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GRANDE LESSICO

DEL
NUOVO TESTAMENTO

Fondato da Gr.RHARD KITTEL

Continuato da GERHARD FRIEDRICH

Edizion e italiana a cura di


F . MONTAGNINI - G. SCARPAT - O. SOFFRITTI

VOL. XI

PAIDEIA
Titolo originale dell'opera

T heologisches worterbuch Ztlln Neuen T estament


in Verbindung mit zahlreichen Fachgcnossen
bcgrundet von GERHARD KITTEL
herausgegebcn von GP.RHARD FRIEDRICll

All'edizione itaUana di questo undicesimo volume


ha11110 collaborato come trad111tori

ll:O:-.EDETTl:-iE DEI. MONASTERO DI S. SCOJ.ASTICA


GINO CRCCHI
GIANFRANCO FORZA
FRANCO RONCHI

Tutti i diritti so110 riservati. È rigorosamente vielata, a term:m


di legge, In riprod11;;.io11c anche parziale delle voci o U riass1111to
delle stesse.

© W. KOHLHAMMRR VERLAG, STU'.l'TG;\l\T 1959 e 1964

© l'AIDEIA, BRESCill 1977


PREMESSA AL SETTIMO VOLUME TEDESCO

Dopo un intervallo di cinque anni vede la luce un altro volume del


T heologisches W orterbuch zum N. T ., a servizio della ricerca scientifica
e del ministero pastorale. In questi ultimi tempi in comunicazioni epi-
stolari e in pubblicazioni sono stati espressi desideri, proposte e critiche
di vario genere, che vanno dalla valutazione dei singoli articoli alla di-
scussione di problemi di metodo e di esattezza scientifica. Tuttavia sul
medesimo problema le varie voci non sono affatto concordi, anzi tal-
volta sono diametralmente opposte. Secondo alcuni gli articoli sono
troppo ampi; secondo altri, per la preparazione alla predicazione forse
non sono sempre abbastanza estesi. Taluni trovano eccessivo il ricorso
al giudaismo, perché il Nuovo Testamento è un libro greco per lettori
greci e il rapporto tra cristianesimo e giudaismo reca più netti i segni
della discontinuità che della continuità. Altri ritengono di poter consta-
rare nel .Yheologisches Worterbuch tendenze antisemitiche, perché la
posizione riformatoria assunta da Paolo nei riguardi della Legge offre
un'immagine deformata del giudaismo d'allora. Si è ritenuto che il Theo-
logisches W orterbuch manchi d'esattezza critico-storica, perché si preoc-
cuperebbe di mettere in evidenza l'immutato spirito che pervade !>An-
tico e il Nuovo Testamento. Viceversa, c'è chi ha sconsigliato di asse-
gnare l'elaborazione di un articolo a due distinti autori - l'uno specia-
lista dell'Antico, l'altro del Nuovo Testamento-, perché nelle due trat-
tazioni andrebbe perduta la prospettiva unitaria della Bibbia. Alcuni
raccomandano di attenersi a una rigorosa esposizione lessicografica del
significato dei singoli vocaboli, altri richiedono estese trattazioni dei
concetti in tutta la loro ampiezza, sì da illustrare non soltanto il relativo
lemma, ma la sostanza stessa dei contenuti. C'è chi è tutto preso dall'e-
timologia, altri pretende che il significato di un vocabolo sia ricavato
non dalla sua storia, bensì dalla singola frase. La pubblicazione del Theo-
logisches W orterbuch procura al Direttore non pochi affanni, ma anche
qualche opportunità di buon umore quando articoli, da teologi giudicati
completamente sbagliati, riscuotono la massima lode da parte di filologi,
e, viceversa, articoli aspramente criticati da filologi vengono celebrati
da teologi come sommamente importanti.
I contrastanti giudizi e desideri mostrano che il T heologisches W or-
VIII PREMESSA AL SETTIMO VOLUME TEDESCO

terbuch è sulla strada giusta. Il Direttore si sforza di dare soddisfazione


ad ogni critica fondata e di eliminare ogni errore reale. Gli articoli degli
ultimi volumi evitano di trarre conclusioni teologiche importanti dall'e-
timologia di un vocabolo ed insistono quasi troppo diffusamente sul si-
gnifìcato dei singoli passi, sicché si è dovuto procedere a drastiche ab-
breviazioni. Alla storia del vocabolo non si può rinunciare per la natura
stessa delle cose. Le parole non sono pietre inanimate, immutabili, tes-
sere destinate a comporre un mosaico; esse sono entità viventi, che si
sviluppano e che possono anche atrofizzarsi. Come in un albero certi
rami muoiono ed altri ne spuntano, così le parole perdono certi signifi-
cati e ne acquistano di nuovi. Sicuramente si erra quando dall'assenza o
presenza di una parola in una lingua si traggono precipitose conclusioni
nei riguardi del relativo popolo; ma non si potrà negare che il modo di
pensare varia col variar dei popoli e che questo pensiero acquista forma
nella lingua. Non è qui il luogo per discutere se questa diversità abbia i
suoi presupposti nell'etnologia o nel processo evolutivo o nella storia
della cultura: essa comunque esiste. Da questa diversità sorgono certi
problemi allorché vengono a contatto due popoli di lingua diversa. Già
l'autore del proemio dell'Ecclesiastico dice che è difficile tradurre espres-
sioni d'una in altra lingua mantenendo inalterato il senso. Per la mag-
gior parte gli autori degli scritti neotestamentari sono giudei che ripor-
tano in greco ciò che in parte hanno ricevuto in aramaico. Per compren-
derli è importante considerare che cosa significhi il rispettivo vocabolo
nel mondo greco, nell'Antico Testamento, nei LXX, negli scritti rabbi-
nici, nel Nuovo Testamento, nella Chiesa antica.
La traduzione in altre lingue renderà accessibile il Theologisches Wor-
terbuch anche a studiosi che non conoscono il tedesco. Dal x949 presso
Black di Londra singoli articoli del Theologisches Worterbuch com-
paiono in forma di piccole monografie. Sono previsti in tutto 14 volu-
metti. In simil guisa saranno tradotti in giapponese 36 articoli. ·L'intera
opera viene edita. in inglese da Eerdmans di Grand Rapids, Michigan.
È da poco uscito il primo volume di questa edizione. L'Editrice Paideia
di Brescia prepara l'edizione italiana di tutta l'opera; sono usciti i pri-
mi due fascicoli del primo volume. Sono in corso trattative per una edi-
zione, in Israele, in ebraico moderno.
Anche in questi ultimi cinque anni la morte ci ha privati di alcuni
collaboratori. Ricordo con riconoscenza J. Herrmann, H. Kleinknecht,
P. Katz e J. Fichtner.
Meritano un particolare ringraziamento i molti che hanno prestato il
loro aiuto con la lettura critica dei manoscritti e deJle bozze; senza la
loro collaborazione gli articoli del Theologisches W orterbuch non avreb-
bero il valore che hanno. Con riconoscenza per una collaborazione di
vario genere ricordo H. Balz, G. Bertram, A. Bohlig, P. Boendermaker,
E. Dammann, A. Dihle, G. Egg, G . Fohrer, E. P. D. Gooding, A. Hiller,
W. Kasch, P. Katz, H. Kleinknecht, H. Kramer, W. Lohse, C.F.D.Mou-
le, E. Nestle, C. H. Peisker, K. Reinhard, K. H. Rengstorf, E. Risch, K.
H. Schelkle, G. Schlichting, W. Schneemelcher, S. Schulz, K. Staab, H .
Traub e K. Zimmermann. H. Riesenfeld ha messo a disposizione del
Theologisches Worterbuch il suo ampio catalogo di schede bibliografì-
che e K. H. Rengstorf le concordanze di Flavio Giuseppe, per la parte
già approntata. Anche in questa sede vada ad entrambi il mio cordiale
ringraziamento.
G. FRIEDRICH
Buckenhof presso Erlagen, 16 giugno 1964
AVVERTENZA ALL'UNDICESIMO VOLUME ITALIANO

L'undicesimo volume italiano comprende l'ultima parte del sesto vo-


lume tedesco (pp. 624-1004) e le prime voci del settimo volume tede-
sco (pp. 1-195).
AUTORI
DELLE VOCI CONTENUTE NELL'UNDICESIMO VOLUME

Direttore
GERHARD fRIEDIUCH, professore ordinario di N.T., Erlangen.

Collaboratori
ERNST B.\...'-l:MEL, libero docente di· N .T., Erlangcn.
OTTO BAUE.RNFEIND, professore ordin:1rio di N.T., emel'ito, Tiibingen.
fnIEDRICH BAUMGARTEL, professore ordinario di A.T., emerito, Erlangen.
GEor.G BERTRAM, già professore ordinario di N.T., Giessen.
WERNER BIEDER, professore straordinario di scienza delle missioni e libero docente di N.T., Basel.
GiiNWER BoRN'KAMM, professore ordinario di N.T., Hcidelberg.
WERNER Fo1rnsTER, professore ordinario di N.T., Miinster.
HmNRICH GREEVEN, professore ordinario di N.T., Kicl.
t FRIEDRICH HAUCK, professore straordinario di N.T., Erlangcn.
CLAUS-HUN~O HUNZINGER, libero docente di N .T., GOttingen.
]OACHIM }EREMIAS, professore ordinario di N .T., Gottingen.
\VII.HELM KAscH, assistente, Kiel.
HELMUT KR.AMER, professore di filologia classica, Bethel.
KARL GEORG KuHN, professore ordinario di N.T., Heidelberg.
FnIEDRICH LANG, professore ordinario di N .T., Tiibingen.
EouARD LoHSE, professore ordinario di N.T., Gottingen.
CHRISTIAN MAURER, professore di N.T., Bethel.
RuDOLF MEYER, professore con cattedra di A.T., Jena.
\VILHELM M1CHAELis, professore ordinario di N.T., Bcrn.
Orro M.ICHEL, professore ordinario di N.T., Tiibingen.
t HERBERT P.REISKER, professore con cattedra di N.T., Jena.
Bo RacKE, professore ordinario di N .T., Base!.
RoLF RENDTORFF, professore dì A .T ., BerJin.Zehlendorf.
K.'l.RL HEINRICH RENGSTORF, professore ordinario di N .T., Miinstcr.
t KARL LunwIG ScHMIDT, professore ordinario di N.T., Base!.
CARL ScHNEIDER, professore ordinario, Speyer.
SIEGFRIED ScHULZ, Jibeto docente di N .T., Erlangcn.
EouARD ScHWEIZER, professore ordinario di N.T., Zi.irich.
GusTAV SriiHLIN, prof~_~sorc ordinario di N.T., Mainz.
KONRAD WEiss, professore con cattedra di N.T., Rostock.
INDICE DELLE VOCI

1tovc:; (Weiss) ... . .... . ..... . .. .. ..... . ......... . .. . ..... . .... . 5


1tpacrcrw, 1tpiiyµa, r;payµanla., 1tpa:yµa-cEuoµcu, 0La1tpa.yµa.-w.Joµa.L,
r.pax-cwp, 1tpii~Lc:; (Maurer) ... . ..... . ... . ..... . . . .... .. . . .. ... . 2 '7
I
npaum~llELct -+ 1x, coli. l090 5s.
-;.:pa.uc:;, 7tpa.i}tl)ç (Hauck-Schulz) . .. .. .. . ............ . . . .... . ..... .
1tpfo(3uc:;, 1tpECT~U-CEpoc:;, 7tpEcr(3u"tl}ç, vuµr;:pEo-(3v.-Epoc;, 1tpwf3u-cÉpLOV, 1tpE-
o-(3EVW (Bornkamm) . . ... . ............... . .... . . . .. . .. . ..... . .
7tp6 ( Reicke) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7tpoayw -+ 1, coli. 349 ss.
1tp6Pa.'tOV, 7tpoPci't'LoV (Preisker-Schulz) ... . .... . .. . .. . . . ..... . .... .
7tpoyLVW<TXW ~ II, coli. 53i ss.
7tp6yvw:nc; -+ u, coli. j34 s.
r.poyp&.qiw ~ u, coll. 679 ss.
7tp6opoµoc; -+ -.pÉxw
7tpoEÀ.nlsw -+ m, coli. 551 s.
7tpomayyÉÀ.Àoµ«L -+ ur, coli. 696 ss.
7tpOE'tOLµ&.1'.,w ~ III, coli. 1015 ss.
7tpowcx.yyeM!'.,oµaL -+ m, coll. uo6
7tpoÉxoµa.L (Maurer) ....... . ..... .. .. . .. . . . .. ... .. . .... . ... . .. . 199
1tPOY)yÉoµaL -+ IV ' coli. 14 s.
7tp61}qcnc; -+ 'tlllT]µL
7tp6Duµoc;, r;:poi}uµla. (Rengstorf) .......... .. .... .. .... ... .. . ... . . . 203
1tpotcr-cl}~~L (Reicke) ..... .... . . .. . .. . . . . . ... . .... . .... . ..... .. . . 22!
JCpoxaÀÉoµ«L ~IV, col. 1479
7tpOXCI"CayyÉÀÀ.W -+ I, coli. 192 55.
7tp6XELµCIL-+ v, col. 318
7tp0Xl)p{ICTO"W -+ v, coli. 479 ss.
1tpOX01t1i, 1tPOXO'lt'tW (StaWin) .... . ........ . ....... . ... . ......... . 229
1tp6xpiµa-+ v, coli. uo6 s.
1tpoxup6w -> v, coli. 1503 s.
npoÀaµ~&.vw -+VI, coll. 47 s.
11;poµcxpi:upoµaL -+ v1, coll. 1386 s.
npoµEpLµv6.w -+ VII, coli. 65 ss.
r.povoÉw -+ vu, coll. n97 5s,
7tp6voLct -+ vn, coli. 1:201 ss.
npoopaw -+ VIII, coli. 1071 ss.
npoopll;w -+ vm, coli. 1:278 ss.
7tpo7tacrxw -+ rx, coli. 1045 5.
1tpbç (Reicke) ..... . ..... . .... .. ... . .............. . ...... .. . . . 277
npoo-&:yw -+ 1, coli. 351 ss.
7tpoo-aywyq -+ I, coli. 358 ss.
npocrcx.va'tllll)µL .-+ 1, coli. 951 ss.
1tpocroÉoµaL -+ u, coll. 845 ss.
npoo-IÌÉxoµaL -+ n, coli. 885 s5.
XIV !!'DICE DELJ,E VOCI

1.pomSoxciw, npouocxla (Maurer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293


npocrtpxoµaL -'> m, coli. 959 ss.
r.pornvxoµat, 7tporrEuxfi -.,, nr, col!. 1294 ss.
npocr'l)ÀvToç (Kuhn) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297
7tp6crxat9oç -'> 1v, coli. l 385 ss.
7tpocrxcc.ÀÉW -'> IV, coll. 1488 ss.
7tpocrxa:p't'EPÉW -'> v, coll. 22 5 ss.
7tpocrxcc.p-.Éfl11CT1.ç -'> v, coll. 229 s.
>tPOO'XÀT]p6w -'> V' coli. 604 ss.
npoc;xoÀÀaw -.,, v, coli. 759 s.
rtpocrx61t'1:w, npoO"xoµµa, 7tpouxo..-:1}, ci.o.p6crxo1toç (Stiihlin) . . . . . . . . . . . . . 34 3
'itpocrxuvÉw, 7tpocrxU\li)T1)ç (Greevcn) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379
7tpocrÀaµ{3c:i;voµa~ -'> VI, coli. 48 s.
7tpocrÀ:riµ\jiLç ~ v1, coll. 48 s.
;:pocrµÉvw -'>- VII, coli. 39 s.
npo<r-raCiO'CI> -> 't'UCT<Ttù
7tp6crcpa.Toç, 7tpocrcpa:•wc, (Maurer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 r
npqcrcpÉpw ~ q>Épw
7tpcxnpopc:i; -'>- q>Épw
'
7tpOO'W7tO\I, • '
EV7tpOO'W7tEW, 7tpocrw;;o) •i)µtyta,
!.' '\ '
7tpOO'WitOA.1]µ7t't'1}t;, 7tp0<1W7t0·
À.i)µ7t-cÉw, <i'rrpocrwr.cÀ1Jµ7t'tW<; (Lohse) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 5
7tPO\lftT]!..l.L -> 'tlih]µL
;i;pocpTj'tTJ<;, 7tpocpij'tic;, 1.pocprrm'.iw, 1.poqnrn:la, 7tpccp11-.ix6c;, \}JEuoonpocpl}·t"l)C,
(Kriimer, Rendtorff, Meyer, Friedrich) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 439
7tPOXELplsw (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 51
7tpG'l.-oç, 7tpW't'O\I, 7tpw-.oxa:i}Eopla, '-PW"t'OXÀ.LO'La, 7tPW'tO't0XO<;, itpW'tO'tO-
xda, npw'tEuw (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 659
n'talw (K. L. Schmidt) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 705
7.'tEPV'YLOV ~ IV, coll. 779 s.
7t'tWl..ta: -'> x, coli. 315 ss.
?t'tW<TL<; -> x, coli. 317 ss.
7t'twx6c;, 7t'tli.lXELCX:, 7t-cwxe:uw (Hauck, Bammel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 709
7tu·yµ1J, nuxnuw (K. L . Schmidt) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 789
itui}wv (Foerster) .. . .. ... ...... . . .. ... . .. . ... .... . ........ . .. - . 795
1tUX'tEVW ~ coli. 791 SS.
7tUÀ.lJ, '1tVÀW\I (Joach. Jeremias) . _. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 803
nup, 7tVp6w, 'ltupwcnc;, 'ltupwoc,, 7tUpp6c; (Lang) ..... . . . . _. . . . . . . . . . . . . 821
nupyoc; (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 887
r.vpÉcrcrw, nupe:-r6c; (Weiss) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 897
1tvpwoç ~ coll. 883 ss.
nup6w-> coll. 876 ss.
1tupp6ç ~ coli. 885 ss.
7tVPW<TLç -'> coli. 882. ss.
7twÀ.oc; (Michel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 905
nwp6w, 1tWPW<TLç ~ IX, coli. 1336 ss.
'Pa.b.{3-'>- IV, coli. I46 s.
pa;(3(3l, pa;f3(3ouvl (Lohse) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9n
pci~lìoc,, pa.(3W;,w, pa:~lìouxoc; (C. Schneider) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 921
pq.01ovpy11µa., pq.&oupy!'.cx (Bauernfeind) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 935
pcxxci (Joach. Jeremias) .......... . ... . - ................ · .. . .. · . 939
lNDICE DELf.E VOCI XV

pav'tl~w, prl.\l'rnrµ6ç (Hunzinger) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 947


'PaxaP - > Iv, coli. 141 ss.
{riiµa --+ VJ , coll. 199 ss.
pi.sa., pL1;,6w, f.xpLs6w (Maurer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 967
pl7t'tW, ÉmpL1t't"W, a7topl7t-rw (Bieder) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 5
poµ<prJ..LrJ.. (Michaelis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 989
'PoM --+ IV, coli. 1 4 1 ss.
puoµrli (Kasch) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1003
<ra'3'3rl-rov, rra(3(3rJ..wrµ6ç, 7trJ..prlvxw1] (Lohse) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1019
:Eaooovxa~oç (Meyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n o7
utllvw (Lang) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l l 55
u<X.xxoç (Stahlin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 161
O'O:ÀEUW, uaÀ.oç (Bertram) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n8 l
aaÀ.m:y~, crrJ..À.1'l?;w, uaÀ.1tLO"'tTJC, (Ftiedrich) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XI 97
I:a.µapEia, :Ea.µapln1c,, l:a.µap~-ric; (Joach. Jeremias ) ... .. . .. .. . .... . . . 123 9
11avoci.À.Lov --+ vm , coli. 871 ss.
cra.1tp6ç, 0"1Ji.w (Bauernfeind) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 2 5 5
<rap~, crapx.ix6c;, crapxwoc, (Schweizer, Baumgartel, Meyer ) . .. .. ... . .. . . 1265
a-a-rci.vtl.c; (Foerster, Schiiferdiek) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 7
<rBÉvwµi (Lang) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . I 4 3 3
crÉ(3oµm, crE(3a1;,01.1.a.i, crÉ(3a.:rµa, .f a:(3a.u-t6ç, EÙcrE(31)ç, EÙcrÉ(3ELa., EÙcn:(3Éw, ci:!n:-
'3ilc,, ào-É(3nrl, à.o-E(3Éw, vEµv6c; , <rEµv6-c1)ç (Foerster) . . . . . . . . . . . . . . . . q4 1
LESSICO
II
(continllazione)

I
7touc;

SOMMARIO: no: pes, ped-is; antico indiano: pad-;


A. Uso del termine nella greci/() profano. germanico: fot 1) è usato sin da Omero
B. La storia delle religioni. sia nel significato proprio di piede (di
C. L'A.T. e il giudaismo: uomo e animale, anche zampa, zoccolo,
r. l'uso nei LXX; artiglio) sia, in senso lato, per indicare
2. l'uso traslato; tutta l'estremità inferiore. Anche i 'pie-
3. l'uso simbolico; di' di artefatti di ogni genere si chiama-
4. denudazione del piede; no 'lt60E<; 2• 'ltovç ha però anche il signifi-
5. il piede della divinità.
cato più generale di estremità inferiore
D.Il N.T.:
I. come designazione di tutta la persona; e viene usato in tale accezione anche per
2. uso traslato; indicare oggetti o parti che non hanno la
3. simbolo del potere; sia pur minima rassomiglianza con un
4. espressione cli subordinazione; piede 3• La lingua greca ha in comune
5. espressione cli venerazione per Gesù; con molte altre 1'uso del termine e del-
6. la lavanda dei piedi; 1'oggetto 'ltouç come misura di lunghez-
7. la denudazione cultuale del piede. za 4 • Il significato di 'piede' come unità
ritmica della metrica classica 5 non de-
A. USO DEL TERMINE NELLA GRECITÀ
riva dal piede come arto, bensl dalla sua
attività, dal procedere, dall'andatura. Lo
PROFANA
stesso vale per la metafora xpovou 'ltovç 6•
'ltoui; (antico vocabolo europeo; lati- Più significativo è un altro amplia-
r.ouc; ca la parte più bassa della vela { =
scotta)
PAssow, LmDELL-ScoTT, MouLTON-MrLLlGAN, (Horn., Od. 5,260) o anche delfa nave (Pind.,
PRBUSCHBN-BAUER •, PREISIGKE, Wort., s.v.; Nem. 6,55: -rò 8È itàp 1toot va.òc; H..~crcr6µsvov
J.C. SUICERUS, Thesaurus ecclesìaslicus e pa- a.tEl xvµai:wv ).
tribus Graecis' (I746) Il 8I4·8I6; G. BOCHNBR, 4 Cfr. W. BECHER, art. Pes, in PAULY-W. 19
Biblische Real. tmd V erbai -Hand -Co11cor- (1938) I085 S.
dam. n, ed. H. L. HnuBNER (1877) s.v. 'Bein', 5 Aristoph., ron. 1323. itovç può anche signifi·
'Fuss'. care verso, stico; Luc., pro imaginibus 18:
I WALDE-POK. II 23 s. i:cx.iha CTO~ ~XµE1:plt ~~ìo~e XIX.L un:Èp 'l'ÒV it6-
2 I fenomeni per cui i nomi delle parti del 8ci.. itm;c; = frase detto d'un fiato; Luc., De-
corpo vengono usati per oggetti sono molto mon. 65: rl7twv 7tpbc; ""toùc; 'ltrxp6v·rnc; 'l'Ò\I
diffusi; dr., ed es., H. PAuL, Prim.ipien der Éva.yti>\1~0'11 'tW\I X1)pVXW\I 1t61ìrx.
Sprachgeschichle' (1937) 95 s. ~ Eur., Alexandros, fr. 42 (T.G.F. 374): xa.L
J Horn ., Il. 2,824; 20,59; piede dd monte xp6\IO\I 7tpovfkt.WE. itouc;, e Ba. 889: lìapÒ\I
Ida. Come termine tecnico nautico 1tOÙç indi- xp6vou it61ìa..
r-ouç A-B (K. Weiss) (vr,625) 8

mento dell'uso, in virtù del quale lenza comune tra ~ xdp e ouva.µtc; (-7
7touc; viene a indicare l'intera persona. II, coli. r49r s. e n. 34) ha il suo ri-
Questa accezione si riferisce alla perso- scontro perfetto in 1touc; e ouva.:µ~c; 13 •
na in azione, in primo luogo natural- In espl'essioni di riverenza e sottomis-
mente a quella che cammina 7, ed è pre- sione l'umile e l'inferiore si rivolgono
sente anche nel modo di dire 7t6&a. EX~W ai piedi del potente e del superiore 14 •
E\/ "tL'VL, che equivale al nostro 'metter- Virtù e vizi personificati vengono ca-
ci lo zampino' oppure 'averci mano', ratterizzati col temperamento del loro
doè aver parte in qualcosa 8 • Lo stesso 'piede' e col suo uso simbolico 15•
vale per 1a maggior parte delle locu7.io-
ni avverbiali composte con 7tOuç: il rap- B. LA STORIA DELLE RELIGIONI
porto spaziale che esse esprimono (vici-
nanza o lontananza, altezza o profondi- Alla simbologia generale del piede=
tà, ecc.) si riferisce naturalmente all'in- _potenza si associa l'idea che il piede (o
tera persona e non soltanto al piede 9 • l'orma del piede) della divinità, di se-
Tali locuzioni possono anche esprimere midei e anche di altre determinate per-
una valutazione della cosa che esse met- sone compia guarigioni miracolose. Plu-
tono in rapporto con la persona 10, op- tarco 16 racconta che ciò avvenne con
pure anche della persona stessa, come Pirro, Tacito (hist. 4,81) e Svetonio
nel caso di àq>'11cruxou 'ltoo6c; (Eur., (Caes. 7,2) con Vespasiano e Serapi-
Med. 217) 11 • Un semplice cenno ai pie- de 17• La venerazione dei piede di Sera-
di può bastare a indicare il potere di cui pide è attestata da un busto di Serapi-
può disporre una persona 12 • L'equivn- de eretto su un piede colossale 18 e quel-

1 Eur., Or. 1217: 1tapllÉvov !itxov -:t6!ia, «a- stro perché glielo bad (Sen., ben. 2,12). Sul
spetta l'arrivo della fanciulla»; Eur., Hipp. fregio di Pergamo Afrodite pone il piede sul
661: uùv 7tlt'tpbç µoÀ.wv 7tOOl. volto dell'avversario sconfitto: per il signifi-
8 Pind., Olymp. 6,8: Év i;ou-tip 7tElìlÀ.ip oa1r cato (in origine magico) del gesto cfr. A.
µòv~ov 1t6li'~xwv. GoTSMICH, Die 'grausnme' Aphrodiie am Gi-
9 àwì. 1tÒlìa (similmente É1tt 7t61ìa) = a ri- ga11ten/ries des Pergame11er Altars: Archaolo.
gischer Anzeiger 56 (1941) 844-879 [KLEIN·
troso, all'indietro; lx 7to86ç (similmente xa-
KNECHT]. P. Oxy. I 128,9 ss. (a un alto fun-
'ttt 7tÒlìaç) = alle calcagna (però: h7tolìwv
zionario): xo.i;o.t;u.:iCT"n li ùµei;~pa. l\llìol;6"tTJ<;
= lontano, fuori mano); ÉV 1tOO'l, ɵm>lìc!iv
... Émi;pÉljim al'.mji &.vEÀ.i>ELV dç -coùc; lvlì6-
(similmente 7trtpà 7tolì6ç, 1tpÒ 1to86ç) = vi-
l;ovç a1hfjc; TI61ìaç, cfr. 128,8; PREISIGKE,
cino.
Sa111melbt1ch 4323,5 (un figlio al padre): xa-
10 7tapà 1to86ç = a porla/a di mano; 1tEpL -cacp~)..ijom i;oùç 'ttµlovç a1hov 7t6!iaç; inol-
1t61ìa = adatto; imò 1t61ìa = piccolo, sempre tre i testi indicati in PREISIGKE, Wort., s.v.
in riferimento all'intera persona, non al piede. 1tOUç: espressioni bizantine di sottomissione.
Il Cfr. anche Pind., Nem. 3AI ss.: ljieq>Evvòç
0
avi}p if.)..ì,.01:' IJ.ì,.ì,.a TCVÉWV OU 1tO't a'fpEXEL XU- 1s Soph., Oed. Tyr. 878 s.: vPptç,.. ov
1toot
i;É~a 'ltolìl.
XP'llolµip xpiji;ai. Eur., fr. 979 (T.G.F. 676):
.ilx1J ... (Jpaoer 7toot cri;Elxovuo..
12 Arisoph., av. 35: &.µq>oi:v -coi:\I 'ltolìo~v,
16 vita Pyrrhi 3 (r 384); v . WEINREICH, Ant.
<~con tutta Ja forza»; Aeschin., fals. leg. 115:
i;~µwP'l)crew xaL xnpl. xa.L 'ltolìL xal cpwvjj Heil. 67.
xaL mXCTTJ Svvaµu. 11 Cfr. S. MoRENZ, Vespasia11, Heilrmd der
Il WErNREICH, Antike Heìltmgswunder 71 n. Kranken: Wiirzburger Jahrbuch 4 (1949/50)
74. 373 s.
14 In segno della grazia concessagli, Caligola 18 Cfr. HAAs, fascicolo 9/rr LEIPOLDT (1926)
porge a un condannato a morte il piede sini- v e fig. r5.
9 (v1,625) 7tOV<; tl (K. \VCISSJ \VJ.,U~V) J.U

la della sua orma è documentata da un nell'esercizio delle loro funzioni, ma an-


monumento siriaco che mostra un'aqui- che tutti coloro che partecipano all'a-
la sopra il piede di Serapide con la so- zione cultuale o entrano nel luogo sa-
prascritta (x\loç E:xwv, 1t68' <iv'Cxvoc; E- cro 21. In questo ambito rientra anche
xwv, àvÉthpm. l:Epa1tEL 19• A questi e- l'usanza, diffusa, che chi è in lutto o
sempi dell'età ellenistica se ne aggiun- fa penitenza si denudi i piedi 24 • An-
gono altri di tutti i tempi presso tutti che pellegrinaggi e processioni di ogni
i popoli 211 • tipo e di tutte le religioni vengono com-
L'apparizione della divinità può esse- piuti a piedi scalzi 25 • In queste usanze
re simboleggiata da un accenno ai suoi il piede sta ancora una volta per tutta
piedi o alle sue impronte 21 • Determina- la persona (~ coll. 6 s.), giacché la
te descrizioni di apoteosi mostrano solo nudità del piede non è che il tardo sur-
i piedi della persona, ormai divenuta di- rogato delJa nudità totale richiesta in
vina, che spuntano da una nuvola 22• origine 26 • I motivi dellA denudazione
possono essere costituiti da esigenze di
In tutti i culti e in tutte le usanze purezza cultuale (allontanamento di in-
superstiziose è importante il dovere, dumenti profanati 27 , soprattutto quelli
per chi si avvicina alla divinità, di de- di pelle o pelliccia animale 28 ), il convin-
nudare il piede. Questo dovere riguarda cimento magico che la divinità possa a-
naturalmente in prima linea i sacerdoti gire direttamente sul corpo nudo 29 o
19 Vedi O. WEINREICH, Ei11 Spzm:auber: KENBACH, De 1111dilate sacra, RVV 9,3 (19II)
ARW 28 (1930) 184. 23-29; WXCHTEK, Reinheilsvorschriftc11
TH.

20 Vedi G . WlLKE, Weitere Beitriige zur Hcil-


im griech. Kult, RVV 9,1 (19rn) 23 s. 57.
k1mde in der indoeuropiiischen Vorzeit: Man- 2~ Vedi H ECKENBACH, op. cit. (~ n. 23) 31;
nus 7 ( 1915) r-9; E. STEMPLINGER, art. 'Fuss- E. SAMTER, Zu rom. Bestalttmgsbrii11chen,
spur', in Handworterbuch des de11tsche11 A- Festschr. fUr O. Hirschfeld (1903) 253 s.
bcrglaubens III (1930-31) 240-243; O. Eiss- 25 E. MARBACH, art . 'Nudipedalia', in PAULY-
FELDT, Der Goti Karmel, SAB 1953, I (1953) W. 17 (1936) 1240 s.; WEINHOLD, op. cit. (~
tavole 1v-vr; K. GALLING, Der Goti Karmel n. 23) 18-26; HECKENBACH, op. cit. (~ n. 23)
und die Ji.chtung der fremde11 Gotter in: 29s.67s.
Geschichte tmd A.T., Festschrift A. Alt 26 Cfr. W. A. MiiLLER, Nackthcit und E11t-
(1953) IIO·I2X. bl0smng in der altorie11talische11 1111d iilteren
21 Rappresentazioni preistoriche di piante di griech. Kmzst, Diss. Leipzig (1906) 42; HEK·
piedi su dolmen, in disegni sulle rocce e su KllN.BACH, op. cit. (~ n. 23) 14-21.34; F.
pietre tombali, vengono interpretate, probabil- DiiMMLER, Der Ursprung der Elegie: Philol
mente con ragione, come simboli di teofania; 53 (1894) 212. Per gli Arabi: J. WELLHAU-
cfr:. F. A. v. ScHl!LTll.MA, art. 'Fussohlendarstel- SEN, Skiu.en und Vorarbeite11III(1887)106 s.
lung', in RVL 4,1 (1926) 162 s. Per: il cristia- 27 WmNHOLD, op. cit. (~ n. 23) 5. Gli Arabi
nesimo cfr. H. L ECLERCQ, art. 'Pied', in Dic- si cambiano gli abiti e le scarpe; vedi WftLL·
tio1111aire d'Archéologie chrétienne et de Li- HAUSl!N, op. cit. (~ n. 26) rn6.
turgie 14,r (1939) 8r8 s. 28 WXcHTER, op. cit. (~ n . 23) 57.61; HEK-
22 Ad es., la tavola raffigurante l'ascensione KENBACH, op. cii. (~ n. 23) 24 s.
nella 'Piccola Passione' di Di.iter. Cfr. l'e- 29 WmNHOLD, op. cit. (~ n. 23) 5. Forse ab-
lenco scelto di tali raffigurazioni in S. H. GuT- biamo questo motivo anche nel comportamen-
Bl!RLET, Die l:Iim111cl/ahrt Christi ili der bil- to del 11abì, che nell'estasi si spoglia (vedi,
de11de11 K1111st (1934) 247-250 e tavole xxix e ad es., I Sam. 19,24). Cfr. anche F. DOMMLER,
xxx. Sittengeschichiliche Parallelcn: Philol 56
2J Vedi C. WEINHOLD, Z11r veJ,·tJicbte des (1897) 6 s. a Is. 20, 2 ; WEINHOLD, op. cit. <~
heidniscbe11 Ritt1s, AAB (1896) 4 s.; J. HEK· n. 23) 6; HllCKENBACH, op. cit. (~n. 23) 21-23.
u (v1,626) 1tovc:; B-C 3 (K. Wdss)

anche il desiderio di allontanare osta- metaforico (-7 VII1, coll. 139ss.). In


coli magici costituiti o emanati da no- realtà, qui 'ltovi; indica la persona che
di e legamenti degli abiti 30• percorre la via, giacché ciò che, ad es.,
Sap. r 4,1 l dice dei n6oEc; àcpp6vwv ed
C. 1
L A.T. E IL GIUDAISMO Ecclus 21,22 del 1touc; µwpov, è diretto
propriamente agli stolti e ai folli. Nel
l. Nei LXX 1touc; traduce tutta una parallelismo di 1tOOEc; e ~ux.ii (~ 56,7 e
serie di parole ebraiche: oltre ai termi- 6 5 ,9) 1tovc; non indica, naturalmente, il
ni propri per piede (regel) e pianta del camminare fisico, il moto dei piedi,
piede (kaf-regel), rende anche 'iiqéb = bensì il cammino o il percorso della vita
calcagno o zoccolo (Gen. 49,19) e parsa dell'uomo 32 •
nell'accezione di zoccolo (Is. 5,28), ed
anche k"rii'aiim = gamba (dal piede al 3. L'A.T. offre esempi eccezionali
ginocchio: Ex. 12,9; 29,17; Lev. 1,9. dell'uso simbolico del piede per espri-
13; 8,21; 9,14). È inoltre l'equivalente mere il potere(~ n. 12) di una perso-
di pa' am = passo, al plurale piedi di arte- na. Gli ufficiali di Giosuè pongono il
/atti (Iud. 5,28; 4 Brur. 19,24; ~1iJ6,7; piede sul collo dei cinque re amorrei
Prov. 29,5) e traduce infine il concetto sconfitti (los. 10,24). Mosè giura: «La
molto ampio di marg•lot=ciò che giace terra dove si satà posato il tuo piede sa-
ai piedi e i piedi stessi (Ruth 3,4.7.8. rà per te e per i tuoi figli un'eredità
I4l· I LXX usano cosl il termine, pre- che vi apparterrà in eterno» ( Ios. 14,9;
scindendo dai suoi significati tecnici, in cfr. Deut. u,24; Ios. l,3; 2 Reg. 21,
tutta l'ampiezza semantica che 7tOuc; ha 8) 33 , David loda Dio che gli ha posto i
nella tradizione linguistica greca. nemici sotto i piedi (2 Sam. 22a9=Ps.
18,39; cfr. I Reg. 5,17; Ps. 47,4). Se-
2. Lo stesso vale per l'uso traslato condo l'immagine di Ps. 58,II, il giusto
del termine. 7touc; ricorre frequentemen- nel suo cammino (p"'iimiiw) si laverà i
te 31 nell'immagine del cammino, del piedi nel sangue degli empi 34 (cfr. Mal.
sentiero della vita, della via in senso 3,21 ).
Là dove si attribuiscono alla terra poteri ma- rappresenti il piede. Cfr. G. }UNGBAUER, art.
gici, si stendono i neonati o i morti nudi sul 'Schuh' ia; 18 a.b, in Ha11dwiirterbt1cb des
suolo e lo stregone opera a piedi scalzi: HEK· de11tsche11 Abergla11be1JS VII ( 1935) n92.1346
KENBACH, op. cit. (--> n. 23) 46-49. Cfr. anche s.; P. SARTORI, Der Schuh im Volksglaube11:
HAAs, fascicolo 9/n LEIPOLDT, fig. 190; fa- Zeitschrift des Vercins fiir Volkskunde 4
scicolo 13/14 RuMPF, fig. 148. (1894) 179 s.; L. L EvY, Die Scbuhsymbolik
30 \Xf.i\CHTER, op. cit. (--> n. 23) 24; HECKEN· im jiid. Rit11s: MGWJ, N.F. 26 (1918) 179 s.
BACH, op. cit. (--> n. 23) 23, che cita uno scho- R. FoRRER, att. 'Fussanhiinger', in Reallexiko11
lion a Vcrgil., Aen. 4,518: i11 sacris 11ibil solet der praehistoriscbe11, klassiscbe11 tmd friih·
esse religa/11111. Per tutta la questione dr. F. christliche11 Altertiimer (1907) 257 s. con
EcKSTEIN, art. 'barfuss', in Ha11dwi:irterb11cb De11t. I I ,24 spiega come norma giuridica an-
des deutschen Aberglaubens I (1928) 9u-922. che l'uso di un sigillo forse romano a forma
31 Ad es., Gen. 30,30; I Sam. 2,9; lob 23,n; di piede (riprodotto ibid.) per indicare il di-
lji n8,105; Deut. 32,35: O't'(ZV aqicxÀ.ij 6 nove; ritto di proprietà su una data cosa.
CXÙ't'WV. - 34 I LXX traducono qui (l)i ,57,n) e altrove
32 Ma Ier. 38,22, di Sedecia che con la sua XE~pEc; invece cbe 7tOl.iEç; da ciò risulta parti-
politica si è messo sulla strada sbagliata, dice: colarmente chiaro che in questi casi non si
«i tuoi piedi affondano nella melma». tratta del piede fisico in sé, bensl del piede
33 Si spiega forse cosl anche l'uso di scalzarsi come simbolo della potenza della persona (-->
per indicare la rinuncia a un'eredità (Ri1tb. 4, nn. 19 e u), la quale può essere appunto sim-
7; Deut. 25,9), se si suppone che la scarpa boleggiata anche dalla mnno.
r3 (vr,626) nou~ C 3-5 (K. Weiss) \ Vl,b27J 14

In netto contrasto con quest'uso sim- vrebbe essere il timore reverenziale, an-
bolico sta la scarsa considerazione del zi l'umiliazione davanti alla divinità 39 •
piede che si esprime nell'uso eufemisti- Il giudeo che nei giorni del digiuno e
co di regel/1tovr:, per indicare gli orga- del perdono cammina scalzo compare
ni sessuali 35 • davanti a Dio come uno schiavo davanti
al suo padrone. Lo stesso fanno il sacer-
4. L'A.T. e il giudaismo conoscono dote e l'uomo pio quando si tolgono i
come altre religioni (~ coll. 9 s.) l'u- calzari prima di metter piede sul suolo
so di denudare i piedi per motivi reli- sacro 40 •
giosi. In primo piano stanno gli episodi
narrati in Ex. 3,5 e Ios. 5,13-15, quan- 5 . Nell'A.T. il piede della divinità ha
do Mosè e Giosuè ricevono l'ordine di una sua parte nelle descrizioni di teofa-
togliersi i calzari a motivo della santita nie. Certamente l'A.T. conosce diverse
del luogo in cui appaiono Dio o il suo forme di teofania: da quella nei feno-
inviato. Tutto l'A .T. presuppone poi meni naturali all'epifania in forme uma-
che i sacerdoti svolgano il loro servizio ne, fino alle manifestazioni spiritualiz-
scalzi 36 • Nel Talmud le norme dell'A.T. zate 41 • Dove però vigono concezioni co-
vengono specificate ed estese a chiun- me quella espressa in Ex. 33,20-23, con
que ponga piede sul monte del tempio e il principio «la mia faccia non si può
nei luoghi santi 37 • Resta da vedere fino vedere» ( v. 2 3) e «nessuno può vede1·-
a che punto i motivi addotti sopra (--'> mi e restar vivo» (v. 20), è quasi natu-
coli. 10 s.) per la nudità cultuale valga- rale che si descriva l'apparizione divina
no anche per l 'A.T. 38• Nella religione non solo di spalle ('àbor, v. 23), ma an-
dell'A.T. e del giudaismo il vero mo- che dai piedi o anche solo da ciò che
tivo della denudazione dei piedi do- sta sotto i piedi oppure dalle orme. Co-

Js Cosl 2 Reg. 18,27 (cocl. Q): me ragléhem vato anche nei giorni festivi (Joma j. 8,1 [44
= urina, e I ud. 3,24: cbtOXEVOVV -.oòt; n6- d 29 s.]).
lìa.t;. È dubbio se anche l'espressione ebrairn 8 In Is. 32,n e Micb. 1,8 la nudità sembra es-
hesck raglaifm (lud. 3,24 e I Sam. 24A) sia un sere espressione di lutto. Cfr. F. SCHWALI.Y,
eufemismo; cfr. GESENIUS·BUHL e KOHLER- Das Lcben nach de111 Tode (1892) 13.
BAUMGARTNER, s.v. skk hlf'il e --'> SUlCERUS, 39 Cfr. JuNGBAUER, op. cit. (~ n. 33) 1349 s.;
s.v. I 3. Anche in Is. 6,2 regel può essere in- MOLLBR, op. cii. (~ n 26) 5. Con l'andare a
teso sia in senso proprio sia in senso eufemi- piedi scalzi è legato il portare il !4q, segno in-
stico. L'esortazione di David a Uria di anda- confondibile di umiliazione: dr. MOLLBR,
re a casa a lavarsi i piedi (2 Sam. n,8) impli- ibid. 41; I Reg. 20,31; 21,27. Se il !4q era in-
ca forse già la vera intenzione di David (vv. dossato senza tunica, le donne avevano anche
u ss.), cioè che Uria abbia rapporti con la il petto scoperto: Is. 3,24; 32,u; d r. I. B EN-
moglie. Cfr. la locuzione che troviamo in Cic., ZIGER, Hebr. Archiio/ogie 3 (1927) 75.
Alt. 2,1,5 e in Mart. l0,81,4; u,71,8: tollere t:> Rabbah ben R. Hona esigeva che coloro
pedem (pedes) (scii. ad conwbitum). che gli si presentavano per il giudizio si levas-
36 Non si menzionano mai le scarpe dei sa- sero i calzari (Shebu. b. 31 a), evidentemente
cerdoti: né nella regola che impone loro di perché Dio è presente nel diritto. Secondo
lavarsi mani e piedi prima di iniziare il loro Ios., allt. 14,172 l'imputato doveva presen·
servizio (Ex. 30,19) né nel rituale che prevede tarsi nl giudice in abito da penitente. Peni-
l'aspersione con sangue dell'alluce destro (Ex. tenza e lutto, che avviliscono l'uomo, sono
29,20; Lcv. 8,23 s.) né nella meticolosa descri- anch'essi accompagnati dalla denudazione del
zione dei paramenti sacerdotali (Lev. 8). piede. Cfr. LEVY, op. cit. (--'> n . 33) 181 s.
37 Vedi S. KRAUSS, Taltìludische Archiiologie 41 Cfr. EICHRODT, TheoJ A.T. n r-18 (§ 12);
1 (1910) 183 s. Il piede nudo deve essere la- ~ µopqi1J vn, coll. 499 ss.
1touç C ,5-D r (K. Weiss) (v1,628) 16

sl abbiamo Ex. 24,ro, con la descrizione 1touc; (il co<l. D legge anche in Le. 5,8
del prezioso poggiapiedi, ma non della 1t0<1L\I, e non y()V(X<T~v ).
persona di Dio. Ps. r8,ro ( = 2 Sam. In questa sede non è necessario di-
22,ro) descrive cosl la teofania: «Ave- scutere i passi in cui 7touc; indica sem-
va sotto i piedi una nube oscura». Da- plicemente il piede come arto inferiore
vid chiama l'arca «sgabello dei piedi o come mezzo di locomozione, senza
del nostro Dio» (I Par. 28,2; cfr. Ez. alcun contenuto semantico di rilievo,
43,7; Ps. 99,5; 132,7; Lam. 2,1) 42• Ps. oppure nei quali il termine è aggiunto
77,20 parla della via, del sentiero, delle a verbi di stato, di moto, ecc. sempli-
orme di Dio invece che di Dio stesso; cemente come rafforzativo (ad es., A-
Nah. 1,3 solo della polvere alzata dai poc. 11,II; Act. 26,16). 'ltouc; indica il
suoi piedi, Abac. 3,5 dei suoi passi. La piede come unità di misura in Act. 7,5:
venuta di Jahvé nel giorno del giudizio oùOÈ ~Tjµcx. -ito.56ç, «neanche un piede
è descritta da Zach. I4,4 in questi ter- di tertal> 44 • Ci limiteremo invece a trat-
mini: «I suoi piedi poseranno quel tare quei testi in cui la menzione di
giorno sul Monte degli Ulivi». 1touc; ha più ampie associazioni.
l . Anche nel N.T. r.ovc; (o il plura-
D. IL NUOVO TESTAMENTO
le 1tOOEc;) può indicare tutta quanta la
Il N.T. fa un uso molto limitato dei
vocaboli che possono indicare le estre- persona (in moto o ferma, -7 coli. 6
mità inferiori. Oltre a 'ltouç e yow, ab- s.). In Act. 5,9 si legge: tooù oi 1tooEc;
biamo 1t'tÉpva., calcagno, solo in Io. 13, -rwv ìJmji&.v-rwv -ròv a:vopa. crou btt -rn
18 (citazioni di ~ 40,ro, ove i LXX leg- Mp~ :>w.i Èl;oicrou<rlv <re, «ecco, i piedi
gono 1t-rEpVt<rµ6c,), e tre volte cncÉÀ.oç,
(osso della) gamba, nella pericope pe- di coloro che hanno appena seppellito
culiare a Giovanni della deposizione tuo marito sono alla porta e ti porte·
dalla croce (Io. 19,31-37). Già questo ranno via», e ciò significa, naturalmen-
fatto ci fa sospettare che nel N.T. 'ltouc;
non indichi soltanto il piede, ma - pro- te: «ecco, gli uomini che hanno appena
prio come nei LXX (-7 coll. I I ss.) - an- seppellito ecc.». In Mt. 4,6 par. il dia-
che la gamba, tutta intera o le sue par- volo incita Gesù a gettarsi dal pinna-
ti 43• Poiché, inoltre, frasi come «cadere
colo del tempio con le parole di lji 90,
ai piedi di Gesù» (1tL1t't'Et\I 'lta.pcX. 't'oÙc; a 1.1....,.,, '
1 r . r 2 : ... µ'1')1tO'tE 'ltpocrxo'I' uc; r.poc; 11.t-
I "\I
'1t6ocxc; 'Iti<rou: Le. 8,41; 17,16) e «get-
tarsi alle ginocchia di Gesù» (1tpo<r1tl- itov -ròv n6oa. crou, <<. .. che tu non urti
1t-rEt'V -ro~c; y6vCX<Tt'V 'Iti<Tou: Le. 5 ,8) so- col piede contro qualche pietral>; grazie
no per la sostanza assolutamente paral-
lele, bisogna pensare che anche yow sia all'omissione del v. II b nella citazione
stato assorbito nell'area semantica di di o/ 90, cade l'immagine di un cammi-

42 Non è sempre facile dire con sicurezza, in nei paesi di lingua tedesca si usa 'gamba' per
certi testi, se lo sgabello dci piedi di Dio sia 'piede' (Triibners deutsches Worterbuch, ed.
il tempio o l'arca. A. GoTzE I [ x939] 269) e 'piede' per 'gam-
43 Ciò è vero sicuramente per Apoc. 1,15; 2, ba' (P. KRE'l'SCHMllR, Wortgeographie der
18; 10,r s.; 13,2; verosimilmente per Io. u,4-1 bochdeutscbe11 Umgangssprache [ 1918) no
e I Cor. 12,15; probabilmente anche per Mc. 9, s.). [DEBRUNNER].
45 par.; Mt. 28,9; Act. 14,8.xo; 16,24. Anche 4-1 Anche Herm., vis. 4,1,6 e 4,2,r.
17 (VI,628) 1touç D 1-3 (K. Weiss)

no arduo per un sentiero sassoso dove mo che agisce scandalosamente, mentre


il piede può inciampare, e il testo vie- il piede può essere al massimo il mezzo
ne adattato alla situazione del momen- che permette all'uomo l'attuazione della
to, nella quale non corre pericolo solo sua malvagia volontà.
il piede, bensl tutta la persona.
3·. Il N.T. conosce anche l'uso di
2. Per assunzione diretta della fra- TIOuc; quale simbolo del potere. In que-
seologia dell'A.T. (-7 coll. I I s.), asso- st'uso particolare si manifesta però ]a
ciata con le metafore della via = con- differenza costituita dal messaggio cri-
dotta ecc. (oooc;, ~ vrn, col!. 239 ss.), stiano rispetto all'A.T. per quanto ri-
dell'armatura, del cingersi (-7 VIII, coll. guarda il rapporto della comunità di
862 ss.), la parola 7touc; acquista il signi- Dio col mondo e i suoi abitanti. Questo
ficato traslato di persona pronta all'a- rapporto ha subito infatti un notevole
zione o già in azione. Cosl Le. l ,79 (ri- mutamento. Mentre spesso nella reli-
prendendo Is. 59,8 ): -rou xa-revi)uw.lL gione dell'A.T. il piede viene usato sim-
~oùç 7toocxc; i]µwv Elç ooòv dpTjv'J'}ç, «per bolicamente in contesti che descrivono
guidare i nostri piedi ( = noi) sulla via l'oppressione, la sottomissione, l'asser-
della pace», e Hebr. r2,r3 (riprendendo vimento di un uomo da parte di un al-
Prov. 4,26): 'tPOXLà.c; òpMc; TCOLEL't'E -roi:c; tro, di popoli stranieri da parte del po-
r.:ocrìv vµwv, «fate dei sentieri dritti per polo eletto, del paese da parte dei
i vostri piedi ( = per voi)». Le parole suoi potenti conquistatori (--7 col. 12 ),
di Rom. 10,15 (che riprendono Is. 52, nel N.T. ritroviamo quest'ordine d'idee
7); wc; wpatoL ol 7COOE<; -cwv EÙr.t:yyEÀL- unicamente nell'Apocalisse, ed anche
soµÉVWV ayai>a, «quanto sono belli i qui esplicitamente soltanto in Apoc. 3,
pied~ di coloro che portano buone noti- 9, che è una citazione di Is. 49,23. Nel
zie», non lodano i piedi, bensì i predi- resto del N.T. il piede non è mai sim-
catori della salvezza e la loro opera, an- bolo della potenza umana e la promessa
che se l'immagine mette in risalto so- di Dio alla sua comunità in Rom. 16,20
prattutto il loro corso per il mondo. annuncia che Dio stesso «triterà pre-
L'oggetto e l'immagine sono dunque sto Satana sotto i vostri piedi». L'eser-
ancora molto vicini. Lo stesso vale per cizio del potere è rimandato dunque al-
Eph. 6,15 e~ VIII, coll. 875 s.). Anche la fonte del potere, a Dio stesso. La
il detto di Gesù sullo crx<ivfoÀov pro- ragione di questo spostamento va vista
vocato dal piede (Mc. 9,45) va inteso palesemente nel carattere integralmen-
metà in senso reale e metà in senso fi- te escatologico del messaggio del N.T.
gurato, poiché causa e fonte dello crx&.v- Qui non si tratta più del dramma alter-
OaÀov sono la condotta perversa o l'uo- no della storia, nel quale il potere tocca
1touc; D .3-4 (K. Weiss)

ora all'uno ora all'altro attore, bensì de o cade ai piedi di una persona in se-
della storia che giunge alla sua conclu- gno di inferiorità soltanto quando tale
sione nell'ultimo scontro di Dio con il persona goda di un particolare rapporto
principe di questo mondo e coi suoi ac- con la potenza e la sublimità di Dio 45 •
coliti. Perciò si attuano ora nella figura Act. 22,3 dice che Paolo era stato «alle-
di Gesù, potente principe escatologico, vato ai piedi di Gamaliele» ( &:va"t'E·
le promesse di ~ 8,7: 1t<i.'ll'ta. Ù1tÉ'Ta.l;a.c; ìlpa.µµivoc;... 1tCl.pa -roùc; n6om; ra.µa.-
i'mox<i.'tw i:wv 7toowv a.u'tou, «hai po- À.t1}À. ). Questa frase non vuole soltanto
sto ogni cosa sotto i suoi piedi» (I Cor. descrivere la posizione esteriore dello
r5,27; Eph. r,22.; Hebr. 2,8), e di 1)1 studente che siede letteralmente ai pie- ·
xo9 ,r: ... l!wc; ll'll 1'w -roùc; éxi>povc; <Tov di del maestro, bensì anche esprimere
U1t07tOOtO'll "CW'll 1tOOW'll O"ou, «finché ab- la riverenza per la torà, che spinge lo
bia posto i tuoi nemici a sgabello dei studente a tale atteggiamento 46 ( ~ n.
tuoi piedi» (Mc. I2,36 par.; Act. 2,35; 40; -+ vr, col. 1171). Gli apostoli, ai
I Cor. 15,25; Hebr. 1,13; xo,13; Barn. cui piedi si depone in offerta il ricavato
12,10). Anche nel caso di altri perso- dalla vendita dei beni (Act. 4,35.37; 5,
naggi apocalittici la descrizione della 2), rappresentano il Signore e Dio : in·
persona e della sua potenza si limita a fotti quando Saffira vuole imbrogliare,
menzionare, oltre la testa, i soli piedi e Pietro accusa lei e il marito di «tentare
le gambe, raffigurati in atteggiamento di lo Spirito del Signore» (Act. 5 ,9 ).
potenza o di dominio: cosi nel caso del- Quando la donna cade morta ai piedi
1'angelo di Apoc. 10,1, le cui gambe so- dell'apostolo (v. 10), è segno che la po-
no come colonne di fuoco posate una tenza punitrice e giudicatrice di Dio o-
sul mare e una sulla terra, dominando il pera mediante Pietro.
mondo intero; cosi ancora nel caso del- In questo contesto si colloca anche
la donna di Apoc. 12,1, che con la luna l'immagine di scuotere la polvere dai
sotto i piedi assume il carattere di un piedi (Mc. 6,r1 par. e Act. 13,51) 47 • Si
personaggio potente di dimensioni co- tratta evidentemente di un gesto che
smiche; cosl, infine, nel caso deJla be- esprime giudizio e condanna. Come mo·
stia venuta dal mare (Apoc. 13,2), le strano le parole dç m7..p-.uptov a.Ù'to~c;
cui estremità sono come zampe di orso. (Mc. 6,n) ovvero bt' a.ui:ouç (Le. 9,
5) (-+ vr, coll. 1356 s.), lo scuotere
4. Nel N.T. si dice che qualcuno sie- la polvere è una prova a carico dell'im-

45 Cfr. J. HoRsT, Prosky11ei11 (1932) 51-67.115 l'interpretazione di ScHLATTER, Kom111. Ml.


s. ~ 'ltPQCTXV\IEL\I; ~ y6vv Il, coli. 593 ss. 334, secondo cui si tratterebbe della polvere
% Cfr. STRACK-BILLERBECK II 764 (e). sollevata dai piedi camminando, che viene poi
41 Il · testo di Mc. 6,n e Le. 9,5 sta contro scossa via dalla veste.
n (v1,630) 1tovc; D 4-5 (K. Weiss) (v1,630) 22

putato 48 • Si tratta quindi di una azio- connessi col titolo di xvpto<; ( ~ v, coll.
ne potente degli apostoli, compiuta per 1481 ss.) 49 • Nella maggior parte dei ca·
l'autorità di Dio e di Cristo. Questi po- si, l'atto di sedere o cadere ai piedi di
teri degli apostoli sono però limitati: Gesù è del tutto naturale, o per la si-
quando Cornelio (Act. 10,25) si getta ai tuazione oggettiva o perché esprime l'o-
piedi di Pietro in atto di venerazione, nore reso comunemente anche ad un
l'apostolo lo rialza dicendogli d'essere rabbino (segno di rispetto), o la venera-
soltanto un uomo. Persino l'angelo apo- zione dovuta al Messia ritenuto presen-
calittico (Apoc. 19,10; 22,8 s.) impedi- te in Gesù. S'interpreterà però corret-
sce al veggente di gettarsi ai suoi piedi tamente l'opinione degli agiografi, an-
in gesto di adorazione: opa. µ1) ... i:@ che dove non è assolutamente esplicita,
i1E0 'itpoO"xuvricrov, «guardati dal farlo! vedendo generalmente nel gesto un se-
... adora Dio». gno di adorazione divina. Ciò vale per
l'episodio di Giairo (Mc. 5,22 = Le. 8,
5. Illimitate e incontestate sono in- 41), della donna sito-fenicia (Mc. 7,25),
vece le espressioni di subordinazione, dei malati deposti ai piedi di Gesù (Mt.
sottomissione e adorazione ai piedi di 15,30), di Maria a Betania (Io. u,32),
Gesù. Il Battista dichiara (Mc. r,7; cfr. per tutti i casi nei quali la venerazione
Act. l 3 ,2 5) di non esser degno di chi- divina è accompagnata dalla richiesta di
narsi davanti a lui neanche per scio- aiuto, come in Le. 17,16 (il lebbroso sa-
gliergli i legacci dei calzari (~ IV, coll. maritano; cfr. anche Pietro, Le. 5 ,8 ), e
935 s.). Il veggente (Apoc. 1,r7) cade dove l'adorazione si accompagna al rin-
come corpo morto ai piedi di Gesù, graziamento per Gesù e alla lode di
soggiogato dalla divinità della sua appa- Dio. Il gesto del samaritano che si get-
rizione. A dire il vero, resta da chie- ta ai piedi di Gesù con la faccia a ter-
dersi se anche negli altri passi in cui il ra 50 mostra che a Gesù viene ricono-
il N.T. descrive persone che siedono, sciuta una dignità regale e gli viene
cadono o vengono deposte ai piedi di quindi reso l'onore appropriato (così
Gesù si voglia esprimere questo effetto Dio, assiso sul suo trono, viene onorato
della divinità del Cristo, come avviene dagli angeli, dagli anziani e dai quattro
palesemente nei casi menzionati. Que- animali in Apoc. 7,11 e n,r6; cfr. Mt.
sto problema rientra però tra quelli 17,6; I Cor. 14,25). Nel caso dell'inde-

43 Come risulta chiaramente soprattutto da un 30 (1931) 97-123.


confronto di Mc. 6,n con Mt. ro,14 s. e Le. SO Per il gesto di gettarsi con la faccia a terra
IO,II s., ma anche dal gesto di Paolo in Act. cfr. HoRST, op. cit. (~ n. 45) 53-55; STRACK-
18,6 (conformemente a Ez. 3,18 s.; 33,1-9). BILLERIJECK u 260 s.; S. KRAUSS, Sy11agogalc
49 E. v. D<.lBscHiiTz, Kvp~oç 'Irwoui;;: ZNW Aitertiimer (1922) 348 s.
'ltovç D 5-6 CK. Wciss) (v1,631) 24

moniato geraseno guarito (Le. B,35) e con quello della donna, allora si coglie
di Maria (Le. 10,39) che siedono ai pie- tutto il significato delle azioni di que-
di di Gesù, non è invece possibile dire st'ultima. Gesù, che per la sua natura
se la posizione sia più di un semplice divina è visto come colui che rimette i
segno di attaccamento riconoscente o di peccati, è fuori della portata dell'uomo
ardente desiderio cl' apprendere 51 • In peccatore. Come nelle teofanie (~ coll.
Mt. 28,9 l'abbracciare i piedi e il 1tpocr- 14 s.) 53 , il mondo peccatore può giun-
xuvEi:v sono invece ovvio segno di o- gere a toccare soltanto l'estremità infe-
maggio divino 51 • riore del corpo divino, i piedi, ed è
Tutto ciò trova la sua espressione quindi ai piedi che esso deve rivolgere
massima nell'episodio della grande pec- l'onore, l'adorazione, tutta Ja sua dedi-
catrice (Le. 7,36-50). In questo episo- zione. Questa interpretazione dell'epi-
dio non solo ricorrono tutti insieme i sodio lucano è suffragata efficacemente
gesti di devozione che potevano venir dal confronto del racconto di Matteo
compiuti ai piedi della persona da ono- (26,6-13) e Marco (14,J-9) con quello
rare (lavare, asciugare, profumare, ba- giovanneo (lo. 12,1-8) dell'unzione di
ciare i piedi), non solo tutti questi gesti Betania 54 • Marco e Matteo dicono che
avvengono in modo particolare (i piedi la donna unse il capo di Gesù, Giovan-
vengono lavati con le lacrime invece ni i piedi (Io. n,2; 12,3). Ancora una
che con l'acqua, asciugati coi capelli in- volta il motivo di questa modifica del
vece che con un panno, unti con profu- quarto evangelista è trasparente: ci si
mo prezioso invece che con olio), ma può avvicinare con un simile atto di
viene fatto ai piedi ciò che spetterebbe devozione soltanto ai piedi del Cristo
al capo (vv. 45 s.). Se inoltre si con- della gloria, oggetto della rappresenta-
fronta il comportamento dell'ospite ver- zione di questo evangelista.
so Gesù (il padrone di casa è un fariseo
che ospita un rabbino: si rivolge infatti 6. Così, finalmente, siamo in grado
a Gesù chiamandolo oto<iaxaÀ.E: V. 40) di intendere l'atto della lavanda dei pie-

51 Per HORST, op. cit. (-7 n. 45) 243 'sedere mentaria che fa terra sia lo sgabello dei piedi
ai piedi di Gesù' sarebbe una frase del lin- di Dio.
guaggio religioso della comuntà indicante l'ac- 51 Per il nostro scopo non qui è necessario
cettazione entusiastica della predicazione mis- decidere, in un senso o nell'altro, l'annosa
sionari:i. questione se si tratti dello stesso episodio di
52 Secondo HoRSl', op. cit. (-7 n. 45) 234 le
cui ci parla Luca. Cfr. K. Wmss, Der wesl-
donne :ibbracdano i piedi di Gesù pet· ba- liche Test. Lk. 7,46 und sein Werl: ZNW 46
ciarli. Tale interpretazione mi sembrn assolu- (1955) 241-245: in questo saggio ho cercato
tamente fuori luogo. di mostrare che l'unzione dei piedi ecc. in Le.
53 Mt. _5,35; Aci. 7,49; Bam. 16,:z riprendono, 7 rappresenta un'inserzione posteriore ripresa
con le parole di Is. 66,1, l'idea vetcrotesta- da Io. 12.
25 (v1,631 l rcovç D 6-7 (K. Weiss)

di (-7 IV, coH. 1289 s.; -7 vn, coll. 'tWV btElvov ... EÀ.EyEv). Erodoto ci ha
1025 s.). A tutta prima ciò che Gesù fa conservato un oracolo delfico sulla ca·
duta di Mileto, nel quale tra l'altro si
ai discepoli (Io. 13,1-20) appare certa- legge: crn.t o'o).oxot 7tOÀ.À.ofot 1tOO<X<; vl-
mente incomprensibile dopo quanto ab- tjJovcn xoµ1}'taL<;, «e le tue spose lave-
biamo detto, giacché in questo episo- ranno i piedi a molti lungochiomati»;
l'adempimento di questa profezia è de-
dio ci troviamo davanti al paradosso del scritto, poco dopo, cosl: yuvai:xE<; xat
Signore glorioso che si china ai piedi 'tÉxva Èv à.vopa.1toowv À.oy4J Èylvov-.o,
degli uomini. Ma è proprio questo pa- «le donne e i figli furono tenuti in con-
tadosso il cuore del racconto. La perico- to di schiavi» (Hdt. 6,19). Plut., Pomp.
73 (r 658 d): ~Ep<.t.7tEuwv oa-a oE<T1to'taç,
pe non intende fissare un particolare rito oouÀ.ot µÉXPL vltj;Ewc; 7toowv ... OLE'tÉÀE-
battesimale per fornirgli un fondamento O"EV, «da allora... continuò a prestargli
eziologico, né respingere falsi riti 55 , ben- tutti i servizi che gli schiavi rendono ai
padroni, sino a lavargli i piedi» 56 •
sl illustrare l'opera salvifica di Gesù,
che si abbassa, si umilia fino a lavare i Quando Io. r3,r5 chiama la lavanda
piedi in un servizio riservato agli schia- dei piedi un Ù1tOOEtyµa (~ 11, coll. 822
vi; si spoglia della sua gloria divina e ss.) e affida al gruppo dei discepoli (v.
procura così la salvezza all'uomo og- q) lo stesso servizio in uguale umiltà,
getto di questo servizio. allora la missione dei discepoli nel mon-
do acquista tutta la dignità della passio-
Questo episodio poteva effettivamen- ne e della crocifissione di Gesù.
te essere interpretato dai presenti in ta-
le senso, perché gli antichi considerava- Secondo I Tim . 5,IO tra i servizi affi-
no il lavare i piedi come un servizio dati alle vedove della comunità (~ n,
riservato esclusivamente agli schiavi, colL 72 5 ss.) c'è quello di lavare i piedi
come espressione della massima dedi-
agli &ytot: quest'atto di umiltà va inte-
zione. Quando David chiede Abigail in
sposa, la donna risponde gettandosi con so alla luce di Io. 13, ed anzi la prassi è
la faccia a terra e dicendo: «Ecco, la stata forse inaugurata proprio dalla tra-
tua serva sarà come una schiava per la- dizione deUa lavanda dei piedi fatta dn
vare i piedi dei servi del mio signore»
(rBcm.25,41). Raccontando il medesi- Gesù 57 •
mo episodio, Flavio Giuseppe rafforza 7. Il N.T. non conosce l'obbligo del-
ancor più l'espressione della prontezza la denudazione cultuale del piede (-7
di Abigail al servizio: «Ma ella disse a coll. 9 ss. 13 s.). Tale usanza compare
quelli ch'erano stati mandati di non es- solo in Act. 7,33 come reminiscenza sto-
sere degna neanche di toccare i piedi di rica (Stefano cita Ex. 3,5).
lui ( = di David)» (ant. 6,308: 'Ì"i oÈ
aval;la 1.dv etvw xat 7tOOWV &tj;aoi>a~ K. Wmss

ss Vedi Bultmann, ]oh. 357 n. 5 a Io. 13,lO. s1 ~ SurcERus, s.v. 1 2 documenta la prassi e
56 Per gli scritti rabbinici vedi STRACK-BIL. l'interpretazione della lavanda dei piedi pres-
LJ!RBECK J[ 557; I 428. so i Padri greci.
r.:pa<r<rw A I I re. Mnurer)

npa<Jcrw, npéiyµet.., npayµa:n:la.,


7tpayµa:t"EUO(J.CU.,
ota.7tpayµet..'l"Euoµm., 7tpax-rwp,
7tpu~tç

t 1tpci<T<TW tra sponda), compiere un cammino,


transitare, andare avanti (Horn., Od. 9,
SOMMARIO:
491; Il. 14,282; 24,264 e passim). Si
A. Fuori del N.T.: arriva cosl al significato successivo. b)
I. La grecità profana:
I. il significato di r.p&.ucrw;
Compiere un cammino per procurarsi
2. 1tpa<r<rw con soggetto divino; qualcom: xÀéoç E7tp<t.~EV, «ottenne fa-
3. TCpaauw con soggetto umano; ma}> (Pind., Isthm. 5,8). c) Se l'imma-
II. i LXX; gine della strada viene applicata a quel-
III. Filone e Giuseppe: la dell'azione intesa in termini astratti
x. Filone; e globali, non si guarda tanto all'esito
2. Flavio Giuseppe. raggiunto 2 , quanto all'occupazione, più
Il. Il N.T.: o meno intensa, con la cosa che si sta fa-
I. l'azione valutata posith·amente;
2. l'azione valutata negativamente;
cendo. Il verbo significa dunque essere
3. 'Ttp&.crcrw in Aci. 26,31 e passim. affaccendato, occupato con qualcosa, oc-
C. I Padri aposlolici. cuparsi di qualcosa, praticare, esercita-
re, fare. Plat., Charm. 162 a e passim:
A. 7tpcX<TC1W FUORI DEL N.T. TCpa't'tl!L'V "\Ù. [ "\Ò] fou'tov, «occuparsi
I. La grecità profana delle cose proprie»; Plat., ap. 31 d:
7tp6-.'t'tEt\I 'tÙ. 7tOÀ~'t~Xà ( 'ltpayµCX.'tll.],
1. Il vocabolo deriva dalla radice in- «occuparsi di politica}>; Demosth., or.
doeuropea per ed ha assunto la forma I 9,77; 26 ,2: 1tp6-.'t'tEt\I 'tl 'tL"\I~ [ ur.Ép
ionica 7tpljvcrw, attica 'ltpch'tw, passan- 'tt\loç], «occuparsi di qualcosa nell'in-
do per 7tÉp&(v), *7tpi'i-xo, *7tpiix-jw 1• Il teresse di qualcuno»; Suidas, s.v.: op&.-
verbo significa giungere oltre, attraver- µa'ta TCpWrCTEL"V, «studiare drammi». d)
sare, compiere, fare. a) Bisogna partire Quando si tratta di danaro, soprattut-
dall'espressione, che ricorre nell'epica, to delle entrate ed uscite dello stato:
npljcrcre:L'V aÀ<i., xÉÀEU~O\I, Mìo~o: attra- esigere, riscuotere (quest'accezione è as-
versare il mare (cioè, andare fino all'al- sodata anche all'idea di irregolarità,

'ltp&.<raw X•À.
PAssow, LIDDELL-ScoTT, MouLTON-MILLIGAN, das Ha11deln im Drama: Philol Supplement-
PREISIGKE, Worl., PREUSCHEN-BAU.ER ', s.v.; band 20 (1928) u esagera però quando affer-
molto utile è sempre J. H. H. SCHMIDT, Syno- ma che la differenza tra 7tp&.-t.-m1 e no~e~v
nymik der griech. Sprache I (:r876) 397-423. consiste nel fatto che 7tp&.-r-tELV indude l'idea
Per l'antica poesia greca dr. O. BECKER, Das del compimento. Ha invece ragione J. H. H.
Dild des \Veges u11d verwa11dte Vorstellungen SCHMIDT, Handbuch der lat. twd griech. Sy-
im friihgriech . Denke11 in: Hermes, Ein- no11y111ìk {:r889) 297: in attico 7tp&.-r-tew in-
zelschriftcn zur klass. Philologie 4 (:r937) s.v. dica «l'attività o l'occupazione diretta a un
1 Per l'etùnologia vedi Bo1sACQ 8rn; HoF- fine preciso, nella quale il soggetto dell'azione
MANN 282; POKORNY 81I . sembra essere più o meno impegnato». Per la
2 Nel greco più antico 7tpa.-·n:w indica in ma- comprensione globale è importante distingue-
niera più forte che in epoca più recente un'a- re l'uso linguistico più antico dall'uso attico.
zione tesa ad un fine. B. SNELL, Aìschylos u11d (H. SCHRECKENBERG].
'l':pticnrw A r r-:a (C. Maurer) {VI,633) 30

di abuso): Hom., batrachomyomachia guistico di Platone, che condizionerà i


18 5: 1tpcl.crcrc:r, µe "tOXOV, «riscuote da secoli successivi. Tra le centinaia di e-
me un balzello». Generalmente al me- sempi, soltanto tre si riferiscono - ma
dio: Plat., Hi. I 282C: T.pri.."t'tEcrl>o:t XPTi- in modo sorprendente - all'operare di-
p,a-.a, µtcri}òv x-cÀ.., «pretendere, pat- vino. Secondo Plat., resp. 3,391 e, non
tuire un salario ecc.»; al passivo in bisogna dire nulla che getti discredito
Thuc. 8 ,5 ,5 : Ù1tÒ f3runHwc; 1tE7tpct:yµÉ- sugli dèi, «perché allora ognuno sarà in-
voc; cp6pouc;, «costretto dal re a pagare dulgente con la propria cattiveria, se è
il tributo». e) Se passa totalmente in convinto che i consanguinei degli dèi
secondo piano l'intensità dell'occupa- (scii. gli dèi stessi) commettono e com-
zione con l'oggetto, si arriva al signifi- mettevano simili colpe ("TOL«.U"t«. 'ltpcl't'-
cato astratto di fare, agire; spesso ab- 't'OVcrl -rE xo:t ~'ltpct.'t''t'OV)». L'azione de-
biamo l'uso assoluto nella locuzione gli dèi non si distingue qui fondamen-
1tpcl."t"tELV xo:i Myc:w, «fare e dire». Un talmente da quelJa degli uomini, ma è
oggetto in accusativo precisa poi addi- sottopostA come questa (sia pure con o-
rittura la qualità dell'azione: 1tpci.-c-rELV gni cautela) al giudizio morale. Simile
òlxo:to: fi &otxa, «fare cose giuste o in- è il caso di leg. ro,901 b, dove si-con-
giuste» (Plat. , ap. 28 b). f) L'uso del- danna il comportamento di chi, «sia dio
l'avverbio caratterizza l'azione sotto l'a- sia uomo» (EL't'E ~eòc; eh'&vi)pw'ltoc;), si
spetto del suo valore morale: 1tpét:t"TEtV occupa solo delle cose grandi e trascura
[ 'tt J òpl>wc;, c;wcpp6vwc;, otxalwc;, ev, «a- le piccole. Ancor più scialbo è l'uso del
gire giustamente, saggiamente, ccc.; fa- verbo in Phaedr. 247 a: ogni divinità
re [qualcosa] bene» (Plat., Gorg. 488 «fa la sua parte» (1tpa"T"tWV 't'Ò ~o:u't'ou)
a; 507 c; Alc. I n6 be). Nella maggior per contribuire alle felici evoluzioni del
parte dei casi l'avverbio esprime però coro divino. Il racconto della nascita del
una situazione esteriore o interiore; cosmo nel Timeo indica l'azione creatri-
Plat., Phaed. 58 e: Ev, xaÀwc;, xaxwc; ce degli dèi coi verbi 7tOtei:v (~ x, coll.
'ltpci."C't'W, «sto bene, sto male, ecc.» ( cfr. 1n9 s.), Èpya~ecri}aL (~ m, col. 831),
il nostro modo di dire 'passarsela bene, 'ltÀci.'t''t'Etv (-4 x, col. 555), O'l'}µtoup-
male'); Hdt. 3 ,26: ò cn6Àoc; oihwc; E- yei:v, yc.vvfi.v, ylyvc.c;l>m, ecc., ma non
'ltp'l'}çe, «la spedizione terminò cosi». con 7tpcX"t't'Et\I (dr. soprattutto Tim. 27
g) 'ltpci.o-uetv è anche termine tecnico nei d-42 e). Anche in Senofonte, nell'unico
testi magici: compiere incantesimi, atti passo in cui npci."t"tELV indica l'operare
magici (Preisendanz, Zaub. 14,951.1396 divino (mem. 4,3,13), ritroviamo la me-
s.; sostituito da 'ltOtEi:v: ibidem 5,338). desima situazione: .qui si dice che il dio
h) Va notato particolarmente che ben supremo ordina e mantiene tutto il
presto il verbo è già usato sensu malo, mondo, e «si vede che fa le cose più
particolarmente nella storiografia, per grandi, ma proprio come ordinatore di
indicare tradimenti: 'ltpci.'t''tEW 't'1]V 1t6- queste cose è per noi invisibile» {oihoç
À.w, «tradire la città» (Polyb. 4,17,12); 't'& µÉytcna µÈv 7tpa"t't'WV òpa"ta~, "ta-
uso assoluto: oi 7tpci.crc;ov"tec;, «i tradi- oe OÈ olxovoµWv a6p~'t"Oc; 'i)µi:v fo't't\I ).
tori» (Thuc.4,89,2; 113,1). In questo passo np&.-.-.w.i riassume in sé,
piattamente, il governo di colui che, in
2. Uno sguardo generale ci permette quanto bene assoluto, concede a ciascu-
una prima constatazione di notevole no ogni cosa al momento giusto. Il ver-
portata: solo in rari casi 'ltpcl't''t'ELV è bo indica quindi soltanto lontanamente
usato per indicare l'agire degli dèi. È l'azione divina creatrice e ordinatrice
particolarmente sintomatico l'uso lin- del cosmo. Riepilogando: soltanto in
r.pauc;w A 1 2-3 (C. Maurer)

casi eccezionali 'ltpa"t'"t'ELV indica un'a- zione. si coglie cosl più facilmente la
zione divina, ma anche allora non mette differenza tra EÙ, xaÀ.wc; 'ltOLEL\I "t'L =
in risalto l'aspetto creatore, come fa, fare bene (a fare qualcosa) ed EÙ, xa.-
ad es., TCOLELV (~ x, coll. I l 18 ss. ). Il À.wç 7tpa"t'"t'EW = stare bene. Istruttivo
verbo 1tpcX:t'"t'EL\I è piuttosto usato dove al proposito è un passo platonico (Plat.,
l'attività divina è considerata analoga a Phaid. 60 e-61 a) nel quale si racconta
quella umana, ma allo stesso tempo, a- come Socrate venisse visitato spesso da
stratta com'è, si sottrae al giudizio u- un sogno che gli diceva «componi e fa'
mano. musica» (µoucrtxTiv 1tOlEt xai €py&..t,ou)
Risultati simili emergono da un esa- e lui, alla fine, obbedisse componendo
me della poesia più antica 3 • Anche qui poesie. Prima, però, Socrate aveva pen-
abbiamo testi in cui si parla, in maniera sato che il sogno chiamasse musica ln
irriflessa, dell'agire divino negli stessi filosofia e lo incitasse, pertanto, «a fa-
termini dell'operare umano: 1tpfj~a.t ò' re quello che già facevo)> (o7tEP i:'npa"t'-
i:'µ'Jt11ç ou "t't ovvi)crEat, «eppure nulla "t'OV ). Con ciò non è stato detto niente
potrai fate» (Horn., Il. 1,562); un uso circa l'intensità di tale occupazione; ma
simile del verbo anche in Aesch ., Prom. d'altra parte si dice altrettanto poco del
75; Soph., El. 200. Oppure si prefe- suo risultato. In un altro testo platoni-
risce volutamente 1tpa-ç"t'EL\I al verbo co (Charm. 163 a-c). Crizia distingue tra
Sp<iv (al quale sono associati giudizi di "t'a Èa.u'tou npch-cEw nel senso di fare
valore etico) per indicare in modo neu- il proprio dovere, cioè fare: ciò che è
trale i disegni e il governo divino che giusto, buono, e "t'a Èau'tov 1tOLEL\I =
sono sottratti a qualsiasi problematica prodm·re le proprie cose (e non quelle
etica: dç •Ò 'TtOCV E1tpr.d;aç wv 1ta.val- degli altri). Socrate respinge, è vero,
"t'Lo<;, «(sovrano Apollo) ... tu solo face- questa distinzione sofista, ma usa an-
sti tutto, tu sei responsabile di tutto» ch'egli il verbo 1tpch"t'EW quando si
(Aesch., Ettm. 200). tratta di indicare con avverbi il caratte-
re di questo agire (Charm. 163 d-164 c).
3. Anche quando 1tpci"t'"t'EW indica Da questi esempi risulta che il termine
l'operare umano si nota un certo distac- 7tpa"t'"t'ELV si presta bene all'analisi teo-
co rispetto a 'TtOLELV. Certamente i due retico-filosofica intesa a valutare l'ope-
gruppi di termini si sovrappongono in rare umano astraendo al massimo dal
notevole misura e possono cosl essere contenuto e dagli oggetti dell'azione.
usati promiscuamente; ma singole locu- Per questa ragione 7tpa't''tELV compare
zioni formatesi parallelamente mostra- con tanta frequenza non solo nel lin-
no ancora una volta la differenza tra i guaggio quotidiano, bensl anche nella
due gruppi. Cosl Elpi)v11v 1tOtELV (~ letteratura filosofica. In questo secondo
III, coll. 241 ss.) significa fare, conclu- caso si tratta della maniera in cui si a-
dere la pace, invece 'TtEpt Elpi)vl]c; 'Ttpa't- gisce (xaÀ.wc;, òpìJwc;: Plat., symp. 180
"t'EW significa adoperarsi per fare la pa- e-181 a; Pro!. 332 a ss.) o dello scopo e
ce (Xenoph., hist. Graec. 6,3,3) e Etp1}- intento dell'azione (Gorg. 467 c ss.). L'a-
V1)\I 1tpU"t'"t'EW mantenere la pace (Xe- zione deve avere per fine il bene (Gorg.
noph., hist. Graec. 3,4,6). Da questi e- 499 e). La filosofia greca si pone soprat-
sempi vediamo che, almeno nel greco tutto il problema della conoscenza dal-
più tardo, 1tp&:t"t'ELV indica più l'attività la quale nasce l'azione che porta alla
in sé che la conclusione positiva dell'a- beatitudine (Plat., Charm. 173 cd; Prot.
l I passi seguenti mi sono stati gentilmente indicati per lettera da H . Sc HRECKENBERG.
r.p&.crcrw A Hl (C. Maurer) lVI,6J)) .34

3 5 2 c ss.) e meno il problema cli un pos- 1tpciu11wJ traduce i verbi ebraici 'afii,
sibile contrasto tra conoscenza e azione fare (5 volte), pa'al, operare (4 volte),
(~ 7tOLÉW x, coll. u37 s.). A base del- halak, camminare (2 volte). Lo scarso
l'azione scorretta non c'è una mancanza uso di 7r:pacnrwJ dipende certamente
di capacità o di volontà, bensl la à.µa- dal fatto che il significato astratto di
iHa.., la mancanza di Émcr-r1Jµ11 (Pbt., questo verbo è troppo debole per de-
Prot. 357e; Gorg. 488a). Questa conce- scrivere l'azione dinamica e creatrice di
zione è presente in molte variazioni, che Dio, oppure l'azione dell'uomo dettata
non possiamo esporre qui particolareg- dall'obbedienza personale. Forse nel
giatamente, in tutta la filosofia postpla- verbo si sente troppo anche un certo
tonica, fìno alla Stoa. Secondo Epittcto tono commerciale. Si capisce così anche
l'uomo buono non fa niente per amore perché quasi sempre 'ItpacrO"ELV compor-
dell'apparenza, bensì agisce per l'agir be- ti una nota etica negativa. Il fenomeno
ne {-rou 7trnpiixl)aL xaÀ.wç Evexa.). Infa t- è particolarmente sensibile ne11a lettera-
ti l'azione buona e giusta (-rà xa..Àà xa.t tura sapienziale: µE't'à ci.BouÀlac; (Prov.
OLX(l.LOC 7tpa:t"'tEL\I) è già premio a se 14;17; cfr. 25,28); 'Jt(>MO't:LV 't't É'll Ep-
stessa (diss. 3,24,50 s.), proprio come la yotç vBpi;wç, «agire con arroganza»
legge di vita dell'uomo che è per natu- (Ecclus 10,6; cfr. 3 Mach. 2,3); 'ltp&.cr-
ra capace del bene consiste «nell'agire ITéLV a'to1ta (lob 27,6; 36,21; 2 Mach.
secondo natura» ('t'Ò &x6Àou~ov -rn cpu- 14,23); èHÌtxoc (Iob 36,23); xocxci (Prov.
cn:i 1tp6:'t''tEW, diss. l,26,1 ). D'altro can- I0,23; 13,IO); cfr. 'ltpaO"<rew &q>p6vwç
to il peccato che è nell'uomo, la con- (Gen. 31,28); uso assoluto: Sap. 14,10.
traddizione tra volere e fare ('JtOLEt'll ), è Sorprendente è Sap. 12>4 con la sua ac-
riconosciuto e superato con la conoscen- cusa («facevano le cose più detestabi-
za, che l'uomo può acquisire (diss. 2,26, li») di atti magici e di riti empi, duran-
y5). In questo modo, però, benché si te i quali, in eccessi di furore mistico,
usino quasi le stesse parole di Paolo si uccidevano dei bambini. Il linguaggio
sulla contraddizione tra azione e cono- figurato con cui Prov. 30,20 descrive
scenza, si giunge a una visione tadical- l'opera della donna adultera {essa «man-
mente diversa dell'operare umano (~ gia», dice l'ebraico) è sostituito nei
IV, coll. 280 ss.). LXX da un eufemistico o't'ocv 'ltp6:~u.
espressione simile a quella che troviamo
II. I LXX già in Theocr., idyll. 2,143. Il nostro
Rispetto a 'ItOLEi:v ( ~ x, coli. r 142 ss. ), verbo ha un significato chiaramente po-
4
7tpa1TCTELV ha nei LXX un ruolo del tut- sitivo solo nei libri storici: xa..Àwç 'Itp<icr-
to secondario: vi è usato solo 38 volte, O"ew, «comportarsi bene» (4 Mach .. 3,
con netta prevalenza degli scritti poste- 20 ); xocÀwc; xat 1w"•Elwç 1tPOC't''tEW, <ea-
silid (ad es., si riscontra solo 1 volta gire bene e nobilmente» (2 Mach. 12,
ciascuno in Gen. e Ios., 8 volte ciascu- 4 3 ). In connessione con at 'ltpci~EL<; nel
no in Iob e Prov. 5, 7 volte in 1-4 senso di res gestae, abbiamo in 1 'E<rop.
Mach.). Per ragioni a noi sconosciute r,31 't'Ò TCpcx.xitÉv 6• Dei molti composti

~ La fonna 1tPc.t't''t'- è usata soltanto in 2 e 4 i.Book o/ Job, Lunds Universitets Arsskrift


Mach.; THACKERAY 122 s.; HELDJNG 19 s. N.F. Avd. I Bd. 43,2 (1946) 17, secondo il
s La singolare posizione dei due libri (per quale essi sarebbero stati tradotti dalla stes-
quanto attiene all'uso di 7tp&.cr<rEW) potrebbe sa mano. Ma anche negli esempi da lui ad-
costituire un ulteriore argomento per la tesi dotti compaiono spesso :i-4Mach. [KATZ].
di G. GERLEMAN, St11dies in the Sept11agi11I. 6 Cfr. come fonte di questo passo 2 Par. 35,
35 (v1,635) 1tp&.a-o-w A Il - B (C. Maurer)

greci di 1tpa-.'t€LV i LXX usano soltan- fondo, equiparato alla <pVuLç intesa in
to ow.'ltpcia'"créw e 1tpOCT1tp6.crcri::w, con- senso stoico: 'tÒ OtXEL<)'t'U.'t'OV avi}pW1tOU
fermando il loro distacco nei confronti cpucm i:ò i::u xo:t SovÀ.EvwDai Y.cxL -itpch-
del nostro verbo. 'tétv xa.t À.Éyew, «ciò che è più confor-
La traduzione di Simmaco (II sec. me aJla natura dell'uomo è di delibe-
d.C.) si allontana sensibilmente dai rare, agire e parlare bene» (mut. nom.
LXX, in quanto usa 'ltpacrcrw.1 persino I 97 ). Così la concezione filosofica di
per indicare l'operare di Dio (tjJ 17,26; 1tptX.Tt'Etv si muove decisamente sul ter-
u8,1:26; anche tjJ 45,9: & ÒLE'ltpa~o:'t'o reno della filosofia ellenistico-stoica. In
XUpLO<;). questo contesto la discrepanza tra il fa-
re, da una parte, e il volere e il dire,
III. Filone e Giuseppe dall'altra, al massimo è un cattivo se-
1 . Solo una volta Filone usa 1tpacr- gno di sofisticheria, non un genuino pro-
créw in riferimento a Dio, distinguendo blema del saggio (poster. C. 86). Coloro
nettamente l'attività teologica del de- che agiscono soltanto per amore di sé,
miurgo al momento della creazione (1tOL- non per amore del prossimo o di Dfo,
€LV~ X, coli. 1125 ss.) dalla sua occupa- sono posseduti da un catti\•o demone
zione nel presente, quando la sua attivi- (Deus imm. 17).
tà non segue un disegno preciso (7tp6.cr- Oltre al verbo semplice 1tpa't',..ELV
2.
cre:w ): lo spirito umano indaga chi sia =fare, agire (ad es·., ant. 8,252; 18,
il demiurgo, «che cosa abbia fatto con 264), Flavio Giuseppe usa diversi com-
un disegno ben preciso e che cosa fac- posti (à..vi:t-, El<;-, xo:•o:-, crvµ7.pa't'tw) e
cia ora e quale sia la sua occupazione altre voci del gruppo (à..7tpo:~lo:, EÙ1tpa-
e vita» ( xo:i i:l OtO:VO'r)tMc; È1tolEt xat ~la, xo:xo1tpa.yla., ecc.).
•l vuv 7tpa-i:-ret xo:ì. •le; a.1h4) oto:ywy'ÌJ
xa1 0loc;: Abr. 163). L'agire umano co-
stituisce l'arte pratica della virtù, che si B. IL NUOVO TESTAMENTO
affianca aJl'arte teoretica (leg. alt. I ,57 Nel N.T. si rafforza ed appare ancor
s.). Si tratta quindi, in conformità con
l'ideale stoico dell'uomo saggio, di giun- più netta quella linea che abbiamo ri-
gere a una sintesi armoniosa di pensie- levato nella grecità profana (~ coli. 2 7
ro, volontà e azione (poster. C. 85-88; ss.) e soprattutto nei LXX (~ coll. 33
vit. Mos. 1,29 ecc.). Perciò incontriamo
spesso in Filone la frase eterogenea ss.). Mentre i verbi 7tOtEL'v (Mc. 5,19;
7tpa-r'tELV xat À.Éyi::tv (op. mund. q4; }lf.t. 19'4 e passim, ~ coli. n33 ss.),
Abr. 6; decal. 101 ecc.). Certamente Èpy&..t;,Ecri)m (lo. 5,17 ~ III, coll. 842
l'Alessandrino sottolinea di continuo i1
s.) e XO:'tépycit;,ecri>o:t (Rom. 15,18; 2
motivo veterotestamentario dell'amore
di Dio come esigenza assoluta: la vera Cor. 12,12) vengono usati come predi-
pietà consiste nel fare tutto soltanto per cati di Dio o di Cristo, Dio non è mai
amore di Dio (leg. all. 3,209; cfr. 126). soggetto di 1tp&..crcr&w 7• Questo termine
Ma anche con questa esigenza l'uomo
non è messo veramente a confronto con scialbo è usato unicamente per indicare
un altro soggetto, perché Dio viene, in l'attività umana, e anche qui con un
27, dove W. RunOLPH, Die Chronikbiicher, 7 La forma attica r;pctT't'- compare .5 volte in
Handbuch A.T. I 21 (1955) ad I., vorrebbe varianti testuali: Le. 3,13; Act. 5,35; 17,7;
leggere d'riikiiiw invece di d'biiriijw. 19,36; I Tbesr. 4,1r.
37 {Vl,635) 7tpàaaw B 1-2 (C. Maurer)

giudizio prevalentemente negativo. l'alternativa &:ya1'0v 1] q>ct.vÀ.o\I e simili


I. I 39 passi del N.T. nei quali ri- (Act. 5,35; Rom. 9,n; 2 Cor. 5,10). U-
corre il nostro verbo cadono tutti, con na considerazione analoga possiamo fa-
sole due eccezioni (in Giovanni), negli re pet Act. 26,26 e I Cor. 9,17, dove si
scritti di Luca (Le. 6 volte, Act. l 3 vol- vuol mettere in risalto più il modo in
te) e di Paolo ( l 8 volte), e solo rara- cui avviene l'azione che l'azione stessa.
mente mostrano una nota etica positi- Il verbo ha valore neutro anche in I
va. Act. 26,20 rende in modo scialbo Thess. 4,n: 'itpM<rWJ -tà totcx, «farsi i
10
l'espressivo xcxp1toÙç 'ltOLEL\I dei vangeli fatti propri». Le. 3,13 e 19,23 presen-
(Mt. 3,8; Le. 3,8 ): &çLcx "t"fjt; µE-rcxvolcxt; tano l'accezione riscuotere (tributi, in-
f:py<X. 'ltpacrO'o\1-rcxç, «essendo attivi in teressi).
opere degne del ravvedimento». In 2. Circa due terzi dei passi associano

Rom. 2,25 troviamo, insieme con altri a 1tpaO'O'EL\I un giudizio negativo, che
verbi ( cpvÀ.a<TO'EW, v .2 6; -.e:ÀEZ\I, v. 27; generalmente risulta dal contesto. Cosl
'ltOLELV, V. 14), anche v6µo\I 'ltpaO'O'EL'J. Act. 19,19 (-.<X. ne:plEpya 7tpa<10'EW, «e-
Phil. 4,9 invita a imitare l'Apostolo. In sercitare le arti magiche») richiama il
questo gruppo di testi rientra verosimil- termine tecnico delle pratiche magiche
mente anche Act. 15,29, ove EV 'ltpaçe:- (--7 col. 29). Singolare nel N.T. è il
-re: significa «farete bene a», anche se costrutto µT)oÈv 1tp&.l;11ç O'E<tu-t0 xcx-
non sarebbe impossibile vedel'e nel te- x6v, «non farti alcun male» 11 (Act. 16,
sto la promessa di una benedizione e 28; locuzioni simili: Le. 22,23; Act, 17,
tradurre «sarete benedetti», «Dio vi sa- 7; l9,J6; r Cor. 5,2; 2 Cor. I2,21; Gal.
rà propizio» e simili 8• Questa tradu- 5,21). Quando in Act. 3,17 Pietro am-
zione sarebbe certamente conforme al- mette che i suoi ascoltatori abbiano a-
l'uso linguistico greco, che compare an- gito per ignoranza (xa.-.à &yvot<X.'\J È-
che in Eph. 6,21; ma la traduzione so- TCpal;a-.E), non intende certamente ad-
lita si adatta meglio al participio prece- durre circostanze attenuanti d'ordine
dente, secondo quanto è attestato an- psicologico 12• In realtà i versetti succes-
che dall'uso linguistico cristiano 9 • In sivi (vv.I8s.) e i passi paralleJi (Act.
altri passi si ha un uso neutrale, senza 13,27; 17,30) dimostrano (~ I, coll.
alcuna valutazione implicita, oppure con 313 ss.) che quanto è avvenuto compor-

8 BBNGEL; ZAHN, Ag.; WENDT, Ag.; BAUERN- Il II costrutto 'ltpét't'tE~v -.wl 't~ è unico nel
J.'EIND, Ag. N.T. Il senso richiederebbe in questo caso
9 Cfr. i paralleli indicati da HAENCHEN, Ag., 'ltO~E~V
(cosi il cod. E); dr. BLASS·DEBRUNNER
ad/. : lgn., Eph. 4,2; Sm. IX,J Iust., apol. r57,1 appendice.
28,3.
to Variante a Le. 19,23: &.vfopal;a, richiedere 12 Cosi WENDT, Ag.; BAUERNFETND, Ag.;
(codd. A®). HAENCHEN, Ag.
39 (v1,636) -n;pacrcrw B z (C. Maurer)

ta una colpevolezza, ma nella nuova età 2,3 l'Apostolo sceglie con cura le paro-
della rivelazione viene inserito nella le: ot 1tpacr<TOV'tEç (v. 3 2) 15 sono la
sconfinata misericordia di Dio. La linea massa di coloro che vegetano nella mor-
negativa risalta ancor più quando con- ta gora della viziosità pagana; al con-
frontiamo npcicrcrEw con gli altri verbi trario l'operare di coloro che conosco-
di fare. Invero abbiamo anche nel N.T. no la volontà di Dio si pone più decisa-
un'area di coincidenza entro la quale i mente come trasgressione consapevole
diversi vetbi possono essere usati come e viene descritto con 'ltOLELV 16• L'Apo-
sinonim'i; cosl Rom. 2,25 (~ coli. 37 stolo non pensa qui soltanto ai filosofi e
s.); Rom. l3,4: xaxòv 11:pacr(n:w = alle autorità pagane che dànno l'esem-
xaxòv 'ltOLEi:v; oppure I Cor. 5,2 s.: ò pio dei vizi maggiori, ma ha già presen-
r.pcX.~ac; 13 = ò xa't'e:pyacrG.µe:voc;. Non te il giudaismo edotto dalla legge, del
esiste invece alcun parallelismo tra quale parla subito dopo ( 2,r ss.). Anche
'ltPtX<TO'ELV 'tà. t&a e (pyci~e:<Ti>aL in z esaminando il caso dei Giudei Paolo di-
Thess. 4,u 14 • Già i due passi giovan- stingue il note:i:v di coloro che, pur co-
nei con 7tp<lcrouv mostrano però la dif- noscendo Dio, si ergono a giudici degli
ferenza fondamentale esistente tra il no- altri (v. 3), dal 1tpao-oav ìmpreci~ato
stro verbo e 1tOLe:iv. In fo.3,2os. e 5, di;:i vv. 1-3 ab, ottenendo un'efficace gra-
29 sj distingue nettamente tra cpavÀ.a dazione. Per quanto riguarda il nostro
'ltptX11<TEW, e 1tOLe:iv 't'OC à.yai}cX. o 'tlJV verbo possiamo dunque affermare che,
à.A.1)i}rnx:v. Anche se Giovanni usa tal- anche quando sì tratta di descrivere il
volta note:i:v in senso negativo (ad es., peccato, 'ltpacrcre:L\I ha un senso_ più in-
8,34.44; 13,27 ~ coll. u82 ss.), pure definito e generale rispetto a quello più
ciò non significa molto, considerata l'al- preciso di 1tOLE~\I, come l'incontro con
ta frequenza di 'ltOte:i:v, mentre 'ltp&:<i- la legge espone l'uomo peccatore al giu-
cre:w è usato senza eccezioni in senso dizio di Dio in _un senso molto più
negativo. preciso.
Negli scritti paolini la differenza Probabilmente dobbiamo intendere in
compare ad altro livello. In Rom. r,32 - modo analogo la differenza tra ?tpclO'.O'ELV

B Invece i codd. P 46 BDG pm leggono 7tOL1)- vute al fraintendimento dcl participio dativo
craç. 1tpaCTcrovow, va però accettiita la lezione del
14 La Vulgata distingue quasi costantemente Nestle.
tra il più generico e astratto 1tp&.crcreiv = 16 Bisogna cosl concordare col BRNGEL (a
=
agere ( occuparsi di qualcosa, fare qualcosa), Rom. r ,32) per la spiegazione di 1tO~E~v ( etiar11
il produttivo -n;o~Ei:v = facere ( = produrre, a/feclu et ratione), mentre quella di 1tp&.cr11Ew
creare) e il concreto tpyal;ecri>m = opcrari non è pertinente (hoc verbum... accurate ex-
( :== affaticar#, realiztare q11alcosa co!l fatica). primit pet11lantiam flagitiosorum divi11ae iusti-
15 Ln varianti testuali potrebbero essere do- liae prorsus contrariam ).
.p (v1,637)

e 'ltoLEtV in Rom. 7,15.19(~x,coll. 1180 il bene, che pure si vorrebbe. Non resta
s.; ~ rv, coll. 276ss.) 17 • Con riguardo al che una vita spenta, in cui l'uomo è
v. 16, già nel v.15 b l'attenzione si ap- occupato a fare il male che non vuole
punta sul volere e non già sul fore: per- ( 1tprX<TCTEL\I).
ciò, in un primo momento, l'Apostolo
usa 'ltpa/.TCTEW ( = essere occupato in 3. ·Particolare attenzione meritano le
qualcosa, venir facendo) per indicare un parole degli Atti che stabiliscono l'in-
fare che non mira all'adempimento del- nocenza di Paolo nel processo di Geru-
la volontà 18 • Invece pel caso contrario, salemme e che culminano nelle parole
quando l'uomo fa ciò che odia, Paolo di Pesto ad Agrippa n: i:ht o-ÒoÈv ilcivci-
usa il ben più definito r.otELV, giacché in 't"OV 1) OEO"µWV èt~t.OV 'ltpaO'CTEL Ò livi)pw-
questo caso l'azione si attua completa- 'ltO<;, oih·oc;, «quest'uomo non fa nulla
mente, si compie. La pericope di Rom. che vada punito con la morte o con il
7,18-20 esamina invece l'operare (xa- carcere» (Act. 26,31; cfr. 25,n.25; pa-
'tt:pyrisEcrila.L) dominato dal peccato. Se ralleli di fatto sono, anche se non vi
per quanto riguarda il volere si può a- compare il verbo 1tpamn:w, Act. 23,9.
vere ancora l 'impressione che l'uomo 29; 25,18; 28,18). Anche qui sussiste,
resti in qualche misura autonomo, quan- come trala morte di Stefano e quella di
do si passa all'operare si vede che il Gesù, un parallelismo intenzionale tra
peccato, che porta a fare il male, è si- l'innocenza di Paolo e la triplice consta-
gnore incontrastato (v. 18). Davanti al tazione dell'innocenza di Gesù da parte
peccato 1a volontà di fare il bene spari- di Pilato (Le. 23,4.14 s. 22) 19.
sce dalla scena ( v. 20). Di qui si capisce Il significato di questo particolare
il cambio dei verbi nel v. 19: il verbo schema espositivo di Luca non si esau-
'ltOtEtv, più forte e implicante l'idea di risce nella supposta tendenza a incolpa-
re i Giudei e a discolpare le autorità ro-
azione portata a termine, sottolinea ap- mane per difendere cosl la giovane cri-
punto la tragedia di non riuscire a fare stianità davanti allo stato romano 21l. In-

17 Per la bibliografia su Rom. 7 cfr. W. G. die A11thropologie des Paulus, in Imago Dei,
KiiMMEL, Rom. 7 u11d die Bekebru11g des Pau- Festschrift fi.ir G. Kriiger ( 1932) 60 s. ha vo-
/11s (1929) vn-xv; P. ALTHAUS, Paulu:r tmd luto vedere come oggetto la 'morte' e la 'vita'
L11ther iiber de11 Me11:rche11 2 (1951) 12; inol- anche nel v. 15.
tre K. DARl'H, Kirchliche Dogmatik 1v 1 19 Cfr. R. MoRGENTHALER, Die /11ka11i:rche Ge-

( 1953) 648-659; Mrc HEL, Rom., ad i. :rchicht:rchreib1111g als Zeugnis I (1948) :182 s.
1s Oggetto di i}f>,ew, 'ltpa<r<mv e not.E~v (v. 20 BAUERNFEIND, Ag. 266; M. Drneuus, Pa11-
15) e di xa-rEpya!;evcr1'cu (v. 17) è il 'bene' lus in der Apostelge:rchichte, in Auf:riitie zur
ovvero il 'male', mentre la proposizione tema- Ag., cd. H. GREEVEN 2 (1953) 179 s. (secondo
tica (v. 15 ") si riferisce all'effetto complessivo il Dibelius Luca vorrebbe anche mostrare ai
dell'agire umano, al risultato incomprensibile cristiani come comportarsi davanti ai giudid);
e non voluto 'delle azioni umane: cfr. BuLT- H. CoNZELMANN, Vie Mitte der Zeit (1954)
MANN, Tbeol. 244. R. BuLTMANN, Ri:J11i. 7 u11d u7-u4; HAENCHEN, Ag. 621 a Act. 26,J2;
43 (vr,638) T>pcicruw B 3 - T>pi'iyµa. l (C. Maurer)

fatti, in primo luogo queste solenni il nome di Gesù Nazareno» (Act. 26 ,9 ),


dichiarazioni d'innocenza sono fatte fa notare con le sue stesse parole fa dif-
insieme e concordemente dal procu- ferenza tra lui e Gesi1, nel quale soltan-
ratore romano e dal re giudeo (Le. to si fonda l'innocenza dell'Apostolo.
23,14 s.; Act. 26,31); in secondo luogo,
Ja decisione definitiva e ufficiale di Pi- C. I PADRI APOSTOLICI
lato, indicata inequivocabilmente me-
diante il verbo Èmxplvmi (Le. 23,24) 21 , Nei Padri apostolici 1tpacrcrEw è usa-
mette in evidente risalto l'abuso, la vio- to come nel N.T. a livelli diversi, con
lazione della legge da parte di quell'au- una netta prevalenza anche qui dell'uso
torità romana che era stata insediata negativo: 1tpacrcrELV indica generalmen-
proprio per proteggere e garantire la te l'agire riprovevole (cfr. r Clem. 35,6;
giustizia. Dobbiamo inoltre presumere 2 Clem. 4,5; 10,5; Herm., mand. 3,3 e
che il frequente riferimento al tribuna- passim).
le imperiale (Act. 25,n s. 21.25; 26a2,
ecc.) non sminuisca ma renda ancor t1tp&yµa
maggiore la responsabilita di Roma per
la morte dell'Apostolo, presupposta e 1. r.ptiyµa è propriamente il concreto
sottintesa in tutto il racconto (dr. Act. di 1tpli~Lr.;, ma talvolta ne diviene quasi
20,25). In terzo !uogo, l'innocenza di sinonimo. Possiamo fissare il significato
Gesù non è riconosciuta solo da Pilato, di 1tpliyµa lungo le seguenti linee. a)
ma anche dal centurione ai piedi della L'attività a cui qualcuno attende perché
croce (Le. 2 3.47) e, soprattutto, dal la- costituisce il suo compito: impresa, man-
drone alla destra di Gesù (Le. 23,41 ). sione, affare, compito, dovere, incom-
Nel terzo Vangelo al centro degli av- benza : Plat., ap. 31 d: ..-à. 1tOÀ.L'tLXÒ'.
venimenti sta Gesù, la cui innocenza 1tpctyµa-.u., «gli affari dello stato»; Phi-
viene proclamata da testimoni cosl dub- lo, plant. 146: -.«
(ÒLa 'tE xa.t xowà.
bi come l'autorità romana e giudaica e 1tpayµa:ra, «gli affari privati e pubbli-
il malfattore in croce. In questo modo ci» . Anche in senso negativo: 1tpécyp,a-
il problema giuridico della colpa della -.a. EXELV, avere faccende antipatiche, af-
morte di Gesù viene sottratto alla veri- fanni, noie: Epic., sententiae selectae 1:
- flca umana e Luca indica piuttosto la ..-ò µa.xapLov xa.i èi<p1>ap•ov ov-.E
a.1hò
strana giustizia del OEL divino e~ II, 1tpctyµa..-et EXEL OV"tE lf).,),<i> 'ltGtPÉXEL,
coll. 796 ss.) per la quale l'innocente «l'essere beato e incorruttibile non ha
redime i colpevoli 22 • In maniera del tut- lui né reca ad altri affanni». b) Indica
to simile ora, secondo gli Atti, Paolo, l'oggetto dell'attività umana espresso in
strumento del Cristo glorificato, dichia- termini generici e impersonali: cosa, af-
rato innocente da tutti e pure trattato fare, questione, ecc.; -.à µ€..-ÉWpet 1tpa:y-
da colpevole, porta l'evangelo a Roma. µet"ttx, «i fenomeni celesti» (Aristoph.,
Quando però l'Apostolo confessa aper- nub. 228 ); -.à. •i)r.; q>Va-Ewç 1tpci.yµa..-oc,
tamente di essere stato in passato con- «i fenomeni naturali» dell'universo (Phi-
vinto «di dover fare molte cose contro lo, som. 1,5 3 ); 1tp&:yµa'ta. àcrwµu.i:cx,
664 s. Che Luca voglia discolpare Pilato è ne- Ios., beli. 6,416; a11t. 14,192; D1TT., Or. II
gato, ad es., da M. J. LAGRllNGE, Evangile se· 483,1 ss.; Act. 25,25.
1
lo11 Saint Luc (1948) 575· 22 Contro CoNZELMANN, op. cit. (~ n. 20) 71
21 Èn~xpl\IEW indica la decisione ufficiale del s. rzo. Questo aspetto fondamentale esclude
procuratore (contro CONZE.LMANN, op. cit. [ ~ anche ogni analogia coi martiri giudei che sof-
n. 20] 7r s.): cfr. 2 Mach. 4,47; J Mach. 4 12; frono innocenti.
;;piiyµo. 1-2 (C. Maurer}

i>Ei:a, vo'J')"C6:, «le realtà incorporee, di- traduce /:Jefef = cosa, oggetto 2 • Altri
vine, intelligibili» (rer. div. ber. 63.66); equivalenti ricorrono in tutto l'A.T . solo
"Cà "Cou f3lou 'ltpayµ(x:m, «le attività del- isolatamente.
la vita» (decal. i50) ecc. Viene sottoli- Potrebbe sorprendere che alcune vol-
neata l'importanza, la portata di qualco- te i LXX usino 7tpéiy1ux. per indicare le
sa: où 1tpiiyµ6: É<T"CW, ovoÈv 1tpa:yµa, opere di Dio, ma un esame più attento
ecc., <<non significa niente», «non impor- dei passi mostra quanto quest'uso sia ca-
ta affatto» (Plat., Crat. 393 d) ecc.; suale. Is. 25,1: É'ltol'l")<Ta.ç i>auµa<T"Ca
in senso positivo: µÉytcr"Co\/ 'ltpijyp.u.., 1tpayµa-.a = 'iiSitii pele', «hai compiu-
«grandissima influenza» (Hdt. 3,132). e) to meraviglie». Abbiamo qui una forma
Indica l'esito dell'attività: fatto, dato di collaterale arbitraria di 'tÒ: i>a.uµaO'LOC,
fatto, avvenimento, ecc., ad es. i fatti che altrove rende pele' (tjl 76,12.I5; 77,
storici: •t"fJ\/ tcr"toplav -.wv rçpa:yµa'twv 12; 87,n.13; 88,6). Un costrutto analo-
"COV'tW\/ &.vaypaq>EtV, «scrivere la storia go si trova in Is. 28,22: cruv't'E'tEÀECTµÉ.\/a
di questi fatti» (Ios., vit. 40 ecc.) d) Il xa.t (1\)\/'tE'tµ'l")µÉva. 7tp6:yµa.-.a., «cose
termine indica anche le cose nel loro ef- portate a termine e compiutel> ( = kiila
fetto sugli uomini: le circostanze, le wene/:Jeriifa, «distruzione e giudizio»).
condizioni, la situazione; ..a. xowa 1tp6:y- Cfr. al proposito Is. 10,23, dove la me-
µa-.a, «gli affari comunil> (Eur., Iph. desima locuzione ebraica è resa con À.6-
Taur. 1062 ); -.a. &.vi'tpw'lt1}ta 7tp1ryµa:ta:, yoc; <1\JV't'E'tµ"l}µÉvoç . Inoltre ... 7tp<iyµa.
«le vicende umane» (Hdt. l ,207; Philo, >-.OLTJO'EL µE"Cà crou ò i}E6c;, «Dio compirà
som. l,153 ss.); in senso cattivo: Év 'tOL- un'impresa con te» (Iudith n,6). In
ov'totç 1tp6:yµaow, «in una situazione Am. 3,7 ( oò µ1} 1tOL1)cr11 x.vpwç ò ~Eòç
cosl critica» (Xenoph., an. 2,1,16). e) Si- 1tpiiyµa, «il Signore Dio non farà cosa
gnificato particolare: azione giudiziaria, alcuna») 7tpéiyµa. è determinato da una
causa, processo: 'ltpéi:yµa EXEW 1tp6ç 't'L- negazione; cfr. oùSÈv 7tp<i.yµa., che si-
voc, «essere in causa con qualcuno» (P. gnifica nttlla (Gen. I9,22; Num. 20,19;
Oxy. 1v743,19 [r sec. a.C.]; Ios., Ap. Deut. ·24,5 ). In proposizioni negative o
2,177). condizionali nfiv 7tpilyµa. significa sem-
plicemente qualcosa (Lev. 5,2; Iud. 19,
2. I LXX usano 1tpiiyp.a in questo si- 19 ecc.). Non si tratta invece di opere
gnificato generale. Dei 125 esempi di di Dio in senso stretto in Aa.v. 4,37''
1tpiiyµoc, pii1 della metà compaiono nei (Dio cambia ùm:pµEyrn11 o µEyaÀ.oc
libri scritti in greco nell'età ellenistica. 'ltpayµa.'ta. nella vita di un uomo) o in
Negli altri casi 7tpiiyµa. traduce quasi o- Num. 22,8 (Balaam annuncia i 1tpa:yµa.-
vunque diibiir nel senso di cosa, affare 1• "Ca detti a lui dal Signore).
Due volte (lfJ 63,4; Prov. I3,I3) diibiir è Vanno notati i seguenti casi partico-
tradotto con 'ltp<iyµoc, benché significhi lari. Nei LXX 'ltpéi.yµa può indicare an-
chiaramente parola. 3 Ba:cr. 10,22c: «Sa- che il male: 7tpcl.yµa. &.xcX.i}a.p-.ov (Lev.
lomone non diede alcuno dei figli d'I- 7,21 ecc.); 'ltovnpòv (Deut. I7,5 cod. A;
sraele Elç 1tpiiyµm> cioè, in base al con- ecc.); 'ltctp6:voµov (tjJ IOO,J); ttO'XT)µov
testo (cfr. 2 Par. 8,9), in ischiavitt't. Al- (Deut. 24,1 ); similmente anche 'tÒ npiiy-
trove (Ecc!. 3,r.I7; 5,7; 8,6) rcpéiyµa. µu.. -ro\ho (!ud. 6,29 e passim). Nei libri

7tptiyµa
l Per il rapporto tra {njµ~ e 7tpiiyµo. nella iJJ der Septuaginta (1951) 160 s. 190 s.
traduzione di diibiir cfr. E . REPO, Der Begrifl 2 Come nell'ebraico moderno; cfr. GnSENIUS-
'Rhèma' im Bibliscb-Griechischen 1: 'Rhema' BUHL, s.v.
47 (v1,639) TCpfi:yµa 2-3 (C. Maurer)

dei Maccabei 'tà. 7tpa:yµa-w. significa ge contiene solo un'ombra, non l'essenza
spesso gli affari di stato (2 Mach. 9,24 e delle cose, cioè il compimento stesso
passim; cfr. Dan. 2,48-49), anzi persino
della salvezza ( ro,1 [ ~ III, coli. 177
gli affari di governo (2 Mach. 3,38; 1r,
r9 e passim); ot 'tE'tet:yµÈvo~ È'Itt 7tpay- s.] ). La fede (~ x, coli. 42 7 ss.) è ?tprxy-
µa:twv, «i funzionari statali» (3 Mach. 7, µ6:twv ~ÀEyxoc:; où (3À.E:7toµÉvwv, «di-
r ); ò È7tt "tWV 'ltpayµa'twv, «l'ammini- mostrazione di cose che non si vedono»
stratore imperiale» (2 Mach. 3,7; rr,r 4
ecc.). Inoltre: imprese eroiche (Iudith (Hebr. II,1) . Il genitivo non è sogget-
8,32; rr,16), processi, cause (I Mach. tivo 5, quasi che le cose invisibili addu-
rn,35.63). cessero esse stesse una prova della pro-
pria realtà. Per quanto nella Lettera agli
3. Nel N.T. TipiX:yµu è usato II volte.
Ebrei la fede si fondi tutta su Dio, pure
6 volte il termine presenta un'accezione
il soggetto qui sottinteso è la fede stes-
del tutto neutra: Gestt promette che la
sa e non già Dio 6 , Le 'cose invisibili',
preghiera verrà ascoltata, qualunque co-
a differenza della filosofia di Filone e di
sa sia richiesta ('ltEpt rcuv•òc; ?tpayµa-
qualsiasi altra filosofia, sono i beni pro-
'toç: Mt. r8, r 9) e Paolo si raccomanda
messi della salvezza 1 • Qui è impossibile
che Febe venga assistita in qualunque
intendere 7tpayµa't"a. nel senso di fatto,
richiesta (Rom. 16,2). Le. r,r menziona
avvenimento, azione, quasi che il termi-
gli eventi che si sono compiuti tra di noi
ne indicasse l 'esercizio del ministero sa-
(.-&. 1tE1tÀ1)pocpopl)µÈva Év Tjµi:\I 7tp&.y-
cerdotale di Cristo nei cieli 8 •
µu•a ): sono gli eventi salvifici narrati
In tono di condanna Pietro chiede ad
nel Vangelo di Luca fino all'ascensione
Anania (Act. 5,4): «Perché ti sei prefis-
di Gesù 3 . Nella Lettera agli Ebrei si co-
so questa cosa (cattiva)?». 2 Cor. 7,u:
glie quasi il ricordo dei 7tpayµa.'ta. 1Ma.,
È\J 'lt(X.V'tt CTUVECT'tl}ei<J.'tE Èa.V'tOÙ<; a:yvoÙc;
VOl)'t"é.<. di Filone (~ coll. 44 s.). La fer-
Et\la.~ 't@ 7tp<X.yµ.a.'tt, «in ogni modo a-
ma fiducia di ricevere il bene sperato,
vete dimostrato d'essere innocenti in
già pronto per i credenti, si fonda su
q~ella (triste) faccenda»; Iac, 3,16: miv
due cose, precisamente su due eventi,
<ptluÀov npélyp.a., «ogni cattiveria».
avvenimenti (Hebr. 6,r8): la promessa e
il giuramento di Dio (6,r 3. r 7). La leg- Per I Thess. 4,6 sono possibili tre in-

3 Cosi M. J. LAGRANGE, Eva11gite selo11 Saint 6 Con MICHEL, H ebr., ad l., contro F. BiicH-
Luc' (1948 ), ad l.; S cHLATTER, Komm. Lk ., SEL, art. EÀEYXO<;: ~ 111, coll. 397 s.
ad l. Secondo ZAHN, Lk. 50; KLOSTERMANN,
7 Secondo ]. H ÉRING, L'Epitre a11x Hébreux
Lk. ; HAUCK, Lk., ad l. sono invece inclusi an-
(1954), ad l., proprio il riferimento al mondo
che gli eventi narrati negli Atti.
4 Per ragioni ritmiche TCpa·(µ<l.'tw'll non va ri- futuro segn:i la differenza decisiva dl!lla filo-
sofia contemporanea.
ferito a ÉÀmsoµÉvwv (cosi P"), bensl a ~ÀE·
'ltOµl'llW'\I. 8 Contro C. S PICQ, L'épilre aux Héhreux II
5 Così Glaube 524 s.
S c H LATTER, (1953 ) 339.
49 (v1,640) r.péiyµa 3 IC. Maurer) (VI,<>40) 50

terpretazioni: senso più generico di «la faccenda in pa-


a) il danneggiamento del frate1lo va rola» e di precisare in base al conte.sto
messo in relazione con gli affari, il com- la natura di questa faccenda. La cosa piì:1
mercio 9 • Ma questa interpretazione, do- semplice è allora di considerare gli infi-
vuta alle traduzioni latine, è insosteni- niti dei vv. 3 s. 6 come proposizioni fi-
bile: r.pri:yµa. coincide sl in larga mi- nali implicite dipendenti da -.ò i}ÉÀ.T)µa.
sura con negotium, ma del termine la- {v. 3): in questo costrutto la mancanza
tino non condivide l'accezione specifi- di congiunzione davanti al v. 6 dimostrn
ca di affare, occupazione, impresa com- appunto che il v. 6 tratta lo stesso ar-
merciale 10• Anche se in luogo di Èv -ri{) gomento dei versetti precedenti 1 ~. V1tép-
1tpa:yµa·n si legge EV ~~ 7tpayµa-.~ (con ~a.lvEtv e 1t).EO\IEX'tE~v n9n contengono
-.41 enclitico) 11 , 1tpiiyµa va preso neces- di per sé alcun riferimento alla sfera ses-
sariamente nell'accezione più generica di suale 15, ma indicano soltanto il supera-
«in qualsiasi faccenda», senza limitare mento, da parte de1l'uomo, della misura
dunque il termine alla vita commerciale. assegnatagli, oppure la trasgressione del-
b) 7tpocyµa potrebbe significare lite, le norme che si devono osservare per po-
causa,. processo 12• Questa accezione è ter vivel'e in società 16• In questo conte-
certamente ben documentata (~ col. sto l'inganno ha luogo quando uno e-
45) negli stessi scritti paolini (I Cor. sce dalla sua legittima sfera d'azione e
6,r) 13 • Ma questo significato particolare sconfina nella vita coniugale del fra-
risulta generalmente dal contesto, men- tello 17•
tre nel passo in esame non c'è nulla che
lo richieda necessariamente. È pensabile In I Thess. 4,6 7tplly1.1.a è dunque un
che Paolo esortasse i Tessalonicesi a sostituto eufemistico della sfera sessua-
moderarsi nel ricorrere all'azione giudi-
ziaria, senza spendere una parola per in- le, parallelo a quello attestato per 7tpau-
vitare (come in I Cor. 6,7 s.) i membri O'Etv (~ coJ. 34) e 7tpéi~~<; (~col. 57).
della comunità alla pace e alla con- Possiamo così tradurre il passo, libe-
cordia?
ramente: «e nessuno si permetta di vio-
c) La soluzione più naturale sembra
dunque quella di prendere 7tpiiyµa nel lare arrogantemente i diritti del frate!-

9Cosl già Hier. a Epb. 4,17 ss. (MPL :i6,622); l6 DELLING ( - x, col!. 587 s. 590 ss. 597) ha
DonscHiirz, Tbess.; WOHLENBERG, Thess.; dimostrato irrefutabilmente che 1tÀ.EOVEX-tEi:\I
Bibbia di Lutero; JoH. ScmmIDER, - 1x, coll. ha questa e~tensione nel greco extrabiblico e
)I7 S. in Filone. Cfr. particolarmente l'equiparazione
io L'unico esempio a sostegno di questo signi- di 1tÀ.EOVEl;(oc con Ù'ltop~'fi\IOCL 't'Ò olxoctoV in
ficato registrato in MouLTON-MrLLIGAN (un te- Dio Chrys., or. 67,12 <- x, col.591). Questa
sto di Teadelfia) è dovuto in realtà a un frain- ampiezza semantica rimane anche nel N.T. <-
tendimento di una nota al testo in Mrn·ms- "• coli. 598 ss.); dr. soprattutto 2 Cor. 2,u.
WILCKE.N r 2,99 n. 1.
li Armeno (~v 'tLVL, congettura di GROZIO). 17 In diversi passi dcl N.T., soprattutto negli
12 CREMER-KOGEL; DnrnLius, TheJS.; DEL- elenchi di vizi, l'avidità e l'impudicizia ven-
tING, - x, coli. 599 s. gono menzionate insieme (r Cor. J,Io; 6,9 s.;
13 Cfr. sulla questione L. VISCHER, Die Ausle- Eph. 4,19; J,3.5; Col. 3,5; 2 Petr. 2,14); nrn
grmgsgeschicbte vo11 1 Kor. 6,1-n. {1955) 7-9. questa non è una ragione sufficiente per limi-
14 BF.NGEL, ad l. tare unilaterahnentc in r Tbess. 4,6 il signifi-
1s Contro E. KLAAR, 7tÀ.EOVE~la, -Éx-r'l}<;, 'ltÀ.Eo- cato di 1tÀ.EOVEX't'ELV, preferendo l'accezione di
VEX'tE~v : ThZ 10 (1954) 395-397. 'avidità'.
7tpiiyµet 3 - 7tptt.yµa:tda. 2 (C. Maurer)

lo nella questione in parola (scii. l'im- cui o con cui ci si occupa: il lavoro, l'at-
pudicizia)» 18• Con questa interpretazio- tività: Ti -rou otaÀ.Éye.critai. 'ltpayµa.-rElcc,
«la pratica del disputare» (Plat., Theaet.
ne la pericope di I Thess. 4,3-8 appare 161 e); a.t 'tOU ~lou 'ltpa.yµa.-rEtaL, «le
come un tutto omogeneo. Pattendo dal faccende della vita quotidiana» (Philo,
principio della santificazione in senso la- spec. leg. 2,65); anche gli affari di sta-
to: a.t 7tpa.yµtX'tEtett, «i doveri ufficiali»
to, si pone sotto il giudizio della volon-
(P. Tebt. 15,143 ecc.). e) Affari com-
tà divina uno dei problemi decisivi della merciali: Ti -rwv ùnosuylwv swwv 'Ì)µw'll
comunità etnico-cristiana. Riferendo ~ npayµa•Ela., «il nostro affare con ani-
crxEuoc; (v. 4) alla donna, in primo luo- mali da tiro» (P. Oxy. IV 806 [1 sec.
a.C.]). d) Indica anche il risultato di un
go si rilìu ta il libero amore ( v. 3 ); in se- lavoro, specialmente intellettuale: la
condo luogo si inculca la santità del pro- trattazione, lo scritto, specialmente l'o-
prio matrimonio (v. 4); in terzo luogo si pera storica (Polyb. l,I,4; 3 1 1; Ios., ant.
1,5; 14,218).
vuol proteggere il matrimonio del fra-
tello (v. 6). Infine viene ·ribadito (v. 8) 2. Gli 8 esempi dei LXX non ci for-
niscono alcuna nuova indicazione. L'ac-
che non si tratta di semplici rapporti u-
cezione impegno, attività intensa può es-
mani, bens1 dell'ubbidienza dovuta a ser presente in 3 Bacr. 9,1, particolar-
Dio, il quale ha reso il corpo strumento mente se si pensa al corrispondente e·
braico peJeq, desiderio profondo, cosa
del suo Spirito.
desiderata. Un confronto con 3 Ba.cr. 10,
4. Tra i Padri apostolici, 1tpo.yµa è 22 ( = 1 Reg. 9,19) ci fa però preferire
8

usato più di tutti nel Pastore di Erma il significato di attività esercitata, opera
( 19 volte), principalmente nell'accezione svolta, perché anche se troviamo qui i1
sbiadita di cosa, faccenda, questione; ad medesimo termine ebraico, non si tratta
es., -roc ~tW't'txà 'ltpa:yµa:rn., «le faccen- più di progetti e desideri, bensl dei la-
de della vita quotidiana» (vis. 3,n,3; vori compiuti da Salomone a Gerusa-
mand. 5,2,2). lemme. 1tpayµa-çflet in 3 Bcx.<r. 7,19 ( =
I Reg. 7,33) è una versione errata : il
traduttore ha letto peieq = lavoro ese-
t 7tpa.yµa."tEt<X. guito, invece di piJiuq = razza. 'ltpa.y-
µa.-çEla significa compito, incarico, ordi~
r. Derìva da 'ltpa.yµa't'Euoµa.t e signi- ne, servizio in I Par. 28,21 (m"lii'kii) e
fica: a) attività solerte, occupazione, im- aa\I. 6 14; in 3 Bcxcr. 10,228 indica l'ese-
pegno in qualcosa: 'ltO'llW\I 'ltoÀÀW'll xa.L cuzione (diibiir) del lavoro forzato . Un
'ltpa:yµa.-çElac; EL\la.L, «essere persona di semplice errore di scrittura ha dato
molte fatiche e impegno» (De!nosth., 'ltpa.yµa.•Elcxç invece di ypa.µµa.-rElaç in
or. 8,48 ); &.'Vi>pW'ltWV 'ltpa.yµcx:rEla., «le \j/70,15 (cod. B). Abbiamo l'accezione
occupazioni (o anche le faccende) degli di opera storica in 2 Mach. 2,3 r; cfr. 'lto-
uomini» (Plat., resp. 6,500 c); TCpa.yµa.- À.u'ltpa.yµove.L'v =
investigare a fondo
't'Ela. 'ltEpl 'tLVoc; o 1tEpl 't'L (Epict., diss. (2,30).
1,7,1.12). b) Può indicare anche ciò di

18 Crisostomo; BENGEL; Sct1LATTER, Erl.; W. 11ia11s, MNTC (1950); MouLTON-MILLIGAN,


NEIL, The Epistle o/ Patii to the Thessalo- s.v.; Bibbia cli Zurigo.
53 (vr,641) 7tpa.yµet"tE~IJ. } • v•.v."I'~ 1 1~- ... ·.-· -· , _

3. Nella letteratura rabbinica trovin- t 1tpayµa. ..m'.ioµa.L,


mo oltre a pragma/ewtés = npocyµa- t ÒLa.npa.yµa.·m'.ioµa.L
•EU'tlJç = uomo d'affari, anche l'im-
1

prestito pragmafiii' (var.: praqma{ja' ) 1. npayµa't'EuoµaL, medio 1 : esercita-


col significato di commercio, ti/fare (R. re attivamente, occuparsi di, adoperar-
H. 3r b Bar.; B.M. 42 a) i. si per, m:pl ·nvo<;, bel 'tLVL e altri co-
strutti: Hdt. 2,87; Xenoph., mem. r,3 ,
4. Nel N.T. 1tpocyµa."tdoc è usato solo I 5; Philo, som. I ,5 3 e passim; Ios., beli.
una volta (2 Tim. 2,4). Il contesto non 2,594; ant. r6,180; 3 Bav. 10,22". Il si-
richiede affatto la traduzione speciale «Ì gnificato del verbo si sviluppa soprat-
tutto lungo tre direttrici: a) attendere
commerci che gli permettono di vive- agli affari di stato (Dan . 8,27); ot rcpay-
te» 3 ( ~ il significato commerciale indi- µa't'Eu6µEVOL, «gli incaricati degli affari
cato sopra, r e 3 ). Bisogna invece prefe- di stato» (P. Petr. n136 verso 14); b)
impegnarsi in attività intellettuali: ela-
rire il significato generale (--? 1b): il
borare, trattare, scrivere, comporre, det-
soldato non si occupa delle molteplici to specialmente degli storici: 7Cpcqµa.-
faccende della vita civile che potrebbe1·0 't'EVECT1lat -rài; 1tpa.yµWt'Ela<;, «esporre
impedirgli di intervenire e agire con la gli avvenimenti storici» (Polyb. r ,4,3)
ecc.; c) svolgere un'attività commercia-
necessaria prontezza 4• 2 Tim. 2,4 differi- le: 1tpayµtJ.'t'EUEcrl>o:t &.nò èµnoplaç xaL
sce da I Cor. 9,7 in quanto nel nostro òctvwrµNv, «concludere affari col com-
passo non sta in primo piano la questio- mercio di prodotti e di capitali» (Plut.,
Cato minor 59 [1788c]); ot 7tpayµoc-
ne del soldo, bensl quella dell'abbando- 't'Eu6µEVOL, negotiatores, mercanti (Ditt.,
no di tutti gli impegni lieti e tristi della Or. n 532,6); cruµ1tpayµa't'EU6µEvoi.,
vita e della completa dedizione al servi- compagni di commercio (3 Mach. 3,ro).
zio di Cristo 5 •
L'unico esempio nel N.T. è Le. r9,13,
ove npayµa."n:uoµa.L significa commer·
5. Erma è l'unico dei Padri apostolici
che usi il nostro termine ( ro volte): ciare, trafficare, far fruttare il capitale
le molteplici faccende di questo eone (~ c).
(mand. IO,I>4bi sim. 9,20,1 s.); affari
commerciali (vis. 3,6,5; mand. ro,1,4"). 2. ou:rnpa.yµa't'EUoµat, medio: tratta-

'itpayµct.'t'Ela mo cenno del generale trapassa in quella del


1 7tpa.yµa.'tEV"ti)<; = actor = age!Jte di com- consigliere della città, che poco può occuparsi
mercio, da Plutarco in poi. delle cose di casa sua -(l>Alya; µÈ\/ SEL otxovo-
z STRACK-BlLLl'.RDECK III 657 a 2 Tim. 2,4; I µELV).
592; M. JASTROW, A Dictionary o/ the Tar- 5 PREUSCHEN - BAUERs, s.v.; WoHr,ENBE RG,
gumim, the Talmud Bah/i and Yerushalmi . Past., ad l. (gli affari, le brighe della vita).
and the Midrasbic Literalt1re II (1950) 1214 s.
l ScHLATTER, Past.; DmELIUS, Past.; Jo.a.cH. r.pa;yµa.'tEUoµa.t
]EREMIAS, Die Briefe aiz Ti1t1othe11s 111111 Titus, I Formato direttamente dal tema 'ltpa:yµa:-;-;
N.T. Deutsch' (1954); BENGEL, ad l. non esiste la forma 1tpa.yµa."tEV<;: cfr. BLAss-
~ Epict., diss. 3,24,34-36: l'immagine del sol- DEBRUNNER § rnB,5; DEBRUNNER, Gricch_
dato pronto all'azione e attento ad ogni mini· Wortb. §§ 213-215.
OLr1.7tpa:yµa.-.<voµm-7tpiil;Lç 1 (C. M:iurcr)

re a fondo, investigare accuratamente 6). In Flavio Giuseppe il termine non


(-7 b). Plat., Phaed. 77d: «Mi sembra compare.
che a te e a Simmia piacerebbe investi-
gare un poco più a fondo anche questo 2. Nei LXX 1tptix'twp rende noges,
punto (-roti"t'ov -.òv À.oyov)»; ibid. 95e: autorità tirannica (Is. 3,12) 5 • Per parte
«ricercare accuratamente la causa (-.1}v sua il verbo ebraico è usato per indicare
al't"lav) della generazione e della corru- la riscossione di tributi (2 Reg. 23,35) e
zione delle cose». per la costrizione dei creditori (Deut.
15,2s.).

Nel N.T. OLa.'ltpayµa:tEvoµaL si tro- 3.Nel N.T. il termine è usato una


va solo in Le. I9,15, nel senso di gua- sola volta, in una parabola (Le. 12,58).
dagnare commerciando, far fruttare il Rispetto a Mt. 5 ,25 s. (o Ù1tr}PÉTTJc;) il
capitale iniziale(--'> 'ltpayµa"t'EVoµaL c). vocabolo è dovuto, dal punto di vista
linguistico, a un adattamento alla prassi
giudiziaria romana e, dal punto di vista
del contenuto, a una prospettiva escato-
I . L'antica desinenza del nomen agen- logica. Mentre in Matteo si tratta di un
tis in -'t"Wp si è conservata in attico (e caso concreto, di trovare cioè un accor-
ionico) quasi esclusivamente nella sfera do con la controparte prima di arrivare
sacrale e del diritto pubblico 1• a) Da
Tipao-uEL\I = riscuotere; in senso sacrale davanti a un giudice terreno, Luca ci
vendicatore, retributore; Aesch., Eum. offre invece una vera parabola 6 • Il 1tpcix-
319: 'ltpaX"t'Wp atµa't"oc;, «vendicato- >Wp è qui l'ufficiale giudiziario, il carce-
re del sangue»; nel diritto pubblico
indica un funzionario minore che svolge riere che funge da guardiano della pri-
varie mansioni 2 : ufficiale giudiziario, e- gione per debitori morosi 7 • La parabola
sattore delle multe o delle ammende de- invita a ravvedersi prima che venga pre-
cise dal tribunale 3 (Antiphon, or. 6,49;
Demosth., or. 25,28; Ditt., Or. u483, sa l'imminente decisione divina e prima
7 ); in età tolemaica e soprattutto roma· che l'esecuzione della condanna inizi il
na: esattore delle imposte sui capitali, suo corso inarrestabile.
sul grano, ecc. 4 : 7tp<bt't"WP àpyup~xwv
(BGU n 434,3 ). Da 1tpacnmv = opera-
re, fare: 7tpax't"opEc; cixoucrlwv, «autori
di qualcosa di involontario», «provo-
catori involontari» (Antiphon, or. 2,2, x. Nell'uso del termine nel greco pro-

1.p1h-.wp s Aquila rende noges con El<r1tp&:>t"t'1)<; I d0"-


1 DEBRUNNER, Griech. \\7ortb. § 346 sulle or- 1tpacrcrt:w: cfr. anche Ex. 5,13; lob 3,18; 39,
me di E. FRAENKEL, Gesch. dcr griech. Nomi- 7; Zach. 10A·
na agentis 1 (1910) 220; Il (1912) 8 s. 49 s.
z PREISIGKE, \'(lori. III x44a-147a;
'I.
PREUSCHEN-
6 ]OACH. JnREMTAS, Die Gleichnisse ]es11'
(1956) 32 s.; M. J. LAGRANGE, Evangile selon
BAUER\ S.V. Saint L11c' (1948) ad I.
3 Cfr. MrTTEIS-WILCKEN II 1,19 s. 7 Il testo greco ha qiu'ì..aidi; in D1TT., Or. II
4 M1TTEIS-WILCKF.N I 1,185.212 s. 669,15.17 si trova 7tpax-t6po~O\I.
57 (VI,643) 11péi.~Lc; l-3 (C. Maurer) \ \ '•V""t.)/ ,J'_.

fano vanno messi in particolare rilievo to, usano 7tpéi.ç~c; di rndo e, ancor più
i seguenti significati, in parte specifici. che nel caso del verbo, prevalentemente
a) Rispetto a ciò che viene o dovrebbe negli scritti influenzati dall'ellenismo. Il
venir fatto: azione, atto, faccenda, im- termine è usato 23 volte: 3 per rendere
presa, affare, occupazione; 7tpijçLç 8'f)8' l'ebraico derek = via, 3 per po'al =
l8l1'), où 81]µLoc;, «e questa è una faccen- opera umana, in senso neutro, e 2
da privata, non pubblica» (Horn., Od. (Ecclus 11,ro; 38,24) per il termine tar-
3,82 ); può includere anche il risultato, <logiudaico 'eseq (ovvero 'eieq), faccen-
soprattutto nel senso positivo di succes- da, impresa. Nella maggior parte dei ca-
so, esito favorevole : oòc; -:t6po'V xd 1tpii- si 7tpéi.!;tç indica una comune azione u-
sw -rQ -romp -rou.-cp (Preisend:mz, Zaub. mana o anche un progetto (lob 24,5;
I 4,2366). b) Come nome astratto: l'a- Prov. 13,13'; Iudith 8,34). Una volta
gire, il fare: 1) 'CWV àyr.d)wv TCpéi.!;,Lç, «il abbiamo il significato <li esazione delle
fare il bene» (Plat., Cbarm. 163e); 1) imposte ( 2 Mach. 4,28 ). 6 volte abbia-
7tpéi!;L<'., i) 1tOÀ.EµLX1), 1tOÀ.L't'LXTJ, 1tOVT)'tL- mo il plurale nel senso di res gestae, i
x1), «l'arte bellica, politica, poetica» fatti copiuti da un sovrano (2 Par. 12,
(Plat., resp. 3,399a e passim). c) La sin- 15; 13,22; 27,7; 28,26; r Mach . 16,23;
gola azione compiuta (Soph., Oed. Tyr. 2 Mach., subscriptio; cfr. r 'E<rop. r ,3 l ).
895; Isoc. 12,127); al plurale nel senso Si vede subito che l'uso linguistico dei
di reS gestae I: 7tpaçrn; 'CE XaL OWpEat LXX si ricollega a quello comune e a
LE~acr-.oi:i 1'Eoi:i, «le imprese e i doni quello della storiografia greca, non al
del dio Augusto» 2 . Ios., ant. !4,68: ot linguaggio filosofico. Viceversa, però, 1a
't'àç xa't'à Iloµ1tiJLov 'ltpaçw; àva.ypa- traduzione con 1tpciçLç indebolisce il si·
\jlcx.v-.E~,,
«coloro che scrissero le impre- gnifìcato di derek. Interessante è Ecclus
se di Pompeo». d) In parallelo a EV 35,22: Dio retribuisce l'uomo xa-.à. -.&..e,
1tpaO'CTEW X't'À..: lo stato, la condizione, npcii;ELC, cx.ù.-ou, «secondo le sue azioni»;
disposizione: EV'tVX'lÌ<; 7tpéi.!;,tc; (Soph., qui in via del tutto eccezionale npéi.l;Lç
Trach. 294 e passim); xcx.xat npciçE~ç ha valore religioso che solitamente è as-
(Soph., Ant. 1305); vicenda, esperien- sociato ad epyov (~ III, coll. 833 s.).
za, condizione, destino, sorte (Aesch., Proprio in ciò si scorge la distanza del
Prom. 695; Hdt. 3,65). e) Gesto magi- Siracide dalla lin..-:a seguita dai LXX..
co, incantesimo, formula magica: Prei- Simmaco si allontana :mcor più ·dal-
sendanz, Zat1b. I r,275 s.; 4,1227; insie- l'uso dei LXX. Soprattutto nel salterio
me con 7tol11cnç: Preis., Zaub. I r ,14i. egli usa np1H;rLi; al .posto di epycx. per
f) Nella storiografia 7tpéi!;tc; è usato an- tradurre p'''allm, ma'ìWm, ecc.: Dio re-
che nel senso deteriore di inganno, tra- tribuisce in base alle opere (tji 2 7,4);
dimento, astuzia: Ènl 't'Wa (Polyb. 2,9, Dio giudicherà tutte le opere (tji 27,5;
2; 5,96,4), xa-.6: •twoç (Polyb. 4,71,6 ). 65,5; 76,13 [dr. anche~ 142,5 Aqui-
g) In alcune formulazioni indica, in ba- la]). Si manifesta così una nuova on-
se al contesto, i rapporti sessuali (Pind., data di parole ellenistiche con un con-
fr. 127; Aeschin., Tim. 158; Aristot., tenuto veterotestamentario.
hist.an.5,2 [p.539b20]).
3. In Filone npii!;,tç dipende in tutto
2. I LXX, contrari al pensiero astra t- da 'ltpÙ:-r'tEW. Qui non si parla mai di

7tpéil;,Lç
1 A. WIKENHAUSER, Die Apostelgeschichte 2 Inscripliones Graecae ad res Romanas perli-
tmd ibr Geschicbtswert (1921) 94-104. 11entes, ed. R. CAGNAT m (1906) nr. 159·
59 (vr,643) 7tpéil;Lç 3-4 (C. Maurer)

una 1tpa'.!;L<; di Dio. Di un agire umano ne in l\Jt. I6,27 fa da riscontro a Ecclus


in astratto si parh raramente, ad es. 35,22, dove ttpéi!;tç nel significato di
nella spiegazione allegorica della mano
che rappresenta simbolicamente l'azione itpyov = opera, azione, è associato al
(leg. alt_ 2,89; spec. leg. 4,1 38; cfr. vit. giudizio divino 3 • In Le. 23,51 riecheggia
Mos. 2,130). Prescindendo <la alcuni at- l'unità stoica di pensiero, volontà e a-
ti singoli, Filone parla quasi costante-
zione, quando Giuseppe d' Arimatea non
mente al plurale di atti, opere. Quest'u-
so linguistico tradisce l'influema dell' A. è d'accordo con la decisione del sinedrio
T .; ma sotto questa spoglia riemerge la e con la sua esecuzione.
sapienza stoica, come appare già dagli
epiteti stereotipati: xa.Àal, Èmx.wE-tal, Valore chiaramente astratto ha 7tpéi-
cr'ltouocci:oct, xa-t' àpE'taç, xa.-.à. "t'Ò\I Blov, !;~ç in Rom. 8,13 e Col. 3,9. Per la com-
ecc. Tutte le affermazioni riguardano pe-
prensione dci due passi è importante ri-
rò sempre l'ideale del perfetto saggio.
È vero che si sottolinea che i fatti han- cordare due punti: innanzi tutto che
no un peso maggiore delle p arole e del- 'itpii!;Lç ha il significato astratto (~ col.
le teorie (congr. 46; det. pot. ins. 97; 57) di modo d'agire, metodo dell'a-
mut. nom. 243), ma il discorso verte
sempre sull'unità di ),6yot, PouÀal, rcp6.- zione, procedura, prassi; in secondo luo-
!;Eiç (poster. C. 85 ss.; viri. 183 s.; nmt. go che il termine presenta una fotte
nom. 236 ss. e passim). Ancora una vol- nota etica negativa (-> col. 57 ). Cosl
ta la corrispondenza tra legge di Dio e
Rom. 8,13 non si riferisce agli 'atti del
cosmo garantisce la possibilità che nel
saggio la volontà della legge e la sua n;1- corpo', bensl al cattivo modo di agire
t11ra vengano a coincidere (op. mund. 3); che è insito nel corpo che vive xa.'tà
cfr. anche l'immagine delle buone opere
crocpxcc. L'Apostolo afferma che non si
seminate da Dio nel grembo della virtù
(leg. alt. 3,181 e passim). Nell'accezione deve vivere secondo la carne nell'esi-
di fatti storici. Filone fa menzione di stenza dominata dal peccato, la quale
mx.Àa.Lcct 1tpa!;ELç: mxÀa.LW\I 1tpa!;EW\I sfocia nella morte, bensl si devono «uc-
icr-ropla., «il racconto dei fatti antichi»
(cher. 105 ); 7ta.Àa.twv 1tpoc!;i::wv \moµ\11]- cidere nello spirito i cattivi modi d'agire
µa.-.a., «i ricordi delle antiche vicende» del corpo» e cosl vivere. Il corpo in sé
(vit. Mos. 2,48). non va ucciso, ma sottomesso al nuovo-
4. Nel N.T. 7tpéi!;tç è usato 7 volte Signore 4. Col. 3,9 presenta un caso si-
(3 in P aolo, 3 in Luca, 1 in Matteo), mile : qui i credenti si sono svestiti «del-
ma non si nota una linea d'uso unitaria, l'uomo vecchio e delle sue pratiche, del
anche se nella maggior parte dei casi suo modo malvagio d'agire» e rivestiti
si coglie una nota deteriore. La citazio- dell'uomo nuovo già nel passato 5 • In pa-

J La correzione nei codd. S* F i.22.28 ecc. crapx6ç perché confondono la persona, di cui
('Tà itpyoc) non è dovuta tanto alla sensibilità si parla nel testo, con l'orientamento dell'esi-
linguistica, quanto al testo di lji 61,13; Prov. stenza al peccato, indicato col termine aapl;.
24,12. s I participi aoristi non hnnno valore impera-
4 I codd. DEFG latt Ir'" ecc. leggono "t'ijç tivo (DrBELIUS, Kol.), ma esprimono ciò che è
1tpiit;~ç 4-5 (C. Maurer)

rallelo con questa affermazione la nuova 1tpa~Et<; nell'accezione di res gestae d'i-
era della salvezza inaugurata da Cristo spirazione veterotestamentaria o elleni-
stica (-7 coll. 57. 58); e Cl1tOO''\"OÀOL
compare in tutto il capitolo come moti- sono per lui {fatta eccezione per Act. 14,
vazione deU 'esigenza etica presente (cfr. 4.14) soltanto i testimoni di tutta la
oùv: vv.5 e 12; vvvl: v. 8; inoltre vv. passione e della risurrezione di Gesù
(Act. ·I,21 s.), una definizione nella qua-
r3 e r5). le non rientra Paolo, il protagonista di
Act. r9,r8: le 1tpal;w; confessate da- Atti. Soprattutto, però, per Luca sogget-
gli Efesini potrebbero essere semplice- to dei fatti non sono gli apostoli, bensl
mente le 'azioni malvagie' in senso ge- il Signore glorificato che agisce median-
te la sua parola, con la quale egli si muo-
nerale, giacché solo nel v. 19 si parla di ve da Gerusalemme a Roma, centro del
arti magiche; ma tutto il contesto (v. mondo. L'insistenza di Luca sull'opera
12: spiriti maligni, vv. 13 ss.: esorci- di Cristo pone d'altra parte in dubbio
se meglio risponda alla materia la pro-
smi) fa propendere per il senso tecnico posta traduzione del titolo con fatti ed
di incantesimi, pratiche magiche, ecc. Si esperienze 9 ( ~ col. 57) anziché quel-
ha cosl la descrizione impressionante di la tradizionale che pone in rilievo le res
una grande vittoria del nome di Gesù gestae.
sull'ampia sfera della magia e dell'esor- 5. Come 1tpB.yµa: e 1tpa.yµa;'tEla., cosl
cistica antica. anche 7tpd.l;tc; è usato nei Padri aposto-
lici soprattutto da Erma (47 volte), do-
Il titolo degli Atti, Ttpal;e:tc; ànocr't6- ve il termine indica prevalentemente l'o-
À.wv 6, non è dovuto a Luca stesso 7, ma perare umano e significa agire, azione,
è stato dato all'opera probabilmente nel opera (mand. 7,r; 10,2,3), specialmente
nella accezione negativa dal punto di vi-
II secolo.
sta etico-religioso (mand. 4,2,r; sim. 4,
Nessuna delle due parole del titolo 4). L'uso linguistico popolare non pre-
coincide con l'uso linguistico e con l'in- senta particolarità degne di nota.
tenzione di Luca 8, il quale non usa mai c. MAURER
'ltpa.uit<'ti)e:ta. ~ ix, coll. 1090 ss.

già avvenuto. ScHLATTER, Eri.; H. Rendtorff, 395; ZAHN, Ag. 8 e BAUERNFEIND, Ag. 16.
Der Brief an die Kolosser, N.T. Deutsch 8' 7 Cosl ZAHN, Ag. 7 s.; A. W1KENHAUSER, op.
(1955), adl.; C.MAssoN, L'épitre de Saint cii. (~ n. 1) 105 s.
Pat1l a11x Colossie11s (1950) 143 n. 6.
6 Il testo esatto del titolo è incerto (la forma
8 Cfr.
BAUERNFEIND, Ag. 16; llAENCHEN, Ag.
meglio attestata è ri;pat;E~ç [ '\W\I) &.7toO"t6Àwv; 91; W. MICHAELIS, Einleitung in das N .T.'
al tre forme: 1tpcH;e~ç, actt1s, acta apostolo- (1954) 129.
mm); per la questìone dr., oltre alle edizioni 9 H. HOMMEL, Neue Forscbungen wr Areo-
critiche del testo, anche ZAHN, Einl. II 337. pagrede Ag. z7 : ZNW 46 (1955) 146.
r.pa.uc;, ~pa.u't"Y)ç A 1 (F. Hauck-S. Schtll:r.)

t n:pa.uc;, 1tpa.i'.i-t1)c;

SOMMARIO: c), cpwvi] (Xenoph., sym. r,ro), f.v 'ltpa.É-


cn )..6yoLc; ... \lovìtE-i-E~\J, «ammonire con
A. Il greco profano:
1.TCpcxuc;; parole miti» (Plat., leg . ro,888a); anche
2.TCPCl.U't'l'}c;. lenitivo: cp6:p~tctxov (Pind., Olymp. 13,
B. I LXX e il giudaismo ellenistica: 8 5 ); calmante, mitigante (Xenoph., eq.
1. l'A.T.; 9,3). b) Detto di animali significa mite,
2. Filone; mansueto: ~1t7tOL (Xenoph., Cyrop. 2,1,
3. Flavio Giuseppe; 29); lxMwv µEya)..w\I xa.t 7tpc<Éwv ouc;
4. i testi di Qumran. oi. :LvpoL ikoùc; èv6µL~ov, «dei pesci gran-
C.II N.T.: di e quasi domestici che i Siri considera-
i.Matteo; vano dèi» (Xenoph., an. r ,4,9 ); ijµE-
2. Paolo; pouv significa domare animali selvatici
3. le lettere pastorali; ( aypta.), 'ltpO:U\IELV invece calmai·e ani-
4.Gfacomo.
mali eccitati o innervositi (Xenoph.,
D. Padri apostolici. mem. 2,3,9; eq. 9,ro). c) Detto di per-
sone significa mite, soave, gentile, dolce,
A. IL GRECO PROFANO benevolo; è il contrario di tude, duro,
irascibile (Xa.À.rnoc;: Plat., resp. 2,375c.;
I. 1tp<X.U<;
Isoc., or. 3,55; Plat., resp. I,354a [con-
trario di xa)..rna.l\IEL\J]; 6,493b [con-
1tpctuc; 1, etimologicamente connesso trario di xaÀ.rnoc;, 6py{j] ) oppure di
con friion, 'amare', e frionds, 'amico' 2 , adirato (Epict., diss. 3,20,9 insieme con
indica ciò che al nostro tatto risulta leg- aOpYJl'°'Oc;, a\IEX·nxoc;, paziente) e di vio-
gero, delicato, tenero, ciò il cui tocco è lento (~lmoc; ~ col. 65 ). È usato co-
grato e piacevole. Può essere usato per me sinonimo di 0..EW<;, benigno (Plat.,
cose, animali, persone, azioni e senti- resp. 8,566e), ÒT}µo-i-tx6c;, affabile, alla
menti. a) Detto di cose significa dolce, mano (Plat., Euthyd. 303d); indica una
blando, mite: cp\mc;; (Plat., resp. 2,375 delle qualità che si richiedono in un

npa.Oc;, rcpaihTJc;
Avvertenza: l'articolo, assegnato ortgmaria- licher (1927) 1-15; K. THIEME, Die christliche
mente a F. HAUCK, è stato portato a termine Demut 1 ( 1906); In., Die -.a;rcm1ocppouVV'r)
da S. SCHULZ. Questi non si è limitato a com- Phil. 2 1md Rolll. n: ZNW 8 (1907) spec. 29-
pletare il manoscritto, ma lo ha in parte cri- 41; TRENCH 84-93 .239; A. V6GTLE, Die T11-
ticamente rielaborato e in parte completamente gend- u11d Lasterkataloge im N.T ., Nt.liche.
rifatto. Abh. 16 4/5 (1936) indice s.v.; K. WINKLER,
Bibliografia: art, 'Clementia', in RAG III (1955) 206·.231.
CREMER-KOGEL 962-966; H. BIRKELAND, 'Ani 1 Per le forme -itp<'ioc; e rcpauc; (cosl sempre
1111d 'anaw in de11 Psalmen, Skriften utgitt av nel N.T.) dr. KiiHNER-BLAss-GERTH 1 .532 s.;
det Norske Videnskaps-Akademi (1932); A. BLASS-DEDRUNNER § 26, appendice; THACKl!-
HARNACK, San/1111111, Huld und Dem111 i11 der llAY 180 s. In questo articolo scriviamo sem-
alte11 Kirche, in Festgabe fiir J. Kaftan (1920) pre -itpavc;, setl2a iota sottoscrittò, benché que-
II3-129; E. HATCH, Essays i11 Biblica{ Greek sta grafia si trovi in codici. Cfr. LIDDELL-
(1889) 73-77; A. RAHLFS, 'ii111 u11d 'ii11iiw in ScoTT, s.v. TCpaéc; e BLAss-DEBRUNNER § 26
den Psal111en {1892); \Y/. SATTLER, Die A11a- appendice.
wim illl Zeitalter Jesu, in Festgabe filr A. Jii- 2 W°ALDE-PQKORNY II 87; HOFMANN 282 S.
7tpauc;, npo.u·n1c; A 1 -2 (F. Hauck-::>. ::>chulZJ

amico, insieme con i')µEpoc; e cruyyvwµo- Dio Cass. 43,3,6: insieme con <ptÀa.v-
Vtx6ç (Epict., diss. 2,22,36), con èlcpfro- i)pwTCwc;). A proposito della divinità
voç (Plat., resp. 6,5ooa) e µEycr.Mi)uµoç stoica leggiamo: à.)..À.'fo,..w EÙyvwµwv
(Plat., resp. 2,375c). d) È detto anche Oi}E6ç, W<; l}Eoç, oiµrt.L, xat <pÉpEL 'ltpcl:wc;
di azioni e sentimenti. Al contrario della 't'TJV 'tW'V 7tOÀ.À.wv &vota.V, «ma la divi-
guerra l'agricoltura è un' «arte amica de- nità è indulgente, come s'addice, credo,
gli uomini e gentile» (q>tÀ.cb1i)pw1to<; xa.1. alla divinità, e sopporta senza adirarsi la
7tpm:fo. "ÉXV'l']: Xenoph., oec. 19,17); un stoltezza di tanti uomini» (Dio Chrys.,
genere di danza ha «piaceri meno inten- or. 32,50).
si» (Tioovcr.t 7tpa.6upm) di un altro
(Plat., leg. 7,815e). Platone parla di un 2. 'ltpoci'.i't'I']<;
«ragionamento mite» (À.oytCTµÒç 7tpéioc;:
leg. l,645a; l'opposto è f3lcmc;); egli 'ltpo:u'tTJ<; indica la gentilezza dolce,
si attende l'approvazione di chi è di mite, pacata, l'opposto di una natura
carattere nobile e mite (yEwédiac; e rozza e rnde ( cl:ypLo-.T}<;: Plat., symp.
np!ioc; 'tÒ Tji)oc;: (Phaedr. 243c); per i l97d), della irritabilità (Aristot., rhet.
reati commessi senza premeditazione e 2,3 [p.138oa6]), dell'irascibilità (òp-
all'improvviso vanno comminate pene ')''LÀO't'TJ<;: Aristot., cth. Nic. 4,u [p.
più blande (leg. 9,867b; l'opposto è xa- n25b 26]) e dell'asprezza (émo,..oµla.:
À.E7toc;). e) L'avverbio rcpawc; è un ter- PJut., lib. educ. 187 [II l3d]); si accom-
mine favorito per indicare la calma, il pagna invece alla ÉmelxEirx. (~ III, col.
modo di fare gentile e pacato di chi non 704), cioè alla clemenza che mitiga una
si irrita o adira contro ciò che è spiace- norma rigorosa (Luc., Alex. 61; som-
vole, sia che si tratti di uomini (Epict., nium lO; Dio Cass. 53,6,1), alla cpLÀocv-
ench. 42) o di destino avverso. Il termi- i}pw'ltlo: (Luc., Phalaris 1,3), alla &vd;L-
ne indica anche in questo caso un atteg- Y.axla, cioè alla sopportazione che tolle-
giamento attivo, un'accettazione volon- ra pnzientemente l'avversità (Plut., de
taria e non solo una pazienza passiva; capienda ex inimicis utilitate 9 [u p.
dr. Epict., diss. 3,10,6: llv E'tL Éyw rca- 9oe] ). La 'ltpo:ui:T}c; consiste «nel non
pmrxwacrwµat 1Cpòc; 'tÒ 7tpawc; cpÉpEw essere né pronto a punire né vendicati-
'tà O"uµ(1o:lvov't'o:, 8 i>fÀEt ywfol}w, «ma vo, bensì conciliante, ben disposto e in-
se io continuerò a prepararmi a soppor- dulgente», µi}"E xoÀct.CT't'txòv Elva.i, µ1}-
tare pacamente i casi della sorte, avven- 'tE 'tLµWP1J't'Lx6v, Ò.À.À.à. LÀEWV xat EÒµe-
ga ciò che vuole»; 4,7,12; Xenoph., an. v~xòv xat cruyyvwµov~x6v (Aristot., de
1,5,14. La grandezza dell'animo si mo- virtutibus et vitiis 8 [p. 1251b 31]).
stra proprio in questa calma superiore: La mite gentilezza ha presso i Greci
µEyrù,6i}uµoL 7tp6.wc; dcrl -.wec; 1)cruxu un posto d'onore quale virtù sociale che
xat ofov cìopyi),..wc; 'ltpch,..ovi:ec;, «ci so- si esplica nei rapporti umani; d'altra
no persone di nobile sentire che agisco- parte, ha bisogno di venire. compensata
no garbatamente, con calma e quasi sen- in qualche modo per non degenerare in
za collera» (Epict., fr. 12 ); µEya.ÀolJiv- debolezza e difetto. La sentenza delfica
Xt'll 't'Ò <pÉpEw rcpa.Éwc; rcÀ.T}µµ~Àwx.v, «è òµlÀEL itp&:wc;, «comportati con genti-
magnanimità sopportare serenamente gli lezza», assume quest'altra forma più pre-
eccessi» (Democr., fr. 46 [Diels II 156, cisa: 'toi<; O"W.\J"'t'OU 1tpiioc; icri)t, «sii mite
1

3 s.] )_II saggio mostra una pacata indif- con i tuoi» (Diels1 r 63,22), e il saggio
ferenza per il possesso di beni ed onori Chilone ricorda che solo il forte può
esteriori, ma va con ardore (Épw·n?CWc;) permettersi la mitezza: µE'tèt. 'ri}c; lO"xuoc;
alla conquista di amici (Plat., Lys. 2ue; "'ÌJV 7tpo:6i:11't"a tr~~E (Stob. 4,255,2). Bi-
7tpa0i;, 1'tpaihrii; A 2 - B l <F. Hauck-S. Schulz) (vr,647) 68

sogna essere miti con i familiari ( otxdoc; ()O'VV1J, EÙO'É~ELa, ÈmEii<:ELa, ecc. (som-
~ vru, col. 378), duri con i nemici 3 • nittm r o ). La tenera dolcezza è una del-
Le leggi devono essere severe, ma il giu- ie principali virtù femminili (Plut.,
dice deve punire con minor rigore di praec. coniug. 45 [II 144e); consolatio
quanto esse prevedono (Isaeus, fr. 33). ad uxorem 2 [n 6o8d] ). Cosl viene at-
Isocrate loda gli Ateniesi perché sono i tribuita anche alle divinità femminili 8.
più pietosi e clementi (ÉÀE11JJ·ovfo-ra:roL Platone, a lode degli abitanti di Atlanti-
xat 7tpa6-ra"tot) dei Greci ed anche i de imparentati con gli dèi, dice che «essi
più miti e socievoli (r-pao't'a"toL xat xoL- usavano moderazione e saviezza in tutti
vwv6-.cx.-ot: Isocr. 15,20.300). A sua i casi occorrenti e nei loro rapporti reci-
volta Demostene (8,33) dice che anche proci» ('ltpaO't't)'t'L µE't'à. cppOVlJCTEW<; 1tp6c;
nell'assemblea popolare essi sono 7tpiiot 'tE -ràc; àd auµ~m'Jofoac; 't'ux;ac; xat
xat cpLÀ6.vì>plù7tOL. Questa mitezza, che ;.pòc; àÀÀl]À.ovc; XPW~VoL: Critias 120
spesso è messa in risalto insieme con e). Qui confluiscono i punti di vista del-
l'affabile cpLÀ.avì>pw'ltla. (Dio Cass. 43,3, l'etica sociale e dell'etica individuale. Il
6), non deve d'altra patte portare all'au- sistematico Aristotele colloca la 1tp(J.6'tt)c;
todegradazione, all'umiliazione (7tpi1e<; tra le virtù etiche (1}~t.xai Ò'..pE't'al: eth.
El;w 't'OU 't'a'ltELvou: Dio Cass. 74,5,7). Nic. 1,13 [p. 1103a 4 ss.]), che sono
Essa distingue proprio chi ha l'animo distinte da quelle intellettive ( SLa.VOl}"tL-
grande (~ya)..OihJµ~c;: Epict., fr. 12) e xrx.t), e la considera media tra la Òpyt.M-
nobile (Plat., Phaedr. 243 c; leg. 5, 't'1')c; (ira, collera) e la scialba inettitudi-
731d), la persona colta (7tat.òw·nxoc; &v- ne della à.opy11ala. (eth . m. r,23 [p.
i7pw7toc; 1MÀ.wv EÌ:vat èi<nm 7tpa.O't''ll't'CX, rr9rb 24] ). Poiché valuta positivamen-
«se vuoi essere veramente colto, pra- te l'ira giusta e moderata (eth. Nic. 2,7
tica la massima mitezza») 4, perciò par- (p. no8a 6]), la mitezza è per Aristo-
ticolarmente il saggio (insieme con x6!l'- tele, insieme con la pacatezza (Eù6py11-
µt.oc; e iJuux;Loc; in Stob. 2,u5,ro), che -;ov ), l'aureo mezzo tra gli estremi dell'i-
rimane gentile e calmo anche quando è ra e dell'insensibilità 9 •
insultato (Epict., ench. 42): anche per
questo rispetto Socrate è esemplare B. I LXX E IL GIUDAISMO ELLENISTI CO
(Plat., Phaed. 116c). Perciò negli enco-
mi è sempre lodata la mitezza di uomini I. Nell'A.T. 'ltpa.vc; ha 12 volte un
preminenti 5 e nei ritratti dei principi corrispondente ebraico nel testo mas.;
questa virtù occupa uno dei primi po- inoltre è usa to in Ecclus 3 1 19; 10,14;
sti 6• La retorica l'annovera tra i com- lob 36,15; JoeJ, 4,II e A.a:v. 4,19. Nel
moda animi 7• Luciano la considera un Salterio (ove ricorre 7 volte: l); 24,9
ornamento dell'anima insieme con Stxat.· (bis]; 33,3; 36,II; 75,10; 146,6; 149,
3 Plat., resp. 2,375c; Tim. 17d-18a; Polyb. r8, 6 Xenoph., Ag. u,2.6.20; Isocr., or. 2,23; ~
37,7: ?toÀEµ.ouv-ca.ç yàp 8E~ 't'oùc; à:ya.i>oùi; V6GTLE 73-77; F. WrumLM, Der Regenten-
li.v8pa.c; f3apEtç Er\lat Xa.t fulµt?COV<;, 'lÌ"C't'WµÉ· spiegel des Sopatros (Stob. IV 215,20 ss.; 217,
voui; SÈ ytvva.lovc; xal µtyaMcppovac;, vtxwv- 9): Rhein Mus 72 (1917/18) 374-402, spec.
-rac; yt µfiv µt-cplouc; xal TqiaE'Lç xat <ptÀa.v- 39z-39il.
~pc!.mouc;. 1 Aristot., rhet. 1,9 (p. 1366b r ss.).
4 Pythagoreerpriiche, ed. SCHENKL: Wiener 8 Artemide: Anth. Pal. 6,271 (cfr. anche 9,525,
Studien 8 (1886) 84. 17); Lcto; Plat., Crat. 406a.
5 Theon, progymnasmata 8 (Rbet. Graec. II
9 Aristot., eth. m. 1,7 (p. n86a 23); cfr. 1,25
rn,27 s.). (p. II91b 36).
1tpa.i'.lç, 1tpC1:u-c11ç I3 x (F. Hauck-S. Schulz)

4), e Num. 12,3 r.pauc, rende 'iiniiw; al- tomesso. Anche 'iiniiw indica dapprima
trimenti traduce 5 volte 'iint (lob 24,4; colui che si trova in condizione bassa,
Is. 26,6; Zach. 9,9; Ecclus ro,14; Soph. subordinata, ma poi viene a significare
3,12; solo il codice A legge 1tOÀUv). prevalentemente colui che si sente servo
-..pau't'1JC, ricorre 4 volte nell'Ecclesia- rispetto a Dio e gli si sottomette senza
stico (3,17; 4,8; 10,28; 45'4) ove ren- proteste o riserve 14 • Per tutto il proble-
de 'anàwiì; in Ecclus 36,23 manca il cor- ma cfr. tuttavia ~ 'lt-i:wx6c;. In questo
rispondente ebraico. 7tpet.U't'1]<; è usato significato è contenuta la ragione della
anche in~ 44,5; 89,10; 131,r e Esth. 5, scelta di 7tpauç quale traduzione favo-
r• (senza equivalente ebraico). Infine ab- rita di 'iiniiw: i LXX scelsero 7tpcx.i'.i<; per-
biamo 7tpa.O't'1JC, in Ecclus r,27 (insieme ché questo termine indica già in greco
con 1tpath1]ç) e in Esth. 3,13b 10 • l'accettazione tranquilla e volontaria di
Anche se la traduzione dei sinonimi un particolare destino e dell'ingiustizia
ebraici 'ebjon, dal, riis, 'ànt e 'iiniiw con umana(~ col. 65).
1\ÉVT}ç ( ~ IX, coll. I4 5 8 ss. ), ~ 1t't'W- Nel Pentateuco 7tpoci'.iç (per 'iinaw) si
x6ç, ~ 't'a.1tELv6ç e 7tpocuç è assoluta- trova solo in Num. 12,3, come attributo
mente arbitraria, pure è chiaro che di Mosè. Le parole sono probabilmente
7tpa.uç è il termine preferito per tradur- un'aggiunta posteriore 15, e riflettono
re 'iiniiw 11 • 'iinz e 'iiniiw sono connessi forse l'ideale religioso dell'età successi-
con il verbo 'nh, che significa trovarsi in va o anche l'ideale ellenistico del prin-
uno stato di depressione, di umiltà, di cipe. Lo stesso vale per Ecclus 45.4·
pochezza 12. Basta questo a spiegare co- La profezia preesilica non conosce an-
me mai, a differenza dell'uso greco pro- cora la figura di un uomo che sopporta
fano, nell'A.T. 1tpavç non sia mai rife- ogni cosa con fede e mansuetudine. Al
rito a Dio 13• 'iint è in prima linea un massimo si potrebbe citare a questo pro-
concetto economico - sociologico, come posito Ioel 4,n; ma nel testo ebraico
'ebjon, dal, riis indica colui che si tro- manca l'equivalente di 7tp<x.i'i<;. Si è cerca-
va nella condizione servile. 'iinl è chi to di emendare il testo masoretico di
non possiede un fondo rustico e quindi questo passo in conformità coi LXX; ma
deve guadagnarsi il pane lavorando al la correzione rimane dubbia, perché al-
servizio di altri (~ 11:svnc;, IX, col. trove la radice m20h non è mai tradotta
1459); poi passa a significare umile, sot- con 1tpocvc; ecc., né 'iinl né 'iiniiw sono
lJ Il testo non è del tutto sicuro e presenta mente la 7tpa6-cnc; (divina) e il nmoEuEcri>m
qualche variante. dell'uomo in tV 89,xo. I LXX banno 2 volte
li 'ii11iiw ricorre 21 volte nell'A.T.: è tradot- 'ltpa.uvEw (1)1 93,13; Prov. 18,14), ma non nel
to 8 volte con 7tpa.Oç, 4 con 1t-cwx6ç, 5 con significato greco di placare gli dèi; cfr. G.
"t!l.1tEW6ç (x volta come variante) e 4 con Bl!RTRAM, Der Begri/J der Erziehrmg in der
ni!.v11ç. 'iini è tradotto 6 volte con vari voca- griecb. Bibel, in Imago Dei, Festschrift fiir G .
boli (Ex. 22,24; Deut. 24,12; Ez. 18,17; lob K1iiger (1932) 45 s.
24,9; 36,x5; Prov. 22,22). 5 volte i LXX han. 14 È incerto se si debba leggere 'iint oppure
no un testo diverso o una diversa interpreta- 'iiniiw.
zione. (I.r. xo,30; Zach. xr,7.rr; Prov. 15,x5; li Cfr. H. HoLZINGER, Num., Kurzer Rand.
lob 24,14). Commentar zum A.T. 4 (1903) e B. BAE."ITSCH,
12 Per questo punto dr. --+ BIRKELAND 7-xo. Num., Handkommentar zum A.T. II 2 (1903)
13 L'unica eccezione è P.r. x8,36, il cui testo od l.; inoltre KAUTZSCH, ad l.; ~ RAHLFS 95-
base è però incerto: Aquila e In Quinta leg- 100. Questa aifermazione non si adatta all'im-
gono 1tpa6't'T)t;, i LXX e Teodozionc 1t«Lòda. magine di Mosè tramandataci dall'A.T. (Ex.
I LXX e Teodozione hanno collegato diretta- 2,12; 32,19 ecc.).
'ltpa:Oç, itpaihf)ç B 1 (F. Hauck-S. Schulz)

usati in Gioele, che tra l'altro sembra della educazione profana; essi lasciano
postesilico 16• Nel passo in questione il aperta la possibilità di una interpretà-
profeta invita alla guerra santa: gli stru- zione escatologica, traducendo entrambi
menti pacifici devono essere mutati in i passi (Prov. 15,33 e r8,r2) con Eµ-
armi e anche chi è mite deve diventare 1tpocri>Ev o6!;TJc; 7tpocihric; (i LXX tradu-
un guerriero 17• cono Prov. 18,12 con 1tpÒ 06!;1}1; -çoc1tEL-
Dopo l'esilio Zach. 9,9 s. descrive il VOU"t'<tL [xa.polcx. avop6ç] ); cfr. anche
re escatologico come re di pace: sia for- Simmaco in Prov. 22,4: v~-tEpov 1tpau-
malmente (per la metrica) sia contenuti- 't"TJnç cpoffoc; xuplou. Anche qui si pensa
sticamente (per il messaggio dell'araldo evidentemente a una ricompensa terre-
cfr. Is. 40,9ss.) 18 i due versetti si stac- na. Diversa è invece la valutazione della
cano dal contesto. Il motivo del re mes- 1tpa.u"t'TJ<; nell'Ecclesiastico, ove la so-
sianico che cavalca un asino appartiene stanza di 'aniiwa traspare chiaramente
in origine a un'antichissima tradizione dall'involucro greco: la 1tpOCV"t'TJc; gode
messianica 19 cli provenienza accadica, ma il favore di Dio (Ecclus r,27), che in-
qui è stato reinterpretato ln maniera ca- nalza i 7tpa.E~ç (10,14), ed è segno ·di-
ratteristica. Questa nuova intetpretazio· stintivo di Mosè (45,4); essa adorna la
ne dell'antico motivo è particolarmente donna (36,23), conquista l'amore del
evidente nel v. lO: il re messianico abo- prossimo (3,17), va usata anche col
lisce le armi e 1 carri da guerra e pro- mendicante (4,8) e serve ad evitare ogni
clama ai popoli la pace. presunzione nel valutare se stessi (10,
In ~ 44,5 la 7tpcx.v"t'T)ç è, insieme con 28).
la verità e la giustizia, una delle qualità Già anticamente i profeti censuraro-
distintive del prode re guerriero (v. 4),
che poco dopo (vv. 7-8) è descritto co- no aspramente e senza riserve i peccati
me principe di pace 211 • Nelle sezioni più dei ricchi. In seguito questa condanna
antiche dei Proverbi manca 7tpix:uç; più si sviluppò nel senso che gli umili e i
precisamente, qui i LXX hanno tradotto
'iint e 'iiniiw in modo diverso. In Prov. miseri si sentirono i depositari della pro-
15,33 Simmaco e Teodozione rendono messa divina (dr. Ps. 37,n). Sono essi
come una sentenza di sapienza pratica la coloro che adempiono la volontà di Dio
frase ebraica wlpnj kbwd 'nwh, «l'umil-
(Sopb. 2,3; 3,12 s.) e pertanto sono con-
tà viene prima della gloria», che i LXX
hanno frainteso. La massima ebraica ha sapevoli del favore divino nonostante
un indubbio carattere intramondano, co- questa loro umiltà esteriore, anzi pro-
me si vede chiaramente dal suo uso an- prio in essa. Così la sopportazione mu-
titetico in Prov. l8,l2, e certamente an-
che Simmaco e Teodozione intendono ta, paziente, ma insieme sempre piena
la sentenza in primo luogo nel senso di incrollabile speranza, del duro fato

16 Cfr. O. EissFELDT, Eiflleilung in das A .T.' 18Cfr. A. WEISER, Die Psalmen, A.T. Dcutsch
(1956) 481 s. x4 (1950) ad l.
17 Il testo base sembra trascritto male; la frase
19 RomNSON, op. cii. (~ n. 17) ad l.; cfr. an-
è forse un'aggiunta posteriore: dr. TH. H. Ro· che la locuzione «dal fiume (Eufrate)».
BINSON, Die Zwiiif Kleinen Prophelen, Rand·
buch A.T. 14 (1954); A. WmsER, Das Buch 20 WEISER, op. cit. (~ n. 18) ad l.; H.
der Zwii/f Klei11e11 Prophe/en, A.T. Deutsch ScHMrnT, Die Psalmen, Handbuch A.T. 15
24 (1949) e KAUTZSCH, ad l. ( 1934) ad l. e KAUTZSCH, ad l.
7tpet.O:;, 7tpr.tu\TJ<; B 1-2 (F. ttauck-:>. ;:,cnu1zJ

dell'esilio, accettato senza mormorazio- lo egli rimase fedele all'ideale del prin-
ne o ribellione o scoppi d'ira, diventa cipe, mostrandosi 'ltpa.é't'a:toç e 1)µEpw-
't<X.'t'O<; pur essendo turbato profonda-
ora il segno della pietà, un segno assolu- mente dalla ribellione del popolo ( vit.
tamente sconosciuto alla mentalità lar- Mos. 2,279). Come legislatore diede
gamente predominante nel passato, nei buone leggi: ai servi perché servissero
con amore i padroni ( Elc; U1tEpTJ<rla..v cpt-
tempi felici della nazione. Ma altrettan-
À.oOÉ<r1to"toY); ai padroni perché fossero
to netta è la distinzione dall'uso lingui- gentili e dementi ed evitassero cosl le
stico greco profano. La pacatezza e la ingiustizie ( Elç 1}mo't'T)-ta xo:t 1tpo:6't'TJ-
't'r:J. 8t' W\/ É~t<TOU't'(J.L 'tÒ a\/LC1'0\/: deeal.
mansuetudine dell'A.T. sono radicate in
167); ai sacerdoti, per i quali la parte
Dio. Alla mite, umile serenità corri- grassa del petto delle vittime loro spet-
sponde la vittoriosa speranza in Dio (Is. tante doveva simboleggiare «la gentile
26,6) e non il superiore distacco del mitezza applicata alla parte irascibile»
(cruµBùov... -cfjç 1tEpt 't'Ò\/ ~uµòv LÀ.EW
saggio. La 1tpa..U't'l')<; dell 'A.T. è radicata 1tpa6"tT)'to<;: spec. leg. l ,145 ). Filone ri-
nella speranza escatologica (Ps. 76,ro) serva alte lodi ai Giudei che nella perse-
che Dio giudicherà il mondo ( l 4 7 ,6; cuzione si mostrarono i più miti di tutti
( 1tU\/'t'W\/ 1jira,v 1tpctO'ltC.d)fo"tct.'COL: leg.
l 49.4) e darà il paese agli umili, ai sot-
Gai. 335).
tomessi, cioè a coloro che «conoscono
3. Flavio Giuseppe usa npa.uvw (ant.
l'attesa della speranza» (Ps. 37,9). Ps. 3,316), 'ltpa.vc; (ant. 17,212; 19,330) e
3 7 ,9-n si allaccia cosl a promesse del 1tpd:wç (ant. 14,46; 19,33). Lo storico
paese che in origine riguardavano Abra- parla più volte della gentile pacatezza
nel sopportare la sorte avversa (-ant. 3,
mo e la sua discendenza ed ora vengono 97; 5,167; 6,9; 7,117). Nei Testamenti
interpretate dal salmista in riferimento dei xu Patriarchi 7tptioç e 1tpcto't''l)<; com-
al suo tempo. paiono solo in due passi (test. D. 6,9;
test. Iudae 24,6), che sembrano però in-
2. Filone, che non conosceva l'ebraico
terpolazioni cristiane 22•
e ignorava quindi anche la connessione 4. Nei testi di Qumran 1a mansuetu-
tra 'iiniiw e 7tpa..u<;, dipende dal linguag- dine ('aniiwa) è menzionata spesso (ad
gio dei LXX e dell'etica filosofica greca. es., I QS 2,24; 3,8; 4,3 e passim). I QS
Egli parla della clemenza di Dio giudi- 10,26 si rifà chiaramente a forme del-
ce 21 e descrive Mosè adolescente che l'A.T. (--7 coli. 72 s.) quando parla di
placava (È7tpauvEv: vit. Mos. 1,26) ogni umiliati e scoraggiati. Ai membri del-
giorno di più i 7td:l>1) con uno sforzo la setta è richiesta la 'anawa, che in
di carattere particolarmente notevole I Qs 4,1 ss. viene menzionata in una
(conf. ling. 165), poiché solo l'età avan- specie di elenco sommario di virtù e vi-
zata, quando le passioni sono per lo più zi, conforme alla concezione dualistica
doma te ("twv 'lto:i}wv É7tt 1tÀ.Éov 1Jrupw- delle potenze, secondo la quale l'umiltà
i>Év'twv ), dà la ÈmELXE~a.. e la 'ltpa..o"t1'J<; mansueta è una qualità essenziale dei fi-
(op. mrmd. rn3). Come guida del popo- gli della luce.

21 Philo, det. poi. ins. 146: xo:>.<it;wv ol: ÈttLEL· '12 Cfr. KAUTZSCH, Apkr. u. Pseudepigr. II
Y.W<; "tE xaì. 'ltpawç U\E XP'llO''\'Ò<; ifiv. 485 .
?tpai'.ic;, 'ltpaU'tT)<; e I (F. Hauck-S. Schulz)

C. IL NUOVO TESTAMENTO pericope di Mt. n,25-30 (~ IX, coll.


1244 ss.), una tradizione non ancora del
Nell'uso linguistico del N.T. la distri-
tutto chiarita sotto l'aspetto storico-re-
buzione ineguale dei nostri termini nei
ligioso 23. Verosimilmente i vv. 28-30 si
vari gruppi di scritti è degna di nota.
articolano secondo lo schema del discor-
Sia l'aggettivo che il sostantivo manca-
so rivelatorio di P1·ov. 8,4 ss.; Ecclus 24,
no del tutto in Marco, Luca (vangelo
3-22 e 51,23-30 24 • La missione di Gesù
e Atti), nella Lettera agli Ebrei e negli
si compie su questa terra in umiltà e de-
scritti giovannei; in Paolo troviamo uni-
bolezza ( = 1tpai'ic;); la sua vita non si
camente il sostantivo. L'assenza dei no-
svolge nell'alterigia, ma è la vita di uno
stri vocaboli da questi scritti è connessa
che è umile di cuore, che cioè dipende
con le loro particolari cristologie. Mar-
in tutto e per tutto da Dio ( = 't'a.7tEt·
co e Luca hanno una cristologia incen-
v6c,) 25• Ma proprio per questo egli può
trata sull'idea dcl Figlio di Dio(-> ui.òc;
pronunciare il suo invito autorevole (si
l>EOV) O del XUptoc;; la cristologia giovan-
notino bene i due imperativi 8Ev't"~ e
nea è imperniata sulla figura del potente
&pa."t'E) e assicurare il compimento della
~ ul6c; o ~ ui.òc; "t'OV &:v1'pw1tou, men-
promessa contenuta nell'invito. Serven-
tre quella paolina ha al centro il XVpLoc;
dosi della citazione profetica di Zach . 9,
(-7 v, coli. 1468 ss. ); infine la cristolo-
9 (-7 col. 71) di cui afferma il com-
gia della Lettera agli Ebrei descrive in
pimento, Mt. 21,5 descrive l'ingresso di
categorie sacerdotali la figura centrale
Gesù in Gerusalemme come la venuta
dell'&:pxtEpEuc; ( ~ 1v, coli. 883 ss.).
del mansueto e pacifico re salvatore e
r. Tra i sinottici, dunque, solo Mat- principe di pace. In questo modo Gesù
teo ha uno dei nostri termini, precisa- assume una posizione fondamentalmente
mente 1tpauc; (3 volte: 5 ,5; rr,29 e 21, antitetica a quella degli Zeloti (-7 m,
5 ). Una particolare importanza assume, coli. 1506 ss.) e di tutti i sostenitori di
anche per quel che ci riguarda, il predi- un messianismo politico. Nelle beatitu-
cato che Gesù stesso si attribuisce nella dini (Mt. 5 ,5) ~ appaiono i 1tpa.E~<;, cioè

23 Per la questione cfr., ad es., W. GRUND- 956s.


MANN, Jes11s der Galiliier (1940) 209-223; J. 24 H. BECKER, Die Rede11 des Joh.-Ev. 11nd der
B1ENECK, Sohn Gottes als Christ11sbe:t.eichmmg Stil der g11ostiscben Offenbartmgsrede, FRL
der Synopt. (1951) 75-87; W. MANSON, Bist N.F. 50 (1956) 41-53; BuLTMANN, Trad. 172.
Du, der da kommen soll? (1952) 89-95, spec. 25 J. SCHNIEWIND, Das Evangeli111t1 nach lo;[f.,
92; E. PERCY, Die Botschaft Jcsu (1953) 108- N.T. D eutsch 2 3 (1950) ad I.
rro; W. D. DAvms, Knowledge itt the Dead 26 A differenza delle altre beatitudini, la terza
Sca Scrolls aml Alatthew II,25-30 : HThR 46 è una citazione (Ps. 37,u). Ln sua posizione
(1953) II3-139. Inoltre --) Émywwcrxw u, nella pericope è incerta sotto l'aspetto della
coll. 526 ss.; ~ ~uy6c; m, coll. 1549 ss.; ~ critica testuale: WELUiAUSEN, Mt. e KLOSTER-
µavM.vw v1, coli. IIOJ s.; ~ vipt~oc; vn, coli. MANN, M.t., ad I.
coloro che, stando sottomessi e umili, sto ha dato l'esempio ai suoi durante la
non seguono la propria volontà, ma vita terrena. Questa 7tpa.u-c11c; non è per.
quella grande e benigna di Dio. A co- tanto neanche una virtù in senso greco-
storo Gesù promette l'eredità (~ v, eUenistico (~ coll. 66 ss.), ma è un do-
col. 654) dell'eone futuro, la quale in- no dello Spirito, come mostrano chiara-
clude però (cfr. Mt. 19,29) «la dimora mente Gal. 5,23 e 6,1. La 'ltpaihT)c; si
sicura nel proprio paese» Z7. Al contra- colloca tra la nl<r·nc; e la Eyxpa-ceta.
rio della prima beatitudine (Mt. 5 ,3 ), (Gal. 5 ,23) 30 e rende il cristiano capace
dove sono nominati i 'poveri' (~ 'lt"t'W- di ammonire senza arroganza, impazien-
xol, sinonimo di 7CpUE~ç), nella terza za e ira il fratello che sbaglia (Gal. 6,r).
l'accento è posto sulla promessa futura: Infine la mansuetudine è uno dei doni
coloro che adesso son oppressi e umilin- che vengono con la elezione (Col. 3,12)
ti nell'eschaton governeranno il mondo. e la vocazione divina (Eph. 4,2).

2.Il termine 7Cpa.u-.T)ç 28 è usato da 3. Nell'uso linguistico delle lettere pa-


Paolo z volte, significativamente en- storali non mancano alcuni tratti mora-
trambe nella polemica con i pneumatici listici. Il servitore di Cristo dev'essere
di Corinto. Paolo aveva mille ragioni mite con tutti, ma particolarmente dolce
per prendersela con i Corinzi a motivo quando ammonisce gli oppositori, per-
della loro presunzione e della loro arro- ché comportandosi cosl riesce forse a
ganza; tuttavia essi non devono impe-. strapparli a Satana (2 Tim. 2,25 ) 31• Se-
dirgli di usare con loro la mansuetudine condo Tit. 3,2 tale atteggiamento di soa-
di Cristo (2 Cor. 10,r ) 29• Questa man- ve comprensione va tenuto verso tutti
suetudine scaturisce dall'agape; perciò gli uomini. r Petr. 3,16 esorta i cristiani
l'Apostolo desidera astenersi dal punire a rispondere sempre, anche quando po-
severamente anche i disubbidienti (r trebbero essere irritati e indisposti per
Cor. 4,21). È fuori questione che il suo l'ingiustizia subita, con mansuetudine e
comportamento non va confuso con la gentilezza alle autorità o a chiunque
mollezza o con la debolezza e che non chieda conto della loro vita di fede.
passa per tale, giacché esso è ispirato
alla mansuetudine e all'amore di cui Cri- 4. Iac. 1,21 contrappone la 'ltpetu-cl}c;

27 LOHMEYER, Mt. , nd l. questa ipotesi è molto dubbia; cfr. WINDISCH,


13 Nel N.T. ln forma prevalente è 1tpo:U'tTJ<; 2 Kor., ad l.
(1tpa.6'tTJc; è attestato solo come variante), men- 30 Cfr. ScHLIER, Gal. a 5,23.
tre Ignazio ed Erma hanno sempre 1tpa:6't'f)ç.
29 ---) TmEME 24 s .; ~ liA«NACH r13 e ~ 31 Cfr. al proposito Ign., Tr. 4,2: XPTI~W oùv
V&TLE 152 pensano che si tratti di una espli- 1tpa.6't'f)-toç, Èvnxa:'taME'tct.~ ò lipxwv -.oli
cita reminiscenza della parola di Gesi:1, ma O'.twvo<; 'tOV'tOV.
79 (vr,650) 7tpeti'Jç, 7tp1Xui:ric; C 4 - D (F. Hauck-S. Schulz) (v1,651) 80

alla òpy-fi (v. 20): mentre questa è con- Più frequente è invece l'uso di 1tpa.i'.ic; in
traria alla giustizia di Dio, quella rende Erma: mand. 5,2,3 e 6,2,3 presentano
1'associazione di 7tpa.uc; e 1}uux1oc; (che
docili e pronti a lasciarsi ammaestrare fa pensare a un'in.ffuenza indiretta di Is.
dalla parola di Dio senza adirarsi contro 66,2) entrata già come locuzione fissa
chi la insegna. La mansuetudine è il se- nel linguaggio di edificazione. In mand.
5,2,6 1tpaé'tT)c; compare accanto a ljuv-
gno distintivo della vera pietà, del vero xla. e in mand. 12,3,1 accanto a 1ttCT'tLc;
credente che è animato dalla sapienza di- e ad altre virtù. Il sostantivo ricorre
vina {3, 13: E\i 1tpocu·t"'fJ'tL <roqilocc;; v. 17: inoltre in combinazione con altre virtù;
ad es. in I Clem. 30,8 (con È'TmlxeLa.,
Etpi}\itXTJ, È1ttEtxi}c;). Essa si manifesta
come in 2 Cor. lo,1), in Did. 5,2 (con
in tutto il comportamento del credente Ù1toµo\ii}) e in rClem . 61,2 (con Elpi}-
e sta in benefica antitesi all'amara ge- vn). Invece Diogn. 7>4 sembra ripren-
losia ed alla presunzione litigiosa (3,14; dere 2 Cor. 10,i. Per Ignazio la 1tpa.é-
"1Jc; è una virtù essenziale dei cristiani
cfr. Ecclus 3,17; inoltre I Petr. 3,4). (cfr. Tr. 4,2) e ci si aspetta che il ve-
scovo ne sia dotato (Tr. 3,2; Pol. 2,1;
D. PADRI APOSTOLICI 32
6,2). Anche Did. 15,1 prescrive che solo
èlvopec; 1tpaei:c; debbano essere eletti ve-
Nei Padri apostolici incontriamo un scovi e diaconi (i quali inoltre devono
uso di 1tpauc; e 1tpocu'tT)c; (7tpaé-.T)c; in risultare anche Ò'.q>LÀ.apyvpovc;, Ò'.À.T)~ELC,,
Ignazio ed Erma) simile a quello esami- OEOoxip,cccrµÉvovç) . Tutto sommato pos-
nato sopra. In Did. 3,7 'ltpavc; è da solo; siamo dire che nei Padri apostolici ap-
ma questo passo è influenzato dall'uso pare ancor più chiaro quello che si è no-
linguistico di Mt. 5,5 o forse di~ 36,n, tato già per il N.T. (--? col. 78): la
poiché la seconda parte della proposi- 1tpCX.U't"1JC, è diventata una virtù cristiana
zione è chiaramente una citazione. Al- essenziale. A questo proposito si nota
.trave l'aggettivo compare in elenchi o con sorpresa che nell'esortazione alla
comunque insieme con altre virtù. In 7tpa.un1c, l'esempio di Gesù non ha al-
r Clem . 13>4 (insieme con 1]<Tux1oc;, co- cuna parte.
me in I Petr. 3,4) è citato da Is. 66,2 . F. HAUCK-S. ScttuLz

32 In questa sezione sono state inserite osser- vazioni di SCHNEBMELCHER.


81 (vr,65J) 1tpÉcrpvç x-rÀ.. (G. Bornkamm) lVI,ù5lJ ts2

7tpÉcr~uc;, 7tPECTBV't'Epoc;,
7tpEcrBv't''f)c;, cruµ7tpEO"~V't'Epoc;,
npECTBu't'Éptov, 7tpECT~EUW

t TC{)ÉO'~uc;, t rcpw~l'.m:poc;, sinagogali del giudaismo ellenistico.


t cruµ;cpEuBu-.Epoc; (~ rn, col. 756 C. La mxptioocrtç -.wv 1tfmrPu-.Épwv 11ella pre-
ss. btiO'XO'Jtoc;), t 'ltpEO'Bu'tÉp~o\I dicazione di GestÌ.
D. I presbiteri nelle comunitcì protocristiane:
SOMMARIO: x. !a protocomunità gerosolimitana;
2. fa mancanza di presbiteri nelle comunità
A. Sig11ificato .e uso. paoline;
B. Gli 'anziani' 11ella storia dell'ordi11ame11to 3. lo sviluppo dell'ordinamento presbiterale
israelitico-giudaico: per l'influenza della sinagoga della dia.
x. la storiografia jahvista ed clohista; spora:
2. l'età dei giudici e dei re; a) la Lettera di Giacomo;
3. il Deuteronomio; b) gli Atti degli Apostoli;
4. l'età csilica e postesilica; e) la prima Lettera di Pietro;
5. gli 'anziani' nel sinedrio gerosolimitano; d) le Pastorali;
6. zaqen come epiteto degli scribi; 4. i 24 1tPECT{3V1'€pot dell'Apocalisse giovan-
7. 1tPEO'~u-rEpot negli ordinamenti lm:ali e nea;

7tpfo~vç X"t"À.. .11.a11isatio11 der jiid. Ortsge111einde11 ÙI talmud.


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teste': EJ Il 505-507; M. WmNBERG, Die Or- ( 1902) cfr. indice; R. l<NOPF, Das 1Jachaposto-
83 (VI,651) 'ltpfopvç xù. A 1 (G. Bornkamm)

5. il 7tpE<r~u-r€poc; di 2 lo. e 3 Io. o o


due persone): utòç 1tpEcr~\rn:poç, «il
E. Gli 'a11zia11i' nei Padri apostolici ,. 11ell!l figlio maggiore» (cfr. Aelian., var. hist.
chiesa antica: 9.42): Le. 15,25; Bam. 13,5; può indi-
r. la prima Lettera di Clemente; care coloro che appartengono alla gene-
2.Erma; razione precedente in contrapposizione a
3. Ignazio;
4. Policarpo di Smirne;
coloro che sono di una generazione più
5. i 'presbiteri' di Papia, Ireneo, Clemente giovane ( vw.vlcrxoL, vÉo~, w:wTEpo~ ecc.).
Alessandrino, Origene; Il senso comparativo può però passa-
6. la Didascalia siriaca e la Tradizione apo- re in secondo piano 1 e r.pEcr~u-.rpoç
stolica d'Ippolito. signifìca allora semplicamente vecchio,
anziano, gli anziani: Ios., ant. 13,226.
A. SIGNIFICATO E USO DEI TERMINI
292; Herm., vis. 3,1 r,3; 12,2. Confor-
memente a quest'accezione la chiesa ap-
1. 1tpEO'~U'tEpoç è propriamente il pare in Herm., vis. 3,ro,3 Àlu..v TIPEO-~u­
comparativo di 1tpfoBuç ed è usato nei 'tÉpa., «molto anziana>> ( cfr. vis. 3,II,2
modi seguenti. e 2,1,3; 3,1,2 ecc.). Diversamente da al-
a) Per indicare l'età avanzata, soprat- tri termini indicanti l'età (ad es. yÉpwv,
tutto delle persone (usato cosl da Ome- 1ta.Àa.L6ç), il gruppo -rtpEO-~- è privo di
rn, nelle iscrizioni, nei papiri, nei LXX, qualsiasi connotazione negativa (debo-
in Filone, in Flavio Giuseppe, nella let- lezza ecc.), mentre ha insita la nota po-
teratura cristiana). Comune è il signifì- sitiva del rispetto, dell'onore, della con-
cato più vecchio, maggiore (d'età, fra siderazione 2 • Si capisce cos} il valore del-

lische Zeitalter (1905) 147-222; A. HARNACK, indice s.1".; P. C. SPICQ, Les Epitres pastora/es,
E111s1ehung rmd EntwicklU11g der Kirche11ver- Etudcs Bibliques (1947) XLIII-LI; R. LOEWE,
fass1mg und des Kirchc11rccbts in den ersten Die Ordmmg in der Kirche im Lichte des Ti-
:avei Jahrhr111derte11 (1910) spec. 40-;6; H. tusbriefes (1947) 26-37; T. \Y/. MANSON, The
LrnTzMANN, Zur altchr. V crfassr111gsgeschichle: Churcb's Ministry (1948) 53-77; PH. MENOUD,
ZwTh 55 (1913) 97-153; K.MiiLLER, Beilriige L''Eglise et !es mi11istères sclon le N.T. (1949)
wr Gescbichte der Ver/assu11g ili der alte11 35-55 spec. 50-55; J. BROSCH, Charismen rmd
Kirche, AAB r9u, 3 (1922) 3-5; ID., K/eille ii.mter in dcr Urkirche (1951) lJ7-r41; H.
Beitriìge :wr a!ten Kirchengeschichte 16: Die Sc11LIER, Die Zeit der Kirche (r956) n9-147;
ii/teste Dischofswahl 1111d -weihe in Rom 11nd H. W. Bi::YER-H. KARPP, art. 'Bischof': RAC II
Alexandrien: ZNW 28 (1929) 274-296; B. H. ( r9,54) 394-407; W. M1CHAELIS, Das Altesten-
STREETI!R, The Primitive Church (1929) 67- amt (1953); H. v. CAMPENHAUSEN, Kirchli-
97; O. LtNTON, Das Problem der Urkirche in chcs Amt 1111d geistlicbe Vollmacht i11 de11
der 11eueren Forsclmng (r932) 110-u3; A. C. ersten drei Jahrhu11derlen (r953) spec. 82-134;
HEAm.AM-F. GERKE, The Origin o/ the Chris· A. EHRHARDT, Tbc Apostolic Successio11 (r953)
tian Ministry, in A. HEADLAM - R. DoN- cfr. indice s.v. 'Elder', 'Presbyter'; DrnELIUS,
KERLY, The Ministry and the Sacraments Past.l spec. 44-47.60 s. Cfr. anche la bibliogra-
(1937) 326-367; E. J. PALMER, A IJCtv Ap- fia a btlcrxo7toç "'4 III, coli. 756 ss.
proach lo a11 old Problem: Tbc Develop- I Cfr. BLASS-DEBRUNNER § 244,2; SCHWYZER
mcnt o/ the Christian Mi11istry: ibid. 768 II 184 s.; ST. C. CARATZAS, Sur l'histoire du
ss.; J. M1CHL, Die 24 .ii.ltesten in der Apoka- suffixe de comparati/ -'t'Epoç (7tpE!TP{m:poç, t-
lypse des Hl. ]ohannes (1938); K. L. ScHMIDT, !;w-rEpoç, vEW"l'Epoç): Glotta 32 (1953) 248·
Le ministère et les mi11istères da11s /'Église d11 261; K. }AB ERG, Elatiot1 tmd Komparation, in
N .T.: RHPhR 17 (.r937) 3r4-336; In., Amt 'Festschrift Ed. Tièche (1947) 56 s.
1111d .ii.mter im N.T.: ThZ l (1945) 309-311; 2 Per l'etimologia cfr. HoFMANN, s.v. 7tpÉ-
K. E. KIRK, The Apostofic Ministry (1946) dr. 11Bvc;. Per la sinonimica cfr. J. H. H. SCHMIDT,
indice; E. SCHWElZER, Das Leben des Herm Synonymik der griech. Sprache n (1878) 87 s.;
in der Gemeinde tmd ihre11 Die11ste11 (1946) IV (r886) 3II.
'itpfo{3uç X'tÀ.. A I (G. Bornkamm) (v1,653) 86

la distinzione fatta da Sofocle quando Plat., apol. 3rb; Iarnbl., vit. Pyth. 8,40 3
Nicia lo invitò a prendere per primo la e anche il glossolano, divertente apofteg-
parola perché era il più vecchio dei pre- ma in Plut., apophth. Lac. 12 (u 232
senti: «Io sono il più vecchio, ma tu s. ): l8w\I <ttc; è:v &:r.oxwp1]crEt i>axÉo\l't'ac;
(scil. Nicia) sei il più anziano (scil. il più bd OL<ppW\I ri.vi)'prJmouç 'µ1) ')'É\IOL't'O' E!.'-
degno di rispetto)», è:yw 1ta.Àmo'W."t"oc; 'itE\I 'ÈvTavi}a xa.i>ltrat, 8i)'E\I oùx ii<nw
Elµt, <1Ù oÈ npEcr{3uTa.Toc; (Plut., Nicias è:!;avacr't'lj\laL 7tpE<r(3vTÉp~', «un tale ve-
r5,2 [I 533b]). Questa intrinseca con- dendo alcuni seduti su delle assi nell'at-
notazione positiva spiega l'impiego cor- to <li fare i loro bisogni, 'Non sia mai',
rente sia del comparativo sia del super- disse, 'che io mi sieda su un posto dal
lativo per indicare ciò che ha importan- quale non mi possa alzare per rispetto a
za e possiede un valore superiore o som- chi è più anziano'» . Anche nelle senten-
mo; leggiamo cosl che gli Spartani «te- ze sapienziali bibliche si parla spesso
nevano in maggiore considerazione le co- dell'onore dovuto all'anzianità (Prov.
se del dio che quelle degli uomini>>, 'tÒ. 20,29; Sap. 2,rn; cfr. Lev. r9,32). Per
nu ìtEou 7tpE<1{3UTEpa È7toLoiiv'to i] 'tà 1a lode alla sapienza, all'esperienza vis-
'tW\I ri.vìtpw7tw\I (Hdt. 5,63; cfr. Eur., suta, alla capacità di giudizio e al timor
fr. 959; Thuc. 4,6r). Istruttivo è anche <li Dio degli anziani, cfr. soprattutto
Plat., symp. 2r8d: è:µot µi\I yàp ov&Év Eccltts 6,34; 25,4-6.
è:cr·n 1tpE<r{31hEpO\I 'tOU wc; O'tL {3É À'ttO"'tO\I
ÈµÈ yEvÉcri>at, «infatti per me nulla è b) Per l'uso linguistico biblico è par-
più importante che divenire quanto è ticolarmente importante notare che
possibile migliore». Un rilievo partico- 1iPÉa'~vc; compare nella costituzione di
lare è dato al consiglio ed alla sapienza Sparta anche come titolo politico e indi-
deg1i anziani: ot o-oq>oL xat 7tpE<r{3u'tEpoi, ca il presidente di un collegio: -.wv Èq>o-
«i saggi e anziani» (Aristot., eth. Eud. 1, pwv (IG 5,r,51,27; 6,552,n), \loµoq>u-
4 [p. 12r5a23]); {3ouÀaL 7tpEcr{3u't'Epat, À.axwv (6,555b 19), f3t&Éwv = efebi (6,
«i piani degli anziani» in antitesi alla te- 556,6), uuvapxlaç = assemblea di ma-
merarietà dei giovani (Pind., Pyth. 2, gistrati (6,504,16). Indipendenti da que-
65). L'onore che va reso agli anziani ov- st'uso sono gli esempi di 7tpEo-(3u't'Epoi
vero all'età è un motivo costante della come titolo in iscrizioni e papiri egizia-
deontologia popolare: [ci.El 7t]O'tE µi\I ni (dell'epoca tolemaica e imperiale) 4•
1tpEcr{3u-.É(pouc; 'ttµW\I wc; ')'O\IEqç, 't'OÙç In questi documenti vengono indicati
OÈ xa1>1}ÀLxac; wc; rÌ.OEÀ.q>ouç, "t"OÙç OÈ con '1tPE<r(3u't'Epot comitati e collegi di
[ \IEW't'Épouc; W<; itClLÒac;], «Onorando ogni genere: il direttivo, eletto libera-
sempre i più anziani come genitori, i mente, dei contadini statali uniti in con-
coetanei come fratelli, i più giovani co- sorteria (7tpE<r(3u"tEpoi yewpywv: BGU I
me figli» (Inscr. Priene [I secolo a.C.) 85,9 ss.; P. Tebt. 13,5; 40,17 s.; 43,8;
II7,55 s.); "t'Otç µÈv i}À.LXLW'ta.Lc; itp00"- 50,20; P. Gen. 42,15; P. Lond. 11 255,
q>Ep6/µ:::voç wc; à.OEÀ.q>oç, 'tOLç OÈ -p;pE- 7 ); anche i consigli direttivi delle cor-
crBu't'ÉpoLç wc; ut6c;,_,f-.oic; &è itcrnrL\I wç porazioni: r.pEcr{3u"tEpoL "tW\I ÒÀ.upox6-
?i:a't'-i]p (IPE I 22,28 ss.); cfr. anche r.wv (corporazione dei mugnai di Ales-

3 Cfr. Dll!SSMANN, L.O. :i63; DIBl!LIUS, Post! MANN, L.0., indice s.v. 7tPEO'~V-çEpoç; __,,
a r Tim. 5,r. LrnTZMANN n7; _,, Dnmuus, excursus a r
' Cfr. Mn'TEIS·\Xl'ILCKEN r l,:i75; DEISSMANN, Tim. 5,17; soprattutto - > SAN NrcoLÒ I l69-
B. 153-155; DEisSMANN, N.B. 6o-6:i; DEiss- r73; II 90-96 (documentazione spcc. 94 s.).
-;:pÉ1J~u<; x.-rÀ. A 1 (G. llomkamm) (vr,654) 88

sandria, capeggiata da s~i 1tpEcr(3u"tEpot sociazioni di persone d'età più matura


presieduti da un tEpEuc;; III sec. a.C.) 5• (in contrapposizione alle associazioni
Similmente appaiono 1tpEcrf3u•Epot come giovanili): tali sono certamente gli ù-
organi dell'amministrazione autonoma f.L\l~oot npEcr0u1:Epot di un'iscrizione tro-
dei villaggi: 1tpECT(3U1:EpOt ·djc; XWµTjç 6 • vata a Raclanovo 9 e i frequentissimi
Essi hanno funzioni amministrative ed clubs di notabili formati da coloro che
anche giudiziarie, variano di numero ( 2 appartenevano alla gerusia 10• Altrove
o 4, ma anche più di ro) e durano in npEcr0u-.Epot indica l'età, l'antichità di
carica un anno. È importante notare che un'associazione professionale rispetto ad
anche per il clero «del grande dio Sok- un'altra più recente li: cruvoooc; 't'WV ÉV
nopaios» abbiamo un testo (BGU r 16, 'A)..E~avopEl~ 1tpwSv1:Épwv èyooxÉwv,
5 s.) in cui 1tpEcr(3u1:Epoi ha valore di ti- «antica associazione degli spedizionieri
tolo: si tratta di una giunta composta di Alessandria» (Ditt., Or. r I40,7 ss.);
di 5 o 6 membri che viene rinnovata 1tpea(3u-.Epot yÉpotot (tessitori) 12 o "tÉ-
ogni anno ed i cui compiti sono il di- X1:0VEç 1tpecr0u-.Ep0t 13 •
sbrigo degli affari correnti, l'ammini- L'uso linguistico egiziano potrebbe
strazione dei beni ed i contatti con le spiegare la preferenza dei LXX per npE-
autorità; i membri della segreteria non uSu"tEpot (invece di yÉpoV1:Ec;) come tra-
sono affatto anziani (il testo parla di pre- duzione di zeqènlm. Viceversa dobbiamo
sbiteri di 45, 35 e 30 anni) 7 . Di unge- tener conto dell'influenza giudaica pres-
nere diverso sono i 1tpEcrBu-.epot delle so le comunità del i)~òc; uifit0"1:0c; 14, sulla
associazioni greche, per i quali esiste cui organizzazione siamo perfettamente
un'abbondante documentazione 8 . Qui informati grazie alle iscrizioni riuovate
non si può dire che il nostro termine sia in Crimea e risalenti ai primi tre secoli
usato come titolo, poiché 1tPE<r(3u·upot dell'era volgare 15• Qui all'interno delle
indica non dei funzionari, bensl varie as- comunità troviamo delle cerchie pitt ri-

3 M. L. STRACK, Inscbr. aus ptolemiììscher 9 =ZrnBARTH 90; -7 PoLAND 556 (sotto 13


'l.eit: APF 2 (1903) 544; inoltre In., Die 84).
Miillerinmmg in Alexa11drie11: ZN\'Q' 4 (1903) io Costoro si chiamano di solito anche (e più
213-234, con un elenco della documentazione spesso) yqia:tol, ')'Epouo-taa-ral; --> PoLAND 98-
più antica 230 s. 102; --Y LrnTZMANN n6 s.
0 BGU I 195,30; P. Oxy. XVII 2121,4; P. Ze- li --> Z1EBARTH 213; --> POLAND 171 s.; --Y
non III 520,4 (cd. C. C. EDGAR, in Catalogue Lrn·rzMANN u6 s.; contro STRACK, MiHlerin-
Générnl des Antiquités égyptlennes du Musée 11ung (-7 n. 5) 23.z, per il quale 1tpEu(lunpoL
<lu Caire 85 [1928) 234); F. B1LABEL, Gr. Pap. è il titolo dei membri più anziani della rela-
(Urkt1nde11, Briefe, M11mienc1ikette11), Ver- tiva professione.
offentlichungcn aus den badischen Papyrus- 12 Egypt. Exploratio11 Ftmd III, Faylim Towus
sammlungen Heft 2 (1923) nr. 32,1; dr. anche mzd their Papyri (1900) 53, iscrizione 6.
H. HAUSCHILDT, IlPE:EBYTEPOI i11 Agypten 13 I nscriptiom:s Graecae ad n:s Romanas per-
im !.-III. ]abrh.: ZNW 4 (1903) 235-.z42; L. ti11e11tcs, ed. R. CAGNAT I (19n) nr. n55.
WENGER, Die Stellvcrtretrmg im Rechte der 14 Per queste comunità vedi E. ScHiiRER, Die
Papyri (1906) n3-II5; R. TAUDENSCHLAG, The ]11de11 im bospora11ische11 Reiche und die Gc-
Law o/ Greco-Roman Egypt in the Ligbt of meimcbaften der UE~6~\lot f>EÒ\I ilij.itO""t"O\I
the Papyri1 (1955) 580 s.; -7 LIETZMANN ebendaselbst: SAB (1897) 200-225; G. BoRN-
JI7 s. KAMM, Das Endc des Gesetzcs (1952) 153-
7 \Y/. Orro, Priester :md Tcmpel I ( 1905) 47· 156.
52. 15Le iscrizioni sono raccolte in IPE II 437-
s Documentazione in - > ZrnBARTll e soprnt- 467; per l'organizzazione di queste comunità
tutto -7 PflLAND. passim. ~ LrnrzMANN n8-123.
»PÉ<Tf3uç %"t'h. A 1-2 (G. Bornkmmn)

strette {di misti) formate da membri di Clem. l,3) rivelano che il termine desi-
provata fedeltà i quali sono chiamati, in gna allo stesso tempo una posizione di
contrapposizione alla comunità più am-
pia dei tiasoti, Elcr7tot11•ot ~oe:À.cpol, riguardo in seno alla comunità. 'ltpEcr~v­
«fratelli adottivi» {vale a dire «figli di -rEpoc; indica chiaramente un titolo an-
Dio»). A capo di essi stanno dei 7tpe:cr~v­ che quando denota i membri di un'auto-
'tEpot 16 , né si fa cenno di altre cariche.
Evidentemente questo titolo è ripreso rità locale (yepou<rla.), del sinedrio ge-
dalla costituzione sinagogale giudaica rosolimitano (~ col. 103), delle auto-
(~ cruva:ywy1)) e non indica uno dei rità locali dcl paese (~ coll. 107 s.),
numerosi uffici della comunità generale, delle sinagoghe (~ col. 108 ), oppure
ma è riservato alla conventicola 17•
quando i 'ltPE0'{3u-rEpot appaiono come i
responsabili delle comunità cristiane in-
c) Il problema particolare dell'uso di
7tpe:cr~u-re:poç nel giudaismo e nel cristia-
sediati a capo delle medesime e investiti
nesimo sorge dal duplice significato del- di determinate funzioni ufficiali.
la parola che può indicare sia l'età di 2. 'tÒ 1CpEcr{3u-rÉpto\I (sempre al singo-
una persona sia il titolo di chi copre lare) compare nella letteratura precri-
. stiana soltanto in Sus. 50 (Theod.): xcx.t
una data carica. Spesso non è possibile
e:i'ltct.\I aù-rQ oi. 7tpEcr{3u-re:pot AEupo x6.-
distinguere nettamente i due significati; ~t<To\I f.v !J.É<Tcp xa.t civciyye:tÀ.o\I 1)µLv·
in molti passi, come ad es. in Gen. 18, O'tt crot 8ÉòwxEv ò ~EÒ<; -.ò '1tpEcr{3u-rÉpiov
II s.; l9,4.3r.34; 24,1; 35,29, il ter- (codd. B 88 410: 1tpE<T{3Eto\I). Evidente-
mente il nostro termine indica qui la
mine indica chiaramente l'età avanzata dignità d'anziano 18 conferita da Dio, in
o molto avanzata. Quest'accezione si virtù della quale Daniele, benché giova-
conserva anche nella letteratura cristia- ne, è autorizzato a parlare nel consiglio
dei 'ltpE0'{3u-rEpOt.
na: Io. 8,9; Act. 2,17 (loel 3,1: oppo-
sto di \IE<X.\llcrxot); I Tim. 5,r.2; I Petr. All'infuori di questo esempio il ter-
5 15 (opposto di \IEW'tEpoç) e altrove; dr. mine ricorre soltanto nella letteratura
anche Hebr. II ,2: 7tpECT~U'tEPOL = «g1i cristiana, ove significa il collegio degli
avi», «i maggiori». Però già alcuni pas- anziani. Questo collegio può essere: a)
si, come Mt. 15,2; Mc. 7,35 (7tap6.oocnç ]a somma autorità giudaica di Gerusa-
'tW\I 7tpEa~u't€pwv ), mostrano che i lemme {generalmente chiamata. cruvÉ-
7tpEO"~V'tEpot sono considerati i deposi- optov ): Le. 22,66; Act. 22,5 (si tratta
tari della tradizione dottrinale norma- certamente di una denominazione cor-
tiva, mentre altri passi (I Petr. 5 ,5; I rente nel giudaismo ellenistico, non di
16 IPEII nrr. 450.4_52.456. ta da un »PEcravnpoç che si può individuare
•1 Come sostiene, con prove convincenti, -'» in :1 lo. e 3 Io. (-'»coli. 135 ss.).
LIETZMANN 120-123. Anche se le iscrizioni ap- 18 Cfr. J. ]EREMIAS, IlPEl:BYTEPION aus-
vartenessero al Ili sec. d.C,r pure è degno di serchristlich bezeugt: ZNW 48 (1957) 127 s.,
nota il parallelismo con la conventicola guida- ove si dìscutono anche i problemi del testo.
npfo(3vç X'tÀ. A2 -B I (G. Dornkamm)

una iMovazione apportata dall'uso lin- B. GLI 'ANZIANI' NELLA STORIA DELL'OR-
guistico cristiano); h) il consiglio degli DINAMENTO ISRAELITICO-GIUDAICO

anziani delle comunità cristiane: I Tim. r. Per l'A.T., in tutti i suoi strati tra-
4,14 (--+ colJ. 123 ss.). dizionali, gli anziani (hazt'qe11'im)2il co-
stituiscono un dato di fatto acquisito.
Il termine ricorre con sorprendente Non c'è alcun passo che c'informi sul-
frequenza in Ignazio (ben x3 volte, con- l'insediamento e la composizione dei 10-
tro l'assoluta assenia in tutti gli altri Pa- 1·0 collegi. È opinione generale che la
dri apostolici), associato con vescovo e loro origine vada ricercata nell'antichis-
diaconi: Eph. 2,2; 4,1; 20,2; Mg. 2; Tr. simo ordinamento patriarcale d'Israele
2,2; 13,2; Sm. 8,r. Poiché, secondo I- fondato sui parentadi, in vigore molto
gnazio, la posizione gerarchica dei pre- prima che Israele divenisse sedentario e
sbiteri corrisponde agli apostoli, in Phld. le sue tribù si unissero in popolo. Quali
5, r gli ù.:1t60"'toÀoL possono essere dii a- capi e rappresentanti delle grandi fami-
mati 1tpECT~\)"'tÉpLO\I ÈXXÀ:l')O"lac;. Il pre- glie e dei parentadi, gli anziani eserci-
sbiterio è il consiglio (cruviopLO\I) del ve- tavano il potere direttivo sui gruppi
scovo (Phld. 8,r) e, poiché questi «è ti- sempre più grandi che si andavano for-
po del Padre», il presbiterio è il cruvf.- mando. Già nelle più antiche fonti della
OpLOV di Dio (Tr. 3,1). storia delle origini d'Israele quale po-
polo, vale a dire nell'opera storica jahvi-
o
3. cruµ1tpEO"~U"t'Epoc;, che si riscontra sta ed elohista, non c'è quasi più traccia
unicamente nella letteratura cristiana, del nesso degli anziani con l'ordinamen-
indica il co-anziano, cioè uno che è in- to gentilizio 21 • In queste tradizioni sto·
ziano insieme con altri o al pari di altri: riche gli anziani appaiono ormai costan-
I Petr. 5,1; Iren., ep. ad Victorem (in
temente quali rappresentanti di tutto il
Eus., hist. eccl. 5,24,14), e l'antimonta- popolo, più precisamente come puri rap-
nista (Eus., hìst. ecci. 5,16,5). Più tardi presentanti, senza alcuna potestà di go-
diventa, come cruÀ.À.EL'tOupy6c;, cruµµu- verno, privi di qualsiasi iniziativa auto-
O"'t'l")c; (e i loro equivalenti latini), una
noma e sempre associati e subordinati
forma comune di appellazione collegiale ai personaggi preminenti (Mosè, Gio-
con la quale i vescovi si rivolgono ai lo- suè)12. In questioni importanti che ri-
ro presbiteri 19• guardano tutto il popolo essi vengono
riuniti per accettare la volontà di Jahvé.
Per incarico di Jahvé, Mosè deve con-

1~ Cfr. H. Ac1mL1s, Das Chrislenlrun in de11 popolo. Cfr. M. NoTH, Geschichte Israels 3
erste11 drei Jahrhunder/en II (1912) 16; E. (1956) 104.
G. SELWYN, The first Epistle of St. Peter 11 Traspare ancora, ad es., in Ex. 12,21.
(1955) 228; ~ n, 158.
20 ziiqen indica in origine chi ha la barba, cioè 22 M. NoTH, Oberliefer1111gsgeschichte des Pe11-
l'uomo che ha ormai il diritto di partecipare tate11chs (1948) 172-191 mostra che nelle nar-
all'assemblea papolare; pai il termine è venu- ra:doni premosaiche dell'esodo dall'Egitto e
to a significare particolarmente la persona in della rivelazione al Sinai gli anziani erano in
età avanzarn, il vecchio. Cfr. KoHLER-BAuM- origine i capi del popolo; solo in un secondo
GARTNER, s.v. ziiqe11. Con gli anziani vengono momento, quando prevalse la tendenza a met-
poi formati, in senso più stretto, i collegi dei tere in risalto il ruolo preminente di Mosè
scniori, i 'senati', che rappresentano responsa- quale condottiero, essi furono degradati a mu-
bilmente il parentado, la città, Ja regione, il te comparse e a personaggi secondari.
r.pfo~v<; X"t"À. B l (G. Bornkmnm) Cn,656) 94

vocate gli anziani d'Israele per annun- stituisce un dato di fatto e non ha bi-
ciare loro, e quindi al popolo in Egitto, sogno né di una legittimazione partico-
l'imminente liberazione (Ex. 3,16; 4, lare né di essere stabilita con legge. In
29) e per presentarsi insieme con loro verità non tutti gli anziani partecipano
davanti al faraone (Ex. 3,18). Essi devo- al governo d'Israele, bensì soltanto co-
no provvedere alla macellazione delle loro che sono stati scelti da Mosè. È
vittime pasquali nelle famiglie (Ex. 12, questo il senso della narrazione elohista
21), partecipano con Ietro al banchetto (?) 25 dell'insediamento dei 70 anziani 26
sacrificale (Ex. l 8,12) ed al Sinai ricevo- ordinato da Jahvé (Num. II,16 s. 24 s.),
no dalla bocca di Mosè la rivelazione di anziani che Mosè nomina a suo sgravio
Jahvé (Ex. 19,7). «Alcuni degli anziani e Jahvé dota di una parte dello spirito
d'Israele» assistono, quali testimoni, al che era su Mosè. Si tratta evidentemen-
miracolo della sorgente in Hoteb (Ex. te di una saga eziologica che si è forma-
17,5 s.); «settanta degli anziani d'Israe- ta per influsso del movimento profetico
le» mirano la gloria di Jahvé nel rac- estatico n e che si riallaccia sl all'antico
conto della conclusione dell'alleanza con ordinamento presbiterale, ma al tempo
Mosè ed i suoi tre accompagnatori sul stesso lo altera in maniera essenziale in
Sinai (Ex. 24,1.9 ). Nella loro qualità di quanto ora è Mosè che opera una sele-
rappresentanti di tutto il popolo «gli zione e si subordina i settanta quali de-
anziani d'Israele» accompagnano Mosè tentori dello spirito da lui ricevuto; con
nella spedizione punitiva contro Datan ciò essi vengono del pari legittimati qua-
e Abiram (Nmn. 16,25) e insieme con li titolari di una pubblica mansione.
Giosuè fanno espiaziC'ne per il furto Questo racconto è chiaramente collega-
commesso da Acan (Io~·. 7,6) 23 • Al se- to con il resoconto jahvista della condu-
guito di Giosuè marciano alla testa del sione del patto al Sinai (Ex. 24,1 .9: ma-
popolo contro Ai (los. 8,rn). Ancora nifestazione della gloria di Jahvé davan-
Giosuè li convoca in occasione dell'as- ti a Mosè e a settanta «degli anziani d'I-
semblea di tutte le tribù d'Israele per sraele») e costituisce, altrettanto chiara-
la dieta di Sichem (Ios. 24,r; cfr. 23,2). mente, una variante di Ex. 18,13 ss., do-
Istruttiva è la locuzione «gli anziani d'I- ve, per consiglio di Ietro, Mosè scelse,
sraele» (Ex. 3,16.18; 12,21; 18,12; 24, fra tutto Israele, uomini capaci 28 e li
1.9 ecc.) 24 , cosl cara all'Elohista eppure costituì capi (Sar2m) di migliaia, di cen-
certamente non storica perché presup- tinaia, di cinquantine e capi di decine,
pone l'unità del popolo d'Israele ancor affidando loro anche il giudizio di cause
prima della conquista di Canaan, e i- minori. Infine lo stesso processo è de-
struttiva è la palese tendenza a porre al scritto anche in Deut. 1,9-18, ad un pun-
servizio del governo di tutto il popolo to molto rappresentativo de] discorso di
l'autorità degli anziani, autorità che ca- Mosè 29• Già il fatto che le diverse tradi-

'.J Il contesto di Ios. 7,16-18 fa scorgere nnco· cananea (~ n. 37) e rimandi alla cifra tonda
ra chiaramente l'articolazione delle tribt1 in di una grande famiglia aristocratica particolar-
parentadi. mente eminente: cfr. fod. 8,30; 9,2.5; 124.
24 Cfr. anche Ex. 4,29: ziq11é b'né iiiro'el; Ex. 21 Per la concezione dello spirito ed il signi-
19,7 : ziqné hifom; cosl anche in Num. rr,16. ficato dell'episodio degli anziani di Num. l 1
24. dr. Nora, op. cii. (~ n. 2 2) 141-143.
t5 Norn, op. cii. (~ n. 22) 34 nttribuisce que- 18 Certamente Ex. r8 non parla né di anziani
sta narrazione 11 J. né dell'elezione di 70 persone.
"16 Sembra che il numero di 70 sia di origine 19 Anche qui non si fa parola di anziani, ma si
'itpÉo-(3vi; X't:X.. B 1-~ (G. Bornkamm\ (vr,656) 96

zioni diano un tale peso a questa scelta al trono di Dio jn Apoc. 4 (~ coll. I 29
e investitura degli anziani ci rivela che ss.). Anche nell'esegesi rabbinica Ex. 24,
la pericope di Num. u,r.6 s. 24 s. non associato a Is. 24, ha una parte impor-
vuole narrare semplicemente un miraco- tante, con la differenza che qui si vuole
lo eccezionale, come fa la pericope suc- sottolineare l'onore particolare di cui
cessiva con la storia delle quaglie (Num. hanno goduto una volta e godranno an-
II ,3 l ss. ), ma vuole presentare la costi- cora nel mondo futuro gli anziani. Cfr.
tuzione di incaricati 30 e ricondurne l'i- S.Num.92 a 11,16: «Non soltanto in
stituzione a Mosè, anche se il consesso un passo e non soltanto in due passi
cosl formato non ha ancora carattere di Dio conferisce onore agli anziani, ma
'autorità' 31 • dovunque tu trovi la parola 'anziani'
Dio dà onore agli anziani» 33 •
I due racconti dì Ex. 24 e Num. II
hanno una lunga storia sia nella stessa Num. n,16s. 24s. offre il modello
Bibbia sia nell'esegesi giudaica. Con per il sinedrio e per il numero dei suoi
chiaro riferimento a Ex. 24,9 s. l'Apo- componenti (~ coll. r.o4 s.) 34 ed è la
calisse di Isaia, un'opera molto tarda, principale prova scritturistica per l'or-
fa terminare la descrizione del giudizio dinazione dei rabbini 35• Anche la chiesa
universale e della manifestazione del ve- antica si è talvolta servita di questo pas-
niente regno di Jahvé sul monte Sian e so per l'ordinazione dei presbiteri 36•
in Gerusalemme con le parole di Is. 24,
2 3: «E davanti ai suoi anziani è glo- 2. Mentre nelle tradizioni storiche re-
ria». Questo passo è una prima prova
lative all'epoca precedente la conquista
che dimostra come l'apocalittica svilup-
pi di preferenza le sue immagini escato- di Canaan ci muoviamo, per quanto ri-
logiche riallacciandosi a testi sacri e sia guarda la questione degli anziani, sul
quindi essa stessa, in larga mìsura, ese- terreno quanto mai incerto di finzioni
gesi 32• Ritroviamo più tardi lo stesso
fenomeno (e si tratta ancora di Is. 24, retrospettive e di tendenze manifeste,
23) neila visione dei 24 anziani davanti troviamo un quadro totalmente diverso

usano termini correntemente sinonimi di an- collegi di 70 membri: Giuseppe nomina 70


ziani: «Uomini saggi, intelligenti e prudenti anziani col compito di amministr11re la Gali-
scelti tra i capi delle vostre tribù)> (Deut. 1,13. lea (beli. 2,570 s.); gli Zeloti insediano a Geru-
15). Anche altrove il Deuteronomio evita, in salemme un tribunale di 70 giudici (bell. 4,336.
modo caratteristico, di usare l'espressione 'an- 341); 70 giudei eminenti stanno a capo della
ziani d'Israele'; esso conosce solo anziani lo- colonia di giudei babilonesi in Batanea (beli.
cali con limitate funzioni giudiziarie (~ coll. 2A82; vit. 56) e della comunità giudaica di
98 ss.). Alessandria (Sukka j. 5,r [55a, 70 s.]). Anche
Ja In N11111. 11 lo 'spirito' è divenuto dunque gli Ebioniti avevano un collegio di 70 anziani
'spirito d'autorità', cioè spirito che conferisce con funzioni dottrinali (ep. Petri ad Iacobum
un ufficio, o che ad esso compete: cfr. ErèH- 1,26 [GCS 42,r p. x s.)). Cfr. H.J.ScHOEPS,
2
RODT, Theol. A.T. n 23 n. 7. Theol rmd Geschichte des Judenchristenlt1m:r
31 Ancora "in Et. 8,n si menzionano i 70 an· (1949) 290.
ziani come rappresentanza di tutto il popolo. JS Cfr. K. G. KuttN, Sifre Numeri (1934) 247-
251; ~ LoHSE 21 S. 25-27.
3Z Indicazione di G. v. RAD.
36 Hipp., Traditio apostolica 32,2 (ed. F. X.
33 Cfr. anche Lev. r. xr (u3b) in STRACK·BIL- FUNK, Didascalia et Comi. Ap. li [ 1905) I03).
LERBECK lll 653 S, Cfr. anche Orig., hom. in Num. 22,4 (GCS 30,
34 S'incontrano anche altrove, frequentemente, 208).
r.pfo~vc:; x-r:>... B 2-3 (G. Bomkamm)

non appena passiamo all'epoca successi- chiede di venire riabilitato davanti agli
va alla conquista. Qui, per la prima vol- anziani del popolo (I Sam. 15,30). Da-
vid ottiene il trono grazie ad un accordo
ta, gli anziani appaiono quali uomini raggiunto con gli anziani d'Israele (2
preminenti della nobiltà cittadina di sin- Sam. 5 ,3 ), dopo che Abner li aveva con-
gole località, anzi di città non solo israe- vinti ad appoggiarlo (2Sam. 3,17). In
litiche ma anche non israelitiche 37 • A occasione della rivolta di Assalonne gli
anziani d'Israele abbandonano David (2
questi anziani competono le decisioni in Sam. 17,4.15) e questi può tornare a re-
questioni politiche e militari e l'ammini- gnare soltanto dopo essersene riguada.
strazione della giustizia 38• Fuori dell'am- gnato il favore (2 Sam. 19,12). Alla de-
dicazione del tempio salomonico incon-
bito più strettamente locale, gli anziani triamo per l'ultima volta gli 'anziani d'I-
appaiono però come gli uomini più in sraele' quali rappresentanti di tutto il
vista di regioni e di molte o di tutte le popolo (I Reg. 8,I.3); dopo lo scisma
politico essi compaiono come rappresen-
singole tribù (!ud. u,5; I Sam. 30,26; tanti di singole parti del popolo, della
2 Sam. 19,12): essi esercitano un'auto- popolazione del paese (I Reg. 20,7 s.) o
rità collegiale e non di rado, in tale fun- di singole città (I Reg. 21,8.u; 2 Reg.
zione, sono detti 'gli anziani d'Israele' 10,I.5). L'età in cui si forma una buro-
crazia reale limita notevolmente l'influ-
(2 Sam. 3,17; 5,3 e passim). La storia enza degli anziani, eppure costoro ri-
dell'età dei giudici e dei re mostra quan- mangono una forza il cui appoggio la di-
to grande fosse il loro potere, massima- nastia reale deve assicurarsi in situazio-
ni critiche (I Reg. 20,7 s.) o quando si
mente in tempo di guerra, e quanto fos- tratti di eseguire decisioni importanti
se utile per il monarca regnante, ma an- (I Reg. 21,8.II). 2 Reg. 6,32 e 10,I.5
che per i suoi rivali, conquistare il loro mostrano che l'opposizione profetica e
favore. politica contro il sovrano regnante cer·
cava e trovava appoggio presso gli an-
Gli anziani d'Israele decidono di far ziani.
venire nell'accampamento l'arca durante 3. II Deuteronomio dà ovvero lascia
la guerra contro i Filistei (I Sam. 4,3) e agli anziani determinate e ben delimita-
chiedono a Samuele l'istituzione della
monarchia (r Sam. BA). Dopo essere ca- te competenze giudiziarie, collegandosi
duto in disgrazia agli occhi di Dio, Saul chiaramente ad antichi usi giudiziari an-

37 Incontriamo anziani moabiti e rriadianiti già 38 È difficile decidere in che misura gl'Israeliti
in Num. 22A·7 (glosse), mentre ai funerali di nbbiano ripreso l'ordinamento degli anziani
Giuseppe sono già menzionati gli anziani d'E- nelle città dai Cananei e in che misura essi
gitto (nel senso cli dignitari egiziani: Ge11. 50, abbiano conservato il loro antico ordinamen-
7). Troviamo anziani in città non israelitiche to in parentadi, più o meno mutato e adatta-
(Gabaon: Ios. 9,u; Succot: Iud. 8,14.r6; Si. to, dopo l'insediamento in Canaan. Sicuramen-
chem: Iud. 9,2) come in città e regioni israe- te bisogna tener conto di entrambi. Il governo
litiche (Galaad: !ud. II,3-n; Jabes: ; Sam. aristocratico delle città è documentato già per
n,5-10; Betlemme: .r Sam. 16,4; gli anziani l'età di Amarna: dr.]. A. KNunTZON, Die El·
delle città di Giuda: 1 Sa;11. 30,26-31; cfr. an- Amama-Tafeln, Vorderasiatische Bibliothek 2
che Ruth 4). (1907) nr. 59; 89,48 s.
1tpfo~uç x-r),, B .N (G. Bornkamm)

cora vigenti (cfr. Ruth 4,2.9.u); allo no la legge insieme con Mosè (Deut. 27,
stesso tempo limita però tali competen- l) talora la ricevono responsabilmente
(Deut. 5,23; 3r,9), e compaiono di so-
ze a casi locali ed affianca ai loro colle- lito anche negli altri casi in cui tutto il
gi giudici e funzionari subalterni . popolo, in solenne adunanza, è chiama-
to a impegnarsi (Deut. 29,9; 31,28; Ios.
Una casistica regola i casi che gli an-
8,33; 23,2; 24,r). Qui g1i anziani non
ziani sono competenti a giudicare. Essi
sono però mai presentati come un corpo
devono consegnare 'al vendicatore del
di magistrati e nella maggior parte dei
sangue' un omicida che abbia cercato ri-
casi al loro fianco compaiono detenni-
fugio nella loro città (Deut. r9,u-r3);
nati funzionati.
se nella circoscrizione della loro città
si è avuto un caso insoluto di omicidio, 4. Già verso la fine dell'età pl"eesilica
tocca a loro compiere l'espiazione (Deut. l'ordinamento dei parentadi è in piena
2r,1-9); devono giudicare secondo nor-
me precise il caso di un figlio ribelle che fissoluzione e rovina completamente do-
i genitori non riescano pili a tenere sot- po la deportazione. Nonostante ciò, gli
to controllo (Deut. 21,r8-2I} o di un anziani continuano ad avere una fun-
marito che accusi la moglie d'immorali-
zione rappresentativa sia tra coloro che
tà (Deut. 22,13-21); devono curare l'ap-
plicazione della legge àel levirato (Deut. sono rimasti nel paese sia tra gli esuli.
25 ,5-10). Essi amministrano fo giustizia )er quanto riguarda 1n madrepatria biso-
alla porta della città (Deut. 22,15; 25,7; gna però distinguere tra paese e capi-
dr. Prov. 31,23). Oltre agli anziani e ac-
canto ad essi i testi menzionano in parti- tale. Anziani del paese ( 'aniis2m mizzi·
colare giudici (Sof'!fm: Deut. 1,r6; 25, qne hii'iire~) si oppongono alle decisioni
2) e capidistretto (Sotrim: Deut. 20,5. del trib.unale gerosolimitano e prendono
8; entrambi sono nominati in 16,18;
giudici e anziani: 21,2). Si può spiegare le parti del profeta Geremia (Ier. 26,
cosl il rapporto dei tre gruppi tra loro: 17). Gli anziani di Gerusalemme ven-
i giudici, in quanto singoli funzionari gono menzionati anche in una visione
pubblici nella circoscrizione urbana (in di Ezechiele (8,u s.): il profeta vede
Det1t. 2 5 ,2 sofé! è al singolare), ed i ca-
pidistretto, in quanto funzionari subal- da Babilonia, in ispirito, i 70 anziani di
terni, dovettero essere nominati ex novo Gerusalemme (che qui evidentemente
(Deut. r6,r8), mentre gli anziani, do- significano tutto il popolo rimasto in
ve conservarono funzioni giudiziarie in
quanto consigli locali, divennero sl una patria) che compiono atti di culto in
magistratura, ma appunto con compe- onore degl'idoli. Ma anche a capo della
tenze limitate. La legittimazione che se- comunità degli esuli in Babilonia tro-
condo Ntm1. I I era stata conferita agli
anziani è ora trasferita ai funzionari pub- viamo degli anziani (Ier. 29,1; Ez. 8,1;
blici (Deut. 1,15 s.). 14,1; 20,1 .3 ). Anzi, proprio in terra d'e-
Mentre nella legislazione deuterono- silio, quando tutte le altre forme poli-
mica gli 'anziani d'Israele' passano in tiche si sono dissolte, gli anziani svolgo-
secondo piano, nella storiografia deute-
ronomistica essi continuano ad avere no ancora una volta un ruolo di primo
una loro importanza: talora proclama- piano come sttuttura portante di una li-
1tpfo~v.:; x..-)... B 4 (G. Bornkamm) (vr,658) ro2

mitata autonomia amministrativa, an- Questi nuovi dirigenti sono detti anche
che se l'esilio segna una profonda tra- 'anziani', ma con la parola aramaica sab,
che i LXX traducono fedelmente con
sformazione di questa antica istituzio-
7tp€G'~V't'Epoi; (Esdr. 5,9; 6,7.8.14). Essi
ne. Con il dissolvimento dei parentadi stanno a capo del popolo e il governa-
cresce l'importanza delle singole fami- tore persiano tratta con loro; insieme
con il 'governatore dei Giudei' dirigono
glie (le cosiddette 'case del padre') 39 ,
la ricostruzione del tempio e la riorga-
che dopo l'esilio costituiscono il fonda- nizzazione dcl popolo. La loro autorità
mento della nuova comunità nazionale, su tutto il popolo deve essere imposta
e cresce anche l'importanza di alcune fa- con molta fatica, come prova la lotta di
Ncemia contro i 'notabili e magistrati'
miglie eminenti i cui capi si troveranno (hapiMm w"hass"giinT.m) che avevano an·
poi a governare il popolo dopo il ritm- cora un notevole potere nel paese
no in patria. Soltanto ora è appropriato (Neem. 2,16; 4,8.13; 5,7; 7,5). Anche
Esd1'. 10,7-17 mostra che l'istituto degli
dire che gli anziani e le famiglie da cui 'anziani della città' ( ro,14) non è dcl
sono tratti formano l'aristocrazia giudai- tutto scomparso nel paese. Quando la
ca. Il diploma di nobiltà di queste fami- comunità degli esuli riunita in assem-
blea a Gerusalemme decide il divorzio
glie che permette l'ereditarietà deJla ca-
di coloro che hanno contratto un matri-
rica è costituito dall'appartenenza, uflì- monio misto, sentiamo parlare ancora,
cialmentc e debitamente documentata, conformemente all'antico ordinamento,
alla gol1ì (Esdr. 8,1-14; Neem. 7,6-65, di 'giudici e anziani delle singole città'
(ziqne 'lr wii'tr), che devono comparire
dove tuttavia non compare il termine a Gerusalemme insieme con coloro di
z0qénim). Se in passato gli anziani dove- cui tratta la legge. Tuttavia questi an-
vano la loro autorità alla posizione che ziani non sono gli stessi di 10,8 (hassii-
r2m wchazt'qenim) che hanno convocato
occupavano entro le grandi famiglie e i l'assemblea degli esuli 41 • Va anche os-
parentadi, ora essa dipende unicamente servato che Esdra nomina la commis-
dalla posizione delle loro famiglie nel sione giudicante a cui è affidata l'appli-
cazione della legge scegliendone i mem-
popolo stesso.
bri tra i capifamiglia (ro,16). C'è la
Questo mutamento di struttura si ri- chiara tendenza a porre il popolo sotto
flette già nella terminologia della lette- il governo di un organo centralizzato
ratura postesilica: il termine z."qenim, composto di rappresentanti delle fa-
nato nell'antico e ormai tramontato or- miglie aristocratiche di Getusalemme.
dinamento dei parentadi, scompare rapi- Incontriamo questi 'senatori' (hass"gii-
damente 40 ed al suo posto compaiono n2m ), 150 di numero, quotidianamente
altri nomi (capifamiglia, capi, rettori). invitati a pranzo dal governatore (Neem.

