per
l'opera solo in passato; esso parla og- una forza sua propria; è il Signore in
gi, e non deve limitarsi a rammentare persona colui che invoca. Ma parimen-
le promesse della Scrittura, ma dà loro ti il 'l'tVEùµa., essendo la forza che pro-
una nuova formulazione (14,13). La sua cede dal Signore, può essere distinto
divinità, che supera ogni realtà umana, da lui e~ coll. 93.5 s. 1008 ss.).
è sentita cosl fortemente, che l'uomo Questa tensione si avverte nettamen-

816 Ma, stando a 19,10, mi pare che tutti i lineata la realtà del cambiamento di luogo).
membri della comunità siano profeti, alme- 819 REITZENSTBIN, Hell. Myst. 319. Ad esser
no potenzialmente (LoHMBYER, Apok., n 19, precisi, non si può trodurre: 'allegoricamente'.
rn; ~ VI, col. 13.:s2; dr. Apoc. 10,7; n,18; Non è un testo che parli di Sodoma e dell'E·
22,6 con 1,1; 2,20; 7,3; 19,10; ~ vr, col. gitto e che venga interpretato in riferimento a
r3.:s2; cfr. Apoc. 10,7; 11,18; 22,6 con 1,1; Gerusalemme, né Gerusalemme vien chiamata
2,20; 7,3; 19,2.,:J). Anche in Luca 'lt'JEVµa con un nome che la dissimula sotto il velo del-
è fondamentalmente un dono profetico stra- l'allegoria; ess:i viene invece vista con occhio
ordinario, che può esprimersi in maniera esta- profetico e identificata come la Sodoma e l'E-
tica ma che tuttavia è concesso a tutti i gitto della Bibbia. Meglio M. R1ss1, Zeil ti.
membri della comunità(~ coli. 982 s.). Geschichte in der Offenbaru11g t!es ]oham1es
s11 Non si può accettare l'interpretazione di (19.P) 72: «corrispondentemente nl criterio
CREMER-Kt>GEL 885 (nvtvµcx. rr 1 b): «au· di misura di Dio».
tocosciente interioritb dell'uomo; in Act. 12, 120 2,7 ; 1 4,13; 22,1 7 e~ GuNKEL 49).
n lv ÉCX.U"t"~ yEv6µrvoç si contrappone al- 8!1 LoHMEYER, Apok., a 2,28.
l'essere lv tXO'"t"dC'E~ (11,5; 22 117; HADORN, m LoHMEYER, Apok. 186. Cfr. il Paraclito
Apok., a 1,10). giovanneo (ibid. a 2,7).
818 Ma cfr. la preposizione Èv (a differenza di 823 Per la paratassi cfr. Aci. .:J,31; lo. 15,26
Mc. r,12, dove è inequivocabihnente sotto- s., -> nn. 492.763.
1095 (VI,448) 'IWEUµc.t, 7tVEUµa-.~x6c; E v 4 (E. Schweizer)

t~ nella strana concezione dei sette spi- prio questa concezione si trova, perfet-
riti. Sotto il profilo storico-religioso, es- tamente gnostica, in Valentino, per il
quale gli·angeli altro non sono che Cri-
si non sono al tra che i sette arcange- sto stesso, ma il Cristo individualizza-
li 824• NeU'Apocalisse stanno tra Dio e to, che viene all'uomo singolo e che in
Cristo, e da l,oro procede la grazia e la pari tempo è l'altro 'io' del 7t\1Euµcx. u-
mano 829• L'unica differenza sostanziale
pace (1,4) 825 . Stanno come lampade in- è questa: l'Apocalisse è un libro della
nanzi al trono di Dio, come gli angeli comunità e associa lo spirito alla co-
(4,5) 826 , e sono inviati per tutta la ter- munità e non al singolo (~ n. 821) 830 •
L'individualizzazione dello spirito di
ra quali messi di Dio e di Cristo (5,
Dio, ridotto a spirito concesso a cia-
6). Tutti insieme, con gli angeli della scuno come 'suo' 1t\1Euµcx., è un proces-
comunità (1,20), sono a disposizione di so che s'è compiuto già da lungo tem-
Cristo (3,1 ). Perciò rappresentano la po, ed è pure comunemente acquisita
l'unità di questo 'lt\IEuµcx. procedente da
pienezza e perfezione dello spirito di Dio col nuovo 'io' donato all'uomo (~
Dio m ed anche gli angeli del trono 828 ; col. 936). Ma, poiché il pensiero del-
sono inoltre figure parallele agli angeli l'Apocalisse si configura sulla base del-
la comunità e non dell'individuo, alle
delle chiese. sette chiese corrispondono i sette spi-
riti; essi sono pensati come «il nuovo
Per capir questo, bisogna partire dal 'io', ricco di grazia», della comunità e
pensiero giudaico 'pre-gnostico'. Pro- insieme come l'agire dello spirito che,
824 Tob. u,15; cfr. BoussET, Apok., a IA; o. c. [ -n. 825] a 1,4; dr. R. KocH, Der
8,.z; di diverso avviso è G.H. Dnc, The Seven Gottesgeisl u. der Messias: Biblica 27 [1946]
Archangels ami the Seven Spirils: ]ThSt 28 247-249) e come terza persona della Trinità;
(1927) 233-250, il quale pensa a un influsso cosl anche ZAt!N, Apok., a 14 b,
del candelabro a sette bracci (4,5). Per il
numero sette dr. Zach. 4,2.10 (Apoc. 5,6); 818Ciò è posto in rilievo da JouoN, o. c. (-+
n. 826) 486 s.; BoussET, Apok.; l..oHMEYER,
Phllo, op. mund. 99-128; ZAHN, Apok. 169
s.; per i sette 'arcangeli' persiani (BERTHOLET- Apok., a 4,5 .
Ll!HMANN II 206) cfr. Yast 13,83. 829 - coli. 940 ss.; dr. Qu1SPEJ., o. c. (- n.
1125 Il passo, sicuramente, non è interpolato 3.H ) 264: «L'angelo è il Cristo riferito al-
(contro LoHMEYER, Apok.; R.H. CHARLES, l'esistenza individuale dell'uomo spirituale»;
Rcvel., ICC [ 1920], ad I.). cfr. anche Clem. Al., exc. Theod. u,2 (gli
826 8,:t; cfr. Bar. syr. 21,6; Pseud.-Clem., hom. angeli sono 1tVEuµa-ta. voep«X).
8,13; diversamente STitACK-BILLBRBECK III 8JO Se qui la distinzione tra lo spirito e Cd-
788; W. BmTENHARD, Die himmlische Welt sto è _più chiara, ciò si deve allo stadio pre-
im Urchristentum u. Spiitiudentum (1951) 60 gnostico e giudaico del pensiero di Valenti-
s. Come servitori di Dio sono designati an- no. Ben presto Io spirito santo e il Cristo
che in 1,4 (P. Joi.ioN, Apocolypse I 4: Rech preesistente (o post-esistente) vennero a coin-
ScRcl 21 [1931] 487). cidere, come si vede in Herm., sim. 5,6,7 (e
m Tutti gli antichi commentatori li conce- DIBELIUS, Herm., ad J.) e 5,2. I QH mette
piscono (BoussET, Apok., ad l.) come spirito in risalto Ia comunità; ma il dono dello spi·
settifonµe (ls. u,2: solo sei doni dello spi· rito vale per il singolo; A. DJETZEL, Belen im
rito nel testo ebraico, mentre i LXX e i mss. Geist: ThZ 13 (x957) 22-24; cfr. r QH 17,
siriaci giungono per vie diverse al numero 17: «Gli spiriti che tu hai posto in me» (ibid.
di sette; Hen. aeth. 61,u, ecc., in CHARLES, 25).
'1tVEVµa, '1tVEVµa·nx6c; E v 4-F (E. Schweizer)

procedendo da Dio, è rivolto a ciascu- coll. rorr ss.; 2 Clem. 9,15; 14,12;
na chiesa; eppure, nel loro insieme, es- Hcrm., sim. 9,1,1 )&Ja. È vero che, contro
si non sono altro che l'unico spirito di la gnosi, Ignazio sostiene la dottrina giu·
Dio. daica della resurrezione; ma il suo pen-
Da tempo non fa più difficoltà il fat- siero ha proprio movenze gnostiche:
to che gli spiriti sono pensati come an- l'unione, ìn Cristo, della sostanza dello
geli. Le due designazioni si alternano spirito e della sostanza della carne con~
di frequente &Jt. Figure angeliche di di- ferisce la possibilità della resurrezione
gnità quasi divina 832 o quasi pari al anche alla carne del credente (Eph. 7,2;
Messia m si trovano già nel giudaismo Mg. 1,2; Sm. 3,2 s.; 12,2) 839. Cfr. an-
eterodosso. L'angelo appare come il che ~ coll. 934 ss., specialm. n. 346.
mediatore fra Dio e gli uomini, che in-
terviene in favore di questi &34 e ne 2. La linea estatica. Lo spirito viene

reca le preghiere innanzi a Dio 8lS. La scambiato con fenomeni fisici straordi-
triade Dio-Cristo-angelo è corrente, an- nari 1WJ (~ coll. ro2r ss.; cfr. Herm., vis.
che nell'Apocalisse 836 • Come in ogni r ,r ,3; 2,r ,1 ). Ben presto· deve imporsi
parte di questo libro l'opera di Dio è anche l'idea che tali fenomeni sono una
presentata in figure concretamente ope- specie di premio per una fede speciale
ranti, e tuttavia rimane opera propria (cfr. r Clem.· 2,2).
di Dio, cosl avviene con i sette spiriti 3. La linea ministeriale. Non più co-
angelici: essi altro non sono che l'agire lui che Dio ha designato col dono del
proprio di Dio 837 • suo spirito vien deputato a un ministe-
ro, ma colui che è stato rite insediato
F. I PADRI APOSTOLICI nel ministero riceve la garanzia dello
L'evoluzione immediatamente succes- spirito di Dio. 2 Tim. 1,6 ha la confer-
siva è caratterizzata da tre pericoli. ma di r Tim. 4,14 e r,18( ! ). Più· pro-
blematici sono Ign., Phld. 7 1 1 s.; M'g.
r. La linea sostanziale di ispirazione 13,r; r Clem. 41 s. (ma cfr: 42,4) e
gnostica(~ coll. 940 ss.). Acquista sem- soprattutto Ireneo: qui cum episcopa-
pre maggior importanza l'idea che Cri- tus successione charisma veritatis cer-
sto è costituito di sostanza spirituale, e tum... acceperunt (haer. 4,26,2) 841 • Tut-
questo già neIIa sua preesistenza (~ tavia il kerygma del N.T. mantiene fa

831 ~ n. 33r; anche Herm., mand. n,9; Apoc. ta la questione dr. ScHWEIZt!R, o. c. (-+ 11.
17,3 ; 2X,IO. 32) 502-512.
832 In 4Esdr. 5,43 si parla all'angelo (v. 31!). 838 Cfr. soprattutto DIDt!LIUS, Herm., excur-
833 Hen. aeth. 39,5-7. sus a vir. 5,6,7.
&34 test. L. 5,6 s.; test. D. 6,2 e i molti pa· 8}9 ScHWEITZER, o. c. ( 4 n. 548) 332-338 (con
ralleli in R.H. CHARLES, Apocrypba and qualche particolare discutibile [cfr. 4 RuscH
Pseudepigrapha o/ tbe O.T. II (19:r.3) 307. 52-54J, chiaro in seguito in Iren. 5,x ,3); cfr.
335· Herm., sim. 5,6,5-7.
835 Tob. r:z,15 (i sette arcangeli). 640 Cfr. specialmente la monografia di -+
836 Le. 9,26; 1 Tim. 5,21; Apoc. 3,5. Iust., WEINBL. .
apol. 1,6,2 distingue idealmente il '7t\IEUµtt 841Peraltro con ciò s'intende probabilmente
7tpOq:>TJ-rtx6v, come quarto elemento, dalla dottrina tramandata (v. CAMPENHAUSl!N, o. c.
schiera degli angeli (che nell'Apocalisse, pro· [-+ n. 630J :i:88); del tutto diversi sono i
priamente, si identifica con esso). passi di Act. 6,3; r3,2 e anche di 1 Cor. 16,
837 Cfr. anche M. KIDDLE, The RevelaJion o/ r5-18; I Thess. 5,12 s.; dr. E. ScHWBIZl!R,
St. Jobn, MNTC (r940), a Apoc, 4,6. Per tut- Das Leben des Herrn in der Gemeinde tt.
1099 (VIA_:>O) 7t\IÉW, ti,1.7tVÉw r-3 (E. Schweizer)

sua forza, e nei secoli succcss1v1 non 215; som. 1,107; con À.cxµ.'ltpéc; (-é'V) è
cesserà mai di prorompere &12• detto del coraggio, dell'anima, di un
regno (Ios. 21; congr. 108; Deus imm.
t wÉw, t ȵ:rrvÉw 174).
1. A partire da Omero nvÉw desi- tµ7t\IÉW appare in Deut. 20,16; Ios.
gna a) lo spirare del vento (Od. 4,361, 10,28-40; II,II .14 nella forma 'ltri.'V
e i papiri: Preisigke, Wort., s.v.), ~ tµ7t'llÉo'V = 11esiima, ne/d; si veda an-
coll. 776 s.; b) il respirare (Il. 17>447) o che Sap. 15,11 e Philo, leg. ali. r,33.
lo sbuffare (Il. 13,385); anche il suo- 36 (spiegato con ÈVE<pVO''l'}<Té:\I), dove de-
nare di un flautista o di un flauto (Poll., signa l'insu/jlazione dell'anima (Gen . 2,
onom. 4,72.81 ), ~ coll. 778 s.; e) il dif- 7); som. 2,94 = respirare. In Flavio
fondersi di un profumo (Horn., Od. 4, Giuseppe indica lo spirare (bell. 7, 317)
446); per il profumo divino -)o coll. 809 o il respirare (ant. 12,256}.
s., n. 54 e coll. 820 s.; d) in senso trasla-
to, significa esser pieno di ..., sbuffare, 3. Nel N.T. 7t\IÉW è usato solo per
fremere per... , spirare (trans.) (Horn., Il.
indicare lo spirare del vento tempestoso
3,8: coraggio; Eur., Iph. Taur. 288:
incendio e assassinio; Aesch., Ag. I2o6: e pericoloso o dell'austro che reca la
grazia; Eur., Andr. 189: µtyriÀ.a. = gran calura (Mt. 7,25.27; Io. 6,18; Le.
tracotanza),~ coll. 781 ss.; similmente
12,55), o anche del vento devastatore in
Herond., mim. 8,58: ,.a,, 8rn1à. 'ltVEV·
<ra.~, «con terribile cipiglio». -)o coII. 783 Apoc. 7,1 (cfr. Dan. 7,2; Sib. 8,204) 1.
s., n. I I e coli. 802 s., n. 41. In Act. 27,40 si ha la forma sostantiva-
2. Nei LXX significa: a) lo spirare ta ii 7t\IÉoV<r~ (~vpCl). Inoltre in Io. 3,8
del vento (cfr. ep. ler. 60), dietro il lo spirare del vento (~coll. 1069s.) ser-
quale sta però Jahvé (\jl 147,7; Ecclus ve come esempio dell'agire dello spirito.
43,[16].20 =
nsb); b) il fremere di
Si vede qui un'altra volta quel che già e-
Jahvé, che si esprime come un vento
tempestoso (Is. 40,24 = mp), oppure ra chiaro nei LXX (~sopra): certo, l'a-
dell'empio (2 Mach. 9,7); in Filone in- zione dello spirito non è più intesa natu-
dica il respirare o lo sbuffare, spirare,
ralisticamente (-Hall. 847s.t ma nori è
fremere (soprattutto con µlya. o µE-
yti)..CL, per indicare l'alterigia o la rab- nemmeno diventata astratta nel senso di
bia): vii. Mos. r,155; 2,240; mut. nom. un puro spiritualismo 2 • L'agire di Jah-

ihren Dimsten (1946) 130-132; per il N.T. rallelismo dello ~pirito con Dio e con Cristo.
ibid. 97 s . m~ n . 33; ID., Geist 14-16; W.D. Per questo problema cfr. WBLCH, o. c. e~
DAVlES, Light on the Ministry /rom the n. 676) .z9-40.
N.T.: Religion in Lifc 21 (1952) 267 s. Per 7t\léW X't).,
gli sviluppi successivi dr. ~ coli. uo6 s. I L'idea che gli angeli degli elementi, i quali
su Per il problema riguardante le formula· trattengono i venti, siano distinti dalle poten·
zioni trinitarie~ coli. 960 s.; coli. 10'1 s. e nn. ze della natura da essi dominate {che non
440.794.808; inoltre Ign., Mg. 13,1 s.; 1a ri- sono esse stesse forze divine o demoniache),
petizione della preposizione tv nel v. 1 e i è schiettamente giudaica (l..oHMBY.BR, Apok.,
modi di esprimersi di 1 C/em. 46,6; 5812 la· ad l.; paralleli in BoussBT, Apok., ad l.).
sciano intendere che ancora qualche ostacolo 2 «La distinzione tra spirito e vento è intro-

si frappone all'affermazione .del perfetto pa- dotta solo da una lingua fattasi disperata-
IlOI {VI,450) 7tVÉW, EIJ.1tVÉW 3 • 1tvo1} 2 {E. Schweizer) (vr,451) no2

vé o del suo spirito è una procella. coli. 998 s.) mostrano che a quest'idea si
Nel N.T. iµrcvÉw nel senso di spi- è aggiunta facilmente l'altra dell"io' ve-
rare (trans.) si ritrova solo in Act. 9, ro e proprio che sopravvive alla morte
I J. (-?coli. 900 s. ). Questo risulta espressa-
4. Il significato di diffondere fragran- mente in ev. Petr. 19 e nelJa traduzio-
za si trova in mart. Poi. r5,2, dove il ne siriaca di Mt. 27,50 (àvÉ~iJ "'t'Ò 1t\IEU·
profumo del martire che muore vien pa- µa).
ragonato a quello dell'incenso, e in Ign., f.xnvÉw manca nei LXX e non viene
Eph. 17,r, dove è detto che Gesi1, es- registrato da Moulton-MiJligan e Prei-
sendo unto, spira (fragranza di) incor- sigke, Wort.; in Filone indica lo sbiadi-
re di iscrizioni (poster. C. 1r3) e l'espi-
ruttibilità sulla chiesa. Probabilmente rare (leg. Gai. r 2 5 ). L'uso dovette quin-
quest'ultimo passo non risente solo del- di essere tipicamente greco.
l'uso linguistico greco ricordato sopra,
ma è anche dettato dall'idea del profu- "t r.von
mo divino(~ 111, col. 1305 n. 16; VIII, l. Fin da Omero indica lo spirare del

col. r386 n. 14). vento (Il. 11,622; Bacchyl. 5,28 s.; Prei-
sigke, Sammelbuch 358,I 3) o del fuoco
(Eur., Tr. 815). Designa anche il respi-
t ÈX'lt\IÉW rare e lo sbuffare o fremere (Eur,, Herc.
Espirare, sbuffare, soffiar via ..., allen- /ur. 1092) per l'ira (Phoen. 454), come
tare. Il verbo si trova, nel significato di pure l'alito (~ coll. 800 ss.) 11d es. del
esalare (la vita), con alo\I O tJivx;1)v CO· dio che eccita !"entusiasmo' (Eur., Ba.
me oggetto, a partire da Eschilo; è usa- 1094, ~ coll. 8or s., n. 40), di Afrodite
to in assoluto in Sofocle (Ai. 1026), in e di Eros (Iph. A11l. 69, -? coll. 802 s.,
Euripide (Herc. /ftr. 886; Hyps., fr. 34 n. 4r ), o il suono del flauto (Pind., Nem.
[60],38), in Plutarco (gen. Socr. 32 [n 3,79).
597 s.]), in M. Antonino (4,33,2), in 2. Nei LXX sta per ne/es o nesiima.
Flavio Giuseppe (ant. u,357). Il significato originario è assai chiaro in
2Sam. 22,r6 e lob 37,ro, dove il ven-
Nel N.T. ricorre solo in Mc. r5,37 to tempestoso è presentato come sbuf-
(= Le. 23,46). 39 (non nel cod. D). Il fare di Jahvé (come ruab in Ez. 13,13).
vocabolo rivela la primitiva concezione Anche in Gen. 2,7; 7,22 è ancora viva
l'idea di ins11fllare in senso concreto;
della vita che nel momento della morte cosl pure in lob 27,3; 32,8; 3,4, dove
lascia il corpo andandosene col respiro il 7iVEUµtt (o la 'itVOTJ) dell'uomo non è
(-?col. 780). Ma i passi paralleli di Mt. che la 7tVO-I} C-o il 7tVEVµtt) di Dio. An~
che quando è semplicemente l'alito vi-
27,50 (-?col. 947), lo. 19,Jo (-> col. tale (Sap. 2,2; Ecclus 33,2r; .2 Mach. 3,
1062 n. ]14) e soprattutto Le. 23,46 (-? 31; 7,9, con l'accento posto sulla cadu-

mente astratta» (E. GAUGLER, Ro111. I [1945) 2,233.415 ; 5,258; 7,25; 9,159; Atistacnetus I,
2'3). 5 (ed. R. HERCHER, Epistolographi Graeci
J Per la costruzione col gen. cfr. Anth. Pal. [18731); Dion. Hai., at1t. Rom. 7,51,3.
1103 (VI,451) 'ltVOTJ 2 - DEÒ1tVEUCT'toç (E. Schwcizer)

dtà) esso è l'alito vitale elargito da Jah- t i>E67tVEUO''tOc;


vé (Is. 42,5 e 57,16, par. 7tVEùµa.; Dan.
5,23 e 10,17 [var. accanto a 7tVEUµa]). Nell'uso ellenistico qualifica in gene-
nerale ogni sapienza in quanto proviene
In 3 Bcx.<7. 15,29 Ttiir:ra. 7tV01) corrispon-
de esattamente a 1tii\I ɵ7t\IÉoV ( ~ col. da Dio (Pseud.-Phocylides 122 [Diehl J
II 101)) e più particolarmente i sogni
uoo). In Prov. l,23; 11,13; 20,27; 24,
12 designa lo spirito dell'uomo o della
inviati da Dio, a differenza di quelli 'na-
verità. turali' (Herophilus, in Plut., plac. phil.
5 ,2 [ u 904 s.] ), il i)Et"ov 011µLovpy11µa.,
3. Filone sente la difficoltà di trova- l'opera divina in noi (Vett. Val. 9,1
re, in Gen. 2,7, mioi) in luogo del ter- [p. 330,19]); come designazione di so-
mine tecnico 7tVEuµa., usato dagli Stoici stanza, qualifica le fonti di Cuma che
per indicare l'anima del mondo (leg. all. servono alla Sibilla (Sib. 5,308 ; dr. 5,
x,33). La risposta è (I,42) che l'alito 406) 1• Nella letteratura cristiana è det-
lieve {1t\1Eiiµa.} conviene all'uomo, che to degli scritti {Maxim. Conf ., scholia
è fatto di materia, mentre la wol], es- in librum de coelesti hierarchia [MPG
sendo vigorosa, forte e possente, s'addi- 4,52 A]) e di un arcivescovo (Epigr.
ce allo spirito creato a immagine di Dio Graec. 1062); usato in parallelo con XPL-
(~ coli. 885 s.). In spec. leg. 4,123 CT'toq>opcc; come qualificazione degli ana-
1tVOTJ swfic; ( cfr. Gen. 2 ,7) e 7t\1Euµa. coreti (Cyr. Scytopol., vita Sabae 16) 2; v.
1'M:o\I vengono usati in parallelo. anche~ II, col. 646. In Porphyr., antr.
Nymph. ro, i)Eo1tVooc; è detto dell'ac-
4. In Act. 2,2 la venuta dello spirito qua; in Epigr. Graec. 1016 del · volto
si annuncia col frastuono di un vento della Sfinge; in Corp. Herm. l,JO del-
l'estatico; in Giorgio di Pisidia. (hexae-
gagliardo (7t\loi}), e questo mostra co-
meron 1489 [MPG 92,1547]) qualifi-
me esso sfa inteso in senso realistico e ca la superiorità del \louc;.
concreto 1• In Act. x7 ,2 5 1t\IOtJ è, come
spesso nei LXX {~ col. I 102 ), il re- Nel N.T. i)e61tVE\JO"•oc; ricorre solo in
2 Tim. 3,16 (~ IV, col. 496), dove è
spiro vitale che il Creatore dona a tut-
ti2. attributo che qualifica la ypa.cp'ft (~
II, col. 634) come 'sacra'. Ma l'accen-

mlOTJ ScHWEIZER, Zu den Reden der Apo11elg.:


I In Eur., Tro. 815 si vede che il fuoco può ThZ 13 (1957) I-II. Specificamente per j]
associarsi bene con l'idea del vento. L'uso lin- nostro passo dr. i testi dtati in cui ricorre
guistico non pone alcuna necessità di inten- 1tVoi} !;wijç; 1 QH 1,8 s. 15 s. (in senso lato
dere il v. 3' come una glossa (cosl K.G. anche r QM rn,13); 2 Mach. 7,23 (-rl> 1t\/Euµa
KoHN, ]esus in Gethsemane:EvTh 12 (1952/ xat 'tlj\I l;wiw). detto del creatore del cosmo
.n) 269 s.; contro, E. LoHSE, Die Bede11tung e dell'uomo (segnalazione di H. CoNzELMANN),
des Pfingstberichtes im Rahmet1 des lukani- Sib. Jr. 1,5 (GCS 6,227).
schen Geschichtswerkes: EvTh 13 [ 1953)
DE61tVEUCT'tOç
414 n. ,).
2 Bibliografia sull'argomento in W. NAUCK, I Non è del tutto certo se si tratti della Cumn
Die Trodilion und KomposiJion der Areo- campana o di quella eolica (A. RZACH, art. 'Si-
pagrede: ZThK 53 (1956) 11-52; H. HoM- byllen', in PAULY-W. 2 A [1923] 2091-209,).
MEL, Neue Forsch11nge11 zur Areopagrede: 2 Ed. E . SCHWARTZ, Kyrillos von Skythopolis,
ZNW 46 (1955) 145-178; vedi anche E. TU 49,2 (1939) xoo,3 .
DEorcvEucr-.oc; (E. Schweizer) (v1,4n) uo6

to è posto su wrpÉÀ.tµoç ... Cos} si vede torità dei profeti e degli scritti, che è
chiaro che l'autore distingue passi scrit- inferiore a quella della torà 'data' da
Dio. Questa è realmente preesistente, è
turistid provvisti di autorità divina da stata insegnata a Mosè da Dio, che
altri che sono profani. gliel'ha dettata parola per parola o ad-
dirittura gliel'ha consegnata già scrit-
L'uso linguistico è ellenistico. Per ta, mentre invece le altre scritture so-
questo vi si avverte il senso ellenistico no ispirate da Dio e, secondo una con-
della mantica d'ispirazione(~ coli. 805 cezione tardiva, sono state rivelate a
ss.) 3 • Ma il greco conosce un numero Mosè che poi le ha trasmesse, oppure
minimo di scritti ispirati (~ col. 807 sono state svelate addirittura, sul Sinai,
n. 49). Democr. 18 dichiara che il poe- alle anime preesistenti dei loro autori
ta scrive con entusiasmo e con spirito (Strack-Billerbeck IV 435·451). Invece
santo; e questo vale ogniqualvolta le il giudaismo ellenistico intende l'autori-
dichiarazioni di uomini ispirati vengo- tà della Scrittura soprattutto nella ca-
no messe in iscritto o l'opera del poeta tegoria dell'ispirazione. Secondo Filone
si considera come un'ispirazione. Ma si tutti gli autori degli scritti veterotesta-
discute sul rapporto intercorrente tra mentari sono profeti (rer. div. ber. 259-
la profezia originaria e la sua stesura 266; vit. Mos. 2,r88.246-292; decal.
scritta eventualmente inesatta (Plut., 175; ck Flav. Ios., Ap. 37.40; ~ coll.
Phith. or. 4-24 [II 396-406]; Pseud.- 889 s.). Ma concezioni analoghe entra-
Iust., cohort ad Graec. 37) 4 ; ciò di- rono anche nel giudaismo palestinese,
mostra quanto quest'ultima sia consi- come mostra l'autore di 4 Esdr. 14,22
derata come un qualcosa di secondario, quando prega Dio perché gli conceda
sottratto all'ispirazione. Di scritti sacri lo spirito santo, sicché possa tornare a
si ha invece conoscenza in Egitto (Stra- scrivere fedelmente tutto quello che è
bo r7,1,5; P. Oxy. XI 138x,12r.r62. avvenuto a partire dall'inizio del mon-
186 s. 195 s.) 5 e soprattutto nel giudai- do e che si trovava nella legge andata
smo. Le tavole con i comandamenti so- distrutta.
no, secondo Ex. 34,27 s., dettate e, se-
condo 24,12; 31,18; 32,16, scritte da Al contrario, si può constatare come
Dio stesso. Il Libro dei Giubilei parla di 2Tim. 3,16 non us.i alcun termine spe-
tavole celesti sulle quali si trova già
scolpita non solo la legge (4,J .32), ma cifico dell'entusiasmo (~coll. 845 s.) né
anche la storia (23,32; 31,32; 32,28; faccia alcun cenno a teorie del genere.
cfr. test. L. 5'3 s.; test. A. 7,)) 6 • Sotto Inoltre anche qui, come in tutto il N.
forma di ispirazione l'azione di Dio ap-
pare soprattutto nei profeti (Nmn. 24, T., si evita ogni asserzione sulla santità
2-4; Os. 9,7). Questa teoria dell'ispira- della Scrittura(~ n, coli. 628 s.)7.
zione nell'antica sinagoga vale per l'au-
l Cfr. soprattutto J. LEIPOLDT, Die Friihge- libri sacri delle religioni misteriche dr. W.
schichte der Lehre von der gottlichen Einge- B11uER, Der Wortgottesdiemt der iilteste11 Chri-
brmg: ZNW 44 (1952/53) n8·145. Per il ste11 (1930) 40-41.
fenomeno storico-relìgioso cfr. J. LEIPOLDT-S. s Cfr. anche LEIPOLDT, o. c. e~ n . 3) n8 s .
MoRENZ, Hei/ige Schriften. Betrachtungen wr 6 Altri passi in BoussET-GRESSM/.NN 149; cfr.
Re/igiomgeschicbtc der antiken Mittelmeer- specialmente lub. 32,25 s.
we/t (1953) 24-36. · 7 Quanto lontano sia Paolo <la una teoria
4 Cfr. LEIPOLDT, o. c. (~ n. 3) 126 s.; per i dell'ispirazione concepita come garanzia, si ve-
Ttvlyw X."t).., 1 (H. Bietenhard)

Solo in seguito si fa strada la teoria che fa risuonare la cetra o la lira (~


dell'ispirazione meccanica, di cui si di- coll. 813; 820). Infine, la stessa ga·
mostra la giustezza basandosi sull'accor- ranzia è riconosciuta anche alle tra-
do di molti testimoni 8 , sull'antichità duzioni, come già prima era avvenuto
del!a Scrittura e sul compimento delle nel giudaismo 10• Un movimento a ri-
antiche profezie 9• Inoltre lo spirito di- troso si avverte solo in reazione al mon-
vino è pensato come il flusso d'aria che tanismo11.
fa suonare il flauto, o come strumento E. SCHWEIZER

t 'Jtvlyw, tcbtom.ilyw,
t cruµmilyw, t 'JtVt.X"t"O<;

r. Il gruppo di vocaboli 1 compare I composti nel linguaggio profano sono


nel greco profono a partire dai tragici. più usati del verbo semplice, di cui han-

de in 1 Cor. 7,10.40; cfr. 14,37. Per Mc. u, Op/erbriiuche, Phyllobolia fiir Peter von der
36 -> 380,28 ss. e 396,5 ss. Miihll zum 60. Geburtstage v. O. Gigon, K.
8 Pseud.-Iust., cohorl. ad Graec. 8; lren., h.1cr. Meuli, \VI. Theiler, F. Wehrli u. B. Wyss
2,28,3. (1945) 255.259.286; E. NESTLE, Zum Erstick-
len im Aposteldekret: ZNW 7 ·(1906) 254·
? Theophil., Auto/. 2,9; Tertull., apolog. 19 s.
256; H. VAN OoRT, Het Besluit der Apostcl·
10 Iren., haer. 3,21A; Philo, vit. Mos. 2 137. synode von Hancl. 15: ThT 40 (1906) 97-112;
11Eus., hist. cccl. 5,17,1-3; dr. LEIPOLDT, E. PREUSCHEN, Untersuchungen tur Ag.:
o. c. (-> n. 3) 136. ZNW 14 (1913) 1-20; G. REscH, Das Apo-
steldekret: TU NF 13 (190,); W. Rol!ERTSON
it'Jl"(W X"t)... SMITH, Dic Religion der Semifen, trad. ted. di
PREUSCHEN·BAuJ::R '; PAssow; LIDDllLL-ScoTT; R. Stilbc (1899) 26,.321; ]. H. RoPES, The
H. CoPPIETERS, Le décret des Apotres: RB Text of Acts (1926) 265-269, in }ACKSoN-LAKe
NS IV 4 (1907) 34-58; F. DIBELIUs, Die dop- I 3; P. W. SCHMIDT, De Wette-Overbecks zur
pelte Vberlie/erung des Aposteldekretes: Ag., Festschrift der Universitiit Base! ( 1910)
ThStKr 87 (1914) 618-625; H. DIEHL, Das so· .r8-25; W. ScHULZll, Beilriige wr Worl- 11.
genna11te Aposteldecret. Ein Bei/rag zur Sillengeschichte: SAB (1918) 320-331; A. SEE·
Kritik von Harnacks «Aposlelgeschichte»: BERG, Die beiden \Vege u. das Aposteldekrel
ZNW rn ( 1909) 277-296; A. HARNACK, Das (1906); K. S1x, Das Aposteldekrel (1912);
Apolsteldekret (Aci 15,29) u. die Blass'sche G. STROTHOTT.E, Das Aposteldekrel im Licbte
Hypothese: SAB (1899) 170-!76; ID., Die der jiidischen Rechtsgeschichte, Diss. Erlan-
ilpostclg. (1908) 188-198; Io., Neue Unter- gen (1955); H. WAITZ, Das Problem des so-
s11ch11ngm zur Ag. (.r9II) 22-24; R. HERZOG, genatmten Aposleldekrets: ZKG 5' (1936)
Am dem Asklepieion von Kos: ARW 10 227-263; ]. WELLHAUSEN, Note11 wr Ag.:
(1907) 402409; ]. KLAUSNER, Von ]esus zu NGG (1907) 19-21; TH. ZAHN, Die Urausgabe
Paulus (1950) 345 s. 373; W. G. KOMMEL, Das der Ag. des Lucas, Forschungen zur Gesch.
Urchristcnlum: ThR 17 (1948) 32 s.; In., Das des nt.lichen Kanons u. der altkirchlichen Lit.
Urchrisle11tt1111: ThR 18 (19,0) 26-29; B. IX (1916) 154-160.358-366.
LAUFF, Schechitah u. Dedìkah, Diss. Tieriirztl. I L'etimologia è incerta; si può forse pensare
Hochschule Berlin (1922); K. MEULI, Griech. a un rapporto con itvlw [D1:rnRUNNER] .
1tvlyw X"tÀ. I (H. Bietenhard) (Vl,454) IIIO

no lo stesso significato. a) Soffocare, det- (Hdt. 3,r50; cfr. altri casi simili in 2,
to ad es. delle piante: -rl yap, t'.qn1, fiv 92: 'Jt\ll;a.V'tE<;; 2,169: a'ltÉ'i':VL~a.\I; 4,
uÀ.'l'} 'lt\ILYTI uuve~opµw<ret. "t4) <J'L"tl.ti xa.t 7 2: oc1to1tv(çw<1L ). Erode 7tɵIJia.c; oÈ xa.t
oLcwn:<i~ou<J'a. •oli <Jl-.;ov -.;l)v -rpoqi1Jv;, 'toùc; vlEtc; Elç l:EBaO"'tijv ... 7tpocrÉ'ta.çEv
«e che si dovrà fare, disse, quando la cX7t07t\ltçcr.L, «mandò i figli a Scbaste e
gramigna crescendo vigorosa insieme al diede ordine di strangolarli» (Flav. los.,
grano e prendendosi il nutrimento del beli. l ,5 JI ). Flavio Giuseppe (ant. 6,
grano, lo soffoca?» (Xenoph., oec. r7, 166) menziona il 1tVLyµ6ç come opera
q); htd... &.7t6À.À.uw.L -.;lt, OÉ'JOpa ... dei oa.iµ6via. d) In senso metaforico,
uuµ7twy6µEVCX. xat oùoEµt'.av exov-.;a opprimere, angustiare: fv µE 'ltVlyEL
o(ooov 't<!) 7tVEUµC1.'tL, «poiché ... gli albe- p.rl:.À.t<J'"t(X.... oL' 07tEp É7t6i>ovv-.. Éc; i:ò
ri muoiono soffocati, non avendo una cpwc; aVC1.xu\fJaL mD. w, «una cosa mi
via attraverso cui respirate» (Theophr., angustia più di tutte ... , per cui brama-
de causis plantarum 6,rr ,6). Gli India- vo ... salire di nuovo alla luce» (Luc.,
~i sacrificano gli animali soffocando- Tyr. 12). 8 oÈ µrl:.À.tO""ta µE &:rto7tvt'.yEt,
li: OÙOÈ O'cpci:t"tOU<J'L 'tO lEpE~O\I (ù)..(J, 'tOV't fo''tt\I o·n p.EµcpoµE\IOL 't'Ì]\I avÌ)pw-
1

'lt\ll youutv, l:vct µÌ] À.EÀ.W~T)µÉvov cl.).).' ò- 1t01t01,{ct\I xa.t... •àc; ;uvu.i:xm; ~µwc; É-
À.6XÀ.1)pov oLOW"t'a.L "t0 i>E<{j, «non sgoz- pCi'tE ct.Ù"t'WV, «ciò che maggiormente mi
zano la vittima, ma la soffocano, affin- opprime è questo : voi criticate che si
ché sia presentata al dio non mutilata, facciano degli uomini e... poi le loro
ma intatta» (Strabo 15,r,54). Il profeta donne vi piacciono» (Luc., Prometheus
Geremia stava per essere ucciso cosl: ot 17).
Of 'ltapaÀ.aBov"tE<; mhòv (Geremia) EÌ:; Al passivo (à.1to·, cruµ-) 'ltvlyE<Ji>ai si-
'tWC1. À.&.xxov BopB6pou 'ltÀ.-IJpri xcdHµ'J}- gnifica soprattutto affogare, morire an-
r;u.v o7twç .•. 7tVLyEl.ç &.7toM.vn, «lo prese- negato 3 : ... q>EUYEL xat ÈXOLWXOµE\loc:;
ro e lo.calarono in una fossa piena di mel- pl'lt"tEL c.tv'tÒv dc:; 'tijv 1)6.)..u.-.;'tav, OLa-
ma perché... morisse soffocato» (Flav. 1..l.<Xp-.;wv oÈ 't'OU À.Ép.~ov... Ò'.1tE7tvly11.
Ios., ant. _10,121; dr. Ier. 38,6) 2 • b) «fugge e vedendosi inseguito si getta
Strozzare: O't<J.\I 'tO vowp 'ltVlyn, 'tL OEL in mare, e non essendo riuscito a rag-
tm7tLVEW;, «quando l'acqua strozza, che giungere la scialuppa annegò» (De-
cosa berci sopra?» (Aristot., eth. Nic. 7, mosth., or. 32,6). Quando la nave af-
3 [p. l 146 a 35] ). Davanti a un tribu- fonda, 't'OU't'O µ6vov 'ltOtw· µi} qioBou-
nale di bambini sarebbe certo condanna- J..l.Evoc:; <Ì.'1to7t\1Lyoµm ... , «solo questo pos-
to un medico, il quale 'toÙc; \IEW"tci.'touc; so fare: annegare senza aver timo-
Ù[..l.WV OLa.cpi>ElpEL 'tɵvwv ... xa.t 7tVlywv re» (Epict., diss. 2,5,12). Ù>~1tEp ò 7tfj-
aotOpEL'J 'i'i:OLEL, 'ltLXp6"t<J.'t<J. 7t6µa.-.;oc OL- xvv &::rtÉXWV Èv ~aÀ.ch"tl} ... oÙoÈv 'Ìj't-
oouç... , «rovina persino i più piccoli di 't'OV 'lt\ll yE'tCX.L "tOU xa.'tCX.OEOVXO"tO<; op·
voi con tagli .. . e li fa star male stroz- yuiàç 7tEV't<.t.XO<J'la.c;, <(come colui che
zandoli col dar da bere pozioni amarissi- dista dalla riva un solo cubito.. . no11
me» (Plat., Gorg. 521 e f). Qui 'ltVlyw annega meno di chi è andato sotto di
significn causare un senso di soffocamen- cinquecento braccia» (Crisippo, /r. 539
to, provocare urti di vomito. c) Strozza- [v. Arnim III 143.40]}.
re, strangolare: i Babilonesi insorti si L'aggettivo verbale 'Tt\ILX'tot;, soffoca·
scelsero ciascuno una donna, 'rtX<; OÈ. À.OL· to, strangolato, al di fuori del N.T. com-
mi.e; a7t~'1tVLl;a.v, «e strozzarono le altre» pare solo nel significato speciale di cot-

2 ~ ScHULZE 321. J -> Sc11ULZE 321-3 23.


'lt\l(yw X"t)... 1-3 (H. Bietenhard)

to a vapore, stufato. Antiph., /r. 1 rasa (Mc. 5,1-20 par.); la mandria di


{C.A.F. II l 3): ErtEt:'t"a r.vix-c& -caxrpà porci in cui passano i demoni si getta
µT)xciowv µD..lJ {atpw), <(poi prendo
pezzi teneri di agnellc cotte in stufato». giù a precipizio xat ÈTçvlyov'to !v -r:n
Come dbo proibito, il termine - inte- Daì.a<Tun, «e annegarono nel mare» (v.
grato con altri - è conservato solo in I 3 ); Le. 8,33: ii &.y~À.'r] .•• OC7tE'ltVL"(Yl,
una iscrizione di Cos4 del 111 sec. a.C.:
«il branco ... annegò» (Ml. 8,32: IÌn:É-
p:noÈ -rwv ~va[ O'LOtWV µ'r]OÈ 'tWV XEVE-
BPELWV µrioÈ -r:wv r.vt]x-r:wv ... folkv, Davov ). Il verbo - con i suoi due com-
<mon mangiare animali morti né caro- posti - s'incontra inoltre nella para-
gne né bestie soffocate». Manca in Fla- bola di Mc. 4,3-9 par.: Gesù racconta
vio Giuseppe 5 •
che una parte del seme cadde fra le
2. Il gruppo di vocaboli compare di spine 6 , xat rivÉ~1J<1Cl\I at &xavDai xat
rado nei LXX: 7tVLx-.6c; manca del tutto, crvvÉ7tvLçav (Ml. ·13,7; Le. 8,7: àn:É-
'TCvlyw si legge solo in l BaO'. 16,14.15
come traduzione dell'ebraico b' t al 'lt\ld;av) aù-t6 (Mc. 4,7 ), «le spine creb-
pi'el: uno spirito malvagio opprime, bero e lo soffocarono». In corrispon-
tormenta {7tvlyEL) Saul. èt.7to'TtVlyw ren- denza con la parabola il vocabolo com-
de pnq al pi'el in Nah. 2,13: il leone
strozzava (&.7tÉ7tvtçEv) per le sue leo- pare anche nella sua spiegazione (Mc.
nesse. Cfr. 2Ba0'". 17,23, dove l'ebraico 4,13-20 par.) 7• Qui le spine sono rife-
wajjépiinaq è tradotto con xat àm'Jy~a­ rite allegoricamente al traviamento ope-
-co. lob 7 ,15 nel testo ebraico suona co- rato dalla ricchezza e dalle preoccupa-
sl: «E la mia anima prefer~rebbe lo
strangolamento (mapaniiq)», mentre i zioni mondane (Mt. 13,22), a cui in Mc.
LXX, a senso e in forma poetica, tra- 4,19 si aggiungono «le altre bramosie»,
ducono: à:1taÀ.À.a~w; èt.7tò 7tVEuµa-.6c; e in Le. 8,14 «i piaceri della vita», che
µou -.·~v \jJux1Jv µov, tirtò oÈ i}avchou
•tÌ. ÒO''tii µou, «allontanerai la mia a- soffocano il seme della parola. Nella pa-
nima dal mio respiro, le mie ossa dal- rabola del servitore spietato (Ml. x8,23-
la morte». In Tob. 3,8 manca il corri- 3 5) per dire quanto costui è cattivo col
spondente ebraico e il termine ha il sen-
so generico di uccidere: ov
<TuvlEt.c; à:1to, suo compagno si dice tra l'altro: xat
7tVL"(OVCTCi O'OU 'tOÙC, &vopac,, «non ti xpa:nia-ac, mhò\I l1tvr.yt:v À.Éyw\I... , «e
rendi conto che fai morire i tuoi ma- afferratolo lo soffocava dicendo ... » (v.
riti?».
2 8 ). Nella risurrezione della figlia di

3. Nel N.T. il vocabolo s'incontra Giairo (Mc. 5,21-43 par.) Marco e Lu-
prima di tutto nella storia dell'inde- ca riferiscono che Gesù era circondato
moniato (o degli indemoniati) di Ge- da una gran folla che lo premeva da

~ ~ HERZOG 402.409. 6.13os.


5 LIDDELL·SCOTT registra testimonianze dal
7 Per l'autenticità della spiegazione dr. \V.
MICHAELIS, Die Gleichnirse ]esu, in Die
greco profano per i')µlnvLX't"Ot;, semisolfocalo.
urchr. Botschaft 32 (1956) I7·:u; contro tale
6 ]. }EREMIAS, Die Gleichnisse ]e su• ( 1956) autenticità }EREMIAS, op. cit. (-+ n . 6) 65-67.
1113 (VIA55) 'lt'lllyw X'tÀ. 3 (H. Bietenhard) (Vl,455) 1114

ogni parte; e Le. 8,42, con un'espres-


sione iperbolica, dice: ÈV O~ 't'!{J vmi-
ym1 IX.U't'ÒV ot oxÀ.01 <ruvÉ1twyo\I a.u-.6v,
In Lev. 17,13 s. e Deut. 12,x6.23 si
esige che, quando si ammazza un ani-
«nell'accompagnarlo la folla lo soffo- male, si faccia s} che ne fluisca dal cor-
cava». po tutto quanto H sangue. Se la bestia
La presenza di 1t\ILX't'6v in Act. 15, viene uccisa in altra maniera, essa è 'sof-
focata', in quanto la vita che risiede nel
20.29; 21,25 solleva svariati problemi sangue resta nel cadavere. Se l'animale
che riguardano in parte il così detto muore da sé, esso è n"béla (LXX: WT)-
'decreto apostolico', in parte solo l'uso <nµa.~ov); se è sbranato da un animale
di rapina è rrefd (nei LXX: i}TJpLaÀ.w-
del vocabolo e il suo significato ( ~ -rov ). Nell'A.T. si proibisce di mangiare
m, coll. 301 s., n. 37). la carne di siffatti animali; cfr. Ex. 22,
30; Lev. x7,x5; Deut. 14,21 (qui però la
Le difficoltà nel passo capitale di Aci. cosa è permessa al gér, cioè allo stranie-
15,20.29 sono prima di tutto di ordine ro). I rabbini hanno esteso e inasprito i
critico-testuale 8, perché nella maggioran- divieti della Bibbia; è considerata n"bé-
za dei testimoni del cosiddetto testo lii ogni bestia che non sia stata uccisa
occidentale 7tVLX't'oV manca 9 • Sotto que- con la macellazione di rito con le sue re-
sto aspetto la situazione è più favore- gole precise, ed è !'ré/li qualsiasi anima-
vole per Act. 21,25, benché anche qui le che abbia un difetto fisico letale o per
per 'ltVtX't'ov vi siano difficoltà d'ordine questo difetto sia morto 12 •
critico-testuale. Il mutamento del nu-
mero (1tVLX't'Ou in Act. 15,20; 7tv1x-rwv È tuttora discusso 13 se il del
'lt\ILX"tOV
in 15,29; 7t\ILX'toV in 21,25) non risolve decreto apostolico intenda proibire solo
niente. Comunque non si tratta qui di
dirimere 10 la questione testuale, ma di l'uso di quelle carni che anche l'A.T.
vedere quale senso abbia nv1x-r6v in proibisce 14, oppure se vi siano inclusi an-
questi passi. che gli inasprimenti del divieto messi
Secondo il contesto si tratta di una in uso dai rabbini 15 • Stupisce che gli
prescrizione riguardante i cibi, che i Atti abbiano adottato non i termini dei
giudeo-cristiani vorrebbero imporre ai LXX (WT}cnµafov o i>T)ptaÀ.w-rov), ma
fedeli provenienti dal paganesimo. Il di- il 1Mx-r6v che i LXX ignorano. Che ci
vieto di mangiare 7t\ILX"t6v sta in evi- sia fra rrefa e wi:yw un rapporto, pare
dente parallelo con que11o riguardante suggerito da Nah. 2,13. I rabbini CO·

! Per una esposmone complessiva · dei- dati contro -+ Wll.LLHAUSEN 21 .


relativi aJla questione~ R!!SCH 7-17; --+ S1x 12 STRACK-BILLERBECK li 730-734.
11.17 s.; --+ ROPES 265-268.
13 ScHLATT.ER, Ko111m. ]ak. 59 n. x: «Quanto
9 Contro l'autenticità originaria di JtVLX"toU si
sono schierati --+ ROPBS 269 e --+ STROTHOTTE
a ciò che si intende proibire con wixTÒV
xat cdµa, non ho idee sicure».
129-132.
to Cfr. BAUER, Ag. 195 s.; -> KiiMMl!L: ThR U Cosi STRACK·BILLERBECK II 7.33·
1' Cosl BAUl!R, Ag. 196; contra -+ STROTHOT-
17 (1948) .32 s.
11 Non è però senz'altro compreso in questo; TE 129.
Jl 15 (VI,4;;5) 1tVCyw X'tÀ.. (H. Bietenhard}

munque non considerano questo modo la sostanzn clell'anim:i, che invece do-
di macellate un 'soffocare', e né chiama- vrebbe essere lasciata andare libera e
sciolta». Il passo testimonia l'avversio-
no una t::ile carne un 'soffocato' 16 • Forse ne dell'ebreo a questi sistemi pagani,
le espressioni usate dai LXX erano trop- che però non provenivano solo da ri-
po generiche e non rendevano bene il cerca di piacere, ma trovavano applica-
zione anche nel culto sacrificnle 19• Na-
pensiero degli autori. In questo caso turalmente per gli Ebrei di Alessandria
'ltVLX't'6v designerebbe solo la carne che _l'uso pagano di mangiare carni di ani-
si ricava dalla bestia soffocata 17• mali strozzati e soffocati cadeva sotto
il divieto Ji Lcv. 3,17; 17,rr.14.
Fra i testi del tardo giudaismo 18 che
Sembra che la formula n quattro
parlano contro l'uso del soffocato basti
citare un passo di Filone (spec. leg. 4, membri del decreto apostolico sia na-
!22 s.): EVLOL oL. xawàc; ÉitWOOUV'tEc; ta anch'essa ad Alessandria; potl'ebbe
TJOO\lcl<;, ai>U't'rJ. itaplW'XEUOCSOUOW /i.;y-
allora essere intesa come una presn di
Y.OV-.Eç xcr.t à.rtonvlyov'tE<; xal "t"'fJV où-
ofav "tijc; \jJux:i)c;, fiv H.&vi>Epov xat lX.cp~· posizione dei cristiani contro le usanze
"tO\I ÉXPiiV Uiv, "tvµ~e.vovnc; -réi) cn.:.i- pagane summenzionnte 20 • Il nvixi:6v
µCt.'tL -.ò atµo:., «alcuni, escogitando pia- del decreto apostolico potrebbe essere
ceri inusitati, preparano cibi empi, stroz-
zando e soffocando animali e chiuden- in questo caso un'aggiunta secondarh\
do nella tomba del corpo il sangue, cioè del testo volgare.
H. BIETENHARD

16 Cfr. anzi /lui. 1,2: «Possono tutti macel- chiamando a Ps.-Clcm., bom. 7,3; SEEBliRG 42
lare, macellare in ogni tempo, macellare con s. 46.5:;, rifacendosi n Ps.-Clem., hom. 7,8; 8,
rutto, tranne la falce da fieno, la sega, i denti, x9; Ps.-Clem., rccogn. 4,36, sostiene l'origine
le unghie delle ditn, perché questi strozzano del divieto dalle 'due vie' giudaiche.
soltanto» (JJw11qjn ). 19 --+ RESCH 153; cfr. Ja notizia di Strabone
11 In G<!n. r . a 34,14, accanto al sangue uma- (--> col. 1109); Strabo 15,3 115 racconta che in
no versato (Jwp.I:: dm b'd1n), c'è quello soffo- Cappadocia si sacrificava non col coltello, ma
cato ({iwnq). Quando uno è l;nwq (slrozz,1/0: con ceppo e corda. Accenni a sacrifici semitici
il termine non compare, m:t l'idea è presup- nei quali si 3ustava il sangue (cfr. Is. 65 1+;
posta), il sangue resta nel corpo. l}nwq, slroz- 66,3.17) in--+ ROBimTSON SMITH 265 nn. 597.
znlo, si trova in Sol.b. 45 b; Sot.;. 9,2 (23 e 39) 3n. Per altri dati storico-religiosi a proposito
:!Ccanto a tlwi b'ifn, chi pende da tm nlbm> dell'uso di sacrificare gli animali soffocandoli,
(il suicida), cfr. anche T.Sot. 9,x. dr. --+ MEuLI 255.259.286.
1a Per l'origine del divieto dcl r.vLx't6v dnl 2'>Cfr. Clcm. Al., slrom . .i.15,99 ~ STROT-
giudaismo si pronuncia --+ NF.STLE 254 s., ri- llOTTI! 128,
1toiÉW X't'À.. AI 1 (H. Braun) (VI,457) I IJ8

I I I I
7t0LEW, 7t0l/r}µCX., 7t01/11CT~c;, 'JtOLT)'tT)ç

SOMMARIO: b) fare dcl male;


6. il 'ltOLE~V comandato rispetto a Gesù;
A. L'agire di Dio come creatore e in reln:dom· 7. il 1tOtE~v comandato in relazione all:i
all't1omo: legge, alla volonta di Dio e al messag·
I. Nei mondo greco e nella Stoa. gio di Gesit:
II. Nei LXX. a) terminologia;
III. Nel giudaismo rabbinico . b) l'agire dell'uomo e la salve-aa:
IV. In Flavio Gi11seppe, Fi/011e e nc/1.7 lei· «) nei sinortici;
teratura ermetica. Pl in Puolo;
V. Nel N.T. e Ilei cristianesimo pri111iti110. y) negli scritti giovannei;
B. L'uomo nel suo agire davanti a Dio: Il) nell'età subapostolica;
e) l'azione cultuale;
I. Nel mondo greco e nella Stoa: 8. il fare miracoli;
1. l'agire dell'uomo e la salvezza; 9. 'ltOLE~'ll nel senso cli produrre.
2. usi linguistici particolari. VI. L'uso nel proto--cnttolicesimo.
Il. Nei LXX:
1. il 1tote~v profano non comandato;
:i. il nowi~v profano non comandato nel Il gruppo di vocaboli è legato a r;ot-
linguaggio figurato; f 6-ç da un rapporto etimologico che
3. il notEiv profano comandnto; presenta una quantità di ramificazioni 1•
4. il 1tO~Eiv comandato nei riguardi del I due significati fondamentali del verbo
prossimo; (fare, operare, da una parte; agire, pro-
5. il 'ltO~Eiv comandato in relazione alla
legge, alla \•olontà di Dio e a ordini cedere, dall'altra) comportano numero-
particolari: sissime sfumature che non è nostro
a) terminologia; compito elencare qui, né documentare
b) l'agire dell'uomo e la salvezza; una per una citnndone i testi.
6. il fare prodigi;
7. 'Jtotdv nel senso di produrre;
8. 'TCO{TJµ<.t, 'JtOlT)01.<;, 'JtO~TJTiJ<;. A. L'AGIRE DI DIO COME CREATORE E IN
III. Nel giudaismo rabbinico e apocalittico. RELAZIONE ALL'UOMO
IV. In Filone e nella letteratura ermetica:
1. uso linguistico; I. Nel mondo greco e nella Stoa
2 . l'agire dell'uomo e la salvezza;
3. il fare del mago o incantatore. 1. Nella formulazione dei miti ezio·
V. Nel N.T.: logici, sviluppati in modo più o meno
1. l'11gire di Gesù; razionale, 1tOL~w indica l'attività crea-
2 . il 1tOt.Eiv profano non comandato;
trice di Dio: xpv11Eov µtv 7tpw·rnna
3. il 'ltOtEiv profano non comAndato nel
linguaggio figurato;
yÉvoç µEp67tWV àvDpw1tWV àM.VCX.'tGL
4. il 'ltOtE~v profano comandato; «gli immortali fecero per pri·
1tOi1)cra.v,
5. il TtOtri:v comandato o proibito ma una generazione d'oro di uomini
nei riguardi del prossimo: mortali» (Hes., op. 109 s.). Gli dèi,
a) fare del bene; aventi anch'essi un principio, fanno le
7:01.ÉW
PREUSCHEN·BAUER •, LIDDELL·SCOTT, PRECSIG· GANG, indice, s.v.; lfATCH·REDPATll, J.v.; KAS·
KE, Wiirl., s.v.; BLAss.DEBRUNNER ',indice, s. SOVSKY, s.v. br' e 'sh.
v.; RADERMACHER 1 121; DITTI!NBERGER, Syll. ', I WALDE·POKORNY 1 509 s.; BoISACQ' 799 s.;
indice, s.v.; Epict., diss., indice, s.11.; v. ARNIM, HoFMANN 278. Composti con -n:ot6c; figurano
indice, s.v.; WITJ<OWSKI, indice, s.v.; LEISE· solo dal V sec. (cfr. SCHWYZER I 450 n. 4).
1119 (Vl,457) 7tor.Éw X'tÀ. A 1 1-2 (H. Braun) (VI,457) 1120

generazioni d'oro e d'argento degli uo- la _realtà stessa e 1.1 sua immagine sono
mini, cioè la prima e la seconda (Hes., prodotti d'attività divina (iMa.c; Épyct..
op. 109 s. 128), Zeus la terza e la quarta, T.!>Li}o-Ewc;: soph. 266 c).
cioè la generazione di bronzo e quella
degli eroi (Hes., op. 144.158). Per Elio 2. Se si considera l'importanza che
Aristide è ancora Zeus che crea -rà ?tav- per tutti i periodi della Stoa riveste la
-roc, il cielo e la terra con tutto ciò che dimostrazione cosmologica e teologica
ciascuno di essi contiene, dèi e uomini di Dio e la frequenza con cui se ne trat-
(or. 4 3,7 ); in Claudio Eliano la capra ta 3, stupisce non poco lo scarso uso del-
è un 1tol1)µa. IIpoµT)tMwc; (nat. an. r, le forme di 1tOLÉW e dei suoi derivati per
53). Platone usa il verbo in modo designare la divinità stoica. È ben vero
più differenziato. Il creare della divinità che Zenone, Cleante ed autori poste-
suprema - ;i;oiÉw accanto a una serie riori definiscono la UÀ.TJ (materia) come
di sinonimi(~ coli. 555 s.) - nel siste- -rò miaxov (elemento passivo) e il 'A.6-
ma platonico ha per oggetto il corpo yoc; ò lk6c; immanente alla vÀ.1] come "t'Ò
dell'universo (T;m. 31 b), il tempo 1totovv (elemento agente) 4; tuttavia al
(Tim. 37 d) e i sette 'pianeti' (Tim. 38 di fuori di questa formula il gruppo <li
e). Invece per indicare la formazione vocaboli non solo manca nell'inno a
delle anime individuali ad opera della Zeus di Clcante 5, ma non si trova nem-
divinità suprema e quella dei corpi da meno nelle trattazioni teologiche della
parte dei nuovi dèi non usa 1t01El:\1 Stoa 6 • Al più si potrebbero citare qui
(Tim. 41 d-42 e). Questo creare del OTJ- gli opera (nat. deo;. 2,97) e l'efjector
µioupy6ç non è propriamente un trarre (Tusc. 1,70) delln dottrina teologica ci-
dal nulla, ma consiste nel far passare la ceroniana. Unica vera eccezione a que-
materia primordiale dal xlioc; al x6- sto silenzio della Stoa è Epitteto: Dio o
aµoç 2 , con una operazione che il dio Zeus come 't'Ò 7tOLOV\I (diss. l,6,11), co-
compie in quanto &.ya.Mc; (Tim. 29 me cpu1nc; (diss. 4,11,9}, ha fatto tutto
e.30 a); a ciò si collega, assumendo gran- nel mondo e il mondo (-ròv xoaµov)
de rilievo, il mito del 1tCL't''l'jp che genera stesso (dfrs. 4,7,6), il sole, i frutti, le
(yEwa.v, Tim. 34b.37c.41 a). Incalco- stagioni e la loro relazione reciproca
labile è il dualismo che ascrive ai nuovi (diss. 4,1,rn2; l,14,rn), i colori, la po-
dèi la formazione dei corpi umani e tenza visiva, la luce (diss. 1,6,3-6), ma-
quindi la sottrae alla divinità suprema ni e naso (diss. 4,11,9); egli ha fatto
(~ col. 556). Dio è chiamato ò -notwv te (diss. 2,8,19; 4,1,107). Questo modo
(Tim. 31 b.76 c: qui - diversamente dal personale di concepire l'idea di Dio in
mito - è Dio, e non le nuove divinità, Epitteto - Dio come 7tOLl]'ti)c;, mx.•TiP
che crea i corpi umani}, 6 1tOLT)'t'Ì}c; xa.L e Xl]Oeµw\I (diss. 1,9,7) - spiega pure
'itlt."t'TJP 'tOU5€ ";OU 1tCL\l'toc;, «il fattore e perché altri autori.~stoici abbiano con-
padre di questo universo» (Tim. 28 c); tinuato a evitare i nostri vocaboli : nel
2 NnssoN r 31-34; W. THEILER, art. 'Dcmiur- 4Zeno, Jr. 85 (v. ARNIM I 24,5 ss.); fr. 98 (v.
gos', in RAC III 694-7n;-+ ~EO<; IV, coli. 340 ARNIM r 27,9 ss.); Cleanthes, fr. 493 (v. AR·
ss.; ~ xi;l~w v, coll. 1237 ss.; -+ 1trt-c1]p Ix, NIM 1 no,25 ss.); per altre notizie dr. ibid.
coli. 1134 ss. indice, s.v. -tl> 'lto~ovv.
1 M. PoHL~z. Die Stoa r (1946) 93-98; II 5 fr. 5.37 (v. ARNIM I 121 ss.).
(1949) 53-55; LrnTZMANN, Rom. n Rom. 1,
20; H. ALMQVIST, Plut. u. das N .T. (1946) 6 Chrysipp., fr. 1009 (v. ARNIM Il 299 s.); Jr.
83 s.; H. HOMMEL, Panlokrator: Theologia 1orr-1020 (v. ARNIM II 301-305); cfr. anche
viatornm 5 ( 195y54) 322-378. POHLENZ, op. cit. (-+ n. 3) Il 55-57.
!121 (VI,457) notÉw A I 2-n 2 (H. Braun)

mondo la divinità abita infatti pantei- sovrano mediante la parola 11 (esplicito


sticamente 7 ; ciò che interessa gli Stoici in Sap. 9,1 ); la rappresentazione mi-
non è un atto creativo appartenente al tica dell'attività creatrice di Jahvé in
passato, ma la bellezza e armonia del principio, è utilizzata perché si rico·
mondo nel suo attuale dispiegarsi ad nasca in lui il creatore del popolo e-
opera della divinità 8 • letto {o not'~O"cu; O"E: Is. 43,r; 44 12 e
passim). noll)O'tc; può connotare in sen-
Il.Nei LXX so attivo l'agire delle mani di Dio nel
creare (lji 18,2), in senso passivo il ve-
Una parte notevole delle più che nir creato, riferito alle sue opere (Eccltts
3200 presenze di 1tOLÉw nei LXX trat- 16,26), e infine anche ciò che da Dio è
ta dell'agire di Dio. 7tOLELV connota l'at- creato, la creazione (Dan. [Theod.] 9,
tività di Jahvé nel creare il mondo. È J 4). 7tOL'l]"t-/i<; nel senso di creatore non
l'equivalente consueto di 'iisa, molto più è attestato nei LXX(--'> coli. n54).
raramente di biirii' 9 , che compare solo
2. Molto spesso i LXX parlano del-
più tardi, e nei Masoreti - diversamen-
te da 1tOLÉW - è usato solo per l'ope- l'agire di J ahvé nella storia. Di solito
rare di Dio (per la terminologia ---+ X'"t'l- esso ha per oggetto il popolo d'Israele
1'.;w v, coll. I 2 5 2 ss.; ---+ 7tÀa<70"w col. nel suo complesso oppure - dall'epoca
561). dei profeti - i pagani, e solo eccezional-
mente individui singoli con l'ufficio di
l. J ahvé ha creato il cielo e la terra, o
condottieri (Jahvé come 1tOLTJ<7a.c; -.òv
le singole parti della creazione e l'uomo Mwuufjv xa.1. -.òv 'Aapwv: r BaO". 12,6).
( Gen. I ,1-2 13 ), l'uomo xa-i:'dx6va.1>Eou, Dio fa inoltre "t'Ò èt:ya:l1òv ÉVW1tLO\I a.Ò·
&pinv xat i}fiÀ.u, «a immagine di Dio, "t'OV, «ciò che è bene al suo cospetto»
maschio e femminn» (Gen. l,27 10 ; ---+ (ad es. r Baa-. 3,18), egli opera xa.d. 'tÒ
ELXWV III, coli. 164 ss.). Questo teologu- ÌÌÉÀT)µa. a.Ù"t'OV, «secondo la sua volon-
meno, che appartiene in sostanza al pe- tà» (Dan. [ T heod.J 4 1 35). titiÀELV e
riodo postesilico (---+ X"t'll'.;w v , ·co1l. 1247 'itOLELV (I ob 2 3 ,r 3; ljJ II 3 'Il), À.a.ÀEL\I
ss.), si incontra in vari passi, ad es. in e 1tOtEi:v (Ez. 12,28) si corrispondono.
Ex. 20,II, ecc. Dio è cosl ò 1tOLTJO"tt<; Jahvé fa, attua il suo Myoc; (4 Ba.cr. 20,
(Prov. r4,31 ). Soltanto più tardi, in Sap. 9), il suo pfjµa. (Is. 38,7). I 1tot1)µa."ta.
9,9 1 compare "t'ÒV 7t6a-µov quale oggetto (più raramente nl singolare = ma'afeh)
specifico. La morte non l'ha creata Jah- designano l'agire (Eccl. r 1 14) o le opere,
vé (Sap. r,13); ma nell'A.T. manca ogni per lo più in esplicito riferimento a
tendenza dualistica che sottragga a Jah- Dio (Ecci. 3,u; 7,13; 8,17; n,5). Con
vé la creazione delle cose materiali (co- tale formula si afferma che egli guida
me dice Platone ---+ coll. I 1I9 s. 5 62 gli umani destini, che per l'Ecclesia-
s.). Elementi primitivi che accennano a ste sono notoriamente vani e incom-
una conformazione della materia ad ope- prensibili.
ra di Jahvé sono più tardi assorbiti L'azione di Jahvé apporta condanna
nell'idea di un suo creare assoluto e e castigo (la persona che ne è l'oggetto

7 Chrysipp., /r. 1015 (v. ARNIM Il 303,23 ss.). ThZ 3 (1947) 401-422.
s Cfr. v. ARNIM, indice, s.v. OLaXOO"l.11')<rLi; e 10 Per Ge11. 1,27 cfr. P. KATZ, Phìlo's Bible
OLolx'l)O't.ç con i relativi verbi. (1950) no.
9 Cfr. P. HUMBERT, Emploi et port~e du ver· 11 G . HéiLscHER, Isr. 11. ;ud. Religio11 (1922)
be hàrà (créer) dans l' Ancie11 Testament : 41 s. 185; ---? v, coli. 1260 ss.
110!.tw x-.ì... A n 2-m (H. Brnun) (Vl,459) II24

è al dativo [Num. 14,35] o all'accusa- se: 'tÉpa--ca (Ex. 15,II); O"'r)µEi'.a e -tÉ-
tivo [Deut. 20,15] ). Cosl Jahvé compie PrL'ta (Deut. u,3); E'\/Oo~a (Ex. 34,10);
l'tmuxor-1) (al medio in Prov. 29,13), i)a..vµacr-ça (los. 3,5); ~auµao-ta. (lj.I 76,
la xplcnc; (Gen. 18,25; Is. l,24), il xpl- 15); È1ttq>riVELC'L'll µEycD..1}'11 (2 Mach. 3 1
µa (Ez. 5 ,8 e passim), i xplµa'ta (Ez. 24); senza un oggetto speciftco in Ex.
5,10.15), la ÈXOLX'l'JO'Lc; (Ex. 12,12; 8,9.
Mich. 5,14); egli fa sorgere l'ijµÉprL
escatologica (Mal. 3,21). L'interroga- 3. Va notato in appendice il fare de-
tivo che l'uomo si pone circa 1'agire gli esseri soprannaturali: gli angeli han-
di Dio (Iob II,rn) rappresenta una cri- no fotto l'ippopotamo {lob 40,19); gli
tica umana al giudizio divino. angeli, le potenze e gli elementi eseguì-
Al suo popolo l'azione di Jahvé por- scono la parola di Dio (o/ 102,20); il
ta aiuto e salvezza. La tradizione del- mitico corno fa guerra con i santi (Van.
l'esodo (ad es. Ex. 13,8), il Deute- [Theod.] 7,21).
rnisaia e Daniele sono a questo propo-
sito testi classici. Jahvé opera la O'W't'l'}- III. Nel giudaismo rabbinico
pla. (Ex. 14,13 e passim), mostra ~ÀEo<;
(Ex. 20,6; specialmente nei riguardi del Quando discutono della creazione
suo Unto: tJi 17,51), H. E'l'}µoo-V\la.t (ljJ (che pur costituisce una dottrina esote-
102,6), &Y.a.Loau\11) (Deut. 33,21 ), µE- rica) coi suoi particolari e con Ja torà
yaÀwau\111 {2 Bcxo-. 7,23), yvwo-1c; (r come mediatrice 12, anche i rabbini de-
Chron. 4 1 10), &.)..1)l}E~a (2 Eo-op. 19,33), signano l'opera creatrice di Dio con i
µEj'<XÀEL!'l (l}J 70,19) e OUV!tµLc; (ljl n7, verbi 'sh (Ber. 9,2) e br' (Ab. 4,22) 13
15). Egli adempie il suo disegno (ls. 46, (quest'ultimo molto più usato in que-
10) e il desiderio di Mosè (Ex. 33 117); sto senso). La menzione della creazione
il suo ~ijÀ.oc; agisce (4Bcx<r. 19,31); egli è frequente nella preghiera (~ v, coli.
stabilisce Stai)'l)xl) (IEp. 38 32 [cod.
1 1284 s.); in essa ci si rivolge a Dio come
Q ]), Elpfivri (2 Mach. l ,4) e µvElrJ. (al a «colui che opera all'inizio» ('oseh berè'-
medio in ti; l I0,4); attua il salutare ri- Jlt: Ber. 9,2); l'espressione mèk'in mii-
cordo (µvda.v µov, al medio in lob 14, zon z~kol-b"rijiotaw 'ìiJer biirà' figura nel-
l 3) e soccorso ( np6\lota.v a.Ù'tOV, al me- la prima delle tre formule di ringrazia-
dio in Dan. [LXX] 6,19); spiana il giu- mento tuttora in uso dopo il pasto H_
dizio favorevole: 'tÒ xptµa. µou: Mich. Nel dualismo della setta di Qumran
7,9; µot xplo-w: tJi u8,84; xplµa.'t"a: l'accenno alla creazione (br') dell'uomo
\fl 9,17; -.ò otxalwµa a..ù-coi:i;: 3 Bao-. 8, e dci due tipi di spiriti da parte di Dio
45); benefica {EU Ènol7}<1EV vµ6.c;: los. (r QS 3,17.25) acquista un'importanza
24,20). I 1tOL1]µa..-a. di Dio (o/ 63,10 e tanto maggiore in quanto esso limita la
ti; 142,5 accanto a ~pya) o, al singolare, rigorosità dcl dualismo stesso (ibid. an-
'1tOl'l'}µr.t. ( ljJ 9 r ,5) rappresentano le soc- che la nuova creazione escatologica, 'Jh:
corevoli vendette con cui Dio sostiene 4,25). Nel Documento di Damasco ci
l'uomo contro gli empi avversari. si appella alla creazione divina dell'uo-
Infine 1tOtEi:V, usato con una serie di mo e della donna (Gen. 1 1 27) per trar-
oggetti diversi, esprime la capacità che ne un argomento contro la poligamia
ha Jahvé di compiere cose meraviglio- (4,21 [7,2]). Anche per i miracoli com-

•~ ST.RACK-BILLERBEK, indice, s.v. SchOpftmg, I.I Per la terminologia 4 v, coli. 1:276 ss.; Kt.s-
Schopfungsgeschichte, Schopftmgslehre; ~ v, SOVSKY, !.V. br' e 'Jh.
coli. 1276 ss. 1~ Ber., cd. O. HoLTZMANN (1912) 78.
I I2J (VI,459) 'ltO~Éw J\ Hl-IV 2 (H. Braun)

piuti da Dio nei testi rabbinici si usa il 1tOLEt\I di Dio, che ha per oggetto le
'sh (Ab. 5,4), e così pure per l'azione realtà divine (iMa.), va distinto dal suo
salvifica che Dio compie sull'uomo nel- r-ÀaO'O'EW, che ha per oggetto le cose
la circoncisione (Gen. I'. 3 9 [ 24 a]) 15 . mortali ( ìh•l]"t'U, leg.all. I ,I 6 ); il 7COLELV
divino riguarda solo i'LoÉa. di vouc; (in-
telligenza) e di a.to:rih1cnç (sensazione,
IV. In Flavio Giuseppe, Filone e nella leg.all. r,21) ; la materia (ovala.) che
letteratura ermetica «non ha niente di bello» (µl]l>Èv Exovcra
r. Flavio Giuseppe e i libri Sibillini, xa..).o'J), viene da Dio aperta e stimolata
a proposito del fare di Dio, si espri- al bene (op. mtmd. 21 s.), ma non provie-
mono in maniera solo lievemente diver- ne da Jui. Solo gli impulsi e gli atti buo-
sa dai LXX. In Giuseppe i complementi ni dell'uomo, non i cattivi, sono fatti ri-
del verbo sono quelli usuali nell'A.T. &alire a Dio, che non può essere l'autore
(Ap. 2,I2r), ma viene evitato l'uso di di un xa.x6v; ne sarebbe prova il plurale
r.OLlJCiWl..lE\I di Gen. r,26 che nega che
11:0LE~\I quando si riporta il racconto del-
la creazione dei LXX (ant. r,27-36) 16; i Dio sia creatore unico (op. mund. 7J).
Libri Sibillini mostrano una tendenza ar- Occorre pure porre una distinzione fra
caizzante riformulando i consueti ogget- l'uomo plasmato (1tÀ.ao-c;w) e l'uomo fat-
ti con cui il verbo figura nei LXX (fr. 3, to ( 7totlw, leg. ali. r ,5 5 ; ~ 1tÀ.aO"O't::.>

3 ). coli. 565.566s.) 17• Filone rientra nella


tradizione filosofica anche quando attri-
2. IJ linguaggio di Filone, in confron- buisce a Dio il 7tOLE~\I e nega che in lui vi
to ai testi corrispondenti dei LXX, ap- sia il 7ta<TXEW, 'subire', non essendo egli
pare invece assai più fortemente modi- un j'E\l'l'}"t'O\I ( cher. 77; ~ col. II 20 );
ficato in senso plntonico-stoico (~ xx, lo stesso si dica quando mette in rilie-
coli. r r 40 ss. ). Il 1toLE~\I di Dio ha per og- vo il carattere incessante dell'agire divi-
getto il cielo e la terra e ciò che com- no (leg. alt. r ,5 s. ), di cui pone il fon-
pare abitualmente nei LXX (op. mund. damento nella bontà di Dio (leg. all. 3,
36 ss.), come anche l'uomo (op. mund. 73; -7 coli. r n9 s.); quando equipara il
65); in questo senso si può parlare deUe fare di Dio al generare del padre (plani.
opere di Dio ('ltOL1jµa."t'a., det. pot. ins. 9; ~col. 1n9;~1tl1"t'1)p IX, coli. n4r
r25), del creato {i:à 'ltOLT}"t'a, ebr. 6r). s.); quando chiama la divinità, al pre-
Ma in Filone non solo figurano come sente e con valore assoluto, il 7toiwv 18
accusativi di 7tOLEt\I anche "t'OOE -rò miv o il '1tOt'Q"t'lJc; 19, e al neutro, sempre in
( vit. Mos. 2 ,99) e "t'òv xocrµov (op. forma assoluta , "t'Ò r::otouv (poster.e. r9),
mund. 172), che nei LXX mancano o so- oppure, ancora assolutamente, -rò TCE-
no rari (~ coll. n2r s.), ma una inter- 20
7.0t'l'}xoc; O 't'Ò '?tE1tOL1']XO<; a("t'LOV, «fa
pretazione dualistica limita l'importan- causa che ha fatto» {rer. div. ber. 289);
za degli stessi oggetti consueti ai LXX: quando non parla di Dio come operato-

15 STRACK-BILLERBl!CK II .pr. ~ v, coli. 1291 nella parafrasi le forme di 7tÀ&.<rcrw (contra 4


ss. coli. 564 s.; comunicazione scritta di P. KATZ).
16 A. ScHLATTER, \Vie sprt1ch Josepb11s von
I! Ad es. op. mund. 13 ecc.; dr. anche LEISE-
Got1?, BFTh 14 ( 191 0) 43-49. GANG, I .V.
11 Anche alle bestie e alla donna (/c:g. alt. 2,
; .14) compete solo il 1tÀ6:cnmri>a~, e Filone 19 Molto frequente; dr. L EISEGANG, s.v.
lo sot tolinea citando i LXX di Ge11. 2,r8 .22 211 op. mtmd. 171 ccc.; dr. onche L EISEGANG,
con 'itot1JO'Wµ:;:v e (.ixoo61.'.TJO'EV, m!l usando I.V,
'ltOLÉW X'tÀ.. A IV 2-3 (H. Braun)

re di miracoli 21 ; quando infine, con Pla- danz, Zaub. 1, 4,644) e 1ta\l""rWV 1tOL'll·
tone (Tim. 31 ab) e i LXX ma contro la -.i)ç xai. Tta"t'TJP 24 • Altro sinonimo di
Stoa, sostiene l'unicità del cosmo (op. 7tOLEL\I negli scritti ermetici è 011µtovp-
mund. 172). Si riallaccia invece ai LXX yEi:V (Corp. Herm. 4,1 ). Dio crea tutto;
quando designa Dio come il 1tE1tOL'r]- mi.v..a, per lo più senza articolo è l'og-
xwc; 2l (anche qui usato assolutamente), getto di TtOLEi:v di gran lunga più usato
quando afferma che in Dio À~yEw e e veramente tipico (ad es. 2,17 e pas-
1tOLEL\I fanno tutt'uno (sacr.A.C. 65; -> sim). Più raramente si trova l'enumera-
col. n22) e cosl pure quando dà rilievo zione di singoli oggetti di 1tOLEi:v (4,8);
al 1tOLELV dal nulla (mut . nom. 46;---+ v, fra essi non compare mai ò x6uµoc; (di·
coli. 1265 ss.; ---+coli. II2I s.), concetto versamente dall'ellenismo,~ coli. l 120.
che sta in contrasto con la visione duali- 1121), perché al x6uµoç stesso come
stica accennata sopra. L'EU 1tOLEL\I (sen- divinità secondaria 25 è attribuito il 1tOL-
za oggetto) di Dio può intendersi tanto ELV (10,2.3; ---+ sotto). 1tOLEi:V s'incon-
del bene di cui il Creatore gratifica e do- tra nella prova cosmologica dell'esisten-
ta la natura per sé inqualifìcata (op. za di Dio (n,II), che sbocca esplici-
mund. 2 3 ), quanto del premio con cui tamente nell'affermazione dell'unico
compensa chi bene agisce (plani. 87). Ri- creatore (II ,9 ): il fare costituisce Ja
conoscere l'esistenza di Dio partendo dal o6!;a. di Dio e il suo crwµcx. (14,17); Dio
creato per Filone è del tutto ovvio LJ. non può stare senza compiere l'à:yai>6v
(n,17). In questi contesti 1tOlT)<TLç con-
3. Ancor più lontano dai LXX è il nota sia l'atto di creare ( n,9) sia il
modo in cui del 7tOLEL\I di Dio parlano creato ( 14,3 ). Questa dimostrazione di
i testi ermetici (---+ rx, coli. n44 ss.). Il Dio non esclude nei testi ermetici il pan-
TtOLEL\I è prerogativa del mx:tiJp (Corp. teismo; anzi implica·non semplicemente
Herm. 2,17). Perciò i titoli di 1}E6c;, che Dio opera sempre (cht 1tOLEi:: 14,3;
1tOL11-tl}ç, 1t!'l."t1}p figurano accostati ( 14, cfr. Filone~ col. II26), ma che «colui
4; 16,3); 1tOL'l1't'lJ<; compare tuttavia an- che opera è in tutte le cose» ( 6 1tOLW\I
che senza m1-t1)p (5,4). Più raramente É.v 1tiiulv tu-.w: I I ,6 ), che «facendo
Dio è chiamato ò notwv o "t'O 1tOtouv tutte le cose fa se stesso» (?t!iv"'a. 1tOLW\I
(14,5-7; in Stob., ecl. 3,440,12 con l'ac- Èa.V"t'ÒV 1tOLEL: 16,19 ). E se già tale
cusativo n:av-ça), in antitesi a yEV6µE- panteismo annulla un'idea rigorosa di
vov, oppure - come nei LXX (---+ col. creazione, questa linea monistica di
II 2 1 ) e analogamente a Filone (---+ qui indirizzo stoico viene a sua volta intral-
sopra) - 6 1totT]crac; (4,1, qui però non ciata da uno spiccato dualismo. Appare
in forma assoluta). Sinonimo di 1tOL- cosl ben chiaro il carattere sincretistico
EL\I è generare (come in Platone ---+ dei testi ermetici. Dio nel Ol]µiovpyEL\I
col. 1 II 9) e Filone ~ col. II 2 6), poiché fa tutto simile a sé; a lui tutte le cose
'ltfl."tlJP è inteso in senso fisiologico (2, ( 7t6.\l"t'CX.) risalgono solo in quanto sono
17; ~IX, coll. n45 s.). Si pensa anche &.yaM (9,5 ). Si arriva cosl allo sgan-
al µtytcr"toc; 1)E6ç Mitra, il quale è yEV· ciamento di i>E6c; da 1tOLE~V: per Dio va-
vi]craç e 7tOL1jcraç di Hclios (Preisen- Je solo che egli vuole che tutto sia (1tav-

21 LEISEGANG non registra 'tlpet'tc.t e O'T]µE~<X 21 G. KuHLMANN, Theologia nalt1ralis bei Phi-
'!tOLE~v; per i LXX -+ coll. n23 s. lon u. Paulus (1930) 9-37.
22 Ad es. som. l,243; cfr. anche LEISEGANG, 24 Mithr. LUurg. 68 n. x.
S. li. Cfr. o7t0LTJ<Ta.<; dei LXX. 2S Cfr. ScoTT, indice, s.v. x6oµoi; .
11o~lw A iv 3.v r (H. Braun) (VI,.461) II ,30

't'tX. iUÀm> Elv<Xt), non più il 'JttX\l't'tX. col. 1121}, ò 7tot1}crocç, 21 ; particolarmen-
'ltou::i:v, perché quest'ultimo presuppone te l'autore degli Atti, secondo lo spirito
una certa indigenza che non può esser-
gli attribuita (10,3 ). Il ÒTJµLoupy6c; de- dell'A.T. e citando Ex. 20,u, parla di
gli atòta. crwµ<X"t"tX., che soltanto un tem- Dio come di colui che ha creato il cielo,
po creò qualcosa, va distinto dal OTJ· la terra, il mare e tutto ciò che in essi è
µtoupy6c; dei crwµa.'t'a. OL<XÀ.U't'<Ì. xat
contenuto (A et. 4,24; 14,15; Apoc. 14,
W'l)"t"OC, che crea e sempre creerà (Stob.,
ecl. l ,291 ,5 ). È vero che l'uomo pri- 7 ). Anche altrove lo sfondo risulta chia-
mordiale nel Poimandres è generato dal ramente veterotestamentario: per dimo-
dio supremo, il Nouç ò i}E6ç (Corp. strare l'indissolubilità del matrimonio
Herm. I,12); ma lo stesso dio supremo
frappone fra sé e gli elementi terreni di contro alla prassi del libello di ripu-
il Nove; oriµ1.oupy6c; da lui generato e poi dio ammessa dalla torà, si dice che Dio
anche i ototX'l')'t'OCl creati da quest'ulti- all'inizio ha creato gli uomini uomo e
mo ( l ,9 ). In questo modo egli sostitui-
sce al suo proprio creare una rigorosa donna (Gen. 1,27 in Mc. lo,6 par.) 28 •
trascendenza. Abbiamo qui lo stesso di-
stacco fra Dio e la creazione che tro- Is. 66,2 è citato in Act. 7 150; Is. 42,
viamo nella gnosi cristiana eretica .111: se- 5 in Act. 17,24 e~ I03'4 in Hebr. 1,7.
cundum autem eos, qui sunt a Valen- Di Dio si dice che ha fatto (o 7tot1]crocç)
tino, ( scil. mundus) iterum non per eum Gesù (Hebr. 3,2). Anche la domanda
( scil. Deum) factus est, sed per Demiur- critica riguardante il creare divino (Rom.
gum (Iren., haer. .3,11,2). Esorbita dai 9,20, tranne D) presenta risonanze dei
due indirizzi esposti, il panteistico e il LXX (~ coll. u23.569 s.). Siamo in-
dualistico, l'ingenua metafisica che attri- vece nella mentalità greca là dove Dio
buisce ai ilEol l'EÒ 7tOtEi:V, all'uomo l'EÙ- è designato come 'ltOti)O'~ del X0<1µ0<;
<TE~Ei:v e ai demoni l'htaµvvELV (Corp. (Act. 17,24 combinato con Is. 42,5; ~
Herm. 16,11). coll. u21 s.) e degli alw\lec; 211 (Hebr.
l,2); è poi di stampo chiaramente stoi-
V. Nel N.T. e nel cristianesimo primi- co30 dire che Dio, dopo aver dato una
tivo prima origine unitaria e comune a tutti i
l. Che Dio sia creatore è per il N.T. popoli, assegnò a ciascuno i confini di
verità del tutto ovvia. Di rado !Jerò si tempo e di luogo della loro esistenza po-
litica affinché cercassero Dio (Act. 17,
usano per esprimerla le forme di 'TCOtÉw 26; E1tolrirw,1 perciò non significa 'creò',
e derivati. Dio è, d'accordo coi LXX(~ ma dispose) 31 • Al di là dell'A .T. e preci-

25 BuLTMANN, Theol. 108 s. 169. PoHLF.NZ, Paulus u. die Stoa: ZNW 42 (1949)
n Mt. 19.4 (codd. S C 5? D lat sy); sinonimo 83·95. Di marca stoica e anche filoniana ed
nei codd. B 0 è X"tla-aç. ermetica (-+ coll. 1121.1126.1128) è in Aci.
2
17,28 il rilievo dato all'atto creativo divino co.
~ Cfr. un'argomentazione analoga nel Docu-
me qualcosa di attuale; concetto che non fi-
mento di Damasco-+ col. 1124. gura altrove nel N.T. Manca completamente
29 Cfr. PREUSCHEN-BAUER, s.v. alwv; -+ I, nel N.T. la contrapposizione greca e filoniana
coli. 548 ss, (~ coli. II20.II.26) fra 1tO~ti:v e 'ltét.O")(EW.
J.J M. DlBELIUS, Paulus -auf dem Areopag, in li PoHLENZ, op. cit. (-+ n. 30) 83-85 contra
Au/siitze zur Apostelg. • (1953) 30-38; M. DIBELIUS, op. cii. (~ n. 30) 36 s.
1131 (VIA6T) 'itO~éw A v 1 (H. Braun)

samente su una linea dualistica sta an- vranità del creatore è posizione tan-
che l'affermazione che tutte le cose in to veterotestamentaria quanto specifica-
tanto vengono 'scosse' in quanto sono mente paolina (~ coll. 569 ss.). L'età
create (1tE1tOt'r}µÉva, col valore negativo post-paolina, insieme a un più largo uso
di semplicemente create, in contrasto dei LXX - come mostrano i passi degli
con (3acnÀ.ELct aCTci.À.wto<;: Hebr. 12, Atti e della Lettera agli Ebrei citati so-
27). In genere però la posizione centrale pra - adotta anche l'esplicito richiamo
dell'evento redentore di Cristo nel N.T. alla creatività di Dio. Inoltre per l'au-
e la descrizione dell'uomo quale essere tore degli Atti, a differenza di Paolo, at-
perduto, intese come categorie dualisti- traverso la creazione si può arrivare a
che, non hanno avuto l'effetto di ren- conoscere Dio quasi perfettamente, tan-
der problematico il fatto di Dio crea- to che i pagani hanno bisogno solo di li-
tore, come avviene invece in Filone e berarsi di una ignoranza relativamente
ancor più nella letteratura ermetica e colpevole e volgersi al giudizio che sul
nella gnosi ereticale. mondo sarà emesso da Gesù (Act. 17,
22-3 I). La prova stoica dell'esistenza di
Non è difficile determinare i punti di Dio, spogliata del suo panteismo e com-
vista che guidarono l'uso dei nostri vo- binata con il teismo di citazioni vetero-
caboli nel N.T. per connotare l'attività testamentarie, si avvia a diventare il na-
creatrice di Dio. La loro mancanza turale fondamento del pensiero teologi-
quasi completa in quella parte della pre- co, sul quale si innalza il piano della gra-
dicazione di Gesù che risente del tardo zia soprannaturale 34 • Quando poi l'ul6t;
giudaismo (ad es. in Mt. 6,25-34) de- - con palese accostamento al pensiero di
v'essere casuale. La tendenza parenetica Filone e della Sapienza 35 - figura come
della citazione di Gen. 1,27 sulle lab- colui oi' ou É1tOL1)0'EV 'tOÙt; a.lwvac;,
bra di Gesù (Mc. 10,6 e par.) è nello (Hebr. 1,2; -7 col. u30), si ha una spic-
spirito della scuola di Shammai 32 • Per cata tendenza a concentrare tutto nel
Paolo le opere della creazione (1tOtlJ· Cristo. Nel quarto Vangelo invece i no·
µa-.a: Rom. 1,20) assicurano (nel sen- stri vocaboli non sono usati né per indi-
so deila Stoa, ~ coll. I r 20 s.) la conosci- care la funzione mediatrice di Cristo nel·
bilità di Dio in linea di principio; la creazione, né per sottolineare in senso
ma de facto l'uomo ingrato rifiutò que- antignostico che Dio è creatore. Nel N.
sto riconoscimento, cos} che ora egli - T. 1tOL'1)'tlJC:. e 1tOl1)<1Lt; non sono usati
e questo non è affatto stoico - a causa per connotare l'attività creatrice di Dio.
del suo colpevole culto degli· idoli è I testi extracanonlci continuano la li-
gettato dall'ira di Dio in preda ai vizi 11• nea cristologico-speculativa. In I Clem.
Se è vero che Rom. I s. riflette la pre- 33,5 si cita Gen. 1,26 ancora in senso
dicazione missionaria di Paolo, il tema letterale; ma per Barn . .5 ,5 1tOLlJCTWµEv
cli Dio creatore rientra in questa predi- è già rivolto da Dio al xvpLo<; o al Fi·
cazione proprio nel senso che abbiamo glio (cfr. Filone ~ col. 1126), e in 2
sopra esposto. Far tacere la critica a Clem. q,2 apCTE.V e 1'f)À.v di Gen. I,
Dio (Rom. 9,20) nppellandosi alla so- 27 sono pienamente considerati <lesi-
3' STRACK-BILLERBECI~ 1 v2·320; soltanto la 12-26.
contrapposizione di singole citazioni scrittu· l1 ~ n. 30; Pu. VIELHAUER, Zum P1111li11iJ·
rati fatta da Gesù non è di uso giudaico. mus der Aposlelg.: EvTh 10 ( 19.50/51) 2·.5;
31G. BoRNKAMM, Dic Of]enbaru11g des Zor· HOMMEL, op. cii. (-> n. 3) 322-378.
nes Gofles, in D.1s Ende des Geselr.es ( 1952) 35 Cfr. il materiale in BULTM.\NN, ]oh. 8.
7.o~iw A v 1-2 (H. Braun)

gnazione di Cristo e della chiesa. Erm<l sabetta, Le. r,25; a Maria, Le. r,49;
(mand. r,r) parla del noL;liO"ac; Èx 't'OU all'indemoniato di Gera sa, Mc. 5 ,I 9 e
µi) ov't'oc; dc; -rò ~:rvaL -rà r.av't'a, di «co-
lui che ha fatto tutte le cose dal non pnr.). Infine Dio farà nuova ogni cosa
essere all'essete»; in Giustino Dio (Apoc. 2 r ,5 ). Perciò i cristiani, nella
è chiamato 7tOLT)'t''Ì)c; 7tli.v't'wv (ad es. loro qualità di risorti con Cristo e tra-
apol. r ,20,2 ). Più tardi le formule del
pianta ti nel mondo celeste, sono un
Credo orientale parlano del 7tOL'l]'t'TJc;
'tWV 7tciV't'W'J
36
• nol1')µC1. di Dio (Eph. 2,ro). Dio com-
pie ciò che ha promesso (Rom. 4,21;
2. Dobbiamo osservare che il 7tOLELV 9,28), ciò che ha cominciato con la sua
di Dio, fatta astrazione dall'opera di chiamata (I Thess. 5 ,24). Allo stesso
creatore, tipicamente è adoperato piut· modo che nei LXX e~ coli. II2J s.), e-
tosto di rado per connotare la su~ at- gli compie, tramite gli apostoli, OìJµE~a.,
tività punitrice quale giudice, e più 't'Épa."ta (Act. 15,12) e ouv6:µELç (Act.
spesso invece quella di salvatore e re- r 9,1 ~), opera mediante Gesù 'tÉpa.'ta
dentore. Si riferisce al giudizio imma- xat rl'l'}µé'.i:a. (Act. 2,22), attuò in Cristo
nente il xp1hoc; 'JtOLEL\/ di Le. 1,51, a Gesù il suo disegno (Eph. 3,u ). Egli
quello escatologico il «fare giustizia» agì nei riguardi di Gesù affiggendo al-
(holxl)crLv 'TCOLEi:v) di Le. 18,7 s., il xpl- la croce l'innocente e trattandolo come
rlw 7tOLELV di I udae 15, come pure il un giudice tratta il peccatore (2 Cor. 5,
7tOLEL\/ nel significato di agire con qua/- 21; --). I, coli. 847 ss.) e costituendolo,
ermo (Mt. 18,35). L'opera salvifica di con la resurrezione, Signore e Messia
Dio è espressa da 7tOLEL\/ accompagnato (Act. 2,36). L'operare del Padre deter-
d:t corrispondenti oggetti, quali ÀV't'pw- mina a tal punto quello del Figlio, pie-
<nc; (Le. r,68), iD..Eoc; (Le. 1,72), 't'Ò namente subordinato a lui nell'amore,
EùcipEcr't'ov i\lwmov mhov (Hebr. 13, che si può affermare con tutta verità che
2I ). Dio fonda fa Otr.dh'JXT) COU i pa- H Padre, il quale è nel Figlio, compie le
dri (Hebr. 8,9), fa noto il vangelo an- sue opere proprio nelle parole di que-
che ai pagani (Act. 15,17} e agisce per sti (lo. 14,ro).
mezzo di Paolo e Barnaba (Act. 14,27;
Il materiale neotestamentario, che
15,4; 21,19). Al dire di I Cor. ro,r3, abbiamo un qui esaminato a proposito
egli procurerà una via d'uscita nella dell'agire di Dio al di fuori dell'am-
tentazione; il suo agire oltrepassa il no- bito creativo, è interessante non solo
in considerazione dell'uso linguistico
stro pregare e pe.nsare (Eph. 3,20); esso dei singoli autori, ma anche in rapporto
si rivolge ol singolo individuo (a Eli- alla sua origine. Già a prima vista si

J~ H. LIETZMANN, Sy111bols1udien I: ZNW 21 368.


( 1922) 6·8; HoMMEL, op. cii. (-7 n. 3) 363-
<totÉW x-rÀ.. A V 2-B I rn (H. Braun)

nota la predilezione di Luca e degli negativo, di cui parla solo l'Apocalisse:


Atti per "ROl.€L\I. In Paolo (Rom. 4,21; il /are della bestia (II ,7 ecc.}, del drago
I Thess. 5,24; I Cor. 10,13} e negli
scritti deuteropaolini (Eph. 3,20) il ver- (12,15), dell'altra bestia (13,12) o dei
bo esprime la fedeltà e la fidatezza di tre spiriti impuri (16,14}. In questi pas-
Dio che agisce nell'evento di Cristo. Per si 'TtOLE~V significa soprattutto far guerra
Giovanni è tipica la limitazione del vo-
(Apoc. u,7; 12,17; 13,7; 19,19) e ope-
cabolo all'ambito strettamente cristolo-
gico. Citazioni dirette dei LXX si hanno rare prodigi (13,13 ab.14 a; 16,14; 19,
in Le. 1,68 = ~ 110,9; Act. 15,17 = 20 ), intervenire (Apoc. l 3 ,5) ed eserci-
Am. 9,12; Hebr. 8,9 = !Ep. 38,32; tare quel potere (Apoc. 13,2 a) che op-
Apoc. 21,5 = Is. 43,19; Rom. 9,28 =
Is. ro,23; Iudae 15 = Hen.gr. 1,9. Al- prime la comunità (Apoc. 12,15) e in-
trettanto numerose sono le formule de- duce gli abitanti della terra a riconosce-
rivate dai LXX e aventi sempre Dio co- re i falsi profeti (Apoc. 13 ,12 b, l 6; -,)-
me soggetto: "RO~EL\I bc8lxrio-w (Le. 18,
7.8), xpa'toc; (Le. 1,51 = Suwxµw), E- "RÀavaw, coli. 538 s.). Il passo di Dan.
À.Eo~ (Le. r ,72 ), 8tcxM1xriv (Hebr. 8 ,9 ), 7,21 (Theod. ) citato in Apoc. n,7 e 13,
µEyciÀ.cx (Le. l '49 ), 't'ÉpCX't"OC xa;t O"'l')µELGC. 7, cosl come il compimento di prodigi,
(Act. 2,22; 15,12); si può ricordare an-
si ispira ai LXX(~ coll. n23 s.).
che il suo "ROtEL\I À.byov (Rom. 9,28;
cfr. Rom. 4,21; ~ col. 1123). Que-
st'uso linguistico mostra che la menta- B. L'UOMO NEL SUO AGIRE DAVANTI A
lità degli scrittori citati porta il marchio DIO
dei LXX, mentre l'uso giovanneo di de-
signare Dio come colui che opera nel I. Nel mondo greco e nella Stoa
Cristo risale a una gnosi, di cui Giovan- In questa sezione studieremo solo in
ni storicizza le concezioni per esprimere quale senso l'agire dell'uomo di fronte
che Dio agisce e si rivela nelle parole e a Dio costituisca un problema. Data la
nelle azioni dell'uomo Gesù H. Nella let- varietà e molteplicità con la quale nel
teratura extra-canonica proseguono am- mondo greco si parla dell'agire dell'uo-
bedue gli indirizzi: quello generico e ve- mo, bisogna limitarsi a un breve cenno
terotestamentario per cui Dio solo è in delle accezioni che sono significative per
grado di ?to~TjO"cu -ra;v-ra (r Clem. 61,3; l'uso linguistico dei LXX e del N.T. (-,)-
cfr. anche 59.3; ambedue i passi appar- coli. II39 ss.).
tengono al patrimonio liturgico) e quel-
lo specifico e gnostico che presenta l'a- 1. L'agire dell'uomo e la salvezza
gire del XVpLoç che si attua in unità
col Padre (lgn., Mg. 7,1). a) L'uso platonico dei miti orfici ri-
3. Anche per il N.T. va fatta, a guisa guardanti il giudizio (Gorg . 523 a-527
di appendice, qualche annotazione circa a; Phaed. l 11 c- r 14 e) è istruttivo per
l'operare di esseri che stanno al di sopra la nostra ques tione sotto un duplice a-
dell'uomo, Diversamente dai LXX (~ spetto. Prima di tuttò, non 'TtOtEi:v, ma
col. I 124), si tratta soltanto di un agire ~~ovv, ~lo<; (ad es. Gorg. .523 a.e) e i

37 BULTMANN, Job. 186·189.


J 137 (Vt,~63) v.oiéw X'tÀ.. Dr ra-b (H. Braun)

temi in Òtx- (ad es. Gorg. 522 d.e), notwv, ma il v6µoc;, la realtà, e con essi
inoltre EpycH~Eai}a.t (Gorg. 522 d; dr. In divinità(--.,)- v6µoç VII, coll. 1247 ss.).
Phaed. II3 e) e 1tpa~Etc; (Gorg. 525 a), b) Anche per gli Stoici l'agire - no-
folwc; (Gorg. 523a, e 526c), vyti)c; nostante il rigore della distinzione fra
( Gorg. 5 26 d ), &.vt<i•wc; e ll'.iatµ<.t sapiente e stolto - non presenta alcuna
sostanziale aporia. Il pensiero del giu-
(Phaed. l r 3 e; Gorg. 526 b) sono i ter- dizio viene lasciato da parte. La divinità
mini usati per esprimere su che cosa do- concepita in modo immanente coincide
vrà svolgersi il processo de1l'oltretomba col xotvòc; v6~~oç, a1 quale l'uomo è ordi-
nato e la Clii osservanza costituisce l'es-
e a che cosa, di conseguenza, l'uomo de-
senza dcl sapiente"°. L'appello etico mi-
ve tendere prima della morte: alla con- ra a orientare verso questo comporta-
dizione in cui l'anima è sana ed equili- mento commisurato specificamente al-
brata sia pur sotto la varia influenza del- l'uomo, e tale orientamento, in quanto
conformità alla cpvatç, è proprio ciò che
delle singole 1tptt~ELç. Ma l'accento non .l'uomo è in grado di attuare, a differen-
vien posto sul comportamento partico- za dei molti atteggiamenti esteriori e cor-
lare, bensl sulla concezione fondamenta- porei di cui non può dispone. Special-
mente per Epitteto un'analisi dell'uso
le dell'idea di bene, cioè sulla differenza cli 1tOLELV mette chiaramente in luce que-
tra olxcttOV OOXEi:\I e OLX<t.LO\I EL\l(.(t sta situazione. Si tratta soprattutto di
(resp. 2,36I d-362 a) 33. Di qui il signi- µT)OÈ\I à.vciçto\I 7t0LEL\I 'tOU X(.('\'CXCTXEUci-
O'CX\1-COc; µ'r]OE CTEtX.U't'OV, di «non fare nul-
ficato che assume nell'etica platonica 1a
la che non sia degno di colui che ti ha
formula miv 1tOLELV (Phaed. 114 c), del fatto e di te stesso» (diss. 8,18; ~col.
tutto diverso dall'A.T. (~ col. u49), l r 20), di non fare oggi come ieri, tutto

dal tardo giudaismo(~ coll. u55 ss.) e alla giornata (diss. 3,9,8), di non 1tOLEL\I
rniv "tÒ É1tEÀMv, <<non fare tutto ciò che
dal N.T. (~ coll. n81 s.): fare ogni capita» (diss. 4,12,6), di non agire se-
sforzo. Inoltre - ed è questo il secondo condo l'i'.Otov 1tpéxnccyµcr;, «l'imperati-
aspetto - tale comportamento deter- vo proprio», ma secondo queHo della
necessità (ocvayx:r1: diss. 2,6,15 s.); è
minato in base all'idea di bene (cioè di precisamente cosl che l'uomo compie
Dio, anche se i giudici dell'oltretomba -cò t'otov Epyov, «l'opera che gli è pro-
:;ono soltanto eroi,~ t}Eoc; IV, coll. 322 pria» (diss. 3,18,9). L'uomo può esse-
re biasimato solo a causa delle cose che
ss.) è connaturale all'uomo e perciò an-
dipendono dal suo 1tOtEi:v (diss. 3,
che conseguibile 39• I1 fare non costitui- 26,9 ). Quando smette di prendere in
sce un problema; quando la tragedia af- considerazione ciò che è esterno, egli
fronta la problematica dell'umana con- raggiunge la giusta norma del 'JtOtEi:v
dotta, come nell'Antigone di Sofocle,
aui:ov E\IEXCC, «agire per se stesso»
(diss. l,19,r1.r4), del 'TCOLEL\I 1t&.V'tct.
ciò che è messo in questione non è il wc; i>ÉÀ.EL, «fare tutto a proprio piacere»
33 H. HoMMEL, Die Sator/ormel: Theologia gungslehre bei Pattlus (i930) 3 n. 5.6.
viatorum 4 (19p) 124-133;·
~i H. BRAUN, Gerichtsgedanke 11. Rechi/erti· 4~ POHLENZ, op. cii. (-+ Il, 3) I 153-r58.
'ltoiÉc.i Y.'TÀ.. B 1 1b-2 (H. Br:mn)

(diss. 4,1,46), in cui è compreso, come so 1tOLEtV è in antitesi con 1tàvXEL'V (Hdt.
conforme alla cpucnç, l'Eu 1tOLEL'V, H «far 7,u 42 ; ~ col. u20). Come oggetti di
del bene» al prossimo (diss. 4,1,122). cosa si trovano per 1tote:i:v: xri.xa, à.ya-
Anche se l'uomo non trascura la pre- i)ci (Hdt. 3,75), Y.tt.XO'V (Ditt., Syll. l III
scritta vigilanza, onche se non segue il rr75,20), "tÙ. olxa1a (Demosth., or. 20,
r.oLELV m1v -rò È1tEÀi>6v, «fare tutto ciò 12), E1tO<; ed Epyov (Hdt. 3,134; per l'ac-
che capita» (diss. 4,12,6), non riesce ad costamento di no1ri:v e À.ÉyEw cfr. Pfot.,
essere ~va.µ0:.p't'TJTO<;, «infallibile». Rie- ap. 39 a) e "tÒ 7tpocr"t"a.Xi}Év (Soph., Phil.
sce invece 1tpòç "tÒ p.'l'J étr.w;p-rciw:LV "tE- 1010). Va notato inoltre EÙ (Xenoph .,
T6:.cri}cxt Oti)VE'l.Wc;;, «ad essere continuo- mem. 2,3,8) e :x~xwç (Demosth., or. l,
mente intento ad evitate le cadute», a 18) 1tOtr.i:v; ambedue le formule, come
liberarsi da alcuni errori, e può accon- pure xa.xà e ~ycxì>à 1tOLELV, hanno abi-
tentarsi di ciò (diss. 4,12,19). Ma su tualmente l'accusativo di persona. Si ha
questo piano non c'è una vera problema- ancora 'TtOLELV 1t6Àeµov (lsaeus rr,48),
tica del 1tOLW\I. Anche in Epitteto mb.1- ELplJV'rJV (Aristoph., pa>:. 1199, portare
-ra. 1tOLELV connota l'impegno pieno, ad la pace a un altro, mentte dpl]v'l')V 1tOLEL-
es. in chi attende alla carriera politica aDat [Andoc. 3,11] significa co11clude-
(diss. 4,6,27 ). ;·e la pace per se stessi), 01c:dtTixnv 43 , i-
xav6v44, 1tOLELailm 45 oo6v (Hdt. 7,42 ),
2. Usi linguistici p11rticolari ~wdav 4 ~, rcp6votav, <71touol)v 41 • TCOLELV
può esprimere il celebrare feste e sacri-
Quanto alle sfumature semantiche 41 fici: lpO:. (Hdt. 9,19), "tTJV i>uofav
rigmndanti il 1tOLEi:v dell'uomo, che ci (Xenoph., hist. Graec. 4,5,1), Éop'tlJV
interessano in vista dei LXX e del N.T., (Thuc. 2,15)'43. Sin da Omero r.oLEi:'V è
vorremmo qui notare quanto segue. Fin di uso corrente con aggettivi e sostan-
da Omero 1tOLELV significa fabbricare, tivi in funzione predicativa: c;~ ~Cf...,.L­
costruire, ad es. una casa (Hom., Il. 1, À:ija (Hom., Od. l,387) 49 ; anche nl me-
608), un sepolcro (Horn., Il. 7,435), un dio: cplÀov nOLELCTi>a.l 'tLVCf.. (Xenoph.,
tempio {Xenoph., an. 5,3,9); il mate- an. 5,5,12)5!1. Indica ancora il produrre
rinle è espresso con tt1to (Xenoph., an. un frutto da parte della terra (yai'a
5,3,9), con !x, (Xenoph., an. 4,5,14) o 1tot1)0"cwo. yÉvoc; TCo).Lou &:oaµa"•oc;,
col semplice genitivo (Hdt. 5 162 ). In «la terra avendo prodotto un genere di
Platone 1tOLELV designa l'attività manua- grigio acciaio» (Hes., theog. 161 ), oppu-
le inferiore, di contro a Èpy&s1::0'1>ai e re ricavar denaro (À.Oyoç ... &:.pyupLoV 'te°;>
~ npa:nELV (Charm. 163 b.c). Ma 1tOL- ÀÉyov-rt 1tOLlJCiWV, Pseud-Demosth., or.
EL'V e 1tpaO'O'ELV sono anche usati spesso rn,76). Un rilievo particolare merita
come sinonimi (Demosth., or. 4,5 ). Sp::s· r.OLELV nel senso di fare (porre) il caso

41 Ci si può render conto del numero, che 41 Per ambedue cfr. PREISIGKE, 1Vorl. n 331;
supera di molto quello del N.T., consultando PREUSCHEN-BAUER •, s.v. 1COLE~V li 1; cfr. an·
j[ LIDDELL-SCOTT. che ibid., S. !J. 'itOt~foilixt 'i'COptl!X\I e O'\J\IWILO·
u Cfc. W. ALY, Volksmiirchen (1921) 168. ofo.\I,
4l PREISIGKE, Wort. II 329. 43 Altro materiale in LIDDELL-ScoTr, s.v. 'ltot-
44 Ibid. I 69}.
tw A 3.11
·I' Per la circonlocuzione del medio con un so-
49 Cfr. anche LIDDELL-SCoT'r, s.v. 'ltO~Éw
A 111.
~tantivo al posto dcl verbo corrispondente,
dr. LtDDl!LL-SCOTT, s.v. 'itOt~w A Il 5. 50 Per itotÉc..1 con l'accusativo e l'infinito, con
Jo \V'tTKOWSKI 35,6 e PREUSCHEN-BAUER '. oxwc; e wç, nd senso di fare in modo che,
s.v. µ\Ida: 2. dr. LIDDBLL-ScoTT, s.v. TCoiéw A n 1 b.
r.o~Éw %'\), . BI 2 - 11 i (H. Brmm)

(.Plat., Theaet. 197 d) e di trascorrere, II. Nei LXX


far passare il tempo (con xpovov o altro
accusativo di tempo; Demosth., or. 19, Il T.OLELV (~ coll. 1121 ss.) dell'uomo
163) 51 ; è:çw 'ltOLEL\I come metter fuori è usato nei LXX con estrema frequenza e
(Xcnoph., Cyrop. 4,r ,3: metter fuori ti- sotto moltissimi aspetti, e non è il caso
ro la schiera) e ?:OLELCTi)((L al medio come di voler fare un elenco anche solo ap-
valutare (a cominciare da Erodoto) 52• prossimativo di tutti i passi; qui con-
Dove 7tOLEi:v ha il significato di agire, viene piuttosto, come poi per il N.T.,
comportarsi, si trova di frequente EV o farne un esame ordinato secondo cri-
xaÀ.wc; col participio, nel senso di /ar teri essenziali di contenuto. Se poi in
bene a compiere qualcosa 53 . TI:OLELV usa- tale classificazione - qui, a nostro avvi-
to assolutamente può significare lavorn-
so, indispensabile - alcuni dati che sot-
re (Xenoph., a11. 1,5 ,8 ). Il 7tOLi}'ti)c; uma- to il profilo grammaticale dovrebbero
no 54 è il fabbricatore, il produttore; ìl stare insieme vengono disgiunti e com-
1'0LlJ'tlJ<; v6µwv (Pseud.-Plat., de/. 415 paiono di conseguenza in punti diversi
b) non è colui che osserva le leggi (co- della trattazione o più di una volta, si
me nell'uso linguistico giudeo-cristiano, tratta di un inconveniente sopportabile.
~ col. l 154), ma chi le emana. ·;toLl]-
1. Il TI:OLEL\I profa110 11on comandato
TrJc; nel significato particolare di poc-
la figura a pnrtire da Esiodo e Pind•t- Un notevole gtuppo cli frasi riguarda
ro -•s. Il ,
. 7tOL'()µa. umano e' c10
.' c.1e
I e' pro- l'agire profano-terreno deU'uomo, senza
dotto dall'uomo col lavoro sia esterio- però che un tale agire sia determinato
re e manuale sia dello spirito 55 , e :m- da un comando o da un divieto di Dio.
che l'11tto di fare (Plat., Charm. 163 c) Così l'uomo fa delle focacce (Gen. r8,
tanto cne ' i 7tOLi)µa.'ttx dell'uomo sono
. ' 6), fa un cammino di ritorno (606" con
57
le sue azioni • La 7toh1(nc; riferita al- verbo ~ll'attivo, lttd. 17,8; 't-i)V 7topElav,
i 'uomo connota l'attività produttiva cli al med10, 2 Mach. 12,ro), fa conviti (oo-
ordine manuale o spirituale; qui il si-
' G ell. 21,8; 'Y(((J.OV,
xnv, , Gen. 29,22)
gnificato detcrioi-e che ha la Tiolricnc; n fa guerra (1tOÀ.Eµov, Gen. i4,2) e fa pa~
confronto di 7tplil;Lc; e Èpy((vta (Plat., ce (ElpiJv11v, I Mach. 6,58) 60 , istituisce
Charm. 163 b) 58 non ha importanza per degli ispettori ( tmcnc6r.:ouc;, r Mt!ch. r,
l'uso linguistico dei LXX e del N.T. In 5 I; l'azione distruttrice di Antioco Epi·
accezione particolare 1i 7tOl1Jcl'Lc; è sin fane impedisce di accostare questo fare
l'arte poet~ca sia lo stesso componimen- nll'atto creatore di Dio); come mari-
to poetico 09 • naio getta il carico fuori del bordo
della nave (7tOtdo-&at tx~oÀ.i)v, si noti
il medio, Ion. r ,5; cfr. le perifrasi del

~ 1 Piuns.tGKE, w
orf., s.v. 1tOtÉW I d; LIDDELL- 55 LrnDELL-ScoTT, s.v. 'ltO~lJi:iJç n; Bo1sACQ 1
Scorr, s.v. -rrodw A vu; dunque non a co- 799 s.; P1tErsrGKE, 11'/ort., s.v. nOLlJ'ti)ç.
mincia.re dai LXX (contra \Yf, ScHULZE, G1·ac- ~ LIDDELL-SCOTT, s.v. nol'Y);ut I; BOIS/\CQ.
c,1-L11ma [I901] 23 s .). 799.
s? Cfr. LIDDELL-ScoTT, s.v. 7tOLlw A v. 5; trnDELL-SCoTT, s.v. TC0L71~t(1. 11.
Sl LIDDllLL-SCOT1', S.IJ. TCOtT)µ(1. I I; PREJSlGKE
51 LIDDELL-SCOTT, s.v. 'ltOtlw B I 3.
w ori. li .3.32. '
51 Anche per ~oi1rni.:;, r.ol71JU.( e no(710-iç il 59 LrnDELL-SCoTT, s.v. 'ltOlT]cnç 1 2 a. b.
quadro completo delle accezioni del greco pro- ro Spesso col verbo all'attivo, in contrasto con
fano - che a noi qui non -interessa - si può l'uso dei Greci, che in questi casi impiegano
vedere in LIDDELL· SCOTT, il medio -> col. 1140.
nodw x't).... B II 1· 3 (H. Braun)

semplice concetto verbale nel greco pro- quaggiù. Jahvé interroga Eva e Caino
fano, ---:> col. u40); fa un censimento sul loro concreto 7tOt.Ei:v (Ge11. 3,13; 4,
( cX1toypcxcp1)v, anche qui con il verbo al rn). L'agire di ciascun re nel suo
medio, 3 Mach. 4,17), trascorre un tem- complesso (1t6.v-cct oO'a bcol"f}O'E, 3 Bacr.
po determinato (~'t'l'J 1toÀJ1.&:, Prov. 13, 1I ,41; da Salomone in poi la frase ri-
23). L'evento da un punto di vista terre- corre spesso in 3 e 4 Bcxcr.) cade sotto il
no è -cò '1tE7tOL'r)µÉvov (Ecci. I ,9 ). 7t0LEL\I ben noto giudizio teologico del deute·
può essere il comportamento profano ronomista. La ricerca di una sposa per
(!ud. J4,ro), su cui talvolta si esprime Giacobbe fatta con sl largo seguito di
anche un giudizio (xa)..wç 1COLTJCTE'tf. ypci- conseguenze dal servo di Abramo {miv-
~O\l'tEç, «farete bene a scrivere», I Mach. Ttx -.à. pl}µctTa. & É1tolT}CJ'EV, Gen. 24,
12,22), ·e l'attività lavorativa dell'uomo 66), i termini del salario che Giacobbe
(2 Chron. 2,13). Già qui si vede chiara chiede a Labano (M.v 7tOLDO"Tit; µo~ -rò
la stretta dipendenza dell'uso linguisti- p·qµct -coiho, Gen. 30,:p ), questo e mol-
co <lei LXX da quello greco comune (~ to altro fare del tutto umano viene rac-
coli. I 139 ss.). Sul phmo teologico il si· contato perché il narratore vi vede qual-
gnificato di 1tOLEt\I nei passi citati e in cosa che corrisponde alla volontà di
molti altri analoghi è senza importanza. Jahvé. Quel che passa per la mente (7toi-
EL -.à. ÈvOuµi)µaTa O'OU, l:Lp. 32,12) lo

2 . Il 'ltOLELV pro/ano e non comandato si può fare in casa e non al banchetto;


nel linguaggio figurato cosl ci si attira la compiacenza di Jahvé:
è questa la prospettiva che, presente in
In confronto al N.T. (~ coli. u65 tutta la letteratura sapienziale, eviden·
ss.) stupisce che cosl di rado nei LXX il temente sta a!Ia base anche di questo
1tOLELV profano dell'uomo serva a raffi- ammonimento particolare. La domanda
gurare il comportamento di Dio e In cosl frequente di un uomo a un altro:
reazione umana. La sovranità divina -si Tl TOVTO Ètcoln<Ìaç; (Gen. 12,18 e pas-
manifesta nel vasaio che, riuscito male rim) costituisce un rimprovero per un
il recipiente, 1tci).w aui:bç E7tOL'T}O'E\I au- atto concreto, che non era permesso.
'tÒ &.yyei:ov it-cepov, «torna a far di esso Jahvé ha comandato di fare l'arca ('J'Coi'r}-
un altro vaso» (ler. r8A). Per misurare r:Jov, Gen. 6,14-16). Soprattutto la fab-
quanto sia ingiusta l'accusa dell'uomo bricazione su comando divino di ciò che
contro tale sovranità, basta riflettere concerne il culto occupa un larghissimo
che nessun oggetto modellato dice moi posto: un altare di terra (Ex. 20,24),
o chi l'ha fatto (7tod1uaç) o al vasaio: il santuario (Ex. 2 5 ,8) con le sue varie
ou cruvE'twç µE É1tol'r)crm;, «non mi hai suppellettili (Ex. 25-30) devono essere
fatto bene» (Is. 29,1 6 ), oppure: 't l 7tOt.- costruiti, e proprio secondo il modello
Etç;, «che fai?» (Is. 45,9); in ambedue i mostrato a Mosè ( 1to~-l]ui::tc; Xtx.'tà TÒV
passi 7tOtEiv è sinonimo di 7t)..aucrm1 'tV'ltOV 't'ÒV OEOELyµÉvov, Ex. 25 ,40 ); al-
(~coli. 563.561). lo stesso modo sono erette le parti
del tempio destinate al culto ( 3 Bwr. 7)
3. Il 1tOt.Ei:v profano comandato
e le capanne di frasche (2 Eo'op. 18,16).
Jahvé dà Ia capacità di compiere questi
È normale per l'A.T. che l'agire del- lavori (1tOtELV Év mx.vTt Mpy4J uocplac;,
l'uomo sottostia a comandi e a divieti di Ex. 35,33). L'olio e i profumi destinati
Jahvé. Il fatto appare con particolare ri- al culto non devono essere utilizzati ad
salto là dove il /are ha un oggetto asso- USO profano (OV 1tOiTJCTE't'E uµi:v aU'tOL<;,
lutamente profano e relativo alla vita di. Ex. 30,J7.32 ). Il tentativo di Eliodoro di
no~Éw x-.).. . B II 3-4 (H. Braun)

effettuare il prelevamento delle ricchez- un dovere esplicitamente definito dagli


ze del tempio (7toi1}<Ta<rl>a.L, 2 Mach. 3, ordini di Jahvé. Questo processo che si
7) è un peccato. Mosè deve fare il ser- svolge nel tempo può ancora esser colto
pente salvifico (Num . 2r,8). Alle sup- chiaramente nell'uso linguistico dei
pellettili sacre si contrappongono altri LXX. Il far del bene o del male al prossi-
oggetti di culto, la cui fabbrica2ione è mo ha infatti da principio un carattere e-
invece espressamente proibita. La reli- minentemente concreto: avviene fra uo-
gione jahvistica non conosce immagini mo e uomo, o sono gli uomini a difen-
(ov 1tot1icrtLc; <reau't(i> ttowÀ.ov ovoÈ
r.a.v- dersene e a proibirlo. Naturalmente è
'tòc; òµolwµa., Ex. 20,4), implica la proi- opinione dell'A.T. che questo concreto
bizione degli idoli (~ dxwv, m, coli. agire in bene o in male verso il prossi-
r39 ss.) e interdice di fare dèi d'argento mo è voluto o non voluto da Jahvé, il
(ìkoì. &pyupoi:, Ex. 20,23) e abomina- quale reagisce in conseguenza. Ma le
zioni CPoEÀ.Vyµa.'ta, Deut. 20,18), un formulazioni esplicite, che indicano la
yÀ.uit-.òv òµolwµcx. (Deut. 4,16). Dove rettitudine dell'operare verso gli altri
si verifica un 7tOtEÌV di 1'tol (Ex. 32,r ), quale comando di Jahvé, compaiono so-
PStMyµa'toc (3 Bcw. I4,24; Ez. 33, lo più tardi.
26 [cod. A]) e ùo/r}).a (2 Chron. 21,
Sara deve fare ad Abramo 'tlt.V-
II) oppure di una Elxwv (2Chron. 33,
7 ), subito si leva appassionata la prote- 'tTJV -ciJv OLXrttocrvvT}\I (Gen. 20,13), e lo
sta religiosa, che si attenua solo neila stesso deve fare Abramo ad Abimelec
diaspora(~ coJJ. 507 n. 41; ~III, coli.
(Gen. 21,23); gli esploratori devono usa-
148 ss.). Non solo l'azione cultuale, ma
re EÀ.Eoc; verso Rahab (los. 2,12), e co-
anche la retta condotta civile è deter- sì devono comportarsi gli esploratori
verso gli abitanti di Bete] (lud. I ,24; in
minata da comandi e divieti di Jahvé:
Giosuè e nei Giudici l'espressione EÀ.Eoc;
nel diritto ereditario (Ex. 21,9), nel
trattare la questione di un bovino che 1tOtEi:v è particolarmente frequente);
Giuseppe deve usare a Giacobbe ÉÀE'l')·
cozza con le corna (Ex. 2r,31 [codd.
AB]) vale il principio 'ltOtti:v xcx:tà. 'tÒ pocrvVT)\I xa.t &.À:1'J~EtrLV (Gen. 47,29). E
quando in certi casi Jahvé esige che non
OLXa.lwµa, «fate secondo la disposizio-
ne della legge». Quando David coman- si abbia pietà, perché ne può nascere il
pericolo di adesione a culti stranieri
da a Salomone di far vendetta su Gioab,
si tratta di un 'ltOLEL\I xinà. TI)v crocplm1 (ad es. oùx È1mto~i}crEtç, <<non ti strug-
<Tou, «fare secondo la tua sapienza» (3 gerai», Deut. 13,9), questa esigenza non
è mai espressa con una semplice formu-
Bm1. 2,6).
lazione negativa della frase EÀEO<; 'ltOLEi:v.
4. Il 7tOtEi:v comandato nei riguardi del Il linguaggio è altrettanto concreto e
specifico da principio anche quando si
prossimo
parla di fare al prossimo qualcosa di
Il 7tOLEL\I verso il prossimo (~ coll. male. Abimelec esprime con un tnol'l")-
713 ss.) è sottoposto a particolari ordi- cra. -roi:i'to ( Gen. 20,5) il torto di aver
ni e divieti di Jahvé. In questo ambito preso Sara pur senza sapere di commet-
tuttavia confluiscono, in un lento e tere cosa illecita; il comando dato ad
graduale determinarsi, considerazioni so- Abramo perché risparmi Isacco suona
ciali e religiose, atteggiamenti basati sul cosl: (L"f)OÈ rcot1)07]c; OCU't~ µ'l')OÉV, «e
costume e sull'usanza 61 , e la coscienza di non fargli nulla» (Gen. 22,u). Le im-

61 HOLSCHER, op. di. <~ n. u) .51 s.


1tOLÉW x-tÀ.. B li 4-5a (H. Braun)

prese guerresche degli Ammoniti e di no i prodromi di una sua problematica,


Sansone sono per Ieftc e i Filistei un egualmente di principio (-> coH. I I 36
7tOiEi:v ,,;ov1]plcx.v (Iud. 11,27); Isacco ss.). Infatti quando a proposito di Jahvé
non deve fare alcun dnnno ad Abimelec, che inlligge un castigo sorge 1a doman·
né Gioab ad Assalonne (xaxòv 7tOtEi:v, da: "T;L ÈÀ.E1]µ0CTUVY} 7t0LEL;, «e il far dcl
Gen. 26,29; èi.òLxov -r:oiEi:v, 2 Bcx.<r. r8, bene a che cosa conduce?» (Tob. 14,r l ),
13). Specialmente nell'etica sessuale si la risposta non è necessariamente e sem-
vede chiaro come in origine ci si ispi- pre ottimistica, come invece avviene in
rasse ai costumi in uso. A proposito un primo tempo nella letteratura sn·
di Sata ceduta da Abramo ad Abime- pienziale.
lec, questi gli dice: (pyov ooòoEtc, 7tod1- Notiamo infine che qmmdo il 7tOtEi:v
<TEL 1tE7tolrixcX.c, p.01, «un'azione che nes- dell'uomo è rivolto a una persona,
suno oserebbe fare, tu l'hai fatta a me» di rado questa si trova - diversamen-
(Gen. 20,9; dr. 2 Ba<r. 13,12). Rien- te dal greco classico (-+ col. I I 40) -
trano nelle. stessa linea anche gli accu- in accusativo (ad es. Prov. 3,27); spes-
sativi (foxTJµov ( Gen. 34,7) e à<ppo<TÙ- so invece vn al dativo (ad es. Ecclus
vnv (Deut . 22,21; l11d. 19,23) che ac- l 2 ,2) e si ricorre anche al nesso µE't'<i
compagnano r-oLEi:v, («fare un'indecen- ·nv~c; (Gen. 21,23) 62•
za, una stoltezza»). Questo 7tOLEtv qual-
cosa che agli occhi di chi agisce è àya- 5. Il 7totEi:v comandato, in relazione alla
Mv o xaxlcx., è locuzione usata per una legge, alla volontà di Dio e a ordini
condotta concreta che va contro la nor· particolari
ma, come il crimine dei Gabaoniti (Iud. Tutta la vita è innegabilmente domi-
19,24) o il contegno pacifico di David nata da comandi e divieti di Jahvé (sal-
mentre ci si attenderebbe il contrario vo le eccezioni di cui abbiamo trattato,
( r Brt.u. 29,7), e anche per indicare la ~ coli. rr42 s.), come è dimostrato da
sovranità del re (2 Bau. 19,28). Il una quantità di testi, nei quali il fare è
itOLELV di Iud. 13,8, anch'esso specifi- messo in relazione con fo torà, con la
co e concreto, è inteso in senso neu- volontà di Dio, con ordini particolari,
tro. Ha invece valore generico e astrat- con peccati e trasgressioni.
to, cioè di principio, il 1tOLELV di David
con oggetto &ya.Mv (2 Bcw. 2,6), l'usa- a) Terminologia. <pvÀ.a:t't'EO'ita.1 figu-
r<! misericordia (ÉÀ.E'r]µoo'Vvl}, T oh. 1 ,3; ra come sinonimo di '1tOtEi:v (De11t. 4,
eÀ.EOC,, Zach. 7,9; EU 1tOLELV, Prov. 3,27), 6). Fare ('ltOLELV) ha come oggetto il neu-
l'esercitare un giusto giudizio {oixa.lw· tro dcl pronome relativo (ad es. &, Ex.
1.w ., :icp(µo:, OLxmovvV'fJ, 3 Bcx.:r. 3,28; ro, 4,15), una frase relativa (ad es . & Èyw
9; 2 Chron. 9,8; per i riferimenti giuridi- uo~ Év't'ÉÀ.À.oµ,cu, Prov. 6,3), spesso 't'tX
ci ~ col. I I 4 5 ), insomma il praticare Epya (ad es. Ex. 18,20), ayaMv (~ 36,
(fare) la giustizia, che ora è presentato 27) e xa.À.6v (Js. r,17). Ancora più nu-
in modo esplicito come condotta richie- merosi sono gli oggetti di '1tOLELV nel sen-
sta da Jahvé (xplµa. notEi:v, lv!ich. 6,8), so di compiere, praticare: o~xrlioo'Vvnv
ora è da lui proibito ( où 7tOt1}0'Etc, <p6vov, e xplcrw (Gen. l 8,19 ), xplµct xa.t otxato·
Deut. 22,8). Proprio in questo 1tOtdv <TÙVT)V (o/ II8,I2I), 't'ft xplµa.'t'a (Lev.
più recente e astratto si annidano alme- l 8 ,4. 5 : le prescrizioni la cui osservanza

H Br.ASS-DEDRUNNER § 1:;1,1; 227,3. Non Dr::LL-SCOTT, s.v. B I 2 - anche in arca greca:


scmbrn che per questa costruzione manchino cfr. quelle cit:ite in PREUSCHEN·BAUER., .r.v.
dcl tutto le testimonianze - nonostante Lro- T i a~; BGU III 798,7 e 948,8.
i\OLÉCt) x-r)... B II 5a (H. Braun)

dà la vita, cfr. Ez. 20,13 ), OLlUt.tocruvnv Èv -rii <TY.l)Vi), Num. 4,35.39), cd è pu-
(ad es. \fi 105,3 ), ot.xa.wuuvac; (Ez. re espressione specifica per la celebra-
3,20), xpluLv {Is. 5,7), OLxa.Lwµcx...-a zione comandata di una certa festa (ad
(Ez. 5,7), -cò ìJH.71µa. (4i 39,9), 't'ÒV es. 't'à o-6:f3{3a."t'a, Ex. 3 l ,I 6; -.b miuxa,
v6µov (ad es. Ios. 22 ,5 ), ..-a. 11:po11't'ay- Ex. 12,48; "t'Ì)v 'Ì)µÉpav -rau"trJV, Ex.
µcx.-.cx. (Lev. 26,14), -.1)v Eùxilv (Iud. 12,17; in questo contesto in Is. _32,IO si
u,39), àya.i>wuuvnv (2 Chron. 24,16), usa anche µvElav 7tOtE~O'ìJat, preso dal
xpnu-co"tT}"tCX. (4i 13 ,1), uvv·11crw àya- greco profano ( ~ col. I l 40] ) e per
il-fiv (Prov. 1,7) e &.À.1}ìJmx.v (Is. 26,ro). l"offerta prescritta di un sacrificio (ad
1tOt.Etv, quando significa agire, compor- es. 't'Ò µoO"xaptov -rijç &.µ.ap-rla.ç, Ex.
tarsi, sta con xcx.iM: (ad es. Ex. 12,28.50), 29J36; òÀoxo.u'twµa:rn. xixt iluO"lu.ç, Ex.
con xaìJwc; (2 Bacr. 5,25 ), con xcx.-rò:. 't'ÒV 10,25; ..-òv ci.µv6v, N11111. 28 1 4.8; per
v6µov {Su.L [Theod.] 62), con ov -.p6- quest'uso del vocabolo nel gteco pro-
7tOV ti.l!;w, «nella maniera che hai pro- fano ~ col. l 140 ). Di si1bato è proi-
messo» (Deut. 23,24), con xa.À.wç (Lev. bito gpycx. itOtErv (Ex. 20,9. 1 o) e cosl
5,4) e afferma la conformità di un'azio- per la pasqua (Ex. 12,16). 'itOtEtV è
ne con la torà. L'importanza di osserva- usato con altrettanta varietà per le trn-
re ogni singola prescrizione e quindi il sgressioni ed allora ha per oggetto 7tOVll·
carattere di obbedienza che assume il fa- poc (2 Bcur. 3,39), ('tò) 7tOV1)pov (.:i
re vengono molte volte espressi accom- Chrot:. 12,14; I Mach. 1,15), (-.à) xcx-
pagnando gli oggetti di 7tOt.Eiv con le xci (2 Bav. 12,18) e itpya. èi.OLXC.I. (Prou .
forme plurali di ·mie; 63 : miv"ta ocrcx. (ad rr,18). Nel senso di compiere, com-
es. Ex. 19,8), ~av-tct.c; "t"oùc; Myouc; (ad mettere è accompagnato da èt..µap-rla.v
es. Ex. 24,3), r.<iv"tcx. 't'à Pi1µa-co. (Deut. (Num. 5,7), àµap'tla.c; (Ez. 33,16
29,28), 7t<iv-ca. -.à ot.xaiwµa-ra (Lev. (cod. A]), ò:µcxp't-fiµa.'ta. (Ez. 18,10
25,18), 7t&.11ac; -ràc; Èv-roÀ<ic; (ad es. [codd. AQ]), ò.v6µ'l')µa (los. 7,15),
Lev. 26,15), Ttavw. -;;ù. l>eÀ:iiµcx...-a (Is. ('t'à) avoµ«. (lob 34,8), àvoµlcx.v (Is. 5,
44,28) e 7tliV"t'IX -rb. yeypaµµÉvcx. (Ios. 7), 't'àc; àvoµltXc; (Ez. 8,17), Ù7tEfJT)·
1 ,8 ). Proprio perché Jahvé comanda con cpa.vla.v (\fJ roo,7), àoLxlav (Sopb. 3,
autorità sovrana, il 7tOt.t'.t'.I dell'uomo 13), r.ap<i7t't'WJJ.CL. (fa. 3,20) e àv6-
deve mirare a ..-ò <XpE<i"t'ÒV xat 't"Ò xaÀ.òv <7tcx (Ez. 22,9). La condotta totalmen-
Èwx.v-.lov xvplou, a «ciò che è grndi- te peccaminosa, come già abbinmo vi-
to e bello al cospetto del Signore» sto per l'osservanza perfetta dei co-
(Deut. 6,18); formule analoghe figura- mandamenti (-> col. II49), è sottoli-
no per una trasgressione(~ col. u50). neata con l'aggiunta di mie;: 7tOtEtV 7t6:-
Specialmente nell'ambito del culto e dei crcxç 'tàc; xtXxlu.c; (Deut. 31,r8 ), micrcx.v
riti, le espressioni -;;Ò xaÀ.Òv xa.t 't'Ò &pE- -.i)v xa.xlcx.v (3 Bau. 16,7), miTav 7to-
O'"tÒ\I Èva.v'tlov xuplou (Deut. 12,25) o VT)plav 'tC.l.U"t''l'JV (2 EO""Òp. 23,27). La so-
-;ò tùitf:c; Èvw·;nov ȵoO (3 BaO'. n,33. vranità di Jahvé e il carattere di disob-
38) sono significative per indicare che bedienza che assume l'azione peccami-
Jahvé esige un agire determinato. notEtV nosa appaiono nella formulazione stessa
è il termine tecnico per l'esecuzione del degli oggetti di 7tOt.EtV (~ col. I 149):
culto in genere ("tTJV Àa-rpElu:v 't'<t.U't'l'JV, 'itOLEiv -cò 1tOVTJpÒv ivcxv'tlov xuplou (ad
Ex. 13,5; ,.a, EPYrJ. ÀEt-.ovpyla<;, I es. Deut. 31,29; frequentemente nella
Chron. 23,24; À.n-rovpyEiv xcxt "itOtEtv visione deuteronomistica della storia);

6JCfr. il senso complct:imentc diverso di 1t&c; coli. n37.u39).


come oggetto cli 1tOLEt\I nel greco profano (~
1tOLfw X'tÀ.. B Il 5a-b (H. Brnun)

corrispondentemente il peccato è fare 7tOO"lv, « traccia vie rette ai tuoi piedi»


qualcosa che sembra giusto all'uomo : U'rov. 4,26), si dice con fiducioso otti-
7t0LELV 't'Ò Eui}Èç ÈV òcpi}a)..µotç Ct.V'tOU
mismo t.t. Anche la messa in guardia
(!ud. r7,6), 7tOLEtV -.à. i}E),-fiµa-.a del-
l'uomo (ls. 58,13). 'ltOLEtv col significa- contro le impurità rituali ( EÒÀ.aBEi:ç
to di far in modo che, procurare con- 7tc~'i)crE"tE, Lev. 15 ,3 I) presuppone di
nota la ricerca di gloria a sfida degli per sé la possibilità di evitarle. Si tratta
dèi, che sollecita i costruttori della tor-
re di Babele (7tovf]o-wµEv fo..u-ro'Lç l5vo- dunque in gran parte di comportamenti
p.a, Gen. II,4), !istigazione al pecca- etici individuali o di ottemperanze cul-
to che potrebbero esercì tare i Cananei tuali e liturgiche pienamente realizza-
(&.µixp-rEi:v 7tOLEtV, Ex. 23,33) e l'intro-
duzione di indovini da parte di Manasse bili; lo stesso rinnovamento (7toi1Jcra't'E
( beolT)O"EV [ ~ col. I I 42] !yyaO"-CPLl..LU- Éav-roi:c; xapolct.v xaiviiv xcxt 'ltvEuµcx
i}ouc, xat È7tetoioouç, 2 Chron. 33,6 ). xawov, Ez. 18,31 ), cioè il mutamen-
to della posizione fondamentale non co-
b) L'agire del/' uomo e la rnlvezza. stituisce per Ezechiele un problema. Al-
:f'.!ei LXX il 'ltOLEtV dell'uomo davanti a l'obbedienza è attribuito ovviamente un
Dio non costituisce un problema di valore, e lo dimostra la distinzione fra
principio. È ben vero che secondo Ge- peccato per inavvertenza ('1tOLELV cixou-
remia il fondamento di un'obbedienza O"Lwç, Num. i5,29), espiabile con un at-
autentica è la nuova alleanza escatolo- to di culto, e il peccato deliberato ( 'ltOL·
gica (IEp. 38[3r],31-34; ~col. u23), ei:v Èv XELpt U1tEpl)q>avlcxc; (Num. lJ,
e che nel contesto dell'azione salvifica di 30; cfr. Deut. 17,12), che si punisce
Jahvé si fa appelio alle potenze invisi- togliendo di mezzo il colpevole. Pur
bili per «far piane le vie di Dio» (7tOLEtv essendoci tuttavia, almeno qua e là, una
EMelac, -.àc, -rpl~ovç -.ou i}Eou, Is. 40, vivn consapevolezza che l'uomo sogget-
3 ); ma la situazione normale, nonostan- to a peccare è alla mercé di Dio i.s, una
te la predicazione profetica del giudizio eventuale problematica circa l'operare
divino, almeno nella torà e nella lette- religioso è evitata, e anzi trasformata
ratura sapienziale, implica che Israeliti in sicurezza, intensificando i mezzi di
e Giudei sappiano fare quanto è coman- espiazione cultuali e morali e6, e anche
dato in ordine all'alleanza. Da questo concentrando sui pagani in particolare
rttto compimento della torà dipende la la rappresaglia divina (come in Abd.
vita, cioè, per gran parte dell'A.T., Ja 5: éìv -.p67tov btolricrac;, o\hwc, ~cr't'ct.L
l

si1lvezza nel tempo (Lev. 18,4.5; ~ CTOL). Cosl nell'A.T. il valore religioso
coll. r 148 ). òpMc, 7tpoxicì.ç 7tOlEL croi:c; del fare per gli Ebrei rimane in ombra;

M BRAUN, op. cit. (-7 n. 39) 7 n. 3. m , coli. 403 ss.