39 Per il concetto e la sua ricorrenza ~ RosT sente ed in Esdra compare soltanto in 10,8.14
56-59. (in 3,12 si tratta di anziani d'età). Cfr. ~
«i Questo vocabolo ricorre in z-2 Par. solo RosT 61-64.
nella rielaborazione di antichi testi di I-2 Sam. 41 Soltanto in questo passo riemerge ancora il
e z-2 Reg.; nella tradizione sacerdotale (P) è titolo arcaico <li z'qenlm per indicare i rappre·
ormai molto raro; in Neem. è del tutto as- sentanti di tutto il popolo.
TCpÉ<r{3uc; Y."'t'À.. B 4-5 (G. Bornkamm)

5,17). Sia l'abbondanza dei sinonimi u- dote a cui spettava 1a presidenza del !iÌ-
sati per indicarli sia ìl loro alto numero nedrio, dall'altra dal gruppo formato
mostra che il loro collegio non è una dai teologi, detti ypcx.1..1.µa't'Ei:c;. Eviden-
magistratura, ma un'assemblea di no- temente il governo del sinedrio non fu
tabili. mai nelle mani di questi 7tpe:crBu't'Epot.
Comunque è lecito supporre che gli an-
5. L'esistenza di un 'consiglio degli ziani, in quanto rappresentanti del pri-
vilegiato patriziato gerosolimitano, di
anziani' nel senso di somma autorità go-
regola fossero seguaci del partito sacer-
vernativa giudaica dai profili ben defini- dotale-sadduceo 44. In ogni caso i nume-
ti è documentata soltanto a partire dal- rosi sinonimi usati in Giuseppe, nel N.
l'età dei Seleucidi (Antioco m, 223-187 T. e nel Talmud per indicare gli anziani
rivelano concordemente che gli anziani
a.C.), ma gl'inizi di questa yEpovula sedevano e votavano nel sinedrio quali
aristocratica (il futuro ~ cruvÉoptov) rappresentanti della nobiltà laica 45• La
risalgono probabilmente all'epoca per- loro debolezza rispetto alle altre due
componenti nel sinedrio è rispecchiata
siana 42 • anche dalle formule del N.T. che no-
minano i sinedriti generalmente in que-
Nel corso della storia, alterna e tutta st'ordine: <Ì.PXLEPEL<;, ypcx.µµa.'t'EL<;, 7tpE-
piena di rivalità partitiche, di questo or- rJ'~V'tépo~ NeJla maggior parte dci testi
gano di governo, il concetto di 1tpEO'~u ­ gli àpXtEpEi:c; stanno al primo posto (for-
't'Epot subisce una notevole trasforma- malmente erano ancora il gruppo do-
zione. All'inizio 1tpEO'~U't'Epot sono tutti minante, mentre in realtà il potere era
i membri della yEpouula 43 e solo col passato da molto tempo ai ypcx.µµa't'Etc;),
passare del tempo e gradualmente ven- i 1tpEcrPu't'Epo~ aIl 'ultimo 46 •
gono a chiamarsi cosl soltanto i membri
laici, per distinguerli da un lato dai rap- Dopo la distruzione di Gerusalemme,
presentanti delle famiglie sacerdotali, continuazione ed erede del grande si-
dalle quali veniva eletto il sommo sacer- nedrio gerosolimitano diventa il sinedrio
12 Ios., ant. 12,138-144. Cfr. ScHiiRBR n 239. con àpxu:pE4°t;, ypttµµa:tEi:c;); i primi della cit-
o =
Yi yEpouula; ot TepEu'3uTEpoL; dr. 2 Mach. tà (Ios., vii. 9); i capi del popolo (Ios., vit.
r,10; 4,44; u;q con I Mach. 7,33 e soprnt- 194); i notabili (Ios., beli. 2,410); i maggio-
tutto I Mach. 12,6 con 1 Mach. 14,20 ecc. renti (beli. 2,316), ecc. In Ios., beli. 2AII i tre
gruppi che si riuniscono per discutere fa gra-
44 los., atlt. 18,17 dice espressamente che i no- ve situazione politica sono i maggiorenti (8u-
tabili appartenevano al partito dei Sadducei. va."tol), i sommi sacerdoti e i notabili dei Fa-
Con il tracollo dello stato giudaico (70 d.C.) risei. Nel Talmud la parte laica della classe
spariscono il partito sadduceo e la nobiltà lai- dirigente è chiamata ripetutamente «i grandi
ca ad esso connessa. Si spiega cosl, presumi- della generazione», «Ì grandi di Gerusalem-
bilmente, l'eliminazione rabbinica di una par- me», «i notabili di Gerusalemme». Ulteriori
ticolare beraka sugli anziani nelle Diciotto Be- indicazioni in -+ JEREMIAS 88-100.
neclliioni, beraka che, secondo T. Ber. 4,25, de- 46 È però possibile trovate anche un ordine
ve essere esistita in determinate versioni. Cfr. diverso (ad es., Mc. 8,31 par.: TepEU~U't'Epo~.
K .G. Ku.i-1N, Acht1.ehngebet und Vaterrmser &.pxu:pEi:.;, ypa.µµttTEtc;). Nei primi tre evan-
und der Reitn (1950) 18 s. ;zi s. gelisti la denominazione dei sinedriti non è
45 Istruttivo per 1a determinazione degli an- costante e varia anche sensibilmente. Mentre
ziani come nobiltà laica è un esame della sino- Marco spesso nomina nell'ordine à.px~epEt't;,
nimica: i primi del popolo (Le. 19,47, insieme ypaµµtt"tEtt;, 1tpECT~V't'EPO~ (Mc. II,27; I4.43·
IOJ (vr,659)

di Jabne (Jamnia), che fa risalire an- diritto ~iikàm, «sapiente», sia eo ipso
ch'esso i suoì 72 'anziani' al consiglio uno :riiqèn: ~iikiim rimane il termine più
degli anziani istituito da Mosè. Certa-
mente, rispetto al sommo consiglio di ampio e ziiqén un particolare titolo
Gerusalemme, il sinedrio di Jamnia ha d'onore, più o meno equivalente a se-
cambiato volto poiché gli sono state sot- natore.
tratte tutte le competenze politiche e gli
è rimasto un potere giudiziario molto li- Questo avvicinamento dei concetti ha-
mitato. Esso è composto esclusivamente kàmlm e z"qénim che si compie nélla
di rabbini aderenti al fariseismo, men- Mishna deve essere però cominciato
tre sono scomparse l'aristocrazia sacer- molto prima e traspare già nella leg-
dotale e la nobiltà laica. In questa nuo- genda dei LXX (prima metà del r secolo
va forma, quale suprema autorità per a.C.) narrata nell'Epistola di Aristea
l'interpretazione e applicazione della leg- (32.39 .46). Secondo questa leggenda
ge e quale accademia dell'erudizione rab- Tolomeo chiede al sommo sacerdote E-
binica, questo sinedrio divenne ben pre- leazaro di nominare 72 anziani di pro-
sto la massima autorità di tutto il giu- vata fiducia e di sicura conoscenza del-
daismo. la legge a cui affidare la traduzione del-
1'A. T. Certamente 'ltpEO'~U't'Epo~ non è
6. In base a questo sviluppo la tra- usato qui come titolo, giacché essi ven-
dizione giudaica assoda al titolo onori- gono scelti in base al loro sapere e
fico di ziiqèn, che essa attribuisce ai som- non già nominati 'anziani'. In questa
selezione dei 72 ( 6 per ciascuna delle 12
mi maestri antichi 47, l'idea della loro tribù) si rispecchia certamente l'antica
appartenenza al sinedrio 48 • Eppure an- rappresentanza dell'intero popolo d'I-
che i membri di gerusie locali si chiama- sraele. 1tpEO'B1hEpot. nell'accezione di
'scribi', 'legisti', 'scritturisti', si incon-
no zcqénim 49• In ogni caso un tale zàqèn tra anche in Mc. 7 ,3 (m~paOoO't~ -.wv
deve essere riconosciuto come maestro: 1tpE<T~u-.Épwv) e in Ios., ant. 13,292
«Solo chi ha sapienza è uno :diqén» ( <X.xouoµEv mxpoc -.wv 1tpea-Bu't'Épwv ).
(Qidd. 32b). Si comprende così perché Gli scritti della setta di Qumran ci
nella Mishna i sapienti ordinati vengano offrono (per ora?) ben poche informa-
spesso chiamati z"qénim 50 • Quest'uso zioni per la storia dell'istituto degli an-
ziani. La Regola della comunità (r Qs
mishnaico non significa tuttavia che 6,8-10) nomina una volta gli z"qénim,
chiunque possa essere chiamato a buon quando indica l'ordine dei seggi nell'as-

53; 15,1; così anche Mt. 16,21; 27>41), Matteo 15); cfr. ancora 6,12; 24,I.
preferisce la formula bipartita 0:.pXtEpEi:ç xa.t 41 Orla 2,5; Sukka 2,8 (Shammai); Ar. 94;
ol rcpEU~V'tEpot ('t'OV À.a.ov) (Mt. 21 ,23 ; 26,3; Sbeb. l0,3 (Hillel); i loro discepoli si dùama-
27,I.3.12.20; 28,u s.). In Matteo colpisce In no b'11e haz1."qe11im (Sukka 2,7). Cfr. ~ LoH-
frequente omissione dei ypet.µµa:tELç. Indub- S E 50-52.
biamente il primato dell'imprecisione nella de- 18 Cfr. A. SAMMTER, Dic sechs Ordmmgen der
nominazione delle autorità spetta al Vangelo Mischna 12 (1927) 181 n. 8a.
di Luca (cfr. 7,3; 9,22; 20,1; 22,52); negli Atti
49 Cfr. S. KRAUSS, Synagogale Altcrtiitm:r
troviam:) llpxov"m;, 'ltpEa!i1hEpoL, ypet.µµ«'t'E~ç
( 4,5 ); &pxov-cEç 't'OU ÀCt.OU XCt.t 1tpEU~V't'EpOL (1922) 143 s.
(4,8); ripXtEpELç, TCpEU~U't'Epot (4,23 ; 23,14; 25, 50 Er. 3,4; 8,7; Sanh. n,1-4; A .Z. 4.7.
107 (VI,660) 11:pÉa'~vc; xù. B 6-7 (G. Bomkamm) (v1,661) 108

semblea generale della setta: agli anzia- del popolo, il senato di Gerusalemme :u,
ni viene assegnato il secondo posto, do- sia alle autorità locali del paese 5~. Pe;:ò
po i sacerdoti e prima c.lel popolo, con 1tpEO"~U't"Epot può indicare anche i nota·
la disposizione che quest'ordine deve es- rili in senso lato e questi 'anziani' pos·
sere seguito anche per quanto riguarda sono essere distinti dai me:nbri della
le «domande sulla legge e su ogni sen- gerusia (J Mach. l,8.23) e dagli apxcv-
tenza o cosa che sia proposta all'assem- -rEç (r Mach. l,26). Alcuni passi (I
blea», ma non è chiaro quale sia la loro Mach. q,9; 2 Mach. 5,r3; 8,30) mo-
funzione precisa. È possibile che essi strano inoltre che era corrente anche il
vadano identificati con i 12 uomini che significato comune di 'vecchi', 'anziani'
devono decidere insieme con 3 sacerdoti (in opposizione a 'giovani'). In questo
circa le violazioni della legge (I QS 8,1 ). periodo 7tpEO"~U-i-Epot rimane pertanto
In ogni caso essi sono rappresentanti un termine molto lato. La storia di Su-
laici associati e subordinati ai sacerdoti, sanna, che riflette l'ambiente della dia-
come risulta sia dai passi succitati sia da spora babilonese, parla espressamente
I QM 13,I. Anche il Documento di Da- di anziani che «in quell'anno erano sta-
masco conosce un concistoro di 'giudici' ti nominati giudici» (Sus. 5 [Theod.] e
che devono essere tutti esperti nelle 29,34 [LXX]).
scritture e di età compresa tra i 25 e i
60 anni (CD 10,5 s. [II ,2]: «4 dalla Il più antico ordinamento municipale
tribì1 di Levi e di Aronne e 6 da Israe- della comunità giudaica locale si conser-
le»). Questo gruppo è sottoposto al me- va nella costituzione della sinagoga (-7
baqqer (-7 III, coll. 783 ss.) e collabora o-uva.ywy1)). Al consiglio municipale,
con lui anche nell'assistenza ai poveri che di regola è formato di 7 membri,
(CD 12,n-18 [q,12-16]) 51 . corrisponde, nelle località con una co-
munità religiosa giudaica distinta, il
7. Il significato politico degli anziani consiglio sinagogale. Si conserva anche
nell'uso linguistico del giudaismo di lin- il titolo di 7tpE0"[3V't"Epot per i responsa-
gua greca risulta chiaro dal fatto che i bili del governo della comunità e del-
LXX tendono il termine ebraico z"qenzm l'applicazione della disciplina sinagoga-
ora con 1tpEo-Bu-rEpo~ ora con yEpovo-la. 52 • le (cfr. Le. 7,3) 55• Tuttavia è singolare
Il libro di Giuditta ed i libri dei Mac- che l'uso di 7tpEO"~i'.lupot come titolo va-
cabei sono le nostre fonti primarie per da svanendo nelle sinagoghe della dia-
l'età maccabaica: in questo periodo l'e- spora nei primi secoli dell'era cristiana.
spressione patriarcale 1tpE0"[3V'tEpo~ indi- Troviamo invece un corrispondente in-
ca un ufficio pubblico, sia che si riferi- cremento dell'uso di titoli politico-am-
sca ai membri della massima autorità ministrativi che erano più comuni neila

51Cfr. B. REICKn, Die Ver/ammg der Urge- 23; 8,10; 10,6), distinti dalla yepovula. di Ge-
meinde im Lichte jiid. Dokumente; ThZ 10 rusalemme (4,8; n,14; 15,8). 7tpEuç3ù-.EpoL
(1954) 95-u2. -cfiç xwpa.c; (I Mach. 14,28). ~ LrnTZMANN
52 yEpovula.: Ex. 3,16.18; 4,29; 12,21; Lev. 9, u4-126.
l.3; Num. 22,4.7; Deut. 5,23 ecc. Ex. 24,9 55 Molto importante è l'uso di 1tPEO"~V<E(JOL
(cod. B): Èf3Bo1.1.1JxovTa. -cfiç yepovula.<; 'Icr- come titolo ufficiale dei capi della sinagoga in
pa.i}À.; cod. A: ~~6oµ1)xov-.a. -cGiv 7tpEO"f3V<É- una iscrizione gerosolimitana anteriore al 70
pwv 'JO"pa.'l))... d .C.: Suppi. Epigr. Graec. vm 170,9; testo e
53 I Mach. 1,26; 7,33; n,23; 12,35; 13,36; 14, spiegazione in DEISSMANN, L.O. 378-380 e ~
20; 2 Mach. 13,13; 14,37. FREY, Corpus 11 nr. 1404 (con abbondanti in-
5~ Gli anziani di Betulia (Iudith 6,16.21; 7, dicazioni bibliografiche).
7tpfo-{3vc; X'\À. B 7 - e (G. Bornkamm) (VI,661) IIO

terminologia costituzionale greca ( yE- tolo non sia più frequente. Ciò avviene
pourrla, yEpOUO'LapX'l'J<;, èlpXO\l't'E<;, rppOV- non tanto perché npEcr~u•Epo<; era un
'W7T{]<;, ypcq.L(J.C-<.'t'EUc;, 7tp0CT't'a"'O'}<;) 55. titolo onorifico che non indicava una
Nelle numerosissime iscrizioni tombali precisa carica pubblica 63 (ciò poteva an-
delle comunità giudaiche di Roma risa- zi renderlo particolarmente adatto all'u-
lenti ai primi secoli della nostra era tro- so epigrafico), quanto perché esso non
viamo forse un solo esempio di 1tpErr{3u- era molto usato in gteco per indicare
•Epo<; si. Un po' più numerosi, ma tardi, una dignità o una carica 61 . Le testimo-
sono gli esempi che troviamo in Asia nianze in nostro possesso mostrano che
Minore, in Siria e in Palestina 58. 7tpE- il titolo non scompare del tutto nelle
rr{3u't'Epoc; non indica qui un funzionario sinagoghe della diaspora, massimamente
né semplicemente una persona anziana, di quella orientale. Ciò è confermato dai
ma è un titolo onorifico per i capi di codici di Teodosio e di Giustiniano (se-
famiglie eminenti (come il titolo roma- coli IV e V), molte disposizioni dei quali
no di senator) 59• Anche le famiglie ave- c'informano che i presbiteri erano mem-
vano parte al grado di questi 'senatori', bri del consiglio della sinagoga 65 ,
come dimostra l'aggiunta del titolo al
nome dei padri e degli avi dei defunti c. I.A 7t<t.paoo1nç 't'WV 7tpEa-Bu-.Épwv NEL-
sulle iscl'izioni tombali 60 e soprattutto LA PREDICAZIONE DI GESÙ
l'uso di npw~u•Épa per le donne bi, Nella disputa sul puro e l'impuro
quando si trattava della moglie di un
'anziano' 62• Rimane strano che nei pri- (Mc. 7,1 -23; Mt. 15,1-20) 66 Gesù con-
mi secoli l'uso di 7tpEcr(3u't'Epoi come ti- trappone il comandamento di Dio alla

56 Cfr.-+ ScHliRER m 91 s. Vanno anche no- oo Cfr. Tu. REINACH, ll1scription j11ive dcs en-
tati tutti gli altri termini del linguaggio poli- virons de Co11sla11tinople: RE] 26 (1893) 167-
tico greco: ~ovk~, f3ovÀEv-.-lic;, "(pctµµa.'t"EV<; 171; ~ FREY, Corpus n nr. 792.
'\'ijç f3ovÀijç, O"vvÉOpLov, oLXctO"'t"TJ<;, xpL't"i)ç, 61 ~ FREY, Corpus I nrr. 581.590.597 (tre
lìExaitpw-.oc;, NlvapxTJc;. L'uso di questi ter- esempi da Venosa). 692 (Tracia).
mini del buon greco rivelano che anche nella 62 È possibile che il titolo venisse conferito,
diaspora le comWJ.ità giudaiche si considerava- come apXLCNVc:i:y<..l"yoç e patcressa ( = mater
no un popolo e non un i>la<roç. sy11agogae), anche a donne meritevoli, per a-
S7[M]TJ"t(l6[o]wpoç [npEO"~)V.,Epoç [ÉvMos nalogia con l'usanza greco-romana. Cfr. ~
XE]~'tE ~ FRBY, Corpus I nr. 378 e su questo ScHURER n 512; ru 17.95 s .; ~ FREY, Corpus
testo ibid. pp. LXXXVI s. Per l'Italia meridio- I nr. 606; E. DmHL, foscriptio11es Latiflae
nale (Venosa) e la Spagna (Elcke) dr. ~ chrislianae veteres II ( 1927) nr. 4900.
FREY, Corpus I nrr. 595.663 . 6J Cosl E , SCHÙRER, Die Gemci11devcrfass1111g
58 ~ FREY, Corpus II nrr. 735.739: 'HpTJVO- der ]11dc11 i11 Rom (1879) 19; - > PR1w, Cor-
rco~(ò}ç 1tp(EO"~V't"Epoç) x(at) mx.-.i}p -roii cr-tɵ- pus I pp. LXXXVI s.
[µ]a-roç ... 790. 792. 8oo.8or. 803. 828. 829. 93r. 6-1 Per l'uso di 1tpEcr~u-.Epoç come titolo di di-
u77.1404. C&. anche l'epitafio ebraico, ibid. gnitario in Egitto e come termine (non politi-
nr. 1299 (Gerusalemme): 'bwnh I Jm'wn sb' I co) dell'associazionismo greco (soprattutto nel-
ihwsp brh (sb' == 7tpEcr{3v-.Epoc;; non è però l'arca microasiatica) ~ coli. 86 ss.
chiaro se questo Simeone sia chiamato 'il vec- 65 Documentazione in ScHiiRER m 89 s.; ~
chio' oppure 'l'anziano', nel senso dì membro LIETZMANN 130 s.
di un qualche organo collegiale (sinedrio?]). 66 KLOSTERMANN, Mk. 67: «Si tratta di un di-
59 In Lev. r. 2,4 ziiqen indica il scrn::tore roma· battito polemico e didattico che elabora anti-
no. La traduzione greca comune di se11ator chi detti di Gesù. Esso doveva essere eviden-
non è però 1tPECT~V'tEpoç, . bensl ~oVÀEV't"TJt; temente molto importante per i lettori di Mar-
o ytpwv. · co per venire tirato cosl per le lunghe». Per
1J I (YI,661) 7tpfo~uç X'tÀ.. e (G. Bornkamro) (VI,662) I 12

7tap6:oocnc; -.wv 'ltpEcr(3u't'Épwv e chiama namento della torà non viene per se
quest'ultima una 7ta.paoocrLc; "tW\I à.v- stesso criticato, ma presupposto come
ovvio 70, e nella sua polemica Gesù può
~pwrtwv (Mc. 7,8; cfr. vv. 9 e 13 ~ n, persino fare uso positivo d'istruzioni
coli. u87 s. ). L'uso linguistico di 7tpE- della halaka 11 che altrove (ad es. in Mc.
cr{3u-tEpoL in questo passo è già quello 7) invece critica severamente.
Che in questi casi si riveli la posi-
che più tardi sarà l'uso corrente nel giu-
zione di Gesù stesso verso la legge e la
daismo ( 7tpEcr(3u·n:po~ = scribi, scrittu- tradizione e non solo la teologia del-
risti, ~ coll. 105 s.}. la comunità cristiana risulta chiaramen-
te dal fatto che Marco sottolinea inten-
Farisei e rabbini pongono la «tradi- zionalmente (Mc. 7,9.13) che l'opposi-
zione degli scribi» sullo stesso piano zione tra la E.vnÀ'i} di Dio e la 1tct.pa-
della torà 67 , mentre i Sadducci rifiutano 001nc; dell'uomo è un'opposizione di
qualsiasi integrazione della torà~- Con principio ed interpreta il logion di Gesù
la sua critica Gesù si contrappone ad ( 7, 15) con un elenco di vizi ellenistico
entrambi i gruppi poiché egli non di- per meglio concretizzarlo (vv. 20-23) 72,
scute affatto la torà e la tradizione co- mentre al contrario Matteo, certamente
me autorità formali, ma giudica entram- senza potersi staccare dal testo primario
be con criteri contenutistici. Perciò egli di Marco, contesta sl la contaminazione
può ora contrapporre la legge e i pro- causata dalle mani sporche (Mc. 15,20),
feti alla 'lta.paoocnc; (Mc. 7,6-13 ecc.) ora ma cancella l'affermazione generale della
criticare le norme della stessa torà mo- purità di tutti i cibi (Mc. 7 ,I 9) e appun-
saica in base al vero comandamento di ta la sua critica non sulla 7ta.paoocr~c;
Dio. L'esempio più lampante di questa "tW\I 1tpEO'~\J't'~pwv e sul magistero eser-
critica alla torà ci è offerto da Mc. 10,1- citato dagli scribi in sé (Mt. 23,2) 73,
12, ma anche dal logion di Mc. 7,15, bensl soltanto sulla loro interpretazione
dove Gesù contesta in linea di princi- ipocrita e parziale che trascura le cose
pio che i cibi possano rendere impuri, principali della legge. Per Matteo la leg-
opponendosi di fatto non soltanto alla ge cerimoniale non è dunque affatto abo-
7tapaoo1nc;, ma alla stessa legge cultua- lita 74, ma è subordinata al comandamen-
le mosaica ffi . D'altra parte il pcrfezio- to dell'amore 75.

l'analisi della pericope dr. M. DrnELIUS, Die 70 Per es., Mt. 5,43.
Formgeschichte des Evangelit1ms 1 (1933) 222 71 Mt. 12, n; ulteriori indicazioni in KiiMMll.L,
s.; B. H. BRANSCOMD, ]esus and the Law o/ op. cìt. e~ n . 66) Il9 s.
Moses (1930) 156-182; W. G. KtiMMl?.L, Jest1s 72 Mt. 15,19 riduce l'elenco di vizi a quelli
rmd der iiid. Traditiomgedanke: ZNW 33 condannati nel decalogo.
(1934} I05·l 30, spec. 122-125; BULTMANN, 73 Mt. 5,23 s.; 17,24-27; 23,16-22; 24,20. Cfr.
Trod. 15 s. G. BARTH, UnJersuch1111gen zum Gesetzesver-
67 Shobb. 3ra; Ab. 1,1; 3,r4; Sanh. u,3; Moo- stiindnis des Evangelisten Mt., Diss. Heidel-
RE I 251-262. berg (1955), dattiloscritto, 48·5:3·
6'l Ios., ani. 13,297 s.; KwsTERMANN, Mk., 74 Cfr. G. D. KILPATRICK, The Origins o/ the
exc11rst1s a 2,16. Gospel according lo St. Matthew (1946) 108;
(I} Per la portata teologica di questo aspetto E. HAENCHEN, Mot1hii11s 23: ZThK 48 (1951)
cfr. E. KASEMANN, Das Problem des histo- 38-63; BARTH, op. cit. (~ n. 73) 44-48. In
rische11 Jem: ZThK 51 (1954) spec. 144-148; Mt. 23,23 vengono espressamente riconosciute
G. BoRNKAMM, ]esus von Nazareth 1 (1957) norme della tradizione.
88-92. 75 Il comandamento dell'amore come essenza
113 (vr,662) 7'pfopvç x~),. D 1 (G. Bornkamm) \ v1,oo jJ " ·•

D. I PRESBITERI NELLE COMUNITÀ PRO- a capo del loro collegio 11 •


TOCRISTIANE
Nel racconto degli Atti questi pre-
r. Stando alle indicazioni degli At- sbiteri compaiono relativamente tardi.
76 Fino ad Act. IIJ30 non se ne fa parola,
ti , nella protocomunità di Gerusalem-
benché già prima e non poche volte la
me c'erano degli anziani. Li incontria- comunità si sia trovata in condizione di
mo per la prima volta quando Paolo e dover essere rappresentata o prendere
Barnaba portano la colletta, raccolta ad decisioni. Poco dopo la notizia di II,
30 incontriamo per la prima volta Gia-
Antiochia, ai 7tpeo-Bu-i-Epot di Gerusalem- como come capo della comunità ( 12,
me (Act. II ,JO ); li ritroviamo poì nel I 7 ). La notizia della consegna della col-

racconto del concilio apostolico e del- letta ai presbiteri di Gerusalemme è sta-


ta certamente inserita dall'autore degli
la stesura del decreto apostolico (Act. Atti al posto sbagliato, cioè troppo pre-
15 ,2.4.6. 22 s.; 16,4); infine quando sto 78 • Act. 21 ,17-26 elabora senza dub-
Paolo giunge a Gerusalemme e s'incon- bio una tradizione precedente. Proprio
tra con Giacomo (Act. 21 ,18). Un con- il contesto di questi passi fornisce l'ar-
gomento principale per criticare l'espo-
fronto di questi passi mostra che sol- sìzione che Act. 15 ci offre del concilio
tanto in rr,30 e 21,18 i 7tpeu~u-repot apostolico e del relativo decreto e per
vengono menzionati da soli, senza gli confermare invece quella di Gal. 2 che
non fa parola di tale decreto. Il raccon-
&.7toO'-.oÀ.ct, con i quali formano un col- to di Paolo contraddice anche l'imma-
legio chiuso in tutti i passi di Act. 15 e gine dell'ordinamento della comunità of-
in 16,4; inoltre che in 11,30 e 21,18 ferta da Act. 15: i ooxo\.hJ-i-Ec;, coi quali
Paolo tratta a quattr'occhi (Gal. 2,2),
essi sono semplicemente rappresentanti
sono in Gal. esclusivamente i tre aposto-
della comunità locale gerosolimitana, li chiamati cr-.uÀ.o~ (Gal. 2,2 .6 .9), men-
presumibilmente dunque secondo il mo- tre Act. 15 parla costantemente di cbto-
dello di un consiglio sinagogale giudai- 0'-i-oÀ.ot xcxL 'ltpEcr~u-.EpoL e precisamente
in un senso che non differisce solo da
co. Secondo 2 l ,I 8 essi si raccolgono at- Gal. 2, bensl anche da Act. rr,30; 2 r,
torno a Giacomo che sta evidentemente 18.

e contenuto delln legge e dei profeti (7,12; 9, il rapporto di Giacomo coi presbiteri ncl sen-
r 3; 12,7; 22,40) si profila già in Mt. 5,17-19, so di un presbiterato 'monarchico', è un pro-
dove si nfferma, con locuzioni giudeo-cristiane, blema che possiamo qui esimerci dal trattare.
l'illimitata validità della legge: dr. E. S CHWEI- Per la questione del 'califfato' o anche dell"c-
ZER, Matth. 5,17-:10 - An111erku11ge11 Zt//lt Ge- piscopato' di Giacomo cfr. E. S TAUFFER, Zt1111
setzesverstii11d11is des Mt.: ThLZ 77 ( 1952) Ka/ifat des Jakobt1s : Zeitschrift fi.ir Religions-
479-484. und Geistesgeschichte 4 (1952) l 9J-214; H .
76 Va da sé che si può contestare, dal punto
v. CAMPENHAUSEN, Die Nachfolge des Jako-
di vista storico, la trattazione della materia pri- bus: ZKG 63 (1950/51) 133-144; In., Lebrer-
ma secondo gli scritti canonici del N.T. e poi reihe11 11nd Bischofsreiben i111 2 . Jahrbtmderl:
secondo gli scritti extracanonici. Noi scguinmo In Memoriam E. Lohmeyer (1951) 240-249;
~ v. CAMPENHAUSEN 21 s. Per Act. II,30 e
quest'ordine solo per nmor di chiarezza.
21,18 cfr. HAENCHEN, Ag. 325.544.
;7 Se e in che misura questo passo stilizzi già 78 Il racconto è inconciliabile con Gal. l e 2.
TipÉo'~uc; ~'t'À. D 1-2 (G. Bornkomm) (VI,663) II6

Secondo Act. 15 e 16,4 gli a1tOO'">OÀ.OL raggiungere le proporzioni di una spe-


ed i 7tpEcrBu-rEpoL costituiscono la mas- cie di sinedrio con potere di giudizio
e di magistero su tutta la chiesa.
sima autorità giudicante e docente con
giurisdizione sull'intera chiesa. Nel caso Dal punto di vista storico il risultato
concreto quest'organo prende con il de- di questa analisi è che la formazione di
creto apostolico una decisione vincolan- un ordinamento presbiteriale, dapprima
te circa l'osservanza minima della legge secondo il modello della sinagoga e poi
da imporre ai pagani. à:it6o--.oÀ.ot e 1tpE- (probabilmente in connessione con il de-
crBu'tEPOL vanno considerati dunque qui creto apostolico) con pretese sinedriali ,
totalmente secondo l'analogia del sine- è avvenuta soltanto dopo l'allontana-
drio giudaico (~ col. 103) e quindi né mento di Pietro e dopo la crescente giu-
più né meno che una sorta di consiglìo daizzazione della comunità madre - di
sinagogale (~ col. 108). A tale loro cui Act. 21,17-26 offre una chiara imma-
mutata posizione fa riscontro preciso il gine - sotto la guida di Giacomo. Que-
fatto che b:1t6CT'toÀ.ot e 7tpecrf31'.nepoL ven- sta ipotesi è confermata anche da tutti i
gono nominati da soli (sen~a E.xxÀ:ricrla.) dati interni: scomparsa dei Dodici; evo-
in 15,2.6.23; 16,4, cioè in quei passi voluzionc degli &.1t6CT-.oÀ.oL a gruppo 'i-
dove essi vengono presentati come au- deale'; crescita della comunità 79 ; pre-
torità per l'intera chiesa (le cose stanno senza nella chiesa di membri di età a-
diversamente in 15,4.22). vanzata e di provata fedeltà idonei a
un presbiterato.
È questa un'ulteriore prova della
scarsa attendibilità storica di Act. 15 2. In confronto a questo ordinamento
non solo per quel che riguarda il risul- della chiesa madre modellato sull'esem-
tato principale del concilio (il famoso pio giudaico, le comunità ellenistiche
decreto), ma anche per quanto riguarda della missione paolina mostrano a tutta
l'autorità che emana il decreto. Per prima un quadro tutto diverso ro. Nelle
quanto possa essere notevole l'interven- lettere incontestatamente paoline non si
to letterario e teologico dell'autore in parla mai di presbiteri, benché nelle co-
questo episodio di Act. 15 (raggruppa- munità paoline non manchino certamen-
mento degli oratori, tendenza ad armo- te né un'organizzazione né determinati
nizzare i loro discorsi), pure per la nar- organi dirigenti. Coloro che nelle co-
razione egli dipende certamente da una munità locali esercitavano questi uffici
tradizione giudeocristiana, di cui Luca sono però solo raramente nominati da
si serve anche altrove abbondantemente Paolo con un titolo ufficiale (Staxo\loç
per la propria opera storica. Già in que- ~ II, coll. 972 ss.; È1tlO'X01tO<; ~ III,
sta tradizione prelucana dovrebbe essere coll. 775 ss.). Nella massima parte dei
avvenuta la dilatazione dell'autorità del casi egli li chiama secondo la funzione
presbiterio locale gerosolimitano fìno a che svolgono in seno alln comunità

19 Cfr. la notizia esagerata di 21,20. steher bei Paulus: ZNW 44 (1952/53) 1-43;
si Cfr. H. GREEVEN, Propheten, Lehrer, Vor- ~ V. CAMPENHAUSEN 59-81.
rr7 (vr,663) r.pfo(3vç x-çì,. D :z-3a (G. Bcrnkamm) l Vl,004} IIO

(Rom. u,7 s.; I Cor. 12,28; r Thess. 5, ordinamento nel giudeo -cristianesimo
u): essi sono i :.po~cr't<i(.LE\IOL (~ col. (ellenistico). Quale unico ministero Iac.
224), i xomwv-r:Eç (~ v, coll. 777 ss.),
coloro a cni è dato il xapLCT(J.a della Ù.'J- 5,14 menziona .i presbiteri 82 : se un
-cOvqµ\jJL<; (~ 1, col. roo8), delln xv~Ép­ membro della comunità si ammala, bi-
VTJCTLç (~ v, coli. 1332 ss.), della OLO.XO· sogna chiamare «gli anziani della comu-
vloc (~ II, coli. 967 s.) ecc. Ad essi si nità» (oL 1tpEcrBl'.rrnpoL ·tfj~ Èx1')1:l')crlaç)
deve ubbidienza. Tuttavia la loro auto-
rità viene fotta scaturire dal servizio che sicché con la preghiera e l'unzione «nel
essi hanno assunto e svolgono, non già nome del Signore» essi guariscano il ma.
da una loro particolare posizione: non lato(~ I, coll. 619ss.; III, col. 388) 83 •
sono persone dotate di autorità partico-
lare per l'età o per la lunga appartenen- Evidentemente il testo intende riferirsi
za alla comunità. Il principio informato- a ministri della comunità (si noti l'arti-
re dell'ordinamento comunitario è la colo) e non semplicemente a persone an-
molteplicità dei carismi, non già quello
di una tradizione cresciuta naturalmente ziane dotate di un particolare carisma;
che abiliti i suoi depositari e garanti al altrettanto chiaro è che costoro sono
governo della comunità. considerati muniti del dono della pre-
ghiera efficace in virtù del loro ufficio 84 •
3. I primi documenti che mostrano Per quanto questi presbiteri possano
con sicurezza il sorgere e il formarsi di essere simili a quelli del govemo sina-
un ordinamento ecclesiastico presbitera- gogale, la naturalezza con cui si presu-
le alla maniera e secondo il modello del- me che essi siano abilitati, per la loro
posizione e collegialmente, alla preghie-
la sinagoga sono gli scritti dell'età suba- ra terapeutica non trova riscontro nel
postolica, i quali, anche per altri aspetti, giudaismo, ma presuppone l'esperienza
soggiacciono alla forte influenza del giu- protocristiana dei carismi, che nel no-
stro caso è, in verità, ormai legata ad
daismo ellenistico 81 • Nel N .T. questo un ufficio. Nonostante questa indubbia
tipo di ordinamento è attestato dalla differenza, la reputazione di saggi che
Lettera di Giacomo, dagli Atti, dalla godevano gli anziani nel tardo giudai-
smo è quanto mai prossima all'imma-
prima Lettera di Pietro e, soprattutto,
gine degli anziani che ci è offerta da
dalle Pastorali. Iac. 5,14. Cfr. B.B. n6a: «Chi ha in
casa un malato vada da un sapiente, sic-
a) La Lettera di Giacomo è il più ché questi implori misericordia per
chiaro testimone dell'esistenza di questo lui» 85 • Tuttavia il giudaismo non attri-

81 Cfr. BuLTMANN, Theol. 448. nel giudaismo della diaspora e sfugge a qual-
82 Purtroppo non siamo più in grndo d'iden- . siasi tentativo di localizzazione geografica. Cfr.
tificare con sicurezza a quale area ecclesiasti- DrnELIUS, ]ak. 29-33.
ca appartenga la Lettera di Giacomo. Spesso 81 L'azione degli anziani ha valore di esorci-
è stata sottolineata la vicinanza di Iac. a I smo e mira alla guarigione dcl malato. Non si
Petr., a r Clem. e a Erma; ma non si tratta tratta della 'estrema unzione' di moribondi.
di una dipendenza letteraria, bensl dell'uso di S1 DIBELIUS, Jak., ad l.
una medesima tradizione che ha le sue radici 35 Per l'intercessione miracolosa e il dono di
itpÉ<r~vi; x-rÀ.. D 3a-c (G. Bornk:tmm) (v1,665) 120

buisce mai ai suoi anziani in genere una ministrare l'eredità lasciata loro dall'A-
tale dote. Poiché in Iac. 51 16 non si par- postolo, seguire il suo esempio e veglia-
la affatto di una confessione dei peccati
ai presbiteri, bensl della confessione dei re sulla comunità per difenderla dal pe-
peccati e dell'intercessione reciproca dei ricolo dell'eresia (~ VI, col. 836, M-
credenti tra loro e dell'efficacia della xoç) che la minaccia dall'esterno (v. 29)
preghiera del giusto in generale, l'istru- e dall'interno (v. 3 o). I presbiteri com-
zione data in 5,14 non permette di con-
cludere che i presbiteri esercitassero nel- paiono dunque qui per la prima volta,
la comunità la funzione di confessori 86 in corpore, come custodi della tradizio-
o in genere di ministri del culto della ne degli apostoli, insediati da costoro e
comunità 87•
incaricati del governo della comunità.
b) I passi più antichi che presentano Per quanto riguarda la storia deU'or-
i presbiteri come capi delle comunità et- dinamento ecclesiastico è di particolare
nico-cristiane sono contenuti nel libro interesse che i 7tpEcrBu'ti;;poL vengano qui
(Act. 20,28) chiamati È'ltl<lXO'JtOL (~III,
degli Atti (14,23; 20,17-38). Per quan- col!. 776 ss.). Per quanto Luca usi fre-
to questi passi non siano indicativi per quentemente il titolo di presbitero,
l'epoca paolina stessa, tuttavia sono quello di episcopo gli è del tutto scono-
sciuto, fatta eccezione appunto per Act.
quanto mai ricchi d'informazioni (so-
20,28, dove è usato per descrivere l'at-
prattutto Act. 20,17-3 8) circa l'impor- tività dei presbiteri. Il titolo corrente
tanza e i compiti dei presbiteri nelle co- qui è dunque senz'altro 7tpEcrBunpot.
Evidentemente Luca inserisce a questo
munità subapostoliche. Al momento di
punto il termine di É1tl<lxo1tOL (che pro-
lasciare le comunità da loro fondate, viene dal campo della missione paolina,
Paolo e Barnaba eleggono «dappertutto anche se in Paolo non ha neanche lon-
nelle comunità» degli anziani e li racco- tanamente tutta 1a portata di Act. 20,
28) per una ragione precisa, cioè «per
mandano, «pregando e digiunando», al equiparare gli È1tlO'x0'1tOL agli 'anziani',
Signore (Act. 14,23). Soprattutto il lun- com'egli li concepiva, e fondere così
go discorso deil'apostolo Paolo ai pre- insieme le due tradizioni» 88 •
sbiteri di Efeso (Act. 20,18-35, special- c) La prima Lettera di Pietro non
mente vv. 28 ss.) mostra quale grande presenta un quadro essenzialmente di-
importanza fosse loro attribuita: lo Spi- verso. Anche se il luogo di composizio-
rito santo li ha costituiti sorveglianti (e- ne di questo scritto dovesse essere ve-
piscopi) e pastori della comunità e l'A- ramente Roma, l'intestazione della let-
postolo ha fatto loro conoscere a fondo tera rimanda al territorio della missione
«tutta la volontà di Dio»; devono am- paolina in Asia Minore. Nell'epistola in-

guarigione di singoli rabbini cfr. Ab. R. Nat. (193 0) 164 S.


41; Hag. 3a; Ber.;. 5,6 [9d,21); Ber. 34b 86 Cosl B. PoscHMANN, Paenitentia secunda
(STRACK-BILLl!RBl!CK I 526; II 10441 ecc.; IV (1940) 54-62. 87 Cosl--+ KNOPF 176 s.
534 s.). Cfr. A. MEYBR, Das Riitsel des Jak. 88 Cfr. ~ V. CAMPENHAUSEN 88; HABNCHEN,
r21 (vr,665) 1tpÉ<T~Vç xi:À.. D 3c (G. Bornkamm) {vr,666) 122

contriamo i npea{3v-tepot nel quadro di posto dell'istruzione a esercitare questo


una esortazione rivolta prima agli an- ufficio «non per forza, ma spontanea-
ziani (5,I-4), poi ai giovani (v. 5a) e in- mente»; dall'accenno al pericolo di ap-
fine a tutti i membri della comunità (vv. propriazione indebita si capisce che i
5b-9 ). La contrapposizione 7tpeu(3u"t'Epot presbiteri potevano disporre dei fondi
/vE<lYtEpot potrebbe dapprima indurre a della comunità; infine l'esortazione a
credere che i 7tPE0'(3U'tEpot rappresenti- guardarsi dalla smania di dominio (v. 3)
no uno degli 'stoti' naturali che anche allude probabilmente anche alla loro au-
altrove costituiscono l'articolazione del- torità disciplinare 89 . Di fronte ad ogni
la comunità secondo la nostra lettera possibile abuso del loro ufficio si esor-
(schiavi/padroni: 2,I8 ss.; mogli/mari- tano gli anziani ad essere d'esempio al
ti: 3,r ss.). Tuttavia questa coordinazio- gregge e si ricorda loro la venuta di Cri-
ne prova soltanto il carattere patriarca- sto, 'il grande pastore' e~ x, coll. r2r4
le del presbiterato, ma non fa dubitare s., àpxv1i:olµriv ), che darà ai degni «la
che gli anziani siano qui un collegio che corona radiosa che non appassisce» (v.
guida la comunità, che dunque i 7tpE0'(3u- 4). Con ogni parola si rifiuta cosl di
'tEpot siano dei ministri della comunità. concepire la loro autorità come auto-
Anche in I Petr. 5 ,2 il loro ufficio, come noma e fondata sui fattori naturali e
in Act. 20,28, è qualificato come ufficio storici connessi all'ufficio stesso di pre-
di pastori: «Pascete il gregge di Dio ... ». sbitero. L'ufficio di pastore rimane chia-
Le specifiche, anche se tipiche, esorta- ramente subordinato all'autorità di Cri-
zioni di 5 ,2 s. ci rivelano però alcuni sto, 'il grande pastore', al quale soltanto
particolari interessanti. L'elezione al è riservato ( 2 ,25) 90 anche il titolo di
presbiterato e i doveri ad esso connessi t7tlO'x'onoc; (~ III, coli. 774 s.). L'ener-
costituiscono evidentemente il presup- gia con cui qui s'insiste suHe tentazioni

Ag. 530 s. 5.35· Nel fatto stesso che il termine indica la 'par-
89 xÀ:i'jpoL è termine parallelo a 1tolµVLOV ( vv. te' assegnata da Dio è chiaramente insito il
2 s.) e non va dunque riferito a contributi od pericolo di una degenerazione autoritaria che
offerte materiali (come intende Wor·JLF..'IBERG, trasformi l'ufficio in vn diritto di proprietà e
Pt., ad/.). Esso indica le singole comunità che di dominio. Difficilmente accettabile è l'opi-
sono state affidate alla guida degli anziani nione di SELWYN, op. cii. (--+ n. 19) a I Pctr.
(WINDISCH, Pt., ad l. e --+ v, coli. 600 s.). Na· 5,3, secondo cui Y.Àijpo~ indica «the severa!
turalmcnte l'espressione non significa che un parts of the spiritual XÀ'l')povoµlet.» (r,4), cioè
territorio sia suddiviso in comunità locali op- «le diverse parti della XÀ'l')povoµla. spirituale».
pure una comunità in 'settori pastorali', as-
segnati ciascuno o ciascuna ad un presbitero. 90 É1tl<Tx01toç non è certamente usato qui in
Il plurale xÀ:TjpoL si spiega piuttosto col ca- senso tecnico-ecclesiastico, ma dovrebbe però
rattere circolare, di 'enciclica', della lettera contenere un'allusione al titolo di vescovo. Cfr.
(come concetto ecclesiologico 7tolµvtov non --+ v. CAMPENHAUSEN 90 n. 4; A. M. FARRER,
può avere il plurale), cfr. --+ KNoPF 175 n. I . Thc Mi11istry in the N.T., in~ KrnK 16r-r63.
123 (v1 ,666) Ttpl:<1(3uc, x-i;ì•. D 3c-d (G. Bornkamm) (vt,666) r:q

che potrebbero insidiare coloro che eser- fusione non rappresenta semplicemente
citano l'ufficio di presbitero mostra, ri- il prodotto del lavoro teologico e lette-
spetto al passo di Act. 20 che per altri rario dell'autore). L'uso linguistico dei
versi è cosl simile al nostro, un più alto quattro passi delle Pastorali in cui com·
grado di delineazione e di consolida- pare il termine 7tpEcrf3u~Epo<; non è affat-
mento di questo ufficio. La sua dignità to omogeneo. In I Tim. 5,1 'ltpEcrf3u~E·
risulta anche da come 'Pietro' chiama po<; (cfr. anche il v. 2) indica senz'altro
se stesso: ò cruµ'ltpEcr~u~Epoç {5,r). Cer- l'età avanzata (opposto: VEW'\"Epoç,). Que-
tamente l'apostolo si pone così, con ac· st'unico passo non deve però indurci ad
centuata modestia, sullo stesso piano assumere la medesima accezione anche
dei presbiteri, ma allo stesso tempo po- per gli altri tte; infatti altrove nelle Pa-
ne anche loro al proprio fianco. Ancora storali 7tpE<rBu·n:poc; è palesemente il tet·
un punto è degno di nota: I Petr. 5 non mine tecnico per indicare coloro che
presenta l'ufficio di presbitero quale cu- hanno l'ufficio di governare la comuni-
stode della tradizione apostolica a ba- tà. Costato formano un collegio {'ltpE·
luardo contro l'eresia. crBv-.ÉpLoV: z Tim. 4,14) che ha avuto
d) Nella storia della costituzione ec- una parte anche nell'insediamento di Ti.
clesiastica dcl primo cristianesimo tradi- moteo avvenuto mediante l'imposizione
zioni, in origine diverse, riguardanti gli delle mani 92 • Per amore d'ordine Tito
uffici della comunità si sono effettiva- deve «costituire» TIPE<TBu~Epot nelle sin-
mente fuse insieme in vari modi, come gole comunità locali (xtX~à 'ltOÀLv: Tit.
mostrano particolarmente le lettere Pa- r,5). Probabilmente I Tim. 5,22 con·
storali 91 (già negli Atti, ricordiamo, tale tiene un avvertimento a Timoteo pet·

91 Cfr. -> SPICQ, excursus XLIV-XLVII; DIBE- che quindi qui il gesto è stato compiuto da
uus, excursus a I Tim. 3,7 e 5,r7. una sola persona, là da molte (analogo è Act.
92 Secondo l'interpretazione piì1 comune, in- 8,18: 8tà -cijc, Énd)forwc; -.wv XELPWV 'tWV
fatti, le parole di I Tim. 4,r4 µe-tà. f.miléo'Ewç CÌ.7tOCT't6Àwv). Inoltre nelle Pastorali non si ac-
't"WY XELpwv 't"OV 'ltpEo-(3v't"Eplov significano che cenna mai alla dignità presbìteriale di Timo-
il collegio dei presbiteri è l'organo preposto teo (o di Tito) e nella nostra letteratura 1tpto-·
all'ordinazione (-co\i 1tPEU(3V'tEplov = genitivo ~IJ't"ÉpLo\I indica sempre e solo un organo col-
soggettivo). Tale lettura è stata però contestata lettivo (~ coli. 90 s.). Cosl neanche .Sus. 50
da D. DAUllE, Evangclisten und Rabbinen: (Theod.), l'unico esempio cioè di 1tPE<T~V'tÉ·
ZNW 48 (1957) n9-u6, spec. 125, e]. ]ERE· ptov come nome astratto (= «dignità d'anzia-
MIAS, op. cit. (~ n. r8), che vedono riflessn no»: del resto anche qui si tratta dell'inseri-
in quella frase la formula giudaica s'mtkat -i:- mento in un collegio concreto), rappresenta un
qén1m della nomina ad anziano (quindi -.oi'.i sostegno sufficiente per l'ipotesi di Daubc e
1tpw~1nEplov = genitivo finale). Verrebbe co- Jeremias. La differenza tra I Tim. 4,14 e 2
sl a cadere la contraddizione esistente tra I Tim. r,6 potrebbe essere spiegata soddisfacen-
Tim. 4,14 e 2 Tim. l,6. Eppure proprio 2 Tim. temente con H diverso carattere delle due let-
l,6 (otÒ; 'tijç lmi>ÉuEWC, 'tWV XEtpWV l.lOU) mo- tere (regola comunitaria / testamento aposto-
stra che si tratta di un genitivo soggettivo e lico): dr. ~ DIBELIUS, Past.' 56 s.
· ~ ,, ' . -·- -

ché non ordini nessuno con eccessiva rimmente rra costoro quelli che operano
facilità e con precipitazione 93 • Secondo «con la parola e l'insegnamento»? A-
vremmo cosl quattro gruppi ottenuti di-
I Tim. 5,r9 i presbiteri godono di una
stinguendo le persone ora in base agli
particolare protezione giuridica e quelli uffici ora in base alla qualità delle loro
di loro che si distinguono nelln condu- prestazioni. Questa suddivisione è però
impossibile perché già l'attribuzione di
zione della presidenza vanno onorati
colmo che curano la parola e l'insegna·
due volte ( 1 Tim. 5 ,r 7 ). È discusso se mento al gruppo dei xa)..wc; 'ltpoEcr-.w.-r:c;
omÀ;ijc; ·nµ'ijc; 0:l;toucri}wcra.\I, «Siano re- mostra che s'intende parlare di anziani
putati degni di doppio onore», vada in- che svolgono determinati ministeri nel-
]u comunità. La frase ot 'X(x.À.W<; rcpo·
teso nel senso di un compenso materia- EIY't"W't"E<; serve quindi a l'icordate l'opera
le, cioè di un 'onorario', oppure di ono- di coloro che I Clem. 44,3 chiama xa.-
re in senso morale; I Tùn. 5,18 favo- -;a.C1.-ai}év'tE<; e Herm., vis. 2,4,3 'ltpo-
fo'tciµEVOL itpE<YPu.-Epot. La comunità ri-
risce indubbiamente la prima interpre- compensa dunque concretamente il lo-
t~zione 9~. ro particolare servizio e non solo la
qualità del lavoro svolto. Il carattere
1Tim. 5,17 ci fa intravedere in una patriarcale dell'ordinamento comunita-
certa misura quali fossero le funzioni de- rio resta comunque intatto. Da I Tim.
gli anzinni. Non si può però dire con as- 5,17 si può capire come le esigenze con-
soluta sicurezza che cosa significhino crete del governo e della cura della co-
precisamente le due proposizioni rela- munità abbiano comportato automatica·
tive oi. xrù.wc; 'ltposcr-.w.-Ec; (~ col. 145 mente la scelta e la distinzione di de-
n. 140) e µaÀtcr.-a oi. xomwV'tEc; EV M- terminati presbiteri, anche se nel nostro
'Y4> xcd Ùtoa<Jxa.À.lq.. La prima propo- caso non si rimase del tutto entro i li-
sizione significa forse che in seno al col- miti dell'ordinamento presbiteriale col-
legio dei presbiteri un gruppo (o in cia- legiale.
scuno collegio un singolo?) sia investito
dell'ufficio di presidente e di questo La lettura delle Pastorali ci riserva
gruppo solo i xa.Àwc; 'ltpOECT'\'W't"E<; vada-
no ricompensati con una particolare re- però una notevole sorpresa: oltre i pre-
tribuzione? E la seconda distingue ulte- sbiteri, anche l'episcopo (--> III, coli.

9J Così intendono numerosi commentatori, ad v. CAMPENHAUSEN r6o s.; ~ DIBELIOS, Past.l


es. J. ]EREMrAs, Die Briefe a11 Timothe11s tmd 62 s.
Titus, N.T. Dcutsch 91 (1954) ad l.; ~ LOHSE
88; -> MICHAELIS 77 s.; ~ ScHLIEll 143. Pe- 9-1 ~ M1cuA.ELIS u2-n9, che sostiene la se-
rò bisogna porre la cesura già tra il v. 19 e il conda interpretazione, è però costretto a eli-
v. 20 (si noti il plurale nel v. 20) e quindi ri- minare il v. r8 ritenuto, senza validi motivi',
ferire più esattamente il v. 22 nlla l'iammis- una glossa. Il fatto che, com'egli fa notare, i
sione di peccatori pentiti. Cfr. P. GALTIER, La funzionari della comunità conservassero la loro
réconciliation des pécheurs dans la première professione civile (3,4.12), non è un argomen-
ép1tre à Thimotée: Recherches de Science Re- to a sfavore della nostra interpretazione, poi-
ligieuse 39 (1951/52) 317-320; W. LocK, A ché l'espressione om).:Tj ·nµ1J può senz'altro
Critica{ and Exegetical Comme11tary 011 the non riferirsi ad uno 'stipendio' per un incarico
Pastora/ Epistles, ICC (1924) 63 s.; B. S. normale bensl appunto soltanto ad un 'onora-
EASTON, The Pastoral Epiitles (1948) 160; ~ rio'.
127 (v1,667) ;:pfo~vç X'\ À.. D 3<l (G. Bornknmm) (VI,668) 128

780 ss.) ha in esse una parte importante vengono mai menzionati insieme, non li
e le sue funzioni coincidono con quelle si può disporre senz'altro secondo lo
schema di una gerarchia tripartita 96 • Il
dei presbiteri (cfr. con 1 Tim. 5,17 1tpo- primo punto da fissare è piuttosto que-
<T'ti)vrn in I Tim. 3 ,5; OLoa.xnx6v in I sto: nei passi che parlano dell'episcopo
Tifn. 3,2; cfr. anche Tit. i,9). Sembre- si manifesta un principio costituzionale
diverso da quello dei passi che riguarda-
rebbe cos} logico pensare che nelle Pa-
no i presbiteri; l'ufficio episcopale, che
storali i due uffici siano identici in tutto si sta movendo già verso l'episcopato
e per tutto. Solo cosl sembra infatti monarchico, nelle Pastorali è in procin-
spiegarsi come al passo che esorta Tito to di concrescere con l'ordinamento pre-
sbiteriale proveniente dalla tradizione
a costituire anziani in ogni comunità giudaica, secondo un processo attestato
(Tit. 1 ,5) segua immediatamente uno anche da Act. 20,17.28 (sia pure in uno
specchio dell'episcopo (vv. 7 ss.). Tutta- stadio meno avanzato di sviluppo) per
la medesima area geografica (Asia Mi-
via sarebbe errore dedurne immediata- nore) e I Clem. (~ coll. r40 ss.) per Ro-
mente che nelle Pastorali si giunga a ma 97 • Questo processo si spiega facil-
una tale identificazione: lo dimostra il mente col fatto che già da molto tempo
i 7tpeo-Bv'tEpoL non erano più considerati
semplice fatto che in queste lettere È7tl-
i rappresentanti naturali della comunità,
<TX01toc; è sempre al singolare, mentre i bensì costituivano il collegio dei respon-
7tpEu0v'te:poL formano un collegio 95 • sabili della comunità insediato dagli a-
postoli (Act. 14,2 3) o dai loro successo-
Bisogna inoltre notare che i passi che ri (Tit. r,5) nelle comunità locali, ed era
parlano dei 7tpE<T0u'te:poi sono netta- divenuto necessario che, salva restando
mente distinti da quelli che trattano del- l'autorità patriarcale di tutti i presbiteri,
l'È7tl<Txo7to<; (e OLaxovoc;) (I Tim. 3,1- determinate funzioni amministrative ve-
7 .8-13 ). Soltanto in Tit. I ,5 s. 7-9 le i- nissero assunte e svolte da una sola per-
struzioni per i presbiteri (plurale!) e per sona. Così nella struttura totale dell'or-
l'episcopo (singolare!) si susseguono im- dinamento ecclesiastico gli episcopi del-
mediatamente, ma già il diverso numero le Pastorali vanno appunto visti come
grnmmaticale e l'elencazione separata 7tpE<T~U't'EpOL 'ltpoECT't'W't'E<; (ovvero Ém-
dei requisiti necessari costituiscono un <TX07tOU\l'tEc; ). «In ogni modo questa i-
argomento validissimo contro l'identità dentificazione è frutto di uno sviluppo,
dei due titoli. Dato però che i tre uffici non già un dato iniziale» 93 •
di episcopo, presbitero e diacono non

93 Per l'identificazione di episcopi e presbiteri fatto diverso dai r.pEU~U'tEPOL, ma è pur sem-
nell'esegesi cattolka dr, U. HOLZMEISTER, 'Si pre un 'ltpEcr~u-rEpoç xa-r' lt;ox-fi"11 che si di-
quis episcopatmn desiderai, bonum opus de- stingue dagli altri per il xa.Mv ltpyov (x Tim.
siderai' (I Tim. J,I) : Biblica 12 (x931) 41-69. 3,1) della otxoooµ-fi della comunità, ltpyov per
Contro una comprensione generica di ~'l':Laxo­ il quale egli divi'ene collaboratore e successore
'ltOç dovrebbe valere il fatto che quest'uso lin- degli apostoli.
guistico non si trova quando si parla delle al- 97 Non c'è alcuna ragione cogente per conside-
tre cariche. rare interpolazioni posteriori i passi in cui si
96 Per SPICQ 91-96 I't1tluxoltoç è sl un pri11111s parla dell'episcopo.
inter pares, per dignità sacerdotale niente nf- 98 ~ DIBELIUS, Pasl.l 46.
I29 (Vt,668)

4. Particolari problemi sono connessi Nulla indica che questi anziani siano
con le visioni dell'Apocalisse in cui il degli esseri umani redenti e trasfigurn-
veggente vede 24 anziani che stanno ti 100; anzi essi vengono chiaramente di·
con le quattro creature viventi attorno stinti tanto dalle masse dei glorificati
al trono di Dio in cielo (Apoc. 4,4.10; (Apoc. 7 e 14) quanto dalle miriadi an-
5,6.8.1r.r4; 7,n; lr,r6; 14,3; 19,4)9'J. geliche (5,n; 7,n) che si affollano at-
I troni sui quali siedono (4,4; r1,6), le torno al trono, ai 24 anziani ed alle
vesti bianche che indossano e le corone creature viventi. Rispetto a queste mi-
d'oro che ornano il loro capo (4,4) li riadi gli anziani sembrano costituire un
fanno apparire :figure celesti, mentre il ordine angelico superiore, più vicino de.
titolo di TCpE<T~vnpo~ fa pensare che essi gli altri al trono divino e particolarmen-
formino come un senato di Dio. Pure te addentro nei misteri divini. «Uno
non si dice mai che Dio si consulti con degli anziani» funge da angelus inter-
loro e che essi esercitino l'ufficio di giu- pres (5,5; 7,13) e il veggente gli si ri-
dici (cfr. 20,4). La loro funzione non volge col titolo onorifico di xuptoc; ( 7,
consiste nell'esercizio di un potere pro- !4).
prio, ma semplicemente nell'adorazione
L'immagine di questi anziani deriva
della maestà di «colui che siede sul tro- dalla diffusa concezione veterotestamen-
no» (4,10; r9,4) e dell'agnello glorifi- taria e apocalittica del celeste consiglio
cato (5,8-10) ~ l}p6voc; IV, coll. 586 ss. di Dio (cfr. I Reg. 22,r9; Ps. 89,8; lob
r,6; 2,r; Dan. 7,9 s.; Hen. I,4.9; 47,3
Essi si prostrano, rendono omaggio al ss.; 6 o, 2 ecc.) 101 • Il parallelo più antico
sommo ed eterno Signore e gettano le e anche più vicino è offerto da Is. 24,
loro corone davanti al suo trono (4,10) 2 3 : ~CW-~À.EUCTEt XUp~oç È.V kLW'V XctL Èv
lEpoucraÀ:T)µ xat ÈVWTCLOV 't'W\I TCpECT~U­
tra canti di lode (4,n; 5,9 s.; u,17 s.;
't'Épwv ooçaCTl}1}o-E'tctL, «il Signore regne-
I9>4 ecc.). «Con una cetra e coppe d'o· rà in Sion e in Gerusalemme e sarà glo-
ro per i profumi» gli anziani prestano rificato davanti agli anziani» (~ col.
servizio sacerdotale per la comunità ter- 95). Singolare è comunque il numero
degli anziani, che non trova riscontro
rena (5,8) ed il culto ch'essi celebrano fuori dell'Apocalisse. È possibile che
in cielo accompagna gli eventi della re- questo numero risalga a speculazioni a-
denzione e del giudizio sulla terra, even- strali: secondo l'astrologia babilonese d
sono 24 stelle, chiamate oixwr'ta.t 't'WV
ti che gli anziani aprono e chiudono col oÀ.wv, «giudici di tutte le cose» 100, che
gesto e il canto. stanno metà a nord e metà a sud dello

w Cfr. ~ MICHL, che offre anche un'accurata 101 Tuttavia i·n questi passi non s'incontra mai
panoramica della storia delle interpretazioni. la parola 'anziani'. Per l'immagine delle schie-
100 ~ Mrcnt 91-u4 ritiene che gli anziani sia- re celesti intorno al trono di Dio cfr. VoLz,
no qui i giusti dell'antico patto, visti' come Esch. 276 s.
presbiteri celesti del popolo cristiano. La sua 102 Diod. S. 2,31 14; cfr. H . GuNKEL, Zmn reli-
tesi mi sembra però insostenibile. gìonsgeschichtlichen Verstiindnis des N.T. 3

• ~ · ...A., 1 ....... t'I 'l!1


npfof3uc; X't'À. D 4 (G. Bornkamm)

zodiaco; secondo test. Ad. 4,19 potenze 24,5 ss.; 25 ,1ss.) 1 ~, tanto più che i capi
angeliche rendono omaggio e sacrificano delle classi sacerdotali sono chiamati
alle ( 24) ore del dl e della notte 103 • Van- 'principi' (I Par. 24,5) 107 e nel giudai-
no inoltre ricordati i 24 Yazata, le divi- smo più tardo anche 'anziani' 108 e che il
nità subordinate che nella d'ottrina per- compito dei cantori del tempio, consi-
siana formano il pantheon di Ahura stente nel «profetizzare al suono di ce-
Mazda 11». Questi paralleli tratti dalla tre, arpe e cembali» (r Par. 25,1), con-
storia delle religioni assumono un no- corda benissimo con le funzioni degli
tevole valore probante per quanto ri- anziani in Apoc. 5 ,8 .
guarda l'origine della concezione degli
anziani nell'Apocalisse, qualora si con- Dal coro dei 24 presbiteri celesti non
sideri che nel giudaismo il confronto è possibile dedurre informazioni atte a
con le religioni dell'Antico Oriente è av- chiarire l'ordinamento né di una comu-
venuto proprio sul terreno dell'angelo- nità giudaica né delle comunità cristiane
logia, che anche altrove cifre e simboli nelle quali l'Apocalisse è nata e per le
dell'Apocalisse accennano nella medesi- quali è stata scritta 100• Al contrario l'A-
ma direzione e fanno supporre il mede- pocalisse mostra costantemente l'imma-
simo sfondo 105 e che infine gli anziani gine, o almeno la finzione, di una comu-
sono descritti come esseri celesti. Però nità con una struttura pneumatico.profe-
·nell'Apocalisse il significato astrale pri- tica e non già ordinata secondo ministe-
mitivo delJe figure riprese da una più ri precisi e stabili. Nell'Apocalisse non si
antica tradizione è del tutto svanito. fa mai parola né di vescovi né di diaco-
Quindi, per quanto riguarda le funzioni ni né di dottori né di pastori né di an-
cultuali degli anziani si dovrà pensare ziani delJa comunità. L'unica autorità,
principalmente alla suddivisione dei sa- accanto agli apostoli 110, è costituita dai
cerdoti e dei leviti in 24 classi (I Par. ptofcti 111 (rappresentati dal veggente

(1930) 43; F. BOLL, Aus der Ofjenbnrung Joh. dei troni su cur siedono i 24 anziani non è
(1914) 35 s. lecito vedere un riferimento alle protocattedre
IOJ J. WELLHAUSEN, Analyse der Offenbarung occupate dai presbiteri terreni durante il culto,
Joh. (1907) 9; BoLL, op. cit. (~ n. 102) 36; perché i i>p6voL dei 24 anziani sono seggi re-
ID., Sphaira (1903) 317. gali (-)- iv, coll. 587 .590), come regale è il
te» BoussET, Apk. 247; LOHMEYER, Apk., ad l. segno della loro dignità (~ U't{q>a.voc;) che de-
rimanda alle speculazioni numeriche dei Pi- pongono davanti al trono di Dio.
tagorici per i quali il 24 è il numero del CO· 110 Il concetto di apostolo nell'Apocalisse non
smo (24 lettere, 24 toni). Questi pensieri a- è univoco. In Apoc. 2,2 si tratta evidentemen-
stratti dovrebbero però essere molto remoti te di predicatori itineranti che pretendono per
dall'Apocalisse. sé questo titolo, ma che la comunità ha sma·
105 BoLL, op. cit. (-7 n. xo2) spec. 16-29. scherato come bugiardi· e impostori. Si pre-
106 Cfr. ~ ScniiRER u 286-290. suppone quindi un concetto ampio di apostolo
101 I Par. 24,5 : fiiré qodeI w'Hire hii'eloh1m; nel senso di missionario autorizzato, incarica-
cfr. fiiré hakkohìi11/m: Esdr. 8,24.29; 10,5; 2 to. Invece secondo Apoc. 21,14 i 12 nomi <lei
Par. 36,14. 12 apostoli dell'agnello stanno sulle pietre fon-
ICI<! Joma l,5; Tamid 1,1; Mid. 1,8. dament!Ùi della nuovn Gerusalemme.
100 Contro -7 M1CHL 38 e -7 v. CAMPENHAU- 111 Gli apostoli e i profeti sono nominati in-
SEN 90: «Ma la loro attività dovrebbe tro- sieme in Apoc. 18,20 come in Eph. 2,:20; 3,
vare senza dubbio riscontro nel presbiterio .5· In entrambi gli scritti i profeti sono i pro-
terreno della chiesa, oppure è rappresentata, feti cristiani (diversamente intende LoHMEYJ.m,
con le sue tinte di fiamma, pur sempre nello Apk. a 18,20). Per i passi di Eph. cfr. DIBE-
stesso quadro generale. Anche nel particolare uus, Gefbr. 72 s. Nell'Apocalisse non si parla
1'pÉ<r~uc; hù. D 4 (G. Bornkamm) (v1,670) l34

stesso ) e da «tutti i suoi fratelli che han- comunità nell'Apocalisse non ha che fa-
no la testimonianza di Gesù», cioè «lo re con Paolo stesso 113• L'idea di comu-
spirito della profezia» ( 19,10; 22,6 ). nità rappresentata nell'Apocalisse sem-
Questa profezia dell'Apocalisse si rivol- bra invece essersi conservata in partico-
ge direttamente alle singole comunità ed lari conventicole giudeo-cristiane 114 nel-
alla loro totalità, senza il tramite di mi- le quali si è evidentemente perpetuata
nistri o incaricati 112 • un'antica tradizione apocalittica d'ori-
Se queste osservazioni sono esatte, si gine palestinese 115 che nel frattempo ha
pone allora il non facile problema di in- continuato a svilupparsi ed ha trovato
dividuare la posizione del tipo di comu- espressione letteraria. L'origine di que-
nità riflesso dall'Apocalisse nella storia sta tradizione dovrebbe risalire ad un
dell'ordinamento ecclesiastico. È assolu- tempo, abbastanza remoto, in cui l'ele-
tamente escluso che le comunità di Efe- mento pneumatico-profetico era ancora
so e delle altre città microasiatiche no- predominante sia nella teologia sia nel-
minate nell'Apocalisse, cioè le comunità l'organizzazione della comunità. L'Apo-
dell'antico territorio missionario di Pao- calisse e la sua ecclesiologia non hanno
lo, avessero ancora, verso la fìne del 1 nulla in comune con il tipo deUa comu-
secolo, una direzione pneumatico-profe- nità gerosolimitana al tempo di Giaco-
tica senza uffici ben definiti. L'esistenza mo né, anzi ancor meno, con il giudeo-
di un simile tipo di comunità è inoltre cristianesin10 legalistico e settario del-
affatto inconciliabile con il quadro della l'età successiva, nel quale la profezia fu
medesima regione ecclesiastica che ci radicalmente soppressa 116• La conserva-
viene offerto, contemporaneamente o zione e la continuazione della tradizione
pochi decenni più tardi, da tutta una apocalittica arcaica, due momenti facil-
serie di altri scritti (Atti degli Apostoli, mente rilevabili nell'Apocalisse, costi-
Pastorali, I Petr., Ignazio e Policarpo). tuiscono l'immediata premessa del sor-
Altrettanto certo è che la struttura delle gere del montanismo nella seconda me-

affatto dei profeti dell'A.T. come figure indi· pccalittico Giovanni cd il suo libro siano rap-
pendenti. Tutt'al più sono figure dei profeci presentativi della chiesa del loro tempo e del·
cristiani (Apoc. 1.1,10.18). L'uso abbondante e la loro regione. Cfr. BAUER, op. cit. e~ n. u3)
libero dì detti di profeti cristiani è un tratto 81 s.
caratteristico dello stile dcl discorso profetico 115 Per gli stretti rapporti tra l'Asia Minore e
dell'Apocalisse (che però non presenta mai si- la Palestina dr. K. HOLL, Der KirchenbegriU
mili oracoli come citazione scritturistica). An- dcs Paulus in seinem Verhiiltnis w dem
che Apoc. i ,3;· 10,7; i6,6; 19,10; 22,6 s. 9.18 s. dcr Urgemeùrdc, in Gesammelte Anfsiitze II
attestano In presenza di profeti' nella comunità (r928) 66 s.; E. SCHWARTZ, Uni:eitgcmiisse
cristiana e il valore della profezia in essa. Betracht1111ge11 zu den Clemcntinm: ZNW 31
112 Come non si può stabilire un rapporto tra (1932) 191; H. LrnTZMANN, Geschichte der
gli anziani celesti ed i presbiteri terreni, cosl Alten Kirchc 1' (1953) 198 s.; E. HIRSCH, Stu-
non si può stabi1ire un riscontro tra gli ayys- dien :mm vierten Eva11geli11m (1936) 149·152 e
ÀO~ delle lettere e gli episcopi (-+ I, coll. soprattutto BAUER, op. cit. (-+ n. u3) 89-92
229 s.). (qui la tesi di Holl riceve la dovuta correzio-
ne). Anche i quarto<lecimani mostrano, nel
1l3 Non c'è nulla che ricordi l'attività dell'A-
modo più palese, l'influenza del giudeo-cristia-
postolo nell'Asia Minore e la fondazione della nesimo palestinese sull'Asia Minore ancorn nel
comunità di Efeso da parte di Paolo. Cfr. W. n secolo. Per la questione vedi Il. LoHsE, Das
IlAUllR, Recbtgliiubigkeit tmd Keti:erei (1934) Passnfest der Q11artadei:i111n11er ( r953) spcc. 94-
87 s. 98.
114 Ci- si deve dunque liberare dell'idea che l'a- 116 Cfr. ~ V. CAMPENHAUSEN 196-198.
rçpÉ<rf3uç X'tÀ.. D 4-5 (G. Bornkamm)

tà del II secolo 117• plinari esclude che si tratti di un con-


trasto meramente personale, bisognerà
5 . La terza Lettera di Giovanni riflet- concludere che le differenze riguardino,
te l'aperto conflitto tra il titolare di un per cosl dire, il diritto canonico: diffa-
ufficio ecclesiastico, che va senz'altro av- mando il presbitero e i suoi messi l'in-
caricato di un ufficio della comunità lo-
vicinato all'episcopato monarchico, e il cale impedisce (a quanto sembra, con
rappresentante di un'autorità libera, non successo) che qualcuno s'immischi dal-
esclusivamente locale. Nell'intestazione l'esterno nel governo della sua comuni-
tà 12(). È lecito supporre che costui, eser-
di 2 Io. e 3 Io. l'autore si presenta sem-
citando l'autorità conferitagli dal suo
plicemente, senza ulteriore indicazione ufficio, abbia cacciato gl'inviati del pre-
né di nome né d'altro, come ò 7tpEcr~u­ sbitero (che questi raccomanda perso-
'tEpo<; e si richiama cosl ad un'autorità
nalmente in 3 I o. 5-8 quali servitori del-
la verità, dopo averli nettamente di-
che fmora gli è stata riconosciuta da al- stinti in 2 Io. ro s. dagli eretici itineran-
tri oitre che dalla comunità destinataria, ti} considerandoli apostoli itineranti ille-
autorità che ora gli viene invece conte- gittimi.
stata in seno a tale comunità dal suo Che significa qui 7tpEo-Su'tiopoç? Non
avversario Diotrefe. è possibile che voglia semplicemente in-
dicare l'età fisica dell'autore; anzi è evi-
L'espressione <pLÀ.onpw'tEUWV (3 Io.
9) contiene sl una chiara critica dell'ar- dente che esso deve esprimere autorità e
roganza dell'avversario, ma le afferma- dignità particolari. È altrettanto impro-
zioni riguardanti il suo comportamento babile che l'autore abbia scelto questo
non lasciano dubbio che Diotrefe eser-
cita già, e non soltanto mira ad esercita- termine per indicare con modestia la sua
re, diritti monarchici di guida sulla co- dignità apostolica, giacché il comporta-
munità: si è rifiutato di far conoscere mento dell'avversario sarebbe incom-
alla comunità una lettera inviatale dal
prensibile se si fosse trattato di un apo-
7tpioo-Pu-.iopoç, ha scacciato gl'inviati di
costui e ha punito con la scomunica co- stolo; inoltre l'autore non avrebbe cer-
loro che li hanno accolti (3 Io. 9 s.) 118• tamente esitato, in un simile conflitto,
Poiché non si fa parola di differenze a richiamarsi al suo rango di aposto-
dogmatiche (per quanto queste potes-
sero benissimo esistere e alimentare j] o
lo. Infine la parola 7tpt'.O"Su'tiopo<; non
conflitto 119 ) ed il ricorso a misure disci- può neanche indicare il membro del
m Cfr. H. KRAFT, Die altkirchliche Propbetie comportamento (disprezzo e inosservanza del
rmd die Entstebung des Mo11tanis11111s: ThZ I I diritto d'ospitalità). L'autore non difende dun·
(r955) 249-271, spiega il rilievo dato alla fi- que una forma di governo, diciamo, presbite·
gura ed all'ufficio del vescovo nell'epistolario riale della chiesa contro certe :ispirazioni 111l'e-
ignazi'ano con l'opposizione alle comunità pro- . piscopato monarchico.
fetiche dell'Apocalisse. 119 BAUER, op. cit. (--> n. u3) 97 chiama a tor-
118 Benché l'espressione qit>..orcpw'tEUWV con-
to Diotrefe «Capo eretico».
tenga un'indubbia nota di disapprovazione,
l'autore di 3 Io. non critica in realtà la posi- 12ll M . GOGUEL, L'église primitive (1947) 136
zione di Diotrefe in sé, bensl soltanto il suo s.; ~ v. CAMPENHAUSEN x32.
137 {vr,671) 'ltpÉcr~uç x.-tÀ. D 5 (G. Bornkamm)

presbiterio di una comunità locale 121 . Il e 3 Io. I non può quindi essere ricon-
senso del titolo 'ltpEcr~unpoç, in 2 Io. 1 dotto né ad un ordinamento episcopale
121 E. KiisEMANN, Ketzer 1111d Zeuge: ZThK. poco, mal si conciliano col titolo di presbitero
48 (1951) 292-3n (con ampia bibliografia del- di una comunità locale. Ancora una volta no-
le opere meno recenti·, tra cui va ricordato tiamo che anche questo fatto, stando almeno
particolarmente A. HARNACK, V ber den 3. Job.- a quanto ci dicono le lettere, non è dovuto a
Brief, TU r5,3b [1897]) ripropone la tesi che cause di forza maggiore (la presunta scomu-
l'autore di 2 lo. e 3 Io. si chiami 'presbitero' nica). Infatti la precedente lettera alla comu-
in senso tecnico-ecclesiastico, quale dignitario nità (2 Io.?) menzi'Onata in 3 Io. 9 deve essere
di una comunità locale. In questo saggio, gra- stata scritta nella presunzione, se non altro,
vido di conseguenze importanti"ssime per la che la comunità fosse disposta a ricevere sia
posizione storica e teologica del vangelo e del- la lettera sia i fratelli inviati. Per la cura
le lettere di Giovanni, il Kasemann cerca di pastorale delle comunità il 'presbitero' si ser-
provare che l'autore degli scritti giovannei (A- ve di' messi che non vengono affatto inviati
pocali-sse esclusa) era un presbitero scomuni- ad hoc alla comunità con la quale egli si tro-
cato dal rappresentante dell'episcopato monar- verebbe in pieno conflitto. Questi messi sono
chico. Questo presbitero «avrebbe conservato piuttosto missionari che vanno di comunità
il titolo e continuato il suo lavoro nonostante in comunità, rendendo in ciascuna la propria
il verdetto dell'ortodossia, avrebbe inoltre or- testimonianza (J Io. 7); accolti già in prece-
ganizzato una propria associazione ecclesiale denza da Gaio come persone di provata fidu-
con una sua missione 11r pagani accanto alla cia (3 Io. 5 s.), anche questa volta erano cer-
comunità ortodossa, senza per questo abbando- tamente autorizzati n ricevere ospitalità e ad
nare né la volontà né la speranza di giungere essere forniti• del necessario per continuare il
ad un accomodamento con la controparte» (p. loro servizio missionario (per '1tP0'1tEµq>i}flva:~,
301 ). Questa tesi è però contraddetta già da dr. Rom. 15,24), cosa che Diotrefe e compagni
ciò che le lettere ci dicono circa la posizione si sono, a dire il vero, vergognosamente rifiu-
e l'opera del 'presbitero'. Possiamo notare, in- tati di fare. Il loro ritorno in quella comunità
tanto, che manca il nome del presbitero. A ha provocato, o almeno acuito al massimo, il
questo riguardo E. ScHWARTZ, Ober den Tod conflitto trii Diotrefe e ]"anziano'. Non c'è
der Sohne Zebedai, AGG 7.5 (1904) 47 s. e comunque il minimo accenno ad una 'sco-
MEYER, Ursprrmg m 638 con poca chiarezza munica' del presbitero. Secondo Kasemann
hanno sostenuto che questo nome sarebbe sta- tale scomunica avrebbe provocato l'uscita
to e11ncellato in un secondo tempo; esso infatti del presbitero dalla comunità tiranneggia-
non sarebbe stato 'Giovanni' ed andava quindi ta da Diotrefc e spiegherebbe l'insistenza
eliminato per permettere alle due lettere di dell'autore sulla sua dignità discussa. Se le cose
essere accolte tra gli seri tti gi'Ovannei. Ancora stessero cosl, l'autore non avrebbe certo avu-
prima va però detto, contro Kasemann, che to bisogno di dare rHievo a] suo titolo già
sarebbe piuttosto strano che un individuo in- nella 2 Io., dove non c'è ombra di conflitto.
vestito di un11 dignità ecclesiastica locale ve- O forse la 'scomunica' è stata comminata al-
nisse chiamato 'il presbitero', dato che la ca- l'anziano in absentia? Ma come dovrebbe 'sco-
rica di presbitero esiste sempre e solo nell'am- municare' un assente un vescovo locale, che
bito di un collegio e non si dà mai il caso non può assolutamente venire trasformato in
di un presbitero isolato. L'obiezione che H no- un vescovo di una chiesa 'cattolica' 'ortodossa'
stro presbitero sarebbe stato isolato appunto che si sovrappone e impone ad una comuni1à
perché scomunicato non convince, perché l'au- locale? (lx~6:).).Ew significa «espellere dalla
tore si presenta con questo titolo già nell'in- comunità locnle>>). In effetti non si può parlare
testazione di 2 Io. dove non c'è traccia né fondatamente di scomunica neanche nei ri-
del conflitto con Di'Otrefc né di una contesta- guardi dei forestieri che portavano i messaggi
zione delfo sua autorità. In terzo luogo il 'pre- dell'anzi-ano; anzi, secondo 3 Io. 10, ne sono
sbitero' esercita, 11ttraverso lettere e inviati, la colpiti soltanto quei membri della comunità
sua influenza oltre i limiti di una comunità lo- che vogliono ospitarli.
cale, arrogandosi cosl competenze che, a <lit
7tpfo~vc; i<'t"À.. D 5 - E r (G. Ilornkamm)

né ad un ordinamento presbiteriale. Bi- riaffermazione di un'autorità locale, di


sogna piuttosto convenire che l'anziano cui abbiamo un chiaro esempio nel com-
portamento di Diotrefe. Anche l'autore
si trova «con In sua volontà e azione, al delle tre lettere di Giovanni ritiene di
di qua di ogni ordinamento ecclesin- essere depositario e tramite di tradizio-
stÌCQ}> 122• In questo 'anziano' si dovrà ne, in particolare di tradizioni giovan-
nee 125, come risulta soprattutto dal con-
quindi vedere non una persona investi-
fronto di I Io. con il quarto Vangelo 126,
ta d'una carica, bensl un maestro (~ invero senza per questo dare alcun peso,
col. 15 2) di particolare prestigio o un anzi senza lasciare alcuno spazio al mi-
profeta della generazione precedente: ò nistero istituzionale. Alla fine quest'ulti-
mo è risultato però vincitore e il 'cri-
npEcr0u-rEpoç indicherebbe quindi un an- stìanesimo giovanneo', che rappresenta-
ziano nel senso in cui Papia e alcuni dei va e difendeva un tipo più antico dico-
Padri della chiesa seriori (--Holl. 15 2 munità, nel frattempo completamente
screditato, fu spinto e confinato nello
ss.) sono chiamati anziani o padri anti- spazio ristretto della conventicola 127•
chi, cioè discepoli degli apostoli e garan-
ti della tradizione che ad essi risale 123• E. GLI ANZIANI NEI PADRI APOSTOLICI
E NELLA CHIESA ANTICA
Va riconosciuto che l'attendibilità di
questa 'tradizione' degli 'anziani' è piut- 1. La prima Lettera di Clemente, il
tosto relativa e che proprio questa cer- documento più importante per 1a storia
chia di persone ha accolto, conservato e del ptesbiterato nell'età subapostolica,
trasmesso una tradizione incontrollata e dovrebbe collocarsi vicino alla prima
spontanea 124 : anch~ fo gnosi si è spesso Lettera di Pietro sia geograficamente sia
e volentieri richiamata a tradizioni apo- cronologicamente. Con un' argomenta-
stoliche per sostenere le proprie posi- zione quanto mai ampia questo scritto
zioni. Tutto ciò spiega più che sufficien- difende i diritti e la posizione dei pre-
temente la volontà di screditare la di- sbiteri contro una comunità che si era
gnità di questo 'anziano' e la rigorosa lasciata indurre da certi agitatori a d~-

In -+V. CAMPENHAUSEN 132. sogna comunque osservare che gli scritti gio-
12.l Cfr. C. H. Dooo, The ]oba1111ine Epistles vannei non si presentano mai come tradizione
( 1947) 155 s. di un 'apostolo', un concetto che non ha parte
m Cosl KAsnMANN, op. cii. (-+ n. 121) 3 00. alcuna né nel vangelo né nelle lettere di Gio-
11.S Con ciò non si è risolto ancora il proble-
vanni.
ma se il 'presbitero' di 2 Io. e 3 Io. vada iden- 126 Sulla questione vedi H . CoNZE.LMANN, 'Was
tificato con !"anziano' Giovnnni dell'Asin Mi- von An/ang war', in: Neutestamentliche St11-
nore di cui siamo informati con sicurezza da dien fiir R. B11ltmam1 (1954) 194-2or. In que-
Papia (in Eus., hist. eccl. 3,39,4). Qu~ possia- sto saggio è mostrato chiaramente {p. 201 n.
mo fissare questi punti fermi: r. esisteva, in· 22) che l'antitesi tra tradizione e spirito (KA.-
dipendentemente dalle cariche comunitarie, u- SE.MANN, op. cit. [ ~ n. 121) 309) non corri-
na categoria onorifica di 'anziani', doè di dot- sponde ai fatti.
tori, che furono considerati mediatori e ga· m Qui coglie nel giusto Ki\SEMANN, op. cit.
ranti di una tradizione autentica; 2. tali 'an- (-+ n. 12r) 303. Snlvc restando tutte le diffe-
ziani~ appaiono particolarmente, anche se non renze di sostanza, dn questo fatto risulta una
esclusivamente, come garanti autorevoli della relazÌ'one sociologica tra l'Apocalisse e gli altri
tradizione giovannea. A questo proposito bi- scritti giovannei (~ coli. 133 ss.).
1tpfo~uç ;{'tÀ. El (G. Bornkamm) {vr,673) 142

stituire alcuni dei suoi presbiteri. Pur- (3,]). Va da sé che l'autore può argo-
troppo ignoriamo completamente i mo- mentare in questa maniera soltanto per-
tivi della sollevazione 128 e lo scritto non ché i presbiteri costituiscono effettiva-
dice nulla sulla natura di questi avver- mente un collegio patriarcale e hanno
sari né sulle presunte colpe dei presbite- dfritto all'onore che i membri della co-
ri. Già la rimozione di alcuni singoli pre- munità sono tenuti a rendere agli anzia-
sbiteri equivale per x Clem. ad una ri- ni/vecchi 129 in generale (cfr. ---7 coli.
bellione contro i presbiteti in genere 120 ss.).
(44,5; 47,6; dr. anche 54,2; 57,1).
Dal collegio dei presbiteri si distin-
Il primo e spesso ripetuto argomento guono chiaramente gl'incaricati ai quali
ài I Clem. contro la ribellione della co- è affidato il culto sacrificale ( È1tLCTX01tTJ:
munità corinzia è che tale gesto costi- 44,r.4). Costoro sono chiamati 'capi'
tuisce una trasgressione del comanda- (1}yovµ.é\IOL: 1,3; 1tp01))'0UµE\IOL: 21,
mento di onorare gli 'anziani': 1tpEcrPu- 6) 130 e ricevono anche - cosa di parti-
upoL è usato in questa accezione generi- colare importanza - il titolo di gnlcrxo-
ca all'inizio della lettera ( l ,3; 3 ,3; 2 l, 1tOL (cfr. 42,4 s:; 44,1 e 44,6) 131 • Que-
6), mentre più avanti, quando si entra sto ufficio contestato nella comunità di
nel vivo del caso in discussione, 'ltpEcrPu- Corinto è per Clemente, come viene dif-
•EpoL assume il significato tecnico di fusamente spiegato, rappresentazione e
persone rivestite dell'ufficio di presbite- veicolo di un ordine voluto e istituito
ro (44,5; 47,6; 54,2; 57,1). I due si- da Dio m. Pe1· la prima volta nella sto-
gnicati tendono comunque a confonder- ria del cristianesimo è questa la prospet-
si quando la sottomissione ai capi (fi· tiva dominante in cui vengono visti l'uf-
youµavoL) e l'onore dovuto agli anziani fido di presbitero e la comunità: anzi
vengono avvicinati ( 1,3 e 21,6) e, vice- vengono considerati così con una coe-
versa, quando gli eventi di Corinto ven- rente e costante accentuazione dell'idea
gono energicamente e aspramente cen- di gerarchia che sa già di principio dog-
surati dal punto di vista morale come matico 133• Il fatto centrale e nuovo è
ribellione dei «giovani contro i vecchi» che qui non è più soltanto il presbite-

m Sono state avanzate le ipotesi pit'1 diverse: i dottori tra gli 1)youµtvoL; però costoro non
rivolta di gnostici entusiasti e di pneumatici vengono mai menzionati in r Clem.
{BAUER, op. cit. [-+ n. 113] 99-109; P. MEIN- 131 «Gli btlO"xonaL sono presbiteri {44,4.5 ), ma
HOLD, Geschehen imd De11t1111g in .1 Cl. : non tutti i presbiteri sono ~nlcrxonoL»: -+
ZKG 58 [r939] 82-r29); smania di predomi- MiiLLER, Dischofswahl 275. Cfr. già-+ SoHM
nio e abuso di potere dei presbited (M. Go- 95-103. ~ v. CAMPENHAUSEN 91 : Ja fusione
GUEI., La 11aissance dt1 Christianisme [1946] dei titoli mostra che «l'ordinamento presbite-
4l8, nota; però dr. 1 Clem. 44,3); generico riale si è impregnato degli elementi di un or-
conflitto di generazioni• (LmTzMANN, op. cii. dinamento episcopale, che a Roma era proba-
[ ~ n. n5] 2ol ); brighe personali tra fazioni bilmente più antico». Entrambi i titoli ven-
{A. v . HARNACK, Ein/iilmmg in die Alte Kir- gono usati soltanto al plurale. 1 Ctem. non
chengescbichte (1929) 91). conosce un episcopato monarchico. Insieme
129 In 3>3 sono detti anche E\l>~µo~, gvoo~oi, con i vescovi vengono nominati anche i dia-
cpp6vLµoL. La stima di cui godono non è do- coni (42.4 s.) .
vuta soltanto alla loro età, bcnsl anche alla m L'idea dell'ordine che troviamo in r Clem.
loro lunga e fedele vita in seno alla comunità proviene dalla dottrina stoica del cosmo e del-
(1,3; 63,3). lo stato.
no -+ K NOPI' 168 s. novera anche i profeti e 133 A ragione ~ v . CAMPENHAUSEN 102 s. so-
143 (v1,673) npfof3uç X't),. E 1-2 (G. Bornkamm)

rato ad avere il compito di conservare e stia comunitaria. r Clem. 40-43 li pone


difendere la tradizione apostolica, ma espressamente nella successione dei sa-
l'istituzione in sé è dichiarata elemento cerdoti dell'A.T. e li rende cosi, per 1n
portante della tradizione apostolica, giu- prima volta nella storia della chiesa, un
stificando così il principio dell'intangi- clero che viene distinto, in seno alla
bilità dell'ufficio. Infatti il ministero di comunità, dai 'laici' 137 per i propri par-
presbitero deriva immediatamente dagli ticolari diritti e doveri. L'orientamento
apostoli e attraverso di essi da Cristo esclusivamente cultuale dell'ufficio di
e da Dio (42 e 44). Conformemente al- presbitero - non si parla mai del magi-
l'idea dell'ordine cosmico e della dispo- stero dottrinale dei presbiteri - e la sua
sizione divina che conferisce alla comu- palese clericalizzazione offrono a r Clem.
nità la sua natura di organismo e ponç la possibilità di proclamare l'inamovi-
sotto una intangibile e sacra legge il bilità dei ministri e la dul'ata a vita del
tempo, il luogo e le persone del suo loro ufficio (44,5 ), a meno che non si
culto, anche i presbiteri hanno il loro siano resi colpevoli d'indegnità o d'inos-
'posto stabilito' 134• I Clem. 44,3 dice co- servanza dei loro doveri. Cosl il com-
me avvenne la trasmissione dell'ufficio: ponimento del conflitto a Corinto può
quando non fu più effettuata dagli apo- avvenire soltanto con la riabilitazione
stoli stessi o da coloro che erano stati dei presbiteri rimossi, la sottomissione
stabiliti direttamente dagli apostoli, essa dei ribelli ai presbiteri (57, r) 138 e 1a
avvenne per mezzo «di altri esimi uo- partenza volontaria per un esilio fissato
mini con l'approvazione di tutta la dalla comunità (54) 139, cosl che «il greg-
chiesa» 135• ge di Cristo viva in pace con i presbite-
ri costituiti» (54,2 ).
Il servizio (À.n"t'oupyla.: 40,2; 44,2
s. 6) 136 dei presbiteri ovvero degli epi- 2. Il Pastore di Erma, un'opera com-
scopi è un servizio cultuale. Essi devono posta alcuni decenni dopo r Clem., ri-
offrire le oblazioni della comunità (44, flette, più o meno, il medesimo tipo
4), sono dunque i celebranti dell'eucari- di ordinamento ecclesiastico della lette-

stiene con energra che questo aspetto costitui- sola approvazione (acclamazione) .
sce il vero contributo originale di I Clem. 136 Per il concetto di À.n-coupyla cfr. F . GER-
lM Si noti l'espressione µi} 'tl.ç a.inoùç µE'ta- KE, Die Stellrmg des I Cl. innerhalb der Ent-
cr-t1}01J -tou tlipuµlvov aù-to~ç -t61tov ( 44,5 ). wicklung der altkirchlicbe11 Gemeindeverfas-
135 -toùç ouv xa-tao--tal>tv-taç ù1t'ÉxElvwv i'} srmg t11Jd im Kircbemecht, TU 47,1 (1931)
µE"tcd;ò ùcp'h~pwv ÈÀ.À.oylµwv &.vlip<7lv ovvEu- n6-122 e ~ v1, coll. 624 ss.
lloxT)u&.crnr; -tfiç ÉxXÀT)crlar; 7t6:.<r-r]ç (44,3). 137 Il termine À.ai:xoç è usato nell'accezione,
L'analogia con la prima generazione richiede
ora corrente, di 'laico' per la prima volta in
che anche gli <mominr esimi» di quelle suc-
I Clem. 40,5, con riferimento immediato e an·
cessive siano presbiteri che esercitano il pro-
titctico ai sacerdoti dell'A.T., ma anche con ri-
prio ufficio in una comunità locale. Cfr. -+
guardo alla situazione esistente nella comunità
MOLLER, Bischofswahl 276. - > v. CAMPENHAU-
cristiana. Cfr. PREUSCHEN-BAuER', s.v.
SEN 97 n. 2 si oppone a ragione all'interpreta-
zk:me di G. Dix, Thc Ministry in the early 138 È impossibile che si tratti soltanto di quel-
Church c. A.D. 90-4ro, in -+ KIRK 257-266, li che sono rimasti in carica (contro v. HAR-
secondo il quale z C/em. 44,3 non uatterebbe NACK, op. cit. [~ n. 128] 95).
del mantenimento dell'ufficio locale, bensl del- 139 Considerando i due passi insieme si dedu·
la particolare potestà apostolica di istituzione. cc che i presbiteri amministravano la discipli-
La partecipazione della comunità ( ovvElloxE~v) na, alla presenza però dell'intera comunitìi.
all'insediamento dei presbi~eri si limita alla Cfr. anche 63,1 .
145 (v1,673) itpfo~uc; X't'À.. E 2-3 (G. Bornkamm)

ra clementina. C'è però una differenza: va tra gli apostoli e i dottori di un tem-
in Erma la gerarchia non è più proble- po 142• Nel Pastore non c'è la minima al-
matica né ha bisogno di una motivazio- lusione ad un conflitto tra profeti e mi-
ne e il profetismo libero, rappresentato nistri della comunità 143 • C'è ancora pro-
dallo stesso Erma, parJa ancora diretta- fezia nella comunità, ma è prevalente-
mente ai 'santi' (vis.3,8,n) ed è indi- mente falsa e bisogna guardarsene atten-
pendente dalla gerarchia, anche se non tamente (mand. I 1 ). Nonostante sia uno
ad essa contrapposto. Il governo della scrittore di tipo apocalittico, Erma stes-
comunità è retto però anche qui da un so non si chiama mai 'profeta' e gli vie-
collegio di presbiteri (viS.2,4,2S.; 3,r. ne detto di consegnare il libro «ai pre-
8) del quale fanno parte episcopi e dia- sbiteri» e di leggerlo alla comunità in
coni (vis. 3,5,r; sim. 9,26,2; 27,2), re- loro presenza (vis. 2,4,2 s.). Anche l'in-
sponsabili entrambi dell'assistenza ai po- vio dello scritto ad altre comunità fuori
veri e dell'amministrazione delle finanze Roma deve avvenire tramite un mem-
della comunità. In quanto guide della bro del presbiterio appositamente in-
comunità i presbiteri vengono chiamati caricato (vis. 2,4,3) 1-». La concorrenza
'pastori', un titolo che indica qui, come tra ministeri istituzionali e libera pro-
altrove, l'ufficio 'pastorale', cioè della fezia è dunque finita. Pretendere il pri-
cura d'anime (sim. 9,31,5 s.), e hanno mo posto è eo ipso segno di una profe-
nelle assemblee comunitarie il posto d'o- zia vana e presuntuosa (mand. 1 r ,12 ),
nore (vis. 3,9,7) 140• Il loro accostamento mentre il vero profeta si distingue per
agli apostoli (vis. 3,5,r) 141 mostra in l'umiltà e la mansuetudine (mand. II,
quanta considerazione fossero tenuti i 8) 145 • Erma ci presenta dunque il qua-
presbiteri, la cui posizione nella comu- dro di un ordinamento presbiteriale
nità non viene minimamente contestata, consolidato, non più contestato dal
anche se non si risparmia un severo rim- pneumatismo libero, ma altrettanto lon-
provero per le loro meschine gelosie tano dall'episcopato monarchico.
(sim. 8,7,4; vis. 3,9,7 ecc.), richiamando
a loro vergogna la concordia che regna- 3. Completamente diversa è la posi-
140 Le parole (vis. 2 >'h3) µt 't'Ù 't'WV npEaf3v-tÉ- presbitero, ma solo corrispondente della co-
pwv 't'WV npoi:u-raµivwv 't'TJc; btxÀ:11ulo.c; (per munità. Il contesto (vis. 2,4,2) non lascia però
tale espressione cfr. I Tim. 5,17 e I Clem. 54, dubbi circa la sua appartenenza al presbiterio.
2) mostrano che si fa distinzione tra i presbite- 145 ln vis. 3,1,8 s. Erma è invitato a sedersi
ri, che svolgono le funzioni del loro ufficio, ed prima dei presbiteri, ai quali egli voleva la-
una cerchia più ampia composta di persone sciare la precedenza: è questo l'unico passo da
ragguardevol i. cui sembra possibile dedurre che il pneumati-
Ml Tra le «pietre bianche squadrate» stan- co abbi>a un diritto alla 'ltPW't'Oxal>dìpla ( =
no, qui acrnnto agli apostoli, anche i dottori. il primo seggio). Cosl suggerisce ~ KNOPI'
Per Erma (sim. 9,16,5; 25,:z) costoro sono fi- 185, che senza giustificazione novera anche i
gure ideali del passato, «che predicarono in profeti tra coloro che stanno a capo (1tpoT)yov-
tutto il mondo», dunque non sono persone in- lkEVOq della chiesa e che occupano i primi
vestite d'una qualche funzione nella comunità. seggi (1tpW't'OxaJklìp(~m), di cui si parla in
Coloro che ricoprono una carica ecclesiastica, vis. 3,9,7 ss., e li include tra i vescovi, dottori
epii:scopi e diaconi, vengono comunque asso- e diaconi nominati in vis. 3,5,I. Però il posto
ciati a loro senza esitazione. d'onore a siriistra (quello di destra è riservato
ai martiri) è assegnato a Erma non in quanto
142 Cfr. -7 V. CAMPENHAUSEN 104 s.
profeta, bensl in quanto cristiano disposto al
143 Dumuus, Herm. 454.457.635. pentimento. Cfr. DIBELIUS, Herm., ad l.; ~
Hl Clemente non vien detto espressamente V . CAMPENHAUSEN 103 s.
147 (v1,674) 'ltpÉa~uç x-.À. E 3 (G. Bornkamm)

zione dei presbiteri nell'epistolario igna- comandamento della riverenza dovuta


ziano. Qui i presbiteri hanno un posto agli anziani (come in I Pett'. e I Clem.)
fisso in una gerarchia completamente né sull'argomento canonico della loro
articolata secondo una scala gerarchica costituzione da parte degli apostoli e
al cui vertice si trova il vescovo. I mem- della loro autorità di depositari della
bri del presbiterio 146 (Phld. 8,1) circon- tradizione, bensl unicamente sul miste-
dano il vescovo come suo 'consiglio' ro dell'unità della chiesa nella quale si
(auvÉOptO'J), uniti con lui in un'armo- riflette il mistero dei rapporti che lega-
nica unità «come le corde alla cetra» no Dio, Cristo e gli apostoli e si pre-
(Eph. 4,1). Non si fa parola di una qual- senta come realtà cultuale-eonica 150• La
sivoglia autonomia di competenze e at- gerarchia celeste e quella terrena si cor-
tività goduta dai presbiteri, e la loro rispondono perfettamente 151 e perciò I-
funzione si limita ad essere «preziosa gnazio può dire: «Seguite tutti il ve-
corona spirituale» del vescovo (Mg. 13, scovo, come Gesù Cristo segue il Pa-
l), al quale sono sottomessi (Mg. 3 ,1; dre, e il collegio degli episcopi come gli
Tr. 12,2) ma anche associati quali rap- apostoli; quanto ai diaconi, venerateli
presentanti della gerarchia che in lui come il comandamento di Dio» (Sm. 8,
culmina 141, cosi che anche ad essi spet- r). Questo ripetuto 'come' (w<;) signi-
ta, per il loro stato spirituale e santo 143, fica qualcosa di più di un semplice pa-
l'ubbidienza della comunità (Eph. 2,2; ragone e include l'idea di una reale rap-
Mg. 7,1; Tr. 2,2; Pol. 6,r) 149• L'aspet- presentanza, come mostra soprattutto
to essenziale e caratteristico della con- Mg. 6,r: « ... procurate di fare ogni cosa
cezione ignaziana della chiesa e dei mi- ... sotto la guida dcl vescovo, che tiene
nisteri è costituito dalla motivazione il luogo di Dio (Et<; -tÒ1tOV DEoO), e dei
dell'obbligo di obbedienza della comu- presbiteri, che tengono il posto del se-
nità. Questo dovere non si basa né sul nato degli apostoli (El<; -rÒ1tov CTU\IEOplov

146 È sintomatica la preferenza d'Ignazio per pre al terzo posto nella sequenza degli uffici,
la parola 7tPE<r~u-.Éptov che è impersonale ed non hanno un rango propriamente spirituale
evoca immediatamente l'idea dell'ordinamento e sono sottoposti al presbiterio; non compaio-
gerarchico (Eph. 2,2; 4,1; 20,2; Mg. 2; Tr. 2, no mai per sé congiunti in unità col vescovo,
2; 7,2; 13,:.; Phld. 4; 5,1; 7,1; Sm. 8,1; 12,2); come invece avviene dei•presbiteri (cfr. BAUER,
tuttavia abbiamo non di rado anche ol 'ltpEO'~u­ lg11. 202).
-çepot (Mg. 3,1; 7,1; Tr. 3,1; 12,2; Phld., 150 Per questo modo ignaziano di dare fondn-
imcriplio; Pol. 6,1). Questa preferenza per men to n tale ministero e per la mancanza del-
7tpEO'~U'tÉpiov è tanto più notevole in quanto la motivazione giuridica e dell'argomento della
il termine è totalmente assente negli altri Padri tradizione cfr. - v. CAMPENHAUSEN 106-II2.
apostolici. 151 Funzione principale del 'ltpE<T~V'tÉpto'J è di
m Dunque non viceversa! Non è mai detto rappresentare il mistero della gerarchia celeste.
che il vescovo stesso sia uno del collegio dei È questo il motivo costantemente addotto dal-
presbiteri. La parola uuµ.'ltpEO'~V'tEpoç (- n. l'esortazione a sottomettersi ai presbiteri. Essi
15 8) sarebbe inapplicabile al vescovo ignazin· sono perciò detti anche <TINÉ8ptov l>eov xat
no. BAUER, lg11., ad l. traduce giustamente « ... oU\IOE<TIJ.O<; cl'ltOO''t"6Xwv (Tr. 3,1), come gli a-
con i presbiteri ed i diaconi (in unione) con postoli" vengono viceversa chiamati r.pEuBu'tl-
lui (.rcil. il vescovo)» la frase greca 'tO~<; rrùv piov txx.À7)!'1lac; (Phld. 5,1). Il diacono Zo-
aù-.i;i 'ltpEuBu'tÉpoi.ç xaL 8tax6votç (Phld., tione «è sottomesso al vescovo come alla gra-
in.rcriplio ). zia di Dio ( 'té;> lmux.67tC(J wç x6:.pt't"t i>eov) cd
m Cfr. Mg. 3,1: -.oùç àylouç 'ltpEO'~u-çÉpouç. al collegio dei presbiteri come alla legge di
149 La comunità deve rispetto e ubbidienza an- Gesù Cristo ('t"ti) 'ltEO'~U'tEpltp wc; v611tii 'I71<rov
che ai diiaconi; eppure costoro appaiono sem- Xptu-.ou)» (Mg. 2).
149 (v1,675J

-.wv &.1tocr-.6À.uw) 152 ••• ». In Ignazio tro- ma unicamente di diaconi (5 ,2) e pre-
viamo spesso questa coordinazione di sbiteri ( 6, r ). Certamente anche in que-
presbiterio e apostoli 153• Le lettere d'I- sto scritto si sottolinea la sottomissione
gnazio testimoniano cosi un ordinamen- a questi due uffici, ma manca del tutto
to ecclesiastico fondamentalmente di- l'estremismo ignaziano. Questa situazio-
verso da quello che la comunità di Ro- ne non può essere certamente spiega-
ma ha in quel medesimo tempo e avrà ta con l'ipotesi che proprio a Filippi,
ancora nei decenni successivi 154 • dove sappiamo esserci stati episcopi e
diaconi già ai tempi di Paolo (Phil. r,1;
4. L'energia con cui Ignazio si batte -> III, coll. 778 s.) 1 non ci fossero 've-
per il riconoscimento della gerarchia e scovi'. Non abbiamo neanche prove per
per la posizione del vescovo fa capire affetmare che nella lettera di Policarpo
che l'ordinamento la lui considerato vin- non si padi del 'vescovo' di Filippi
colante non si era affatto affermato in perché eretico 156• La spiegazione giusta
tutte le comunità dell'Asia Minore, co- dovrebbe piuttosto essere un'altra: gli
me conferma puntualmente la lettera di episcopi di Filippi, investiti di un uffi-
Policarpo di Smirne, il quale per altri cio che ern ancora esercitato collettiva-
aspetti è invece quanto mai vicino a I- mente, sono stati assorbiti da lungo
gnazio. Se si osserva come Ignazio sot- tempo nell'ordine piì1 ampio dei presbi-
tolinea la posizione unica del vescovo teri 157 e non vengono chiamati episcopi
proprio nella sua lettera a PoHcarpo ( 1, perché per Policarpo questo titolo in-
2; 4,1; 5,2; 6,r), appare ancora più sor- dica già il vescovo monarchico. Invero
prendente che nella lettera di Policarpo egli stesso non considera questo ufficio
ai Filippesi non ci sia il minimo cenno episcopale in maniera gerarchica, ma lo
di una particolare posizione dcl vesco- pone decisamente sullo stesso piano dei
vo, anzi che non si parli affatto né di presbiteri 158•
episcopi né tanto meno dell'episcopo 155, C'è un altro passo, oltre a quello già

m Per la congettura t:lç 'tV7tOV in entrambi ol O'Ùv au't'Q 7>pEu(3v't'Epot, che dobbil3mo tra-
i passi cfr. BAUER, lgn., ad l. durre: «Policarpo ed i presbiteri che lo sono
m Cfr. ancora Tr. 2,2; 3,1; Phld. 5,1 (è qui con lui»; l'espressione ha quindi lo stesso va-
::he gli apostoli' vengono chiamati viceversa lore di ò cruµ7tpE<r(3V't'Epoç (I Petr. 5,1 ). Que-
7tpE<T~U't'ÉpLO\I ÈXXÀ'l')O'l11.ç). st'ultimo termine, attestato anche altrove pro-
m Questa differemm si riflette anche nel fatto prio per l'Asia Minore (Eus., bist. ecci. 5,16,5),
che soltanto nella lettera ignaziana ai Romani diventerà in seguito (-4 col. 91) un appellativo
manca qualsiasi allusione ali 'ufficio di vescovo corrente usato <lai vescovi nel rivolgersi ai loro
in quella città, mentre i vescovi vengono cspli• presbiteri. Per l'interpretazione delle parole di
cit~mente menzionati in quasi tutte le altre Policarpo succitate dr. soprattutto v. CAM-
lettere; anche in Phld., che t: l'unica eccezione, NHAUSEN, op. cit. (~ n. 155) 36 e~ V. CAM-
Ignazio non manca di insistere almeno sul· PENHAUSEN 130 n. l. Non è dunque lecito in-
l'dç E7tl<TXO'P:Oç (1,1; 3,2; 4). tendere senz'altro la formula di1 Policarpo all0
155 Cfr. H. v. CAMPENHAUSEN, Polykarp von stesso ·modo di quella formalmente molto si
Smyma 1111d die Past., SAH 1951 Abh. 2 mile d'Ignaiio in Pbld., inscriptio: Èà.v Èv f.vt
(1951) 3n6. WO'W O'VV 'ti;) Émux6m.~> xat -toi:'ç crùv au-r4i
156 Cosl BAUER, op. cit. ( ~ n. 113) 77 s. TI(JE0'(3U't'Épotç xat OLax6voi.c;.. In Ignazio i pre-
1s1 L'ordinamento presbiteriale ha quindi as· sbiteri e i diaconi formano il clero associato
sorbito qui quello più antico dell'età paolina. e sottoposto al vescovo; i•n Policarpo i presbi·
Cfr. ~ V. CAMPENHAUSEN lJO n. l , teri rappresentano i colleghi ai quali egli, qua-
158 Come si deduce dalle parole con cui si le prim11s inter pares, modestamente si equi-
apre la lettera ai Filippesi: IIoMxap7toç xo.t para. Anche in seguito si continttel'à dapprim:1
(VJ,676) 152

citato ( 6,1), che ci dice quali fossero le 5. Dall'uso linguistico di 'itpEo-~{m:­


funzioni dei presbiteri: dal caso di Va- poc; trattato finora e connesso con la sto-
lente (u,r s.), il presbitero rimosso dal ria dell'ordinamento ecclesiastico proto-
suo 'ufficio' 159 per appropriazione inde- cristiano va distinto un uso totalmente
bita (complice la moglie: rr,I.4) dei diverso del nostro termine, uso che è
fondi della comunità, apprendiamo che riccamente attestato soprattutto in Pa-
i presbiteri avevano compiti di carattere pia ed Ireneo, ma anche in Clemente A-
economico e caritativo, ai quali si ag- lessandrino, Origene e Ippolito. In que-
giungevano funzioni disciplinari e, so- st'accezione 7tpEO'~U't'Epoc; {al singolare o
prattutto, la cura d'anime e la predica- al plurale) non è più un titolo, non in-
zione 160• I1 quadro dipinto cosl da Po- dica più una persona investita di un
lical'po è più che simile a quello che ab- ufficio della comunità locale, bens1 co-
biamo ricavato dagli Atti, da I Petr. e loro che, appartenendo alla generazione
specialmente dalle Pastorali che sono cristiana più antica, erano considerati
chiaramente vicinissime, sia cronologi- trasmettitori di una tradizione genuina
camente che geografìcamente, alla lette- e maestri attendibili. La traduzione mi-
ra di Policarpo 161 • Le Pastorali mostra- gliore del titolo onorifico di 1tpEcr~u"t'E­
no come Policarpo che l'ufficio di epi- poç conferito loro è padre, secondo
scopo, che nella prassi si andava gra- un'accezione di questa parola assai co-
dualmente evolvendo verso l'episcopato mune anche nel giudaismo (~ IX, coli.
monarchico, poteva unirsi - senza ten- r199s . )162.
dere affatto ad una superiorità gerarchi-
ca - con l'ordinamento presbiteriale, a) Per quanto riguarda Papia il passo
senza soluzione di continuità. A diffe- più importante è Ja famosa citazione
renza delle Pastorali, la lettera di Poli- dalla prefazione della sua Interpreta-
carpo implica tuttavia soltanto de facto zione dei detti del Signore che troviamo
l'esistenza di questo ufficio episcopale, in Eus., hist. eccl. 3,39,3 s. Qui Papia
ma non lo indica mai con il titolo ap- dichiara di volere combinare con le sue
propriato. 'interpretazioni' tutto ciò che aveva im-

a ritenere necessario, per la sua pos1~10ne e triige 29 s. e -l> ID., Bischofswahl 274-296.
dignità, che il vescovo appartenga al presbi- 159 /oc11s = 't61toç, come in lgn., Pol. 1,2.
terio. Ancora Ireneo, ep. nd V ictorem (Eus., 160 Diversamente da Ignazio, qui non è mai
hist. ecci. 5,24,14-16) chiama costantemente il
detto che il vescovo debba presiedere alla ce-
vescovo di Roma e i suoi predecessori 7tpE<T~V·
lebrazione eucaristica.
i:epoi. KRAFT, op. cii. (-l> n. n7) 267 s. con-
fronta con ciò la deci<Sa esaltazione della digni- 161 Come ha dimostrato v. CAMPENHAUSEN, op.
tà episcopale nella lettera, pitt o meno contem- cit. (-l> n. 155). La validità di tale dimostra-
poranea di quella a Vittore, di Policrate d'Efe- zione è indipendente dall'accettazione o dal
so {Eur., hist. eccl. 6,24,2-7) e sospetta che Ire- rifiuto della tesi particolare che le Pastorali
neo, vescovo originario dell'Asia Minore e fa- siano state scritte da Policarpo stesso o da
vorevole al montanismo, mascheri con la sua una persona a Jui vicina.
1 ~2 Cosl a ragione secondo ZAHN, Forsch. VI
terminologia, che al Kraft appare «per lo me-
no antiquata», una precisa tendenza riguardo 83, V. CAMPENHAUSEN 177 s. Pure l'espressio-
al governo della chiesa. Eppure la terminologia ne usata da questi di «guide della chiesa)>
d'Ireneo riflette fedelmente il rapporto dci (Fiibrer der Kirche) è equivoca perché non
presbiteri rispetto al vescovo, cosl come esso tiene affatto conto dell'importanza esclusiva
sussisteva ancora intorno al 200 a Roma e ad di questi presbiteri nella trasmissione della
Alessandria. Per la questione -l> Mi.il.LER, Bei- dottrina di cui erano garanti.
'ltpfcrpuç X"tÀ.. E 5a (G. tlornkammJ \ \' 1,0/lJ , )'t

parato bene «dagli anziani» (ovvero scepoli degli apostoli». Richiamandosi a


«dai Padri»: mxpà, .-Gl'V 7tpEO·Bv1:Épwv) questi 'anziani/Padri' Papia si distanzia
e che ricordava con precisione, per po- sl espressamente dalla tradizione e dal-
terne così garantire la verità 163• Papia la dottrina eretica (Eus., hist. ecci. 3,39,
chiama questi 7tpEo-Bv>Epot i suoi garan- 3), tuttavia il metodo ch'egli professa di
ti, benché egli non si richiami ad una seguire per giungere all'incorrotta dot-
conoscenza diretta di essi, ma soltanto a trina è affatto uguale alle abitudini dei
quella dei loro discepoli 164 : «Ma se ve- concorrenti gnostici. Proprio presso gli
niva qualcuno che avesse seguito i Padri Gnostici è di moda richiamarsi a singo-
( 7tpE<r~U't'EpOL), allora cercavo di sapere li apostoli ed alla tradizione da loro tra-
quali fossero state le parole dei Padri, smessa, come è corrente l'immagine de-
che cosa avesse detto (EfoEv) Andrea o gli apostoli quali maestri che raccolgono
Pietro o Filippo o Tommaso o Giacomo intorno a sé una 'cerchia di discepoli',
o Giovanni o Matteo o un altro dei di- la quale ne trasmette l'insegnamento
scepoli del Signore e che cosa dicessero ed elabora per iscritto quanto ha ricevu-
( À.Éyouow) Aristione e l'anziano Giovan- to oralmente 166• Gli ampi stralci, che
ni (ò 7tpE<TBu'tEpoc; 'Iwrl.wl}c;), discepoli Eusebio riporta, delle notizie che Papia
del Signore. Io ritenevo infatti che ciò fa risalire ai 'presbiteri' ci offrono una
che si può apprendere dai libri non mi chiara idea di questa tradizione per vari
sarebbe stato tanto utile quanto ciò che aspetti fantastica, presentata appunto
si sente da una voce viva che rimane im- come autentica, la quale contiene anche
pressa (-rà, 7tapà. sw<T1)c; cpwvijc; xaL µE- informazioni dotte su singoli scritti,
vov<Tl)ç)». In nessun caso è lecito con- come quella riguardante l'origine dei
fondere i '!tpE<TBunpoi a cui Papia si ri- vangeli di Marco e Matteo 167• Dai verbi
ferisce con gli apostoli ricordati per no- usati da Papia per descrivere la maniera
me, benché senza un particolare attri- in cui i suoi garanti furono discepoli dei
buto 165• Tali 1tpEO'~U'tEpot. vanno piutto- 7tpE<T(3vnpot e il loro comportamento
sto considerati, come li chiamerà espres- (non tanto 1tapaxoÀ.ovl}E~\I quanto ifp-
samente Ireneo (-7 coli. x55 s.), «di- XEcrl}at: 3,39,4.7) risulta che la 'scuo-

163 Le parole lìw:.PE{kitovµtvoç u'ltÈp rJ.Ò-cwv vangeli all'attività di una 'scuola'. Secondo Pa-
àJ.:fiDetrJ.V vanno riferite alle ÈP(J.'ll\IELfJ.L di' Pa- pia, infatti, Marco avrebbe raccolto a memoria
pia, non alla dottrina dei presbiteri (dr. il e scritto le 'lezioni' di Pietro (dr. W . Bous-
contesto). SET, Jiid.-christ. Sch11lbetrieb in Alexandrien
IM Lo dice il frammento stesso. Che Papia tmd Rom, FRL N.F. 6 [1915) 314). L'espres-
non fosse uno dei diretti discepoli degli apo- sione tpµ'T]VEV"ttJ<; IlÉ"tpov indica dunque
stoli è affermato con piena ragione da Eus., Marco come mediatore delle &oa.:rxrJ.)..lai (-
hist. ecci. 3,39,2; non si tratta di un'aaerma- m, coli. 905 s. n. 3) apostoliche.
zione tendenziosa. 167 - n. 166. Secondo. Eus., hist. eccl. 3,39,15
165 La chiara distinzione tra l'apostolo Giovan- Papia presenta espressamente soltanto la no-
ni e il presbitero Giovanni, già sottolineata dal tizia riguardante Marco come informazione
cambiamento di• tempo dci verbi usati e da «del presbitero», ma certamente ciò vale anche
Eusebio considerata indubbiamente corretta per la parte che riguarda Matteo. «Il presbi-
(hist. ecci. 3,39,5 ), non può essere resa muso- tero» non può essere, secondo il contesto, che
ria mediante il tentativo, ripetutamente com- il Giovanni menzionato in 3,39,4 e più volte in
piuto, di far coincidere i due personaggi. seguito. Cfr. soprattutto 3,39,14 dove sono
166 La testi'Illonianza di Papia riguardo al van- ricordate le spiegazioni (OL'T)yiicrtLç) clelle pa-
velo di Marco mostra che Papia, ovvero i suoi role del Signore fatte da Aristione e le tradi-
predecessori, fanno risalire anche la nascita dei zioni (itapalì60'Etç) dell'anziano Giovanni.
l55 (VI,677) 7tptu0uç :>t\À.. E 5a-b (G. Bornkamm)

la' qui esercitata presuppone un inse- xa.t a:1tOO"'tCÀLxÒc; JtpECT~U1:Epoc;, «il bea-
gnamento itinerante. Nulla ci fa pensare to presbitero discepolo degli apostoli»:
ad un nesso degli 'anziani' e dei loro di- ep. ad Florimnn in Eus., hist. ecci. 5,20,
scepoli con gli uffici di una comunità 7) avrebbe fatto parte della loro cerchia.
perfettamente ordinata. Il quadro che Ireneo giovane aveva sentito Policarpo
si ricava da Papia coincide quindi con parlare della sua consuetudine con Gio-
quello fornitoci da 2 Io. e 3 Io. (-7 coli. vanni e con gli altri che avevano visto il
135 ss.), con la differenza che in Papia si Signore e delle loro memorie dei mira-
sottolinea per la prima volta la partico- coli e dell'insegnamento del Signore
lare autorità dei 7tpEcr~ui:EpOL nella loro (Eus., hist. ecci. 5,20'4 ss.) 171 • Ireneo as-
qualità di discepoli degli apostoli e quin- segna a questa cerchia anche Papia (che
di la legittimità dei loro discepoli, men- egli conosce solo dagli scritti) conside-
tre il 'presbitero' delle lettere giovannee randolo «uditore di Giovanni e compa-
non aveva bisogno di addurre alcuna gno di Policarpo» ( 'Iwcivvou µÈv chov-
prova del genere per sé e per i suoi cr·t"TJ<;, IloÀ.uxcip1tov oÈ. ha~poc; yEyovwc;)
inviati 168• e chiamandolo ò:pxa.Loc; &v1]p, cioè «Uo-
mo del tempo antico» (haer. 5.33,4).
b) Mentre Papia c'informa sugl'inizi Nonostante la parte di mediatore let-
di questa scuola dei presbiteri, Ireneo terario che Papia ha chiaramente avuta
ce la presenta in una forma molto più per Ireneo in, questi nelle sue opere in-
avanzata 169• Ireneo, che si servl abbon- troduce i presbiteri direttamente, cioè
dantemente dei 5 libri delle È~TJyiJcrw; non soltanto come garanti delle noti-
di Papia, riporta nelle sue opere un nu- zie riguardanti la persona e le parole del
mero considerevole di insegnamenti at- Gesù terreno (cosl haer. 2,22,5; 5,33,3
tribuiti espressamente ai presbiteri, che s.), ma anche, e per lo più, come auto-
egli chiama &7too-i:6À.wv µai>n'to:l (haer. rità nella retta interpretazione della
5,5,1; 36,2; epid . .3) e ai quali attribui- scrittura e nelle dottrine, soprattutto di
sce una grande familiarità con Giovan- contenuto escatologico, dibattute e con-
ni, il discepolo del Signore 110, che essi testate proprio nella lotta contro l'ere-
avrebbero conosciuto personalmente in sia (baer. 5,_30,1; 33.3 s.; 36,r s.; epid.
Asia (haer. 2,22,5; 5,_30,r; 33,J). Secon- 61 ). Una tale trattazione dci presbiteri,
do Ireneo anche Policarpo (o µo:xcipLoc; che difendeva contro Marciane l'unità

16:1 Il fatto che Giovanni, ancora in vita, ven- 169 Non mi sembra fondato sostenere che tut-
ga distinto da altri ':mziani' mediante l'epiteto ta la tradizione degli anziani di Ireneo prove-
di ò 7tpEa'3D-tEpoç, non rende affatto sicura la nisse da Pnpia, come vuole invece la tesi di
sua identità con l'autore di 2 Io. e J Io. Pa- A. HARNACK, Die Chro11ologic der altkirchli-
pia stesso conosceva certamente r lo. e anche cben Literalur bis Eusebiur I (1897) 334-340
Apoc., tuttavia non c'è traccia di menzione al- e di F. LooFs, Theophilur von Antiachien ad-
cuna delle altre lettere e del Vangelo di Gio- versus Marcioncm, TU 46,2 (1930) 310-338.
vanni, il che significa che Papia non conosce- 17G Per Ireneo si tratta del figlio di Zebedeo.
va il quatto vangelo o ne ha volutamente ta-
171 Eus., hist. eccl. 5,20,6 s. parla di 'lezioni'
ciuto (BAmm, op. cit. [-7 n. u3] I89). Se-
(6~aÀ.Él;E~<;) di Policarpo, che Ireneo non a-
condo le citazioni di Eusebio, che in realtà
non apprezza molto Papia ma nota scrupo- vrebbe scritte, ma conservate in cuore.
losamente gli scritti da lui citati (hist. eccl. 3, 172 Cfr. HARNACK, op. cit. (-7 n. 169) 333-340;
39,14-17), l'anziano Giovanni appare unica- P. CoRSSl!N, Wlarum ist das 4. Ev. fiir ein
mente quale autorità decisiva per i due primi \Y/erk des Ap. Job. erk/iirt worden?: ZNW 2
vangeli. Cfr. -7 n . 167. (1901) 202-227; BoussET, Apk. 40 s.
157 (vr,677) itpfo-Bvç x-rÀ. E 5b (G. Dornkamm)

del Dio padre di Gesù Cristo e del Dio vincola all'obbedienza, assegnando loro
creatore del mondo e l'unità dei due te- non solo Ja successione apostolica della
stamenti con una diffusa argomentazio- dottrina, ma anche dell'episcopato 176•
ne, è stata evidentemente inserita da I- Invero Ireneo è ben lungi dal distin-
reneo nella sua opera contro le eresie guere un particolare carisma di governo
(4,27-32) 11J. L'abbondanza delle citazio- dal charisma veritatis, cioè dalla dottri-
ni dall'A.T. e dal N.T. intessute in que- na ttàdita m; tuttavia identifica espres-
sta sezione omogenea ci permette di ve- samente, almeno in alcuni passi 178, pre-
dere quanto sia stato grande il contri- sbiteri e vescovi, apportando cosl un'in-
buto di questi 'presbiteri' proprio allo novazione indubbiamente importante ri-
sviluppo del canone del N.T. nel perio- spetto alla situazione descritta da Papia.
do tra Papia e Ireneo. Solo nella loro Tale identificazione, compiuta con un
scuola 174 si può apprendere la retta let- chiaro intento apologetico-polemico per
tura e interpretazione della Scrittura, assicurare Ja dottrina ecclesiastica rispet-
dalla quale proviene poi la fissazione to all'eresia ed alle sue tradizioni parti-
dell'intera dottrina 175 • Nell'introduzione colari 179, è stata senz'altro resa possibile
alla suddetta sezione che risale ai presbi-· dal doppio senso di 7tpEc;f3vi;Epoç ( dot-
teri (haer. 4,26,2) Ireneo contrappone tore della generazione antica e incari-
nettamente costoro a falsi presbiteri e cato dell'ufficio di governo della comu-
sottolinea l'autorità di quelli veri, che nità), ma principalmente dalla clerica-
173 Com'è stato provato da BoussET, op. cit. dimus; qui cum cpiscopat11s successione cha-
(~ n. 166) 272-282 che ha ripreso, modifican- risma veritatis... acceperunl.
dola, la tesi di HARNACK, Der Prcshyter-Predi- 117 Per l'interpretazione della locuzione cha-
ger dcs Jrcnaeus, in: Philothcsia Paul Kleinert risma veritatis (~ n. 176) dr. K. MiiLLER,
{1907) 1-38. Secondo Harnack il p~sso di Iren., Kleine Beitriige wr alten Kirchengeschichte 3:
baer. 4,27-32 sarebbe basato sull'omelia di un Das cbarisma vcritatis rm dcr Episkopat 'tles
presbitero. Cfr. M. WIDMANN, lremeus tmd Irc11iius: ZNW 23 (1924) 216-222 e ~ v.
seine thcologischen Vi!ter: ZThK 54 (1957) CAMPENHAUSEN 188. Cfr. ancora, in partico·
r56-173. lare, la descrizione del vero presbitero in haer.
174 Si può considerare questa scuola, c11111 gra- 4,26,4: qui et apostolorum, sicut praediximus,
no salis e nella forma che bisogna presuppor- doctri11af1J rnstodizmt et cu111 prcsbyterii ordi-
re per i tempi d'Ireneo, una delle prime fa. ne ser111011e111 sanum cl conversationem sine
coltà teologiche? Nella scuola per presbiteri o/lensa praesfant ad con/irmatiouem et cor-
d'Ireneo torna rn auge l'autorità di Paolo e il reptionem reliqrwmm. Nella pericope succes-
Vangelo di Giovanni viene parificato agli al- siva i presbiteri vengono chiamati «episcopi
tri. L'interpretazione dell'A.T si allaccia a in giustizia», utilizzando la parola profetica
quella del N.T. La teologia acquista la sua fi- (Is. 6o,I7) già citata in I C!em. 42,5, e si• attri-
sionomia in questa scuola proprio nella lotta buisce la vera dottrina soltanto a coloro apud
conuo Marci'one. Per aspetti particolati delln qt1os est l'fl q11ae est ab apostolis ecclesiae suc-
dottrina circa ìl canone, Dio, Cristo e lo Spi- cessio. Segue quindi il riepilogo molto carat-
rito insegnata in questa scuola, cfr. W. Bous- teristico della loro dottrina: hi enim et eam
2
SET, Kyrios Christos (1926) 27.192 n. 2.255.
quae est in 1mm11 deum, qui omnia /ecit, /idem
11ostram custodi:mt: et eam quae est in filium
11s haer. 4,32,1: post deinde cl om11is scr1110 ci
dei dilectio11cm ndaugelll... et scripturas sine
comtabit, si et script11ras diligenter legerit periculo 11obis expo111111t 11eq11e deum blasphe-
apud eos, qui i11 ecclesia stmt presbyleri, apud mantes neque patri11rcbas exhonorantes neque
q11os est apostolica doctri11a ... prophetas contem11entes (26,5).
176 haer. 4,26,2: qttapropter eis qr1i in eccle- m Oltre che in haer. 4,26,2.4 ancora in hner.
sia rnnt, presbyteris obaudire oportet, his qui 5,20,1.2.
s11ccessio11cm habent ab apostolis, sicut osten- m ~ V. CAMPENHAUSEN 188.
'ltpÉ<T~vç x-rÀ.. E 5b·c (G. Bornkamm) (v1,679) 160

lizzazione (avvenuta sicuramente nel autore i 1tpEO'~V'tEflOL costituiscono le


frattempo) dello stato, una volta libero, autorità per la raccolta e la trasmissione
di dottore. Nondimeno non bisogna di- di notizie sugli apostoli e per la retta
sconoscere che lo stato di dottore e l'uf- interpretazione degli scritti dell'A.T. e
ficio di vescovo furono accoppiati da del N.T. 182• I 1tflEO'~V'tEpoL non sono pe-
Ireneo in un secondo tempo al fine di rò unicamente i 'discepoli degli aposto-
assicurare cosl per due vie la continuità li', giacché Clemente Alessandrino chia-
della dottrina apostolica. Infatti le ci- ma così anche altri dottori della gene-
tazioni stesse dei presbiteri non si appel- razione precedente 183, nella misura in
lano mai all'ufficio episcopale di questi cui hanno trasmesso la tradizione apo·
'discepoli degli apostoli'. stolica e la vera conoscenza, in primo
luogo il suo maestro Panteno, il µcx.xa-
c) Mentre in Ireneo si afferma, come pto<; 1tpE<T~U'tEpoc; 184 • Secondo ecl. proph.
abbiamo appena visto, la tendenza a i- 27 essi trasmisero le loro tradizioni o-
dentificare la successione della dottrina ralmente e lasciarono ad altri il compito
e dell'ufficio, in Clemente Alessandrino di scrivere libri, ma il 'pegno' deposita-
l'ufficio di dottore è conservato ancora to presso di loro richiedeva un'elabora-
in tutta la sua forma libera. Anche l'A· zione letteraria.
lessandrino si richiama agli anziani nella
loro qualità di dottori antichi 180 : «Co. Nei tratti essenziali l'immagine dei
storo conservano la vera tradizione della rcpea~v'tEflOL in Clemente Alessandrino
beata dottrina che avevano ricevuta, CO· è uguale a quella che abbiamo trovato
me figli dal padre, dai santi apostoli Pie. in Papia (~ coll. 152 ss.) e Ireneo (~
tro e Giacomo, Giovanni e Paolo... e coll. 155 ss.) 185, tuttavia esiste una pro·
con l'aiuto di Dio giunsero cosl fino a fonda differenza tra Clemente Alessan-
noi per deporre (in noi) quel seme avi- drino e Ireneo: il primo, benché cono-
to e apostolico» 181 • Anche per questo scesse il secondo, non affermò mai Jn

180 Egli riferisce come tradizione dei presbi- 2.L'espressione 'discepoli degli apostoli' non
teri più antichi che i vangeli scritti' per primi compare in Clemente Alessandrino, benché
sarebbero quelli contenenti la genealogia di questi pretenda e insista cli giungere vicinissi-
Gesì1; poi, leggermente diversa, la notizia (no- mo alla tradizione apostolica: 'ltEpt fo:u-roii OT)·
ta da Papia) circa l'origine del Vangelo di )...oi: wc; ~yytO'"t'ct. -rijc; 'tW\I cbtocn6À.WV )'EVO·
Marco; infine la famosa definizione del Van- µivou ota.lìoxiic; (Eus., hist. ecci. 6,13,8).
gelo di Giovanni quale ultimo, «spirituale
Clem. Al., /r. n (hypolyposeis); anche do-
184
evangelo.». Cfr. Clem. AI., fr. 8 (bypalyposeis).
ve si nomina semplicemente 'il presbitero' do·
181 strom. 1,n,3: sintomaticamente la vera vrebbe trattarsi di Panteno. Clemente Ales-
dottrina viene ricondotta, come nella gnosi, sandrino chiama Panteno «ape sicula» perché
ad una cerchia più ristretta degli apostoli «suggeva miele dai fiori del prato dei profeti
(HENNECKE 138). e degli apostoli e produceva negli animi dei
1s2 In Clemente Alessandrino troviamo per la suoi ascoltatori un puro liquore di conoscen-
prima volta l'espressione 'Nuovo Testamento' za» (strom. I,II,2).
come denominazione del canone cristiano. 185 Anche Giustino rappresenta questo tipo:
183 La posizione particolare dei 1tpta~v-rEpoL in dia/. 3 egli fa risalire la sua dottrina ad un
nel processo della tradizione è sottolineata da 1ta.">..ct.L6c; "tLc; "it()EO'~V'tT)c;; dal suo Martirio
attributi come ol 6.vlxalkv 1tpEO'~V't'EPOL (cap. 3) sappiamo che Giustino svolse la sua
(Clem. Al., fr. 8 [hypotypo.reis]); ol àpxa~oL attività didattica in una particolare scuola a
'ltpEO'~V't'EPOL (fr. 25 [de pascha]). Per la que- Roma. Cfr. BousSET, op. cit. e~ n. 166) 282·
stione vedi BAUER, op. cit. (-4 n. u3) 123 n. 308.
r.pÉcr~vç x-tÀ. E 5c-d (G. Bornkamm) (VI,680) 162

coincidenza della successione dottrinale i suoi predecessori si è spesso indicata


dci presbiteri con la successione dell'uf- come analogia, e a ragione, la forma-
ficio episcopale 186 • Al contrario l'ufficio zione contemporanea della successione
di dottore è libero rispetto ai ministeri del magistero nel rabbinato e si sono
della comunità, dei quali in realtà Cle- intese le sentenze dei presbiteri al mo-
mente Alessandrino parla sorprenden- do dei 'detti dei padri' rabbinici 189• An-
temente poco. Anzi questi uffici sono che per gli Alessanddni cristiani è ca-
in realtà per il nostro Clemente soltan- ratteristico, come per Filone 190, l'abbi-
to riproduzioni del mondo celeste; il namento di una diretta lettura scritturi-
vero presbitero e diacono è per lui lo stica al richiamo alla tradizione orale dci
gnostico, ed anche senza ufficio questi Padri.
viene annoverato nella schiera dei 24 an-
ziani dell'Apocalisse(~ coli. 129ss.) 187• d) Già in Origene non si parla più di
Per il contenuto e il genere del loro in- un libero magistero 191 indipendente dal
segnamento i maestri di Clemente Ales- ministero clericale, anche se non con-
sandrino sono, sotto molti aspetti, vici- trapposto ad esso, cosl come invece se
ni a quelli della gnosi; eppure l'aderen- ne padava in Clemente Alessandrino.
za all'A.T. ed al canone del N.T. per- Certamente troviamo anche in Origene,
mette a Clemente Alessandrino di parte- come in Clemente, il richiamo alle spie-
cipare intensamente alla battaglia anti- gazioni di esegeti più antichi che ven-
gnostica della chiesa 188• gono chiamati TCpEo-Bu,,-spoi 192 ; tuttavia
per lui è un punto acquisito e impor-
Per la posizione e funzione degli 'an- tante che il dottore sia membro del cle-
ziani' presso Clemente Alessandrino ed ro e quindi che non esista più uno iato

ISS ~ V. c...MPENHAUSEN 22I. detta espressamente dottrina segreta (diamar-


1s1 strom. 6,103 ss., spec. zo6,2; BoussET, op. tyria 2,5 [ibid. p. 3 s.]) per assicurare la con-
cit. (~ n. 166) 242 s. Ulteriori rimandi in ~ tinuità e proteggerla da adulterazione.
V. CAMPENHAUSEN 220 n. 7· J9J vita Mos. 1,4: ù.)..)..' ~ywyE... -rà 'ltEpt -.ò\I
1~8 ~ V. CAMPENHAUSEN 221-224. a\lopa. µT)VUO'W, µa~wv IXU'tà xà.x ~l~Àwv
189 I-IENNECKE 130; STAUFFER, op. cit. (~
n. -tW\I LEpwv... xal 7ta.p6. -.wwv à.nò "t'oii itDvouc;
77) 207-214. L'ordinamento ecclesiastico del- npEu~u-.tpwv. "t'à yàp À.EyoµEva. -ro~c; &.va.-
le Pseudo-Clementine mostra un manifesto ac- yLvwo-xoµÉvoLc; 6.Et <ruvuq.iawov. Per le formu-
coglimento della categoria giudaica dei dottori le con cui Filone introduce tali tradizioni c&.
nell'organizzazione della comunità. Cfr. C. E. BRÉHIER, Les idées philosophiq11es et reli-
SCHMIDT, S111dien w den Pse11do-Cle111cntine11, gieuses de Philon (1908) 55 s.; BoUSSET, op.
TU 46,1 (r929) 314-334; H. J. SCHOEPS, cit. (~ n. 166) 44 s. Anche la conduzione del-
T heol. und Gesch. dcs ]11denchriste11t11ms le scuole filosofiche offre però un'nnalogia n
(1949) 289-296. Qui i 70 presbiteri-dottori so- questo tipo di tradizione: dr. Iambl., vii.
no presentati come il collegio degli anziani in- Pyth. 105 ss. e, in proposito, BoussET, op. cit.
sediato da Mosè, quindi, del tutto secondo il (--> n. r66) 4 s.
modello dell'accademia giudaica dei dotti, com- 191 Ancora Metodio di Olimpo appartiene a
petente per le questioni dottrinali. La vera questo tipo, come dimostra K. QUENSELL, Die
dotttina veniva trasmessn soltanto a questi wabre kirchlicbe Stellu11g und Tatigkeit des
presbiteri 11! termine di sei anni di studio e fiilscblicb sog, Biscbofs Methodius von Olym-
tirocinio, dopo una solenne ordinazione e p11s, Diss. Heidelberg (1953).
obbligazione (diamartyria 1.2.5 [GCS 42,r p. 192 Rimandi in A. HARNACK, Der kirchenge-
2 s. 4]; ep. Petr. 1-3 [ibid. p. 1 s.]). La loro schicbtliche Ertrag der exegetiscbe11 Arbeite11
ordinazione compete al vescovo, a cui è sotto- dcs Origenes 1, TU 42,3 (1918) 28; n, TU 42,
posto la categoria dei dottori. La dottrina è 4 (r919) 14; ZAHN, Forsch. VI 60.
163 (VI,680) 1tpÉ<l~uc; x-cÀ.. E 5d · r.pEO'~Evw 1 (G. Bornkamm) (v1,680) 164

tra lo stato di maestro e lo stato cleri- linguistica tedesca) d'Ippolito 197, com-
cale. Origene stesso non si accontentò posta a Roma ma ben ptesto accolta
infatti della professione di teologo lai- nei codici di diritto canonico delle chie-
co, che egli aveva ed esercitava in A- se orientali, ci presenta il quadro, or-
lessandria, ma cercò sempre di ottenere mai definitivo, di un clero articolato in
quell'ordinazione a presbitero che final- vari gradi di ordinazioni sacramentali
mente ricevette a Cesarea, divenendo nel quale i vescovi, quali 'sommi sacer-
cosl chierico 193 • La situazione in Ales- doti', sono sl i soli a possedere la pote-
sandria e Cesarea è cosi divenuta affine stà di trasmettere l'ufficio ministeriale 19d
a quella dell'Asia Minore 194 • ma anche i presbiteri a loro sottoposti
hanno dignità sacerdotale ( 32 e 3 3) in
6. La Didascalia siriaca e la Tradi- quanto 'consiglieri' e partecipi dello
zione apostolica d'Ippolito presentano 'spirito della grandezza' (con richiamo
una certa conclusione dello sviluppo esplicito a Num. II,16 s. 24 s.); tale di-
suesposto. La Didascalia sottolinea con gnità li rende idonei ad amministrate il
solenne energia la preminenza dell'uffi- battesimo e ad assistete il vescovo nel-
cio di vescovo su tutto quanto, come la celebrazione eucaristica, tenendo il
avviene in Ignazio. Tale superiorità non calice e offrendo il pane (46).
è però dedotta, come in Ignazio, dal
mistero della chiesa, ma è affermata ri-
chiamando i fondamenti canonici della
t 7tpEO'~EUW
sua posizione e le funzioni sacramen- l . Conformemente al significato fon-
tali, amministrative e disciplinari con- damentale di 7tpÉu~uc; (~ coll. 83 ss.)
centrate nel vescovo 195 • Anche i presbi- 7tpEO'~EVW può significare essere più vec-
teri associati o sottoposti al vescovo chio (anziano) o essere il più vecchio
conservano però il rango di successori (anziano) (generalmente con il genitivo
degli apostoli, ma questo riconoscimen- comparntivo): Soph., Oed. Col. 1422;
to non implica più una loro diretta e Plat., leg. 12,951e, ecc.); anche occupa-
propria dignità, giacché essi appaiono re il primo posto (Soph., Ant. 720) op·
piuttosto come 'apostoli del vescovo' 196 • pure (uso transitivo) tenere in gran con-
La Tradizione apostolica (nota anche co- to, onorare, venerare qualcuno o qual-
me Ordinamento ecclesiastico o Costi- cosa: Aesch., Eum. 1; Choeph. 488;
tuzione apostolica, soprattutto nell'arca Plat., symp. 186b ecc. In base al signi-

193 --,>v. CAMPENllAUSEN 274 s.; Io., Griechi- (ed. P. DE LAGARDE [1858)) non rifletta l'an-
sche Kirchenvater (19.n) 56 s. Per la conce- tica sinonimia tra È'ltlaxonoi e 1tpEcr~v-cEpOL e
zione origeniana dell'episcopato e del sacerdo- indichi cosl un collegio giudicante composto
zio dr. --,> MiiLLER, Bischofswahl 285-293. di vescovi, come sostiene HAMEL, op. cit.
194 Istruttivi sono i richiami d'Ippolito agli 172 s.
'anziani' (dr. A. HAMEL, Die Kircbe bei Hipp. 11>5 Cfr. H. AcHELIS e J. FLEMMING, Dìe syr.
vo11 Rom [1951) 106 s.) visti come coloro che Didaskalìa, TU 25,2 (1904) 270; --,> V. CAM-
hanno ancora avuto contatti con gli apostoli o l'ilNHAUSEN 264-272.
con i loro discepoli (la stessa situnzione, quin- 196 dìdasc. 2,28,4: nam et ipsi tamquam apo-
di, che abbiamo rilevata in Papia, Ireneo e stoli et conciliarii ho11oret1tur et corona eccle-
Clemente Alessandrino); però, secondo lui, es- siae; su11t enim co11silium et curia ecclesiae.
sendo custodi della vera dottrina i presbiteri 197 Ed. F. X. FuNK, Didasc. el Const. Ap. II
di Smirne hanno anche il potere disciplinare (1905).
in quanto hanno scomunicato Nocto, a meno m Per la cons11crai:ionc del vescovo è detto:
che la parola 'TtPE<T~v-cEpoL in co11lra Noe/11111 1 et presbylerium adstet q11iesce11s (68).
165 (v1,680) otpE<T~Evw 1-2 (G. Bornkamm) (v1,681) 166

ficato particolare di 1tpfo[3vc; = amba- 't"à. "t"01hou X~"t"Écrxov ... , «e, incaricato
sciatore, inviato (~ col. r 72 ), il no- di trattare per costui (sci!. FOl'mione),
stro verbo viene a significare essere am- se n'è andato per nave a Bisanzio, men-
basciatore, inviato, ovvero svolgere l'at- tre coloro trattenevano le navi di co-
tività di inviato, /ungere da ambascia- stui». Per il costrutto 1tPE0'(3Euw l'.m:Ép
tore, portare un messaggio, trattare, ecc. 't"Lvoc; cfr. ancora Ditt., Q,., I 339,6;
In tale aècezione politico-giuridica è Syll.' II 656,19; 805,6; P. Lond. III
frequentissima la forma media di 'itpE- IX78,14; P. Lips. 35,12. In senso tra-
<rPEuw, che corrisponde in quest'uso a slato, con l'accusativo della cosa, 7tpE-
'ltpE<rBrn·t"TJc; (Erodoto, Tucidide, Seno- crPEvw può essere usato anche nel signifi-
fonte, Aristofane, Platone, iscrizioni, cato di sostenere una causa, un'opinio-
papiri, Filone, Flavio Giuseppe ecc.). ne: Epict., diss. 4,8,IO; Luc., piscatol'
L'ambasciatore rappresenta legalmente 23; Gal., de bonis et malis sucis r,ro
il governo o l'autorità che Io ha inviato (CMG 5,4,2 p. 391,18) ecc.
e le sue competenze dipendono dall'or-
dinamento del suo stato. Atene aveva i 2. Per l'uso linguistico protocristiano
7tpÉ<T~E~<; ~U-.OXpa"tOpEc; che godevano è importante notare che l'idea d'inviato
di una certa libertà di negoziare que- passò anche nella sfera religiosa. In Fi-
stioni particolari, ma non etano pleni- lone r.pE<r(3Eu•Tic; indica gl'inviati o i
potenziari che potessero concludere va- messi divini, ad es. gli angeli che riferi-
lidamente trattati di sorta 1• Nell'epoca scono agli uomini il messaggio di Dio
romana 'ltpEcrBEU"tTJc; è l'equivalente gre- (Abr. I I5) o rappresentano gli uomini
co di legatus (Polyb. 35'4·5; Plut., Mar. davanti a Dio (gig. 16), oppure Mosè
7,r [r 409a] ecc.) 2, usato spesso per nella sna funzione di mediatore (quale
indicare i legati imperiali 3 • Anche nella &.pxci.yyEÀ.oc; e 1CpEo-(3u-.a-.oc; À.6yoc;): òS'
sfera del diritto privato il rappresen- 0:1hòc; bci.-c11c; µÉv Èa-t1 'tOU WlJ"tOU xn-
tante o l'incaricato di un'altra persona pa.lvovoc; àeL npòc; -rò liq>i}ap-çov, 1tpE-
può essere chiamato 7tpEO'~EU't"lJc;, senza <rBEU'ti)c; S~ -.ou 1)yEµ6voç npòc; 'tÒ ùtj-
che il termine sia però l'espressione tec- xoov, «ma egli è sempre intercessore
nica per indicare un rappresentante le- presso l'Incorruttibile a favore del mor-
gale o un procuratore. Spesso la persona tale affiitto, inviato del sommo Signore
che conferisce l'incarico o il potere è presso i suoi sudditi» (rer. div. ber.
introdotto con U7tÉp, ad es. Demosth., 205 ). Il concetto d'inviato ha una par-
or. 45,64 (a proposito di un amico in- te di primo piano, soprattutto nei testi
caricato di certe trattative): xat U1tÈp gnostici ove esprime l'origine celeste e
'tov'tou 7tpEcrPe:v't"'Ì}ç µàv 4'.>xE-.' dc; Bu- la missione rivelatrice del redentore 4 ,
~ci.v'tLov nÀ.Éwv, 1rvlx' ÈXEi:vo1 "ttX 7tÀ.oi:a benché raramente si usino qui 1tPECT~Eu-
'ltpEO·BEvw 4 Cfr. R. BuLTMANN, Die Bedeutu11g der neu-
l Cfr. A. HEUSS, Abschluss rmd Be11rk1mdung erschlosse11en 111andìiiscben tmd ma11ichi:iischen
des griech. rmd rom. Sta(ltsvertrages: Clio 27 Quellen fiir das Versti:indnis des Joh.-Ev.:
( r9_34) 14-53 . ZNW 24 (1925) 105 s.; BuLTMANN, ]oh. 30
2 Circa le mansioni, l'inviolabilità, l'onore e n. 3 e passim; H. SCHLIER, Religionsgeschicht-
i diritti dei legati dr. A. v. PREMERSTEIN, att. liche Untersuchu11gen ZII den lg11atiusbriefen,
legatus in: PAULY-W1ssowA 12 (1925) 1138. Beih. z. ZNW 8 (1929) 34-39; G. BORNKAMM,
3 Documentazione in D. MAGIE, De Roma· Mythos rmd Legende i11 den apokryphe11 Tho-
11orum iuris publici sacrique vocabulis solem- 111asakte11 (1933) 9 s.; G. WmENGREN, Meso-
nibus in Graecmn sermo11em co11versis (1905) potamian E/emen/s in Manischeism, Uppsala
86-90. Universitets Ai:sskiiEt 1946, 3 (1946) 168-174;
167 (VI,681) 1tpEcr(3Evw 2-3 {G. Bornkamm) (vr,682) 168

•Tic; e rcpEcrf3Euw. Cfr. comunque i pre- da Dio. In quest'uso linguistico si nota


dicati del redentore: o npEcrBw-.i)ç ò ad ogni modo con assoluta chiarezza che
a7tÒ \OU \.hjJouc; &.nocr't'aÀElc;, «l'amba- il termine 7tpE<r~Eu'"tl]ç non indica un
sciatore inviato dall'alto» (act. Thom. ufficio fisso, ma una funzione del mo-
IO); ÉÀl>È o7CpEcrBEu\iic; \W\I 7tÉ\l't'E µE- mento. Tale funzione consiste unica-
Àwv 5, «vieni, inviato delle cinque mem- mente nella comunicazione di un mes-
bra» (ibid. 27; cfr. 85). Nei testi mani- saggio divino, mentre mancano assolu-
chei 6 gl'inviati celesti sono costante- tamente sia tutte le normali incomben-
mente chiamati 7CpECT~EU>1}c;, così pure ze di un 'ambasciatore' o 'inviato' in
Mani e i predicatori della dottrina ma- senso profano-politico (ad es., negoziare
nichea 7 , Anche i filosofi stoico-cinici iti- con la controparte, riferire l'esito della
neranti dell'età ellenistica (~ I, coli. missione ai mandanti, ecc.), sia le altre
1093 ss.; V, coll. 4r4 ss.) si circondano idee connesse con tale ufficio (immunità
dell'alone di messi ed araldi degli dèi 8 • diplomatica, posizione giuridica, ecc.) 9 •
Anche nel cristianesimo antico 7CpEcr(3Eu-
>l)c; è usato per indicare i messi di Dio: 3. Paolo si serve dunque di un'idea
Ignazio esorta i cristiani di Filadelfia a già ben definita, come mostra l'uso lin-
scegliere un otcixovoc; da mandare ad
guistico appena descritto, quando un'u-
Antiochia Elc; 't"Ò rcpEcrf3Eucrat bce~ 1}Eou
-.-cpEcrBElav (Phld. ro,r); cfr. anche Sm. nica volta 10, sia pure in un passo impor-
II ,2: XELPO't'O\lfjcrat ..• 1}eo7tpE<T(3EU't"1}v. tante (2 Cor. 5,20), chiama la propria
Con questa espressione Ignazio vuol di- predicazione una 'ambasciata': U1tEP
re che il messaggio portato da simili
inviati alla comunità di destinazione riu- Xp~<i't"OU oùv 7tpEa-BEuoµE\I wc;
'"tOU i>Eov
nita per il culto è autorizzato e ispirato 7ttlpaxaÀoU\l"t"Oç ot'1)µWv· OEOf.1Eila V7CÈp

In., The Creai Voh11 Manab a11d tbe Apostle correvano qui con gli scritti del re».
o/ God, Uppsala Univetsitets .Arsskrift 1945, 5 8 Già cln W.ENDLANo, Hc//. Kult. 88-96 costo·
{1945) passim. In Hehr. 3,1 Cristo è detto ro vengono giustamente paragonati ai predi·
1bt61rroÀ.o<; e viene «contrapposto, quale in- catori itineranti cristiani. Ulteriori indicazioni
viato divino senza pari, al massimo tramite in HEINRICI, Se11dschr. II a 2 Cor. 5,20 e
di rivelazione dell'A.T., cioè a Mosè» (RIGGEN- Wrno1scH, 2 Kor. a 2 Cor. ),20; inoltre H.
BACH, Komm. Hbr., ad l.). Per la provenienza WINDlSCH, Pa11/us tmd Cbristt1s (1934) 49-52
gnostica del titolo dr. E. KAsEMANN, Das e passim; K. H. Rt::NGSTORF 4 I, coli. 1093-
wandernde Gottesvolk 1 (1957) 95 s. XIOJ.
s Per la lezione 1tpE<1(3EV't"1)c; in act. Thom. 27 9 Poll., 0110111. 8,137 mostra quanto sia preva-
e l'origine manichea del predicato dr. W. lente nel termine 1tPEO"aeu-n'Jç l'idea del ser-
BoussET, Manichiiiscbes in den Thomas-Ak- vizio di ambasciatore e araldo: ò lìÈ npi;:crf3EU·
ten: ZNW 18 (1917/18) 2; BORNKAMM, op. -ri)c;, El'J) 8.v iJ:yyi;:À.o<; xat lìi.6.xovoç· hÉpa.ç
cii. (~ n. 4) IOO·I03. oÈ xpdac;, xrjpu~ xa.L CT'ltovlìoq:i6poc;. Anche
6 Cfr. l'indice dei manoscritti manichei della nei papiri 1tpEiraEvEW è attestato nell'accezio-
collezione A. Chester Beatty I (Ma11ichiiischc ne generica di essere messaggero, portare una
Homilien, ed. H.J.PoLOTSKY (1934]); n (A notizia; cfr. P. Oxy. xn 1477,16; PREISIGKE,
Manichiian Psalm-Book, ed. C. R. C. ALLBERY 'Y/ort., s.v.
(1938]); anche Kepbalaia I (ed. C. ScHMIDT 10 T utto sommato è abbastanza significativo
[1940]) 4,34; 43,15; 45,1; 52,20.32; 56,15. che Paolo non si veda alla maniera degl'in-
r9.27; 57,16 s. e passim. viati divini dell'ellenismo ed eviti (anche in
1 Cfr. Manicbiiische Homilien (~ n. 6) 12,18 2 Cor. 5) lo stile del discorso rivelatorio apo-
ss.: «Essa (la nÀ.«VTJ) uccideva i messi che dittico.
1 r;~ (v1,682) 1CpE<1(3EùW 3 (G. Hornkamm)

Xptu'tou, xa'ta.ÀÀ.a:yt}u 'ti{) i}e4), <<noi vezza Paolo può indicare la propria at-
dunque siamo ambasciatori cli Cristo, tività col verbo O"VVEpydv (6,x) e pro-
come se Dio stesso vi esortasse per mez- clamare l'inizio del giorno della salvez-
zo nostro; vi supplichiamo da parte di za finale (nello spirito di ls. 49,8) con
Cristo: riconciliatevi con Dio». L'uso l'annuncio del messaggio della riconci-
della solenne e ufficiale espressione liazfone ( 6,2 ). La locuzione Ù7tÈp XpL-
1tpEcrBEl'iw viene motivato (oùv) dall'A- O''tOU 7tpecr(3EVELV (5,20) esprime pro-
postolo con l'argomento che l'opera di prio, nella maniera più incisiva e pre-
riconciliazione col mondo compiuta da gnante, questo carattere autorevole, uf-
Dio in Cristo comporta allo stesso tem- ficiale della predicazione 11 • Ciò signifi-
po l'inizio del messaggio della riconci- ca che l'autorità del messaggio è data
liazione (5 ,r 8: OW,.Y.OVta 't'Q<; XCl.'tl'l.À.- dal fatto che Cristo stesso parla per
Àa.yf}ç, «il ministero della riconcilia- bocca del suo inviato, ovvero (il che
zione»; v. r 9: Àoyoc; 'ti)ç xa'ta.ÀÀ.a:yfjç, per l'Apostolo è la stessa cosa) che Dio
«la parola della riconciliazione»). L'o- esorta direttamente gli uomini usando
pera e il messaggio della riconciliazione l'Apostolo come sua bocca. Nel mini-
sono uniti indissolubilmente e vengono stero e nell'annuncio della riconcilia-
associati e legati l'uno all'altra nelle lo- zione l'opera della riconciliazione già
cuzioni parallele "ou xa.'taÀ.À.a~av'toç compiuta in Cristo diventa realtà pre-
1}µ&.ç ÈCt.U't'ci> OtCÌ. Xpt<T..ou xat o6v'toç sente, si attua come proposta e invito
·(jµi:v "Tiv Otaxovlav 'ti)<; xa'tcx.À.Àay'ijc;, alla fede che accetta questo evento. A
«(Dio) che ci ha riconciliati con sé per tal proposito è importante notare che la
mezzo di Cristo e ci ha affidato il mini- nostra affermazione intende mettere in
stero della riconciliazione» (5, 18 ), e nel- risalto l'autorevolezza del (contenuto
la successiva spiegazione dell'opera e del) messaggio e non l'autorità (forma-
del messaggio di Dio (5,19). La predi- le) di una persona investita di un dato
cazione non costituisce cosl semplice- ufficio. Anche quando si tratta di difen-
mente un'appendice, una comunicazione dere il proprio apostolato Paolo non
successiva dell'evento salvifico, bensl insiste sull'autorità formale del suo uf-
forma con questo un tutt'uno essenzial- ficio apostolico (Gal. 1,8; IThess. 2,7).
mente omogeneo, gli è intrinsecamente
Il doppio v1tÈp XptO"°'ou (5 ,20• e 20.,)
unita. Soltanto per questa unità intrin- non può quindi essere assolutamente in-
seca di opera e predicazione della sal- teso in due modi diversi 12• Piuttosto 5,

11 Il v. 20• vuole stabilite un <lato di fatto: 12 Cosl K. H. RENGSTORF, ApostoJat und Pre-
a tale constatazione segue poi (v. 20') la c O· digtamt' (1955) 19 n. 52: <dl secondo Ù1tÉp
municazione del messaggio. dovrebbe andare oltre il primo... ».
171 (v1,682)

2oa spiega perché l'Apostolo possa dire so di un complemento di vantaggio).


che la sua supplica è una supplica «per
Cristo»: perché è Cristo stesso che par- 1tpEcr(3u't1JC:.
la nelle parole del suo ambasciatore. In
questo senso Paolo 'rappresenta' Cristo. Paolo si dice 1tpE<T(3u-r11c; in Philm. 9 :
Non è quindi sufficiente tradurre imèp qui il termine significa senz'altro vec-
XpL<r-rov 7tpE<TfkvoµEv (5 ,20) con «per
la causa di Cristo» 13, perché una simile chio o anziano (in senso d'età) e non
traduzione non mette nel giusto risalto ambasciatore 1, che è invece il signifi-
due tratti importanti e particolari di cato di 2 Cor. 5,20 e Eph. 6,20. Certa-
questa 'ambasceria': la rappresentanza
di Cristo e l'autorevolezza del messag- mente da un punto di vista puramente
gio che consegue da questo incarico 14 • linguistico anche questa traduzione sa-
Quindi, ad evitare ogni equivoco, inve- rebbe possibile, poiché tanto la forma
ce che «per Cristo» sarà meglio tradur-
1tpEO'~V'tTJC:. quanto la forma 7tpE<T(3Eu't1)c;
re «da parte di Cristo» o «in luogo di
Cristo», come fa Lutero. Deve però es- sono correnti, cosi che non c'è affatto
sere chiaro che u7tÈP XpLO''tov non indi- bisogno di ricorrere a una congettura 2 •
ca fa rappresentanza di una persona as- Però nel contesto (vv. 8 s.) Paolo rinun-
sente della quale si fanno le veci (vice
et loco) e neanche significa che il mini- cia espressamente a far valere la sua au-
stero dell'Apostolo sia una continua- torità apostolica e si contenta di appel-
zione dell'opera di Cristo 15• larsi dell'amore di Filemone, facendogli
notare, come argomenti corroboranti, la
Anche Eph. 6,20 si riferisce alla pre-
propria età avanzata, le catene che lo
dicazione dell'Apostolo: u7tÈp ou 7tpE-
avvincono e la paternità spirituale nei
O'~EUW Èv à.M<TEt, «per il quale ( =
l'e-
confronti di Onesimo.
vangelo) sono ambascia tore in ceppi».
Dal passo non si possono trarre in-
A differenza di .2 Cor. 5,20 qui l'evan-
formazioni più precise circa l'età dell'A-
gelo ha preso il posto della persona del postolo. Secondo Pseud.-Hippocr., 7tEpt
Cristo esaltato. Cade cosl l'idea, deter- èf3ooµcHìwv (un'opera citata, tra gli al-
minante in 2 Cor. 5,20, che una terza tri, anche da Filone, op. mund. IO 5)
r.pE0'"(3U'tTJ<; indica la sesta delle sette
persona (Dio, Cristo) parli per bocca parti della vita (tra <Ì'VTJP e ')'Épwv ), cioè
dell'Apostolo. In questo caso bisognerà l'età compresa tra i 49 e i 56 anni 3•
dunque tradurre 'Ù7tÉp con 'per' (nel sen- G. BoRNKAMM

Il Cosl, ad es., LrnTZMANN, Kor., ad l. ad l., e altrì.


Cfr. BULTMANN, Theol. 299 s.
14
15 Cosl inerpreta malamente G. SASs, Apo- = ambasciatore, inviato, messag-
2 itpEcrf3v-cT]<;
gero: 2 Mach. 11,34; 2 Par. 32,31 (cod. B); I
stelarnt und Kirche (1939) 81: «L'Apostolo sta
Mach. r4,22; 15,I? (cod. N).
cosl per Dio al posto dove prima (sic!) stava
Cristo, quale continuatore (sic!) dell'opera di 3 Cfr. F. BoLL, Die Lebensalter, N. J:ilubuch
Cristo». KI. Alt. 31 (1913) 89·145, spec. 114-u8; Dr.
itpEcr~v·t"Jl<; · BELIUS, Gejbr., ad l.; PREUSCHEN·BAUER., s.v.
I Cosl trad, 1tpEo-{3v't'l'}ç LoHMEYER, Philm., 1tpE0"(3U'"CT}<;.
173 (v1,683) 7tp6 A I (B. Reicke) (VI,683) 174

7tp6

SOMMARIO: zioni latine prae, pro e simili. Molto u-


A. Uso di 'ltp6 nel N.T. (dati li11gr1istici): sato fìn da Omero, 11:p6 è presente anche
1. di luogo; nei LXX, circa 260 volte; nel N.T. è
2. cli tempo; usato solo 48-49 volte e nei Padri apo-
3. uso metaforico. stolici 21 volte. Inoltre è usato in molti
B. Uso biblico·teologico di 7i:p6 nel contesto composti, come 1tpo&.yrn1 (~ I, coll.
della storia della salvezza: 349 ss.) ecc.
1.A.T.;
2.N.T.;
3. Padri apostolici. A . uso DI 1tPO NEL N.T. (DATI LINGUI-
STICI)
'ltpo col genitivo significa davanti a;
è affine a mx.pcX. (-+ Ix, coll. 467 ss.), I. Di luogo. 7tpÒ 'tfi<; Mpa.<;, «davanti
a -+ 1tp6<; ecc., come anche alle preposi- alla porta» (Act. 12,6); similmente 'ltpÒ

rcp6 MOULE, An Idiom-Book of N.T. Greek (1953)


Per A: 74; PRIWSCHEN-BAUERs, s.v.; BLASS-DEBRUN-
]. F. A. PROCKSCH, Z11r Bedeutu11g vo11 'ltpé: Nl!R9 §§ 213.:u7,1 .395.403.406,3; anche la bi-
Zeitschrift fiir das Gymnasial-Wescn 32 (1878) bliografia generale sulle preposizioni in PREU-
321-326; J, GouscH, Z11r Bedeulrmg der Prii- SCHl!l-f-BAUER', s.v. 1h1&. e ~ II, coli. 907 s.
position rcp6: Jahrbuch fi.ir Phil. n9 (1879) bibl. per 8~&.; ~ ix, coli. 469 s. bibl. per
806 s.; P. VIERECK, Sermo graecus (1888) 81; 'lta.pck.
W. Sct-IMID, Der Atti:dsmus III (1893) 287 s.; Per B:
IV (1896) 464.614.629; W. Sc11MIDT, De Flavii P. LonSTEIN, La 110tion de la préexistence du
Josephi elocutione observatio11es criticae, Jahr- Fils de Die11. Fragment de christologie expé-
buch fiir classische Philologie Supplementband ri111e1JJale (1883) 11-124; H. SCHUMACHER,
20 (1894) 395.513 s.; A. N. ]ANNARIS, A11 Christus in seiner Priiexistenz 11. Kenose nach
Histarical Greek Grommar (1897) §§ 1644- Phil. 2.J·8, 1(x914)131-232; u (1921) 95-266.
1653; Ki.iHNBR-BLASS-GERTH Il l , 454-456; 307- 327 . 388 - 397; E . BARNIKOL, Me11sch
W. ScHULZE, Graeca latina, Programm zut tmd Messias. Der flichtpaulinische Ursprtmg
akademischen Preisverteilung G<:ittingen (1901) der Priiexisten:1.-Christologie, Forschungen zur
14-18; E. A. AnBOTT, Johannine Grommar Entstehung des Urchristentums 6 (1932); J.
(1906) 227; J. H. MouLTON, A Grammar of GRoss, Le mystère de l'Homme-Dieu danr la
N.T. Greek 1 (1906) mo s.; J. RouFFJAc, théologie récellte: Revue des Sciences Reli-
Recherches sur les caractères d11 grec dans le gieuses 20 (1940) 379-397; J.BARBEL, Christos
N.T. d'après les inscriptions de Priène, Bi- A11gelos. Vie Anschauung von Christus als
bliothèque de l'École dcs hautes étudcs, Scien- Bote u11d Engel in der gelebrten und volk-
ces religieuses, 24,2 (19u) 29; P. REGARD, stiimliche11 Literatur des Altert11ms (1941) 37-
Conlributio11s à l'étude des prépasitio11s d1111s 311; O. CuLLMANN, Christus und die Zeit.
la langue du N.T. (19x8) 544-549; A. T. Ro- Die urchristliche Zeit- tifi Gescbichtsail"lfasstmg
BERTSON, A Grammar of the Greek N.T. 1 (1946) 13-189; H. VOGEL, Christologie I (1949)
(1919) 620·622; BAUER, ]oh. a Io. 12,1; Jo· 79-218; G. LINDBSKOG, St11die11 wm nt.lichefJ
HANNESSOHN 184-198; F. M. ABEL, Grammaire Schop/11ngsgedanken, Uppsala Universitets
du grec bibliq11e, Études bibliques (1927) § Arsskrift 1952, I I (1952) IJ-83.163-272; E .
46 i; J. WACKERNAGEL, Varlesu11ge11 i.iber Syn- ]ENNI, Das Wort 'oliim im A.T.: ZAW 64
tax' n (1928) 194-196.2n s. 231-233.237-240. (1952) 197-248; 65 (1953) l-35; O. CuLL-
320 s . ; MAYSER II x,19 e passim; 2,390-392 e MANN, Die Christologie des N.T. (1957) 253-
passim; 3,60; SCHWYZER II 505-508; C. F. 3:z3.
175 (VI,683) 'ltp6 A r (B. Reickc)

-rou 1tUÀ.wvoc;, «davanti al portone» Almeno il testo del codice D ha pro-


(Act . 12,14). Iac. 5,9 ha una locuzione babilmente questo significato: oi. 8È i.E-
pc.i:c; 't"OU ov-.oc; ALÒ<; 1t()Ò -r.6À.Ewc;, «ma i
simile, ma in senso figurato: looù ò :x:p~­ sacerdoti dello Zeus locale (ov'toc; qui è
't..i}c:; 1tpÒ •WV i}upwv fo'tTJXEV, «ecco, il preposto al nome del dio), protettore
giudice (escatologico) sta alle parte». della città». Infatti, non solo abbiamo il
costrutto npò 1t6À.Ewc; senza articolo,
Calco dell'A.T. (ebraico: li/ne) è la lo-
ma il significato locale «prima (oppure :
cuzione 1tpÒ 1CpOO"W7tOU i;w6c;, avanti all'entrata) della città» non si adatta a
qualcuno, innanzi a qualcuno (preceden- O'JToç = «locale (del luogo)». In nume-
dolo), prima di qualcuno: Mt. II,10; rose iscrizioni greche compare la for-
mula analoga "Ap'tEl.LLç npò 1tOÀ.Ewc:;
Mc. 1,2; Le. 7,27 (tre citazioni di Mal. ccc. 5 e l'editore del Corpus lnscriptio-
3,1; cfr. Ex. 23,20); inoltre Le. 9,52; num Graecartttn ha finito per tradurre
10,1 (Act. 13,24 ~col. 179) 1• 1tpo 1t6Àt::wc; con ante ttrbem, mentre in
un primo tempo aveva optato per la tra-
Act. 14,13 : ò lEpeùc; 't"OV Atòc:; i;ou
duzione tutor ùrbis 6 • Gli studiosi suc-
ov-roc; 1tpÒ 't"fjc; 7tOÀ.Ewc; è solitamente cessivi lo hanno poi seguito nel suo
tradotto «il sacerdote del tempio di ripensamento. Rimane però da conside-
Giove posto all'entrata della città (di rare il fatto che le summenzionate iscri-
zioni non sono state trovate fuori dcl
Listra)». Analogamente a casi in cui perimetro urbano e non è affatto pro-
1tp6 indica l'idea di una divinità protet- vato che i templi in origine fossero si-
trice 2, il testo potrebbe però riferirsi a tuati, come si suppone, fuori città. Tut-
tavia il fatto che nelle iscrizioni suddet-
Zeus quale patrono della città, cosl che te l'attributo 1tpÒ 1toÀEwc; sia ripetuta-
la frase 7tpÒ i;fjc; noÀ.Ewc; potrebbe essere mente associato con epiteti e nomi elo-
considerata sinonima di 1tOÀLEuc:;, «pro- giativi corrobora la convinzione che si
tratti di divinità tutelari della città. Per
tettore della città» 3, un epiteto caratte-
quanto riguarda Act. 14,13 bisogna i-
ristico di Zeus, benché anche altri dèi noltre notare che si tratta proprio del
appaiano quali protettori e patroni di dio Zeus che nell'Asia Minore appare
città 4 • talvolta come patrono della città 7• È
cosl lecito chiedere se non si debba pos-
1 Presso i Padri apostolici troviamo le locu- e le altre divinità».
zioni 1tpÒ 6q>ita.À.µWv EXEW o À.a.µ{3éc.vm1 e 5 Cfr. CIG II 1462. 2963 c. 2796. 3194. 32n .
rcpò 6q>i>aÀ.µwv 'twoç Etvat: mart. Pol. 2,3; 3493; G. RADET, Inscriptions de Lydie: BCH
I Clem. 5,3; I Clem. 2,1; 39 13. L'ultimo mo-
I I (1887) 29,5 (p.469); TH. WIEGAND, Mi/et,
do di dire viene dai LXX (Deut. n,18; lob Ergchnisse dcr Ausgrabunge11 und Untersu-
4,16). chungen seit dem Jahre 1899, I 7 (1924) 299
1 ~ JANNARIS § 1648.
nr. 204 a 6.
l G. KRUSE, art. 'Polieus' in PAULY-WISSOWA
:lI (1952) 1376-1378.
6 A. BoECKH, CIG u (1843) 605a 2963c.
4 Cfr. l'elenco dei patroni della città di Nicea 7 Esempi: protettore di Sardi: CÌPXLEpÉa 'tij<;
in Bitinia ripottato in Dio Chrys., or. 39,8: 'Acrla<; vawv 'tW\I t-.1 Av&lcy. .tap&Lo;vwv, xo;ì
«Invoco Dioniso, patrono cli qucstn città; Era- lEpÉa JJ.Eylcr'tOV IloÀ.~Éwç Atòç &le; (CIG JI
cle, fondatore di questa città; Zens, protettore 3461,3); di Ilio: 1tpolhleubat -r~ Atl 't0 Ilo.
della città (lloÀ.~eu<;); Atena, Afrodite, Filia... À.LEt -rà 1ttµµa'ta; (CIG II 3599,24).
;;i;6 A l-2 (.B. Reicke)

sibilmente riferire anche il testo usuale squa}> (lo. l l ,5 5 ); «avanti la festa del-
di Act. 14,13 a Zeus tutore di Listra, la pasqua» (Io. 13,1); «quattordici anni
benché qui la frase npò 'ttl<; 7t6À.Ew<;, sia
per la posizione di èhrroç sia per la pre-
fa» (2 Cor. r2,2); «prima dell'inverno»
senza dell'articolo, non costituisca cer- (2 Tim. 4,ZI). 1tp6 ha una notevole im-
tamente un epiteto. Le circostanze og- portanza in riferimento a Cristo e al-
gettive possono confortare tale interpre- l'elezione: <cavanti la fondazione del
tazione. Se si tratta infatti del dio cit-
tadino di Listra, si capisce benissimo mondo» (Io. 17,24; Eph. X,4; I Petr.1,
perché la gente fosse subito pronta a 20); «prima dei secoli» (r Coi·. 2,7);
identificarlo con Barnaba e a sacrificar- «infiniti secoli fa» (2 Tim. I,9; Tit. l,
gli. Considerando poi la numerosa par-
tecipazione degli abitanti al sacrificio, ìl 2); «prima di ogni secolo» (Iudae 25 ),
tempio in questione sembrerebbe piut- e altre csp1·essioni simili (-?col!. 183 ss. ).
tosto situato o nella città o proprio alle Il 1tp6 temporale precede anche un pro-
sue porte, giacché le colonne davanti al-
nome insieme col quale forma un attri-
le quali il sacerdote sacrifica possono es-
sere messe in relazione o con il tempio 8 buto o un avverbio: -toùç 1tpocp1rrn.<;
o con la porta della città. Nel primo -rouc; 7tpo uµwv, «i profeti che vissero
caso sarebbe inevitabile tradurre «pro- prima di voi» (Mt. 5,12); similmente
tettore della città», nel secondo questo
significato potrebbe coincidere con quel- Act. 7.4 (variante); 1tpÒ iµou (lo. 5,7) e
lo locale perché un dio posto all'in- passim; ot 1tpÒ iµou IÌ.1too"toÀ.oL, «coloro
gresso della città, appena fuori delle che erano apostoli prima di me» (Gal.
porte, molto spesso era considerato il
1,17). Inoltre non di rado 1tp6 è co-
protettore della città.
struito, analogamente a molti casi nei
Nel N.T. 1tp6 è usato relativamente LXX, con l'accusativo e ]'infinito (gene-
poco come preposizione di luogo e ciò ralmente aoristo) preceduto dall'artico-
dipende dal fatto che sia nel greco elle- lo al genitivo; in questo costrutto signi-
nistico sia nei LXX alcune preposizioni fica prima che (come 1tplv con l'infinito
improprie hanno preso sempre più il senza articolo): 7tpÒ -rou ùr..1.iic; a.l'tijo-ru,
posto del np6 locale 9 • Cosi anche nel «prima che nbbiate chiesto» (Mt. 6,8;
N.T. questo 7tpo è sostituito general- cfr. Le. 2,21 ecc.); 1tpò -rou yEvfona~,
mente da E[J.1tpocri}Ev, E\ICl\l"t'L, Èvt;,'lt~?\I e <cprima che avvenga» (lo. 13,19). In
simili 10• questi casi bisogna tener conto, a mo-
2. Di tempo. 7tpÒ "t'Oi.i xa•cxxÀ.uo-µou, tivo dell'aoristo, del compimento (teo-
«avanti il ( = prima del) diluvio» (Mt. ricamente presupposto) dell'azione li.
24,38); similmente si dice «prima del Soltanto una volta abbiamo l'infinito
pasto» (Le. II,38); «prima della pa- presente 12, per esprimere la continua-

8 W. M. RAMSAY, St. Paul the Tmveller " 10 BLAss-DEBRUNNER9 § 214.


( 1908) II 8 S. Il MAYSER II 1,1 5 2.
9 MAYSF.R n 2,539; JoHANNESSOHN 189 -198. 12 Buss-DEBRUNNER' § 403.
1tp6 A 2 (B. Reicke) (vr,685) i8o

zione dell'azione: 1tpÒ 't"OV 't"ÒV xéaµo'\I µE"ttX 1)µÉpw; EfaOO"L 'tlJc; 'ltpO"tÉpC1.<) Òp6:.-
dvm, «prima che il mondo cominciasse 0"EW<), «venti giorni dopo che era av-
venuta la prima visione» (Herm., vis. 4,
ad esistere» (Io. 17,5). 13
l,I) • Questo modo di dire è attestato
In un caso (Act. 13,24) il semitismo anche nel greco seriore 14 e può in origi-
1tpÒ -7 'ltpOO"W'ltOU 't wéc; (-7 coll. I 74 s.) gine non essere un latinismo. Per ana-
sta al limite tra il significato locale e loghe locuzioni con 'ltpo ci sono anche
quello temporale: 7tpOXT)put;a'll"toc; 'Iw- esempi preromani: 'ltpÒ 'tpLW\I "ÌJµEpwv
ti:wou -n:pò -n:po<rw-n:ou -.Tjc; Elcr6oou av- 'tljc; 't'EÀ.EUTl'jc;, «tre giorni prima della
't'ou, «poiché Giovanni, ancora prima fine» (Hippocr., epid. 7,5r) 15 ; npò ouo
della sua ( = di Gesù) comparsa, aveva hwv 'tou <1wrµou, «due anni prima del
già predicato». Da un lato il semitismo terremoto» (Am. r,r (LXX]; cfr. 4,7);
è preferito al semplice 'ltpÒ per far risal- 1tpò µtéic; 1JµÉpac; 'tfjc; Mapooxai:xijç
tare ]'aspetto spaziale del concetto di 1}µEpaç, «un giorno prima (cioè la vi-
d:croooç: Giovanni precede Gesù quale gilia del giorno) di Mardocheo» ( 2
suo precursore (-7 VIII, col. 304 e n. 13, Mach. I5,36); 1tpÒ ét.µEpéiv oÉxa 'tW\I
&roooc;); dall'altro E(croooç esprime in- µuO"'tT)plwv, «dieci giorni prima della ce-
negabilmente un evento storico, così lebrazione dei misteri» (iscrizione dori-
che non si può trascurare neanche il si- ca di Andania in Messenia, del 91 a.
gnificato temporale. C.) 16. Questo modo di dire popolare di-
venne però veramente comune soltanto
La locuzione peculiare 'ltpÒ 2t; 1}µEpw'll in epoca romana 17, ma non si tratta af-
fatto - come si pensava una volta - di
-:ou 'ltacrxa (Is. 12,1) significa letteral-
un vero latinismo. Neanche date indi-
mente «sei giorni prima contando dalla cate in base al calenda.rio romano, come
pasqua», cioè «sei giorni prima della ad es. 1tpb ÈWÉa. KaÀavow\I kE1t"tEµ-
~plwv, «nove giorni prima delle calende
pasqua».
di settembre» { = il 24 agosto: lgn.,
Casi analoghi con un µE."ta che regge Rom. 10,3; dr. mart. Pol. 2 r ), sono la-
l'accusativo mostrano che nel nostro tinismi perfetti, anzitutto perché si usa
passo 7tp6 è legato solo al primo geni- un numerale cardinale e non ordinale,
tivo, mentre il secondo genitivo va in- come richiederebbe il latino (ante diem
teso come ablativo: µE"tà òf.xa. hn -.ou nonum) 18, e poi perché il giorno che ser-
obcfjcrm 'A~pൠÈv 'YTI Xavciav, «do- ve da riferimento fisso per il computo
po dieci anni che Abramo dimorava nel sta al genitivo e non all'accusativo, co-
paese di Canaan» (Gen. 16,3 [LXX]); me in latino (Kalendas) 19 • In tutti que-
13 In Act. 1 ,5 abbiamo una forma ibrida di is Ed. LITTRÉ 5,420. Generalmente questa
di questo costrutto dovuta ad una assimila- parte delle epidemiae è considerata spuria, ma
zione del caso: ov µE't"CÌ 1tOÀ.À.CÌç 't"CXU'tcxç può ugunlrnente essere addotta come docu-
)̵Épcxç (invece 'di 'tOU'tWV i)µEpwv; dr. la mento dell'età preromana; cft. PREUSCHEN-
Vulgata: non post multos hos dies); BLASS- -BAUER.', s.v. 'f̵Ép!X. 2; BLASS-D.EBRUNNER?
-DEBRUNNER9 § 226. Non si può dire con cer- § 213, appendice.
tezza se anche nell'uso di 1tp6 si tratti talvol- 16 Cu. MICHEL, Recucil d'inscriptions grccques
ta, in questi testi, di assimilAzione del caso (-+ (1901) nr. 694,70; DITT., Syll.l Il 736,70.
ScHMID ur 287; iv 614 parla a questo propo· 11 -+ ScHULZE 15.
sito di attrazione del caso), perché 1tp6 regge 18 -:) AilEL § 46 i.
9
già di per sé il genitivo. 19 Ulteriori indicazioni in BLAss-DEBRUNNER
14 -> ScHMrn 1v 458; -+ ScHuLZE 15.17. §§ 213.226, appendice; SCHWYZER II 98 c.
IISI lVI,M5J 1tp0 I\ 2 - il I (il. KCICkCJ (VJ,M6) 11!2

sti casi 7Cpo ha propriamente valore d'av- trovano un significativo impiego teolo-
verbio: prima. Cfr. 7CpÒ µLiic;, «un gico. A questo proposito bisogna ricor-
giorno prima» (Did. 7,4; Herm., sim.
dare in primo luogo tutte le affermazio-
6,5,3)2(),
ni che sottolineano la premondanità o
3. Uso metaforico. In quest'uso par- addirittura l'eternità di Dio, ad es. Ps.
ticolare 7tp6 indica preferenza: 7tpÒ miv- 90,2: «Prima che i monti fossero nati
'tWV «soprattutto», «prima di ogni co-
e la terra e l'universo fossero creati, sl
sa», ecc. (Iac. 5,12; I Petr. 4,8; Did. IO, da eternità in eternità tu sei, o Dio».
4); cfr. rtpò 7CctV't'6c;, «prima di tutto» Queste locuzioni, talvolta formulate in
(Polyc., ep. 5,3); oppure anche prote- maniera liturgica, hanno lo scopo di far
zione: probabilmente va inteso cosl il risaltare l'eccellenza e la grandezza di
7tp6 di Act. 14,r3 (~ coll. 175 ss.). Dio e in tale orizzonte non si pone affat-
to il problema logico di come Dio po.
B. USO BIBLICO-TEOLOGICO DI 7Cp0 NEL tesse esistere già prima del mondo e del
CONTESTO DELLA STORIA DELLA SAL- tempo. Questo fatto non dipende sol-
VEZZA tanto dal carattere dossologico dell'af-
fermazione teologica, bensl anche dalla
r. Antico Testamento
mancanza in essa, per l'A.T., di qual-
Poiché l'A.T. ha un senso tutto par- sivoglia antinomia. Da un lato, infatti,
ticolare del tempo e delle situazioni ]"eternità' non è concepita alla manie-
temporali (storia delle origini, storia del ra filosofica come una entità astratta,
popolo di Dio, escatologia), i concetti senza contenuto e senza tempo, ma in
di tempo primordiale (~ r, coli. 535- modo irriflesso come un tempo il più
545, al.wv), di priorità e di anzianità vi lontano immaginabile, ma pur sempre
hanno una parte importante. Ciò che con un preciso contenuto 21 ; dall'altro
esisteva già ai primordi o almeno nel- Dio, il signore della storia; è considerato
!'antichità ha una dignità tutta partico- anche il signore del tempo (ad es., Is. 40,
22
lare, come ad es. i patriarchi. In tale 28) , cosl che la sua 'eternità' coincide
contesto le espressioni che indicano la con la sua onnipotenza 23 • Alle afferma-
priorità, che significano prima, avanti zioni sulla premondanità di Dio fanno
(ebraico: b"!erem, li/ne; LXX: 7tp6), inoltre riscontro quelle sulla preesisten-

20 7tp6 può avere questo valore avverbiale an- xoulwv, «non erano infatti molto lontani dalla
che nell'accezione spaziale: 'ltpb 'lto)..)..o\i 't'ijç riva, ma ne distavano circa 200 braccia» (Io.
'ltOÀEWt; (ablativo; SCHWYZER II 96): «molto 2r,8).
prima, calcolando dalla città = molto prima 21 ~ ] ENNI 25,50.55 S,
della città» (Dion. Hal., ani. Rom. 9,95,5). 22 ~ ]ENNI
Cfr. il costruto con èm6: oò yà.p 'l'io-cxv µcx- 67-70.
xpà.v ct1tÒ 'tljç yfjç, aÀ.Àà wç <hÒ mJXWV OLCX- 23 ~ ]ENNI 55 S,
I 83 (VI,686) o.p6 Il 1 -2 (Il. Rcicke)

za della sapienza che sarebbe stata crea- sottolinea che Dio ha preordinato il Fi-
ta prima del mondo e dell'universo e glio e la salvezza da lui portata «prima
perciò avrebbe partecipato alla crea- di tutti i secoli», «prima della fonda-
zione. Queste affermazioni sono concen- zione del mondo», ecc. (-> col. 178).
trate soprattutto in Prov. 8,22-31 ed Tuttavia 1tp6 è usato in questo modo
Ecclus 24,9 (r4), dove la sapienza, in specifico soltanto in Giovanni, in Pao-
connessione con la scuola di maestri di lo e nelle lettere più tarde. Conforme-
sapienza, parla di se stessa in simili mente alla persuasione che a Dio spet-
termini. Queste idee precorrono in pat- tano «gloria, maestà, potenza e domi-
te le affermazioni del N.T. sulla pree- nio da ogni e tcrnità » (I udae 2 5), Ge-
sistenza di Cristo(~ qui sotto, 2). Per sù è consapevole di aver avuto gloria
il resto il concetto di prima si trova nei divina <{prima della fondazione del mon-
contesti pit1 diversi, quando si pada di do» 25 · (Io . 17,5.24). Nel prologo gio-
momenti nello sviluppo del mondo, del vanneo sul Logos (Io. l,1-18) vengono
popolo di Dio e del singolo uomo: an- esposti in termini teologici la preesi-
che in questi casi l'accento cade spesso stenza <li Cristo e il suo significato fon-
sulla sovranità di Dio (ad es., Is. 42,9; damentale per la creazione (con un ri-
I er. r ,5 ), cosl da far risaltare la sua po- chiamo immediato alle idee sulla sa-
sizione di signore del tempo (-7 rv, coli. pienza rilevate a proposito dell'A.T. ~
1371 SS., XCX.t.p6ç). coll. r 8 2 s.), senza che per altro sia usa-
to 7tp6. Anche nel famoso passo che par-
2. Nuovo Testamento la della kenosis di Cristo (Phil. 2,5-8)
ed è cosl fruttuoso per lo studio della
Anche nel N.T. la premondanità di cristologia paolina della preesistenza
Dio non va riferita a una idea astratta non si trova 7tp6. In Col. x,qa abbiamo
Jell'atemporalità, bensl alla signoria di invece np6: Cristo esiste <{avanti ogni
Dio sul mondo e sulla storia 24 • np6 è cosa», e il contesto afferma che l'uni-
usato così particolarmente neJl'ambito verso fu creato mediante lui, il primo-
della storia salvifica vera e propria e genito della creazione (v. 15), cosl co-
della rivelazione di Cristo, quando si me in lui sussiste e in vista di lui esi-

u ]OACll. ]EREMIAS, Jesus als \Veltvolie11der, 25 Il Gesù sinottico ern nlttettanto consape-
BFrh 33,4 (1930) 8-12; ~ CULLMANN, Zeit vole della propria preesistenza? La risposta a
55: «Il cl'istianesimo primitivo non conosce tale interrogativo dipende da come si giudico
un Dio atemporale ... Se vogliamo comptende- il titolo di 'Figlio dell'uomo'. Cfr. nnche la
l'e il concetto protocristiano di eternità dob- questione riguardane il 'Figlio di David'; G.
biamo sforzarci, per prima cosa, di liberarci H. IlOODYl!R, Mark xii. 35-37 a11d tbe Pre-
di tutte le categorie filosofiche» . Existence of Jesus i11 Mark: ExptT 5r (r939/
40) 393 s.
r;p6 B 2 (B. Reicke) (VI,688) 186

ste (vv. l6.17b). La preesistenza di Cri- quell'opera di Dio che consiste nell'e-
sto non è qui un teologumeno specu- vento di Cristo e nel kerygma di Cristo
fotivo, bensl un'espressione dinamica e che, per l'inestimabile grazia di Dio,
dell'illimitata e universale signoria di è concesso proprio all'umanità presente
colui al qmtle è sottoposta la chiesa con di conoscere, di vedere, di provare. In
la sua missione universale. In altra pro- coincidenza con questa particolare e pri-
spettiva I Cor. 2,7 (7tpÒ -.w'Y a.lwvwv, vilegiata posizione dei credenti quali de-
<<avanti i secoli») sottolinea la prede- stinatari della grazia eterna, in Eph. r,
terminazione del mistero di Cristo e I 4 ('1tpÒ xa.-.a~oÀ:ijc; x6crµou) si parla
Petr. r,20 (npò xa:-.a.BoÀ:'ijc; x6crµov, «a- dell'elezione precosmica (~ vr, coJI.
vanti la creazione del mondo») 1a pre- 400 ss., ÉxÀ.ÉyoµaL) dei credenti alla co-
determinazione delle sofferenze di Cri- munione con Cristo, così che in questo
sto, cosl da far riconoscere il valore in- passo si accenna all'idea (cfr. 7tpoopL-
finito del kerygma che risuona soltanto crl>év-n:c; al V. I I; ~VIII, coll. 1278 ss.,
adesso. In questa maniera si pone in ri- 1tpoopl~w) della preesistenza della chie-
salto anche la priorità della grazia divi- sa (-? IV, coli. r513 ss., ÈxxÀ:r1crla.).
na, come avviene espressamente in 2 Anche in rapporti meno specifici Tt:p6
Tim. r,9 (1tpÒ xpovwv alwvlwv, «infi- è spesso usato per esprimere che Dio
niti secoli fa») a proposito della voca- predetermina o prevede le cose. Dio de-
zione dell'apostolo e in Tit. l,2 (71;pÒ cide in anticipo il nome del figlio di Ma-
xpovwv a.lwvltv\I) a proposito della pro- ria (Le. 2,21); sa già anticipatamente di
messa della vita eterna. Comune ai che gli uomini hanno bisogno (Mt. 6,8).
quattro ultimi passi (I Cor. 2,7; I Petr. Secondo Io. 1,48 e l3,r9 anche Gesù è
l,20; 2 Tim. l,9 e Tit. l,2) è una spe- dotato di prescienza 26 • Gli eventi del-
cifica contrapposizione, che si rileva la storia della salvezza si compiono se-
dal contesto, tra occultezza premondana condo un piano divino, sicché l'uno de-
e rivelazione presente. Il mistero eterno ve precedere l'altro (Le. 2r,12; 22,
27
viene conosciuto dagli uomini non in l 5) • Secondo il piano salvifico di Dio,

virtù della loro speculazione, bensì per prima che apparisse la fede l'uomo era
un intervento divino nella storia, per un prigioniero sotto la legge (Gal. 3,

26 Sulla questione delle facoltà conoscitive di di Luca, mentre sarebbe stata meno sviluppa-
Gesù cfr., ad es., E. GuTWENGER, Das men- ta nella tradizione evangelica più antica. È
schliche Wissen des irdischen Jesus: Zeit- anche sintomatico che il '1tp6 dci succitati pas-
schrift fiir katholische Thcologie 76 ( 1954) si lucani non abbia riscontro negli altri sinot-
170-186. tici. Tuttavia il concetto di piano salvifico è
27 H. CONZELMANN, Die Mille der Zeit (1954) presente anche nei due primi vangeli, ad es.
Br s. n2 s, n6 .128-133 ccc., sostiene che l'ide11 Mt. 8,29 (discusso nel corpo dell'articolo) e
di un piano di salve-.lza è una caratteristica Mc. 14,41.
187 (v1,688) 'ltpb B 2-3 (B. Reickc) (vr,688) 188

2 3 ). Persino gli spiriti malvagi hanno i discepoli rispetto al Signore della chie-
un'idea dello svolgimento predetermi- sa (Le. 9,52; 10,1); al contrario i sedut-
nato della storia della salvezza, benché tori del popolo, che Io. l0,8 chiama la-
ne valutino male i movimenti, così da dri e banditi, sono comparsi prima del-
credere che il Figlio di Dio sia venuto la venuta di Gesù, senza alcuna coinci-
«innanzi tempo», «in anticipo», «prima denza col piano salvifico di Dio. In di-
del previsto» (Mt. 8,29: 1tpÒ xatpou). versi di questi casi abbiamo l'espressio-
Troviamo la medesima espressione in ne rafforzata 7tpÒ 1tpOO'W7tOU (~ col.
I Cor. 4,5: i credenti non dovrebbero 175) che conferisce al concetto di pre-
giudicare «prematuramente», prima che cursore una sfumatura di significato spa-
sia venuto il Signore. Per Paolo anche ziale(-? col. 179).
Ja priorità nella fede in Cristo o nella
3. Padri apostolici
chiamata alJ'apostolato ha una grande
importanza (Rom. 16,7; Gal. 1,17; cfr. La preesistenza di Cristo è menziona-
le sue considerazioni sulla priorità dei ta in Ign., Mg. 6,1: <<. .. Gesù Cristo, il
quale prima dei secoli (7tpÒ et.lwvwv) era
Giudei in Rom. 3,1 s. ecc.). Anche ogni presso il Padre» (cfr. Io. l,18). 2 Clem.
volta che si parla di precursori c'è un 14,1 parla della preesistenza della chie-
riferimento implicito ad un piano della sa: « ... apparterremo alla prima chie-
sa, quella spirituale, creata prima del
salvezza che si svolge secondo un deter- sole e della luna». Nel saluto che apre
minato ordine cronologico. Come pre·· 1a sua lettera agli Efesini, Ignazio affer-
cursori compaiono i profeti (Mt. 5,u), ma che la loro chiesa è «predestinata
prima dei secoli ( 7tpÒ a..lwvwv) ad una
il Battista (Mt. n,ro; Mc. l,2; Le. l,76 gloria eterna».
[variante]; Act. 13,24), in parte anche B. REJCKE
7tpoayw ~ r, coll. 349 ss.
189 (VI,688) 'ltp6{3a:tov A 1-3 (H. Preisker/S. Schulz)

t 7tp6~cx:tov, t rtpo~ci-ri:.ov
A. IL TERMINE FUORI DEL N.T. presto 7tp6f3a-i-o\I indica il bestiame mi-
nuto: Hom., Il. 23,550 (opposto: LTI-
r. La pecora domestica va distinta TIOL); in Hdt. l,133; 8,137 -i-à. Àrn-i-à
dalle pecore selvatiche che vivono a "'tW\I rcpof3ci't't•W, «i capi di bestiame mi-
branchi sulle montagne e nelle steppe nuto», sono pecore e capre. In attico
di tutti i continenti. Il valore principale 7tp6BC1.."'tO\I indica prevalentemente le pe-
della pecora domestica è dato dalla pro- core (Aristoph., av. 714), cosl anche nei
duzione della lana 1• Il clima e le ca- papiri (P. Tebt. I 53.7; 64b 16). b) 7tp6-
ratteristiche del territorio condizionano f3et."'tO\I è chiamato poi· figuratamente
le variazioni delle razze ovine 2• In Pa- l'uomo semplice: Aristoph., nub. 1203.
lestina l'allevamento delle pecore è l'at- c) Anche un pesce di mare è così deno-
tività più diffusa insieme con l'agricol- minato in Oppianus, de piscatione 1,
tura. La carne di pecora è considerata 146; 3,139 5 ; Ael., nat. an. 9.38. Gli
deliziosa e oltremondo ricercata 3 • Inol- Stoici usano spesso Tip6f3et.'t'OV come ter-
tre la pecora è frequentemente usata per mine di paragone per esprimere inferio-
i sacrifici. Le pelli di pecora conciate rità o stupidità: Epict., diss. 1,23,7 s.;
forniscono ai pastori mantelli e giubbe, 28,15. Epict., ench. 46,2 si serve dell'e-
mentre la lana serve per confezionare i sempio delle pecore che producono lana
principali capi d'abbigliamento 4• e latte per illustrare il comportamento
concreto dell'uomo. Per Epict., diss. 3,
2. Il tctmine Tip6Ba:rov è poco usato 22,35 è affatto naturale che i pastori
nel greco arcaico e manca del tutto siano affezionati alle pecore; in questo
presso i tragici. Anche il diminutivo passo le pecore sono anche immagine de-
TipoB<i·nov è d'uso raro nella letteratura gli uomini che il cinico deve guidare.
greca. Possiamo distinguere tre signifi-
cati di rcp6~1nov. a) In genere 7tp6~a­ 3. I LXX si servono di 1tp6f3rx.-i-ov pre-
"'tO\I indica i quadrupedi, in contrappo- valente men te per tradurre l'ebraico ~o'n,
sizione agli animali che nuotano e stri- talvolta per feh, raramente invece per
sciano, in particolare gli animali dome- kebef, kabSd, keieb, soneh e riihel. Gene-
stici mansueti: Horn., Il. 14,124; Hdt. ralmente rcp6f3a.'t'ov· indica il° bestiame
4,61; Pind., fr. 305 (le puledre di Dio- minuto: Gen. 30,38.4os.; Lev. l,2;
mede); Hdt. 4,61 (buoi); 6,56 (cavalli); Deut. 7,13; Is. 7,21; Am. 7,15 6 ; Neem.
1,188 .207 (bestiame per i sacrifici). Ben 5,18 ecc.; può però anche assumere il

'ltp6{3u-tov core nere di grande mole e di robusta ossa-


AVVERTENZA. Il presente articolo si basa su tura che produco110 una lana molto più mor-
di un manoscritto preparato da H. PREISKER, bida delle pecore e delle capre allevate nella
cha ha dovuto essere però rielaborato e in parte meridionnle del paese; cfr. E. KLIPPEL,
parte ampliato da S. SCHULZ. \Vandemngen im Heilige11 Lande (r927) 253;
Etimologia: ciò che procede, i 'beni mobili' DALMAN, Arbeit VI 180,
in contrapposizione ai ;mµ-f})...La., i 'beni im- 3 DALMAN, Àrbeit VI 194 S.
mobili': Horn, Od. 2,75; sulla questione vedi 4 DALMAN, Arbeit VI 195 s.
SCHWYZER I 499. [DEBRUNNER]. s Ed. F. S. LEHRS in Poetae Bucolici et Di-
I G. DALMAN, Arbeit vr (r939) 184 s. dactici (1862).
2 Cosl, ad es., pastori algerini allevano nel 6 Secqndo Am. 7,15 il profeta è chiamato. da
nord della Palestina, nella valle dell'Aube, pe- Dio ÉX -.wv 1l'po~c1.-twv (cod. B.: tx -twv 1\'PO·
19r (VI,689) 7:f.oBa""tov A 3 (H. Preisker/S. Schulz)

significato più specifico di animale da sa- come gregge sperduto (IEp. 23,r.2; 27,
crificio (Gen. 22,7; Lev. 22,2I; Num. 17) e pastori infedeli causano alle pe-
15,3; Deut. 12,6; 16,2), capi di bottino
(Nmn. 3 l ,28 ss.) e del dono che si fa core grandi sofferenze (Ez. 34,23 ss.).
allo schiavo quando lo si affranca (Deut. Anche il salmista grida a Dio come
15,14). una pecora che vaga perduta (ljJ n8,
176). In Is. 53,6 i «noi», i «molti»(->
In senso traslato 7tp6f3a:to'll è usato x, coll. 1333 s.), sono i peccatori che
per indicare il popolo (2 Sam. 24,17; camminano uno accanto all'altro, sbada-
ljJ 76,21; 77,52; Is. 63,II; lEp. 13,20; tamente, come pecore. A queste pecore
27,6; Ez. 34,2 ss.). In Num. 27,17 Mo- sbandate e sviate viene contrapposto,
sè prega Jahvé di dargli un successore in netto contrasto, il comportamento
adatto affinché il popolo di Jahvé non del Servo di Jalwé (Is. 53,7): il Servo
sia come 1tp6f3a-ra, o~ oùx fo·tw 7tot- viene condotto wi; np6~a-.ov É1tt crqia-
µ1Jv. Nella profezia consolatoria dell'e- y+,v, «come pecora al macello». Que-
silio Israele è detto 1tp6f3a:ta 'lloµfji; st'uso linguistico affonda probabilmente
(ler. 23,1 s.; anche ljJ 73,1; dr. Zach. le sue rndici nella tradizione profetica
9,16; n,5 ss.), il cui pastore (~ x, di Ier. u,19. Mentre in Geremia l'ac-
coll. n97 ss.) è Dio stesso (Ps. lOo,3), cento è però posto sull'inconsapevolezza
che li ha miracolosamente tratti dalle della vittima, in Is. 53 si vuole invece
situazioni più cririche alla salvezza (ljJ mettere in evidenza il paziente silenzio
76,21; 77,52; Is. 63,u; Ez. 34,10 ss.; del Servo (dr. anche Ps. 39,10) 7 . Ai
Zach. 9,16 ecc.). II re (Ier. 13,20 -> 11, deportati Ezechiele promette che alla
coll. 140 ss.) o Mosè (ljJ 76,21) possono nuova creazione d'Israele (36,24.36) gli
sottentrare a Dio nella funzione di le- abitanti si moltiplicheranno come 1tp6-
gittimi pastori delle pecore. Ad Israele ~a't'a. (36,J7), anzi i 7tp6~a'ta ~'lltl'pw-
viene concessa questa particolare con- 1tW'll saranno grandi e numerosi come le
solazione, perché il popolo va vagando greggi di pecore che «si era soliti vedere

.(jlTJ'"tCiv). Il T.M. in 7,15 ha !0'11, ma in 7, allevatore di pecore, può valere come termi-
14 bOqér, che viene ricondotto a biiqiir = bo- ne tecnico cultuale: dr. M. Brc, Der Prophet
vino e ttadotto con 111a11driano. btJqér deri- Amos - eÌll Haepatoskopos: VT 1 (1951)
va però da bqr, che va inteso come termine 293-:1.96. L11 chiamata di Amos Èx -.wv 'ltpo-
tecnico cultuale e indica una funzione sacer- ~&.-.wv vorrebbe allora signific:ire che egli fu
dotale: cfr. Lev. 13,36; 19,20; .:i7,33; .2 Reg. riçhiamato dall'ufficio cultuale di esaminatore
16,15; Ps. 27,4; Prov. 20,25. Secondo Ez. 34, delle vittime e di aruspice ( epntoscopo) e poté
1i.12 Dio è sacerdote e insieme pastore per· cosl opporsi, nella sua qualità - potremmo
ché 'esamina' e 'visita' le sue pecore. Soltanto dire - di esperto, nl sommo sacerdote dì Bc-
in Ecclus H,7 abbia.mo un uso puramente tel. (BER'fRAM].
profano. Anche la parola 11oqéd (Am. 1,1), 7 P. VoLz, ]esaia II, Komm. zum A.T. 9
generalmente intesa nel senso di pastore o (1932) ad I.
1tp6f311.•ov A 3-B 2 (H. Prciskcr/~. ::ichulz)

a Gerusalemme durante le feste, dove 13. rtp6Ba:rov NEL N .'l'.


vengono raccolte per i sacrifici» 8 •
r. Nel N.T. 7tp6~cx:rov è usato più
4. Anche nella teologia rabbinica si volte in senso proprio; ad es. quando
parla di greggi di pecore (Ex.r. 2 [ 68b]; Gesù spiega ai suoi avversari i motivi
M. Ex. 21,37 [95a]); in senso traslato
questa .figura significa il popolo d'Israe- per cui guarisce anche in giorno di sa-
le (Pesikt. r. 26; Num. r. 23 [193c]). bato con l'esempio pratico della pecora
Nella grande visione onirica di Hen. che proprio in questo giorno cade in un
aeth. 89 e 90 (la cosiddetta 'apocalisse
pozzo e naturalmente ne viene tratta
delle pecore') l'apocalittico, che presen-
ta gli uomini come mandrie 9 , vede nel- fuori (Mt. 12,II ). Similmente l'amore
la figura del 7tp6Pcx:to\I i grandi uomini, premuroso e la grande gioia riguardano
profeti e re come Mosè (89,16), Aronne proprio la pecora che si è sl smarrita,
(89,18), Samuele (89,41-50), Saul (89,
42), David (89,45), Noè (89,1 s.), A- ma è stata ritrovata (Mt. 18,12 par.).
bramo {89,ro) ecc., oppure tutto quan- Tra i più importanti beni d'importazio-
to il popolo d'Israele o i giudei fedeli ne di Roma sono ricordate proprio le
alla legge (90,6). Egli distingue tra pe-
core sorde (90,7), cieche (89,74) e ac- pecore (Apoc. 18,13). Le pecore come
cecate (90,26 s.) da una parte, e pecore animali per il sacrificio sono nominate
bianche (i giudei rimasti fedeli) dall'al- in Io. 2,14 s. (cfr. 1 Clem. 4,1-6, citazio-
tra. La santa, nuova comunità, che è
ne di Gen. 4,3-8).
passata per mille sofferenze, è rappre-
sentata dalle pecore bianche (90,32) a 2. In senso traslato (si noti l'wc; che
cui alla fine rendono omaggio tutti i pa-
gani (90,30 ). Di conseguenza Dio è chia- introduce l'immagine) -,i;p6Ba.'tov è usato
mato il «signore delle pecore» (89,16. nella tradizione ritmica di r Petr. 2,21-
30 e passim). Filone usa la parola sia 25 («eravate come pecore erranti») e
in senso proprio (op. mmzd. 85; agr. 42;
spec. leg. l,163 [animali per il sacrifi- riferita allo stato di errore e di perdi-
cio]; 4,rr) sia, ripetutamente, in sen- zione dei lettori prima della conversio-
so allegorico. Nell'interpretazione alle- ne a Cristo ( 2 ,2 5 ), con una trasforma-
gorica di Ex. 13,13 (sacr. A. C. rr2) l'a-
sino equivale a ò mSvoç e la pecora alla zione a cui ha contribuito Ez. 34,5. An-
7tpoxom1: in tale maniera il comanda- che in altri casi l'uso del N.T. si rifà
mento viene a significare che il 7t6voç a quello dell'A.T. dove, come abbiamo
deve essere sostituito con la rtpoxo1t1]. visto(~ coll. 191 ss.), le pecore signifi-
Secondo sacr. A .C. 45 il Nove; è il pa-
store delle pecore, cioè «delle potenze cano il popolo di Dio. Queste pecore
irrazionali dell'anima», 'tWV xa:rà. lj;u- costituiscono il fine specifico dell'azione
X'Ì'J'J àMyw\I owaµewv (cfr. mut. nom. escatologica di Gesù, Figlio dell'uomo e
no; som. r,199).
re, che allora separerà, come (6'.lcntEp) fo
il pastore, i montoni dalle pecore, per-

s G. FoHRER, Ezechiel, Handbuch zum A.T. I 9 Cfr. He11. aeth. 89,2 ss. e G. BEER in
r3 (1955) ad l. KAUTZSCH, Apkr. tmd Pseudepigr., ad l.
7tp6{3r!:to'1 B 2 (H. Preisker/S. Schulz)

ché i ;;p6(3a-ra hanno fatto, consapevol· della sua comunità, passa agli apostoli
mente o inconsapevolmente, la volontà quali depositari della sua parola e della
di Dio (Mt. 25,32 ss.). Il popolo giudai· sua É~ouO'(a (lo. 21,16s.).
co dei tempi di Gesi1 ha bisogno di es· Nel discorso figurato del buon pasto-
sere ammaestrato e nutrito dal pastore re (Io. 10,1 ss. -7 x, coll. 1216 ss.) il
(Mc. 6,35-44) perché è simile ad un rapporto tra pastore e gregge è visto in
gregge senza pastore e perciò maltratta- maniera diversa. Il pastore non raduna
to (Mc. 6,34 = Mt. 9,36). In Mt. io,16 il popolo di Dio 11 , bensì i suoi, pecore
i 'ltpo~a:ta sono la nuova schiera di di- sperdute nel mondo, sulle quali però il
scepoli di Gesù nelle mille tribolazioni e pastore ha un diritto di proprietà per la
difficoltà del secolo presente: il loro pa· loro pretemporale destinazione, nono-
store Gesù li manda come pecore indi- stante la loro più diversa provenienza
fese nel mondo brulicante di lupi vora- (rn,3 ss. 14.16). Questa reciproca appar-
ci. Dietro la terribile dispersione delle tenza che lega pastore e gregge trova la
pecore c'è, secondo la parola di Gesù sua espressione nel grido del pastore e
(Mc. 14,27=Mt. 26,31; cfr. Zach. 13,7 nell'ascolto del gregge (10,3), nella mu-
e Barn. 5,I2}, la mano di Dio che con tua conoscenza, nella vicendevole fami-
la motte sulla croce colpisce il proprio liarità ( 10,14), nel precedere e nel se-
pastore a morte e disperde cosl il suo guire (10,4), nella prontezza del pasto·
gregge. La similitudine del gregge di re, che porta «vita e pienezza», a met-
Mt. 7,15 contiene però anche un severo tere la propria vita a repentaglio per le
avvertimento alla comunità di Gesù per- pecore e nella prontezza dei suoi ad ac-
ché si guardi da quei nemici che man- cogliere colui che li salva dal pericolo in
tengono un aspetto esteriore innocuo, cui si trovano. In questo discorso del
ma sono per questo tanto più pericolosi Gesù giovanneo il pastore non è il re
e perniciosi. Ma Gesù è vicino proprio e il gregge non è il popolo di Dio, ben-
ai figli di Dio che soffrono ogni tipo di sì quegli è il Figlio al quale fa riscon-
tribolazione (Rom. 8,36, citazione di Ps. tro la comunità, il gregge. Anche se al-
44,2 3) e perciò egli viene chiamato «il cuni tratti del buon pastore sono con-
gran pastore delle pecore», "tÒ\I 'ltOL!J.ÉWJ.. formi alla tradizione veterotestamenta-
'tWV 7tpoB1hwv i;Òv µÉya.v (Hebr. 13, ria, pure le analogie. concettuali e i pa-
10
20) • Dopo la morte di Gesù l'ufficio ralleli oggettivi si trovano per la mag-
di pastore delle sue pecore (7tpof3&:·na. ), gior parte nell'ambito della letteratura

10 E. SCHWEIZER, Das Leben des HerrJJ in 11 Abbiamo un pensiero in certa misura ana-
der Gemeinde u11d ihren Die11ste11, AThANT logo in Dam. x3,9 s. (16,2 s.) (~ x, coll. 120.i
8 ( 1946) 22 s. s. r226).
1tp6Bu.-tov B z - C (H. Prcisker/S. Schulz)

extragiudaica, gnostico-ellenistica 12 • dell'ufficio episcopale nella comunità, il


Cosl, quando non è usato in senso gregge segue il vescovo quale suo pa-
store (Phld. 2,r ), perché il vescovo può
proprio, ma fìgmato, esemplare e para- tenere lont::ini i lupi soltanto se nella
bolico, il termine 1tp6f3a-tov è nel N .T. chiesa regna l'unità (Phld. 2,2). Nelle si-
figura, da un lato, dell'antico popolo di militudini di Erma (sim. 6,1,5 s.; 6,2,3
s.; 6,2,6; 6,3,2 s.) le pecore che salta-
Dio nella sua lontananza da Dio e, dal- no allegramente tutt'attorno sono fi-
l'altro, del nuovo popolo di Dio nella gura degli «uomini che si dànno ai pia-
sua situazione escatologica di l}:X.i:1jl~ç e ceri del mondo» e che poi si troveranno
<TW't'T)plo:, quando i suoi ascoltano sol-
esposti ai tormenti dei rnvi, cioè al bi-
sogno, alle malattie ecc. Il gregge di-
tanto la voce del buon pastore. Secondo sperso, sfinito, privo di pastore, smar-
la tradizione e il messaggio del N.T. rito tra i cespugli di rovi, si è trasfor-
Gesù pastore è tanto il signore e re dcl mato per Erma, con la saa decisa fe-
de nella retribuzione, in pecore disub-
suo popolo ( = pecore) quanto il vero bidienti che vengono punite con le spi-
rivelatore per i suoi ( = pecore). ne. In un'altra similitudine (9,r,9; 9,27,
1 ) le pecore che si riposano placidamen-

c. IL TERMINE PRESSO I PADar APO-


te all'ombrn degli alberi raffigurano i po-
STOLICI
veri che vengono protetti dai vescovi e
dai membri ospitali della comunità. I-
Nei Padri apostolici non si nota al- noltre 13 il termine tcp6~anv ricorre piì1
cuno sviluppo pat·ticolare e caratteristi- volte in citazioni: r Clem. r6,7 (Is. 53);
co deH'uso figurato (in singole immag.i.- 59>4 (~ 99,3) in una preghiera che è
ni o in discorsi) della pecora. Come se- probabilmente d'origine giudaica;. Barn.
condo Dettt. 18,4 i primi nati delle pe- 5,2 (Is. 53); 16,5 (Hen. aeth. 89). Que-
core appartenevano al sacerdote, così o- st'uso ha un'importanza particolare per-
ra essi dovrebbero essere riservati ai ché in queste citazioni l'origine dell'uso
profeti, sacetdoti della comunità cristia- di np6~a'toV si trova effettivamente nel-
na (Did. 13 ,3 ). In Ignazio, il paladino la metafora.
H. PREISKER/S . SCHULZ

1i:pO')'L\/WO'XW ~ II' coll. 5 3 2 ss. 'ltpoEÀ.7tlsw ~ III, coll. 551 s.


1tp6yvwcnc; ~ II, coli. 534 s. npornayyÉÀ.ÀO(..lat ~III, coli. 696 ss.
1tpoypci.cpw ~ n, coli. 679 ss. 7tpOE'tO~µaC:w ~III, coll. 1015 ss.
'ltpoopoµoc; ~ •PÉxw 1tpOEUO:yyEÀ.lsoµm ~ III, col. II06

12 Cfr. BuL'l'MANN, ]oh. 479 s . ; BAUER, ]oh., JJ Queste ultime righe sono dovute a ScHNEE-
ad l.; B. NoACK, Zur joh. Trnditio11 (I954) 55 s. MELCIIER.
r.poÉpxoµo:L I-2 (C. Maurer)

I I
"f 1't(JOEXOµCX.L

1. 7tpoÉxoµm fuori del N.T. clerio della moglie o del marito altrui
...» (Herm., mand. 12,2,1). b) Col ge-
Transitivo: a) tenere davanti a sé, nitivo della persona e il dativo della
tenere avanti, tenere davanti. Attivo: cosa: superare, eccellere, distinguersi,
'tW XELPE 7tpOÉXEW, «tenere le mani avan- essere avvantaggiato: b 7tpoéxwv, «colui
ti per proteggersi» (Xenoph., Cyrop. 2 , che si trova in vantaggio rispetto agli
3,10). Anche il medio: 7Cpò oÈ oovpcx.'t' altri» (Thuc. l,39,1 ); 'tÉxvcx. yàp 'tÉxvac;
EXOV'tO, «tenevano le lance avanti» É'tÉpa.ç 7tpoUXEL, «arte che supera l'ar-
(Horn., Il. 17,355). In senso traslato: te altrui» (Soph., Phil. 138 s.); 'ltpOÉ·
addurre come scusa, come pretesto, pre- xw yàp aÙ'tÉWv 't'OO'OU'tO\I ocrov ò ZEÙ<;
sentare, avanzare un pretesto: uù µ€v 't'WV aÀ.À.wv ìkwv, «poiché sono loro
'tao' iiv 7tpouxoi', «quello che dici è tut- superiore tanto quanto Zeus è su-
to un pretesto» (Soph., Ant. 80); µ&.- periore agli altri dèi» (Hdt. 2,136,4);
À.tO''t'CX. 7CpOUXOV't<XL ... µ:1ì llv ylyvEcrl)ai pwµ11 'ltpOÉXEtV, «essere superiore di for-
'tÒ\I 7tOÀ.Eµov, «soprattutto vanno cian- za» (Ios., ant. 7,237). Raramente abbia-
ciando che ... non ci sarebbe la guerra» mo l'accusativo della persona: lvt µ6v~
(Thuc. 1,140,4); 7CpOÉXECTl)E 'tàç ÉV'tEU- 7tpoÉxouow oi. L7t7tE~ç [ iJµéiç], «i cava-
l;nc; uµwv dç µ.vl]µ601Jvov, «presentate lieri (ci] sono superiori per una sola
le vostre preghiere come testimonianza» cosa» (Xenoph., an. 3,2,19); inoltre un
(Hen. 99,3). b) Avere prima, avere ri- caso singolare di passivo: iCet.'t'' ouì)È\I
cevuto precedentemente, sapere in an- 1tpoExoµEvoL \mò 'tou Atoç, «i quali non
ticipo: 7tpoéxwv µÈv 'tW\I 'Al>l]valwv ou sono superati da Zeus in nulla» (Plut.,
cptÀ.lCM; yvwµcx.ç, «pur sapendo in antici- Stoic. rep. 13 [n rn38d] ).
po che gli Ateniesi non erano di parere Nei LXX il verbo 7tpOÉXELV è attesta-
favorevole» (Hdt. 9,4,2); U7toÀ.6yl]CTO\I to soltanto in una variante del codice A
o 'ltpoéxovcrw, «metti in conto ciò che a lob. 27,6 (con valore intransitivo): OL-
hanno già ricevuto in anticipo» (P. Petr. xa.LOG'UV'fl OÈ 7tpoÉxwv, «segnalandosi
II 12 fr. 4 [p. 32]). per giustizia». Il T.M. parla del diritto,
le altre lezioni dei LXX della giustizia a
Intransitivo attivo: a) sporgere in cui Giobbe vuole attenersi: 1tpocrÉxwv
fuori, superare, sorpassare, sovrastare = f;zq. Similmente Eccl. 10 110 (Sym.):
ccc. In senso locale: detto di colline, 7tpoÉXEt oÈ ò yopyEucr&.µi;voc; Elç crocpla.v.
città, montagne (Horn., Il. 22,97; Hdt.
4,177). In senso temporale: 'J̵Épt)ç ... 2 . 1tpoéxoµa.t nel N.T.
ò&qi 7CpoÉxov·tw; 'tW\I IlEpcrÉwv, «pre-
cedendo di un giorno di cammino i Rom. 3,9 va letto sicuramente secon-
Persiani» (Hdt. 4,120,3 ); con riferi- do il testo egiziano 1: -.l ouv; 1tpoEx6µE-
mento al rango: oi 7tpOÉXOV'tEç, «i cit- i)a.; où 1tanwç. A "favore di tale prefe-
tadini eminenti» (Thuc. 5 ,17,I); miv- renza sta non soltanto la testimonianza
't'lù\I 7tpoÉxoucra. ~mi)uµla ..., «di tutti esterna, ma anche il fatto che le varianti,
i desideri malvagi il primo è il desi- in particolare quella del testo occidenta-

7tpo~xoµai
PAssow; LIDDELL-SCOTT; MOULTON-MILLIGAN; I Con quasi tuttt 1 commentntoti, contro
5
PRmstGKE, \Vort.; PREUSCHEN-BAUER , s.v. BLASS-DEDRUNNER § 433,2.
r.poEi;xoµm 2 t l-. niaurer 1

le 2, vogliono ovviare alla difficoltà co- gio (per quanto riguarda l'imputazione
stituita dalla forma ?tpoExoµd}cx. e per- dei peccati)?» 5 • Questa soluzione è però
tanto la presuppongono .
troppo goffa e laboriosa, sia dal punto
Ci sono tre possibilità d'interpretare di vista linguistico sia da quello sostan-
1tpOEX6µt:i)cx.. a) Come nell'uso linguisti- ziale. c) Per questi motivi oggi si prefe-
co profano -..poExoµdkt. può essere una risce generalmente 6 interpretate 7tpOEX6-
forma media con valore transitivo atti- µE~cx. come forma media di valore in-
vo (~ col. I 99 ). Due sono allora i ca- transitivo attivo (~ coll. 199 s.) e tra-
si: o i Giudei chiedono all'Apostolo se durre: «Che dunque? Abbiamo una
possano proteggersi con qualcosa dal qualche superiorità? Niente affatto». La
giudizio di Dio e Paolo nega decisamen- scarsità di testi d'appoggio non significa
te che ciò sia possibile 3, oppute Paolo è molto se si considera che non è questo
il soggetto che risponde ironicamente l'unico esempio di un simile cambio di
alle accuse giudaiche di libertinismo ( v. diatesi nel N.T. 7• Dopo aver discusso
8): «Cerco forse delle scappatoie? Nien- nei vv. 5-8 tutta una serie di obiezioni e
te affatto» 4• A parte il fatto che i Giu- di equivoci, Paolo riprende l'argomento
dei non chiederebbero mai una cosa si- della superiorità dei Giudei sui pagani
mile e che Paolo non sta sulla difensiva, (3,r) per negarla recisamente 8 • Le pro-
bensl all'attacco, la forma media transi- messe di Dio non attenuano minima-
tiva di 1tpOÉXE<r~cu richiede chiaramente mente la colpa dei Giudei, che è ap-
un oggetto all'accusativo. b) In base punto la questione discussa in Rom. 2:
al passo di Plutarco, Stoic. rep. I 3 (u infatti il possesso dei À.oyLcx. non è asso-
ro38d) (~ col. 200) si potrebbe inten- lutamente un argomento a discarico, ma
dere 7tpOEX6µEacx. come passivo: «Siamo piuttosto a carico d'Israele (3,2-4.r9).
noi (scil. i Giudei) superati, stiamo peg- Il problema particolare dell'intreccio

z 'tl 00\1 [ 1tpO]XU.'tÉXOµEV 7tEpt<T<T6v; (trala- MANN, Rom., ad l.; M . ]. LAGRANGE, Sailll
sciando oò 1ta\l"tW<;), «quale vantaggio dun- Paul. Epitre a11x Romaills' (1950) ad l.; C.
que abbiamo noi?». Cosl leggono i codd. DG H. Doon, The Epistlc o/ Pa11l lo the Roma11s,
e altri con diverse varianti• particolari: vedi MNTC (1932) ad l.; M1c1mL, Rom., ad l.
LrnTzMANN, Rom., ad l. 7 BLAss-Dr.BRUNNER § 3x6. Perciò, contraria-
l R. A. L1Psrns, Der Brie/ an die Romer, mente a quanto sostengono ZAHN, Rom. e
Band-Commentar zum N.T.1 (x892) ad l.; A. SCHLATTER, Rom., il medio non implica il si-
Ji.iucHER, Der Drie/ an die Romer, Schriften gnilkato particolare «pretendiamo di essere
des N.T.' (1917) ad l. qualcosa d~ speciale» (in antitesi a «siamo
qualcosa di speciale»).
4 PREUSCHEN-BAUER" s.v. 2 (in alternntiva
! oò 1tclV"tW<; non ha qui valore limitativo
con avere un vantaggio).
(<mon per ogni aspcttm>): cfr. BLASS-DEBRUN-
5\Y/. SANDAY-A. C. HEADLAM, A Criticai a11d NER § 433,2; ScHLAl'TER, Rom. contro LmTZ-
Exegetical Commentary on the Epistle lo lhe M/\NN, Rom.; M1cttr.L, Rom.; LAGRANGE, op.
Roma11s', ICC (x925) adl. cit. (-4 n. 6) ad l.; E . GAUGLllR, Der Brief a11
6 Ampia esposizione specialmente in LIETZ- dic Romer (1945) ad l.
r.p60uµoç 1\ l -2 {K. H. l\eagstort) ~VI ,094} :1.04

della promessa salvifica di Dio e della soltanto nei capp. 9-1r.


colpa d'Israele sarà sollevato e risolto C. MAURER

7tporiyfoµ.et.L ~IV, coll. 14 s.


-;;;p6Ù'lOCTL<; ~ 'tli>'l']µ.L

~p6auµoç, npo~uµla

punto la mancanza d'iniziativa intesa co-


me senso del dovere nei sacerdoti che
A. L'uso LINGUISTICO FUORI DEL N.T. attendono svogliatamente alle loro man-
sioni senza il dovuto zelo (µrixÉ'tL 7tEpt
l. Usato frequentemente a partire dal -.à.c; À.Eti;oupyla<; r.p6i}uµo~). Un atteg-
v secolo a.C. 1, 1tp6wµoc; significa pron- giamento di questa natura, come si con-
to, disposto, solerte e persino attivo, viene al pio in una situazione difficile,
veemente, ardente. Nell'uso l'aggettivo gli viene dall'attendere assiduamente al-
abbastanza spesso non si distingue dal la legge e ai profeti e dal ricordo dei
participio del verbo 7tpowµ.foµat (non passati &.ywvE<; felicemente superati (2
usato nel N.T.). II neutro sostantivato Mach. 15,9) 3• Anche l'esempio può ren-
si avvicina per significato a 1tpowµla dere 7tpoi}uµouµEvo<; (r Par. 29,1 ss.).
(--;> col. 213) e talvolta coincide perfet- Anche qui si può notare, come in altri
tamente con questo termine. passi già citati e altrove (-7 coli. 216 s.),
il momento della spontaneità. Per il re-
2.Nei LXX sussiste(~ coll.214s.) sto altri passi (ad es. 2 Mach. u,7; 15,
un chiaro rapporto con la radice ndb, 9; 4 Mach. 16,16) mostrano che, paral-
precisamente con nad1b nel significato di lelamente a quanto avviene per "ltpoi}u.
volenteroso, generoso, bendisposto ( 1 µla. (-Holl. 214 s.), 7tp61}up,oc; può ave-
Par. 28,21; 2 Par. 29,>1); soprattutto re anche il significato di deciso, corag·
2
2 Par. 29a1 fa vedere l'attività e l'ini- gioso, valoroso, sia in battaglia sia di
ziativa che si manifestano in tale com- fronte alla morte. In tutto ciò si riflette
portamento. 2 Mach. 4,14 lamenta ap- la connessione esistente nei LXX tra il

np6lhJµoç anche in 1QM10,5 : kwl 'twdi h111l&111b ndibi


1 Indicazioni nei lessici. Per la derivazione lb lh&t.iq bgbwrt 'l, «tutti coloro che sr sono
dr. SCHWYZER I 435; Il 505: colt1i il Clii preparati alla battaglia, di cuore generoso, af-
lhJµ6ç sta avanti. finché stiano saldi nella potenza di Dio». Cfr.
ancora I Q 25 r,7 (11djbjm); 1 Q 28' ( =
2 kol-n'dib leb = na.; 1tpoi)vµo~ tj) xcr.p8~
1 QS') 3,i7 (incerto).
(-7 coli. 214 s. a proposito di Ecc/11s 45,23 e
cfr. I Par. 29,9 [lv xa.pSley. 1tÀ.TJPEt 1tpodhiµ'l'}- 3 1tp6Dv1wç insieme con à:ywv anche in 2
lh]cra.v]; 29,17 ). ndjb-lb in questo significato Mach. 6,z8; 4 Mach. 16,16.
contenuto dcl termine greco e il conte- mine tecnico per indicare un ex voto (-+
nuto dell'ebtaico ndb (htndb). La con- ..:poituµla col. 2 r 5) 6, cosl che possia-
cordanza è particolarmente degna di no- mo esimerci dall'analizzare quest'uso.
ta perché il termine è usato per rendere
questa radice ebraica soltanto in I Par. 4 . In Filone 7tp6t)uµoc; è associato
e 2 Par. ( vit. Mos. r ,260) 7 all'idea di à..ywv (-+
col!. 204 s. e-+ r, coll. 364 s.) e signifìca,
3. Questo parallelismo tra 1tpo-itu1.1.oç in questo caso, coraggioso 3• Non man-
e r.poàuµ,ouiu:voç nei LXX corrisponde a cano però le accezioni di pronto (Abr.
quello tra nwdbjm e mt11dbjm nei testi 109: 'R!)OUUµO't'et:tOL 1tpÒc; -ç&ç 't'W\I ~éVL­
di Qumran 4 , e ciò prova che nei LXX i ~oµÉ\IWV VT.TJpErrla.c;, «prontissimi a se1'-
nostri due termini sono semanticamente vire i forestieri»), volentieri, volente-
influenzati dall'ebraico anche dove nel roso (spec. leg. I,49; virt. 83), zelante-
testo di partenza manca il vocabolo mente ( vit. Mos. I ,5 2 ), talvolta anche al
corrispondente 5 • Nell'ebraico rabbinico superlativo nel senso di con la migliore
htndb ha poi perso del tutto questo si- volontà (spec. leg. 4,170). È però chiaro
gnificato specifico ed è diventato un ter- che 7Cp6Duµoç non indica per Filone una

l Cfr. ad es. I QS 1,7 s.: kwl lmdbjm l'swl 10 e passim), mentre nell'ebraico rabbinico
!Jwqj 'l bbrjt !ml, «tutti coloro che sono pron- persino l'attivo ndb ricorre anche nel signifi-
ti ad attuare fa legge di Dio nel patto di cato di giurare, promettere sole1111emente, ad
grazia»; 1,u: ku.-l b11dbj111 l'mtw, «tutti co- es. in Net!. b. rna Bar.: nodeb timqajjem,
loro che si dedicano alla verità»; e poi 5,1: «prometta e lo mantenga». Quest'uso di ndb
wzb bsrk l'nsj bj!Jd hmtndbim liwb mkrvl r', sembra r appresentare uno sviluppo ulteriore
«questa è la regola per i membri della comu- della locuzione biblica 11db lbw. Cfr. anche la
nità disposti a distogliersi da ogni male» (dr. nota seguente sullo sviluppo linguistico di
6.8.rn.:n.22; I Q i4 ro,7; I Q JI l,l [incer- btndb.
to]). Nel primo caso ( I QS 1,7 s.) si tratta de- s In base all'uso di htndb nei passi succitati i
gli aspiranti alla comunità d~ Dio (i!1d 'l) che mt11dbj111 sembrano una sorta di co11Jederati.
devono essere ancora ammessi o devono perfe- Quest'uso dovrebbe dipendere da un consa-
zionare la loro ammissione; nel secondo (I QS pevole richiamo a Iud. 5,2.9; Nce1n. u,2; 2
5,1) di coloro che in base alla loro decisione Par. 17,16. Tale collegamento è tanto più ve-
sono stati già accolti nello j};d 'l. Y . YADIN, rosimile in quanto nnche ;iltri aspetti dell'or-
The Scroti of the War of the Sons of Light ganizzazione della comunità di Qumran rive-
ogainst the Sons of Dark11ess, (ebraico) (1955) lano, a quanto risulta dai testi, un voluto
301b rimanda con ragione a 2 Par. 17,16, dove nesso con i grandi esempi della storia d'Israe-
i LXX traducono hmtndb con 1tpowµovµe.vo.;. le. Si sente qui l'influen:r.a dell'eredità profe-
J. L1cm, mwig b11dbh bktwbih Il kt mdbr tica (dr. sulla questione anche O. PLèiGER,
jhrvdh ( = The Conccpt o/ Nednbah in tbe Prophetirches Erbe in dc11 Sekten tles /riibe11
Dead Sea Scrolls), in J. LIVER, 'i11mj111 bmgilwt Jude11/111ns: ThLZ 79 [1954] 291-296); pur-
mdbr jhwdh ( = SJ11dics in the Dead Sea troppo a questo aspetto non è stata prestata
Scrolls) (1957) 77-84 vorrebbe vocalizzare la anco,ra la dovuta attenzione.
forma ndb non in nOdeb, ma in niddiib e ve-
6 Si tratta di uno sviluppo caratteristico per
dere nell'accostamento di 11iddiib e 111it11addeb
i r apporti linguistici tra l'ebraico rabbinico ed
un argomento per sostenere che al tempo del-
i testi di Qumran.
la composizione di I QS la forma grammati-
cale del concetto non era ancorn fissata (ibid. 1 Gli Israeliti sono <letti EÙ'toÀµ6·n:pol 'TE
80). Tuttavia né l'ebraico biblico né l'ebraico x<Xt iiywv~O'-ta.l 7tp6tluµo~: dr. tutto il conte-
rabbinico conoscono un nif'al di ndb con va- sto (258 ss.) e inoltre, ad es., vit. Mos. l,333.
lore <li riflessivo (basti ricordare In frequente s In virt. 27 Tip6ihiµoç è associato a aX<X'ta-
locuzione kol Jehiì' niddiir w_'nùldiib: Meg. I, 7tÀT]X't"O<;.
7tp6l>vµoi; A 4 - B l (K. H. Rengstorf)

virtù (come conferma puntualmente e la contrapposizione ad àrri)Ev1)c; 12 con


senza alcun dubbio virt. 205 ), ma unica- la forza richiesta dalle particelle µlv ...
mente un comportamento, soprattutto
quando si tratta dell'avverbio. ÙÉ. In base alla storia del termine pos-
siamo tradurre il nostro testo così: «Lo
Oltre che come avverbio, col signifi-
cato di volenterosamente (ant. 6a26; spirito preme sì con fervore, ma la car-
bell. 2 ,624 e passim), volentieri, gioio- ne è impotenteJ>, oppure «lo spirito è
samente (ant. 20,50; vit. 152) e zelan- sì sollecito, ma la carne è impotente».
temente (ant. 7 ,91: npoi)uµo-.Epov =
«con uno zelo ancora maggiore»), Giu-
seppe usa 7tp6i)uµoc; soprattutto (come L'autenticità del logion è molto di-
3 Mach. 5,26) al neutro, con valore di scussa. Effettivamente, dal punto di vi-
sostantivo equivalente a 1tpoi)vµla (~ sta stilistico, la frase non si adatta trop-
col. 215) e significa premura, prontezza po bene al contesto e dà l'impressione
(ant. 4>42; 6,326) 9 , zelo (ant. 4,178) e che si sia passati dall'esortazione all'aro·
13
talora persino cura (ant. 4,213: 't'Ò 1tEpt maestramento • Di regola il dubbio non
ct.Ù"t"oùç np6t7up.ov 't'oli i)Eou, «la cura riguarda però soltanto la seconda metà,
di Dio per loro»). ma tutto il versetto: si afferma cosl, ad
es., che qui l'evangelista offre «la mo-
B. 7tpMuµoc; NEL N.T. rale di questo racconto, scritto per ri-
svegliare ed edificare senza posa la co-
I. Nel giardino del Getsemani, vol- munità di tutti i tempi» 14, oppure che il
gendosi a Pietro, Gesù esorta i suoi di- logion è «certamente... un aforisma del-
la formazione cristiana trasferito nel
scepoli sfiniti e assonnati a vegliate e a
testo evangelico» 15• Non mancano però
pregare per non cadere in tentazione, critici, anche severi 16, i quali, pur rite-
perché, aggiunge quasi a motivazione 10, nendo secondaria l'attuale collocazione
•Ò µÈv 'ltVEuµa 7tp6t7uµov, Ti oÈ o-àpl; del versetto (compresa la seconda par-
te), non sono tuttavia alieni dall'attri-
àcr1h:v1Jc; (Mt. 26,41b = Mc. 14a8b; ---? buire a Gesù questo detto.
x, coll. 947 s.) 11 • Comunemente si tra-
duce 1tp6i)uµoc; con pronto («lo spirito Le obiezioni più serie all'autenticità
è sl pronto, ma la carne è debole»), per- del detto traggono però motivo dalla
presenza nel nostro testo dell'antitesi
dendo cosl gran parte della pregnanza nvi::uµa./rr&p!;. In tale antitesi si pensa
del termine e soprattutto senza rendere di riconoscere 17 un tratto tipico del !in-

9 Cfr. anche bell. :ZA66: 'tÒ ).la.v 7tp6lhJµov, tetico redattore (R). La seconda metà del ver-
<1zelo eccessivo» setto è considerata un'.aggiuntn redazionale an-
10 Tuttavfa manca il yttp esplicativo che ci che da A. PALUS, Notes on St. Mark and St.
si aspetterebbe. Motthew' ( 1932) 101 s.
11 Luca non ha accolto il logion, ma non è la 14 J. Wmss, Das ii/teste Ev. (1903) 300. Cfr.
prima volta che abbrevia o altera la sua fonte. anche HAUCK, Mk. l73·
12 Di solito il contrario di 6:ultw(]i; è tuxup6i; 1s BuLTMANN, Trad. 288
(cfr. 2 Cor. 10,10 e ~ I, col. 1306). 15 Cosl WELLHAUSEN, Mk., ad l.
B E. HrnscH, Fruhgeschichte des Ev. 1 (1941) 17 Cfr. già H . v. SoDEN, Das Interesse des

158. Hirsch attribuisce l'emistichio al suo ipo- apostolische11 Ze,italters an der evangelischen
r.p6ftu1toc; B z (K. H. Reng;,wrf1

guaggio paolino 18, quale si desume ad tale fatto mostra che i confini dei ter-
es. da Gal. 5,16 ss., e di là da esso una mini non sono netti. Sappiamo inoltre
concezione tipicamente dualistica del- che nei LXX i vocaboli ebraici leb e
l'uomo, le cui radici sembrano ora esse- riiafl possono essere resi anche con cpp6-
re venute finalmente alla luce grazie ai Vl]viç e vouç. Ora è vero che nei LXX
reperti del Mar Morto che hanno rive- r.w:uµct non rende mai leb, benché assai
lato il deciso dualismo a cui s'ispira la presto leb e ruafl appaiano talvolta in-
dottrina della setta di Qumran 19• Tut- terscambiabili (~ col. 209) ed alme-
tavia s'impongono alcune considerazio- no una volta (Ez. 13,3) i LXX tradu-
ni. In primo luogo Paolo concepisce cano riiah con xao5lct 25 • Può natural-
l'antitesi tra spirito e carne in modo di- mente tràttarsi di ~n caso fortuito. ma
verso dal logion evangelico 20 • In se- intanto va notato 26 • Ci sono però ~em­
condo luogo l'antitesi paolina non ha pre due osservazioni da fare. Da un lato
a che vedere 21 con Ja dottrina rabbinica lo sviluppo dell'uso di 'Xa..pòla nel greco
della coesistenza dell'istinto buono con giudaico mostra la crescente influenza
quello cattivo 22• In realtà nei due casi del razionalismo greco: %ctpòla.. viene u-
'ltVf:vµa significa due cose molto diverse. sato sempre più esclusivamente per de-
7tpowµ- va collegato con la radice ebrai- signare il cuore come organo fisico che.
ca ndb. Ora, non solo in Ecclus 45,23 in quanto tale, non esercita alcuna in-
(~ col. 2r4) ma anche in Ex. 25,2 e fluenza sui processi psichici n _D'altro la-
35 ,29 soggetto dell'azione indicata per to ruab/J..'J<-Uµ'Y.. e biisar/rr&..p'F,, sono ter-
mezzo di tale radice è il 'cuore' (leb ), mini cl'uso comune e conente quando si
mentre in Ex. 35,21 è menzionato sl lo tratti dei limiti imposti all'uomo dalla
'spirito' (rua{1 ), ma immediatamente ac- sua corporeità e quindi dalla sua caduci-
canto a leb, cosl che anche qui il vero tà (cfr. ad es. Ecclus 48,12); ruaPfr.v<-u-
soggetto agente è il 'cuore'. Il termine µct è inoltre il termine che meglio si pre-
ebraico leb è tradotto in Ex. 25,2 e 35, sta a sottolineare la necessità di agire se-
2r con xapolct 23, in Ex. 35,29 con OLci- condo criteri oggettivi e non solo secon-
voLcr. 24, in Ecclus 45,23 con ~u;çfi. In do l'aspirazione del momento o le cono-
Ex. 35,21 rua{J è reso con ~uxiJ. Già scenze personali ( 1 QS 9,15: 'jJ krw{uv

Geschichte, in Tbeol. Abha11dlu11ge11 Jiir C.11. 25 Cfr. però ancora la traduzione che di T1if.h
Weizsiicker (1892) 144: «... ricorda Paolo». in ls. 66,2 offrono Teodozione (xo;p/)la.) e A-
is E. WENDLING, Die E11tstcb1111g des Mc.-Ev. quila (ffilEU~\GC).
( 1908) 171. 26 In l:Lp. 9,9 stanno in parallelis11111s 111<:111·
19 K. G. KuHN, 7tE~pao-µ6ç - à.µa.p'tla. - crii.p~ bromm 1i lfivxTi o-ou (leb) e -.ò TWEuµo; crov.
im N.T. rmd die damit zusamme11hiingende11 Il testo base è rc~ò cosl incerto d~ non per-
\Iorstell1111ge11; ZThK 49 ( 1952) 200-222. metterci alcuna conclusione. M. Z. SEGAL 1 spr
b11 sjr' hS/111 ( 1953) 48 pensa a un errore di
20 WELLHAUSl!N, Mk., ad/. e dr. soprattutto
scrittura: invece di bdmk (oXµa.'t~) il copista a-
F. NoTSCHER, Zur theologìscben Terminologie
vrebbe scritto bnv!1k (TCvEvµa.'tt) . Cfr. quanto
der Qtm1ra11-Te>:lc (r956) 85 s. aveva già osservato V. RYSSEI, in KAUTZSCH,
21 Come ritiene probabilmente anche STR.\CK-
Apkr. rmd Pseudepigr., ad l.
BILLERBJ:::CK I. 996 a Mt. 26,41. 27 Questo sviluppo è marcatissimo in Havio
22 STRACK-BILLERDECK IV 466-483, excursus Giuseppe, che perciò ricorre a 6t&.vota. anche
'Der gute und der bose Trieb'. per rendere il significato di leb (dr. SCHLAT-
23Cfr. ancora Iud. 5,9; Ex. 35,5; r Par. 29,9. TER, Theol. des ]udt. 2I). In Deut. 6,J il
I7; :i Par. 29,3 I cod. Il' legge 6ta.vola.ç invece di xa.polo:ç (dr.
24 Cfr ancora Ex. JJ,22. anche Mc. 12,30 = Le. rn,27).
~pòl)vµor., Il I - e (K. H. Rengstorf)

kn l'swt mspfw, «per giudicare ciascuno lo afferma la propria volontà di predi-


secondo il suo spirito»). In simili discor- care l'evangelo anche a Roma: xa..t ùµiv
si rua[J / nvevµa è cosl vicino a léb / xa..p-
òlo. (basti ricordare .r Reg. 3,9) da far -roi:ç Èv 'Pw~tn Eua:yy~).lcra..a-am (Rom.
pensare ad una sinonimicità più ampia. l ,15 ). Nell'espressione 'tÒ xa't' EµE 1tp6-
Tuttavia in ruah/1tw.\Jµa c'è una mag- ì>uµov il neutro 'tÒ TIPO~uµc:i'J, che equi-
gior misura di obiettività, senza che si
vale al. sostantivo +i "Jtpol)uµla. (~ col.
possa arrivare a parlare di una «dote del-
lo spirito» in senso cristiano. Ad ogni 203), è unito a xa't6: con l'accusati-
28

modo, decisivo è ciò che avviene. Si vo: una perifrasi del genitivo abbastanza
ttatta d'imboccare la 'via' giusta e su comune nell'ellenismo 29 che nel nostro
questa ci pone lo spirito (1tVEVp,a) in
quanto è 11;p6l}uµov. caso sostituisce il genitivo µ.ou o l'agget-
tivo possessivo èµ6v 30 , Paolo esprim::
Nel Getsemani il problema che i di- con queste parole la propria decisione di
scepoli devono affrontare è proprio il
rivolgere il suo ministero apostolico an-
problema della 'via' giusta. Nella sua
che ai Romani, tuttora sconosciuti 31 •
attuale collocazione il logion vuol dire
Tuttavia egli non ha preso tale decisio·
che non si può perconere questa 'via'
ne per aver visto qui un compito allet-
spinti soltanto da un moto interiore, ma
tante, ma perché è consapevole, proprio
unicamente con l'ubbidienza e l'impe-
nell'ambito della sua qualifica d'aposto-
gno. Se si agisce soltanto in base ad
lo, di avere un obbligo particolare anche
un sentimento, Ja limitatezza dell'uomo
e proprio verso Roma (Rom. 1,r.5 s.) n.
porta inevitabilmente all'insuccesso. In
questa maniera il logion collega la so-
C. L'uso LINGUISTICO DEI PADRI APO-
lenne dichiarnzione con cui i discepoli
STOLICI
promettono di essere fedeli a Gesù fino
alla morte (lvit. 26,35 par.) con il loro L'uso linguistico dei Padri apostolici
è in tutto e per tutto conforme a quello
venir meno per 'strada', quando avreb- del N.T, Anche in questi scritti 1tp61}u-
bero dovuto effettivamente camminare µoç significa pronto, volenteroso, deci-
con lui, facendo capire l'inevit.lbilità del so, risoluto, e precisamente al bene ( .r
Clem. 34,2: elç &:ya1)o1toLtav, «a fare
loro fallimento.
il bene»; Herm., mand. 12,5,1: "tèc<; Èv-
2. Con un giro di frase che, ineccepi-
'tOÀ.àç -cov iteov cpuÀacraEw, «a osserva-
re i comandamenti di Dio»; sim. 9,2,4:
bile in greco, a noi moderni sembra un accanto a O"ap6ç come virtù cristiana).
po' pesante ( 'tÒ xa't' ÈµÈ 11;p61)uµov) Pao- L'avverbio 7tpoìJUµwç è usato anch'esso

28 Questa è l'infelice traduzione (ted . Gcistbe- 4:a n. 3, ad l.


gabtmg) che G. MouN, Die Siihne des Licbtcs 31 Cfr. ZAHN, Rom., ad l.
(1954) dà di riWIJ in I QS 2,20 e 9,15. 32 I testimoni cl Or Ambst leggono invece <li
29 Esempi in PREUSCHllN-BAUER ', s.v. xa'ta 1tp6ilvµov il nominntivo maschile 1tp6l>vµoc;
n 7b/c. (scii. Elµ~). Si tratta forse di un'antica con-
30 BLAss-DEBRUNNER § 224,r; M1cHBL, Rom. gettura.
1.poil•J1.1ù1. A 1-3 1K. H. RengstorfJ

più volte, tra l'altro (mart . Pol_ 8,3 e meglio definita come a.ù-.:oiç{À.EUO'-to<;
13,1 insieme con fJ.fià <TTtov8fjc;) in ri- (vit. Mos. 2,137; spec. leg. 1,144) o È-
ferimento al martirio (Herm., sim. 9,28, VEÀ.ovpyòc; xa.t au'toXÉÀ.wcr'toc; ( vit.
2 [cfr. anche 4]: r.poOu[J.wc; e'ltc.d}o\1 :H; Mos. 1,63; mut. nom. 270). Varie volte
oÀ"i')c; ·djc; xapòlac;, «risolutamente sof- Filone associa la 1tpoìl'u1..r.la all'idea di
fersero con tutto il cuore»). aywv(ad es., decal. 146; vit. Mos. l,
315; spec. leg. 4,1u) 4 • Ci si muove an-
t 1tpoìl'uµla cora nell'area di questa associazione (cfr.
ad es. agric. 165 dove rispunta à.ywv)
A. L'uso LINGUISTICO FUORI DEL N.'1'. quando si afferma che è pericoloso fare
affidamento sulla l8la ri;poì}v~Lla invece
1. Il sostantivo 1tpoìl'vµla., derivato da che sulla È-rttcppoo-vvl] ih:ov, cercando in
r.p6i}uµoc; (~ col. 203) e d'uso molto questo modo di ottenere per forza ciò
frequente 1, ptesenta nel greco extrabi- che può essere ricevuto soltanto da Dio
blico ed extracristiano una vasta gamma (agric. 169). Filone conosce cosl un uso
di significati che vanno da inclinazione, della Ti:poi}vµfo. che i'uomo deve rifiuta-
tendenza, propensione, prontezza, pre- re in quanto non avviene in armonia
mura (ad es., Horn., Il. 2,588), a desi- con la volontà di Dio.
derio e aspirazione (ad es., Lys. 12,99),
fino a tenacia, determinazione (ad es., 3. Nei LXX rcpoi>v1..r.la., dove compare
Plut., leg. 3,697d) e zelo (ad es., Hdt. una sola volta (Ecc!us 45 ,2 3: iv b..ya-
4,98 ), senza che al vocabolo venga asso- 1}6-.·f}'t~ 1tpoì}uµla.c; tVuxfic; a.ù'toiJ ), sem-
ciata una valutazione etica, mentre il bra, a prima vista, conformarsi al co-
nesso con ìl'uµoc; (~ 1v, coli. 589 ss.), mune uso linguistico greco e quindi di-
termine che richiama la natura intima e scostarsi dalla psicologia biblica, per la
il comportamento di una persona, fa quale il 'cuore'(~ v, coli. 195 ss., xap-
sentire sl la sua influenza, ma general- 8la..) è sede e origine di tutti i processi
mente a livello inconscio. 1tpoìl'vµla. è interioti deila vita umana. Di fatto però
usato spesso e volentieri nelle iscdzioni le cose non stanno così, ovvero non do-
onorifiche. vrebbero stare cosl. Ciò risulta anzitut-
to dal testo ebraico che legge 'Jr ndbw
2. Anche Filone si allinea a quest'uso lbw 5, nel quale il soggetto attivo, mo-
del nostro vocabolo 2• In una serie di vente, è il cuore; in secondo luogo dal
passi la parola sembra però assumere in contesto nella traduzione dei LXX, dove
lui un po' la nota dell'autoconsapevo- non si toglie niente all'iniziativa di Fi-
lezza e dell'autodetel'minazione 3 , ad es. nehes, il nipote di Aronne (cfr. Num.
in alcuni casi in mi la 1tpoìl'vµla viene 2 5, 7 ss.), iniziati va che il passo pone in

'ltpoltuµl« 3 In :rpec. leg. 4,rn 71poiJu~iiC1.L xet~ --:éÀ.µ:J.1.


1 Numeros~ esempi tratti dalla letteratura (da appaiono esplicitamente espressione di xetp·n:-
Omero in poi), dalle iscrizioni e dai papiri in pla. xai Éyxp&.:tE~et. L'immagine e la scelta
PASSOW, MOULTON-MILLIGAN, LIDDELL-SCOTT dei termini situano qui Filone in piena tradi-
5.
e PIUluSCHl!N-BAUER :r.v. zone grc:ca; cfr. I. HEINEMANN, Pbilo11s griccb.
2 'itpoDuµla è usato, ad es., insieme con c:rr.ov- 1111d j;id. Bild1111g (1932) 162.
81) (sacr. A . C. 59; :rpec. leg. 1,144; vit. col!t.
71; migr. Abr. 218), con 't6˵TJ (spec. leg. 4,
4 Cfr. anche vit. Mos. l ,260: Ù.yWVL<T'ta;Ì. 7tp6-
1)uµo~.
ux; cfr. vit. Mos. 1,260), con 'taxoc; (:rpec.
{eg. 2,83). 5 Ebraico antico: Ex. 25,2; 35,29; cfr. 35,21.
itpoDuµla. A 3-6 (K. H. Rengstorf)

pieno risalto. Per il traduttore 1tpol>uµla. to di sacrificio volontario, cioè di offer-


indica l'iniziativa di Finehes, che qui si ta fatta in seguito a un voto e pertanto
afferma e attua e nella quale si esprimo- distinta dalle offerte obbligatorie (Men.
no insieme coraggio, decisione e ubbi- 1,r; Qinnim 1,r ss. e passim). Anche
dienza verso l'ordinamento divino. Ap- una pioggia leggera, gradita, oppure ab-
punto questo passo mostra tuttavia che bondante può essere detta gJm ndbh
7tpowµ- non è propriamente atto a ren- (Taan. 3,8). Sia nel primo {offerte vo-
dere con precisione ciò che ndb significa. lontarie: Ex. 35,29 e passim) sia nel
La conferma viene dai passi dei LXX secondo caso (Ps. 68,ro: gJm ndbwt 1,
dove sono usate altre parole della me- <cpiogge abbondanti») l'ebraico rabbini-
desima radice (-7 coli. 203 ss. ). co riprende l'uso linguistico dell'A.T.
Il tratto comune alle due accezioni è l'i-
4. In Giuseppe, che usa 7tpol>uµla al- dea di atipicità ed è indifferente se tale
cune volte, il vocabolo significa dispo- anormalità si manifesti come spontanei·
sizione, inclinazione, propensione (ani . tà o come abbondanza 8 •
15,193: "t'Ì')v ȵl}-v 7tpoi)uµlav, «la mia
propensione [per Antonio]»), impeto, 6. Considerato il rapporto stabilito in
foga, slancio nella battaglia (ant. 15, Ecclus 45 ,2 3 tra 1tpoi>uµlcx. e 11dbh, as-
r. 24: 1.1.e-rii ?tao-71ç 7tpol}uµla<;, «con tut- sume particolare importanza la presen-
to lo slancio»; dr. ani. 7,236: mx.cr-o za di ndbh anche nei testi di Qumran.
1tpol}uµlq. XPW~vwv), oppure (al plura- Nel cosiddetto Rotolo della guerra (I
le) segni di {decisa) prontezza. Anche in QM) i .figli della luce vengono chiamati
Giuseppe sembra che a 7tpo1Juµla. sia as - 'nJj ndbt ml/;Jmh, che possiamo tradurre
sodata l'idea di una iniziativa presa, ma con «combattenti volontari» (I QM 7,
ancora una volta il nostro vocabolo non 5 ): infatti essi combattono per libera
è adatto a esprimere chiaramente que- scelta e non già perché costretti 9• Im-
sta idea 6 • portante è anche I QH r 5,ro : il salmi-
sta esprime il voto di adempiere il co-
5. Il vocabolo JJediibil, derivato dalla mandamento di De11t. 6,5 amando Dio
radice 11db che nella redazione ebraica bndbh, un'espressione che evidentemen-
del Siracide costituisce il corrispondente te vuole interpretare sinteticamente il
di rtpoi)uµla (-7 col. 214), ricorre nel testo biblico (bkl tb ecc.) nel senso di
tardo giudaismo rabbinico col significa- dedizione spontanea. Al contrario I QS

6 Senza nlludcre alla storia del concetto di 9 Y. YADIN, The Scro/l of the War of the Sons
r.polhiµla. A. ScHALIT, qdmwniwt hjhwdim' of Light agai11st the Sons o/ Darkness (in ebrai-
n (1955) 2.i9 (traduzione in ebraico moderno co) (1955) 301b, ad l. interpreta il nostro testo
di 1111!.) hn scelto l'espressione molto moderna cosi: hjjmo hmqrjbim 't ·~mm lmll;mt b-
bkl htlhbwtm per rendere 'ltlla"(J 1tpolhiµlq. di mr~wnm ( = di spontanea volontà). Cfr. an-
a11t. 7,236. che J. L1cm, m.wsg h11dbh bktwbih Ii kt
7 I LXX traducono con ~pox7} lxo6cnoç. (lii mdbr ;hwdh ( = The Concept o/ Nedabah i11
67,ro). the Dead Sea Scrolls) in J. LIVER, 'iw11i111
s Perciò bindiiba significa in pratica spo11ta- =
bmgjlwt mdbr jhwdh ( Studies in the Dead
11eame11Je (Num. 15,3; Ps. 54,8; I QS 9,:z4; I Sea Scrolls) (1957) 80, secondo il quale dietro
QH 15,10). Secondo Taan. 6,5 nel tempio c'c· a nbdh c'è sempre il concetto di libero arbi-
rano due tipi dr cassette per la raccolta di of- trio. In questi casi non va dimenticato che già
ferte: oltre a quelle per le offerte vincolate, nei più antichi testi dell'A.T . hwdb indica
con indicata la destinazione, altre sei li11diibr1, porprio la prontezza al servizio militare (Iud.
«per l'uso liberm>. 5,:z e passim).
~polhJµla A 6 - B 2 (K. 11. RcngstorfJ

9,24 è un passo ancora troppo oscuro B. 7tpoDuµla NEL N.T.


per poterci essere in qualche misura uti-
le 10• Soprattutto ci si dovrebbe guar- L'uso di 1tpo1'uµla. nel N.T. non è
dare dal leggervi un parallelo a certe uniforme.
idee professate dagli Stoici e tendenti
ad afl:ermare l'estrema nullità della vo- r. Act. 17,n: sotto l'impressione su-
lontà umana l'ispetto a quella divina. scitata dalla predicazione di Paolo e Si-
Tentativi di questo genere 11 rimangono
insoddisfacenti e dubbi. Complessiva- la, i Giudei di Berea Éoi~a.v-to -ròv M-
mente l'uso di ndbh nei testi del Mar yov 1.1.e-.à i.&:o-l]ç 7tpo1'vµla.ç, «ricevet-
Morto dà l'impressione che la parola si tero l'cvangelo con grande entusiasmo».
riferisca ad un particolare atteggiamen-
to dettato dalla conversione e caratteriz- La formulazione riprende una locuzio-
zato dal cammino volenteroso e lieto ne corrente 13 e intende indicare, per
sulla via di Dio imboccata con la con- quanto ne sappiamo (~ anche n. 2), la
versione. Potremmo quindi definire
ndbh così: l'atteggiamento di chi, con- premura, l'entusiasmo, l'interesse, la sol-
vertendosi, ha accolto nella sua vo- lecitudine che gli ascoltatori, per pro-
lontà la volontà di Dio, ovvero ha gioio- pria libera decisione, hanno per l'evan-
samente subordinato la propria volontà gelo e per i suoi predicatori.
a quella di Dio. Se nei testi di Qumran
pubblicati finora questo aspetto non è 2. Raccomandando ai Corinzi la col-
espresso in maniera più chiara, ciò è
dovuto al fatto che essi non hanno in- letta da lui organizzata per la comunità
teressi teoretici, bensl pratici 12 • di Gerusalemme, Paolo usa ben quattro
volte la parola itpoihJµlcx.. Tre volte ( 2

IO H. BARDTKE, Dù: Handschrif tenfunde vom ZNW 34 (r935) 62-69, al fatto che il tradut-
Tote11 Meer (x952) xo3 ha certamente torto tore prese la locuzione da lui usata dalla tradi-
a intendere qui 11dbh nell'accezione rabbinica zione ellenistica, la quale vede nel 7t\1Evµo:.
(-> coll. 2r5 s.) di «offerta spontanea». A. Du- la forza che «in virtù della ragione in esso
PONT-SOMMBR: Évidences No ,58 (Ju.in/]uillet insita governa tutta la mia vita psichica e
r956) 29 traduce la frase kwl hn'sh bw irFh m'indica costantemente la giusta via da se-
b11dbh cosl: «En tout ce qui a été fait par guire» (69). Però 1)yEµovLx6v potrebbe piut-
Lui il se complaira de bon coeur». Anche que- tosto rimandare a ò'ò6ç/derek (~ col. 211).
sta traduzione non è felice. Contro l'ipotesi di un'influenza stoirn su Ps.
11 LICHT, op. cit. (~ n . 9) 82-84. ,5I,r4 si pronuncia P. KATz nella sua recen-
12 Ps. ,51,14 presenta con la locuzione rlììi~ sione di I. SoISALON-SOININEN, Die Text/orm
11'dlbii un problema di esegesi e di storia del- der Sept11agi11ta-Oberset:r.1mg des Richterbu-
l'interpretazione che nel nostro caso non è ches ( r 951): ThL~ 77 (1952) 157.
lecito passare sotto silenzio. I LXX traducono u Ios., ant. 15,124: µe-rà 1ta<NJç 7tpoi}uµlaç;
rtiìih 11'dib/J con 7tVEiiµa 1\yEµovLx6v, la Vul- Philo, Abr. 246: -ròv y,),,ijpov ... µe-rà 7tpolN-
gatà con spir.ilus principalis: entrambe queste µlaç 1ta<NJç à.vE'òÉXE-ro (dr. sacr. A .C. 59;
antiche versioni rimangono cosl entro la tr:i- migr. Abr. 218; vii. colll. 7r); DITT., Sy/l.' I
dizione esegetica giudaica (dr. Rashi, ad/.). 532,6 s.: µe[ 'tÒ:.) micmç 1tpoihJµ[Caç] 'tÒ:.V
Probabibnente la traduzione esatta è «spi.rito &.7t65E~tµ 7tOLoUµÉwx. Altri rimandi alle testi·
della prontezza (al bene)» (cfr. i commenti, monianze epigrafiche in PREUSCHllN-BAUBR ~,
ad l.). La traduzione dei LXX è dovuta, se- s.v.; ]ACKSON-LAKE I 4,z48 (ad Act. 19,29).
condo ]. SCHNEIDER, IlvEiiµa 1)yEµO\ILX6V : Vedi anche I Clem. 33,r: µE'tà 1tpoi)vµlaç.
r.:poi)vp.la. B 2-3 (K. H. Rengstorf}

Cor. 8, 1 r. r 2; 9 ,2) J'Apostolo indica con faccenda: Ja loro partecipazione alla col-
questo termine l'atteggiamento che egli letta per Gerusalemme non ridonda so-
si aspetta e spera che i Corinzi assuma- lo a maggior gloria di Dio, ma consente
no in questa occasione; la quarta (8,19) all'Apostolo di non perdere la propria
7.poitup.lcx. si riferisce alla sua personale 7tpo~uµla che a sua volta influisce su
partecipazione alla raccolta. Paolo in- quella (8,r9). L'intera sezione dedicata
siste perché la comunità vada oltre la all'argomento della colletta è in istretta
pronta accettazione della sua proposta, relazione con la testimonianza di libertà
assuma un atteggiamento di attiva par- di Paolo u e questo aspetto avvicina lu
tecipazione e di spontaneità dettato da posizione dell'Apostolo al modo in cui
un'obbligazione liberamente e consape- la comunità di Qumran intende se stes-
volmente presa e non già da un ordine sa per quanto riguarda il suo compito,
o da una legge. Il periodate di Paolo è la sua missione di comunità di Dio (-l>
pesante e difficile forse perché, da un ccl. 217). Considerando tale rapporto
foto, l'Apostolo non vuole insistere ec- possiamo fissare 15 il significato di 7tpo-
cessivamente e, dall'altro, non può per- ~uµla in 2 Cor. 8-9 all'incirca nei se-
mettere, proprio per il bt:ne dei Corinzi, guenti termini: lieta risoluzione, gioio-
che non si dia ora corso ad una deci- sa fermezza o decisione 16, caratteristi-
sione presa in passato (8,II s.). L'uso di ca inseparabile dalla condizione di cri-
1tpoituµlu è dettato dalla necessità di stiano 17 •
dire ciò chiaramente, pur con tutta 1a
3. Per l'uso linguistico dei Padri apo-
dovuta cautela e diplomazfa. Perciò Pao- stolici -7 n. 13; dr. inoltre I Clem. 2,3;
lo usa r.poi)uµlct anche in riferimento a Herm., sim. 5,3,4; Diogn. 1,1 (usato
sé (8,19), per sottolineare cosl la pro- sempre in bonam partem ).
pria solidarietà con i Corinzi in questa K . H. RENGSTORF

14 Cfr. ScHLATTER, Kor. 596-599. 234.


lS Il termine greco qui è condizionato seman- 16 Wrno1sc1-1, 2 Kor. 264 ha giustamente col-
ticamente da ndb (htmlb) (~col. 203). Per 1a to tale si>gnificato trnducendo 'ltpÒc; ... 1tpobv-
discrepanza tra forma (greca) e contenuto (se· µ(a.v l)µwv (2 Cor. 8,19) con «per accrescere
mitico) in Paolo in 2 Cor. cfr. (riguardo ad la nostra letizia>.>.
un'altra pericope) W. C. VAN UNNIK, Reiseplii- l7 F. DELITZSCtl ha giustamente messo in evi-
ne und Ame11-Sage11, Zusam111enhang rmd Ge- denza la corrispondenza sostanziale tra 'ltpo~v­
dankenfolge ili 2 Kor. I,54-24, in St11dia Pa11- µfo. in 2 Cor. 8-9 e ndb nella sua traduzione
li11a in honorem ]oh. de Zwaa11 (1953) 215- del N .T . in ebraico (bpdsb spri hbrjt [1883]).
221 (Vr,700) 11potcr·o1µ~ r (B. Reickc)

I . Il verbo 7tpofo"t1]µL è attestato ab- b) È anche naturale pensare che qual-


bondantemente nella letteratura greca. cuno stia davanti o si ponga davanti ad
In Omero ricorre una sola volta (Il. 4, una persona a sua protezione: ot ÒoplJ-
156), mai in Esiodo; quanto mai fre- cpopoL oi. Macrlcr-i:Ew 11:p0Écr-c11cra.v (Hdt.
quente è invece negli scritti posteriori. 9,107 ). Da questo significato deriva quel-
Nell'uso transitivo il verbo significa met- lo di stare o farsi vicino, assistere e poi,
tere davantì, presentare (ad es., Horn., più precisamente, proteggere, rappresen-
Il. 4,r56; Polyb. 1,33,7), ma nel N.T. tare, sostenere, prendersi pensiero, op-
tale accezione non compare. La forma pure aiutare a progredire, promuovere:
media intransitiva 7tpotcr-caµaL (aoristo -roL01hwv çlvwv 7tpo\Jcr-c11n (Eur., He-
1tpOÉO''t"1JV, perfetto 1.p0Éei't"1]Xe<) significa racl. ro36 s., dr. 306); 1tpotcr-cacriìaL
mettersi a capo, farsi avanti, al perfetto 't'WV 'EÀ.À.1)vwv xcd.... .-oi:c; ò:òixouµÉvoLc;
presiedere. In un caso (ammesso che il Po'T]iìEi:v (Demosth., or. I0,46); -cljc; Ei.-
testo giuntoci sia corretto) abbiamo un PYJV'T]ç (Aesch., fals. leg. r61); -i:fjc; Èva..v-
significato strettamente spaziale: crÈ... .-lo:ç yvwp.'T]c;, «sostenere l'opinione con-
7tpoì.icr-c11v, «sono venuto davanti a te» traria» (Polyb. 5 ,5 ,8 ); Év -i:ai:c; &.µap-
(Soph., El. 1377 s.), altrimenti il verbo -i:lmc; crou ... 7tpoÉCT"t'T]V crou, «nonostante
è usato in senso traslato. Un primo si- i tuoi peccati. .. ti niutai» (Is. 43,24);
gnificato traslato è superare (ad es., 1tpOéO"'t'W'CE<;, rappresentanti, curatori
1tcXV'tWV 1tpocr•iio-a: Plat., Tim. 25b) 1; (ep. Ar. 182: maestri di cerimonie della
altri significati metaforici sono tuttavia corte egiziana che avevano il compito di
più importanti. a) Il più importante si- ricevere le legazioni straniere); 1'Elou v6-
gnificato traslato di rcpotcr.-1]µL è essere µou 'ltpOECi'flJXCXCiLV 'ÌjµG}V OL OOpUcpopoL,
a capo, presiedere nel senso di guidare, «i lanceri (in realtà) ci assistono quali
reggere, governare, dirigere, amministra- rappresentanti di una legge divina» (4
re: 1tpOEO"'\"OCWn '\"ijc; 'EÀ.À.aooc; (Hdt. l, Mach. n,27; così come secondo 11,12
69; 5 ,49 ); 'ltpoì.icr-c1] '\"fjc; 'ltOÀ.EW<; (Thuc. il tiranno senza volerlo aiuta i fratelli
2 ,6 5 ,5 ); 'ltpow1.-1)xEcrav -cijc; µE'\"CX~oÀ.fjç straziati a morte a manifestare con la
(Thuc. 8,75,2); o1tpOECT't1JXW<; 'tOU otxou sofferenza la loro fedeltà alla legge); ot
(2 Sam. 13,17; dr. Prov. 23,5; A111. 6, aµd..wc; 7tpOO"'taV't'E<; 'COU XOL\ITI cruµcpÉ-
10; Dan. [LXX] Bel 8 ); 7tp6cr-c1)'te 'toi:i pOV'\"O<; (Ios., ant. 5,90); 01tW<;... b &.pXLE-
À.aoù, «prendete la guida del popolo» pEÙç... 7tpoi:O"-clj-rcn .-wv à.oLxovµÉvwv
(I Mach. 5 ,19 ); OLXe<lwc; 'ltpocr-cijvaL '\"OU (ibid. 14,196); -ròv ... 1}µ.Wv ... Tipoi:cr-ra-
1tÀ1)i}ouç (Ios., ant. 8,300); 't<';> µE-cà µEvov, «colui che ci_ assiste», cioè Dio
't<XU'tct 1tpOLO'°'>CXµÉVfV (Ios., vit. 93 ); ot (Epict., diss. 3 ,24,3 ); onwc; Éyòwv-.al µ.E
't'OU 11:À:1]i}ouç 1t!JOEO'°'"CW'tEç (ibid. 168) 2• mh@ 'ltpoi:cr-raµÉv~, «sicché essi (scil.

7tpot<T'tT]µ~ SCHUTZ, Tb. a I Thess. 5,12; H. GREEVEN,

Thes. Steph.; PAssow; MouLTON-MrLLIGAN; Propheten, Lehrer, Vorsteher bei Pa11lt1s. Zt1r
PREISIGKE, Wort.; LIDDELL - ScoTT; PR1w-
Fr11ge der 'A.111/er' im Urcbriste11111m: ZNW
scHEN-BAuER 5, s.v.; b.. b.'l'J!lTJ'tpchoç, MÉya. 44 (r952f53) 1-43.
1 Cfr. inoltre KiiHNER-BLASS-GERTll n 1 §
MsLxov Tilç ÈÀ.À.TJVLxfiç y À.wcr<rTJç 7 ( r 949)
s.v.; A. BAILLY, Diction1111ire grec-fra11çais i; 420,2b.
(r950) s.v.; SCH\"1YZUR II 505 s.; MAYSER I 2 Frequente anche nei papiri: ..-.+ MouLTON-
3,230; 11 1,98,193 s. 215; u 2,2n s. 236; Don- MILLIGAN; ---+ PREISIGKE; MAYSER II 2,336.
,;potcr-tl)J.l~ 1-3 (B. Rcicke) (Vl,701) 224

i genitori) mi facciano sposare lui che verbo negli scritti pseudoepigrafìci ba-
si prenda cura di me ( = mi mantenga sti ricordare test. Ios. 2,6, dove è detto
quale moglie)» (BGU IV 1105,5 s.; I che Dio 1tpot<r-ra.-.a.t, offre protezione o
sec. d.C.); xa.Àwc; 1toL1)cra.-.e 1tpoi:cnav- protegge in ogni situazione.
'n:<; IlE't'1)crtoç, «per favore, prendetevi
buona cura di Petesi» (P. Fay. 13,5: II 3. Nel N.T. 'ltpotO''t'l')µt è usato otto
sec. d.C.) 3 • c) Il verbo può indicare an- volte, sempre in forma intransitiva. Il
che semplicemente l'occupazione del verbo compare nelle lettere di Paolo e
soggetto con l'oggetto in questione, sen-
za che si senta più il valore della prepo- nelle Pastorali, usato nelle accezioni a),
sizione 1tp6 né esista più il rapporto da b) e c) esaminate sopra(~ coli. 221 ss.).
essa stabilito fra soggetto e oggetto. In Nella maggior parte dei casi 7Cpok'tTJ-
tale maniera il verbo assume i significati
di curare, assistere, provvedere, ordina- µt sembra avere dapprima il significato
re, trattare, gestire, esercitare, ecc. (tal- di guidare, ma il contesto mostra che bi-
volta può trattarsi di un'attività del tut- sogna associargli anche quello di pren-
to casuale): ovx òpl>wc; crEwi.i·nu 1tpoÉ- dersi pensiero (~ col. 222 ). Questo
<T't1JXac;, «non ti comporti rettamente»
(Hdt. 2,173 ); 't'OLOW ~xl>poLc;... 1tPOÒ- fatto si spiega tenendo presente che l'as-
<T'l'1)'t'T)\I q>ovou, «entrambi compirono un sistenza competeva a coloro che stavano
omicidio a danno dei nemici» (Soph., a capo della giovane comunità. Abbia-
El. 979 s.}; Et µovov "tou Èau't'Ou ~lou
xaÀwc; 1tOEcr-.1)xot, «se provvede bene mo così Rom. 12;8, dove Paolo dice: ò
soltanto all'amministrazione dei propri µE't(J.OLOoÙç ÈV 1i.1tÀ6-.'l')-.L, b 1tpOi:O''ta-
beni» (Xenoph., mem. 3,2,2); ò 1tpoe- µevoç è:v 0'7COUOij, b ÈÀEWV ÈV tÀa.pO'tT]-
<T'twç aÀÀO'tpla.c; XpL<TE(J)ç, «Chi si occu-
'tL. La seconda espressione fo eviden-
pa di una causa non sua» (Prov. 26,
17) 4 ; 1tpotcnmrl>oct Èpy®la.ç, 'l'ÉXVTJc;, temente riscontro alle altre due che in-
«esercitare un'attività, un'arte» (Plut., dicano un'opera caritativa; dobbiamo
Pericl. 24,5 [1 165c]; Athen. 13,94); pertanto tradurre all'incirca: «chi di-
c:ptÀocrocplaç, «dedicarsi alla filosofia»
(Philostr., ep. Apollonii 53 [I 358,8]). stribuisce i doni lo faccia con onestà,
chi è addetto aU'assistenza operi con
5
2. Per quanto riguarda i LXX , da zelo, chi cura la beneficenza faccia il suo
cui abbiamo già citato alcuni esempi
nella sezione precedente, dobbiamo ag- lavoro con letizia». Tutto il contesto di
giungere che 7Cpot<T-t:T]µt vi è usato per Rom. 12,8 tratta però dei carismi; ot
tradurre diversi termini ebraici e che npota"•aµEvot. sono dunque un gruppo
talora il T.M. non ha un riscontro diret- di uomini fidati 1 scelti dallo Spirito, de-
to. È necessario vedere caso per caso
perché i LXX abbiano usato 1tpOLCT'l'TJµL. diti soprattutto all'assistenza 6 (cfr. 1
Come esempio dell'uso del nostro Cor. 12,28; civ'ttÀ1)µljJEtc;, xuBE;pv1J-

l Per i papiri dr. -4 MouLTON-MILLIGAN; -4 5 HELJ.llNG, Kasussylllax 187.


PREJSIGKE; MAYSER u 2,21r s. con ulteriori 6 M. J.LAGRANGll, Saint Paul, Epìtre aux Ro-
esempi per il significato df proteggere ecc. maills ( 1922) ad I.: «Costoro che centralizza-
~ T.M.: mit'abber 'al == tmo che si accalora no i doni, sono come gli intermediari tcu i
per. ricchi e i poveri o i malati...».
225 (v1,7or) 'ltpotui;nµ~ 3 (B . Reicke)

O"E~<;).Abbiamo 1a medesima situazione mc un uomo «che governi bene (-n;poi:-


in r Thess. 5,r2: dÒÉVClt -roùc; XO"lttwv- O''taµEvov) la propria famiglia» e sap-
-ra.c; Èv ùµ~v xat npoi:11-ro:µ€vouc; ùµwv pia tenere sottomessi i figli. E subito
f:v xupl~ xal. vouih:-rouv·rnc; ùµac;, «vi dopo (v. 5) aggiunge: «Se uno non sa
preghiamo di riconoscere coloro che fa- governare (-n;poaTTjvo:t) la propria fami-
ticano tra voi, che vi guidano nel Signo- glia, come potrà aver cura ( ÈmµEÀ.1)aE-
re e vi ammoniscono». Secondo il con- 'tClL) della chiesa di Dio?». Di fatto qui
testo, il compito dei 1tpoi:O""t"aµEvot con- governare e curare indicano la stessa co-
siste in gran parte nella cura pastorale e sa. Cfr. anche 5 ,8 : «Se uno non prov-
l'accento non è posto sulla loro premi- vede ( ttpovoEi:) ai su~i parenti e in par-
nenza o sulla loro autorità, bensl sulle ticolare alla sua famiglia ... ». Poco dopo
loro fatiche per la salvezza eterna dei (r Tim. 3,12) leggiamo che i diaconi de-
credenti 7 . Si discute ancora vivacemen- vono pl'Ovvedere ( 'l'Cpoi:o..taµEvot) ai loro
te se e in che misura i due passi succi- figli e alle loro case (cioè alle famiglie e
tati (Rom. 12,8 e I Thess. 5,12) si rife- alla servitù). Certamente l'autore della
riscano a due particolari uffici ecclesia- lettera presuppone l'autorità del capo-
stici: il carisma presupposto in Rom. famiglia, la patria potestas (-+ rx, coli.
r2,8 non è comunque un argomento III9 ss. rx54 ss. r275 ss.), ma non po-

contro la possibilità che si tratti di un ne l'accento sull'aspetto dell'autorità e


ufficio, perché nel N.T. non esiste la dell'esercizio di essa, bensl sull'avvedu-
contrapposizione tra Spirito e ufficio (ad tezza e sulla cura di cui deve dar prova
es. Mt. 7,29; Act. 6,3) 8 . Anche in I chi goda di tale autorità. Abbiamo infi-
Tim., ove il verbo appare più volte, par- ne I Tim. 5,x7: ot xa.Àwc; 1tpoE<T"t"W"t'Ec;
ticolarmente al participio 9 , il discorso 1tpEa~1hepoL (~coli. r25 s.) devono es-
sottolinea sia l'idea della guida sia l'idea sere considerati degni di una doppia ri-
dell'assistenza. In questa lettera si trat- compensa, particolarmente coloro «che
ta comunque chiaramente di ministri di- faticano nella predicazione e nell'inse-
rigenti della comunità. Dapprima r Tim. gnamento». Il contesto fa capire che
3,4 descrive un candidato 'vescovo' co- non si tratta qui semplicemente degli

7DoBSCHUTZ, Th. a 1 Thess. 5,12; cfr. F. J. Arsskrift 1932 Teol. 2 (1932) 127.195-211;
A. HORT, Tbe Christian Ecclesia (1897) u6 G. FRIEDRICH, Geist 1111d Amt, in: Wort und
s. (non si tratta di un titolo specifico, ma di Dienst. Jahrbuch der Theol. Schule Bethd,
persone investite ufficialmente d'un ministero N.F. 3 (1952) 80 n. 65.81-85 ; ~ GREEVEN 32·
ecclesiastico); ~ GREBVEN 32 n. 74 (a Rom. 39.42; H. v. CAMPENHAUSEN, Kirchliches Ami
12,8 e I Thess. 5,12: assistenza dn parte dio su- 11t1d geistliche Vol/macht i11 den erste11 drei
periori). Jahrht111derte11 (.1953) 323-332.
8 O . LINTON, Das Problem der Urkirche i11 9 C. SPICQ, Saint Paul, Les épitres pastora/es
der 11eueren Forsch11ng, Uppsala Universitets (r947) 87 s.
rcpotcr"tnµ~ 3-4 (B. Rcicke)

«anziani che esercitano bene la presi- L'importanza dell'idea di assistenza


denza», ma particolarmente degli anzia- nell'uso di 7tpotcr't'aµm nel N.T. risulta
anche dal fotto che 1tpocnchtc; significa
ni che esercitano l'assistenza in maniera protettrice o patrona (Rom . 16,2) 13 • Si-
onesta: la seconda metà del versetto milmente 7tpO<r-tét't''l']<; (un termine che
precisa infatti che il criterio per giudi- non ricorre nel N.T.) significa protetto-
care il loro lavoro è la cura d'anime. Ciò re in r Clem. 36,1; 61,3; 64 14 • In que-
sti passi TCpoui;éti;nc; è sempre riferito a
non significa tuttavia che secondo que- Cristo e costantemente associato ad &:p-
sto passo i 1tpotO"'t'aµEvot non abbiano XtEpEuc;, cosi da riproporre la doppia
una particolare dignità e in quanto 'an- idea del presiedere e dell'assistere 15•
ziani' non abbiano una posizione diretti-
Nella Lettera a Tito troviamo due vol-
va nella comunità 10• Da tutti questi pas-
te l'accezione dedicarsi, attendere, eser-
si risulta dunque che nella maggior par-
citare, quando si csottano i cristiani a
te dei casi il nostro verbo ha nel N.T.
xu.Àwv itpywv 7tpofoi;aO"i}ai, «a dedi-
il significato di guidare e assistere 11 . Ta-
carsi a degne opete (sociali) 16» (Tit.
le significato è del tutto conforme alla
3,8.14) 11.
natura particolare che il N.T. attribuisce
all'ufficio ecclesiastico, secondo il prin- 4. Nei Padri apostolici troviamo una
cipio evangelico (Le. 22,26) che «chi go- sola volta ciascuno i significati di go-
vernare e sostenere. a) Il primo si ri-
verna ( ò i)youµEvoc;) sia come colui che scontra in Herm., vis. 2,4,3 : ol 1tpEuBu-
serve» 12• 't'Epoi oi. 7tpoi:<r't'aµEvot 't'ijc; bx)1:r1crlac;,

10 DIDELIUS, Past.', ad l. Nell'ordinamento ver11are e di assistere/sovvenire per quanto


delle associazioni greche anche b 1tpOEO'"tWc; riguarda i succitati passi dcl N.T. Cfr. anche,
era un particolnre dignitario: F. PoLAND, Ge- ad es, E. ScnWEIZER, Das Leben des Herrn in
schichtc des griechischc11 Vereinswesens, Preis- der Gemeinde tmd ihre11 Die11ste11, AThANT
schriften der Fiirstlichen Jablonowskischen 8 (1946) 56 n. 26.
Gesellschaft 38 (r909), indice s.v. 7'poE<r-ct:iç; 12 ~ t1tlrrxo11oc; m, coli. 761 s. («opera pro-
~ GREEVEN 38 n. 91. tettival>), 774 ss.; ~ xv(3Épvt]<ni; V, coll. I332
11 DonscHiiTZ, Th. sottolinea, particolarmente ss.; ~ 'ltotµ?Jv x, coll. 1205 ss.
nel commento a I Thess. 5,12, come nell'uso B PRHUSCHEN-BAUER 5, s.v. 7'pocr-r&.'\t.c;.
linguistico dcl N .T. 1tpot<r'\ct.vbcx~ tenda al si- u PREUSCHEN-BAUER ', s. V. 7'f>OO''t'a'\'1lc;, con
gnificato di assistere, provvedere, e porta mol- bibl. s.v. 1tporr-r&.'t'tc;. Inoltre PoLANO, op. cii.
ti argomenti linguistici a sostegno della sua (~ Il, IO) 363-368 e indice S.V. 'lt{lOfl't'<hr)c;.
tesi. A. HARNACK, Ko'lto:; (xomE.v, oi xomwv- Cfr. ;b;d. anche indice s.v. 'ltpota"twc;.
'\Ec;) im friihchris1lichcm Sprachgebrauch:
15 Cfr. anche 'ltpO<r't'ct."tÉW (Lmom.L-SCOTT,
ZNW 27 (I928) 1-10 è parziaLncnte d'accordo
s.v.), che però non è usato nel N.T.
con lui, ammettendo (p. 10) che si tratta sen-
z'altro di «un'opera assistenziale»; aggiunge 16 Per le 'buone opere' nelle Pastorali cfr. B.
però a ragione, in contrasto con DoBSCHiiTZ, REICKE, The Disobedient Spirits a11d Christian
Th., che coloro che presiedevano a quest'ope- Baptism (1946) l77.2n-213.223; SPICQ, op.
ra erano realmente dei ministri ecclesiastici cit. (-7 n. 9) a TU. 3,8 con excurms.
(pp. 8-10). Non è quindi il caso di porre, co- 17 G. D. KYPKE, Observationes sacrae in Noui
me avviene in PREUSCHEN-BAUER5, s.v., una ri- Foederis libros 11 (1755) 380 s.; \V/. LocK, Tbe
gicla alternativa tra le accezioni di guidare/ go- Pastoral Epistles, ICC (1952) a Tit. 3,B.
'ltpoxo1d1 (G. Stiihlin)

<d presbiteri che guidano/governano la presente in Diogn. 5 ,3: i cristiani non


chiesa». Qui non si tratta affatto della si separano dalla società ouo~ o6yµanc;
funzione assistenziale, ma unicamente di &.vt1pw7tlvou 7tpOEO"-céicrtv, «né sostengo-
quella amministrativa degli anziani (-> no una dottrina umana».
coll. I 45 s.). b) Il secondo significato è B. REICKE

7tpoxctÀ.Éoµat ~ IV, col. 1479 7tpOXEtµat ~V, col. 318


7tpoxa-.a;yyÉÀ.À.w ~ r, coll. 192 ss. 7tpOX'Y}pUCTCTW ~ v, col!. 479 ss.

T 1tp0X01ti), J.I 7tp0%0'it't'W


I I I

(~ m'>~<ivw x, coll. 628 ss.; ~ 7tEptcr- 1. LXX, Simmaco, Testamenti dei xn Pa-
rm)w x, col. 13; ~ 7tÀ.'Y}ihJvw x, coll. triarchi, Lettera di Aristea, Giuseppe;
622 ss.; ~ 7tpo6.yw 1, coll. 349 ss.; ~ 2.'ltpoxo7tTJ come concetto etico in Filone.
'tEÀ.EtOW) D. Il gruppo di termini nel N.T.:
r. collocazione linguistica;
2. la 'ltpoxom'J individuale;
SOMMARIO: 3. la 1tpoxon1) della comunità e dell'evan-
A. Il gruppo di termini in greco: gelo;
r. storia e signilìcato dei termini; 4. la 'ltpaxom'J dell'eresia;
2.1tpoxom1 come termine tecnico nella Stoa 5. la 7tpoxom'J degli eoni.
e nelle sue propaggini. E. Il gruppo di termini nella prima letteratu-
B. L'idea di progresso 11ell'A.T. ra cristiana dopo il N .T. :
C. Il gr11ppo di termini nella letteratura del r. i Padri apostolici e gli apologisti;
giudaismo elle11istico: 2. Clemente Alessandrino.

npoxom'J, 7tPOX67t'tW V6LKER r), Fortschritt tmd Vollendtmg bei


Per A: Philo von Alexandrien (1938) 154-262, spec.
PAPE, PASSOW, LIDDELL-SCOTT, 1-IERWERDEN, 229-238; J. S. BouGHTON, The Ide,1 o/ Pro-
MouLTON-MlLLIGAN, PREISIGKB, ìVort., s.v.; gress in Philo ludaeus (per il significato di
A. BONHOFFBR, Epiktet tmd das N.T. (19n) 'progresso' dr. p. vm), Diss. New York
128; G. H. PuTZNER, Die ethische11 Systeme (1932); E. BRÉHIER, Les idées philosopbiqt1es
Platos und der Stoa, Diss. Leipzig (1913) 94- et religieuses de Philo11 d'Alexa11drie 3 (1950)
98; M. PoHLENZ, Die Stoa I (1948) 154 (anche 250·3xo, spec. 302 s.
n' [1955] 83) e passim; In., Stoa rmd Stoiker Per D:
(1950) 164-170; K ZmGLEll, art. 'Plutarchos':
PAULY-W1ssowA 21 (1952) 771 s.; P . BARTH-
G. STii.HLIN, Fortschritt u11d Wnchstt1m. Z11r
A. GoEDECKl!MEYER, Die Stoa • (1946) 34 s. Herktm/t tmd \Va11dlung 111.licher A11sdrucks-
xr4 s. 202 s. e passim. /orme11, in Fcstg;ibc fiir J. Lortz II (1957)
Per C: 13-25.
E. TuROWSKI, Die 1Viderspiegeltmg des stoi- Per E:
sche11 Systems bei Philo11 vo11 Alexa11dreia, W. V6LKER ( = VoLKllR n), Der wahre Gno-
Diss. Konigsberg (1927) 42; W. V5LKER ( = stiker nach Clem. Alex. (1952).
7tpoxo7ti) A rn-c (G. Stiihlin)

A. IL GRUPPO DI TERMINI IN GRECO classica e significa avanzare, fare pro-


gressi, progredire, crescere bene; cfr.
r. Storia e significato dei termini Aristot., de plantis 3 (p. 824 b 38
s.); probabilmente anche Thuc. 7 ,56,3;
a) Probabilmente 1tpox61t't'W è in ori- Sext. Emp., math. 5,7I ecc.
gine un termine nautico che significa far Il sostantivo 1tpoxon1) = progresso,
avanzare con colpi un'imbarcazione 1; è avanzamento, non compare affatto pri-
cioè una delle numerose metafore nau- ma del periodo ellenistico 5 ove è fre-
tiche di cui è pieno il linguaggio popola- quente anche al plurale, specialmente in
re greco. Meno verosimile è invece che Filone, spesso anche in locuzioni ver-
il verbo derivi dall'attività del fabbro bali fisse, ad es. À.aµBavw 1tpoxmt1}v
che allunga il ferro a colpi di maglio 2• (Polyb. 8,15,6; I0,47,12; Philo, leg.
ali. 3,165 ecc.), inoltre nella figura eti-
mologica 1tpOX01ti)V 1tPOX01t"CW (Plut.,
b) 1tpox61t't'W è usato in origine tran-
de profectibus in virtute 7 [II 79b);
sitivamente: spingere avanti, far pro-
dr. la figura sinonima av;11ow av!;w
gredire, promuovere, favorire: ad es.
in Col. 2,19).
Eur., Alc. 1079; Ree. 961; Xenoph., eq.
mag. 6,5. Analogamente il medio signifi- c) In sé 7tpox6n't'w e 1tpoxon1) sono
ca avanzare, progredire: ad es. Hdt. l, voces mediae, possono cioè indicare il
190; 3,56. Già in attico 3 compare però progredire sia nel male che nel bene 6•
l'uso intransitivo della forma attiva 4 , Nel male: 1J È'ltL -çÒ XELpov '7tpoxon1]
uso che prevale poi nella lingua post- (Ios., ant. 4,59; 2 Tim. 3,13 [--7 col!.
1 Cfr. PAssow, s.11.; H . BLUMNER, Die Me- Plut., de profectibus in vìrtule 3 [n 76d] con
lapher bei Herodotos : Jahrbuch. fi.ir Phil. 143 10 [Il 81d]) oppure anche insieme (lust.,
(1891) 45. dia/. 2,6 ~ col. 269; Ios., vìt. 8, ~ col. 235).
2 PAPE, s.11. e altri. Una terza teoria, sostenuta Lo stesso non si fa scrupolo di usare 7tPO-
per primo da A. CoRAY, Am11erkungen z. Iwc. xo7t'!W conformemente all'uso corrente del
II (1807) 121 s. ed accettata evidentemente an- suo tempo (Hermot. 63; cfr. ancora amores
che da LIDDELL-SCOTT e da altri, fa derivare il 2r); egli si serve allo stesso modo anche di
significato del verbo dall'azione di un eser- npoxom') (Alex. 22), anche se, dd resto, pur
cito che in un bosco procede abbattendo gli essendo un atticista, non è mai pedante; cfr.
alberi per farsi strada. Si tratta però di una R. ] . DEFERRARI, Luciano's Atticism, Diss.
specie di etimologia popolare, benché talvol- Princeton (1916).
ta 7tpox611'tw significhi procedere, avanzare su 4 Talvolta si può dubitare di quale uso si
una strada, ad es. Chion, ep. 4,2 (ed R. HER- tratti, ad es. nella locuzione npox6'1l"t"w oòOÉv
CHllR, Epistolographi Graeci [ 1873] 196); (Alcaeus, Jr. 91 [DIEHL 11 4,135]; Xenoph.,
Ios., ant. 2,133.340; Suidas, s.v.; cfr. anche bis/. Graec. 7,1,6; Polyb. 27,8,14). Probabil-
Babrius, fabulae l IIA (ed. O. CRUSIUS mente si tratta ancora dell'uso transitivo; il
[ 1897]) e benché in tale uso "ltpox61':'tW ven- verbo è dunque costruito, come del resto as-
gn derivato, quale specie di opposto di tyx6- sai spesso, con un oggetto neutro (dr. Lm-
7t'!W (~ V, col. 845), dal medesimo ambito se- DELL-SCoTT, s.v.).
mantico di quest'ultimo verbo. Tale deriva· 5 Cfr. C. A. LOBECK, Phrynichi Ecloga (1820)
zione è però fuori strada già per il fatto di 85: rcpox67t'!EW )..lyov<n (scil. gli Attici, ma
riallacciarsi al tardo uso intransitivo del verbo. dr. ~ n. 3), -rò l'ìÈ 3voµa npoxomì oòx fo">tL
3 Ancora Platone evita 'l':polt&rt>tw ed usa in- mxp' a.ò-ro"ic;. Sulla questione dr. anche W. G.
vece tml'ìll'ìwµ~. come nota giustamente Luc., RuTHHRFORD, Tbe New Phrynìchus (1881)
soloec. 6. Nel periodo postclassico i due verbi, 158.
ovvero i sostantivi connessi npoxor.i) ed htl- 6 Cfr. il doppio uso del sinonimo nopEvoµa.L
/'ìocnc;, possono essere usati come sinonimi (cfr. in LXX 2 Ba.u. 3,1.
1tpoxomi A xc-d (G. Stahlin)

264 s.]; dr. Polyb, 5,16,9; test. Iudae 233,16; ZEu :I:apaì}l]vé, 1tpoxo1t1}v 'Ap-
2I,8: É1tÌ. 'tÒ xaxov [variante: ÉTCÌ. xo.- xe:l6:~ 'louÀlou, «O Zeus Sarateno, con-
xi{'>], spiegato con la successiva locuzio- cedi buona fortuna ad Archelao .figlio di
ne participiale É'Y 7tÀ.EO'YEf;l~ ùljiovµE'YoL). Giulio»: Ditt., Or. II 627,2) e di predi-
Nel bene: 1) btì. 'tÒ f3ÉÀ:nov 1tpoxoID}: zioni astrologiche 7• Affine è l'uso che
Polyb. I,I2,7. Comunque, come avviene troviamo in un epitafio della metà dell'e-
anche per la nostra parola 'progresso', poca tolemaica 8 : È.'Y 7tpoxorta.i'<;, «in buo-
sia il verbo che il sostantivo vengono ne condizioni di vita»; altrettanto ampio
quasi costantemente intesi a parte po- è il significato di 1tpoxort1} swi]ç, «felici-
tiore (cfr. Plut., de profectibus in vir- tà di vita», in test. Iudae 15,5. Come al
tute 7 [II 79b]: ètÀ.'J)ihìc; 7tpoxorcl}), va- benessere economico (cfr. Diod. S. 11,87,
le a dire che r.pox07tlJ si avvicina a f3e:À.- 5: -ça.i:c; ov<7la.tç; anche test. Gad 4,5
•lwcnç (Philo, sacr. A .C. H3; mut. [-'>- n. 44], dove la 7tpoxomi è oggetto
nom. I9; agric. I66; aet. mund. 43), ad di odio e d'invidia; Epict., diss. 1,10,9:
civaM.À.À.WO"Lç (P. Masp. 1 2,3,21), ad TCpoxoTCal=proprietà ecc.) in queste lo-
e:Ò1)µe:pla (P. Ryl. n 233,I6; 2 Mach. 8, cuzioni stereotipe ci si riferisce alla cre-
8; ~ col. 2 4 6), anzi a O'U\l't'ÉÀ.e:Lc.t (Po- scita dei figli (P. Masp. I 2,3,n; Vett.
lyb. 2,37,10), e 7tpox67t"!W è usato insie- Val. 4,12 [p. q9,25] ), al successo nel-
me con f3e:),;nouµm (Philo, post. C. 78; la professione (P. Oxy. XIV r631,20;
mut. nom. 23 s.), Eppwµcu, ùytalvw ecc. Diod. S. r,33,9), alla promozione (BGU
(-7 qui sotto d) e anche, ad es., con e:i.ç II 423,17; Flav. Ios., bell. 2,27; 6,142),
Ù.W1tÉpf3À'l'J'tO\I 'tUXTJV xwpÉw (Vett. alla superiorità di rango, dignità, distin-
Val. 9,1 [p. 332,7]). zione, onore e prestigio 9 ( o6ça xa.i 7tpo-
xotj, «gloria e onore»: ep. Ar. 242;
d) In questo significato positivo rcpo- µdso-Yoç 7tpoxo7tijç ahtoç, «causa di
X07t'tW e rcpoxortn divengono oggetto maggior prestigio»: Flav. Ios., beli. r,
(spesso con significato prossimo a bene- l 9 5; 7tp0X07t"'CW É\I af;l~, «Cresco di pre-
dizione, successo, fortuna, felicità) di au- stigio»: Vett. Val. 2,4 [p. 60,19] 10; cfr.
guri e preghiere ( e:uxoµal cn ùytalve:w anche FJav. Ios., ani. 20,205) e a cose
xa.ì. 1tpoxo1t't'EW, «ti auguro buona sa- simili. Accezioni particolari sono la for-
lute e felicità»: P . Gen. I 74,J; 7tpox6- tuna bellica (ad es., i::òayyEÀ.l~o\l"t'L "!à
7t"t'EW e:uxoµat, «ti auguro buona fortu- 't'ijç ve:lxl]ç a.ù-rou xai 7tpoxo1ti'jç :
na»: P. Oxy. 1 122,15; cfr. P. Ryl. u P. Giess. 27,7; 2 Mach. 8,8; ~ 44,5

7 Certi pianeti in una determinata congiunzio- BCH 20 (.r896) 191, iscriz. da Fayum (?) r
ne a7tÒ VE6TIJTOC, 'tètC, 1tflOX01tècC, tt'l'CO'tE)..o(icrw; 12: l'editore traduce da11s lettT f/eur (nel loro
P. Tebt. II 276,39; spesso in Vett. Val., ad es. Iìorc).
r,22 (p. 45,36); insieme con xTi)cnç r,22 (p.
9 In questa accezione il termine è passato an-
47,26); con Ùp)(al, ·nµa.l, -e&. àyaM 2,4 (p.
che nel linguaggio dei rabbini (p'roq'té o p'-
60,3 s.); con EÙi:ux!a~ 2,37 (p. n6,r9 s.); con roqofé, ad es. Ber. r. 12,16 a ZA ~); cfr.
1tl<T'tLç, ti>q>H.ELa, µa.xapL6T'IJC,, EÙEpyEcrla 6,1 STRACK-BILLERBECK III 619 a Phil. :r,12; S.
(p. 247,19 s.); dr. ancora 2,6 (p. 62,27); 4,16
KRAUSS, Griech. tmd lat. Lehmoorter im Tal-
(p. 185,18 s.}; 5,9 (p. 225,28 s.); 7,5 (p. 292, mud, Midrasch rmd Targttm u (i899) 487 a.
16); 9,1 (p. 331,25 s.). Nel medesimo signi.li-
cato è usato anche il verbo: É1tt "ti)ç 1tpWT'IJ<; 10 In Vett. Val. troviamo anche il derivato
TJÀ~xlaç 1tpox6lJ!avTEC, xu.L ·nµ1]l>Évnç Ù1tÒ r.:poxo1tT~x6ç, avanzato, avva11taggiato (4,II
1tOÀÀwv (2,25 (p. 92,16 s.)); cfr. ancora 4,7 [p. 178,2]; 2,21 [p. 84,17]) e come opposto
(p. :r67,r); 4,u (p. 178,3). .. 0;1tp6xo1toç, sfortunato, senza fortt1na e sue·
8 P. JoUGUl!T, lnscriptio11s grecques d'F.gypte: cesso (2,25 [p. 92,30)).
7tpoxo1<1] A l<l-f (G. Stiihlin)

[Sym.]; dr. Vett. Val. 2,4 [p. 60,15]: ligiosa (1tpOX01t"t'ELV µÉxp~
-réiç 't"WV :EE-
Èv À.u.(J:itpet.i:ç <r't'pa:'t'dcw; 7i:pox6\jJEt, an- ~Cl<T'tWV yvwo-Ewc; 15
e specialmente nel-
)
che 5,3 [p. 213,1]) e i progressi nella la virtù 16. Ma in questo ambito, anche
11
guarigione • quando è usato assolutamente, il terrni-
ne 7tpOXO'ltlJ significa univocamente pro-
e) Accanto a questo uso di 7tpoxo"Tt1) gresso 11ella formazione intellettuale e
per progresso e benessere 12 in senso fi- morale (quale unità inscindibile), come
sico, economico e sociale, uso che si nel gioco di parole di Bione (riportato
situa soprattutto nel linguaggio popolare in Diog. L. 4,50) -r:Tiv o~TJ<TLV eÀEYE 7tpo-
non letterario, si riscontra un uso di xo1t1'jç Èyxomiv (~ V, col. 84 5), «chia-
gran lunga più importante nella lingua mava la presunzione un intralcio alla
letteraria dell'ellenismo, precisamente formazione», e nel trattato di Epitteto
nella filosofia stoica e nelJe sue emana- (diss. I ,4) 7tEpt 7tpoxoitfjç. Cfr. anche ep.
zioni, dove npoxo'ltTj indica il progresso, Socraticorum 27 17 e la frase di Ios., a!li.
lo sviluppo, il divenire etico e spirituale 10,189: ot' U1tEp~oÀ1}v EÙqJuta.ç xat
dell'uomo 13 • Questo divenire può essere 0'1tOUofiç -djc, 7'Ept 'tlJV 'lt<1.:t0EVO-LV xat
ulteriormente precisato come progresso, uocpla;ç Èv 7tpoxo1tii ylvoµc:x.t, «fare gran-
avanzamento nell'educazione ( [ 1tEpt -rnv di progressi per la straordinaria buona
7W.L]OELC1.V 1tp0X07t't'EL 14 ; [Pitagora] 1tpO- indole, per l'eccezionale zelo nello stu-
XEXO<pWç ilon Èv 7CC1.LOEiq.: Diod. s. IO, dio e per la non comune sapienza». In-
3,1 e anche 17,69,4; Etc, µEyaÀ.T}v Tim- fine rcpoxo1t1j può anche significare cul-
oElw; 7tpovxon..-ov È1ttOOOW: Flav. Ios., mine, acme, punto massimo dell'a-
vit. 8; Cic., Att. 15,16), nelle scienze scesa 18 •
(... 1tpOVX01t'tOV Èv 't'OL<; µo;ihiµet.<rL:
Luc., Hmnot. 63 ; ÈTIÌ 7tÀÉov ... 7tpox6- f) In tutte queste forme di 1tpoxotj
\jJet.L Èv P'rJ't'Optxfi: M. Ant. 1,17), nella
si tratta del progresso individuale. L'u-
filosofia (Diod. S. 16,6,3; vÉ({> ... &.vopt
so di 7tpoxo1tlJ nel senso di un progres-
yw<raµÉvcp 7tpoxoit1'jç à).nl}ovç Èv cpt-
À.ocrocpiq.: Plut., de pro/ectibus in vir- so generale dell'umanità o del mondo è
tute ro [II 81d] ), nella conoscenza re- completamente estraneo all'antichità, co-

IlAd es. Asclepiade Prusense in Gal., de cot11- l4P. Jandanae 3,5 (ed. K. KALBFLEISCH
positio11e medica111e11tomm sec11nd11111 locos x, (1912) IO S.).
2 (KiiHN 12,413); Erodoto medico in Oriba- 15 IPE I 47,6.
sius, collectionmn medicarum reliquiae rn,8,17
16 Chrysipp., /r. 217 (v. ARNIM m 51,37); dr.
(CMG VI l,2 p. 54).
Cic., fin. 3,14,18 e soprattutto l'opera di Plu·
12 È singolare come -r-po:v.o1tl], un concetto in-
tarco de profectib11s in virttlte (II 75a-86a).
trinsecamente dinamico, venga usato variamen-
17 Ed. HERCHER, op. cit. e~ n. 2) 627; abbia-
te con un significato statico: benessere, pos-
sesso, posizione 011ori/ica, dignità, anche stadio mo un analogo uso assoluto del verbo in
preparatorio (~ col. 273) e culmine (~ coli. Iust.; dial. 2,6: ... xa.t r.poÉX01t't"OV xa.t 1tÀEL-
236.271). O"'t"OV 0:10V ÈXaO"'t"1')ç 'ÌJ!!fpll.<; É1tE8l801>V.
Il Qui si congiungono le immagini della cre- 18 Così, ad es., nella rapida sintesi del corso
scita e del progresso; meglio ancora: i con- della vita: yÉwa., à.va.-tpoq>l], npoxo1tl], à7to-
cetti che provengono dalle due sfere d'imma- ~lt..1crL<; (in L . STE:tNBJ\CH, Fabularum Aesopia-
gini vengono completamente assimilati tra lo- 1"11111 Sy/loge [1894] 65) npoX07tTJ si avvicina
ro. Cfr. Philo, fug. 176: ... al 1tflOX01tal xo:t ~cnza dubbio al significato di àxµ1J, fiore (de-
a.ù~1)0"E~ç xat xi:qmwv y~'VfoEt<;, ~ STiiHLIN gli anni); cfr. anche i passi di Clem. Al. citati
18, -> n. 77. alla ~ col. 27z.
rçpoxoTC1) A 1f-2 (G. Stahlin)

me tutta l'idea moderna di progresso. verità dottrinaria della prima Stoa che,
Ciò è dovuto a diverse ragioni, tra cui a differenza dei Peripatetici, non ricono-
sce valori mcdi tra la virtù e il vizio
la dottrina dell'eterno divenire e trapas- (Chrysipp., Jr. 536 [v. Arnim III 143,
sare delle cose {Eraclito, Aristotele) e r 5 s.] ), classifica anche i 1tpox61t-cov"E<;
la tesi della perfezione del mondo soste- tra gli àvol}'t'Ot x<Xt µoxi>TJpol, tra i sum-
me miseri et improbissimi (fr. 539
nuta dalla Stoa.
[ibid. III 144,r]; Jr. 530 [ibid. III 142,
34 s.]) 20• Persino chi, sulla via del pro-
2. 1tpoxon1} come termine tecnico nella gresso, è avanzato al massimo ( ò f.'lt'
Stoa e nelle sue propaggini èf.xpov 1tpox67t'tW\I = ad summa proce-
dens: Sen., ep. 71,28 = qui non longe
L'idea della 7tpOX07ti) ha un posto di a sapientia abest: Chrysipp., fr. 425 [v.
primo piano nel sistema etico della Stoa. Arnim 111 ro4,18] ), osserva già perfet-
La 1tpoxomi indica la via dalla àcppocn'.i- tamente -r(Ì xa:ihixov..a (~ IV, colt.
V'ft alla O'o<pla. ( cfr. Chrysipp., fr. 42 5 l 3 I 9 s. con n. 2) e non ne trascura nul-
[ v. Arnim III ro4,18] ), dalla xa.xla. al- la, non è tuttavia considerato ancora fe-
la àpE-.i} (fr. 217 [ibid. III 51,37]; JI'. lice (fr. 5ro [ibid. III 137,43-138,3]).
530 [ibid. III I42,17 s.]; fr. 532 [ibid. La tarda Stoa ha poi corretto tale dot-
III 142,33 s.)) e pertanto dalla xaxooat- trina. Cosl Seneca ha distinto chiaramen-
µo\lla alla Euomp.ovla (cfr. Epict., diss. te il 7tpOX01t't'WV ( =
qui proficit) tanto
1 ,4,3 ). Questa 1tpoxomi è l'unica che dagli stulti (pur noverandolo ancora tra
rappresenti un valore reale (Epict., diss. costoro) quanto dal vir consummatae
l A,5 ). Tuttavia la prima Stoa la classi- sapientiae (ep. 75,8; 72,6). Parallela-
fica soltanto tra i µfoa (cfr. Chrysipp., mente a tale correzione avviene però
fr. 538 [v. Arnim III 143,35 s.], i co- un processo per il quale l'ideale del ve-
siddetti valori intermedi, tra i 7tpol}yµÉ- ro saggio, che per Crisippo aveva costi-
va (le cose preferite, cioè i valori rela- tuito una realtà realizzabile (cfr. Jr. 544-
tivi: cfr. fr. 126 s. [ibid. III 30,25 s.; 656 [v. Arnim Ili 146-164]), «comin-
31,2-5]; fr . 136 [ibid. III 32 s.]), che ciò a svanire in una lontananza nebulo-
sono al servizio della vita secondo na- sa» 21 • Già la Stoa di mezzo ammette
tura (O'Uµq>w\lwc; -rft q>U<TEL SfJ\I: cfr., che in realtà invece del saggio si trovi
ad es., Epict., diss. I,4,15). Il 7tpox6- sempre e solo il 1tpox6n,;wv. Cosl Po-
7t-rwv, in quanto i}pyµÉvoc:; 7tatoEuE<ri>at sidonio classifica anche Socrate tra i 1tpo-
(Epict., ench. 5 ), si colloca quindi tra x67t't'OV't'Eç 22, dopo che Zenone aveva
l'à1talow..oc:; e il TIEm:dirnµÉvoc:; (Chry- fatto lo stesso anche con Platone 23 , e
sipp., fr. 543 [v. Arnim III 145,5 ss.]), Seneca confessa (vita beata r 7): non
tra l'lotw'tnc:; (-> 1v, col. 726) e il cpt- sum sapiens ... nec ero. Infine, dato che
M<rocpoc; (Epict., ench. 48) 19• Ma la se- tutti i 'valori medi' hanno insita la ten-

19 Cfr. Plat., symp . .io4b, dove il q>~Ma-ocpoç degli occhi eppure sono ancora ciechi come
sta tra il uoq>6ç e 1'àµafh1ç, quindi al posto quelli nppena neti (-7 PmtLENZ, Stoa imd
che la Stoa assegna al TCpox67t'tW\I. Stoikcr 165).
20 In entrambi i passi abbiamo il doppio pa- 21 -7 PuTZNER 95; cfr. -7 Pol!LllNZ, Stoa und
ragone dei 11pox6TC'tO\l'tE<; con coloro che in Stoiker 170.
mare annegano comunque, sia in nn metro che
in 250 metri d'acqua, e con i cagnolini che 22 Cfr. -7 PUTZNER 97.

nel loro sviluppo stanno per ricevere la luce 23 Cfr. -7 BARTI!-GOEDECKEMEYER 34·
TCpoxomi A 2 (G. St1ihlin)

<lenza al livellamento, si arriva a consi- ricadute fatali (Epict., ench. 5 I ,2: 'ltt'.X-
derare 7tpoxém'tOV"t'E<; tutti gli uomini. pà: µlav 1'j"t'-.av x<Xt ~voocnv 25 x<Xt &.1t6À.-
Comunque Seneca precisa (ep. 75,8) che À.u-rat 7tpox07t'Ìl xat O'~JL,E.-aL, <{con una
inter ipsos quoque proficientes sunt ma- sola sconfitta e con un solo cedimento il
gna discrimina e seguendo Crisippo di- progresso è perduto o salvato»). La co-
stingue tre gradi di proficienti ( ep. 7 5, noscenza di sé porta il 7tpoxlm"t'WV al-
9.r3.14), conformemente alla divisione l'autoaccusa a motivo dei suoi errori,
dei 7tpo1)yµÉw1.. (-7 col. 23 7) in tre grup- mentre lo stolto getta la colpa su altri
pi (ep. 66). ed il saggio non commette errori (Chry-
sipp., fr. 543 [v. Arnim III 145,6-9];
Secondo la Stoa il presupposto deci- Epict., ench. 5 ). Abbiamo cosl men-
sivo per una &.!;.~6À.oyoc; 1tpoxo7t'Ì) ... rtpòc; zionato uno dei segni della 1tpoxo'lt'/),
"t'à.<; à.pE"t'6:c; è insito nell'indole natura- dei quali si era già occupato Zenone 26 •
le dell'uomo (Chrysipp., fr. 217 [v. Ar- A questi segni Plutarco dedica la parte
nim III 51,37 s.] ). Un contributo essen- principale (capp. 4-17) del suo scritto
ziale allo sviluppo della disposizione na- sulla conoscibilità dei progressi nella
turale è dato, oltre che dalla natura, dal- virtù 21 (de profectibus in virtute [II
l'ammaestramento (fr. 532 [ibid. III 76 f-86 a]). Anche Epitteto (ench. 48)
142,32 s.]) dei filosofi, dall'incitamento elenca i O'"f}µE~t'.X 1tpox61t'tOV'to<;; offre i-
degli amici e soprattutto dalla volontà noltre una descrizione del 7tpox67t"t'WV
del soggetto stesso (1i 'ltpo<XlpE<nc;: E- (diss. l,4,I8-2I) e istruzioni per la 1tpo·
pict., diss. 1,4,18): magna pars est pro- X01tYJ (ench. 12 s.): entrambi i capitoli
fectus velie proficere (Sen., ep. 71,36). cominciano con le parole Ei. 1tpox64im
Decisivo a questo proposito è l'essere ~ÉÀ.E~c;. <{Se vuoi raggiungere la meta del
rivolti con fermezza alla 7tpoxoTC1], co- progredire» 28 • La meta o il fine della
me Seneca riconosce nel suo caso 24 , al- 1tpo:x:o'lt1} sono crocpla e &.pe-.i) insieme e
l'autoperfezionamento, alla realizzazione per ciò EÒfotµovla e Ei.lpott'.X (Epict.,
di sé nella vita (Epkt., diss. 1,4,II, cfr. diss. r,4,3), cioè la personalità perfetta
r 7 ). Fa parte di tale fermezza d'orienta- (cfr. _ ibid. I,4,24; Sen., ben. 7,r,7 ecc.).
mento l'esame quotidiano di se stessi, Il passaggio dalla 7tpoxoit1) alla 'tEÀ.Et6-
quell'autoesame che permette, per es., 't1)<; si compie, benché in un'improvvisa
a Seneca di osservare e constatare i pro- µE•a~oÀ.1} (Plut., de profectibus in vir-
gressi verso il bene. Da una simile 'ltpo· tute l [11 75c]), senza che il saggio
X07tTJ sono pertanto inseparabili il .-pÉ- stesso se ne accorga ( OtaÀ.EÀ.T)ilw<; O'O·
µE~V e il 'ltEVl)E~V (Epict., diss. I,4,I2; c:p6c;) 29.
cfr. Phil. 2,12 s.), giacché ci sono anche

24 Cfr.-> PoHLENZ, Stoa I 318 s. (p. n67b 4 ss.).


2.'i ~vtiocn.ç ( = cedimento) non si adatta al 27 È la risposta di Plutarco a Crisippo, per il
contesto: a motivo della contrapposizione à- quale neanche colui che è diventato saggio sa
TC6À.À.v-c<:u-cri;i1;E't'et.t si dovrebbe avere un'an- di essere giunto alla fine della 1tPOX07tTJ: Plut.,
titesi positiva a Yj't'-ta.; forse bisogna leggere de pro/ectibus in virtute 1 (n 75e).
23 Per quest'uso dell'aoristo cfr. -> col. 267
btlOocrw. (DEBRUNNER].
26 Zenone traeva le sue deduzioni dal genere con n. 85.
dei sogni; dr. /r. 234 (v. ARNIM I 56): 1-#ou 29 Chrysipp., f r. 539-541 (v. ARNIM III 143 s.);
cXTCÒ 't'W\I 6velpw\I ~XCt.CT't'OV Ct.U't'OV auvet.tcrlM.- Sen., ep. 71,4; 75,9; Philo, agr. 16i.165 ccc.;
\IEcrl}tti 1tpox61t-covi:oç, cfr. -> PoHLENZ, Stoa cfr. I. HEINEMANN, in L. COHN-}.HEJNEMANN,
und Stoiker 164. Qualcosa di simile troviamo Die \Verke Philos vo11 Alexa11dreia in Deut-
in Plat., resp. 9.57IC e Aristot., eth. Nic. 9,6 scher Obersetzung IV {1923) 143 n. r .
7tpox.o7ti} B l-2 (G. Stiihlin)

B. L'IDEA DI PROGRESSO NELL'A.T. sa fluisce da una estrema profondità 32 •


Fuori figura ciò significa che tutti gli
r. Ad un pensiero eminentemente sto- stimoli decisivi di questa progressione
rico com'è quello dell'A.T., con la sua vengono da Dio: atti di elezione e di
«assoluta precedenza dell'evento sul 'lo- missione e, risposte alla ribellione e al-
l'apostasia del popolo, punizione e ri-
gos'» 30, l'idea di una Tipoxo-r::i} non po- getto; ma anche rinnovellati atti di gra-
teva assolutamente essere estranea. Ef- zia e rinnovamenti del patto. Le conclu-
fettivamente le visuali storiche delle sin- sioni dell'alleanza sono - e ciò vale in
misura particolare per la storiografia
gole fonti che confluiscono nei libri sto- dell'Esateuco - le pietre miliari del pro-
rici dell'A.T. tengono tutte conto di un gredire storico-salvifico 33•
progresso della storia della salvezza. Il contributo umano al progresso del-
Tuttavia questo avanzamento non è mai la storia è proprio di natura opposta.
L'uomo viene certamente confrontato
chiamato 7tpoxon1) e le singole concezio- con l'esigenza divina che dovrebbe sti-
ni di questa progrediente storia della sal- molarlo ad un avanzamento positivo, ad
vezza divergono notevolmente tra di lo- essere come Dio (ad es. Lev. 19,2). Ma
proprio questo fìne, certamente nella
ro, nei particolari, a partire dall'indivi- subdola suggestione del tentatore (Gen.
duazione dell'evento centrale della sto- 3,5 ), offre all'uomo uno spunto per pro-
ria della salvezza, cioè della meta a cui gredire verso il male, per un avanza-
mento negativo di cui lo jahvista regi-
tende quel progredire: per l'Esateuco è stra efficacemente le tappe dalla caduta
la conquista di Canaan, per la storio- del primo uomo (Gen. 3) fino alla cadu-
grafia deuteronomistica è il regno di ta dei figli di Dio e dell'intera umanità
(Gen. 6 e n). Anche la tradizione sa-
David.
cerdotale (P: Gen. 6,u s.) ed il deute-
ronomista (cfr. la tipica narrazione in
Comune a tutte le concezioni e a tut- Iud. 2,11-23) non vedono le cose diver-
te le fonti è però la convinzione che la samente 34 •
storia di Dio si svolge secondo un pia-
no divino. La ·visione di questo svolgi- 2. La visuale che guida la narrazione
mento ordinato della storia deila salvez- dei libri storici scorge, nelle sue diverse
za secondo il piano divino implica na- forme, il progresso della storia diretto
turalmente l'idea «della tensione fina- per la maggior parte verso le grandi me-
listica di una storia che si muove irre- te del passato. Anche qui fa però tal-
sistibilmente dalla promessa all'adempi- volta capolino una meta futura (cfr., ad
mento» 31 • Perciò la storia di Dio non es., Ex. 32,J4 [E!ohista]); in partico-
sta ferma. Nel suo procedere essa so- lare la storiografia sacerdotale vede un
miglia ad una sorgente che riceve l'ac- tale fine nella ricostruzione della comu-
qua, la raccoglie e la lascia zampillare nità israelitica dopo l'esilio, ricostruzio-
con flusso costante, mentre la vena stes- ne già cominciata ai tempi di P. Uni-
3ll G. v. RAD, Theol. dcs A.T. I (1957) 121. 3l Cfr. TH. C. VRIEZEN, Theol. des A.T. im
li Questa felice definizione della 7tpoxo7ti} sto- Gru11dzuge11 (1956) 30 s.
rico·salvifica dell'A.T. si trova in W . ZIMMER- 33 Cfr. v. RAD, op. cit. (-> n. 30) 135-140.
LI, Dos Memchenbild des A.T.: Theol. Ex. 34 Cfr. EicHRODT, Theol. A .T. m' 99 s.; ZIM-
N.F. x4 (1949) 8. MERLI, op. cit. <~ n. 31) Il .
7-po;i;on-/1 B 2-3 (G. Stahlin)

formandosi al programma contenuto nel- Ma è soprattutto la 'sapienza' dei Pro·


la legge mosaica la comunità postesili- ve1·bi quella che delinea l'immagine del-
ca si muave verso la meta proclamata l'uomo attivo che tende al guadagno ed
nel passato. Ma è soprattutto nella vi- al progresso e vede in questa attivitìi
suale storica dei profeti che tutto è ri- il compito affidatogli dal Creatore 39•
volto verso un traguardo futuro 35 • An- Spesso la sapienza parla della sua &.px'~
che per i profeti tutto quanto tende ad {cfr. Prov. 1,7; 9,10; 15,33; Ps. III ,
un fine ultimo con ogni singolo evento IO) e proprio questa parola implica già
ordinato secondo un grande piano (cfr., anche l'idea di una meta da raggiungere
ad es., Is. IO,I2; 45,21). Questo fine e di una via che vi conduce e quindi
ultimo spiegherà tutta la storia trascor- anche l'idea di un avanzamento verso
sa e le darà il suo senso, ma non sarà un traguardo. Anche per la sapienza (~
raggiunto con un progresso ininterrotto, col. 240) il fine ultimo è una forma-
bensl soltanto attrnverso una nuova zione completa della personalità, il cui
creazione 3.~. ideale è rappresentato, ad es., da Giu-
seppe 40 •
3. In questa prospettiva l'A.T. non
vede però soltanto la storia del popolo, Nonostante questa visione teologica,
bensì anche la storia individuale proce- in parte fondamentale, di un progresso
dere da un punto di partenza ad un storico sia della collettività sia dell'in-
punto d'arrivo 37• Cosl già le storie dei
patriarchi mostrano esempi di purifica- dividuo, l'A.T. in complesso non for-
zione e di cambiamento dell'uomo al co- mula mai esplicitamente la sua certez-
spetto di Dio e sotto la sua guida: pri- za di una 1tpoxonl) guidata da Dio. Que-
mi fra tutti Abramo e Giacobbe 33, ai
quali si aggiungono altri che si sono sta concezione globale fu certamente
conformati in alto grado alla volontà di- compromessa dal fatto che ogni singolo
vina, ad es. Enoc e Noè (~ n. 63 ). An- evento venne sempre interpretato ad
che l'epoca successiva mostra esempi si-
hoc 41 e da ciò dipende anche l'assenza
mili: David e il salmista di Ps. 32. Ma
nella maggior parte di questi casi si pas- di un termine ebraico che corrisponda al
sa, come avviene per la storia del popo- greco 1tpoxomi. Soltanto una volta e
lo, attraverso un fallimento che viene tardi, nell'Ecclesiastico {..5 1 , r 7), e per
neutralizzato e superato soltanto grazie
ad un intervento salvifico di Dio ed al di più verosimilmente per un errore di
suo perdono. traduzione ~2 , il vocabolo 1tpoxo1t1) è u-

35 Cfr. O. EISSFELDT, Einleit1111g i11 das A.T. 2 col. 252 con n. 63).
(1956) 240 s. 245 s.; ErC!lRODT, Theol. A.T. 1' 39 Cfr. ZIMMERLI, op. cit. (4 n. 31) 20.
257; anche le indicazioni in v. RAD, op. cit.
"'' Cfr. v. RAo, op. cit. (-'> n. 30) 4i9-432; Io..
(4 n. 30) x33 s.
Josephsgescbichrc 1111d iìlrcre Chochma, VT
.10 Cfr. EicHRODT, Theol. A.T. 1' 230-263, spec.
Supplemcnt I (1953) 120-127.
256-260.
37 Cfr. ZrMMERLI, op. cii. (-l> n. 31) 10 s. 41 Cfr. v. RAD, op. cii. (-'> n . 30) 123; anche
38 Filone offre un'interpretazione totalmente ErcHRODT, Theot. A.1'. 1' 256.
alterata della storia dei patriarchi presentan- 42 Cfr. R . SMEND, Die Weisheif des ]esus Si-
dola come un esempio della 1tpoxi:mi] umani- racb (1906) 505 ad l.; STR,\CK-BILLERBECK m
stica, sebbene in un variazione fìloniana (- > 652 (a r Tim. 4,15).
npoxo11d1 B 3 - C 2 (G. Stnhlin)

sato come termine tecnico per indicare X01t'tW nell'ambito dell'A.T.: Simmaco
la via della sapienza: 7t'poxorci} ÉyÉvi::-t6 usa questo verbo in \j; 44,5 (LXX: xa-
ilwooou}.
µoi Év mhfi (scil_ -tii crocplq..). Anche in Anche la restante letteratura giudaica
questo caso è incerto e discusso se si in greco usa i vocaboli non diversamente
debba tradurre «riuscii a progredire nel- dal mondo circostante, e precisamente
1tpox67t-tw per significare progredire nel
la sapienza» oppure, secondo l'accezione male (test. Iudae 21,8 [ ~ coll. 232 s. ];
corrente di 7tpoxomi, «Ottenni benedi- Ios., bell. 6,r; 6,Il; ant. 4,59 [~col.
zione (~ coll. 2 3 3 s.) mediante la sapien- 232]; 20,214) o nel bene (Ios., ant.
18,340; 20,205 [~col. 254]; vit. 8);
za». Il contesto rende però probabile
avanzare (Ios., ant. 2,340}; giungere al-
che almeno il traduttore e i lettori del la meta (Ios., ant. 2,133}; e 1tpoxo1tlj
testo greco pensassero ad un avanza- nelle accezioni di progresso, sviluppo
mento nella 7tmoElcx. (v. r6) e nella O'o- (Ios., ant. ro,r89 [~col. 236]: yl-
voµaL F..v TipoxoTiij, «fare grandi progres-
<plcx. (v. r7b; cfr. anche~ coll. 257 ss.). si», «svilupparsi magnificamente»}, pro-
mozione (Ios., bell. 2,27; 6,142), presti-
C. IL GRUPPO DI TERMINI NELLA LET- gio (ep. Ar. 242; Ios., bell. r,195), be-
TERATURA DEL GIUDAISMO ELLENI- nessere (test. Gad 4,5 44 ), forttma (test.
STICO Iudae r5,5 l'ec. A).
r. I LXX e Simmaco; i Testamenti dei 2. 1tpoxo'J'A} come concetto etico in Fi-
xn Patriarchi, la Lettera di Aristea lone
e Flavio Giuseppe
In questo quadro Filone assume una
Oltre che in Ecclus 51,17 il vocabolo posizione patticolare perché impiega le
r.poxomi 43
compare nei LXX soltanto in espressioni 6 7tpox.6Jt-.wv e 1i 7tpoxo-:t1)
2 Mach., vale a dire in un altro scritto in un significato tecnico che risale in-
fortemente influenzato dal pensiero el- dubbiamente alla Stoa. 1tpoxorni e 1tpo-
lenistico. In 2 Mach. 8,8 la locuzione x61t-twv (oppure la lfiuxTi 45 1tpox611:"t'ou-
i!pxoµai Eiç 1tpoxon1)v è usata più o me- crcx.: fug. 202.213) sono concetti centrali
no nello stesso senso della frase succes- anche dell'etica filosofica di Filone 46 •
siva ('1tuxv6-tEpov èv 't"CX.L<; EÒ'()µEplmç L'idea di progresso è intesa da Filone
7tpo~cx.lvw} e indica pertanto i successi anzitutto in senso totalmente ellenisti-
in guerra(~ colI. 234 s.). Lo stesso vale co, cioè completamente individualisti-
per l'unico esempio documentato di 7tpo- co 47 e perciò anche completamente non

43 Il verbo mancn nei LXX (mentre è presente 45 La npoxon:Ti ljiuxfiç però presuppone e in-
in Sym. [lj/44,5], test. ludae:u,S~coll.232 clude fa 1tpOX07t'Ì] o-wµ(noc;.
s., Giuseppe); tuttavia a 3 Mach. 5,18 nei LXX 45 Per questa sezione cfr. principalmente ~
cod. A bisogna probabilmente leggere npoxo- VoLKEa 1 47-350.
7t'tOVOTJc; ( = var. 7tpO~U.WOVO''TJt.;) 'l'i)c; oµù.lu.c; 47 Cfr., ad es., V6LKER l passim; VoLZ, Escb.
invece di 1tpOO'X07t'tOV0'1')c;; cfr. Iust., dial. n , 59 s. Una certa eccezione è costituita dalla par-
5: 7tpoxon'tonwv !)µi:'.I 'tWV Myw'.I. te finale dell'opera exsecr. (164-r72), ma an-
44 (A proposito dell'invidia e dell'odio) lv che qui persiste sullo sfondo l'allcgoresi non
7tpoxonii G.xouwv xa.t òpwv mino'"l'E clul}EvE~, escatologica e individualistica; cfr. 172 e già
«si ammala sempre quando vede o sente che 159-161, Similmente Filone intende "~ 7tpÒç
uno è fortunato». ~E).'tlwow ÈmooO'ELc; nelle generazioni da Set
1tpOKOlti) e2 (G. Stiihlin)

escatologico 43 • L'idea ftloniana di pro- ma e ultima di ogni 1tpoxo1t1) è Dio


gresso si muove in ambiti che sono, no- stesso 51 • Leggiamo cosl (leg. alt. 2,93)
nostante sfumature e prospettive diver- che l'anima deve ammettere che tutti i
se, sostanzialmente quelli della Stoa (~ suoi progressi vengono da Dio e non
coll. 237 ss.), eppure Filone la trasforma può pertanto attribuirli a sé. Altrove
includendola nella visione teocentrica (agric. 168) Filone pone le 7tpoxo1tcr.l in-
globale del pensiero biblico, ad es. già sieme con le EÙµà.i}wxL e le "EÀ.ELO"TJ'tE<;
per il fatto di contrapporre a Dio, co- tra i doni della C{JU(TLc;, anzi tra i doni
lui «che è assolutamente immutabile» della grazia divina (X.cZPL"Ec;, cfr. 2 Cor.
(ì'.a'oç a.ihòç èo:u-r@ xat op.oLoç), le 1tpO- 9,8), oppure dice (mut. 11om. 24) che il
xo7ta.l (insieme con aùç,l]crE1.c; e ~EÀ:nw­ proficiente raggiunge la perfezione (so-
O'ELc;, ~ coll.232 ss.) come realtà confor- lo) per il favore di Dio (cfr. anche post.
mi alla natura umana (aet. mund. 43). C. 154). D'altra parte, però, anche il
maestro umano del 1tpox6n'°'w" (fug.
Come la Stoa fa procedere la 1tpoxo- 172 52 ) e soprattutto il proficiente stesso
7tlJ dalla cpucr1.c;, cosl anche per Filone la hanno una grande importanza per In
&.px.'ÌJ 1tpoxo7ti}c; è -rò Evcpuéc; (sacr. A.C. 7tpoxon1). In ultima analisi, anche per
49
120) o la Evqiuto: . Questa è cosl il pri-
quanto riguarda la 7tpoxom1, Filone è
mo elemento della triade etica fonda- indubbiamente su posizioni sinergisti-
mentale: Evcputcr. 50, 7tpoxon1), à.pE-r'ÌJ -rE- che 53 •
'X.Ela (leg. all. 3,249). In Filone la cpvcnc;
non è però soltanto il punto di parten- A queste tre cause prime che favo-
za della 7tpoxoit1i, ma ne è anche l'a- riscono la 1tpoxon1) fanno riscontro le
gente, in quanto egli identifica 1J àpl<T"TJ sue tre principali forze motrici: a Dio
cpucrLc; con Dio (/ug. 172). Filone può la EÙqiuta, al maestro la µ~i>TJ<TL<; .st o
effettivamente affermare che fonte pri- 'itapalvEcrLc; {leg. ali. l ,93 s.) e la OL-
<t Mosè soprattutto come gradi di sviluppo rende superflua ogni 7tpoXOltlJ. Essa è quindi
dell'anima che progredisce (poster. C. 174). Un parallela alle due vie principali ( &crx'T]cnc; e
primo passo nell'applicazione dell'idea di '!tpo- µ&ih]cnç) che portano alla '!tpoxo1ti) ed è la
xomi n tutto il genere umano si trova in cbr. via più alta che conduce alla perfezione (cfr.
34 (cfr. in propasito M.ADLER in CoH.N-HEI- al contrario I Cor. 12,31): cosl poster. C. 130-
NEMANN, op. cit. [ ~ n. 29] V [1929] 19 n. 3), 169; praem. poe11. 49-5r. Rappresentante e
ma anche questo spunto non viene sviluppato simbolo di tale ti.icputa è Isacco (cfr. praem.
a motivo dell'interesse individualistico di Fi- poe11. 31; poster. C. 132-153 e anche~ n. 63).
lone. Questo è uno dei tanti casi che ci fanno ve-
4S Tutta la speranza escatologica nazionale del- dere come le asserzioni di Flone, prese sin-
l'A.T. è trasferita da Filone sull'individuo (dr. golarmente, siano piene di tensioni e contrad-
VoLz, Erc/1. 60-62.131 s.) e dove nel N .T. dizioni e come egli non abbia ordinato la to-
abbiamo la àvao"•acri.ç degli ftvrrtà crwµ.a-ta talità delle sue interpretazioni allegoriche del-
(cfr. Rom. 8,n), in Filone troviamo 'l'i 1\"pÒc; l'A.T. in un sistema pienamente unitario (cfr.
'tÒ\I O\l't'CX µe-rawicr-to;utc; lJiuxfic; -rEÀdaç, «il ~ V6LKER I l -12 e passim, ad es. 121 s.
passaggio dell'anima perfetta all'essere» (sacr. 193 s.).
A.e. 10). ·51 Per questo motivo dr. ~ V6LKE.R l rq-
49 Cfr. in pcopasito Chrysipp., fr. 366 (v. AR- 12r.
NIM m 89,15 ss.); Jr. 136 (ibid. 33,14 ss.); /r.
52 Qui Filone dice che le 11poxo'!tal possono
716 (ibid. 180,14 ss.). Secondo Filone essa è
essere inculcate anche da un maestro, la Elt'
costituita da tre elementi: Eùlh.!;la (pronta i11-
ilxpov -re">..n6-n1c; solo da Dio.
tellige11za), lmµovi} e µviJµ'fJ (leg. ali. 1,55;
cfr. cher. 10:z; som. :z,37). 53 Cfr. ~ V6LKl!R I IOJ-II6.
5D In Filone c'è però anche una ei.icputa che 5~ Cfr. ~ V6LKER I 158-198.
249 (v1,710) 1tpoxomi C 2 (G. Stahlin) (v1,7n) 250

oa.crxalla. (sacr. A.C. 7), al proficiente del 1tpox6'lt'tWV, che l'Alessandrino clas-
stesso la èi.CTXT]CTL<;, 55 • Alla a~lCT]CTL<; ap- sifica immediatamente dopo il crocp6c;
partiene la lotta senza quartiere al pec- (som. 2,237). Egli loda le ferme convin-
cato, ai 1tcii)T] e al mondo 56 e l'inces- zioni dei 7tpoxExoqioTE<; che si distin-
sante 1tovoc; e xaµa.nc; che può essere guono anche per questo dai principian-
sopportato soltanto 1tpOX01tfj<; xapL'\I ti (ot ap'tL µavMVEW àpx6µ1::VOL: det.
(sacr. A.C. u3). Vale però la pena di pof. ins. 12 ). Cosl, differenziandosi an-
permutare il 'ltoVoc; in 1tpoxomi (sacr. cora una volta dalla Stoa, Filone può
A.C. u2.r14) e infine le 1tpoxomzl in noverare la 7tpoxomi da un lato accanto
"tEÀ.EL6·n1c; (ebr. 82); infatti l'impulso alla o~oaCTxa.À.la. e alle 1tpocpl}'t'Eta.L e
predominante nel 1tpox61t't'WV è di ten- dall'altro, con la 0'1touo1) e l'itpwc; 'toG
dere sempre alle cose somme (<T1tEU- xaiTopiTovv 59, persino tra gli àya.?>6:
8ELV àEt 1tpòc; àxpo't'TJ't'G.: mut. nom. 2). (congr. 112) oppure, insieme con le EÙ-
La 7tpoxo1t1} riguarda l'intero ambito 57 µ6:l}ELG.L e le -.EÀ.ELO't'l}'t'E<;, tra le xapL-
del bene e del vero, della sapienza e "tE:ç, i doni della grazia divina (agric.
della virtù. In questo processo l'avan- x68, ~col. 248). Se per questo rispetto
zamento nella conoscenza, nei l}Ewpi)- il 1tpox61t't'WV è talvolta avvicinato al
µcna. q>pov1}crEwc; (agric. r58), non è TÉÀELO<;, pure nella maggior parte dei
mai disgiunto dal progresso etico, giac- casi si sottolinea il loro distacco, l'am-
ché l'àpET!i si adatta continuamente al- pio intervallo che li separa (cfr. parti-
lo stato della µ6:i}T]cnc; in ogni singolo colarmente leg. a/l. 3,140-144), come av-
momento 58. viene esemplarmente nella definizione
della 7tpoxomi in leg. ali. 3,249: à"EÀÈc;
A motivo di tutti questi sforzi e di è.qnɵEVO\I 't'OG -.ÉÀ.ouc;, «imperfezione
tutte queste prestazioni Filone ricono- che aspira alla perfezione}>, oppure
sce al 7tpox61t't'WV un valore notevole, quando Filone chiama à't'EÀ.i)c; il 1tpo-
specialmente quando lo paragona a co- x67t"tW'\I (agric. 160) o quando parla del-
lui che muove appena i primi passi sul- 1'&.'t'EÀ.ÉCT't'Epoc; xa.t Ém7t6V(fl 1tpOXO'ltTI
la via della µ6:i}T]tnc;. A differenza della xpwµevoc;, «colui che non ha ancora
Stoa (ad es., Chrysipp., fr. 510 [v. Ar- conseguito la perfezione ed ancora s'af-
nim III l 3 7 s.]) Filone può quindi par- fatica per conseguirla» (det. pot. ins.
lare della costanza, della fermezza, della 46) 60• A tale 'mediocrità' della natura
permanente e immutabile perseveranza del rcpoxo1t't'WV corrisponde la posizio-

55 Cfr. -+ VOLKER I 198-239. tutto ciò in cui l'acrxTJ't'fi<;, cioè il 1tpoxo7t"t'wv


56 Cfr. -+ VOLKER I 105-154. si sforza di progredire.
57 Caratterizza tale ampiezza l'abbondanza dei 58 Cfr. ~ VOLKER 1 l97 con n. 6.
genitivi che Filone può associare a ò aCTXT}'t'i]<; 59 Come nel caso di xal)6pl}wµa (leg. all. 1,
(= ò 1tpox61t-twv, cfr. leg. all. 3,144.169; 93) cosl qui abbiamo una terminologia tecni-
poster. C. 78; som. J,152 ecc.): da un Iato cro- ca che Filone ha ripreso dalla Stoa.
(jll~ (cbr. 48; viri. 4), cppov-/icrtw<; (leg. all. l , "° Da un Iato il 1tPOX61t"t'W\I è imperfetto nel-
So; som. 2,65.134), E7tLCT't'DµTJ<; (det. poi. ins. la sua conoscenza (fug. 202: o07tw yttp fo't'tv
3), (jlLÀouocpla<; (011111. prob. lib. 43; vit. coni. lxav1) ljiuxi) npox61'-toUO'U. 'tcj) tTOqJW<; axpa·
69), ·djç a)..'l'}fttl~ (leg. ali. 3,36), dall'altro "'~ 7tO'tclJ x()iicrl)m, cfr. I Cor. 3,r s.). Certa-
-tfji; à.pe'tfj<; (som. 2,133), 't'WV xa)..wv (migr. mente egli riceve già la visione dell'incorpo-
Abr. 153), xa)..wv Mpywv xat Mywv (Abr. 37; reus intelligibilirque m11nd11r (quaest. in Gen.
dr. dct. poi. ins. 35), eùuef3ela<; (sobr. 40), 3,42; cfr. ~ VOLKER I 191-196; -+ BRÉHmR
ÒCTLO't' l'J"O<; (spcc. leg. 1,z71), xap't'eplo:ç (det. 152-157), ma non quella di Dio stesso (-+
pot. ins. q; leg. alt. 3,u). Il genitivo indica n. 63; cfr. del. pot. ins. 31). Dall'altro egli è
TI!'OX07tlJ e;! . D Hl (G. StiihJin)

ne mediana di questi 61 , posizione che voç (µavM.vew) e il 'tE"tEÀELwµÉvoc;:


Filone definisce variamente in termini agric. r59; cfr. l60.r65 (analogamente
non molto dissimili da quelli stoici: le 7tpo:xorcal stanno a metà strada tra
I fl f.ll'
!\'
µEuopioc; <
... a:y~wv XCX.LI pEj..1U/\.WV t
... CX.1t0- le b.pxal e le '1.""E).. ELo-.T)-.eç: agric. 157) ~2•
&op6:o-xwv µÈV -r;à, cpa.iJÀ.a, µ1)TCW o'txo..-
VÒ<; wv -r:EÀ.EloLc; <ruµf3LOUV à:yai}oic;, «(il Filone trova nell'A.T. molti esempi
proficiente è) situato a metà strada tra di questi diversi gradi 63, esempi di cui
H sacro e il profano... fugge sl il male, si serve non solo per illustrare la via,
ma non è ancora in grado di condurre ma anche la meta della 1tpoxom1. A pro-
una vita perfettamente buona» (fug. posito di questa meta Filone può dire
213). O con altra immagine: il 1tpox6- una volta (congr. I06) che, raggiuntala,
1t't'WV vive «nella regione mediana tra i la ~vx-ii npoxo'lt•ov<ro.. diventa un <pÉy- ·
vivi ed i morti» (Èv 't'TI µe'taçv xwpq. yoc; oupOCVLOV, «una luce celeste», e che
SWV't'W\I xai 't'EWT)XO'tWV ), dove i 'vivi' poi - come la luna piena alla fine della
sono quelli 'sposati' con la cpp6vT)<rLc;, sua Tiapau!;·f)cnç - offrirà a Dio, sacri-
i 'morti' quelli 'sposati' con la àcppocru- Ecio immacolato, i gradi di perfezione
VT) (som. 2,234). Filone ama soffermarsi raggiunti: perfetta <rocpla, à.pE'tYJ e EV-
spesso e diffusamente su tale posizione oa.tµ.ovlo.. (cfr. leg. alt. 3,140. r47. 249;
mediana del 'ltpOXo'lt'tWV (µfooc;, MXT)· Abr. 58).
'tlJ<;) tra il cpcxuÀ.oc; (xax6c;) e il 'tÉ-
ÀELoc; (o-novoa~oc;, &pLa-'toc;): som. 2, D. IL GRUPPO DI TERMINI NEL N.T.
234-237; l,151 s.; mut. nom. 19.23;
leg. ali. l,93; oppure - quando conside- I. Collocazione linguistica
ra soltanto la 'ltpoxo'lt'fi - tra l'&pxoµE- a) 'Jl;poxon1) e 7tpox6'1t-.w non sono

ancora imperfetto nel suo ethos, è solo oeu- zione nella quale si trova il 7tpoxon't'wv (ri-
~Epo<; rispetto al ikocp~ì,,1Jc; (leg. alt. 2,8r ), al spetto al <pauÀ.oc; e al -çÉÀ.Etoc;) serve a Filone
·dÀ.:;:Lo<;: questi possiede già la à:m'ti>m1., men· per una peculiare clnssificazione del nome di
tre il 1tPOY.61t'tWV è giunto semplicemente al- Dio ncll'A.T.: al 7tpox6rc'TWV corrisponde i>E6<;,
la µe-.pLonafim1. (leg. alt. 3,r31 s.; cfr. ~ Vi:>L- al <pct.uÀ.oi; xupLoc; e OECT1tO'tl)<;, all'lXpLU"'t"Oç Y.o:L
Klllt I 134). Egli corre ancora il pericolo cli •n:ÀEL6'TrJ.'tO<; il nesso XVpLO<; ilEoç (mt1t. 110111.
regredire invece che progredire (som, l,152), 19).
anzi addirittura il pericolo che la èH..oyoc; òp- 63 I principali esempi veterotestamentari della
µ1) (~ vm, col. r312, diversamente col. 13rr) 7t{)OX01tYJ sono Abramo, Giacobbe e Aronne
torni a 'bruciare' dcl tutto la 7tpoxomi (leg. (dr. poster. C. 78), quelli della nÀEt6't11<; Noè
all. 249). (Abr. 47 ), Isacco (ad es. det. pot. ù1s. 46) e
61 Cfr. ~ VOLKER 1 233 e passim. Mosè (ad es. leg. alt. 2,8i.91), Nel caso di Gia-
62 Dalla varietà dci momenti iniziali (<pct.UÀ.oc;- cobbe si ha però una trasformazione di un
&.px61m1oc;) risulta anche la possibilità di una o\iµ~oÀ.ov 7t6vou xat 7tpoxo7tijc; (sacr. A .C.
gradazione con quattro momenti (leg. all. 3, 120) nel paradigma di un "t'ÉÀ.Etoc;, simboleggia-
r59: il <p~ì,,1Joovoc; corrisponde al <pct.vÀ.oc;). ta nel cambiamento del suo nome in 'Israele'
Talvolta Filone allude anche a due gradi dei (dr. ebr. 82; co11f. li11g. 7:i.; su questo punto
">ÉÀELOL, uno definitivo ed uno provvisorio. In dr. E. STnIN in CoHN-HI!INEMANN, op. cit. [ ~
quest'ultimo stadio si trovano gli appena per- n. :i.9] V 121 n. x; M. Anurn, ibid. 34 n. 4). In-
fetti (agric. 165), che sono ancora inconsape- fatti per Filone questo nome deriva da r'h e
voli della loro perfezione (agric. 161; dr. il significa colui che vede Dio (~ IV, col. n44;
uocpòc; oict.ÀE)..11Dwc; nella Stoa, ~ col. 240) e vm, coli. 948 ss. n. 113); e la i>Ewp(a ilEov è
non sono ancora ben saldi ncll'à:pnlj (agric. il segno distintivo del 't'tÀ.E~oc;, proprio come
160.158 alla fine; dr. Chrysipp., Jr. 510 [v. È~ axofjc; Y.CXL ùcpnyljutwc; I.Lct.VMVEW lo è
ARNIM III x37 s.]). La doppia contrapposi- dcl 7tpox67t't'WV (sacr. A.C. 7).
npoxomi D xa-c (G. Stiihlin)

voces biblicae in senso proptio, ma ap- che Evagora divenisse troppo potente»
partengono piuttosto agli elementi de- (Diod. S. r4,98,3: 7tpox61t'tEL'\I = avere
successo, acquistare potere, divenire po-
cisamente ellenistici del greco del N.T. tente, -7 233 s.); inoltre ÈTIL 7tÀ.Éov ...
A questo proposito è sintomatico che da 1tpox6\jia.L Év PtJ't'OptxT\, «aver fatto mag-
un lato i nostri termini vengano usati giori progressi nella retorica» (M. Ant.
l, l 7) e anche (&.À.a.sovEla)... -.Tiv Ént
ben poco (in tutto solo 9 volte) e, dal-
1tÀ.fov mxpau!;T)utv où À.aµ~avEL, «(la
l'altro, che ricorrano unicamente presso boria) non può svilupparsi ulteriormen-
quegli scrittoti del N.T. che anche per te» (Philo, virt. r62) e ~wpwv &.BÀ.a~EL<;
altri aspetti si avvicinano più nettamen- É1tÌ. 'tÒ 7COÀ.ÌJ 1tpOXEXOCj>O't'a.ç (Ios., ant.
2,340; inoltre r 8,r8r: npouXO'lt'tEV Ént
te alla koinè della classe colta o perfi- µÉya.). Con É1tt nÀ.EL'ov ... 1tpox6\jiouuw
no si servono più ampiamente della lin- &.11EBElaç, «avanzeranno sempre più nel-
gua e delle espressioni della diatriba ci- l'empietà» (2 Tim. 2,16; -7 n. 79) dr.
xa.i>' Éxauu1v Tjµépa.v Ént µÉya 7tpov-
nico-stoica: ci riferiamo a Paolo (Gal. xon1:E 06!;11c;, «ogni giorno avanzava
r,r4; Rom. 13,I2; Phil. r ,12.25) ed ai grandemente in reputazione» (Ios., ant.
suoi discepoli, cioè Luca (Le. 2,52) e 20,205 ). Con 1tO\lt]pot &vi>pw7toi xrd
l'autore (o gli autori?) delle Lettere pa- y61)"t'Eç npox6ljJouow É7tt i;Ò XEL°pov, «gli
uomini malvagi ed impostori progredi-
storali (I Tim. 4,15; 2 Tim . 2,16; 3 ,9 . ranno sempre in peggio» (2 Tim. 3,13)
r3) M. Nella tradizione dei detti di Ge- cfr. 't'à... mii>11 'ltpouxo1t'tEV xai>' 'iJµÉ-
sù, anche negli strati più tardi, i due vo- pav É7tÌ. i;ò xtL'pov, «le sofferenze diven-
tavano ogni giorno maggiori e peggiori»
caboli sono totalmente assenti, come as- (los., beli. 6,r); G'UVÉB1J 't'Ì)'V n6À.iv 'Ì)-
senti sono in Giovanni, il quale anche µwv \IOUEL'V 7tp0X01t't6'V't<.ù\I 'lta\l't'W\I ÉTIL
per questo rispetto dimostra che le pro- 1:Ò xdpov, «avvenne che la nostra città
soffrisse perché ogni cosa precipitava
prie radici non affondano nell'ellenismo verso il peggio» (Ios., ant. 20,2r4); X/J.-
di stampo occidentale. À.rnw't'Épav ÈÀ.aµBavE -rfjc; É7tÌ. -cò xt'L-
pov npoxoni'jc; al'tlav, «(la sedizione dei
b) In parte gli autori del N.T. non partigiani di Core) prese occasione di
fanno altro che prendere le locuzioni progredire verso il peggio» (Ios., ant.
con 7tpoxo7t"t'tù e il loro uso direttamen- 4,59); vedi anche (Tj q>uutc;) 7tpòc; 'tÒ
te dal linguaggio quotidiano. Cfr. cosl XE'Lpov o(XE't'at cpEpoµÉv1), «(la natura)
Ti vù!; 7tpoÉxoljJE\I, «la notte è già avan- viene trascinata al peggio» (Plut., de
zata» (Rom. 13,I2) con... 'tfjc; WX1:Ò<; profectibus in virtute 3 [n 76e]).
npoxo7t-.ovu1)ç, «quando la notte si a-
vanza» (Ios., bell. 4,298) e con 1i !JµÉ- c) In tre locuzioni si coglie invece l'e-
pa 7tpox6n'ttt, «H giorno si avanza» co della filosofia popolare ellenistica,
(lust., dia!. 56,16). Con où npox61jiouutv senza che l'accostamento sia univoco:
È7ti 7tÀ.Ei:ov, «(gli eretici) non faranno con 'l11crouç 7tpoÉxo1t't'EV Év Tfi crocplf!.
ulteriori progressi» (2 Tim. 3,9) cfr. où xaì. 'iJÀ.txlf!, X'tÀ.. (Le. 2,52 -7 col. 257)
~ouÀ6µEvoç... "t'ÒV Eùay6pav Ènt 1tÀ.Et:ov e 7tpoÉxon'tov Év "~ 'Iouoaì:O"~, «pro-
7tpox6n-tELV, «(Artaserse) non volendo gredivo nel giudaismo» (Gal. l,14),

6-1 Un po' diversamente intende~ B oNHOFFER 128.


TIPOXOitTJ D rc-:ib (G. Stahlin)

cfr. Plut., de pro/ectibus in virtute IO 2. La 7tpoxo7t1j individuale


(II 81d) -? col. 2 35; &.viJp È.v qnÀo·
<iocplq. µEyaÀ:riv EXWV -r-poxo1t1}v, <mn a) Come nell'uso linguistico della cul-
uomo che possedeva una grande compe- tura ellenistica cosl anche nel N.T. sog-
tenza in fìlosofìm> (Diod. S. 16,6,3); getto della 1tpoxorcl} è, nella maggior
Luc., Hermot. 63-? col. 235; -? n. 3; parte dei casi, una persona (Le. 2,52;
M. Ant. I,IJ (-? col. 254); partico- Gal. 1,14; 2 Tim. 3,9.13; probabilmen-
larmente con Le. 2,52 cfr. 7tpox6'lt-.WV te anche 2,16 ~ col. 265 e n. 79; I
i:ft 1]Àtxlq. (Apollonius, vita Aeschinis Tim. 4,15) e soltanto in pochi casi (li-
4 65 ); ['tij] -.e i)À.Lxlq, 7tpox6r.-cwv xa.t mitati a Paolo) una cosa (Rom. 13,12:
7tpoay6µEvoç Eiç -rò l}Eo<J"EBEtV, «avan- 1i vu~; Phil. l,12: "'CÒ EÙayyÉÀtov; pro-
zando in età e portato alla pietà religio- babilmente anche l ,25: Ti 7tlO''ttç, -?
sa» (Ditt., Syll. ' II 708,18 [-? IV, col. coll. 262 s.).
104]; xr.d)' 7}Àtxla.ç 'ltpoxomi (Clem. b) I 'progressi' personali di cui parla
Al., ecl. proph. 18,1) «>. Con "t'o.iha. µE-
ÀÉ-ra, Èv .-ou-cotç foìh, i:va crou 7} 'ltpo- il N.T. sono in parte individuali lcome
xoID) cpavEpà Ti 'ltC~:crtv, «occupati di nell'ellenismo: -7 coli. 235 . 236 s. e
queste cose, dedicati totalmente ad esse, in parte collettivi (2 Tim. 3,9.13 ; 2,
affinché il tuo progresso sia evidente a
tutti» (I Tim. 4,15) cfr. il carattere per- 16; dr. Phil. 1,25). Il N .T . si avvicina
sonale di 1tpoxorc1), ad es. in Epict., diss. di più al diffusissimo uso linguistico
1,4,12: cru• ouv., EV'tauva
, -!lo, µoi. oet<,OV
~ :-t:'
crou de11a filosofia popolare ellenistica quan-
"t'l')v 'ltpoxomiv, «tu dunque mostrnmi
do parla del progredire personale di sin-
qui il tuo progresso» (dr. Iac. 2,18).
goli individui (Le. 2,52; I Tim. 4,15, ed
d) Carattere originale, o almeno sen- anche Gal. r,14).
za evidente nesso con il linguaggio co- Parlando della fanciullezza di Gesù
mune del tempo, hanno due frasi pao- l'ellenista Luca ci dice che il bambino
line nella Lettera ai Filippesi: -.à M:t' 7tpoÉX01t"'CEV Èv 'tTI <J"ocplq., «progrediva
ÈµÈ µ<iÀÀov Elç 7tpoxotjv -rov EÙayyE- nella sapienza» (Le. 2,52). Questa noti-
À.lou H.'l)À.uÌ}Ev, «le mie ·vicissitudini zia sembra a tutta prima contenere un
hanno preso a svolgersi in maniera più elemento caratteristico della formazione
favorevole al progresso dell'evangelo» culturale ellenistica, ma non è così.
(Phil. l,12 -? coll. 263 s.) e µe.vw xaL
mxpa~vw 7tiicnv ùµt:v Ei.c; -r'Ì')v ùµwv I biografi e i romanzieri antichi era-
no soliti sottolineare come i loro per-
7tpOX01tTJ\I xai xapa\I -ri}c; 7tl<T'tEWç, «ri-
sonaggi si sviluppassero eccezionalmen-
marrò e continuerò a rimanere con voi te di pari passo nel corpo e nello spi-
tutti per il progresso e la gioia della vo- rito, rilevando in particolare anche l'am-
stra fede» ( l ,2 5 ~ col. 262 ). mirazione generale di cui erano ogget-
to. Nei tre sommari paralleli (1 ,80;
2,40.52) con cui Luca segna la fine di
una sezione del suo racconto, sembra
65 Ed. F. Buss, Aeschinis Orationes 1 (1908) u Cfr. anche la locuzione sinonima npo~a:lvw
6,II. 't"ij 1))..txf.ct. in Vett. Val. :i ,10 (p. 65,21).
257 (v1,712) 11poxon·~ D 2b (G. Stahlin)

anch'egli servirsi di questo diffuso sche- tutto dal chiaro parallelo - non elleni-
ma convenzionale 67 . Sembrerebbe quin- stico - che si legge in 2,40 (e in r,80):
di logico pensare che la locuzione 7tpo- hpoc't'a.toG•o ( 'ltVEuµoc·n) 7CÀ.1Jpovµevo\I
%07t'tW Èv <locplq. fosse d'uso corrente. crocplfl.. Usando la frase in questione Lu-
Per quanto ne sappiamo, invece, il lin- ca deve aver pensato alla crvvErrt<; di
guaggio tecnico dei filosofi e dei loro Gesù, della quale ha poco prima (v.
amici preferiva 68 parlare più accurata- 47) narrato un esempio 70, e ad un lo-
mente solo di progressi in q>LÀocrocpla, gion ( 1 r ,31, da Q) nel quale lo stesso
µa?Hn..w:rn., 1tat8Ela. (~ col. 2 3 5 ) e si- Gesù parla della propria O'ocploc supe-
mili(~ coll. 237 ss.). È però anche pos- riore a quella di Salomone, una crocpla.
sibile che Le. 2,52 si colleghi a Eeclus che assieme al suo x-fipuyµa. ( := appello
51,17 (-7 coll. 244 s.): in questo caso alla penitenza: v. 32) avrebbe dovuto
l'evangelista avrebbe interpretato la fra- suscitato la fede. Il nesso, spesso at-
se 7tpoxo7t'Ì) ylvE-ra.l µot Èv <locplq. eviden- testato anche altrove (~ col. 255), di
temente come sinonimo di r.pox6-n-rw È.V 7CpOX01t'tW ( 1tpOX07t1j) con TJÀLXLOC indi-
crocplq,. Tuttavia tale ipotesi è, almeno, ca generalmente l'età(~rv,coll. 103 s.);
altrettanto probabile dell'altra che ve- in Le. 2,52 però, dato il parallelismo col
de in Le. 2,52 un'allusione a I Sam. 2, v. 40, sembra più naturale supporre che
2r.26; 3,1; Prov. 3,1-4: in questi passi si tratti della statura(~ IV, coli. 103 s.;
i LXX non hanno né 7tpox67t-cw né uo- ltpox6rc•w 1}Àtxl<1- := a.uçavw). Tutta-
cpla. né i}Àtxla né x.aptç (in Pl'ov. 3,3 via è ancora più verosimile che per Luca
il termine è usato in un contesto diver- 1])..L:v.la (~IV, col. 104) indichi la matu-
so) (f). Proprio una tale allusione sarebbe rità spirituale (1tpox67t't'W 1}À.tXLfl. :=
un indizio bastevole del fatto che il te- :v.pa.'t'octoi:iµa.t 1t\1Evµa.'t'~ di Le. r,80; 2,
sto non intende la sapienza della filoso- 40 [variante]; cfr. Eph. 4,13; 3,16 ~
fìa greca, bensl si riallaccia alla conce- v, coll. 998 s.). Un più chiaro collega-
zione tardogiudaica della {1okma, con- mento con l'A.T. sussiste per il terzo
formemente a quanto avviene negli altri elemento, xapt<;, che ha il duplice va-
esempi di ~ rrocpla nella tradizione si- lore di favore presso Dio e presso gli
nottica (ad es. Le. 7,35; u,49). Che il uomini (dr. I Sam. 2,26; Prov. 3,4 71 ;
concetto espresso in 2,52 vada comun- Ecclus 45,1 ). Risulta cosl che Luca ha
que inteso alla luce di premesse giudai- riempito lo schema della biografia elle-
che è suggerito già dal colorito giudeo- nistica di cui si parlava sopra (~ coll.
cristiano di tutta la storia lucana dell'in- 256 s.) con un contenuto di tutt'altra na-
fanzia che termina con 2,52, e soprat- tura. Soltanto Le. 2,40 si riferisce alla

67 Cfr. i passi indicati sopra in r c), inclusa 10 Qunndo le sue fonti (dr. Mc. 6,2) gli of-
la n, 66, e in WETTSTEIN a Le. 2,52; A. FRID· frono di nuovo lo spunto per accennare alla
RICHSEN, Ra11dbe111erk1111gen :mr Kindeitsge- sapienza di Gesù, Luca (4,22) parla di Myo~
schichte des Lukas in: SyrnbOsl 6 (r928) 36- 'tij<; xapL'tO<; (~ IV' col. 244). Del resto an-
38 e il materiale ivi offerto. che Luca, come gli altri sinottici, sottolinea
che faceva una fortissima impressione la t!;ou-
6.'l Cfr. però Ios., a11t. 10,x89 (~ col. 236) e cna. di Gesù (Le. 4,32) e non già la sua aoqila..
anche Ael. Arist., or. 46 (DINDORF II 405): 71 Tuttavia anche qui il testo base non è quel-
'ltpOXO'ltT} 't''ij<; O'O<pla.ç. lo dei LXX a noi noto (I Sam. 2,26: à.yaM\I;
69 Tuttavia di rado le citazioni di Luca coin· Prov. 3,4: xa.À.&.). Da Prov. 3,4 (T.M.) potreb-
cidono letteralmente col testo dei LXX a noi be venire anche l'associazione di x«p~<; e o-o-
pervenuto: anche in 2,40 e x,80 abbiamo 'l)U- <pla, che però ricorre nel N.T. anche altrove;
~CX.\IE\I invece di 'l)U~i}lh}. dr. Act. 7,ro; 6,8.10; Eph. 1,8.
259 (v1,713) 7tpOX07t'~ D 2b (G. Stiihlin)

crescita fisica, mentre Le. 2,52 mette e- La sua npoxon1} deve manifestarsi nella
sclusivamente in evidenza il momento fede e nell'opera (v. 12), soprattutto
della maturazione spirituale, che pure e-
ra già presente nel passo precedente. In nell'esercizio della 7tapéL.xÀ.l}trt<; e della
entrambi i passi la xcX.pii; divina prende otocxGxa)d.a:: (v. 13), e precisamente in
il posto del favore generale (~ n. 67 ), maniera concreta e visibile perché Ti-
giacché anche la xapt<; 7tap' à:.vl>pw7tot<;
moteo, in quanto otcixovoç XptcT'tOU 'll}-
non è che il riflesso terreno del favore
che Gesù gode presso Dio (cfr. 9,35). crou (V. 6), U\lìJpW1tO<; i7EOU ( 6,II) ed
eua::yyEÀtcT't'lJ<; ( 2 T im. 4,5 ), proprio in
Luca non sviluppa minimamente que- ciò deve essere un -i-tmo<; per i credenti
sti accenni ad una 7tpoxo'lt1} di Gesù e (v. 12). In questo passo ci sono due im-
non si distingue cosi affatto, per questo portanti osservazioni da fare. In primo
rispetto, dagli altri evangelisti. È anche luogo il vero progresso spirituale del cri-
discutibile se le.fonti permettano di pa.r- stiano può essere riconosciuto anche da
lare, in qualche modo, di progressi di altri e non soltanto dall'interessato (~
Gesù per ciò che riguarda, ad es., la co- col. 240 e n. 27). In secondo luogo,
noscenza del suo destino e della sua per- benché nella parenesi pratico-pastorale
sona, o addirittura del suo sviluppo eti- della nostra pericope la 7tpoxo7tTJ sia og-
co (dr. al massimo Hebr. 5,8 s.), per getto di uno sforzo umano (-.cx.u-.a:; µE-
quanto i moderni biografi di Gesù si ÀÉ't'a, È\I -.ou't'ot<; (cri}~), in ultima ana-
sbizzarriscano a manovrare variamente lisi anch'essa è un dono di Dio, come
con tali concetti 72 • ogni genuina 7tpoxo7t1} nel N.T. (cfr. ~
La massima (relativa) prossimità al coll. 247 s. 250), perché è frutto e svi-
concetto ellenistico di 7tpoxomi è rag- luppo di un xaptcrµa. 73 •
giunta nel N.T. da I Tim. 4,15. La 1tpo- 11 testo più antico del N.T. in cui
xo'lt1) di Timoteo è lo sviluppo del x&.- compare 1Cpox67t't'W è probabilmente
ptaµcx. che egli ha ricevuto con l'ordina- Gal. 1,14. Qui, riguardando al suo passa-
zione da parte del 7tpEcrBu't'Éptov (v. x4). to precristiano 74, Paolo ricorda come

n Per due esempi diversi dr. A. ScHWBIT· XaPltÒ<; vµwv <PC1.VEPÒ<; -o ÉV 'l>éi.aw ). Peral-
ò
ZER, Gesch. der Lehen-Jesu-Forscbu11g • (1926) tro proprio il concetto caratteristico di pro-
392-443; M. GoGuEL, Das Lebe11 Jesu (1934) gresso viene qui sostituito con quello di frut-
252-256. Per la questione di uno sviluppo mo- to. Come tutta la sua lettera, cosl anche
rale di Gesù dr. H. STRATHMANN, Der Brie/ questa frase di Policarpo è composta di varie
an die Hebr., N.T. Deutsch 91 (1954) a 4,14· reminiscenze del N.T. Per il parallelismo del-
5,10. le immagini di progresso e crescita e di fnit-
7.1Cfr. ~ STAHLIN 22 s. con n. 24. H. v. CAM· to, cfr. - STii.HLJN 14 s. 18 s. 20 s.
PENHAUSEN. Polykarp vo11 Smyma rmd die 74 Cfr. E. BARNIKOL, Die vorchr. 1111d frìihcbr.
Past. (1951) 27 constata la grande affinità di Zeit des Paulr1s (1929) 13 n. 2; anche 31-46
questo passo con Polyc. 12,3: ut fructus vester (la traduzione di 7tpox67>-cW con- distinguersi,
ma11i/estus sit in omnibus, ul sitis in ilio per- superare, segnalarsi e simili è peraltro ine-
f ecti (retroversione di v. CAMPENHAUSE.N: tw.t satta).
7tpoxon1) D 2b-3 (G. Stiihlin)

progredisse «nella perfetta osservanza 3 . La 7tpoxo1t1} della comunità e dell'e-


sv
del giudaismo ( -.4'.> 'Iouocwrµ~, -7 iv, vangelo
col. 1176) più di tutti i coetanei». La
Il carattere peculiare dell'uso neote-
'ltpoxomi si manifesta qui in uno è'.;ijÀ.oç
stamentario di Ttpox61t'tW / 1tpoxomi è
teorico e pratico nell'ambito della reli-
messo in evidenza, ancor più che dall'u-
gione avita (-p;cx-.pLxcxt 7ta.pcx86<retç). Si
so individuale dei termini, dal loro im-
può anche suppotre che qui il concetto
piego parallelo in riferimento alla co-
della 7tpoxo7t·~ includa l'elemento sup-
munità e all'cvangelo in Phil. l,25.12.
plementare di un 'vantaggio' conquista-
Phil. 1,25 (-+col. 255) è aperto a una
to, come in una gara di corsa, sul grup-
duplice comprensione: si può intendere
po dei giovani osservanti giudei, coeta-
7tpoxom] assolutamente, cioè come 7tpo-
nei di Saulo (a questo tipo d'immagine
xo1t1} personale (dunque come in I Tim .
si richiama anche r Tim. 4,15; cfr. vv.
4,15) nel senso di una crescita spirituale
7 s.). Ad ogni modo, almeno in prima
(-+ col. 258), oppure come concetto
linea, 7tpoxom'J indica qui un consegui-
appaiato a xa.pci e quindi collegato a
mento umano e costituiva perciò per
1tl<r·n:wç. In quest'ultimo caso uµWv si
Paolo oggetto di un xavxTJµcl umano
riferisce all'intera frase, anche se il pro-
(-7 v, coli. 298 ss.; cfr. Act. 22,3 e per
nome appare forse piuttosto pleonastico
contro Phil. l,25 s.; r Cor. r,29.31; 2
accanto a uµ'i:v, immediatamente prece-
Cor. 10,15-17). Ma ora (vv. 15 ss.) que-
dente (tuttavia uµt:v dipende dal 1tG.p~
sto 7tpox67t'tEW acquista quasi un sotto-
di napG.µEvw ). Nonostante tutto, que-
tono ìronico 75 , perché quei 'progressi'
st'ultima interpretazione («per un gio-
di Saulo erano esattamente l'opposto di
ioso progresso della vostra vita nella fe-
ciò che è ora per Paolo 7tpoxom1 (cfr.
de» o, più liberamente, «per un gioioso
Phil. l,12 .25; inoltre r Tim. 4 ,15), o
progresso nella fede») è forse più fedele
meglio erano ciò che 2 Tim. 2,16 chiama
, , (l , e conforme all'abitudine che ha Paolo
un bd. 7tÀ.ELo\I 7tpOX07t'n:w ttCTE)JELaç,
di usare locuzioni complesse ed anche al
«progredire ancor più nell'empietà
pensiero da lui espresso in altri casi.
(quanto si dice in Rom. l,18 e 5,6 vale
anche per i Giudei), un andare di male Benché ci sia una sola fede (Eph. 4,5)
in peggio (2 Tim. 3,13: br;t 'tÒ XEi:pov per la quale si è salvati (Rom. 3,,28 e
passim), Paolo come lo stesso Gesu (cfr.
7tpOX01t'tELV ). Mc. 4,24b.25a) conosce (-7 x, coll. 460
s.) misure e gradi diversi di fede (Rom .
r2,r3; cfr. Mt. 8,ro; 15,28; 17,20; r

73 Guardando indietro al suo passato il Pa?· &.vi]p che n quei tempi era in auge (~ IV,
Io cristiano lo vede proprio come una spe31e coll. 471 s.).
di immagine invertita deJia figura del llEtoc;
1tpoxom'J D 3-4 (G. Stiihlin)

Cor. 13,2.7; anche r Thess. 3,rn) e di di penetrazione nei cuori (v. r 4), dive-
conseguenza anche un progresso ed una nendo nuovamente, anche nella presen-
crescita nella fede (cfr. Le. 17,5; 2 Cor.
rn,15; 2 Thess. l,J; anche Eph. 4,29 te circostanza, una forza motrice missio-
[variante]). Causa motrice di tale 1tpo- :natia e servendo cosl alla diffusione del-
X07ttJ è per Paolo il fotto che egli resta la parola(~ v, col. 849)n.
in vita e può quindi continuare ad oc~
cuparsi della comunità (v. 26; cfr. Rom.
1,II s.; 15,29), cioè, in una parola, ad 4. La 7tpoxo'lt1) dell'eresia
esercitare il ministero apostolico. Per
Paolo la vera forza motrice di ogni ge- Le Pastorali, in particolar modo la se-
nuina 1tpoxon1} è però, in ultima ana- conda Lettera a Timoteo, parlano di un
lisi, sempre il 'ltVt:tiµa. 76.
riscontro negativo, di un fenomeno op-
A Phil. 1,25 corrisponde Phil. l,12 posto alla '1tpoxo1t1j dell'evangelo e della
(-7 col. 255): come l'opera di Paolo gio- comunità, cioè di una 1tpoxomi dell'ere-
va alla 7tpoxon;1) della vita cristiana del- sia e degli eretici. Anche qui si trova
la comunità, cosl la sua sofferenza giova (dapprima) una 'ltpoxo'lt1] nutrita da for-
alla n;poxo'lt1] dell'evangelo. Noi non sia- ze ultraterrene, che può essere parago-
mo in grado di ricostruire la particolare nata ad una crescita : non però alla cre-
situazione che Paolo ha in mente e a scita organica del frutto donato da Dio,
cui si riferisce. Evidentemente il sem- bensl alla crescita maligna di un cancro
plice fatto della carcerazione che Paolo (2 Tim. 2,17); la forza che la provoca
soffre in quanto cristiano ha avuto un non è poi la potenza della parola di Dio,
effetto missionario presso pagani e cri- bensl la forza della n;À.a\IT) che viene
stiani. Il «progresso dell'evangelo» non prodotta dal 1tÀ.avoc; xa't'È~oxliv (cfr.
significa soltanto che, benché l'Apostolo v. 26; 2 Io. 7) e a sua volta provoca con-
sia stato messo fuori causa, l'evangelo tinuamente nuova 1tÀ.6..vT) (2 Tim. 3,13):
continua la sua avanzata vittoriosa nel gli eretici sono 'ltÀ.avwv-.Ec; xa.I. 1tÀ.a.vw-
mondo, ma anche che in tale situazione µEvoi, «ingannatori e ingannati» 78 . La
esso dispiega ancor più la propria forza loro 7tpoxomi è perciò anche «un pro-

76 Cfr. JoH. WEiss, 1 Kor. 72. L'interpretazio- cfr. --+ STii.HLIN 21; per l'idea affine delln cre-
ne della 1tpox<mlJ proposta da LoHMEYER, scita in genere ibid. 13-16; --+ x , coll. 628 ss.;
Phil., ad l. («progredire significa... non lasciar- O. BAUERNFEIND, 'Wacbsen ÌtJ al/en SUJcken':
si allontanare dalla via del martirio, bensl per- ZSTh 14 (1937) 465-494. Forse anche ìl Van-
correrla fino in fondo con ferm=a interiore gelo di Giovanni parla una volta (8,37) del-
ed esteriore») enuncia certamente una verità l'ava11zamet110 della parola; cfr. PREUSCHEN·
da lui stesso comprovata, ma per quel che ri- BAUER5, s.v. xwplw 2. La correlazione di mis-
guarda Phil. 1,25 non è sufficientemente am- sione e sofferenza, accennata in Phil. r,12, è
pia. chiara a tutto il primo cristianesimo; cfr., tra
n Per l'applicazione parallela delle immagini gli altri, G. STAHLIN, art. 'Urchr. Mission' in
del progresso e delJa crescita alla 'parola', al- Evangelisches Kircbenlexikon II (1958) 1340.
l'evangelo (Aci. 6,7; 12,24; 19,20; Col. 1,6) 7B L'espressione inga11natori ingannati è un
r.poxoTii) D 4-5 (G. Stiihlin)

gressivo allontanamento da Dio» (2, 5 . La 1tpoxomi degli eoni


79
l 6) con una conseguente «sempre più
Già le osservazioni fatte fin qui ci
profonda perdizione» ( 3 ,13: È7tt 't'Ò XE~­
hanno insegnato che, prescindendo dal-
pov) 80 • Il triplice uso di 1tpox6rc"w a par-
l'uso individuale (specialmente Le. 2,52
te peiore (~ coli. 2 32 s.) in uno spazio
e Gal. 1,14), l'uso dei vocaboli 1tpoxomi
relativamente breve (2 Tim. 2,16-3,13)
e 7tpoxo7t't'W nel N .T. presenta una co-
costituisce forse la risposta dell'autore
stante nota escatologica. Tale nota ha
di 2 Tim. al fatto che gli eretici si con-
però la massima evidenza in Rom. 13,
sideravano e chiamavano «teologi pro-
12, dove Paolo esprime la propria con-
grediti» (cfr. il sinonimo rcpoa:ywv in
cezione del trapasso degli eoni e la con-
2 Io. 9, ~ I, col. 351) : i progressi de-
81
sapevolezza escatologica del tempo che
gli eretici appartengono al rcÀ.T}fi'uviìi)w1.L
volge rapidamente alla fine (cfr. v. II)
della &:voµla. (Mt. 24,12 ), cioè alle tri-
con la .figura della notte che sta per fi-
bolazioni premessianiche sa. Ma come
nire (~ vn, col. 15 II) e del giorno im-
tutte queste tribolazioni (cfr. Mt. 24,22.
minente(~ IV, col. 134), che proviene
i 3) anche quei progressi hanno un limi-
dall'interpretazione rabbinica di Is. 21,
te (2 Tim. 3,9): où npoxoijJouow f.;:t
II s, 83 : 'ÌJ VÙ~ r.pOÉXO~E\I, TJ OÈ 1)µÉpct
TIÀELoV.
iiYY~XEV, «la notte è avanzata, il giorno

gioco di parole, ma non è solo convenzionale ~ col. 233) bisogna supporre che 'ltpox61t-tw
(contro DIBELIUS, Past. 3 , ad l.; H.B.RAUN ~ ~nt 't"Ò XEi:pov rappresenti un'espressione lissa.
~ x, coli. 493 s. 542 s.), bensl è usata dnndo È pertanto improbabile che tm -rò xei:pov sia
ad entrambi i suoi elementi il loro pieno pe- costruito liberamente, come suppone WoHLEN-
so, come nel caso di l>lxa.Loc; xa.t l>Lxa.t.Wv BBRG, Past., ad l.: «Essi avranno un seguito
(Rom. 3,26) o anche di 'salvatore salvato' (dr., sempre maggiore, ma per una perdizione sem-
ad es., W/. SCHMITHALS, Die Gnosis in Ka- pre peggiore».
rinth [ r 956] 82-134). a1 In 2 Io. 9 ritroviamo la stessa contrappo-
79 Il genitivo ciO'E'3Etac; potrebbe dipendere ;iiione di 2 Tim. 3,13 s. tra andare avanti e
direttamente da 1tpox6~ouaw (come in Thuc. restare fermi. Cfr., ad es., W. UiTGERT, Die
4,60,2); in questo caso il soggetto sarebbe Irrlehrer der Past. (1909) 66.
XEvoipw•1la.L: <<il vano discorrere degli eretici sz L'apocalitùca giudaica parla più volte di
fa progredire sempre più l'empietà». Ma in una progressione delle affiizioni escatologiche:
primo luogo è inverosimile che nel N.T. ri- cfr. Bar. syr. 27 (x:z periodi); Sa11h. b. 97a 5
spunti il costrutto classico di 11pox61t't"W col Bar., citato in STRACK-BILLERIIECK IV 981 s.
genitivo ( == far progredire, favorire, incre- (À.) (7 periodi). Anche altrove si descrive spes-
mentare) attestato per l'ultima volta in Tu- so l'aumento escatologico del male; cfr. Iub.
cidide; in secondo luogo la continuazione (v. 23,n s.; 4 Esdr. 5,2.10 e altri passi indicati in
17) fa apparire più probabile che soggetto STRACK-BILLERBECK IV 982 e passim.
siano gli eretici stessi. 83 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 853 s. 855; III
so Il nesso tra empietà e perdizione è stretto 749· I rabbini hanno però inteso il passo an-
come quello tra fede e salvezza (cfr., ad es., che diversamente: mentre per Israele è gior-
1 Petr. 2,8). Considerando i paralleli (-7 col. no, per le nazioni è notte; dr., ad es., STRACK·
254; dr. anche 1tpox6n't"W Èni -rò ~O.mov BILLEIIBECK I 164.599 S.j IV 248. 1028 a 3·
z67 (vr 17l6) ;tpOXO'itlJ D 5 -E I (G. Stiihlin)

è vicino». 7tpox67t't"W indica qui, come sto mondo. Anche se per ragion.i com-
Eyyli;w, l'incerto stadio intermedio 84 pletamente diverse (---'> cfr. coll. 236 s.;
tra gli eoni che si toccano nel punto in anche coli. 244 s.), il N.T. ignora to-
cui il precedente continua e il successi- talmente, come la filosofia popolare con-
vo non comincia ancora. Questi due a- temporanea, una cosa simile. Nella con-
spetti sono indicati dal doppio valore cezione biblica la storia, nella misura in
dell'aoristo 7tpoÉxo\jJEv. Da un lato que- cui è storia del 'mondo', è priva di teo-
sta forma significa che «la notte è già logia e perciò non conosce neanche un
molto avanzata»: è ormai quell'ora del- progresso 86• Soltanto partendo dalla pre-
la notte che precede l'inizio del crepu- messa dell'evangelo diviene visibile nel-
scolo, quando regna l'oscurità più pro- la 'storia' - ad un livello totalmente di-
fonda, simbolo della grande crisi che verso - una 7tpoxo1t1} fissata da Dio.
precede la fine. Allo stesso tempo - e
questo aspetto sta qui in primo piano - E. IL GRUPPO DI TERMINI NEI.LA PRIMA
LETTERATURA CRISTIANA
questo aoristo 8.5 ha in sé il momento del-
l'imminente conclusione: «la notte è 1. I Padri apostolici e gli apologisti
quasi finita», è già ora di alzarsi ( v. II). Nella più antica letteratura cristiana
L'identificazione dell'ora presente serve postcanonica si cerca dapprima invano
un qualche uso specifico e teologico dcl
qui a Paolo da motivo determinante del-
nostro gruppo di termini. Come avviene
la sua parenesi (vv. r2b-q). per molti altri aspetti, anche nel nostro
In questa consapevolezza dell'avan- caso si sente nettamente la mancanza di
zata dei tempi prestabiliti da Dio non una valida e sensibile influenza del pen-
siero del N.T. Nei Padri apostolici 1tpo-
c'è posto per una qualche idea di pro- x61t't"W è usato un'unica volta, in 2
gressi dell'umanità nella storia di que- Clem. 17,3; ... 1tEtpwµdet 7CPOX01t'tEW

84 È lo stesso momento che caratterizza il tica, è la storia di Adamo, giacché incominciò


7tpox67t't'EW dei filosofi come stadio intermedio con fa sua storia per p:>i conformarsi sempre
(o npox67t-rwv = ò µfooc;); dr.~ coll. z37 s. di nuovo - e questa è appunto la parola, il
251. giudizio di Dio su di essa, questa è la ra-
ss Si può osservare il medesimo aspetto nel- gione della sua impressionante monotonia, per-
l'uso linguistico di Epitteto (~col. 240); cfr. ciò in essa non vi può essere alcun 'progres-
diss. 2,17,40: Èyyùc; fo6µd)a: -i-ou 7tpox6-lim. so' - alla sua storia». E ancora (565): «Si de-
Inoltre diss. 3,19,3; 4,2,4; ench. 51,1 [DE- ve riconoscere il fatto tremendo che non si
llRUNNER]. Anche il perfetto si avvicina a que- può certo negare la presenza di ogni sorta cli
sto significato, ad es. Ios., ant. 2,133: 't'TJ\I progressi particolari, ma che si è dimostrato
Olìòv 11:poxExo1plvaL, «esser giunti alla meta molto più impossibile individuare una teleolo-
del viaggio»; cosl anche Philo, det. pot. itJs. gia, una progressione globale della storia dcl
12 (~ col. 250) e similmente anche Rom. mondo, nonostante i ripetuti tentativi fatti
13,12, dove 1\yyL:XE\I corrisponde a npoho-liEv in questa direzione... È l'uomo in sé che, pre-
(cfr. Mc. l,15 par.). scindendo da tutti i mutamenti delle sue for-
86 Cfr. K. BARTH, Kirchliche Dogmatik iv 1 me e attività storiche, 11011 è proprio 'progres-
(1953) '67: «La storia del mondo è adami- sivo'».
1tpoxomi E x-2 (G. Stiihlin)

Èv 'tai:c; Èv'toÀ.ai:c; 't'~ù xuplou, «cerchia- platonica (...D..oc; -.Tjc; IlÀ.ci'twvoc; cpt-
mo di progredire nei comandamenti del À.ocrorpiac;): l'immediata visione di Dio
Signore». Sia per la forma (parenesi in ( CXÙ't'LXa XCX"t'Oi)IEcrfr~L "tÒV 1iE6v, -7 col.
forma esortativa) sia per il contenuto il 275; n. 63).
passo in cui si riscontra 7tpox61t'tW è ti- Per contro Ireneo parla spesso di un
pico della concezione legalistica della vi- 'ltpoxon:'t'EL'V verso Dio (ad es. haer. 4,n,
ta cristiana che domina questa lettera- 2; - 38,J), ma d'altra parte combatte l'i-
tura. II mezzo che consente un tale pro- dea di sviluppo degli Gnostici che si
gresso consiste nell'ascoltare l'ammoni- dànno il nome di proficienti (~ col.
zione dei presbiteri ( voul>e't'Ei:cri>rxt Ù7tÒ 265)88.
"tW\I 1tpEcr~u-rÉpwv) frequentando assi-
duamente le riunioni di culto, nel ricor- 2. Clemente Alessandrino
dare i precetti del Signore (µvriµovevEt\I
'tWV "tOV xuplou Èv•rx)..µ.chwv) anche do- Un uso ben più ampio e importante
po essere tornati a casa, nel resistere ai del verbo n;poxon:"tw e ancora di più del
desideri mondani (6.v-rmapÉÀ.xEcri>at ci- sostantivo 7tpoxon:Ji fa invece Clemente
7tÒ "tWV :x:ocrµtxwv É:r.d)uµtwv ); sua ca- Alessandrino. Le sue opere si affiancano
ratteristica è la concordia (7taV't'Ec; "tÒ a quelle degli Stoici e di Filone come
aÙ"tÒ q>povou'J't'E<;), suo fine l'unione per terzo gruppo di scritti in cui npoxonli e
la vita (l:va. .. O"VVT)yµÉvot 87 wµi::v !-id 1tpox61t"tW costituiscono termini tecnici
't''Ì]V SWTJV ). dell'intero sistema. Come Filone dipen-
A giudicare dagli scritti che ci sono de dalla Stoa, cosl Clemente dipende in
pervenuti, i primi apologisti cristiani u- larga misura da entrambi per il suo uso
sano 7tpOX01t't'W secondo la lingua popo- linguistico, però con due significative
lare corrente (Iust., dial. rr,5 -7 n. 43; differenze. In primo luogo l'idea di pro-
56,I6 -7 col. 253 ). Soltanto Iust., dial. gresso ha in lui un'importanza, un'am-
2,6 riflette l'uso linguistico della filoso- piezza ed una varietà d'uso assolutamen-
fia popolare del tempo: Giustino dice te senza precedenti; in secondo luogo, e
che, accostatosi al platonismo, vi faceva questa è la sua caratteristica principale,
grandi e quotidiani progressi: 7tpofao- essa ha in Clemente un contenuto ·bi-
TI"tOV Y..aÌ. 1tÀ.ELcr't'O\I 00"0'11 ÉxM-.1)c; 'ÌJµÉ- blico che è completamente sconosciuto a
pac; E1tEOtoouv (-7 n . 3 ). La spinta per ta- Filone. Conformemente a tutto il pen-
le avanzamento quotidiano viene dal siero clementina, anche per questo ri-
maestro (-7 coll. 239 s. 248 s.) con il spetto i concetti stoici e platonici ven-
suo insegnamento e la sua frequenta- gono subordinati al N .T. 89 • Un partico-
zione, dall'acquisita conoscenza delle lare sviluppo semantico del sostantivo
realtà incorporee ('t'WV à.crwµ6:'t'wv vori- 7tpoxomi sta al servizio del ricco sistema
CTLc;) e dalla contemplazione delle idee teologico-filosofico di Clemente d'Ales-
(xaì. Ti 1'Ewpla -twv lòEwv); la meta del sandria, per il quale npoxomi non signi-
progredire è il line stesso della filosofia fica soltanto progresso, avanzamento, a-

87 Il senso escatologico di auv&:yw è assicu- II,4.6; I3 1 I5.16.19; 15,2,


rato da quanto segue (cfr. Mt. 3,12; I3,JO; 88 Cfr. W. BousSET, Kyrios Christos' (1921)
Did. 9.4; 111art. Pol. 22,3 ecc.). Nello stesso spi- 352-355.
rito di .2 CJem. si muove anche l'uso di 1tpo- 89 Cfr., ad es., O. STXllLIN, Die alte/Jr. gr. Li-
X07t't'W e 7tpoxo7tTj in Serapione di Tmuis, sa- teratt1r (1924) r3x6; ~ VoLKBR II 49 n . 2; 50
cramentarium (in Didascalia et Constitutiones n. 2; 332-354; H. CHADWICK, art. 'Clemens, Ti-
Apostolorum, e<l. F. X. FUNK II [r905]) 3,3; tus Flavius, von Alexandria': RGG3 I 1836.
7tpoxoITT) E 2 (G. Stahlin)

scesa gradt1ale (ad es. exc. Theod. 90 exaltationis di Cristo (4 1: i.'.va. µcl.1'"n
1
91
l 5 1 1: i<:CX."t'à 7tpOX07tTJV "t'EÀ.ELOVµEVOL, 't'1)v 7tpOX01tlJV .:X.Ù"t'OU µE't'à 'tlJV Èx -.tjç
«divenendo perfetti con uno sviluppo tTu.pxòc; E~oòov, «affinché [la chiesa] im-
graduale»), bensl anche grado dell'asce- pari quale sia il suo [ = di Cristo] sta-
sa, in particolare il sommo grado, l'ulti- to glorioso dopo l'uscita dalla carne»).
mo grado (exc. Theod. 12,2; strom. 2, Concretizzazione di queste dignità cele-
75 ,2: 7J µeylcr"t''ll 7tCX.CTWV 7tpOX07tTJ, «il sti sono le 1tpoxom:xl (profectus) degli
massimo grado»; fr. 24 a I Pett·. 1,12: angeli, cioè le loro gerarchie (/r. 24 a I
profectus perfectionis). In quest'ultima Petr. 3,22 e Iudae 6).
accezione 7tpoxom1 assume quasi il si- Per Clemente Alessandtino l'infini-
gnificato di ascesa completa, grado della to 92 progresso è uno dei principi fonda-
perfezione (vedi anche strom. 6,ro2,5; mentali che Dio ha fissato per l'intera
cfr. 103,1; inoltre exc. Theod. n,1; 17, creazione. Basti ricordare strom. 6,152,
3; 19,3; strom. 7,68,4). Il nostro so- 3: «Ogni creatura si è sviluppata e si
stantivo viene poi a significare addirit- sviluppa ancora, avanzando cosl conti-
tura dignità, rango, condizione onorifica, nuamente verso un essere migliore di
posizione elevata sia in terra (~ col!. quanto essa non fosse in precedenza»
234 s. 275; strom. 6,ro7,2: cx.l Èv- (1tpox67t-.ov elç "t'Ò mhou &µewov 93 ; cfr.
"t'cx.ui>cx. xa.-.à "t'lJV ÈXXÀ.'r'JO"la.v 7tpOX01tU.t anche 6,154,1 alla fìne)9'1. Clemente at·
È7tta'Xo7twv, 7tpeu~v"t'Épwv, Sta.xovwv, ttibuisce alla 1tpoxo7tfi un valore così
«le dignità esistenti qui nella chiesa di grande 95 da credere che essa continui
episcopi, presbiteri, diaconi») sia in cie- anche nell'altro mondo: «La vita eterna
lo (strom. 7>4717: Xct."t'OC 't'àç ocpetÀ.oµÉ- deve significare un progresso eterno» !>6
va.ç ÈvÌtÉovç 7tpoX07trl<; "t'E xu.t OLOLXTJ- (~ n . 103). Per Clemente il progresso è
11rn;, «secondo i debiti gradi di onore e innanzi tutto una funzione della storia
di governo voluti da Dio», exc. Theod. della salvezza e pertanto un concetto
II,r ~ col. .274), o persino lo status che caratterizza la natura del suo pen-

Negli excerpta ex Theodoto è difficile dire


'1.1 mente Alessandrino abbraccia «in una impo-
con sicurezza se l'uso linguistico e il pensiero nente concezione la totalità dell'esistenza u-
sia di Clemente stesso o del valentiniano Teo- mana come uno sviluppo in costante progres·
doto: dr. R. P. CASEY (ed.), The Excerpta ex so, come una crescita organica che, salendo len-
Theodoto o/ Clement of Alexandria (1934) tamente, porta a somme alte-.lze» e~ VòLJC.BR
~pec. 98 s.; F. SAGN'ARD (ed.), Clément d'Ale· I( 388).
xandrie, Extraits de Théodote (1948) l0.59 95 Per questa sua valutazione della npoxomi
n. 4 (7tPOX01tTJ = «termine caratteristico di Clemente Alessandrino si distingue chiara-
Clemente», utile quindi per distinguere le mente dalla Stoa, per la quale la -rtpoxo-ITT} è
glosse di Clemente dagli enunciati di Teodo- un valore soltanto provvisorio(~ coli. 237 s.),
to: vedi p. 59 n. 2). ed anche da Filone (~ col. 251). Perciò è an-
91 Questo costrutto con preposizioni è molto che solo relativamente esatto che per Clemen-
frequen•c in Clemente Alessandrino, e pre- te Alessandrino il 1tpox61t-twv occupi una po-
senta del pari diverse sfumature semantiche. sizione intermedia simile a quella che gli as-
segnano Filone e la Stoa (dr. ~ BARTH-GOE-
92 O per lo meno in Clemente il 'tÉÀELOV ap-
DECl<EMEYER 269), giacché per Io scrittore cri-
pare assai lontano.
stiano proprio il vero gnostico è il 'l\pox6-
93 Un po' diversamente intende O. STii.HLIN 1t-rwv. Questo termine indica quindi il grado
nella sua traduzione: Clemens IV in Biblio- massimo dell'esistenza umana.
thek der Kirchenviiter (1937). 96 J. PATRICI<, Clcment o/ Alexandria (1914)
94 Cfr. ~ VOLKER II 89. In particolare Cle- 167.
'ltpoxowft E 2 (G. Stii.hlio) (VI,7l9) 274

siero operante con categorie storico-sal- l'avvio dall'osservazione del cosmo e del
vifiche. «Il governo divino del mondo» suo divenire ( = xocrµoyovlcx.: strom.
(1) i)Ei:ct 0LOLX1}CTL<;: strom. 6,r54,1) in- 4,3,1 s.).
serisce l'intera umanità, greci e barba- Questo doppio binario su cui scorre
ri, filosofi e È't'Ep65o~oL ( = gli uomini la 7tpoxon1} riappare anche quando Cle-
della Bibbia) in questo progresso verso mente indica i mezzi che la promuovono
la meta fissata da Dio, la salvezza e favoriscono. Da un lato si tratta, co-
(strom. 7,n ,2: dalla 1tpoxomi [ = pri- me per Filone (~ coll. 248 s.), di li.ax11-
mo grado, stadio preparatorio] sia gre- <rtc; xa.i ot&cxcrxa.À.la (strom. 2,75,2),
ca sia giudaica Dio porta alla 'tEÀ.EiwcrLc; cioè dell'opera del 1tpox61t't'W\I stesso e
mediante la fede cristiana; cfr. anche del suo maestro; dall'altro di Dio, fon-
6,153,1; 154,1). Gtazie al suo obiettivo te, come in tutto il creato, di ogni pro-
finale già la stessa 1tpoxo1t1}, anche quel- gresso. Questa concezione risulta già
la di coloro che erano prima pagani, può dalla locuzione 1tpoxo1tÌ]v (&.7to )À.a.µPti-
essere chiamata swil (strom. 2,47,2 con vw (strom. 7,68,4; exc. Theod. n,1; ~
riferimento a Lev. 18 ,5 97 ). Cosl si sus- col. 232) o dall'interpretazione del giogo
seguono, similmente ordinati secondo il di Mt. u,30 (strom. 2,12613): Cristo è
piano divino della salvezza ( oixovoµi- lo 1rvloxoc; ( = il guidatore, l'auriga)
xwç OEOoµÉvat), la legge e l'evangelo «che fa avanzare ciascuno di noi xa.-rtl.
«conformemente al grado di sviluppo 'Jl;poxon1)v verso la salvezza». Anche
taggiunto ad una data età» (xa.i)'i}À.t- 'l'ottimismo etico' 100 del vero gnostico,
xlcx.v xat 1t'poxo1t1]v: strom. 2,29,2; dr. vale a dire la convinzione di progredire
4,130,4) 98 • sempre verso il meglio ( Ei.c; 'tÒ liµewov
Punto d'inizio dell'ascesa umana è, a iU!. -.i}v 1tpoXo1ttJ\I 1t'po~Éva.t: strom. 7,
quanto ci dice una volta Clemente, «l'ar- 45,3), poggia su questa componente di-
dente desiderio di cambiare»: è allora vina. Nella prospettiva storico-salvifica
che «si fa il primo passo verso il dive- di Clemente i mezzi fondamentali per
nire» (strom. 6,50,6). Ai primi gradi l'ascesa sono, dal lato della grecità l'edu-
dell'ascesa appartiene persino il qi6Boc; cazione generale e particolarmente la fi-
(ad es., ecl. proph. 19,1) e quindi, come losofia (strom. 6,83,1; l,27,2), dal lato
prima conseguenza di questo, la <hcoxi} dell'A.T. la legge (~ col. 273); ma
'tW\I xaxwv ( = ÈmBcX-i)pa. 1tpoxo1tljç µe:- su tutte si erge l'evangelo, la yvWa'i.c;
ylo..t'I]<;: strom. 4,135,1; dr. 7,49,1) 99 • B&ppa.poc;, alla cui scuola anche la filo-
Ogni genuina 7tpoxo7ttJ ha però, quale sofia deve andare, se vuole «avanzare
fondamento e forza motrice decisiva, la verso la verità» (1tpox61t'1:Ew dc; lù1]-
fede (dr. 'strom. 7,55,5) e anche in se- 1'etav: strom. 6,r53,1). Infatti l'evange-
guito si muove innanzitutto Èx 7tlCT'tEW<; lo è in realtà l'unico ambito in cui può
Elc; 7ttCT'ttV (strom. 2,126,J), ma poi, su- avvenire lascesa del vero yvw<r'ttx6c;
perato questo stadio, porta alla yvw01.c; (strom. 4,130,4; dr. 2,29,2) perché es-
(cfr. strom. 4,136,5; ecl. proph. 19,1). so è la fonte della yvwcrtc;, la quale è
Per il 7tt<T't'6c;, che è ora diventato yvw- insieme forza motrice, veicolo e meta
<r'ttx6c;, ha inizio una nuova fase dell'a- della vera npoxo7t1) (cfr. strom. 7,49,1;
scesa, che secondo Clemente prende 66,1; 4,136,5).

?7 Cfr. la diversa interpretazione di Paolo n Cfr. su questo punto~ VoLKER n 262-270.


(Gal. 3,r2) dal quale Clemente Alessandrino 99 Cfr. ~ VOLKER II 299 s.
si allontana anche altre volte, spesso in ma-
niera notevole. 100 Cfr. ~ VOLKER II 514 con n. 2 .
Jtpoxon1] E 2 {G. Stiihlinl

Anche la meta a cui tende la 1tpoxo- chiamo a Eph. 4,13; strom. 6,87,2), la
ni) yvwo-'t't.x1J (strom. 4,I70,4) ovvero O'W't'T)pla (strom. 2,I26,3), la uto1}E~la;
tendono le npoxo'ltcct µucr't'txcx.l, alle qua- (ecl. proph. I9,I; in strom. 2,75,2 lauto-
li la yvw:nc; «guida (l'uomo) con una ile:rJ'la. è chiamata «il sommo grado di
luce tutta sua» (strom. 7,57,1), può es- avanzamento», Ti µe:yl<r't''l'J 1r.r1.11wv 1tpo-
sere indicata e descritta nelle maniere xoni)), la celeste xÀ.T]povoµla,, che Cle-
più diverse: in forma semplice eppure mente nomina insieme con la perfetta
completa come «il bene stesso» (cx.1hò yvwrJ'~c; (strom. 7,ro,1), e la celeste ètvu-
't'Ò &:yccMv: strom. 7,45,3); con la Stoa naucrt.c; (strom. 7,57,1). Anche se di
come EùSet.tµovltx (strom . 2,I26,3) e à- rado Clemente Alessandrino si riallac-
ncifrwx. (strom. 7,10,1); con Platone (e cia direttamente all'uso neotestamenta-
i misteri) come «la visione di Dio» rio di 'ltpoxonl] e 7tpoxo7t'tW (però cfr.,
(strom. 7,68,4; cfr. 57,I); con il lin- ad es., xa.'t'à 'ltpoxoni)v 7tL<T'tEWc; in
euaggio dei culti misterici come ti.mx.- strom. 7,60,2 con Phil. r,25; inoltre
1'ava:•l~EW (strom. 4,160,3: «mediante exc. Theod. 61,2), pure la sua concezio-
la catena delle nascite [che comincia col ne del progresso del vero gnostico e del-
battesimo] in graduale ascesa verso la meta a cui esso tende è influenzata in
l'immortalità»), come i>Et.O't''l')c; 101 (strom. prima linea e in maniera determinante
.J,ro2,2) e 't'EÀ.Elwcrt.c; (c&. strom. 6,IJ3, proprio dal pensiero globale del N.T .
r; 7 ,II ,2 ); con il linguaggio della gnosi Lo yvwcr·ttx6c; clementina guarda, sen-
come yvwcrt.c; (~ col. 274), crlivecrt.c; za dar peso a tutte le significative espe-
(strom. 6,I54,1) e &.À:{jì}mi (strom. 6, rienze 'gnostiche' del presente, al mon-
r 5 3,r ), o anche come àvi)p 't'ÉÀ.Et.oc; do di là, nel quale Io attendono ancora
(strom. 6,107,2: &xptc; llv Elc; -.ÉÀ.Etov ulteriori 'ltpoxonal, le quali non signifi-
ii..vopa ccuç1}crwcrw, e passim). Le ultime cano solo progressi, bensl anche gradi e
cinque espressioni (e anche la «visione dignità sempre più alti 102• Infatti, se-
di Dio») appartengono però anche al condo Clemente Alessandrino, non tutti
linguaggio del N.T. (specialmente l'e- hanno la medesima sorte celeste (cfr. ~
spressione OCVlJp 't'ÉÀ.Etoc; viene general- IV, col!. ro84 ss. e n. 36) 103 , bensl cia-
mente usata con riferimento a Eph. 4, scuno sortirà una posizione diversa xcx.-
13, ad es. in strom. 7,ro,r). Cosl Cle- 't'CÌ. -.1)v Uilcx.v npoxomiv (ecl. proph . .57,
mente può indicare quale meta del «pro- 2) ovvero xa.-ç'&.çlcx.v (spesso, ad es.
gresso mistico» dello gnostico anche la strom. 5,102,2) 11».
Èvon1c; 't'i)c; ?tlcr't'Ewc; (similmente con ri- G. STAHLIN

101 cfr. ~ VotKER 11 597-609 . lGI Questi pensieri di Clemente Alessandrino


102 Cfr. ~ VoLKl!R u 524 con un. 2 e 3. sono stati poi sviluppati dal suo discepolo Ori-
IOJ Le affermazioni su questo punto mostra- gene (cfr., ad es., princ. 4,4 110; inoltre \Y/.
no, come del resto molti altti aspetti del pen- VoLKER, Das Volkommenheitsideal des Orig.
siero clementina, di verse incongruenze e con- [ r931) 62-n) e massimamente da Gregorio
trn<ldizio!li (cfr. ~ n. 50). Il N.T. non sa di Nissa. Secondo alcuni (e&. \YI. V6LKER,
assolutamente niente di una 1tpoxon1} di là Greg. Nyss. als Mystiker [1955] 186 n . 4 e in
della morte, anche se il concetto escatologico genere 131-143.186-195) le considerazioni del
della ~wiJ sembr:i alludere a un divenire di- Nisseno circa In npoxorn'} costituiscono la par-
namico e non ad un essere statico. Come esem- te più caratteristica della sua dottrina. Come
pio dell'ammissione di una 1tpoxon1) escato- Clemente Alessandrino anche Gregorio pre·
logica da parte degli studiosi anglosassoni dr. vede un àE1. 1tpox67t1'E~v (ili Canticum Ca11-
F. H. BRABANT, Time and Etemity in Chri- ticomm r2 [MPG 44,1037B)). Anche nella
stia11 Tbought ( 1936), chiesa occidentale le idee stoiche sul progres-
277 (VI,720) T<p6c; A (B. Reickc) (VI,720} 2/ll

np6xpiµa ~ v, coll. II06 s. 7.pOVOÉW ~ VII, coli. II97 ss.


7tpoxup6w ~ v, coll. lJ03 s. 1tp6vo~a. ~ VII, coli. l 201 ss.
npoÀaµBa\lw ~ VI, coll. 47 s. 1tpoopaw ~ vm, coll. 1071 ss.
r-poµap-.vpoµcu ~ vr, coll. 1386 s. 1tpooplsw ~ vnI, coll. 1278 ss.
7tpoµi:ptµ\llXW ~ vn, coll. 65 ss. 1tpo1t6:crxw ~ rx, col!. ro45 s.

7tp6c;, una prepos1z1one usata con il vanti o presso qualcosa, con l'accusativo
genitivo, il dativo o l'accusativo, è mol- un moto verso qualcosa 1• Come avver-
to frequente fin da Omero e anche nei
LXX. Nel N.T. è costruita r volta col bio col significato di inoltre non ricorre
genitivo, 6 volte col dativo, 679 volte nel N.T., mentre s'incontra nei Padri
con l'accusativo. Come conferma la for- apostolici (~ col. 280 ).
ma epica (propriamente preconsonanti-
ca) secondaria 7tpo-.l, 'ltpoc; deriva da una
forma (prevocalica) *'ltpo-.j ed è affine A. 7tp6c; COL GENITIVO
al sanscrito prati = di fronte e al latino Nel N.T. 1tp6c; è costruito col geniti-
pretium (cfr. anche per, ecc.).
tivo una sola volta, in un caso partico-
Il significato generale di 7tp6c; è (po- lare nel quale è congiunto a un nome in
co) davanti: col genitivo la preposizione posizione predicativa ed ha il significa-
indica conseguentemente la provenienza to traslato di (essere) essenziale per
da qualcosa, col dativo il trovarsi da- qualcuno o qualcosa. Il caso in qucstio-

so hanno continuato, cristianizzate, ad eserci- Gedc11k:rchri/t fiir W. Elert (1955) n9-127.


tare la loro influenza, sia pure parzialmente e 7<p6ç.
con minore profondità che in Oriente; cfr., Bibliografia per le preposizioni in generale:
ad es., Ambr., de olficiis 2,2; ep. 167,12 s.; --,) lì~«. u, coll. 907 s.; --,) dç, III, coli. 243 ss.;
Iloethius, de consolatione philo:rophiae 4,7,15 ·~ 1\'ttpa rx, coli. 469 s. Studi particolari: Z.
(CSEL 67,105). Attraverso la scolastica tali GRUNDSTROM, De 11s11 praepositio11iJ 'ltp6ç
idee hanno raggiunto anche M. Lutero che le apud Thuc. (1873); KiiHNER-BLASS-GERTH u
ba sostenute almeno nei suoi primi scritti. 1,515-521; W. A. LAMBERTON, 1tp6ç. with the
Come la Stoa e Filone anche Lutero ora distin- Accusative, Publications of the University of
gue tre gradi (conoscibili) del profectt1s nella Pennsylvania, Series in Philology I 3 (1891)
vita cristiana, ora parla invece, come Gregorio 1-47; H. }AconsoHN, Die Prop. 1tp6ç: Zeit-
di Nissa, di infiniti grad11s de claritate in cla- schrift fiir vergleichende Sprachforschung 4:z
ritatem, de virttlle in virtutem, cx fide in fi- (1909) 277-286; RADERMACHER l l37-r46; Jo-
dem (WA 3,512,:z6). I passi biblici addotti n HANNESSOHN, Priipos. :z59 s.; MouLTON-MIL·
sostegno della sua dottrina del progresso nel- LIGAN, s.v.; A. T. RoaenTSON, A Grammar of
la santificazione sono 2 Cor. 3,18; ljJ 83,8; the N.T. 5 (r931) 622.626; cfr. indice 1281 s.
Rom. 1,17, inoltre Io. l,16; 2 Cor. 4,16; Phil. q41; MAYSER n 2 § ri7 (con bibl.); SCHWY-
3,13. Negli scritti più tardi Lutero ha però ZER I 400 s.; II 508 s.; LIDDELL-SCOTT, s.v.;
riferito i medesimi passi al progresso nella PREUSCHEN-BAUER" s.v.; BLASS-DEDRUNNER.
fede e al progresso nella storia della salvezza §§ 239 s.
dall'Antico al Nuovo Patto. Su tale questione 1 ScHWYZER r 400 s.; n 508-517; PoKORNY
cfr. L. PINOMAA, Die pro/ectio bei Lt1ther, in 815 s.
itpòç A-C (B. RekkcJ l Vl,721 J 200

ne è Act. 27,34 1 : -roiho yàp 7tpÒc; -.l)c; "t"OLç µan.-oi:c;, «attorno al petto» (Apoc.
5
uµE'tÉpm; O"W'tT]plac; U7t<iPXEL, «giacché I' I 3 ) ; E\10.. 'ltpòc; -rn XEcpaÀ:ij xa.i eva
7tpÒç -roi:ç 7tOCTlv, «(gli angeli seduti) uno
ciò ( = mangiare il cibo benedetto da dalla parte del capo e uno dalla parte
Paolo) è essenziale (cioè necessario) al- dei piedi» (Io. 20,12 ). b) Per indicare
la vostra salvezza}> 3 . la direzione, e precisamente come pleo-
nasmo con un verbo che richiede il da-
Troviamo un'analoga costruzione in tivo: È.yylsov'to<; oÈ. mhou t]o'r] 1tpÒ<;
r Clem. 20,10: "ltapÉXOV't(i.t .-oùc; 7tpòc:; -c'fj x.a'ta~acrs:~ nu opovc;, «e come si av-
swijc; ùvl>p<.:motç µasouc;, «(le sorgenti vicinava ormai alla china del monte»
perenni) porgono le mammelle essen- (Le. 19,37). Al contrario con passaggio
ziali per la vita degli uomini». La frase all'accusativo: "ltpocrxoÀ:À:riiH1<rE'tGC~ 7tpÒç
che c'interessa non è però in posizione 'rTJ\I yuvai:x.a aÒ-çoi:i, «Si unirà alla sua
predicativa, ma attributiva; se però si donna» (Mc. ro,7 variante); Eph. 5,3r.
sottintende un ov""C"ac; prima di p.asouç,
2. '1tp6ç quantitativo: oltre, in ag-
si ottiene persino un'affinità con Act.
giunta a. Quest'accezione non è presen-
27,34 4 •
te nel N.T., ma si trova in r Clem.
r 7, 1: 7tpÒc; -rou'toLc;, «oltre a costoro
B. 7tpoc; COL DATIVO ( = i profeti Elia, Eliseo ed Ezechiele)».
r. 7tp6c; spaziale. a) Per indicare il
C. 1tp6c:; CON L'ACCUSATIVO
luogo: davanti, presso, a. Riferito a lo-
calità: 7tpòc; -.Q ~pEt, «presso il monte» Costrutto molto frequente per indi-
(Mc. 5 ,II); 7tpòc:; 'tll Mpq., «<lavanti alla care un moto a luogo: verso, a, in. In
porta» (Io. r8,r6); 7tpÒc; (variante: tv)
.-il} µVT]llft~, «presso il sepolcro» (lo. quest'uso, che anche dal punto di vista
20,n ). Riferito a parti del corpo: 7tpòc:; teologico è il più importante, 1tpoc; co-

2 B. REICKE, Die Mahlzeit mit Paul11s auf de11 l'uso traslato si ottiene logicamente il signifi-
W elien des Mitielmeeres Act. 27,33-38: ThZ 4 cato di per, in co11siderazione di, guardando a,
(1948) 401-410. ecc.
3 La frase non va intesa in senso finale, quasi 4 Un tale 7tp6c; ricorre particolarmente nel
significasse «serve per la vostra salvezza». greco letterario, ad es.: où 7tpÒç ·dic; Ù~"tÉpaç
Ios., ant. 16,313 ('1tpÒc; -.i)ç -.ov ~run).Euov-.oç 061;T)ç -.0:1fa, «ciò non si concilia con la vostra
0"(>.)"t1Jplw;, «per il bene del re») ha si un sen- gloria» (Thuc. 3,59,r); où yàp fjv 7tpÒc; "tOU
so finale, ma dal punto di vista della forma Kupou -.p6rcou ~xovi:oc µTj a1to&o6va.t, «non
linguistica non ha niente a che fare con Act. era nel carattere di Ciro avere e non pagare»
27,34, anche se vi compare il sostantivo uw- (Xen., a11. 1,2,u ). Questo 'ltp6ç completa sem-
"t"f)pla.. In Giuseppe il costrutto è infatti av- plicemente il genitivo partitivo in casi come
verbiale, in Act. 27,34 predicativo. Certamen- 5oxEi: -.alii:a xa.L oa'lt0:VTJc; µEya).T)ç xat 7t6-
te i due costrutti possono in un secondo mo- vwv 7to).Àwv xaL 7tpa.yµai:ela.c; Eiva.L, «ciò
mento coincidere, ma in principio sono di- sembra congiunto sia con una grave spesa
versi, checché ne dica MouL'l'ON-MILLIGAN 544. sia con molti sforzi e molto lavoro» (De-
Il significato finale di 'ltp6ç nel passo di Giu-
mosth., or. 8,48). Cfr. il latino alic11ius esse
seppe si spiega col fatto che i Greci, 111utatis = essere essenziale per qualcuno o qualcosa.
mutandis, dicevano spesso ab oriente versus KtiHNER-BLASs-GERTH II r 374 n . 2; SCHWY-
invece che ad orietltem versus (KiiHNER-BLAss- ZER II 515 s.; BLASS-DEBRUNNER' § 240,r.
GERTH n 1,515), ad es. Hdt. 3,101: 'ltpÒç v6·
't"OI) aVɵov, letteralmente «Calcolando dal 5 In tali casi c'è altrove spesso un dativo di
vento del sud in qua», cioè «verso sud)>. Nel- relazione: BLASs-DEDRUNNER 9 § 197.
stituisce praticamente un parallelo di Ei.c; «andrò a casa sua e cenerò con lui».
(~III, coli. 243 ss.). Tra le due prepo- 7tp6c; può anche seguire 7tpoO'a.ywy1} (-7
sizioni corre però una differenza fonda- I, coll. 358 ss.; 1x, coll. 1298.1300 ss.):
mentale che non viene sempre notata: 7tpocra.ywyi) 7tpÒc; -i:òv 7ta.-.tpa., «accesso
mentre il movimento indicato con 7tp6c; al Padre» (Epb. 2,r8; ~col. 283). In
si ferma al limite della meta del moto questo caso 1tp6c; indica l'avvicinamento
stesso, quello indicato con Elc; continua all'oggetto, non la penetrazione in esso,
fin dei:itro l'oggetto del movimento. mentre e:lc; avrebbe conferito all'espres-
sione un senso più 'mistico'. Si confron-
r. 1tp6c; spaziale: a qualcuno o qual-
ti come in Io. 7,33; 16,5 (ù·miyw 7tpÒç
cosa, verso. È usato in prima linea con
't'Òv 1tɵ\jJo:.v't&. µe:, «vado a colui che
verbi intransitivi o transitivi che indi-
mi ha inviato») 7tp6ç salvaguardi perfet-
cano un moto del corpo.
tamente la personalità di Dio. Talvolta
a) Con verbi intransitivi, come anda- 7tp6c; indica la venuta di qualcuno che
re, ecc. Meta del moto è di regola una si presenta per essere accolto in una co-
persona. Esempi: à:11a.~alvm1... 7tpòc; munione religiosa (cfr. il termine pro-
..oùc; à.?toc;-.oÀouc;, «salire dagli aposto- selito [->col. 297] ).
li» (Act. x5,2); epxoµm 1tpòc; ùµ~. Esempi: Él;rnopEue:-i:o 7tpòç aù-còv 'Ie:-
«vengo da voi» (2 Cor. 13,1). Talvolta poc;oÀuµa ovvero 7tficra. 1) 'Iovfola xw-
si pensa all'abitazione della persona ver- pa., <msciva per andare da lui tutta Ge-
rusalemme / tutta la Giudea» (Mt. 3,5;
so cui si va: CÌ.7tfjÀi}ov ovv mH.w 'ltpòc;
Mc. l ,5 ); crù EPXTI 1tpÒc; µÉ, «tu vieni da
a.ù-.ouc;, «se ne tornarono dunque a ca- me» (Mt. 3,I4); ~À.E-1m -i:òv 'IT]O"OU\I Ép-
sa» (Io. 20,IO ). Coi verbi composti con x6µe:vov 7tpòc; o.\nov, «vede Gesù venire
dc; che indicano l'entrata in una casa e da lui» (lo. l,29); e:Uìi::v 'Iwrouc; -i:òv
Na.i>a.vo:.1)À Épx6µe:11ov 1tpòc; aù ..6v (Io.
simili, 7tp6c; indica il momento conclu- I .47 ); OUOEL<; OÙVO:.'tO:.~ ÉÀ1'Et\I 'ltp6c; µE
sivo dell'avvicinamento della persona f.à.v µ1J ò 'ltct-ri]p ... H.xuc;n a.ù-t6v, «nes-
nella casa: El<rfjMe:v 7tpòc; -.òv IltÀ<i-.ov, suno può venire a me se non lo attrae
il Padre» (lo. 6,44; ~ b, col. 283).
«entrò da Pilato» (Mc. 15,43); Tj)...
i>ov 1tpòc; a.ù-.òv EÌ.ç 't'Ì]V !;e:vla.v, «anda- h) Con verbi transitivi, come manda-
rono da lui nel suo alloggio» (Act. 28, re, portare, condurre, ecc. Esempi: i]ya-
23); similmente Act. lr,3; 16,40; I yov CC.U't'Òv 'ltpòç -i:òv 'ITJ<rouv, «lo condus-
Thess. 1,9 ed anche passi teologicamente sero a Gesù» (Le. 19,35); 7tpocrx6ljiTJç
rilevanti come Act. 10,3: &yyEÀ.ov -rou 1tpòc; >..rnov ..òv 7t65cc. O'ou (Mt. 4,6 par.
i>e:ou e:i.o'EÀ.Mv't'a. 7tpòc; aìn:6v, «un an- Le. 4,n). Un enunciato di valore teolo-
gelo di Dio che andava a visitarlo ( = gico in questo campo è Io. 12,32: 'ltav-
Cornelio)»; Apoc. 3,20: EÌ.<re:Àe:uO'oµa.~ 't'aç t>..xucrw 7tpòc; ɵa.u't6v, «trarrò tut-
7tpÒc; a.ù-.òv xat &mtv1}0'w µe:-r' a.Ù'tou, ti a me». Gesù afferma qui che dopo la
;:p6~ C 1b-c (B. Reicke)

sua glorificazione strapperà tutti gli uo- ca a, presso, davanti a qualcuno o a


mini al diavolo e li attrarrà a sé, cioè qualcosa e indica lo stato in luogo no-
nella sua comunione (cfr. lo,I6) 6, il che nostante l'accusativo, perché il perfetto
indica contemporaneamente la chiesa e esprime oltre al movimento anche lo
la gloria celeste. Alla venuta dell'uomo stato che segue al moto, cioè la perma-
nella comunione religiosa (~ sopra, col. nenza, e questo momento, essendo quel-
282) corrisponde così un'attrazione a lo psicologicamente più importante, di-
entrare nella comunione esercitata su di viene predominante.
lui o da Gesù stesso (come nel nostro
Esempi: 1jv oÀ-T} Ti rcoÀ.iç È7ttO"UVTJY-
passo) o dal Padre (come in Io. 6,44; µÉVTJ 7tpÒc; T1]v Mpcx\I, «tutta la città
~ col. 382). La stessa idea è possi- stava radunata davanti alla porta» (Mc.
bile ricavare anche dalla frase npocrcx:yw- ra3); oEoEµÉvov npòc; i}upcx.v, «legato
davanti a una porta» (Mc. I r ,4); È~É­
yl) -rtpòc; Tòv 'ltct.'t'Épa (Eph. 2,18; ~ ~À'T)'t'O rcpòç 't'"Ò\I nvÀ.wva, «giaceva da-
col. 282), dove npocra.ywy'l) può esse- vanti al portone» (Le. 16,20); (D"uy)xa-
re inteso contemporaneamente in senso i}1Jµe\loc; ... 'ltpÒc; 't'Ò cpwc;, «seduto... ac-
canto al fuoco» (Mc. J4,54 p ar. Le. 22,
intransitivo e transitivo. La preposizio-
56); TJ àçl\11) TCpÒc; 't'1)\/ plSCk\I ... XEi:'tCX.L,
ne può però indicare anche l'attaccamen- «l'accetta è stata già posta alla radice»
to agl'idoli: npòc; TèL EÌ:OwÀ.a... fiye<117E (Mt. 3,10 par. Le. 3,9).
à:mi:yo~vot, «venivate attirati agli ido-
Questo costrutto è usato impropria-
li» (I Cor. I2,2). Del resto l'idea dell'a- mente anche in casi in cui non c'è alcun
desione al Signore è prossima al motivo riferimento a verbi di moto.
della conversione a Dio o a Cristo: Tivl-
xa ... ÈTCWtpÉ\jro 1tpÒc; XVpLOV, «quando Esempi con e!vcxL: 1tpÒc; 1}µii.c; etD"w,
«sono tra noi» (Mt. 13,56); Ewc; 1tO'tE
si convertirà al Signore» (2 Cor. 3,I6); 7tpÒc; ùµii.c; ltcroµcx.t;, «fino a quando starò
È7tEO"'tpÉlpa't'S 7tpÒc; 'tÒ\I 17EÒV à:1tÒ 't'W'IJ tra voi?» (Mc. 9,I9; Mt. 17,I7: ~i}'v­
d.owÀ.wv, «vi convertiste dagli .idoli a µwv); 11\1 npòc; 't'Ò\I 17e6v, «era presso
Dio» (Io. l,l s.). Costrutti simili: ~vcx.
Dio» (IThess. I,9). A tale movimento
1) àÀ.'l)i}ELCX.... OtCX~L\ITI npòc; vµéiç, «af-
verso Dio fa riscontro quello verso il finché la verità... rimanesse tra voi»
fratello: M.v ... ~'lt't'axtc; Èmcr't'pÉ\jro 7tpòc; (Gal. 2 ,5 ); "Kpoc; è costruito cosl anche
cre, «se sette volte ritorna a te» (Le. con il semplice µÉVELV e in diversi altri
nessi7.
I7,4).
In alcuni dci casi succitati sussiste
c) Con forme passive (di significato comunque implicitamente l'idea di moto
perfettivo) dei verbi di moto che vanno a luogo, benché a prima vista rcp6c; sem-
tradotte intransitivamente, npéc; signifi- bri indicare unicamente la permanenza

6 B. \Vmss, Das Ev. dcs Jobannes, Kritisch- Io. 12,32.


exegetischer Komm. iiber das N.T . 6 (1880) a 1 Indicati in PRF.USCHEN-BAUE.R ', s.v. m 7.
O:.V,) \ '&J/'-'-J

presso qualcuno. Cfr., ad es.: 1tpÒc, u€. quest'uso i] verbo di dire può talvolta
-;::;LGJ •Ò 1ta<Jxa, « [verrò e] celebrerò a essere sottinteso (Act. 10,33 ). Quest'u-
casa tua la pasqua» (Mt. 26,18); EVE?W. so è conforme alla funzione di 1tpoc, coi
-;ou q>CX.VEpwi}-ijWJ.L... 7tpÒC, Òµaç, «perché semplici verbi di dire (-7 sotto, 2 a).
fosse manifesta tra voi» (2 Cor. 7,12);
µ'Ì") 7taÀLV faMv•oc, µou •a:1mvwu11 µE 2. 1tpoç psicologico: a, verso, con ver-
... 1t;iòc, uµéic;, «e che, venendo di nuovo, bi e sostantivi che descrivono o indicano
(Dio) non mi umilii davanti a voi» (2 il movimento di un contenuto mentale
Cor. l 2,2 I); 7tpÒç o ovva.cri}E à.vcx.yLVW- verso un dato oggetto.
:iX0Vi:'EC, vof}o-a.L, «dove potere (rivolger-
a) Coi verbi di dire; dire, comunica-
vi), leggere e capire», Eph. 3,4); '~ ɵl} re qualcosa a qualcuno. Peraltro in que-
r.apoU<lla ·miÀ.LV 1tpÒC, uµàc,, «il mio ri-
st'uso 1tp6ç ricorre, in senso profano,
torno e la mia permanenza tra voi» al posto del semplice dativo solo pres-
(Phil. 1,26); i'.vcx. ò À.éyoc, ... 'tPÉXU Xt:lL so quegli scrittori che presentano cer-
oo;a~T)TCt.L ì((lÌ}WC, XCt.L 1tpÒC, uµéic,, «per- ti punti di contatto con la forma dia-
ché la parola si diffonda e sia glorificata logica della biografia greca, cioè presso
come (avvenne quando giunse) tra voi» Luca e Giovanni (Le. r,13.18 s. e pas-
(2Thess.3,1): l'accusativo che sostitui- sim; Act. r,7; 2,37 e passim; Io. 2,3;
sce qui il dativo, che sarebbe normale, 3,4 e passim). Tale uso s'incontra un'u-
è dovuto ad attrazione del contesto. nica volta in Matteo (3,15, variante),
Locuzioni stereotipe: Tà 7tp6c, 'tL, ad mai in Marco e una sola volta nel resto
es. 'tà 7tpÒc; 't'IÌV ihipav, «ciò che è ver- del N.T. (Phil. 4,6), se si prescinde da
so la porta», cioè «il posto davanti alla alcune poche forme reciproche e rifles-
porta» (Mc. 2,2); -rà. 7tpÒç 't"Òv lJEov,
«ciò che riguarda Dio» (Rom . 15,17; sive che richiedono una spiegazione a
Hebr. 2,17; 5,1); •l itpòc; 7)µaç;, «che parte (ad es. Mc. 9'33 s.). Altrimenti il
c'importa?» (Mt. 27,4); 'tL 7tpòc; crÉ;, costrutto 1tp6c, 't"LVct. À.!yEL\I e simili è
«che t'importa?» (lo. 21,22 s.).
riservato esclusivamente al discorso di
d) Associato a à1toCT'tÉÀ.Àw e 7tɵtcw e Dio e in questo caso non significa sem-
con un verbo di dire nel significato di plicemente dire a qualcuno, ma allo stes-
mandare un messaggio per comunicare, so tempo anche rivolgere una parola a
cioè mandare a dire, 1Cp6c, indica il de- qualcuno, far toccare qualcuno da una
stinata1·io del messaggio (Mt. 27,19; Mc. parola 8, cioè dire qualcosa che riguarda
3,31; Le. 7,19; Io. 1,19; Act. 19,31). In qualcuno. Esempi: 1tpòç 'tÒv 'Icrpa'Ì")À

8 Secondo l'esempio dcll'A.T. la parola divina und im AUen Oricnt (1938) 123; H. RINGGREN,
è presentata anche come una forza attiva: J. Word ond Wisdom (1947) r57-164; ~ VI,
PEDERSEN, Isroel 1/n (1920) 127 s.; L. DURR, coll. 261 s. 330 ss. ÀÉyw.
Die W erl1mg des golllichen Wortes im A.T.
otp6c; C :2a-b (B. KeickeJ

À.Éyi::t, «(riguardo) a Israele dice» (Rom . ne di qualcosa: EÀ.EyEv 7tapa.(3oÀi]v aù-


10,21); (À.ÉyEL) 7tpÒç 'tÒV"uì6v, «(riguar- •otç 'ltpòc; 'tò 8Et'J nav'to'te 1tpocrEvXE-
u1}m, «diceva loro questa parabola in
do) al Figlio (dice)» (Hebr. 1,8; cfr. r, considerazione della necessità di pregare
7.13; 5,5; 7,21; u,rS). In questi esem- in ogni tempo» (Le. 18,1 ). Come in Lu-
pi Dio rivolge la parola direttamente a ca leggiamo in un dialogo à.1toxplvoµat
7tp6c; 'ttva (invece che 'ttvl) = rispon-
Israele e a Cristo, ma non nel senso di
dere a qualcuno (Le. 4,4; 6,3; Act. 3,12;
dare loro una semplice comunicazione, 2 5, r 6 ), cosi leggiamo anche à.v·rn.7toxpt-
bensi nel senso di assegnare loro una Mjvat 7tpÒç -tau'ta = replicare a que-
determinata posizione e un preciso com- ste cose (Le. 14,6); cfr. oùx IÌ.1tExpW11
aù'tfi> 7tpòc; oùof. E\I pfjµa, «non gli ri-
pito nell'ambito della storia della sal- spose neanche una parola» (Mt. 2 7,14 ).
vezza: la parola di Dio che viene ripor-
b) Con verbi e sostantivi indicanti Ja
tata riguarda loro e ha effetto su di loro.
disposizione o l'atteggiamento, sia ami-
Casi simili nei quali si tratta di pa- chevole che ostile, verso una persona o
role di Dio riprese dall'A.T. o di para- una cosa. Spesso si tratta in particolare
bole di Gesù: 1tpÒç a.v-roùç 'T1)V 7tapa-
dello stato d'animo che si ha o si assu-
~oÀ-i}v Et'JtE, «disse la parabola per loro»
(Mc. 12,12); wµoO"EV 1tpÒç 'Af3pa.aµ, me nei riguardi di Dio, del prossimo o
«giurò (riguardo} ad Abramo» (Le. 1 , della potenza del male.
73); 1tpòc; 1Jµac; 'ti}v 'Ttapaaol-Tiv ... ÀÉ-
yEtc; iì xat 7tpòc; 'ltaV'taç;, «dici questa Esempi di rapporto amichevole: 7tE·
parabola per noi o anche per tutti?» 1tolih]uw, 7tappT)<Tlav EXELV 7tp6ç ( 2
(Le. 12>41 ); -ijpt;a-ço 'ltpòc; -ròv Àaòv À.É· Cor. 3'4i I Io. 3,21); 1tlcr·nç 7tpòc; 'tÒV
J'ELV 'tTJV napaaok/jv, «cominciò a rac- ì>Eov (I T hess. r ,8 ); µaxpoltuµEi:v 1tp6c;
contare la parabola (con riguardo) al po- (I Thess. 5,14); 1}mov Eì:vat 7tp6ç (2
popolo» (Le. 20,9); ÉXElvouc;... 1tpÒç ouç Tim. 2,24); ÈVOELXWO'ltct..L 7tpetV't1}'tCX.
ò Àbyoç 'toiJ 1'i::ov È:yÉVE't'O, «coloro ... 1tp6c; (Tit. 3,2). Cade qui anche il caso
che la parola di Dio riguardava» (Io. ro, di un'azione favorevole o benevola: Èp-
35 ); 't"Ì)v 1tpÒç -.oùç 'lta-rÉpaç hayyE- ya.~wµi;:t>'a. 'tò &.yaDòv 7tp6c; (Gal. 6,10)
Àla.v yEvoµÉvt)v, «la promessa fatta ri- o di un rapporto pacifico e positivo:
guardo ai padri» (Act. 13,32; dr. 26,6 otaì>1}xT)v Oto:'TlttEµat npéç (Act. 3 ,2 5;
variante). Coi verbi 'pregare', 'implora- Hebr. 10,16); dpljv11v ìtxoµEv npòc; 'tÒV
re', 'bestemmiare' abbiamo però spesso ì>EOV (Rom. 5 ,1 ); XOL\/WVL<X, cruµcpWVT]-
Dio o Gesù come destinatari indicati da CTL<; 1tp6c; (2 Cor. 6,14 s.).
7tp6ç; ad es. OETJlt1}'TE... 7tpòc; 'tÒV xùptov, Esempi di rapporto ostile: yoyyùsw,
«chiedete al Signore» (Act. 8,24; ~III, yoyyuO"µòç 7tp6c; (Le. 5,Jo; Act. 6,r); È:v
coli. 1294-1300 [ 1tpocr]Eùxoµat); (3la- ~xi}pq. ov'tE<; 1tpòc; au-roùç (Le. 23,12);
O"q>1)µla (~ 11, coll. 284-290) 1tpÒç -tòv Otaxplvoµat np6c; (Act. u,2); EL 'tt EXOL·
ltE6v, «bestemmia contro Dio» (Apoc. EV 'ltpòç ȵÉ, «se avessero un'accusa con-
13,6)9. tro di me» (Act. 24,19); ào"vµq>wvot
Possiamo avere anche ÀÉYELV 1tp6c; 'tL 1tpòc; &.À.À1}À.ouc; (Act. 28,25 ); 1tpéiyµa
= dire con riguardo a, in considerazio- EXEW 7tpÒc; (I Cor. 6,r ); mx.À.11 1tp6c;
9 Per contro, npòc; fo:v'tÒV npocrriuXETO (Le. 18,n) è modellato su 7tpòç fo.v·rov À.ÉyE~v.
(Eph. 6,12); µoµcpi)v (variante: Òpyi)v) fine di, talvolta per desiderio di: 1J &C1'Ì)É-
EXEW 7tp6c; (Col. 3,13 ); mxpalvoµat VELa oòx Ecr't'LV 1tpòc; M.va't'ov &_).).'ù1tÈp
1tp6c; (Col. 3,19); 7tpòc; -r-f)v à.µ.ap-rlav
ò:.v-.aywvts6µEvoL (Hebr. 12,4). ... 1'.va, ~<la malattia non condurrà al-
Esempi di rapporto irreprensibile ( u- la morte... » (Io. II,4); oÙ"toç 1)v ò 7tpÒc;
so neutro): àcrxw &.7tp6cn<:o1tov cruvELO'Y)- 't'TJV EÀE'l')µocn'.IV'l'}V xa.MJµEvoc;, «questi e-
crw EXELV npòç 't'Òv i)Eòv xat -roùc; àv-
ra cofoi che sedeva presso la porta Bella
i)pC.:mouc;, «mi sforzo di avere una co-
scienza incontaminata nei riguardi di a chiedere / per ricevere l'elemosina»
Dio e degli uomini» (Act. 24,16); Èv (Act. 3,10 ). Va probabilmente conside-
à.yL6-r'Y)"t'L... àvEcr-rpcicp'Y)µEv ... 1tpoc; ( 2 rato finale anche il 'ltp6c; in 2 Cor. 4,2 10 :
Cor. 1,12); Èv crocplq. 1tEpmGC't"EL"t'E 7tpÒç
't'OÙç E~w (Col. 4,5). 1rpòc; 7tfia'o.v cruvElOT]CJ'LV (accusativo!)
à.vilpw'ltwv, «al .fine di ottenere il con-
3. 7tp6ç temporale. a) Per indicare senso generale da parte degli uomini»,
l'approssimazione a un dato momento: e in Hebr. 6,1 r: ÈVOElxvvcrba;L 0"7tou8i)v
1tpÒc; Écr7tÉpav, «verso sera» (Le. 24,29). 7tpòc; •-!iv 7tÀ.TJpocpopla.v •flc; ÈÀ.'ltlooc;,
b) Per indicare la durata fino al compi- «manifestare zelo per il pieno sviluppo
mento di una data misura di tempo: della speranza» 11 •
'li:pòc; xaLpov, «fino a un certo tempo»
(Le. 8,13; I Cor. 7,5); 1tpòc; wpav, «per Altri esempi: rcpòc; "t'-i}v ~VOEL~W -tf}c;
OLXG.LOcrUV'l'}ç, «per dimostrare la giusti-
un po'» (Io. 5,35; 2 Cor. 7,8; Gal. 2,5; zia» (Rom. 3,26); 1tpÒc; olxo8oµ7}v (Rom.
p hilm. I 5 ); 7tpÒç XCx.tpÒV Wpa<;, «per Ull 15,2; I Cor. I4,12.26 e passim); 'ltpòc;
periodo di tempo» (r Thess. 2,17); 7tpÒç -rò crvµcpopov' Eucrxnµov' EUTCttpEOpov ( 1
Cor. 7 ,3 5); Èypa<p'Y) npòc; voubEo'locv ( 1
oÀ.lyac; 7}µÉpaç, «per pochi giorni» Cor. xo,n); 'ttll i>E('{) 1tpòc; o6~av (2 Cor.
(Hebr. 12,10); 7tpòc; ÒÀ.lyov, «per un 1,20) 12• Nell'uso finale 'ltpoc; è costruito
attimo» (Iac. 4,14); 7tpÒc; -tò 7tap6v, «pe1· spesso con l'infinito: rcpòc; -tÒ i>Eai)ijvo.t,
«per essere visti» (Mt. 6,1; 23,J) esimi-
il presente» (Hebr. 12,rr). Questo 'ltpoc; li 13 ; abbiamo anche esempi di accusativo
temporale si riferisce generalmente al con l'infinito: 1tpÒç -rÒ µ'Ìj a'tEVLCTtXL 'tOÙc;
futuro ed è pertanto molto vicino al utoùc; 'IcrpaTjÀ., «cosi che i figli d'Israele
7tpoc; finale (--,> sotto). non potessero vedere» (2 Cor. 3,13).
7tp6c; retto da un aggettivo: à.ycd)òv
rcp6c; (Eph. 4,29 ); &.obxiµoc; 1tp6c; (Tit.
4. 7tp6ç finale. a) Per indicare il fine l , l 6) e simili 14 •
a cui tende l'azione in parola: per, al Espressioni ellittiche: -.à 1tpÒc; Elp-fi-

IO Paolo espone sempre la verità per portare 11 Diversamente intende PREUSCHl!N-BAUER ',
l'uomo ad accettare la fede. Per uvvElo1111~c; S.V , III6.
nell'accezione di comenso, approvazione e si- 12 Cfr. inoltre PREUSCHEN·BAUER 5, s.v. m
mili (accezione che dovrenuno avere anche in 3 a.e.
2 Cor. 5,u) cfr. B. REICKE, The Disobedie11/ Il Altri esempi in PREUSCHEN-BAUER 1 , s.v.
Spirits and Christian Baplism (1946) 180; fo., m 3 a.
Syneidesis itr Rom. 2,r5: ThZ 12 (1956) 157- ·~ Altri esempi in PREUSCHBN-BAUJ!.R" s.v.
161. III 3 C,
1tp6ç C 4a-5 (B. Rcicke)

Vl)'ll, «ciò che riguarda la pace» (Le. 14, tO da un aggettivo: OÙX a~La 'tà. 1tai>1j-
31; 19,42); 7tpÒc; 'tl;, «a che scopo?» µoc'ta ... 7tpÒç 't'Ì]'ll µÉÀ.À.OUO'fX.'11 ooça'll, «le
(Io. 13,28); Ttt 7tpÒc; 'tàc; XPElac;, «il ne- sofferenze non sono paragonabili alla
cessario per i nostri bisogni» (Act. 28, gloria futural> (Rom. 8,18).
IO); 'tcX 7tpÒc; swi)v xat EVO"Éf3EtfX.'ll, «ciò
che serve alla vita e alla devozione» (2 5. 1tp6c; consecutivo: fino a un dato
Petr. 1,3).
risultato; così che (in parte ebraicizzan-
b) 7tp6c; modale. In questa accezione te) : À.wxal Ei.crw 1tpÒç ~Epwµ6v, «sono
particolare 1tp6c; significa fino a nel sen- abbastanza bianchi per la mietitura» (Io.
so (come l'inglese up to) di per raggitm- 4,35 ); &:rwa Èrr'tL\I.. . 1tpòc; 1tÀ.'l')crµovi)v
gere, adempiere, corrispondere, e ha il -.ijç o-apx6c;, «il che porta al riempimen-
valore di conformemente, secondo 15 • to della carne» (Col. 2,23) 17 ; 1tpòc; cpM-
Esempi: 'ltOtEi:'ll 'ltpÒç 'tÒ ~ÉÀ:l'jµtt av- \IO\I, «fino alla gelosia / persino con ge-
'tOU, «agire secondo la sua volontà» (Le. losia» (Iac. 4 ,5) 18 ; tkµap'tla. 1tpoç Mva-
12,47 ); 7tpÒ<; 'tlJ'll CTXÀ.'CJPOXapola'll vµGlv,
'tO\I, «peccato cosl grave da portare alla
«secondo il grado / la misura del vo-
stro indurimento» (Mt. 19,8 par. Mc. morte» (I Io. 5,16 s.). Con l'infinito: ò
ro,5 ); 7tpoc; 8. E7tpa~E'll, «conformemen- ~À.ÉTCW'll ywai:xo: npòç -.ò E1tLth>µijcraL
te a ciò che ha fatto» ( 2 Cor. 5 ,ro ); oÌJx ocu-r+tv, «chi guarda una donna cosl da
Òp~o7tooouaw 16 7tpÒç 'tlJV <Ì.À:fj~ELr):'\I,
«non camminavano diritto conforme- desiderarlal> (Mt. 5 ,28 ).
mente alla verità» (Gal. 2,14). 7tp6ç ret- B . REICKE

7tpOO"a')'W ~I , coJl. 351 ss. 1tpouoÉoµaL ~ II, coll. 845 ss.