6S HOLSCHER, op. cii. (-7 n. n) 150 n. 6; 65 HoLSCHER, op. cit. (-') n. 11) 144-147.148-
BRAUN, op. cii. (-') n. 39) 7 n. 2 -') n .eoc;. 151; ElcHRODT, Theol. d. A.T. rn uS-136.
'ltodw x-r).. B u 5b-m (H. Braun}

invece solo eccezionalmente il tema del- vocabolo, lo usa nella ben nota luce lie-
la felicità dell'uomo pio accusa qualche vemente scettica.
incertezza. b) La r.ol-rJO'Lc; umana può significare
in senso attivo l'atto di fabbricare (Ex.
32,35), di fare (Ecclus 51,19) e di adem-
6. Il fare prodigi
piere (7tolT}CTtc; voµou, Eccl11s 19,20; con
Non solo a proposito di Jahvé (-7 un'accezione tipicamente semitica e non
coll. 1123 s.), ma anche di uomini pii co- greca, -7 col. u41 ); in senso passivo
me Mosè, Aronne ed Eliseo, e anche (--+ col. n22) il venire apprestato (Ez.
pef gli stessi maghi egiziani, 'JtOtEL\/ è 43,18)ol'essere costruito (Ex. 28,8). La
termine tecnico indicante il compimento mancanza del significato di poesia (~
di azioni meravigliose, in analogia con col. l 141) e la presenza dell'accezione
una prassi linguistica greca largamente di osservare, seguire, sono ambedue si-
diffusa e~ col. 1159). È accompagnato gnifìcative per l'atteggiamento dell'A.T.
dagli accusativi O'T}fJ.ELct. (Ex. 4,17.30), e quindi dei LXX, che non si occupano
-tÉPrl"trl (Ex. 4,2 l ),r.av ..a 'tà µEya'X.a di arte e di speculazione astratta, ma
(4 Bct.<1. 8,4), òvvaµw (atto eroico di puntano esclusivamente verso l'ubbi-
guerra, ~ 107,14) o dagli avverbi ou- dienza pratica a Dio.
-cwc;, wowhwc; (ad es. Ex. 7,6); in que-
sto caso 'JtOtE.i:V connota inoltre il compi- c) Lo stesso si dica di 7tO~lJ'tlJc; rife-
mento di pratiche comandate. Anche rito all'uomo. L'unico passo dei LXX
.in cui ricorre (I Mach. 2,67 ), il voca-
i rabbini usano 'àsa ma'afeh, «fare una
opera» per pratiche magiche e incante- bolo non parla, secondo l'accezione gre-
ca, del fabbricatore, del produttore, ma
simi (Sanh. 7 ,II).
di coloro che praticano Ja legge. Nei
LXX manca il significato di poeta (~
7 . 'ltO~ELV nel senso di produrre col. 1I4I).
Come nel greco profano (~ col.
l 140 ), 'ltO~EL\I indica il produrre frutto, III. Nel giudaismo rabbinico e apoca-
detto della yij ( op&.yµet.'tet., Gen. ,p i4 7; littico
-cà yEvf)µa:rct. w.hijc;, Lev. 25 1 21), dello
l;uÀov (xa.pn6v, Gen. 1 ,II) e dall'aµ- La problematica del fare, praticamen-
TCEÀ!JN (ui:a.q>uÀ.1}v, Is. 5,2.4). te assente nei LXX, comincia ad affac-
ciarsi più o meno chiaramente nel tardo
8. TCOll)µa, 7tOlT}crtc;, 7t0t'fj'tl)c;,
giudaismo 67 • La sentenza di Aqiba: ciò
a) 'JtOll)µa, detto dell'uomo, designa, che conta nel giudizio è la quantità del
come nel greco profano(~ col. II41),
il manufatto (3 Baa', 7,17, cod. A; Is. fvre (ri5b hamma'afeh, Ab. 3,15), mo-
29,16 ~col. u43), l'opera e le opere stra con sintomatica evidenza la situa-
(Ecci. 2,4), l'agire (ad es. Ecci. 3117) e zione d'insieme: l'ingenuità dell'operare
le azioni (ad es. !ud.· 1J,I2); tutto con
valore neutro, positivo o negativo. Spe- ha lasciato il posto a una riflessione cal-
cialmente !'Ecclesiaste, che contiene il colatrice. Questa riflessione si espri-
maggior numero di · testimonianze del me nell'apocalittica con una valutazione

~7 Su questo argomento si hanno solo pochi esempi, ma essi sono tipici.


~o~~w x-tX.. B m-1v 1 (H. Braun)

profondamente pessimistica della situa- proprio l'umiltà con cui riconosce i suoi
zione in cui viene a trovarsi, di fronte al peccati lo aiuterà davanti a Dio 11 • Se-
giudizio, il pio israelita fedele alla torà: condo il Manuale di Disciplina è possi-
O /ti quid fecisti, Adam! ... nos vero bile agire rettamente solo dopo che si è
mortalia opera egimus (4 Esdr. 7 , II 8 s.) incorporati nella setta, dopo la conver-
... iniquitatem faciebamus (4 Esdr. 7, sione 73 • Secondo il Documento di Da-
r 26}; e la setta d'orientàmento essenico masco dal giusto operare nasce una spic-
che ha lasciato testimonianza di sé nei re- cata correttezza rituale 74 • Il tardo giu-
perti di Qumran e nel Documento di Da- daismo ricorrendo al legalismo evita di
masco professa un rigorismo che attri- impostare una radicale problematica del-
buisce il massimo valore alla totalità e !'agire.
alla precisione dell'osservanza della to-
IV. In Filone e nella letteratura ermetica
rà 68 • Tuttavia questa problematica del-
l'agire non diventa mai veramente scot- 1. L'uso linguistico
tante: l'uomo pio che non è più sicuro Filone, grazie ai suoi legami con la
Stoa, si interessa del rapporto 7tOtEL\l-1tcX·
del suo operare 69 si rifugia in un legali- <TXEtv sotto l'aspetto filosofico (decal.
smo esasperato 70 e si appiglia a mezzi di 30 s.) e psicologico (ad es. cher. 79).
espiazione di ogni genere 71 • Questi ten- Egli conosce, come il greco profano (~
coll. 1139 s. ), la connessione di ÀJyELV e
tativi di evasione si attuano naturalmen- '7tOLEL\I (som. 2,83) e, come i LXX e~
te con sfumature diverse. I rabbini, per col. r 144), con -rl e l'attivo di ltOtEL\I
indurre a una condotta del tutto retta, formula una domanda di rimprovero
(det. pot. ins. 74). Usa 1tOt.EL'V (~
insistono sulla inevitabi1ità del giudizio
coll. 1141 . n43) nel senso di lavora-
(Ab. r,7; 2,r ; 3,r.15.16; 4,22) e quin- re (plant. 27) e come sinonimi, a dif-
di sulla necessità di fare ogni singola ferenza del greco profano (-Hol. 1139 ),
azione religiosa con una cautela (Ab. l, opav (del. pot. ins. .'7) e h1EpyEi:'V (leg.
ali. r ,6). Sa che EÙ o xa.xwc; 1tOLEi:'V ad
9} che finisce per cadere nella casistica. altri ricade su colui che agisce cosl (det.
L'apocalittico si consola al pensiero che poi. ins. 57 ). Per lui -n:oi'l')µa-ca 75, 7tOl"fJ·

6j H . BRAUN, Beobachtungen 1.Ur Toraver· 11011 iudicasti te inter iustos, ul plurimum


schiir/ung im hiirelischen Spiitiudt. : ThLZ 79 glorificeris (4 Esdr. 8,48 s.).
( 1954) 347-352. 73 H . BRAUN, Umkehr in spiiljiid.-hiiutischer
fil BoussET·GRESSMANN 387-394; BRAUN, op.
11. in fruhchr. Sichl: ZThK 50 (1953) 243-
cii. (-+ n. 39) 7r. 258; H. BRAUN, Spiiliiidisch-hiirelischer 11.
70 Per questa situazione nei Salmi di Sah>-
/riihchrisJlicher Radikalismus 1 (1957) 1<ri4.
mone dr. H. BRAUN, Vom Erbarmen Got/es 41-47.63-66.8,·89.133-138.
iiber den Gerechtm: ZNW 43 (1950/.p)
74 BRAUN, op. cit. (-+ n. 68) 350-3,2.
15-43 .
11E. LoHsE, Miirtyrer "· Gollesknecht (1955) 15 In senso buono, plani. 31; in senso de-
18-37. teriore, vit. Mos. 1,3; accanto al significato de-
72 Sed et i11 hoc mirabilis eris coram Altissi- teriore di ment.ogne in versi (congr. 62· e
mo, quoniam humiliasti te, sict1/ decet te, et passim),
1to~Éw x-cÀ. B iv I ·2 (H. Braun)

cnc; (pian t. I 5 4) e "JtO L'r}'tTJ<; 76 sono ter. rappresentano solo il gradino più basso,
mini tecnici indicanti l'arte poetica, e in mentre in quello superiore, quando nel-
ciò Filone, diversamente dai LXX, si mo· l'estasi l'uomo è rapito alla visione di
stra un ellenista (~col. IJ4I) aperto al- Dio, il vouc; viene superato insieme con
la cultura. 1tOLT)'t"1)c; non ha mai nei suoi ogni attività 79 • Sul piano inferiore il
scritti il senso di esecutore dei coman· 'ltOtE~\I non suscita dunque alcun pro-
damenti, come invece avviene nei LXX blema; su quello superiore dell'esperien-
(--)> col. II 54 ). za estatica viene a mancare, non avendo
un suo oggetto.
2. Il fare dell'uomo e la salvezza
Nell'ermetismo l'invito del Poiman-
Come si prospetta in Filone la pro- drcs a -itou::i:v -.à. xrx.À.a, rivolto al miste
blematica dell'agire umano? Il ragiona- subito dopo la sua divinizzazione (Corp.
mento (À.oyLcrµéc;) ha certo conoscenza Herm. r3,14 s.), riflette evidentemente
delle cose che si debbono e non si deb- il convincimento che è impossibile, per
bono fare ( wv ÒEt 7COLEL\I xcx.t wv µ-fI: chi non sia nato una seconda volta,
leg. all. 1 ,70; Filone si riferisce all'uo- agire correttamente. Ma per nascere una
mo in quanto tale), ma piantare nell'a. seconda volta bisogna proprio rifarsi a
nima le ttpE'tct.l è compito di Dio, non quanto di divino c'è nella natura del-
del vouc; nel suo /are (leg. ali. 1 .49 ). l'uomo. Dato che questi partecipa all'es-
Questa attività di Dio non costituisce sere di Dio, chi è rinato non è più iden-
tuttavia una specie di crisi dell'operare tico a quel che era nell'esistenza empi-
umano religioso. Il cppo\IEt\I, ÀÉ'YEL\I e rica. Certo, è superiore al fato (Elµa.p-
"ltOtEL\I ciò con cui l'uomo fa la gioia di ~\É\IT)) e può 1tOLEt\I 01tEp {3ouÀ.E'tttL, «fa-
Dio, è in lui connaturato (<TVµitÉq>UXE) 77 • re ciò che v.uole» (Corp. Herm. 12,8),
L'atto di piantare le apE'tGtt, che è com- benché in Corp. Herm-. 12,5 si dica che
piuto da Dio, e l'attività personale del- anche il "!tOL-fiaac; -.ò xaÀov 80 è soggetto
l'uomo coincidono in modo così perfet- al fato. Ma per lui, in quanto rinato,
to che la "!tla·nc;, intesa da Filone in so- non conta più la sua propria corporeità
stanza come superamento del sensibile né l'etica pratica o la considerazione del
(cfr. ~ col. II26), può essere consi- prossimo. I suoi atti finiscono a poco a
derata come struttura propria dell'ani- poco per diventare indifferenti 81 • Il con-
ma e come àpE"t1} e non ha quindi biso- tenuto essenziale dell'appello astrae vo-
gno - diversamente in Paolo (~ colI. lutamente dal piano sul quale si verifica
1178 ss.) - di esser contrapposta all'a- il itoLEL\1 82, poiché invita a non occu-
gire religioso dell'uomo 78. Le &.pE'tttl parsi della morte, dell'ignoranza e del
;; Spesso, dr. LEISEGANG, s.v. 80 Sinonimo di 'ltOL~W è opéiv, come in Filone
11 som. 2,180; come Paolo in Rom. 10 6·8, 1
(__. col. 1156); per il testo, cfr. l'apparato
Filone cita De111. 30,u-14, ma proprio a pro· critico in NocK-FESTUGIÈRB, ad l.
posito dello stato naturale della &6.vo~cx 81 R. BuLTMANN, Das Problem der Ethik bei
dell'uomo, e non (come Paolo) in riferimento Paulus: ZN\V 23 (1924) I3t-I33i H. BRAUN,
a coloro a cui è rivolto il kerygma! Cfr. Kum.- Lileraranalyse u. theol. Schichtung im ersten
MANN, op. cit. <- n . 23) 23.36. fohannesbricf: ZThK 48 (J951) 28os.
78 BuLTMANN, Theol. 312; KuHLMANN, op. si Nella rina~dta, il x-tl~ELV, voµoDnE~V e
cii. (__. n. 23) 24-29; W. VtiLKER, Fortschritt 'ltO~E~v µvcr-cTii:~o\I si addice piuttosto alla di-
u. Vollendtmg bei Philo (1938) 248. vinità che Ja opera (PREISENDANZ, Zaub. I 4,
79 BoussET·GRESSMANN 44·8-452; H. JoNAs, 723 = Mithr. Liturg. 14: l7tol71cr~ µvcr-tiJ·
G11osis ti. spatantiker Geist n 1 (1954) 91 s. PLO\I).
I 1_59 (V1,471) 'ltOLÉW x-rÀ.. B IV 2-v r (H. Braun) (VI,472) 1160

traviamento (Corp. Herm. 1,27s.;-? µd}a., Io. 14,23-+VII,col. 42; per il me-
coll. 519 s.). Nei testi ermetici si sorvo- dio-? col. rr40), degli eventi che pro·
la in certo senso sulla problematica del-
l'operare umano ancor più radicalmen- vocherà (Apoc_ 3,9) ci della condizione
te che in Filone. nuova in cui fa e farà essere i credenti
(Apoc. l,6; 3,12; 5,10). Per solito in-
3. Il fare del mago o incantatore vece il 7tOtE~\I si riferisce al Gesù ter-
Occorre inoltre menzionare l'uso dei reno.
nostri vocaboli per connotare il far pro-
digi e compiere magie (~ coll. n23 Questo 7tOtEiv non figura quasi mai
s. rr 5 3 ). Accanto al generico 1tOtELV con contenuti profani (7topEla.v '1tOLEt-
1>E0'7tÉ<TtCX. (Luc., philosops. I2), 'ltOLELV ~a.t, Le. 13,22;-? col. n40; qipa.yO.,-
si usa come termine tecnico per indica- Àiov 'ltOté'.Lv, Io. 2,15); lo stesso si può
re l'attuazione di una pratica magica, dire a proposito di atti di culto (solo
quando si vuol mettere in guardia dal 'tÒ 7tWrXti 7tOLEiv, Mt. 26,18; ~ coll.
ripeterla di frequente e dal compierla lJ4o. rr49 s.). Spiccato è invece l'in-
con negligenza (Preisendanz, Zaub. I 4, teresse dei vangeli per le azioni mira-
2569) e si richiede per esercitarla un colose di Gesù 83 • Nei sinottici 7tOLEL\I
termine astrologicamente determinato ha come oggetto per lo più dei prono·
(Preisendanz, Zaub. I 5,42). Il mago la mi, di rado ovvciµEtç (Mc. 6,5 par.) e
compie con la forza di una particolare i>a.uµWrLCX. (Mt _ 21,15), mentre in Gio-
divinità (Preisendanz, Zaub. II 13,281); vanni il termine corrente è G'l]~'La.; la
essa consiste in certo senso nel pronun- scelta di questi complementi si riallaccia
ciare un incantesimo capace di produrre ai LXX e~ coll. II23 s. 1153). La ben
qualcosa (Preisendanz, Zaub. I 4,635). nota tendenza della tradizione ad al-
Corrispondentemente 7tol'1)crn; connota largare l'elemento miracoloso con ag-
l'esecuzione (Preisendanz, Zaub. I 2,20. giunte leggendarie si rivela nell'incre-
65). Come sinonimi figurano 1tpaO'O"EW mento straordinario che subisce quest'u-
(Preisendanz, Zaub. 1 4,2467) e 7tpéisi<; so di 'ltOL~w in Giovanni (26 volte) a
(Preisendanz, Zaub. I 1,276). confronto dei sinottici (10 volte) 34• Una
sola volta, in dipendenza dall'accezione
V. Nel Nuovo Testamento profano-magica (~ col. II59), il voca-
bolo connota il procedimento dell'atto
r. L'agire di Gesù prodigioso 85 ( È'ltoll)O'EV 1t'r)À.Ò\I Éx -rov
7t'tVO-µct'toç, lo. 9,6.1r.14).
Per prima cosa esaminiamo qui ·il
1tot€tv di Gesù. Soltanto di rado si trat- 7tOLEtv indica in generale l'investitura
ta dei disegni che il Cristo glorificato ha dei discepoli ad opera di Gesù ( 7tOdJa(Jl
in animo di ·compiere (µo\l'Ì)v 7tOtTJ0-0. uµCiç yEvfo&a.~ cH.EELc; à.vitpW1tW\I, Mc.

83 Mc. 3,8; 5,20 par.; 6,5 par.; 7,37; rn,51 contati come un solo passo; se invece 'lto~lw
par.; Mt. 9,28; 21,15; Le. 4,23; 9A3; lo. 2, in un medesimo versetto figura in più punti,
11.23; 3 12; 4A5.46.54; 5,n.15.16; 6,2.6.14. ognuno di questi è computato a parte.
30; 7,3.23.3r; 9,26.33; II,37.45.46.47; 12,18. ss Gli atti con cui sono operati altri ·miracoli
37; 20,30. sono narrati solo in Marco, non in Matteo e
e.t Qui e in seguito i paralleli sinottici sono Luca; ma anche in Marco si usa 'lto~tw.
noilw x-i)., B v r (H. Braun)

1,17 par.; htoli}aEv Swoexa, Mc. 3,14, re di Gesù nella prospettiva concettua-
non però nel senso d'un autoritativo at· le della gnosi, quando parla della cro-
to creativo,~ col. 1142; cfr. Io. 4,r); ce come di un'opera di unificazione
indica pure ciò che Gesù fa (lavanda dei e di pacificazione (~col. r 140) fra l'al-
piedi 86 , Io. 13,7.r2.r5) o farà ai disce- to e il basso, fra Giudei e pagani (Eph.
poli (Mc. 10,35 s.). Quando vien chie- 2,14 s.) 91 • La Lettera agli Ebrei pre·
sto a Gesù quale sia il fondamento e la senta il tcotEL'v di Gesù come il sacrifi-
giustificazione del suo 'itO~EL" (Mc. 1 I, cio di se stesso, fatto una volta per tut·
28.29.33 par.; 15,14 par.; Le. 2,48; Io. te conforme alla volontà di Dio, ~op.
2,18; 18,35), questa domanda esprime piantando i sacri&ci antichi (Hebr. I,
l'accusa che gli muovono i nemici e che 3; 7,27; 10,7.9 [ = \fJ 39,9]). Anche
in Giovanni è precisata nel senso che negli Atti ( 1 ,1: 7l:OtEL" accanto a ototi-
egli vuol farsi illecitamente Dio (Io. 5, O'XEW [~ coll. u40.1r56]; 10,39) e
18; 8,53; 10,33; 19,7). Particolare im- nella r Petr. ( [ &:µap·t'la.v] oùx ~71:0lTJ­
portanza ha il TtOLEL\I del Gesù giovan- O'EV, 2,22, citazione di Is. 53,9) si dà
neo che fa la volontà, gli ordini, le ope- uno sguardo retrospettivo alla condot-
r<. 81 del Padre e quanto ha visto presso ta terrena di Gesù. Concludendo, pos·
di lui 88 • Questi concetti del mito gno· siamo fare con un certo stupore, pro-
stico 89 non sono utilizzati per affermare prio per il 'ltOtEL\I del Gesù terreno,
la subordinazione di Gesù al Padre o questa constatazione: il numero e la
la sua umiltà davanti a Dio, ma, in con- portata cristologica dei passi che ne par-
nessione con le tipiche formule giovan- lano cresce man mano che la ti:adizione
nee di maestà (ad es. H xplcnv 1COLEL\I del si amplia, specialmente in Giovanni. Ad
Figlio dell'uomo, Io. 5,27), servono a evitare equivoci razionalistici, accanto
mettere in luce che nelle parole e ne· all'insegnamento di Gesù si viene sot-
gli atti di quest'uomo è Dio stesso che tolineando quel che egli ha fatto. Cer-
pone gli interlocutori di fronte a una to, cosl l'accento è caduto sempre più
scelta decisiva 90 • Anche l'autore del- sulla sua persona; ma d.' altra parte, pro-
b Lettera agli Efesini presenta l'agi- prio l'aver messo in rilievo la sua azio·

86G. BERTRAM, Die Leidensgeschichte Jesu u. 88Io. 4.J4 (come .sinonimo c'è -ie>..ttov" -;Ò
der Christ11sk11/t (1922) 41; H. v. CAMPEN· ~pyov cxÒTou); 5,19.30.36; 6,38; 8,29.38 (sy');
HAUSEN, Zur A11slegung von J r3,6-rn: ZNW I0,25.37.38; 14,12.31; I7.4•
33 (1934) 259-271; E. LoHMEYER, Dic Ftlss- 89 R. BuLTMANN, Die BedeuJung der neuer-
waschung: ZN\'V' 38 (1939) 74-94; A. FRI· schlossenen mandaischen und manichiiischen
DRICHSEN, Bemerkungen zur Fusswaschu11g: Quellen: ZNW 24 (r925) 114 s.
ZNW 38 (1939) 94-96; BAUER, }oh. i e BuL'l'- 9'J BuLTMANN, Theol. 398 s.; Bm.,'l'MANN, ]oh.
MANN, ]oh., ad I. 295·298; --+ coli. u35.
87Agli ~pycx del Gesù giovanneo apparten· 91 H. SCHLIER, ChrisJus u. die Kirche im Eph.
gono anche i a'l]µt~cx. ( 1930) 18-48.
no~Éw X-tÀ.. B v 1-2 (H. Braun)

ne rivelatrice presente nel 1tOtELV, che di tempo (-7 col!. 1 qo s. ).


potrebbe anche esser frainteso, impe-
La scarsa frequenza di questo 7tOL€:L\I
disce che il carattere di evento storico
non comandato nel N.T., a confronto
della comparsa di Gesù si esaurisca in
elci LXX, non trne origine dal fatto che
una metafisica dell'essere cristologico.
ora l'area delle prescrizioni si sia per
cos1 dire fatta più stretta che ncll'A.T.
2. Il 7tOt.EL\I profano non comandato
e nel tardo giudaismo. Piuttosto biso-
A confronto dei testi greci di carat- gna dite che l'evento di Cristo ora ab-
tere profano e anche dei LXX (~ coli. braccia strettamente - pur senza alcuna
1142 s.), il notEL\I dell'uomo non sotto- casistica - tutto quanto il 7tOtEL\I di co-
posto a comandi o divieti divini occupa lcro a cui si rivolge (I Cor. IO,J l ). I-
nel N.T. uno spazio assai ristretto. noltre nel N.T. - a paragone dei LXX -
Questo 1tOtEtv ha per soggetto perso- perdono assai d'importanza le notizie
naggi politici (Mc. 6,20, codd. D SP storiche redatte con mentalità profana,
21), soprattutto avversari di Gesù e dei nelle quali un simile farc potrebbe ave-
cristiani 92 e anche figure secondarie
r.: il suo posto specifico; nella vita di
(Act. 27,18), discepoli e seguaci di Ge-
sù 93 • Connota per lo più osservanza di Gesù infatti (~col. n6o) e nell'opera
un uso e di una regola vigente, oppure missionaria della chiesa le direttive di
un modo di agire abituale (Mc. 15,8; Dio sono talmente dominanti, che un
Io. 7,4; 19,12; Iac. 4,13 .15). Tuttavia
anche nei casi in cui la volontà di Dio agire dell'uomo, neutro e non comanda·
non è nominata esplicitamente come to, nel N.T. finisce per scomparire, es-
norma e fondamento di un tale 1tOtELV, sendo inadeguato alla situazione.
si dovrà supporla presente, come fon-
no ritenere la testimonianza profetica Invece, a differenza dei LXX (--+ coli.
nel contesto di lo. 19,23 e, per Act. 15, n54) in un passo del N.T. ricorre ?toiri-
33; 18,23 e 20,3, il pensiero di fondo "t'l)ç nelia comune accezione greca di
dell'autore, per il quale l'evangelizza-
poeta(~ col. n41); ed è sintomatico
zione è sempre guidata dallo Spirito
santo. Nei passi citati 'JtOiEL\I ha il signi- che questo passo si debba proprio all'au-
ficato di produrre e operare con le sue tore degli Atti (I 7 ,28 ), che non è piì1
diverse sfumature, fino all'accezione di
orientato escatologicamente ed è dive-
agire, comportarsi. (Qui non occorre en-
trare nei particolari di questi rapporti nuto più aperto al1a cultura: i 7tOi'r)'tO:t,
grammaticali). È corrente l'uso di for- senza essere sottoposti ai comandi di
me medie con sostantivo in cambio di Dio nel senso stretto del tardo giu-
un verbo di senso specifico (~ col.
1 qo); corrente è pure il significato di daismo, testimoniano la verità del mes-
trattenersi, Jermarsi con un accusativo saggio cristiano e si rivelano quindi
9
~ Mc. 15,r5; Ml. 28,14 .15; Io. 18,18; 19,2.i; 93 Mc. 2,23 N; Le. 5,29; 14,u.13; Aci. 8 12;
Act. 23,12.13; 25,3.17. 15,33; 18,23; 20,3.
,;o~lw x't>.... B v 2-3 (H. Braun) (VI,474) n66

in ultima analisi come inviati da Dio. padrone (1tot1)cra.ç, Le. 12,47; nel con-
Al contrario, 1tOl1)µ<1 (-7 col. II 3 r. testo si ha il sinonimo hotµaO'a.ç) o /a
cose meritevoli di castigo (not'ficra.<;, Le.
rr34) e 'Jt'OlTJO't<; (~ col. rq6) nel N. I 2 ,48), e i vignaioli che uccidono gli in-
T., come del resto nei LXX (-7 coll. viati del padrone e li lapidano (btoi'l')·
u53 s.), non hanno nulla a che fare ua.v a.v-coi<; wua.u"t'wt;, Mt. 21,36: com-
portarsi, agire) 95•
con la poesia e neppure con l'uso lin-
guistico greco (-7 col. I 14 l ) .
Due parabole sono rivolte in modo
speciale ai Farisei e perciò toccano la
3. Il 'TCOtEtv profano, 11011 comandato, nel
linguaggio figr1rato problematica del fare; una è quella dei
figli, dei quali quello che prima dice di
Nel N.T., assai più che nei LXX (-7 no, ma poi obbedisce, è colui che fa la
col. n43) il 'Jt'OLE~'V umano non coman· volontà del padre (Ml. 21,31); l'altra è
dato appare nel genere parabolico. Le la parabola del servo che non riceve al-
parabole 91 infatti - e senza accezione cun ringraziamento per aver eseguito
nei sinottici - adducono un esempio l'ordine del padrone (Le. 17,9): il fare
profano per esortare a una condotta radicalmente concepito nel suo caratte-
giusta e mettono in guardia dal fare il re di obbedienza richiama sl un aspetto
contrario. che, almeno inizialmente, si trova nel·
Meritano di essere presi ad esempio, l'A.T. (~ coll. 1148 ss.), ma con esso si
nel loro 'TCOLEt'V, l'amministratore infe- affacciano le pretese che l'uomo pio
dele (Le. 16,3.4: fare; Le. 16,8: com- vanta davanti a Dio, e queste sono
portarsi <ppovlµw<;), il servo diligente
che traffica i talenti ricevuti (t1tol1)11Ev inseparabili almeno in pratica dal lega-
&).)..a. 11:tv-cE -caÀa.v-ca, Mt. 25,16, codd. lismo tardo-giudaico (-7 coll. u54 ss.).
S* 9: guadagnare, -7 col. l 140; gli Il 'TCOtEt\I profano dell'uomo rappresenta
altri testimoni hanno il sinonimo ÉXÉp·
OTJ<TEV), il servo vigilante ( oìhw<; 'ltO~·
nelle parabole - anche qui si tratta
ovv-ca, Mt. 24,46 par.: agire), l'uomo quasi esclusivamente di quelle sinot-
che non può cambiare il colore dei suoi tiche - il comportamento di Dio o di
capelli (ÀEVX'Ì)V 1t01.'ijO'aL ft µH.a.wcx.v,
Gesù verso gli uomini. Qualche volta
Mt. 5,36; per il doppio accusativo -7
col. I 140 ). Costituiscono invece un am- questo riferimento avviene in maniera
monimento a comportarsi diversamente diretta, come nell'allegoria (-7 n. 95)
il ricco stolto che vuol mettersi al si- dei cattivi vignaiuoli, dove l'azione pu-
curo (Le. 12,17.18), il servo che non
si comporta, consapevolmente o no (-7 nitiva del padrone della vigna (Mc. 12,
col. 1152), secondo la volontà del suo 9: fare; Mt. 2r,40 e Le. 20,15: far su-

9l Qui non occorre domandarsi se si tratti o di una allegoria.


propriamente, in ciò che · segue, di un'espres- 93 L'intero passo è una creazione ex-eve11t11
sione figurata, di un simbolo, di una parabola della comunità, sotto forma di allegoria.
no~Éttl x~À. B v 2-4 (H. Braun) (v1,475) u68

birc) allude al castigo che Dio infligge Gesù, che conoscono il Padre e sono
ai Giudei. Per solito invece il 7tOLEL\I dei chiamati amici (Io. 15,15). Il 1tOLE~V dcl
personaggi della parabola non si presta nemico che semina la zizzania costituisce
ad essere interpretato allegoricamente, la premessa perché la zizzania e il buon
e quindi non rappresenta direttamente seme crescano insieme, cosa che è neces-
la condotta di Dio o di Gesù. Il 1tOLE~V saria ai fini dclJa parabola (Mt. r 3 ,28 ).
nel proverbio tardo-giudaico (~ VIII, Anche se tali parabole si riferiscono al
coli. ro.6 s.) 96 mostra quanto sia ovvio il 1tO~Ei:v di Dio, là dove la condotta di lui
castigo di Dio contro la stessa Gerusa- così descritta contraddice le consuetudi-
lemme (Le. 23,31); i preparativi (Mt . ni tardo-giudaiche (come in Mt. 20,r-15)
22,2; Le. 14,16: 7tOLEL\I, ~ coll. u40. si deve scorgere sotto sotto la prassi di
u42) di nozze e cene vogliono signi- Gesù di fronte ai reietti ('am ha'tire-~),
ficare l'invito a prender parte al re- che tanto urtava i Giudei. Ispirandosi a
gno di Dio che sta per irrompere nel questa situazione di fatto, più tardi la
mondo. La parabola della mercede ugua- comunità, con un'elaborazione allegori-
le per tutti, nella quale 1tOtEi:v è usato co-teologica (~ col. II62), ha presen·
ripetutamente e in vari sensi (Mt. 20 .. 5: tato l'invio del Figlio come l'azione del
agire; 20 ,I 2 a: lavorare . ( ~ coJl. l 140. padrone della vigna (Le. 20,13).
II 4 3]; 20, l 2 b con doppio accusativo

r~ col. 1140]; 20,15: fare), contestan- 4. Il 7tOLELV pro/ano comandato


do il criterio giudaico dell'equiparazione Come il no~dv profano non coman-
di mercede e merito 97 e toccando cosl la dato, cosl anche quello che è oggetto
problematica del 7tOt.ti:v, mette in evi- di comando o divieto è raro nel N.T.
denza la bontà di Dio che dispone dei
7tOtdv nel senso di cortruire, riferito
suoi dorii con sovrana libertà. Dio nel al culto come azione proibita, figura in
donare si comporta come il padre che fa Mc. 9,5 par.; Act. 7,40.43; 19,24; Apoc.
molto di più di quanto osi chiedere. il fi- 13,14, e, come azione comandata nel
senso dcll'A.T., in Act. 7,44 e Hebr.
gliol prod_igo (L~. 15,19). Il potere tau-
8 ,5 (questi due passi si riferiscono a Ex.
maturgico di Gesù è rappresentato dalla 2 5 ,40 ). 1tOLEtv nel senso di confezionare,
pronta obbedienza con cui il servo del ma al di fuori del culto, s'incontra solo
centurione fa questo o quello (Mt. 8,9 in Act. 9'39· La gente biasima ciò che
fanno i discepoli quando su comando di
par.); il servo che non conosce ciò che fa Gesit prendono il puledro che deve set·
il padrone è il contrario dei discepoli di vire da cavalcatura (Mc. n ,3.5), e !'agi-

% STRACK·BILLERilECK II 263 e KLOSTERMANN, BoRNKAMM, Der Lolmged1mkc im N.T. (1947)


U ., ad l. 15-22; H. BRAUN, Spiitiiidisch·hiiretischer ti .
/riihchristlicher Radikalismur II (1957) 41
97 STRACK-BILLERBECK IV 492 s. 498 S.j G. n. x.
'J'Co~iw xù. B v 4·5a (H. Braun)

re di Paolo, a cui si rimprovera di pro- no dal fare propriamente detto ai signi-


vocare (fare) una rivolta (Act. 24,r2). ficati specifici di far sì che, eseguire, pra·
Sono egualmente atti di obbedienza del
ticare e dimostrare (rendere), e giun-
tutto concreti, realizzati mediante un
comportamento determinato ed esterio- gono fino all'agire e comportarsi. Nep-
re, il TCOtEt\l (da intendere di volta in pure è possibile entrare nei particolari
volta come fare, fare in modo che o dei singoli testi; bisognerà limitarsi a
comportarsi) di Giuseppe (Mt . r ,24),
dei discepoli (Mt. 2r,6; 26,r9; Le. 5,6; taggrupparli, sempre relativamente al
9,r5; Io. 6,10), di Pietro (Act. 10,33, contenuto, ma secondo criteri più ge-
per xu.À.wc; 1tOLE~v ~ col. r r4r ), dei cri- nerali.
stiani di Colossi (Col. 4,16) e dei dieci
rc: (Apoc. 17, r 6 ). La problematica del
fare comandato, nei passi citati, si af- a) Di far del bene al prossimo (-7
faccia soltanto per Act. 10,33 e per il coli. 7 2 3 ss.) parlano in senso lato, usan-
suo contesto; qui l'autore degli Atti do il verbo 1tOLEi:v, Mc. 3,4 (codd. SD)
presenta Pietro come colui che prima par. 99 ; Mt. 5,46 .47 par.; 7,12 par.; 23,
ancora di Paolo, attuò in linea di prin- 23; Le. 6,27. Praticare l'amore (ci:ya-
cipio il passaggio dal cristianesimo giu- ·miv) è reso con 'TtOLEL\I in M.t. 5,46 s.;
daico, ritualisticamente angusto, a quel- r Thess. 4,ro e Inc. 2,8; e lo stesso
lo più aperto degli etnico-cristiani Yll. '11:0LELV serve a esprimere un aiuto ma-
teriale che si accorda a qualcuno in
Se il N.T., a confronto coi LXX (~ Mc. 14,7 ux•; Mt. 25,40; Le. 3,rr; 10,
coll. r 144 ss.), parla cosl poco del TCOtEi:v 37 (per EÀ.Eoc; TCOLELV ~ col. 1146);
Rom. u,20 (citazione di Prov. 25,
profano comandato, è perché si dà scar- 22 ); Gal. 6,9; Phil. 4,14 ( xetÀwc; 1tot.-
so rilievo al culto e minore importanza Et\l, come -7 col. n41 ). Con accezio-
alle notizie storiche profane (~ col. ne specifica 1tOtEL\I connota il fare ele-
mosina (Mt. 6,2.3; Act. 9,36; ro,2) e il
I 164).
fare le collette (Act. II,Jo; 24,17;
Rom. 15,26; rCor. r6 11; 2Cor. 8,ro.
5. il '7tOtEL\I comandato o proibito nei n; Gal. 2,ro); serve a designare un
riguardi del prossimo servizio che la comunità ha il diritto di
Il materiale che trntta di azioni co- ricevere o il dovere di prestare ( r Cor.
9,23; rThess. 5,II; rTim. 5,2r; Hebr.
mandate o proibite verso il prossimo nel
6,3; 13,17; } Io. 5,6), la predicazione
N.T. è straordinariamente copioso co- svolta gratuitamente (2 Cor. Ir,7.r2).
me nei LXX (~ coll. r145 ss.). E quin- e a indicare la preghiera di interces-
sione 101 • Anche il diffondere 1Jace e
di impossibile, per i passi che ora dob-
gioia (Act. r5,3; Iac. 3,r8; ~col. II40)
biamo prendere in esame, dar conto del- e il dimostrare gentilezza (Eph. 6,9;
le diverse accezioni lessicali, che van- Philm. 2 r: contrasto fra 1tOtEL\I e À.~-

9j DIBELIUS, op. cii. (-+ n. 30) 103-107 1c1 µvda.v 'ltO~Efoila:t, Rom. 1,9; Hph. l ,16;
9'J Nel par. Mt. 12,12, xaÀ.wç 'JtO~ti:v significa I Thesr. 1,2; Philm. 4; -+ col II40; 6éncn:v
naturalmente fare del bene, e non far bene a. [6d1cmç] '!'CO~Efo·Dm, Phil. 1,4; 1 Tim. 2,1;
100 Per EÙ '!'CO~~~v vale la -+ n . 99. cfr. Hebr. 13,19.
1\-:i~iw x-rÀ. I3 v 5a-6 (H. Braun)

yttv, -.> col. r 140) sono espressi con nottica i testi che esigono questa radi-
1tOl.ELV, e così pure il guadagnare Giudei calità1o.i sono probabilmente autentici,
(1tpocni'X.u""t"ov 'ltOtEiv, Mt . 23 115) e cri- mentre l'accordo con la tradizione tar·
stiani (Xptcr·na.vòv 1tOtEiv, Aci. 26,28) do-giudaica fa piuttosto pensare che
mediante l'azione missionaria. Va infine l'ambiente d'origine vada cercato nella
ricordato il 1tOttiv riferito al comporta- comunità primitiva. Per il contenuto
mento ascetico nel campo dell'etica ses- delle esortazioni acquistano sempre più
suale (r Cor. 7,36-38). importanza le tradizioni parenetiche del
giudaismo ellenistico e della diatriba
b) Di rado 'ltOtELV ha valore neutro, stoico.cinica. I testi che trattano dell'a-
come in Act. 5 ,34 (per E~W 'MtEÌ:\I ~ gire ostile dei persecutori aumentano,
col. n4r); 1 Cor. 15,29 e Philm. 14. sintomaticamente, man mano che si svi-
Per lo più, dove non si parla di far del luppa la comunità.
bene al prossimo, viene biasimata o
proibita un'azione a danno. Si tratta ge-
nericamente del contrario di quanto usa- 6. Il 1tOtEiv coma11dato rispetto a Gesù
no fare per il prossimo i discepoli o cri- Istruttivi sono i passi del N.T. che
stiani (Mt. 25,45; Iac. 2 1 13) e in modo
speciale di infrazioni sessuali (Mt. 5, parlano del 7tOLE~V degli uomini di fron-
32), di atti riprovevoli dei Giudei (Mc. te alla persona di Gesù. Quasi sempre
7,12; Mt. 6,2; 23 1 15 b; Le. 5,34; 6, si tratta del Gesù terreno, col quale gli
26; Aci. 7,24) o dci pagani (Act. 14,
15; 22,26), e particolarmente del male alll'i entrano in rapporto con atteggia-
che gli oppositori del vnngelo procurano menti assai diversi: religiosamente cor-
ai credenti 101• La persona che è oggetto retti (Le. 2,27), in cerca di salvezza (Mc.
di questa azione positiva o negativa di
5,32), mostrando gentilezza e deferenza
solito è al dativo, mai all'accusativo,
contrariamente al greco profano (~ (Mc. q,8 .9 'par.), ma anche con asso-
col. l 140 ), e d'accordo invece coi LXX luta incomprensione (Io. 6,15)1 sicché
(--7 col. 1148) 103• Il prossimo che è og- viene comandato la tutela del segreto
getto del ben fore non è più, come nei
LXX(-.> coU. 713 ss.), il correligionario messianico (Mc. 3,12 par.); persino
o il connazionale (---+ coll. 722 s.), ma con piena ostilità, sia prima (ad es.
semplicemente l'uomo, il tuo simile. La Mc. 3,6 [codd. S CD e Sll ]; Le. 6.
problematica del 'ltOtEi'V, di cui abbiamo
II; 19,48; Io. 8,40; II 147a) che du·
già avuto occnsione di trattare (~ coli.
u66 ss.), torna qui in questione: lepre- rante Ja passione da parte dei sinedri-
scrizioni cultuali e rituali (Mc. 3,4; ti, del procuratore romano e di Giu-
Mt. 12,12) devono essere subordinate a du (Mc. 15,1 [codd. B Sì"' De: cruµf3ov-
una obbedienza orientata radicalmente
al precetto dell'amore, il quale non am- 'X.tov r.oiEi:v; codd. S. C: cruµf3ouÀ.tov
mette restrizioni. Nella tradizione si- É"rotµci!;Ew]; r5,r2 par.; Le. 23,34

102 Mc. 9,13 par.; Le. 6,23; 12,-1; Io. 15,21 ; tivo di persona PREUSCl;IEN-BAUER 1
, s.v. I
r6,2.3; Aci. 4,16; 7 1 19; 9,13; 23,n.13 (<rww- Id et.
µooiav 'IIO~Ei:<Tl}m ---+ col. n40); 25,3; Hebr.
1 3,6; ; Io. ro. 101 Naturalmente non è qui possibile trattare
IOJ I3J.ASS·DEDRUNNI! R ; s 151,1 ; per l'accusa- di queste esigenza nei particolari.
1tO~Éw B V 6-7a (l-J, Braun)

[codd. SC .ff> ]; Act. 4,28; Io. 13,27). fondamentali, sia di singoli comanda.
Solo di rado l'azione degli uomini, sia menti 1 ~. Si afferma l'esigenza di agire
in senso positivo (Mt. 25,40) che nega· rettamente. Anche qui non ci è possibi-
tivo (Mt. 25,45; Act. 26,10), si volge le entrare in precisazioni lessicali, di-
al Cristo glorioso. Il segreto messianico stinguendo tra fare, eseguire, praticare,
(Mc. 3,12 par.), il carattere addizionale dimostrare (rendere), agire e comportar-
di Mc. 14,8.9 in confronto all'ambito si; ci limitiamo ai punti di vista teologi·
criginario della leggenda personale 1u\ ci . Risultano dal contesto come sinoni-
la dubbia autenticità di Le. 2 3 ,34 lUD cli mi 'tTJPEL\I (Mt. 23,3; I Io. 5,2), 'ltpaO'-
fronte a un esame critico sia del testo O'EW (Rom. r,32; 2,3; 7,15.19; I}.4;
che del fatto, il carattere profetico di Io. 5,29), Èpy6:SE<Ti>a.t (Co/. 3,23) e XCX.·
fo . 12,16 e Act. 4,28 e l'iniziativa di \'EpycH~Ecrihu (Rom. 7,15).
Gesù nel 'sacramento satanico' di Io. a) La terminologia. L'idea che l'uomo
107
l 3 ,2 7 : tutto ciò mostra chiaramente
deve fare quanto è comandato e trala-
che solo a partire dalla fede pasquale la sciare ciò che è proibito, che questo co-
tiadizione sottolinea l'importanza dcl mandare e questo proibire appartengo-
retto modo di 'fare' anche di fronte alla no a Dio il quale ne chiederà conto al-
persona di Gesti. Per di più, i testi rela- l'uomo, deriva dall'A.T. e continua nel
tivi non sono numerosi. Infatti chi è ve- Nuovo. Gli oggetti di questo notELV co-
nuto dopo e non è contemporaneo del mandato e proibito, come risulta fra l'al·
Gesù terreno agisce verso il Cristo glo- u.o da Io. 9,31 e dalla citazione di Aci.
doso solo indirettamente, passando per 13,22, sono formulati alla maniera dei
i fratelli bisognosi, cioè per la comunità LXX(~ coll.n74ss.); si tratta della
(Mt. 25,40.45; Act. 26,10). volontà <li Dio, della volontà del Padre.
Questo oggetto sottolinea che il rappor-
7. Il 1tOLEt\I comandato in relazione alla to personale con l'uomo Gesù, fosse pu·
legge, alla volontà di Dio e al messag- re congiunto con atteggiamenti estatici e
gio di Gesù
con la capacità di compiere magie e mi-
Nel N.T. il gruppo di passi con TCotlw racoli, non può sostituire l'obbedienza
di gran lunga più numeroso parla del- (Mc. 3,35 par.; Mt. 7,21) e che la fede
1'agire umano in rapporto alla legge, prnprio per il quarto evangelista è una
aJla volontà di Dio e al messaggio di questione di impegno esistenziale (lo .
Gesù, sia che si tratti di considerazioni 7,17).

t-OS BULTMANN, Trad. 28J. 107 BULTMANN, }oh. 361!.


1(\)Il versetto manca nel co<l. B e in tutta la
trndizione occidentale; BERT.RAM, op. cit. (~ llJS Manca qui il fare verso il prossimo, di cui
n. 86) 87 s. nbbfamo già parlato (~ coli. rr69 ss.).
u75 (vr,.177} 7tOLÉW B v 7:1-ba (H. Brnun)

Bisogna fare la volontà di Dio (Eph. smo (~ coll.1151 s.); né siamo lontani
616; Hebr. Io,36; 13,21; I Io. 2,17; da questa linea, quando si mette in rilie-
Apoc. 17 1 17 ), 't"à à:yaM. o 't"Ò &:yaMv vo la necessità che il dire sia in armonia
(Io. 5,29; Rom. 13 3; Eph. 6,8; I Petr.
1 col fare (Mt. 7,2r; 21,31; 23 13; Iac.
3,u ), 'tÒ Xet.À.6\1 (2 Cor. r 3,7; Iac. 4, 2,12), armonia che in fondo, rispon·
17; cfr. Mt. 12,33, dove 7tOtEL\I significa de a un'esigenza umana(~ col. 1140).
supporre), 1J à.À.1}1}Eia (lo. 3,21; I Io. La stessa armonia deve esistere tra l'a-
l,6) otxa.tocrvvTJ (Apoc. 22,u), l'E'.p- scoltare e il praticare (Le. 6,47.49 par.),
yov e gli epya (2 Tim. 4,5; Apoc. 2, tra l'ascoltatore e il 'ltOtl}"t"iic; (Rom. 2,
5). Bisogna portare frutti (Mt. 3,8 par.; J.3; lac. l,22 .2;.25 r~ col. 1154]).
21,43); i pagani devono praticare i lo- Di qui l'importanza di un adempimento
ro É~l} (Aci. 16,21). Non si deve in- concreto (Iac. 1,25; per l'unico passo
vece co111111el/erc il peccato (con termi- del N.T. con ~oll)cric; ~ col. u54), an.
nologia diversa in Mt. 13,41; Rom. 3, che quando il contenuto del comando è
12 ; 13,4; 16,17; r Cor. 6,18; 2 Cor. 13, formulato in forme popolari dai vaghi
7; Eph. 2 3; lac. 5,15; 1 Petr. 3,12;
1 accenti stoici (Rom. l,28; 2,14) 110•
Apoc. 21,27; 22,15). Ciò che è coman-
dato o proibito è espresso con un pro· b) Il notEi:v umano e la salvezza. Nel
nome o una frase relativa 109, e notzfoi}m N.T. la problematica dell'agire umano
serve a parafrasare un verbo semplice si fa molto più fondata e pressante di
(Rom. 13,14; 2 Petr. l,ro.15; Iudae 3); quanto non fosse nel tardo giudaismo,
'itOtEL\I si usa con la costruzione del dop- dove questa tendenza era appena agli
pio accusativo (Mc. I 13 par.; Act. 20,24 inizi (...o.7 coII. n51 ss. u54 ss.). Infatti
tr.anne il cod. D; I Io. l,10; 5,ro) e nel- nel N.T. l'agire dell'uomo pio è sotto·
le varie accezioni di far bene a (ad es. posto a giudizio ed eretto su basi nuove.
Iac. 2,19), procurare (Le. 12,33), tra-
scorrere (2 Cor. II,25 ), supporre (Mt. «) Il movimento di conversione sor-
12,33), comporre uno scritto, tenere un to intorno al Gesù terreno rende più
discorso (Act.r,ra; 11,2 [cod.D]). Cfr.
per tutta la sezione "'"'7 col!. I I 39 ss. acuta la domanda: qual è l'agire pre-
Tutti questi passi, presi singolarmen- scritto all'uomo (Mc. ro,17 par.; Le. ro,
te, non vanno oltre il significato vete- 2 5) per raggiungere la salvezza? Que-
rotestamentario e tardo-giudaico di 7tOL-
dv (cfr. gli oggetti del verbo nei LXX sto assillante interrogativo sembra per-
~ coli. n74 ss.); in una parte di essi i durare in tutti gli strati della tradizio-
LXX sono persino espressamente citati. ne (lo. 6,28; Act. 2,37; per la cerchia
Le. 10,28, affermando che il possesso del Battista Le. 3,ro.r2.x4) m. E non
della vita è legato all'adempimento dei
precetti (cfr. Apoc. 22,14 [cod. 5l' ]), soltnnto nei testi più recenti (lo. 13 ,17;
si conforma all'A.T. e al tardo giudai- 15,14; cfr. il 1tOtELV dei cristiani di fron-

IO'J I Cor. ro,31; Phil. 2,14; Col. 3,17.23 ; sta quanto Ja setta essenica di Qumran (-+coli.
r Tim. 4,16; 2 Petr. 1,10; Mc. 7,13; Le. 3, I I H ss.) devono a\'er· sentito l'urgenza di tali
19; Io. 4,29.39; 7,51; Act. 16,18; 21,33; Rom. problemi, anche se nella predicazione, a sfon.
1,32; 2,3. dr. sociale, del Battista quale la leggiamo oggi,
110 POHLENZ, op. cit. (--+ n. 30) 73; --+ n. 40.
si ha una redazione cristiana di un materiale
forse più antico; cfr. BULTMANN, Trad. 155.
Ili Tanto il movimento dei discepoli del Batti· 158 s.
II77 (VI,478) 1tO~Éw Il v 7bt:t-~ (H. Braun)

te agli ordini degli apostoli 2 Thess. 3, tal punto (Le. 17,10; ~col. II66), che
4), ma chiaramente anche in parole del- la polemica non si limita a criticare (Mt.
lo strato più antico (Le. 6,46; .Mt. 7,24. 6,1; 23,3 113.5; dr. il discorso del mon-
26 par.) Gesù risponde a questa doman- t<·) il contenuto delle t:sigenze farisaiche
da con propria autorità. Infatti i testi ~ della torà, ma mostra che l'uomo non
non presentano solo un Gesù che esi- hA davanti a Dio alcun diritto, anche
ge un agire obbediente in occasione quando abbia fatto tutto ciò che è co-
di guarigioni o di aiuti (Le. 6,10; Io. mandato; lo addita come povero nella
2 15), ma anche un Gesù che predica; cerchia del 'am hà'àres e lo fa dipende-
e per quanto la sua predicazione si ri- re unicamente dalla gratuita bontà di-
ferisca all'A.T. e in modo speciale ai vina che assegna i suoi doni con libertà
doveri imposti dalla torà (Le. ro,28; sovrana. L'uomo ha la possibilità di fa.
~ coll. II75 s.), è tuttavia evidente che re ciò che Gesù esige da lui proprio per-
di fronte a questa stessa torà egli mani- ché, se è vero ch'egli si trova di fronte
festa una grande indipendenza. Tutto a esigenze di una severità inaudita, non
ciò che riguarda il culto e le stesse pre- è meno vero che Dio è pienamente di-
scrizioni rituali passano in seconda li- sponibile, indipendentemente da ogni
nea (~ coll. II71 s.) - anche se ai suoi merito e presupposto. La problematico
avversari egli rifaccia la profanazione dell'agire umano qui - diversamente diii
del tempio (Mc. rr,17 par.; lo. 2,r6)-: tardo giudaismo - è approfondita a fo-
viene declassata l'osservanza ( 1tOtELV) vore dell'agire giusto 114 •
del digiuno (Le. 5,33), cosl come la pu-
rità rituale (Mc. 7,8 [ cod. 5P]), si giu- B> Questo problematica del 7'0tE~\I
stifica l'inosservanza del sabato (Mc. 2, ddl'uomo, non ancora del tutto espli-
24 s. par.) 112• Ciò che conta è l'atto cita nel Gesù terreno, è sviluppata da
concreto d'amore verso il prossimo: si Paolo in concetti teologici, senza dipen-
fanno più severe Je esigenze di Dio in dere in ciò da Gesù. Mentre gran parte
riguardo sia alle disposizioni interiori della cristianità primitiva e lo stesso Ge-
sia all'attuazione pratica. E le pretese sù terreno(~ coll. n75 s.) non negano
dell'uomo davanti a Dio si dissolvono-a esplicitamente che /are le cose comanda-

112 Anche se qui sì ha l'eco delle discussioni prctazione farisaica deve risalire alla comuni-
sorte nella comunitìì delle origini (BULTMANN, tà, conforme al movimento regressivo già ri-
Trad. 48-50), l'atteggiamento indipendente che cordato (-7 n. u2).
vi si rivela pare· risalire a Gesù stesso, poiché
con lo svilupparsi della chiesa si determinò IH R. BoLTMANN, Die Bedeulung des ge-
proprio un movimento regressivo verso l'os- schicht/ichen Jesu.r /iir die Theol. des Pa11lus,
servanza de!Ia torà (-->col. r i 85). in Glauben und V erstehen 12 (1954) 191-199;
113 L'assenso incondizionato di Gesù all'inter- BRAUN, op. cit. (--> n. 97) 34·5.3·
u79 (vr,479) ltO~tw BV 7b~ (H. Brnun) (vr,479) u8o

te (Lev. 18,5) sia fonte di vita, Paolo olle opere 115 , utilizza il contenuto stesso
invece, sempre riferendosi a Lev. 18,5, della torà nella parenesi e non ha nes-
contrappone chiaramente la «giustizia stmo scrupolo di esigere l'adempimento
che viene dalla fede» (Éx 7tlu·n:wç OL· ( 'ii:OLELV) della giustizia 116• Né si può di-
Y.<J.LO<TV\11),~II,coll. 1275 ss.) quale au- rt! che la nuova via di salvezza dispensi
tentica via di salvezza, al «fare la giusti- dal r.oLEL\I religioso, come vorrebbe il
zia che viene dalla legge» ( 1tOLEL\I -.·~v quietismo; la fede stessa è un'obbedien-
OLxatocrvvl}v 't'TJV Éx v6µou), che alla sal- za che si guarda dal menar vanto di
vezza non conduce (Rom. 10,5.6; Gal. quello che fa 117• Non dunque una so-
3,ro.12). La via della legge non può spensione del fare in sé, ma una manie-
condurre a salvezza perché l'uomo de r11 caratteristica di intendere questo /a-
facto non osserva i comandamenti; non re è ciò che Paolo considera come fede
esistono in realtà i 7tOLTJ'tCX.t v611ou (Rom. (-4 coli. 463 ss.). Qunndo gli avversari
2,13). Né sarebbe giusto che vi condu- gli rinfacciano di essere un lassista che
cesse, perché in tal caso l'evento di Cri- dice: «Facciamo il male, perché ne ven-
sto sarebbe privo di senso e l'ultima pa- ga il bene» (r.:oL1)crwµEv 't'à xa.x&. i'.va.
role spetterebbe al vanto religioso del- H.i}n >CÌ. &.ycx.M.: Rom. 3,8), mostrano
1'uomo. Fra gli argomenti che svalutano di non capire il suo pensiero; ma que-
il cammino dell'osservanza legale af- sto fraintendimento fa vedere fino a
fiora in Paolo anche questo: si arri- qual punto l'ebreo, anzi l'uomo in ge-
verebbe al risultato che ben conosciamo nere, si senta messo in questione quan-
nelia setta di Qumran (~coli . 1155 s.), do si contesta il compimento della leg-
cioè a un completo rigorismo legale che ge. In virtù di questa giustizia prove-
non conosce remissione né incrinature niente dalla fede, la vita sotto la leg-
(Gal.3,10: miutv; 5,3: oÀ.ov). Quando g~ 118 brilla di una luce nuova: ora si
l'Apostolo nega che 'JtOLEL\I la OLi<a.to- scopre che vivere secondo la legge non
crvv1) Èx v6µov abbia valore salvifico, comporta una inevitabile contraddizio-
non prende di mira il contenuto del- ne fra progetto e agire effettivo (fra do-
la torà in quanto esprime le richie- ver essere ed essere) 119; la contraddizio-
ste di Dio; egli infatti sostiene energi- ne, non ancora ben chiara (Rom. 7, r 5 )
camente che il giudizio avviene in base per l'uomo legato alla legge, sta piutto-

rn BRAUN, np. cii. (-> n. 39) passim. rlie Bekehru11g des Paulm ( 1929), nonost:m-
116 Cfr. i passi autentici di Paolo tm le cita- tc il diverso parere di A. NYGREN, Der Romer-
zioni di-> u70 s. nn. brie/ ( 1951) 208-222.
117 BuLTMANN, Theol. 310-313. 119 Questa esegesi tradizionale è criticala da
w Questo rapporto è ritenuto sicuro a p:1t- G. BoRNKAMM, Su11de, Gesclt. 11. Tod, in Dns
tirc dallo studio di W. G. KilMMEL, R. 7 11. Ende des Gesetzes ( 1952) 62.
II8I (VI,479) 'ìtotfo.> B V 7b~·Y (H. Brnun)

stc.. fra In sua malferma intenzione ( ì1É- to e carne ciò che conta è allinearsi dal-
ÀEL'\I) e ciò che de facto egli riesce a la parte dello spirito, dalla parte del 'sl'
conseguire 120 (Rom. 7,19). La legge si gratuito di Dio che fonda l'esistenza del
presenta cosi come buona (Rom. 7,16); cristiano, affinché la volontà genuina
è invece l"io' dell'uomo che è sopraffot- dell'uomo che si muove nella linea del-
t.:>, schiavo del male 121 (Rom. 7,20.21 ). le spirito possa arrivare alla realizza-
Che ilÉÀ.ELV e 1tOLEi:v abbiano come og- zione concreta 124 • Agire rettamente è il
getto la vita e fa morte 122 oppure il be- miracolo, il paradosso reso possibile al-
ne e il male, conta fino a un certo pun- l'uomo dal messaggio di salvezza.
to; ben più importante è riconoscere che
qui si tratta non della descrizione di una r) Anche il quarto evangelista tocca
situazione psicologica accessibile an- la problematica del 'ltOLEL'\I umano. Tut·
che all'uomo della legge 123, ma della tavia, Giovanni pone con chiarezza la
scoperta della reale situazione in cui questione solo in via eccezionale quan-
quest'uomo si trova, scoperta che è pos- do par1a dei Giudei trasgressori della
sibile solo alla fede. Il 7tOLEL'll coman- legge (lo. 7,19) 125• L'agire umano ta
dato al credente che si rende conto co- problema perché si trova inevitabilmen-
me un'esistenza secondo la legge non te condizionato dalla provenienza del-
arrivi allo scopo, è acutamente descrit- 1'uomo stesso: la sua condotta si svol-
to nella sua contradditorietà in Gal. 5, ge a seconda dcl padre che ha, di chi è
r 7: qui la sai vezza già in atto, come fìglio, di quel che da suo padre ha udito
dice l'indicativo della realtà, e il 7t\IEU- (lo. 8,38.39.4r.44). Cosl il commettere
µa. ricevuto costituiscono la base del- peccato ( ciµa.p'tfo.v 'ltOLEL'll) è prova di
la condotta a cui si è esortati. mi\l't'a. origine bastarda, di una condizione di
7tOLEL'll (I Cor. 10,31; Phil. 2,14; Col. schiavitù (Io. 8,34), come dimostrano
3,17) non vuol dire adempiere senza ec- la discendenza dei Giudei - che pro-
cezione tutte le prescrizioni (~ col. vengono non da Abramo né da Dio,
II37 ), ma designa l'insieme del compor- ma dal diavolo: Io. 8,41.44 - e il loro
tamento cristiano, che abbraccia tutti gli corrispondente comportamento. L'uo-
aspetti della vita. Nella lotta fra spiri- mo può giungere a un 7tOLEL\I sostan-

120 R. BuLTMANN, R. 7 tt. die Anthropologie m Come 'ltOLE~\I e lh!ÀEW in 2 Cor. 8,ro s. sono
des Paulus, in Imago Dei, Beitr. zur lheol. intesi in senso psicologico.
Anlhropo/op,.ie _n-62. Ulteriore bibliografia in 121 P. ALTHAUS, «... dass ihr 11ichl tifi, war
BoRNXAMM, op. ciJ. (-> n. n9) 62-67. ihr wolll»: ThLZ 76 (1951) 15-18.
121 R. BuLTMANN, Christm des Geseties E11de, 12s È indifferente che la trasgressione dei Giu-
in Glauben 11. Verstehen 11 (19.:si) 45. dei sia ravvisata nel proposito di uccidere
m Cosl BuLTMANN, op. cit. <~ n. 120); di- GeSll (BAUER, ]oh. ', ad. I) o intesa in senso
versamente, più tardi, BuLTMANN, Theol. 244. più generale (BULTMANN, ]oh., ad I.).
<.o\fw B v 7by (H. Brnun)

zialmente valido davanti a Dio solo se, farsi attuale 127 • Probabilmente in po·
accogliendo in modo esistenziale (-? !emica con i falsi maestri m - si pen-
col. rr74) la paradossale manifestazio- si al movimento ermetico che disde-
ne di Dio avvenuta nell'uomo Gesù, fa gna l'etica concreta (-7 coli. 1 r58 s.) -
saltare i criteri di giudizio intorno a la prima Lettera di Giovanni insiste più
Dio e all'uomo, e torna ad unirsi a Dio vclte, e quindi programmaticamente (I
come vuole la legge della creazione, co- Iu. 2,29; 3,7-10), sulla necessità del
me il trnlcio alla vite, cioè all'albero 'ltCtELV OtY.a.tocrvVl]V, sulla impossibilità
ddla vita: «al di fuori di me non potete per i nati da Dio di '1tOtEL'll à.µap·tlav,
concludere nulla» (xwptç ȵov ou òuva- e quindi sul carattere eticamente pra-
crl}E 1tOtEi:v oùoÉv: Io. r 5 ,5; -> col. tico dell'essere da Dio. Non è possibile
u48). Del notEi:v possibile all'uomo che conoscere adeguatamente i termini del-
'rimane' in Gesti, Gesù stesso non si li- la polemica contro coloro i quali nega-
mita a fornire l'idea; il r.otE~v dell'uomo vano che aµap-rlav notEi:v equivale ad
poggia proprio in questo, che Gesù per avoµla.v 7tOtELV (I Jo. 3'4 -7 I, coli. 829
p1imo ha fatto lo stesso per lui •l b (lo. ss .) 129; ma anche qui si combatte la ten-
IJ,15). Il fatto che la rivelazione sia denza {! minimizzare il peccato come
ormai solo indiretta, essendo Gesù tor- atto concreto. Il 7tOtELV che cosl si esi-
nato al Padre, rende il credente talmen- ge non è più in tensione con l'evento
te partedpe dell'esistenza di Gesù, da della salvezza no, ma si inserisce orga-
1·enderlo capace di fare le stesse opere nicamente in esso: il fare i precetti (Év-
di lui, anzi più grandi (Io. 14,12): più -rc)...ai), ivi inclusa la fede, offre il cri-
grandi non perché le completi o le accre- ttrio per riconoscere l'autentico amore
sca quantitativamente, ma perché In pre- verso i fratelli (I Io. 5 ,2) 131 • Perciò ta·
senza del rivelatore nel mondo, limita- le 'i':OtEi:v -r'Ì)v otxatOO'VVlJV viene anche
ta nel tempo, comincia ad avere il suo a trovarsi in una paradossale consonan-
senso pieno (sia pure indiretto, né più za col riconoscimento dei propri pec-
né meno che nello stesso rivelatore) nel- cati e col rinunciare a credersi senza
li! schiera dei credenti, in cui l'evento peccato 132 (I Io. 1,8-ro). Questo para-
della rivelazione di continuo torna a dosso, tuttavia, non è più cosl forte da

126 BuLTMANN, ]oh., ad. I.; ~ col. u61. m In I Io. 1,8·10 il ragionamento è condotto
m BuLTMANN, ]oh., ad. l. senza nou:~v. Per il paradossale accordo di
m BRAUN, op. cit. (4 n. 81 ) 291. 1 Io. 1,8-10 e 3,6-IO cfr. BRAUN, op. cii. e~
m R. BULTMANN, Analyse des ersle11 Johan· n. 8r) 276 s.; per l'eccezionalità di questo pa-
11esbrie/es, in Festgabe filr A. Jiilichcr ( 1927) radosso, esplicìtamente messo in luce in am-
.r47. bito neotestamentario, cfr. R. BuLTMANN, Die
1.JO L'osse1·vanza della legge per Giovanni non kirchliche Redaktion des ersten ]ohannesbrie-
è più un problema come per Paolo. /es, in In memoriam Ernst Lohmeyer ( z951)
131 BRA UN, op. cii. (4 n. 81) 275 s. 193.
1tO~Éw B v 7by-8 (H. Braun)

impedire che nel contempo il protocat- le comandato occupa nel N.T. un po-
toJicesimo, ereditando il concetto tardo- sto cosl ristretto che ci stupisce. Dove
giudaico di merito (~ coli. rr54 ss .), non si tratta semplicemente di un'ese-
possa ammettere la speranza che il 1tOL- gesi dei LXX (come in Hebr. n,28),
ELV 't'à. &.ptu,à. Èvw7tLov a.ù-rou, «fare oppure del perdurare nella chiesa na-
quanto è gradito al suo cospetto» (per la scente di una festa in uso nell'A.T. e
formula ~ col. 1149) assicuri l 'esaudi- nel tardo giudaismo (come in Act. 18,
mento della preghiera ( r lo. 3,22) 133 • 21, codd. ~: "tTJV fop-r1)v 7tO~fjcnx.~; ~
col. 1150 ), il 7tO~Ei:v cultuale figura, for-
S) Siamo cosl ai passi neotestamenta-
se in dipendenza dall'uso magico 136 (~
ri dove il 7tOtEi:v religioso dell'uomo
col. 1159), solo nella formula di ana-
non fa più problema, cosl che non oc-
mnesi (I Cor. II,24.25 ; Le. 22,19, ad ec.
corre più vederne paradossalmente il
cezione del testo occidentale) derivante
superamento nell'azione salvifica di Dio.
probabilmente da antichi testi di cene
Se in Tit. 3,5 si sente ancora vivo il
funebri 137• Il voto di nazireato, a cui il
problema di Paolo circa le opere di giu-
fratello del Signore pretende di indurre
stizia, altrove appaiono chiare tendenze
Pnolo ('t'OU'tO ovv 'ltOl1'JG'OV: Act. 21,23)
rcgressiste (~ n. II2): Gesù è il mae-
e assunto poi da lui stesso, potrebbe te-
stro che esige il compimento della legge
stimoniare 138 la tardiva tendenza regres-
e vuole che si insegni la più stretta cor-
siva descritta sopra (~ col. n85) or-
r(;ttezza riguardo alla torà (Mt . 5,19).
mai ignara della lotta condotta dal ve-
Sembra anche inconcepibile che Paolo
ro Paolo contro la religiosità della torà.
abbia potuto non seguire le usanze dei
padri (Aci. 28,17). L'azione salvifica
di Dio perde la sua paradossalità se il 8. Il fare miracoli
peccatore a cui essa si volge può alme-
Il N.T. parla diffusamente di azioni
no, alla maniera veterotestamentaria e
miracolose compiute dai cristiani. Gli
tardo-giudaica B4, registrare a sua scusa
oggetti di questo 7tOLEL'\I sono quelli cor-
l'&:yvowv 7tOtEi:v, cioè di aver agito sen-
renti nei LXX(~ col. 1153): ouvaµttc;
za saperlo (r Tim. 1,1_3). Il cristiane-
(A1c. 9,39; Mt. 7,22), O"l'}µEi:a. (Io. 3,2;
simo diventa, più o meno senza incri-
9.16; 10,41; Aci. 6,8; 7,36; 8,6), -rÉ-
nature, un operare religioso m.
pa'ta. (Act. 6,8; 7,36), ~pya. (Io. 1_5,
c) L'azione cultuale. Il 7tOLELV cultua- 24), oppure un pronome (Mc. 6,30 par.;

llJ BRAUN, op. cii. (~ n. 8r) 277. Il.i LIETZMANN, Kor., a u,24 ,
•~~ BRAUN, op. cii. (~ n. 70) 24 n. 266; ~
1l7 LrnTZMANN, Kor., a II,24.
col. II.P··
U5 BULTMANN, Theol. 544-557. m VrELHAUER, op. cii. (~ n. 34) 5-10.
~oLtw B V 8-9 (H. Brnun)

Aci. 4,7; 14,u; 19,14). Gli operatori come opera di demoni (Act. 19,14), essi
sono i discepoli o i cristiani in genere dimostrano comunque che anche per il
(Mc. 6,30 par.; 9,39; Mt. 7,22; 21,21) N.T. l'operare miracoli non è preroga-
o persone singole di cui si fa il nome, tiva esclusivamente cristiana. :E quanto
come Pietro e Giovanni (Act. 3,12), già abbiamo assodato esaminando ciò
Stefano (Act. 6,8), Filippo (Aci. 8,6) e che la storia delle religioni mostra ri-
Paolo (Aci. !4,II) 139, o l'antico Mosè guardo a 7toilw (--? col. r 1.59 ). In MI.
(Aci. 7,36), mai invece il Battista (Io. 7,22 è persino chiaramente indicato il
I0,41 ). Naturalmente questi atti mira- pericolo che presenta, per un'autentica
colosi avvengono nel nome di Gesù, che obbedienza, un '1tOLEt\I semplicemente
però è nominato esplicitamente solo in magico· miracoloso.
Mc. 9139; Mt. 7,22 e Act. 3,12. Per la
mllggior parte, i miracoli fatti dai cri- 9. 7tOLdv nel senso di produrre
stiani sono riferiti in modo sommario;
solo la guarigione dello storpio (Aci. 3 Per completare lo studio dei dati neo-
testamentari, occorre accennare ancora
s.) è descritta con tratti concreti. Tutta al 7tOLELV avente per soggetto una co-
la materia poggia su due temi che varia- sa. Di rado significa fare (Mt. 6,3) o
mente s'intersecano: da una parte l'ope- cagionare, /are in modo che (Mt. 26,
73); per lo più ha il valore di produrre
rare miracoloso di Gesù continua in
nell'ambito della vita vegetativa (detto
quello dei suoi; dall'altra Gesù, nel far dell'albero in genere, Mt. 3 1 10 par.; 7,
miracoli, risulta assolutamente superio- 17 par. e 19; del fico, Le. 13,9; Iac. 3,
re. La prima idea conduce, negli Atti, a 12; dell'albero della vita, Apoc. 22,2;
della vite, Iac. 3,12; deIIo stelo di gra-
quelle leggende che sono talmente pe- no, Mt. 13 1 26; del seme, Le. 8,8; Mt.
santi da non aver riscontro nei sinotti- 13 1 23; del chicco di senapa, Mc. 4,32;
ci; la seconda, che rispecchia la conce- della fonte salata, Iac. 3,12), oppure nel
senso della rendita di un capitale mes-
zione apologetica (il Battista non fa nes- so a frutto (Le. 19,18). In ambedue i
sun miracolo: I o. I0,41 ), è sottolineato casi l'uso linguistico corrisponde a quel-
da Giovanni (Io. 3,2; 9,16; 15,24); ma lo del greco profano e dei LXX (--?
coll. II39 ss·. n53). Ad eccezione di
qui i O'i'Jl-lf:(a. giovannei sono più che
Mt. 26,73 e Apoc. 13,15 1 '1tOLEt\I è ado-
semplici atti di potere magico (~ col. perato in questi passi in senso figurato
n61). Quanto ai miracoli extra-cristia- ed è abbastanza raro (Mc. 4,32; Mt. 13,
ni, sia che vengano addotti semplice- 26; Apoc. 22 1 2) che tale senso non si
presti ad una interpretazione; per lo più
mente per un confronto negativo (Io. 3 1 invece rappresenta il fare dell'uditore,
2; 9,16; 15,24), sia che vengano rifiutati il quale deve portar frutto (ad es. Mt.

139 Paolo stesso in Rom. i5,r8 s. e 2 Cor. 12, prodigi compiuti da Dio mediante Paolo e
12 non usa 7tOL~~" per i segni e i miracoli da Barnaba (-+ col. n34).
lui operati; Act. 1~ 1 12 e x9,II parlano dei
'ltoiÉw B v 9-v1 (H. Braun)

3 ,10 par.), oppure il crescere della chie- l'adempimento della legge e il suo sboc-
sa (Eph. 4,r6). co nella fede (-7coll.r178 ss.); Abramo
è presentato come ÙLxaLOO"UV'l')\I xat &.-
VI. L'uso nel proto-cattolicesimo À.1}i>ELav ùià 1tlO"'tEWc; 7tOLTJO"ac;, colui che
«ha praticato giustizia e verità nella fe_
Data l'enorme quantità di materiale, de» (I Clem. 31,2). È soprattutto sinto-
l'uso linguistico degli scrittori proto-cat- matico che la medesima citazione usata
tolici al di fuori dcl N.T. potrà esser da Paolo a proposito di quanti son chia-
trattato solo per brevi cenni. 1tOLTJi:1Jc; è mati alla fede (I Cor. 2,9) serva ora a il-
usato(~ coli. n64) nel senso di poeta lustrare la frase: é:à.v ouv 'ltOL'l'}O"Wµt\l
solo con un certo ritegno: nel mito del- i:i)v oLxatOO'UV'l')v Èvo.v'tlov "tou i}Eou,
la fenice di I Clem . 25 non compare e EL<Tl]çoµEv Elc; "tTJV Ba<TLÀElav o.Ò"tov
ancor più lo evitano gli apologisti (ad xat À.'1')~6µd}ct.. "tÒ.c; Ém:x:y-yEÀ.laç, «se
es. in Iust., apol. 18 1 5 si parla di Ome- dunque pratichiamo la giustizia nl co-
ro senza chiamarlo TCOVl'}'t"Tlc;; lo stesso spetto di Dio, entreremo nel suo regno
avviene nelle numerose citazioni ome- e riceveremo le promesse» (2 Clem. n,
riche di Taziano e Atenagora) 14(1, anche 7 ). Poiché l'attualizzazione della salvez-
St! essi altrove mostrano tracce evidenti za si restringe e~ coli. 1181 s.) al setto-
della loro apertura alla cultura e alla re sacramentale e non informa più il TCOL-
civiltà; anche Ireneo 1~ 1 nomina di rado dv dei cristiani, viene ribadita e aggrava-
il 1tOLTJi:Tic;. Il crescente sacramentali- ta quella tendenza veterotestamentaria e
smo parla di 1tOLE~V 't'ÒV &p'tOV (lust., tardo-giudaica che già era presente nel
dia!. 41,r; 70,4) e di 7t0LE~V 'tÒ 7tO'ti}- N.T. (~ coll. 1r74ss.). È tipico che
pLO\I (lust., dia!. 70,4; ~col. II86). Il l'aggiunta positiva di Mt . 7,21 venga o-
rappresentante di un'ascesi che va sem- ra citata nella forma: à.)..)..'b 7COLWV 't''ÌJV
pre pit1 estendendosi può essere consi- oLxaLOO'UVr)V, «ma chi pratica la giusti-
derato come un noLwv dc; µv<Y'tTJPLO\I zia» (2 Clem. 4,2). Non a caso l'operare
xo<rµ.ixòv ~xx).'l')O"lac;, uno che nel suo religioso si ritrova a contatto con la casi-
agire ha in vista il mistero terreno del- stica e la mediocrità tardo-giudaica (~
la chiesa (Did. rr ,rr; ~ vu, col. 708; coU. rx54 ss.): o DU\ITI i:ov't'o 1tOtEL, «fa'
~ coll. II 3 2 s. ). Soprattutto continua, quel che puoi» (Did. 6,2); È-yw µ~v ov\l
su più vasta scala, quella tendenza a dis- 't'O LOLO\I Ènolouv, «quanto a me, ho fat-
solvere la problematica del fare umano to quanto era nelle mie possibilità (Ign.,
che già era affiorata nel N.T. (~ col. Phld. 8,1). Il modo legalistico di inten-
n85 ); in I Clem. (nonostante 32,4) non dere il 7tO~Etv si è di nuovo imposto 142•
si ha più la problematica paolina del- H. BRAUN

Cfr. l'lndex locomm in E. J. Goodspeed,


1.i.1 I (1853) IOJ2.
Die iilteren Apologete11 (t9t4) 379 s.; Iust., M! La presenza del fenomeno nei singoli testi
apo/. 2, xo,6, ad es., menzion:i i TCO~T}'tal. è stata illustrata da BULTMANN, Theol. 499-
IH Cfr. l'Index rerum in A. STIEREN, Ircttacus 570.
1tOLX(À.oç, noÀ.unolxù.oc; (H. Seesemann)

7tOLxlÀoLç, «vari cimenti» (dr. I Petr.


r,6). Ha valore teologico solo in I Petr.
4,10 (~II, col. 964): &t:tyO\IOU\l'tEç wç
t 1tOLXiÀO<;
xa.À.ot otxov6µoL 7COLXLÀ.l}ç xapt'tO<; 1'Eou,
I. Variopinto, screziato, con numero-
<{Servano da buoni amministratori della
se variazioni semantiche 1, fin da Omero
(cfr. Il. 10,30; 14,215 e passim). An- multiforme grazia di Dio», cioè della
che nei LXX, dove in Gen. 37,3 l'espres- grazia che si rivela in diversi modi e
sione di difficile interpretazione k"tonet forme. Pietro (cfr. v. l l) pare riferirsi
passim è tradotta con XL'tWV itotxlÀ.oç,
«veste di vari colori», mentre l'ebraico ai carismi della cristianità primitiva,
jndica piuttosto un abito con le mani- menzionati più volte specialmente da
che (cfr. Gen. 37,23.32). Nella lettera- Paolo (cfr. Rom. t2,6-8; I Cor. 12,4-
tura cristiana primitiva questo signifi-
cato ricorre soltanto in Herm., sim. 9, u).
4,5: Àli1oL 7CotxlÀ.oL, «pietre di vari co-
lori» . Ma il vocabolo viene usato soprat- t itOÀ.\molxt.À.oç
tutto nell'accezione di svariato, molte-
plice, eterogeneo, fin da Pind., Olymp. Rinforzativo di 'ltOtxlÀ.oç, assai molte-
l,29; 6,87; Eur., Med. 300; cfr. 2 plice e multiforme; Orph. 6,u; 6rA:
Mach. 15,21; mari. Polyc. 2,4 . . ?toÀuitolxLÀoç À.oyoç; Sib. 8,120: 1tOÀ.u-
7tobeLÀ.oç 6pyi).
2 . Nel N.T. è di uso corrente; fra i

vari significati .figura solo quello di sva- Nel N.T. solo in Eph. 3,10: tva. yvw-
riato, di varie specie e maniere; Mc. r, puriln... Ti 1toÀ.unolx1.À.oç CTorpla. -tou
34 (par. Mt. 4,24; Le. 4,40): itotxlÀ.a.tç i>Eou, «affinché sia conosciuta ... la mul-
v6croLç, «diverse malattie»; Hebr. 2,4: tiforme sapienza di Dio». La predile-
1totxlÀ.aLç òuvcX.µecrLv, «portenti di va- zione della Lettera agli Efesini per le
rio genere»; r 3 ,9: ÒLoa.x.a.tç TCoLxlÀ.ai.ç, espressioni pleroforiche si fa anche qui
«svariate dottrine»; 2 Tim. 3,6: Émi}u- manifesta: la sapienza di Dio (~ CTO·
µla.tc; 1tOLxlÀ.cnç, «passioni di varie spe- q>la.) si è dimostrata in Cristo multifor-
cie»; Tit. 3 ,3 : 1}oova.~ç '7tOLxlÀ.a.Lç, <{pia- me oltre ogni misura, al di là di quanto
ceri di ogni sorta»; Iac. 1,2: 1tELprurµoi:ç se ne sapeva.
H. SEESEMANN

7t0LX(À.oç
1 Cfr. PAssow e LIDDELL-ScoTT, s.v.
r.oLµ-i}'J x-rÀ. A (Joach. Jeremias)

7to1.µt]\I,
,
àpxmolµ'r')\I,
, 7totµalvw,
7tOtµ \l'r}, 7tOtµ\ll.0\I

3. lo. 10,1-30;
4. Nella letteratura post-canonica e nell'ar·
te paleocristiana.
SuMMARIO: V. Il nome di pastori dato ai capi delle co-
munità.
A. Il pastore palestinese.
B. L'uso traslato: E. Il Pastore di Er11111.

I. Nell'Oriente antico.
II. Nell'A.T . A. IL PASTORE PALESTINESE
C. Il pastore nel tardo gi11d11is1110;
I. Nel giudaismo palestinese. Durante tutta l'epoca biblica in Pale·
Il. In Filone. stina la pastorizia, con l'agricoltura, fu
D. Il pastore nel N.T.: la base dell'economia del paese 2 • La
I. La posizione di Gesù verso i ·pastori. povertà del terreno faceva sl che i greg·
II. I pastori nel racconto del Natale (Le.
2,8-20).
gi di pecore e di capre nella stagio-
III. Il pastore come figura di Dio. ne secca fossero costretti a migrare e a
IV. Gesù, buon pastore: trattenersi per mesi interi lontano dal-
1. Nelle autodichiarazioni sinottiche; la residenza dei proprietari, in contrade
2. Nella cristologia della chiesa primitiva; deserte 3 • Perciò quella di pastore di be-
'JtOLµfjv X't').,
Per A: }liREMIAs, ]esu Verheiss11ng fur die Volker
G. DALMAN, Arbeit u. Siue in Palastina vr: (1956) 54 s.
BFfh II 41 (1939) 146-287. Per E:
Per B: REITZENSTEIN, Poimandres 13.31 s. II.5 s.;
L. Di.iRR, Vrsprtmg u. A11sba11 der isr.-jiid. M. D1BELIUS, Der Offenbarungslriiger im
Heilandserwartung (1925) n6-124; V. HAMP, «Hirtem> des Hermar, in Harnack-Ehrung
Das Hirtenmotiv im A.T., in Festschr. fiir (1921) 105-xxS; DIBELIUS, Herm. 494-496;
Kardinal Faulhaber (1949) 7-20. K. LATTE, Die Religion der Romer 11. der
Per e I: Synkretismur der Kaiserzeit, in Religions·
]ùACH. ]EREMIAS, ]erusa/em wr Zeit ]esu II geschichtlicher Lesebucb, cd. A. BERTiiOLET
1
B (1937) 174-184. 5 (1927) 71-74.
Per D n: I Per l'etimologia: 7tOt.µTJV è un'antica parola
A. M. SCHNEIDER, art. 'Bethlehem' in RAG n indoeuropea: = in lituano piem11i5 (un tem·
224-228. po scritto piimii), gen. piemeiis (POKORNY 839)
Per D 1n: (DEBRUNNER).
JoACH. ]EREMIAS, Die Gleichnisse ]esu' (1956) 2 Nel 1920 il patrimonio zootecnico della Pa-
28-30. lestina a occidente del Giordano ammontava a
Per DIV: 32n12 caprini, 205967 ovini, 108500 bovini,
H. LECLERQ, art. 'Pasteur (Bon)' in Diction- 32689 asini; 8846 cammelli, 6548 cavalli, 3934
naire d' Archéologie Chrétienne et de Litur- muli, 615 bufali (~ DALMAN 146).
gie 13,2 (1938) 2272-2390; w. JosT, nor. l «Il bestiame da pascolo (a differenza del be·
MHN. Das Bild vom Hirten i11 der bibl. stiame da stalla) quando giunge la Pi1squa vie-
Oberliefenmg u. seine christologische Bedeu- ne condotto verso le wne prative e ritorna con
tung (1939); TH. K. KBMPF, Chrislt1s der le prime piogge autunnali (inizio di novem-
Hirt. Ursprung 11. De11tt1ng einer altcbristli· bre)» Beza b. 40 a Bar. Questo avviene anche
chen Symbolgestalt (r942), e la critica di G. oggi nell:i Palestina a occidente del Giordano
BERTRAM: ThLZ 69 (1944) 275-277; JoAcn. <~ DALMAN 207).
"Jto~p:rp.i A-BI (Joach. Jeremias)

stiame minuto - solo di questo si parla sono i segni distintivi dell'ufficio pasto-
del N.T. - era una professione molto rale dei sovrani. Anche agli dèi viene
indipendente, di grande responsabilità e dato l'appellativo di pastore 8 • In Egit-
pericolosa per la minaccia delle fiere (~ to 9 la rappresentazione del sovrano del-
v1, coli. 829 ss. Mxoç) e dei ladri 4. Tal- l'al di là (per lo più Osiride, o il re
volta la esercitava lo stesso proprietario defunto in funzione di Osiride) che si
(Le. :r5,6; Io. ro,12) oppure i suoi fi. prende cura dei sudditi (stelle) come
gli; ma di regola era affidata a pastori un pastore delle sue greggi, è già comu-
prezzolati 5, i quali però fin troppo spes- ne nei testi concernenti i sovrani de-
so non giustificavano la fiducia in loro funti (testi delle Piramidi) dell'antico
riposta (Io . ro,12 s.). impero (ad es.: «Li hai presi fra le tue
braccia come pastore dei tuoi vitelli-
B. L'uso TRASLATO
ni» 10), o si parla di un dio nell'al di là
come del «tuo pastore che sta dietro ai
I. Nell'Oriente antico tuoi vitellini» 11 • La raffigurazione del re
quale pastore dei sudditi è in grande
Già nelle iscrizioni sumeriche il re si favore nella letteratura sin dai primi
qualifica (sin da Lugal-zaggisi) come il tempi del medio impero (il cosiddetto
pastore costituito dalla divinità 6 ; in primo periodo intermedio); ad es. lo si
quelle babilonesi e assire re'u
(pastore) chiama «pastore di tutte le genti», o
è epiteto comune dei sovrani e il verbo <{pastore che veg1ia sui suoi sudditi» 12 •
re'u (pascolare) è usato comunemente Anche per gli dèi è in uso lo stesso tra-
in senso traslato per 'governare 17 • Con slato; ad es. Amon viene chiamato «for-
questo titolo, associato a un gran nu- te mandriano che conduce ( = pascola)
mero di attributi che si ripetono in for- il suo bestiame» (inno della XVIII dina-
mule fisse, lo stile aulico esalta i1 re, e stia) u. Corrispondentemente, parlando
questi nelle iscrizioni indica se stesso degli uomini in quanto sudditi, si dice
quale apportatore di salvezza scelto dal- che <{gli uomini, il bestiame di Dio, so-
la divinità. Riunire i dispersi, governare no ben governati>> 14, oppnre: «Incoro-
equamente, prendersi cura dei deboli niamo un re, perché siamo come un

4 Cfr. la descrizione che David fa delle sue der altorie11t. Geisleskultur i (1929), indice,
lotte contro le bestie feroci, quando, da ragaz- s.v. 'Hirte'.
zo, pasceva i greggi del padre (r Sam. 17, 9 Le notizie riguardanti l'Egitto sono dovute
34-37). alla cortesia di H. Kr.Es.
5 4- DALMAN 213-218.231-236. 10 K. SETHE, Die altaegyptischc11 Pyratttìde11-
texte II (1910), testo I)J.3 b.
6 C.]. GAoo, Ideas o/ Divine Rule ill the An-
11 SETHE, op. cii. (-> n. 10) I (1908) testo
cient East (1948) 38.
771 b.
7 F. THUREAU-DANGJN, Die sttmerischen u. 12 Perciò ad es. J. A. WILSON, Tbc B11rde11 o/
akkadischen Ko11igsinschri/1en (1907), passim; Egypt (1951) u5 al capitolo sulla XI e Xli
ST. H. LANGDON, Die 11eubabylonischen Konigs- dinastia dà il titolo: «li re come buon pa-
imchriften (1912), passim; ~ DiiRR 117-120. store».
Un'ampia raccolta di testi in A. ScoTT, Die Il H. GRAPOW, Die hild/ichen Ausdriicke dcs
V ergleiche in deu akkadischen Ko11igsinschri/- J.f..gyptischen ( 1924) 156.
te11, Mitteilungen der Vorderasiatisch-Aegyp- 14 H. KEES, Aegypten, Rcligiomgcschichtlì-
tischen Gesellschaft 30 (1926) 70-72 [indica- cbes Lesebuch, ed. A. BERTHOLET io i (1928)
zione di W . v. SoDEN]). 44 (ammaestramenti regali per Merikar@, pri-
a ~ DiiRR u1 s.; A. }EREMJAS, Handhuch mo periodo intermedio, c. 2050 a.C. ).
7.otµiiv X'tÀ, BI-Il 2 (Joach. Jeremias)

branco di buoi senza pastore» 15• Per raduna 26 e «porta gli agnelli fra le sue
Canaan il titolo di pastore in questo braccia e guida le madri che allattano»
senso traslato finora non è documenta- (ls. 40,II ). Si noti che nell'A.T. i passi
to 16. sono distribuiti in modo ineguale. Nei
libri dall'Esodo al Deuteronomio il vo-
II. Nell'A.T. cabolario pastorale (condurre, guidare,
precedere) appare nei racconti dell'eso-
I . Nell'A.T. la designazione di Jahvé
do, ma in genere non si riesce a capire
come pastore d'Israele è certamente an- se la figura del pastore sia sentita an-
tica 17 ; ma la scarsità davvero sorpren- cora come tale. Essa compare invece
dente dei passi nei quali il nome è ap- con grande frequenza e con molteplici
plicato a Jahvé 18 mostra che non ab- sviluppi, che testimoniano la vitalità del-
biamo a che fare con un appellativo o- l'immagine, nel Salterio 27 e nelle pro-
rientale stereotipo della divinità. L'ap- fezie consolatorie dell'esilio 28, che insie-
plicazione a Jahvé dell'immagine del pa- me al Ps. 2 3 fanno risaltare con la mas-
store trova piuttosto il suo ambiente di sima chiarezza il significato dell'immagi-
origine nella viva pietà d'Israele, come ne: essa esprime meglio di ogni altra
dimostra il numero stragrande dei passi quanto Israele si senta sicuro accanto
in cui è applicata a Jahvé la ricca termi- al suo Dio.
nologia pastorale: Dio viene dipinto, in
sempre nuove ed espressive variazioni
dell'immagine, come il pastore che sta 2.Se si considera che i 'pastori', so-
alla testa del suo gregge 19 e lo guida 20,
prattutto nei discorsi di minaccia di Ge-
lo conduce 21 ai pascoli 22 , ai luoghi di so-
sta presso la fonte 23 , 1o protegge col ba- remia, designano correntemente i capi
stone 24, chiama le pecore disperse 25 , le politici e militari 29, stupisce di non tro-

15H. ScHAFER, Urkunden der alteren Athia· terminologia pastorale del mondo ellenistico
penkonige (r905), Urkunde m 87. ha influito fortemente sul pensiero e sull'arte
16 La designazione del sovrano o del dio Co· cristiana, ma solo I\ cominciare dal periodo
me pastore è presente - oltre che in Mesopo· post·canonico (~ coli. 1222 ss. 1:u6 s.), diffi-
tamia e in Egitto - in quasi tutto il mondo cilmente al tempo del N.T. (~ coli. 1222.
antico. Uno sguardo d'insieme, breve ma 1234 ss.).
orientatore, si può trovare in BAUER, ]oh., 17 Gen. 49,24 (testo corrotto, J); 48,15 (E).
excursus a 10,21. In Grecia il sovrnno è chia- 1' Oltre a Gen. 48,15 e 49,24, soltanto in Ps.
mato già da Omero 1toiµ1)'ol ).a.Gw. Anche in 23,1; 80,2.
Platone i reggitori sono detti pastori della mi- 19 iii!ii' lifné, Ps. 68,8.
)..~ç (resp. 4,440 d); essi devono cercare il bene 2J 11a~a, Ps. 23,3 e passim.
dei sudditi, come i pastori quello del bestiame 21 11hl (pi'el) Is. 40,n; Ps. 23,2 e passim; Ps.
(resp. 1,343 b-345 e; 3AI6 ab; leg. 5,735 b-e). 80,2; Is. 49,10 (pi'el) e passim.
Il pastore degli uomini è <T)C1)µ« 'tOU ftEloV 22 11aweh, Ier. 50,19 e passim.
voµlwç (pol. 275 e), perché gli uomini alle 2J mé m•nu~ot, Ps. 23,2.
origini furono pascolati da una divinità (poi. 21 Jèbe/, miS'enel, Ps. 23,4.
271 e; per i testi che documentano l'alternarsi 2> Jaraq, Zach. 10,8; I•riqa, Iud. 5,r6.
di TCo~µ1)'ol e 'oloµEuç in Platone, si veda F. 20 qb! (pi'el) Is. ,56,8.
Asr, Lexico11 Plato11ic11m n (1836], s.v.). 27 Ps. 23,r-4; 28,9; 68,8; 74,r; 77,21; 78,52
Cfr. K. STEGMANN v. PRITZWALD, Zur Ge- s.; 79,13; 80,2; 95,7; roo,3; 121,4.
schichle der Herrscherbezeichn1111ge11 von u Ier. 23,3; 31,10; 50,19; Ez. 34,11-22; Is.
Hom. bis Plat., Forschungen zur Volkerpsy- 40,10 s.; 49,9 s.; Mich. 4,6-8; 7 ,14.
chologie u. Soziologie vn (1930) 15-21. LI\ 21 1 Sam. 21,8; 2 Sam. 7,7 par. r Chro11. r7,
no~µ1Jv xù. D 11 2 (Joach. Jeremias)

vi:re nell'A.T. neppure un testo com· titolo di pastore Ezechiele vuol evitare
provante che 'pastore' sia mai stato in che si intenda in senso esclusivamente
Israele il titolo del sovrano in carica 30• politico la figura del capo di domani e
Il contrasto con lo stile aulico dell'an- rimette a Dio di decidere il modo in
tico Oriente risalta ancor meglio quan- cui attuerà la sua promessa l-4.
do constatiamo che la designazione del Nel Deutero-Zaccaria la figura mes-
capo quale 'pastore' si affaccia proprio sianica del pastore, se la si vede alla lu-
nel periodo in cui incombe la rovina, ce del N.T., riceve una particolare, ulti-
ma solo in riferimento al futuro Mes- ma applicazione 33 • Dopo il ritorno dal-
sia. discendente di David. Poiché i pa- l'esilio spadroneggiano ancora cattivi
stori sono venuti meno al loro compito pastori che provocano la collera di Jah-
e sono stati infedeli, Jahvé li 'visite- vé (Zach. 10,3; II,4-17). Egli fa appel-
rà' 31; assumerà egli stesso l'uBicio di lo alla spada: «Déstati, spada, contro
pastore, egli stesso radunerà il gregge il mio pastore e contro il mio compa-
dfoperso e lo pascolerà 32 ; insedierà pa- gno... Percuoti il pastore, sl che le pe-
stori più capaci (ler. 3,15; 23,4) e ta core si disperdano» (Zach. 13,7). Que-
proclamare questo annuncio: «Suscite- sto giudizio divino è l'inizio. della puri-
rò sopra di esse (sulle mie pecore) un ficazione da cui emerge, come resto, il
unico pastore che le pascerà, il mio popolo di Dio del tempo di salvezza
servo David; questi le pascerà e sarà (vv. 8 s.). Col pastore preso di mira dal-
il loro pastore. Io, Jahvé, sarò il loro la spada in origine si dovette intendere
Dio e il mio servo David sarà il capo il pastore disutile di l r ,15 ss. 36 ; nel
in mezzo ad esse. Io, Jahvé, lo promet- contesto attuale, tuttavia, 13,7 può es-
to» (Ez. 34,23 s.) 11• Israele e Giuda set riferito unicamente al 'trafitto' di
diverranno un solo popolo (37,22) sot- 12,10, la cui morte inaugura il tempo
to un solo pastore (37,24). Usando il salvifico (13,r-6) 37 • Cosl le ultime pa-

6; Ier. 2,8; 3,15; 10,21; 22 122; 23,1-4; 25, 32 Ier. 23,3; 31,10; Ex. 34,11-22; dr. Micb.
34-36; 50,6; Ez. 34,2-10; Is. 56,n; Mich. 4,6 s.
5,4; Zach. ro,3; n,5 s. 16 s. Sono chiamati 31 Cfr. Mich. 5,3 (il dominatore di Israele
pastori anche i capi stranieri (ler. 25,34-36; verrà da Betlemme, città di David, e pascerà
Nah. 3,18); in ls. 44,28 (testo ebr.) Jahvé il popolo con la forza del Signore); 4,8 (la
chiama Ciro «il mio pastore»; i LXX evitano sovranità tornerà alla torre dcl gregge).
questa espressione. 34 Come osserva K. GALLING.
3~ Già in antico si dice che David 'sorveglia' 35 Cfr. K. ELLIGl!R, Das Bucb der zwolf Klei-
Israele (2 Sam. 5,2 par. 1 Chron. 11,2; Ps. 78, nen Propheten n, ATD 2,1 (19,6), a Zach.
71 s.) e che il popolo è da lui chiamato ~di 13,7.
gregge» (2 Snm. 24,17 par. I Chro11. 21,17), 35Cosl numerosi commentatori, a cominciate
ma 'pastore' non figura come appellativo da H. EWALD, Die Prophelcn des Alten Bu11-
del re. des IJ (1867) 266-271.
JI Ier. 2,8; 23,2; Ez. 34,1-10 e pani111. J7 13,7 è spiegato in questo senso eia E. SEL-
1tO~!AlJV X"t'À. B 11 2-C tb (Joach. Jcrcmiasl (vr,488) 1202

role veterotestamentarie su questa fi- capretto, perché c'era da sospettare che


gura di pastore sono l'annunzio di co- si trattasse di merce rubata 40 • I rabbini
s1 chiedono stupiti, dato Io spregio in
lui che, conforme al disegno di Dio, cui erano tenuti i pastori 41 , come mai
subisce la morte dando inizio all'ulti- in Ps. 23,r Dio sia chiamato «il mio pa-
ma svolta della storia(~ coll. r2rr ss.). store» ~i.

b) Pur restando ferma la poca stima


C. IL PASTORE NEL TARDO GIUDAISMO che si aveva dei pastori nella vita d'ogni
giorno, anche il tardo giudaismo, rifa-
I. Nel giudaismo palestinese cendosi alle affermazioni dell'A.T., rap·
a) In un elenco rabbinico tra la gen- presenta Dio come il pastore d'Israele
te che esercita il brigantaggio e la frode che riconduce dall'Egitto il suo gregge
viene enumerato anche il pastore .lii. (Hen. aeth. 89,22.24.28), lo guida nel-
Questa classificazione dei pastori fra l'ora presente 0 e un giorno radunerà
briganti e truffatori notori implicava di nuovo le pecore disperse e le pasco-
che essi, come i gabellieri e gli esattori lerà sul monte santo 41 • Sono inoltre
di imposte, fossero privati dci diritti chiamati pastori i capi e i dottori della
civili, cioè che non potessero esercitare lt.gge 45 , e lodati come pastori fedeli so-
alcuna magistratura, né figurare come prattutto Mosè 46 e David H. Nella visio-
testimoni nei processi 3~. Tale discrimi- ne di Hen. aeth. 85-90 la qualifica di
nazione dei rabbini farisei nei confronti pastori è invece riservata ai settanta ca·
dei pastori appare del tutto ovvia se pi pagani (o agli angeli principi dei po·
si pensa che costoro d'estate restavano poli) che dominano su Israele fino all'io.
per mesi e mesi sui pascoli in piena stnurazione del regno messianico (Hen.
autonomia e senza alcuno che li sorve- aeth. 89,59; 90,22).
gliasse(~ coll. rr94 s.), e perciò esposti
alla grande tentazione di appropriarsi
Due testi hanno particolare impor-
indebitamente dei proventi del gregge.
È sintomatico che fosse proibito com- tanza in vista del N.T.: in Dam. 13,9 s.
perare da un pastore lana, latte o un [16,2 s.J si dice che il m•baqqer 48 (sor-

LIN, Dar Zwol/propheJenbuch 1 J, Komm. A.T. 42 Ibidem. Si tratta di R. José b . Hanina (c.
XII ( r930) ')67 s.; A. }EREMIAS, Die Ausscr· 270). Espressioni di simpatia per i pastori fi.
bibl. Erlosererwartu11g II (1931) 2')3; O. gurano quasi soltanto in relazione a testi bi-
PROCKSCH, Theol. des A.T. (1950) 413; ELLI· blici (ad es. Ex. r. 2, a 3,r: Mosè pastore
GER, op. cii. (-+ n. 35) ad f. fedele).
3S Qid. 4,14 e Sanh. b. 25 b. Una tabella dei 0 STRACK-B1LLERBECK 1 574; u 536 e passim.
quattro elenchi rabbinici di mestieri sprege· 4-I Pr.-E::cech., /r. r, verso, righe 12 ss. ed. C.
voli in ~ ]BREMIAS, ]eruralem x75. BoNNER, in Studies and Documents XII (1940)
H Sanh. b. 25 b; -+ }EREMIAS, ibid. 183 s. 186.
4~ B.Q. 10,9; T.B.Q. 11,9. Si rimprovera inol· 4; STRACK-BILLERBECK I! 537; Bar. ryr. 77,13-

tre ai pastori di far pascolare i loro greggi in 16· 4 Esdr. 5,18; S. Nt1111. 139, a 27,17,
poderi e terreni altrui (STRACK-BILLERBECK Il 46 STRACK-BILLERBECK I 755.972; II 209.536.

1I4i 1U 108). 538 e passim.


~I <(Nessuna condizione al mondo è disprez. ~7 STRACK-BILLERDECK I 972; II 537.
4~ ~ 111, coli. 783 ss. La scoperta dcl Manuale
zata come quella del pastore», Midr. Ps. 23
§ 2 ed. S. BUllER ( 1891 ). di Disciplina nella grotta 1 di Qumran ha por-
1203 (v1,488l TIO~µiJv X'tÀ. C Ib-11 (Joach. Jercmias)

vegliante) della comunità deve <<usare:: gure di pastori quali Giacobbe, Laban,
misericordia» ai membri della comuni· Giuseppe, Mosè ecc. (cfr. Gen. 31,II-
13; Ex. 3,r; Num. 27,16.17 ecc.) offro-
tà «come un padre ai suoi figli e (segue no facili agganci per una tipologia del
una breve lacuna) ... alle loro colpe; 'co- pastore. In prima linea sta il vouc; (-7
me un pastore col suo gregge' (cfr. Is. VII, coli. 1049 ss.; o anche bp~Ò<; À.éyoc;)
interpretato come il pastore (o anche
40,11; Ez. 34,12), egli deve sciogliere
Ém•E"t'paµµÉvo<;, 1}vloxoc; o xv~tpvl)­
tutti i ceppi ai quali sono incatenati». 't'I')<;) delle facoltà irrazionali dell'anima
Questo paragone fra la guida della co- (sacr. A .C. 45; som. 2,152-154; sobl'.
nmnità e il pastore offre una strettissi- 14 }. Chi si esercita nella conoscenza pa-
sce pure le potenze irrazionali e le indu-
ma analogia con i corrispondenti enun· ce a comportarsi con riflessione (det . poi.
cinti del N .T. (-7 col. 1226}. Anche Ps. ins. 3 }. Filone paragona inoltre chi go-
Sal. 1 7 ,40 presenta il Messia come laxv- verna uno stato al pastore che sorveglia
il gregge (leg. Gai. 44) e in vit. Mos. l,
pòç Év Epyotç aÙ'tOV xai xpa"t'atòç €.v 60 ss.; Ios. 2 presenta l'attività del pa-
cpoB~ ~EOU 'JtOLµalvwv 'fO 'JtOtµVLOV xu- store come una buona preparazione al-
plov Èv 7tlO''fEL x11t StxcuoO'Vvri, «poten- l'arte di governare. Tuttavia in genere ha
un certo ritegno a usare il titolo di pasto-
te nelle sue opere e forte nel timore di re per un capo - per lo più si accontenta
Dio, pastore dcl gregge del Signore di un richiamo al linguaggio J?oetico -,
nella fede e nella giustizia». Il passo di- e lo ignora completamente per i re d'I-
sraele e di Giuda, conforme alla tradi-
mostra che il giudaismo precristiano CO·
zione veterotestamentaria (~ coll. l 198
nosceva il raffronto fra il Messia e il s.). 1 diversi aspetti del concetto filo-
pastore. Se tale raffronto manca in tutta niano di pastore si trovano riuniti in
la letteratura rabbinica, ad eccezione di sintesi in agric. 26-66. Come il gregge
degli uomini spinto dall'impulso irra-
un unico testo 49, la ragione sta nel fatto zionale delle passioni rappresenta le fa-
che si volle deliberatamente evitare :iiJ coltà dell'anima lasciate a sé, cosl la fa-
una terminologia che i cristiani avevan coltà suprema, personificata, fa a sua
volta la parte di pastore nell'attività
fatto propria (-7 ix, coli. 3 87 ss. ). del re che custodisce il gregge irragio-
nevole (agric. 41); con questa medesi-
Il . In Filone 51 ma immagine è poi messo in relazione
In numerosi testi liloniani le storie Dio stesso, che è pastore e re e che dal
di ambiente pastorale dell'A.T. e le fì. suo À.6yoç, come vicario, fa pascere il

tato a un nuovo stadio la discussione su un 49 Midr. Ps. 29 § 1 : «Che cosa io (Dio) farò
possibile rapporto fra il m•baqqir essenico e loro? Il mio servo David le pascerà. Si dice
l'btWxorcoc; cristiano. Dato che il Manuale infatti : 'E io costituirò sopra di loro un pa-
non conosce ancora un mcbaqqiJr 'monarchico' store' (fa:. 34,23)».
(Dam. 14,8 s. [17,6]), ma solo unti pluralità di
m'baqq'rim con funzioni diverse, il problema so È sintomatico che Tg. fa. 34,23; 37,24
non è ancora risolto; viene tuttavia a cadere renda i termini 'pastore' e 'pascere' con pnr-
un'obbiezione essenziale (III, coli. 784 s.) con· 11iis (curatore) e pirncs (prendersi cura).
tro la possibilità di un rapporto frn mebaqqer SJ Devo questa parte alla cortesia di G. IlER-
e lrclai<or.oç. TRAM e C. COLPE.
7tOtµi)v xi:À. C n-D li (Joach. Jercmias)

mondo con tutto ciò che contiene (agrie. II. I pastori <lel racconto del Natale
50-52). (Le. 2,8-20)
Se si prescinde dalle parabole e dalle
D. IL PASTORE NEL N.T.
espressioni figurate, nel N.T. i pastori
I. La posizione di Gesù verso i pastori in senso proprio compaiono solo nel
Nel N.T. non si esprime mai un giu- racconto lucano della nascita <li Gesù
dizio negativo sul pastore. Anzi, nei (Le. 2,8-20) . Molto si è discusso sull'o-
vangeli In sua fedeltà al mestiere, piena tigine di questa loro presenza; i;i tratta
di dedizione, è descritta al vivo e con di una questione importante, perché Ja
simpatia: egli conosce ciascuna delle sue risposta condiziona la critica sia lettera-
bestie, dà loro un nome e con esso le ria che storica di tutta la narrazione.
chiama (Io. lo,3.14.27) 32, va in cerca
Deile numerosissime soluzioni indi·
ddla pecora smarrita cd è felice quando chiamo le più importanti. a) Si tratta
la ritrova (Le. 15 14-6), difende il greg- della storia di un trovatello che ricalca
ge dal lupo anche a rischio della vita quella di Osiride bambino affidato da
Cronos a uno che attingeva acqua (Plut.,
(Io. 10,x 1-13 ). Nelle parabole Gesù ls. et Os. X2); i pastori sarebbero per-
non esita a fare del pastore un'immagine sonaggi primari, i genitori del bambino
53
di Dio (Le. 15.4-7 par. Mt. 18,12-14 ~ secondari • Questa tesi fantastica nau-
fraga già per il fatto che in Plut., Is. et
col. 1209). Lo strano contrasto fra l'al- Os. 12 non si tratta affatto di un trova-
tra stima del pastore che si rivela in tutti tello. b) Nella bucolica ellenistica la vi ·
questi particolari e il dispregio da parte ta del pastore è esaltata come l'esisten-
za ideale; i pastori sono perciò i rap-
dei rabbini induce a concludere che qui presentanti del mondo paradisiaco s.i.
si rispecchia con immediata evidenza la Contro questa derivazione dcl motivo
re:altà della vita stessa di Gesù, che do- dei pastori da concezioni ellenistiche sta
nuva 1a sua amicizia proprio ai pecca-
il linguaggio stesso della pericope, con i
suoi abbondanti semitismi. c) I pastori,
tori e ai dispregiati e amorevolmente che in Palestina passavano per ladri (~
entrava nella loro vita. coll. 1201 s.), sono paradossalmente i
primi a cui è rivolto il messaggio natali-
zio 55 • Ma niente indica la presenza di
tale paradosso. cl) Anche un'allusione a
David che pascolava il suo gregge sui
monti di Bethlehem 56 o al fatto che il
52 Il pastore palestinese sceglie il nome se- st BuLTMANN, Trad. 325; similmente M. D1-
condo l'aspetto, il colore e le particolarità del- BELIUS1 Jungjrnuenso}m 11. Krippcnkind: SA
la bestia; questa pertanto conserva sempre Heid. (1932) 74 s.
quei nomi che ha ricevuto quando era un
agnellino o un capretto e che perciò conosce ss Ipotesi attentamente esaminata, ma respin-
ta con ragione dal DlBELIUS, op. cit. e~ n.
da quando era piccola ~ DALMAN 250 s.
S.l H. GRESSMANN, Das 1Vèlhnachts-Ev. au/ 54) 66 s.
Urrpru11g ti. Gcsch. 1111/cmichl (1914) 16-28. 55 I Sam. 16,u; Ps. 78,70.
1tOtfllJ'.I wrÀ. D 11-111 (Joach. Jcremias)

Messia, secondo le attese, avrebbe do- si allinea accanto al racconto lucano co·
vuto comparire presso la torre del greg- mc testimonianza indipendente della na-
ge (Tg. ]. I a Gen. 35,21 ) 57, non è
scita in una stalla, e deve quindi essere
comprovata da alcun indizio. e) Egual-
mente non soddisfa la tesi che a riceve- i;iù antica, sebbene anche l'attestazione
re il messaggio angelico sarebbero stati riguardante la stalla sia già relativa·
i pastori perché erano gli unici a veglia-
58 mente primitiva 62 • I pastori apparten-
té' in quella notte •
gono a quest'ultima tradizione; sono
La tr'<!dizionc diceva che Gesù nac- evidentemente i padroni <lellA stalla
que in una stalla, perché la locanda del stessa, e cosl si spiega come, quale luo-
paese era al completo (Le. 2,7), ed è di go del segno divino, si ricordi loro sem-
qui che dobbiamo prender le mosse. La plicemente una mangiatoia senza altre
nascita nella stalia viene asserita indi- determinazioni ( 2 ,r 2 ). In altre parole:
rettamente in due modi : da una parte i pastori del racconto 63 sono, alla pari
Luca, menzionando la mangiatoia -(2,7. della mangiatoia e della grotta, una soli.
12.r6), allude a una stalla; dall'altra la da componente della tradizione locale
audizione locale betlemita addita una betlemita che pone la nascita di Gesù in
grotta come luogo della nascita.)~, e in una stalla 64 •
Palestina le grotte fuori dell'abitato ser-
vivano normalmente da stalle per i pa- III. Il pastore come figura di Dio
stori ro. Dato che questa tradizione lo- · Nel N.T. Dio non è mai chiamato pa-
cale della grotta non dipende da Luca~,, store, e la cosa non sorprende se si pen·

51 E. NESTLE, Die Hirte11 von Bethlehe111 : dial. 78,5 (dr, 70,2) e da Bar11. u,5 e cia-
ZNW 7 (I906) 257-259; H. SAHLIN, Der Mes- scuno per conto proprio; vuol dire dunque che
sias u. das Gollesvolk (1945) 210s. ~e ne possono seguire le tracce fino al scc.
58 ScHLATTER, Lk. 187. 11 d .C.; dr. JoACH. }EREMIAS, Golgotba,
s1 Le testimonianze più antiche sono le se- Angelos Beih. I (1926) 14.16; E. BENZ, Die
guenti: r. come hanno confermato gli scavi heilige Hoble in der alten Christenheit u. in
condotti nel 1933-34, la grotta che ancor oggi der ostlich·ortbodoxen Kirche: Eranos-Jbch
si venera sotto la chiesa della natività di Be· 22 ( 1953) 36:;-432.
tlemme fu il sanctissim11111 della chiesa costrui- fil G. DALMAN, Orte 11. W'ege Jes11 3, BPTh
ta poco primR del 330 dalla regina madre Ele- Il I (1924) 48,
na -4 SCHNEIDER 226; 2. la profanazione della ".61 Luca non parla affatto di una grotta.
grotta, che fu adibita al culto di Adone (Hìer., ~? ~ n. :;9, alla fine.
ep. ad Paulù111m 58,3 [CSEL 54,532]; Pauli- 61 Secondo Arculfo (c. 670; cfr. Adamnanus,
nus Noi., ep. ad Sevemm 31,3 [CSEL 29, de locis sa11ctis libri tres n 6 [in Itinera I-lie·
270]), avvenne probabilmente sotto Adriano rosolymitana, ed. P. GEYER, CSEL 39,258]}
o al più sotto Dedo, e dò dimostra che essa i pastori erano tre. Anche se il numero è leg-
era considerati\ come sacra già nel scc. II o 111 gendario, evidentemente è stato suggerito dal-
massimo dcl m; 3. la tradizione della grotta ia conoscenza della situazione(-> col. 1228).
è :1ttestata dal più antico manoscritto del van- 61 La valutazione di questa tradizione locale
gelo armeno (dell'anno 887, cfr. a Mt. 2,9), da varia secondo che si ponga la nascita di Ge-
Orig., Cels. t,51 (GCS 2,10), da Proteva11g. sù a Betlemme oppure (contro Matteo e Lu·
foc. (18,1; r9,1-3; 20,4; ;zr,3), da lust.. ca) a Nazaret.
1209 (Vl,490} 7tOLµiiv x..-X. D m-1v 1a (Joach. Jeremias) (Vl,491) I2IO

sa ai dati dell'A.T. (-7 coll. rr97 ss.) . riologica di Dio» 67 giustifica il suo amo-
Strano è invece, proprio se si parte dal- re per i peccatori di fronte alle critiche
l'A.T., che il paragone di Dio con il pa-
store, là cosl frequente (-7 coli. I I 97 s. ), degli avversari: dal momento che Dio,
ne.I N.T. si trovi solo in una parabola come il fortunato pastore deJla para-
di Gesù, e anche più tardi ricompaia bola; immensamente si rallegra di por-
unicamente in Ignazio (Rom. 9,r -7 n.
r 2 3 ). Questo eclissarsi di Dio nelfa ter- tarsi a casa la pecora. smarrita, l'andare
minologia pastorale si spiega col fatto in cerca dei peccatori perché rientrino
che ora s'afferma il riferimento a Cristo nella dimora paterna diventa compito
in figura di pastore (~ coli. r 2 r 4 ss. ).
salvifico di Gesù 68 • Il fotto che egli met-
Nella parabola della pecora smarrita te in luce l'amore di Dio per i peccatori
(Le. IJ.4-7 par. Mt. r8,12-14)b~ Gesù, servendosi della figura di un pastore
attraverso la gioia di un pastore per la disprezzato pone in particolare rilievo
pecora ritrovata dopo una faticosa ri- la sua contrapposizione al disprezzo che
cerca, descrive la gioia di Dio quando, i Farisei ostentavano per i 'peccatori'
nd giudizio finale (Le. r 5 ,7: Eo--.a.L ), (~coli. 1201 s.).
i;.uò pronunciare una sentenza di asso-
luzione su un peccatore pentito; que- IV. Gesù, buon pastore
sta gioia è più grande di quella che pro-
I. Nelle autodiehiarazioni sinottiche
va per novantanove giusti rimasti sulla
retta via. Con Le. r5,7 concorda pie- Non soltanto in lo. 10, ma anche nei
namente, quanto al contenuto, il paral- sinottici Gesù si è dichiarato il pastore
lelo Mt. 18,14 che, se si tien conto del messianico promesso dall'A.T. (~coli.
testo originale aramaico, dev'essere tra- I 199 ss.), e l'ha fatto mediante un tripli-
dotto cosl: «Il vostro Padre celeste al- ce uso dell'immagine.
trettanto si compiace, quando anche uno a) Per descrivere la sua missione, egli
soltanto dei più piccoli sfugge alla ro- ma l'antichissimo tema del rinnovamen-
vina» 66 • Gesù con questa «gioia sote- to del mondo 6'>, che consiste nel radu-

63 Per un'interpretazione particolareggiata -+ alla seconda metà della frase e che -tou..-wv è
}EREMIAS, Gleich11irse n6-u8. Si noti che pleonastico, come spesso i dimostrativi in ara·
Luca, presentando il pastore che porta la pe- maico (-+ }EReMIAS, G/eich11isse 28·30).
cora sulle spalle (v. 5), non risente di un 67 E. G. GuL1N, Die fre11de im N.T. I (19·p.)
influsso iconografico dell'Hcrmcs crioforo, mu 9.9·
dì un fatto comune in Oriente (-+ DAI.MAN, 6l In Ml. 18,12-14 la pl\rabola, essendo statti
figura 3J ). inserita nell'ammaestramento riguardante i ca-
6S Per Mt. 8,24 (oihwc; oùx. ~O"t'L\I ilH,:riµa pi della comunità (cap. 18}, ha subito un certo
Eµ7tpoul>Ev ..-ou 1tet...-pòç ùµWv 'tOii lv ouprl- spgstamento secondario di accento. Ora esso
voi'i; tw.i: à.1t6À1)'t'm [v ..wv µL;c:pwv ..-ov't'wv) non cade più sulla gioia del pastore, ma sulla
bisogna notare sul piano linguistico che qui sua ricerca, che dev'essere presa ad esempio
i)é)..riµa = ra'awa' ha il senso di compiaci- (-+ col. 1225).
mento, che la negazione in realtà appartiene 69 -+ coli. u95 ss. A. ]EREMIAS, Dns A.T. 1111
I2II (VI,491) 'JtOt(l.TJV x-c>.. DIV ra·b (Joach. Jercmias) (vr,492) 1212

1.!(lre un gregge disperso, votato a perdi- «ma dopo che sarò risuscitato vi gui-
zione (Mt. 15,24; ro,6: 't'Ò. 7tp6Ba:w. derò in Galilea».
't'à cir.oÀ.wÀo"t'cx. ol:xou 'IO"pcx.1)À., «le pe-
La tradizione è 11ntica. Zach. 13,7 è
core perdute della casa d'Israele» ·iu). In citato infatti secondo il testo ebraico
Le. 19,10 71 il riferimento a Ez. 34 è (hak 'et-haro'eb a1•fu!énii hauo'n, «per-
chiarissimo 72 • Come la dispersione è cuoti il pastore e le pecore andranno di-
sperse»); solo, l'imperativo iniziale è
immagine della rovina, cosl il radunare reso con la prima singolare del futuro:
significa che il tempo della salvezza sta 7ttt-r&~w (~ n. 78); non si riscontra in·
per venire. flusso di sorta del testo dei LXX, assai
diverso 73 • Anche l'accenno alla fuga dei
b) In Mc. 14,27 s. (par. Mt. 26,31 s.) discepoli dev'essere antico, giacché ri-
Gc:sù utilizza la figura del pastore anche sulta presto omesso n_ Infine il v. 28
è antico 75• Il termine 'ltpoocym1 (~
pe1 annunciare ai discepoli la sua morte
n. Bo) non corrisponde affatto al corso
e il suo ritorno: 7tli'V'teç crxcx.voa.Àio-ihi- degli avvenimenti pasquali; dunque non
crecri}E, éhi yÉypcx.7t-rai· 7tcx.-rci~w 'tÒV 7tOt- può essere stato formulato ex even/11,
e lo stesso v. 28 è ripetuto in Mc. 16,;
µÉvcx., xa.i "tà. 7tp6~cx.w. ota.<rxopmO"ih11-
con l'aggiunta di hEr CX.ÙTO\I o4iECTÌ}E,
<TO\l'ta.t, «tutti sarete scandalizzati, per- «là lo vedrete», che probabilmente 11llu-
ché sta scritto: ucciderò il pastore e le dt alla parusia 76• Ora, se questa ipotesi
pecore saranno disperse» ( =::: Zach. 13, è esatta e 7tpoocyEW (14,28; 16,7) rap-
presenta il preludio diretto alla parusia,
7b); v. 2 8: &,).J..à. µe'tà. -co [yepit'ijva.l è evidente che ci troviamo davanti n
µ~ 7tpoci~w uµ&<; Eiç 't'Ì]\I I'IÙtÀa.lav, una tradizione prepasquale. Gesù è il

Lichle des Alten Orie111s• (1930) 183; In., Gollingenris editum xm [ 1943] 322): TCtx'tOC·
Handhuch der nltoriC11tnlische11 Geisleskut- ~a-ct (plurale; il testo ebraico ha il singolare)
tur 1 (1929) 108. -ccvç TCOL(lÉvaç (plurale; l'ebraico ha il sin-
7J I due versetti poggiano su un'antica tra- golare) xcd Èxcrv.occra-ct (scacciate; l'ebraico
dizione aramaica ~ ]EREMIAS, V crbeisrtmg dice: si disperderanno) -c<X 7tp6~r1.-ca. Nessu-
16 s. 22 s.; di conio antico è anche la limita- na di queste divergenze dei LXX dal testo
7.ione della missione terrena di Gesù al solo ebraico ricompare in Marco.
Israele (ihid. 22-33), che si spiega conside- 74 Mc. 14,50 non ha corrispondenza in Luca.
rando che Gesù attendeva l'incorporazione dci
pagani al popolo di Dio nella forma di una H Il v. 28 manca in un papiro (del sec. m)
escatologica venuta di tutte le genti al monte della collezione viennese dell'arciduca Ranieri,
di Dio (ibùl. 47-62). chiamato per errore Frammento di Fajjum
11 ~TJ'tfjO'Gt~ 'TÒ ctTCoÀw>..6c;, cfr. Ez. 34,16:
(esemplare edizione dello scopritore: 0-1.
'et-ha'òbedet 'ahaqqeJ. WEsSELY, Les plus anciem monume11ts dt1
72 Come in Le. 19,10, anche in Ml. 12,30 Christianisme écrits sur papyrus, in Patrolo-
par Le. 11,23 alla base sta l'immagine del gia orientalis 4 [ 1908] 173-177 ); ma la man-
pastore (auv6.yEw/uxop7tll;tw sono termini canza non è dovuta, come si suppone di so-
tecnici dcl linguaggio pastorale; cfr. lo. II, lito, a un testo originario più breve, bensl a
51 s.). una vera omissione; tutto il passo è infatti un
7.l Nei LXX Zach. 13 1 7 secondo la tradizione
riassunto conciso di Mc. 14,26-30 (ibid. 177).
più antica suona cosl (J. ZmcLER, Duodecim 76 Cfr. èhjiecr~t di Mc. x4,62 par.; E. Lo11-
prophctae, Sep111agìnta. Vetus Tes1amc11111111 MEYER, Galiliia 11. Jemsnlem, FRL 52 ( 1936)
Graecum n11clorilate Socielnlis Li11ernrum II- I 4.
1'0L1.1.Tiv x-:).. DIV rb-2 (Joach. Jercmias) (VI,493) I2I.j

buon pastore promesso, «fido compa- tclogico. Come un gregge disperso, i


gno» di Dio (Zach. i3 1 7~col. 1200); popoli pagani vengono radunati intor-
Dio lo «colpisce a morte» (così va tra-
dotto il 1ta."t'cH;w di Mc. 14,27) 77 , cioè fa no al trono glorioso del Figlio dell'uo·
cadere su di lui la sua sentenza 78 • Il de- mo (vv. 31 s.) 81 , e l'esecuzione della sen-
stino del pastore ha come conseguenza tenza è paragonata alla separazione del-
la dispersione del gregge: qualis rex, ta- le pecore (bianche) dalle capre (nere: v.
lis grex. Ma come in Zaccaria l'accento
è posto sulla purificazione e l'accogli- 3 2, ~col. I 22 8 n. 3 ). Alla condanna se-
mento del resto del gregge ( r 3,8 s.), co- gue il regno di grazia che Dio instaura
sì in Marco spicca la promessa del v. sul piccolo gregge (Le. 12,32 ~ coli.
28 79 • Che in realtà l'annuncio della sal-
vezza del v. 2 8 sia correlativo alla profe- 1232 s.).
zia dei patimenti del v . 27, risulta chia-
rissimo quando si avverta che 7tpociytw 2. Nella cristologia della chiesa primi-
viene dal linguaggio pastorale 80 e quindi tiva
che il v. 28 prolunga l'immagine del pa-
store del v. 27. Riassumendo : il v. 27 Mentre nelle lettere paoline titolo e
cita alla lettera Zach. I 3 ,7 h, il v. 2 8 è immagine del pastore non sono mai ap-
una libera trasposizione del contenuto plicati a Cristo, ciò avviene invece più
di Zach. 13,8 s. La morte di Gesù av-
volte in altri testi del N.T. Come appel-
via la tribolazione escatologica, la di-
spersione ( r 3i 7) e la decimazione ( r 3, o
lativi di Cristo figurano: 1tOtµ7}v xrxt
8) del gregge e la prova del resto so- ·-7 È1ttCTxo7toç 'tWV ~uxwv (r Petr. 2,2 5 ),
pravvissuto, che vien passato al cro- ò 7tOLµi}v 'twV 7tpoBci-twv ò µÉycxç (Hebr.
giuolo (r3,9a). Ma alla crisi, allo scan-
dalo (Mc . 14,27), tien dietro la svolta: 13,20: o
formula liturgica) e à.pXL7tol-
il gregge purificato viene raccolto a co- p.'TJV (r Petr. 5,4) 82• La designazione di
stituire il nuovo popolo di Dio (Zach. Cristo quale pastore delle anime in r
I 3 ,9 b) sotto la guida del buon pastore
(Mc. 14,28). Petr. 2,25 lo designa quale premuroso
custode dei suoi, come è confermato dal
e) Infine, in Mt. 25,32 sotto il sim- sinonimo foluxo7toc; (~ m, coll. 774
bolo del pastore e del gregge Gesù pre- s.); in Hebr. 13 ,2oil titolo di grande pa-
senta il grande evento del giudizio esca- store vuol dire che il Cristo è l'unico e

77 hikk!i = 1ta:ta<TCTEW, detto di una spada, 80 Cfr. Io. I0,4: gµrcpoe7DEV av-rwv 1tOpEVE"CCl~
significa percuotere (a morte), uccidere. scii. il postere). Per quest'uso --7 DALMAN 249
13 In Mc. 14,27 la sostituzione dell'imperativo s. 253-255: il pastore di bestiame minuto va
ebraico hak (Zach. 13,7: colpisci) con la pri- per lo più ln testa; solo tornando all'ovile
ma persona del futuro singolare T>ai:cil;w, sta dietro, per proteggere il gregj!e e raccoglie·
<cio (Dio) colpirò», può essere spiegata in re le bestie che si sbandano.
base a ls. 53,6 b (~ JosT 25). Il pastore col-
81 t1VVayEW è termine tecnico del linguaggio
pito è il servo di Jahvé; Dio fa subire a lui
il giudizio che doveva colpire tutto il gregge. pastorale e- n. 72).
7~ Anche nel parallelo Io. 16,32 s. l'accento 82Per le testimonianze profane del vocabolo,
è posto essenzialmente sulla promessa del che nel N.T. è un hapax, - JosT 47 s. e
5
\'. 33. PREVSCHEN-BAUER s.11.
12I5 (VI,493) 'JlOLµi)v X'tÀ. DIV 2-3a (Joach. Jeremias)

~upera tutti i modeili e in pnrticolare 3· fo. 10,I- JO


Mosè 81 ; infine in 1 Petr. 5,4 'pastore ca-
a) Negli ultimi decenni molti studi
po' nllude all'autorità del Signore che sono stati dedicati all'analisi critico-let-
chiamerà al rendiconto i suoi pastori(~ teraria del discorso del buon pastore in
coli. l224ss.). In Mt . 2,6 il Cristo è pre- Io. ro,1.30, nel tentativo di distinguere
ciò che risale direttamente alle fonti da
sentato come pastore in quanto è il ciò che ne costituisce un'elaborazione
principe di Israele promesso da Mich. e~ IV, coll. 620 s.) 88 • D'altro canto, so-
5 '3 t 4 • Nella sua vita terrena egli è pie- lidi argomenti sono stati addotti a favo-
re dell'unità del Vangelo giovanneo 89 •
no di misericordia, ha pietà del gregge
Vale comunque la pena di vedere atten-
senza guidn (Mc. 6,34; Mt. 9,36); glo- tnmen te se nel cap. 10 sia avvenuto uno
rificato, è 1'agnello 85 che custodisce la scambio di fogli. A favore di questa ipo-
schiera innumerevole di coloro che ven- tesi si possono addurre due considerazio-
ni: 1. in 10,19-21, dopo il discorso del
gono dalla grande tribolazione e li con- buon pastore, si fa riferimento alla gua-
duce alle fonti dell'acqua di vita (Apoc. rigione dcl cieco nato (9,I-41), di cui
7,I7; cfr. 14,4 b) 86 ; come colui che deve quei versetti potrebbero benissimo co-
stituire la chiusa; 2. in 10,22-24 viene
ternare, è il signore apocalittico che «pa- introdotto un discorso di Gesù che trat-
sce i pagani con verga di ferro» (Apoc. ta dcl suo gregge (vv. 26-29), e ciò si ac-
12,5; 19,15; cfr. 2,27 ~ col. 1232)~ 7 • corda, quanto al contenuto, con 10,1-
18. Se si accettasse l'ipotesi di uno
scambio tra ro,r-18 e ro,19-29 (in ori-
gine l'ordine sarebbe questo: 9,1-41;
ro,19-29.I -IB.30-39)9(), il testo procc-

~; Questo senso dell'appellativo risulta dal ebraico suona; t•ro'em b'Iebe! barzel, ~li sfra-
fotto che esso è collegato a Is. 63,u, LXX: cellerai (da ra'a', spezzare, frantumare) con
=
6 &va~Lf3aCTaç ( Dìo) lx 'tijç yijç -ròv 'JlOL- una verga di ferro» (tradotto esattamente in
µlva -rwv 'Jlpo~chwv ( = Mosè). Ps. Sai. r7,24: tv f>daB!f> <Tl.li'J')p(i. <TUv-rpl!JiaL).
31 Ml. 2,6: OCl''TL<; TCoLµavE~ -ròv Àa6v µou -ròv I LXX hanno vocalizzato erroneamente tir' em
'ICTpa.f,)... cita Mich. 5,3 (xal 'ltOLµ.Gt\IE~ -ro (da ra'a, pascolare) e hanno tradotto: 'JIOLµ.Gt·
'JtolµvLov aÙ'tou), dove il tenore delle pa- vEi:ç mhoùç lv ~ci.jUi!p CTt8'J')p(i., «li pascern i
role rivela l'influsso di 2 BaCT. 5,2 (crù 'JIOLµc.t.- con una verga di ferro». L'Apocalisse con que-
\IE~ç -ròv Àa.6-v µov -ròv 'la'pai)l). Ma 'JlOL- sta frase in sé contraddittoria accenna al ter-
µalvEW = governare, reggere, nell'A.T. è di ribile giudizio che il Cristo al momento de1la
uso così comune che c'è da chiedersi se Mat· parusia pronuncerà sui pagani (19,15; in que-
teo abbia ancora avvertito la presenza della sto senso anche 12,5) e al quale sarà ammesso
metafora. il vincitore (2,27 •,dr. v. 27); fino a che punto
ss Ò:p'lllov è per l'Apocalisse un appellativo poi in questa frase sia avvertita l'immagine del
cosl fisso, c:he non si avverte più la contrad· pastore, non si può dire con sicurezza.
dizione di un agnello che fa da pastore. sa BuLTMANN, ]oh. 272-274. Uno sguardo d'in-
Sii Nel contesto attuale, Apoc. 7,9-17 descrive sieme sulle proposte più recenti in E. FA·
il presente e non il compimento finale; infatti SCHER, Zur Auslegung vo11 ]oh 10,17·18 :
l'apertura del settimo e ultimo sigillo avviene DTh 8 (1941) 47-55.
solo in 8,t . o E. RucKsTUHL, Die lilerarische Eillheit drs
87 L'immagine severa è dovuta a una tradu- Joh-Ev, Studia Friburgensia, N.F. 3 ( r951 ).
zione sbagliAta dei tXX. Ps. 2,9 nel testo 'l'l Cosl (d'accordo con J. MoFFATT e J. H.
r-o~µi]\I DIV 3a-b (Joach. Jeremias)

derebbe con una concatenazione perfet- glianza. Se è vero infatti che la tecnica
ta: ro,19-2 I diverrebbe la chiusa del- di scrivere prima su fogli separati era
l'episodio del cieco nato; i vv. 22-24 prescritta per i testi sacri degli Ebrei~.
indicherebbero l'occasione del discor- negli altri casi essa non era di uso corren-
so, i vv. 25-29.1-18.30 lo svolgimento. te 95• Soprattutto l'ipotesi, se non com-
Tecnicamente lo scambio dei fogli, del pletamente impossibile, appare almeno
quale esistono altri esempi sicuri ~1 , po- molto difficile se si pensa che ciascuno
trebbe essere avvenuto cosl : ro,19-29 dei tre fogli spostati nello scambio a-
conta 777 lettere, 10,1-18 ne ha 1488 vrebbe dovuto cominciare esattamente
(il doppio di 744) 92 • L'esemplare origi- con l'inizio di una frase (lo. 10,19.r.
nario del Vangelo di Giovanni avrebbe 30), mentre di solito il passaggio da una
dunque avuto pagine di circa 7 50 lette- pagina all'altra avveniva a metà frase
re, e il foglio contenente 10,19-29 erro- e anche a metà parola 96 • Sarà bene per-
neamente sarebbe stato inserito, invece ciò accettare il testo cosl come sta rn,
che prima, dopo i due fogli recanti ro,r- senza tutte queste manovre di critica
18. L'ipotesi tuttavia urta contro nume- letteraria.
rose difficoltà. Nei codici primitivi il nu-
mero e la lunghezza delle righe sono b) Per intendere bene il capitolo sul
molto disuguali e, nell'ipotesi dello buon pastore, è fondamentale un'analisi
scambio, non si può far troppo calcolo accurata dello svolgersi del pensiero in
sul costante numero delle lettere 93 • ro,r-18. Nei vv. r-5 abbiamo un'auten-
Inoltre nell'ipotesi dello scambio si do- tica parabola che descrive il pastore, pri-
vrebbe supporre che il Vangelo di Gio- ma confrontandolo con un ladro, poi
vanni sia stato scritto in un primo tem- con un estraneo 98 • A differenza del la-
po su fogli separati (che poi sarebbero dro e del predone, egli entra per la por-
stati incolJati insieme a formare un ro- ta (vv. 1-2); a differenza dello straniero,
tolo o cuciti a formare un codice [li- lo conoscono il guardiano e le bestie, e
bro]). Ma ciò è contro ogni verosimi- queste lo seguono con «istintiva sicu-

BERNARD) E. ScHWEIZER, Ego eimi..., FRL 56 IV 6 (1933) 272 n. 48. Gli esempi citati nel-
( 1939) 141 s . ; }OACH. }ERl!MIAS, Joh. Literar· la n. 9r (LXX, Hen. aeth.) si possono spie-
kritik: ThBl 20 (1941) 33-46. gare in base all3 tecnica ebraica prescritta per
91 Ad es. nel testo dei LXX Ecclt1s 33,16"-36, i libri sacti, di scrivete cioè su fogli separati;
10' (enumerazione di Rahlfs, enumerazione sono quindi di scarso peso per il Vangelo
più antica: 33,13 b-36,r6b), a causa di uno giovanneo.
scambio è stato spostato dalla sua posizione % Nel caso dì Hen aeth. (~ n . 9r) sem-
iniziale e inserito tra 30,:i+25; in He11. peth. bra che davvero ciascuno dei tre fogli che
l'ordine esatto delle dieci settimane apocalit- sarebbero stati scambiati incominciasse con
tiche è questo: 93 (settimane 1-7); 91,12-17 una nuova frase (93,r; 91,12; 94,1 ); ma si
(settimane 8-10). potrebbe trattare di una raffinatezza ciel co-
92 Cfr. ScnwEIZEll, op. cit. (- n. 90) no s, pista impiegata in un secondo tempo. Una
(bibl.) con leggera differenza di conteggio. cosa analoga è supponibile anche per I o. 10.
9l Cfr. la severa contestazione di un esperto: rn Inducono a pensar cosl anche gli studi sul-
C. H. RoBERTS, The Christian Book and the la tecnica compositiva di Giovanni, cfr. J.
Greek Papyri: JThSt _50 ( 1949) 163: «simili ScHNEIDER, Zur Komposition von ]oh 10:
calcoli non possono esser presi sul serio». ConNeot II (1947) 220-225.
91 STRACK·BILLERBECK IV 116 s. 9J La descrizione ha una validità universale,
95 ROBERTS, op. cit. e- n . 93) 163; O. RoL- che trova sintomatiche nnalogie nei sinottici:
LER, Das Formular der paul. Briefe, BWANT cfr. Mc. 4A·8.26·29 par.; Mt. 13,Jr-33 par.
1219 (v11494) 'JtOLµfiv x-rÀ.. DIV 3b (Joach. Jeremias) (VI,495) 1220

rezza» 99, mentre davanti a uno scono- La seconda delle due pericopi è in-
sciuto prendono la fuga (vv. 3-5). La pa- trodotta dalla frase interpretativa <do
rabola risale a un'antica tradizione pale-
stinese 100• Tutto ciò che segue non è che sono il buon pastore» (v. 11°}, con In
interpretazione allegorica e parafrasi, quale Gesù identifica se stesso col pasto-
nello . stile vivacemente pittorico degli re della parabola (vv. 1-5, ~ v, coli. 40
. orientali, di due concetti presenti nella
ss.). Egli precisa subito come si caratte-
parabola stessa, cioè la 'porta' (vv. 7-10)
e il 'pastore delle pecore' (vv. u-18), rizza un vero pastore, cioè con la disposi-
applicati al Cristo 101 • Ambedue queste zione a dar la vita per il gregge (v.
pericopi esplicative banno la medesima 104
II b) ; conforme alla tecnica usata nel-
struttura: prima di tutto, conforme alla
tecnica seguita anche da Mt. 13,37-39, _la parabola (vv. 1.5) e nella prima pe-
si ha la formula interpretativa (vv. 7. ricope esplicativa (vv.8.10} la -frase è
11 8 ); segue, per. dar maggior rilievo, - ill~strata con un confronto, che que-
come nella parabola stessa - un con-
fronto (vv. 8.II b-13); a questo punto sta volta è con il mercenario (~ vn,
viene ripetuta la formula interpretativa col. 368): questi non ha nulla a che
(vv. 9.14 8 ) , di cui nella conclusione sa- fare con un pastore autentico 11.t>; difatti
rà dimostrata la verità (v. 9 b s.; 14 b_
nel pericolo prende vilmente· la fuga
r8). È cosl, nel modo più semplice, si
può spiegare tanto Éyw dµL Ti Mpa .(vv. (vv. 12 s.).' I vv. 14 s. (come il v.. 9) ri-
o
7.9) quanto Éyw dµL 7tOLµ.i)v xa;Mç o prendono la formula interpretativa e,
(vv. 1I.r4). Se questa spiegazione è e- valendosi delle due caratteristiche in-
satta, Èyw dµi ""'À.. («la porta [delle
pecore] sono io. [vv. 7.9], il buon pa- dicate nei vv. 3-5 e I I b-13, mostra'.lo
store sono io» . ( vv. I r.14]) non è una come esse definiscano appieno la .figura
formula di rivelazione derivata dal lin- di Gesù : egli è davvero iI pastor bonus,
guaggio sacrale d'oriente •in, ma sempli-
cemente una formula esplicativa della come provn sia l'intima comunione
parabola ~QJ. che lo lega ai suoi (vv. 14 ~-15 ") 1116,
99 BuLTMANN, ]oh. 283. rischia la vila per le pecore), nell'applicazione
100 Cfr. per Io. 10,3 (-ca tlìLa. 1tp6~rna. !pW\IE~ a Gesù (w. 15.17 s.) il secondo (io do la mia
xc:-c'o\loµa) ~ n. 52. Un indizio di antichità vita per le pecore).
si può scorgere anch.e nel v. 6: Gesù propone
ICl.'i v. 12: xat oux ~v 1tOt.µl}v: la negazione
_la parabola ai suoi avversari. ~ ]EREMIAS,
ov, che nella koiné è irregofare col participio
Gleichnisse 23-31; J. A. T. RoBll'!SON, The Ptt- {in Io. figura solo qui), dà un tono enfatico
rabie o/ fohn z.o,1-5; ZNW 46 (1955) 234 s. alla negazione (BLASS-DEBRUNNER 430,1 ). s
101 Cfr. FASC~ER, : op. èu. (~ n. 88) ,;12;
ScHNEIDER, op. cit. (-+ n. 97) 220-225. lt>S ~ difficile che nei w . 14 s, (conoscersi a vi-
IO? BuLTMANN, ]oh. 16.7 n. 2, . cenda) si debba r iiw isare una formula della
101 L. CERPAUX, Le thème litléraire par.ibo- mistica ellenistica (BULTMANN, ad/,), Si trntta
lique dans l'évangile dc saint Jean: ConNeot piuttosto di un semitismo: l'ebraico e l'ara-
I I (1947) 15·25, . maico non dispongono del pronome reciproco
111<1 Il semitismò -td>lw.c~ -di\I ~Xii\I (~ IX, e ·sono costretti a esprimere il rapporto mli·
col. 421) può avere due significati: ·1. rischiare tuo con un giro di parole (cosl in Mt. n,27).
la vita, 2. dare la. vita. Nella frase genetica di Convalida questa tesi anche il colore semitko
xo,n b , in cui l'articolo ha valore generico, è di rwwCTXEW nei l/V. 14 s.; cfr. W. L. KNox,
presente il primo significato (un buon pastore Some Hellenislic Elements in Primitive Chris-
1221 (v1,495) 1tOLµ1Jv xi:}.. . DIV .3b-4 (Joach. Jeremias) (VI,496) 1222

sia il dono della vita (-7 n. 104) per li che viene radunato) concordano con
li gregge (vv. 15h_17 s.). Il discorso Je autodichiarazioni di Gesù nei sinotti-
~aggiunge il punto. culminante nel v . ci(~ coll. 121oss.). Nuova invece, ri-
16: Gesù è pastore non solo per Israe- spetto all'A.T. e agli enunciati sinottici
le, ma pà tutti (-7 III, col!. 298 s.) 107 • sul pastore, è soprattutto l'idea che la
Quando egli trarrà a sé le 'altre pecore', morte del pastore è volontaria e vicaria,
si realizzerà la promessa: µlcx. 7tolµvn affrontata a favore .del gregge; qui le
(cfr. Mich. 2,12), t!ç 1tOLµl]v (fa:. 37, profezie della passione e l'evento storico
24; 34,23 -7 col. n99), cioè si avrà della morte in croce hanno condotto ad
«un solo gregge e un solo pastorel>. Nel- elaborare un primo accenno, già pre-
la finale ( vv . 17 s.) · si passn dal dono sente in Mc. 14,27 s. Nessun influsso
della vita (-7. VI, col. 923) alla ripre- viene dal sincretismo e dalla gnosi: gli
·s::t di questa vita. Per 10,25 ss. ~ unici tre testi, per altro tardivi, che po-
coll. l 2 34 ss. trebbero esser portati in campo appar-
tengono alla letteratura mandaica 112 (fra
. c) Quanto alla provenienza della fi-
essi due allegorie del pastore molto pro-
gura del pa~tore in Io. 10, il fondo pa-
lisse del Libro di Giovanni); ma sono
lestinese dell'immagine 108, i numerosi
evidentemente costruiti su libere remi-
s~mitismi ul9, la quantità di richiami al-
niscenze di Io. IO m.
l'A.T. (specialmente a Ez. 34) 110, con-
cordemente rimandano al mondo ve--
4. Nella letteratura .post-ca_nonica e nel-
terotestamentario-palestinese 111 • Inoltre /'arte paleocristiana
i tratt~ essenziali della peri~ope esplicati-
Fin dal sec. II, quando si parla di Cri-
va di 10,n-18 (Gesù pastore, la compo- sto pastqre, accanto al momento sote·
~ente dell'autorità del pastore lasciata riologico vien dato sempre maggior ri-
in ombra, la schiera dei discepoli assimi- lievo a quello didattico 114• Citiamo co-
me esempio l'epitaffio di Abercio (righe
lata al gregge a cui il pastore va innanzi, 3-6): «Mi chiamo Abercio, sono disce-
:b. morte del pastore, il gregge dei popo- polo del casto pastore che pascola greg-

liattily (1944) 7. 109 SCHLATTER, ]oh. 233-239.