7tporra:ywy1} ~ 1, coll. 358 ss. npoCTOÉXOµat --? II, coll. 885 SS.
7tporra\loc<tlih}µt ~ 1, coli. 951 ss.

15 MAYSER ][ 2 § 127,5. (1954) 269-274.


16 ~ vm, col. 1266 òp0o1tolìéw. C. H . Ro- 11 B. R.E1cKE, Zum sprachlichen Verstondnis
Bl!RTS, A Note on Gal. 2,14: JThSt 40 (1939) von Kol. 2,23: Studia theologica 6 (1953) 39·
55 s.; J. C. WINTER, Another Insta11ce o/ òpi}o- 53; diversamente interpreta R . LEANEY, Colos-
'lt05Ei:v: HThR 34 (1941) r6r s.; G. D. K1L- sians II 21-33. The Use o/ 'ltp6ç: ExpT 64
PATRICK, Gal. 2,14 òp0o1tolìouow, in N.T.liche (1952) 92 .
St11dìe11 /iir R. Bultmann, Beih. z. ZNW 21 18Analogie in MAYSl!R II 2 § 127,8.
7tpoulìox<iw A 1-2 (C. Maurer)

t TCpocroox<iw, t 7tpocrooxla.

A. IL GRUPPO DI VOCALI FUORI DEL N.T. 2. Nei LXX, dove r.:pocrooxéiv compare
1. 'lt'po<roox<X.w, derivato come ooxEuw soprattutto nei libri più recenti, l'attesa
dalla radice OEX-, oox- ( oÉxoµa~ = ac- è concentrata e diretta per lo più su Dio
1

cettare, ricevere, accogliere), è costruito e sul suo intervento. Cosl in 6 dei 12


generalmente con l'accusativo della cosa
o della persona oppure anche con (l'ac- passi in cui il verbo è usato la speranza
cusativo e) l'infinito: aspettare, atten- riguarda Dio stesso (~ 103,27), la sua
dere, guardare se arriva qualcuno o qual- salvezza(~ uS,166: in entrambi i passi
cosa. In questo significato risalta forte-
mente il momento della tensione dell'at-
il verbo traduce fbr al pi'el), la sua mi-
tesa, sia come timore sia come speranza. sericordia (Sap. 12,22), la vittoria da lui
Attesa piena di speranza: µ6xi)ou 't"Épµa. concessa (2 Mach. 15,8) e anche la ri-
(Aesch., Prom. rn26); xÉp&oc:;(Eur., Iph. surrezione finale (2 Mach . 7,14; 12,44).
Taur. 13rr); (ciya.ilà.) µÉÀ.Àov't"cx. xcx.t
7i:pocrooxwµEva., «i beni futuri e attesi» 2 L'impiego di 1tpocroox&.w per indicare
(Pbilo, leg. all. 3,87); gli dèi come crw- la speranza dell'A.T. spicca ancor più in
't"fjpa.c:; (Plat., Theaet. 17ob); 't"IÌ. fjEÀ-rlw confronto all'uso più esteso che ne fan-
(Ios., ant. 7,114); Dio come cruµµa.xov no Aquila, Simmaco e Teodozione. Con
(Ios., bell. 5>403); a riguardo di Nero- frequenza ancora superiore a quella dei
ne: Ò of. ·6jc:; olxovµÉvr}I; xa.t 'lt'pocroox'l')- LXX essi traducono con 7tpocr8ox&.w il
ì}dc:; xa.t D..mcri)Elc:; a.u"t"oxp1hwp, «l'at- vocabolo ebraico qwh al pi'el3: ~ 24 3
teso e sperato imperatore del mondol> Aq. (sive Ù1toµÉvov·m;); 4' 68,7 (Sym.');
(P. Oxy. VII 1021,6). Attesa piena di ti- Is. 49,23 (Sym.); 59,9.rr (Sym.); Ier.
more: 1tpocr&oxw\l't"E<; oÀ.ÉEO"ilcn (Hdt. 7, 14,22 (Sym.); t!J uB,95 (Sym., Theod.).
156); qicx\iÀa. (Ios., beli. 5,528). In sen- Fatta eccezione per l'ultimo passo citato,
so neutro: Lys. r9,47; Epict., ench . 48,1 oggetto diretto o indiretto dell'attesa è
(bis). sempre Dio.

1tpocrooxla, aspettativa, attesa: 't"W\I Nel caso di 7tpOO'Ooxlri tale concentra-


élyai>wv (Xenoph., Cyrop. 1,6 119); ~À.- zione è avvenuta invece in misura mino-
7tLc:;... 't"wv àya.itwv olicret. 1tpocrooxla re: solo 2 dei 9 passi dei LXX riferisco-
(Philo, poster. C. 26). II vocabolo è co- no il sostantivo a Dio (Gen. 49,10: il
munque usato abbastanza di frequente Messia; ljJ u8,r16); in 4 passi si tratta
quando ci si aspetta il peggio: xaxwv di un'aspettativa angosciosa (Ecclus 40,
ecc. (Plat., La. 198b; Philo, det. pot. ins. 2; 2 Mach. 3,21; 3 Mach. 5,41.49).
140; Ios., ant. 3 ,2 I 9 ); nel senso della
fede nella provvidenza: Ios., ant. 5,358.

7tpou8ox&.w, 7tpocrooxla. (1956) 77-81.


PAssow, LmnELL-ScoTT, MouLTON·MILLIGAN, 2 Per i rapporti tra 1tpocroox&.w ed n..mt;w
5
PREUSCHEN-BAUER , s.v.; CREMER-KOOEL 286. inteso in senso psicologico negli scritti di F i-
1 PoKORNY 189 s.; per le forme ~oEX"to, SéyµE- lone ~ m, col. 538.
voç, oEl>Eyµlvoç in Omero cfr. A. DEBRUNNER, 3 I LXX preferiscono l'.moµlvw (-4 vn, col.
~Éyµtvo<;, fo7t6µEvoç, àpx6µEvoç, in: MNH- 50) e traducono qwh al pi'el con 1tpo111lox&.w
MHl: XAPIN, P. Kretschmer-Gedenkschrift soltanto in Lam. 2,16.
295 (vr,726) 1tpocr8ox&.w l3 rn-b (C. Maurer)

B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T. ritardo della parusia. Le idee apocalitti-


r. Come 'ltpocrùÉxoµ~t (~ n, coll. che della futura deflagrazione mondiale
887 s.), anche 'ltpocrùoxciw rientra tra accolte dall'autore costituiscono solo lo
quei vocaboli che il N.T. usa per espri- sfondo sul quale si annuncia che la co-
mere l'attesa della salvezza. Ciò è palese munità va incontro al giorno del Signo-
sia nel caso di Q (5 volte) sia nella se- re, ormai prossimo (vv. n-13), e a que-
conda Lettera di Pietro {3 volte). Gli sto evento rimangono totalmente subor-
altri 8 esempi sono tutti in Luca. In al- dinati tutti gli altri (oL' i)v: v. 12h). I
cuni dei passi lucani si sente ancora l'e- participi del v. r2a non hanno valore im-
co della speranza escatologica (Le. 3,r5; perativo, ma indicativo e causale 5• Poi-
8,40), mentre in Le. r,2r; Aet. 3,5; 10, ché la comunità possiede il dono della
24; 27,33; 28,6(bis) non se ne ha speranza, ad essa si può chiedere -
traccia. al contrario degli schernitori (vv. 3 s.) -
il massimo davanti alla prospettiva della
a) In Mt. u,3 == Le. 7,r9 .20 si parla futura catastrofe universale: «Se tutte
della speranza dei contemporanei nel queste cose si dissolveranno così, quali
Messia venturo(~ III, coll. 923 ss.). Di devono ora essere, quanto a condotta
fronte alle opere di Gesù, che fanno santa, coloro 6 che hanno la speranza lo-
pensare al Messia ma sono ambigue, a ro data e la conseguente aspirazione 7 al-
Giovanni Battista si affaccia il dubbio se l'arrivo del giorno di Dio!» . Come nei
Gesù sia realmente il compimento della vv. 12 e r3, anche nel v. I4 il participio
speranza messianica 4 • non ha senso imperativo, ma indicativo
e causale 8 : «Perciò, miei cari, poiché
b) Al ritorno di Cristo si riferisce, aspettate queste grandi cose ... ». Cosl in
oltre che Mt. 24,50 ==Le. 12,46, so- 2 Petr. 1tpoaùoxtiv è perfettamente pre-
prattutto la pericope di 2 Petr. 3,12-14. servato da una sfilacciatura psicologiz-
Questo passo affronta il problema della zante e diretto decisamente alla speranza
condotta cristiana davanti all'evidente come speranza della salvezza.

4 Non è necessario considerare 1tpocr8oxwµev 6 Con ogni probabilità bisogna seguire la le-
un indicativo, come sostiene SCHLATTER, zione del cod. Vaticano, che omette òµaç (let-
Kamm. Mt., ad l. to invece dai codd, ACS1' ecc., mentre i codd.
s BENGEL, ScHLATTER, Eri., ad l. L'accento non S1' al leggono -l)µ(iç).
7 Qui CT1tEUOW può e deve significare aspi-
è affatto posto sulle affermazioni apocalittiche,
come se fossero uno dei tanti articoli della rare, ambire, tendere a qualcosa: PREUSCHEN-
dottrina cristiana. La venuta del giorno del BAUER5, s.v. CT1tEvow; ScHLATTER, Erl., ad I.
Signore non è solo il centro degli asserti esca- Non c'è traccia alcuna dell'idea che le buone
tologici in senso stretto, ma anche il fonda- opere possano accelerare Ja parusia, come in-
mento dell'etica del presente. Ciò va precisato terpretano invece WINDISCH, Ptbr., ad l.; KX-
contro E. Kii.SBMANN, Ei11e Apologie der tirchr. SEMANN, op. cii. (~ n. 5) 283.
Eschatologie: ZThK 49 (1952) 286 s. 8 BENGEL, Sc HLATTBR, Eri., ad/_
2. 7tpocrooxla compare solo in due ooxd:.w s'incontra 9 volte. Fatta ecce-
passi e mostra nuovamente quel signifi- zione per Herm., vis. 3,n,3 e Diogn.
9,2, il verbo riflette la speranza o l'a-
cato ellenistico popolare che il verbo ha spettazione di beni cristiani: l'attesa
spesso in Luca. Le. 2 I ,26: a1tÒ <po~ov profetica del o~SW:rxaÀ.oç (Ign., Mg. 9,
xat 7tpocroo;;c;lw; 'tW\I É1tEpxo1..tlvwv, «dal- 2 ); l'attesa del Cristo venturo (I Clem.
23,5; Ign., Pol. 3,2: l'attesa va riferita
l'attesa paurosa delle cose che verran-
qui a Cristo piuttosto che a Dio). Il so-
no». Act. 12,11: il Signore ha liberato stantivo 7tpocrooxla non è invece atte-
Pietro dall'attesa dei Giudei i quali si stato in questa letteratura. Tra gli apo-
aspettavano che Erode mettesse a morte logisti Giustino è l'unico che usi con
una certa frequenza sia 1tpocrooxaw (una
l'apostolo. trentina di volte) sia 7tpocrooxla ( ro vol-
te), prevalentemente in connessione con
C. I PADRI APOSTOLICI Je promesse dell'A.T. o del N.T. (ad es.,
dial. 52,r.2; 120,3).
Negli scritti dei Padri apostolici 1tpocr- C.MAURER

7tpocrlpxoµa~ ~ m, col!. 959 ss. 1tpOCTEVXOµaL, 1tpOCTEVX1i ~ III, coll.


1294 ss.

SOMMARIO: lestinese (esclusi gli scritti rabbinici):


I. le testimonianze più antiche;
A. Origine del termine. 2 . apocrifi, pseudepigrafi e Qunuan;
B. Il ger 11ell'A.T. III. il giudaismo rabbinico;
C. 1tpo<rfiÀ.v-roç/gér nel giudafrmo extrabibli· I . il concetto;
co: 2 . l'atteggiamento verso i proseliti;
I. 1tpocri)À.v-roç nel giudaismo ellenistico: 3. l'ammissione dei proseliti;
I. LXX; 4. la posizione giuridica dei proseliti;
2.Filone; 5. gr-twlb e ir' lmim.
3. Flavio Giuseppe; D. Il N.T.:
4. epigrafia giudaica; I. 1tpo0'1)À.v-roç;
II. itpoO'i)À.v-roç/ ger nel tardo giudaismo pa- II. uE~6~vo~ o cpo~ouµEvo~ -rbv ftE6v.

r.pOO"TJÀV'\O<; z1mg der Bibel' (1928) 349-354; F. M . DER·


WACTER, Preparìng the Way for Paul. The
In generale: Proselyte Movemenl i11 later J11daism (1930);
A. BERTHOLET, Die Stell1mg der Israelitc11 tmd K. G. KuHN, Urspru11g tmd W esen der talm11-
dcr Jude11 w de11 Fremde11 (1896); ScHURER dischet1 Einstellu11g wm Nicbti11de11: FJFr 3
lll 150-188 (con bibl. completa delle opere (1939) 199-234; In., Das Problem der Mission
più antiche); G . F. MooRE, ]udaism I (1927) in der Urchrislenheìt: Evangelische Missions-
323-353; A. GEIGER, Urscbri/t tmd fiberset· zeitschrift II (1954) 161-168.
rcpoa1j)..v-roç A-B (K. G. Kuhn) \VI 172!S} 300

A. ORIGINE DEL TERMINE Apul., met. u,26: eram cultor denique


adsiduus, /ani quidem advena, religionis
7tpoCT1}À.u-.oc; è un sostantivo formato autem indigena 3 •
dal tema -EÀ.U- (allungato in -'l')À.u-), che
a sua volta è un'astrazione erronea da B. IL ger NELL'A.T.
-'l')À.ucrlci o sim. 1; esso s'incontra uni-
camente negli scritti giudaici e cristia- L'A.T. distingue due categorie di
ni; non è attestato fuori di tale am- stranieri all'interno del paese d'Israele
bito letterario 2 • In greco profano sono
(--+ vur, coll. 25 s. e IX, coli. 801 ss.) e
invece correnti, in senso simile, i termi-
ni ~7t'l')À.uc; (da Eschilo, Sofocle, Erodo- questa distinzione è rigidamente mante-
to), ÉTI'l')ÀV-.'l')c; (da Thuc. 1,9,2 e Xe- nuta anche nella terminologia: alla pri-
noph., oec. rr,4) e È7tTJÀ.U't'oc; (Philo, ma categoria appartiene il forestiero che
som. 1,160). Analogamente al latino ad-
vena, gli ultimi termini furono forse si trova solo temporaneamente nel pae-
usati anche nel culto di Iside. Cfr. se, ad es. perché lo sta attraversando per

PcrB: the Age o/ the Tam1aim and Amoraim (1940);


E. v. DoescHurz, art. 'Proselyten 2: Die Gc- M. SJMON, Verus lsrael. Et11de sur /es relfl-
rim im A.T.': RE3 l6,n2-u5; G. RoSEN, Ju- tiom e11tre Chrétie11s et ]11i/s dans /'Empire
den rmd Phoni:z.ier, nuova ed. rielaborata da romain, Bibliothèque des écoles françaises d'A-
F. RosEN e G. BERTRAM (1929); K. L. thènes et de Rome (1948); B. J. BAMBERGER,
ScHMIDT, lsraels Stellung :w den Fremden art. 'Prosclyte', in The Universal Jewish En-
1md Beisassen und lsraels \l"issen um seinc cyclopedia rx (1948) r -3; F. M. ABEL, Histoire
Fremdlings- tmd Beisassemchafl: Judaica I de la Palestine II (1952) 107-109; J. Jeremias,
(1945/46) 269-296. Jem Verheissung /iic die Volker (1956) 9-16.
Per C: Per D:
W. C. ALLEN, On the Meaning o/ TCpoa1j)..v-toç M. MEINEllTZ, ]esus u11d die Heidemnission
i11 the Septuagint: Exp rv 10 (1894) 264-275; (1925). L'Autore ringrazia lo studente in teo-
K. .AxENFELD, Die jiid. Propaganda als Vorliiu· logia \VI. Eiss per la sua collaborazione alla
fcritJ der urchr. Mission: Missionswissen- stesura del presente articolo, particolarmente
schaftliche Studien fiir G. Warneck (1904) l- per la raccolta e il controllo del materiale, so-
80; I . LÉVI, Le prosélytisme iui/ (1905-1907); prattutto per quel che riguarda Filone, Flavio
In., The Attit11de o/ Talmud and Midrasb to- Giuseppe e le iscrizioni giudaiche.
ward Proselytism: REJ 57 (1906) 1-29; ]. l Indicazione di DlillRUNNER. ar. J. WACKER-
JusTER, Les ]ui/s dans l'Empire Romain I NAGEL, Studien wm griech. Per/., in Kleine
(1914) 253-290; F. KAHN, Die Juden als Rosse Schriften (1953) 1015; E. FRAENKF.L, Gescb.
und K11/t11rvolk (1922); G. PoLSTER, Der klei- der griech. Nomina age11tis II ( 1912) 74.
ne Talmudtraktat iiber die Proselyten: Ange-
los n (1926) 1-38; F. GAVIN, The ]ewish A11- 2 li rinvio ad Apoll. Rhod. l,834 in P.aw-
tecede11ts o/ the Christian Sacraments (r928); SCHEN-BAUER', s.v. è un errore (è stato infat-
STRACK-BILI.ERBECK I 924-931; II 715-721;
ti eliminato nell'ed. successiva). Cade cosl l'u-
cfr. anche I 102-n2; A. CAUSSE, Les disper- nica testimonianza anteriore all'uso giudaico e
sés d'Israel (1929); F. GOLDMANN, art. 'Pro- cristiano. ~ molto probabile che il termine
selyt': Jiid. Lex. IV (1930) 1146-n51; S. B1A- rcpo<rl)>..v-toc; sia stato coniato nella sinagoga
LODLOCKI, Die Be:t.iehungen des ]udelllmns :m
della diaspora come traduzione dell'ebraico
Proselyten u11d Proselytismus (1930); }ACKSON- ger (indicazione di DEBRUNNER).
LAKE 1 5,74.96; J. JEREMIAS, Jerusalem :t.ur 3 Cfr. REtTZENSTJUN, Hell. Myst. 193. Ilvo·
Zeit ]esu nB (1937) 191-207; B.J.BAMBER- cabolo advena in Apuleio corrisponde proba-
GER, Proselytism in the Talmudic Period bilmente a lm'J>..u-toc; e non a rcpo<ri))..v-roç,
(1939); W. G. BRAUDE, ]ewish Proselyting in come vorrebbe REITZENSTEIN (indicazione di
the firsl five Centuries of the common Era, DEBRUNNER).
....,.. ... v . , ... _ ·~~ - ,--· - - - - - -- ,,

recarsi altrove, dunque lo straniero in tempo 11 • Inoltre è facilmente esposto al-


senso proprio: nokrt (ad es., Deut. 14, arbitrio del patrono 12•
21; 15,3; 23,21; 29,21), come nome
Le più antiche leggi in favore del gèr
gentilizio ben-(han)nekiir (ad es., Ex.
si trovano nel Libro dell'Alleanza; e&.
!2,43; 2 Sam. 22,45 s.; Ez. 44,9 ecc.,~
Ex. 22,20 ss.: « ... Se in qualche modo
I, coli. 7 r 3 ss. ); alla seconda il forestiero
tu lo ( = il ger) opprimi ed egli grida
che risiede più a lungo o stabilmente nel
a me, io udrò il suo grido»; Ex. 23,9:
paese: il gèr (ad es., Ex. 12,49; Deut.
«Voi sapete bene come si senta un gér,
23,8; ·2 Par. 2,16: gerlm) 4.
giacché voi siete stati gèr'im in Egitto».
Il nokr1 stava fuori della comunità Particolarmente importante è la norma
nazionale e religiosa d'Israele ed era che prescrive anche al ger l'osservanza
assolutamente privo di protezione e di
del sabato (Ex. 20,ro; 23,12). Qui si
diritti 5• Questa posizione del nokr1 nel-
l'Israele più antico è analoga a quella vede chiaramente che già nel Libro del-
che ha lo straniero anche presso altri l'Alleanza il ger si trova in un partico-
popoli al medesimo livello di civiltà 6• lare rapporto religioso con Jahvé quale
Tuttavia già nell'antico Israele si colgo-
no segni di un atteggiamento verso gli Dio del popolo e della tribù in cui egli
stranieri senz'altro più benevolo di quel- vive. Ma non è questo rapporto religioso
lo solito nei popoli contemporanei 7• che lo rende quello che è, cioè un gér.
Al contrario, il ger corrisponde al µÉ-
8
'rOLXoç nello stato attico • Egli è sogget-
Tale rapporto è, piuttosto, la semplice
to a un patrono o alla tribù nella quale espressione del fatto sociologico che il
vive. La protezione del patrono gli ga- gér vive in un paese straniero e si trova
rantisce la sicurezza giuridica necessaria pertanto nella sfera di dominio del Dio
nel paese, lo obbliga anche a prestare
certi servizi al protettore e a dipendere a cui il paese appartiene 13 • Con l'ulte-
da lui. A differenza dello schiavo, il gèr riore evoluzione della religione d'Israele
gode però della libertà personale 9 e può cambia anche la posizione religiosa del
elevarsi socialmente ed economicamen-
tew. Tuttavia non può possedere terreni gèr. La tradizione dell'elezione, che ha
in proprio né venirne in possesso col conosciuto un risveglio proprio in virtù

4 Cfr. al proposito la forma verbale g1lr = ss. e 23 ,9 .


stabilirsi in qualche posto come straniero, co- 8 Vedi ScHiiRiill III 175; ~ KilliN, Urspru11g
me meteco. Per il termine twJb (gr) -+ coli. 201 s.; -+ BERTHOLET 43-50.
305.333 ss. 9 A differenza dello schiavo, egli riceve un
5 Cfr. l'assoluta mancanza di pietà e lo scher-
suo salario. Cfr. Deut. 24,14: il gér può lavo-
no verso lo straniero nel canto di Debora (!ud. rare come bracciante.
5) e in Geti. 4,14. Sulla questione ~ BERnIO-
IO ~ BllRTHOLF.T 39·
LET 9 . Si veda anche :l Sam. 8,2 e 4 B 1mTHo-
LBT 8-II. Il Proprio perché non appartiene per nascita
6 4 BERTIIOLET 9. Il diritto d'asilo dello stra- alla tribù.
niero era tenuto in gran conto. Cfr. Ge11. 18; 12 Cfr., ad es., Ge11. 31, spedahncnte i vv. 7.
19; 24; !ud. 19; 1 Reg. 17,7-13. 39 e 40.
7 Si vedano qui appresso passi come Ex. 22,20 Il 4 BERTHOLl!T 67-78.
7tpou1))...v-roc; B (K. G. Kuhn) (VI,730) 304

della predicazione profetica, fonda la co- può partecipare soltanto se circonciso 16,
scienza della posizione eccezionale d'I- mostra che la circoncisione, quale segno
sraele rispetto agli altri popoli. L'oppo- esteriore dell'appartenenza alla comuni-
sizione agli altri popoli non è più di ca- tà israelitica, non era obbligatoria per il
rattere nazionale, bensl religioso 14 • Que- ger, ma certo gli veniva raccomandata.
sto atteggiamento religioso ha avuto Solo con la circoncisione l'inserimento
una portata determinante per la legisla- del ger nella comunità religiosa giudaica
zione deuteronomica sugli stranieri, che è perfetto. Cosl il termine ger indica il
esige la separazione più netta da ogni non israelita che è inserito quasi perfet-
non giudeo, dal nokr2. Al contrario il tamente o anche del tutto (dopo la cir-
ger, che ha già determinati obblighi re- concisione) nell'ordinamento religioso
ligiosi, viene inserito sempre più neUa del popolo giudaico 17 • In senso religioso
comunità religiosa israelitica. Tale inse- il ger è quindi già prossimo al 'proselito'
rimento del ger nell'intera sfera dei do- tardo-giudaico 18• .

veri religiosi appare con particolare chia- Va tuttavia osservato che ger non
rezza nelle norme che regolano la cele- indica ancora semplicemente qualsiasi
brazione delle grandi festività religiose straniero che abbracci la religione giu-
(Deut. 5,14; 16,ro s.} e anche da Deut. daica, bensl sempre e solo quello stra-
29,9-14: «Oggi state tutti alla presenza niero che vive come meteco nel paese.
di Jahvé, vostro Dio, i vostri capitribù, Dal punto di vista sociale il ger conser-
i vostri anziani. .. e il tuo ger che è nel va dunque la sua vecchia posizione e
tuo accampamento... ». sotto questo aspetto non ha raggiunto
Nel codice sacerdotale continua la 1a parità con l'israelita 19• Per spiegare
tendenza inaugurata dal Deuteronomio questo fatto occorre notare che la strut-
e il ger è praticamente inserito nella co- tura sodale presupposta dal codice sa-
munità religiosa giudaica: egli ha fonda- cerdotale è ancora quella di prima, cioè
mentalmente gli stessi diritti e doveri di un corpo nazionale chiuso in Palesti-
religiosi dell'israelita 15• L'eccezione ri- na attorno a Gerusalemme e composto
guardante la Pasqua, alla quale il ger prevalentemente di agricoltori i.o. L'inse-

14 La parola g6im, che in origine significava Ll!T 168-171.


genericamente 'i popoli' ovvero 'gli altri po- 16 Vedi Ex. 12,48. Su,ll'argomento ·-7 BERTHO·
poli', viene ora ad assumere il significato di LET 172 s.; ~ KUHN, Urspru11g 205 .
'pagani'. Nell'ebraico talmudico dru nome in 11 ~ BERTHOLET 174; ~ KUHN, Ursprtmg
questa accezione si forma il singolare gwj= 205.
'il pagano'.~ KUID1, Urspru11g :io3 n . :z.
18 Vedi anche 4 ALLEN 264-275.
15 Cfr. N11m. 15,15 s.: «Nella comunità wia
soln legge vale sia per voi sia per il gér che H In P questo fatto si manifesta nell'incapa-
abita presso di voi. È una disposizione eterna cità del ger di possedere proprietà terriere
per tutte le vostre generazioni...». Vedi anche ereditarie.
In raccolta delle relative leggi in ~ BERTHO· 20 ~ KuJJN, Ursprrmg :206.
rimento dcl ger nella comunità religiosa, lito come espressione tecnica per indi-
operato dal codice sacerdotale, è deter- care ogni pagano passato in pieno, con
minato dalJ'idea della santità e purezza la circoncisione, al giudaismo, senza ri-
del popolo eletto di Dio. Quest'idea ri- guardo alla sua posizione nazionale e so-
chiede la netta separazione da ogni ele- ciale, non avvenne nel giudaismo pale-
mento straniero. Lo straniero residente stinese, bensì nel giudaismo della dia-
nel paese, dal quale non era possibile se- spora greco-romana 23 •
gregarsi, viene quindi assorbito nella co- In questo ambiente esistevano i pre-
munità religiosa 21 • supposti di una diversa struttura sociale
necessari perché questo fatto potesse av-
Al posto del termine ger nel signifi- venire. La dispersione del giudaismo eb-
cato primitivo, P usa ora il nuovo voca- be per conseguenza che il giudeo non
bolo tosiib. Questa parola indica solo la viveva più in una propria regione, insie-
struttura sociale del meteco, prescinden- me con ì suoi correligionari, bensì in
do dall'annessione religiosa, che è dive- altre parti del mondo in mezzo a popo-
nuta ormai la nota dominante nel ter- lazioni allogene, là dove lo portava la
mine ger (si veda~ coll. 333 ss.). sua professione 24 • Questo giudeo fa co-
noscenza con la cultura non giudaica, in
Alla conclusione dcl processo legisla- primo luogo con l'ellenismo 25 , e comin-
tivo giudaico il termine ger è bensì to- cia a propagandare tra i non giudei ciò
talmente determinato dall'aspetto reli- che egli sente come sua caratteristica
proptietà. Nasce così in seno al giudai-
gioso, ma continua ad essere conforme
smo della diaspora una vivace missione
alla struttura politico-sociale del giudai- giudaica u,. Questa s'inquadra certamen-
smo palestinese 22 • te nell'avanzata di tutte le religioni o-
rientali verso la fine dell'era antica; ma
la predicazione dell'unico vero Dio, in-
c. 7tpo111))..u-r:oc,/ger NEL GIUDAISMO EX· visibile e non adorato in immagini, crea-
TRABIBLICO
tore del cielo e della terra, e il finalismo
I. 7tpocr1}À.v-r:oc; nel giudaismo ellenistico pratico della religione giudaica mirante
a un'esistenza felice e morale 17, sono
Il conio definitivo del termine prose- elementi che distinguono nettamente la

21 -+ BERTHOLET 168. 2.l-+ Km-IN, Ursprung 207.


22 Is. 56,1-8 non contraddice questa conclu- 24 -+ Krn·IN, Ursprtmg 207 .
sione: la promessa dell'accoglimento nella co- 25 Per tale aspetto si veda particolarmente J.
munità religiosa israelitica riguarda il be11- WELLHAUSEN, Isr. u11d iiid. Geschichte• (1921)
ha1mekiir, cioè 'lo straniero' in generale (quin- zr9-2<p; ScHLATTER, Gesch. Isr. 9-45, spec.
di anche lo straniero che non viveva nel pae- 37-45; ScHURER III 27-89; ~ BERTHOLET 196-
se). Questo passo esprime l'universalismo esca- 207.
tologico della salve-Lza professato dal Deute- 26 Sulla questione si veda anche Boussu-
ro-Isaia, ma non d dice quale fosse l'effettiva GRESSMANN 77-79; ~ AXENFELD; -+ JERE-
e concreta situazione dello straniero in quel MIAS, Verheissu11g 9-16.
momento. Non è poi affntto certo, come ri- 21 Questi motivi risaltano con particolare chia-
tiene -+ BERTIIOLET 176-178, che nell'opera re7.za nel quarto libro degli Oracoli sibilli11i.
dcl Cronista il termine abbia ormai perso la Sull'argomento si veda ScHURER III 173; -+
sua concreta caratterizzazione sociologica. BERTHOT.ET 2 57-302; P. DAI.BERT, Dic Tbeo/.
rcpocriJÀvnc; e I I (K. G. Kuhn)

propaganda giudaica da quella di altre to la loro conversione. Per distinguerli


religioni e deve aver conseguito successi dai prosditi, costoro vengono chiamati
particolari 28 • Ciò nonostante i casi di
piena conversione, con l'indispensabile cultori o timorati di Dio ( ctE~Oµé\IOL "t'Ò\I
circoncisione, devono essere stati relati- ite:b'V, <po~ovµEvoL -còv ile:6v, ~ coll. 3 r 1
vamente rari 29 • s. 315 s. 334 ss. 339 ss.) 31•

Coloro che hanno abbracciato piena- La posizione del giudaismo della dia-
spora verso questi timorati di Dio è ef-
mente il giudaismo e accettato la circon-
ficacemente rappresentata dalle parole
cisione son detti, con termine tecnico del missionario giudeo Anania al re
greco-giudaico, 7tpo0'1}Àv-.ot.. Questo no- Izate di Adiabene, conquistato alla fede
me prende il posto dell'ebraico ger, cor- giudaica e intenzionato a passare al giu-
daismo: il re potrebbe adorare Dio an-
rispondendogli però per quanto riguar- che senza farsi circoncidere, se decidesse
da solo la posizione religiosa, non già di seguire gli usi cultuali dei Giudei,
quelia sociale del ger dell'A.T. Infatti che sono molto più importanti della cir-
concisione (los., ant. 20,4! s.) e~ coli.
questi convertiti al giudaismo sono tut- 318 s.).
t'altro che meteci nell'antico significato;
anzi, per posizione sociale essi sono Quindi per il giudaismo ellenistico
spesso di gran lunga superiori ai giudei nell'attività missionaria l'importante
veri e propri 30• non era tanto che i pagani accettassero
Numerosi pagani erano assidui al cul- la circoncisione e osservassero le norme
to della sinagoga, professavano il mono- cultuali, quanto che accettassero il mo-
teismo giudaico e si sottomettevano an- noteismo e seguissero le norme etiche
che a una parte della legge cerimoniale, fondamentali deJl'A.T. 32•
ma non compivano il passo decisivo dd- r. Nei LXX33 'ltpocniÀ.u-.oc; traduce 77
]a circoncisione, che avrebbe perfeziona- volte l'ebraico gér e almeno una volta

der jiid.-hell. Mirsionsliteratur, Theol. For- niti erroneamente 'una particolare classe di
schungen 4 (1954) 106-123. proseliti' o 'mezzo proseliti'. Contro questa
28 Sì veda ScHiiRER III 155-162. Ios., Ap. 2, diffusa, ma errata concezione, si vedano le
123; 2,284 testimonia il grande successo della precisazioni di MooRE I 326 s, e 339. Secondo
mis:;ionc giudaica. D.U.11ERT, op. cii. (-7 n. 27) 22 n. 5 le qualifi·
2~ Questa supposizione si basa partìcolannen- cazioni cna6µ.tVOL 'tÒV lle6V, q>oaovj.1.fVOL "tÒV
tc sul fatto che l'antisemitismo è frequente- lle6v e nporrlj>..v,.ov sarebbero state usate pro-
mente attestato. Cfr. anche il racconto (fos., miscuamente. Per contro l'uso attestato dalle
ani. 20,34-48) di Izatc, re di Adiabene, che, iscrizioni giudaiche e~ coli. 312 s.) prova la
pur avendo abbracciato il giudaismo, non vuo- netta separazione esistente tra i CTEaoJ.1.fVOL o
le dapprima farsi circoncidere per tema di per- q>oaovµtvoL -.òv lle6v da una parte e i rcpo-
dere il trono, poiché i suoi sudditi non avreb- a1)).v,.oL dall'altra; si tratta di due categorie
bero mai tollerato di essere governati da un totalmente diverse.
vero giudeo. 32 Si veda ScHfiRER m 173 e anche~ KuHN,
30 Cfr. parimenti il re lzate di Adiabene (-7 Problem der Mission 162.
n . 29) . 33 Sull'argomento -7 GEIGER 353 s.; -7 AL-
31 Spesso i <TE~6µ.tvoL -ròv l!E6v vengono dcfi- LEN 264-275; BRRTHOLl!T 259-261 ; ScHiiRER
(2 Par. 15,9) il verbo gur. In 14 casi i sce quindi termini noti ai suoi lettori pa-
LXX traducono ger con altri termini: II gani invece della parola TCpcxri}À.u"t'oc;,
volte con 1tapoLxoc; (Gen. 15,13; 23,4; che probabilmente era per essi oscura e
Ex. 2,22; 18,3; Deut. 14,21; 23,8; 2 andava quindi spiegata: -.01hovc; oÈ xa-
Ba.<T. l,13; I Par. 29,15; Ps. 39,13; n9, À.EL 7tpOC11JÀ.1hovc;, &.nò 'TOU rtpOO"EÀ.ljÀ.U-
19; Ier. 14,8); 2 volte con y(!:'.)Lwpw;, i)Éva.t xa.wjj xa:i qnÀ.oi>É~ TtoÀ.~'t'El~,
trascrizione greca dell'aramaico gjwr' = «a costoro dà il nome di proseliti per-
ebraico ger (Ex. 12,19; Is. 14,1); 1 vol- ché sono venuti ad una cittadinanza
ta con l;Évoc; (lob 3 r ,3 2 ). "apo•xoc; è al- nuova e devota» (spec. leg. 1,51). Persi-
lo stesso tempo la traduzione solita di no citando Deut. 10,17 s. Filone una
twsb (Ex. 12,45; Lev. 22,ro; 25,6.23 volta (spec. leg. 4,176 s.) usa È7tljÀ.u-toc;,
ecc.). Questa fluttuazione nella traduzio- benché altrove citi sempre il testo con
ne di ger si spiega in parte col fatto che TCpoa-ljÀ.u't'oc; (spec. leg. 1,308; cfr. l'al-
per i traduttori Tipocr'l)À.ui:oc; era già un lusione a Deut. 26,13 in som. 2,273).
concetto religioso e pertanto non era MTCtJÀUc; (cher. r 21; Piace. 54 e passim) e
sempre adatto a rendere l'ebraico ger f.1t'lJÀ.u-coc; (eber. l 20. r 2 l) sono poi usati
(ad es., Gen. 15,13; 23,4; Ex. 2,22; 18, anche nell'accezione più ampia di mete-
3; Deut. 14,21; 23,8; ~ 39,13; u9,9 co, nota anche al greco profano 35 , quin-
ecc.). In questi passi si evita di usare di come sinonimi di ~Évoc; 36• Filone de-
TCp0<11}À.v"tOc;, preferendogli 7tapoixoc; o finisce (spec. leg. l,52.309) 1tpoo"i]Àv't'oc;
/;Évoc; (cosl lob 31,32). Per contro, tal- chi ha lasciato patria, amici, parenti e
volta (Ex. 22,20; 23,9; Lev. 19,34; costumi aviti e si è sottoposto all'ordina-
Deut. 10,19) gli Israeliti in Egitto ven- mento giudaico. Tale definizione si a-
gono chiamati "pocrljÀ.v•o• e non, come dattta soltanto al proselito in senso pie-
ci aspetteremmo, 7tocpoixo•. Solo in al- no. Chi ha abbracciato il giudaismo ed è
cuni casi 7tpocr~)À.u-çoç nei LXX ha an- chiamato proselito è stato cer.t amente
cora un significato sociologico, analoga- circonciso; tuttavia, e questo aspetto è
mente al gèl' dell'A.T. (ad es., Lev. 19, caratteristico in linea di massima di tut-
ro; Deut. 24,21 ), mentre già Flavio to il giudaismo ellenistico, non è un (ve-
Giuseppe usa nel racconto corrisponden- ro) proselito colui «che è circonciso (sol-
te (ant. 4,2 3 l) non TipoailÀ.v't'oc;, bensl tanto) al prepuzio, ai piaceri e ai desi-
7tÉ'\l'Y]c;. deri e alle altre passioni dell'anima» 37 •
Questa comprensione del termine 7tpocr-
2. La nuova portata semantica del ter- 1}À.u't'oç viene trasferita da Filone an-
mine veterotestamentario è palese in Fi- che ai passi dell'A.T. che originariamen-
lone 34• Per indicare i pagani passati al te parlavano dello straniero che abitava
giudaismo Filone si serve tanto di 7tpocr- da meteco nel paese. Cosl, ad es., i ge-
1}À.v•oc; (:rom. 2,273; spec. leg. 1s1; l, rtm, che nella legislazione riguardante i
308) quanto, e più frequentemente, di poveri sono menzionati insieme con le
altri termini: ~7t1JÀ.uc; (Flacc. 54; exsecr. vedove e gli orfani (ad es., Deut. ro,18;
152), bt'Y]À.V't'lJc; (virt. 102.103.104.182. 26,r 3 ), diventano nell'interpretazione
219; spec. leg. l,52 s.) e É1c1jÀ.u't'oc; (virt. fìloniana coloro «che si sono sincera-
104; spec. leg. 4,176 s.). Filone preferi- mente innamorati della verità e si son
36Si veda anche -7 DERTHOLET 288.
III 176 nota.
37 Frammenti riguardanti Ex. 22,I9 in Biblio-
34 Vedi -7 BERTHOLET 285-290; ScHURER m
theca Sacra Patrum Ecclesiae Graecorttm 11
x76 s. (1828) 241; -7 BmlTHOLET 288. Cfr. Rom.
JS LIDDELL-ScoTT, s.v.; testi -7 col. 229. 2,28 s.
1tpocri)ÀV'lOC, e I 2-4 (K. G. Kuhn) (vr,733) 312

dati alla pietà» 38• Il concetto di 7tpocrTi- ÀaPEtV, «assumere i costumi dei Giu-
Àu'toc:; non definisce una condizione so- dei» (ant. 20,139); µE'tÉXEW i:wv i}µt:'tÉ·
ciale, bensl è un titolo religioso d'o- pwv, «partecipare alle nostre cose» (Ap.
nore 39. 2 ,209) e intÒ "t"OÙç cx.1'.l"t°oÙç i}µtV VOµouç
sflv Ù7tEÀ.i>EL\I, «Venire a vivere sotto le
3. Flavio Giuseppe 40 ha evitato 1tpocr- nostre stesse leggi» (Ap. 2,210); Ei.ç
T)Àu"toc:; probabilmente per le medesi- "toÙç l]µE'tÉpouc:; v6µouç Elo-g)..i}Ei:v, «ade-
me ragioni di Filone: scrivendo per let- rite alle nostre leggi» (Ap. 2,123). Tal-
tori pagani non ha usato un termine che volta il proselito è detto genericamente
era loro estraneo. Per contro, una volta 'Iouòet.i:oc:; (ant. 20,39), PÉ~cx.toç 'Iou-
si può notare (C111t. l 8 ,82) una chiara ocx.i:oc; (ant. 20,38). L'adesione al giudai-
allusione al concetto di 1tpocr1]Àu'toc:; smo è indicata altrettanto genericamente
nell'uso del verbo npocrÉPXEcri)a.L: Giu- con i:òv l)Eòv crÉ{kw (ant. 20,34); "t"oi:ç
seppe dice che Fulvia, una romana con- 'fouoalwv ei>E<nV xalpEtV (ant. 20,38);
vertitasi al giudaismo, era 1tpocrEÀ1)ÀU- iou8a.t1;nv (bell. 2,463: questo verbo si-
wfo.v 'tOL<; 'Iouoa.i:xoi:ç 41 • In un passo gnifica, come in Gal. 2,14, «vivere se-
(ant. 14,110) usa anche crE~éµEvoç "tÒV condo i costumi e i precetti giudaici»);
l>Eév in senso tecnico ("t'WV xa.'tà 'tlJV ot- 7tpoo-ayEO"i>m "'tai:'ç l>pl)crxElatç, «lasciar-
xouµÉVTJ\I 'Iouoa.lwv xa.t crEPoµÉvwv 'tÒV si attrarre ai riti religiosi» (beli. 7.4 5 ).
i)Eév) e forse, una volta, anche l>EocrE~TJc;
(ant. 20,195): NÉpwv ... 'tTI yuva.txt 4 . La struttura del concetto di 'ltpoo-1}-
Il07t7t(1.l~, l)EOO"E~1Ì<; yb_p -i'jv, V'ltÈp .-wv Àu"'toç riscontrata in Filone è conferma-
'Iouoix.lwv OE'Y}frElcru xixpt1;6µEvoc;, «Ne- ta dalle epigrafi giudaiche nelle quali ap-
rone ... concesse questo favore alla mo- pare il nostro termine. Si tratta, per la
glie Poppea, la quale, essendo una sim- precisione, di 2 iscrizioni trovate a Ge-
patizzante (del giudaismo), era interve- rusalemme 43 e di 8 (9) 44 trovate in Ita-
nuta a favore dei Giudei». Anche se non lia 45 • Di esse 7 ( 8) provengono dalla sola
i termini, la realtà indicata da 1tpocr1)lu- Roma. Di fronte alle .554 epigrafi giudai-
'tOc:; e <TEf36µ.t:voc:; 'tÒV i)Eév è spesso pre- che trova te in Italia, il numero di 8 ( 9) è
sente nelle opere di Flavio Giuseppe 42 • sorprendentemente basso 46• Tra le 533
Per indicare la piena conversione al giu- iscrizioni giudaiche rinvenute in Palesti-
daismo (come proselito) lo storico usa le na solo una aveva la parola "JçpocriJlu-
seguenti frasi: 'tà 'Iouoalwv Mfrn µE'ttx.- 'tOc:; 47 • Quasi tutte quelle col nostro

JS spec. leg. 1 ,309: ...yi\16µt:\IO~ &:'tvcplac, xat sche Inschr. aus Arabien, SAB (1885) 683,
0:À.T)frE~C, lpau-.:at yv1)CTLOL, f).E'tEXWPTJO'a\I iscr. 64; la seconda in ]. B. FREY, Corpus
r;pòc; EUO"~~ELav. Cfr. anche spec. leg. 4,177 s. Inscriptio11u111 ludaicamm II (1952) 318, iscr.
e viri. 102-104. 1385.
39 Cfr. spec. leg. r ,52 : Luo-.:~µla.v you\I li1tet.- # È dubbio se si debba colmare la lacuna del-
aw htTJÌ..V'tCXLC, l>Ll>oùc; xat xo:pLaaµt\loc; lScru. l'iscrizione 37 della catacomba giudaica della
xat -.o~c; o:u-r6xì}ouL. ~ BER'fHOLET 289. vin Nomentana a ·Roma come propone J. B.
4il Per questa parte si veda anche SCHLATTER, FREY, Corpus Inscriptionum Iudaicarum I
Komm. Mt. 675 s.; -)o BERTHOLET 291-294; ~ (1936) 28: 1tp001')M ]-tov TC«-t-fip.
DERWACT.ER 26. 45 FRE.Y, op. cit. (~ n. 44) iscr. 21.68.202.222.
•• Altrove Giuseppe usn 'ltpoO'ÉPXEcrl}ctL costan- 256.462.523. L'iscr. 576 proviene dalla cata-
temente nel senso letterale di 'avvicinarsi': comba giudaica di Venosa in Puglia.
cfr. be/I. 5,326.328; 6,188 e passim. 46 Cfr. FRRY, op. cit. (-)o n. 44) p. LXIII.
42 Si veda anche -)o DERWACTBR 26. 47 Precisamente nell'iscr. 1385 (su un ossll·
~J La prima riportata in J. EurING, Nabatiii- rio); si veda FREY, op. cit. (-)o n. 43) 318.
termine trovate a Roma provengono da lita, cioè membro del popolo eletto di
catacombe giudaiche 48 • Lì i proseliti ve- Dio 52 • Cfr. anche l'iscrizione 68: Cre-
nivano sepolti tra gli altri giudei, a dif- sce(n):r Sinicerius Iud( a)eus prosel(y)-
ferenza dci timorati di Dio, cioè di co- tus ;3. Talvolta i proseliti presentano al
loro che non avevano abbracciato pie- posto del loro vecchio nome pagano, o
namente il giudaismo, i quali trovavano accanto ad esso, anche un nome giudai-
sepoltura nei cimiteri pagani 49• Ciò si- co. Così in documenti aramaici di As-
gnifica che i proseliti si separavano scru- suan (416 a.C.) un proselito egiziano
polosamente, come i giudei di nascita, prima della conversione si chiama As-
da tutto ciò ch'era pagano (e proprio Hor, dopo Natan 54 • Nell'iscrizione 523 55
in tale rigida separazione va visto il la proselita Veturia appare col nome giu-
significato delle catacombe cristiane 50 ) daico di Sara 56 • Uno di questi nomi giu-
e che i proseliti, a loro volta, venivano daici, che s'incontra più volte, è anche
dai giudei annoverati tra i loro, mentre 0Eocn:P1Jç 57 • L'iscrizione di un ossario di
i timorati di Dio erano praticamente Gerusalemme(iscrizione 1385) 58 riguar-
considerati pagani 51 • da un proselito di nome Giuda, figlio
di Laganione: 'Iouòa.-toc; Aa.yu,vlwvoc;
Questo totale e perfetto inserimento 'l':povl)Àu'tcu. A differenza del padre, egli
dei proseliti nella comunità giudaica ri- ha un nome ebraico. In un'altra iscri-
sulta anche dagli attributi usati nei sin- zione di Gerusalemme appare una pro-
goli epitaffi. dei proseliti. Epitaffio di selita di nome Maria 59 ; ciò significa che
una bambina di tre anni e mezzo (iscri- come giudea ha il nome ebraico di Mi-
zione 21): Etpl}vri 1'pE1t"'CTJ 7tpocrT)À.u-coç riam ro.
mx-cpò.; xa.t µ'fJ"'Cpòc; ElovoÉa. 'Icròpal)À.l-
'tl}c;, «Irene, figlia adottiva, proselita per Delle iscrizioni trovate in Italia che
parte di padre e di madre, giudea, israe- nominano proseliti, 6 riguardano don-
lita»; essendo 7l;pocrT)À.u"t"oç, la bambina ne ~1 e solo 2 o 3 uomini 62 • È inoltre in-
è allo stesso tempo giudea e quindi israe- teressante notare come tra i proseliti ·

2(3) dalla catacomba della via Nomentana


4-'I ter synagognrum Campi.
(FREY, op. cit. E- n. 44] iscr. 21.[37 ] .68), 51 Si vedano le testimonianze in FREY, op. cit.
3 dalla catacomba della via Appia (ibid., iscr. (-+ n. 49) 256; cfr. anche FREY, op. cit. (-
202.222.256) e una da quella di Venosa (ibid., n. 44) iscr. 20 2.
5
iscr. 576). Di un'altra iscrizione (ibid., iscr. ~ In FREY, op. cit. (~ n . 43) 3r8. Cfr. E. L.
5 23) si ignora In provenienza precisa. Si veda SuKENIK, Jiid. Griiber ]erusnlems 11m Christi
ibid. 384. Geburt (193 r) 18 e tav. 3.
49 Si veda J. n. FREY, InscripJio11s inédites des 5
~ Vedi sopra -+ n. 43 e anche S. KLEIN, ]iid.-
cnlacombes juives de Rome: Rivista di Archeo- paliistiniscbes Corpus i11scriptiom1111 ( r9to) 24-
logia Cristiana 7 (1930) 253 s.; In., op. cit. 26.
(-+ n. 44) p. cxxx. Cfr. anche -+ JusTER J W Nel caso dell'iscr._ 462 (in FREY, op. cii.
480; Tu. MoMMSEN, Die Katakomben Roms in [ ~ n. 44} 340 s.) non si sa se il frammento
Reden und A11fsiitze (1905) 299. di parola NVENN contenga il secondo nome,
so Si veda FREY, op. cit. (-+ n. 44) p. LVI.CXXX. quello giudaico (Nucmi, Noemi), oppure se Fe-
51 Cfr. FREY, op. cit. <-
n. 44) p. cxxx. licitfls sia il nome giudaico. Cfr. FREY, op. cit.
52 - IV, col. IIIZ 'I11pa:/)À. FREY, op. cii. (- > (~ n. 44) 341; per la discussione si veda an-
n. 49) 254; Io., op. cit. (-+ n. 44) 19 s. che TH. REINACH, Le cimetièrc juif de Mollle-
53 Si veda FREY, op. cii. (-+ n. 44) 41. vcrdc, à propos d'1111 livre réce11t: RE] 71
54 Si veda ScHiiRER m 185. (1920) 124.
55 FREY, op. cit. (-+ n. 44) 384. 61 FREY, op. cit. (-+ n. 44) iscr. 21: Irene;
56 Questa donna che si è convertitn in età iscr. 202: Tbcoscbes; iscr. 222: Crysis; iscr.
avanzata al giudaismo è chiamata anche ma- 462: Fe/icitas; iscr. 523: Vet11ria Poula. Inol-
-;tpocni>..u-co.; C 1 .p1 (K. G. Kuhni

menzionati in queste iscrizioni si trovi- Aemilius Valens 15 (Roma).


no uno schiavo, una schiava ~J e una fi-
glia adottiva (f)prn-.1) =alumna) <>t. Ciò
II. rcpocr1)À.u't'oc; / ger nel tardo giudai-
si spiega con la considerazione che per
smo palestinese (esclusi gli scritti
le donne era più facile abbracciare il giu-
rabbinici)
daismo che non per gli uomini: alle
donne infatti non si richiedeva né cir- Nell'uso linguistico dcl tardo giudai-
concisione né sacrificio. Per gli schiavi smo palestinese 7tpocr1)À.unc; trova un
la conversione comportava senz'altro
notevoli vantaggi 65 e i bambini erano corrispondente esatto in gèr, che ora
comunque sottoposti alla potestà dei ge- ha perso del tutto la sua antica deter-
nitori adottivi 66 • Non è possibile dire minazione sociale ed è ormai un puro
con certezza se, e fino a che punto, si termine tecnico religioso. La cosa signi-
debba alle leggi sui Giudei emanate da
Adriano e da Antonino Pio 67 il fatto che ficata dal termine npocri)Àv-toç/ger, va-
il proselitismo si limitava essenzialmente le a dire la piena accettazione del giu-
a tali gruppi i;ociali 68 • daismo, circoncisione inclusa, ebbe anzi
I timorati di Dio vengono nominati
in un totale di 8 iscrizioni m, a) col nome per il giudaismo palestinese un'impor-
di 1)EocrEf31)c;: cosl nell'iscrizione 500 70 tanza essenzialmente maggiore che per il
un 'Aypl1t1mc; <I>ov11xou c:I>a.w1)crtoc; (Ro- giudaismo ellenistico. Nella maggior
ma); nell'iscrizione 7 54 71 un Eò1na1}toc;
parte dei casi quest'ultimo si acconten-
(Delilo presso Filadelfia); nell'iscrizione
748 72 è detto in generale: -.61toc; (E }l- tava di guadagnare quei pagani che con
ouo( al )wv "f:W\/ xcd 1}EoCTEf3( W)v (Mile- un certo devoto zelo frequentavano 1a
to) 73; b) con la designazione latina me- sinagoga giudaica, ma non completava-
tuens (Deum), corrispondente a cpof3ou-
µEvoc; (-.6v i>Eo\/): cosl nell'iscrizione no la loro conversione con la circonci-
5 74 un quindicenne cavaliere romano sione. La coscienza vivissima del valore

tre anche l'iscr. 72: Iu/ia Irene Arista. II (186:r:) 2;;9·324.


62 FlIBY, op. cii. <- n. 44) iscr. 68: Crescem w FREY, op. dt. <~ n. 44) 36;;.
Sinicerius; iscr. 2;;6: Nicelas; dubbia l'iscr. 11 FREY, op. cit. <~ n. 43) r8 s.
576: 'Avucr-.aO'(L)ç ( =Anastasios). 72 F1mY, op. cii. (~ n. 43) 14 s.
6J Nicelas (FREY, op. cii. [-..+ n. 44] iscr. 2;;6) 73 Si veda anche DmssMANN, L.0 . 391 s.;
e Felicitas (ibid., iscr. 462). SCHORBll m 174·
61 Irene (FRBY, op. cit. [ ~ n. 44] iscr. 21). 74 FREY, op. cit. (-') n. 44) 9.
Cfr. anche l'epigrafe di Rufina, una giudea di 75 Vecli FREY, op. cii. (~ n. 49) 2 _p . Cfr. inol-
Smirne, per i suoi figli adottivi (Dptµ[ µ)a.- tre FREY, op. cii. (-+ n. 44) iscr. 285: una ro-
ow): FREY, op. cit. (~ n.49) 255 n. 2. mana l.Arcia Quadrati/la (Roma); ibid., iscr.
M - BERTHOLET 254. ;;24: Maionia Ho111eriI (Roma); ibid., iscr.
66 Vedi FREY, op. cii. (~ n. 44) p. LXIV e ID., 529: una donna, il ·cui nome non è conser-
op. cii. (~ n. 49) 2;;5. vato, ... De)um metuens hic sita e(st): cfr. J.
67 Cfr. ScHURER m u8. BERNAYS, Die Gottes/iirchtigen bei Juvenal in
6., Per la questione vecli FREY, op. cit. (~ n. Commentatio11es philologae in honorem Th.
49) 2;;;; e fo., op. cii. (-') n. 44) p. LXIII. Cfr. Mommseni (1877) 563-569; FREY, op. cit. <~
anche -+ SIMON 330. n. 49) 251-255; infine ID., op. cii. (-') n. 44)
1H Cfr. anche M. L EVY, Epigraphische Beilriige iscr. 642: Aurelia Soter, con l'aggiunta matri
:wr Gesch. des J11de11tmns, in Jahrbuch fiir pienlissimae religio11is iud(a)eicae metuenti f(i-
<lie Ge~chichte der Juden und des Judentums lii) p(osuerunt) (Pola).
assoluto di tutte le leggi del!' A.T. e il re discende dai primi Giudei tornati
la volontà di applicarle rigidamente e in patria dall'esilio babilonese (los., ant.
14,9), non abbiamo che lo scoperto ten-
perfettamente, che caratterizzano il giu- tativo di occultare, per motivi apologe-
daismo palestinese, faceva si che chi tici, la reale origine di Erode n. Shimon,
passava al giudaismo si dovesse sotto- uno scriba fariseo, aizzò il popolo con-
mettere, senza mezzi termini, alla circon- tro Agrippa I, nipote d'Erode il Gran-
de, incitandolo ad impedire al re, <<non
cisione prevista dalla legge e a tutta la giudeo», di mettere piede nel tempio,
torà. Altrimenti questo simpatizzante cioè di entrare nel cortile delle donne e
sarebbe rimasto un pagano che agli oc- degli Israeliti 78 (Ios., ant. 19,332). Tipi-
co è, d'altra parte, il comportamento di
chi dei Giudei appariva poco o niente Agrippa (r o II) riferito dall'antico rac-
diverso dagli altri non giudei (~ coH. conto79 di Sola 7,8: piangendo e confes-
335 s.). sando la propria indegnità di esser re (in
quanto 'jS nkr;, secondo Deut. r7,r5)
l. Le più antiche attestazioni sia del egli cerca di muovere il popolo a com-
termine stesso sia della posizione dei passione, non senza riuscirci.
proseliti nel giudaismo palestinese risal-
gono al periodo compreso tra il II sec. b) La più grande vittoria della missio-
a.C. e il 1 sec. d.C. ne giudaica fu la conversione del re Iza-
te di Adiabene, di sua madre Elena e
a) Tra i proseliti rientrava la dinastia del fratello Monobazo, che divennero
reale degli Erodi. Infatti gli Erodi erano proseliti (los., ant. 20,34-48) durante
di origine idumea (los., ant. r4,8) e gli l'impero di Claudio 80 • Il racconto della
Idumei erano stati costretti ad abbrac- conversione del re lzate è l'esempio ti-
ciare il giudaismo da Giovanni Ircano pico della diversità di atteggiamento che
(los., ani. 13,257): erano dunque pro· fu tenuto dal giudaismo palestinese e da
seliti. Poiché secondo il costume giudai- quello della diaspora rispetto alla mis-
co non poteva salire al trono chi non sione tra i pagani (los., ani. 20,38-48).
fosse giudeo di nascita (los., ant. 14, Dopo il già menzionato (~ col. 308)
403) 76, agli occhi del popolo gli Erodi commerciante Anania, che era un giudeo
dovettero apparire usurpatori. Erode il della diaspora, viene al re un giudeo pa·
Grande era sprezzantemente considerato lestinese, un certo Elazar 81 , che esorta
un 'semigiudeo' (1}µLLOUO<Xto~) e pertan- Izate non solo a leggere ma ad osserva-
to indegno di sedere sul trono (Ios., re la legge (mettendo in pratica le norme
ant. 14,403 ). Dove Nicola Damasceno, cultuali e cerimoniali): di conseguenza
lo storico di corte .di Erode, affenna che il re si sarebbe dovuto fare circoncide-

76 Secondo il Talmud (B.B.b. 3b) per quest'u- vedi SCf:IURER Ili 170 n. 59.
so l'esegesi rabbinica si richiama a Deut. 17, 81 Quando Ios., arlt. 2043 dice che E lazar

15: «Di mezzo ai tuoi fratelli scegliti un re 7tavu nEpl. -t& 7to:tpLa. ooxwv àxpt(31}c; Eivo:~
come capo». 1tpot-.ptljia.-.o, è chiaro che Io designa come un
71 Cfr. Jos., ani. 14,9: ·to.ih°et. O~ ÀlyE~ X!t.P~· fariseo. Cfr. frasi simili per d esignare dei fa-
t;6µ.Evoc; 'Hp6Jli11. risei in ani. 17,41; bell. 2,T62; ani. 19,332. Sul-
78 ~ JEREMIAS, Jerusalem 205 . la questione vedi M. FRIEDLiiNDER, Die reJi-
giOsen Beweg1111gen innerhalb des Judmt11111s
79 ~ JEREMIAS, ]emsalem 207. im Zeitalter Jest1 (1905) 33; ~ D e.RWACTER
80 Cosl anche secondo Tac., 01111. 12,13.14 ecc.; 47S·
3.l9 (vr,7 J,5) TI{)OO"'TJÀ.U't'Oç C 1T Ib-2 \1\.. 1..7. l\.UDDJ

re 82• Questo invito di Elazar spinse poi gnifìca che Je elargizioni in parola vanno
Izate a passare pienamente al giudaismo soltanto a giudei e non anche agli allo-
accettando la circoncisione. geni residenti nel paese, come invece
presuppone ancora l'A.T. Ciò corrispon-
c) Nella ptima insurrezione giudaica de alla successiva esegesi rabbinica di
ebbe un ruolo importante come guerri- questi passi del Pentateuco 85 • Nel Do-
rigliero e poi, durante l'assedio, come cumento di Damasco il termine ger ri-
comnndante di una parte di Gerusalem- corre due volte (14,4 [17,J]; r4,6 [17,
me e avversario di Giovanni di Giscala, 4]) nella parte che ricorda la «regola
Ò ('toti) r~wpa l:{µwv (Ios., bell. 2,521;
per l'insediamento di tutti gli accampa-
2,652, 5,n; 7,154) ovvero uloç r~wpa menti» (srk mwsb kl hm~nwt) e preve-
(beli. 4,503), spesso chiamato anche de quest'ordine: « ...prima i sacerdoti,
semplicemente Zl~twv (ad es., bell. 4, poi i leviti, terzi i figli d'Israele e quarti
353 .5 14.516.524 e passim). Diane Cas- i proseliti» (bkhnjm lr'swnh whlwjm
sio (66,7,1) chiama questo personaggio Jnjm wbnj jfr'l S!Stm whgr rb;': 14,
Bcxpytopa<; e Tacito (hist. 5,12} Bargio- 4 [17,J], e letteralmente uguale x4,
ra 83 : il corrispondente aramaico origi- 6 [17,4]). Con quest'ordine va con-
nale e sm'wn br-giwr'. Il padre di Simo- frontato quello (rQS 2,19 s. e 6,8) del-
ne era dunque un proselito. la comunità essena di Qunu·an, dove
d) Per il materiale epigrafico palesti- compaiono solo i primi tre gruppi. Ciò
nese riguardante i proseliti~ col. 314. significa che il quarto, quello dei ger1m,
non esisteva a Qumran, ma soltanto nel-
2. Negli apocrifi, pseudepigrafi e te- le filiali dell'ordine esseno ( = mpnwt).
sti di Qumran il concetto di 7tpoo-1}À.v- La suddivisione religiosa della comuni-
-roç/ger s'incontra una sola volta nel Li- tà nei quattro gruppi di sacerdoti, levi-
bro di Tobia (1,8) e 3 volte nel Docu- ti, israeliti e ger2m corrisponde alla clas-
mento di Damasco (Dam. 6,21 [8,17]; sificazione rabbinica del popolo giudai-
14'4 (17,3] e 14,6 [17,4]). Una parte co (cfr. particolarmente Qid. 4,1 ). Le
dei codici in T ob. 1 ,8 84 elenca cosl i de- testimonianze più antiche che ci vengo-
stina tari dell'elemosina di Tobia: gli or- no dal giudaismo rabbinico sono conte-
fani, le vedove e i proseliti che si sono nute nel trattato Sheqalitn (1,3 e 1,6),
uniti ai figli d'Israele. La menzione dei le cui tradizioni risalgono certamente a
tre gruppi risale a Deut. 14,29 ovvero prima del 70 d.C. Anche qui gèrtm è il
27,19 ecc.; ger non indica però più, co- termine tecnico che corrisponde al gre-
me in questi passi; il gruppo sociale dei co 7tpOO"'/jÀ.vnt corrente nel giudaismo
meteci, bensl i proseliti in senso religio- ellenistico. Ciò risulta in particolare dal
so, come è confermato dalla precisazione fatto che anche i ger1m, in quanto giu-
«che si sono uniti (:=ebraico hnlwim) dei, sono obbligati a pagare la tassa per
ai figli d'Israele»: questa espressione è il tempio, ciò che invece secondo Sheq.
usata per indicare proprio la conversione 1 ,5, non è richiesto ai non giudei
al giudaismo (cfr. Esth. 9,27). Ciò si- (nkrim) e ai Samaritani.
&2 Ios., ant. 20A4= ).avM.VELç... w ~w:nÀEV, prannome a Gìovanni di Giscala; vedi SCHu-
"tà. µlytcr-.a -.oùc; v6p.ouc; xat lìt' aÌJ't'WV -.òv RER I 621 n. 73·
DEòv àStxwv· oò yàp &vaywwo-xEw O'E SE~ 84 Vedi il testo in R. H. CHARLES, Apocrypht1
µ6\IO\I aò-touc;, àU.ò: xat 1tp6't'Epov -rà. -itpoo-- a11d Pseudepigrapha o/ the O.T. I (1913) 203.
't'«<TcroµEva 'ltOLE~V Ùlt' G(U't'W\I' µlxpL -.lvoç as Cfr. particolarmente S. Dcut. no a 14,29,
Ò.ltEpl't'µ'rj't'O<; µÉ\IHç; inoltre STRACK-BILLERBECK IV 678-681 e Git.
Sl Tacito nttribuisce erroneamente questo so- 5,8 ~ coli. 332 s.
:i~ ... \ ... ,, ..J .... ,

Parallelo a Tob. 1,8 è Dam. 6,21 [8, fica costantemente il pagano diventato
17], dove coloro che entrano nell'al- giudeo. È un concetto religioso 83, privo
leanza vengono obbligati «a sostenere i
miseri e i poveri (dr. Ez. 16,49) e il ormai di qualsiasi connotazione sodale.
ger». Qui ger è una reminiscenza del-
l'A.T. dovuta al precedente 'nj (cfr. Accanto alla forma maschile ger tro-
viamo il femminile giijoret (Men. b . 44a)
l'ni wlgr: Lev. 19,10; 23,22). Anche
qui ger non significa sicuramente il me- e l'aramaico gijjorà' 89 e gérà' (Qid. ;. 4,1
[65b,69]; quest'ultimo termine è usato
teco nel senso dell'A.T., cioè l'abitante
allogeno del paese 86, bensl un giudeo e anche nell'accezione di straniero). Nel-
l'ebraico della Mishna dal vocabolo ger
precisamente il proselito che è passato,
in tutto e per tutto, dal paganesimo al nell'accezione religiosa si formò il nuo-
giudaismo. vo verbo hitgajiér = convertirsi o pas-
sare. al giudaismo, farsi proselito, con la
La realtà indicata dal termine 1tpoa1]- comspondente forma attiva gaijér, far
).,u-.oç appare in Bar. syr. 41.4 e 42,5. Il proseliti, far diventare giudeo, giudaiz-
primo passo parla di coloro «che hanno zare 90• Medesimo significato ha la pa-
abbandonato la loro vana natura e han- rola hitjahad (da (hUdi) = diventare
no cercato rifugio sotto Je ali» di Dio. giudeo (Esth. 8,17).
La seconda metà di questa frase è un'e-
spressione tecnica per indicare il passag- I pagarti che abbracciavano il giudai-
gio al giudaismo come proselito (cfr. smo per motivi mondani o disonesti e-
Ruth 2,12 ~col. 326). Simile è il secon- rano chiamati grj (h)Sqr = falsi proseli-
do passo: «Coloro che dapprima non ti 91• Nel numero di costoro rientrano,
conobbero la vita, ma la vennero a co- ad es., anche quei proseliti che sono di-
noscere solo in seguito e si mescolarono venuti tali 92 per poter sposare un giudeo
col seme del popolo che si è separato, il o una giudea oppure per godere dell'as-
cui 'tempo successivo' 87 è considerato sistenza ai poveri 93, inoltre i cosiddetti
come qualcosa di buono». proseliti del leone (grj 'rjwt, cioè coloro
che hanno abbracciato il giudaismo per
paura dei leoni: cfr. 2 Reg. 17,25 s.),
III. Il giudaismo rabbinico come sono chiamati i Samaritani con-
1. Il concetto vertiti ed i proseliti del tempo di Mar-
docheo ed Ester (divenuti giudei per
Nella letteratura rabbinica ger signi- paura), e i proseliti del sogno (grj h~lw-

86 Secondo Dam. 12,10 (14,n) è addirittura veda E . NESTLE, Z11r nram. Bezeichnung der
vietato dare i prodotti del suolo a un non Proselyten: ZNW 5 (1904) 263 s.; Iust., dia/.
giudeo. 122 (yri6paç.); Iulius Africanus, ep. ad Aristi-
87 Questa espressione indica il tempo succes- dem 5 (MPG lo,61A): Euseb., hist. ecci. 1,7,
sivo alla Joro conversione al giudaismo. Si ve- 13; Ios.! beli. 4,503 (-7 col. 319): v1òç nwpa.
90 Vedi MooRE 1 329 s.
da CHARLES, op. CÌI. (~ n. 84} 501.
91 B. M . ;. 5,7 (1oc,30); STRACK·BILLER1ll!CK 11
sa Cfr. particolarmente, nella Mishna, Sheq. 1,
3 e 1,6: i leviti, gli Israeliti e i proseliti ven· 717; MooRE I 338. Cfr. anche M. GU'.ITMANN,
gono contrapposti alle donne, agli schiavi e Das ]udenlum rmd seine Umwelt 1 (1927} 76-
ai minorenni. 78.
91 }eb. b. 24b: STRACK-BILLERBBCK II 717.
S9 Questa forma è già attestata nei LXX (y[E]L-
wpw;: Ex. 12,19; Is. 14,1) - col. 309 e anche 93 Jalqut Shim'oni 1,64:; a Lev. 23,22. Vedi
in Filone (conf. ling. 82). Per 1a questione si STRACK-BILLERBECK II 718.

Il iJT;>nde h n lco ~•
7tpocrlJÀu"to<; Cm 1-2 (K. G. Kuhn)

mwt, che cioè si sono convertiti m se- re l'opposto di gr twsb (M. Ex. 23,12;
guito a un sogno) 94 • Oltre a questi tipi ]eb. b. 48b bar.; Sanh. b. 96b) 102 e di
di proseliti troviamo anche i grjm grw- jr' Jmim (M. Ex. 22,20; Meg. j. 3,2 [ 74
rjm 95, i proseliti importuni (o non ri- a,J4)) 103, significando cosi il vero pro-
chiesti; lett. che impongono la loro pre- selito che ha accettato tutta quanta la
senza), dei quali sono esempio tipico i torà, in contrapposizione ai pagani che
Gabaoniti di Ios. 9. si limitano ad abbandonare l'idolatria
e osservano la legge noachica 161 • So-
Di contro ai grj (h)Iqr stanno i grj stanzialmente lo stesso significato ha l'e-
!dq, i veri proseliti 96 • Rientrano tra co- spressione grj 'mt = proseliti autenti-
storo quei non giudei che son passati ci 105, cioè coloro che si sono convertiti
al giudaismo per pura convinzione reli- per motivi religiosi autentici, diversa-
giosa, dunque «per amore di Dio» mente dai grj Jqr 106•
(lswm smjm)n, non per un qualsiasi
vantaggio esteriore 98, e che quindi vi- 2. L'atteggiamento verso i proseliti
vono secondo la volontà di Dio conte-
nuta nella torà. gr !dq è dunque il no- L'atteggiamento verso il proselitismo
me più preciso di ciò che i rabbini in- varia da rabbino a rabbino 107 • Già Hil-
tendono con gr in senso proprio 99• Il lel sosteneva il principio: «Appartieni
termine compare già nella 13a delle 18 ai discepoli di Aronne ... amando gli UO·
Benedizioni, nella recensione palestine- mini e avvicinandoli alla torà (cioè al
se e babilonese 110, e di lì penetra poi giudaismo)» 108• Shab. b. 3 ra bar. loda
negli scritti rabbinici, ove è usato fre- come prova di bontà il fatto che Hillel,
quentemente 101 • Esso può anche indica- al contrario di Shammai, accolse come

9l Jeb. b. 24b: STRACK-BII,/..llRllllCK II 717. mintm.


9 s Vedi Qid. j. 4,1 (65c,53) in STRACK-BILLER- 101 Si vedano i testi in S-rRACK-BILLERllECK 11
BECK u 718; anche A.Z.b. 3b e 24a. 717, spec. Jeb. b. 48b; Sanh. b. 96b; B. Q. b.
96 Vedi anche Mooim I 338 e K. G. KUHN, II3b.
Achtzeh11gebet und Vaterunser tmd der Reim 102 STRACK-BILLERBECK Il 717.
(1950) 2I. 103 STR.ACK-BILLERBECK Il 719.
97 Vedi STRACK-BILLERBllCK u 718; Gerim 1,7. 104 Vedi anche LEVY, Wiirt., s.v. ger; in M.
98 Vedi MOORE I 338. Ex. a 23,12 l'opposto di gr twib è gr !diq.
99 Cosl anche ScHtiRllR III 177; STRACK-Bn.- 105 Cosl anche STRACK-BILLERlll!CK II 716.
LERBECK II 715 e -> BAMDERGER, Proselyte J. Sanh. b. 85b; gjri 'mt; Nidda b. 56b: gri 'mt.
S. DEYLING, De O'E~6µEvo<; -ròv ilE6v, in Ob- Altri esempi in STRACK-BILLl!RBECK Il 719 e
servationes Sacrae II (1737) 462-469 e ancora MooRE 1 338.
ScHtiRER1 sostenevano l'antica opinione che la 106 L'espressione giri 'mt è usata per indicare
designazione gri !dq fosse sorta come antitesi i veri proseliti, in opposizione ai grj 'rjwt, «i
di gri h'f'r, «proseliti della porta}> ( = ue~O­ proseliti del leone» (~ col. 322), anche in
µEvot "tÒV ~e6v), per indicare i veri proseliti Sanh. b. 85b; Nidda b. 56b: secondo R. Meir
( = 7tpoul)).u-rot). Ma gr hI'r è un concetto (c. 150 d.C.) i Samaritani non sono grj 'riwt
che compare solo del Medioevo, per la prima (come pensano gli altri rabbini), bensl grj 'ml:
volta in R. Behai (xm sec.). Vedi MooRE r STRACK-BILLERlll!CK II 719.
341; STRACK-BlLLERBECK II 723; ScHtiRER u 1rn Sull'argomento si veda anche STRACK-BIL·
178 n. 7.5- LERllllCK I 924-931; ~ MOORE 341-348; ~
100 I grj h!dq stanno, insieme con gli Israe- LÉVI 1·29; J. KLAUSNER, The Messianic Idea
liti nominati nella 13" benedizione, volutamen- in I srael (I 9.55) 4 75-484.
te in rnntrapposizione agli apostati . dal giu· 108 Ab. 1,12; vedi MooRE r 342; H. L. STRACK,
daismo maledetti nella precedente birkat-hii- Abot• (1915) 5.
325 tv1,737J

proselito un pagano benché costui non terra e viene agli Israeliti. Si inquadra
fosse totalmente disposto ad apprendere in questo contesto anche il detto di
la torà orale ul'J. Per contro troviamo già R. Shimon b. Gamliel: «Quando uno
in R. Eliezer b. Hyrcanos (c. 90 d.C.) l'e· straniero viene per farsi proselito, gli si
spressione di una forte diffidenza verso deve porgere la mano per portarlo sotto
i proseliti: i proseliti sarebbero cattivi le ali della shekinà» (Lev. r. 2). Più tar·
per natura e la loro mente sarebbe tut- di spuntano nuovamente opinioni scet-
tora rivolta all'idolatria 110 ; possono per- tiche nei riguardi dei proseliti; dr.
tanto ricadere facilmente nel paganesi- Men. b. 44a; Sanh. ;. rn,2 (29b,40). Ca-
mo 111 • Apertamente favorevoli ai pro- ratteristica è la baraita di Jeb. b. 24b:
seliti sono invece alcune affermazioni nei giorni del Messia non si accoglie-
contenute in tradizioni formatesi duran- ranno più proseliti, perché essi non se-
te le persecuzioni del tempo di Adriano guono la legge giudaica per intima con-
(inizio del II sec.) 112• Il divieto de1la vinzione e trovandosi in pericolo, quan-
circoncisione per i Giudei sotto Adria- do ci sarà la guerra contro Gog e Ma-
no e per i non giudei sotto Antonino gog, ricadranno nel paganesimo (A.Z.b.
Pio 113 rese impossibile ai pagani il pas- 3b bar.) 116• Va ricordata qui anche l'af-
saggio al giudaismo in qualità di prose- fermazione che i proseliti ritardano la
liti e significò per i già convertiti una venuta del Messia (perché diminuisco-
dura prova, che poté esser superata so- no coi loro peccati i meriti d'Israele,
lo da chi aveva profonde convinzioni. necessari per tale evento: Nidda b. 13b
A quest'epoca risale particolarmente il bar.). Tuttavia il detto di R. Helbos (m
midrash di Ex. 22,20 114 : Abramo e Da- sec.), secondo il quale i proseliti sono
vid, che si attribuirono il predicato re- per Israele fastidiosi come la lebbra 111 ,
ligioso di ger, vengono presentati come non è che l'espressione isolata di una
i grandi esempi dei proseliti 115• Questo forte antipatia, e non rappresenta affat-
atteggiamento positivo verso i proseliti to l'atteggiamento generale del giudai-
è motivato con Deut. Io,18, dove è det· smo talmudico verso i proseliti 118•
to che Dio ama il ger. Cft. al proposito
la pericope (verosimilmente molto an- 3. L'ammissione dei pmseliti
tica) di Num. r. 8 (a Num. 5,6) con la
Negli scritti rabbinici l'ammissione
parabola del cervo che non dorme con 119
gli altri cervi nel deserto, ma entra nei dei proseliti viene indicata con qbl ,
chiusi insieme col bestiame del re, che 'accogliere', qrb tf;t knp; hSkinh , 've-
120
pertanto gli si affeziona in maniera par- nire sotto le ali della shekinà', e nkns
ticolare. Cosl anche Dio ama il proseli-
to perché rinuncia alla famiglia, al pa- lbrit, 'entrare nel patto'. Il rito di am-
rentado, al suo popolo e ai popoli della missione è articolato in tre momenti: cir-

10'.I STRACK-BILT.BRilECK I 930 s. 115 Secondo Gen. r. 39 a 12,5 lo stesso Abra-


110 Cosl concordemente B. M. b. 59b; Git. b. mo fece molti proseliti. Vedi MooRE I 344 n . i .
45b; cfr. B. B. b. mb. 116 STRACK-BILLERBECK I 929.
.117 ]eh. b. 47b; cfr. xo9b; Qid. b. 7ob; Nidda
111 Cfr. anche A. Z. b. 24n; inoltre BACHER,
Tannaite11 I 106 s.
b. r3b.
118 Cosl anche MooRE I 346 s. e ~ BAMBER·
112 Vedi MooRB I .345· GER, Proselyte, come anche ~ SIMON 319.
113 ~ Jusnm 1 266-268 e nnchc MooRB 1 119 Per es., Ger. r,r; 1,2.
351 n. 5· 1111 Secondo R11th 2,12; cfr. Lev. r. 2 (134b);
114 Geriln 4,2 ss. STRACK-BILLERBECK I 927.
1tpOO"lJÀ-V'"Coc; e lil 3a-b (K_ G. Kuhn) (v1,739) p.8