101 Manca qualsiasi argomento linguistico. o 11a E. C. HosKYNs-F. N. DAVEY, The Fourth
stilistico a sostegno della tesi -che il v. 16 non Gospe/2 (1947) 366-368; C. H. DoDD, The 111-
sin giovanneo e quindi si tratti di un'aggiunta. terpretation of the Fourth Gospel ( 1953) 358-
Per l'universalismo del v. 16 ~col. 1236. 361.
103 ~ DALMAN 229-231.234 s. 248.255.284 s, 111Non si può .accertare un influsso della tra-
o
Palestinese è anche la formula 7totµ1Jv 6 xcx.- dizione rabbinica.
Mç ::: r6'ch !6b (STRACK-BILLERBECK n 537), rn LIDZBARSXI, Gim:a 181,18 ss. LIDZBARSKI,
ro'eb jiifeh (ibid.), dr. r6'eh ne'cmiin (Mek. Johannes 44,25-514; 51,5-54,5,
Ex. 14,31 e P. F1ElllG, Vie Mekhilta u. dar m Diversamente SCHWEIZER, op. cii. (~ n.
Joh.-Ev.: Angeles I [ r925) 57-59; 1 Q 34 .,, 90) 64-66; BuLTMANN, ]oh. 279·28x.
fr. 3 Il 8). 114 Il materiale sul pastore e il gregge nella
'lto~µ1)v X'tÀ. DIV 4-v (Joach. Jeremias)

gi di pecore per monti e per piani e ha me» !20, ha recentemente ceduto il posto
grandi occhi che dall'alto guardano per a una significazione più complessa: si
ogni dove. Egli mi insegnò pure ... "' tratta di colui che porta salvezza; re-
una scienza sicura» 116• Questo Cristo dentore e maestro(~ coll. 1223 s.) SO·
pastore, divenuto maestro di una vera no congiunti 121 • Determinante per que-
conoscenza di Dio, è prova della gran- sta nuova interpretazione fu il riconosci-
de influenza che ora hanno sulla cristo- mento che l'arte paleocristiana dev'esse-
logia le concezioni ellenistiche. Filone re spiegata alla luce della letteratura cri-
aveva presentato il Logos come pastore stiana dei primi tempi.
dell'umanità 117• Lo svilupparsi di una
speculazione sul Cristo-Logos, determi- V. Il nome di pastori dato ai capi delle
nata dalla gnosi e dalla controversia con- comunità
tro di essa, ebbe come conseguenza che
il Cristo si rivestl sempre più dei tratti Soltanto in un passo del N.T. i ca·
e dei simboli del Logos-pastore m. Non pi della comunità sono designati col no·
si deve tuttavia dimenticare una impor- me di pastori: nella lista di ministeri
tante differenza: mentre il Logos-pasto-
re di Filone ha il compito di liberare che si legge in Eph. 4,II {~ n, coli.
l'uomo dal dominio dei sensi e della II52). La mancanza dell'articolo davan-
realtà materiale, i1 A6yo~-I1oLµ1)v Cri- ti al successivo Sioa.uxocÀ.ovc; ('toùc; È o
sto conduce i sensi all'eterna salvezza
mediante la trasmissione della divina ve- 1CotµÉ\la.c; xa.t 8i8a.uxaÀovc;) mostra che
rità 119• A partire dal sec. III (non prima) i 'pastori' formano un sol gruppo con i
si trovano, specialmente nelle catacom· 'maestri', evidentemente perché gli uni
be, numerose figure che presentano Cri·
e gli altri prestano servizio in ciascuna
sto come il Buon Pastore: in aspetto di
raggiante giovinezza, con una pecora sul- comunità. Tuttavia il termine 'pastori'
le spalle o attorniato dal gregge. L'in- qui non è ancora titolo fisso indicante il
terpretazione unilaterale un tempo con- ministero 122• Lo si vede chiaramente
sueta, che ascriveva questa figura al sim-
bolismo funerario che avrebbe visto quando l'uso linguistico di Eph. 4,u
in Cristo 1'«accompagnatore delle ani- viene in,serito in un contesto più va-

letteratura protocristiana fino a Clemente A· altchristliche Monumente (1880) 69; W.


lessandrino è stato raccolto da ~ KEMPP NEuss, Die Kunst der alten Chrislen (1926)
42-65. 35; ]. SAUER, art. 'Hirt', in LexThK 5 (1933)
m Lacuna. 78; H. LIE.TZMllNN, Gesch. der alten Kirche Il
116 Edito da TH. KLAUSER, art. 'Aberkios', in (r936) 138; F. GERKE, Die chr. Sarkophage
RAC I 13. Oggi dai più si riconosce a ragione der vorkonstanlinischen Zeil: Studien zur
la provenienza cristiana dell'epitaffio, scoperto spiitantiken Kunstg~schichte I I (1940) 317.
nel 1883 e databile intorno al 200 d.C.; dr. 121 --+ 1,0-195; --+ BBRTRAM 276 s.;
KEMPP
H. STRATHMANN, art. 'Aberkios', in RAC r 16. J. KOLLWITZ, Das Christusbild des J. ]hdts:
111 ~ coli. 1204 s.; ]. QoASTEN, Der Gu/e
Orbis Antiquus 9 (1953) 6-22.
Hirte in hell. u. friihchristlicher Logos/heolo·
gie, in Heilige tlberlie/eru11g, Festschrift ffir I. 122 PH. H. MP.NOUD, L'Eglise et /es miniil~rcs
Herwegen, ed. O . CASEL (1938) 57-58. se/on le N.T., Cahiers théologiques de l'ac-
li& 4 KRMPP 150-195. tualité protestante 22 (1949) 44; in Eph. 4,
119 QOASTE.N, op. cit. (4 n. u7) 55 s. l 1 considera come identici i 'pastori' e i 'mae-
120 V. ScttuLTZE, Archiiologische S1udien iiber stri', ma a torto.
1t~tµi]v X"tÀ. D V·E (Joach. Jeremias)

sto. I documenti successivi m mostra- rà, premierà il loro servizio (v. 4).
no infatti che quando i capi delle
Questa assimilazione dei capi deJle
comunità sono chiamati 'pastori', si comunità ai pastori ha l'analogia più
continua ad aver presente la metafora; stretta non nel mondo greco 126, ma in
Io stesso vale per quei testi in cui si Dam. 13,9 s. [ 16,2 s.] (--')>coli. 1202 s.),
dove il compito del mebaqqer, (aver
usa il verbo n:otµc:tl\/EW per connotare pietà come un padre di coloro che gli
l'opera dei capi della comunità (r Petr. sono affidati, liberarli dal peccato e scio-
5,2; Act. 20,28; Io. 21,16) o il sostan- glierne i legami a guisa di pastore) cor-
risponde alla mansione del 1tOLµ1rv nel
tivo 1tolµvtov ·per la comunità stessa primo cristianesimo. Anche sotto altri
(--')> coJl. 1233 s.). Con 'pastori' s'inten- aspetti la Lettera agli Efesini rivela nu-
dono i dirigenti della comunità ( itpE- merosi contatti con i testi essenici (--')>
c;~u'ttpot [r Petr. 5,1; Act. 20,17]; btl·
vm, coli. 842 s.).
cÌ'xo1tot [Act. 20,28] ), in Ignazio si in-
E. IL PASTORE DI ERMA
tende il vescovo (Phld. 2,r; Rom. 9,1);
solo in Io. 21,15-17, dove si narra l'in- Nell'apocalisse di Erma, composta
probabilmente a Roma prima della me-
vestitura di Pietro a pastore, ad opera tà del sec. n, compare un angelo del-
di Gesù risorto, sembra che il campo la penitenza in abito di pastore, che
della sua attività sia tutta la chiesa. trasmette rivelazioni 127 • Da questo pa-
store-angelo lo scritto trasse fin dal sec.
Compito del pastore è prendersi cura II il nome di Pastor (Hermae), cioè
della comunità (Act. 20,28; r Petr. 5,2- il 'pastore apparso ad Erma' 123~ Inviato
4; Ign., Phld. 2,1; Rom. 9,1) 124, andare dall'angelo più santo di tutti, cioè da
in cerca dei perduti (Mt. 18,12-14 •2.'l, Cristo (vis. 5,2, cfr. sim. ro,1,1), questo
pastore è maestro, educatore, angelo cu-
cfr. 12.JO par. Le. rr,23) e tener lon- stode e accompagnatore di Erma, il cui
tana l'eresia (Act. 20,29 s.). Il compor- compito consiste nell'annunciare l'invi-
tamento dei pastori serve da esempio to alla penitenza a lui rivelato.
Il motivo del 'pastore' tramite di una
al gregge (r Petr. 5,3). Il pastore su- rivelazione non ha radici nell'ambito
premo (--')> coll. l 2 I4 s. ), quando appari- neotestamentario. Qualche analogia si

121 lgn., Phld. 2,x; 1),.;ou liÈ ò 1tOtµ1}v lcr'ttV, di pastore è testimoniato per i fondatori e i
lxE~ wç np6{Ja;w. àxo>.ou~Ei:·n. Cfr. Rom: 9, capi sacrali di assòciazioni greche; cfr. E.
I : µVl)f..U)VEUE"tE ÈV "tlJ 1tpOCTEV)(TI Oµ{;jv 'ttlç MAA:?, Orphe11s (1895) 180 s.
lv r.uplq. btxÀ.lJCTlaç, -D·nç &.v"tt lµoi:i notµlvt 121 In Herm., da vis. 5 fino a sim. 9, colui
"tfi'.> ~l{j XPtl"ta.t. Herm., sim. 9,31>4·6. che trasmette la rivelazione è l'angelo pastore;
124 Secondo r Petr. 5,3 e asc. Is. 3,23-25 sem-
solo nelle vis. 1-4 (forse la parte più antica
bra esservi compresa l'amministrazione delle dello scritto, cfr. DIDELIUS, Herm. 421) il
finanze. compito è affidato a una vegliarda.
125 ~ difficile che in Mt. 18 possa essere in-
dicato, come si crede di solito, un ordinamen· 126 La testimonianza più antica in Can. Mu-
to della comunità; si trotta piuttosto di un ral., righe 73 ss, (KIT 1 [1902]): paslorem
ammonimento ai capi ~ v, coli. 567 ss. uero 11uperrime temporibu1 11ostris i11 urbe
126 Solitamente si mette in rilievo che il titolo roma berma conscripsit.
'itOtµi)v x;i:À. E - 1tol1.1.\IT), 'JtOlµ\itO\I A (Joach. Jeremias)

può trovare solo negli scritti ermetici. stie i; in cifra tonda Luca (I 5 ,4) parla
Nel primo trattato del Corpus Herme- di 100 pecore, e come numero alto 2
ticum, il Poimandres, la rivelazione è TBQ 6,20 di 300.
trasmessa mediante un «essere di gigan-
tesca grandezza» ( 1 ,r ), che si presenta In Mt. 25,32 si ~ratta .di un gregge
come «Poimandres, il nous della pc>te- misto. In Palestina fin dall'antichità ~ra­
stà suprema» (lloiµ<ivopl)c;, ò "t'ij~ a.ù- na diffusi questi greggi composti di pe-
ltEv'tlm; Noùc;: 1 , 2 ) . Benché ci si possa core e capre; lo dimostra il termine !i5'n,
chiedere se davvero il nome Il6Lµ<iv-
op11c, in origine si ricolleghi a 1toiµa.l- che nell'A.T. connota insieme i due tipi
\/Ei\I 129, è stato tuttavia inteso, con una di animali . .Pecore e capre pascolano in-
etimologia popolare, come 'pastore de- sieme <;lurante il giorno, ma alla sera il
gli uomini' uo. Sarebbe questa la sfera
ideologica da cui l'autore del Pastore pastore le separa (Mt. 25a2) 3 , perché le
di Erma avrebbe preso il suo motivo capre, sensibili al freddo, hanno biso·
del pastore-angelo mediatore di rivela- gno di un ambiente più tiepido delle pe-
zione m.
core, che di notte, amano l'aria fresca 4•
Per il pernottamento dei greggi da pa-
rcolµvl}, t rcolµvtov
scolo (~ col. 1I94 n. 3) durante l'esta-
A. I GREGGI DI BESTIAME MINUTO IN te, di solito si univano insieme più pa-
PALESTINA stori coi loro greggi, coµie avviene an-
1tolµv11, nolµvtov nel N.T. connota cor oggi s; ciò è presupposto sia da Le. 2,
senz'altro il gregge di bestiame minuto. 8 (plurale: 1tOtµÉ\IE~} sia da Io. I0,4 ("t'à
La consistenza di questi ·greggi oggi in
io~a); ma in Le. 2,8 si tratta di un per-
Palestina oscilla fra i 20 e i 500 capi;
fra i beduini è considerato piccolo greg- nottamento in aperta campagna, per
ge (cfr. Le. 12,32) ·quello di 20-30 be- il quale, quando più pastori si trova-

129 C. H. Dooo, The Bible and the Greeks dal Corpus Hermetic11m è tuttavia da esc!u·
(1935) 99 n. 1 sostiene, d'accordo con F. dere, perché quest'ultimo rappresenta una
GRIFFITH (in W. ScoTT, Hermelica ll [1925] forma tardiva della gnosi;· cfr. E . H1t.ENCHEN,
16 s.) la derivazione dal copto 'lt-ELµt-V·pl) = Au/hau 11nd Theologie .des <1Poimandres»:
«la conoscenza del dio Sole». ZThK 53 (1956) r91 .
1311 Corp. Herm. 13,r9: Myov yà.p 'tÒ\I O'Ò\I
(di Dio) no~µalvE' o Nouç ( = Poimandres). 1tGlµVI), 1tOlµVLOV
G. D1t.LM1t.N, Arbeit 11. Sitte in Paliistina VI,
Una testimonianza più ampia è offerta dal
trattato alchimistico di Zosimo, dove il nome BFTh II 41 (1939) 146-213.246-287.
1 ~ DALMft.N 246.
è Ilo~µEvlivrip (uomo-pastore); dr. C. F. G.
HEINRICI, Die Hermes-Mysfik 11. das N.T. l Non come. numero normale, come vorrebbe
(1918) 15 S . ~ DALM!t.N 248.
m A favore di questa tesi sta anche l'affinità l Ml. 2 ," '32 (wamp & 1tOLJ.1Ì)V . aq>opl~EL 'tà.
fra l'inizio della visione in Herm., vis. ,,1-4 e 7tp6~cmx cbt~ 'tWV tp!q><.>v) non intende la
in Corp. Herm. r,1-4. In ambedue i casi si sepnra2ione dei maschi dalle femmine (pecore
chiede all'apparso chi è, ed esso si presen· e capri), ma delle pecore (bianche) dalle capre
tn in Erma come o TCoi.µ1Jv e nel Corp11s (nere).
Herme1ic11111 come 6 Iloiµav5P'!lc;, e si tra· 4 ~ DALMAN 276.
sforma. Una dipendenza letteraria di Erma s ~ DALMAN 276 s.
1t6lµ<JTJ, 1tolµv~ov A-B (Joach. Jcremias) (VI,499) I2JO

vano insieme, in genere si risparmiava profetici e della . preghiera {Salterio).


la fatka di allestire speciali difese 6, Con molteplicità di formule Israele è
mentre in Io. 10 i greggi passano la chiamato 'gregge di jahvé' 9 , 'popolo del
notte ·in un recinto (vv. r.r6: cx.u}.1)) suo pascolo' 10, 'pecore del suo pasco-
appartenente al villaggio, circondato da lo' 11 , 'pecore della sua mano' 12, 'pecore
muri e . provvisto çli una porta che. si di tua {di Di~) proprietà» 13, 'pecore mie
poteva chiudere 7• Oltre ai ladri (Io. IO, {di Dio)' 14• Israele è possesso di Dio e
l .8.10), il pericolo viene dalle fiere, spe- può abbandonarsi con piena fiducia alla
cialmente dai lupi(~ VI, coli. 829 ss.), guida, alle ~ure e alJ'aiuto del suo pa-
e il pastor.e, armato, dev'essere sempre store: questo vuoi dire la metafora.
pronto a difendere il suo gregge (.M t.
In Ecclus r 8,13 l'immagine di Dio
10;16; Le. IO.J; Io. 10,12; Act. 20,29). pastore acquista una portata universale.
A differenza degli uomini «la misericor-
dia di Dio si estende su ogni carne; in-
B. LA COMUNITÀ DESIGNATA COME dica la strada giusta, educa, ammaestra,.
GREGGE NELL'A.T. E NEL GIUDAISMO. riconduce sul retto sentiero wc; 1tOLµ'l)v
PRECRISTIANO
'tO 1tolµvLoV aÙ'tOV». Questo universa-
lismo ricompare, benché limitato all'e-
poca del compimento, alla fine della
Anche Israele, come tutto l'Oriente, grande visione del pastore, in Hen.aeth.
ama de~ignare. il popolo come gregge 8 • 85-90, dove la storia di Israele è ampia-
Ma in Israele l'uso profano dell'immagi- mente descritta sotto l'immagine di un·
gregge. Qui, dopo il giudizio finale (90,
ne è minimo rispetto a quello religioso. 3 r ), «tutti gli animali della terra e. tutti
La designazione di Israele come gregge gli uccelli del cielo» sono radunati in u-
di Dio, gtà implicita in quella di Jahvé na nuova dimora (v. 33), essi invocano
sempre il torello bianco, il Messia (v.
come pastore di Israele (~ coll. r 197
37 ), e sono trasformati in bianchi torel-
s.), è ac~e_nnata una prima volta in Os. li, mentre il Messia diventa un bufalo
4,16 («ora Jahvé li pascerà come un a- (v. 38} In Ps. Sal. 17,40, bençhé il 1tolµ-
gnello ... ?>>, cfr. r3,6) e a partire da Ge- \ILOV xuplov pascolato dal Messia (~col..
r203) sia limitato a Israele (v. 42), fo
remia (r3,17; 23,1 s., dr. 50,6) diviene sovranità messianica si estende anche
una componente regolare dei discorsi· sui popoli pagani (vv. 30-32.34) 15•

0 G. DALMAN, Orte 11. W ege ]esu 3, BFfh u li Ps. rno,3: 1o't1 mar'it6, cfr: 7~,1; 79,13;
I (r924) Jl·5J· Ier. 23,1; E:t. ·34,31.
7 ~ DALMAN 284 s. 12 Ps. 95,7: !6'n jod6.
8 · Cfr. Ps. 23,1-4; 28,9; 68,8; 74,r; 77,21; 78, JJ Mich. 7,14: !O'n 11af?lilo1ekii.
52 s.; · 79,13; 80,2; 95,7; 100,3; 121,4. Cfr. u Ier. 23,2 s.; Ez. 34,6.8 e passim: !0'11i;
I Reg. 22,17. Anche i popoli pAgani sono assi- cfr. Is. 63,1r.
milati a greggi: fr 13,14; Ier. 25,34-36. 1s Filone (al contrario di Aristotele, per es.
9 Ier. 13,17: 'eder ihwh; Is. 40,11; Zach. IO, poi. x,2 [p. 1253 a 3-8]) talvolta al paragone
3: 'edr6. degli uomini con· un gregge dà un senso peg-
rn Ps. 95,7: 'dfn mar'ito. giorativo (congr. 174); nessuno degli uomini
1231 (VI,499) 1tOlµVI), 1tOiµVtOV C I-2 (Joach. Jeremias) (v1,500) 123:?

C. LA COMUNITÀ COME GREGGE NEL N.T. 34); Matteo, come motivo di questa pie·
tà, nomina inoltre lo stato di disperazio-
I.L'uso linguistico dell' A.T. che ne in cui si trova il gregge, completa-
parla di Israele come del gregge di Dio mente sfinito e caduto nell'inerzia (9,
(--+ coll. 1229 ss.) continua nei sinot- 36).
tici. Risulta con assoluta evidenza dal-
le parole di Gesù come egli sia inviato La concezione veterotestamentaria di
Israele come gregge di Dio fa sentire
e mandi a sua volta i propri discepoli il suo influsso anche nell'Apocalisse,
alle «pecore perdute nella casa d'Israe- quando, citando !JJ 2,9, si dice che al
le» ('tà. Ttpo~aw. -cà. à.1toÀwÀ.6'ta otxou suo ritorno il Cristo (Apoc. 12,5; 19,
I 5) o il vincitore ( 2 ,2 7) «pascerà con
'fopa1}À.: Mt. 15,24; rn,6) 16• Dato che
verga di ferrm> (il gregge dei) pagani (~
il genitivo otxou 'Icrprx:-1)}. si deve inten- coli. 1215 s., n. 87), cioè li nnnienterà
dere come epesegetico 17, il logion di- (cfr. 2 1 27 b; 19,15).
chiara che tutto quanto Israele, anche
gli uomini pii, agli occhi di Gesù so- Tuttavia Gesù applicn l'immagine
2.

miglia a un gregge abbandonato e in- del gregge di Dio per lo più alla schiera
difeso. La variante di Le. 19,10, ripren- dei discepoli, considerati come il popolo
dendo Ez. 34,16 (--+col. 121 l n. 71 ), ag. escatologico di Dio (Mc. 14,27 s. par.
giunge che è compito di Gesù andare Mt. 26,31 s.; Mt. 10,16 par. Le. 10,3;
in cerca (~T)'ti')ctc.tL) delle bestie sban- Le. 12,32; Io . 10,1-29, dr. 16,32}; an-
date del gregge e di portarle in salvo che questo uso linguistico si riannoda al-
(uWo'aL) 18 . Marco, citando Num. 27,17, 1'A.T. (--+ coJl. l 199 s.). Nel logion di
osserva che proprio la mancanza di pa- Le. I 2,32, che in origine costituiva un
store muove a compassione Gesù ( 6, passo isolato 19 e che risale alla tradizio·

del gregge ( -cùw lt.yEÀ.IXlwv) è fatto partecipe doè alla casa d'Israele) e allora Gesù designa
della vera vita (mut. nom. 213). Con questo come gregge perduto la casa d'Israele nel suo
non vuol dire, tuttavia, che la riunione degli complesso. L'uso linguistico vetérotestamen-
uomini in società sia senz'altro uno spregevole tario (ler. ,o,6; Ez. 34,5 ss.; ls. 53,6) te-
esser gregge (deca/. 132). Spesso designa come stimonia in favore della seconda interpreta·
gregge anche le facoltà irrazionali dell'anima zione, e cosi pure h contrapposizione nel con·
generate dall'uomo, che hanno bisogno di pa- testo di Mt. 15,24 (Israele/pagani) e xo,6
store; dr. ad es. poster. C. 66 e conisponden· (Israele/pagani, Samaritani).
temente agric. 26,66 (~col. 1204). 18 Per la riunione del gregge disperso come
16 Per l'antichità del logion ~ col. nu n. 70. simbolo del tempo di salvezza che oramai ir-
17 Il genitivo nella frase Eti; ( 7tp~ç) "t'à. np6- rompe ~ coli. 1210 s., n. 69. L'immagine della
~ct-ca. "t'fL 6.no)..wM'tix otxov 'Iapa:I)').. (Mt. pecora perduta e ritrovata sta alla base anche
IJ,24; rn,6) si può intendere in due modi: di Le. 15,24 (ijv &.1to).w).wc; xat Eùplfrr}) e 32.
può essere genitivo partitivo (alle pecore per· I? Le. 12,32 è solo di Luca e fu aggiunto al
dute della casa d'Israele) e allora la missione contesto della tradizione riferita in Le. 12,22·
di Gesù è limitata a una parte d'Israele; op- 31, par. Ml. 6,25.33, grazie alla parola-chiave
pure genitivo epegesetico (alle pecore perdute -c'ijv ~aoùdixv (vv. 31/32).
1233 (v1,500) 'lto(µvl), 'ltO(!.l\M\I C 2 (Joach. }eremias) (v1,501) 1234

ne aramaica 20, Gesù parla dei suoi come del nuovo popolo di Dio con il gregge
piccolo gregge. Egli collega l'immagine continua ad essere un traslato cor-
del gregge di Dio col motivo del ribal- rente 22. Cosl nel IV Vangelo il gregge
tamento escatologico delle situazioni è uno dei termini che sostituiscono ~x­
quando, riferendosi a Dan. 7,27 (~ n. XÀ."l)crla, che invece manca; nella I
20 ), dice ai discepoli che, nonostante il Clem. 'gregge di Cristo' (~ n. 22) è
loro piccolo numero, devono andare in- persino una perifrasi per 'comunità'. I
contro senza paura alla persecuzione che membri del gregge di Gesù hanno que-
1i minaccia, perché sono il «popolo dei sto, di caratteristico, che conoscono il
santi dell'Altissimo» a cui è promesso buon pastore (Io . 10,4 s. x4), gli credo-
«regno, dominio e potenza sopra tutti i no (v. 26), ne ascoltano la voce e lo se-
regni» (Dan. 7,27). La minaccia che in- guono (v. 27).
combe sul gregge escatologico di Dio
Per la concezione giovannea del gteg-
non proviene solo dal di fuori, ad opera gc di Gesù è importante Io. 10,26: 0:.À.-
dei lupi a cui esso è esposto senza di- À.à. uµEi:c; où mcr-tEUE't"E, O't"L oùx ~O"i:t
fesa (Mt. 10,16 par. Le. 10,3 ), ma Éx -rwv TtpoBCX.'tw\I i:wv ɵwv, «ma voi
non credete, perché non siete delle mie
anche dal di dentro, ad opera di lupi in pecore». Questa frase potrebbe essere in-
vt:ste di pecore (Mt. 7,x5). Nell'ultima tesa in senso predestinazionistico («voi
tribolazione che gli strapperà il pastore, non [potete] credere, perché [per divi-
na predestinazione] non appartenete al
esso sarà disperso ai quattro venti, ma,
mio gregge»). In questo caso il gregge
passato il tempo della prova, il pasto- indicherebbe non la chiesa, ma la mol-
re di nuovo lo guiderà (Mc. 14,27 s. titudine dei predestinati 23 , ivi compresi
par. Mt. 26,31 s. ~ col. 1213). Allora quei figli di Dio che non appartengono
ancora alla chiesa, ma si trovano dispersi
anche i giusti provenienti dei pagani di- per il mondo (Io. n,52). Sullo sfondo
verranno sua proprietà (Mc. 25a2) 21 • di questa concezione starebbe il mito
gnostico del corpp dell'uomo primige-
Nella chiesa primitiva il paragone nio (Urmensch) lacerato dalle potenze

n L'uso del nominativo preceduto da articolo 11optic Gospe/s <111d Acts [1954] 145).
(TÒ µtxpòv nolµ'lltov) in luogo del vocativo 21 JoACH. ]EREMIAs, . ]em Vcrheissu11g fiir
è un semitismo (BLASS-DEBRUNNER § 147,3); die Vo/ker (1956) 54s.
i termini nolµvtov/EU1ì6x.TJO"E\I in aramaico 22 Act.. 20,28 s.; I Petr. 5,3: -cò 1tol1LvLov;
sono legati da un gioco di parole (mar'ita/ra'e; I Petr. 5,2: -tò 1tolµvto\I -cov i>EoÙ (dr. LXX
M. BLACK, At1 Aramaic Approach lo the Go- ler. 13,r7: -rò TColµvLo\I xupCov); I Clem. 44,
spclI a11d Acts' [1954) 126); la formula /ìou· 3; H,2, dr. 16,r: -i:ò noCµvtov -i:ou Xptunu;
\llXL -.i)v ~a::nÀEUtV (senza aggiunta a ~<XO"L· e inoltre lo. ro,26 s.: -cà. np6~a-tci 'tct fr.La
).Ela) nel senso di «dare (la partecipazione al) (scii. di Gesù); 21,r6 s.: ..-à. npo~a-i:tci µou;
regno», si riallaccia a Da11. 7,27: 111alkuta... v. 15: 'tà. d:.pv(a. µov. Anche a I Petr. 5,8
j'hibat. Quest'ultima espressione non significa soggiace I'immogine del gregge.
che ogni membro del gregge diventerà re, ma lJ BuLTMA.NN, }oh. :q6 (cfr. 284 s.) in lo.
che l'insieme del gregge forma la j3a.utf..Ela 10,26 scorge il «'pensiero prcdcstinazioni-
(J \Y/. DoEVE, ]ewish Herme11eutics in the S)•- stico' propriamente giovanneo».
1235 (vr,501) n6ÀE!~O:;, noÀEµÉw (0. Bauerhfeind) (VI,502) 1236

demoniache e ricomposto dal redentore del popolo giudaico (vv. 3 s.) e dopo la·
che raccoglie le anime .preesistenti di- resurrezione il buon pastore le aggre-
sperse nel mondo sotto forma di scin- gherà anche i figli di Dio provenienti
tille di luce 24 • Ma il contesto di Io. 10, dai gentili (v. r6).
26 non suggerisce affatto che l'evange-
lista si. richiami al mito gnostico (~
Nella chiesa delle origini gli orizzonti
col. 1222). Gesù, richiesto di dare a
se stesso una testimonianza messianica limitati a Israele sono caduti definitiva-
al di sopra di ogni equivoco (v. 24), ri- mente. A partire dalla morte e resurre-
sponde che già da gran tempo la sta zione di Gesù sono aggiunte al gregge
dando con le parole e con gli atti, ma
che non ha riscosso fede presso i suoi le
escatologico di Dio anéhe pecore che
intetlocutori (v. 25), dato che essi n9n per l'addietro erano 'errabonde' (z Petr.
sono dei suoi (v. 26). Dunque - come 2,25), che 'non appartenevano all'ovile'
Mc. 4,1 I s. - egli si limita a constatare
che la stessa testimonianza che presso i (lo. 10,r6), i 'figli di Dio di~persi' (rr,
suoi trova ascolto e obbedienza (v. 27), 52) provenienti dai popoli 15• Il conte-
per quelli che sono al di fuori rimane sto dei tre passi è unanime nell'asserire
invece incomprensibile e non trova fe-
che a tali pecore solo la morte espiatrice
de. Se ciò è giusto, il v. 26 parlando
del gregge di Dio intende la sua comu- di Cristo accorda il dono d( appartenere
nità, come anche altrove nella chiesa pri- al gregge della comunità salvifica.
mitiva. Durante la vita di Gesù essa
vien· chiamata fuori dell'ovile (avÀ.T]) }OACH. }ERBMIAS

t mlÀ.Eµoç, t 7tOÀ.EµÉw
SOMMARIO: fronti della realtà politica della guerra.
3. L'attesa di una situazione senza guerre
A. La concezione religiosa della guerra nella nel.primo periodo dell'impero.
grecità e nell'ellenismo: Il. La concezione religiosa della guerra ·11cl/'ll.
i. la problematica: T. e nel lardo giudaismo:
a) il punto di partenza: Omero ed Esiodo, r. elementi della tradizione rielaborati:
b) la prassi religiosa, a) la guerra santa,
c) riflessione criticR. b) la guerra di Dio contro Israele,
2. La comune posizione di fondo nei con- e) iniziativn divina e umana nella guerra.

24 BULTMANN, ]oh. 28,. Dogmatik m 4 (19;p) ,r,·538; F. BECK-


i; Spunti di tale universalismo nel tardo giu- MANN, Der Friede des Augustus (19,1); A.
daismo sono indicRti a ~ col. x230. BERTHOLBT, O. PROCKSCH, P. ALTHAUS, art.
'lt6À.EµO<;,, '!tOÀ.EµÉW 'Krieg', in RGG 2 m 1303-1312; W. BIENERT,
E. AuERllACH, J. GUTMANN, art. 'Kriegswc- Krieg, Kriegsdienst und Kriegsdiemtverwei-
sen', in EJ x 422-434; K. BARTH, Kirchliche gerung (1952), cfr. n8-122 (bibliogr. recen-
1237 (v1,jo2) 7tOÀ.Eµo·ç ; 7tOÀEµiw A r (0. ·Bimernfeind) (Vl,502) 1238

2. La problematico. lunga prevalente è quello di guerra, si-


3. La comune posizione di fondo nei con· tuazione di guerra o condotta della
fronti della realtà politica della guerra.
guerra (opposto di ~ dp-fivri, Plat,,
4. L'attesa di una situazione senza guerre.
5. Il tardo giud~ismo.
resp. 8,543 a) in senso proprio e tal-
volta anche traslato. Nei LXX 1tOÀ.Eµoc;
C. 1tOÀEµoç/1tOÀ.EµÉw nei N.T.:
. 1. la guerra nell'evento escatologico.
traduce generalmente milpìima e 1tO-
2. Gli nitri enunciati riguardanti la guerra. À.EµÉw il nif'al di lpm; unica eccezione
significativa il tardivo testo B di Iud.,
che porta rispettivamente TtapcX.'to:~tc; e
Il sostantivo (e i I verbo '!tOÀ.Eµlsw) è 1tCX.pCX.'taO'O'W.
attestato a partire da Omero, il verbo
'!tOÀ.EµÉw a partire da Erodoto. In Ome-
ro ed Esiodo il sostantivo è spesso sino- A. LA CONCEZIONE RELIGIOSA DELLA
GUERRA NELLA GRECITÀ E NELL'EL-
nimo di µ6:x:ri (~ VI, coll. 1427 ss.),
LENISMO
ma in Omero i due termini sono talvolta
associati (Il. 16,251; 20,18, ecc.), il r . La problematica
che vuol dire che si avvertiva qualche
diversità di significato 1. Poiché in en- Derivata senza dubbio dall'epoca pre-
trambi i casi l'etimologia è incerta, è dif- omerica è la convinzione che la divi~
ficile il confronto 2• Il significato di gran nità si compiace sempre delle guerre

te:); H. VON CAMPJ!NHAUSEN, Der Kriegsdiensl tiken W e/J: Philol. Supplcmentband 31,1
der Chrislen ìt1 der Kirche des Altertums, in (1938); W.F. OTTo, Die Golter Griechen-
Offener Horizont, Festschrift fiir K. Jaspers lat1ds J (1947) 222-256; G.v. RAD, Der heili-
(1953) 255-264; W. CASPARt, Was slat1d im ge Krieg im allen lsrael (1951); F. ScmvAL-
Buch der Kriege ]ahwes?: ZwTh .H (1912) LY, Se111;1ische KriegsalJertiimer, 1. Der heili-
no-158; O. ElssFELDT, Krieg tmd Bibel, g,e Krieg im allen lsrael (1901); E. SECKEL,
Rcligionsgeschichtlichc Volksbiicher v 15-16 Ueber Krieg und Rechi in Rom .(1915); W.
(1915); A. FRIDRICHSEN, Krig och Fred i Nya THEIMER, Geschichle der polilischen Idem
Teslamenlet, Uppsala Universitcts Arsskrift 3 (1955), soprattutto 359-3~1; H.TROMPY, Krie-
(1940); H. FucHs, · A11tike Gedanken iiber gerische Fachausdriicke im griechischen Epos,
Ktieg t1t1d Friede11 ( 1946); A. voN HAllNACK, Diss. Base! (1950); H. WtNDISCH, Der messia.
MiliJia Christi (1905); A. HEuss, Die archai- t1ische Krieg tmd da.r Urchrislenlt1m ( 1909).
sche Zeit Griechenlands al.r geschichtliche E- Cfr. pure 4 m, coli. 191 ss.: tlPTJVTJ.
poche: Antike und Abendland 2 (1946) 26- l In 110ÀEµ- il sostantivo è la base, il verbo
62; O. KERN, Krieg tmd Kult bei den Helle- è derivato; inversamente in µax-; quindi 110-
ne111 Rektoratsrcdc Balle (1915); S. KRAuss, ÀEµ- in origine designa una vicenda o una si-
:irt. 'Hecrwesen der Juden', in ]iid. Lex. Il tuazione (in Omero, ad es., la mischia della
1498-I50I; W. Ki.iNNETH, Politik :r.wischen battaglia, in opposizione a a:yopTj e a ~ou).i],
Diimon · und Gott (1954) 317-347; J. LAS- l'assemblea deliberante, Il. 1,490 s.; 2,273;
Sl'..RRE, Der Krieg und das Evangelim11 ( 1956); frequente ?toXtµo~o :ytcpvpat, espressione che
D. LoENl!N, Polemos, Ben s111die over oorlog ilJ designa posizioni nelle quali si è al sicuro dal
dc! Griekse 011dheid, Me<ledelingen der Ko· ;-;6XE110;), µaxEuflat invece un'attività. Per-
ninlijkc Nederlandse Akademie van Weten· ciò più tardi 1tOÀ.Eµ- indica una situa:r.ione di
schappen, Afd. Lettcrkunde, Nieuwe Reeks, guerra e µax- una singola bai/aglio [DEBRUN-
16,3 (1953); G.H.C. MACGREGOR, Friede auf NER].
Erden? (1955); E. Mi.iLLER, Friedens- u11d 2 Cfr. 4 TRiiMPY 122-136. Sull'etimologia
·wehrbereitschaft der Christen (1956); G. (tema: pelem = mettere in movimento, scuo-
NAUMANN, art. 'Krieg' in RGG' III 1770-1780; tere) cfr. WALDE-POK. Il .P s.; 4 BIENERT
W. NESTLE, Der Friedet1sgedanke in der an- 20, n. i;; 4 TRiiMPY 130-133.
1239 (vr,502) 7t6)..Eµoc;, 1to)..eµÉw A ia (0. B:mernfeind) (vi,503) 1240

sante 3, mentre sulle guerre iniziate rom- mostra drasticamente (Il. 5,85r ss.; 21,
pendo un patto giurato grava l'ostilità 385 ss.) la sua superiorità su Ares, sol-
degli dèi invocati nel giuramento 4• Fin tanto assetato di sangue, che nell'Olim-
dalJe origini, da cui derivarono sia la po stesso ha cattiva fama (Il. 5,890;
epica omerica che quella esiodea 5, ri- Od. 8,267 ss.).
sultano alcune linee di fondo relative
alla discussione dei problemi che si pon- Esiodo non avanza alcuna riserva
gono fra questi due poli. sull'origine e sulJa qualità divina di
Ares distruttore di città (Hes., theog.
a) Nell'epica omerica la guerra è stret- 922), e della dea Atena nota, senza isti-
tamente collegata con l'intervento degli tuire un confronto con Ares, che essa
<lèi (non è qui il caso di discutere se gode della guerra e della lotta (theog.
si tratti di divinità belliche in senso 926). Nel complesso, però, si fa strada
stretto 6 ). È tuttavia caratteristica della un altro modo di concepire il rapporto
concezione dell'età omerica, e quasi un fra il mondo divino e la guerra. Certo,
simbolo, la scena di guerra raffigurata anche per Esiodo dietro la guerra dei
sullo scudo di Achille, nella quale l'eser- mortali vi è la decisione degli immor·
cito è guidato da Ares e Pallade Atena tali, ma a questa decisione viene attri-
(Horn., Il. 18,516), una coppia di divi- buito un valore causale meno forte e
nità associate per la loro partecipazione diretto. La colpa diretta della guerra 8
particolarmente attiva alla guerra, e so- è deJl"'Ep~c,. non l"'EpLc; onorevole, an·
lo per questa ragione, dato che si trat- com vicina alle origini, dea della lotta
ta per il resto di divinità diverse e fra nobile e stimolante (op. 17-24), bensl
loro nemiche. Ares, di origine preome- l'Eris pazza · (<TXE't'À.lT) "EpLc;), venuta
rica, è l'immagine dell'eroe trascinato più tardi, che va nettamente distinta
dal selvaggio coraggio militare, ii-toc; dall'altra. Alle prime due età del mon-
'1toÀɵo~o, «insaziabile di guerra» (Il. do la guerra era ancora sconosciuta; sol-
5,388) e acpptù\I oc; ou 't'L\la. olSE ~É­ tanto la terza cominciò ad aver da fare
µt<T't'a., «senza riflessione e senza cerca- con essa, «gemebonda opera di Ares»
re da quale parte stia la ragione» (Il. (op. 145 s.). Alto compito di Esiodo è
5 ,761 ). Atena, invece, con la sua forza rendere agli dèi e agli eroi l'onore
operante - per nulla limitata al settore dovuto, ma non è suo compito aggiun-
bellico - esige e premia non lo slancio gere con lo stesso pathos: «anche In
selvaggio ma la riflessività degli eroi e guerra ha un suo onore». L'onore reso
della condotta della guerra 7 • Essa di- alla CTXE't'À.l'ì') "EpLç e alle sue conse-

J Il senso dell'ampiezza di questo concetto ha tormentato gli animi per secoli, come mo·
dev'essersi perduto presto, come risulta dagli stra Ja storia e la diffusione dello scritto Cer-
sforzi per farne comprendere l'uso in Ari- lamen Homeri et Hesiodi, cfr. E. BBnui:, art.
stoph., av. 556, cfr. J.W. WHITE, The Scholia 'Aywv 'OµTjpov xat ~Hcn68ou, in PAULY-W.
i11 the Aves o/ Arislophanes (1914) n6 s. l (1894) 867-869; il testo in Homeri Opera,
ed. D. B. MONROE-TH. W. ALLEN v (19ni
4 Si noti che Xenoph., an. 2,5,7 usa il mede·
22,-238.
simo termine (i>EW'\I 116XEµoc; -+ coli. 12.U·
6 ~ Ono244.
1264) per indicare le ostilità umane e l'inter-
vento degli dèi contro le ostilità umane derl· 7 -+ OTTO 44 s., 234 s., 249.
vate dallo spergiuro. 8 6q>éÀÀE~ Hes., op., tradotto secondo -+
5 Il confronto fra queste due poesie, proprio NBSTLB 6; cfr. tuttavia PAssow; PAPE, LID·
sotto l'angolatura del problema della guerra, DELL-SCOTT, s.v.
1tOÀ.€[.l.oç, 'ltOÀ.EµÉw A rn-c (O. Bauernfeind) (VI,504) 12..p

guenze è soltanto un onore forzato 9 gere per vie diverse i temi posti dal
(v7t'àv6;yx"C)c;). La guerra non era di confronto e dalla contrapposizione del-
per sé il naturale campo d'attività e di le figure divine di Atena e di Ares e
affermazione suggerito dagli dèi all'uo- delle personalità poetiche di Omero ed
mo retto. Esiodo. Qui appresso cerchiamo di rag-
In quello trn i due t>ELO'tct.'t"OL 'JtOL-
gruppare schematicamente tali possibi·
1')-tal 10 che ha più vivi sentimenti guer- lità.
rieri, la tendenza alla guerra di Atena Il piacere irrazionale della guerra po-
prevale nettamente su quella di Ares; si té conservarsi anche in una visione del
potrebbe quasi dire che Ares è qual- mondo poggiante su un'osservazione e-
cosa che dev'essere vinto. L'altro poeta satta e su una riflessione razionale. Ne
non parla di questa rivalità di dèi, ma derivò un'interpretazione positiva delle
nel complesso mantiene una maggior divinità guerriere, soprattutto di Ares.
distanza fra gli dèi e la guerra. In questa direzione sembra essersi mos-
so Eraclito, che ha comunque avanzato
b) Se anche Ares, una divinità di e- obiezioni all'imprecazione contro l"'Eptç
poche anteriori, non è mai giunto alla pronunciata da Achille (~ n. 9) 13 • Ben
piena dignità di divinità olimpica 11 , il noto è il fr. 53 (Diels '1 I62,7 ss.): it6),E-
suo antico potere ha però continuato a µoc; 'JtcLV'tW\I µÈv ita-c-i}p Ecr'tL, 1t6;\l'TW\I
colpire e ad affermarsi. Le truppe di cui oÈ ~a:<rtÀ.Evc;, xaL -.oùç µÈv t>Eoùc; t:oEL~E
riferisce Xenoph., an. I,8,18; 5,2,14; -coùc; oÈ à.v~pwitovç, -roùc; µàv oovÀ.ouc;
Cyrop. 7,r,26 marciavano in battaglia É1tOlTJO'E -roùc; OÈ !À.wiUpovç, «P6lemos
avendo sulle labbra il nome 'Ewci.À.to<; 12 è padre di tutti, di tutti è re, e gli
e i giovani ateniesi, che al momento del uni disvela come dèi gli altri come uo-
giuramento degli efebi dichiaravano so- mini, gli uni rende schiavi gli ahri li-
lennemente di esser pronti all'impegno beri». Qui il it6À.Eµoc; riceve addirit-
militare, fra gli tcnopEç del loro giura- tura i predicati di Zeus. La lotta con-
mento menzionavano non Atena bensl tinua è un principio di vita di va-
i nomi di 'Ew1iÀ.toc; e di "ApEc; (Poll., lore universale. Naturalmente l'osserva-
onom. 8,106). L'evoluzione avvertibile zione e la riflessione potevano portare
in Omero (~ col. 124 r) non giunge a alla concezione opposta: che il 1t6À.Eµoc;
compiersi con l'eliminazione totale del organizzato dagli uomini è un unicum
partner inferiore di Atena. che contrasta con la legge di natura,
c) La riflessione critica poteva svol- che invece le fiere osservano 14•

9 I vv. 14-16 di op., che sicuramente espri- raclito respingeva sia Omero sia Esiodo; che
mono la convinzione del poeta (~ NESTLE Omero gli fosse più congeniale potrebbe risul-
6), suonano: il µiv yàp 7C6À..Eµ6v 'tE xa- tare dal fatto che egli · ne parla con ammira-
xl>v xat òijpw òq>f>..ì..tt, O'XE'\"Àl11· oil "I'~ 't-liv zione (/r. 42 [DIELS 7 1 160,9 s.)), mentre di
yE q>~ÀEL(3po't6c;, à.).)..'int'à.v&.yxric; ài)o.vii- Esiodo parla solo in termini spregiativi (fr_
'tW\I(3ov)..ijcnv "Epi.v 'tl.µC!cn P«pti:av. Già 40 [DIELS 7 I 160,j ss.]; ,7 [DIELS 7 I 163,
in Horn., Il. 18,107, l"'Ep~ç è maledetta da A- 7] ). Al riguardo, e anche in riferimento al so-
chille, sia pure in un impeto momentaneo. pracitato Jr. '3· cfr. pure fr. 67 (Dll!LS 7 I 165,
I~ Cerlamen Homeri et Hesiodi (n. ') 22,. 8 s.).
H Cfr. la pseudonima 7• epistola di Eraclito
11 -+ OTTo 244. (R. HERCHER, Epistolographi Graeci [ 1873]
11 Il guerriero, il bellicoso qui è soprannome l83 s.), l'immagine del gregge in Zenone (/r.
di Ares. 262 [ v. ARNlM 1 60,38 ss.J) e Dio Chrys., or.
Il Aristot., eth. Eud. 8 (p. 123.5 a 25-27). E- 38 (cfr. -+ NESTLE 49).
1t6À.Eµoc;, noÀEµÉw A le (0. Bauemfeind)

Ali' ammirazione per le imprese di ca unità, né la filosofia né la prassi reli-


una sapiente condotta della guerra si giosa seguirono queste vie. Forse qua
poteva opporre che il veto scopo di una e là affiorava il sogno di una situazione
riflessione responsabile dev'essere non politica nella quale si facessero guerre
la condotta bensi la prevenzione della soltanto perché i partners, invischiati in
guerra. Ktiµ~at xax<X, «stornare i ma- un conflitto politicamente insolubile, si
li (della guerra)» sarebbe in potere de- fossero reciprocamente richiamati alla
gli stati, secondo l'opinione di cui Eur., decisione di una più alta giustizia, nella
Suppi. 734-749 fo portavoce Adrasto; guerra. In questo caso la rinuncia al
mezzo valido a loro disposizione è il À.6yoc; a favore del cp6voc; avrebbe signi-
À.éyoc; (la trattativa) u. Che ulln guerra ficato un piegarsi umile e pio alla sapien-
(cp6voc;) non spetti in verità alcuna pre- za di Atena, che sarebbe intervenuta co·
minenza sul )..6yoc;, neppure una pre· me colei che, per ticonoscimento univer-
minenza politica, afferma - nella stes· sale, compie-il vòlere imparziale di Dio,
sa linea - Eteocle in Eur., Phoen. 516 quando la ragione umana fallisce. Tut-
s. : «Infatti tutto ciò che la spada di ~avia l'abbandonarsi con fiducia a que-
nemici può conseguire, può essere ot- ste idee s:irebbe stato in contrasto
tenuto mediante trattative» 16• Se tut- con il realismo greco. Si riteneva infat-
tavia gli stati preferiscono il cp6voc; al ti chiaro che chi fa entrare nei propri
À.éyoc;, se cioè In riflessione responsa- piani la speranza di un intervento so·
bile non riesce ad evitare una minaccia prannaturale nel volger le sorti di una
di guerra, ne risulta che quanto essa battaglia, quegli non onora affatto e-
riesce ancora a operare nel quadro del- sclusivamente la savia Atena bensl, an-
b guerra ormai scoppiata non può più che e sempre, .Ares insaziabile in guer-
essere considerato manifestazione e o- ra(~ coli. 1239 s.), il quale non si pre-
pera diretta di una forza divina. In tal occupa da che parte stia il diritto.
caso ogni idea relativa a divinità guer- Ma via via che guadagnava terreno
riere, non solo ad Ares ma anche ad il dubbiO che il calcolo politico delle
Atena, sarebbe negativa e· andrebbe probabilità di successi bellici non di-
condannata come empietil religiosa. Co- pendesse dalla saviezza concessa dalla
sl nella settima lettera pseudonima di benignità degli dèi, bensl dalle corte
Eraclito leggiamo: «Voi violentate la vedute di chi è abbandonato da essi,
divinità quando chiamate Atena 'la dea forse anche dagli interessi molto umani
della gu~rra' e Ares 'il dìo deJle bat- di determinate personalità senza scru-
taglie'» 17 • poli (Aristoph., pax, soprattutto 12 ro
Sia che si andasse oltre Omero nella ss.), allora, andando oltre la tensione
valutazione positiva, sia che si andasse Ares-Atena, non si poteva evitare di
oltre il riserbo di Esiodo nel tener net· porre il problema di fondo, se cioè la
tamente distinte le due divinità che l'e- guerra dovesse ancora esser considerata
pica omerica aveva congiunte in antiteti· dipendente in qualche modo da· una po-

n 1t6Àe~c; -t', ~xovcra' 8ià Mrou x&.µljla~ xa- 1-; 1tii'I' ycìp l~aLpE~ Myoi; ii xat ul6T)poç TCO-
x6:., qi6v~ xal>cnpt~a-D', o<i ).6y~, 't"à 7tp6:.y- À.Eµlwv opaCTE~V lJ.v, dr. -+ NESTLE 21 .
µa-ttt, «stnti, voi che avete (la possibililà) di
deviare (evitare) mediante il Myoç la sven· 17 ù~pl~E'raL 6L' ùµWv itE6ç, 'ADl]vii 7tOÀE-
tura (della guerra), voi padroneggiate i 7tp~:y­ µlcnpt.a xat "AP'l}ç lwaÀ.Loç xd).ouiu\loç,
µ1ntt con lo spargimento di sangue, anziché Heracliti epistolae vn 6 (HERCHER, o.e. (-+
con il Myoç» (748 s.). n. 4) 285).
n4;; (v1,;;o;;) 1t6ÀEµoç, TCOÀEµiw A 1 c-2 (0. Bauernfeind)

tenza soprannaturale degna di adora- ciò comporta che chi vuole seriamente
zione. Anche con questi presupposti, la evitare e combattere la guerra, deve
guerra poteva esser considerata posi- voler combattere con altrettanta serie-
tivamente: se essa ern un fenomeno tà il male, la cui radice è nell'intimo
che accompagnava naturalmente i gra- dell'uomo. La guerra interiore è la più
di più alti della civiltà (Porphyr., abst. dura, e da quella interiore - nell'inti-
4,2) oppure era la sola difesa possi- mo dell'uomo, nella famiglia, nella
bile contro il pericolo di sovrappopo- 'ltOÀtc; - nasce quella esterna 21 • Gli sfor-
lazio~e 18, allora dietro l'apparenza as- zi per evitare la guerra rimangono a
~urda si poteva anche trovare, volendo, priori frammenti incomtiiuti se deriva·
·un qualche significato. Non vi era però no da una posizione moralmente neutra
più gran differenza tra il sostenere cosl e non toccano nell'intimo.
solennemente l'esistenza di una disposi-
zione superiore e il constatare l'esistenza 2. La comune posizione di fondo nei
di un netto contrasto fra le azioni guer- confronti della realtà politica della
riere degli uomini e la volontà divina: ,~uerra
«Zeus vuole che gli uomini siano fra lo-
ro amici e che nessuno sia nemico del- Il confronto critico con la tradizione
l'altro» (Dio Chrys., or. r ,40 [cfr. anche derivata dalla preistoria eroica (~ col.
41 ss.] ). Ciò che viene deplorato come 1242) era tanto impressionante da pro-
intervento divino, più o meno mediato, vocare talvolta crisi di fegato ai politici
in realtà non è che conseguenza della pragmatici 22 • Ciò che in questo con-
malvagità umana 19• Non vi è quindi al- fronto faceva costantemente da freno
cuna situazione storica in cui, senza col- era però la .sempJice domanda: ~ome
pe degli uomini, la guerra possa presen- può l'individuo e - finché non diventi
tarsi come l'unica via conforme alla real- realtà il sognato stato unitario mon·
tà; vi è sempre una colpa, almeno presso diafe (~ 7tOÀt'n:uµa) - come può il
'ùno dei contendenti. In questo conte- singolo stato realizzare gli impulsi paci-
sto, il problema del rapporto fra la fici che ha acquisito, se la cosa non
divinità e la guerra veniva necessaria- piace al vicino? La drastica limitazione
mente conglobato in quello più ampio a una lotta spirituale, con rinuncia a
del rapporto fra la divinità e il male 20 : qualsiasi difes~ esterna contro 1n violen-
la guerra rientra nel campo d'azione za 23; appativ·a proprio agli spiriti di
della divinità · solo nella misura e in punta 24 più un modo di aggirare il pro-
q~anto. vi rientra il male. Per Ja prassi, blema che di risolverlo. La guerra era

n Chysippus, ·jr. u77 (v. ARNIM Il .338,IO· SEGANG, recensione di H. FucHs, A11guslf11
18) rifacendosi a Euripide. ttnd der antike Friedensgedanke; Philologi-
H Plut., Stoic. rèp. 32 (II 1049 b); qi1i l'apo- sche Wochenschrift 47 (1927) II78 s. e~ roll.
logetka di CrisJppo (~ n. 18) viene esplicita- · 1263 ss.; ~ m, col. 216).
m~nte respinta. . 2? -:+ Thuc. 2Aci,2; '6 J,2; Polyb. ù,26,9 cfr.

20 Cfr. l'Inno a 'Zeus di Cleante (Jr. .537 [ v. -+ NESTLE 18 s. 22.32.


ARNIM I 121 ss.]). · 21 . ~ NESTLE 33-36; cfr. il detto del cinico
21 Qu~sta via che procede dall'inteÌno all'e- Teodoro, tramandato da Diog. L. 2,98; (0..t-
sterno si ritrova pure in relazione alla pace: "'f.EV lii xet.t) E!JÀoyov· rtva.~ Tbv CT1tou6a"Lov
la pace interiore è presupposto di quella estc· 'µ1J f~a.ya.yErv ò1t~p ""Tjç 1tet.'tploo~ et.v't6v.
riore. Ma la relazione con il motivo della guer· 21 Su Platone e Aristotele dr. ~ NESTLE 28-
rn- probabilmente è il più antico, dr. H. LEI- 31.
1247 (Vl,,50,5) it6ÀEµoc;, itoÀEµlw A 2-3 (0. Bauernfeind)

certo vista come un male, ma come un 3. L'attesa di una situazione senza guer-
male inevitabile (Plat., Phaed. 66 c), al re, nel primo periodo dell'Impero
quale si poteva solo sperare che un gior-
no mettesse fine lo stato unitario mon- La prima generazione dell'epoca im-
di:lle. L'atteggiamento comune nei con- periale poté pensare di essere vicina a
fronti della realtà politica della guerra un'attenuazione dei rapporti tesi, fino
rimase dunque, nel fondo, a lungo im- allora considerati 'normali' (--> n . .25).
mutato. Nella prassi, proprio come nel- La situazione di pace allora regnante al-
l'epoca preomerica e omerica, ci si la- l'interno di tutto l'impero (~ m, coi.
sciava guidare dal presupposto che ogni I95) pareva destinata a durare. È vero
situazione di pace (--> m, coll. I9I s.) che la costruzione dello stato mondiale
fosse un'isola . strappata faticosamente unitario, atto a evitare le guerre, non
alla guerra universale e costantemente era ancora conclusa; ma procedeva at-
minacciata dai suoi flutti. I trattati con i tivamente. Il confronto con i problemi
quali si cercava di garantire lo stato religiosi e filosofici posti dalla guerra
di pace erano generalmente stipulati so- non aveva, certo, portato ad alcuna
Jo per periodi limitati, in considerazio- effettiva soluzione ed era difficile spe·
ne dei continui mutamenti della situa- mre che la condizione di guerra este-
zione politica, e data l'instabilità umana riore stesse per scomparire definitiva-
necessitavano del giuramento che vin- mente argomentando che stava già scom-
colava alle potenze superiori, da cui, parendo ogni conflitto interiore (~
per quanto enigmatiche, ci si poteva col. I 246 ). Ma se la pace esteriore non
per lo meno attendere che avrebbero veniva dall'interno, poteva venire dal-
tolto il loro favore a un attaccante che l'alto: la situazione di pace già rag-
rompesse il patto giurato, anzi sarebbe- giunta permetteva di dedurre che in
ro scese in guerra (~ · n.4) contro di un ciclo di ère universali regolato da
lui 15• un ordine incrollabile 26 si era giunti al-
la grande svolta e si tornava a un'età
de1l'oro 27 , senza guerra interna e senza

stiano. ~ molto dubbio che si possa senz'altro


2S La frase va intesa in questo senso: «L'an- addebitare in qualche misura alle chiese, co-
tico diritto delle genti si distingue da quello me «cattiva coscienza dell'umanità, nutrita di
moderno per. il fatto che per la visione moder- residuati cristiani», «l'apparire di un pacifi-
na delle cose la situazione normale nel rap- smo umanitario acristiano, paracristiano» (-+
porto fra i popoli è la pace, mentre per quel- BIENERT 6.5 s.). Un 'avvertimento' alle chiese
la antica è la guerra» (K.J. NEuMANN, art. questo pacifismo lo è senz'altro, ma cessereb-
'Foedus', in PAULY-W. 6 [1909) 2818, dr. bi.' di essere avvertimento se le sue vere radi-
pure-+ H1mss 56 n. 18). 'Normale' non vuol ci affondassero più nell'antichità che in 'resi-
dire desiderabile. Quando -+ NESTLE a fa no- duati cristiani'? I problemi relativi alle 'guer-
tare giustamente che nell'antichità si afferma re fra le epoche' (-+ BIENERT 46) sono stati di-
«una mentalità centrata essenzialmente sulla battuti esplicitamente in modo assai più pro-
pace intesa come situazione normale e deside- fondo dagli autori dell'antichità che da quelli
rabile», non contraddice la frase surriportata, biblici (-+ roll. 12,7.1269 ss.). La teologia cri-
Dlll la integra. Chi segue il Nestle nella valu- stiana non sorvolerà su tali problemi, ma vol-
tl!2ione degli sfoni compiuti nell'antichità per gerà la sua attenzione alle risposte indirette
porre argine alla guerra (come fa -+ BlRNERT che purtuttavia la Bibbia forse racchiude (-+
18 n . 7), non dovrebbe però trascurare o sot- n. 95).
2~ ~ NESTLE 59; ~ xp6voç.
tovalutare il collegamento, anche indiretto, fra
quegli sforzi e il pacifismo moderno extra·cri- 21 Verg., ecl. 4,9 ss.; cfr. A. KuRPBSS, Vergil
I2-f9 (v1,505J rcoÀEµoç, ltO).E:.~Éw A 3 (0. Ilaucrnfcind) (vr,507) 1250

cattivi vicini (Horat., carm. 4,15). La ferma a questo mutato atteggiamento.


figura che, mossa da una superiore ne- ] I cattivo vicino aveva perduto solo ap-
cessità, aveva portato il novum e «po- p;1rcntemcnte attualità e il modo in cui
sto fine alla guerra» 2s, era Augusto. essa metteva in questione fo p,1.\' Roma-
Ern quindi naturale che l'esperienza na, prcsuntamente assicurata, non si
delb pace fosse accompagnata da un distingueva affatto da quello in cui quel-
intenso avvivarsi della venerazione per la pax era stata conseguita. Una svolta
il re divino, per nulla estranea all'el- nella storia del mondo, quale l'aveva
lenismo (~ n, coli. 136 s.; v, col. vaticinata Virgilio, non era scritta nel
13 67 ); si poteva credere con fiducia alla libro del destino e l'ardore della fede
missione divina di questo imperatore. nella missione divina del sovrano scese
L'influsso concentrico dell'esperienza alla più tepida temperatura di una re-
politica, della concezione ciclic.1 e de! ligione del re divino occidentalizzata.
nimbo numinoso che avvolgeva l'impe- Delusa ern la speranza della pace scesa
ratore rafforzò a tal punto la fiducia nel- direttamente dall'alto; in seguito a tale
b pace, che si poteva ritenere di essere delusione, poteva essere attesa dall'in-
ormai al sicuro da qualsiasi confutazio- timo, e in tal modo, mediatamente, dal-
ne empirica: quand'anche scoppiassero l'alto? Filosofi imperiali come Marco
ancora guerre - e avessero pure dimen- Aurelio e Giuliano, che non ne voleva-
sioni omeriche - ciò significherebbe so- no sapere del 'bagno di acciaio', Io spe-
lo gli estremi dolori dell'ieri, senza ravano; ma proprio essi dovettero, ciò
grande portata per dopodomani (Ver- malgrado, trascorrere al campo periodi
gil., ecl. 4,3 5 s. ). Nei trattati, che si considerevoli della loro vita. L'impera-
continuavano a stringere quale garan- tore Probo cadde vittima dei suoi solda-
zia di prtce, non si considerava più ne- ti :unmutinati anche a causa della sua
cessaria una conferma con giuramento 29, protesta contro la maestà della guerra 31 •
e questo era un sintomo sommesso ma Se poi tale protesta, diversamente mo-
abbastanza indiscutibile del fatto che tivata, avesse diritto d'esistenza, è un
ormai si aveva, di fronte al problema di problema che restò rinviato agli credi
fondo della guerra 30, un atteggiamento dell'antichità.
diverso da quello dell'epoca pre-impe-
riale.
Ma alla lunga i fatti non dettero con-
tmd die SibyWne11: Zeitschrift fiir Religions- una rottura con la tradizione saldamente ra-
und Geistcsgcschichte 3 (1951) 253-2_57; G. dicata. Neppure si può disconoscere che si
,TACHMANN, Die vier/e Ekloge Vergils, Ar- tr:ittava semplicemente di una trasformazione
beitsgemeinschaft fiir Forschung des Landes secolnrizzante, e non . si può parlare di un np·
Nordrhein-Westfolen, Gcisteswissenschaften 2 profondimento religioso, ma di un affiornre di
(1953) 37-62. autositurczza. Se infatti la rinuncia fosse sta·
ta causata dn un timore religioso di fronte al
28 DITT., Or. 11 458,36 s. : "tÒ\I 'ltttvo-o.vw. JlÈV
giuramento o dalla fiducia che anche senza
r.6À.tµov; rfr. Sib. 3,652 s. 7.53·
giuramento gli dèi avrebbero fatto valere im-
29 Cfr. G. QUABDE, Die volkerrechtliche Ga- mutiuo il loro favore, avrebbero dovuto ces-
l't!lllie, Diss. llrcslau ( 1910) 8, n. 1. sare pure i giuramenti d'ubbidienza nella vita
interna dello st:ito.
ll Senza dubbio non una sola causa ha por-
tato a rinunciare alla garanzia mediante giu- Jt E. DANNHAUSER, U111ersuchu11ge11 1.Ur Ge-
ramento; tuttavia senza un vero riorientamen- schichte des Kaisers Probt1s, Diss. Jena ( 1909)
to non si sarebbe giunti, in questo campo, a 83-85.
1t6À.Eµo<;, 1tOÀ.EµÉw B ra (0. Bauernfeind) (VI,508) 1252

B. LA CONCEZIONE RELIGIOSA rendeva Jahvé - dalle regioni delle varie


DELLA GUERRA NELL' A.T. tribù 38 e raggruppatisi in un esercito u-
E NEL TARDO GIUDAISMO
nitario, non era naturalmente risparmia·
x. Elementi della tradizione rielaborati to nulla di ciò che spetta a un soldato 39;
il loro impegno aveva tanto peso, che si
a) La guerra santa poteva dire che erano «Venuti in aiuto
Se la letteratura greca conosce an- di Jahvé» (lud . .5,23). Decisivi, tuttavia,
cora il nome, ma non più la realtà del· non erano né il loro armamento -40 né il
la guerra santa (-7 n . 3), nell'A.T. man- loro numero 41, ma l'intervento di Jah-
ca invece il termine. Tuttavia né la ter- vé, che andava alla loro testa ·ti, che
.minologia (-7 r, col. 246) né i dati sto- dava loro coraggio 43 e lo toglieva al
rici lasciano alcun dubbio che di fatto nemico 44 • A lui, e a nessun altro, spet-
la guerra santa ha un'importanza con- tava la gloria 45 e il bottino (-7 1, col.
siderevole nell'A.T. 32• Le tribù israe- 9,54). Erano guerre sante: sante fin
litiche non dimenticavano in qual mo- nei particolari dei riti e degli usi 46 •
do la loro esistenza era stata aiutata Con il costituirsi dello stato monar-
quando, alle origini, s'era trovata sotto chico saldamente organizzato, divenne
la minaccia dei nemici. Valendosi di normale anche una condotta più razio-
una personalità carismatica" Jahvé nale della guerra 47 e non si visse più
chiamava alla lotta difensiva 34 e me- direttamente la guerra santa nel senso
diante quella, talvolta combattendo egli più rigoroso 48 ; tuttavia la dinamica di
stesso lS' dava il nemico nelle mani 36 questa non andava perduta 49• Come
dei suoi guerrieri. A questi guemen, ideale, sopravviveva nella politica di
accorsi volontariamente 37 - pronti li Giosia 50 e anche in epoca posteriore 51 ;

32 Su quanto segue dr. soprattutto - v. RA», l1ge Krieg im alten Israel: Fur Arbeit und
alle cui più precise motivazioni si rimanda. Besinnung 7 (1953) 159·
33 Cfr. soprattutto l 11d. 4,14-16; ,,II s.; -+ -40 Iud. 7,2 ss.; 1Sam. 14,6; I7A5·47·
v. RAD 20.23.27 n. 44. 41 2 Sam. 24,1 ss.; Ex. J0,12; ~ v. RAD 9.37.
H -+ CASPARI 132; -+ v. RAD 26.32; diversa· 4l lud. 4,14; Deut. 20A; 2 Sam. 5,24; su11'ar·
mente -+ PROCKSCH, in RGG 1 111 1305. ca santa dr.~ v. RAn28 n.45.
43 1 Sam. 30,6; cfr. -+ v. RAD IO.
3~ Ex. r4,14; Deut. 1,30; Ios. 10,1442; 23,10.
3S Ios. 2,24; 6,2.16; lud. 3,28; 1 Sam. 23A;
"" Ex. 15,14-16; 23,27 s. (-> v . RAD 10); con
miracolo: los. ro,n; 24,7; 111d. 5,20; con sa.
r Reg. 20,28, ecc.; cfr. -+ v. RAD 7 s.
ero terrore: I Sam. 14,15 (-+ v. RAD 12).
37 lttd. ,.,2.9; cfr. ~ V. RAD 6,37. 4S Ex. I4A·18; Zach. 4,6 s.
Js Num. 26,2.51; ~ v . RAD 26. 46 ~ V. RAD 29.49.
J~ Dovevano, ad es., impegnarsi, con solenne 47 I bid. 2J.33.45.
giuramento per l'insegna di Jahvé, alla guer· 4ll lbid. 38.
ra perpetua di Jahvé contro Amalec (Ex. 4J Ibid. 29.
r7,16); cfr. -+ ExsSFELDT 27; -+ v. RAD 26; so Ibid. 76-78.
A. WEISER, recensione di G.v. R.m, Der bei· s1 -+ coli. 126r·ss. (~ n . 84).
ma era soprattutto il movimento pro- tacco 56 generale contro Israele, respin-
fetico a sentirsi «Custode dell'oi-dina- to in modo definitivo con un'ultima
mento patriarcale della guerra santa» 52 • guerra santa 57• La situazione è analoga
Nelle qualità carismatiche dei profeti quando lo sguardo si volge al passato;
si potevano trovare le forze invisibili anzi, l'idea della guerra santa poteva
dalle quali soltanto, in ultima analisi, influire sulla raffigurazione storica in
dipende la protezione d'Israele 53 : lo in- guisa che non regge alla critica sto-
dica l'invocazione 'iibi 'iibz rekeb iifrii'el rica attuale: nel Deuteronomio e negli
ufiiriisiiw, «padre mio, padre mio, COC· scritti narrativi rielaborati dalla scuola
chio d'Israele e sua cavalleria», ripor- deuteronomistica, ad es., il quadro del-
tata nel racconto di Elia ed Eliseo (2 la conquista di Canaan assume i colori
Reg. 2,12; 13,14), e cosl pure ripetuta- della guerra santa 58 • A posteriori, cioè
mente il libro di Isaia 54• Anche quan· non per i contemporanei che le avevano
do non si parlò più dei riti e degli usi vissute, anche campagne di conquista
della guerra santa e quando questa non erano viste come guerre sante, in quan-
si presentò più come «l'unica forma to assicuravano al popolo unito nell'ub-
dell'aiuto di Jahvé a Israele»~, si può bidienza all'unico Dio uno spazio vitale
tuttavia leggere fra le righe degli scrit- in mezzo ad altri popoli, molto superio-
ti profetici che in fondo nessun'altra ri in potenza, ma che non riconosceva-
condotta della guerra poteva esser con- no quest'unico Dio 59 • Ma se anche a
forme alla natura di Israele, se non la posteriori lo scopo politico della guer-
guerra santa ordinata e condotta da ra santa si è dilatato, essa è sempre
Jahvé in persona. guidata da un alto fine: la polemica su-
Quando lo sguardo profetico si vol- bordinazione di tutti gli idoli all'unico
geva al futuro remoto, ciò che gli ap- Dio.
pariva era l'immagine di un ultimo at·

51 ~ V. RAD 53. 38 S.j Joe/ 4 ·


S.l Ibid. 55 s. .\1 Mich. 4,12; cfr. -> v. RAD 64. Naturnhnente
54Cfr. soprattutto Is.5,12; 7,4.9; 22,8-u; 30, ern focile che all'idea della vittoria della po-
15; 31,1.3.4. Secondo ~ v. RAD Isaia deduce tenza di Jahvé si coliegassero pure idee popo-
dalla tradizione della guerra santa «il rifiuto lari di vendetta; cfr, Is. 59,15b-20; 63,1-5 (-+
dell'armamento e dei patti d'alleanza, e di qui 1\1, coll. IXOSS.), .
il motivo dello sguardo rivolto a Jahvé e del 5! De11/. 6,18 s.; 7,1 s.; rr,23 ss.; r2,29; 19,1;
mantenersi in quiete» {61 ). La profezia «si 2G,16 s.; cfr. -+ v. RAn 68-76.
sostituiva perfettamente, con la sua funzione, s~ Deut. 20,18 {-+ v. RAD 70). In Iud. 3,1 s.
alla precedente istituzione della guerra san- pnre affermarsi un'idea che va ben oltre il
ta» (56). Cfr. però il giudizio cauto di A. Deuteronomio (in questo passo i LXX [salvo
WEISER, o.e. (-+ n. 39) 158-160, ed anche -+ il ccxl. B) hanno come soggetto 'IT]O'oiic; anzi-
coli. 378 ss., n. Il2. ché xup~oc;, ma ciò dipende vcrosimihnente so-
5 ~ V. RAD 67. lo da un accostamento meccanico a 2,21, non
.56 Mich . 4,u; Is. 8,9 s.; 17,12 s.; 29,7 s.; Ez. da riflessioni teologiche) .
r.6ÀEµoç, -;tOÀEµÉw B 1b-c (0. Bauernfeind)

b) La guerra di Dio contro I srade le, dall'epoca classica della guerra san-
ta. Tuttavia, come quest'ultima riecheg-
Il movimento profetico doveva aru giò a lungo, cosl pure la minaccia pro-
sempre presente questo fine superiore, fetica che Dio combatta contro Israe-
anche nel caso che esso si rivolgesse le ha un'altrettanta lunga preistoria.
contro lo stesso Israele. Se Israele, a Ad es., ftn dal principio 64 certi insuc-
differenza di tutti gli altri popoli, era cessi nella guerra santa sono stati con-
il popolo di Jahvé, ciò non gli dava al- siderati nel senso «che Jahvé aveva ri-
cun diritto a pretendere condizioni di tirato il suo aiuto al suo popolo, o ad-
favore (Am. 3,2). La guerra di Jahvé dirittura aveva sostenuto i nemici del
poteva rivolgersi contro l'autonomia suo popolo» 65 •
dei popoli stranieri (-7 IV, coli. IO? ss.;
\', coli. rn41 s.) 60, ma anche contro lo
c) I ni:dativa divina e umana nella guerra
stesso Israele, e in questo caso gli stru-
menti potevano essere proprio quei po- Complessivamente nell'A.T. il fatto
poli stranieri. In Am. 2,14-16 par quasi
che questa guerra di Jahvé contro Israe· bellico è collegato con l'azione del Dio
le sia paradossalmente descritta come d'Israele più strettamente di quanto
guerra santa 61 ; comunque, in questo non avvenga con gli dèi della Grecia
caso le forze invisibili, che nella guerra
santa assicurano la vittoria, sono con- nell'epica omerica. È inverosimile che
tro Israele. Dio, il quale non senza ra- si sia mai potuto scrivere un libro delle
gione si chiama «Jahvé delle schiere» guerre di Atena e di Ares; è stato in-
(jhwh !'ba'ot) 62 , ha saputo manifestar- vece scritto un libro delle guerre di
si compiutamente quale guerriero ('H
milpiima): questo fatto è stato forse Jahvé (N11m. 2r,14). Il fatto che Jahvé
sperimentato, un tempo (Ex. I 5 ,3 ), fra decide · delle sorti della guerra santa
grida di giubilo, superando anche le non è rivelato soltanto a talune per-
massime aspettative 63• Ma 1a profezia
ha coscienza che anche gli interventi sonalità che si trovano al centro de1la
guerrieri di Jahvé possono superare i lotta; anzi, l'intero esercito lo crede n
più seri timori di Israele. priori 66 , e lo vive coscientemente, Nel-
Israele era chiamato a percorrere una
l'annientamento delle forze armate egi-
singolare via per creste; di conseguen-
za, poteva farsi singolarmente acuto il ziane (Ex. 15) come alla caduta delle
pericolo di cadere in una guerra senza mura di Gerico (los. 6) è Jahvé che fa
speranza contro lo strapotere divino. tutto con i suoi miracoli, e agli uomini
Interi secoli separano l'epoca classica
delle predizioni di sventura, che an- non spettano che i preparativi, la cui
nunciano la guerra di Dio contro Israe- adeguatezza e fìna1ità risulta quasi in-

tf•Cfr;. soprattutto h 10,5 ss.; Ier. 46.51; in 61 ~ CASPARl 129; ~ v. RAD 32.
proposito vedi EICHRODT, Theologie des A.T.'
1 (1948) :l33; O . PRoCKsCff, Theo/ogie des
°' Lev. 26,36; Ios. 7,5; 1 Sam. 17,11; 28,5; 1
Reg. 19,15-18.
A.T. ( 1950) 579.
61Cfr. ~ V. RAD 63. 65 -+ EISSFELDT 32, cfr. 45 e-+ V. RAD II.
6!Cfr. soprattutto H. FREDERIKSON, Jahwe als 66 Solo secondario Ex. 14,30 s.; dr.-+ v. RAD
Krieger (194'.]) 50·55.109. 47.
;t6ÀEµoç, 1tOÀEµiw B 1c-2 (0. Baucrnfeind) (Vl,;;ro) IZj8

comprensibile. Ammettendo pure che in tante sia Iud. 19-21 per forci compren-
questi casi l'immagine del «miracolo au- dere il patto sacrnle fra le tribù 72 •
tarchico» sia frutto di una visione a po-
Se si tracciano le linee che nell'A.T.
steriori dei fatti e difficilmente rispon-
sono appena accennate, si può dire
da all'impressione ricevuta <la coloro
quanto segue, a integrazione delle con-
che li avevano vissuti, rimane comun-
siderazioni esposte sopra (-')o coll. r 2 3 9
que significativo che l'iniziativa bellica
ss.): a priori è indiscutibile che il mo-
dell'uomo abbia portata minore 67 che
tivo dell'intervento bellico di Jahvé
non, ad es., nell'epica omerica.
contro Israele non va mai cercato fuo-
1. f,a problematica ri della colpa umana. Se qualcuno a-
Non troviamo nell'A.T. una generale vesse ricercato la causa prima della
valutazione di fondo della concezione guerra santa, si sarebbe imbattuto an-
religiosa del fenomeno bellico~, sebbe- che in questo caso nell'autonomia del-
ne, ovviamente, fra le guerre che han-
l'uomo, nella colpa umana; infatti la
no toccato Israele ve ne siano state
pure di quelJe che non potevano essere guerra santa presuppone sempre un at-
considerate né guerre sante né guerre tacco o per lo meno un'attuale minac-
di Jahvé contro il suo popolo(/}' quali, cia di guerra 73 • Qualora in riferimento
ad esempio, l'impresa <li David men-
;donata in I Sam. 21 ,6, la conquista ad altre guerre si fosse posto lo stesso
di Laish ( fod. r 7 s.) e le guerre fra problema, sarebbe stato logico valu-
Israele e Giuda o fra singole tribù israe- tarle in modo analogo: un male di cui
litiche. Fatti come la consultazione di
.Jahvé (Iud. 18,5) 70 e i numerosi atti sono causa gli uomini, misteriosamente
cultuali che secondo una antica tradi- inseriti nei disegni di Jahvé 74 • I temi
zione seguirono (Jud. 19-21) la <;vergo- fondamentali del problema religioso del-
gna di Gabaa» (Os. 9,9; 10,9), pognia-
no su una «pansacralità primitiva» 71 e
fo guerra sono già posti .fin dalle ori-
non autorizzano a pensare a un'auten- gini nel mondo dell'A.T., cosi come
tica guerra santa, per quanto impor- neJla grecità 75 •

67 Cfr. - CASPARI 110 s. ri dell'Unico Iddio (Deut. 7,.p6.z5 s.; 20,18).


~~ Cfr. - ElSSFELDT 41. 74 Cfr. -+ EISSFF.LliT 38 s.: «Nel complesso
(f) ~V . RAD 24.29 n. 47· non è neppure estranea all'antico Israele l'i-
13 - v. RAD 25 n. 35. dea ... che la guerra e la lotta ... siano divenute
realtà contro il volere di Dio, per opera della
11 M. BunER, Mose (1948) 176.
malvagità e del peccato degli uomini... Cosl
7J Cfr.-+ v. RAD 24.29 n . 47, e anche M . WE- essa (la guerra) è purtuttavia un mezzo in m1-
DER, Gesammelte A11/siitze zur Religionsso:r.io- no a Dio».
logie 3 ( 1923) 52.99 e A. WEISER, o.e. (-+ n. 7S Cfr. --> EissFELDT 58: «L'epoca csilica e
39) 158-160. post-csilica della storia religiosa \'eterotesta-
71 Nel Deuteronomio il presupposto è dato mentaria ... non ha messo in luce nuovi con-
dnl sussistere dell'empia idolatria pagan:i nel cetti nella valutazione etico-religiosa della
te:rritorio fissato quale residenza dei confesso- guerra».
12.'}9 (Vl,_'jIO) 1t6ÀEµoç, no).Eµlw B 3-_'ja (0. Bauernfeind) (vr,;p r) 1260

3. Il comune atteggiamento di fondo quale non ci sarà più bis~gno di quella


nei confronti della realtà politica sferza 76• Tale fiducia era resa possibile
della guerra dalla natura stessa di Jahvé; il guer-
riero è al tempo stesso colui che «fa
In proposito non vi è differenza so- cessare le guerre (masbit mil~iimot)
stanziale rispetto al mondo extra-bibli- fino alle estremità della terra» 71 • La
co. Che la guerra sia il rapporto nor- promessa di Is. 2,4 (Mich. 4,3) presup·
male fra i popoli, anche se spesso in- pone che anche l'ultima guerra abbia
desiderato, secondo il senso chiarito so- fine.
pra (~ n. 25), veniva avvertito con
intensità tanto maggiore, data la con-
trapposizione religiosa fra I sraele e tut- 5. Il tardo giudaismo
ti gli altri popoli.
a) Nel tardo giudaismo non appar-
vero nuove indicazioni relative al tema
4. L'attesa di una situazione
della guerra; l'immagine delle guerre
senza guerre escatologiche, o dellà guerra escatolo-
La ricerca di una situazione di pace, gica, acquistò tuttavia maggior impor-
libera da guerre, poteva naturalmente tanza e nuovi, svariati colori 78 per ope-
essere anche per Israele una questione ra dell'apocalittica e del messianismo.
di trattative politiche, ma doveva ne- Non c'è da meravigliarsi che in questo
cessariamente sfociare nella questione processo si siano avute sovrapposizioni
religiosa: se si dovesse combattere una e mescolanze senza nette demarcazioni.
guerra, per decisione superiore, con- Cosl, per es., In lotta d'annientamento
tro popoli pagani ribelli o contro il po- contro 1a potenza avversa a Dio (test.
polo israelita caduto anch'esso nella di- D. 5,10 s.; test. A. 7,3) e contro il pec-
subbidienza. Quanto scarso fosse in cato (Hen. aeth. 94) si identifica tal-
questo campo il peso dell'iniziativa U· volta con il giorno escatologico del giu·
mana, lo avevano insegnato le guerre dizio 79 , o sembra essergli cos} stretta-
fratricide fra le tribù israelitiche, che mente congiunta che la situazione della
pure erano unite, in fondo, dalla loro guerra e quella del giudizio non possono
subordinazione a Jahvé. Se, ciò malgra· essere distinte 80• Perciò poteva pure es-
do, la speranza in un futuro senza guer- ser vista in modi diversi la condotta dei
re sussisteva, poteva sgorgare solo dal- credenti nella imminente situazione e-
la paradossale fiducia che Jahvé, se pu- scatologica. Naturalmente restava fermo
re minaccia la guerra e chiama alla guer- che tutti coloro che erano coinvolti in
ra, creerà tuttavia una situazione nella una guerra escatologica e speravano di
76 Is. 2,2 ss.; n,r ss.; Os. 2,20 ss.; Zach. 9,9 7~ Vou, o.e. 94 scrive persino, riferendosi ad
s. (-+ m, coli. 205 ss.). ass. Mos. :w: 4<Ciò porta a quest'altra novità:
la guerra e la vittoria sono sostituite dal pro-
77 Ps. 46,10; cfr. ltidith 9,7; 16,2. In Ex. 15,J cesso; il giudizio diviene un atto forense».
i LXX traducono 'ff milpiimd con o-uv-rpl~wv Non si deve però dimenticare che già nell'A.
'ltoXlµouç e in Is. 42,13 con O'\JV"Cpl1Jm n6ÀE· T. talune vittorie d'Israele sono definite .rid·
µov. Comunque si sia giunti a questo scambio qol ihwh (Iud. 5,11; r Sam. 12,7; Mich. 6°,5),
degli opposti, esso in un certo senso è signi- che cioè fin dall'antichità Jahvé era capo in
ficativo del fatto che si operava una sintesi battilglia perché era in primo luogo difensore
fra il provvisorio volere una guerra da parte del diritto(~ v, col. 103_'j).
di Jahvé e il suo scopo finale di pace. 8'J Hen. aeth. 94,7.9; soprattutto 100,1-5; cfr.
7l Cfr. VoLz, Eschatologie 157.2r3. 46.51.53 con 55 s. 62.
1261 (Vl,,lI) 7t6À.tµoç, 7tOÀ.EµÉw B 5a (0. Bauernfeind)

uscirne con onore, dovevano essere pie- 70 e 132-135 d.C. 85 • In ogni caso anche
namente pronti a soddisfare le esigen- il Rotolo della Guerra (r QM} presup-
ze di disponibilità alla sofferenza e al- pone l'opzione per la prima di quelle
l'impegno, quali pone ogni guerra e tao. possibilità: esso infatti sviluppa l'imma-
to più quest'ultima che in tribolazioni gine di una campagna decisiva, della du-
supererà ogni altra (Dan. 12,1; ass. Mos. rata di quarant'anni, contro i figli del-
16). Eppure in pratica doveva esserci le tenebre, campagna che fin nei mini-
una notevole differenza tra il prepararsi mi particolari è una guerra santa ( r
interiormente a un conflitto paragona- QM 9,5), cosl santa che gli anni sab-
bile ad altri fatti bellici 81 e l'attende- batici {~ <Tli~~cx-ro\I} ricorrenti duran-
re l'attuazione della giustizia cosl di- te il suo corso possono essere rigorosa-
rettamente da parte di Dio 82 o del mente celebrati o osservati, senza te·
Messia" , da non lasciar più spazio per mere che ne possano derivare contrac-
l'idea di un intervento dell'uomo. Per colpi militari; questa santità, però, si
chi era convinto di trovarsi già attiva- abbina a un realismo militare 86• Una
mente ai prodromi della guerra escato- evoluzione da questa condotta mili-
logica o comunque di essere coinvolto tare all'altra possibilità sopra menzio-
in una guerra santa (~ 111, coll. 1506 nata è probabilmente indicata dal fatto
ss.} naturalmente si prospettava soltan- che nella medesima raccolta di scritti
to 1a prima delle suddette possibilità; considerata sacra, che contiene una par-
così fu, ad es., durante le imprese dei te più antica 87 costituita dal Rotolo del-
Maccabei 84 e nelle rivolte degli anni 66- la Guerra, fu più tardi inclusa anche la
81Hen. aeth. 90,19; 95,3; fob. 23,30; apoc. ca' (contro L. RosT, Zum 'Buch des Krieges
Abr. 29; tesi. S. 5,5; I QSa I 21.26. Alcuni der Sohne des Lichts gegen die Sohne der
angeli possono partecipare a uno scontro ar- Finsternis': ThlZ 80 [ 1955] 208). Natural-
mato; 1 QSa 11 8 s.; 1 QM r2,r. In test. R. 6, mente si impone qui il problema di sapere in
12 vengono menzionate le une accanto olle qual misura il fine politico dell'annientamento
altre guerre 'visibili' e 'invisibili'. del nemico e- n. 57) resta subordinato a un
8l Hen. éth. 94,10; ass. Mos. 10,7-10; test. A. fine superiore; in qual misura, ad es., all'im·
7,3 . magine biblica dell'Unico lddio, malgrado il
Sl Ps. Sai. 17,21 ss; 4 E;dr. 12,33; Bar. syr. palese monoteismo, si sia sovrapposta l'ombra
40,2 s.; Dam. 7,20 s. (9,9 s.); r QH 6,28 ss.; di divinità guerriere preisraelitiche o extra-
I QSb ,,25. israelitiche (4 \jlw!ì6xptaTO<;À. Per Flavio
M Cfr. r Mach. J,I8 ss.; 4,8 ss.;
2 Mach. 8,23; Giuseppe una causa determinante della guerra
u,13; 12,1,; IJ,15. Veramente in I Mach. contro Roma ('TOV'TO Sè tjv 'TOU npbç 'Pwµocl-
n,51 non si rende gloria a Jahvé soltanto, ouç noÀiµou xa.Tapo).i), beli. 2,409) fu l'abo-
come sarebbe stato c:onforme alla guerra san- lizione assolutamente empia ('TOV'TO µ!v yàp
ta, dr.~ v. RAD 83 s. ocueplaTOCTov, beli. 2.413) e disumana (cina.\l-
85 Cfr. H. BARD!KE, Bemerkungen w den bei- ltpw7tla, beli. 2AIJ) del sacrificio per i non
den Texten aus dem Bar Kochba-Aufstand: ebrei a Gerusalemme. Questa restrinzione na-
ThLZ 79 (1954) 29;1-304. zionale contrasta con l'essenza dell'Unico Dio,
86 Cfr. Y. ]ADIN, mgjlwt mll;mt bni 'wr wb11j che è signore ·dell'intera umanità; dr. A.
!Jwik i (1957) fino o 225 ss. Il fatto c:he le per- ScHLATTER, Die Theo/ogie des ]udent11ms
dite del nemico sono documentate (1,ro.13 mrch dem Bericht des ]ose/us, BFI'h n 26
ecc.), mentre le proprie sono appena accenna· (1932) 24-45 (soprattutto 29 s.). Sulle guerre
tl' (16,n; cfr. H. BARDTKB, Die Kriegsrolle nelle quali il vero capo e quindi il vero vin-
von Qumran iibersetzt: ThLZ 80 [1955] 416 citore è Johvé, Giuseppe si pronuncia in beli.
n. 218), dipende senza dubbio da un certo mo· 5.376 ss. 390e- col. 1253).
do militare di presentare i fatti, çomune in 87 Cfr. L. RosT, o.e. (~ n. 86) 206. Altro pa-
ogni epoca, e non da una pura 'teoria utopi- rere in J. CARMIGNAC, L'utilité ou l'inutilité
u63 (v1,512) 1t6ÀEµoç, itoÀE!J.É<..> B 5a-b (0. Bauern(eind)

Regola della Setta, la quale conosce l'ar- n. 21; ~ 111, coll. 2r8s.); caratteristico
ma della maledizione (I QS2,5), dell'o· il testo di co11/. ling. 41-59: presuppo-
dio e dell'inimicizia (r,4.ro; 4,17; 9,21 sto di un'autentica crvµq>wvla. è il pen-
ss.; ro,r9 ss.), conosce pure la pena di siero dell'origine dall'unico e medesimo
morte per i bestemmiatori presenti nel- Padre (41), l'ascolto di Dio e il compi-
le proprie Gle (6,27 [?]),ma la parteci- mento della sua volontà (58). Uomini
pazione attiva dei fir,li della luce nella che obbediscono non a un Dio solo, ma
veniente epoca di prova ( 1,r7) pare es- a più dèi (-c0 11:0Àvi)Écp ..• ;mx4°J 1tpoO"'Jd-
senzialmente consistere nell'osservanza 1~a.vnc; Èa.v-couç) recano in sé il germe
<lell'opera buona (1,5), nell'inesorabile di conflitti interiori e di conseguenza pu-
incrollabilità di cui parla Flav. Ios., bell. re di conflitti politici (42 s.; dr. som.
2,152 s., cioè nella resistenza passiva. 2,14); tutto ciò che rende la guerra spa-
Tuttavia l'ordinamento militare (r QS ventosa si prepara in una situazione che
2,21 s.; 10,14) e l'accenno al giorno del- in termini politici può essere definita di
la vendetta ( 9 ,2 3; xo, x9) lasciano aper- pace (46 ss.; cfr. fug . 174). Bisogna di-
to il ptoblema se sia stata totalmente e- chiarar guerra con tutte le proprie for-
sclusa In possibilità di usare armi morta- ze contro questo latente stato di guerra
li contro i figli delle tenebre. Si può pro- (49.57), cosl come Dio stesso fa incom-
babilmente aggiungere che una resisten- bere la guerra (-;;6)..q1oç i>ET)Ìl.a•o.; ~
za attiva, secondo la Regola della Setta, n. 4) là dove la natura cade in disaccor.
può esser presa in considerazione solo do ( CTTacnç) con se stessa 89 • Filone, co-
quando ad essa chiami una direttiva su- me risultn da praem. poen. 85-97, ha co-
periore, che non si può predeterminare. scienza che presupposto di una condi-
L'impartire tale direttiva dev'essere sta- zione realmente libera da guerre è una
to riservato, secondo 9,10 s., all'autorità possente trasformazione strutturale del-
sovrana delle personalità attese. E poi- la creazione, che solo Dio può opera-
ché si tratterebbe di una decisione po- re (37); ma l'uomo non può attendersi
litica, si dovrebbe pensare al condottie- di avervi un ruolo di mero spettatore.
ro politico menzionato dopo il Messia L'inizio deve consistere nell'addomesti-
sacerdotale di Aronne, il Messia d'Israe- camento delle fiere selvagge, fino a por-
le 8ft. Sarebbe da attendere una guerra tarle alla lfJuxl} umana (88); allora si
santa secondo il modello antico oppu- potrà sperare ( oùx tt1tEÀ:ma"tÉov [ 88])
re una guerra di Dio o del Messia, sen- che si adempia Is. 11,6 ss., cioè che ab-
za che i cl'edenti impugnino la spada? bia termine la «più antica guerra» del
Tale problema è inseparabile da quello mondo delle fiere (88-91). Se tontinuas-
della persona del Messia d'Israele. sero a esservi uomini che non desistono
dal godimento della guerra ( 'tTI Tou 1tO-
b) Ln posizione di Filone nei con- ÀEµE~'\I Éml>uµl~ [94]), fra gli O!TLOL
fronti della guerra corrisponde a quella ( 9 6) e costoro si verrà a una prova di
che egli ha nei confronti della pace (~ forza ( XELPWV aµLÀ.Àa. [ 94] ), nella

des sacrifices sangla11ts dans la 'R~gle de la E. STAUFFER, Probleme der Priestcrtraditio11:


romm11na11té' de Qumran: RevBìbl 6_3 (1956) ThLZ 8r (1956) 135-150.
524-532 (sùpi·attutto p nn. 1.2); cfr. tuttnvìa 8? spec. leg. 1,190. Sulla posizione di Fìlonc
}ADJN, o.e. (~ n. 86) 225. ncì confronti della guerra, cfr. J. HEINEMANN,
s.1 Cfr. K.G. KuHN, Die beiden Messias Aa- Philons griechische tmd jiidische Bildrmg
rons 1111d lsraels: NTS 1 (1954/55) 168-179; (1932) 408·413; ~ WINDISCH 15 s.
r.6À.Eltoç, r;o).EµÉt.i B jb·C r (0. B:mcrnidnd I (v1,513) u66

qunle gli o::not resteranno vincitori sen- N.T. - presentano veri e propri qun<lri
za spargimento di sangue ( àvatp.w·d di guerrn escatologica.
[ 97)).

C.~oÀEµoç/'ltOÀEµÉW
r. La guerr.1 11elt'evento escatologico
NEL NUOVO TESTAMENTO
La guerra è vinta con la guerra (~
Il N.T. conosce l'origine davidica e col. 1264) e b gncrrn fìnale è stretta-
.la dignità regale (--? III, coli. 648 ss.; II, mente collegata al giudizio finale (~ v,
coll. 170 ss.) del Messia. Sarebbe dun- coli. 1060 r.s .}: lo mostrano gli eventi
que strano che non vi si parlasse della riferiti dati'Apocalisse tra la fine del re-
condotta bellica di questo re e degli or- gno millenario (Apoc. 20 14-6) e l'appa-
<lini che ne derivano necessariamente rizione dei nuovi cìeli e di una nuova
per i suoi seguaci. È chiaro che ai cristia- terra ( Apoc. 2 r, r ss}; il perturbatore
ni dell'epoca neotestamentaria - a diffe- della pace escatologica, già previsto da
renza dagli attivisti politici giudaici (--? Ezechiele (38,2 s.), nvanza con una po-
col. 1261) - non è passato per la mente tenza militare In cui invincibilità pare
che fra questi ordini vi fosse pure, già fuori discussione ( Apoc. 20,8 ). Eppure
percepibile, una chiamata alle armi in egli non riesce a dare l'ultimo colpo
servizio del Messia 90 • Essi anzi non la- progettato; ma l'ultimo colpo è inferto
sciavano aperta questa possibilità nep· a lui dall'alto, e con lui alla guerra in
pure per l'ora escatologica, e ciò dipen- assoluto; segue immediatamente la ca-
de dal fatto che, a differenza dei creden- duta definitiva della potenza satanica e
ti della Regola della Setta (~ col. il giudizio finale (Apoc. 20,10 ss.). Il
r 2 6 3 ), conoscevano già la persona del lettore ha già appreso (r9,rr) che il
Messia, il suo i nsegnamcn to (--? u, coli. motivo fondamentale dell'attacco e del
x r 39 ss.) e la sua profezia 91 ( ~ 1tpocp·11· giudizio è il medesimo: Èv ovxmoO'uvn
"t'l]ç). La conoscenza della persona influi- xplvn xcx.t 7tOÀE~L, «egli giudica e
va sull'attesa di eventi bellici venienti, e p,uerreggia con giustizia». Ciò che si de-
Ja limitava. Ciò risulta anche daglì scrit- cide sulla terra, alla fine del regno mil-
ti apocalittici, i quali - fotto unico nel lenario, è la conseguenza necessaria di

90 Non si deve neppure supporre che nell't.:- I3,30 s., troviamo .riferito come preannuncio
po~n protocristiaoa anteriore alla stesura del di Gesù (Mc. 13,7; Mt. 24,6; Le. 21,9) che se·
N.T una simile chillma:a si sia fatta sentire condo il necesse divino guerre vicine e !onta·
(con°tro R. EisLER, '1110-0\ic; !3<xcrt>..Eùc; oò !3a.- ne accompagneranno l'inizio della fine. Non
G'LhEUa'a.c; [ 1928 ss.]; S. G. A. BnANDON, Thi: se ne deve però desumere né che i cristiani
Fcll o/ ]emsnlem and the Christia11 Church dcbblno partecipare attivamente a queste
[195r)). guerre, né che l:i guerra in genere sia stata
considerata come «una misura d'emcrgen:rn
"I Con espressioni analoghe :1 quelle di 4 Bsdr. istituirn da Dio» (~ Ku~NF.TH 330·335).
1t6À.eµoc;, 'ltOÌ..EflÉW e l (0. Bauernfcind)

ciò che già antecedentemente si è deci- niaca, resta totalmente nascosto dove
so in cielo: come la caduta definitiva Ii porti la loro via guerriera; essi igno-
di Satana nell'inferno (Apoc. 20,ro) è rano che l'assalto per il quale hanno
preceduta dalla guerra escatologica che unito le loro forze avrà il risultato op-
si svolge su11a terra, cosl la caduta di posto a quello che si prefiggono: por·
Satana dal cielo alla terra (Apoc. 12,9) terà alla guerra del gran giorno (~ IV,
era già stata preceduta dallo scoppio ul- col. l 30) di Dio (Apoc. 16,14). L'idea
traterreno della guerra escatologica che sia anche solo possibile una tale
(Apoc. 12,7): xa.t ~yÉw:-.o n6À.Eµo~ È\/ guerra contro la potenza autorizzata dal
-.!i> oùpa.vQ, 6 Mtxa.-fiÀ. xa.t ot &.yyEÀ.Ot opaxwv (~ Il, col. 1470 n. 17) è per
a.Ù-cou 't'OÙ 'ltOÀ.Eµ'ijcra.t µE"t"<Ì 'tOU optt· «tutta la terra» inattuabile (Apoc. 13,
xov'toç, «scoppiò una guerra nel cielo: 3 s.). Tanto maggiore è, quindi, la di-
Michele e i suoi angeli entrarono in sposizione a lasciarsi sedurre e a parte-
guerra contro il dragone» 92 • cipare alla guerra di questa potenza
All'occhio non illuminato questa vi- (Apoc. 20,8), rivolta contro i testimoni
cenda ultraterrena, con le sue inevitabi- profetici (Apoc. u,7) e contro la chie-
li conseguenze per la terra, rimane na- sa (Apoc. I2,7; 13,7), la città amata
scosta; anzi, si corre qui il rischio di (Apoc. 20,8 s.), infine contro l'Agnello
andare a vuoto ignorando la logica su- (Apoc. l7,r4), contro il cavaliere mon-
periore della vittoria sulla guerra con- tato sul cavallo bianco (Apoc. 19,19).
seguita dalla giusta guerra di Dio. La Nella figura del secondo cavaliere apoca-
stessa chiesa cristiana di Pergamo, pur littico questa guerra appare personifi-
totalmente lontana da qualsiasi attività cata (Apoc. 6,3 s.), i suoi terrori (Apoc.
e iniziativa militare, ha bisogno deil'av- 9,5 s.) e i suoi simboli (Apoc. 9,7.9) ac-
vertimento che la guerra dal cielo le è compagnano gli eventi scatenati dal
più vicina di quanto pensi, la guerra quinto squillo di tromba, perdurano la-
di colui che, se è necessario, sa rivolgere tenti anche durante il millennio esente
la spada affilata, a due tagli (Apoc. 2, da guerre (Apoc. 20,1 ss.). Secondo l'A-
16), contro il suo stesso popolo (~col. pocalisse un dubbio sulla maestà di que-
I.2 55 ). Agli armatissimi sovrani dell'e- sta guerra condotta con i più scelti bat-
cumene, determinati da potenza demo- . taglioni (~ col. l 2 50) può sorgere o, in

92 Non è giustificato ritenere che la condotta «costantemente il Satana-didbolos o i suoi ser-


della guerrn da parte del cavaliere bianco vitori» (--> BIBNERT, ibid.); nel N.T., ad es.,
(Apoc. 19,n) e di Michele (Apoc. 12,7) sia sta· h potenza satanica è soggetto del verbo 'ltO·
ta «inserita dall'esterno nel campo della vita ).Eµiw soltanto in Apoc. 12,7b; 17,14, ma non
della fede» (--> BIENER'r 21), e neppure corri- in altri cinque passi nei quali ricorre questo
sponde ai documenti il sostenere che nel N.T. verbo (lttc. 4,2; Apoc. 2,16; 12,7'; I3Ai 19,
«il soggetto della guerra o ·deJle guerre» è u).
;tO}.Eµoç, r.oÀ.q\ÉW C 1- 2 (0. Ilaucrnfcind)

ogni caso, durare soltanto dove sussiste dotto il giudizio, né sulla giustificazio-
1a fede nella giustizia del Re dci re e del ne dn darne 93 (-7 coll. u57s.). Nessun
documento attesta che un cristiano bat-
Signore dei signori (Apoc. 19,rr.r6). tezzato si sia trovato pronto a partecipa-
re per la sua persona a una guerra, anzi
2. Gli altl'i enunciati relativi alla guerra in genere al servizio militare; probabil-
mente li fatto non è mai accaduto 94 • Le
All'epoca del N.T. nessuno deve avct cose stanno diversamente qu:mdo diven-
dubitato che lo scopo divino(--} n. 86) tava cristiano un soldato già in servizio
( -7 ir-.pa:nr;)-çT)ç). È chiaro che non gli
fosse determinante anche in quelle veniva raccomandato di cercar di ~cio­
guerre che, secondo la narrazione del- gliersi dal sun rapporto di servizio, così
1' A .T ., Dio stesso aveva comandato; ta- come non si mccomandava n uno schia-
vo cristiano di cercare di sciogliersi dal
le concetto è tuttavia espresso una volta servire il suo proprietario pagano (I Cor.
sola, e anche in questo caso solo indi- 7,17 ss., diversamente -7 II, col. 1444
rettamente e di passaggio (Hebr. r,34). n. 86). Sulla professione del soldat1J in
~é non gravava alcuna macchia particola-
Questo non soffermarsi e il silenzio
re, come non gravava sulla condizione
costante, in tutti gli altri casi, su tali dello schiavo (-7 11, coli. 1441 ss.). An·
guerre possono esser capiti solo consi- zi, la terminologia relativa al servizio
dello schiavo e del soldato era spesso
derando che l'idea cli un rinascere del-
preferita per raffigurare plasticamente la
le guerre sante e la giustificazione a condotta cristiana, e più tardi quella del
condurne di nuove da parte di coloro mal'tite. Se si rendeva onore al sçldato,
che erano stretti nel nuovo Patto, ri- al legionario pagano e a quello divenu·
to cristiano, a causa delle sue qualifi-
mangono totalmente estranee all'intero cate e costantemente osservate prestazio-
N.T., inclusa l'Apocolisse. ni di coraggio, di fedeltà pronta all'im-
pegno e di spontanea natmalczza, non
Gli autori del N.T. non ritenevano per questo si rendeva pari onore alla
neppure di dover date una valutazione istituzione bellica in sé - non più di
di fondo su quelle guerre che si sareb- quanto avvenga, ad es., in Esiodo (->
ro combattute nell'intervallo tra le guer- col. 124 r ). È invece significativo, né può
e
re comandate da Dio nel passato una essere casuaic, che, malgrado il lnrgo u-
guerra escatologicn che avrebbe intro- ~o positivo di immagini tratte dalla vita

\>.INella parabola di Le. q,3r il problema non 91 ~ v. HARNACK 51 : «Non stupisce quindi
riguarda una più profonda e concreta legitti- che fino.all'epocit di Antonino e di Marco Au-
mazione di calcoli militari; tuttavia dovrebbe relio non si sia posta nelle chiese la questione
e~sere chiaro che il re cnlcolatore non rientra del servizio militare: il cristiano battez<mto
fra i perturbatori della pace dell'era escatologi- non diventa soldato...». Il fatto che un cri-
ca ( - col. 1266) né è tenuto a compiere una s tiano battezzato non abbracciasse mai la car-
:.iuerra santa. Qui, come in r Cor. r4,8, non c'è riera militare costituisce un complemento es-
nlcuna presa di posizione nei confronti della senziale alla constatazione - in sé inoppugna-
guerra; l'elemento bellico consiste semplice- bile - di ~ BmNERT (33): «Quella del sol-
mente nell'immagine (contro - BIENERT 90- dato non è quindi, per il N.T., una professio-
94). ne che debba essere intrapreen o abbandonata
per motivi di fede» .
1271 (v1,515) itOÀEl.lOç, noÀqlÉW e:? (0. Bauernfeind)
del soldato, proprio i termini 1tOÀ.Eµoc; so figurato, ciò che il cristiano deve fa-
e 1tOÀ.EµÉw o µO:x11 e µO:x;oµat (~ vr, re; anzi, secondo Iac. 4,2 ai cristiani
coll. 1429 s.) non siano mai usati per de- non si addicono né battaglie né lotte ~5 •
scrivere, né in senso proprio né in sen- O. BAUERNFEIND

~; Il problema dcl scrv1z10 militare e dell'o- sura d'emergenza istituita anticamente da Dio
biezione tli coscienze dci cristiani non è dun- e mai abrogata in nessun passo del N.T. (-')
que posto nel N.T. (--+coli. 1269 s.; dr. ~ v. n. 91 ), e non deve quindi lasciare fiduciosa·
CAMl'ENHAUSEN 257, soprattutto n. rn; --+ J. mente le decisioni e gli interventi bellici allo
LASSERRE 254); di conseguenza non può tro- ~tato, il quale «vive la sua esistenza» (--+
varvi una risposta diretta, soprattutto non KONNETU 343)? Tuttavia la possibilità offerta
sulla base dei soli passi relativi al r.oÀEµoç; ;ille comunità umane di rinunciare consensual-
tutti riconoscono, d'altra parte, che non si può mente, per trattato, all'uso delle armi (-')
risolvere il problema facendo astrazione dal col. 1243) non può forse essere, alla luce dcl
N.T. Tuttavia le valutazioni sulla portata pra- N.T .. una 'istituzione' divina di valore alme-
tica delle indicazioni fornite dalle linee di no pari (più riservato il --+ KONNETH 452) ed
fondo contenute indirettamente nel N.T. sono esigere un'obbedienza altrettanto pronta al sa-
divergenti (dr. --+ THEIMER 379 s.). Menzio- crificio? D'altronde rinuncinrc al personale
niamo brevemente le opinioni più importanti. oox~~LasEW (--7 u, coli. 1414 ss.) a favore dello
Chi, sulla base di un'esatta previsione del- stato, costituirebbe a un certo punto una
l'éschato11, è co;1vinto che attualmente ogni rinuncia alle indicazioni del N.T. (--+ BARTll
guerra può solo più essere una guerra contro 537). Inoltre si pone il problema se il giura·
Cristo (--+ coli. 1268 s.), naturalmente rifiuta il mento militare moderno, che spesso è consi-
servizio militare (dr. K. HUTTEN, Die Ze11ge11 derato l"asse dell'esistenza' di chi partecipa
Jehovns: Materialdienst 15 [ 1952] 175-231); nlla guerra (H.G. BACKHAUS, 1Vehrkra/t im
lo stesso vale per chi considera inconciliabile l.wiespall [ 1952] 28 s.), non sia totalmente
con -il N.T. l'uso premeditato di armi mortali ignoto al N.T. e se le guerre sante dci tempi
(--+ LAsSERRll 209-229, soprattutto 221.228). remoti non trovino in esso un discutibile (-~
Chi invece parte dall'aiuto d'emergenza co- coli. 1269 ss.) prolungamento (dr. O. BAUERN·
mandato al cristiano nei confronti del pros- FF-lND, Eid tmd Frieden [1956)). Infine è
simo(--+ coli. 723 ss.) e considera conforme al scorretto chiedere soltanto al giudaismo (~
N.T. un intervento in aiuto, anche prestato con n. 57; --7 n. 86) se non faccia sussistere il tri-
armi mortali, si sente portalo ad accettare le buto, sia pure talvolta aggiornato, alle: divi·
guerre difensive e, nel caso, a parteciparvi. In nità guerriere dei primi tempi; H. THIBLICKE
genere questi presuppone che si possa ragio- ha invece giustamente fatto notare (Theol.
nevolmente distinguere fra ingiuste guerre di Ethik n I [1955] 314-316) che l'interroga·
aggressione e giuste guerre di difesa (cfr. so- tivo non può essere messo a tacere neppure
prattutto Acta Aposlolicae Sedis 37, series 2, tra le file di cristiani convinti. In un secolo
voi. 12 [1945] 18 ; M. LuTHER, Ob Kriegs- nel quale è possibile (--+ KERN 17) una reto-
leule im selige11 Stand sei/I ko11ne11 [x_p 6] rica professione di fede nella O'XE-rMT) "Ep~ç
\V.A. 19 (1897] 656 s.;-') MOLLER 15 s .); la (--+ coli. 1241.1242), non è detto che manchi·
possibilità di una tale distinzione è tuttavia di- no anche professioni convinte di questo gene-
scussa (--+ THEIMER 379; \Y/. PICHT, Vom We- re. Ma dove gli idoli guerrieri acquistano spa-
se11 des Krieges [1952] II). Se questa obie- zio, le discussioni su problemi etici della guer-
zione si rivelasse fondata, resterebbe pur sem· ra diventano esercitazioni retoriche: Ares, in-
pre il problema ; il cristiano non deve accet- fotti, non si preoccupa da che parte stia il di-
tare ubbidiente il fatto della guerra quale mi- ritto (-,' coll. 1239 s.).
r.oÀL<; x•À. A 1 l (H. Strarhmann)

7tOÀ.Lç, t 7toÀ.l·n1ç, 7tOÀ.Vt'EUoµm,


t
7COÀ.1.'t'EllX, t 7tOÀ.l-tEUµcx.
~ I:tw\I, 'IEpoucraÀ:fj~t

SOMMARIO: 2. Gerusalemme, la città santa;


3. la Gerusalemme celeste;
A. ?tOÀt.<; X'tÀ. nel greco ex1r.1biblico: .J. la traduzione di ?t6Àl~ con civilas ndl::t
I. lessicografia. Vulgata.
II. Contenuto concettuale. I I. 'ltoÀ.li:1v;. T:oÀ.t-rEvoµaL, rcoÀLi:Ela., rco-
B. ?tOÀ.L<; x'\À.. nei LXX e 11el lardo giudaismo ; >..C'tEVl.la..
I. 'ltOÀL<;: D . I Padri apostolici.
1. i termini ebraici corrispondenti;
2.designazione delle città;
3. valore delle città; A. 1tOÀ.tc, X'tÀ.. NEL GRECO EXTRABIBLI·
4. Gerusalemme; CO
5. Gerusalemme ncllA speranza rnrdo-giu·
daica. I. Lessicografia
II. ?tOÀl"t'TJ<;, ?toÀt'tEla, 1tOÀL't'EuoµaL, 'itO·
).l·nuµa. nell'A.T. I. 'itOÀLc;, e la forma dialettale usata
III. Giuseppe e Filone, in poesia '1t-r6À.L<; (eolico, cipriota e cre-
C. 1tOÀtc; x·d•. 11el N.T.; tese), è un termine antico. L'etimologia
T . 'ltoÀ~: è oscura. «Il significato originario di
r. diffusione e uso profano; '1t6À.Lc; è vicino a quello di 'rocca•, la de-

'ltOÀ.Lc; X't'À, Geschichte des Hellenismus I (1917); B. KEn.,


Fra la vastissima bibliogr. (-7 PoHLENZ; -7 Griechische Staatsaltertiimer, in A. GERCKE·
KmL) citiamo solo l'essenziale. E. NoRDEN, EinleiJung in die Altert1m11wis-
Per A: senscht1/t 1 m 3 (1914) 353-434; M. POHLENZ,
H. BENGTSON, Griechische Geschichte, Hand· Staatsgedunke u11d Staatslehre der Griechen
buch A.W. m 4 (1950); R. BuLTMANN, Polis (1923); ID., Die Stoa I (1948), indice s.v.
rmd Hades in der Antigone des Sophokles, in 'Staat'; W.\Y/. TARN, Alexm1der thc Great u
Glauben und Verstehen n (1952) 20·31; J. (1948) 199·259 (Appendix 7: Ale>.·ander 1111d
BuRCKHARDT, Griechische Kulturgeschichlc I the Greek Cities o/ Asia Minor; Appendix 8 :
( 1898); G. BuSOLT, Griechische Staatrkunde Alexander's Four.dations); u_ V. \V/ILAMOWITZ·
1, H:mclb. A. \VI. iv 1 ,1 l ( 1920 ); C. N. Cocu- MoELLENDORFF, Plato11 l ( 1919) 399-444; In.,
RANE, Christianity and Classica/ Cult11re 2 Staat und Gesellscha/1 der Griechen, in Kul-
(1944); F. DE CoULANGES, La cité a111iq11e tur der Gcgeml'att 11 .p' (1923) 1-214.
(1864); V. EHRENBERG, Vom Sin11 der grie-
chischen Geschichte: Historische Zeitschrift Per C:
127 (1923) 377-392; ID., Der griechische und \Y/. BIEOER, Ekklesia und Po!is im Ncue11 Te-
helle11is1ische Staat, in A. GERCKE-E. NoRDEN, stament 11nd i11 der Alten Kirche ( 1941 ); R.
Einleiltmg itJ die Al1ertu111swisse11Ichaft 1 m BULTMANN, Dar Verstiindnis von \Velt und
3 (1932); E. FABRICIUS, art. 'Stiidtebau der Mensc/J im Ncuen Teslament uttd im Grie-
Griechen', in PAULY·W. 3 A (1929) 1982- chenlum, in Glauben 1111d Verstchen II (1952)
2016; G. GLOTZ, La cilé grecque, Nouvelle 59-78; T. MABRTENS, Jérmalem cité de Dieti
édition augmentée d'une bibliographie com· (1954); K.L. SCHMIDT, Dar Gegeniiber vo11
plémentaire et d'un appendice par P. CLOCHÉ Kirchc und Stani i11 der Gen1einde des Neuc11
( 1953 ); A.HM. JoNES, Cities o/ thc Eastern Testaments: ThBI 16 (1937) r -16; In., Polis
Roman Provinces (1937); ID:, The Greek City in Kirche tmd \Vefl, Basler Rektoratsspro-
/rom Alexander lo ]usli11ia11 ('40); J. KAERST, womm (19w).
mi),Lç xi:).. A I t (H. Strathmann)

signnzionc pm :intica e più generale di to viene chiamato rc6À.Lc; e non a<T"tU,


insediamento fortificato e in genere di perché itéÀ.tç racchiudeva a priori un si-
centro abitato di una certa entità» 1• Ta- gnificato politico, che invece mancava
le significato antico sopravvive in Atene :1J au"tU , tfo"'tU indirn la città come com-
ancora al tempo di Tucidide, quundo plesso edilizio e abitato costituito da ca-
l'acropoli era chiamata semplicemente se, mura e strade; è il contrapposto del-
'7\0À.~ç 2 • Bisogna però notare che il si- le campagne circostanti con xwµat o
gnificato del termine è andato acqui- o·lj(.LOL, «Come sono chiamati in consi-
stando colorazione politica, sl che l'idea derazione dei loro abitanti» 7• 1COÀ.Lc; in-
di fortificazione non fu più necessaria- vece designa il centro politico determi-
mente legata ad esso. Tucidide parla di nante di un dato territorio e più tardi il
«città senza mura» (1toÀ.ELç ài:Elxia"tot: territorio sul quale essa domina 8 • Città
r,5,1). Sparta non era una città, bensl subordinate che rientrano in quel terri-
«Un complesso di quattro o cinque vil- torio non sono 7tOÀ.ELç. Poiché gli stati
laggi aperti» e mai fortificati 3 • Non vi greci a causa della situazione geografi-
ha mai avuto luogo un l;uvotxtcrµ6c; ~, ca e dello sviluppo storico erano città-
che in molti casi è stato all'origine del- stato, e spesso di dimensioni assai mo-
le '!r.OÀw; greche. Si viveva «secon- deste, 7tOÀtç è inizialmente In città. Vfo
do l'uso ellenico antico», xa.-cl. xw1;.aç via che lo stato si amplia, r.6À.tc; abbrac-
(Thuc. 1,ro,2). Eppure Sparta era una cia questo territorio più vasto. L'a-
n6À.tç. <<Città per nulla fortificate, persi- cropoli di A tene è una parte del-
no paesi aperti come Lacedemone, si 1'&o"-cu. Ma a sua volta l'acr't'u degli
chiamano 1tOÀ.tç esattamente come città Ateniesi è una parte della loro 'ltOÀtç 9•
snldamente fortificntc» 5. È significativo il passo di Thuc. 6,44,
La caratteristica distintiva del termi- 2: mxpExoµlso\l't'o i:l}v 'I-.«ÀL(1\I, i:w\J
ne ristùta se ne consideriamo la diffe- (J.ÈV 'itOÀ.EWV oò o~:xoµÉvwv ctÒ't'oÒç ù:yo-
renza eia licr-.u 6 • Nell'età classirn lo stn- pfi. ovoè a<T't't::L, «Costeggiavano !'Itali:>,
1 __,, BusoLT I.53 e n. 2; dr. C. ScHUCH- Busot'r 154-160; MEYER, o.e. (-+ n. 3) 27r .
HARDT, Ho/, B11rg 11nd Stadi bei GermnllCiJ 3o3,
rmd Griechen: NJbchKIAlt 11 (1908) 308 s. s J .H.H. ScnMIDT, Synonymik der griechi-
e O. SCHRADF.R-A . NEHRING, art. 'Stadt' in schcn Sprache II (1878) 496. Cfr. pure E.
Reallexikon der indogermanischen Altertums- KORNRMANN, Polis rmd Urbs: Klio 5 (1905)
kunde ' II ~1929) 443 s. 77s.
2 Thuc. 2,1,5,I-4 motiva il fatto affermando 6-+ FABRICIUS 1983.
che Atent: è stata fondata in seguito a un 7 MEYBR, o.e. (-7 n. 3) 271.
l;uvoixicrµ6c;, imposto con la forza da Teseo,
delle altre città dell'Attica; ma l'acropoli era 8 Con ciò non si nega che '7t6Àic; sia stata
In parte più 11ntica della cithÌ, la sola esistente in origine la rocca, la fortezza di rifugio, che
si ergeva ad es. a fianco della sede di un
allora.
signore locale e che in momenti di pericolo
3 Cfr, E. Mcvr.R, Geschichte des Alterl11111s serviva da rifugio agli abitanti di tale sede e
I l [ ( 1937) 271 s. alla popolazione soggetta, come sostiene so-
4 Una definizione di questo concetto si ha in prattutto ScnucHHARDT, o.e. (__,, n. 1). In-
Thuc. 2,15,2: Teseo X«'t<XÀUcrac; 1'WV 11.)..).wv fatti questa rocca collegatn con la sede del
-rt6ÀEWV -r&. 1:E ~OUÀEU'ti)pia. xcxL -riltc; àpxàc; sovrano era appunto un centro politico. Se-
Éc; 1'lJV vvv 7t6Àw oi'ia'ct.V, ~V ~OUÀEU't1]piov manticamente, poi, il significato originario è
a:nolMl;ac; xaL 7tPV1'«VE~ov l;uv~x~crE 7>&.v- progressivamente scomparso, mentre si affer·
't'«c;. Cfr. R. PoHLMANN, Griecb. Geschich· mava quello politico.
le, Hondbuch A.\V/. lll 4' (1914) 59 s.; -7 9 ScHMmT, o.e. (__,, n. 5) 500.
r277 (v1,.p7) 7t6Àtç X't).. A 11-3 (H. Strnthmann)

mentre le città non li accoglievano no: Demostb. 19,184; Xenopb., hist.


né nel mercato né nell'abitato». Que- Graec. 2,4 22; Andoc., orationes 2,10.
1
sta diversità di significato appare già b) Detto del vivere in un dato ordina-
chiara in Omero (Il. 6,287 ss.; I7,I44; mento statale: Xenoph., Cyrop. 1,1,1;
Od. 6,I77 s.), benché non di rado e- Plat., l"esp. 8,568 b; Demosth. I0,4:
gli usi promiscuamente i due vocabo- Èv H.wite.plrt xa;l v6µotç É~ foou 1tOÀ.L-
]i 10• «L'accezione politica di 7t6À.~c; in 't'Eueo1}at, «vivere da eguale nella liber-
qualche misura è già il nocciolo dell'uso tà e nelle leggi», in contrapposizione a!-
omerico» 11 • l'lipXELV ~LI{' xat oouÀEvEw É't'Ép~ «co-
mandare a forza e servire a nn altro»
2. Di conseguenz>t r.0À.l-.11c; designa
(Aeschin., Tim. 5 ). c) Detto dell'attività
colui che con altri partecipa alla 1tOÀ.~c;
politica: Aristot., pol. 8,2 (p. 1324 a
nella sua qualificazione politica (Plat.,
41) contrappone gli lotG.iTctt n 'toi:c; 't'IJ.
Prot. 339 e; apol. 37 e; Eur., fr. 360
[T.G.F. 467,II ss.) ), cioè il cittadino, xow/J. rtpct't'TOUO"t xat 1toÀ.t't'EuoµÉvotc;;
cfr. Aeschin., Tim. 195 1 che mette a
membro della città e dello stato, nel pie-
fronte gli lotrJ.l'tEUOV'tE<; e i 7tOÀ.tTEuoµE-
no possesso di diritti attivi e passivi, a
vot; Thuc. 2,46,r: cx:vopEç téptO"'t"Ot 7t0-
differenza, per es., dai meteci e dagli
ÀLTEUOUO'L, «i migliori fanno politica»:
schiavi (Aristot., pol. 3,I [p. 1275 a 7.
Epicuro invece pensava che, «non aven·
22] ). La cittadinanza include quindi,
do... la capacità di for politica» ( oÙOÈ
anche a prescindere dalle donne e dai
7toÀ.t"C'EucrEo1}cu -.òv vovv EXO\ITa.), egli
bambini, sempre e soltanto una parte 12
non si cura di politica; gli uomini sono
degli abitanti.
per lui come le mosche (Epict., diss. I,
3. Da 7toÀ.l-tT)c; si devono far derivare 23,6). d) Detto della conduzione della
noÀ.vm)w (come btE'tEUW da txÉ,.TJc;) 13 politica, del possesso del potere statale
e la forma media, più frequente. Il vo- e del suo uso: Aristot., pol. 4,II (p.
cabolo non si trova nncota in Erodoto 1295 b40); 4,6 (p. I292 b 26 s.); 3,6 (p.
e compare solo con Tucidide. In corri- 1279 a 37). In età anteriore a Teseo
spondenza ai verbi in ·Evw e soprattutto per le varie località vigeva l'uso che
:ille 1oro forme medie, significa vivere EXM"'tOt È1toÀ.lnuov xaL l~ovÀEuono,
c:ome cittadino, operare come cittadino cioè che ognuna facesse per conto pro-
partedpando alla vita politica, parteci- prio la sua politica (Thuc. 2,I 5,r ); i La-
pare all'amministrazione dello stato, am- cedemoni badavano a <rcplow cdi-roi:c;
ministrare lo stato, trattare gli affari del- µòvov E7tL'tTJOElwc; 01tW<; 7tOÀ.t"C'EVO'WO't
lo stato 14 • a) Indica il vivere da cittadi- itEprt7tEUO\l"C'Ec;, cioè a far politica solo a

JJ Documentazione in -,)o BusOLT .r54 n. 7. 165-169.


11 ScHMIDT, o.e. (-,)o n. 5) 498. Dagli antichi B Cfr. DEBRUNNF.R, Griech. 1'Vortb. 106 s.; E.
lessici qÙesto non risulta chiaro. Cfr. Ety111. FRAENKBL, Griechische Denominativa ( 1906)
Gud., s.v.; n6À.tc; xa.t &vTv oto:tp~pn. 1cé>.~s r83.r97,
µh1 )..tyE'tttL 'tÒ tttxo86µr)J1l1., {fo'tv OÈ 1) H A rigore l'attivo, come in altri casi e so·
Xa"HXO"XE\rl) 'ti]ç -n6ÀEWI). 1t6À.Lç ÀÉYE'tO:L 'tÒ prattutto nei verbi in -Euw, indica la situa·
1tOÀ.l'tEUµtt, /lO"'tU OÈ 'fÒ ·tt~XO<;. T.:oÀ.tç µb,1 Ò zione in cui qualcuno si trova, mentre il me-
-r6ttoç xa.t ol X«'tOUtOU\l'tE<;, i]yovv "l'WV O"VV· dio indica la condotta corrispondente a quella
«µq>O'tlpwv· IJ.O"'tV ot f.~6vov 6 "t61to<;. Etym. situazione. no>..tnùw = io sono ci/ladino,
M., s.v.: n6À.tç <11]µa.l\IEL liVo· "tÒ'. xTlu1.w:ro: ... 1tOÀtnùoµat = io vivo e mi comporlo come
xcxt 'tÒ 1tÀ.7\&oç xat 'tÒv À.a6v. ci/ladino; cfr. KuHNER-BLAss-GBRTH n 1,II2;
12 Sui rapporti quantitativi cfr. --> Bus01:r ScHWYZl!R n 239.
-;tOÀ~<; x-rÀ.. A I 3 (H. Str:ithmt1nn)

proprio vantaggio, anziché avere a cuo- À.~-rwcraµEvoc; ȵav-ròv à.µEµljJLµolpn-


re anche l'interesse dei federati (Thuc. "tOV 1tctPÉcrX1Jµat., «io ho creduto a te e
r,r9 15; Ditt., Syll. J II 612,10). e) Col agli -dèi, verso i quali comportandomi
significato di amministrare: noÀ.t.-rEla.v secondo pietà e giustizia, ho tenuto
'lt~À.L"tEUEcrìJo:i. = esercitare un ufficio una condotta irreprensibile» 1~ . Comun-
(Epict., diss. 3,22,85); anche senza 7tO- que l'òcrlwc; xat ot.xrilwç 1tpÒç 't'ovc;
),i-.da.v è frequente nei papiri; qui si ì)Eoùc; ltOÀL't'EUEcri}cx.L dello scrittore del-
trova pure frequentemente 'ltOÀ.VtEUE- la lettera si contrappone alla rottura
crÌ}at. 1téÀ.Ewc;, ad es. 'AÀEça.vopElac; o del contratto ( 'lt'o:pa~alvEtv -tà. X<L"tà
'Epµou r.6ÀEwç, amministrare una cit- -r!Ì.c; uuviH1xac;) da parte del destinata-
tà 16• I1 vocabolo ha dunque sempre un rio, al quale si rimprovero di avere ope-
senso attinente al diritto pubblico. rato in modo contrastante con la pie-
Hesych., s.v. annota: 'ltpcX~>n, àva- tà (EucrÉBEt.a.). Lo scrivente, invece, nel-
o·-rpÉq>E"tCJ.t.. Questo significato del tutto la sua 'condotta civile' si è lasciato
appiattito, presente anche nel N.T. (cfr. guidare dal timore religioso. In ogni ca-
Act. 23,x) e corrente fra gli autori ec- so quest'uso isolato, se ammettiamo
clesiastici, è attestnto nel v sec. <l.C. dal che il vocabolo sia qui impiegato nel
neoplatonico Proda 17; incontriamo poi senso generico di condotta, costituisce
il senso di condursi nei libri dei Macrn- qualcosa di singolare 19 • Epitte to non
bei {~coli. 1_3 02 s.), in Flavio Giuseppe usa il vocabolo in questo senso sbia-
(~ n. 6 5 ). Di età precristiana e in am- dito (cfr. diss. ·x ,23,6; 2,20,27; 3,9,
biente extracristiano abbiamo però un 9; 22,83.85), e neppure Plutarco, Po-
unico documento di quest'uso semanti- libio 2ll e gli altri papiri 21 • In questi
co: f.yw yà.p m<r"!Eu<rac; aol 't'E xat ultimi, invece, il vocabolo è talvolta ri-
ì1Eotç, 7tpÒç ouç òalwc; xaL 81.xalwc; 7tO- ferito ai rapporti commerciali; in tal

15 Cfr. pure WrLCKl!N, Ptol. I 482 nr. uo, uus, Phil. ad 1,27). Errata è la nota di ~
77 s. ScnMmT, Polis 5 n, 5, secondo cui il Wett·
1,; Documentazione in PREISJGKI!, Wiirl. tu stein riporterebbe a Phil. 1,27 una serie di ci-
1.p s. tazioni (di Senofonte, di autori giudeo-elleni·
11 Cfr. R. HERCHER, Epistolographi Graeci stici, ecc.), nelle quali itoÌ..i'TEVE<Tba.~ significhe-
(!873) 13: orna. p.Èv wc; EVO'E~Wc; !::iic; xat rebbe vivere, condursi. I passi citati dal Wctt-
Ci'Eµvwc; 1tOÌ..L'rEVTI xttt -cfi Tijc; avt1tLÀ:fyrt't01J stein, nei quali il termine ha questo signifiC3to,
't'E xcct à.yvijc; 110À.L'trlac; IÌPE'tii 'TÒ 1tEPL- sono tutti di ambiente giudeo-ellenistico o cri·
B6T}"i:'O\I a.v'TÒ 'Ti}c; <pLÌ..oO"oq>Cac; xocrµt~c; ovoµ«. stiano. Nell'unico passo non di questo tipo da
l'lCfr. \XIILCKEN, Ptol. 1 625 nr. 144,12 ss. (11 lui citato (Xenoph., Cyrop. 1,1,1), il termine
scc. a.C.); «1tOÀL'tEVEO'baL non indica qui una non significa comportarsi, e lo stesso vale per
condot1a civica, bensl il comportamento di- il pure citato P . Hibeh I 63,n, dove 'ltOÌ..L-
nLlnzi alla divinità», ibid. 627 ad l. -;EUEO'~a.i &:ì..ì..i]ì..oLc; significa piuttosto avere
JJ Anche \VILCKl!N, Ptol. 1 627 non può che reciproci rapporti d'affari (-+ n. 22). Anche
<lare documenti relativamente tardivi e in- nell'iscrizione riportata in DITTl!NBERGER Syll.1
fluenzati dnlla Bibbia: N.T., ep. Ar. 31 e n 708,24 s. (fine del 11 see. a.C.) )'EÙO'E~t­
Padri dell11 chiesa. O''TC1'TC1 Xat xaì..)...LO'"l'C1 1tO)...L"l'EVEcrbai non si
2U Cfr. ]. SCHWEIGHAJ!USER, Polybii Historioe riferisce affatto alla condotta in generale, ben-
vm 2, Lexicon Polybiotzum (1795) s.v. sl al pubblico operare per il bene della città
21 Non è documentabile l'affermazione che di Istropoli. Rimane unicamente il passo ci-
nella koiné 1tOÀL'TEVEcrbcu sia spesso divenuto tato nella ~ n. 18; dr. DEISSMANN, B. 2II.
un termine generico per indicare la condotta Qui, comunque, la prova della condotta pia
privata (LOHMF.YER, Phil. 74; anche M1- viene vista in primo luogo in una condott!l
CHAEUS, Phi/., ad 1 ,27; piì1 cauto il DIHR- rrttamente conforme agli impegni.
1281 (VJ,518} 1tOÀLç XTÀ. A l 3-5 (H. Strathmann)

caso 7tOÀ.L'tEVEO'tkt.L può voler dire com- xpa-.lcx. oltre a 7tOÀ.L"t'Eta. in senso stret-
merciare o avere rapporti. d'afJarz.22 . to, contrapposte alle deviazioni ( mxpEx-
Ba<rnç), cioè a tirannide, oligarchia e
4. Plut., de unius in republica d?mi- democrazia (3,7 [p. 1279 a 30 ss.]). Sul
11atione 2 {u 826 c ss.) enumera I se- concetto di 1tOÀ.L-cEia. in senso stretto
guenti significati di 1tOÀL'tEla.: I . µs- cfr. 3,6 (p. 1279 a 37): lhav "t'Ò 'ltÀ:ijiloc;
't'UÀ'fltVLc; -rwv È.V 7tOÀEL OLxrt.lwv, «par- 1tpòc; -.ò XOL\IÒ\I 1tOÀL'tEU'l)'\'O:L uuµcpÉpov,
tecipazione ai diritti civili»; 2. ~loc; à.v- xcx.À.d'ta.t "t'Ò xowbv l:Svoµix 1trutwv -cwv
Spoc; 1toÀ.t't'Lxov Y-aì 't'à. xowà. 7tpci't°'t'Ov- r.oÀ.t>ELWV, «quando il popolo ammini-
't'oc;, «vita del cittadino che svolge le stra lo stato a comune vantaggio, si ha
mansioni comuni»; 3. µla. 7tpaçtc; EV- quella che con termine comune a tutte
<:r't'oxoc; Elc; >à. xotvcX., «unica attività at- le forme di governo è detta 1tOÀ.~'t'Ela.» .
ta al bene pubblico»; 4. -.riçtc; xa.t xa- d) Lo stato in sé: Aristot., pol. 1,13
't'acr·rn.atc; 1toÀ.Ewc; Stotxovcra. 't'à.ç 7tpa- (p. 1260 b 19); 4,6 (p. 1293 a 9);
çEtc;. Il vocabolo designa quindi a) in Thuc. r,127,3; Plat., resp. 8,68 b. Pu-
primo luogo l'attributo specifico del 7tO- re la singola comunità cittadina può
Àl-tT)c;, cioè il diritto civile: Hdt.9_,34 essere chiamata 7tOÀ.t-.da, anche se non
(unico passo); cfr. Thuc. 6,104,2; D1tt., ha più un'autonomia politica o l'ha so-
Or. I 9,34 a proposito del conferimento lo in misura assai ridotta: Ditt., Or.
del diritto civile; 9,6 di titoli di diritto u 441,103 (età imperiale). e) Condotta.
civile conferi ti. b) Inoltre 'lto)~i.Ela. è la Hesych., s.v. annota: ?to)...t't'Ela· il TC6À.tc;
vita del cittadino, la vita nell'ordina- ÌÌ (3loc; xrti TJ aVIX<T'tpOq>l]' xlll 'i) 1tpfi1;tc;.
mento civico, soprattutto la collabora- Cfr. Athen. 1,19 a; Stob., ecl. 1,395,
zione alla vita dello stato, l'attività po- 24
22 • Ma le attestazioni di quest'uso so-
litica in tutte le sue forme e a tutti i li- no tardive e scarse; lo si trova per la pri-
velli: Andoc. 2,10; Xenoph., mem. 3,9, ma volta nel greco del giudaismo elleni-
1
lJi Ditt., Syll. I 495,173 . c) L'ordina- stico, poi nella letteratura cristiana.
mento statale nell'ambito del quale vive Manca in Epitteto, in Plutarco e Polibio
il cittadino cioè la costituzione statale: e nei papiri.
Plat., resp.'7,536b; Tim. 23 e; Aristot.,
poi. 1,13 (p. 1260 b 24); a.t µs-ca.{30)...a.i 5. Il vocabolo 7toÀ.l'tEUµa. fluttua fra
-cwv 7tOÀ.t'\'ELWV, «i cambiamenti delle molteplici significati 25 • I sostantivi in
costituzioni»: 4,n (p. 1296 a 6) 21 ; òp- -µix designano generalmente il risultato
i>et.t: 7tOÀ.L'tELl'XL, cioè Ba(nÀEla., à.pt<r't'o- di un'azione 26 • a) 1tOÀ.i'tEUµa. (prime nt-

22 Cfr. PRElSIGKE, 'Y/iJrt., a noÀL'\'EVE<Tbcn. 2'i Cfr. FRAENKEL, o.e. <~ n. IJ) 228; w.
21 Cfr. H. RYFFEL, ME-ro.~oì..1) -rwv 1tOÀ.L- RuPPEL Polile11111a. Bede11lungrgeschichte
·n~wv. Der \\7andel dcr Staatra11ffassungen. cines slaatsrechllichen T erminus: Philol 82
U11tersuchungen zu einem Problem der grie- (r927) 268-312.433-454, dove il materiale let-
chischen Staatstheorie. Diss. Bern ( 1949). terario ed epigrafico è raccolto ed esaminato
criticamente. Inoltre L. FuCHs, Die Juden
u Il passo citato da PRE~SCHEN-B~UER 4, s~v. Aegyptcns in pto/emiiischer und romischer
'ltOÀL'\'E(ct: ~wc;
&:yo.vct.X'l'T]O'<IV'l'O. '\'(.( C1'\'0LXEtl'k
Zeit (1924) 79.86. Per ciò che riguarda l'uso
-re!> µovapxCf> &E@ lv-ruxe~v l6ox(µa~ov òttèp del termine nei papiri, è importante M.
-rfiç '\'WV à\l&pùmc.N <iyp(ou 1tOÀL'l'Efr.t.c; (Stob., ENGERS, IloÀl-rtuµ«: Mnemosyne .H (1926)
ecl. i,403,9 ss.) non può invece essere addot-
154-161.
to a questo r iguardo. Vi si parla di guerreg-
giare, assassinare, opprime!e. Q.ui .-rtOÀL-tElct 1h Cfr. KOHNER-BLASS-GERTH I 2,272; DE-
non significa condo/la, modo d1 vivere, ma BRUNNER, Griech. Wortb. 157; SCHWYZER r
maneggio polilico, 5 22 ; «Divenuti in seguito nomina rei ac/ae
'ltÒÀ!.<; x't').. A I 5-11 (H. Strathmann)

testazioni nel v sec.) è quindi anzitutto singolare derivazione dell'epoca elleni-


il risultato del 1tOÀ.t.'t'EVE<TD'at e designa stica è l'uso del vocabolo per designare
perciò singoli atti o affari politici: Ae- colonie straniere. Un 1tOÀt"tEVµ~ di que-
schin., Tim. 86 27 • b) 7toÀvmiµa'tC1.. in- sto genere costituivano, ad es., gli Ebrei
dica soprattutto atti o settori dell'am- in Alessandria (Flav. Ios., ani. 12,rn8;
ministrazione statale: Demosth. x8, ep . .:'lr. 310) 30, come pure in Berenice
109; Plat., leg. I2,945 d. e) Aristotele di Cirenaica 31 • Inoltre leggiamo tra l'al-
designa volentieri con 1tOÀl't'EVµa il go- tro di un 1toÀl"tEUµa di Cretesi nella
verno dello stato, oppure coloro che de- regione di Arsinoe, di Idumei a Memfi,
tengono il potere statale o vi partecipa- di Caunii a Sidone 32• Tutti questi 'ltO-
no: ot Év 't'Q 7tOÀt't'Euµa·n (pol. 5,1 [p. Àt-cEuµa'ta non sono associazioni pri-
I 301 b 6 ss_ J). fo·n O~ 7tOÀL'tEtCI. 1tOÀ.EW<; vate, bensl raggruppamenti etnici rico-
•al;tc; "t'wv "t'E l:i..ÀÀw'V &..px.wv xat µ6..À.t- nosciu ti, colonie straniere con determi-
<T"t'a't'ij<; Xupi.ac; mi'V"t'WV. XVptO\/ µè\/ nati diritti politici. Questa forma giuri-
yàp 1t<J.V"t'flX,OU 'tÒ 1tOÀ.l'twµa 'tfic; 1t0- dica pare essersi sviluppata nel quadro
ÀEW<;, 7tOÀl-.EUµet.. Oé É<T-i"LV 1j 7tOÀL'tEfo:, della grande politica di mescolanza dei
«la costituzione di una città è l'ordina- popoli condotta da Alessandro e dai Dia-
mento di tutte le cariche o mansioni e dochi, e soprattutto dai Tolomei.
massimamente di quella che è superiore
a tutte. Il governo infatti ha potere so- II. Contenuto concettuale Jl
vrano sulla città, e la forma di costi-
tuzione determina la forma di gover- La 1t6À.ic;, il piccolo stato greco, è sta-
no»: Aristot., pol. 3,6 (p. 1278 b 9); ta definita «il fenomeno più caratteristi-
cfr. 3,7 (p. 1279 a 25); 3,13 (p. 1283 co della civiltà ellenica antica» 34• Ma
b 30 ). d) Gli ultimi passi citati indi- l'importanza del concetto poggiava sul
cano già il passaggio al significato di suo contenuto ideale, e se ne aveva CO·
costituzione statale, stato, comunità po- scienza. Nel Protagora platonico il noto
litica. Le differenze fra 1t6Àtc;, 1tOÀ.t.'td~ sofista presenta in 'forma mitica' l'uo-
e 11:0).l·n:uµoc dunque restano sfum11te; mo che, istituendo la '1t6À.tc;, esce dalla
attestazioni al riguardo si hanno soprat- condizione d'insicurezza aculturale e
tutto in Polibio e Plutarco 28• e} Anche il percorre la via di un'evoluzione supe-
diritto di cittadinanza può talvolta esse- riore 35• Ciò avviene per ]ibera associa-
re designato con 7toÀ.l'tEUµa. "B. f) Una zione, resa però possibile soltanto dal

(in antitesi a -µ6.; e a -o'~<;), i neutri in -µ~ 11EVOL Et~ 't'Ò no)..(i:EUµtt (m sec. a.C.).
sono pure, già anticamente, indicazione di 30 Su questo dr. FucHs, o. c. (--> n. 25)
oggetti». 79.86.
TI Altti documenti in RUPPEL, o. c. (-+ n. li CIG III _5361,21 s.; dr. ScHtlRl!R Ill' 79 s.
25) 289 s., tratti soprattutto da Plut:irco. JZ Cfr. DITT., Or. II 592,1; 658,3; 737,3.19.
28 Cfr. RuPPEL, o. c. (-+ n. 25) 275-279.291. Si è molto discusso sul carattere di questi
Cfr. pure Drrr., Or. r 332,56 (II sec. a.C.); TCOÀ.L't'E~µa-ca.. Altri particolari in ENGERS, o.
229,60.72 (III sec. a.C.). c. (-+ n. 25) lJ.5 e in RUPPEL, o. c. (-+
29 Documenti letterati e <li iscrizioni in RuP- n. 2,5) 299-306. lvi pure altri dati bibliografici.
PEL, o. c. (->- n . 25) 290.297 s. Cfr. al ti· 31 W.. Orro, Kulturgeschichte des AlteTlums
guardo ENGl!RS, o. c. (-+ n. 25) 154 n. 3. (1925) 90.
Il documento fondamentale è Drn., Sy/l. 3 r 3t F. BAUMGARTNER, F. PoLAND, R. WAGNER,
543,6 e 32: ltw.; 8.v o~v xcxt l't'lpou.; lm- Die hellenistisch-romische Kultur (1913) 13 s.
voi}crwi.u;v à.l;fouç -rou 'ltCXp'ùµi'.v noÀ~·m)µcx­ JS Platone spiega anche in resp. 2,369-70 che
't'O<; e 'Pwµcx~o~ .. - 't'OÌJ<; otxt't'«<; ... 1tpocrotx6- lo stato è derivato da una !;1NOLXlct causata dal
1285 (vr,520) 1t6}..~ç X"\)... A n {H. Strathmann) (v1,520) 1286

fatto che, oltre all'Eu'tEX'VO<; O"ocpla di neo, mentre è nella natur~ del cittadino
Efesto e di Atena, don:-ita agli uomini µe:-.ÉXELV xpluEwç xrxt O:pxfic;, «aver par-
da Prometeo, Zeus aggiunge loro, me- te alla decisione e al comando» {Ari-
diante Ermes, il timore reverenziale e stot., poi. 3,1 [p. 1275 a 22] ) 37• In
la giustizia, a.i.ow -.E xai olx'r]V, tv'E'lr.v questa vita statale comunitaria l'uomo
7COÀ.EW'll x.611µ01 -.E xa.t OE<Tµol cpt.À.lac; giunge a sviluppare pienamente Ja pro-
<Tuvay0lyol, «affinché siano ornamento pria natura, egli che secondo Ja nota
delle città e vincolo d'amicizia». Sono massima di Aristotele, è «per natura
doni per tutti. Chi non li ha, va elimina- un animale politico» {~~o\I q>UO"E~ no·
to come una peste (v6<Toc:; 7C6À.Ewc;: Prot. À.L-.1xov: po!. 1,2 [p. 1253 a 3]; 3,6
322). Il discorso funebre tenuto da Pe- [p. 1278 b 19]). Tuttavia Ia vita della
ricle in occasione dei primi onori resi in 7t6À.tc; è del pari assoggettata alla leg-
Atene ai caduti della guerra del Pelo- ge, la cui autorità è circondata di re-
ponneso (Thuc. 2,35-46), discorso nel ligioso timore, e che non è ammesso
quale «l'originale coscienza ateniese del- infrangete. L'ordinamento statale è
lo stato e della civiltà ha trovato com- quindi pervaso di sacralità religiosa. La
piuta espressione letteraria» 36, è anima- '7t6Àtc; è una comunità religiosa. Il suo
to dalla convinzione che la 7COÀ.t.c:;, libera 'VOµoc:; «unisce stato e chiesa». Essa è
ma sottoposta all'autorità della legge ri- inconcepibile senza religione e senza cul-
conosciuta volontariamente da tutti i cit- to. È una «organizzazione sacrale» 38•
tadini, è il presupposto dello sviluppo di Essa trae la sua origine dal più alto de-
tutti i suoi valori spirituali, di ogni fiori- gli dèi, il quale non per nulla si chiama
tura culturale e di ogni benessere. Il suo - come pure Atena - ~oÀiovxoc;, «pro-
senso dello stato vive nel libero assog- terrore de1la città», ha per sposa Themis
gettarsi dei cittadini alle leggi che pro- e per lìglia Dike. Tali i poli fra cui
teggono il bene comune, e ciascuno ha oscilla il concetto di 1tOÀ.tc;. Perciò E-
il compito di dare ad esso tutto il pro- schilo ammonisce a non distrugget·e in
prio apporto. Chi si tiene da patte, alcun modo il ooµoç olxaç, «la sede del
quello «lo riteniamo non ozioso, ma diritto», bens1 a custodirlo con religio-
inutile» ( oòx a'ltpayµova. 6,)..)..' àxpe:i:ov sa pietà, senza la quale né la comunità
'Voµl<;oµe:v: 2,40,2). Forte di questo delJa noÀ.~c; né il singolo h'll'V o-l~ot
senso dello stato, dell'ordinamento e olxa.'V, «rispetta il diritto» (Eum. 516
della condotta corrispondenti, come pu- ss.). Il quadro ideale è compiutamente
re dello sviluppo cosl determinato, Ate- descritto in Eum. 696-699:
ne si sente l'avamposto culturale e ci- «Né licenza né dispotismo:
vile deU'Ellade. La vita della '7t6À.tc; si questo - penso e consiglio - è, per
svolge nella libertà; tutti i cittadini le il popolo, nobile e degno.
danno il loro apporto, avvertendo co- E non si elimini dallo stato ogni fon.
stantemente la contrapposizione alla ti- te di timore:
rannide dei popoli barbari, puri oggetti quale uomo, infatti, rimane giusto se
dello stato, ubbidienti a un volete estra- non ha più alcun timore? 39».

bisogno e dalla capacità di un aiuto recipro· d i Dario (~ W1LAMOWITz-MoELLENDORFF,


co, e ciò avrebbe avuto come conseguenza il Sinai 25).
crescente sviluppo culturale. .11 -+ PoHLENz, Staatsgedanke ro; J. HEINE-
3b ~ KAllRST 37. MANN, Philons griechische 1111d jìidische Bil-
31 Perciò per Aristotele n- .regno di Filippo dtmg (1932) 431 n. 2.
non era uno stato, come non lo era quello 39 J.G. DROYSEN-W. Nl!STLE, Aischylos. Die
r.bÀ~ç X't'À, A II (H. Strathmann) (vr,521) 1288

Certo, la realtà politica non corri- Zenone, quasi rappresentandosi un so·


spose al contenuto ideale del concetto gno o un'immagine di un civile e filoso-
greco di stato, e la critica razionale, fico ordinamento e costituzione. Ales-
quale quella praticata ad es. dai sofisti, sandro poi tradusse in atto l'idea» (Alex.
distrusse i fondamenti religiosi di que- fori. virt. 1 ,6 [II 329 b] ). Aristotele gli
st'idea di stato; l'individualismo egoi- consigliò di condursi da guida (1}yEµ0\11.-
stico, l'abbandono democratico dello xwc;) con.gli Elleni, ma da padrone (oE·
stato alla massa e ai suoi istinti, la o..1wnxwc;) con i barbari. Ma proprio
lotta dei partiti quali esponenti di strati questo Alessandro non volle fare; egli
sociali, distrussero lo stato, identifican- volle piuttosto essere xowòc; 'Ì)Xél.V i>E6-
dosi di volta in volta con esso il grup- 1)e.v àpµoa·d1c; xa.L SLaÀ.À.ct.x:d1c; "tW\I
po dominante; e del resto questa idea oÀ.wv voµlswv, ...WCT'ltEp ~\I xpa."tfjpi. q>L-
di stato perfino in Platone e in Aristo- À.o·n1al~ ... -.oùc; f3louc; xcxt 't'à. fii>-r) ... '1ta.-
tele rimase prigioniera dei limiti canto- 'tpioa. µtv "tTJV otxouµl\IT)\I '1tpoaha!;Ev
nali della città-stato: questa fu la tra- l)yei:cri}ai. TCav-.ttc;, ò:xp61toÀ.w liÈ xat
gedia della storia greca -4<1. q>poupà.v "t"Ò CT"tpa.'t'67tEoov, crvyywe~c; OÈ
I limiti cantonali di questo concetto -.oùc; àyai>oùc;, &.À.Àoq>vÀ.ouc; oÈ "toùc; TCo-
di stato - e i suoi limiti etnici - non vnpovc;- 't'Ò 8"EÀ.À.l)\1Lxòv xa.t f3a.pf3ap1.-
furono spezzati dai teorici, bensl dal xò'V µl} x:X.aµùoL µTJSÈ 'ltEÀ."tlJ ... 01.opl-
corso della storia, dalle grandi figure SELv, Ò.À.À.à. 'tÒ µiv 'EÀÀ.l}'\11.XÒ\I apETj'i,
storiche, Alessandro e Roma. La Stoa, -.ò 8È ~a.pfja.ptxòv xaxlrt 't'Exµa.lpecri>a.t,
e in particolare il suo fondatore Zeno- «quale inviato dal cielo, il comune go-
ne, che nacque all'incirca l'anno stesso vernatore e arbitro di tutti, proponen-
in cui Alessandro sall al trono, offerse dosi di mescolare le vite e i costumi in
di ciò la teoria nella sua 'ltOÀ.L-tEla.. una specie di cratere dell'amicizia e di-
Questo contesto fu già chiaro agli anti- sponendo che tutti riconoscessero come
chi. Plutarco scrive che l'ammirata 'ltO- patria il mondo, come rocca e presidio
À.t.-tda. di Zenone mirava al superamen- l'accampamento, come parenti i buoni,
to degli staterelli, LVct. ... 'ltaV'taç avi>pw- come stranieri i malvagi, e si distingues-
'ltOV<; 1)y<i>µEi>a. 01)µ6't'et<; xa.t 7tOÀl't~, se ciò che è greco da ciò che è barbaro
Etc; Ot ~foç TI XCXL x6aµoc;, &aitep a:y~­ non dalla clamide o dallo scudo..., ma
À:l']c; avw6µou v6µ.<p xoLvii) auv'tpEcpo- si riconoscesse ciò che è greco dalla
µlvnc;. 't'ou"To Z1rvwv µÈ'V lyprx.l}IE'V virtù e ciò che è barbaro dalla malva-
W<J-rcep ovap i} E(OWÀ.0\1 EÒ'Voµ{a.c; (91.· gità» {ibid.). È, questa, la teoria coe-
loa6cpou xa.t 7tOÀ.i.-rdac; à.vix-rurcwcra- rente dell'ideale impero universale, che
µe\loc;. 'Aì..€~a.v8poc; oÈ -r<tl À.l>Y<!l -rò travalica tutti i limiti storici e naturali.
Epyov mxpÉa)(Ev, «affinché riteniamo Analoghi i ragionamenti di Zenone, il
tutti gli uomini membri dcl popolo e quale però si lasciava a1le spaJle ogni
concittadini e unico sia il modo di vi- realtà e descriveva lo stato come la co-
vere e il suo ordinamento, come un munità dei savi, che mediante la ragio-
gregge che, retto da comune legge, si ne universale che tutto regge è ordinato
nutre allo stesso pascolo. Questo scrisse in modo tale da non aver più bisogno

Tragodien und Fragmenle (1944) 327. Non MANN, Verstiindnis.


è possibile citate altre attestazioni di poeti +l R. PoHLMANN, Geschichte des antiken
e filosofi. Il possente contenuto etico dell'idea Kommunismus und Sozialismus I (1893) 269·
greca di stato è descritto con particolare ef- 476; A. DYROFP, Ethik der alten Stoa (1897)
ficacia da --> KAERST 1-52. Cfr. pure-+ BuLT- 215.
1t6Àt<; MÀ. A u-B 11 (H. Strathmann) (\'1,522) 1290

delle usuali istituzioni giuridiche e so- B.1t0Àt<; X't'À.. NEI LXX E NEL TARDO
ciali: <(una pura e semplice fantasma- GIUDAISMO
goria» 41 • Nelle sue astrazioni lontane
dalla realtà la Stoa finl nelle idee più Passando dalla sfera del greco extra-
strane e i suoi adepti ebbero natural- biblico all'uso biblico, si avverte un
mente grandi difficoltà a inserirsi e a marcato mutamento di atmosfera. Ne
collaborare nello stato concreto (Plut., sono segno gli stessi dati statistici.
Stoic. rep. 2 [11 1033 b ss.]), anche 7C6)..ti; vi ricorre di continuo· invece 1tO·
quando non davano all'astensione o as- À.t'tEloc, noÀ.l'tEuµoc e no).~"tEuoµoct si
senteismo politico la fatale motivazione trovano solo alcune volte in 2-4 Mach.
' ,
7tOM"tEuµa un ,umca
. vol ta; inoltre 1tO-'
di Crisippo: oi6"tL d µ~v 1tO'\ll]pOC 7tOÀ.L-
"tEVE"t<X.L, "tOi:ç i7Eo'Lc; Ù7ta.pfoti· El SÈ xpri- À.vtEutcrt1a.t ricorre una volta in Esth.
cr"tct, 't'OLç 7toÀ.l't'a.iç, «perché, facendo 8,12 p. ~nche 1toÀl't'r]<;, a parte 2 e 3
una politica disonesta, sarebbe spiaciu- Mach., ncorre solo una mezza dozzina
to agli dèi; facendola onesta, non sa- di. volte in vari 1!bri de1 canone pale-
rebbe f'.iaduto ai cittadini» (fr. 699 stinese come equivalente impreciso di
[v. Armm III r74,26ss.]). Si perdono vocaboli ebraici che indicano il prossi-
completamente i contatti con la con- mo o connazionale. Manca la profu-
c~eta realtà politica quando fra gli Stoi-
sione di derivati e di composti di 7CO·
ci compare il cosmopolitismo vero e À.tç che troviamo nel lessico greco 4l
proprio. Di questo non si può ancora (a parte 7toÀ.iopxEtv e 'ltoÀiopxloc). Nel
parlare quando si ampliano i limiti sta- vocabolo 1tOÀ.ti; è innegabile un conte-
tali pensando a uno stato universale nel nuto ideale totalmente diverso da quel-
senso or ora accennato. Ma tale cosmo- lo presente nel linguaggio extrabiblico.
politismo compare là dove la Stoa, di-
staccandosi radicalmente da ogni politi- 1. 7to.>..Lç
ca empirica, si vale del concetto di 'lt6-
~. I ll:.rmini ebraici corrispondenti.
À.ic; per rappresentarsi plasticamente il
Net LXX m sostanza 'ltOÀ.ti; corrisponde
contesto del cosmo come un tutto retto a 'ir del testo originale, che, salvo ra-
da un'unica legge divina, e la propria
re eccezioni, è costantemente tradotto
posizione in questo tutto 42 • con 1t6)..t<;. Invece nei LXX, come del
La storia era passata oltre la rc6)..ic; resto nel N.T., non ricorre CJ.a-.u. Non
della Grecia antica. Cessando la real- si nota alcun bisogno di distinguere fra
tà, anche il concetto perse la sua viva- 7C6).tç e &cr"tu. In Ir. 22,9 'lr dawid è
cità plastica, divenne esangue, cadde tradotto con +i &xpa .Aa.vio, corretta-
preda della spiritualizzazione filosofica. mente ma in modo del tutto incon-
Nel cosmopolitismo il concetto di 1tO· sueto in luogo del normale Ti 7t6À.ic;
Àtc; si annulla da sé.
ÀttutO. In qualche caso isolato nei LXX
ricorre xwµ'l'J:lor. ro,39; I Par. 27,25;
2 Par. r4,r3; Is. 42,n . Probabilmente
i traduttori vogliono dire che in questi
casi non si tratta di 'città', senza che
41 PoHLMANN, o. c. (-> n. 40) 617; E. ZEL- 26; 10,3; Sen., de otfo 4,1; Dio Crys., or. 36,
LER, Philosopbie der Griechen III 1 ~ (1909) 22 s.; M . Ant. 6,44. Crisippo in H . D IELS,
.w 2; DYROFF, o.e. (-7 n. 40) 213-216. Doxogrophi Groeci (I929) 465,I 4; cfr. pure
42 Cfr. Clem. Al., Jlrom: · 4,172,2; Plut., DYROFI', o.e. e~ n . 40) 2r5 e n. 2.
comm. noi. 34 (II 1076 s.); Epict., diss. 2,5, 43 Una sintesi in~ SCHMIDT, Polis r -u.
1291 (VI,522) 7tOÀ.~<; x-.À.. B r r-2 (H. Strathmann) (VI,522) 1292

per altro essi facciano tale considerazio- di Rabba è designata come '1r hamma-
ne in tutti i casi in cui sarebbe stata jim, ft 1tOÀ.Lç "t'W\I ùoti:twv, la città del-
appropriata. In Ier. 19,15 si legge
4
xw- l'acqua. Tuttavia nell'uso corrente 'lr è
µl] non perché renda 'ir 4, ma perché i l'insediamento urbano difeso da mura;
LXX han trovato menzionati nel testo su vi si contrappone la campagna (Sadeh,
cui lavoravano anche i villaggi, accanto àyp6c;: Deut. 28,J.16), i pascoli appar-
alle città; 'ir è tradotto con itOÀ.L<;. In tenenti alla città (migriis, "t'èt. &cpwpWflÉ-
Ios. 10,2 'ir hammamliikd è tradotto (po- vo:: lor. 21,21 ss., o -.à. 1tEpt<r7topw.:
co appropriatamente) con µl]"t'p61toÀtc;. Ios. 2I,36), i villaggi dei dintorni (pa-
In Esth. 9,19 µl]"t'p6itoÀ.tc; non ha cor- ~ùim, xwµa.t o Èr.cx.vÀ.Et<;: lor. 15,32.
-rispondente nell'ebraico. Da parte sua 54), chiamati 'figlie' in relazione alla µ'l1-
i.6Àtc;, in oltre cento degli almeno 't'p61toÀtç (Num. 21,25.32; 32,42; 2
millecinquecento passi in cui ricorre, Sam. 20 ,r9; Neem. 21,25 45 ; dr. pure•;,
non traduce 'fr, ma soprattutto qirja mib~iir, città forte, it6À.tc; È.O''t'E(>EWµÉ\ITJ
e s"iir1m (cfr. Deut. q,21). Questi e con ko/er happerii:d, villaggio campa-
alcuni altri casi marginali sono irrile- gnolo (r Sam . 6,18), e 'iirlm be1urot,
vanti quanto all'uso di r.6Àt<; nei LXX: TCOÀ.Etç oxupu.l con 'iire happ•raz2 (Deut.
esso è nettamente determinato dall'uso 3,5 ), due casi nei quali i LXX hanno
di 'ir. frainteso quest'ultima espressione, ve-
Quest'uso è assai più nmpio di quello dendovi un nome proprio e inserendo
del nostro 'città' e indica ogni insedia- nel testo i Ferezei (xwµri "t'OU fl>EpE~e<.lou
mento umano fortificato da mura. Gli e 7t6À.Etç "t'W\I <l>EpE~czlwv). Invece il te-
Israeliti costruivano alture per sacrifi- sto si riferisce a insediamenti umani in-
ci bekol-'arébem mimmigdal n6f"rlm 'ad- difesi nelle campagne, a villaggi conta·
'lr mibfiir, «in tutte le loro località, clini. In I Sam. 27,5 Gat, 'ir hammam-
dalle torri di guardia .fino alle città for- liika (LXX: 7t6À.iç ~acn).tvoµ~v'r), resi-
tificate» (2 Reg. q,9). Anche la torre denza regale), è contrapposta a 'iiré has-
di guardia è una 'fr. Tanto più, quindi, sadeh (LXX: 7toÀ.Etç xcr.'t''à:ypov, borghi
la rocca di Sian (m"fttrat fiiion) può es- delle campagne).
sere chiamata 'fr dawid (1) it6À.tc; A<.tvt8:
:i Sam. 5,7.9). Di una fortezza mon- 2. Le città, indipendentemente dal
tana del genere si parla probabilmen- loro nome, sono definite dai dintorni
te anche in r Sam. 5,5: 'lr 'amiileq; o dal territorio in cui sorgono (ad es.
ma qui i LXX hanno il plurale 1t6À.Etç Gen. 13,12; Num. 32,26), dalle popo-
Aµa.ÀTJX . In Num. r3,19, mib1ari111 lazioni al cui territorio appartengono
(nei LXX 1toÀ.EL<; "t'ELX1iPEL<;), località (ad es. Num. 23,10; I Sam. 8,22; dr.
fortificate, e ma/Janlm (nei LXX 1tOÀEL<; 2 E<r8p. 2,I.70) o la cui stirpe vi ha
&."t'ElXLO''tOt), accampamenti, paiono in- sede (r Sam. 20,6), o ancora da carat-
globati nel concetto di 'iirtm, 1t6Ànc;. In teristiche particolari (De11/.34,3; I Sam.
I Par. 4,32 alcuni pafertm, ÈmtvÀ.Et<;, 22,19; Num. 35,28; 35 ,6; 2 Par. 8,
villaggi o borghi, sono poi chiamati 'ii- 6), mai invece in base a forme costitu·
rlm, 1tOÀ.Et<;. In 2 Sam. 12,27 una parte zionali 46 •
4' Cosl HATCH-REDPATH, s.v. xwµ"I') e s.v. '1r ~~I vocaboli cip~O''tOXpct.'\'lct., Sr11.1oxp1i'\'la,
(supplem. 254 d). òx>.oxpa't'la non compaiono nei LXX. Tu·
4~ Cfr. P. VoLZ, Bibliscbe Altertiimer (1914) pct.w!ç ricorre alcune volte negli apocrifi gre-
446-449; R. KtTTEL, Gescbichte des Valkes ci, ma non in rapporto a 7t6},.~c;.
Israel II 6 (1925) 44-48.170-178.
1293 (v1,522) 1tOÀ."< ;('tÀ.. B I 3 (H. Strathmann) (v1,523) 1294

3. L'importanza delle città consiste- La conquista di una fortezza come Ge-


va, secondo gli Israeliti, non nel fatto di rico apparve ai discendenti un puro mi-
essere state centri di civiltà o di avere racolo (los. 6). Viene costantemente
svHuppato costituzioni e ordinamenti sottolineato, con orgoglio, che le «città
giuridici evoluti, e neppure nel fatto forti, le mura eccelse, le porte e sbarre»
che la città fosse Ja forma base di sta- <1t6ÀELc; oxvpa.l, 'tElX'll uo/r]Àa, itvÀ.a~
to. Mentre nella letteratura greca 1tO- xcx.t µox'Àoi: Deut. 3 ,5) al momento del-
ÀLc; = città e 1tOÀtc; = stato si me- la conquista di Canaan non poterono
scolano costantemente fra loro - con- resistere agli Israeliti (dr. Num. 2 l,
seguenza inevitabile della storia politi- 25; 31,rn; Ios. u,12; 2 Reg. 3,19).
ca ellenica - nell'A.T. non ci si trova Tuttavia presto ci si mise a ricostruire
mai davanti al problema se 1.6À.tc; si le città distrutte o a costruirne di nuo-
debba tradurre con stato. Per la conce- ve {cfr. ad es. Num . 32,16.24.34.38.42;
zione dell'orientale gli stati sono regni Iud. l,26). La stessa Gerico risorse (r
e il termine ebraico corrente per stato Reg. 16,34). Israele, una volta diven-
è mamlaka 47• Nell'A.T. non si trova la tato sedentario, non poté fare a meno
minima traccia dell'insieme di idee po- della difesa delle città e ripose in esse
litiche che per i Greci si ricollegava al la sua fiducia (Deut. 28,52). Le due im-
termine 1tOÀ.tç. Per quanto possa suo- magini, della fortezza merlata, ardua da
nare paradossale, nei LXX il termine superare, e della fortezza nella quale
è anzi depoliticizzato, ha perso il suo ci si sente protetti e sicuri, sopravvivo-
contenuto specifico, perché manca la no in locuzioni idiomatiche; «cammina-
realtà a cui il greco si riferiva parlando re sui merli delle città» (Ecclus 9,n)
di 1tOÀ.tc;. Come risulta dall'elenco dei è simbolo della difficoltà della posizio-
31 re vinti in Cisgiordania (los. 12,7 ne che qualcuno assume; chi domina la
ss.) e da Iud. 9,2 ss., le città cananee propria ira è più forte di colui che
sono piccole entità politiche dominate conquista una città (Prov. 16,32); un
da monarchie dinastiche. Nelle città i- savio scala 1t6ÀEtc; oxvp&:c; (Prov. 2 l ,22;
sraelitiche il potere era ovunque nelle cfr. Eccl. 9,13 s.) e, d'altro canto, un
mani di un gruppo aristocratico, gli an- uomo che non agisce «con senno» {µE-
ziani (!ud. 9,2; 8,14; r Sam. n,3; 16, 'trt ~ouÀijc;) è come una <(città senza
4; i bc'àlim, signori della città [impre- mura» (1t6ÀLc; à.'tEiXL(T'toc;: Prov. 25,28);
cisi i LXX: &\18pEc;]: lud. 9,2.18.23 il ricco si sente al sicuro nelle sue ric-
s.; r Sam. 2 3 ,II; alla loro testa com- chezze come in una città fortificata
pare talvolta un Jar hair, lipxw\I -tijc; (Prov. 10,15). Peraltro lob 6,20 {LXX)
1tOÀ.Ewc;: Iud. 9,30). L'importanza delle oppone che «quanti confidano nelle città
città sta piuttosto nella resistenza che, e nelle sostanze» ( ot È7tL 'ltOÀ.Eaw xal
grazie alle loro fortificazioni, possono xp1)µaow 1tE1tot1)6't'Ec;) vanno in rovina.
opporre all'attaccante, nella difesa che Nel grande discorso profetico di ammo·
possono assicurare agli abitanti. L'im- nimento e minaccia di Deul. 28 a Israele
pressione terribile che le mura «alte fi- ribelle si preannuncia che anche le alte e
no al cielo» delle città cananee faceva- salde mura delle sue città nelle quali es-
no alle tribù nomadi israelitiche si può so ripone fiducia ( Èq>'ore; C1Ù 1tÉ1todlac;
tuttora chiaramente avvertire in Num. È1t'mho~c;) non lo difenderanno dal giu-
13,19; Deut. l,28; 9,1; Ios. 14,12 48• dizio (v. 52). E Gen. I I riferisce la co-

47 Cfr. HI!INI!MANN, o.e. (~ n. 38) 185. 4S Cfr. A. BERTHOLET, Kulturgerchichte Is-


raels ( 1919) 34 s.
1295 (v1,p3) 7tOÀf.<; X'tÀ. B r 3·4 {H. Strathmann)

struzione della città nel paese di Sennaar (ÒOOV 7tÒÀEW<; ijc; Èl;EÀÉl;w ÉV 0.:VTfi,
e della sua torre, indicandola come un « ...la città che tu ti sei scelta») prega
segno di arroganza umana dimentica di quindi l'esercito d'Israele uscito a bat·
Dio. Il credente sa, invece, che tutti i taglia (3 Ba.cr. 8,44). Gerusalemme è
tentativi dell'uomo autonomo per ga- chiamata perfino la città di Dio (Ps. 46,
rantirsi sono vani: «Se a custodir la 5i 48,2.9; 87,3; Dan. 3,28; 9,16) op·
città non è il Signore, invano veglia pure la città del gran Re (Ps . 48,3) o
la sentinella» (Èàv µTi xupioc; cpvÀ.6.~11 del xupLoc;, o dcl XVpLoç "t'W\I OV\laµEW\I,
7tOÀLV, dc; µ6:t1}\I 'Ì]ypun\ll)O'EV ò <j>V· «Signore delle potenze» (Is. 60,14; tjJ
À.aO'O"W\I; 4J I2 6, l ) . 47,9; 1001 8) oppure del Santo (Tob.
13,9). Perciò viene pure chiamata vo-
4. La città a cui si fa riferimento in
lentieri la città santa (Is. 48,2; 52,1;
quest'ultimo passo è con ogni probabi-
66,20; Neem. Il,I; Dan. 9,24 e; I
lità Gerusalemme. Essa ha un'impor-
tanza unica fra tutte le città d'Israele 49 •
Mach. 2,7i 2Mach. l,12; 3,1; 9,14;
Flav. Ios., ant.4,70; 20,u8; Ap. 1,282;
È la città (Ez. 7,23). È vero che se-
Philo, som. 2,246). Quest'abitudine si è
condo le parole di Ioah, il generale di
radicata profondamente, come indicano
David, tutte le città d'Israele sono 1t6·
specialmente le iscrizioni sulle monete ~ 1 •
ÀEL<; -cov ile:ou 1)µwv (2 Bacr. 10,12); ma
In Ecclus 49,6 (cfr. 36,12) troviamo, ri-
Gerusalemme lo è in modo tutto parti-
ferita a Gerusalemme, la formula «città
colare, unico, poiché è il luogo che Dio
eletta del santuario» (ÉxÀtX'tlJ 'ltOÀ.tc;
ha scelto per farvi abitare il suo nome
ayta<:rµa:-coc;). Questa Gerusalemme di-
(Deut. u,5.11; 14,24), affinché là si
venne sempre più, per i credenti dell'A.
faccia adorazione e si offrano sacrifici.
T., simbolo della fede religiosa, come
I LXX, distaccandosi significativamen-
pure dell'indipendenza e grandezza na-
te dal T.M., dicono semplicemente in
zionale, a cui tendevano con tutto il cuo-
tutti e tre i passi: Dio ha scelto quel
re ('TtOÀ.tç xvplov LLWV aylov l<Tp!X.'YJÀ:
luogo», «perché qui invocato sia il suo
Is. 60,14).
nome» (~XEL ÈmxÀ.11ftfivcu "t'O ovoµa:
a:ù-rnv, -..,) vm, coll. 720.739) 50 • Co- Naturalmente la condotta degli ahi·
m'è detto concisamente in 2 Par. 6, tanti non corrisponde affatto al carat·
38, Gerusalemme è «la città che tu hai tere ideale della città. Anzi, come la
scelto». In direzione di questa città cisterna mantiene fresca la sua acqua,
49 Su Gerusalemme cfr. G. DALMAN, ]erusa- -cò ovor.ui µov . La medesimo diversità ri·
lem und sefo Gelande, BFfh 2,19 (1930) spetto al T .M. si riscontra in 2 Par. 12,13.
28.p85; J. SIMONS, ]eru1alem in the Old
Testament (l952). Come Gerusalemme, in 51 STRACK-BILLERBECK 1 r50; ScHuRER 1 762.
totale contrasto con la sua ubicazione geo· Si noti che Giuseppe e Filone, in contrasto
grafica, sia giunta a quest'importanza anzi· con gli scritti biblici, non parlano di O;yla.
tutto politica per un atto di David radicato 'ltOÀLt;, bensl di (Epà. 'ltOÀ~r;. L'aggettivo iEpÒt;
in considerazioni politiche, cfr. A. ALT, Je- manca quasi totalmente nei LXX e appare
rusalems Aufstieg: ZDMG 79 {1925) x-19. solo nei libri ellenistici x Ea-lìp. e dei Mac·
5IJ Non si parla invece affatto di farvi abitare cabei. Evidentemente i traduttori dei LXX
il nome! Le cose stanno diversamente in 3 considerarono il termine lEp6r; troppo carico
Bet.Cf. 9,3: il Signore ha santificato il tem· di idee cultuali pagane, per potersene servire
pio, 't'OU j)foi>aL 't'Ò 0\10µ6. µou ÉXEL d<; i;Òv allo scopo di tradurre qiid6J (-> lep6r; xv,
atwvoc, rx ,36: Év lEpouO'aÀ.T]µ. 'tTI 'ltÒÀEL, fiv coli. 752-762). L'uso linguistico di Giuseppe e
lt;EÀ.E!;ci.µT}V lµcwi:<t> "t'OV DfoDcu ovoµ6; µou Filone va considerato una concessione all'el-
lxE'L, e 4 Bau. 21 14: lv IEpou<raÀT]µ tfiO'w lenismo.
rcoÀ~ç x-cX. Il I 4-5 (H. Strnthmann)

così Gerusalemme mantiene fresca la come risulta ad es. da Ioel 4,17; Is.
malvagità che è in essa (I er. 6,7 ). Perciò 60; Zach. 2,9 ss.; Ag. 2,7 ss. - quelle
continuano a risuonare gli annunci pro- etniche e politiche. Se al concetto vete-
fetici di giudizio su questa città san- rotestamentario di it6À.Lç manca lo spe-
guinaria e idolatra (Ez. 22,2-4). Essa cifico contenuto politico greco, esso
sta per esser devastata. Ma anche nella però, concentrandosi sulla Gerusalem-
serietà del giudizio si fa strada costan- me avvenire, si ricollega a speranze e
temente l'attesa fiducios?. di una nuova, attese escatologiche che sono senza pa-
migliore Gerusalemme 52 • Dio ha fonda- ralleli nel pensiero greco. Quest'ultimo
to questa città dc; 't"ÒV atww.t ("' 47,9) è legato all'immanenza; non cosl il pen-
e la ama, quest'opera sua, più di tutte siero profetico dell'A.T., il quale sa vol-
le altre sedi di Giacobbe (Ps. 87 1 1 s.). gersi, al di là della storia, a una svolta
Essa può anche essere distrutta, ma ver- conclusiva operata dall'intervento mira-
rà il giorno in cui «si ricostruirà una cit- coloso di Dio; ha una speranza, anche
tà per il Signore»: xet.l otxoòoµrilH1crE- se non è ancora quella del N.T.
't'C1.L '7tOÀ.Lç -cQ xupl<p (IEp. 38,38 [31,
3 8 J). Un giorno Gerusalemme si chia- 5. Nel tardo giudaismo 53 queste idee
merà 1tOÀ.Lç OLxocLocruvric;, J.LTJ't'p6noÀ.ii:, veterotestamentarie sopravvivono vigo-
1tL<T't'TJ LLWV, «Città di giustizia, città fe- rose. La speranza di un avvenire che a-
dele» (ls. 1,26; nel T.M. Sion è nel v . vrebbe portato una Gerusalemme rinno-
27). Il mio popolo abiterà Èv 1tOÀ.Et dp1)- vata viene mantenuta viva con la quat-
VT}ç, «in una città di pace» (ls . 32,18). tordicesima domanda deJla preghiera
Gerusalemme sarà chiamata 7toÀ.ic; xu- detta delle diciotto benedizioni, che ve-
plou I:iwv ètylou lcrpocnl (ls. 60,14). niva ripetuta più volte al giorno; l'inizio
xocL E<T't"CU IEpouuet.À.r}µ it6À.iç à.yloc, xa.t della quattordicesima domanda, secondo
ocÀ.À.oyE\IEtc; où OLEÀ.EUCTO\l't'lU Ot oc1hl)ç, il testo palestinese, suona così: «Nella
oÙxÉ't'L, «Gerusalemme sarà una città tua grande misericordia; Signore nostro
santa, e stranieri non passeranno più Dio, abbi pietà del tuo popolo Israele e
per essa» (Ioel 4,17 ). Il Signore, la cui della tua dimora» 54• Questa domanda e-
gloria secondo Ez. II ,2 3 ha abbando- ra considerata tanto importante, che an-
nato Gerusalemme, ritornerà e rizzerà che la breve preghiera del ,abinènu' che
la sua tenda al centro di Gerusalemme sostituiva la lunga preghiera delle di-
e questa sarà chiamata 'lt6À.tc; Ti ocÀ.1)- ciotto benedizioni, dice, sia nella versio-
ihvi} (Zach. 8,3 ). Infatti soltanto a cau- ne palestinese che in quella babilonese,
sa dei peccati dei suoi abitanti il Signo- che «tutti coloro che confidano in te si
re si è adirato per un breve tempo con- rallegreranno della costruzione della tua
tro questa città ( 2 Mach. 5 ,17 ). Nell'im- città e della ricostruzione della casa
magine di questa Gerusalemme rinno- del tuo santuario» 55• Analoghe espres-
vata si raccolgono tutte le speranze di sioni si trovano nelle altre fonti del-
salvezza, quelle religiose ma anche - l'epoca. È significativo che la restaura-

Su quanto segue clr. pure A. CAUSSE, Le


5J. KIT .58 (1910) 13. La forma del testo non
mythe de la nouvelle Jérusalem dt1 De11téro· costringe a pensare che esso sia stato formu-
Esa/e à la III' Siby/le: RcvHPhR 18 (1938) lato solo dopo la distruzione cli Gerusalemme
377-414, acl opera di Tito. Cfr. BoussET-GRESSMANN
5J Cfr. BoussET-GRESSMANN 242-286; VoLZ, 177.
Esch. 371-376; WEDER 390-4·0 0.
st W. STAERK, Altiiidische liturgische Gebete, s; STAERK, op. cii. (-> n . .5-1) 20.
1299 (v1,;;i4) n6À~ç X't'À. B 1 .P I 1 (H. Strathmann) (Vl,525) IJOO

zione della città e queIIa del tempio col ro» ( 17 ,28 b). Si tratta di un'attesa di
suo culto siano costantemente associate. esclusivismo etnico, con la quale natu-
L'Ecclesiastico prega: olx-tlpricrov 7té- ralmente non si accordano le voci dico·
À.w ày1.&..a-~La.'t6c; crov, lEpovcraÀT)µ 't0- loro che sperano nella conversione dei
7tOV xa'to:1tauµai:éc; crov, 1tÀ:n<rov 'l:iwv popoli al Dio di Israele. Di fronte a
apE'ta.Àoylm; O'OU Xa.t CÌ.7tÒ -tfic; 8o~'J)c; queste la corrente nazionalistica ebbe
crov '"t'Òv va.év crov, «abbi pietà della sempre il sopravvento 57 • In questa Ge-
tua santa città, di Gerusalemme, luogo rusalemme abiterà il Creatore, è detto
della tua dimora; riempi Sion delle tue in Sib. 3,787, e cosl insegnano pure i
meraviglie e il tuo tempio della tua rabbini: la shekinà troverà in eterno il
gloria» (36,12 s.) 56 • suo luogo di riposo nella nuova Geru-
Quanto più la situazione attuale si salemme e tutti gli Israeliti la vedran-
presenta senza speranza, tanto maggiore no 58. Nondimeno anche in questa nuo-
e più vasta si fa l'attesa. La Gerusalem- va Gerusalemme dell'era della salvezza
me avvenire non sarà costruita con mez- vi sarà un tempio con il suo culto; ma
zi terreni. Scenderà dal cielo. Là essa esso sarà infinitamente più splendido
è già pronta fin dalle origini e viene che nella Gerusalemme storica 59.
conservata per essere mostrata di tanto
in tanto a credenti eletti già durante
il tempo dello svolgimento terreno del- Il. 1toÀ.i.'t''J)c;, 1tOÀL'tEla, 7tOÀ.L'"t'EUOµai.,
la storia. 7toÀ.i'tEUµa nell'A. T.
Corrispondentemente, 4 Esdr. nelle
sue visioni scorge Sion come una città Ad eccezione di rcoÀ.l-.ric;, questi vo-
piena di gloria, tuttora invisibile n occhi caboli non ricorrono affatto in tutto
umani, ma già edificata: un giorno essa l'A.T., all'infuori dei libri 2-4 dei Mac-
apparirà e si manifesterà a tutti (7 ,26; cabei; 7tOÀL't"EUOµaL si legge una volta
8,52; 10,27.54-59; 13,36}. Il Signore nelle aggiunte dei LXX al Libro di
«purificherà nella santificazione» ( xa· Ester, nell'editto di Artaserse a favore
ihxpt.Ei: f.v ày1.a.oµiti) questa Gerusalem· degli Ebrei (8,12, LXX), dove è det-
me avvenire come già al principio (Ps. to che essi non sono affatto criminali,
Sai. 17,30.27; Iub. 50,5); non soltan- ma «si conducono secondo leggi giu-
to non vi abiterà nessuno che conosca stissime», oLxa:to"ta'toic; 1toÀ.t'tEUOµE\IOL
il male, ma, conforme all'attesa di Is. véµoLc; (v. 12 p).
52,1, nessun incirconciso o impuro
( r.btEpli:µ'fl"tOC,, cX:xaiJap-roc,) entrerà nel- r. Il vocabolo 7toÀl"t'l')c; si trova nove
la 'città santa'. Anche secondo i Salmi di volte in 2 Mach., una in 3 Mach. e solo
Salomone rc&..potxoç xat à.À.ÀoyE\ITJC, où 7 volte in tutto il resto dell'A.T. 60 • In
'lta.potxi]crEt aù'toi:c:; ht, «accanto ad es- questi casi traduce generalmente rea''
si non abiterà più alcun ospite e stranie- il prossimo (~ 7tÀ.'J)<Tlc\I), o membro

56 Si deve leggere, con i siriaci, w1.6v (e non 923-925.


Àa6v, come fanno i greci); cfr. V. RYSSEL, 59 Documentazione in STRACK-BILLERBBCK 1v
ad I., in KAUTZSCH, Apokr. tmd Pseudepigr., 884 s. 929-937. Altra bibliograEa sulla 'Geru·
ove si rinvia pure a 49,12 e a 50,5. sP.!ernme celeste' in LrnTZMANN, Gal., a 4,25
e in RrGGENBACH, Komm. Hbr., n II,10 e
51 Documentazione in STRACK-BILLERBECK 111
J56 n. 17.
q~ s. 153-155 (a Rom. 3,9). 60 In Nm11. 4,18 1tOÀ~-tG>v (cod. B *) è un er-
:...i Documentazione in STRACK·BILLERBECK 1v rore di trascrizione per AEV~"tWV.
noÀ~ x-1)., Il u 1-3 (H. Sti:athmann)

del proprio popolo (Jer. 29,23; 31,34; mantenimento lotta Giuda Maccabeo.
Prou. 11,9.12; 24,28) e una volta ognu- Antioco Epifane, invece, voleva 'tl)'V
no i termini ebraici 'iimlt, 'socio' e 'E(3palWV 7tOÌ..L'tEtaç Xet.'taÀ.Vcmt (4 Mt1c.
b•ne 'amm1, 'figli del mio popolo', indi- 17,9). Quando si dice che il sommo sa-
cando il compagno di popolo o di reli- cerdote Giasone 'tcXc; voµlµouc; Xa'ta-
gione(~ coll.716ss.) 61 • 'ltoÀht'J)c; non Mwv 'ltoÀ.t"t"dac; 7tapa.v6µouc; tilLOµovç
rende mai esattamente il termine ebrai- Éxa.lvistv, cioè che introduceva nuo-
co che traduce. Esso ha infatti una co- ve usanze, contrnric alla legge, non si
lorazione giuridico-politica, mentre l'e- vuol dire che egli «aboliva le istituzio-
braico ha una colorazione etico-sociale ni conformi alla legge» 62, quali ad es. la
e religiosa. In ciascun caso l'elemento costituzione dello stato o i diritti civili;
caratteristico dei concetti non è messo egli abolisce piuttosto gli ordinamenti
in rilievo nell'altra lingua. Questa si- di vita espressi nella legge a proposito
tuazione, naturalmente, non è casuale, della religiosità pratica, favorendo l'el-
ma si radica nel fatto già rilevato che lenizzazione. Cfr. ancora 4 Mach. 8 ,7:
il mondo concettuale ellenico, al centro per ottenere posti direttivi nello stato
del quale stanno questi concetti, è e- gli Ebrei devono rinnegare quanto (-
straneo all'A.T. Nei libri dei Maccabei stabilito nel loro modo di vivere (àp-
'JtOAl°tT}c; corrisponde a rea', come nei V'Y)CTttµEVot 't'ÒV 7trhpt0\I ùµwv 'tijc; 7t0-
sette passi veterotestamentari menzio- À.L'tEla.c; i)'Ecrµ6v), e 4,19: Giasone É~E­
nati. Non significa cittadino, ma concit- otTI't'YJCTE\I 't'Ò ElNO~ xa.L È~E'Jt'OÀ.l'tEUCTE\I
tadino, meglio ancora compagno dello ÉnL 7tMa.'!J 'ltCXpavoµlav, cioè fece s1 che
stesso popolo (cfr. 2 Mach. 4,5.50; 14, il popolo obbandonasse il modo dì vi-
8; 15,30); particolarmente chiaro è 2 vere conforme alla legge osservato fino
Mach. 5 ,6: Giasone fa macello dei allora. In tutti questi casi 'ltOÀL"tElrt. non
suoi concittadini ('t'W\I r.oÀ.~'°'wv 't'WV è un concetto di diritto pubblico, bensì
i.ollvV), indicati subito dopo con i cruy- etico-religioso, la condotta determinata
j'EVEi:c; e 01..1.oEWEi:c;. Soltanto in 2 Mach. dalla legge mosaica. Soltanto in 3 Mach.
9,19 e in 3 Mach. 1,22 il vocabolo signi- 3,2r.23 7tOÀ.L"tELr:t significa il diritto di
fica cittadino, alla pari di Ì.<To'ltoÀ.hric;. ci11adinanza (+, 'ltOÀ.t'tElrt. 'AÀ.tçav8pfow,
che in J Mach. 2,30 indica chi ha pari +, a'tlµ'Y)'toc; 7tOÀ.Lnla). Ciò che 2 Mach.
diritti civili. Ad eccezione di pochi pas- definisce 1tOÀ.L"t'Eirt., in J Mach. 3,23 è
si, dunque, i concetti greci sono netta- detto tµBlw(nc;.
mente ebraicizzati in questa letteratura;
anch'essi hanno subito una decolorazio- 3. In questi scritti 7tOÀ.t"ttvoµai si-
ne politica. gnifica sempre condursi e non, ad es.,
'esser cittadino', 'amministrare lo sta-
2. Analogamente "ltOÀ~'tELa. non signi- to'; dr. 't'Oic; 't'OV ilEOU v6µotc; 'JtOÀ.t·
fica diritto di cittadinanza, costituzio- "t'EvEcr1>a.t (2 Mach. 6,1; 3 Mach. 3,4);
ne o stato. La '1tpoyov~xi) 7tOÀ.t.,.det. (2 'JtOÀ.L'tEutcri}m xa"t'èt "b. btt 'tW\I 'ltpo-
Mach. 8,17) è piuttosto il pio ordina- y6vwv a.Ù't'WV ~»ri (2 Mach. 11,25); -ci;>
mento di vita ereditato dni padri e deter- v6µ4) oppure xa.-.b. v6µov 7tOÀL't'EUtCTÌ}a.i
minato dalla legge mosaica, per il cui (4Mach. 2,8.23). Eleazaro vuole i}d~

61 Si può espressamente notare che il passo !Ci:ZI\nel testo greco.: napo~xoc; (ger) EyW
di ljJ 38,13 («io sono l'una cosa e l'altra, dµ~ 7tapò. crol xat 1tapt1tloriµoc; (toJab ).
il tuo pellegrino e il tuo cittadino come tut- 62 Cosl traduce il passo A. KAMPHAUSEN, in
ti i miei p<1dri»), è reso con maggior esat- KAUTZSCH, Apokr. tmd Pseudepigr.
1303 (v1,526) no).~ç X"t"À. B II 3-m I (H. Sttathmann) (v1,526) 1304

v6µ~ 'ltOÀ.t'tEvEcri>o:L, tra l'altro rifiutan- concetti di 'JtOÀ.L't'Etll., 1tOÀL"tEUµ(.(, 'ltOÀ.L-


dosi di mangiare carne suina (4 Mach. 'tEVOµ(.(L.
5,16). Anche Esth. 8,12 P (~col. 1300) Per mezzo di Mosè Dio ha ordinato
va inteso in questo senso. In tutti al popolo otch·al;w 'ltOÀ~'t'Et(.(<;, o 1toÀL·
questi casi non si tratta di diritto pub- "tElaç x6crµov (ant. 4>45; 3,84), gli ha
blico, di suddivisione e di esercizio dei dato un ordinamento statale, una costi-
diritti nell'ambito dello stato, ma di tuzione statale. 'ltOÀ.t't'Ela. designa pure
religione. Ma questa religione si pre- il diritto di cittadinanza: gli Ebrei di A-
senta sotto forma di legge, che con un lessandria posseggono LCJ"l1V 'ltoÀ.inlav,
vasto complesso di prescrizioni regola diritto di cittadinanza pari agli altri abi-
la vita della comunità non meno che la tanti della città (ani. r9,281); gli Ebrei
condotta quotidiana del singolo all'in- che abitano in Antiochia sono chiamati
terno di essa, e in quanto norma re- 'Av·noxEic;, perché Seleuco "tlJV noÀi-
ligiosa della vita conferisce all'intera nt(.(V mhoi:ç EOWXE\I (Ap. l,39; cfr. ant.
'condotta' un carattere ben preciso. Si 12,119). Oltre che di 1tOÀ.vtEla. Giusep-
capisce quindi che là dove l'ellenismo pe parla spesso di 'ltOÀl"C'EVµa. È sua
e il giudaismo s'incontrano, i termini intenzione illustrare &1trt.(j<t.\I 't'Ì)V tcap'
r.oÀt'tEla e 1toÀ.vm)oµ(.(L cambiano la ·fjµi:v apX<t.LOÀ.oyL(.(V xat OL(h(.(l;t\I "C'OU
loro colorazione: gli è che la comunità 7tOÀt-rEvµa."toç (ani. l,5), intendendo
alla quale appartiene l'ebreo ha un ca- l'ordinamento della collettività, nel qua-
rattere diverso, a causa dell'esigenza to- le tuttavia egli include la vita com'è de-
talitaria a cui è soggetta, da quello che terminata dalla voµol>Ecr~a. che ne sta al-
presenta dove invece i concetti di 'ltO- la base (cfr. Ap. 2,145). Gli Ebrei rin-
).t-rda e "JtOÀt'tEUoµrt.L sono autoctoni. graziano Esdra per l'eliminazione -.wv
Poiché l'appartenenza a questa comu- 1tEpt 't'Ò 1tOÀ.t't'EUj.L« 7tCXpocvoµT)l>É'V't'WV,
nità si manifesta nella totalità della con- cioè di tutto ciò che, nel quadro del-
dotta, i concetti assumono il significato l'ordinamento sociale, contrastava con
di condursi: si tratta d.i una specificità la legge (ant. rr,157}. Le 'ltOÀ.L"C'Evµ&-
dell'uso ellenistico-giudaico, che si ri- 'tW\I µE'ta.aoÀ.al sono le trasformazioni
scontra nella Lettera di Aristea e in Fla- nella struttura dello stato (ani. 1,13).
vio Giuseppe, e persino nelle iscrizioni Ma anche la comunità giudaica che vive
(~ n. 65). in una data località, ad es. in Alessan·
4. 1tOÀ.L"C'EVµ<t. si trova soltanto in 2 dria, è un 'ltOÀ.l-rEUµ(.( (ani. 12,108).
Mach. 12 1 7, con il significato di colletti- 7toÀ.i-rtvoµa.i vuol dire partecipare al-
t•ità: Giuda Maccabeo vuole 't'WV 'Io1t- la vita pubblica. Giuseppe stesso comin-
1tL"t'WV ÈxpL~WO'(.(t rcoÀl"C'euµa, «stermi-
ciò la sua vita pubblica (7tOÀ.t't'EUEcri>a.t)
nare tutta la popolazione di loppe». «seguendo la fazione farisaica» ("C'TI !l>a-
picra.lwv atpÉcrEt xa'ta.xoÀ.ovl>wv 64: vit.
12); cfr. vii. 262: '7tEpt 'tW\I ~µot 1tE1tO·
III. Flavio Giuseppe e Filone
À.t't'EUµÉvwv; ant. 12,38: gli storici gre-
63
1. Giuseppe si differenzia anzitutto ci non si danno pensiero 't'WV Xrt.'t'av't'-l)V
dai LXX per l'uso frequente, riferito al- 'J\OÀ.L't'EVO'(.(µÉVW\I a:vOpW\1 1 cioè di colo-
le situazioni e alla storia d'Israele, dei ro che han conformato la loro vita di

63 Cfr. Sc1·ILATTER, Theologie des ]t1dentums M In PREUSCHEN·BAUER 4, .r.v. 'ltOÀ.•'fEUOµ<i•,


89 s. 252-263; G . Hè:iLSCHER, art. 'Josephus' questo passo è erroneamente riportato come
in PAULY-W . 9 (1916) 1934-2000. nttestazione del significato di vivere la propria
vita, compor/arsi, condursi.
1305 (v1,526) 1t6À.L<; XTÀ.. B m 1-2 (H. Strathmann)

cittadini alla legge mosaica. Cfr. anche tutto tende alla pietà (EÙG"É~Eta.), «es-
ant. 15,263; 17,16. 1tOÀ.L"t'EUE<TÌ}a.t signi- sendo l'ordinamento dello stato rego-
fica pure guidare lo stato, come fece ad lato come una cerimonia sacra» (w!T'ltEp
es. Mosè (ant. 4,46). Talvolta, però, ... 't"EÀ.e't"ljc; 't"L\IOç 't"ljc; OÀ.lJc; 'ltOÀ.L't"EL-
anche in Giuseppe si attenua il valore a.c; olxovoµouµE\l'r]ç: Ap. 2,188). L'u-
giuridico-statale del termine, e si af- so di quei concetti desunti dalla sfe-
faccia quello di comportarsi, condursi. ra politica è atto a velare l'orientamen-
A questo proposito non va citato il pas- to religioso del pensiero politico d'I-
so di vit. 12, ma piuttosto l'espressione sraele. Ma ciò si ricollega alla devia-
7COÀ.t't"EvEcrÌ}cu xa.-.à -.oùc; 1Ca.'t"plouc; v6- zione di fondo di Giuseppe rispetto
µouc; (ant. 12,142); qui infatti non si allo spirito dell'A.T., che si ha là do-
pensa che a un modo di vivere ben pre- v'egli accantona l'intera concezione in-
ciso, determinato dalle prescrizioni re- centrata sulla speranza di una nuova e
ligiose65. migliore Gerusalemme quale centro di
un'èra di salvezza politico-religiosa per
Flavio Giuseppe è un ellenista politi- Israele. Giuseppe sacrifica la speranza
co. Egli spera che le espressioni desun- messianica alla pace con Roma. Infatti
te dalla sfera politica facilitino ai let- applica a Vespasiano (bell. 6 312 s.; 1

tori greco-romani l'introduzione a quel cfr. ant. 10,210.280) il XPTJ<Tµò<; aµqil-


mondo ebraico e giudaico che è tanto ~oÀ.oc;, «l'ambiguo oracolo», di un fu.
diverso dal loro. Ma avverte distinta- turo sovrano universale (Dan. 2), che
mente che con tale procedimento non deve aver avuto un ruolo fatale nello
viene nella debita luce l'elemento carat- scoppio della rivolta antiromana, dato
teristico dell'ebraismo. Cosl risulta, ad che lo si riferiva a una personalità i-
es., dalla notazione di Ap. 2,164 s.: sraelitica. In tal modo l'escatologia
l'l!;ovala. "t'W'V 1tOÀ.t't'EVIJ.<i"t'W\I, il pote- messianica veniva trasposta nell'attua-
re sulle comunità statali sta, nei diversi lità politica, e si perdeva l'immagine
popoli, in mani diverse; ma 'il nostro della nuova Gerusalemme.
legislatore', per usare un'espressione un
po' andace, ha costruito lo stato come .2. La situazione è analoga, se pur in
teocrazia, ponendone l'origine e il co- altra forma, con l'ellenista Filone "6.
o
mando nelle mani di Dio: 8'1)µt"t'Epoc; A lui non è certo ignoto l'uso politi-
voµoitfrr1c; .. ., wc; &'O:v 't'Lc; Efoot ~tct.­ co corrente dei termini; ma l'elemento
O'aµE\IOc; -.ò\I Myov, ilEoxpa.'t"la.v &:tté- che lo caratterizza è la loro trasfigura-
Snçe 'tò ?toÀ.l"t'EUµa., trE{i> -tl}v àpxnv zione filoso.fica spiritualizzante. Un pas-
xa.t 't"Ò xpthoc; &.va.itd<;. Fra gli Ebrei so particolarmente significativo deUa

~ Sull'uso linguistico cfr. ep. Ar. 31 e l'iscri- vita giudaica conforme alla legge».
zione di fondazione della sinagoga di Stobi,
dov'è detto che il fondatore è 'ltOÌl.L'n:ucr&- G6 Ricco materiale in ~ BIEDER 70-78; E.
µEvoc; 'ltiicrrxv 'TtoÀvtdrxv xrx-tèt -ròv 'Iovorxt- GooDENOUGH, The PoliJics o/ Philo ]11dae11s.
crµ6v. Cfr. H. LIETZMANN, Die Sy11agogen- PracJice ond Theory (1938), e ancora G. BER-
inschri/t in Stobi: ZNW 32 (1933) 93-95, TRAM, Philo afJ politisch-theologische Propa-
il quale data l'iscrizione al II o Ili sec. d . ga11dist des spiitantikcn ]udenlmm: ThLZ 64
C.; inoltre E. SUKENIK, Ancient Synagogues (1939) 193-199; inoltre H. LEISEGANG, Dcr
i11 PalesJi11e a11d Greece (1934) 79 s. 81 n. 1: Urspmng der Lehre At1g11sti11s von der civitas
«Questa espressione sembr·a· aver goduto il Dei: Archiv fiir Kulturgeschichte 16 (1925)
favore degli scrittori giudaici per indicare la u7-r58.
n6À~c; X"t"À. B lii 2 (H. Strathmann) (VI,J28) 1308

concezione filoniana è op. mtmd. r.p- suo posto nella \IO'l'J'ti} '1tOÀ.tc; {con/. ling.
144: Adamo non è solo il primo uomo, 77 ss.; som. I,46). Con una argomenta-
ma anche µ6voc; xocrµo7toÀl"tl]ç. Infatti il zione da stoico a cui sovrappone pen-
x6crµoc; era per lui otxoc; xa.l 1t6À.tc;. Per- sieri platonici, Filone pone di conse-
ciò egli viveva xa.M.m:p tv 7ta.wlot guenza i concetti 7t'OÀ.tc;, 1tOÀhl}c;, 1tOÀ.t-
µE'tà 7ttXCM)c; ricrqia)..Elac;... cp6~ou µtv 'tEla, 1toÀ.lnvµcx. al servizio del suo co-
ÈX"tÒ<; WV .. ., ÈV EÙTCa.frEtl'W; Oè 'tct.~ç ÈV smopolitismo spiritualistico. Adamo è
dpiJVll &:rcoÀɵcv !;wv àvemÀ.1]1t'twç, detto cosmopolita! D'altra parte, tali so-
~<in tutta sicurezza come nella sua pa- no pure gli a<TX'l']'tet.l O oµtÀ.l}"ta.t O'O-
tria ... libero da timore ... , conducen- cp!'.a.c;, che si consacrano alla i>EwplCL
do, nel benessere della pace, una vi- cpv<1Ewc;, cioè all'osservazione del cielo
ta non esposta alla guerra}>. Ma ogni stellato e che si trovano quaggiù con
città bene ordinata (-it6À.tc; Evvoµoc;) il corpo, ma con l'anima si librano nel-
ha una costituzione (1tOÀt'tEla.v ). Sic- l'etere ( a.mepoBa.-rouv'te:ç, spec. leg. 2.,
ché il cosmopolita vive in base alla me- 45 ). Tipici rappresentanti di quest'at-
desima costituzione (7tOÀ.t"td~) secondo teggiamento sono i Terapeuti (vit. coni.
cui vive tutto il mondo (n xa.t cruµr.a.ç 6 90). A sua volta Mosè, rappresentante
x6crµoc;). Questa è detta «la retta ragio- dcl carattere virtuoso ( <Ì.O''tEfoc; 'tp6-
ne della natura» (o 'tijç cpucrEwç opi)òç r.oc;), «che ha abitato il mondo come cit-
À.Oyoc;) o, meglio, «statuto» (i>Euµ6c;), tà e patria» ( ò -ròv x6oµov wc; funu xa.t
«essendo la legge divina, a norma della TCa.-tploa. olx-fia-a.ç), viene chiamato lui
quale è stato attribuito a ciascuna cosa pure cosmopolita (conf. ling. ro6); co-
ciò che le conviene e le spetta» (v6- smopolita è anche colui che osserva
µoc; i>doc; wv, xa.i)'ov 'tà 7tpo<ri)xov-ra. la legge (v6µtµoc; &.v-fip) e regola la pro-
xcx.t è.mB&.À.À.O\l"ta. ÈxaCT"tOt<; a1tEVEµi}- pria condotta conformemente ai det-
ih}). Tale 7toÀ.tc; o 7tOÀ.t'ttla. ha però tami della natura (~oùÀ:nµa 'ti}c; q>u·
<ccerti cittadini che sono prima dell'uo· o-Ewc;), «ai quali anche tutto quanto il
mo e che ben si posson dire cittadini d'u- mondo si attiene» (xCLl>'i}v xat ò crVµ1tac;
na grande città che hanno avuto in sorte x6<Tµoc; OtotxE'i:"tct.t: op. mund. 3); co-
di abitare nella cerchia più ampia e di smopolita è pure l'uomo zelante (C11tOV·
essere iscritti nello stato più grande e oafoc; èi.vi>pw'Jtoc;) che proprio per questo
perfetto» {·twà.ç 7tpÒ à:vi>pw1tov 1tOÀ.l- OÙÒEµLci "tW\I Xct.'t~ 't'Ì)\I otxovµÉVl'}\I 7t0-
-.ac;, o~ À.Éyow-.'t'lv Évolxwc; µtyaÀ.o- ÀEW\I È.\lf:ypaq>l), «non è stato iscritto
rcoÀ.~'tct.t 'tòv µÉy1<r-rov 1ttplaoXov ot- (come cittadino) in nessuna delle città
XE'i:v À.cxx6v'tEç xat -t@ µeyl<T'tftl xat che si trovano nel mondo» (vit. Mos. 1,
"tEÀ.EtO't'a't~ 1tOÀ.t'tEVµCX.'t1 Éyypa<pÉ\I· 157). A questo 'cittadino del mondo' il
-tEc;). Sono, questi, le «nature razionali singolo stato con 1a sua costituzione (1}
e divine, alcune incorporee e intelligi- xa."tc1. ò·fiµovc; 1tOÀ.L-tElo.) appare come
bili, altre non prive di corpo, quali si qualcosa d'inferiore, sia come idea che
trovano ad essere gli astri» (À.oytxcx.t come realtà; come idea, perché non è al-
xa.t i}E'i:at cpv1mc;, a.t µ€v &:uwµa.-ro1 xa.L tro che un'aggiunta (1tpo<rt)1Jx11) atla cpu·
vol}'ta.l, al ÒÈ oùx &veu uwµa-i:wv, crLc; ( los. 2 8. 31 ) ; come realtà, perché la
Ò1tolouc; <TuµBÉ~'l'JXE\I Elwu 'tovc; M"tÉ- vita politica è il teatro delle più basse
pac;). Chi ha a che fare con essi, «giu- passioni e del servilismo più disonoran-
stamente si ritrova in una schietta bea- te, come è detto diffusamente nel tratta-
titudine» (Elx6•wc; Év à;xpa"tftl ÒtÉ· to dedicato a Giuseppe, il 1tOÀ.L't'EU6µE-
'tptaEv Eù&atµovl~). II x6crµoc; vo'l')'t6c; è vo:; o 1toÀL"rtX6c; (migr. Ahr. 159}, il ti-
In vera µrr~·po'ltoÀ.tc; del savio, che ha il po dell'uomo dedito alla politica, con il
1309 (VI,~)28) 7t6À~<; x-cÀ.. B 11 2-C r r (H. Strathm:mn) (vr,528) 1)10

suo abito variopinto (cfr. Plato, resp. 8, e non è quindi in grado di valutare la
561 d); cfr. pure som. 1,219-224 67 • Per- portata della storia concreta. Perciò è
ciò coloro che praticano Ja sapienza pure privo di ogni sensibiJità per quella
(&.crxri-ra.t uocplac;) evitano <da com- speranza escatologica che nella profezin
pagnia dei curiosi..., i tribunali, i consi- veterotestamentaria e nel tardo giudai-
gli, le piazze e le assemblee» ( •IÌ<; -.wv smo è collegata al nome di Gerusalem-
q>LÀ.01tpC1.yµ6vwv oµLÀlct<, ... OLXIX<T't'TJPLIX me. Naturalmente anche per Filone Ge-
xcd ~ovÀ.EV"t'1}pta xat àyopà.c; xat Èx- rusalemme è la città santa (som. 2 1246);
xÀ:n.crla.c;: spec. leg. 2,44; sacr. A.C. 50). egli cita Ps. 46,5; eppure questa espres-
Per la stessa ragione gli Esseni non sione indica una volta il cosmo, altrove
abitano nelle città: non vogliono aver l'anima del savio, nella quale Dio si
nulla a che fare con le usuali àvoµlctL muove wc; EV 1tOÀ.Et (som. 2,248). IL no-
-.wv 'ltOÀL't'EUoµÉvwv ( omn. prob. lib. me di Gerusalemme significa «visione di
76). Naturalmente questo non ha im- pace» ( Opctcnc; ElpTJVijç); perciò «la città
pedito a Filone di abitare nella me- de11 'essere» (-.1]v 'tOV ov'toç 7toÀ.w) non
tropoli alessandrina né di partecipare si deve cercare «nelle regioni della ter-
alla legatio ad Gaium (sia pure con ra» (Èv xÀlµa<n yijc;), <fffia nell'anima
gran rincrescimento: spec. leg. 3 ,3 ), né tranquilla» ( Év tJiuxfi à.1toÀ.ɵ~) che ha
di occuparsi, almeno teoreticamente, del scelto il (3loç i)Ewpl)'tLXÒc; xa.L dpri\lcx.foc;,
problema della migliore costituzione. «la vita contemplativa e pacifica}> ( 2 50 ).
Tale egli considera naturalmente la de- La cosmopolitica, la psicologia e l'eticil
mocrazia (cfr. ad es. agric. 45; Abr. hanno vinto e dissolto la storia e l'esca·
242; con/. ling. 108)1 la cui legge fon- tologia.
damentale vede regnare anche nella sto·
ria universale, dato che la Tyche ha C. 'lt6À.Lç X'tÀ. NEL N.T.
cura che si avvicendino continuamente
L'uso linguistico neotestamentario si
le condizioni di proprietà (Deus imm.
176). L'oligarchia e il potere del popo- costruisce su quello dell'A.T., ma lo af-
lino sono forme statali deteriori, È'Itl- fina spiritualizzandolo e concentrando-
~ouÀoL 'ltOÀt'tEi:aL (decal. 155), xa.xo-
lo sulla speranza.
noÀ.tm:raL (agric. 45). Filone si muove
dunque sulla vfa maestra delle conside-
razioni politiche della filosofia greca.
Naturalmente al tempo stesso egli con-
1. Diffusione e uso profano
divide l'affermazione di Platone (resp.
5,473c-d), secondo cui lo stato ottima- Come neH'A.T. (~coli. 129oss.), an-
le si ha quando i governanti sono filo-
che nel Nuovo non si avverte traccia
sofi o quando sono i filosofi a governa-
re ( vit. Mos. 2 ,2 ). Ma tutte queste non dell'aura di cui la sensibilità ellenica
sono che considerazioni teoriche. Filo- avvolge il termine 1tOÀLc; e tutto il grup-
ne non capisce affatto la dignità morale po dei derivati.
che compete allo stato e all'attività po-
litica in quanto tali; e questo sebbene Il termine 'lt6À.1.c; ricorre circa r 60
l'imperium augusteo gli offrisse una vi- volte, per lo più negli scritti lucani (la
sione indubbiamente istruttiva. Egli si metà dei passi); press''.l poco la stessa
libra ne11e sfere eteree ( a.Ukpof1Gt't'W\I) frequenza presentano Matteo (26 volte)
67 Cfr. H. STRATHMANN, Geschichle der fruh- chris1/iche11 Askese 1 (1914) 141.
1311(v1,528) n6À.~<; x·ù. eI I (H. Strathmannl

e l'Apocalisse (27 volte); si legge so- trova solo in Act. 16,19 quale desi·
lo 4 volte nell'epistolario paolino, al- gnazione vaga di coloro che più avan-
trettante nell'Epistola agli Ebrei e 3 ti (vv. 20.22.35.36.38) sono chiama-
volte nelle epistole cattoliche; il resto ti <T't'pa"t''IJYOL, i 'pretori' della colonia
si ripartisce in proporzioni più o meno di Filippi (dr. i 1tOÀ.t.-6.pxixt di Tessa-
uguali fra il Vangelo di Marco e quello lonica in Act. r7,6.8) 68 • Altrove è usato
di Giovanni. Il termine è dunque dif· il termine apxwv una volta per designa-
fuso dove si narrano situazioni concre- re dei Giudei che occupano posizioni di
te, nei racconti storici e nei quadri esca· autorità di vario genere (ad es. capi-si-
tologici dell'Apocalisse. Appare invece nagoga, Le. 8,4I; membri del sinedrio,
solo sporadicamente negli scritti di con- Le. 23,13; Io. 3,r; il giudice, Le. 12,
tenuto dogmatico-pastorale. 58; il sommo sacerdote, Act. 23,5:
apxwv "t'OU À.ixou ), qualche voi ta per in-
Ciò dipende dal fatto che n6À.Lç non dicare qualche sovrano, soprattutto pa-
significa mai 'stato'. Non vi è nel N.T. gano (Mt. 20,25; Act_ 4,26; Rom. 13,
un passo nel quale si possa anche solo
3), o ancora Cristo (Apoc. 1,5: o
lip-
xwv -.wv ~!XO"LÀ.Éwv -rijc, -yijc;) o, d'altro
prendere in considerazione una tale tra- canto, Satana e le potenze demoniache
duzione. (ad es. Io. 12,31; Mc. 3,22; I Cor. 2,
6-8 ). Ma non si nota mai un qualche in-
Quando il N.T. intende dire lo stato, teresse per i problemi costituzionali.
parla dell'imperatore (Mt. 22,q) o del
re (r Pt. 2,13.17; I Tim. 2,2), delle Quindi l'uso di ~6).tc; nel N.T. è
autorità che detengono il potere (Rom . assolutamente apolitico e9• TC6À.tc; signi-
r 3,r) o dei sovrani (Mt. 20,25), ma
mai di noÀ.Lç. Quando si parla di città, fica semplicemente l'insediamento uma-
non se ne tratta mai come di organismi 110 chiuso, in contrapposizione alle re-
politici. La triade caratteristica dello gioni disabitate, ai villaggi aperti, alle
stato_greco, apxovnc;, PovÀ.1}, oiJµoc,, è
inesistente nel N.T. La PovÀ.1] non com- abitazioni isolate. Talvolta 'lt6À.Lc; indi-
pare affatto. Di o-ijµoç si parla in Act. ca gli abitanti della città (ad es. Mt. 8,
12,22; 17,5; r9ao.33; ma in tutti e 34: li 1toÀ.tc, É!;ijÀ.bEv; Mt. 21,10: É<rEl-
quatti-o questi casi si tratta di una tu-
vl}TJ mio-et Ti 7to),tç; Mc. 1,33: -i] 1t6À.tc,
multuosa sollevazione popolare, e in
nessuno si può pensare a un'assemblea É'itLO"U'VlJ-YµÉV'I')). La differenza fra 1tOÀ.tc;
popolare regolarmente convocata. Il ter- e xwµT) non è sempre netta.
mine apXO\l't'EC, per indicare coloro che
hanno il mandato di reggere la città si Ciò risulta con la massima chiarezza

M Sulla posizione degli lipxov-cE<; o cr-cpct- Theology 2 (1898) 598-632. Il numero dei
"t1]yol cfr. J. Wmss, art. 'Macedonien', in politarchi delle varie città macedoni oscillava
REJ 12 (1903) 39. Su 1toÀi-capx'lJc:; dr. da due a sei.
JACKSON-LAKE 1 4 ad Aci. 17,6: «7tOÀ.~'tUPX1J<; (t} Si contrappongono a 7tOÀt<;: iPT)µla. (-1
per lo più, se non esclusivamente, è un Cor. rr,26), ~P1Jµoç 't01tot; xtx-c'llìla.v (Mt.
titolo macedone dei magistrati non romani di i4,13), xwµcxi xcd &:ypol (Mc. 6,56), xwµat
una città». Il titolo si trova, in iscrizioni, qua- (Mt. 9,35; 10,11; Le. 8,1; 13,22), -r6noç nel
si esclusivamente in Macedonia e in regioni senso di 'luogo abitato' (d.t; 1téi<7'o:v rt6Àw xo:i
limitrofe; dr. la rnccolta di materiale in E.D. T01t0V ÒV i~µEÌ..ÀEV.... rpxE<TDCU, Le. 10 11 ),
BuRTON, The Politarchs: American Journal of otxla. (Ml. 10,14; 12,25; cfr. Aci. 12,10).
'ltOÀL<; X't'À. e I 1-2 (H. Stratlimann) (VI,530) 1314

dal composto xwµ67toÀ.tc; (Mc. l ,38), 2a; Mt. 9,1; Io. 1,44). Tutto ciò ri-
che in Le. 4A3 è sostituito da 7tOÀ.tc;. mane nel quadro d'un uso comune.
Il termine designa un insediamento ur-
bano senza diritto civico. Nazareth 2. Gerusalemme, la città santa
è una 7tOÀ.tc; (Mt. 2,23; Le. 1,26; 2,
4.39). Betania (Io. u,r.30, dr. Le. Come nell'A.T. (-->coll. 1295 ss.), co-
IO,J8) cd Emmaus (Le. 24,13.38) so· sl anche nel Nuovo hanno particolare
no xGiµtu. Ma Bethsaida è detta xwµn
in Mc. 8,23.26 e 1COÀ.tc; in Mt. 11,20. importanza i passi nei quali si parla di
Bethlehem è detta xwµ'l'} in Io. 7,42, Gerusalemme come città santa o città
;toÀtc; in Le. 2,4.II. L'espressione m:· diletta (Mt. 4,5; 27,53; Apoc. 11,2; 20,
ptfj)'E'V -ràc; xwµctc; xuxÀ.t~J (Mc. 6,6) in
Mt. è intesa nel senso che fra le xGiµCl.t 9) 71 e cosl pure quelli nei quali l'espres-
rientrano pure le 7tOÀ.Etc; (cfr. Mt. 9,35 ). sione 'città santa' designa la Gerusa-
In genere località abitate, se cinte di lemme celeste o ad essa fa riferimento
mura, vengono chiamate 1toÀ.w;; se aper-
(Gal. 4,25 s.; Hebr. u,ro.16; 12,22;
te, invece xwµCl.L. Le xGiµaL di cui si
parla nei vangeli - altrove il termine ri- 13,14; Apoc. 3,12; 21,9-23; 22,14 e
corre solo in Act. 81 25 - sono da consi- 19). Il fatto che in Mt. 4,5; 27,53;
derarsi in qualche modo subordinate alle Apoe. n,2 Gerusalemme venga sempli-
città, sl che tutto il paese è ripartito in
regioni accentrate ciascuna attorno a cemente designata «la città santa», sen-
una città. L'unico passo, però, in cui za aggiunta del nome, riflette un uso dif-
questo rapporto giuridico risulta chiaro fuso nel tardo giudaismo e una tradizio-
è Mc. 8,27: xwµctL KctLCT<XpElctc; 70•
ne risalente assai indietro nella storia ve-
Quando si citano determinate città, terotestamentaria (---> col. 1296). Alla
qualora il contesto non indichi di quale Gerusalemme storica si riferisce pure
città si parli (cfr.. ad es. Mt. 8,33 : città
dei Gad.areni; 21,17; 26,18; 28,n:Ge- l'espressione la città diletta (Apoc. 20,
rusalemme; Aci. 8 ,5: 1J 1tOÀtc; -tfjc; l:a.- 9) 71 , che non si trova in questa forma
µa.pElll<;, la 'capitale' dei Samaritani), precisa nell'A.T., ma si ricollega alle
allora oltre · a menzionare il nome (al
genitivo in Aet. 16,14; 2 Petr. 2,6, o al concezioni veterotestamentarie relative
medesimo caso in cui si trova 1toÀtc;, all'elezion~ di Gerusalemme da parte di
come ad es. in Act. II,5; 27,8) si ag- Jahvé (coll. 1295 s.), nonché ai passi nei
giungono determinazioni varie che ac-
quali si parla dell'amore di Jahvé per
cennano all'ubicazione in una determi-
nata regione (ad es. Le. 4,3 r; cfr. Io. Gerusalemme o per Sion (dr. Ier. 11,
4,5; Act. 8,5; 14,6; 16,12) o all'ap- 15; Ps. 76,68; 87,2). Il fatto che pro-
partenenza etnica (ad es. Mt. 10,5.23; prio in Matteo e nell'Apocalisse si trovi-
Le. 23,51) o agli abitanti (cfr. Act. 19,
35; 2Cor. n,32) o al riferimento a de- no queste reminiscenze di espressioni e
terminate persone (cfr. Le. 2,4.II; Le. concezioni israelitico-giudaiche, indica

7~ Cfr. ScHiiRER n 1 95.227-229; anche K. 71 Non è necessnrio approfondire ulteriormen·


GALLING, art. 'Stadtanlagcn' in Bibl. Real- te il riferimento alla Gerusalemme palesti-
lcxikon (1937) 496. nese in Apoc. u,2.
1315 (VI,530) 116).Lc, XTÀ.. eI 2-3 (H. Strathmann) (v1,531) 13J6

quanto esse si radichino appunto nella 3. La Gerusalemme celeste


tradizione giudaica. Tuttavia questi pre-
L'intimo rapporto fra la chiesa cri-
dicati non rappresentano per la comuni-
stiana e Gerusalemme non ha nulla a
tà cristiana primitiva soltanto un ricor-
che vedere con sentimenti romantici
do di tradizioni israelitico-giudaiche, ma
per la città storica, la cui fine è se-
indicano piuttosto il valore particolare
gnata (Mc. 13,2; Mt. 24,15 s.). L'atte-
che Gerusalemme aveva anche per la lo-
sa si rivolge piuttosto a una nuova Ge-
ro fede.
rusalemme, che non è una Gerusalem-
L'intera cristianità dell'epoca paolina me affrancata da difetti (Apoc. 21,2),
riconosce Gerusalemme come centro.
La comunità là vivente controlla e giu- ma scenderà su una nuova terra nel mo-
dica ciò che avviene fuori, in Samaria, mento in cui quaggiù si avrà il compi-
a Cesarea, ad Antiochia, e dà istruzio· mento della salvezza (Apoc. 21,rn). Tro-
ni sul modo di condursi. Per spiegare
viamo quest'idea in Gal. 4,25 s., dove
tutto ciò non basta considerare che Ge-
rusalemme, centro di gravitazione nazio- la ti a:vw '!Epoucra:À:i)µ, «la Gerusalem-
nale, politico e religioso, accentrava lo- me superna», è contrapposta a quella
gicamente ogni movimento importante attuale ('t"ii \IU\I 'IepouO'ocÀ.Tjµ) . Se +i vuv
che si manifestasse nel paese, e che qui
si facevano necessariamente le scelte de- 'IEpouO'aÀ:i)µ corrisponde ad Agar, Ti
cisi ve su questioni di fede in Israele; &vw 'IEpoucra.À:{]µ deve corrispondere
il profondo, genuino interesse religioso alla 'libera' Sara; dal che si deduce che
si esprime già nel fatto che gli ambien-
ti cristiani, ai quali appartengono Mat- il cristianesimo libero dalla legge e la
teo e l'Apocalisse, conservano la desi- Gerusalemme 'superna', la 'nostra ma-
gnazione di Gerusalemme quale città dre', vanno di conserva. Si noti, in que-
santa. Lo scrittore dell'Apocalisse us.-i
ste considerazioni, la naturalezza con
questa designazione (II ,2) benché nel
medesimo capitolo Gerusalemme sin det- cui l'atteso compimento della salvezza
ta la grande città, «che in senso pneu- si riveste, per una volta, della concezio-
matico si chiama Sodoma ed Egitto, do- ne della Gerusalemme supema; l'idea
ve anche il loro Signore fu crocifisso»
(i')'tL<; xa.À.Et'ta.L miwµa·nxwc; l:oooµa è comunque manifestamente del tutto
xat Atyu'lt'toc;, 81tOU xoct ò xvptoc; a.ò- abituale per l'Apostolo.
't'W\I ~O''tOCUpwlh}: V. 8).
È dunque incontestabile che per la I passi dell'Epistola agli Ebrei ci con-
chiesa cristiana permane un interesse ducono oltre. Secondo n,10 e 16 già
religioso, sia pure solo tradi2ionale, per
i patriarchi conoscevano questa Geru-
il nome di Gerusalemme. Tanto più che
secondo Apoc. 20,7-10 la 'città diletta' salemme celeste. Ubbidendo all'ordine
è il teatro della lotta in cui viene an- di Dio, Abramo poteva abbandonare la
nientata la potenza di Satana, alla 6ne patria e vivere straniero nella terra pro-
del regno millenario; secondo Apoc. II,
poi, i due martiri operano, sono uccisi messa, perché «aspettava la città che ha
e risuscitano a Gerusalemme. fondamenta delle quali l'artefice e co·
1317 (vr,531) 71'6À.tç x:-rÀ.. e I 3 (H. Strathmann) (vr,532) 1318

struttore è Dio» (v. ro). Essa sola è ora una realtà celeste, e come tale è la
durevole. Anche le più salde città ter- effettiva realtà, di fronte alla quale la
rene non sono, in fondo, che una ten- realtà terrena nella migliore delle ipote·
dopoli. Anche la morte dei padri è sta- si, cioè quando si tratta dell'istituzione
ta una morte nella fede: nella certezza, cultuale veterotestamentaria, è solo una
cioè, della celeste città paterna, contem- immagine (8,5), un'ombra (8,5; 10,I),
plata solo da lungi ma incrollabilmente un simbolo (9,9) 72 •
sospirata (vv. 14.16). A causa di essa
i padri si consideravano, durante la loro Il fatto che l'autore ritorna ripetuta·
vita, stranieri e avventizi -.Tjc; yfjc;, e- mente su quest'idea e il suo soffermarsi
pieno di pathos e di venerazione, ma
spressione che in base al v . I4 significa anche d'amore e di riconoscenza, sull'im-
non «nel paese» bensì «sulla terra». Dio magine di questa Gerusalemme celeste,
aveva infatti preparato loro una città rivelano quanto importanti siano per
lui questi pensieri, che non sono un
nei cieli (v. 16). È la stessa città che in
semplice elemento della tradizione ve-
12,22-24 è chiamata «il monte Sion, la terotestamentario-giudaica e apocalitti-
città del Dio vivente>>, la Gerusalemme ca . Tutto è, anzi, totalmente cristianiz-
celeste e come tale è raffigurata con pre- zato. Sono scomparsi senza lasciar trac-
cia tutti i pensieri relativi ai fattori et·
cisione, ancora in contrapposizione (co- nici, politici, esteriori. La comunione
me-. in Gal. 4,2 5) al monte Sinai e alle dei credenti di tutti i tempi con Dio,
sue terribili manifestazioni. Questa è con la grazia del nuovo patto, con ii
mondo angelico: questo, e questo sol-
l'immagine della città futura, verso la tanto, cohna il pensiero e l'anelito dcl
quale i cristiani sono appassionatamen- l'autore di questa epistola possente e
te in cammino, mentre qui non hanno singolare, il quale si è totalmente af-
francato dalla comunità giudaica e se
una città stabile (13,14), com'è detto
la lascia ben dietro le spalle.
pure, più tardi, nel Pastore di Erma
(sim. r ,r ): essi dimorano qui come in u- Ricco, raffigurato a colori splendidi
na città straniera, vivente secondo leggi è il quadro della Gerusalemme che un
diverse in contrasto con la loro città, giorno scenderà dal cielo, in Apoc. 21 .
nella quale ritorneranno se non ne rinne- Questa nuova Gerusalemme, che scende
gheranno la legge (~ vm, coli. 81 ss.). dal cielo, è «preparata come una sposa,
Ma questa città di cui parla l'Epistola a· adorna per il suo sposo» (21,2), o me-
gli Ebrei non è puramente futura; è già glio è «la sposa, la moglie dell'Agnello»

n Una contrapposizione che non ha assoluta- ria della salvezza. Dire che la Lettera agli E-
mente nulla a che fare con lo pseudoidealismo brei utilizza l'immagine della Gerusalemme
fìloniano. Essa fofatti non è cosmologico-spe- celeste quale civitas Dei senza limitazioni di
culatìva, come nella dottr.ina fìloniana del tipo .filoniano (LEIS EGANG, o. c. (-+ n. 66)
Logos, ma escatologica, nella linea della sto- 158), ~ un equivoco.
miÀ.Lç x-r),, eI 3 (H. Strathmann)

stesso (21,9). È la comunità perfetta, loro angeli-sentinelle, nelle dodici pie-


alla quale apparterranno tutti coloro che tre angolari rivivono le figure dello
zodiaco e della divisione che esso stabi-
usciranno vincitori dalle angosce della lisce nel cielo; la via scintillante di oro
persecuzione e che perciò saranno «se- puro è la via lattea, e null'altro è pure
gnati con il nome della città del mio il fiume scintillante come cristallo. Il
monile tempestato di gemme è il lumi-
Dio, della nuova Gerusalemme che scen- noso cielo stellato, e le mura, relativa-
derà dal cielo, da presso il mio Dio» mente basse 74, di diaspro che splende
(3,12), cioè vi avranno diritto di cit- in varie colorazioni sono la corona del-
tadinanza. La beatitudine di questa co- l'orizzonte vespertino. Che la città cele-
ste sia quadrangolare non deriva per a-
munità perfetta è descritta con l'imma- nalogia dal piano urbano di Babilonia 75
gine della città celeste. o di altre città, bensl dal fatto che l'an-
tica astronomia usava parlare di quattro
Quest'immagine non ha carattere u- nngoli, sui quali poggia la volta cele-
nitario, né da un punto di vista lette- ste: si comprende cosl l~ forma cubica
rario né da un punto di vista di conte- della città 76 •
nuto; da un foto, infatti, in 22,1-5 si Ma importante è notare che tutte
trovano ripetizioni rispetto al cap. 2 l queste rappresentazioni e motivi di va·
(cfr. soprattutto 22,5 con 21,23-25; 22, ria origine per l'Apocalisse giovannea
3 con 21,27; 22,3 con 21a); dall'altro, altro non sono che immagini della bea-
il motivo del paradiso (22,1 s.) si inse- titudine della comunità perfetta. La
risce difficilmente nell'immagine della profezia israelitica (per non parlare del-
città celeste raffigurata come una torre l'apocalittica giudaica), malgrado tutte
colossale. Quando i popoli e i re della le pressioni, non si è mai potuta vera-
terra entrano per le porte della nuova mente svincolare da ciò che era speci-
Gerusalemme (21,24), è chiaro che non ficamente ebraico. Per Ezechiele, nella
si tratta più della Gerusalemme che nuova Gerusalemme vi era in primo
sta nei cieli. Nel quadro si mescolano luogo un nuovo tempio. Per l'Apocalis-
motivi di origine diversissima. L'intero se giovannea nulla è più significativo
capitolo è percorso da reminiscenze ve- del fatto che nella nuova Gerusalemme
terotestamentarie, soprattutto di Isaia non c'è più tempio (21,22). Non è più
ed Ezechiele (specialmente Ez. 48,30- necessario alcun tempio, alcun culto, al-
35) e di Gen. 2. L'apporto più consi- cun sacrificio. «Dio, l'Onnipotente, è
stente è però dato dall'antica mitolo- il suo tempio, e l'Agnello». La dimora
gia celeste. Nelle dodici 73 porte con i di Dio non è soltanto presso Israele

7J Il numero n. è schematico. Non si può Hellenislische Studien z11m W eltbild der Apo-
chiedere chi sia il dodicesimo. kalypse (1914) 39 s.; BoussBT, Apok., a 21,
11 tvliwµ:l')<TLç indica probabilmente il suo ma- 9 ss.; HADORN, Apk. a 21,9 ss. In ZAHN, Apk.
teriale; difficilmente Je 'fondamenta' (PREU- non si accenna a tali nessi. Inoltre: R.
SCHEN-BAUER ', s.v.), che invece sono indi- KNOPF, Die Himmelsstadt, in Neutestamen-
cate dai ~EµÉÀ.~o~. tliche Studien, Fcstschrift Hir G. Heinrici
7> Cfr. D.H. McQuEEN, The 11ew Jemsalem (1914) 213-219; F. DIJKEMA, Hel hemelsch
nnd 1ow11 plmming: Exp. 1x 2 (1924) 220- Jeruzalem: Niew Theologisk Tijdschrift 15
226. (1926) 25-43, dove si vuol contribuire a raf-
76 Su tutta la questione dr. soprattutto FR. forzare la tesi di H. GUNKEL, secondo cui il
BoLL, A11s der Offenbnr1111g des Joha1111es, cristianesimo è una religione sincretistica.
1321 (v1,532) mSÀ~c; x·ù. e I 3-4 (H. Strathmann) (VI,533) IJ2Z

(Zach. 2,14; Ez. 37,27), ma «presso gli 4. La traduzione di 1tOÀ.tc; con civitas
uomini», che saranno il suo ~ À.aoc; 71 nella Vulgata
(21,J). Tutto ciò vale naturalmente so-
lo per coloro che han lavato le loro ve- Nella Vulgata del N.T. 1tOÀ.tç è sem·
sti (22,14), cioè per coloro che hanno pre reso con civitas, ad eccezione di Act.
parte all'opera di redenzione di Cristo, 16,r2 e 39, dove Filippi, prima definì·
La città celeste è dunque un'immagine ta civitas, è chiamata urbs 19• Ne deriva-
della perfetta comunione con Dio, che no le espressioni civitas, cuius arti/ex et
nulla più turba, della comunità redenta. conditor Deus (Hebr. II,rn), civitas
La tradizione israelitico-giudaica fa sl Dei viventis, Ierusalem caelestis (Hebr.
che la speranza cristiana si rivesta di 12,22), civitas futura (Hebr. x3,14),
questa immagine; ma proprio come la nomen civitatis Dei mei novae Ieru-
chiesa cristiana è il vero Israele che salem (Apoc. 3,12), sancta civitas Ieru-
si differenzia dall'antico «Israele secon- salem nova (Apoc. 2 r ,2 ). Civitas Dei o
do la carne», cosl anche l'immagine in Dei nostri si ttova ancor.a in Ps. 46,5;
cui la speranza prende forma, malgrado 48,2.9; 87,3 quale traduzione di 1tOÀt<;
tutte le reminiscenze veterotestamenta- ilEoù (l)µwv); in Ps. 101,8 civitas Domi-
rie, è diventata qualcosa di essenzial- ni traduce rtoÀ.tc; xvplou. Questa tradu-
mente diverso. Questa fede non ha dav- zione di 7t6Àtç rappresenta, nei confron-
vero più alcun interesse per una Geru- ti del N.T., un forte spostamento di si-
salemme terrena, sia pure rinnovata e gnificato, perché dà al termine una co-
migliorata. Gerusalemme non è più che lorazione politica. Questo spostamento
un nome simbolico ereditato, senza con- ha acquistato peso perché Agostino, per
creto riferimento geografico. Anche qui sua diretta testimonianza, ha dato alla
vale l'affermazione: «Ecco, io faccio O· sua opera fondamentale il titolo di ci-
gni cosa nuova». vitas Dei proprio rifacendosi a questi
Sarebbe del tutto fuor di luogo ten- passi biblici (cfr. civ. Dei 5,19 verso la
tar di collegare questo linguaggio esca- fine; rr,1 in principio; 14,1 alla fine) 80•
tologico immaginifico, che trascende la Ma ciò che ricollega la civitas Dei di A-
storia, deilo scrittore apocalittico che gostino a quei passi biblici è ormai quasi
parla della città celeste, con le idee co- unicamente l'espressione verbale. I pas-
smopolitiche della filosofia immanenti· si del Salterio parlano di Gerusalemme.
stica dello stoicismo, anche nella forma Agostino non si cura di questo riferi-
platonizzante rappresentata da Filone 78 • mento storico. I passi neotestamentari
Si apre qui l'abisso che separata storia parlano della comunità del compimento
e natura. escatologico. Quest'ultima è certamente
contenuta anche nella civitas Dei ago-
stiniana, ma il concetto si rifrange in
vari significati, e Agostino può identi-
ficare la civitas Dei anche con la comu-

11 Cosl va letto, non Àixol. w Cfr. LEISEGANG, o. c. (-+ n. 66) u7-


78 II parere del LEISEGANG (-+ n, 72) trascu· 158). Secondo il Leisegang, Agostino dipen-
r11 il carattere escatologico dei detti neotesta- de da influssi fìloniani mediati da Am·
mentari. brogio. W. KAMLAH, Christentum 1111d Ge-
7J Civitas è il termine corrente del latino vol· schichtlichkeit. Unterst1chtmge11 z11r E11tsle-
gare per 'città' (Thesaurus· Ling11ae Latinae h1mg des Chrisle11/1m1s rmd :w A11gusti11r
III 1232-1234). «Biirgerschaft Goltes» (r951) 155-174.
1323 (vr,533) 7t6Àtç X'tÀ. e I 4-n 2 (H. Strathmann)

nione dei credenti o con la forma sto- dente che possiede un terreno. Anche
rica della chiesa organizzata. Il termine nelia parabola delle mine (Le. 19,12 ss.)
di contrasto non è la Gerusalemme sto-
rica, bensl la civitas terrena, concepita i "JtoÀ.i:-t'ai. sono, in contrasto con i oou·
ora come comunità degli empi e dei re- À.oi, gli abitanti del paese, economica-
probi, ora come stato mondano 81 • L'e- mente e personalmente indipendenti.
spressione ha quindi perduto il suo ca- Ma in rapporto all' <momo d'alto Ji.
rattere immaginifico-escatologico ed è
divenuta un concetto del pensiero filo- gnaggio» (a\l~pw'ltoc;. EVYE-.niç) essi per il
sofico-ecclesiastico; questa evoluzione è momento sono ancora concittadini. Non
stata resa possibile solo dalla inadeguata sono però cittadini in senso greco, poi-
traduzione di rt6À.1.c; con civitas.
ché, essendo sottoposti a un re, non par-
II. 7tOÀ.L't't)c;, 1toÀ.t"çEUoµat, ?tOÀ.t't'Ela, tecipano al potere (xpl<rLç, àpx1), --,)>
rcoÀ.l'tEUµa. n. 3 7 ). Il termine è insomma utilizzato
in senso comune.
I.Nei quattro passi del N.T. in cui
ricorre, 7toÀ.l'tT)c; non presenta alcuna 2. Il verbo 'ltOÀL't'EVoµai. si trova solo
particolarità teologica. In Hebr. 8,rx in Act. 23,r e in Phil. 1,27. Nel primo
sta in una citazione di Ier. 31,31 ss. e caso Paolo dichiara di fronte al sinedrio
significa concittadino, compagno di po- gerosoJimitano: ÉyW 'l'tWro cnJVnOTJO'Et.
polo, prossimo, per cui in seguito, in a:ya~fi 7tE'1tOÀ.l'tEUµ«t. -.ii) ~E<i} ii.xpi. 't'ct.U·
una parte della tradizione testuale, è 't'T}c;. 't'i)c; T)µipac;, «fino ad oggi io mi
sostituito con "JtÀ:nulo'V (--,)>coli. 7u ss.). sono comportato con retta coscienza di
I vi potrebbe benissimo stare cruµ7toÀ.l- fronte a Dio». Nel secondo passo egli
't'T)c;, che di fatto si trova in Eph. 2,19 ammonisce i Filippesi: <Xl;lW<; 't'OU EÒa:y-
in senso figurato. In Act. 21,39 Pao- YEÀ.lov 't'OU XptO''t'OV 7tOÀ.t't'EuEcri)E, «com·
lo dice di essere TapcrEvc;, 't'i'jc; Ki.À.1.xfo:c; portatevi in modo degno del vangelo
ovx c:l<ri]µou '1tOÀEWc; 7tOÀ.l't'T)t;, «cittadi- del Cristo». Qui, come in Act. 23 11, il
no di Tarso, città della Cilicia non priva termine non contiene alcuna indicazione
di importanza», cioè di avere la citta- particolare per la vita comunitaria. Nei
dinanza di Tarso. Negli altri due testi, due passi esso indica la condotta, sen-
essi pure lucani, il significato è attenua- za alcun riferimento politico, e precisa·
to. In Le. I 5 ,15 si dice che il figliol mente la condotta orientata religiosa-
prodigo hoÀ.À:iJtlri t\lt 't'W\I 7tOÀt't'W\I mente. Viene cosl ripreso l'uso seman-
't'fjt; XWpctç ÉXEl\lnç, «SÌ appoggiò a uno tico del giudaismo ellenistico, documen-
dei cittadini di quella contrada»; in que- tabile solo a partire dai libri dei Mac-
sto caso 1tOÀl-.nc;. è 1'abitante indipen- cabei(--,)> coli. 1302 s.). Per questa vin si

Cfr. F. Loovs, Leit/11de11 z11m S1udi11m der


· 81 BJ>RG, Lchrbuch der Dogmengeschichtc u i
Dogme11geschich1e s ( 1950) 330-334; R. Srm- (r923) 472·482.
1325 (v1,534.l 1t6À~c; X't)., e II 2-4 (H. Strathmann)

è inserito nella letteratura cristiana 82 • senza Dio nel mondo». Qui l'espressio-
ne 'ltOÀ.tnla. "tOV 'fopo::1)À. non indica Io
3. Anche itoÀt-.e:la. ricorre solo due
stato israelitico, che ormai non esisteva
volte nel N.T., ma, significativamente,
più e che ai Greci dell'Asia non poteva
non nel senso astratto di stato o di co-
certo apparire degno di essere desidera-
stituzione statale - il N.T. non ha al-
to come patria; né indica il diritto di cit-
cun interesse per le teorie 8J - bensl so-
tadinanza in senso letterale, perché la
lo nel. senso concreto di cittadinanza,
condizione cristiana non costituirebbe u-
sia letterale che figurata. In Act. 22,28
na contrapposh:ione ad esso. Il termine
indica la cittadinanza romana: Paolo si
ha piuttosto senso traslato e indica la
richiama al fatto di essere un a\li}pwitoc;
posizione religiosa privilegiata di Israe-
'PwµaXoc;, cioè un cittadino romano,
le, quale destinatario della promessa.
per evitare il minaccioso interrogatorio
Prima erano esclusi dalla promessa, ma
penale (con fustigazione); e questo fa
ora i lettori hanno anch'essi accesso al
tanto più effetto perché non si è procu-
Padre per mezzo di Cristo 85• Non sono
l'ato tale cittadinanza con denaro, come
più ~ÉVOL e rcapOLXOL (ospiti), bens} con-
il centurione che comanda la guardia
cittadini dei santi ( CTUjJ.TCOÀL"tO::L "tWV
della fortezza Antonia, ma lo ha eredita-
a:ylwv ), hanno parte alla cittadinanza
to da suo padre 84• 'JtOÀ.t"tEla si trova an-
pneumatica che compete agli <iyLoL, ai
cora in Eph. 2,12, dove si dice che i de-
credenti d'Israele, e quindi accesso a
stinatari, quando erano pagani, erano
à7ti'}À.Ào'tptwµÉVOL 'tllc; 1tOÀL"tEla.c; -;;ov
Dio, sono familiari di Dio e partecipano
della salvezza (2,19).
'lcrpa.i)À xat ;Évot 't'WV &ut~l')xwv -.fjc;
É1ta.yyEÀlo:c;, ÉÀ'ltloa. µl} ~xovn~ xttt 4. 'ltoÀ.i-.Evµo::, infine, nel N.T. si tro-
èii}EoL tv -r@ x6cr~, «lontani dalla citta- va solo in Phil. 3,20. I lettori vengono
dinanza d'Israele e stranieri alle disposi- esortati a prendere esempio da Paolo
zioni della promessa, senza speranza e nella loro condotta. L'opposto è costi-

32 Cfr. ]ACKSON·LAKE I 4 ad Act. 23,1. Che fica mai 'stato', la questione non va posta qui.
quest'uso linguistico, anche indipen<lentemen· a.: Sulle norme di salvaguardia dcl diritto pe-
te dall'ambiente giudeo-ellenistico, si sfa svi. nale romano a favore dei cittadini romani,
luppato nella koiné, è una tesi che si è via contro l'applicazione di pene disonoranti, cfr.
via tramandata, ma che rimane tuttora indi- O. HoLTZMANN, Neuleslamentliche Zeitge-
mostrata. schichle i ( 1906) 90 s.; inoltre TH. MoMMSEN,
Riimischer Stra/rechi (1899) 31 n. 3. 47;
BJ «Il Nuovo Testamento ignora l'idea di una ]ACKSON-LAKE I 4 ad Aci. :z2,15 ss.; Liv.
quale la delineano ln filosofia greca
r.oÀ.~'tEla. 3,56; 10,9 (per le /eges Porciae e Valeriae);
e la Stoa» e~ BULTMANN, Vers/iindnir 69). Cic., Verr. 2,5,62 s. 66. Qui si trova la frase,
Si interessa quindi con vivacità tanto maggio- spesso citata: Facinus est vincire civem Ro·
re allo stato in quanto fenomeno concreto: manum, scelus verberare, prope parricidit1m
basti rimandare a Rom. 1311·7 e ai passi ana- necare.
loghi. Ma poiché 7t6Ài~ nel N.T. non signi- a; Cfr. HAUPT, Ge/br., ad f.
1327 (v1,535) 7toì..tc; xù. C Il 4-D (H. Strathmann) (vr,535) 1328

tuito da <'coloro che hanno pensieri ter- ro appartenenza al regno celeste di Cri-
reni» (-.à btlyrnx. cppoyouv-i-Eç); «la sto, al quale, per cosl dire, appartengo·
nostra patria infatti sta nei cieli, don- no per diritto statale. La ~aCTLÀ.Efr.t. 'tWV
de aspettiamo anche, quale salvatore, oùpct\IW\I è il 7tOÀ.l'tEuµct. dei cristiani 1!6.
il Signore Gesù Cristo» (1}µwv yà.p
'tÒ 7toÀt·t-wµa ÈV oùpavoi:c; ùmipXEL, È~ D. I PADRI APOSTOLICI

ov xr.d crw•fipa à.7texoex6µEi)a xvpto\I L'uso di questo gruppo di termini nei


'I11crov\I XpLCT'tov): 1a comunità a cui ap- Padri apostolici si mantiene in larga par-
te sulla linea del N.T.: essi esulano sem-
partengono i cristiani, la loro patria è pre da qualsiasi interesse. giuridico-stata-
nei cieli; -r;(J. È7tlyEta non sono quindi le; n6À.tç è semplicemente l'insediamen-
per loro normativi né attraenti. Qui es- to urbano. Talvolta il termine ha il si·
gnifìcato già visto in Phil. 3,20, quale
si sono solo, com'è detto in r Petr. 2,r r immagine del mondo celeste e contrap-
citando o/ 38 1 13, 7tapotxoi xa.t mxpE- posta quale LOi.a n6À.ic; dei cristiani al
7tloT)µot, «forestieri e pellegrini», sen- mondo temporale (Herm., sim. 1,1,1-6).
11:0À.i:'tat sono gli abitanti, talvolta gli
za diritto di cittadinanza; non sono
indigeni, in contrapposizione agli l;Évot
cittadini radicati qui per natura, per (Diogn. 5,5). noÀ.t'tda è il modo di vi-
modo di pensare e interessi. La spiega- vere, la condotta (ad es. Ù\IE1tLÀ.r)1t'toç
zione non va quindi cercata nell'uso se- noÀ.t't'Elrt, «condotta irreprensibile»:
mari. Poi. r 7,r ), e noÀL'tEuoµat talvolta
mantico che designava come 7tOÀL•EU- significa esser cittadino, residente (i cri-
µa-.a le colonie straniere organizzate stiani si trovano temporaneamente in
con certi diritti al di fuori della patria; terra, ma Èv oùpa\IQ 'ltOÀ.L't'EU0\1-i-at:
Diogn. 5,9), ma per lo più vale sempli-
se mai, sarebbe piuttosto la chiesa cri- cemente condursi, vivere. Un'eco del si-
stiana a costituire un rcoÀ.l-twµct. cele- gnificato originario giuridko·civile ri-
ste nel mondo. Il termine suggerisce suona nelle espressioni figurate, secon-
piuttosto l'immagine dello stato o del- do cui Dio ÈV oùpavotc; noÀ.t'tEUE'tcXL,
governa nei cieli, mentre il cristiano è
la comunità per descrivere l'intima e- ancora pellegrino sulla terra (Diog11. 10,
straneità dei cristiani non solo e in par- 7). La miglior traduzione di I Clem. 54,
ticolare nei confronti dello stato terre- 4: 7tOÀ.L't'EUE<rl}ru 'ti}\I aµE'taµf). 'l'}'t'O'.I
noÀ.t.-rflav 't'Oli l}EOu è: «condursi nella
no - nel contesto non si parla affatto propria vita come cittadini di Dio, del
di questo -, bensl nei confronti del che non si avrà mai da pentirsi».
mondo terreno in genere, nonché la lo- H. STRATHMANN

86 La traduzione di Lutero <mnscr Wandel ist giustificazione filologica. Il Probe/es/ameni dcl


im Himmel» come pure quella della Vulgata 1938 e, dopo di esso, il Revidierter Text del
(11oslra autem conversa/io in caelis est), alla r956 hanno dunque tradotto giustamente: «La
quale si ispira la prima, non trova alcuna nostra patria, invece, è nei cieli».
r.o).J.ol. J\ (Joad1. Jeremias)

7tOÀÀOL

SOMMARIO : con TCoÀuc:; 1 sono teologicamente rile-


A. Signific11to i11clt1sivo di (hii)rabbim/saggi'in vanti solo quelli nei quali si usa il plu-
(ol) JtoÀÀol nel giudaismo: rale 7toÀ.Àol per circoscrivere il gruppo
I. ncll'A.T.:
1. uso sostantivato: di coloro ai quali giunge l'opera reden-
a) con l'articolo; trice di Gesù. Quanto segue tende dun-
b) senza articolo;
2. uso aggettivale; que a rispondere alla domanda: che si-
3· Is. 52,r3-53,12. gnifica l'a1Iermazione che Gesù muore
Il. Nel giudaismo post-biblico:
1. uso sostantivato:
per molti? Per rispondere a tale doman-
a) con l'articolo; da è d'importanza fondamentale studia-
b) senza articolo;
2. uso aggettivale;
re una caratteristica del pensiero e del
3. Is. 52,13-53,12 nella letteratura tardo- linguaggio semitico, cioè l'uso inclusivo
giudaica.
Il. Significo/o inclusivo di (ol) 1tOÀÀol nel
di 'molti'.
N.1'.:
I. al cli fuori dei passi riferiti a Is. 53:
1. uso sostantivato:
A. SIGNIFICATO INCLUSIVO DI (htz)rab-
a) con l'articolo; bim / saggi'in 2 / ( ot) TioÀÀ.ol NF.L
b) senza articolo; GIUDAISMO
2. uso aggettivale.
II. (oL) itoÀ).ol in enunciati riguardanti l'o- Mentre in greco 7toÀ.À.ol si differenzia
pera redentrice di Gesù: cJa 7tcl\l'tEc:; ( OÀ.ot) per il fatto che si con·
1. ot no)..)..ol;
2. noÀÀol senza articolo: trappone a una minoranza, cioè ha va-
a) le varie interpretazioni di 110ÀÀol nel lore esclusivo ( = molti, ma non tutti),
N.T.;
b) il significato originario: l'ebraico (hii)rabbim e l'aramaico sag-
~)l'antichità della tradizione; gi'11J possono avere valore inclusivo: i
~)riferimento di tutti e quattro
passi a Is. 53. molti da non potersi contare, la gran
massa, tutti 3• Lo stesso vale per (ot)
Fra i numerosi passi neotestamentari 7toÀ.À.ol nella letteratura greco-giudaica.