concisione, bagno di immetsione e of- sine qua non, per l'ammissione di un


ferta di un sacrificio nel tempio 121 _ proselito, sia la circoncisione sia il bat-
~~~W.@~~"l."''l\l.,,..,.:~· tesimo. A dire il vero c'è chi, come R.
a) La circoncisione, milh (~ x, coll. Jehoshua b. Hananja, contesta tale opi-
5 r ss.), la componente più antica e im- nione, ma essa viene motivata in ma-
portante del rito di ammissione, è già niera definitiva da R. Eliezer b. Hyrca-
presupposta nell'A.T. (~ coll. 303 s.); nos col richiamo a Ex. 19,10 (dove il
veniva praticata soltanto sui maschi. popolo riceve l'ordine di lavare le ve-
sti) 124 _ Nell'età adrianea l'immersione è
b) Negli scritti rabbinici non c'è al- parte integrante del rito di ammissione,
cun passo che c'illumini circa l'età, il come si può vedere nel rituale di ]eb. b.
significato primitivo e la forma più an· 46b bar. (par. Gerim l) che risale a
tica del bagno di immersione dei pro- quest'epoca 125 • In questo tituale non
seliti (!bjlh) (~ II, coll. 5 8 ss.) 122• Oggi si accenna minimamente che il batte-
si è in genere 123 d'accordo nel ritenere simo abbia valore di lustrazione cul-
che la testimonianza storica più antica tuale 126 ; esso è piuttosto un atto giuri-
di tale pratica sia la controversia tra dico, richiesto per essere ammessi nel-
shammaiti e hilleliti sulla liceità di am- l'associazione religiosa giudaica, che si
mettere alla celebrazione della Pasqua compie alla presenza di tre testimoni 127
un proselito di fresca data (Pes. 8,8; dr. dopo un periodo d'istruzione nella torà.
Ed. 5,2). Secondo gli shammaiti un non Cfr. anche ]eb. b. 46b, secondo cui il
giudeo che sia diventato proselito alla battesimo dei proseliti deve avvenire di
vigilia della festa di Pasqua può subito giorno ed ha quindi carattere pubbli-
immergersi (!bl) e poi partecipare alla co 128• Anche in testi recenti il rito di
Pasqua. Secondo gli hilleliti, invece, un ammissione comprende i due momenti
tale proselito non può ancora parteci- della circoncisione e dell'immersione.
pare alla Pasqua, poiché il grado della Così in Jeb. b. 46b (fine del III sec_):
sua impurità (in quanto ex-pagano) cor- «Si diventa proseliti soltanto dopo es-
risponde al grado di impurità di chi ab- sere stati circoncisi ed aver compiuto
bia toccato una tomba; egli può quindi l'immersione» 129• Presso Rabbi {fine II
purificarsi (secondo Num. 19,16) soltan- sec. d.C.) e poi comunemente nel Tal-
to dopo 7 giorni (dalla sua ammissione). mud si trova la seguente motivazione
In questa discussione il battesimo del dell'immersione dei proseliti (come ter-
proselito è considerato una lustrazione zo elemento accanto a circoncisione e
che elimina l'impurità cultuale che lo sacrificio): come nel deserto gli Israe-
contamina quale ex-pagano. Attorno al liti dovettero adempiere tre condizioni
90 d.C. l'opinione predominante tra i prima della conclusione dell'alleanza,
dottori rabbinici considerava conditio cioè la circoncisione {dr. Ex. 12,48),

121 I tre momenti sono menzionati nell'ordine lyte Baptism: NTSt 2 (1955/:;6) 193-198.
in S. Num. 108 (a Num. 15,14); vedi MooRE m Jeb. b. 46b; vedi STRACK-BlLLERBECK I 107.
I 331 n.5.
122 Vedi MooRB 1 332.
125 La datazione risulta dalla menzione delle
persecuzioni a motivo della circoncisione.
123 Per es., ScHiiRER m 183; BrLLERll!!CK in
126 Cosl anche MooRE I 334.
STRACK-BILLERBECK I I02; -7 ]EREMIAS, Jeru-
salem 196; F. ToRRANCE, Prorelyte Baptism:
T. m I «padri dell'immersione»: vedi, ad es.,
NTSt 1 (1954/:;5) 154; G. BBER, Pesachim Jeb. b. 47a.
(1912) 176. Per la questione vedi anche T. 128 Cfr. ToRRANCE, op. cit. (-7 n . 123) 15x.
M. TAYLOR, The Begim1ings of Jewirh Prose- 129 Cfr_ anche A. Z. b. 59a.
l'aspersione con acqua (cfr. Ex. 19,10) è tenuto ad osservare tutta quanta la
e l'offerta di un sacrificio (cfr. Ex. 24, legge».
5 ), cosl anche i proseliti devono adem-
piere le medesime tre condizioni quan- 4. La posizione giuridica dei proseliti
do entrano nell'alleanza 130 • Con ciò si
vuol dire che il proselito è, sotto ogni Secondo l'opinione predominante dei
rispetto, un israelita: «Come il cittadi- dottori, la posizione giuridica del prose-
no (israelita) è un membro dell'alleanza lito discende dal principio che «il prose-
(bn brjt), cosl anche il proselito è un
lito è come un bambino appena nato» 132•
membro dell'alleanza» 131 •
Questa sentenza significa che, da un
c) Chiunque abbracciava il giudaismo punto di vista giuridico, la sua prece-
doveva offrire un sacrificio (hr~iih) nel dente vita pagana non esiste e quindi
tempio. Con la fine del tempio finl que-
st'obbligo. non può venir punito per aver allora
trasgredito la torà. Conformemente a
tale principio il diritto giudaico non ha
Il non giudeo che veniva ammesso in
valore retroattivo, ma entra in vigore
tale maniera nel giudaismo era conside-
soltanto dal momento in cui l'ex-pagano
rato, dopo il rito di ammissione, «un
è diventato giudeo m.
giudeo sotto ogni rispetto» (Jeb. b. 47
b ). Ciò significa anzitutto che è tenuto, Per quanto attiene al diritto eredi-
come ogni giudeo, all'osservanza di tut- tario, il principio suddetto comporta
che i figli avuti dal proselito prima del-
ta la legge. Questo fatto è conforme al- la conversione non sono suoi consan-
le parole di Paolo (Gal. 5 ,3): f..Locp.-vpo- guinei. Pertanto non possono· essere
µa.L OÈ. miÀ.W '1tOC\l'tÌ. àvl)prJl'lt({) '1tEpL'tE· suoi eredi naturali, neanche se sono di-
µvoµiv~ O"tL 6cpELÀ.É"t1'}<; Ècr-.ì.v oÀ.ov 't'ÒV
venuti anch'essi proseliti 134 • Per il di-
ritto giudaico sono suoi discendenti ed
v6µov '1tOLfjcraL, «e di nuovo attesto a eredi soltanto i figli avuti dopo la con-
chiunque si faccia circoncidere che egli versione 135• Se muore senza eredi, la

130 Keretot b. 8rn; vedi STRACK-BILLERBECK passaggio al giudaismo: Bik. ;. 3,3 (65d,x-4]).
I 107. Comunque quest'affermazione riguarda il pas-
131 S. Lev. 17,15 (perek I2, inizio) in MooRE saggio al giudaismo in generale e non già par-
I 334· ticolarmente l'immersione. Di opinione diver-
132 Cfr. particolarmente la discussione tra R . sa è J. ]ERBMIAS, Hat die Urkircbe die Kin-
Johanan (t 279 d.C.) e Resh Laqish in Jeb. b. dertcm/e gekannt?' (i:949) 21 s.
62a. Vedi S·mACK-BILLERBECK 11 423 e anche 134 Ger. 3,8; ~ }EREMIAS, Jerusalem 200. An·
Jeb. b. 22a; 97b; Bek. b. 47a. che per il diritto romano un peregrint1s non
133 La frase «il proselito è come un neonato» poteva ereditare da un cittadino romano; per-
ha quindi wi significato esclusivamente giuri- ciò uno straniero che avesse ricevuto la citta-
dico, non religioso, sicché questo genere <li dinanza r omana non poteva nominare erede
ingresso nel giudaismo non significa una 'rina- il figlio che non l'avesse ricevuta. ~ BERTHO·
scita' religiosa. Soltanto in un testo rabbinico, LBT 166.
per di più recente, si dice che Dio perdona al m Jeb. b. 62a in riferimento alla (doppia) par-
proselito tutti i suoi peccati (al momento del te d'eredità del primogenito.
7tPO<Tlj).v'toc; e Hl 4 (K. G. Kuhn)

sua proprietà è res nullius e può esser zione sociale 142, fatta eccezione per lo
fatta propria da chiunque 136 • I suoi stato sacerdotale.
schiavi adulti divengono liberi 137 • Il pro-
selito stesso era però autorizzato ad ere- La norma che vietava alle proselite
ditare dal padre pagano, ma con l'obbli- di sposare un sacerdote risale a Lev. 21,
go di prendere soltanto quegli oggetti 13 s. Qui si legge che il sacerdote non
dell'eredità che non avessero alcun rap- può sposare «una vedova o una ripudia-
porto con il culto idolatrico 138• ta o una deflorata o una prostituta, per-
ché egli deve sposare soltanto una ver-
La rigida attuazione del principio che gine della sua stirpe» 143• Poiché secon-
il proselito va considerato, al momento do tale legge un sacerdote poteva spo-
in cui entra nel giudaismo, un neonato sare soltanto un'israelita di nascita, era
avrebbe richiesto che il matrimonio del escluso che potesse sposare una conver-
proselito non fosse in contrasto con tita. Nella letteratura rabbinica l'esclu-
gl'impedimenti previsti in Lev. 18, cioè sione è motivata in altro modo: la pro-
che il proselito non fosse unito con un selita è considerata una prostituta (rin-
coniuge il cui grado di parentela urtas· vio a Lev. 21,14a), essendo sospetta
se contro il divieto d'incesto dell'A.T. d'immoralità a motivo del suo passato
Tuttavia nella prassi questa conseguenza pagano 144 (cosi Jeb. 6,5 ecc.) 145 • Tut-
non fu applicata u 9 ; al proselito si vie- tavia secondo altri testi (Jeb. b. 6ob;
tava piuttosto soltanto di avere una mo- Qid. b. 78a ecc.) quelle donne che sono
glie proibita anche dal diritto pagano, passate al giudaismo prima di aver com-
cioè una consanguinea per parte di ma- piuto tre anni, sono atte a sposare un
dre, mentre non c'erano impedimenti se sacerdote (in questo caso il sospetto
1a donna gli era parente per parte di d'immoralità non sussiste); ma si tratta
padre 140• Ciò significa che per il prose- già di un'attenuazione della vecchia u-
lito non vigeva il divieto d'incesto del- sanza 146•
1'A.T. Questa norma veniva motivata Le norme assistenziali previste dal-
col principio che il non giudeo non ha 1'A.T. per lo straniero residente ne]
padre 141 , con la conseguenza che tutte paese - ammissione a) alla parte desti-
le parentele (pagane) per parte di padre nata ai poveri ndla mietitura [spigola-
vengono negate. Pedi resto il proselito, tura, frutti tralasciati, bordi del campo],
nell'ambito del giudaismo, poteva spo- b) alla decima per i poveri, c) alle prov-
sarsi con un membro di qualsiasi condi- videnze per i poveri - nella letteratura

136 Ger. 3,8; Git. b. 39a. Secondo Ger. 3,9 ss. 353 s.
ciò vale per tutti i beni, fatta eccezione per 140Vedi Jeb. b. 98a; Sanh. b. _57b bar., inoltre
quella parte che doveva servire per pagare la Rashi.
moglie o un eventuale creditore: Ger. 3,n- 141 STRACK·BILl.ERBECK III 353·
12; -:> ] .ERBMIAS, Jerusalem 200. HZ -:> ]EREMTAS, Jerusalem 198.
137 Ger. 3,8. 143 Cfr. anche test. L. 9,rn; 14,6 e los., Ap.
138 -:> }EREMIAS, Jemsalem 199 s. 1,3I.
1+1 Diversamente pensa ~ BhMBERGER, Pro-
139 Per la motivazione di questa prassi vedi
lyte 2.
Jeb. b. 22a: «Affinché essi non potessero dire
di esser passati da una maggiore a una minore 145 ~ ]ERBMJAS, Jemsalem r98.

santitàl> (nel senso che ora nel giudaismo fos- 146 Cfr. anche Qid. b. 78b: R. Jose b . Halafta
sero permesse Joro quelle nozze che prima (c. 150 d.C.) permette che la figlia di un pro-
erano vietate); vedi STRACK·BILLERBECK III selito sposi un sacerdote.
333 \ VI,740}

rabbinica vengono applicate ai proseli- que abbia preso su di sé i sette coman-


ti 147 • Cosl alla .6.ne della spiegazione di damenti che hanno preso su di sé i fi-
Lev. r9,ro, in S. Lev. r9,ro (348a) 148 gli di Noè» 150 • Davanti a questa defini-
si legge: «La Scrittura dice: 'al povero' zione religiosa l'antica determinazione
(Lev. 19,10). Come il povero è bisogno- sociologica del termine twsb è venuta a
so ed è un figlio del patto ( = un giu- cadere, prnprio come era successo già
deo), cosl tutti (coloro che fruiscono prima per ger. Per il diritto talmudico
della pea) devono essere bisognosi e fi- il gr twsb rientra nella categoria dei
gli del patto ( = giudei in senso pie- non giudei. Egli può, ad es., mangiare
no)». È solo «per amor di pace» (Git. nbjlwt (cioè animali non macellati ri-
5 ,8) che non si negano ai non giudei la tualmente) 151 ; per i Giudei vige il di-
spigolatura, i frutti tralasciati e la pea. vieto di contratte matrimonio con lui 152
e secondo la Mishna 153 è permesso esi-
gere da lui gli interessi. Certamente il
5. Jl gr twsb e lo jr' smjm (--? IX, coli. gr twsb ha per alcuni aspetti una posi-
818 ss.) zione particolare rispetto agli altri non
giudei, perché osserva i sette comanda-
Nell'A.T. (--? col. 305) il termine menti noachitici. Cosl, in particolare, la
tosab indica un non giudeo che risiede proibizione di aver contatti con un goj
in Israele e si trova nella condizione so- non riguarda il gr twsb: quello infatti
ciale di meteco, senza che il vocabolo è idolatra, mentre questi osserva il di-
implichi (a differenza di ger) una con- vieto noachitico dell'idolatria 154•
notazione religiosa. Per la comprensione
rabbinica del twsb nell'A.T. va da sé Nella categoria di quei non giudei
che costui, in quanto allogeno, deve co- che seguono in una certa misura i co-
munque osservare quei comandamenti
che vengono imposti anche ai non giu- mandamenti giudaici, più precisamente
dei, cioè i sette comandamenti della leg- la legge noachica, ma non si fanno cir-
ge noachitica. Partendo da tale premes- concidere, e dunque in pratica non pas-
sa, nella letteratura rabbinica il termine
( gr- ) twsb 149 indica semplicemente un sano al giudaismo e sono perciò grj
giudeo che osserva la legge noachica, a twsb, rientrano per i rabbini anche i
differenza del goj, il pagano che non os- <1EBOJ..l.E\IOL 't'ÒV ih:6v. Nella letteratura
serva nemmeno questi sette comanda- rabbinica costoro sono chiamati jir'e sii-
menti. Cfr. la classica definizione rab-
binica (A.Z.b. 64b): «Chi è un gr twsb? majim, «timorati di Dio». <po~ovµEvoi
... I dottori [rabbinici] dicono: Chiun- 't'Ò\I i>Eov è la traduzione letterale e se-

147 ~ col. 319 a Tob. 1,8. to non se ne avevano notizie più precise. -,)o
148 Vedi S1'RACK·BILLERBECK IV 690. KuHN, Ursprung 218 n. 6.
149 La denominazione corrente negli scritti 151 A . Z . b. 64b; vedi STRACK-BILI.ERBECK II
rabbinici, è gr-tw1b (secondo Lev. 25,47): a 722.
differenza del proselito (gr bn brjt, il ger cir- 152 Vedi Ger. 3,3.
conciso) egli è il gr 'rl (il ger incirconciso). Tg.
O. e Tg. ]. I a Lev. 25,4: 'rl twtb. 153 B. M . 5,6. Divctsamente in Ger. 3,3. Sulla
ISO Altre spiegazioni in STRACK-BILLERBECK u questione~ PoLSTER 9; anche MooRB 1 339.
7n s. Le differenze nella definizione mostrano 154 ii: per questa ragione, ad es., che i pro-
che nell'epoca talmudica questo gruppo di non dotti agricoli dcl gr twsb sono considerati pu·
giudei praticamente non esisteva più e pertan- ri: Ger. 3,2.
33.5 (v1,741) itpoa'fJÀ.u-to<; e UJ .5 - DI 1 (K. G . Kuhn)

mitizzante di tale denominazione, men- torà, se non si è fatto (prima) circon-


tre cn:B6µevoL 'tÒ\I l>Eov è la traduzione cidere» 1S6. Con questa severa richiesta
greca più libeta e migliore dal punto di del pieno passaggio del cnB6µEvoç 'tÒ'.I
vista linguistico. A questi jr'i smjm si 1'E6v concorda ora l'aut-aut davanti al
riferiscono alcune affermazioni del Tal- quale veniva messo senza mezzi termi-
mud, secondo le quali anche tra i non ni anche il twsb: se dopo aver osserva-
giudei ci sono persone pie. Cosl, ad e- to per dodici mesi, in quanto twsb, i
sempio, la sentenza di R. Jehoshua (c. sette comandamenti noachitici non fa.
90 d.C.): «Anche tra le nazioni ci sono ceva l'altro passo della piena conversio-
giusti che hanno parte nel mondo futu- ne e non diventava proselito, veniva
ro» (T. Sanh. 13,2; Sanh. b. 105a), op- considerato nuovamente, sotto ogni ri-
pure il famoso detto di R. Meir (c. 150 spetto, un g6j 157• Ciò dimostra che gli
d.C.): «Un g6i che osserva la legge va- jr'i fmjm erano classificati nel gruppo
le per Dio come lo stesso sommo sacer- dcl twsb.
dote» (S. Lev. 18,5 ecc.) 155• Più tardi non ci furono più <rEBoµEvot
Tuttavia nei rabbini prevale l'opinio- 'tÒV l>Eov e già verso la metà del III sec.
ne negativa verso questi jr'j Jmjm. Il i rabbini in parte non sanno più chi sia-
giudaismo talmudico di tradizione pale- no di preciso gli jr'j fmjm 158, che da al-
stinese non si accontentava, come face- lora sono erroneamente identificati coi
va invece il giudaismo ellenistico della proseliti 159•
diaspora (~ coli. 307 s.) che era la vera
patria degli jr'i smjm, di un'appartenen- D. IL NUOVO TESTAMENTO
za elastica di pagani incirconcisi, ma ri-
I. 1tpocniÀ.u•oç
conosceva soltanto coloro che passava-
no pienamente al giudaismo accettando Il termine 1tpocrlJÀ.unç compare 4
la circoncisione. Espressione tipica di volte nel N .T .
questo atteggiamento dei rabbini è la r. Nel severo monito di Gesù ai Fa-
risposta data da Aquila, che era un pro- risei (Mt. 23,15). L'immane sforzo dei
selito, a chi gli rimproverava il passo Farisei per conquistare anche un solo
fatto: «Avresti potuto imparare la torà proselito diviene comprensibile qualora
senza farti circoncidere», gli dicevano; si pensi alla profonda differenza esisten-
ed egli: «Uno non può mai imparare la te tra l'attività missionaria del giudai-

m Altri esempi in STRACK-BILLERllECK 11 719- 157 Jeb. ;. 8,1 (Bd,27 s.); dr. A. Z. b. 65a; ~
721; ~ KuHN, Ursprung 219 s. KuHN, Ursprung .l20.
156Tanh. 92a in STRACK-BILLERBECK III 489 s.; 15s Vedi STRACK-BILLERBECK II 720 s.
dr. anche gli altri esempi in STRACK-BILLER· 159 Cfr. Ge11. r. 28 (17d); STRACK-BILLERBBCK
BECK Il 719 S. II 721.
337 (VI ,742)

smo ellenistico da una parte (che si ac- daismo (=proseliti)» ed esprime «la ca-
contentava di un'adesione più elastica ratteristica religiosa comune» 162 dei
dei pagani come CTE~OµE\IOL 'tÒV ~EOV, ~ gruppi nazionali menzionati prima 163 •
col. 308) e quella del giudaismo pale- Poiché una tale indicazione può stare
stinese, in particolare del fariseismo, soltanto alla fine dell'elenco, lo stico
dall'altra (che considerava necessario pe1· successivo Kpfl-m; xai "Apa.{3Ec; va con-
la salvezza il passaggio pieno al giudai- siderato un'aggiunta posteriore (~ IX,
smo, con la circoncisione e l'obbligo di col!. 1490 s. n. 44) 164 •
osservare tutta la legge secondo lo spi-
3 . Nell'enumerazione dei cosiddetti
rito farisaico,~ coll. 316s.). Se il con-
sette diaconi (Act. 6,5 ). L'ultimo dei set-
vertito è spinto ad osservare la legge co-
te, Ntx6À.a.oc;, è distinto dagli altri con
me i Farisei, succede che anche il pro-
l'apposizione 1tpoa1}À.u-.oç 'AV'\"LOXEU<;.
selito diventa un Ù1tOXpL··d1c; proprio co-
Poiché il termine 'EU..l)vtcr-.al (Act. 6,
me loro e quindi, appunto, un utòc;
r) designa dei giudei di ol"igine elleni-
YEÉVVT)<; ((:().
stica viventi a Gerusalemme ( ~ III,
2. Nell'elenco dei gruppi nazionali co!I. 489 ss.; IV, coll. u93 s.) 16s, e poi-
della diaspora giudaica presenti a Geru- ché inoltre, a giudicare dalla narrazione
salemme per la festa di Pentecoste (Act. successiva, Stefano deve essere stato in-
2,II ). Qui 7tpocr1)À.u"toc; compare accan- dubbiamente un giudeo, la precisazione
to a 'Iouoa:i:oL (~IV, coll. u65 ss.). En- nel caso di Nicola può solo significare
trambi questi termini non esprimono che gli altri sei erano giudei di nascita,
però, come gli altri nomi dell'elenco, la mentre egli proveniva dal paganesimo,
provenienza geografica, bensl il rapporto era passato al giudaismo accettando la
con la religione giudaica 161 • La frase circoncisione ed era venuto a Gerusa-
'Iou&ai:ol 'tE xa:ì. 7tpocri)À.u.-oL significa lemme da Antiochia (perciò è un el-
«giudei di nascita e convertiti al giu- lenista).

160 Gesù non esprime né condanna (come pen- tale interpretazione, non si capisce perché ven-
sa LoHMEYER, Mt. 343) né approvazione per gRno nominati proprio i proseliti romani pre-
l'attività missionaria giudaica, ma si limita a senti e non gli altri. Vedi WENDT, Ag. 81 .
constatare come dati di fatto sia il proseliti-
164 Cosl anche A. v. !-IARNACK, BeUr. :1.11r Ei11-
smo sia l'orgoglio del giudaismo palestinese
per il successo missionario. Il logion dice però lcitu11g in das N.T. m: Die Apostelgescbich·
che cosa succede quando i Farisei lo pratica- te (1908) 65-67; . PREUSCHEN, Ag. r:z; WENDT,
no da quegli V'ltOXf>L'tttl che sono. Ag. 82; A. Lo1sY, Lcs Actes des Ap6tres
161 Vedi WENDT, Ag. 8I.
(1920) 190 s.; HAENCHEN, Ag. 137.
162 HAENCHEN, Ag. 137. 165 Cosl giustamente anche HAENCHEN, Ag.
163 Alcuni dei commentari più antichi (citati 218 n. r, contro H . J. CADBURY, in }ACKSON-
in WENDT, Ag. 81) considerano la frase 'Iou- LAKE 1 4,64; 5,59-74 e contro E_ LOHMEYER,
l>cxi:ol 'tE xcxt 1tpoa1))..v't"OL diversamente, cioè Das Abendmahl in dcr Urgemei11de: JBL 56
come apposizione di 'Pwµcxi:oL. Se si accetta (1937) 236 s.
339 (vr,743) ;tpOTTJÀ.V'toc; DI 4 - Il I (K. v. Kuhn) l Vt,744} 340

4. In Act. l 3 '43: 1toÀ.À.oL 't"W\I 'Iou- osservare tutta quanta la torà giudaica.
oalwv xat 't"W\I cri::Soµivwv 1tPOCTTJÀ.V- Altrimenti egli rimane un pagano, e nel
-rwv. Non abbiamo altro esempio di pro- giudizio finale sarà colpito dall'ira di
seliti con tale attributo 166• Poiché altro- Dio. Non basta quindi al raggiungimen-
ve negli Atti vengono sempre associati to della salvezza essere O"E$6µ.Evoç 't"ÒV
'foUOCX.LoL O 'fop<X.T}À.i:'t"CXt. e cn::f1oµEVOL t>E6v e, restando tale, credere in Gesù.
(cpof1ouµ.Evoi.) -.òv 1'E6v nel senso tecni- Caratteristico di tale atteggiamento è il
co della parola, vengono cioè accostati i rimprovero che i giudeo-cristiani pale-
Giudei e i pagani simpatizzanti che fre- stinesi rivolgono a Pietro (Act. l l ,3) per
quentano il culto sinagogale, l'espressio- non aver egli osservato la distanza d'ob-
ne sembra avere anche qui il medesimo bligo dai non giudei (cfr. anche Act.
senso. Ciò significa che cn:f36µ.EVOL è ter- 10,28.45) nel caso del centurione ro-
mine tecnico e l'aggiunta di 7tpocri]À.u-.oi mano Cornelio, che era (Act. l0,2.22)
è oggettivamente errata. Resta aperto il un cpof3ouµEvo<; 't"ÒV i)E6v e seguiva la re-
problema se quest'aggiunta sia un'im- ligione giudaica con particolare zelo e
precisione di Luca o un'antica glossa 167• pietà (v. 2) 168 • D'altra parte, l'atteggia-
mento diverso di Pietro è dovuto, stan-
do al racconto degli Atti, alla certezza,
comunicatagli in una visione, che Dio
Queste espressioni sono usate unica-
salva anche il pagano che è cpo~ouµgvoç
mente negli Atti: precisamente, cpo~ou­
(senza che abbracci prima il giudaismo)
J.l.E\IOL -.òv i)gov nella prima parte dell'o-
e lo fa ·per la fede di questi in Gesù
pera e C"E~oµ.EVOL 't"Ò\I 1'E6v nella seconda.
(Act. u,17 s.; cfr. ro,35). Conforme-
L'atteggiamento della primitiva co-
i. mente a questo atteggiamento del giu-
munità cristiana palestinese verso i Cl'E- deo-cristianesimo palestinese, i missio-
~OµE\IOL -i-òv i>E6v deriva da quello di nari menzionati in Act. II,19 predicano
tutto il giudaismo palestinese: tra i non soltanto ai Giudei di nascita ('Iouoaro~),
giudei può aver parte alla salvezza of- mentre gli uomini nominati in l r ,20
ferta in Gesù soltanto colui che prima predicano ad Antiochia la salvezza in
diventa membro del popolo giudaico ac- Gesù anche ai (pii) Greci ("EÀ.À.'l}VE<;=
cettando la circoncisione e l'obbligo di 1nB61J.EVOL 't"Ò\I i>e6v) l(f}.

166 Vedi WENDT, Ag. 245. non giudeo che con grande zelo aderisce alla
religione giudaica come ue~oµtvo.; -rbv lteov
167 HAENGHBN, Ag. 361 n. 6 ritiene che si trat-
(senza che questa qualificazione compaia però
ti d'una glossa. Negli scritti subapostolici 7tpo-
nel racconto evangelico). Ha persino finanziato
a'fi)..v,.oc; è usato unicamente in Iust., dial.
la costruzione della sinagoga locale.
13,3. 169 Vedi il paragrafo seguente. Di diversa o-
168 Come Cornelio, cosl anche il centurione di pinione è W. MtcHAll.LIS, ]udai.rtische Hei-
Cafarnao nel racconto lucano (Le. 7,1-10) è un denchristen: ZNW 30 (1931) 93-99.
34i \ vi,;441

2. Secondo la narrazione degli Atti, costoro, come facevano i giudeo-cristia-


Paolo svolge la sua attività missionaria ni palestinesi, la conversione piena al
predicando ogni volta anzitutto nelle si- giudaismo (circoncisione inclusa) come
nagoghe giudaiche (cfr. Act. 13,14; 14, presupposto per la salvezza. L'Apostolo
l; 17,ro; l,17; 18,4 ecc.). I suoi ascolta- non si accontenta però neanche dell'ac-
tori sono di conseguenza (né del resto cettazione del monoteismo, bensì predi-
ci si poteva aspettare altro nelle sina- ca come unica condizione indispensabile
goghe giudeo-ellenistiche) tanto gli 'Iou- alla salvezza Ja fede fo Gesù ( cfr. 1 3,
oa:fot, cioè coloro che appartengono pie- 39). È qui che sorge l'opposizione dei
namente, per nascita o per conversione Giudei, che secondo 18,13 denunciano
110
( =: proseliti), al giudaismo , quanto i Paolo a Gallione perché «persuade gli
Greci ( "EÀ.À:r)'m;), cioè coloro che fre- uomini ad adorare Dio contro la legge»
quentano il culto della sinagoga senza (7tapà. -.òv v6µov O"É(3Ecri}cx.i 't'ÒV l}E6v ). Il
però compiere il passo decisivo di dive- rifiuto da parte dei Giudei di nascita
nire proseliti e quindi 'Iovoocfot.. In luo- offre a Paolo l'occasione per predicare
go del termine "EÀÀ.1]\IE<; (14,1; 18,4; anche ai pii pagani, dunque agli "EÀ-
19,10), per indicare quest'ultimo grup- À.l]VEc;, che fino allora sono stati crE(36-
po, appare anche l'espressione più esat- µE\IOL 'tÒV i)Eov aggregati alla sinagoga
ta <poPouµE\IOt 't'ÒV i)EO\I (13,16; 13,26) giudaica : Èyw à.7tò 'tOV vuv Elc; -.à EWTl
o cn:f56µi::\lot. 't'Òv l}E6v (16,14; I?,17; 'ltopeucroµa:t, «io d'ora in poi me ne an-
18,7) e una volta anche la coppia O'EP6- drò ai pagani» (r8,6). Gli EWrj sono ap-
µi::vot. "EÀ.À.1JVE<; ( 17 ,4). Secondo il rac- punto questi pii pagani, come mostra il
conto degli Atti la predicazione di Pao- versetto seguente: Paolo va a casa di
lo ebbe un'eco positiva proprio presso Tizio Giusto, un crEf56µi::voc; 't'ÒV iìE6v.
questi O'EpoµE.vot 'tÒ\I i)Eo\I, come mostra Poiché, secondo quanto abbiamo e-
Ja menzione del grande successo della sposto sopra (~ coli. 307 s. 312 ss.),
predicazione paolina presso i O'E(56µEvot l'uso linguistico giudaico d'allora distin-
'tÒv i}E6v ad Antiochia di Pisidia ( l 3, gue nettamente i 7tpocri]À.u-to~, divenuti
48), a Tessalonica (17,4: 'tW'\I -.e: O'ESo- giudei mediante la circoncisione, dai O'E-
µÉVW\I 'E).)..1}vwv 'ltÀ:iji)oc; TioÀ.U ), a Be- (36µEvot -.òv ll'Eov, che nell'estimazione
rea (17,12), a lconio (14,1) e a Corinto giudaica, senza riguardo per la pietà per-
(18,4). Tale successo riportato proprio sonale, rimangono pagani, questa co-
presso i O'Ef56µEvot 't'Ò\I i}E6v si spiega stante descrizione dell'attività missiona-
col fatto che Paolo non pretendeva da ria di Paolo negli Atti riflette perfetta-

110 Oltre n 'Ioul:icxi:ot (13,50; 14,1 s.; 17,5; 17, me ll:vl:ipEc; 'I<rp<1.lJÀ~"tm (I 3,16 ); vloL yÉvouc;
17; 18,4 ccc.) troviamo le espressioni sinoni- 'A{ipaO:µ (13,26) .
343 (v1,745) 1tpou1}À.v't'oç DII 2 (K. G. Kuhn), 1tpoux67t'TW X'TÀ.. A (li. ~tnhtm) lVI,745J 344

mente la situazione dell'epoca. La nar- ai fatti e non c'è motivo di dubitare


razione degli Atti è pertanto conforme della sua esattezza storica 171•
K.G.KuHN

1tp6crx<upoc; ~IV, coli. 1385 ss. 1t{)OO'Xa.p-rÉpl}CiLt; ~ v, coli. 229 s.


1tpocrxaÀ.Éw ~IV, coll. 1488 ss. 1tpocrxÀ.'l')p6w ~ v, coll. 604 ss.
1tpocrxap-rEpÉw ~ v, coli. 225 ss. npocrxoÀ.À.ciw ~ v, coll. 759 s.

t 1tPOCJ'X07t't'W, t 7tp6oxoµµa.,
t 1tpocrxo1t1), t cbtp60"x.orcoç
~ À.l1'oc; VI, coll. 733 ss.; ~ 7thpa x, III. uso teologico.
coll. n6 ss.; ~ nln-rw x, col!. 299 ss.; C. Il gruppo di termini nel N.T.:
~ CiXtt\IOUÀ.O\I X'rÀ.. I. rapporto con l'A.T .;
II. variazioni e usi dell'idea di caduta nel
N.T.:
So.MMARlO: r. la caduta di Gesù;
2. lii caduta nella fede:
A. L'uso linguistico : a) l'uomo causa della caduta;
I. 7tp00'X67t'TW: b) Cristo causa della caduta;
I. uso letterale; e) Ò.7tp6crxonov ELVa~ come meta esca·
2. uso traslato. tologica;
II. 7tp6axo1~µa.: 3. la coscienza scandalizzata.
1. come nomen acti;
D. Il gruppo di termini nella chiesa antica.
2. come nomen actionis;
3. come nomen causae.
III. 1tPOO'xomi; A. L'uso LINGUISTICO
IV. a7tp6uxo1toc;.
n. Il gruppo di termini nell'A.T. e negli scrit- Fatta eccezione per i1 verbo, che com-
ti giudaici:
I. equivalenti ebraici; pare già in Aristofane, Senofonte e Ari-
II. raffigurazioni; stotele (~ col. 345; ~ n. 69), il grup-

171 Contro M. Drneuus, Die Reden der Ag. 97.J30 s. 261-265; K. FULLERTON, Tbe Sto11e
tmd die antike Gescbichtsschreibtmg, in Auf- o/ Fom1datio11: Amcrican Journal of Semitic
satze wr Apostelgeschichte1 (1953 ) 129; dr. Lnnguages und Literatures 37 (1920/21) 1-50;
HAENCHEN, Ag. 482. V. TAYLOR, The NameJ o/ Jesus (1953) 93-97.
Per 1tpoux01t1}:
7tpOO'X6TC"t'W, 7tp6uxoµµa.
A. BoNHOFPER, Epiktet unti die Stoa (1890)
CREMER-KOGEL 617-619; A. BoNHOPFER, Epik-
276; BACHMANN, Kommentar, 2 Kor. 277.
tet tmd das N.T. (19n) 128 s.; J. LINDllLOM,
Zum Begriff 'Amtoss' im N.T. in Strena Phi- Per Ù1tp6crx01toç:
/o/ogica Upsaliensis, Festschrift fiir Per Persson NXGELI 43; ~ LINDDLOM, op. cit., 3 s.; LoH-
(1922) l-6; G. STAHLIN, Skandalon (1930) 95- MEYER, Pbil. 33 n . 6.
345 (VI,745) ltpOO'XÒT.:'tW X1'À. A I 1·2 IG. MahJJn)

po lessicale che fa capo a 1tpoO"X01t't'W è intoppare, cadere a terra, cadere: o of.


attestato solo a partire dall'età elleni- 1tovc; uou où µ'Ì] 7tpo11x6\)111, «il tuo piede
non incespichi» (Prov. 3,23.6, var.
stica 1; tutti i termini hanno però rice- [LXX]); prima che tutt'intorno diven-
vuto una connotazione specificamente ga scuro xat 'ltpÒ 't'OV 7tpo<tx64'at 'ltOO"a<;
biblica già nei LXX e poi particolarmen- uµWV È7t'Op1} O"XO't'EWÙ., «e prima che i
vostri piedi inciampino e cadano sulle
te nel N.T. (~ coll. 362 ss.).
montagne buie» (Ier. 13,16); al oÈ òoot
-cwv à.<tE(3wv <Tx.o't'Etva.l, oùx ot&acnv
I. 1tPOO"X01t'tW m7Jc; 1tpo<tx61t't'OU<TW, «le vie degli empi
r. Uso letterale. 1tpo11x61t'tW significa sono tenebrose, essi non sanno come
propriamente battere, urtare. Transiti- mai cadono» (Prov. 4,19); cfr. Os. 14,
vo: "tÒV O<ix"tuÀov ["tov 'lto&6c;] (Ari- ro (Sym.); lfi9>4 (Sym.); Is. 8,15 (Sym .);
stoph., vesp. 275 ); µ1)1tO"tE 7tpoo-x64iTJc; 1tpO<TX6\jJoµEV È.V Ù.op<tnl(f wc; È\/ O"XO't'~,
'ltpòc; Àli>ov 'tÒ\I 7t6&a uov, «affinché tu àqiavtcrµéì.) (Is. 59,ro [Sym.]); proba-
non batta il piede contro qualche pietra» bilmente anche Ier. r8,23; Èv bo@ &.v-
(LXX 4i 90,2; Mt. 4,6 par.). Intransiti- 't'm-twµa-.oc; µi) nopEuou, tva µ1J 1tpocr-
vo: a) urtare contro qualcosa ('t'wl): r.6o/oç, Èv Àtl>woEow, «non camminare
Xenoph., eq. 7,6; Aristot., mot. an. 6 (p. per una strada accidentata, affinché tu
7oob r3); Rom. 9,32 (uso figurato, ~ non abbia a cadere in luoghi sassosi» 3
coll. 369 ss.); cozzare: 1tpo11faolJ!av -rfi ot- (Ecclus 32[ 35] ,20 [LXX]); Io. rr,9 s.
xlq. ÈxElvn, «cozzarono contro quella (~col.365). O) In senso lato: cadere,
casa» (Mt. 7,27); (1tp6c; i:wa) dare una soccombere: Iud. 20,32 [LXX cod. A];
spinta a qualcuno, urtare qualcuno vio- forse Deut. 28,25 (Sym.) 4 ~ coli. 356
lentemente: rcpocrx6t)JEL 't'Ò 'ltatolov ?tpòc; ss.); farsi male, cadere nella sventura:
-ròv 1tPE0"(3U't'1}V, «il giovane spingerà con xat 7tpocrx61)JH xa.t 1tE<TE~'ta.L ~at oùx
violenza l'anziano» (ls. 3,5 [LXX]). b) EUpEtl'1}0'E't'O'.L, «(il re di Siria) andrà in
Uso assoluto: a) urtarsi, sbattere, in- rovina e cadrà e non sarà più trovato»
ciampare, incespicare: «Anche [il cieco] (Dan. n,14.19 [LXX]; similmente Ps.
Tobia si alzò per andare alla porta e Sai. 3,5 .9 ); perire, morire: 7tpo11x61)JouO"L
incespicò (xa.t 7tpo<TÉXo1t'tEV)» (Tob. poµ<palq,, «(i sapienti del popolo) mori-
I I ,ro ). ~) inciampare: x&v 'ltpo11x64'11, ranno di spada» (Dan . rr,33); forse an-
'ltpOO'a:va.-.pÉIJioucnv aù-.6v, «e quando (ìl che i'.va. µ'Ì] Èv 't'fi &.11x1Jµoo-Vvn aù't'ou
povero) inciampa 2 (tutti quanti) lo spin- 'ltpoi;x6~nc;, «affinché tu non abbia a sof-
gono a terra del tutto» (Ecclus 13,23; frire 5 a motivo del suo ( = di tuo fi-
cfr. 4' r 17,r 3; l'immagine opposta in glio) comportamento vergognoso» (Ec-
Ps. 37,24; altre immagini in Is. 42,3 clus 30,13 ); riportare un danno spiritua-
[Mt. 12,20] ); in Plut., stoic. rep . 30 (II le: Rom. 14,21 (~ col. 366); I Petr.
1048b) Crisippo dice che per i buoni 2,8 e~ col. 373) ..
la malattia è come un inciampo ('t'Ò vo·
oij11cct ofov 'ltpo<tx64'm). y) Inciampare, 2. Uso traslato. a) Partendo dail'acce-

I Però dr. HELBING rr4. Una volta (mechani- 3 Diversa l'opinione di PREUSCHEN·BAUER 5,
ca 11 [p. 852 a 32]) Aristotele ha il sostanti- s.v. 2a, alla fine; npoux67t1'W ~\I -cw~ è atte-
vo verbale ?tp60'xo1jnc;=attrìto (cfr. ibid. 8 stato con sicurezza soltanto in Eccltls 30,r3 e
[p. 851 b 23)). Rom. 14,2r (~ fine di questo punto 1).
2 Dunque letteralmente (come in 13,2Ib) e 4 ----). STAHLJN 130 n. 4.
non già (~ LINDBLOM 2) «quando parlando s Cod. B: npoO'x61jin, «perché egli... non su-
dìce uno sproposito». sciti scandalo».
7tpoax67t-tw x-tÀ.. A 1 2 - u 1 (G. Stiihlin)

zione figurata · di urtare, indisporre, of- to» (Diod. S. 4,61,7). Nello stesso signi-
fendere, provocare il risentimento o la ficato è usato anche il medio in M. Ant.
disapprovazione di qualcuno, a) -.wl: u,3,6; Appian., beli. civ. 2,27. B) È1tl
Polyb. 5>49,5 (insieme con À.U1tÉw); 7 15, ""CWt: èhav '1tpOCTX01t"t'Tiç btl 't'tVO<; aµap-
6 (insieme con ouacx;pEO..t'ÉW = suscitare -clq., «quando ti senti contrariato dall'er-
sdegno); r Clem. 21,5: µocÀ.À.ov avi)pw- rore di qualcuno» (M. Ant. 10,30,1).y)
1toi.<; aippoai. ... 7tpocrx6l)iwµe:v ~ -.4) i>e:~, Uso assoluto: insieme con oucra.pErnÉw/
«affrontiamo serenamente la disapprova- SucrapEcr"t'Éoµat = provare dispiacere,
zione di uomini stolti ... piuttosto che essere indignato (Polyb. 6 ,6 ,3 .6; 'ltctV'TEç
quella di Dio»~; cfr. r Thess. 2,4; 7tpocr- npoax6TI-.oucrtv, «tutti sono urtati (dal
x6tl;at 't(i'l 7ta.'tpt (Clero. Al., strom. 2,53, mendicante cinico)» (Epict., diss. 3,22,
4); npocrxe:xoipòç -.4} i}Et;> (Synesios, ca- 89 ); insieme con ÈmcrT]µo:lvoµ.ai. ::: ma-
tastasis [MPG 66,1569 C], ~ col. nifestare la propria riprovazione (M.
376). (3) Uso assoluto: Epict., diss. 4,II, Ant. 6,20,1 ); insieme con &.yavax"t'tw
3 3: xa.À.À.w1tlse:cri>at ... ""CÒ crwµa ... µéxpt (Diod. $. I ,7 I ,2 ).
-.ou µ1} 7tpoaxo7t""CEW, «adornare il cor-
po, nei limiti del rispetto per gli altri»; Il. 7tpocrxoµµcx.
cfr. Rom. 13,14; µ'Ì) CÌ7tÀ.TJCT""CEUOU µ1J-
1tO'tE 1tpoax6l)inc;, «(quando sei invitato) In quanto sostantivo verbale in -µa 8
non essere ingordo, per non provocare np6crxoµµa è propriamente un nomen
disapprovazione» (Ecclus 31,17; cfr. 30, acti (conseguenza della caduta, rovina),
r 3 cod. B [ ~ n. 5 ]). b) Partendo dal- ma viene usato anche come nomen ac-
l'accezione figurata di essere urtato, di- tionis 9 (l'urtarsi, il cadere,~ col. 376)
sapprovare, of/endersi 1 , a) -.i.vl: où come altre forme del genere (ad es.,
7tpocrx6\)Jei. où8Evl, «non offenderà nes- ahtlwµa: Act. 25,7; [3&7t'tLcrµa ~ II,
suno» (Epict., diss. 1,28,10); 7tpOO'X6- coli. 84 s.; i>ÉÀ.1]µoc ~IV, coll. 283 ss.;
1t'tWV 't'Oi:c; 7tept 't'ÒV AE6v·nov, «era irri- xplµa ~ v, coL 1078) e anche nel si-
tato per il comportamento di Leonzim> gnificato di mezzo (cfr. &v-cÀ."l]µCX.: lo.
(Polyb. 5 ,7,5 ); idem col perfetto in 4,n), oggetto, causa dell'urto (nomen
Diod. S. 13,80,4; cfr. 7tpocrx6\)JaV't'E<; "TI causae; cfr. µÉwoµa: Herm., mand.
~apUTl)'t'L, «indignati per la durezza» 8,J).
(Polyb. 1,31,7: insieme con oucrapecr-.tw
=essere scontento); t'ltt 1tÀ.fov 'ltpocrx6- 1. 1tp6crxoµµa come nomen acti. a) La
\jlcx;L -.oi:ç À.6yotc;, «indignarsi ancor più ferita (causata dall'urto): Athen. 3,52
per le parole» (Diod. S. 17,30,4); alla vi- (97 s.) insieme con Ù7twmov = l' am-
sta delle vele nere Egeo sall sulla rocca maccatura causata da un colpo (cfr. Ù1tw-
xat oLà. "t'lJV Ù'ltEp~oÀ.'Ì)v 't'ijç Mm1c; mci1;w: r Cor. 9,27). b) Damzo 10, rovi-
'ltpocrx6\jlcx.v"t'a ..~ siiv fou"t'Ò'V xa-.a- na, fine: 1tOÀ.À.oùç tt'ltWÀ.EO'EV 'Ì) 1tOpVEL<.t.,
XpTjµ\ltcrCX.L, «e disperando della sua vita <da fornicazione rovina molti», poiché
per l'eccessivo dolore si gettò a capofìt- provoca vergogna presso gli uomini, XC1.t
6 Per quest'uso di µ4À.À.O\I fi dr., ad es., Act. mosth., or. 21,61; 24,6) e di offendo: cfr. J.
4,19; 5,29; 20,35 (per il quale vedi J. }BRE- HERING, Lateinisches bei Appia11, Diss. Leip-
MIAS, Unbekannte ]esusworte' [r95x] 74 s.); zig (1935) 30.
I Tim. 1,4 (per il quale vedi BLASS-DEBRUN- 8 Cfr. BLASS-DEBRUNNER § xo9,2.
NER § 185,2 appendice); PREUSCHEN-BAUI!R 5 , 9 Cfr. l'uso parallelo di 7tp6crxoµµa e 1t'tWCl'Lç
s.v. µfiU.ov 3c. in Ecclt1s 34,16 (LXX), ~ col. 349·
7 Probabilmente quest'accezione è dovuta al- 10 Esichio, s.v. spiega 7tp6axoµµa nel senso di
l'influenza dell'uso di 1tpocrxpouw (ad es., De- l;TJµ.la., ~M~TJ.
349 (vr,747) 1t(JOCTX0Tt'tW X't/... 11. II I . Hl l\.:J. ;:>tanlln}

1tp6axoµµoc "Q BE)..Locp, «e rovina me- vie: Ti O"'t'PE~À.'ÌJ òoòc;... EXEL... ùvoolac;
diante(?) Beliat» (t. Rub. 4,7; però~ xat 1tpoux6µµa-ra 7toÀ.À.6., «la via stor-
n. 33). c) La caduta (morale), il peccato: ta presenta luoghi impraticabili e molti
Èv 1tpoO"x6µµa"L v1tapxw, «vivo in pec- ostacoli» (Herm., mand. 6,1,3). b) Uso
cato» (const. Ap. 2,17,r). traslato: a.) causa di danno, sventura,
rovina (Ex. 23,33; 34,12); dr. dc; 7tpocr-
2. 7tp60"xoµµoc come nomen actionis: xoµµa, «a rovina» (ler. 3,3; ~ col.
Hl>oc; 1tpocrx6µµa:toç,, «la pietra che pro- 356); anche Ecclus31,30 14• fj)Ostacolo
voca la caduta»: Is. 8,14 (Aq., Sym., alla fede, occasione di perdizione, rovina
Theod. [LXX]); Rom. 9,32 s.; I Petr. 2, spirituale (Rom. 14,13; I Cor. 8,9; ~
8, dunque nel senso di genitivo di qua- coll. 366 s.). y) Tentazione, seduzione, i-
lità 11 , come, ad es., T}µSpa. È1tLO'X07tljc; stigazione alla caduta morale, al peccato
(r Petr. 2,12); àxpoa."nc; É.m)..rioµovljc; (ls. 29,21; Ecclus 17,25 [? ~ coll. 359
(Iac. r,25), o anche di gcn. epesegetico: ss.]; probabilmente anche Herm., mand.
«una pietra che è causa di caduta» (~ 2,4).
qui sotto, 3 ), come ad es. &.ppa.~wv "oli
'!tvc.uµoc"oc; (2 Cor. 5 ,5) 12 ; cosl anche ~u­ III. 7tpocrxom)
Àov 7tpocrx6µµa."oc; 13 (Ecclus 31,7); Dio
è cpu)..ocx'Ì) a1tÒ 7tpocrx6µµa. ..oc; xat ~on­ Il sostantivo verbale 7tpOO'X01tlJ, l'ur-
i}ELOC Ù1tÒ 1t"Wcrc.wç,, «difesa dall'inciam- tare, è attestato solo raramente e sol-
po e aiuto contro la caduta»: Ecclus 34, tanto in senso traslato. I. Generalmente
16; forse anche 31,30 (~col. 360). significa l'essere urtato da qualcosa, in-
dignazione, sdegno: xa't'à. 1tpocrxomiv,
3. 7tp6crxoµµoc come nomen causae. «per avversione, repulsione» (Stob., ecl.
a) In senso proprio {specialmente nel- 2 ,9 3 ,IO); insieme con cpi}6voc; (Polyb.
l'immagine della via,~ coll. 354 s.): oc- 6,7 ,8 ); accanto a àÀÀ.o-.ptO'T."TJ<; = av-
casione, causa di caduta, ostacolo (fata- versione (Polyb. 3 I ,I0,4 ); oto6vaL·7tpocr-
le): at òoot aù..ou ._ore; òO"loic; Eùi}e:i:aL, xom]c; xat ovcrapecr-r1}crEwç (~ coll.
o\hwc; -.oi:c; &.v6µotc; 7tpoux6µµoc'T."a, «le 347 s.) &.cpopµa~, «dare pretesti a dis-
sue ( = di Dio) vie per i pii sono dritte, sapori e ostilità» (Polyb. 2 7 ,7,10 ). S'in-
invece per gli empi sono inciampo» (cioè serisce qui anche l'evidente uso tecnico
le stesse vie di Dio divengono per gli di 7tpOCTX07tlJ nelJa Stoa 15 : c'è un'incli-
empi ostacoli fatali: Ecclus 39,24); «to- nazione morbosa (v6crT)µa.= aegrotatio),
gliete via i 1tpoux6µµa't'a (LXX: O'XW- che tende a ciò che è indesiderabile co-
Àa.) dal cammino del mio popolo» (ls. me se fosse desiderabile; ma c'è anche
57,14 [Sym.]); nell'immagine delle due una avversione morbosa, che nasce da

Il Cfr. BLASS-DEBRUNNER § 165. ciampa e si cade, e la trappola in cui si viene


12 L'inversione del rapporto di dipendenza in presi (4 col. 358).
Is. 8 114 (LXX): oùx w.; ).ll}ov 7tpocrx6µµa'tL ...
Lo stico parallelo rende probabile questo
oòlì~ w.; 7tl'tpa.; 7t'tWµa'tL, ha qualche rispon- 14
significato (spec. 1tp00"1tOLWV -.pau1..ta'tet); il si-
denza anche nel N.T.; cfr., ad es., brl. 7tÀ.ou-.ou
&:llriM'tTJ'tL (r Tim. 6,17); lìLck «vaxaLVWO"Ew<; gnificato di agire scandaloso (come intende
V. RYSSEL in .KAuTzscn, Apokr. u. Pseude-
miEuµa.-.oç à:ylou (Tit. 3,5); anche Rom. 6,4;
pigr., ad l.) non si trova nel linguaggio dei
7,6; vedi WINl!.R 34,2.
Il Nello stico parallelo (v. 7•) si legge ckÀW..
LXX; cfr. ~ STXm.IN 96, e ~ col. 349, fine
CTE'\'llL lv tt(m{> (scil. l'oro); abbiamo quindi
del punto 2.
la consueta coppia d'immagini (~ crxa'\lllct.- 15 Cfr. ~ BoNHOFFER, Epiktct tmd die Stoa
Àov) : il bastone sulla strada, nel quale s'in- 276.
itpocrx67t-.w X't'À-. A rn-rv (G. Stiihlin)

repulsione provocata da un'offesa (xa- «siano ringraziati tutti gli dèi che ti cu-
-.à 1tpoo-xo1t1J'.> =ex offensione) ed è di- stodiscono sano e salvo, al riparo dalla
retta contro cose che non meritano di sventura», o'tt UE 01.acpvÀ.a<r<rouC't. à-
essere oggetto di orrore, quasi fossero 7tp6ctxonov (P. Gless. I 17,7 [età di A.
detestabili (Cic., Tusc. 4 1 26; cfr. 4,10, driano] ); similmente ibid. 22,9: b:np6a-
25); Elvat fÌÉ. -.wa xat Èvav'tl<J. < 'tov- [ xo7t ]oc; xat tÀ.a.pw'ta.'toc;, «sano e feli-
'totc; > -tote; votr1}µa.ut xa-.à 1tpouxo- ce». 2. In rispondenza a rcpoax67t'tW
-ITT}v ywéµEwx. olov µtuoyvvlav, µwoi- nell'uso traslato (~col. 347): ciò che
vlav, µttravbpw1tla.v (Stob., ecl. 2,93,9 non urta, non offende, non provoca ri-
ss.) 16• 2. 7tpOO"X01t1}=itpétrxoµµa (no- provazione: a) innocuo, innocente, det-
men causae, -+ sopra II 3): occasione to di un uso linguistico errato (Sext.
di caduta, motivo di scandalo e an- Emp., math. r,195); i'.va µE-ca cpiÀlac;
che motivo di avversione, di ripugnan- xat &.7tpocrx67twc; É~ÉMw1.1.Ev àn' a.ù-.wv
za: µtJ&Eµlav Èv WflOEvt &toév-.Ec; '1tpou- Èv àyab@, «cosl che possiamo con-
xo"Jt1)v (2 Cor. 6a); cfr. Ò.1tp60"xo7toc; yl- gedarci da loro in buoni rapporti, ami-
voµai (r Cor. 10,32;-+ coll. 367 ss .). chevolmente e senza irritarli» (P. Giess.
I 79 col. IV 8 ). ~) Irreprensibile, inec-
IV. 1btp6uxo1toc; cepibile: E~'YJ<TE &.npétrxonoc; 18 frn Àc;,
«visse irreprensibile 36 anni» (IG 14,
L'aggettivo verbale à7tp6C'xo'Jtoc; = 404); µtµouµEvoc; à.1tpéO'XO'JtOt; &v Eh}c;,
non urtante, è attestato solo poco e tar- «puoi essere irreprensibile (scil. per
di nella letteratura pagana(-+ coli. 351 Dio) se lo imiti», ep. Ar. 210; similmen-
s.); si collega a diversi significati del ver- te Phil. r,ro (--). col. 374); "t'i)V À.Et.-
bo 17• l. In rispondenza a 1tpoux61t"t'W -coupylav (l.Ù'twv &.npouxénwc; t'!tt't'EÀou-
nell'uso assoluto (-+ sopra, 1 r y, coli. O'W, «(i venti) compiono in maniera i-
345 s.): a) ciò che non provoca una ca- neccepibile il loro servizio» (I Clem.
duta, che non fa cadere: µ'Ìj mtr"tEv<rnc; 20,10 ); in una preghiera per i signori di
Év b&i;> &.1tpocrx67t<l) (=via senza àv'tl- questo mondo: Elc; 't'Ò OtÉ1tEt.V aÙ'toÙc;
1t-twµa, v . .20,-+ col. 355), «non affidar- "t'i]v ... 'i)yEµo'Vlav &.'1tpocrx6nwc;, «affin-
ti incautamente a una strada che sembra ché essi esercitino il loro dominio irre-
senza pericoli», o: «non credere che esi- prensibilmente» (I Clem. 61,1); lo stes-
sta una strada senza pericoli» (Ecclus so è detto del vescovo: à.µEµlt"tlùt; xaL
32,21; cfr. V. 22: ft1tÒ 'tWV 'tÉ.XVWV O'OV &.npocrxb'Jtwc; tv "t'TI lmcrxo1t'fi &t.~"t'~À.El­
rpuÀa~at, «sta' in guardia dai tuoi fi- -.w, «viva da vescovo in maniera irre-
gli»). b) Ciò che non cade, detto figura- prensibile e senza dare scandalo»: sacra-
tamente della òpDi] ooéc; (-+ coll. 354 mentarium Serapionis 28,2 19 (cfr. '1tp6a-
ss.): oµaÀG'Jc; 7tEpt.7t<.t"tOUO't. xat 1btpOG'· xoµµa: -+ col. 350); I Cor. 10,32 (-+
xé1t1>)c;, «compiono un cammino piano e coli. 367 s.). 3. In rispondenza a 1tpocr-
senza inciampi» (Herm., mand. 6,r,4); x61t'tW nell'uso figurato (-+ sopra, I 2

16 Questi esempi si trovano anche in Crysipp., senso cli facile a cadere), scalognato (Vett.
Jr. 427 {v. A.RNIM m 104,31-35); fr. 424 (ibid. Val. 2,10 [p. 65,24 s.]. IO [p. 68,22]; 5,3 [p.
103,21-28); fr. 421 (ibid. 102,37·103,2). Eviden- .212,2!]; anche 2,16 [p. 77,7 ], dove il conte·
temente Ocerone e Stobeo citano lo stesso sto richiede la correzione cli 'ltpoX07t'tLXOl in
passo. 1tpocrxo7t'nxol).
11 Una specie di opposto di &.1tp6uxo7toi; è 1s L'iscrizione presenta la forma à.1tp6crxcr
7tpocrxo7t-.tx6i;= I . scandaloso, offensivo, ur- 'lt't'O~, non attestata altrove. Cfr. Ni\GBLI 43.
tante, ripugnante (Epict., diss. 1 ,18,9); 2 . come 19 Ed. F. X. FuNK, Didasc. et Const. Ap. II
termine tecnico negli oroscopi: malfermo {nel (r 905) 160.
b, col. 347 ): che non ha motivo di (Deut. 28,25,~ coli. 356 s.); e una volta
scandalo; cosl probabilmente in Act. 24, anche np60"xoµµcx. per negef (Is. 8,14).
16 (&:npOCfX01tO<; (fU\IEtO'l']CfL<;, ~ col. Ma l'equivalente principale di 'ltpéa-xoµ-
378); del tutto simile è const. Ap. 2,9,1: µcx. nei LXX è mtJqès (Ex. 23,33; 34,12;
&.7tpOO"X07t0\I d'.ICXL XPTJ -.òv É'ltlO"X01tO\I, probabilmente anche Ier. 3,3 22 ; cfr. an-
nel senso di «una coscienza che non trae cora Is. 29,21: 7tp6uxoµµcx. -.l~1]µi per
scandalo dalla sua condotta, che non ha qws = jqs) con la conseguenza di un sin-
niente da rimproverarle, cioè una co- golate scambio di immagini tra mo-
scienza pura»; infatti l'opposto nella qès (trappola, laccio = crx6:.voa.Àov) e
proposizione seguente suona: oux EVCfV\1- mikSol (urto=1tpoc;xoµµcx.) 23• Nel Sira-
ElO"t)"tOc; Ù7tapxwv. cide, infine, 7tpoa-x6m:w rende general-
mente tql al nif'al (13,23; 30,13; 32,20)
B. IL GRUPPO DI TERMINI NELL'A.T. E
e 1tpécrxo~~µcx t•qala ( 3 1,7).
NEGLI SCRITTI GIUDAICI
II. Le raffigurazioni
I. Gli equivalenti ebraici
Le immagini che vengono evocate nel-
L'equivalente ebraico del tema 'ltpocr- l'uso del nostro gruppo terminologico
xo7t- è anzitutto kSl (gal e nif'al: cadere; rientrano in due ambiti 24 • I . L'imma-
hif'il: far cadere), poi la radice tql ri- gine della via(~ òo6c; vm, coll. 139 ss.;
presa dall'aramaico. Ma i LXX traduco- cfr. Is. 8,14 [LXX]; Is. 57,14 [Sym.];
no solo poche volte (Prov. 4,19; Dan. Ecclus 31,7; 34,16; 39,24; anche Herm.,
II,14.19.33) kSl con 7tpoO"x61t-.w, men- mand. 6,1,3). 2. L'immagine della pietra
tre Simmaco sembra averlo fatto un po' (~ ì..li>oc; VI, coll. 733 ss.; ~ 1tÉ"t"pcx x,
più spesso (è attestato in Is. 5,27; 8,15; coli. 116 ss.) che già di per sé è decisa-
59,10; Os. 14,10; Ps. 9,4). Come si ve- mente ambivalente(~ coll. 369 ss.), ma
de, in entrambe le traduzioni 7tpocr:x;6- che qui viene usata soltanto in senso
'lt't'W è usato soltanto negli scritti profe- negativo (Is. 8,14=Rom. 9.33 e I Petr.
tici e negli agiografi. Aquila rende kSl 2,8,~coJI. 369 ss.; cfr. Le. 20,18; Barn.
con 7tpocrxo7t"tW soltanto in Ps. 9 ,4 (co- 6,2). Le immagini della via e della pie-
me Simmaco), altrove preferisce termini tra, che già per la loro origine sono
con radice CfXCX'\IOCXÀ.- (~ O"XCX'\IOCXÀ.lsw). strettamente affini, vengono spesso col-
La medesima preferenza della radice legate (ad es., Prov. 4,12; Lam. 3,9; Mt.
uxcxvocxÀ.- si ha nei LXX e in Simmaco 16,23; I Io. 2,10), massimamente nello
quando si tratta di tradurre il sostanti- schema delle due vie (cfr. ~ vm, colJ.
vo mikStJ(11J (cfr. IQS 2,12.17). Oltre 152 ss. 162 ss. 200 ss.), come in Ecclus
che kil, 7tpocrx67t't'W talvolta nei LXX 39 ,24: le vie di Dio (cioè i destini as-
rende ngp {generalmente nel senso di segnati da Dio) sono piane per i pii, sen-
colpire, ma anche in quello di spingere, za inciampi (cfr. Is. 57,14), ma per gli
urtare) 21 : Iud.20 ,32; tjl90,12; Prov. 3, empi non sono che TCpocrx6µµcx't"cx., cioè
23; Ier. 13,16; idem una volta in Aquila osta~oli fatali 25 ; similmente una via può
(tJi 90,12) e una volta in Simmaco(?): diventare uno O"XcivocxÀ.ov (\)I 48,14; il

20 Cfr. -+ STii.HLIN 86 s. r30. 2• Con l'uso paolino (Rom. 9,32) di Is. 8,14

21 I LXX rendono ngp, più spesso che con alle due immagini se ne aggiunge una terza,
7tpocrxo'lt-cw, con il sinonimo 1t'CO:lw. quella della corsa: dr. -..,) STiiHLIN 197, ~
n . 57·
2l Cfr.-..,) STAHLIN 53.27 s.
25Cfr. V. RvssEL in KAUTZSCH, Apokr. u.
23 Cfr. -..,) STAHLIN 23-47.53 s. Pseudepigr., ad l.; ~ STAHLIN 95 s.

12 i r,.udt len:ico Xl
testo ebr. legge diversamente) e quindi pure Ex. 34,12: «Non stringere allean-
una òoòç àv-rL7t-rwµa:t"oç (Ecclus 32, za con gli abitanti del paese nel quale
20) 26 • Cfr. anche Herm., mand. 6,1,3 (-7
VIII, coll.272ss.) 27 . Per contro, in una entrerai (v. II), affinché essi non diven-
prospettiva diversa, dominata dalla leg- gano per te un laccio (moqéf)», che nel-
ge neotestamentaria della sofferenza, i la traduzione dei LXX suona: « ...aflìn.
7tpocrx6µµoci:oc possono essere addirittu-
ché non sorga in mezzo a voi un 7tp6a-
ra i segni distintivi della retta via; ad
es., Chrys., hom. Matth. 59 (MPG 58, xoµµa.», cioè un'occasione di caduta e
574C: xwÀUµoc't'a.); dr. Mt. 7,13 s.; ma una fonte di perdizione in forma di qual-
già anche Xenoph., mem. 2,1,23: la via che culto idolatrico (dr. vv. 15 s.); cfr.
deJJa xocxla è 1)o€G''t''TJ xat ~4a-·t"lJ.
anche I er. 3 ,3 : Mo-xEc; 1totµÉvaç '!i:OÀ.Àoùc;
III. L'uso teologico Elç 1tp60"xoµµoc O"Er.w-tl), «hai avuto mol-
ti pastori a tua rovina»: i 1totµÉVE<; so-
r. Nelle traduzioni greche dell'A.T.
no gli 'amanti' del popolo infedele, cioè
7tpoa-xém'tW e le altre parole del suo
gl'idoli 29 •
gruppo servono spesso, insieme con i ter-
mini affini (-7 n. 28 ), ad esprimere l'idea
Data tale concezione, si capisce facil-
della retribuzione punitiva: l'urto, la mente perché tanto 1tp6<1xoµµa. quanto
caduta, la rovina sono punizioni per il ~ O"xavoa.À.ov (Os. 4,17 [LX.X]; Soph.
I ,3 [ Sym.]) possano significare la ro-
peccato commesso, e spesso sopravven-
vina personificata e indicare direttamen-
gono in maniera tale, che il peccato stes- te l'idolo o la sua immagine (Ez. 20,7
so diventa la punizione fatale commina· [Theod.] 30 ), in maniera simile ai nomi
ta da Dio. propri Abaddon e Apollyon in Apoc. 9,
l l, dove entrambi significano rovina,
a) Secondo la teologia deuteronomi- sterminatore, distruttore (~ I, coli. l 3
stica deJJa storia, causa principale della ss. 1061 ss.). Va ricordato anche l'uso
parallelo di gilltJI = idolo e mikJol 'awo-
rovina d'Israele è l'adorazione di divi- no =occasione di peccato per lui (con
nità pagane. Cosl, ad es., Ex. 23,33, do- chiara allusione a Ez. 14,3 s. 7) in rQS
ve il T.M. riferisce il pericolo al culto 2,n.17, anche se qui entrambi i termini
sono usati figuratamente per indicare
idolatrico, mentre i LXX lo attribuisco- pensieri idolatrici, peccaminosi 31 •
no agli stessi dèi: oihoL Ma-ov'tal O"OL
7tp6a-xoµµoc 28, «questi saranno per te oc- b) Anche prescindendo dal rapporto
casione di caduta», causa di rovina; op- idolatria-rovina, la caduta è considerata
26 Una corrispondenza si ha, ad es., in ls. n. I (però è difficile ·che con 'ltotµivEc; s'inten-
49,u. dano qui i falsi profeti e sacerdoti del proprio
27 Cfr. inoltre Ex. r. 30 (9ob) e S. Deut. n,26 popolo).
§ 53 (86a) in STRACK-BILLERBECK 1 462. 30 Secondo J. B. PITRA, &alecta sacra spici-
28 La stessa idea è espressa nei LXX anche con legio Solestnemi parata III (1883) 571; --+
ux&.vlìaÀ.ov (Ios. 23,r3; !ud. 2,3; 8,27; ljJ 105, STAHLIN 96.
36; Sap. 14,II) e uxwÀ.ov (Dem. 7,16). 31 Cfr., ad es., P. WERNBERG-MOELLER, Tbe
29 Diversa interpretazione in --+ STXllLIN 96 Ma1111al o/ Discipline (1957) 54 s. (nn. 29 e 46).
una pu1uz1one per la disobbedienza e uomini (la salvezza o la perdizione)(->
l'empietà del popolo: 0~1] O"E XUp~oc; qui sotto c ).
7tpoax67t't'o\l-ra Évavi:lov "t'WV ÉXì}pwv c) Nella maggior parte dei passi citati
crov, «il Signore ti faccia cadete davanti è Dio stesso che provoca la rovina del
ai tuoi nemici»: Deut. 28,25, Sym. (?). popolo o dell'empio. Anzi egli può esser
Anche in Is. 59,10 (Sym.) l'inciampare o designato (come avviene per gl'idoli: ~
il cadere è figura dei molti mali che Dio col. 356) come la vera causa della per-
commina al popolo per punirlo (dr. vv. dizione. Ciò avviene in maniera effica-
2-8); lo stesso in Is. 8,15 (Sym.): «Mol- ce in Is. 8,r 4 con la coppia di imma-
ti inciamperanno (7tpocrx6\jioucn), ca- gini (~ n. 13) della pietra fatale (~
dranno ... si invilupperanno e impiglie- col. 354) e della trappola 32 (una pfo-
ranno»: sono le medesime immagini(~ sticità simile caratterizza Os. 13,7: Dio
n. 13) del v. 14 (~ col. 349), solo che è come un leone e una pantera). L'im·
qui Dio stesso è la rovina nascosta, in- magine di Is. 8,14 è tanto più significa-
rlicata mediante quelle immagini - par- tiva in quanto nell'A.T. Dio non solo è
ticolarmente mediante Àll>oc; 7tpoux6µ- di solito colui che preserva dall'inciampo
µai:oc; -, rovina che colpirà Israele e e dalla caduta (dr. Ps. 91,r1 s.; ---7 col.
Giuda perché nella politica e nella vita 363; Ecclus 34,16, ~ col. 349), bensì
non tengono conto di Dio, bensl per- è chiamato persino roccia di rifugio e di
corrono vie umane arbitrarie e perverse. salvezza per il suo popolo (ad es., Is. 17,
Lo stesso vale, in età postesilica, per i ro; 26,4; Deut. 32,4.15 .18; spesso nei
peccati dei singoli empi che sono, allo salmi). L'immagine della pietra può per-
stesso tempo, anche i nemici dei pii. Ab- tanto esser considerata espressione par-
biamo cosl Prov. 4,19 [LXX]: gli empi ticolarmente tipica dell'annuncio vetero-
«cadono senza rendersene conto», per- testamentario del Dio dell'ira santa e
ché nella notte empia che avvolge le lo- della fedeltà graziosa. Tale espressione
ro vie, vale a dire nella loro ignoranza trova nel N.T. rispondenza nell'appli·
colpevole e fatale (dr. Mt. 24,39.50; cazione a Cristo delle immagini della pie-
Io. 1,10; .2 Petr. 2,12 ecc.), non sono in tra dal duplice effetto (~ coll. 369 ss. ).
grado di riconoscere gli ostacoli. Entrambi gli usi non sono però che va-
A questo punto vanno ricordati an- riazi.oni della stessa idea biblica fonda-
che i passi di \jJ 9,4 (Sym); Os. 14,ro mentale, cioè che Dio e i suoi doni pos-
(Sym.), nei quali 7tpocrx67t't'W indica, co- sono provocare la salvezza e la rovina
me 7tp6crxoµµ.a in Ecclus 39,24 (~col.
354), una delle due possibilità che I: (dr., ad es., Ps. 18,26-28; Rom. 7,rn;
vie di Dio possono significare per glt I Cor. 1,23 s.; n,27.29).

J! Cfr. ~ STAHUN 82 s.
359 (VI,750) 7tpocrx67t,..W x ...À.. B III rd-i (G. Stahlin) (v1,75r J 360

d) Solo al di fuori del canone ve- semantico. Uno è Is. 29,21: TCpoc;xoµµa
terotestamentario (cosl almeno sembra "tli)l]µl "tL\10'.. (par. TCOtÉw IXµap'té'.L\I ·n-
vcx. ), essi seducono i giudici alle porte
in test. Rub. 4,7 33 ) il diavolo è chiama- a compiere l'ingiustizia 36; Ecclus I7,
to espressamente causa della perdizione. 25: (OElJl)1J't'L xa't'à 1tp60'w1to\I xaì) uµl-
Tuttavia già quando i traduttori greci xpuvov 1tp6uxoµµa., «(prega davanti al
volto [del Signore] e) diminuisci le ca-
dell'A.T. chiamano le divinità pagane
dute nel peccato» 37, par.: à1toÀEmé'. oc-
TipoO"x6µµa't'a. e o-x&.voaÀ.cx. (~col. 35 8) µap-.lac;, «abbandona i peccati» (v. 25
fa capolino l'idea della presenza demo- a); Ecclus 31,30: 1tÀ.1]ìMVEL µÉl)'l') wµòv
niaca nel culto idolatrico 34 • liqipovoç Etç rcp6uxoµµa., «l'ebbrezza ac-
cresce il furore dello stolto fino alla ca-
e) Solo raramente, e solo nella lette- duta {morale), cosl da farlo peccare» (-')
ratura sapienziale, la perdizione non vie- col. 350 con n. 14). Probabilmente c'è
ne in alcun modo connessa con una forza un testo in cui anche 1tpoux6TI't'W signi-
soprannaturale, ad es. quando l'Eccle- fica sedurre al peccato, ed è Hen. gr. 15,
r 1: in un elenco delle qualità dei 1t\IEU·
siastico ( 3 r ,7 35 e 30 [~ col. 349]) par-
la del pericolo fatale costituito dall'oro µa:ra "tWV yvyàv"tw\I (cfr. Gen. 6,4)
e dal vino.
questi vengono chiamati 1t(JOO'X6TI-cov-
't'a. 38.
2. È incerto (~ col. 350) se i LXX Per contro, nella letteratura rabbinica
usino mai 1t(JOO'X01t't'W X'tÀ.. per indicare gli equivalenti ebraici k'fl e teqala (~
coll. 353 s.) hanno spesso questo signi-
la seduzione, l'istigazione al peccato e ficato, particolarmente nella forma hik-
la caduta nel peccato. Sil e nell'espressione hébt' t•qald lapabe-
ro, «far venire la seduzione sul proprio
Son pochi i passi in cui si potrebbe amico». Lo stesso vale per mikJ6l nei
ipotizzare per 1tp60"xoµµa tale passaggio testi di Qumran (~ col. 356). II pas-
31 Nel caso che la forma del testo (secondo vina soltanto se si accettasse la lezione èvllv-
il Cm\RLES) già presupposta (~ col. 348 ss.) O'lh~ovcrw dei codd. BS1A invece di tvllovCTLO;-
sia quella originaria: (i) rtopvEla) 6veL8Laµòv ~ovatv (cod. S* e altri).
... cpfpEL 7tapi1 -roòc, vtoòc; ,.e;;.,, àvJ}pw'Jtwv 36 Questa interpretazione presuppone una dif-
xat 1tp6crxoi.qia 'T@ BEÀ.Lap. Ma forse bisogna ficile costruzione transitiva di 'T(ih]µL 1tp6cr-
leggere 1tp6crxwµµa, che significa scherno, xoµµa, analoga a quella del sinonimo ~
ridicolo ( = variante yÉÀ.w't'a); allora entram- ITXa.voaÀ.l~w. Dato anche l'uso consueto di
be le lezioni potrebbero essere traduzioni del- rçp6crxoµµa nei LXX, è però più probabile che
lo stesso equivalente ebraico (cfr. CttARLBS, la frase significhi: «(gli empi) rendono (cor-
ad l.). Lo stesso scambio tra o e w è avvenuto rompendoli) tutti i giudici una rovina (per i
probabilmente nnche in Iudith 8,22, dove ab- poveri)»; dr. Ecclur 7,6 (~ 11x6.v!la:À.ov); ~
biamo similmente l'accostamento di oveL8oc; e STAHLIN 97·
1tp6crxoµµa: se questa fosse ln le-~ione origi- 37 È certamente meglio tradurre «riduci (con
naria, quest'ultimo termine andrebbe necessa- la preghiera o volgendo le spalle al peccato)
riamente tradotto con motivo di avversione, di ciò che torna n tua rovina» (oppure: «ciò che
disprezzo, di rifiuto, ecc. (~ LINDDLOM 3); cfr. urta Dio»);~ col. 352; ~ STAHLIN 97.
~ STAHLIN 97 n. 3. 38 Cosl il codice greco e l'estratto in Georgius
34 Sulla successiva evoluzione delle idee circa Syncellus, chronographia 26B, ed. W. DINDORF,
il rapporto diavolo-scandalo cfr. ~ crx&.v8a· in Corpus ScripJorum Hirtoriae Byza11tinae I
À.ov e ~ STAHLIN 301-303. (1829) 46,17; la traduzione etiopica presup-
35 L'idolatria sarebbe anche qui fonte di ro- pone la lezione &.1tp60'o'Jt-.a.
saggio semantico avvenuto qui è cer- però abbiamo .. wa., -7 col. 3 60 ); 7tp60'·
to molto vicino alla concezione biblica xoµµrx ylvoµw in I Cor. 8,9, come in
della stretta connessione causale tra Ex. 23,33 (--) col. 355). Nuove sono le
peccato e sventura. Ciò si vede, ad es., locuzioni Wìwµt npoO'X07tYJ\I (2 Cor. 6,
quando i rabbini spiegano perché la se- 3; ma cfr. Polyb. 27,7,10: olowµt 1tPOO'-
duzione vada considerata un peccato xo1.ijc; à<,t>opµcic;) e particolarmente
mortale: persino il bestiame (Sanh. 7,4) ( È<1nlw) &à 7tpocrx6µµcx."oc; (Rom. 14,
e gli alberi (Sanh. b. 55a) dovrebbero es- 20, -7 col. 376; ma cfr. Stob., ecl. 2,
sere distrutti per una simile colpa, 93,10: xa•à 7tpocrxon1}v,-7col. 350).
«quanto più, dunque, colui che seduce
un altro dalla via della vita alla via della Tuttavia entro l'identico uso lingui-
morte» (ibid.). Perciò i rabbini non si stico, anzi entro frasi letteralmente u-
stancano di mettere in guardia (citando
spesso Lev. l9,I4 --) crxavoaì.ov) dal guali, il termine ha subito in parte un
sedurre qualcuno al peccato 39, ché tale mutamento semantico sostanziale. Siamo
seduzione è grave quanto il peccato della comunque nell'ambito della differenza
persona sedotta e viene punita in egual
misura (S. Num. 15 a 5,2I 40). I pii pre- che sempre corre tra l'A.T. e il Nuovo,
gano Dio perché nessuno cada per colpa quando nel primo disubbidienza, apo-
loro 41 ; ma allo stesso tempo viene e- stasia ed empietà sono cause della ro-
spressa la certezza che Dio non per-
vina in questo mondo, mentre nel se-
metterà che i giusti siano occasione di
scandalo • 42 condo l'incredulità è causa di danno spi-
rituale e di perdizione nel mondo di là.
C. IL GRUPPO DI TERMINI NEL N.1'. Nel N .T. l'idea di un danno esteriore è
presente solo nella citazione di Ps. 91,
I. Il rapporto con l'A.T .
r:c s. in Mt. 4,6 par. (-7 col. I6); ma in
Nell'uso di 7tpocrx67t"W x..">.. il N .T.
bocca al tentatore r.poO'x67t"W ha anche
si riallaccia all'A.T. in due maniere.
in questo passo un significato ambiguo
I. Con le citazioni: 1Ji 90,12 è citato (-4 coli. 3_63 s. ). Una considerazione ana-
in Mt. 4,6 (Le. 4,n) secondo i LXX, e loga va fatta per l'uso figurato di npocr-
Is. 8,14 è citato in Rom. 9,32 s. e in r
Petr. 2,8 secondo un altro testo (vicino x67t"W in Io. u,9s. (-)col.365). Non
alle traduzioni greche recenti dell'A.T., dissimile è la situazione del significa-
--) col. 349). to di dare / ricevere scandalo : abbia-
2. Con l'uso linguistico, particolar- mo tale accezione in Act. 24,16 (--'>
mente con l'impiego dei medesimi co- col. 378) quando si parla di una co-
strutti: 7tpocrx61t,.W EV -rwt. in Rom. 14,
scienza che trova occasione di scandalo
21, come in Ecclus 30,I3 (-4 col. 346;
cfr. -4 n. 3); .. lih1µi. 7tp6crxoµµa. (-.wO nel proprio agire (e allo stesso tempo
in Rom. 14,13, come in Is. 29,21 (qui · patisce danno), e forse anche in Rom.

39 Cft. B. M. 5,II e altri testi indialti ln 41 Cfr. Sota b. u (STRACK-BILLERDECK m


STRACK-BILLERBBCK lii 3II s. 376); Ber. 4,2 (STRACK-BrLLERBECK r 799).
42 Cfr. Hul. b. 5b=7a (STRACK-Bu.r.ERDECK m
40 Cfr. K. G. KUHN, S. Num. (1954) 56. 225).
7tpOC1X07t-.w x-. "'· L. I 2 • Il ra \\.;r. ;){afUJD J I Vl,/):'J/ :'JV't

r4,20 (-7 coll. 376 ss.); né è del tutto simile a sé, cioè tentatore di Dio (Ml.
assente in Rom. r4,13 (7tp60'xoµµcx.) e 4,7 par.), il diavolo vuole trasformare
21 (7tpoa'x61t't'W, -7 col. 366); 2 Cor. anche la promessa nel suo opposto, per
6,J (7tpOO'X07tlJ, -7 coli. 368 s.); r Cor. raggiungere 1o scopo primo di ogni ten-
10,32 (&.7tpOO'XOTCOç, ~ coll. 367 s.). In tazione, la caduta della persona tentata.
tutti questi passi si pensa però allo stes- 11 tentatore vuole, per cosl dire, mette-
so tempo, e in prima linea, a un danno re Dio stesso al servizio di questo suo
dell'anima, alla caduta nell'incredulità diabolico intento, cercando di costrin-
(e quindi nel peccato) o alla perdizione gerlo a punire l'abuso della sua divina
eterna. promessa: invece della protezione dalla
caduta si sarebbe avuta proprio la ca-
II. Variazioni e usi dell'idea di caduta duta; in realtà, forse, la caduta nella
nel N.T. rovina mortale in senso letterale, fisico,
1. La caduta di Gesù nel caso che la seconda tentazione (~cH..E
O"Ecx.U't'ÒV xa•w: Mt. 4,6) significhi che
a) Lo scopo del tentatore (Mt. 4,6 par.)
il tentatore volesse eliminare fisicamen-
Nella Bibbia è comune la convinzione te Gesù prima che cominciasse la sua
che Dio preserva i suoi dal cadere in missione; ma cettamente e in primo
perdizione; ma la promessa di una tale luogo la caduta si intende in senso tra-
protezione mediante l'impiego di ange- slato: la caduta di Gesù sarebbe stata
li, che troviamo in Ps. 9 1 ,12, diventa ancora più profonda e, nella visuale del
ambigua e ingannevole in bocca al ten- N.T., più gravida di terribili conseguen-
tatore (Mt. 4,6; Le. 4,11; dr. ~ IX, ze di quella di Adamo. Cosl, col suo il-
coli. 1446 ss.), giacché anche la promes- legittimo ricorso alla promessa biblica
sa di un µl} 7tpocrx61t't'ELV vale, come ptesentata mediante l'immagine quoti-
tutte le altre del Salmo, per colui «che dfana dell'inciampare in un sasso, il ten-
dice al Signore: - Mio rifugio e mia for- tatore tradisce il significato fondamen-
tezza è il mio Dio» (Ps. 91,2.9), cioè tale della tentazione di Gesù: essa è la
per chi percorre le pericolose vie in- spinta che mira a far cadere Gesù nei
dicate nel Salmo ( vv. I I ss.) con inalte- riguardi di Dio. Capiamo cosl perché
rata fiducia in Dio. Tacendo tale presup- Luca abbia visto qui il momento culmi-
posto che condiziona la promessa e tra- nante della tentazione diabolica e abbia
sformandolo anzi segretamente nel suo quindi posto questa scena a conclusione
contrario, in quanto vuole rendere Gesù del racconto della tentazione 43 •

43 Naturalmente ci potrebbero essere state an· cidiale oppure lo scenario del tempio di Dio
che altre ragioni concomitanti; ad es., il dia· sembravano indicare efficacemente il massimo
volo che usa la Scrittura come l'arma più mi- grado o il culmine della tentazione. Cfr. i com-
b) La caduta di notte (Io. I r,9 s.) 2. La caduta nella fede
Anche nell'unico passo giovanneo in
a) L'uomo causa della caduta
cui ricorre 1tpocrx61t'tW l'immagine di
fondo è quella della via (-Hol. 354) 44 • a) Il pericolo che minaccia i deboli
In lo. n,9 s. Gesù sembra dire una ve- delle comunità di Corinto e Roma (r
rità lapalissiana: alJa luce del sole non Cor. 8,9; Rom. i4,r3 .21) 47 • Di per sé
si corre il pericolo d'inciampare e ca- la è~ovo'lcx. (~ III, co11. 6 .5 3 ss.) dei for-
dere, ma di notte è diverso 45• In questo ti è legittima; lo stesso Paolo la possie-
testo Giovanni si richiama a quella cot- de in sommo grado. Ma essa diventa un
i-elazione cli tenebre e caduta di cui par- 1tp6uxoµµa. per i deboli che non si sono
la più volte l'A.T. (cfr. Ier. 13,16; Is. liberati ancora delle antiche pastoie (r
59,10; Prov. 4,19, ---:> col. 346), am- Cor. 8,9; Rom. 14,21). Perciò in en-
pliandola tuttavia, in rispondenza al trambi i casi, di Corinto e~ III, coll.
dualismo giovanneo 46, con l'affermazio- 987 ss.) e di Roma(~ VI, coll. 192 ss.),
ne positiva sul giorno, la luce e il non Paolo rivolge alle comunità, in partico-
cadere. In virtù del riferimento alla vi- lare ai forti, ammonizioni simili. r Cor.
ta di Gesi1, il verbo 1tpOO'X01t'tW riceve 8 ,9: BÀ.É1tE'te OÈ µT) ltWç 1) Èçov<rla. ù-
però un significato tutto particolare: µwv a.ih11 1tpOO'Xoµµa. yÉVl]'t<X.L 'tOtç &.-
l'immagine significa che Gesù è consa- cri)i;:vÉCTLV, «guardate però che questa vo-
pevole delfo brevità del tempo rimasto- stra facoltà non divenga per i deboli un
gli e della 'caduta' che lo attende, cioè ostacolo»; Rom. i4,13: -coiho· xp!.va-
della sua morte. Nella sua attuale collo- 'tE 48 µaÀ.Àov 'tÒ µ1) .. iMwx.L 7tp6a-xoµµoc
cazione il detto rientra dunque tra le 't<!) cioi;:À.cp<!) tì crxavorx.À.ov 49, «badate
profezie giovannee della passione. piuttosto a non porre un ostacolo o un

mentari a Le. 4,9 ss. dr. ~ coli. 377 s.


44 Per la questione cfr., ad es., BULTMANN, 49 Il cod. B e un testo siriaco di almeno pari
]oh. 271. antichità leggono soltanto -tLltÉva.L uxciv5a.-
45 Il tacito presupposto è questo: se uno ci Àov. Similmente nel v . 2r la lezione con iì
vede, evita la caduta; se non ci vede, non la uxa.v5a.Mse-ta.L fi àcrltEvE~ è attestatn tanto
può evitare; infatti «non sa dove mette i bene quanto quella che non reca l'aggiunta.
piedi» (Io. 12,35; I Io. 2,II) e perciò nean- Probabilmente in queste differenze si riflette
che «che cosa lo fa cadere» (cfr. Prov. 4,19). semplicemente la diversa sensibilità linguistica
Tutte le altre possibilità di cadere di giorno dei re.d attori (o dei copisti). Evidentemente il
nonostante la luce del sole non vengono prese rapporto semantico 7tpouxoµµa./a-xciv5aÀov e
in considerazione. 1tpouxo1t-tw/a-xa.v5o.ÀlsoµaL era già allora giu-
46 Cfr. BuLTMANN, Tbeol. J61-379, spec. 364- dicato variamente ed è anche oggi controverso.
367. In Rom. 9.33 e I Petr. 2,8 tale rapporto è ac-
47 Cfr. i commentari a Rom. 14 e 1 Cor. 8 e coppiato con l'altro discusso rapporto )...f.fJoç/
10; per i numerosi punti di contatto e comu- 7tÉ't"p~. Probabilmente anche quelle coppie di
ni alle due pericopi cfr. anche -+ STiiHLIN 260. termini sono state sentite, al pari di quest'ul-
48 Per il significato di xplvw in Rom. 14 113 tima, come sinonime da Pnolo e prima di lui
1t()OO'X01t'tW x-i:À. e Il 2aa.-~ (G. Stiihlin)

inciampo al fratello». L'apparente com- xa.L "TI €xxÀ.T)o-lq. -.ou 1>eou, «non offri-
promesso dei forti col paganesimo a Co- te motivo di scandalo né ai Giudei né ai
rinto e la condotta simile di un gruppo Greci né alla chiesa di Dio». I credenti
di Roma 51l sono però un 1tp6crxop.µrt. sol- dunque devono evitare ad ogni costo il
tanto perché sono causa di un reale do- 'ltpo<rxoµµa. nei riguardi non solo dei
lore per il fratello (Rom. 14,15.21 confratelli, bensl anche di tutti gli estra-
[ var. )), di una autentica crisi 51 • Il pro- nei, rappresentati appunto dai due grup-
blema del 1tp6<rxoµµet. riguarda scelte pi degli 'Iovoet.i:ot e degli "EÀ.À.nveç. II
decisive, la coscienza e la fede, il pec- parallelo del v. 33 (xa.1>wc;) potrebbe
cato e la perdizione eterna . Il motivo suggerire per tbtp6c;xo'ltoç ylvoµrt.t il si-
decisivo per evita.re il 'ltp6<rxoµµrt. è l'à- gnilicato di comportarsi irreprensibil-
ya7tT), che in simili situazioni esige la mente verso tutti, cioè in guisa da in-
rinuncia alla Èçou<rla. data dalla yvw<nc;. contrare l'approvazione generale. Effet-
Mentre dunque la yvwcnc; dei forti è la tivamente a7tpfoxo7toc; ylvoµoct è sino-
fonte prima del 'ltpo<rxoµµet., del x<w6v nimo di àpfoxw (cfr. I Cor. 10,32 con
(Rom. 14,20), l'&ya:1t'l'), fonte del xr1J-.6v Rom. 15,2), ma àpfo-xw non ha in Pao-
(Rom. l 4,21}, premunisce contro questo lo soltanto il significato comune di com-
danno. In questo amore che rinuncia al- portarsi in modo da piacere, cortesemen-
la propria libertà per amore del fratello te, o di piacere a qualcuno (-> 1, coll.
(--7 m, coli. 460 ss.) Paolo ha preceduto 1213 ss .). Piuttosto, nel caso di àpÉ-
le sue comunità (dr. r Cor. 9, special- O'XW in Rom. 15,2 e in quello di Ù1tp6a--
mente v. 12 ). xo7to<; ylvoµa.t in I Cor. 10,32 si tratta
S) La condotta dei cristiani in genera- di evitare tutto ciò che potrebbe scuo-
le e dell'Apostolo in particolare non de- tere ]a fede di altri(~ col. 367) o trat-
ve essere occasione di caduta per altri t enerli dal credere, ostacolando cosl H
(r Cor. 10,32; 2 Cor. 6,3). Concludendo loro <ruµq>opov, cioè 1a loro salvezza (v.
le istruzioni date in I Cor. 8 e 10 ai 33). Pao]o applica questo motivo anche
gruppi dei forti e .dei deboli, Paolo pro- a sé, in quanto apostolo, ma pr~babil­
nuncia un'ammonizione valida per tutti mente in un senso un po' diverso: µn-
i cristiani (r Cor. 10,J2): à1tp6a-xorcot oe:µlcx.v Èv µ1)0E\lt 8to6vTEc; 1tpO<TX07t1}'11
I

xo:t 'Iouocx.lotc; yl'llEa-bE xa.t "E)).T)ow tvoc µi) µwµ'TJbfi 1} otcx.xovloc (2 Cor. 6,

già dai LXX; cfr. Orig., in epist11lai11 ad Ro- lìa.À.(l;w in I Cor. 8 ,9.13. Cfr. ancora WETT·
manos commenlarius 7,19 (MPG l4,n56B) e STEIN a Rom. 14,13.21; BENGEL a Rom. 14,21;
anche PRE.USCHEN-B/\UER 5, s. v. 7tÉ-i:pa. 2; B ER- ZAHN, Rom. a 14,13.21 ; ---+ STAHLIN 171s.261-
TRAM ~ x, col. 121 ecc. A favore di tale 265.
ipotesi sta anzitutto il parallelismus membro- 50 Cfr. ~ STAHLIN 255 s.
rum in Is. 8,14; Rom. 9 ,33; I Petr. 2,8 e il rap- SI In Rom. 14,21 ~porrx6~'fW è quasi sinoni-
porto corrispondente tra ~p60-xo1.tµrx. e uxa.v- mo dell'à.~6)..),uµm di r Cor. 8,rr.
3 ). Stando al contesto, 1tfJOuX01tlJV oto6- di Is. 8,14 sia il Àliìoç ixÀ.Ex-.òc; &.xpo·
vat deve indicare un'azione che offre il ywvta.~oç di Is. 28,16.
fianco a rimproveri. Per amore del van-
Certamente le premesse e il metodo
gelo Paolo vuol evitare proprio che ciò delle due citazioni composite sono affat-
avvenga, prescindendo dalla giustezza o to diversi. Paolo prende le mosse dal
meno della reazione negativa suscitata destino d'Israele, che ha urtato fatal-
mente contro Cristo; l'autore di r Petr.
(dr. un ragionamento simile in 2 Cor. per contro patte dall'edificio spirituale,
rr,12, ~VIII, coli. r324 s.). Egli è con- del quale Cristo è la pietrn fondamen-
vinto che in tutto ciò che ha fatto nella tale. Altrettanto diversi sono i modi in
cui i due passi di Isaia sono stati con-
sua esistenza di apostolo, descritta esau-
giunti 54 • Paolo inserisce la decisiva du-
rientemente nei vv. 4-ro, non c'è nulla plice espressione di Is. 8,14 nella corni-
che possa provocare un tale scandalo. ce di Is. 28,r6, con la conseguenza che
Perciò 1tpOO'X01t1)V ol&wµt ha qui un si- la preziosa pietra scelta di quest'ultimo
passo è sostituita proprio dal suo oppo-
gnificato un po' diverso 52 da 1tp6uxoµµa sto. r Petr., invece, inserisce tra Is. 28,
•l1ìTJt.~t di Rom. r4,r3. Ma anche in 2 r6 e 8,14 un altro passo (ljl rr7,22), e
Cor. 6,3 si tratta in ultima analisi della collega questo con la duplice espressione
di Is. 8,r4 in una connessione stretta
salvezza della comunità. Cfr. il motivo
quasi come quella che in Rom. 9,33 uni.
conduttore della pericope nel v. l: µTj sce Is. 8,r4 a Is. 28,I6: ou-roc; ÉyEv1ii>TJ
dc; XE'JOV ... (~V, coll. 328 s.). Elc; xeqiaÀ1)v ywvlac; xcd Àl1ìoç TIPOO"-
x6µµa-roc; xa.t ?tÉ-rpa. crna.vòa.À.ov. Pto-
babilmente xat ha valore epesegetico
b) Cristo causa della caduta (Rom. 9,32 ( = cioè, vale a dire). Insomma la locu-
s. I Petr. 2,8) 53 zione XEq>aÀ.Ti ywvla.c; di ljJ rr 7 ,22 è
Paolo (Rom. 9,32 s.) e l'autore della spiegata mediante l'altra (À.li>oç 'ltpOO'·
x6µµa-.o<; X't'À.), in un costrutto peral-
prima Lettera di Pietro (r Petr. 2,6-8),
tro allentato e condizionato dalle cita-
che per tanti versi gli è vicino, collega- zioni. Conformemente all'interpreta:do-
no, in due pericopi molto simili, due ne di Ps. n8,22 in Le. 20,17 s., la I
passi d'Isaia e li riferiscono in maniera Petr. trova dunque prefigurato anche
nella pietta di Ps. rr8,22, oltre che nel-
analoga a Cristo: Cristo è sia il A.li>oc; la pietra di Is. 8,r4 (e in quella di Dan.
ttpoO"x6µµ<%-roc; (e la TIÉ't'pa O"xavo&À.ou) 2,34 s . 44 s.: Le. 20,18), l'effetto letale

52 Il medesimo significato si potrebbe suppor- 53 Cfr. ~ VI,col. 745; x, coJI. u6 ss. H . J.


re soltanto se oggetto di µw1.uUrDa.t ( biasi- CADBURY, The Titles o/ Jesus in Acts, in JACK·
mare) fosse Dio, come peraltro avviene nel soN-LAKE 1 5.373·s .; ~ FuLJ,ERTON; ~ TAY·
caso di à.1iwµ.7]'t'Oc;, derivato da µwµlioµoct (2 LOR.
Petr. 3,14; Phil. 2,15 [ var.] -+ vn, coll. 723 54 Perciò è poco probabile che i due auto·
s.), e del sinonimo llµwµ.oç che nel N.T. «pre- ri citino un inno prepaolino che, prenden·
senta una tensione in senso religioso ed esca- do le mosse dai summenzionati passi del-
tologico» ed è usato con implicito riferimento 1'A .T., cantasse Cristo quale 'Pietra'; dr. E .
al giudizio di Dio (-+ vn, roll. 722 s., spec. G. SELWYN, The First Epistle of Peter 2 (1947)
col. 722). n 2,8.
npocrxom;w X'tÀ. e Il 2b (G. Stahlin) (v1,756) 3ì2

di Cristo sugli increduli, mentre altrove r4) in entrambi i casi è solo un'aggiun-
in Ps. u8,22 si scopre il valore salvifico ta secondaria 56 • In Rom. 9 l'occasione
di Cristo (Mt. 2I,42; Act. 4,n) 55 .
per il 1tpOO"X07t"t"Et\I dei Giudei è costi-
In rispondenza al contesto, in Rom. tuita per un verso dalla loro errata con-
9 prevale il momento negativo (perdi- cezione della via della salvezza, per l'al-
zione), in r Petr. 2 quello positivo (sal- tro dalla negazione del Messia crocifisso
vezza), mentre l'enunciato che corri- (1 Cor. r,23). Cosl proprio la pietra di
sponde alla citazione (Rom. 9,33b=Js. salvezza diventa per essi pietra di ca-
28,r6b; I Petr. 2,7 s.="' II7,22+Is. 8, duta 57 • Certamente in Rom. 9 1tpoO'x6-
35 A tale interpretazione, che diverge da quella cd è decisamente unica nella letteratura rabhi-
comune, corrisponde in 1 Petr. (e probabilmen- nìca. Stando cosl le cose, sembra piuttosto dub-
te anche in Le. io,17 s., ~ col. 354) anche bio che i due passi d'Isaia (e anche Ps. n8,n)
un particolare senso concreto che si dà alla siano presi da 1111 florilegio precristiano, almeno
xe<p«À.TJ yw'lll'.ac;. Infatti mentre di solito xe- nel senso di una raccolta dì passi messianici,
cpttÀ.'lÌ yW'llL«ç e ci:xpoywv~ai:oç (ad es., Eph. anche se in linea di principio non sarebbe im-
2,20 s.) indicano forse la chiave di volta di un possibile che la teologia giudaica avesse parlato
edificio, con la conseguente immagine di Cri- di una duplice azione del Messia verso i Giu-
sto quale compimento dell'edificio divino e del- dei (salvc-aa) e verso i pagani (dannazione).
la comunità escatologica degli ultimi tempi (~ Si potrebbe quindi avanzare al massimo l'i-
Il, coli. 736 ss.), in ls. 28,16 e~ li, col. 737) potesi di un florilegio cristiano prepaolino ( ?).
la xe<pttÀ.TJ 1wvlaç e il )..lt)oç npoux6µµa-roç Cfr. ~ STAHLlN 193 e le opere ivi indicate,
sono Ja poderosa fondamentale pietra d'angolo particolarmente J. R. HARRIS, Testimonies I
<li un edificio, sulla quale si può inciampare e (1916) i6-32; O. MrcHEL, P1111l11s tmd seine
cadere rovinosamente (---? II, col. 740; x, roll. Bibel (1929) _37-42.53 s. 89 s.; inoltre ---? TAY-
xI7 ss.). Secondo altri, invece, entrambi i ter- LOR 96; anche~ VI, col. 759 n. IL
mini indicano sempre la fondamentale pietta 57 Paolo espone in Rom. 9, con l'immagine che
d'angolo; cfr. Mouu·oN-MILLIGllN, s.v.; ~ gli è evidentemente familiare della corsa (cfr.
TAYLOR 94 con n. 4· 1 Cor. 9,24 ss.; Phil. 3,12 ss.; anche 2 Tùn. 4,
56 Almeno Is. 28,16 era stato interpretato mes- 7), in quale maniera Cristo diventa il destino
sianicamente nel giudaismo precristiano; cfr. dei Giudei. Più precisamente, si serve delle
Tg. ls. 28,16 (---? VI, coli. 735 ss.; STRACK-Bllr espressioni tecniche che vengono dall'ambito
LERBllCK m 276); per Ps. n8,u dr. STRACK- sportivo, senza però sviluppare dùaramente
BILLERBECK I 875 s.; ~ VI, col. 738). Per con- l'immagine fino in fondo. Per tale caratteristica
tro è improbabile che agl'inizi dell'era cristiano del linguaggio figurato paolino dr. W. STRAUB,
Is. 8,14 fosse interpretato in senso messianico: Die Dilderspracbe dcs Apostels Pa11ltts (1935).
Tg. Is. 8,14 (S1'RACK-BJLLERDECK III 276) rife· I Giudei rincorrono (lìLwxw, cfr. Phil. 3,12) la
risce la pietra aJla memrà di Jahvé (dr. Bous- giustizia (Rom. 9,30) cd erroneamente pensano
SET-GRnssMANN 347), ma nel Targum non sus- che il traguardo sia l'adempimento della legge.
siste ancora, tra memrà e Messia (dr. STRACK- Ma essi no11 arrivano (<pM.vw Etc; -r~) a questa
BILLERBI!CK Il 329-333), quel nesso che sta for. meta, perché, 11011 parto110 dalla fede, bensl
se alla base di Io. 1,1 ss. ecc. (cfr. CREMHR- (corrono) come se si ·potesse partire con le
KOGl!L 676 s.; BAUER, ]oh. 6; BULTMANN, ]oh. opere (v. 32a); invece i pagani credenti rag·
7 s.). Sa11b. b. 38a,3 (STRACK·BU.:Ll!R.Bl!CK II 139 giungono (xa-.u).aµ!J&.voi) appunto nella fe.
s.; IV 983) riferisce evidentemente Is. 8,14 al de il traguardo della giustizia. I Giudei 11r-
Messia e chiama tale riferimento un particolare ta110 contro la 'pietra' che doveva essere lo
mistero; ma la straordinaria scena si svolge meta della loro corsa e crolla110. Avendo pun-
non prima del 200 d.C. (Je due case d'Israele tato lo sguardo su un tragual'do sbagliato essi
vengono interpretate con riferimento all'esi- urtano contro il vero traguardo e cadono. Cfr.
liarca in Babilonia e al patriarca in Palestina) ~ STAHLIN J96-200.
373 l Vl , 7jOJ J\o(JVVll..,.J'\. \.\.U r., .. , ... '-' J.I ~'-' ~ ,..._,., ..,._,•tt• ••• J

7t't'lù non include, a differenza forse di la natura di Cristo nella sua velata rive-
r Petr. 2,8, la perdizione eterna. Ciò ri- lazione sia la natura del vangelo con la
sulta, oltre che dalla continuazione del sua giustificazione del peccatore. Que-
discorso di Paolo in Rom. 10 s., parti- sto annuncio chiama l'uomo alla fede
colarmente dall'aggiunta della iscrizione per condurlo così alla salvezza e proprio
incisa sulla pietra angolare ( ~ x, coli. in questo modo induce molti all'incre-
I 12 s.): o '!ttrl't'EUWV i.r.' etù-i-0 où xa- dulità, divenendo la loro rovina. La po-
-i-atrrxuvi)l)rrE't'm, «chi crede in lui non sa della pietra e.la parte di Dio è sottoli-
sarà svergognato». La prima Lettera di neata sia dalla variante -i-W·riµt (Rom. 9,
Pietro ripete il concetto di Rom. 9,32 s., 33; r Petr. 2,6), che altera il testo di
ma usando l'immagine in maniera di- Is. 28,16 nei LXX, sia dalle parole finali
versa (~ n. 55): la pietra è la pietra di r Petr. 2,8 (dc; xcd. É-tÉihirrav) 59• o
angolare, che fissa la struttura dell'e-
dHìcio e lo sostiene, ma allo stesso tem- c) étr.p6crxo1to\I dvat come meta escato-
po rappresenta un peticolo se qualcuno logica (Phil. r ,10)
v'inciampa. Esistono solo due possibili- Tutte le linee degli enunciati paolini
tà: o lasciarsi inserire (v. 5) nell'edificio circa l'incespicamento e la caduta del-
di Dio che poggia su Cristo, oppure urta- l'uomo convergono nel voto di Phil. r,
re contro di esso e cadere. E queste due 10: i:va -~-.E ElÀ.txpwEi:ç xa.t &.1tp6:rxo-
possibilità valgono per tutti gli uomini 1tOL dc; 1')µÉpav Xptrrnu. Il termine &.-
a cui viene rivolto l'appello del vangelo. 1tp6rrxo11:oc; può essere inteso in vario
In r Petr. 2,6-8 è espressa con partico- modo. I . &.1tp6rrxo1toc; può già avere il
lare efficacia l'inseparabile confluenza significato di irreprensibile, immacolato,
dei tre momenti dello scandalizzarsi di che sarà più tardi quello convenzionale
Cristo(~ rrxavoaÀ.ov), dell'incredulità e che forse era già corrente ai tempi di
e della caduta rovinosa: perché inciam- Paolo (--+ coll. 368. 379s.) 60 • 2. &.-
pano in Cristo, gli uomini non credono TI?O:JX07toç può significare senza provo-
in lui e non credendo in lui cadono per care il biasimo di Dio, come in ep. Ar.
causa sua. 210 (-:> col. 352) e const. Ap. 2,25,3
Entrambi i passi sottolineano però ( <i.1tp6rrxo1toL i)Eti) ylvE<iilE), ovvero ha il
che questa pietra dal duplice effetto è significato di 1tporrx611:-tw in r Clem. 2 r ,
posta da Dio stesso 58 , e ciò significa che 5 (--+ tal. 3 4 7) _e forse anche di 1tp6rr-
sono conformi alla volontà di Dio sfo xoµrut. in Ecclus 17,25 (~ n . 37) 61 •

ss Anche in Is. 50,7, citato in B4m. 6,3 (~ x, S9 ~ VI, coli. 747 s. n. 71; interpretazione al-
col. 121), è Dio che posa la pietra; dr. anche quanto diversa in ~ STii.HLIN 197 s.
XE~'t"cx.t in Le. :i,34; I Cor. 3,n; ~ V, col. 313 60 Così LoHMEYlìR, Phil.• 4d I. e altd ancora.
n. I. 61 à7tp60'X07tO\I Elv~~ corrisponderebbe allora
375 (vr,757) \V l,/ )O) j/U

3. È possibile, e forse più conforme al deriva possono essere soltanto un frut-


consueto uso paolino, che &.1tp6crxo7toc; to dell'azione di Cristo stesso, ovvero
esprima il desiderio che la comunità pos- del suo Spirito) e dall'altro alla conclu-
sa raggiungere il .-fÀoc; senza decadere sione della pericope: Elc; o6çow X<X.L E'lt<X.t-
dalla fede e quindi dalla grazia (cfr. \IOV itEov, «a gloria e lode di Dio». Chi

Gal. 5,4): in questo caso &.7tp6crxo1toc; arriva alla meta <Ì.7tp6crxo1toç, deve rin-
sarebbe molto vicino ad &7t't<X.t<r.-oc; e graziarne soltanto Dio.
al contesto in cui questo termine appare
in Iudae 24 6z. Il contesto escatologico di 3 . La coscienza scandalizzata (Rom. I4,
Phil. r ,10 63 fa capire che Ù.7tp6<iX01toc; 20; Act. 24,r6)

non è praticamente diverso da <ifVS6µe- a) La frase xa.xòv "t"~ &vDpwm~> 't~


voc; (I Cor. 1,18 ecc.), giacché se uno OtÒ. 7tpo<ix6µµa.'toc; foi}lov-.~ (Rom. q,
non cade ora, si regge anche nel giudi- 20) non si allinea facilmente all'uso di
zio (quello già presente e quello futuro) np6axoµµci. (e 7tpocrx67t-tW) solito in
cd è quindi crcvs6µEvoc;. La proposizione Paolo. Intanto qui otci indica in ogni
introdotta da i:va. dipende da 'toiho caso la circostanza concomi tante 65 ( cfr.
7tpOO'EVXoµa1 come la proposizione pa- 2 Cor. 2,4 e Gal. 4,13); poi tutta la pe-
rallela del v. 9 64 : Paolo prega dunque ricope tratta della fede e della coscienza
Dio perché non pe1·metta che i cristiani (--7 coll. 366 s.). Pertanto le interpreta-
di Filippi sulla via della fede inciampino zioni possibili sono due: r. si tratta di
e ricadano. Ma la preghiera include an- ena caduta nella fede, che avviene quan-
che un ammonimento per la comunità: do si agisce contro la propria intima per-
camminate in maniera da non incespica- suasione tradendo cosi ciò che si crede;
re e cadere più. La preoccupazione di in questo caso potremmo tradurre: «è
Paolo, nella sua doppia forma di voto e male per uno mangiare, se dentro di sé
di richiesta parenetica, è legata da un can- incespica»; 2 . si tratta della riprovazio-
to al frutto ( v. II) che si ottiene 01& '11]- ne della coscienza scandalizzata: «è ma-
<iOU XptO''tOV (come la giustificazione av- le se uno mangia e la sua coscienza è
viene per amore.di Cristo, cosl anche la scandalizzata da quello che fa», cioè è
fermezza nella fede e la condotta che ne male se uno mangia con cattiva coscien-

precisamente all'espressione apÉO'XWJ ì>E4i, che 63 dç 'i}µ~pcx.v XpLO-"l'OU può significare: «fino
è assai importante per Paolo (--+ col. 368; al giorno di Cl'isto» (nel senso d'una attesa
cfr. Rom. 8,8; I Cor. 7,32; 1 Thess. 2,4.15; 4, della parusia imminente), ma anche più in ge-
1), ovvero a tù&.pecr-cov Eivcx.~ i>e<{> (cfr. Rom. nerale; «in vista del giorno di Cristo», o «per
l2,I s.; 14,18; :z Cor. 5,9; Eph. 5,10; Phil. 4, il giorno di Cristo».
18; Col. 3,20). 64 Cfr. ÙJHMEYER, Phil., ad l.
62 «(Dio può) conservarvi (fino all'ultimo) 65 Cfr. BLAss-DEnRUNNER § 223,3 con appen-
tali che non cadiate». dice.
za, con una coscienz:i inquieta, che si ri- xplvw proprio in Rom. 14,r3).
belJa. Nella prima interpretazione 1tpocr-
xoµµa corrisponde quasi perfettamente b) La medesima idea che, come ab-
ul significato di 1tpocrxon't"W nel verso biamo visto, è probabilmente espressa
successivo (v. 2r); ma 1a seconda è cer- in Rom. r4,20, è palesemente presente
tamente preferibile. Nel contesto Paolo in Act. 24,16: Èv 't"OV"t"~ xat mhòc;
pensa a questo iato tra azione e coscien- àO'?lw &.r.:p6crxo1tov O'uvElo11aw EXEW
za, forse anche nell'uso di 01.cb~p1.a1.c; (v. npòc; -tòv i>eòv xo:i -.oùc; cìvi)pw1touc; OLà
I) e ow;xplvoµa.t (v. 23, ~ V, col. 1tav-.6c;. Una cruvElo·11crLc; à.1tpocrxo-n:oc; è
r 09 3 ). L'espressione òi.à 1tpo11xéµµa.-toc; o una coscienza 11011 scandalizzata da ciò
( v. 20) è allora molto vicina al signifi- che fa, cioè una coscienza tranquilla, pu-
cato di ota.xpw6µEvoc; (V. 2 3 ). Entram- lita davanti a Dio e agli uomini, oppure
be le volte s'intende la stessa frattura una coscienza che non è offesa, ferita
di Rom. 2,r5, dove si tratta similmente dalla propria azione, che è illesa, intat-
della testimonianza della coscienza. In ta 67 • Siamo in ogni caso nelle vicinanze
I Cor. 8 e ro, due capitoli in cui l'argo-
della <1UVEL01]CTLc; àya.ihi (Act. 23,1) e
mentazione paolina scorre parallela a della xa.i)apà O'tNEL01JO"L<; (2 Tim. 1,3).
quella di Rom. r4 talvolta fin nei parti- È dubbio che si possa vedere qui una
colari, Paolo torna spesso a insistere «teologia della buona coscienza» 68 come
sulla crisi in cui vien messa la coscienza contrassegno di un'età più tarda, giacché
dei deboli (I Cor. 8,7.ro.r2; ro,27 ss.). abbiamo visto (~ coli. 376 s. e ~ col.
Ciò che vuol dire in Rom. 14,20 con 01.à 367) che lo stesso Paolo si pone con tut-
1tpo11x6µµa.,;oc; corrisponde un po' al ta serietà il problema della coscienza (I
-ru1t-re11-0a.1. o al µoÀ.vvEcri>at della crw- Cor. 8 e Rom. r4).
Eloricrtc; in x Cor. 8,12.7. Se quindi il
significato di 7tp6crxoµµa. nel v. 20 è di- D. IL GRUPPO DI TERMINI NE LLA CHIE-
SA ANTICA
verso da quello del v. r 3 o da quello di
Nella letteratura cristiana dell'età suc-
1tflOO"X01t'tW del V. 2 I' ciò è perfetta-
cessiva recede quel centrale uso teolo-
mente conforme alle abitudini linguisti- gico ed etico dci nostri termini che
che dell'Apostolo, che usa volentieri) abbiamo riscontrato nel N.T., p~r dar
nella stessa pericope e talvolta persino luogo ad un impiego limitato ad alcuni
ambiti-caratteristici. Anzitutto troviamo
nello sttsso versetto, una parola in due ancora l'uso letterale, precisamente nel-
diverse accezioni 66 (basti l'esempio di l'immagine favorita delle due vie (ad es.
66 Cfr. W. STAHLJN, Zum Verstiindnis von r - illeso - irrepre11sibilc, indicato da PREU-
K 2,6-8, in Verbum Dei 11u111et in aeternum, SCHEN-BAUER', s.v., è certamente più giusto
Fcstschrift filr O. Scbmitz (1953) 94-102. ipotizzare quello di senta cadere - senza ripor-
tare dmmo - illeso.
67 Invece dello svìluppo semantico non urtato 08 Cfr. HAENCHEN, Ag. 570 .
379 {\'1,758) 1tpOUX\JVÉW (H. Grccven)

Herm., 111and. 6,1,3 s.) e in echi del- Clem. 20,10, detto dei venti) e l'eserci-
l'A.T., come in lust., apol. 1,52,10: Èv- zio ineccepibile di un ufficio (ad es., I
-i-EÀ.ouµa;L -i-0 ~oppi[. cpÉpEw xrxt -r{il vb- Clem. 6r,1, in una preghiera per le au-
"~ µ-() 1tpoO'x6n-.Ew w, «comanderò alla torità), ma soprattutto il comportamen-
Bora di portarlo e al Noto di non farlo to irreprensibile dei ministri della chie-
cadere», cioè di non fermarlo (cfr. Is. sa (frequentemente nelle disposizioni di
43,6: xat -.<;> À.L~l· µ'Ì] xwÀ.ue, «e al Li- const. Ap.: 2,9,1; 25,3; sacramentarium
beccio: non impedire»). Ma è prevalen- Serapio11is 28,2, ~ n. 19) 70 • Ma per ta-
te l'uso traslato (~ coll. 346 ss.) nel sen- le uso di un'etn più tarda è appunto sin-
so di scandalizzare. Cosi in I Clem. 21, tomatico che il pensiero non vada più
5; Herm., mand. 2,4 (1tp6a'xoµµa.1tov11- tanto, come nel N.T., al pericolo a cui
p6v); Clem. Al., strom. 2,53,4. In tale viene esposta la fede dei credenti, ma
accezione a1tp6<TX01t0<; (----)> coll. 351 SS.) piuttosto alla perdita di prestìgio che
diventa anzi espressione fissa per indi- minaccia i ministri della chiesa.
care il servizio irreprensibile (ad es., I G. STAHLIN

~ à<T7ta~oµrxL 1, coli. 1319 ss. 2. Flavio Giuseppe;

~ EuxoµctL III, coli. 1209 ss. 3. Filone;


~ 7tl1t-rw x, coll. 299 ss. 4. il giudaismo rabbinico.
C.Il N.T.
D. La chiesa antica.
SoMMAtuo:
A. Il significato dcl termine presso i Greci. t 1tp011XU\IÉW
B. Il significato del ten1Jine nel giudaismo:
I.i LXX; La prima storia del significato del no-

69 Per 1tpoux67t'tEW detto dci venti dr. Mt. vicw :r7 (1919) 241-3II; H. BoLKESTEIN, Theo·
7,27; imche Pseud.-Aristot., de audibilih11s p. phrastos' Charakter dc:r Deisìdaimonia ols reli-
801 a 14 s. e anche p. 802 a 26 s.; Aristot., gionsgeschichlliche Urk1111de,RVV 21,2 (1929);
probi. 5,17 (p. 882 b :r8 s.); .1.145 (p. 904 a 33 L. CERPAux-J. ToNDRIAU, Le c11J1e des sot1ve-
s.) parla viceversa di un 7tpoux67t'tEW 't~ àipt, raìns (1957) s.v. proskynèse; CREMl!R-K6GEL,
10 Il corrispondente latino è sine scandalo gu- s.v.; A. DELATTE, Le haiser, l'agenouilleme11t
hernare (ad es., Aug., Cresc. 2,n[13]=CSEL et le proslernement de l'adoratio11 (7tpo01t6V'l}-
52,371); cfr. ancora ~ STXHLIN 295.314.329. a~ç) chez les Grecs, Académie royale de Bel-
353· gique, Bulletin de la Classe des Lettres et des
Sciences morales et politiques, ''37 (19,p )
'ltpoaxuvlw 423-4,0; J. HoRST, Proskynein (-i932) con bibl.
A. ALFOLDI, Die Ausgestallung des monarchi- delle opere più antiche (pp. 4-8) e storia del
schen Zercmoniells am romischen Kaiserho/e: termine (pp. 10-14); LIDDBLL-ScoTT, s.v.; B.
RomMitt 49 (1934) r·u8; O. T. ALus, 1'he M. MARTI, Proskynesis a11d adorare: Languagc
Comment 011 ]olm IX 38 ili lhe America11 12 (1936) 272·282; MouLTON·MILLIGAN, s.v.;
Revised \! rrsio11: Princcton Theological Re· PREUSCHEN-BAUER5, s.v.; PRmSIGKE, \Vort.,
stro termine è oscura e controversa. GJi sera preso da una «manifestazione di vi-
etimologi 1 sono quasi 2 tutti d'accordo ta orientale», che essi stessi rigettavano
nell'associare il verbo semplice xuvÉw come indegna 7 , proprio il termine indi-
all'antico alto tedesco kus, bacio; di- cante l'adorazione 8 delle loro proprie
scordano invece quando si tratta di pre- divinità 9• Inoltre, anche se non si è an-
cisare gli elementi intermedi 3• Anche la cora finito di discutere se il bacio che
più antica testimonianza del termine in la persona che salutava mandava con
Omero (ad es. lt. 6,474; Od. 23,208) la mano al superiore appartenesse o me-
indica la medesima sfera semantica. no all'azione della proskynesis 10, è tut-
tavia inoppugnabile e sicuro che l'ele-
mento significativo della prosternazione
A. IL SIGNIFICATO DEL TERMINE PRES-
assume un tale risalto da non poter es-
SO I GRECI
sere spiegato in alcun modo con l'unio-
È stato ipotizzato che il verbo com- ne dei due componenti di 7tpocrxuvÉw.
posto 1tpocrxuvÉw 4 «non sia, in origine, Se 1tpocrxuvEi:v (che jn origine significa
che l'espressione greca di una manifesta- soltanto baciare con calore 11 ) non fosse
zione di vita orientale» 5 • Poiché il ver- stato usato già prima in un'accezione
bo compare per la prima volta nei tra- che includeva la prosternazione, allol'a
gici, si argomenta, esso presuppone con- i Greci, per descrivere il cerimoniale a
tatti coi Persiani. Ad infirmare la fonda- cui ripugnavano, si sarebbero valsi di
tezza di una tale conclusione, vale non un mezzo che nasconde proprio l'aspetto
tanto una singola attestazione del ter- ripugnante.
mine in epoca anteriore 6 , quanto piut-
tosto una serie di altri motivi. Sarebbe Ora occorre considerare 12 che l'ado-
veramente singolare che i Greci aves- razione di divinità ctonie offre una spie-

s.v.; P. SCHNABEL, Die Begrii11d11ng des hell. sono rare e tarde [DEBRUNNER] .
Konigskultes dflrch Alexander: Klio 19 (1925) s CJIBMER-KOGEL 643.
n3-127, spec. n 8-uo; L. R. TAYLOR, The 6 - HoRST rimanda a un colinmbo di Ippo-
'Proskynesis' ami the Hellenistic R11ler Cult: natte, fr. 37: '!tap' Wi C1Ù ÀEVX6'TtE'ltÀO\I 'l')µl-
JHS 47 (1927 ) 53-62; ID., The Divi11ìty of the PTJV µelv~ I 1tpÒç µÈ\I xvvi)cmv 't'Ò\I <PÀVlJ·
Roman Emperor (1931), con la recensione di ulwv 'Epµ-l]v (DrnHL m 91). L'età di lppo-
A. D. NocK : Gnomon 8 (1932) 513-518. natte, nnto verso il 575 (G. A. GERHARD, art.
1 PRELLWITZ, Et3•m. 1Vort. 251; Bo1sACQ 535; 'Hipponax': PAULY-WISSOWA 8 [1913) 1891),
WA!.DE-POKORNV I 465, S.V. qt1; HOPMANN 165; non esclude una conoscenza delle usanze per-
PoKORNY 626; - DELATTE 426. siane; similmente pensa ~ HoRST 14 n. 3; 15.
2 Cfr. - HoRsT x2 s. ScHWYZER 1 692 consi- 7 Isoc., pa11egyric11s 151 (ed. R. RAUOIEN-
dera XINÉW denominativo di "xvvo- e lo con- STEIN6 {1908)); Artian., anabasis 4,r2 (ed. A.
frontn con l'antico indiano ç1111am::::salvezza. G . Roos [ 1907 ]).
3 Il fatino adorare non ha niente che fare con B Ad es., Aesch., Pers. ·4 99; Soph., Oed. Col.
OS (WALDE-POKORNY I 182; \XTALDH·HOFMANN 1654. Cfr. --7 DELAT1'E 436-44L
224; PoKORNV 781; - MARTI 279 s.) e per- 9 Cosi anche~ ALLIS 245, ~ HoRST 21.
tanto non può essere confrontato con npoO'xu- 10 Status q11aestionis e bibl. in ~ HoRST 4-6;
'VE~'V, contrarinmente a quanto sostiene F. Hm- F. ALTHEIM, recensione di The Cambridge An-
LER, Das Gebet 5 (1923) 104. cient History, vol. xn: Gnomon .z3 (1951) 93;
4 Evidentemente 7tpO<TlW'Vlw si è separato pre- cfr., ad es., passi come Xenoph., 011. 3,2,13 (con
sto da xvvtw: 7tpoaxvvfiaw, TIPOO'EXV\l'YJC'IX. bacio?) e Isoc,. panegyricus 151 (~ n. 7) (sen-
sono le forme regolari fin dall'inizio (npo'<Tt- za bacio?).
xuaa. solo in Sofocle e Aristofane), mentre le ll --7 DELATTE 426: baciare con fervore.
forme xvvi)uw, hvvJJO'a dcl verbo semplice 11 ~ HoRsT 18,24.
'"JIVVhVvi.:.w ...... , ....... - - - - · - ··,

gazione quanto mai semplice del sorge- wcrn :x:&:yyuÌÌE'\I ìJfov À.a{3Etv, xal Ba·
re del significato comune del termine. cr"t'acrat µE 7tpocrxvcrat 1)'wcntEp ì1E6v;,
«potrei ammirarle da vicino e toccarle
Chi vuol onorare con baci una divinità e baciarle come sacre?». Poco prima Fi-
ctonia deve prostrarsi 13• Sbarcando sul lottete esorta Neottolemo a lasciare so-
suolo patrio alla fine del viaggio, sia lennemente la grotta in cui è vissuto:
Odissea sia Agamennone si prostrano twµev, w
mxi:, 7tpocrxucraV"t'E "t'D\I fow
11.ot:x:ov EicrotY.'!}O"tV 18, «andiamo, :figlio,
e baciano la terra 14 • È qui che dobbia- dopo aver baciato questa casa non casa»
mo cercare «l'origine storico-religiosa» 15 (ibid. 533 s.). Con l'andar del tempo il
del termine. Allo stesso tempo si vede termine assume un significato sempre
più lato e vago, benché l'uso originario
come 1tpocrxu'\IEL\I abbia, come termine continui a sussistere collateralmente. In
tecnico dell'adorazione divina, un'età questo sviluppo ha certamente avuto
veneranda, giacché l'adorazione delle di- un'influenza decisiva per la storia del si-
gnificato di 7tpocr:x:uvEtv la divinizzazione
vinità ctonie è verosimilmente più an- dei sovrani, che ebbe inizio al tempo di
tica del culto degli dèi olimpici 16 • L'ap- Alessandro Magno e culminò nel culto
parente mancanza del termine prima romano dell'imperatore 19• Per la sua
dell'età persiana (se ci si limita natural- stessa natura il materiale epigrafico te-
stimonia ptevalentemente la proskynesis
mente al verbo composto) dovrebbe es- cultuale. Cosl un'aretalogia di Asclepio
sere puramente fortuita 17• Si spiega i- (i>) del II(?) sec. d.C. comincia un'esat-
noltre così senza forzature come il ter- ta descrizione della guarigione con le
parole: a(rraic; "t'aic; 1)µlpatc; rat~ "t'L\lt
mine sia spesso usato per indicare l'ado- "t'ucpì..~ &xp11µa:now ÈMEtv È7t[ì "t'Ò J
razione delle divinità greche. lEpÒ\I 0fiµa xa.t 7tpocrxuvfjcra.t d['t' ]a
à7tÒ -co\.i oE!;toii ÈMEtv È7tt -cò àptO"'tEpòv
.Ben presto ] 'uso del termine si tta- X"tÀ.., «in quei giorni a un certo Gaio,
sferisce dal gesto esteriore all'atteggia- cieco, (il dio) ordinò di salire sulla piat-
mento interiore. Gl'inizi di questo tra- taforma sacra e adorare (dunque si tratta
sferimento risalgono ai tragici. Cosl di una proskynesis ufficiale), poi di gi-
Neottolemo esprime il suo timore reve- rare da destra verso sinistra ... » (Ditt.,
renziale davanti alle frecce di Eracle di- Syll.' III II73 20 ). Per contro i papiri dei
cendo (Soph., Phil. 656 s.): ap' Eo"tw primi secoli cristiani usano il termine

13 Una variante di questa prassi è il bacio del- sono usati in Omero una sola volta, in Pin-
l'altare. F. ]. DOLGBR, Zu den Zeremonien der daro solo 4 volte, in Esiodo mai.
Messlit11Tgie: u. Der AJtarkuss= Antike und 18 Cosl con CH. CAVALLIN (1875), H. M. BLAY·
Christentum II (I930) 217-2n ha fatto appa· nns (1908), R. C. }EBB (I908). Simihnente W.
rire probabile che l'uso liturgico cristiano di DINDORF° (x885): E.lç otx'l)01.V. A. C. PEARSON
baciare l'altare abbia un precedente pagano. (1924) congettura:· npoaxvua.v-te yijv fow I
14 Hom., Od. 4,_ 5 22; 5,463; 13,354; cfr. anche if.o~xov Ek
otx'l)OW.
la congettura di PEARSON a Soph., Phil. 533 19 Per tutta la questione cfr. ~ HoRST 39-42.
s. indicata nella ~ n . 18. 20 Cfr. inoltre DITT., Or., indice VIII, s.v.
1s ~ HoRsT 18. 1tpooxuvlw e npocrxv\l'l)µo:; PREISIGKB, Sam-
16 Cfr. O. KERN, Die ReUgion der Grieche11 1 melbucb II 44x, s.v. Ricco materiale sulla
(1926) 27-48. proskynesis cultuale nell'antichità cristiana e
17 Cfr. ~ ALLIS 245 n. 10: <TÉ~EW·O"E{3ll;Ew non cristiana in F . J. DOLGER, Sol Salutis
in un senso del tutto sbiadito. Una B. IL SIGNIFICATO DEL TERMINE NEI.
schiava (? ), all'inizio del II sec. d.C., GIUDAISMO
cosl scrive al suo padrone che si è am-
malato in viaggio: wqiEÀ.ov E.l Èouvci.µ.Ei)a I. Nei LXX 1tpocrxuvEtv è quasi l'u-
'itÉ"racn')m xcx1 ÈÀ.itEi:\I xa.L 1tpocrxu\ll}cra.l nico termine usato per tradurre da un
O"E, «magari avessimo potuto volare e lato histaplnoa 13 e dall'altro sagad 24 ov-
venire a servirti» (P. Giess. I 17110 ss.). vero s"gid (aramaico) 25 , due verbi che
Un figlio prega il padre di scrivergli per significano fondamentalmente prostrar-
poter ancora mirare con amore e rive- si, inchinarsi. Inoltte traduce una volta
renza la sua ben nota scrittura: ... t\11z ciascuno i verbi niifaq 26 = baciare' eiibad
O"OU 'r.pOO"XIJ\ll}O"W "r'Ì)V XÉpa\I ( =XEi:pa) = servire, adorare (Ps. 97,7) e zull (a-
(BGU II 423,15 s. [II sec. d.C.]) 2t. A ramaico 27 =tremare; 3 volte assomma
partire dall'inizio dell'età imperiale nel- poi in sé kàra' =piegarsi, e histapawa
la formula iniziale della lettera viene in- (Esth.3,2 [bis].5). I traduttori furono
clusa l'assicurazione della preghiera pe1· praticamente costretti a usare 7Cpo<rxu-
il destinatal'io: npò µÈµ (sic) nei.[ v hwv \IELV per hi5ta[1ìiwa, giacché il vocabolo
E\Jxoµal O"E uyLalVE:LV, XO:L ( "rÒ] 7tpOCTXU- ebraico, che in origine significava sem-
Vl)µ<X_ a'OU 1WLW 7tapò:. ['rii)] xupl~ J.:oc- plicemente un movimento del corpo, di-
prhtOL (BGU III 843 [I-II secolo d. venne poi il termine tecnico per indica-
C.])22. te l'adorazione religiosa e cultuale. Le
espressioni 'a terra' 28 o 'prostrarsi' 29 ,
che accompagnano frequentemente his-
taf?awa, non lasciano dubbi circa il gene-
re di azione indicata dal verbo 30. Non

(1925), indice s.v. 7tpocriw\IÉW, Prosky11esis. \IE~v; il solo siigacl è reso in Is. 44,19 con 'ltpov-
21 Ulteriori numerose indicazioni in PREISIG- XUVE~V e in 46,6 con XV'It't'Et\I,
KE, Wort., s.v. 1tpocrxu\IÉW. 25 r2 passi in Daniele (2,46; 3,5-7.1ò-12.r4 s.
22 Cfr. anche WRNDJ,AND, Hell. K11lt. 414; D1- 18.28): i LXX traducono costantemente con
l!EL1us, Tbess., a r Thess. 1,2; DEISSMANN, r.poaxvvEi:v; Teodozione non traduce il verbo
L.O. 141 n . 12; W. SPlllGELDERG, Papyrus Er- in 3,10.
bach: Zeitschrift fiir agyptische Sprache und 2JJ I Reg. 19,18; cosl anche Simmaco in lob
Altertmnskuode 42 (1905) 54. Per le formule 31,27 (LXX: tq>l)..T)acx.); Ps. 2,12 (i LXX si cli-
con npocrxu\IT)µcx. cfr. F. X. J. EXLER, A Study scostano dal T.M.: 'lttx.i!Ma. ~IX, coll. 146 s.);
in Greek Epistolography, Diss. Washington Aquila: :x:rt:tcx.q>ik{Jo-a-;E; per il bacio cultuale
(1923) xo8-II2 (DEDRUNNER). cfr. anche Os. 13,2.
13 Dei 171 esempi di biJtaljìiwa 164 vengono 27 Dan. 6,27 (LXX); Teodozione: -rpɵo\l·rn; .
tradotti nei LXX con npoaXU\IEL\I, uno con xa:- u 'arfll e simili: Gen. 18,2; 24,52 ; 33,3 ecc.
't'WP~Àei:v (r Reg. 2,19), uno con 'ltOtEi:\I (sic; 'appa;im 'arfa e simili: Gen. 19,1; 42,6; 48,
I Reg. n,33) e 5 vengono tralasciati comple- 12 (43,26: aggiunto dai LXX) ecc.
2
tamente; in 4 di questi ultimi 5 casi Aquila, ~ qiidad = gettarsi in git1occhio ricorre l 5 vol-
Simmaco e Tcodozione hanno però ugualmente te, sempre in associazione con bista!Jawa o
>-poaxuve~v: Ios. 5,14; Is. 36,7; 60,14; Ier. 7, nelle sue immediate vicinanze. Meno rnra è
2. Per r Sam. 1,28 manca il testo di Aquila, l'associazione con mlfal=proslrarsi. Inoltre si
Simmaco e Teodozione. Per l'etimologia e la hanno kiira' = inchinarsi (Ps. 22,30; 95,6; 2
derivazione di biSta!Jtiwa dr. GESENIUS-BUHL, Par. 7,3; 29,29; cfr. anche i verbi indicati ~
s.v.; di parere diverso è R. MEYl!R, recensione qui sopra e siigad = inchinarsi (~ n . 24).
cli Ko1mrn·BAUMGARTNER: ThLZ 82 (1957) Fatta eccezione per quest'ultimo verbo, tutti
425. gli altri sono usati anche con le determina:r.ioni
24 In 4 passi: in Is. 44,15(?).17 biJta{Jawa e indicate soprn e~ n . 28).
siigad vengono tradotti insieme con 7tpoaxu· 30 La traduzione errata di Ge11. 47,31 con
7CPO<iXUVEW tl I l ti. Lrreeven)

fa alcuna differenza, a questo proposito, vole importanza nei rapporti interperso.


che la proskynesis sia diretta a Dio, agli nali, nel qual caso non mancano proba-
dèi o ad uomini. Il fatto che 1tpOO'XUVEL\I
possa essere usato per tradurre nii'faq bilmente presupposti numinosi riguar-
(~ n. 26) o in parallelismo con esso danti, ad es., la potenza. La proskynesis
(Ex. 18,7) mostra che quando venne e- va soprattutto al re o in generale a chi
seguita la traduzione dei LXX nella pa-
rola greca si sentiva ancora il momento ha un potere superiore 38 • David si pro-
del bacio 31 , anche del bado cultualc 32 • sterna davanti allo spirito del profeta
Samuele, i discepoli del profeta e la
Quasi tre quarti degli esempi di 'ltpoO"- donna di Sunam compiono lo stesso ge-
Y.U\IEi:v nei LXX riguardano l'adorazio- sto davanti ad Eliseo 39 • Ma anche dove
ne e il culto dcl vero Dio e Signore 33 op- 1tpooxvvEi:\I sembra esser diventato un
pure quello di idoli 34 • Anche qui angeli, semplice gesto di ringraziamento o cli
messaggeri di Dio, vengono salutati da- amorevole venerazione, l'azione dovreb-
gli uomini pii nella stessa maniera 35• be esprimere sempre in qualche modo
Qmmdo 7tpOUXUVEL\I non indica un atto la convinzione che la persona che si ono.
singolo, bensì la regolare pratica dell'a- ra in tale maniera è strumento di Dio 40 •
dorazione divina, sta spesso in paralle- Perciò anche nell'episodio di Abrnmo e
lo con À.tt:tpEUEt\I ( = 'iibad, ~ VI, coll. Lot che ricevono i messi divini ( Gen.
173 s.) 36 • Ciò che spetta a Dio spetta 18,2; 19,1) non bisogna intendere il ge·
per riilesso anche ai suoi eletti: non solo sto come una manifestazione di pura
gli Egiziani dovranno gettarsi ai piedi di cortesia verso ospiti illustri, ma ricor-
Mosè pregando di esser risparmiati, ma dare che nell'antichità il forestiero gode
anche i popoli e i re della terra si pro- della particolare protezione divina o
streranno nella polvere davanti a Geru- sta addirittura in un misterioso rappor-
salemme redenta 37 • Inoltre sia il verbo to con la divinità (dr. Hebr. 13,2). I-
sia l'azione significata hanno una note- noltre Abramo e Lot col loro gesto, che

l'ltt -.ò /l.xpov Ti}c;


npovEXU'JT)IJEV 'I<rpa1J).. 33 Ad es., David davanti a Saul (r Sam. 24,9);
pu{31ìou aù-.ou ( = Hebr. 11,21) sembra, no- Betsabea e Natan davanti a David (r Reg. I,
nostante la sua oscurità, indicare un gesto di l6.23.31); Giacobbe davanti ad Esaù (Gen. 33,
rispetto e riverenza; ~ n. 40. 3-7); i figli di Giacobbe davanti a Giuseppe
31 Per la traduzione del gesto di mandare un (Gen. 37,9.10; 42,6; 43,26.28); Rut davanti a
bacio con 1CpOO"lGUVftV dr. ~ HORST 60 s. Booz (R11th 2,10).
31 L'ultimo periodo è dovuto a BllRTRAM. 31 r Sam. 28,14; 2 Reg. 2,15; 4,37; Ex. 18,7 va
33 Ge11. 22,5; 24,26. 48. 52; Ex. 4,31; 24,1; piuttosto classificato con r Reg. 2 ,19, ~ n. 40.
Dcut. 26,10; Pr. 5,8; 29,2 ccc,
34 Ex. 20,5; 23,24; 34,14; Deut. 4,19; r Reg. 40 Così tre volte David davanti a Gionata (1
22,54; 2 Reg. 5,18; Is. 2,8; 44,17 ecc. Sam. 20A1); David davanti ai ministri di Sa-
31 N11111. 22,31 ; per Gen. 18,2; 19,1 - coli. lomone (r Reg. 1A7; in maniera simile va pto-
388 s. bilmente inteso Ge11. 47,31, - n. 30); Salo·
36 Ex. 20,5; 23,24; Delll. 4,19; 5,9; 8,19 ecc. mone davanti a Betsabea (r Reg. 2,19); Mosè
37 Ex. n,8; l.r. 45,14; 49,23. dav:mti a Jetro (Ex. 18,7 ).
non è certamente insolito ma pure è e- tranne poche eccezioni, 7tpocr.x:uv;oi:v con
spressamente menzionato, senza saper- l'accusativo, bensì sempre con il dativo
o con locuzioni pteposizionali 42 • Questa
lo rivelano ai lettori o agli ascoltatori particolarità dei LXX è certamente do-
chi è il visitatore. La proskynesis di vuta anzitutto alla costruzione ebraica
Abramo davanti agli Hittiti sembrereb- con t• e li/né; ma non mancano nemme-
no ragioni interne. La costruzione tran-
be un puro gesto di formale cortesia sitiva aveva come punto di partenza il
(Gen. 23,7.12); ma il rispetto completo significato di 'baciare con fervore'; ma
della forma sta a sottolineare la piena questa idea non è possibile in un culto
legalità dell'acquisto del terreno in que- senza immagini.
stione da parte di Abramo. La protesta 2. In linea di massima Flavio Giusep-
contro tale 'forma' si avverte per la pri- pe segue l'uso linguistico dei LXX. -r.po:r-
ma volta nel libro di Ester 41 , dove il ri- xuvEi:v indica anche per lui tanto la
venerazione di Dio o degl'idoli quanto
fiuto di Mardocheo di prostrarsi davanti la riverenza per gli uomini. Tuttavia ci
ad AmG.:1 (li\ l'avvio all'intreccio vero e sono delle differenze non trascurabili.
proprio dell'azione drammatica. Non c'è Nella contrapposizione tra l'adorazione
giudaica e quella pagana della divinità,
passo in cui si possa pensare che il no-
7tpo<rxuvEi:v si riferisce prevalentemente
stro verbo non indichi la proskynesis in a quest'ultima (qui si sente forse l'in-
senso pieno, cioè la profonda genufles- fluenza della ripugnanza greca per fa
sione. L'unica eccezione si ha in 4 Mach. proskynesis ), mentre pet la prima Giu-
seppe prefetisce usare o-ÉBew, i}prio-.x:Eu-
5,12, dove si può notare l'indebolimen- EW e anche nµéiv 43. Inoltre se, narran-
to semantico del verbo nell'area della do la storia dei re d'Israele, lo storico
cultura etnico-greca: Antioco consiglia parla con la medesima libertà dei LXX
della proskynesis davanti al sovrnno 44 o
al vecchio Eleazaro di salvare la pro- ad un profeta 45 , quando invece giunge
pria vita mangiando un pezzetto di al giudaismo del suo tempo evita qual-
carne di maiale ... xat ':tpoO'xuv·l)crctc, µou siasi accenno a tale gesto o almeno il
verbo npocrxu\IELV 46• Certamente è qui
'ti}v cpLÀ.avi}pwnov 1w.priyoplu:v otx'tL-
che va cercata la spiegazione del fatto
pYjcrEic, •Ò uw.v-rou yf)po.c,, «e rispettan- che, raccontando la storia di Daniele,
do il mio benevolo consiglio avrai com- Giuseppe nttenua la proskynesis di Na-
passione della tua canizie». bucodonosor davanti a Daniele (tanto i
LXX che Teodozione in Dan. 2,46 han-
Mentre la grecità profana usa il ver- no 1tpO<TEXUV'l'JO'E) e dice: ... m:crwv É1tt
bo quasi esclusivamente come transiti- 7tp6p-w1tO\I, ii} •p61tl{J 'tÒV l>Eòv 7tpOO'JCU-
vo, i LXX non costruiscono quasi mni, VOVCTL, -.ou'tcp -còv A.o.vlriÀov TJ'11tasE-co,
41 Estb. 3,2.5. Cfr. --+ HmtsT r21-125. Betsabea <lavanti a David (ant. 7,187.349.354).
42 Cfr. HELBING, Karussyntax 296-298; BLASS-
45 Abdia, il maggiordomo del re, davanti ad
Dr:.BRUNNER § 15r,2 (con ulteriore bibl.). Elia (ani. 8,33r). Per la proskjnesis <li Ales-
sandro Magno davanti all'~voµa. (ant. n,331;
43 Ios., tmt. 3,91; 8,248; 9,133; ~ HoRsl' -> r, coli. 1319 s. n. 4) cfr. anche ~ lioRST
Il3 s. 63 s.
4-1 David <lavanti a Saul (a11f. 6,285); Ioab e 46 bell. 2,336.350, dr. 360; -> HoRST r27.
'l':poaxvvÉw B 2-4 (H. Greeven)

«gettatosi con la faccia a tena, al modo te1li s'inchinano davanti a Giuseppe; op.
in cui adorano Dio, cosl rese onore a mund. 83: gli animali si prosternano da-
Daniele» 47 • Nuovo, rispetto ai LXX, vanti ad Adamo). Per contro, quando
appare l'uso di 1tpoo-xuvE~V riferito al dice che la proskynesis all'imperatore è
tempio 48 o alla torà 49• Però quando nel un' <msanza barbara» (~ct.pBap~xòv !Hb;)
suo discorso ai difensori di Gerusalem- che contrasta con l'antica libertà roma-
me assediata egli fa notare che «il luo- na, tenta semplicemente di far apparir<>
go santo è profanato da mani di co!llla- ai Romani in una luce più favorevole il
zionali, mentre anche i Romani lo vene- rifiuto della proskynesis da parte delfo
rano ( 'ltpocrxuvEi:V) da lontano» ( bell. 5, legazione giudaica (leg. Gai. rr6). Fil0
402), Giuseppe non pensa tanto ad una ne usa 1tpocrxvvE~V in senso ttaslato pri-
prorkynesis in direzione del tempio ma di tutto con riferimento a cose sa-
quanto ad un atteggiamento di ammira- cre, come il tempio, la festa del perdo-
zione riverenziale 50 • no o la Scrittura (leg. Gai. 310; vit.
Mos. 2,23.40); ma anche qui al culto
3. In Filone accanto all'uso religioso del vero Dio corrisponde il culto degl'i-
puro si fa già più netto ed evidente l'u- doli, e Filone biasima coloro che sono
so profano. Quando egli condanna !"a- idolatricamente attaccati allo sfarzo e al-
dorazione' della ricchezza, il contesto la superbia della vita urbana (decal. 4) 51 •
mostra che gli ripugna proprio il fervo-
re addirittura religioso di tale venera- 4. Per i rabbini la proskynesis è uno
zione (spec. leg. 1,24). In un altro pas- dei tanti atteggiamenti che si possono
so, trattando della triste sorte di chi è assumere per pregare. Di regola si pre-
venduto in schiavitù, dice: µ'l)o'ova.p gava stanto in piedi 52 ; ma si narra che
•Ò •fli:; 7tt:x:tplooi:; itoa<poi:; E't~ 7tpoo-xuv1)- già R. Akiba (t c. I35) avrebbe usato
uov-cai:; (spec. leg. 4,17), dove è incerto spesso prostrarsi quando pregava da so-
se intenda indicare una proskynesis re- lo (quando cioè non guidava altri nella
ligiosa o una manifestazione spontanea preghiera) 53. Più tardi si distinsero vari
di amor patrio. Benché nella polemica tipi di prosternazione, uno dei quali, la
contro il po1iteismo pagano esorti a non cosiddetta qtda, sarebbe stata già prati-
adorare chi è della nostra stessa natura cata da R. Shimon b. Gam1iel ( t 70) 5~.
('tOÙ<; aOEÀ.q>oÙ<; <pUCTEt µ1} 7tpOCTXWW- La letteratura rabbinica parla inoltre
µEV: decal. 64), Filone non esita ad usa- della proskynesis rivolta ad uomini, di-
re il verbo 1tPOCTX\NELV come nei LXX scutendo e definendo quella che nell'A.
per indicare la rispettosa sottomissione T. era riservata ai re e agli altri grandi
ad altri uomini (ad es. Ios. r64: i fra- d'lsraele 55 , ma ricordando anche quella

41 a11t. rn,211; ~ HoRST n3 s . 126 s. ScHLATTER, Komm. Mt. 31. Per tutto il para-
48 Ad es., aut. 13,54; 20,49; beli. 2,341; 5, grafo cfr. anche SCHLATTER, Jos. 74.
38r. 51 Qui si trova anche l'associazione con 'tElh}-
49 ani. 12,114; parimenti già ep. Ar. 177.179 7tfva~, che in Filone è usata abbastanza fre-
narra che quando gl'inviati cli Elcazaro gli por- quentemente quando non si tratta dell'adora-
tarono i rotoli della legge, Tolomeo Filadelfo zione di Dio in senso stretto.
rese omaggio ai libri sacri compiendo sette vol- 52 Cfr. STRACK-BILLERllECIC II 259 a Le. 22,41
te l'atto della proskynesis prima di salutare gli e le indicazioni ivi fornite.
ambasciatori con una stretta di mano (179 dr. 53 T. Ber. 3,5(6) (STRACK-BILLERDECK n 260).
173}, ~ col. 390. S.J Sukka b. .53a bar. (STRACK-BILLERBECK II
5-0 Giuseppe costruisce generalmente 7tpocrxv- 261).
\1Et\I con l'ace., più raramente col dat. Cfr. 55 Sheb11ot b. l6b b~r. (STRACK-BILLERBECK l
fatta davanti a rabbini come segno di procedimento contrario sembra collocar-
venerazione 55 . In tale prassi si riflette si nella medesima prospettiva: molto
palesemente l'idea che questi uomini so-
no con Dio in un rapporto particolar- probabilmente Mt. 27,29 non conserva
mente stretto in virtù del loro intenso fa proskynesis dei soldati ricordata da
studio della torà. Mc. x5,19 perché per lui il verbo indica
sempre una manifestazione di autentica
C. IL N.T. adorazione. Se ne può dedurre che in
r. Quando il N.T. usa npocrxvvEi:v, Mt. 18,26 la parabola non corrisponde
l'atto è rivolto sempre a qualcosa di di- rigorosamente ai canoni di Jiilichet, ma
vino o di presunto tale. Mt. r8,26: m:- dietro 1'&.vltpw'ltoc; (3C1.oÙeuç fa intrav-
GW\I ... 'ltpOCTEXV\IE~ CX.Ù't<f> (V. 2 9: 'ltECTWV vedere Dio stesso.
... ltO:pExaÀn o:ù-.6v ), «gettatosi ai piedi La minor frequenza riscontrata in
gli rendeva omaggio». Questo passo Marco rispetto a Matteo 57 non consente
è solo apparentemente un'eccezione a nemmeno di parlare - nei casi in cui per-
quanto abbiam detto, giacché è impro- sone che cercano semplicemente aiuto si
babile che scegliendo questo verbo Mat- prostrano davanti al rabbi galileo - di
teo voglia descrivere semplicemente la una «proskynesis profana» davanti a
dovuta proskynesis de1lo schiavo al pa- Gesù quale «forma consueta di saluto
drone ovvero al re (~ x, col. 307 ). Con- rivolto a persone considerate degne di
tro tale interpretazione restrittiva non rispetto» 58 (ad ogni modo, non nel ca-
sta soltanto l'uso solito di ltpocrxvvEi:\I so di Matteo). Questa forma · di saluto
nel N.T., ma ben più il fatto che Mat- può essere esistita (~ colI. 392 s.), ma
teo altera o amplia il testo di Marco l'uso del termine in Matteo dovrebbe
non meno di cinque volte per presenta- piuttosto significare che coloro che si
re espressamente come proskynesis l'at- prosternano rivelano già col loro gesto,
to di colui che si avvicinava a Gesù: il senza saperlo né volerlo, con chi hanno
lebbroso (Mt. 8,2, cfr. Mc. IAo), Giai- che fare. Anche la proskynesis dei Magi
ro (Mt. 9,18, cfr. Mc. 5,22), i compagni (Mt. 2,2.n, ripreso in 2,8) è diretta in
di barca (Mt. r4,33, cfr. Mc. 6,51), la realtà al Signore dell'universo. L'empia
cananea (Mt. 15,25, dr. Mc. 7,25), la pretesa assoluta del tentatore si mani-
madre dei fìgli di Zebedeo (Mt. 20,20, festa anche nel!~ richiesta della proskf
cfr. Mc. ro,35). Anche l'unico caso di neSis, che invece compete solo a Dio

r8 a Mt. 2,2). DECK I 996 a Mt. 26,49); ~ HoRST 64; 1, coli.


55 Ket. b. 63a: davanti a R. Akiba; STRACK- 1325 s.
B1LLERDECK I 5r9 a Mt. 9,18); Pett j. i,x (r5 57 npouxuvEi:v appare in Mt. i3 volte, in Mc.
d,28 s.) e Sa11h. b. 27b (davanti a R. Jonatan e 2 (5,6 e r5,r9), in Le. (+Act.) 7.
R. Papi, con bacio del piede; STRACK·BILJ.J.lR- 58 ~ HORST 186.
1tpooxuvfo.1 e I-2 (H. Greeven)

(Mt. 4,9 s.; Le. 4,7 s.) 59• In confronto al- ... É'ltÌ. 7CpOO"W1tO\I (-7 X, coll. 306 s.).
la prosternazione di coloro che vengono
a Gesù per essere aiutati, la proskyne- 2. A tutta prima potrebbe sembrare
sis dei discepoli è menzionata raramen- che nell'episodio della samaritana (Io.
te, e sempre per un motivo particolare: 4.20-24) 61 'ltpoo-xu'llEL\I sia usato in sen-
l'improvvisa illuminazione che Gesù è sc totalmente traslato, giacché Gesù par-
il Figlio di Dio (Mt. 14,33 [ -7 IV, col. la di un npoO-XV\IEL\I «in spirito e veri-
243], dr. Io.9,38) o l'apparizione del tà» (v. 2 3 ). Prima di trarre questa con-
Signore risorto (Mt. 28,9.17; Le. 24, clusione bisogna però fare alcune consi-
52 00). derazioni. Intanto, anche se l'atto della
L'usura del verbo 1tpoo-xuvEi:v riscon- prosternazione non sta più in primo pia-
trato ad es. nei papiri (-'> coll. 3 84 s. ), no né ha alcuna rilevanza, la discussio-
nel N.T. e più in generale in tutta la ne verte tuttavia sul luogo dell'adora-
sfera della fede israelitico-giudaica 61 e- zione. Inoltre sullo sfondo si scorge l'u-
rn ostacolata dalla concezione che pone- so tecnico del verbo pe1· indicare il pel-
va in evidenza la distanza di Dio. Pietro legrinaggio dci Giudei a Gerusalemme
respinge la proskynesis di Cornelio di- (vedi anche Io. 12,20; Act. 8,27; 24,
cendogli: «Sono un uomo anch'io» (Act . 11 ). Quando Gesù, dunque, invece di
10,25 s.). Persino l'angelo rivelatore indicare come meta del pellegrinaggio
deìi'Apocalisse richiama il veggente che uno dei due luoghi menzionati dalla
si era gettato ai suoi piedi e lo indirizza donna 63, parla di adorazione <dn spi-
a Dio: opa. µrr CTU\IOouMc; <lO~ ELµ~ xrx.L rito e verità», formula un ossimoro: ap-
"twv <ioEÀ.cpwv uou ... , «non farlo! Sono punto il rtpocrxu\IEL'V in senso proprio, il
un conservo tuo e dei tuoi fratelli ... » concreto atto di adorazione legato ad un
(Apoc. 19,ro; 22,9). Si è inoltre mante- luogo e ad un gesto preciso, è trasposto
nuta inalterata l'immagine plastica della nella nuova dimensione dello «spirito e
profonda genuflessione con la faccia a verità». Il passo non vuole quindi pro-
terra. Spesso questo gesto è menziona- clamare l'onnipresenza di Dio né esige-
to esplicitamente; ad es. Act. 10,25: re o promettere una imprecisata 'spiri-
1mrwv hi:L "toùc; 'ltooac;; r Cor. 14,25: tualizzazione' della preghiera 61 ; esso af-

59 Nel N.T. 1tpocr:>tuVE~V è usato per indicate xa.t 'tTJ\f TCEpt a.ÌJ'tÒ\I 6.!;lwow xrt.:ra.n)..a.yÉV'tE<;
l'adorazione di forze demoniache ancora in EDE~ mi;)..a~i{) 1tpo~xU\louow .. . Anche qui fl)E~
Aci. 7>43; Apoc. 9,20; :i:3,4.8.12.1:;; 14,9.u; mi}.crn'.ì) suona quasi come una scusa.
16,2; 19,20; 20A. 62 Cfr. ~ HoRS'l' 293-307; ScHLATTER, Joh.
«> Supposto che le parole 1tpoo-xuv-ficro.v·m; 126; BAUER, ]oh., ud l.; BULTMANN, Job., ad I.
a.in:6v appartengano al testo odsinale. fl Per il Garizim e Gerusalemme come punti
61 L'unica reale ecçezione è costituita <la l'hi- verso cui ci si volgeva nella preghlera cfr.
lo, Ios. 164: xo.l ol µÈv Et<; A(y1nn·o') f>JJ6'1- D6LGER, op. cit. (~ n. 20) 186-189.
w; Év'turxavouow wç
à.)..)..o-.pll(l -.&.8t)..cpi{j ~ Cfr. anche Bm.TMANN, Joh. :i:40 n . .3·
ferma invece che l'adorazione e la pre- fiuto del gesto da pane dell'angelo in-
ghiera devono essere conformi alla nuo- tetprete mostra che l'autore intende
va realtà nella quale solo il Figlio può sempre la prosky11esis in senso proprio
farci entrare (cfr. ~ 1, col. 663). Non (Apoc. 19,rn; 22,8 s. 66).
c'è quindi più alcun luogo che possa pre-
4. Basta uno sguardo alla statistica
tendere di essere l'unico legittimo luogo
dell'uso di 7t()OO'XU\IEL\I nel N.T. per no-
di adorazione; ma ciò non significa che
tare un fatto curioso: il verbo è abba-
l'adorazione stessa possa o debba pre-
stanza frequente nei vangeli, negli Atti
scindere da un luogo concreto o, ancor
e poi nell'Apocalisse, mentre manca del
meno, che il gesto stesso dell'adorazione
tutto nelle lettere, fottn eccezione per
sia stato abolito.
due citazioni dell'A.T. in Hebr. r ,6 ; II,
3. Il quarto evangelista non sta cosl 2r e I Cor. 14,25. Se si prescinde da
su posizioni diverse da quelle dcl veg- Act. 24,Ir (dove 7tpoo-xuvdv è termine
gente dell'Apocalisse, davanti ai cui oc- tecnico indicante il culto nel tempio, -7
chi il culto celebrato in cielo si svolge col!. 396. 400 ss. ), il passo paolino (r
come una ripetuta e continuata pros- Cor. 14,25) è l'unica testimonianza di
kynesis (Apoc . .po; 5,I4; 7,u; u,16; proskynesis neHa comunità protocristia·
I9,4) con la quale si indica la prostra- na. Anche qui però Paolo non intende
zione ogni volta esplicitamente menzio- evidentemente descrivere una prassì co-
nata. Anche coloro che in terra ado- mune, bensì esprimere efficacemente (e
rano Dio (Apoc. II ,I 65 ; r 4,7) o il drago per questo scopo si rifà volutamente al-
e la bestia (Apoc. r 3,4.8.r2.15; 14,9. l'uso linguistico dell'A.T.) l'incondizio-
II; 16,2; I9,20; 20,4) vengono desi- nata sottomissione dell'li.mcr"o.:; a Dio,
gnati come 1tpocrxuvo\.l\l>tEç. Alla fine dei di cui riconosce la presenza nella comu·
giorni non solo tutti i popoli appari- nità. Prescindendo dunque da 1 Cor. 14,
ranno davanti a Dio e l'adoreranno 2 5, vien detto che si prega in ginocchio
(Apoc. 15,4), ma anche i servi di Sata- (Act. 9,40; 20,36) o a mani alzate (I
na, a Filadelfia, faranno Ja medesima co- Tim. 2,8) 67, senza però che il verbo
sr, nei riguardi dell'angelo della comu- r.:pocrxuvEi:v venga usato. Anche questo
nità del luogo (Apoc. 3,9). Il ripetuto ri- dimostra quanto fosse sentito il valore

t\.; Cosl con LoHMEYER , Apk., ad l. la comunità partec.ipcrà al trionfo dell'agnello


sui suoi nemici.
6ti La contraddizione formale tra 3,9 e 19,10; 67 La frase xaµ'lt..W -tà y6va-çQ: µou 1tpliç -tliv
22,8 s. s i risolve se si nota che l'angelo della 7ta.-rÉpa...., tva. ... (Eph. 3,14 ss.; --'> v, col. x67)
comunità è un messo e uno strumento di Dio corrisponde sostnnzialmente a r.poO'XVVELV, ma
(Apoc. r ,16.20; 2,1; 3,1), ma che la comunità è usnta figuratamente per rendere l'idea della
i·apprescntata in lui starà in futuro presso il preghiera, mentre nel resto dcl N.T. 7tpocrxu-
trono dell'agnello (14,x.3). Con la predizione VEL\I non subisce un tale affievolimento di si-
della proskynesir si afferma semplicemente che gnificato.
399 (VI,766) 7tPO'.T>:U\lfoJ e 3 - ';iflOCT;(UVTJ'tlJç (H. Greeven)
plastico del verbo: la proskynesis ha bi- -cLxÌ] 'ltpocrxuv1]ut<; (honoraria adoratio ),
sogno di una maestà che sta davnnti al- che compete alle sacre immagini, e una
aÀ:l)i}LV-l) Àa.'\'pe:la. (vera [a tria), che spet-
l'adoratore e al cui cospetto questi si ta soltanto alla natura divina (iì 1CpÉ'ltEL
prostra 63 • Il Figlio di Dio in terra era µ6vn 'tTI i}El~ <pUO"E1)
72

visibile a tutti (vangeli) e il Signore glo-
Sintassi: rispetto all'uso dei LXX, il
rificato si mostrerà di nuovo ai suoi verbo è costruito più frequentemente
quando alla fede subentrerà la visione con l'accusativo, secondo il migliore e
(Apocalisse). più antico uso greco 73 • Tuttavia il co-
strutto di gran lunga più diffuso è quel-
lo col dativo_ Locuzioni preposizionali
D. LA CHIESA ANTICA come Èvwm6v -.woç hanno il loro mo-
dello nei LXX. Non è possibile provare
Per i Padri apostolici valgono le stes-
una costante differenza di significato tra
se osservazioni fatte per il N.T.: 1tpocr-
i costrutti con l'accusativo e quelli col
xvvdv è usato quasi unicamente nella dativo 74 •
descrizione del culto pagano w. Soltanto
in mart. Polyc. 17,3 leggiamo: 'toih·ov
µÈv yàp vLòv ov-ca 'tOU 'Ì)Eou npocr:x.uvou- ·t 1tpOuXU\l'l)'t1]<;
µev, «noi, infatti, adoriamo lui (=Cri-
1. Fuori del N.T. il termine è atte-
sto) che è Figlio di Dio». Tuttavia an-
stato per la prima volta in una iscrizione
che in questo caso in cui npocrxvvE~V ri-
guarda la fede cristiana il verbo è usato del III sec. d.C., trovata in Siria (Ditt.,
con un'accentuazione polemica per di- Or. I 262,2r), in cui è riportata una de-
liberazione assunta nell'interesse dei pel-
stinguere nettamente l'adorazione di
legrini che si recavano a una festa ( 'tO~<;
Cristo dalla venerazione dei martiri 70•
&.v1ouun 7tpocrxvv1)'tatç) e inviata a suo
Per contro act. Phil. 42 narra che una
tempo all'imperatore Augusto. Si tratta
ragazza, a cui l'apostolo aveva promes-
quindi di un documento immune da o-
so la guarigione, «gli si prostrò davanti
gni influenza cristiana. Tutte le altre te-
in adorazione dicendo: 'Mi prosterno al
stimonianze a noi note dipendono inve-
medico che è in te'» (1tPOCTEXU\l'ijCTE\I a.u- ce da Io. 4,23.
't@ À.Éyouo-a: 1tpouxvvw -.òv Èv croL la-
-.pbv) 71 • Più tardi l'uso della parola su- Nel N.T. 1tpocrxuvn-.l]ç compare
2.
bisce una notevole limitazione: il vn
Concilio Ecumenico (Nicea 787) stabi- solo in Io. 4,2 3: ot &.À:r11>1voL 7tpoo-xu-
lisce la netta distinzione tra una 'ttµ'l')· vri.-al. Nel contesto del dialogo di Ge-

M Cfr. anche~ HoRsT 193 spcc. n. 4. 7l [Osservazione di DEBRUNNER]; cfr. BLASS-


:l Cle"'· l,6; 3,1; rnart. Polyc. 12,2; Diogn.
{fJ DEBRUNNER § 151,2 (con ulteriore bibl.).
2AS. 74 Come sostengono invece E.A.A1moTT, Jo-
70 H. v. CAMPENHAUSEN, Bearbeitunge11 und ban11i11c Vocabt1lary (-r905) 133-142; ID., Jo-
I11terpolatio11cm des Polykarpmartyriums, SAH hannine Grommar (1906) 78 s.; LoHMEYER,
1957, 3 (1957) 26-28 ha inoltre dimostrato che Apk. a 14,7; cfr. ~ HoRST 33·39.
la frase fa parte di un'interpolazione del :wo ca.
11 [Aggiunta cli NocK]. 7tpOO"KUVT]'ti}ç
72 J. D. Mt.NSI, Sacrorum conciliorum ... collcc- CREMER- KéiGEL, PREUSCIIEN. IlAUER s' s. li.;
tio vm (1767) 377 D s.; dr. H. v. CAMPENHAU· BuLTMANN, ]oh. 140 n. 7; DmssMANN, L.O.
S1'N, Die Bilder/rage als theol. Problem der al- 79 s.; J. HonsT, Proskynein (193:l) 306 n. 2;
tcn Kirche: ZThK 49 (1952) 56. PRBISIGKE, 1Y/or/. lI 406.
"l\.f'V~'{/V.."V', .t. ~ ) \'-• • l.1'.111u1"'iJ \ . - 11 ........ , . - -

sù con la samaritana l'espressione signi- 396 s.) coloro che «adorano in ispirito e
fica veri, genuini, sinceri adoratori, che verità». H. GREEVEN
sono (come precisa il seguito, -7 coll.

'ltpocr À.a.p.f3avop.at ~ vr, coll. 48 s. 1tpocrp.ÉVU) -7 VII, coll. 39 s.


7t!)OCTÀ.'fJµ~nç ->VI, coll. 48 s. Tipocr-.a<r<rw --+ 'trl.crcrw

l. L'etimologia del vocabolo è incer- «uva fresca e secca» (ebraico laf?: Num
ta 1, ma il significato è sicuramente fre- 6 ,3); «un nuovo amico» ( = \IÉoc;, op-
sco, nuovo. a) Con riferimento a cose posto di à.pxa.i:oç, 7tO..À.!Xto-): Ecclus 9,
che sono soggette alla decomposizione e ro. b) Nuovo nel senso di illecito, ri-
all'avvizzimento: fresco, non guastato, spetto al tradizionale: ~i::òc; 7tp6crqiix't'oc;
incorrotto: insieme con Épo"fiEt<; ( = ru- (accanto ad à.À.Ào'tptoç) = 'el ziir (ljJ
giadoso), detto del cadavere di Ettore 80,10); per tradurre fladriWm miqqiirob
(Horn., Il. 24,757; cfr. 419), di pesci = xmvot npoo-q>ct"tot [ ilwl], «nuove
(Menand., fr. 397'4 [Korte]), di frutti divinità straniere» (Deut. 32,17). c) Per
e olio (Aristot., probi. 20,30 [p. 926 a indicare avvenimenti recenti: ou:x. fo't't\I
30; 927 a 29]), di sangue (Hippocr., rcfi.v 7tp6c1<pcx.'t'O\I U1tÒ "tÒ\I ilÀ.tov, «non c'è
epid. 7,ro [Littré v 318]). b) Con ri- niente di nuovo ( = nessuna novi_tà) sot-
ferimento ad eventi recenti oppure a to il sole» (Ecc!. 1,9: l'ebraico ha pàdiis,
persone appena comparse: ultimo, re- che nel v. ro è tradotto con xcx.w6ç).
cente, nuovo, che non c'è stato prima:
&lxa.t (Aesch., Choeph. 804), Òpy1} (Lys. L'avverbio significa poco prima, poco
18,19; Ios., ant. 1,264), E.Òepyecrlai fa: Deut. 24,5; Iudith 4,3.5; 2 Mach.
(Polyb. 2,46,1), µap't'upeç ... ot µÈv 'lta- 14,36; Ez. u,3 (per b0 qifri3b).
À.a.tol. ol SÈ 'ltpocrq>a."toL, «testimoni an-
tichi e recenti» (Aristot., rhet. 1,15 [p. 3. Nel N.T. l'aggettivo è usato sol-
1375b 27]).
tanto in Hebr. 10,20: fiv €vi::xalvto-ev
L'avverbio 'ltpOO'cpa:twç significa da i)~ti:v ò&òv 1tp6crcpa't'OV xat 't,wO"a\I &tà
poco, recentemente, ultimamente: Ditt., 1
'tOU %C>:'t<X.1tE't'aO"µa't'O<;, 't'OU't Ecr't't\I 't'Tl<;
Or. I 315,23; Ios., bell. l,127; ant. ro,
264. <rapxò_c; au't'OV, «accesso che egli ha i-
2. Nei LXX: a) fresco, recente, nuo- naugurato per noi come una via nuova
vo. a"te>:<puÀ.iJ 7tpocrq>a"toc; xixt o--ca.qilç, ( = prima inesistente) e viva attraverso

1tp6crCjlrk'toç, 1tflOO'cpa'tw<;
PAssow, LmnBL1.-ScoT'r, MouLTON-MILLIGAN, r-;p6crqia. {dr. µÉO'Cjl~ = µÉXPL: SCHWYZER I 503 ,
PREUSCHBN-BAUER5, s.v. aggiunta 2)? Meno probabili le derivazioni da
1 1tp6c;-<pr1:toc; (ilElvw, cpovÉw) = mr1cellato di 1tp6cr-<pT)µL e 1tpoqiMvw ~ Bo1sACQ 816; HOF·
fresco [per l'occasione)? Oppure viene da m1 MANN 185.
l.1 cortina, cioè la sua carne» (--7 VIII, Dio vivente (cfr. 9,14). Il conciso pen-
c.:oll. 214 ss. ). Il passaggio alla parte pa- siero del v . 20 (che vuol essere una spie-
renetica di 1-1ebr. (vv. 19 ss.) riassume gazione del v. 19) contiene un parallelo
ancora una volta il risultato dell'opera un po' oscuro . Mediante [8tù] -tfic; 0'(1.p-
di Cristo. In virtù del sacrificio perfet- xòc:; w'.rtou l'autore riprende il pensiero
tamente valido di Gesù, sommo sacer- di Èv 't'éi) a.l:µa.-.t 'I11c;oi) e<l esprime il
dote, la nuova comunità possiede ora il motivo <ld diritto di accesso a Dio. La
diritto 2, finora non manifestato (9,8 ), di nuova via non passa più attraverso i
accedere al santuario (cioè a Dio stesso : vecchi sacrifici, cioè attraverso «la cor-
dr. 9,24) (v. 19). Il risultato dell'opera tina del tempio», bensì per l'evento sal-
di Gesù è la creazione della ooòc:; ?tpéxr- vifico avvenuto neHa persona e nella
qa-.oc:; XC1.t l'.;wO'a che ora è stata aperta 3• morte di Gesù, cioè «attraverso la sua
Tn questa frase -:;;p6:rq>a.-.oc:; riunisce due carne». La corrispondenza di Gesù con
idee. Da un punto di vista cronologico la vecchia cottina consiste nel fotto che
la rivelazione in Cristo è il nuovo even- entrambi procmano l'El:croooc:;: la cot-
to, la nuova realtà 4, rispetto alla quale tina l'accesso ~l santissimo nell'adom-
l'n'1tica via che conduceva al luogo san- bramento, Gesù l'accesso alla presenza
tissimo scade a mera ombra della realtà di Dio ne1la perfetta realtà. L'idea che
futura (cfr. 8,13; 10,1). A tale novità fa carne di Gesù costituisca in quakhe
si :iggiunge poi la nota della qualità 5 • modo un ostacolo nei confronti di Dio 6
Come la vitalità della via si manifesta è del tutto estranea alla Lettera agli
nel fotto che da essa emana una viva Ebrei ;. È parimenti lontana qualsiasi al-
cd efficace virtù (cfr. 4,12; 7,25), così lusione a Mc. 15,38 par.
1tpOO'qJa.-roc:; esprime ]'imperitura fre-
L'avverbio nel senso di recentemente
schezza della nuova rivelazione, davanti
ricorre in Act. 18,2; con lo stesso signi-
alla quale le cerimonie e 1 riti stantii
ficato anche in mari. Polyc. 4.
appaiono come «opere morte» che im-
pallidiscono di fronte al culto reso al C.MAURER

2 "JtapfJTlc:rl(I. (--'> ix. coli. 923 s.) è più c:hc Herm., ad l.: «Solo negli ultimi tempi è diven-
semplice franchezza soggettiva; è il diritto og- tato possibile accedere ·all'antica città di Dio».
gettivo di nvcre una tale franchezzn. > SPICQ, op. cit. (4 n. 3) 315: «È una qualità
3 -+ iyxawl!;w rv, coli. 1362 ss.; MtcHEr.,
che la nuova via conserverà sempre, perché
I-lebr. , ad t. ; C. SPICQ, L'épitrc aux Hébreux nella nuova alleanza niente invecchierà più».
(1953) ad t.
4 Anche se più sbiarfon. la stessa accezione 6 RIGGENBACll, Hebr.; JoH. SCHNl!lDER (-+ v.
appare in Herm., sim. 9,2,2, dove -r.p6:Tq>Gt- coli. 255 s.); E. KXsm.tANN, Das wandernde
"t'oç è l'opposto di r.t:t.À.ri~6ç (rupe nntica con Gottesvo{k 1 (1957) 145-147 e altri.
portn scavata di recente). Cfr. DIDBLIUS, 1 ]. HÉRING, L'épitre a11x Hébrcux (1954) ad I.
"f\.fJUlit.'J"tt.V"/ Ll. \ .L • .Ll'J l '>\:" I 1 l I 1JU';JJ .:.t VV

Ti:pocrcpopa ~ cpÉpw

7tpOCJW1tOV, EÙ7tpOCJW1tÉW,
1tpOO'W1tOÀ:Y'} µIJ; la.,
TCpOO"W1tO À. 1J µ'1:1)<;,
7tpOO'W1tO À T) µ:rt'l:ÉW,
&.7tpOO'W1tO À1) µ 7t'tWc;

t 1tpOO'W1tO\I C. L'uso li11g11irtico del N.T.:


r. il volto;
SOMMARIO: 2. il lato esposto;
3. il volto di Dio;
A. L'uso linguistico presso i Greci: 4. la persona.
I. il volto; D. L'uso li11g11istico della chiesa antica:
2. la maschera; r. 7tpocrwttov nei Padri apostolici;
3. la persona. 2. r.p60-w1wv nella cristologia e nella dot-
B. L'uso ling1dstico tld LXX e del tardo giu- trina trinitaria ddln chiesa antica.
dllismo:
l. i LXX:
I. il volto; A. L'uso LINGUISTICO GRECO PROFANO
2. il lato esposto;
~.il volto di DJo; Il significato fondamentale di 'ltpé<rw-
n:il tardo giudaismo: nov è viso, volto, faccia. Cfr. la defini-
I. Filone e Giuseppe; zione in Atistot., hist. an. r,8 (p. 49rb
2. scritti pseudcpigrnfìci e rabbinici . 9 ): 'tÒ o\'ni;Ò 't'Ò 'Y.~J(J..V~OV Òvop..ic~E'\CL~

7t(J6<iW'ltOV Per B:
Per A: ]. BoEHMER, Gottes A11gesicht: BFTh 12
PREISIGKE, 1Vort. II 421 s.; LIDDBLL-ScoT'r, (1908) 321-347; W. \Y/. GnAF BAUDISSJN, 'Gott
s.v.; PREuscHEN-BAUER5, s.v.; K. PRAECHTER, scha11e11' i1I der alt.licben Religio11: ARW r8
IIp6uw7tov: Philol 63 (z904) r5~ s.; S. (z915) 173-239; E. G. GuuN, Das Amlitz Jah-
SCHLOSSMANN, Persona und IlPO~flilON i111 wes im A.T., Annales Acadcmiac Scientiarum
Recht twd im chr. Dogma (r906); A. TRENDE- Fcnnkae 17,3 (19i3); F. NoTSCHER, 'Das A11-
LI!NBURG, Zur Geschichte des lVortes Person, gesicht Gottes schauen' nach bibl. rmd baby.
Kantstudien 13 (1908); R. HrnzEL, Die Per- Jo;1iscber A11/frmrmg (1924); J. MoRGENSTERN,
son, Begri/] tmd Name derselhen im Altert11m, Moses with the sbi11i11g Face: HUCA 2 (1925)
SAMiinch 1914, 10 (1914); H. RHEINFELDER, l-28; ]OBA~!NtSSOHN, Priipos.; H. MmnENDORF,
Das Wort 'Persona', Geschichtc sci11er Bedcu- Gott sieht, eilJe terminologischc Studie iibcr
tang mit besondercr Deriiksichtig1111g des das Schauen Goltcs im A.T., Diss. Frciburg
franzosischen rmd italienischen Mittelalters, (1935); A. Il. JoHNSON, Tbe Vitality of tbe
Bcih. zur Zeitschrift flir Romanische Philolo- Individuai in tbc Thought of Ancient Isrrrel
gie 77 (1928); F. AL'l'HEIM, Persona: AR\V/ 27 (t949) 42-46.
{r929) 35-52; M. NÉDONCilLLil, Prosopo11 et Per C:
persona ,fllr.s l'r.11tiq11ité clllssique: Rcvuc dcs S. ANTONIADIS , Neotesta111e11ticll 1 : Neophilo·
Sciences Rcligienscs n (l9.18) 277-299 ; L . logus r4 ( r929) 129-132.
MALTEN, Dic Sprache des 111e11schliche11 Ant- Per D:
litzes in der A11tike: Forschungen uncl Pott- ScHLOSSMANN (-> p e r A); A. GRILLMEIER,
schrittc 27 ( 1953) 24-28. Dlls Konzil vo11 Cb(//kcdo11 r (1951) 49-52.
1tp6!1wrcov A 1 (E. Lohse) ( VI,770) 4011

'hpocrc..mov ... npocrwTtou oÈ -.ò µi:v ùnò dominante di tutto l'ovale della parte
-cò BpE-yµo:. µE•o:!;v -cwv 6µµci-cwv µÉ- anteriore del capo 2 • Accanto al plurale
-.w11:ov, «la parte sotto la calotta crani- c'è però già nell'età antica l'uso del sin-
ca si chiama 7tp60"wTtov (faccia) ... la golare, che successivamente sarà l'unica
parte della faccia che occupa la zona forma cortente: Hes., op. 594; Aesch.,
inferiore della regione frontale, tra gli Ag. 639; Soph., Oed. Tyr. 448; Eur.,
occhi, si chiama µÉ'tW'JtOV (fronte)» 1• Hipp. 280.720; Aristoph., av. 13:2.I; Si-
Anche per comprendere gli altri usi del monides 3 37,12; Plato, Euthyd. 275e;
termine bisogna partire da questo signi- leg. 9,854d; Xenoph., Cyrop. 2,2,29;
ficato fondamentale. Demosth., or. r8,283; per l'età ellenisti-
ca cfr. Wilcken, Ptol. 70,5; BGU III
r. Il volto 909,12; xo:I. TioÀ.À~ Ò:O"EÀyl)µa:rn À.É-
ywv Ei.c; 7tp6crw1t6v µou (P. Oxy. v1 903,
Il vocabolo 1tp6crw1tov è attestata per 21 ). Di regola il termine è usato in
la prima volta in Omero, dove è usato greco solo per la faccia dell'uomo, tal-
quasi esclusivamente al plurale col si- volta anche per il volto degli dèi (Eur.,
gnificato di faccia, volto dell'uomo; 10111550), ma non per il muso degli ani-
Horn., Od. 19,361: yp11ùç oÈ Xtl.-cÉcrxe- mali 4: -CÒ o'ù1tÒ -.Ò XprJ..VlOV OVOµcXSE'tO:t
"tO XEpcrt 7Cp6irwr:a., «e la vecchia nasco- 1tpocrw1tOV btì. µ6vov -cwv iJX>...wv s~wv
se la faccia tra le mani»; Il. l 8A14: ò:vDpw7tou· lxWoç yà.p xo:ì. Boòç où ÀÉ-
0"1t0'Y'Y{{) o' à.µ<pt 1tp6crwita. .. . &:rt0(.!6p- ye-.at itp6crw1tov, «la parte sotto la ca-
yvu, «con una spugna si asciugò la faccia lotta cranica si chiama -r.p6crw1toV sol-
d'ambo i lati»; inoltre Od. 20,352; Il. tanto, tra tutti gli animali, nel caso del-
7,212. Abbiamo però anche il singola- l'uomo; nel caso del pesce e del bue
re: Il. 18,24: xaplf.v o'~crxuve 7CpoO"w- non si dice 11:p6crw7tOV» (Aristot., hist.
1tOV, «insudiciò il bel volto». La parola an. 1,8 [p. 491b 9]). Non mancano pe-
è usata talvolta, al plurale, anche dai rò eccezioni: Hdt. 2,74 (dell'ibis); Ari-
tragici. Elettra implora Oreste che non stot., hist. an. 6,29 (p. 579a 2): itp6crw-
la privi del piacere di vedere il suo vol- 1tlX (ÈÀO:cpwv); 9.47 (p. 63ra 5): TCp6crw-
to; (.1TJ µ' cl'JtOO"'tEfYli01Jç 'tWV rfWV 7tp0- 1tOV -cfjc; rtmou.
<1W7ttùV aoovètv µeiMcr~o:.i. (Soph., El.
1277; cfr. anche Oed. Col. 314; Aesch., Poiché il volto determina la figura di
Ag. 794). L'uso del plurale mostra «che tutto l'uomo, 7tp6crwrcov può talvolta si·
come elemento determinante dell'espres- gnificare l'aspetto, la figura dell'uomo:
sione non fu sentito solo o prevalente- (Eur., Med. I 198) eÙcpvÈç 1tpOO"W1tOV. La
mente l'occhio, bensì la regione orale». locuzione fissa xrx:tèt. 1tp6crw7tov serve a
Per i Greci la regione oculare diventa la indicare la presenza personale: Plut.,

1 Non coglie nel giusto l'antica spiegazione di cora meglio, F. SoMMER, Zur Geschichte der
Tbes. Stepb. vr 2048: «rtp61Jwrcov=quod est griech. Nominalkomposita: AAMiinch N.F. 27
circa oculos; Pars, quae est cfrca oculos; -çÒ (1948) n5 n. 1: 1tp6crwm.t. è «la parte della
1tpÒç "t'O~ç wi!iL 1.dpoç». Infatti la 'ipostasizzn- testa che si trova verso gli occhi, sul lato
zione' da 'ltpolJ (antico *1tpo-ç j) -<ù1t è certa, degli occhi» (questa definizione si adatta solo
ma non si capisce bene quale fosse l'idea sog- agli uomini, non agli animali) [DEBRUNNER].
giacente. Certamente non è circa oculos, giac· 2 ~ MALTJ!N 24s.
ché 11p6ç non significa attomo, ma fondamen-
talmente verso, di /ro11te. Suggestivi tentativi
3 Ed. T. BERGK, Poetae Lyrici G1aeci III

più recenti: ScHWYZER II 517 n. 1: «Ciò che (1882).


è rivolto verso gli cechi (di un altro)» o, an- 4 ~ HIRZEL 47.
••f"'-- - ··-· - · - - -.····----- --

Caesar 17 [1 716a]: Cesare scriveva a- che np6vwt.ov continuò però ad essere


gli amici quando gli era impossibile il usato comunemente in tale accezione:
colloquio diretto ('tlJV xa.i;à 7tp6o-w- W0'1tEP OÈ oL ÉV '\'OLç 1'}ErJ.'tpOtc; opetµt:X... wv
rcov EV'tEu!;v11); lnscr. Magn. 93b II: -.wwv trn:oxpt'\'CX.L oùx 01i:Ep ÀÉyouo·lv El-
xa.-rà. 7tp6crw'ltoV Myouc; É'ltoL-ljcrav'to; O'LV, oùO' 01tEp {3ÀÉ1t0\IW.t xcdf 7tEpi.- o
Preisigke, Sammelbuch I 517 4,15: xo:.t XEtv'tCX.L v:p6o-wnov "t'ou'to -i:uyxavoucrw,
É'itE{)W't'l)i>dc; 1tap'O:.V'tOV XO:.'tà 7tp6crw- «come nei teatri gli attori di alcuni
rcov CXV"tOV wµo À.6y1)0"EV' ((e interrogato drammi non sono ciò che dicono né ciò
da lui, confermò in sua presenza». Cfr. che appaiono secondo la maschera che
inoltre Iscr. Priene 41,6; Ditt., Or. II assumono» (Orig., orat. 20,2).
441,66; P. Oxy. VII 1071,r. In senso ttaslato 1tp6crwnov può quin-
di significare il personaggio, la parte che
In senso traslato 7tp6crw'ltov ha spesso
l'attore interpreta; Luc., calumniae 6:
il significato di fronte ed è frequente nel 'tpLWV o'oV"tWV 'ltpOO'W1tWV xcx.i}arcEp È.V
linguaggio militare; Xenoph., Cyrop. 6,
'tcx.i:c; xwµ~ola.tc; 'tou otcx.f3&ÀÀ.ov'toc; xcx.t
3 ,3 5: 't'Ì]V xa:tò. rcpfowrcov 'l'i')c; <pcD,o:.y-
'tOi'i oLcx.{3a.ÀÀoµÉvou xa.t -tou 7tpòc; ov 1)
yoc; i;ci!;w, «la posizione sul fronte del-
ota.{3oÀ.'D YLVE'\'Ctt, «essendo dunque tre
la falange»; Polyb. 11,23,3: Év 'ti\ xo:.-r;à. i personaggi, come nelle commedie quel-
7tp6aw'ltOV rcÀ.wpq., «nel fianco di fron-
lo del calunniatore, quello del calunnia-
te»; inoltre Thuc. 1,106; Xenoph., Cy- to e quello davanti al quale avviene la
rop. 1,6,43; Polyb. I I ,14,6; la facciata calunnia»; Epict., diss. 1,29,45: 'ltp6o--
di un edificio: xo:.'tà. 7tp6o-wnov -r:ou tE-
EÀ~E È\/ 1tpOO'W1t~ 'tO~OU"t'~, l,29,57:
po\i (P. Petr. III 1 col. u 8). -.ou•6 µoL -r:ò 7tp6crw1tov &.vciÀcx.f3g 7 • Se-
condo Epitteto ogni uomo deve cercar
2. La maschera d'interpretare bene, nella vita, la parte
La maschera che l'attore si mette imi- che è stata destinata proprio a Jui: i;o
ta un volto umano e perciò è chiamata OoÌ}Èv \moxpi.VEO'~at 7tpOO'W1tOV XetÀwç
anch'essa 'ltp6crwrcov 5; Al'istot., probi. (ench. 17).
31,7 (p. 958a 17): i;à. --cpix:ytxà rcp6crw- Nei dialoghi della diatriba l'autore
7tet; Demosth., or. 19,287: èivEu 'ltpocrw- presentava volentieri l'opinione di un
'ltou xwµa~Et; Luc., !up. trag. 41: 'tà innominato avversario, chiamato tecni-
7tp6crw'lta. 'tWV 1}Ewv, «le maschere degli camente xwcpòv 'ltpouwnov, di cui discu-
dèi (che entrano in scena)»; IG 1 276 6:
2 teva il punto di vista per poter cosl svi-
7tp6awrcov ùrc6:pyupov xo:-taxpucrov, «u- luppare più chiaramente il proprio pa·
na maschera d'argento placcata d'oro». rete. Philo, Flacc. 20: xwcpòv wc; È1tt
In epoca più recente apparve accanto a O'Xl)Vfjç 'ltpocrwm:i:ov; cfr. anche Plut.,
rcpoO'W'itOV anche la forma 7tpOCiW1tE~ov an seni sit gerenda res publica 15 (u
(ad es., Ios., bell. 4,156), ma unicamen- 791e) 8 •
te per indicare la maschera teatrale; an-

5 ScttLOSSMANN 37; ~ Hrnzm, 40 s. tata un termine del vocabolario giuridico solo


· più tardi. Cfr. ~ HrnZEL 47 s. È ancora con-
6 Editio minor, ed. F. HlLLER voN GXRTRIN-
troverso se il latino persona= maschera, per-
GEN (1924) . sona, sia o non sia un imprestito dal greco
7 Il greco 1tp6a-w1to\I è affine al latino perso11a 7tp6o-wn:ov (tale imprestito si sarebbe potuto
che può significare maschera, parte drammati- avere solo per vie traverse): W ALDE-HOFMANN
tica, persona, personalità, mentre in greco (co- 291 s. [D1mRUNNER] ,
me mostreremo tra poco) 7tp60'WTIO\I è divcn- 8 Cfr. Drneuus, Jak a 2,18.
r.pòo-wr.ov L~ 3 l t.:.. Lonst: J \":l..>// ... ,~,. ..:..

3. La persona virtù e nella fama dei costumi e delle


persone»; P. Oxy. II 237 col. VII ~4= tç,
Nell'età ellenistica 1tpOG"W1toV viene 1
Alyu7t-.iaxwv 7tpocrw7twv. Cfr. moltre
anche ad assumere il significato di per- Dion. Hal., de Thucydide 34; Epict.,
sona, per indicare l'uomo ne~la ,posizio- diss. 1,2,7; Plut., de garrulitate ~3 (1~
ne occupata in seno alla soc1eta che lo 509b); P. Ryl. 28,8. Nel linguaggio dei
circonda 9 • Il volto, «l'occhio è cosl si- grammatici ?tpocrw1toV significa poi la
onificativo per gli dèi e per gli uomini,
0 persona grammaticale: Dian. Thr., art.
che da esso si• conosce ] a persona» IO. gramm. 638b 4; Apollon. Dyscol., de
np6crw7tov viene così a prendere il posto pronominis appellationibus ~ ~ 13 • Nei
di altri termini (ad es., -> crwµa), che primi due secoli d.C. non s1 incontra
ptima erano usati nel significato di per- ancora l'uso tecnico di 7tp6vw1toV nel
sona u. senso di persona f!.ÌtJridica 14 • È vero ch.::
È questione dibattuta e di incerta di- Frinico 15 (u sec.) lamenta che gli orato-
mostrazione se già Polibio abbia usato ri in tribunale parlino spesso di ?tpbcrw-
7tp6crw7tov nell'accezione di persona. In- na · ma Ja critica è diretta all'uso scor-
fatti H',rrrow 'lÌ'YEµ6va xa.t 1tp6crwitov ret~o che fanno della lingua greca. Solo
significa «cercavano un comandante e più tardi, e probabilmente per i~fluenza
persona ragguardevole;» {Polyb. 5 ,I 07, del latino pel'Sona (-+ n. 7), npocrwnov
3); •Ò -.ijç 'E)..)..O:ooç òvoµ;-t xat 7tp6crw- assume un significato tecnico e ricorre
1toV significa «il nome e il volto della spesso nei documenti legali: oi -.ò ITÒ'J
Grecia» (Polyb. 8, 13 ,5 ). L'uso di 7tp6- 1tpoO'tù7tOV 1t)..r)pouv·n:c;, «i rappresentan-
crwitov in Polyb. x2,27,10: -.ò -rov '0- ti della tua persona» (Preisigke, Sam-
ouc;crÉwc; 'ltpOCTW'ltOV si riallaccia all'ac- melbuch I 6000 Il r. I 3 [VI sec.]); •'Ì)V
cezione già vista (-+ col. 410) di per- WVÌ)'ll 'tÌJV "(E\/OµÉVT}V d.c; 'ltpélTW'ltOV -.ou
sonaggio drammatico, parte 12 • Per con- crov EÌ.p'r)µÉvou à.oùrpov, «l'acquisto in-
tro abbiamo sicuramente np6!Jwitov nel testato alla persona del tuo suddetto fra-
senso di persona nei seguenti testi: tello» (ibid., riga 25); civa7t)..r)pouv-.Ec;
P. Oxy. XIV 1672,4 (37-41 d.C.): ;E-
votç 7tpocrw7totc;, «a persone estranee»;
a
-.ò 7tOOO'W1tO\I -.o\i ylo [ U µova<T'tl) plou)
(Preisigke, Sammelbuch r 5n4,49 [VII
Pseud.-Phokylides xo (Diehl' II 92): µ'Ì) sec.]). Pe1· l'uso linguistico del N.T. e
xpi:VE 7tp6!Jw7tov; Plut., de invidia et della chiesa dei primi tempi questa acce-
odio 6 (n 537f): ò cpì}6voç &7t'tE'tat µ6;- zione di 7tp6crwrrnv non ha comunque al-
À.tcr-.a 'tWV XPYJcnGh1 xat auç,oµÉvwv cuna rilevanza, perché sarebbe anacro-
7tpòc; ci.pE't'Ì)v xat M;ocv xat 1)ì}wv xat nistico presupporla già per quell'epoc~ .
-r.pocrwnwv «l'invidia colpisce soprattut-
to colorn ~he sono buoni e crescono in

9 Per~ R1-1EINFELDER 6·17 il significato 1tp6cr- tanto che crwµa. venne :t significare semplice-
W7tOV = persona deriva dal linguaggio teatrale, mente lo schiavo. Cn<ldc cosl il significttto di
perché nell'attore che interpr~ta il perso~ag­ persona.
gio di Edipo noi vediamo Edipo, di mamera 12Per l'interpretazione <lcl dibattuto passo di
che «persona non indica più la scorza, ma la Polibio ~ HIRZEL 44 s.
sostanza della cosal> (p. 8). Tale derivazione JJ Ed. R. ScHNEIDER-G. UHLJG, in Gra111111alici
del concetto è però troppo angusta. Graeci n 1 (1878) 3 riga 1 2.
IO 4 MALTEN 25.
14 Per la questione dell'uso giuridico di r.p6o--
Il 4 HlRZEL 5 -19. Anticamente awµ« pote~a
wr.ov dr. ~ SCHLOSSMANN.
essere usato ancora senza alcuna nota spregia·
tiva; solo più tardi il suo significato si svili IS Ed. c. A. LODECK (1820) .379·
B. L' uso LINGUISTICO DEI LXX E DEL foccia del re», diventa acldirittur;\ un ti-
TARDO GIUDAISMO tolo dei funzionari di corte (4 Ba<r. 25,
18
I 9) • 1tpOctWJtO'\I 7tpÒç 'l':pOO"W7tOV ( ebrai-

I.ILXX co: piinlm 'el-piinlm), «a faccia a faccia»


(Gen. 32,31; !ud. 6,22) 19 ; cfr. anche
Nei LXX 7tpoa-w7tov è usato più di 7CpO<TW1tO'll X<X:"CÒ: 7tpOO"W1tO\I (Deut. 34,
8 50 volte e nella stragrande maggioran- IO). Più volte 1tp6uw1tov è usato per si-
za dei casi traduce l'ebraico piinzm. Ren- gnificare il muso degli animali: 7tp6crw-
de inoltre anche 'a/ (Gen. 2,7); mar'eh 1tO\I À.Éov-.oç (Ez. I,10; 41,19; I Par.
(I Bmr. x6,7 [cod. A]); 'ena;im (1 Baa-. 12,9 ). In alcuni passi 7tpoO"W1tO\I indica
16,7; Am.9,4 [cod.A]); peh(lji54,22) i lineamenti del volto, l'aspetto: cruvÉ1tE-
e 'anaf (Dan. 3,I9 [LXX, Theod.J) 16• ctEV -c0 7tpo<rc.:.m!f), «Caino s'af!lisse in
L'ebraico piin2m è connesso al verbo pii- volto» (Gen. 4,5 ); detto di un aspetto
11ii = volgere, e indica la parte volta brutto: 'tOC np6<rw7tet. uµWv crxuìJpwmi.,
verso chi guarda, quindi sia la faccia, il «i vostri volti son~ tristi» (Ge11. 40 ,7 );
viso, il volto di una persona, sia la par- detto dell'aspetto di una cosa: "ò ri:p6cr-
te anteriore di un oggetto inanimato 17 • W7tO\I -.ou p-fiµa•oç 'tounu ( 2 Bu.cr. 14,
Il significato di 7tpoo-w1tov nei LXX cor- 20).
risponde all'ampiezza semantica dell'e-
quivalente ebraico. Talvolta la faccia significa in realtà
tutto l'uomo. Così in 2 Ba<r. 17,11 a
proposito di Assalonne leggiamo: -rò
r. Il volto
np6crw7to\I crov 7topw6µiivov Èv µÉ<TC(l aù-
Anche nei LXX 7tpoo-wr-ov significa 'tWV, cioè Assalonne deve presentarsi di
frequentemente viso, volto: €Ì:OEV fo:- persona in mezzo agl'Israeliti riuniti in
xwf3 -.ò r.p6crwri:ov "t'OU AaBav, «Gia- assemblea. Qui bisognerebbe ricordare
cobbe vide il volto di Laban» (Gen. 31, anche il testo ebraico di Deut. 7,10, do-
2 ); 'tÒ 7tp6o-wri:ov i:ou -r.:ai:p6c;, «il volto ve è detto che Jahvé ripaga direttamente.
del padre» (Gen. 50,1 ); 7tp6crw7tO\I 'tOU ('el-piiniiw; LXX: xa-.cX. 7tp6crw-r.ov) chi
nmoaplou (4 Ba.et. 4,29.31); ErtEO"E\I A- lo odia, disttuggendolo (cioè gli fa pro-
f3paµ É1tL 7tpOO"W7tO\I airt"ou, cioè si get- vare di persona la punizione).
tò con la faccia a terra, secondo la co-
munissima espressione usata per indica- 2. Il lalo esposto
re un saluto riverente o l'adorazione
( Ge11. x7 ,3 ); &.7tÉcr'tpEljJEv 6 BaO"LÀEÙc; Come l'ebraico piinlm significa il lato
i:ò np6crw7tov aùi:ou (3 BM". 8,14). Ve- esposto, la parte volta verso chi guarda,
dere la faccia dcl re significa ottenere u- cioè la faccia anche di oggetti inanimati,
dienza, essere ammesso alla sua presen- cosl i LXX usano spesso 7tp6a-w1to\I in
za' così che OL opwvnc; 'tÒ 7tpOO"W1tO\I una accezione simile: -.ò 7tpo<TWitO\I 'tfj<;
'tOV f3aa-tÀÉwc;, ((coloro che vedono la y'ijc;, «la faccia (doè la superficie) del-

16 Senza conrnrc le locuzioni preposizionali CO· alla formn plurale·basta a mostrare l'importan·
me &:n:b 'ltpouC:.rrrnv e i loro equivalenti ebraici. za attribuita a quelli che noi chiam::remmo
11 Cfr. KoEHLER-BAUMGARTNER, s.v. e~ Jmm- i tratti, i lineamenti, le fattezze di una perso-
soN 42-46, ove abbiamo ricco materiale che il- na ...» (p. 42).
lustra l'uso linguistico dell'A.T. Johnson a pro- 18 -)o BAUDISSlN 191; ~ VIII, mli. 913 S.
posito della forma plurale panim osserva feli-
cemente: «ln verit.ì il fotto che in ebraico 19 Cfr. b1pi>a.À1lot 1tpbç bcpi)a.).µou.; (Ts. 52,8);
l'uso di questo sostnntivo semitico sia limitato u-;ofla r.pbç u-.61.1a ('IE~. 39A [32,4]l.
415 (VI,772)

la terra» (Gen . 2,6); crxonEuwv -r.pé<Jw- valore di faccia (di persona o di cosa);
7tO\I .6.aµauxoù, «in direzione di Dama- OÙXÉ't'L ocpih1)CTOµal CTOL Elç 7tpOCTW1tO\I,
sco» (Cant. 7.5 ); 7tp6crw1to\I (scil. 't'OV <<non comparirò più aila tua presenza»,
uLOl)plou ), «il taglio del ferro» (Ecc!. (Ex.ro,29); Elc; 1CpOCTW1tOV CTE EÙÀ.oy1}(m,
l0,10). «ti loderà apertamente» (lob 2,5); cfr. i-
noltre 3 Bcx.cr. 8,8; 2 Par. 5,9; Os. 5,5 23 •
Nel significato di faccia, parte ante-
riore, in senso lato, 'itp6crw1tov è usato e) Éx (-rov) 7tpocrwrcou (mipp•ne, ecc.),
spessissimo con preposizioni per indica- via da, via da davanti: Èèt.v oùv Àci,h)-.E
re la direzione che tende ad un obietti- xcd. 'tOV"t"OV ÈX 1tpOCTW1tOU µou, «Se pren-
vo o da esso si diparte. «Le lingue se- dete via da me anche questo (figlio)»
mitiche amano usare, invece della sem- (Gen . 44,29); ~cpuyov ÈX TCpOCTW'JtOU ocù-
plice preposizione, una locuzione più nG, «fuggirono dal suo cospetto» ( l
piena, espressiva e vivace, composta con Bau. 19,8); Èx 1tpOCTW1tOU crou i:Ò xplµa.
l'aiuto di un sostantivo che generalmen- µ.ou ÈçÉÀl>oL, «dal1a tua presenza proce-
te indica una parte del corpo» w. Con- da il mio giudizio» (\jJ 16,2); cfr. inoltre
forme al suo equivalente ebraico piintm, l Beta'. 19,10; 21,11; 25,10; 31,r; 2
anche 7Cp6crw1to\I, quando è retto da una Bacr. 23,II ecc.
preposizione, spesso non fa che raffor-
zarne la funzione 21 • d) Èv 7tpocrw1t<p (li/né): davanti; 'l:CX.-
nEwwcral CTE. Èv 'ltpocrwmf) Suvcicr-rou, «u-
a) &.rcò ('t'ov) 22 npouwnou (mipp'né e miliarti davanti al potente» (Prov. 25 ,7 ).
simili) = da, via da, lontano da: &.1tò
1tpoo-wnou xuplou "t"OU i}Eov, «Adamo ed e) È1tÌ. 1tpOCTW7tOU, È1tÌ. 1tpOCTt:mf{.l, È'ltÌ.
Eva si nascosero lontano dal Signore ('tò) 1tpocrw7to\I ('at-p•ne, ecc.): su, so-
Dio» (Gen . 3,8); cpuywµEv ~'ltò 7tpocrw- pra; 8 Tjv È7tÌ. 1tpOCTW1tOU 'lta0"1]ç 'ti)c;
7COU Icrpal)À, «fuggiamo via da Israele» yijc;, «che era sulla superficie di tutta
(Ex. 14,25); Ècpo~1]l>'l)'t'E fl1tÒ 1tpOCTW1tOU la terra ( = su tutta la terra)» (Gen. 7,
i:oi:i 1tup6ç, «stavate lontani per paura 23); cfr. inoltre Gen. II,4; 4 1,56; Deut.
del fuoco» (Deut. 5,5); inoltre Deut. 9, 14,2; Ez. .34,6 ecc. In alcuni passi 'ltp6CT-
5; 4Bacr. 13,23; I Par. 16,30; ljJ 37,4; W'ltO\I mantiene il proprio valore di
Iuclith 5,8 ecc. Che nella locuzione pre- /accia anche nella locuzione ~'ltt 1tp6crw-
posizionale con ÙTi:Ò il termine 1tp6crw- 1tOV; ad es., E1tECTEV Mwuo-riç xat Aapwv
'ltO\I sia solo un riempitivo-rafforzativo È1tL 'ltp6o-wnov, «Mosè ed Aronne si get-
è confermato puntualmente dalla tradi- tarono con la faccia a terra (Iett.: cad-
zione manoscritta di lob l,12 (LXX) do- dero sulla faccia)» (Num. 14,5; dr.
ve i codd. S B leggono: È!:;ijMev ò Su:i.~o­ Num. 16.4.22 ecc.}; tjµl)V 7tE1t't'w:>t:wç
Àoç 1tctpèt. -.ov xuplou, il cod. A: Èçijì..- É7CL 1tp6crw1t6v µou (Dan. 10,9 [LXX]).
l)Ev ... &.nò 1tpocrw1tou xuplou.
f) X«'t'à. 1tPOCTW'ltOV (li/ne, ecc.): da-
b) dc; ('tÒ) 'itpOCTW1tOV (bi/né' 'al-p'tzé' vanti, di fronte a 24 ; xa't'à 'ltp6irwrcov
ecc.): in faccia, davanti la faccia. In 1ta\l'tW\I 't'WV aoEÀ<pwv «Ùnu xa:roi.x1)-
questa locuzione 1tp6crw1to\I mantiene il CTEL, «abiterà di fronte a tutti i suoi fra-

20 ~ ]OHANNESSOHN 348. DEBRUNNER § 259,I.


21 In quest'uso di 7Cp6crwJtov abbiamo palesi 23 Rendendo letteralmente l'ebraico li/né (Gen.
semitismi; altrimenti in greco si usa soltanto x7,1), Aquila traduce 7tEPL7ta:tEL tZ<; 7Cp6crw-
la locuzione Xet:ccì. 1tp6crwJtov (~ coli. 408 s.). 7C6'11 µou . Cfr. P. KATz, Notes on the Sept1111-
22 L'articolo può mancare perché si tratta di gint: JThSt 47 (1946) 31 s.
traduzione di espressioni semitiche. Cfr. BtASS- 24 La locuzione xa:i:cì. 1tp6crw1to'll che s 'i neon-
te!li» (Gen. 16,12); Y.a:tà np6rrw7to\I S'invoc~ Dio che faccia risplendere il
'tfjc; TIOÀ.Ewc;, «di fronte alla città» (Gen. suo volto sugli Israeliti: €1.L<pclVU.L xu-
33,18); Y..a.-;à 7tp6a-0mov 'tOU O,acr-n1-
plou, «davanti al propiziatorio» (Lev. 16, ptoc; -.ò 7tp6(rc.mov a.Ò'tou Èl•Ì GÉ (Num .
r,p5); dr. inoltre Num. 3,38; Deut. 9, 6 ,2 5 ). Quando invece nasconde il volto,
2; rr,25; 'IEp. 18,q; 41,18 (34,18). Dio ritirn la sua grazia: ò:1::00·.-pÉ1~w -,;ò
Frequentemente xa-.ù.. 7tp6o-w'ltov è usa-
7tpOO'W7tOV µou, «nasconderò la mia fac-
to per indicare la posizione geografica;
ad es., o~ Èo"'tL\I XU'tà itpOuW'l':OV Ma.µ- cia» (Detti. 32,20; cfr. Mich. 3,4). L'o-
(3pT), «che sta di fronte a Mamre» (Gen. rante insiste: i!u;ç TIO•E à:r;;oo·-.pé.t!JEL<; •Ò
23,17); il fo·nv xa.'tà. np6crwr.ov Atyu- 7tp6crw7t6v o-ou tir;;' ȵou;, «fino a quan-
1nou, «che è di fronte all'Egitto» (Gen.
2 5, l 8); xa:t à 7tp6rrw1to\I 't"?jc; 'ApaPlac,, do nasconderni il tuo volto da me?» (\)I
«di fronte all'Arabia» (Iudith 2 ,2 5 ). 12,2; cfr. 29,8; 43,25). Se Dio non ha
g) µE'tà. 'tou 7tpocn.d7tou ('et-panim): rivolto altrove il viso, il credente lo con-
;.;ÀTJPW<TELç µE EUcppOO"UVT}<; µE'tà 't"OU fessa con cuore grato: cùòf. ò:n:b.-pEo/E'J
~poo-w7tou o-ou, «mi riempirai di gioia 'tÒ 11:porrwr:ov r1..u-cou &:rc'Ép.oii, <'e non
presso di te»(~ 15,n).
mi nascose il suo volto» (tjJ 21,25 ). La
h) 1tpò 7tpOO"W1tOU (lifné, millifne, sua preghiera suona: µ:fi à7to!7-;pt4inc;
ecc.): innanzi, avanti a 25 ; à7tOO"'tÉÀ.),w
't"Ò\I a:yyE).6\1 p.ou 7tpÒ 1tpO<TW1tOU <TOU, -rò 7tp6aw7t6v o·ov <bt'ȵou, «noD vol-
«mando il mio angelo avanti a te ( = a gere via da me il tuo volto» ( ljJ IO l ,3 ;
precederti)» (Ex. 23,20); cfr. inoltre Ex. 142 ,7 ). Nella sua irn castigatrice Dio
32,34; Num. 14,42; Deut. 3,18; 30,1;
volge il suo volto verso coloro che fan-
'frp. 21,8; Mal. 3,1; Iudith lo,13; 2
Baa-. 6,14 (Aq.), ecc. no il male: 7tpo!J'W7'0\I of. xuplov È7tÌ
mwuvw.c; xa.xa (tjJ 33,17). Il suo sguar- ·
3. Il voli o di Dio do irato coglie i trasgressori della legge:
La parola 7tp6crw7tOV è usata nei LXX umcr'tfjcrw "ò Tipfow1t6v p.ou Èr.t -cljv
per indicare, in rispondenza all'ebraico t!Jux;·1ìv -ci)v lfrtf>ouva.v .-ò a.!µa. xa.ì &.r.:)-
piinzm, il volto di Dio, cioè la faccia, la Àw a.uTi'Jv fa "oli Àaou u.ù ....f\c;, «fisserò
parte di Dio rivolta verso l'uomo.
il mio volto su chi si ciba di sangue
a) L'A.T. parla antropomorficamente e lo eliminerò dal suo popolo» (Lev. l/,
del 1tp6<rw7tov di Dio. Quando Dio alza xo; cfr. Lev. 20,3.6; 26,Iì; Ez. J4,8;
il suo volto sull'uomo, ha misericordia 15,7).
di lui e dona pace: Émxpr1..t xuptoc; "ò Più volte leggiamo che qualcuno ha
7Cpo<rw7tOV whou ÉTIL IJ'É, «alzi il Signo- visto· il volto di Dio: doov yàp ìkòv
re il suo volto su di te» (Num. 6,26). 7ì:p6crvmov 7tpòC; 1tp6<rw1to\I, «ho visto

tra nella letteratura greca non regge mai Hl\NNESSOHN 248 n. 2.


un caso; fanno eccezione i papiri egiziani re-
centi: xa:tà 11p6aw1to\I 'tOU ÌEpov (P. Petr. III 25 In Gen. m:mca la locuzione ?tpò 1tpocrC.:l1tou;
r col. II 8 (--') col. 409] ). Cfr. X<X'tà 1tp6uw;;ov al .suo posto abbiamo ÈVGtV'tLoV, Eµ7tpovl>E\I e
-cov vaou (Ez. 41,4) . Per la questione --') Jo- ~\IW1tLO\I.--') JoHl\NNESSOHN x90.

l.f rund!" 1:1.... H.u .-. 1


7tp00"W1t0V D l 31t-O \-"- !AJU>C/

Dio a faccìa n faccia» (Gen. 32,:u; b) Accanto alla gamma di significati


dr. !ud. 6,22). Avendo visto Dio a dell'espressione volto di Dio appena de·
faccia a faccia, Giacobbe chiamò il scritti troviamo nell' A.T. un uso cul-
luogo in cui aveva incontrario Dio p•- tuale dell'espressione rtp6crw7tov (l}i;ou):
nt'el (Gen. 32,31; LXX: dooç 1}Eov 26 ). vedere il volto di Dio significa andare al
Vedere Dio è estremamente pericoloso, tempio, recarsi al suo santuario. Proba-
perché l'uomo deve venir meno al co- bilmente questa espressione è ripresa da
spetto della santità di Dio. L' A.T. non culti non israelitici, nei quali il simula-
nega che in determinate circostanze si cro del Dio si trovava nel tempio e là
possa vedere il volto di Dio; ma ciò non veniva adorato dai fedeli. In senso tra-
si deve fare, perché la struggente santità slato questa frase è entrata anche nel
di Dio è fatale all'uomo 27 • Cos) Mosè linguaggio dell'A.T. 28 • L'orante, pieno di
viene avvertito che non potrà vedere il nostalgia, chiede: 7tO't'E i)l;w xat 6qiM1-
volto di Dio, «perché l'uomo che veda croµaL .-Q 'ltpo<1W1t!{.> 't'OV i)i;o\i;, «quando
il mio volto non potrà restar vivo» (Ex. potrò venire e comparire al cospetto di
33,20: où owr'Jcrn UM"' µov -rò 1tp6crw- Dio?» (lj/41,J; 94,2). I credenti cerca-
1tO\I' où yap 1-1:li i'.ou 0..\117pw1toç -.ò 7tpo- no il volto di Dio e lo trovano frequen-
<rw7t6\I µou xa.t ~'l'JcrE-.a.t). Mosè può tando il tempio: Èx~t)'t'fj<TctL -tò 7tp6crw-
guardare soltanto da dietro, di spalle, 1tOV xuplou (Zach. 8,21s.) 29 • Più volte
quando la gloria di Dio è passata e si l'A.T. parla di «5ET)i)ljva.L -rou 7tpocrw-
sta allontanando: ot!rn 't!Ì brtluw µov, Ttou, «impetrare il volto (del Signore)»
-tè O~ rtp6crwrto\I µou OÙX oqiih'JcrE-.a.l croi, (lji II8,58; 4 Brt..cr. r3,4; Bar. 2,8; Zach.
(Ex. 33,23). A differenza della religione 8,21 ). Cfr. anche ~~ù.6:crxE<TÌ}E -tò 1tpo-
greca, nella quale gli dèi possono mani- <1W1tO\I "tOV ,l}i;ou vµW\I, «placate iJ vol·

festarsi anche all'occhio umano, l'A.T. to del vostro Dio» (Mal. 1,9). In queste
tiene fermo il principio che Dio si rive- frasi l'accento non cade sul momento
la mediante la parola e non mediante la visivo, ma 'vedere il volto di Dio' signi-
visione del suo volto(~ I, coll. 586 ss.).
..
fica essere certi della grazio e della pre-
.
. i
26 Come nome geografico &Eov 7tp6crw1tov ( = ·"tE: ZNW 29 (1930) 169-192 e quanto W.
p'né 'el?) è attestato per il promontorio di Ras MxcHAELIS dice a proposito della visione di
Sha.J.c~a in Libano: Strabo 16,754; Pseudo-Sky- Dio nell'art. 6pd:w --+ vm, coli. 912 ss. 929 ss.
lax, periplus 104 (ed . C. Mi.iLLER, Geographi 28 ~ BAUDISSIN :i:89-197; __., GULIN 5-7; ~
Graeci MinoreSI [1855] 78). Cfr. K. GALLING, NoTscHER 88-95; G. KITTRL, Religionsge·
Die syrìsch-pa/iistiniscbe Kiiste nacb Pse11do· schichte und Urcbristent11111 (1932) 100.
Skylax: ZDPV 61 (1938) 74 s. 29 Più tardi si cercò di evitare la frase cultua-
21Cfr. ~ BAumss1N 184 s.; E. FASCHER, le «mirare il volto di Dio~. Cosl il testo ebrai-
Dem invisibilis: Marburger Theol. Studien I co di Is. 1,12 (lir'ot piiniii) è stato letto Jera'ot
(1931) 41-77; R. BULTMANN, Untermcb1mge11 pìi11a; e tradotto poi nei LXX con 6q>lnjwxl
wm Joh. -Ev., B. i>EÒV oòlMc; ewpctY.E\I 1tWrc0· µo~ [J. FrcHTNER J.
senza del Signore. Perciò, considerando µuxrçf)pcriv, ÈBooµ~ cr-.6µ0'.·n, da parte
b vita quotidiana del credente, \)J 104.4 principale dell'essere vivente, il volto,
presenta sette fori: due occhi e due o-
esorta a cercare sempre il volto di Dio: recchi, un numero uguale di narici, in-
slJ'tTJCTCX.-rE 'tÒ 'ltp6crw'itoV mhov 01!X ttav- fine, settima, la bocca» (leg. all. 1,12).
-i-6ç. Qui la frase è ormai libera da qual- Negli scritti filoniani si parla ripetu·
siasi riferimento cultuale e sottolinea la tamente del volto di Dio: Caino deve ri-
tirarsi Èx 7tpocrw7tou -roi:i i>Eov (poster.
necessità di conservare ogni giorno il C. 12.22 e passim); la parola di Dio pro-
giusto rapporto con Dio. Quando l'o- cede Éx 7tpocrw7tou l}E.ov (deus imm. 109;
rante promette di cercare il volto del plant. 63; conf. ling. 168; mut. nom. 39
e passim). Filone parla anche di un ora-
Signore ( ljJ 26,8: 'tÒ 1tpOC1W'itOV <rou, xu- colo profetico che procede dal sovrano
ptE, S1)-r1)crw) vuol dire che cercherà in dell'universo: ÀoyLOV ÉX 1tpOCTW1tOU l}E-
ogni modo il favore e l'aiuto di Jahvé 30 • 0'1tLO'Ì)~v 'tOU 't'WV oÀ.wv 1)yE~lovoç (mut.
nom. r3). In accordo con l'A.T., anche
Ricordiamo infine che i pani della Filone afferma che il volto di Dio ri-
proposizione vengono chiamati nei LXX mane nascosto all'uomo. Perciò inter-
(r Ba.cr. 2r,7) &p-ro1 -rov 'ltpocrw'lt'ou, per- preta l'episodio di Ex. 33,12-23 nel sen-
ché vengono conservati nel luogo sacro, so che sono conoscibiii le sue opere, non
nel luogo della presenza di Dio. la sua natura (poster. C. r69) 31 • Cfr. an-
che /ug. r65: a\hapxEç y<ip ÈO''t"L <rocpi;>
-.à ocx6Àou1'a xat É'ltoµE.va xat ocra µE.-
Il. Il tardo giudaismo -.à 't'ÒV 1'EÒV "(VWVC.Ct, 't'1jv o'Ì)yEµO\ltX'Ì)\I
r. Filone e Giuseppe oùrrlav o PoÀ.ouµEvoc; xa.:'t'a1'E6.ciacri}m
-rQ 'ltE.ptauyEi: -rwv étx't'lvwv 'ltptv tSE.i:v
a) In Filone -rò ttpocrw'ltov è definito 7t1JpÒç E<T't'OCt, «al saggio basta infatti co-
<rwµa-roç 1}yEµovtx6v (leg. all. 1,39; cfr. noscere quelle cose che seguono, accom-
fug. r82). Quando creò l'uomo, Dio gli pagnano o sono con Dio, ma chi vuole
soffiò in viso l'alito di vita: 'ltVO'Ì)\I SWTjç contemplare l'essenza egemonica, prima
Elç -rò 'tOU <rwµa-.oç T)yEµovt:X:W'tOC'tOV, che riesca a vedere diventerà cieco per
-rò 7tp6crw7tov (spec. leg. 4,123). Cosl il lo splendore che irradia tutt'intorno».
volto è, secondo il volere divino, la par- In spec. leg. 1,36-46 32 Filone osserva
te più importante del corpo umano (po- che Mosè giustifica la richiesta che Dio
ster. C. 127; leg. alt. r,28), perché Év voglia rivelarglisi col fatto che solo Dio
7tpOO'W'lt~ -rà.ç ai<ri>1]0'Etç È01)µtoupyEt, può manifestare la propria natura. Poi-
«creava nel volto le sensazioni» (leg. ché Dio non esaudl la richiesta a motivo
all. 1,39). Cfr. op. mund. r39: -i-ò 7tp6- dell'inadeguatezza dell'intelligenza uma-
<TW1tOV, gvi)a 'tWV alcri)l)O'EW\I o -r67toç, na, Mosè chiese a Dio di mostrargli al-
«il volto, dov'è la sede delle sensazio- meno la sua o6l;a, le ouv6.µaç che lo
ni». È degno di nota che il volto sia circondano per servirlo. Il Signore re-
strutturato secondo il significativo nu- spinse però anche quest'ultima richiesta,
mero sette: -r6 't'E -/iyEµoVLXW'ttx't'OV 'tOU perché le ouvaµe:iç sono invisibili e pos-
s4>ou 1Cp6crW1tOV É'!t't'aX'fi XCX.'t'«.'t'Ép't'l)'t'IXt, sono essere percepite soltanto da Dio,
ou<rtv 6q>i)aÀ.µoi'ç XIXL w'.Ti Su<rlv, tcroiç l'Invisibile.

30 Per t)I 26,8 --+ N5TSCHRR r36 . 32Cfr. per questo passo M. PoHLENZ, Paultts
31 Indicazione di G. BERTRAM. mzd die Stoa: ZNW 42 (r949) 7r s.
7tpéO"W7tOV B II rn-2 {E. Lohse) l VI,77,5) -12-f

In alcuni passi, infine, '7tp6crw1to'\I si- ~toÀ.EµlvlV, «battendo costoro ( = gli uo-
gnifica probabilmente persona: -rl OE~ mini di Pacoro) sul tempo, Erode partì
-rèt.c; 'tW'\I 'itpOCTW1tWV àµul}1)i:ouc; lofo~c; una notte con i più intimi per l'Idumea,
xa-ro:.ÀÉyEcrDa.t;, «quale bisogno c'è di all'insaputa dei nemici».
elencare gli innumerevoli generi di per-
sone?» (poster. C. no); -rà. 1tpayµo:.-ra. 2. Scritti pseudepigrafici e 1·abbinici
xcd. -rà. 7tp6crw'lto:., «le materie e le per-
sone» (poster. C. I I l ); È'ltÌ. ·nµn 1tpocrC:l· Esula dal nostro compito un'esposi-
'ltW'\I (spec. leg. l ,245). zione dei numerosissimi passi della let-
teratura giudaica in cui è usata la paro-
b) Flavio Giuseppe usa np60'W1tOV la piinlm. Anche in tali scritti ricorrono
nell'accezione di volto: 'ltEO'WV ÈnÌ. 'ltp6o-- tutte le accezioni già trovate nell'A.T.
WitOV -ròv l}Eòv txÉ'tEUO'E, «(gettatosi) (-7 coll. 413 ss.): parte rivolta verso chi
con la faccia a terra (Ezechia) implo- guarda, volto, faccia, facciata, superficie,
rò _Dio» (ant. ro,rr ). Per la locuzione parte anteriol'e, ed anche tutti i costrut-
dr. inoltre ant. 6,285; 7,95.114; 9,1r. ti con le diverse preposizioni (-7 coll.
269; ro,211. Se il fratello di un morto 415 ss.).
rifiuta di sposarne la vedova (legge del Oltre i dati dell'A.T. va l'affermazio-
levirato), la donna respinta deve «spu- ne degli pseudepigrafi che il volto dei
targli in faccia», 'lt'tVEW dc; 'ltpOO'W1tOV giusti perfetti brillerà nel mondo futuro
(ant. 4,256; 5,335; cfr. Deut. 25,8 s.). come il sole, perché Dio fa splendere la
7tp6uw1tov può anche significare i linea- sua luce sul volto dei santi e dei giusti
menti di una persona: È'lttO'X'l)µa-rl~wv eletti (Hen. aeth. 38,4; cfr. Dan. 12,J;
-rò 7tpOO'W1tOV Elc; À.U'Jt"Y}V, «atteggiando il Hen. aeth. 39,7; 104,2). Questo signifi-
volto a dolore» (bell. 2,29). La faccia ca però che «essi saranno mutati... dalla
esterna del tempio è detta -rò t'.çwlkv m'J- bellezza fino allo splendore e dalla luce
-rou np6crw7tov (beli. 5,222). Abbiamo fìno al folgore de1la gloria» (Bar. syr. 51,
anche 1tPOO'W'ltOV nel senso di parte (bell. ro). I pii godranno cosl dell'immediata
l ,517 ). La locuzione preposizionale, fre- vicinanza di Dio (Bar. syr. 51,3). La se-
quente nei LXX, xa:rò. 1tp6o-W'ltoV, reg- sta gioia riservata a coloro che hanno fe-
gente un caso, è anche d'uso corrente in delmente custodito le vie dell'Altissimo
Giuseppe: xa.-rà. 7tpOO'W1tO'\I 'ti)c; -rpa.nÉ- è «che a loro viene mostrato come il lo-
S'l)c; (ant . 3,144); xa.'tÒ. 'ltpOO'W'ltOV -rou ro volto splenderà un giorno al pari del
vo:.ou (ant. 9,8 ); xa-rà. 1tp6o-w'ltov a.ircou sole» (4 Esdr. 7 ,97 ). La settima gioia
( scil. del re)( ant. xr ,2 3 5 ). Giuseppe par- consiste nel loro lieto correre a «vedere
la una sola volta (ani. l,334) del volto il volto di colui che essi hanno servito
di Dio, quando deve spiegare la parola in vita e dal quale dovranno ricevere
ebraica p"nt'el: i)criMç oÈ -rov-roLç 'Ia- lode e ricompensa» (ibid. 7,98) 33• Nel-
~w~oc; <I>o:.'\IOVTJÀ.O\I 6voµasEL -ròv -r6'ltOV l'ora della morte, dicono i rabbini, tutti
o v'l')µa.lVEL 1'EOV 'itpOO'W'ltO\I, «rallegrato gli uomini devono mirare il volto di
da queste cose Giacobbe chiamò il luo- Dio. Perciò R. Johanan b. Zakkai muore
go FanueI, che significa 'volto di Dio'» pieno di trepidazione (-7 III, col. 532)
(ant. l,J34). In bell. l,263 1tp6rrw7to\I (Ab. R. Nat. 25; cfr. Ber. b. 28b). Gli
significa pel'sona: 'ltpoÀ.a~wv 'Hpworiç empi vedranno il volto di Dio per ri-
µE-rà 'tW\I olxEto'ta"t'W\I npoO'W'ltW\I \IVX- cevere la loro punizione (Midr. Ps. 22
-rwp È1ti 'IOovµa.laç ÉXWPEL À.al}pa. 'tWV § 3 2 [ 99a]) 34 • Invece, quale ricompensa

33Per In visione di Dio nella letteratura pseu- BECK I 206-214; ~ VIII, coli. 952 ss.
depigrafica e rabbinica cfr. STJtACK-BILLER- 31 Cfr. STRACK-BILLERDECK I 209.
per le loro azioni, i giusti nel mondo mantica che ,;p~<1WT-0'J ha nell'A.T. (->
futuro potranno vedere il volto della coli. 413 ss.).
Shekinà (Men. b. 4 3b; Sofa b. 42:1) Js.
Chi fa l'elemosina o opere mel'itorie a·
vrà l'onore di salutare il volto della r. Il volto
Shekinà (B. B. b. lOa). Frequente è l'uso di 7tpOuW7tO\I nel
La frase vedere il volto di Dio, che
nell'A.T. aveva un valore cultuale, è senso di volto (-? coll. 407 ss. 413 s.):
trasformata dai rabbini nella formula Mt. 6,16 s.; Act. 6,15; Apoc. 4,7; 9,7;
vedere o salutare il volto della Shekinà, Mc. I4,65; Mt. 26,67. In 2 Cor. u,20
e non solo è riferita alla visita del tem-
pio, ma più tardi è usata anche per in- leggiamo: Elç n96owitov ÒÉpEtv, «percuo-
dicare la partecipazione al culto sinago- tere in viso»?). Abbassare il volto (Le.
gale (Deut. r. 7 [204a]) 36, perché la si- 24,5) o gettHrsi con la faccia 41 a terra
nagoga è il luogo della vicinanza di Dio.
(Mt. 17,6; 26,39; Apoc. 7,II; xr,x6;
Inoltre anche coloro che pregano o stu-
diano salutano il volto di Dio, giacché senza cx;v'toG; Le. 5,12; 17,x6; I Cor. 14,
Dio è vicino a coloro che pregano e si 25) sono atti che esprimono riverenza
dedicano allo studio della torà (Sanh. b. e venerazione; cfr. la locuzione incon-
42a) 37.
trata neH'A.T. (-? col. 4x3) "ltL7t't'E~'J
"ltfJOO'(J}'JtO\I è penetrato nel vocabola- ht ('t'Ò) r.p6vw~~'.)\I cx;u.-ou. La radiosità
rio rabbinico anche come imprestito ed <lei volto dell'angelo (Apoc. xo,x; dr.
è usato frequentemente nella forma
ebraica prfWP / prswp o aramaica Act. 6,x3) e di Gesì1 (Ml . 17,2; Le. 9,
prfwp' 38 • Leggiamo cosl in T. Ber. 7 ,2: 29) è un tratto tipico delle descrizioni di
'jn prwfwpwtjhjn dwmwt zh lzh, «i vol- epifanie.
ti di essi ( = degli uomini) non si somi-
gliano tra loro» 39• Richiamandosi a Ex. 34,29-35 in un
midrash cristiano (2 Cor. 3,7-r8) 42, Pao-
lo ricorda il 7tp60"w7to\I radioso di Mosè,
C. L'uso LINGUISTICO DEL N.T.
sul quale gl'Israeliti non potevano fissa-
L'uso del vocabolo 1CP0<1WTCO\I nel re lo sguardo a motivo della sua S6~a
N.T. è del tutto conforme a quello dei ( v. 7 ). La o6ça. sul volto di Mosè era
LXX (coli. 413 ss.) e all'ampiezza se- però passeggera, cos} che Mosè dovette

35 Altre indicazioni in STRACK-BILLERBECK 40 Qui il termine è usato in senso figurato,


210·2!2. forse .in un'espressione corrente che significa
36 STRACK-BTLLERBECK I 207. 'trattar male'; dr. LrnTzMANN, Kor., ad l.
37 Cfr. STRACJC-BIU.ERBECK I 206 s. 41 Nella locuzione hct rcp6o-w1tov "Jtl-n:·mv l'nr-
38 Cfr. S. KRAuss, Griech. tmd lat. Lehnworler ticolo può mancare; cfr. BLAss-DEBRUNNllR §
im Talmud, Midrasch tind Targum II (1899) 25JA·
495· ~2Cfr. WINDISCH, 2 Kor. 112; LrnTZMANN,
39 1t?6crwrcov nell'accezione di persona si trova Kor., ad l. Per l'interpretazione delln pericope
come imprcstito anche in siriaco: O. Sat. 31, ~ 1, coll. un s.; II, coli. 1392 ss.; vu, coli.
5 (ed. W. BAUER, KIT 64 [1933)): pr~wph 819 s.; S. Sc1·1ULZ, Die Decke des Moses:
== ~<la sua persona»; cfr. anche O. Sal. 17,4. ZN\Y/ 49 (1958) 1-30.
1tp617W1t0\I e I (E. Lohse) \VI ,777 J 420

coprirsi il viso con un velo perché i fi- (1 Thess. 2,17"); &:yvoouµEvoc; 'ti;> r.:pocr-
gli d'Israele non vedessero la fine della W7tcp, «sconosdu to di persona» (Gal.
radiosità tmnseunte (v. l 3 ). A questo r,22).
punto Paolo inserisce bruscamente un Le. 9,51: aùTòc; TÒ 7tp6crwrcov ÈcrTi)-
nuovo pensiero: non parla più del velo pL<rEv 't'OU 'itOpEUEcri}aL Etc; 'lE.poucraÀ:i)µ.
sulla faccia di Mosè, ma del velo che L'evangelista riprende qui con G't"r)pt-
copre il cuore dei Giudei e nasconde lo- ~EW TÒ 1tp6crwnov la frase ebraica Hm
ro l'A.T. impedendone Ja piena e reale pan'im 45 : 'fissare il volto' in una deter-
comprensione (vv. 14ss.)~3 • I cristiani minata direzione è segno di una de-
possono invece contemplare a viso sco- cisione irremovibile, nel nostro caso
perto la o6çoc xuplou e sperimentare la della risoluta determinazione di Gesù
trasformazione ocnò &6çric; Elc; &6çocv che di continuare il cammino intrapreso 46 •
procede dal Signore dello Spirito (v. L'ebraismo lucano serve qui a sotto-
44
I 8) • Questa argomentazione vien ri- lineare la fase della storia della sal-
presa in 2 Cor. 4,6, dove è detto che la vezza che si è iniziata col passaggio di
o6ça di Dio risplende per noi sul volto Gesù dalla Galilea alla Samaria e col
di Cristo. viaggio verso Gerusalemme (~ IX, coli.
In una serie di passi np6uwnov signi- 1488 s.). Per Le. 9,53 (TÒ 7tp6crc:.l1tOV aù-
fica poi la presenza fisica di una persona, 'tou ·~v noprn6µEvov Ei.c; 'IEpovcraÀ.i)µ,
l'essere presenti di persona e~ coll. «il suo volto era diretto a Gerusalem-
408 S. 41 3 S. ): Òpfiv 't'Ò 7tp60'W1t6V 't'L· me») va richiamato come esempio ve-
voc;, rivedere qualcuno (Act. 20,25.38; terotestamentario 2 Ba.cr. 17,u: 't'Ò 7tpO·
Col. 2,1; xThess. 2,17b; 3,18: ebrai- CTW1t6v crou (scii. di Assalonne) noprn6-
smo, cfr. Ge11. 32,21; 43,J .5); &7topcpoc- µevov Év µfo~ rJ.Ù-rwv (~ col. 414).
vtai}Év't'Ec; àcp' vµWv ... 7tpOO'W1tl() ov xap- Qui 't'Ò rcpocrwrcov significa tutto l'uomo
&lq., «privati di voi... per quel che ri- e dobbiamo quindi tradurre «era m
guarda In presenza fisica, non i1 cuore» viaggio verso Gerusalemme» 47 •

43 Per l'argomentazione paolina ~ V, coll. 73 W7tOV cxv.-ov ELO't:Àl>t:LV, 'Jt:p, 51(44),n s.:
ss.; 1x, roll. 919 s. ÉcplO"'t'T)µL -rÒ 1tp6CTW1t6V µou 't'OU a1tOÀÉO"ct.L,
44 Per l'interpretazione del versetto cfr. J. Du- 2 Par. 20,3: ~6wxE'J Iwcrcx.cpa.'t' -tò 1tp6crw7tov
PON't, Le Chrétien t11iroir de la gioire divine ct.V't'OV Èx~1)'tfil7et.L 'tÒV xuptov [ p. KATZ].
d'après II Cor. III I8: RevBibl 56 (1949) 392- 46 Cfr. ScmA'tTER, Lk., ad/.; inoltre STRACK·
41x. BILLERBECK II 165, ad/.; DALMAN, Worte J.
45 'Iep. 3,12; :21,10; [24,6); Ez. 6,2; 13,17; I 24.
14,8. Va confrontato anche 4 Bcxu. 12,18: ~'t'CX.­ 47 DALMAN, Worte]. I 25 : questa espressione
~Ev A~a1)À. 't'Ò 1tp60"w7tov a.1hou 6.va.f3TjvcxL lucana è un «ebraismo usato scorrettamente,
É1tt 'IEpou11aÀ.TJµ. Cfr. A. W1FSTRAND, Lukas che non potrebbe essere ritradotto in ebraico.
och Septuagintr;: Svensk Tcologisk Kvartal· Le. 9,53 si richiama nl v. 51 e avrebbe dovuto
skrift 16 (1940) 247-249. Altri paralleli nel· in realtà ripetere tutta la frase ivi usata: 'tÒ
I'A.T.: Dan. n,17 (Theod.): 't'a;eL 't'Ò 1tp6o-- 1tp617W1tOV O:V'tOU ~O''t'i}pLO"E'J 't'OU 1tOpEVEO"l>m
Talvolta 1tp6crw7to\I non indica il vol- b) dc; 7tp6o-w7tov. 2 Cor. 8,24: dc;
to, bensì l'aspetto, le fattezze del vollo 7tpOO'W7tO\I 't"W\I ÈXXÀ.TJO'tWV, «agli occhi
delle (altre} comunità».
di una persona, e anche l'aspetto di una
cosa. In Iac. 1,23 troviamo "t"Ò 7tp6crw· c) Èv 1tpoo-wm~. Con la frase Èv 1tPO·
o-c.:mcp Xpt<r't"ou ( 2 Cor.
2 1 IO) Paolo in-
'ltO\I •flc; yevÉO'"ewc; WJ't"Oli (cioè dell'uo· voca Cristo quale testimone della since-
mo) invece di 'tÒ 7tpOCTW7tO\I ctÙ't"OU, co- rità del proprio perdono. 2 Cor. 5 1 12:
me ci aspetteremmo. La frase si riferi- npòc; -roùç Év 1tP0<1W1t4J xauxwµÉvouç,
«contro coloro che si vantano di cose
sce evidentemente all' «aspetto della sua
esteriori».
esistenza» 48 • Iac. 1,11 parla dell'aspetto
d} Xct't"à. 7tp6uw7tO\I. Senza caso dipen-
del fiore: ti eÙ7tpÉ7tHct ..-ou 7tpOCTW'ltOU
dente nel senso di presente di persona,
CX.Ù"t"OU, «lo bellezza del suo aspetto», a faccia a faccia (-7 coll. 408 s.): Act. 25,
mentre Mt. 16,3 (par. Le. 12,56) parla 16; 2 Cor. ro,r; Gal. 2,rr.'t"à.Xa't"à itp6·
dell'aspetto del cielo. crumov, «ciò che sta davanti agli occhi»
(2 Cor. 10,7). xa..-à itp6aw7tov seguito
dal genitivo (come nei LXX) è usato so-
2. Il lato esposto lo negli scritti lucani 50; Le. 2 ,3 l : xa-rà.
1tp60"W7t0\I 51 7t6'.V't"WV 'tW\I À.ctwv, «da-
Come nei LXX (-7 coll. 414 s.), cosl vanti a tutti i popoli»; Act. 3,13: Xa't'Ò:.
anche nel N.T. 7tp6CTwnov significa per 7tp6vw1to\I Il~À.ci-rou, «davanti a Pilato».
estensione faccia, parte rivolta verso chi e) (J.E't'à. 1tPOO"W7tOU. Si trova solo nel-
guarda, rnperficie: Èrc1. 11:p6vwito\I 'ita· la citazione di 1)115,II in Act. 2,28.
O"l]<; 'tijc; yijç, «SU tutta la faccia della f) 7tpÒ 7tpOO'W7tOU. Mal. 3,1 = Mc. 1,
terra» (Le. 21,35 ); È1ti 'ltct\l't'Òç 7tpo<TW· 2; Mt. n,ro; Le. 7,27: Ò'..7tOCT't"ÉÀ.À.w 'tÒV
11:0U •fic; rfic; (Act. 17,26). Come nei a yyeÀ.O\I µou 7tpÒ 7tpOO'W1tOU CTOU, «man.
do il mio messaggero innanzi a te»; Le.
LXX (-7 col. 415), 7tpOCTW7tO\I è retto
9,52: &.1tÉ<T't€tÀ.E\I &.yyÉÀ.ouç 'ltpÒ 7tpO<T·
spesso da preposizioni 49 , ma nella mag· W1tOU ctÙ'tou, «mandò messaggeri in·
gior parte dei casi non ha valore pro- nanzi a sé»; cfr. inoltre Le. r ,76 (va-
riante); Act. r3,24: itpÒ 'ltpOO'W7tOU -rfiç
prio ed è un semplice rafforzativo.
el<T6oou ctù-çou, «prima della sua com·
a) &.7tò 7tpoo-c:mou. Act. 3,20: à.ito parsa».
itpo<Twrtou -rou xuplou, «da parte del
Signore»; Act. 5 ,41: à.'lto 1tpOO"W7tOU 'tOV 3. Il volto di Dio
<TuveSplou; inoltre Act. 7>45; 2 Thess. I, Riprendendo l'uso linguistico dell'A.
9; Apoc. 6,16 (cfr. Is. 2,ro.19.21); 12,
14 (per indicare la distanza =lontano T., anche il Nuovo parla più volte del
da); 20,II. volto di Dio (-7 coll. 417 ss.). Ciò avvie-

E~c; '!Epov<raÀ.i)µ. La frase impiegata nel v. 53 50Il frequente uso di rcp6<TWltOV retto dn pre·
rappresenta unn maldestra abbreviazione del- posizioni nella doppia opera lucana si spiega
l'intera proposizione». con lo stile che arieggia i LXX.
48 Cfr. DmELIUS, ]ak., ad I. Per la locuzione
non del tutto chinrita ~ II, coli. 443 s. 51 rcp6<Tw7toV al singolare, nonostante il suc-
49 Cfr. BLASS·DEilRUNNER § 217,1. cessivo plurale. Cfr. BLASS-DEBRUNNEn § 140.
431 (VI,7ì8) 7tp6cr1;mov e3 -D I (E. Lohsc)

ne in citazioni dell'A.T.: 7tpévW7tOV òf. 4. La persona


xuplou È7tt no~ouv·tet.<; xa.xa, «il volto
Nel N.T. TI(JOO"W1tO\I significa persona
del Signore è rivolto verso coloro che
soltanto in 2 Cor. l ,II: i credenti di
fanno il male» (o/ 33,17 = I Petr. 3,
Corinto devono unirsi in preghiera con
12; dr. inoltre Act. 2,28 = ili 15,II).
Paolo, affinché «da molte persone (ÈY.
Solo nel mondo celeste si può mirare il
'itoÀÀwv itpoO"wnwv) risuoni il grnzie
volto dì Dio: Cristo è entrato nel san-
per noi» 52 •
tuario, cioè nel cielo, vvv ȵCjla.v~crl}fjva~
-tQ npocrwmi-> -.oG l}EOG Ù7tÈp 'Ì)p.wv, «per D. L'uso LINGUISTICO DELLA CHIESA
presentàrsi ora al cospetto di Dio in no- ANTICA
stro favore» (Hebr. 9,24). Qui è trasfe-
r. 7tpo<TW7tO\I nei Padri apostolici
rito al santuario celeste il linguaggio · u -
sato nell'A.T. per indicare l'andata al L'uso linguistico dei Padri apostoli-
ci non presenta particolarità di rilievo
tempio. Gli angeli custodi dei µ~xpol rispetto al N.T. Il termine ricorre mol-
vedono continuamente «il volto del Pa- to spesso in citazioni dell'A.T.
dre mio che è nei cieli» (-r:ò 1tp6crw7tov a) np6crw7tov = volto: I Clem. 4,3 s.
-cou 1ta.-rp6<; µou nu Év oùpa.voi:<;, Mt. (Gen. 4,5 s.); 16,3 (ls. 53,3); Barn. 5,14
18,10), al quale sta particolarmente a (ls.50,6); mal't.Polyc.9,2; 12,1; Herm.,
vis. 3,10,r. 7tpOO"W'ltov = presenza perso-
cuore il bene dei minimi. Essi si trova-
nale: Barn. 19,IO: È1'S'll'tE!v 'tà. 1tp611w-
no dunque nelle immediate vicinanze 7t'<X. -cwv à.ylwv, «cercare la presenza dei
di Dio. Ai servi di Dio sarà concesso santi»; Did. 4,2; inoltre Ign., Rom. 1,1;
alla fine di vedere il volto di Dio, che Pol. 1,1; Barn. lJ'4 (Gen. 48,u).
b) 7tp6irw7tov =faccia, superficie, ecc. :
è nascosto agli sguardi - degli uomini citazione di ijJ 1,4 in Barn. II ,T ... ov
(Apoc. 22,4). Al presente noi possia- Èxpln-i'E~ ò &veµo<; OC7tÒ r.:poirw7tOU 'tf]c:;
mo però vedere soltanto per riflesso, in yfj<;, «(polvere) che il vento disperde
dalla faccia della terra}>. Frequentemen-
modo oscuro (----7 I, coll. 477 ss.), «ma te np6irw7tOV è retto da una preposizio-
allora vedremo a faccia a faccia» (.-6-cE ne: OC7tÒ 'Jt(JOO"W'ltOV (I Clem. 4,8.rn; 18,
ÙÈ 7tp6crw7tov 1tpÒ<; 7tpocrw1tov, I Cor. II [tjJ 50,13]; 28,3 [tjJ 138,7]; Barn.
13,12). Ciò significa che ora il nostro
6,9); Etc:; 7tp6irw1toV (Ign., Pol. 2,2;
Herm., vis. 3,6,3 ); X<X.'tèt 7tp6crwTto\I ( r
vedere e parlare non può essere che im- Clem. 35,rn [!Ji49,21]). Per X<X.-tèt 7tp6-
perfetto, e soltanto nel compimento fu- CTW1tov, presente personalmente, dr.
turo ci saranno visione perfetta e cono- Barn. 15,1; Polyé:3,2. In Barn. 19,7 e
Did. 4,10 r.oc-cèt 7tp6irw7tov, usato asso-
scenza reale. lutamente, significa facendo preferenze,
parzialità. -rCpò 7tfJOl1W7tOU: r Clem. 34,3
(Is. 62,rr); Ign., Eph. 15,3.
c) Il volto di Dio è nominato solo in

sz Cfr. WmorscH, .i Kor.; LIETZMANN, Kor., ad I.


4Jj I Vl,f /)!!

I Clem. in citazioni dell'A.T. : I Clem. potuto esprimere in maniera piena e


18,9 (lJJ 50,11); 22,6 (4' 33 117; 60,3 soddisfacente il mistero delle tre perso-
(Num. 6,25; ljJ 66,2). ne divine nella loro unità e distinzio-
d) Talvolta r.poO"WitO\I significa anche ne 55. Cfr. Aug., de trinitate 8,6,rr:
persona: ò).,ly(J. 7tpé<JW7tCJ., «poche per- quamquam et illi (scil. Graeci) si vel-
sone» (I Clem. I , r ); g\I il ouo 7tp6crwm:t., lent, sicut dicunt tres substantias, tres
«una o due P,ersone>~ (I Clem. 47 16); -.à. hypostases, possunt dicere tres personas,
npoyqpa.µi.~E\l(J. npocn,Jrm, «le persone tria prosopa. Theodoret., dialogus r
sunnominate» (Ign., Magn. 6,r ). (MPG 83,36A): TfJ\I yà.p ùr.6<r·mow,
Y..(J.t 't'Ò 1tp00-WTCO\I, xa.t "t"Ì')\I Ì.OLO't1}'ta,
2. 7tpéO"vmo'.I nella cristologia e nella dot- -.aÙ"tÒ\I 0"1}!.J.CZ.lVEL\I q>ct.µÉv 'tO~ç 'tWV à.-
trina trinitaria della chiesa antica ylwv 1tt"Z.'t'ÉpW\I opoiç CÌ.XOÀ.ouìloi:i\l't'E';,
,<conformemente alle definizioni dei san-
Nelle dispute per la definizione della ti padri, diciamo che ipostasi, persona,
dottrina cristologica e trinitaria nella natura peculiare significano la stessa co-
chiesa antica il termine 7tpOO"WrtO\I ha sa» s6.
avuto una parte di primo piano. Poiché
nei primi due secoli dell'era cristiana t EÙ7tpO<TW7tÉW
Tip6<rwrr:ov non aveva ancora il significa-
to di persona in senso giuridico (~ col. Dall'aggettivo EU'ltp6crw'ltoç L, un ded-
412) 53 , non si può partire da questa vato di 1tp6cn,mov che non si trova nel
accezione per intendere il valore del ter- N.T., viene formato più tardi un verbo
mine nei Padri della chiesa 54 • Anzi è EÒTCpo<r{JmÉw, che significa avere un buon
soltanto nel corso delle dispute che r.p6- aspetto. È attestato in una lettera. del
0"W7tOV assume il suo valore pregnante. rr4 a.C.: O'ltWç EÙ1tpOO"W'ltWµEv (P. Tebt.
I Padd presero una parola con un va- I,19,12) 2 •
lore semantico molto lato, la quale fos-
se atta a ricevere, come poi avvenne nel- Nel N.T. EV7tpOC1W7tÉW è usato solo
la discussione teologica, una pitt precisa in Gal. 6,12: ocroL lJÉÀouaw EÙ'ltpo<rvJ-
determinazione. In questo loro sforzo 1vf\o-a:L f.v <ra.pxl, «quanti vogliono fate
linguistico-teologico essi sapevano per-
fettamente che né 7tp6<rw7to\I né un'altra bella figura nella carne (scii. davanti agli
parola del nostro vocabolario avrebbe uomini)».

Sl Sabcllio usava 7tp6<rw1to\I nell'accezione di S6 La sinonimia di 7tp6crw'ltov e im6cn<mLc; ri-


volto, maschera e parlando di -.pla ;.p60"wm:r. sulta anche dall'uso di questi termini nel Cre-
intendeva tre diversi modi di rive1azionc del- do del vescovo Flaviano di Costantinopoli (A.
l'unica divinitÌI. Cfr. HARNACK, Dg. I 764. 1-IAHN, Bibliotbek der Symbole 3 [I897] 320
54 A. v. Hamack aveva dapprima ipotizzato s.): ... ~vavitpw'ITTJCTLV ·E\I ~tLii Ù7tocr-.acrEL xo:t
che Tertulliano avesse attinto i termini latini b Èvt 1tpO!IW1tl{), evo; XpL<r-rbv, eva vtov, (va
persona e substantia dalla t erminologia giuri- xupLov 6µoÀ.oyovµEv.
dica, ma poi abbandonò la sua ipotesi, con·
vinto daUe obiezioni di ~ Scm.OSSMANN II9· EÙ'ltpocrwnÉw
l24; dr. HARNACK, Dg. I 576 n. 2. Per il con-
1 EÙ1tp60'1,moç= bello di faccia, attestato ab-
cetto di persona nella teologia di Tertu11iano
dr. E. EvANS, Tertullùm's Theological Tenni- bastanza frequentemente fin dal v scc. a.C.
nology: The Chmch Quarterly Review l39 Cfr., ad es., Ge11. 12,rr (LXX): Abramo dice
(1944/45) 56·77; ~ GRILLMEIER 49-52. a Sarn che fa riconosce come una donna dal
ss Cfr. K. B .\RTH, Kirchliche Dogmatik 1 1 bel viso: chL ')'V\llJ EÙ7tp6<Tul1tOç Er.
(r932) 375 s. 2 Cfr. anche DEISSMANN, L.0. 76 s.
43.5 (v1,780) .i:po<iW7tOÀ:l)µljila X'tÀ. 1-i {E. Lohse) l Vl,70UJ ' i jU

t npocrwnoÀ:qµ~la., milmente e alzando il volto. Cosi Gia-


"f 1tPOO'W7tOÀ:IUL7t"t"l}ç, cobbe spera che Esaù lo accolga benevol-
t 7tpOCTW7tOÀ:!)µ7t't'ÉW, mente: l'.crwc; yà.p 7tpocr&É~E.'ttx.L 't'Ò 7tp6cr-
°!" Ò:.7tpOCTW7tOÀ:r)µ1t't'Wç
wn6v µou (Gen. 32,2t). Il À.a.µBcivELV
r. Nell' A.T. ricorrono più volte i co- 7tp6crw'lto\I può però avvenire anche per
strutti niifii' piin'im = À.a.µ~&.vm1 7tp6- scarso senso di equità e per riguardi per-
crwnov I l>rx.u1.1.asEw np6o'wrcov e hikkir sonali, quando si è parziali verso una
piinim = y~yvwcrxEw np6crw7tov. Per persona favorendola ingiustamente. Co-
capire queste espressioni bisogna ricor- sì. è diretta particolarmente ai giudici
dare l'uso orientale di salutare piegan- l'ammonizione: oòx É'JnyVWCTTI 7tp6crw-
do umilmente il volto a terra oppure 7tOV Èv xplc;EL, «nel giudicare non aver
prosternandosi a terra per esprimere ri- riguardo alla persona» (Deut. I ,17; dr.
spetto e riverenza. Se la persona impor- anche Lev. 19,15; Deut. 16,19). Come
tante che viene salutata in questa ma- Dio non ha riguardo alla persona, cosi
niera solleva il volto dell'altra che sa- anche il giudice terreno deve pronun-
luta, le dà un segno di riconoscimento ciare un giudizio giusto e imparziale.
e di stima. La traduzione di niifii' piinzm
con À.rx.p.BocvEw 7tp6crwnov è un puro e Riallacciandosi all'A.T., anche il
2.

semplice calco dell'ebraico 1• Certamen- Nuovo parla di riguardo alla persona.


te nel greco profano À.aµPri:vEtv non si-
BM7tEL\I Elç np6crw1to\I (Mc. 12,14
gnifica mai sollevare, ma solo prendere, par. Mt. 22,16); Le. 20,2 t rende invece
afferrare, assumere. Dato però che in e- l'idea con À.o..µBavEw 7tp6crw7tov. Iudae
braico niifii' non significa solo sollevare, 16 ha i>o..uµ<isEt\I 1tp6crw1to\I come Gen.
l9,2I; Deut. to,17 e Ps. Sal. 2,t8: gli
ma anche prendere, esso è stato reso in eretici che sono apparsi nelle comunità
greco con À.a.µB&.vrn1. Certamente que- «adulano le persone per amore di gua-
sta traduzione doveva essere quasi in- dagno».
comprensibile ai lettori greci 2• Nel co- 7tpoCTW'itOV 6 i>EÒ~ &.vi>pW7tOU OÙ À.a.µ-
strutto 1>a.uµasEw 7tp6crw7tov il verbo ~ciVEL (Gal. 2,6; cfr. Deut. ro,17; Ecclus
1'a.uµasEw significa stimare (~ IV, coli. 35,13): Dio è un giudice incorruttibile,
2t9 ss.). che non ha riguardo alla persona.
Dio non ha riguardo alla persona:
oò i)auµ&.sE~ 1tp6crwnov (Deut. ro,q; Dall'ebraismo À.<iµBcivEw 'ltp6crwitov
dr. 2 Par. 19,7). Invece gli uomini si viene poi formato il sostantivo npocrw-
dimostrano mutuo onore salutando u- noÀ.'l'}µljJlci. (Rom. 2,1t ; Eph. 6,9; Col.

7tpOO'W'ltOÀ.7]µ1Jila X'tÌ-..
I II periodo seguente è dovuto ad una osser· 2 Cfr. ]. LEIPOLDT-S. MoRENZ, Heilige Schri/-
vaz!one di D EBRUNNER. ten (1953) 80.
l•)"VVUJr .. V•WIJt"''r"- , .. ··~· - J \ '-"• ._..., .......... , \ " -1F - - I (..I -

3,25; Iac. 2,1), che compare per la pri- \·olezza la parenesi cristiana riceve la sua
ma volta nel N.T., ma probabilmente era serietà e la sua importanza ( r Petr. 1,
già in uso nel giudaismo ellenistico 3 • La IJ).
parola 'ltpoa-w1toÀ:r1µ\)Jla è usata più vol- Come Dio non ha riguardo alla per-
te a proposito del giudizio di Dio, nel sona, così anche nella comunità cristia-
quale non c'è posto per riguardi perso- na non devono esistere «riguardi perso-
nali. Perciò Giudei e Greci vengono giu- nali» ( 7.poo-tv1tOÀl)µtjllcx.i). È pertanto e-
dicati con lo stesso metro (Rom. 2,u). scluso che si possa credere in Cristo e
Ai xupLOL che hanno schiavi ai loro ordi- allo stesso tempo indulgere a parzialità
ni si ricorda che in cielo c'è un xupLoc; (lac. 2,r). Di che parzialità si tratti, è
che ha potere sugli schiavi e sui padroni evidente dall'esempio del disprezzo del
e non ha riguardo alle persone (1tpOtr- povero e delle preferenze accordate al
W7tOÀ.TJµ\jlla : Eph. 6,9 ). I ooliÀ.oL devono ricco (Iac. 2 ,2-4). I cristiani sono se-
però ubbidire ai loro padroni, nella con- veramente richiamati a non trascurare
sapevolezza di essere servi del xuptoc; questa ammonizione: c.l Ok Tif>OO"W7tC·
Xpta--.6c;. «Chi agisce ingiustamente sarà >..11µ7t•Et'tE, aµap·tla.v ÉpyasE~E, ÈÀ.Ey-
ripagato di ciò che ingiustamente fece, e xoµc.voi v1to •oli v6µou w:; rcapa.Bti:ta~,
non c'è riguardo per nessuno» (xoct oùx «se invece avete riguardo alle persone,
e
EO'•W 7t(l00'W7i:OÀT)µljiloc: ol. 3 '2 5 ). Dio commettete peccato, convinti dalla leg-
non è uno che faccia parzialità o abbia ge quali trasgtessori» (Iac. 2 19).
riguardi personali ( 7tpotrw1toÀ.•ljµ-ç11c;) e
3. Negli scritti dei Padri apostolici si
perciò non favorisce i Giudei, ma fa parla di riguardo di persona nei seguen-
venire a sé anche i pagani perché rice- ti passi: À.ocµ~OCVELV 7tp6trwrcov (Barn. 19,
vano la salvezza (Act. 10,34). Dio giu- 4; Did. 4,3); 7tpOO'W7tOÀ.TJµljila (Polyc.
6,r ); Ù.'1tpo<iW1tOÀ.1]µ7t'twc; ( r Clem. r ,3;
dica «seru:a riguardo per nessuno», &.- Barn. 4,12 ).
7tPOO'W7toÀ:ljµTC.-wc;. Da questa consape- E.LOHSE

3 Eph. 6,9 e Col. 3,25 hanno il termine nel simile che In formazione del tel'mine sia di ori-
testo di un codice domestico che conserva gine giudaica. Cfr. anche DIDELIUS, Jak. a 2 1 !;
un 'antica trnclizio.ne parenetica. Perciò è vero- ScHLATTER, Rom. a 2,n.
439 (v1,781) 7tpOc,?TJ"t"IJ<; X"tÀ.. (H. Kriimer, R . Rcndtodt, R. Mcyer, G. Fricdrich) (v1,782) +10

-j- Tipocp-r]TT}c;, t 7tpocpf)'t'Lc;,


t npo<p'r)"tEUW, t 1tpoq>'r)'tELa.,
t 7tpO<fYC)'ttXOc;,,
t ljlrnoorcpocp1)TT}c;
A. Il gruppo di termini 11elt11 grecità profana: 2 . figure isolate;
I. i termini; 3. profeta come epiteto di personaggi più
II. !a realtà significata: antichi;
1. profeti oracolari; 4. niibi' nei libri profetici;
2. il poeta quale itporp1J·n1.;; 5. vero e falso profeta nel Deuteronomio;
3. altri usi; 6. niib1' negli altri libri;
4. riepilogo. IV. altre denominazioni dei profeti:
Il. nabi' nell'A.T.: l . 'ii 'eloh/111;
I. origine del termine; 2. ro'eh;
II. il verbo: 3. f;ozch;
r. i testi più antichi; V. forme e contenuto del messr.ggio profe-
2. i libri profetici; tico;
III. il sostantivo: VI. l'uso linguistico dci LXX.
l. congregazioni profetiche; C. Profetismo e profeti nel giudaismo dell'età

T.poqrfrtTJ<; X"tÀ. (1947); H. KRAFF, Die altkircbliche Prophelie


ln generale: u11d die Entstehung des Mo11ta11ismus: ThZ
J. ALIZON, Et11de sur le Prophétisme Chrétien II (1955) 249-.:q 1; R. MEYER, Der Prophet
depuis /es Origi11es jusqu'à l'an r50 (r9n); aus Galilaa (1940); R. ScHNACKENDURG, Die
H . BACHT, ìVahres 11nd fa/sches Propheten- Erwarlting des Pmpbete11 11ach dem N.T. 11nd
lt1f11: Biblica 32 (1951) 237-262; BAUER, ]oh. den Qwnra11-Texte11, in K. ALAND-F. L. CRoss,
a 1,21; J. BliNAZECH, Le Prophétisme chrétien Studia evangelica; H. J. SCHOEPS, Theol. m1d
dep11is {es origines jusq'au Pasteur d'Herm11s Gesch. des ]11de11christefllums (1949) 87-II6;
(r901); A. IlROEK-UTNn, Bine schwierige Stelle \Y/. STAERK, Soter, die bibl. ErlOsererwartung
in ei11er nlten Gemei11deord111mg (Did. rr,rr): als religionsgeschicht/iches Problem 1, BFI'h
ZKG 54 (1935) 576-581; N. BaNWETSCH, Die II 31 (1933) 61-?2; Tll..ENCH 10-14; G. P. WHT-
Prophetie im ap. u11d 11achapostolischen Zeit- nm, Der Sohn Gottes (19r6) 21-26.
a/ter: Zeitschrift fiir kirchliche Wissenschaft Per A:
und kirchliches Leben 5 (1884) 408-424.460- P. AMANDRY, La ma11tique Apol/foie1111e à
477; H. BRUDl!.RS, Die Ver/11ssu11g der Kirche Delphes (1950) indice III, s.v.; E. R. Doons,
von den erste11 Jahrzelmten tler ap. W irksam- The Greeks and the Irratio11al (1951) indice,
luil a11 bis zum Jahre I7J 11. Chr. (1904) 387- s.v.; E. FRAENKEL, Aeschyl11s Agamem11on III
397; H. v . CAMPENllAUSEN, Kirchliches Ami (1950) 497 s.; H . FouRNlER, Les verbes 'dire'
1111d geistliche Vollmacht in den crsten drei e11 grec ancien (1946) 8-13; O. KERN, Die Re-
]ahrhmulerten, Beitrage zur historischen ligio11 dcr Griechen I (1926); II (1935); 111
Thcol. 14 (1953) 198-210; O. CuLLMANN, Die (1938) indice, s.v.; M. C . VAN DER KoLF, art.
Christologie des N.T. (1957) n-49; G. DEL- 'Prophetes und Prophetis', in PAULY-WissowA
LING, Der Gotlesdienst im N.T. (1952) 34-39; 23,1 (1957) 797-816; K. LATTE, art. 'Orakel',
E. FASCllEK, TIPO:I>HTfft (1927); A. FROVIG, in PAULY-WISSOWA 18,1 (1939) 829-854; J.
Das Sclbstbew11sstsei11 Jem als Lebrer und \Y/ACKERNAGEL, Vorlewnge11 uber Symax 11'
\Y/zmdertiiter nach ll·l k. umi der sog. Rede- (r928) 237-240.
q11ellc tmtemu:ht (1918) 99-114; H. A. GuY, Per B:
N. T. Propbccy, ils Origin a11d Sig11ifica11ce G. FaHRC?., Ncuere Lit. zur at.lichen Prophe-
441 (v1,782) 7tporpiy-:i1~ z-:i.. 11-1. K.:·a!Tlcr, I<.. Kendtortt, K !\leyc•·, u. rneam:n1 \ 1•1,70314.µ

elle11istico-roma11a: 4. il principe con il 111111111s triplex;


I. il problema del profetismo contemporn- 5. i profeti messianici;
nco: III. la letìeratur:i apocalittica;
I. le fonti extra-rnbbin:Che; IV. il tr:imonto del profetismo.
2. la tradizione rabbinica; D. Profeti e profezie nel N.T. :
II. manifestazioni storiche del profetismo: I. uso e significato dei termini;
1. l'espcrienza profetica secondo le fonti II. i profeti dell'A.T.;
palestinesi; III. profeti precristiani;
2 . il profetismo nel giudizio dells teolo- IV. Giovanni Ilattistn;
gia alessandrina; V. Gesù;
3. veggenti e profeti: \'I. profeti della comunità cristiana:

tie: ThR, N.F. 19 (1951) 2/ì-346; 20 (1952) indice s.c. 'Prophets'; O. MICHEL, Spiitjiid.
193-27r. 295-361; A. GUJLLAUME, Prophecy Propbelenll:m, in Nt.licbe St11die11 ftir R.. Bult-
nml Divillati011 (1938); A. HALDAR, Arsocia- r;;,1;111 (195-}) 60-66; O. PLèiGER, Prophctisches
tiom ·of Culi Prophets among the Ancien Se- Erbe in den Sel~teu dcs friihe11 ]11dent11111s:
mi/es (1945); F. HiiussER:'v!ANN, Worlempfa11g ThLZ /9 (1954) 291-296; K . SCHUDEP.T, Dit·
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s.v. 'Prophets'; H. A. FrsCHEL, ]ewisb Gnosti- Lovanicnsia Il (1957); L. GoPPllLT, Typos.
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d'ttfl Messie-Prophètc da11s le ]11da'is111e, in phete11, Lehrer, Vorsteher bei Pt111lus: ZNW
L'11t1c11tc du Messie (1954) 85-130; MooRE, 44 (1952/ 53} I-15; A. I. B. H1GGTNS, Jesus ns
7tp0q>T]""ç1Jç X."tA. Il. 1 1 \.1.1.. n.1u1111.:1 J ' ... , , .... ...J , ""f~"T

1. natura della profezia protocristiana; A. IL GRUPPO DI TERMINI NEI.LA GRECI-


.2. profeti cristiani e profeti dell'A.T.; TÀ PROFANA
3. il massimo carisma;
4. estasi e profezia;
5. glossolalia e profezia; I. I termini
6. preghiera e profezia;
I. 1tpocp1rn1<;: 11ome11 agentis 1, atte-
7. rivelazione e profezia;
8. gnosi e profezia; stato fino dal v sec. a.C., formato dal te-
9. dogma e profezia; ma verbale (j)T}· = dire, parlare, col
10. evangelo e profezia; preverbio 1tpo-. Proprio da tale prefisso
VII. falsi profeti. verbale discende la difficoltà di determi-
E. I profeti nella chiesa antica: nare il significato preciso del sostanti-
I. i profeti dcll'A.T.; vo. Dato che il verbo presupposto (7tp6-
II. Gesù profeta; q>"l')µL} è attestato occasionaLnente sol-
III. profeti della comunità cristiana; tanto nell'era cristiana 2 e non può quin-
IV. falsi profeti. di essere utilizzato per determinare il
significato primitivo di 'ltpocp1rn1ç, biso-
gna prendere le mosse da altri verbi di
dire col preverbio 1tpo- di antica attesta-
zione 3. Verso questo procedimento c'in-
dirizza anche un testo come Plat., resp.
10,619c: 'tOt<; "JtPOPP"lliki:aw Ù7tÒ 'tOU
7tpoq:i-ri-.ou. Questi verbi ('ltpoa:yopEvw,

Prophet: ExpT 57 (1945/46) 292-294; O. M1- pbétie 11'est ;amais vetme de la volonté de
CHEL, Prophet und Miirtyrer, BFfh 37,2 l'homme' (2 PJ. I,2.1) et les Pseudoclémenti-
(1932); S. Mcmoz IGLESIAS, Los profelas del nes: Studia Theoiogica 9 (1955) 67-85; G.
N.T. comparados con los del Antiquo: Estu- STJIBCKBR, Das ]udenchristentum in den Pse11·
dios B.lblicos 6 (1947) 307-337; I. M. NIELEN, doklementinen, TU 70 (1958) 145-153; TH.
Gehet 11nd Gottesdienst im N.T. (1937) 191- ZAHN, Der Hirt des Hermas (1868) 102-117;
201; R. OTTO, Reich Gol/es und Menrchen- Io., Zur Gesch. des 111.lichen Ka11ons und der
sohn' (1940) 289-299; H. RmSENFELD, ]esus altkirch/ichen LJteratur lii, Supplementum Oe-
als Prophet, in Spiritus et Veritas, Mélanges mentinum (1884) 298-302; L. ZscHARNACK,
K. Kundzins (1953) 135-148; H. SASSE, Apo- Der Dienrl der Fra11 in den ersten ]ahrhun-
stel, Propheten, Lehrer: Luthertum (1942) 3- derte11 der chr. Kirche (1902) 58-72.156-187.
16; H. SEVENTER, De Christologie van het t E. FRARNKEIJ, Gesch. der gr. Nomina agentis
N.T.' (1948) 38-47.2n-223; SCHù.TTER, Gesch. I (1910) 34; SCHWYZl!.R 1 499 s.; per l'accento
d. erst. Chr. 24-27; V. TAYLOR, The Names o/ DEBRUNNER, Griech. \Ylortb. § 349.
]esus (1954) 15-17; C. WEIZSACKER, Das ap.
2 Vedi i lessici, s.v.
Zeitalter u (1902) indice, s.v.
Per E: 3 ~ WACKERNAGEL 238-240; SCHWYZJ!R II
H. BACHT, Die prophetfrche Inspiration fo 505 s. Le difficoltà connesse con tale procedi-
tler kirchlichen Refiexio11 der vormo11tanisti- mento sono però già evidenti nell'unico esem·
schen Zeit: Scholastik 19 (1944) 1-18; W. pio omerico (Od. 1,37 ss.): -rçp6 ot Et-rçoµEv ...
IlAU.ER, Rechtgliiubigkeit und Ket:i:erei im iil- µ1rtt: ... xi:El\IEW µ1]'tE µv&cxcri>cxL, che~ W AK-
teren Christenlum, Beitriige zur historischen KERNAGEL 239 traduce: «noi l'avevamo avver-
Theol. 10 (1934) 182-185; N.BoNWETSCH,Die tilo», intendendo un ordine o messaggio di-
Geschichte des Montanismus (1881); DrnE- vino (cosl intendono anche~ FASCHER 5; ~
uus, Herm. 538-540; A. HARNACK, Die Lehre KoLP 798); invece ScHWYZER Il 505; LrnDELL-