Bibliografia sull'uso inclusivo di (ot) 1toÀ)..ol: I Su 1tOÀÀà 1tcd)Et\I ~ IX, coll. 1013 ss.
P. JoOoN, L'Évangile de Notre-Seigneur Jé- 2 Lo st:tto enfatico saggi'ajjif non è documen·
st1s-Christ, Verbum salutis V (r930) 125; tato nell'aramaico giudeo-palestinese, ma sag-
}oAcH. }EREMIAS, Dns Losegeld fur Vie/e gi'in copre sia il senso determinato che quel·
(Mk. 10,45): Ju<laica 3 (1948) 249-264, so- lo indeterminato.
prattutto 263 s.; ID., Die Abendmahlswor/e J Come (h )rbjm acquisti valore inclusivo è
Jesu 1 (1949) 91-93.108-1u; O. CuLLMANN, illustrato da 1 Eaop 4,14: ou...
'lto)..>..ot ol
Neu/estamenlliche \florlforschung. 'YIIEP- &v&pw7toL;, «gli uomini non sono forse mol-
('ANTI) ITOAA!lN: ThZ 4 (1948) 471 -473; ti?», cioè l'umanità non è costituita da mol·
H. HEGERMANN, Jesaia 53 in Hexapla, Tar- ti uomini? Cfr. pure I QH 4,27 ~ col. 1337.
gum und Peschìtta, IlFTh n-- 56 ( •9.H) 68 s. L'idea di totalità viene raggiunta consideran-
91-93.96 s. do che essa è costituita di molti individui.
1331 (v1,.:u6) 1tOÀ.Ml A I l a-2 (Joach. Jeremias)

Quest'uso inclusivo deriva dal fatto che te Ps. 71,7: k'm6/et hailtl i~rabbtm,
né l'ebraico né l'uramaico hanno un ter- «come un prodigio sono parso a molti»
(i LXX, mettendo l'articolo 7 , fan vedere
mine indicante 'tutti' 4• che intendono rabbim in senso inclusi-
vo). Similmente Ex. 23,2: lo' tihieh
I. Nell'A.T. 'apare rabblm, «non seguire la grande
massa»; Neem. 7,2: merabbim, «più di
r. Uso sostantivato tutti gli altri».
a) Assolutamente chiaro è nell'A.T.
l'uso inclusivo nella forma sostantivata 2. Uso aggettivale
con l'articolo. Quando Elia dice ai pro- Nell'A.T. (hiz)rabbim con valore in·
feti di Baal: 'attem hiirabblm (1 Reg. r8, elusivo nell'uso aggettivale si incontra
2 5 ), vuol dire: «voi siete la grande schie-
solo nell'espressione 'ammim (gojìm
ra (cioè la maggioranza)». Ancor più 'ijjlm) rabblm, per dire tutta la moltitu-
chiaro è il valore inclusivo negli altri dine dei popoli. Il testo più antico si
passi (ls. 53,II c.12 •; Esth. 4.J; Da11. trova in Is. 2,2-4 (par. Mich. 4,1-3 ): uf-
9,27; rr,33; r2,3) nei quali hàrabbim 11aht1rrl 'eliiw kol-haggolm (v. 3) w"halku
indica sempre la folla, la massa 5 • 'ammlm rabblm, «e affluiranno ad esso
b) Pii1 import~mte è notare che anche tutte le genti, e popoli in gran numero
la forma sostantivata senza articolo vie- si metteranno in cammino»; 2,4: w•-
ne usata ripetutamente nell'A.T. con Jafap ben hagg6iim w"hOkia~ te•ammim
valore inclusivo. Ps. 109,Jo: betok rab- rabbtm, «farà giustizia fra le genti e j.
bim 'ahallenml, «in mezzo alla moltitu- struirà popoli in gran numero». Come
dine ( = nell'intera assemblea) lo voglio si vede, l'espressione 'ammlm rabbim
lodare» (cfr. 22,23: b•tok qàhiil [as- {popoli numerosi) si alterna con kol-
semblea] ahallekkii [ti loderò]; 22,26; haggo;im (tutte le genti: v. 2) o col sem-
35,18; 40,10 : qiihiil riib ;26,12: maqhè- plice gojim (genti: v. 4); inoltre in Mi-
llm, «adunanze»; 107,32: qehal 'iim, chea, subito dopo il passo parallelo (4,
«l'assemblea del popolo» 6 ; analogamen- 1-3) 8 si ha kol-hii'ammim (tutti i po-

4 L'ebr. kol / aram. kolla' designa l'insieme, punteggiatura masoretica è dunque corret·
ma non corrisponde al nostro 'tutti', perché ta. In greco a quest'uso linguistico si avvid-
non è un plurale, ma pone anzitutto in risalto nn l'utilizzazione di 01. 7to>.J.o! con il signi-
la totalità. Invece il termine 'tutù' esprime, ficato di la folla, la massa, In genie, il pub-
oltre la totalità, anche la somma. L'ebraico e blico, spesso con sfumatura spregiativa: la
l'aramaico possono di volta in volta esprimere gente com1111e, il popolino, i molti (troppi).
soltanto uno dei due aspetti di 'tutti': o la Testi in \Y/. B.4.UER, Recbtgliiubigkeit 1111d
totalità (con kl/kl') o la somma (con [h ]rbjm/ Ketzerei im iiltesten Chrislentum (1934) 77 n.
sgfin) ~ JotioN 12,. Ji PRl!OSCHEN-BAuER' 12:;3. Ma proprio que-
s La forma sostantivata, con l'articolo, è rara sta sfumatura spregiativa dimostra che non ab-
nell'A.T. La serie completa dei passi, ripor- biamo qui un uso inclusivo vero e proprio:
tata sopra nel testo, potrebbe ulteriormente colui che parla esclude se stesso e i propri
ridursi se si tenesse conto che nel testo non pari dai ?to>..>..ot
vocalizzato soltanto r Reg. 18,25 e Dan. 12,J 6 H. SAHLIN, Der Messias und das Got-
permettono di rilevare che era prevista l'ap- tesuolk, Acta Seminarii Neotestamentki Up·
posizione dell'aiticolo. Tuttavia da Dan. 12, saliensis 12 (1945) 76 n. 1.
3 e da Rom. ,5,19 risulta che ls. 53,u era 7 lji 70,7: "tO~<; ?to>..>..oLc;.
letto con l'articolo, e lo stesso si può desu- ~ Espressioni parallele: g6jim rabbim (v. 2)
mere da Dan. 12,3 per Dan. 9,27 e 11,33. La I 'ommlm (v. l) e 'ìifllmim gojim (v. 3 h) I
IJJ3 (v1,537) r.o).).ol A J 2-11 ia (Joach. Jeremias)

poli: v. 5). Altri testi: Is. 52,15 (dr. mine (hà)rabbtm nei primi quattro pas-
42,1: laggojim, ai popoli; 49,6); fa:. 3, si rimangono un po' oscuri e oscillanti,
6 s.: 'ammim rabbtm (popoli numerosi)
I bét jisrii'él (casa d'Israele); 27,J3: si che non vediamo chiaramente chi sia-
'ammlm rabbtm / malké 'iire! (i re della no, di volta in volta, i 'molti' che ri-
terra); 31 6, con kol (tutti): kol gojim
1 mangono costernati di fronte al Servo
rabbtm (tutta la moltitudine dei popoli);
di Dio (J2,14), che egli rende giusti
3 8 ,2 3 : io (Dio) mi manifesterò l"' éne
gojim rabbtm (agli occhi della moltitudi- ( 5 3, I I ) , fra i quali egli avrà il suo pos-
ne dei popoli); in 39,27 go;im è prece- sesso ( v. r 2) e i cui peccati egli ha por-
duto dall'articolo: mi manifesterò ad es- tato ( v. I2 ), il significato dovrebbe co-
si come il santo l~'éné haggojim rabb'im;
Mich. 4,u.13 (cfr. loel 4,2: 'et-kol- munque essere, in tutti questi casi, non
haggojim, tutte le genti); 5,7 (par. con esclusivo ma inclusivo; un tal senso è
l'art.: baggoifm, tra le genti); Zach. 8, suggerito dal quinto testo, che presenta
22: ubii'it 'amm'im rabbtm w"gojim 'a1ù-
mim, «e verranno molti popoli e genti l'espressione inclusiva di cui abbiamo
numerose» (riporta Mich. 4,3 [ ~ n. parlato (goiim rabbtm, ~ 52,15: coll.
8 J, al quale si agguaglia per la visione 1332 s.), dal duplice uso dell'articolo
universalistica; per '(4um1m ~ n. 9);
( vv. I re.I 2°), come pure dal parallelismo
Ps. 89,51: kol-rabbtm 'ammtm (testo
corrotto; cfr. Ez. 31,6 ~sopra); 97,1: con 'a~umtm = numerosi, innumerevoli
ha'are! {la terra) J 'ijj2m rabbtm (molti- (v. 12 °) 9 e infine dal modo in cui i
tudine delle isole). Con l'art. in Neem. quattro passi sono stati intesi dall'ese-
13,26: ubaggojim hàrabbim 10'-hàja me-
lek kiimohU, «tra tutti i popoli non ci fu gesi tardogiudaica e~ coli. 1339 s.).
un re pari suo» (scii. come Salomone).
Il. Nel giudaismo post-biblico
3. Is. 52,I 3-53,r 2
1. Uso sostantivato
Una menzione particolare merita Is.
53, non foss'altro perché nella sezione a) La forma sostantivata con l'artico-
Is. 52,13-53,12 (ha)rabbim compare lo ha costantemente senso inclusivo, co-
sorprendentemente cinque volte e costi- me risulta dall'esame della letteratura
tuisce la caratteristica del capitolo. Sui tardogiudaica, nella quale il numero
cinque passi, quattro usano il termine dei testi aumenta enormemente a para-
come sostantivo (ls. 53,n c.12" con gone con l'A.T.
l'articolo, 52,14 e 53,12 e senza), il quin-
hrbjm ricorre, come termine tecnico,
to come aggettivo (52,15). Anche se il assai di frequente in I QS e ripetuta-
riferimento e la portata concreti del ter- mente in Dam. 'I molti' amministrano

'ammim rabb1m (v. 3 •). ·~1-'ii!timim I biirabbim con sollo i grandi I


9 E. SELLIN, Die Losung des de11terojesaia· con i pole111i è dubbia, perché nell'A.T. hiirab.
11ischen Gottesknechlsriitse/:···zAW 55 ( r937) bim usato sostantivamente non ~ignifica mai
210. Ln frequ ente traduzione del parallelismo 'i grandi'.
m>À.f.ol A II rn (Joach. Jcremias)

la giustizia ( I QS 6, 1) e decidono sul- conto dei molti» ('l hrbjm: 6,20). Solo
l'accettazione (6,15 s.18.21) e sull'esclu- dopo questo biennio di prova egli può
sione (7,23 s.). La pericope 6,8-13 re- essere iscritto quale membro di pieno
gola il rango e le mansioni nel consesso diritto (6,21-2 3 ). Già questi testi mo-
dei molti (mwsb rbim: 6,8.n ), al qua- strano che in I QS e nel Documento
le partecipano i sacerdoti, gli anziani Damasceno i 2 (h}rbim, 'i molti', sono
e il «resto di tutto il popolo» ( 6,8 s. ). l'insieme dei membri di pieno diritto
La presidenza spetta al «sorvegliante della comunità 13• Un uso del tutto ana-
dei molti» (h'is hmbqr 'l hrbim: 6, logo di hrbjm come termine tecnico si
r l s. ) 10• Una «deliberazione dei mol- trova nella terminologia farisaica: i Fa-
ti» ('~t hrbjm: 6,16) decide delle nuo- risei talvolta danno alla loro associazio-
ve ammissioni, dopo che il candidato è ne (~abura) il nome di hrbjm 14 • Nella
stato esaminato da «colu! che presiede, letteratura rabbinica hrbjm indica sem-
che è a capo dci molti» (h'jS hpqid pre il potere pubblico is. la massa 16, la
brw'J hrbjm: 6,14) 11 • Tuttavia nel cor- comunità 11 , l'assemblea 18 • Ancor più va-
so del primo anno al novizio non è le- sta è la portata dei 'molti' in 4Esdr. 5 1

cito toccare «la purezza dei molti» 28 (sir.), dove a proposito dell'asservi-
(!hrt hrbjm: 6,16 s.; 7,16.19; senza ar- mento di Israele è detto: «E ora, Signo-
ticolo: 6,25; 7,3) né godere del «potere re, perché hai abbandonato l'uno ai mol-
dei molti» (hwn hrbjm: 6,q). Nel se- ti, hai spezzato l'unica radice piuttosto
condo anno è escluso soltanto dalla che i molti, e disperso il tuo unico in
«bevanda dei molti» (mfqh hrbjm: 6, mezzo ai molti?», cioè fra i popoli paga-
20) e il guadagno del suo lavoro va ni (testo armeno: inter ethnicos; geor-
versato a «colui che vigila sul lavoro dei giano: apud omnes); 7 120 (sir.): «Pos-
molti» (h'j'f hmbqr 'l ml'kt hrbjm: 6, sano comunque morire i molti che son
19 s.), ma non può essere usato «per venuti», cioè tutti i viventi 19•

io Cfr. Dam. 15,8 (19 18): hmbqr 'Jr lrb;m. dice che l'impegno viene assunto bpnj IJbwrh,
li In Da111. i4,6 s. (17 15) il corrispondente è «davanti alla congrcgazion-e». Cfr. S. Ll EBER-
bkhn 'Jr ipqd 'Jr hrbjm (dopo il secondo 'fr MAN, Tbc Discipline in the So-Cal/ed Dead
si deve aggiungere una parola: ad es. 'l o br'J. Sea MtA111al o/ Discipline: JBL 7x (1952)
2005.
12 Sul Documento Damasceno dr.-+ nn. 10 s.;
13 Il solo rJwt hrbim, «settore pubblico» (op-
inoltre Dam. r3,7 (16,r); r4,12 (r8,r).
posto di rJwt hj[Jjd, «settore privato•) ri-
1l H. BARDTKE, Die Ha11dschri/Je11/u11de am corre 97 volte nella Mishna.
Toten Meer J (1953) rr7-no; J. HEMPEL, Die l6 hmzqh 't-hrbjm, «chi guida la folla alla
W'urzeln des Missionswil/cns im G/a11be11 des giustizia» (opposto hmlJ!i' 't-hrbjm, «chi se-
Al1e11 Tcstamcnts: ZAW 66 (1954) 250; R. duce la folla inducendola al peccato»), Ab. 5 1
MARCUS, Mebaqqer and Rabbim ili Jbe Ma- 18. Si noti il riferimento a Dan. 12,3:
uual o/ Discipline VI II-13 : JBL 75 (1956) ma!diqe hiirabbim.
299. l7 Ad es., tplt hrbjm, <da preghiera della
11 Demai j . 2,2 (22 d, 44): «Nei (agli occhi comunità» (opposto di tplt iMd, «la pre-
dei) molti (brbim) egli non è fidato finché ghiera di un individuo»), S. De11/. 27 a 3,24.
non ha assunto dinanzi ai molti (brbj111) (l'im- 18 M.Q. 3,7: hiirabbtm = la riunione funebre.
pegno di osservare le prescrizioni di purità e 19 Anche negli scritti greco-giudaici ot 'lto)..)..ol
di decima). R. Ammi (c. 300) a nome di R. hn generalmente il significato inclusivo di la
Jannai (c. 240): Anch'io non risulterei fidato folla (\fi 70,7; LXX Dan. 12,4; Hen. ro41 10 gr.;
finché non avessi assunto (leggere 'lii anziché Flav. Ios., beli. 2,599; J..422; atzt. 3,212; 20,
'ljw) l'impegno dinanzi ai molti (brbim)». Chi r53; dr. SCHLATTER, Komm. Mt. 701), tal-
siano 'i molti' risulta da T. Demai 2,14, ove si volta indica anche i laici (in contrapposizione
r337 (VI,539) oco)J,ol A n rb-2 (Joach. JcrcmiAs)

b) Anche la forma sostantivata senza 2. Uso aggettiva/e


articolo viene talvolta usata in senso in-
L'uso aggettivale di 'molti' in senso
clusivo nel giudaismo posteriore, come
inclusivo, che già abbiamo riscontrato
già nell'A.T. (~coli . r331 s.).
nell'A.T. nell'espressione gojim rabbim,
In Bar. 4,12 Gerusalemme si defini- «(tutta) la massa dei popoli» (-4 coli.
sce una vedova «abbandonata da tutti» 1332 ss.), sopravvive nel giudaismo
( xa"tctÀétcp1>E~<ra imò 7toÀ.À.wv ). Is~rut­
tivo è il parallelismus membrorum m r postbiblico.
QH 4,27 w: h'jrwth pni rbim wtgbr '.d Nell'appendice dei LXX a Esth. 3,13 b
l'fn mspr, «hai illuminato per mezzo mio €wri 1tOÀ.Àa è in parallelo con 1Cfi.(fa..
il volto di molti e Li hai fatti crescere fi- olxouµÉ\11], «tutta la terra abitata»; i,n
no a diventare senza numero». In 4
Tob. 13,~3 (cod. ~) ~ta i,n par. ~on ':cx.-
Esdr. 8,3, dove leggiamo: Multi quide1~ -totxot 'lt<1..V"tWV "t'W\I i::crxa:"t'WV 't'T)c; YTJc;,
creati sunt, pauci autem salvabuntur, e
«abitanti di tutte le estremità della ter-
vero che l'antitesi verte sul contrasto fra
ra». La promessa che Abramo sarà 'ab
i molti e i pochi, ma in realtà i multi
hlimon gojim, «padre di una moltitudine
creati indicano la totalità delle creatu-
di popoli», (Gen. 17,5) è resa dai LXX
re l'umanità intera 21 • II medesimo sen- con 7tMÉplX. 'ltOAÀWV twwV "t'ÉÌ)nxa (fE,
so' globale ha multi nell'antitesi . prece-
«ti ho stabilito padre di molti popoli»;
dente (8,1): Hoc saeculum fecit Altissi-
la spiegazione rabbinica del passo mo-
mus propter multos, /uturum autem stra che con 'moltitudine di popoli' si
propter paucos. Non festinas tu super intendevano i popoli di tutto il mon-
Altissimum? Tu enim festinas propter
do 25. Come gwim rh;m, cosl anche mjm
temet ipsum nam excelsus pro multis rhjm, «l}cque copiose}>, ha valore uni-
(«non sarai per caso più impaziente del- versale. L'espressione wezar'o hema;im
1'Altissimo? Tu infatti hai fretta per rabbim «e il seme suo in acque copio-
te stesso mentre coli indugia per amore
se», che si legge nella profezia cli Ba-
'
dei molti») doveC> fo versione

arab22
a
laam (Num. 24,7) è resa dai LXX con
traduce re~tamente a senso pro multis
23
xaL xvpt.Ev<rn Èwwv 1tOÀ.Àw\I, «e signo-
con «per amore di tutti». Infine ne!la reggerà molti popoli», dal Tg. ]. I con
Mishna Sl rbjm è usato spesso per dire
iJlpwn b'mmfh sg;'jn ( = LXX), dal Tg.
pttbblicamente 2 !. J. II con jJJtw11 b'wmjn, «e sarà padro-
ne delle ricchezze», dal Tg. O. con
wfSlw! h'mmin sg/'jn, «C dominer~ su

ai sacerdoti, ant. 8,95); qui potrebbe pe~ò ag- 23 Corrispondenza con negazione in 4 Esdr. 5,
giungersi un'influenza greca ( ~ n. 5 ), smm1- 7: non multi (lat.; così anche sir.), ..nessuno
mente presente in 2 Mnch. 1a6; 2,27. fra tutti i popoli» (arab.; dr. H. EWALD, Das
20 Edito da E.L. SuKENIK, 'Wfr hmg;Iwt vierte Ezrabuch, AGG II [1863] 25,17} co-
bgnwzwl (1954). . nosce colui la cui voce risuona nella notte.
21 Nell'originale greco (perduto) a mt1ll1 co:- 2• Bik. 1,1 (luogo pubblico); Er. 5,6; Meg.
rispondeva evidentemente rr.o)..)..o( senza aru- 3,1 (bene pubblico, pubblica proprietà); Para
colo, che a sua volta doveva corrispondere 12 4 (nicchia pubblica).
a rbjm. 2; Bik 1' 1 4 (64 a, 16): 'b lkl hgwjm; Ber. b.
2.!Ed. J. G1LDEMEISTER, Esdrae liber quarl11s . 'h'w//JI; Shab. b. 105 a: 'h l'wmwl;
13: 'b lkl
arabice e codice Vat. {1877). T. Ber. 1,13: 'h lkl b'j h'wlm.
1339 (VI,5-.JO) 1tOÀ.À.ol A n 2-3 (Jonch. Jeremias} (vr,540) 1340

molti popoli», dal Midrash dell'haga- Si (52,14.15; 53,II c. I2 ae) hanno avu-
da 16 con SjSlw1-.. bkl h'mjm, «ed egli to in epoca precristiana, ceco quanto
dominerà su tutti i popoli»; nella rac-
colta Leqa~ {oh ( = Perikta zutarta) 27 sappiamo. In Hen. 62,3.5 le parole di
è parafrasato con mlkwt11... kkl (legge- Is. 52,14: Jam•mu 'alekii rabb1m, sono
re bkl) mlkj h'dmh, ~<il suo regno si parafrasate cosl: «Tutti i re, i potenti, le
estenderà su tutta la terra». Per vedere
maestà e coloro che possiedono la ter-
quanto questa interpretazione di maiim
rabbim, «acque copiose», fosse acquisi- raferma ... saranno atterriti»; nella Sa·
ta, si può consultare Tg. Cani. 8,7, dove pienza sono in generale gli empi e gli
l'espressione è parafrasata con le parole: ingiusti (4,16), che opprimono i giu-
«lutti i popoli (kl 'mmj') che sono pari
alle acque del mare, che sono molte». sti (5,1), coloro dei quali si dice che
Infine nella Mishna leggiamo la formula <i saranno atterriti» ( 5 ,2: ha"ti)ao\l'tCU
di benedizione bwr' npswt rbwt w~srw- = LXX Is. 52,14). Si accorda perfetta-
1m, «egli crea gli esseri viventi, quanti
sono, e ciò di cui essi hanno bisogno» ia mente con tale interpretazione sapien-
(Ber. 6,8). Nel complesso va detto che ziale di 'molti' il passo di tesi. B. 3,8
l'uso aggettivale di 'molti' in senso in- («l'irreprensibile sarà contaminato per
clusivo continua ad essere limitato.
gli iniqui e colui che è senza peccato mo-
3. Is. 5 2,I 3-5 3,I 2 nella letteratura rirà per gli empi»), se qui i 'molti', per
tardogiudaica i quali l'innocente soffre e muore, sono
Circa il modo in cui il giudaismo del- gli iniqui e gli empi. Nella Sapienza e nel
l'epoca neotestamentaria ha inteso il Testamento di Beniamino rimane aperta
termine 'molti' nella pericope del Ser- In questione se parlando degli iniqui e
vo di Dio sofferente, bisogna prescinde- degli empi si pensi a ebrei o a pagani op-
re dalle poche interpretazioni post-cri- pure agli uni e agli altri; un chiarimento
stiane 29, soprattutto dal Targum 30, poi- al riguardo ci viene dalla Peshitta, dove
ché la polemica anticristiana a proposi- lafrasediis.52,15: jazzeh g~jim rabbim,
to di ls. 53 a partire dal II sec. d.C. «farà stupire molte genti», è tradot-
ha indotto in misura crescente a varia- ta : «purificherà molti popoli» (mdk'
re l'interpretazione 31 • Vale tuttavia la 'mm' sgj"). L'affermazione del testo e-
pena di notare che Tg. Is. 53,r2 a pa· braico, che l'espiazione del Servo di Jah-
rafrasa harabbim con 'am•min saggl'tn. vé si applicava pure ai popoli, era dun-
Circa le interpretazioni che i cinque pas- que ancora viva nel I sec. d.C. 32•

2~ Ed. S. BuBER (1894) n 142r. J, v. sotto. AbendmahlsworJe 2 108 s.


n Ed. S. BunER ( 1884) m 129 a, r. 27 s. 30 -4 HEGl!RMANN 68 s. 90-93.
2& Accanto a Men. 11,8, questo è l'unico pas- 31 -) 1x, coli. 371 ss. 379 ss. 386 ss. ~ HEGER-
so della Mishna in cui troviamo il plurale MANN 69 s. 91 S,
rbjm usato come aggettivo. l? -4 HI!GERMANN 96 s. La probabilità dell'ori·
2? Il materiale è raccolto in .-) J. JnREMIAS, Rine precristiana della Peshitt11 dell'A.T. è
;i:o).).ol B 1 u-b (Joach. Jeremias)

B. SIGNIFICATO INCLUSIVO DI (ot) 'ltOÀ- r Cor. 10,33 b: µ:fi S'l'}'t'WV 'tÒ Èµa.unù
Àol NEL N.T. crvµcpocpov àÀ.À.èt. 'TÒ 'tWV 1toÀ.Àwv ( =
7t6:V'TE<; (V. 3 J a]).
I. All'infuori dei passi riferiti a Is. 53
L'accumulo di oi. 7tOÀ.À.ol in senso in-
l. Uso sostantivato clusivo in Rom. 5,12-21 (quattro testi
a) Nel N.T. 'ltoÀÀol con l':irticolo, su un totale di sette in Paolo) si spie-
usato sostantivamente, soltanto in Mt. ga con il riferimento a Is. 53, che affio-
24,12 e 2 Cor. 2,17 (var.: 01. ),ot1tol) ha ra in Rom. 5,16.19 b (~col. 1347). Nel
il significato esclusivo di i più. In tutti resto del N.T. ot 7tOÀÀol con valore di
gli altri casi ot 1toÀ.Àol è sempre usato sostantivo si trova ancora in Mc. 6,2
inclusivamente. Il testo classico è Rom. (cfr. Le. 4,22: 7taVTEc;); 9,26 («tutti i
5 ,I 5 b: ot 1toÀ.À.oL &.nli>a.vov ( = 1t6.v"t'e:c; presenti») e in Hebr. 12,15 («l'intera
&vi>pw1tot: v. n = "Jtavnc;: r Cor. 15, comunità»; ~ coli. 619 s. ). In tutti e
22), tutti (i discendenti di Ada.mo) do- tre i passi il senso è inclusivo.
vettero morire. In questo passo il sen- b) Anche senza nrticolo ;tOÀÀ.ol so-
so e il contesto attestano concordemen-
stantivato viene spesso usato in senso
te che oi. 1tOÀ.À.ol ha valore inclusivo.
inclusivo. Questa constatazione acquista
Per gli altri passi paolini questo senso
maggior valore considerando i passi che
è garantito da espressioni che si alterna-
saranno esaminati più avanti (Il 2, ~
no nel contesto: Rom. 5,r5 e: -li xapiç
coll. 1348 s. ).
-rov 1'e:ou... e:lc; -roùc; 1toÀ.Àoùc; ~1te:plo-cre:v­
uE.v ( = dc; 1tttv-raç Ò.\li>pwnovc;: v. 7tOÀ.À.ol senza articolo può essere so-
r8 b), «la grazia di Dio ha abbondato sui stituito da ò c>xÀoc;, «la folla» (Mc. 10,
48 I Mt. 20,31 ), oi. oxÀo~ (Mc. 6,33 I
molti ( = SU tutti)»; V. r9 ~: aµa.p'tW·
Mt. 14,13 par. Le. 9,n), 1tac; ò Àa.6ç,
À.ol XC1'tEO"'t'OCih}<Ta.v oi. 7tOÀÀ.ol ... l 9 b: ol- «tutto il popolo» (Le. 1,14 / 2,10), El<;
XCX.LOI. xa:tl1CT't'CX.it1}C'oV'tCX.L oi. 1tOÀ.À.oi, «i ~xtxcr't'oç, «ciascuno» (Mc. l,34 /Le. 4,
40), 7tavTec; (Mc. r,34 I Mt. 8,r6 b;
molti furono costituiti peccatori... i mol- Mc. 3,10 / Mt. 12,15 be Le. 6,19; Mc.
=
ti saranno costituiti giusti» { 'ltOCV't'e:c; 6,2 [var.] /Le. 4,~2); inversamente al
èivÌlpW'ltOL (V. I 8 nb) = OÌ. 1ttiV'tE<; ( II, posto di 7tcXV'tE<; può trovarsi 1toÀ.Àol
32 ab]; per 5,r9b cfr. pure~col. 1347);
(Mc. r,32 I Mt. s;16 8 ). Mc. l,34 (Éìle:-
pct1tEIJCTEV 1tOÀÀ.ovc;) è stato dunque in-
I 2 ,5 : OÌ. 1tOÀ.Àot g\I O"Wµci. É<Tµe:V ÉV teso da Mt. e da Le. non in senso esclu-
Xpi<T't'<!) ( = '!)µEtc; it6.V't'E~ [I Cor. 12, sivo (come se Gesù avesse guarito solo
13)); rCor. ro,17 3 : ~v o-wµa. oL 1tOÀ- una parte dei malati che lo attorniava-
no) bensl inclusivo, e così deve averlo
À.ol t<TµEv ( = ol mivnç [ v. r 7b]; indubbiamente inteso anche Mc. (gr1111-

scata ultimamente dimostrata da P. KAHLE, HEGERMANN 22-27.


The Cairo Geni:ta (1947) 184.186 e &1 ~
r343 (V1,5.p) rco)..)..ol 13 1 1b (Joach. Jcremias) (VI,542) I34-J

de /11 il numero dei guariti). (probabilmente sostantivato): «affinché


i pensieri (provenienti) dai cuori di mol-
Anche in Mt. 8,11 (1toÀ.À.oL à1tò à.va.- ti siano rivelati». Nel v. 35 7tOÀÀot indi-
"t'OÀ.W\I xat oucrµwv i)~oucrw) è total- ca dunque di fatto l'intero popolo. In
mente assente il senso esclusivo, come lo. 5 ,2 8 il 7toÀ.À.ot -.G.iv xa.?>wo6v'twv di
risulta dal riferimento all'idea veterote- Dan. I2,2 (LXX, Theqd.) viene spiegato
stamentaria del pellegrinaggio escatolo- inclusivamente con 7t6.vn:c; oL Èv -.o~c:;
gico di tutti i popoli al monte Sion 33 ; µvl)~iotc;, «tutti quelli che sono nei se-
sicché si deve tradurre: «grandi folle polcri» 35 • In 2 Cor. l, II i due usi di
accorreranno da oriente e da occiden- 'ltoÀ.À.ol (aggettivo e sostantivo) sono ac-
te». In Le. r ,14 ('ltOÀ.Àot É'ltt 'tTI yEvÉCTEt costati ed hanno entrambi senso inclu-
ctU'tOV xa.p-ficrov"t'at) 7tOÀ.À.ol non indica sivo: L\l('t f.x 7tOÀÀwv 7tpoo-wm.rlv (~col.
1a cerchia ristretta degli amici e vicini, 1346) "C'Ò Etc; 1}µc'ic; xtiptcrµet.. oià 'ltoÀ-
bensl, come in 2,10 Cx('tpèt.v ... 1t('t\l"t'L "t'l;l À.wv (attraverso molti= attraverso l'in-
),a4) ), il popolo della salvezza 3 ~. Esten- tera comunità) eux('tptcr-.11~n v7tÈp fi-
sivo è pure il senso di 'lto)..À.ol in Le. 2, µwv. In Hebr. 12,15 ("'col. 1342) an-
34 s. (v. 34: ou-roc; XEL"t'll.t Elc, 'lt"t'WCTt\I che la variante 1toÀ.À.ol (senza articolo) è
xat &.v6.CT'r:CJ.rnv 'ltOÀ.À.wv f.v 'tQ 'I<rpa.l}À. bene attestata. Talora anche i commen-
...; v. 35 : .. . o7twc, èì.v à'ltoxaÀ.ucp?>waw tatori più antichi esitano: Mc. 10,3 x
f:x; 7toÀÀwv xapoiwv &taÀ.oytcrµol). Nel par. Mt. 19 130 (-rtoÀ.À.ot OÈ Eo-o\l'tat 7tpw-
v. 34 l'espressione 1toÀ.À.wv Év 'tii} 'lcrpa.- 't'Ot EcrXr.t'tot) viene inteso in senso in-
1}_À. è riferita sia a Elc; mwcriv che a (EL<;) clusivo in Mt. 20,16 b (Ecrov'tat... ot
&.vticr-racrtv. La frase, che riecheggia Is. 7tpw'tot itcrxa.-.oi, «i primi saranno ulti-
8,14 s., non significa dunque che molti mi» [regola generale]), in senso esclusi-
in un primo tempo inciamperanno nella vo in Le. 13 ,JO b ( ElCTL'V 7tpw'tot ot foo"V-
roccia Cristo ("' VI, coli. 733 ss.), ma -.at E<J'XIX."'t'Ot, «vi sono alcuni che sono
poi su di essa si metteranno in piedi, primi e che saranno ultimi» [la regola
bensl che nel prendere posizione di fron- non vale in tutti i casi]).
te a Cristo si divideranno gli spiriti in Conoscendo che 'molti' nel linguag-.
Israele, gli uni inciamperanno e cadran- gio semitico può essere usato inclusiva-
no, gli altri si rialzeranno. Dopo che nel mente, si risolve quella crux interpre-
v. 34 sono stati cosl contrapposti i due tum che è costituita da Mt. 22,14: 1tOÀ.-
gruppi in cui Israele si dividerà, entram- À.oi yap ElCTw xÀ.1J't'ol, bÀ.lyoi SÈ ÉxM:x~
bi sono riuniti nel v. 35 con 7toÀ.À.wv 't'Ol ("'IV, coll. ·I473 ss.; VI, coli. 515

JJ.-+coll.1332s. JoAcH. J ERRMIA S , ]es11 Ver- munità»; H-\ucK, Lk., ad J. : «tutto il popolo».
heirsung /iir dic Volker (1956) 47-62. 35Cfr. 1 Cor. 15,22: 71"&:\l'tEç .?;wonoLrilh'Jo-o\I·
31 SAHLIN, o . e_ '""' n. 6) 75 : «l'intera CO- -rm.
noÀÀol B t rb-2 IJoa::h. Jcremi:is)

ss.). La premessa è realmente difficile, se costituito padre di molte genti». Che


si intende 7tOÀ.À.ol nel senso esclusivo di egli in ciò condivida l'interpretazione
'molti, non tutti', poiché in tal caso sia universalistica(~ IX, coll. 1278 ss.) che
la prima che la seconda parte della fra- il tardo giudaismo dava di Gen. 17,5
se indicherebbero una scelta. In real- (~ 11. 25), risulta verosimile da Rom.
tà proprio come in 4 Esdr. 8,3 (nml- 4,r l: Ei.c; -r:ò Etva:t mh:òv 7ta:-r:Épo:. 1tav-
t1 quidem creati s1111t1 pauci a11te111 ~wv "t'W\I m<r'tEVO\l"tW\I ò~' à.xpo~u­
salvabuntur [ ~ col. l 3 37] ), formal- cr-i:la.c;, «per modo che egli fosse pa·
mente si contrappone il grande e il dre di tutti coloro che credono es-
piccolo numero, ma di fatto i 'molti' sendo incirconcisi»; cfr. V. l 6: OC, ~O'"t'L'J
indicano la totalità. Come 4 Esdr. 8,J Tir.t"t'Ì}p 7ta\l't'wv 1)µwv, «il quale è padre
contrappone la totalità delle creature di noi tutti». Forse TCOÀ.À.ol quale ag·
e il piccolo numero dei salvati, cosl Mt. gettivo e con significato inclusivo si ha
22,14 contrappone la totalità degli in- ancora in 2 Cor. l, II : Èx TCoÀ.À.w\I 1tpO·
vitati e il piccolo numero degli eletti. <TW1tW\I, «da molte persone», cioè per
L'invito di Dio include tutti, senza limi· bocca di tutti; Hebr. 2,10: 1tOÀ.À.oùc;
tazioni, proprio come la creazione, ma utoùc; Etc; OO~a\I à.yrt.y6\l"t'CI, (con l'in-
piccolo è il numero di coloro che reg- tenzione di «condurre alla gloria molti
geranno nel giudizio finale . Cosl ha in- figli», cioè la grande schiera dei figli) 18•
teso anche Matteo (o la sua fonte), ag- Con l'articolo si legge in Le. 7,47:
giungendo il logion (22,14), originaria- al à.µap..la.t a.ù-tfic; ai 7tOÀ.-
à.q>Éw\l't'a.t
mente isolato 36, alla parabola delle noz- Àal, «i suoi molti peccati (tutti quelli
ze (22,1-13) come una interpretazione che ha) le sono rimessi».
generalizzatrice 37 ; infatti nel contesto L'ampio spazio che (ot) 7tOÀ.À.ol in-
attuale 7tOÀ.À.ot XÀ.T)~ol include sia i clusivo, soprattutto come sostantivo ma
primi che gli ultimi invitati, cioè, nel- anche come aggettivo, occupa nel N.T.
la visione di Matteo, gli ebrei e i pa- è un esempio dell'intensa colorazione
gani. seinitica del greco neotestamentario.

2. L'uso aggettivale
In Rom. 4,17 s. Paolo cita Gen. 17,
5 secondo i LXX: 1ta."t'Épa. TCoÀ.Àwv
f.ihiwv "t'ÉtlEtx&. crE, «ti (scii. Abramo) ho

li JoActr. JnREMIAS, Die Gleichnìsse ]em 4 a-rpovltlwv o~mpfpE-CE con Ml. 6,26 par. Le.
(1956) 89. 12,24, dove (senza aggiunta di no).).(;)v) è
37 Ibid. 94 (130). detto senza limitazioni lì~aqi~pE'tE a.Ò't'W\I (Le.:
38 Cfr. pure Mt. 10,31 par. Le. 12,7: no).Àwv 't'WV nEnwwv).
1tOÀ.ì..ol B n i -2 (Joach. Jeremia~)

II. ( ol) 7toÀJ..ol in frasi che parlano del- so i peccati di molti», di Is. 53,r2 e con
l'opera salvifica di Gesù o atpwv -ti)'ll é.tµa.p'tla.\I 'tOU x6uµou,
«colui che toglie il peccato del mondo»
I. ol 'ltoÀÀol (con l'articolo) (lo. l,29) 39 • Leggendo Is. 53 Paolo h,,
dunque riferito sia harabbim che rab-
In due passi oL 7toÀ.Àol ricorre in b1m all'umanità (it&.V'tEc:; fi.vì}pw1toL, ~
contesti che parlano dell'opera salvi- col. I 347 ).
fica di Gesù. Rom. 5,15 e: 1J xciptç -cov
~EOU xcxt 1) 8wpEè1 È\I xapL'tt. Ti\ 'tOV 2. 1tOÀÀol senza articolo
~\IÒç &.\l~PW1tOV ,l'l'}CTOV XpLCT'tOU Elç 'tOÙc;
Quanto è stato detto sinora serve
1tOÀÀ.oùc; È7tEplcntEUuE\I, «la grazia di Dio
solo da introduzione al vero problema
e il dono di grazia proveniente da un
posto dai quattro passi neotestamentari
solo uomo, Gesù Cristo, si è diffuso con
nei quali ricorre noÀ.Àol senza articolo
abbondanza sui molti» ( = tutti); v.
in riferimento ad affermazioni concer-
l 9 b: Sta 'tfjç ùmx.xofjc; 'tov ~"òc; 8l-
nenti l'opera salvifica di Gesù: Mc.
xatot xa;-twr-ta.ih'}cro\l't'CXL oi n:oÀÀol,
10,45 ( = Mt. 20,28): o vtòc; 'C'OU a\1-
«mediante l'obbedienza di uno solo,
l)pC:mov... -i'jÀ~EV... OOVVlll. 't'Ì)'J 4iuXtJV
molti ( = tutti) saranno costituiti giu-
mhov }.<rtpo\l &v.. L 7toÀ.Àwv, «il Figlio
sti». Paolo interpreta lui stesso questi
dell'uomo è venuto per dare la sua vi-
dde passi, alternando ol 'ltOÀ.À.ol e ·miv-
ta in riscatto per molti»; Mc. 14,24
't'Eç ocvl}pwrcot. (V. l 8 b). Ha dunque dato
(par. Mt. 26 ,28 ): 'tOV't6 È<T-tLV 'tÒ a.Iµ&
all'espressione ot 7tOÀ.Àol la più ampia
µov 't'ijc; ota.lh'Jx1]c; 'tÒ Èxxuw6µ€vo\l
portata possibile: come 1a disubbidien-
vitÈp 1toÀÀwv, «questo è il sangue mio,
za di Adamo, cosl l'ubbidienza di Cri-
(sangue) dell'alleanza, che viene versato
sto si ripercuote sull'umanità.
per molti»; Rom. 1,16: ...'t'ò 8è xa-
Rom. 5,19 b (8Cxm.ot. Xtt."l'<XO"'t'cdh)· pLoµa. lx 1toÀÀwv 1tapa.1t"l'wµ&.i:wv Etc:;
<TOV'ta.L ol 7tOÀÀol) riprende Is. 53,II e, 81.xa.lwµa., «il dono gratuito (parte) dai
secondo il T.M. (ia;diq... liirabb1m ).
peccati di molti (per giungere) a giusti-
Paolo ha dunque letto in senso inclusi-
vo hiirabbim di Is. 53,II e: 'i molti' ficazione» 40); Hebr. 9 128: Etc; -tò "ltOÀ·
sono tutti gli uomini. Pure in senso in- ÀWV Ò.\lé\lé"fXEl:V aµa.p'tlctç, «per pren-
clusivo interpreta in Rom. 5,16 il termi- der sopra di sé i peccati di molti». Ci
ne rabbim (senza articolo) di Is. 53,12 e
(~ col. r352); concorda cosl con Io., si domanda se i_n questi quattro passi
che traduce be!'-rabb1m nasa' «ha pre- 7tOÀ.Àol sia inteso in modo esclusivo,

39 Che Io. r,29 h si riferisca a Is. 53,12 • va 40 In Rom. ,,r6 'ltOÀ.ÀW" pub esser letto sia
considerato assai probabile, in quanto, se è come-aggettivo («da molti peccati») sia come
vero che l'A.T. dice spesso nJ' ~!' ('wn), sostantivo («dai peccati di molti»). Che si
tuttavia solo Is. ,3,12 • (rbjm) offre un ap- tratti di un sostantivo, risulta dal parallelismo
piglio che può determinare la precisazione -;oii (t~ tv6i; I lx ?toÀÀ.w") ed è confermato dal
x6aµov in lo. I ,29. riferimento a Is. .n 112' (~ col. 1352).
I349 (v1,543) itoÀ.À.ol B n a-ha (Joach. Jeremias) (v1,544) 1350

conforme al senso linguistico greco, 1 Cor. l 1,24 e Le. 22,19 s. non è dun-
(molti, non tutti), ovvero si debba in- que frutto della riflessione teologica,
tendere in modo inclusivo (la totalità bensì dell'uso liturgico : l'impiego delle
comprendente molti individui), secondo parole della Cena quali formule sacra-
l'uso semitico. In altri termini: la mor- mentali ha probabilmente determinato
te vicaria di Gesù vale soltanto per la il passaggio alla seconda persona. Ma ciò
comunità salvata, o viene da lui affron- significa che il N.T., conforme alla sen-
tata indiscriminatamente per tutti? sibilità linguistica semitica, ha dato una
interpretazione nettamente inclusiva del
a) Varie interpretazioni di 'ltOÀ.À.ol nel 'ltOÀ.À.ol degli enunciati relativi all'opera
N.T. espiatrice di Gesù. Cristo muore per tut-
ti, pel' la riconciliazione del mondo 42•
Il 'ltOÀ.ÀW\I di Mc. 10,45 viene sosti-
tuito da 7ttt\l'tW\I in I Tim. 2,6 (~coli. b) Il significato originario
1350 s.); il 'ltoÀ.À.wv di Rom. 5 1 16 è spie-
gato dal 7tav·m; del v. 12i il 7toU.w\I di Constatare questo non significa anca·
Hebr. 9,28 da u'ltÈp 7tct\l'toc; di 2,9. In ra rispondere a un'ultima domanda:
tutti e tre i passi, quindi, 'ltOÀ.Àol è in- questa lettura estensiva di Tto}).ol
teso in senso inclusivo. Solo del ?toÀ.À.ol corrisponde al senso originario 'di Mc.
di Mc. 14,24 il N.T. dà due trascrizio- 10>45 e r4,24, ovvero abbiamo qui una
ni diverse: in I Cor. I r,24 e in Le. 22, interpretazione secondaria, .estensiva,
19 S. è sostituito da uµEt<;; in Jo. 6,51 e mirante ad evitare Io scandalo di un'o·
(cioè nella versione giovannea della spie- pera espiatrice di Cristo limitata a 'mol-
gazione sul pane) è sostituito da ò ti' e non estesa a tutti? Due elementi ci
x6aµoc; 41 • Sembrano dunque con trap- aiutano a rispondere a questa domanda.
porsi un'interpretazione restrittiva e
una estensiva di 'ltOÀÀol. Tuttavia per a) L'antichità della tradizione
ciò che riguarda Paolo si può dimo- In proposito c'è anzitutto da consta-
tare che i due testi di Mc. IOA5 e r4,
strare che tale conclusione non è e-
24 provengono da una tradizione pre-cl-
satta: egli afferma espressamente che lenistica: entrambi i logia denotano ca-
Cristo morl «per tutti» (u'ItÈp TC<l\l'tW\I: ratteri linguistici semitici. Quanto a Mc.
2 Cor. 5,14 s.) e che per mezzo suo Dio
10,45, questo risulta da un confronto
con ITim. 2,5 s. : Mc. 10,45: O vtòç
ha conciliato a sé il mondo (v. 19). 'tOÙ &.\lfrpW7tOV... Tj)..l}E\I... OOU\l((L 't'i)V
La sostituzione di TCoÀ.Àol con liµEt:c; in l}lux'ÌJ\I a.1hou À.1'.npov à.\l'tt 7toÀ.À.6N, I

41 Cfr. pure Io. 1,29; n,51 s. siero, conferma che esso era sostenuto dalla
4? La passione con cui Tg. Is. 53, forzando e .:omuniti\ cristiana, ~ HEGl!RMANN 9r·93.n6-
deformando Is. 53, evita e rifiuta questo pen· 12:i. .
r351 (v1,544} 7toHo1 B li ba.-(3 (Joach. Jeremias) (v1,5.ul q51

Tim. 2,5 s_:fiv1'pw7toc; ebr.: ~ Ix, col. 427), Mc. 14,24 •l Is.
Xp~a--tòc; 'lncrovc;,
Ò OOÙç ~IX\J'tÒV &.v-.l).,.U'tpOV Ù7tÈp miV- 53,12 (testo ebr. : ~IX, col. 427), men-
'tWV. Cinque sono i punti di divergenza, tre Hebr. 9,28 riporta Is. 53,12 e (LXX).
e in tutti la versione marciana presen- Quanto a Rom. 5,16, dai recenti reper-
ta caratteri linguistici semitici, mentre ti testuali sappiamo che il v. 16 (be
quella di r Tim. è di tipo greco 41 • L'o- 'ltoÀ.Àwv 1tapa1t-cwµ!hwv) concorda con
rigine palestinese di Mc. 10,45 e 14,24 Is. 53,12 e (~t'i rbjm) 48 ; il contesto sug-
è confermata dal fotto che per entram- gerisce l'ipotesi di un riferimento: ab-
bi i logia esistono varianti di traduzione biamo già veduto (~ col. 1347) che
accennanti a un testo-base semitico co- Rom. 5,19 (oixatot xa-taa--caiHJa-ov-
mune44. Si aggiunge infine che entrambi -.cn ot 7tOÀÀ.ol) è una traduzione di
i logia utilizzano il testo ebraico di ls. Is. 53,11 e (ia!diq ... liirabbtm). Ma SO•
53 45 • Anche Rom. 5 1 16 poggia su una prattutto la supposizione che Rom. 5,
tradizione precedente, come risulta dal 16 si riferisca a Is. 53,12 e è conferma-
fatto che segue il testo ebraico di Is. ta dalla sorprendente alternanza della
53 (~ n. 49), mentre in genere 46 Pao- forma senza l'articolo (Rom. 5 1 16: 1tOÀ.-
lo si vale dei LXX. Infine, per quànto À.ol) e di quella con l'articolo (v. 19: ol
riguarda Hebr. 9,28, non soltanto si usa '1tOÀ.Àol): quest'avvicendamento è det-
come una formula &.va<pÉpEt'V / atpEw tato dal testo ebraico di ls. 53 (nel v.
aµap·dac; (~IX, col. 422 e n. 440), ma 12 e manca l'articolo, che invece si ha
l'intero contesto di 9,27 s. si fonda su nel v. rr e). Vediamo anche che Paolo
«più antico materiale catechetico» 47 • Da conosce esattamente il testo ebraico di
queste constatazioni deriva che nel de- ls. 53. In tutti i passi, salvo Hebr. 9,
terminare il significato originario di 28, è utilizzato il testo ebraico di Is.
7toÀ.À.ol si deve partire dalla sensibilità .53; è invece da escludersi un'influenza
linguistica semitica, e più precisamente dei LXX, dato che essi si discostano dal
da ls. 53. testo ebraico 49 •

~) Riferimento di tutti e quattro i passi Ma, come abbiamo visto, sia il tardo
a Is. 53 giudaismo (~ coll. 1339 s.), sia Paolo
Mc. 10,45 risale a Is. 53,10-12 (testo (~ coli. 1347 s.) e Giovanni (~ colf.

41 lliferimenti particolari in ~ ]ERBMIAS, Das 48 Il T.M. legge il sing. };et rabblm, ma J


Losegeld fiir Vie/e 260 s.; ulteriori osserva- Qls • e 1 Qls b hanno entrambi il plurale l;{'i
zioni sul carattere semitico di Mc. IOA5 ibid. rbjm, concordando con i LXX, il Targum, la
249-258.261. Sui semitismi di Mc. 14,22-25 Peshitta, Teodozione e Simmaco (per Aquila
~ ID., Die Abe11dmah/sworle Jesu 2 88-94. ~ HEGERMANN 44 e n. I), che Io danno a
~ Per Mc. IOA5 : 1Tim.2,5 s.; per Mc. r4,24
vedere come il testo antico, cfr. ]OACH. ]ERE·
MIAS, Ein Anhalt Jiir die Datierung der ma-
(TÒ bcxvw6iuvov vnèp TCOÀÀWV): Mt. 26,28
(-rò 7t€pl TCo">.>.wv lxxvvvoiuvov). soretischen Redaktio11?: ZAW 67 ( 1955 i
289 s. Del resto, sulla base del testo ebraico
45 Su Mc. IOA5 non possono aver influito i
di Is. _53,12 • si può vedere che in Rom. ''
LXX, perché questi smembrano in due l'e- 16 TCo">.Àwv va letto.come sostantivo, non co-
spressione J1m nii/10 (ls. 53,10). Per Mc. 14, me aggettivo e~ n. 40).
24 si noti che vn~p manca in LXX Is. 53. O Su Mc. 104, e 14,24 ~ n. 45. Non è
46 O. Mxa-rnL, Paulus und sei11e Bibcl, B in gioco un'influenza dei LXX (Is. _53,12 •:
Ffh II 18 (r929) .55·68. aµetp't'l~ 1tOÀÀwv) neppure su Rom. 5,16
47 MICHEL, Hebr. a 9,28. ( 'ltOÀÀwv 7tetpGt1t't'Wµa:tWV ).
135.3 (vr,.'4.5) noÀuÀoytl'1. l·J {C. Mamcr)

1347 s.) intendono il rabbtm di Is. 53 in ro che sono soggetti al giudizio di Dio.
senso inclusivo, come indicante la totali- Nulla fa supporre che Gesù abbia inteso
tà, costituita da molti individui, di colo- diversamente ls. 53.
}OACH. }EREMIAS

r. Conforme al verbo 1toÀ.uÀ.oyÉw, l'eccelsa dimom di Dio. Secondo la vi-


parlar molto (Democr., /r. 44 = Diels' sione veterotestamentaria I Reg. I8,26
II r90,r2 s.) e all'aggettivo 7toÀvÀoyoç, ss. descrive la 1toÀ.uÀoyi.a. pagana nella
ricco di parole (Xenoph., Cyrop. I,4,3), preghiera, che vuol forzare l'attenzione
7toÀ.uÀ.oyla 1 significa abbondanza di di Dio e costringerlo a prestare ascolto
parole, parlare diffuso, atteggiamento alle necessità dell'orante.
ciarliero (Xenoph., Cyrop I,4,3). Creta
preferisce la 7toÀUvo~a alla 1tOÀ.uÀoyla. 3. Anche nel tardo giudaismo trovia-
(Plat., leg. 1,641 e; Plut., de curios. 9 mo associate la messa in guardia dal
[Ir 519c]; Aristot., poi. 4,10 [p. 1295a parlare eccessivo e la lode del silenzio 2 •
2] ). Il vocabolo ha sempre una tona- Nelle preghiere si può constatare una
lità negativa. oscillazione fra la breve, sobria invoca-
zione di Dio e la distesa verbosità. In
2. Nei LXX si legge solo in Prov. ro,
Tanh.B.mq' § I I (986) 3, con l'ausilio
di un noto aneddoto, non soltanto si
19: nel gran ciarlare non si evita il pec-
mette in guardia da un molesto gridare
cato. Qui 7toÀuÀ.oyla., letteralmente e
a Dio, ma si spiega anche perché il rab-
contenutisticamente, traduce ròb deba-
bino prega ad ore fisse. Si trovano però
rlm, «abbondanza di parole». Un sostan-
numerosi passi nei quali, anche a pre-
ziale paraUelo si ha in Ecclus 32,4.9 e
scindere dagli inni di lode a Dio, si dà
Ecci. 6,II. La verbosità nel pregare af- spazio a lunghe preghiere 4 •
fiora in Is. 1,15 e contro di essa si mette
in guardia in Ecclus7,14. Tale ammoni- 4. Nel N.T. e nella letteratura proto·
mento in Ecci. 5,1 s. è motivato con cristiana 5 il vocabolo ricorre solo in Mt.

'ltOÀ.UÀ.Oyttt
Cfr. PAssow; LIDDELL-ScoTT; MouLT.-MtLL.; BRUN?'.IER].
PREUSCHEN-BAUER 4 • 2 STRACK-BtLLERBECK lll 753 a Iac. 1,19 a;
in Dam: 10,17 s. (13,2) si trova il divieto di
1 Il composto derivu o da 7tOÀ.u-).6yoc;, che
far chiacchiere inutili in giorno di sabato.
parla molto, loq11ace (BLASS-DEBRUNNER §
n9,1; DEBRUNNER, Griech. Wortb. § 97) o, ~ STRACK-B1LLERBECK 1 1036.
meglio, da 1toÀ.v-).oyoc;, verboso {BLASS- 4 STRACK-BlLJ.ERBECK I 403-406.
DEBRUNNER § no,1; DEBRUNNER, Griech. s Solo in Herm., mond. n,12 si trova ancora
W'ortb. § 90 ); il risultato è comunque iden- 7tOÀ.ÙÀaÀoç. Cfr. pure µa-ratoÀ.oylcx. e~ vr,
tico; 1tOÀ.OÀ.oyl.a BLAss-DEBRUNNER § uo,2; col. 1418) e µwpoì..oyl!X ccc. (~ vn, coli. 756
DEDRUNNER, Griech. ìVorlb. § 38,287 [Dr.- ss.).
1355 (vrs.16) ito).u).oy(a. 4 (C. Maurcr) (v1,546) 1356

G,7 e significa gran parlare, verbosità. nale con Dio al numero delle parole
pronunciate, il che vuol dire un'assimi-
Nel contesto di Mt., il logion dei vv. lazione ai pagani. La itoÀvÀoyla. è stret-
7-8 si accosta alle formule::: sull'elemosi- tamente legata a Ba.-r-.aÀ.oyÉw ~ n,
na, sulla preghiera pubblica e privata e coli. 2 r 9 ss. ). Allo scadere della qualità
sul digiuno, ma non presenta una strut- corrisponde l'aumento quantitativo, che
tura rigorosa 6 , A differenza di quei det- diventa verbosità, con cui l'orante ten-
ti, non si contrappone alla pietà giu- ta di pervenire a Dio. L'È\I indica il
daica, ma a quella pagana 7• Il 'gran par- motivo dello sperato esnudimento: lon-
lare' dei pagani indica sia l'elencazione gae orationis causa w.
di tutte le divinità da invocare, nessuna
delle quali dev'essere trascurata, sia la Per Gesù la certezza dell'esaudimen-
lunga lista degli epiteti di ogni divini- to non sta nell'orante e nella sua paro-
tà, sia - soprattutto - quel /atigare deos la ridotta a ripetizione meccanica, ben-
con interminabili invocazioni, richieste
sl nella volontà che il Padre ha di esau-
e promesse, sul quale anche scrittori pa-
gani hanno fatto dell'ironia 8• Senza dub- dire, quel Padre che prende sul serio
bio si ha presente anche il giudaismo 9 • anche la domanda meno elaborata (vv.
Anche in questo, infatti, il semplice fat- 8 ss.). Ciò risulta chiaro anche dal 'Pa-
to che si ponga il problema della pre·
ghiera lunga o breve, indica che l'accen- dre nostro', che insegna a chiedere le
to si sta spostando dal rapporto perso- gran\:fi cose con poche parole.
c. MAURER

1tOÀvnolxtÀoc; ~coli. rr91 ss. notxlÀoc; 7toÀ.Ucr7tÀayx\loc; ~ CT7tÀ.a.yxvlsoµcu


?toÀuc; ~ coil. 1329 ss. 1tOÀÀol 1t6µa. ~ coll. 253 ss. nl\lw

6 Cfr. BuLTMANN, Trad. 140 s. 9 SCHLATTER, Mt., ad I. Cfr. la variante Ù7to·


7 In Le. n,2 In glossa (D) desunta da Mt. Y.(Wrrt.l di B, sy <.
parla soltanto in modo generale della 1tO>..!JÀo- rn H. GROTIUS, Annolationes ili Notmm Te-
yla. 'di alcuni'. slamentum I (1641) ad l.; BLAS~·DEBRUNNER
8 Sen., epistulde 31,5; Mart, 7,60,3. S 2x9,2.
itOWJp6ç A 1 (G. Harder)

'1t0\ll)p6c;, 'itOVl)pla

"t 1tOVr)pO<; caboli forma ti con po o con suffissi in


r, ed è derivato - analogamente a ~À.cc­
SOMMARIO: ~Ep6c; e a vocrl}poc; - dal verbo 1tO\IÉW
A. 1tovnp6ç nel 111011do greco: o novÉoµa.L 1• Il verbo originario è nÉ-
I. l'età classica; voµccL, dal quale derivano m:vlcc, pover-
IL l'età ellenistica. tà, e 1tÉVlJ<;, 1tEVLXp6c;, povero, bisogno-
B. Antico Testamento e tardo giudaismo: so(--'> rx, coll. 1453 ss.). Trattandosi di
I. i LXX e altre traduzioni greche della formazione tardiva, il vocabolo non sì
Bibbia;
trova ancora negli scritti omerici; si leg-
II. Il tardo giudaismo:
1. i testi del Mar Morto; ge invece in Esiodo (fr. 138.139).
2. i rabbini; Legato a n6voc;, nella grecità classica
3. il giudaismo ellenistico: ha generalmente il significato origina·
a) gli pseudepigrafi; rio: r. affaticato, infelice, sfortunato.
b) Filone e Flavio Giuseppe Il superlativo '7tOVl'Jp6-rcc-roc; (Hes., fr,
C. nov11poç 11el N11ouo Testame11/o: 138) viene commentato così: Énlnovoc;
I. significato di 'cattivo, infausto, inutile, xat oucr"tuxl)c; (commentario in Aristo/.
inetto'; eth. Nic. III 7 [p. r rr3 b 14] ). Il 7tOVTJ-
II. in senso morale:
I. uso aggettivale:
p6c; è «colui che ha sfortuna» ( rhav
11) detto di persone; EXW\I, Epicharmus, fr. 7 [Diels' I . i99,
b) detto di cose o concetti; 16] ). Su novwnoVTJPE (Aristoph., vesp.
z. uso sostantivato: 466, dr. Lys. 350), il commento di
ai l'uomo malvagio; sebo!. a vesp. 466 2 suona così: cicrxi}crl:'.L
b) il diavolo; xat µÙÉ-rn 1tE1tO\ll)µive: -rfjc; i:upawl-
e} il male. ooc;, «aggravato dall'esercizio e daJle cu-
re del governo». Nel dialetto attico, for-
A. Tt0Vl}p6c; NEL MONDO GRECO se per distinguere il novl}p6ç in questo
senso dal TtOVTJp6c; in senso morale, si è
I. L'età classica adottata la forma proparossitona 'ltO\l'l')-
1tOV'l')poc; appartiene al gruppo dei vo- poc; 3. 2. Di conseguenza 1tOV'l')p6ç puo

1tOVT}p6ç, TCOVT}pfo. Thema: Das Béise oder der Dose: ChrW 47


].B. BAUER, Libera 11os a malo: Verbum Do- ( 1933) 1I2·u8; H.J. STOEBE, G11t und Bore
mini 34 (1956) n-15; H. BRAUN, Beobachtun- in der jahwistirchen Quelle des Penlale11chs:
gen wr Tora-Verschiirf ung im hiiretischen ZAW 65 (1953) 188-204.
Spiitjude11111m: ThLZ 79 (19.H) 347-352; J .H. l HoFMANN 262; Bo1sACQ 766 s.; DEBRUNNER,
CASE, The Lord's Prayer in the Early Church, Griech: Wortb, 169; ScuwYZER I 482.
Texts and Studies I 3 (1891); DALMAN, 1\7orte 2 Ed. F. DilBNER (1855) 146.
]. I 283-365; P. FIEBIG, Das Vaterunser (1927) l Su Eupolis, fr. 321 (C.A.F. I 344): xcx.t
91-93; H. GREEVEN, Gebet tmd Eschatologie µl) TCOv7Jpouç, w 1tov1)pcx., npot;lvEL, «non in-
im N.T. (1931) 95 s.; K.G. KUHN, Achtzehn- vitare malvagi, o sciagurata», si trovo le nota
gebet tmd Vnter1111ser tmd der Reim (1950); grammaticale Ò XCX.'tÙ o/UX'ÌJV of;V'tOVWç - 6
E. LoHMEYER, Das Vaterunser' (r952) r47- ò~ xa-rà <TWJW. 'ltpo'ltapot;u't6vwç, v. pure
t62 (con altre indicazioni bibliogr.); R. Etym. M. 682,25; analogamente Herodianus
ScH\'VARZ, Der Base oder das Bèise: ChrW 47 Technicus, ?tEpt xaDoÀLxTjç 'ltpocr~o(aç 8 (ed.
( 1933) 6-16.50-56; inoltre F. MÉNÉGOZ, Zt1m A. BEETZ I [1867] 197,19 ss.); Arcadius, de
1359 (vr,547) i!OVT)p6c; A l (G. Harder)

significare ciò che affatica e dà dolore. del xaÀ.òç xà.yt1.~6ç. I 1tOV'l'}pol si con-
cpi]µ11 1tovnpa è un «discorso infau- trappongono ai Xt1.À.W<; yEyov6nç, -rE-
sto» 4; cpop-rlov 'JtO\ll)pov un «carico fu- i>pt1.µµÉvot xaL TIErcatowµlvot, cioè agli
nesto» (Aristoph., Pi. 352), 3. Il voca- aristocratici di nobile lignaggio, buona
bolo giunge cosl a significare miserevo- origine e educazione, nonché di bella
le, inetto, pietoso, cattivo 5• 1t0\11}p6ç presenza esteriore (lsocr. 8,122). Sono
può pure significare mal messo, in cat- i plebei, dalla condotta volgare, sfron-
tive condizioni, poco presentabile, ina- tata, gente che usa il gergo dei mercati
datto, inutilizzabile, rovinoso (Plat., e che vive in condizioni bisognose 7 • Il
Theaet . 167 b; Xenoph., Cyrop. I,4,19), 7tO\ITJpÒç &.vl)p è colui che prima non
dannoso (Plat., leg. 5,735 c; Gorg. era nulla (oÙOÈv wv -.ò 7tplv) e che otil
464 d), in posizione sfavorevole (Xe- gode di considerazione (&#wt.tct: Eur.,
noph., an. 7,4,12; 3,4,34), anche nelle Suppl. .p4). 6. Quale conseguenza dcl.
espressioni: profetesse di rovina (Epi- le condizioni di vita sociale è venuto il
charmus 9 [ C.G.F. I 92] ), cattivi consi- significato politico: 7tOV'l'}p6ç è l'uomo
gli (Aristoph ., Lys. 517), inizio sfavo- politicamente inutilizzabile, l'elemento
revole dell'educazione (Aeschin., Tim. parassita della comunità, il nemico dello
I I), traversata sfortunata (Plat., resp. stato. Non rientra ancora pienamente in
8,551 c), scadente opera artigiana, cat- questa categoria l'espressione 1tO\IT]pwç
tivo funzionamento degli organi sen- cpEpéµfvoç usata n proposito di Alcibia-
sori (Plat., Hi. II 374 d; resp. 4,421 d), de: uno che nell'esercito, a causa dello
cane cattivo (P1at., Euthyd. 298 d), fu- stentato pagamento del soldo, è visto di
mo dannoso o ripugnante del carbon malocchio (Xenoph., hist. Graec. 1 ,5 ,
fossile (Aristot., mirabiles auscultatio- I 7 ); vi rientrano invece gli à.7tÒ cruxo-
nes IIJ [p. 841 a 33]). 4. Non si è (jlt1.\ITL'1.ç swv-.E<; (Xenoph., hist. Graec.
allora lontani dal significato di difficile 2a,r3.14), cioè coloro che durante la
per ciò che riguarda situazioni politi- democrazia, hanno diffamato gli aristo-
che o militari, spesso dette '1tpa:yµt1.- cratici. In Aristoph., PI. 3 r i 1tOVT]pol
-.a 6 • 5. Il vocabolo acquista nuove fanno tutt'uno con i ladri sacrileghi, i
caratteristiche in campo sociale, con- cialtroni e i sicofanti. La contrapposi-
trapponendosi all'ideale di vita greco zione, ormai, non è più fra 1t0\11')p6ç e

11ccentib11.r 8 (ed. C.H. BARKER [1820] 71,16); a Thuc. 7,48,1 (eù. J. BEKKER [1821]) le de-
ScnwYZER I 380.383. finisce ovx à.crcpa.ì-:ij, à.<Tiltvi}, Èmxlv5wa., 'in·
• µTJl>'btL~euxDiiç cr-r6µ«
cpiJµll ?tO\ITJP~ µT)o' sicure, l:ibili, rischiose'.
lmyÀwcrcrw :>e«x&:, «non ti vengano in bocca 7 Aristoph., eq. 336 s.: 'JtO'llT)pÒc; ... xax 'JtO-
parole cattive e non pronunciare discorsi ol- VT)PWV; x8:r: 'ltOVT)pòc; x&.1; à.yopiic; et xaL
traggiosi!)); è l'ammonimento del coro ad Ore- t>pa<TVc;. Il contrasto sta nella domanda posta
ste in Acsch., Coepb. 1044 s.: cp1)µ7) 1tOVT)pti da Dcmos al venditore di salumi (185: µW\I
è spiegato dal parallelo :>e«x&:. Èx xa."J...wv Et x&.yciDwv;), il quale risponde:
s Uso assoluto (Aristoph., vesp. 977; Isoc. µà -roùc; t>Eoùç, El µ1) 'x TCOVT)pwv y' (186).
19,12.24; Demosth., or, .59.57i Xenoph., Cy- Con feroce ironia l'aristocratico Aristofane
rop. 7,5,75); riferito a crwµa. (Plat., Pro/. mette in bocca a Demos questa risposta: µ«- w
313 a); ~~Lç -rov awµa:toç (Tim. 86 e); a ~loç xétp~E -rijç 'fUXTJc;, acro\I ?tt'ltovfta.c; a:yal>òv
(Aeseh., fr. 90 [T.G.F. 31]), <TVµµ«XOL (Ari- Elc; -rèt ?tpayµa-r«, «fortunato! quale vantag-
stoph., 1111b. 102; PI• .z:zo), xinill<t (Xenoph., gio hai per governare!»; dr. anche Isoc. 15,
Cyrop, 5,2,34). 316: TCO\ITJpW'll &.vil?W1twv xat µ€0"-rwv Dpa.<TU·
6 Isoc. 8,u5; Lys. 14,35; Thuc. 8,97,2; Ari- 't'TJ't'O<;. Si parla poi della cpav"J..6'fT)c; -cwv ti;
stot., rhel. 3,14 (p. 1415 b 22). Lo scholion tipxTjc; a.u'foi:c; ùmxpx6v-cw\I. Cfr. pure 15,100.
ltO\IT]fi6c:; A I (G. Hardcr)

xa.ÀÒc; x&.yaMc;, bensì fra M\l'Y}p6c; e sano danni intenzionalmente, a differen-


XPlJCT't'oc;, tra il cittadino che nella co- za di coloro che lo fanno perché spinti
munità è inutile e quello che è utile, da wµ6c; e rcciih1, mentre l'&xpa't'oc; non
tra l'inetto e il capace 8• Eschine sotto- è li.otxoc;, ma 1Jµm6vl]poç, cattivo solo a
linea espressamente la coincidenza del- metà (eth. Nic. 5 ,10 [p. II 35 b 24]; 8,
la condotta privata e politica. Colui rr [p. n52 a r6.20-24]). Accanto a 'ltO-
che è politicamente inetto o malva- Vl]p6c; si trovn talvolta anche 11oxi}1Jpoç,
gio, non può esser valido e buono nella ma in questo caso l'accento cade sul
vita privata, e viceversa (Aescb., Tim. primo (poet. 13 [p. 1453 a 1; p. 1452
30; in Chtesiphontem 78). Il cittadino b 34.36]). Si parla così in generale
e il soldato coraggioso è afferrato dal- di èlvop~ç 'itOVT]pol o semplicemente
la guerra, non così il vile (Soph ., Phil. di 'ltOVTJpol 10, di una 'ltOVT)pa, che è
437). Sono dunque certi atteggiamenti da pazzi sposare solo perché ricca o
politici che determinano il concetto di di nobile nascita {Eur., El. 1098), o
'ltO\l'Y}poc;; cosl, ad es., vi sono cattivi ca- di coloro che sono malvagi verso i loro
pipopolo e oratori (Aeschin., in Cthesi- amici {Xenoph., Cyrop. 8,4,33). Anche
phontem 78.134; Aristot., po!. 5,9 [p. azioni o modi di vivere sono definiti
l 304 b 26] ). Anche il neutro 'ltovripcl. malvagi, in quanto moralmente riprove·
indica ciò che è politicamente svan- voli: tali sono una consuetudine (f}froc;:
taggioso alla comunità (Plat., T heaet. Democr., /r. 192 [Diels' II 185,rr]),
167 c). 7. Solo come ultimo grado del un modo di vivere (olctt't'a) che non si
processo semantico va considerato il vuol abbandonare per à.xoÀ.acrla, sfre-
concetto morale di 1tOVl)p6ç desunto da natezza (Plat., resp. 4,42 5 e), certe .ope-
un'astrazione dell'esistenza sociale e po- re (Epya: Demosth., or. 19,J3; Horn.,
litica. 'ltO\llJpoc; significa in questo caso epigrammata 14,20 u), o guadagni (xÉp·
moralmente riprovevole, nella condotta 01): Eur., Cyc. 312), riti ('t'EÀ.E"tal:
verso gli dèi e gli uomini, volutamente Eur., Ba. 260 ), fatti ('ltpa:yµa't'a: Isocr.
e coscientemente malvagio 9 • Anche in 5,77), punzecchiature (crxwµµa't'!X; A-
questo significato 'ltO\l'l')poc; si contrappo- ristoph., nu. 542); malvagia può essere
ne a XPTJCT't'6c;, ora però in senso morale una causa (at't'la: Aeschin., Tim. 48),
(Plat., symp. 183 d), oppure a Écr~À.6c; un carattere o comportamento ('t'p6'ltoc;:
(Eur., Hec. 596 s.). Di conseguenza tal- Aeschin., in Chtesiphontem 173), un
volta è usato come sinonimo di li.xp'rJ- Mroc; (Antiphon Or., tetralogia 2,3,3 ),
<T't'oç, 'inutile' (Plat., leg. 12,950 b), di infine tutte le cose che possono essct
aotxoc;, 'ingiusto', di cicrtfH1c:;, 'empio' dette 'ltOVT]pa oltre che èé.ò~xtt (Eur.,
(lsoc. 8,120; Aristot., eth. Nic. 4'3 [p. Hec. 1190). L'uomo morale non può,
n22 a 6]), di x!Xx6c; (Philemon, /r. 114 per natura, fare il 'ltO\IT]pov (Aristot.,
[ C.A.F. II 5q] ). Senofonte si diffonde rhet. 5 [p. 1426 b 35]; Menand., fr.
a spiegare 'ltOV1)pol con &.x<ipLCT'tOL, ciµE- 530 (K0rtc 176]). Anche nella sven-
Àdç, 'ltÀEO\IÉX'tat, èim<T'tOL, &.xpa'tdc; tura egli rimane onesto (XP'l')O''t'oc;: Eur.,
(mem. 2,6,19 s.). Aristofane accosta 'ltc.t- Hec. 596).
pci~oÀoc; a 1tO\IT]p6c; ( vesp. 192 ). Per Ari-
stotele i 'TtO:Vl]pol sono aOLXOL, che cau-

& Cfr. Xenoph., resp. Atb. 1,1; Aeschin., Tim. I> Eur., Cyc. 64,5; Eupolis, /r. 321 (C.A.F.
II; i11 Ctesipbo11le111 177; Antiph., /r. 205 I 344); Antiph., /r. 233 (C.A.F. I n3 s.);
(C.A.F. II 99). i\lenand., /r. 7 (KORTE II 17}.
9 Per definizioni concettuali ~ ltO'll'IJPL<l. Il Ed. E. ADEL (1886).
novl)p6ç A 11 (G. Harcler)

II. L'età ellenistica l'uso del linguaggio giuridico latino è


l'espressione 06À.oç 'ltOVllPéç 17, che ri-
Nell'epocfl ellenistica non si registra- corre insistentemente nei contratti e nei
no grandi mutamenti nell'uso generale testamenti, o l'altra µe:-tà òoÀ.ov 1tO\ll}·
di 7t'OVT)p6;. Anche qui il vocabolo signi~ pou ( = dolo malo) 18 •
fica difficile, penoso, sfortunato (unito Naturalmente è generale l'uso di ~o­
a 7tp6.'1'"\'ELV 12, anche inutilizzabile, fal- vrip6ç in senso morale: moralmente ri-
so, sbagliato, dannoso, inadatto, odio- provevole, inetto, cattjvo, malvagio.
so); si parla ad es. di speranza ingan- Ai 1tOV1')pol si contrappongono i xa.).ot
nevole (Heroclian. 2,r,7), di venti av- xàycd}ol, in senso etico gli àya.~ol
versi (Dian. Hal., ani.Rom. r,52); 1tO- e µEycx.À.wq:iEÀ.E~ç (Plut., aud. poet. 2 r
'Jl)p6ç qualifica la radice di una stirpe fn 21 e]); ser. num. pun. 7 [11 553
(Plut., ser. m1m. pun. 7 [II 553 e]), l'ac- e)), come pure i XPl')O''t"ol (P. FJor. II
qua, le fiere selvagge 13, la magia (Ditt., 120,1,6). Un significato analogo si h<i
Syll. 1 I 98 5 ), la parola (Ditt., Sili.' III in espressioni come 'ltpa.yµ(hwv xcx.t
I I 7 5 ). Nuovo e d'ispirazione religiosa BouÀ.wµ&:..wv TtOVYJpwv, «fatti e dise-
è il concetto di un 1t0\IT)poç oo.lµwv 14 gni malvagi» (Plut., lranq. an. 19 [(n
che rovina il matrimonio o travolge la 477 a]). In un catalogo di vizi troviamo
ragazza fiorente, e di uno spirito mal- 1tOV1Jp6c; accanto a ~apowoc; e a Bavau-
vagio (1tOVlJpÒv 1t\leuµo.) che, per quan- croc;, e ancora contrapposto a xcx.Àoc;
to possiamo constatare, deriva dalla lin- x&:.ycdMc; (P. Hibeh 1 I ,3 ). Il ~ovl)p6ç è
gua dei LXX 15 • 1tOV1')p6ç viene usato an- spiegato con (TVXocpàv-rl]c;, con 1'pacroç,
che in senso politico 16• Conforme al- o con 7tp6cpcx.cnv ~TJ'tWv 1~, e un 'ltOV'l)pÒç

12 Diod. S. 79; Syncsius, epist11lae 43 (MPG timmei del 129 a.C.: DtTT., Syll. 1 u 693 ,6.
6611365); E.L. voN LEUTSCH e F.G. ScHIU· Essi s'impegnano µfin !S1CÀOLc; µTj·tE x(J'{r
DEWIN, Paroemiographi Graeci I (1839) 446: µmn ... 13oriDEl-rwcrav oriµoul«L j3ov>.:n 86).M
Appendix Proverbiorum 4,59. 1CO'llTJpW~. La formula sempre ricorrente suo-
JJ A proposito dell'acqua: Plut., de capicnda na: 56)..oç <pMvoç 'ltOVl)pÒc; 1btl't'w àntO''t"W,
2 (u 86 e); più tardi anche nell'inno bizan- oppure: 'tetU't'TI 't'TI 8~ct~KTI 1)6).oc; 1tOVl'JPÒc;
tino Ai santi padri 2,3 (P. MAAs, Fri.ihby· ànÉ1nw. P. Lond. 1 77,6J, (c. 6oo d.C.). Ana-
:umtìnische Kirchenpoesie, KIT 52/:;3 (1910) loga formula nel protocollo romano di apertura
25); a proposito di animali ìbid. 10,6 (29). dcl testamento di una municipalità, in una
u P. Lond. v 1713,20; Porphyrius, de phi· versione greca autenticata (P. Hamb. r 73,12);
losophia ex orac11lis haurienda 2,164 b (ed. G. anche P. Ox}'. XVI r901,54 s.; DtTT., Or. II
WoLFl' (1856] r47) parla di 'ltOVTJpOt oct.1.- 629,1I2 (età ndtianea); XWplc; lì6).ov 1tO'llT]pou:
µoVE<;. Iscrizione romana dcl II sec.: Epigr. DITT., Sylf.l 1 319,2. La formula latina suo·
Graec. 566,4. - na: h(uic) t(eslamento) d(olus) m(alm) abesto.
15 P. Mnsp. u 188,3; B.P. GRENFELL e A.S. Cosl pure io un testamento latino, ed. da P .M.
HuNT, New Classica/ Fragments and other MEYER, Romisch-rech1liche Papyrumrkunden
Greek and Latin Papyri (1897) 76,3; P. Masp. der Hamburger Stadtbibliothek: Zeitschrift
1 1.?1,9; P. Fior. I 93,13; P. Lond. V 1713,20; fiir versleichende Rechtswisseoschaft 35 ( 1918)
P. Lips. 1 34,8; 35,u; PREISIGKE, Sam111el- 82 s.; sulla clausola testamentaria, i bid. 88;
b11ch I .J.p6,6. v. pure C.G. BRUNS, Fon/es itiris Romani a11-
15 Diphilus, fr. 66,2 (C.A .F. n 562): txDuo- li411i1 (1909) nr. 136,26; 137,19; 139,18;
r.w),a.c;... 'ltOVTJPOVc; 't'OVc; 'A~VT]<YW, ost;Je; 140,2,u; 141,4,6.
P . Masp. III 354 II 15, detto del tiranno: 18 Nel menzionato trattato fra i Romani e i
malvagio. Metimnei: D1TT., Sy/I. 1 II 693,9.
11 Il primo documento è costituito dal testo 19 P . Masp. r J,23; P. Oxy. VI 885,17; PREI·
del trattato d'alleanza dei Romani con i Me- SIGKI::, Sammelbuch III 6751,9.
'ltO\lllPOc; A n-B 1 (G. Harder) (Vl,550) lj66

~foc; con À.ncr-tpLxoc; (BGU u 372, 2, Lev. 26,6; Is. 35,9; Ez. 5,17; 14,15;
1; P. Masp. 1 4,8; 9 verso 2). Si tro- 34,25 ). c) Negativo, detto della nomea
va pure 7tOV'l")p6c; senza ulteriori deter- di una persona (Deul. 22 1 14.19; Neem .
minazioni per designare ciò che è mo- 6,13), di un biasimo (\j/oyoc;, Gen. 37,
ralmente riprovevole 20 ; il vocabolo, 2; 11w1.1.oc,: Deut. 15,21; Ecclus 5,14;
dunque, può essere usato anche in asso- 20,24), di ciò che è dannoso all'anima
luto 21 . Dove ò 1tOV'l")péc; è designazione (Ecclus 37,27), del 'ltOVTJpÒV 7tVEuµrx., lo
del diavolo, si ha una derivazione dal- 'spirito malvagio' che reca rovina (Iud.
l'uso linguistico neotestamentario 22 ( ~ 9,23; I Sam . 16,14-16.23; 18,10; 19,9;
coli. 1389 ss.). Tob. 3,8.17), di una condotta umana
rovinosa 23• A questo v;:ilore semantico
B. ANTICO TESTAMENTO E TARDO GIU- va riportata l'espressione tob wiirii'
quando significa ciò che è vantaggio-
DAISMO
so e ciò che è dannoso, ciò che favori·
sce la vita e ciò che la danneggia (i
I. I LXX e altre versioni greche della Sam. 13,22: l"m~ra' w <'ad !oh, «né nel
Bibbia bene né nel male»; probabilmente pu-
re Gen. 2,17; 3,22 : l'uomo può ora
L'uso di 7tOVi)péc; quale equivalente decidere egli stesso su ciò che gli è uti-
di ra' e dei derivati di rii' a' si mantiene le o dannoso)24• d) Brutto a vedersi,
nel quadro del modello ebraico. :;i) Sca- odioso, triste, detto dell'aspetto umano
dente, inutilizzabile, detto di animali (Neem. 2,2 ). e) Sfortunato, angoscioso,
inadatti all'uso cultuale (Lev. 27,rn. detto del tempo 25, dcl giorno (Ps. 49,
12.14.33), di frutti e cibi (2 Reg. 2,19; 6). In generale ciò che è male e sven-
Ier. 24,2.3.8), della terra (Num. 13,19; tura 26, ciò che è vano e insensato nel-
20,5), di uomini (r Sam. 25,3; Ecclus 1'agire umano, la sventura daJla quale
42,5 ). b) Malvagio, pericoloso, danno- Dio può proteggere, ma che tuttavia
so, detto di animali (Gen. 37,20.33; _p roprio lui fa cadere sui malvagi (Ecci.

20 P. Oxy. III 409,26; 410,93; Papyrologica scbes tmd griechiscbes Qobclel: ZAW, N.F.
Lugduno-Batavia vi: A Family-Archiv from 23 [1952] .3 J). Così va pure intesa la m:u-
Tebtunis, ed. B.A. VAN GRONINGEN (1950) 15, ÒE(a; 'ltOVTJPtX di Ecclus 9,1, una 'domina ro-
63. vinosa' per te stesso, non moralmente ripro-
21 Dion. Hai., ant. Rom. n,2. vevole: la tua gelosia potrebbe insegnare
olla moglie a forc dò che le attribuisci, e così
n Mt. 13,19; lo. r7,15; Eph. 6,16; r lo. 2,
In tua condotta si ritorcerebbe contro te stesso
13; Byzanlinische Abcndhym11e11 1,9 (MAAs,
('iilékii). L'ebraico ha soltanto rii'a, mentre
op. cit. [~ n. 13) 4); P. Lond. m xo29,10, forse i LXX leggevano da'al rà'a; dr. Prov. 1,
dove si parla della 'JtÀ.a\/TJ o del 11;)..a.vi)cr-rpT)<;
29, dove i LXX (ca<l. A) traducono da'at con
-.ov 'JtOVT]pov itC1.~fil(1.. t anche possibile che la forma pi'el
2l 7tEpic:pÉpna. dell'&c:ppwv (Ecci. 10,13) è tra- di lmd sia stnrn tradotta con li~SarrxEw 'lta.L·
duzione di b6lé/1it. Questo termine è stato liElcx.v (G. BER'rRAM, Der Bcgrifl der Erzie·
forse letto d~i LXX come hOlelut e messo in bung ili der griechische11 Bibel, in Imago Dei
relazione con full, muove;si in cerchio. {10- [ 19321 45 s.).
leUit compare solo nell'Ecdesiaste; in 9,3 vie- 21 ~ STOEBI! 201.
ne tradotto con 7rÀ.tXVT} da Aquila; in 2,12
25 Gen. 47,9; tjl 36,19; 40,2; 48,6; Ier. 17,
(cod. B) dai LXX con 7Ca.pa.qia.p&., follia;
in 7,25 con 'ltEpLc:popu, confusione. In 9>3 11E- 17,18; Am. 5,13; Ecci. 9,12; Ecclus 51,u.
pLcptpm.t nel parallelismo viene quasi identi- M Ge11. 44,4 501x7; N11111. 14,37; r Sam. 25,
ficatn con 'itOVTJp6v (cfr. G. BERTRAM, Hebriii- 21; tJi 34,12; Ecci. 9,3; n,2; Is. 3,n
novnpoç B I (G. Harder)

11,2; Is. 3,II; 'IEp. 51,29 [44,29]), 2 Sam. 11,25; Gen. 44,5), ma anche
la vita penosa, dolorosa (Ecclus 29,24); contro Dio (Gen. 38,7; r Reg. 11,6
cosl si qualificano le pene (Bar. 2,25),
la malattia (Deut. 7,15; 28,35.59; lob [LXX]; r4,22; 2 Sam. II,27; cfr. r
2,7; Eccl. 5 ,15; 6,2), gli angeli porta- Par. 21,7). Davanti a Dio si discerne
tori di rovina (tJ.i 77 ,49), la taccagneria e si decide ciò che è bene e ciò che è
(Ecclus 31 [34),24), un lavoro fatico-
male (ls. 5,20; Am. 5,14.15; Mich. 3,
so (Eccl. 1,13 ), la povertà (Ecclus r 3 , 29
24), un certo tipo di morte (lfi 33,22; 2; Mal. 2,17) • Come m•re'im può si-
143,rn; Ecclus 28,21), la punizione e gnificare coloro che /anno il male, cosl
la vendetta (fa;. 14,21; Iudith 7,15), le ra' oppure b 1tOVl)p6ç possono significa-
opere .di Dio rivolte a questo scopo, i
suoi opera aliena (Ecclus 39'34). Vi cor- re il malvagio in assoluto 30, accostato
risponde la cattiva speranza che attende ora a &otxoç, oro. a O"XÀ.1']p6ç, ad tX.µap-
questi eventi (Is. 28,19), la cattiva no- 't'WÀ.oç e ad a:voµoç (r Sam. 25,3; I
mea ('IEp. 30,29 [49,23)). f) In senso
vario può essere usata l'espressione Esdr. 4,39; I/i 9,36; r Mach. 14,14), e
pijµa 7tOVl)p6v, sia intendendo una pa- anche in contrapposizione ad &.yai}6ç o
rola di minaccia, avente per oggetto il a olxmoç (Ecclus 14s). Il malvagio è il
male 27 , sia per dire un discorso svan-
taggioso per qualcuno (I udith 8,8 ), o trasgressore della legge, che dev'essere
una parola cattiva rivolta contro una eliminato (Deut. 17,7.12; 19,19; 21,
persona (ludith 8,9) o, infine, un fatto 21 ; 22,2r.22.24; 24,7). È contraddistin-
riferito, una brutta esperienza 28 •
to dalla V~PL<; (lob 35,12) e dalia vmpn-
g) 1tOVY)p6ç viene usato, come ra' , in q>c.t\llc.t (Prov. 8,13). Tuttavia né bara'
senso morale: malvagio è l'istinto, se- né ò '1tO'V'Y}p6ç nell'A.T. indicano mai Sa-
condo un'idea che dura a lungo nel giu- tana (~ col. I 36 5 ). Ai malvagi si con-
daismo post-biblico(~ col. 1372: Gcn. trappongono coloro che cercano Jahvé
6,5; 8,21), il cuore (Bar. 1,22; 2,8), (Prov. 28,5 b). Sono dunque malvagi co-
l'occhio, soprattutto l'occhio invidioso loro che non ricercano lui e i suoi ordi-
(Ecclus 14,xo; 31 [34],13). Il pensie- ni, che non si orientano verso di lui
ro biblico è caratterizzato dal fatto che (Ez. 11,2). Chi sia malvagio risulta dal
conosce un operare malvagio, un er- confronto con Dio e i suoi comanda-
rore, non solo di fronte agli uomini menti e in base all'ubbidienza prestata
(Neem. 2,10; 13,8; r Sam. 8,6; 18,8; ad essi. Dio determina che cosa è malva-

'
7
Discorso aspro, d11ro ; Ex. 33,4; brullo af- <lo diverso che nel v. 5.
fare: ·4 Bacr. 4,41; l'opposto è ~l}µa."t'a. xaì..a, 2·> Secondo un'interpretazione rardiva - ma
parole di promessa (Num. 24,3; Ios. 23,15). forse non posteriore a quella della fonte jah-
21 Ecci. 8,5; in conformità all'originale ebraico, v istka del Pentateuco - smche Gen. 2,17.
pijµu. ha il duplice significato di parola e di
evento riferito. Forse i LXX, traducendo lv 30Deut. 13,6; 22,22; 24,7; Is. 9,16; Ier. 15,
My~ 7tO\lllP<il in Ecci. 8,3, vogliono far notare n; Ez. 7,24 (cod. A); Ecclus 17,31; 4Mach.
che in questo caso intendono diibor ra' in mo- l 2 , I I.
1W.1TJp6ç B J.lf 1 (G. Harder)

gio; perciò la malvagità è semplicemente Vl')p6v o 'tÒ 7tOVl]p6v si trova, in assolu-


ciò che è avverso a Dio. to, in Neem. 9,28; Ecclus 17,31 (codd.
AB 2 ). Il plurale '\'tt 7tOVl')pa o il sem-
Con ra' o r.ovl)poc; nel senso di moral- plice 7tOVl}pli può indicare !'-oggetto dcl
mente malvagio, riprovevole (\fJ 139,2; volere o dcl discorso (Gen. 8 ,21, analo-
Is. 25 ,4; 31,2 ), si qualificano uomini gamente 6,5; Mich. 31 2; Num. u,1; !fl
(Gen. 13,13; I Sam. 30,22), donne 108,20; Nah. 1,u).
(Ecclus 25,16.23; 42,6), figli (Sap. 3,
12), vicini (Icr. 12,14), il diffamatore (I In numerosi passi si tratta del male
Mach. 1,36). anche una comunità, una al cospetto di Dio, cioè secondo il giu-
città o un'accolta (Esdr. 2,14; N11m. 14 1 dizio di Dio (,.&, 7tOV1)p&. E\la\l'tL xu-
27), e ancora singole persone (Gen. 38,
plou: Num. 32,13; Deut. 4,25, ecc.;
7; I Par. 2,3; Esther7,6). Malvagio è
l'intimo dell'uomo, la sua volontà distol- a.
ÈvlNµE~<T~aL xa.. 'tOV xuplou, «conc~­
ta da Dio: ~ou}.1) (Is. 3,9; Ez. rr,2}, }.o. pire pensieri contro il Signore»: Sap. 3 1

ytaµ6c; (Ier. n,9; Ez. 38,10; I Mach. 14}, e ovunque, anche quando non è det-
n,8), ÉviMµl]µtx. (Ecclus 37,3), xa.pòla.
(Ier. 3,17 ), V7tovota. (Ecclus 3,24), \jJuxii to espressamente, il male è contraddi-
(Ecclus 6,4). Moralmente riprovevoli, stinto dal fatto di contrapporsi a Dio e
malvagi sorio anche gli organi che si alla sua volontà. Una rassegna di tutti
mettono a disposizione del malvagio vo-
lere e sentire: 1'occhio ( 6cp~aÀ.µ6c;: Ec- i passi 31 dei LXX nei quali ricorre
clus 31(34],13), la mano (xt:lp: ler. 7to\IY)poi:; rivela che nella maggioranza
23,14). Anche la yÉvEcnç dell'uomo è dei casi (220 su 360) il termine ha valo-
malvagia (Sap. 12,10). Malvagi e ripro-
re morale. Esso non comporta mai una
ve/i sono 6ò6c; (ler. 18,rr; Ez. 13,22;
Ion. 3,8; Zach. 1 4; ISam.3,21; 2Reg.
1
qualificazione sociale (--'> coll.1359 ss.).
17,13; \fl n8,rn1), òp6µoc; (Ier. 23,10),
È1Wt"fJOEuµa (Deut. 28,20 [per roa' ma'-
ata/éka, «la malvagità delle tue azio- IL Il tardo giudaismo
ni»]; Neem. 9 35; Ier. 23,2), l6yoç (\fl
1

140,4 [var.J), ~pyov (Esdr. 8,83), 7tOL'l'J-


µa. (Esdr. 9,13), ~OEÀ.Vyµa:ca (2 Reg. 1. I testi del Mar Morto
21,u), &.voµla (fa. 8,9 [var.]), àµap-
't'l]µcx. (I Reg. 5,18 [var.]), 7tpdyµa Anche in questi testi ra' significa
(Deut. q 15 [ var.] ), {Yijµa. nel senso di cattivo, rovinoso, dannoso. All'augurio
azione (Gen. 38,10 [var.]; 39,9; Deut. di esser preservati da ogni male corri-
23,10; zSam. 8,6; 2Sam. 11,27). sponde quello di essere benedetti con
ogni bene.(rQS 2,3; xQpHab 9,13).
rcovrip6v è il male in assoluto, con- È caratteristico di questi testi l'accosta-
trapposto all'à:ya.iMv (2 Sam. 13,22; 14, mento di kol a tob e a ra' per inten-
17; Ecc!. 12,14) o al xaMv (Gen . 2, sificare e compierne il senso. Anche
9.17; 3,5.22; Is. 5,20; Am. 5,r4); 'ltO· quando ra' ha valore morale, troviamo

11 1tovt]p6c; compare talvolta nelle traduzioni, (Theod.); Ier. 21,14 (Aquila, Thcod.); 5,28
quando queste leggono il testo diversamente (Symm., Thcod.); u,8 (Symm., Thcod.). In
dai LXX, ovvero quando esso nei LXX manca ler. 13,ro Teodozione aggiunge 7IOVT)p6ç, raf-
ciel tutto: Prov. 20,q (Theod.); Ez. 5 116 forzando il testo.
x371 (v1,551) 'JtOVTJp6ç B II 1-2 (G. Harder) (\'1,552) 1372

l'espressione kol ra' nella espressione gni (Ber. b. 16 b; 17 a; 60 b, dr. I


'staccarsi da ogni male e attenersi a tut- QpHab 9,2). Si parla spesso di una fa-
to ciò che è bene' (r QS X,4, dr. 1 ma cattiva, cioè negativa e dannosa che
QS 10,17; 5,r). Si esprime allora una coinvolge qualcuno 34 •
radicalizzazione in senso estensivo del Molto più frequente è l'uso di ra'
comandamento della torà 32• In enuncia- in senso morale per indicare il male in
ti positivi, si può anche dire: 'attenersi assoluto che si annida nel nostro ani-
a tutto ciò che Dio ha ordinato' ( r QS 5, mo 35. Ciò che è bene e ciò che è male
r ). Gli ordini (mi~wot) di Dio stabili- trova un'espressione plastica nell'imma-
scono ciò che è bene. Dall'altra parte gine delle due vie (Ab. 2,9). Sono rife-
stanno coloro che fanno tutto ciò che è riti alla via cattiva un occhio o un cuore
male .(.r QS l,7). Ciò che è male risulta malvagio (invidioso), un cattivo compa-
con evidenza particolare dall'elenco o gno, tutto ciò che può condurre sulla
catalogo di vizi che si trova in I QS 33 . cattiva via 36• Dio stabilisce ciò che è
Non si può non notare quanto poco bene e ciò che è male, e ogni cattiva
concreto sfa t~1le elenco: azioni abomi- condotta si rivolge al tempo stesso con-
nevoli nello spirito della prostituzione, tro Dio e contro il proprio simile (Sanh.
cioè dell'apostasia, sono le uniche men- b. 27 a), contro il cielo e contro le crea-
zionate, accanto all'avversione alle ope- ture (cfr. Le. 15,18). Malvagia è la lin-
re buone. L'elenco ha piuttosto presenti gua del calunniatore, sl che la «lingua
i sentimenti e fo disposizione interiore del malvagio» significa tout court la
nei confronti dei comandamenti di Dio. calunnia (Sota b. 35 a; Ar. b. 15 a).
Questa contrapposizione di bene e male
2. I rabbini ricorre soprattutto in relazione all'istin-
to 37• L'istinto malvagio è l'impulso del-
Prescindendo dalla caratteristica for- l'uomo verso tutto ciò che non è divino,
mula radicalizzante, anche nel rabbini- che è terreno, transitorio e soprattutto
smo il significato di ra' rimane lo stes- avverso alla legge; è la concupiscenza
so: cattivo, rovinoso, dannoso. Si pre· dei sensi 33• Nel Talmud un detto di R.
ga per essere salvati da eventi di sven- Shimon b. Laqish (m sec.) afferma sì
tura, da dure sofferenze e da brutti so· che l'istinto malvagio è identico a Sat.-i-

12 ~ IlRAUN 350; In., Spiitiiidisch-hiirelischer (16 b 8), dove rifa è considerato un termine
rmd /ruhchristlicher Radikalism11s 1 ( 1957 ), so- astratto, come in Ps. 140,3. L'equivalente ara-
prattutto 15-47. maico è biSa' (Tg. O. e 1.'g. ]. n Ge11. 48,16;
33 1 QS 4,9-n: «spirito di corruzione, avidi- 26,29; Ex. ro,ro; Tg. Ps. n1,7). ra' è riferito
tà dell'anima, neghittoso di mani nel servi- a persone o cose, dr. I QpHab 9,1s. 12; 11-
. zio della giustizia, scelleratezza, menzogna, or- nalogarnente in Tg. O. a Gen. 6,3.
goglio e boria del cuore, inganno e illusio- 36 Un elenco analogo in Ber. b. 60 b, dove si
ne, crudele e abbondanza di ipocrisia, facile domanda di esserne preservati; pure in Ber. b.
all'ira, irruenza d'orgoglio, atti abominevoli qa si trovano indicate altre caratteristiche
nello spirito della fornicazione e vie impure della via malvagia.
nel servizio impuro». 37 Cfr. in proposito STRACK·BILLERBECK IV
34 bosi' scm ra' 'al, «parlar male di qualcuno» 466-483, excursus :r9: 'Der gutc und der bosc
(De11Ì. 22,14.19, ~ col. 1366), soprattutto di Trieb'.
una donna, cfr. Ar. 3,5; vedi pure Sola 3,50. 3, STRACK-BILLERBECK IV 466. Cfr. Ab. 2,II :
L'equivalente aramaico è Mm bH (-> DAL- «l'impulso malvagio, l'occhio maligno e l'odio
MAN 351) . per gli uomini escludono l'uomo dal mondo'>
.15 Aci es. Ber. b. 17 a; analogo Pea ;. 1 ,1 (STRACK-BILLERBECK IV 468).
1373 (vr,552) 7tOVT)p6c; B II 2-3b (G. Harder) (vr,553) 1374

na e all'angelo della morte 39 ; ma il dia- spetto alla situazione rHlessa nell'A.T.,


volo non è mai designato come 'il malva- l'idea degli spiriti malvagi (-'Hol. r 366 ).
gio'. Tuttavia il detto di lob 9,24, che b Sono spiriti inquieti, che affamano, asse-
terra è nelle mani del rii'Sa', dal tannai- tano gli uomini, li assalgono, li travolgo-
ta Jehoshua b. Hanania (90-r30 d.C.) no, lottano con loro, li colpiscono e H
è riferito a Satana 40 • fanno cadere (Hen. aeth. 5 ,n ). Accanto
alla concezione escatologico-mitologica
3. Il giudaismo ellenistico degli spiriti malvagi se ne presenta una
moralistica. Nel vino, si dice, vi sono
a) Gli pseudepigmfi quattro spiriti malvagi: la concupiscen-
za, la coHera, la dissipazione e la sordida
Negli pseudepigrafi, soprattutto nei ricerca di guadagno (test. I ud. r6,r), per
Testamenti dei xu Patriarchi, nov11p6<; dite i rischi morali e le conseguenze im-
nel significato di scadente, cattivo, rovi- morali in cui incorre chi si dà all'alcool.
noso, scompare quasi del tutto. In un Cosl pure si dice che l'invidia opera co-
passo si parla della brutta morte che in- me uno spirito malvagio e che sconvolge
combe come una minaccia (test. R. 6, l'anima con spiriti malvagi (test. S. 4,4).
6); ma negli altri casi prevale il sen-
so morale. Di persone che non piacciono
a Dio viene detto che sono 'ltOV-flPOl 41 ; b) Filone e Flavio Giuseppe
tali sono pure le concupiscenze sessuali
(test. R. 4,9; test. Ios. 3,ro; 7,8), l'oc- Anche Filone e Flavio Giuseppe si
chio malvagio (test. Iss. 4,6), un'azio- valgono di 'lt0\11)p6<; nel significato usua-
ne42, un consiglio (test. Iss. 6,2), una le. Ricorrono qui gli antichi significati
condotta morale nel suo insieme 43• di faticoso, doloroso 45 e, anche in rife-
Spesso "t'Ò 1tovrip6v è ciò che spiace a rimento All'accentuazione attica del vo-
Dio 44 • cabolo (7tO\ll)poc;, -7 n. 3) 46, di svantag-
È sorprendente quanto sia diffusa, ri- gioso (PÈÌio, poster. C. 7r ), scandente 47•

J9 B.B.b. 16 a (STRACK-BILLERBECK IV 468). tiva: tesi. A. 2,2.5.17. Corrispondentemente in


4J B.B.b. 16 a: lo' dibber 'iiiob 'e/lii' k'neged 4,1 gli uomini buoni e retti son chiamati µo-
haffiitiin. Il medesimo detto viene attribuito \I01tp6crW'ltoL.
a Abaje {m. 338-9 d.C.). ~ DALMAN 3.52 s. 41 Anche qui in connessione a 1tOV'lJp~v lvW-
fa notare che Sammael, in quanto il più ele- -mov xvplov: tesi. R. 1,8 (fornicazione); test.
vato fra i 'satana', viene definito hliriila', e lrul. 13,2 (autoesaltRZione); -rò novnpl>v tv 'Jc;.
che in Tg. a Is. II,4 Armilo, l'avversario del pai)À, nello stile della legislazione veterotcsta·
Messia, è chiamato raJJi'ii'. Tuttavia neppure mentaria: test. Zab. 4,12 (assassinio} e ancora
questo viene usato come nome proprio. in test. S. 5,r; test. L. 13,6; test. A. x,8; tesi.
~I Jesi. lud. 10,2; Xavavafot: test. lud, u,1; B. 3,6.
liv&pwnot: tesi. Iss. 7,7; tesi. B. 5,1; gene· 43 Philo, praem. poen. 2: ~loL O'TCovlìai:oL xat
ricamente ot 'ltOVl)pol: test. G. 4,2. 1tOV'l]pot. In poster. C. 95 la citazione di Lev.
42 no'J'f')pòv l!pyov: test. L. 13,8; test. D. 6, 27,32.33: oùx à.).Ml;E1.ç xa>..òv novn[i;> (la
8; come bvµ6i; e IJIEvòoi; (opposti a &J..i]Dtt.a. vittima di minor pregio) è commentata così :
e a µaxpoDuµla). Questi vengono qualificati Èmnovov a>..).'ov cpav>..ov.
con 'lt0\l'l1P6<; in test. D. 1,3 e 3,1. npii:yµ« a 41 In poster. C. 94 spiega 1tOV'l]poc in questi
sua volta connesso a tvtbntov xvplov: test. S. termini: xaµa't7}pà xal. t1tl"ltova, 11.ntp 'A-c-
2,14; npa~~: tesi. Zab. 9,7; tesi. los. 5,2; -rLxot 't:TJV np@'t'l)V 61;U'tOVOVV'tE~ auU.aflTj•J
test. G. 3,1; tesi. A. 6,5. l<CXÌ..OVO'L 116v'l)pa.
u i:l> !S>..ov "ltOVl'}p6v, anche a proposito di 4., /eg. Gai. r66: 1tOV'l]pà u11tpµai:a, che for-
unu condotta in parte buona e in parte cat- se si può intendere pure nel senso morale
1375 lv1,553) 1tOVl'JPOt; Il u 3b (G. Hardcr) (Vl,_5_5J) T376

Dn alcuni testi di Giuseppe risulta che cpol (Abr. 3 7 ). Essi ignorano le virtt1,
anche l'antico significato sociale di 7to- corrono dietro ai piaceri 51 . Ciò che è be-
v·11p6c; (-7 n. 7) è ancora in uso 48 • ne e ciò che è male viene dunque defini-
Assai più ampio è, in questi due scrit- to nel suo contenuto secondo criteri el-
tori, l'uso di 7t0\11)p6c; in senso morale. lenistici. In opposizione all'uso sociale
In Giuseppe esso ha spesso il significa- (---) coll. 1359 s.), dei 'ltOV'l'Jpol si dice, al-
to collaterale di ciò che è politicamente la maniera stoica, che non sono EÙyEvE'Lc;;
i·iprovevole (~ n. 8) 49 • Va notato che tali invece sono i cn.~cppo'YE<; e i Slxcuo~
Filone giudica il crwµa Ol'a TIOVl']pÒv xa.t anche se schiavi, cioè socialmente 1tO-
SucrµEvÉc; («cattivo e maldisposto») ora Vl]pol (viri. x91 ). Le virtù non si e-
<plÀov xa.t crvyyEvÈc; xat ètO&À.cp6v («ami- reditano. A colui che è divenuto malva·
co, congiunto e fratello») secondo che ci gio a nulla giovano ]e virtù dei padri
si dedica all'indagine cli ciò che è ul- ( Ù.pE.-at 'lttL-i'ÉpuJ'\I ); anzi è danneggiato
traterreno. Quanto più ciò avviene, tan- dalla xaxlcx. della sua anima (viri. '21r).
to più negativo e sospetto gli appare il Si afferma qui l'individualismo stoico.
corpo. Non dunque il giudizio di Dio, Irifine 7t0\11]p6-i:a.-ot sono criminali (Ios.
ma il pensiero rivolto al mondo ultra- 80; accanto a É.vayi:i:ç, µa:yot, cpapp.a-
terreno e ai misteri divini fa apparire xw.-a.l in spec. leg. 3,93; xaxoupyw\I
il corpo in una luce sfavorevole. Il giu- 'ltO\ll]p6-.a-i:oi, «i peggiori malfattori»:
dizio che Dio pronuncia nella sua legge Piace. 75 ). Non solo le persone, ma, ad
è stato sostituito dal giudizio dell'uo· es., anche le risoluzioni (povÀEvµcx.-.a:
mo religioso 50 • Per Filone quindi il Ios. 266), le occupazioni (htt't't}OEuµa-
XPTJ<i"tov deriva da una t)µEpoc; yvwµi) 't'CC: Abr. 40; exsecr. 142; leg. Gai. 91 ),
e il 7t0\l'~Jp6v da una SiavoLa. xaxo1]l}1]c; le opere (ìtpya: exsecr. x42) e le abitu-
(vit. Mos. r,244). Ciò che Filone scrive dini (t]i)T): viri. 196) vengono qualifica·
dell'opposizione fra xa.Mv e -itov11p6v è te con l'epiteto di -ito\11)poc; nel senso di
fatto derivare dal testo biblico di Gen. 3 moralmente riprovevole.
(leg. ali. r ,60.ror; plant. 36). I 7t0\11]pol
si contrappongono agli ét:ya1'ol (viri.
189.194.227; praem. poe11. 67) o ai ero-

di mala razza. Vl]pÒv 'ltvEUµa,


4!1 Ios., vii. 29: 'l':OVlJPOl contrapposto a xr.6:- SO /eg. (Il/. 3,7X: /5-cctV yci.p Ò VOVc; µE'tEWpo-
-ctcf'toi; vii. 151 contrapposto ai µeyta''t'ii.1m;; 'JrOÌ.:ij xat 't'CÌ 't'OV xvplov µva-;i)pr.a. µvn-cat,
beli. 1,212: ot 1tOVl')pot 7tap6Jt;vvov -ròv 'Yp- novl)pòv xat ouaµE\IÈc; xplvE~ -cò O'wµa· lho:v
xav6v. In generale: <iyal}6c;-?tovl]p6c;, ani. oÈ anoO'-tfi -rljc; 't'WV iMwv tpEUVl')ç, <pO.o\I
8,314 (altra lezione: 11oxl}-ripovi;); 6,307. O'.u'ti;i Y.11-t cruyyEvÈt; xat ali<Ì..cpÒ'J 'Ì}yEL'tW••
o vit. 102: detto di Giovanni di Giscala, Si spiega ·così perché in Gen. 38,7 Er è detto
che è pure chiamato tnlopxoc;; vit. 134: det- 7tOVl')P6c;, xwpìi; at-clac;, come si nota espres·
to di Gesù, figlio di Saffia: 1t0'117]pòt; l.iv6pt<l- samente in lcg. ali. 3,69. Ma Er è interpretato
'ltoc;; in bel/. .p38 son detti ot r.ov11pol i nel senso di otpµ.&.·nvoc;. Ord il O'Wµa è il
radicali che chiamano in aiuto gli Idumei lìEpp.&:nvoc; C>yxoc; i)µwv, 1tO\l'llPÒt; xctL tnl-
(cfr. 4,389); vii. 133: t.OVlJpÒc; npoS6'tr)C:.; flovì..oi; 't'ijc; ljivxijc;. Il crc':iµa è però ricono-
be/l. 4,179: 1tO'll7JpOt otxEi:ot; ani. 2,56: Sov- sciuto in questa sua caratteristica specifica sol-
À.oc; 'JtOVl')p6c;; bel/. 1,545: i 'ltOvrJp6°ta't'ot so· tanto dall'iniziato, dal savio.
no contrapposti ai qil).:ta-toi; beli. 7,34: 'ltO- 51 L'at0'0l]O'Lc; è ingannata dalla piacenzn spu-
vripol in senso generale: i malvagi; beli. 7, rio (v6i>oc; EVI iopqila) delle 1)ooval, coni rap·
185: i lìatp.bvta sono interpretati come 1tO· posta alla lìt<i.vota, da cui l}ewpet't'a:~ il y'V'fi-
Vl)pWV avi}pwmllV 7tVEUµCX'ta; ant. 6,21 I: 'ltO- cnov xciÀÀoc; tielle virti:1 (gig. 17).
1377 (v1,553) 1t0Vl}p6ç eI 1-2 (G. H ardcr)

C. 7t0\ll}p6c; NEL NUOVO TESTAMENTO infausto, pericoloso, crrtzco, portatore


d'angoscia 55 , sia che lo si prenda per un
I. Con il significato di cattivo, infausto, giorno dell'esistenza attuale (ad es., il
inutìle, inetto
giorno della morte o del giudizio) op-
1. Anche nel N.T. 1tO\ll}p6c; è usato
pure per un giorno di lotta e di perico-
con il significato di cattivo, infausto (~ lo, cioè ogni giorno nel quale il diavo-
coll. r359. r 366s.). In Apoc. 16,2 è lo ha particolare potere. In ogni ca-
detto delle ulcere in quanto sono dolo- so non si tratta di ~n giorno malva-
rose, mentre xccx6c; ne indica la perico- gio in senso morale. In Gal. r ,4 Paolo
losità e l'atrocità 52• I giorni solo malvagi definisce malvagio l'intero eone presen-
(Eph. 5,r6) perché sono i giorni dell'èra te 56 perché è pieno delle sofferenze e
finale, minacciati dall'ultimo giudizio fi- dei rischi di tentazione che caratteriz-
nale e aduggiati dalle tribolazioni della zano l'èra finale.
fine. Se in questo caso in 7tO\IT]p6c; si
sottintende un senso morale, vorrà di- 2. Esattamente come nell'A.T. (~col.
re che i giorni solo malvagi in quan- 1365), in Mt. 7,1 8 7tO'VTJp6<; è detto di
to in essi domina la rovina morale 53 , frutti in quanto sono inutilizzabili, inu-
oppure in quanto è necessaria la ten- tili, in contrasto con i xo.p1tot xaÀ.ol del-
sione di tutte le forze, l'utilizzzazio- l'albero buono. Anche l'apostrofe ooi:iÀ.E
ne di tutto il tempo a disposizione per 1tO'VTJP~(Mt. 18,32; 25,26; Le. 19,22)
produrre proprio ora qualcosa di buo- indica il servo inutile, secondo il model-
no 54 • Cosl, anche 1'1]µÉpa. 7tO'VYJp6. di lo veterotestamentario~.
Eph. 6,13 va intesa come il giorno

52 - Cosldistingue giustamente HAnoRN, Apk., si compie la volontà ostile a Dio. Analoga la


ad loc.; dr. Ex. 9,ro s.; Deul. 28,35 nei LXX. posizione di F. SlEFFERT, Der Briej an die
53 Cosl ad es. in W. ScHMlDT, Der Brief an Galaler, Kritisch-exeg. Komm. i.iber das N.T.
6
die Epheser, Kritisch-exegetischer Komm. iiber (1886). ad /oc.: «con riferimento agli influssi
clas N.T. 6 ( r886), ad /oc. peccaminosi delle potenze che dominano
s1 Cosl ad es. EwALD, Gefbr., ad /oc, Giusta- l'a.k:>\I», e ScHUER, Gal., ad /oc.: <d'ttk:>v è
mente il GREEVEN (DIBELIUS, Gefbr., ad loc.) malvagio quando si rivela potenza malefica
nota che sono rcoV1')pcil in quanto sono giorni posseduta dal male». Per la prima volta nel
del vecchio eone. Pastore di Erma troviamo 1tOV1')p6c; nel qua-
5 ' STRACK-BILLERBECK III 6r 7, ad I., rinvia a dro di considerazioni e argomentazioni antro-
paralleli rabbinici: il Satana accusa nell'ora pologiche. Herm., mand. 5,1.4 definisce àcroµ.
del pericolo (A.Z.b. r 8 a). lj)Opov e 1tOVIJ~\I la condizione dell'uomo
S6 LIETZMANN, Rom. a 12,2, rinvia a 4 Esdr. quando abitano in esso uno spirito santo e
7,12 s.: «Le vie in questo eone sono di- uno spirito malvagio.
ventate strette e tristi e penose, miserevo1i e 57 STRACK-BILLl!RJ!ECK I 800 rimanda all'e-
cattive, piene di pericoli, sfiorando grandi an· spressione aramaica 'bd' bjl'. In Ml. 25,26 l'a-
gosce». ZAHN, Gal., ad /oc. vorrebbe dare an- postrofe è completata da oxv'l)p6c;, 'infingardo',
che qui un valore morale a- rcoV'l')p6ç: l'alwv Il significato di 1tOV'l)p6c; trapassa naturalmen-
è 1t0\11')p6ç nella misura in cui in questo tempo te, in questo contesto, nella sfera morale: mo-
1379 (V~ ,554) novrip6c; C 11 ra-b (G. Harder)

II. In senso morale duttori e sedotti», si contrappongono


coloro che nelle persecuzioni si tengo-
1. Uso aggettivale no stretti all'insegnamento apostolico.
a) Detto di persone Anche qui, dunque, 7tOVT)p6c; trae il suo
contenuto dalla decisione: in questo ca-
In generale gli uomini sono definiti
so, non nei confronti di Gesù e della
'JtO'llYJpol (Mt. 7, 11 ; Le. i:x, 1 3) in con-
sua predicazione, bensl del messaggio
trasto con Dio, che solo è buono (Mc.
apostolico, proprio come in .2 Thess. 3,
10,18) 58 • 7tovnp6ç, ha un significato più
2, dove i destinatari sono invitati a pre-
marcato in Mt. 12,34, dove indica l'in-
gare affinché i mittenti siano salvati e
durimento contro la divina offerta di sal-
preservati dagli «uomini perversi e cat-
vezza. La decisione contro Dio e con-
tivi» (lho7to~ xixt 'TCO\ll]poL li:vi>pw-noi),
tro il suo inviato fa sl che i Farisei siano
cioè da alcuni che non hanno la stessa
7tO\IT)pol. Essi traggono le loro parole
fede, ma prendono posizione contro la
malvagie dal malvagio pregiudizio che
norma della chiesa e se ne allontana·
recano in sé (Mt. 12,35) 59• Proprio a
no. In Act. 17,5 7tOV1Jp6c; ha quasi il
causa di questa decisione contro Gesù
significato di plebaglia, viene cioè u-
e contro il suo messaggio Israele induri-
sato in senso sociale spregiativo (4
to è chiamato 'generazione malvagia'
n. 48).
( "(E'lleà. 1tovnpa), che sollecita il segno

messianico. Nel confronto con la viven-


b) Detto di cose e concetti
te parola di Dio apparsa loro si decide
se essi sono buoni o malvagi (Mt. 12, Il nome dei discepoli viene spregiato
39; Le. 11,29; Mt. 16,4). In quanto e respinto come malvagio, moralmente
yeveà 7tOVT)pà xa:L µot)CaÀlç essi ras- riprovevole, e non importa se si tratta
somigliano alla generazione del diluvio del nome del singolo discepolo che vie-
minacciata dalla catastrofe finale e dal ne cancellato dal registro giudaico, ov·
giudizio. vero del nome cristiano, come sembra
In 2 Tim. 3,13 ai 7tOV'l']poL lh1ìtpw7toi indicare Iac. 2,7: ~ÀruT<pl}µovaw 'tÒ
e ai 7tÀ.a.vwv'tec; xat 7tÀ.avwµevot, «se- xa..À.Ò\I <:l'Voµa.. -rò lmxÀ:riìt!v tcp'uµéi.c;,

ralmenle riprovevole. Invece in questi casi figli è cattivo, ma uomm1 per natura cat-
non significa malvagio, tivi, malgrado la loro malvagità, mostrano
amore per i loro 6gli.
sa Chrys., hon1. in Mt. 23 14 (MPG .'71313)
va troppo lontano: npòc; «v·nlìttto"to'J-..'l')v 'tijc; 59 Nel par. Le. 6,45 si parla soltanto del ~
ciyalt6'tl]'tOc; -ri'jc; a.Ò'tov (di Dio), 'tTJ\l cpiÀ.e>- cra.upòc; 'tijc; xa.po(ttc;. Ml. va dunque un po-
CT'topy(o.v 't'1Ì\l 1ta.-tpix'l')v -novripla.\l xttì..Giv· co oltre, attribuendo a un H.\lltpWnoc; 1tOVl]p6c;
'tOCTCXU'tT) a.ò-rou 'tijç q>iÀ.a.vl>pw1tlac; Ti Ù1tEP· soltanto un ltl]cro.upbc; 1fOVTJp6c;. Si noti l'espo~
~oÀ.1} : non l'amore dei genitori per i loro sizione di Ieri. A. 2,2.,.17 (_,. n. 43).
1381 (VI,jjj} 1'0VT)poc; e II 1b (G. Hardcr)

«insultano il bel nome che è stato invo- "tflç o~cthT)<; è il sano modo di vivere;
vato sopra di voi». È anche possibile 00 5 . l'ampliamento lucano sarebbe da in-
tendere in questo senso: con l'aggiunta
che l'espressione di Le. 6,22 sia una tra- del v. 3 6 la parabola contenuta nella fon.
duzione malaccorta di h6~1' sém ra'' te Q - la cui applicazione, tramandata
«parlar male di ... » (~ n. 34). L'occhio diversamente da Mt. e da Le., non rien-
trava nel contesto antico 62 - è spogliata
maligno, invidioso ( ocpi)a.À.µòç 1t0'Vl'}p6c;:
del suo vero carattere parabolico. È sta-
Mc. 7,22; Mt. 20,15) suona come un ri- ta dunque letta come una semplice affer-
chiamo immediato a un'espressione usa- mazione sulla condizione dell'uomo al-
ta volentieri nel giudaismo ( ~ coli. l'interno del corpo, cioè dell'uomo in-
teriore, dichiarando che il corpo è in
1372 s.). In questi due passi non si deve piena luce solo quando anche la luce
pensare allo sguardo cattivo, anche se è interiore, spirituale, abitante nel corpo,
innegabile che il significato potrebbe es- è luminosa e splende veramente. Non
pochi esegeti hanno perciò optato per il
sere anche questo e~ n.60). significato fisico di àitÀ.oui;-itoVJ]p6c;
È controverso se in Mt. 6,23; Le. II, in questo passo, leggendo di conseguen-
34 7tOV7)p6c; voglia dire cattivo oppure za il nucleo originario tratto da Q come
una parabola 63 •
malato (~ vm, coll. 1060 ss.).
Se, nonostante i cinque argomenti
addotti, itOVJ]p6c; significhi in questo
A favore della possibilità che tt'ltÀ.ouc;- passo malvagio, dipende da IÌ'ltÀouc;
?tOVl}p6c;, 'semplice-cattivo', indichi una (~ r, coll. 1031 ss.): può significare
condizione fisica, si può far valere quan- sano in senso fisico? Non si è trovato un
to segue: 1. nei due casi si parla di solo passo che documenti per a'ltÀ.ouç
crwµa.; 2. la conclusione di Mt. 6,23 e questo significato M. D'altra parte sia
il passo cli Le. lr,35, con un ragiona- l'A.T. che il giudaismo e il N .T . af-
mento a minore ad maius, applicano il fermano l'esistenza di uno stretto rap-
dato parabolico che precede alla luce in- porto fra il cuore e l'occhio; inoltre ne-
teriore contrapposta a quella esteriore, gli ultimi due secoli precedenti l'era cri·
fisica; 3. una frase filoniana indica che stiana <i:'KÀovc; e à:rcÀ6-rl')c; si fanno sem-
tale antitesi fra occhio esteriore e occhio pre più frequenti per tradurre tàm, 'per-
interiore era nota ~ 1 • Anche nel N.T. si fetto'; infine il detto di test. Iss. 4, che
trovano espressioni come Eph. r,18: parla dell'&:rcÀ.ouc;, 1tOpEu6µtvoc; tv à-
òcpìtaÀµòc; 'tfjc; xapoia.c;, «occhio del 7tÀ.6'tT}'t'~ oq>Ì}aÀ.µWv, deve avere eser-
cuore»; 4. Platone (Hi. II 374 d) parla citato un'influenza sul nostro passo.
di 7tO\ll)p~a. 6cpi)ctÀ.µWv, intendendo una Nei Testamenti dei xu Patriarchi il con-
malattia degli occhi, sicché òcp&ctÀµòç cetto di &:rcM-.ric; attesta la «tensione
1tO\IT)p6c; potrebbe voler dire l'occhio ma- verso l'unità del sentimento morale» 65•
lato. In Flav. Ios., ap. 2,190 a1tÀ.6·n1c; Inoltre òcpìtcxÀ.µòc; itOVl)p6c; e il suo e-

6ll \VELLHAUSEN, Lk., a 6 122. 1r1 C. EDLUND, Das Auge der Einfalt, Mt. 6,
61 op. mund. '3· .2.2·.23 und Lk. rr,34-35 (I952) i:7; cfr. pure
62 BuLTMANN, Trad. 91. \VI. BRANDT, Der Spruch vom l11me11 i11ternum:
6J Ad es. ZA.HN, Ml.; KLOSTBRMANN, Mt. An- ZNW 14 (1913) 19r.
che ScHLATEER, Mt., ad-l. ammette come M Cfr. EDLUND, op. cii. (~ n. 64) 79; cfr.
possibile questa interpretazione. pure tesi. B. 6,6 11 proposito dell'uomo pio:
TIO'.ll]poç e Il 1b (G. Harder)
quivalente ebraico significano l'occhio ni 67, cioè dalla brama di denaro e di
malvagio, che guarda con invidia, gelo- prestigio 68 • Analoghe ai OLa.À.oyLcrµol
so, avido, bramoso (~ coll. 1369. 13 72 ).
sono le ùrc6votcu 7tOVT]pa:l (r Tim. 6,4),
Anche se non è escluso che il proto-
tipo aramaico che sta alla base del no- i malvagi sottintesi o sospetti, elenca-
stro logion fosse una parabola, è pos- ti accanto a cpit6voc;, Eptç, f3)..a.acp1}µla.L l>'J.
sibile che la forma greca tramandataci Come i singoli moti dell'animo, cosl an-
abbia usato cbtÀ.ouc; e '!tO\IT]poc; in senso
morale. Ciò vorrebbe dire che la tra- che l'uomo interiore nel suo complesso
scrizione in greco rappresenta già uno può esser definito malvagio; cfr. Hebr.
stadio nel processo che porta dalla pa- 3 ,12: [ f3MrcE'tE, &.oEÀ.cpol], µ1}7to't'E E·
rabola alla spiegazione antropologica,
CJ'W.L E\I 't"WL uµwv xa.pola. 'ItO\ll}P~ àm-
cioè nel processo che si conclude con
l'ampliamento lucano di rx,36 e la let- Ci'tlac; Èv 't(il cbtoa''tTJWU ÙTCÒ l}Eoi.i swv-
tura globale del logion da esso determi- -toc;, «badate, fratelli, che non vi sia in
nata. Inoltre la posizione del logion in
M t. indica che qui l'òcpi}a.)..µòç 7tOVl}p6ç qualcuno di voi un cuore malvagio, dif-
è l'occhio avido, bramoso di denaro i». fidente, che lo allontani dal Dio viven-
te». Il genitivo &.mcr..la:ç indica la qua-
Dall'intimo dell'uomo vengono i lità del cuore malvagio 70: la sua malva-
«pensieri cattivi» (oLa.À.oyLcrµot 'lto- gità consiste nel distacco dalla fede, nel-
vripol: Mt. 15,19), definiti OLa.À.oyLcrµol l'ostinazione e nell'allontanamento da
xa.xol nel par. Mc. 7,21. Non del tut- Dio; è insomma la stessa che qualifica iI
to chiara è l'espressione di Iac. 2,4: 'ltO\ll}pÒç &\li>pwrcoc; 71 • Perciò la Lettera
Èyi\IE<ritE X{wta.t OLaÀ.oytcrµwv '1t0\11]pwv agli Ebrei può pure usare l'espressione
(-7 II, col. 996; v, col. xo8o n. 3). Co- cruvdo11crLç TI:OVT]pci ('coscienza malva-
me in Le. r8,6 xpL't'IÌ<; alitxla.c;, anche gia': ro,22): la cruvdo11crLc; è detta 7tO·
qui il genitivo ha valore aggettivale: VT]pci perché suo contenuto è il '1tOY'\1P6V.
giudice di cattive ragioni che si la- La O"uvEloT)<rtç 1tO\ll}pa separa da Dio e
sciano guidare da malvagie considerazio- tiene lontano da lui 72 •

oòx ~XEL 6pr.to1.v oì.i-tE &xo1)v ò~n)..fjv. Il Te- und Titus, Kr.itisch-exeg. Komm. i.iber das N.
stamento di Issacar parla dell'oq>i}a)..µbc; 1tO- T. 5 (1886), ad loc., respinge giustamente la
vt)p6ç nel quadro della descrizione del- tesi di J. CHR. K. v. HoFMANN, Die heilige
l'cbtÀouç. Cfr. Prov. 23,6 (A}..ì..): 1tOVTJPO· Schri/t Neuen Testame11/es 6 (1874) 185, che
q>brùµoc; anziché ~&.crxavoç (LXX) quale tra- non si possa aggiungere un 1tOVT)ptxl a v7t6-
duzione di r' 'in. vo~a.~ .

"° JiiucHRR, Gleichnisse Jesu 98-108, con 10 Come xaplìla. '1voµla..; di I}! 57,J, xo.plìla
acute motivazioni, legge anch'egli Ù1tÀ.ouc; e Etrtovlet.ç di Eccl. 7,7.
novnp6c; in senso morale. 11 xa.plìla 7tOVlJpa, I Clem. 3A·
61 D1eELIUS, Jk., ad loc. respinge giustamen- n Analoga la auvElSTJcr~~ 1tov11p&. di Barn. 19,
te l'ipotesi che si tratti di un genitivo ogget· 12; Did. 4,14; Herm., mand. 3A· La cattiva
tivo. coscienza è quella su cui gravano i peccati
6j Cosl SCHLATTER, Jk., ad Zoe. non rimessi, che nuoce alla sincerità della pre·
6'J B. WE1ss, Die Brie/e Pauli an Timotheus ghiera e allo spirito della verità.
7tOVYJp6ç e II Ib (G. Harder)

Non solo l'intimo dell'uomo, ma \ll)p6c; è precisato dalla contrapposizio-


anche le sue parole e le sue azioni so- ne giovannea di luce e tenebre. Sce-
no malvagie, e così pure il suo vanto gliere le tenebre, contro la luce, spin-
(xavxl)crtç: Jac. 4,16), le parole sicu- ge gli uomini a opere malvagie. Nelle
re ch'egli pronuncia senza tener conto frasi parallele dei vv. 20 e 21; al <pcx.uÀ.a
di Dio ma agendo come se disponesse TtpaO'O'EW si contrappone un ~)..1]i}eicx.\I
lui di sé e del proprio futuro. Quel di- 1tOtE~V- 1tOVT}p6c; è l'opposto della IJ.)..-1).
sconoscimento della sovranità di Dio ~ELa. rivelata e realizzata in opere (~
che è contenuto in un simile parlare è I, coli. 658 s.). Situazione analoga in Io.

il male. 7 ,7: "tà Epycx. mhoù ( 't'OV xoO'µou) 1to·


In Col. 1,21 1tovnpa sono le opere Vt}pa ~CT't't\I. Le opere del mondo sono
(t!pya.) compiute nella condizione pre- malvagie, perché non sono compiute da
cristiana. Gli uomini erano nemici di Dio. Non si tratta di opere immorali in
Dio ed estranei a lui 73 ; perciò si parla senso stretto 76 : malvagio è ciò che è
di Epya. 'ltOVTJpa 74 • L'€pyov 1tovnp6v è contrario al vangelo, quindi anche l'ere-
anche l'opera rivolta contro l'inviato e sia, la sua diffusione e tutto ciò che le
servitore di Dio, quindi contro la vo· è connesso ( 2 lo. I I ) e i )..6yoL degli
lontà e i disegni divini. Tale è il senso avversari (J Io. 10 ). Anche in questo
di 2 Tim. 4,18: pUO"E"t<X.l µE ò xupioi; caso, sia pure in forma tipicamente gio-
<i.'ltò mxv"tòi; Epyou 1tO\ll)poù, «il Signore vannea, è la parola di Dio, è l'atteggia-
mi strapperà da ogni opera malvagia»: mento che si assume di fronte ad essa
si tratta del colpo malvagio che minaccia che decide ciò che è bene e ciò che è
l'Apostolo; forse il carcere, la tortura, male. Le opere malvagie risultano da
o anche l'esecuzione capitale 75 • una scelta, da una decisione originaria
Nell'espressione Ti\/ yàp mhG)\I 7COVl]- operata da Satana, come la redenzione
p!X. "ttÌ €pya, «le opere loro infatti erano e la salvezza sono operate da Dio. Per-
malvagie» (lo. 3,19), il contenuto di 'ltO- ciò le opere di Caino sono malvagie ( r

n Non nemici dell'anima di Dio, secondo l'liyyE}..oc; -rijc; 7tOVTJplac;, che corrispondono
il valore che dà al dativo 1n lezione a.ò-rou alla sua natura, definita 6t;6xoì..oc;, -mxpoc;,
(di Dio) riferita a lit&.vota.; e neppure nemici ètqipw'>I; v. pure Herm., vis. 3,7,6; 8,4.
d'animo; tv -roi:c; Mpyo~c; non costituisce una 1;Vedi soprattutto Wmss, o. c. (-7 n. 69),
precisazione e definizione di lid.tvoLo.:, ma indi- ad !oc., e anche ScHLATTER, Past., ad loc. e
ca piuttosto i risultati dell'ostilità a Dio radi- WOHLENBERG, Past., ad !oc.
cata nell'animo, come avviene in test. G. 3,1;
test. A. 6,5; cfr. test. Zab. 9,7: 'ltÀa.vwno.:i. lv 76 BuLTMANN, ]oh., ad loc. scrive con ragio-
-ro.:i:c; 'l'COVl'}Pcti:c; av-rwv np6.l;E<Tt'>I. ne che le opere sono malvagie non in quanto
n ~pyo\I '1tOVYJP6v ricorre più frequentemen- immorali, bensl perché si tratta di un agire
te nei Padri apostolici quale antitesi di E?- mondano, nel quale non si attua alcuna de-
yov xa.)..6v. Hcrm., mand. 6,2,4: opere del- cisione.
1t0\IT]poç e II 1b-2a (G. Harder) (vr,558) 1388

Io. 3,12) 11. 2. Uso sostantivato


Act. 18,14 fa un uso relativamente
a) L'uomo malvagio
profano di 1tO\/l"Jp6c; nell'espressione po-
sta in bocca a Gallione: d µtv -i'i\/ àol- Accanto all'uso aggettivale in nume-
x11µ&. ·n lì p~oioupy11µa. no\/npo\/, «se rosi passi neotestamentari troviamo an-
si trattasse di un crimine o di una ca- che il sostantivo ot 1tO\/"l')pol, i malvagi,
nagliata» 78 , insomma di una situazio- contrapposti agli &:yai}ol (Mt. 22,10) o
ne di diritto penale, in contrasto con ai olxo.io~ (Mt. 13,49) 81 • In Mt. 22,10
una condotta valutata in termini unica- si potrebbe pensare che l'antitesi no-
mente religiosi. Il concetto di novnpb. \/"f)poç-àyc:cMc; vada intesa in senso so-
1t\/EÙµo::ra, di derivazione veterotesta- ciale. Poiché nella redazione di Mt. Ja
mentaria (~ coli. 1373 s.), innestato parabola è già cosl fortemente allego-
nella concezione del mondo del tardo rizzata che l'aspetto parabolico non è
giudaismo 7?, ha trovato posto anche nel più ben definito, è da ritenere che qui
N .T. Si distinguono vari gradi fra spiriti l'antitesi abbia valore morale. Probabil-
malvagi e altri ancor più malvagi (Mt. mente Mt. vuole che tale antitesi sia
12,45; Le. n,26). Non è soltanto Gesù intesa in relazione all'annessa parabola
che guarisce da spiriti malvagi (Le. 7 ,2 1; dell'ospite indegno ( vv. u-14) 82 • Ana-
8,2); anche gli apostoli fanno altrettan- logamente a Mt. 5,45 (1tO\/"l')poùç xo.t
to (Act. 19,r2.r3.15.r6) 80 • ay<Xi}oùç), già Prov. l 5 ,3 contrappone
x11xoùç "'t"E xc:ct aya.i}ouc;. Le. 6,35 con-
trappone axaplcr-covç xc:ct 7t0Vl)poùc;:
con gli uni e con gli altri Dio si mostra
ugualmente buono (XP"l'JCT"'t"oç). La mal-

.,, Nei Padri apostolici si amplia la sfera dei in rispondenza all'influsso che esercita sul-
concetti qualificati con 1tO'Vl]p6ç. Si rivela qui l'uomo.
l'influsso dcl giudaismo ellenistico. ~ouÀ.1} (--. 78 Vedi BAUERNFEIND, Apg., ad /oc.
u, coli. 3II ss.), Barn. 19,3; Did. 2,6; Herm., 71 Vedi per l'insieme BoussET-GRESSMANN

vis.. 1,2,4; lltLftvµltt (-4 iv, coli . .593 ss.), 2 33r-342; Herm., 111and. J,1,2 vede nel nov11pòv
Cle111. r 6 ,2 ( l-nLbuµlttL "ltO\ITJpal della iliux1J); 1t\1Eilµa. uno spirito che resiste all'&yto'V "ltVti>-
Herm., vis. 1,1,8; 2A; sim. 6,2,r; qui esse ven- µa--. n. 80.
gono fatte risalire all'inBusso dell'lJ:yytÀ.oç B!l Nell'antropologia e nell'etica Herm., mand.
't"puqrijç xat 1bt&.'t"1lç, conforme alla partico- 5,1,2 usa il concetto di 1tO\IT]pÒv "ltVEiiµa. qua-
lare. visione di Erma, che fa risalire virtù e vizi le antitesi all'&yto'V "ltVEUµa., spiriti che pos-
a spiriti o angeli divini o ostili a Dio; ~56ç, sono entrambi abitare nell'uomo (riguardo a
Did. .5,I, dr. il susseguente catalogo di vizi; questo concetto vedi DJBELJUS, Herm. a
~na. "tijç 1tOVTJp<iç o!ioii, Barn. 4,10; 1tpi'iyµo;, mand. J,2,7); Barn. 9,4: 11.y"(EÀ.oç 1tOVTJp6ç,
Herm., vis. 1,1,8; Pi)µa. accanto a l"Jt~buµ!a, che inganna e rende stolti i Giudei; 4,13: 1tO·
Herm., sim. J,3,6; xa.'t"a.Àa.ÀL6., maldicenza, \IT]pÒc; èipxw'V (il diavolo).
Herm., m1111d. 2,3; l)iEiloµrx, menzogna, Hcrm., 81 Id. in Barn. 4,2: 1tOVT]pO' accanto ad d:µap-
mand. 3,5. In Herm., mand. 6,2,7 In !i~lia.x.fi 't'WÀ.ol.
dell'lfrrtÀoc; ?tOVTJplrxc; viene definita 1tOVTJP0. 82 Cosl soprattutto KLOSTERMANN, Mt., ad loc.
TtOVlJp6<; CII 2a-b (G. Harder) (vr,559) 1390

vagità dei malvagi consiste dunque nel volo. Il par. Mc. 4,15 ha ancora ~PXE'tGtt
chiudersi senza gratitudine alla bontà ò crcna.v<ic;, mentre Le. 8,12 dice: ~p­
di Dio. Se nel giudizio :finale gli angeli XE'tGtL ò ota~o}.oc;.
separano e allontanano i malvagi di mez-
Quest'uso di TC0\11]p6c; serve forse ad
zo ai giusti (,Mt. 13'49), risulta che i evitare di chiamare il diavolo per no-
TCO\lt}pol sono quelli che non rispondo- me? Effettivamente <Ttt.'t'c:t\liic;, anche se
no all'esigenza di giustizia avanzata da in origine non è un nome proprio,
tale diventa però nel vangelo scrit-
Dio. Infine Paolo in r Cor. 5,13, rifa-
to in greco. Si voleva dunque evitare di
cendosi direttamente al modello vetero- pronunciare il nome del diavolo, come
testamentario (--> col. 1368), usa 1tO· si faceva per quello di Dio? E ciò sta
v11p6c; al singolare per designare colui forse in rapporto con la convinzione
che si esprime, ad es., nel nostro pro-
che fa il ma~e respingendo la legge di verbio: «Quando si parla del diavolo,
Dio. questo non è lontano»? Se si vuol spie-
gare in tale modo l'apparire di que-
b) Il diavolo sta definizione del diavolo, bisogna al-
lora domandarsi perché non sia accadu-
Abbiamo visto che TCOVl)po<; in senso to lo stesso in Mt. 4,10, 12,26 83 • Per
il resto, troviamo b TCO\lt}péc; quale in-
morale, con contenuto derivato dall'uso dicazione di Satana in Eph. 6,16 e su
veterotestamentario(--> coll. 1367 ss.), è di questo gli esegeti sono tutti d'accor-
definito dall'opposizione alla parola e al- do.
la volontà di Dio (~ col. 1370), alla Particolarmente frequente è questa
legge(~ coli. 1368 s.), alla predicazione designazione del diavolo in I Io. : ~ , 1 3
di Gesù (~col. l 3 79) e al messaggio de- e 14 (vEv~x1}xa.'tE 't'ÒV 'TtOVt}p6v, «avete
gli apostoli (~ coll. r 3 79 s. ). Perciò al vinto il maligno»); 5,r8 (xal ò '1tOVl}·
singolare indica anche colui che è l'av- pòc; oòx éX.rt't'E't'at aò-.oO, «e il mali-
versario assoluto di Dio, il diavolo. Que- gno non lo tocca»), poiché Cristo, «che
:;to è un uso caratteristico del N.T., sen- è nato da Dio» (o "(EWl']ÌlElc; Èx 'tOU
za esempio nelJ>ambiente nel quale si l'eov), lo preserva. Già questa con-
diffonde il cristianesimo primitivo ( ~ trapposizione mostra che qui Ò 1tOVTJ·
coll. 1365. 1368), a meno che si pen- p6c; è Satana, mentre l'uomo costi-
si alla concezione di l'iisii' menzionata tuisce il campo di battaglia fra Satana
sopra (--> col. r 3 73 ). Senza alcun dub- e Cristo 84 • Non altrettanto limpida è
bio in Mt. l 3 ,19 o'Ttovrip6i; è il dia- l'espressione tx 't'OV 'TtOVYJpov dvixt (I

83 Nell'A.T. XPTJO..t6<;, concetto antitetico a buito a fare di 1tOVl]p6i; l'antitesi di XPTJO..t6<;-


'ltOVYJp6i;, ricorre quasi esclusivamente riferito XPLl1't6<;.
a Dio. Fu letto xp~a1'6c; e riferito a Cristo 8-1 Questa linea si prolunga nei Padri aposto-
(dr. 1 PeJr. 2,3; Le. 6,35 [var. XPL<T't6c; per lici. Il maligno è l'avversario della stirtJe dei
XPTJG"'t6ç]). S possibile che ciò abbi;\ contti- giusti (11111rt. Poi. 17,1), che Ii vuole sedurre
IJ91 (VI,559) 1tovnp6~ C u 2b-c (G. Hardcr) (v1,560) 1392

Io. 3,12). Siccome in Io. 18,37 leggia- c) Il male


mo; ò wv Èx ·d'jc; &.À.1')t}Elctc;, «colui che Fra i passi controversi v'è pure Mt.
è dalla verità», potremmo avere an- r 3 ,3 8, dove ot vtot -tou 1tO'Vl')pou si con-
che qui, collegata con l'astratto "tÒ TCO- trappongono agli ui.ot -tijç 0etcrtÀdetc;.
'Y'l'JpÒv, la formula d'origine, tipicamen-
te giovannea, che esprime l'appartenen- Nel v. 39 H nemico (Éx~p6c;) della pa-
rabola è detfo espressamente OLriBo'X.oc;.
za e la natura essenziale, genuina, ori- Nella letteratura esegetica ne vengono
ginaria. A favore del maschile sta il fat- tratte due deduzioni contrastanti: r.
to che la medesima espressione in Io. 8, poiché qui viene menzionato il diavolo,
questi è indicato anche da 'ltovrip6c;, co-
44 è senza dubbio indicazione d'una en- me, ad es., nell'apostrofe di Act. 13,10:
tità personale: ùµErc; Èx Tou TCct-rpòc; -rou uU 0Lct.B6'X.ou 87 ; 2. appunto perché il ne-
&a.Bo)~ou ÈrnÉ, «voi avete per padre il mico è chiamato espressamente OLci.~o­
Àoç, TIO'Vl')pou non può riferirsi a Sata-
diavolo». In Io. 8,47 a troviamo l'oppo-
na 88 • Quest'argomentazione viene ulte-
sto: ò wv Èx -rou i}Eou, «colui che è da riormente rafforzata dal fatto che d'altro
Dio» 85• Anche in r I o. 5,19 non è sicuro lato non leggiamo vtot -rov ikov, bensl
che si abbia la forma maschile: ò x6crµoc; -rijc; Bo:crLÀ.do:ç. Il richiamo a Io. 8i4I.
44; I Io. 3,8.10 per sostenere la prima
oÀ.oc; È'Y -rQ 'ltO'Yl]p@ XEhct.1. 86 , «il mondo delle due deduzioni non dice molto, da-
sta tutto quanto nel male (o nel mali- to che non si può semplicemente trasfe-
gno)». La forma maschile è suggerita rire a Matteo il dualismo giovanneo. Ci
troviamo piuttosto di fronte al noto uso
dall'espressione antitetica che si legge semitico di presentare delle classificazio-
nel medesimo versetto: Èx -rou ih:ou ni attraverso espressioni composte con
foµE'll. Poiché nel versetto precedente 'figlio' e un termine astratto (~ uUu;).
Se anziché ulot 't"OV 'ltO'Vl')pou non leggia-
con 1tO'Vl')p6c; s'intende indiscutibilmente mo semplicemente 1tO'Yl')pol, ciò è dovu-
il diavolo(~ v, col. 313 n. 3; col. 949), to al fotto che l'espressione di riscontro
con ogni probabilità anche Èv -r@ 'ltOV'r)- è costituita da ulot ·tfjc; BwnÀ.dctc; (dr.
Mt. 8, I 2), il cui opposto è propriamente
p@ indica il diavolo, che in Io. 12 ,3 r;
utòc; yEÉWl}<; (Mt. 23,15). È dunque as-
14,30; r6,n è chiamato llpXW\I -rou sai verosimile che TIOV'T')pov abbia valore
x6aµov, «signore del mondo». neutro.

e privare della salvezza. Ma il giorno dcl giu- stione a favore dell'interpretazione maschile;
dizio costituisce la sua fine (Barn. 2,ro; 21,3). e cosl dicasi a proposito del rinvio a Corp.
as Non ha particolore valore probante il mi- Herm. 6ri: ò yèip xooµo~ 1tÀ:npwµ&. !u-r~ -ri]ç
tologumeno di R. Eleazar citato in Zohar a xu.xla.c;. & Bt bEòç -roll &:yu.Doii. Cfr. W1N-
Gen. 4,4 (spr hzwhr lrbj 1m'w11 bn jwh'i Drsctt, Kath. Br., ad loc.
[ 1926) ), secondo cui Caino fu concepito in 87 Cosl, ad es., B. WErss, Dar Eva11gelium
Eva dal diavolo, Esso va comunque nello stes- des Mat1hiiu1, Kritisch exeg. Komm. ilber das
so senso. N.T. '(1890), ad loc.
8-.S Sì rinvia all'espressione greca xEfo·{}a:~, di-
pendere (Polyb. 6,15,6; Soph., Oed. Col. 88 Cosl ad es. Z.rnN, M.t., ad /oc. e KLoSTER·
247). Ma ciò non vale a decidere la que- MANN, Ml., ad /oc.
1393 (vr,560) 1t0VT)p6ç e II 2.C (G. Hatder) (v1,560) 1394

Il valore maschile cli •ou 1tCVTJPOU in nos a malo. Lutero si riallaccia alla tra-
Io. 17,15 ( •lJp1JcrtJc; a.Ò•oùc; Èx 'tou 1to- dizione, anche se nel Grande Catechi-
smo mostra di includere in questo male
Vl)poi.i) corrisponderebbe all'uso giovan-
il diavolo <ccattivo, malvagio, nemico ca-
neo(~ col. 1391). pitale» 91 • Nel suo commento a Mt. 6,r3
Calvino lascia aperto il problema se no-
Nell'espressione pvcracri>cxt a.ò'ti)V areò vripov vada inteso in senso neutro o ma-
r.:a.v'tòç 'ltO\/T)pou, «liberala (sci!. la chie- schile, ma riferisce l'interpretazione
sa) da ogni male» (Did. 10,5) è chiaro neutra ol peccato 92 •
che 'ltOVlJpou va inteso in senso neutro.
Poiché 'tlJpEiv Éx è un'espressione tipi- A favore dell'interpretazione maschi-
camente rabbinica che in Apoc. 3,10 è le gioca il fatto che ò TCOVYJp6c; in Mt.
collegata con wpa. 'tOV Ttuprurµo\.i, dove 13,19 e anche altrove nel N.T. (~ coll.
si ha un'eco della settima domanda del i389 ss.) indica il diavolo. Relativamen-
'Padre nostro', l'intel'pretazione di que- te perché sono le attestazioni di questa
sto passo va fatta con lo stesso criterio designazione prima del N.T. e al di fuori
con cui s'interpreta Mt. 6,13. Di fat- di esso. A rigore si può parlare solo
to qui è sostanzialmente indifferente della rara designozionc del diavolo qua-
che si interpreti rcov71pov in senso ma- le rJ' (aram. rJj" ), l'empio 93• Anche il
schile oppure neutro 89 • Si deve però no- malvagio identificato con l'angelo della
tare che questo passo sarebbe l'unico morte 9 • non può essere qui chiamato in
nel IV Vangelo - non neUe lettere (~ causa; infatti Mt. 6,13 non contiene
coli. I 390 s.) -, in cui il diavolo verreb- alcuna richiesta di essere preservati dal·
be chiamato 1tO\l'l)poç, sebbene vi si parli la morte. Il materiale desumibile dal-
abbastanza frequentemente di lui. l'uso aramaico non permette di trar-
re alcuna conclusione sicura a favore
della forma maschile. Nell'espressione
Il più importante dei passi controver-
min b1Sa' il termine biSii' può voler dire
si è senza dubbio Mt. 6,13: pucrrJ,t i)µlic; sia il maligno che il male. Neppure si
tX7tÒ 'tOV 1tOVYJPOV. può provare con certezza che à1tò 'tou
1t0\11)pOU corrisponda a un min sii(ana',
Il diverso modo di intendere questo «da satana», perché siitonii' farebbe ri-
passo penetra fin nei contrasti confes- ma con le parole terminali delle doman·
sionali. Gli Orientali 96 leggono -cov reo· de precedenti baiiabajnii', «i nostri de-
vripov al maschile, la chiesa occidenta- bitori», e nisjonii', 'tentazione' 95 • L'ar-
le - salvo Tertulliano - al neutro: il ma- gomento più forte a favore della lettura
lr:. Già la Vetus Latina traduce: libera maschile potrebbe esser dato dal fatto

89 Cos) afferma giustamente BULTMANN, ]oh., no il Maligno in senso assoluto (STR.~CK·Bn..


ad loc. LERBECK I 422).
so Ad es. Chrys., ho111. i11 Ml. 19,6 (MPG 9• Vedi pure Midr. Ps. 21,3: al soffio delle sue
57,282): 7tOVT)pÒV ÒÈ ÈV'fttVlttt 'fÒ'J Ò~tt~OÀOV (del Mcssh1) labbra il Maligno uccide; in que-
xa).ti:. sto caso esso si trova, come angelo della
morte, al servizio del potere giudiziario del
91Ediz. di Weimar 30,r,210.
Messia e non rappresenta il suo antagonista,
~ Calvino, In N.T. Commenlarii l,I (1891), qual è senza dubbio da considerare secondo
ad !oc. Mt. 6,13.
93 - DALMAN 352 s. Tg. ls. del resto
u,4; 93 ~ KUHN 37 s.; v. la recensione di E.L.
- n. 40. In nessun passo hiirii' o b11il so· DIETRICH: ThLZ 76 (r951) 291 -293.
r.ovnp6ç e II 2C (G. Hardcr)

che la preghiera, ripetendo in forma te 102• Si aggiunga che nel N.T. pVEO'i>CtL
inversa la sesta domanda, invoca 1a sal- cbt6 o Èx. non è mai riferito al diavolo,
vezza · dalla tribolazione escatologica%. bensl a uomini (Rom. 15,31; 2 Thess.
Nell'èra finale si ha l'attacco e la scon- 3,2; 2 Petr. 2,7) e a potenze (2 Cor. r,
fitta del diavolo. Numerose sono nel- 10 [i>ava:toc;, 'morte']; 2 Tim. 3,u
1'A.T. e nel tardo giudaismo le do- [ OLwyµol, 'persecuzioni']; 2 Tim. 4,17
mande di essere salvati dalla miseria, [ O''t'oµa. À.Éov't'Oc;, 'bocca del leone]; 2
dalla tribolazione e dal peccato, da ogni Tim. 4,18 [ 1t&\I ~pyov 'ltOVT}pov, 'ogni
male 97 , anche se non dalla potenza del opera malvagia']; 2 Peti·. 2,9 [ 1mpet.·
diavolo. Siccome però l'escatologia tar- uµ6c;, 'tentazione']). Inoltre si riferisce
dogiudaica e neotestamentaria afferma alla redenzione escatologica come già
che il diavolo è la vera causa di tutte avvenuta: Col. r ,I 3 (€~ovulci. 'tOV uxo-
queste afflizioni, la domanda di esserne -rovc;, 'potere delle tenebre') o tuttora
definitivamente liberati può riferirsi sol- attesa: Le. 1,74 (Èxi>pol, 'nemici'); Rom.
tanto a lui. 7,24 (crwµa 't'ou ila.vchov, 'corpo di
morte'); r Thess. r,10 (opyi) ÉpxoµÉvri,
Ma quest'argomentazione ha basi de- 'ira veniente').
boli. In numerosi passi si parla di 't'Ò
7tOVT)pov come del male 93 • Proprio per-
ché preghiera escatologica, il 'Padre no- andrà dunque inteso co-
'tOV 1tOV1)pou

stro' può domandare la liberazione da me neutro, secondo l'uso prevalente di


ogni male. In una preghiera contenuta Matteo. Esso è il male ne] senso delle
nei frammenti della Geniza 99 è detto:
preghiere giudaiche, soprattutto la tri-
({Salvami da ogni cosa cattiva». La
preghiera del mattino di Ber. b. 60 b bolazio11e del tempo finale, come pure
corrisponde; nella sua struttura, alle do- il male che si può fare o progettare con-
mande sesta e settima 100, sl che si può tro qualcuno. Intendere 't'Ò Ttovnpov uni-
supporre che in Mt. l'aggiunta della set-
tima domanda, che non si trova in Le. 101 , camente come indicazione di un male in-
abbia il suo fondamento nell'uso ebraico fratemporale non è possibile, a causa
di pregare. In queste preghiere si do- del carattere escatologico della preghie-
manda di esser preservati dalla tentazio-
ne, daUa vergogna, dall'istinto malvagio, ra, nella quale è in gioco 1~ liberazione
da mala evenienza e malattia, da cat- finale, definitiva.
tivi pensieri e sogni, cioè dal 7tOVl)p6v Anche neJl'espressione xupLO<;, ai; ...
inteso come 'male' (~ col. r372). In
qivÀ.a~EL à'!tò 'tou 7tovnpov (2 Thess. 3,
ogni caso si tratta di esser preservati
dalla minaccia quotidiana di pericoli, 3) 1tOVT)pou iindrà inteso, suJla scorta di
non di esserne salvati definitivamen- Did. 10,5 e Mt. 6,13, in senso neutro.

9.1 ~ LOllMEYER 159-161. quello di Ml., e di una prova che quest'ul-


97 Ps. 26,II; 69,19; -+ DALMAN 352.
2),22; timo si era imposto.
98 ~ nn. 32.35.44; -+ col. 1366. 102 Altri :scmpi in STllACK-EILLERllECK I 422
99 -+ DALMAN .353·
s. Interessante è l'amuleto cristiano (v. MtT·
100 -+ DALMAN .358 ss.; -+ FIEDIG 49-55. TEIS-WILCKEN I 43i:) del VI sec., riprodotto
101 In Le. n,4 la domanda si trova nei codd. in BGU II 9_54,24, che propone un com·
A, C, D, W, 0, cp, 511, it., syr <, Potrebbe trat- mento in tal senso: ~ù(cm~ i})µéic; t'utl> 'ti'jç
tarsi di un'aggiunta per assimilare il testo a 7to(v )T]p( lcxç).
1397 (v1,56r) 710VT)p6ç e 'II lC (G. Harder)

Naturalmente è possibile anche veder- 9 e Eph. 6,14-17. Si dovrebbe quindi


vi un maschile 103• Qllanto a Mt. 5,37 pensare all'uomo malvagio lll1 (cfr. r
( "t'Ò o€ m:pwc;Ò\I •OV"t'W\I fa i:ou 1tOVY)pov Cor. 5,13). In generale, però, quando
EO""t'W), già la chiesa antica lo ha letto si designa l'uomo malvagio si ha l'ag-
in riferimento al diavolo («ciò che va al giunta di à.v1)p (Aci. 1 7 ,5 ), iivitpw'ltoç
di là di qllesto, viene dal maligno») e (Mt. 12,35; Le. 6,45; 2 Thess. 3,2; 2
tutta una serie di esegeti l'ha segllita fi- Tim. 3,13) o oouì..oç (Mt. I8,J2; 25,
no ad oggi 104• Tuttavia anche quest'e- 26; ·Le. 19,22). A favore del maschile
spressione va intesa in senso neutro iu~ . potrebbe stare il fatto che il logion pro-
Sembrerebbe anche più logico far risa- segue con oui:t<; uE pa:rcl~Et., «se uno ti
lire al diavolo non tanto la semplice as- percuote», cioè pensa a un ·uomo che
severazione quanto piuttosto la menzo- fa il male 108 • Ma con 1t0\11)pi{.l può esse-
gna lilli. «Dal male» proviene tutto ciò re anche indicata la cattiva azione com-
che, ricorrendo ad asseverazioni, non fa piuta da qualcuno contro il proprio si·
che limitare la proibizione di mentire. mile 109 • Anche in r Thess. 5,22: <Ì.1tÒ
Mt. 5,39; µ7) <Ì.'V't'LO"'tij'VCX.t. "t'~ 'ltO\l'l')pt'i), 'lt~\l't'Òç doouç 1tO'V1)pou à.'ltÉXEO'tk, non
se letto come un maschile, può indicare è possibile interpretare il termine come
sia Satana sia l'uomo malvagio. La pri- un aggettivo, come fa la Vu1gata: ab
ma ipotesi cade, perché il cristiano deve om11i specie mala cavete. 1t0\11)poO è ge·
opporre resistenza al diavolo, e proprio nitivo di 'ltOVl')p6v, anche se non ha l'ar-
Iac. 4,7, che è vicino alla raccolta dei ticolo, e l'espressione va tradotta: guar-
logia (Q), lo afferma espressamente; U· datevi da ogni specie di male 110•
guale concetto troviamo in .I Petr. 5, Mt. 5,i1: Etnwcrw 1t<i\l 1tO'V'llPÒV xai>'

JOJ Cfr. M. DIBELIUs, Die Geisterwelt im può tuttavia replicate chiedendosi se t1nca·
Gla11ben des Paulfls (1909) 57. WoHLF.NBERG, rare un'affermazione sia già necess:uiamentc
Tbess., ad loc., 1o deduce dall'antitesi con il una menzogna o la favorisca.
xvpioç invocato e da 1 Thess. 2,r8: lvixoijJEv 101 Cosl anche WEiss, op. cii. (-> n. 87) ad
iiµéiç ò O"tt't'o:viiç. Tuttavia nell'epistolario /oc.: homine maligno.
paolino ò 1tOV1)p6c; non significa il diavolo. 108 Lo fa notare, ad es., KLOST.ERMANN, Mt .,
1()1 Ad es. Chrys., hom. in Mt. 17,6 (MPG ad loc. Anche SCllLATTBR, Mt., ad loc. con·
57,262); WETTSTEIN, ad loc. Già Clem. Al., sfdera noVT}p6<; come un maschile ( = l'avver-
paed. 2,103,2 (GCS 12,219) a Le. 12,28 con sario) e rinvia a Ios., ant. 6,284: Et noVT)pÒç
riferimento a Ml. 5,37. oihoç El<:, 'liµ.ttc,, cH.)..'ovx tµ.è lìEi: 't'OiOU'tO'I
1'>5 Analogamente elle espressioni tx 't'OV Etwu npòç a.u-còv.
~(mpETtOU<;. ID'J Cosl P. FIEBIG, Jesu Worta uber die Feilz·
106 Lo fa notare ZAHN, Mt., ad /oc. SCHLAT- desliebe: ThStKr 91 (1918) 49 s., rifacendosi
TBR, Mt., ad /oc., legge 1tOVT)p6ç al maschile a paralleli rabbinici; v. pure G. HoNNICKE,
e sottolinea che anche in altri casi Gesù vede Neuere Forschungen zum Vatarunser bei Ml.
il Satana nll'opere, anche quando alui non lo 1md Lk.: NkZ 17 {1906) 178-180.
vedono. Gesù ricollega Dio-- ella verità ed e- 110 Cosl Dibelius, Thess., ad loc., il quale cita
sclude la menzogn:i dalla volontà divina. Si pure Did. 3,1 : cbtò 1tO:V't'Ò<; novl)poii xr.lt
TCOVT}p6c; e Il 2C • TCOV'J)plct A (G. Harder)

uµwv è forse un'altra traduzione del- 1a comunità provocato dallo Spirito di


lo stesso testo, che Le. 6,22 riporta Dio, ma stilisticamente l'espressione ha
in questi termini: ÈX(3a}..wo"LV 't'Ò ovoµix il suo prototipo nei Testamenti dei XII
uµWv wc; 'ltOVT) pév (~ col. I 3 8 I ). Si Patriarchi 111 •
vuol parlar del male che gli avversari
dicono dei discepoli. Chiaro è pure Mt. i· itOVT]pla
12,35; Le. 6,45:6 'ltOVT)pòc; èivl)pw1toc; ... SOMMARIO:
Èx.(36:.).À.EL 1t0Vr)pOC. L'Èx. 't'OV 1t0\IT)poii in A. TCovn::iia nel .~reco classico ed ellc11istico.
Le. non è sostantivo ma aggettivo, e si B. Antico Testamenlo e tardo git1daismo.
riferisce al precedente Ex 't'OU l>ricrixupou. C. Gi11daismo ellenistico:
1. I LXX;
In Mt. 9,4 il male è costituito dai pen- 2. pseudepigrafi;
sieri degli Scribi. In Mc. 7 ,2 3 ncX.v-rix 3. Filone e Flavio Giuseppe.
D . 1tOVTJplct nel Nuovo Testamento.
-.au't'a 't'~ 'ltOVTJpci rinssumc il preceden- E. 1tOV'l')pla t1P.i Padri npostolici.
te catalogo di vizi. In Act. 5 ,4 il testo
occidentale per designare l'azione di A- 7COV1)pla, astrazione di nov71p6c;, ne
riproduce sostanzialmente tutte le ac-
nania non dice 't'Ò 1tpci:yµix, ma "t'Ò no- cezioni.
VTJpÒv -.ov-.o. In Act. 28,21 'TC0V71p6v in-
dica il male che Paolo potrebbe aver A. 7tO\ITJpla. NEL GRECO CLASSICO ED
fatto. In Le. 3,r9 il plurale 1tOV'f]p6:. è ELLENISTICO
usato in senso del tutto generale. Ugua-
1tOVl)plcx. è la deficienza, l'imperfezio-
le significato ha 'ltovripcX. in Aet. 25,18. ne, anche la malattia fisica di animali e
In Rom. r2,9 la forma singolare <ino- di uomini: 1tOVTJpia. 'lto8wv e 'ltovripla
O""tuyouvnc; -tò 1tOVTJp6v, xoÀ.Àw~vot ocpfrcx.}..µW\I (Plat., Hi. II 374 e). Platone
giunge a chiamare la malattia una 7tO'V'fl·
"t'@ ayal>Q è da intendere al neutro e
pla. uwµai:oc;, a fronte dell'à8t.xla che è
indica in modo del tutto generale il una 1tOVTJpia t!Juxi]c; (resp. ro,609 c).
male morale: «aborrendo dal male, at- Anche l'imperfezione di un'arte è, per
lui, 1tOVT)plix 1; tale è pure la dannosità
tenendovi al bene». Nel quadro del
della pioggia e dell'aria (Ael., nat. an. r7,
nuovo ethos il bene e il male si deter- 40 ), una concezione difettosa di virtù
minano sulla base di tutto l'operato del- (Xenoph., Cyrop. 7,5,75), la avversità

ànò 7tl'1.'J-còç òµolou mhov; Pscud. Clem., usano 1tOV'l')p6ç al neutro, senza un sensibile
hom. n,27 13 (GCS 42,168) aggiunge a un ca- mutamento di senso. È oggetto di µ~crerv in
talogo di vizi la notazione: 'tOV-CW'J oÈ Etlh1 Barn. 19,n; di TCO~Et'J in Herm., m11nd. 4,2 1
7toÀÀ.a, e Ios., ani. 10137 parla di nri.'J ttooç 2; di 7tptX't"CEW in 2 Clem. 8,2; di &:ypumlf~'J
;toV'l')plac;. DonscHiiTZ, Thess., ad /oc. ritiene in Barn. 20,2 e in Did. ,,2.
cosl decisiva l'assenza dell'articolo, da tradur·
re <eda ogni cattiva specie» (scii.: <li presunta 1tO'JT]plct
opera dello Spirito). I Plat., resp. I.J42 b, accanto ad aµ«(Ytlct,
lii test. B. 8,r; tesi. D. 6,10; test. G. 5,2. Si 1:rrore; Aristoph., 1'hesm. 868: Mncsiloco t:
ricordino i passi nei quali i Padri apostolici ancora in vita grazie all'inettitudine dei corvi.
1'COVl]pltt A-TI I (G. Harder)

(Plut., quaest. conv. 4 [II 671 a]). usato sempre più frequentemente in epo-
Il significato politico (-Holl. 1 360 s.) ca ellenistica 5 ; si deve però considerare
di 7tOVl]pi'.a è assai ampio. Vi è la 'ltO- che anche Platone e altri conoscono 7tO-
VTJpla 'twv ÒTJµT)yopouv-.wv (lsoc. 8, vripla. con questo significato, quale sem-
108 ), -.wv pl)'topwv, che si arricchi- plice opposto di àpn1) (Plat., Teaet.
scono 2; 'ltOVTJpla è la bassezza, l'abie- 176 b; Aeschin., in Chtesiphontem 172;
zione, la malvagità (Lys. 14,9.35; De- Aristot., rhet. 2,12 [p. 1389 a 18] ).
mosth., or. 21,19; Xenoph., mem. 3,
5,18). Ditt., Or. 519,rr (l'imperatore B. ANTICO TESTAMENTO E TARDO GIU-
Marco Giulio Filippo): 'ltav'tw\I t]pEµov DAISMO
xa.t ya)..rivòv (3i'.ov ÒLa.yov'tw\I it0\11]·
plaç xa.t ÒLa.:CTELcrµG'.1v 7tE( 7t )cwµévwv, r. Nell'A.T. ~orrispondono a 'TtO\ITJplo:
«quanti conducono una vita quieta e a
i vocaboli rii' e roa', talvolta ra'. Co-
tranquilla, dove cattiveria e agitazioni me novripla., essi significano condizio-
son ridotte al silenzio». ne cattiva, inutilizzabile, detto di frutti
avariati, guasti (Ier. 24,2.3.8: roii'); o-
7tO\ll)pla.: è la volontà cattiva coscien- diosità, miseria di animali (Gen. 41,19:
temente (Éx 7tpoa.LpÉcrt:wc;) operante, in ròa', 0:1.crxpoc;); cattiva disposizione di
contrapposizione a una condotta Èx w-
sefllimenti, aspetto triste (Neem. 2,2:
µov 3 . La TIO\ll)pla. CTUVEXlJc;, 'cattiveria roa' lèb; Eccl. 7,3: roa' piin1m, xo:xlo:);
costante' è µoxlh}pla, cioè inefficienza dispiacere (Neem. 2,ro: 7tOVl)p6v); sven.
morale (Aristot., eth. Nic. 7,9 [p. n50 tura, sfortuna, soprattutto quelJa che
b 35] ). Cosl pure 7tO\IT)pla si distingue Dio destina all'uomo («verrà su di essi
nettamente daJla ay\IOLCX, 'ignoranza' e la sventura», 'alehem ro'a tob6': Ier. 2,
dall'ci(3d,,'tEpla, 'scempiaggine'. Essa ha 3; 26,3 [ = LXX 33,3]; Gen. 19,19:
conseguenze per gli altri uomini, mentre xa.x<i; Am. 3,6: xaxla; Ex. 32,12;
1'&:(3EÀ'tEpla ne ha solo per la persona ;eme hara'a, «giorni di sventura»: Ecci.
stessa. Si ha qui un'eco del significato so- 12,1 [xa.xla.J ); situazione brutta, pe-
ciale che il vocabolo aveva in origine(~ nosa (Neem. 1,3); il male che certi
coli. 1539 s.) 4 • Per Demetrio (/r. 4 [C. uomini si fanno tra di loro, cioè il
A .F. 1796]) il suo segno distintivo sta danno, come pure la manifestazione
nell'essere costantemente volta al guada- di cattivi sentimenti (Gen. 26,29; 44 ,
gno: un'accentuazione che si ritrova an- 4; I Reg. 2,44; Neem. 13,27; 6,2;
cora nell'uso neotestamentario. In senso !ud. II,27; 15,3); il disegno malvagio,
generale, senza precisazioni, Tiovripla è la coltiva inte11zio11e, la malignità, il

l lsoc. 8,124; dr. Xenoph., Cyrop. 2,2,95 : •nplct consiste in 1tPtX~E~<; a0-Vµqiopot., ctla"Xpttl,
'ltoì..ì..1btc; yàp Mvav-rctt. -.:'Ìjv TCO\l'l'lplctv 'ltÀEO- à11!iEÌ:<;, aòVvr.t't'O~, ma tutto ciò soltanto, per·
vEX"t'OVactv à?tooHxvvvaL. Si noti questo ac- sonahnente, per colui che opera.
costamento di 'ltO\l'l'lPla e di 'ltÀEO'llEX"t'ELV (nel 5 Plut., de invidia et odio 6 (II 537 s.): et!
N.T. 'ltÀEO'llEl;la) frequente anche nel N.T. µ!v &xpu;-.:o~ 'ltOVlJp(at. crovEm-rElvouat, «le
l Perciò Menandro, Jr. 98 (KORTE 11 46) la malvagità sfrenate accrescono l'odio». P. Oxy.
contrappone a tilvotct. Ancore, Aristot., elh. XIII 1603,x8 s, (da una predica encratita):
Nic. J,IO (p. 1135 b 24 ss.). xax~<T'tOV yvvii 'ltOVl)pÙ (1t)av(-r)wv, Mv
~ Plnt., soph. 228 d: 'ltO\l'l'lPl<X, scelleratezza, oÈ xat 'ltÀOU"tOV Ìt~TI Ti) 7t0V[ 'l'}plq: txi'.1-rijç
contrapposta all'i!yvota, quale v6aoc; -riic; \jlu· cro]vEpyo\iv-tcx. P. Oxy. m 413,46 (da un
xiic;. Aristot., rhet. 5,5 (p. 1426 b 30.32): '!'CO· dramma di epoca ellenistica): nw.; yap VTC«-
Vl)pla consiste in ?tp&.l;Etc; ltoLxot., 'ltapavoµot xououcn (gli dèi ) -ra.~ EVXO':l<; 'l'COVl)p(q. -ròv
-ri;J 1'CÌ..TJ&Et. -rwv 'ltOÀt."t'WV !Xtroµ<popot. . •Affr).. EÀEO\I µÉÀ.).O\l't'E<; 'lt<XP[ ÉXE ]crl}a.~.
'i>OVlJp(a B r·C r (G. Harder)

male in assoluto (Os. ro,15 [xaxla.t]; una sostanziale differenza di significa-


lob 20,12 [xa.xla]); le singole cattive to tra 1t0\11Jpla e xa.xlcx. Una tendenza
azioni (Is. l,16; Ier. 4,4; 21,2 [senza in tal senso può essere constatata solo
equivalente nei LXX]; 23 1 2; 2613 [ = nel testo greco dell'Ecclesiaste, dove xu-
LXX 33,3]: rcovl}p6ç] ); la malignità a
xla traduce roli' e ra' nel senso di sven-
dei malvagi, degli empi, dei cattivi (Ps. tura, svantaggio, aspetto cupo (Ecci. 5,
7,ro; 73,8: ra', spiegato poi come su- u; 7,3), mentre una volta sola traduce
perbia, atto di violenza, ostinazione). ra'a nel senso di cattiveria (7,15). Per
esprimere questo significato i traduttori
2. Al riguardo anche l'uso semantico
preferiscono servirsi di noVl'}ploc ( 2 ,2 l,
dei testi del tardo giudaismo non dif- par. µcc'tat6·n1c;); 7tO\ll}pla. ricorre pure
ferisce 6 • Il Talmud usa spesso re'ut, a significare ciò che è male, riprovevole
anche se si tratta di un'espressione tar- sotto il sole (6,1; II,10). La medesima
diva che non ricorre nella Mishna, nel distinzione si riscontra nell'Esodo 8 • Per
senso di carenza, imperfezione 1 . Anche il resto l'uso si ripartisce cosl nei vari
nei testi di Qumran si trova rii'a con il libri biblici: Genesi, Deuteronomio, I e
significato di sventura e di cattiveria ( 1 2 Sam., I e 2 Reg., Giobbe, Proverbi,
QS ;z,16; 4,13; 5,14). In che consista la Profeti minori, Ezechiele e in prevalen-
cattiveria o malvagità, risulta dai catalo- za i libri dei Maccabei usano xaxla.;
ghi di vizi (ad es. r QS 4,9-1 I [-+ col.
Giudici, Neemia, Isaia usano 7COV1]pla.
1371 n. 33)). Del tutto singolare la situazione del li-
bro dei Giudici, dove si è avuta una ela-
C. GIUDAISMO ELLENISTICO borazione: il cod. A usa xctxla., che, co-
me in Filone, cosl anche nei LXX è più
I. I LXX frequente che 1tOV1)pla, mentre il cod. B
Nei LXX 1tOvl)pla. rende rii' a e roa', preferisce TIO\l'J)pla. 9• I due termini so-
ra'. Questi vocaboli, però, in altri pas- no usati entrambi, senza sensibili diffe-
si son tradotti anche con xax'a (-+ renze di significato, da Salmi, Sapienza,
IV, coll. 1423 s.). I traduttori dei vari Ecclesiastico. In alcuni passi dei -LXX
libri biblici mostrano di preferire l'uno rco\ll)pla traduce anche altri termini,
o l'altro equivalente greco, senza porre come to' eba10
, 'awen , ;e~er
11 12
e •àmat Il,

~ Ber. b. 17 a : kol ra'ot hammitragg'sol l' ho' ;ciane agli occhi di qualcuno; in 26,25 si tro-
b"olom, che può significare sia_ tutte le 'mal· va to'ebd in assoluto: orrore nel _c uore. I
vngità' sia tutti i 'terrori', «che si levano tu· LXX danno quindi un senso morale; dr. nei
multuando, per precipitarsi nel mondo» . Proverbi la traduzione di lo'èba con rix&.fiap-
7 Nidda b. 2 b; Hul. b. 9 a; Beca b. 34 a. 'Toç e O:xc:d)apofa.
s Ex. 32,12: r.ovl)p{cx, calliva intenr.ione; 32, 11 Is. 10,1; nei Salmi è tradotto preferibil·
12.14: xaxla., sventura. In 23,r2 xctxla. può mente con à.voµla., con ào•xta o con n6voc;,
anche significare cottiverirl. nei libri profetici preferibilmente con x6noc;.
9 fod. 9,56.57; 20,3.12.13.41; IJ,3; 'JtOl.t~\I Jl Deut. 31,u. jèfer è dunque inteso come
'it0'111]p(ttv µE't&. 'tLVOç, II,27: qui 'Jt0'111]PlC1. è impulso malvagio, malvagio disegno. Io Gen.
lo svantaggio, lo sfavore, il danno, che si ar· 6,5 è tradotto con o•t:tvo~i:u&a.•, nelle Crona-
reca a qualcuno. che con o•avo•a e con lvDVµl)µa.
10 Prov. 26,25; negli altri casi in genere è Il Is. 10,1; ma in genere è tradotto con
tradotto con ~lìf).vyµa, in Ez. spesso anche x6noc;, µ6xl>oc; o n6voc;, in questo caso si-
con à.voµl<x. Nei Proverbi to'ibd è tradotto gnifica quindi probabilmente ciò cbe è svo11:
con flolÀ.uyµa quando significa un'abomina- 1oggioso.
r;O'll1Jp(u C 1-D (G. H:irder)

oppure i LXX usano rto\lt]p(o.: in senso non stupisce, dato il carattere netta-
aggettivale, come genitivo di qualità: mente encratita dei Testamenti dei XII
Myo~ o yoyyvaµòç Tt0\11]plaç ( l{I 140 Patriarchi (test. lttd. 17,2; test. D. 5,
[ 141] Ai Ecclus 46,7 ). In pochi passi 5.6).
Aquila e Simmaco usano 1tO\l'l')p(a in sen-
so morale, dove i LXX hanno xa.xla. 3. Filone e Flavio Giuseppe
(Ecci. 7,I5, Aquila; l Ba.<T. 15,28, Sim-
maco). - Usano 1t0\11)pla per lo più in senso
morale. Philo, ebr. 223 (accanto a òpy1),
2. Pseudepigrafi 1ta..\loupylrx., i>uµ6ç); Flav. Ios., bell. 7,
34; vit. 298. In Filone colpisce l'uso af-
Anche qui 7tOV'rJpla ricorre con il si- fatto limitato di 1tO\ll)pta.. a confronto
gnificato di pena, miseria, sventura, ma con la straordinaria frequenza di xa.xia..
in due soli passi: test. D. 5 ,8; test. B. (IV, coli. r442 ss.). Analoga è la situa-
3 13. Nella grande maggioranza dei casi zione negli scritti ermetici, che non
1tOVl)plet è usato in senso morale e pre- hanno mai 1tO\ll)pla o 'ltOVl)pbç, mentre
cisato mediante l'abbinamento con x6..- vi compare xa..xia. Giuseppe usa 1tO·
XW<TLç e con &ac:pt)opa (test. G. 8,2) o VT]pla, ad es., in vit. 339, con il signi-
con Ò7tEp'l')<pa\lla... Appunto quest'ultimo fic(lto di abiezione politica.
termine, che indica il peccato commes-
so bejad-rama, «con mano alzata», cioè D.1t0\ll)pla. NEL NUOVO TESTAMENTO
intenzionalmente, caratterizza 'JtO\l'l')pla.
come condotta intenzionalmente malva- Nel N.T. rço\l'l')pla ricorre solo in sen-
gia, contraria alla volontà di Dio (test.
so morale, specialmente generico, ad es.
D. 5,5.6). Il male viene fatto risalire
a Beliar o a certi spiriti malvagi. Be- nei cataloghi di vizi, come in Rom. r,
liar, quando signoreggia un uomo, gli 29 14• Qui, affiancata a rcuovd;la; (-+
tramuta la bontà in malvagità (test. A. col. 602), 'JtOVl)pla indiça la neq11itia, co-
r,8; test. D. 5,5.6). Si noti che spesso,
come più tardi nel N.T., 1tOp\IElct. com- me traduce la Vulgata, l'inettitudine
pare quale variante di 1tO\IT]pto.:, il che morale 15• Come in Rom. r,29, cosl pu-
H La successione nella quale compaiono in me111es III (1868), ad !oc.: '.ltovqpla., tendenza
quel testo, secondo il cod. S, d:S~x(«, '7tO- a far soffrire; xixxla, soddisfazione nell'in-
Vl]PCa, x<ixCa, ha sublto diversi mutamen- giusto operare; W.M.L. DE WBTrl!, KurI.e
ti nelle varianti. L'evidenziarsi di xaxla. è Erkliirung des Briefes an die Romer, Kurzgef.
dovuto al fatto che xa.x(a, accanto ad à.S~xla. exeget. Handbuch zum N.T. n I ' (1938), ad
che rappresenta la condotta ingiusta agli oc- /oc.: '.ltOVQrX«, malvagi sentimenti e malvagia
chi di Dio, è considerata il carattere etica- condotta in generale; xixx(a, malvagità; F.
mente malvagio, del quale tutti gli altri vizi GODET, Komme11tar 1.U dem Brief an die
sono manifestazione. Romer, iibers. von E.B. Wunderlich (1881),
ad foc.; 1tO'llTJpla., malvagia inclinazione del
15 La trasposizione è dovuta allo sforzo di de- cuore; xaxlix, malvagità calcolata, che gode
finire e distinguere concettualmente :xax(a e nel far male. B. WB1ss, Der Brie/ an die
r.O'llTJpla., uno sforzo condiviso dai commenta- Romer, Kritisch-exeg. Komm. ilber das N.T.
tori di ogni epoca, ad es. H .A.W. MBYER, •(1899), ad /oc. ha invece ragione di afferma-
Der Brie/ on die Romer, Krilisch-exeg. Komm. re che una sicura distinzione - almeno nel
iiber das N.T. 4 (1865), ad /oc.: 'l'IO'llTJp(a. mal- quadro deUa migliore tradizione testuale -
vagità, mafitia; xaxla, basseua; J. CHR. K. è impossibile, tanto pili se si considera come
HOFMANN, Die Heilige Schri/t Neuen Testa- nei LXX sono usate xa.x!a. e 1'1'0Vl]P(«.
7tOVl')plct. D {G. Harder)

re in I C or. 5 ,8 7CO\ll}pl('I. non si di- mxyl]) 18• Invece in Mt. 22,18 1tOVl]pla
stingue bene, quanto al significato, da è la segreta intenzione malvagia dei Fa-
xaxla 16• Nel catalogo di vizi di Mc. 7, risei che vogliono cogliere in fallo Ge-
22 sta accanto a 7CopvEla. Anche qui, sù w. In Herm., .rìm. 9,19,2 i otoa-
sia pure al plurale, 7tÀEovEçl('I. e 7tO· crxccÀ.o~ 7tOVTJplccç, vengono detti an-
\l'l)pla sono una accanto all'altra e ciò che Ù7toxpt'tccl. Questo genitivo di qu~­
perché, verosimilmente, cosl accostate lità è usato pure in Eph. 6,12: 1t\IEVµct.-
figuravano in formule catechetiche 17• 'tLXà 'tfjç 1tO\IT]plac;. Qui 1\0\IT]plac; è
Anche in Aci. 3,26 7tO\ll}pl('I. è al plurale genitivo caratterizzante 2il, aggiunto al
per indicare i vari modi in cui si può collettivo 'TtVEUµ('J.'ttx&. (il mondo de-
essere riprovevoli (v. al riguardo l'uso gli spiriti) 21 • Questo mondo degli spi-
del plurale nei Padri apostolici [ ~ riti viene presentato nella sua mal-
col. 1410]). vagità, malignità ed empietà. Perciò il
Nell'elenco di Le. II,39 le cose si suo giorno è la 1}µ.Épa 1tOVTJp<i ( ~ coll.
presentano negli stessi termini. 7tO\l'J'lpla. 1377 s.), nella quale bisogna opporre
compare anche qui accanto a un vizio ad essi resistenza 22 • Il genitivo non va
determinato dall'avidità: la rapacità (àp- inteso come un genitivo soggettivo,

1s JoH. Wmss, 1 Kor., ad loc., e BAcHMANN, STRACK-BILLERBECK n 188, dipende dall'in-


Kommenlar, ad /oc. Bachmann lascia libera la terpretazione globale del logion. Il riferimen-
scelta fra xaxla. intesa come malvagità nei to a Ml. 23 non basta a dimostrare in modo
confronti di altri e ?toVl')pCct intesa come ciò decisivo la fondatezza della seconda ipotesi.
che è in sé malvagio. Ma (aie distinzione È perfettamente possibile che Le. abbia libe-
non è sufficientemente provata. La sostitu- ramente rielaborato Q. Per Ml. il logion è
zione di 'JtopvElcx a 'JtoVl')plct nel testo occi- una parabola dell'intero atteggiamento dei Fa·
dentale, che ha poi determinato un nuovo risei. Non si può parlo.re di un contenuto
accostamento dei due termini in manoscritti realmente ripugnante dei recipienti. Come nel
posteriori, si motiva in parte con la confu- logion sull'occhio di Mt. 6,22 s. (~ coli.
sione determinata dall'accostamento di 110· 1382 s,) Le. abbandona la parabola e presenta
Vl')plct e xaxla. Forse fu pure determinata da un'argomentazione semplicemente morale e
particolari motivazioni teologiche, nd es. di ti- psicologica. Perciò òµWv va riferito a ~<TWDEv.
po marcionita. Colpisce il fatto che il cod. G H Che 11ov11pCa. sia stata intesa in questo sen-
presenta anche in 1 Cor. 5,8 la medesima mu- so, risulta dalla sua connessione con vn6xpLCTLc;
razione del testo, forse sotto l'influsso del v. in Herm., sim. 8,6,2, dove si parla di coloro
I : ~ÀW<; aXOVE't!IL lv uµ~'ll 1topVEl!I. ~ da e- la cui µE't&.voLa. non è autentica e ai quali
scludere, qui come in Rom. l,29, un casuale non è donata una vera µE-cavoLcx, perché sono
errore d'ascolto, µt)..')..ov-cEc; lv unoxpCO'n µE't!I\IOEtV. Qui ÙTr6-
11 LoHME.YER, Mk., ad /oc. XPLll'lc; è accostato a òo).16n1c;.
Id Il riferimento di vµwv a fowDEV, come fa 20 EWALD, Gefbr., ad /oc.
11d es. B. Wmss, Handbuch iiber dar Evart- 21 W. SCHMIDT, Der Brief an die Epheser,
gclium des Mk und Lk, Kritisch-cxcg, Komm. Kritisch·exeg, Komm. iiber das N.T. 6 (1886),
iiber das N.T. 6 (1878), ad loc., o ad àP'71cxyi) ad loc., che rimanda 11 noÀL'tLx6v, t11n1x6v e
xal 1tOVl')pla., come fa J. CHR. K. HoFMANN, 'CÙ ')..TJ<T'tPLX&..
Die Heilige Schrift Neuen Tertamenler VIII I 22 S'incontra il medesimo genitivo in Herm.,
(1878). ad /oc. o più recentemente anche vis. 2,2,2: auµq>vpµot novl')pla.c;, mala srego-
1tOV7Jp(a. D-E (G. Harder) (vr,566) l4IO

quasi si dicesse che occorre lottare con- la singola azione malvagia o un vizio
tro l'elemento spirituale suscitato dalla particolare. Cos} in Herm., sim. 9,15,3
compare personificata accanto ad altri
malvagità o ad essa conforme, contro vizi: ÀV1t"l), !ÌO'ÉÀ.yEt«, ò~uxo>..lo:, \)JEu·
il lato spirituale della malvagità 21 , For- Ooc;, aq>pOcnJ\ll'), Xrt'tUÀ.CXÀ.UÌ. e µi:croc;.
se questo errore è già presente in P 46, Un'illustrazione dell'uso di Tt0\11]pla.
al plurale (~col. 1407) si trova nell'e-
che per questo tralascia le parole succes-
lenco di 7tovriplci.t riportato da Herm.,
sive h1 "to~ç È1toupci.vlo~<;. Questa 'loca- mand. 8,3, dove si ha un intero catalo·
lizzazione' indica appunto che secondo go di vizi: µot)t;Elo:, 7topvEt<X, µti}ucrµrx.
la demonologia dell'epoca si pensava al &\loµlcxç ecc. Ogni vizio è dunque consi-
derato una 'ltOVl]plcx. In tal senso vanno
mondo degli spiriti avversi a Dio, che si pure intesi il plurale 1tOV'l')plo:t o espres-
trova nella fascia mediana dei cieli. sioni quali TtotxlÀc.t.tc; TtOV'l')plc.t.tc; in
Herm., sim. 9,18,3, o 1tMc.t. 1tOVYJplrx. in
Herm., vis. 3,6,1, mentre il plurale in
E. '1tOV"l)plc.t. NEI PADRI APOSTOLICI
Herm., vis. 3,6,3 è dovuto al fatto
Nei Padri apostolici 7tOV'l')plc.t. è usato che si parla di più persone nel cuore
unicamente in senso morale per indi- delle quali 'ltOV'l')plcn Eµµl\louaw. For-
care la malvagità in genere, la cattiva se anche in 2 Clem. 13,1: µecnot. ..
condotta (Herm., vis. 3,5,4). Cosl in 1tOÀ.À.i]c; à.volrxc; xtXl 1tO\IT)plac;, «ripie-
ni di molta stoltezza e cattiveria»
Herm., sim. 9,18,r si parla di x6À.ci.<nc; .
s1 pensa a un gran numero di TtOV'r)plett
'
'ti)c; '1t0\11]plaç, 'castigo della malvagità',
in Barn. 4,12 del suo 'compenso' (µr.- come in Herm., vis. 3,7,2, dove si pari~
cr~Ò<; ...Tjc; 1t0\11]pla.<;) e in Herm., vis.
della Èm~µla -twv '1t0\11]ptwv (gen. og-
2,2,2 di bestemmia Èv 'Itovriplq. J.ll!YtH.n. gettivo). 1t0\11]pla. può essere da un lato
Herm., vis. 3,6,1 chiama 'figli dell'em- un concetto collettivo, dall'altro una
pietà' (utot Tijc; &.voµla.c;) coloro che a ben determinata condotta concreta o un
causa della loro 7t0\11]pla. sono inutiliz- malvagio sentimento che in essa si e-
zabili e rigettati. Herm., mand. 2,1 par- sprime. Cosl in Herm., sim. 9,18,2 si di-
la di quella 1t0\11]pla.v «che guasta la ce: 7tÀ.Efova 1t0\11]pla.v 1tOl.€!V. In tal ca-
vita degli uomini» ( 't'i)\I à.1toÀ.Moucrct.v so 1tOVl')pla. si presenta come uno fra i
"tijv ~w'i)v '\'WV à.wpw7tw\I), della catti- molti vizi, che in Herm., sim. 9,15,3 è
veria che i bambini non conoscono an- personificato accanto ad altri.
cora. Ma 7t0\11]pla può anche designare G. HARDER

latezza; sim. 9,19,2: lM~crxa.f..ot 1tOV7)pla.c;; genitivo va inteso in questo senso.


ma11d. 6,2,1.+7: HyyEÌ..oc; 1tOV7)pla.c; (contrap-
posto all'finEì..oc; 8~xcr.iocroV7)c;), le cui ope- 23 Spiritualis versutia (Erasmo, Paraphrasis in
re sono dannose, malvagie. Anche in vis. 1 , Novum Teslamentum [ q68J, ad /oc. ); cosl
1,8; mand. u,2 (l-mDvµta. -ri]c; 'ltOVl)pla.c;) il intendono anche altri.
nopEuo11cn A x (F. Hauck · S. Schulz)

I 1 I
7tOpEUoµaL' EL0"7t0PEVOµcu'
, '
EX7topwoµm

2. il significato di 'entrare nella morte';


3. l'imperativo;
4. l'invio di Gesù;
SOMMARIO:
5. l'apostolo;
A. L'uso extrahiblico: 6. senso traslato, etico-religioso;
7. discorsi d'addio;
I. il significato dcl termine in greco;
2, viaggi nell'oltretomba. 8. l'ascensione di Gesù;
9. la discesa di Cristo agli inferi.
B. LXX e lardo giudaismo :
1, significato proprio;
2. il significato di 'svanire'; A. L'uso EXTRABIBLICO
3. significato traslato;
4. significa to teologico;
5. l'imperativo; r. Il significato del termine 1 in greco 2
6. il trnpasso nella morte, viaggi oltretomba; L'attivo nopEuw, raro in prosa, signi-
7. Filone e Flavio Giuseppe.
fica mettere in moto, in cammino, con-
C. Il Nuovo Testamento: durre, guidare, trasferire: CF'tp~·nb..v
1. significato proprio; µH.Xwv '!tE~ii '1topi;vo-Ew wc; Bp~O"lo~"'·

-itopEvoµm. mart1m in paesi epica et dramatica ascensu,


Premessa. L'articolo è stato redatto originaria- Diss. Breslau (1913); K. Msuu, Scythica:
mente da F. HAUCK. Sue sono le se2ioni A e Hermes 70 (1935) :12I-I76; A. 0EPKR, Unser
B, a parte sostanziali riduzioni e piccole ag- Glaube an die Himmelfahrl Christi: Luther-
giunte; la sezione e
è stata rielaborata da s. tum 49 (1938) 161-186; F. PFISTBR, Der Re-
ScffiJLz con materiale raccolto da F. HAucK. liquienkult im Altertum 1, RVV 5,1 (1909);
Nota bibliografica: II, RVV 5,2 (1912) 480-489; K. PRiiMM, Der
W. BoussET, Die Himmclsreise der Seele: christliche Glaube und die altheidnische W elt
ARW 4 (1901) 136-169.229-273; CLEMEN 130- II (1935) 17-51.53-85; L. RADERMACHER, Das
135; F. CuMONT, Lux perpetua (1949) 189- Jenseils im Mythus der Hellenen (1903); ID.,
274; H. DIELS, Rimmel- tmd Hollen/ahrten Zt1 den Himmel/ahrtslcgenden: \Vochenschrift
van Ho111er b;s Dante: N.Jbchb.klAlt 49 fiir klassischen Philologie 28 (19u) 81-86;
(1922) 239-253; T. R. GANscmNrnTZ, art. REITZENSTErN, Ir. Eri. 2-92; ROHDR, Indice,
'Katabasis', in PAULY-W. 10 (1919) 2359- s.v.; H. ScHLIER, Religionsge;chichlliche Un-
2449; C. HoNN, Studien zur Gescbichte der tàsuchungen tu den lgnati11sbriefen, Beih.
Himmelfahrt im klassischen Altertum (19rn); z. ZNW 8 (1929) 5-32; F. WEHRLI, Die Myste-
R. HoLLAND, Zt11 Typik der Himmelfahrl: rien von Eleusis: ARW 31 ( 1934) 95-100.
ARW 23 (1925) 207-220; ]. KROLL, Beilriige 1 Etimologia: 'ltOpEVW da 7t6poç, via, (/llOJ!.O

wr Descemus ad in/eros, in Verzeichnis der di) passaggio, come itop~uw da rcopbµ6c;


Vorlesungen an der Akademie zu Braunsberg (luogo di) traghetto, e come ÒXE'ttuw, con·
(1922) 3-56; Io., Die Himmelfahrt der Seele durre avanti, rispetto a ÒXE'f6c;, canale; cfr.
in der Antike, Kolner Universitatsreden 27 E. FRAENKEL, Griechische Denominativa 188;
(1931); Io., Gott und Hi.ille, der Mythus von WALDE-POK. Il 39· [DEBRUNNBR).
Destemuskampfe, Studien der Bibliothek 2 Sui caratteri specifici di itoptutoi>c.n
rispetto
Warburg 20 (1932); G. VAN DER LEEUW, art. ad altre raffigurazioni del cammino dr. O.
'Geister, Damonen, Engel', in RGG 1 u 962- BECKER, Dar Bild des Weges und. verwandte
967; F. LooFs, art. 'Descent to Hades', in Vorsteilungen im friihgriechischen Denken:
ERE IV (19n) 648-663; H. MENDE, De ani- Hermes 4 {1937) 207 s. [KLEINKNECHT].
r:opEVOJl<t.t A M. (F. Hnuck . S. Schulz)

«Stando per condurre a Brasida un eser- coli. 122 ss.


cito per via di terra» (Thuc. 4, I 3 2,2 );
'ItOi: µE 'tÒ.V µEÀ.Éav itoptucrw;, «do- 2. Viaggi nell'oltretomba
ve trascinerai me infelice» (Eur., Hec.
447 ); -coùc; E\lilÉvoE ÉxELCTE ttopEvcrat, Nel quadro delle concezioni della
«trasferire dall'altra parte chi parte morte presenti nelle religioni antiche,
di qua»; (Plat., Phaed. 107 e); far svariati miti parfano di viaggi nell'oltre-
venire il re (èi.vax'ta: Soph., Oed. tomba. Il calare degli astri o il cessare
della vegetazione è visto in proiezione
Col. 1476); spedire E1ttO"'toÀ.ric; (ibid.
1602). Al medio : andare, viaggiare, va-
mitologica come discesa agli inferi del-
le divinità della luce e della vegetazione
gare; detto di un esercito: marciare µa-
(~ n, coll. 24-27 xcx.-caf3alvw). Secondo
xpo'tÉpcx.v (oo6v): Xenoph., an. 2,2,u;
EL<; ocyp6v: Plat., resp. 8,563 d; E'ltL 't'OÙ<;
il mito babilonese 3 il regno dei morti,
la 'terra senza ritorno', si trova all'estre-
tt6vovc;, «a un lavoro faticoso»: leg. 2,
mo Occidente, dove tramonta il sole. Il
666 a; ht'~pyov: Eur., Or. 1068. Detto
defunto vi si dirige attraverso un vasto
delle stelle: St'oùpavov noptuoµat:
deserto, deve passare per un fiume di
Plat., Tim. 39 d.
fuoco, finché raggiunge il palazzo degli
Solo di rado e in poche espressioni è
dèi inferi. I morti che godono di un
usato in senso traslato per indicare il
trattamento di riguardo sono raccolti nel
cammino della vita: '1tj'j { llv} rçopeviMc;
campo dei beati. Vi P. mitologia della
'tÒV Blov wc; &ptCT'ta OtÉÀi}ot; «quale via
natura nel viaggio di Isbtar che scende
percorrendo possa vivere nel modo mi-
agli inferi per liberare Tammuz. L'epo-
gliore» (Plat., resp. 2,365 b; cfr. Pind.,
pea di Gilgamesh narra come l'eroe
Isthm. 8,15: ~lov 1t6poc;); nopEuoµat scende agli inferi per interrogare il pro-
OtÒ. 'tWV Xtt'tà <puaw, µÉXPL 'TCEO'W\I ocva- genitore Utnapishtim sulla vita e sulla
1tfXUO'WµCtt, «cammino per la via delle
morte.
c.:ose secondo natura, fino a quando, ca-
duto, mi riposerò» (M. Ant. 5 ,4); Et Il mondo greco parla dell'Ade 4, ove
·ne; ù7ttpo7t'ttt xtpat'll il Mn> nopEuE- vanno i morti, definiti ot x&.-rw 1tOpEU·
-rcxi, percorrere empiamente tm cammi- 6µE\lot 5 , mentre Socrate attende 't'lJ'll
110 (Soph., Oed. Tyr. 883); 1tOV1]plcx. Otà. dc; "At8ou nopda.v wc; 7tOpEVO'Oµé'llOc;
-cwv ... 1}Sovwv 7topwoµÉVJJ è la malva- O't'a\I ·~ d~~a.pµivn xaÀij, «di intrapren-
gitù che s'aggira tra i piaceri (Xenoph ., dere il viaggio nell'Ade, quando il fato
C~yrop. 2,2,24). Il verbo è riferito al chiamerà» 6• I Greci parlano anche delle
procedere del ragionamento (Plat., soph. isole dei beati, nel lontano Occidente,
222 a; Phileb. 31 b; Xenoph., mem. 4,6, ove vengono portati i prediletti degli
r5); cfr. P. Tor. 11,6,13 (n6 a.C.): dèi (Horn.,· Od. 4,563-568; Hes., op.
EÌ:7tEP yt / oi} tv6µi~Ev tx -.'ijc; tX.À.l]i>Ela<; 167-173). Le «isole dei beati» ('llTjcrot
XIX:t'à. \16µouc; ~o<i)c; '7tOpEU6µ.éVOc; -rbv t~ µaxapwv) si confondono con la «terra
EvDvStxlac; À.6yo'll cruvlcr-rMi)ai. Sul- d'arrivo», la «piana elisia» ('HÀ.uO'tov
l'immagine delle due vie cfr. ~ vm, 1tE8lov ), descritta in termini analoghi 7 •

3 Testi in AOT 168-186; dr. pure E. EBE· s Ety111. M., s.v. ofa-to<;; Apul., me/. 9,31: ad
LING, art. 'Babylonien', in RGG' I 709-713; in/eros demeore; Soph., Ai. 690: trw -yàp
4 KROLL, Gott uffd Hol/e 205-261; sul mi· Etµ'bdu'&ito~ ?toptu·dov.
to egiziano 4 Kam.L, Goti 11nd Ho/le 183- 6 Plat., Phaed. 115a; cfr. 113d: 11optublv-cE<;
204. tnt 'tbv •Ax~pov'ta.
4 ~ r, coli. 393 ss., con bibliografia. 7 Forse dal termine egiziano elu, campo; dr.
q15 (v1,658) ?topEUoµa~ A 2 (F. Hauck - S. Schulz)

Secondo i misteri eleusini questo è il pEuEcri>at -.i)v Etç oEç~civ: 614 c) e di sa-
luogo eletto degli iniziati dove, secon- lire al cielo, e agli ingiusti di scendere a
do Pindaro, possono entrare soltanto co- sinistra, al luogo di pena. Ne vengono
loro che per tre volte hanno percorso fi- continuamente di nuovi wç b. 1tOÀ.À:ijç
no alla fine la via difficile di una vita 1tOpElai;, «come da un lungo cammino»
giusta (01. 2,68ss.; fr. 129ss.). La poe- ( 614 e). Si' raccolgono su una prateria e
sia parla di viaggi all'Ade compiuti per si narrano a vicenda ciò che hanno pati-
riportare di là o qualche persona mor- to e veduto nella loro millenaria tra-
ta (Orfeo-Euridice, ecc.), o qualche no- smigrazione sotto la terra, mentre colo-
tizia sull'oltretomba (Horn., Od. II, ro che vengono dal cielo riferiscono di
ecc.). Con l'evolversi, nella grecità, del quella vita beata. Lachesi stabilisce per
concetto di anima 8 si venne a distin- ciascuno il suo destino successivo e cosl
guere rigorosamente fra il corpo caduco comincia per lui una nuova trasmigra-
e corruttibile e l'anima immortale, ori- zione millenaria (617 d-621 a). Platone
ginaria del mondo divino. Solo quest'ul- ne trae una conclusione dalla quale ri-
tima va nell'oltretomba. È a questo sulta come il mito sia al tempo stesso
punto che nel mondo greco appare l'i- fondamento e scopo dell'agire ~tico: è
dea del 'viaggio celeste dell'anima' 9 . Se- necessario, dice, che preserviamo la no-
condo l'orfismo (vr-v sec.), che porta fra stra anima dalla contaminazione e che
i Greci la trasmigrazione delle anime, perseveriamo sulia via ascendente per
queste anelano a tornare nella loro pa- avere buon esito qui come nella descrit-
tria celeste, dopo lunghe trasmigrazio- ta trasmigrazione millenaria. Il pensiero
ni 10; l'Ade diventa luogo di punizione, di Platone, che qui pare dipendere da
l'inferno. Platone introduce nella filo- quello iranico 12, influisce poi su Plutar-
sofia greca la fede nell'immortalità del- co e sulla Stoa 13• A partire dall'elleni-
l'anima e nelle sue molteplici reincarna- smo (influsso della religione astrale,
zioni, finché sia giunta alla perfetta pu- sfere planetarie) la concezione va sem-
rificazione. Secondo il mito riferito in pre più trnsformandosi, e soprattutto si
resp.10,614 ss. 11 l'anima, dopo aver la- dice che l'anima dopo la morte non
sciato il corpo, va nel luogo ultrater- scende agli inferi ma ascende al cielo. Il
reno del giudizio. Là i giudici ordinano descensus diventa ascensus 14•
ai giusti di prendere la via a destra (1tO·

2
->GANSCHINll!.TZ 2379; N1LssoN I 3:1.4 s.; orphicae, KIT 133 (1915) 12-21.
~ KROLL, Himmelfahrl 7; J.
KROLL, Elysium, 11 Cfr. Plat., Phaed. Bob ss. no ss.; Gorg. 52:1.
Arbeitsgemeinschaft fiir Forschung des Lan- e ss.; Phaedr. 248c-249d (µE'TEwponopti:, 246c).
des Nordrhein-Westfalen, Geistcswissenschaft 12 Un accenno i11 tal senso troviamo probabil-
;i. (1953).
1
mente dove dice di aver ricevuto il mito dal-
8 NILSSON I 192-197. l'armeno Er, che l'epicureo Kolotes identifica
9 4 KROLL, Himmel/ahrl 9. semplicemente con Zoroastro; Prod., in rem
10 Secondo TH. GOMPERZ, Griechische Denker pubi. 2,IO~M ss.; cfr. ~ BoussET 257 s.
r (1896) ro3, la loro fede dipende, attraverso B Plut., gen. Socr. 22 (II ,9ob.,92e); ser.
la mediazione persiana, dalla dottrina indiana num. pun. :i.2 ss. (II 563-568). M. PoHLENZ,
del Samsara; invece N1LSSON I 1 691.696 ritie- Die Stoa I (1948) 226·:1.33.274.
ne che l'origine vada ricercata nelle credenze H Testi riportati in ROHDE n :i.13 n. 2 : la via
greche primitive. I 'passaporti mortuari' posti lattea è 68bç IJ!vxwv "tWV q.SY}'ll ...bv lv ou-
accanto ai defunti descrivono Ja via nell'ol- p11.vQ SL11.?topruoµivwv; Sen., ad Marciam 17
tretomba, cfr. A. ÙLIVIRRt, Lame/lae aureae s.; 4 KROLL, Himmelfahrt 3-29.
1417 (v1,568) 1tOpEuoµm A 2 (F. Hauck. S. Schulz)

Origine e ritorno celeste dell'anima 19


guardia: ibid. 106.r39).
sono il contenuto specifico del mito ira-
nico 15, che passa poi in varie forme nel- Accanto a questa forma escatologica
le credenze dei seguaci di Mitra, nel di viaggi nell'oltretomba, vi è quella
mandeismo, nel giudaismo (Hen. aeth.) psicologica. Nel sogno l'anima si sciogHe
e nel cristianesimo (asc. Is. 6 ss.) 16, Il dal corpo e va spaziando; soprattutto
viaggio celeste dell'anima è al centro nell'estasi 20 (profeta, miste, poeta) l'a-
dei misteri di Mitra; la cosiddetta Litur- nima sale al mondo divino. Cosl Par-
gia di Mitra 17 è un invito ad anticipare menide, all'inizio del suo poema dida-
nell'estasi l'ascesa dell'anima 18 • Anche scalico (fr. I [Diels 1 I 228 ss.] ), descri-
secondo gli scritti mandaici le anime so- ve come san in cocchio alla dimora del-
no scintille originarie del divin mondo la divinità (cfr.-..+ vm, col. 132) 21 •
di luce (Lidzbarski, Liturg. 128), rin-
chiuse in corpi terrestri. La redenzione Una conceziOne indipendente accaf'-
consiste nel loro ritorno lassù, reso to all'ascensione celeste dell'anima, è
possibile dal redentore celeste, Manda quella dell'ascesa al cielo di tutt'intera
d'Hajje(ibid. r96.r99). Il battesimo e la la persona 12 • Ne sono esempi l'Etan3
celebrazione funebre al momento del babilonese, l'Eracle greco", il Romolo
decesso tendono ad aiutare l'anima a romano 24, le apoteosi ellenistiche 25 e
compiere senza ostacoli la sua ascesa at- soprattutto romane del sovrano che fan
traverso le sfere dei pianeti (posti di salire il personaggio dal rogo al cielo 26 •
15 ~ REfrzENSTEIN, Ir. Erl.; ~ BoussEt dor., bibliotheca (ed. R. WAGNER 1894) 2,
155-169; KROLL, Golt und Ho/le 262-270. r6o:fra i tuoni una nuvola lo porta in cielo;
16 Influsso sul cristianesimo siriaco, cfr. ~ ~ PFISTER n 480-489. Soprattutto per gli
SCHLIER 8-12. Stoici e i Cinici Eracle diviene il tipo del sag·
11 Mithr. Liturg. ;2-15; F. CuMONT, Die My· gio il quale - percorrendo il mondo in una
sterien des Mithra 1 (x923) 95-135. vita piena di pene (Dio C. 8,26-36; Epict.,
18 Situazione analoga nei misteri di Iside, se·
diss. 2,16.44) - con l'osservanza della virtù si
condo la descrizione di Apuleio, met. n,23,14 guadagnò il cielo e infine sall al cielo; cfr.
ss.: accessi con/inium mortis... et per omnia O. EDERT, -Ober Senecas Herakles und Jen
vec/us elemento re111eavi. Il volo attraverso gli Herakles auf de111 Oeta, Diss. Kiel (1909) 33·
elementi equivale all'ascensione, dr. RruT- 59. Ma F. PF1sTER, Herakles und Christus:
ZENSTEIN, Hell. Myst. 21,22os. ARW 34 (1937) 42.00 senza dubbio esagera
19 Altri documenti in R. BuLTMANN, Die .Be-
quando cerca di dimostrare che i primi van-
geli hanno subito l'inBusso di questa forma
deutung der neuerschlossenen mandoischen
tardiva della figura di Eracle. Col/Ira -7
und manichoischen Quellen /iir das Versliind-
KROLL, Goti und Ho/le 445; riserve in O.
nis des ]ohannesevangeliums: ZNW 24 (1925)
KBRN, Die Religion Jer Griechen m (1938)
104-II.3 (soprattutto 126.132-138); 4 KROLL,
Gott und Holle 271-299. 249.
20 4 EXU'tlXO'l.ç 1!1, coll. 323 ss. (soprattutto 24 Liv. 1,7.16; Plut., Romulus 27,3 ss. (1 34
333 ss.); T. K. 0ESTBRRE.ICH, art. 'Ekstase', in b-f); 28,1 ss. (I 35a-f).
RGG 1 n 95-97; 4BoussET 253 s.; 4 RoHDE 25 Soprattutto Alessandro ( Pscud.-Callisth.,
11 92-102 e indice. historia Alexandri Magni 33,27: civfjMEv Elc;
21 Cfr. H. FRXNKEL, \Vege und Formen /riih- ttc; 'tÒV OVPIXVÒ\I xal ò &:E-tÒç cruv IXV"Ci;> ).
griechischen Denkens (19,-,) 158-162. 26 Suet., Caes. 1,100.4: nec de/uil vir praelo·
22 4 HoNN n-3 2. ritts, qui se effegiem cremali euntem in cae-
2l Sen., Hercules Oelaeus (ed. R. PBIPER e lr11n vidissc iurarel. E. BtCKERMANN, Die ro-
G. RrcHTER [ 1902)) 1977.: cessit, ex oculi!, mische Kaiserapotheose: ARW 27 (1929) I·
in aslra /erlur; 1988: iter ad supera; Apollo· 34 (soprattutto 13-15).
nopEvoµctt A 2-B 2 (F. Hauck - S. Schulz)

Anche ad alcuni filosofi tocca l'onore (Num. 20,17: ooQ ~ai:nÀ~xii); aggirarsi
dell'ascesa al cielo 27 • qua e là (r Sam. 23 13, hitpa'cl), andare
1

in prigionia (Am. l,15; Ier. 20,6; Lam.


Il rapimento is è un atto divino che l l 8 ); detto dello strisciare del serpen-
trasferisce certi uomini nella sfera ul- t~ (Gen. 3,14), dello scorrere dei fiumi
traterrena senza passare per la morte (Ez. 32,14; Eccl. r,7), del mare flut-
(Ganimede, ecc.). Tale rapimento è tuante (fon. l,rr.13), dei rami che si
quindi una forma di viag~io ultrater.re- estendono (Os. 14,7), del vento che sof-
no; ma in quanto esperienza passiva fia (Zach. 6,7) e del muoversi del car-
non entra nell'ambito di 'ltOpEuoµat (~ ro che porta il trono di Dio (Ez. l,9ss.}.
v1, coli. 27 ss. &.vaÀ.cx.µ~6:.vw; ~ I, coli.Il saluto di commiato, nell' A.T., suona
1255 ss. apmx.sw). quasi sempre 7tOpEuov Elç Elpi)v11v, «va'
in pace» (lud. 18,6; I Sam. l,17; 29,7,
B. LXX, TARDO GIUDAISMO ecc.); É"\I Etpiivn (2 Sam. 3,21 ). Inoltre
con 7tOpEvEcrba~ vengono quindi varia-
Nei LXX itOpEuoµcx.~ traduce alcune men tc riprodotte espressioni gramma-
volte bw' (Gen. 37,30; Num. 32,6; r ticali correnti in ebraico; ad es., per in-
Sam. 17,4J, ecc.),#' (rSam. 20,11; 2 trodurre la locuzione verbale; cosl wai-
Par. 35,20), 'br (Ios. 3'4; 15,4; Ruth jiiqom waiielek, «si alzò e andò», viene
2,8, ecc.), 'lh (Ios. 19,48, ecc.) e una tradotto: àvruT't"CÌç É7topEvlh1 (Gen. 24,
volta ;rd (Gen. 43,5), ngs (Ios. 8,n), 10; 2 Sam. 15,9); halaktem wa'abad-
Jwb (r Sam. l,19), come pure, in casi tem, «andate a servire»: 7topwi}l'Y't"Eç
isolati, altri termini equivalenti ebraici Àa.'t"pEUl77J'tE (los. 23,16, cfr. Gen. 12,
o aramaici; ma quasi sempre sta per hlk. 9), soprattutto all'imperativo (27,13:
Di qui viene per ?topEuoµa~ l'ampio ven- 1tOpEUDEl.ç EvE)'XE; 3 7 ,I 4: 'ltopwi}dç
taglio di significati e l'uso che va oltre lot); Num. 13,26, ecc. Inoltre 'ltOpEv-
quello del greco profano, nel quale, in Eui}r.u serve a rendere il nesso holek +
particolare, potremmo quasi dire che un verbo di modo finito; ed es. hi5lek wc-
non si riscontri il senso traslato. gadel viene tradotto: E7topEvE-to xat ȵE-
ycx.Àv'YE't"O, «diveniva sempre più gran-
i. Significato proprio: andare, cam-
de» (I Sam. 2,26); hOtek wepazeq: È'ltO-
minare, viaggiare 29 ( Gen. II ,3 l; 28, pEVE't"O xat Éxpa.'ta.LOU't"O, «Si andava fa-
20 ); òoòv -.ptwv 1JµEpwv, percorrere cendo sempre più forte» (2 Sam. 3,1;
«un cammino di tre giornate» (Ex. 3,
!ud. 4,24; 2 Sam. 5,10); oppure il nesso
18); riferito ad Abramo che va nomade
infinito assoluto +
un verbo; ad es.
(Ge11. 12,4.5), al popolo d'Israele in ha/ok Weriiha!lii, «va' a lavarti»: TtOpEU·
cammino verso la terra promessa (De11t. i}dç Àoucrai (2 Reg. 5,10).
1 1 19.23); Èv 't"TI Ép1}µ1{l, <mel deserto»
(!ud. 11,16); riferito alla via pubblica 2. Il significato di svanire 30, presente
21Apollonio di Tiana (Philostr., 11it. Ap. 8,30; rn6-II8.
Luc., Per. mori. 360 s.). 30 Il medesimo significato trovfamo anche in
iaCfr. OESTSRREICH, op. cii. (~ n. 20) 95 s. Symm. Gen. 15 12 per hl~ (LXX: ànoMoµa.L);
rn7 s.; RoHDE, indice, s.v.; M. GOGUEL, La
Is. 51,20: ol utol <Tov bcopEul}ricrav ày&µivoL
(LXX: ot 6.>toPouµEvoi ot xa.DEl'll>ov"tE~; Aq.:
/oi à la résurreclion de ]ésm dans le christirr-
lpm"taa-tnua.v} per bJ11a;ik '11/l'M Iiiltbu. Ri-
nisme primitif (1933) 217 s.
sulta qui che no;>EUEaitaL nel greco biblico
29 Cfr. A. KuscHKE, Die Menschemvege und può avere il significato di 'svanire' anche in-
der Weg Gottes: Studia Theologica ' (1951) dipendentemente da hfk. [BE.RTRAM].
q21 (vr,.no) '1tOflEVoµm Il 2-3 (F. Hauck - S. Schulz) (VJ,570) 1422

in /Jlk, passa a 1t0pEUOµ!X.t: Opécroc; Òp- duce a Dio, bensl un modo di vivere
i}pwi) 7tOpEUoµÉvl], «rugiada mattutina, che Jahvé, sulla base dell'ordinamento
che svanisce» (Os. 13,3); l'uomo è un
soffio che svanisce (7tVzvµa. 7topEU6µE- del patto, hn prescritto al suo popolo
vov: \)1 77,39); ò ÙE-còc; à.iti}À~Ev, É1tO· differenziandolo dagli altri (-+VIII, coll.
piVih1 fo.v-ci;> (Cant. 2, II); htopEvi}11cr<X.v x6r s.: Iud. 2,22, cfr. v. 20: -r1)v oLa.-
( zub) ÉXXEXE\l't'l)µÉVOt, si strussero
i}Tjx'l'}\I µou, fiv ÉVE't'EtÀ.0:µ'l)v -toi:c; 1ta.-
(Lam. 4,9).
'"Cprurtv ctÒ't'WV, «il mio patto, che ho
3. Mentre nel greco profano 7topeuo- prescritto ai loro padri». Camminare
µo.t ricorre assai raramente in senso
sulle vie di Jahvé - cioè ubbidire ai
traslato (-+ col. 1413), quest'uso del
verbo per hlk diviene corrente nei LXX suoi comandamenti - è fondamentale
e negli scritti tardogiudaici. Come nel- per la fede israelitica {cfr. Deut. 8,6;
l'A.T. l'intera vita umana è concepita 10,u; 11,22) 31 . Al posto di Èv òot;>,
come un camminare (-+ VIII, 141 ss.),
cosl la condotta di vita è concepita co- anche in questo caso seguendo l'uso e-
me un procedere. Per questo Lutero braico di hlk, si affiancano a 1tOpEtmri}a.t
rende il verbo secondo il significato tra- svariate specificazioni circa la condotta
slato ad es. wc;É'ltOPEV~ Aa.uto Ò 1ta-
retta o errata.
't'TJP ~ou, «come si condusse David tuo
padre» (I Reg. 3,14; 2 Par. 7,17; 2 Reg. All'ebraico hlk be corrisponde 1tOPEV-
l 3 ,6 [nei peccati]). Spesso l'immagine
ECT~aL Èv; ad es. lv otxatoo-Vvn, «nella
è completata con 'la via' o 'le vie'; ad
giustizia» (ls. 33,r5, cfr. lub. 7,26); Év
es. 2 Par. u,17 (Év -tcxtc; òooic; Aa.vto); &:À.ni)d~, «nella verità» (Prov. 28,6);
r 7.3 ( tv òooic; -.oo 7t<X:tp6~; r Sam. 8,3; Év alO')(uv11, «nella vergogna» (ls. 45,
I Reg. 15,26; Mosè vuole insegnare al
16 ); Év !JiEuOEcrt, <mell'inganno» (Ier.
popolo la via per 1a quale camminare 23,q); Év àxaxl~, <mell'innocenza» (tJI
(Ex. 18,20); spesso le vie vengono pre- 25,1; 83,12; test. Iss. 5,r); Év xaxl~,
cisate, ad es. Prov. 2,13: lv òooic; O'xé- «nella malvagità» (test. D. 5 ,5 ); Év v-
't'OVç, «per vie tenebrose»; Iud. 5,6: 1tEpl)rpcxvlft, «nell'alterigia» (Dan. 4,37,
òooùc; OLEO'-rpaµµivac;, «vie distorte»; 1)1 Theod.). I Testamenti dei xu Patriar-
roo,6: ÉV ooi;> &.µwµft.), «in una via im- chi aggiungono altre espressioni a quel-
macolata»; Is. 65,2: ooii'> &J.T)~tvii, «per le ricorrenti nei LXX; ad es. Év &:yLa-
una via verace». O'µlì) (test. B. ro,n), f.v &:yvol~ vEé't'1)·
..oc; (test. R. r ,6), l'V EV~'t''l'J't'L xcxpolac;
La determinazione veterotestamenta- (test. lss. J,1), swnc; (test. Iss. 4,6); con
ria più importante, anch'essa estranea al particolare frequenza si ha ÉV a1tÀ.6't'l)'t'1
xapolcxc;, <iin semplicità di cuore» (test.
mondo greco, è il discorso delle vie di R. 4,1; lss. 4,1 ), tlivxfjc; (test. S. 4,5 ),
Dio sulle quali l'uomo deve cammina- orpì>a.Àµwv, (test. Iss. 3,2.4); più raro
re: Dio è il legislatore che impartisce nei LXX è la costruzione col solo dati-
vo, ad es. crocpiq. (Prov. 28,26), oÒÀ.4)
all'uomo i suoi ordini. Ma le vie di Jah- (Lev. 19,16}, 't'o!c; t}EÀ.'l'}µcxcw !X.Ù't'WV •.•
,.é non sono un modo di vivere che con- 'itÀavu XC(pSlac; (Ier. 2 J.I 7 ). Spesso 'ltO·

Jt Altri testi: De111. 19,9; 26,17; 30,16; 1 Reg. 2,3; 8,58; t1' u8,3; 127,1; Is. 42,24.
1423 (v1,570) 'ltopEvoµa~ B 3·5 (F. Hauck · S. Schulz)

pE.uE.crihxt sta con un avverbio, ad es. m6v µov ÈV ti.À.'r]i>Elq., «al mio cospetto
òpì>wç (Prov. q,2), Otxalwç (Prov. 28, nella verità» (I Reg. 2,4), È'llwm6v crou,
18) a-xoÀ.iwç (ler. 6,28), éa-lwç (I Reg. «al tuo cospetto» (Is. 38,3) 32• Oppo-
8,61). nendosi a Dio i peccatori camminano
Spesso la precisazione enunciata con Èvcx.v-.lov µou 'ltÀayLoL, «per vie traver-
Èv o col dativo esprime una valutazione se al mio cospetto» (Lev. 26,40).
che non è basata sull'uomo e sul suo
modo soggettivo di agire, bensl su Dio, 4. L'espressione ebraica hiilak 'al;are,
sulla sua legge e sui suoi comandamen· tradotta con 7topE.uEcri}o:.L ònlrJ'w -tw6c;,
ti, e ciò in quanto Dio espone il siste- è usata anzitutto nel senso letterale di
ma di vita dei membri del patto. Il v6- andar dietro a qualcuno, seguire qual-
µoç e le sue norme sono concepite co- cuno (lud. 13,11), poi nel senso trasla-
me la via (-? vm, col. 143) che il cre- to di esser seguace di qualcuno, essergli
dente deve assolutamente seguire; ad devoto e ubbidirgli, soprattutto quando
es. Èv v6µ~ xuplou, «nella legge del Si- si parla di seguire Dio in ubbidienza:
gnore» (t!J n8,1; test.Ios.4,5; 18,1), b7tlcrw µou, «dietro a me» (I Reg. 14,8),
Èv -.oi:c; 7tpoa--ttiyµMl a-ou, «nelle tue specialmente quando colui che invita a
prescrizioni» (lEp. 39 [32],23; cfr. I prendere una decisione è il legislatore
Reg. 8,61; test. I ud. 24,3 ), Èv -ta.i:ç Èv- (Deut. 13,5) o il profeta: d itcr-i-w x.vptoc;
-roÀ.ai:ç a.Ù't'OV, «nei suoi comandamen- ò ìJE6ç, 'ltOPEUE.O"i>E 67tLO"W a1hou, «Se il
ti» (test. Iud. 23,5), [v -ti} àÀ:l')ì>E.l~ a-ou, Signore è Dio, seguite lui» (I Reg. 18,
«nella tua verità» ('1i 85,II ). Altrove si 2 r ). Il volgersi a divinità straniere è un
ha il dativo: -r~ vo(..14> (Ex. 16,4), -.oiç abominevole seguire, un correre Ò7tlO'w
xplµo:.a-l µou (tV 88,31 ). Viceversa, la ì>Ewv É't'Èpwv (Deut. 6,14; Iud. 2,12.19;
condotta dei pagani è designata come r Reg. u,ro) o &.À.Ào-i-plwv (ler. 7,9.6;
via proibita, che Israele non può per- 25,6; in alcuni casi ·djç Bcicx.À. (ler. 2,
correre Èv 'toiç voµlµoLç a.Ù'twv (Lev. 23), 'Aa-'tap<tiJ<; (.r Reg. II,5), con peri-
r8,J; 20,23). Di fronte all'unico santo frasi: &.vwcpEÀ.ovc; (ler. 2,8). In senso
v6µoç di Jahvé stanno -.à. v6µtµa., le traslato, per designare l'andar dietro a
usanze dei popoli pagani: -toiç OLXo:.LW- realtà materiali o spirituali: onlnw 'tWV
µmnv twwv (2 Reg. 17 ,8), ~ouÀ:ft ME· µa.'tcx.lwv, «dietro alle vanità» (Ier. 2,5;
~wv (tlJ 1,1). Secondo un'altra concezio- Os. .5,II ); Ò7tlcrw -twv àpECT'tW\I 't'ijc;
ne Dio o il suo volto sono la luce che x.ap5la.ç T)µWv, «dietro a ciò che aggra-
illumina 1a via del credente: 't~ q>w'tl da al vostro cuore» (Ier. 16,12; ;icpuo-lou,
a-ou (Is. 60,3 ), Èv 't~ cpw-.L -.ou 1tPOO'W· «all'oro» (Ecclus 3 l ,8 ); aµa.p't~W\I le.po-
7tOU crou ('1i 88 116). Espressione dell'ub- Poaµ, «ai peccati di Geroboamo» ( 2
bidienza dell'israelita che non vuol sot- Reg. 13,2 ), 611:lrJ'w É7td)uµLw'll, «dir.tra
trarsi allo sguardo indagatore di Dio è alle concupiscenze» (test . Ittd. 13,2).
la locuzione ebraica hlk li/né (col verbo
al qal o all'hitpa'el), che viene tradotta .5. In corrispondenza del concetto bi-
con 'ltOpEuE.o-i}a.t È'VW1ttOV, «camminare blico, soprattutto veterotestamentario,
al cospetto di...»; ad es. 't~ 'ltopeuoµÉ· di missione (-? I, coll. 1063 ss., <'L1to-
V(t.l Évwm6v CTO\J É'V OÀ.TI x.a.pol~ <LV'tOU, cr'tÉÀ.À.w), in molti testi si trova TCoptuo-
«colui che cammina al tuo cospetto con µGt~ all'imperativo, quale divin coman-
tutto il suo cuore» (I Reg. 8,23), Èvw- do di eseguire un mandato divino. In
32 Il traduttore della Genesì rende a senso 1a 1; 24,40; 48,15 ; similmente in Gcn. .:5 ,22.24 ;
locuzione con EuapE<T-rE~V lvr.tv't"loV (Gen. 17, 6,9).
11opEuoµat B 5-6 (F . .Hauck · S. Schulz)

quasi tutti questi casi il greco 'ltOpEuou lamenta dicendo che raggiungerà il fi-
(TCopEU~lJ't'L) corrisponde al monosillabo glio morto, ma questi non verrà a lui
lapidario tek, «va'», che esprime l'ordi- (2 Sam. 12,23; cfr. lob 10,21; 16,22) e
ne indiscutibile di Dio. Il termine r.o- ]'Ecclesiaste riconosce che nell'Ade,
pEuEcri}cxi non ha, in sé, alcun particola- 01tOV crù 1tOPEVTI hEi:, «là' ·tlove vai»' o-
re contenuto teologico; ma lo riceve dal gni opera e ogni conoscenza umana tro-
contesto. Quest'imperativo missionario vano fine (Ecci. 9,xo). È la dimora eter-
di Dio appare soprattutto nei casi di na dell'uomo, dalla quale non c'è ritor-
missioni rilevanti nel corso della storia no: È1topEUi>lJ ò liv~pw1toc; EÌç, olxov
che si svolge fra Dio e il suo popolo e atwvoç, a:Ò'tou, «l'uomo se ne andò alla
innalza a portatori di mandati divini uo· sua dimora eternal> (Eccl. 12,5; dr.
mini come Abramo (Gen. 22,2), Natan Iub. 36,1; Hen. aeth. 17,6). Nel conte-
(2 Sam. 7,5), Elia (I Reg. 19,15), Isaia sto della dottrina della retribuzione e
(Is. 6,8 s.; 38,5), Geremia (IEp. 3,12; nell'affermarsi della credenza greca nel-
42(35].13), Ezechiele (Ez.3,1), Osea l'immortalità, la sheol diventa luogo di
(Os.3,1). sosta delle anime nel tempo in cui stan-
no tra la morte e la risurrezione 35 • Per i
6. La vita umana è una peregrinazio- giusti essa è un luogo di riposo (Apoc.
ne che, come tutto ciò che è terreno, 6,II; 14,13) 36 ; perciò in ass. Mos. r,15
termina con la morte. In punto di mor- Mosè può dichiarare; «Me ne vado al
te David dice: TCopEvoµa:i Èv òoQ ita- riposo dei miei padri». Invece per i pec-
Oì)c; 'tijç yf)c;, «me ne vado per la via di catori la sheol è il luogo della punizione
tutta la terra» (I Reg. 2,2; cfr. /es/. R. temporanea, in attesa del giudizio fina-
I ,3 ). Secondo la primitiva idea vetero- le 37. In consonanza con idee babilonesi,
testamentaria, dopo la morte l'uomo si il mondo degli inferi viene trasferito
riunisce ai suoi padri, nella tomba di fa- nelle sfere dei pianeti. Nel suo viaggio
miglia 33, o se ne va fra i membri del nell'aldilà Enoc trov.a nel secondo cie-
suo parentado morti prima cli lui. Al lo il luogo di pena degli angeli caduti
posto della tomba di famiglia appare (Hen. slav. 7) 1 nel cielo settentrionale
poi la sheol, il regno delle ombre che l'inferno (ihid. 10), il quale per Bar. gr.
accoglie tutti i morti 34• Poiché la si 14 ss. si trova invece nel terzo cielo.
cerca nelle profondità della terra, il ter- L'A.T. non conosce alcun viaggio di
mine appropriato è xa.'ta.~a:lvEw, 'scen- Jahvé nell'Adel<I. Viaggi nell'Ade sono
dere',~ u, coll. 26s. (ls. 14,u.15). È narrati nelle apocalissi. Quali esempi di
il paese senza ritorno. Perciò David si viaggi nell'aldilà l'A.T. 39 menziona il ra-

ll Gen. 15,15; 49,29.33 ; 25,8; Nufl1. 27,13, )6 VoLZ, Escb. 257 ; ~ I, coli. 9.t}-945, ava-
ecc. mxuw.
Jt Cfr. ElcHRODT, Theo/ogie des AJJen TesJa- 37 Sul rap!>Orto tra inferi e regno dei morti:
ments Hs n2-u6; G. BEEI!, Der biblische Ha- VoLZ, Esch. 331 s.; BOUS SET-GRJJSSMANN 282-
des (1902) 7·19; A. BERTHOLET, Die israeli- 286; SCHWALLY, op. cit. e~ n. 34) 136-147.
Jischen Vorstellungen vnm Zustand nach de111
~ ~ KROLL, Goti rmd Holle 316-362; secon-
Todi? (1914) 40-49; STRACK-BILLERBECK 1v
1016-u6'; F. SCHWALLY, Das Lcben nach
do il Midcash di Giona (A. Wiisom, Aus
dem Tode nacb den Vo1sJell1mgen der alJen lsraels Lebrballen II [1908] 42 s.) Giona com-
Jsrae/iJen 11nd des ]udentums (1892). pie un viaggio nell'Ade, inghiottito con In
35 Cfr. VoLZ, Esch. 256-267; ~I, ooll. 393 ss., balena dal Lcviatan·Ade.
"A~o'l'}c;; 1016-1022;
STRAcK-Bu.LERsEcK 1v 39 Cfr. pure Ps. 49(48),16; 73(72),2-1; Is. 53,
BoussET-GRESSMANN 269-27-1; 285-289. 8, ccc.
ltOpEuoµo:~ B 6-t (F. Hauck · S. Schulz)

pimento di Enoc (Gen. 5,24: laqal; 'ot6 uso correo te 606c; in senso metaforico e
'eloh1m, «Dio lo prese»; LXX: µE-rrnTJ- con svariati attributi (~ oo6ç VIII 1 coli.
xEv ain:òv ò ik6c;, <cDio lo trasferl») e 169 ss.). Talvolta se ne serve per indi-
l'ascensione di Elia (.2 Reg. 2 111: wai· care il cammino della vita (migr. Abr.
ja' al, «e salì»; LXX: àvd,:fiµq>l}1J, «fu 133) o nell'immagine delle due vie(~
"°.
assuntOl>) Nel tardo giudaismo il mo- VIII, col. 173; migr. Abr. 204, cfr. decal.
tivo dei viaggi nell'oltretomba o dei 50), ma soprnttutto non ricorre al si-
viaggi celesti diviene un tema predilet- gnificato, cosl frequente nei LXX, di
to, riferito ai grandi eroi della fede vis- camminare sotto il volere di Dio (---+
suti in passato, ad es. Enoc (---+ 'Evwx coli. r42r s.), tranne spec. leg. 4,183:
m, col!. 615 ss.) 41 , Abramo (apoc. Abr. JJlJ 7tOpEVEO"i>aL o6À4J, forse con un'e-
r 5 ss. ), Esdra ( 4 Esdr. 14,9.49) e Bat·uc co di Lev. 19,16. Secondo il suo costu·
(Bar. syr. 48,Jo). Si narra inoltre di per- me, Filone usa anche 7tOpEVECT~at con
sonaggi che, ancora in vita, sono rapiti una colorazione morale. La via militare
in ciclo (test. L. 2-5; asc. Is. 6-11; Bar. (Num. 20,17-20: éOòc; f3acrtÀ.txl}) divie-
gr. 2 ss.) o in paradiso (vit. Ad. 25 ss.) 4?. ne cosl le regale via della virtù, percor-
Anche in epoca posteriore non mancano sa eia Israele in conformità con la sua
descrizioni di analoghi viaggi celesti, ad conoscenza di Dio ( Deus imm. r 44 s.) 46 ,
es. in 3 Hen. 43 , per non dire delle te- che, con un richiamo al principio etico
stimonianze mistiche e della cabbala. I di Aristotele (eth. Nic. 2,6 [p. r ro7a 2
viaggi celesti del tardo giudaismo servo- s.] ), viene definita la giusta via di mez.
no in parte alla comunicazione dei mi- zo. A proposito dcl serpente, che se-
steri d'oltretomba (spazi, spiegazione di condo Ge11. 3,14 (LXX) striscia sul pet·
fenomeni naturali), in parte alla cono- to e sul ventre (~-nt -r@ cr'ti)ilE~ crou xat
scenza, utilizzata a fini parenetici, deJla •ii xoiÀlrt 7tOpEucrn), si dice che il petto
retribuzione ultraterrena. Spesso sono è immagine del Dvµéc; e il ventre della
descritti come esperienze estatiche. Il É1ttiluµla, con riferimento allo stolto
visionario sperimenta come l'anima si (aq>pwv), che «cammina in entrambi»
scioglie dal corpo e sale nell'aldilà +i. Le (o~'à.µcpo·dpwv 1tOPEUE•a.t: migr. Abr.
raffigurazioni concrete indicano che nel 67 ). Zilpa, il cui nome secondo l'alle-
tardo giudaismo i credenti non ignora- goristica ebraica dei nomi è tradotto
vano esperienze estatiche 45 • con 7topEv6µEvov u-r6µcx., deve accompa-
gnare Lia come una 'bocca accompa-
7. Filone usa assai l"aramente 1tOpEVo· gnatrice' e con il suo parlare mantenerla
(.UXL in senso proprio, e anche in senso sempre aderente alla virtù (congr. 30) 47•
traslato, sebbene nei suoi scritti sia di

+'I Cfr. L. G!NSBERG, art . 'Ascension', in Jew 41 Cfr. soprattutto asc. ls. 6,10 ss.
Enc 11 r64 s. ~; Altri testi dcl giudaismo posteriore in
41 Hc11. acth. u-36.70-81; una forma pili re::· WONSCHE, op. cit. (~ n. 38) 1n 9.t-96.18-1·
ccntc in Hcn. slav. 3 ss. 192; St1kka 45b.
-I! Cfr. 2 Cor. I2,4 e \X'INDISCH, 2 Kor., cd l.; * J. PASCHER, H BAI:IAIKH OAOI:. Der ko-
in au. Aios. 10,12 questo motivo pare essere l!iglichc W eg zu \\7iedergeburt 1111d Vergo/·
stato inserito solo in un secondo tempo; dr. lnng bei Philo11 van Alexandreia, Studien zur
KAuTzscn, Apokr. u. Pseudepigr. n 3r2. Gcschichtc une! Kultur des Altertums 34
43 H. 0DEBECG, The Fourth Gospel (1929) a (1931) 10-36.
lo. 3,q; anche STRACK·Bit.LERDECK ITI 531- n F. \'V'UTZ, 0flom<1stic11 sacra, TU ..p (1914/
533. 15) 2.1 8.
~opevo1.1.m B 7-C 2 (F. Hnuck · S. Sd1ulz)

L'uso linguistico di Giuseppe va nel Iac. 4,13: 'lt6Àw (in questo caso si par-
senso esposto sopra (~ coll. 141 9 s.) e la dei disegni umani a cui manca la con·
non presenta alcuna particolarità ( cfr. ferma divina).
vit. 129.228; ani. 1,282; beli. 2,309). Spesso si notano echi di espressioni
ebraiche. Gli ebraismi si ripartiscono
C.NUOVO TESTAMENTO equamente fra Matteo e Luca; ad es.
Mt. 2 ,8: '7topwi>É\l'tE<; ~~c:-r<X~a-.E, «an-
r. Nel N.T. '7tOpEvoµa.i. compare solo date e informatevi»; 9,r3: 1topwi}~v'teç
al medio e al passivo, spesso in senso OÈ µ!ll)e-.e, «andate e imparate»; 10,7:
proprio 48, andal'e, recarsi, viaggiare, sen- rtopEU6µE'llOL x:ripucr<TE'tE, «andate e pre-
za precisazioni (Le. 13i33i r9,36; Act. dicate» sa. Preceduto da Ò:\/M"tac; corri·
9a; 10,20; 24,25; I Cor. 16>4.6). Il sa- sponde all'ebraico wa;;aqom wajjelek,
luto di commiato veterotestamentario «si alzò e andò» (Act. 8,27; 22,10; dr.
e~ col. 1420) anche nel N.T. è '7tOPEVOU Le. 15 ,18); analogamente, preceduto da
Elc; e:lpi}\l'l'}V (Le. 7,50; 8,48; t\I: Act. ~l;EÀÌ}wv, corrisponde a wa;;e~è' wnjje·
16,36). Talvolta in '7tOpEvoµa.l. si ha il lek, «usd e andò» (Act. 12,17; 21,5).
significato di andarsene, partire (Io. 7, L'uso ebraico di premettere hòlèk nel
35: Elc; ..ri" ota.cr'7top&.v; Mt. rr,7; 2,9; senso di 'sempre più' è riprodotto in
Le. 4.42i Act. 24,25; Io. 8,59 [var.]) 4~. Act. 9,3r (itopwoµiv'l') ... È.7tÀ.'l'}Mve-.o).
In altri passi il verbo significa recarsi a
prestare un servizio o avviarsi verso u-
2.Come nei LXX(~ coli. 1425s.),
na meta (Io. 11,u; 20,17: '7tpòç 'tovc;
à.oEÀ<povç µov; Le. 22,8; Mt. 8,9; 22, cosl anche nel N.T. rtopEuoµa~ può signi-
9; I Cor. 10,27 [a un invito]). Fre- ficare andarsene, morire. Tuttavia, a dif-
quenti con '7topc:uoµixi. sono le determi- ferenza dell'A.T., il Nuovo nel pensare
nazioni riguardanti, ad es., il punto di
partenza (Le. 13,J1: t'll'tEVÌ}Ev; Mt. 19, a questa sorte non esce in espressioni di
l 5: txE!Ì}Ev) o il territorio attraversato rassegnazione e di lamento. Gesù, quale
(Mt. 12,1: oi.à. -cwv anoplµwv, «per i Figlio dell'uomo terrestre, considera il
seminati»; Mc. 9,30 [ var.]: otà. -.ijc; ra-
ÀtÀ.a.lac;). Spesso l'indicazione è data da suo incamminarsi verso la morte come
varie preposizioni : ~µ'ltpocrl)Ev indica la via a lui assegnata du Dio a salvezza
che il buon pastore precede il suo greg- dei molti: xa-tà 'tÒ wpwµivov nopEVE-
ge e lo guida (lo. I0,4). In Le. 21,8 lml-
'ta.t, «se ne va come è stahilito» (Le.
O'CJ> indica la sequela, che negli ultimi
tempi diventa dipendenza da demago· 22,22). Senza capire tutta la portata
ghi. Con Etc; è indicata la meta a cui si delle conseguenze di tale decisione, Pie-
tende (Mt. 2,20: yf)'V 'Icrpa.1)°},,; 17,27: tro si dichiara pronto ad andare con
iM.Àa.crO'a.v; Le. l,39 : ÒpEWi}'ll; 4,42 :
EpTJµov <t6'7tov; Act. 18,6: M»vn; Rom. Gesù in carcere e ad accettare persino
15,24: L'7ta.vla"V; 15,25: 'Iepouaa.À.i]µ; la morte (Le. 2.2.JJ: dc; 1>6.vai:ov -.to·

48 A proposito ·dell'uso di T:opEOOµot~ c'è da 49 In questi casi si alterna con ÒltUYEW; cfr.
osservate che esso, nel suo significato atte- Le. 22,22 con Mc. r4,2I; Mt. 26,24; e anche
nuato (preferito dai LXX) di 'nndare', serve con à..,;tpxoµotL, cfr. Io. 16,7" con 7b.
da surrogato allo scomod(), irregolare Elµ~; 50 Altri esempi: Mt. u,4; 17,27; 21,6; 22,15;
BLASS·DEBRUNNER § ror; .. 126,-r by. [DE· 25,16; 26,14; 27,66; 28,7.19; Le. 9,12.13.52;
JJRUNNl!R). 10,37; 14,ro; 15,15; 17,14; 22,8.
ltOpEuoµcn e 2-4 (F. Hauck . S. Schulz) (VI,574) 1432

pEuEcrilat). Nel giudizio finale coloro che apostolica corrisponde a quella profeti-
hanno negato al prossimo un servizio ca dell'Antico. Nella sua qualità di sal-
d'amore ricevono dal giudice l'ordine di vatore che va al suo popolo, Gesù man-
allontanarsi da lui e di andarsene nel da i discepoli con l'annuncio della sal-
fuoco eterno ( Mt. 2 5 ,4 I). Quando Aet. vezza alle pecore perdute della casa d'I-
l,25 dice che il traditore se ne andò al sraele (Mt. rn,6 s.: n:ope:uEcrlìe: ... 1tope:u6-
suo luogo (n:opwi}fjva.~ El<; -tòv 'téntov µe:voi. OÈ. XlJpVCTCJ'E'tE), Spesso a quest'im-
'tÒV Ì:otov), si deve pensare alla geenna 51 • perativo segue l'indicativo che descrive
l'uomo che ubbidisce (Mt . 2,21 ; Le. 5,
3. Come nell'A.T. (~ col. 1424 s.), 25; fo.20,18; cfr. Jo.4,50: É1tlCJ''tEV·
spesso il breve imperativo 7tOpEuou (n:o- cre:v ... xa.t È1tOPEVE'tO, «credette ... e se ne
ptuihyn) ha un significato teologico. Da andò»; Act. 8,27: xa.t à.va.a'tàç È1tope:u-
un lato esprime la sovrana autorità di ih), «e levatosi se n'andò»; Aet. 9,17:
Dio, che si manifesta chiaramente nel- à.1tfj)..i}e:v... xcx.L dO"fjÀih:v, «partl... ed
l'ordine dato a Giuseppe (Mt. 2,20 : entrò».
EyEpildç 1ta.pcH.oc~e: •Ò mitolov... xo:L
7tope:vov El<; yijv 'lcrpociJÀ., «levati, pren- 4. Procedendo su questa linea, 1tOpEv-
di il bambino ... e va' nella terra d'Israe- oµa.t sottolinea con pregnanza teolo-
le»). Dall'altro questo n:ope:uov appare gica che Gesù è l'inviato. Giovanni Bat-
spesso nei miracoli dei sinottici, che tista prende dimora presso il Giordano
narrano come Gesù, inviato celeste, sia e rivolge a coloro che vengono a lui
signore della malattia, dei demoni ·e del- (Mt. 3,5) il messaggio dell'incombente
la morte: l'ordine è impartito da Gesù giudizio finale. Fin da principio l'opera
al paralitico (Le. 5,24) o al padre che lo di Gesù consiste in un andare verso il
prega e deve tornarsene a casa senza ve- suo popolo. Se quindi 1tOpEuoµa.t. è spes·
dere, ma certo che la sua preghiera è so riferito al viaggiare di Gesù, non si
esaudita (Io. 4,50). Il centurione paga- tratta <li una semplice indicazione nar-
no considera l'imperativo 1tope:uou come rativa, ma di un modo di esprimere la ·
simile agli ordini che lui stesso imparti- sua missione. 7topé'.Voµai. indica la ricer-
sce ai suoi subalterni (Mt. 8,9; Le. 7,8). ca di solitudine (Le. 4.42: È.1topEvih) EL<;
In prospettiva diversa si collocano quel- Epl)µov 't6'1to'11), lo staccarsi dalla folla
le frasi nelle quali il comando di Gesù che gli si accalca intorno (Le. 4,42: 'tov
racchiude il ·mandato e Ia missione; nel µ'i) 7tope:vEcrfra.t. li.rt'aò'twv, «perché non
Nuovo Testamento, infatti, la missione se ne andasse via da loro»), l'andare ol-

SI STRACK·BILLERBECK ll 595 s.; WENDT, Apo· <pE~Àhµtvov "1'61tov -cfjç Mt;11ç. Sul valore du-
slelg. 77; in senso opposto in 1 Clem. 5A, a rativo dell'imperativo cfr. BLAss-DEBRUNNER
proposito di Pietro che t7toptvlhj dr; -còv o- § 336,t. [SCHNEEMELCIIER].
1433 (VI,574) 1tOpEuoµa~ e 4-6 (F. Hauck - S. Schub.)

tre (Mt. r9,r5) . anche e soprattutto lo Gesù e i suoi messaggeri (apostoli ed


quando gli si nega l'ospitalità (Le. 4,30; evangelisti). Filippo riceve I:ordine di
9,56); in una parola, la vita errante di recarsi sulla via solitaria (Aci. 8,26), A-
Gesù è rinuncia (Le. 13,33; 9,57), po· nania deve recarsi dal persecutore (Aci.
sta sotto il segno della necessità ( OE~) 9,15) e Pietro riceve l'ordine di andare
divina (Le. 13,33; 9,51), modello sia in cerca della famiglia pagana (Act. 10,
per i suoi seguaci (Le. 9 158) sia, soprat- 20; cfr. anche 12,17). Gli' Atti, insieme
tutto, per i suoi discepoli (Mt. ro,6: 1tO- con l'epistolario paolino, mostrano so·
pEUEO"ilE x-.À..). Con l'immagine del pa- prattutto Paolo quale instancabile pre-
store egli chiarisce che cosa significa il dicatore itinerante (Act. 9,3; r9,21; 22,
suo mettersi in cammino alla ricerca 5 .10.21 ); la sua provocatio ad Caesa-
(Mt. 18,12: 1tOpEUÌMç ~"t}'tE~). come rem lo porta infine nella capitale del
d'altro lato il pastore precede il gregge mondo (25,12) 54 • Negli Atti apocrifi ta-
per provvedere ad esso e difenderlo (Io. le motivo del ça_mmino per il mondo ver-
10,4). rà presentato come specifica vocazione a-
postolica.
5. Gesù, Figlio dell'uomo che passa
da un luogo all'altro, è il modello degli 6. Stranamente, a differenza dei LXX
52
apostoli , i quali, ricevutone da lui il (--7 col. 1421), nel N .T. 1tOpEuoµa~ ri-
mandato, come predicatori itineranti re- corre di rado in senso traslato. Quest'u-
cano il messaggio anzitutto alle pecore so manca nei sinottici (tranne un pas-
perdute d'Israele (Mt. 10,6). Ma sol- so del Vangelo lucano dell'infanz~a: Le.
tanto il Gesù glorioso invia con piena 1 ,6, scritto in uno stile fortemente se-
autorità. In questo contesto itopEuoµa.t gnato dai LXX), nel Vangelo giovanneo
può diventare addirittura un termine e soprattutto in Paolo, che usa al suo
tecnico per esprimere l'ordine missio- posto 1tEpma.•dV (--7 IX, coll. . I I o 5
nario. Maria di Magdala va dai disce- ss.) 55 • Ai limiti dell'uso traslato sta Act.
poli con il messaggio della risurrezione 14,16: Dio lasciò che i pagani cammi-
(lo. 20,17) ed essi vanno all'umanità in- nassero per le loro strade. Solo in Le.
tera con il messaggio del giudizio e del- l ,6 il termine è usato per indicare la
la salvezza (M_t. 28,19). Volutamente, in condotta religiosa,_in analogia con i mo-
base allo schema letterario preferito di di dire veterotestamentari: t\1 mX.-
della synkrisis 53 , Luca pone in paralle- aatc; -.a.i:c; !v-coÀai:c; xat otxatwµauw,

51 ~ PFISTE.R l 259-278 li paragona agli «eroi 327-368; HAUCK, Lk. B.


erranti» Enea, Odisseo, Eracle e agli «dèi 54 Altri testi: Aci. 16,16; 17,14; 18,6; 19,1
erranti» come Dioniso e altti. (vor.); 20,1; 21,5.
" F. FocKE, Synkrisir: I:Iermes 58 (1923) 55 Rom. 6,4; 8,4, 13,13 ecc.; spesso anche in I
1
l -B5 (v1,_;75) r.opaioµm C 6-7 (f. Hauck - S_ Schulz)

Zaccaria ed Elisabetta camminavano plesso tradizionale abbastanza ben de-


«secondo tutti i comandamenti e lepre- finito 59• Con la separazione da Gesù i
scrizioni» del Signore (dr. r Reg. 8,61 ); discepoli sono minacciati dal timore di
in Act. 9,3I designa la condotta guidata essere lasciati soli ( 14, I), a cui Gesù
dal timor di Dio (jir'at ;hwh). I restanti reagisce con la confortante assicurazio-
passi delle lettere (solo nelle due di Pie- ne che egli li precederà per preparar lo-
tro e in quella di Giuda) usano il termi- ro un luogo (14,2), per poi raccoglierli
ne unicamente per indicare una con- con sé, al suo ritorno, in una comunio-
dotta empia; r Petr. 4,3: t.v a<rEÌ..yEl- ne duratura ( 14,3 ). Ma l'andarsene di
a.tç, tm~uµla.tç, ecc.; Iudae 16 : xa:tà Gesù ha al tempo stesso un valore anche
-ràç tmi)uµla.ç aÙ"t'WV; I 8: XIJ.'t'tÌ. 'tà<; per coloro che rimangono nel mondo,
fo.u"t'WV tmi)uµla.ç; 2 Pctr. 3,3: xa:tà poiché egli, nella sua comunione con il
-ràç lòlaç bni>uµlaç r.dm7.>v (da questo Padre, renderà i suoi capaci di opere
passo pare dipendere Iudae II: 'tTI òSQ maggiori ( 14,12). La partenza di Gesù
'toii Kcii:v) 56 • vince quindi non solo l'incerto futuro
{14,28"), ma anche il presente ostile e
7. Nei discorsi di commiato del IV solitario, poiché il suo andare al P adre,
Vangelo Gesù pal'la ripetutamente del che è più grande, significa glorificazione
suo nndare al Padre (14,2.3.12.28; 16, per il rivelatore ( 14,28 ). Se nel cap. 14
7.28). Non si può dimenticare che l'e- il suo andare al Padre è messo in rela-
vangelista in questi casi alterna a 7tO- zione con il ritorno ai discepoli rimasti
pEuoµat l'ancor più frequente ù?tétyw 51• orfani nel mondo (14,18), nel cap. 16
'ltopr.uoµat si trova soprattutto quando quel suo andare è la conditio sine qua
si parla di colui che deve tornare e del non della venuta del Paracleto (16,7;
Paracleto (--7 1x, coll. 711 ss.) 58, cioè in ~ IX, coll. 713 ss.) 60 ; infatti soltanto
quei passi che nell'insieme dei discor- andandosene può, rimanendo nello Spi-
si di commiato costituiscono un com- rito, essere il rivelatore (16,7} e vincere

e 2 Io.; nei LXX nEpma'tE~v (~ IX, col. IIoo usa più il personale 1tOpEVEul>a~, bensl l'im-
ss.) nel significato di 'camminare in' si trova personale e substanziale XWPE~Y.
soltanto in 2 Reg. 20,3; Prov. 8,20. 58 Cfr. K. KuNDSIN, Die Wiederkun/t ]esu in
S6 Questo significato è invece assai frequente den Abschiedsreden des J.: ZNW 33 (1934)
nei Padri apostolìci: Herm., mand. 3.4i vis. 210-21,; H . W1Nn1scn, Die /un/ iobannei-
2,J,2; ma11d. 4,4,4; 8,u (uso pressoché asso- schen ParakleJspriiche, in Festgabe fiir A. Jii-
luto); I C/em. 1,3; 60,2, ecc. (cfr. PREUSCHEN· Jicher (1927) 110-137.
4
BAUER , od/.). 59 Cfr. i commenii recenti, ad I.
51 Sui 28 piissi giovannei con òmiyw 14 si ri· 60 BuLTMANN, ]oh. 430: «Il Gesù storico de-
feriscono all'andata nell'aldilà; cfr. E. A. AB- ve andarsene affinché il suo vero signifìcaro,
BOTT, ]obnnnine Vocabulary (1905) 142-1,1; il fatto che è il rivelatore, venga afferrato e
-)o ScHLJER 76.180 fa notare che Ignazio non compreso con purezza».
'itOpEuoµa~ e 7-8 (F. Hauck. s. Schulz)

ogni tristezza dei discepoli ( r 6,6 ). Infi- ne presuppone invece il passaggio attrn-
ne, anche per l'inviato celeste venuto verso la morte. Dal 'viaggio' celeste delle
anime', che si verifica prevalentemente
dal Padre, l'andare al Padre costituisce
dopo In morte e solo di rado durante b
la conclusione della sua opera redentri- vita (con l'estasi), l'ascensione differisce
ce (16,28) sulla terra 61 • per il fatto che riguarda tutta quanta la
persona. Essa non è un evento salvifico
8. Nel N.T. 7tOpEvoµcu 62 viene ancora a sé stante, poiché l'elevazione è data
usato per indicare l'ascensione di Gesù con la risurrezione; è piuttosto l'ultima
epifania del Risorto, presentata 67 come
(Act. 1,10.n; I Petr. 3,22), originaria- «scena d'addio» 68 • Sorta nel quadro
mente estranea 63 alla tradizione sinot- della visione antica del mondo e sotto
tica 61 • influssi storico-religiosi molteplici ( rnc-
conti analoghi relativi a eroi greco-ro-
I più antichi racconti pasquali cono- mani, a imperatori ecc.) m, questa app<l-
scono soltanto un ÈyEpi}ijvaL . (~ III, rizione conclusiva ha preso la forma
coli. 23 s.) di Gesù quale atto di Dio dell'ascensione 70• È possibile che tale
(Mc. 16,6; Mt. 28,6.7) 65• L'ascensione forma si sia spontaneamente imposta al-
rientra nel 'tipo' dei racconti di rapi- la comunità, perché questa stava in at-
mento 66• Ma mentre il rapimento indica . tesa della parusia dal cielo 71 •
sottrazione alla vita corporea, l'ascensio-

61 A proposito dell'orizronte storico-religioso Vortriige der Bibliothek Warburg (1928/29)


cfr. BAUER, ]ob., e BULTMANN, ]oh., ad I. 66-190; G. KRETSCHMAR, Himmelfabrl und
62 Il termine proprio per indicare l'ascensione Pfingsten: ZKG 66 (1954/55) 209-2n; B.
è ava~alvw (~ n, coll. 20 ss.), che sostitui- REicKE, Glauhe tmd Leben der Urgemeinde,
sce il mancante ava.1tOpEÒOµ«~; dr. pure ~ AbhThANT 32 (1957) 18-20; per altri studi
ava.Àaµ~6.vw VI, coll. 27 ss. ~ nota bibliografica.
65 GOGUEL, op. cii. (~ n. 28) 107.
63 Si potrebbe peraltro ricordare Le. 24,51 .
Tuttavia, come ha reso probabile W. MICHAE· 66 ~col. 1419.
LJS, Z11r Oberlie/er11ng dcr Himmel/bhrts- 67 MICHAELIS, op. cit. (~ n. 63) IOj.
geschichle: ThBl 4 (1925) 103, il testo più 68 Sul problema dcl rapporto tra le apparizio-
breve pate quello originale. Deve comunque ni di Gesù risorto e il suo rapimento o eleva-
ritenersi provato che Aci. I non ha alcun par. zione dalla croce dr. E. BICKERMANN, Das
nei vangeli; cfr. anche ~ VEq>~À.lJ vn, col. leere Grab: ZNW 23 (1924) 281-292; BER-
925 n. 42. TRAM, op. cii.(~ n. 64) 215-217, Anziché acpij-
04 A proposito dell'ascensione di Cristo nella XE\I "tÒ nvEvµ«, la siro-sinaitica in Mt. 27,_50
letteratura cristiana antica, dr. L. HAHN, Bi- ha «e il suo spirito sall in alto».
bliolhek der Symbole und Glabemr.egeln der lii CLRMEN 259; R. RE1TZENSTEIN, Hell.
Alten Kirche' (1897) 382-386; W. BAUBR, W1111dererziihl1mgen (1906) 49-59.
Das Lebcn Jesu im Zeitnlter der m!tllesla- 70 «Il racconto lucano si distingue delle pre-
menllichen Apokryphen (1909) 275-279; Mt- sentnzioni pagane o giudaiche di ascensioni
CHAELis, op. cit. (4 n. 63) 101-109; G. BBR· per il fatto che nessun elemento terrestre (un
TRAM, Die Himmelfahrt Jesu vom Kreuz n11s, vento tempestoso o la nuvola stessa) intervie·
Festgabe fur A. Deissmann (1927) 187-217; ne a portare colui che è innalzato», HAE.'1-
U. HoLZMEISTER, Der Tag der Himmelfahrt CHEN, Apostelg., ad f.
des Herm: ZkathTh 55 (1931) 44·82; M. Go.. 71 Cfr. MICHAELIS, op. cii. e~ n. 63) 108 s.;
GUEL, op. cii. (~ n. 28) 347-356; E. STAUI!'· BICKERMANN, op. cii.(~ n. 68) 284-292 fa no-
Fl!R, Theol. n7-120; dr. onche H. ScHRADE, tare che in base a documenti antichi lo scom-
Zur Ikonograpbic der Hfim11el/ahrl Chrirli, parire è correlato al 'rapimento'; ~ PFISTl!H
nopeuoµa;~ C 8·9 (F. Hauck - S. Schulz)

Aci. 1,9s. (~ nr, coll. 254s.; VI, 9. 1tOpEUOf.ta.L è inoltre usato in I


coli. 29 s.; vm, coli. 1466 ss.) presenta Petr. 3,19 a proposito della cosiddetta
l'ascensione come un evento visibile ai
discepoli ( v. 9: ~ÀE1tO'VTuN a.Ù't'W'V; v. discesa di Cristo agli inferi 75 (--'> I, col.
IO: à.'t'E'VL~O'VTEç; V. II: Èi>EaO'a.crt)E), 400; VI, coll. 1043 s. n . 1 II). Al riguar-
Manca però qualsiasi altro particolare e do il termine proprio è XCt.'t'et.~alvw (--+
la scena è circoscritta dalla nuvola che
II, coli. 24-27; cfr. Mt. u,23)76. Nel
nasconde colui che ascende 72 • In r Petr.
3,22 l'ascensione di Gesù condiziona la concetto di 1topEuoµcu in r Petr. 3,19
sua intronizzazione 73 , cioè il suo assi- troviamo, a rigore, soltanto il significa·
dersi alla destra di Dio(~ II, coli. 837 to di 'andare verso 177 ; tuttavia un esa·
ss.: OE~Loç) e la sua sovranità sull'uni-
verso. In tal modo l'ascensione diventa me d'insieme di questo difficile passo
anche il presupposto del suo ritorno (cfr. pure Hen. aeth. 12-16) autorizza a
nella gloria (Act. 1,u),'per instaurare il riferirlo al descensus Christi 78 •
regno di Dio ( 3 ,21 ) 74 .
È incerto dove vada localizzata la ~

lI 480-489; GoGUEL, op. cit. (--> n. 28) 217· G . BERTRAM, art. 'Hollenfahrt', in RGG' n
2 33· 1968-1970; WINDISCH, Kath. Br., excursus a
n --> vrqiH:ri vn, coli. 925 s.; BAUER, A- I Pelr. 3,19; W. ELERT, Der christliche G/au-
postelg. 22 s. be' (1956) 320-322; P . ALTHAus, Die christli·
7J Cfr. l'intronizzazione di Jahvé (EICHRODT, che Wahrheit II (1949)' 261-268; altra biblio-
Theol. A.T. t' 71-75); inoltre Pr. 6Ba4; uo, grafia ~ coli. 1087 ss.
1; 2.,7. 76 xa-ra1topEuoµa~ si trova raramente e ha
n Cfr. la descrizione dell'ascensione in ep. soltanto il significato di ritornare.
Aposto/orum 51 (62) cd. H. DUENSING, KIT
152 (1925) 42; altri documenti posteriori al TI Lo sottolinea ad es. GsCHWIND, op. cii. (-->
N.T., ad es. Barn. 15,9, in BAUER, op. cii. (--> n. 75) 40.88 s. III, il quale ritiene che qui
n. 64) · 275-279; GoGuEL, op. cii. (--> n. 28) non si parli affatto di descensus ad in/eros,
352-356. e riferisce 'ltOpEubEl<; all'ascensione, come in
75 Cfr. fra gli altri J. SPITIA, Chrisli Predigt 3,22.
an die Geister (1890); CLEMEN 9z.94-96; In., 78 Su altri passi controversi, come Mt. 27,52;
Niederge/ahren %U deu Toten (1900); ]. TuR- Apoc. r,18; Mt. 12,.40, cfr, CLEMEN 89 s.; In.,
MEL, La descenle du Christ aux en/ers (190:;); op. cii. (---)> n. 75) 176-180; su Eph. 4,9 s. ~
\Yl. BoussET, Hauplprobleme der Gnosis V, coli. 279 ss., xa.-rtlJ-rEpo~; --> SCHLIEll 19
(1907) 255-260; H. HoLTZMANN, Ho//e11/ahr1 n. 1; .23 n.1; --> n, coll. 24ss., xa;'Ta;palvw;
im Neuen Testament: ARW 11 (r908) 285- riguardo a passi posteriori al N.T., BAUBR, op.
297; BAUE.R, op.cii.(--> n. 64) 246-251; K. cit. (-+ n. 64) 275-279. ev. Petr. 41 s.: le
GsCl-IWIND, Die Nieder/ahrt Christi in die guardie al sepolcro odono, nella notte di pa-
Untcrwelt, Nt!Abh n 3/J (19n); C. ScHMIDT, squa, una voce d:il cielo che grida: lx'i)pul;a;c;
Gespriiche ]esu mii seinen Jiingern nach der 't'O~ xoiµwµlvo~c;; e dalla croce viene la ri-
Auferstehung, TU 43 (1919) 315-319 (soprat- sposta: Nal. Probabilmente si ha qui una
tutto 4:;3-:;76); R. REITZENSTEIN, Das mandiii- combinazione di Mt. 27,,2 con I Pelr. 3,19.
sche Buch des Herrn der Grosse (1919) 25- ep. Apostolorum 27 (38) (~ n. 74): «scese al
34; W. BousSET, Kyrios Christos' (1919/20) luogo di Lazzaro». ev. Nicod. 17 ss. (ed. K.
50-66; B. REICKE, Tbe Disobedient Spirils and T1scHl!NDORF, Evangelia apocrypha' [ 1876]
Christian Baptis111 ( 1946); W. B1EDER, Die 323-332); Sib. 8,310-312; o. Sal. 42,1' ss.; 22,
Vorstelltlng von der HoUenfahrt Jesu Christi .3 ss.; 17,8 ss.; cfr. -+ KRoLL, Goti tmd Ho/le
( 1949);- E. G. SELWYN, The /irsl Epistle o/ St. 34 SS. j GscHWJND, op. dt. (~ n. n> 228-
Peter ( 1949), a r Petr. 3,19 e 4,6; -+ LooFs; 234.
Elu1topEuoµa:L r-2 (F. Hauck - S. Schulz)

<pvÀax1} 79 e come si :lìssi cronologica- pocalittiche tardo-giudaiche, dipendenti


mente la discesa 8(). Per quanto è dato a loro volta da racconti orientali di xa-
capire, ciò che vien riferito in 3,19 av- 't'liBauLç (discesa).
venne nella sfera degli spiriti, trascen-
dente la coscienza, tra la morte di croce
e la risurrezione di Gesù 81 • Quest'even-
to si concentra in modo particolare nel r. Entrare, penetrare (Xenoph., Cy-
X.1Jpvo-crm1 (~ v, coli. 450 ss.) di Gesù, rop. 2,3,21); l'entrare cultuale nel san-
e anche questo conferma l'affinità con tuario (dç 't'Ò &ou"tov: Ditt., Or. I 56,4
Hen. 12 ss. 82• Enoc aveva annunciato a- [III sec. a.C.]; 90,6); detto del demo-
gli angeli caduti il giudizio di Dio &3; ne che penetra in un uomo (Preisendanz,
Gesù predica il vangelo alle potenze se- Zaub. I 4,3206).
duttrici 84 e alle anime umane sedotte ss,
anche se nulla vien detto del risultato di 2. Nei LXX traduce quasi sempre
questa predicazione. Sicché il descenms bw', entrare in un paese (Ex. l,1; Num.
di Gesù 86 si presenta come proclama- 34,2 ), in una casa (Lev. 14,46); spesso,
zione possente della vittoria già riporta- con valore cultuale, entrare nel santua-
ta su tutte le forze e potenze 11• Tutto rio (Ex. 28,30.43; 34,34; Num. 4,3: b
questo complesso di rappresentazioni do-11:opw6µEvoi; ÀE~i:oupyEi:v; \jJ 95 ,8:
collegato con 7tOpEuoµa;~ si trova in rap- · dc; -i-à.c; aù).(u, aùi:ou; fa·.44 1 17.21). È
porto critico con le concezioni della frequente nella locuzione entrare e usci-
morte proprie dell'A.T. e del tardo giu- re (Deut. 28,x9; I Sam. l8,r3, ecc.). In
daismo, come pure con le tradizioni a- senso traslato si applica alla vita sessua·

19 Cfr. BumER, op. cii. (-+ n. 75) 108-110; Secondo la leggenda tardo-giudaica essi ern.
SELWYN, op. cii. (-+ n. 75) ad I. no tenuti incatenati nell'oscurità sotterranea
sa SELWYN, op. cit. (-+ n. 75) ad I.; BIEDER, (lud. 6; 2 Petr. 2,4; Hen. tteth. ro6,13 s.; fob.
op. cii. (-+ n. 75) 102-107. 5,13; STRACK·BILl'..ERBECK m 783-785), e a ciò
81 Cfr. -+ coli. ro88 s. sembra accennare l'espressione fv q>UÀctxn.
8l -+ 'Evwx m, roll. 6r5 ss.; R. HARRIS, An 85 STRACK-BILLERllECK l 961-966; Iub. 5,10;
1111ob:rerved quo/alion /rom the Book of E- Hen. aelh. 65,11; BmDER, op. cii. (-+ n. 75)
11och: Exp VI 4 (1901) 194-199.346-349; In., 110-n3; riguardo alle ljiuxa:l nel senso di
011 a recenl cmendation i11 lhe texl of Si. Pe- morti cfr. Aci. 2,27; Apoc. 6,9; 204; 4 E:rdr.
ter: Exp VI J (1902) 317-320 ipotizza un 4,35.41; 7,J2; soprattutto apoc. Pelr. 25: a:t
'E...Wx, perduto, quale soggetto dopo tv i;i. ljiuxa:t 1'WV TIEq>ovwµlvwv; anche Hen. gr. in
o He11. aeth. 12-16; dr. anche Noè quale pre- generale usa l)Nxa:l (9,J.xo; 22,J; 102,5, ecc.)
dicatore in 2 Petr. 2,5 (STRACK-BILLERllECK e in base al loro modo d'essere designa i de-
m 769); Sib. 1,127; 1 Clcm. 7,6; altre indica- funti come spiriti, cfr. Hen. aeth. 22,3.5.9.
zioni in GscHWIND, op. cii. (-+ n. 75) 115 86 Cfr. pure lgn., Magn. 9,2: Gesù col suo

n. 2. viaggio nell'Ade risuscita i profeti (BAUER,


M 1tVf:vµa. (-+ col. 1089), che con questo lgn., ad l.; ibid. indicazioni di testi posterio-
significato ricorre raramente, indica in gene- ri); qualcosa di simile in Herm., sim. 9;16,5-7:
rale esseri spirituali, angeli, demoni (Mt. 12, gli apostoli e i dottori, in quanto <corgani isti-
.n; Eph. 2,2; Hebr. 12,9; r,14; cfr. PREU· tuiti della chiesa», dopo la loro morte hanno
scHEN-BAUER 4, :r.v.; Hen. aeth. ~.6.8.10; r9, predicato e battezzato nell'Ade; DrnELIUS,
1; 60,10 ss.) e nel nostro passo dev'essere Herm., ad l. [SCHNEEMELCHER].
quindi riferito egli angeli caduti, i quali di- 87Cfr. anche 1 Petr. 4,6, ove si accenna una
sobbedendo (dr. à1tE~~uaulv 1tO"tE) all'ordi- volta ancora al viaggio nell'Ade; al riguardo
ne di Dio abbandonarono il loro posto nei BIEDER, op. cif. (-+ n. 75)I22·I28; SELWYN,
cieli e si çongiunsero alle femmine dell'uomo. op. cii. (~ n. 75) 11d I.
1443 (VI,578) Éx1tOpEvo1u.n I·3 (F. Hauck · S. Schulz) (v1,579) I4H

le: Gen. 6,4 (1tpÒc; 't'ac; 1"uya't'Épcu; 't'WV II l 3 a 2 7: xvpLoc; •flc; olxouµÉvl)c; Éxrto-
&.vi}pw1twv); Am. 2,7 (1tpòc;... mw)l- PEUE'W.L ••• ).
<rxT)v); cosl anche Hen. aeth. 7 1 1.
2. Nei LXX traduce quasi costante-

3. Nel N.T. è usato in senso proprio mente ;~·; in senso proprio per indicare
il partire per la guerra (I Sam. n,7;
in Mc. l 1 2I (e:lc; Ka.cpapvaoùµ), soprat- Num. I,40.42, ecc.), l'uscita dall'Egitto
cutto per indicare l'entrata in casa (Mt. (Ex. 13,8; 14,8; Deut. rx,xo; 23,5);
5,40; Le. 8116; rr,33: oL d0"7topw6µE- nella locuzione 'entrare e uscire' (Deut.
28,19; 31,2, ecc.); a proposito del mi-
vor., «coloro che entrano»; scil. in casa; sterioso sgorgare 2 delle fonti dalle vi-
22,10; Act. 3,2: ei.<; "tò lEpov); 9,28 scere della terra (Deut. 8 17 ), dell'issopo
[entrare e uscire]). In senso traslato che esce dalla parete rocciosa (I Reg. 4,
d0'1tOpEÙoµat indica i cibi che_ entrano 33 [3 BM. 5,13)). In senso cultuale
designa l'uscita dalla tenda della rivela-
materialmente nel corpo (Mc. 7,15.18; lazione (Ex. 34,34), lo sgorgare dell'ac-
Mt. 15,17) ma senza contaminarlo (Mc. qua dal santo (Ez. 47,12), di sotto l'al-
7,19), le bramosie ecc. che s'introdt1cono tare (47,r.8), l'uscita delJa parola dalla
bocca {Deut. 23,24; ~ 88,35; Ecclus
nel cuore 1 (Mc.4,19) 2 e l'atto di entra- 28,12; Nt1m. 32,24), come pure della
re nel regno di Dio, presentato come u- parola di Dio (Deut. 8,3: Pfiµ~; Ez. 3 3,
na casa o un palazzo (Le. 18,24). Nei 90), l'uscita del neonato dal seno ma·
terno (Num. IZ,12; lob 3,16; 38,8
LXX, come nel N.T., il termine di gran [con immagine figurata, a proposito del
lunga più usato nei significati suddetti è mare]), 1o scoppiare dell'ira (I er. 2 3,
ELO'Épxoµa.t (~Il!, coll. 940 ss.). l 9 ), le apparizioni che il veggente vede
spuntare (z_ach. 5 ,5 .6; 6,r.5 s., ecc.).