der .12 Ap., TU 2,1 (1884) 98-no.u9-x3r; R. ScoTT, s.v. npoE~nov III dànno al verbo un
KNOPF, Das 11achnpostolische Zeitaller (1905) senso temporale: «l'avevamo am111011ito, avvi-
250-252.404 s.; E. MoLLAND, La thèse 'La pro- sato in anticipo».
-Epw, -E~1tO\I ecc., npoÀ.Éyw, il poetico Certamente accanto al significato di
;i;po<pwvÉw) significano tutti - quando il proclamare ecc. si afferma ben presto per
loro oggetto non ha alcun riferimento 7tpoayopEvw x-.À. l'accezione temporale
formale o sostanziale al futuro - dichia- di proclamare prima, in anticipo 8 • Caso
rare apertamente, pubblicamente; pro- lampante di tale uso è Xenoph., sym. 4,
clamare ecc. 4 ; ad es., Plat., leg. 9,87rc: 5: npoa.yopEUEL\I, predire (parallelo a
-.1jv np6pp'l'}cnv npoayopEuwv, «dando 'ltpoopéiv, prevedere) 9 ; similmente Hip-
comunicazione ufficiale, pubblica». Da pocr., progn. 15 (ed. Kiihlewein I 94):
questo concetto di dichiarazione, pro- 'l'tpopp11crtç, predizione. In tutti i casi
clamazione pubblica 5 deriva per '7tpoq11i- in cui forme future (ad es. Hdt. r,74,
10
-t'l'}c; il significato di proclamatore, aral- 2 ) oppure, ad es., i;à, 1.1.fÀ.À.o\l'ta. (ad
do, annunciatore 6 (Pind., paean. 6,6, es. Plat., Euthyphr. 3c 11 ) costituiscono
detto del poeta: &.olotµov IltEplowv 1tpo- l'oggetto di questi verbi, bisogna consi-
q>a't"ocv; Eur., Ba. 2n: Èyw npoq>1}'t'J)c; derare che il preverbio 7tpo- poteva es-
crot À.6ywv yEviJcroµat) e in questo com- sere inteso non solo nel significato pri-
posto è possibile avvertire nella radice mario di fuori, ma anche (o addirittura
q>i')- il primitivo riferimento religioso e unicamente) nell'accezione temporale di
il tono enfatico che esso comporta 7 • prima. Dal punto di vista metodico si

4 7tpoctyoptuw, a1111tmciare p11bblica111e11te: nel- forme come EU<pi]µiw:=:dir parofe di b11011 pre-
l'assemblea popolare (Hdt. 3,142,3; Thuc. 2, sagio= mantenere 11n silenzio religioso; c;niµ-ri
13,1), mediante un araldo (Hdt. 3,61,3; 62), = se11te1144, oracolo di Dio (Xenoph., Cyrop. 8,
a proposito di comandanti militari (Hdt. 8,83; 7,3; symp. 4A8); DÉa'q>CL"toç (omerico, poetico)
Thuc. 7,50,3), di dichiarazione cli guerra (Hdt. = deciso da Dio (pp. 8·12) e inoltre (ibid. pp.
7,9~; Thuc. l,131,1; Xenoph., Ag. 1,17; De- 18.38 s.) il tono enfatico che <plJJJ.l ha mante·
mosth., or. rr,20; dr. Polyb. 3,20,8: 'ltporx.y- nuto davanti all'infinito. Se in quest'uso do·
yfì..ì..w) o del contenuto della legge (Plat., vesse ancora essere attiva una reminisccnz9
Crito .Pd; Xenoph., resp. 1..Ac. 12,5). 7tpoì..l- d'identità primitiva (ma già scomparsa in in-
yw, dire, dichiarare con tutta chiarezza (Thuc. doeuropeo) delle radici *bhii-, sple11dere, rilu-
1,139,1: ÈVOTJÀ.6-.u.-rct; Demosth., or. 9,13); cere, brillare = greco <pctlvoµm, e *bha., par-
proclamare 1111 oracolo (Hdt. 8,136,3), chiara- lare :=: greco cpl)µl (dr. \V/ALDE-HOFMANN I
mente senza alcun riferimento al futuro an- 438; HoFMANN 397; -')> FouRNIER r2 s.) quin-
che Luc:., Alex. 22 (prescrivere cure, farmaci). di un primitivo significato di presentare, far
7tpocpwvru: proclamare ad alta voce; ordinare, comparire, chiarire, m1111111ciare, si avrebbe
i11giutJgere (p11bblicame11te) (Soph., Oed. Tyr. un'ulteriore indicazione della portata della ra·
223 [par. !~Epw: 219]; Eur., Hipp. 956). A dice q>'l'J- in TtpoqniTI)c;.
quest'uso di 7tpo- in greco corrisponde il pre- 8 - WACKERNAGEL 238 s.; ScHWYZER II 506;
fisso latino pro- nei verbi pro11u11Jiare, pro/ite- cfr. anche-')> v, coli. 479 ss. Qui possiamo tra·
ri, ecc., mentre prodigit1m è «ciò che dall'oc- lasciare di considerare il significato frequente
culto esce pubblicamente come manifestazione della precedenza temporale: prima, precede11-
e azione» (H. KLmNKNECHT, Laokoo11: Herme:s teme11Je (vedi anche ~ n. 3).
79 [1944] no). 9 m (i&.V"tEl.ç (.rie!) À.fyOV"tGtL. &À.À.OL<; µÈ'J
s Cfr. nnche 7tpocplpw = proferire, comunica- 11poa.yopEUEL\t (codd. BD: 71poo--) -.ò µi),,),cv ,
~ctU't'OL<; O~ µTj 7tpoopiiv 't'Ò l7tL6\I.
re un oracolo (Aesch., Ag. 964; Hdt. 4,151,1;
10 TY)v µE't'IXÀ.À.ct)'YJV "tct.U't'lJV -.ijç iJµépTJ:; 0 .'.t-
5,63,1).
À.ijç ... 7tpo1rr6ptUCTE fotcrl}ctL.
6 TRENCH II; - WACKERNAGEL 239 s.; ~ 11 'Eµov .. ., ow.v 't'L ì..éyw tv -.fi exxÀ.iJ-:rli
FASCHER 6; - KERN U 112; ~ KOLF 798. 7tEpt -.ci.iv lMwv, 1tpoÀ.éywv mho'i:c; 't'à. µÉÀ.-
7 Per - FouRNJER 8 q>l)µl significava in ori- ÀOV't'Gt, XIX"tct)'EÀWCW W<; µmvoµÉvou· XctkoL
gine «proferire parole magiche o sacre», come ouoèv l:hL oòx UÀ.'l}llèç dp'l}Xct W\t 'it(.IOEi:r.ov.
comproverebbero, oltre che 7tpo<Jl'li"ti]ç, nnche Gr. Plnt., Phaedr. 244b.
r.poqn'J-.rii; X•)•. A 1 1-6 (I-I. Kriimer)

deve a11orn ammettere che, in base alla òl11:; cppEv6ç È<J-cw f47toppw!;, il dono
composizione della parola, esisteva an- della proclamazione (della volontà divi-
che per 7tpocp1J-c7J<; xi; À.. la possibilità di na), cioè la capacità di pronunciare un
subire uno sviluppo semantico analogo. oracolo, è una parte dello spirito divino.
Solo l'interpretazione di ogni singolo b) Heliodol'., Aeth. 2,27,r: annuncio
passo può però stabilire se ed eventual- (della volontà divina), responso dell'o-
mente in quale misura ciò sia effettiva- racolo. e) Luc., Alex. 60: ufficio di pro-
mente accaduto. feta 15 ; cosl anche Hcliodor., Aeth. 1,22,
7; 33,2 e l'iscrizìone microasiatica in
2.1;;pocpfj·nc;, attestato fin dalla fine
Ditt., Or. n494,8 s.; CIG 11 2869.2880
del v sec. a.C., è il femminile regolare
ecc.
di r.pO(j)lJ't'7):; 12 : annunciatrice, procla-
matrice (Eur., Ion 42: 'ltpocpfj·nç foBa.l- 5. npocp-rrnx6c;, aggettivo indicante
voucru µa.v't'tfov l>i::ou, «venendo la pro- appartenenza o rapporto 16, significa pro-
fetessa verso l'oracolo del dio»; cfr. 92 fetico, appartenente o relativo al 1tPO-
s.: ài::loouo-' "EÀ.À.7)0"~ Bo6.c;, tic; a:v 'A- cp1)-i-ric;. Come npocpt}i:Ela, anche 7tpoqn1-
;tOÀ.Àwv x€À.ao·fi011, la donna di DeHì ·nx6c; è testimoniato, fuori del giudai-
« .. . la profetessa che canta ai Greci gli smo, solo a partire da Luc., Alex. 60:
oracoli che Apollo fa risuonate»). ~POCfl7)'t'tleòv cr-cɵµa., «l'infula da profe-
ta», del profeta di un oracolo; Preisen-
3. 1tPOCfl'rJ't'EUW, attestato già nel v sec. danz, Zattb. I r,278 s.; I 4,933 (IV sec.
a.C., è il verbo deuominale di 7Cpocp1J- d.C.): 1tpOCfl'fJ1:~Y.Òv crxfiµa;, «abito da
--criç 13 : a) essere proclamatore, annuncia- profeta» o «manto da profeta», parte
tore; annunciare (Pind., fr. r 50, detto dell'equipaggiamento richiesto per l'in-
del poeta: µav";"EUEO, Mofoa, npocpa·m'.i- vocazione magica di Apollo, dio della
a-w ò'€yw; Pseud.-Aristot., mund. r [p. luce, ovvero della luce stessa (ibid. 1 4,
39rn 15 s.], detto dell'anima: -cà. iM:a 957: scongiuro della luce).
xcx..-a.À.cx.~oµÉv7J [ var.] 'tote; -i-E ù.vi>pw-
'lto~ç 1tpocp-rrmiouo-o:} b) Esse1'e profeta
6. Nel nome composto \j;EvooTipocpi)-
17
oracolare, coprfre la carica di prof eta 't1)ç (non attestato nella grecità profa-
presso u11 oracolo (IG VII 4155: ®Ehl- na, fuori dell'ambito giudaico, prima
owpw 'ltpocpa..i:EUO\l't'Oç; CIG II 2854- dell'era volgare 18 ) la prima parte può es-
28 5 9: 7tpOCP7)"t'é'.UO\l'tO<;... ).
sere intesa o come oggetto della secon-
da 19 ( = profeta menzognero, di menzo-
4. 'ltpOCfl'l')"t'Ela, astratto di 7tpoq>'r}- gna; cfr. Ier. 14,14: \jlsuo-ij oi.1tpocpi)-.aL
-i-euw 14, si riscontra nella letteratura gre- npo<p7)'t'EVOUut'll, «i profeti profetizzano
ca non giudnica so1o a partire dal II sec. folsità») oppure come attributo 2iJ ( =
d .C. a) Luc., Alex. 40: ii oÈ 1tPO(j>l)"t'El1) falso profeta).

12 DHllRUNNJ::R, Griech. \Vortb. § 382; ScHWY- 17 P. CORSSEN, Ober Bildtmg tmd Bede11t1111g
ZER I 464. der Komposita ljlwlìo'ltpocp'fi-t71c;, ljlwlì6µa.v·nc;,
J3 SCHWYZER r 730.732: -Evw = «essere ciò ljlwMµup-tvc;: Sokrates, N.F. 6 (1918) 106-
che la parola base dice;>. Per l'aumento vedi 109; DeBRUNNER, Grieçh. Wiirtb. § u4;
SCli WYZER I 655 S.j HEl.J3ING 79; BLASS-DE- BLASS-DEBRUNNER § n9,5.
nRUNNER § 69,4; RADERMACHER 86.
2 18 Vedi i lessici, s.v.

u DEllRUNNER, Griech. \Vortb. § 287.


J9 Come in \JIEUlìayyEÀ.oc; = 11u11zio mendace

FASCHER 53 s.
(Hom., Il. 15,159), \JIEUlìoMyoc; = menzogne-
i:; -7 ro (Aristoph., ra11. 1521; I Tim. 4,2). ·
i.-; Scnwvzr.n 1 497; DEDRUNNER, Griech. 20 Come in ljlrnlìa'Tt6cr-toÀ.oc; = falso apostolo
\'(liirlb. § 396. (2 Cor. n,13, -7 1, coli. II91 s.).
II. La realtà significata In Hom., Il. 16,234 s. Achille invoca
Zeus Dodoneo: «e intorno ti stanno i
1. Profeti oracolari Selli, proclamatori, che mai lavano i
a) Anche se il gruppo di termini non piedi e dormono in terra» ( &.µcpL OÈ I:EÀ.-
è attestato prima del v sec. a.C., la real-
Àot crot valova.. Ù1tocpfl'ta.L &.vmi:o'ltoOEc;
xa.µa.LEV\10.L). Mentre la parola V1tocpfj-
tà che essi indicano è molto più antica 't(x;L rimanda sicuramente all'oracolo, i
ed è espressa, oltre che con 7tpocp1yt1'}c; due attributi non ci indirnno affatto co-
X't" À.., anche dai composti Ù1tocp1)"t1']c;
me esso funzionasse 23 , ma definiscono
una maniera di vita conservativo-primiti-
x-rÀ.. 21 . L'esempio più antico, l'unico an- va 24, di tipo ascetico 25 o semplicemente
teriore al v scc., si riferisce al più antico barbaro 26 • Dal punto di vista del con-
oracolo dei Greci, quello di Zeus a Do- tenuto, questa antichissima notizia co-
stituisce in greco un caso unico TT e dà
dona, in una regione barbarica dell'E- l'impressione di qualcosa di non elleni-
piro 22. co. Gli Ù1tocpij'tO.L proclamano la volon-

21 Qui il prefisso Ù1to- non contiene il momen- infatti usato parnllelamente ad esso. Soltanto
to della dipendenza o della insubordinazione la ricercatezza di un'età successiva ha artifi-
(come dice~ FAscHE.R 17.28.32), ma significa ciosamente stabilito una differenza tra i due
da sotto: rispetto a 1tpo-, che indica la dire- gruppi, ad es. Eustath. Thessal., comm. in Il.
zione, il moto a luogo ( = /11ori davanti a tut- p. 1057,63 s.: v1tocpi]i:a.~ wç unoipl)-revov-cei;
ti), Ù1to- sottolinea la provenienza, l'origine r.poq>1)-cEvov-ct -.~ bte'i:a-e .6.il; Zonaras, Lexi-
(risponde alla domanda: donde? fuori dall'oc- con (ed. J. A. H. TtTTMANN [1808] u 1773):
cr1ltat11ento). Cfr. ÌJ?toxplvo1.la~, in origine = 1i µtv 1tPOQlT}-CEla. 7tpÒ -.ou yEvfol)m À.ÉYEL -.à.
esprimere la propria opinione traendola dal i.iu-cepov YEVYJ<T6µEva, Ti OÈ U7tO<jJTJ-CElo:. .. -rò
segreto, dal profondo del cuore (SCHWyzER II j'EV6µEVOV À.ÉyE~ (~col. 479), .
524 s.; Horn., Il. 12,228: interpretare un se- 21 Per tutta la sezione cfr. O. KE.RN, art. 'Do- ·
gno miracoloso, cioè trarne fuori il significato dona', in PAULY-WILLOWA 5,1 (1903) 1257-
occulto; Od. 19,535.555: interpretare un so- 1264; ~ LATTE 829 s .; N1LssoN x' 168.423-
gno; Plat., Tim. 72b cosl parafrasa il termine 427·
'ltpoq>fj-ca~: ""tijc; 8~' atV~yµ(;}v cp1)µ1)<; xo:t <j)IJ.V· 2! Da RoHDE (1'· 10 122 n. 1) in poi non si è
'tcXO-Ewç Ù7toxp~""tttl [interpreti),~ coli. 456 s.; più creduto, e a ragione, che il verbo xaµa.LEU·
cfr. anche A. LESKY, Hypokrites, in St11di in vttL (in luogo del quale Soph., Trach. n66 ha
onore di U. E. Paoli [1955] 472 s. [indicazio· xaµaLXOL'tct.L, Callim., hymn. 4,286 'Y1]À.EXfr<;)
ne di H. KLEINKNECHT]). Quando il demone implicasse necessariamente la pratica dell'in-
marino Glauco è chiamato N1)pÉW<; 7tpoqrli-c11ç cubazione (come riteneva, ad es., Eustath.
(Eur., Or. 364 [v sec. a.C.)) o N11pfjoi; ..• Ù1to- Thessal., comm. ili Il. p. 1057,64 s.).
qrli't1]<; (Apoll. Rhod. 1,13II [m sec. a.C.)), 2.1 W. KROLL, Unum ex11ta pedm1; Glotta 25
non è possibile cogliere alcuna differenza .di (1936) 153.
contenuto tra 7tpoq>1)TI}ç e Ù7tO<jJTJ't1]<;, come è
25P. I\RETSCHMER, Efo/. in die Gesch. der gr.
impossibile coglierla in Luc., Alex. (n sec.
d.C.), dove sono usati promiscuamente 7tpoq>o/i- Sprache (1896) 87 s.; KERN, op. cii. (~ n. 22)
1260.
't1)<; (Alex. I I .22.24.43.55) e Ù7toqrii-c11ç (ibid.
24.26). Il gruppo di vocaboli costituito da 21 Cosl N1LssoN 12 427.
Ùltoq>-/j'tTJ<; x-.À.. ( = colui che trae fuori dal 27 Il termine ò.vm-c67toOEç compare ancora in
segreto ed esprime) ha dunque praticamente un'iscrizione tralliana (ed. W. M. RAMSEY,
Io stesso significato cli 7tpoqrli-c11i; x-cÀ..: an- Unedited Inscriptio11s o/ Asia Minor: BCH
111111ciatore, proclamatore (~ WACKERNAGEL 7 [1883] 276 nr. 19), riferito ad un uso !i-
239; dr. anche Strnbo 7,7,12; Ù1toqrli-.a.ç..., dio, cioè non ellenico. KERN, op. cit. (n. 22)
Èv oti; 'ta-c-cow-co xliv ot 1tpoq>iha.~) e viene 1260; ~ LATTE 840.
1tpOqrfJ't'r]ç X'tÀ. A n 1a (H. Krìimer)

tà del dio che si manifesta nello stor- non permettono di stabilire con preci-
mire delle fronde della quercia sacra sione quale parte avessero nella procla-
(Spvc;: Hom., Od. 14,328 =19,297; mazione dell'otacolo le sacerdotesse (in-
Aesch., Prom. 832; Soph., Trach. n68; trodotte a Dodona evidentemente dietro
Plat., Phaedr. 275b; q>r}'y6c;: Hes., Jr. l'esempio di DeHì e nominate per la
134; Soph., Trach. 171) e più tardi (le prima volta in Hdt. 2,55), chiamate (ad
prime testimonianze risalgono al rv es. in Strabo 7,7,x2; 9,2,4) 1tpocprrn-
sec.: F.G.H. m B nr. 327 [Demone], Jr. 8ec;, né quale rapporto corresse tra Ù7to-
20; Callim., hymn. 4,286) forse anche cpfj-.a.L e 7tpoq>1),..LOE~ 32 • A quanto ci ri-
nel suono di bacinelle metalliche (XctÀ.- velano le tavolette plumbee (m vÙ'..XLct) 33
xlov, À.É{31)c;) 28 • La volontà divina è co- trovate a Dodona con incise le richie-
sl annunciata OLÙ'.. ·w.1wv cruµ{36À.wv ste di coloro che interpellavano l'oraco-
(Strabo 7, fr. 1 29 ): compito e opera del lo, le domande vengono sempre rivolte
profeta oracolare è di interpretare la vo- a uomini (ol Awoww.ii:oi); cfr. anche la
lontà divina da questi segnali, traducen- formula introduttiva della risposta pro-
dola in linguaggio umano comprensibi- fetica in Demosth., or. 21 ,53: o
'tOV
le, e di proclamarla a chi si è rivolto al- ALÒ<; ariµctlvet, Le domande, rivolte per
l'oracolo 311. Lo U7toq>'I]'t1)c; di Dodona è iscritto 34, si riferiscono sempre ad un
pertanto interprete 31 dei segni rivelatori singolo caso: alcune presentano un'al-
e insieme proclamatore della rivelazione ternativa espressa con À.@OV xa.t aµEL-
divina. Le notizie in nostro possesso VOV o simili 35 , e allora basta che lo U7tO·

2s In realtà nessun testo collega esplicitamen- [1875] ): 1tpOqrlj'tat; yàp Myou<n -roùç 1tEpt
te il suono delle bacinelle al responso dell'ora- -.à XP'll<T'tlJp~a ao-xo)..ouµtvouç xaL -ràc; µav-
colo, cosl che le riserve avanzate da N1LSSON nlac; -ràç ywoµtvaç Ù7tÒ -rwv feptwv hq>t-
1' non sono prive di fondamento. L'area del- pov'taç.
l'oracolo era, per cosl dire, recinta da una fila 31 M. LEUMANN, Homeriscbe Worter: Schwei-
di -tp{.1to8tc; collegati tra loro che, opportuna- zerische Beitriige zur Altertumswissenschaft 3
mente sollecitati, risuonavano. Per l'ipotesi che (1950) 39 s.
da questa 1ttplo8oc; -rijc; 1Jxfic; si traesse l'o- 32 I<RRN, op. cit. (~ n. 22) 1261 s.; ~ LATTE
racolo cfr. F. }ACOBY, in F.G.H. mb, Supple- 830; N1LsSoN 1' ·4 24 s. Già nel iv sec. a.C. si
ment I 218 s. Secondo 1a versione più proba- cominciano a confondere gli oracoli di Dodo-
bile, una sferza metallica mossa dal vento (Ò1tÒ na e Delfi (~ KOLF 814 s.), cfr. Eforo in Stra-
'tOU 'lt\IEUµ(noç) percoteva un bacino di bron- =
bo 9,2,4 ( F.H.H. uA nr. 70 [Eforo], fr.
zo (F.G.H. mll nr. 327 [Demone] fr. 2oa, 19- u9). La storia della 'ltpoq>ij-.~ Mirtila gettata
33; cfr. Strabo 7, fr. 3) fornendo cosl una ma- in una caldaia bollente è collegata da Zenobio
nifestazione più chiara - rispetto allo stormire 2,84 (CPG I .53) con Dodona, dallo Pseudo-
delle fronde - de!Ia rivelazione avvenuta tra- Plutarco, proverbia Alexandrinort1111 9 (n 12.53
mite lo spirare del vento e~ LATTE 830). b) con Del.6. La confusione è palese in Suidas,
Dubbie rimangono le antiche notizie (ad es., s.v. 1tpoq>T)'tEla:: xat Ti BW. Bpvòc; xcx1 Ti .6.w-
Hdt. 2,55; Soph., Trach. 171 s.; Strabo 7, fr. 8<l>VT)~ ttpna.
l) circa l'uso di ottenere oracoli dal movimen· 33 Le pubblicazioni delle iscrizioni sono indica-
to o dal tubare delle colombe sacre del san· te in ~ AMANDRY i71 n , 1; una scelta in
tuario di Dodona: NILSSON 12 424 s.; ~ LAT- Dl'I'T., Sy!I.'Ili nr. n6o-n66. I TCWOCXta. mo-
TE 830. strano che, l'oracolo fu frequentato ininterrot-
29 Stando a ciò che segue nel testo, Strnbone tamente fino al 1 sec. a.C., ~ KERN 111 179.
34 Per quanto segue dr. ~ AMANDRY 171 s.;
si riferisce tuttavia al principio della rivelazio-
~ LATTE 84i.848 s.; ~ KERN II n8.
ne, non alla forma del responso dato dallo
35 DrrT., Syll.' m n65: lpou'tiiL KÀ.Eo1ha:(c;)
Ù1tOqrfJ't'l}ç.
-ròv .O.la:•. ., at fo'tt mhoi 1tpo~a-ctuov'tL (alle-
3-J sebo/. Hom., Il. 16,235 (ed. W. DINDORF Il vare pecore) 8vatO\I xcxt Wq>tÀ.LµO\I,
-}53 ( VI.7~(>J ;:r;:içnr:-ri; X'tÀ.. A H rn-ba (H. Kriimer) ( VI,786) 454

cp-fi,ric; risponda sì o no; altre vogliono in prosa 39 e si presentano come decisio-


sapere a quale dio il postulante debba ni e istruzioni divine per la situazione
rivolgersi per il problema che lo assil- attuale di colui che si è rivolto in quel-
ln 36; alcune riguardano questioni affatto la circostanza all'oracolo.
private 37 , altre invece istituzioni pub-
bliche, particolarmente cultuali (--7 sot- b) L'oracolo di Delfì 40 divenne il prin-
to). Le epigrafi conservano pochissime dpale oracolo ellenico in virtù della
risposte dei profeti; ma quelle traman- mantica ispirntoria apollinea che, venuta
dateci per via letteraria 38 dovrebbero ri-
specchiare sostanzialmente la forma uffi- in Grecia dall'Asia Minore all'inizio
ciale dei responsi. Si veda, ad es., De- dell'età arcaica (--7 x, coll. 805 ss.), pre-
mosth., or. 21,53: ò -tou lubç Oì)µaiNEL se possesso di Delfi e sostituì quasi del
f.v .6.wowvn, .6.Lovvrr({.l &-qµc•EÀ:ij i.Ep&.
tutto ln sentenza oracolare all'antica
•EÀ.s~v xaì. xpa-.fjpa xEp<icmL xat xo-
poùc; i.rr't<iVaL, 'Art6).J..wvL 'AJ.o-tpo1talctl prassi di gettare le sorti 41 • Qui, dove i
~ouv l}uuat, xaL <r'tEcpavnqio;;E~v ÈÀ.wìlÉ- responsi oracolari avvengono otà )..6yw'V
;;ouc; xat &ovÀouc;, xa.L EÀ.tv•jm1 µlav
(Strabo I7 ,1A3 ), il gruppo di termini
-hµÉpav· 6.d K-trirrl~ ~ovv ),E•Jxov, «il
profeta di Zeus a Dodona avverte di 7tPOC{JlJ1:T)<; x-. À.. trova il suo specifico
immolare vittime a Dioniso a spese del- impiego.
lo stato, di compiere libagioni e orga-
nizzare pubbliche danze in onore di Dio- a.) La Pizia, che nell'oracolo (µav-
niso; di immolare un bue, inghirlandare -rEto'V), presa da una commozione 'entu-
tutti, liberi e schiavi, e osservare un siastica' (--7xr, coll. 805 s.), opera 'man-
giorno di riposo in onore di Apollo A- ticamente', viene indicata col nome uffi-
potropeo; di immolare poi un bue can- ciale di r.péµa.v·nc; (Hdt, 6,66,2; ·7,141,
dido a Zeus Ctesio». I responsi degli 2; Thuc. 5,16,2; Luc., Hermot. 60) 42,
interpreti dell'oracolo di Dodona sono ma in tutta l'antichità 43 è chiamata an-

36 DITT., Syll.3 m 1161: (u-rcpE~ N~xoxp&.­ I.i civE~),$'1 ò ilE6c;, conservatasi nel linguaggio
-r( n]a., 'tt\IL i>EW\I ihJovcra À.WLo\I :r.a.t èi.µEWO\I sacrale di Delfi, conferma ]'a11tica pratica di ri-
r.prXO"O"OL XG.l 't~ V60"0V 7CaV<Ta.(L)'tO. cavare il responso dalle sorti. Essa continuò
37 DITT ., Syll.' III n63: Èpwtjj Aucravla.ç Ala. contemporaneamente alle sentenze oracolari,
... , ~ oux Eu'tL È!;, mhou -rò 7CaLMpLO\I 'Av- o com'è testimoniato nel caso di una domanda
vuÀct XÙEL. alternativa conservataci in una iscrizione della
metà dcl IV scc. a.C. (P. AMANDRY, Co11ve11tio11
3~ Indirectamente: Hdt. 2,_ 52; Paus. 8,28,6;
religie:m: concl11e e11tre Delphes et Skiathos:
direttamente: Demosth., or. :u,53.
ncH 63 [1939] 184 = ~ AMANDRY 245 nr.
39 La notizia di Paus. 7,25,1; 10,12,10 e Ma- 16; cfr. Nu.ssoN II 99 ·n. l) e nel caso del no-
crob., sai. 1,7,28, secondo CLJi i responsi di Do- me da dare a una persona (Plut., de fraterno
dona erano dati in esametri, è dovuta alla sud- amore :i.i [II 492a/b]). Entrambe le volte co-
detta (~ n. 32) confusione con Delfi. me 5orti si usano fagioli. Altri testi in ->
1
.lJ Per tutta la sezione cfr. NILSSON 1 625- AMANDRY :i5-36; BERVB, op. cii. (~ n. 40) 6 .
653; ~ AMANDRY, con la recensione di H. 42 G. R.AoKE, art. 'Promantis :i', in PAULY·Wis-
BERVE: Gnomon 24 (19;2) 5-12; G. KLAFFUN- sowA 23,1 (1957) 647 con altri passi.
llACH, Das delphische Orakel: Wissenscbaftli- 43 Si vedano i testi indicati in ~ Kou: 815,
chc Annalen 3 (1954) 513-5:i6; H . W. PARKE- ad es. Plar., Pbaedr. :i44a; IG xu 3 nr. 863;
D. E. WoRMEL1., The Delphic Oracle (1956) Strabo 9,3,5; Diod. S. 14,13,3; 16,26A; Plut.,
spec. I 17-45. P)•th. or. / (n 397b); Iambl., myst. 3,n (p.
41 Nu.ssoN 11 l70·173.546.625-6:i8. La formu- 17.6,4).
itpoQJi)'tTJC, ·w tÀ. A u lba.-~ (H. Kramer)

che 7tpocpij·nç, per la prima volta in il profeta oracolare è menzionato tal-


Eur., !on. 42: 7tpocpi}"t'L<; Ècr~ct.l\louo-a. volta per nome (Acerato: Hdt . 8,37; Ni-
µa.vTi;fo\I ih:ou; ibid. 321 e 1322: <I>ol~ou candro: Plut., def. orac. 51 [n 438b]),
1tporpi'}"t'L<;. Entrambi i termini indicano ma per il resto ciò accade piuttosto di
la stessa persona, ma il loro contenuto passaggio, comunque senza un espresso
non è identico(~ coll. 463 ss.) 44 • Mentre riferimento al fatto che egli addiviene
in 7tp6µix.v·nc; sta in primo piano lo sve- all'oracolo e lo comunica. Senza dubbio
lamento, in particolare del futuro 45 il 1tpocp1J•1]c; è connesso all'annuncio
(PJat., Charm. 173c-174a; Phaedr. 244 dell'oracolo (sebo/. Hom., Il. 16,235:
b-c; Plut., E ap. Delpb. 6 [II 387b] ), 7tpocp1J•w; yàp À.Éyov<n •oùc; .•. -tàc;
7tpoq>fj"t't<; esprime piuttosto l'idea del- µa.v'tdctc; ... ÉxqiÉpovw.c;, --+ n. 30); ma
la Pizia che diventa voce (~ x, coll. quale fosse Ja sua funzione specifica, in
807 ss.), portavoce del dio che l'ispira particolare dove cominciassero le sue
(dr. Eur., Ion 92 s.). Scelta, per il ser- competenze e dove finissero quelle del-
vizio, tra la popolazione locale (ibid. la Pizia, può essere solo ipotizzato, sia
1323; 7t(J.O"WV ÀEÀ.q>lOW\I È~a.lpE't'O<;), la pure con alto grado di verosimiglian-
Pizia è l'unica donna presente all'ora- za 49 • Le considerazioni platoniche (Tim.
colo, giacché il resto del personale è ma- 71e-72) sulla divinazione greca riguarda-
schile e soltanto agli uomini è concesso no implicitamente anche la prassi segui-
di accostarsi all'oracolo per interrogarlo ta a Delfì (~ x, coll. 813 ss.): la divi-
(Plut., E ap. Delph. 2 [II 385c] ). Se- nazione ispirata (µct\mx1} Evikoc;) che
condo Plut., de/. orac. 8 (II 414b) nel il dio dona soltanto alla aq>pocru\11] uma-
periodo di massima fioritura dell'oracolo na, viene sottoposta alla 'critica' di un
due sono le profetesse in servizio che uomo assennato (Eµq>pw'il), incaricato di
si alternano con una terza di riserva, vagliare le cose dette ('tOC q>WV'l]i>Év-ta
mentre nel II sec. d.C. ne basta una so- xpl\leL\I O O'UWOj)Cfat. 'tèt. pl)~É\1-.Gt):
la. La denominazione di 7tpocpij"t't<; sem- «perciò esiste l'uso di preporre gl'inter-
bra implicare che talvolta la Pizia pro- preti a giudici delle divinazioni ispirate»
clamasse direttamente all'interrogante la (-.ò 't'W\I 7tpOcp1)-.w\I yÉvoc; É7tt -tai:c; Év·
risposta del dio (Hdt. 1,47,2; 65,2; 5, iMotc; µocv-.elatc; xpt-çàç Émxa~1.a-.a­
92~) 46• \lat ). Per Platone, dunque, la funzione
specifica dei profeti dell'oracolo delfico
~) Del personale dell'oracolo faceva consiste nella riflessione razionale che
parte, tra gli altri, anche il 1tpoq>1}-.1]<; 47 'intende' e giudica le parole pronunciate
(Hdt. 8,36 s.; Plut., de/. orac. 51 [II dalla Pizia invasata (dr. Plat., Charm.
438b]; Berliner Pap. u517,50 [fine del 173c, ~ coli. 463s.). I profeti dell'ora-
II sec. d.C.J 48• Plut., quaest. Graec. 9 colo sono poi definiti «interpreti del-
[n 292d]; quaest. conv. 8,2 [n 717d]; le oscure parole ispirate e delle visioni
Ael., nat. an. 10,26 parlano invece di enigmatiche» (Tim . 72b: "t'ij<; OL' a.lvty·
7tpocpi'j"t'at., al plurale). In queste notizie µWv q>1)µ11c; xa.t . cpocv-.®Ewç ùn:oxp~-

44 Lo stesso vale per la profetessa dell'oracolo 47 ~ AMANDRY II8-123. 168. 223; ~ KOLF
di Apollo ad Argo: DrrT., Syll.' n 735 (I sec. 808 s.
a.C.): '1tp6µa.V'tLt;; Paus. 2,24,1: itpO<pll'tEl'.iou- ~ W. ScmJBART (ed.), Aur einer Apo/1011·Are-
cm.. ~ A.MANDRY 121 n. 4· talogie: Hermes 55 (1920) 188·195 (il passo
in questione si trova a p. 191); ~ FASCHER
45 Cfr. T. HoPFNER, art. Mtx.'ll'tLXTJ, in PAULY·
41 s.
WISSOWA 14,1 (1928) 1258 s.
49 KLAFFENBACH, op. cit. (~ n. 40) 525 S.: cfr.
~ ~ AMANDRY 121. ~ AMANDRY II9 s. 122.
"t'at) 50 e infine chiamati Tipocpii•aL µav- µo<; xa.t cpo~Ep&. emessa durante la suc-
-.woµÉvwv, «interpreti dei vaticini (o cessiva esagitata fuga, e che anche la Pi-
dei vaticinatori)», in contrapposizione ai zia è chiamata 7tpocp'ij-cLç. Tutto ciò in-
µtivn:tc; 'entusiastici'. Il motivo interio- duce a credere çhe la Pizia si esprimes-
re di questa descrizione e valutazione se in uno stato di invasamento, ma sem-
del «profeta assennato» (o-wcppwv 'ltpo- pre otèc. Mywv. Compito ptincipale del
<pTJ"t''r]c;) è l'ideale platonico del 'filosofo'; 7tpOq>lJ"t'1)<;; sarebbe stato allora quello di
pertanto bisogna andar cauti nell'usare dare la prescritta forma ufficiale aUa sen-
questo testo per ricostruire l'effettiva tenza della Pizia. Egli dunque interve-
prassi oracolare delfica. In primo luogo niva sulla forma, non sulla sostanza del-
è chiaro che Platone distingue la Pizia l'oracolo 51 , e proclamava il responso al-
e il profeta in riguardo all'ispirazione: l'interrogante (Èxq>ÉpEtV, -+ col. 456).
mentre quella vaticina in preda al soffio Le domande poste all'oracolo per iscrit-
divino (xo::t' E1tl1tvotocv,-+ x, col. 804), to 52 o a voce trattano gli stessi temi di
questi invece adopera il suo discerni- quelle di Dodona (~col. 452 s .), ma van-
mento razionale (ÀoyLo-µ6c;: Tim. 72a). no anche molto più in là: si chiede qua-
Se anche la Pizia è detta a sua volta (-+ le sarà l'esito di una guerra (Hdt. 1,53;
coli. 454 s.) 7tpocp1j·nc;, vuol dire che il 7 1 220) o, nel caso di una calamità pub-
gruppo di termini Tipocpi)"t''l']c; X"t'À. ha blica, quale sia il motivo dell'ira divina
una posizione neutra rispetto alla pre- (Hdt. 1,n4; 5 1 82); s'interroga l'oraco.
senza o assenza dell'ispirazione nella lo prima di fondare una colonia (Hdt.
persona in questione. Il 1tpocpl)-c'l')c; del- 4 1 150-159; Thuc. 3,92,J) o per cancel-
fico sarebbe stato dunque l'interprete lare una colpa di sangue (Thuc. 1,134,
(nel senso stretto di u1toXpL"t'TJ<;, ~ nn. 4; Ael., var. hist. 3,43), ecc. I respoo.si 53
21 e 50) della Pizia quando questa e- sono formulati in esametri o in prosa
metteva solo suoni inarticolati o un bal- (è:µµe:"tp&. "t'E xd liµe'tpoc: Strabo 9,3,
bettio confuso il cui significato recondi- 5 ), ai tempi di Plutarco soltanto 'in pro-
to doveva essere prima rilevato dal pro- sa (Plut., Pyth. or. 7 [u 397c-d]; cfr.
feta. Ma si noti che la tradizione attri- Cic., divin. 2 1 56,116). L'uso dell'esame-
buisce concordemente il ruolo principa- tro epico rivela l'intenzione di affidare
le alla Pizia e non al profeta, che ad es. il responso a memoria perenne e di det-
in Plut., de/. orac. 51 [II 438b] il mo- tare agli uomini una norma di vita e di
do deJla &:rc6xpLO't<; della Pizia è chiara- pensiero che andasse ben oltre il limita-
mente contrapposto alla xpauyTj il.0'1]· to orizzonte del caso concreto 54 • L'esem-
s:J L'intero passo include i fenomeni rivelatori delle laminette di piombo. L'uso cli porre do-
ottici (<JJ<i:v-raoµa:w;, q>a.vlv'fa.), che, natural- mande per iscritto è attestato, ad es., da sebo!.
mente, necessitano (come i sogni) di una par- Aristoph., Pl. 39 (ed. F. DiinNER [ r877 ]): ol
ticolare interpretazione per poter essere tra- µav-rEv6µ.Evo~ lyypaq>l(J &.va:xoww<m 'ltpòc;
sformati in una. sentenza oracolare; cfr. ~ n. 'tÒ\I i>EÒ\I 't'Ò:c; 'l>EUO'E~ l7totOV\l'fO) ed è proba·
21 e Luc., verae historiae 2,33: 't'Ò µ11\l>tEi:'ov, bile che venisse seguito quando s'inviava all'o·
ov 7tpoe~cr..1)xE~ npOq>TJ'fEUWV 'A\l't'tqJwv ò 't'W\I rncolo un corriere. ~ A.MANDRY 149 s.
Ò\IElpwv vnoxpt-r1}ç. 53 Raccolti ora in PARKE-WORMELL, op. cit.
51 ~ AMANDRY n9 s.; BERVE, op. cit. (~ n. · (~ n. 40) II: The Oracular Responses. All'ora-
40) IO s.; KLAFFENBACH, op. cit. (~ n. 40) 525 colo delfico si rivolse anche l'imperatore Giu-
s.; PARKE-WoRMELL, op. cit. (~ n . 40) I 33 s. liano, e la sua è l'ultima consultazione di cui
s2 Per Delfì non ci sono reperti paragonabili si abbia notizia.~ KERN III 181; NILSSON II
a quelli di Dodona (~ coll. 452 s.), ma ciò po- 449 n. IL
trebbe essere dovuto al materiale scrittorio u- 51 --') LATTE 841 s. Anche il filosofo Senofane
sato per le domande: tavolette di cera invece tenta, verso la fine del VI sec. a.C., di conqui-
pio più noto è il responso dato allo spar- l'oracolo ai Corinzi (Hdt. 5,92B). La
tano Glauco (Hdt. 6,86y ), che aveva comprensione piena (yvwva.t: Hdt. 3,
chiesto all'oracolo se con uno spergiuro 58) del responso viene affidata all'uomo,
potesse appropriarsi del denaro che uno ma allo stesso tempo questi viene collo-
stranìcro gli aveva lasciato in deposito: cato entro i suoi limiti naturali nello spi-
«Gh::uco, figlio di Epicide, certo per il rito dell'iscrizione posta sul tempio di
momento è più vantaggioso guadagnare Del6: rvwi)t CTEIX.\J't'6v (scil. ocvfrpWltO\I
c~m uno spergiuro il denaro e cosi ru- OV't'a.), «conosci te stesso (cioè, ricono-
barlo. Spergiura pure, perché la morte sci che sei uomo)» 61 ; cosl una sentenza
attende anche chi si attiene ai giuramen- come, ad es., Kpoi:croç "A)..uv ota.Bàç µE-
ti. Ma il giuramento ha un figlio ... che y<iÀ.l]V &.px·~v xa.'t'a.Mcret, «Creso, dopo
t'insegue senza sosta finché non abbia aver attraversato lo Halys, distruggerà
raggiunto e distrutto tutta la stirpe e una gl'ande potenza» (Aristot., rhet. 3,5
tutta la casata. Quindi la stirpe dell'uo- [p. 1407a 37 s .]; cfr. Hdt. 1,53) non
mo che si attiene al giul'amento ha nel solo testimonia la prudente e reticente
futuro una sorte migliore» . L'oracolo ambiguità (Ù.µ<plPoÀ.a., dice Aristotele,
delfico formula cosl quella che è la nor- ibid.) dell'oracolo, ma anche l'esigenza
ma etica generalmente accettata 55 , cu- che l'interrogante impari a valutare cor-
stodendo la tradizione e adattandola ac- rettamente la sua reale situazione e le
cortamente ai tempi 56 • Il linguaggio 57 sue possibilità.
dei profeti delfici è spesso oscuro per le
ligure impiegate, che vanno dalla meta- y) Lo stesso dio dell'oracolo, Apollo,
fora allusiva 58 fino alla parabola comple- è chiamato Atòç 1tpoq>1}'t'TJ<; (Aesch.,
ta 59, seguendo i canoni della poesia enig- Eum. 19). Egli è il vero µti.v't'tç dell'ora-
mistica (ad es. Hdt. 1,67; 3,57). Reso colo (ad es., Aesch., Choeph. 559: µcX.v-
ancora più arduo dall'uso del parados- ·nç &.IJ;eu81Jç), ma
allo stesso tempo il
so 00 , il linguaggio oracolare sfida l'intel- portavoce di Zeus, che a sua volta è det-
ligenza dell'ascoltatore, pretendendo to il più verace divinatore di tutti gli
ch'egli non prenda il responso nel suo a- dèi (Archiloch., fr. 84 [Diehl 3 III 37]:
spetto più ovvio e superficiale, ma cerchi µ!iV't'tç !i\jJEUOÉo"tan<;).
il significato profondo nascosto sotto le
a:
parole: ..a.o.. wv Eù q>p&.sE~e. «riflet- c) L'uso del gruppo di termini nel-
tete dunque bene su queste parole», dice l'ambito degli altri oracoli greci 62 non

quistare come rnpsodo l'opinione pubblica u- ÉCT'tt '\'Ò È.v AEÀ<po~c,, o;J..E À.ÉyEL ou't'E xpu1t't'Et
sando l'esametro epico. ?J..).),,à 0'1')µalvEt. Plat., ap. nb: o DEÒC,... at-
ss K. LATTE, Heiliges Rechi (r920) r. Per il vl1'1'E't'Clt.
culto cfr. Xenoph., mcm. 1,3,1: Ti IIuDlct vb- >3 Ad es. Plut., Pyth. or. 24 (II 406e): 6pEµ1t6-
µ~ 1tbÀewç O:vatpE'i: 7tOto\iv,.ac; EUCTE~wç liv
'tctt, «che bevono l'acqua dai monti», cioè i
1t0tEt\/. fiumi.
5~ Ad es. I-Idt . .5.92~: «Un'aquila sulle mon-
56 Più profonda è l'influenza che l 'oracolo eser· tagne è incinta e partorirà un leone».
citò sulla riforma del calendario rispondendo 60 Ad es. Hdt. 5,92!3-) n. 59; 7,141,3 : «Muro
alle domande riguardanti l'ordinamento del di legno»; F.G.H. m Il nr. 404 (Anassandrida
culto e della vita religiosa: cfr. Nms SON 11 di Delfi), Jr. I: «Prendi il vertice e hai il cen-
644-647. tro».
S7 Cfr. U. H5LscHER, Der Logos bei Heraklit, 61 Per questa sentenza famosa cfr. K. KERÉNYI,
in Varia Variomm, Festgabe flir K. Reinhardt Niobe (1949) 248 s.
(1952) 72 s.; ~ LATTE 845 s. Heracl., fr. 93 62 Elenco degli oracoli con testi in -) Kou
(DIELS1 I l 72 ,6 s'): b ~va!;, oi'.i -.ò µct\/1'E~6v 803-806.809.815 s.
si discosta da quanto abbiamo detto per no é8 su Alessandro di Abonotico (una
Dodona e Delfì. località sulle coste della Paflagonia) che
Si tratta soprattutto di oracoli di colà nel II sec. d.C., sfruttando la pas-
Apollo: a Ptoo 63 , a Corope ~, ad Ar- sione per gli oracoli, fonda un oracolo
go (1tpocpi}-.tç, ~ n . 44), a Claro 65 , a di un dio che egli stesso proclama Gli-
Di<lima f6; inoltre dell'oracolo di Zeus
cone, nuorn Asclepio e nipote di Apol-
a Olimpia (1tpocpiJi;l)c;: schol. Pind.,
Olymp. 6,6b 67 ), di Dioniso in Tracia (oL lo (Alex. 43).
1tPO<J>1'J"EUOV'tE<; accanto alla rtpoµa.v•t<;, Certamente rimane nell'alveo dell'uso
come a Delfì: Hdt. 7,111,2) ecc. Forse greco l'espressione livEV V1tO<J>lJ•OV,
è per una interpretatio Graeca che an- «senza un particolare interprete dell'o-
che il sacerdote dell'oracolo di Zeus Am- racolo (o proclamatore dell'oracolo)»
mone in Libia viene chiamato 7tpoq>'l)- (Alex. 26), né da tale uso Luciano si
•t"'l]<; (la testimonianza più antica è
discosta allorché, in occasione della sua
Pseud.-Plat., Alc. II 149b.15oa) : simil- visita, si rifiuta di chiamare Alessandro
mente a quanto accade a Dodona, anche 7'pocp1rn1c; (Alex. 5 5 ); questo rifiuto pro-
costui interpreta la volontà del dio (vEu- babilmente non solo è inteso a colpire il
µa.cn xaì. uuµ~oÀ.otç ... i;ou 7tpocpl]'tov
ciarlatano, ma rivela una sensibilità per
-.òv ll.la uT.oxptva.µÉvou: Strabo I7 ,1, i! peculiare contenuto greco del termine.
43) Oia 'ttvWV <ruµ(loÀ.wv (Strabo, fr.
Dove però Alessandro si attribuisce bo-
r ), cioè partendo dagli ondeggiamenti
riosamente i nomi di npoqi1J•nc; e u-:to-
del simulacrn del dio portato a spalla cp'l)n1c; (Alex. 11.22.24) si scorge nei ter-
dai sacerdoti (Diod. S. 17,50,6) e pro- mini la presenza di elementi estranei alla
clama la risposta (Ò.1toxpdH'jva.t: Pseud.- profezia oracolare greca. Luciano chiama
Plat., Alc. II 149a, dove il responso pro- il suo avversario y6nc;, cioè incantatore
fetico comincia con le parole: 'Aihivai- (Alex. r.25; discepolo di un yo'l')c;: ibid.
otc; -.cl.oE À.Éyn "Aµµwv). 5 ), includendolo così nella categoria non
d) Fin qui 'ltpocp'l)-tT}<; non oltrepassa greca del iM:oc; èivllpw'ltoç 69 che preten-
de llOil solo di avere predetto (1tpOE~­
l'uso linguistico greco. Un'accezione del
TCE~V) il futuro e chiadto eventi oscuri,
tutto nuova, non più in linea con l'uso ma anche di aver operato guarigioni e
greco, si presenta nella satira di Lucia- richiamato in vita dei morti (Alex. 24).

61 In Beozia; responso dato in lingua caria da 66 Presso Mileto; il '!tpocp-IJ-rriç proviene da


un rcpoqr/i-rTJt; (Corinna, Jr. 5,68 s. [DmHL2 r famiglie sacerdotali di alto rango; più tardi vi
4,198]) ad un corriere straniero agl'inizi del opera anche una rcpoq>fj-r~ç (Iambl., myst. 3,II
v sec. a.C.: cfr. Hdt. 8,135; Plut., Aristides [p. 127,12]). Le iscrizioni che riguardano i
x9,2 (I 33oc); de/. orac. 5 (u 4na). profeti sono raccolte ora in T. WmGAND, Didy-
64 In Magnesia; itpoqn'J-rTJç: DITT., Syll. 1 Ili 11/(I n: .Die Inschri/te11, ed. A. REHM e R. HAR-
n57,22 (c. 100 a.C.); l'iscrizione riporta un DER (1958) 155-203 (nr. 202-306).
ordine commerciale dell'oracolo; NILSSON II . 67
Ed. A. B. DRACHMANN I (1903).
98 s.
65 Presso Colofone; un 'ltpoqr/i-rriç (Ditt., Or.
63 Bibl. in N11ssoN II 452 n. 3; da notare
u 530 [132 <l.C.]) rendeva i responsi dopo particolarmente O. \VmNREICH, Alcxandros der
aver bevuto alla fonte dell'oracolo un'acqua Liigc11propbct 1111d seine Stellrmg in der Reli-
che gli provocava l'ispirazione. Cfr. Tac., 1111. giosi/iii des II. ]ahrhtmderts 11. Chr.: NJbch
2,54 (sacerdos); Iambl., myst. 3,II (p. 124,9- KlAlt 47 (1 921) l29-r5r.
126,3); ~ x, coli. 823 ss. 69 Cfr. RE1TZENSTEIN, Hell. Myst. 26.
7tpoqn)TI)c; X"t'A. A II rd-e ll-1. l'..ramer1

Invasato dal suo dio, in istato estatico, done guida, stabilisca quali veri indovini
con la schiuma alla bocca (Alex. 12 ), ve- i profeti del futuro» ('t''/i'J µav-.tx'Ì)v €t-
stito in maniera stravagante (Alex. r r ),
nei misteri connessi con l'oracolo egli WJ.t ... Émo--.1)µ-qv -tou µ€).À.ov-.oç EO"E-
si vanta di essere figlio di un dio (Alex. critat, xat -.l}v crwcppocruv1w ocù-.fjç Ém-
38 s.) e afferma di avere avuto una fi- O"'t'<X.'toucra'll ... 't'OÙç Wç b.À'l)i}wç µa\1-
glia dalla dea Luna (Alex. 35) . Ben-
't'Et<; xcdhcr-.<i.'lla~ _.. rcpocp-i]-.a<; 't'W\I µÙ-
ché ministro del dio (itEp&.TtW'J Ù7tocp1}-
't'1]c;), 1tpOq>lJ't1]ç xat µaitl}'ti)ç 't'OU itEOU ).6v'tW\I ). In questo passo 7tpocp1}'t'1J<:; da
(Alex. 24), egli ha però una posizione un lato è nettamente distinto da µav't't<;
di gran lunga superiore a quella del co- mediante il momento della crwcppocruv'l)
mune profeta oracolare, se il dio élà alla
sua intercessione un valore decisivo: (cfr. ~ coll.456s.), dall'altro, abbiso-
fo't'at TI&.\l"tct, ò1t6Ta\l ÈoE).1)crw Èyw xat gnando del genitivo 'tW\I µEÀ.À.O'J-rwv, di-
'A).é~avopoç ò 1tpoq>1)'t'nc; µov OElJitii mostra di essere per sé un termine in-
xat EV~1)-rct.t u7t~p ùµwv, <(tutto avverrà
se io vorrò e se Alessandro, mio profe- dicante l'annunciatore, il proclamatore,
ta, chiederà e intercederà per voi» (Alex. senza rapporto con un contenuto speci-
22). In particolare la diversa natura del fico, ad es. l'avvenire. Esempio pratico e
profetismo rappresentato da Alessandro
si manifesta nel fatto di pronunciare re- lampante di tale distinzi9ne è l'oraco-
sponsi, sia ad individui (Alex_ 50) sia lo delfico: Apollo è µav-rt<; (Aesch.,
alle città d'Italia (ibid. 36), senza essere Cboeph. 559; Eum. r8), avendo da Zeus
interrogato, mentre il profeta oracola- il dono della chiaroveggenza (Eum. r7),
re greco comunica la risposta del dio
sempre e solo dietro specifica interro- ma è allo stesso tempo .AtÒ<; rcpoq>-i]"t'l)<;
gazione. (Eum. r9) in quanto comunica alla Pizia
il volere di Zeus; la Pizia è la µ6.v-r1ç
e) 1tpoq>iJ'tlJ<; e µci.n1ç non sono si- ispirata da Apollo (Eum. 29.33), ma è
nonimi 70 • Mentre le funzioni connesse anche sua 7tpOcpfj't'tç quando ne diviene
con questi due nomi sono talvolta affi- portavoce (~ col. 455); il 1tpocp1)'t1Jt;,
date a due diversi individui (ad es., infine, è colui che proclama l'oracolo nel-
Pind., fr. r50, ~ coli. 47r s.), spesso la forma definitiva(~ col. 458).
vengono attribuite alla stessa persona e
indicano due aspetti distinti: al µ&.v-r1ç
è data l'illuminazione, la chiaroveggenza, Il medesimo doppio aspetto dell'uso
linguistico è attestato per l'oracolo di
in particolar modo del futuro; al 7tpo<p1}- Apollo 11. Ptoo (1tp6µoc'V't'tt; e 7tpO<plJ't'l)ç:
't'1J<:; spetta l'enunciazione di questa co- Hdt. 8,135), ad Argo(~ n. 44), a Di-
noscenza. In via teorica la differenza è dima (TCp6µa\l't'tç: Luc., bis accusatus r;
cosl definita in Plat., Charm. r73c: « ... rcpocpfi'ttç: Iambl., myst. 3,rr [p. 123,
15 s.]); fuori dell'oracolo, si trova an-
ammettiamo che la mantica sia la scien- che nei poeti del v sec. per indicare
za del futuro e che la saggezza, divenen- i 'veggenti' Tiresia (Pind., Nem. 1,60 s.:

70 Per questa sezione cft. -:> FRAENKEI: 498; -:> FASCHER IJ s, 19.42.52-54; -:> col. 455.
Atòc; u\j!CO""t'OU 1tpocpchav .. ., opMp.av- largiti per mezzo d'una follia che è un
"t'tv), An6arao (Aesch., Sept. c. Theb. dono divino», µ.ocvlrL t>zl~ òé<TEL otoo-
609 ss.) e Cassandra (Aesch., Ag. ro98
s.), ed anche quale attributo del demo- µÉv'l'}) è chiaramente affermato, ma resta
ne marino Glauco (Eur., Or. 363 s.: degno di nota che trattando questo ar-
µri.v"t'tc;... NTJpÉwc; 1tpOq>lJ"t'TJ<;). Questa gomento Platone non parla mai di 'ltpo-
distinzione dev'essere stata sentita a lun-
go in Occidente, certo fino al II sec. d. q>lj-rctt, bensl di XP'l']CTµcvool e di (i)i;o )-
C., come dimostra Iren., fr. 23 71 : ov-.oc; µa\l't'EL<; 73 : secondo Platone per il 'pro-
OÙXÉ'tL wc; 1tpO<plJ"t''l'}c;, &,)..),,'wc; µa\l"t'L<; feta' il momento razionale è integrante
Àoyv:ri)·~<TE'tCX.L, «costui non sarà consi-
(cfr. Tim. 7re-72b, ~ col. 456) . Ciò
derato un profeta, ma un indovino».
Cfr. Herm., mand. II,2 72 • Per la coin- che Platone in Ion 534c dice, ancora
cidenza dei due termini in Oriente ~ molto genericamente, dell'l'.nt'l'}pÉ"t'l'}c; del
coll. 466 s. dio, è precisato da Plutarco ( ~ x, col.
f) La mantica ispiratoria, sconosciuta 813), per il quale l'anima di colui che
ancora in Omero (~col. 454), praticata diviene trami te della rivelazione è un
in Grecia da donne e in Asia Minore opyct\10\1 t>EoU (Pyth. or. 2 I [u 404b ] ),
generalmente da uomini, riguarda una una cetra del dio (de/. orac. 50 [II 437
sola ma importante parte della profezia d]). Anche Plutarco, poi, non esclu-
oracolare greca. In questo caso coloro de affatto la ragione (de/. orac. 48 [II
che fanno da tramite della rivelazione 436e]), cfr. ~ x, coll. 822 s. Pres5o il
sono presi da una tal forma d'entusia- neoplatonico Giamblico il concetto di
smo, che, secondo la concezione di Pla- 1tPO<J>lJ'tTJc; sembra però, con una certa
tone, il dio toglie loro il senno (ò 1'e:òc; deviazione dalla linea greca 74, identifi-
Éça.tpouµe.voc; ... "t'Òv vouv ... XPll't'ctt V1t'l1- carsi pienamente con quello del µlivnc;
pÉ-.cuc;... "t'oi:c:; XPTJ<Tµ(tlooic; xaL -roi:c:; µav- estatico, che è ($X'l)µCL f) opyOC\IOV 't'Ot<;
"t'E.O"t -roic:; 1'e.lotc:;: Ion. 5 34c-d) ed essi È1tL7t\IÉoucrt i>Eotc:;, «veicolo o strumen-
«trasportati dall'ispirazione pronunciano to per gli dèi ispiratori» (Iamblicus,
molte verità, ma non sanno nulla di myst. 3A [p. ro9,r2]): il dio si ser-
quello che dicono» (Men. 99c: Èvllou- ve del profeta come di uno strumento e
G'LW\1-cEc:; ÀÉyOUCTL\I µÈ.\I aÀ'r)i>1} X<.X.t 'ltOÀ- quegli non ha più né coscienza né co-
Àcl:, i'.crrun oÈ oÙOÈv wv ÀÉyouo-tv. Cfr. gnizione alcuna: non sa chi è, che dice,
ap. 22c). In queste descrizioni il signifi- dove SÌ trova (xpi\'tctL wc; opya\I~ -r@
cato del dono divino (Plat., Phaedr. 7tpOq>lJ'tTJ oV"t'E É<W'tOU O\l't'L o(hE 'lt<.X.pa-
244a: «i più grandi doni ci vengono xoÀ.outlouv-.t oùOèv olc; ÀÉye.t ii o?tou

71 Ed. w.HARVEY II (I857) 49I. lv L'1EÀcpo~ç 'ltpocplj·nç accanto alle lÉpEL!XL di


Dodona.
n HARNACK, Miss. I 362 n. 2. 71 Cfr. N1LssoN 11 431-435 ed anche quanto

73 Solo una volta (Phaedr. 244a) menziona, u- abbiamo detto(~ coli. 462 s.) circa Alessandro
sando un'espressione ormai fissata dall'uso, ii di Abonotico.
, .-,, / -,.--

y 'i'j<; Év't'W: ibid. Le informazioni che abbiamo non ci per-


I I ( p. I 2 5 ,I O SS.) ).
mettono di chiarire l'esatto procedimen-
g) Riepilogando, possiamo fissare al- to della comunicazione del responso o-
cuni punti fermi circa l'uso dei nostri racolare. f3) Il profeta oracolare annun-
termini nel sistema oracolare greco. a) cia all'interrogante, nella sua presente e
Essi indicano le persone oracolari, ma- concreta situazione (--+ coll. 453 s.) in
schili o femminili, e la loro attività, rispondenza alle domande poste, la vo-
che consiste nell'enunciare sentenze il lontà e il consiglio del dio. Quanto al
cui contenuto non è dovuto ad esse, contenuto, l'oracolo riguarda tutta la
ma al dio che rivela la propria volontà sfera della vita privata, pubblica e cul-
in quella sede oracolare. Tale rivelazio- tuale (--+ col. 458). y) I profeti e le
ne avviene per ispirazione diretta o per profetesse degli oracoli greci non ven-
segni (11uµ~0Àa) che necessitano ancora gono scelti dal dio, ma dagli uomini per
dell'interpretazione umana (--+ coli. il loro servizio (--+ col. 455), tenendo
450 ss.; 461). La differenza tra le due conto delle loro predisposizioni umane :
forme di rivelazione non ha alcun peso mentre nella mantica ispiratoria (-7
per l'impiego del gruppo di termini 75 : coli. 454 s. 465 ss.) potrebbe essere
il gruppo stesso è indifferente nei con- stata presa in considerazione una certa
fronti dell'ispirazione che può, ma non predisposizione psichica, in genere i pro-
deve necessariamente, essere inclusa. Il feti provengono dalle classi altolocate 76,
gruppo terminologico 7tpOCJ>D't'f}ç x-.).., ad es. a Didima dall'antica stirpe dei
conformemente al significato letterale Branchidi. L'iniziativa è però totalmen·
dei vocaboli, indica essenzialmente l'e- te umana, non solo per quanto riguarda
nunciazione pubblica della volontà divi- la scelta del personale oracolare, ma an-
na (precedentemente celata), in partico- che per quanto attiene a tutto il proces-
lare la manifestazione verbale di tale so divinatorio, che si mette in moto, per
volontà all'interrogante che ha solleci- così dire, solo su ordinazione 77 : il pro-
tato il responso, e include naturalmente feta parla soltanto quando una singola
una previa interpretazione di segni ( Ù7tO- persona pone un dato quesito all'oraco-
xplvE11Dm) ovvero la consapevole for- lo 78 • Anche l'ispirazione è provocata dal-
mulazione dell'oracolo (-7 col. 458). l'iniziativa umana (cf r. -7 x, coli. 808

13 La distinzione tra mantìca 'intuitiva' e 'in- AMANDRY n6; BBRVE, op. cit. <~ 40) IO n. 2.
duttiva' (gem1s divi11andi 11a11Jrale e gcnus di- 71 ~ BACHT, Prophetc11tum 250.
vinandi artificiosum: Cic., divì11. I ,49,ro9 s.; 2, 78 ~ FASCHBR 58 s.; ~ KoLF 799. Il profeta
n,26) nd caso di 'ltpoq>i)"t'l')c; X't'À., è dunque dell'oracolo di Ammone saluta Alessandro Ma·
recessiva. gno chiamandolo figlio di Arnmone (Plut.,
76 Al tempo di Plutarco fa Pizia el'a una sem- Alex. 27 (1 680]); ma non si tratta di un ora-
plice contadinella (Pyth. or. 22 [II 405c]), ma colo, bensl del saluto con cui viene ricevuto
si tratta, come sembra, di una eccezione: ~ ufficialmente e solennemente il nuovo signore
s.). In un solo caso si parla di ribellio- trinmo, quale elemento già chiaramente
ne contro questo servizio: a proposito di trndizionale che trova la sua espressione
più semplice nell'invocazione alla Musa
una Pizia che, ai tempi di Plutarco, si (Hom., Il. 1,1; specialmente 2,484-492
rifiuta di divenire portavoce del dio e passim), la credenza in una connessio-
(Plut., def. orac. 51 [n 438a-c], cfr. -7 ne tra la Musa divina e quell'essere uma-
no che è il poeta 82 • L'aedo omerico sen-
x, col.822). o) Il profeta oracolare gode te di dipendere da un essere divino pro-
di un tale prestigio sociale, da poter es- prio nell'esercizio della sua atte (Hom.,
sere chiamato a particolari compiti di Od. 8,44: itEoç... OWXE\I ào~oT)\I) e per
rappresentanza, ad esempio come ca- questo contatto è 1M:oç &otooç, «divino
cantore» (Od. 1,336; 8,43 e passim).
po ~ quindi portavoce di una delega- Certo, il dono delle Muse tiguarda an-
zione 79; fa sua posizione è quella di un che l'effetto del canto (Od. 8,45: 'tÉp-
magistrato, come si può dedurre dall'u- TIEW, dilettare), ma soprattutto il suo
contenuto, il passato che il cantore vuol
so d'indicare l'anno col nome del profe- richiamate e descrivere: le Muse hanno
ta in carica; cfr. in particolare le iscri- visto tutto, cioè sanno tutto (Il. 2,48 5:
zioni di Didima con la formula h;t -.ou fon 7t6:V't'ct), e lo 'rammentano' (µYrJ ·
crrurl>ctL: Il. 2,492) al cantore il quale,
7tpocp1)'tOV ... ovvero 7tpOcpTJ'tEUo\l-to~ ... 80
pertanto, è in un primo momento egli
(qui r;;poq>lJ'tEVW significa evidentemente stesso ascoltatore e solo in seguito, in
coprire la carica, l'ufficio di profeta ota- virtù della forza di ricordarsi che ha a-
colare ). E) Eur., lon 369: oùx Ecr't'L\I vuto in dono, poeta e narratore 83 • Svol-
gendo tale concezione, ma aIIo stesso
«non c'è
o<J'tL<; <JOL 1tpocpt)'tEVCTEL 't<iOE,
tempo prendendo le distanze daU'epica
chi ti profetizzerà queste cose»: qui il cavalleresca, Esiodo presenta un· nuovo
verbo 1tpocplJ'tEVW include l'enunciazio- e secondo lui più veritiero (theog. 28:
à_'X.111)fo. YTJPUO"(f.cri)cu) rapporto del poe-
ne e la presentazione del quesito al dio ta con la Musa nell'espetienza personale
dell'oracolo 81 (cfr. -7 coll.472 s.). della vocazione poetica rivoltagli dalle
Muse, che gli inspirano una voce divina
2. Il poeta quale npocpl)'t''l'}<; (theog. 22-34, ~ x, col. 803).
Basandosi su questa tradizione, Pin-
a) Nella più antica poesia greca incon- daro84 per primo tra i poeti greci si serve

dcl paese; cfr. NILSSON II 138 s. \Y/. ScHADEWALDT, V 011 Homers \Veli 111/ll
7~ Cfr. M. HoLLRAUX, Fot1illes att Tempie d'A- 1flerk2 (1951) 76-83; K. LATTE, Hesiods Dich·
pollo11 Ptoos: BCH r4 (1890) 53 s. terweihe: Antikc und Abcndland 2 (1946}
61) Vedi REl-IM, op. cit. e~ n. 66) indici IV e V, 152-163.
s.v. &J Orto, op. cit. (~ n. 82) 34, dr. 85; LATTE,
81 Quest'uso linguistico, conformemente al già op. cit. (~ n. 82) 159·
discusso rapporto tra µaV't'LC:, e 1tpOqni't''l'lC:. (~ 84 Cfr. ~ FASCHER 12; ~ Donns 82, con la
coli. 463 ss.), potrebbe essere stato influenzato · recensione di G. LucK: Gnomon 25 (1953)
dal doppio significato di µav·m~oµa1: predire 364; H. GuNDERT, Pind. und sein Dichterbe-
(ad es., Pfat., Ti111. 72b) e ottenere t1n oracolo mf: Frankfurter Studien zur Religion und Kul-
(ad es., Plat., ap. 2rn); cfr. ~ FASCHER 15 n. 2. tur der Antike rn (1935) 62 s.; A. SPERDUTI,
s2 Per quanto segue dr. ~ Donns 80 s.; W. The Divine Nature o/ Poetry ù1 A11tiq11ity.
F. OTTo, Die M11sen und der gottliche Ur- Trnnsactionr. and Proceedings of the Ameri-
spm11g des Singens tmd Sagens (1954) 31-34; can Philological Association 81 (1950) 233-
471 (vr,792) r.poqri}'t'l')<; X'tÌ... A Il 2a-b lH.11..tamcr J l V1,7'))14/-'

del termine npoqrii-c11ç e del suo grup- il poeta non proclama niente di suo,
po per designare il suo rapporto con le bensl trasmette un compito e un sapere
Muse: egli è portavoce delle Muse divino; dall'altro è espressione della
(paean. 6,6: Il~Eplowv 7Cpocpa:raç; ana- profonda autocoscienza del poeta, che
logamente Bacchilide si considera [9,3] può proporsi quale 7tpocp1)-.11ç perché
Moucrav... iki:oc; npocpcha.ç). Con chiara grazie al favore degli dèi ha una crocpla:
reminiscenza di Horn., Il. 2,484-492 {~ innata (Pyh. l,4I s.; Olymp. 2,86, cfr.
sopra), Pindaro invoca le Muse (paean. 9,roo) e può cosl disporre di una dure-
6,50-58) perché esse sanno tutto (54 s.: vole e continua potenza creativa: quan-
Urc.t't'E •.. mX.vw.) ciò che ai mortali sareb- do il poeta parla come 1tpocp1)-c'l]ç delle
be altrimenti impossibile escogitare: do- Muse, il suo genio partecipa in maniera
nano infatti l'inventiva (t::vµa.xavla.) e la essenziale a questo evento. È sintomati-
crocpla, la sapienza (paean. 7b,n-15). co che mentre in quello stesso periodo 85
Quasi sinonimo di npocprrri}c; è in dithy- si forma l'idea (non documentata però
rambus 2 [ = fr. 7ob],23 ss. x1)pu~: la prima di Democr., fr. I7 s. [Dicls 1 n
Musa ha dato all'Ellade il poeta quale 146,5-r5] e Plat., Ion 534a-e; Phaedr.
eletto e prediletto araldo di sagge paro- 245a.265b) di una µet.\lla. del poeta che
le: È!;a.lpE't'O\/ xapUXrt. O'Oq>WV È1tÉW\/ nulla sa di ciò che dice (Plat., ap. 22c;
Moi:cr'ocvÉcr't'a:<TE (cfr. &:yye:Àoc; in Nem. Men. 99c-d), si eviti palesemente il grup-
6,57b). Il contenuto essenziale di questo po terminologico di 'JtpOq>TJ't'TJ<; 86• La
annuncio è fa lode delle nobili apE't'CX.L formulazione coniata da Pindaro diven-
e l'educazione ad esse. Pindaro chiama terà poi nell'ellenismo (che userà il ter-
il poeta npoq>TJ't''l'l<; con chiaro riferimen- mine epico U1tocp1)'t'i}<; [Horn., Il. 16,
to all'oracolo delfico, e precisa a questo 235, ~ n. 21]) denominazione stereo-
modo (fr. 150) il proprio rapporto con tipa del poeta: Moucrtiwv vitocp1)'t'i}<;
1a Musa: «Vaticina, o Musa, e io sarò (Theocr., idyll. 16,29; 17,II5) 81, e sarà
il tuo portavoce» (µa.'\/'t'EVEO, Moi:cra., usata ançhe in età cristiana (Dio Chrys.,
1tpoq>a.'t'EUO'W o'Èyw). Qui la Musa ha or. 36,42: itpocp1j't'a:t 't'W'\/ Moucrwv). In-
preso il posto della 7tp6µa.v·nc;, il poe- fine Ael.Arist., or. 45,12 (ed. Dindorf)
ta quello del profeta oracolare. Mentre usa criticamente l'analogia pindarica: le
Omero (~ col. 470) attribuiva alle Muse sono le µ&.vntc; élÀ.i}i>Ei:ç, i poeti
Muse l'ufficio di rammentare (µvr1cra.- i loro 7tpoq>'ij't'at.
oi>a1.) ed Esiodo (~ col. 470) quello di
cantare il vero (oc'ì..11iMa. y'l]pucra.oi>a.1.), b) Mentre l'attributo di npoqni"tnç
Pindaro riconosce loro una funzio- indica in genere il poeta come colui che
ne mantica (µa\l-tEuEoi>a:1.). L'analogia annuncia agli uomini quanto ha ricevu-
con l'oracolo delfico ha un doppio si- to dalle Muse, l'uso linguistico talvolta
gnificato: da un lato tiene formo che si allarga alla concezione del poeta qua-

237; W. KRAus, Die A11ffam111g des Dichter- KAYSBR, Flavii Philostrati Opera II [1871]
bemfs im fruhet1 Griechen/11111: Wiener Stu- 422,26 s.; ~ x, coll. 817 s.): le mani dell'arti-
dien 68 (1955) 85 s.; J. DUCHEMIN, Pindare sta µ.E't!Ì µa.vlttc; 'ltpOq>tj'tEVOU<n 'trX 'ltOtTJIUt'ta.
poète et prophète (1955) spec. 22-34.337. 37 Invocazione della Musa ad imitazione di O-
a> Cfr. P. FRIEDLANDBR, Platon 111 (19.n) 297 mero ed anche di Pindaro: Theocr., idyll. 22,
n. 7. u6: El7tè. f>eO:, crù yàp otcrf>a: trw 8'hépwv
ao L'uso documentato del nostro gruppo di ter- ùnoqii)-.'11<; q>béyt;oµat, «dimmi, o diva, giac-
mini per indicare l'opera 'ispirata' degli artisti, ché tu sai: ed io, annunciatore ad altri, leverò
dal poeta allo scultore, comincia solo col m la voce». Cfr. Callim., hym11. 3,186: ElnÈ lkq
sec. d.C. (Callistratus, descriptio11es, in C. L. ... lyw 8'~>tlpotaw 1hlcrw.
473 \ v1,793J

le portavoce anche degli uomini. Ma an- eia alle anime - che sulla terra iniziano
che in questo caso è presente l'analogia una nuova vita di cui esse stesse debbo-
col profeta oracolare (~ col. 469); in- no scegliere il contenuto - il verdetto
fatti secondo Ael. Arist., or. 8,48 (ed. della dea, che comincia con le parole:
Dindorf) i poeti esprimono nei loro in- 'Av6.yx11ç ~uya"t"pÒç xopl)~ Aa.XÉ<rEwç
ni il ringraziamento degli uomini e nel À.éyoç, «parole di Lachesi, vergine so-
1tpO<rayope:ui::w degli dèi essi si dimo- rella di Anan):ce», e che poco dopo (6 I 9
strano i veri rçpocpij"t"m 'tW\I i)i::w\I 88 , an- e) è parafrasato con 'tà. 1tpopp'l']M\l't<X.
nunciatori agli dèi. Per Dio Chrys., or. 7, Ù1tÒ 'tOV 1tpocp1}'tou, «il messaggio del-
roo s. i poeti sono «portavoce e avvo- l'araldo». In Plat., Phaedr. 262d le ci-
cati degli uomini» (7tpocp1j'tCX.L a.Ò"t"W\I cale (cfr. 258e) sono 'tW\I Mouo-wv 1tPO-
xrx.t cru\11)yopot) perché esprimono l'opi- qrij'ta.L, perché, da un lato, col loro 'can-
nione pubblica. to' esse trasmettono (È.m1t\IELV) il dono
delle Muse per un parlare più vivace e,
3. Altri usi dall'altro, dopo morte riferiscono ( &.-
mi.yyÉÀ.À.EL\I) alle Muse chi sulla terra
Fin dalle testimonianze più antiche si Je onora (ibid. 259c-d). ~) Tratti sincre-
profila un uso del nostro gruppo di ter- tistici si notano nell'uso di 1tpoq>1}'tl)c;
mini che non rientra in quanto abbia- da parte dell'astrologo Vettio Valente
mo detto finora. (u sec.): colui che è nato sotto una da-
a) I nostri termini sono variamente ta costellazione Ecr'taL µa.x&.ptoc; i::ùrn:·
usati nella sfera religiosa generale. a.) In ~,;~, 7tpocp1j't'l)<; µEy6.À.ou 1}i::ou xat È'lta.-
Aesch., Ag. 409, i S6µwv 1tpocplj'taL, «i xoucrihiO"E'tat W<; ~EO<; (2,7 [p. 63,18
portavoce della reggia» 89 , deplorano l'a- s.] ), ovvero: Ecr'ta.L 1tpocp-lj't'l)ç d.1'tux.1}c;
dulterio e la fuga di Elena. In Ari- r;À.ovcnoç evSoçoç, 1toÀ.À.wv ciya.1}wv xu-
stoph., av. 972 viene ricordato un 7tpo- pLEUO"EL (2,13 [p. 67,22 s.]). Stando al
q>TJ't'l)~ che enuncia delle massime ( XP'YJ· racconto di Luc., peregr. mori. II, in ·
crµol) e le interpreta con una felice ap· una comunità cristiana Pellegrino as-
plicazione alla situazione. In Eur., Ba. somma nella sua persona le mansioni di
551 le baccanti si definiscono 1tpocpij- 7tpOq>lJ'tl)<; xat ~trx.o-cipx;T)c; xat !;uwx.yw-
'tCX.L di Dioniso perché proclamano a yi::uc;, «profeta, tias.arca ( = capo della
mezzo della danza e del canto estatico comunità cultuale) e archisinagogm> 90 •
la natura del loro nuovo dio che le ren- A quanto pare, Luciano lo classifica sot-
de beate (ibid. 64-169.416-433). Nel to il tipo del yo'l)ç (~ col. 462) che
mito escatologico di Plat., resp. ro,617 impone facilmente il proprio prestigio
d-e un 1tpO<pTJ't1]ç ( = portavoce, aral- sui cristiani sfruttando la loro speranza
do) di Lachesi, dea del destino, annun- d'immortalità (ibid. 13) 91 •

BS li genitivo, come nel passo di Teocrito (-') to ~ e, col. 477).


n. 87): b:lpw\I Ù'ltoqrirrTJc;. ~ ~ FASCHl'.R 205: Luciano «mescola insieme
89 Secondo -') FRAENKEL n 214 si tratterebbe cdstiani, giudei e pagani».
di persone di fiducia alle quali si farebbe rì- 91 7tPO!jlTJ'tTJc; potrebbe essere inteso anche alla
corso, ad es., per l'interpretazione dei sogni luce del titolo egiziano di sacerdote(~ b, col.
(cfr. 06µwv Ò\IE~p6µav-t~c;: Aesch., Chocph. 457). Se la continuazione del testo (xa.t 'tW\I
32); per-'> KoLF 813 sarebbero invece servitori ~l~ÀWV -tàc; µèv ~!;TJ')'E~'tO xa.t 8tEU6.q>EL) va
che annunciano alle persone che stanno all'e- riferita a TCpoqni'tT]c;, allora nel momento del-
sterno quanto è avvenuto nella casa (in questo l'interpretazione avremmo un elemento greco
caso il passo andrebbe classificato sotto il pun- tradizionale.
475 (vi,793) 'itpocp'i]-r'T}t; x-rA.. A 11 3b-cl ttt. 1.<.rnmcr J l V<,/~'fl 4/U

b) Fin dal UI sec. a.C. è documentato casione di manifestazioni ateniesi a Del-


un uso particolare di 7tpoq>'l)·n1c; quale fi, ad es. per le pitee 99 .
traduzione dcl titolo egizio di servo
di Dio (~m-nfr), che serviva a distingue- d) Nel campo della filosofia e della
re i sacerdoti egiziani della classe più al- scienza il nostro gruppo è usato a par-
ta 'll. Come tutti i sacerdoti egiziani, tire da Platone, talvolta con una nota
questi 'profeti' vengono nominati dal religiosa o con l'accenno al momento
re, al pari di tutti i funzionari 93 • lgno- dell'interpretazione. Plat., Phileb. 28b-c:
damo quale fosse la loro funzione speci- 1tpo;'>TJ'tl}ç= portavoce, colui che deve
fica nel servizio del tempio, mentre sap- far uscire In disamina da una aporia, e
piamo che occupavano una posizione di al tempo stesso annunciatore dcl vouç
riguardo nella scala gerarchica~ e che (divino). Pseud.-Aristot., mund. r (p.
il loro ufficio poteva essere ereditato dal 391 a 15 s.): guidata dal vouc;, l'anima
figlio 95 • Si sono fatte varie ipotesi per è -&Elctl ... !$µµa.'tt 'tà iMC1.. XC1..'tr.tÀaBoµÉ-
spiegare l'origine di quest'uso linguisti- 'VlJ ( var.) 'tOLç 't"E avfipwrcoic; 7tpoq>rrm'.J-
co: trasposizione dall'oracolo di Ammo- oucra, «capace, per divina visione, di
ne (__,. col. 46 r) % oppure traduzione di- apprendere le cose divine e di rivelarle
retta dettata dal prestigio di cui gode- ngli uomini». Gli Epicurei sono porta-
vano i funzionari degli oracoli greci, voce del loro maestro (Plut., Pyth. or.
cioè appunto i TCpoq>l)'taL, considerando 7 [ 11 397c]: 'Emxoupou 7tpocpfj'tm) e
particolarmente che anche nell'area gre- proclamatori della sua dottrina (Athen.
ca 7'poq>-fi'tTJ<; venne usato a poco a poco 5 ,187b: TCpoq>Tj'trJ.L à't6µwv ); similmen-
come un purn titolo 97 • te lo scettico Timone è 7tpocpl)-.nc; 'tWV
Iluppwvoc; Àbywv (Sext. Emp., math. l,
c) Quest'uso del gruppo di termm1 53). Dio Chrys., or. 12,47 chiama il fi-
per indicare un ufficiale o un funziona- losofo À.oy~ Èç1'JY1J't'Ì]c; xa.t 7tpo<p1]'tl)c;
rio fuori dell'ambito oracolare è docu- 'tijç ci.lYr.t'lla'tOU <pUO'EC.ù<; (par.: ~PJJ.T)'VEÙc;
mentato nelle epigrafi 98 fin dal 1 sec. xat oL&ci<rn:aÀoc;, ibid. ); Diogene vuol
a.C. Si veda, ad es., IG xu r ,833: 'ltpo- essere èù11iMac; xat 1tCXPP11a'Lac:; 7tpocp1)-
<pa.i:euo-ac; tv -.cl) Wr'tEL (Rodi); IG m 'tTJc;, cioè insegnare, propagare la veri-
l,II69 (c. 200 d .C.): <I>ol~ou TCPO<J>TJ'tTj<; tà e la franchezza come valori etici
quale titolo di un capo attico degli efe- (Luc., vit. auct. 8). Secondo Diod. S. 1,
bi (xoc;µrrn.ùp, ibid. ), dovuto forse al 2,2 la ricerca storica è, come la storio-
fotto che questi guida gli efebi in oc- grafia, 1tpocp'ij-tL<; 'tllc; &:À.T]lYetac; ed edu-

92 \V/. OTTO, Prieste;- und Tcmpel im helt. !» Il termine cipxtnpoq>1)-rl]t; testimonia un'ul-
Agypten I (1905); II (1908) passim; ~ FA- teriore differenziazione della classe profetica;
scHim 76-98; H. BoNNET, Reallexiko11 der iigyp- ~ FAsCHBR 81; - KoLP 810 s.
tischen Religiomgeschichte (1952), s.v. 'Prie- 9S Cfr. - FASCHBR 8I.
ster', spec. 604 s.; -> KoLF 801 s. 809-Sxr (ivi 96 Cosl 4 FASCHBR· 96-98. Altri oracoli egizia-
la documentazione). La prima testimonianza ni sono menzionati solt:mto nel n sec. d.C.:
epigrafica di quest'uso è il Decreto di Canopo Luc., deor11111 concilillm rn (Api XP~ xat 1tPO·
(239-238 a.C.: D1TT., Or. I 56,3 s.), quella let- q>1)'t<Xt; ~Xtt); Pseucl.-Luc., Syr. dea 36.
teraria un passo di Manetone citato in Ios.,
<n Cosl - KoLF 802.
Ap. 1,249; dr. W. G. WADDELL, Mane/ho with
2
a11 English Tra11slatio11 (1948) fr. 54·
98 Testi in 4 KoLF Su.
91 BoNNET, op. cit. (~ n. 92) 601 s.; H. KRES, 99 F. PREISlGKE, art. 'Kouµl]-r1)c;', in PAULY-
Agypte11, Handbuch AW III l,3,1 (1933) 242. WrssowA u,2 (1922) 1491; L. Dr!.UllNER, At-
252.259. tische Feste (1932) 203.
"ti I \ "'"J/ 7 "tl

ca alla xo:À.oxO:yo:i}lo: (le azioni degli uo- esso si limita ad esprimere la funzione
mini virtuosi sono ÒLo:PowµE\IO:L 'tc'il formale dell'enunciazione, dell'informa-
i}ELo'ta,'ttil 'tijç tcT'toplo:c; a-c6µa:n, ibid.
zione, dell'annuncio. Quando compare
2,3); in Sext. Emp., math. l,279 la
grammatica è detta esegesi (1tpocpi)·nc;) nella letteratura del v sec. a.C., è già laL·-
dei poeti. Infine ;;pocp1rn1<; può indicare gamente usato per indicare il profeta ora-
l'esperto in botanica (Diosc., mat. med. colare(-> coll. 4.54 ss.), il poeta(~ coll.
l,10) e, ironicamente, il medicastro, il
ciarlatano (Gal., in Hippocratis prorrhe- 470 ss.) e, in più ampio settore di vita,
ticum 3,23 [CMG V 9,2, pp. 134,1 s.]); non solo delle persone, ma anche, meta-
la stessa accezione ironica ha anche, foricamente, delle cose (-7 3e). Eppure,
sempre in contesto medico, il verbo 1tpO-
Cj)1J'tEUW (Gal., in Hippocratis de natura anche considerando la formazione della
hominis 2,22 [CMG v 9,1, p . 88,2]). parola(~ coll. 444ss.) e il termine ome-
rico Ù7toq>1)'t1)<:; (-7 coll. 449 ss.), è indub-
e) Nel linguaggio poetico il nostro
gruppo di termini è usato con grande li- bio che 1tpocp1)"T1)c; si colloca in origine
bertà per qualsiasi situazione, con effet- nella sfera religiosa, ove indica colui che
ti ora solenni ed ora comici. Gli araldi parla in nome di un dio, che proclama
che proclamano i vincitori delle gare in
Bacchyl. ro,28 sono detti 1tpocpéi'tm; si-
fa volontà e il consiglio divino espresso
milmente in Anth. Pal. 6,46,1 la tromba in un oracolo (-7 col. 467). Il veggen-
è detta Ò'ltocpa'tt<;, annunciatrice di guer- te e il vaticinatore che non sono connes-
ra e pace; il cratere nel quale si mesce si con un oracolo non sono mai chiamati
il vino durante il simposio è chiamato
da Pindaro (Nem. 9,50) yÀ.vxùv xwµou 7tpoq>1}-.o:i, ma XP1JO"µoÀ.6yoL o sim. D'al-
r.poq>cX'TO:V, «dolce annunciatore del co- tta parte non solo esseri umani, ma an-
mos ( = allegrezza sfrenata)» 100; Anti- che dèmoni e dèi vaticinatori possono
fone (fr. 217,23 [C.A.F. II 106]) chia-
venir detti "ltpocpfj-.m di una divinità su-
ma la fame oi::l1tvou 1tpocp1)'t1)V, in quan-
to fa sapere di voler essere placata con periore (-7 col. 464), mentre è signifi-
un pasto; un uomo magro è qii}61]<; 7tpo- cativo che il dio sommo, Zeus, non sia
cp1)'t'I}<;, «araldo della tubercolosi» (Pla- mai chiamato 'ltpocplJ'T'rJ<;. Infatti ogni
to Comkus, fr. 184,4 [C.A.F. r 652]).
Eur., Ba. 21 r: hw 7tpocplJ't1Jç aoi À.6- 7tpOq>lJ't'l'}c; pronuncia e proclama parole
ywv yEvT]croµo:L, «t'informerò di ciò che non vengono da lui; perciò il sino-
che accade». nimo più prossimo di 'ltpOq>lJ'T'!J<; è xli·
pv~ 102• Anche il x1]pu~ non proclama un
4. Riepilogo proprio annuncio (--7 v, col. 402). Tale
a) 7tpoq>i}"T1)ç X'\")... è un gruppo di ter- parallelismo è corroborato dalla funzio-
mini caratterizzato tanto da solennità ne di portavoce e interprete della co-
quanto da insignificanza di contenuto 101 ; munità umana presso gli dèi, che è svol-

100 Diversamente intendono sia ~ FASCHER senza contenuto concreto».


lX s. sia ~ KoLF 813. 102 ~ coll.471 .473 .477; A11th. Pal. 7,6,1: 1)-
101 ~ FASGHER 51: «Una 'parola recipiente' o
pwwv x&:pvx' &pE't"éi.ç, µocx&:pwv E r.poqnymv.
7tpoqrl)'t7]c; K•A. /\. 11 4 \1"1 . .l:\.Hlmt:r} \ .,.&>f';)VJ 'f'VV

ta tanto dal x{jpvl; (~ v, coli. 410 s.) di chiamarsi 'ltpOq>lJ't1)c; (~ coli. 4 70


quanto dal 1tpoq>l}'t1)c; (~ coll. 463. s.) e alla filosofia e alla scienza di u-
469. 472 s.) e per la quale quest'ul- sare il nostro gruppo (--)- coll. 476 s.).
timo viene ad assumere un ruolo di In questo ambito 1tpoq>1}-t'Y)c; si avvicina
mediatore, giacché è portavoce del dio da un lato a Èl;1)y'Y)-tTJc; e a €pµ1)VEuc; (~
e anche degli uomini presso il dio . La coli. 476.477) ii», dall'altro a ÒLSci<rxa-
netta distinzione rispetto a µocv't~c; da un Àoc; (-7 col. 476); cfr. ~ coli. 458 ss.
lato (-7 coli. 463 ss.), e, dall'altro, l'u- 471 s.). c) Per il suo tono di solennità e
so di tutto il gruppo fin nel II sec. d.C. dignità 7Cpocp1}-tT)c; ( 7tpOq>'l'}"t"EUW) ha potu-
ci fanno vedere che il prefisso npo- non to diventare designazione formale di una
indica mai il futuro. Solo in un secondo dignità o di un ufficio (~ coll. 475 s.):
momento, molto tardi e probabilmente anche l'uso del termine come traduzio-
per influenza cristiana, 7tpoq>lJ't'l}c; assu- ne di un grado sacerdotale egiziano (-)-
me l'accezione moderna di preannuncia- col. 4 75) si colloca in questa linea.
tore del futuro, ad es., schol. Theocr. 22, d) Il carattere formale fa di 7tpOq>TJ't'l}c;
n6: '7tpocp1)'t'l}c; Ècr-.tv ò 7tpoÀ.Éywv •t
X'tÀ. una parola adatta ad essere impie-
fooµEvov, fiyovv b -coc µÉÀÀov-.a. 1tpoÀÉ- gata felicemente ed efficacemente come
ywv, «profeta è colui che dice in anti- traduzione di termini stranieri e quindi
cipo qualcosa che sarà, cioè colui che ad assumere i più diversi contenuti. Col
predice il futuro» 103• b) Il carattere for- sincretismo dell'età imperiale penetrano
male del gruppo spiega come già in epo- nel termine, anche nell'ambito della gre-
ca antica esso sia trasferito ed impiegato cità profana, contenuti niente affatto el-
in un ambito molto vasto. Anche questo lenici, come risulta nel modo più chiaro
impiego nella più ampia sfera religiosa dal tipo di profeta rappresentato da A-
non riesce però ad oscurare il netto mo- lessandro di Abonotico (--)- coli. 462 s.)
mento della dipendenza, che nell'ambito che è chiamato con disprezzo y6Tjc; (-)-
della profezia oracolare trova la sua e- n. 69). H. KRAMER
spressione più chiara nella mantice ispi-
ratoria (Ù1t1)pÉ-c1)c;, opyavov del dio, B .niibt' NELL'A.T.
~ col. 466); ma nello stesso tempo Il quadro del profetismo israelitico
compare anche il momento dell'autono- nell'A.T. non è affatto unitario. Esso ab-
mia, proprio anche del profeta oraco- braccia fenomeni cosl diversi che sem-
lare che interpreta i segni e formula il bra impossibile ridurli a un denomina-
responso (~ coli. 450 s . .546 s. 458. tore comune. Anche il tentativo di scri-
46r); tale momento permette al poeta vere una storia del profetismo in base ai

103 Ed. F. DiiBNER (1849) 103; per altri testi 104 PJat., fon 534e: il poeta quale ipµ'l}VEùc;
~ n. 21 alla fine. "w" ih:wv.
dati forniti dall'A.T. sarebbe incomple- I. L'origine del termine
to e lascerebbe aperte proprio le que- L'equivalente ebraico del termine gre-
stioni decisive. Le difficoltà cominciano co 1tpOq>TJ't1']ç è quasi sempre niibt'. L'o-
già con la terminologia. Il concetto <li rigine e il significato di questo termine
sono discussi. Per spiegare la radice nb'
niibt', che coi suoi derivati verbali è qua- si è soliti richiamare l'accadico nabu =
si l'unico a dover esser preso in consi- chiamare, annunciare; l'arabo naba'a =
derazione per la presente indagine, co- comunicare. Tuttavia la parola non com-
pare in ebraico come genuina radice ver-
pre solo una parte di quello che è il pro-
bale e le forme verbali al nif'al e all'hit·
fetismo dell'A.T. ed è usato con sor- pa'el sono derivate dal sostantivo. Per
prendente parsimonia proprio nell'am- comprendere il significato originario di
bito più importante, presso i cosiddetti nabi' è essenziale chiarire se la forma
qiittl vada intesa come attiva o come pas-
profeti scrittori. Quanto alla sostanza, siva. Mentre in passato si propendeva
il problema si pone in questi termini: quasi una1ùmemente per il significato
da un lato abbiamo i membri delle cor- attivo di 'parlatore', 'proclamatore' (~
nr, coll. 335 s.) rns, di recente ci si è pro-
porazioni profetiche, che fanno la loro nunciati piuttosto per quello passivo ms,
comparsa a gruppi o singolarmente con che è stato proposto anche per niigid un e
100
funzioni di natura diversa; dall'altro i niiSI' • Da un punto di vista linguistico
singoli grandi profeti, individui poco o questa soluzione è la più naturale, tanto
più che è confortata anche dall'accadico
niente connessi (a quanto si può vedere) nabi' um =chiamato 100, e di fatto nei te-
col profetismo istituzionale. Spesso le sti più antichi è più opportuno intendere
fonti non permettono conclusioni stori- niibt' come il chiamato. Tuttavia dobbia-
mo dire che la parola è stata usata già
che sicure e per lo più si può solo con- molto presto come un concetto definito,
statare come la tradizione in determinati prescindendo dal suo significato primi-
momenti si raffigurasse il profetismo, tivo.
senza però riuscire ad accertare la sog-
II. Il verbo
giacente situazione storica e senza po-
terla inserire in un contesto più ampio. Dovendo passare all'esame delle testi-
monianze è consigliabile partire dall'uso
del verbo. II verbo è usato nelle forme

105 J. BARTH, Die Nominalbildtmg itJ den se- ChristeJJtum (1949) 301; ~ GUILLAUME n2
mitischen Sprachen' (1894) § l25e; H. ZIM· s.; ~ JoHNSON 24 n. i.l.
MllRN (K.A.T.) 400; c. BROCKELMANN, Grtm- 1()7 A. ALT, Die Staatenbildung der Israeliten

driss der vergleichenden Grammatik der semitì- in Paliistina, in Klei11e Schriften zur Geschicb-
scben Sprachen I (1908) § l38b; GESENIUS· te des Volkes Israel Il (1953) 23 n. 2 .
KAUTZSCH § 84 al; più recentemente~ HXus· 100 M. NoTH, Das System der zwolf Stamme
SERMANN 8-12; ~ HALDAR 109; ~ QUELL 23 Israels, BWANT IV r (1930) r62.
n. 2; H. J. KRAus, Gottesdienst in Israel 100 Cfr. W. v. SooEN, Grumlriss der akkadi·
(1954) 63 n. xn. schen Grammatik (1952) § 16 l; J. J. STAMM,
JOO H. ToRCZYNER, Das lìterarische Problem der Die akkadische Namengebtmg: Mitteilungen
Bibel : ZDMG 85 (1931) 322; ~ JEPSEN 5 der vorderasìatisch-agyptischen Gesellschaft 44
n. l; W. F. ALBRIGHT, Van der Steinzeit zum (1939) 258 sotto 2b.
4"'t""'t"'I • •J"> •• ..... - -- - , --· ------·· -- · •

nif'al e hitpa'cl, derivate entrambe dal si tratta dell'estremo tentativo compiuto


sostantivo, l<! quali significano dapprima dai profeti di Baal per ottenere che le
'mostrarsi come un niibt" e 'agire da loro preghiere siano esaudite: l'azione è
niibl". Tuttavia tra le due forme furono associata a una danza cultuale (v. 26) e
avvertite delle differenze 110• ad automutilazioni (v. 28). In Num. u,
25-27 lo hitnabbe', quale effetto della
I. Nei testi più antichi prevale la for-
rua~ intesa in senso del tutto concreto,
ma hitpa'el. In quest'uso stanno quasi è una manifestazione puramente esta-
sempre in primo piano i tratti estatici. tica 113 •
In I Sam. 10,5s. loss. e 19,18ss. trovia-
mo due diverse eziologie per il prover- Il profetismo estatico, quale appare
bio «c'è anche Saul tra i profeti?». In da questi testi, non è un fenomeno spe-
entrambi i passi appare un gruppo di cificamente israelitico, ma è documenta·
ncb2'1m in preda all'estasi: per esprime- to anche nelle religioni contemporanee
re questo stato si usa la forma hitnab- del mondo circostante. Verso il 1100
be'. Chi viene in contatto con essi è af- a.C. l'egiziano Wen-Amon di Biblos dà
ferrato dalla ruap (ro,6: ruap jhwh; IO, notizia di un tal modo profetico di par-
10; 19,20.23: n10/> 'elohim) che porta lare in estasi 114 • In I Reg. 18,22 ss. si
anche lui a hitnabbe'. In 10,5 sono men- parla di 450 profeti di Baal (nebl'e hab-
zionati degli strumenti musicali che ser- ba'al; cfr. anche 2Reg. 10,19) 115 il cui
vono evidentemente a provocare l'estasi. comportamento è presentato come esta-
L'effetto è descritto in 19,24: Saul si tico nei vv. 28 s.; tuttavia qui nulla è
spoglia completamente e giace nudo per detto d'un parlare in estasi. Inoltre si
terra un giorno e una notte 111 • In cia- potrebbe ricordare Balaam (~ II, coli.
scuno di questi due testi è usata una for- 27 ss.). Anche se nel suo caso manca la
ma nif'al (10,u; 19,20): si tratta di parola nab1', la sua comparsa è descritta
due participi 112 che indicano lo stato proprio come quella di un profeta esta-
raggiunto mediante lo hitnabbe'. Che tico: la ruah 'elohtm scende su di lui
anche queste due forme verbali si rife- (Num. 24,2). e i due oracoli più antichi
riscano all'estasi risulta dal fatto che (Num . 24,J-9 e 15-19) cominciano con
questo stato può essere 'visto'. Anche una descrizione del dono della rivela-
l'improvviso attentato di Saul alla vita zione nell'estasi 116 • Va notato che l'e-
di David (I Sam. 18,rns.) è fatto risa- statico di Biblos e Balaam sono figure
lire a uno hitnabbe' di Saul, causato da profetiche individuali, non membri di
uno «spirito malvagio di Dio» (r/Jap 'e- un gruppo. Non è quindi affatto pacifico
loh2m ra'4): il raptus in questo caso è che l'estasi collettiva abbia costituito il
dunque reso autonomo. In I Reg. 18,29 momento storico-religioso originario dal
110 Queste differenze sono completamente tra· des Pent. (1948) 141-143, l'episodio degli an-
scurate sia in GESENIUS-BUHL sia in KoEHLER· ziani di Nt1m. 11 ha lo scopo di legittimare il
BAUMGARTNER, s.v.; dr. però---+ }EPSEN ,S·IX. nabismo estatico.
111 Anche 10,13 conferma che lo hitnabbe' è 114 Cfr. A.O.T. 72.
limitato nel tempo: quando questo momento JIS Secondo A. ALT, Das Gottesurteil 1111/ dem
è passato, Saul torna a casa e nessuno si ac- Karmel, in'K/eine Schriftet1 ~ur Geschichte des
corge di niente. Volkes Israel II (1953) :r37 n . 1, la loro men-
112 Contro MANDELKllRN, nibbii' in 10,11 va zione nei vv. 19 s. non è originaria; ciò vale
considerato un participio, come dimostra il anche per i 400 n'bt'é hii'aierJ del v. 19.
confronto con 19,20. 116 Cfr. R. R ENDTORFF, art. 'Bileam umi Bi-
m Secondo M. NoTH, Oberlfe/erungsgeschichte leamspriìche', in RGG' I 1290 s.
"f ... __,\ • • J/71' ••t'"'f' ... ~ 'J' ~ .,,., AJ ..l.J. .a. - -'\.&.\,. , .1.'\.\..JlULVlJ.1-j

quale sarebbero poi emerse a poco a po- «non profetare contro Israele», può in-
co singole figure profetiche. A ogni mo- dicare soltanto il discorso profetico con-
do, di una evoluzione di questo genere tro Israele. Più ambiguo è invece il v.
non si ha notizia 117 • 15: tek hinniibe' 'el-'ammi jifrii'él. La
In I Reg. 22 si può osservare uno preposizione 'el permette l'interpreta·
spostamento e una differenziazione se- zione: «va' e parla da profeta al mio po-
mantica dei due temi verbali. Nel v. ro polo» 120, ma non esclude l'altra: <~pre­
si legge: mitnabbe'lm lifnehem, «(men- sentati al mio popolo Israele come un
tre i profeti) profetavano davanti a lo- profeta» m. Cosl anche nei vv. 12 s. non
ro». Qui la forma hitpa'el serve quindi è affatto sicuro che si tratti della parola
ad esprimere l'aspetto visibile del pro- profetica, anche se tutto il contesto ( 7,
fetare, sottolineato da un'azione simbo- ro-17) sembta favorire questo significa-
lica (v. ll)i ne! v. r2, per contro, dei to. Non vengono menzionati aspetti e-
ncbt'tm si dice: 11ibbe'tm kèn le'mor, statici.
«profetavano così dicendm>; In forma L'uso del vet·bo nei profeti seriori cor-
nif'al indica dunque il parlare, l'enun- risponde essenzialmente a quanto abbia-
ciazione di un oracolo che evidentemen- mo notato in Amos. La forma di gran
te è diventata possibile grazie allo hit- lunga prevalente è il nif'al. Una gran
nabbe' menzionato prima. D'altra parte, parte dei passi di Geremia con questa
così Acab parla di Michea figlio di Imla: forma mostra senz'altro che il verbo si-
lo'-jitnabbe 'alai tob, <mon mi annuncia gnifica il discorso profetico: in questa
mai il bene» (vv. 8.18). II re usa quindi accezione il nif'al è usato indifferente-
la fotma hitpa'el per indicare la comuni- mente, sia quando parla Geremia sia
cazione verbale ('al), ma in senso chia- quando parlano i suoi oppositori. A pro-
ramente spregiativo 118• posito di Geremia, ad es., in ler. 20,1
si dice: wajjisma' ... 'et-jirme;ahU .nibba'
2. Nei libri profetici la distribuzione 'et-hadd•barlm hii'elleh, «(Pasur) udl Ge-
del verbo è molto irregolare; forme ver- remia che profetava queste cose» 122 ; Ge-
bali si trovano solo in Amos, Geremia, remia cosl dice ad Anania (28,6): jiiqem
Ezechiele, Gioele e Zaccaria. Ciò signi- jhwh 'et·d"barékii 'afor nibbe'tii, <(Jahvé
fica che prima della fine del vrr sec. a.C. compia la parola che hai profetato»; in·
il verbo compare solo in Amos, vale a sieme con diibar ancora in 23,16 mi 26,
dire nel regno settentrionale. Qui è usa- 12; 27,16; con lé'mòr in 23,25; 26,9;
to al nif'al e indica l'attività del profeta 32,3; 37,19; con wajio'mer in 26,18.
legittimo inviato da Jahvé (Am. 3,8; 7, Anche quando il verbo è costruito con
15s.) 119, più precisamente il parlare pra- le preposizioni 'al (25,13 124 ; 26,20; 28,
tico: secondo 3 ,8 lo hinnabe' è una con- 8), 'el (26,n .12; 28,8) e ze (14,16; 20,
seguenza del dabber (parlare) di Jahvé; 6; 23,16; 27,10 .14.15.16 [bis]; 29,9 .
in 7 ,16 la frase lo' tinniibe' 'al·iifrii'el, 2r.31; 37,19) il momento allocutivo è

ll7 ~PLOGl!R, Priester 165 s. rò scrive «come 11iib1'» e perciò c:onferiscc alla
118 Similmente 4> J!!PSBN 7. frnse una nota particolare.
119 Anche in bocca ad Amasia (vv. 12 s.) la 122 Cfr. anche 25,30. Secondo W. RunoLPH,
parola non ha alcun tono spregiativo; cfr. 4> Jeremia, Hanbuch A.T. I 12 (1947) l'espres-
WtiRTHWEIN, Amos-Studien 20 s. Senza dub- sione non è dello stile di Geremia.
bio secondario è 2,u s. m Nella recensione lucianea dei LXX in 23,16
120 V. MAAG, Text, W ortschatz und Begriffsivelt manca il verbo.
des Buches Am. (1951) rn4. m 25,13bp è un titolo secondario della peri·
121 ~ WiiRTHWEJN, A111os-St11dien 22, che pe· cope 25,15 ss.; dr. i LXX.
'ltpoqrfi'tTJc; ·wt À.. B u 2 ( R. Rendtorff)

evidente, come è chiaro che si tratta di bra esprimere l'idea più ampia e gene-
parole e discorsi quando è indicato e- rale di «agire come profeta», «svolgere
splicitamente il contenuto dello hinnii- attività profetica».
bè': la menzogna (Seqer: q,14; 23,25. In Ezechiele l'uso del nif' al si è or-
26; 27,10.14.16; 29,21 125 ), sogni men- mai fissato, e questa forma verbale ri-
zogneri (/;iilomot Jeqer: 23,32), oppure corre prevalentemente nelle introduzio-
quando si dice che i nebt'im operano
profeticamente per la pace WsiilOm: 28,
ni dei singoli discorsi: szm paneka elI e'
'al) ... w"hinnabe' 'al ('el) (6,2; 13,r7;
9), per la menzogna (lasseqer: 27,15, o 21,2 .7; 25,2; 28,21; 29,2; 35,2; 38,2);
basseqer : 5,31; 20,6). Degli altri passi (w"attii) ben-'iidiim hinniibe' ... w"iimar-
dove si ba il nif'al 11,21e14,15 parlano tii 121i (13,2 127; 21,r4.33; 30,2; 34,2; 36,
di «profetare nel nome di Jahvé» (hin- l; 39,1; similmente n,4; 36,3.6; 37A·
nàbe' b"Jèm ihwh ), un'espressione che 9.12; 38,14). Anche in 11,13 e 12,27 il
alla luce di 14,14; 23,25; 26,9.20; 27, nif'al indica il discorso profetico di Eze.
l5i 29,9 indica anch'essa il parlare pro- chiele, in r3,16 quello del suo opposito-
fetico. Lo stesso vale forse per la frase re mi_ Soltanto in 21,r9 la formula w"'at-
hinniibe' babba'al (2,8). Infine in 19,14
lo hinniibe' rimanda all'azione simbolica
ta ben-'iidiim hinniibe' non introduce pa-
role, ma un gesto di carattere quasi ma-
associata ad un oracolo (vv. rn.11 °). gico. Forse la forma va vocalizzata co-
Non si parla di aspetti estatici, come me hitpa'el (hinnabbe'), giacché in 37,10
non si parla di rtìaf;. In Geremia la for- è usato l'hitpa'el per indicare una paro-
ma hitpa'el è usata spesso con una nota la profetica, che è sl presentata come
spregiativa per indicare le profezie degli parola di Jahvé, ma non annuncia, come
oppositori del profeta. Ciò avviene tan- ad es. i vv. 5 s., un'opera di Jahvé, ben-
to nei discorsi di Jahvé a Geremia (14, sl contiene un'immediata e decisa pre-
14; 23,13) quanto nella lettera di Se- ghiera alla rtlèi~ perché venga e richia-
maia che si riferisce all'attività di Gere- mi in vita i morti: un uso quasi magico
mia (29,26 s.). In 29,26 il participio e del tutto singolare della parola profe-
mitnabbe' sta in parallelo con meluggii' tica. Per il resto la forma hitpa'el è usa-
('esaltato'); ma neanche questa espres- ta in Ezechiele solo un'altra volta (13,
sione offensiva permette di concludere 17) per indiçare con una nota spregiati-
che l'attività profetica di Geremia fosse va l'attività delle profetesse; un uso a-
accompagnata da manifestazioni estati- nalogo, dunque, a quello che abbiamo
che. Sorprendente è l'uso deli'hitpa'el in incontrato in Ier. 14,14; 23,13.
26,20: Uria figlio di Semaia è descritto
come «un uomo che profetizzava nel no- In testi profetici tardivi troviamo
me di Jahvé» ('IS mitnabbe' b8 Sèm ancora due passi che documentano due
jhwh), un giudizio che per l'agiografo è concezioni del tutto opposte. Ioel 3,1
senz'altro positivo; subito dopo è usato prevede per il tempo della salvezza u-
di nuovo il nif'al (wajjinnabe' 'al-hii'1r) n'effusione della rt1af; che provocherà
col significato di «parlare da profeta». uno hinniibe' generale. Al contrario
In questo caso, dunque, l'hitpa'el sem- Zach. 13,2 ss. (~ col. 526) parla di un
125 29,9 legge b'Jeqer, ma forse b' va espunto; probante davanti a locuzioni come dabbèr...
dr. Bibl. Hebr.' w"amartil (Lev. x,2 e passim).
126 In KonHLER-BAUMGARTNER, s.v. si osserva 127 In 13,2 bisogna forse leggere, coi LXX, un
che «la frase hi1111abe' w"iimarta mostra che secondo hi1111àbe' al posto di hannibbii'ìm.
nibbi'l non indica necessariamente il parlare». 128 Nella glossa cli 4,7 con tiik111 pii11ékii w•nib-
Tale osservazione è priva ·di qualsiasi foi-.ta be'lil s'indica invece un gesto muto.
tempo in cui Jahvé farà scomparire i III. Il sostantivo
profeti insieme con lo «spirito impuro»
(ruli~ !um't1), così che lo hinniibe' sarà
L'uso del sostantivo niibl' coincide so-
considerato una vergogna e un delitto lo in parte con quello del vetbo.
degno di morte.
I. Congregazioni profetiche
3. Nell'opera del Cronista il verbo ri-
corre in 2 Par. I8,7.9.II.I7 come ripre- Nei libri storìci troviamo spesso men-
sa di I Reg. 22,8.rn.r2.I8, con variazio- zionati gruppi di n<bt'im. Cosl in x Sam.
ni minime. Sorprendente è l'uso della IO e 19 i gruppi di estatici sono chia-
forma hitpa'el in 2 Par. 20,37, dove si mati n•bf'im (-7 col. 483; III, coli. 337
dice che un certo Eliezer «intervenne co- ss.). In I Reg. 18 s. e 22 si parla di n•-
me profeta contro Giosafat dicendo ... » bt'e jhwh, che vengono contrapposti ai
(wajjitnabbe' ... 'al-(hOiafiif le'mor). n"bt'e habba'al. I 1(bi'zm di x Reg. 22
Qui il Cronista ha rielaborato una fonte banno stretti legami con la corte: Achab
più antica 129 • In Esdr. 5,I l'hitpa'el ara- 1i interpella (drJ, vv. 5 e 7) prima d'in-
maico indica l'attività di Aggeo e Zacca- ttaprendere le operazioni militari ed es-
ria che si svolge «nel nome del Dio d'I- si predicono (hinniibè': v. 12) un esito
sraele» (b"Jum 'eliif? jifrii'el): l'uso della felice. Nei vv. 22 s. il rapporto di appar-
preposizione 'al mostra chiaramente che tenenza che lega costoro al re è espres-
si tratta della predicazione dei due pro- so addirittura con suffissi pronominali
feti. In I Par. 25,1-3 si ha invece un (v.22 : n"bt'aw; v.23 : n"bt'ekii). Uno
uso totalmente mutato del verbo: hin- degli appartenenti a tale gruppo legitti-
niibe' indica l'attività dei musici del tem- ma la sua parola incominciando con la
pio. I documenti a nostra disposizione formula koh-'àmar jhwh, «cosi dice Jah-
non rivelano alcuna linea diretta che col- vé» (v. II). Secondo il v. 24 la ruab
leghi l'uso e la comprensione del verbo jhwh è il presupposto necessario per un
nei testi preesilici con questa concezione oracolo pertinente. Rispetto a I Sam. IO
del Cronista. e 19, dove la rtWb provocava lo stato di
estasi, in I Reg. 22,24 notiamo un deci-
Possiamo cosl dire che nel complesso so spostamento nel momento della pa-
l'uso linguistico del verbo si presenta ab- rola proprio per quanto riguarda l'effet-
bastanza chiaro: nei testi più antichi la to della rtlab. In I Reg. 20,35 ss.; 2 Reg.
forma hitpa'el indica una condizione e- 2-9 ricorre la denominazione b•ne han-
statica; in un secondo momento compa- n"bt'tm, «figli dei profeti», costantemen-
re la forma nif' al come indicazione del te legata alla cerchia costituitasi attorno
parlare profetico, mentre l'hitpa'el è u- ad Eliseo 130, che sembra il capo di tale
sato in senso spregiativo. Tale distinzio- comunità. La presenza di essa è segnala-
ne si riscontra anche nei profeti del VII ta in vari luoghi (aetel, Gerico: 2 Reg.
e VI secolo, presso i quali predomina 2,3.5; Gilgal: 4,J8), e della sua vita e
però di gran lunga il nif'al. Il verbo non attività abbiamo alcune notizie, sia pure
viene ormai più usato per indicare feno- scarne. Tale gruppo ha un luogo comune
meni estatici. di convegno, dove «siedono davanti a
Eliseo» (2 Reg. 4,J8; 6,1), il che fa pen-
sare che si dedicassero a curare partico-

129 Cfr. M. Norn, Obcrlieferungsgeschichtliche 130 La trndi:donc autonoma di I Rcg. 20,35 ss.
Stt1diet1 I ( 1943) x6x n. 4; W. RuooLPH, Chro- (cfr. NoTH, op. cit. [ ~ n. 129] 80) va consi-
nikbiicher, Handbuch A.T. I 21 (1955) ad l. derata, per il suo contenuto, in questa sezione.
491 (Vl,799) rcpoqn'J't'1)<; X't'I... n m r-i \l\. l\enmoru1 \ Vl,OOOJ 492

lari tradizioni. Si accenna anche a pasti da Jahvé (r Reg. 20,42); usando la me-
presi in comune (4a8 ss. 42 ss.). D'altra desima formula un altro di questo grup-
parte, un membro di questo gruppo è po per ordine di Eliseo unge re Jehu ( 2
sposato ed ha una propria casa (4,1 ss.). Reg. 9,3.6.12). Qui, dunque, a differen-
Le loro condizioni di vita sono quanto za dei nebt'lm di I Reg. 22 i b•ne hanne-
mai modeste (4,1 ss. 38 ss. 42 ss.; cfr. bi'im sono presentati come profeti indi-
anche 6,1: l'ascia viene presa in presti- pendenti dalla corte, che per incarico di
to). Da r Reg. 20,38.41 si può forse de- Jahvé si oppongono al re o ne provoca-
durre che i membri di questa confrater- no addirittura la caduta indicando e un-
nita portassero sulla fronte un partico- gendo il suo successore. Dietro questi
lare segno distintivo. interventi politici stanno evidentemente
tradizioni anfizioniche: l'interdetta è un
Non c'è traccia qui di manifestazioni
elemento costitutivo della guerra santa
estatiche, ma in compenso la tradizione
e l'unzione di .Jehu contrappone al ten-
ha variamente tramandato sentenze de-
tativo di stabilire nel regno settentrio-
rivanti da queste cerchie. Da un lato è
nale una monarchia ereditaria l'idea di
possibile riconoscere un gruppo di brevi una monarchia carismatica 1l2.
sentenze di tipo oracolare che esprimo-
no una limitata e materiale speranza nel Per il resto dell'età monarchica le fon-
futuro (r Reg. 17,14; 2 Reg. 2,21; 3,16. ti mantengono il più assoluto silenzio
17; 4,43; 7,1) 131 • Sembra che in seno a sui nebt'zm come gruppo 133 • I dati in no-
questi bene hannebi'tm siano state tra- stro possesso non permettono minima-
smesse tali aspettative escatologiche di mente di ricostruire una storia del 'nahi-
portata molto modesta, le quali promet- smo', e soprattutto non c'è prova evi-
tevano che in futuro i bisogni elemen- dente e sicura di quella stretta connes-
tari delle classi inferiori sarebbero stati sione di questi gruppi col culto, che
soddisfatti. Nel contesto attuale tutti molti hanno creduto di scorgere nei te-
questi oracoli sono introdotti dalla for- sti 134•
mula koh 'amar ihwh; si propongono
dunque come parole di Jahvé trasmesse 2. Figure isolate
ad altre persone da uno che parlava a
nome e per incarico di Jahvé. Accanto a Molto complessa ed eterogenea è la
queste troviamo altre sentenze che ri- tradizione riguardante quei personaggi
guardano più direttamente la vita poli- che vengono indicati col nome di nabt'.
tica: uno dei b•ne hann•bi'im annuncia Soltanto pochi vengono messi in rela-
al «re d'Israele», esordendo con le pa- zione coi gruppi di profeti menzionati
role koh-'ilmar jhwh, la punizione per sopra. Secondo r Sam. 19,18-24 Samuele
aver egli violato l'interdetta decretato a Rama sta tra i neb2'1m, anche se è

IJ1 Cfr. W. REISER, Eschatologische Gottes- (cfr. Bibl. Hebr. 1 ) e inoltre non ci dà alcuna
spriiche in den Elisa-Legenden: ThZ 9 (1953) utile informazione circa il ruolo dei tfbl'lm
321-338. qui presupposto,
m Il fatto che i profeti scendono dnlln boma
132 Cfr. G. v. RAD, Der Heilige Krieg im alten
(I Sam. 10,5) e che le località di Rama (I Sam.
lsrael, Abh. ThANT 20 (1951) 13; A. ALT,
19,19). Gilgal (2 Reg. 2,1), Bete! (v. 3) e Geri-
Das Konigtum in den Reichen lsrael u11d ]u-
co (v. 5) sono anche noti luoghi di culto non
da, in Kleine Schri/ten :t.11r Geschichte des Vol-
basta a provare di là d'ogni dubbio il rapporto
kes lsrael II (1953) 116-134. ipotizzato, come sostengono invece MoWINC·
m La menzione separata dei sacerdoti e dei KEL, Psalmemtudien l7i ~ WiiRTHWEIN, A-
11'b2'1m in 2 Reg. 23,2 non sembra originaria mos-St11die11 11; ~ PLOGl!R, Priester 176.
493 I Vl,OUU)

chiaramente distinto da loro. Elia è con- strada in misura sempre maggiore una
siderato l'unico sopravvissuto dei n"b1'é sola caratteristica comune: il fatto di
ihwh fatti eliminare da Gezabele (I
Reg. 18,22; 19,10.14). In 2 Reg. 2 egli parlare per incarico di Jahvé. Che Samue-
è associato, insieme con Eliseo, ai b"ne le sia stabilito niibi' ljhwh, si riconosce
hann"bt'lm. Infine Eliseo è presentato dal fatto che Jahvé non faceva 'cadere'
come capo e guida dei gruppi dei b"né
hanncbi'im, come colui che aiuta soprat- nessuna delle sue parole (I Sam. 3,19 s.),
tutto coi suoi miracoli us. Ma si vede su- e tutti i profeti successivi si presentano
bito che questi aspetti non costituiscono con affermazioni come koh 'limar jhwh,
che un particolare del quadro comples-
«cosi dice Jahvé», o scma' d"bar jhwh,
sivo di questi personaggi offerto dalla
tradizione, anche se nel caso di Eliseo «ascolta la parola di J ahvé», oppure i te-
il particolare è molto più rilevante che sti dicono che Jahvé ha fatto giungere
nel caso di Elia e Samuele. Consideran- la sua parola per loro mezzo (I Reg. 16,
do però proprio i testi che riguardano
Eliseo si vede in quale misura e con 7.12; 2Reg.14,25). Nel caso di alcuni
quale forza egli sia presentato in altri di tali profeti la tradizione riferisce uni-
strati della tradizione come individua- camente che essi si presentarono con
lità, perfino come un fenomeno del tut-
to unico nel suo ambito: egli è il niibl' una parola di Jahvé. Questo è quanto
in Samaria ( 2 Reg. 5 .3 ), o addirittura il si dice di Gad (I Sam. 22,5 136; 2 Sam.
nabt' in Israele (5,8; 6,12). 24,11-13) , di Jehu (I Reg. 16,1-4.7.12),
di Giona (2 Reg. 14,25), della n"bi'a
Per il resto il 11iibt' nella tradizione Hulda (2 Reg. 22,14-20) e del nabt' a-
compare sempre come individuo singo- nonimo di I Reg. 20 (vv. 13 s. 22.28 137).
lo. Se si getta un rapido sguardo sul
Un nesso istituzionale fisso è eviden-
gruppo di coloro che vengono designati te solo nel caso di Gad e di Natan. Cer-
con questo titolo, si vede subito che non to in I Sam. 22,J Gad è detto semplice-
è possibile parlare in alcun modo di un mente hanniib2', ma in 2 Sam. 24,u egli
tipo omogeneo, dai contorni ben defini- è chiamato anche flozeh diiwid, «veggen-
te di David», per indicare la sua appar-
ti. Soprattutto nei casi in cui il titolo tenenza al seguito del re. Di Natan i te-
viene attribuito a personaggi dell'età sti presuppongono la costante presenza
premonarchica, tale attribuzione è dovu- a corte; egli infatti interviene anche in
questioni politiche e partecipa anche a-
ta alle più diverse caratteristiche (4 gli intrighi di corte'(dr. 2 Sam. 7,1 ss. e
coll. 500 ss.). Tuttavia in seguito si fa specialmente I Reg. r) 138 • Nonostante

il> I detti escatologici ricordati sopra come ll7 In r Reg. :20,28 abbiamo 'H 'hiz''éloblm in-
patrimonio di que3ta cerchia profetica ricevono vece che niibt', benché si tratti evidentemente
una nota particolare dal fatto che le speranze del medesimo profeta.
e le aspettative ivi espresse sembrano essersi Il~ r Rcg. I,34-4.5 fa pensare che anche Natan
compiute nella persona di Eliseo. Cfr. RmSER, abbia avuto parte attiva nella cerimonia del-
op. cit. (--'> n. 13r) 337. l'unzione di Salomone a re, mentre secondo il
136 In r Sam. 22,5 non è detto che Gad parli racconto della cerimonia stessa (v. 39) l'unico
da parte di Jahvé. celebrante sembra essere stato il sacerdote
495 (v1,801) 1tpoqrfi-.ric; X't'Ì.. B Ili 2 (R. Rcndt9rtt} {VI,il02J49t>

ciò, egli affronta David accusandolo sen- egizi, che non presentano alcuna figura
za mezzi termini (2 Sam. r2). Anche profetica ma contengono tuttavia dei
Gad gli annunzia il giudizio di Jahvé ( 2 paralleli formali e materiali di parole
Sam. 24,1 I ss.). Il legame con la corte profetiche dell'A.T. 141 •
non porta dunque alla dipendenza servi-
le e alla limitazione della libertà della Nella maggior parte dei casi è il niibl'
parola di Jahvé. Gli altri personaggi che a prendere l'iniziativa di comunicare ad
vengono chiamati col nome di nàbt'
sembrano del tutto indipendenti, anche altri una parola di Jahvé (d"bar ihwh)
se talvolta hanno, come ad es. Eliseo e che gli è giunta. Ma non è raro neanche
Isaia, un rapporto piuttosto intenso con che s'interroghi Jahvé attraverso il niibt'
la casa regnante, alla quale è destinato
(I Sam. 28,6; I Reg. 14,2; 22,5 .7; 2
in primo luogo il loro messaggio.
Reg. 3,u; 22,r3), e in 2 Reg. r9,1 ss. la
Particolare importanza hanno i paral- parola di Jahvé che Isaia comunica è la
leli di Mari 139• I vi in parecchi testi si
parla di persone che, senza essere ri- risposta divina alla richiesta di interces-
chieste, si presentano al re con una pa- sione. Tuttavia predomina sempre l'in-
rola del dio Dagan, che contiene pre- tervento non sollecitato, cosl che il nii-
cisi ordini e talvolta un'aspra critica del
comportamento del re. Questi messag- b2' non può esser considerato in primo
geri del dio sono chiamati mub/Jtlm, de- luogo come un succedaneo di altre pos-
signazione strettamente connessa al ti- sibilità di ricevere l'oracolo 142• Bisogna
tolo di mabbum che designa un gruppo piuttosto dire che la libertà e l'indipen-
di sacerdoti estatici. Tuttavia i nostri te-
sti non padano di manifestazioni estati- za della loro opera rappresentano un'as-
che collegate con la ricezione di rivela- soluta novità. Nelle sentenze di questi
zioni, e soltanto in un caso si accenna profeti autonomi predominano gli ora-
u un sogno. II parallelismo tra il com-
portamento di questi profeti a Mari e coli annuncianti il giudizio.
quello di Gad e Natan è palese. A que-
sto proposito bisogna ricordare anche II fatto che questi oracoli siano diret-
l'iscrizione del re Zakir di Jjamath 140, ti prevalentemente alla casa regnante (2
dove si legge (righe I I s.) che il dio Be- Sam. 12,r-r5a 143 ; 24,r2 s.; 2 Reg. I I ,
'elsmain ha fatto pervenire al re un ora- 29-39 144 ; 14,7-r6; r6,1-4; 20,38-42;
colo di salvezza «mediante veggenti 22,17-23; 2 Reg. 20,r.r6-18) è dovuto
( ~zjn) e indovini (? )». È incerto fino a alla natura stessa delle fonti; ma spesso
qual punto si possano richiamare i testi il giudizio annunciato dal profeta riguar-

Sadoq. (1958) 31-38.


n9 Cfr. M. NoTH, Gesch. tmd Gotteswort im 142 Cosl ~ JEPSEN 149.
A.T., in Gesammelte Studien zum A.T. (r957) 143 Secondo l'analisi di L. RosT, Die Oberliefe-
230-247; W. v. SoDEN, Verkiindtmg des Got- rtmg vo11 der Thro1111achfolge Davids, BWANT
teswillens durch prophetisches Wort in den m 6 (1926) 93-99 soltanto i vv. r-7•.1 3-15• ap-
altbabylonischen Briefe11 at1s Mari, in Die \'(le/t partengono al testo primitivo di questa peri-
des Orie11ts I 5 (1950) 397-403. cope, ampliata più tardi con l'aggiunta di due
140 Cfr. A .O.T . 443 s. oracoli di minaccia.
141 Cfr. G. LANCZKOWSKI, Àgyptischer Prophe- 144 Questa patte ha subito un ampliamento
tismus im Lichte des alt.liche11: ZAW 70 deuteronomistico di notevoli proporzioni.
&J// \ ...., ..rV #o/

da tutto il popolo d'Israele. Il giudizio zioni profetiche e lo stesso può dirsi


che colpirà Gerusalemme (2 Reg. 22,16 per i n•bi'1m di corte di David. Ma se
s.) risparmierà invece il re Giosia (vv.
18-20). Il racconto relativamente recen- si cerca di associare questi due fenome-
te (--) n. 192) di I Reg. 13 contiene un ni, s'incontrano gravi difficoltà 147 • Nel-
giudizio contro l'altare di Betel (vv. 2 le differenze che corrono tra gli uni e
s.), il cui avveramento è narrato in 2
gli altri si potrebbero vedere riflesse si-
Reg. 23,(15)16-18. Accanto agli oracoli
di giudizio troviamo poi altri oracoli an- tuazioni che variano tra il regno del
nuncianti un positivo intervento storico nord e quello del sud 148 ; ma anche con
di Jahvé: Dio garantisce la continuità tale ipotesi non si risponde all'interro-
della dinastia davidica (2 Sam. 7 m) e
promette in diverse occasioni un esito gativo se si tratti veramente di due di-
vittorioso della guerra (r Reg. 20,13.28; verse conformazioni dello stesso ufficio,
2 Reg. 19,6 s. 20-34). Isaia pronuncia un oppure no. La risposta potrebbe comun-
oracolo di salvezza quale risposta alla
que essere negativa. Molti dei profeti
preghiera di Ezechia (2 Reg. 20,5 s.). In
!ud. 6,7-rn il Deuteronomista attribui- individuali che compaiono più tardi non
sce allo 'li niibt' la funzione specifica di possono essere inquadrati entro un uffi-
rimproverare agli Israeliti la loro infe- cio ben definito; al massimo vi possono
deltà a Jahvé. Secondo 2 Reg. 17,13.23
Jahvé ammonl continuamente Israele essere inseriti solo con grande difficoltà.
per mezzo dei suoi n•bf.'tm 146 e per boc- La risposta a questo quesito è tanto
ca loro annunciò al popolo il suo giudi- più ardua in quanto le fonti non ci offro-
zio (cfr. 21,rn-15; 24,2). In questi ra-
pidi sommari storici i singoli ncbt'lm no quasi alcun appiglio per un'interpre-
sono considerati come anelli di una ca- tazione istituzionale dell'ufficio delle sin-
tena ininterrotta e vengono chiamati gole figure di profeti. Si dovrà pertanto
'abtidtm (servi) di Jahvé (17,23; 21, essere molto cauti nell'avanzare ipo·
io; 24,2).
tesi 149•
Ci si chiede se tutti i personaggi indi- I testi ci offrono pochi spunti anche
cati col nome di niib1' siano collegati tra per risolvere il problema, di recente tan-
foro, cioè se sia possibile identificare un to dibattuto, del rapporto di un tale uf-
ufficio di niibi' dai ben definiti contorni ficio profetico col culto.
istituzionali. Il fattore istituzionale era Samuele è educato nel santuario di
senz'altro chiaro nel caso delle congrega- Silo e Il riceve la sua prima parola da

14S Cfr. RosT, op. cit. (-+ n. r43) 47-74; M. vuta chiarezza, cosl che molti interrogativi ri-
NoTH, David tmd Israel in II Sam11el 7, in mangono per questo rispetto senza risposta.
Mélanges Bibliqt1es. Scritti in memoria di An- La questione è stata invece posta, ad es., da
dré Robert (r955) II2-130. -+ PLOOER, Priester 166.
148 Così -+ JePSEN, passim.
146 Al v. 13 si legga n'bl'iiw, espungendo kol- 149 Nonostante l'accuratissima analisi, il libro
l;ozeh; dr. Bibl. Hebr. 3• di --+ }EPSEN è inficiato da troppe costruzioni
147 Il problema del rapporto tra gruppi e sin- in parte dovute a una concezione precostituita
goli non è stato visto da-+ }EPSEN con la do- dcl 'nabismo'.
499 ( VI,802) r.pOCfllj't"T)c; X'!:/,. 1' I II 2 -3 I!\. 1\.t:nu turu J \ vl,UVJ r JVV

Jahvé (r Sam. 3,1 ss.). Alla fine dell'an- ma che la tradizione non ha mai consi-
tico racconto di I Sam. 1-3 150 egli viene derato come caratteristica di queste fì.
designato quale niibi' ljhwh (3,20). Tut-
tavia le circostanze in cui Samuele giun- gure profetiche il loro rapporto col cul-
ge al santuario e soprattutto il risalto to. Pertanto tutto ciò che si può dire è
dato al carattere eccezionale di questa che, stando all'immagine offerta dalla
rivelazione (3,i.21) rendono improba-
tradizione, i profeti dei secoli x e IX si
bile che si tratti di un ufficio fisso e
ben preciso. Anche quando in 1 Sam. 9, trovavano in un rapporto positivo, più
13 leggiamo che «il popolo non man- o meno stretto, col culto del loro tem-
gerà prima ch'egli ( = Samuele) sia giun- po 1s2.
to, perché è lui che deve benedire (be-
rak) il sacrificio», abbiamo l'impressione
che con questa notizia si voglia sottoli- 3. Profeta come epiteto di personaggi
neare la posizione particolare di Samue- antichi
le. David parla con Natan del progetto
di costruire il tempio, e il profeta gli L'epiteto di niib'i' è .stato attribuito
trasmette una parola di Jahvé a questo nella tradizione anche a personaggi an-
proposito (2 Sam. 7,1 ss.); ma in questo tichi. In Gen. 20,7 (E) Abramo è det-
caso non è possibile vedere alcun rap-
porto costante e continuo col culto. Lo to appunto profeta, e ciò in grazia del-
scontro tra Elia e i profeti di Baal av- la sua opera di intercessione. Probabil-
viene nell'ambito cultuale; ma nell'anti- mente risalgono a questa concezione del-
chità l'offerta del sacrificio non era af-
la redazione elohista, che tuttavia non è
fatto un privilegio riservato a un parti-
colare funzionario del culto 151 , e questo sviluppata ulteriormente, anche due fra-
scontro è paragonabile a quello narrato si insolite per le storie dei patriarchi:
in !ud. 6,25 ss., che ha per protagonista haja debar jhwh 'el-'abriùn bamma~azeh,
Gedeone. In I Reg. 19,10.14 si nomi-
nano, quali segni dell'apostasia da Jah- «la parola di Jahvé fu rivolta ad Abra-
vé, la distruzione degli altari e l'ucci- mo in visione», e wchinneh d•bar-ihwh
sione dei profeti; ma neanche da tale 'eliiw, «ed ecco, la parola di Jahvé gli
accostamento si possono trarre troppe
conclusioni. Anche per Eliseo si può al fu rivolta» (Gen. 15,i.4). Ad Aronne il
massimo addurre l'argomento che la nome di niibl' è dato nella redazione sa-
gente si recava da lui solitamente alla cerdotale (Ex. 7 ,1 ), che modifica l'imma-
luna nuova e di sabato (2 Reg. 4,23);
gine di Ex. 4 116 - secondo la quale A-
ma per il resto egli non appare mai nel-
le vesti di 'profeta cultuale'. ronne dovrebbe essere «la bocca» di
Mosè e Mosè «il .dio» ( 'elohtm) di A-
Da questo rapido esame risulta chiara- l'onne - dicendo che Mosè sarà 'eloh1m
mente che tra i profeti antichi e il cul- per il faraone e Aronne il niibt' di Mo-
to si sono avuti dei punti di contatto, sè. Per la redazione sacerdotale niibl' è

ISO Cfr. NoTH, op. cii. (~ n. 129) 60 s. lilischen Religio11 (1927) 10 s.


1s2 Per tutta la questione dr.~ RowLEY, Ri-
1;1 Cfr. A. WENDEL, Das Opfer in der allisrae- lual, passim.
dunque colui che parla per incarico su- di Mosè pur usando l'espressione 11iibl'.
periore. La notizia (Ex. 15,20) che Mi- Deut. 18,15-1 9 vede Mosè come il pri-
riam sarebbe stata una nebt'a è proba- mo di una serie di n°b2'lm: Jahvé man-
bilmente più antica ed è collegata con derà continuamente un niibl' come Mo-
l'antico inno del Mat delle Canne (v. sè 154 che annunci al popolo la volontà
21 ). In questo caso l'uso del nostro ter- divina 155 • Qui sì pensa probabilmente
mine sarebbe stato suggerito dalla danza ad un istituto, ad un ufficio non occa-
e dal canto cultuali. sionale che proprio per la sua continui-
Il termine niibt' è usato spesso nei rà sembra essere in qualche modo legato
testi che riguardano Mosè. Quanto è ad una istituzione. La comparsa di un
detto in Num. 12 1 6-8 a proposito della nàbi' non è considerata un evento for-
sua posizione lo eleva nettamente sul tuito, imprevedibile, bensì un fatto sul
niib'i': a quest'ultimo J ahvé parla in quale si può contare. Il compito di que-
visioni e sogni, a lui invece «a faccia sto niib'i' non va quindi confuso con
a faccia» (peh 'el-peh, cfr. Ex. 33,u: quello di quei profeti che scuotono il
piin1m 'el-piintm ). L'eccezionalità della popolo; egli ha piuttosto una funzione
posizione di Mosè è sottolineata ancora preventiva: deve tenere il popolo in co-
con l'esptessione 'abdz, «servo mio»(--+ stante contatto con la volontà di Jahvé,
IX, coll. 299 s.). Nel nostro discorso così da sottrarlo all'influenza della man-
rientra anche il rncconto di Num. 11,16 tica pagana (vv. 9-14) e impedire che si
s. 24-26: il carisma di Mosè è così in- trovi direttamente esposto alla insoste-
comparabile, che una semplice parte del- nibile vicinanza di Jahvé, che Io può
la ruap «Che era SU di Jui» basta per far distruggere. A questo proposito si ricor-
profetare (hitnabbe') 70 uomini (vv. 25 da quanto avvenne all'Horeb, quando
s.). Una diversa concezione vede in Mo- Mosè fu stabilito. quale mediatore pro-
sè il 11iibi' per eccellenza, col quale Jahvé ptio per questo scopo. Nella prospettiva
comunica piinzm 'el-piinim (Deut. 34, del Deuteronomio l'ufficio profetico va
ro 153). Giosuè aveva ricevuto da Mosè visto alla Juce deJla legge, di cui questo
la ruap mediante l'imposizione delle ma- 11iibt' dovrebbe essere custode, mediato-
ni, eppure il testo afferma che un nii- re e legittimo interprete 156•
bi' come Mosè non c'è più stato. Que- Infine il titolo di n°bt'a (profetessa)
sto testo sottolinea dunque la singolarità è attributo anche a Debora (lud. 4>4)

153 Non si può dire a quale fonte appartenga 155 Cfr.-+ v. RAD II2 s.
questo versetto. 156 KRAUS, op. cit. (-+ n. rn;) _59-66 vede in
I~ iiiqlm (Deut. 18,15) e 'iiq1m (v. 18) vanno De11t. 18 115 ss. una prova a favore dell'ufficio
probabilmente intesi in senso distributivo, con- di 'mediatore dcl patto'. L'idea di una serie
formemente all'opinione comune: Jahvé susci- continua di n'b1'im si trova per la prima volta
terà ogni volta un niibl'. in Osea (6,5; r2,n),-+ coll. ,504 s.
che è detta anche sof<ta (giudice). La cazione Ezechiele è chiamato enfatica-
tradizione ricorda che essa con un ordi- mente nàht' ( 2 ,5) e tale è detto, indi-
ne di Jahvé spinse Barac a convocare
l'esercito che avrebbe affrontato Sisara rettamente, anche in 14,4. Nei libri di
(vv.6s.). Abacuc, Aggeo e Zaccaria la designazio-
ne di niibl' compare già nel titolo e poi
4. nàbi' nei libri profetici nel corpo del libro (Abac. I,1; 3,r; Ag.
a) nàbl' viene usato al singolare anche 1,1.3.I2; 2,I.Io; Zach. 1,z.7; cfr. anche
per i cosiddetti 'profeti scrittori' 157• Nei 8,9). È dunque chiaro che a partire da
libri profetici antichi quest'uso è raro Geremia niibl' fu usato liberamente per
e diventa frequente solo più tardi. Amos i profeti scrittori 162• Ma anche i testi di
rifiuta di essere chiamato con questo no- Isaia e Osea mostrano di usare il ter-
me (7,14) 158 • In Os. 9,7 s. sembra che mine senza esitazione. Anche Amos, se
la denominazione si riferisca al profeta rifiuta di farsi chiamare niibi', non lo fa
stesso 159 • In Isaia il nostro termine non per principio, come mostra l'uso del ver-
è usato per indicare il profeta, ma in bo in 7,15 163•
Is. 8,3 si parla della n•hl'a, che è evi-
dentemente la moglie di Isaia iro. Gere- b) Il termine niibi' è riferito, gene-
mia viene chiamato ad essere profeta per ralmente al plurale, anche ad altre per-
le genti (nàbl' laggojim: Jer. 1,5) e nel- sone del passato.
le sezioni narrative (il cosiddetto rac-
Troviamo la prima testimonianza di
conto di Baruc) è costantemente indica- quest'uso in Osea 161 : Jahvé 'taglia' me-
to come nàh2' 161 • Nella visione della vo- diante i nebt'zm (Os. 6,5) 165, ha parlato

157 La denominazione di 'profeti scrittori' (in 162 - }EI'SEN 141: «Qui incontriamo per la
tedesco Schriftpropheten) può ingannare, per- prima volta 'nabi' non nel significato di appar-
ché le parole e i discorsi raccolti nei libri tenente a una determinata categoria professio-
profetici hanno senza dubbio, nella grande nale, bensl nell'accezione più generale di 'por-
maggioranza dei casi, un'origine orale e sono tavoce di Dio'». Tale osservazione si basa sul-
stati raccolti solo più tardi, dagli stessi pro· la petitio principii che nel suo uso normale
feti o da altri. Noi ci serviremo quindi di tale niibi' fosse il titolo riservato ad un ufficio pre-
denominazione solo per distinguere termino- ciso e che i profeti scrittori non appartenesse·
logicamcnte questi dagli 'altri' profeti. ro alle persone investite di tale ufficio.
158 Per AtJJ. 7,r4 bisognerà attenersi all'inter- 163 La netta separazione tra uso del verbo e
pretazione tradizionale: «Non sono un niib1'». 'nabismo' sostenuta da - }EPSEN 6 è meto·
Cfr. E. BAUMANN, Bine Einzelheit: ZA\Y/ 64 dologicamente ingiu_stificata.
(1952) 62. 161 Am. 2,n s. e 3,7 sono certamente secon-
159 Diversamente intende, ad es., E. SELLIN, dari.
Das Zwol/prophetenbuch, Komm. z. A.T. 165 L'interpretazione del versetto è discussa.
12 u (1929) ad l. Molti esegeti cambiano il testo, mentre SBLLIN,
loo O. PROCKSCH, Jesaia I, Komm. z. A.T. 9 op. cii. <- n. r59) ad I., traduce: «Perciò ho
(1930) ad I.: «Cos} che egli stesso si dà a co- tagliato con la scure tra ì profeti». Cfr. però
noscere, in questo modo, quale tJiih1'». H. W. WoLFF, Dodekapropheton, Bibl. Komm.
161 Tuttavia questo appellativo manca quasi A.T. 14 (1957) ad l. e ID., Hoseas geistige Hei-
regolarmente nei LXX. mal: ThLZ 81 (r956) 83-94.
loro ( 12,n ), ha tratto Israele dall'Egit- Tuttavia anche quest'uso è accertabile
to e lo ha custodito mediante un niibt' soltanto in una parte dei libri profetici.
(12,14). Ier. 5,I3 s. contiene una valuta- Abbiamo un primo accenno 168 in Or. 4,
zione positiva dei n"bl'im: poiché il po- 5, dove l'oracolo di giudizio 'contro il
polo li disprezza, Jahvé renderà le sue sacerdote' abbraccia anche il niibi' 169 • In
parole un fuoco in bocca a Geremia 166 • Isaia parecchi oracoli di giudizio riguar-
In 28,8 Geremia è posto nel novero dei dano, tra altri, anche il niibl' (lr. 3,1-3;
n"bi'im apparsi prima di lui fin dai tem- 9,13 s.; 28,7 ss.; 29,rn). Nel Libro d'I-
pi remoti (min-hii'oliim). Nelle sezioni saia troviamo anche alcune accuse con-
del libro di Geremia redatte in stile crete: il niibt' è maestro di menzogna
deuteronomistico è detto più volte, con (moreh-Jeqer: 9,14) e nella sua ebbrezza
formulazione ricorrente, che Jahvé ha si fa beffe delle parole del messo di
mandato i propri servi, i n"bftm, per Jahvé motteggiandone l'incomprensibi-
ammonire Israele {7,25; 25,{; 26,5; lità (28,7 ss.). Michea polemizza coi n•-
29,I9; 35,15; 44,4). Secondo Ez. 38,17 bi'2m che fuorviano il popolo facendo
i servi di Jahvé, i n"b'ì'e jifrii'el, hanno dipendere il loro responso dal compen-
preannunciato la venuta di Gog da Ma- so che ricevono (Mich. 3,5-7). Il Libro
gog. Nei passi non originali del Libro di Geremia ci offre un quadro partico-
di Amos si dice che il sorgere di n"bi'tm lareggiato della controversia. L'accusa
e n"zir'ìm è un dono di J ahvé e si con- più frequente che il profeta rivolge ai
danna chi impedisce loro di compiere n"bl'im è quella di predire 'Seqer, cioè
la propria missione (Am. 2,II s.); secon- menzogna (Ier. 5,31; 6,13; 8,10; l4,I3
do Am. 3,7 Jahvé non fa nulla senza S.; 23,14.25 S. 32; 27,9 S. l4·I6; 29,8
dirlo ai suoi servitori, i n"bi'im. Zacca- s.). Costoro parlano nel nome di Jahvé,
ria parla dei profeti primitivi (n"bt'2m benché egli non li abbia mandati ( 14,14
ri'Sonim) che invitarono i padri al rav- s.; 23,21.32; 27,15; 28,15; 29,9.31) 170,
vedimento e li chiama setvitori di Jah- e i loro oracoli provengono dal loro
vé (Zach. 1,4-6; 7,7.12). Mal. 3,23 si a- stesso cuore (14,14; 23,16.26), sono so-
spetta il ritorno del niibi' Elia. Nei tem- gni (23,25 .27.32; 29,8). Più concreta-
pi più antichi il richiamo positivo ad mente Geremia li accusa di annunciare
altri n"bi'zm si trova solo in Osea 167, JiilOm senza l'autorizzazione di Jahvé
mentre solo dopo Geremia esso diventa (6,13 s. ; 8,IO s.; 14,I3; 28,9), predicen·
più frequente . do l'esito fortunato della guerra o l'im-
minente fine dell'esilio (14,13; 27,9.14.
c) La maggior parte delle affermazio- 16; 29,8-10), mentre egli annuncia pro-
ni sui n•bt'zm che trnviamo nei libri pro- prio il contrario. Accanto a questo capo
fetici hanno carattere polemico (~ v, d'accusa primario, ai ncbi'lm vengono
contestati anche l'adulterio e altri mi-
coll.112 ss.). sfatti (23,14; 29.,23) per i quali il giu-

166 Cfr. l'accusa di avere ucciso i 11'b1'im (i, il sacerdote indiC1l Aronne, il niibi' Mosè (dr.
30). Ex. 32); WoLFF, Dodekapropheton e~ n. 165)
167 Cfr. WoLFF, Hoseas geistige Heimat (~
ad l. ritiene che il v. 5a{3 sia una glossa giu-
daica.
n. 165) passiu1. 170 Soltanto quando si guarda retrospettiva·
168 Amos rifiuta il titolo di 11iib1', ma ciò non mente al passato si dice c:he essi avevano va·
implica alcuna polemica; cfr. ~ WiiRTH\'QEIN, tidnato babba'al (2,8), accusa che altrimenti
Ar11os-Studien 22 s. viene rivolta soltanto ai 11'bt'im di Samaria
169 Secondo SELLIN, op. cit. (~ n. r59) ad l., (2p3).
507 (VI,805) TCPO<Jll)'tl)<; Y.'tA.. O JJJ 4l:-ll \1\. n c uu•v•u1 \. -,..,..,-, _,,- ...

dizio di Jahvé Ji colpirà (14,15; 23,15. tire, come molti umano fare 172, dalla
30-32; 28,16; 29,21 s.). Ma più spesso frequente associazione di profeti e sa-
i n"bi'tm sono menzionati negli oracoli
di giudizio insieme con altri: con i sa- cerdoti. Tuttavia la maggiot parte dei
cerdoti (6,13; 8,10; 14,18; 23,n), con passi solitamente addotti a sostegno del-
i sacerdoti e il popolo (23,33 s.; 26,7 s.} la tesi affermativa è del tutto insuffi-
oppure con i re e i sacerdoti nella se-
ciente a provare l'ipotizzata connessione
quenza: re (principi), sacerdoti e n•-
bt'lm (2,26; 4,9; 8,1; 13,13). Nel Li- dei n•bl'im con il culto.
bro di Sofonia l'unico esempio di tale È abbastanza naturale vedere acco·
uso associa i n"bi'tm ad altri capi del po- rnllllati il profeta, proclamatore della vo-
polo (neJl'ordine: principi, giudici, n•- lontà di Jnhvé, e iJ sacerdote, servitore
b1'1m, sacerdoti) nell'accusa di stravol- del santuario. Privi di qualsiasi valore
gere il loro compito (Soph. 3,3 s.). Infi- probante sono particolarmente quei pas-
ne anche Ezechiele polemizza contro i si che menzionano profeta e sacerdote
n'bi'tm con accuse simili a quelle di Ge- insieme con altri capi del popolo, ad es.
remia: profetizzano secondo il loro cuo- nella sequenza melek, far, kohen, niibz'
re e la loro rtlah (Ez. 13,2 s.; cfr. v. 17), (ler. 2,26; 4,9; 8,1; 13,13 [senza far];
proferiscono vanità (.faw') e menzogna dr. anche 18,18: kohen, l;akam, nabl';
( l 3,6-9 ), dicono «oracolo di Jahvé» (n"-
Ez. 22,25-28: niifi' 113, kohen, far, nii-
'um-jhwh) benché Jahvé non Ii abbia bi'): questi passi dimostrano unicamen-
mandati (13,6s.), annunciano falsamen- te che il nabl' era uno dei capi ricono-
te salom (13,10.16) 'intonacando' cosl sciuti del popolo. Inoltre non bisogna
la situazione reale del popolo (13,ro- dimenticare gli altri passi in cui il niib'ì'
171
1 5; 2 2 ,2 8 ). Perciò il profeta annuncia
è menzionato insieme con altri funziona-
il giudizio contro di essi (13,8 s. 11-16) ri, senza che tra questi appaia il sacer-
e anche contro il niibi' che dà llll dobiir dote (ad es., Is. 3 1 2; 9,14; 29,ro 114 ;
a un idolatra ( 14,9 s.). Il rifiuto radicale Ier. 27,9}. Questa associazione col sa-
di Zaccaria (13,2-6, ~ coll. 488 s.) è cerdote non costituisce dunque una ca-
l'ultimo giudizio contrario ai n•bt'tm nel ratteristica preminente del niibi'. Più
profetismo postesilico. distinto è invece il nesso del niibt' con
il sacerdote e il tempio in Ier. 26, e lo
d) Dall'esposizione precedente risulta stesso può dirsi, più o meno, per 23,u .
chiaramente come i profeti scrittori, da In ogni caso, la semplice uguaglianza
tra niibi' e profeta cultuale non è perti-
Isaia n Ezechiele, si sono messi in con- nente, perché soprattutto rimane affat-
trapposizione netta con una maggioran- to indecisa la misura di tale legame del
za di n"bi'im, contro l'attività dei quali profeta col culto. Certamente gli ultimi
polemizzano. Per sapere se i tanto cri· passi ricordati ed anche, ad es., Ier. 29,
26 s. (dove un sacerdote è chiamato «so-
ticati n'bt'im fossero titolari di un ben vrintendente nena· casa di J ahvé su ogni
preciso ufficio profetico, si potrebbe par- mitnabbe'» 175 ), indicano che i 11"bt'im

171 In 22,25 dobbiamo Jeggcre, coi LXX, 'aier 11s Per il tcs10 dr. Dibl. Hebr.1 Non è affat-
n'Ji'eha. to vero che qui sia «detto esplicitamente che
172 Cfr. ~ MoWJNCKEL, Psalmemt11dien 17. Geremia faceva parte della corporazione orga·
m Cfr. Bibl. Hebr.' ruzzata dei profeti del tempio» (~ Wi.IRTH·
m Il testo di 29, 10 è inceno. WBIN, Amos.S111dien r5).
esercitavano certe funzioni nell'11mbito non c'è alcuna differenza nel modo di
del culto, ma non è affatto chiaro di presentarsi; la polemica riguarda unica-
che genere fossero queste funzioni cul-
tuali 176 e quanto fosse stretto il legame mente il contenuto del messaggio dell'u-
col tempio. In questa materia è quanto no o degli altri. Un passo come Ier. q,
mai difficile giungere a conclusioni chia- I 3 s. ci mostra come la questione della
re; comunque conviene essere molto più
giusta e verace predicazione costituisse
prudenti di quanto spesso non avvenga.
Anche il problema di una collocazione un problema anche per Geremia. Nello
istituzionale dei n'b/'1111 non può aver scontro con Anania, dove due parole di
risposte certe e nulla ci costringe a cre- Jahvé si contrappongono, dapprima Ge-
dere che i n"bt'1m abbiano costituito in
senso proprio ed esclusivo una categoria remia ha la peggio e deve cedere alla
professionale. Che sia esistito, anche forza della coscienza che Anania ha di
prescindendo dai 'profeti scrittori', un essere stato mandato da Dio, ma poi
profetismo libero, carismatico, è del tut-
to possibile. Cosl, ad es., proprio nel egli stesso riceve una nuova parola di
caso dell'oppositore più noto di Gere- Jahvé (ler. 28 178). Ciò che distingue Ge-
mia, Anania di Gabaon (Ier. 28), non remia dal suo avversario è in ultima
c'è la pur minima traccia della sua ap-
analisi una diversa comprensione dell'o-
partenenza ad una precisa categoria pro-
fessionale. pera storica di Jahvé. Nella catastrofe
incombente Geremia vede la volontà
e) Abbiamo cosl già toccato un altro di Jahvé, mentre Anania insiste nell'an-
problema: quale sia il rapporto che cor- nunciare la salvezza, come aveva fatto
re tra i profeti scrittori e i n•b1'1m (-4 piì1 di un secolo prima, ad es., Isaia 179 •
m, coll. 338 s.). Sfo l'uso del termine nii- Qui si vede l'elemento patticolare, im-
bt' (~ coll. 503 ss.) sia quello della for- ponderabile dei 'profeti scrittori': essi
ma nif'al del verbo (~ coli. 486 ss.) ci si fanno avanti con un messaggio per- il
hanno già fatto capire che non è possibile quale reclamano l'autorità di Jahvé e
stabilire una netta separazione tra i due che in certi casi contrasta con tutta la
gruppi 177• Questo fatto risalta in manie- tradizione teologica d'Israele 180• Gere-
ra ancor più evidente quando si consi- mia deve portare il suo messaggio senza
dera la natura della polemica, partico- avere le spalle coperte, mentre il suo av-
larmente in Geremia. I suoi oppositori versario può richiamarsi alla tradizione.
parlano, come lui, nel nome di Jahvé Questo fatto può benissimo dipendere
(besem jhwh) e si servono della formu- anche da un più forte nesso istituzionale
la koh 'amar jhwh, ecc. Evidentemente _di Anania, ma certo non è né possibile

176 Qui forse si può pensare, tra l'altro, all'uf- 179 Cfr. ~V. RAD II9 s.
ficio profetico dell'intercessione; dr. -'> v.
RAD n4s. 180 Secondo 4 WiiRTHWEIN, Urspnmg la pre·
177 Cosl _,,. JEPSEN passim. dicazione del giudi:do è una funzione del pro-
178 Cosi particolarmente--+ QuELL 43-67. feta cultuale: cfr. però --+ n. 200.
5!1 \ Vl,OU/ J

né legittimo dedurne lo schema niibt' Deut. 13,2-6 tratta il caso di un niibt'


di professione = profeta di salvezza, e che inviti il popolo ad adorare altri dèi:
libero profeta di J ahvé = profeta di costui è da considerare un nemico di
sventura. Ciò è dimostrato, ad es., dal Jahvé e va messo immediatamente a
messaggio di Isaia durante la guerra si- morte. Deut. 18,20 prevede la sentenza
ro-efraimitica (Is. 7,r-r6), quando del capitale anche per quel nabl' che parli
resto egli si rifà proprio alla tradizio- in nome di Jahvé senza che Dio gli ab-
ne 181, e anche da altri oracoli di salvezza bia ordinato di farlo. Il criterio stabilito
che troviamo presso i 'profeti scrittori' per decidere se il profeta abbia avuto o
e la cui autenticità non può essere conte- no da Jahvé un ordine in tal senso è
stata a limine 182• Viceversa Mich. 3,5 molto semplice: «Quello che il nabi'
presuppone che anche i nebt'lm possano dirà in nome di Jahvé e che non succe-
pronunciare oracoli di sventura. derà o non si avvererà, quella è la cosa
li problema del rapporto dei 'profeti che Jahvé non ha detto» (v. 22). Questa
scrittori' con i nebt'tm che essi combat- regola vale qui per ogni nabt'' ma in par-
tono non può dunque esser risolto né ticolare per quello che col suo messaggio
con una netta separazione, né con una potrebbe agitare il popolo. La differenza
piena equiparazione. I 'profeti scrittori' tra questa posizione e quella espressa in
sembrano essere meno legati ad una i- Ier. 28,8 s. è palmare: per Geremia solo
stituzione, senza che d'altra parte sia il profeta che annunci un oracolo di sal-
possibile considerarli del tutto isolati e vezza è tenuto a provare a posteriori
indipendenti. Il loro messaggio ha no- la legittimità del suo mandato dimo-
tevoli affinità di forma e contenuto con strando che il suo annuncio si è avvera-
quello dei nebt'tm, ma in punti decisivi to; per contro il profeta di sventura non
se ne separa. In ultima analisi la loro ha bisogno di dimostrare la veridicità
particolarità consiste nell'ambito del tut- del proprio messaggio.
to irrazionale della parola di Jahvé, che
li oppone all'opinione dominante e co- 6. nabi' negli altri scritti
stituisce così la loro posizione speciale. Nel Salterio Ps. 51,2 e ro5,15 indica-
no col nome di nàbi' personaggi antichi
5. Veri e falsi profeti nel Deuteronomio (Natan, Abramo). Ps. 74,9 lamenta che
non ci sia più alcun niibi', non ci sia
Anche il Deuteronomio affronta il
cioè più nessuno (come chiarisce l'emi-
problema del 'vero' e del 'falso' profeta. stichio parallelo) che sappia quanto du-

131 Cfr. v. RAD, op. cit. (~ n. 132) 56-58. 239; .54 (1936) 240-282, e di~ Wi.iRTHWEIN,
Amos-Studien 35-40, di scomporre l'attività di
IB2 Perciò partono da un errato presupposto Geremia e di Amos in due periodi, in base al
metodico i tentativi di H. BARDTKE, Jer. der criterio dell'annuncio della salvezza o della
FremdvOlkerprophet: ZAW 53 (1935) 209- sventura.
)13 l Vl 1000J

ti ancora la tribolazione (-7 C i I b). ti preesistenti, facendo riferimento a


Nella situazione descritta in Lam. 2 i scritti di diversi nebnm (I Par. 29,29;
n•bt'zm appaiono con il re e i prin- 2 Par. 91 29; 12,15; 13,22; 26,22; 32,
cipi: essi non ricevono più visioni (/;ii- 32). Secondo 2 Par. 29,25 la musica del
:t.611: 2,9); nella scena della distruzione\ tempio è stata ordinata da Jahvé attra-
si dà particolare risalto al fatto che sa-· verso i suoi neb2'2m. Nella preghiera di
cerdote e niibt' vengono uccisi nel tem-· Neem. 9 i n•bnm vengono menzionati
pio di Jahvé (2 1 20). Nell'apostrofe alla insieme con i re, i principi, i sacerdoti,
città abbiamo però (2,14) una violenta i padri e tutto il popolo (v. 32). Esdr.
requisitoria contro i n•bt'im: «I tuoi 5,1 s.; 6,14 chiama n•bt'im Aggeo e Zac·
profeti ebbero per te visioni di menzo- caria. Secondo Neem. 6,7.14 ci sono n•-
gna e di vanità (faw'); essi non svela- bt"ìm che si lasciano corrompere per so-
rono le tue iniquità per allontanare la stenere un determinato partito politico.
tua sorte, ma ebbero per te visioni d'in- Nel testo ebraico del Siracide 184 il ter-
ganno, di menzogna e di seduzione» mine 11bj' compare alcune volte. In
(dr. anche 4,13). Dan. 9 parla dei n•bt'- Ecclus 361 20 s. si prega Jahvé dicendo:
im del passato: essi erano i servi di Jah- whqm (Jzwn dbr bimk... wnbi'jk j'mj-
vé, coloro che esortavano a seguire la nw, «adempi le profezie che furono det-
legge di Dio (vv. 6 e ro); Geremia è il te nel tuo nome ... cosl che i tuoi profeti
nribl' attraverso il quale Jahvé ha rivela- si dimostrino veraci». Elia è definito
to il numero dei 70 anni (v. 2) che ora nb;' k's, «un profeta come il fuoco»
viene 'sigillato' (v. 24), cioè scade col (Ecclus 48,1) e di Geremia si legge che
compimento. Per il Cronista niiM' è un «era stato reso profeta fin dal seno ma·
termine favorito. Oltre ai casi in cui ri- terno», whw' mr{Jm 11Wfr ·nbj' (49,6
prende la parola dalle sue fonti (r Par. s.) 185• In Ecclus 44,3 tra i pregi che l'in-
16,22; 17,1 183 ; 2 Par. 18; 32,20; 34,22) no vuol celebrare è menzionata anche la
il Cronista accenna spesso ai n•bf1m: nbw'h.
frequentemente parla in maniera gene- Nell'ebraico extrabiblico il termine
rica dei profeti come di uomini inviati niibi' è attestato negli ostrnka di Lakish
da Jahvé per ammonire il popolo (2 Par. del 588 a .C. 186• L'unica attestazione cer-
20,20; 36,16; Esdr. 9,u; Neem. 9 1 26. ta è però III 20 187 dove si parla di una
30) oppure presenta alcune figure di nii- lettera che è giunta m't hnb'. In base al
bl' per fare proclamare loro, in determi- contesto il profeta non può però essere
nate situazioni, la volontà di Jahvé (2 l'autore dello scritto, ma solo il suo la-
Par. 12,5; 15,1-7, dr. 8; 21,12; 24,20; tore giacché (riga 19) spr fbjhw indica
25,15 s.; 28,9; cfr. 36,12). Inoltre ag- un altro quale autore della lettera. L'af-
giunge altre citazioni a quelle delle fon- fermazione di VI 6 s. 188 che c'è gente

111317,1 = 2 Sam. 7,2. (lell ed-dmoeir), T he Lnchish Lellers (1938);


184 Testo secondo R. SMEND, Die \\'!eisheil des dr. J. HEMPEL, Die Oslraka vo11 l.AkiJ: ZAW
]esus Siracb (1906). 56 (1938) 126-139;· K. GALLING, Textbuch wr
Geschichte Israels (1950) 63-65.
1ss In 48 113 invece di nbr' bisogna forse legge·
re coi LXX nb'. Soggetto del verbo è Eliseo e
=
1a1 In GALLING, op. cii. ( n. 186) nr. 36; cfr.
D. W. THOMAS, 'The Prophet' in the Lachish
l'episodio a cui ci si riferisce è narrato in 2 Ostraca (1945); Io., Again 'The Prophet' in
Reg. 13,20 s.: un morto torna in vita al sem- the Lachisb Ostraca, ìn Von UgariJ nach Q11m-
plice contntto con la salma del profeta. Il ver- ran, Festschr. O. ErsSFELDT, Beih. ZAW 77
bo significherebbe allora 'operate miracoli'.
(1958) 244-249.
186 Ed. dn H. ToRczyNBR e altri, Lachish I la& GALLING, op. cii. <~ n. 186) nr. 39·
1tpOq>TJ'tTJc; X'\À. B III 6. IV 2 (K. l{endtorH)

che «fiacca le mani della campagna e lativo onorifico. Nella stessa direzione
della città» ricorda le accuse rivolte a sembra andare anche l'uso di questa e-
Geremia (ler. 38,4), ma in questa occa- spressione per il mal'iik (prima che lo si
sione non si parla di profeta 189• riconoscesse come tale) di Iud. 13,6.8 e
per Mosè (Deut. 33,1; los. 14,6; Ps. 90,
Tutto sommato si ha la chiara im- r). Soltanto in I Reg. 13 (cfr. 2 Reg. 23,
pressione che nei secoli successivi all 'e- 16-18) si può notare una voluta differen-
silio il profetismo non abbia più svolto ziazione tra le due espressioni: un 'H
'el0h1m di Giuda che pronuncia una mi-
una parte di rilievo, poiché se neparla naccia contro l'altare di Betel (vv. 1 ss.)
quasi esclusivamente come di un feno- viene contrapposto al niibi' di Betel. Co-
meno del passato 190• Col termine n8 bt'1m stui dice: gam-'ani niibl' kiimokii, «an-
che io sono un niibi' come te}> ( v. 18)
ci si riferisce ora, in prima linea, ai 'pro-
rendendo cosi i due termini equivalenti.
feti scrittori'. Si potrebbe pertanto essere tentati di
considerare 'fJ ,eloh1m come designazio-
IV. Altre denominazioni del profeti ne giudaica, e niib1' come titolo nord-
israelitico. Va però tenuto presente che
I. L'espressione 'H (hii) 'eloh1m, «uo- I Reg. 13 e 2 Reg. 23,16-18 sono certa·
192
mo di Dio», ricorre spesso in contesti mente sezioni recenti e che gli altri
testi non confortano minimamente tale
nei quali ha in sostanza lo stesso valore
distinzione. Oscuro è il significato del-
di nab2'. Ciò è vero particolarmente l'ìJ 'elohZm di Ier. 35 141 i cui figli hanno
quando un 'H 1e/Ohtm si presenta con U· una stanza particolare nel tempio. Oltre
na determinata parola di Jahvé (I Sam. un caso in cui riprende I Reg.·12 1 22 (2
Par. u,2) il Cronista usa il titolo per
2,27 ss.; I Reg. 12,22; 13,1 ss.; 20,28; Mosè (I Par. 23,14; Esdr. 3 2) e Davi<l
1

dr. però~ n. 137). (2 Par. 8,14; Neem. 12,24.36) e una vol-


ta presenta un anonimo '1J 'elohtm come
Nel ciclo di Eliseo le espressioni '11 se si trattasse di un niibl' (2 Par. 25,7.9).
1
eloh1m e niib1' si alternano nei diversi
strati 191 • Frequentemente Eliseo è chia- 2. In z Sam. 9 (vv. 9.xx.18.19) Sa-
mato 'H 'elohzm per sottolinearne la pre- muele è chiamato ro'eh e quest'uso è
minenza tra i bene hannebi'im: in que-
sto caso sembra quasi trattarsi di un ti- spiegato dal narratore (v. 9) come un
tolo onorifico (2 Reg. 4 1 38 ss. 42 ss.; 6, modo di dire più antico per indicare
1 ss. e passim). Anche Samuele ed Elia un niib1'. Non c'è motivo per dubitare
vengono chiamati cos1 da terze persone
di tale indicazione, ma la notizia non
(r Sam. 9,6-rn; I Reg. 17,18.24.; 2 Reg.
1,9-13), ma mai dal narratore; anche in permette di ricostruire un più antico uf-
questo caso sembra trattarsi di un appel- ficio di ro'eh. Il Cronista ha ripreso que-

189 Alla riga ;i non si può integrare il testo 191 Cfr. ~ }l!PSBN 72-83.
con h(nb'); dr. THOMAS, op. cii. (~ n, 187) 192 Secondo NoTH, op. cit. (~ n. 129) 8r si
7 s. tratta di una tradizione locale del tempo di
Giosia, secondo A. ]EPSRN, Die Q11elfen des
190 Tuttavia Zach. 13,2-6 sembra t radire una Konigsbuches (19,5 3) 102 di sezioni pr~venien­
certa conoscenza del profetismo estatico (~ ti dalla «redazione levitica:.> che è della- fine
CI Ia). del VI secolo.
'itpoqnr,11ç X"t"JI. , D JV L - \' \!'\., J'l.CllUlUl"H/

sta designazione per Samuele (r Par. 9, no accanto a nabl' i termini ro'eh e [;o-
22; 26,28; 29,29) usandola inoltre una zeh rivela che in Israele il profetismo
volta autonomamente (2 Par. 16,7.ro). fu assunto, dal punto di vista esteriore,
In Is. 30,ro si può discutere se il parti- in forme e modalità diverse.
cipio abbia valore sostantivale (sia cioè
un titolo) o verbale. V. Forme e contenuto del messaggio pro-
fetico
3 . Anche il termine l;Jozeh (~ vm, Caratteristica essenziale del profeta
coll. 924 s.) è usato più volte come tito- dell'A.T. è il dabar, la parola (~ v1,
lo, a cominciare da 2 Sam. 24,II dove coll. 266 ss.). Il profeta ha il compito di
Gad è chiamato f.;ozeh dàwid oltre che comunicare il d"bar jhwh a lui rivela.
col suo titolo di hanniibt', evidentemen- to. All'atto della vocazione profetica
te per chiarire quale fosse la sua funzio- Geremia diviene certo che J ahvé pone
ne a corte 193 • Lo ritroviamo poi in boc- la propria parola nella sua bocca (Jer. 1,
ca ad Amasia quando costui si rivolge 9; cfr. Et.. 3,r ss.); ma neanche così il
ad Amos (Am. 7,12), ed Amos stesso lo profeta può disporre in qualsiasi momen-
intende come sinonimo di nàbi' (v. 14). to della parola di Jahvé, ma deve aspet·
tare che gli venga data (cfr. ler. 2.8,n .
Gli altri esempi non d aiutano mol-
to, tanto più che ci dobbiamo sempre l 2 !) e quando ciò avviene egli non può
chiedere se il participio qal vada o no non pronunciarla (Jer. r,17; cfr, Am. 3,
inteso come un titolo (ls. 29,ro; 30,10; 8). Anzi chi cerca d'impedirglielo viene
Mich. 3,7; inoltre Is. 47,13: gli astro-
logi di Babilonia 1w). In r Par. 21,9 il colpito dal giudizio di Jahvé (ler. 5,13
Cronista ha ripreso il titolo di Gad da s.; cfr_ Am. 7,16 s.). Il momento in cui
2 Sam. 24,11 (e per questo ha tralasciato il profeta riceve 1a parola di Jahvé è
11abi') e lo ha usato più volte per Gad
spesso indicato con la formula waj'hi
stesso (r Par. 29,29; 2 Par. 29,25) e poi
anche per altri (r Par. 25,5; 2 Par. 9,29; debar jhwh 'eJ (ad es. 2 Sam. 7,4; cfr.
12,15; 19,2; 29,30; 33,18.19; 35,15), 24,1 l ), ma la locuzione più frequente-
nssociando spesso in quest'uso il tito· mente usata per introdurre gli oracoli
lo alla musica del tempio (r Par. 25,5;
2 Par. 29,:3 5.30; 35 ,15). I dati a nostra profetici è kòh 'amar jhwh. Nella tradi-
disposizione non ci permettono di defini- zione tale formula è già usata con rife-
re nei particolari un eventuale ufficio rimento a Mosè (Ex. 4,22 e passim) e
specifico di f.;ozeh .
con riferimento a Samuele in sezioni di
Il fatto che nella tradizione compaia- probabile matrice deuteronomistica ( r

193 -> } EPSEN 43 e 95 suppone che tale titolo ripreso e ampliato l'uso linguistico preesi·
sia dovuto all'influenza del Cronista e rappre· sten te.
senti quindi un'aggiunta posteriore. Tale ipo- l l)4 In 2 Reg. 1 7 ,1 3 kol-l;ozeh è probabilmente
tesi è però poco verosimile e sembra piuttosto un'aggiunta(~ n. x46); Is. 28,r5 è incompren·
che imche a questo proposito il Cronista abbia sibile.
519 (v1,810) 7tpoCJYiJ-cTJ<; )(-;}.., B v (R. Rendtorff) (VI,8II) p o

Sam. 10,18; 15,2); da Natan (2 Sam. 7 ,5. (ad es. I Reg. II.Jr ; 20,13.28; 2 Reg.
8; 12,7 .n) e Gad (2 Sam. 24,12) in poi 20,5 s.) o ad eventi più recenti (ad es.
è invece usata costantemente. Tuttavia 2 Sam. 7,8 ss.). Nei 'profeti scrit toti' le

la diffusione di questa formula introdut- promesse sono soprattutto espressione


tiva non è uguale in tutti i libri profe- di speranze e attese 'escatologiche' nel
tici: abbiamo le punte di maggiore fre- senso più lato. Qui troviamo frequente-
quenza nei libri di Geremia e di Ezechie- mente formule introduttive come wehii-
le, mentre poi manca del tutto nei libri ia bajiom hahU', hinnéh ;amim ba'ìm,
di Osea, Gioele, Giona, Abacuc e Sofo- baiiamim hiihemma, bii'ét hahi, ecc.(~
nia. In origine la formula serve ad indi- IV, coll. 105 ss.). Vanno classificate qui
care la delegazione di un messo, l'affi- anche le predizioni 'messianiche' (Is. II,
damento di un incarico ad un messag- r ss.; Mich. 5,1 ss. e passim,~ XPt<T"t6t;)
gero (Gen . 32,5), cosl che può esser che hanno le loro radici nella predizione
detta 'formula d'ambasciata' (Boten- di Natan in 2 Sam. 7. Di gran lunga più
spruchformel). Lo stesso profeta si con- frequente è invece l'oracolo di minac-
sidera dunque un messo di Jahvé, di cui cia. Di solito la minaccia è rivolta al po-
ha il compito di trasmettere ad altri la polo nella sua totalità, più raramente ad
parola. un individuo, specialmente al re (ad es.
Come per l'ambasciata (Gen. 32,5 s.; 2 Sam. 12,7 ss.; I Reg. 20,42) o al sacer-

45,9 ss.; I Reg. ;20,3.5 e passim), cosl dote e al profeta (Am. 7,17; Ier. 28,16).
anche per la parola che il profeta deve La sventura annunciata assume le forme
trasmettere il discorso è in prima perso- più diverse; è descritta soprattutto come
na, come se parlasse direttamente il guerra, devastazione del paese, esilio del-
mandante, il delegante: ciò significa che la popolazione, ma anche come catastro-
l'oracolo profetico è formulato come di- fe naturale: siccità, carestia, terremoto,
scorso, sentenza di Jahvé. Frequente- pestilenza, ecc. In alcuni casi è possibi-
mente l'oracolo profetico comincia con le collegare tali parole con eventi storici
hinnen'i, «eccomi», seguito dal participio dell'epoca, nei quali i profeti scorsero la
(2 Sam . 12,II; r Reg. n,31; Am. 6,14 e mano di Jahvé; in altri casi, invece, l'an-
JJassim ). Già questo costrutto partico- nuncio della sventura risuona, come ad
lare rivela che la parola di Jahvé annun- es. in Amos, in tempi di pace e di be-
cia generalmente un atto imminente di nessere esteriori.
Jahvé. Questo atto può comportare sal- I profeti non si limitano però a tra-
vezza o sventura, cosi che la parola di smettere la parola di Jahvé da loro
J ahvé è parola di promessa o di minac- ricevuta; non sono semplici strumenti
cia. La parola di promessa può riferirsi passivi e privi di volontà propria, ma
ad eventi dell'immediato futuro storico sono responsabili della corretta comuni-
cazione del loro messaggio. Essi sono fiducia nella illusoria sicurezza riposta
stabiliti quali 'saggiatori' (Ier. 6,27) e nel culto 193•
questo aspetto si riflette nel fatto che i La funzione responsabile dei profeti
profeti offrono spesso una motivazione 'si esprime anche nel fatto che essi non
della parola di Jahvé 195• Soprattutto la si limitano ad annunciare il giudizio ine-
minaccia è accompagnata quasi sempre vitabile, bensl anche esortano ed ammo-
da una motivazione che rinfaccia agli in- niscono per scongiurare ancora il giudi-
terpellati i loro peccati. Tale motivazio- zio. Tra le altre forme del discorso pro-
ne è detta rimprovero. Tra la motivazio- fetico troviamo cosl l'ammonimento (ad
ne e la sventura preannunciata sussiste es. Os. 14,2; Am. 5,4 ss.). In Ezechiele
in genere una connessione molto stretta, (3,17 e passim) il profeta è visto come
più precisamente il nesso tra azione e una 'sentinella' che deve avvertire in
conseguenza, senza che però sia lecito tempo utile gli uomini che gli sono stati
parlare di 'retribuzione' o di 'contrac- affidati. In tale contesto sì colloca anche
cambio' 196. Il punto da cui muove il l'intercessione profetica (I s. 3 7 ,1 ss.; I er.
rimprovero è molto vario e fortemente 7,16 e passim; Am. 7,2.5; cfr. anche
condizionato dalla situazione del mo- Gen. 20,7; Ex. 32,31 s. e passim) nella
mento. In Amos e Michea esso prende quale va forse vista una funzione cultua-
le mosse dall'accusa di non osservare il le del niibt' (cfr. Ier. 27,18) 1w.
diritto di Dio 197 ; in Osea, Geremia ed I generi del discorso profetico. speci-
Ezechiele domina l'accusa di onorare al- fico nominati fin qui mostrano una no-
tri dèi; in Isaia è rinfacciato l'errore di tevole variabilità di forma e possono es-
riporre la fiducia in altre potenze. Nella re derivati senza difficoltà da un Sitz im
maggior parte dei profeti ricorre inoltre Leben profano oppure spiegati sempli-
un'aspra polemica contro il culto, nella cemente con la necessità di una comuni-
quale non si può però vedere un rifiutò cazione appropriata della parola di J ah-
fondamentale del culto. Tuttavia in O- vé. Non sarà quindi il caso di supporre
sca risuona con più forza l'accusa che il che essi abbiano la loro prima matrice
culto non è diretto in realtà a Jahvé, in un ufficio profetico solidamente istitu-
bensl ai Baal. Per il resto, ciò che i pro- zionalizzato. Ciò risulta ancor più chia-
feti attaccano è in primo luogo la falsa ro dal fatto che i profeti hanno ripreso

m Cfr. H. W. WoLFF, Die Begriindungen der R. BACH, Gottesrecht tmd weltliches Recht i11
prophetischen Heils- 1111d Unheilspriicbe: ZAW der Verkt111digung des Prophete11 Amos, Fest-
.52 (1934) .I-22, schrift fiir Giinther Dehn (1957) 23-34.
19Z Cfr. R. RENDTORFF, Priesterlicbe K11l1theo-
196 Cfr. K. KoCH, Gibt es ei11 Vergell1111gsdog-
logic und prophetische K11ltpolemik: ThLZ 81
ma im A .T.?: ZThK 52 (1955) 1-42.
(1956) 339-342.
197 Cfr. ~ WiiRTHWEIN, Amos-St11die11 40-52; 199 ~ v. RAD II4 s.
523 (VI,1:!1 2 / 1tpO!pl]'HJç X>.11.. D Y • YJ \1'. l\<::11u1uu11

generi di varia natura da altre sfere di nale del profeta (ler. r6,1 ss.; Ez. 24,
vita: la disputa (ad es., Am. 3,3-6.8; fre- l 5 ss.; Os. r e 3 ), cosl che il profeta

quente nel Deutero-Isaia) e le forme stesso diventa un 'segno' (Is. 8,r8; 2oa) .
connesse del discorso giudiziario (Is. Tale identificazione del profeta col pro-
3,r 3 s.; Os. 4,1 ss. 200), delle sentenze le- prio messaggio può assumere persino
gali e di altre formulazioni del diritto la forma del martirio (ler. 37 s.). Cosl
sacrale (Ez. 14,x ss.; ~. 5,2 r ss.). Nel il Deuteronomio vede nel 'profeta' Mo-
Deutero-Isaia sono usati diffusamente sè (cfr. Deut. 18,15.18) colui che soffre
gli oracoli cultuali della salvezza e gli vicariamente (9,18 ss.; cfr. 1,37; 4,21
elementi costitutivi dell'inno 201 • Non s.) 201 • Anche l'immagine del Servo sof-
mancano poi neanche canti di varia na- ferente di Dio che troviamo nel Deute-
tura (Is. 5,1 ss.; Am. 5,r ss.). ro-lsaia si collega a questa tradizione
Secondo i testi i profeti non ricevono (-7 IX, coli. 306 ss.).
soltanto la parola, ma spesso anche vi-
VI. L'uso linguistico dei LXX Wl
sioni (-7 vm, coll. 925 ss.) (I Reg. 22,
1. Nei LXX nàbt' è tradotto costan-
17 ss.; Ier. l,Il ss. e passim; Ez., pas-
temente con 1tpoq>TJ't"11ç,; in nessun caso
sim; Am. 7,1 ss.; Zach. 1,6; dr. le visio- si può dimostrare che in sua vece sia
ni connesse con la vocazione dei profe- stato usato un altro termine. La tradi-
ti: Is. 6,1 ss.; Ier. l,4 ss.; Ez. r -3). Dato zione presenta solo due tipi di incertez-
ze: o i LXX non traducono il termine
che nella maggior parte dei casi queste nab2' contenuto nel testo ebraico, oppu-
visioni mirano ad una parola di Jahvé, re aggiungono un 1tPOcpTJ'M')ç, dove l'e-
si può pensare che spesso i profeti ab- braico non offre un termine corrispon·
dente. Nei libri delle Cronache i termini
biano ricevuto la parola di Jahvé in una
ebraici ro'eh e f;ozeh, che solitamente
visione. vengono resi con i participi ò {3À.É7tWV
Un aspetto particolare dell'attività (cosl anche in I Par. 9,22; 29,29) e o
profetica è dato dalle azioni simboli- opw\I (cosl anche in I Par. 21,9; 2 Par.
9,29; 12,15; 29,25; 33,18.r9; inoltre
che 202 (I Reg. II ,29 ss.; 22,n; Is. 20,1 ò &:11axpov6µEvoç, in I Par. 25,5; ò (3M-
ss. e passim). In esse il profeta è come 7tW\I in 29,29), sono tradotti più volte
assorbito egli stesso nel suo messaggio. con '1tpocp1)-.'1}ç, (ro'eh : I Par. 26,28; 2
Par. 16,7.rn; cfr. anche Is. 30,10; l;o-
Spesso tali azioni simboliche sono pro- zeh: 2 Par. 19,2; 29,30; 35,15). In 2
fondamente connesse con la vita perso- Par. 36,r5 1tpoqy{)·t"l'}ç, traduce mal'ak.

200 Il tentativo di ~ WtiRTHWBIN, Ursprung Bonn (19,3).


di far derivare j) discorso giudiziario dal cul- 202 Cfr. G. FoHRER, Die symbolischen Hand·
to non è convincente ed è molto più naturale ltmgen der Propheten, Abh ThANT 25 (1953).
vedere l'origine di questa forma di discorso 20l Cfr. G. v. RAD, Tbeol. des A.T. I (19_17)
profetico nella prassi giudiziaria profana. 292 s.
201 H. E. v. WALDOW, Anlass und Hifllergrund 201 Per tutta questa sezione d r. ~ F AS CHER
der V erkiindigung des Deutero;esa;a, Diss. 102·108,
2. Il femminile n"bt'a è tradotto co- giudaismo postesilico sul profetismo
stantemente con 1tpocplj·rn;. contemporaneo è contenuta nella cop-
3. Per il sostantivo piuttosto tardo
n•bfJ'a (Neem. 6,12; Esdr. 6,14; 2 Par. pia di oracoli che leggiamo in Zach. 13,
9,29; r5,8) abbiamo generalmente 'ltpo- 2 s. 4 ss. e vanno datati tra il 400 e il
<p'l'}-.Ela.. 200 a.C. ~.Il primo oracolo (Zach. 13,2
4. Le forme verbali al nif'al ed al-
s.) pone sullo stesso piano idoli 2ll1, pro-
l'hitpa'el vengono rese senza distinzio-
ne con 'ltpocpryn:ve.w. L'unica eccezione feti e «lo spirito dell'impurità}>~ e ne
è data da I Pm·. 25,1-3, dove la forma preannuncia la distruzione. L'oracolo si
nif'al indica l'attività dei musici del tem- rivolge evidentemente contro qualsiasi
pio: qui i LXX hanno à.1toq>tl'ÉyyE<Ti>ct.t
(v. l) e &.va.xpouEiri>cx.t (v. 3)m. In linea forma di profetismo nell'Israele del
di massima la traduzione dei LXX segue tempo 20'.I; ma il fatto che l'oracolo sia
pertanto meccanicamente il testo ebraico presentato come «oracolo di Jahvé Sa-
senza tentare di distinguere tra loro fe-
nomeni che sono in realtà molto diversi. baot» mostra che Zach. 13,2 s. vuole
5. Solo in un caso abbiamo un accen- essere a sua volta una parola profeti-
no a tale differenziazione. Nel libro di ca. Coerentemente dunque anche i LXX
Geremia, soprattutto nei capp. 26-29 (nei
LXX capp. 3y36), per designare gli altri parlano qui di «falsi profeti» 210 che sa-
profeti ai quali Geremia si contrappone ranno colpiti dalla sventura. Il secondo
(~ col. 506) viene più volte usato il oracolo ( Zach. I 3 '4 ss.) non si presenta
termine lj/e.v8o'ltpo<p1}'t''l'}<; come traduzio·
espressamente come sentenza di Jahvé,
ne di nab2' (LXX 6,13; 33,7.8.n .r6; 34,
9; 35,1; 36,r.8; anche Zach. x3,2). Tut- ma la sua formulazione rivela che an-
tavia tale distinzione non è mantenuta ch'esso vuole essere inteso come tale.
coerentemente (cfr., ad es., 23,9 ss.). Dal punto di vista sia della forma sia
R. RENDTORFF
del contenuto i due oracoli sono stretta-
C. PROFETISMO E PROFETI NEL GIUDAI- mente connessi: non si riferiscono al-
SMO DELL'ETÀ ELLENISTICO-ROMANA l'immediato futuro, bensl a «quel gior-
I. Il problema del profetismo contempo- no» (~ IV, coll. u2 s.) in cui spunterà
raneo per Gerusalemme il tempo della salvez-
r. Le fonti extrarabbiniche za. Soltanto allora quanti si presente-
a) La più completa affermazione del ranno e agiranno come profeti saranno

205Al v. 2 l'ebraico han11ibbii' del testo ebr. è n . 266.


tradotto con 6 npoq>TJ't'!J<;. Quindi BoussET·GRnssMANN 394: «L'au-
20'J
~ Cfr. TH. H. RODINSON-F. HoRST, Die zwolf tore è cosl convinto che in Israele non sorga
kleinen Propheten, Handbuch A.T. 14 (1938) più alcun profeta, che ordina di trattare da
ad l.; K. ELLIGER, Das Bucb der zwiilf kleinen impostore chiunque si presenti come profeta».
Propheten II, A.T. Deutsch (x950) ad l. Tuttavia tale affermazione non tiene affatto
conto dell'orientamento escatologico di Zach.
N1 S'mot hii'afabbtm, con allusione, peraltro 13,2-6.
molto vaga, a Os. 2,19: I'mot babb"iilim. 210 LXX: xcr.i "COÙ<; \j1Evlìo1tpoq>i)i:cr.<; ... e~cr.pw :
208 rl2a!J hafft1m'd; dr. a questo proposito -+ una evidente interpretazione del testo ebraico.
527 l VI,ISI3.l

trafitti dai loro stessi genitori per aver lento e primitivo del profetismo postesi-
proclamato menzogne nel nome di Jah- lico, bensl ci mostra anche quello oppo-
vé 211 • D'altra parte, leggiamo nel secon- sto. Il riferimento a Deut. I3,5 s.; 18,
do oracolo, i profeti stessi si vergogne~ 20 (~ n. 2u) e l'uso peculiare di Am.
tanno delle loro visioni e profe zie e si 7,14 (~ n. 212) suggeriscono la pre-
toglieranno il mantello di pelo; anzi, se senza di un clero che pronunciava ora-
qualcuno incontrandoli li riconoscerà, coli, oppure di profeti cultuali ben ad-
essi negheranno di essere mai stati pro- dentro nelle tradizioni del tempio e nel-
feti, dicendo di aver lavorato nei campi )'interpretazione della legge tipica dell'e-
fin da ragazzi 212 • La pericope di Zach. tà postesilica. Anche questi gruppi, che
13,2 s. 4 ss. attacca un profetismo jahvi- nel profetismo libero ed estatico dove-
sta contemporaneo di tendenza estatica, vano vedere - potremmo dire per intrin-
i cui rappresentanti indossano, quale seca necessità - lo spirito stesso del di-
simbolo della loro confraternita, il man- sordine e della ribellione 21 3, avevano dei
tello da profeta. Costoro non rappresen- precursori nell'età preesilica. Prescinden-
tano certo un fenomeno illegittimo in do dagli autori (per noi anonimi) di ora-
Israele, giacché, con il loro carattere pri- coli che sono poi fìniti nei libri dei pro-
mitivo e derviscico, hanno illustri prece- feti scrittori canonici 214, i massimi rap-
denti in Elia e prima ancora nei profe- presentanti del profetismo non estatico
ti dell'epoca di Saul (~ B II r). Nei dell'età persiana sono Aggeo, Zaccaria e
tempi del N.T. incontriamo un perso- l'anonimo profeta del libro di Malachia.
naggio che è palesemente un epigono del Anche l'epoca successiva mostra però
profetismo estatico così accanitamente sacerdoti che profetizzano e profeti le-
combattuto da Zaccaria: si tratta di quel gati al culto, al tempio o alle scritture
Gesù ben Anania che comparve come sacre.
profeta di sventura pochi anni prima Detto questo, dobbiamo concludere
della distruzione del tempio (~ coli. che in Zach. 13,2-6 si confrontano due
557s.). tipi di profetismo, con caratteristiche
Tuttavia la pericope di Zach. 13,2-6 proprie ben distinte. Questi due tipi ri-
non ci rivela soltanto l'aspetto più vio- flettono quell'opposizione altamente pro-

211Zach. 13,3, peraltro con un riferimento stesso tempo una reinterpretazione.


molto libero a Deut. x3,5 s.; x8,20. Un po' di-
versamente intendono ELLIGER, op. cit. (~ 213Cfr. già Am. 7,10-17 e viceversa la polemi·
n. 206) ad l. e HORST, op. dt. (~ n. 206) ad 1. ca di Michea contro i profeti del tempio di
Gerusalemme (Mich. 3,5-8).
211 Cosl secondo la congettura di J. WELLHAU-
snN, Skiu.en tmd Vorarheiten v (1892) 192 214 È degno di particolare nota il fatto che tra
ad l.: 'adiimd qiniiin1 invece del masoretico i reperti di Qumran si trovino anche frarnmen·
'iidàm hiqnant (cfr. Bibl. Hebr.1 a Zach. 13,5) ti di opere profetiche non canoniche: DJD l
con un'allusione ad Am. 7,14, che ne è allo 100 s .
blematica di 'veri' e 'falsi' profeti che Ps. 74,3 parla di «rovine eterne» m,
ha sempre accompagnato e agitato il pro- mentre secondo I Mach. 4,38 la distru-
zione e profanazione del tempio è du-
fetismo ebraico (~ B III 4c). Tuttavia rata soltanto tre anni (167-164 a.C.) 219 •
la pericope di Zach. 13,2-6 non può es- Anche se si può dire che Ps. 74.J è un'i-
sere usata come prova della mancanza di perbole, pure la differenza rispetto a 1
Mach. 4,J8 è invalicabile quando si con-
spirito profetico o dell'illegittimità di
sideri che pe1· Ps. 74,7 il tempio è sta·
qualsiasi profetismo che si fosse mani- to divorato dalle fiamme (cfr. 2 Reg. 25.
festato nell'età postesilica. 9), mentre I Mach. 4,38 dice che i ne-
mici hanno devastato il tempio, profa-
b) Un altro testo che viene sempre nato l'altare, bruciato le porte e distrut-
chiamato in causa per dimostrare la sup- te le celJe 220•
posta mancanza di profeti in questo pe- In base a tali considerazioni è pili che
riodo è Ps. 74,9: «Non abbiamo visto giustificato supporre che il Ps. 74 non
segni per noi; non c'era più profeta, non rifletta l'età maccabaica, bensì Ja rovina
c'era più nessuno tra noi che sapesse 'fi- del tempio salomonico nel 587 a.C. 221 • È
no a quando?'» 215 • La descrizione della in questo quadro che il v. 9 acquista il
distruzione del tempio contenuta nella suo vero significato: nel momento della
sezione precedente (vv. 3-8) viene rife- distruzione non ammutolirono soltanto,
rita, da coloro che sostengono il suddet- com'era da attendersi, i profeti di fortu-
to punto di vista, a I Mach. 4,38 216 e il na; anche un profeta di sventura come
motivo della mancanza di un profeta è Geremia, cui pure il cotso degli eventi
connesso a I Mach. 4,46; 9,27; I4,4I 217 • aveva dato ragione e che i Neobabilo-
Per contro è stato fatto nota1·e, e a ra- nesi avevano riabilitato, era condannato
gione, che Ps. 74,J-8 non coincide affat- al silenzio davanti a tale immane trage-
to con 1 Mach. 4,38 proprio in punti es- dia 222• Anzi, come prova Ier. 44,15 ss.,
senziali. ' egli . poteva persino apparire colpevole

m Secondo la traduzione di H. ScHMlDT, Die era cl'esciuta la vegetazione come in un bosco


Psalmen, Handbuch A.T. (1934) ad l. o sopra una montagna». Bisogna conveaire
216 Cfr. R. KlTTEL, Psalmen, Komm. A.T. 13 ·•
5 con BrCKIIRMANN, op. cit. (~ n. 219) 110 s.
(i929) ad l. che sicuramente .1 Mach. 4,38 non intende af-
217Cosl, ad es., A. BERTHOLET in KAUTZSCH, fatto parlare di una distruzione del tempio per
ad l. mano dei Siri, bensì della metamorfosi di Sion
«nell'antico tipo di santuario semitico, che era
218 maJJu'6t 11e!afJ; ancora più precisa è fa un'area sacra per i sacrifici, scoperta, con al-
traduzione «rovine totali» nel senso cli una cli- beri e piante e circondata da un muro». In
struzione definitiva, dove 11e!a~ ha valore ela- ·questa prospettiva si spiegano anche le 'di-
tivo. Cfr. D. w. THOMAS, The Use o/ ne~al~
struzioni', o meglio le modifiche alla struttura
as a Superlative in Hebrew: Journal of Scmitic del tempio. Cfr. anche M. NOTH, Gescb. lsraels
Studies l (1956) 107. 2
(1954) 332 s.
219 E. BrcKERMANN, Der Gott der Makkabiier 221 Cosl a ragione ScHMlDT, op. cit. (~ n. 215)
(i937) 80-84. ad I., con ulteriori indicazioni bibliografiche.
220 Inoltre .1 Mach. 4,38 dice che <mei cortili m Cfr. ScHMIDT, op. cit. (~ n. 215) ad l.
.5 _31 [v1,815J r.pocpirn1c; x-rÀ. eI rb-c (R_ Meycr) (V1,llI6J )32

della sventura del popolo. In altre pa- syr. 85,3) la presenza di 'giusti' e 'pro-
role, era certamente possibile conside- feti' è limitata alla precedente età idea-
le: «Ora invece i giusti si sono riuni-
rare il periodo successivo al crollo della ti [ai lorn antenati] e i profeti si so-
monarchia davidica come un tempo sen- no addormentati» 224 • In questa apoca-
za segni e senza profezia e quindi di sgo- lisse, che si colloca sullo sfondo storico
mento e disorientamento interiori. Cor- della distruzione del secondo tempio, in-
contriamo cosl il dogma del periodo ca-
rispondentemente, l'ipotesi esegetica di nonico della salvezza, quale è sostenuto
gran lunga più verosimile è quella che in Ios., Ap. I.41 e dai rabbini. Però an-
vede nel Ps. 74 un lamento popolare del- che se secondo il v . 1 i 'giusti' e i 'santi
profeti' appaiono soltanto come 'soccor-
l'esilio, che prende le mosse dalla scom- ritori' dei tempi passati e delle genera-
parsa del tempio salomonico e dalla con- zioni di una volta, tuttavia Baruch siria-
seguente situazione tragica. Per il pro- co non esclude affatto la presenza di ora-
coli, e quindi di profeti, nell'età di Ve-
blema del profetismo nell'età postesili-
spasiano 225 •
ca Ps. 74,9 non può essere invece uti-
lizzato. e) Particolare attenzione meritano I

Mach. 4,46; 9,27 e 14,41.


c) Molto vicina a Ps. 74,9 sembra es-
sere la preghiera di Azaria (-6.a.v. 3,38): Secondo I Mach. 4'43 ss., quando
«Non abbiamo più in questo momento Giuda consacrò il tempio nel 164 a.C.,
né re né profeta né condottiero, né olo- l'altare profanato dai Siri fu sostituito
causto né sacrificio né offerta né incenso con uno nuovo. Le pietre del vecchio al-
né un luogo per offrire le primizie a te tare vennero poste «sul monte del tem-
e ottenere misericordia» 223 • Il motivo di pio in luogo conveniente, fino a quando
questo lamento non ha, nel suo insieme, comparisse un profeta che dicesse loro
alcun appiglio storico nell'età postesilica che cosa farne» 226 • Anche se a tutta pri-
fino alla distruzione del secondo tempio. ma questo testo dice semplicemente che
Evidentemente tale motivo intende de- la decisione ultima circa la destinazione
scrivere la condizione durante l'esilio. di un oggetto di culto inservibile viene
-6.a.v. 3,38 non contribuisce invece in al- lasciata a un profeta che prima o poi sa-
cun modo a chiarire la questione del rebbe apparso, pure I Mach. 4,46 assu-
profetismo nell'età ellenistico-romana. me un significato ben più pregnante
quando lo si colleghi con gli altri due
d} Nella «lettera di Baruch, figlio di passi. Mentre I Mach. 4,46 sta al culmi-
Neria, alle nove tribù e mezzo» (Bar. ne di tutta la narrazione, I Mach. 9,27 ci
22J Secondo 1a traduzione di W. RoTHSTEIN po della distruzione del tempio. Le promesse
in KAuTzscH, Apkr. 11. Pseudepigr. 1 180; per menzionate qui, delle quali alcune si avverano
il carattere letterario dell'aggiunta a Dan. 3,26- e altre no, riflettono i due aspetti del profe-
4 .5 (lamento popolare) cfr. O. EissFELDT, tismo dell'epoca: chi annuncia salvezza e chi
Bini. 1 (1956) 730. annuncia sventura. In· BoussET·GRRSSMANN
394 abbiamo un'interpretazione fondamental-
m Secondo Ja traduzione di H. GUNKBL in
mente errata di Bar. syr. 85,I.3 .
KAUTZSCH,Apkr. ti. Pseudepigr. II 445 s.
m I Mach. 4A6: xat &:rcl&EV'to -toòc; ).!Dove;
Cosl Bar. syr. 48,34-37 si riferisce chiara-
225 ... (l.ÉXPt 'tOV 1tttpa')'E'111}Di}'llcu 1tpOqrlj't1}V 'tOV
mente elle manifestazioni carismatiche al tem- &.noxpLDi}'llttt 1tEpt au-rw'll.
•·r-T•t "''r"! ... •I•• - - - - ,--· - ---.,, --,

porta all'interno della storia maccabai- postazione e tendenza sembrano contrap-


ca: nel 160 a.e . Giuda cade in battaglia porsi alla tesi di un fine lontano. Il libro
e i suoi seguaci vengono consegnati a è costruito attorno all'alterna ascesa de-
Bacchide: «Allora d fu in Israele una gli Asmonei fìno a Simone 2.12, alla qua-
tribolazione così grande, quale mai si le segue il pericolo corso dalla dinastia
era avuta dai giorni in cui non era più quando il principe-sacerdote e due suoi
apparso un profeta» 227 • Resta incerto chi figli furono assassinati da un parente;
vada considerato l'ultimo profeta nd tale pericolo venne scongiurato perché
senso della storiografia asmonea; ma si Giovanni Ircano riusd a sfuggire e «di-
ha l'impressione che I Mach. 9,27 non venne sommo sacerdote, dopo suo pa-
abbia solo lo scopo di constatare dogma- dre» (I Mach. 16,11-22). Questi, che
ticamente l'assenza di profeti in quell'e- rappresenta in fondo la meta verso cui
tà. Secondo I Mach. q,41, nel 141 a.e. tende e si muove tutta la narrazione del-
Simone viene nominato generale in capo l'alterna lotta dei Maccabei in difesa
e sommo sacerdote: «I Giudei e i sacer- della fede e della loro ascesa 233, è pas-
doti decisero cosl che Simone fosse loro sato alla storia come colui che era dota-
capo e sommo sacerdote per sempre, fi- to del munus triplex (~ coll. 559 ss.).
no al sorgere di un profeta degno di fe- Nella prospettiva e alla luce del munus
de» 228 • Ciò che colpisce in questa formu- profetico di questo principe e sommo
la è che alla frase conclusiva Eù06x110'a.v sacerdote ricevono una spiegazione ade-
-rou Eiva.1 ocù-.wv l:tµwva. 1)youµevo\I guata i passi di I Mach. 9,27; 14,41 e,
xcx.t &.px.1epfo. Etc; -r;òv cx.lwvoc viene appic- a quanto sembra, anche 4,46. Se secondo
cicata la precisazione EWc; 'tOU &.va.a•t"ij· I Mach. 9,27 si ricorda il tempo «nel
va.t 'ltPO<J>TJ'tTj'll 'lttO''tO'll. Pertanto alcuni quale era apparso loro per l'ultima vol-
sostengono che la deliberazione popolare ta un profeta», ora finalmente, dopo tan-
valesse soltanto finché il dono profetico te tribolazioni e tante lotte, con questo
ora spento non si ravvivasse in un uomo principe sacerdote è apparso nuovamen-
ispirato degno di fede e richiedesse una te un profeta, e quindi è presente l"età
modifica costituzionale 229, mentre altri della salvezza' 234 • Inoltre se in I Mach.
ritengono che I Mach. 14,41 rifletta l'at- 14,41 la deliberazione popolare circa il
tesa di un profeta escatologico 230 che si principato e sacerdozio ereditario viene
presentasse come 'ltpoqrlj'tl)c; 'ltl.<T'toc;. fatta dipendere dalla ratifica di un pro-
Il primo Libro dei Maccabei è però feta, ecco che 'ora' il principato è ratifi-
sostanzialmente coerente 231 , e la sua im- ficato dallo stesso Giovanni Ircano, prin-
121 I Mach. 9,27: xa.t hévE"tO ~)..t;ljn.c; µtyaÀ.l} II Makkabaerb11chcs (1954) 7-x5, con bibJio.
ÈV -rQ IapaTJÀ, i}·nc; oùx tyÉvt-ro àqi' 1jc; grafia.
7)µ1pac; oòx Wqifui 'ltpoqr/i>tT)c; aù't'o~c;. Confor- 232 Cfr. pi\rticolarmcnte l'elogio poetico di Si-
memente alla tendenza di I Mtich. 'Israele' va mone in I Mach. r4,6-l5.
inteso in senso peculiare, partiticc:>-politico. m In questo I Mach. si avvicina senza dubbio
228 Secondo la traduzione e la congettura di all'antica storiografia israelitica; cfr. anche
E. KAUTZSCH in KAUTZSCH, Apkr. 11. Pse11de- Nom, op. cit. (~ n. 220) 343 s.
pigr. I 76. .™ Per la presenza della 'salvezza' nella figura
di un principe segnato dalla grazia divina cfr.
229 Cosl, ad es., KAUTZSCH, op. cii. (-+ n.
G. WrnENGREN, Sakrnles Konigtum im A .T.
228); contr11tia a questa interpretazione è però
und im Jude11t11m (1955) 17. Questo autore
la formula precedente t!.t, >tÒv a!.Wva. sottolinea il carattere sacrale della monarchia
230 VOLZ, Escb. 193; -+ SCHUBERT, Religio11 asmonea, ma a mio avviso esagera quando vi
66. scorge una restaurazione della situazione prcc-
2.ll Cfr. K. D. ScHUNK, Die Quelle11 des I tmd sìlica.
5.35 (v1,8171 7tp0q>Tt'tl)ç x;).. CI ic-2 (R. Meyer) 1v1,11171 530

dpe e sacerdote, poiché egli in quanto La tradizione rabbinica è concorde nel


tale è dotato del carisma profetico che riconoscere quale età classica dell'attivi-
neanche i rabbini gli hanno contestato. tà dello spirito santo (-)o x, coll. 909 ss.
Se infine secondo I Mach. 4,46 tocca ad 9r3 ss.) - sinonimo di spirito di pro-
un pwfeta futuro decidere che cosa fa- fezia 236 - quel periodo della storia e.
re con Je pietre del vecchio altare pro- braica che si chiude con la distruzione
fanato, ecco che per i partigiani degli del tempio salomonico nel 587 a.C. Que-
Asmonei (~ .taooouxai:oç) con Giovan- sto periodo può essere detto l'età 'dei
ni Ircano è sorto effettivamente un som- profeti anteriori'm_ Sota 9,l2: «Una
mo sacerdote che ha l'autorità carisma- volta morti i profeti anteriori, cessarono
tica di prendere decisioni legittime e va- gli utim e tummim)> 238 • Nel novero di
lide in questioni riguardanti il tempio :w. tali primi profeti sono tutti i profeti, «e·
sclusi Aggeo, Zaccaria, Malachia e i Jo.
2. La tradizione rabbinica ro compagni» 239 • Secondo l' amoreo Jeho-
shua b. Levi (c. 250 d.C.) il profeta Ge-
Nell'ambito della tradizione rabbinica remia fu spinto a intonare le Lamenta-
le cose stanno diversamente. Qui incon- zioni dalla distruzione di Gerusalemme,
triamo una raffinata tiflessione teologica dall'incendio del tempio, dall'esilio e dal
fatto che lo spirito santo si era alfonta-
che mira a racchiudere il fenomeno pro- nato w_ Secondo alcuni rabbini lo spi-
fetico legittimo nei limiti di un passato rito santo, ovvero lo spirito della profe-
ideale, di un'età classica. A questo pro- zia, è anche una delle cinque cose che il
secondo tempio ha in meno rispetto al
posito va ricordato che la riflessione sul- tempio salomonico 2~1 • Tuttavia comune-
l'età classica del profetismo è stretta- mente si fa rientrare nell'età profetica
mente connessa con l'elaborazione del anche l'epoca dei primi profeti postesi-
concetto sinagogale di canone (~ v, coll.
lici, anche se non si esclude del tutto la
possibilità che pure in seguito venisse
1175 ss .), il quale trova la sua formula- concesso a qualcuno il dono della pro-
zione definitiva nella prima metà del II fezia. Si parla allora di 'profeti posterio-
sec. d.C., quando si afferma la classifi- ri' e di un'età che non ha lo spirito pro-
fetico in misura piena, ma nella quale la
cazione degli scritti sacri in Legge, Pro- volontà divina si fa comunque conosce-
feti e Scritti. re con la 'figlia della voce' (bat qol} m.

2l5 Il personaggio antitetico è Alcimo, che or- 2.39 BARTENORA, Mischnajjot, Seder Naschim
dina di abbattere il muro del cortile interno {1863) x24 a SoJa 9,12.
del tempio per distruggere «le opere dei pro- 2o!O STRACK-BILLERBl!CK II l.33·
feti» h~ t'.pya. -r:wv 'ltpoqrn'\WV) e che viene
241 Taan. j. 2,1 (65a,6oss.) par.: «L'ultimo
quindi colpito dal giudizio divino: r Mach. 9,
tempio ha avuto cinque cose meno del primo:
.54 s.; dr. sulla questione SCHURER I 225 s. ·il fuoco (celeste dell'altare), l'arca del patto,
236 Per l'identìficazione dci concetti veterote· gli urim e turomim, l'olio dell'unzione e lo
stamentari di 'spirito di Dio', 'spirito santo' spirito santo». Autore di questa sentenza è R.
con rt1ì1h haml'blì'a cfr. STRACK·BILLERBECK m Aha, vissuto intorno al po d.C.; dr. STRACK·
:q ss. c.~ x, coll. 907 ss. BILLERBECK II 133.
237 Questi profeti anteriori o antichi non van- 242 bat qdl significa, nell'uso comune, eco; cfr.
no confusi con i 'profeti anteriori' e 'profeti LEVY, Wort., s.11. Inoltre significa la parola
posteriori' del canone. (cfr. Dan. 9,23: «All'inizio della tua supplica
™ STRACK-Bll.LERBECK 111 r3. usd una parola») o anche Ja voce (dr. Bar. syr.
.537 (VI,8J7) 'itpocp·i}'tT]<; X'tk. C I 2 (ll. Mcycrl (Vl,1:!11:!) 53li

T. Sota 13,2: «Dopo la morte dei profeti 1321 ss.); infatti la legge ha carattere
posteriori(~ n. 237) Aggeo, Zaccaria e tipico, nel senso di una filosofia della
Malachia, lo spirito santo si allontanò da religione di tipo popolare-platonizzante.
Israele (~x, colt 918 s.); tuttavia si fece In tale visione la legge contiene in sé
giungere loro (scil. agli Israeliti) l'an- già tutta la storia della salvezza, i cui
nuncio celeste mediante la bat qol» 243 • singoli stadi si attuano in questo mon-
Ritroviamo una concezion~ dogmatica do secondo il momento fissato da Dio 245 •
simile in Ios., Ap. l,38 ss. (~ v, coll. Conformemente a tale concezione leg·
I I 84 s. ): lo spirito profetico si è manife- giamo in Meg. b. qa bar. che «quaran-
stato ininterrottamente dai giorni di Mo- totto profeti e sette pl'ofetesse hanno
sè fino ad Artaserse r (464-424 a.C.); profetato agli Israeliti senza togliere né
ma, pur non negando da un punto di vi- aggiungere nulla a ciò che sta scritto
sta dogmatico o in linea di principio che nella torà, con l'eccezione della lettura
lo spirito profetico abbia operato anche del libro di Ester» 246• Secondo Mar She-
dopo quell'epoca, Giuseppe nega che nel muel Ct 254 d.C.) nessun profeta è auto-
periodo successivo si abbia «l'esatta suc- rizzato a dire qualcosa che non sia già
cessione dei profeti». Inseriti nello sche- contenuto nella torà 247 e secondo R. Je-
ma storico-salvifico risultante da tale hoshua b. Levi (c. 250 d.C.) Mosè ha
concezione (che abbraccia un'epoca clas- già detto tutte le sentenze dei profeti e
sica della profezia, il presente e il futu- «tutto ciò che è stato profetizzato in se-
ro salvifico, caratterizzato dall'effusione guito proviene dalla profezia di Mo-
generale dello spirito 244 ) i profeti non sè» 248 • Fino a quale punto la speculazio-
sembrano più le grandi personalità che ne prendesse la mano ai rabbini, è mo-
rappresentano lo spirito che opera e gui- strato da una lunga discussione di R.
da liberamente, ma per il rabbinismo fa- Jishaq (c. 300 d .C.), che tra l'altro fa di-
risaico la loro azione è comprensibile re al profeta Isnia queste parole: «Dal
soltanto in connessione con la legge e in giorno in cui la torà è stata data sul Si-
intima dipendenza da essa (~ vn, coli. nai io sono presente e ho ricevuto que-
8,1: «Una voce dall'interno del tempio») che SCHUBERT, Religion 6.
di regola 'esce' dal tempio celeste per ispirare 244 Cfr. N1m1. r. 15,25 a u,17: «Dio disse: 'In
gli uomini in una ben determinata situazione. questo mondo solo alcuni hanno divinato, ma
In questo significato specifico è meglio non nel mondo futuro tutti gl 'Israeliti saranno pro-
tradurre l'espressione bat qol. Si tratht infatti feti'» . Cfr. STRACK-BILLERDECK n 134 e - x,
di una teologumeno molto diffuso, come mo- col. 917.
stra Philo, rer. div. her. 258: durante l'estasi
HS Quanto tali concezioni potessero essere po-
nell'intimo del profeta «risuona un altro» (ù-
polari è mostrnto, ad es., dall'esposizione di
mixouv-toç htpou) (--+ col. 550). Per la docu-
mentazione cfr. STKACK-BILLERBECK, indice s.v.
Ge11. 22,13 negli affreschi di Dura-Europos e
nel pavimento a mos~ico di Ilct-Alfo; dr. R.
'Himmelstimme' e --+ SCHUBERT, Re/igio11 21.1
MEYI!R, Betrach11mgen zu drei Freske11 der
n. 10, che rimanda a 'it1!iqlwpdih llmwdjt V
Sy11agoge vo11 D11r11-E11ropos: ThLZ 74 (1949)
(1953) 1-4.
30-34.
24.3 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 127 : il plurale 2"6 Nella torà non si trovava alcun testo che
mJmlin lh11 bbt qwl, che troviamo qui, rappre- giustificasse la lettura del libro di Ester nella
senta certamente un'allusione agli angeli che festa di Purim; cfr. STRACK-IlILLRRBECK I
trasmettono agli uomini, attraverso la bat qol, 601 s.
la parola divina diretta a una precisa situazione
o a una particolare persona. Si discosta un po' 247 Con riferimento a Lev. :z7,34 secondo Tem.
eia tale conce-.lione Sota b. 48b bar. (~ v, col. b. 16a.
1154) par.; STRACK-BILLERBECK I 133 e --+ m Ex. r. 42,8 a 32,7.
539 (v1,818) 7tp0(jl'~'\'Tlt; X'\'"À.. eI 2 (R. Meyer}

sta profezia; soltanto adesso Dio h,~ tanto per grado, non giR per natura. Di
mandato me e il suo spirito 249• Fino ad conseguenza i profeti e i sapienti ven·
ora non mi è stata data l'autorità di pro-
fetare» 250 • Cosi i profeti divengono i più gono a trovarsi sullo stesso piano e for-
antichi interpreti ddla legge autorizzati mano gli anelli di quella catena di por-
dallo spirito; essi hanno la loro ben pre- ra tori della 'legge orale' 253 che in Seder
cisa e limitata collocazione nel quadro
Olam rabba 30 (~ v, col. u85 n. 80) è
del piano salvifico di Dio m. In questa
concezione rientra l'insistenza con cui la sinteticamente descritta con questa bre-
tradizione non si stanca di ripetere che ve sentenza: «fin qua (scii. fino all'epoca
in realtà IsrAele ha avuto un grande nu- di Alessandro Magno) i profeti hanno
mero di profeti: tutti i progenitori e tut·
te le progenitrici furono profeti; ci fu. profetato nello spirito santo. Da o.ta in
rono tanti profeti quanti furono coloro poi porgi il tuo orecchio e ascolta le pa-
che uscirono d'Egitto; non ci fu in Israe- role dei sapienti». Quanto stretta potes-
le una sola città che non avesse profeti.
Ma soltanto quella profezia di cui la se apparire l'associazione tra profeti e sa-
legge ebbe bisogno per esplicarsi appie- pienti risulta anche dalle già citate (~
no venne scritta e inclusa nella storia coll. 538 s.) parole dell'amoreo Jishaq {c.
della salvezza come momento indispen-
300 d.C.) che finiscono cosl: «Però non
sabile 252 •
soltanto tutti i profeti hanno ricevuto
Affermazioni come queste, ispirate al-
dal Sinai la loro profezia, ma anche i sa-
l'idea che nei profeti, per cosl dire, la
pienti che sorgono di generazione in ge-
legge interpreta se stessa, ci spiegano
nerazione: ciascuno di loro ha ricevuto
senza difficoltà perché, nel modo rabbi-
dal Sinai il suo».
nico di intendere la Scrittura, i Profeti,
considerati come scritti sacri, non abbia- In questo contesto anche la bat qol
appare in una luce particolare: essa non
no nemmeno lontanamente lo stesso
rappresenta semplicemente il surrogato
valore canonico della torà e~ v, col. dello spirito profetico attualmente per-
1196). Inoltre da questa visione deriva duto, ma piuttosto ne è la legittima con-
un'altra importante considerazione: se i tinuazione, nella stessa maniera in cui i
sapienti sono gli epigoni dei profeti.
profeti dell'età classica non sono, in fon- Corrispondentemente a questa visione,
do, che interpreti della 'legge' i quali per es., la vittoria della linea di Hillel su
parlano con l'autorità dello spirito e de- quella di Shammai nell'accademia di-
Jamnia verso la fine del I secolo d.C.
vono soltanto sviluppare ciò che essa già non è motivata con argomenti storico-ra-
contiene, si distinguono dai 'saggi' sol- zionali, ma è ricondotta alla bat qt1! 254 e

249 Secondo ls. 48,16. 03 Nel trattato Abot abbiamo il tentativo dog-
2.'iO Ex. r. 28,6 a 19,3 par. matico di dimostrare l'esistenza di una tale
251 Lev. r. 15 12 a 13,2: secondo R. Aha lo spi- trnsmissione deUa tradizione; dr. ~ ScHU-
rito santo si posa sul profeta solo 'a misura' DRRT, Religion 6 .2n n. 11.
(bmiq/) del compito a lui affidato. 254 Cfr. Ber. ;. 1,7 (3b,73 ss.) bar.: le decisioni
m Seder Olam rabba 21; altri documenti in delle scuole di Hìllel e Shrunmai riguardanti la
STRACK·Bll.LERBECK II 130 s. legge si equivalevano, ma una bat qol decise
54r (v1,819) itpocpirr:·riç X'tÌ•. CI 2 (R. Meyer) (vr,820) 541

quindi a divinazione. Una tale teoria, in Hanina b . Dosa (c. 70 d.C.) abbia rifiu-
virtù della quale i rabbini derivano la tato di essere considerato un veggente
propria legittimità dal profetismo, è par- per aver salvato qualcuno con la pre-
ticolarmente interessante dal punto di ghiera e la previsione 258 e come simil-
vista della storia delle religioni, perché mente R. Eliezer b. Ircano (c. 90 d .C.)
in questo modo in Israele vengono uni- non abbia voluto esser ritenuto un pro-
ficati due orientamenti, che di per sé feta, nonostante una sua predizione m .
non hanno nulla che fare tra loro e che Quando agl'inizi della seconda rivolta
anzi in linea di principio sono contrap- giudaica, al tempo di Adriano, Akiba si
posti 255 : il profeta è infatti sottomesso presenta come profeta a Simone b. Ko-
in primo luogo all'azione irrazionale e seba (~ coll. 555 ss .), urta immediata-
pertanto imprevedibile e spesso violenta mente contro il razionalismo pessimista
dello spirito, mentre nel sapiente s'incar- di Simone b. Torta. Ed è certamente nel
na lo spirito dell'ordine, della ragione, ricordo delle amare vicende dell'ultimo
della saggezza e della prudenza. Tale pe- tragico periodo della storia del suo po-
culiare associazione fu resa possibile per- polo che l'amoreo Johanan b. Nappaha
ché nell'età postesilica i sapienti - e non (t 279 d.C.) formula la massima sarca-
solo quelli di tendenza farisaica 256 - di- stica che dice: «Dai giorni in cui fu di-
vennero interpreti della legge e assun- strutto il tempio la profezia è stata tolta
sero quindi la funzione che spettava al ai profeti e data ai pazzi e ai bam-
sacerdote o al profeta cultuale. Allo stes- bini» 2flJ.
so tempo, come del resto già intravede D'altra parte lo spirito, con la sua im-
l'autore di Zach. 13,2-6 (~coli. 527ss.),
prevedibilità, non si lasciava imprigio-
lo spirito profetico viene privato della
sua violenza inquietante e imprevedibi- nare in uno schema dogmatico e di tipo
le e viene addomesticato: diventa un scribale: le grandi rivolte sotto Vespa·
elemento divinatorio inserito nell'istitu-
siano e Adriano non possono essere ca-
to sinagogale e al servizio di questo m.
pite se si esclude la potente componente
Certamente anche in questo caso la carismatica. Il primo fariseismo non solo
storia fu più forte del dogma. Da una
parte c'era l'antico razionalismo del sa-
fu intimamente impotente di fronte a
piente, fondamentalmente ostile alla na- questo fenomeno carismatico violento di
tura profetica. Cosl si racconta come R. tendenza escatologica 261 , ma talvolta gli
(e questo termine va certamente inteso nel sen- dinazione mediante l'imposizione delle mani
so di una ispirazione di gruppo) a favore dei (smjkh ), che simboleggia la trasmissione dello
seguaci di Hillel. Secondo R. Johanan (t 279 spirito dal maestro al _discepolo. Cfr. Bous-
d.C.) l'accademia di Jamnia era il luogo dove SE.T-GR.ESSMANN 169; E. LoHSE, Die Ordi11a-
'usciva' la bai qol (bibnh i!'t bt qw/). tfon im -Spiiljudenlmn tmd im N.T. (1951)
m Tale opposizione di principio va sottolinea- 54-56.
ta tanto per il primo giudaismo quanto per l'e- 258 ]eb. b. 12rb; STRACK-IlILr.ERDECK rr 627 .
tà preesilica. Di parere un po' diverso è J. l59 Emb. b. 63a; STRACK-BII. Ll!Rlll!CK II 627.
F1cHTNl!R, ]esaja unler den Weise>1: ThLZ 74 2"0 B.B.b. 12b. D'altra parte questa tradizione
(r949) 75-80. viene ulteriormente elaborata con esempi
2.56 Su questo punto cfr. R. MEYER, Die Bede11· di «profezia dnlla bocca dei bambini»; cfr.
trmg des Pharisiiismus fiir Geschicbte rmd STRACK-BILI.ERBECK I 607 .
Theologie des ]ride11trm1s: ThLZ 77 (1952) 261A questo proposito Act. 5,34 ss. ci offre un
677-684, spec. 68r s. esempio non solo particolarmente vivido, ma
m Questo aspetto si manifesta nel rito dell'or- anche storicamente autentico: Gamaliele non
543 (VI,820) ttpO<plJ't'l'}ç X't ).., eI 2 - ![ I (R. Meyer) [VJ,IS20) 544

diede persino un contributo decisivo 262 • che: digiuna 200, prega e si affligge con
Tale constatazione impedisce però alla cenere e sacco. Al culmine degli esercizi
ascetici gli appare 'l'uomo Gabriele', che
moderna analisi storico-religiosa di tro· già conosceva da precedenti esperienze
vare senz'altro nella tradizione rabbini- estatiche, e questi gli partecipa una rive-
ca la prova che il giudaismo dei tempi lazione (vv. 22b.23). In maniera simile
di Gesù e degli apostoli ignorasse del a quanto avviene nelle visioni notturne
di Zaccaria, un angelo fa da mediatore
tutto o conoscesse solo marginalmente tra la reggia celeste e il veggente. Con
la manifestazione concreta del carisma una terminologia che mostra come la
profetico nelle sue diverse forme m. concezione rabbinica dell'uscita della bat
qol dalla reggia o dal tempio celeste(~
n. 242) risalga a ben precise tradizioni,
II. Le manifestazioni storiche del pro- si consente a Daniele di gettare uno
fetismo sguardo nel fu turo: i 70 anni corrispon-
dono ad altrettanti settenni, di cui l'ul-
l . L'esperienza profetica secondo le fon- timo culmina nella malvagità di Antioco
ti palestinesi rv Epifane e nella installazione della 'a-
bominazione della desolazione' tra il 167
In Dan. 9,r .2 s. 20-27 abbiamo la de- e il 164 a.C. Cosl il significato di un'an-
scrizione particolareggiata di una espe- tica parola profetica viene 'conosciuto'
rienza pneumatica conseguente a una Jet· quando essa assume il suo senso pecu-
tura contemplativa™ della Scrittura 265 • liare anche per il presente, che è ogni
'Daniele' si immerge nella lettura di Ier. volta anche momento escatologico, 'fi.
25,u s. e 29,10, dove si parla dei 70 ne': ciò che lo stesso Geremia non po-
:umi che devono trascorrere sulle rovine teva ancora sapere, Dio lo ha 'ora' rive-
di Gerusalemme. Per raggiungere una lato a 'Daniele' mediante il proprio an-
conoscenza corretta, cioè non razionale gelo. Pertanto non solo 'Daniele' si tro-
ma pneumatica, del senso delle antiche va nella scia del profeta classico, ma gli
parole del profeta, 'Daniele' si sottopo- è persino superiore, perché la concessio-
ne a tutta una serie di pratiche asceti- ne della 'piena comprensione' significa

osa condannare in modo netto e assoluto il 266 Anche i rabbini conoscono la mortificazione
comportamento carismatico degli apostoli. Sul- del corpo come premessa all'estasi; tuttavia
la questione v. HAENCHEN, Ag., ad I. già nella tradizione sono presenti momenti po-
262 In genere si ritiene che il movimento degli lemici. Sanh. b. 65b: quando R. Akiba arriva·
Zeloti, contrassegnato da una forte componen- va all'interpretazione di Dcut. r8,IO s. era so·
te carismatica, provenga dal fariseismo, che lito piangere [e dire]: «Se lo spirito dell'im-
invece è più moderato (~ III, coli. 15o6 ss.). purità si posa su rolui che si priva del cibo
263 Cosl, ad es., W. FORSTER, Nt.liche Zeilge- perché lo spirito dell'impurità (rw~ h!m'b:
schichte 12 (1955) 16 s. Bo. cfr. Zach. 13,2) si posi su di lui, quanto più ciò
2b1 Nel concetto rabbinico di mdrJ è ancora dovrebbe essere vero per colui che soffre la
presente, senza dubbio, un ricordo della medi- fame perché lo spirito della purità si posi su
tazione contemplativa della Scrittura, nella mi- di lui! Eppure che posso fare~ Infatti i no-
sura in cui ìl termine si riferisce al processo er- stri peccati sono la causa [che impedisce che
meneutico. mdrJ risale ad una radice drl, che ciò avvenga]!». Secondo il testo parallelo di
nell'ambito sacro indica l'interrogazione della S. Deut. § 173 a 18,12, autore di questa sen-
divinità o la richiesta di un oracolo; cfr. GESE· tenza sarebbe invece Eleazar b. Asarja, un
Nms-BUHL e KoEHLER· BAUMGARTNER, s.v. contemporaneo di Akiba, ma più vecchio di
265 Per quanto segue ~ MEYER 43 s. lui; dr. STRACK-BILLE RBECK Il 133.
allo stesso tempo l'adempimento dell'an- su Ios., beli. 2,159. Secondo lo storico
tica profezia. giu?eo, le capacità divinatorie degli Es-
In I Qp Hab 7,1-5 si ha un'esegesi di sem erano dovute al fotto che sin dalla
Abac. 2,2 . Il profeta compare qui come giovinezza essi si dedicavano alle sacre
cieco strumento di Dio, che ignora il fi. Scritture, a diversi riti di purificazione
ne della sua profezia, il quale è invece ed agli oracoli profetici. Gli Esseni giun-
ben noto al commentatore qumranita: il gevano dunque ad uno stato di cono-
posso di Abac. 2,2 «Si riferisce al Mae- scenza pneumatica grazie ad esercizi a-
stro di giustizia, al quale Dio ha comu- scetici e allo studio contemplativo delle
1~ic.ato t~tti i s.egr~ti delle parole dei pro-
Scritture 269 • Il passo di rQpHab 7,r-5
feti, suoi serv1torI» 267 • Avendo Dio sve- permette dunque di comprendere più a
lato i 'segreti', vale a dire il significato fondo il modo in cui tali figure di veg-
escatologico degli oracoli profetici, al genti intendevano se stessi, ovvero l'idea
Maestro di giustizia, questi, quale inter- che ne avevano i loro contemporanei.
prete carismatico ovvero pneumatico è Ma nello stesso tempo il materiale non
del pari il legittimo successore degli ~n­ rabbinico esistente mostra chinmmente
tichi prnfeti, anzi è perfino superiore a che la teoria rabbinica secondo cui i sa-
loro,, gi~c~hé soltanto 'adesso', per mez- pienti sono i legittimi successori dei pro-
zo d1 lu1, e venuto alla luce il significato feti ha i suoi presupposti storici in con-
recondito delle parole profetiche 268 • Al- cezioni eh~ superano di molto i confini
lo stesso tempo questo testo mostra che del fariseismo.
non si deve dare un peso eccessivo alla Un altro genere di esperienza pneu-
tesi, spes~o ripetuta, che nell'età succes- matica si ha nell'interpretazione oniri-
siva all'esilio, dato il fondamentale e ca 210 • In Ios., ant. 17,345 ss. (~ col.
diffuso sentimento di essere puri epi- 553) si racconta ad es. che la caDacità di-
goni, eventuali personaggi pneumatici dnatoria degli Esseni poteva m~nifestar­
dovessero necessariamente restare ano- si nell'interpretazione dei sogni. Ancora
nimi: infatti questo 'Maestro di giusti- una volta è l'apocalisse di Daniele che
zia', forse un oppositore di Alessnndro ~semplifica il fenomeno descrivendo l'in-
Ianneo (103-76 a.C.), nella sua comuni- tt:rpretazionc estatica di un sogno. Nel
tà era senza dubbio un personaggio a racconto del delirio di Nabucodonosor
tutti noto e da tutti venerato, nel quale (Don. 3,31-4,}4) 'Daniele' ascolta dap·
«si era compiuto il tempo» anche se la prima la visione notturna del re e poi ca-
sua apparizione non aveva segnato l'ini- de in estasi: restn muto per un po' e i
zio della «fine estrema» (~ -rO.oc:;). suoi pensieri lo spaventano. Preso dalla
Tale considerazione getta nuova luce forza dello spirito 271 , deve dire cose che
21>1 Per la figura del 'Maestro di giustizia' dr. us -7 MEYER 43; ~ SqmBERT, Religio11 77 s.
F. NoTSCHER, Zur theal. Terminologie der (qui anche i riferimenti ai testi di Qumran).
Q11mran-Texte (1956) indice, s.v. ; -7 VAN DER 270
WouDB, passim ; H. H. RowLEY, The Teacber Per ii sogno come 'copia' (letteralmente 'a·
a/ Righteausness and the Dead Sea Scrolls: vanzo', 'residuo': 1J6be/et) della profezia dr.
BJRL 40 (1957) n4-146. Gen. r. 17,5 a 2,2 1 par., attribuito a R. Hnnina
;/:68 Per un giudizio psicologico-religioso su una b. Jishaq (inizio del 1v sec.). Nello stesso con-
tale figura di veggente, che è probabilmente di testo Rab (t 247 cl.C.) ritiene che il sonno
origine sncerdotale (1 Qp flab 94-7), è dcl tut- profondo (trdmh) possa port:irc all:i profezia.
to indifferente che la persona in questione ab· 211 In Da11. 4,5 s. 15 si dice tre volte che «lo
bia, da un punto .di vista storico, avuto 'ra- spirito di dèi santi» (rtiap 'e/iihin qaddiJin) è
gione' o meno. «ill» lui.
.,J'"'fl \ . -,- - -,

gli provocano dolore e sgomento. Una si- Filone non si è limitato a riflettere
tuazione simile è descritta anche nella sulla natura del fenomeno profetico. I
letteratura rabbinica. Secondo P. H. El. suoi scritti, infatti, ci permettono di get-
39 R. Pinhas (c. 360 d.C.) diceva che tare uno sguardo sul contenuto dell 'espe-
Giuseppe aveva interpretato il sogno del rienza profetica. Anche per Filone la to-
faraone quando lo spirito santo si era rà è prototipo e punto di partenza di tut-
posato su di lui 212 • to l'evento salvifico 274 • In perfetta ade-
renza a tale concezione, i personaggi del-
Infine los., bell. 6,300 ss. ci presenta l'età patriarcale e .mosaica e poi anche
un personaggio primitivo e violento, Ge- quelli della successiva storia d'Israele
sù b. Anania, che si comporta in un mo- appaiono in misura notevole figure pro-
do che ricorda in tutto e per tutto il ti- fetiche 275 • Inoltre molte delle numerose
po di profeta contro cui polemizza il osservazioni riguardanti le figure profe-
doppio oracolo di Zach. 13,2-6 (-7 coll. tiche antiche presentano una singolare
557 s.). attualità, cosl che l'esperienza profetica
dello stesso Filone risulta tanto da tali
2. Il profetismo alla luce della teologia
affermazioni quanto dalle discussioni di
alessandrina carattere generale circa la natura della
Mentre secondo la dottrina del rabbi- profezia e dell'estasi,276
che spesso si rial-
nismo farisaico la legge si dispiega, per lacciano ad esse • Mosè appare quale
cosl dire, spontaneamente nei profeti e veicolo di rivelazione nel senso pieno
nei loro legittimi successori, che sono i della parola: è re e legislatore, sacerdot('
saggi, nella teologia alessandrina che in- e profeta (ad es. vit. Mos. 2,292). Quan·
forma il libro della Sapienza di Salomone do diede i comandamenti, Dio si limitò
è invece la sapienza (-7 <ro<pla.) che tut- alle leggi generali del decalogo e invece
to opera, quella che fa comparire nel fece proclamare le «singole leggi partico-
mondo i profeti. Con tutta naturalezza lari» dal più perfetto dei profeti, che
la sapienza governa e opera esemplar- aveva scelto come interprete delle rivela-
mente nella storia della salvezza quale zioni dopo averlo riempito di «spirito di-
si presenta nel Pentateuco, cosl che Mo- vino» (decal. 175). Mosè, pertanto, non
sè appare come «santo profeta» (Sap. è principe solo di un popolo destinato al
lI,1; dr. ro,16). La sua opera va però sacerdozio per la salvezza di tutta quan-
oltre e tocca anche la storia successiva, ta l'umanità (ad es. vit. Mos. 1,149), ma
cosl che 'Salomone' può dire che essa, anche di un popolo che è del pari un
«pur essendo una sola, può tutto e, ri- popolo di profeti. Capostipite di que-
manendo in se stessa, rinnova l'universo sto popolo è considerato Abramo, colui
e di generazione in generazione, pene- che per la tradizione giudaica segna l'i-
271
trando nt;lle anime pure, forma amici di nizio della vera conoscenza di Dio •
113
Dio e profeti» (Sap. 7,27) • In questa Cosl, a proposito di Gen. 12,10 ss., Fi-
maniera nella storia si continua la linea lone dice (Abr. 98) che, grazie all'inter-
dei profeti e in fondo è profeta chiunque vento divino a favore di Abramo e Sara
abbia l'attributo della vera sapienza. in Egitto, rimase inviolato un matrimo-

m -+ MEYER 144 n. 24. 275 Cfr. le indicazioni in LEISEGANG, s.v. 7tpo·


27l Secondo la traduzione di J. F1CHTNER, Die <p1)1"l)<;.
YVeisheit Salomos, Handbuch A.T. u 6 ( 1938) 216 DoussET·GRESSMANN 449-454.
30.
274 Per la coincidenza di 'legge' e ordine co- in Cfr. BousSl!T-GRl!SSMANN, indice s.v. 'A·
smico divino ~ vn, coli. 1317 ss. brah11m'.
nio dal quale «doveva uscire un intero sti abbia raggiunto il sommo grado, di-
popolo, anzi il popolo prediletto di Dio, venta profeta 281 •
al quale vennero assegnati, come mi Anche per Filone la strada che porta
sembra, per la salvezza di tutto il gene- all'esperienza profetica passa per l'esta-
re umano, i ministeri sacerdotale e pro- si. Secondo rer. div. ber. 249 ci sono, per
fetico» 278 • la precisione, quattro gradi estatici: r. il
Filone parla con eccezionale frequenza furore folle che causa la pazzia 282 ; 2 . il
della natura del ministero profetico, mo- profondo sgomento che si verifica al co-
strando la propria intima partecipa;do- spetto di eventi improvvisi 283 ; 3. la quie-
ne all'esperienza pneumatica. In rer. te dello spirito che si è placato 284 ; 4. la
div. ber. 259 Filone afferma che la sacra vera e propria esperienza pneumatica
Scrittura testimonia ad ogni saggio il do- del possesso ed entusiasmo divino che
no profetico 279 ; questo rammenta Sap. è la caratteristica dei profeti: ~vì}Eoc; xo:.-
7,27 cd anche la concezione rabbinica •oxwx'li -.E xo:.t µa.vla, 1i -.ò npocp'l)'t"txòv
del sapiente epigono ed erede dei profeti yÉvoc; Xpij't"OCt. Quando si trova all'ulti-
classici(~ coli. 540 ss.). Poiché per Fi- mo stadio dell'estasi il profeta non dice
lone, come del resto è sempre stato nel nulla di proprio, bensl solo l'alieno, poi-
giudaismo, la sapienza include anche un ché in lui parla un altro: 1tpocp1J·rqc; yà.p
predicato etico (~ crocpla.), ecco che i rotov 1.~Èv oùoÈv &:ttocptMyyE-rrn, ocÀ.À.é-
giusti sono forniti di spirito profetico 2 0 ; 't"pto:. oÈ 7t6:v·m Ù1tl}XOU\l'toc; E't°Épou (rer.
in proposito va forse ricordato che i div. ber. 259) 285 • Cosl il profeta è un
rabbini fanno affermazioni simili per i semplice strumento di Dio per rivelare
giusti ed i timorati di Dio (~ x, coli. la sua volontà senza che l'uomo stesso
9n ss.). Tra i giusti, che secondo la sia consapevole di ciò che proclama (rer.
Scrittura sono anche profeti, Filone no- dfo. ber. 266); figuriamoci poi se po~reb­
vera Noè, Isacco, Giacobbe e ovviamen- be capire ciò che dice mentre è invasato
te Mosè ed Abramo (rer. div. ber. 260- da Dio: oÙOÈ -yap, El À.É-yEt, OU\lrt.'tO:.t xa-
266). Tutti questi personaggi rappresen- •rx.À.a..{3E~\I o yE xocux6µEvoc; ov"t"wc; xa.t
tano però in fondo soltanto l'ideale per Évi)ournwv (spec. leg. 1,65). D'altra par-
ogni vero pio, giacché, non appena que- e niente rimane celato al profeta, perché
218 Cfr. la sentenza dì Hillel riportata in Shab. parla Zacb. 13,2-6 e per quella di un Gesù b.
j. r 9,1 (17a4 ss.) par., secondo Jn quale gli I- Anania (-7 coll. 557 s.).
sraeliti non sono più profeti, ma pur sempre UJ rer. div. her. 249: Ti l>è cr<pol>pà xai:a?tÀ."!)-
«figli di profeti» (bn; 11b)'im); STRACK-BILLER- ~~ç fatl "tO~ç È~<X.'ltWaiWt;
xcd a'ltpoCTl>OXTJ"t<fl<;
BECK II 627. O"Vµ~a.ivEW eiwll6ci.v. Forse, a questo propo-
m 'lt(l.V"tL 81: du-.El<p ?tPO(jl'l)"tEl!r.V o lEpbc; ÀÒ- sito, è opportuno richiamare Dan. 4,16.
"(Oç µap-.upEL. 281 A questo proposito bisognerebbe ricordare
280Phllo, rer. div. her. 259 insiste csprcssamcn· che nella letteratura rabbinica abbiamo trova-
te sul fatto che solo il sapiente (uoqi6ç), e non to una concezione simile (-7 n . 270): quella
già il malvagio (q>a.vÀ.oç), partecipa dell'lv~ou­ del sonno profondo, che secondo R11b (t 247
o-i.auµ6c;. d.C.) porta alla profezia (trdmt nbw'b).
2s1 Cfr. J. CoHN, Der Erbe des
Golllicben, in 285 .Cfr. inoltre praem. poetJ. 55. Si osservi l'u-
L. CoHN • J. HEINEMANN, Die
Werke Pbilos so di VltT)XE~v, 'riecheggiare', che chiaramente
von Alexandrien v (r929) 280 n. 2 con le ope· si avvicina al significato originario di bat qol
re ivi indicate, particolarmente H. LmsllGANG, (-7 n. 242). Tuttavia Filone colloca l'esperien-
Der beilige Geist (1919) 209-212. z:1 pneumatica nell'intimo dell'uomo, mentre
282 rer. div. ber. 249: Àvna. µav~w811c; mi;pa- l'uso linguistico rabbinico si riferisce piuttosto
VO~C1.'\I lµ?totoii<Ta. . Questo giudizio vale proba· alla voce che giunge al destinatario dalle rc-
bilmcnte anche per l'estasi spontanea di cui gion i celesti.
5 51 (vr,823) r.poq>iJTIJ.; x-rì... C II 2·Ja (K . Meyct) \ Vl , O-"jJ ) )-"

egli ha in sé un sole percepibile soltan- contemplativa. Cfr., ad es., som. 2,252:


to mentalmente e raggi senz'ombra: 'ltpo- «Tuttavia lo spirito invisibile (•Ò 7t\IEÙ·
(j>lJ'tll &'ouOÈV &y\IWG''tO\I, EXOV'tL \IOl}'tÒV µoc ci6pcx."toV), che è solito muoversi in
'Ì'}À.Lov Èv a.ù'tQ xe.d &nxlovc; aùyaç me senza che me ne accorga, mi sussurra
(spec. leg. 4,192) . nuovamente all'orecchio: - Ehi tu, mi
sembri affatto ignaro di una cosa gran-
Filone descrive l'invasamento divino de e importante; ora voglio generosa-
(E.vi>oucna.G'µoc;) e l'esaltazione divina mente rendertene edotto, giacché ti ho
(1lElet. µocvloc) con In lingua di Platone, già fotto conoscere a suo· tempo molte
il quale aveva sublimato nella propria altre cose» . Segue poi un'esegesi pneu-
filosofia la religiosità estatica dell'orfi- matica sul tema della «Città di Dio» (Ps.
smo 286 • In pari tempo però nelle parole 46 ,5), che si basa su di una i.spirazione
dell'Alessandrino traspaiono il mondo superiore 2w. Certamente anche qui Fi-
concettu aie e l'esperienza delle religioni lone usa il linguaggio del sapiente greco,
misteriche del tempo m . Filone è perfet- ma per la sostanza non si distingue mol-
tamente in linea col filosofo greco quan- to da posizioni si.mili che sono correnti
do si. oppone categoricamente ad ogni in seno al giudaismo palestinese, anche
tipo di sfrenata rozza estasi e sostiene se il mondo concettuale è in buona par-
invece una raffinata religiosità estatica. te diverso.
Tuttavia non sarebbe affatto giusto in-
terpretare la concezione filoniana della 3. Veggenti e profeti
natura profetica unicamente alla luce
della sua formazione ellenistica, ignoran- Pur nella scarsità delle fonti, vi è u-
do totalmente l'idea che della profezia e na serie di personaggi storici che hanno
delle sue manifestazioni aveva il resto
del giudaismo contemporaneo. Per quan- avuto coscienza di essere profeti in uno
to le affermazioni di Filone possano suo- dei tanti generi di manifestazioni provo-
nare platoniche o misteriche o essere in- cate dallo spirito, o ai quali è stato at-
fluenzate da Platone o dai misteri, iri ul-
tima analisi esse rimangono vincolate al- tribuito un comportamento profetico.
la Scrittura, che rappresenta evidente- a) Come già si è accenn::\tO, ·special-
mente per lui, da un punto di vista psi- mente gli Esseni godevano fama di pos-
cologico-religioso, la base dell'esperienza
sedere tra le loro file veggenti e profeti
profetica. Pertanto egli attacca violente-
mente coloro che vogliono intendere la (~ coli. 545 s.). Cosl Flavio Giuseppe
Scrittura letteralmente 1.88. Una tale po- (ant. I 3,3 I I ss.) riferisce di un celebre
lemica non·è dovuta soltanto al fatto che veggente di nome Simone, che era evi-
Filone è un fautore dell'interpretazione
allegorica della Scrittura, bensl anche '.al dentemente il capo di un 'intera scuola
fatto che egli è fautore della sua lettura di pwfeti ~ e ave,va profetizzato la ro-

286 L'elementò nuovo per cui Filone si distin- Triiume· n , in J. HmNEMANN - M. ADLER, Die
gue da Platone è l'esclusione del voui;; Bous- Werke Philos von Alexandrìell VI (1938) 269
SET-GRESSMANN 449· nn. 1 s .
Giuda .era scortato «dai suoi compagni e
2s1 BoussET-GRESSMANN 451 s.
.290
runici intimi, che si trattenevano presso di lui
288 Cfr.' cher. 42; BoussET-GREsSMANN 451 per imparate le predizioni dcl futuro»,·-+
n. 2 . MEYER 42 s. 143 ·n. 6; -+ ScHUDl!RT, Religìon
289 Sulla questione dr. M. ADLER, V ber· die 78.
, ••,........ ...,, .,,,,,..""t

vina all'asmonco Antigono, figlio di agli avversari del sovrano 29~. Profeti fa-
Giovanni Ircano 1. Ancma secondo ani. risaici o rabbinico-farisaici compaiono,
15,373 ss. iJ veggente esseno Menahem, secondo le nostre fonti, in special modo
un contemporaneo di Hillel, possedeva nei tempi inquieti che vanno da Vespa-
il dono della predizione. Egli avrebbe siano ad Adriano. Negli anni precedenti
predetto al giovane Erode una brillante lo scoppio della guerra contro Roma eb-
ascesa, ma anche la sua empietà, e da be gran risonanza fra il popolo, secondo
vero profeta, mentre camminava con lui, Flavio Giuseppe, un oracolo riguardan-
gli avrebbe anche dato un segno 291 • te l'avvento di un signore del mondo.
Giunto al vertice della sua potenza, Ero- · Poiché si diceva che quest'oracolo si tro-
de si sarebbe poi ricordato del veggente, vava nella sacra Scrittura, sembra si pos-
lo avrebbe fatto chiamare e poi riman- sa pensare a Dan. 7,13 s. 295 • Restava pe-
dato onorevolmente dopo avergli posto rò dubbio se l'oracolo significasse salvez-
altre domande. Flavio Giuseppe fa os- za o sdagllra per Israele. E anche la ri-
servare in questo passo che Menahem e- sposta a tale problema la si ricercò non