3. Nel N.T. il termine ricorre in sen-


r. Uscire, mettersi in marcia (Xe- so proprio per uscire (Mt. 20,29; Mc.
noph., an. 5,1,8; Polyb. u,9,4 [dc; 10,17.46; u,19), andarsene (Act. 25,
(J°'t'pa:nci.v]; II ,9,8 [ Elc; ~OVMU't'1)pWJ];
6,58,4 [be 't'OV xapa.xoc;, «dal vallo»]);
4). Si dice che il popolo usciva nel de-
uscire, scaturire, sgorgare (Hen. aeth. serto per andare da Giovanni (Mt. 3,5
14,19: fiumi di fuoco; 31,r: (nettare par.). Con la partenza degli apostoli gli
dagli alberi; Preisendanz, Zaub. II 12, increduli sono abbandonati a se stessi
218: dal seno materno; Hen. gr. 16,1:
miEvµcx't'a. bc'ltopw6µtva. tx. -tiic; "1uxiic; (Mc. 6,n). Nell'ultima ora i morti usci.
't'ijc; O"apxòc; a.v't'wv 1; Preisendanz, Zaub. ranno dalle loro tombe (lo. 5,29).

ElrnopEvoµcu lx'ltOPEUOµa.~
I Dal corpo dei giganti, figli bastardi degli an-
G. D. K1LPATRICK, ?toptutu&a.~ and iJs com·
pounds: JThSt 48 (1947) 61-63. geli caduti; KAuTZSCH', Apokr. u. Pseudepigr.
II 247.
I Analogo Hcrm., mand. 101 2,2 s.; sul demone 2 Un prorompere misterioso viene connesso
che penetra nell'uomo 1.2,,:s,4. ai demoni; A. ]IRl<U, Die Diimonen und ihre
2 Le. 8,14 migliora l'espressione. Abwehr im A.T. (1912) 78.
1445 (VI,579) Èx'ltopEvoµa.L 3 (F. Hauck. S. Schulz)

Si usa ÈX7to1mioµctL per signiftcnrc tamente nell'opera di sostegno dei di-


l'uscita dei demoni dall'uomo (Act. 19, scepoli(~ 1,
coll. u64 s.; IX, col. 712).
3
12; Mt. 17,21) . In senso improprio il Nell'Apocalisse il veggente vede cose
termine indica l'uscita, il di/fondersi e azioni che provengono o prorompono
spirituale (Le. 4,37: -i'ixoc;). soprattutto con potenza: lampi dal trono di Dio
della parola che esce attraverso (oia) 1a (4,5). La parola di potenza e di giudizio
bocca (Mt. 4,4; dr. Deut. 8,3). II ~'ijµct che esce dalla bocca del Kyrlos Gesù
di Dio è la parola creatrice, e su questo viene vista come una spada affilata'\ che
fondamento (btl) l'uomo vivrà. Dalla colpisce i nemici di Dio (1,16; r9,r5).
bocca di Gesù escono parole ("C"li<; xu- Un fuoco annientatore esce dalla bocca
pi"l'o<;) relative all'apparire del tempo dei testimoni di Cristo (II ,5 ), fuoco e
della grazia (Le. 4,22). Invece le parole zolfo dalla bocca dei cavalli ultraterreni
che escono dalla bocca dell'uomo Io (9,17 s.), come dalle fauci del drago,
contaminano, perché il suo cuore è mal- della bestia e del falso profeta escono
vagio (Mt. 15,rI.r8}. Perciò dalla bocca tre spfriti impuri (16,14) 5 . Invece dal
del cristiano non deve uscire alcuna pa- trono <li Dio e dell'Agnello scaturisce
rola malvagia, sconcia (crc:t1'p6ç: Eph. un fiume d'acqua viva (22,r).
4,29). Anche in questo caso ÈX1tOpEuoµm è
Venendo dal Padre (lo. 15,26) il Pa- il termine più popolare a confronto del
racleto è caratterizzato quale equivalen- più frequente tçtpxoµat.
te di Gesù e quindi lo supplisce perfet- F. HAUCK-S. SCHULZ

3 In genere nei sinottici questo significato si 1 I,4; Sap. 18,15; Ps. Sai. 17,24 s.
esprime con ~ ~çtpxoµ«~ m, col. 950.
4 Cfr. BoussET, Apok. 196; Hebr. 4,12; I s. 5 Analogo Herm., vis. 4,1,6.
1447 (vr,579) 1t6p\Yl1 xù. (F. Hauck-S. Schulz)

t 7t6pvn, t7t6pvoc;, t 7topvda,


t 7t0PVEVW t ÈxTCOp\IEUW
I

SOMMARIO: dell'A.T.;
III. prostituzione cultuale nell'A.T.;
A. Fuori del mondo ebraico: IV. l'infedeltà di Israele nei confronti di
I. uso del vocabolo; Jahvé come 1topvElC(.
II. rapporti sessuali extra-coniugali al di C. Tardo giudaismo (apocrifi, pseudepigrafi,
fuori della Bibbia: Qumran, Filone, Giuseppe, rabbini).
l. prostituzione cultuale;
2. relazioni sessuali extra-coniugali pro- D. Nuovo Testamento:
fane; I. la predicazione di Gesti;
3. l'ctica sessuale stoica. II. gli Atti degli Apostoli;
B. Antico Testamento: III. Paolo, Hebr. e Iac.;
IV. l'Apocalisse.
I. uso del vocabolo;
II. impudicizia sessuale nella vita del popolo E. I Padri apostolici.

1t6p\YI') X't' À.. Die Ausleg1mg der neutestamentlichen Schri/1-


Premessa. Alla base dell'articolo attuale sta texte iiber die Ehescheidtmg bei den Viitern,
un manoscritto di F. HAUCK, in parte abbre- Diss. Wiitzburg (r910); P. Dur-ouR, Gescbich-
viato e in parte ampliato da S. ScHULZ. La te der Prostitt11io11 bei allett Viilkern, 1: Die
trattazione relativa a Giuseppe ( ~ coli. 1471 vorchristlicbe Zeit' (1908); A. EBERHARTER,
s.) è di K. H. RENGSTORF. Das Ehe- tmd Familienrecht der Habriier,
Bibliografia. A. ALI.GEU!R, Die cmx interpre- Alttcstam. Abhandl. v 1.2 (1914) 12-196; TH.
tum im neutestamenllichen Ehescheidungsver- ENGERT, Ehe- tmd Familienrecht der Hahriier,
hol, Philo/ogische Untersuchung :w Mt. 5,32 Studien zur alttestamentlichen Einleitung und
tmd r9,9: Angelicum 20 (1943) 128-142; J. Geschichte 3 . (1905) 8-90; G. FALK-HANSEN,
BACHOF.EN, M111terrecht, a cura di K. MEULI Skilsmisre (1932); A. FRIDRICHSEN, Excepta
(1948) indice s.v. 'Hetarismus'; F. BERNHOFI', /omicationis causa: Svensk Exegetisk Arsbok
Zur Geschichte des europiiischen Familie11- 9 (1944) 54-58; In., Scholia in N.T.: Svensk
rechts: Zeitschrift fi.ir vergleichende Rechts- Exegetisk Arsbok 12 (1947) 140-r47; H.
wisscnschaft 8 (1889) 1-27; E. BETHB, Die GREEVEN, Zu dett Armagen des N .Ts. iiber
dorische Kttabenliebe, ihre Ethik tmd ihre die Ehe: Zeitschrift fi.ir evangelische Ethik 1
Idee : Rhcinisches Museum N.F. 62 (1907) (1957) 109-125; W. GABRIEL, Was ;st 'Por-
438-475; S. BIABLOCKI, art. 'Ehebruch', in EJ 11eia' im Sprachgebrauch Jesu?: Ethik 7 (1931)
6 ( 1930) 253-259; ID., art. 'Ehescheidung', 106- 109. 363-369; H. HAAG, Bibel-Lexiko11
ibid. 259-271; L . BLAu, Die iiidische Eheschei- (1951), s.v. 'Dirne'; A. HERMANN-H. HERTER,
dung u11d dcr iiidische Scheidebrief I. II (19II art. 'Dirne', in RAC m 1149-1213; U. HoLz-
s .); ]. BLOCH, Die Prostitution I (1912); J. MEISTBR, Die Streitfrage iiber die Ehcschei-
BoNSIRVEN, Le Divorce dans le N .T . (1948); dungstcxte bei Mt. 5,32 und i9,9: Biblica 26
L. BRUN, Egteskap, skilsmisse, f raskilter vielu (1945) 133-146; TH. HoPFNER, Das Sexualle-
i11 lys fra det N.T., in Por Kirke o/ Kultur 23 he11 der Griechm tmd Romer II (1938); A.
(1916) 65-86; R. H. CHARLES, The T eachi11g ]UNCKER, Die Ethik des Apostels Paultls, u:
o/ the N.T. 011· Divorce (1921); F. L. C1Rwr, Die ko11krete Ethik (1919) 181-216; E. Ko.R-
Christ und Divorce (1945); DAREMBERG-SAGLIO NEMANN, Die Stellrmg der Frau in der vor-
m 1,171-174; 2,1823-1839; G. DELLING, Pau- griechischen Mi11elmeerk11ltur, Orient und
lus' Stellu11g zu Fratt tmd Ehe, BWANT 56 Antike 4 (1927); W. KROLL, art. 'Knaben-
(1931) 14-38.57-160; G. DELLING, Das Logion liebe', in PAULY-W. I I (1922) 897-906; J.
Mark X I I (und seine Abwadlungen) im N. LEIPOLDT, Jerns und die Fraue11 (1921) 3-80;
T.: NovTest l (1956) 263-274; M. DENNER, ID., Die Fra11 in der antiken ìVelt u11d im
1449 (v1,580) ltÒpVYJ X'!À.. A I I-.J (F. Hauck-S. Schulz) (vr,581} 1450

A. FUORI DEL MONDO EBRAICO cpl'>..ov, crw<ppovoc): Xenoph., mem. I,6,


l 3; 7trt~6Eç 1t6pvoL: Aristoph., Plut.
I. L'uso del vocabolo 155; 'ltopvov µÈv Èv mucrl, Phalaris, ep.
4 2; Demosth., ep. 4, I I; Philo, leg. ali. 8.
r. 7tOpV'YJ, da 'li:Ép'V'l']µt, vendere (detto 3. 7topvi::la., raro nel greco classico,
soprattutto di schiavi), in senso proprio fornicazione, prostituzione. Semantica-
è la prostituta o meretrice prezzolata; le mente più limitato di 7tOpVEloc, il verbo
prnstitute greche erano per lo più schia· µotxi::vw (~ vn, coli. 443 ss.) indica
ve comprate; Aristoph., Ach. 527; È.q)(t.· esclusivamente l'adulterio. L' Époccr't'i)ç
criH"Yi:o. 7tOp\ll)C:, &11µoa-la: B.G.U. IV dell'etera Neera, da quando essa è spo·
o
ro24, p . 6,4 ss. (IV·V sec. d.C.); K6À.o· sata, è un µotx6ç (Dcmosth., or. 59,41);
{3oç oÈ 7topV1)V µE 7tE'7tUTJXE: P. Oxy. III [ 1) oÈ 'Aq>pooli: ]'r) rctY.pa..vyx<ivoucr« -.ii}
528,18; x6pv'YJ ')'U\llJ: Archiloch., fr. -coli [ "ApEwç 7top] vlaç ( xat) µotxdaç
1
142 ; 7t6pv1J &viJpti.moç: Lys., or. 4,9; xocpi:l[ 'T ]1]01.V, «Venere in congiunzione
'ltOpVl}V xat oouÀ.TJV &vlJpwnov: Lys., con Marte provoca prostituzioni e adul-
or. 4,19. teri»: P. Tebt. II 276,15 s. (I-II sec. a.
2. n6pvoç (a partire da Aristoph., C.); P. Lond. v 17n,30 (VI sec. d.C.);
Plut. l 5 5) è il fornicatore che ha rap· I:t\IW'1t1Jç Tfjç 0ptt-t-r'r}<; "tfjç É~ Alytvl]ç
porti con prostitute, poi soprattutto co- 'Ai}iJvo:~E µnEvEyxaµt\11]<; -.i)'ll nopvi::l-
lui che si presta alla lussuria per dana- av, «Sinope tracia che ha portato la pro-
ro, cinedo, bagascia: i:Yjv ... wpu.:v tàv stituzione da Egina ad Atene» (Athen.
~tÉV ·rn; àpyuplou 7tWÀ.fi i:<'.!> ~ouÀ.oµÉVC!J, l3,595a). A proposito di omosessuali-
7t0pVOV <J.V"tÒV a7tOX<J.À.OUC1tV, «Se uno tà: Demosth., or. r9,200.
\rende per denaro l'occasione a chi vuo- 4. 7tOpVEVw. a) Transitivo: prostitui-
le, _lo chiamano bagascia» (l'opposto è re (Harp., s.v. 7tWÀ.wcrt); è corrente 3 aJ

Urchrhtentum (1954) 1c>-145; H. LICHT, Sit- In., Zwei neue Ji.ussemngen :r.ur Ebebruchklau·
tengeschichte Griechenlonds 1-m (1926-19:18); sei bei Mt.: ZNW 42 (1949) 202-209; K.
A. MliLLER, art. 'Prostitution', in RGG 2 IV STA.m, Die UnauPoslicbkeit der Ehe und die
1576-1580; J.]. B. MuLoER, Quaestiones non- sogenonnten 'Ehebruchsklouseln' bei Mt. 5,32
nulloe ad Atheniensium matrimonio vitom- tmd 19,9, in Festschrift fiir E. Eichmann
quc coniugolem pertinentes, Diss. Utrecht (1940) 4.35·452; In., Zur Froge der Eherchei-
( 1920); A. OTT, Die A11slegung der neutesta- aungstexte im Mt.: Zeitschrift fiir katholische
menl/ichen Texte iiber die Ehescheidung Theologie 67 (x943) 36-44; STitACK·BILLER-
( 19n ); H. PllEISKER, Christenlum und Ehe JIECK I 315 s.; III 64-74.106 s. .342-358.368; A.
i11 de11 ers1e11 drei ]ahrhunderten (1927) 13- TAFr, Excepta /ornicationis causa: Verbum
177; PREUSCHEN-BAUER , s. V.; J. PREUSS, Domini 26 ( 1948) 18-26; A. VACCARI, De 1110-
4

Prostitution tmd sexuelle Perversitiiten nach lrimo11io et divortio op11d Motthaeum: Bibli-
Dibel tmd T olmud; Monatsschrift fiir prak- cn .36 (1955) 149-15I; L. WAHRMUND, Das
tische Dermatologie 43 (1906) 21-279.342- Institut der Ehe im Alterlt1111 (1933) 1-125.
345. 376-381. 470-477. 549-555; H. SCHMIDT, I Ed. TH. BERGK, PoeJoe lyrici Graeci • II
Synonymik der griechischen Sprache n ( 1878) (1882) 427.
112-421; R. ScHNACKENBURG, Die si1tliche 2 Ed. R. HERCHER, Epistolographi Groeci
Bolschaft des N.T., in Handbuch der Moral- (1873) 409 s.
theologie (1954) 170-176; K. ScHNmDER, att. 3 Bisogna partire da 1tOP\IEVEa'!>o.~, deponen·
'Hetnirai', in PAULY·W. 8 (1913) 1333-1372; te (non passivo); dr. E. FRAENKEL, Griechi·
P. TH. ScuwEGLER, De clausulis divortii (Mt. sche De110111ino1iva (1906) 18r.197.272; !'atti·
5 1 32 et I9,9): Verbum Domini 26 (r948) vo è una derivazione dal deponente inteso co-
214-zq; ]. SICKENBERGER, Die Um:uchuklot1· me passivo: FKAENKEL, op. cit. 200; ~IX, coli.
sei im Ml.: Theo!Quart 123 (1942) 189-201; IJ51 s., n . 2; DEBRUNNER, Griech. \Y/ortb. ~
'ltOPVll x'T)... A I 4-II 1 (F. Hauck·S. Schufa)

passivo, riferito a una donna, nel senso la coscienza; a noi testa per molti aspetti
di vendersi, darsi alla prostituzione oscura. È chiaro, comunque, clie vi so-
(Hdt. l,93; Lys., Jr. 59); si trova anche no notevoli differenze tra la civiltà o-
riferito a un uomo (Aeschin., Tim. 52, rientale, in particolare quella semitica, e
119; Demosth., or. 19,223); il 1tE7top- la civiltà greca.
vEuµivoc; ... iì -i}'t'cuptpcwc;. 't'ÒV yàp -tò
O'Wµa. 'tÒ É<XU't'OV lcp'v~pEt. m:7tpa.XO't'ct 1. Prostituzione cultuale
(Aeschin., Tim. 29).
b) L'intransitivo attivo equivale al Nella prostituzione cultuale 6 si deve
passivo: fornicare (Luc., Alex. 5 ); 'ltE- ulteriormente distinguere fra la conces-
1topvEuxwc; &vi}pw'ltoc;: Phalaris, ep. sione del corpo fatta una tantum e quel-
121,1 4 • la continuativa. La prima era normale
5. ~X1topvEuw 5 ,
rafforzativo <li 1top- in Persia dove tale prostituzione veni-
\/Euw, vivere in modo assai dissoluto; lo va praticata anche dalle figlie delle fa-
stesso significato ha il passivo (Poll., miglie più ragguardevoli, senza che ne
onom. 6,126); con l'accusativo: prosti- venisse loro alcuna infamia 7 • Una pro-
tuire (Lev. 19,29; test. D. 5,5). stituzione sacra continuativa era eserci-
tata dalla classe delle ierodule, il cui
II. Rapporti sessuali extra-coniugali al guadagno era devoluto alla dea del tem-
di fuori della Bibbia pio nel quale servivano. Questo tipo di
prostituzione era particolarmente diffu.
Una prima distinzione va fatta tra so nei culti 8 dell'Asia Minore dedicati
prostituzione cultuale e prostituzione alle divinità-madri 9, ma anche in Siria w
profana. Essa affonda le sue radici nella e in Egitto 11 • Dai culti cananei (Baal,
preistoria, la quale, basata nel matriar- Astarte) passò talvolta tra gli Israeliti.
cato e nell'incipiente incentramento sul- In ambiente greco la prostituzione sacra

215; dr. pure FRAENKEL, op. cit. 200: hmpEU· lischen Geisfeskultur' {1929) 476-478; B.
Eaicu. (DEBRUNNER]. MEtSSNER, Babylonien uttd Assyrien II (1925)
4 HERCHER, op. cit. ("' n. 2) 444. 26.68-71, il guadagno delle ierodule ( = kn-
s HELBING, Kasus:ryntax 78. diJtu = ebr. q'deJa) non era considerato di-
6 Cfr. G. VAN DER LEEUW, Phiinomenologie sonorante. Cfr. ep. ler. 42 s. = Bar. 6,42 s.
der Religion 1 ( 1956) 254-262; N1LSSON I 1 Per la Lidia, Hdt. r,93; Athen. 12,515d-516b;
120-122; A. KuNz, 'Iepoc; -yaµoc;, Diss. Halle per Comana (nel Ponto), Strabo XZ,558.559
(1933); E. FBHRLI!, Die kuflische im Alter- (oltre 6.ooo ierodule); per Abido, Athen. 13,
tum, RVV 6 (1910) 40 s. -)o BACHOFEN 1 128 572 s.; per Comana cataonica, Strabo 12,535
vede nella prostituzione religiosa una transi- (oltre 6.ooo ieroduli tra uomini e donne:
zione fra l'eterismo antico, cioè fra la comu- llvlJpe~ 6µov yuva~!;l); per l'Armenia, Strabo
nione sessuale del tutto arbitraria. conforme u,532; ad Efeso vi era un tempio di 'Acppo-
allo sfrenato principio di natura del ius na- òl-t'l') ~'talpa Athcn. 57311); anche il fame.so
turale, e l'attività sessuale regolata più tardi Artemisia contava molte ierodule (RosCJIER 1
nel matrimonio dal ius civile. Cfc. ~ BERN- 591).
HOFT 22-25; ~ KoRNBMANN 8 s.; -)o WAHR· 10 Per Biblo, Luc., Syr. dea 6; per Afoca, Luc.,
MUND I-32. Syr. dea 9; Eus., vit. Const_ 3,,J; per lerapoli,
7 Strabo 16,74'; analogamente, a proposito di Luc., Syr. dea 43,
Babilonia, Hdt, 1,199; test. Iud. 12, Il Hdt. 2,n3; Strabo 7,816; altri testi sull11
8 Hdt. l,199: Militta, dea della fertilità (dalla ierodulia in W. OTTO, Beitriige wr Hierod111ic
radice ;Id: colei che fa partorire). im hcllenische11 ii.gypten, AAMiinch. N .F. 29
9 A. }EREMIAS, Handbuch der altorienta- (1950).
;.ÒpVTJ X'TÀ.. A n 1-2 (F. Hauck-S. Schulz)

era in genere respinta. Era penetrata e sorelle, se non vi sono già cadute esse
soltanto a Corinto e ad Atene, proba- stesse 14• Fra le entrate statali figurava
bilmente in seguito ai rapporti commer- la tassa sulla prostituzione (~opv~xòv
ciali di queste città con l'Oriente. In 'tÉÀ.oç) riscossa da appositi gabellieri
Corinto, soprattutto, era famoso il tem- (~opvonÀ.wva~) 15• Fonte costante di
pio di A frodi te con le sue mille ierodu- prostituzione era nell'antichità la schia-
le, e un'iscrizione onoraria ricordava vitù, che abbassava l'uomo ad oggetto.
che in un'ora critica la dea aveva esau- Le schiave erano oggetto di godimento
dito la loro preghiera per la patria in ad arbitrio del padrone. Ebbe grande
pericolo 12 • importanza per lo sviluppo di questo
processo la legge ateniese di purificazio-
2. Relazioni sessuali extra·con'iugali pro- ne (45 I), che tracciò una netta demar-
fane cazione fra indigeni e stranieri, negando
ai figli di matrimoni misti il diritto di
La posizione greca nei confronti del- cittadinanza (Plut., Pericl. 37 [I 172
le relazioni extra-coniugali va intesa al- b-f] ). Questa diversa situazione giuri-
la luce di diverse condizioni storiche e dica costrinse una gran parte delle don-
sociali 13• L'età omerica ignora prostitu- ne straniere a procurarsi da sé la pro-
te di mestiere e case di piacere. I signo- pria sussistenza. L''amica' di professio-
ri si tenevano talvolta una concubina ne divenne da quel momento una figu-
(7ti!À.À.a.x1), pileges) o avevano relazioni ra usuale nella società greca. Ne derivò
sessuali a piacere con schiave, che era· una vera crisi del matrimonio. A parti-
no per lo più preda di guerra (Hom., re da Erodoto hu.lpa. è designazione eu-
Il. 1,ru; 8,284). Con l'accrescersi del femistica di una donna che si concede
benessere e dei rapporti commerciali ap- per danaro 16•
pare anche la prostituzione. Già Solone
(verso il .594) con la sua legislazione cer- Causa fondamentale della prostitu-
ca di proteggere il matrimonio e di re-
primere una sessualità selvaggia. Egli zione è la concezione greca della vita,
vieta di spingere alla prostituzione figlie che considera il rapporto sessuale tanto

12 Strabo 8,378; dr. 559; Athen. 14,573; dr. 12} 2734.


H. HEPDING, art. 'Hieroduloi', in PAULY-W. 13 Aeschin., Tim. 119 ss.; Poli., onom. 7,:io2;
8 (1913) 1465; F. DilMMLER, art. 'Aphrodite', i 'ltopvoTEÀW\lat avevano dunque gli elenchi
in PAULY-W. I (I894) 2740 s.; Paus. 1,14,6; delle prostitute munite di licenza.
sulla prostituzione cultuale in Roma, Liv. 39, 16 Hdt. 2,1 .34: xa)..oucn. 8È xat Tch; µtcr&txp-
t5. In proposito VAN Dl!R LEl!UW, op. cii. (~ 'VOvcrac; halpaç xal -.ò l1tt cruvoucrlcxi..; i.u.-
n. 6} 256 s. ~ap'V~r'V l-ratpt~v. ovx ~-rt 'ltpòi; -rò ~-ruµov
Il Una fonte essenziale per la prostiruzione à.va<pipO'VTEc;, à,).).à. 'ltpÒc; TÒ WCJX1]µo\lf<1TE·
antica, sopratnttto greca, si trova in Athen. pov (Athen. 13,571 d). Saffo (Athcn. x3,J7I d)
13, con molte citazioni di opere perdute; i· usa lTalpo, senza alcun senso spregiativo, e
noltre Luc., dialogi meretricii. cosl pure Plut., So/on IJ (X 86 b ss.): gli Ate-
11 Plut., So/on 23 (1 90 f); da lui dipende la niesi sono abituati ad abbellire realtà spiace-
tradizione, incredibile sotto questa forma, se- voli e penose con eufemismi, "Càt; µ!v 1tOpvttç
condo cui Solone avrebbe organizzato un bor- h<dpttç, 'toùi; òÈ qi6pouc; au-..n6:1;Et.ç... xa-
dello con i cui proventi sarebbe stato costruito À.ouvTEç. Il termine crudo 'ltOP'V1J veniva vo-
il tempio di 'Acppo8l~l} 'ltci'Vlil}µoi;, Athen. x3, lentieri sostituito dal diminutivo 'ltOpv!Oiov.
569d; cfr. W. ALY, art. 'Solon', in PAULY-W. Un lungo elenco di altre denominazioni in
3a (1929) 967,n-19; DiiMMLBR, op. cit. <~ n. Poll., onom. 7,201.
1455 (vr,582) 'TtOPVTJ x't>.. A II 2 (F. Hauck-S. Schu17.)

naturale, necessario e giustificato quan- tura della moglie, segregata in casa ,


to il mangiare e il bere 17• Costume e l'uomo cercava nell'etera quel che non
diritto difendevano soltanto il matrimo- trovava in lei 18 • La cerchia delle etere
nio fra cittadini (~ µo~xEuw, VII, coli. d'alto rango va però considerata assai
453 ss.). All'uomo, anche sposato, era ristretta 19• Anch'esse erano per lo più
consentito avere una relazione extra-co- desiderate soltanto per soddisfare i sen-
niugale, purché non vulnerasse il matri- si. Giustamente Aristotele, per limitare
monio ufficiale; invece alla donna spo- il fenomeno delle etere, auspicava una
sata era vietata qualsiasi relazione extra- formazion.e superiore della <lonna greca
coniugale. La giustizia greca era molto (poli!. 1 1 13 [p. 126ob15]; 2,9 [ p .
tollerante nei confronti del libero amo- 1269b17]).
re (Athen. i3,590 d-e), soprattutto dei
A Sparta e tra i Dori i costumi erano
rapporti di giovani maschi (l'età nuziale
più severi che ad Atene, Corinto 20 e nel
era fra i 30 e i 35 anni) con prostitute. mondo ionico. Proprio qui, però, si svi-
Venivano biasimati soltanto gli eccessi luppò la pederastia illuminata, che poi
e le intemperanze (si ricordi Alcibiade). si diffuse in tutta la Grecia e non fu
biasimata neppure dagli uomini di più
D'altro canto il frequentare i postriboli elevata posizione, i quali anzi talvolta
era pur sempre una vergogna. È anzi ca- la praticarono 21 • Molto più rara era l'o-
ratteristica dell'antichità questa duplici- mosessualità femminile. L'una e l'altra
aprirono fatalmente la porta alla dege-
tà di valutazione. Anche Platone vuol ri-
nerazione contro natura.
solvere la questione con un compro- Fra le prostitute vanno distinti vari
messo, permettendo il commercio con gruppi. Al livello più basso stavano
quelle da bordello 22, per lo più schiave,
prostitute, a patto che avvenga in se-
di cui il tenutario poteva disporre a suo
greto e non dia scandalo (leg. 8,841 a- piacimento (Aristoph., Ecci. 721 s.; De-
c). A causa della totale mancanza di cui- mosth., or. 59,30) 23 • Un po' più su sta-

17 Plut., So/on 31 (I 96 b-e) Galeno, Ippo- cfr. --> ScHNElDER r355 s.; Athen. 13,589 dc.
crate e Rufo di Efeso in Oribasius, collec- 20 Cfr. xopwlha~E<rlhx~, termine corrente per
tionum medicarum reliquiae 6,37.38 (CMG VI indicare una vita dissoluta.
1,1 [1928] 187-192). In ogni caso si riteneva 21 --> BETHE 438-475; ~ KROLL 897-906; lv.,
che l'astinenza sessuale fosse più dannosa di art. 'Kinaidos', in PAULY-W. II (1922) 459-
un moderato rapporto libero. Eur., fr. 431 462; P. BRANDT, Homoerotik in der griecbi-
(T.G.F. 493) considera addirittura hybris il vo· schen Literat11r (Lucian vo11 Samosata). Abh.
lersi opporre all'amore. Altri documenti in aus dem Gebict der Scxunlforschung 3,3
J. Bwc11, Ursprung der Syphilis (r90I-I9r1) (1920/r).
624 s.; ~ BnRNHOFI' 172 s. 21 Molte designazioni spregiative in ~
18 Il noto detto di Demostene (or. 59,122 [--> SCHMID1' 420 s.
vn, col. 453 n. 10]) riproduce il modo di pen- 21 nopvi;fov = otxl)µoc, Poli., onom. 7,2or;
sare greco; cfr. Athen. I3,.H 9 ab. lpy«CT'ti}PLOV, Demosth., or. 59,67; 1tOMÌL-
19 Cfr. Aspasia, amata e onorata da Pericle; CTXE~ov, Atben. 10,437 s.; prostitute dn bor-
retori, artisti e poeti avevano le loro etere, dello: xowàç /fooc!f~ (Athen. 13,569 e).
n6pvn x·d.. A n 2-B r I (F. Hauck-S. Schulz)

vano le ragazze istruite nelle arti, nella stesso (p. 65 '4 ss.). Con ogni atto impu-
musica, nel canto e nella danza (Plat., ro si contamina Dio nel proprio petto
Prot. 347 d; Luc., dialogi meretricii 15, (Epict., diss. 2,8,13). Ocello 26 preferi-
2; Xenoph., sym. 2,1 ss.; Plat., symp. sce la continem:a (45 s.); per chi non è
176 e). A un livello superiore stavano in grado di osservarla diéhiara doveroso
le meretrici in proprio, che a seconda evitare almeno fino al ventesimo anno
dei casi chiedevano tariffe alte e anche ogni piacere d'amore e limitarlo al mi-
altissime ( µEya).6µtcrl}oL) 24 • nimo anche in seguito ( 54 s.) 27 •

3. L'etica sessuale stoica B. ANTICO TESTAMENTO

Proprio in quest'epoca parte dalJa fi- I. L'uso del vocabolo


losofia uno sforzo per riformare l'etica
sessuale. La Stoa non respinge il piace- 1. Nei LXX il gruppo verbale 'ltop-
re sessuale in sé (Muson. p. 7r,1r), ma \/Euw traduce per lo più la radice znh 1~,
vuole condurre l'uomo alia libertà dalla mentre con la medesima regolarità 11'p
passione 25 (Epict., diss. 4,r,21 ). Essa è reso con µoLXEUW (---7 VII, col. 445).
condanna, senza eccezione, ogni adulte- a) Il verbo 7topVEUW è quasi sempre
rio (Zeno, /r. 244 [ v. Arnim I 58,r4 l'equivalente di zànfi, una volta di qà-
ss.]; Epict., diss. 2,4), ogni rapporto dès (Deut. 23,18). In analogia con l'ara-
extra-coniugale di persone sposate e, bo, in origine pare che abbia il signifi-
forte di questi principi, lotta decisa- cato di soddisfazione sessuale da parte
mente contro la dissolutezza sessuale della donna 29• Agli inizi, soprattutto
dell'epoca (Muson. p. 67,6 ss.). Parti- nella vita nomade, era cosa normale che
colarmente severo è il giudizio di Mu- le ragazze si sposassero all'interno del-
sonio, che dichiara iniquo ('ltctp<ivoµoc;) la tribù . In qualche raro caso poteva
e ignobile (alo-xpoc; [p. 64,I.5.9]) o- avvenire che dei giovani, incuranti del
gni rapporto sessuale al di fuori del ma- costume, si scegliessero la sposa in una
trimonio, ivi compreso quello del pa- tribù vicina. zona viene ad indicare una
drone con la schiava (p. 66,2 ss.). Chi donna il cui marito non appartiene alla
ha rapporti con l'etera pecca contro se sua stessa tribù 30• Probabilmente è que-

2~ --> HERMANN-HERTER 1159 s. 23 Solo in Deut. 23,18 traduce qds (4 qui


25 L'etica greca si oppone alle eccitazioni ri- sopra).
provevoli; corrispondentemente, nei cataloghi 29 Cfr. J. WELLllAUSEN, Die Ehe bei den Ara-
ellenistici di vizi non troviamo 'ltopvE(cx., bensl bem, NGG (1893) 472.
1bcoì..aula (Muson., p. 113,9 ss.; Dio Chrys., 30 Cfr. H. WINCKLER, Geschichle Isrnels Il
or. 8,8, ecc.) quale corrispondente ncg!ltÌvo (1900) 271 con rinvio a 3 Ba.cr. 12,24b (testo
della virtù della ty:<p&:·ma., ~ VOGTLE 199. cbr. r Reg. II,26: 'almii11a) e Iud. 8,3x; x6,r;
212. KoHLER-BAUMGARTNER, s.v. Su vari rapporti
26 Ocellus Lucanus, dc 1111iversi nat11ra, ed. R. liberi, simili a quelli matrimoniali, in Oriente
HAROER, in Neue philologische Untersuchun- cfr. WELLHt.USEN, op. cii. (4 n. 29) spedalm.
gen I (1926). 464 s.: la cosiddetta mut'a, matrimonio tem-
27 Cfr. ~ PREISKCR, specialmente 13-37; ~ poraneo o di piacere, che in parte equivale
DELLJNG, specialm. 14-38. Anche le associa- alla fornicazione usuale. Cfr. W . H EFFENING,
zioni misteriche lottavano, in parte, contro la i1rt. 'mut'n', in Enzyklop1idie des Islam m
tolleranza della dissolutezza, cfr. J. DòLGER, (1936) 835-838; sul mmimonio di visita (ma-
Die )frhtung des Ehebruchs in der K11ltsnl- trimonio bee11a) dr. W/. R. SMITH, Kimhip
:.:11ng: Ant, Christ. lII (x93 2Y--132-148. rmd Marriage 2 (1907) 87-93; Fr. A. }AUSSEN,
1t6pV'I'] X1'À.. B1 1-H (f. Hauck-S. Schulz)

sto il senso cli I ud. rr, r e forse anche sivo (Os. 4,Io.18; 5,3).
di 16,r. e) A differenza del greco profano,
b) Poi znb, che per il predominio nell'A.T. 1tOPVEUEt\I e il corrispondente
del patriarcato (fa eccezione Num. 25, znh hanno anche valore traslato ( ~
1) nell'A.T. è riferito unicamente al- coll. 1466 s.).
la donna, viene a significare concedersi 2. itopvda., prostituzione, f ornicazio·
a un altro, essere infedele, fornicare (nei ne, è traduzione di zenun1m (Gen. 38,
LXX 16 volte 7tOpVEUW, 36 volte il raf-
24; 4 BM. 9,22; Ez. 23,1r.29; Nah. 3,
forzativo ÉX1topvEUW ). Talvolta è usato
4 ; Os. r,2, ccc.) e di ;énut, che soltanto
in assoluto (Os. 3,3; Ier. 3,6.8; Ez. 23 ,
in Os. 4,11 e Ecclus 41,17 è usato in
19; Ps. 106,35), ecc.), talvolta con pre·
senso proprio, mentre negli altri casi
posizione (per lo più 'a!Jar, 'apifré, ònl·
ricorre con valore figurato per designa-
<rw) indicante l'uomo al quale la donna
re l'infedeltà verso Dio(~ coll. 1466 s.).
dissoluta corre dietro (Ez. 34,15.16;
Solo con quest'ultimo significato tradu-
Lev. 17,7; 20,6; Num. 15,39; I Par. 5,
ce pure tawut, che si legge solo in fa:.
2 5, ecc.). Lo stesso concetto è espresso
con Elc; (Lev. 20,5) o con l'accusativo o r6 e 23, per un totale di 22 volte. An-
che in questo caso la dissolutezza ses-
con 'el (Ier. 3,1; Ez. 16,28). Con min,
suale in certe situazioni può essere un
me' al, mittalJat, &.1t6 si indica l'uomo
adulterio (Ecclus. 23,23 ~ coll. 1466 s.).
dal quaJe essa si distacca rendendosi in-
fedele (Os. 4,I2; 9,1; Ps. 73,27). •ma 3. r.6pvn ~ coli. 1466
zona è la meretrice occasionale o di me· 4. 7t6pvo~ compare solo negli apocri-
stiere (Lev. 21,7; Ios. 2,r [yvvl) 7t6p-
vri]; lttd. 11,1; 16,1; I Reg. 3,16, ecc.), fi: Eccltts 23,17.I8 var.: tre volte (sen·
detta anche semplicemente zona (pattie. za corrispondente ebraico).
femm.: Gen. 34,31; 38,15; Ios. 6,17, , , come 7t0PVEVW:
5. EX'itOP\IEUW, , a) I or-
ecc.). È significativo che i LXX usino nicare (Gen. 38,24}; con l'accusativo:
costantemente il termine 7t6p\11], che è prostituire (Lev. 19,29). b) Corrispon-
duramente negativo e spregiativo. Sol- dente all'hif'il ebraico: spingere a pro-
tanto in I ud. r r ,2 e due volte negli stituirsi (Ex. 34,16; 2 Par. 21,u). e} In
scritti sapienziali - mai nel N.T. - la senso figurato: prostituirsi ad altri dèi
prostituta è detta ha.lpa. 31 • I testi mo- (Ex. 34,15), abbandonare Dio (Os. l,
strano che znh si può usare anche per 2; 4,12).
una donna sposata ma infedele al ma·
rito (Os. r.2; Ez. 16.23) o anche per II. Impudicizia sessuale nella vita del
una fidanzata infedele, poiché anch'essa popolo dell'A.T.
giuridicamente appartiene già al futuro
sposo (Gen. 38,24}. In questi passi 1tOp- Fin dai più antichi libri storici risulta
VEUW di fatto equivale a µ01.xEuu>. Al- che la prostituta era una figura corrente
l'hif' il znb significa spingere alla prosti- nella vita popolare. Alla maniera delle
tuzione (Ex . 34,16; Lev. 19,29; 2 Par. prostitute Tamar si vela e si pone sulla
21,1r.13) - nei LXX reso sempre con strada e in tal modo induce Giuda a sta-
ÈX7topVEVW - o equivale a un qal inten- re con lei (Gen. 38,15) 32• Gli esploratori

Coutumcs des Arabes: RevBibl N.S. 7 (1910) ce 'iifa :tiirn; cfr. "(Vvi) t"l'cttpL~OµÉVTJ in Ec-
237-249. clt1S 9,3 ('iJ!a ziira).
31 Prov. 19,13 ('iHti); in Ecclus 41,22 tradu- 32 Invece nel v. 21 l'amico e\'ita il crudo xona,
nopVT) x-r)•. B II (F. Hnuck-S. Schulz)

alloggiano nelln casn della prostituta Ra- sessualità sfrenata, scosse le consuetu·
hab, casa evidentemente nota nei pa- clini severe d'Israele. Sulle 'alture' si
raggi (1os. 2, r) 33• Iefte è ui.òc; yuva.Lxòc; mescolavano la prostituzione sacra e
1t6pvT)c; (I ud. II, I) .H. In occasione di quella profana (Ier. 3,2), ed entrambe
una visita a Gaza, Sansone fa presto trovarono la fiera opposizione dei pro-
conoscenza con una prostituta (Iud. 16, feti, mossi dalla loro concezione di Dio
r) 3". In r Reg. 3,16 si parla di una rissa e dell'uomo (Am. 2,7; Ier. 5,7, ecc.). Dn
in un bordello. Anche la miseria sociale nllora in Israele risultò impossibile qual-
poteva indurre a guadagnarsi il pane a siasi legittimazione teologica dell'uso
codesto modo (Am. 7,17). Naturalmen- sessuale extra-coniugale. Le prescrizioni
te la 7tOp\11] disponibile a piacere era in legali successive scaturirono in parte da
dispregio presso il popolo. Nel racconto questa polemica profetica (cfr. pure I
della violenza contro Dina la famiglia o Reg. 14,24). Secondo Deut. 22,21 la for-
i fratelli si presentano come difensori e nicazione di una fidanzata 37 dev'essere
vendicatori della sorella di cui si è abu- punita con la lapidazione, perché essa
sato e non sopportano che essa, onorata in tal modo ha commesso un'azione in-
TCa.pi}Évoc;, sia trattata come una TCÒpvT) fame, dannosa per l'intero popolo, e
(Gen. 34,31) 36• Ma non bisogna dimen- ha fatto della casa di suo padre un bor-
ticare che il termine znh è usato solo dello. Il dispregio religioso e sodale nei
per la donna. Il rapporto extra-coniu- confronti della 7tOPVTJ si esprime nella
gale di un uomo non è designato cosl, legge: il santo sacerdote di Jahvé non
né gli era vietato, salvo che praticasse può prendere in moglie una donna di
la moglie di un compatriota. Questa questo genere (cfr. la Legge di santità,
differenza significativa si radica proba- Lev. 21,7.14), e la figlia di un sacerdote
bilmente nella concezione patriarcale che si renda rea di libertinaggio dev'es-
dell'A.T. ed è un fenomeno derivato sere bruciata, perché cosl facendo ha
dalla concezione, essa pure patriarcale, sconsacrato la persona santa del padre
che gli Israeliti ebbero della rivelazione (Lev. 21,9). Chi sia nato da un rapporto
e delfo religione. L'influsso della reli- sessuale irregolare non può essere in
gione naturistica e matriarcale cananea, alcun modo membro della santa comu-
dando un'interpretazione religiosa alla nità di Dio (De11t. 23 ,3) 38 • Certi passi,
3
e chiede della q'dciti; j! r;1cconto ne presup- ~ Norme legali in Ex. 22,1;;; Dcul. 22,:i3 s~ .
pone l'esistcnzn in Israele e non tenta mini· La dura punizione di Tamnr (Gc11. 38,24; u-
mamente di nasconclerla. Del resto nr:ll'nn- s~m:a più antica) si spiega con il fatto che essa
tichità il confine tra Jn prostituzione sacra e è consicler:ua la fidanzata (vuµ<,?TJ) di Scia
profana è labile; il rapporto carnale, messo in (Ge11. 38,u ). J. BENZINGER, Hebriiirche Ar-
relazione con un'offertn alla dea della fecon· cbiiologie 1 ( 1927) 272,287 ritiene che essa sia
dità, diviene un atto religioso. Pare improba- punita con il rogo in quanto 'sorella di Dio',
bile che nel v. 17, parlando di un capretto, si secondo il Codice di Hammurabi ~ no (A.O.
pensi a un'offerta (alla dea dell'omore?), 'J'. .391).
JJ Flavio Giuseppe, che di norma evita il vo- 37 Secondo -> ENGF.RT 24 il fidanznmento, che
cabolo 7t6pvri, in ani. 5,7 chiama la sua casa sottraeva la sposa R chiunque altro, costitul sti-
;:ci.•o:yc.:ryw; -rov -rElxou~. albergo a1le mu- molo alla morigeratezza e divenne in tal modo
ra della città, cioè bordello. un fattore importimte nella creazione del dirit-
·'' Nel discorso dci parenti (u,2) eufemistica· to e dcl costume che portarono all'nltn considc-
1?1ente è detto vlòi; yuvcmtòi; l-ralpci.-;, che rno:ionc della vergini!~.
traduce 'iHa 'o~erel; --+ n . .3 r . ~ Il concetto di 1111111zèr, precisAto nei LXX con
1; Vedi tuttavia --+ n. 32, ÈX '1t6p\IT)ç, «figlio di prostituta», fu pit1 tar-
TIOPVYI :.t'tÀ.. B Il-III (f. 1-fouck-S. Schulz)

che in origine condannavano la prostitu- ziira non si riferisce alla moglie di un al-
zione cultuale in base alla santa legge tro, né vuol semplicemente dire che le
di Dio, nella tradizione posteriore sono prostitute erano per lo più straniere 41 ,
divenuti un divieto generale di qual- ma fa pensare a donne israelitiche - sia
siasi genere di meretricio in Israele. pure di altro località - che per gli Israe-
Secondo Lev. x9,29 Ja tolleranza, o peg- liti diventavano una pericolosa tenta-
gio, l'incitamento alla prostituzione (ad zione 42 •
esempio di una figlia del popolo) pro-
fana l'intero paese e quindi fa sl che su III. Prostituzione cultuale 11ell'Antico
di esso si addensi la minaccia del giudi- T cstamento 43
zio di Dio 39 • In Deut. 23,x8s. quella
che nel testo originale è la condanna Anche nell'A.T. bisogna distinguere
della prostituzione sacra, nei LXX di- fra prostituzione sacra e profana. Se-
venta una condanna generale e incondi- condo il testo originale, in certi periodi
zionata di ogni specie di 7topvdcx. all'in- è penetrata anche in Israele la prostitu-
terno del popolo santo. Prov. 5 mette zione propria di vari culti cananei. Da
in guardia dalla 7t6pv11; Prov. 6,24-35 Gen. 38,21 s. si deduce che anche in
ammonisce il marito a non andare con Israele si ebbero donne consacrate in
la prostituta, e nel cap. 7 il giovane ine- tal modo alla divinità (q•desa; ~ coll.
sperto è ammonito a non lasciarsi irre- 1462 s.). Secondo I Reg. i4,24 sotto Ro-
tire dal fascino della cortigiana. Egli boamo fiorl nel paese il culto sulle altu-
deve invece prestare ascolto alla vera re, e in questo passo si fa anche espres-
sapienza, fondata sull'obbedienza a Dio sa menzione di prostituti sacri. Asa a-
(cap. 8 ). Poiché in Prov. 1-9 la prostitu- boll quel culto ed espulse dal paese que·
ta viene ripetutamente detta estranea sti ultimi (I Reg. 15 ,12 ); i rimasti fu-
(zàrd), si è pensato che in questa sezio- rono cacciati da Giosafat (r Reg. 22,
ne si metta in guardia contro la sapien- 47). Cent'anni più tardi Osea (-7 col.
za mondana, greca e straniera 40• Ma 1466) è sdegnato perché le ierodule pos-
quest'interpretazione allegorica è in con- ~ono diffondersi nel paese senza ver-
trasto con le descrizioni realistiche delle gogna (4,r4). La legge deuteronomicn
situazioni. D'altro lato non sembra che vieta espressamente che una ragazza o
si metta in guardia unicamente contro un uomo d'Israele si diano alla prosti-
la dissolutezza. Comunque, il termine tuzione sacra (23,18 s.). I gundagni ot-

di variamente delimitato; cfr. S. Mow1NKF.1., Philosophie im A.T. (1904) 68-76; E. SELLIN,


Z11 De11tero11omi11m 23,2-9: Acta Orientalia Dii: Spuren dcr griechischen Philosophie im
l ( 1922) 81-104; J. JEREMIAS, Jerusnlem l/IT A .T. (1905) 7.18. Altri dati in G . BoSTRÒM,
Zeit ]esu II B ( r937) 2n-22~; K. H. RENG- Proverbiostudie11. Dic W eisheit 1111d d(ls /rcm-
STORf, Jebomot (1929) 6~-69; STRACK-BILLER- de Weib ifl Spr. r -9, Lunds Univcrsitets Ars-
DECK IV 379.383; J. HAMBURGER, art. 'Mam- skrift N .S., Avd. I, voi. 30,3 (1935) 14-32.
ser', in Rcalenzyklopadie des Judentums JI 41 Nella letteratura sapienziale egiziana si
( 1896) 716-720; V. APTOWITZER, Sp11rcn des mette in guardia contro le donne straniere,
Matriarchots im iudischen Schri/tltlm: Hc- quindi vagabonde. [BOHLIG].
brew Union College Annua! 5 (1928) 267-277. 42 Cfr. B. GEMSER, Spriiche Salomos, Handb.
39 Cfr. KAUTZSCH, ad/.; R. KrTTEI, , Geschich- z. A.T. I 16 (1937) 5·
te I:mJels 1 • (19zr) 290 n. 2. 4l Cfr. B. STADY., Biblische Thcologie des A.T.
40 Cosi, ad es., seguendo la tradizione esege- I (1905) 133 s.: BENZINGER, op. cii. (-lo n. 36)
tica dei rabbini, M. FRJEDLANDER, Griechiscbc y;6-358.
rcop'JTJ x-rÀ. B 111-lV (F. H:nrck-S. Schuh>:)

tenuti con questo commercio non pos- bro, alcuna indicazione esplicita dell;1
sono essere utilizzati per il tempio. La presti tuzione cultuale.
severa condotta di Giosia, che fa di-
struggere ]e abitazioni dei prostituti sa- IV. L'infedeltà di Israele verso ]ahvé
cri ne] tempio, mostra che l'empietà era come 1topw:la
penetrata fin Jà dentro (2 Reg. 23,7). La
storiografia delle Cronache, che ha un vi- Osea (r-3) forgia l'immagine del pat-
vo interesse per il culto, non parla natu- to nuziale fra Dio e il suo popolo. Ln
ralmente di tali prostituti in tutti i passi condotta della moglie diviene per lui
paralleli; ma ciò discopre evidentemen- un'immagine dell'infedeltà di Israele
te che la tradizione ha subito una rie- verso il suo Dio, che un giorno l'ha
laborazione sacerdotale posteriore, la scelto e l'ha dichiarato popolo dì sua
quale mise in ombra o rimaneggiò tali appartenenza. L'infedeltà d'Israele vie-
testimonianze di contaminazioni sincre- ne così raffigurata in un'immagine chia-
tistiche del culto di Jahvé (Lev . 19,29). ra e di estrema efficacia, che lo con-
Il modo in cui i LXX trattano i da· danna nel modo più reciso, senza atte-
ti indiscutibili del testo ebraico sulla nuanti né scuse. Ma l'immagine consen-
prostituzione cultuale in Israele segue te pure di mettere nella giusta luce il
la medesima linea apologetica. Com- giudizio di Dio e la sua incredibile mi-
prensibilmente i traduttori nel rendere sericordia. Quest'immagine tanto effica-
qedésa (qadés) evitano il concetto po- ce passa nei libri profetici 45 • Se Mich.
sitivo di lEp6SouÀ.oL, senza per altro for- r ,7 si debba intendere nel senso di Os.
giarne uno proprio ( cfr. il paolino dSw- 2,7.14, non è certo; ma è chiaro che in
)..6w-ta ). Deut. 23,18s., come pure Is. r,21 Gerusalemme, la città un tem-
Gen. 38,21, usa il vocabolo profano po fedele, sede della giustizia, e ora da-
1t6pv1}, carico di senso spregiativo. Na- tasi alla prostituzione, va intesa in con-
turalmente in tal modo il divieto del- formità con l'immagine di Osea. Gere-
la prostituzione cultuale diventa ]a proi- mia (3,r-4,4) accusa Israele e Giuda di
bizione di qualsiasi dissolutezza ( ~ avere amoreggiato con molti amanti (3,
col.1463). In 3Bc:w.15,12 si dice che 2 ), di aver commesso adulterio con la
Asa &.q>E0..E'll 'tac; "tEÀ.E"tac; (le celebra- pietra e con il legno (1topyda. accanto n
zioni religiose) Ù1tÒ 'tijc; yijc;; analoga- µoLXEVEW: 3,9) e di aver contaminato
mente in Os. 4,14 si legge: µt:-r~ "tW\I (µta.lvw: 3,2) il paese con le loro 1tOP·
'tE"tEÀEuµlvwv, che è l'espressione usua- \IEL<X.L. In Geremia come in Osea l'accu-
le per indicare gli iniziati dei culti mi- sa di adulterio coincide con il rifiuto
sterici; r Reg. 22,47 manca nei LXX 44 ; radicale della prostituzione sacra, quale
in 4 Ba.u. 23,7 'tÒ'll o!xov 'tW\I xa.~11<nµ si praticava nel culto cananeo (Ier. 2,
lascia senza traduzione l'espressione e- 20; 3,6; cfr. Os. 4,12-14). Poco prima
braica, che rimane senza spiegazione per della caduta di Gerusalemme l'autore,
i lettori greci; lob 36,14 interpreta qe- forse pre-esilico, di Is. 57,7-13 usa l'im-
dèslm come èiyyEÀ.oi. Il lettore dei magine di Osea per accusare la città co-
LXX non trova quindi più, in tutto il li- me una sposa infedele. In una serie

44 In 3 Bacr i4,24 <Tvvlì€<Tµoc; sembra risalire terra, i quali devono pronunciare il giudizio
11qeier invece che n qadeJ. sulla loro stessa madre (2 12.4 s.). Tuttavia, as-
45 La sposa di Jnhvé è anzitutto la terra (r, secondando il senso, l'immagine trnpas~n poi :il
2: 'ere! femm.); gli abitanti sono i figli della popolo stesso (I ,2; 4, 18 s.; _5,3 s.).
1467 (vr,586) 'i\OPVTJ x-r)... B Iv-C 2 (F. Hauck-S. Schulz)

di allegorie Ezechiele (16.23) svilupp;1 s.J); spesso si tratta in realtà di adul-


l'immagine, che appare una volta anche terio; cfr. Ecclus 2 3,2 3 : Év 7topvElq.
nel Salterio (73,27). Nei libri della Leg- ȵOLXEMTJ. In test. Ios. 3,8 la moglie di
ge essa si trova soltnnto in Ex. 34,16; Potifor dice che Giuseppe hn tentato di
Lev. r7,7; 20,5; Num. r4,33; Deut. 31, indurla all'adulterio (dç 7topvElav p.E
16; nei Jibri storici in fod. 2,17; 8,27; ÉcpEÀ.XUO"a-ro }; anche Ruben parla del
2 Reg. 9,22; r Par. 5,25; 2 Par. 21,rr. suo incesto come della 'ltopvEla. con cui
13 , ha contaminato il rnlamo di suo padre
Talvoltn znh ricorre pure in senso fi. (7topvEla. Év fJ ɵLa.\la xol·nw "t'OV 1i:o.-
gurato per indicare il commercio che 't"p6ç µov: test. R. r,6; cfr. 4,8; test.
alletta gli altri popoli o gli intrighi che !ud. 13 13 ). È pure 'ltOp\IEtrJ. il vizio con-
li irretiscono. Cosl in Is. 23, lJ·rB, a tro natura (Sib. 3,764; 4,33-36), ad es.
proposito di Tiro, dove s'inserisce pure la sodomia (test. B. 9,1: 7tOpVEUO"E"t'E
un breve canto di derisione per «la pro- nopvdav :Eo&6µwv; cfr. lub. 16,5; 20,
stituta dimenticata» (v. 16 ). Anche 5 ), i matrimoni illegittimi che contra-
Nah. 3,r-7 parla di Ninive come della stano con i principi rabbinici (Caverna
prostituta «che irretiva i popoli con la del tesoro 37,6 [Riessler 985)). In un
sua dissolutezza e le nazioni con le sue senso ancora più lato 7tOp\lda può indi-
arti magiche» (v. 4). Si avverte qui l'i- care la dissolutezza sessuale in gene-
dea che una città commerciale, che ha a re, senza precisazioni; dr. asc. Is. 2,5:
che fore con tutti i popoli, non svolge É7tÀ:q1ìvvE\I ( 1)) cpapµaxda xat +i µa-
un lavoro onesto (cfr. Ez. 16,26) 46• yEla xat p.av'tEla.... xa;t 1} 1topvEla.

2. Nella sua serie di moniti a guar-


C. IL TARDO GIUDAISMO (APOCRIFI,
PSEUDEPIGRAFI, QUMRAN, FILONE, darsi dalla lussuria (23,16-27} l'Eccle-
GIUSEPPE, I RABBINI)
siastico affianca l'immagine dell'uomo
dedito alla prostituzione ( li\ll1pw1to<; 7t6p·
r. Il tardo giudaismo mostra che l'u- voç: v. 17) a quella della moglie infe-
so di 7topvda ccc. si è a poco a poco dele. Anche in questo caso 1tOfWEUtù
ampliato rispetto a quello originario. equivale sostanzialmente a µotXEVW. Il
Anzitutto nopvEla. è, in genere, prosti- dissoluto, al quale nella sua insaziabilità
tuzione, rapporto sessuale extra-coni11- (23,17) «piace ogni tipo di pane» (v.
g11le (Ab. 2,8 ), spesso affiancato all'adul- 17), che fornica contro la sua stessa
terio (Bar. gr. 4,r7; 8,5; 13 14; asc. ls. 2, carne (v. 17) 47, pensa di poter pecca-
5; Caverna del tesoro r2 [Riessler 956 re impunemente, protetto dall'oscurità

46 O. PROCKSCH, Jesaia 1, Komm. A.T. 9,1 Mentre il testo ebraico e i LXX (cod. B) pen-
(1930) 302. Tuttavia in Is. 47,ro i LXX, in- sano alle campagne militnri degli Israeliti, alle
serendo il medesimo vocabolo, preparano l'im- quali Jahvé ha negato esito favorevole, il cod.
magine di Babilonia quale prostituta (Apoc. A, in coerenza con il contesto, fo di ~X'lt<>­
17,1 ss.), immagine che già trapela nel testo PéVEO'Dct~ un 'ltOp'JEl'.IEw e in tal modo indic11
ebroico di Nah. 3A, se non in senso cultuale il motivo per cui Johvé sta contro di loro.
almeno in senso commerciale, con riferìmento Cfr. pure Prov. 26,7 (cod. S). [BERTRAM].
a Ninive. Dcl resto i LXX hanno giustamente H V. RYssr;L, in KAUTZSCH, Apokryphen 1111d
inteso in senso commerciale anche Is. 23,17, Pseudepi?.raphen, ad I. pensa all'onanismo; R.
traducendo znh con lµn6pLOv Etvo:~. Anche SMEND, Die Weisheil des Jest1s Sirach (1906),
in altri cosi i LXX inseriscono il concetto del ad l. al matrimonio fra consanguinei, e ipotiz-
peccato di prostituzione per essi già ben de- za come testo base hib'~'ar s''er6 (Lev. 18,6;
finito e fisso; ad es. in foci. 2,15 (cod. A). 25,.i9).
7t6pVl) wt)... C 2-4 (F. Hauck-S. Schnlz)

(vv. 18-21). Nel mettere in guardia con- I o). La fornicazione è impurità e conta-
tro i piaceri {18,30-19,3) l'Ecclesiastico mina non solo la persona stessa (30,2.
elenca la donna, il vino e coloro che in- 6}, ma anche la famiglia (30,7), il paese
ducono all'apostasia ( ò:.nocr't1)crovow ). e il popolo d'Israele (30,15); per questo
Nell"istruzione circa la vergogna' (41, peccato mortale non vi è remissione (33,
16-42,1) mette in guardia contro la 13.18). -
sfrontatezza della :tnflt (41,17; cfr. an. Nel Documento di Damasco i mem-
che 26,9-12. bri della comunità vengono messi in
La polemica della Sapienza contro guardia contro i dissoluti prlncipi di
l'idolatria segue questa linea: l'inizio Giuda, che hanno percorso la via della
della nopvda. (cioè, nel contesto, dell'a· fornicazione e sono perciò caduti sotto
postasia) è il progetto di fabbricare de- il giudizio di Dio (7,1s. [8,18 s.J). L'i·
gli idoli ( 14,12); la sfrenatezza sessuale stinto riprovevole e gli occhi pieni di
( 14,24-26) è conseguenza dell'abbando- voglie malvagie sono già stati occasione
no del vero Dio ( 14,27 s.). L'afferma- di caduta per i guardiani del cielo (4,I7
zione di questa connessione originaria [ 6,u] ). Anche lo sposarsi due volte
diviene un argomento fondamentale viene bollato come dissolutezza (4,20
dell'apologetica e della polemica giudai- [ 7 ,r] ). Soprattutto poi la dissolutezza è
ca (cfr. Rom. l,18-32). una delle tre reti di Belial (4,15 ss. [ 6,
IO s.]) e, accanto a molti altri vizi, lo
3. I Testamenti dei xn Patriarchi (so- spirito stesso dell'empietà. Perciò nella
prattutto di Ruben, Simeone, Levi e Regola della Comunità diviene la ca-
Giuda) contengono numerosi ammoni- ratteristica del dualismo metafisico ( r
menti a fuggire la itopvElix. (R. 5,5) o a QS 4, IO) e figura tra i figli delle tene-
guardarsene (6,1; L. 9,9; Iud. 18,2). Il bre, dai quali i figli della luce devono ri-
Testamento di Ruben elenca i sette spi- gorosamente separarsi.
riti malvagi (2,1), dei quali il primo (3,
3) è quello della 1topvEla., a cui le donne 4. Anche Filone respinge nettamente
- che sono malvagie per se stesse (5,1) - la 7topvela., che riempie le anime di in-
sono più soggette degli uomini (5,3). Es- te:.mperanza ( cixoÀ.a.crla.) e antepone la
so distoglie in modo rovinoso l'anima da bellezza fisica a quella spirituale (spec .
Dio e la conduce agli idoli o a Beliar (4, - leg. 3,51 ). Per lui la 7t6pvl') è insulto,
6; 5 ,3 }. La 'ltopvela si basa sulla natura ignominia, macchia infamante per l'inte-
e sulle sensazioni (alni>1)cm.;: 3,3} ed è ra umanità. Mentre presso altri popoli
uno dei peccati mortali (test. Iss. 7,2) e è consentito giacere liberamente con
madre di ogni male (test. S. 5,3}. prostitute prezzolate, le leggi d'Israele,
Secondo i Giubilei la messa in guar- che sono superiori, puniscono con In
dia contro la fornicazione è fra le parole morte l't-ta.lpct. (Ios. 43) e il pederasta
del Testamento di Abramo (20,3 ); nes- (spec. leg. 3,37 s.). Filone intende il con-
sun uomo può fornicare con donna che cetto di 7topvda. soprattutto in senso al-
appartenga a un altro (39,6). Giuseppe legorico. Nei 7t6pvot egli vede raffigurati
dimostra la sua pietà conservandosi pu- i politeisti (leg. alt. 3,8), che egli consi-
ro nell'ora della tentazione perché si ri· dera figli di prostituzione (De11t. 23,1 s.;
corda del testamento dell'avo (20,3 ). La migr.Ahr. 69; mul.nom. 205). La don-
dissolutezza è soprattutto il peccato del na degna e quella indegna (Deut. 21,15-
paganesimo (25,1 ). Perciò tutti i rap- 17) rappresentano per lui, rispettiva-
porti coniugali con pagani sono impu- mente, la àpE't1), che in genere non è
rità e profan32ione del santuario (30, nmata dagli uomini, e 1n 1)8ov1) (sacr.
7t6pv-ri xù. C 4-5 (F. Hnuck-S. Schulz)

A.C. 20 s.). mo dell'amore del padre per quest'ulti-


ma (ibid. 259) . Le Mo yuvcx.fo1:Eç 7t6p"VCX.L
Flavio Giuseppe 43 non usa né 1tOp· che si appellano al giudizio di Salomone
veuw né 7t6pvl), ma 1topvefov, bordel- (3 Bwr. 3,16) sono diventate olio yvvai:-
lo 49 e questo indicn che il gruppo se- XEç E.-ctt.i:pm -ròv ~lov (ant. 8,27). E a] ·
ma~tico gli è noto 50 • Se poi, quando posto delle 7t6pva.L che in 3 BtXcr. 22,38
riferisce determinati momenti della sto- si lavano nel sangue del re Acab suben-
riu del suo popolo, non lo usa al modo trano a.t E.·rr~LPL~oµEvcx.L; e non è tutto:
dei LXX, ciò deve dipendere da un mo- la scena infatti è spogliata di ciò che la
tivo particolare, e questo si può vedere rende terribile anche perché Giuseppe
i1bbastanza chiaro se nei singoli casi si riferisce che le etere amavano bagnarsi
confronta la sua esposizione con quella nella fonte da quando alle sue acque si
veterotestamentaria. Nei suoi scritti, ad era mescolato il sangue del re caduto
es., la 7topvl} Rahab è diventata la pro· (ant. 8,417) 51 • In tutti questi casi è .ben
prietaria di una locanda (iUJ.'t'CJ.YWYLOV: chiaro che Giuseppe si sforza di presen-
ant. 5,7 ss.), e non v'è una sola parola tare come esemplare la moralità del suo
che possa far pensare che tal~ locan- popolo. Ciò risulta, non da ultimo, dal
diera potesse svolgere un dubbio com- modo in cui in ant. 3,247 ss. riassume
mercio (cfr. ancora ani. 5,13 s. 30); fra l'ordinamento divino relativo alla vita
le righe, anzi, appare come un'ottima coniugale e sessuale (cfr. Lev. 20,10
albergatrice (ibid. 7 ). In ciò Giuseppe ss.). Qui egli scrive come apologeta del
ha qualche punto di contatto, sia pure giudaismo. Lo stesso dicasi per un'e-
solo formale, con Tg. Ios. 2,1 (cfr. ant. sposizione parallela in Ap. 2,199 ss.
3,276). Iefte, che secondo !ud. rr,r è 2 15 • Ma questa linea prende ~pie~~
52
figlio di una 7top'VYJ ('issa z•nut), secon- pienamente se si osserva come egli evttl
do ant. 5,257 è un civi)p OLÒ: -c·~'V mt.- la terminologia di 7CopvEuw, quando
-rp~cx.v &.pE't'lJ\I OU\ICX.'tÒç xat oL'olxEla"V parla del suo popolo. Lo stesso avviene
G.v-cov <T't'fJCJ.'t'LÒ:\I iìv i!'tpEcpE'V ctÒ't'Òç µL- allorché, narrando, attenua o trasforma
crfrocpopvw, «un uomo potente in virtù il racconto biblico, e addirittura trala-
<lei valore ereditato dai padri e di trup- scia del tutto o in parte i fatti in cui ri-
pe mercenarie proprie, che egli stesso corre 7tOP\IEUW 53•
manteneva». È vero che si dice espres-
samente che non era figlio della stessa 5. Nei rabbini del tardo giudaismo z'-
madre dei suoi fratelli ma di un'altra; mlt non significa solo il rapporto ses-
tuttavia era il frutto pienamente legitti- suale extra-coniugale, ma anche i ma.

48 Questo paragrafo è di K. H. RENGSTORF. Giuseppe il TtopvE~ov è proprio del mondo


49 a111. 19,357: •à. ?topvE'Ux. di Cesarea; bell. non giudaico, che in ciò si distingue <la quel-
4,562: sotto il dominio degli Zeloti Ge~us:t· lo giudaico-biblico.
lemme ncquista la nomea vergognosa d1 un 51 Cfr. anche le Antiq11iJa/es nella traduzione
7t0pVELOV. . ebraica di ABRAHAM SHALI'l', qdmwnjwt hj-
50 Non pare escluso che il ricorrere di 1tOp- hwd'jm u i (1955) 310.
VELOV in beli. 4,562 risenta dell'influsso di Ez. 52 ·R iassumendo, Flav. Ios., Ap. 2,291 constata
16,25 ss. (LXX), dove il vocabolo ricorre tre che i v6µoL ebraici in~egnavano la EVO'l~ELCl
volte (vv. 25.3L39). Nell'ipotesi che un rap· aì..'r)l>Eu-r«i:11.
porto esista, il passo sarebbe u~a. prova che Sl Sull'attcgr,iamento apologetico di Giuseppe
in Giuseppe è presente una trad1z1one apoca· in generale dr. P. KRUGER, Philo tmd Jorc-
!ittica. Si osservi, per quanto segue, che per ph11r als Apologctc11 des Judentt1ms (1906).
7t6pvri xù. C 5 (F. Hauck-S. Schulz)

trimoni contrari alle leggi rabbiniche. della moglie. Da tutto il tipo di discus-
Secondo Lev. 18,6-18 tutti i matrimoni sione risulta quanto incerti fossero i
ivi vietati fra parenti sono unioni im- rabbini nel giudicare 58 • Mn in nessun
pure 54 • Sono quindi proibiti i matrimo- caso se ne può dedurre che l'uomo e-
ni di ebrei con una proselita prima del- breo possa fare dò che vuole della mo-
la conversione, con una schiava affran- glie che gli appartiene 59 •
cata e con una donna con la quale si è Come rimedio contro la dissolutezza
avuta una relazione extra-coniugale o il- si consigliava il matrimonio in giova-
legittima 55 • Per i sacerdoti i casi di ma- ne età ro. Poiché tutti i pagani erano
trimoni legittimi sono ancora più limi- sospettati di dissolutezza, vi era · una
tati 56 • Se l'illegittimità di un matrimo- quantità di norme cautelative contro il
nio veniva risaputa quando già la coa- pericolo di Iasciarsi da essi irretire 61 • A
bitazione era in atto, tutta la vita ma- proposito della responsabilità morale
trimoniale precedente veniva conside- dei pagani privi della torà scritta, il
rata come '1tOp\lda. A dissolutezza equi- tardo giudaismo escogitò l'idea dei pre-
valevano pure tutti i rapporti -sessuali cetti noachici. Per preservare l'umanità
contro natura 57 • Mancando una norma dalla perdita totale della conoscenza di
scritturale che vietasse il rapporto con- Dio, ad Adamo dopo la caduta Dio a-
tro natura con Ia propria moglie, i rab- vrebbe dato sei precetti fondamentali
bini tardivi, se ricevevano un ricorso da riguardanti l'idolatria, la bestemmia, la
parte della moglie, rispondevano di non giurisdizione, l'omicidio, la lussuria e
avere alcun mezzo per proteggerla. Ma il furto 62 • Perciò anche i pagani sono
l'interpretazione successiva nega chiarn· responsabili di condotta dissoluta. Si
mente che tale silenzio nei testi della ebbe poi un tentativo di graduare la
Scrittura autorizzi l'uomo ad abusare gravità dei comandamenti dichiarando

5-1 Cfr. STRACK-BILLERBECK Il 729 s.; Sa!1h. ]ebamot (1929) 64 s. (con testi rabbinici sulla
7.4· presunta nascita di Gesù da una relazione
55 Jeb. 6,5 (61 b); ST.RACK-BILLERBECK m 3•F illecita). La situazione viene chiarita da T.
s. ]eh. 6,9, dove si stabilisce che colui che si
porta in casa le sua ;ehamfJ perché bella o
~5 STRACK·BILLERBECK Il 376.
ricca (soddisfacendo quindi al relativo coman-
~1 STRACK·BILLERBECK m 64-74, n Rom. r,26 damento della torà) si rende colpevole di b';ll
s.; ~ PRl!USS 549-555; cfr. anche test. L. 17, :tnwl e che il figlio che ne nasca è qrwb lhjwt
11; test. N. 4; /es/. B. 9,1; Sanh. 7'4· mm:r.r. Che b'ill :r.nw/ vale anche 'violenza', ri-
ss Queste ultime righe, <lalla n. 55, sono di sulta chiaramente da T. Jeb. 8,2. [RENGSTORF).
K. H. RRNGSTORI'. llJ STRACK-BILLl!RBECK Il 373; Qid. 29 b.
59 Ned. 20 b; STRACK·BILLERBECK m 68. Tut-
ti i testi addotti da STRACK-Bll,LERBECK sono 61 S1'RACK·BILLERBECK IV 353-414, excursus
15: Die Ste/lrmg der (l/tcn Synagoge wr nicht-
tardivi; nella trndizione l'usare contro natura,
nnche della moglie, è sempre considerato una jiidische11 W elt, specialmente 356-383 (non
eccezione (STRACK·BILLERBECK III 69 d). Tale unicamente la mescolanza con pagani; cautela
ncll'insegnnmento, in alberghi, quando si por·
sembra pure il parere personnlc del Billcr-
ta il bestiame alla monta, nel connubium
bcck. Evidentemente tutta la discussione di-
pende dal fatto che nella torà non vi è un ccc.).
chiaro passo a cui richiamarsi, né se ne può 62 STRACK-BILLERDECK m 36 s .; inoltre il set-
desumere qualche indicazione in base alle re- timo comandamento dato a Noè è quello di
gole esegetiche. Figli nati da relazioni vietate non mangiare carne non dissanguata; sui co-
ecc. sono considerati alla stregua di mmzr mandamenti noachici, cfr. STRACK-BILLERBECK
(bastardo): ]eb. 14,13; dr. -K. H . RENGSTORl', 111 37 s. 41 s.; dr. anche~ coli. 1481 s.
1t6pvn X'\À. e 5-D I (F. H auck-S. Schulz)

capitali quelli relativi all'idolatria, alla gna e di uguale dignità davanti a lui e
lussuria e all'omicidio ~3• Si tratta di davanti a Dio.
precetti non abrogabili, come risulta da
una decisione presa durante la persecu-
zione adrianea, secondo cui in pericolo I. La predicazione di Gesù
di morte l'ebreo poteva trasgredire tut-
ti gli altri comandamenti, ma non que- Per i vangeli è un dato d i fatto che
sti tre. Sotto l'influsso della predicazio- tra il popolo palestinese non mancano
ne etica ellenistica, nel giudaismo elle-
prostitute, la cui condotta è in contra-
nistico della diaspora si formularono i
cosiddetti cataloghi di vizi M_ Anche se sto totale con la giustizia che Dio esige
lo schema ivi ricorrente non è senza va- per il suo regno (Mt. 21,31 s.; Le. 15,
rianti, si costituisce tuttavia un patri-
30 ). Ma i vangeli riferiscono pure che
monio tradizionale nel quale, accanto al-
l'idolatria, alla magia, all'omicidio ecc., la predicazione penitenziale del Battista
si trovano sempre anche l'adulterio e la e l'invito di Gesù al regno di Dio tocca-
. prostituzione. no molte prostitute, inducendole a pen-
tirsi della propria vita (Le. 7,50), anzi
D. NUOVO TE STAMENTO
talvolta anche a ravvedersi più che non
Il N.T. è caratterizzato dal deciso ri- i Farisei della loro condotta moralmen-
fiuto di qualsiasi rapporto sessuale ex- te corretta (Mt. 21,31 s.). Anche a que-
tra-coniugale o contro natura. In questo ste persone, emarginate dai Farisei e
esso segue la predicazione veterotesta- dai rabbini orgogliosi della loro giusti-
mentario-israelitica e porta al supera- zia, anzi proprio ad esse viene concesso
mento della prassi legalistica del tardo il perdono di Gesù (Le. 7,47). All'angu-
giudaismo, di cui la parola di Gesù ri- sta ed esclusivistica separazione dei Fa-
vela l'insufficienza. La radicalizzazione risei Gesù contrappone il suo messag-
ad opera di Gesù è possibile e reale so- gio di perdono incondizionato per tutti
lo perché il vangelo è il perdono salvi- coloro che si convertono dalle vie fino-
fico che rivela la potenza di Dio in que- ra seguite. Il peccato, infatti, non risie-
sto eone. Di qui viene un atteggiamen- de solo nell'atto materiale, ma proprio
to essenzialmente nuovo nei confronti nei pensieri di dissolutezza sessuale che
della donna: del marito essa non è più abitano nel cuore e ne scaturiscono;
proprietà(~ coll. 1472 ss.), ma compa- questi contaminano l'uomo (xotvo'i:: Mt.

63 STRACK·BILLERBECK I 255.278 e indice s.11. tivo del mondo pagano; ed è per questo che
'Kardinalsiinde'; Sanh. b. 74 a: fiw! nlbwdh in esso non si possono ricostruire le genealo-
1.rh wgifwj 'rjwt wsp;kwt dmjm. Si deve però gie, ecc. [RENGSTORF].
notare che g;tw; 'rjwt è precisamente l'incesto M A. V6GrLE, Die Tugend- und Lasterkata-
(Joma b. 9 a; per tutto il contesto Joma b. 9 a- loge im N.T. (19,6) 98-120; K. WEIDINGER,
b). Per i rabbini proprio l'inosservanza del Die Ha11stafeln, Untersuchungen zum N.T. 14
divieto d'incesto costituisce il segno distin- (1928) 23-27.
r477 (v1,590) it6pvri X"t'À. D 1 (F. Hauck-S. Schulz)

l 5. 1 8 s.) e sono 1a prova irrefragabile zialmente più severa in età posteriore


che non si crede a Dio. (cfr., fra l'altro, Herm., mand. 4,1,4-8)
sembrano poter escludere una stesura
Assni controversa è l'interpretazione tardiva di queste clausole. Va quindi
dei due passi che trattano del ripudio: ammessa almeno la possibilità che il te-
Mt.5,32 e 19,965. sto di Matteo sia originario 68, dato an-
che che sotto il profilo critico-testuale
In Mc. ID (~ II, coli. 534 ss.) i Fn- esso è inoppugnabile fb.
risei tentano Gesù domandandogli se il
divorzio sia lecito, mentre in Mt. l'ag- Nella stesura di Marco e di Luca Ge-
giunta xoc'tà. 'itii.O'OC\J o;lTlocv, «per qua-
sù presenta l'indissolubilità del matri-
lunque motivo» ( l 9 ,3 ), accenna alla
polemica sul ripudio frn le scuole di monio in forma lapidaria, quale asso·
Shammai e di Hillel M . Le clausole di Iuta volontà di Dio (cfr. Mc. 10,9; Mt.
Mt. 5 ,32 ( 7t'XpEx.'tòc; À.oyou 7topvc.locc;) e 19,6). Anche secondo la testimonianza
cli l 9,9 (µ-~ É-:tt 7topvd~) mancano sia
in Marco che in Luca. Per lo più si è di Paolo ( 1 Cor. 7 ,r o) Gesù esige che il
ritenuto che b forma più semplice di matrimonio sia indissolubile 70•
Marco e Luca rappresenti la tradizione
più antica, e che la dnusola dei due pas- In tal modo egli respinge nettamente
si risalga all'evangelista Matteo 67 . Si Ja prassi giudaica("' coli. 1472 ss.), che
potrebbe obiettare che è strano che presenta il ripudio come un diritto uni-
Matteo in questo caso si astenga dn laterale dell'uomo da usare a suo arbi-
quella radicalizzazione della torà, alla trio 71 e richiede semplicemente che que-
quale in genere tende. Anche la radica- sti dia nila donna una lettera di ripu-
lizzazione tardiva che si può notare, ad dio, in base alla quale, se lo vuole, essa
es., in vari logia del materiale proprio possa risposarsi. Il testo sul quale si ba-
di Luca (cfr. Le. 6,2os.; 12,33; r4,J3, sano gli scribi per ogni ulteriore discus-
ccc.) e la prassi ecclesiastica fattasi par- sione è Deut. 24 11, che menziona la 'er-

i5 BULTMANN, Trad. 25 s. 140.159; -+ S1CKEN- ad l.; ~ DET.LING 267-270; ~ GREEVEN 110-


DERGER, Un~uchlsklrmsel. B. H. STREETER, u 5. Circa la possibilità di considerare 'erwat
The four Gospels (r924) 259-261, data la for- dàbiir come equivalente di d'bor 'erwa, v. A.
mul:i.zione dcl pdmo evangelista (xa-rà 'ltiiaav SCHULZ, Dìe Umkehrung des St. c.: BZ 21
at"t'lav, «per qualsiasi motivo»), che corri· (1933) 150-I52 e B. Z1MOLUNG, Die Umkeh-
sponde allo stato della controversia giudaica rung beim St. c. im Hebriiischen (1939) I2·
meglio di quella di Marco, suppone che Mat- 14.
teo segua una tradizione parallela; dr. HAUCK, 68 Cfr. ScHLATTER, Ml., ad I. e J. ScHNIEWIND,
Mk. n8; diversamente BuLTMANN, Trad. 26: Das Evangeli11111 nnch MatJhii11r, N. T. Deutsch
in base alla sua formazione di scriba, Matteo 4
2 (I950), ad I.
avrebbe operato un'ottima corre11ione far. 69 Sulla variazione dell'espressione nella ver·
male. sione siro-sinaitica dr. A. MERX, Das Evan-
66 Cfr. STRACK-BILLERBBCK I 312-320.804 s.
gelium des Mallhiius n I (1902) 94-98.
67 Cfr. WBLLHAUSEN, Mt. 21; In., Mie. 84;
KLOSTERMANN, Mt., ad l.; H. WENDT, Die 10 E. HIRSCB, Rondglorsen zu 1 Kor. 7: ZSTh

lehre Jem 2 (1901) 403 s.; M. ALBERTZ, Die 3 (1926) 50-62.


sy11opt. Streitgespriiche ( 1921) 39-.p. Cfr. E. 71 L'aggiunta di Mt ..19,3 xa"t'Ò: miuav al-
voN DoBSCHiiTz, Motthiius nls Rabbi und Ko- -cla\I è un accenno alla tesi lassista della
tecbel: ZN\V 27 (1928) 344; LonMEYER, Ml., scuola di Hillcl.
1479 (v1,591) 7tbpv11 X'tÀ.. DI (F. Hauck-S. Schulz)

wat diibiir (LXX: ~oxr1µov 7tpiiyµa.} cristiani .che se un uomo rimanda la mo-
quale motivo di ripudio. Forse in Mt. glie - tranne che per infedeltà coniuga-
5 ,32 À.Oyo<; 1topvEl~<; è modellato sulla
le della stessa, nel qual caso egli è co-
formula ebraica (-7 VI, col. 295). Sham-
mai e la sua scuola sottolineavano il ter- stretto a farlo in base alle norme vi-
mine 'erwa e vi vedevano qualcosa di genti - , la spinge, qualora essa si rispo-
moralmente riprovevole; Hillel invece si, a una relazione adulterina. La stessa
sottolineava dabar e l'interpretava come
«qualche motivo» (di urto}, ad es. il fot- cosa, sia pure in versione alquanto di-
to che la moglie avesse lasciato bruciare versa, è detta in Mt. 19,9. Nei due pas-
il pasto 72 • Si noti che le aggiunte al det- si n:opvEla. sarà da intendere nel senso
to di Gesù sulle quali si discute si trova-
no solo in Matteo, e proprio in esso. È di rapporto sessuale extra-coniugale del-
quindi presumibile che il loro significato la donna, praticamente l'adulterio (cfr.
vada dedotto da questo contesto concre- Ecclus 23,2y Èv 1topvd~ E:1..1.otxEM'l')) 74•
to inteso come il loro 'Sitz im Leben'.
Le clausole, quindi, non sono dettate
Mentre sembra che all'epoca dei profeti
l'uomo fosse libero di perdonare l'infe- dall'intenzione di dare al marito cristia-
deltà della mogli (cfr. Os. 3,1 ss.), all'e- no, in caso d'infedeltà della moglie, il
poca di Gesù la legge si era fatta più ri- permesso di divorziare; esse piuttosto,
gorosa: l'adultera non poteva più avere
rapporti sessuali né con il marito né con qualora il divorzio sia giuridicamente
chi l'aveva sedotta; il marito era obbli- inevitabile, vogliono che l'uomo sia li-
gato a licenziarla 73 • bero da ogni addebito se la moglie con
Con l'eccezione enunciata in 5,32 la sua condotta ha reso impossibile la
Matteo vuol dire ai suoi lettori giudeo- prosecuzione del matrimonio 75•

72 STRACK-BrLLERBECK l 313-315. Secondo ~ nei confronti di Maria: Mt. 1,19 - di cut s1


BLAU I i7-20 Jn' indica che l'uomo prova u- sia avuta notizia dopo le nozze. L'uomo cri-
na repulsione sessuale verso la donna e non stiano deve avere, in questo caso, l'autorizza-
vuole quìndi più continuare la coabitazione zione a separarsi dalla moglie. K. BORNHAlJ·
(Deut. 22,r3; 21,15; Ge11. 29,31; lub. 41,2, SER, Die Bergpredigt (1923) 82 limita arbitra-
ecc.). In Deut. 24,3 Jn' equivale a lo' tim!il- riamente 'ltopvEla. a «una sessualità sfrenata,
hén del v. I. La secondaria ki miisii' biih forse perversa» nell'ambito della convivenza
ierwat diibiir non intende menzionar~ il m~­ matrimoniale. m.tpEx't6c; (5,32), cosl come µ'l'J
tivo legale sufficiente per la separazione (la ( r9,9), menziona l'unica eccezione alla norma
donna infatti è proprietà dell'uomo), ma si espressa (cfr. Act. 26,29).
limita a registrare il fatto: l'uomo si sente de- 75 Naturalmente le aggiunte di Matteo pre·
luso dopo il matrimonio, perché avverte una sentano difficoltà particolari per l'esegesi cat-
repulsione sessuale nei confronti della moglie. tolica, che deve farle collimare con la tesi
73 Sola 5,1: come essa [l'adultera] è interdet- dell'impossibilità del divorzio. Sull'esegesi cat-
ta ('astìrJ) al marito, cosl lo è all'adultero; tolica e protestante del passo si hanno ampie
tesi. R. 3,15; ~ BLAU l 37 s. informazioni in ~ ÙTT. Questi considera À.o-
14 Ciò è anche in contrasto con ~ FRIDRlCH- yoç 'ltOPVEla.c; come traduzione di 'erwal dii-
SEr>1 55 s., il quale sottolinea che 1topvEla nel biir e pensa (292) - ma l'ipotesi è linguistica-
matrimonio dovrebbe definirsi µo~xEla, e di mente impossibile - che Tta.pEx'tbc; abbia si-
conseguenza pensa a un rapporto pre-matri- gnificato inclusivo: «chi in qualunque modo,
moniale - quale quello supposto da Giuseppe anche in caso di 'erwat diibiir, rinvia la mo-
1481 {v1,592) 7t6pvTJ xi:')... HII (F. Hauck-S. Schulz)

Nel Vangelo di Giovanni TiopvElet. ri- s.) e portano tre soli divieti, ai quali ag-
corre una volta sola (8,4r): Gesù, rile- giungono la cosiddett11 'regola aurea'
(Mt. 7,12) 77 • In tal modo l'intero de-
vando che i Giudei sono tanto diversi creto non appare come disposizione ri-
da Abramo, viene a dire che sono dei tuale, ma come un breve catechismo
bastardi; la loro pretesa di essere pro- morale, che proibisce i tre peccati capi-
genie di Abramo è puramente formale, tali (idolatria, omicidio, lussuria ~ coli.
1474 s.) e inculca la norma etica fon-
poiché il loro vero padre è il diavolo damentale 78 • Con ogni verosimiglianza,
(8,44). però, tale forma è una semplificazione
secondaria. La menzione di 1tOpvdoc ac·
canto a norme relative al vitto sorpren-
II. Gli Atti degli Apostoli de; ma è probabile che essa derivi dal
Di questo gruppo semantico negli At- fatto che i quattro divieti si riferiscono
al sommario contenuto in Lev. 17.18,
ti compare solo TIOp\ldet., e in tre soli dove 1topvEioc indica un matrimonio tra
passi, che trattano delle quattro asten- parenti stretti, vietato dalla legge: «vie-
sioni prescritte nel decreto apostolico 76 tato a causa d'impurità», come diceva-
no i rabbini (cfr. Lev. r8,6-r8) 79 ,
(15,20.29; 21,25). Quanto al contenu-
to, il decreto è una concessione ai cri-
III. Paolo, Hebr. e Iac.
stiani di origine pagana: anziché assog-
gettarli alla legge giudaica nella sua to- Il problema della TIOpVEla non appa-
talità, viene indicato loro come indi- re mai nella predicazione di Gesù e in
spensabile l'osservanza di alcuni 'obbli- quella della chiesa primitiva; invece è
ghi minimi' in vista dei loro rapporti trattato ripetutamente da Paolo. Rispet-
con i giudeo-cristiani (15,28); fra di es- to al diverso giudizio della grecità e a
si vi è pure il divieto della dissolutezza quello dèl sincretismo antico, le istru-
sessuale. zioni di Paolo tendono a metter ben
chiara davanti agli occhi dei cristiani di
È noto che importanti manoscr1tt1
del testo occidentale tralasciano l'accen- origine pagana l'inconciliabilità fra "Jtop-
no al 'soffocato' ( 'ltVtx~wv, ~coli. rrr3 VElet. e regno di Dio 80 • Nessùn 7t6pvoç

glie». Altrettanto artificiosa è l'ipotesi che 76 Su tutta la questione cfr. HAENCHEN, Ag.,
µiì f7tl 7topvElq. di Mt.I!J.9 sia una parentesi ad l.
(299}: <( ••.non è lecito neppure in caso di 77 Sul problema testuale Ttt. ZAHN, Einleitung
dissolutezza...». Analogamente ~ STAAn, Die in das N.T.' II (i907) 358-365; BAUERNFEIND,
Unaufloslichkeit; In., Das Evangelìum nach Ag., 194-2or, excursus 8.
Matthiius, Echter Bibel (1951), a 5,32 e 19,9; 18 Cfr. HAENCHEN, Ag. 39.5 n . 5.
H . LJUNGMAN, Das Gesetz er/iillen (1954) 81 79 HAE.NCHEN, Ag., ad I.
s. e A. ALLGEIE.R, Alttestamentliche Beitrage 80 Nei cataloghi paolini di vizi (Rom. r,24-32;
~11111 11eutestame11tlichen Ehescheidrmgsverbot: 13,13; I Cor. 5,rn s.; 6,9 s.; 2 Cor. I2,20 s.;
Thco!Quart 126 (1946) 290-299. Circa la for- Gal. 5,I9-21; Col. 3 15 .8 s.; dr. anche Eph. 4,
mulazione dr. Sah;i. 74 a (-:7 n. 63); PRHU· 25-31; 513 s.; I Tim. i,9 s.; 2 Tim. 3,2-5) nop-
4
SCHEN-BAUER , I.V. 'itGtpEX'\6<;. v~Ccr. ricorre 8 volte, &.xcr.l)apcrla 4 volte; 5
11:6pvT) x.-)•. DIII (F. Hauck-S. Schulz)

ha parte al regno di Dio (I Cor. 6 ,9; colui che vive da dissoluto (5,9) 82 • In
Eph. 5,5). In 1Cor. 6,9 i vizi sessuali 2 Cor. 12,19-21 è preoccupato che l'im-

( 7t6pvot, µotxol, µa.Àa.xol, cipcrE\loxoi- penitenza di coloro che han tenuto una
'ta.L) si affiancano direttamente al pec- condotta dissoluta renda necessario il
cato capitale dell'idolatria 81 • Il giudizio suo intervento nella chiesa. La 7tOp'llEla.
che colpl nel deserto gli Israeliti - cioè di singoli membri contamina l'intera
gli antenati dei cristiani (I Cor. 10,r) - chiesa e danneggia tutta quanta l'opera
che con la loro idolatria si erano dati dell'Apostolo mirante a guadagnare a
alla dissolutezza, tentando in tal modo Cristo delle chiese che siano pure ( 2
Dio, è stato un esempio ( 'TVmxwç) per Cor. r r , 2 ) . Di fronte alla grecità che da-
i cristiani (rn,8 .rr). La situazione di V<l del problema una valutazione diver-

.questi ultimi è. ancor più seria, poiché sa, e soprattutto di fronte alla gnosi,
essi vivono alla· fine dei tempi (IO,II). anche su questo terreno (anzi, soprat-
Nei vizi obbrobriosi contro natura, che t~tto su questo) Paolo mette in guardia
a quell'epoca si diffondevano come una dal gettare al vento il santo comanda-
epidemia nel. mondo greco-romano, Pao- mento di Dio. Volontà di Dio per la
lo ravvisa .il compiersi di un severo giu- salvezza degli uomini è l'&.ytacnt6ç (r
dizio di Dio (Rom. r ,18 ss., ~ col. Thess. 4,3; cfr. inoltre Eph. 5,3-5).
1454). Questo include pure la santificazione
Come il singolo deve tenersi lontano del còrpo ed esclude quindi qualsiasi
da qualsiasi nop\lda., così fa sollecittt- acquiescenza alfa dissolutezza sessuale
dine più viva dell'Apostolo è di serba- (I Thess. 4,1~5). Il cristiano è un tem-
re le chiese pure da simili peccati, poi- pio dello Spirito Santo (r Cor. 6,19) e
ché la tolleranza verso il peccatore ren- non ha quindi alcun diritto di disporre
de corresponsabile del peccato l'intera a proprio piacere di se stesso. Egli non
comunità e la danneggia in prospettiva può prestare alfa prostituta quelle mem-
escatologica (1 Cor. 5,1 ss.; cfr. Hebr. bra che sono di Cristo (6,15 s.). Forni-
12,14-16). Perciò Paolo esige che la cando, l'uomo contamina vergognosa-
chiesa espella l'empio impenitente (r mente il proprio corpo (6,18) 83 e quin-
Cor. 5,13) e rompa ogni comunione con di il corpo di Cristo. La dissolutezza

volte si inizia con rcopvElu o con vizi di lus- dente In 1 Cor. e vuole difenderla ( ou r.&.v"tCilç
suria; cft. ~ }UNCKER n3-n7 e l'excursus [assolutamente nonJ .-o~; 1t6pvo14 -.ou xO-
'Lasterkataloge' in LIETZMANN, Rom. a 1,31. crµou '\'ou.-ou) dal pericolo che venga fraintesa
81 Segue in ciò la p:irencsi giudaica dell'epoca o stravolta per interesse da parte dei Co-
ellenistica ~ coli. 1470 ss.; Sap. 14,12 ss.; rinzi.
VOGTLE, op. cii. (-+ n. 64) 98-100.223. 83 Cfr. H. }AcOEY, Nculeslamentliche Elhik
82 Ìn J,IO Paolo si richiama all'istruzione ·· ( 1899) 349; sull'idea stoica che con l'adulte-
forse molto recisa - data nella lettera prece- rio e con l'<i.x0Àcu1W. l'uomo disonora se
n:6p\ll') X'tÀ. D III-IV (F. Hauck-S. Schulz)

sessuale è una delle manifestazioni della agli idoli e a praticare liberi rapporti
o-cip!; (Gal. 5 ,19) e contrasta radicalmen- sessuali {7topvEl~: 2,14), conformandosi
te con l'opera dello Spirito Santo (Gal. all'ambiente. Il loro 'tipo' veterotesta-
5 ,22 ). Appartiene alla realtà terrena mentario è, per l'autore, «la dottrina di
(Col . .3 ,5 ), mentre il cristiano deve cer- Balaam», che in modo analogo sedusse
care il mondo superiore (Col. 3,r-3). Ri- Israele (Num. 25,1 ss.; 3r,r6). Analo-
petutamente Paolo menziona la 7topvEla. gamente ]a chiesa di Tiatira è rimprove-
accanto (~ n. 80) alla cixa.~apcrla. ( 2 rata perché tollera una 'profetessa' - il
Cor. 12,21; Gal. 5,r9; Col. 3,5; dr. an- nome di Jezabel è anch'esso un riferi-
che Eph. 5,3.5) 84 • Egli sa che non tutti mento tipologico all'A.T. (z Reg. l6,3r;
hanno il dono della continenza (r Cor. 2 Reg. 9,7.22) - la quale promuove la

7 ,7 ), e perciò chi non l'ha deve percor- stessa condotta (Apoc. 2,20 s.). Poiché
rere la via, indicata da Dio, di un retto nei due casi si parla di una 'dottrina'
matrimonio, per preservarsi dal peggio, che spinge in quel senso, dobbiamo pen-
cioè dalla dissolutezza sessuale (I Cor. sare a gruppi o partiti aventi principi
7,2 ). Per quanto duro sia Paolo nel con- di questo genere, comunque a gnostici
dannare tale dissolutezza, non c'è però libertini 85, i quali non solo autorizza-
alcun dubbio che per essa, come per vano il consumo di carni immolate agli
tutti gli altri peccati, vi è il perdono idoli e i liberi rapporti sessuali, ma an-
mediante Cristo («tali eravate alcuni di che si vantavano di tale libertà come di
voi, ma ... », -rrx.u-r<i "tWE~ 'i'i'tE' ciÀ.À.<i ••• una particolare prova di forza (cfr. «i
x-rÀ.: I Cor. 6,n). Il pensiero di Paolo forti»: I Cor. 8,10) e superiorità cri-
si riflette in Hebr. u,31, dove la pro- stiana.
stituta Rahab viene salvata grazie alla Tra i peccati capitali pagani, ai quali
sua fede, mentre invece secondo Iac. 2, gli uomini resteranno attaccati senza pe-
25 essa è giustificata per le sue opere. nitenza nel tempo escatologico malgrado
tutti i giudizi di Dio, il passo di 9,21
menziona, accanto all'idolatria, all'omi-
IV. L'Apocalisse
cidio, alla magia e al latrocinio, anche la
Tra le lettere dell'Apocalisse, quella sfrenatezza sessuale.
alla chiesa di Pergamo accusa il gruppo Nella descrizione di Roma, potenza e
dei Nicolaiti, che seducono la chiesa in- capitale terrena e controfigura dell'em-
ducendola a mangiare carni sacrificate pia Babilonia (capp. 17-19), 'l't6pVl) e

stesso, cfr. Muson. p. 6;s,2 ss.; Jon. \'<fEISS, una valutazione del tutto nuova.
I Kor., ad l.; ~ coJl. I457 s. 85 Cfr. LoHMEYER, Apok., excursus dopo 2,
M Anche questo è un punto di vista ebraico 29; R. KNOPF, Das nachaposlolische Zeitalter
(~ coli. q62 s.); ma per i Greci si tratta di (190_5) 290-293.
lt6pvlJ X'TÀ. D rv-E (F. Hauck-S. Schulz) (v1,595) q88

7tOpVEUW diventano il condensato e l'es- mento; ma dal punto di vista di Dio


senza della sua perdizione totale. Come quello è il vino dell'ira ( ~ vrn, coli.
le prostitute delle metropoli del tempo, r2r9 ssV7 di Dio ( r4,8; 16,19). Alla
essa reca scritto il suo nome su un cer- grande prostituta (I 9,2 ), quintessenza
chio d'oro intorno al capo, e quel nome dell'apostasia dall'unico vero Dio e del
indica chi essa è: «Babilonia la grande, conseguente, inevitabile commercio sin-
la madre delle prostitute e degli abomi- cretistico con altri dèi, si contrappone
ni della terra» (Ba~uÀ.wv Ti µEyaÀ.1], 1i la figura della pura chiesa di Dio, la
IJ.TJ't"'IJP 't"W\I 7topvwv xat 't"WV ~Sd,,uyµ.<i­ sposa del Messia ( 21 ,9; 22 ,I 7 ), alla qua-
"t'WV 't"i]c; yfjc;: 17,5). Essa è la capofila le nessun impuro può accedere (21,27),
delle prostitute del mondo, la grande se- perché solo in essa e da essa l'Agnello
duttrice dei popoli e dei loro re. Il lorq e Dio ricevono l'adorazione. Fra i pec-
fornicare con lei (18,3.9) vuol dire so- catori notori, che vanno incontro alla
prattutto (nel senso di Jr. 23,17; Nah. seconda morte, anche qui sono menzio-
3,4) che essi hanno brigato politicamen- nati, accanto agli idolatri e agli omicidi,
te ed economicamente per goderne i fa- i it6pvot (2I,8; 22,15).
vori. Ma il vocabolo ha un senso anche
E. I PADRI APOSTOLICI
più vasto 86• Accanto all'imitazione dci
suoi costumi, fino alla fornicazione in Herm., mand 4 1 1,r mette in guardia
dalla itopvda., determinata dalle concu-
senso letterale, la metropoli universale piscenze carnali (cfr. pure Did. 3,3).
è chiamata 7t6pvl) principalmente in Sebbene <la un lato TtopvEla: (o nopVEVW)
quanto centro del paganesimo e di quel- abbia significato distinto da µo~xEvw
(Herm., mand. 8,3; Did. 5,r; 2,2; Bam.
la fornicazione che è l'apostasia dal ve-
19,4), d'altro lato in Herm., mand. 4,1,
ro Dio. La grande seduttrice offre in 5 !J.OtXEUW equivale a 7tOP\IEVW as. Si de-
una coppa d'oro la sua bevanda ine- ve notare che nei Padri apostolici i vo-
briante ai re e ai commercianti (14 1 8; caboli 'ltOPVTJ X't"À.. non sono mai usati in
senso figurato; probabilmente ciò dipen-
17,2.4). La coppa (-> col!. 25 1 s.) pie- de dal fatto che le idee dei profeti e del-
na delle empietà che costituiscono la l'A. T. sono ormai abbandonate.
sua dissolutezza (r7,4), promette godi- F. HAUGK. s. SCHULZ

7tocnç ~ coll. 2 5 3 ss.

86 Cfr. HADORN, Apok. 169. 60,5; 75,9); cfr. LmrMEYER, Apok. a 14,8; ~
87 L'immagine della coppa dell'ira di Dio è ih>1i6i;, IV, coli. 589 ss. Sull'equivalenza, di
vcterotestamentAria (l.r. 51 ,17; Ier. 51,7); dolo- 7t0:J\IE(a. e <i:!TlPna. (LoHMEYER) dr. test. R.
ri e prove sono presentati come una bevanda 4,3.
che Dio porge agli uomini (Ier. 25,15 ss.; Ps. 88 Cfr. ~ PREISKER 144-147.
i>O't'ct[.loç A 1 (K. H. Rcngstorf)

, ,
1toi:aµo<;, 7tO"t'rx.µoq>oprrto<;,
'Iopòavl)ç

t 7tO't<.tµoç '\TI "RpvG"oixouvi:wv) ', sia dalle sorgenti,


c.Ja cui nascono (Eur., Herc. Fur. 1297:
SOMMARIO :
rc'l)ycd rcoi:a.µWv). Anche l'Oceano, che
A. L'uso linguistico greco al di fuori del N .T .: cinge e bagna tutt'attorno la tcl'ra, raffi-
l. il greco profano;
2. i LXX; gurata come un disco, è un rcoi:aµ6ç
3. Filone; (Horn ., Il. 14,245 s.: noi:cx.µofo pÉEllpcx:
4. Flavio Giuseppe.
'.O.:imx.vou), poiché tutta l'ac4ua dcl ma-
B. Il fi11me nell'A.T . e nel tardo giudaismo:
r. nell'A.T.; re, dei fiumi, delle sorgenti e delle fonti
2 negli scritti rabbinici.
sgorga di là (Hom., Il 21,195 ss.). In
C. 1toi:aµ6ç 11el N.1'.:
r, l'uso irriflesso; Egitto per indicare il Nilo si diceva «il
2. 1toi:aµ6ç nell'Apocalisse di Giovanni; fìume del Paese» 4 , espressione ripresa
3. i1 logion di Gesù in Io. 7,37 s.
spesso nell'A.T., quando il Nilo è chia-
mato semplicemente «il fiume delJ'Egit-
A. L'uso LINGUISTICO GRECO AL DI to» (Am. 8,8; 9,5; cfr. Gen. 41,1 ss. e
FUORI DEL N.T.
passim; ~ coli. 1492 ss.). Come nel
Etimologicamene connesso a 7tÉ-
I. mare, così nel 7tOi:cx:µ6ç la violenza si
'tOµa.t, mt1oversi con rapidità impetuo- manifesta nei xuµa.'t'cx:, che mettono in
sa, 1tO't'a.µ6ç dovette originariamente e- grave pericolo o addirittura tolgono la
quivalere a (acqt1a) che precipita veloce- vita a chi vi si espone (Horn., Il. 21,
mente 1• Da Omero in poi ricorre spes- 268-27r.281 ss.). Si comprende quindi
so nel senso dì acqua corrente, special- come a un rco-ta.1.1.6<; possano talora es-
mente di fiume o corso d'acqua 2• Con ciò sere attribuite qualifiche di un despota
è chiaramente designata la caratteristica o addirittura di un Ù~p~G'i:'f]ç (Aesch.,
che usualmente lo contraddistingue sia Prom . 717 s.: i]~Et<; o'u~pLO"'t"T)'J TI"O"tCX:-
dal mare, in cui i fiumi sboccano (Plat., f.1.Ò\I oò '1Jwowwµov ov µ-i) rcEpcio"rJc;,
Tim. 22 cl: 't'WV rco-ta.µoi:ç xc:ti i>a.À.Ù:.'t'· «giungerai a un fiume che veracemente

r.oi:aµ6ç
t BoxsACQ4, s.11.; dr. anche M. RuNES, Ilo'fa.· l Un proverbio greco paragona una lotta im·
µ6ç: !dg Forsch 50 (1932) 265 (contro la de- pari a un contrasto tra fiume e mare: 'TCO't«·
rivazione da 1tE't'awuµ~ proposta da J. WAK· µò:; ltctÀ&.'f't'TI fpll:;t1.ç (Suid. IV 181 nr. 2124).
KERNAGEL, Vorles1111gen iiber Syntnx II 2
4Vedi i testi in PamsIGKE, Wort. Nei papiri
[ 1924] 30 s. e ripresa da ScHWYZER I 493 n.
'TCO'fct~16;
può indicare anche il braccio artifi·
1, col significato di 'ampliamento' per 'TCO'ta.-
µ6~).
ciale o il canale del Nilo. In questi casi una
chiara determinazione del significato è spesso
2 Vedi gli esempi nei vocabolari. impossibile.
r.f91 (vr,596) 7to-co:µ6c; A 1-2 {K. H. Rengstorf)

è detto violento, e che tt1 non attraver- Accanto al senso proprio, già nell'età
serai») 5• e nella letteratura classica compare il
È pensabile che se nei primi tempi i senso traslato di 1tOTaµ6<;. Per esempio,
7tO'tcq.~ol vengono personificati, ciò di- Aesch., Prom. 367 s.: ~'lli}Ev ~xcppa:y1J­
penda dalle loro caratteristiche naturali. 1to'CE rtoTaµot 1tupò<; oa1tTOVTE<;
O'o'llT<J.l
Comunque sia, nell'ambito della religio· &.ypla.i<; yvcii}oi<;, «donde talvolta e-
ne greca le divinità fluviali 6 assumono romperanno correnti di fuoco divoranti
un posto di notevole importanza o co- con selvagge mascelle». Questo senso,
me personi6cazioni o come dèi locali. una volta acquisito, viene spontaneo al-
Già in Omero sono pienamente svilup· lorché si tratta di raffigurare plastica-
pate tali raffigurazioni, come anche il mente certe forze impetuose e travol-
culto che vi è connesso 7 • È significativo genti. Tuttavia in età precristiana ricor-
che Esiodo vieti di urinare nei 7tO'taµol re, a quanto pare, piuttosto raramente.
e nelle sorgenti 8 . Le divinità fluviali
personificate vengono di preferenza raf- 2. I LXX con 1tOTa.µ6<; rendono anzi·
figurate come tori 9, forse perché lo tutto l'or, ('or, che deriva dalla lingua
scroscio delle acque precipitanti e il mo- egizia e al singolare designa quasi esclu-
do in cui sfiondano qua e là ciò che tra- sivamente 12 il Nilo (Gen. 4I,I ss.; Ex.
scinano nella loro caduta fanno pensare 1,22 e passim) e i suoi canali (Ez. 29,

ai tori, che esprimono a codesto modo 3 ss.; ~ n. 4). In questi casi sia i LXX
la loro forza 10 • Alla personificazione non sia il testo ebraico hanno l'articolo, ti·
è sfuggito il Giordano della Palestina, chiesto dal senso (~ sopra}. Negli altri
anche se un'attestazione in merito si ha casi il corrispondente termine ebraico è
soltanto in ambiente extragiudaico e in per Io più niihiir, spesso accompagnato
età precristiunn, e precisamente nei ri- dal nome proprio del fiume, che con
lievi dell'arco di Tito in Roma (~ col. maggior frequenza è l'Eufrate (ler. lJ,
1537) 11 • 7 e passim) 13, ma può essere anche il

3 Peraltro si discute se si debba leggere 'Y~pl­ 9 Cfr. WAsER, op. cii. (~ n. 6) 2780-2782.
CiTl)'J o 'Y~pLcr-ciJv (cosl ed. P . MAZON l 10 Cfr. la descrizione dello Scarnandro infuria·
[ 1920); G. !TALIE, Index Aeschyleus [ 1955] to in Horn., Il. 21,234 ss.
308 a) cioè come nome proprio, oppure come
Il O. WASER, Wlom Flussgott Jordan und an-
nggcttivo (cosl qui sopra). Cfr. le edizioni e i
dern Personifikalionen, in Festgabe A. Kaegi
commenti 11d l.
(1919) 191-217.
6 O. WASER, art , 'Flussgotter' in PAULY·W.
12 Unica eccezione: Dan. 12,5 ss., dove per
16,2 (1909) 2774-2815 (bibliografia meno re·
cente); NILSSON 12 236-240. quattro volte indica il Tigri.
2
7 N1LSSON 1 236 s. Il In Ge11. 31 1 21 e passim un semplice li 11:0-
s op. cii. 757 s.; cfr. Plut., Stoic. rep. 22 (u -caµcic; indicante l'E11/rate corrisponde a han-
1045 a-h). nahar del testo ebraico.
TI?Tttµ6ç A 2 (K. H. Rengstorf) (VI,597) 1494

Cabar (Xo~ap, Ez. r,1 ss.) o il babilo- di 2 Par. 20,16 e 32,4, non rimane che
nese Iovo (Bar. r,4). In tutti questi cnsi I Reg. 8,65, ove si menziona il 1tO'tl1.-
f1.Òc; Alyv'ltTOU (na{;al mi~raiim), il wadi
il contesto fa comprendere che all'iden (l'odierno Wadi el-Arish) che ai tempi
dell'acqua corrente va congiunta l'ide;t di Salomone segnava il confine con l'E-
della perennità del corso d'acqua (cfr. gitto. In questo caso sembra però trat-
tarsi, come fa pensare Gen. r5,x8 14
anche 2 Reg. 5,I2: 7to-rixµot Aap.a:·
e soprattutto Iudith r,9 15, di una form:.i
vxou). Proprio di questo va tenuto con- stereotipa per indicare la frontiera me-
to allorché 1tO-caµoc; viene usato per de. ridionale, senza riguardo per il signifi-
signare sia il fiume del paradiso e i cato specifico di 'ltOTa:µ6ç, che altrove è
rispettato 16•
quattro capi (ra'sim, à.pxal) in cui esso
si divide (Gen . 2,ro ss.), sia la fiumana L'uso traslato di 'ltOT<Xµ6ç nei LXX
è dettato dall'idea di una perenne ab·
escatologica di cui parla Ezechiele (47,1 bondanza, che è associata anche qui al
ss.; cfr. anche loel 4,r8), che sgorga nostro termine. Js. 48,18 paragona a un
dalla sorgente del tempio e la cui ab- 'lto-rcx:µoç la pienezza della dpl}vri {Sa-
!Om) riservata da Dio al suo popolo. Da
bondanza d'acqua non dipende dall'e-
alcuni passi (Am. 8,8; 9,5) si potrebbe
state o dall'inverno (cfr. Zach. r4,8). dedurre che l'origine del paragone vada
vista nell'abbondanza d'acqua del Nilo,
Dal significato del termine si dovreb- da cui dipende la vita e il benessere de-
be dedurre che 1to-raµ6c; fosse atto a gli Egiziani 17 • Nelle visioni apocalitti·
designare anche il wadi, che con la sua che di Daniele appare poi un 1to-.aµòc;
massa d'acqua nella stagione delle piog- 'ltupoç, un «fiume di fuoco» che sgorga
ge scorre precipitoso e minaccioso a dal trono divino, paragonabile anch'es·
vatle. Invece l'ebraico napal, 'wadi', so soltanto a una fiamma (Dan. 7,10
molto raramente viene reso con 7tO'ta· [LXX, Theod.] per n•har d1-11ur). È im-
µoc;, per la ragione che esso designa probabile che questo particolare serva
non tanto lo scorrere del torrente, quan- soltanto a ricordare che Dio vive nella
to il suo alveo. Se si eccettuano Ez. 47, luce (Dan. 2,22); altri passi apocalittici
r ss., dove il traduttore trasforma il wa- mostrano infatti che il fiume di fuoco
di del testo ebraico in un corso d'acqua ,1ppartiene all'epifania divina (4 Esdr.
a corrente perenne, chiamandolo 1toi:a:- r3,10: dalla bocca del Figlio dell'uomo
p.6ç (~ qui sopra), e i due testi oscuri esce un fiuctus ignis; Hcn. gr. r4,r9: da

lt Per mitm<hr:r 111ifrniim è forse possibile Ic1;· esser dovuto n un'imperfetta conoscenza dcl
gere anche, con Bibl. Hebr. KITT., minnapr.l waùi in parola; cfr. F. DEl. ITZSCH, Neuer
111i1raiim. Co111me11111r iiber die Genesis (1887) 279. An-
1s Ciò vale specialmente per la lezione pecu· che se il v. 18' fosse veramente dovuto a un
Jiatc 'tOÌJç x~µO;ppouc; invece di 'tOU 1tO-raµoii glossatore che pensava al Nilo (dr. ad es., H.
s.
dcl cod. Nei LXX XE~µO:ppouç, xElµttppoç è GuNKF.L, Geuesis, Gé:ittinger Handkommentar
fa traduzione comune e 11ppropriata di na[Jal, zum A.T.l [ i910] ad/.), l'ipotesi non può ap-
torrente, fiume invernale, wadi, fiumana; di plicarsi al traduttore.
conseguenza sembra che il cod. S voglia con· 17 Cfr. anche Is. 66,12, <love però il T .M. e i
sapcvolmente correggere un'imprecisione. LXX non coincidono perfettamente per ciò che
16 L'uso convenzionale di 7tO>tI!J.6ç potrebbe riguarda l'imnrnginc.
1495 ( \'l,597 i r.o•a1.t6ç A 2-B 1 (K. H. Rengstorf)

sotto il trono divino scaturiscono 7to- regola in contesti allegorici e che in


-ro:µot 7CUp6c,; dr. Hen. aeth. 71,2.9) 18• Filone le allegorie abbiano una parte di
Nell'Ecclesiastico il 1tO't'o:µ6c; è esplicita primaria importanza, va naturalmente
immagine della pienezza e dell'abbon- tenuto presente, ma non limita in alcun
danza, e anche quando si tratta di fiumi modo il significato del fatto stesso.
chiamati per nome, soprattutto del Ni-
lo, questa idea è presente nell'uso del 4. Flavio Giuseppe invece usa il vo-
termine (47,14 19 ; cfr. 24,25 ss.; 39,22: cabolo soltanto in senso proprio. Come
la EVÀO)'tO'.. di Dio è wc; 1tO't'aµ6ç). nei LXX, il fiume del paradiso è chia-
mato anche qui 7tO't'aµ6c; (ant. 1 ,38 ).
3. Filone presenta, insieme con l'uso Anche per lo storico giudaico 1tO'\aµol
proprio del termine (e qui il Nilo hn sono i corsi d'acqua e i fiumi con cor-
una parte importante) 20 , anche un uso rente perenne, soprattutto il Giorda-
eminentemente traslato, come quando no (ant. 5,r6ss.; 20,97: T.o"taµoc; in-
parla del «torrente della vita» (f ug . 49: sieme col nome proprio del fiume, caso
xetµappouc; 1tO't'aµòc, •ou fllou) 21 • L 'Eu- frequente in Giuseppe), ma anche l'Eu-
frate, forse per l'assonanza del suo no- frate (ant. 18ar2 e passim), il Nilo
me con EÙ<ppalvw 22 , diventa simbolo (ant. 2,249 oltre a 244 [ 'ltO"tCt.µ6c; sen-
della IYorpla. divina, «fiume veramente za aggiunta del nome (il Nilo); ant. 2,
grande, gonfio di grazia, allegrezza e de- 8r]), l'Arnon (ant. 4,85.95) e molti al-
gli altri beni» (rer. div . her. 315: •Òv tri. Giuseppe conosce il valore del ter-
~!Éya.v wc; CÌ.À.Tj!>wc, 1tOW.µO'V, xa.pélc; xa.t mine e usa no"ta.µ6c; con proprietà, co-
EÙq>pOIYUVr)C, xat 't'WV a),À.wv 7CÀ.l]µµu- me si vede quando chiama 1tO'l'c.cµ6c; lo
pov'V't<X aycd)wv). Il vouc; «attraversa il Jabboc, affluente di sinistra del Giorda-
fiume delle sensazioni che straripa e no (ant. 4,95.97) 23, ma xetµO:ppouc; =
sommerge l'anima con il flutto delle wadi, il torrente Cedron ovvero la sua
passioni» (leg. alt. 3 ,18: Sto:BalvtL 't"Òv valle (ant. 8,17), usando quindi il ter-
't'WV aìcri}r)'t'W\I 7COW.µÒ'V 't"ÒV bnxM- mine come toponimo (dr. Io. 18,I ).
SO'V't'<X xat Bart't'LSOV't'<X 't'fi cpopij, 't'WV
1.a!>wv 't'lJV 4iux1)'V. Cfr. det. pot. ins. B. 1
IL FIUME NELL A.T. E NEL TARDO
roo). Il parlare (ÀOyoc;) è anch'esso pa- GIUDAISMO
ragonato a un TCO't'ocµ6c; (som. 2,238.240.
per il credente dell'A.T. Dio
1. Poiché
259 s.), e il paragone è usato anche per
il Logos divino (som. 2,243 .245). Il fot. è il creatore di tutte le cose, è anche
to che quest'uso traslato si riscontri di signore dei corsi d'acqua 24 • Pertanto

•~ Fiumi di fuoco nel luogo di pena: Hen. 67, n In a111. 1,331 Io Jabboc è detto XEtµò:ppovç,
7· ma c'è qualcosa che non va con la forma gre-
19 Il testo ebraico legge kaj''or invece di wc; ca (cfr. il testo) dcl nome del fiume (A. SCHLAT-
7:0'tC1.µ6ç e pensa quindi al Nilo, come in 24, TER, Die hebr. Namen bei ]os., BFI'h 17,3
27 e 39,22. [1913] 53), cosi che bisogna procedere con
20 Cfr. i passi elencati in LEISEGANG, indice cautela e non trarre conclusioni affrettate.
674- Z4 Cfr. ad es. Ps. 24,r s. con la sua concezio-
21 Nel contesto di una spiegazione allegorica ne tricotomica del mondo: la terra, il mare
del nome Mesopotamia. che circonda la terra e i fiumi che scorrono
22 Cfr. leg. alt. 1,72 e E. STEIN, Die allegori- sottoterra e di là scaturiscono (vedi anche Ex.
sche Exegese des Philo nus Alexandreia, Beih. 20,4), e anche altri passi, soprattutto Ps. 93,
ZAW 51 (1929) 60. 1-3; cfr. sulla questione G. WIDENGREN, Sa-
r.oi:aµoç B 1 (K. H. Rengstorf)

può seccare, se e quando vuole, anche i ca finora anche unn qualsiasi indica-
fiumi che non dipendono dalle piog- zione che il Dio d'Israele abbia dovuto
ge invernali (ls. 44,27; 50,2, Ps. 74, opporsi a tali divinità quando il popolo
15), non eccettuato neanche il possente venne nel Paese. La proibizione di ado-
Nilo (ls. I9,5; dr. 2 Reg. 19,24). U- rare l'immagine di ciò che si trova nel-
gualmente Dio ha il potere di tramutare l'acqua sotto la terra (Ex. 20 4; dr. 1

in sangue le acque dei fiumi (Ex. 7,14 Deut. 5 ,8 ), si riferisce, secondo l'inter-
ss.; Ps. 78,44; cfr. Ps. ro5,29; Sap. 11, pretazione deuteronomica (Deut. 4,18),
6). Dio è anche colui che ne fissa il cor- non alle divinità delle acque, bensl ai
so (Abac. 3,9) e può far sì che l'acqua pesci. Finora manca qualsiasi esempio
sgorghi nell'aridità della steppa e dia palestinese che faccia riscontro alla rap-
origine a un grande fiume (Ps. I05,4I; presentazione del Giordano come divi-
cfr. Is. 43,19). Perciò anche i fiumi so- nità sull'arco di Tito a Roma ( ~ 'Iop-
no nel numero di quelle opere dì Dio MvT)c;, col. 1537). Tuttavia non biso-
che lodano il Signore con H solo fatto gna dimenticare la norma della Mishna
di esistere (Ps. 98 ,8 ), e gli uomini nel- che menziona, tra l'altro, sacrifici cruen·
la fornace ardente {Aav.3,78) li esor- ti l"sém nehiirot, «al nome dei fiumi», e
tano a lodare Dio con tutto il creato. vieta l'uso di quelle carni (Httl. 2,8) 25•
La loro presenza e natura è opera e- Oltre a tale norma abbiamo l'altro pre-
. sclusiva di Dio. Cosl i corsi d'acqua non cetto tannaitico (Hul. 2,9) che vieta
hanno nell'A.T. alcun significato auto- qualsiasi forma di macellazione delle vit-
nomo né rispetto a Dio, sul cui piano time sacrificali nei mari (jammim) e nei
non si pongono, né rispetto al creato, fiumi (neharot), per evitare anche l'im-
di cui fanno parte come tutte le altre pressione che si tratti di un sacrificio
creature. agl'idoli (cfr. T. Hul. 2,19) 26 • Questo si-
Dopo quanto abbiamo detto·, . va da gnifica, per lo meno, che verso gl'inizi
sé che nell'ambito della fede in Dio deJl'era cristiana i pagani che abitavano
dell'A.T. non c'è posto per un qualche nel Paese praticavano sacrifici alle divi-
culto di divinità fluviali. Tuttavia man- nità delle acque, cosl che ai rabbini par-

krales Konigtum im A .T. und im ]11dcntum (r QM 10,12 s., tra<l. F. MrcHELINI Tocc1).
( 19_55) 62 s. Troviamo antichi motivi in for. 25 Cfr. anche Hul. b. 4oa-41b. Evidentemente
ma cristiana in od. Sai. 39. Qui vanno colloca- giiì gli Amorei non avevnno più presente di-
ti anche i testi di Qumran, dato che vi leggia- rettamente il problema; ma ciò è un sicuro in-
mo, ad es., che Dio è «il creatore della terra dizio dell'antichità delle norme.
e dei limiti della sua spartizione in deserto e 20 Cfr. ancora S. LIEBERMAN, 1-Iellenism i11
in pianura, dei suoi prodotti, con lo sgorgare Jewish Palestitte (1950) I-J4-r36: l'autore fa
delle sue acque, del cerchio dell'Oceano, dei notare che Hul. 2,9 usa una terminologia saçri.
bacini dei fiumi, delle profondità degli abissi» ficale pagana.
T.O"tctf.L6c, B l·2 a (K. H. Rcngstorf) (vr ,599) l JOO

ve necessario stabilire norme restrittive N .T. presuppone come naturali sia la


per evitare qualsiasi equivoco. pesca che il consumo di pesce. Una di-
sposizione rabbinica autorizza anzi e-
Tutto il resto rimane ipotetico. A spressamente, a certe condizioni, l'uso
Gezer è stato ritrovato un amuleto .1 di pesce importato dall'estero (Maksh.
forma di pesce di età c:ananea 21 • Tale 6,3). Ciò prova che nessuna idea d'ido-
reperto è servito ad alcuni 2• come spun- latria era connessa col pe!:ce in qu~nto
to per sostenere che «gli amuleti raffi- tale.
guranti gli idoli di Jabne» 2~ (LEPWl..let.W
2. Fatta eccezione per proverbi e sen-
-rwv O:'itò 'Irx.µ'Jda<; ElowÀwv), città vi-
cina a Gezer, trovati sotto le vestl dei tenze simili (ad es., Hul. b. 18 b; 57 a:
soldati di Giuda Maccabeo caduti in ogni fiume [nhr'] ha il suo proprio COl'-
battaglia e con5i<lcrati dall'agiografo
so), i rabbini si occupano dei fiumi pre-
come la vera causa della loro morte (.2
Mach. I2,4o), fossero amuleti a forma valentemente nell'ambito delle norme
di pesce. Tali amuleti testimonierebbe- religiose.
ro inoltre l'inflnenza del culto della de.1
Atargatis 33 sui Giudei dell'età macca- a) I fiumi hanno una parte importan-
baica. Ma anche se così si potesse pro- te nella casistica. Qui essi sono una di
vare inconfutabilmente l'identificazione quelle forze naturali alle quali l'uomo
degli amuleti suddetti, resterebbe sem- e i suoi beni sono esposti abbastanza
pre possibile supporre, in base al con- spesso senza possibilità di difesa, e so-
testo di 2 Mach. 12,40, che si sia trat- no pertanto esempi particolarmente :t·
tato primariamente di simboli d'immor- datti per illustrare come ci si debba
talità che, se mai esistesse proprio un comportare in casi di forza maggiore 32•
nesso, si collegherebbero soltanto se- Viene presentato cosl il caso in cui un
condariamente al culto di Atargatis 31 • nahar trascina via due asini appartenen-
In nessun caso si dovrebbe comunque ti a persone diverse, una delle quali
vedere qui una testimonianza del culto può salvare soltanto l'animale dell'altra,
di una divinità fluviale. Per il resto non mentre il proprio muore (B.Q. rn,4).
bisogna dimenticare che né l'A.T. né il Sono ammesse eccezioni a certi coman~
tardo giudaismo hanno espresso riserve <lamenti e divieti quando sia in gioco
sul consumo dcl pesce, poiché Lev. n,9 la salvezza di persone la cui vita è mi-
ss. vieta solo l'uso di ~mimali acquatici nacciata da un'inondazione (Pes. 3,7;
che, appunto, non sono pesci. Anche il B.Q. 10,2; R.H. 2,5; Taan. 3,7; Ned. 3,

n Riproduzione in E. R. GooDENOUGH, Je:i-- dea, in passato molto diffusa, che il dio siro
ish in tbe Greco·Roman Period ( x953 ss.) lii Dagon fosse un dio pesce è ormai definitiva·
nr. 380. mente superata (GOODENOUGH, ibid. 16).
2a F.]. DoLGER, IX®Yl; n (1922) 205 ; Goon. .u Il concetto è rabbinico: cfr., 11d es., le lo-
ENOUGll, op. cii. (~ n. 27) V 17. cuzioni 11idré 'oniisim, «voti (che non sono sta-
29 Per Jomnia/]abne dr. S. Krn1N, art. 'J:ib- ti mantenuti a causa) tli forza maggiore» (Ned,
nc', in EJ 8, 724-726. 3,3 e passim). Abbiamo tutta una serie di e-
30 Per Atargatis dr. F. CuMONT, Die orienl«· sempi di situazioni di foria maggiore che han-
/ische11 Religionen ir.i rom. Heidentum' ( 19p) no o possono avere conseguenze giuridiche
94-97. ('ones) in Il.M. 8,9-10; T .IlM. 8,15-16. L'op-
3 1 Cfr. GooDENOUGH, op. cii. e- n. 27) V q posto di b'wns è brfWJJ. Per 'w11s cfr. 'n!i·
con illustrazione 1r e ibid. r 6. Dcl reslo l'i- qlwpdih tlmwdjt I (1947) 168 ss.
I )OI (Vl,599) 7tO-tctµ6ç B 2 a-c (K. H . Rcngstorf) (vr,600) 1502