ra solo uno dei tanti Esseni che grazie già per via razionale, ma· pneumatica.
alfa loro 'eccellenza' 292 avevano cono- Non sorprende, dunque, che anche per
scenza di cose divine 293 • Infine in ant. l'interpretazione dell'oracolo vi fosse fie-
17,345 ss. (-7 n. 291) Flavio Giuseppe ra opposizione di profeti di salvezza e
riferisce di un veggente, Simone, che a- profeti di sciagura. Fra gli ultimi, che in
vrebbe predetto al figlio di Erode, Ar- tal modo varcavano al tempo stesso i
chelao, interpretandone un sogno; la ro- confini del profetismo nazionale, Flavio
vina imminente. Inoltre, nell'ambito di Giuseppe in bell. 3,351 ss_ annovera se
questi veggenti esseni, anzi come figura stesso. Egli descrive il s_uo stato come
dominante, si può annoverare il già ri- segue. Dapprima egli aveva sognato la
cordato 'Ma.estro di Giustizia' (-7 col. sventura imminente dei Giudei e grazie
545), che possedette, insieme con i alla sua conoscenza delle. Scritture era
suoi adepti, una coscienza escatolog~ca riuscito a precisarne il significato. Nel
molto spiccata. momento poi d~l supremo pericolo, do-
b) Anche i Farisei annoverano profeti po che la città da lui governata, Jotapata
nelle \oro fìlc. Flavio Giuseppe (ant. 17, in Galilea, era stata occupata dai Roma-
43 ·ss.) parla di un gruppo profetico di ni, egli si sarebbe rammentato dei suoi
Farisei alla co1·te di Erode, appartenente sogni. In quello stesso istante sarebbe

291 ~MEYER 44- deva che i membri della comunità di Qurnran


292 A questo proposito Giuseppe parla, alla gre- possedessero una chiaroveggenza divina che li
ca, della xaÀ.oxa:yo.Dla del veggente: ant. 15, accomunava agli angeli (b11i 1mim).
2:1-1 -7 MEYER 57 s .
.379· ,.
291 Cfr. 1 QS rr,5-9, dove è detto che. si ere- 2-13 -7 MEYER 52-54.
caduto in estasi e in quello stato di ra- ta adrianea 3Gl. In un tempo di grande
pimento avrebbe compreso che doveva fermento politico Akiba, a quanto rife-
annunziare a Vespasiano il dominio del risce il suo discepolo Simone ben Johai,
mondo 296 • La narrazione di Flavio Giu- interpretava il passo di Num. 24,17 ve-
seppe ha un parallelo significativo in dendo adempiuta la parola profetica «U·
Gittin b. 56a.b: qui è Johanan ben Zak- na stella sorge da Giacobbe» nella figura
kaj che, d'accordo con suo nipote, il ca- di Ben Koseba 305• In base a tutto ciò che
po degli Zeloti, lascia in una bara Ge- sappiamo sulle esperienze estatiche di
rusalemme assediata. Giunto nel campo Akiba, possiamo supporre che la sua co-
romano, saluta Vespasiano come impe- noscenza del 'vero' senso di Num. 24,
ratore; di Il a breve tempo il suo saluto q, riferito alla situazione contingente,
profetico è confermato da un annuncio si fondasse su ispirazioni pneumatiche.
proveniente da Roma m. Solo cosl è possibile intendere l'efficacia
I più diversi tipi di preveggenza 298 elettrizzante della sua designazione:
vengono attribuiti dalla tradizione al pa- «Ecco il re, il Messia!» 306 e tutto il fa-
triarca Gamaliele II (T. Pes. 1 ,27 [c. 90 natismo destinato a portare a rovina si·
d.C.] ), a Samuele 299, che allo stesso mo- cura. Ogni profeta è efficace solo se tro-
do per es. di Johanan ben Zakkaj 300 nel- va nel suo ambiente adeguata risonanza;
l'ora della morte poté vedere il futuro, là ove regna la fredda ragione, i suoi ar-
a R. Akiba 301 , a R. Meir 302 e, nell'età gomenti vengono meno. Anche Akiba
successiva alla repressione della rivolta dovette farne l'esperienza. Il suo con-
adrianea, a R. Simone ben Johai 303 • Di temporaneo Johanan ben Torta non sub}
particolare peso politico fu l'attività il suo fascino profetico e gli rispose:
profetica di Akiba all'inizio della rivol- «Akiba, crescerà erba dalle tue mascelle,

296 ~ 303 Sheb. j. 9,1 (38d,37 ss.) par.


MEYER 55 s.
m ~ MEYER 56s. 30t Per lo rivolta al tempo di Adriano cfr. H.
298 Per quanto segue ~ MEYER 58 s. BIETENHARDT, Die Freiheitskriege der ]uden

m T . Sota 13, 4 par. Benché qui si narri una unter den Kaiserfl Traja11 und Hadrian und der
genuina esperienza profetica, pure si premette messia11ische T empelba11: Judaica 4 (1948) 57·
(evidentemente per una correzione dogmatica) 77.81-108.161-185; inoltre No11-1, op. cit. (-
che a Jamnia si era sentita una bat qol che n. 220) 4or-406 e le opere ivi indicate.
aveva dichiarato Samuele il Piccolo degno del- 305 È questa la grafia storicamente esatta del
lo spirito santo (r'wj lrwp hqwdJ). Lo stesso nome, che risulta dalle due lettere trovate nel
motivo è riferito poco prima (r3,3) a Hillel. wadi Murabba'àt. Ln.firma di uno dei due do-
300 Sota j. 9,17 (24c,29 ss.) par.; Johanan non è cumenti è Jm'wn b[11] kwsbh nsi' jJr'/. Per
una bibliografia aggiornata sull'argomento dr.
considerato soltanto un profeta, ma anche un
H. BARDTKR, Be111erkrmge11 :w dcn beide11 Tex-
maestro della contemplazione scritturistirn che
te11 a11s dem Bar Kochba-Ari/slfmd ; ThLZ 79
porta all'estasi: Hag. j. 2,1 (77a,49 ss.) par.
(1954) 295-304; Noru, op. cit. (~ n. 220) 403
JOl Lev. r. 21 18 a 16,3. n. 2 .
302 Sola j. I,4 (16d,<15 ss.) (c. 150 d.C.), con un 306 Taa11. j. 4,8 (6Bd,50): din ht1/ mlk' mJi~';
carattere fortemente popolare e burlesco. dr. -> MEYI!.R 79 s.
.,I/I \ • .&>'-1-.;11

ma il figlio di David non sarà ancora ve- colare menzione un contadino incolto di
nuto!» 307. Certo la voce della ragione nome Gesù ben Anania. Per la festa dei
che parlava per bocca di Johanan ben tabernacoli del 62 d.C. egli andava per
Torta non controbilanciò la parola en- Gerusalemme, che a quel tempo era in
tusiastica di quell'uomo singolare e po- pace e nella prosperità, gridando inces-
tente, che nella sua persona - un con- santemente e senza motivo apparente
vinto 'am haare~ 3IJ8 d'un tempo - univa questa profezia di sciagura: «Una voce
razionalismo nomistico, misticismo e dall'oriente, una voce dall'occidente, u-
profezia, e che, secondo la leggenda, an- na voce dai quattro punti cardinali:
dò alla morte per la sua fede professan- - Guai a Gerusalemme e al tempio!
do l'unico Dio. Guai allo sposo e alla sposa! Guai a tut-
e) Le manifestazioni profetiche non si to il popolo!» 312 • Arrestato dai capi giu-
limitano affatto ai gruppi degli Esseni e daici e consegnato come sobillatore al
dei Farisei. Anche in altri campi profeti procuratore Albino, fu da questi rila-
di salvezza si affiancano a profeti di scia- sciato come demente, dopo una grave,
gura :ioo. Flavio Giuseppe parla ad esem- ma vana, flagellazione. Per sette anni e
pio di profeti di salvezza zeloti (beli. 6, cinque mesi il profeta di sventura portò
286), uno dei quali, quando ormai il turbamento in Gerusalemme. Durante
tempio era alle sue ultime ore, spinse l'assedio di Gerusalemme rimase colpito
alla morte 6000 uomini che si erano e ucciso dopo che alle sue solite parole
raccolti in uno degli atri esterni per di minaccia aveva aggiunto ancora il gri-
attendervi 'i segni della salvezza' 310• Nel do: «E guai anche a mc!». È questo
genere della profezia di sciagura rientra senza dubbio un caso di quella esperien-
un'estasi collettiva che, a quanto riferi- za estatica genuina e spontanea che è
sce Flavio Giuseppe, ebbero alcuni sa- sempre esistica in Israele e sempre è sta-
cerdoti in una festa di Pentecoste negli ta considerata strana là ove i sacri testi
ultimi anni di esistenza del tempio, du- costituiscono il presupposto di un'estasi
rante la quale essi avevano sentito la sublime connessa con l'indagine contem-
corte celeste abbandonare il tempio al plativa della Scrittura.
grido: «Noi ce ne andiamo di qui» m.
Tra i profeti di sciagura merita parti-

307 Taan. ;. 4,8 (68d,51): 'qjbh j'tw 'sbjm bll;iik 309Bar. syr. 48,34-37 (~ n . 225) allude indub-
uldjjn bn dwd l' jb'. biamente a questa tensione.
308 Pes. b. 49b: «Quando ero ancora un 'am 310 beli. 6,283 ss.; ~ MEYER .54 s.
biiiire! pensavo: 'Se avessi in mio potere uno
scriba (tlmjd pkm), lo vorrei mordere come un
31! bell. 6,299; ~ MEYER 50 s.
asino». Cfr. R. MEYER, Der 'Am ba-Ares: Ju- 31Z Per la traduzione e per quanto segue cfr.
daka 3 (1947) 179. ~M&YER.46 s.
7tPOcini"l'TJ<; xù. e II 4 (R. Meyer) {Vl,lSZC>J J bO

4. Il principe col munus triplex che ha fornito l'ispirazione alla versione


Accanto a veggenti e profeti in età el- greca di test. L. 8,n-17; 17,II-18,14 317,
lenistico-romana troviamo il principe con la differenza che è ormai idealizzata
che ha doni profetici ed è presentato co- e descritta secondo i canoni della divi-
me sommo sacerdote col carisma della nazione del futuro dell'uomo, cioè se-
profezia. Nel quadro dello schema del- condo uno schema che conosciamo sia
la corrispondenza tra tempo primordiale dalla letteratura sibillina diffusa in tutti
e tempo finale, nella sua persona si rea- i paesi del Mediterraneo orientale, sia
lizzano varie tipologie: da un lato Mosè, dalle visioni storiche dell'apocalittica
nella cui persona sono idealmente riuni- giudaica. Quale depositario del triplex
te qualità di governo, sacerdozio e mi- m11m1s, Giovanni Ircano r appare così
nistero profetico 313 , dall'altro la figura anzitutto antitipo escatologico di Mosè,
prettamente mitica, primordiale-escato- e poi re paradisiaco che ridà all'umanità
logica del re paradisiaco 314 • la condizione ideale degli inizi (test. L.
18,9 ss.) . L'opposto della riunificazione
Sotto questa luce di principe spicca- dei tre ministeri nell'unica persona cli
tamente carismatico è passato alla sto- un principe sacerdote dotato del carisma
ria Giovanni lrcano I (135-rn4 a .C.) 315; profetico può essere individuato nell'i-
cosl secondo Flav. Ios., ant. 13,299 Ir- deale escatologico della comunità cli
cano morl «da Dio reputato degno dei Qumran cli ispirazione antiasmonea, se-
tre supremi uffici: sovranità sul popolo, condo cui i tre ministeri sono clistribuiti
dignità di sommo sacerdote e carisma su tre persone poste sullo stesso piano.
profetico» (cfr. bell. x,68). Secondo ani. Per I QS 9,7-II solo agli Aronniti - in
13,300 egli possedeva il dono profetico senso più stretto ai Sadochiti cacciati da
della preveggenza, e in ant. 13,282 s. lo Gerusalemme(~ 1:aooouxai:oc;) - com-
troviamo dotato di doni carismatici in pete di esercitare il potere di giudicare
atto di svolgere nel tempio il suo mini- la comunità e di amministrare il patri-
stero cultuale di sommo sacerdote quan- monio comune «fino alla venuta di un
do improvvisamente intende qualcosa profeta e degli unti da Aronne e Israe-
da comunicare tosto a tutto il popolo 316 • le» 318• Il modello a cui si rifà questa at-
Con ogni probabilità ~ la stessa figura t6sa ·escatologica dovrebbe essere ìl pri-
313 Cfr. Vou, Esch. 192 e~ col. .548. in quale misura questi testi, ad es. test. L.,
m Per la documentazione cfr. DoussET-GRnss- siano stati utilizzati, mediante un'interpreta-
MANN .260 s.; VoLZ, Esch. 191 s. zione secondaria, per legittimare l'ideologia mo-
narchlca asmonea. A mio avviso i motivi pa-
315 Per quanto segue ~ MEYER 60-70. ralleli tramandati da Flavio Giuseppe e· dai
316 cpaO"tv i'cXP, lhL... cx.Ù"l'Òc, Év -rii> va4"> f}J. rabbini rendono probabile l'ipotesi di, una tale
µtwv µovoc; 6'N tÌPXLEptùc; 1ixoùcrete cpwvljc;... interpreta/io Hasmonaica . Di parere diverso
xcx.t "\'OU"\'0 1t(lOEÀ.l>wv É~ "\'OU va.ou 1t0:V"l'L ..-0 sono invece, ad es., K. G. KUHN, Die beiden
nÀ:i}DeL q>cx.vepòv E'ltOlTJO"ev. Cfr. Le. 1 ,8 ss. Messias Aarons und lsraels: NTSt 1 (1954/
317 Cosl, seguendo W. BoussET,Die Tesi. XII, 55) 168-179; ~ VAN DER WoUDE 210-216. Per
I. Die Ausscheidtmg der christliche11 Interpo- 1 Q Levi cfr. J. T.MILIK, Le Testament de U -
lationen: ZNW l (1900) 166; R. H. CHARLES, vi en araméen: RB 62 (19.:i.:i) 398-4o6; DJD I
Thc Grcck Version of the Testaments of the 87·91 e le opere ivi indicate. Inoltre ~ l:aB·
Twelve Patriarchs (1908) 62-64; -> MEYER 64. 8ovxa.i:o;.
Anche se in base ai reperti di Qumran è ab· 318 1 QS.9,u : 'd bw' nbi' w1111il?i 'hrwn wjJr'J.
bastanza certo che le parti più antiche dei Te- A questo riguardo dr. DJD I 121 s.; KuHN,
stamenti dei xu Patriarchi sono di origine op. cit. (~ n. 317) 171; Né>TSCHER, op. cii.
sad<lucea, tutta·1ia ciò non indica ancora se t' (~ n. 267) ~o s.
'"t"""Y'' "'I~ ..,,..., • .,. '-' ..L& "'t,,) , .. , , .. . ..,.,..,._..I

mo periodo postcsilico così come si ri- Secondo Fhtv .- Ios., ani. r8,8 5 ss. nel-
flette in Zach. 4,14, in cui il profeta è il l'anno 35 d.C. sotto Ponzio Pilato com-
terzo consacrato di Jahvé accanto al parve un sarnadtano che intendeva mo·
sommo sacerdote Giosué e al davidico strare ai suoi seguaci gli oggetti di cul-
sovrano designato, Zorobabcle. A pre- to del tempio che, secondo Ja leggenda,
scindere dal problema finora insoluto Mosè aveva nascosto sul monte Gari-
circa il ruolo attdbuito da r QS 9,n al zim. A quanto pare questo miracolo do-
profeta nell'attesa escatologica della co- veva provare che egli era colui che ini-
munità di Qumrnn di ispirnzione sado- ziava l'epoca ideale di Mosè contrasse-
chita, in cui il sommo sacerdote viene gnata dalla «tenda dell'alleanza». Co-
gerarchicamente prima dell'autorità po- munque, questo fu il senso che il procu-
litica, si può comunque dire che il pro- ratore romano diede al movimento, e lo
feta a cui, secondo 4 Q Testimonia 5 ss., soffocò sul nascere 321 . Secondo ant. 20,.
si è riferito il passo di Deut. r 8, I 5 ss. 319 97 s. sotto Fado incontriamo quel Teu-
(~ B III 3) va distinto dalle altre due da (~ vn, coll Boo s.), che ci è noto da
figure messianiche 320 • Act. 5,36: «Egli si spacciava per profe-
ta .e prometteva di dividere il :fiume e
5. I profeti messianici di permettere loro un facile passaggio».
La prova miracolosa che Teuda promet-
Mentre il principe-sacerdote carisma- te alla grande folla, che lo ha seguito con
tico incarna nella sua persona la salvez- tutti i suoi averi al fiume Giordano, rap·
za presente, il profeta messianico è pro- presenta l'attuazione escatologica del
passaggio del Giordano avvenuto sotto
iettato nel futuro imminente. Costui e i Giosué (los. 3,15 ss.). Inoltre il prodigio
suoi discepoli attendono la conferma di è la premessa perché ora Teuda - quale
un miracolo che provi la legittimità del Giosué redivivo - strappi il paese e la
profeta e dia l'avvio all'èra della salvez- capitale ai Romani per riconsegnarle a
Dio e al suo popolo. Cuspio Fado prese
za. Anche questi individui e i loro cir- molto sul serio l'impresa utopica e
coli sono convinti che gli eventi già pre- sterminò Teuda e tutti i suoi segua-
figurati nella storia della salvezza d'Is- ci 322• Un altro dei tanti esempi (ant. 20,
i67 s.-; bell. 2,258 ss .) è quello menzio·
raele debbono realizzarsi nuovamente al- nato in ant. 20,169 ss. Un profeta egizia-
la fine del presente eone. Pertanto i mo- no si offrl di ripetere su Gerusalemme
delli del principe ideale sono Mosè ed la miracolosa conquista di Gerico da par-
te di Giosué (los. 6,16); dal Monte de-
anche Giosué, che secondo la tradizione
gli Ulivi voleva mostrare ai suoi adepti
ha condotto Israele dal deserto nella «come al suo ordine le mura di Gerusa-
terra promessa. lemme sarebbero crollate. Attraverso di

319J. M. ALLEGRO, Further Messianic Re/ere/I· di in presenza di una divisione delle funzioni
ces in Q11mra11 Literature: JBL 75 (1956) 182- simile a quella che troviamo in Zach. 4,x4 e I
187. QS 9,u. L'unica differenza è data dal fatto
JZO Cfr. -> VAN DER WounE 186-189. Va osset- che, in rispondenza alla situazione storica, in
v11to che anche Simone b. Koseba (-> coli. 555 primo piano abbiamo Simone, il principe se·
ss.) nvcva a fìanco un sommo sacerdote di no- colare. Cfr. anche ->VAN DER WoUDE n6.
lll -> MEYER 82; STRACK-BILLERBl!CKU 479 s.
me Eleazaro, mentre Rabbi Akiba fungeva evi-
dentemente 'da profeta: anche qui siamo quin· ln -> MEYER 83·85.
1tpOqn')'tTJ<; X't J... C Il 5 • lII ( !{. Meyer) l Vl,1!21!) 504

esse - così egli prometteva - li avrebbe ripetere il passaggio attraverso il mare


fatti entrare nella città». Pare che tale verso la terra santa (cfr. Ex. 14,15-3r).
profeta, apparso sotto il procuratore Fe- Egli trovò numerosi seguaci e nel gior-
lice (52-60 d.C.) e da lui sconfitto, di- no stabilito si misero in cammino per
sponesse di un largo seguito. Egli riusd attraversare il mare. Molti Giudei si get-
a scampare aHa morte e stando ad Act. tarono in mare dalle alte coste cretesi e
2r,38 sembra che il popolo ne attendes- perirono miseramente. Quando poi si
se il ritorno 323 • Poco dopo che l'insurre- cercò il falso Mosè, questi era scom-
zione sotto Vespasiano era stata schiac- parso.
ciata, secondo beli. 7>437 ss. a Cirene
comparve un sicario di nome Gionata, III. Gli scritti apocalittici
il quale mostrò chi era inducendo i di-
seredati dcllà Pentapoli libica a seguirlo Gli scritti 'apocalittici' (--+ v, coli.
nel deserto, affinché davanti a loro po- ss.), che si sono conservati contro la
121
tesse compiere «miracoli e mostrare vi- volontà e fuori della sfera d'influsso del-
sionh>. I giudei più ricchi, preoccupati la sinagoga di tendenza farisaico-rabbi-
per la loro vita e i loro averi, denuncia- nica, rientrano nella letteratura del pe-
rono il fanatico esaltato al competente riodo ellenistico-romano e possono, co-
procuratore Catullo, che ebbe facilmente me tali, esser messi in rapporto coi mo-
ragione della schiera disarmata. Proprio vimenti in cui s'inquadrano profeti e
il caso di Gionata illustra con chiarezza veggenti della stessa età. Questi scritti
che il profeta escatologico non fa ricor- costituiscono un fenomeno tipico del
so alle armi, ma ai miracoli; perciò an- tardo giudaismo postesilico, che si chia-
che il suo seguito è completamente di- risce soltanto se si tien conto della si·
sarmato 324• tuazione spirituale e religiosa del giu·
daismo stesso 326 • Le sue radici vanno ri-
Dei tempi di Adriano non conosciamo cercate in gran parte fuori d'Israele, pre-
alcun profeta; evidentemente Ben Ko- cisamente nell'Iran e nei paesi del Me·
seba (-+coll. 555s.)aveva attirato al suo diterraneo orientale. L'autentica apoca·
seguito tutti i nostalgici della libertà. littica di matrice iranico-indiana offre 'ri-
Nell'età successiva, decisamente ostile velazioni' sul sorgere, tramontare e suc-
ad ogni genere di carisma, era ufficiai· cedersi delle età del mondo m. Assimila-
mente impensabile una qualsiasi figura ta in età persiano-eUenistica dal giudai-
di profeta messianico. Ma sotto la cenere smo che l'inserl nella propria concezione
il fuoco continuava a covare. Lo storico storica, la dottrina dei periodi storici
bizantino della chiesa Socrate narra che diede infine origine a quello schema dei
si ebbe un movimento di messianismo due eoni (-+ I, coll. 545 ss.) che doveva
giudaico a Creta nel sec. v d.C. 325 • Qui poi sopravvivere alla letteratura apoca-
comparve un individuo che si spacciava littica e diventare patrimonio perenne
per Mosè redivivo sceso dal cielo per della fede 3211 •

32.l -+ MEYER 85 s. in RGG3 I 463-466 e la bibliografia ivi indicata.


lii -+ MEYER 86 s. 327 G. WIDENGREN, Stand und Atlfgaben der
323 historia ecclesiastica 7.38 (ed. R. HussEY iranischen Religionsgeschichte 1: Numen 1
[1853] 822 ss.); -+ MEYER 87 s. (1954) 39·45; n: ibid. 2 (1955) 107-uo, con
320 Cfr. ScHURER III 2,8-370; VoLZ, Esch. 1- ulteriore bibliografia.
62; BoussET-GRESSMANN, indice s.v. 'Apoka· 328 Cfr. R. MEYER, art. 'Eschatologie 111. Ju-
lyptik'; H . RINGGREN, art. 'Apokalyptik r.n', dentum', in RGG JH 662-66,.
Una seconda peculiarità essenziale IV. Il tramonto del profetismo
dell'apocalittica giudaica è la considera-
zione della storia quale vaticinium ex In Israele non è mai esistita un"etìì.
eventu. Questa 'storia in forma di fu- pr~fetica' come entità storica. Ogni pro-
turo', che come 'predizione' narra j fetismo ha sempre dovuto subire il con-
fatti anteriori al momento della sua trasto di correnti razionalistiche vive e
composizione, probabilmente ha il suo feconde, cioè anticarismatiche, ma an-
modello nel principio apocalittico pre- che da se stesso si è visto sempre ripo-
supposto dalla oracolistica sibillina di sto in discussione dal problema della le-
origine greco-orientale, che risale, com'è g.ittimità. Ma ciò che caratterizza par-
dimostrabile, al scc. vn1 a.C. e che eser- ticolarmente questo fenomeno in Israe-
cita uno straordinario influsso sulle età le è la sua prodigiosa capacità di assume-
successive 329• È probabile che !"antichis- re sempre forme nuove. Se infine le sva-
sima veggente', che continuava ad atti- riate manifestazioni profetiche dell'età
rare l'attenzione lungo i secoli, in epoca postesilica dovettero cedere a un razio-
ellenistico-romana abbia spinto il giu- nalismo nomistico, ciò dipende da moti-
daismo a dare alle figure principali della vi storici facilmente individuabili. Mai
storia della salvezza l'aspetto di procla- nella storia d'Israele come dono la mor-
matori di siffatte 'profezie'. Anzi tale as- te di Erode il profetismo era rimasto ir-
similazione di vaticini da inserire nelle retito nelle vicende politiche. Dopo il
proprie categorie era facilitata in quanto tramonto della ierocrazia di Gerusalem-
fin dall'inizio i tradizionali 'profeti scrit- me, che segnò una dura sconfitta per o-
tori' offrivano spunti di riflessione sulla gni forma di carismatismo, il rabbinismo
storia, benché in origine da presupposti farisaico poté dare origine a un patriar-
diversi. Oltre a questi aspetti teologici cato palestinese su basi nomistico-razio-
fondamentalmente rilevanti sotto il pro- nali. Si giunse cosl a stabilire un canone
filo storico, l'apocalittica giudaica pre- fisso dei libri sacri(-? v, coll. u84 ss.) e
senta speculazioni di vario genere. Tal- a respingere tutte le tendenze non corri-
volta è espressione di veggenti che ci spondenti e inconciliabili con la norma
comunicano le loro contemplazioni e le farisaico-rabbinica. Contemporaneamen-
loro esperienze(~ coli. 543 s.). In com- te fu eliminata tutta la letteratura che
plesso ovviamente questa letteratura,.col usciva dai nuovi binari dogmatici e fa-
suo carattere spesso dotto e speculativo, vorito il trionfo del principio che i 'sag-
coincide col profetismo contemporaneo gi' sono i legittimi continuatori dei pro-
solo in quanto le sue opere ci fanno co- feti(~ coll. 539 s.). Ciò nonostante l'in-
noscere qualche aspetto dei presupposti dirizzo nomistico, pur in tutta la sua coe-
cosmologici soprattutto degli uomini renza, non fu abbastanza forte da soppri-
che, secondo lo schema di fede dell'ana- n:iere di colpo l'elemento carismatico, pe-
logia tra il tempo iniziale e il tempo fi- ricoloso particolarmente nell'ambito del-
nale, ritenevano di essere profeti mes- lo zelotismo. Divampò cosl la seconda in-
sianici inviati per dare inizio al nuovo surrezione, a quanto pare sotto la guida
. eone. spirituale di Akiba, che si presentò co-
me profeta(-? coll. 555 ss.). La radicale
catastrofe e la politica romana di stermi-
329 Inoltre questa letteratura ha influenzato an- MANN 18 s.; EISSFELDT, op. cit. (-7 n. 223) 761
che dal punto di vista formale il giudaismo e s. Qui c'interessa però in prima linea l'influen-
il cristianesimo. Cfr. J. GEFFKEN, in HENNECKE za sostanziale.
399-422; VoLz, Esch. 53-58; BouSSET-GRESS-
1tpOq>l]'t'flt; X't"A. LJ r I·J \"-'· rncuu<.111

nio durata fino all'editto di tolleranza scrutare l'animo delle persone che in-
emanato nel 138 sotto Antonino Pio de- contra (Le. 7,39). Nonostante questo ti-
terminarono 1a fine di tutti i fenomeni di po di conoscenza non è un mago o un
matrice pneumatièa: Con fatica poté es- indovino, ma per sua natura .il proda·
sere riedificata 1a sinagoga, ma d'ora· in matore della parola di Dio. Tale. aspetto
poi in essa il razionalismo nomistito pre- vale soprattutto per. i profeti delle co-
varrà al punto, che dietro a questa fac- munità paoline(~ coll. 569 s.). Poiché il
ciata scomparve .il mondo policromo e messaggio dei profeti veterotestamentari
ricco di tensioni che àveva costituito·Ia è fissato in libri, con 7tpOq>lJ'tTJ<; si può
matrice della predicazione di Gesù·e dei indicare anche il libro del profeta (~
suoi apostoli. · col. 577).
R. MEYER
2. 7Cpocpf]-ctc;, pro/e~essa, ric~rre solo
due volte nel N.T. Benché neUe. t?rimi-
D. PROFETI E PROFEZIE NEL N.T.
tive comunità cdstianc vi fossero don-
I. Uso e significato dei termini ne che avevano lo spirito della profezia
(Act. 2,r7 s.; 21,9; I Cor. 11,5); esse
1. Di tutta la fo~iglia di vocah<?li, non ricevono questo titolo (~ coll. 569
quello che compare con maggior fre- s.), che in Le. 2,36 viene invece attribui-
quenza nel N.T. è di gran lunga il so-
stantivo 1tpoqn'yt1')<;, che iQcontriamo 144
to alla giudea Annna (~ D III 4) e in
Apoc. 2,20 assunto arbitrariamente dalla
volte : 37 in Matteo, 29 in Luca, 30 ne- seduttrice Jezabel (~ IV, coll .. 73r s.).
gli Atti, 14 nel Vangelo di Giovanni;
in Marco invece ricorre solo 3 volte, e 3. Mentre il sostantivo 1tpocp1J-cric; si
in Paolo, se si contano anche tre passi trova prevalentemente nei vangeli e ne-
della Lettera agli Efosini e uno delle let- gli Ahi, non è particolarmente frequent~
tere pastorali, solo 10 ·volte. In comples-
so il N.T. per profeta intende il messag- in Paolo, che usa di preferenza il verbo
gero biblico dell'annuncio divino e ispi- 7CpOq>'l')'tEUW. Dei 28 passi in cui esso ri-
rato. Prescindendo dalla menzione di Ba- corre, 11 sono dell'epistolario paolino.
laam (~ II, col. 3·1) che troviàmo in 2
Come 7tpOq>TJ"tTJ<;, anche 7tpocp1J·n:ow ha
Petr. 2,16 (cfr. Num . 22,18 con Num . 2.4,
1), vi è un solo passo del N.'f. in cui un vari significati. a) In senso ampio il ver-
pagano riceve il titolo di pi:ofeta: Tit. 1, bo' si può parafrasare in questi tétmini:
12 1 dove viene cosl designato il poeta annunciare ·ra rivelazione comunicata al
cretese (~ A n rn) Epimenide che ave-
va fama di possedere conoscenza di cose profeta, il messaggio di Dio (1 Cor. 11,
divine e di poter predire avvenimenti fu- 4 s .; 13,9; J4,1.4 s. 39). Questo annun-
turi 330 • Per la rivelazi~ne conces~agli dal- cio può avere diversi contenuti, per cui
lo Spirito il profeta biblico ha upa par-
assume vari significati ~peci6ci. b) Poi-
ticolare conoscenza del futuro. Ciò vale
per i profeti neotestamentari (Act; II, ché il profeta conosce il futuro, 7tpoqn1-
28), ma soprattutto per quelli dell'A.T. -CEUW significa in particolare predire. Ad
(~ çol. J78). Il profeta però conosce es., secondo l'immagine offerta dal N.T.
anche il passato di un uomo senza che
nessuno gliene abbia in precedenza fat- i profeti veterotestamentari.(~ col. 578)
to parola (Io. 4,19), ed è in grado di hanno predetto avvenimenti futuri (Ml.
3)(} PJat., leg. 1,642d.e ; Cic., divi11. 1 ,18,34; Plut., Solo11 12 (1 84d).
'"t"'" ... T • 1 • • t"> ·- • • •• - - • ./ "T ' - • - --- ~---- ·

ì,6 par. Aft. r5,7; Mt. rr,13; r Pett. r, alle donne e si preferiva scegliere il ver-
10; Iudae 14); ma cosl hanno fatto an- bo 7tPOq>TJ'tEUW che ne·indicava la funzio-
che Znccaria (Le. r,67), il sommo sacer- ne. g) In Mt. 7 ,22 7tpO<piJ'tEUW potrebbe
dote Caifa (lo. 11,51) 331 e il veggente avere anche il significato di agire da pro-
Giovanni (Apoc. ro,u). Va notato che feta 333 • Probabilmente però va tradotto
Paolo rion usa il verbo in questa acce- secondo l'accezione pit1 generale: in
zione. c) 7tpoc:prym'.Jw può anche·voler di- - quanto profeta annunciare la rivelazione
re svelare realtà occulte con parole pro- di Dio 334 • ·
fetiche, comunicare ad altri qualcosa che . 4. L'uso dell'astratto 'itpocpiJ'tELCX. è.si·
trascende la naturale facoltà conoscitiva mile a quello del verbo. Dei 19 passi in
(Mc. J4,65 par. Mt. 26,68 e Le. 22, cui ricorre, 7 si trovano in Paolo (più 2
64) 332 • d) In Paolo ?tpoq>'T)'tEVEW ha ·ca- nelle lettere pastorali) e 7 nell'Apocalis-
rnttcre prevalentemente etico-pareneti- se; nei vangeli uno solo. Anche per 7tpo-
co; è un- insegnare, esortare, consolare (j)T)'tEla si . possono individuare diverse
(r Cor. 14,3.31). Chi profetizza fa risuo- sfumature di significato: a) 7tpOq>'T)'tda. è
nare l'appello divino a giudizio e a con- il carisma dell'annuncio profetico dona-
versione, che ad alcuni risulta molesto e to da Dio nlla primitiva ·comunità cri-
fastidioso (Apoc. r r ,3 .ro) mentre con- stiana mediante lo Spirito. Di questo do-
vince altri dei loro peccati e-li induce ad no della profezia parla soltanto Pa~lo (r
adorare Dio (1Cor.14,24 s.). e).In' Act. Cor. 12,ro; x3,2). In alcuni pas.si non è
r9,6 il 1tpoc:prym)w, come indica la con- possibile distinguere con chiarezzi;t se
nessione con À.a.À.Et\I y Àw<rcratc;, è un'en- s'intende il dono dei profeti o l'oracolo
tùsiastico-estatica lode di Dio (cfr. Act. stesso. In Rom. 12,6 7tpOq>TJ'tEla viene
10,46). f) Quando le quattro figlie di definita direttamente un carisma, ma
Filippo sono chiamate m~p!Uvot 7tpoc:pn- l'aggiunta xa.'tà 'ttJ'>I &:vrxJ1.oyla.v -t-l)c;
·m'.loucrat (Act. 2r ,9), ciò non significa 7tl<T'tEWc; indica che s'intende non sol-
che esse parlassero profeticamente e an- tanto il dono, ma anche l'attività e le pa-
nunciassero una rivelazione di Dio. Non role de! profeta. b) 7tpoq>n-tda. può an-
si fa parola d'un loro oracolo profetico. che indicare l'oracolo del ptofeta, la pa-
In questo passo 7tpOq>'T)'tEUw· ha piutto- l'Dla profetica (r Cor. 14,6.22} e spesso
sto. il significato di avere il do1to della si trova nel significatb particolare di pre-
profezia, essere profeta·. A quanto pare dizione (Mt. r3 ;14; 2Pett". 1,2os.; Apoc.
si evitava d{ dare Ù titolo di profetessa 19,ro; 22,7.ro.r8 s.). Quèsta accezione

311 E. BAMMEL, 'APXIEPEYl: IIPO<I>HTEY- verso è W. C. VAN UNNIK, Jest1 V erhohmmr,


nN: ThLZ 79 (x954) 355. vor dem Synedrium: ZNW 29 (1930) 310.
• ·332 G. FRtF.DRICH, Beobachttmgen zur 111essia-
333 -7 FASCHRR 196.
11ische11 Hohepriestererwarttmg ili de11 Syn-
opt.: ZThK 53 (1956) 291 s.; di parere di- 334 PR1Zt1S CHEN-BAUER5 s.v.
1
1tpo1prrn1~ x-.À. D 1 4 - u 1 (G. Fricdrich)

di 7tpoq>l)'tEW. s'incontra prevalentemen- feti senza che ciò risponda a verità. Se-
te nell'Apocalisse di Giovanni. In Apoc. condo Mt. 7,15 si dànno contegno di
1 >3 7tpoq:n1-.Ela può essere tradotto diret- profeti, ma sono in realtà dei mentitori.
tamente con libro delle predizioni, per- In Mc. 13,22; Mt. 24,24; I Io. 4,r, dr.
ché si parJa di OC\layLVWO"XEL\I -.oùc; À.6- 2,18 sono menzionati insieme con gli
yovc; •ile; 1tpOq>1)'tElac; e -C'l'JpEt°v 'tà. tv tVEU06XPLO"'tOL. Come lo IJJEuo6xpt(1'toc;
mnfi "(EypaµµÉva. c) Jn quanto parofo non è un Cristo che diffonde falsità, ma
del profeta, 7tpoq>11•da non si riferisce un individuo che rivendica falsamente
necessariamente solo al futuro, ma può questo titolo 335, cosl lo pseudoprofeta è
anche contenere una istruzione autorita- anzitutto un uomo che si arroga il titolo
tiva del profeta, il comando trasmesso di profeta senza esserlo. Tuttavia pro-
daJ profeta (I Tim. r,r8; 4,14). d) Dal- prio 1 Io. 4,1·3 mostra che lo pseudo-
]'accostamento di 7tPOq>1J'tElac; a -cà.c; profeta è anche una persona che annun-
1}µÉpac; in Apoc. r r ,6 risulta che in que- cia men?.Ogne; infatti egli viene ricono·
sto passo con 7tpocp11nla s'intende l'at- sciuto come falso profeto perché sostie-
tività dei profeti. Anche in 1 Cor. 13,8 ne una falsa dottrina. In 2 Petr. 2,r gli
ci si riferisce all'attività profetica. pseudoprofeti dell'A.T. sono paragonati
ai falsi maestri del tempo presente, che
5. L'aggettivo 7tpOQ>'ll'ttx6ç compare
introducono eresie funeste. Sono quindi
solo 2 volte nel N.T.: in Rom. 16,26 co-
uomini che annunciano lj/Euoij. In com-
me attributo di ypacpal, in 2 Petr. 1,19
plesso però lo pseudoprofeta non si chia-
come attributo di À.Oyoc;. Con ò 7tpocp'l'}'tt-
ma così perché la sua dottrina e le sue
xòc; À.6yoc; e ypa<pat npOCj>T)'tLxal si in-
predizioni sono menzogne, bensì perché
tendono gli oracoÌi dei profeti dell'A.T.
rivendica ingiustamente di essere profe-
6. Il vocabolo lj/eu8o1tpocpl]'t1)c; (~ D ta. Comunque dal fatto che è un falso
vn) non è usato da Paolo. Nel N.T. si profeta il più delle volte deriva che dice
trova complessivamente l l volte, di cui anche cose false, ossia diffonde men-
3 in Matteo e 3 nell'Apocalisse. L'inter- zogne.
rogativo se lo pseudoprofeta sia un indi-
viduo che si spaccia falsamente per pro- Il. I profeti dell'A.T.
feta di Dio oppure se sia cosl chiamato
1. Nel N.T. vengono citati per nome
perché annuncia false dottrine (~ A 1 numerosi profeti veterotestamentari. Co-
6) trova nel N.T. risposte diverse se- lui che è menzionato più spesso è Isaia:
condo il contesto. Nella maggior parte Mt. 3,3; 4,14; 8,17; 12,17; 13,14; 15,
7; Mc. 1,2; 7,6; Le. 3,4; 4,17; lo. 1,23;
dei casi gli pseudoprofeti sono persone 12,38; Aci. 8,28.30; 28,25. Vanno poi
che rivendicano il diritto di essere pro· aggiunti i passi in cui abbiamo il nome

m K. HoLL, Der 11rsprii11gliche Sin11 des Na· me11s Miirtyrer: N]bchKIAlt 37 (.r9r6) 254.
di Isaia senza un termine del gruppo ss.), settimo patriarca dopo Adamo, si
7tpocp1)·n1c;: Io. l2.J9-4I; Rom. 9,27.29; attribuisce un 7tpOq>TJ"t'EUEtv. Tra gli al-
10,16,20; 15,12; oppure quelli in cui I- tri profeti antichi solo Eliseo riceve
saia è citato non col suo nome ma con questo titolo nel N.T. e precisamente in
l'appellativo di profeta: Mt. l,22; Io. 6, Le. 4,27 337• Geremia compnre per nome
45; Act. 7148 336 • Oltre ad Isaia vengono solo in Mt. e quale profeta propriamente
menzionati anche altri pwfeti: Samuele, solo nella citazione di Mt. 2,17, poiché
l'ultimo dei giudici (Act. 13,20), secon- la menzione in 2 7 ,9 è dovuta a uri erro·
do Act. 3,24 è il primo dei profeti in re di memoria(-? IV, coll. 734.738) 338 •
senso proprio, sicché con lui ha inizio Degli altri profcti·scrittori sono menzio-
la serie dei profeti. In Hebr. I 1,32 la nati per nome e coll'attributo di profeti,
successione storica è mutata e Samuele è una volta ciascuno, Daniele (Mt. 24,15),
collocato dopo David. Il cambiamento Gioele (Act. 2,16, cfr. Rom. 10,13) e
serve a sottolineare che Samuele va com- Giona (Mt. 12,39} 33'1. Sono inoltre ci·
putato tra i profeti, tanto più che egli è tati come profeti senza che ne venga
collegato ad essi mediante xa.l, mentre fatto il nome: Osea (Mt. 2,15) Wl, Amos
David col "t'E viene computato tra gli e- (Act. 7,42; 15,15), Michea (Mt. 2,5, cfr.
roi guerrieri della storia veterotestamen- Io. 7,42), Abacuc (Act. 13,40, cfr. Rom.
taria prima elencati. Peraltro in Act. 2, 1,17) e Zaccaria (Mt. 21,4, cfr. Io. 12,
30 anche David è considerato profeta 15) J.U.
(cfr. l,16; 2,25; Mc. 12,36; par. Mt. 22, 2.I profeti dell'A.T. sono la bocca
43). In 2 Petr. 2,16 è detto profeta Ba-
laam (-?col. 567) e in Iudae 14s. ad E- per mezzo della quale Dio parla agli uo-
noc (-? III, coll. 622 ss.; v, coll. 1201 mini: H.tiÀTJCTE\I ò ~Eòc; OLà. cr-r6µa.1:oc;

336 Prescindendo dai casi indicati, nel N.T. ab- feta messianico (- col. 562). Forse neanche in
biamo molte citazioni sia di Isaia sia del Deu· Le. 24,:q Mosè è posto nel novcco -dci profeti.
tero-Isaia introdotte semplicemente con yÉ· quasi che bisognasse intendere il passo in que·
ypcx.7ti:CX.L o con espressioni sinùli: ad es., Mc. sto modo: cominciando da Mosè, spiegò tutto
n,17 par.; Le. 22,37; Rom. 2,24; 3,15; 10,15; ciò che i profeti avevano detto (cfr. KLOSTER·
11,26; 14,n; 15,21; 1 Cor. 1,19; Gal. 4,27; À.É- MANN, Lk., a<l 1. e J. WEISS, Scbr. N.T., ad l.).
YEL ·l) ypa:qrlj: Rom. 10,n, cfr. 2 Cor. 6,2; op- La formulazione è imprecisa perché probabil·
pure À.ÉYEL xvptoc;: 2 Cor. 6,17, cfr. Aci. 13,34; mente doveva dire: cominciando da Mosè e
Hebr. 2,12 s. Restano da ricordare le molte al- continuando con tutti i profeti (cfr. HAucK,
lusioni a testi di Isaia che troviamo nel N .T. Lk., ad I.).
337 Elia compare molto spesso nel N .T. In or-
338 Naturalmente Geremia è citato varie altre
dine di frequew.a è al quarto posto dopo Mo- volte, ma negli altri passi non è chiamato e-
sè, Abramo e David (~ IV, coll. 83 ss.). È splicitamente profeta, cfr. ad es. I Cor. r ,3r;
strano però che non venga mai chiamato pro- Hebr. 8,8 ss.; xo,16 s.
feta. Probabilmente allora non era affatto visto 339 Giona viene menzionato ancora molte volte
come un tipico rappresentante del profetismo, in Matteo e Luca <- tv, coli. 1240 ss.), ma
ma più come precursore (~ IV, col. 75 Ss,) O sema essere detto esplicitamente profeta.
rappresentante del sommo sacerdote (~ IV, 340 Cfr. inoltre Mt. 9,13; 12,7; Rom. 9,25 s.; I
coll. 78 ss.). Se si prescinde da Act. 3,22 e 7 1 Cor. 15,55.
37, due passi che ricordano il profeta come 341 Nel N.T. vengono sl citate anche sentenze
Mosè di Deut. 18,15, neanche Mosè (~ col. di altri profeti scrittori, ad es. di Ezechiele (2
501; vn, coli. 808 s.) nel N.T. è mai chiamato Cor. 6,16s .), Aggeo (Hebr. 12,26 s.) e Malachia
esplicitamente profeta, benché abbia scritto di (Mc. 112; Le. 1,17; Mt. u,10; Rom. 9,131, mn
Cristo (Le. 24,44; Io. l,45; 546; Act. 3,22; 7, questi non vengono né 'chiamati per nome né
37; 26,22 s.; 28,23) e sia l'archetipo del pro· presentati come profeti.
)/5 \VI,05L/ '"t""'Y"I•••~ ......... - -- - , - - - -- -

'TWV a.yLwv c1:1t'a.lwvoç a.\rrov npocp'f)· parola propria di Dio.


'TWV, «Dio parlò per bocca dei san- Mentre nei sinottici il parlare di Dio
ti c. antichi suoi profeti» (Act. 3,21, mediante i profeti viene inteso intera-
cfr. Le. x,70 e Act. 3,18). Matteo dice la mente nel senso dell'A.T., nella Lettera
stessa cosa con la formula: 'TÒ P'r!ftf.v agli Ebrei e nelle due di Pietro le cose
urcò xuplou Otà 'TOU 1tpOcplJ't'O\J À.Éyov-.oç, stanno diversamente. Secondo Hebr. 1 ,1
«quanto è stato detto dal Signore per Dio non ha parlato ai padri otà. 'tW\I 7tpo-
mezzo del profeta con le parole ... » (Mt. q>T}'t'WV, bensì Èv 'Toi:c; 7tPO<pl}TctLç. Na-
l,22; 2,15), che equivale all'espressione turalmente questo È.V puÒ essere inteso
veterotestamentaria: «Cosl dice J.ahvé» in senso strumentale, corrispondente-
(~ B v). Colui che parla veramente mente all'ebraico b•. Ma nei LXX 'dire
non è il profeta, bensl Dio, che si ser- qualcosa attraverso i profeti' è reso con
ve dei profeti quando si rivolge al po- À.ocÀ.Ei:v È-v XEpcrt 344 'tWV 'ltpoq>l}'t'W\I
polo. Dall'omissione delle parole Ù1tÒ xu- (Zach. 7,7; lEp 26,13; 44,2), mentre À.a.-
plou in Mt. 2,17 si è dedotto 342 che Mat- À.Ei:v È-v di solito significa 'parlare con
teo non intendesse presentare la strage qualcuno' (Zach. l,9.13 s. 17; 2,2 .7; 4,1
degli innocenti di Betlemme come un e passim). Probabilmente in Hebr. 1,1
evento predetto e voluto da Dio. Però Év va inteso piuttosto in senso locale:
la formula abbreviata 'tÒ pT)i>Èv OL!Ì. 'TOU Dio inabita nei profeti e parla dal loro
1tPO<ptJ'TOU À.Éyov-.oç si trova non solo in interno, di modo che l'enunciato richia-
Mt. 2,17, ma anche in 2,-2 3; 3.Ji 4,14; ma I.a dottrina ellenistica dell'ispirazio-
8,17; 12,17; ·13,35; 21,4; 24,15; 27'9· ne, quale traspare da 2 Petr. 1,21. L'ori-
n passivo 't'Ò ~"t)1>Èv espdme l'idea che gine della profezia sta non nell'uomo ma
chi parla è Dio e la locuzione od~ 'TOU presso Dio, e gli uomini non sono che
1tpocp1}'Tou indica che il profeta è il por- strumenti passivi mossi dallo Spirito
tavoce di Dio 343 • Lo stesso si può dire santo che pone suJla loro bocca le parole
delle parole dell'apostolo Paolo: EÒu.yyÉ.- pronunciate senza che essi comprendano
À.Lov l>Eou, o 1tpOE1t'fJYYElÀ.oc-ro Suì 'TWV la profondità dei loro discorsi (~ col.
7tpoqrri-rwv a.Ò't'ou, «evangelo di Dio, da .uo}. Perciò ogni profezia abbisogna di
_lui promesso per mezzo dei suoi profeti» interpretazione (~ col. 638). In r Petr.
(Rom. 1,1 s.). Quanto dicono i profeti è 1,ros. i profeti fonno delle loro stesse

342 ZAHN, Mt.; KwsTERMANN, Mt. e W. Mr- IS1twç 'lt"Ì.T}pw&ii (come in.'Mt. 2,23; g·,r7; 13,
c11AEus, Das Ev. 11ach Mt., Prophezei (1948) 35), bensl "C'lrtE fo).T}pWlh). Il passaggio dalla
ad/. proposizione finale a quella temporale, che si
343 Tuttavia colpisce il fotto che in Mt. 2,17 limita a constatare l'avvenimento, permette di
(fa strage degJi innocenti) é Mt. 27,9 (acquisto non presentare l'accaduto come un effetto im·
del'campo del vasaio coi 30 denari di Giuda) mediato del ·volere divino.
non si trovi né l'espressione lva. 'ltÀ:r)pwDjj
(come in Ml. 1,22; 2,15; 4,14; 12,17; -zz,4) né 344 Cfr. bjd in Dam. 3,21 (5,6); 4,13 (6,9) .
parole oggetto di ricerca e di studio. Nel- ypap.µÉvov Èv -toi:c; 7tpoq>1j't'a.LC,, «sta
le loro profezie non solo essi parlano del scritto nei profeti» (Io. 6,45, dr. Act.
24,14). Ai libri profetici ci si riferisce
Cristo (~ col. 578) bensì, secondo I con la formula «legge e profeti» (Mt. 5,
Petr. l,II, lo stesso Cristo preesistente lJ; 7,12; 22,40; Le. 16,16; Act. 13,15;
parla per bocca loro, poiché in essi ina- 24,14; Io. 1,45; Rom. 3,21) o quando si
menzionano i profeti e la legge (Mt. n,
bitò lo Spirito di Cristo (-> col. 639)
13), Mosè e i profeti (Le. 16,29.31; 24,
che li ispirò e fece loro pronunciare le 27, cfr. Act. 28,23) o i profeti e Mosè
parole. Forse Mt. 13,35 va inteso in sen- (Act. 26,22) o la legge di Mosè, i pro-
so analogo, di modo che secondo l'evan- feti e salmi (Le. 24,44). Secondo Paolo
i profeti dell'A.T. sono Scrittura; egli
gelista in ljJ 77,2 già pada Cristo. Secon- quindi ne introduce le citazioni per lo
do Io. 12,38 in Is. 53,1 Gesì1 si lamenta più con le parole xcd)wc; yÉypa'lt't<XL .
dell'incredulità dei Giudei. Questo mo- 4 . Per il N.T. i profeti veterotestamen-
do di vedere corrisponde al logion apo- tari sono uomini che hanno preannunzia-
crifo secondo cui Gesù nel vangelo ha to ciò che in seguito s'è realizzato in Ge-
o
detto: ÀaÀwv Év 'tote; 1tpo<p1)'taic; looù sù e~ col!. 666 ss.; II, 646 ss.). I ver-
7ttXpE1µi, «eccomi qui, colui che parla nei bi usati a loro riguardo sono: 7tpOE1tay-
profeti» (Epiph., haer. 23,5,5; 41,3,2; yÉÀÀE<1l>a~ (Rom. 1,2), 'ltpoopiiv (Act. 2,
66,42,8; Ancoratus 53,4) . 31), 1tPOEL1tELV (Rom. 9,29; 2 Peti'. 3,2,
cfr. Aet. 1,16), 7tpoxcnayyÉÀÀEL\I (Act.
3. I profeti non si sono limitati apre-
dicare, ma hanno scritto o fotto scrivere 3,18; 7,52), 7tpoµap't'upEcri}aL (1Petr. 1,
le loro parole. yÉypa1t't'GtL OLÒ. 't'OV 7tp0- II) . Il prefisso 7tpo- in tutti que~ti casi
qni't'OU, «è stato scritto per mezzo del non significa proclamare apertamente
profeta» (Mt. 2,5, cfr. Le. 18,31; Io. l,
4 5); al ypctq>a.Ì 't'WV 7tpO<pT)'t'WV, «gli qualcosa (~ A I l), ma ha un univo·
scritti dei profeti» (Mt. 26,56); oià. 't'WV co senso temporale: preannunziare, pre-
7tpOqlT)'t'WV l'.1.Ù't'OU ÉV ypct<pcttc; aylmc;, dire(~ A I l). Secondo il Nuovo Te-
«per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
stamento le predizioni dei profeti ri-
Scritture» (Rom. l ,2); yÉypa;-1t'ta1 Èv -.0
'Hcra.t~ 't'@ 7tpocp1)'tn, «sta scritto nel guardano Gesù (Io. 1,45; Act. 28,23).
profeta Isaia» (Mc. 1,2) oppure Èv Pl- L'annuncio di tutti i profeti, a comin-
f3).~ À6ywv 'Hcratou 't'OU 1tPO<J>lJ't'Ou, «nel
ciare da Samuele, mira al tempo di Cri-
libro delle parole del profeta Isaia» (Le.
3,4, cfr. 4,17; Act. 7,42); É1tpO<plJ't'EUCTEV sto (Act. 3,24, cfr. 8,34). Egli è il com-
'HO'atac; ... ~ yÉypoc1t't'ctL, «Isaia pro- pimento di tutte le promesse di Dio (2
fetizzò ... come sta scritto» (Mc. 7 ,6, cfr. Cor. l,20 [ ~ n, col. 690]). Secondo
Aet. l 5,15); 'tac; cpvwà.c; 't'wv 'ltPOCJ>T)'t'WV
'tÒ:ç ... ava.yL\IWO'XOµÉva.ç, «le voci dei Le. 4,17 ss. Gesù applica a se stesso le
profeti ... che vengono lette» (Act. 13, parole di Is. 61,r s.: nella sua persona e
27) . Pertanto non solo le persone, ma nella sua opern giunge a compimento la
anche i loro scritti sono chiamati profeti
(Mc. 1,2). L'eunuco etiope legge il pro- parola profetica. Soprattutto Matteo
feta Isaia (Act. 8,28 .30.34). Ì::O''t'W YE- mostta che i profeti hanno predetto
.,11;1 \ ..... , ......rt1

molti particolari della vita di Gesù 345 • dell'annuncio del primo cristianesimo
La nascita verginale di Gesù e gli av- stava la passione e la risurrezione di Ge-
venimenti concomitanti (Mt. l,23), la sù. Tuttavia la comunità cristiana vede
nascita a Betlemme (Mt. 2,5 s.), il ritor· già preconizzati nell'A.T. anche gli altri
no dall'Egitto (Mt. 2,15), la strage degli
innocenti in Betlemme (Mt. 2,17 s.), la fatti della sua vita, le sue parole e le
scelta di Nazaret come luogo di dimora sue opere. Peraltro i profeti vanno letti
(Mt. 2,23), l'attività del Battista (Mc. l, rettamente e non interpretati a proprio
2,par. Mt. 3.J), la scelta di Cafarnao co- arbitrio, come fanno gli eretici. 'ltacra.
me luogo di residenza (Mt. 4,14 ss.), le
guarigioni di Gesù (Mt. 8,17), l'opera 'ltoprpE't'Ela. ypa.rpfjc; Uìla.c; ÈmÀ.UcrEwc:, où
soccorritrice prestata da Gesù di nasco- ylve:-ca.t, <<nessuna profezia della Scrittu-
sto (Mt. 12,17 ss.), il discorrere in para- ra è soggetta a interpretazione privata»
bole (Mt. 13.J5), l'ingresso in Gerusa-
lemme (Mt. 21,4 s.), la passione e morte (2 Petr. r,20--+ VI, col. 910). Come le
di Gesù (Mt. 26,56, cfr. Le. 18,31 ss.; profezie non devono la loro origine a vo-
24,25.44 ss.; Act. 3,18; ·13,27; 26,22 s.; lontà umana, così la loro interpretazio-
I Petr. l,II). In altri passi del N.T.: la
ne non può essere affidata all'arbitrio in-
risurrezione (Le. 18,31 ss.; 24.44 ss.;
Act. 2,30 s. ; 26,22 s. 27), la gloria di dividuale, ma può avvenire solo attra-
Gesù (Le. 24,25 s .; I Petr. l,I 1), la Pen- verso Dio o lo Spirito santo. Poiché i
tecoste (Act. 2,16), ]'accoglienza dei pa-
profeti e gli apostoli trattano di Cristo,
gani (Act. i5,15 ss.), la parusia (2 Petr.
3,2), il giudizio sugli empi (ludae 14 s.), profezia e annuncio sono strettamente
l'à.1toxa.-cacr't'acr~<; escatologica (Act. 3, uniti; le promesse nei profeti dell'A.T.
21 ). diventano evangelo degli apostoli nel
Ma non solo si realizza la salvezza an-
nunciata dai profeti: si compie anche la N.T. (Rom . 1,1 s.; I Petr. l,II s.). Ciò
riprovazione del popolo cli cui si parla che i profeti hanno previsto e preannun-
nei profeti. Isaia ha già parlato dell'ipo- ziato, senza però avere sperimentato per-
crisia d'Israele (Mc. 7,6; Mt. 15,7) e del-
sonalmente (Mt. r3,q par. Le. l0,24; I
la sua incredulità (Io. 12,38). Quando
Gesù parla in parabole e non viene com- Petr. 1,rr s.) 346, è diventato realtà in
preso, si compie la profezia di Isaia ri- Gesù Cristo. Secondo Act. 26,22 s. Pao-
guardante l'ostinazione d'Israele (Mt. lo dice ad Agrippa: oÙOE\I ÈX't'Òç Mywv
13,14, cfr. Act. 28,25). Anche l'acquisto
del campo del sangue con le trenta mo- wv 't'E ol. 'ltporpfj-.et.t H.a:X:ricrav µEÀ.À.6v-
nete d'argento di Giuda è già stato pre- -.wv ylve:<rll'et.t xa.L Mwvcrijç, e:ì. 7tet.i}T}-còc;
detto (Mt. 27,9 [ ~ n. 343]). Ò XPtcr-r6c;, e:ì. 1tPW't'O<; È~ ava.cr-crure:toJç
Come dimostrano i passi citati, al cen- ve:xpwv rpwc; µÉÀ.À.e:t xa-.et.yyfÀ.À.e:w ..~
tro della prova scritturistica e in genere -re: À.a4} xa.t -roic; EWEO"t<;, <<nulla dicen-

3~5 K. Wr::mm., Studien iiber den Einfluss dcs 8,52 s.). Naturalmente i profeti faranno parte,
WIeissag1mgsbeweises au/ die eva11gelischc Ge- insieme coi patriarchi, del regno escatologico
schicbte: ThStKr 83 (1910) 83-109.163-195. di Dio e parteciperanno, coi molti provenienti
dalle nazioni, al banchetto escatologico nel re-
346 Essi sono morti proprio come Abramo (Io. gno (Le. r 3,28 s.).
do se non ciò che i profeti e Mosè affer- 5. I profeti veterotestamentari non
marono che sarebbe accaduto, cioè che sono per gli uomini del N .T. esclusiva-
Cristo soffrirebbe, e risuscitato per pri- mente preannunziatori di fatti futuri.
mo dai morti annunzierebbe la luce al Essi sono citati dagli scrittori neotesta-
popolo e ai gentili». mentari quali autorità che confermano la
Le parole dei profeti di solito non so- verità delle loro affermazioni. Nell'inter-
no enunciate in forma di dichiarata pro- venire contro i cambiavalute e i com-
fezia(~ coli. 640 s.), ma spesso conten- mercianti nel tempio, Gesù si appella a
gono descrizioni di circostanze o addi- parole dei profeti (Mc. n,17 par.). Is.
rittura trattano di eventi del passato che 54,13 serve a Gesù per spiegare e con-
nel Nuovo Testamento vengono riferiti fermare la sua affermazione che tutti sa-
al presente, sicché si tratta più di prefi- ranno ammaestrati da Dio (Io. 6,45).
gurazioni che di autentiche profezie. Per Con le parole dei profeti si prova che I-
es. si considerano profezie l'enunciato sraele ha praticato l'idolatria (Act. 7 ,42)
storico È!; Alyu'lt'tOIJ ÈxciÀ.EO"« -.òv uì.6v e che Dio non dimora nel tempio (Act.
µou, «dall'Egitto chiamai il fìglio mio» /,48). Tutti i profeti annunciano con
(Os. l1,1=Mt. 2,15), il pianto di Ra- decisione la remissione dei peccati nel
chele per i Giudei fatti prigionieri (Ier. nome di Cristo per ogni credente, dice
31,15=Mt. 2,17 s.), l'annuncio dei be- Pietro nella casa di Cornelio (Act. ro,
nefici di Dio nella storia del popolo d'I- 43), e Giacomo giustifica l'ammissione
sraele (Ps. 78,2 = Mt. 13,35), il lamento dei gentili nella comunità con l'autorità
del profeta per il culto formale del suo dei profeti (Act. 15,15). Ad Antiochia
popolo (Is. 29,13 = Mc. 7,6 par. Mt. 15, Paolo ammonisce i Giudei che la parola
7 s.) e per l'incredulità dei suoi contem- profetica si compie (Act. 13,40). Si ri-
poranei (Is. 53,1=1o. 12,38). Gli autori portano dunque passi profetici per con-
neotestamentari non distinguono tra de- fermare importanti idee della predicazio-
scrizione dei fatti e profezia. Essi non ne e dar peso all'annuncio.
partono dal senso originario del passo,
ma dal fatto concreto della 1'ealizzazione 6. Con straordinaria frequenza nelle
e poi cercano nell'A.T. ciò che serve al diverse parti del N.T. si narra che i pro-
loro scopo. Non l'A.T . offre loro nuove feti sono stati perseguitati e martirizzati
conoscenze, bensl essi, partendo dal dai Giudei(~ IX, coll. 430 s_). Nell'A.T.
compimento, intendono gli enunciati ve- si accenna talvolta che i re, o anche il po-
terotestamentari nel senso di profezie 347• polo, perseguitarono i profeti 348 • A quan-

J47 R. BuLTMANN, W cissagung und Erfiilltmg, 343Uria, figlio di Semaia, fu ucciso da Joiachim
in Gla11be11 tmd Verstehe11 u (1952) 163-167; (ler. 26,20-23). Zaccaria, figlio di Joiada, fu
F. BAUMGARTEL, Verheiwmg (1952) 73-77. lapidato nell'atrio del tempio per ordine del
to pare, negli scritti apocrifi era diffusa Luca il titolo dello scritto giudaico è
l'idea del profeta martire 349• Il cristia- meglio conservato; infatti in Matteo le
nesimo primitivo e forse lo stesso Gesù parole sono attribuite a Gesù . Viceversa
hanno assunto questi concetti per illu- in Matteo è più prossimo alla fonte il
strare le colpe dei Giudei contro Gesù tenore delle parole, perché al modo giu-
e i cristiani (rThess. 2,15). Il destino daico vi si parla di profeti, sapienti e
del profeta è di morire a Gerusalemme: scribi, che Luca cristianizza in profeti e
cosl pare si andasse allora ripetendo 350 apostoli. Ma anche Matteo cristianizza
(Le. 13,33 s.; Mt. 23,37). I Giudei so- la citazione aggiungendo la crocifissione
no non solo figli dei profeti e dell'al- in considerazione della morte di Gesù 351 •
leanza (Act. 3,25), ma anche figli di co- Mt. 23 ,29-35 par. Le. IIA7-51 è un ti-
loro che hanno ucciso i profeti (Mt. 23, pico esempio di come il cristianesimo si
31 ; Le. 6,23; n,47 s., cfr. Mt. 21,35; appropria enunciati giudaici significativi
22,6; Hebr. 11,36s.). In ciò i discepoli per la propria epoca di persecuzione. An-
che sono perseguitati dai Giudei sono che in Act. 7 ,52 si delinea il nesso tra
seguaci dei profeti (Mt . 5 ,I2). Perciò i uccisione dei profeti e crocifissione di
profeti, che non temettero i dolori ma li Gesù: «Quale dei profeti non hanno
sopportarono con pazienza, poterono es- perseguitato i padri vostri? Ed essi han-
sere presentati quali modelli alla comu- no ucciso coloro che preannunziarono la
nità (Jac. 5,ro, cft. Hebr. 11,32-38). In venuta del Giusto, di cui ora voi siete
Mt. 23,34 par. Le. IIA9 si cita una fra- diventati traditori ed assassini».
se da uno scritto sapienziale apocrifo cir-
ca il martirio del profeta, frase che i due III. Profeti precristiani
evangelisti cristianizzano in diverso mo- Nel N.T . troviamo non solo profeti
do e applicano alla loro situazione. In veterotestamentari e protocristiani, ma

re Joas (2 Par. 24,2r). Jezabel sterminò i pro· rono e lo gettarono in prigione... Così Gere-
feti (1 Reg. I9A·13). Elia si lamenta con Dio mia fìnl n ella cisterna a volta e stette rinchiu-
perché «hanno ucciso di spada tutti i tuoi pro· so Il per lungo tempo» (ler. 37,15 s.; dr. 38,
feti: sono rimasto l'unico superstite e tramano 4-6). A queste notizie si aggiungono poi le af-
per togliermi la vita» (I R eg. 19,10.14; Rom. fermazioni più generiche: «La vostra spada ha
u,3). Michea, figlio di Jemla, viene gettato in divorato i vostri profeti» (ler. 2,30) e «ncd·
prigione da Acab (1 Reg. 22,27) e Banani su- sero i tuoi profeti» (Neem. 9,26).
bisce la stessa sorte per ordine di Asa (2 Par. l49 H. J. ScHOEPS, Die jiid. Prophetenmorde,
16,rn). La vita di Geremia è insidiata dagli uo· in At1s friihchristlicher Zeit (1950) 126-143;
mini di Anatot (Ier. n,18·21). Il sacerdote H. A. F1SCHEL, Martyr and Prophet: JQR 37
Pashur, capo della polizia del tempio, fa bat· (1946) 265-280.363-386; ~ 1x, coli. 430 s., nn.
tere e mettere in ceppi Geremia (ler. :w,2). 470 e 471,
Dopo i discorsi nel tempio sacerdoti, profeti e
350 ~ BARRETT 97.
tutto il popolo aggrediscono Geremia e lo di-
chiarano degno di morte (Ier. 26,8-II): «l su- 351 E. HAllNCHllN, Mt. 23: ZThK 48 (1951)
periori si adirarono contro Geremia, lo batti!- 53 s.
nell'antefatto del vangelo di Luca uomi- 3. Anche per Simeone non si fa uso
ni e donne giudei che vengono espressa- del gruppo lessicale di rcpocpl)'t'Euw, ma
nemmeno nel suo caso v'è dubbio che
mente designati come profeti o caratte- egli sia da considerare profeta: 'lt\IEuµa.
rizzati come tali per il loro modo di liv éiyiov bt'av'to\I (Le. 2,25), cioè su
comportarsi e di parlare. di lui posava lo spirito profetico (Sttack-
Billerbeck n I47). Di lui inoltre si natta
r. Za:xrx.pla<;... È1tÀ:11itTl nvEuµa't'oc; che gli era stato predetto dallo spirito
à:ylov xat È:1tpoq>lJ't'EVtrEV, «Zaccaria ... fu che non avrebbe visto la motte finché
non avesse contemplato l'unto del Signo-
ricolmo di Spirito santo e profetizzò» re (2,26). Infine egli si reca Èv 'ti;> 'lt\IEU·
(Le. l,67). Dopo queste parole introdut- p.a.'t'i al tempio, in Gesù riconosce il
tive il Benedictus è per Luca non la lode Messia e su di lui pronuncia parole pro-
fetiche. Tutto ciò indica inequivocabil-
personale di un cuore traboccante di gio-
mente che Luca vuol descrivere Simeone
ia né un prodotto letterario desunto dal- come un profeta.
la tradizione, bensì una profezia ispirata 4. Al contrario di quanto avviene per
dallo Spirito santo. Per la conoscenza Zaccaria, Elisabetta e Simeone, AMa
che gli è stata concessa dei misteri del viene definita esplicitamente profetessa
disegno divino di salvezza Zaccaria an- (Le. 2,36). A parte ciò, si dice poco della
nuncia la volontà salvifica di Dio, che sua attività profeticà. Il fatto che sia
fra poco si sarebbe attuata. Che si tratti chiamata profetessa non significa che si
di predizione di eventi futuri è indicato sia presentata al popolo con aMunci di
dai futuri XÀ.1}tH1011. '!tpO'!tOpEVOlJ (v. condanna o di grazia, come gli antichi
76), ÈmoxtlJiE'tat (v. 78). profeti, ma probabilmente è stata con-
siderata come tale perché possedeva il
2. Nella descrizione dell'incontro di
Elisabetta con Maria non si fa uso del dono di prevedere e preaMunciare cose
gruppo di vocaboli che fa capo a '!tpOq>l]- future. In quanto profetessa nel bambi-
'tEVW. Ma quando di Elisabetta si dice no Gesù presentato al tempio riconosce
esattamente come di Zaccaria (~ so-
pra): È1tl1}11i}11 '!tVEuµa:toç &:ylou e si il Messia. Con la sua confessione di lode
continuo con le parole avEq>W\IT}trE\I conferma le parole di Simeone. Il fatto
xprx.uyfi µEy<iÀ.n, «gridò a gran voce» che ella parli di Gesù a tutti coloro che
(Le. 1,41 s.), si afferma in tutta chiarezza
che Elisabetta ha parlato profeticamen- attendono la liberazione di Getusalem-
te. Poiché ha lo spirito profetico è in me (Le. 2,38) significa che annuncia Ge-
grado di sapere fatti del passato e di co- sù come Salvatore escatologico.
noscere realtà nascoste, senza che nessu-
Questi uomini e queste donne non
no gliene abbia fatto parola e~ n. 400).
Ed ecco che saluta Maria quale madre sono ancora cristiani, sono semplicemen-
del Messia, come in seguito la profetessa te pii ebrei, ed è singolare che siano tut-
Anna nel fanciullo Gesù vede il Salvato- ti in un certo rapporto col tempio. Zac-
re e~ V. al n. 4). Elisabetta sa dell'an-
nuncio dell'angelo e della.fede di Maria caria è sacerdote, svolge funzioni cultua-
(vv. 45 e 38). li e secondo il contesto profetizza al mo-
mento della circoncisione del figlio. Eli- La vocazione di Geremia è introdotta
i:.abetta è moglie di un sacerdote. Simeo- dalla formu1a "t'Ò pfjµrx -çoi) 1'Eov o ÉyÉ-
VE"t'O É'ltt lEpEµta.V •ÒV 't'OV XE).xtou e da
ne parla quando Gesù è presentato al una precisa determinazione cronologica
tempio. Di Anna si dice esplicitamente ottenut~ mediante l'indicazione dei re-
che «non si allontanava dal tempio e ser- gnanti (ler. 1,1 s., cfr. Os. r,1; Ioel r,r;
viva Dio con digiuni e preghiere giorno Mich. 1,1; Zach. 1,1; 2 Sam. 7,4; r Reg.
17 ,2 .8). Allo stesso modo in Le. 3,1 s. la
e notte» (Le. 2,37). In queste figure di descrizione dell'attività del Battista vie-
profeti ai confini tra giudaismo e cristia- ne inquadrata cronologicamente median-
nesimo, profetismo e tempio non si con- te l'indicazione delle autorità politiche e
religiose e con la formulazione di stam-
trappongono ma si accordano 352 • po veterotestamentario: ÈyÉ'VE't'O pljµa.
~Eou Éni 'Iw&.vv11v "t'Ò\I Za.xa.plou ut6v,
IV. Giovanni Battista «1a parola di Dio fu rivolta a Giovanni
figlio di Zaccaria». Anche la predicazione
r. In tutti gli strati della tradizione del Battista corrisponde a quella dei pro·
feti, perché annuncia il giudizio dell'ira
dei vangeli Giovanni Battista è definito
di Dio e proclama l'esigenza di una con-
profeta, sia nella fonte dei racconti (Mc. versione radicale(~ VII, col. II73). Se-
II,32 par. Mt. 2r,26 e Le. 20,6) sia in condo Mc. 1,2 par. è l'ultimo dei profeti
quella dei logia (Mt. u,9 par. Le. 7,26), prima della venuta del Messia e al tem-
po stesso è compimento della parola
in Matteo (r4,5), come in Luca (r,76) profetica annunciata. Secondo la descri-
e Giovanni ( r ,2r.25). Secondo i racconti zione di Mc. 6,17 ss. Giovanni ha affron-
dei vangeli, persone molto diverse in- tato il suo sovrano quale autentico pro-
feta israe1ita. Come Samuele parlò a Saul
travedono in Giovanni un profeta. Se- (r Sam. 15,ro ss.), Natan (2 Sam . 12,1
condo Mc. 11,32 par. e Mt. r4,5 è que- ss.) e Gad (2 Sam. 24,u) a David, Ahia
sta l'opinione comune del popolo. In Io. alla moglie di Geroboamo (r Reg. 14,7
ss.), Jeu a Baasa (r Reg. 16,r ss.) ed Elia
l ,2I .2 5 persino la commissione d'inchie-
ad Acab (r Reg. 21,17 ss.), quando co-
sta del sinedl'io lo interroga a questo ri- storo commisero ingiustizie, cosi Gio-
guardo. In Le. r ,76 viene chiamato 7tpo- vanni Battista alza la sua voce quando il
<plJ't1'}<; ùlj!lcr-rou da suo padre Zaccaria e
suo re contravviene ai comandamenti di
Dio. Secondo i vangeli, Giovanni dà
in Mt. u,9 par. Gesù dice che egli è più prova di essere profeta anche predicendo
che un profeta (~ coll. 593 ss.). il futuro. Non solo annuncia l'imminen-
te giudizio dell'ira (Mt. 3,7 ss.) ma, se-
2. I vangeli sinottici descrivono la vo- condo Mc. r,7 s., preannuncia il Forte
cazione, l'inizio dell'attività e la predi- che verrà dopo di lui. Infine c'è da chie-
dersi se il battesimo di Giovanni non sia
cazione del Battista secondo gli schemi da considerare un'azione profetica (~
tipici di un profeta veterotestamentario. col. 591)3s3.

Js2 ~ Guy 29. tism a11d Con/irmatiot1 i11 the N. T. a11d thc
Fathers (1951) 22 ; Io., The Holy Spiri/ in the
353 ~ BARRETT 31; G . W. LAMPE, The Seal Writi11gs of St. Luke, in D. E. N1NEHAM, Stu-
o/ thc Spirit. A Study i11 the Doclri11e o/ Bap- dies in the Gospels (1955) 168; W. F. FLE-
3. Pare èhe in origine Giovanni Batti- sta. µÉyaç non descrive il carattere del-
sta non fosse considerato solo come pre- 1'uomo 354, ma è una perifrasi di profe-
ta 355 , Che Giovanni non sia chiamato
cursore del Messia. Dalle fonti si ha solo µÉyac;, bensì µÉyac; Évwmov xu-
l'impressione che fosse più di un comu- plou, intende significare che egli è pro-
ne profeta (Mt. u,9), una figura messia- feta di Jahvé. La formulazione equivale
a 1tpoq>1)·-n1c; ùtfilcr-tou (Le. x,76) 356 e se-
nica. Almeno i suoi discepoli, e forse an- condo test. L. 8,15 'profeta dell'Altissi-
che una parte dei Giudei, l'ha considera- mo' è una designazione del salvatore e-
to l'atteso profeta escatologico (~ col. scatologico 357 • In Le. l,78 Giovanni è
detto OCVC't"tOÀ."Ì"} È~ vljlouc; l53. Al popolo
560).
della salvezza egli dona la redenzione col
a) La peculiarità del Battista emerge perdono dei peccati e porta luce e pace
chiaramente nell'antefatto del Vangelo nel mondo delle tenebre e della discor-
di Luca. Ciò che di lui si dice in Le. 1,14 dia. Nell'antefatto del Vangelo di Luca,
ss . ha carattere messianico-escatologico. Giovanni è descritto inequivocabilmente
L'annuncio della sua nascita è un evan- come colui che con la sua nascita, le sue
gelo (1,19): ~ III, col. 1054. Essa parole e il suo operato porta al popolo
non solo causa la gioia dei suoi geni- d'Israele l'èra della salvezza escatologica
tori (xapà xaì ò:yaÀ.À.la<nc;, ---? 1, col. (Le. 1,16 s.) (---? m, col. 1054).
55), ma ha rilevanza per il mondo inte-
ro: 7tOÀ.À.ot... xap1)crov-cat (Le. 1,14, cfr. b) Forse anche il suo battesimo nel
2,10). Di nessun profeta si sa che fu ri- Giordano va visto alla luce della sua at-
colmo di Spirito santo fin dal seno mtl- tività di profeta escatologico. Il suo non
terno (Le. 1,15). Gli altri profeti, benché era un battesimo di proseliti, perché il
eletti da Dio prima della nascita (ler. 1, battesimo giudaico non era per nulla e-
5), sono chiamati da Dio a una funzione scatologico, ma serviva ad accogliere i
specifica solo da adulti. Giovanni rappre- gentili nella comunità cultuale giudai-
senta un caso straotdinario. Egli è un ca, non richiedeva battezzatori e di
profeta pervaso di Spirito fin dall'inizio, solito avveniva in un locale per ba-
è il profeta. Anche l'espressione µiyac; gni 359 (---? x, coli. 1504 s.). Né può
ÉVW1tLO\I xuplou, «grande innanzi al Si- essersi trattato di un rito esseno di
gnore» (Le. l,15, cfr. v. 32) conferma la purificazione, perché l'acqua fluviale
peculiare missione profetica del Batti- non era particolarmente adatta a puri-

MlNGTON, The N.T. Doctri11e of Baptism (1953) Ou\jJLO"'t"Oç à.?tcO"'tElÀ.1) 't"Ò O"W'tTJPLOV aihoii ÉV
22 s. E1tLO"X07tU µovoyEvoiiç 7tpoq>1)'t'ov.
354 H. J. lfoLTZMANN, Die Sy11opt., Handcom-
358 VIELHAUER, op. cit. (~ n. 356) 266.
mentar ZL1m N .T.1 (1892) ad l. con rimando a
Gen. 10,9. 3511 T. M. TAYLOR, The Begimiings o/ ]ewish
355 K. H. R.ENGSTORF, Das Ev. nach Lk., N.T. Proselyte Baptism: NTSt 2 (1955/ 56) 193-r98
Deutsch 3• (1958) ad l. Ios., a11t. 20,97 a pro- suppone che il battesimo dei prosclitì abbia
posito di Tcuda dice: 7tpoc:pirn1ç yàp E)..EyEv avuto origine soltanto alla fine ciel I sec. o al-
Elvat. A tale notizia rorrisponde Act. 5,36 (cod. l'inizio del n. Per tutta la questione nei suoi
D): ).lywv E!val 't'Wcx. µÉyav fo.v't'6v. Cfr. diversi aspetti dr. H. SAHLIN, Swdie11 Ztl/JJ 3.
Aci. 8,9, ove a proposito di Sìmon Mago si Kap. des Lk., Uppsala Univcrsìtets Arsskrift
legge: Mywv Elval -twrx. tav't"Òv µÉyav. (1949) rr2 s.; ]. ]EREMIAS, Proselyte11ta11/e
356 P. VrnLHAUER, Das Be1il!4ict11s des Zacha- tmd N.T.: ThZ 5 (r949} 418-428; W . MICHAE-
rias: ZThK ·49 (1952) 266. us, Ztm1 jiidiscben Hintergrrmd der ]ohamu:s·
3S7 ~ Cuu..'MANN 20; cfr. test. B. 9,2: ~wc; ou tat1/e: Judaica 7 (19;;1) 81-.r20.
591 (v1,839) 1tpoqn'l-cTJ<; x.TÀ.. D 1v 3b-c (G. Fricdrich)

ficazioni rituali (~ x, coll. 1502 s. 1535 ancor più sorprendente perché, a motivo
ss.) e Giovanni non poneva esclusioni della correlazione Mosè-legge, Paolo e-
come gli uomini della setta si rivolgeva vita di mettere in rapporto Mosè e Mes-
a tutti e a tutti dava il battesimo senza sia, e di Mosè parla più in chiave pole-
lunga preparazione, col solo presupposto mica che tipologica (~ VII, coll. 820
che confessassero a lui i loro peccati 300 • s.) 361 • Se, ciò nonostante, vede il batte-
Infine non era una abluzione da rinno- simo dei primi cristiani in collegamento
vate spesso per ottenere e conservare 1a con Mosè, significa che questa tematica
purità, ma costituiva un atto unico che risale ad un'antica tradizione che consi-
il Battista compiva su coloro che in at- derava il battesimo un atto profetico-e-
teggiamento di penitenza accettavano scatologico.
l'annuncio escatologico di salvezza. Te-
nuti presenti questi aspetti, è logico con- In Io. 1,25 il battezzare di Giov~nni
siderare il battesimo di Giovanni un at- appare come prova della sua attività
to simbolico del profeta escatologico. messianica. Infatti la delegazione ufficia-
Come i profeti messianici conducevano
il popolo al Giordano per mostrare colà le dei Giudei gli chiede perché battezzi,
i segni che avrebbero confermato la loro se non è l'Unto né Elia (~ IV, col. 87)
messianità (~ col. 562; III, col. 895; né il Profeta. Evidentemente non lo si
vu, coll. 800 s.). cosl Giovanni si presen- considera un qualsiasi profeta; la do-
ta col suo annuncio presso il Giordano
ed ivi battezza. Forse da questi presup- manda: «Sei tu il profeta?» (Io. l,21)
posti si deve intendere l'accenno alla ve- intende molto esattamente: - Sei tu il
ste e al cibo del profeta. Marco, che de- profeta come Mosè, promesso da Deut.
scrive in modo molto conciso e somma-
rio l'attività di Giovanni, ricorda espli- 18,15, che verrà alla fine dei tempi a
citamente che il Battista indossava una portare la salvezza (cfr. Orig., comm.
veste di crine di cammello, portava una in Io. 4,7 e lJ)?
cintura di pelle e si cibava di quanto of-
friva il deserto (Mc. l ,6). Se egli men- c) Anche Erode ha considerato il Bat-
ziona in particolare questi aspetti a tut- tista un pericoloso profeta escatologico.
ta prima molto secondari, si deve dedur- Secondo Flav. Ios., ani. 18,1 I7 ss. Erode
re che per lui sono importanti per com- non l'ha messo a morte perché Giovanni
prendere e giudicare quest'uomo. Dal l'aveva rimproverato del suo matrimo-
vestito e dal cibo Giovanni fa compren- nio irregolare, ma perché temeva che
dere di essere un uomo del deserto, e potesse provocare una insurrezione. Poi-
dal deserto viene Mosè, il redentore e- ché l'invito a penitenza del Battista tra-
scatologico (cfr. Tg. ad Ex. 12,42 [Neo- smesso dal vangelo non offre alcuno
fiti I] : Mosè sale dal deserto). Il batte- spunto a mutamenti dinastici e a rivol-
simo di Giovanni è un segno profetico-e- gimenti politici, si deve ritenere che per
scatologico di tipo particolare. Va no- Erode Giovanni non fu soltanto un ri-
tato che anche Paolo collega il battesi- goroso moralista, ma anzitutto un pro-
mo col periodo di permanenza d'Israe- feta messianico che col suo messag~io
le nel deserto (1 Cor. 10,x ss.) e ciò è spingeva a radicali mutamenti politici 62 •
360 IQS 3.4 s.: «Non può santificarsi in mari o 49·
fiumi». Cfr. K. SCHUBERT, Die Gemeinde vom 361 S. ScHULZ, Die Decke des Moses: ZNW
Toten Meer (1958) 51 s. u2; M. BURROWS, 49 (x95s) 21 s. 2.ps.
Mehr Klarheit uber die Schriftrollen (1958) 362 ~ MEYER 90 ~-
Forse un indizio di questo modo di tengono dati d'antica tradizione. Secon-
vedere è rimasto in Mc . 6 1 14 (par. Mt . do il v. 9 Giovanni è pitt di un normale
I4,2 e Le. 9,7), dove si narra che la fol- profeta. Il senso originario di questo
la in Gesù vede Giovanni redivivo. Se detto di Gesù, sicuramente autentico,
immediatamente dopo la morte _del Bat- dev'essere che Giovanni è il portatore e-
tista s'è diffusa la voce che egli è risor- scatologico di salvezza 365 • L 'intel'preta-
to dai morti, non è probabilmente a mo- zione è confermata dal v. rra (par. Le.
tivo della credenza popolare che l'inno- 7 ,28), in cui Giovanni, in un logion che
cente assassinato torna sulla terra 36.ì, ma suona scandaloso alla sensibilità del cri-
perché si era convinti che Giovanni era stiano, è definito il più grande di tutti
stato un personaggio del tutto singolare. gli uomini che mai siano nati da donna.
Se si parla degli efficaci poteri taumatut- Controverso è il senso del v. 13. Poiché
gki del risorto e se Giovanni col suo in Le. 16,16 si trova in un contesto com-
ritorno dai morti viene collocato sul pia- pletamente diverso, la frase va conside-
no dell'Elia redivivo, ciò significa che in rata un logion disperso della fonte dei lo-
lui si è vista la figura del salvatore esca- gia, che - probabilmente meglio conser-
tologico 364 • vato nel suo tenore letterale da Matteo -
d) Importanti per comprendere il Bat- è stato da questi inserito nella testimo·
tista quale profeta escatologico sono gli nianza su Giovanni 366 • Luca ha semplifi-
enunciati di Mt. II,9.IIa.13 che con- cato e cristianizzato il logion 367 • In Mat-

363 HAUCK, Mk., ad l. masco avesse veramente atteso il ritorno del


364 O . CULLMANN, Le problème Jittéraire et Maestro di giustizia, dovremmo trovare nel
hìstoriqt1e dt1 ronUl/1 pse11docléme11ti11, Études Documento tracce ben più consistenti di tale
d'Histoire et de Philosophie religieuses 23 speranza. Cfr. ~VAN DER WouoE 71 s.
(1930) 238; ~ CULLMANN 33 s.; ~ RrnsEN- 365 ~ CuLLMANN 23; CuLLM/\NN, Le prob/è.
FELD 142. Tuttavia non si può associare il ri- 111e <~ n. 364) 237. Quando in LIDZBARSKI,
torno del Battista alla tesi che nella setta di ]oh. 7!l 12 s.; 80,11 s. 25 s. leggiamo che Gio·
Qumran si contasse «sul ritorno escatologico vanni deve ricevere il Giordano ed essere chia-
del defunto Maestro di giustizia», come so- mato profeta in Gerusalemme, queste espres-
stiene ~ RIESENFELD 142. È assai dubbio sioni richiamano alla mente l'attesa giudaica
che il passo di Dam. 6,10 s. (8,10) parli della del profeta escatologico.
risurrezione del Maestro di giustizia, come pen· 366 A. HARNACK, Zwci \'(/orte Jes11: SAB
sano, ad es., G. MoLIN, Die Rollcn von E11 (1907) 956.
Fesha und ihre Stel/1mg in der jiid. Religio11s- 367Di parere diverso sono M. GOGUEL, Jea11
gcschichte: Judnic:a 7 (1951) 20.is .; CH.RA· Baptiste (19:z8) 66; E . LoHMEYER, Das Urchr.
DIN, The Zadokite Doc111ne11ts (1954) :z3,n n . (1932) 20 n.1 ; W.G. KiiMMEL, Verheissung
:z; J. M. A L LEGRO, Die Botschaft vom Toten tmd Er/11/lu11g, AbhThANT 63 (1956) II5; J.
Meer (1957) n9.14r; ~ SCHUBERT, Messias- ScHMID, Das Ev. 11ach Mt. 2 (r95:z) ad l. L'e-
lehrc 180 s. e altri ancora. Contro una tale in· spressione insolita 'it!iV't"Eç ol 'ltpoqifi't"IX~ xo.t b
terpretazione si possono far valere obiezioni sia v6µoc; di Matteo diventa in Luca la formula
linguistiche sia storiche. Il verbo 'md nel Do· corrente 6 vbp.oc; xixl ol 1tPOq>Tj'tlX~ (-+ col.
curnento di Damasco no~- significa in nessun 578). Luca fa sparire la difficile espressione È·
altro luogo 'risorgere', ma è sinonimo di bw' 1tpoqriinuuav, dando cosl alla prima parte d-::1
e significa 'apparire'. Se la comunità di Da· detto un chiaro senso temporale: l'età della
595 (VI,!S4J) 7tpDq>TJ't"TJ<; X't'/.., u rv 30 \ u. 1'r1ecmcn}

teo si trova l'csptessione ewç 'Iwci:vvov ni». Poiché la traduzione letterale di 7tpo-
É7tpocp1yn:uuav, che è difficile da inter- <pl}"'tEVELV non soddisfa, si cerca di dare
al verbo il senso di praticare il ministero
pretare e di solito è tradotta: «Tutti i profetico, agire da profeta 370• Ma questa
profeti e In legge hanno profetizzato fino accezione di 7tpo<plJ't'EVELV non è molto
a Giovanni»; si sottintende poi tacita- frequente (-7 col. 570) e in questo pas-
mente l'apodosi nel senso del Vangelo di so è soggetta alla stessa critica contenu-
tistica che vale per la traduzione annun-
Luca: con Giovanni è giunto il tempo ziare profezie. Se si continua a intendere
del compimento 368• i!wc; in senso temporale e a ritenere ne-
cessaria un'integrazione adeguata, 'ltflO·
Con questa interpretazione si pone <pTJ't'EUEtv gwc; può significare soltanto
tutto l'accento su ciò che non compare 'pronunciare profezie' fino a questo mo-
nel testo, ma che viene aggiunto. Da mento inadempiute, trovarsi nello stadio
questa integrazione si deduce poi il sen- delle profezie non ancora adempiute.
so di 7tflOCflTJ't'EVEW. Il verbo non può es- Questo senso di 'ltpocpryce:uetv è molto
sere preso nel significato letterale, poi- inconsueto, perciò non si può intendere
ché profeti e legge (con questi due ter- Hwc; come proposizione temporale che dà
mini si intende tutta la Scrittura) hanno il limi te del 7tpocp'l)'t'EUEtv, bensì come og-
cessato di profetizzare non esattamente getto del 7tflOcp'l)'t'EVELV, che altrove può
dopo la comparsa di Giovanni, ma pa- essere espresso da dc;: IEp. 35,8 s.; Ez.
recchio prima. Con 7tpo:p't')'t'EUEW non si 12,27; Bam. 5,6. ewç col genitivo, che
può nemmeno intendere che legge e pro- può avere senso locale, è usato in Mt.
feti fino a Giovanni poterono solo pro- 11,13 in modo analogo a Elc; in senso
fetizzare 369 , poiché questo è rimasto il traslato. Poiché l:'.wç è connesso anche
loro compito anche dopo Giovanni. Né con preposizioni indicanti 371
l'orientamen-
il senso originale del detto può essere to verso uno scopo , 7tpOcp'l)'t'EVEtv EWc;
che profeti e legge, incluso Giovanni, ha lo stesso significato di 7tpOq>l)'t'EVEL\I
hanno profetizzato. Infatti si sarebbe do- dc;: in vista di, in riferimento a m .
vuto piuttosto dire che legge e profeti t'.wç 'Iwavvou È7tpocp1rtEucrctv non ha
hanno profetizzato fino a Giovanni. Ma
al v. 13 si capovolge, contro ogni con- dunque il senso di una determinazio-
suetudine, la serie cronologica per sotto- ne temporale, che debba esser seguita
lineare l'importanza profetica della leg- da <Ì.'ltÒ 't'O't'E come in Le. 16,16, ma è
ge: anche e proprio la legge ha profetiz-
zato. Con questa affermazione non s'ac- un'affermazione di contenuto: tutti i
corda l'annotazione «incluso Giovan- profeti e la legge hanno profetizzato in

legge e dei profeti arriva fino a Giovanni. non era ancorn eù~yyé)..iov.
Questi segna la svolta delle epoche, ma appar. 368 A. MERX, Das Ev. Mt. (1902) ad l .; SCHLc\1'-
tiene ancora alla vecchia età di cui è fa chia- TllR, Erl. ad l.; LoHMEYER, op. cit. (~ n. 367)
ve di volta (~ n, coll. 255.258 ss.; m, col. 20; ~ OTTO 79.
1054). A tale affermazione Luca aggiunge poi 369 KLOSTERMANN, Mt., ad l.; ~OTTO 79.
una seconda parte nella quale usa il suo ter- 310 ScHLATT!lR, Erl. e ScHLATTER, Komm. Mt.,
mine favorito EÒrt.yyt:Mçoµrt.t; dr. HARNACK, adl.
op. cii. (~ n. 366) 947 s.; DALMAN, Worte ]. 371 PASSOW, s.v.; MAYSER II 2,522 .525.
u6. ÙTtÒ 'tO't'E significa: dopo i giorni di Gio· 372 ]. WEiss, Die Predigt Jesu vom Reiche
vanni viene proclamato l'evangelo. La predica- Gottes1 (1900) 195; A. FRIDRICHSEN, Zt1 Mt.
zione della legge, dei profeti e di Giovanni II, II-IJ: ThZ 2 (1946) 470.
l'iferimento a Giovanni. Con le loro af- la di profeta, in analogia ad altri profeti
fermazioni essi si riferiscono a lui, di dell'A.T. (-7 col. 588). Il titolo di Ky-
rios ora non va più attribuito a Dio, ma
modo che egli è il compimento di tutte
a Cristo (Le. r ,76) 375 e cosl il battistrada
le voci profetiche. Come in Le. la legge e di Dio diventa il precursore di Cristo.
i profeti profetizzano Gesù (Le. 24,27; Secondo Io. r,2r.23 (cfr. Act. r3,25)
Giovanni stesso rifiuta con decisione la
Act. 26,22; 28,23, cfr. 3,24 e Io. 1,45),
pretesa di essere il profeta. Egli è sem-
cosl in questo antico logion evangelico plicemente la voce di uno che grida. An-
essi hanno profetizzato Giovanni. Luca che nella redazione di Mt. II ,10 ss. si ri-
dovette omettere 1tpocpri-te:ue:w, perché fiutano pretese profetico-messianiche e
Giovanni è dichiarato Elia redivivo.
era in contrasto con i suoi principi teo- L'affermazione che Giovanni è più che
logici. Quindi Giovanni non è un profe- un profeta (Mt. u,9) è spiegata con una
ta di realtà future che rinvia a ciò che citazione da Mal. 3, 1 . Poiché il v. r 1 si
collega meglio direttamente al v. 9 e an-
verrà dopo, ma è lui stesso il portatore
che Le. 7 ,2 6 cod. D ha questa sequenza
di salvezza, che dà inizio all'era nuo- e solo dopo colloca la citazione, si potrà
va 373. supporre che Mal. 3,1 sia stato aggiunto
in seguito per limitare le pretese messia-
e) Contro la valutazione del Battista niche dei discepoli di Giovanni 3n. An-
rimasta viva presso i suoi discepoli an- che il detto che elevava Giovanni al di
che dopo la morte di Giovanni prende sopra di tutti gli uomini ( v. II") doveva
posizione varie volte il N.T. Attraverso essere ridimensionato. Dato che il ver-
la disposizione della materia nel suo van- setto r 1b si trovava già in Q, la polemi-
gelo dell'infanzia Luca esprime una su- ca contro Giovanni è antica. Se sulla ter-
periorità di Gesù rispetto a Giovanni, ra egli può essere chiamato il più gran-
che in origine non era contenuta nei te- de di tutti gli uomini, nel regno dei cieli
sti 374• Verso la fine dell'età protocristia- il più piccolo sarà a lui superiore. Con
na si perde di vista che il Battista posse- ciò si dice che Giovanni è ancora fuori
deva lo Spirito (-7 col. 589) (Mc. 1,8; del compimento escatologico, e non è
Act. 1,5; 19,2) 375• Quindi la vocazione affatto pensabile che egli sia il profeta
di Giovanni dovette esser ridotta a quel- escatologico (-7 III, col. 1054) 378• Infine
m E. KAsEMANN, Das Problem des histori- inqt1it, maior est 011111ib11s, sille dubio et Moy-
schen Jesus: ZThK 51 (1954) 149; G. BORN· se et ipso Jesu maior habendus est. Q11od si
KAMM, Jesus von Nazareth (1956) 46. omnium maior est, ipse est Christus. E ancora
m VIELHAUER, op. cit. (-+ n. 356) 264 s. (1,54) : Ex discipulis Joha1mis, qui videbant11r
esse magni, segregartmt se a populo, et 111a-
375 M . DIDELIUS, Jungfrauensohn tmd Krip-
gistr11m mum veluti Christum praedicartml.
penkind, in Botschaft und Geschichte I (1953)
378 D1Bl!LIUS, op. cit. (-+ n. 377) 13; LoH-
4· MEYER, op. cii. (~ n . 367) 19 n . I . MtCH!ll.
376 -+ CULLMANN 24. (-+ VII, coll. 238 s.) e-+ CuLI.MANN 23 nn. ;.i.
377 M. DIBELIUS, Die t1rchr. Oberlieferung 0011 31 cercano in ogni modo di rendere plausibile
Johannes dem Taufer (1911) u; cfr. Pseud.- la tesi proposta da F. DrnnLIUS, Zwei Worte
Clem., recogn. 1,60: Et ecce tmus ex dircipulir Jes11: ZNW II (19ro) 190 secondo cui il det·
Joba1111is adfirmabat, Christt1111 Johan11em fuis- to dovrebbe significare che Gesù, il quale ora
se, et 11011 Jesum; in ta11t11m, inq11it, ut et è ancora il minore perché discepolo del Batti-
ipse Jesus omnibus hominibus et prophetis ma- sta, diventerà più grande di Giovanni alla ve-
iorem esse prommtiaverit Joham1em. Si ergo, nuta del regno di Dio.
599 (vr,842) T.poqin·n1ç r.-r>.. u I\' 3c - v 1 11..1. rneoricni

l'ardita affermazione. che tutta la Scrittu- sù dice: «È impossibile che un profeta


ra con le profezie parla di Giovanni muoia fuori di Gerusalemme». Anche
( v. l 3) viene ridotta al senso che le pro-
fezie riguardano Giovanni quale Elia re- in questo caso, come in Mc. 6,4, non si
divivo (v. q). Come indicano le parole tratta di un titolo che Gesù si attribui-
d ilÉÀ.E'tE OÉça<rilClL, si tratta di un'inter- sce, bensi della citazione di un'opinione
pretazione particolare, non ancora nota,
della persona del Battista (--'> IV, col. comune. Ma poiché Gesù non solo ac-
9 r ). Allusioni al fatto che Giovanni era cetta quest'idea ma si accinge a realizzar-
l'Elia promesso da Malachia si trovano la, si inserisce nella schiera dei profeti.
sia nella fonte dei racconti (Mc. 9,13 Nella maggior parte dei casi il popolo
par. Mt. 17,12) sia in quella dei logia
(Mt. II,IO par. Le. 7,27). Tuttavia l'af- vede in Gesù un profeta (Mc. 6,15 par.;
fermazione esplicita l'abbiamo solo in 8,27 s. par.; Mt. 21,1i.46; Le. 7,16; Io.
Mt. II ,q. La chiesa primitiva non rifiu- 6,14; 7AO). Talvolta sono singole perso-
ta Giovanni Battista, ma non lo conside-
ra il profeta escatologico, l'apportatore ne a designarlo in questo modo: la sa-
dell'età messianica, bensì il precursore, maritana (lo. 4,19) e il cieco nato (Io.
l'ultimo profeta prima del Messia. 9,17). Il fariseo Simone vaglia criti-
V.Gesù camente la verità della voce secondo
I. Ad un controllo statistico la desi- cui Gesù sarebbe un profeta e giunge a
gnazione di Gesù come profeta non ri- un risultato negativo (Le. 7 ,39). Anche
sulta particolarmente frequente nel N.T. in Io. 7 ,5 2 i Farisei rifiutano con la mas-
Nella fonte dei racconti si trova solo sima decisione Gesù come profeta per
due volte : Mc. 6,15 (par. Le. 9,8) e Mc. motivi teologici (-7 col. 6n )_Viceversa
8,28 (par. Mt. 16,14 e Le. 9,19). Mc. 6, in Le. 24,19 si narra che alcuni discepo-
4 (par. Mt. 13,57; Le. 4,24; Io. 4>44) li l'hanno considerato un profeta e in
non rientra in questo contesto, perché Act. 3,22 Pietro vede in Gesù il profeta
Gesù in questo passo non si definisce promesso da Deut. 18,15; cosl fa anche
profeta 379 ma per mezzo di una frase Stefano in Act. 7 ,37. Nessuno dei quat-
proverbiale paragona la sua sorte a quel- tro evangelisti usa il titolo quando par-
la di un profeta. In Q Gesù non è mai la di Gesù con parole proprie e, a pre-
presentato come profeta; come tale in- scindere da Le. 13,33 e~ V. sopra), nem-
vece compare due volte nel materiale meno Gesù si definisce mai esplicitamen-
proprio di Matteo (21,11.46) e relativa- te profeta. Con ciò non si vuol negare
mente spesso in Luca (7,16.39; 24,19 ; che il titolo di profeta attribuito a Gesù
Act. 3,22 s.; 7,37) e in Giovanni (4,r9; in origine fosse più frequente di quanto
6,14; 7,40; 9,17). In Luca va inoltre appaia dalle testimonianze degli evan-
preso in considerazione 13,33, dove Ge- gelisti 38.'J.

379 Diversamente intendono WEtss, op. cit. <~ ad l.


Il . 372) 159 e MICHAELIS, op. cit. <~ n . 342) 3so ~ GuY 62 .
UVl \ v.i.,v~;,1 ··("'-y ••• "J'";ll - - - - •• - • - _, ... - • - --- ------1

2. Le concezioni riguardanti Gesù co- un profeta (Io. 4,19). Più diffidente è Si-
me profeta sono quanto mai disparate. mone il fariseo: «Se costui fosse un pro-
In Mc. 6,15 Gesù è probabilmente desi- feta, dovrebbe sapere chi e qual donna
gnato come uno dei comuni profeti d'al- sia» (Le. 7 ,3 9). È vero che si rivolge a
lora (-?>col!. 552 ss.), non un profeta ve- Gesù con il titolo di &t&actxaÀE, sor-
terotestamentario381 e ancor meno il pro- prendente in bocca a un fariseo, ma diffi-
feta escatologico 382, se di lui il popolo cilmente ha visto in Gesù il profeta esca-
dice: O'tL 7tpocp1yt1]c; wç EL<; -cwv 1tpocp11- tologico che adduce In promessa èra
-rwv. EL<; non è qui il numero cardinale, della salvezza JU. Egli dubita che Gesù
ma ha il senso del pronome indetermi- sia un profeta. Nel corso del colloquio
nato 't'Lç 383 • Si considera Gesù come un poi Gest1 gli mostta di conoscere molto
profeta alla stregua di uno qualsiasi dei bene il passato della donna e di poter
profeti che comparivano qua e là. Così scrutare il cuote di lei e dell'interlo-
pure in Mc. 8,28 (par. Mt. 16,14) non cutore.
s'intende il ritorno di uno dei profeti
della Scrittura, se in forma abbreviata di 3. In alcuni passi Gesù è paragonato
lui si dice: Elç -cwv 1Cpocp11-rwv. Anche in a profeti veterotestamentari o addirittu·
questo caso dç non ha valore numerale ra identificato con uno di loro. Le. 9,8
e non significa l'unico dei profeti, ossia muta l'espressione wc; EL<; .. wv 'Itpoqn1-
quello preannunciato da Mosè 384 , ma, 'tW\I di Mc. 6,15 in TIPO<J>TJ't"ll<; -etc; 't'WV

come in Mc. 6,15, è sinonimo di 'tL<;, di àpxalwv, di modo che Gesù non rientra
modo che Gesù viene considerato un più nella schiera dei profeti del suo tem-
profeta comune 385 . Un profeta ha il do- po, ma è equiparato ai profeti dell'epoca
no soprannaturale di conoscere i fatti classica. Lo stesso passaggio avviene per
nascosti(~ n. 400). Qiiando Gesù svela Mc. 8,28 nei paralleli Mt. 16,14 e Le. 9,
alla samaritana alcuni particolari del pas- r 9. Anche in questo caso Luca ha 'Itpo·
sato di lei, agli occhi della dorina egli è <J>TJ'ti'J<; ne; 't'WV àpxalwv, mentre secon-

381 Cosl ScHLATTER,Eri.; ] . Wmss, Schr. N. Ma probabilmente il testo occidc:1tale non va


T.; LoHMRYER, J. ScHMm, Dar Ev. 11acb
Mk. e preferito quale lectio dilficilior.
Mk.' (1954) ad l. ; ~ CuLLMANN 33 s.
383 ~ vn, col. 791 n. n9; -+ Gu.s 2 r.
31U Cosl ~ CuLLMANN 33 s. Egli appoggia la
lezione occidentale (cod. D e altri) che trnla- 384 Cosl -+ BORNHAUSER 129.
sda wc; e ha solamente le parole Elc; 'tW\I 385 ~ MEYER I I.
'F.PO<JlT)'tCJV. In questo modo Gesù non viene
paragonato ad uno dci profeti, bensl identifi- 386 Cosl ScHLATTER, Komm. Lk., ad I. L:i le-
cato con lui, cioè con uno dei profeti dell'A.T., zione o
'ltporpTJ'tTJ<; del cod. B esprimerebbe
senza precisare se si tratti cli Mosè, Ei10c, Ge- proprio questa idea. Tale lezione va però con-
remia o qualche altro. Gesù sarebbe cosl uno siderata secondaria, perché gli altri codd. non
dci grandi profeti che alla fine dei tempi vie- avrebbero certo diminuito il \•:ilore e il signi-
ne in terra nelle vesti di salvatore messianico. ficato di Gesù.
1tpoqrirrTJ<; X'tÀ. U V 3 (G. rrJedrtCh)

do Mt. 16,14 il popolo prende Gesù per a quella implicita nella formulazione ve-
Geremia (-> 1v, coli. 738 ss.) o per EVCI. terotestamentaria: «Così parla Jah-
vé» 389 • Con essa nell'A.T. i profeti ini-
-.wv 'ltpoq:nrrwv. ziano i loro discorsi; nel N .T. con l'os-
servazione Èl;ova-lav lxwv il popolo e-
Come risulta dai passi, il raffronto tra sprime l'impressione che riceve dai di-
Gesù e i profeti dell'A.T. è seconda- scorsi di Gesù. In ambedue i casi si e-
rio, benché ovvio, in quanto Gesù, co- nuncia un'autorizzazione che viene da
me prima di lui il Battista (~ col. Dio, per cui anche il termine Èl;ovula
588), aveva ripreso l'appello dei pro- indica che le parole di Gesù sono profe-
feti alla conversione (~ vn, coll. 1175 tiche m. Nella rappresentazione degli e-
ss.; Mc. 1,15; Mt. 4,17; 11,20; Le. vangelisti la maledizione dell'albero di
5,32; 13,3.5) e nel combattere il for-
fico (Mc. rr,13 s. 20 s. par. Mt. 21,19s.)
malismo cultuale giudaico si appellava a è un'azione profetico-simbolica di Ge-
profeti quali Isaia (Mc. 7,6 par. Mt. 15, sù 391 , che in forma di segno esprime
7, cfr. Mc. 12,l par.), Osea (Mt. 9,13; realmente il ripudio d'Israele 392• Proba-
12,7), Geremia e Deutero-Isaia (Mc. 11,
bilmente in origine si trattava di un rac-
17 par. Mt. 21,13 e Le. 19,46), come pu- conto parabolico, ma poi la tradizione
re Giona (Mt. 12,41 par. Le. n,32) 387 •
lo modificò in parabola in atto, sicché
Gesù non spiegava la Scrittura didatti-
ora corrisoondc alle azioni simboliche
camente e pedantemente come i rabbini, dei profeti·veterotestamentari 393 •
ma si rivolgeva al popolo con un'imme-
diatezza e un vigore che erano dono di Se la passione e la morte di Gesù so-
Dio, esattamente come avevano fatto i
profeti dell'A.T. (-7 III, col. 651). Perciò no viste come martirio del profeta (Le.
il popolo si rendeva conto che: «Egli in- 13,33), Gesù è posto sullo stesso piano
segnava loro come uno che aveva auto- del profeta perseguitato dell'A.T. (~
rità e non come i loro scribi» (Mt. 7,29;
Mc. 1,22; cfr. r,27; Le. 4,32.36). Dai coli. 582 ss.). Contro questa tendenza si
rabbini non lo distingueva un diverso sottolinea spesso che egli è superiore ai
grado di conoscenza, ma un principio profeti veterotestamentari: «Vi è qui
completamente diverso. Egli insegnava
ben più di Giona» (Mt. 12,41). Gesù
come uno che era stato autorizzato in
modo particolare da Dio, per cui la sua non può essere agguagliato ai profeti del-
era parola di Dio alla quale gli uomini 1'A.T., perché egli dà inizio alla nuova
non potevano sottrarsi. Benché il ter- epoca che i profeti veterotestamentari
mine H;ovula non sia applicato all'agire
dei profeti veterotestamentari 388, tutta- si sono limitati a preannunziare(~ col.
via nei vangeli dà corpo a un'idea affine 578). <{Molti profeti e re vollero vedere
387 H. J. CADBURY, Jesus a11d the Prophets: STAHUN, Die Gleichnisha11dlt1ngen ]esu, in
The Journal of Religion 5 (1925) 607-622. Kosmos tmd Ecclesia, Festschr. fiir W. Stnhlin
38S ~ BARRETT 96; LOHMEYER, Mk. a I,22. (1953) 9-22; J. }EREMIAS, Die Gleichnisse Je-
389 ~ DODD 74. m' (1956) 192 s.
390 .RErTZENSTl!IN, Poim. 48 n. 3; ZAHN, Lk. a 392 R. ScHNACKENBURG, Die sittliche DotschafI
4.JZ; J. Wmss, Schr. N.T. a Mc. 1,22; STRACK- des N.T., Handbuch der Moraltheologie VI
BrLLERDllCK a Mt. 7,29; H. HuBER, Die Berg- (19.H) 14 s.; cfr. ScHMID, op. cit. (- n. 381)
predigl (1932) 164 s. adl.
m Cfr. le azioni paraboliche di Gesù,~ DoDD 3~3 KLOSTERMANN, Jrlk. , ad/.; }. SCHNIEWIND,
77; FLEMINGTON, op. cit. (~ Il. 353) u8 s.; G . Das Ev. nnch Mt., N.T. Deutsch :z• (1956) ad l.
ciò che voi vedete e non l'hanno vedu- che di Gesù(~ III, coH. 342 ss.). Al suo
to, e udire ciò che voi udite e non l'han- battesimo egli vede il cielo aperto e da
esso scendere lo Spirito in guisa di co-
no udito» (Le. 10,24, cfr. Mt. 13,17). lomba, e ode una voce parlare dal cielo
Essi sperarono soltanto, non vissero il (Mc. r,ro s.). Secondo Le. ro,I8 egli ve-
compimento (I Petr. l,IO s.). Gesù non de Satana cadere dal cielo come una fol-
gore 395 e secondo Io. 12,28 risuona una
è solo profeta, è colui che realizza la
q>wvi} éx 'tOU oùpcx.vou, come nelle apoca-
profezia. lissi giudaiche 396• In Le. 10,21 si dice
4. Numerosi episodi e discorsi di Ge- che Gesù i}ycx.À.À~Ma'to 't~ 1t\IEVµ<x.'tL
'tQ à.yl<p, «esultò per lo Spirito santo»
sù, pur non contenendo vocaboli della (~ I, cobo), nel senso che egli fu in-
famiglia di 'ltpOcp'l')'tEVE~\I, presentano a- vestito dallo Spirito, sicché le sue parole
spetti specifici dell'azione di un profeta. ne erano ispirate 397 • In generale le testi-
monianze dei vangeli circa le visioni e
a) Come i profeti dell'A.T. (~ col. le estasi di Gesù non sono frequenti 398 ;
B v; cfr. più tardi anche Gesù ben Ana- tuttavia non si può del tutto escludere
nia ~ coli. 557 s.), anche Gesù ha pro- che in origine fossero più numerose e
nunciato oracoli di salvezza e parole di che non siano state accolte nelle tradi-
minaccia 394. I vangeli presentano nume- zioni fissate nei vangeli perché non si è
rosi richiami di salvezza (per es. Le. 6,20 visto in Gesù un profeta e tanto meno
ss. par. Mt. 5.3 ss.; Le. ro,23 par. Mt. un apocalittico 3w.
13,16 s.; Mc. ro,29 s.) e minacce di Ge-
sù (per es. Le. 6,24 s.; Mt. n,21 ss. par. e) Gesù mostra di possedere una co-
Le. l0,13 ss.; Mt. 23,13-29 par. Le. n, noscenza soprannaturale e non solo in
42-52).
Le. 7,39 ss. e in Io. 4,19 (~coli. 601 s.).
Nei vangeli troviamo numerosi esempi
b) In alcuni passi i vangeli accennano di questa conoscenza e chiarov~genza
a visioni, audizioni ed esperienze estati- profetica dei pensieri dell'uomo . Nel-

.rn BULTMANN, Trad. n3-r24; H. WEINEL, Bi- 398 Non vanno annoverate tra tnli testimonian-
blische Theol. des N.T.' (1928) 107; ~ MEYER ze i racconti della tentazione e della trasfigu-
IJ-I6. razione: - VIII, coll. 994.995 ss. e il commen-
395 Secondo HAUCK, Lk., ad l.; KtiMMEL, op. to su Gesù che troviamo in Mc. 3,21.30. Cfr.
cit. <~ n. 367) 106 s.; ~ GILS 86 il passo in- ~ BARRETT 96.
dicherebbe un'esperienza visionaria. Altri in- 399 BULTMANN, Trad. u3; H. WINDISCH, Je-
vece intendono l'affermi12ione in senso figurato tmd der Geist nacb sy11opl. Oberlie/er11ng,
sttS
oppure come una visione spirituale, ciò che è in S. ]. CAsn, Studies i11 early Christia11ity
del tutto possibile: WELLHAUSllN, Lk.; Rl!NGS- (1928) :i35.
TORF, op. cit. (-7 n. 355); J. ScHMrn, Das Ev.
'400 ~ MEYER 12.104; ~ GuY 57 s.; ~ GrLS
nach Lk.1 (x951) ad l.; M. GoGUEL, Pne11ma-
tis111e et eschatologie dans le chrìstia11isme pri- 87 s. I seguenti esempi mostrano che fa cono-
miti/: Revue dc l'Histoire des Religions r32 scenza soprannaturale è una caratteristica del
profeta: «Come giunse da casa a uno dei di-
(1947) IH·
scepoli dì R. Akiba la notizia 'tua figlia è giun-
396 BAUER, ]oh., ad l. tà in età da marito, vieni e dàlla in sposa',
'391 ScHLATTER, Erl.; KLOSTBRMANN, Lk.; subito R. Akiba guardò nello spirito santo
HAUCK, Lk., ad l .; - BARRETT 101 s.; - TAY- (cioè in virtù del suo dono profetico) e disse
LOR r 5; - RmsENFllLD r45; di parere diverso ai suoi discepoli: 'Chi ha una figlia in età da
è invece H. v. BAER, Der bei/. ·Geist in den marito vada e ln dia in sposa'»: Lev. r. u (120
Lk.-Scbri/te11 (1926) 73 s. e) in S'I'RACK-BILLERBECK II I33 · Pseud.-Clem.,
607 (Vl,ll-J.5J

l'episodio della guarigione del paralitico parazione alla cena pasquale sa che i di-
calato attraverso il tetto Gesù vede (l- scepoli incontreranno un portatore d'ac-
òwv) Ja fede dei barellieri (Mc. 2,5; Mt. qua il cui padrone possiede una sala che
9,2; Le. 5,20), così come conosce anche metterà a disposizione di Gesù (Mc. 14,
i pensieri degli scribi (Èmyvovc;: Mc. 2,8 13 ss. par. Le. 22,10 ss.). Anche che uno
e Le. 5,22; Elowc;: Mt. 914). È a cono- dei suoi discepoli lo tradirà, gli è noto
scenza (ilòe~) dei disegni degli scribi e in anticipo (Mc. 14,18; Mt. 26,21; Le.
dei Farisei (Le. 6,8; Mt. 12,25 par. Le. 22,21; Io. 6,64_7os. e lJ,II.18s.), e eh~
11,17), come pure dell'ipocrisia dei Fa- tutti gli altri patiranno scandalo (Mc.
risei e degli Etodiani (dowi;: Mc. 12, J4,27 par. Mt. 26,31) e Pietro lo rinne-
15; yvovc;: Mt. 22,18; xci-ca..vo{ia-a.c;: gherà (Mc. 14,30 par. Mt. 26,34 e Le.
Le. 20,23). Inoltre ·sa (elowc;) che cosa 22a4). Secondo Mc. 8,31 par.; 9,31
pensano i suoi discepoli (Le. 9,47). Egli par.; lO,J2 ss. par.; 14,27 s. par. Gesù
scruta il giovane ricco (Mc. 10,21) e ha parlato della sua passione, morte e
Zaccheo (Le. 19,5) e conosce la situazio- risurrezione prima che tutto ciò avve-
ne della vedova povera (Mc. 12,43). EgLi nisse. Per le allusioni del tutto concrete
ha la capacità di penetrare nei più re- a particolari della storia della passione
conditi meandri dcl cuore umano (I o. le formulazioni sono certamente poste-
2,24 s.). riori alla risurrezione di Gesù; tuttavia,
come indica Le. 13,33, durante la sua vi-
cl) Gesù non solo scruta l'animo de- ta Gesù deve aver previsto di morire di
gli uomini che incontra, ma conosce an- morte violenta a Gerusalemme (~ IX,
che il futuro. Soprattutto la storia della col. 430) 491 • In Io. 14,29 egli preannun-
passione descrive in forma leggenda- cia il suo ritorno al Padre, in Io. 16,4 le
ria come Gesù abbia previsto molte cose petsecuzioni. Secondo Mt. ro,23 Gesù
nei particolari. Per la sua superiore co- promise che il Figlio dell'uomo sareb-
noscenza predice ogni dettaglio ai disce- be venuto prima della fine della missio-
poli: l'animale è un puledro che nessun ne a Israele 402 , secondo Mc. 9,1 par. Mt.
uomo ha mai cavalcato, ed è legato (Mc. r6,28 e Le. 9,27 che alcuni contempo-
11,2 par. Mt. 21,2 e Le. 19,30). In pre- ranei di Gesù avrebbero visto venire

hom. 2,6,1: TCpocpni:ric; of; 0:)..'I)ftdO'.c; Eu'tb ? 401 ~ DODD 73; ~ GtLS 28.
TC6:.v-coTE n6:.vTa. El&wc;, "Tà. µtv yryov6i:a. wç
lyÉVE'to, -r:ò. &È ytv6~va. Wc; ylvETo.t, -cU. 402 Il detto annuncia l'imminenza del regno di
Sf; ~CT6~va. wç fo"tat. hom. 3,u,2: itpc- Dio e contiene quindi una previsione che non
qn'J1"1')c; &I: Ò.À.T)~ç fo'TL'll O "Jtà'V'l"a 1ta'\l't0- si era ancora avverata quando il vangelo fu re-
1"E El&wc;, ~n 01: xat -.àc; 1t&.'111"wv lvvola.c,. datto. Per questi motivi si può ritenere che fa
hom. 3,13,r s.: otò ·ul}appT)x6-r:wç H;ETlilETO parola sia stata pronunciata proprio da Gesù.
1ttpt '\"W\I µEÀ.M'V'tW'll foi:.o-&at... "Jtpoqn'JTT)ç Di questo parere sono J. WElss, Schr. N.T. e
yàp C:.'V a'TC'tcttO''t"Ot;, à."JtElP<P IJ!ux;i'i<; 6ql'Da)..µ4'J SCHNIEWIND, op. cii. (~ n. 393) ad l.; Ki.iM-
1t&.v-cct xcno1t-.EUW\I l"Jtlu-raTai À.avl>&.vwv. MllL, op. cit. (~Il. 367) 56 s.; J. }llRI!MlAS, }e-
Theo<l. Mops. n r Cor. 12,10 in K. STAAD, Pau- SII Vcrheimmg fiir die Volker (r956) 17 s.; di
luskommentare aus der griech. Kirche, Ntl opinione diversa sono invece W. BoussET, Ky-
Abh. 15 (1933) 190: 1tPOcp'l')'tEla.v ot q>1JO't'll EL- rios Christos2 (19:zi) ro n. 3; BuLTMANN, Trad.
vat "TTJ'' -cwv µEÀ.À.6'\l"tW\I TCpoa.y6pt:vow, H- r29; E. GRXsSI!R, Das Problem der Parusic-
'YEO'fta.t oÈ xat TÒ -.à. Èv TCp&.l;Et fi<tot xat ~ou­ verzogerung in den synopt. Ev. und in der
ÀEuµaow aOT)À.ct O'llT(.( 'tO~ 1toÀ.Ì..O~ ditE~'ll, Apostelgeschichle, Beih.ZNW 22 (1957) I38;
6.)..).à. µi)v xat 'tÒ -rà. 1tttpt:À.T)À.uDO·m. xat lt.- PH. VIELHAUER, Gottesreich u11d Mcnschen-
yvooù~va. 1"0~<; 1téiO't OIJ\IT)lnj\lat El1tE~'V w:; sohn in der V crkiindigung ]es11, in Festschrift
Mwiiai)c; otT)'YlJO'Mo li"Jta'\l'\"a. fiir G. Dehn (r957) 58-6r.
con potenza il regno di Dio 4i13 _ Anche se no che gli evangelisti erano fermamente
molti logia apocalittici non risalgono a convinti della prescienza di Gesù, il qua-
Gesù, egli ha sicuramente parlato del fu- le in effetti deve aver preannunciato al-
turo regno di Dio. Non è lecito rifiutare cuni fatti con chiaroveggenza profetica.
quali vaticinio ex eventu tutte le parole
5. In alcuni passi del N.T. Gesù vie-
di Gesù riguardanti avvenimenti futuri,
soprattutto se gli avvenimenti si sono ne chiaramente considerato il promesso
svolti in modo diverso da quello predet- profeta del tempo finale(~ coli. 56I SS.).
to. Mc. I3 contiene elementi di tradizio-
ne desunti dall'apocalittica tardo-giudai- a) Nei loro discorsi Pietw (Act. 3,22)
ca, parole di Gesù ed interpolazioni del- e Stefano (Act. 7,37) applicano a Ge-
la comunità che rispecchiano esperienze sù Deut. I8,r5 (~ vn, coll. 817 ss.) 406 •
d'un'età seriore. Tuttavia la predizione
della distruzione del tempio (Mc. I3,2), Anche Io. 7AO e Io. 6,14 presuppongo-
che ricalca lo stile della veterotestamen- no l'attesa del profeta simile a Mosè.
taria profezia di sventura, è certamente Dopo la moltiplicazione dei pani la
anteriore ai fatti (~ IV, coll. 804 s.) <11».
Anche la frase di Gesù sulla sorte dei gente dice: où'toç É<n~v à.À:rii}wç ò
figli di Zebedeo (Mc. I0,39) è un'antica 1tpocp'l)'t1Jç o ÈpxoµEvoç E.lç -tòv xéxrµov,
profezia. Poiché probabilmente Giovan- «questi è veramente il profeta che deve
ni non ha subìto il martirio, in Mt. 20,
venire nel mondo» (Io. 6,r4), perché ciò
22 la profezia di Gesù è corretta dall'o-
missione della frase riguardante il batte- che ha1lllo vissuto ricorda loro il mira-
simo di sangue 405 . Questi esempi indica- colo della manna {~ VII, col. 80 2) 407 . In
40.l Si tratta probabilmente di un orncolo di SCHER, Der Urspr1111g der Apokfllypse Mk. IJ :
consolazione e di esortazione alla vigilanza del- ThBl 12 (1933) 192 s.; ""' OTTO 290; F.
la prima profezia cristiana al tempo in cui Busc11, Zt1111 Versta11d11is der synopt. Eschato-
l'attesa escatologica perdeva d'intensità; tale O· logie; Mk. IJ 11eu 1111tersucht, NT.liche For-
racolo fu poi inserito nel discorso di Gesù. Per sch:rngen rv i (1938) 69; M. MEINERTZ, Theol.
questo passo che tanto ha impegnato la critica des N.T. I (1950) 58 s.; O . CULLMANN, Petms
dr., oltre ai commentari ad l., BULTMANN, (1952) 222 s.; G. HARDl!R, Das eschfltologische
Trad. 128;-+ Ono ux; W. MrcHAl!US, Der Geschichtsbild der sog. kleine11 Apk. Mk. I3:
Hcrr vertieht nicht die Verheissung der Paru- Theologia viatorurn 4 (1952) 72; KUMMEL, op.
sie, in In Tllemoriam E. Lohmeyer (1951) n8; cit. (-7 n. 367) 92-97; G. R. BEASLEY-MURRAY,
R. MoRGENTHALER, Kommendes Reich (1952) Jesus and the Ft1tt1re (1954) 40; MARXSEN, op.
52 s.; KiiMMEL, op. cit. (~ n. 367) 19-22; W. CÌJ. ( - n . 403) II5 .
MtCHAELIS, Kennen die Synopt. ei11e Verzoge- 405 ~Dovo 77; ~OTTO 291; J. ScHNIEWINu,
rung der Pamsie?, in SynopJ. St11dien, Wiken- Dfls Ev. nach Mk., N.T. Deutsch 1' (1958) ad I.
hauser-Festschr. (1953) n6; E. PERCY, Die 406 - STAERK 63 s.; ~ MEYER 24 s.; ~
Botschaft Jesu, Lunds Universitets Arsskrift, ScHOEPS 89; C. Ct·IAVASSE, Jesus Cbrist fltld
N.F. 49,5 (1953) l77i H. CoNZELMANN, Die Moses: Theology 54 (1951) 289; E. L. ALLEN,
Mille der Zcit, Beitriige zur hlstorischen Theol. ]es11s and l\foscs in the N.T.: ExpT 67 (1955/
1?2 (1957) 88 s.; W. MARXSEN, Der Evangelist 56) 104; HAENCHF.N, Ag., (/d l.
Mk., FRL 67 (1956) 140 n. l; GRXsSl!R, op. -401 JoH. ]EREMIAS, Das Ev. nach Job . (1931)
cii. (-+ n, 402) 133 s. ad l.; -+ MEYER 26; ~ DAVIES 244; ~ RIE·
404 Prescindendo dai commentari ad l., dr. la SENFELD 143; ~ TAYLOR 16; ~ CULLMANN
discussione del passo in MEYER, Urspr. I 125 35; H. STRATHMANN, Dav Ev. nach Joh., N.T.
n. 1; ~ Dono 76; ]. ]EREMIAS, Jesus als Welt- Deutsch 4' (1955) a<l I.; -7 VAN DER WounE
vol/e11der, BFTh 33,4 (1930) 39 s.; M. Go- Bo ; diversamente interpretano BuLTMANN,
GUEL, Dfls Leben ]est1 (1932) 263 s.; G. H6L- ]oh., ad l. ; - FISCHEL 158.

~ 1ra1:1Je Jirul.:o :1.i


1tpoqJ'i)'t'lJ<; x-rA.. 1J v 5a-b ( ~. 1•nearicn1

Io. 7.40 il popolo dice : oì.i't'6ç EO"'tW &.- tuttavia avevano sperato che egli sareb-
À T)i>wc; o1tpocp1)'t'r)c;, perché si attendeva be stato ben di più: infatti come Mosè
che il profeta simile a Mosè ripetesse il (Aet. 7,22 ~ II, col. 1513) anch'egli si
miracolo dell'acqua della roccia in Ho- era mostrato potente in parole e opere.
reb. In lo. 7,52 probabilmente si deve Perciò essi avevano sperato che egli a-
leggere ò 1tpocp1rn1c;, per cui risulta che vrebbe liberato Israele (Le. 24,2r) come
s'è contestata l'origine galilaica del pro- Mosè era stato inviato per liberare il suo
feta escatologico 408 • Pare che anche i si- popolo (Act. 7,35) 410 • Anche Le. 7,r6
nottici vedano in Gesù il profeta escato- tratta probabilmente del profeta messia-
logico; in questo senso va probabilmen- nico. Ancora una volta Gesù non è det-
te intesa l'osservazione di Mc. 6,14, se- to ò '1tpoq>1)'t"f]c; ma è elevato al di sopra
condo cui Gesù è il Battista risorto (~ della schiera degli altri profeti, come di-
col. 593). All'ingresso di Gesù in Geru- mostra l'aggettivo µÉyac;. Nella risurre-
salemme il popolo proclama: oì.i-.6ç È· zione del figlio della vedova di Nain l'im-
Cf'tLV ò 1tpocp1)'t1]ç 'l1J<rouc; ò &.rcò Na~a­ pressione della folla è che si abbia un
pÉi> (Mt. 21,u) non nel senso che lori- evento escatologico, come prova l'ossel'-
tenga il noto profeta di Nazaret, ma, da- vazione riguardante la visita divina (~
to il carattere messianico dell'intero epi- n. 357) che avviene alla fine dei tempi
sodio - il popolo lo acclama Figlio di (Le. 1,68.78) 411 • Le due frasi lhi 1tpo-
David e colui che viene nel nome del Si- qi1Ji:"fJc; µÉyac; 1}yÉpi>T) Èv i}µ~v, «un
gnore (v. 9) -, perché pensa al profeta grande profeta è sorto in mezzo a noi», e
escatologico: «Questi è il profeta, Gesù <l'tL ÉTCECfXÉ\jlan ò i>Eòc; 'tÒV À.aòv CX.U't'OU,
di Nazaret» 409 • Luca non usa l'espressio- «Dio ha visitato il suo popolo» (Le. 7,
ne ò 1tpocp1)'t1]c;, perché essa non direb- 16) si integrano vicendevolmente.
be nulla ai suoi lettori. I discepoli di
Emmaus definiscono Gesù &.vi}p 1tpoqi1J- b) Molti episodi rispecchiano la con-
't'r)c; (Le. 24,19). Anche dopo che la mor- vinzione che Gesù è il profeta promesso
te ha rapito Gesù, egli rimane per loro in Deut. 18,15, anche senza che si usi il
una grande personalità profetica. Essi vocabolo ò 1tpoq>1Jn1c;.

408 Per Io. 740 cfr. ~ STAERK 66; SCHLATTER, testo e leggere ò 1tPO<illJ't11<;; cfr. BuLTMANN,
Eri., ad I. e ScttLATTJ!R, Job. a 7,38; J. }l!RE- ]oh. e STRATHMANN, op. dt. e~ n. 407) ad I.
MIAS, Golgotha (1926) 83; BuLTMANN, ]oh., La giustezza di tale congettura è confermata
ad J. Per Io. 7,52 dr. E. R. SMOTHBRS, Two dal papiro P66.
Readiflgs in Papyrus Bodmer II: HThR 51 40'1 ZAHN, Mt.; ScHLATTER, Komm. Mt.; LoH-
(1958) 109-111. Non essendo vero che in Ga- MEYER, Mt., ad I.; ~ MEYER 19 s.; ~ CuLL-
1ilea non sorga alcun profeta (il profeta Giona MANN 34·
di 2 Reg. 14,25 è infatti galileo e secondo la
410 ~ MEYER 21 s.; ~ G1Ls 29.
tradizione rabbinica [dr. STRACK-BILLERBECK
ad l.] da ogni tribù d'Israele deve essere uscito 411 RENGSTORF, op. cit. (~ n . 355) a Le. 7,16;
un profeta), è stato proposto di emendare il diversamente interpreta~ CuLLMANN 29.
613 (VI,H41SJ \ .... JV'fV/ V A"f

In modo particolare in Mt. la storia 11 ,5), con ciò fa comprendere di essere


di Gesù è chiaramente in parallelo coi il profeta messianico che porta la con-
racconti riguardanti Mosè 412 • L'annuncio dizione paradisiaca dell'epoca del deser-
della nascita da parte di astrologi, la to. Infatti, secondo i rabbini, fino all'a-
strage degli innocenti e il salvataggio del dorazione del vitello d'oro nel deserto
bambino grazie all'avvertimento dato in nessuno soffriva di flusso, non c'erano
sogno al padre (Mt. 2,2-16) ricalcano la lebbrosi, storpi, muti, ciechi, sordi, ot-
leggenda giudaica sull'infanzia di Mosè tusi; persino la morte era sconfitta 415 •
(~VII, coli. 822ss.). Il ritorno in Egitto Forse anche la citazione di Deut. 18,15
di Mosè fuggiasco (Ex. 4,19) e il ritorno nell'episodio della trasfigurazione (Mc.
di Gesù in Palestina (Mt. 2,20) sono de- 9,7 par. Mt. 17,5 e Le. 9,35) allude al
scritti con le stesse parole. Come Mosè promesso profeta identico a Mosè 416 •
in Ex. 34,28 e Deut. 9,9.18 si trattenne Quando il N.T. descrive Gesù quale
40 giorni e 40 notti sul monte di Dio secondo Mosè, di solito lo fa in una cer-
senza prendere cibo, anche Gesù digiu- ta forma tipologica antitetica; ad es. nel
na per quaranta giorni e quaranta notti discorso dei pani di Io. 6,32 ss. ed anche
nel deserto (Mt. 4,2) 413 • Mosè ricevette in Mt. 5. I vi Gesù non è il legislatore
i comandamenti di Dio sul monte Sinai, che inculca agli uomini il 'dovere', ma il
Gesù dal monte annuncia la volontà di profeta messianico che porta la legge al
Dio (Mt. 5,1 ss.). Quando i Farisei chie- compimento escatologico, di modo che
dono a Gesù un segno, vogliono avere l'uomo la può osservare (Mt. 5,17). La
il mil'acolo messianico di autenticazione potestà e l'autorità del profeta escatolo-
(~ col. 562), che comprovi che egli è gico si manifestano nella frase «ma io
il profeta escatologico (Mc. 8,u par. Mt. dico a voi», che si contrappone al «tu
12,38 e Le. u,16) 414 • E questi miracoli devi» di Mosè (Mt. 5,22.28.32.34.39.
avvengono realmente, ma in modo di- 44). In quanto profeta, Gesù non è so·
verso da come i Giudei s'attendevano. lo un portavoce di Dio che deve intro-
Quando, alla domanda del Battista, Ge- durre il suo annuncio con le parole «o-
sù risponde che i ciechi vedono, gli stor- racolo di Jahvé», ma col suo ~yw oè M-
pi camminano, i lebbrosi sono risanati, yw ùµ~v si colloca direttamente accanto
i sordi odono e i morti risorgono (Mt. a Dio(~ II, col. u47; III, coli. 55 s.) 417 •

412 P. DABl!CK, Siehe, es erschienen Moses und 417 Non si tratta qui cli una formula rabbinica
Elios: Biblica 23 (1942) I76. corrente, come suggeriscono J. AnRAHAMS,
413 Cfr. ScHLATTER, Komm. Mt., ad/.; ~ Studies in Pharisaism and the Gospels I (1917)
BORNHAUSER 30. 16 s.; M. SMITH, 1'a1111aitic Parallels to the
414 ~ MEYER 121 s. e SCHLATTl!R, Komm. Mt., Gospels (1951) 27-30, bensl di qualcosa ùi
(I(//. più: dr. W. G. KOMMEL, Jesus tmd der jiidi-
415 Lev. r . 18 {n8a), cfr. STRACK·BJLLERilECK r sche Traditionsgedanke: ZNW 33 (1934) I26
595 s.; -7 MEYER :i7 s.; FRll!DRICH, op. cit. (-7 n. 77; PERCY, op. cit. (-7 n. 403) x24 n. 3; R .
n. 332) 278; dr. Pseud.-Clem., recogn. 5,10: SCHNACKENBURG, Die sittliche Botschaft des
Rie ergo est vertts propheta ... q11i stans publice N.T. (1954) 37. Cfr. inoltre~ Guy 53 e l(A.
sola i11ssio11e faciebat coecos videre, mrdos a11- SEMANN, op. cit. (-+ n. 373) 144 s., che inter-
dire, fugabat daemo11es, aegris sanitatem redde· preta queste parole alla luce della messianità
bat et mortuis vitam. di Gesù, mentre H. BRAUN, Spiitjiidisch·hiire-
4 16 KLOSTERMANN, Mk.; LoHMEYBR, Mk., ad tischer tmd f riihchr. Radikalismus 11. Die Sy.
/.; ScHNIEWIND, Mk., op. cit. (--) n. 405) ad I.; noptiker, Beitrage zur historischen Theol. 24
RENGSTORF, Lk., op. cit. (-7 n. 355) ad l.; ~ (1957) 5 e 9 ritiene le parole Éyw oè Hyw
GOPPELT 73; H. RrnsBNFELD;Jésus transfiguré ùµ~v opera secondaria di Matteo e non trova
( 1947) 270; FRIEDRICH, op. cit. (-+ n . 332) 309. nell'inasprimento del comandamento nessuna
'itpoqn')'n]I; Y.'TÀ. D v 5b·d (G. l'riedrich) l Vl,ll49J blb

Al discorso del monte seguono in Mt. B- modo normale di predicare senza svelare
9 dieci miracoli di Gesù, come Mosè in il mistero messianico . Egli non si è mai
Egitto (~ E II) ha compiuto ro mi- definito direttamente l'apocalittico Fi-
racoli (Ab. 5,4), ma anche in questo ca- glio dell'uomo né ha mai rivendicato
so si sottolinea la differenza fra Mosè e per sé alcun altro titolo messianico. Ma
Gesù. Mentre i prodigi di Mosè erano ha parlato e agito da profeta. Vari sono
castighi che causavano malattie e morte stati i motivi che hanno poi indotto la
per gli uomini, le opere del profeta esca- comunità primitiva a non dare alla figu-
tologico sono miracoli di salvezza che ra di Gesù un aspetto più tipicamente
instaurano quella condizione escatologi- profetico. In Paolo Gesù non è mai pre-
ca in cui non vi sono più né malattie né sentato come un profeta per motivi po-
afflizioni . lemici, perché si trattava di un tito-
lo usato dai giudeocristiani (~ E u),
c) Nel giudaismo i singoli titoli e le che erano legati alla legge e vedevano
singole funzioni messianiche non si pos- in Gesù il secondo Mosè m. Inoltre
sono distinguere nettamente gli uni dagli per i primi cristiani il titolo di profeta
altri e non è possibile tratteggiare con
era inadeguato alla singolarità e diversi-
esattezza l'immagine del profeta escato- tà di Gesù, poiché esistevano anche pro-
logico(~ col. 559) 418 , perché nell'attesa
feti pagani, giudei e protocristiani 423 • La
escatologica vengono a confluire vari ti- grandezza e la dignità di Gesù erano me-
pi di speranza. Altrettanto accade nel glio espresse da titoli quali Figlio del-
N.T., in cui i diversi modi di conside- l'uomo, Kyrios, Cristo e Figlio di Dio, e
rare Gesù si sovrappongono 419 • Per Io. l'evento della croce era illustrato dalla
6,14 s. e Mt. 21,9-II (~col. 6n) Gesì1 figura del Servo di Dio meglio che dal
è Messia regale e profetico insieme. An- rinvio al profeta perseguitato (~ col.
che i discepoli di Emmaus attendono nel 5 8 3 ). Può essere che in origine la tradi-
profeta il liberatore politico (Le. 24,19 zione circa Gesù quale profeta fosse sen-
[ ~ col. 612]). Pietro nel tempio parla z'altro più ricca, poiché è più probabile
sia del Cristo sia del profeta (Act. 3,18- che le espressioni che lo presentavano
22) 420 , e in Mt. 24,24 ljlw06xpLCT'tOL e come profeta si siano poi tramandate nei
4'euoo7tpoq>fj't'IJ.L sono menzionati insie- titoli di Figlio di Dio, Figlio dell'uomo e
me. Nel N.T. il motivo del profeta è in- Messia, che non che il titolo di profeta
timamente unito ad altre attese messia- gli sia stato attribuito in un secondo mo-
niche. mento 424 • E come i titoli di rabbie mae-
d) Che Gesù non sia mai designato e- stro sono stati abbandonati dall'uso, co-
splicitamente come profeta escatologico sl può essere che ben presto la concezio-
non dimostra che egli non si sia consi- ne di Gesù come profeta sia divenuta se-
derato il profeta 421 , ma è tipico del suo condaria.

traccia, neanche latente, di una qualsivoglia 418 -1> VAN DER WOUDE 83.248 S.
pretesa messianica di colui che pronuncia quel-
la sentenza. Tuttavia bisogna osservare che in 419 FRrnDRICH, op. cii. (-1> n . 332) 305-311.
Mt. 5 abbiamo qualcosa di più del semplice i- 420 -I> MEYER 109.
nasprimento della legge che troviamo presso i 421 -I> CULLMANN 35.
teologi di Qumran. Il rifiuto del giuramento
(Ml. 5>33 ss.) e della legge del taglione (Ml. 422 CHAVASSE, op. cii. (-!> n. 406) 290.
5,38 ss.), l'amore per il nemico (Ml. 5A3 ss.),
stanno in diretto contrasto con la torà; dr.
m --> DAvIEs 254;--> TAYLOR 17.

PERCY, op. cit. (ry n . 403) 163 s . 4?4 -I> FASCHER 178.
VI . Profeti della comunità esorta gli indolenti e gli stanchi, conso-
l. Natura del profetismo protocristiano la e incoraggia (I Cor. 14,3; Act. l;>,32)
i provati (--? rx, coli. 740 ss.). La sua
La profezia protocristiana è il discor-
predicazione d.iscopre la malvagità na-
so ispirato del predicatore carismatico,
scosta degli uomini (I Cor. 14,25). Poi-
mediante cui si rende noto il piano sal-
ché parla nella certezza di possedere u-
vifico di Dio nei confronti del mondo e
n'autorità concessagli direttamente da
della comunità, oltre che la volontà di
Dio, pur essendo esposto alla critica(~
Dio per la vita del singolo cristiano. Il
col. 636) dà norme autoritative.
profeta ha qualche conoscenza dei mi-
steri di Dio (I Cor. x3,2 ( ~ IV, col.
2 . Confronto con i profeti dell'A.T.
829] ), a lui è nota la volontà salvifica di
Dio verso i pagani (Eph. 3,5 s.). Secon- I profeti cristiani hanno molti aspet-
ti in comune con quelli dell'A.T., per cui
do Apoc. 22,6 s. uno dei suoi compiti giustamente portano lo stesso nome. In
precipui è di annunciare gli imminenti Act. 2,17 si dice che nel parlare degli a-
avvenimenti escatologici. Ma egli cono- postoli il giorno di Pentecoste si realizza
la promessa dell'A.T. che nel tempo fi-
sce anche altre cose del futuro. Per es. nale gli uomini avrebbero profetizzato.
Agabo preannuncia la grande carestia Per preannunciare la cattura di Paolo, A-
che sta per abbattersi sul mondo (Act. gabo ricorre a un'azione simbolica alla
u ,28) 425 e a Paolo predice la sorte che
stregua dei profeti veterotestamentari
(~ col. 524). Egli introduce il suo ora-
Io attende a Gerusalemme (Act. 21,10 colo secondo lo stile dei profeti dell'A.T.
s.). Ma il profetismo protocristiano non (--+col. B 5 ), solo che in luogo di Jahvé
consiste solo nel rivelare avvenimenti è subentrato lo Spirito santo: 't'&.Oe 'M-
YEL 't'Ò mevµa -çÒ &yto\l (Aci. 21,10 s.).
imminenti, né si esaurisce nel tener de- A prescindere da Act., è soprattutto l'A-
sta l'attesa della parusia nella comunità: pocalisse("' coli. 620 s.) a mostrar la so-
il profeta prende posizione anche a pro- miglianza dei profeti cristiani con quelli
dell'A.T. La visione della chiamata pro-
posito di problemi molto concreti del
fetica di Apoc. r,9 ss. ricorda le visioni
presente (~ col. 634). Non solo dice vocazionali dei profeti veterotestamen-
ciò che Dio si propone di fare, ma an- tari: Is. 6,r ss.; Ez. l,l ss. Il veggente de-
ve mangiare il libro (Apoc. lo,8-n) co-
nuncia anche ciò che Dio vuole che l'uo-
me inEz. (2,8-3,3), e con un'azione sim-
mo faccia. È una parnla profetica quella bolica deve misurare il tempio di Dio
che destina Barnaba e Paolo alla missio- con una canna (Apoc. n,1) .
ne (Act. 13,1 ss.) e affida a Timoteo il Ma la profezia cristiana ha anche trat-
ministero (r Tim. l,18; 4,14) . Il profeta ti peculiari che la distinguono da quella

425Probabilmente con :>.tµ6., originariamente 6). Luca ha privato la profezia escatologica di


non s'intende una carestia comune, bensl uno Agabo di tale sua dimensione e l'ha stori-
dei terrori escatologici che colpiscono la terra cizzata.
(Mc. 13,8 par. Mt. 24,7 e""Lc. 21,u; Apoc. 6,
\Yl.)UJJ./ V..C..V

veterotestamentaria e giudaica. A pre- T. il profetismo cristiano per certi versi


scindere da alcuni gruppi di profeti men- ha avuto un ampliamento, mentre per
zionati dai libri storici veterotestamen- altri risulta più ristretto. L'allargamento
tari (--? B III l), nell'A.T. e nel giu- della base delle forze profetiche non
daismo solo alcuni individui sono chia- comporta un affievolimento della cono-
mati ad essere profeti. È vero che anche scenza profetica; i profeti neotestamen-
nel N .T. si mettono in particolare evi- tari rivelano alla comunità cose celate a
denza alcune figure di profeti, per es. tutte le generazioni precedenti (Eph. 3,
Agabo (Act. 11,27 e 21,ros.), Barnaba 5). D'altro canto il profeta cristiano non
e Sila (Act. 15,32),le quattrofigliediFi- possiede un'autorità illimitata come il
lippo (Act. 21,9). Anche nella comunità profeta giudaico. Poiché, a differenza di
di Antiochia si menzionano per nome quanto avviene nella comunità cristiana,
diversi profeti (Act. 13,1) 4.1.6. Secondo nel giudaismo solo il ptofeta possiede lo
Rom. 12,6; r Cor. 12,ro.28 s.; Eph. 2, Spirito, egli ha un'autorità maggiore su-
20; 3,5; 4,11; Apoc. 10,7; n,18; 16,6; gli uomini, che in parte lo seguono cie-
18,20.24; 22,9, i profeti sono uomini camente (-4 col. 562). Anche il profeta
particolarmente dotati che hanno la cristiano annuncia con autorità la volon-
mansione di dirigenti nella comunità(~ tà di Dio(~ col. 617), ma non è signore
col. 62 r ). Fondamentalmente però nel assoluto sugli altri, bensl è a sua volta
protocristianesimo la profezia non è sta- soggetto al giudizio (~ col. 636). Egli
ta limitata a pochi individui, uomini e non è al di sopra della comunità, ma, e-
donne. Secondo Act. 2,4 e 4,31 tutti so- sattamente come gli altri, è un membro
no ricolmi di spirito profetico, e secon- della comunità 428 •
do Act. 2,16 ss. il segno dell'età del com- Sotto questo profilo la figura che più
pimento è che lo Spirito non afferra que- è vicina al profetismo giudaico è il pro-
sto o quell'individuo, ma che tutti i com- feta dell'Apocalisse di Giovanni(~ col.
ponenti della comunità escatologica, sen- 630). Non si prende nemmeno in consi-
za alcuna distinzione, sono chiamati alla derazione la possibilità di sottoporre a
profezia. A Corinto evidentemente vi e- prova la veridicità delle sue affermazioni
rano moltissimi profeti, giacché il nume- (-4 col. 636), perché sono state legitti-
ro di coloro che prendono la parola nel- mate come degne di fiducia e veraci dalla
!'assemblea cultuale deve essere limitato suprema istanza, da Dio stesso (Apoc.
a due o tre individui (r Cor. 14,29). Ciò 21,5; 22,6). Il veggente si attribuisce
nonostante Paolo invita i Corinzi ad am- un'autorità (~col. 622) che può essere
bire il carisma della profezia (r Cor. 14, paragonata solo a quella degli apostoli.
r.5.12.39). Essa non è un dono tiserva- Il suo annuncio è parola di Dio e testi-
to a pochi detti, ma può essere comu- monianza di Gesù Cristo (Apoc. 1,2; r9,
nicata a chiunque, anche se in pratica ri- 9). Perciò ha un ruolo determinante:
mase naturalmente limitata a un gruppo µ~xap~oc; ò ocv~ywwcrxwv x~t o/. ocxov-
abbastanza fisso 427 • OV'té:c; -.oùc; À6youc; 'tfjc; 7tpoqrrrrEl~ X('X.L
'tlJPOU\J'tEç 'tà tv ('LÙ'tij yEyp('LµµÉwi,
Rispetto all'attività profetica dell'A. «beato chi legge e coloro che ascoltano
426 Secondo H. J. HoLTZMANN, Die Ag., Hand- «In questo mondo solo alcuni individui han-
commcntar :rum N.T. 11 (1892) ad l. e HAR- no divinato, ma nel mondo futuro tutti gl'I-
NACK, Miss. 349 n. 2 l'uso delle particelle indi- sraeliti saranno profeth> (STRACK-BILLERBECK
cherebbe Barnaba, Simone e Lucio quali pro- II 134).
feti, Manahen e Saulo quali dottori. 428 Scm,ATTER, Gescb. erst. Chr. 25 e ScHLAT-
427 ...+ GREEVEN" 4-8; dr. Num. r. 15 (r8oc): TllR, Komm. Ml. a 7,16.
le parole della profezia e osservano ciò Un ruolo primario hanno i profeti nel-
che in essa sta scritto» (Apoc. 1,3, dr. ['Apocalisse (~ coll. 620 s. 132 s.) 429 • In
22,7). Non è lecito criticarne la parola.
Accettazione, falsificazione o rifiuto de- Apoc. 11,18; I6,6 e 18,24 (~ I, col.
terminano il destino ultimo dell'uomo. Il 296) sono distinti dai comuni compo-
libro si conclude con queste parole: nenti della comunità e costituiscono un
Map't'upw Éyw 7tav·d ... <;> ocxouov-.t -coùc;
Myovc; 't'fjç npoq>l]'t'Elac; -rov (3t(3'X.lou gruppo particolare nella moltitudine dei
-.ou-.ou· M.v ·ne; ~milii È7t'ocù-.oc, €.mihi- 'santi'. Il profeta ha un rapporto molto
cri::i b ikòc; €.7t' ocu-.bv -.&.e; 1tÀ.'rryàc; -.&.ç più diretto con Dio, con Cristo e con gli
yi::ypa.µµÉvcxc; Èv -tci'.J {3i{3'X.lctl 't'OU"t'C(l' xoct angeli di quanto non abbiano gli altri.
Mv "t'L<; aq>ÉÀ.l) li1tò -.wv À.6ywv 'TOU B•-
(3À.lou Tijc; 1tpO<j>'l')"t'Elocc; -.a.un1c;, ciq>EÀ.Et Verso Dio si trova quasi sullo stesso pia-
ò ~Eòc:; -tò µépoc; a.1J-.ou <Ì1tò -rov l;uÀ.ou no dell'angelo, che è conservo col pro-
-.fjc:; swiic; xcxt tx -.fjç. 1t6À.ewc; -.i]c; a- feta, per cui il veggente non si deve in-
ylac,, -cwv yEypa.µµÉvwv iv -.~ {3iBÀ.l~
-cou-cl{J, «attesto a chiunque ascolt?- le pa- chinare all'angelo (Apoc. 22,9). Profezia
role della profezia di questo libro: se è rivelazione e testimonianza di Gesìt
qualcuno dovesse aggiungervi qualcosa, Cristo, è parola di Dio (Apoc. 1,1 s. ~
Dio gli infliggerà le piaghe scritte in que-
sto libro; e se qualcuno toglierà qualcosa
n, coli. 811 s.; VI, coll. 1349 ss.).
alle parole del libro di questa profezia, Gli Atti potrebbero lasciare l'impres-
Dio toglierà la sua parte dall'albero della sione (cfr. anche Mt. I0,41) che i pro-
vita e dalla città santa descritti in que- feti fossero predicatori itineranti. Bar-
sto libro» (Apoc. 22,18 s.). naba e Sile operano a Gerusalemme
(Act. 15,22) e ad Antiochia (Act. 15,
3. Il massimo carisma 32). Agabo si trova in un primo mo-
mento a Gerusalemme, poi ad Antiochia
Paolo dà alla profezia la precedenza (Act. 11,27 s.) e fofine a Cesarea (Act.
su tutti gli altri carismi (r Cor. 14,1). I 21,rn). Tuttavia queste osservazioni non
profeti vengono ripetutamente menzio- si possono generalizzare. Da Rom. 12,6;
r Cor. 12,10.28; 14,1 ss.; Eph. 4,11 si
nati subito dopo gli apostoli (r Cor. 12, può dedurre che originariamente in ogni
28s.; Eph. 2,20; 3,5; 4,11 e Apoc.18, comunità vi fossero fratelli dotati di ca-
20), mentre evangelisti, pastori e dottori risma profetico.
vengono dopo i profeti (Eph. 4,n; Act. Benché nelle comunità protocristiane
13,1; Rom. 12.6 ss.; r Cor. 12,28 s.). la profezia godesse tanto prestigio e lo
Dei profeti Barnaba e Sila si dice espli- stesso Paolo la stimasse molto, essa ri-
citamente che avevano un ruolo di gui- mane qualcosa di inadeguato e provvi-
da nella comunità di Gerusalemme (Act. sorio (rCor. 13,8 s . 12). Nella condizio-
i5,22.32). Secondo Eph. 2,20 i profeti ne finale la comunità può fare a meno
insieme con gli apostoli costituiscono il della profezia, perché non ha più biso-
fondamento della chiesa (-Hr,col.737). gno della rivelazione parziale, della con-

429 BoussET, Apok. 138.


623 ln .85r · 7tpoq>1}"t"T)ç x'TÀ. DVI 3-,~ (G. Fricdrichl

solazione e dell'esortazione. dell'io umano con quello divino e d~ in-


sania profetica. Termini come µav·nc;
Paolo non si definisce mai profeta, ma (~ A n re), XPT)O"µoMyoc;, µa.lvoµcx.L
sempre apostolo; tuttavia sostiene di (~ v1, col. 973), Èvi}ovcrLrurµoc; non so-
parlare alla comunità profeticamente (I no mai usati a proposito dei profeti pro-
Cor. 14,6). Ciò avviene quando le comu- tocristiani 430 • Ciò non esclude che anche
nica i misteri di Dio, la esorta e la con- presso i profeti neotestamentari si siano
sola . In Rom. 11,25 ss. rivela alla comu- avuti fenomeni di eccitazione estatica,
nità che dopo la conversione dei pagani come si può dedurre dai racconti degli
anche i Giudei, per il momento ancora Atti, quando vi si narra che i credenti
impenitenti, giungeranno alla salvezza; furono ripieni dello Spirito (Act. 2>4.I7;
in I Cor. r5,51 ss. annuncia la trasfor- 4,31; ro,44 ss.; u,15; 19,6). Ivi la pro-
mazione dei cristiani nel momento della fezia presenta fenomeni affini, come la
parusia e nei vv. 2 3 ss. rende noti gli e- glossolalia (~ coli. 626 ss.). Anche la
\'enti della risurrezione e del compimen- profezia dell'apocalittico Giovanni pre-
to (cfr. I Thess. 4,13 ss .). Secondo gli senta tratti estatici. In Apoc. r,ro e 4,2
Atti egli predice avvenimenti ben con- il suo rapimento estatico, durante il qua-
creti e precisi del futuro. Agli anziani di le ode e vede realtà sovrasensibili, è an-
Efeso comunica che su di lui incombono nunciato con le parole: ÈyEvoµl]V Èv
sofferenze (Act. 20,22 s.) e che maestri 1tV~uµa'tLeinApoc. I7,3 e21,10: &.mi-
d'errore de\·asteranno la comunità (Act. vqxÉv µE Èv 1tVEvµcx:n. Le sue numero-
20,29 s.). Nella tempesta scoppiata du- se visioni e audizioni fanno di lui più un
rante la na\·igazione verso Roma, Paolo veggente apocalittico che un profeta
predice che nessuno dell'equipaggio sa- protocristiano(~ coli. 630 s.).
rebbe perito (Act. 27,22 ss.). Le sue let-
tere sono paradesi (Rom. 12,1 ss.; I Diversa è la descrizione del profeta
Cor. i,10 ss.; 2 Cor. 10,1 ss .; r Thess. 4, fatta da Paolo. Anch'egli riceve rivela-
1 ss.), contengono esortazioni e confor-
zioni (~col!. 629s.); ma le sue caratteri-
to, sono annuncio profetico per l'edifica-
zione della comunità. stiche non sono visioni e audizioni che
lo estraniano dal mondo, bensl la parola
4. Estasi e profezia di Dio a lui comunicata per l'annuncio.
Non sempre è possibile tracciare una Il profeta delle comunità paoline non è
netta distinzione tra estasi, ispirazione un veggente, ma un individuo che riceve
derivante dal possesso deUo Spirito e ri- e annuncia la parola. Non è una perso·
velazione profetica(~ nr, coll. 326 ss.).
Nel N.T. non compaiono i fenomeni di na posseduta dalla divinità, non più pa-
perdita della coscienza, di identificazione drona dei suoi sensi, che deve fare ciò

430 TRENCH 10s. ; ~FASCHER r66s. ;~ BAcHT: 61 [ r862) 241): -toiho yà,p µ!i\l"tEWc; rnLo\I,
Scholastik 8 s.; ~ BACHT: Biblica :z53 s . Nei "t"Ò t~ECf"tT)XÉ\ltl.L, "tÒ &.wi.yx'J}V tinoµ~'JEL\I, "tÒ
LXX il gruppo terminologico µa\l"t"EVOJ.J.GU è ri- wi>Ei'.crfraL, "t"Ò ~À.XECTDm, "tÒ uUpEai>tl.L 1 ill<T'ltEP
servato quasi esclusivamente agl'indovini pa- l.ltl.W6µE\IO\I . ò oÈ 1tporpiJ"t'lJt; oùx oihwi;, li>..À.à
gani ed ai falsi profeti (con l'eccezione di µe:-tà lÌLa.\lolac; V1Jrpov<T'J]t; xa.t crwqipovou<T'J}t;
Prov. r6,xo: µa\1-tEto\I È7tl XElÀ.E<TW ~a<nÀ.lwt;) Xa"taa'-t6;aewç xo:t EllìWt; lì qn')ÉyyE"taL, <p'J}-
e nel N.T., sintomaticamente, per la ragazza crtv U7trt.V"t"a· wnE xo:!. npò "tijt; lx~!XO'EWt;
di Filippi con lo spirito di divinazione (Aci. xa\l'tEVi>E\I Y\IWPLsE "t"Ò\I µ&.\l"t"LV xa.t "tÒ\I 1tPO-
r6,16). Cfr. Chrys., hom. in 1 Cor. 29 (MPG !pTJ'tT]\I.
\. A,- _,_,, -- -

che comanda la potenza che in lei ina- il dono e l'uomo deve usare in modo re-
bita. Perdita di coscienza o delirio gli so- sponsabile il carisma ricevuto.
no estranei. Il profeta protocristiano è
un uomo perfettamente cosciente. Quan- 5. Glossolalia e profezia
do parla può interrompersi non appena Profezia e glossolalia hanno molti ele-
viene comunicata una rivelazione a un menti in comune, poiché entrambi sono
altro, e se nell'assemblea hanno parlato in modo particolare effetti dello Spirito.
due o tre profeti, gli altri possono tace- Negli Atti lo stretto rapporto è eviden-
re, anche se hanno ricevuto qualche ri- te: È7tÀ.lJCT1ÌT]CTCX\/ 1ta\l'tEc; 'lt\IEVµct'tOc; &.-
velazione (I Cor. 14,29 ss.). Essi non ylou, xcxt 'ijp~CXV't'O À.a.À.t:i:v È't'Épa.tc;
possono influire sulla rivelazione, la qua- y Àwcrcrmc; xcxlJwc; 'tò 'ltvt:uµa. éolòou à-
le viene da Dio senza il loro concorso. TiocplJÉyyt:ui>cxt CXÙ'toi:c;, «furono tutti ri-
L'annuncio di quanto è stato loro rive- pieni di Spirito santo, e cominciarono a
lato dipende invece dalla loro volontà, parlare in altre lingue secondo che lo
per cui non occorre che avvenga imme- Spirito dava loro di esprimersi» (Act. 2,
diatamente. La rivelazione non causa u- 4). In Act. 2,17 questo modo di parlare
na frattura della personalità che faccia è detto 'Tt(JOq>'l'J'tEUEW. Evidentissima è
dell'uomo uno strumento privo cli vo- la sinonimia in Act. i9,6: dopo che Pao-
lontà (---? col. 550); la persona del pro- lo ha imposto le mani ai discepoli di
feta rimane intatta benché tutto l'uomo Giovanni già battezzati, -ijÀ.i>E 't'Ò 7.VEuµa.
con la sua ragione e la sua volontà stia n.
'tÒ a:yto\/ É'1toc1houi;, aÀ.ouv ·n:. yÀ.wcr-
sotto l'azione dello Spirito 431 • Forse è CTC<~ç xcx.t É1tpoq>1)'tEuov, «scese sopra di
questo che si vuol dire quando, con una essi lo Spirito santo e parlavano in lin-
formulazione oscura, si prescrive che la gue e profetizzavano» .
profezia avvenga xcx'ttX. 't'Ì)\/ /lvcxÀoylcxv A differenza di Act., Paolo rivela mag-
't'i}ç 7tLCT'tEWc; (Rom. 12,6) (-H,col. 938). giormente la differenza fra profezia e
Con ciò si indica il limite e l'ampiezza glossolalia. A lui preme molto additare
della responsabilità personale del profe- ai Corinzi l'importanza e la preminen-
ta. Paolo prende posizione contro pneu- za della prima sull'altra (I Cor. !4,I.
matici entusiastici, che abbandonano lo 5.39 [---? x, col. 816]). Entrambe ri-
spassionato terreno della fede. Dio com- guardano i µuu't1}ptcx ; mentre però al
partisce la misura della fede (v. 3), egli profeta vengono rivelati i reconditi di-
concede il carisma (v. 6). Quando Paolo segni di Dio (I Cor. i 3,2; Eph. 3,5) che
parla dell'analogia della fede, per 7tlu·nc; egli poi con il suo annuncio manifesta
intende la xaptc; vissuta. Dio elargisce alla comunità, ciò che il glossolalo dice

431 ScHLATTBR, Gesch. crst. Cbr. 25 s.


itpocpi).-l')ç x.-).... D VJ 5-6 (G. Fricdrichl

rimane incomprensibile agli uditori (~ cui è possibile determinare il numero dei


vn, col. 701) perché i suoni che egli e- glossolali nell'assemblea liturgica (r Cor.
mette sono simili a una lingua scono- 14,27). Tuttavia resta esclusa la parteci-
sciuta (rCor. 14,11.16) 432 • Inoltre, se· pazione dell'intelletto (r Cor. 14,q), e
condo Paolo, glossolalo e profeta hanno all'estraneo il glossolalo sembra un paz-
aspetti comuni e dissimili, perché en- zo (r Cor. 14,23 ~ vn, coli. 1058 s.). La
trambi non sono isolati nella comuni- profezia invece è un discorso intelligibi-
tà, ma devono avere accanto a sé altri le. L'esperienza pneumatica viene dal
fratelli: il glossolalo deve avere vicino a profeta appresa ed esposta in modo ac-
sé l'interprete(~ II, col. 551) che espri· cessibile alla ragione, le sue parole sono
ma in termini comprensibili ciò che egli comprensibili a chiunque, non solo ai
dice (r Cor. 14,27), e il profeta deve a- fratelli, ma anche agli estranei (r Cor.
vere vicino a sé l'esaminatore che giudi- r4,24 s. ~ VIII, coll. 398 ss.).
chi ciò che il profeta dice (~col. 636).
Tuttavia il glossolalo può anche essere 6. Preghiera e profezia
interprete delle proprie parole e~ Ili, Già nell'A.T. i profeti sono i grandi
col. 9 l r), men tre il profeta non può esa- oranti (~ B III 3). Analogamente nella
minare se stesso. Inoltre profetismo e figura della profetessa Anna si dà rilie-
glossolalia sono affini nel loro effetto di vo alla preghiera(~ col. 587). Ma an-
edificare gli uomini (r Cor. 1413 .4). Ma che nel protocristianesimo vi sono rap-
proprio l'olxoooµti mette in evidenza la porti diretti tra preghiera e profezia: en-
differenza tra i due carismi. Mentre la trambe sono in modo particolare effetti
glossolalia è di profitto solo per il glos- dello Spirito. Ad Antiochia profeti e dot-
solalo (~II, col. 550), il profeta edifica tori celebrano una liturgia di preghiera
tutta la comunità: ad essa infatti egli si (~VI, col. 619). In I Cor. n,4 si par-
rivolge col suo annuncio; il glossolalo la deUa preghiera - s'intende ovviamen-
invece parla con Dio, e ciò non giova di- te la preghiera pubblica nell'assemblea -
rettamente alla comunità intera (r Cor. e della profezia dell'uomo; in l 1,5 del-
14,2 s.). È vero che anche nel caso del la preghiera e della profezia della don-
glossolalo non è esclusa la sua volontà na. Non è certo casuale che in I Thess.
di uomo; infatti in quanto glossolalo 5,17-20 gli enunciati circa la preghiera
Paolo è sempre padrone del suo agire (r stiano accanto a quelli riguardanti la
Cor. l4,r9), e il glossolalo non è costret· profezia. Se si analizzano gli elenchi di
to a parlare contro la sua volontà, per carismi (Rom. 12,6 ss.; I Cor. 12,8 ss. 28

m ~ BONW.ETSCH, Prophetie 4r4; H. L.EISE· Mystik, Veroffcntlichungen der Forschungsin·


GANG, Pnet1111a hagìon. Der Ursprtmg des Geis- stituts fiir vergleichende Rcligionsgcschichte an
tesbegriffes der synopt. Ev. aus der griech. der Universitat Leipzig 4 (1922) n4-n 9.
<>29 \ \'1,11541

ss.), si nota con sorpresa che la preghie- xocÀ.U1jnc; e si riferisce alla rivelazione
ra non vi è mai menzionata. Probabil- comunicata al profeta, che deve diven-
mente la preghiera che la comunità con- tare annuncio profetico nell'assemblea
clude col suo amen rientra nei compiti deHa comunità (z Cor. 14,26-30). Per-
del profeta 411 • Che la preghiera rientri tanto profezia e rivelazione sono strettis-
nella profezia può essere dedotto anche simamente congiunte (z Cor. 14,6.30:
da I Cor. 14 434 che riguarda per intero il Eph. 3,5; I Petr. 1,10-12). La rivela-
confronto tra glossolalia e profezia (cfr. zione ha per soggetto Dio, mentre nel-
v. 1ev. 39). I vv. 13-19 sulla preghiera la profezia Dio non è che il soggetto in-
non costituiscono un excursus all'inter- diretto.
no di questo brano, ma fanno parte di L'Apocalisse di Giovanni costituisce
questo confronto tra profezia e glossola- il trapasso dal profetismo all'apocalittic.i
lia. Il 7tpOO'EVX.EO'itru yÀWO'O'lJ (v. 14) e il (~ col. 624). Anche altrove è difficile
tracciare una chiara linea di demarcazio-
1tpOO'EUX.EO'~«XL 'tQ 7t\IEVµct:tt (v. 15) cor-
ne tra le due 435, ma nel caso di Apoc. la
rispondono al À.a.ÀEi:v yÀ.wa-O'ì} (v. 13). difficoltà è particolarmente notevole. Il
È ovvio quindi attribuire il 7tPOO'EVX.E· libro si definisce Ò'..'ltoxaÀ.u1!nc; l'l'JO'Oti
Xpt<r-rov, da cui proviene il termine tec-
cr~aL 't@ vot (v. 15) al profeta, tanto più
nico 'apocalittica' (~ v, col. 121), e
che questa preghiera mira evidentemen- in effetti presenta molti tratti tipica-
te all'edificazione (v. 17), che proprio in mente apocalittici. La proposizione fi.
questo capitolo è designata come effetto nale che viene subito dopo &.1toxaÀ.vqnc;
'ITJCTOV XptO'"tou («per mostrare ai suoi
della profezia (vv. 3 s. 12). Profezia e servi che cosa deve accadere fra breve»:
preghiera non sono identiche, ma sono 1,1) enuncia il tema apocalittico dello
strettissimamente collegate . scritto: svelare lo svolgimento e la fine
del mondo, la distruzione delle forze av-
verse a Dio e l'instaurazione del mondo
7. Rivelazione e profezia nuovo. Sono inoltre presenti le altre
componenti caratteristiche degli scritti
Ogni profezia poggia su rivelazioni (z apocalittici: l'angelo nella funzione di
Cor. 14,30). Il profeta non dice ciò che mediatore della rivelazione, le visioni
ha imparato dalla tradizione o che ha con immagini difficili da comprendere, il
linguaggio enigmatico, il libro che viene
approfondito personalmente, ma ciò che scritto e letto in sostituzione dell'annun-
gli è rivelato. I Cor. 14,26 parla di à:n:o- cio profetico diretto 436• Tuttavia l'Apo-

4Jl Circa l'intercessione dei profeti nel giudai- cazione, alla preghiera: cfr. KNOPF, Did. a
smo cfr. J. ]llREMIAS, Heiligengriiber ili Jern IJ,I.
Umwelt (r958) r36 s. Secondo Did. 10,7 ai 434 Diversamente interpreta ---+ GREE.VEN ro.
profeti della comunità è concesso rendere gra-
zie liberamente (EVXaf)L<r-.E~V, ocra j}t}..ovaw). 435 H. RINGGREN, art. 'Jiid. Apokalyptik', in
In considerazione di questo passo il «ministe- RGG1 I 464.
ro dei profeti» menzionato .in Did. 15,1 si rife- 436 G. GLOEGE, Mithologie und Lt1thertum :
risce probabilmente, prescindendo dalla predi· Luthertum 5 (1952) llO·II9.
o:i;oqiiJ•'TJ<; x-.)., DVI 7-9 (G. Fric<lrichl

calisse di Giovanni, a suo stesso dire, rivelazione, in quanto l'idea o l'immagi-


vuol essere vera e autentica proi"ezia (I, ne profetica viene al profeta dall'esterno
3; lo,rr; 22,7 .19 [~ v, coli. r5os.]).
Che per Giovanni profezia non significhi (~coli. 629 s.). Anche la gnosi in quan-
solo rivelazione del futuro, risulta dalla to carisma serve a rendere nota all'assem-
descrizione dei due testimoni. Il loro an- blea della comunità la verità appresa.
nuncio profetico è un invito alla conver-
sione (Apoc. I I a). Anche le lettere alle Perciò si parla esplicitamente del À.6yoç;
comunità di Apoc. 2.3 vanno considerate y\lwcrewç; (1 Cor. 12,8) e del À.aÀ.Et'\/ Èv
ammonizione e consolazione profetica. j'\IWCTEL (I Cor. r4,6). Tuttavia rispetto
Ciò nonostante la differenza dalla pro- alla profezia la gnosi ha qualcosa cli in-
fezia paolina è evidente. Mentre nei pro-
feti dell'epistolario paolino il centro del- dividualistico, mentre la profezia, in ri-
l'annuncio poggia sulla paraclesi, e sol- spondenza al pieno significato del termi-
tanto saltuariamente si fa menzione di ne e alla sua natura, è volta all'annuncio
predizioni, nell'Apocalisse le predizioni
del futuro costituiscono la parte prepon- agli altri, vuol comunicare alla comu-
derante e le esortazioni sono più o meno nità. Perciò deila gnosi si può dire che
marginali. gonfia (1 Cor. 8,r ), della profezia, inve-
ce, che edifica (r Cor. 14,3 s.).
8. Gnosi e profezia
Come I Cor. 14 parla di profezia e 9. Insegnamento e profezia
glossolalia, così 1 Cor. r3,8-12 tratta di Profeti e dottori(~ n, coll. r151 s.)
profezia e gnosi. Entrambe sono carismi sono più volte definiti i principali procla-
ed in entrambe è in gioco la conoscenza matori della parola nella comunità (Act.
di misteri. Entrambe rappresentano non 13,r; I Cor. u,28 s.; Eph. 4,rr; Rom.
qualcosa di definitivo e perfetto ma qual- r2,6 s.). Anche i profeti comunicano una
cosa di imperfetto. In I Cor. r3,2 lagno- conoscenza, per cui è possibile appren-
si non è anteposta alla profezia; questa dere da loro qualcosa (I Cor. 14,31; A-
infatti è per Paolo il carisma sommo(~ poc. 2,20; dr. Did. r1,10 s.). Tuttavia la
col. 62 r ), non la gnosi. Esse si distinguo- profezia non va equiparata all'insegna-
no per il modo in cui si giunge alla co- mento. Mentre i dottori interpretano la
noscenza dei misteri e per l'uso che si Scrittura, curano la tradizione di Gesù e
fa della verità appresa. La gnosi fa par- spiegano i principi di fede del catechi-
te dei «carismi razionali» 417 • Ad essi si smo 438 , i profeti, senza esser legati alla
perviene per via speculativa, immergen- Scrittura e alla tradizione, parlano alla
dosi nella riflessione sui misteri della fe- comunità solo in base a rivelazioni (~
de(~ n, col!. 5n s.). La profezia invece coli. 629 ss.). La otoauxaÀ.la è insegna-
poggia sull'ispirazione. Ad essa la cono- mento, la rtpoq>n-.Ela è appello all'impe-
scenza viene comunicata da improvvisa gno nella situazione concreta (~ coll .

437 ---+ DELUNG 35. 4l8 --+ GREEVEN 22 s.


633 (vr,856) '~· 1- /fl -,JI

617 s. 634). Il dottore indaga sul passato missionario. Il npoqnrm'.mv del giorno
e, in base a quanto è accaduto o è stato di Pentecoste (Act. 2,17 s.) è un OLct.µct.p-
detto, enuncia la direttiva per il presente ..-vpEO'~ct.L e 7to:paxa.ÀEi:v: «Salvatevi da
Lo sguardo del profeta invece è rivolto questa generazione perversai> (Act. 2,
al futuro e dispone il comportamento 40). Le parole dei profeti portano i non
della comunità in rispondenza alla visio- cristiani a riconoscere la loro colpa e ad
ne concessagli. Mentre l'autenticità del- adorare Dio (I Cor. 14,24 s.). Normal-
l'insegnamento è provata dalla confor- mente però profezia è predicazione alla
mità alla Scrittura e alla tradizione, per· :omunità ed evangelo è annuncio missio-
la veridicità della profezia non esistono: nario. Di conseguen2:a anche il loro con-
criteri oggettivi di valutazione, perché la tenuto è diverso. Mentre l'evangelo pro-
norma di giudizio è inclusa nello stesso clama la regalità di Dio annunciando i
annuncio profetico operato da Dio (~ prodigi di Dio in Gesù Cristo (~ III,
col. 636). coll. rn57 s. 1084 ss .), la profezia fa co-
noscere la volontà di Dio in ordine al
10. Evangelo e profezia mondo e al singolo credente (~ coll.
La profezia è annuncio, come l'evan- 617s.). Il profeta è il pastore carismati-
gelo, ma da questo si distingue sia per i co che dice concretamente alla comunità
destinatari, sia per il contenuto del mes- che cosa essa deve fare nella situazione
saggio. L'evangelo si rivolge principal- concreta, che rimprovera e loda, che re-
mente a non cristiani che non hanno an- ca un messaggio di esortazione e confor-
cora udito e accolto l'annuncio di Ge- to, di penitenza e promessa (I Cor.
sù Cristo (~ III, col. 1055 ss.), la pro- 14,_; ).
fezia invece è in primo luogo mes· Come indicano gli esempi della Dida-
saggio di Dio per coloro che già credo- ché, le istruzioni dei profeti si occupa-
vano molto concretamente dei problemi
no e sono radunati nell'assemblea della quotidiani. Per es. esse prescrivono l'of-
comunità (I Cor. 14,3 s. 29 ss.). Essa ser- ferta di denaro (Did. 11, 1 2) o di viveri
ve alla olxoooµ1) dei cristiani (I Cor. 14, (Did. II,9) per scopi particolari. Non è
possibile invece stabilire con sicurezza se
3 s. 12 [ ~ VII, col. 398] ). Peraltro i due i cristiani rivolgessero ai profeti doman-
tipi di annuncio non si possono distin- de ben precise per avere notizie o istru-
gue nettamente per quanto riguarda i zioni quando non sapevano quale fosse
la volontà di Dio, come avveniva per e.~.
destinatari; infatti, come l'evangelo non in Grecia (~ A II rn) o anche in Israe-
solo crea ma anche mantiene 1a comu- le (~ B III 2) allorché si prendeva con-
nità, in quanto continua sempre a pro- siglio dai profeti. Comunque il profeta
clamare Cristo (~ ur, coll. 1056 s. 1097 cristiano non ha subito una risposta
pronta ad ogni domanda, perché può in-
s.), cosl la profezia non s_i rivolge esclusi- segnare solo se lo Spirito gli concede
vamente a cristiani, ma ha anche valore una rivelazione(~ coll. 629 ss.). Secon-
7tpocprrn1c; x't')... D vi lO - vu ;i (G. Frieclrich)

do Herm., mand. rr,5 s. una caratteri- da pio (~ Iv, col. 506) e cerca di com-
stica del falso p1·ofeta è che si fa consul- piere ciò che ha fatto Elia, il precursore
tare (~ E IV). del Messia. Tuttavia non è un profeta
cristiano che falsifica il vangelo, bensl
VII. Falsi profeti un falso profeta, perché per mezzo di
prodigi e con la forza bruta, seduce gli
r. Nel concetto di l)Jwoonpoq>1)'t'l)<; il uomini alla pseudoreligione del culto
N .T. comprende vari tipi di falsi profeti. dello Stato.
In Le. 6,26 e 2 Petr. 2,1 si tratta di Come nell'Antico Testamento (->
2.
profeti giudaici dcl passato; in Act. r3,6 v, coli. 113 ss.), cosl nel Nuovo si dàn-
questa qualifica è attribuita a un con-
temporaneo dell'apostolo Paolo, il mago no indicazioni per distinguere i falsi pro-
giudeo Barjesu, che si era accodato al feti(~ v, coll.153 ss.). Non si deve se·
proconsole Sergio Paolo. Probabilmente guire indiscriminatamente qualsiasi pro-
era da molti considerato profeta perché
faceva credere di conoscere il fu turo e feta; la profezia va di volta in volta esa-
misteri reconditi. In realtà è un falso minata (I Io. 4,1; I Thess. 5,21) . L'esa·
profeta perché non agisce per mandato me però non può essere di tipo razio-
di Dio, ma è figlio del diavolo, nemico di nale, ma deve essere cal"ismatico-pneu-
ogni giustizia, pieno di ogni inganno e
di ogni malvagità (Act. r3,ro). Balaam è matico. Tutti i tentativi razionali di sma-
detto profeta, e non falso profeta, in scherare lo pseudoprofeta sono destinati
2 Petr. 2,16, benché nella stessa lettera,
a fallire perché non esistono criteri uni-
in rispondenza alla tradizione giudaica,
sia presentato quale rappresentante dei versalmente validi dai quali dedurre se
falsi profeti(~ II, coli. 29 s.). Soprattut- un individuo è un falso profeta oppure
to vi sono pseudoprofeti cristiani, mae- no. Soltanto chi possiede lo Spirito, il
stri d'errore, appartenenti alla comuni-
dono del discernimento degli spiriti (I
tà o da essa provenienti, che la distrug-
gono predicando ogni sorta di perniciose Cor. 12,ro), può giudicare se ciò che è
eresie. In 2 Petr. 2,1 questi discepoli detto dal profeta viene da Dio o se vi
dei falsi profeti veterotestamentari so- è frammisto altro. Secondo I Cor. 14,29
no chiamati ~wlìolìLMcnuxÀ.ot, in 2 Io.
7 nÀ.6.voL, in I Io. 2,r8 &.v't'lXPLO"'t'OL (cfr. il giudizio sul discorso profetico spetta
I I o. 4,1 ss.). Jezabel si definisce profe- ad altri profeti 439 • In I Cor. 14,37 Paolo
tessa, mentre in realtà è una falsa profe- si attende che i profeti di Corinto ade·
tessa (Apoc. 2,20 [ ~IV,col. 731]). Ci si
attende la comparsa degli pseudoprofeti riscano alle sue argomentazioni. Solo i
soprattutto nel tempo finale (Mt. 24,rr). profeti possono vigilare affinché discorsi
Alla loro testa sta il grande aiutante del- umani non vengano pronunciati nella co-
l'Anticristo (Apoc. 16,13; 19,20; 20, munità quasi fossero oracoli divini.
10), la seconda bestia (Apoc. 13,11 ss.),
che ha due corna come un agnello, ma Quando però lo Spirito abbandonò la
parla come un dragone. Egli si maschera comunità e scomparve il carisma del di-

H9 ·Di op io ione diversa è L. LERLE, Diakrisis


Pne11maton bei Pa11/us, Diss. Heidclbcrg (r947)
scernimento degli spiriti, mentre d'altro re una vita immorale e a mangiare la car-
canto si faceva più intensa l'attività de- ne sacrificata (Apoc. 2,20) 441 . La comu-
gli eretici, si cercarono criteri universal- nità protocristiana è fermamente convin-
mente validi dai quali poter riconoscere ta che alla fine, nonostante il travesti-
i falsi profeti. Il miracolo non fu più ri- mento da persone pie, la vera natura de-
tenuto segno di conferma 440 , perché pro- gli pseudoprofeti risulterà chiara. La lo-
prio i falsi profeti del tempo finale usa- ro sorte però è ormai fissata: «Ogni al-
no i miracoli per sedurre gli uomini (Mc. bero che non porta buon frutto è abbat-
13,22 par. Mt. 24,24; Apoc. 13,13; 16, tuto e gettato nel fuoco» (Mt. 7,19). Se
13 s.; 19,20). Si prestò attenzione allora è difficile smascherare ogni singolo falso
alla dottrina e alla condotta dei profeti. profeta in quanto tale, è facile invece in-
Il presupposto di un'autentica profezia è dividuare l'attività del vero profeta: le
la retta professione di fede in Cristo: sue parole provocano olxoSoµl), 1Cctp6.-
«Da ciò riconoscerete lo spirito di Dio: XÀl]O"t<;, 'lt<.tpaµv~la (r Cor. 14,J). Per
ogni spirito che confessa Gesù Cristo in effetto della sua predicazione si giunge
quanto venuto nella carne è da Dio, e a riconoscere il peccato e ad assoggettar-
ogni spirito che non confessa Gesù non si a Dio (r Cor. 14,25).
è da Dio» (r Io. 4,2 s., cfr. I Cor. 12,3).
Ma la conformità alla formula di pro- E. PROFETI NELLA CHIESA ANTICA
fessione di fede cristologica della chiesa I.I profeti veterotestatnentari
(--->VIII, col. 589 n. 34) non è sufficiente
I . La Lettera di Barnaba chi.ama spes-
a provare l'autenticità della profezia. An-
so in causa i profeti veterotestamentari
che i falsi profeti possono senz'altro pro- per provare l'adempimento delle profe-
fessar fede in Cristo, profetizzare nel zie (~ coll. 578 ss.). Essi rivestono una
suo nome (Mt. 7,22) e in tal modo mi- grandissima importanza, poiché aiutano
a comprendere rettamente il passato -
metizzarsi da autentici annunciatori con per passato Barn. intende probabilmen-
tanta perfezione da rendete molto diffi- te l'incarnazioe di Gesù e la sua passio-
cile riconoscerli come mentitori. Perciò ne - e il presente in cui è sorta la co-
munità cristiana che è perseguitata. Ma
è necessario esaminarne tutta la condot-
essi dimostrano anche di aver pregustato
ta. È difficile dire che cosa significhi in il futuro che ora ha iniziato a realizzarsi
particolare il xap7téç di Mt. 7,16. Nel (1,7). Peraltro, non tutti possono com-
caso di Jezabel (---> x, col. 544; IV, coli. prendere immediatamente i profeti ve-
terotestamentari(~ col. 640), che spes-
731 s.) i 'frutti' sono gli effetti della sua so presentano frasi enigmatiche il cui
attività: ella seduce i cristiani a condur- senso può essere rettamente interpretato

4-IO Cfr. S. Deut. i8,19 § 177 (ro8a), cfr. lo, lo si deve ascoltare; ma se non lo d~, non
STRACK-BJLLERDECK I 727 : «Se.J.lD profeta che lo si deve ascoltare».
comincia a profetizzare dii un segno e miraco- 441 ~ Guv II4.
1tpocpi')-tl}c; x-rA. . .t. I 1-2 ll..J. l'necmcni \ VJ.1UJ V / VJ.to.J

solo da chi è saggio, istruito ed nma il tico profeta è Mosè, su cui poggia tutta
suo Signore (6,rn). Per gli avveduti, l'A. la filosofia greca: «Tutto ciò che filosofi
T. è una profezia del Cristo (5,6; 6,2.4; e poeti hanno affermato riguardo all'im-
cfr. Ign., Phld. 5,2; 9,2; Mg. 9,2). In mortalità dell'anima, alle pene dopo la
qualità di profeta Mosè ha preannunzia- morte, alla contemplazione delle realtà
to la venuta di Gesù nella carne {6,8 s.), celesti o ad analoghe dottrine, l'hanno
David ha preconizzato che Gesù non è appreso e sviluppato solo grazie ai sug-
figlio di un uomo, ma Figlio di Dio (12, gerimenti avuti dai profeti» (apol. 44,8
Io). Soprattutto però è stato predetto ss.). Il principio di Platone, secondo cui
che Cristo avrebbe patito (5,5 ss.; 6,6 Dio ha creato il mondo trasformando la
s.), gli avrebbero dato da bere aceto (7, materia informe, proviene da Mosè (a-
4) e sarebbe morto in croce (5,I3 s.; I2, pol. 59,1) . I miti e le saghe inventate
1-4). Ma i profeti non parlano solo di dai poeti sono imitazioni delle profezie
Cristo, bens~ anche dei cristiani, e pre- della storia di Cristo, composte per sug-
cisamente del battesimo (ll,I-8) e della gerimento degli spiriti malvagi al fine di
rinascita che avviene nell'età escatologi- far passare per favole e rendere incredi-
ca (6,13 s.). Israele non era degno di ri- bili i racconti su Cristo (apol. 54; dial.
cevere l'alleanza ( x4,x ss.). Nel caso dei 69 s.). I profeti ha11no preannunziato gli
cristiani invece s'è attuato ciò che i eventi futuri prima che accadessero (a-
profeti hanno detto circa la circoncisio- pol. 31 ,r). Perciò per provare la figlio-
ne degli orecchi e l'ascolto della parola lanza divina di Cristo essi sono più im-
(9,1-3). Ora l'eredità passa ai cristiani portanti degli apostoli e dei dottori, i
(r3,1 ss.),poiché essi sono il popolo san- guali possono solo sostenere le loro i-
to dell'alleanza (14,6 ss.). Tutto ciò è dee, mentre i profeti sono stati compro-
profetizzato negli scritti dell'A.T. e si vati dal corso della storia. Si può con-
realizza ora. I profeti possedevano la statare coi propri occhi l'adempimento
grazia di Cristo(~ col. 577): 5,6 (Ign., della promessa (apol. 30). Poiché sono
Mg. 8,2: ot yàp ih:t6'tct'tOL 1tpocpfj'tctL così numerose le profezie già attuate, an-
xa'tà. Xpto-'tòv 'I1111ovv tsTJcrav ... Év- che quelle non ancora adempiute si av-
7tve6µEvot U1tÒ 'tijc; xapL'tOc; mho\i' «i vereranno (apo!. 52).
profeti divini vissero secondo Cristo Ge- Quando Giustino parla delle 7tpOq>Y)-
sù ... ispirati dalla sua grazia»; 9,2: ol 't'LXat ypa.cpa.l non intende solo i veri e
1tpo<pfj't'ctL µai>TJ'tctL OV'tEc; t\1 'ti;> 'TNEU- propri libri profetici, ma tutto l'A .T.,
µa't't, «i profeti che erano discepoli nel- che, secondo lui, tratta tutto di Cristo
lo spirito»; dr. inoltre l'apocrifo 3 Cor. (dial. 32). Non tutte le profezie si posso-
3,IO). no dil'ettamente riconoscere in quan-
2. Ancor più dettagliata che nella Let- to tali e~ coli. 639 s.); alcune sono volu-
tera di Barnaba è la prova profetica in tamente tenute oscure perché i Giudei
Giustino. I profeti veterotestamentari non le comprendano immediatamente
sono più antichi di tutti i cosiddetti filo- (dial. 52). I profeti dànno ai loro pen-
sofi. Le loro affermazioni sono assoluta- sieri una veste enigmatica, li formulano
mente attendibili, perché essi dicono so- in parabole e azioni simboliche, affinché
lo ciò che hanno udito e visto ripieni chi li vuole trovare e conoscere sia co-
dello Spirito santo e perché annunciano stretto a impegnarsi (dial. 68.90). Spesso
la verità ricevuta senza rispetto umano e certe azioni sono modelli di atti futuri.
senza cercare il proprio vanto (dial. 7). Molte volte i profeti non usano il futu-
Per bocca di questi profeti parla Dio ro, ma parlano di cose che dovranno av-
(apol. 37) o Cristo (apol. 38). Il più an- venire quasi che si compissero in loro
presenza o fossero già accadute (di~l. della sua regale sovranità (apol. 41; dial.
r 14). In realtà però parlano di Cristo. 76), del suo ritorno nella gloria con la
I~ L~gos ,divin~ per pronunciare profe- risurrezione dei morti e il giudizio fina-
zie s1 puo servire anche della bocca di le (apol. 50,1 s.; 51,8; 52,3 s.; dial. 52).
popoli che rispondono al Signore e al
Padre suo (apol. 36,2). Chi legge l'A.T. II.(;esù profeta
de~e conoscere questi metodi della pro-
fezia veterotestamentaria (dial. 114). I- Nella chiesa antica Gesù continuò a
noltre c'è da notare che vi sono diversi vivere n~l giudeocristianesimo come pro-
gradi di profezia. Spesso profeti succes- feta. Nei Kerygmata di Pietro è svilup·
sivi precisano e spiegano le profezie pro· pata una specifica dottrina sul profeta.
nunciate in precedenza (dial. 68). Molte È vero che le Pseudo-Clementine par-
promesse misteriose si comprendono e- lano anche di Gesù quale maestro (hom.
satta?1~nte solo quand~ Cristo apre gli 2,51,1; 3,12,3; recogn. 2,28; 6,5), qu::i.-
occhi di una persona (dtal. 76): è lui l'e- le Kyrio~ (hom. 11,35,3; recogn. 3,5,3),
.>egeta delle profezie non comprese (a- quale Cristo (recogn. 1,59 s.). Ma il vero
pol. 32,2). titolo caratteristico di Gesù è quello di
profeta. Si tratta di un predicato cosl
specificamente cristologico, che Pietro lo
La maggior parte delle profezie tratta
rifiuta per la propria persona: 7tpoqi1}'tOIJ
di Cris~o, di cui lo Spirito santo ha pre- ù.À.11l}ouc; µ.a.l}1yd1c; wv, ou npoqiiJn1c;,
annunziato tutto tramite i profeti (apol. «essendo discepolo del vero profeta, e
6.1,13). Lo schema profezia-compimento non profeta» {hom. 18,7,6; cfr. recogn.
diventa per Giustino il motivo di tutto il 3,45 e hom. 7,u,3). Gesù è detto ò npo-
suo resoconto evangelico. Egli presenta
q>lJ'tlJc; {hom. 3,13,1; 10,4,3; u,26,2;
brevi biografie di Gesù, stese col crite-
n,35,3; 13,14,3; recogn. l,37,2 s.) o
rio delle profezie compiute (apol. 31,7
più esattamente Ò &.À:riiH1c; 1tpOCfllJ'tl)c;
s.). I profeti hanno previsto in tutti i
(hom. 3,13,2; 10,3,3; recogn. 3>41'4i 5,
particolari la storia di Gesù. Perciò essi
2.5.9.10; 6,14), ò "Tijc; àÀ.11i>Elt'X4 npocp1}-
parlano del luogo della sua nascita (apol.
•11c; (hom. 7,6,2; Ir,19,1; 12,29,1; re-
34,1), della sua nascita verginale (apol.
cogn. 1,44,5 s.; cfr. hom. 8,22,4); ancor
31,7; 32,9 ss.; 33,1; dia!. 54.63.76.84), più precisamente o'tf\c; ù.À.11iklt'X4 µ6voc;
. miracoli (apol. 31,r, 48 ' I) del
dei suoi )
7tpoqrf1't'l'Jc; (hom. 7,8,1) oppure ò oE;~òc;
suo mgresso in Gerusalemme (apol. 32,5 a.ù.-ov {ikou) npoqrfi'tTJc; (hom. 7,n,3),
s.; 35,10 s.), dell'istituzione dell'eucare-
ò &.ljJevoTic; 7tpop1J.-11c; (hom. n,33,1;
stia (dial. 70), della sua passione (apol. cfr. 3,30,2), ò a.yo:i>òc; 1tpOq>TJ't'l'J<; (re-
32,7; dial. 76.106), del sudore di sangue cogn. l ,40,1), ò E!c; npocp1}'t'T1c; (recogn.
al Getsemani, della sua cattura e del suo 1,50,7; 54,5), unus verus prophet4 .(re-
abbandono (dial. 103), del suo silenzio cogn. 1,54; 4,35), solus fidelis ac verils
davanti a Pilato (dia!. 102 s.), dell'accor- propheta (recogn. 4,36), iustus et verus
do fra Erode, Pilato e i Giudei (apol. 40, propheta (recogn. 9,29) . .
5 s.), del suo rinvio da· Erode a Pilato
(dial. 103), delle beffe da lui subite (a- L'impronta giudaica del concetto ri-
pol. 35,6; dia!. 101), della sua crocifìs· sulta dal fatto che non ci si stanca di
sione (apol. 31,7; 32,6; 35; dial. 73 .97), porre in rilievo che Gesù è il profeta
della sorte gettata sulle sue vesti (dial. promesso in Deut. 18,15 (recogn. l,36,
~04), d~lla sua morte (apol. 31,7; 48,4), 2 ; 39,1; 40,4; 49,1; 54,5; 56,2; 57; 2,
nsurrez10ne (apol. 3I,7; diaZ..73.97.100. 48). «Spesso essi (i Giudei) mandavano
u8), ascensione (apol. 31::",7; 45; 51,6), a noi {discepoli) qualcuno a chiederci di
643 (v1,860) 1tpoq>"i}'tl'Jc; Y.'t A. c. II \ u • .t' nconcn J

discutere con loro se egli è il profeta 9); «non sono venuto a portare Ja pace
che Mosè ha predetto e che è il Christus sulla terra, ma la spada» (recogn. 2,28);
aeternus» (recogn. l,43). Secondo hom. «cercate prima la sua giustizia e tutto
3,53a Gesù stesso ha detto: iyw Elµt ciò vi sarà dato in sovrappiù» (recogn. 3,
m:pt ov Mwu<rfjç 1tpoe<p1}'tEUCTEV El7twv· 4r,4); «in verità vi dico: se aveste fede
7tpO<j>TJ't'T}V ÈyEpE.i: Ùµi:V XUptoç Otkoc; .. ., come un granello di senape... » (recogn.
«io sono colui del quale Mosè profetiz- 5,2); «nessuno può servire due padro-
zò dicendo: 'Il Signore Iddio susciterà ni...» (recogn. 5,9); «siate misericordiosi
a voi un profeta'». Poiché Gesù come come è misericordioso il Padre vostro
Mosè ha compiuto segni e miracoli, non celeste» (recogn. 5,r3); «la regina del
c'è alcun dubbio che egli sia il profeta Sud sorgerà con questa generazione... »
da lui promesso. Lo prova l'identità dei (recogn. 6,14; hom. II,33,1). Gesù, ve-
segni (recogn. 1,57). Mentre gli empi ro profeta, condanna il sacrificio e il
hanno deriso e crocifisso Gesù, nono- tempio e istituisce il battesimo per la re-
stante le sue guarigioni miracolose (re- missione dei peccati (recogn. l,36 s. 39.
cogn. I,40 s.), la fede dei discepoli è con- 54).
fermata, e non solo dalle opere di Gesù,
ma anche perché in lui si adempiono le A questi aspetti veterotestamentari e
profezie dell'A.T. oltre che le azioni cristiani si aggiungono altri elementi che
simboliche di Mosè e del patriarca Gia- provengono dalla gnosi o sono in con-
cobbe (recogn. 5,10). Ma, nonostante tatto con idee gnostiche: i:i]c; 8€ yvW-
queste coincidenze, fra Mosè e Cristo e- <TEwc; oùx èD..À.wç -.uxe:tv itcr·nv, M.v µ1}
sistono anche differenze. Gesù non è u- 1tp6'tEp6v 'tLç 'tÒV -ri]ç 1H.1]tl'elri.c; 1tpocp1J·
guale a Mosè, ma è più che Mosè. Mosè i:'T}v Èmyv@· 7tpocp-fin1ç oè ll).ni)Elocc;
fu profeta, e tale è anche Gesù; ma Ge- È<ri:tv 6 7t&.v-.on 1tliv-.oc Elowc;, «ottene-
sù è anche Cristo, ciò che Mosè non fu re la conoscenza altro non è che cono-
(1,52,2 s.). scere anzitutto il profeta di verità; pro-
feta di verità è colui che sa sempre
Che Gesù è il profeta cristiano è chia- tutto» (hom. 2,5,3s .; cfr. 3,rr,1; 3,13,2;
ramente espresso nelle Pseudo-Clemen- recogn. 3,45). Benché Gesù sia conside-
tine con continue allusioni a parole o rato il profeta promesso da Mosè, non è
racconti dei vangeli, per es. al racconto il salvatore escatologico come nel N.T.,
della tentazione (hom. n,35,3) o alla ma, in una prospettiva piuttosto gnosti-
parabola delle nozze regali (hom. 8,22, co-speculativa, l'annunciatore della veri-
4) . Il profeta ha scelto prima dodici apo- tà. Egli è certamente l'unico vero profe-
stoli e poi settantadue discepoli (recogn. ta accanto al quale non ce n'è un altro
1,40,4) che ha mandato ad annunciare (col. 642), ma Ja figura del vero profeta
la parola (recogn. 4,36). Una serie di non si identifica con la persona di Gesù.
passi dei vangeli è citata come parola Il vero profeta è già esistito prima di
del profeta. Il vero profeta ha detto: Gesù, è stato incarnato in Adamo, il pri-
«Io sono la porta della vita; venite a me mo uomo (hom. 8,10,1), di modo che
voi tutti che siete affaticati; le mie pe- anche Adamo viene chiamato µ6voc; &.-
core ascoltano la mia voce; cercate e À.1]i)i}c; rcpocp1}i:'T}ç (hom. 3,2r,1 ). Il vero
troverete» (hom. 3,52,2 s.); «in verità vi profeta era apparso in Abramo (recogn.
dico: se non rinascete in acqua viva nel 1,33) e Mosè (1,34). Egli percorre i se-
nome del Padre e del Figlio e dello Spi- coli dall'inizio del mondo, cambia nome
rito santo, non potrete entrare nel regno e figura, finché giunge al suo tempo e
dei cieli» (hom . u,26,2; cfr. recogn. 6, avrà pace per sempre (hom. 20,2); re-
645 l VI,!!bOJ

cogn. 1 ,52; 2,22). Il vero profeta ha il lo invita direttamente ad esaminare gli


compito di portare la verità agli uomini; spiriti(~ col. 636), secondo la Didachè,
senza lui non è possibile ottenere la ve- nonostante i falsi profeti che minaccia-
rità che salva (hom. 2,4,J; 3,54). È ne- no la comunità(~ col. 649), criticare i
cessario cercare questo vero profeta, poi- profeti quando parlano neUo spirito è
ché egli è l'unico che conosce tutto e sa un peccato irremissibile (n,7). Dagli e-
che cosa e come ciascun individuo cerca nunciati della Didachè si può dedurre
(recogn. 8,59). Il mondo con i suoi pec- che il numero dei profeti va già sceman-
cati e i suoi errori è come una casa pie- do. Si considera l'eventualità che non o·
na di fumo. Persino gli amici della veri- gni comunità abbia i suoi profeti (13,4).
tà devono gridare aiuto, affinché venga Se in una comunità non vi sono a suffi-
qualcuno dall'esterno e apra la porta per cienza uomini dotati di spirito profetico,
far entrare la luce del sole. Questo uo- spetta ai vescovi e ai diaconi assumere
mo che può portare aiuto -è il vero pro- il ministero dei profeti e dei dottori t!
feta, l'unico che può illuminare l'anima presiedere le assemblee liturgiche. Che
umana (hom. 1,18 s.). in questa età di passaggio dal servizio
pneumatico a quello istituzionale i pro-
feti fossero altamente stimati dalla co-
III. Profeti della comunità cristiana
munità risulta dal fatto che questa non
All'inizio dell'età subapostolica i pro- è disposta ad affidare senz'altro ai mi-
feti nella comunità cristiana godono an- nistri i compiti dei pneumatici. Perciò
cora un notevole prestigio. Lo provano si ricorda ai cristiani che anche i vesco-
gli enunciati della Didaché, nella quale i vi e i diaconi sono degni della loro stima
profeti godono un'alta stima. Essi e- (15,1-2).
mergono fra le altre guide della comuni-
tà e occupano una posizione particolare. Erma, che ha probabilmente ricevuto
In Did. 13,1-7 sono detti sommi sacer- rivelazioni, non si definisce profeta. Egli
doti ai quali spettano, a loro piacimen- non computa i profeti fra i dignitari del-
to, le primizie del torchio e dell'aia, dei la chiesa, come gli apostoli, i vescovi, i
buoi e delle pecore, di ogni cosa cotta, dottori e i diaconi (vis. 3,5,1); però co-
del vino e dell'olio, di tutto il denaro nosce ancora profeti che hanno 1:Ò m1ei.1-
ricevuto, del vestiario, insomma di ogni µa 1:Ò i}Ei:ov e parlano ripieni dell'angelo
proprietà, di modo che siano sollevati da dello spirito profetico (mand. n,9). I
qualsiasi preoccupazione materiale. Il so- veri profeti non tengono sedute segrete
stentamento dei profeti è più importan- per dare informazioni, non si fanno con-
te del soccorso ai poveri; infatti le pri- sultare come indovini e dispensatori di
mizie vanno donate a questi ultimi solo oracoli (mand. n,5.8), ma devono atten-
quando nella comunità non vi siano pro- dere le rivelazioni dallo spirito allorché
feti. Mentre gli altri cristiani si devono 1a comunità prega (mand. u,9). Lo spi-
attenere alla liturgia prescritta, il pro- rito santo parla non quando vuole l'uo-
feta è libero di pronunciare una sua pre- mo, ma quando vuole Dio (mand. 11 ,8
ghiera di ringraziamento poiché in qua- s.). Esso ha la òvvaµ~i; 'tiji; i>e6-r'Y].-oc;,
lità di pneumatico non è vincolato alla «la potenza della divinità», perché viene
lettera né alla durata delle preghiere co- dalla potenza dello Spirito divino (mand.
muni (10,7 ). Quanto fosse alto il suo pre- II,5).
stigio risulta anche dal fatto che egli non La stima di cui godevano i profeti in
può essere messo alla prova e giudicato vari ambienti fin verso il 300 risulta dal-
quando parla nello spirito. Mentre Pao· la frase seguente: 1:Ò yb.p 'ltpocp'Y]"t'~xòv
647 (v1,861) -;:~qii)"tT)ç x'tÀ.. E III (G. Friedrich)

1'\/EUµa 't'Ò O'Wµa-rE~O\I ÈO'•W •fic; 1tpoqn1- feti eminenti non dovevano essere mol-
't'LXfjç 't'OCçEW<;, O ECJ-;;W 'tÒ CTWµet. 't7}<; to numerose nella chiesa, poiché nella
O'et.pxòc; 'I11crou XpW>OV -::b µtyÈ.\I -.ft polemica contro i Montanisti si menzio-
cb.it1pw'lto'tl)'t't otà. Maplaç (P. Ox:y. I 5, nano come profeti cristiani solo Quadra-
9 ss.). Vi è quindi ancora un collegio di to e Ammia, a prescindere da quelli ci-
profeti, che è il corpo della carne di Ge- tati nel N.T. (Eus., hist. eccl. 5,17,2.4;
sù Cristo 442• In complesso, in età sub- cfr. 3,37,1) .
apostolica i profeti della comunità vanno
sempre più diminuendo, e ciò per un Già nella 2 Petr. non vi sono più pro-
duplice motivo. Anzitutto nella comu- feti protocristiani, perciò l'autore a dife-
nità si estinguono le forze pneumatiche, sa della sua escatologia non adduce di-
di modo che ai profeti subentrano i chiarazioni di profeti della comunità, ma
ministri e la Scrittura (~ coli. 646. ricorre ai profeti della Scrittura 443 • Ana-
648). In secondo luogo influisce negati- logamente, più tardi, nella polemita con-
vamente la presenza di pseudoprofeti, tro la profezia pagana Origene non si ap-
che fanno perdere prestigio e autorità pella a profeti cristiani ma a quelli del-
anche ai veri profeti; da essi la comuni- 1'A .T. (Cels. 7,3 s.; 8,45 s.). Non è certo
tà non è in grado di difendersi perché le che Ireneo al;ibia personalmente visto o-
manca il carisma del discernimento de- pernre profeti ( haer. 5 ,6,1 ). Tertulliano,
gli spiriti (->coli. 636 s.). Sarà accaduto che pure stima i profeti montanisti (de
a più di un profeta di essere respinto co- anima 9 [CSEL 20,310]), nel suo elen-
me falso profeta, perché ormai si guar- co di persone eminenti nella comunità
dava con sospetto ogrù forma di profe- non menziona i profeti (praescr. haer. 3
zia (4- col. 650). Ireneo ammonisce di [CSEL 70,4]). Origene sostiene che
badare che la lotta contro i falsi profeti talvolta vi sono profezie (Cels. 1,46), ma
non estingua nella chiesa la vera profe- nega che i profeti abbiano un ruolo di
zia (haer. 3,u,9). I profeti non scompa- rilievo nelle comunità. Ai tempi di Celso
iono all'improvviso. Probabilmente I- non vi erano più profeti che potessero
gnazio si attribuisce doni profetici quan- essere paragonati agli antichi, poiché gli
do parla della rivelazione concessagli uditori ne avrebbero tramandato per i-
(Eph. 20,2); ma secondo lui le _p ersone scritto le profezie, come è avvenuto per
responsabili sono i vescovi, i presbiteri quelli antichi (Cels. 7,II). Le parole di
e i diaconi (lgn., Phld. 7 ,r ). Anche Poli- Milziade: OEÌ:\I yàp E{W.tt 'tÒ 'ltpoc:p'l'}-.tXÒ\I
carpo aveva il carisma della profezia xciptoµa. Èv 1toccrn "TI hxÀ.ncrlq. µéxpt
(mart. Polyc. 16,2, dr. 5,2; 12,3) ed an- i:fjç -.EÀElac; 1tapovcrlac; o ém6cr-toÀoç,
che Melitone di Sardi: Hier., de viris cH;to!, « ... l'apostolo ritiene che il ca-
ill. 24 (MPL 23 [ 1883] 677 A); Eus., risma profetico rimarrà in tutta la chiesa
hist. eccl. 5,24,5; cfr. 2 . Giustino ri- fino alla venuta finale» (Eus., hist. eccl. 5,
corda che nella chiesa cristiana, diver- 17,4) sono un principio desunto dalla tra-
samente dal giudaismo, vi sono uomini dizione teologica ma senza riferimento
che hanno il dono della profezia (dial. alla effettiva presenza di profeti nella co-
39,2; 82,r; dr. 88,r). Pare tuttavia che munità. Il dogma secondo cui una co-
nella comunità i profeti non abbiano più munità cristiana comprende profeti è a
un .ruolo determinante. Le figure di pro- lungo sopravvissuto alla profezia stessa.

442A. HARNACK, Ober 2 von Grenfell und 443E. KXSEMANN, Bine Apologie der tirchr.
Hunt entdeckte-und publicierte altchristliche Eschalologie: ZThK 49 (r952) 289.
Fragmente: SAB 1898 (1898) 516-520.
Con il rifiuto del montanismo nella chie- attendere la rivelazione, ma agisce come
sa è venuta meno la profezia. se sapesse sempre tutto; evita le assem-
blee liturgiche perché viene smascherato
IV. Falsi profeti dalla preghiera dei cristiani; fornisce in-
formazioni in segreto (mand. rr,r3 s.) e
I falsi profeti dànno molto da fare al- si fa consultare come un indovino
la chiesa antica. Per smascherarli la Di- (mand. II,2+6) . A lui interessa princi-
daché stabilisce la regola: ov 'ltac; oÈ ò palmente il denaro (mand. II,12). Per-
Àa.À.wv f.v 'ltVEvµa.·n 'ltpoqrl)-cTJc; Ècr-tlv, ciò a quelli che lo consultano dice ciò
éJ.).,).,'f.à.v ii:x;n -roùc; -tpé'ltouc; xuplou· &:itò che fa loro piacere (mand. n,2.6.13).
ouv 'tWV 'tpO'ltWV yvwcrth10'E't(X.~ o \)JEV- Senza compenso non profetizza (mand.
001tpocp1rtTJc; xctt ò 'ltpocp1J-cTJc;, <<non 11,12). Le opere e la vita sono i criteri
chiunque parla nello spirito è profeta ma decisivi per distinguere i veri dai falsi
chi pratica i costumi del Signore; dai co- profeti (mand. II,r6). à'ltÒ -tf}c; swi'Jc; 00-
stumi quindi si conosceranno lo pseudo- xlµa.sE 't'ÒV av~pW'ltO\I 'tÒV EXOV"m 'tÒ
profeta e il profeta» (II,8). Nel vero nVEVµct -rò iM:ov, «dalla vita riconosci
profeta la dottrina corrisponde alla vita; l'uomo che ha lo spirito divino)) (mand.
chi non fa ciò che insegna è un falso rr,7).
profeta (11,ro). Soprattutto al profeta
si richiede disinteresse assoluto. Se qual- Secondo la grande chiesa sono pseu-
cuno ordina di imbandire una mensa doprofeti anche i profeti montanisti, che
per fini egoistici (n,9) oppure chie, si definivano v~ct 'ltpoq>"f]'t'El~, <muova
de denaro o cose simili per motivi per~ profezia» (Eus., hist. eccl. 5,16,4; r9,2;
sonali (u,12) è un falso profeta. Il Tertull., de ieiunio adversus psychicos r
numero aumenterà negli ultimi giorni [CSEL 20,274)) 444 • Montano si ptesen-
( 16,3). ' ta sostenendo di essere profeta. Con lui
stanno le profetesse Prisca, Massimilla
Ancor più concreta è la descrizione ed altre (Epiph., haer. 48,1,3; 49,2,3;
del falso profeta in Erma: µ1]0Eµ.la.v Tertull., de anima 9 [CSEL 20,310]).
EXWV ÈV fo.u-cifl ouva.µw 'ltVEuµa:toc; iM- Essi vivono nell'ardente attesa della :fine
ou, «che non ha in sé potenza di spiri- (Epiph., haer. 48,2,4) e ritengono che la
to divino» (mand. n,2); il suo 'lt\lsuµa. Gerusalemme celeste scenderà nelle lo-
••• Èmyst6v ÈO''t'W X<X.L ÈÀ.ct<ppbv, Ùuvaµw calità frigie di Pepuza e Timione, dove
µ'ij iixov, «il suo spirito ... è terrestre e tutti i cristiani devono radunarsi (E-
leggero, senza forza» (mand. rr,6, dr. piph., haer. 48,14,r; 49,r,2s.; Eus ., hist.
ll); anzi, calcando ancor più la mano: eccl. 5,r8,2). In polemica contro i Mon-
ò yàp ùt&.~oÀ.oc; '1tÀ.1]pot aò-tòv 'ti;> 'ltVEU- tanisti si sottolinea che Gesù stesso ha
µa:n, «il diavolo infatti lo riempie del detto che dopo Giovanni non vi sarebbe-
(proprio) spirito» (mand. n,3, cfr. 17). rq più stati profeti (Filastrius, de haere-
I criteri per distinguere la vera dalla fal- sibus 78 [CSEL 38,40]), benché in li-
sa profezia sono puramente morali.Men- nea di principio si accet_ti la profezia nel-
tre il vero profeta è mite, tranquillo e u- la chiesa (~ col. 648 ). Si torna al crite-
mile e si tien lontano da-ogni malvagità rio, già menzionato nell'A.T., secondo
e desiderio vano, lo pseudoprofeta è pre- cui un profeta deve dimostrare con se-
suntuoso, ambizioso, insolente, sfaccia- gni d'essere tale e ciò che è stato profe-
to, ciarliero, dissoluto e fraudolento tizzato deve adempiersi (Epiph., haer.
(mand. n,12). Egli non ha bisogno di 48,2,5 ss.; Eus., hist. eccl. 5,r8,ro). Poi-

444 Altri testi in W. ScH!li>nLERN, Der Monta- 11ism11s und die phrygiscbe11 K11lte (r929) ro.
ché le guerre preannunziate non sono tingono i capelli, si adornano e si fanno
scoppiate, la profezia montanista è falsa belli; amano giocare con tavolette e dadi
(Eus., hist. eccl. 5,16,18). Viene inoltre e praticano l'usura (Eus., hist. eccl. 5,18,
avversata l'estasi. L'anonimo di Eus., II). Perciò si dice: oe:i: yàp "toùc; xap-
hist. eccl. 5,16,7 descrive il primo rapi- 1tOÙc; ooxLµasEcril'aL .-ov 1tpocp1J't'ov, «è
mento estatico di Montano: come egli, necessario valutare i frutti del profeta»
preso dallo spirito, cominciò a smaniare (5,18,8, cfr. II) . Estasi e condotta non
e ad emettere strani suoni (dr. 5,16,9). conforme alle norme morali tradiscono
Lo stesso Montano si definisce strumen- la falsa profezia. Riguardo ai Montani-
to passivo dello Spirito santo che fa sti è difficile dire che cosa fosse autenti-
parlare il profeta come il plettro fa suo- ca profezia e che cosa eresia, distinguere
nare la lira. L'uomo, per cosl dire, si ad- fra calunnia e aberrazione. È necessario
dormenta, perde coscienza, e una forza tener presente che Tertulliano ha sem-
estranea si impossessa di lui (Epiph., pre parlato con senso di alta stima dei
haer. 48,4,I; cfr. Eus.,hist. eccl. 5,17,2). profeti montanisti. Moltissimi non si ag-
Montano affermava che in lui il Padre gregano a questo movimento perché lo
scendeva tra gli uomini (Epiph., haer. trovano t roppo ascetico e rigorista (de
48,11,r.6.9). Contro i profeti montanisti ieiunio adversus psychicos l [ CSEL 20,
Milziade stabilisce il principio µ1) OE~v 274]). Anche Epiph., haer. 48,1,4 scrive
1tpocp1j"t'J]V Èv ÈX<T"t"MEt À.aM:~v, «un pro- che sotto il profilo dogmatico nulla si
feta non deve parlare in estasi» (Eus., può rimproverare ai Montanisti: 'lte:pt
hist. ecci. 5,17,1 ), anche se in ciò poteva OÈ 1ta't'pÒç xat vtov xu.t aylov 'JtVEUµa-
appellarsi a Paolo ma non a tutto il N. "tOc;, op.olwç qJpOVOUCTL tjj tiyl~ xcd}oÀ.txjj
T. (~coli. 623 ss.). Quando non si com- ÈxxÀ.'J]O'l~, «quanto al Padre, al Figlio e
batteva contro i Montanisti, non si rifiu- allo Spirito santo concordano con la san-
tava radicaLnente l'estasi (Athenag., ta chiesa cattolica» . Il montanismo fu
suppl. 7,9;Hipp., de Antichristo2 [GCS l'ultimo grande bagliore del profetismo
1,2 p. 4}). Soprattutto si critica la con- nella chiesa. Combattendolo ed elimi-
dotta dei nuovi profeti: essi accettano nandolo, il ministero istituzionale conse-
denaro, doni e vesti preziose (Eus., hist. gul una vittoria definitiva sul carisma.
eccl. 5,18,2.4.11 ) anche da poveri, vedo-
ve e orfani (Eus., hist. eccl. 5,18,7). Si G. FRIEDRICH

t 7tpoxe:~plsw

1. '1tPOXEtplsw non è un composto del (nell'accezione di pronto, sempre dispo-


verbo semplice XEtpll;w 1, ma è derivato nibile: ad es ., Aesch., Prom. 54; Soph.,
direttamente dall'aggettivo 1tPOXEtpoç= El. nr6) sia per le persone (nel signifi-
a portata di mano, facile da avere, tro- cato di pronto, deciso, ardito; ad es.,
vare ecc., che è usato sia per le cose Eur., Herc. fur. 161: "tfi cpvyfi; Polyb.
minirtrare (cosl spesso in Polibio, ad es. r,2.0,
4; 2,36,1). Anche nei LXX troviamo quest'u·
I XE~pl~w, avere in mano, nelle mani, fra le so: -tà. itp&:yµa'ta. XELpt~e.w, «curare gli affa-
mani, maneggiare, tra/fare (detto, ad es., di ri di stato» (Esth. 8,u•). XELpl~w manca in-
un medico), è usato anche in senso traslato, vece nel N.T., nella prima letteratura cristiana
specialmente nel significato di govemare, artr- e negli apologisti.
- -" .J \ - - 11 - - .,,,,,

23,5,7: Èv -roc~c; òµtÀ.latc;) 2 • 7tpoxEtplsw, mano = palese, già iniziata, oppure im-
nella forma attiva ( =
consegnare, dare mùtente, incombente, prossima: «pros-
in mano, anche tenere pronto, ad es., sima e motivo di gioia è la rovina degli
Polyb. 3,107,10), è frequente come de- empi». Per contro il verbo 7tpoxe:i.plsw
ponente medio: prendere in mano, ma· è usato più volte. Al medio, col signifi-
11eggiare, preparare, ad es. navi o simili: cato di eleggere, nominare: Ex. 4,r3
allestire (Polyb. 3,97,2; l,16,2); riferito (Slf.J}; los. 3,12 (lqf.J>; 2 Mach. 3,7: 7tpo-
a persone: scegliere, nominare: 011µa- XEtpi.aiXµe:voc; (cod. A: 1tpOXELpTJCT&µe-
ywyovc; (lsocr. 8,122), &pxov-roc (Ditt., '\/Oc;, errore grafico dovuto a itacismo);
Syll.' Il 873,14 s. [II sec. a.C.]); -roùc; 2 Mach. 8,9 (nel parallelo I Mach. 3,38
-div 1tlcn:w EÙO'EBwc; -re xaL oLxalwc; abbiamo ÉitÉÀ.d;ev, come in Ios., ant.
't'l')pi}crocv-rac; (Ditt., Or. I 339,46 s. [n 12,298); 2 Mach. r4,12 (il cod. A legge
sec. a.C.]); col doppio accusativo del. di nuovo 7tpoxe:tpncr<Xµe:voç , variante
l'oggetto e del predicato (Diod. S. 12, 7tpocrx(X.À.Ea-aµEvoc;); al participio aoristo
2 7 ,r ). In questa accezione il verbo è passivo; Dan. 3,22 (LXX), senza corri-
usato spesso anche al passivo, precisa- spondente nel T.M. 4 •
mente al participo aoristo o perfetto:
7tpoxnpi.CTi>dc; ... &.-ywvoi>hnc; (Ditt., Or. 3. Filone usa l 7 volte laggettivo 7tp6-
I 268,4 [193 sec. a.C.J); 1tPOXEtpw·itdc;
XEtpoç (anche al comparativo e superla-
xaì. ùcp' ùµwv 7tpEO'BEucroci. (Ditt., Syll. 1 tivo), specialmente col significato di ov-
II 6or ,5 [ r93 a.e.]); tEpÉwc; 7tpOXEXET.·
vio, evidente, superficiale, riferito a idee
pi.uµivou (BGU IV rr98,2 s. [I sec. a. o concezioni; ad es., det. pot. ins. 155;
C.]); 1tPOXELpln~ÉV't"E<; CÌ\l'rLO''t"plt't'l'))"Ol som. r,127; post. C. r; ebr. 65; dee. 69;
(Polyb. 3,106,2); cfr. ò 1tpOXEXET.ptC1µi- conf. ling. r90; Deus imm. r33; al pl"imo
voc; Èv -r4> vuv Myoc;, «il discorso previ- sguardo: sacr. A. C. 35; det. pot. ins. 47;
sto e appena iniziato» (Plat., leg. r ,64 3 ovvio: agric. 3; immediato: sobr. 5
33.
a) . Nei papiri compare il medio, ma pre- Filone non usa invece il verbo , che è
vale di gran lunga il participio passivo assente anche dal vocabolario di Flavio
nell'accezione di disposto, intrapreso 3• Giuseppe (~ sopra), il quale usa invece
l'aggettivo 7tp6xEi.poc; (ant. 8,214; Ap. 1,
2 . Nei LXX troviamo una volta l'ag- 24; beli. 4,85) e l'avverbio 7tPOXElpwc;
gettivo 1tPOXET.poc;: 1tPOXEtpoc; OÈ ylvE· = deciso su due piedi (beli. 2,463). Il
-roci. xaì È7tlxocp-roc; wn:Bwv &:7tWÀ.Eta. verbo 1tPOXELp6oµa.t === essere sottomes·
(Prov. u,3). Il resto dello stico ripro- so già in precedenza (bell. 4.444) non
duce il testo ebraico di u,10\ ma pro- deriva da 1tP6XEtpoc;, ma è un composto
prio 7tp6xEtpoi; non ha un corrisponden· di XEtp6w.
te nel T.M. né in rr,rob né in u,3.
L'aggettivo significa qui o a portata di 4. Nel N.T . abbiamo soltanto il verbo

2 Anche nei papiri (II·III sec. d.C.). Cfr. PREI· sec. a.C.}).
SIGKE, Wort. II 428 (ibid. la documentazione 4 Teodozione e probabilmente anche Simma·
per 1tp6XE~pov, borsa, cassetta). co hanno tradotto 11sk al nif'al in Prov. 8,23
3 Numerosi esempi (a partire dal II sec. a.C.) con 7tpoXEXElptuµa.i. (LXX: tDeµt).lwcrÉv fM:);
in PREISIGKE, Wort. II 420; III 151; Mom... cfr. FIELD II 326.
TO!ll-MILLIGAN 556; MAYSBR I 3,144; II x,93; s Almeno LEISEGANG non registra 'ltPOXEtpll;t».
u 2,486. Il sostantivo 1CPOXEtpL0"µ6c;, equjpag- Abbiamo comunque la stessa situazione in Cle-
giamento, addestramento: o ÒE~vcx. 1)yeµWv mente Alessandrino, che usa l'aggettivo (e l'11v·
'tW\I tv 1Cpoxe1pLuµiì"l, «qt1esto istmttore delle verbio), ma non il verbo (dr. l'indice, s.v. in
reclute», ufficiale istruttore (P. Amh. 39,1 [II GCS 39.690).
b55 lVl,1Sò4)

'1tPOX.Etplsw (al medio e passivo), preci- sione presa abbia un aspetto coattivo è
samente tre volte, tutte nel libro degli forse particolarmente evidente quando
si affidano incarichi e funzioni militari,
Atti. Nel secondo e nel terzo racconto 6 ma non è del tutto assente neanche dal-
della conversione di Paolo (Act. 22,14 e l'uso più comune .e generale del voca-
26,I6) 7 significa destinare, stabilire, e- bolo. Perciò potrebbe darsi che l'auto-
leggere 8 • re abbia volutamente scelto 1tPOXEtpl·
SE<riJa.L per esprimere il momento coat-
tivo insito nella decisione divina riguar-
Come abbiamo visto nei testi di 2 dante Paolo.
Mach . ricordati sopra (--+ col. 654) e
come si riscontra frequentemente nei pa- Corrispondentemente alla sua etimo-
piri (-+ n . 3) 'ltPOXEtplsEoik1..t è certamen- logia, il vocabolo non contiene l'idea di
te usato per indicare la nomina a inca- una predestinazione di Paolo da parte
richi militari. ·T ale uso tuttavia non è
tanto prevalente rispetto a quello comu- di Dio o di Cristo. Si tratta piuttosto
ne del verbo, da far pensare necessaria- della funzione alla quale l'Apostolo è
mente a una sua influenza determinante 'destinato': in Act. 22,I4 tale destina·
in Act. 22,14 e 26,16. Inoltre negli Atti
zione è comunicata da Anania come già
i concetti di µtip"tuc; (--+ vr, coli. I325
ss.) e di --+ Ù7tT)pÉ'tT)c; hanno un profilo avvenuta (questo è il valore dell'aori-
sufficientemente netto e mostrano in sto), mentre in Act. 26 1 16 avviene nel
quale direzione vada nel nostro caso la
momento in cui la parola è rivolta all'A-
destinazione, pur non presentando da
parte loro alcuna prossimità all'idea del- postolo. Anche in Act. 3,20 non si trat-
la militia Christi.- L'idea che una deci- ta di predestinazione 9 , ma di destinazio-
6 Nel primo racconto della conversione (Act. l'infinito), ma «ti ha destinato a ...» (<TE è il
9) manca un'espressione parallela perché Je complemento oggetto, mentre l'infinito finale
istruzioni date a Paolo nell'apparizione (9,6) indica a che cosa Paolo è destinato: dr. PREU-
sono, a confronto di 26,r6-:c8, molto succin- SCHEN·BAUER .. s.v.).
te; lo stesso vale per la comunicazione di A- g BAUERNPEIND, Ag. traduce 1tPOXELpl!;,w in
nania a Paolo in 9,17 rispetto a 22,14-16. Co- Aci. 22,14 con eleggere (p. 251) e in 26,16
munque l'idea espressa in Act. 22,r4 e 26,16 con dertinare (p. 267). Anche altre traduzioni
mediante 1tPOXEtpl~Eirltti~ trova un parallelo non usano n ei due passi Io stesso verbo; ma
sostanziale nell'espressione crxEuoc; tx).oyljc; sarebbe meglio non cambiare, perché Luca
e~ vr, col. 495) di 9,r5. vuole stabilire tra i due passi un nesso reci-
7 Per il costrutto col doppio accusativo in 26, proco.
16 si ricordi il già citato (~ col. 653) esem- 9 Contro P.R.EUSCHEN, Ag., ad l . .Anche la va-
pio di Diod. S. 12,27,1. In Act. 22,14 abbiamo riante 1tPOXEX'Y)PUYJ.lÉ.VOV (dove la particella
l'accusativo dell'oggetto seguito dall'infinito, 'ltpo- ha valore temporale : prima, antecedente-
una costruzione che non sembra attestata al- mente) non può essere considerata un argo-
trove e che in ogni caso è sconosciuta ai LXX. mento a favore del significato predestinare.
Tuttavia 1tPOXE~pl~oµa~ è costruito con l'infi- Tale variante, anche se favorita forse da11tpo-
nito quando significa decidere, proporsi (ad presente in entrambi i verbi (ma con valore
es., Polyb. 3,40,2: 1tɵ7tE~\I Il61tÀ~ov), e per· diverso), rappresenta un'influenza dell'uso di
sino con l'accusativo e l'infinito: DITT., Syll. 1 1tpOX'Y)pUcr<TW in Act. 13,24 e~ v, col. 480). È
I 457,14 ss. (111 sec. a.C.; cfr. LIDDELL-ScoTT, in ogni caso improbabile che questa variante
s.v., 11 4). In Act. 22,14 non si può però tra- voglia richiamare l'opera di Giovanni Battista
durre «ha deciso che tu debba conoscere» (dr. 13,24); di fatto essa è piuttosto dovuta
(traduzione che presupporrebbe un ace. con all'influenza di 1tpoxa-ta:yyÉ).)..w usato in Act.
...... ) , \ • ... , ......... ,.,11

ne 10• Rivolgendosi al popolo dopo la to della sua risurrezione (Act. 3,13.15)


guarigione dello storpio, Pietro dice che o fin dal principio. Se in Aci. 3,20 Luca
i Giudei devono tavvedersi e cercare il dovesse veramente aver ripreso e riela-
perdono dei peccati 01tWc; /lv ... a1tOO'"t'EL- borato un testo più antico 12, allora da
Àn -còv 7tpOXEXEtptuµÉvov ùµi:v XPtO'"t'ÒV Act. 22,r4 e 26,r6 risulterebbe come
'I'l)a-ouv, <rnffìnché Dio mandi Gesù, il usando 7tpoxnplsEO'i)ttt egli abbia volu-
Messia che vi è stato destinato»: Gesù to far valere un vocabolo che per lui
è il Messia destinato da Dio ai Giudei, ha anche altrove un valore particolare.
preparato per loro 11, senza che sia chia-
5 . Nella letteratura protocristiana
ro dal testo se Gesù tale sarà alla pa- fuori del N.T. il verbo 1tpoxnpll';w non
rusia o già lo è stato col suo ministero è usato.
terreno (Act. 2,22; r3,23) o dal momen· w.MICHAELIS

3,18 (~ I, coli. r92 s.). WETTSTEIN II 474 s., tro mostrerebbe ai Giudei «come questo Gesù
il quale adduce numerosi testi extrabiblici a sia destinato proprio quale 'Cristo per voi'».
favore di 7tPOXEtpl!;oµ«t in Act. 3,20, ricorda Tale interpretazione separa a torto ùµ~v dal
anche che -il cod. minuscolo 46 legge 7CpOXE· verbo, ovvero comporta una formulazione af.
XPLUJ.LÉvov. Tale variante è probabihnente un fatto assente dal concreto testo greco. Per
semplice errore di scrittura, non un voluto vµ~v WENDT, Ag. 106, od I., rimanda a Aci.
gioco di parole col xpicr-r6v successivo. Questa 2,39.
variante deve però essete stata particolarmente 12 Cfr. l'ipotesi di BAUERNFEIND, Ag. 66-68,
diffusa giacché il T1scHENDORF, N.T. II :i.7, secondo la quale in Act. 3,20 s. Luca avrebbe
ad l. nota che essa appare nella versione etio- utilizzato uno scritto giudaico che originaria-
pica. È difficile pensate che ciò sia dovuto uni- mente trattava cli Elia redivivo. Per npoXEXEL-
camente all'influenza del cod. minuscolo 46. p~oµÉvoç egli rimanda a nkwn in Ecc/us 48,10,
IO Tra i composti con Ttpo- ai quali ci -si può che secondo la congettura cli Smend (R. SMEND,
richiamare per la concezione lucana del piano Die Weisheit des ]es11s Sirach [1906] 460) nei
divino (cfr. H. CoNZELMANN, Die Mille der LXX sarebbe stato dapprima reso con h-o~µoç
Zeit 2 [ 1957] 130) 7tPOXEtpll;oµ«L non si tro- (invece dell'attuale Èv éÀEyµo'&;): «Forse nel
va pertanto sullo stesso piano di 'ltpoopaw, testo di cui si è servito Luca ha trovato una
r.poopl!;w ecc., a meno che non si voglia sup parola simile e l'ha sostituita con il più so-
porre - come fa HAENCHEN, Ag. 172 n. 5 - lenne 7tpOXEXELpwµlvoç» (p. 66; cfr. p. 68:
che Luca abbia «inteso il verbo, contro l'eti· «Probabihnente ha usato la forma npoxtXEt·
mo, in senso temporale» (ma è il caso di at- ~L<TµÉvoç al posto di una parola molto più
tribuire proprio a Luca questa violenza lingui- scialba e meno appropriata, ad es. ~-rot.µoç») .
stica?). Cfr. nnche ZAHN, Ag. 155 s. n. 65. Senza volere avallare la suddetta ipotesi in tilt·
11 ùµ~v è un dativo di comodo, come in Ios. 3, ta la sua portata, ricordiamo che ESichio, s.v.
12, solo che là il dativo si riferisce al sogget- spiega 1tpoxelpwç con t-rolJ.Uùt;, -r«xéwç, 6~éwç
to di 11'pOXEtpll;Ecrlhu. Secondo H . W. BEYER, e npoXEXE~pwµlvov con 1tpo~E~À.71µévov, 1')-ro~­
Die Ag. (N.T. Deutsch .5 1 (19.57]) od l., Pie- µaa-p.lvov .
6.J9 (vr,866) 1tpG)-coç 1-3 (W. Michaclis) (VJ,866) 660

7tpW'toc;, 7tpw"to\I,
7tPW't"oxcdh:oplcx., 1tpW't'OXÀ.t<rlcx.,
1tPW't6~oxoç, 1tPW'tO'"t'OitELa,
1t()W'tEVW

'ltpW't'oc; domanda a Giobbe: µl} npw't'oc; à.vt>pw-


nwv ÈyEv1)i}'l']c;; , «fosti forse tu il primo
1. npGl"toc;, a partite da Omero, ha
uomo?» (Iob 15,7a) si tratterà non del-
sviluppato il suo significato di primo in l'uomo primordiale che fu nel consiglio
tre direzioni: a) il primo rispetto allo di Dio (cfr. 15,8), ma di Adamo (dr.
spazio, cioè l'anteriore, che sta davanti l'accenno alla creazione in 15,7b). Dio
(ad es. Rom., Il. 15 ,340 ); più tardi que- è designato come npGhoc; in Is. 41,4;
sta accezione è passata notevolmente in
44,6; 48,12 (~I, coli. 7 s.; per l'influs•
seconda linea; b) il primo rispetto al
so sul N.T. ~col. 664 n. 9). In Is. 41,
tempo e al numero (ad es. Hdt. 7,168; 27 rì'son, quale pregnante designazione
Horn. Od. 9>449); c) il primo relativa- del profeta, è reso nei LXX solo in mo-
mente al rango e al valore: il più nobile, do sbiadito (con à.px1))2 (come pure m•-
il più importante ecc. (ad es. Horn., Od. basser, ibid.). Cfr. anche ~ col. 661 e
6,60; Thuc. 6,28 1).
~col. 665 n. II.
2. Nei LXX rcp6hoc; figuta, salvo er-
rore, 240 volte, di cui più della metà in 3. In Filone, che usa 1tpw-coc; in vari
Gen.-Neem. e 25 in Mach.; dove c'è il contesti 3 , per connotare Dio si trova
testo masoretico, vi corrisponde per lo più volte rcpw"toc; 1h:6c;: poster. C. 183
più ri'son, ri'son. Nella maggior parte (7tpw"toc; xal µ6voc;); migr. Abr. 181;
dei casi ha valore di aggettivo numerale, Abr. n5; vit. Mos. 2{3),205. Secondo
e in più di un terzo dei testi offre un decal. 59 solo un demente può attribui-
dato cronologico; né manca il significato re questo titolo ad altri. In Abr. 7 5 .88
di primo quanto al grado; ad es. Esth. Filone si leva contro l'idea che il x6oµoc;
1,14; a proposito della gerarchia ange- visibile (~ v, col!. 901 ss.) possa esse-
lica Dan. (LXX, Theod.) 10,14; come re considerato 7tPW"toc; t>i::6c;; esso sareb-
titolo d'onore (rcpw"toc; cpl).oc; e simili): be piuttosto Epyov -.ov 7tpw-tov t>Eov xat
· I Chron. 27,33; I Mach'. 10,65; 11,27; -.ou cruµrc&v-.wv 1t<X"tp6c; (75; cfr. migr.
2 Mach. 8,9; LEpEÙc; 1tpw-toc; e sim., som- Abr. 194). Niente di strano che nel con-
mo sacerdotale(~ rv,col. 862): 3 Brur. testo di una designazione del Logos qua-
2,J5; 4 Bwr. 25,18 = 'fap. 52,24; 2 le OEU'tEpoc; ilE6ç (~VI, col. 254) la for-
Chron. 26,20; cfr. 22,46. Nella ironica mula npw-toc; i)E6c; non compaia; alla

l Cfr. PAssow e LIDDELL-ScoTT, s.v. Nelle 2 Cfr. J. ScHNIEWIND, Euangelion I (1927) 35


iscrizioni 1tpW'toç si riferisce particolarmente s. 67 s. I rabbini hanno spiegato il passo rife·
al rango, anche come titolo onorifico (cfr. gli rendolo al Messia (ad es. Ex. r. 15,2) e hanno
indici in DITI'., Sy/l.' e DITT., Or.); anche innalzato ri'JOn a titolo messianico (STRAcK-
nei papiri 1tpw-coç figura, sebbene solo di ra- BILLERBECK I 65).
do, come indicazione di wia funzione o di 3 Cfr. la selezione in LEISEGANG, s.v., per 1tpi:>-
un grado militare (cfr. PREISIGKR, Wort. m 'toç iivDpw1toç anche alla voce li.vllpw1toc;, ibid.
153,215; MoULT.-MILL., s.v.). paragrafo 8.
(101 \ Vl,OOO)

base di questo titolo non c'è infatti una yi::v6µEvoc; dr. anche 82; 20,259.
enumerazione, ma con esso si esprime
piuttosto la esclusività e unicità di Dio. 4. Nel Nuovo Testamento npwnc;
Perciò in leg. ali. 3,207 Filone può di- s'incontra in più di 90 passi, distribuiti
re che per gli a't'EÀ.EL<; il Logos (come in modo assai ineguale nelle singole ac-
€pµnve:vc, di Dio) può essere 1'e:6c;, ma cezioni.
per i rToqiol e 't'ÉÀ.e:~oL soltanto ò 'ltpW'tOC,
(Dio stesso) è veramente Dio. Là dove a) Il significato spaziale già raro di
Filone chiama Dio 1tPW'toc; xa.t µÉya.c; per sé (~ col. 659) compare soltanto
~<WLÀ.e:vc; (op. mund. 88 e passim; dr. nella descrizione del tabernacolo in
anche 7tpW'toç 't'W'\I oÀ.wv xa.t µOvoc; Sa;-
oùe:uç: poster. C. 101), si tratterà pro- Hebr. 9,2.6.8: 7tpW'tl) ~ o-xnvfi.
babilmente di una formula di origine b) Senza confronto più numerosi sono
stoica 4• i testi con l'accezione di primo nel tem-
po, nel numero ed eventualmente nella
In Flavio Giuseppe, a quanto pare,
non si ha un uso linguistico corrispon- serie 6 •
dente 5. In lui è molto frequente la for- Nella storia della passione ha un suo
mula oi. 'ltpW'tOL ( <X.v&pe:c;) per designare posto il primo giorno della festa di Pa-
gli uomini più in vista di una tribù, del squa (Mc. 14,12 par. Mt. 26,17; --> III,
popolo, della classe sacerdotale e simili coll. 1557 ss.; --> n. 7). Il giorno della
(ant. 4,140.174; lo,71.213; rr,141; 13, resurrezione è indicato come 7tpw'tl)
146; 18,7.64; 20,125.132.135; vii. 185, rTa.~~<i-i:ou solo nella chiusa, non auten-
381 e passim; al singolare: ani. 13,85; tica, del Vangelo di Marco (16,9), men-
20,130). Quando in ant. 11,121 Esdra è tre in Mt. 28,1 par. Le. 24,1 (dr. anche
detto 'ltpw-i:oç i.e:pe:ùc, 't'OV 1'e:ov, per sot- Io. 20,1) si dice µla rTa.P~1hwv (~ m,
tolineare la superiorità sul precedente col. 283 n. l; IV, col. 125). Anche nei
apxLe:pe:vç, è difficile che si tratti di un passi di Act. 20,7; I Cor. 16,2, impor-
influsso cli r Eo-op. 8,2; 2 Eo-op. 7,5, poi- tanti per il problema dell'origine della
ché qui 7tpw-.oc;, riferito ad Aronne, si- domenica (~ V, coll. 1491 ss.), si trova
gnifica evidentemente il primo in ordine µla -i-wv o-<X.(3~oc'twv o o-a.f3~<i-i:ov.
di tempo. Anche l'accezione di il prece-
dente, l'antecedente figura in ani. l,81; Molto corrente è un uso di 7tpw-i:oc;
2,86; 16,1.68.258; 19,323; perciò in determinato da un confronto tra il pre-
7,85 è dubbio se 'ltpw't'oc; Pa.rTLÀ.tvc; vo- sente e il passato; in questo caso la tra-
glia indicare Saul come primo re o come
predecessore di David. Per Adamo in duzione migliore non è il primo, bensi
ant. l ,67 designato quale -n:pw'toc; be yijc; il precedente, l'antecedente 7 • -.&. 'ltpw"a.
4 Cfr. il titolo di 7tp(;j-coç xo:t idrta'toç ~o;­ 4,270,14).
atÀEuç e designazioni simili date al supremo s Anche ScHLATTER, Theol. d. Judt. non re-
dio del mondo, ad es. in Dio Chrys., or. 2,72 gistra niente.
ss. 19,35 ss.; 36,n; 64,21 [segnalazione di H. 6 Cfr. il prospetto in PREUSCHEN·BAUER 5,
KLEINKNECHTJ. Ricordiamo che 7tpW't'O<; come s.v. Su 1tp&hoç o 1tpW'tO\I per 7tp6-ci;poç o
predicato divino ha avuto nella grecità una 7tp6'ttpo'Y cfr. anche BL.-llillR. § 62.
lunga e significativa storia (ad es. Ztùc; 'ltpG). 7 È erroneo il tentativo di CHR. N. GmAou-
"toç "(l'YE't'O nell'inno orfico a Zeus in Pesud.· lWFF, Le jo11r de la Sainle-Cène, in Annuaire de
Aristot., mund. 7 [p. 401 a 28]; il re terreno l'Académie de Théologie «St. Clement d'Ochri-
come ~«Àw-còç 'tW 'Jt'p&:tw i}Ew in Stob., ecl. dm>, Sofia, tome II (XXVIII) (I951-1952) 145-
1tpw-roç 4b (W. Michaelis) (vr,868) 664

i!pycx. 'ltOLTJCTO\I (Apoc. 2 ,5) significa: sii antiquata, vetusta (cfr. 8,13; --) II,
di nuovo come fosti prima; 'tTJ\I &.ycbt't)V coll. ro83 ss.). Lo stesso uso lingui-
crou 'tTJ\I npw'tt}\I àcpijxac; (Apoc. 2,4) stico applicato a un co.nfronto tra il
vuol dire: l'amore che hai avuto e dimo- passato (o il presente) e il futur~ si ·tro-
strato in passato, adesso non l'hai e non va in Apoc. 2 r ,r, dove 7tpGhoç oùpa.v6ç
lo dimostri più. In ITim.5,12 a i:i)v e 'ltpW't''fl yfj fanno da controparte a oò-
T.PW't1)\I 'ltLCT'tW -i)M't'r)CJW..I fa contrasto pC/,\IÒç xaw6ç e y-ij xawlj (11, coll. 43 l
non una seconda fede, diversa, ma l'àm- s.; vm, coli. 1440 s.); anche a -.à. 'ltpw-
cr"lcx. (cfr. 5,8). Altrettanto può dirsi 'ta Ò.1t-t}À.1>a.v di Apoc. 2 l '4 segue in 2 r,
della contrapposizione che nella Lettera 5 looù XCXLVèt. 1t0LW 7ta\IW. (--) IV' coli.
agli Ebrei ricorre tra r.pW't1) OLa.it1Jx.TJ 1348 s.) 8 •
(8,7.13; 9,r.15.18) e xcxwi) 0Lcxit1)x'l") (8,
8.13; 9,15) o vÉcx Ota.l>ljx'l") (12,24). Sol- Nel N.T. si trova di frequente anche
tanto in 8,7 la nuova OLa.~1}x1) è detta l'antitesi npw-.oc;/foxa.i:oc;. La definizio-
ow.-Épa. (cfr. 10,9). D'altra parte la ne che il Cristo glorificato dà di se stes-
7tpw•n Otal>1}x1J nella Lettera agli Ebrei so come ò 'ltpw•oc; xa.l. ò t'.crx.a.-.oc; in
non è detta 7ta.À.a.tà. otcx.l>rp<.'TJ, perché Apoc. l,17; 2,8; 22,13 si riferisce al
'ltpwni già per sé equivale a vecchia, tempo primordiale e al tempo ultimo 9 •

r86, che vorrebbe sanare le divergenze tra la -.à. t'.crxa-.a i.:.iç -rà 7tpw-ra..
È per(l incerto se
cronologia della. passione nei sinottici e in qui si tratti proprio di un «ritorno della stes-
Giovanni avanzando la tesi che 'tTI 1tpW"tTI sa cosa» (così il BuLTMANN, Ursprrmg tmd
1)µip~ 'tWV a!;uµti>V di Mc. I4,l2 par. si deb- Sinn der Typologie als herr11e11et1tiscbe Metbo-
ba tradurre: «il giorno che precede la festa de: ThLZ 75 [1950] 205). Si può anche in-
degli azzimi». Manca infatti qualsiasi testimo- tendere: Dio crea sia -rei. np{;',-ra. sia -.à. ~crxa·
nianza nel greco biblico (ed extrabiblico) per -ra. Anche ]. HEMPEL, Memch und Gott im
poter sostenere che npw-roç (o 1tp6-rEpoç) uni· A.T., BWANT I1I 2 (1926) 52, riferendosi a
to a un sostantivo di tempo in genitivo indi- Is. 43,18 s. sostiene che in Bam. 6,13 si sotto-
chi che l'entità designata come 1tpW'toç non linea l' «Identità della persona del creatore».
appartiene dn parte sua all'unità di tempo che Cfr. WINDISCH, Barn., ad I.
segue in genitivo, ma cronologicamente la pre-
9 E evidente l'influsso dell'analogo predicato
cede. Anche il testo di Iud. :zo,22, al quale
di Dio nel Deuteroisaia, soprattutto in 44,6,
l'autore si appella espressamente (op. cit. I63),
non serve: è vero che qui si intende il giorno ma anche in 4r,4; 48,u. Con l'uso di ~O')C<J.·
-roç che i LXX hanno intenzionalmente evita-
precedente, e i LXX hanno tradotto ÈV 'tTI i)µl-
to (._... 1, col!. .5 ss.) l'Apocalisse mostra di ade-
pq, -rii 7tPW'tTI, ma non segue nessun genitivo.
rire più strettamente al testo ebraico. Non
Cfr. la critica dell'articolo fatta da W. MrcH.AE-
avrà quindi importanza (né può esser colUles-
us in Kirchenblatt fiir die reformierte Schweiz
so col suaccennato ritegno dei LXX ad usare
IIO (1954) Il.
~crxa.-.oç a proposito di Dio) il fatto che nel-
8 Con un uso un po' diverso, cioè chiaramen- l'Apocalisse 1tpw-.oç/~crxa:to~ venga usato so-
te riferito a un parallelo fra tempo primor- lo per Cristo e mai per Dio, tanto più che le
diale e tempo ultimo (in Apoc. 2I,I.4 dev'es- formule di analogo significato -rò if);qia xett Tb
sere compreso anche il presente e 7tpW'tOç w e 1) apxT} xat 'tÒ 'tÉÀ.oç nell'Apocalisse SO·
quindi implica anche il significato di presente) no dette sia dell'uno che dell'altro (..... I, col.