1 ). Si discute anche il danno arrecato maestro Hanina (ben Hama), origina-


dallo straripamento dei fiumi (B .Q.b. rio 36 di Babilonia 37•
II? b-n8 a}. La violenza delle acque
può essere tale che un albero strappato e} Naturalmente i fiumi e le loro nc-
con tutte le radici ricresce nltrove (Orla que sono molto importanti nel comples-
r,3).
so cd elaborato sistema rabbinico ri-
b) Il fiume per antonomasia della let- guardante la purità. Senz'acqua non è
teratura rabbinica non è, come po- possibile essete o ritornare puri. Orn,
tremmo pensare, il Giordano, bensì nell'antica Palestina i fiumi hanno uno
l'Eufrate (Halla 4,8; cfr. Gen. r. r6,J a parte molto limitata nell'approvvigio-
2,14}. Ciò avviene per influsso dell'uso namento idrico, e ciò vale anche per il
linguistico dell'A.T. (Gen. 31,21 e pas- Giordano, tanto più che la sua valle a
sim) e soprattutto per la convinzione, sud del lago di Genezaret era povera
ripresa dall'A.T. (Gen. 15,18: promessa di centri abitati (-7 coll. 15 30 s. ). Ciò
ad Abramo) 33, che l'Eufrate rappresen- nonostante è incredibile in quale misu-
ta il confine orientale della Terra pro- ra, nelle norme di purità, l'acqua di fiu-
messa 34• me rappresenti più una complicazione
che un aiuto per la purificazione.
Da questa valutazione dovrebbe di-
pendere il riferimento particolare al- Questo fatto curioso è dovuto alln
l'Eufrate, nella parte riguardante i fiu- presenza di leggere particelle di sporci-
mi, della disposizione di Ber. 9,2, se- zia nell'acqua di fiume, cosi che l'u tilità
condo la quale la vfata di monti, colli- del bagno rituale è messa in dubbio
ne, mari, fiumi e steppe dovrebbe in- (cfr. Miq. 9,1 ss.; Shabb. b. 65 a-b).Una
durre a benedire il Creatore 35• L'amo- volta si parla di una installazione per i
reo palestinese Johanan (che secondo la bagni rituali fatta costruire, con le op-
tradizione morl nel 279 d.C. e dalla cui portune precauzioni, sull'Eufrate da un
scuola proviene il Talmud gerosolimi- dottore della legge per la figlia: la ra-
tano) loda l'Eufrate, attribuendo alle gazza deve stare in piedi su di una pe-
abluzioni compiute con le sue acque la dana 38, cosl da non venire in contatto
mancanza di lebbrosi a Babilonia (Ket. con il fango del fondo ed esserne conta-
b. 77 b). Non è però escluso che egli af- minata (Shabb. b. 65 a}. Un'altra volta
fermi questo in dipendenza dal suo si ràcconta che R. Jehuda ben Elai fece

ll Cfr. inoltre Deul. 1,7; n,24; lor. I,4; J6 BAcHER, P<1l. Am. 1 1 s.
Mich. 7,12; Ir. 27,12; Zach. 9,10 ecc. 37Una sentenza simile di Haninn è riportata
34 L'aneddoto riferito in Gen. r. r6,3 a 2 , q
poco dopo e potrebbe trasmettere una rice tta
s'incentra proprio su questa concezione: 1a molto diffusa in Babilonia (dr. Satth. b. 64a ).
terra d'Israele comincio immediatamente R
ovest del fiume . Cfr. ancora J. 0BERMEYER, Per la pedana usata comunemente in Egit-
:ia
Die LAndscha/1 Babyloniet1 im Zeilalter des to per abluzioni e aspersioni cultuali cfr. J.
Talm11ds und des Gaonals ( r 929) 96. LElPOLDT, Die urchrist/iche Tau/e im Lichlc
lS Ber. b. '9b; cfr. anche OBERMl!.YER, op. cii. d er Religio11sgeschichte (1928) 50 (bibliogra-
e- n. 34) 52-61 per il luogo della benedizione. fia).
1503 (v1,600) r:c't"etµhç B 2 e (K. H . Rengstorf) (vr,601) l.50-l

il bagno rituale neJ Giordano davanti ai d) Forse aJlc summenzionate riserve


suoi discepoli per eccesso di scrupolo e circa l'impiego dell'acqua di fiume a
con l'intenzione di impartire loro un in-
segnamento visivo (Ber. b. 22 a). Ciò è scopi rituali si deve anche la parte di
senz'altro possibile, perché l'acqua di secondo piano avuta da fiumi e ruscelli
fiume è equiparata all'acqua di fon- nella pratica del battesimo dei proseli-
te (Miq. 5,5). Sembra invece che R.
ti, benché in linea di principio questi
Johanan si sia bagnato nel Giordano
non per purificarsi, ma - come si face- corsi d'acqua potessero essere usati per
va spesso e volentieri 39 - per rinfre- compiere il rito.
scarsi (B.M.b. 84 a). Anche altri passi
(Maksh. 5,r; T. Maksh. 2,12) dovrebbe- In linea di massima per il battesimo
ro indicare proprio simili bagni di ri- dei proseliti va bene qualsiasi acqua che
storo, e non vilnno pertanto usati per abbia i requisiti fissati per i bagni ritua-
documentare l'uso di compiere bagni ri- li 41 • Per tale immersione rituale è adat-
tuali nei fiumi. La letteratura rabbinica ta anche l'acqua di fiume (Miq. 5,5 ),
non menziona esplicitamente bagni .flu- fatte alcune eccezioni (Miq. 1,8). Nono-
viali a scopo terapeutico, sul tipo di stante ciò, i testi non pnrlano mai di
quelli ordinati dai medici greci nei san- proseliti battezzati in un fiume. La-
tuari di Asclepio a Epidauro e Perga- sciando da parte l'annosa e ancora aper-
mo 40 • L'impressione generale che rica- ta discussione sull'età del battesimo dei
viamo da tutto ciò è che la difficoltà di proseliti 42 , la prassi rabbinica seriore
essere assolutamente sicuri della purez- presuppone che esso venga compiuto
za dell'acqua di fiume fu molto senti- normalmente in una 'casa d'immersio-
ta e se ne tenne conto anche nella pras- ne'43, che serve per la purifìcnzione in
si. In base ai testi pubblicnti finora, non genere"" e naturalmente va ben distin-
è possibile dire con certezza come si ta dalle normali case balneari 45 • Ndla
comportasse, per questo aspetto, la co· propaganda missionarin del giudaismo
munità di Qumran. I QS 3,4 s. sembra ellenistico abbiamo il caso unico di una
presupporre l'uso di abluzioni rituali in esortazione con cui i non giudei ven-
mari e fiumi; ma potrebbe anche trat- gono invitati «a lavare tutto il corpo
tarsi di modi di dire puramente retorici. in fiumi che scorrono perennemente~ 46,

39 Documentazione in S. K11Auss, Talm11dische solennemente dichiarato di voler diventare ad


Archiiologie r (1910) 212 s. ogni costo giudeo) ha acccttnto (di osservare}
40 R. HERZOG, Die \'l/underheiltmgen vo11 Epi- la legge e lo hanno poi condotto già nella ca·
dat1ros (193I) 94 s. 104. sa d'immersione ... ». Uoa tale 'casa' si trovava
41 Jeb. b. 47a/b B:ir.; cfr. STRACK-BILLl!RDECK nel tempio (Jona 3,2; Sheq. 8,2; Mid. 1,9 e
I 109, passim), un'altra sul Mtantc degli Ulivi (Pera
41 Cfr., dopo JoACM. )i>REMIAS, Der Ursprur.g 3,7 ). Ma di queste case ne sorgevano natural-
der Joha1mes/a11/e: ZNW i8 (1929) 3n.320, mente dovunque ce n'era bisogno, vale a dire
lr: seguenti opere che esprimono parere con- dappertutto.
trario: ]. THOMAS, Le mouvemetll baptiste en 44Cfr. ]eb. b. 47a/b e STRACK-BILLERBECK 1
l'alesline ef Syrie I 50 ava11I J. Cbr. - 300 109 vr: Quellwasser (acqua sorgiva).
après f. Cbr. (1935); BULTMANN, Theol. •P· 4> Come avviene con particolnre cuca in ]011111
Cfr. anche H. H. RoWLE.Y, ]ewish Proseiyle
Baplism <111d the Baptism o/ ]obn : HUCA 15 b. m1/b.
(1940) 313-334. 46 Sib. 4,165: lv 1tO-taµo"ù; )..ol'.iamrilE lS)..ov 5l-
43 Gerim 1 .3: «Se egli ( = il proselito che ha µa<; aEVll:OLOW.
1,50.5 {Vr,601) r.oTaµ6c; B 2 c-C l a (K. H. Rengstorf) (vr,601) 1506

quando si convertono al vero Dio. Sem- 7tO"t'aµ6ç col nome del fiume abbia una
brerebbe naturale riferire questo testo particolare importanza. Da un punto di
al battesimo dei proseliti, cosl che a-
vremmo, contrariamente a quanto affer- vjsta puramente linguistico gli evange-
mato sopra, una prova della pratica di listi, esprimendosi cosl, seguono certa-
battezzare i proseliti in 7tO'taµol. Dob- mente l'uso classico e, in una certa mi-
biamo però avanzare le nostre riserve,
sura, anche quello biblico precristiano.
poiché nel con testo non si parla affatto
della circoncisione che, come sappia- Tuttavia proprio il confronto con l'uso
mo 47, aveva ed ha ancora assolutn pre- linguistico precedente mostra che per
minenza sul battesimo 48 • La 'casa d'im- essi, o per le fonti che usano in questa
mersione' è fornita invece di acqua sor-
giva o di un getto dì acqua freatica . pericope, è importante far notare che
nel caso del Giordano si tratta di un
e_ 7tO'ttXµ6ç NEL N.T. fiume, un particolare che viene sottoli-
neato in connessione col battesimo di
Anche nell'uso linguistico del cristia-
nesimo primitivo troviamo insieme l'u- Giovanni e anche come dato storico.
so proprio e l'uso traslato di ~o'tap.6ç. Per Matteo (3 15 e altrove) gli uomini
Il termine è poco usato, ma possiamo che si recano dal Battista abitano la
«regione del Giordano», 7tEplxwpoc; "t'OU
ugualmente distinguere diversi signifi- 'IopOcivou. Già questo fatto ci porta a
cati. chiederci se fosse veramente necessario
sottolineare, subito dopo, che il Gior-
dano è un ito-raµ6i;, mettendo cosl nuo-
1. Uso irriflesso di 7tO't'aµéc;
vamente in rilievo che esso è scelto per
a) Quasi con le stesse parole i due battezzare proprio per questa sua qua-
lità. Bisogna inoltre ricordare che nei
primi vangeli (Mt. 3 ,6; Mc. 1 ,5) raccon- LXX la frase o 'IopMvnç 'lto-rap.6ç è
tano che le folle che si recavano da Gio- molto rnra e inoltre, almeno in due
vanni Battista nel deserto (~pl)µoc;) era- (los. 4,7; 5,r} dei tre casi (Num. 13,29;
los. 4,7; ,5,I) in cui ricorre, serve a in-
no disposte a ravvedersi e «venivano
terpretare il testo ebraico: entrambe le
battezzate da lui nel fiume Giordano volte, infatti, i LXX traducono con «il
( Év i:(i) 'lopOcX'>ITJ 7tO't'<X.µ~) confessando fiume Giordano» la frase ebraica mé-
i propri peccati». Il modo di esprimer- hajjarden, «le acque del Giordano».
Con questa traduzione i LXX descrivo-
si, specialmente in Matteo, fa pensare no in modo vivido e plastico ciò che
che per i narratori la connessione di accadde quando l'arca arrestò il Giorda-

'7 Documentazione in ST.RACK-BILl.Il.RDECK I rante il regno di Claudio (41-.H d.C.) e la par-


103 ss. Cfr. anche G. PoLSTER, Der kleine Tal- te giudaica è irremovibile sulle necessità della
mudtraklat ·uber tlie Prose/ylen: Angelos 2 circoncisione. Poiché è oggi comunemente am-
( r926) r-38. messo che Sib. 4 è stato composto nell'ultimo
quarto dcl 1 scc. d.C., abbiamo su questo pun-
48Vedi anche Flav. Ios., ani. 20,34 ss.: la con- to una forte tensione tra fa visione della Si-
versione del re Izate di Adiabene avviene du- billa e il racconto di Flavio Giuseppe.
I 5.07 ( VI,60 I) 1tO'tttµoi; e I a (K. H. Rengstorf) (vr,602) 1508

no (Ios. 3,r6): in quel momento il Gior- la tradizione giovannea del battesimo e


dano cessò appunto di essere un 7tO'ta- del Battista(~ coli. 1546 ss.), s'impone
µ6c;, di essere dunque <{acqua che scor- la conclusione che la parola fu voluta-
re via veloce e impetuosa» (~ col. mente tralasciata, per privare di qual-
1489). La frase <di fiume Giordano» di siasi base esegetica e storica quanti so-
Matteo e Marco non J?UÒ quindi essere stenevano un collegamento essenziale
derivata semplicemente dai LXX 49 • del battesimo con l'acqua corrente. È
Se le cose stanno cosl, non basta noto che la prassi della chiesa è stata
forse richiamarsi all'uso linguistico pro- per molto tempo incerta su questo pun-
fano stabilendo un parallelismo tra esso to, prima che si affermasse finalmente
e i due sinottici? Lo stesso Flavio Giu- l'uso di battezzare in un battistero 53 • La
seppe sembra conformarsi a tale uso Didachè (7,1 ss.) prescrive esplicitamen-
quando ben due volte parla con enfasi te che il battesimo sia amministrato
di 'Iopocivl)c; ito'tcx.µ6c; (ant. 20,97; vit. con «acqua viva», cioè con acqua cor-
399)Sll, mentre di regola chiama il Gior- rente di fiume o di fonte, concedendo
dano solo col nome proprio oppure l'uso di «altra acqua» soltanto in via ec-
semplicemente o 7to'tcx.µoc;. Ma a un e- cezionale. Numerose testimonianze del-
same più attento dei passi citati si nota la chiesa antica attestano inoltre una
che Giuseppe non è interessato al Gior- pratica battesimale analoga o si richia-
dano in quanto tale, ma proprio in mano per essa alla prassi e alla tradi-
quanto fiume. Anche questi testi non zione apostolica 54 • Al contrario, secon-
ci offrono pertanto alcun vero paralle- do Giustino (apol. l,6r,3) si può bat-
lo alle locuzioni di Mt. 3,6 e Mc. r,5 51 • tezzare in qualsiasi posto nel quale vi
La tradizione testuale dei due passi sia acqua (Evita. iJowp Ècr-rl). L'apologi-
evangelici dovrebbe metterci sulla giu- sta si riallaccia cosl a una prassi che co-
sta strada. Entrambe le volte una parte stituisce il presupposto necessario cli
dei manoscritti ha tralasciato l'apposi- numerosi testi battesimali degli Atti
zione 52 , ed entrambe le volte la critica (Act. 2AI; 8,12 s. 16.36 ss. ecc.).
testuale ci costringe a riconoscere l'au- In base ai dati esaminati finora e
tenticità di questa lezione. I manoscrit- alle informazioni disponibili è difficile
ti che hanno tralasciato 'TtOTrxµii°l pos- e momentaneamente ancora impossibile
sono averlo fatto o per un motivo stili- prendere una posizione netta e definiti-
stico, ritenendo l'apposizione superflua, va sul problema sollevato sopra. Si può
o per un motivo dogmatico, ritenendola tuttavia affermare che la mancanza di
indesiderata. Se si pone questo fatto in 1tO'tctµ<{'> in alcuni codici di Mt. 3,6 e
rapporto con osservazioni fatte a propo- Mc. 1 ,5 va inquadrata e giudicata nel-
sito del termine parallelo in Luca e del- l'ambito della discussione sul tipo di

19 Tra l'altro è degno di nota che (conforme col. 1496.


al testo base) la versione greca della storia di 51 Nonostante ScHLATTER, Komm. Mt. 64.
Naaman non mene in risalto il carattere di .~2Mt. 3,6: codd, 5t1 D lat.; Mc. I,5: codd. D
1tO-tap.6ç del Giordano, neanche nelle locuzio-
9 it.
ni che sono parallele a quella del racconto del
Sl Cfr. TH. KLAUSER, Taujet in lebendigem
battesimo in Matteo e Marco che stiamo di-
scutendo (4 Ila.o-. 5,10: )..oiitro.L t1t-r<ix~ lv -r@ W asseri Zum religions- tmd kullurgeschicblli·
'Joplìlivn; 5,14: t~a.'lt-rlua.-ro tv -r@ 'Ioplìlivn chen Versliindnis von Did. 7,I-J, in Piscicttli,
t1t"taXL ), Festscrift flir F.]. DO!ger (1939) 157-164.
so Per l'uso linguistico di Flavio Giuseppe ~ s1 Vedi KtAUSER, op. cii. (~ n. '3) 158-161.
1509 (v1,602) 1tO'tttµo<; e r a-b (K. H . Rengstorf) (VI,603) 1510

acqua richiesto per il battesimo. Al con- ( "t"TI 1)µip~ 't'W\I ua{3{3chwv.. . ~~w -tfjc;
trario non bisogna cedere alla facile ten- 1tuÀ:ric; 1tapa 7to"t"ttµò\I ov È.\loµlsoµEv
tazione di leggere anche i passi evange-
7tpocrwx1Jv 55 ELVC1L) e parlarono con le
lici con fa loro lezione originaria in
questa prospettiva e trarre quindi dal donne che si erano riunite in quel luo-
testo conclusioni circa la posizione di go. Qui 7to-raµ6ç (senza articolo) indi-
Matteo e <li M<lrco su questo problema. ca un corso d'acqua perenne che scorre
La soluzione più naturale si trova se presso la città e si getta poi nello Stri-
si considera l'insolito modo di dire usa- mone. Presso questo fiume i viaggiatori
to da Matteo e Marco non già come trovarono, come avevano pensato, il
espressione di un interesse 'dogmatico', luogo io cui erano soliti radunarsi per il
bensì come una reminiscenza storica. culto coloro che in quella città credeva-
Tale reminiscenza assume però impor- no nell'unico Dio. La posizione del luo-
tanza capitale in quanto mette in risal- go, probabilmente una casa, sembra det-
to un particolare dell'immagine storica tata dalla vicinanza dell'acqua, che a
del Battista, per il quale Giovanni si è vrebbe dovuto appunto rendere possibi-
distinto in modo notevolissimo dalla le l'osservanza dei precetti di purità,
prassi delle immersioni e dei battesimi particolarmente importanti per le donne
giudaici, manifestandosi veramente qua- (~III, col. 1298).

le 'battezzatore' per antonomasia: la Spesso in passato i commentatori si


'casa d'immersione' gestita, in un certo sono chiesti se 1a posizione della casa
presso un 7to-taµ6ç riflettesse una tipi-
senso, da lui .era il Giordano. Quando ca e precisa usanza giudaica 56• Oggi noi
nel deserto (Epl}µoc;) Giovanni invitava dobbiamo rispondere negativamente a
la gente al battesimo, soltanto il Gior- questo interrogativo, perché -l e fonti
rabbiniche non forniscono alcuna prova
dano poteva offrire sii molti che veni- di tale abitudine 57 • Inoltre l'acqua frea·
vano la possibilità effettiva d'immer- tica era molto più importante e adatta
gersi. dell'acqua di fiume58 per le abluziorù
prescritte dalla legge, e vicino a un
fiume era più facile che ci fosse appun·
b) In una delle sezioni in prima per-
to tale acqua. Cosl nella sinagoga di
sona plurale gli Atti raccontano (Act. Cesarea, che si trova nelle immediate
16,13) che, arrivati a Filippi, Paolo e vicinanze del mare, gli scavi recenti
i suoi compagni si recarono «di sabato hanno messo in luce una stanza che ser-
viva probabilmente per i bagni rituali.
fuori porta, lungo un fiume, dove sup- Non dobbiamo neanche dimenticare, in-
ponevano che ci fosse una sinagoga» fine, che, secondo la tradizione 59, l'im-

55 Cosl leggono i codici principali. centi commenti agli Atti.


58 Cfr. Miq. I,I.6.7.
56 Cfr., ad es., JACKSON-LAKE 1 4,190 s. S9Sintesi in Scn. GANZFRIED, Kizwr Sch11l-
57 Vedi ST.RACK-BILLERllECK n 742 e i più re- cban Aruch (s.d.) capp. 86,3; 162,7.
1tO'tGtµoc; e I b-2 a {K. H. Rengstorf)

mersione rituale <{sopprime il sabato», con 1a sua materia figurata, nel quadro
cioè può essere compiuta anche di s:i- di quello che la letteratura rabbinica ci
bato. dice del1a violenza dei 'lt'O'tet.µol del pae-
se (~ coli. r 5oo s.}. In base al suo scopo
c) Secondo 2 Cor. r r ,26 Paolo ha la parabola va classificata come para-
provato personalmente quanto perico- bola escatologica di giudizio 61 e come
tale è immediatamente comprensibile.
losi sono i ?to"t'aµol, specialmente quan- Di per sé la parabola non offre alcuno
do sono grossi per le piogge autunnali e spunto per vedere o per supporre nei
invernali. La parabola conclusiva del di- TCO't'<tµol il diluvio universale 62 o persi-
no «il diluvio della tribolazione esca-
scorso della montagna (Mt. 7,24-27; tologica» 63• Chi ha sentito dire, o ha
Le. 6,47-49) trae forse materia proprio visto direttamente, come, ad es., a Ge-
da questa pericolosità dei TCO'taµol, aIIa rusalemme un acquazzone invernale tra-
sformi ogni strada, ogni via, ogni ter-
quale, soprattutto all'inizio del nubi-
razza ed ogni scalinata all'aperto in un
fragio, si aggiunge anche la loro impre- impetuoso ruscello 6 \ trova una spiega-
vedibilità. In particolare, Luca, dicendo zione soddisfacente dei 1tO't'<tµol deUa
ò 'JtO't'tXµ6ç, sembra pensare che il fiume parabola 65 nel ricordo della pura e sem-
plice realtà del paese e dei suoi feno-
che straripa scorra vicino alla casa re- meni metereologid 66, soprattutto se si
centemente costruita. Invece i 'JtO'taµol tiene conto anche delle sorgenti inver-
di Matteo non sono probabilmente «le nali e dei 7to'taµol da queste alimentati.
torrenziali piogge d'autunno accompa-
gnate dalla tempesta» 00 , bens1 l'insieme i.. 7tO"t'OCµ6ç nell'Apocalisse. di Giovanni
delle masse d'acqua che al tempo delle a) Due volte, nello svolgersi degli e-
piogge si precipitano per le gole e i ca· venti finali mostrati al veggente, i 'ltO-
naloni e accanto alle quali non può -.ocµol e le 7t'l')yoct 't'W\I ùOchwv, «scatu-
nemmeno sorgere una casa costruita con rigini delle acque», soffrono gravissimo
scarsa cura. danno. Dopo l'apertura del settimo si-
La doppia parabola s'inserisce bene, giilo, al suono della terza tromba, un

oo Cosl JoAcH. ]EREMIAS, Die GJeichnisse Je- (1928) 203-210.


m' (1956) 164. Un analogo uso linguistico di 65 Ab. 3,8 non offre, a rigore, proprio (cfr.
'ltO'taµcic; non è attestato. Per il significato di BuLTMANN, Trad. 218 s.) alcun parallelo a Mt.
1tO'ta.µ6c; nella parabola condusiva del discor· 7,24 ss. e Le. 6147 ss.
so della montagna vedi anche PREUSCHEN· 66 Cfr. in proposito, ad es., Herad., Hom . all.
BAUER\ s.v. 38 (p. 55,8-10): ùq1' ÒE-toii &al)iLÀ.ouc; rtvoµ~­
61 }EREMIAS, op. cit. (~ n, 60) 164; cfr. an- vou xat -rwv tbt' "Ili1)c; 1tO-tciµWv 1tÀ.1)µµu-
che Ji.iLICHER, Gl. Jem n 266. p6:v-.wv O'UVÉ~YJ XGt'tappLq>fjVCtt. I QH 8,14 s.,
62 ScnNlllWIND, Mt., ad l.; ]ERl!MIAS, op. cii. riprendendo ls. 57,20, parla di «fiumi impe-
(-+ n. 60) 164 e 41 n. 3; 142 n. 1. tuosi» (nhrwt swfpjm) e descrive la situazione
immaginosamente dicendo: «Essi hanno get-
~) }EREMIAS, op. cii. (~ n. 60) 148. tato il loro fango su di me». Per le sorgenti in-
64 Cfr. le descrizioni in DALMAN, Arbeit I 1 vernali cfr. DALMAN, ArbeiJ I 1 ( 1928) 204 s.
ljIJ (VI,604) 1to-ra.µ6c, C 2 a-b (K. H. Rengstorf)

terzo 67 degli voa:ra diventa assenzio bi! del paese scelto da Dio (--7 col. r501).
( 8,10 s.); nella visione delle coppe il È questo il motivo per cui i re nemici
contenuto de11a terza coppa trasforma dell'Onnipotente si radunano, per la
tutte le acque in sangue (16,4). In en- battaglia, nl di là del fiume ( 16,12-14;
trambe le visioni i 7tO't"o:µol vengono cfr. Ps. 2,2) ed è ancora questa idea che
colpiti in quanto parte di un mondo ci spiega che cosa significhi veramente
dell'uomo concepito, secondo la tradi- l'espressione di 16,12: «le sue acque
zione biblica, tricotomicamente e arti- si prosciugarono» significa che il fiume
colato in terra (ylj}, mare e <rncque sot- non costituisce ormai più una difesa e
to la terra» (8,7 ss.; 16,1 ss.) 69• L'esi- una protezione del paese, cioè, fuori
stenza e l'incolumità dei 'lto-taµol è, per metafora, che Dio toglierà questa difesa
il veggente, parte essenziale della for- agli uomini che si illudono di essere
ma e della sussistenza del creato, uo- protetti dall'attacco delle potenze nemi-
mo incluso: senza 1to-caµol la vita non che. La conseguenza ultima e inevita-
è possibile. bile di questo prosciugamento è che la
In questa sede possiamo tralasciare la terra eletta da Dio diventa teatro del-
questione dell'origine del materiale mi- l'ultimo scontro 71 •
tologico (~ n. 68) e anche i tratti tipo-
logici ripresi dalla storia dell'esodo 70• Il 'grande Eufrate' ha una sua parte
anche nella letteratura mandaica 72 , ma
b) I due passi (9,14; 16,12) in cui qui non rappresenta un confine e certa-
mente non si può dire che divida «il
l'Eufrate è chiamato ò '1tO't"aµòc; ò i.d-
mondo degli uomini dal mondo degli
ya.c; Evcppchnc;, «l'Eufrate, il gran fiu- spiriti» 73 • Tuttavia, data la sua gran-
me», non riprendono soltanto l'espres- dezza, anche negli scritti dei Mandei il
sione usata nell'A.T. (Gen. 15,18; Deut. suo prosciugamento è figura di una ca-
tastrofe immensa 74 • Per quanto riguar·
1,7; Ios. 1,4), ma anche l'idea che esso da la sua funzione di confine, non va
costituisce l'estremo confine orientale poi dimenticato che in epoca romana

67 Questa misura apocalittica sembra connessa mondo si trova anche in 4 Esdr. 519.
alla natura 'rotonda' del numero tre ed esse- fh 4' n. 24 e cfr. inoltre, ad es., Ps. 95,4 s.;
re qui usata in senso popolare. Tuttavia due 104; Prov. 8127 ss.; ma anche Gen. 116 ss.;
iscrizioni tombali cristiane di Fenan, nel Ne- Phil. 2,IOh.
geb orientale, presentano la formula conclusi· 70 Per la questione se in 817 s. ci sia un possi-
va xal a1tÉfravEv -rb -.;pl-tov -.:ou xòaµov (A. bile riferimento all'eruzione del Vesuvio del
ALT, Aus der 'Araba m : Inschri/le11 und Fels- 79 d.C. dr. HADORN, Apk., ad l.
zeichnungen: ZDPV '8 (1935] 67-72; ID., 11 Cfr. Sc11LATTER, Eri., ad I.
Demerkungen w der neueste11 Sammlung
griech. I11schr. aus Paliislina: ZDPV 62 [1939] 72 LtDZBARSKt, Gi11za 61,24 s.; 414,7 e passim.
r62). Cfr. anche Apoc. 9,15.18; 12,4. 7J LoHMEYER, Apk. 135·
1
oS Per il nome della stella cfr. F. BoLL, At1s ~ LIDZBARSKI, Ginza .P4 13'· Un parallelo tar-
der Of}enbarung ]ohan11is (1914) 41 s. L'idea dogiudaico di natura particolare anche in 4
della contaminazione dell'acqua alla fine del Esdr. 13,43 ss.
ito-ro:116<; C 2 b-d (K. H. Rengstorf)

l'Eufrate segnava anche la frontiera o- sembra indicare che gli abitanti della
rientale dell'impero. Sia l'espressione Gerusalemme potranno cogliere i frutti
che la prospettiva dei due passi (9,14;
16,12) fanno concludere che l'autore,
dell'albero della vita (v. 2; cfr. Gen. 2,
ovvero la tradizione da Jui usata, è di 9 ), al quale fin dalla caduta dei primi
casa in Palestina. Tuttavia, proprio a uomini era vietato accedere (Gen. 3,22.
questo proposito, il nome 'Apµa:ydìwv 24). Alla fine dell'opera divina rivolta
crea notevoli difficoltà, perché fìno ad
ora non è stato possibile trovare in Pa- alla creazione e agli uomini Dio conce-
lestina alcuna località che possa plausi- derà dunque molto più di quanto aveva
bilmente identificarsi con il luogo della dato loro nel paradiso (cfr. Gen. 3,22
battaglia fìnale (Apoc. 16,16) 15•
con 2,9.17). Anche dò che l'Apocalisse
c) Apoc. 12,15: il drago, per travol- dice intorno al fiume d'acqua di vita
gere la donna da lui inseguita, vomita indica che la fine non porterà soltanto
dietro di lei «come un fiume d'acqua» una restaurazione degli inizi paradisiaci,
(uowp wc; 1tO'ta:µ.6v ). Senza pregiudizio bensl qualcosa di nuovo in cui Dio com-
per le sue radici mitologiche 76 , l'imma- pirà, con infinita abbondanza, le opere
gine resta nei limiti dell'uso figurato di e i disegni cominciati con la creazione.
nahar / 1tO't"aµ.6c; nell'A.T. e nel giudai- Non deve passare inosservato che il
smo: con questa figura si vuole sempli- fiume d'acqua di vita è menzionato so·
lo qui e in Io. 7.38 (-->coli. 1518 ss.).
cemente suscitare e sottolineare l'idea di Mancano esatti paralleli storico-religio-
una illimitata disponibilità di acqua 77• si; quelH che possono essere considerati
paralleli sostanziali 18, inclusi i testi di
d) Il «fiume d'acqua di vita» ( 1tO-ra:- Qumran (nella misura in cui ci sono
µ.òc; uoo;-roc; ~wfic;) che sgorga dal trono noti finora), parlano di una fonte di vi-
di Dio e dell'agnello (Apoc. 22,1) e ta o di acqua di vita, ma non di un fiu-
me di acqua di vita come nell'Apoca-
scorre attravèrso la nuova Gerusalem- lisse e nel quarto Vangelo 19 • A questo
me (22,2), assomma in sé, in un certo proposito non si può fare riferimento a
senso, il fiume paradisiaco dei primordi od. Sai. 6, dove l'immagine della fiu-
mana che tutto trascina con sé (--> an-
(Gen. 2,10 ss.) e quello escatologico che che n. 66) e che quindi non ha assolu-
nasce dal tempio (Ez. 47,1 ss.; --> col. tamente a che fore col «fiume di vita
1493 ). Anche qui alla parola 'lto-rrx.µ6c; nel paradiso» ro (vv. 8 ss.), descrive l'ir-
resistibile avanzata vittoriosa del cri-
è assodata indubbiamente l'idea di ab- stianesimo 81 o di un movimento gnosti-
bondanza (--> c), dell'abbondanza della co (cristiano) 82 , anche se non è da esclu-
vita che Dio donerà ai suoi. Il testo dere che ci si rifaccia a motivi più anti-

7~ Come sottolinea LoHMEYER, Apk., ad I.


75 ~ 1, coll. 1245 ss. (JOACH. JEREMIAS).
ro Contro LoHMEYER, Apk., ibid.
76 Cfr. i commenti, ad l. 81 Cosl H. GuNKEL, art. 'Salomo-Odcn', in
77 ~ coli. 1494 s. RGG2 V 88.
78 Cfr. i commenti, ad l. sz Cosi H . GRESSMANN in HENNECKE 44r.
1517 (v1,605) 1oo-raµ6ç C 2 d-3 (K. H. Rengstorf) (VI,606) 15!8

chi, che però sono essi pure diversi da sente la possibilità che sull'immagine
quello dell'acqua di vita. Nel comples- del fiume d'acqua di vita abbiano influi-
so di tutta la teologia giovannea l'im- to motivi extrabiblici.
magine del fiume d'acqua di vita va
classificata sotto l'idea di una pienezza 3. Il /ogion di Gesù in lo. 7,37 s. (~
portata al massimo grado, che nel Van- v, coli. 670 ss.; z209 ss.)
gelo (Io. 3,29; 15,u; 16,24; 17,13) e Secondo lo. 7,37 s., l'ultimo giorno
nelle lettere di Giovanni (I Io. 1 ,4; 2
Io. 12) trova la sua espressione pit1 di una festa delle Capanne, nel quale
chiara là dove si parla di gioia perfet- l'offerta di acqua era particolarmente
ta 83. Per quanto riguarda Apoc. 22,1 s. solenne 87 , Gesù ha esclamato ad alta
va soltanto notato che nell'Apocalisse
non compare mai l'espressione 'gioia voce: «Se qualcuno ha sete, venga a me
perfetta', benché, d'altra parte, la gioia e beva. Chi crede in me, come dice la
escatologica in quanto tale non le sia Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorghe·
estranea (Apoc. 19,7; cfr. 21,3 s.) e lo
stesso possa dirsi per l'idea di pienezza ranno da lui» (M.v -ne; oLlf!~, Èpxfol)w
(Apoc. 3,2; 6,rr). 'ltpoç µe: xcx.l 7tL'\IÉ1'W. Ò 7tt<T'tEVW\I dc;
Quanto al fatto che il fiume d'acqua ȵi, xcx.l)wc; Etm:v -r., ypm.pi}, 'lt01'aµot tx
di vita sgorga da sotto il trono di Dio "t'ijç XOLÀlrlA; OCÙ'C'OU pEUO'OUC1W UOCX.'t'Oc;
e dell'agnello, non basta richiamare la
frase analoga del Ginza mandaico 84 , ma ~WV't'oç). L'evangelista aggiunge su-
88

bisogna anche ricordare che nei santuari bito dopo (v. 39) che Gesù «disse que-
di Asclepio, che in certi periodi fu il sto dello Spirito che dovevano ricevere
concorrente più pericoloso di Cristo 85 ,
l'immancabile fonte sacra era solita coloro che avrebbero creduto in lui»,
zampillare da sotto il sacrario del dio, senza però rivelarci le ragioni di una si·
da sotto il suo trono e i suoi piedi 86• mile interpretazione. Tutto il testo è
Inoltre, riflettendo sulla storia del mo-
tivo, non possiamo fare a meno di no- difficile, per non dire impenetrabile.
tare che il fiume d'acqua di vita di Già la partizione del logion non è af-
Apoc. 22,1 non si divide come il fiume fatto chiara. Sopra abbiamo riportato
del paradiso, · e che già per tale ragione il testo greco con l'interpunzione tradi-
quello non può essere considerato sem- zionale, secondo il testo critico del Nest-
plicemente una ripetizione dell'altro, le. Per altri studiosi 89 il punto fermo
sia pure su un piano in un certo senso non andrebbe dopo 1tL\IÉ-cw, ma dopo
più elevato. Bisogna invece tener pre- EµÉ: così la frase o 1tLO"'tEVWV dç ɵÉ

83 ~ col. 673 (G. DELLING). 88 Cosl anche BuLTMANN, ]oh. 229.


8~ LmzeARSKI, Ginza 281,21 s. (LOHMEYER, 8?C. H. Dono, The lnterprelalion of the
Apk., ad l.). Fourth Gospel (1953) 349; BuLTMANN, Joh.
~ F.]. DCkGER, Der Heiland, in Ant. Christ. 228; in campo cattolico la seconda interpun-
v1 (1950) 241-272; K. H. RENGSTORF, Die A11- zione è sostenute da E . ScHlcK, Das Evange·
fa11ge der A11seinanderset:wng zwischen Chri- /i11m 11acb Johannes, Echter-Bibel ( 1956) 79.
st11sglaube tmd Asklepiosfrommigkeit ( 1953). La storia dell'interpretazione di Io. 7,37 s. è
S5 Documentazione in RENGSTORF, op. cii. (~ esposta da H. RAHNER, Flumina de ventre
n. 85) 41 n . 81. Christi. Die patrislische Ausleg11ng von ]oh.
87 Cfr. i commenti, ad I. 7,37 s.: Biblica 22 (1941) 269-302.367-403.
i51 9 (v1,606) 11o'trxµ6ç C 3 (K. H. Rengstor[)

apparterrebbe al primo periodo, mentre mente prive di efficacia 9-l .


il secondo comincerebbe con xa.i}wc;. Anche il problema se il logion stia
Questa interpretazione, adottata da 0- oggi al posto giusto continua ad essere
rigene, risale ai Padri più antichi. Tale dibattuto; ma in questa sede possiamo
partizione del logion non è sostenuta esimerci dall'affrontarlo, poiché in ogni
soltanto con l'argomento del ritmo del- caso il detto va interpretato come Jo-
la proposizione; si fa notare anche che gion isolato.
in questo modo si evita «l'idea comico- Difficoltà particolari sorgono invece
grottesca di rivi d'acqua che scorrono per la presenza della formula Ti ypaq>1} .
dal corpo di chi beve per dissetarsi» 90 • Si superano tali difficoltà considerando
Nel testo così inteso chi dà l'acqua e l'intero v. 38 come un'aggiunta del re-
chi la beve sono naturalmente due per- dattore ecclesiastico di Giovanni 95 • Fi-
sone diverse, e la persona che dà l'ac- nora non si è riusciti a identificare il
qua, è indubbiamente Gesù stesso. Il passo della Scrittura (si tratta forse di
v. 38 conterrebbe cosl una delle tante un passo apocrifo?) a cui il testo si ri-
autoaffermazioni di Gesù (cfr., ad es., chiama (~ n, coli. 631 s. n. IJ; ~ v,
6135; 8,I2); questa volta però essa è coli. I209 ss.). Rimane naturalmente la
inserita in una citazione scritturale (~ possibilità d'intendere ii ypacp1} in sen-
coll. r520. 1522 s.), e può essere ac- so coilettivo. Recentemente 96 è stata a-
costata direttamente, per la sostanza, il vanzata l'ipotesi di una specie di flori-
4,IO. L'idea che viene respinta come legio di passi biblici che sembrano esse-
«comico-grottesca» non è però cosl in- re stati particolarmente importanti per
solita come potrebbe apparire a tutta la libagione della festa delle Capanne
prima. Johannn ben Zakkai, contempo- (Is. I2,J; Ez. 47,r ss.; Zach. r4,8) 97 •
raneo degli apostoli, ha detto che un Ma fa difficoltà l'espressione fissa ii
suo discepolo era «una sorgente che ypcx.q>1} (hakkiittJh ), che non può indica-
zampilla sempre più abbondante» 91 • re, almeno finché non si dimostri il con-
Certamente ci sono lodi più calorose di trario, una semplice antologia.
questa, tributate nella piena convinzio-
Davanti a tali difficoltà, e considerato
ne che compito primo di un discepolo
sia di conservare quanto ho ricevuto dal che in questo caso il contesto non può
maestro 92 ; ma ciò non toglie che un'im- aiutarci a decidere con chiarezza in un
magine che a noi moderni sembra ridi- senso o nell'altro, sembra consigliabile
cola 93 , possa aver fatto tutt'altra im-
pressione ai contemporanei di Gesù. Ar- ricorrere per l'interpretazione a quanto
gomentazioni di tal fatta sono assoluta- abbiamo finora stabilito circa l'uso gio-

90 BULTMANN, ]oh. 228 n. 6. Js. 58,11 s. Anche il suo tentativo di idcntili-


91 Ab. 2,8. care la ypacpi} di Io. 7,38 va però considerato
92Cfr. A. ScHLATTER, Jochanan Be11 Zakkai, fallito, come tutti gli altri precedenti, giacché
BFfh 3>4 (1899) 16. il testo d'Isaia ritrovato a Qumran non h:i
9J Materiale storico-religioso parallelo in BAU- avallato la sua ipotesi.
ER, joh. IIJ S. 95 BuLTMANN, ]oh. 216 fo seguire i vv. 37-44
94 Sui tentativi fatti in passato per superare al v. 30.
lo scoglio mediante congetture vedi BuLT-
% Per le proposte precedenti vedi But..TMANN,
MANN, Joh., ad I. L. KoEHLER, Kleine Lichter
(1945) 39-41 tenta di sciogliere l'enigma in- ]oh. 229 n. 2 .
tervenendo con una congettura sul testo di 97 Dono, op. cit. (-7 n. 89) 399 n. 2.
no-ra~16ç C 3 (K. H . Rengstorf)

vanneo di 'ltO'tetµ6c;. Un rapido esame ci è già avvenuto) per mezzo dello Spirito
mostra che Io. 7,37 s. si colloca nelle vi- che rende possibile la continuazione
cinanze di Apoc. 22, 1 . In questo passo dell'opera di Gesù. Ma lo Spirito conti-
il fiume d'acqua di vita è connesso, ol- nua quest'opera nei discepoli e per mez-
tre che con Dio, anche con l'agnello, zo loro. Naturalmente segno distintivo
senza che però si dica che l'agnello sia, dell'opera di Gesù è la pienezza: an-
in un certo senso, la sorgente del fiume. ch'essa non finisce, ma rimane presente
L'interesse del veggente si concentra nello Spirito e nella sua azione dopo la
sulla presenza del fiume, non sulla sua 'glorificazione' di Gesù. Detto figurata-
precisa origine. A questo proposito non mente con l'immagine del 'ltO'trt.µoc;:
si deve dimenticare che anche in Io. 4, Gesù equipaggia i suoi discepoli in mo-
10 Gesù non dice di essere la fonte del- do tale che le forze e la pienezza di vita
l'acqua viva, bensl di essere colui che continuino ad avere un'efficacia illimita-
può disporne e farne bere. Questo va- ta, poiché i fiumi di acqua viva scorro-
le anche per Io. 7,37 s. no ora nel mondo passando per loro e
Prima dobbiamo però notare ancora stanno a disposizione di chiunque abbia
che c'è molto da dire a favore dell'inter- sete, purché creda. Inquadrato e inter-
punzione tradizionale di Io. 7'37 s. L'ar-
gomento più convincente è offerto dal- pretato in questa maniera, il logion di
l'antico invito che apre ancora oggi il Io. 7,37 s. riguarda i discepoli e ne at-
banchetto pasquale: «Chi ha fame, ven- testa la funzione apostolica, dopo la
ga e si sazi; chi è bisognoso, venga e 'glorificazione' di Gesù, mediante l'uso
celebri la pasqua» 98• L'invito è rivolto,
non da ultimo, al povero che non ba appropriato di un'immagine che in altri
la possibilità di apparecchiarsi la pa- logia serve per descrivere la funzione
squa; ma non è necessario dirlo esplici- escatologica di Gesù stesso. Se, secondo
tamente. Il parallelismo con Io. 7,37 s.
è evidente; solo che qui è nominato e- tale interpretazione, il logion presenta
o
spressamente mcr'tEUW\I, perché la fe- la fede dei discepoli quale presupposto
de, appunto, non è data per scontata. necessario per l'adempimento del loro
Essenziale per la comprensione del servizio vicario, allora possiamo vedere
logion è inoltre l'interpretazione propo- con quale chiarezza il quarto evangeli-
sta daU'evangelista. Essa prende in con- sta abbia colto la differenza che separa,
siderazione un tempo in cui Gesù non nonostante tutta la sua autorità, l'apo-
sarà più presente, ma esprime la certez- stolo di Gesù da Gesù stesso.
za che la sua opera continuerà anche al- Il problema della ypcx.cpT] (~ col.
lora. Ciò avverrà (anzi per l'evangelista 1520) deve restare aper to, ma anzitutto
98 L'invito viene pronunciato all'inizio della fe- w'ji/sa~ (cfr. E. D.
11fjek11l. kol-dis'rtk jéte
sta, dopo le benedizioni d'apertura e la 'paro· GoLDSCHMIDT, Dic Pessach-Haggada [ 1937]
la interpretativa' sull'azzima: kol dik'fi11 jéJt1 32).
152.} (v1,607) no-rcx~~o<p6prrroc; (K. H. Rengstorf) (v1,608) i524

collegato ad ogni tentativo di spiegare lo di un campo che ha subito la me-


il logion di lo. 7,37 s. In questo senso desima sorte Udh #ph nhr). Il termine
ogni proposta d'interpretazione conter- 11hr usato in questi testi corrisponde e-
rà sempre, finché non riusciremo a far sattamente al greco 7tO-tet.µ6c; (~ coll.
luce su questo punto, un notevole fat- r 489 ss. ). Del resto anche i passi rabbini-
tore cl 'incertezza. ci citati e altri simili rientrano nella sfera
delle questioni legali. Se si volesse tra-
durre in greco i suddetti testi della
"t 7tO'ta~iocp6pl)'tOç
Mishna, il termine greco a cui dovrem-
Questo vocabolo 1 fu per lungo tem- mo ricorre potrebbe essere, eventual-
po attestato solo nel N.T.; ora, invece, mente, 1tO't'et.µocp6pl)'t'oc; . Per il resto, sia
sappiamo 2 che era noto e d'uso comune nei testi greci sia in quelli rabbinici il
in Egitto, come documentano numerosi danno prodotto dall'alluvione è, di re·
papiri. Per la precisione, è finora atte- gola, definitivo.
stato unicamente in testi che parlano
dei danni causati dal Nilo e significa Nel N.T. 7tO't'et.µoq>6p'r)'t'Oç è usato
trascinato via dal Nilo in piena (P. soltanto una volta (Apoc. 12,15), in un
Amh. 11 8 J,I6 [ 78 d.C.] ): Èà.v of. ·n testo che non ha niente a che fare né
flppoxoç ÌÌ xat 1tO't"aµocp6pl)-rOç ÌÌ U<p<Xµ-
col Nilo né con un altro fiume né con
µoç XCX.'t'E~UCTIJ.É'lll] napayÉ\l'l)'t<XL.; p.
Tebt. II 610 (II sec. d .C.; usato più vol- un danno con effetti giuridici. Quando
te); P. Ryl. II 378,2j P. Oxy. XVI i91r, si dice che il drago che insegue la don-
98 e passim. In Egitto il termine è dun- na «vomitò come un fiume d'acqua (v·
que strettamente connesso con l'abitu-
dine (~ col. 1492) di parlare del Nilo owp wc; r.o-taµ6v) perché fosse travolta
chiatnandolo semplicemente ò 7tO'Tcxµ6c;. dalla fiumana (i:vet. cxù'tliv 7tO't'cxµocp6p11·
Anche in una serie di passi della più -rov 1to~1JUTJ)», si vuol dire semplice-
antica letteratura rabbinica che trattano
delle alluvioni e dei danni da esse arre- mente che il drago tenta di porre la don-
cati incontriamo, se non proprio un vo- na in una situazione tale da farle perde-
cabolo corrispondente a 7tO-taµoq>6p'l)- re il controllo di se stessa, come accade
-roc;, certamente il suo contenuto se-
appunto a coloro che sono travolti dal-
mantico. Cosl Orla I ,3 presenta il ca-
so di un albero trascinato via da u- la massa e dalla violenza(~ coli. 1490
na piena (';In 'S!pw nhr); B.Q. ro,5 quel- s.) di un fiume in piena.

'ltO"ttxµOcpOpTJ't"OC, i Prime indicazioni sulla presenza del vocabo·


I Per la formazione <lclla parola vedi BLASS- lo fuori del N.T.: A. WIKENHAUSER, 'ltO't"cxµo-
DEBRUNNER § u7,2; L. R. PALMER, A Gram· <p6(n1"tOC, Apk. 12,15 ti.a.: BZ 6 (1908) 171;
mar of the Po11-P10/emaic Papyri I 1 (1946) In., Ein wcilerer Beleg fiir TCo-raµoq>6(n1-tOC,
-H· Apk. 1 2,15 : BZ 7 (1909) 48.
1525 (VI,608) 'Ioi:M'JTJç 1 a-b (K. Il. Rengstorf)

SOMMARIO: della profonda fossa geologica che, in


1. Nome e significato: direzione nord·sud, corre dalla Siria set-
a) il corso del fiume; tentrionale, tra il Libano e l'Antilibano,
b) la forma dcl nome; giù per il Lago di Genezaret, il Mar
e) il significato del nome Giordano. Morto, l'Araba, il Golfo di Akaba, il
2. Il Giordano nell'A.T. e nel tardo giudai·
simo:
Mar Rosso, fino ai grandi laghi dell'A-
a) 1a posizione geografica del Giordano; frica orientale. Il fiume nasce da tre
b) l'acqua del Giordano. sorgenti sull'Hermon e sfocia nel Mar
3. Il dio Giordano. Morto circa 400 m. sotto il livello del
4. Il Giordano nel N.T. e nel primo cl'istìanc- Mediterraneo. Il Giordano non è navi-
fiimo: gabile neanche nella parte meridionale,
a) sguardo generale; tra il Lago di Genezarct e il Mar Mm·
b) Giovanni Ilattista e il Giordano;
to 1• Per contro le sue acque contengo·
e) Gesù e il Giordano;
d) il primo cristianesimo e il Giordano;
no pesci fino al punto in cui si mischia-
e) acqua battesimale e acqua del Giordano no con quelle del Mar Morto 2 •
nella chiesa nntica.
b) Di regola il nome greco del fiume
r. Il nome Giordano e il suo significato (in ebraico iarden; sempre con l'artico-
colo nelle sezioni narrative, non sempre
a) Il fiume Giordano scorre dall'Her- invece nei testi poetici, ad es. Ps. 42,7)
mon al Mar Morto attraverso una parte è scritto, di regoln, 'Iopo<lvYJc; 3 , ma ah·

'IopMv·f)ç Upsaliensis 10 (1942) q6-166; A. NEUDAUER,


G . BERR, art. 'Jordancs', in PAULY-W. 9 La géograpbie du Talm11d (1868) 2!)-31; M.
(1916) 1903-1907; A. Y. BRAVER in h'nfjqlwp- No-rn, Der ]orda11 in der alten Geschichte Pa·
dih h'brit 6: 'rf jfr'l (1957) 81-98; H. CONZEL- liisti11ar: ZDPV 72 (1956) 123·148; S. RAPPA·
MANN, Die geographischen Vorstellrmgen im PORT, Agada und Exegese bei Flavi11s ]oscplms
Lk-Ev, cv.-thcol. Diss. Tubingen (1951) = ( 1930); S. REINACH, L'arc de Tit11s: RE] 20
CoNzELMANN r; H. CoNZilLMANN, Die Mille (1890) Lxv-xc1; R. REIT'lENSTEIN, Die Vorge·
der Zeit ( 1954} :=: CoNZELMANN n; G. DAL- scbichte der cbristlìchen Tau/e (1929) e recen-
MAN, Orte rmd WI ege ]em1 ( 1924) 90-ro7.249- sione di H. H. ScnAEDER: Gnomon 5 (1929)
;156; F. J. D6LGE11, Dcr D11rchzug durcb de11 353-370; A. ScttWARZKNBACH, Die geographi-
Jord1111 als Sin11bild dcr christlicben Tau/e, ln sche Termillologic im Hebr. des A.T. (1954)
Ant. Christ. Il ( 1930) 70-79; O. ErsSFELDT, 6.po2; E. ScHWEIZER, EGO BIMI.. . (1939)
nrt. 'Jordan', in RGG1 III 372; N. GLUECK, 49 s. 54 s.; W. v. SonEN, Zur Herk11n/1 des
The River Jorda11 (1946); H. GumE, :1rt. 'Pa- Flttssnamcns Jordan; ZAW 57 (1939) 153 s.;
Histina', in RE3 14, 573-578; 24, 304 s.; T11. O. WASER, Vom Flussgol/ Jorda11 tmd a11dern
KLAuSER, Tattfet in {ebendigem \Y/asser!, in Perso11ifika1io11e11, in Festgabc A. Kaegi (1919)
Pisciculi, Festschrift fi.ir F. J. Dèilger (1939) 191.217.
157-164; S. KLEIN, art. 'Jordan', in EJ 9, 293·
297; L. KoEHLER, Lexikologisch-Geographi- I I battelli del Giordano menzionati in ]eb. b.
sches. I. Der ]orda11: ZDPV 62 (1939) 115- u6b sono probabilmente, come quelli della
120; LIDZBARSKI, ]ohafllJCS II, pp. XVIII-XX; carta di Madaba, soltanto dci traghetti.
LJDZDARSKI, Liturg., indice s.v.; LmzBARSKI, 2 G. DALMAN, Arbeil VI (1939) 343 con n . 2.
Gim:a, indice s.v.; H. LmTZMANN, Eiit Beilrafl.. Cosl riferiscono del resto giustamente già Paus.
zur Mtmdiierfrage, SAB (1930) 596-608; P. 5,7,5 e la carta di Madaba. Per la pesca nel
LuNDBERG, La typologie baptismale d1111s l'1111· Giordano, cfr. ad es., T. ]eb. 14,6.
ciem1e église, Acta Seminarii Neotestamentici J Cosl anche Strabo 16,2,16. La o della prima
'fopo&vnç 1 b-c (K. I I. Rcngstorf) (vr,609) 1528

biamo anche Ja forma 'I6pòa.voç (los. 4, fratello Lot, fatto prigioniero dai re
9 cod. A; Sib. 7,67; Paus. 5,7,4). Flavio d'oriente (Gen. 14,14), aggiunge: ...
Giuseppe in cml. 1-9 usn prevalente- m:pL 8&.vov, o\hwc; y~p Ti ~'t'Ép(f. -.ov
mente '16poa.voc; (eccezioni: r,170; 4, 'Iopouvou 1tpocrayopEUE'1"a.L -itny1J, « .. .
x68 . r 76; in ant. 8 ,3 6 ricorre la va- presso Dan : cos) infatti è chiamata l'al-
riante 'Ia.poavou), in ant. 13-20 e bell. tra sorgente del Giordano» (ant . I,
sempre 'IopoavT}ç (in ant. 2,xo-11 .r6. I 77 ), e con ciò probabilmente Giuseppe
1 9 il fiume non è menzionn to ). Anche vuol dire che la fonte che si chiama Dan
Filone usa la forma 'Iopoa'JYJ<;. Mentre ha dato nome al fiume che essa alimenta.
nei due ultimi autori l'uso dell'articolo Forse 7 egli poteva richiamarsi a un'anti-
non è costante, nel N.T. abbiamo rego- ca etimologia conservataci anche dal
hirmente ò 'Iopo6.vYJc; 4• Talmud (Bek. b. 55 a) 8 e che, a giu-
dicare da chi l'ha tramandata 9 , do-
c) Già gli antichi hanno cercato di vrebbe essere di origine palestinese:
stabilire il significato del nome Gior- liimma niqrii' semo jarden: seiioréd
dano. Scrive Filone: 'IopòciVYJc; oÈ XCt.- middiin, «perché è chiamato Giordano?
--dt~a.cnc; Ép[.LTJVEUE-tm, «Giordano si in- Perché scende da Dam>. Questa spiega-
terpreta 'discesa'» (leg. all. 2 ,89), met- zione del nome Giordano è vicina, ma
tendo così il nome del fiume in rappor- non perfettamente uguale, a quella di
to col verbo ebraico ;arad = xa.'ta.f3o.:l- Filone, perché l'Alessandrino non parla
viw, discendere 5 • Dato che Filone non affatto di Dan. La palma di tali esperi-
conosceva l'ebraico 6 , questa derivazio- menti etimologici 10 spetta però a Giro-
ne non dovrebbe essere farina del suo lamo quando, nel suo scritto sulla geo-
sacco, ma serve all'Alessandrino per grafia e toponomastica ebraica 11 , fa ri-
scorgere nella traversata del Giordano salire il nome del Giordano a Dan
fatta da Giacobbe (Gen. 32,n) il supe- (chiamato espressamente viculus) ed ag-
ramento esemplare, da parte del pa- giunge che ior (la prima sillaba del no-
triarca, delle bassezze dell'anima. Flavio me) in ebraico significa 'fiume', com-
Giuseppe sembra invece far derivare il prendendo così il nome Giordano come
nome da Dan, giacché, raccontando la composto dalle parole ebraiche ;c'or e
spedizione di Abramo per liberare il diin nel senso di <diurne di Dan» 12•

sillaba potrebbe derivare dall'aramaico locale usata, come risulti! dal fotto che a<l essa non
(jwrdn', ad es. Sheb. i- 35c, 19). sì fa riferimento né in Gen. r. a Ge11. l4,r4 né
4 IlLASS-DEDRUNNER § 261,8. nel commento di Rashi ad l. Cfr. ancora ~
s L'influen~a
di Filone si fa sentire ancora nel- NEUBAUER 30.
l'011omasticum Coislinùm11111 (P. DE LAGAROE, 9 R. Hijja bar Abba in nome di Jonatan (Scf-
Onomastica sacrri [ 1887] 169,81 ): xa.'t'6:~a.­ foris, prima metà ciel m sec.).
cnç xa.'t'a.xvì..~a-.6c;;
negli Onomastica Vatic11· 10 Questi tentativi si fanno sentire ancora in
11a (LAGARDE 176,.45): Xf1.'t'a~ao-~c; f1.V't'WV, dr. Eus., 011omasticon 25 (ed. E. KLOSTliRMANN,
183,.u s.; nelle Glossae Colberti11ae (LAGARDE CGS n ,1 [ 1904] 76 ,6 ss.): t.civ, ... ~vltev xat
203,98 s.): xa't'6:~mnç tila!;o'JElaç; infine in o'IopMvnç l!;now.
Hier., liber inlerpretatio11is hebraicorum no·
li Hicr., de sitt1 et 11ominibus locorum hebrai·
111i11um (LAGARDE 7,20; 64,27): descensio eo-
COTllllJ (LAGARDI!, op. cit. [ ~ n. 5] n7-190).
TllJJJ.
6 I. HEINEMANN, Philom griech. und jiid. Bil- 12 Ibid. (~ n. ;;) n4,26 ss.: Dan viculus... , de
d11ng (1932) 524 s. quo et Iordanis {lumen emmpens a loco sorti-
7 Cfr. ~ RAPPAPORT lOJ . 111s est nomen. ior quippe ~Etltpov (id est flu-
8 Piì1 tardi questa etimologia non è stata più vimn sive riv11m) Hebrari vocan/.
i :;29 (v1,610} 'IopSb.v'l')c; 1 c-;z 11 ( K. H. Ren~~torf) (VI,6TO) I HO

Ogni spiegazione moderna del no- 2. Il Giordano 11cll'A.T. e nel tardo


me u deve tenere presente che 'Giorda- giudaismo
no' non è affatto unico come nome di
fiume. Omero parla di un fiume 'Iapocx- a) La posizione geografica dcl Giordano
\loc; a Creta (Od. 3,292) e di un altro
fiume 'Icipoavoc; dell'Elide (Il. 7 ,r 35 ). Secondo Num. 34,ro ss. il Giordano
Abbiamo altri esempi di fiumi dell'Asia costituisce il confine orientale del ter-
Minore, d'Europa e di altri paesi, che ritorio israelitico, benché le tribù di Ru-
hanno questo nome o uno simile 14 • ben e Gad, e anche metà della tribù
Considerato che già nel XIII sec. a.C. di Manasse, fossero situate nella parte
documenti egiziani di Ramses II attesta- meridionale del territorio transgiordani-
no il nome del fiume Giordano nella co (cfr. anche Ios. r3,15 ss.). Qualun-
forma jrdn, in un'età di molto anteriore que sia i1 loro valore storico 20, in que-
alla presenza di Iraniani nel Medio O- ste notizie si riflette certamente l'idea
riente 15, non si può accettare 16 l'ipotesi che in età monarchica si aveva dell'asse-
di una derivazione del nome dall'irani- gnazione del territorio alle varie tribì1
co, secondo la quale il nome significhe- dopo l'invasione, anche probabilmente
rebbe «il fiume che porta acqua tutto se i testi assunsero la loro forma defini-
l'anno» 17• Allo stato attuale delle cono- tiva solo dopo la distruzione di Gerusa-
scenze possiamo dire soltanto questo: il lemme. Tuttavia anche secondo l'antico
nome del Giordano è verosimilmente u- racconto di Ios. 3 ss. la conquista delle
na designazione proveniente dall'età me- tribù provenienti dalla steppa cominciò
diterranea antica 18 che si è conservata e con il passaggio del Giordano e la presa
che, come rivela l'articolo regolarmente di Gerico. Questa narrazione dà un ri-
presente in ebraico (~.col. 1526), di- salto notevole all'aspetto di con.6ne na-
venne poi un appellativo. Tutto ciò che turale del Giordano 21 • È sintomatico
va oltre questa semplice constatazione che attraverso i secoli, e anzi fino ad
(fosse pure la semplice determinazione oggi, questo fatto non sia cambiato 22•
di chi l'intende genericamente nel senso Verso gl'inizi dell'era cristiana le cose
di 'il fiume') è pura ipotesi. Questa cau- non stavano diversamente: per i van-
tela è tanto più oppol'tuna nel caso del geli il territorio sottoposto alle autorità
Giordano palestinese in quanto esso, co- di Gerusalemme va fino al Giordano 23 ,
m 'è dimostrabile, non è mai stato 'il fiu- e Flavio Giuseppe éonferma questo fot-
me' per eccellenzn del paese 19• to 24• La frontiera doganale che passava

13 Cfr. la rassegna in-> KOEHLER n6-n8; ~ 23 ( i927) 64 avanza l'ipotesi che si tratti di
SCIIWARZENDACII 202. imprcstito anticomicroasiatico.
19 ~ KOEHLER II7.
14 Indicazioni in ]. R. HARRIS, Crete, the Jor-
dan, and the Rhémc: ExpT 21 (1909/10) 303- 20 Cfr. M. Norn, Geschichte Israelr (1956)
306; ~ KomILER I 18 s. Inoltre in biancorus- _54-82 e le opere di A. ALT ivi indicate.
21 Il passaggio avviene senza difficoltà soltan-
so è attestata fin dal XVI sec. la forma jcrdtl11
= Rodano (M. V t.SMER, Rtmisches cJym. to grazie a un miracolo.
Wlortcrbuch 1 [1953] .1or). 22 Cfr. inoltre il fatto che ancor::i oggi il Gfor-
dano separa, più che unire; ~ DALMAN 93-
1s Cfr. ~ v. SoDF.N r54.
95; ~ GLUECK 61·82; ~ NoTH 12.6 s.
lf. Così ~ v. SonEN 15+
2.l Questa è certamente una <lellc ragioni prin·
17 -> KoEHLl'R 120. cipali per cui il Battista ha cominciato la sua
13 ~ v. SoDEN 154; J. lfEMPEL, WesJ/icbe :ittivitlt sulla spond(I orientale.
K11fJ11reinflih-H' 011/ dar ii/teste Paliislilla: PJH 2~ Cfr., nd es., beli. 4,455 ss.
1531 (Vl,610) 'JopliO:VY]ç 2 a (K. H . Rengstorf) (VI,6JJ) 15.P

presso Gerico fece numentare ancor piì1 srnclc, sua pntria d'elezione; giunto al
l'importanzn del fiume come confine 25 , Giordano e non trovando evidentemen-
agl'inizi deil'em volgare 26• Sulle rive te un traghetto, traversò il fiume senza
del Giordano mancavano località abita- spoglinrsi. Questo particolare è stato in-
te che potessero fungere da ponte na- teso nel senso che R. Zeira volesse ono-
turale tra occidente e oriente. Ed anche rare cosl il Giordano come una parte
in ciò nulln è finora cambiato. d'Israele 32 ; ma è molto meglio attenersi
:illa versione dell'aneddoto conservata
Accnnto a questo aspetto e a questa dal Talmud babilonese 33 : impaziente e
valutazione puramente geografico-poli- ansioso di porre piede nella terra pro-
tica del Giordano 27 , ce n'è però un'al- messa, R. Zeira non poté né volle trat-
tra dettata dall'immagine della terra tenersi; come poteva esser certo che, se
d'Israele come oggetto della promessa non si fosse affrettato, sarebbe stato
divina al patriarca Abramou. Qui, nel- concesso a lui quelJo che era stato nega-
la cornice di una visione teologico-esca- to a Mosè e ad Aronne, cioè di metter
tologica, il Giordano non è più frontie- piede nella terra promessa 3'? Il com-
ra, ma parte integrante dcl territorio portamento di R. Zeira è quindi dettato
che ora ha come confini a est l'Eufra- daIIa gioia di esser giunto alla meta e di
te "l9 e a sud «il fiume d'Egitto» 30• Co- passare il più in fretta possibile il con-
m 'era da aspettarsi, questa concezione è fine. Ci sono altri aneddoti che espri-
diffusa particolarmente negli ambienti mono tale gioia in modo diverso ma
degli scribi e trova espressione anche in del tutto paral1elo 35 •
precetti religiosi e disposizioni legali, Per parte sua il Giordano è un fiume
particolarmente in quelle norme che e- unico. Cosl una volta 36 si dice che le
quiparano i territori oltre Giordano al- sue acque non si mischinno con quelle
la Giudea e alla Galilea. del Lago di Tiberiade che esso attraver-
È comunque necessario andare molto sa. Il Giordano delimita, ma non sepn-
cauti nell'uso di certo materiale hagga- ra: ciò che sta 'oltre il Giordano' non
dico. Cosl R. Zeira, un amoreo palesti· appartiene certamente al paese d'Israe-
nese (Tiberiade, primi decenni del IV le; eppul'e in molte norme legali è pos-
sec. d.C.) racconta 31 di essersi messo in sibile considerare questo territorio aII.1
viaggio daUa nativa Babilonia verso I- stregua della Giudea e della Galilea, sen-

15 Cosl, ad es., Ned. b. 22a/b. 32 -7 DALMAN 94·


26 Cfr. Le. 19,1 s. Lo Zaccheo di questo episo- 33 Kcl. b. u2 a.
dio è un giudeo (Le. 19,9) e potrebbe essere J4 Cfr. anche BACHER, Pal. Am. III 6.
stato l'appaltatore generale delle dog:lne ro- 3s Cosl un dottore della legge ritornato da
mane <li Gerico; cfr. ScHtiRER I 474-479; Babilonia si rotolò nella polvere non appena
STRACK-BILLERDUCK II 249. messo piede nel paese, richiamandosi a Ps.
21 Cfr. ancora ep. Ar. l 16 e Hier., dc siltl et ro2,r5 (Ket. b. n2b). Un altro, R. Jose ben
11omi11ibw locorum hebraicorum (LAGARDE, op. Hanina, baciò la sponda del fiume presso Akko
cii.[~ n.5] I31,25): Iordanis Puvius divi- (la sponda era considerata anch'essa confine
dc11s I udae"m, Arabimn cl A11lo11em... del paese) dicendo: «Fin qui arriva la terra
28 Cfr. soprattutto Ge11. 15,18, ma anche Ex. d'Israele» (Sheb. ;. 4,8 (J5c, 17f]; cfr. anche
23,31; Dcul. 1,7; H,24; los. l,4; Is. 27,12; Ket. b. u2a, e la discussione in Beh. b. 55:1).
Micb. 7,12; Zacb. 9,10; Ps. 72,8. 36 Gen. r. 4,5 a 1,6 L'idea è evidentemente
29 -)>11o'tcxµ6ç col. r 501. già presente in Ios., beli. 3,509: (1} 'Mµ\l'I}
)O -)> 'ltO'Tctµoç col. 1494. I'tVV1]116.p... ) l.lÉO'TJ v11ò TOv 'IopMvou -rtµ\IE·
31 Sheh. ;. 35c,19. "":at..
l.533 (v1,6u) 'IopOétvric; 2 a-b (K. H. Rengstorf) (VI,612) 153.~

zn dover prevedere eccezioni di rilievo 37 • Anche il tardo giudaismo ignora, co-


me l'A.T., qualsiasi particolare dignità
b) L'acqua del Giordano dell'acqua del Giordano, né conosce al-
cun mito del Giordano, di nessuna spe-
Nell' A.T. l'acqua del Giordano libe- de. In vit. Ad. 6 ss. si racconta che do-
ra Naaman dalla lebbra: seguendo le po la cacciata dal paradiso Adamo deci-
istruzioni del profeta Eliseo, il generale de di stare nel Giordano 40 giorni in
siro si immerge sette volte nel fiume e piedi e digiuno per far penitenza per il
guarisce ( 2 Reg. 5 ). Subito dopo la con- peccato originale e cercare cosl di in-
clusione della storia di Naaman il rac- durre Dio alla clemenza e a riaprire il
conto prosegue informandoci che i di- paradiso. Adamo dà poi ad Eva istru-
scepoli del profeta avevano cominciato zione di mortificarsi nel medesimo mo-
a costruirsi delle abitazioni presso il do nel Tigri per 37 giorni. Mentre A-
Giordano ed avevano chiesto a Eliseo damo porta regolarmente a termine la
di accompagnarli: durante i lavori Eli- penitenza, Eva è indotta con inganno da
seo compl un altro miracolo (2 Reg. 6,1 Satana a interrompere la sua prima del
ss.). In nessuno dei due racconti appare tempo, rendendo cosl inefficace anche
una particolare valutazione delle acque l'opera di Adamo. In questa forma il
del Giordano: al centro dell'interesse racconto potrebbe essere una rielabo-
c'è Eliseo, non il Giordano. Si parla razione cristiana 40 di un testo giudai-
del fiume non perché abbia un signifi- co 41 • È allora tanto più notevole che la
cato o un valore autonomo, ma perché haggada conosca sl la storia cli Adamo
ha una parte nell'attività di Eliseo. Né che digiuna (forse, in origine, anche
in questi due episodi né nel resto del- qui per 40 giorni) 42, immerso nell'ac-
l'A.T. abbiamo un sia pur minimo cen- qua fino al collo, ma che l'acqua sia
no di una particolare dignità dell'acqua quella del Gihon 43 , non già del Gior-
del Giordano. I due episodi costitui- dano 44 • Nella versione della vit. Ad. 1a
scono con gli altri racconti del ciclo di sostituzione del Giordano al Gihon va
Eliseo un complesso chiuso in sé 38 e dunque probabilmente attribuita al re-
1'A.T. non offre alcun altro parallelo. dattore cristiano e non dovrebbe essere
Nella tradizione giudaica c'è un fiume originaria.
di cui si dice che guarisca dalla lebbra,
ma è l'Eufrate(~ 7tO"t'aµ6c; col. 1501) e Nei testi di Qumran pubblicati finora
non il Giordimo 39. non abbiamo né una traccia né un indi-
zio di una particolare importanza del

37Sheb. 9,2 s.; Ket. 13,10; T. Sanh. 2,3 e 65a e ~ col. 1502).
passim. 42L. G1NZDERG, Die Haggada bei de11 Kirche11-
Per gli episodi di Eliseo cfr. H. GuNKEL,
38 viitern 11nd in der apokryphe11 Uteratur:
Meisterwerke hebr. Erzahlllngskrmsl I, EliSil MGWJ 43 (1899) 2r7 s.
( 1922). 43 Non si tratta certamente di uno dei quattro
39 Per Eliseo nell'haggada dr. H. GuTTMANN, fiumi del paradiso (Gen. 2,13), tanto più che
art. 'Elischa', in EJ 6, 526-528; M. J. BIN Go- la tradizione identificava il Gihon paradisiaco
RION, Die Sagen der J11de11 V (1927) 233-243. col Nilo (Ge11. r. 16,3 ad l.), bensl della fonte
40 O . EissFELDT, Einleitung in dar A.T.' di Siloe, sul fianco orientale del monte del
(1956) 786 s. tempio (dr. 2 Par. 32,30 [Pe.r. b. 56a Bar.)
u Come fa pensare, tra l'altro, il particolare donde è stata presa l'espressione ebraica gjpwn
della pietra su cui stavano Adamo ed Eva pel h'liw11).
non toccare il fondo clel fiume (cfr. Shab. b. 44 P.R.EI. 20.
1535 (v1,612) 'Iopli6:.vT]ç 2 b (K. H. Rengstorf)

Giordano per la comunità dcl Mar Mor- non avevano alcun ritegno particolare
to. Nella grotta r (1 Q) sono stati tro- quando erano costretti a prendere delle
vati frammenti del libro apocrifo chia- decisioni che riguardassero il Giordano.
mato Parole di Mo.sè che menziona due
volte la traversata del Giordano prima La Mishna (Para 8,10) menziona an-
dell'ingresso nella terra promessa (I Q che il Giordano tra i fiumi la cui acqua
22 1,10; 2,2). Questo è tutto. Nel Do- non è adatta a preparare l'acqua di pu-
cumento di Damasco non compare af- rificazione dalla contaminazione con un
fatto, almeno nelle parti che ci sono cadavere (mé f.>a!!a't; Num. r9), per-
pervenute, il nome Giordano. ché - sempre secondo la Mishna - l'ac-
qua del Giordano è acqua mista, cioè
una miscela di acqua adatta e inadatta.
I rabbini hanno sottoposto l'acqua Questo giudizio è tanto più sorprenden-
del Giordano ud un giudizio scrupoloso te in quanto la Mishna afferma espres-
e critico nell'ambito delle loro conce- samente che l'acqua della sorgente del
Giordano a Pancas è adatta alle puri-
zioni e dottrine riguardanti la purità e ficazioni (Para 8,II; dr. Miq. x,8). Per
l'impurità, giudicandola, senz'ambagi, i- quanto riguarda l'utilizzabilità cultuale
nadatta u determinate manipolazioni cul- delle sue acque, il Giordano è dunque
sottoposto al controllo rabbinico come
tuali. Non si può nemmeno parlare di ogni altro fiume ed ogni altra acqua.
rapporto particolare del Giordano con i L'acqua che non è adatta per la pre-
riti di purificazione e di immersioni del parazione dell'acqua di purificazione
non è però neanche adatta per il bagno
tardo giudaismo. del lebbroso (guarito) e de11'uomo con-
taminato da una secrezione (Miq. r,8).
Da Bek. 55 a apprendiamo che i rab- Per quanto riguarda i bagni e le ablu-
bini si chiedevano persino quale parte zioni normali, le cose stanno diversa-
del fiume andasse considerata Giordano mente(~ 1to't'aµbc; col. r502) e in teo-
in senso stretto. Già T. Bek. 7 A affer- ria il Giordano è senz'altro adatto per
ma, dandolo per scontato, che soltanto quest'uso 48 , come del resto è anche teo-
da Gerico in giù 45 il Giordano va con· ricamente possibile utilizzatlo per il
siderato come tale ai fini dell'halaka 46 , battesimo dei proseliti: solo che non
cioè come confine di demarcazione ~7 • In nbbiamo notizia che tali battesimi aves-
verità ciò non ha niente a che fare con sero luogo nei fiumi, e tanto meno nel
la questione del valore delle sue acque, Giordano. Per quanto ci ha conservato
ma mostra pur sempre che i rabbini In letteratura rabbinica, conosciamo un

4> S. KtEIN, art. 'Beth Jareac:h bzw. Beth Je· ~ 7 In Bek. 9,2 si pone il quesito se unn man-
rach', in EJ 4,405, propone di leggere, in T. dria di dieci capi, <li cui cinque pnscolano sul-
Bek. 7 ,4, bjl jrfl invece di bjl jrj~w, e di ri- la riva orientale e cinque sull'occidentale, sog-
ferire questa indicazione all'antica località di giaccia o no all'obbligo della decima. L'obbli-
questo nome all'uscita del Giordano dal Lago go, infatti, non sussisterebbe se il Giordano
di Gcnczaret (località che ora è stata riportata segnasse la Jinea divisoria.
nlla luce), tanto più che l'antico nome non è
mai svanito del tutto. 48 Come sottolinea p11r1icolarmentc J. ABRA·
~~ Testo di T. Bek. 7,4: 'jzhw jrdn mbjt jrj~w llAMS, Stt1dies in Phnrisnism and the Gospels
rl'lm/b. '(1917} 3~ ·
r537 (VI,612) 'IopMVYJc; 2 b-3 (K. H. Rengstorf)

unico caso di un bagno rituale di uno Nella letteratura rabbinica ci sono


scriba nel Giordano (~ 7to·rnµ6c; coli. passi sporadici che possono significare
r502 s.). A quanto sembra, dunque, tali soltanto come i rabbini abbiano respin-
bagni nel Giordano erano del tutto ec- to decisamente anche il culto di divini-
cezionali e fatti soltanto in circostanze tà delle acque (Hul. 2 18 s.; T. Hul. 2,
o per motivi particolari. Naturalmente 19; Hul. b. 4oa-4ra; ~ 1tO"ta.µ6<; col.
non dobbiamo dimenticare le difficoltà 1498); ma neanche in questi testi com-
oggettive: la difficoltà di accedere al pare mai il nome del Giordano. Questo
fiume a sud della sua uscita dal Lago di fatto potrebbe essere del tutto casuale,
Genezaret e, inoltre, i pericoli che si tanto più che la rappresentazione del
correvano andando da Gerusalemme a Giordano sull'arco di Tito va conside-
Gerico (Le. I0,30). Tuttavia è certo che rata, a confronto con il Reno, il Roda-
il Giordano non ha avuto alcuna parte no e il Nilo, suoi naturali termini di pa-
di rilievo nel complesso dei riti di pu· ragone 52, una insolita esagerazione, ma
rificazione del giudaismo, né prima né potrebbe essere anche intenzionale. Ci
dopo la distruzione del tempio. si può infatti chiedere se questa inne-
gabile reticenza dei rabbini nei confron-
3. Il dio Giordano 49 ti del Giordano (4 col. 1535) non ab-
bia qui una delle sue ragioni.
Sull'architrave dell'arco di Tito vol-
to verso il Colosseo uno dei bassoriHevi Al contrario, la chiesa ha accolto la
che descrivono il corteo trionfale di Ti- personificazione del Giordano quale ap-
to presenta tre romani che portano su pare sull'arco di Tito, e precisamente in
di una portantina il Giordano, raffigu-
rato come un vecchio che, mezzo sdraia- connessione con tre episodi: il battesi-
to verso sinistra, si appoggia a un'urna. mo di Gesù, il rapimento di Elia, il
Questa descrizione plastica è conforme passaggio miracoloso del fiume sotto la
all'uso, attestato anche per altri casi,
di far partecipare al corteo trionfale i guida di Giosuè. L'episodio predomi-
fiumi come personificazioni delle pro- nante è naturalmente il battesimo di
vincie sottomesse. Il bassorilievo del- Gesù, sia nell'iconografia 53 che nelle e-
1'arco di Tito è inoltre l'unico esempio laborazioni leggendarie dei racconti e-
noto di una tale raffigurazione del Gior-
dano come divinità fluviale nella tradi- vangelici di questo episodio 54•
zione monumentale antica 50• Finora non Il numero delle raffigurazioni del
sono note neanche monete che rechino battesimo di Gesù in cui il fiume Gior-
l'immagine del Giordano rappresentato dano è rappresentato in forma uma-
in forma umana 51 • Il giudaismo non ha na è notevole ss. La più antica è for-
conosciuto il mito che si manifesta in se quella del mosaico della cupola di S.
tale raffigurazione, oppure, cosa molto Giovanni in Fonte a Ravenna (metà del
più verosimile, l'ha ignorato. v sec.) 56; sempre a Ravenna abbiamo
o Per quanto segue ~ REINACH e ~ WASER. pokrypher Bericht iiber die Tau/e Jesu (1902)
50 ~ WASER 192. e la raccolta di testi ivi riportati. ·
51 ~ WASER 192. 5S L'iconografia di ~ WASER 193-209 ne com-
52 ~ REINACH LXXX. prende circa 50.
S3 ---> \VIASER 193-209. 56 Cfr. O . WASER, Altchristliches: ARW 17
S-1 Cfr. A. JACOBY, Ein bisher unbeachteter a- (1914) 66x con n. r.
1539 (v1,613) 'Iop06.vric; 3-4 a (K. H. Rengstorf)

poi il mosaico di S_ Maria in Cosmedin 'IopMvou (Io. r,28; 3,26; I0,40); il


(prima del 526) 57 . Non è privo d'inte- luogo in cui Giovanni battezzava 1a
resse il fatto che il mosaico più antico gente (Mt. 3,6; Mc. 1,5) e battezzò an-
si trovi nel Battistero degli Ortodossi e che Gesù (Mt. 3,13; Mc. l,9; Le. 4,r);
il più recente nel Battistero degli Aria- la regione in cui Gesù svolse talora il
ni: evidentemente il motivo godeva del proprio ministero, indicata anch'essa
fovore generale ed era comunemente con rtÉpcx.v -rov 'IopOtivou (Mt. 19,1;
ammesso. Naturalmente in queste ri- Mc. 10,1; Mt. 4,15 [prova scritturale];
produzioni il Giordano non è più una Io. ro,40); infine la notizia che molti
divinità, ma soltanto la personificazione vennero a Gesù «da oltre il Giordano»,
del fiume che esprime, in un modo o nÉpocv 'tov 'Iopo&.vou (Mt. 4,25 I Mc.
nell'altro, la sua partecipazione al bat- 3,8).
tesimo di Gesù 58 • Purtroppo non è pos-
sibile stabilire il rapporto cronologico Nei resti dei vangeli apocrifi perve-
coi bassorilievi dell'arco di Tito. Anche nutici il Giordano è menzionato soltan-
la ragione della popolarità del motivo to due volte: la prima nel Vangelo de-
può essere soltanto intuita, ma dovreb- gli Ebioniti, in un racconto del battesi-
be essere questa: il motivo permetteva mo di Giovanni analogo a quello evan-
di esprimere visivamente che l'acqua gelico (ev. Eb. 1 = Epiph., haer. 30,13;
del battesimo ora è proprio l'acqua del dr. 14); la seconda nel cosiddetto 'Van-
Giordano, ovvero ne ha preso il posto. gelo sconosciuto', in un episodio altri-
Il fatto che questo motivo compaia menti ignoto e anche di difficile lettura
dapprima proprio nei battisteri sembra per la frammentarietà del testo: forse
avallare una spiegazione di questo gene- per dare prova della sua autorità 59 , Ge-
re (-4 col. 1566). sù compie un'azione miracolosa (di ti-
po magico?) «sulla riva del [fiume]
Giordano», [ Em 'tou] XELÀouc; 'tOU
4. Il Giordano nel N.T. e nel primo cri- lo[p8a.]vou [ 'itO'tcx.µou) (P. Egerton 2,
stianesiilio 65-67). Soltanto a mo' di appendice ri-
cordiamo due passi del Vangelo dello
a) Sguardo d'insieme Pseudo-Matteo 60 che riportano due leg-
gende: sulla strada che va da Gerico al
Nel N.T. il nome 'Iopoavnç (sempre Giordano, nei pressi del fiume, due leo-
con l'articolo, -4 col. 1527) compare ni, terrore dei viandanti, rendono o-
15 volte, sempre e solo nei vangeli: 6 maggio a Gesù, che ha solo otto anni
volte in Matteo, 4 in Marco, 2 in Luca, (cap. 35); poi (cap. 36} le acque del fiu-
3 in Giovanni. I passi in cui ricorre il me si aprono davanti al fanciullo che
nome del fiume riguardano la regione vuol passare la corrente insieme con
in cui operava il Battista, chiamata ora le fiere 61 •
1i 7tEplxwpoc; 'tOV 'Iop~a\IOU (Mt. 3 ,5;
Le. 3,3), ora semplicemente nÉpa.v 't'OV Non bisogna invece tralasciar di dire

57 Cfr. J. KuRm, Die \'(/andmosaiken von Ra- 51-57.


venna2 ( 19u) 73 s. 195 s. w Eva11gelia apocrypha, ed. C. DE TrscHEN·
1
58 Tralasciamo i particolari, per i quali ~ DORF (1876) 54-57.
WASER 193-210. 61 Qui un tipico miracolo di Elia (2 Reg. 2,8.
S9 Cfr. G. MAYEDA, Dar Leben-Jesu-Fragmetll 14) provante che il profeta è veramente tale
Papyrus Egerton 2 u11d seine Stellung in der (cfr. Ios., a111. 20,97: Teuda) è trasferito n
urchristlichen Literalurgeschichte ( 1946) spec. Gesù fanciullo.
I .5-fI (VI,6q) 'Ioplìrivl'}ç 4 a-b (K. H. Rcngstorf)

che i Padri apostolici e anche quelli è probabile che... alcuni circoli giudaici
sub-apostolici non nominano affatto il eterodossi lo venerassero e usassero
Giordano, seguendo cosl, per questo a·
spetto, tutti gli scritti del N.T., eccet· nel loro culto» 62 ; ma una simile opinio-
tuati i vangeli. Solo con le opere degli ne non è stata finora confortata da alcu-
apologisti il Giordano torna sulla scena, na prova convincente e si basa su una
comunque soltanto in Giustino(~ coll.
petitio principii. L'inaccessibilità e l'i·
1555 ss.).
nospitalità della valle del Giordano ci
Questa panoramica è istruttiva non
convincono inoltre che non c'è da a·
solo perché ci dice come e dove il Gior·
spettarsi alcuna prova. Possiamo cosl
dano compaia nella più antica lettera-
fissare un primo punto, cioè che il mo-
tura cristiana, ma anche perché ci fa ve-
vimento popolare iniziato dal Battista
dere che il fiume è menzionato con una
dovrebbe avere il suo momento origi-
parsimonia molto caratteristica. Natu·
nale e innovatore nel battesimo ammi-
ralmente potrebbe essere del tutto for-
nistrato nel Giordano. Ai suoi contem-
tuito che né gli Atti (ro,37; 13,24; 18, poranei Giovanni apparve soprattutto
25; 19,3 s.) né Ignazio (Sm. l,1) nomi·
come 'il battezzatore': lo dimostrano
nino il Giordano a proposito del batte·
non solo i sinottici (~ II, coll. 86 s.),
simo di Giovanni o del battesimo di
ma anche il fatto che Flavio Giuseppe
Gesù; ma potrebbe anche dipendere da
lo ha potuto presentare ai suoi lettori
un disinteresse dimostrato per principio
(~ n, col. 87} con l'appellativo, evi-
da questi scritti verso il Giordano.
dentemente popolare, di ò Pa'l't'tl.cTTIJc;
(ant. r8,rr6).
b) Giovanni Battista e il Giordano
I racconti evangelici ci forniscono da.
Considerate le posizioni, in certa mi- ti molto generici sulla regione in cui si
. sura parailele, dell'A.T. e del tardo giu- svolse l'attività del Battista, cosl che
daismo riguardo al Giordano, la pratica possiamo ricostruire soltanto un quadro
di battezzare in questo fiume rappre· geografico molto generico, se non del
senta certamente un'iniziativa diretta e tutto oscuro. L'analisi di quei dati ci
personale di Giovanni Battista. A dire permette però di constatare, se non al-
il vero non è mancato chi ha insistito tro, che il Battista nel corso del suo mi-
che anche se, effettivamente, il Giorda- nistero cambiò più volte di sede, ope-
no «non era considerato dai rabbini del rando ora ad est e ora ad ovest del Gior-
tutto kosher (ritualmente adatto), pure dano. Comunque, tutta la tradizione è

M. LmzBARSKI, Mandiiische Fragen: ZNW


f.2 sidera ancora una volta il nesso del Giordano
26 (1927) 70.75 spec. 72. H. SAHLIN, S1udiet1 col Battista come secondario e trova la ragio.
zum drillen Kapitel des Lk.-Ev.: Uppsala Uni- ne di questo nesso nel «grande significato sto-
versitets Arsskrift 1949: 2 (1949) 12 s., con· rico-religioso del Giordano» ( 13).
'IopoavT]ç 4 b (K. H . Rcngstorf) (v1,615) 1544

concorde nel considerare il Giordano fornite dal Vangelo stesso, si trovano


come il centro geografico dell'attività di una «di là dal Giordano» (r,28) e l'al-
tra sulla sponda occidentale del fiume
Giovanni. Quanto alla sua pratica di (3,26).
battezzare nel Giordano, non possiamo Per quanto attiene alla pratica del
non rilevare al riguardo una indubbia battesimo nel Giordano, solo Matteo e
Marco l'attestano dunque esplicitamen-
reticenza di Luca e, ancor più, del quar-
te. Anche per Luca (che non ne parla)
to evangelista, reticenza dovuta più a essa è però presupposta giacché, secon-
ragioni di principio che a ragioni sto- do la fonte usata dall'evangelista, Gesù
riche. «se ne ritornò dal Giordano» dopo es-
sersi battezzato nel luogo ove Giovanni
Nel Vangelo di Matteo il Battista ~i accoglieva le folle o essere stato ivi bat-
presenta a predicare nel «deserto della tezzato dal Battista (Le. 4,1; per gli
Giudea» (Mt. 3,r: Epl]µoç 't"i)c; 'Iouoal- Atti ~ col. 1552). Il Vangelo di Gio-
ac;), mentre il battesimo avviene «nel vanni non contiene invece alcuna indi-
fiume Giordano» (3,6: È'll 't~ 'IopM- cazione, neanche indiretta, di tale pra-
vn 1tO't(.([J.Q ). Marco dice lo stesso, an- tica. Non solo non menziona il Giorda-
che se parla, genericamente, solo di EpTJ- no, ma sottolinea (parlando della secon-
µoc; ( r 14 s.) forse per effetto della ci- da località in cui battezzava il Battista)
tazione di Is. 40,3. Secondo Luca, Gio· che «là c'era molta acqua» (3,23: uoa-
vanni ricevette la sua vocazione nell'e- 't'<t. 7tOÀ.Àà. Tjv ~xEq. Se questa località
pT)µoc;, ma poi si recò EÌ.c; 7tfi.O'a.V 'ti)v va veramente identificata con le sorgen-
itEplxwpov 't'ou 'Iopo&.vou, «per tutta la ti di Ed-Der e coi ruscelli che ne sgor-
regione intorno al Giordano», invitan- gano 64, allora Giovanni ha addirittura
do il popolo al ravvedimento e al bat- parlato espressamente di una sola lo-
tesimo (Le. 3,2 s.); il terzo evangelista calità battesimale, la quale non ha nien-
non dice però esplicitamente che questo te a che fore col Giordano. Se ci si chie-
battesimo venisse conferito esclusiva- de il perché di una tale situazione, non
mente, o anche solo prevalentemente, si può fare a meno di notare che contro
nel Giordano. Il Vangelo di Giovanni il Giordano Giovanni non ha alcuna
indica tre volte (r,28; 3,26; I0,40) la prevenzione: rispetto a Matteo e a Mar-
zona dove agisce il Battista con la frase co, e in un certo senso anche a Luca, il
7tipa.v i:ou 'Iopòa.vou, « di là dal Gior- quarto evangelista si limita a spostare
dano», che riprende la designazione ve- l'accento dalla pratica del Battista di
terotestamentaria 'eber hajjarden e si- battezzare nel Giordano al battesimo in
gnifica, come questa, la regione ad o- sé. Questo fenomeno non è dovuto, in
riente del Giordano, con particolare ri- primo luogo, a motivi d'ordine storico.
ferimento alla sua parte meridionale. Giovanni offre anzi, con le sue indica-
Inoltre Giovanni ricorda anche i nomi cazioni sui luoghi ove il Battista battez-
di due località (r,28; 3,23), che non zava, la migliore illustrazione di quella
siamo in grado di identificare con cer- che in Luca è semplicemente 7tMet. i)
tezza 63 , ma che, in base alle indicazioni 7tEplxwpoc; 'tou 'Iopoci.vou (Le. 3,3). Vie-

63Per Io. x,28 ~ DALMAN 95-99; BuLTMANN, 64 G. DALMAN, ]ahreshericht des Instiluls:
}oh. 64 n. 5. Per Io. 3,23 ~ DALMAN 250 s.; PJD 8 (1913) 34 s. Per la questione dr. C. K.
BULTMANN, ]oh. 124 n. 5. IlARRET, The Gospel according lo St. John
(1955) ad l.
'Ioplì6:v11ç 4 b-c (K. H. Rengstorf) (vr,616) 1546

ne anche esclusa ogni contraddizione può esserlo, allora è dettato da ragioni


tra Giovanni e i primi due sinottici 65, di principio. Questa conclusione è con-
se s'intende che Matteo e Marco (cfr. fortata, fino a un certo punto, anche dai
specialmente Mc. r ,1) si riferiscano sol- racconti evangelici che ci fanno vedere
tanto agl'inizi dell'attività del Battista, il rapporto di Gesù col Giordano.
e Luca e Giovanni invece l'abbiano su-
bito considerata in tutto il suo svilup- c) Gesù e il Giordano
po 66 , Queste considerazioni consigliano
di guardare con cautela eventuali tenta- Matteo (3,13), Marco (x,9) e Luca (4,
tivi di spiegare l'indicazione di Io. 3,23 l) concordano nell'affermare che Gesù
con suggestioni di storia della chiesa 67 • appartiene al numero di colorn che Gio-
È invece molto più consigliabile pensa-
re semplicemente che Giovanni, dando vanni battezzò nel Giordano. Non esi-
più risalto all'acqua (vowp) che al Gior- stono ragioni di forza maggiore che ci
dano, rimanga sulla linea inaugurata pro- costringano a dubitare dell'esattezza di
prio da un'affermazione con la quale il
tale ihformazione e del nesso del bat-
Battista spiega il suo battesimo e ripor-
tata da tutti i vangeli: segno caratteri- tesimo di Gesù col Giordano. Anzi, pro-
stico del Battista è il battesimo d'acqua prio Giovanni ( x,29 ss.) mostra che era
e non il battesimo nell'acqua del Gior- possibile parlare del battesimo di Gesù
d(mo (Mt. 3,n; Mc. 1,8; Le. 3,16; Io.
1,26). Nella stessa direzione vanno i e farsi capire perfettamente, senza dover
passi del quarto Vangelo che sottolinea- neanche menzionare espressamente il
no come il Battista battezzasse con ac- Giordano 69 • Si può pertanto ammettere
qua (Io. I,Jr.33) 68 • Evidentemente per
il quarto evangelista la natura partico- tranquillamente che Gesù, se fu battez-
lare del battesimo di Giovanni è legata zato, ricevette il battesimo nel Giorda-
all'acqua, non al Giordano, benché egli no, come raccontano o presuppongono
non abbia alcuna intenzione di cancel-
i vangeli più antichi.
lare il fiume dall'attività del Battista o
di modificare il quadro storico. Ciò si- Il racconto lucano dcl battesimo di
gnifica però che se questo atteggiamen- Gesù presenta due tratti particolari, che
to deU'evangelista non è fortuito, e non non hanno riscontro in Matteo e Marco.

~5 Così anche J. ScHNIEWIND, Die Para/lclpc- .5 è a ragione piuttosto cauto.


rikopen bei Lk. rmd ]oh. (1914) 1r. 68 BuLTMANN, Joh. 63 n. 1 considera come ag-
h6 Luca termina la parte che riguarda il Bat- giunte redazionali sin lyw ~<X1t-tlsw lv vlìrt.'tt
tista prima di aver riportato il battesimo di (x,26) sia ÉV (1'4)) vlìa't't (1,31.,33). Scopo di
Gesù (3,19 s.); Giovanni non ha che un fu. tali aggiunte sarebbe l'assimilazione alla tradi-
gace cenno (3 1 24) e tace, come Luca, la mm- zione sinottica. Proprio la posizione dell'evan-
tc dcl Battista. Tuttavia il Vangelo di Luca gelista verso il Giordano fa però propendere
presuppone, più avanti, che l'evento sia noto per l'autenticità delle espressioni in parola.
'9,9 ss.). tJJ In questa sede non possiamo discutere se
67 K. KuNOSIS, Topologische Vberlieferungs- il racconto sinottico del battesimo di Gesù co-
stofle itJr ]oh.-Ev. (1925) 26: «t! da pensare stituisse in origine una tradizione indipenden-
~be Enon presso Salim fosse ancora ai giorni te (K. L. ScuMJDT, Der Rahmen der Geschich-
dell'evangelista un centro, se non addirittura le ]em ( 1919) 29). Per 1n questione della sto·
i{ centro, ciel movimento battista attivo an· ricità del battesimo di Gesù dr. ancora BuLT-
cora in Palestina... »; BuLTMANN, Joh. 124 n. Mi\NN, Trad. 263.
1547 (v1,6r6) 'IopSei.Vl')c, -1 c (K. H. Rengstorfl

Luca inserisce decisamente il battesimo sca al Giordano. Nelle sezioni narrative


di Gesù nel movimento iniziato dal Bat- il fiume è menzionato qua e là, ma senza
tista, poi sottolinea la partecipazione at-
che si accenni, sia pure velatamente, a
tiva di Gesù all'atto, attirando l'atten-
zione su1la preghiera con cui egli espri- una qualche sua importanza. Non man-
me la sua ubbidiente attesa della chia- cano anzi i casi in cui ci aspetteremmo
mata dall'alto prima di intraprendere la una menzione del Giordano, che invece
propria missione (Le. 3 1 21 s.). Entrambi
questi particolari stanno in rapporto non si ha.
stretto con l'immagine che di Cristo ci Matteo (4,25) e Marco (3,8}, raccon-
presenta il terzo Vangelo 70 • Il resoconto tando l'accorrere delle masse a Gesù,
di Giovanni (1,32 s.) presuppone evi- dicono che esse provenivano dalla re-
dentemente il racconto sinottico del bat- gione 7tÉpa:v 't'OU 'Iop8&.vou. Più tardi
tesimo di Gesù; anzi sembra stare in un (Mt. 19,1; Mc. 10,1) i due evangelisti
particolare rapporto con Le. 3,2. Anche riferiscono che Gesù stesso si recò in
secondo Giovanni Gesù è coinvolto nel quel territorio e vi svolse la sua opera
movimento battesimale (1,26), e anche ( Mt. : t1}Epa7tEUo-Ev; Mc.: HìlSru:rxEv ).
qui il battesimo non è separato dalla Que~to è tutto ciò che essi hanno da
missione e dalla vocazione di Gesù ( 1, dirci circa i rapporti di Gesù col Gior-
29). Il modo in cui questi momenti ven- dano.
gono posti in evidenza è dovuto an-
ch'esso ai particolari interessi kerygma- A prima vista, ma soltanto a prima
tici dell'evangelista. Proprio quando si vista, Giovanni presenta una situazione
confrontano i due racconti si vede chia- diversa; di fatto, invece, le cose stanno
ramente che entrambi sono interessati come in Matteo e Marco. Secondo il
soltanto alla persona di Gesù e che quan- quarto Vangelo, dopo il battesimo Ge-
to avviene nel suo battesimo è comple- sù continua effettivamente a operare an·
tamente subordinato a tale interesse 71 • che nella regione del Giordano, anzi in
In particolare, nessuno dei due raccon- modo tale da dare alla cerchia dei di-
ti mostra alcun interesse per il luogo del scepoli del Battista l'impressione di una
battesimo, cioè per il Giordano. certa concorrenza (Io. 3,22 ss.). Inoltre
H vangelo ci parla di un altro soggiorno
Se Gesù fu battezzato dal Battista nel di Gesù nel territorio a est del Giorda-
no, avvenuto molto più tardi ( 10,40 ).
· Giordano, allora è ancora più significa- Benché queste notizie siano oscure
tivo il fatto che questo fiume non ab- dal punto di vista storico e geografico 72,
bia avuto, a quanto c'informa Ja tradi- pure esse c'informano che neanche per
zione, alcuna parte nel
resto della vita il quarto evangelista il Giordano, in
quanto tale, ha avuto una sia pur mini-
e dell'attività di Gesù. Non abbiamo ma importanza nella vita e nell'opera di
neanche un detto di Gesù che si riferi- Gesù dopo il suo battesimo. Gesù non

70 Non si può certamente dire che il raccon- cipio nella prospettiva della divina investitu-
to di Luca tradisca l'imbarazzo dell'evangeli- ra messianica. L'unitarietà della tradizione su
sta davanti alla tradizione dcl battesimo di questo punto corrobora tale interpretazione.
Gesù (K. L. ScHMID1', op. cit. [-> n. 69] 30).
71 Evidentemente il resoconto del battesimo 72 Per le singole questioni e anche per l'at·
di Gesù è stato letto e trasmesso fin dal prin- tività battesimale di Gesù cfr. i commentari.
'Iopélci:vl)ç 4 c (K. H. Rengstorf) (v1,618) 1550

appare mai personalmente legato o co- Giordano rappresenti - come il monte


munque connesso con quel fiume, né le- e il lago, la pianura e il deserto - un
ga in qualche modo i suoi discepoli ad «luogo 'tipico'», «in una maniera pecu-
esso. Nem111eno in quelle pericopi in cui liare al solo Luca» 74, e quindi consenta
Giovanni informa che Gesù battezzava, all'evangelista di delimitare nettamente,
oppure che i suoi discepoli battezzava- per questa sua qualità 'tipica', le zone di
no (Io. 3,22 ss.; 4,1 s.), il lettore riceve attività del Battista e di Gesù 15 , lascian-
la sia pur minima impressione di una dole cosl coesistere senza confusione.
connessione personale di Gesù col Gior- Supposto cbe il Giordano, per Luca,
dano. Quanto abbiamo accertato per non rientri realmente nel campo di at-
il rapporto del Battista col Giordano tività di Gesù 76 in virtù di una conce-
secondo il quarto Vangelo, vale ora zione storico-salvifica che ridurrebbe il
anche per il rapporto di Gesù con lo fiume - come gli altri dati geografici -
stesso fiume: se un rapporto c'è, que- alla semplice funzione di un principio or-
sto non è di natura essenziale, bensl dinatore 77 , ci si aspetterebbe che proprio
pratica, e non c'è bisogno dì sottolinear- Luca lo introducesse senza ambiguità co-
lo, dato che, naturalmente, per il bat- me tipo geografico, chiamandolo 7to·w.-
tesimo occorre acqua. Soprattutto man- µ6ç. In questo modo, inoltre, Luca non
ca nel Vangelo di Giovanni qualsiasi solo avrebbe potuto rifarsi all'uso lingui-
indizio che Gesù abbia riconosciuto al- stico contemporaneo, ma anche riallac-
l'acqua del Giordano una particolare di- ciarsi a Mc. 1,5 (cfr. Mt. 3,6). Ora, pro-
gnità e si sia comportato di conse- prio ciò non è avvenuto: le uniche due
guenza. volte in cui menziona il Giordano ( 3 ,3;
4,1) Luca non lo chiama affatto 7tO"'ta-
Anche Luca si inserisce bene in que- µ6ç. D'altra parte, nel terzo Vangelo
sto quadro, anzi, nel suo vangelo la si- manca qualsiasi indizio che Gesù abbia
tuazione è particolarmente chiara. A evitato il Giordano considerandolo il
questo proposito dobbiamo ricordare fiume del Battista 78• Se questa specie di
soprattutto l'episodio di Zaccheo (Le. 'distanza' tra Gesù e il Giordano non è
19,r ss.): Gesù non battezza nel vicino motivata né dalla sua natura 'tipica' di
Giordano l'appaltatore generale delle .fiume né dalla sua associazione col Batti-
dogane romane di Gerico (-> n. 26), sta, cioè da un dato storico, non rimane
che è pronto a ravvedersi, né lo invita che supporre l'esistenza di ragioni di
a farsi battezzare colà 73 • In tutto l'epi- principio. Purtroppo Luca tace tali ra-
sodio il Giordano non è neanche nomi- gioni, come le tace anche Giovanni. Ma
nato. Il nome del fiume non compare nel caso di Luca è per lo meno palese che
però nemmeno nel 'resoconto di viag- queste ragioni di principio non possono
gio' di Le. 9,51-19,27. Ma ciò sicura- essere identificate perché nulla ne tra-
mente non significa che per Luca il pela 79•

7l Tuttavia questo non significa necessaria- Il I I e passim.


mente, come pensa 4 CoNZBLMANN II n, che TI ~ CoNZELMANN n passim, spec. ro-12.
Luca non sapesse che Gerico si trovava pres- 78 -+ CONZELMANN I 49; -+ CONZELMANN Il
so il Giordano. l I.
7l -> CONZELMANN li 58. 79 Il Giordano viene ad assumere il significato
;; 4 CONZULMANN l 49; -+ CONZELMANN Il <li fiume di confine in senso più elevato, spi-
1 r, dr. 18. rituale, soltanto nella chiesa antica, con l'in-
76 Come ha visto giustamente 4 CoNZELMANN terpretazione tipologica di Ios. 3,1 ss, Cfr. 4
1551 (vr,618) 'Ioplì&.111].; 4 c-d (K. H. Rcngstorf) (VI,618) 1552

Alla fine di questa panoramica pos- sù il Giordano è il luogo ormai classico


siamo affermare l'impressione iniziale, del battesimo di ravvedimento di Gio·
vanni, l'interrogativo che ci siamo po-
cioè che la reticenza del N.T. nei ti· sti richiede che si esamini la pratica bat-
guardi del Giordano è dovuta a ragioni tesimale del primo cristianesimo in re-
di principio. Ora siamo però in grado lazione al Giordano.
di andare oltre questa constatazione e
Gli Atti non rivelano rapporti di sor-
di affermare con sicurezza che la reti-
ta tra la prassi battesimale del cristia-
cenza verso il Giordano è caratteristica
nesimo primitivo e il Giordano. Questo
di tutta la tradizione evangelica ed è
problema è del tutto indipendente dal-
strettamente connessa con la persona di
la questione dell'ambito in cui la prima
Gesù. Ne consegue quasi naturalmente
chiesa praticò il battesimo. Ormai do-
che la matrice di tali ragioni di princi-
vrebbe essere dato per scontato che
pio va trovata in una particolare com-
i cristiani cominciarono prestissimo a
prensione di quello che è e di quello
battezzare, anche nella prima comuni-
che non è 'cristiano'. Soltanto un esa-
tà 80 • Benché questo o quel racconto
me del rapporto del cristianesimo più
possa far sorgere, nel suo complesso o
antico col Giordano può dirci, nei limiti
per alcuni particolari, dei dubbi 81 , il
in cui le fonti permettono una tale in·
Giordano rimane costantemente fuori
dagine, se la nostra conclusione è pos-
della narrazione dei fatti. È significati-
sibile e corretta.
vo che sia cosl anche in quei casi in cui
è difficile localizzare il battesimo di cui
d) Il primo cristianesimo e il Giordano
si parla.
È ovvio che anche ai passi esaminati
in ~ e soggiacciano convinzioni del cri- Già il racconto della prima Pente-
stianesimo più antico. Ora vogliamo pe- coste (Act. 2,37 ss.), con la conversio-
rò esaminare anche la prassi della chie- ne e quindi il battesimo di massa, pone
sa primitiva. Dobbiamo chiederci quale diversi interrogativi 82 • Comunque si vo-
sia il rapporto di questa prassi con la glia rispondere 83 , appare certo che un
reticenza di principio verso il Giorda- battesimo nel Giordano, in quell'occa-
no, per poter cosl scoprire quale sia la sione o più tardi, non va neanche preso
ragione ultima della stessa reticenza. in considerazione. Le cose non stanno
Poiché tanto nella tradizione del Batti- diversamente per la conversione e il
sta quanto nella storia evangelica di Ge- battesimo dei Samaritani (Act. 8,9 ss.).

LUNDBERG 146-166. senschaftliche Reihe vr (1956/.:;7) 593-610.


SO Cosl recentemente E. BARNIKOL, Das Feh· 81 BARNIKOL, op. cii. (~ n. 80) non riflette pe-
{e11 derTau/e in den Quellemchri/ten der A- rò sul fatto che gli Atti non intendono darci
postelgeschichte tmd in den Urgemeinden der una cronaca minuziosa degli eventi.
Hehraer tmd He/Jenislen: Wissenschaftliche sz Ad es., quello del luogo del battesimo; -+
Zeitschrift der Martin.Luther-Universitlit Hal. coli. 1504 s. e coli. 1565 s., n. 109.
le·Wittenberg, Gesellschafts· und sprachwis· 83 Cfr. HAENCHEN, Apg. 156.
1553 (v1,618) 'IopMv11ç 4 d (K. H. Rengstorf)

È invece chiaro l'episodio del battesimo mo cristiano. Naturalmente questo non


dell'eunuco (Act. 8,26 ss.): quando fj. significa che gli scrittori ignorassero il
lippo e l'etiope giungono «a un'acqua»
(f:rtl 't'L i.iòwp), l'eunuco che è pervenuto fiume. Anzi, è da supporre senz'altro
alla fede viene battezzato 84 • Anche nel- che conoscessero la tradizione del batte-
l'episodio di Cornelio, nel contesto del simo di Gesù nel Giordano. Il loro si-
battesimo si parla solo di uòwp (Act.
lenzio indica cosl ancor più chiaramente
I0,47 s.). La stessa lontananza geogra-
fica dal Giordano ci esime dal discutere che per loro il ricordo dell'evento sto-
qui gli altri casi di battesimo riportati rico non comporta automaticamente un
dagli Atti e avvenuti fuori della Pale- interesse per il Giordano. Naturalmente
stina, in terra di missione (16,14 s.; 16,
33; 18,8; 19,5). quando si battezza c'è bisogno d'acqua,
sia che il battesimo avvenga in Palesti-
È istruttivo, al proposito, considera· na o in terra di missione, tra i pagani:
re come gli Atti presentino, alcune vol- è quindi ovvio che Paolo non si senta
te, la figura di Giovanni Battista. Nei obbligato a menzionare espressamente
passi in cui si ricorda il battesimo di l'acqua quando parla del battesimo
Giovanni, o non si menzionano affatto (Rom. 6,3 s.; I Cor. l,13 ss.; 12,13; 15,
particolari e circostanze più precise 29; Gal. 3,27; cfr. però I Cor. ro,1 s.).
(Act. r,22; lo,37; 18,25 ), oppure esso Ma non c'è bisogno di un'acqua partico·
viene chiamato «battesimo di ravvedi. lare e meno che mai dell'acqua del Gior-
mento» (13,24 s.; 19,J s.), o ancora si dano85.
fa notare che Giovanni battezzava con La libertà del primo cnst1anesimo
acqua (i.iòa.-rt: l,5; u,16:· citazione). nei confronti del rituale battesimale,
In ogni caso il Giordano non è menzio· che risulta da quanto abbiamo osserva-
nato negli Atti neanche a proposito del to a proposito dell'acqua necessaria al
rito, si manifesta anche per quel che ri-
battesimo di Giovanni. guarda il luogo della celebrazione. Il
Le lettere del N.T. e l'Apocalisse non battesimo non appare mai legato a luo-
contengono alcun riferimento al batte- ghi determinati: l'unica condizione per
l'idoneità di un luogo è la presenza di
simo di Giovanni, ma non nominano il acqua (Act. 8,36). Cosl è ancora per 1·
Giordano neanche parlando del battesi· gnazio (Eph. 18,2) 86, Erma (vis. 3,2,4

84 M. DrnELIUS, Stilkritisches iur Apostelge- che secondo Ignazio Cristo fu battezzato per·
schichte, in Au/siitze zur Apostelgeschichte' ché 't~ mx6E~ -tb ii15wp xabaplO'TJ. Nel lin·
(1953) 20 s., sostiene, a differenza di BARNl- guaggio ignaziano rraboc, si riferisce sempre
KOL, op. cit. (- n . So) 599 s., che i vv. 36.38 alla passione di Cristo. La dignità dell'acqua
appartengono al testo originario del racconto. del battesimo si fonda quindi nel battesimo
ss Come decisamente sottolinea H. G. MARsH, del redentore crocifisso. Per la diffusione del·
The Origin and Significance o/ the New Te- l'idea cfr. BAUER, I gn., ad l.; per l'idea stessa
stament Daptis111 (1941) 168. (purificazione dell'acqua [dei fiumi) dai dèmo-
86 In questo passo è da notare, per qmmto ni impuri che vi hanno dimora) v. H. SCHLIER,
riguarda in particolare l'acqua del battesimo, Religiomgeschicht/iche Untersuch11nge11 w den
'Ioplìcivl)t; .J d-c (K. H . Rcngstorf)

ss.; 7,3; mand. 4,3,1; sim. 9,16,2 ss.) e subordinato all'acqua. Anche qui man-
Lettera di Barnaba ( r r, r ss. ). In tutti i ca qualsiasi accenno a una particolare
testi indicati la parola-chiave è u5wp, e dignità delle acque del fiume, come si
come forma del battesimo è presuppo- vede anche dalla maniera in cui il mi-
sta l'immersione completa nell'acqua. rncolo di Elia che ricupera il ferro ca-
Detto questo, possiamo esimerci dal di- duto nel Giordano (2 Reg. 6,I ss.) è re-
scutere in questa sede quali concezioni so simbolo dell'acqua battesimale (86,
particolnri siano connesse con questo 6). Non abbiamo quindi a che fare, di-
modo di parlare dell'acqua battesimale. ciamo, con un mito del Giordano, e
Importante è che l'acqua del Giordano nemmeno può dirsi che l'acqua del bat-
non sia nominata come archetipo del- tesimo sia considerata, ad es., come ac-
l'acqua battesimale, né che si rinnovi, qua del Giordano in un senso più ele-
in un certo senso, ne1l'acqua del battesi- vato. In Giustino non abbiamo altro
mo. Riflessioni di questo genere non che un ritorno alla tradizione sinottica,
echeggiano mai, neanche lontanamente, caduta momentaneamente in oblio, ol-
nell'età subapostolica. tre all'associazione sia di Giovanni Bat·
tista sia del battesimo di Gesù col Gior-
e) Acqu<1 battesimale e acqua del Gior- dano. Si è ristabilito il collegamento
dano nella chiesa antica con la narrazione evangelica. Il battesi-
mo di Gesù nel Giordano si congiunge
In Giustino ricompare il Giordano. quindi in Giustino con l'idea che que-
Giustino è comunque l'unico degli apo- sto battesimo abbia operato una gene-
logisti che nomini il fiume, e inoltre an- rale consacrazione dell'acqua. Questa i-
che in lui il nome appare soltanto nel dea appare, con chiarezza maggiore che
Dialogo con Trifone. Non è facile spie- in Giustino, in diverse liturgie e predi-
gare questo stato di cose. Il Dialogo è che battesimali 81 postnicene 88 • Ancoro
stato scritto negli anni sessanta del II sec. una volta l'accento cade quindi sull'ac-
a Roma; potrebbe darsi, dunque, che qua del battesimo in quanto acqua, co-
la ricomparsa del Giordano sia dovuta me si deduce anche da un altro passo in
a particolari concezioni romane. Nell'o· cui Giustino espone lo svolgimento del
pera vien detto di nuovo, con tutta na- battesimo cristiano (è importante nota-
turalezza, che Giovanni Battista stava e re che si tratta appunto di esposizione e
operava presso il Giordano (49,J; 51,2; non di costruzione dogmatica): i candi-
88,3.7; cfr. Ja citazione di Is. 35,r ss. in dati al battesimo vengono condotti, do-
69,5 ). Di conseguenza Gesù viene al po un'adeguata preparazione, «dove è
Giordano per farsi battezzare (88,8) e a dell'acqua» (apo/. I ,6r ,3; ayO'll"CGtL vcp'
questo scopo s'immerge nel Giordano i1µw'll E'llita. u&wp ÉO''tL ). Giustino non
(88,3; rn3,6). Tutto ciò viene narrato dice dunque niente di più preciso circa
in modo da far vedere che in questi e- la qualità dell'acqua battesimale. Quan-
venti si compie una sacra storia divina do petò chiama il battesimo )...ou-tp6'11
che include tutto quanto avviene in oc- (~ vr, coli. 827 s.), allora sappiamo
casione del battesimo di Gesù nel Gior- con certezza che per lui anche il batte-
dano (dr. ancora 88,J.6). Tanto più im- simo cristiano era un lavacro realmente
portante è perciò che il Giordano sia efficace (apol. r,63,ross.; 62,1). Questa
I gnalitlsbrie/en (1929) 44-48. unche Tertull., bapt. 4; adv. lud. 8.
87 Esempi in ScHLil!.R, op. cii. (-> n. 86) 47 Ni È possibile che vada considerato qui anche
s.; cfr. ]ACOBY, op. cii. (-> n . .Hl 44 s. Vedi Sib. 7,83 (cfr. 6,,.f s.; 7,66 s.).
I 557 (VI,620) 'Iopl>civrv; 4 e (K. H. Rengstorf)

immersione presuppone però la presen- Di aneddoti simili, riguardanti sempre


za di acqua abbondante. Giustino non il battesimo, sono pieni in particolare
c'informa, invece, se per il battesimo si gli Atti apostolici apocrifi 95 • Tutte que-
potesse usare qualsiasi ac;qua, o soltan- ste testimonianze ci fanno vedere che
to acqua corrente. esistettero per lungo tempo nella chiesa
Ma probabilmente il suo silenzio su ambienti inclini a considerare l'acqua
questo punto rappresenta già una presa corrente come l'unica acqua adatta al
di posizione rispetto a tale problema, battesimo, o almeno a preferirla rispetto
che è stato sicuramente molto dibattu- ad altre.
to. La Didachè ammette l'uso di acqua
non viva, cioè non corrente, soltanto Riepilogando : per quanto attiene al-
quando questa manchi (7,r s.) 89 e per- ln questione dell'acqua battesimale si
1nette solo in casi di assoluta necessità
la triplice aspersione al posto dell'im- sono evidentemente creati nella chiesa,
mersione ( 7 ,3 ). Anche la traditio apo- abbastanza presto, due fronti contrap·
stolica di Ippolito ptevede comunemen- posti. Per gli uni era assolutamente in-
te l'uso d'acqua corrente, ma permette dispensabile battezzare in acqua corren-
che si usi eccezionalmente anche altra
acqua 90• Pseudo-Clem., hom. 9,19 91 or- te, o almeno si considerava questo tipo
dina invece, con un'affermazione che ri- di acqua come più importante e corret-
corda Sib. 4,165 92 (dunque un'asserzio- to; per gli altri non c'era invece diffe-
ne della propaganda giudaica) 93 , che si
usi sempre acqua di un fiume perenne renza alcuna tra acqua ed acqua, ma
o di sorgente o anche di mare 94 • Suc- l'importante era che il battesimo fosse
cessivamente (hom. u,26) l'autore mo- veramente un battesimo cristiano. I so·
tiva la necessità che si usi per il batte-
simo esclusivamente uowp ~w\I con la stenitori ad oltranza dell'acqua corrente
citazione, tendenziosamente alterata, di mnn.ifestano di seguire la tradizione
Io. 3,5 : àµ'ijv vµi:\I À.Éyw, ~CÌ.\I f.t1i &:va.- battesimale giudaica 96 ; allo stesso tem-
'YEWl}i>i}'tE <Hia'tL swv'tt.... oò f.tÌl dai>.-
po appaiono legati, in modo legalistico,
i>l}'tE dç 'tlJ\I ~acnÀ.Ela\I 'TWV oùpct.\IWV,
«in verità vi dico, che se non rinascete a Giovanni Battista e al suo battesimo
in acqua viva ... non entrerete nel regno nel Giordano, in conformità alla tradi-
dei cieli». Conforme a questa concezio- zione sinottica com'è accolta da Matteo
ne l'autore (hom. u,36) racconta che in
Antiochia di Siria Pietro battezzò nelle e Marco, e sembrano derivare dal bat-
sorgenti locali, non lontano dal mare. tesimo di Gesù stesso nel Giordano (ar-
S'J vlì«'tL t;wv..L Èà.V 8t µÌ'] ~xnc; ilowp
~<J . .. V 840, in Festschrift A. Fridrichsen, ConNeot
t;wv, Etc; /J.J...).o vowp Pc:bmcrov. II ( 1947) 102).
9'J Cosl anche \VI. TILL - ] . LKIPOLDT, Der kop- n tv no>tcxµo~ç Àoucrcxo-DE l!Àov Btµctç 6.c:-
lischc Tcxt der Kirchenord11ung Hippolyis vaov:nv.
(19.5 4) 16-25. 9l -> ?tOTaµ6ç coli. 1504 s.; cfr. J. G E PFCKHN,
91 ... ch:va<i> TCO'tll~ 1ì 'ltl)Yii t?tE( rt xliv Da- Komposition und Entstchtmgszeit der Or. Sib.,
Àacr011 à.?toÀ.ovcra!AfVOL... Cosl ).ouEO"DaL·indica TU 23,1 (1902) I8·2J.
il bagno di immersione anche in P. Oxv. v
91 Cfr. anche Pscudo-Clem., n •cog11 . •J.32 .
840,14.19.24 s.32 (dr. J. }ERI>MIAS, Dcr Z11·
s11mmcnstoss ]es11 mit dem· pharisaischen 0-
9:; Altri esempi in -+ KLAUSF.R 100 s.
berpriester ,111/ dem Tempelpl11tz. Zt1 Pap. Ox. 96 Cfr. inoltre-> coli. 1504 s.
1559 (\'I,621) 'IopMv11c; 4 e (K. H. Rengstorf) (VI,62!) 1560

gomento questo non ultimo) l'obbligo tesimo cristiano, cioè il battesimo di


per i cristiani di amministrare il battesi- Giovanni Battista nel Giordano 97•
mo in acqua corrente. Nella misura in Nei limi ti in cui è possibile documen-
cui le fonti ci permettono di esprimere tare con esattezza(~ coll. 1555 ss.) que-
un giudizio, questi ambienti sembrano ste concezioni, sembra che i loro sosteni-
essete ai margini, o addirittura fuori, tori siano situati nel vicino Oriente 98•
della grande chiesa. L'acqua del Giorda- Manca invece qualsiasi prova sicura e
no, con le sue qualità particolari di ac- convincente di un loro collegamento
qua di fiume, si manifesta allora come con un movimento o una setta di bat-
parola di riconoscimento di certi am- tezzatori nel Giordano. Il passaggio in
bienti giudaizzanti e legalistici della chie- secondo piano del Giordano nelle tradi-
sa antica. zioni del Battista e nei racconti del bat-
La giustezza di questa visione è con- tesimo di Gesù stesso già nei vangeli
fermata da Tertuliiano. Nel de baptìs- canonici seriori e nei racconti della
mo, dove si confronta anche con con- prassi battesimale protocristiana ci con-
cezioni eretiche, Tertulliano sostiene e-
spressamente, menzionando proprio il duce piuttosto a un'altra spiegazione
battesimo di Giovanni nel Giordano, del fenomeno. Se questo scomparire del
che per il battesimo il tipo d'acqua non Giordano è dovuto a una consapevole
ha alcuna importanza: ideoque nulla di-
decisione, allora la convinzione, negata
stinctio est, mari quis an stagno, fiumi-
ne an fonte, lacu an alveo diluatttr, nec appunto con tale decisione, che per il
quicq11am refert inter eos, quos I oannes battesimo sia necessaria, secondo l'e-
in lordane et quos Petrus in Tiberi tin- sempio del battesimo nel Giordano, ac-
xit. Nisi et il/e spado (eunuco), quem
Philippus inter vias fortuita aqua tin- qua viva è sorta all'interno della comu-
xit, plus salutis aut minus retulit (bapt. nità cristiana e precisamente nei primi
4). A sostegno della sua posizione Ter- tempi. Di più non è possibile dire, CO·
tulliano adduce la considerazione che
proprio il battesimo di Gesù nel Gior- me non è possibile identificare dove e·
dano ha reso ogni acqua adatta per il sattamente, all'interno della chiesa, sia
battesimo. Questa concezione doveva sorto tale convincimento; ciò che si
essere appunto negata da quei circoli conferma è soltanto il carattere formale
che lo scrittore africano ha presenti e
che evidentemente sostenevano che so- e legalistico di questa convinzione con
lo l'acqua corrente, dunque solo l'acqua la sua evidente tendenza al separatismo.
viva, fosse appropriata e adatta per la
amministrazione del battesimo. La loro Un altro indizio ci indirizza verso O-
posizione era determinata da quella che riente, ed è iJ fatto che i Mandei per il
secondo loro era la vera origine del bat- battesimo usano unicamente acqua cor-

91 ~ KLAUSER IOI. A. AnAM, Erwiigtmgen zur Herkunft der Did.:


93 Ciò vale forse anche per la D_idaché: dr. ZKG 68 (1957) r-47.
1561 (v1,621) 'loplì6.\ll)t; 4 e (K. H. Rengstorf) (v1,622) 1562

rente, che chiamano Giordano 99• Senza solo acqua corrente(~ coli. 1557 s.).
pregiudizio per il problema delle tradi-
zioni che li hanno influenzati in altri ca- Va osservato che il N.T. non offre al-
si e che hanno contribuito alla forma- cun appiglio alla ricerca dei germi di
zione della loro religione 100, per quan-
to riguarda il battesimo i Mandei di- tale sviluppo nei circoli giudeo-cristiani
pendono dai Siri nestoriani, nel cui lin- di Gerusalemme. La posizione degli
guaggio liturgico il fon te battesimale scritti del N.T. è cosl unanime, che non
con la sua acqua, ma anche il battezza-
si può spiegarla con l'ipotesi di una cor-
toio stesso, è chiamato Giordano 101 •
Non è questa la sede per indagare se e rezione posteriore, ad es., dell'imma-
fino a che punto le chiese greco-orto- gine di Pietro degli Atti. Dobbiamo co-
dosse abbiano subito l'influenza di tali sl accontentarci, per il momento, di di-
ambienti. Comunque sia, in queste
chiese ogni acqua consacrata, non ultima re che anche se la venerazione dell'ac-
l'acqua benedetta il 6 gennaio, si chiama qua corrente, simbolizzata dal Giorda-
Giordano, e pertanto il Giordano ha no, come acqua battesimale è sorta den-
una sua importanza anche nella litur-
gia battesimale 1112• Tuttavia l'uso di tro il cristianesimo ortodosso, certa-
chiamare Giordano l'acqua battesimale mente motivi precristiani cd extracri-
sembra molto antico e noto anche in stiani devono aver contribuito al suo
Egitto 103• Bisogna ricordare, nonostan-
sorgere. Allo stato attuale delle cono-
te la sua oscurità, anche quel passo del-
la Predica dei Naasseni che chiama l'O- scenze deve anche restare aperta la que-
ceano o µÉyccc; 'Iop6<i\11)<; tot. Tutte que- stione se questi motivi fossero connessi
ste testimonianze ci portano nella zona primariamente con l'acqua corrente o
ai margini dell'ortodossia o addirittura
fuori di essa, dunque in ambienti simili con il Giordano. Il quadro generale ci
a quelli che esigevano per il battesimo porta a favorire la prima ipotesi. Dob-

99 Inoltre presso i Mandei ogni acqua corren- (1898), parsim; per la 'f~sta del Giordano'
te è chiamata cosl: -> LIDZBARSKI, ]oh. II, del 6 gennaio, F. Ml!YER v. WALDECK, Rusr-
introduzione xix; In., op. cit. (~ n. 62) 71. land II (1886) 130-134.
In questa pratica si rilevano forse influenze 103 La redazione etiopica della costituzione e-
orientali (indo-atiane?). Cosi, ad es., nell'in- giziana contiene una «preghiera delle acque
duismo si chiamano Gange i fiumi e gli sta- sante del Giordano che sono (è) mischiate
gni sacri a Shiva: vedi H. W. ScHOMERus, (·to) col profumo» (H. DUENSING, Der aethio·
Sivaiti:rche Heiligenlegenden (1925) 9.288 n. pische Text der Kirchenordnung der Hippolyt,
21; anche, ad es., 214 (sotto 47). AGG III 32 [ 1946) 90 s.) prima che il sa·
100 V. S. Pl!nERSEN, Bidrizg til analyse a/ de cerdote scenda vicino al neofito nell'«acqua del
mandaeiske skrifter (1940); W. BAUMGARTNER, Giordano» (ibid, 94 s.). ~ anche DOLGER 74
Zur Mandiier/rage: HUCA 28,1 (1950/;;1) 41· (Alessandria).
71; ID., Der heulige Stand der Mandiier/rage: 1°' Cfr. R. REJTZENSTEIN • H. H. SCHAEDER,
Studien zum anliken Synkrelismur aur Iran
ThZ 6 (1950) 4oq10.
u11d Griecbe11land (.1926) 166. Reitzenstein
101 ~ LIETZMANN 6or s. con la recensione di crede che il passo sia un'interpolazione cri-
R. BULTMANN: ThLZ 56 (1931) 577 s. stiana; ma la locuzione o µfyru; 'Iopo<ivri.; fa
102 A. v. MALTZEW, Die Sakramenle der Or- opparire incerta tale ipotesi (µtyru; richiama
thodox-katholìschen Kirche des Morgenlandcs piuttosto la gnosi; vedi anche 4 DOLGER 73).
I 563 (VI,622) 'Iopo&.vrii; 4 e (K. H . Rcngstotf)

biamo quindi, per lo meno, tener conto po successivo, non sembrn essere stata
che nei contesti liturgici in cui adesso univoca. Quando si dà un valore parti·
appare, il Giordano è secondario rispet- colare all'acqua corrente, ngl'inizi del
to all'acqua corrente. Del resto, ciò n- battesimo cristiano si pone immancabil-
vrebbe riscontro, tra l'altro, nel fatto mente il Battista: con lui anche il Gior-
che nei testi mandaici la tradizione di dano viene a ricevere, come effetto ne-
Giovanni è secondaria 5• '° cessario della tradizione (Matteo /Mar-
Il problema dcl Giordano affrontato co), una particolare considerazione e di-
dalla chiesa antica ma risalente proba- gnità. Rom. 6,3 ss. dovrebbe costituire
bilmente ai tempi dei vangeli canonici, una pietra miliare nel processo di chia-
si presenta quindi principalmente, an· rimento di questo dilemma da parte dei
che se non del tutto, come problema responsabili della tradizione apostolica,
del battesimo cristiano in quanto tale; giacché in questa pericope non si ricor-
tuttavia non tanto come problema del da soltanto la morte di Gesù, ma anche
significato, quanto dell'origine storica il suo battesimo. È inoltre importante
del battesimo tl)I. Ci si domanda: la notare che proprio negli Atti si presen-
chiesa battezza continuando il battesi- ta il rapporto tra battesimo e ricevi-
mo di Giovanni, che Gesù stesso rice- mento dello Spirito: determinante è
vette, oppure perché anche Gesù fu proprio il ricevere lo Spirito, non il bat-
battezzato e col battesimo assunse il tesimo, meno che mai un battesimo
suo ufficio messianico e iniziò il suo concepito ex opere operato o soggetto a
ministero, guidato in seguito dallo Spi- restrinzioni materiali (Act. I0,44 ss.).
rito? La risposta a questo interrogativo, Anche Paolo (Rom. 8,15; Gal. 4,6) e
non appena divenne preciso, non pote· Giovanni (lo. 3,5 s.) sono su queste po-
va essere evitata, perché il battesimo sizioni; ma accanto a loro stanno altri,
era amministrato e ricevuto anche altro- a noi ignoti, che pensano e agiscono di-
ve; comunque, a giudicare dallo svilup- versamente.

105 -4 LIETZMANN 596-6or; ButTMANN, op. simo. È molto più giusto esaminare attenta-
cii. (-4 n. IOI) 577 S. mente, anche partendo dai monumenti, il rap-
porto del battesìmo cristiano col battesimo
Ul6 Cfr. STAUFFER, 1'beol. 139 : «Rimane un di Gesù, oppure prendere in considerazione
enigma come sia sorto quest'uso (regolare) del «la fondazione del battesimo cristiano• nel
battesimo cristiano... ». Quando però, poco do- battesimo di Gesù, come fa BULTMANN, Trod.
po, lo Stauller dice che è possìbile sciogliere 269 s. Anche in questo caso rimangono però
l'enigma «se ci decidiamo a considerare an· insoluti moltissimi problemi. Soprattutto si
corn una volta seriamente, da un punto di vede come l'essersi gli studi degli ultimi de·
vista storico, le tradizioni del mandato mis- cenni concentrati sul problema del battesimo
sionario del Signore risorto», cerca una via di dei fanciulli abbia giovato ben poco al chia-
uscita troppo semplice perché, se non altro, rimento del problema storico costituito dal
Mt. 28,19 non precisa le modalità dcl batte- battesimo cristiano in sé.
'fop1ì6.vnc; 4 e (K. H. Rengsrorf)

Queste differenze non sono che la ne a illuminare persino problemi teolo-


manifestazione di un problema di fon- gici centrali con i quali, a prima vista,
do, la cui portata va molto oltre il bat- sembra avere poco o niente a che fare.
tesimo stesso. Esse rinviano al proble-
ma riguardante il concetto che la comu- È istruttivo vedere come le cose si
presentino in concreto. Intorno al 400
nità di Gesù ha di se stessa e, conse- d. C. Girolnmo trovò che molti ancora
guentemente, al problema della sua cri- si facevano battezzare nel Giordano 108•
stologia. Dietro al problema del Gior- Nello stesso periodo, e anche più tatdi,
c'erano inoltre a Gerusalemme 1®, e na-
dano che impegna la chiesa antica (e
turalmente in tutto il paese, dei batti-
che si pone già alla seconda generazione steri, tra i quali va ricordato in partico-
di cristiani, se non addirittura alla pri- lare un battistero in una caverna con
ma) si affaccia tutta la problematica di annesso un chiostro 110• Per il resto dob-
biamo ricordare, a questo proposito, an-
una comunità cristiana in guanto tale: cora una volta i battisteri ornati con
rappresenta essa, con la sua costituzio- rappresentazioni del battesimo di Gesù
ne, qualcosa di nuovo o soltanto qual- (~ coli. 1538 s.). Questi! riproduzioni
non hanno soltanto uno scopo ornamen-
cosa di diverso? Sembra che la separa- tale, ma per mezzo di esse la comunità
zione teologica del battesimo dal Gior- che battezza in quel luogo professa la sua
dano 107 vada di pari passo con un ana- convinzione che qui avviene la stessa
cosa che avvenne al battesimo di Gesù,
logo processo di distacco della cena del
cosl che, nonostante tutte le differenze,
Signore dalla pasqua giudaica, cosl che nell'acqua battesimale è presente qui il
i due sacramenti vengono ad essere vero Giordano, ciò che non avviene in-
compresi decisamente come due mo- vece presso coloro che dànno peso sol-
tanto alla rispondenza esteriore dell'ac-
menti totalmente e unicamente cristia- qua, battezzando esclusivafnente in ac-
111
ni. Cosl la questione del Giordano vie- qua corrente • K. H. RENGSTORF
7tO't1]pLov ~ coll. 262 ss. 7t0'TO<; ~ colJ. 2 5 3 SS,
7to-.lsw ~ coll. 295 s.

101 Cfr., ad es., Tertull., bapt. 10 s.; inoltre PJB 3 (1907) 36 s.; P. Tl!OMS1'N, Die lai. tmd
W. BAUER, Das Leben Jesu ùn Zeitalter der griech. Imchri/1e11 der Stadi ]emsalem:
11euteslamentlichen Apokryphen (1909) 104 s. ZDPV 44 (1921) 8; JoACH. ]EREMIAs, Dt1s
108 de situ et 11omi11ibm locomm hcbraicorum 11euge/1111denc Hohlen-Baptistel'ium bei ]crtt-
(LAGARDE, op. cii. [-+ n. 5)) s.v. 'Bethab:1ra'. salem, in Vo11 der A11tike wm Christenlum,
Cfr. ancora -+ DOLGER 74. Festgabe fiir V, Schultze (1931) n8.
109 Molto probabilmente faceva parte di un llO ]EREMIAS, op. cit: (~ n. 109) 109-122.
battistero la cisterna con una iscrizione greca 111 Cfr. anche -+ DoLGER 75-77, che cita
rinviante alla liturgia battesimale, posta nel- Ambr., ser1no 38,2: ubique enim mmc Chri-
l'angolo nord-ovest della Chiesa del Sepolcro: stus, ubique Iordrm est, e anche ~ KtAUSER
G. DALMAN, Die Grabeskirche i11 Jerusnlem: I6I S.

FINE DEL VOLUME DECIMO

Potrebbero piacerti anche