il termine figura pure in Bam. 6,13: U.ioù 7tO~w 5 ). Quanto alla possibilità di connettere «A
665 (VI,868) 1tpw-roc; 4b-c (W. Michaelis) l VJ.,OUOJ uuv

ò 7tpG'li:oç allude alla preesistenza, cioè alla parusia allude l'É~ oùpavou di 15,
al suo esistere nell'eternità prima di ogni 47 e perciò anche l'enunciato di 15,45b.
L'antitesi 1'pw-roi;/foxa't'oç 'AMµ si ri-
tempo 10, ò Ea"xai:oç al suo esistere nell'e- collegherà quindi al significato di ante-
ternità dopo ogni tempo. Diverso è l'im- cedente, attuale, notato sopra. Cristo co-
piego di TCpW'toç/EO"XCX'tOç in Mt. I2A5 me capostipite di una umanità nuova
par. Le. n,26; Mt. 27,64; 2 Petr. 2,20; viene contrapposto ad Adamo caposti-
pite dell'umanità antica; ad ambedue è
Apoc. 2,19 . Qui 'Jtpw-çoç significa quello dato perciò il nome di 'AMµ o &wpw-
di prima, l'antecedente ed foxa-.oi; quel- ?toc;. Adamo, il 7tpw-.oc; 'AMµ. di I Cor.
I 5 ,4 5, equivale al 1tpw'toç li'lli>pw'ltoç in
lo di dopo, l'ultimo nel tempo e perciò
I 5 .4 7, Cristo invece è bensl chiamato
anche l'attuale, il presente 11 • Rientrano Òi;:u-.epoç èivilpw"Jtoç in 15 ,47, ma non
in questo ambito anche le formule 7tpw- oi::u·upoç 'AMµ in I 5 A 5: Paolo prefe-
-roç ed foxcx.-roç 'AMµ di r Cor. I5A5 risce dire E<iXct'toç 'AMµ - tanto più
che non segue poi un "t'pl'toc; 'Aoocµ ecc.
(~I, col. 381).
·-cioè l'ultimo nel tempo = l'attuale o,
La designazione di 1tPW'toç 'AMµ se si preferisce, dato che ce ne sono
non risale comunque alla preesistenza, soltanto due, il secondo (nuovo) A-
damo 12.
ma si riferisce alla creazione di Adamo
(~ III, col. )72); d'altra parte anche c) 1tpw-roc;/Ea-xcx."toç s'incontra inoltre
l'foxa-toç 'AMµ non è atteso dal futu- nel senso dell'ordine gerarchico. È sicu-
ro, ma è più probabile che Paolo volga
uno sguardo retrospettivo alla risurre- mente questo il caso del logion di Mc.
zione di Cristo; ad essa infatti e non 10,31 par. Mt. 19,30: 'JtOÀ.À.ot oÈ E<io'll-

e 0» egualmente a Is. 44,5 s., dr. W. MrCHAE- 28) e «Adamo del nuovo eone». Secondo que-
us, Zeìchen, Siegel, Kreuz: ThZ 12 (1956) ste interpretazioni ~CT;(a."t'oç per se stesso a·
516 n. 31. vrebbe già il significato della nostra parola
10 L'espressione che si legge in Io. x,15, grazie 'escatologico'. È vero che i:lcrxa-coc; per il con-
al 7tpG'noc; ( =7tpb-repoc;) costruito col geniti- testo in cui ricorre può assumere una «pie-
vo, accenna alla preesistenza. ga escatologica» (~ III, coli. 997 ss.); si
tratta però di vedere se per se stesso ~crxa.­
11 Cfr. il corrispondente uso di 7tpCn:oc;/foxa.-
-roc; in qualche parte del N.T. sia direttamen-
-coc; nei LXX: Ruth 3,xo; 2 Boor. 13,16; Ag. te equivalente ad 'escatologico' (per a.1.W-
2,9. v~oc; ::::: 'escatologico' cfr. W. MrcHAELlS,
ll Cfr. anche O. CuLLMANN, Die Christologie Die Versoh11u11g des Alls [J950] 47). Che
des N .T. 1 (1958) 171: Paolo avrebbe creato Cristo rispetto ad Adamo sia «in verità il pri-
l'espressione Mcrxa."t'oç 'ASaµ «semplicemente mo» (K. BARTH, Die Kirchliche Dogmatik IV 1
per analogia con 7tpW't'oç 'Aliaµ. In tale anti- [ 1953) 52 s. 572; dr. anche ~ 1, col. 382 n.
tesi essa significa né più né meno che 'secon· xo; I, coll. 383 s.) è giusto in .sé, ma non può
do uomo'». La pensano altrimenti ad es. J. Je- far luce sull'uso di 'ltpW-roç/~crxa.-roç in I
remias (~I, col. 384), secondo il quale fu «la Cor. I.5A5· Per l'influsso dell'idea dell'uomo
funzione escatologica» del Cristo che «diede primordiale (cfr. «primo Adamo» in 4 Esdr. 3,
luogo alla denominazione di i:lcrxa.-roc; 'A!ìaµ»; 21 [vis. I 4,5 VIOLET]} cfr. CuLLMANN, op. cit.,
e, in modo ancor più drastico, K. H. Rl!NGS· 144-146.169-171; E. ScHWEIZER, Erniedrigung
TORF, Die Au/erstehung ]es11 3 (1955) 65, che ti. Erhohung bei Jesus ti. sei11en Nach/olgern,
traduce ~uxa.-roç 'Aoaµ con «Adamo del tem· Abh. Th. ANT 28 (1955) 159 s.; W. ScHMIT-
po ultimo» (formulazione di E. HIRSCH, Zur HALS, Die Gnosis in Korinth, FRL N.F. 48
paul. Chrfrtologie: ZsystTh 7 [1929] 618 n. ( 1956) 105 s.
667 (VI ,868) 7tpW't'Oç. 4c · 7tPW't'OV 1 (W. Michaclis) (vr,869) 668

•aL 7tpG'rc·oL ~axa-roL xal oì. EoXa•o~ 'to<; (Mc. 9'35 -? n, coli. 958.962.1459
npw't'ot, che, lievemente mutato nei s. n. rq; III, col. 999). Per la domanda
termini, figura pure in Mt. 20,I6 e quale sia la Èv't'oÀ.i] 7tpW't'l'J 'ltcivi:wv
in Le. 13,30. È vero che 'ltpW't'O<; in (Mc. 12,28 par. Èv'toÀ.1} µEyaÀ:n Mt. 22,
Mt. 20,8.ro ed iiaxa•oc; in 20,8.r2. 3 6) e per la designazione di 1tpW't'l'J o
I4 è usato con valore temporale, ma in OEU't'Épct. È'Y't'OÀ.TJ nella risposta di Gesù
20,16 questo significato è evidentemen- (Mc. 12,29 s. par. Mt. 22,38 s.) -? III,
te scomparso per far posto a quello di coli. 593 s.; vr, coll. 1450 ss.; per l'e-
un ordine gerarchico, come in r9, spressione 7tpW't''l'J Èv'toÀ.l] di Eph. 6,2 ~
30 13 • Si tratta solo di un capovolgi- III, coll. 603 s. ol 7tPW't'OL come indica-

mento della sequenza iniziale o comun- zione del rango, in quanto sono gli
que attesa, ma il senso è questo: coloro uomini più ragguardevoli (~ col. 66r ),
che si considerano dei diseredati e non si trova in Mc. 6,21; Le. r9,47; Aet. 13,
osano sperare di aver adito alcuno al 50; 25,2; 28,7 (al singolare). I7 15 •
regno di Dio, vi saranno ammessi; co- 5. Per i Padri apostolici basterà ri-
loro invece che si reputano gli unici cordare: 7i ÈxxÀ.'l'}ula 7J 7tpW't"IJ di 2
Clem. 14,r (~IV, col. 1575; cfr. Herm.,
giusti, ne saranno tenuti lontani (cfr. vis. 2,4,1), cosl chiamata nel senso di
Le. 13,28 s. par. Mt. 8,rr s.) 14 • 7Cpwnc; chiesa preesistente; oL èt.yyEÀ.Ot ol 'lt'pW·
nel senso di primo quanto al rango -roL X'ttal)Év'tE<; (creati prima degli al-
(sinonimo di µéyac; in Mc. I0,43 par. tri) per indicare gli arcangeli, in Herm.
vis. 3,4,I, cfr. sim. 5,5,3. Per Barn.
Mt. 20,26 o di µEl~wv in Le. 22,26) 6,13-? n. 8.
è la parola chiave nella disputa tra i
discepoli per il posto d'onore e nel se- 'ltpw-.ov
vero ammonimento rivolto loro da Ge- l . Il neutro 7tpw-.ov come avverbio

sù (Mc. 10>44 par. Mt. 20,27; Mc. 9,35). significa: in primo luogo, dapprima, in
un primo momento, antecedentemente;
TI suo contrario è oovÀ.oc; o otcixovoc; ad es. Hes., theog. 34 (questa accezione
(Mc. rn,43 s. par. Mt. 20,26 s.) ed foxa- è di gran lunga la prevalente nel N.T.);

13 Nonostante l'opinione espressa da J. JERl!- raie (~ coli. 669 s.). Nel caso che si tratti: di
MIAS, Die Gleichnisse Jesu 4 (1956) 25, c'è da un logion in origine indipendente o apparte-
çhiedersi se questa differenza di significato ob- nente a un altro contesto, occorre vedere se
blighi davvero a mettere in dubbio l'apparte- l'accento non debba essere posto sulla comple-
nenza originaria di Mt. 20,16 alla parabola di ta equiparazione dei due gruppi. Cfr. 4 Esdr.
Mt. 20,1 ss. Cfr. W. MtCHAELis, Die Gleich- 5.42 (vis. n 4,2 V10LET): «come per gli ulti-
nisse Jesu J ( 1956) 180 s. (per 260 n. l2o dr. mi nessun ritardo, cosl per i primi nessun an-
anche 257 n. 85). ticipo» (trad. VtoLET).
15 Che 'lt'pw'toç in I Tim. 1,15 vada inteso in
14 Si potrebbe tutt'al più vedere se, allorché senso temporale (cosl A. K1RCHGASSNER, Erlii·
il logion è applicato ad Ebrei e pagani (ciò sung u. Siinde im N.T. (1950] 169) non è
che peraltro avviene solo in Le. 13,30), non ammissibile, nonostante il valore temporale di
trapeli più marcatamente il significato tempo- 7tp&l'toc; in l,16.
7tPW"l'O\I r-2b ( w. Mlcnae11s1

prima (:::: np6'tepov ); ad es. Xenoph. rilievo che il vangelo portatore di sal-
hist. Graec. 5,4,r. Lo stesso significa il vezza fu offerto in primo luogo ai Giu-
plurale 7t{JW'tCX. (ad es. Horn., Od. 14,
158), che nei LXX e nel N.T. come dei (~ III, coli. 496 ss.; cfr. 1tpw-cov
avverbio non compare. Si usa anche Act. 3,26; 13,46). Anche in Rom. 2,9 s.
la forma con l'articolo -rò 'lt{JW'tO\I, -.&. npw-cov avrà il compito di rafforzare la
7tpw-.a, dapprima, la prima volta (ad precedenza data per due volte al giudeo
esempio in Horn., Il. 4,267), nel N.T.
solo in Io. I0,40; 19,39, e col significa- sul greco, nel nominarli 3• Di particolare
to di per il momento, in un primo mo- rilievo è il npw-cov ocqi' 7]µwv nell'an-
mento in 12,16 1• Nei LXX l'avverbio nuncio del giudizio di r Petr. 4,17; es-
'ltpGhov ricorre solo in 8 passi concor-
demente attestati e in altri 6 passi di so riprende il precedente &pçacrl)a~ ~rcò
singoli manoscritti; questi 14 testi sono -.ov otxov 'tOU i>Eou; risulta cosl assi-
distribuiti cosl: Isaia e Maccabei 4 per curato il suo valore temporale (-? v,
ciascuno; l Ba<T., Tobia ed Ecclesiastico
2 per ciascuno. Il significato è in primo
col. 1070; VIII, coll. 359 ss.).
luogo, relativamente a una enumerazio-
ne (ad es. 2 Mach. q,8) - accezione che b)Nel significato di prima, in primo
figura più volte anche nel N.T. -; pri- lt1ogo, antecedentemente 1tpw-cov con-
ma, antecedentemente (ad es. l Bacr. 2,
16). Nell'ammonimento di Tob. 4,12 nota l'urgenza di certi particolari do-
codd. AB il senso è soprattutto. Flavio veri posti da Gesù: riconciliarsi prima
Giuseppe ha 'ltpW'tOV con valore di dap- col fratello (Mt. 5,24); togliere in primo
prima (ant. 12,92; 14,15; bell. 6,37.
51 ) 2 • luogo la trave dal proprio occhio (Mt.
7,5 par. Le. 6,42) 4; calcolare in antece-
2 . Dei più di 60 passi del N.T. in
denza le spese (Le. q,28.31). Al con-
cui figura 'ltPW'tO'll, alcuni meritano un
trario, ciò che i discepoli non devono
esame particolare:
avere alcuna premura di fare viene indi-
a) Il significato è dapprima in Paolo, cato nella persona di quegli uomini che
Rom. l,16, dove a 7taV'tL 'tfi> mO''tEUO\l'tt. vogliono prima seppellire il padre, pren-
è aggiunto 'Iovoetl<Y n npw'tov xat dere prima congedo e poi venire alla
"EÀ.À.'l]VL. L'Apostolo vuol mettere in sequela di Gesù (Mt. 8,21 par. Le. 9,59;

itpw-rov a un testo corrotto; cfr. J. FuasT, Glossari11111


1 PAssow e LIDDELL-ScoTT, s.v. Dai papw Graeco-Hebraeum (I 891) 71a.
3 Quest'ordine di successione potrebbe nasce-
PREISIGKE, W ori. II 4;1.2 s. per 'tÒ 7tPW't0\I
registra anche il significato di sopra ogni altra re dalla preminenza attribuita fino a quel mo-
cosa (a cominciare dal 1 sec. d.C.); dr. inoltre mento ai Giudei (dr. ScHLATTER, Rom. ad l.).
MAYSER Il ;i.,327 e MoULT.-MlLL.,s.v. Tuttavia 7tpW'l'O\I non ha certo il significato
2 prwti come barbarismo di uso raro negli di sopra tutto, in particolare, ma chiarisce
scritti rabbinici sembra avere valore avverbia- semplicemente un ordine di successione. Con-
le; dr. S. KRAuss, Gr. ti. lat. Leh11worter in tra, PRBUSCHEN-BAUER ). s.v.;-+ IV, col. rr71.
Talmud, Midrasch 11. Targum n (1899) 485. 4 Nei casi citati sin qui al itpw-rov corrispon-
Tuttavia non è affatto sicuro.che sia connesso de nella frase seguente xat 'tO'l'E. Cfr. anche
con itpW"l'OV, perché forse ci troviamo davanti Mc. 3,27 par. Mt. 12,29.
'ltpwnv 2b-c (W. Michaelis)

Le. 9,61). Con lo stesso significato ?tpG;l- 7tpGnov, nel significato di soprattutto,
'tO\I serve più volte a inculcare che si a e:lç -miv-.ix -.à ewri e si considerasse
il logion come inteso a sottolineare il
badi alla successione degli avvenimenti
dovere di una evangelizzazione completa
escatologici, quale Dio l'ha disposta: di tutte le genti. Del resto 1tpw-rov col
prima· deve venire Elia (Mc. 9,II s. par. valore di soprattutto può essere unito
Mt. 17,10 [~IV, coll.87s.]); prima anche a :x:ripu:x,itfjva.~ i:ò e:ùa.yyÉÀ.LO\I e
e il logion messo in rapporto con la _si-
dev'essere ripudiato il Figlio dell'uomo tuazione espressa in 13,9.u: la testi-
(Le. 17,25); prima deve avvenire l'apo- monianza dell'evangelo dev'essere por-
stasia e comparite l'Anticristo (2 Thess. tata anche davanti ai tribunali pagani;
in vista di essi e non della risposta da
2,3; cfr. Le. 21,9) 5. dare alle domande poste negli interro-
gatori verrebbe fattç> sperare in 13,;u
Tutto questo suffraga la tesi che an-
l'aiuto dello Spirito santo 7• Né può co-
che nella frase di Mc. 13,10: elç ?tav"t'a
stituire una difficoltà contro questa in-
't<Ì. E~VYJ 7tpGhov OE~ X'l')pv:x,17ijvat 'tÒ
terpretazione la relativa rarità del signi-
EÙayyÉÀ.iov si debba prendere 7tpGli:ov
ficato di soprattutto anche in altri testi
nel senso di prima, antecedentemente,
(cfr.---:). col. 669 e n. l).
tanto più che nel parallelo di Mt. 24,14,
dove manca 1tpw-.ov, ma segue xaì. i:6- c) Nel N.T. l'accezione soprattutto,
't"E {---:). n . 4), il concetto è certamente
se si esclude Rom. 2,9 s. {~ n. 3), com-
questo. A sostenere per Mc. 13,10 il si-
gnificato di prima, potrebbe contribuire pare soltanto in Mt. 6,33. Questo logion
inoltre l'importanza del prindpio mis- non deve essere inteso nel senso che si
sionario che ne risulterebbe, non solo debba aspirare prima al regno di Dio
soppianta~do la regola vigente nel giu-
daismo: «prima Israele e poi le genti», {---:).II, coll. 182.198) e dopo sia conces-
ma potenziando ancor più quell'equipa- so rivolgersi anche ad altro. Alla posi-
razione di Israele e mondo pagano qua- zione centrale che ha nella predicazione
li destinatari del messaggio 6 , che si può di Gesù il raggiungimento del regno di
trarre dall'A.T. È vero che con questa
interpretazione la frase di Mc. 13 ,IO de- Dio corrisponde piuttosto solo il senso
ve essere tolta dal contesto in cui si tro- di soprattutto; anzi 'ltpw-.ov implica-qui
va {13,u si collega a x3,9) e conside- una tale esclusività da assumere il valo-
rata a sé, ma la stessa riserva varrebbe
certamente anche se si volesse riferire re di soltanto 8 •

5 Questo 7tPW"t'OV sarebbe «Un nesso tipica- 7 In questo caso Mc. lJ,IO non ha comunque
mente lucano, p-articolarmertte in contesto e- a che fare col problema del ritardo della pa-
scatologico», «una parola tipica già pre-lucana rusia. Del resto anche se 'TtpW"t'O\I dovesse si-
per marcare gli albori del tempo escatologico», gnificare prima, non sarebbe necessario con-
e Luca ne avrebbe esteso l'uso (cosl H. CoN- siderare la frase come esponente del suddetto
ZELMANN, Die Mitte der Zeit 1 [1957] 106 n. problema, neppure nella redazione di Mt. 24,
1 ). Dato il numero relativamente esiguo di 14. Diversamente E. GR.Assl!R, Das Problem
passi, l'ipotesi lascia adito a dubbi. Per 'ltp&°r der Parusieverzogerung in den synpt. Ev. u.
"t'OV in Act. 15,14 cfr. HAENCHEN, Ag. 393. in der Ag, Beih._ ;lNW 22 (1957) 158 s. 169.
202.
6 Cfr. F. Busc~, Zum Verstiindnir der synpt. 8 Cfr. 'Tt)...1)\1 nel passo parallelo cli Le..12131
Escbatologie; Mk IJ neu untersucht (1938) 89. (r.À.-.)\1 ~'fJ"t'E~"t'E in contrapposizione a µ1) t;'X}-
1tptù't'.oxcd>diplct. (W. Michaelis)

t rcpw-.oxcdMipla, t 'ltPW't'oXÀ.tcrla sia perfettamente normale 1, sono molto


1tPW>OXailEoplu e 7tpW't'OXÀtcrla: figu- rari anche al di fuori del N.T. 2 • Il signi-
rano accoppiate nel logion di Mc. 12,39 ficato, nell'ambito dei passi neotesta·
par. Mt. 23,6; Le. 20,46 (sempre al plu- mentari, è comunque convalidato dal
rale, ad eccezione di 1tPW•oxÀtcrlu in contesto. 7tpw-coxalkopla. è il primo po-
Mt. 23,6); npw't'oxa.i)E:opla: si trova inol- sto, il posto d'onore e precisamente Év
tre nell'abbinamento di Le. u,43 (al sin- 'tate; O'VVaywya.tc;, dove, come indica il
golare); 'ltpW't'oxÀ.Lcrla ancora in Le. 14, plurale, di questi posti d'onore ce n'era
7 s. (al plurale e al singolare). Ambedue più d'uno 3• 'ltpw't'oxÀ~crlu è il primo
i vocaboli, benché la loro formazione posto, il posto d'onore EV 'tote; oal-

'\"E~'t'.E
di u,29). Anche al 1tpGli:ov di Mt. 23, no. Cfr. Clcm. Al, s/rom. 7,98,2. Suidas, s.v.:
26 corrisponde in Le. IIAr 1tÀ:1iv. 1tfltù't'.OXÌ..Lula: 1i itpw·n1 xt:tbélipa;, In 2 Mach.
4,21 figura un 't'.à 1tpw-roxÀlmct. testimoniato
'-PW"tOY.Cl.Ì>d)plct., 7tPW't'.OXÀLO'lct. soltanto qui, che significa evidentemente as-
stm:tione del potere (festa dell'ifltro11iuazio11e).
I 1tpw-roxa.bd)plC1. dovrebbe supporre un 7CPW- PAssow, s.v. preferisce leggere col Cod. A
't'.ox6:&1ipoc; non attestato, 1tptù'\"OXÀio'la. un 'ltpwi:oxì..Tima, nel senso di la prima chiamata;
7tpwi:oxÀl't'.T)<; parimenti non attestato, come 1tPW'toXÌ..TJO'Lct. del resto potrebbe essere inte-
<.pwi:oÀoylct. (presente anche nei LXX) si ri- so anche come nome della festa (cfr. Polyb.
connette a 7tpw-eol6yoc; e 7tpwi:ocr-et:t<Tlix a 18,55,3; 28,n,8 e LIDDELtrScoTT, s.v.). 1tPl.ù-
7tpW't'.CO''t'.6.'t'T)c; (Act. 24,5). Forse però ambe- 't'.ox)..lvcxpxo.:; in un papiro del sec. v d.C. (U.
due i vocaboli sono formati semplicemente per WILCKEN, Heid11isches 11. Christliches aus
analogia con gli usuali derivati in -!ix, com- Agypte11, APF 1 [r901] 413) è un titolo;
posti con 'ltpw-ro-, come, ad esempio, 1tpw-ro- cfr. PREISIGKE, Wort. JII 152; MoULT.-MlLL.
),oyla ecc. [DEBRUNNER].
2 1tptù-roxaDElipla non dev'essere di forma- 557.
zione cristiana, anche se il vocabolo finora non J xabéopa, usato in Mc. 11,r5 par. Mt. 2r,12
è testimoniato al di fuori di quest'ambito. Lo per i banchi dei venditori di colombe nel tem-
scolio ad Eur., Or. 93 (Scholia in Er1ripidem, pio, è entrato come barbarismo negli scritti
cd. E. ScHWARTZ 1 [ r887) 106 s.) registrato rabbinici (cfr. S. KRAuss, Gr. "· /al. Lehn-
da PREUSCHEN-BAUER JJ S.tJ. non ha 'ltptù'tO- wéirter in Talmud, Midrasch u. Targum n
y;u.DEliplix, ma solo itpocrEliplcz. Per influsso (r899) 572 a qtdr'. Serviva a connotare le pol-
dell'uso neotestamentario, il vocabolo è pre- trone a braccioli e spalliera che erano usate nel-
sente in Erma(~ n. 6) e nei Padti della chie- le case signorili e «sulle quali venivano fatti se·
sa, ad es. Clem. Al., strom. 6,106,7; 7,98,2. Il dere, durante i pasti, gli ospiti gradi th>; ma le
testo di Theoph. r63,26 riportato da PREu- usavano anche le donne (cfr. S. KRAuss, Tal-
SCHEN-BAUER s, s.v. è tardo. Anche 7tPW'tOE· mudische Arcbiiologie I [r910) 62, 384 n. 62.
oplcx compare per la prima volta nel gramma- 385 n. 67 s. È noto anche l'uso della qtdr'
tico bizantino Ioannes Tzetzes (sec. XII d.C.). nelle sinagoghe. Cfr. STRACK-BILLERllECK I
L'aggettivo 7tpwi:oap6vto<; si trova tuttavia 909 a Mt. 23,2: lnL 'tljc; Mwucréwc; xaDf-
già in Paus. 10,38,6, 7tptù't6&povoc; ancor pri· lip1tc;; E. L. SuKENIK, Ancie11t Synagogues ìn
ma (cfr. LmnELL-ScoTT, s.v.). 7tpW't'OXÀtcr!<X Palesti11e and Greece (1934) 57-61; STAUFFER,
è testimoniato per il u sec. a.C. da un'iscri- Theol. fìg. 99. Mt. 23,2 ci fa pensare che da
zione di Delo (A11 Unpublished Decree o/ a queste poltrone (una sola in ogni sinagoga) si
Delian A.rsociation: JHS 54 (1934] 142, righe impartisse l'insegnamento (a questo proposito
33 s.) ed equivale a xì..toicc. ~vi:tµo<; o xXtoia un ottimo parallelo è D1Tr., Syll. J II 845,2 s.:
1i 7tpWi:1) di altri testi; cfr, ibid. lJI n. 53. 6... lm -riji; xcc.6é8pac; croqM'tTJt; [ sec. m d.
I Padri apostolici e gli apologisti non lo usa- C.]). Invece per Ml. 23,6 si dovrà pensare a
1tpw.-6.-oxoc; Al (W. Mic:haclis)

7t\IOt<; 4;
anche di questi posti, special- t 1tpW't"O'tOXO<;, t 1tpW'tO'tOXELO.
mente nei grandi conviti, ce n'era evi- A. IL GRUPPO DI VOCABOLI AL DI FUORI
denmente più d'uno 5• Gesù nel logion DEL N.T.
di Mc. I2,J9 par. rimprovera la boria e
1. rtpw.,,-6-coxoç, primogenito, è un vo-
la presunzione dei Farisei che dappertut- cabolo che figura raramente nell'ambito
to, nelle sinagoghe e quando sono invi- extrabiblico e prima dei LXX in gene-
tati in case private, vorrebbero avere i re non si trova. Più comune e testimo-
niata in epoca più antica (già in Omero)
primi posti 6 ; servendosi degli esempi è la forma attiva 1tPW'to't6xoc;, che par-
narrati in Le. 14,8 ss., che in realtà sono torisce per la prima volta, primipara,
delle parabole, egli mette in guardia i di- detto di animali e di persone. Egualmen-
te a partire da Omero, è frequente in-
scepoli dall'innalzare se stessi. vece, nel senso di primogenito, 1tPW't6-
yovoc;, che può significare anche primo
per grado; anche qui si ha la forma at-
tiva, però tardi e raramente testimo-
niata (in Polibio) 1• Il testo più antico
posti d'onore in genere, poiché il plurale evi- Cfr. DIBELIUS, Herm. 476, ad I.; H. v . CAM-
dentemente non vuol soltanto dire che i Fa- PENHAUSEN, Kirchliches Amt ti. geistliche Voll-
risei in tutte le sinagoghe hanno sempre bra- mocht in de11 erste11 3 Jbdt. (1953) 9x. A quan-
mato quel posto d 'onore, unico disponibile in to pare, questa designazione non ha trovato
ognuna di esse, e quindi hanno aspirato pro- però larga diffusione, probabilmente per in-
prio alla cathedra Moysis. Cfr. anche STRACK- flusso del giudizio negativo di Mt. 23,6; tra
BILLERBECK I 915 S., ad l. i numerosi titoli ecclesiastici composti con
4 A tavola si stava coricati; ~ v, col. 314. Cfr. 1tPW't"O-, registrati ad esempio da Suic., Thes.
xMvri, diva110 da mensa (Mc. 7,4 var.); x).tala., s.v., esso non figura. In Herm. mand. II,I2,
gruppo di persone adagiate per mangiare (Le. quale tratto caratteristico dello pseudoprofeta
9,14); xa.-a.xÀl\lw, dr. PREUSCHEN-BAUER" si nota: l)f)..t~ 1tPW't"OlW.lh:8pla.-.i ~XEW e ciò
s.v. potrebbe far pensare (l'osservazione è dello
5 Cfr. STRACK-BILLERBECK 1v 618: in ogni Schneemekher) che il vocabolo sia stato più
gruppo di convitati il posto d'onore è quello corrente di quanto il materiale di cui dispo-
al centro del divano. In Le. 14,8 si parla al niamo lascia vedere. Probabilmente però anche
singolare dell'unica TCPW'tOXMalr.t in un ban- qui c'è un influsso diretto di Mt. 23,6.
chetto di nozze, forse per far risaltare la con-
trapposizione con l'EO"X<t:toc; 't61toc;, anch'esso
TCPW't"61."oxoc;, 1tPW1."oi:oxeia
nominato al singolare. Anche per il resto la CREMER-KOGEL, s.v.; A. DuRAND, Le Christ
contrapposizione è assai più finemente elabo- «premier-né»: Recherches dc science religieuse
rata che nei paralleli rabbinici citati in STRACK- l (1910) 56-66; J. GEWIESS, Chris111s 11. das
B1LLERBECK II 204, ad l. e I 916 a Mt. 23,6. Heil nach dem Kol, Katholisch-theol. Diss.
In Le. 14,8 non necessariamente l'ospite di Breslau (1932) 31-48 (qui si tien conto anche
riguardo occupa la sua 1tpw,;ox)..tala. prima dell'esegesi patristica); E. KXSEMANN, Das
di tutti gli altri: essa può eventualmente es- wa11demde Gollesvolk 2, FRL N.F. 37 ( 1957)
sere tenuta libera per lui. Nelle adunanze de- = KAsEMANN I; ID., Bine urchr. Taufl.it11rgie,
scritte in I QS 6,8 si tratta invece dei sacer- in Festschr. R. Bultmann (1949) 133-148 =
doti che prendono per primi i loro posti (f1bw KAsEMANN n; M1cHEL, Hebr. a l,6; W. Ml·
lrJw11h ). CHAELis,Die bibl. Vorstellu11g von Christ11s
6 In Herm., vis. 3,9,7 figura 1tpc.>'toxa&ESp~'tCX.~ als dem Erstgeborenen: ZsystTh 23 (1954)
(dopo TCPOTJYOVJ.U:\IO~), ma è difficile che si 137-157.
tratti di una critica nel senso di Mt. 23,6 par. 1 I due significati non devono essersi svilup·
7tpW-rb-.oY.oç A I-2a (W. Michaelis)

che finora conosciamo per ?tPW'tO'toxoc:; 2 Èt;, iolov atµai;oc:; y E'J'l)i>ÉV'ta crot (cfr.
è un'iscrizione sepolcrale giudaica del- la formula parallela alle righe 18 s.). Ne
l'anno 5 a.C., proveniente da Teli el risulta che 7tpw•6i:oxoc:; in campo extra-
Jehudeijeh (Leontopoli), nella quale alla biblico fu usato anche con significato
riga 5 s. si legge: WOEi:Vt ÒÈ Moi:pa 7tpw- più generico, nel quale il vocabolo, per
-ro-r6xov µE 'tÉxvou 7tpòc; 'tÉÀ.oc:; 'ilYE ~lov, l'affievolirsi dell'idea di nascita conte-
«nelle doglie per la nascita del mio pri- nuta in --.oxoc;, finisce con l'indicare una
mo figlio il destino mi portò al termine posizione primaria in genere, come fu
della vita» 3 • Sebbene l'iscrizione, come senz'altro il caso di 7tpW't6yovoc; (~
parecchie altre trovate nello stesso luo- col. 676) 6 • Cfr. anche schol. a Eur., Or.
7
go, sia composta in distici e riveli in 12 : Tieste come 7tpw't6'toxoc:; e Atreo
questa e in altre frasi un'impronta chia- come OEU'tEpoc:;.
ramente extrabiblica, proprio l'uso di
'TCpW'tO-roxoc:; in luogo del più comune 2. Nei LXX, i cui testi anche più tar-
7tpw-.6yovoc:; 4 potrebbe risalire a un'in- di sono sempre più antichi delle prime
flusso della lingua dei LXX. Un rapporto testimonianze di 7tpW't6-.oxoç extrabi-
di tal genere è invece da escludere per blico, il vocabolo :figura in circa r30
l'epigrafe tombale di un gran sacerdote passi. Di questi, 7 4 rientrano nel Pen-
pagano, trovata nella Traconitide: lpEÙc:; tateuco e 29 nel primo libro delle Cro-
yap Elµt ?tpW'tO'tOXW\I Èx 't"EÀ.EÌ}[ WV? ] nache, dove si tratta soprattutto di pre-
( ="rEÀE'tWv?) Epigramm. Graeca 460,4. scrizioni legali e di dati genealogici.
Purtroppo essa non è databile con pre-
cisione; comunque è difficile che sia più a) Nel testo ebraico per 1r1 passi vi
antica della precedente o dei LXX. Il corrisponde b"kor o bekor. In altri 6
senso stesso non è chiaro 5 • La maggior passi figurano vocaboli ebraici degli stes-
parte degli altri testi riguarda animali; si gruppi, in 5 casi manca il corrispon-
ad es. P. Osl. I r,3r2 (sec. IV d.C.), Prei- dente nella Bibbia ebraica, 3 casi appar-
sendanz, Zaub. 14, ro92s. rror s. 3149 tengono a scritti senza testo masoretico.
(sec. IV d.C.); Anth. Pal. vm,34 (cenni D'altra parte b'kor è di regola tradotto
all'uso linguistico dell'A.T.). Merita par- con 'ltpw'to'toxoc:;, salvo pochissime ecce-
ticolare attenzione l'atto di adozione di zioni (7tatolov: Deut. 25,6; 'TCpEr:r~ui:t:·
P. Lips. 28,15 (38r d.C.): ?tpòc:; -.ò ELVa.l poc:;: lob r,I3.I8); c'è dunque una equi-
O"OV ulÒV "'(VTJr:TtO\I xai 1tpW't6-.oxo'J ti>c:; valenza molto evidente. 7tpW't6-eoxoç è
pati indipendentemente. Poiché per il senso SIGKE, Sammelbuch 6647). ~ n. 36.
passivo fin dai lontani tempi c'era a disposi- 4 Nei LXX soltanto Mich. 7,1; :l:~p. 36,n (~
zione 1tpw"t"byovoç, non dovette sembrare ne- col. 68:z), nel N.T. manca completamente.
cessario ricorrere maggiormente a 1tpw't'6-roxoç, s Cfr. DEISSMANN, L.O. 71. L'epigrafe tom-
e d'altra parte da "t"Ex~bxoç dovette sembrare bale metrica per un bambino di due anni
più facile arrivare a una fonna e a un signifi- (Epigr. Graec. 730,3 == CIG IV 9727,3) è di
cato attivo, da yEv-ybvoç a uno passivo. provenienza cristìana (II/III sec. d.C.).
2 Nella iscrizione citata da MoULT.-MILL. 557 6 Qualora in simili testi appaia una «certa
(DITI'., Syll. 3 III 1024,17, c . .2.00 a.C.) si de- preferenza del primogenito» (MITTEIS-WILK-
ve leggere sicuramente: i'.iv É\IXuµov~ 1tpw-ro- KBN n l,234), questi è volentieri designato
-r6xov, «una scrofa che è gravida e deve figlia- come 1tpEcr~unpoç o '](pE<T~u-r«'t'oç uf6ç,, non
re per la prima volta». come 1tpw't6-roxoç. Cfr. BGU I 136,6 s.; U.
J Cfr. C. C. EDGAR, More tomb-stones /rom WILCKEN, Zu de11 Pap. der Miinchner Biblio-
Tell el Yahoudieh: Annales du service des thek: APF 1 (1901) 479.
antiquités de l'Égypte :22 (1922) 9 s. ( = PRm- 7 Ed. E. SCHWARTZ I (1887) 98.
'!tpw-cò-coxoc; A :2a-b (W. Michaelis)

riferito ad animali in Gen. 4>4; Ex. 34, mizie, la divinità ha un diritto sui primi
I9 s. ecc., ad animali e uomini insieme frutti della vegetazione e sui primoge-
in Ex. II,5; I2,I2; Num. 18,15 ecc.; in niti di animali e uomini 9 • L'offerta dei
questo caso è usato spesso il neutro so- primi nati in sacrificio, più tardi in tri-
stantiva to singolare ( rcéiv rcpw'té-i-oxov: buto ai sacerdoti, ebbe un posto impor-
Ex. I2,29 ecc., parecchie volte con l'ag- tantissimo nella religione israelitico-giu-
giunta OLavo'tyov -i-'Ì}v µ1r•pcx.v o qual- daica e parimenti l'offerta delle primizie
cosa di simile, ad es. Ex. 13,2 8 ; cfr. an- dei raccolti. Per queste i LXX usano il
che Le. 2,23) o plurale (cosl anche .in termine 7tpW'tOyÉvv'l'}µa. o più esatta-
Iob II,28, in riferimento ad Ex. I2,r2 mente rtpw-royÉ\l'l'}µa, quasi sempre al
s.). Detto di uomini soltanto, rcpw't6"t'o- plurale, per lo più in corrispondenza di
xoc; figura come aggettivo con uloç (Gen. biktlrim. Ogni primogenito maschio di
25,25; 27,32 ecc.) o come sostantivo, uomo o di animale era sacro al Signore
senza utéç, ma unito a nomi propri (Ex. 22,28 s.; 34,19 s.; Num. 18,I.5 ss.
(Gen. 10,15; 22,2I; 25,13 ecc.). [cfr. Le. 2,23s.]; Deut. r5,19ss.) 1G.
Nella famiglia spettava al primogenito
b) Nei testi in cui s'incontrano be- la preminenza sui fratelli (cfr. Gen. 2 .5.
kor o, rispettivamente, 1tpw-i-6"t'oxoc; e 29 ss.; 49,3; 2 Cron. 21,3), e dò si è
le forme lessicali ad essi connesse (-:> ripercosso anche nel diritto ereditario.
coli. 684s.) trova espressione l'importan- Questa posizione di preminenza del pri-
za straordinaria e concretamente speri- mogenito costituisce poi la premessa per
mentata che ebbero le 'primizie' tanto un uso traslato prima di b'kor e quindi
per l'uomo antico di ogni civiltà, anzi di 'ltpW't'o'Toxoç nei LXX. E qui che s'im-
per l 'uomo in genere, quanto per l'uo- pone maggiormente il problema se e in
mo veterotestamentario. Poiché la terra qual senso l'equivalenza con bekor abbia
appartiene alla divinità ed è lei che do- potuto influire sulla storia del significato
na la fecondità che si palesa nelle pri- di 1tPW't'O't'OXOç u.
B Data l'esistenza della poligamia, ci sarebbe nu11g des Alls (r950) 34 s.
da vedere se questa precisazione non suppon-
to La forma femminile b'kira si trova soltan·
ga una distinzione tra il primo figlio del pa-
dre e il primo della madre (H. HAAG, art. to in Gen. r9,31.33 s. 37; 29,26; I Sam. 1449·
'Erstgeburt', in Bibel-Lexikon [1956) 4:2:2), Il suo contrario è in I Sam. 14>49 q'fanna, al-
Le formule relative suonano tuttavia generi- trove s"ira. I LXX hanno tradotto in I Sam.
che e non fasciano scorgere direttamente tale 14.49 ~pw-c6-coxoc; e ow-.Épa, altrove 7tpEa~v­
-cépa e VEW't'Épa. Noi traduciamo di solito h'ki-
differenza; né appare qui più uno sfondo ma-
triarcale; dr. J. liEMPEL, Das E1hos des A.T., ra con 'Ja maggiore' e cosl teniamo conto del-
Beih. ZAW 67 (r928) 68. D'altra parte è chia- la circostanza che il gruppo di vocaboli ebrai-
ro che nella poligamia il primo figlio (il primo co non ha un rapporto etimologico né con un
generato) del padre dovette avere in pratica termine indicante generare, partorire, né con
una posizione speciale, come «ré'Jit della sua numerali indicanti uno, primo ( cfr. riga 21 ss.).
virilità» (Geti. 49,3; Deut. :21,17). Ciò nonostante, è chiaro che la traduzione
9 Cfr. V. RYSSEL, art. 'Erstlinge u. Erstlings-
prùnogenito (influenzata forse dal 7tpw't6'toxoç
dei LXX e dal latino primogenìtus) per il
opfer', in RE3 5,482-484; O. ErsSFELDT, Erst-
li11ge 11. Zehnten im A.T. (1917); ID., art. maschile b'kOr cosl prevalente in confronto di
b'klra non può possare per inadeguata o er-
'Erstlinge', in RGG 2 II 293 s.; A. WENDEL,
ronea .
art. 'Erstlinge', in RGG 3 Il 609 s, Per la pos-
sìbilità di un significato tipologico o rappresen· 11 Cfr. W. MICHAELIS, Der Bei/rag der LXX
tativo delle prescrizioni sul sacrificio del pri- :wr Bedeutungsgeschichte von npw't6'toxoc;, in
mogenito, dr. M. BARnI, Die Taufe cin Sa- Sprachgeschìchte 11. Wortbedeutrmg, Festschr.
krament? (1951 ) :291; W . MICHABLIS, Vcrsoh- A. Debrunner ( 1954) 313-320.
c) Se si considera 7tPW't'O't'OXoc;, il sen- concetto che il vocabolo intendeva d'ora
so traslato, dato l'affermante -'t'oxoç, innanzi esprimere non implicava neces-
sembra limitarsi ai casi in cui è con- sariamente il confronto con altre entità
servata, sia pure solo in senso fìgurato, dello stesso genere, poiché il primo po-
l'idea di nascita, o appoggiarsi esclusi- teva essere l'unico 13• Il materiale pre-
vamente sul npw't'o- con recessione com- sentato dai LXX conferma questa sup-
pleta dell'idea di nascita. Partendo in- posizione?
vece da b•kor non esiste pregiudiziale
alcuna, in quanto questa radice, come è d) Se in Ex. 4,22 si dice: vtòc; 'ltPW't'6-
dimostrabile, non solo può esprimere l'i- -.ox6c; µov 'l<Tpa:i1l e in l:~p . 36,II sta
dea di giovane e piccolo, ma può anche scritto analogamente: 'l<Tpa.1)1 8v 11:pw-
significare primogenito, lasciando ancora 't'oy6v~ {debolmente testimoniata la va-
indeciso quale di queste due accezioni, riante 1tPW"tO't'6X~) wµotWO"a<;, con que-
che non coincidono affatto, sia la più an- sto nome di 'primogetùto', che in Ex. 4,
tica 12, e senza appurare fino a che punto 22 prende corpo quasi come un titolo
i LXX nel tradurre abbiano potuto aver (in '!Ep. 38,9 'ltPW'to"tox6c; µou è usato
ancora presente l'una o l'altra sfuma- per Efraim), è espresso evidentemente
tura del vocabolo. Per contro un sicuro il rapporto molto stretto che lega Israe-
punto di partenza è costituito dal fatto le a Dio. Nonostante i particolari rap-
che b•kor ecc. non è connesso etimolo- porti di Dio con altre genti (ad es. in
gicamente né ad uno dei termini ebraici Deut. 32,8 s. LXX; Am. 9,7; Is. r9,25),
indicanti generare, far nascere, pro- non si può certo dedurre da questa frase
durre, per il quale il gruppo possa es- che egli abbia per figli altri popoli o ad-
sere riferito anche ai frutti ecc., né ai dirittura tutti gli altri popoli in genera-
numerali uno, primo o al sostantivo te- le 14, tanto più che di una concezione di
sta, capo, che può avere lo stesso valore tal genere non c'è traccia in altri testi
( ~ n . 10 ). Poiché dunque b•kor per l'e- dell'A.T. 15• Il primogenito in questo
timologia è completamente estraneo al- caso non è considerato in rapporto ad
le due componenti di cui è costituito altri eventuali fratelli, ma semplicemen-
itpW't'o't'oxoc;, sorgeva la possibilità che in te come oggetto di particolare amore da
7tpW't'o't'oxoc; come equivalente di b"kOr parte del padre suo 16• Cfr. anche Ps.
l'idea di nascita, e quindi anche la que- Sal. 13,9: \loulkt1}0"EL Slxa.to'\I wc; utòv
stione dell'origine, venisse a ridursi sem- tÌ.yCX.'ltDO"EWc; xa.t 1} 7ta.tSEtO: mhou wc;
pre più o addirittura scomparisse. Il 7tpW't'O"toxov, «ammonirà_il giusto come

12 Per la storia del significato di b'k8r e dei che Dio è solo per Israele un 'padre' (ad es.
verbi e sostantivi affini per radice in ebraico e Ier. 31,9) e che questa esclusività nell'A.T. è
nelle lingue semitiche, cfr. J. J. STRAMM in superata solo con molta esitazione(~ IX, coll.
MICHAELIS, op. cit. <~ n. II) 317 s. n84 ss.). Cfr. ~ GBwrnss 33 n. 4; W. Twrs-
13 Cfr. il corrispondente sviluppo extrabiblico SBLMANN, Die Got1eski11dschaft der ChristelJ
e~ coli. 677 s.) e l'affermarsi del significato di 11ach dem N.T., BFfh 41,1 (1939) 26 Il. 2 .
primo per grado per 1tpc.>"t"6yovoç ~ col. 676. 16 L'affermazione non è infirmata dal fatto che
in certi casi è proprio il figlio più giovane, il
L4 Cosl E. W E CHSSLER, Hellas im Ev. (1936) figlio della vecchiaia, quello che riesce parti-
318: «tutti i popoli derivano da questo catxr co1armente caro al padre (ad es. Giuseppe in
stipite, ma Israele può vantarsi del nome di Gen. 37,J; Beniamino in Gen. 42 s.) e che an-
primogenito» (con rinvio a J. KLAUSNER, Jesus che Jahvé non è obbligato nd attenersi al «di-
von Nazareth [ 1930] 524 a Ex. 4,22). ritto del primogenito», ma può preferire il più
1s L'affermazione è vera anche sotto l'aspetto giovane (Giacobbe, Manasse, Efraim, David).
68.3 (v1,8/5) 'ltf:W'tO'tOY.oç A 2d-e (W. Michaelis)

figlio diletto e la sua educazione sarà co- xoc; non implica più l'idea di una na-
me quella del pl'imogenito»; 18,4: li scita o di una generazione 18, sia pure
mx.~oc.la o-ou Ècp'1}µfu; wc; utòv 1tpw-c6n-
xov µovoyc.vfj, «la tua educazione su metaforicamente intesa; questa idea in-
di noi, come figlio primogenito e unico». fatti non è esposta in nessun testo, e in
È vero che 7tpW't6't'oxoc; e µovoyEVlJ<; ljJ 88,28 è addirittura esclusa a causa di
non sono completamente sinonimi (~ -l)l]O"oµet~, che fa piuttosto pensare a una
col. 690), ma se, come qui, sono usati
in parallelo, è soltanto perché si presup- adozione (cfr. anche Ps. 2,7). Anche il
pone che la posizione del ?tpw-c6't'oxoc; concetto di una priorità temporale su-
sia unica 17• Si deve intendere in questo gli altri figli resta del tutto estraneo. Il
senso anche l'uso di 7tpw't'6'toxoc; per il
re in \); 88,28: x&:yw 1tpW'to-roxov ih)- vocabolo non è più ordinato all'esisten-
croµcu a.ù-ròv v\jni À.Òv 'ltocpà 'tOLç Poc<n- za di altri figli; esso designa il popolo,
ÀEUOW -tTjc; yfjc;, «lo costituirò primoge- l'individuo, il re in quanto particolar-
nito, eccelso sopra i re della terra». Im-
mediatamente prima (v. 27) si è accen- mente amati da Dio 19 . Questo valore di
nato allo stretto rapporto del re con 7CPW't'O"toxoc;, che già si può notare nel-
Dio: a1hòc; ÈmxocÀ.foc.w.l µE Iloc-r'l)p 1'A.T., è validamente comprovato dalla
µou Et rlu, «egli mi invocherà: Padre sinonimia coi titoli di Israele tratti dai
mio sei tu», e qui si intende senza dub-
bio che solo il 1tpw-c6'toxoc; può parlare libri dell'A.T.: «il (mio) primogenito,
cosi, cioè che i re della terra hanno Dio l'unico, l'eletto e l'amato» (4 Esdr. 6,
per padre, ma non allo stesso modo, e il 58)~.
re non è chiamato primogenito in rap-
porto a loro, ma in quanto eletto e pre-
diletto da Dio; e, come tale, s'intende, e) Accanto a 'ltpw-.6...-oxoc; (7tpW't'O't'O·
egli sta al di sopra dei re della terra. xoç non compare mai) si trovano nei
Egli non è un primus inter pares; fra LXX altre forme non testimoniate pri-
lui e i re della terra c'è anzi un'antitesi ma: 'ltpW'rO'tOXÉw, partorire per la pri-
(cfr. Ps. 2,7.ro). ma volta, detto di animali (1Barl.6,7.
10); di una donna (Ier. 4,3I) 21 ; 7tpW't'o·
In questi casi è chiaro che 1tpw.-6't'o- 't'OXEUW col dativo, concedere i diritti di

11 Cfr. ~ DuRAND 60 s. Anche in Zach. r2,10 19 Nell'interpretazione messianica di 1j188,28,


iii{Jld e b•kor si corrispondono. I LXX hanno fìn dallo stesso v. 28 risulta la designazione
tradotto &.ya.1tl)-t6<; e 'ltPl.ù't6"t'oxoç, senza tra- del Messia come primogenito (-7 col. 687 ).
scurare l'idea di unicità presente in ;apid, in lJl In ebraico, secondo B. V10LET (GCS 32,
quanto con àya.'ltl)'t6ç (cfr. vlò<; &:yci-ITTJaewç 64 s.) si dovrebbe supporre b'kori l/;1d1 b'{Jiri
in Ps. Sal. 13,9 -+ coli. 682 s.) si intende pro- fdldi = 'ltp!.ù't6'tOXOV µovoyEvij lx>...Ex-.òv
prio l'untco-Oilctto.-+ col. 697; ~VII, coll. 469 aya.1tl)'t'6V CTOV (µov). Un po' diverso ~ VII,
ss.; ZAHN, Mt. a 3,17 n. 68. Il filius meus pri- col. 471. Cfr. anche W. H. TURNER, O YIOl:
mogeniltls (in luogo di &.ya.'ltl)'t6ç) nella tra- MOY O ArAIIHTO:E: JThSt 27 (1926) n2-
duzione di Mt. 3,1<? s. par. eserciterà più tardi 129; P . WINTER, MONOI'ENH:E rrAPA
la sua influenza sull'Ev. Hebr.; cfr. Hier., IlATPO:E: Zeitschr. fiir Religions- u. Geistes-
comm. in Is. IX,2 (MPL 24 [1845) 1458. Cfr. geschichte 5 (1953) 347, cfr. anche 340.
A. SEHBERG, Dar Ev. Christi (1905) 21. 21 Citato in I QH 3,8. Cfr. H. BARDTKE, Die
18 Della generazione da parte di Dio anche in Loblieder von Qumran II: ThLZ 8r (19,6)
senso traslato si parla molto di rado nell'A.T. 592 e n . 66 s.; ibid. Bo (1955) 692; M. BuR-
(-7 n, roll. 405 ss.). Rows, Mchr Klarheit uber die Schriftrol/en
7tpW'tO'tOXOt:; rt 2t:·4 l W. Jvu<;11>1cu~1

un primogenito (Deut. 21,16; inoltre suo proprio nome. In questo contesto,


Lev. 27,26 Aquila); -cà. 1tpuYto-coxti:oc, al capitolo seguente, Filone presenta Cai-
il diritto di primogenitura (Gen. 25,31- no come il 1tPW"t"O'tOXoç, oç tjv à.p:x:n i:fjç
34; 27,36; Deut. 21,17; I Chron. 5,1 Èç àU,1}>.wv yEvfotwc; àvi}pw1totç, «co-
[sempre come corrispondente di b"kò- lui che fu, per gli uomini, l'inizio della
ro] ). Si noti pure la traduzione che nascita per generazione dell'uno dall'al-
Hebr. 12,16 dà di Gen. 25,33 s.: 'Hcra.u tro»: Caino è cioè il primo uomo che
oç OCV"t"t ~pW<TEwç µiéiç Ò:.1tÉOO"t"O ... &.. 1tfìW· venne al mondo mediante generazione
'to"CoxE'Loc Éa.u-.ou 22 • In Gen. 43'33 A).)... e nascita, mentre Adamo ed Eva devo-
si trova Ti 'Ttpw-.o-.oxla. per b"kora, men- no essere considerati cpvv-rEç EX yfjç,
tre i LXX hanno "C.i 'TtpEO"~E'La.. Questo «nati dalla terra» (cher. 5 3) 26 • Filone ha
sostantivo - si può leggere 7CpW'tO'toxlcx. dunque sentito ancora marcatamente in
(l'essere -irpw"t6-i:oxoç) oppure 1tPW'tO"t"O· npw-ro"toxoç il significato di primoge-
xtloc (il 1tpW'tO'tOXEUELV) - si trova anche nito. Ed è forse questa la ragione per
in Aquila 23 per Gen. 25,34 e Deut. 2.1, cui in 4 passi egli chiama il Logos 7tpW-
17; per il secondo passo forse anche in 't6yovoç e non n ?tpw-.o'toxoc;.
Teodozione e Simmaco. In Ex. 13,2 (te- Flavio Giuseppe usa .,i;pw-r6'toxoc; in
sto ebr. solo b"kor) 1tPW'tOToxoç è rin- relazione a passi dell'A.T.: a proposito
forzato con l'aggiunta di 'TtpW"t"OyEvl}ç dei primi nati dei greggi in ant. 1,54
che figura anche in Prov. 31,2: 'Ttpw-.o- (cfr. Gen. 4,4), dei primogeniti di uomi-
ytvÉç, crot ÀÉyw, ulÉ 24 • In Sap. 7,1; ro, ni e bestiame in 2,}I3 (cfr. Ex. 12,12).
1 Adamo è chiamato 1tpw't61tÀ.oc<r-.oç. Invece in 4,71, diversamente da Num.
18 ,15, variando, dice 7CpW'tO'toxoç &v-
3. Filone usa correntemente 7tpw-.6- i)pu)'r.:oç e (per le bestie) à.napxii (4,
'toxoç come aggettivo e sostantivo a 70 s.) o -.ò YEVVl}i>èv .,i;pGhov (4,70). Ri·
proposito di uomini e di animali e qua- prendendo Ios. 6,26, egli sostituisce
si esclusivamente collegandosi a passi 1tPW'tO'tOXOç e É).a:xL<T'tOç con 1tPW'tO<;
dell'A.T. 25 • L'unico passo in cui egli 'ltai:ç e VEW'tEpoc; (ant. 5,31).
esorbita, di suo, dall'uso veterotesta-
mentario, è cher. 54. In cher. 53 lo scrit- 4. Negli pseudoepigrafi viene anzitut-
tore si chiede perché mai, a proposito to proseguito l'uso linguistico veterote-
della nascita di Caino (Gen. 4,1 ), non si stamentario (dr. Iub. 24,3 ss. [Gen. 25,
annoti esplicitamente, come per quella 29ss.]; 26,27 [Gen.27,19]; 36,14s.;
di Seth (Gen. 4,25), che Eva partorì un 41,3). In Iub. 18,15, andando oltre
figlio e gli diede un nome e perché in- Gen. 22,16 LXX, Isacco è chiamato fi-
vece Caino, il j'E\IV'r)i)Etç 1tPW'tO<; Èl; à.v- glio primogenito di Abramo: compare
i)pclmwv, sia introdotto subito già col qui l'equivalenza primogenito=amato,

(1958) 276. sione il singolare ebraico b'MrJ. [P. KATZ].


22 La lezione migliore è 7tpW-rO'tOXEi:a e non 24 Senza corrispondente nel Testo Masoretiço,
7tpW"CO't6XLa, come ha la maggior parte dei co- ma in base ai LXX potrebbe essere aggiunto
dici per i passi dei LXX ed Hebr. 12,16. Nel anche H; cfr. Bibl. Hebr., Krrr. 1•
significato di distinzione è d'uso corrente -Ei:a 25 Cfr. LEISEGANG, s.v. Anche -.à. 7tpw-ço't6-
in parallelo a -Etiw; cfr. -rà- 7tpE<r~Ei:a, -.à x~ct ricorre alcune volte (scritto çosl; ~ n. 22).
apt<T'tELct, 't"à. 7tpwi:Ei:a.. In t:ùi casi la grafia
26 In questo senso va corretta la valutazione
-La.sarebbe impossibile. BL.-DEBR. § 12011 de-
v'essere rettificato in questo senso. [DEBRUN- di cher. 54 in MrcHAELIS, op. cii. e~ n . II)
NER] ~ n.25. 320. Cfr. ~ MrcHAELIS 155. ~ n. 30.
23Aquila con questo vocabolo avrà probabil- 21 Contro W. STAERK, Die Erlosererwartung
mente cercato di rendere con maggior preci- in dC11 ostlichen Religionen (1938} 72 s.
7tpw-c6"toxoç A 4 - B 1 (W. Michaelis) (v1,877) 688

con riferimento a Iub. 18,2 (Gen. 22,2). B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N .T.
Questa accentuazione della posizione
particolare che ha il primogenito com- Nel N.T. 'ltpW'tO't'O'XO<;, che compare
pare anche in Iub. 19,28: Dio è padre
di Giacobbe e Giacobbe figlio primoge- al plurale solo in Hebr. n,28 (.-,. col.
nito di Dio. È chiaro che si tratta di un 679); 12,23 (.-,. co11. 701 s.), al singo-
riferimento a Ex. 4,22; anche Iub. 2,20 lare è sempre riferito a Gesù Cristo.
poggia sull'idea di una scelta di Israele
riservata a lui solo: <{Ho scelto decisa-
mente il seme di Giacobbe tra ciò che r. In Le. 2,7 di Maria, madre di Gesù,
ho visto e me lo sono ascritto come fi- si dice: xa.1. É'tEXE'V -.òv ULÒV a.ù-.1'}c; 'tÒ'V
glio primogenito» ecc. (cfr. Hen. hebr. TCPW'tO'toxov. È questo l'unico passo del
44,ro). Per 4 Esdr. 6,58 ~ col. 684.
Anche in 4 Esdr. 6,55, se dal latino pri- N.T. in cui TCPW'to'toxoc;, grazie all'uso
mogenitum si deve arguire bekOr, biso· paronomastico di 'tLX'tEW, è legato ine-
gnerà pensare che il primogenito sia I- quivocabilmente al fatto di una nascita
sraele e non il mondo 28 •
e proprio nel senso naturale. È difficile
5. Il giudaismo rabbinico ha designato stabilire quale peso abbia dato lo scrit-
come 'primogenito' (soprattutto in base
a Ex. 4,22) Israele o Giacobbe; in se- tore alla designazione del neonato come
guito la torà e talvolta anche Adamo; 7CPW'tO'tOxoc;. È improbabile che voglia
inoltre Ex. r. 19 (81a) e Pes. r. 34 (159b) semplicemente preparare Le. 2,22 ss.;
chiamano cosl il Messia-Re, rifacendosi
a Ps. 89,28 e pure a Ier. 31,9 (Efraim anche nell'episodio di Gesù portato al
come vezzeggiativo del Messia) 29 • L'ap- tempio è fatto esplicito riferimento a
pellativo è espressione dell'amore e del- Ex. 13, ma non mediante il termine
la stima che Dio ha per un uomo 30 e
può anche riferirsi alle particolari doti I.PW'to'toxoc; che pur sarebbe suggerito
di una persona 31 • da Ex. 13,2 (diversamente 13,12) 32 • Si
28 Bar. syr. 44,1: «il mio (cioè di Baruch) fi- più pericoloso e il più temuto del suo genere
glio primogenito» risale forse a b•nt haggiidol (ibid. 258 s.); cfr. già in Iob 18,13 (T.M.) «il
(ad es. Gen. 27,1), come suppone B. VIOLET primogenito della morte», per indicare una
ad l. [GCS 32,261]). malattia particolarmente grave. Cfr. anche
29 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 256-258 (a
7tpw-c6-.oxoç "tOV rm.-.a.vfi per indicare un ere-
tico (Polyc. 7,1; cfr. mart. Polyc. epil. 3, ed an-
Rom. 8,29), 626 (a Col. 1,15), 677' (a Hebr.
che Iren., haer. 3,3,4). Cfr. W. BAUER, Rechl-
1,6); M1cHeL, Hebr. a l,6 (52 e n. 2).
30 STRACK-BILLERBECK III 626. Anche Adamo, gliitJbigkeit 11. Ketzerei im altesten Christen-
111111(1939) 74.237. Il nome proprio aramaico
benché non 'nato', ma 'creato', in Num. r. 4 pe/rom (per le diverse grafie cfr. STRACK-BIL-
(141c) è detto «primogenito del mondo» e LERBECK I 530 a Mt. xo,2) può connettersi a
ciò dimostra quanto sia lontana dal termine pfr e in questo caso significare il s~a.volywv
l'idea di una nascita. Anche la priorità tem- "TÌJV µ111:pa.v ~ col. 679, il primogenito. Cfr.
porale non è mai considerata, ad eccezione di ~ x, col. 126 n. 8; O. CULLMANN, Petms
quei passi che si riferiscono alla torà e si ri- (1952) 13 e n. n; 14 n. 13; O. BETZ, Felsen-
collegano a Gen. 1,1; STRACK-BILLERBECK III ma11n ti. Felse11gemei11de: ZNW 48 (1957) 65
257. Cfr. S'.i'AERK, op. cit. (--') n. 27) 14; --') n.48.
nn. 46.53. 32 Cfr. ZAHN, Lk., ad l. Il -itpw-.6"toxo~ di Le.
31 STRACK-BilLERBECK III 258. 'Primogenito' 2,7, dato che qui è aggettivo (--') MrcHAELIS
può anche essere usato in malam partem: il 137 s.), non può essere «predicato di Cristo»
689 (vr,877) 7tpW't'O't'OXoç D 1-2 \ w . lVJ.n.:m1cJI~J

può supporre che, mettendo in rilievo xoç implica la possibilità e persino l'atte-
Gesù quale figlio primogenito di sua sa che ne seguano altri (-'> Ix, coll. 773
madre, l'autore voglia richiamare il te- s.) 35• npW"ro'toxoc; quindi in Le. 2,7 non
ma della verginità di Maria, abbastanza ha assolutamente il significato di µovo-
chiaramente affermata in Le. r,27.34 33• yEvi)c; (~ vn, coll. 465 ss.) e non può
Nell'usare npwi:o-coxoc;, l'intenzione non ad esempio escludere che Maria abbia
era tanto quella di «differenziare Gesù avuto altri figli~.
bambino da successivi figli di Maria>>, 2. La metafora del primogenito nella

quanto di «escludere figli nati prima» 34 • cerchia dei fratelli è usata da Paolo in
Se non avessimo altre notizie che Gesù Rom. 8,29: ouç 1CpoÉyvw, xa.t 7tpowpL<1E\I
ha avuto dei fratelli (~ 1, coll. 386 s.), uuµµopcpouc; -cijc; Elx6voc; -cov utov a.ù-
il tenore di Le. 2,7 da solo difficilmente -cou, dc; 't"Ò dva.L a.ui:òv 7tpW'tO"COXOV Èv
permetterebbe di arrivare con sicurezza rcoÀ.À.oi:c; àoeÀ.q>oi:c;, «coloro che ha cono-
a una affermazione di tal genere; infatti sciuto da principio, li ha anche predesti-
il figlio primogenito è detto 1tpwi:6i:oxoc; nati ad essere conformi all'immagine del
perché è il primo a nascere, indipenden- Figlio suo, per modo che egli fosse il
temente dal fatto che realmente lo se- primogenito tra molti fratelli». Si tratta
guano altri figli. D'altra parte npwi:6i:o- qui della trasfigurazione escatologica 37 •

nel senso, ad esempio, di Col. 1,15, come sup· da P. WINTER, The Proto-Source o/ Lk. I:
pone G. ERDMANN, Die Vorgeschicbte des Lk.- NovTest 2 (1956) 190 s., manca in Iud. 13,24
11. Mt.-Ev. 11. Vergils 4. Ekloge, FRL N.F. 30 una designazione del genere.
(r932) 41 s. 36 A torto J. B. FREY, La significatfon d11 ter-
3J Una connessione di tal genere sarebbe cer- me 7tPW-t6't'oxoç d'après une inscription juive:
tamente esclusa se Le. 2,1 ss. non fosse stato Biblica 11 (1930) 373-390 (cfr. anche 1-IAAG,
composto sin dall'inizio come continuazione di o c. [ ~ n. 8) 422) sostiene la perfetta sinoni-
1,26 ss., ma ricalcasse un racconto indipenden· mia di 7tPW't'6't'oxoç e µovoyEvi}ç, appellandosi
te, nel quale Maria e Giuseppe comparissero specialmente all'iscrizione tombale di Tell e1
come ·sposati e Gesù fosse presentato come fi- Jehudijeh, ricordata sopra(~ coll. 676 s.). Tut-
glio di questo matrimonio. Cfr. M. DrnELius, tavia è vero che il bambino di quell'Arsinoe
J11ngfraue11sohn 11. Krippe11ki11d: SAHeid 1931 di cui parla l'epigrafe, morta al suo primo par-
/1932, 4 (1932) spec. 55-57. to, rimase l'unico figlio di sua madre; ma non
34 KLOSTERMANN, Lk., ad l., ma con un'accen- per questo è indicato come 1tpu>'t'6't'oxov i:Éx-
tuazione precisamente contrarin. Cfr. ZAHN, vov, ma perché fu il suo primo figlio. Cfr. an-
Lk., ad I. che H.KocH, Virga Eva - Virgo Maria (1937)
35 Se Gesù non avesse avuto fratelli, il 1tpcù- rn:z-rn6 (appendice 5); ibid. 46-60 più detta-
't6't'oxoç di Le. 2,7 non si sarebbe forse con- gliatamente su Le. 2,7 nei Padri, particolar-
servato cosl intatto, e più tardi non sarebbe mente in Ireneo e Tertulliano.
stato nemmeno accolto, come Mt. I,25 (var.). 37 «Con Elxwv s'intende il corpo trasfigurato
Il figlio unico è indicato con µovoyevfic;; cfr. dopo la resurrezione» (LIETZMANN, Rom., ad
Le. 7,12; 8,42; 9,38; Hebr. u,17. Giovanni /.); ~ rn, col. 183. Cfr. anche 1 Cor. I5A9;
Battista non è chiamato '1tPW't'6"Toxoc;, per Pbil. 3,21. Non si allude al Gesù storico, come
quanto possa essere significativo che egli fu se GUµµ6pqiovc; 't-ijc; Etx6voç si riferisse alla
del pari il primo figlio dei suoi genitori. An- sequela di lui (cosi vorrebbe Zahn, Rom., ad I.).
che per Sansone, richiamato come parallelo Avvalersi di Elxwv a questo scopo comporta
7tpW't6'toxoç B 2-3 {W. Michaelis)

Ciò che s'intende descrivere non è la re- perché resta sempre il loro Signore 39 •
surrezione .in sé, e il 1tpw't'6'1'oxoc; non 3. Come nel 7tPW"t6-roxoc; di Rom. 8,
va interpretato nel senso del 1tpW't'6'1'o- 29 l'accento non batte particolarmente
xoc; éx 'l'WV vExpwv di Col. 18 33; piutto- su -"toxoc;, cosl avviene in Col. r,18, do-
sto si allude alla piena comunione con ve Cristo è detto 1tpwi:6i:oxoc; Èx 'l'W\I
Cristo che inizia colla resurrezione del- Vexpwv 4ll. Con queste parole egli è de-
l'ultimo giorno e la cui premessa è lo signato quale primo risorto fra i morti:
stato di conformazione a lui (cfr. oµo~ot parlano in favore di questa interpre-
a.im~ fo·6µEi}a: I lo. 3,2). In questa pie- tazione anche le formule àmx.px1J i:wv
na comunione con Cristo, i credenti glo- xExoLµ'l']µÉvwv di I Cor. 15,20 e 7tpGhoc;
rificati, quando entreranno nell'eredità H; a\lr.t.0'1:6..0'EWç \/Expwv di Act. 26,23,
come ovyxÀ'l')povbµot Xp~cnov (Rom. 8, per non citare che i paralleli più diret-
I 7) e .raggiungeranno la loro escatolo- ti. Tuttavia la priorità nel tempo non
gica vloitEafo.. (Rom. 8,23), saranno con- sta da sola in primo piano, ma vi è in-
siderati fratelli di lui; egli sarà il 1tpW- clusa anche l'importanza che la sua re-
"t6't'oxoc;, simile ad essi e tuttavia supe- surrezione assume .in quanto avvio alla
riore e preminente in rango e dignità, resurrezione generale nell'ultimo gior-

una formulazione moderna, ma per niente con· genito di molti fratelli. Ma poiché questi fra-
forme al N.T. Anche in 2 Cor. 3,18 si parla telli risorgeranno nell'ultimo giorno, egli po-
della vita presente, ma la Etxwv si riferisce trebbe essere chiamato oosl solo in senso pro·
del pari alla forma di esistenza del Risorto lettico.
(cfr.-> KAsEMANN n 138). Ciò vale senza pre- 39 Cfr. MICHAELIS, Phil. a 3,21. Non è vero-
giudizio del fotto che [T. W.MANsoN], secon- simile che Paolo in Rom. 8,29 riprenda con
do Rom. 8,r4 ss.; I Io. 3,2, la filiazione divina ?tpw-c6-coxoç il titolo messianico in uso nel
è già possesso dei credenté; nemmeno il <niµ- giudaismo (cfr. ScHLATIER, Rom., ad l.), per-
µopcpoç di Rom. 8,29 può essere dimostrato, ché ivi manca la relazione con i fratelli e si ha
con ricorso a µopcp1J di Phil. 2,7, vocabolo non di mira soltanto il rapporto con Dio (-> col.
escatologico. Resta vero anche (cfr. MICHl!L, 687).
Rom. a 8,29) che dietro Rom. 8,29, anche se 40 Nel N.T. la resurrezione non è mai presen-
non lo si dice esplicitamente, c'è l'idea che
tata sotto la forma metaforica di un parto.
Cristo è «immagine» proprio in quanto «im-
ZAHN, Ag. a 2,24 ravvisa qui l'idea che il
magine di Dio» (2 Cor. 4,4; Col. 1,15). Anche
fl'Q.va;-coç o, secondo una variante, l'/t.1ìTJc;
l'M6!;a<TEV che chiude la serie di aoristi in
abbia lasciato nuovamente libero il morto
Rom. 8,29 s. allude, sl, ad un «riferimento del-
Gesù fra le doglie dcl parro e inqundra in
l'enunciato escatologico alla vita attuale dei
questa interpretazione anche la frase 'ltpw'té-
cristiani», ma non può annullare l'intonazione
'toxoc; Èx -cwv VEXpWV. Tuttavia fl'~V(l'\OC, e
escatologica del contesto (-> III, coll. r84; II,
/j.1ìT}ç sono entità maschili e Mcra;ç 't~ w1ì~
col. 1392), almeno per la frase introdotta da
\ltXç, nonostante WO~VCXC, 1ìt a;Ù-cWV g},,vcrac; di
dc;, ma anche per O'Vµµ6pcpovç ecc.
lob 39,2 e la singolare esegesi rabbinica di Ps.
33 ~ IV, col. 189. Similmente E. BRUNNER, 18,5 (in STRACK-BILLERBECK II 617 s. a Act.
Das Ewige als Zuk1111/t u. Gegenwart (1953) 2,24), non significherà doglie del parlo, ma ge-
184: mediante la sua resurrezione al terzo nericamente dolori (cosl anche in ljl 114,3).
giorno, Gesù Cristo sarebbe divenuto il primo- Cfr. inoltre HAENCHl!N, Ag. 148 n. 5.
<i93 t Vl,IJ?OJ

no 41 . Si tratta insomma di una procla- connotare non solo la priorità tempora-


mazione del rango e della dignità di Cri- le, ma anche e prima di tutto il rango
sto, tanto più che anche la proposizione che compete a Gesù quale primogenito
seguente introdotta da ~\la (-+ col. 704) dei risorti. La stretta connessione con ~
ha questo senso, il precedente apxfi è 88 convalida la tesi che non si tratta di
sulla stessa linea 42 e il parallelo costitui- una semplice ripresa da Col. I,18, dove
to dall'altra frase con 7tpw't6-coxoc; in I, un tale richiamo invece manca, ma o di
r5 (-+coli. 694 ss.) fa anch'esso pensa- un'affermazione che ha dietro di sé dei
re ad una graduatoria. Poiché Cristo fin precedenti propri o addirittura di una
dalla creazione ha di fronte a tutte le formula indipendente dello scrittore a-
creature il posto di un npw't6'toxoc;, tale pocalittico.
egli è anche e ben a ragione come risor-
5. In Col. I,I5 la designazione di Cri-
to 43 (-+coli. 695.696 ss.).
sto quale 7tpW'tO'tOXoc; mia"r)c; X'tLO'EWc;
+ In Apoc. r ,5 1tPW'tO'toxoc; 'tW\I VE- ha nella frase con o'tt che segue (1,16)
xpwv non è detto solo in ordine al tem- una sua esplicita e precisa giustificazio-
po. Poiché la frase seguente ò &pxwv ne e spiegazione: Cristo è il mediatore
'tW\I ~cx.cnÀ.Éwv -tijc; yijc; ricorda ~ 88, della creazione, al quale tutte le cose
28b, come del resto già ò µ6.p'tvc; b 1tL- create senza eccezione sono debitrici del
O-'t6c; richiama ò µap'tuc; Èv oùpcx.vQ m- loro essere (-+ IX, coll. 956 s.). Di con-
cn6c; di ~ 88,38 (vr, col. 1333), an- seguenza in npw-c6'toxoc; 1t&:a'1)c; X't lo-Ewc;
che 1tPW'tO'tOXoc; si ricollegherà a xayw non è espressa la semplice priorità
1tflW't6•0XO\I i>l)o-oµo:~ CX.Ù'tO\I di o/ 88, temporale di colui che a tutto preesi-
28a (-+ col. 683) e quindi intenderà ste 44• Se la formula ha infatti per og-

41 ~ 1, col!. 996 ss.; O. CuLLMANN, Unster· mogenito avanti ogni creatura»). Anche l'e-
blichkeit der Sede u. Auferstehrmg der Toten: spressione in uso per Dio qadmono lei 'oJam,
ThZ u (1956) specialm. 144-148. Anche nella «colui che è prima del mondo», che secondo
formulazione cosl sobria di Act. 26,23 il con- STRACK·BILLERBECK Ili 67.6, ad I. si avvicina
cetto viene inteso allo stesso modo; cfr. H. «moltissimo» alla frase paolina, non può va·
CoNZ~LMANN, Die Mitte der Zeif (x957) 179. 1ere come parallelo, dato che in quest'ultima
202. Per una interpretazione ispirata al pensie- non si tratta affatto esclusivamente della pre-
ro gnostico cfr. ~ Kii.SEMANN 1 66 n. 2.72 s.; cedenza temporale. Per la designazione di Dio
II 139; con qualche riserva MICHEL, Hebr., ex- stesso quale primogenito nella tarda tradizio-
cursus a 1,6 e 2,10. ne giudaica dr. la riserva avanzata in ~ DU·
42 Quindi àPX'fi sta in parallelo con gli enun· RAND 60 e n. 2. Del resto in DrnELIUS, /oc. cit.
ciati di Col. 1,15 (~ I, coll. 1286 s .). Per &:p- l'uso comparativo di 'ltpW'toc; o 'ltpw-.ov in
xfi riferito invece alla resurrezione ~ I, coll. Io. 1,15.30; 15,18 è chiamato in causa anche
996 ss.; DrnELIUs, Gefbr. 3, ad l.; ~ DuRANn per 1tpw-.b-.oxoc;, ma stando a RADERMACHER 1
68.70 e BL.-DEBR, § 62 (cfr. § 185,1) l'illazione
64.
non è giustificata. 'ltpw-.b-.oxoc; significa il pri-
43 ~ MICHAELIS 144-146. mo nato, ma non necessariamente quello nato
44 DrnELIOS, Gefbr. ', ad l. (traduzione: «pri- prima (di un altro).
7tpw't'6-roxot; B 5 (W. Michaelis) (vr,880) 696

getto la mediazione creatrice di Cristo, come sinonimo di ?tptù'tOX'tLO''toc; 47• Co-


essa non può nello stesso tempo 45 affer- sl l'unica possibilità che resta 48 è di in-
mare che egli sarebbe stato creato quale tendere 1tpw-c6't'oxoc; nel senso del ran-
prima creatura 46• Contro tale ipotesi, go(~ qui sotto): si allude alla superio-
secondo la quale 1ttl.<r1')c; x-i:l<rEwc; sareb- rità particolarissima e irrepetibile che
be genitivo partitivo, parla in modo de- Cristo possiede rispetto a tutte le crea-
cisivo anche il fatto che in questo caso ture, quale mediatore della loro stessa
in 'ltpw-.6-i:oxoc; sarebbe valorizzato il creazione. Anche la frase che segue in
--roxoc;, mentre, eccettuato Le. 2,7 (-7 r,17• (m'.rtéc; È<r-rw 1tpÒ 1t6..v-rwv) vuol
col. 688), dove però si fa riferimento a mettere in rilievo la stessa preminenza 49,
una nascita in senso proprio, in tutti gli mentre l,17b trae la conclusione da
altri passi del N.T. che parlano di Cri- l,16.
sto, e sopra tutto proprio in Col. 1,18 In Col. r,r5 e poi anche l,18, per
(-7 col. 692), esso rimane assoluta- esprimere questa superiorità di genere
assolutamente unico, la scelta di 1tpw-
mente in ombra. Inoltre la componente -t6-i:oxoc; potrebbe essere stata determi-
-'t"oxoc; risulterebbe in contrasto col con- nata dalla grande importanza che il con-
cetto di x.-lcnc; (e x't'lse<r-Oa.~: 1,16); es- cetto di 'primogenito', come designazio-
ne di un primato di dignità, aveva acqui-
sere creato ed essere fatto nascere sono
stato nell'A.T. e conservato poi nel tar-
infatti termini tecnici diversi, e 1tPW't6- do giudaismo (~ coll. 682 ss. 687 ). Pe-
-roxoc; non può essere preso senz'altro raltro, in questo ambito il titolo è usa-

45 In Io. 1,x.3 precedenza nel tempo e media- sere considerate non come generate, ma come
zione creatrice sono nominate l'una dopo l'al- 'create', dal momento che sono indicate con
tra. Ma non è come se i due enunciati fossero x-rl'11.<;. Il concetto presente in I Io. 5,18, ma
compresenti in 1tpW-r6-roxoç. non in Io. 1,13 (~ II, col. 414), secondo il
quale Cristo dovrebbe essere considerato co-
46 Il titolo di «primogenito del mondo» dato me generato da Dio, non si presta all'interpre-
ad Adamo(~ n. 30; ~ KAsE.MANN 1128) non tazione di 7tpW't'6-roxoç; e neppure l'uso che il
può in questo caso rappresentare un parallelo N.T. fa di Ps. -i.,7 (~ MrCHAELIS r45.147-149).
stretto. Nella Bibbia, quando si parla dell'agire di Dio,
47 Cfr. ~ DURAND 62. La contraddizione tra la differenza fra yEwiiv e -.lx-reLV è sempre
1tpw-r6't'oxoç e x-rloi.ç non si eliminerebbe mantenuta.
48 Devono essere rifiutati tutti i tentativi di
nemmeno se l'interpretazione venisse modifi-
cata in questo senso: «Cristo è il 1tpw-r6't'o- riferire il passo alla xa.w1} x'ticnç o di leggere
xoç di tutta la creazione in quanto egli ed egli 1tpw-ro-r6xoç. Cfr. ~ GEWIEss 3-i.; W. STAERK,
solo è stato generato dal Padre, mentre rutto Soter I (1933) 155; ]. HÉRING, Die bibl.
il resto fu da lui creato - mediante il Figlio» Grundlage11 des chr. Hu111a11ismus, Abh. Th.
(KocH, op. cit. [n. 36] 56 nota). Non è lecito, ANT (1946) 7 n. 4; E. FASCHER, Textge-
accentuando il -'t'OXO<;, prendere 7tpw-t6't'oXoç schichte als hermene11tisches Problem (1953)
nel senso di colui che /u generato come unico; xo3 n. 1.
d'altra parte appena s'intende 1tpw-r6-roxoç 49Lo stesso DIBELIUS, Gejbr. ', ad l. trova
come generato per primo, appellandosi al fat- qui il rango «almeno implicito»; al contrario
to che i significati di -rlx't'ELV e yEwiiv effet- ~ GEWIESS 36 vede, e più a ragione, !'«ele-
tivamente si scambiano, la contradfuione e- mento temporale» solo «brevemente sfiorato».
merge di nuovo, perché le creature devono es- Cfr. anche~ v, roll. 386.388.
697 (v1,880) 'ltPW"t'O-roxoç B 5 (W. Michaelis)

to per descrivere la posizione di fronte ro 51 • Non è tuttavia necessario pensare


a Dio, mentre in Col. 1,15 non si pen- che tale uso particolare del vocabolo sia
sa a ciò, e questa differenza permane stato preformato in una tradizione più
anche di fronte all'osservazione, per sé antica; può benissimo risalire a Paolo
rispettabile, che il rapporto di Cristo stesso. L'ipotesi che sia stato l'enuncia-
con Dio è espresso immediatamente pri- to di l,18 il punto di partenza che ha
ma di l,15 e precisamente in 1,13 con ispirato a sua volta quello di 1, x5, in
il titolo di ulòc; -ri)c; à.ycbtTJc; a.Ù'tov, quanto il riferimento di npw't6'toxo.;
e che inoltre in Ps. Sal. 13,9 (~ col. alla resurrezione sarebbe stato più cor-
682) compaiono proprio appaiati utoc; rente e più facilmente comprensibile,
&.ya.'ltlJO"EWc; e 'ltpW't6'toxoç 50 • D'altra non regge, perché l ,18 viene dopo x,
patte, se in Col. l ,15 si tratta della po- 1 5 e perché non risulta che il vocabolo
sizione di Cristo di fronte alle creature, fosse più diffuso in rapporto alla resur-
come mediatore della loro creazione, nel- rezione (per Apoc. r,5-?coll. 693s., per
le formule veterotestamentario-giudai- Hebr. 1,6 -7 coli. 699 s.). Sarà piuttosto
che che abbiamo preso in considerazio- da ritenere il contrario, cioè che si sia
ne qualsiasi premessa per tale concetto formato prima l'enunciato con 'ltPW>O-
manca completamente. Anche Prov. 8, -roxoc; di 1,15 e che questo abbia poi
22: xupLoc; EX"tLO'É\/ µE (cioè la O'Ocpla.) tratto seco l'enunciato con npw-r6't'oxoc;
à.px1Jv oSwv cdrcov, nonostante tutta del v. 18, salvo che le due frasi non sia-
l'importanza che la speculazione giu- no tra loro più indipendenti, anche se
daica sulla <locpla. ha avuto per il N.T. derivate da premesse comuni. Che que-
(~ VI, col. 380), non può aver eserci- ste premesse siano da ricercare nella
tato un influsso diretto, poiché il pen- dottrina dell'uomo primordiale e nella
siero della mediazione nell'opera crea- concezione gnostica del redentore re-
trice qui non si è ancora formato. dento 52 , è una tesi che merita seria con-
D'altro canto riesce senza dubbio stra- siderazione ma che non è stata affatto
no che un vocabolo così raro nel N.T., dimostrata, tanto più che nella gnosi
com'è effettivamente 7tpw-r6-roxoç, com- del periodo che precede la Lettera ai
paia ben due volte nell'inno di Col. l, Colossesi il concetto di 'primogenito'
15-20. Collocato simmetricamente all'i- non è cosl univocamente preminente e
nizio di ciascuna delle due parti della dove compare rinvia in parte a contesti
composizione (nel secondo stico), serve veterotestamentari 53 • Non pare quindi
visibilmente a determinarne la struttura conveniente, tutto sommato, spiegarne
in modo che queste due sue presenze l'uso in Col. solo partendo dalla gno-
non sono certo senza rapporto fra di lo- si 54• Poiché tuttavia metodicamente non
so Cfr. anche ~ .KAsEMANN II :r40. binici) non possono costituire un parallelo a
s1 Cfr. ~ KAsnMANN n I 34. Col. r,15, perché qui si presuppone che Cri-
sto sia non creato, ma preesistente e~ coll.
52 Cfr. ~ KXSEMANN l 58·61.66 n. 2.72 s. 98-
694 ss.).
rn5 .128.136 s. 139.
53 Per Adamo come primogenito (4 .KAse- ~ MtcHEL, Hebr. a r,6. Questa cautela ri-
MANN l 128; l i 137) 4 n. 30; per 1tpw't6yo- spetto a una derivazione gnostica è indipen-
voç in Filone ~ Ki\SEMANN rr 137.147 n. 29. dente dall'accettazione della proposta fatta
Angeli e arcangeli quali 1tpw't'OX,.L!T't'OL ( ~ da~ Kii.SEMANN II, che in Col. :r,15-20 vede
Kii.sEMANN 1 28.u6; Clem. Al., exc. Theod. un'elaborazione di una liturgia battesimale
27,3 ss.; ]. BARBEL, Christos A11gelos, Theo- protocristiana che a sua volta poggerebbe su
phaneia 3 [1941] spec. 199-201; W. LuEKEN, un inno precristiano (cfr. a questo proposito
Michael [ 1898] n1-117, cfr. 38: paralleli rab- W.MICHAELIS, Einleint11ng in das N.T. 2 (1954]
7tpw-c6-coxoç B 5-6 (W. Michaelis) (vr,88r) 700

siamo obbligati a supporre una stessa 1} olxouµÉvl) senza la speficazione 1i µÉÀ,-


origine per tutti gli elementi che rac- À,ouo-a (cfr. 2 ,5) non è certo che signi-
chiude in sé l'espressione 1tp<.ù'to't'o:>eoc;
7ta<T7Jc; X'tl<TEwc;, sembra ammissibile, fichi il mondo celeste, e infine dcO:yw
per l'idea del Cristo preesistente media- va bene anche per l'incarnazione e 7tci-
tore della creazione, una preistoria che À.Lv potrebbe equivalere al m:l)..w di 1,5,
non richieda una connessione col con-
sarà forse preferibile riferire la frase al
cetto di 1tpw't6'to:>eoc; e, per questo con-
cetto stesso, l'aggancio ad un uso più Cristo preesistente. In tal caso npw.-6·
antico nel quale esso fosse sufficiente- 't'oxoc; corrisponde all'vt6c; usato prima
mente disponibile ad una successiva u- in 1,2 e nelle citazioni di r,5 ab (cfr. an-
tilizzazione cristologica; ciò che appWl-
to si verifica nell'uso veterotestamenta- che r ,8) e connota come questo il rap-
rio e tardogiudaico (-7 coll. 696 s.) 55• porto filiale tutto particolare che il Cri-
sto ha con Dio - prima di tutto, se non
6. Nella frase o·mv OÈ 'JtUÀ,tv Ei.<TayO:-
in modo esclusivo - quale preesistente.
YTI 't'ÒV 1tpw't6.-oxov Ei.c; 'tYJV oi.xouµÉ'llT}V
di Hebr. 1,6 tanto il contesto (r,J) quan-
to il contenuto della citazione che segue Resta escluso(~ n. 47) che il termi-
ne rtpw.-6'toxoc; possa essere occasionato
in 1,6 (Deut. 32,43 LXX; ljJ 96,7) avva- dal yEyÉWl)Xa <TE di x,5" che ricorre
lorano ]'idea che si tratti dell'introniz- nella citazione di Ps. 2,7, tanto più che
zazione del Cristo glorificato al momen- la citazione non è introdotta a motivo di
to della parusia; in questo caso il titolo questa frase, ma come testo comprovan-
te il carattere unico della filiazione di
di npw'to'toxoc; rientrerebbe nell'ambito Gesù e non il suo esistere in sé, proprio
di Col. 1,18 (~ coll. 692 s.); Apoc. 1,5 come il passo di 2 Sam. 7,14 citato in
(~ coll. 693 s .) e sarebbe un altro testo 1,5b. Che il Figlio sia chiamato npw.-6-
'toxoc; in confronto agli angeli è escluso
in favore della tesi secondo cui npw't6- da tutto il contesto, nel quale agli an-
't'oxoc; è il Cristo risorto e glorioso 56. geli è appunto negata ogni relazione fi-
Tuttavia, poiché in Hebr. 1 ,6 npw't'o'to- liale con Dio 57• Si ha l'impressione che
si tratti di un titolo non foggiato ad hoc,
xoc; non ha un'aggiWlta quale (tx) 'tWV ma stereotipo e probabilmente ben noto
V€Xpwv (Col. r,r8; Apoc. 1,5), e inoltre ai lettori. Non siamo tuttavia più in gra-

215. Il mandeismo conosce 'primogenito' (co- Die Btl5is des Hb: ZNW 48 (1957) 275. In-
me anche 'primo' -,> 1, col. 8 n . 6) quale vece G . WrnENGREN, Mesopotamian Eleme11ts
concetto mitologico, ad es. LrnzBARSKX, Gim.t1 in Ma11icheism, Uppsala Universitets Arsskrift
R 5,1; LrnzBARSKI, Liturg. 28,n; 123,8 s. 1946, 3 (1946) 24 n . 1, insiste molto sul rap-
(Caino come «primo primogenito» -,> coli. porto che lega gli enunciati di H ebr. al pen-
685 s.). siero veterotestamentario-giudaico.
55 ~ MICHAELIS 146-152. 57 CREMl!R-KOGEL, s,v.; MrcHEL, Hebr. a 1,6
56 Cfr.
KASEMANN I 58-61. 131 n . 2. 136 s.; (n. 2). Non è nemmeno il caso di confrontare
MICHllL, Hebr. a 1,6; F.]. ScHIERSE, Verheis- 1,6 con gli vlol di 2,10, sebbene in sé anche
sung u. Heilsvollendung. Zur theologischen Hebr. ammetta un rapporto tra la filiazione
Grundfrage des Hb (1955) 96; G. ScmLLE, di Gesù e quella dei credenti.
701 (vr,88r) '1tpw-r6-roxoç B 6-7 (W. Michaelis) l VI)S!S2J 702

do di individuare da quale tradizione la neotestamentaria comunità di salvez-


anteriore l'autore l'abbia preso, se da za 60 • Ed è egualmente difficile dire co·
quella che soggiace anche a Col. 1 15 o da
un'altra 58 . In 12,23 npw.-6-toxoc; è usa- me quest'accezione di 7tpw-.6-.oxo<;, uni-
to in un'accezione che non ha parallelo ca anche nell'ambito del N.T., si sia in-
in altri passi del N.T. serita nell'uso linguistico precedente.
7. In Hebr. 12,23 si parla di una Éx- Che la spinta sia venuta dall'apparte-
xÀ:r111la. 'ltPW'tO'tOXtù\I Ò:.\la.yEypcx.µµÉVW\I . nenza dei credenti a Cristo quale '1tpw-
Év oùpa.voic;. I 'ltpw-t6-toxoi, che fanno -t6•oxoç 6 t, è un'ipotesi contraddetta da
parte di questa festosa adunanza celeste Rom. 8,29 (~ col. 690), dove la desi-
(IV, col. 1524) ma evidentemente non gnazione di 'ltj)W'tO't'oxoc; esclude pro-
si trovano ancora essi stessi nel cielo, e priamente un'applicazione agli àoeÀ.-
i cui nomi soltanto stanno segnati nel cpol 62. Né d'altra parte è verosimile che
celeste libro della vita (n, coli. 276 ss.), il termine possa riferirsi al rapporto del-
non sono certamente angeli, tanto più la comunità col resto della creazione
che di essi si è già trattato in 12,22 59 . (cfr. Iac. 1,18: eL<; -tò dwii 1)µ<ic; à7tcx.p-
È difficile pure che si intenda con que- x+iv -çLva. -rw\I aÙ-rov X'ttliµOC't'W\I) 63,
sto termine la comunità veterotestamen- dato che il contesto non lascia adito a
taria o i testimoni della fede di cui si una simile prospettiva.
parla nel cap. l l; si tratta piuttosto del- Per 7tpw-r6-toxcx. di Hebr. n,28 ~

58 Anche ammesso che sia esatto osservare spettive esigenze dcl contesto.
che Ps. 2,7; 2 Sam. 7,14 e il concetto cli 'ltplù· 59
-r6-roxoç del Ps. 89,28 stanno fra loro «in Contra 4 KXsEMANN I 28.126. Non è af-
nesso esegetico diretto» (MICHEL, Hebr. a x,6; fatto il caso di pensare neanche al 1tpw't6x·tt-
cfr. anche ~ DUllAND 60), resta da vedere se cr'toç quale attributo degli angeli (4 n . 53;
questo basti a spiegare la provenienza cli ?rpw- cosl MlcHEL, Hebr. a 1 16).
-.6-roxoç in Hebr. x,6. Dopo tutto, è impor- 60 ]. ScHNEIDER, Hebr. (1954) 122. Cfr. ~
tante che in questo contesto, dove pure l'au- n , col. 277. Non è il caso di pensare soltanto ai
tore infila citazioni su citazioni adducendo in cristiani già morti, dal momento che coloro
1,5•·• 1Ji 2,7 e 2 Sam. 7,14, non sia affatto ci- di cui si parla qui sono presentati come non
tato 1Ji 88,28. Può davvero questa lacuna es- ancora «in cielo»(~ col. 701).
sere colmata con l'osservazione sopracitata?
Sarà pure giusto osservare che 7tplù't'O'toxoç in 61 MICHEL, Hebr. a 12,23: «Il 'primogenito'
Hebr. l,6, dato che qui è usato «senza ag· e i 'primogeniti' sono strettamente connessi
giunte e interpretazioni» (diversamente da tra di loro, come 'il Figlio' e 'i figli' (Rom.
Rom. 8,29; Col. 1,15.18; Apoc. 1,5), costituisce 8,29)».
una designazione di carattere più generale. Re-
6! Non si può trattare senz'altro di un «tito-
sta tuttavia da chiedersi se con ciò le aggiunte
lo d 'onore apocalittico della comunità)> (MI-
in Rom. 8,29 ecc. siano da intendere come «li-
CHEL, Hebr. a 12,23), perché, come mostra
mitazioni intenzionali di una formula riguar-
il plurale, non alla comunità come tale va l'at·
dante il Messia e avente in origine un signifi.
tributo di «primogeniti» (cfr. Ex. 4,22 e i
cato più ampio», formula presente in lji 88,28 e
suoi riflessi storici ~ coli. 682 ss. 686.68ì ),
riflessa in Hebr. 1,6 (MICHEL, Hebr. a r,6). Si
bensl ai singoli credenti.
tratta piuttosto di applicazioni del concetto a
determinate realtà cristologiche, secondo le ri- 63 CREMER-KOGEL 1076.
703 (v1,882) 'ltj)W"tEUW I·3 (W. Michaelis) (v1,883) 704

col. 679, per 'ltpw-.o-roxEi:a di r2,r6 ~ Flavio Giuseppe usa correntemente


col. 685 64• ol Ttpwnvov-.e:c;, i maggiorenti, i capi
(= ot 7tpW'tot ~ col. 661), per lo
più col genitivo: 'tOV 1tÀ:i)i)ou<; (ant. 9,
T1tpW't'EVW r 6 7); 'tfjç ye:povcrlocc; (beli. 7>412); -rwv
I. 'ltPW•EUW, attestato a partire da I-
I'ocÀ.tÀoclwv (vit. 305); inoltre ant. 12,
socrate, Senofonte, Platone, significa es- 18r; 20,182; vit. 313. Di rado al parti-
sere il primo (per rango); la persona che cipio singolare: 1t()W'tEVW\I -.ijc; 1t6ÀEW<;
viene superata viene indicata col ge- (vit. 124); cfr. anche la designazione di
nitivo (ad es. Xenoph., Ag. 1,3) o con Efeso quale 1t6ÀLc; 1tPW'tEVoucra 't-ijc;
preposizione (ad es. Xenoph., Cyrop. 8, 'Aulac; (ant. 14,224). Cfr. ancora ant.
2,28); il campo in cui uno è il primo, 19,209; 20,100.147.173; bell. 1,123.
col dativo (ad es. Xenoph., Ag. ro,r) o La Lettera di Aristea usa 1tPW't'EUW
( 2 7.5) per indicare la serie dei commen-
con Év: ad esempio 7tpw-re:ve:w Év EOpq.,,
«essere il primo di seggio» (Xenoph., sali che secondo l 87 hanno preso posto
Cyrop. 8,4,5); Cl'1tEUOOV-re:c; -roùc; 'ltcti:oa<; per anzianità. In 229 l'EucrÉ~ELIX è de-
f.v 'ltiicn 't'OCXLOV 1tpW'tEUCTIXL, «Studian- finita xa.À.Àovlj TCpw-.e:uoucra., «bellezza
dosi che i figli tosto primeggino in tut- sovrana».
to» (Plut., lib. educ. 13 (II 9b) 1• An- 3. In Col. 1,18 la formula oc:; lcr'tw
che nelle iscrizioni, ad es. Ditt., Or. II &.pxl), 7Cptù'tO'tOXO<; ÉX 'tW\I \IEXpw\I è
529,24 (sec. I d.C.); II 563,6 (sec. Il congiunta alla frase finale che dichiara
d.C.) e nei papiri, ad es. Preisendanz, lo scopo che Dio si è prefisso: l'.voc yÉ-
Zaub. I 4,244: 't'OU't6 Ècr-rtv -rò 'ltPW'tEUo\I V'f}'tctt Èv 7téi.<Ttv aÙ'tÒç 'ltPW't'EVW\I. Con-
ovoµa; 't'OU Tvcpwvoc;, «questo è il nome forme al suo uso consueto, anche qui
di Tifone, che viene primo» (sec. IV 'ltpwnuw vuol esprimere la dignità, tan-
d.C.)2. to più che anche 'lt()W'tO'toxoc; ÈX -r:wv
ve:xpwv dev'essere inteso in questo senso
2. Nei LXX 1tPW'tEuw ricorre in Esth.
(~ col. 692). La frase riassume, in-
5 ,II ( 'ltPW'tEUEL\I xa;L 1)ye:i:a1>at -rijc; ~a;­
CTLÀ.Ela<;, dr. 4,8: Aµav ò OEU't'EpEuwv tensifica e completa ciò che fu espresso
-r~ Ba<nÀ.e:i:); in .2 Mach. 6,18 (EÀe:a~a­
in 1, l 5: Cristo è il TCpw"t'6-roxoc; ·miCN}c;
X't'LO"EW<; (coll. 694 s.), è 7tpÒ 1t&\l'tWV (~
po<; ·ne; 'tW\I 1tPW't'EV6'V'tW\I ypaµµa;...
-rfo.>\I) e l 3 ,15 (-rÒ\I 'ltPW'tEUO\l'tlX 't'W\I
col. 696), è XE<plXÀ.TJ '\'OU crwµa-coc:;, 'tfjç
ÉÀe:cp&.v-.wv). Inoltre 'et-hii'eben hiiro'sa Éxxlricrla.ç. Sotto tutti questi aspetti e-
di Zach. 4,7 è tradotto da Aquila con gli è TCpw-re:uwv, ma non lo sarebbe Év
"t'Ò\I }.,lltov "t'Ò\I TC()W"t'EUO\l't'IX (LXX: 't'Ò\I miow e in un senso assolutamente illi-
À.lt>ov •ile; XÀ.'r)povoµlac;, Simmaco: "CÒ\I mitato, se non fosse anche àpx1J (~col.
À.li>o\I -ròv &xpov, Teodozione: 'tÒ\I }.,l- 693) e 7tpW't'O't'OXoç É\I 'tW\I VEXpWV 3.
i)ov -ròv 'ltPW't'O\I). W. MrcHAELIS

M Padri apostolici: Per Polyc. 7,1 ~ n. 31; MouLT.-MlLL. 556 s.


inoltre Barn. 13,5 ( = Gen. 48,18); I Clem. 4,1 3 Per ylvEO"&aL col participio cfr. BL.-DBBR.
( == Gen. 4A) . § 354 (la frase introdotta da Cva non direi che
'ltpcù'tEVW
sia un accenno escatologico). Viene messo in
rilievo non solo iv ?trun\I, ma anche a.v-r6~
1 Cfr. PAssow e LIDDELL-ScoTT s.v. (cfr. BL.-D1rn1t. § 277,3) e con questi due ri-
2 Nei papiri anche come indicazione di carica lievi la frase è diretta nello stesso tempo con-
e di titolo militare, ma solo in testi tardivi. tro le tesi degli eretici di Colossi. Qui 'lt{Xl>-
Cfr. P.REISIGKE, Wort. II 431; m l52.2I8; -tEVWV non può essere un titolo, perché è
.
T Jt"ta.tw
,

1. L'etimologia di questo v9cabolo, 2. Nei LXX 1t•alw ricorre una sola


che figura a partire da Pindaro e anche volta (Ecclus 37,12) col senso traslato di
in iscrizioni, papiri e nei LXX, non è si- inciampare, sbagliare, peccare." Analoga-
cura; un rapporto 1 con la radice 7tE't-, mente in Dettt. 7,25, dove 1t'tcx.lw corri-
l.'t'Jl, 'cadere', sembra possibile 2 (~ x, sponde al nif'al di jqs, significa essere
coll. 299 ss.). Comunque il senso fonda- preso in trappola, essere sviato. Negli
mentale non è molto diverso, solo che in altri casi 7t"tCl.LW significa (di un esercito
1t'ta.lw il cadere ha la sfumatura di urta- in guerra) aver la peggio, esser sconfitto
re contro, cozzare. Mentre è raro l'uso e corrisponde all'ebraico ngp al nif' al in
transitivo (dare una spinta, far cadere, 1Bcx<r.4,2.10; 7,10; 2 Ba<r. 2,17; 10,
far scivolare), quello intransitivo è cor- 15.19; 18,7; 3 Bacr. 8,33; 4Ba<r. 14,12;
rente, come risulta dalle seguenti frasi 3 : I Chron. 19,19 (anche in 2 Mach. 4,17
r.i:alt'.w 7tpÒç -.àç 'itÉ'tpa.c;, «cadere sulle senza archetipo ebraico). Ci sarebbe an-
rocce» (Xenoph., an. 4,2,J); µ:{} olc; 7tpòc; cora da considerare Ecclus 2,8: où µi)
i:òv aù-ròv À.litov 7.'\ctLEtv, «non inciam- 1t-ralcrn ò µt<rfròc; ùµwv, «la vostra mer-
pare due volte nella stessa pietra» (pro- cede non andrà perduta». In l Bet.cr. 4,
verbio) (Polyb. 31,n,5; 12,1); connesso 3 'lt't'alw ( = qal di ngq) ha il raro sen-
a questo è il senso più traslato di incor- so traslato di urtare, colpire.
rere, incappare, incespicare, cadere in ... ,
ad es. 'l't'tctt<rac; oÈ -riiioe 7tpÒç x.ax.iii, 3. Filone presenta in generale Io stes-
«essendo incorso in questa sventura» so uso linguistico del N.T. In alcuni
(Aesch., Prom. 926). Spesso anche avere passi come spec. leg. 4,70; leg. all. 3,16;
un infortunio, incorrere in una sventura, 3 ,66 (1i oÉ YE òµoÀ.oyE~ ni:et.L<Tat, «essa
ad es. µ1} 7tEpt Mapoovl~ 1t't'al<rn Ti [Eva] ammette di aver sbagliato»); 3,
'EÀ.À.ac;, (si temeva) «che la Grecia a- 149 (7t•alov-.ac; 7tEpt 'tlJV -.flc; yacr-tpòc;
vesse la peggio di fronte a Mardonio» Émitvµlcx.v, «quelli che sono schiavi del-
(Hdt. 9,rn1). In senso completamente l'avidità del ventre») 1milw significa
traslato sbagliare, errare, peccare, ad es. inciampare, nel senso di commettere col-
1.1.Ì') ?t-.alwv-.u
Stavol~, «non errando pa, in altri come Ios. 144 (1t'ta.lEtc; 1tOÀ.-
nella mente» (Plat., Theaet. 16od); u- :ì..<ix.L<;, XP'Jl<T'tlÌ it:ì..mst, «hai spesso sfoi-
sato assolutamente: totov &.vi>pwnou qn- tuna, abbi tuttavia buona speranza»);
ÀELV xal -toùc; 7ti:c:tlovi:ac;, «è proprio spec. leg. 4,18 (Àaf36v'tEç olxi:ov -.wv
dell'uomo amare anche gli erranth> (M. È7t1:<XLx6i:wv, «coloro che sentono pietà
Ant. 7,22); similmente P. Oxy. VIII degli sfortunati, cioè degli schiavi») con-
II65,n; ep. Ar. 230. nota invece l'idea di avere una disgrazia,
molto chiara la funzione verbale dell'espres- menti, fu approntato per la stampa da S.
sione (contro E. KiisEMANN, Das wandemde ScHULZ.
Gottesvolk 1 : FRL N.F. [1957] 72); non può 1 Forse con HoFMANN :i87 bisogna supporre u-
quindi esserci neppure un influsso di 'primo' na forma radicale r."Ti~-, 'lt't!r; WALnE-POK. II
quale attributo messianico giudaìco (~ col. u ha invece dei dubbi.
660 n. 2). Per q>~ÀonpW'l"EVW in J Io. 9 dr.
2 Cfr. ScHWYZER I 325 e 676; PRELLWITZ,
PREUSCHEN-BAUER ', s.11.
Etym. Wiirt. trova che 1'-tO'.lw sta a 'l"~ 1'-tWµa
r.·rcx.lw (la caduta) come ljlcclw a ljiwµ6c; (il boccone).
5
Questo articolo, con alcune aggjunte e muta- J Vedi PAPE e PREUSCHEN-BAUER ,_ s.v.
-rc-i:cxlw 3-4 (K. L. Schmidt)

cadere nella sventura. tva '1tÉcrwow;, Vg.: numquid sic offen-


derunt ut caderent?, Lutero: «Hanno in-
4. Nel N .T. il vocabolo compare 5 vol- ciampato, sì da cadere in fallo?». Pari-
te, soprattutto nel senso traslato di sba- menti tutti i traduttori ed esegeti tede-
gliare, errare, peccare: Ocr"ttc;... oÀo\I "tÒ\I schi intendono urtare, incorrere, inciam-
véµov (~ vn, coli. 1391 ss.) "t1')pTJCT1J, pare, cozzare, senso che corrisponde al-
?t"tctlcrn oÈ É\I Èvl, yÉyo\IEV ?tOC\l"tWV Evo- l'inglese to stumble 6 . Ne risulta che in
xoc;, «Se uno osserva tutta la legge, ma Rom. II,II 'Jt"t<Llul equivale al 1tpocrx67'-
poi viene meno in un punto solo, è col- "tW (~coli. 369 ss.) di Rom. 9,32: 7tpo::r-
pevole in tutto» (Iac. 2,10) 4; e anche Éxo~a.v "Céi'> ).li)~ 't'OV 1tpocrx6µµa"tcc;,
(usato assolutamente) 1tOÀÀ~·-· 7t"talo- «hanno cozzato contro la pietra d'in-
µEv {j,'ltct.\l"tEç' Et 'ne; É\I À6y't} OU 'lt"tU.lEt, ciampo». Con tutto ciò, per capire ret-
«in molte cose sbagliamo tutti; se uno tamente Rom. II,11 non è forse cosl es-
non cade nella parola... » (Iac. 3,2). Inol- senziale stabilire una particolare difie-
tre -rav't'a ... 'ltOLOU\l't'Eç (cioè se vi stu- renza fra 1t"tctlw e 'ltbt-.w (~ x, coli. 309
diate di rendere sicura la vostra voca- s.): può darsi che si voglia dire proprio
zione ed elezione)ov µ'Ì) 1t.-alcr1')'t'E(Vg.: e soltanto che l'inciampare o cadere non
peccabitis): 2 Petr. l,IO. Forse questo deve essere considerato fine a se stesso 7 .
passo sta in una posizione particolare È più probabile che inciampare e cadere
perché qui entra in gioco anche il senso, costituiscano una gradazione; infatti chi
testimoniato nella letteratura greca, di inciampa può risollevarsi, riprendersi,
avere una disgrazia, cadere nella sven- rimettersi in piedi, oppure cader..:: e re-
tura 5. stare a terra. La seconda situazione pen-
Il valore fondamentale del vocabolo sata come conseguenza della prima do-
è ancora ravvisabile in Rom. II,II: vrebbe essere figura della rovina eterna
µÌ] E?t't'atcra\I (cioè i Giudei induriti) nella quale i Giudei minacciano 8 di ca-

4 Secondo DIBELIUs, ]k., ad l. si può dimo- s.v.


strare che il contenuto di questa frase è di 7 La più completa ed esauriente esegesi di
derivazione ebraica; dr. anche WINDISCH, questo passo si trova in B. WEiss, Der Brief
]akbr., ad I. e soprattutto STRACK-BILLERBECK an die Romcr, Kritisch-exegetischer Komm.
III 7_55; IV x.22. Anche gli Stoici, pattendo dal- iiber das N.T. 6 (1881) 527 s. Altre interpre-
l'interdipendenza delle virtù (e dei vizi) in- tazioni sono giustamente rifiutate; per il pro-
segnavano che, se uno pecca contro una vir- blema filologico cfr. W . SANDAY-A. C. HEA-
tù, manca in tutte le altre; dr. DIBELIUS, DLAM, The Epistle to the Romans: ICC'
Jk., ad l. (1902) ad l.
s WINDISCH, Kath. Br. ', ad l. addita fra l'al- 8 I traduttori ed esegeti più recenti tengono
tro come passo di contenuto parallelo test. R. conto di questa interpretazione, sottintenden·
4,5: qivì..<i!;ct'tE 7t!Ì.V'tct llua EV'tÉÌ..Ì..oµm uµ~v do nella frase con tva. un «per sempre» o
xcd ov µ7] àµ&.p1"1}'tE. «definitivamente»; cfr. C. H. DonD, The Epistle
6 Oltre alle traduzioni e ai commenti inglesi o/ Paul to the Roma11s, MNTC (r932) 176,
vedi anche LIDDELL-SCOTT e MouLT.-MILL., il quale spiega: «lsrael has indeed stumbled,
709 (VI,885) n-cwxoc; (F. Hauck - E. Bammel) (vr,886) 710

dere a causa del loro continuo incespi- 'tOU a.v·mmµÉvov, IÌ.~LWCTWµEV àcpc.i}ij-
care e far passi falsi. vcu l}µ~v, «per tutto ciò in cui abbiamo
peccato a causa delle subdole insidie del-
5. Nei Padri apostolici il vocabolo 1'avversario, imploreremo che ci sia per-
compare solo in I Clem. JI,I 9 : ocra. ... donato».
È7t'tCX.tO'O'.~V OL& 'tLVa.ç 7CCX.pEµ7C-tWO'ELç K. L. ScHMIDT

7t'tEPUYLOV ~ IV, coll. 779 ss. 7t"C'WCTLç -:> x, coJl. 3 I 7 s.


7t'twµa ~ x, coli. 315 ss.

t t
'1t't'WXO<;, 'Jt'tWXElet.,
t '1t"t'WXEUW

SOMMARIO: I. i
poveri nei singoli suitti;
l'atteggiamento di fronte alla proprietà.
2.
IV. La posizione dei poveri nel giudaismo
A. it-cwxéc; nel mondo greco: palestinese:
I. significato dcl vocabolo; I. la compagine sociale;
II. valutazione della povertà. 2. l'interpretazione delle leggi sui poveri;
B. Il povero nell'A.T.: 3. la beneficenza volontaria;
I. gli equivalenti ebraici. 4. l'assistenza ai poveri da parte della co·
II. L'atteggiamento di fronte al povero: munirà.
r. l'epoca primitiva; V. II giudizio dei rabbini.
2. il profetismo antico; D. Il Nuovo Testamento:
3. il Deuteronomio; I. I vangeli:
4. i salmi; I. Marco;
5. la profezia durante l'esilio; 2. Matteo;
6. la letteratura sapienziale. 3. Luca;
C. Il lardo giudaismo: 4.Giovanni.
I. l'uso linguistico nei rabbini, in Flavio II. Teologia comunitaria, Gesù, Giovanni
Giuseppe e in Filone. Battista.
II. La valutazione dcl povero negli apocrifi III. Paolo.
e negli pscudepigtafi. IV. La Lettera di Giacomo.
III. Qumran: V. L'Apocalisse.

but not to their (final) ruin» (Israele è vera- 7t-rwx6c; xù.


mente caduto, ma non per la sua rovina [fina-
le]); secondo MrcHEL, Rom, ad l. ambedue le Cfr. la bibliografia cli ~ 1tÉVl1t; e 7tÀ.ov-coc;.
interpretazioni (finale e consecutiva) «possono Opere di carattere generale: J. LEIPOLDT, Der
rivendicare un certo diritto». soziale Gedanke in der t1rchr. Kirche (1952);
E. PERCY, Die Botschaft ]esu : Lunds Univer-
9 Peraltro si tratta probabilmente di una con· sìtets Arsskrift 49,5 (1953) 40-108; A. GELIN,
gettura, dr. o. V. GEBHARDT-A. v. HARNACK. Les Pauvres de Yahvé ( 1953).
TH. ZAHN, Patrum Apostolicor11m Opera 6 Per A:
(1920) 28. J. HERMELRIJK, IIEvla en Ilì..oihoc;, Dìss.
7II (VI,886) '1t-tWX6ç A I r (F. Hauck) (VI,886) 712

· VI. La comunità primitiva. A.1t'twx6ç NEL MONDO GRECO


E. L'età subapostolica: I. Significato del vocabolo
I. Il tardo giudeo-cristianesimo.
II. I Padri apostolici. r. 't1-rwx6ç etimologicamente connesso

Utrecht (1925); J. ]. VAN MANEN, IlEvla. e11 tel der iiid. Wohltiitigkeitspflegc, in Fest-
rn..o\hoç in de periodc 11a Alexander, Diss. scht. A. Bcrlincr (1903) 195-203; M. WEIN-
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moraal, dc politiek cn de religio van de voor- den. E 3: Die Almose11pflege: MGWJ 41
-cbristeliike oudheid, Verhandelingen der ko- (1896/97) 678-681; S. KRAUss, Talmttdische
ninklijke Akademie van Wetenschappen te Archiiologic III (1912) 63-74; ]. ABRAHAMS,
Amsterdam, Afdceling Letterkunde N.R. 12,2 S111dies in Pharisaùm a11d tbe Gospels I (1917)
(1939); In., 1Vobltiiligkeit 11. Arme11pflege in n3-u7; ]. ]EREMIAS, ]crusalem zur Zeit ]e-
vorchr. Altertum (1939) (cfr. la recensione di su 2 (1958) II A: Reicb u. Arm; M. KATZ,
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cial e11 I srael avant l'ère chr.étienne, Studia (1954) 184-244; DIBELIUS, Jk. I 37-44; R.
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tatigkeit'; 'Zehent'; M. LAZARUS, Die Ethik Jbdt., in Beitriige, z. Gesch. des chr. Altertums
des ]udt. (1898); K. KonLER, Z11m Kapi- 11. der byzantinische11 Lit. (1922} 73-93.
7r3 (vr,886) n-cwxb.; A r r -3 (F. Hauck) \ \'1,0071 7 ' 'I

a 1t'tWO"O"EW (Horn., Od. 18,363; Hes., (3vn, «vivere ramingo e povero in Libia»
op. 395) 1 = rannicchiarsi per la paura, (Plut., Titus 21,12 [I 381d]); in senso
come aggettivo significa povero, mendi- traslato Polyb. 7,7,6 ('ltpa:yµ1hwv).
co; 'Jt'tWXÒ<; avi)p aÀcx.À:f)µ.evoc; ÈÀ~wv, Transitivo: mendicare, oat"ta (Horn.,
«qui giunto un uomo mendico .vagabon- Od. 17,11.19); con l'accusativo di per-
do» (Horn., Od. 2 I ,3 2 7; 'Jt"t'WXOÙ<; aÀii- sona chiedere l'elemosina a qualcuno
crJ)ai 1taioac;, «che i figli errino mendi- (Theogn. 1,922 [Diehl l II 56]).
chi» (Eur., Med. 515); 1t-rwxòc; olavta,
«un pane accattato» (Soph., Oed. Col. 3 . 7t"t'WXElcx: l'attività di mendico, il
75 1; P . Petr.nr36a,17 [sec.ma.C.];
mendicare; €.e; 'Jt'tWXlJLl)V à:itt'x-.at, «si
composto in Timocles, Jr. 6,10 [ C.A.F. è ridotto a mendicare» (Hdt. 3,14,10);
II 453]; in proverbio: '1t"tWXO"t'Epo<; xly-
la condizione di mendico, la vita di un
xÀ.ov, «più poveto di una cutrettola» (si
mendico; dc; 1t-cwxEla\I "ttJ\I Ècrx<i-rT)\I
ÈÀi}Ei:\I, «arrivare all'estrema povertà»
credeva che non si facesse un proprio ni-
(Plat., leg. n,936b); 'tupawloaç ... dc;
do), Menand., Jr. 190 [Ké:irte] ; Plut.,
apophth. Aristides 4 [II 186b]; Epict., '1tE\llac; 'tE XO'.Ì. <puyàç xcxt EL<; 7t'tWXElcxc;
"tEÀEU"t'WO"a<;, «tirannidi che finivano nel-
diss. 3,9,16); la forma 'lt'tWXl<T-rEpoc; si
la fame, nell'esilio e nella mendicità»
legge in Aristoph., Ach. 4 1 25, il superla-
(resp. rn,6 18a).
tivo in Anth. Pal. 10,5014. Molto più co-
mune, specialm. in prosa, come sostanti- Mentre 7tÉ'VT)<; designa colui che per
mancanza di beni è costretto a vivere.del
vo (Horn., Od. 18,1); xat XEpaµEÙ<; XE-
pcx.µEi XO't'ÉEL x.cx.t "t'ÉX't'O\I~ 'tEx"t'W\I, xat
proprio lavoro (~IX, coll. 145 3 ss.), 7t't'W-
'lt't'WXÒ<; 1t't<.ùX0 <p~OVÉEL xcxt àoioòç àm-
x6c; esprime l'assoluta mancanza di mez-
zi, che costringe il povero ad invocare
o0, «e il vasaio invidia il vasaio, il fab- 3
bro il fabbro, e il mendico è geloso del l'aiuto altrui • Marco Aurelio lo defini-
mendico, il cantore del cantore» (Hes., sce: ò È'VOEtJ<; È'tÉpou xa.t µ1) 1ta\l't'a
EXW\I mzp'Ècx.U"t'OU -rà Etc; "t'ÒV ~lo'V XP-r'J-
op. 25 s.; in proverbio, di uno che non
cnµa, «colui che ha bisogno di un altro
si sazia mai: 7t'tWXWV ouÀ&ç ad XE\IETJ,
«la bisaccia dei poveri è sempre vuota» e non ha da parte sua quanto è necessa-
rio alla vita» (M. Ant. 4,29 1 2). La sorte
{Callim., fr. 724).
di un 1t"t'w')C6c; è di non avere nulla (ou-
2 . 1t't'WXEVW, intransitivo: essere po- OÈV EXWV: Isoc., or. 14,46; Hdt. 3,14 1 7)1
vero, condurre una vita da mendicante quella di un 1tÉV'rJ<; di dover vivere con
(Horn., Od. 15,309; 19,73 ; Tyrtaeus, parsimonia 4 • In Aristoph., Pl. 548, la
Jr. 6,4 2 ; Pseud.-Plat., Eryx 394b; Luc., itE'illa rifiuta decisamente di essere scam-
11ec. 17; à.Àli<r~aL x.cxt 'lt'tWXEUEW È\I Ai- biata con la 7t'tWXElO'., che è sua sorel-
I 'lt't'll· in Omero esprime l'idea cli rannicchia- das, s.v.: 7t'tWX6ç· ò b'ltE'lt-CWxwç 't"OV EXl'W,
to, pauroso, 7t-cfi<J<JeL\I aver paura, 'lt-cwl; pau- Èmr.l-cnç. D 'altra parte Poli., onom. 3,109 s.:
ra, 'lt't"OE~'V impaurire, WALDE-POK. u 19; Bor- n)..ovcn.oc;... -cà lnva.v-cla. 7tÉV1Jc;... 1t'twx6c;,
S ACQ 8u s, 6,197: g\l~O~ o~ 'ltlVT)'fct. "tÒ\l 1t'tWXÒV xal 'lt-CW-
2 D IEHL J I II.
XEltt\I -cliv 'ltEvlav (òvoµ&t;ovow) . Cfr, anche
G . M EYE R, Laudes inopiae, Diss. GOttingen
3 Fr. adespota 284,2 (T.G .F. 893): il nlvnc; (1915) I I S.
può mantenersi da sé, il 1t'tWX6c;, un 'lt)..a.vfi- 4 Aristoph., Pl. u2 ss.: 1t'twxou ~\I yàp ~(oç,
-cnc;, no. Pscud.-Ammon., adfin. vocab. dif/., 0\1 rro ÀtyELç, t;'i)v È<J'tW µT)litv EXO\l'tct., 'tOV
s.v. 1tÉVT)c; (p. 108): 7tÉVT)c; xat n-rwxòc; o~a.­ Ot 1tl VT)'tO<; s'i)v <pELli6µt:\10\I Xal 'tO'tç Epyotç
q>ÉpE~' 'ltÉVT)c; ~" yttp, ò G.nò -coii lpyat;E<rita~ 'ltpo<JlXO\l'trl, 'ltEpLylyvEoita.L o'c.drc('il µl)otv,
xat novE~\I 7tOp~t;6µevoc; -còv ~lov· 7t-cwxòc; µTj µév-cot µn8't~mÀEl7tELV, dr. --> BOLICESTEIN,
oé, ò Énal'tt)c;, ò 't"OU ~XELV bc'ltE7t-CWXWc;. Sui- Wohltiitigkeit 184.
7>'\WXO<; A l 3 - II (F. Hauck) (VI,887) 7r6

la ma le resta inferiore per la misura È ovvio che al mendicante viene elar-


dell'indigenza 5 • I nÉvrrn:c; come classe gito qualche piccolo dono (Od. 17,420),
sociale e categoria politica erano il con-
trario dei 7tÀ.oucnoL o Eunopo~; i 1t-cwxol ma tale elemosina 6 non è mai conside-
rappresentavano l'estremo opposto di rata una virtù, e men che meno una vir-
questi; cfr. la contrapposizione di uso tù religiosa. È vero che talvolta Omero
corrente 'ltÀOUCTLoc; ÈX 1t1:"WXOU YEYOVWc;, dice che stranieri e mendichi sono in-
«divenuto da povero ricco» (Demosth.,
or. 18,131; 3,29; 8,66; 10,68) e vice- viati da Dio (Od. 6,207 s.; 14,57 s.; cfr.
versa. Luc., nec. 17 chiama massima mu- 17'475) e che gli dèi stessi talora si mo-
tazione di destino che re e satrapi diven- strano in aspetto di miseri; ma l'idea che
gano, nel mondo di là, dei mendicanti.
i più poveri siano sotto la protezione
II. Valutazione della povertà particolare degli dèi è estranea al mon-
Sullo sfondo della società nobiliare do greco. Zeus è chiamato ~tvioc;, anche
Omero descdve il tipo del mendicante ixE"t'lJCTtoç, mai però 7t"tWXtOç 7.
locale (Od. 18,1 ss.), scansafatiche (14, Anche l'assistenza ai poveri a cura
226 s.; 18,363; cfr. Hes., op. 381 s.
496), che vive da parassita sfruttando dello stato restò ignota alla grecità 8•
le case dei signori e non lasciando en- EUEP')'E"tEi:v, EÙ 7tOtEi:v non è fare l'ele-
trare nessun altro nell'ambito da lui oc- mosina, ma rendere quei servizi che rie-
cupato (Od. 18,49). Accanto a questo
c'è il tipo di mendicante straniero che ha scono di vantaggio alla comunità (-7 III,
perduto per qualche motivo ogni diritto coli. 881 ss.) 9 • Quando si parla di assi-
nella sua patria e se ne va ramingo ele- stenza agli orfani, non s'intende un aiuto
mosinando, colpito da grave infelicità
per quelli rimasti senza risorse, ma la
(Od. 21,327; r7,10.18 s.; 19,74; Eut'.,
Med. jr5); anch'egli un giorno era un tutela dei beni spettanti per eredità. Di-
oÀ.~Loc; in una casa confortevole (Od. stribuzioni di viveri e simili provvedi-
19,76). Dei due tipi è dato un giudizio menti sono destinati a tutti i cittadini e
diverso, secondo che la povertà dipenda
dalla colpa o dal destino (Theogn. 1,155 non in modo preferenziale ai bisogno-
[DiehlJ II 12]), e in quest'ultimo caso si 10• ÈÀEuilEp16n1c;, cp1À1X.vilpwnl1X. valgo-
per il povero si può provare anche sim- no come virtù sociali, ma non hanno
patia (Od. 6,208); ma in generale il
mendicante è disprezzato (Od. q,18) ; come oggetto le classi povere. Ci si at-
à·wl')p6c; (Od. 17,377). tende però che il cittadino faccia perve-

s -) BOLKl!STEIN, W ohltiitigkeit 549; bisogna Horn., Od. 6,207.


però tener conto che questa differenza non si 8 Un'assiste112a 'organizzata' esisteva solo nel-
è conservata sempre. ~ HEMELRIJK 34 s. cita l'ambito delle relative associazioni; cfr. B.
parecchi passi dei comici in cui 1t'\WX6c; e 1tÉ- LAUM, Stiftungen in der griech. ti. rom. An-
Vl'JC: hanno lo stesso significato e ~ VAN MA- tike I (1914) 96 ss.; ~ BoLKESTEIN, Wohltii-
NEN 19 è d'accordo. tigkeit 235-24r.
6 H.El]µOcrUVlJ è forma tarda dell'Oriente el- 9 ~ BoLKESTEIN, \Y/ohltiitigkeit 213; il greco
lenistico;~ III, coli. 420 s. e n. 4. col. 401 n, 8; classico non ,ha un vocabolo per ' elemosina'.
~ BoLKESTEIN, Wohltiitigkeit r46. tu Testi in~ BoLKESTEIN, Wohltiitigkeit 164.
1 ~ BoLKESTEIN, Wohltiitigkeit 177.179 a 312-320.
717 (VI,888) 7C-twx6c; A 1l - B r I (F. Hauck - E . Bammel) (vr,888) 718

nire qualcosa a chi è caduto in miseria (Deut. 24,14; Ez. 16,49; 18,12; 22,29).
per disgrazia (Stob. 4,152,9 ss.). Un'in- Solo secondariamente 'iin1 indica un a-
spetto caratteristico della condizione di
terpretazione morale o addirittura reli- inferiorità e umiliazione, quindi un uo-
giosa della povertà è completamente as- mo di forze ridotte e di scarsissimo con-
sente dal mondo greco, e a loro volta to 15 • E qui si inserisce prima di ogni
nelle lotte sodali nemmeno i poveri si altra l'idea di povertà. Relativamente vi-
cino al significato fondamentale è quel-
sono mai appellati all'aiuto degli dèi u. lo, frequente nel Pentateuco, di senza
proprietà personale, nullatenente (Ex.
Sull'atteggiamento di Platone, di Ari- 22,24; Lev. 19,10; 23,22; Deut. 15,11;
stotele, dei Cinici e della Stoa dr. ~ 24,12.14.15 16) . Anche il fatto che il con-
1tÉ\IT}c; IX, coll. 1457 s. e~ 7tÀ.oucnoc; x, trario di 'iinz non sia 'ii.Sir - che è piut-
coll. 736 ss. tosto l'opposto di riis (e di 'ebjon: Ps.
F.HAUCKt 49,3) -, ma prepotente, dispotico (rii-
.Sa'' piirz~, e6Jeq ), richiama il significato
B. IL POVERO NELL'A.T.
originario. Questa concezione di 'ani
come di uno che è ingiustamente meno-
I. Gli equivalenti ebraici mato, diseredato - 'iln'ì non si usa mai
per la povertà dovuta a colpa - spiega
l. 7t\wx6c;, presente un centinaio di perché Jahvé figuri come il difensore di
volte nei LXX, ha per lo più come e- questi 'anij;tm. L'uomo, che è davvero
quivalente ebraico 12 'iin1; Jt-.wxEla. ri- un 'iint di Jahvé, si presenta al suo co-
corre ro volte per il sostantivo 'on2 13 • spetto pieno di fiducia, ed è proprio in
'iint, dalla radice 'nh, indica l'atteggia- quanto tale che finisce per assumere un
mento del rispondere e la buona volontà valore religioso: umile e addirittura pio
di farlo e, in uno stadio successivo di (Ps. 18,28: 't"OC1tEW6<;). La forma secon-
sviluppo, la posizione d'inferiorità di daria 'iiniiw dell'aramaico e del neoebrai-
fronte a uno che esige una risposta. 'iin1 co, che in origine ebbe probabilmente lo
è quindi praticamente il servo della gle- stesso significato di 'iini 11 , assume, par-
ba e il dipendente 14; il vocabolo esprime ticolarmente nell'uso biblico - dove fi-
cioè primariamente un rapporto e non gura sempre al plurale 18 - , un colore de-
una condizione di bisogno. Dove con cisamente religioso, e in senso religioso
'iinz si voglia indicare una situazione è intesa senza alcun dubbio dai Masore-
economica; si usano concetti supple- ti 19• I LXX traducono per lo più 'iiniiw
mentari come dal (Ps. 82,3) e 'ebion con 7tpa\.ic; (~ coli. 68 ss.), mettendone

11 ~ BoLKESTEIN, lVohltiitigkeit 181. è confermata dal fatto che I Qis" 61,1 legge
12 37 volte, di cui 20 nei salmi, 12 nel nesso 'mvjm, invece u,.g 14,32; 29,19 'njjm (tra-
'iini w"ebjon. scrizione errata in BURROWS, ad l.). La ripar-
13 Per 'ani è d 'uso più corrente -.a.7CElvwo-tc; tizione delle forme quadra bene con la tesi di
( 19 volte). P. KAHLE, Die hbr. Handschriften a11s der
14 Almeno la 1 e la u accC2ione di 'nh rien- Hohle ( 1951) 72 s. circa i due testi-base di
trano perciò nello stesso ambito. I QJs•. L'Isaia dei LXX sembra risalire allo

15 ~ BIRKELAND r 6.8 comincia con questo si- stesso archetipo.


gnificato. IB Num. n,3 è un errore di grafia; dr. ~
16 Cfr. GESENIUS-BUHL, s.v. BIRKELAND I 19 S.
11 Vedi ~ BIRKELAND 1 16. L'origine tardiva 19 ~ R.AHLFS 54 S.
'lt'tWXoc; B I 1-5 (E. Bammel)

così in rilievo l'aspetto morale 20 • Si tro- Salmi una formula fissa per esprimete
va tuttavia anche 'tct'Tt'EWoç, 1tÉ\l'fl<; e l'atteggiamento dell'orante di fronte a
1t't'WXO<;. Dio 24 (Ps. 35,10; 37,14; 40,r8; 70,6;
74,21; 86,1; 109,16.22). I LXX tradu-
2.1t'twx6ç figura come corrispondente
cono - tranne 109,16 - con 1t'tWXÒt; xat
di dal 22 volte: 7 nei Proverbi, 8 in
nÉvrJ<;. Talvolta i due termini compaio·
Amos, Isaia e Geremia; 1t't'WXEUEW si
no nel parallelismo (Am. 8,4 e passim).
incontra 3 volte per dll: lud. 6,6; Ps.
79,8; Prov. 23,2r. dal è usato per indi- 4· riis, participio di rws, essere povero,
care: a) la debolezza fisica: Gen. 4I,I9; essere bisognoso, mancare del necessa-
:i Sam. I3,4 (àcri)evni;), b) la conclizione rio, esclusivamente in senso sociale ed
sociale (basso, povero, miserabile, me- economico, è una parola cara alla lette-
schino): Lev. I9,15; r Sam. 2,8 ecc. ratura sapienziale, a cui appartiene an-
dallat 'am-hà'iire1 (2 Reg. 24,14; 25,12; che la favola di :i Sam. 12,3. Nei Provet-
dr. Ier. 40,7; 52,15 s.; 39,rn) indica lo bi essa è tradotta l 1 volte con 'lt't'WXO<;
strato inferiore della popolazione. I LXX (di solito in esplicita antitesi a «ricco»);
vi fanno corrispondere a volte -.am::woç 7 volte con ~ 1tÉV'fl<;, una volta con
(umile), ad es. Is. 25,4 ; 26,6 (II,4) e ~ -.am:w6ç (r Sam. 18,23); in Ps. 34,
specialmente Soph. 3,12. Il in corrispondenza di ras Sta 7:'tW-
XEUEW; per il patticipio hif'il in r Sam.
3. II volte n-rwx6ç traduce 'eb;on 21 • 2,7 compare -:t-rwxlsw.
Dalla radice 'bh = volere, essere volente-
roso (in arabo bramare), 'eb;on indica 5. misken 25 indica il dipendente 26 e
in origine colui che cerca di ottenere in seguito chi è di una classe sociale
un'elemosina, il mendicante. Il vocabolo inferiore. Il termine serve ancor og-
ha poi assunto il senso generico di pove- gi in Oriente al mendicante per desi-
ro 21 e perciò 21 non viene mai unito a gnare se stesso. È entrato nell'A.T. so-
ras. Dove non c'è il senso figurato, lo attraverso gli scritti tardivi, quando
'ebjon è usato largamente per caratte- 'ani aveva da un pezzo perduto il suo
rizzare il poverissimo, il senza tetto ecc. antico significato. I LXX lo traducono
(r Sam. 2,8 e passim). Come 'ani, perché con~ 7tÉVT)<; in Ecci. 4,13; 9,15 s., con
'ebjon ha spesso un'accentuazione reli- 'lt-rwx6ç in Ecclus 30,14 (in Ecclus 4,3
giosa; ciò vale specialmente per il singo- viene parafrasato con 7tPOO"ÒEoµEvoç). In
lare abbinamento 'ani w"ebjon, che è, Deut. 8,9 (materiale redazionale) miske-
come pare, preistaelitko e diventa nei nut è reso con TI't'WXEloc.
1ll TH. HA.RING, Dic 'ani;iim u. 'anàwlm im A. vertito e i due termini sono usati in parallelo
T., Theol. Studien aus Wiirttemberg 5 (1884) (cfr. anche 86,1 s.). ~ BIRKELAND II 319 vuol
157-16r; ~ RAHLFS 57 . vedervi soprattutto il bisogno, e 'ànl richia-
marebbe soprattutto il bisogno, e 'ebi6n l'es·
li I LXX nella maggioranza dei passi traduco-
sere senza aiuto di fronte a Dio.
no con 7tlVT)c; (sempre in Amos e Geremia)
(~Ix, coll. 1458 ss.). 2S Cfr. anche l'accadico muJkén11, che in<lic11
l'atto della sottomissione e quindi il possesso
22 Cosl anche ~ BIRKELAND II 317 s. Per il
di un feudo contro determinate prestazioni.
modo di intendere dei Masoreti ~ RAHLFS 54. Cfr. E. A. SPEISER, The mu'fkénum: Orienta-
23 Diversamente ~ HuMBERT 2. lia, N.F. 27 (1958) 19-28. Diversamente F. R.
24Significato originario: il mendico è servo di
KRAus, Ein Edikt des Konigs Ammi-$ad11qa
von Baby/on (1958) 147.150 s. 154 s.
Dio ('iini) e quindi si presenta a lui come un
supplice ('cbjon). Come dimostra Ps. ro7,4r, 26 Perciò 'aré misk'116t=città Costruite con
questo significato finl per non essere più av· prestazioni di lavoro (Ex. r,u).
7C'CW:X6ç nl 6 - II 2 (E. Bammel)

6. In tiJ 9,35 n-cwx6c; sta per f;elkfi, ger'ìm e che in parte confluiscono in uno
che però non è lezione sicura (in ljJ 9,29 strato declinante dei conquistatori, fa
è tradotto con r-Évric;). sorgere il problema del povero anche
fra gli Israeliti 30. Cercando di arginare
I vocaboli ebraici fondamentali sono l'evoluzione che si annuncia, il Libro
dunque 'ant, dal, e 'ebion. A volte sono dell'alleanza 31 dichiara volontà di Jahvé
usati come sinonimi, alla pari dei corri- che nel suo popolo_non si produca nes-
spondenti greci ~ nÉvl}c; e n"wxoc; 27• sun impoverimento definitivo e senza
In parecchi passi tuttavia, dove figurano speranza. Chi, spinto dal bisogno, ha do-
due di questi termini in parallelo op· vuto vendersi come schiavo, dopo 6 an-
pure congiunti con un w, nella tradu- ni potrà ricuperare la libertà (Ex. 2r,2 ).
zione si hanno dissimilazioni (Am. 8,6; Nell'anno sabbatico ciò che cresce spon-
Is. 26,6; 41,17 e passim) o anche assi- taneamente apparterrà ai poveri (Ex. 23,
milazioni (ls. IIA [?]; 14,30; 32,7 e ro s.: 'eb;on/n,.wx6c;). È vietato pre-
passim). Costrutti col genitivo u o forme stare a interesse a un connazionale po-
duplicate sono da ascriversi a tendenze vero (Ex. 22,24: 'iin1/1mnxp6c,). Jahvé
particolari dei traduttori. proibisce ogni sopraffazione del povero
nei processi (Ex. 23,6: 'ebion/'1tév11c;).
II. L'atteggiamento di fronte al povero Già in questi precetti fondamentali, che
r. La vita nomade o seminomade delle da un lato - almeno per il settimo anno
- intendono ripristinare la situazione
tribù israelitiche prima del loro insedia- normale, cioè l'assoluto diritto di Jahvé
mento nella terra di Canaan non cono- al possesso del paese 32 e garantiscono
sceva una differenza netta e stabilizzata dall'altro una permanente tutela dell'in-
fra ricco e povero 29 • Coloro che appar- digente, Jahvé, a differenza degli dèi
tenevano al clan avevano gli stessi dirit-
greci e~ col. 716), figura quale difen-
ti e partecipavano, a livello perfettamen-
sore dei poveri 33, ed è questo un con-
te equiparato, alla difesa della comunità.
La vita sedentaria, che comincia con la cetto che permane immutato in tutta
presa di possesso del paese, da una par- quanta la storia di Israele.
te procura in sorte ad ogni israelita una
2 . Il progresso economico dell'età dei
porzione della terra donata da Dio (~
v, coli. 619 ss.), dall'altra lo mette in re, che crea ceti nuovi e quindi dà luo-
contatto coi Cananei che vivevano già go a una maggiore differenziazione socia-
in parte in città e presentavano note- le, e insieme il fatto che i possidenti - i
voli differenze sociali. La presenza dei
vinti, che ben presto solo in parte po- soli che godono dei diritti civili - eserci-
tranno ancora essere considerati come tano nello stesso tempo l'ufficio di giu-
27 Ad es. Prov. 22,22. Per l'uso indifferenziato sto periodo.
di 1tt'llTJ<;, 1t-rwx6c; e -crJ.:1mv6ç nei salmi cfr. E . 31 Per la cronologia del Libro dell'alleanza cfr.
BATCH, Essays in Biblica/ Greek (1889) 73-79. O. EISSFELDT, Bini. in das A.T.' (1957) 260 s.
Anche E. SnLLIN, Beitriige z. isr. u. iiid. Reli- 32 A. ALT, Die Urspriinge des isr. Rechts, in
gionsgeschichte n ( 1897) 284-29r.294-299. Kleine Schriften z. Gesch. des Volkes Israel I
28 In Is. 10,2; 29,19 abbiamo una traduzione (19:n) 327 s.
che si scosta dall'abituale impiego del voca- 33 Presto vi si aggiunge l'idea che nel caso di
bolo. violenza il povero mediante la preghiera e la
29 ~ BERTHOLET 170. maledizione può appellarsi alla particolare pro-
30 ~ HUMBERT 3 s. avanza l'ipotesi che 'ebion tezione di Jahvé (Ex. 22,26); ~ HEMPEL 129.
sia entrato nella lingua ebraica proprio in que- 144.
1t't"wx6i; B u 2-3 (E. Bammel)

dici, aggravarono la situazione dei po- popolo di Dio (Is. 10,2: 'anijje 'amm'ì.;
veri. Vivevano allora i profeti antichi cfr. Is. 3 115; r4,32; Dam. 6,r6 (8,13]).
(-7 IX, coli. 1459 ss.; x, coll. 745 s.) Alla base di tutto questo non c'è tutta-
che nel nome di Jahvé entrarono in via l'idea di una particolare elezione dei
campo a favore dei poveri e li protes- poveri - nessun profeta si identifica mai
sero quali ~add1qtm 34• Essi lamenta- del tutto con essi 35 - , ma un principio
no che gli uomini socialmente poten- giuridico, il legame col diritto antico 36
ti siano degli oppressori (Am. 2,7; (cfr. ancora Is. 22,15 ss.), che si consi-
4,1; 5,u: da//rr.-r:wx6ç) e sferzano la dera leso dalle vessazioni 37 • Un apprez-
loro spietata brama di lucro (Am. 8,4; zamento veramente religioso dei poveri
I s. 3, r 5 ). Per avidità di possesso essi compare in questo periodo solo in Soph.
cacciano i poveri - ]"eredità' di Ps. 94, 3,12: Dio lascerà sussistere solo un 'am
5 - dalla porzione toccata loro in sorte 'iint wadiil (À.a.òc; 'Ttpa.ùç xa.L 't'll1tELvéc;)
e trasmessa dai padri nella terra di Jah- che avrà fiducia in lui 38•
vé (Is. 5,8 s.; Mich. 2,2). L'ingiustizia
dei ricchi attirerà inevitabilmente il ca- 3. Un parallelo alla critica dei profe-
ti 39 e insieme un coerente rifarsi all'or-
stigo di Dio su tutto il popolo (Am. 2, dine sociale dell'età del deserto 40 è rap-
6 ss.), quel popolo che Dio stesso un presentato dalla legislazione del Deute-
tempo ha salvato facendolo uscire dal- ronomio (benché in questo libro man-
chi il termine 1t't"WX6c;) 41 • Il paese che
]'Egitto, quando anch'esso era come un
Jahvé ha dato in eredità (na/JaliJ) al
povero (Am. 2,10; cfr. Ex. 22,20; 23,9 suo popolo è una terra di abbondanza
[ ger] ). La degenerazione è cosi grave e di ricchezza in cui non ci sarà nessun
che, in un singolare contrappunto ad bisognoso ( l 5 A: È.voEiJc;) e quindi non
si imporrà 'Tt't'WXElcx. di sorta (Deut. 8,
Am. 2,6, si arriva a formulazioni che ra- 9). Questa promessa è fatta ad Israele
sentano l'identificazione dei poveri col nella sua totalità; tutti perciò hanno

J4 Cfr. -7 V. D. PLOEG 244 s. ca sociale (cosl ~ BERTI!OLET 172).


35 Giustamente -7 v. D. PLOEG 269. 3~ Posto che il passo sia preesilico; contra L.
36 E. TROLTSCH, Das Ethos der hbr. Prophe- P . SMITH e E. R. LACHEMAN, Tbe A11thorship
ten: Logos 6 (1916/17) 18. o/ tbe Book of Zephaniab: Journal of Near
37 Cfr. --+ KuscHKil 40. Diversamente -7 WrL- Eastern Studies 9 (1950) 141 .
KE 22. Non si tratta quindi di una vera e pro- 39 Vedi A. ALT, Die Heimat des Dt., in Kleille
pria equiparazione fra !addlq e 'ebj8n (cosl U. Schriften z. Gesch. des Volkes Israel n (19,n)
Ti.iRCH, Die sittlichen Forderungen der isr. 268 s.
Propheten im 8. ]bdt., Diss. Gottingen (1935) 40 Il movimento dei Rekabiti (Iud. 13,7.14)
24 n. 19. Se è giusto non pretendere che i dev'essere considerato come una radicale pro-
profeti siano dei riformatori sociali (cfr. M. testa contro la nuova struttura economica (dr.
LURJE, Studien zur Gesch. der wirlschaftlichen -7 Wmrn 13-15).
11. so:dalen Verhiiltnirse im isr.-jiid. Reich, 41 Il Deuteronomio ha potuto perciò essere de-
Beit. z. ZAW 45 [1927] 60), è d'altra parte finito un «sistema di garanzia per difendere i
esagerato considerare l'atteggiamento profetico deboli a spese dei ricchi e dei forti» (E. RE-
come r!duzione del problema sociale ad eti- NAN, Gescb. des Volkes Israel III [1894] 226).
parte alla terra. Su ciò si basa il diritto antichi, l'inasprimento delia situazio-
del povero e ttova la sua giustificazione ne sociale 47 e infine il crollo dello stato
l'aiuto che deve esser dato alle vittime giudaico, che apparve come un castigo
dell'ingiustizia umana (I 5 ,7-II ). Le leg- per l'oppressione del 'anz we'eb;on (Ez.
gi protettive stabiliscono però agevola- 22,29: 'lt-çwxòc; xcd 7tÉVTJ<;), fecero sl
zioni e misure di assistenza soprattutto che il problema della povertà rimanesse
per i connazionali caduti in povertà ('a{J, aperto.
termine tecnico: 15,r ss. r2 ss.; 23,20.
25 s.; 24,6.14ss.; cfr. il Codice di san- 4. Il topos del povero ha la sua sede
tità42: Lev. 19,9s.; 23,22; 25,25; Ex. fissa nell'inno cultuale dell'antico Orien-
22,24c; 23, II 43). A prescindere dalle te, dove non solo la povertà appare co-
prescrizioni di Lev. 25,8 ss. per l'anno me un castigo divino 48 , ma Dio stesso
sabbatico 44, esse vanno molto al di là è esaltato come colui che in modo tutto
di ciò che stabiliva la legislazione anti- particolare fa sperimentare ai poveri la
ca 45 . I risultati pratici tuttavia furono sua protezione 49 • Perfettamente nel sen-
molto scarsi 46 . La tensione fra la 'legi- so di questi discorsi oggettivi 50 vengono
slazione' deuternnomistica e la realtà, il usati dal, 'iint e 'cbjon nei canti regali
crescente inserimento dei gérlm ecc., che del periodo preesilico (Ps. 72,2-4.12.13;
superò le previsioni degli stessi profeti r32,r5 51 ; tarda ripresa del genere let-

42 Come termine tecnico è usato solo 'iinl. Ezechiele (distribuzione uguale della proprie-
'eb;on manca pure in tutta la legislazione sa- tà, considerata come inalienabile) è invece una
cerdotale; in passi aggiunti si trova tuttavia vera utopia. Anche la nuova distribuzione del-
dal. Quest'ultimo termine è assente anche nel la proprietà prevista da Esdra per ogni anno
Deut. e probabilmente nel Codice dell'allean- giubilare non divenne mai una realtà.
za; ~ v. BAUDISSIN 204 n. I. 47 Ne è un segno, fra l'altro, l'inasprirsi della
41 In parte reinterpretazione di norme dettate condanna del furto; vedi ~ HEMPEL 244
in origine da altri motivi; vedi H. SCHMIDT, n. 183.
Das Bode11recht im 1Ter/nmmgse11twurf des 48 A. FALKENSTEIN-\'Q'. v. SODEN, Sumerische ti.
fai'., Hallische Universitiitsreden 56 (193.i) 26. akkadiscbe Hym11e11 u. Gebete (1953) 263.270.
44 «Si tratta forse di un residuo dell'economia 4? E. EnELING, Keilscbri/ttexte nt1s Asrnr re-
comunitaria» (J. WELLHAUSEN, Prolegome11a ligiose11 Inbalts (1919) 355,u; J. PINCKERT,
zur Gesch. Israels' [1899] 115). Per il proble- Hynmen ti. Gebete a11 Nebo (1920) rn.55; A.
ma storico cfr. AL·r, op. cit. (~ n. 32) 328 n. I . ScHOLLMEYER, Sumerisch-bab. Hym11en (1917)
45 Cfr. H. BRUPPACHER, Die Beurteiltmg der 84,20 s.; J. HEHN, Hym11en u. Gebete a11 Mar-
Arm11t im A .T. (19.i4) 4x s.; si capisce in que- d11k (1903) 357.4i cfr. G. WIDENGREN, The
sto contesto come il furto, «tipico reato del Akkadian a11d Hebrew Psalms o/ Lame11tation
povero», in questa parte della tradizione israe- as Religior1s Documents, Diss. Uppsala (1936)
litica sia punito in modo relativamente lieve 45 s. .54·
(-> HEMPEL n8). Altri dati in proposito in 50 Un altro senso presenterebbe I Sam. 2,8,

F. HoRST, Der Diebstabl im A.T., in Stt1dien qualora (cosl afferma ~ BlRKELAND II 43) in
z. Gesch. des Nabe11 11. Femen Ostens, Fest- questo salmo fosse il re a parlare di se stesso
schr. P.Kahle (1935) 19-28. come 'ebjon e dal. Cfr. a questo proposito la
46 ~ KuscnKE 44; M. WEBER, Das amike iscrizione ZKR, dove secondo E. SACHSSE, 'Ani
]udt., Gesammelte Aufsatze zur Religionsso- als Ehre11bezeich111111g in inschriftlicber Be-
ziologie m (1921) 73: derivata dalla parene- leucbttmg, in Festschr. E. Sellin (1927) rn8, il
si, non dal diritto vigente. Un giudizio più po- re chiama se stesso 's '11b '11h = 'H 'iin1 'an1.
sitivo in v . BAUDISSJN zo3. Le agevolazioni 51 Anche l'introduzione di 'ii11i in Ps. 68,11
per i poveri della legge sacerdotale (Lev. 5,7. (dr. vv. 6 s.) rientra stilisticamente nella li-
u; 12,8; 14,21; 27,8) furono naturalmente ap- nea dei salmi regali. Per l'antichità del salmo
plicate. L'abbozzo di costituzione presente in cfr. S. Mow1NCKEL, Psa11!1e11studie11 r, Awii11
n-.wxoc; B u 4 (E. Banunel)

terario in r 8,28 ['am 'ont]) . Una prova dove la situazione di miseria finisce a
dell'apporto dato dal patrimonio ideo- sua volta per assumere lineamenti più
logico orientale si può scorgere nel Ps. generali. Tuttavia l'uso di 'anl quasi e-
82, nel quale al mondo degli dèi è ri- sclusivamente al singolare mostra ancora
volto l'aspro rimprovero di non occu- quale fosse la situazione originaria delle
parsi del povero (dal, riis) 52, esperienze.
Come nemici dei poveri figurano pri-
La situazione è diversa là dove il po· ma di tutto i rsiflm che soltanto in par-
vero si trova di fronte ad avversati (Ps. te vanno considerati come avversari po-
9,13.r 9; 10,2.9.17 ecc.). Egli, in una litici 55 • In molti casi, ·ad es. in Ps. 69,
lotta umanamente senza speranza, si ri- 30; 86,1; 88,16, sembra trattarsi di
volge a Dio: sa che Dio ha prnmesso estreme condizioni di bisogno 56 a cui i
aiuto al povero, e questi ora lo reclama . poveri sono abbandonati ad opera dei lo-
proprio come chi fa valere un suo dirit- ro avversari, e qui bisogna pensare a ma-
to 53. Nel canto di invocazione e di rin- lattie, magie, ostilità esterne; la povertà
gl'aziamento del singolo si arriva a una materiale ne è spesso la causa o la con-
identificazione di orante e povero ('anz seguenza !il. In altri passi si tratta senza
'iinl w e'ebjon: Ps. 40,18; 86,1; 109,22; dubbio della povertà in senso sociale,
cfr. 69ao e 25,16), quale non si era a- cioè dell'appartenenza ad una classe op-
vuta nei salmi reali 54 • Nei salmi 9.34 e pressa (Ps. 35,10; 37,14 [cfr. v. 16];
140 si va anche più in là, nel senso che 22,27 [?] ). Il fatto che dei poveri, an-
ciò che accade al singolo è visto come che in senso improprio, cerchino di en-
indicativo di un gruppo. In tal modo trare nella sfera di questa protezione
questi salmi trapassano ad un uso collet- fa sì che il significato del vocabolo si
tivo del termine 'ani (Ps. 74,19.21; 140, estenda e aumentino le forme di salvez-
l3j 37,14; 9,19; I0,2.9; cfr. 68,II), za a cui si anela. Fin dall'origine il vo-

u. die individricllen Klagepsalmen. Skrifter ut- 54 Cfr. tuttavia la ~ n. 50. Per la discussione

git nv videnskapsselskapet i Kristiania, histo· su ricchi e poveri nei salmi cfr. ]. J. STAMM,
risk-filosofisk klasse (1921) 144; ID., Der 68. Ein Vierteljahrhundert Psalme11/orsch1mg: ThR
Ps, Avhandlinger utgitt av det Norske Vi- 23 (1955) 55-6o e la bibliografia ivi discussa.
denskaps-Akademi i Oslo (19.53) 72 s. (cfr. ss Cfr. -+ BIRKELAND I passim e -+ Buurn-
29 s.). LAND n passim.
52 Per la datazione del salmo clr. O . Exss-
FELDT, El and Y ahweh: Journal of Semi tic 56 «Necessità attuale» (-+ PERCY 63; S. Mo-
Studies l (1956) 29 s. WINCK.EL, Psalmenstudien vi. Die Psalmen-
53 Questo diritto però, tranne forse nel tardo dichter, op. cit. [-+ n. 51] [ 1924] 61 ); cfr.
Ps. 109,16, non è avanzato rispetto ai r'si11m
anche -+ Ruu.Fs 76 s. Bisogna qui considera-
(cosl MOWINKEL, op. cit. [-+ n. 51) :n6, se- re che il bisogno stringente è messo in parti-
guito dR -+ KuscHKE 49 n. 2). Cfr. i paralleli colare risalto perché proprio questo induce a
egiziani: «Amon, volgi il tuo orecchio a uno pregare.
che si trova solo in giudizio, che è povero, 51 Ambedue i punti di vista limitano la tesi
mentre il suo (avversario) è ricco» (A. ERMAN, di Mowinkcl, Birkeland e Percy (si veda -+
Lit. der Agypter [ 1923] Bo) e i testi orien- PBRCY 49.63). Da Ps. 22,7 s. non si può trarre
tali di implorazione, ad esempio in E.E BELING, motivo per negare uno sfondo sociale, poiché
Die · akkadische G ebetsserie 'Handerhebung' è soprattutto l'inasprimento della miseria mo-
(1953) 17: «io... sono ... un miserabile ... pro- rale .e materiale a spingere l'orante a isolarsi,
strato davanti a te ..., possa io grazie nlla tua mentre egli divide talvolta con altri (cfr. v.
bocca uscire sano», e anche i testi citati da 27) quella stessa miseria (co11/ra-+ BIRKELANJ>
BIRKELAND I 103 s. I 42}.
cabolo implica però un'istanza comple- fisso tratto dalla vita, tanto più che
mentare etico-religiosa, in quanto il po- non risulta in origine diverso da 'iint.
vero è menomato nella sua pienezza di La designazione di un aspetto di 'aniiftm
vita voluta da Dio; questo tema è svi- nel senso di pii-umili, chiamati in ara-
luppato nei salmi di lamentazione indi- maico 'aniiwìm, è entrata cosl nei saLni
viduale. Il legarne col significato mate- di prima o anche di seconda mano 61 . Il
riale è mantenuto mediante la prospetti- singolare 'iint in senso collettivo sembra
va di un compenso tangibile. Viceversa, non bastasse più. Accanto a forme inte-
in 'iint viene inoltre sottolineato l'a- grative come 'am-'ànt (Ps. 18,28 62 ) e al
spetto sociale, poiché l'avversario è ben- comparire di 'ebi6n .subentra al suo po-
sl detto malvagio (riisii'), ma in genere sto 'iiniiw (cfr. la forma plurale in I
per indicarne la posizione sociale privi- QJsa 26,6; 32,7).
legiata.
5. La sventura dell'esilio ha portato,
La forma secondatia 'anaw (~ col. anche al di fuori dei salmi, ad un uso
718) compare solo negli strati meno collettivo di 'iint e consimili. È significa-
antichi del sàlterio (Ps. 9,19; ro,17; 22, tivo che anzitutto d si rivolga a Geru-
27; 34,3; 37,rr; 69,33; 76,10: 'anwe- salemme chiamandola 'aniijd (Is. 54,rr;
'ere~; 147,6; 149'4 ); e forse non in
58
dr. 51,21) e che 'aniijiiw compaia come
tutti i passi è originaria: in 22 ,2 7; 2 5, parallelo di 'amm6, «popolo suo» (Is.
9 59 ; 69,33 00 potrebbe essere un'aggiun- 49,13). L'equivalenza è nata interamen-
ta. Al di fuori dei salmi (76).147.149 si te dalle condizioni concrete, e perciò l'e-
trova sempre in contesti in cui figura lemento religioso in queste designazioni
anche 'iint e talvolta 'ebjon; tuttavia di povertà è meno spiccato che nei sal-
'iiniiw costituisce il termine di fondo. mi. Un'altra ragione può essere che il
Formalmente 'iiniiw si distingue dai con- passo non esprime preghiere umane, ma
cetti affini perché si usa di regola al plu- proIDGsse divine. Diò salverà l'anima del
rale, mentre per il contenuto non è av- 'ebjon (Ier. 20,13). In Is. 29,19; 61,1 è
vertibile alcuna sicura differenza. Nel- usato in questo senso 'aniiwlm 63 , e il
l'inno o canto di ringraziamento si esal- contesto suggerisce un'accentuazione re-
ta un intervento di salvezza a favore de- ligiosa di 'iiniiw. In nessun testo tutta-
gli 'aniiw2m, la cui portata è talvolta via si arriva a presentare la salvezza co-
messa in evidenza dal confronto col de- me imminente, perché il popolo si trova
stino che tocca ai nemici di Dio. Nella nel1a condizione (ideale) della povertà M.
preghiera e nel ringraziamento del sin- Corrispondentemente, il senso che la
golo, questi non è mai chiamato 'àniiw. maggior parte dei testi offre è quello
L'uso del vocabolo è così singolare, che realistico 65 : continua l'antica polemica
può trattarsi solo di un termine tecnico contro la vessazione dei poveri da parte

58 Ps. 149 maccabaico; Ps. 69.147 rielaborati cit. (~ n. 59) 67.


al tempo dei Maccabei. 61 ~ BrRKELAND I r5 s.
59 ~ GRATZ ad I.; H. GuNKBL, Die Ps., Hand- 64 A questo concetto si giunge solo con la
komm. A.T. n 2 (1926) ad l. leggono 'ebjonim. traduzione di Isaia· nei LXX, in quanto qui,
60 Diversamente dal Ps. 22,23 s. (inizio del e proprio in contesti escatologici (29,19; 41,
canto di ringraziamento) e dal Ps. 31,24 s. (fine 17; 61,1; forse anche 14,30), per 'iiniiw e 'iinl
di un ugual canto), si tratta di un'aggiunta. non si usa 't<t.1tELV6t;, che è la traduzione al-
61 Diversamente ~ BIRKBLAND I 94; ~ PER- trove prevalente, ma 11:-rwx6ç.
CY 55-62. 65 In Ezechiele è il solo. Anche Zach. 9,9 do-
62 Per la datazione tardiva dr. GuNKEL, op. vrebbe essere inteso cosl.
731 (v1,893) 1t'>WX6ç B II 5-6 (E. Bammel) (v1,893) 732

di Israele e in I er. 5,4 dal ha un valore gente non merita di essere vissuta (Ec-
del tutto negativo. 'iin1 come parola con clus 41,r-4; cfr. 38,19 [var.]; Pseud.-
cui il popolo designa se stesso - per Menand. 94) 69 • È quindi meglio mo-
quanto importante essa sia diventata più rire che andar mendichi (Ecclus 40,28;
tardi - esprime uno stato d'animo pas- Pseud.-Menand. 19). C'è però anche una
seggero orientato ai salmi, che in un pri- critica del ricco (Ecclus r3,24a; 26,29)
mo tempo non lasciò un'impronta deci- e comprensione per i poveri; è meglio
siva. Anche la soluzione che fu data al essere povero e giusto che ricco e bu-
problema della povertà si accorda con giardo (Prov. 19,22; 28,6; cfr. Ecclus
alcuni dei salmi: il livellamento finale, 30,14). Si conoscono i pesi che il ricco
che però in Is. rr,4 s. e altrove è già in- addossa al povero (Ecclus 13,3 ss.) e ciò
teso in modo semi-escatologico. provoca un senso di comprensione per
la vita del povero. L'isolamento che lo
6. Il maggior numero di enunciati sui colpisce (Prov. 14,20; 19,4.7), il suo
poveri si trova, dopo i salmi, negli scrit- faticare senza pace (Ecclus 31,4; ma cfr.
ti sapienziali (~Ix, coli. r460 s.; x, coll. 29,22), l'umiliazione in cui si sente im-
746 ss.). Le linee generali possono essere merso (Prov. 18,23), i suoi meriti non
fissate cos}: la saggezza biblica nelle sue riconosciuti (Ecci. 9,16) sono tutte real-
sentenze collega le considerazioni sulla tà considerate e deplorate. Cosl ci si
povertà col pensiero di Dio più di quan- leva contro il disprezzo del povero
to già non faccia il circostante ambiente (Pseud.-Menand. 16) e diventa possibi-
orientale 66, e si accetta fondamentalmen- le onorare il povero per la sua assenna-
te un ordine sociale differenziato 67, sco- tezza (Ecclus 10,30) 70 • Ma sopra tutto
standosi cosl dalla critica stoica della se ne trae la conclusione che bisogna
società. Si trovano frasi che esprimono rendere al povero la sua condizione più
una stima del tutto ovvia della ricchez- sopportabile col fargli del bene (ep. Ar.
za (Ecclus 40,18; 47,18); corrispdhden- 290) o almeno trattandolo amichevol-
temente, la povertà appare in luce sfa- mente (Ecclus 4,8). Per vero, non ad
vorevole. Essa è considerata come con- ogni povero si deve giustizia (tdiiqa),
seguenza dell'agire umano, pensiero que- ma solo all'israelita o a chi se la merita
sto che è estraneo sia ai salmi sia ai pro- (Ecclus I2,4; 29,20; 41,21; Tob. 4,6
feti. Infingardaggine (Prov. 6,6-II e pas- s.). Dei 42 passi in cui si parla di po-
sim), brama di piaceri (Prov. 21,r7; veri nei Proverbi, 3 3 sono nelle raccol-
Ecclus 18,32 s.), vita frivola (Prov. 23, te seconda e quinta 71 , probabilmente
2 l ), ma anche invidia, si trascinano die- preesiliche, le cui tendenze emergono
tro la povertà (Pseud.-Menand. 85) 63 • ancora in versetti postesilici come 30,
Per questo il saggio giunge a disprezzare 14; 31,9. La differenza di lessico e di
il mendicante (Ecclus 25,2; cfr. 40,30; concetto rispetto ai salmi è quindi de-
Pseud.-Menand. 64). La vita dell'indi- terminata non dal tempo, ma dal genere

66 Cfr. per es. Ame11emope 6: è meglio la po- UJ Lo si dice con riferimento all'età. Cfr. Ahi·
vertà nella mano di Dio che la ricchezza nel kar IO) (ed. A. COWLEY [1923] 216): non c'è
magazzino (A.O.T. 2 40). Di solito l'interesse nulla di più amaro della povertà ('11wh ).
per i poveri nella sapienza orientale passa de- 7D Cfr. R. SMEND, Die W eisheit des Jesus Si-
cisamente in second[\ linea. rach (1906) roI.
11 Tutti i passi con riiJ provengono da questo
67 Su ciò insiste G. WOHLENBERG, Jesus Sirach
complesso (solo un passo con 'ehjon è d'altra
11. die saziale Frage: NkZ 8 (1897) 332.
derivazione); qui naufraga la tesi di-+ KuscH-
68 ED. J. LAND, Anecdota Syriaca I (1852). Kll 45 S. 53·
'lt'TWXOc; D Il t> - \... l .l \.C. na111111c11

letterario. Poiché gli insegnamenti sono ss.). Il Siracide ha, sotto un certo aspet-
tratti dalla vita, la condizione del pove- to eticizzato il problema: µ1) o<l)c; -.6-
ro in parte è ancora descritta senza pren- TIOV ~vi>pwrc~ xet-çetpri.cra.cri>al CfE ... -tfiç
dere posizione (specialmente mediante òc.1JcrEwç whov Éna.xouo-E-.at ò "Jtot1)cra.c;
l'uso di ràs=1t-.wx6c;), ma anche senza a.ù"t'6V, «non dargli motivo di maledirti
tralasciar di ricordare i doveri verso di ... il suo Creatore ne udirà la voce» (Ec-
lui; anzi il povero è concepito più di- clus 4,5 s.; cfr. 21,5), ma non l'ha af-
rettamente: TIÀou1:noc; xa.i 7t-.wx6c;... &.µ- frontato nella sua totalità.
o
cpo-.Epouc; ÒÈ xvptoc; É1tol11cr~v, «ricco e
povero ... entrambi li ha fatti il Signore» C. IL TARDO GIUDAISMO
(Prov. 22,2; dr. 14,31; 17,5; 29,13). La
sapienza recente segna una svolta, nel I. L'uso del vocabolo nei rabbini, in Fla-
senso che essa relativizza: 1t-.wxda. xcd vio Giuseppe e in Filone
'ltÀov-.oc; 7tet.pò: xuplou fo·-.lv, «pover-
l. Gli scritti rabbinici conoscono an-
tà e ricchezza provengono dal Signo-
re» (Ecclus u,14; cfr. v. 21; Eccl. 4,13; cora tutta la serie dei termini indicanti
74
Ecclus 13,3.24); i destini capitano a caso il povero , ma in pratica ne usano sol-

e quindi le due condizioni non sono eter- tanto una piccola parte. 'ebjon scompa-
75
ne (Pseud.-Menand. 16). Altre categorie re del tutto ; in contesti16liturgici ste-
di giudizio vengono inoltre introdotte reotipi s'incontra 'ebjonot • Anche dal
circa il valore dell'uomo (Ecclus 10,22. diventa raro; l'uso mostra una tendenza
2 3) . Nei vari strati dei Proverbi è possi-
all'astrazione (prevale perciò nei para-
bile cogliere una crescente intersezione goni), senza che vi si insinui alcuna i-
col diritto del povero contenuto nel stanza religiosa. riis è testimoniato po-
Deuteronomio e perciò il ricco viene am- chissimo. miskén e misk•nut invece sono
monito direttamente (la parola non è usati un po' di più, specialmente in con-
mai rivolta al povero). Nell'Ecclesiastico testi aramaici; nei targumim più spesso
prevale la riflessione e un conforto qua- stanno in luogo di 'ebjon, 'iint, riiJ, e an-
si affettivo. che di l}elka. Quando si cerca un nome
il più possibile adeguato per designare
L'indirizzo pratico dei Proverbi aveva il mendicante, che in ebraico non ha
fatto astrazione da un compenso riser- alcun vocabolo specifico, si usa misken:
vato ai poveri. In Giobbe la mancanza B. M.;. 4,2 (9d,3 [Rab]); cfr. Peaj. 8,
di un premio per la buona condotta ver- 9 (21b,13); Lev. r. 34,ro a 25.39· Il ter-
so i poveri (29,12 .16; 30,25; 31,16.19) mine di uso normale è 'iint, in aramaico
e - il pio Giobbe non è più il punto di 'anja'. II suo ambito semantico però si
riferimento 72 - l'abbandono dei poveri restringe: 'iinl indica esclusivamente
nelle mani dei prepotenti (24,4.9.14) di- l'uomo miserabile (Sheb. 9,7; Ter. 9,2;
ventano un enigma 1a cui soluzione è an- Shabb. 1,1; Ab. 1,5 e passim), il povero
cora cercata alla maniera del Salmista socialmente inteso n. Come 'ànt cosl
(5,15; 34,19.28; 36,6.15 73 ), anche se 'iinàw negli scritti rabbinici ha perduto
con toni in parte più smorzati (21,10.19 il valore religioso collaterale e viene
7l Povero e pio non si identificano; dr.~ v. 75 In B. M. b. IIIb è usato perché viene ri-
D. PLOEG 253. preso un versetto scritturale.
73 Cfr. G. HoLSCHER, Das Buch Hi., Hand-
buch A.T. I 17 (1937) adl.
76 Teh. Ps. 70 (ed. S. BunER [r891) 322 riga
12).
74 Lev. r. 34,6 a 25,39; STRACK-BILLERBECK I
825 s. n Con senso semitraslato in B. B. b. 43a.
1t'tWX:6c; eI I - II 2 (E. Bammel)

usato quasi soltanto nel senso di dimes- vit. Ad., parti dei test. Xli Patr. ecc.)
so, umile 18• o la prospetta solo marginalmente (ad
es. Pseud.-Philo). Altri testi invece so-
2. Nelle traduzioni 7t't'WX6c; e 7tÉVr)ç
no pieni di accuse, ma non usano il ter-
sono per lo più adoperati promiscua· mine 7C't'wx6c; né mettono in luce in
mente 79 • Solo dove si scrive in buon qualche altro modo l'antitesi col ricco.
greco viene avvertita la sfumatura 80 e
talora 7t't'WX6<; è anche evitato, come ad 2. Un altro gruppo continua la linea
esempio nella Lettera di Aristea. In la- della letteratura sapienziale (--+ coli.
tino 7t'twx6ç è spesso tradotto in modo 73r ss.), accennando alla vita del po-
pregnante con mendicus, ma anche con vero (test. Iud. r 5 ,5: 7C'twxda; test. R.
pauper ed egens. Flavio Giuseppe usa 4,7: 7tÉV"!)ç) ed esortando ad aver pietà
it't"WXO<; solo in bell. 5,570, 7t'tWXEla di lui (test. Iss. 5 ,2: 7tÉVr)<; xcx.t àcri)Ev1]ç)
in ant. 11,8; 12,224. Egli adopera più e a fare elemosine (Tob4,7.16: n-.wxoç
spesso 7tÉV"!)c; per indicare una data /7tEWWv); anzi, cosa strana, ci si rivolge
condizione sodale 81 (ant. 4,269, do- persino al povero direttamente 82 • All'i-
ve figura anche 7tÉvoµat; 10,155; beli. nizio di un elenco di prestazioni di ser-
2,585; 7t't"wx6c; sembra escluso da que- vizio, nello Pseudo-Focilidc, è registrato
sto significato), e 7tEVla per indicare 'R'tWX6c; 113 • Compaiono talvolta esempi
una situazione economica (ant. 17,307, a di liberalità: Isacco (testamentum Isaac
proposito di Erode). In Filone, dato il 10,8 [-? n. 82 ]), Issachar (test. Iss. 7,
suo linguaggio astratto e incurante delle 5: 7t•wx6c;; dr. ep. Ar. 290), Giuseppe
forme fenomeniche della povertà, 1t'tW- (test. Ios. 3,5) e Asenath (Ioseph et Ase-
x6c; manca quasi del tutto. Il vocabolo nath 10,12: it-.wx6c; [-? n. 80] ). Un
compare solo in una citazione di Euse- posto particolare ha qui il Testamento
bio (-? n. 139). di Giobbe 84 ; di questi si esalta meno la
ricchezza che l'utilizzazione fattane in
Il. La valutazione del povero negli apo- ordine alla Otcx.xovla 85 • Nella figura di
crifi e negli pseudepigrafi Giobbe sono messi in luce i principi-ba-
se, e quasi tutta la descrizione si concen-
l. La situazione si presenta diversa tra sulla condotta che egli tiene verso i
negli apocrifi e negli pseudepigrafì. Una poveri. In test. Isaac 8,9 (-+n. 82) è pro-
parte degli scritti apocalittici evita non mossa una giornata commemorativa con
solo 1t't'WX6c;, ma anche ogni accenno al- pranzo per i poveri. Si fanno riflessioni
la condizione sodale nell'era presente sul valore della liberalità in confronto
e in quella futura (mart. Is., Bar. gr., ad altre virtù e vizi (test. A. 2,5: 7t-tW-
78 Spiegazione del termine in S. Num. § 10r 81 Non cosl in ani. I,314; 14,31, dove la con-
(27a) a l2,J, cfr. K. G. KmIN, Tan11aitische dizione sociale è chiarita da altri aggettivi.
Midraschim Il S. Num. (1933) 264.135. Più 81 test. Isaac 8,12 (trad. W. A. BAI!NES, TSt n
frequente 'nwh; come virtù in Hen. hebr. 41,3, 2 (1892]).
come potenza angelica in Hen. hebr. 8,1 s. Do- 8 3 vv. 22 ss. (DIEHL i u 93). I due primi mem-
cumenti rabbinici sull'umiltà in P. FlruJIG, ]e-
bri provengono da Is. 58,7; qui però Tt"t'WJC6<;
s11 Bergpredigt, FRL 37 (r924) 2 s.
è autonomo e accentuato dal contesto.
79 Scambio del _termine ad es. in test. lob rn,
84 13-14 volte è usato 1t-cwx;6c; (50,1, var.; ro,
6 s.; n; i2,1 (ed. J. A. ROBINSON, TSt v l
[1899]). 7, aggiunta?), 8·10 volte 1tÉVTJ<; (9,7; 50,1,
80 Ioseph et Asenath 10,n-13 (ed. P. BATIF- var.), 5 volte aovva-coc;.
FOL, Studia patristica [1889 s.J): legge della 85 Più spesso e diversamente da quanto avvie-
gradazione. ne nei riferimenti rabbinici.
737 (v1,895) 'itTWXòt; L. II :i.-5 ll:.. tlammeIJ \V t,O~UJ-/ )V

x.6c;) e sulla mercede che le spetta 86 • rono introdotte in un secondo tempo. in


Questa corrente va a sboccare quasi im- altri scritti - parlano gli stessi poveri.
mutata negli scritti tabbinid. Si tratta di appassionati lamenti contro
i ricchi (Hen. aeth. 94,7; 96,4ss.; 97,8
3. Altri scritti fanno menzione dei po- s.; cfr. 63,10), di invettive in cui que-
veri solo in contesti escatologici. Nel gli stessi che si lamentano figurano in
nuovo eone la 1tEvloc scompare (Sib. 3, controluce come vittime di vessazione
378' dr. 8 ,208); ot 1t"t'WX.OL 1'CÀ.OV"t'tcrl}1)- da parte dei pauperum bonornm come-
crov"t'(1.t, «i poveri diventeranno ricchi» stores 9-0, come eanawlm e faddiqtm' che
(test. Iud. 25,4; cfr. test. Sal. ro,12). vengono oppressi (Hen. aeth. 96,5.8).
D 'altra parte il popolo che segue la me- L'affermazione indiretta di Ecclus 13,15-
retrice Babilonia viene stigmatizzato fìn 19 (20) va ancora più in là. La contrap-
d'ora con il titolo di misero e gli è mi- posizione rc-rwx.6c;-rcÀ.ovcrtoc;, costitutiva
nacciata miseria e paupertas rn. Quando per l'insieme del passo, viene portata a
la fine sarà vicina, l'uomo di Dio conso- un grado di vera inconciliabilità me-
lerà i poveri (4Esdr. r4,r3). Questo fu- diante precisazioni supplementari, nelle
turo favorevole ai poveri è preceduto da quali i termini rc't'wx6c; ed eùcref31)c; fini-
uno stadio escatologico, la cui descrizio- scono per coincidere e sono sfruttati ai
ne si mantiene entro linee neutrali, nel fini di un'interpretazione aggressiva del
quale i poveri sono in lotta coi ricchi, i passato e del presente.
mendicanti coi principi (Iub. 23,19);
concezione riscattata poi dal quadro di 5. Un posto a parte hanno Ps. Sal. 5,
una fase .finale, durante la quale i po- 2.n; lo,6; 15,1; 18,2, in quanto l'at-
veri hanno la prevalenza sui ricchi. Que- tributo 'povero' è qui usato esclusiva-
sta fase tuttavia è intesa come un tempo mente quando l'uomo è oggetto di un
di disordine (Bar. syr. 70,4). In tal modointervento divino (dr. in particolare ro,
Bar. syr. già si avvicina al rabbinismo. 6a e 6b). Questa accezione corrisponde
Esso per vero afferma che nell'altro a quella di 'iiniìw nei salmi tardivi (-7
eone non ci saranno più poveri&\ ma coli. 729 s.), anche se le espressioni
già al tempo degli Amerei tale tesi vie- sono meno stereotipe. Qui rc"t'wx6c; di
ne espre~samente respinta (Shabb. b. fatto si identifica con &lxoctoc; e ocrtoc; e
15rb bar.). L'esegesi rabbinica di Deut. indica piuttosto una qualità interiore,
15,4.II è orientata esclusivamente a un tanto più che non è usato in confronto
concetto etico (S. Deut. a 15,n; Tg. f. I ad avversari. Per altro 1t't'WX6c;, dove
a Deut. 15,4; Ber. b. 34b (Shemuel b. è usato, è concetto fondamentale e de-
Nahaman), e in Ps. 18,28 'am-'ant è in- ve perciò indicare un lato esseniiale del-
terpretato soltanto nel senso di un com- la coscienza che ha di sé la comunità che
penso individuale 89 • si esprime in quei componimenti. Poiché
essa soggiace a varie sventure, 1t"t'WX6c;
4. In un quarto gruppo di testi - si implicherà anche la povertà materiale 91 ,
tratta sempre di brevi sentenze che fu- · senza che tale povertà sia tuttavia il di-

86 Documentazione in ~ CRONBACH 139-143. Targt1m in ~ RAHLFS 93.


87 6Esdr.r,47-5r (ed O . F.FRITZSCHI!, Libri 90ass. Mos. 7,8. A. HILGENFl!LD, Messias · Ju-
apocryphi Veteris Testamenti [ r87r ]). daeorum (1869) 449 traduce 'lt"tW)tWV à:yai>wv
88 Shabb. b. x51b bar. e in modo ancor più Xa.Taq>a.y&.8Eç,
preciso Jirmja .a spiegazione di Zach. 14,2r: 91 Che poi in 4,6; 16,i3 s. TCF.v(u. abbia un
k'n '11j in luogo dì kn'nj (Pes. b. ;;oa). senso negativo, dice poco; perché il corpus
59 Cfr. S'!'RACK-BILLERBECK I 136. Testi del non è di provenienza unitaria.
'lt'tWX6c; e II 5 - III I (E. Bammel)

stintivo comunitario fondamentale o si nuativo, ma di un movimento ondeg·


debba trovare in essa il punto saliente giante di tensioni sociali nel cui svolger-
del discorso. 'lt'twx6c; costituisce così il si trova poi di volta in volta spazio una
documento principale per far luce su ripresa di termini pauperistici già pre-
una pietà religiosa che si emancipa da senti nell'A.T.
una greve concezione ideologica del po-
vero 92.
III. Qumran
In alcuni passi il concetto di povero
si arricchisce di elementi forniti dall'in- 1. È innegabile che in una parte delle
terpretazione teologica del martirio, Ja h6diii6t si ritrova la mentalità dei salmi.
quale aggancia la povertà - a giudizio Negli inni di ringraziamento individuali,
dei rabbini più dura di ogni sofferenza fi- l'autore - probabilmente il Maestro di
sica (-7C v) - alle vie segnate da Dio nel- giustizia 91 - parla di se stesso come di
la storia. Con ciò il medesimo atteggia- un 'nj, di un nps 'ni wrJ (I QH 5,1), di
mento passivo (Ps. Sal. 15; ass. Mos. 9), un 'bjwn (I QH 5,13 s. 16.18). Dio ha
che determinava quella concezione, si im- soccorso la nps 'biwn (I QH 2,32; cfr.
possessò anche della teologia pauperisti- Ier. 20,13 e Ps. 82,3). Non è possibile
ca, ostacolando il fot marsi di un attivo cogliere una distinzione più chiara tra i
movimento di poveri. L'appendice del- vari termini. In altri canti di lode si par-
l'Henoch etiopico esalta i 'nwi-rwfl (ro8, la di un certo raggruppamento di uomini
7), che nella tradizione siriaca di 4 Esdr. come di 'nw;m (I QH 5,21; 18,q) o di
14,13 sono stati resi con pios. Cosl am- 'biwnjm (I QH 18,22), dove questi vo-
bedue questi testi si allontanano da un caboli sono dapprima semplicemente
significato concreto di 'lt't'WX6c; ancot più delle metafore (cfr. I QH 1,36), ma poi
di quanto non abbiano fatto i Salmi di vengono usati con un particolare rilievo
Salomone. L'arco semantico del termine, e costituiscono una specie di denomina-
da un potenziamento del significato con- zione di gruppo 94 • La stessa accezione
tenuto in 'ni fino al suo volatilizzarsi, si incontt:a più volte nel Rotolo della
deve essersi prodotto di fatto attraverso Guerra: i 'figli della luce' sono 'poveri
varie generazioni, sicché sul piano sto- di spirito' (I QM 14,7) e questa caratte-
rico bisogna parlare non di un parti- rizzazione figura accanto ad altre come
to dei poveri operante in modo conti- nk'i rw/;J (11,10) 95 e tmimj 96• Soprattut-
92 Questa pietà astrae pure dall'interpretazione mutuato dall'A.T. e lo dimostra il fatto che
rabbinica della '11wh come virtù. Alla tesi che l)lk'jm in Ps. 10,ro indica l'uomo senza aiu-
i Salmi cli Salomone siano sorti in ambiente to e come tale degno di una valutazione posi-
farisaico sembra perciò da preferire una loro tiva, mentre qui caratterizza l'avversario del
proveniem:a da qualche comunità di orienta- np1 'bjw11 (r QH p5; cfr. 38,25.35). Il signi-
mento qumranico. ficato del vocabolo fu già avvertito da E. L.
93 Cfr. ad es. H. BARDTKB, Die H a11dschriften- SuKEN1K, gnwzwt mgjlwt II (r950) 39.47.
funde am Totm Meer (1953) 159; S. GLANZ- 95 Cfr. r QH 18,15. Y. YADIN, ml{Jmt b11i 'wr
MAN, Sectarian Psalms /rom the Dead Sea : bb11i {Jwlk (1955) 341 s. vede in quest'uso lin-
Theological Studies 13 (1952) 490; SUKENIK guistico un colore veterotestamentario; «è per-
34; J. P. HYATT, The view of man in the ciò difficile basarvisi per sostenere la tesi che
Qumran 'Hodayot': NTSt 2 (r955/J6) 277. (la comunità di Qumrnn) è la setta degli E-
Cfr. tuttavia H. BARDTKE, Das Ich des Mei- bioniti»; cfr. H. J. ScHOBPS, Urgemeinde, ]11·
stcrs in den Hodajot Qumriin, Wissenschaftli- denchriste11tt1m, Gnosis (1956) 71.
che Ztschr. dee Karl-Marx-Universitiit Leipzig 116 Altre espressioni caratterizzanti: nmwgi
6 (1956/57) 93-104. bzkjm (14,6), kw1lim (14,5), mkim (r4,7), tmi-
9t Quest'uso linguistico non è semplicemente 111; drk (14,7). L'uso del vocabolo è lo stesso
r.:-i:wxòç CIII I (.!:'.• .tlammeJ} \ VJ. 10!J/ I /'t ~

to però in passi di decisiva importanza 'bjwnjm - e 'bjwn ricorre più spesso di


sono detti 'poveri' in quanto oggetto altri nomi onorifici, sicché sembra che
dell'azione divina. Dio agisce 'm 'bjw- questo titolo abbia avuto un posto di
njm (13,13 s.); «mediante la mano dei preferenza su ogni altro. Ciò vale sicura-
poveri della sua liberazione» (bjd 'bjwnj mente per il Commento al Salmo 37'11.
pdw[ka]) le schiere di Belial sono scon- Nel testo si dice infatti che i qw'j jhwh
fitte (rr,9); i nemici di tutti i paesi sa- o 'nwjm (Ps. 37,9.n) possederanno la
ranno consegnati «Ìn mano ai poveri» terra e nel commento la frase è riferita
(bjd 'bjwnjm, u,13). In quest'ultimo prima alla 'dt bf;jrw e poi alla 'dt 'bjw-
passo la designazione di 'bjwnjm è pa- njm 98 (col. 1,5.9) 99 • Dato che non si
rallela a kwr'j 'pr, «i curvi nella polve· tratta semplicemente di una continua-
re», come in 14,5 ss., i figli della luce zione della terminologia biblica tradizio-
sono chiamati kwfljm, «i vacillanti». nale 100, «comunità dei poveri» potreb-
Sulla stessa linea si muove il Comm. ad be essere stata, a un certo momento 101 ,
Abacuc: il sacerdote empio ha messo le la formula preferita con cui la comunità
mani sui poveri: gml 'l 'bjwnjm (r Qp di Qumran designava se stessa o una
Hab 12,3); ha cercato di annientarli: parte di sé o almeno un'organizzazione
zmm lklwt 'bjwnjm (12,6); ne ha rubato che le era affine 102• Finora tuttavia il ma-
i beni: gzl hwn 'bjwnjm ( 12,ro). In tutti teriale che abbiamo a disposizione non
e tre gli scritti 'povero' è appellativo di ci permette di trarre, da un uso in real-
dignità, accanto ad altri. Bisogna inol- tà incerto della terminologia pauperi-
tre osservare che, nelle formule che ca- stica, conclusioni veramente sicure su
ratterizzano un gruppo, a tutti gli altri raggruppamenti diversi costituenti il
termini che designano il 'povero' è pre- movimento qumranico. II Documento
ferito 'bjwn - ci sono razzie contro gli di Damasco sferza aspramente la spo-
'mjm (r QpHab 8,12; 9,5 s.) e contro gli liazione degli 'njj 'mw compiuta dagli
nel secondo dei salmi apocrifi conservati in si- sesso della terra; cfr. però col. 2,10.
riaco e appartenenti probabilmente all'ambien- 100 Naturalmente, un certo rapporto con essa
te degli scritti di Qumran, dove il qhl hrbjm è innegabile; C1·J. RAnIN, The Zadokitc Doc11-
si designa come 'bjwnjm (cosl traduce M. 111e11ts 1 (r958) 40 n. 15, vede il modello in
Norn, Die fiinf syr. iiberlie/erten apokryphe11 Prov. r9,22, senza che peraltro figuri qui la
Ps.: ZAW 48 [1930] x8); dr. M.DELCOR, precisa formula contrappositiva 'is hkzb.
Cinq nouveaux Psalmes esséniens?: Revue de 101 Se la stessa datazione generale dei docu-
Qumran x (1958) 89. menti trovati a Qumran non è affatto fissata
97 I frammenti sono stati pubblicati da J. Air con certezza, tanto più il rapporto dei vari
LEGRo,A newly discovered fragment o/ a com- scritti fra di loro, cioè la cronologia interna e
mentary 011 Psalm 37 /rom Qumra11 (4 Qp anche la stessa individuazione degli apporti
Ps 37,8-rr.I9 b-26): Palestine Exploration esterni, sono questioni appena avviate; se ne
Quarterly 86 (1954) 71; ID., Further light 011 potranno perciò trarre illazioni solo con gran-
the hislory o/ tbe Qumran sect: JBL 75 (1956) de prudenza.
94; le espressioni importanti per la nostra 102 Bisognerebbe qui mettere in rilievo I QSb
questione appartengono ai passi nominati per 5,21 s., dove al nsj' h'dh è attribuito il com-
primi. pito il reggere 'nwj 'rf. La frase, sia per la
98 'dt è integ~azione, però sicura, come dimo-
sua provenienza (cfr. Is. n,4) sia per il con-
stra 4 Qp Ps 37 col. l,IO. testo (dr. DJD I n8 s.), deve essere intesa in
senso escatologico; non è tuttavia escluso che
9'J Il povero è messo alla prova e liberato. Qui quanto è riconosciuto valido per il tempo di
finisce il frammento e non si può quindi dire salvezza possa essere già realizzato nl presen-
se seguisse anche la formula della presa di pos- te, nell'ambito della comunità.
NJ (v1,897) 'lt't'WXOt; e lil I-2 (E. Bammel)

oppositori della comunità appartenenti alla comunità ( 6,17 ), nel secondo deve
alla casta sacerdotale (6,16 [8,13]). Es- mettere hwn wml'kh 1117 a disposizione
si vengono richiamati al dovere di soc- della comunità, senza però che nessuna
cottere 'nj w'bjwn wgr (6,21 [8,17]) 103 • di queste cose sia incorporata nel patri-
In una istruzione della seconda parte monio comune (6,19). Ciò avviene sol-
(14,14 [18,3]) viene ordinato di conse- tanto quando, dopo due anni, egli è ri-
gnare il guadagno di almeno due gior- cevuto definitivamente nella comunità
nate al mese a beneficio, tra l'altro, di (6,22). L'amministrazione dei beni è af-
'nj w'biwn (si tratta evidentemente di fidata ai figli di Aronne (9,7 ). Falsi dati
un'endiadi). In questo passo l'istruzione sulla proprietà privata ( 6,25) 103 e ap-
riguarda di preferenza gli appartenenti propriazione indebita del bene comune
alla comunità 104, mentre in 6,21 (8,17) (7,6) vengono severamente puniti. Per
il pensiero è rivolto a quelli di fuori 105• gli appartenenti alla comunità 109 ogni
Invece in 19,9 (9,10) la comunità si i- proprietà è propriamente hwn pms
dentifica con i 'poveri del gregge' che so- (ro,r9)H0 • Ma non la proprietà in
no salvati in mezzo alla persecuzione 1116 • quanto tale è cattiva. Soltanto quan-
2. La vita della comwiità di Qumran, do comincia il tempo del cammino nel
come è stabilita dalla Regola, è caratte- deserto, essa viene abbandonata (9,
rizzata dalla proibizione di ogni proprie- 22) m. Prima la comunità stessa svilup-
tà personale; si è un jpd... bhwn (I QS pa una vasta organizzazione economi-
5,2). Nel primo anno il novizio resta, ca 112 ; ed è un'economia comunitaria che
quanto al diritto patrimoniale, estraneo abolisce ogni distinzione fra ricco e po-

Hrl II testo di 6,14b (8,12) indica le premesse 101 = U1tapxov-.a. xai lliia? La sostituzione di
necessarie per ristabilire la comunione con i /Jttm con mmwn in I QS 6,2 comprova una
sacerdoti di Gerusalemme e lo fa in una for- tale equivalenza.
ma che è nello stesso tempo un catechismo per 103 Resta incerto a che cosa si riferisca 6,25,
gli estranei alla comunità; P. KAHLE, Die Gc- se a falsi dati sui beni patrimoniali forniti in
meinde des Ne11e11 Brmdes ti. die hbr. Hand- qualità di testimone (P. WERNBERG-MOELLER,
schrifle11 aus dcr Hohle: ThLZ 77 (1952) 405 The Ma11ual of Discipline, Studies on the texts
s., dà un'altra interpretazione. Nel frammento of the Desert .of Judah I [ 1957] III) o in cau-
di 6 Q (ed. M. BAILLET, Fragments du Docu- sa propria (S. E. JoHNSON, The Dead Sea Ma-
ment de Damas Qumran Grotte 6: Rev Bibl 11ual o/ Discipline and the Jerusalem Church of
63 [1956] 520) le parole citate non figurano. Acts: ZAW 66 [ 1954] I08 s.).
te» Può essere stata richiesta anche la cura per 109 Questo aspetto decisivo è disconosciuto da
il jsbh lgwj (14 115 [18A)). Inoltre questa for- H . BRAUN', Spiitiiid.-hiiretischer tl. friihchrist-
mula differisce da quelle corrispondenti pro· licher Radikalim1Us'(1957) I 36.
prio perché si tien conto di 'ni u/bjum. 110 CH. RABIN, QU1nra11 Studies, Scripta Judai-
105 '{J in 6,20 (8,17) .non può essere riferito ca u, ed. A. A. ALTMANN (1957) 22.-36 ami-
ai membri della comunità, dr. 6,21 (8,18). buisce ai Qumraniti la proprietà privata. Con
errore di metodo egli parte dalla situazione
106 Si tratta qui della più antica redazione pa-
presentata dal Doclimento di Damasco, co-
rallela (B) al discorso giudiziatio nella prima
struisce la sua tesi su una congettura relativa
parte; essa dimostra che, prima che venissero
a I QS 7,6, eppure può presentare il suo pun·
in uso termini speciali per indicare la comuni-
to di vista solamente come possibile.
tà e la corrispondente documentazione biblica,
una corrente sboccata nella comunità di Da· 111 Non è chiaro se si tratti del patrimonio
mnsco ha interpretato se stessa alla luce di della comunità o dei beni privati degli 'eletti';
Zach. u ,u ('ni invece di 'bjwn è condizionato è più probabile la prima ipotesi.
dalla citazione). 112 W. R. FARMHR, The Eco11omic Basis of the
7t'tWXò<; l , Hl 2 - lV l \.C . .UH111111.:11 '. -~- ,.,,,, , ' .,

vero, perché vuol riprodurre la forma di 84 s.; Flav. Ios., Ap. 4; W(l'i:<. f.v ffaacnv
vita che Dio farà sorgere nel secolo fu- µTj't'E 1tEVla.c; 't<X.'ltEWO'tl)'tOC cpalve:<r&ocL
turo 113 • Nel Documento di Damasco in- µTjiT'\ncEpoxTiv 7tÀ.01hou, «sicché in tutti
vece, accanto a una cassa della comunità loro non appare né l'abbassamento della
(I 4,14 [I 8,3] }, sono presupposti senza miseria né l'alterigia della ricchezza»
dubbio beni privati m (cfr. 13,15 [ r6, (F1av. Ios., beli. 2,r22; ant. 18,20) 117 .
8]; 16,r6 [20,12]), il cui libero uso è Entrambi tuttavia riferiscono casi parti-
tuttavia limitato da regolamenti di vita colari in cui entro un certo limite la pro-
comune {14,r7ss. [18,6ss.)} e dall'in- prietà privata appare probabile 118• I Te-
sediamento in distinti quartieri (ml;nwt, rapeuti lasciavano la sostanza a paren-
r4,3 [17,1 s.)}. Gruppi aventi legami ti e amici e vivevano petsonalmente
meno stretti con la comunità 115 poteva- senza xp1Jµa-roc né x-.1)µa.-.a. (Philo, vit.
no persino possedere schiavi e avere rap- cont. 13.r6}. Dato però l'accentuato ca-
porti d'affari coi pagani (12,9s. [r4,10 rattere retorico della descrizione filonia-
s.) ). Cattivi appaiono soltanto i beni na 119, non se ne può dedurre un· modo
dei sacerdoti di Gerusalemme, acquista- di vita propriamente comunistico.
ti in maniera disonesta (8,5 [9,15J)ll6 ;
un'aspirazione moderata alla proprietà
è permessa (8,7 [9,17]). IV. La posizione dei poveri nel giudai-
smo palestinese
La situazione esposta nel Documen-
to di Damasco corrisponde molto da vi-
cino alle notizie cbe abbiamo circa gli I. A cominciare dal tempo dei Macca-
Esseni; si potrebbe trattare dello stesso bei il giudaismo fu profondamente per-
movimento o di un gruppo organizzato meato da acute tensioni sodali. Durante
in modo simile. Filone e Flavio Giusep- il governatorato di Gabinio l'agitazione
pe ne mettono entrambi in rilievo la co- giunse al colmo; poi, al tempo di Erode,
munione dei beni (Philo, omn. prob. lib. sopravvenne una cel'ta calma. Allora

Qumran-Co1111111111ity: ThZ II (1955) 295-308. un rapporto meno stretto; diversamente inten-


lll Cosl a ragione F. M. CROSS, The Ancic11t de K. G. Kmrn, Z11r Bedeutung der ne11en pa-
Library o/ Qumran and modern Biblica{ Stu- liistinischen Handschrifte11f1mde /iir die 111.-li-
dies (1958) 62. ST. SEGERT, Die giitergemein- cbe \Visse11schafl: ThLZ 75 (r950) 85 .
116 Diversamente L. RosT, Qumra1lprobleme.
scha/t der Essiier, in Stttdia Antiqua A. Salac
oblata (1955) 73, ammette invece che la comu- Bine Obersicht: EvTheol 18 (1958) 107.
nione dei beni è richiesta dallo stato di purità 11 7 Cfr. Plin., 11at. hist. 5,17 4: sine pecf111ia;
a cui si tende. Una situazione analoga pare pre- Philnstrius, de haeresib11s 9 (CSEL 38,5). Altre
supporre in 4 QpPs 37 (~ n. 97) dove è det- indicazioni in B:RAuN, op. cii. (~ n. 109) 77-
to che i membri della comunità versano nella 80.
cassa comune nhlt kwl (col. 2,10); cfr. l'i~­ m Philo onm. prob. lib. 85 s. (cfr. \Y/. BAUER,
tegrazione del t'esto in TH. H. GASTER, Thc art. 'Essener', in PAULY-W., Suppi. 4 [1924)
Scriptures of the Dead Sea Sect (I 957) 244. 423); Flav. Ios., bell. 2,124.127 (più grossola-
L'esser salvi nella r'b (col. 2,10) e la fine dci namente Hipp., re/. 9,20). 134 (vedi BAUER
malvagi sono intesi in senso escatologico, ma 403). Qui bisogna considerare che Filone in
sembra pres"1pposta la concretezza della fame. vista del suo ideale filosofico tende a calcare le
tinte, mentre Giuseppe riferisce per sommi
ll4 Cfr. BRAUN, op. cit. e~ n. 109) I2l s. RA- capi.
BIN, op. cii. (~ n. IIO) 23. 119 H. LEWY, Sobria Ebrietas, Beih. ZNW 9
115 12,9-12 (14,9 ss.) potrebbe essere un rego- (1929) 31 n. 4; I. HEINEMANN, 'Therapeutai',
lamento per coloro che hanno con la comunità in PAULY-W . 5 A (1934) 2340-2345.
'lt't"W;.(6c; e IV I-2 (E. Damtnel)
l'interesse dei Farisei per le masse e i occupare la proprietà altrui (Sukka b. 44
loro legami con queste diminuirono 120, b). Tali tensioni si prolungarono nel
mentre correnti estremiste sorte di re- tempo ed ebbero una parte importante
cente trovarono i loro adepti negli stra- nel sorgere di alcune sette giudaiche, in
ti bassi del popolo. La miseria causata particolare del movimento dei Caraiti 125 •
dalle due guerre aveva sviluppato inol- In questo ambiente si trova anche l'an-
tre una specie di ethos della povertà. tica glorificazione dei poveri coi quali d
Aqiba dichiarava: «Bella è la povertà si identificava, alla quale dava luogo la
delle figlie di Giacobbe, come un collare spiegazione di alcuni passi scritturali
rosso sul collo di un bianco cavallo» 121 • quali Soph. 3,12; ls. 29,19; 32,7; Zach.
Egli ne traeva pure questa conseguenza l I , l l 126.
giuridica: anche i più poveri in Israele
si considerino come liberi che hanno 2. La posizione giuridica del povero è
perduto i loro averi (B. Q. 8,6). A quel- caratterizzata dal fatto che anche da lui
l'epoca doveva circolare 1n parola d'or- si esigono certe offerte prescritte dalla
dine: Dio ama i poveri 'lwhjm 'hb 'njjm legge religiosa - anche lo 'nw è tenuto
(cfr. B. B. b. roa). E povere furnno con- a pagare il tributo del tempio (Sheq. 1,7;
siderate anche le condizioni dei rabbini 2,5) e lo stesso 1tÉ\IT)ç deve fare l'offerta
dopo la catastrofe 122• D'altra parte ri- per la nascita dcl primogenito (Philo,
comparvero presto dei rabbini benestan- de praemiis sacerdotum 127 ); ma sono
ti 123 e di nuovo s'approfondirono i con- previste per lui, ancor più, agevolazioni
trasti sociali. Caratteristica a questo e aiuti. La decima dei poveri, questo tri-
proposito è la situazione esistente in buto che ha la sua origine in Deut. 14,
Sefforis, dove gli scribi guardavano gli 29; 26,12 128, vige per il 7tpocrlJÀ.v't'oc;,
'am-hii'iire~ con un palese disprezzo, non l'6pcpcw6c;, la XTJPCI. (Deut. 14,29; 26,12;
soccorrevano i poveri né abitualmente Tob. 1,8 cod. $).Flavio Giuseppe nomi-
né in tempo di carestia (Sanh. b. 92a; B. na soltanto vedove e orfani (ant. 4,240 ).
B. b. Sa) ed evitavano qualsiasi rapporto La 'decima del povero' (ma'asèr 'iinl)
con loro. E anche 'i poveri della terra' o- comincia a figurare al tempo della Mish-
diavano gli scribi più dei non giudei 124 • na (Pea 8,2; Demmai 3.4 cfr. Sota j. 3,4
Le tensioni furono in certi periodi cosl [ 19 a 40]: m'Jr mskjnjn). Si tratta però
acute, che i poveri giunsero talvolta ad di un'imposta che per lo più non ebbe
120 Significativa a questo proposito è l'intro- 2 (19u/12) 545-556; ID., b'qbwt h'riswt
duzione del 'prosbol' ad opera di Hillel (Sheb. hgdwlh bsbjbwt lwd. spr hiwbl ls" qrwjs
10,3 s.; S. Deut. n3 a x5,3). (x936) 69-79.
121 Cfr. le formule parallele B. M. 2,n; Sanh. 124 Pes. b. 49b. Cfr. A. BticHLl!R, The Politi-
b. non; Sola 9,15; Git. b. 62a; Sukka b. 38b; ca/ and Social Leaders o/ the Jewish Commtl·
Qid. b. 32b. nity o/ Sepphoris i11 the Seco11d and Third
122 Pea ;. 8,8 (2x b 2 ss.); B. B. b. 75a, cfr. Cemury: Jew's College Publications I (1909)
61.
Shabb. b. 151b. Per il loro genere di vita, ric-
ca documentazione in A. BiiCHLRR, The Eco- 125 Cfr. R. MAHLER> q'r'jm'r (1947) 294 ss.
110111ic Condilions o/ Judaea after the Destmc- 126 Cfr. N. WrnDER, The Qumra11 Sectaries a11d
tion of Jhe Sccond Temple: Jew's College the Karaites : JQR 47 (1956/ 57) 283-289.
Publications 4 (1912) 48-50; cfr. anche ~ 127 Ed. K. E. RICHTER IV (1828) 315.
}EREMIAS 3x.
123 Per la questione cfr. O . EISSFRLDT, Erstli11-
123 Tadon: Hor. b. 33; Nehunjah: Meg. b. ge 11. Zehnten im A.T., BWANT 22 (x917)
28a; Gamaliele II: B.M. 5,8. Su Jehuda vedi S. 162; ScHiiRBR u 307; STRACK-BILLl!RllECK 1v
KLEIN, The estates of R. ]t1dah ha-Nasi: JQR 680-682; G.L1sowsKY, ]adajim (1956) 5.
1t't'WX6ç CIV 2-3 (E. Bammel) (vr,900) 750

corso 129, benché i gruppi farisaici si sia- go tempo ancora, a ciò che asseriva il
no fatti un dovere di ottemperarvi fedd- povero si prestò scarsa fede (B. B. 43a).
mente (M.S.j. 5 ,9 [ 56d 26 ss.]). Tra i Quindi le disposizioni della giustizia, in-
rabbini si può individuare una tenden- tesa come difesa del povero (B.Q. 36b),
za a restringere la prima decima 130; di restarono pura teoria.
conseguenza la decima dei poveri fìnl a
poco a poco per diventare più importan- 3. Maggiore importanza ebbe la bene-
te di quanto non fosse stata prima del ficenza volontaria 135, che si ricollega, co-
70 d.C. m e, d'altra parte, anche sacer- me la decima dei poveri 136, ad usi radi-
doti e leviti - «sacerdote povero» s'in- cati nell'antico Israele: le elargizioni agli
contra ora come termine tecnico fisso - 'bjwnjm nella festa di Purim (Esth. 9,
traevano sostentamento dalla decima dei 22; Meg. I,4) e le elemosine della notte
poveri (Pea 8,5 ). Forse il nome nuovo e di Pasqua (Pes. 9,n; ro,r). Era inoltre
specifico con cui la si designa è in rela- assai praticato l'uso di devolvere in
zione con un certo prevalere delle idee beneficenza una parte della seconda de-
farisaiche dopo il 70 d.C. C'erano inol- cima destinata a Gerusalemme, il che
tre per il povero la parte di raccolto che spingeva nella città santa schiere di men-
si lascia per lui nel campo (pè'a), i co- dicanti. Fare elemosina ai poveri (T.
voni dimenticati, la spigolatura 132, ciò Pea 4,19 [ 24,26 s.]) divenne, in maggio-
che spontaneamente ricresceva nell'anno re o minor misura, un costume largamen-
sabbatico (Sheb. 5,3; Taan. b. x9b bar.) te diffuso. In Pea r,r la carità (g•mttut
ed anche il diritto di prelevare qualcosa hasiidtm 137) è lodata come una delle vir-
da mangiare nei campi, negli oliveti e tù che producono frutti in questo mondo
nei vigneti. Il diritto mishnico non ha e il cui capitale è messo in serbo per il
sollevato di molto la posizione giuridica mondo futuro 138 • Flavio Giuseppe si dfe-
del povero. Benché la quantità minima risce a un diverso schema, greco-giudai-
di raccolto da lasciare a disposizione de- co, per il quale è dovere l'«offrire a tut-
gli indigenti fosse fissata da Pea r,2 e ti i bisognosi fuoco, acqua, cibo» ( 7t&<TL
un certo miglioramento si fosse raggiun- 7tO:PÉXEL\I "tO~c; OEoµÉvotc; 7tUP "tPO· uowp
to con disposizioni supplementari m, q:niv, A p. 2 ,2 r r ). Filone chiama i q ue-
data la modesta entità della pe'a Ie cose s tuan ti più esattamente 'lt-twxot xa.t
mutarono poco 134• Soprattutto, per lun- 'ltl)pol 139• Tali passi mostrano la varia
129 Eccltis 7,32; Abac. 5,9. Un quadro del tut· oltre i confini della Palestina cfr. Hul. b. 137b.
to inesatto in A. GEIGER, Urschrift 11. Obers. 134 In realtà la sospensione della seconda deci-
der Bibel (1857) 179. ma nel III e VI anno comportò un aumento
130 Ne è prova la motivazione offerta da Sota insignificante della terza decima; contra ~
b. 4811 (per il carattere addizionale della stessa KATZ 80.
vedi R. MEYER, Dar angebliche Demai-Gesetz JJS Vedi STRACK-BILLERBECK IV 536-610.
Hyrkans I: ZNW 38 [1939] u.5 s.): diminui- 136 Vedi EISSFELDT, op. cit. (~ n. 128) 157.
sce la cerchia di coloro che ne beneficiano; la 137 Neologismo rabbinico per distinguere la
decima dei sacerdoti è intesa, in un secondo beneficenza volontaria da ciò che è dovere.
tempo, come decima a profitto dei poveri o L'Ecclesiastico e Daniele usano hsd ancora in
dei sacerdoti poveri (Jeb. b. 86b). altro senso. In greco si usano pr~miscuamente
IJI Jub. 3:z non ne parla. EÀ.EO<;, ÉÀET)µOuVVTJ e lltlC~LOO'U\l'l'] .
132 Era concessa anche ai pagani poveri: Git. 138 Vecchia massima, ripetuta da Shabb. b.
5,8 {aggiunta posteriore?); dr. invece una re- 127a e Qid. b. 4oa.
strizione in T. Pca 3,1 (:zo,30 s.). 139 In Eus., praep. ev. 8,7,6 (GCS 43,1 p . 430,

133 Per l'aumento del minimo cfr. Pea j . 1,2 21 ). I due passi si corrispondono. Già J. BER·
(16 b 61-68); per l'obbligo della pé'a esteso NAYS, Gesammeltc Abh. I (r885) 277-:z82 ha.
751 (VI,900) 1t-rwxoç e IV 3-4 (E. Bammel)

tendenza a raccomandare la beneficenza. alle quali fu attribuito un valore maggio-


Essa.costituisce un tema obbligato della re che al fare elemosina, si è sviluppato
predicazione missionaria: come il sacri- in questo ambiente. Ne sono oggetto di
ficio espiatorio opera la remissione dei solito i poveri in un senso più largo, ma
peccati per Israele, cosl fa la beneficenza in modo particolare, anche se non in pri-
per i pagani (B. B. mb bar.}. L'esortazio- mo luogo, si raccomanda di dar da man-
ne alla liberalità ha quindi un posto di giare ai bisognosi 142 e vestire gli ignudi.
gran rilievo nei documenti del proseli-
tismo 140• Per gli Israeliti la beneficenza 4. Dopo la guerra giudaica, sorse
fu in un primo tempo piuttosto un opus un'assistenza sociale comunitaria di ca-
superadditum. Era raccomandata, non rattere ufficiale, quale prima s'era avuta,
però come un'assoluta ·necessità, ma co- a quanto pare, soltanto nella diaspora m.
me un'azione sicuramente atta ad eser- Nella forma più evoluta la sinagoga
citare un effetto su Dio (B. B. b. ma). Le conta parecchi incaricati responsabili di
cose cominciarono a cambiare dopo la questa assistenza. Il denaro era in parte
distruzione del tempio: «Finché c'era ricavato da una tassa, in parte offerto
il tempio, si portava il proprio seqel e 5j spontaneamente. Le entrate erano suddi-
otteneva il perdono; ma adesso che il vise in due fondi distinti: la qwph per
tempio non c'è più, se si fa la carità va la cura settimanale dei poveri residenti
egualmente bene» (B. B. b. 9a; cfr. Ab. in luogo e la tmpw; 144 per l'assistenza a
R. Nat. 4 [ Johanan ben Zakkaj] ). Prima quelli che erano quotidianamente di pas-
del 70, la beneficenza, al di là di ciò che saggio. Rientra nello stesso quadro la
prescrivevano la legge e gli usi, si limitò fondazione di ospizi nell'ambito delle si-
per lo più a uomini singoli w o a ceti nagoghe 145 • La cura dei poveri, almeno
particolari; comunità farisaiche (M. S. ;. in certi periodi, deve aver sollevato la
5.9 [56d 26 ss.]), Esseni e anche as- stupita ammirazione negli ambienti ex-
sociazioni di giudei ellenisti in Geru- tragiudaici (cfr. Iul., ep. 30.49). Non si
salemme e altri gruppi se ne fecero un avverte però mai alcuna tendenza a li-
dovere. Il concetto di opere di carità, vellare le differenze sociali.
dimostrato che la formulazione dell'ultimo ri- 141 Il ricordo di Nicodemo ad es. si impresse
chiama le maledizioni buzigiche del culto at- nella sinagoga (Ket. b. 66b).
tico, D. DAUBE, The New Testament and Rab- 142 Pea ;. l (15 d 8 s.); Shimon b. Johaj; Qid.
binic Judaism (1956) 138-140 ha ravvisato nel j. 1,7 (61b47) Pes. r. 23/24 (122b); dr.
primo una lieve variante dello schema del ca· STRACK-BILLERBECK I 707 s.; Hen. slav. 51,1.
techismo ad uso dei proseliti. Sono indicati in prevalenza col nome di 'affa.
140 Ad esempio Monobaso, il prototipo del mati' (1tavwv/r'b; cfr. l'alternanza dei voca-
proselito, si vanta dei benefici fatti agli '11;;m boli in B.B.b. xoa), oppure si parla di ospitalità
(T. Pea 4,18 [24,15)). Secondo Jeb. b. 47a (hknsl 'wr[Jjm) o si usano altre perifrasi (ad es.
bar. il proselito fa offerte per i poveri, e in Ab. R. N. 7 [3c]). Invece «Vestire gli igtmdi»
A. Z. b. 64a si dice: «Andate, vendete ciò che è formula tecnica ormai fissa.
avete e fatevi proseliti». Ai proseliti si richie- 143 L'esortazione o4 obbligazione di Lidda, di
deva in modo particolare che osservassero i accogliere un orfano, accentua il suo influsso
doveri prescritti dalla legge riguardo ai poveri (Esth. r. 6,1 a 2,5); cfr. BACHER, Tan11aiten 1
(vedi Gerim r,3); cfr. G. POLSTER, Der kleine 188 n. 4.
T almudtraktat iiber die Proselyten: Angdos 2 144 Altri dati in STRACK-BILLERBECK 11 643-
(1926) 2-38. Quanto al tempo stabilito per il 647.
rito, si veda D. CHWOLSON in una comunica- 145 Pes. b. 1ora. In Sota b. loa e Ge11. r . .54 a
zione epistolare riportata da A. SEEBl!.RG, Das 21,33 si allude all'interpretazione rabbinica di
Ev. Christi (1905) 99 s. Gen. 21,33 come ospizio.
1t'tWXO<; e V - D (E. Bammel) (v1,902) 754

V. Il giudizio dei rabbini avvenne, essa riguardò soltanto Israele


nel suo complesso (Gen. r. 71,1 a 29,
Nel periodo postesilico ebbe corso 31). In realtà anche per Aqiba (~col.
nei circoli autorevoli una valutazione
747) la povertà costituiva un enigma. Il
della povertà prevalentemente negativa. tentativo di spiegare la povertà come
Si mette sulle labbra di Giobbe la pre- mezzo di correzione 150 toglie ad essa, co-
ghiera che Dio gli mandi piuttosto do- me alla teologia del martirio, ogni valore
lori che povertà (Ex. r . 31,12 a 22,24). teologico proprio. Nello stesso II secolo,
L'offerta modesta di un povero è raccol- in cui ebbe compimento il rifiuto degli
ta dal sacerdote con disprezzo 146• Anche •am-hii'iire~ 151 , fu arginata l'escatologia
dopo il 70 poteva valere come normati- pauperistica, estesa anche al campo del-
vo questo concetto: la discolpa del po-
l'assistenza ai poveri la tendenza antia-
vero di non aver studiato la legge a cau- scetica in sé sempre presente 152, e alcuni
sa della sua povertà, non è valida da-
passi anteriori sui poveri vennero rein-
vanti al tribunale celeste (]oma b. 35b
terpretati in senso moralistico 153 • Forse
bar). Il povero, in un detto che si fari-
anche la valutazione della 'nwh isi si rial-
salire a Jehoshua ben Levi, è considera-
to per la comunità come inesistente, e laccia a questa nuova interpretazione di
viene equiparato al morto, accanto e an- un teologumeno ormai caduto in disuso.
che prima del lebbroso, del cieco e del- Solo nella tradizione popolare e in affer-
1'uomo senza prole (Ned. b. 64b; Ned. mazioni attenuate si conservò ancora u-
na certa consapevolezza che i poveri
j. 9,2 [ 41 c 8 ss.] e passim). Il giudaismo
('njjm) saranno i primi oggetti della di-
sa perfettamente che i beni terreni sono
transitori 147 e che la povertà dipende dal vina misericordia (Ex. r . 31,13 a 22,24).
destino (M. Q. b. 28a; Ber. b. 5b); ma,
benché fra i Tannaiti palestinesi molti D. NUOVO TESTAMENTO
fossero poveri, essi bollano la povertà
come povertà relativa alla torà 148, ve- Nel N.T. il termine corrente per in-
dono in essa una maledizione, citano dicare il povew non è 1tÉV1'}<; 153 (~ 1x,
Prov. 15,15 (Ket. b. nob; Sanh. b. 100 col. 1462) ma 1t't'wx6ç 156• Il vocabolo ri-
b) e quindi danno un giudizio più duro corre 31-35 volte, e la maggior parte di
che non i babilonesi 149 • Un'apertura del esse appartiene ai vangeli, in particolare
rabbinismo all'ideologia del povero si ai sinottici (Mc. 4-5 volte, Mt. 4-5 vol-
ebbe. solo fugacemente, e, anche quando te, Le. 10 volte) 157, come richiede il lo-
146 Lev. r. 3.5 a ;i.,r; dr. °" }EREMIAS 24, che sere ancora interpretazione giudaica.
si dichiara scettico circa il problema dell'au- JSI Soprattutto A. Z. b. 2ob (Jehoshua b. Le-
tenticità. vi); anche Ar. b. 16b.
147 Shabb. b. r51b. Altri dati in KtTTEL, Pro- 155 7tlYrJc; in 2 Cor. 9 19 è richiesto dalla cita-
bleme 142-149. zione, alla quale Paolo si attiene strettamente,
148 Ab. 4,9; Ab. R. N. 30; cfr. Ned. b. 4ra: 'di dr. H. VoLLMER, Die nt.liche11 Zitate bei Pau-
bd'h. Cfr. anche Lev. r. 34 a 25 ,39. lus (1895) 59 n. 3. La differenza tra 'lti:wx6~
149 4 MARMORSTEIN 370 s. e 7tÉV1)ç non si avvei:te più nel N.T. Soprattut-
to non è più presente in 1t'twx6ç la condizio-
ISO Vedi STRACK·BILLERBECK r 819-822.
ne di supplice (dr. R. KABISCH, Die erste Se-
151 A. Bi.icHLER, Der galiloische 'Am-hn 'Are! ligpreisung : ThStKr 69 [1896] 203).
des 2 . ]hdt. (1906) 4 s. l56 In Aci. 4,34 leggiamo ~v8Ei)ç; in Le. 21 1 2,
m Mediante la limitazione dell'elemosina al forse per variare l'espressione, il rafforzativo
w% degli uitapxov-.a. Cfr. Ber. b. 61 b bar. 1tEV~Xp6ç.
153 Ad es. test. Gad 7 ,6: &.cpMvwc; sembra es· 157 Per Le. I,j3 ~ n. ;i.15.
755 (VI,902) m:wx6c, D I 1 (E. Bammel)

ro stesso contenuto. Negli altri testi la doni dei 'ltÀ.oucno~. In Mc. 10,r7 ss. si
#partizione è uniforme. Strana è soltan- raccomanda Ja vita del povero a chi pos-
to la sua completa assenza negli Atti 158,
soprattutto se si considera che Luca ne siede, nel senso che questi è tenuto a
fa un uso abbastanza largo (sei volte in condividere ogni suo avere 159 con i 7C1:W·
passi che gli sono propri). xol (v. 2I ). Non pare tuttavia che il
narratore intenda qui porre per princi-
I. I vangeli pio in rilievo il povero in quanto tale 160~
1. Nei tre contesti di Marco 1t-twx6c; Il passo più importante è quello di Mc.
è usato sempre.in senso proprio. Mc. 12, r4,5. 7: 7Ciiv-.o.-E y&.p -coùc; 7C'twxoùc; EXE-
4 r ss., riallacciandosi a una polemica 'tE 1-~dreau-cwv ... ÈµÈ oÈ ou ntiv"to'tE E'.xE·
contro i ypocµµoc-tEi:c; che divorano le 'tE. La risposta sottovaluta il dovere del-
case delle vedove, descrive una XTJPOC l'elemosina; ma essa è integrata da u-
'it'tWX'I) (vv.42 s.), che quindi avrebbe di- n'altra motivazione 161 che le toglie un
ritto d'essere a sua volta aiutata, la cui po' della sua crudezza. Quelli che nel
modesta offerta nel tesoro del tempio testo preesistente erano discepoli indi-
deve essere valutata superiore ai ricchi gnati vengono da Marco presentati co-
158 L'assenza del vocabolo in Hebr., r e 2 mente unitari; lo stesso fa W. GRUNDMANN,
Petr., Iudae e nelle epistole giovannee può es- Geschichte ]em (1956) 173. Il v. 23 fu inse-
sere casuale. rito già in periodo prcmarciano? I versetti in-
trodotti dall'evangelista ampliano (vv. 23.29) e
159 Come mostra la reazione dcl ricco riferita
insieme relativizzano (vv. 24.27) il tema della
in modo univoco l'espressione lScrcx. gxw; 'ltttl-
proprietà; sembra quindi che nella sua cerchia
À:l)CTOV non ha qui un senso lato e non vin-
il problema non fosse più cosl importante. Il
colante, ~ LEIPOLDT, Jesus und die Armen
materiale mutuato da Marco tradisce due di-
199; ~ LEIPOLDT, Geda11ken 95 s.; dr. anche
versi ambienti di origine: la polemica contro
}EREMIAS 42.
i ricchi (vv. 2 3 .2 5) e 1'interpret82ione del rac-
160 Dal v. I 3 il contesto tratta di quelli che conto nel senso della dottrina giudaica del me·
sono alle soglie del regno (cfr. v. 23). Manca rito ad opera del primo rielaboratore. Il v.
un'affermazione esplicita sui poveri, a meno 21• non si armonizza col contesto (vedi E.
che non si applichi anche a Mc. ro,14 la tesi HIRSCJ.J, Friihgeschichte des Evangeliums I 2
di J. A. MONTGOMERY (Notes /rom the Samari- [1951) rn s.) e manca anche nel Vangelo
ta11: JBL 25 [1906) 53). In questo caso però degli Ebrei.
dovremmo considerare secondaria, rispetto al 161In Mc. 14 c'è una interpretazione giudaiz-
v. 23, tutta la cornice scenica, che qui è deli- zante (cfr. DAUBE, op. cit. [-)o n. r39] 312-
neata con cura particolare (dr. v. 14", 16"; 324; ID., Evangeliste/I u. Rabbinen: ZNW 48
cfr. v. 22•.b). Comunque il complesso è diret· [1957] 122) e teologica, che non è certamente
to a coloro che posseggono qualche bene, la originaria (cosi anche LoHMEYER, Mk., ad I.;
cui rinuncia li predisporrebbe alla ~M~À.Ela. diversamente H1RSCH, op. cit. [ ~ n. 160]
È ben vero che nella prima parte del conte- 151). Forse a provocarla fu il xa;).òv ~pyov
sto si polemizza contro i ricchi, ma il tema del v. 6 inteso come comandamento dell'amo-
'povero' non è poi ulteriormente sviluppato. re, esegesi che, se il v. 7 deve avere un valore
Il contesto fino al v. 22 potrebbe già essere specifico, non può essere consona alla situa-
stato configurato cosl nelJa tradizione utilizza- zione (diversamente J. ]EREMIAS, Die Sal-
ta da Marco (BuLTMANN, Trad. 20); ~ PERCY brmgsgeschichte Mk. I4,J-9: ZNW 35 [ 1936)
91-93 si preclude l'interpretazione esatta in 75-82). Il v. 8 risale dunque alla comunità,
quanto considera i vv. 17-27 come sostanziai- mentre il v. 9 è dowto all'evangelista.
757 (VI,903) 1t'tWXO<; DI 1·2 (E. Bamrnel)

me un gruppo indistinto 162 ; in tal modo tuttavia circoscritta a un grado superio-


viene eluso il problema posto a Gesù dai re di perfezione morale. Probabilmente
Dodici e dalla comunità cristiana. Anche si riflettono qui situazioni della comu-
questo particolare dimostra che Marco nità 165 • In 26,11 la formulazione mar-
ha relegato nell'ombra il problema della ciana diventa più stringata, ma resta im-
povertà; egli elabora le pericopi che con- mutata riguardo al senso. In Mt. n,5
tengono il termine 1t'tWXOC, per traspor- l'ultimo membro della risposta di Gesù
ne il senso. al Battista suona cosi: 'lt'TWXOt i:ùayyi:-
}.Ll'.;o\l"Ta.t 156 • Stando alla fine 167 la frase
2. Matteo riprende da Marco due pas- assume un rilievo particolare (~III, coll.
si con 'lt'tùJX6ç e ne aggiunge due altri. 105oss.). Tutto l'enunciato di Gesù è in
In 19,21 dà all'ammonimento rivolto al relazione con ciò che fanno i discepoli
giovane ricco un senso del tutto diver- inviati in missione (Mt. 10): ogni mem-
so, in quanto presenta l'alienazione del- bro trova qui la sua corrispondenza 168 •
la proprietà - e si tratta invero soltanto La risposta di Gesù accenna cosl a un
degli Ù7tapxov"Ta 16.J - come dovere di complesso di fatti già noti al Battista J(f).
chi vuol essere 'tÉÀEtoç 164, attribuendo I singoli segni di salvezza sono subordi-
cosl a tale esigenza una portata che va nati alla proclamazione dell'Eùa.yyÉÀ.1ov
al di là del caso individuale, ma che è ( 9 ,3 5) o trovano il loro culmine nel suo

m Nel testo occidentale è introdotto µ.afui;;a.l logus de ree/a in Deum fide (GCS 4 P• 5:z,7).
in base a Mt. (cfr. A. lvlERX, Die vier ka11011i- Così i miracoli sono disposti in ordine di gran-
sche11 Ev., II 2: Die Ev. des Mk. u. Lk. [1905] dezza con un rimaneggiamento di seconda
.148). D'altra parte, un inserimento di µ.alhj- mano.
-ra.l ad opera di Mt. non è comprensibile; si
dovrà piuttosto pensare che sia stato Matteo 168 Nell'intenzione di Matteo, che qui riunisce
stesso a mutuate questa precisa2ione a causa passi provenienti da diversi strati della tradi-
dell'importanza che essa aveva anche nella tra- zione, EÒGtyyEÀ.(~ov-rGt~ corrisponde all'annun-
dizione testimoniata da Giovanni. cio 1}yytxEv Ti Pa.<nÀ.ela. -rwv oòpavwv ( ro,7),
chiamato esplicitamente in 9,35 tùa.yyÉÀ.tov;
16.J Per l'interpretazione vedi K. BORNHAUSER,
e i 1t-rwxol sono ripresi da 1tp6pa.-rit -rà. &.1to-
Der Christ ti. sei11e Habe 11ach dem N.T. À.wÀ.6-ra o(xov 'Iupcx:fi'J... ( 10,6); gli altri mem-
(1936) 30-43. bri sono riassunti in ro,8. Questa correlazione
164 Cfr. Mt. 10,9; Le. 9,3; 10,4, dove il testo appare più ovvia di quella istituita comune-
di Mc. 6,8 appare più incisivo. mente (cfr. ad es. K. L. ScHMIDT, R.ahmen der
165 Cfr. HIRSCH, op. cit. e~ n. 160) II 3n. Gesch. Jesu [1919] 117) coi miracoli com-
Per il seguito cfr. act. Io., fr. 5 (ed. TH. v.ZAHN piuti da · Gesù, nel descrivere i quali Matteo
[1880] 235 s.). ha peraltro menzionato tutti i miracoli citati
l<i6 Manca in sy' k Clero e nella variante di qui, compresa la resurrezione di morti (9,18
Taziano in Ephr., eva11gelii co11corda11tis expo- ss.); (tuttavia non vi :figura propriamente l'e·
sitio (ed. P. B.AucHER-G.MosINGER [1876] vangclizzazione dei poveri). Luca sostituisce
100), cfr. F. C. BURKITT, Eva11gelio11 da-Me- questo tratto con 7 ,2r.
pharreshe II (1904) 238. 169 Matteo suppone forse che i discepoli siano
167 vExpoì. lyElpov-rm è messo alla fine in sy" già tornati e Giovanni abbia sentito parlare di
0qi come nella citazione di Adamantus, dia- ciò che hanno compiuto?
1t'tWXOç D r 2-3 (E. Bammel)

annunzio ( r r ,5) 170• All'inizio del discor- aspettazioni della religione degli 'anii-
so della montagna (5,3) Matteo pone la w'ìm, dalle speranze pienamente terre-
beatitudine dei 7t'twxot 't<!) 7t\IEuµa.'tL ne174 ai beni escatologici veri e propri 175•
(~ x, coli. 959 s.). Anche nella traduzio· Il tono comunque è trasferito dalla sfera
ne greca 171 si può notare una stretta affi- materiale 176 al piano spirituale e di con-
nità col v. 5, che nella retroversione ara- seguenza religioso (-+ x, coll. 959 s.) 177•
maica (in ambedue i casi 'njjm o 'nii- Il macarismo è la prima e programmati-
1·w~ 172) è ancor più evidente. Probabil- ca affermazione dell'evangelista sui 'lt'tW-
mente alla base dei due versetti sta un xol; essa mostra che egli non si è inte-
unico e medesimo macarismo, l'esalta- ressato molto ai problemi di una effetti-
zione dei poveri 173, che postula due di- va indigenza.
versi corollari intesi, l'uno accanto all'al- 3. Dei 9 contesti del Vangelo di Luca
tro, a far risplendere tutta la gamma di in cui figura 7t'tW)C6ç, non meno di 5

110 Non si deve tuttavia concepire questo an- (1880) - è determinato dalla necessità pratica
nunzio come puramente teorico. Già il fatto di differenziare le due formule. ZAHN, Mt. '
che nella risposta di Gesù esso faccia corpo 180 s. ricorre alla medesima retroversione, per-
con gli altri membri, induce ad ammettere una ché considera i macarismi, fin dall'inizio, come
promozione anche materiale dei poveri; cfr. un tutto omogeneo. Non se ne può comunque
ScHLATTER, Komm. Mt., ad I. arguire un rapporto originario con Luca (cosl
111 Se si parafrasa l'espressione greca, inten- J. REZEVSKIS, Die Makarismen bei Mt. ti. Lk.,
dendo 'povero di conoscenza' (cosl H.HUBER, ihr Verhiilt11is zueinander ti. ihr historischer
Die Bergpredigt ( 1932] 22.27 ), cioè quanto Himergrnnd, Studia Theologica 1 [1935] 164).
alla conoscenza della torà ('nif bd't), questo Cfr. WELLHAUSEN, Mt., ad l.
rnacarismo, ed anche il secondo, non esprime- 173 Sui frequenti macatismi in un solo membro
rebbe come gli altri una condizione per poter (senza consolatoria o simili) cfr. ~ V, coli.
partecipare alla salvezza (dr. H. H. WENDT, 980 ss.
Die Lehre ]es11 1 [1886] 55) e quindi denun- 114 Comra HEINRICI, Beitriige z. Geschichte
cerebbe una struttura non completamente riu- u. Erkliimng d. N.T. m (1905) 25 s.
scita. Poiché d'altra parte è impossibile forza- 175 È quindi fuor di strada chi vede in -.0
re lo schema già qui al principio della serie, nveuµCt.'t~ un"aggiunta', come si fa comune-
-.ijl 1t\IEVµct't'L - almeno nelle intenzioni di chi mente da quando è apparso lo studio di K. A.
ha strutturato il brano in otto membri, che CREDNER, Beitriige wr Ei11l. in die bibl. Schri/-
è forse lo stesso evangelista - indicherà una ten 1 (1832) 307. Matteo infatti ha semplice-
qualità, la consapevolezza personale (un aspet- mente espresso in greco un concetto contenuto
to che ~ PERCY 42 vuol escludere, ma che è in 'nijm e forse già prima di lui chiarito me-
postulato necessariamente dal contesto) della diante rwp. D'altra parte si va egualmente
povertà dello spirito e forse già l'anelito verso troppo lontano se si considera la puntualizza·
il 7tVEuµa. &y1ov. Certo, dietro tutto ciò tra- zione di Matteo come 'ovvia' (cosl KITTEL,
luce il significato più semplice: essete poveri Probleme 54; anche P. GXcHTER, recensione di
di buon grado, che è il significato sostenuto da J. DuPONT, Les Béatitudes: Zeitschr. fi.ir ka-
K. SCHUBERT, Bergpredigt 11. Texte von E11 tholische Theol. 77 [1955) 343).
Fel[Ja: TheolQuart 135 (1955) 327; ID., Die 176 L'interpretazione di F. NXGELSDACH, Der
Gemeinde vom Toten Meer (1958) n9 s., sen- Schliissel zum Verstiindnis der Bergpredigt
za peraltro distinguere i vari strati della tra- (1916) 16 e LoHMEYBR, Mt., ad l. (poveri vo-
dizione. lontl\ti) appare inverosimile alla luce dei paral-
m L'uso di 'mv;m in luogo di 'nii hrw[J (v. leli di Qumram ("' col. 740).
3) - cosl ad es. F. DELITZSCH, sprj bbrjt h[Jdlh 177 Cfr. ZAHN, Mt.• 183.
1t'tWX6<; LJ I 3 \t . .oamme11

sono propri di lui solo 178• Il fatto è tan- non si ancorano nel contesto e non tro-
to più degno di nota in quanto anche vano perciò fondamento nella narrazione
un testo contenente 7t't'wx6ç, comune a
Marco e a Matteo, in Luca è venuto me- {v. 2 r ). Al contrario, l'esaltazione dei
no. Le. 21,3 179 procede parallelo a Mc. poveri (6,20), con la quale vengono in-
12,43, mentre negli altri passi si avver- trodotti il discorso della pianura e il ser-
tono spostamenti di accento.
mone della montagna, si inquadra be-
nissimo 182, unico fra i quattro macari-
In Le. 18,22 l'esigenza di vendere e
smi lucani 183, nella situazione dipinta
dare ai poveri i propri beni (da in-
con vivo rilievo.
tendere come un precetto generale, se
l'E't'L, che riassetta Mt. 19,20, va preso Il detto a 8 membri non è unitario,
e la formulazione del primo macarismo
in senso stretto 180) è sottolineata con non risale originariamente a Luca; quin-
r.6.v"C"a. {cfr. 't'à ~&La. del v. 28) 181 e il di solo con certi limiti ci si può ap-
mancato adempimento è imputato a una pellare ad esso per conoscere l'atteg-
determinata condizione sociale (v. 18: giamento sociale di Luca. Anche il pro-
blema della priorità della formulazione
&pxwv; -7 x, coll. 757 s.). Le parole -.u- matteana su quella lucana 184, o vicever-
cpÀ.oL. 1t'tWXOL EÙocyyEÀ.lsoV't'OCL (7,22) sa 135, resta ancora aperto. L'ipotesi, a-

li& Che Le. 2r,r-4 sia un'aggiunta tratta da ma. le due notizie non collimano perfettamente.
tedale proprio e che la sua presenza in Marco 183 I macarismi 2-4 hanno un orientamento e-
sia dovuta a inserimento di seconda mano (co- scatologico e perciò forzano il contesto che
si ScHMIDT, op. cit. ( ~ n. 168] 277, al segui- parla delle prove dcl suo potere, che Gesù ha
to di J. WEISS, Das iilteste Ev. [1 903] 273), è dato precedentemente.
un'ipotesi seducente, ma indimostrabile.
184 Cosi affermò forse per primo C. G. WILK.E,
lì9 La sostituzione di 1t'tWX1i con 1tEVLXP6. nel
Der Urevangelisl (1838) 685; vennero poi ad
v. 2 è un semplice miglioramento stilistico (a es.: D. F. STRAUSS, Das Leben Jem I 4 (r840)
meno che Luca non sia partito da una reda· 603; A. HILGENFELD, Die Ev. nach ihrer Ent-
zione dell'episodio affine a D). wicklung u. geschichtlichm Bedcutung (1854)
180 Cosl giustamente W. M. L. DE WETTE, Er- 173; B. Wmss, Das Mt.-Ev. u. seine Lk.-Pa-
kliirung der Ev. des Lk. ti. Mk. 2 (1839) III. rallelen (r876) 134 s.; C. WEIZSAcKER, U11ter-
181 Praticamente nessuna differenza rispetto a suchrmgen iiber die euangelische Gesch. l
Mc./Mt. (~ n. l.59), ma il tenore dell'episodio (r901) 218; P. FEINE, Ober das gegenseitige
ha avuto un profilo nuovo già nella tradizione Verbiiltnis der Tcxte der Bergpredigt bei Mt.
a cui attinge Luca. In confronto a Mc.fMt. u. bei Lk., ]beh pr Th I I (1885) 14; H. LEI.
l'esigenza è tuttavia accentuata, d'accordo col SEGANG, Pneuma Ragion (1922) 134-139; H.
tono generale del vangelo lucano (dr. XI,41; HuBER, op. cit. (~ n. 171) 16 s. 18; TH. Sor-
12,33). La polemica giudaica che, sulla base RON, Die Bergpredigt Jesu (r94r) 142 s.
di Mt. 19,21, sottolinea che la legge cristiana 135 Cosl, ·ad es., A. RITSCHL, Das Ev. Mar-
è più difficile da osservare che quella giudaica, ciom (1846) 237-241.; H. J. HoLTZMANN, Die
che esige soltanto l'offeria di una decima (J. sy11p1. Ev. (1863) 76 s.; WEND"f, op. cii. (-:>
TnoKr, l;izwq 'mwnh, ed. D. DEUTSCH [1873] n. l7r) I ,54-56; H. v. SooEN, Die wichtigste11
I 19.49 s.; II 19), trova cosl, sul piano storico, Fragen fiir cin Lebe11 Jern' (1907); 46; A. v.
ma~iorc appiglio nel testo lucano.
HARNACK, Spriiche u. Reden Jest1 (1907) 38; J.
182 Il passaggio da 6,19 a 6,20 corrisponde a WEISS, Die drei iiltere11 Ev., Schr. N.T. 2 I
quello da 7,21 a 7,22: Gesù parla solo quando 259; WELLHAUSEN, Mt., ad l .; K. KoHLER,
contemporaneamente agisce. Nell'ultimo passo Die 11rsprii11gliche Form dcr Setigpreisrmgen:
it'twx6c; D I 3 (E. Bammel)

vanzata da taluni, che si debba risalire a ricca messe di enunciati del tardo giu-
due fonti tra loro indipendenti, vale daismo sui poveri 190•
anche nel caso che si tratti della stessa
comunità primitiva, dato che anche la
formula 'nii rwf.; = rc-.wxot 't0 TC\IEV- Luca, che già nella storia dell'infanzia
µoc-.L, la cui assenza fu spesso considera- e della vita nascosta aveva anticipato il
ta argomento decisivo per sostenere co-
tema di ricco e povero, presenta Gesù
me più attendibile il tenore della for-
mula lucana 186, oggi risulta testimoniata che incomincia la sua predicazione se
(~ col. 740) 187• Bisogna quindi rite- non proprio con l'elogio dei poveri, cer-
nere che sui poveri circolassero diversi to con la citazione, tematicamente affine,
macarismi - a noi ne sono giunti quattro
(Mt. 5,3 .5; Le. 6,20; Polyc. 2,3)- e non di Is. 61,r, dove l'EÙayyEÀ.lO"a.O"~a~
è certo che tutti avessero all'origine un 'lt't"WXO~c; è descritto come il compito a
'nj e non un 'bjwn 188 ; comunque so- lui assegnato (4,r8a) e dove i singoli a-
lo tre di essi furono resi in greco con
rc-.wxol. Resta pure dubbio se a tutti dempimenti (4,r8b) di questo compito
sia stata fatta qualche aggiunta. La dif- sono sinteticamente anticipati. Nel di-
fusione di vari macarismi con 1t't"wxol scorso del banchetto c'è una frase che
in epoca anteriore rende comunque diffi-
comanda al padrone di casa di invitare
cile far risalire a una parola di Gesù l'o-
rigine di tali formule 189 • La molteplicità 'lt"tWXOl, ÙVaTCELpOL, XWÀ.ol, 't"UC{>À.OL (r4,
delle sentenze e parimenti la loro insuf- r 3 ), e nella parabola del grande ban-
ficiente giustificazione - di cui è prova chetto, che segue subito dopo, è descrit-
il bisogno di opporvi delle aggiunte -
diventano invece comprensibili se si to quasi 191 con le stesse parole ( r4,2r)
fanno derivare i macarismi stessi della il gruppo degli invitati di ripiego. La

ThStKr 91 (1918) 170; W. BusSMANN, Synopt. dietro Le. 6,20 sta probabilmente 'bjwn.
Studien II (1929) 43; BuLTMANN, Trad. n4; 189 Anche il modo di coordinare la fkt.O'LÀElet
F. HAucK - v1, coll. 993 s.; Hrnscu, op. cit. a una determinata cerchia di persone, che si
e- n. 160) 83; M. DIBELIUS, Die Bergpredigt, avverte in 5,3b, non è consono al messaggio _.;._

in Botschaft u. Geschichte I (1953) I2o; G. D. di Gesù. Per l'autenticità cfr. E. KAsl!MANN,


KILPATRICK, The Origins of the Gospel accor- Das Problem des historischen Jesus: ZThK 51
ding to St. Matthew (1946) 15; - J>ERcy 41- (1954) l44i BRAUN, op. cii. e- n. 109) II 55;
45; BRAUN, op. cit. e- n. 109) 11 73. E. Fuctts, Jesu Selbstzeugnis 11ach Mt 5:
186 HEINRICI, op. cii. e- n. 174) II 28 s. e ZThK 5r (1954) 28; anche BuLTMANN, Trad.
II4.
specialmente KITTEL, Probleme 53 s. CH. RA-
BIN', The Dead Sea Scrolls and the History of 190 Cade allora anche una primitiva armoniz..
tbe O.T. Text: JThSt 6 (1955) 178 studia a 2azionc delle varianti, quale è prospettata ad
fondo se Is. 66,2 ('nj umkh-rw!J>, che starebbe es. da Wmss, op. cii. (-7 n. 184) r34. Anche
dietro a Mt. 5,3, non sia la contaminazione di BuLTMANN, Trad. 133 esamina la possibilità di
due varianti. un'origine giudaica.
191 In r4,21 i vari membri sono legati da un
187 Sicuramente la formula non fu coniata da
xal. H1RSCH, op. cit. <~ n . 160) n 137 vede
Matteo in riferimento a <mna ricca comunità in ciò un dato originario, e quindi nell'enume-
cittadina» (KILPATRICK, op. cit. [~ n . 185] razione senza xa.i sarebbe all'opera la mano
125). integratrice dell'evangelista. Le versioni syPbo
188 La retroversione di Mt. 5,3 è abbastnnza hanno in 14,21 solo poveri, indigenti e ciechi,
garantita da I QM 14,7 e- col. 740), mentre mentre al v. 13 seguono la versione greca.
'1\'tWXO<; LJ I 3 l.C• .Dammet) \ V .1!~VU/ / V V

compilazione differisce nella forma da i ricchi dalla sfera di Dio. La speranza


7,22 e, quanto al contenuto, anche da del povero - non si accenna ad alcuna
4,18, in quanto non vi si avverte nes- interpretazione metaforica - riguarda
sun colorito politico-sociale 192• Luca ha l'altro mondo, senza tuttavia esaurirsi
inteso ambedue i passi in ordine al completamente in esso. In Le. r9,1 ss.
banchetto escatologico (v. 15); per col- un nÀ.oucnoc; e àµctp't'wÀ.oç dona la me-
pa degli uomini e per disegno di Dio tà della sua ricchezza ai poveri (v. 8).
avviene che vi prendano parte solo gli È questo il voto di Zaccheo, che va
emarginati dell'umana società (1t't'wxol è molto al di là di ciò che si usa in simi-
il concetto-guida quando si parla di loro li 196 casi <;d è perciò, nelle intenzioni di
e indica già in prevalenza il mondo pa- Luca, un modo d'agire ideale, che fa
gano, nel senso di 4 ,24.27). L'idea è apparire il ricco in una luce favore-
radicalizzata in 16,19-31, dove al ricco vole 197•
proprio in quanto ricco tocca il tormen-
to, e a Lazzaro in quanto 7t't'wx6c; (vv. Se qui viene espresso un riconosci-
mento, sia pure condizionato, della ric-
20 .22) la felicità. Non si fa cenno né a chezza, gli altri passi sono invece per-
una particolare colpa del primo né a un meati di una riprovazione palese del ric-
merito del secondo 193 • Nella narrazione co, alla quale corrisponde il fatto che
la buona novella è rivolta esclusivamen-
che in sé è di tipo pre-neotestamentario te ai poveri. Aspramente polemici risul-
il 1t't'WX6c; in quanto tale è l'erede di tano i testi di Lc. 6,24s.; 8,14; 12,15 .
un'attestazione di benevolenza da parte 2I.3J S.j I4.33i 16,ro-12; 18,25; più
misurati 16,9; 18,24. L'autore - forse
di Dio che gli compete al di fuori delle
con intenzione - non ha livellato del tut-
vie normali. Il punto saliente della pa- to le due tendenze 198• Dove parla in
rabola non consiste nel diniego mate· proprio, propende per la seconda, am-
riale del ricco di fronte al povero 194, ma mettendo per il ricco la possibilità di
salvarsi qualora sappia rinunziare ai suoi
nell'abisso assolutamente incolmabile 195 beni (14,33) 199 e piega a questo conte-
che separa la sua vita e quella di tutti sto la parabola dell'amministratore in-

192 La sy' inserisce la parola «disprezzati». Un 226), un'esigenza di penitenza. Diversamente


tale aspetto manca pure nell'inquadratura (vv. HAUCK, Lk., 11d l. WELLHAUSEN, loc. cit. :
15 ss.}, a differenza della redazione matteana. «Forse senso assoluto». Mosè e i profeti sono
193 A meno che, con 1-IIRSCH, op. cit. (~ n. messi in relazione col ricco, senza che Possano
160) II 145, nei vv. :14 s. non si voglia vedere tuttavia produrre in lui alcun mutamento.
l'introduzione originaria della parabola. Inso- Quanto ai povero, non è detto che egli abbia
stenibile la tesi di K. BoRNHAUSER, Studien seguito i loro ammaestramenti.
:wm So11dergut des Lk. {1934) 138-160. 196 Vedi STRACK-BILLER.llECK II 250.
!!» Cosl WELLHAUSEN, Lk. 91; ScttLATTER,
197 I vv. 8·9'.ro sono un'interpolazione.
Lk., adl.
198 Acritico --) KocH lJl-169.
195 Perciò non è neppure il caso di dedurre dal
v. 31, di colorito 'non cristiano' (WELLHAUSEN, 199 Passo redazionale; dr. J. ] EREMIAS, Die
Lk. 91; HIRSCH, op. cit. [ ~ n. 160] II Gleichnisse /eStl 4 ( r956) 94.
1t'tWX,clc; D I 3· II (E, Bammel)

fedele ( 16,9) 200 . Configura la parabola duce il gruppo dei discepoli che mormo-
della cena in modo da farne anche un rano per lo spreco al solo Giuda Isca-
racconto esemplare per ogni padrone di
casa 201 e in 16,19 ss. si barcamena in· riota, non senza attribuire il suo interes-
troducendo la parabola di Lazzaro e del se per i n't'wxol (12,5) a un motivo tut-
ricco epulone dopo 16,17 m. Quanto al- t'altro che schietto (v. 6). La risposta di
l'episodio dell'unzione, che gli appare
Gesù (v. 8) tanto nella sostanza quanto
sospetto, lo omette. Benché si debba al
n-rwx6c; ogni possibile assistenza, egli nelle forme più attendibili della tradi-
non è l'unico erede della Prx<nÀ.Ela, pu- zione testuale :zns contiene la frase sui po-
re essendone il primo 203 • All'evangelista veri nella forma di Matteo. Tuttavia
non sta molto a cuore il termine 'lt't"W-
x6c;, che nei trapassi redazionali non il fatto di riferirsi soltanto a un'obbie-
compare mai (dr. la sua assenza com- zione del traditore, le toglie parte del
pleta negli Atti). Luca né si mette dal suo valore in assoluto. In 13,29 2ll6 si
punto di vista dei poveri, né intende
parlare propriamente a costoro. Non si afferma che Giuda teneva la cassa, e
rivolge a persone del tutto prive di beni quando Gesù lo invita a uscire ne viene
(cfr. 18,18) ed è inoltre dell'idea che a per i discepoli un equivoco, provocato
questo mondo la ricchezza rende schiavi
più di altre Èml}uµla.~ 204 • La rinuncia
dall'uso di fare elemosine ai poveri nella
parziale o totale a cui egli invita si com- notte di Pasqua 207 , quasi che egli avesse
pie meno a vantaggio del povero che a avuto appunto l'incarico "toi:c; n-rwxoi:<;,
salvezza di chi possiede; 16,9 è l'espres- rvcx 't'~ o@, «di dare qualcosa ai poveri» .
sione più evidente di questo nuovb fari·
seismo. La spiritualità degli anawim è
completamente scomparsa. Al suo po- II. Teologia comunitaria, Gesù, Giovan-
sto domina una tendenza semiascetica ni Battista
che fa propria la critica degli anawim
alla ricchezza, ma insieme la circoscrive Le prese di posizione di fronte al
entro i limiti della legge. tema 'povero e ricco' si accumulano in
Le. 14-18 (o r9) formando un complesso
che anche sotto altri aspetti rivela nel
4. Giovanni narra l'episodio dell'un- modo più marcato l'impronta di una
zione con una certa indipendenza. Ri- tradizione particolare 200 • In questo van-

200 Vedi spec. O. PFLEIDERER, Urchr.1 (1902) Le. 8,r4.


459; M.ERX, op. cit. (-? n. 162) 329 s.; ]ERE· 205 Omessa da D br sy'. P66 - che è abbastan·
MIAS, op. cii. (-7 n. 199) 35 s. za vicino a D - Ja registra. BuLTMANN, Joh.,
201 Vedi ]EREMIAS, op. cit. (-4 n. 199) 34.82. ad I. la ritiene una glossa marginale, incorpo-
rata più tardi nel testo.
202 Per l'esegesi vedi E. BAMMEL, Is Luke r6,
206 Per le ipotesi, scarsamente convincenti, di
r6-r8 o/ BaptiJJ's Provenience?: HThR 57 una interpolazione vedi BAUER, ]oh., ad l.
(r958) lOI-106.
1111 Vedi J. ]EREMIAs, Die Abendmahlsworte
WJ Di conseguenza i seguaci di Gesù si di- Jesu 1 (1949) 29. Non se ne può tuttavia de-
vidono in gruppi. Il discepolo rinuncia a tut- durre che i discepoli praticassero una rego-
to (5,n.28). Chi non si comporta cosl (19, lare assistenza ai poveri.
8) non è annoverato nel gruppo degli intimi. 200 «Fonte-guida» (HAUCK, Lk. 6 s.); cfr.
2IM Cfr. la concentrata ripresa di Mc. 4,r9 in BuLTMANN, Trad. 387.
TI't'W)(Oc; LJ 11 \.C. Dan1111t1/

gelo il problema deve aver avuto un po- sotto questo aspetto una consapevole
sto dominante 209 • Poiché sul ricco, che conezione della normale tradizione giu-
appare come il rappresentante del giu- daica. In questa forma essa dovrebbe de-
daismo (~ X, col. 757), viene pronun- rivare da circoli del Battista passati al
ciato un grido di minaccia, il gruppo che cris tiancsimo 212 •
sta dietro lo scritto e che identifica se
stesso con i poveri, i derelitti, i piccoli, Gesù usa qualche volta 1t'twx;6c; (Le.
le vedove, i peccatori ecc. 210, può distan- 14,13; Mc. I2,43; Mc. ro,u). L'unica
ziarsi da questo terreno nativo. È signi- asserzione sui poveri che si delinei co-
ficativo che là dove le narrazioni tendo- me sua è il rifiuto di vincolarsi a un
no a significati fondamentali, compare principio sociale (Mc. r4,7 ). Tuttavia e-
il 1t-rwx;6c; ( r6,20) e 'lt"t'W)Coc; è comun- gli si sente solidale con gli emarginati e
que sempre posto in testa alle altre cate- gli umiliati (Mt. II,28). Però la parola
gorie affini (14,21). In questo docu- tipica che designa la loro situazione e
mento si deve vedere il primo, il più le loro speranze, non l'usa m, evidente-
conseguente e in senso stretto l'unico mente perché era troppo marcata e ca-
vangelo che si possa chiamare ebioniti- rica di aspirazioni appassionate 214 •
co . Non è certo che Le. 4,18 appartenga Nella predicazione del Battista, ricca
a questo corpus, poiché l'autore sottoli- di accenti sociali, come lascia ancora in-
nea più marcatamente di quanto di soli- travvedere la tradizione rudimentale, il
to non avvenga nel vangelo la portata vocabolo 1t-rwx6c; non è rimasto 215, ma
politico-sociale della buona novella an· c'è tuttavia una terminologia che gli è
nunziata ai poveri. Mt. 11,5 /Le. 7,22 strettamente imparentata. La supposi-
ha senza dubbio un modello in numerose zione che l'indirizzarsi ai 1t-twxol fosse
formule giudaiche, ma la menzione 211 e abituale nel linguaggio del Precursore
il rilievo in cui sono posti i poveri quali è ben fondata e l'interesse che in certi
detentori veri e propri della buona no- circoli del Battista si avverte per .una
vella sono una novità e rappresentano teologia pauperistica può esser fatto ri-
200 14,21 (n7W)(ol); 14,33 (rinuncia); 15,7 7tprt.Ei:ç e 't<XTI:Ewol. Mt. II,29b potrebbe non es-
(contrario: olxcuoç); 16,10 (1tW"'tÒç EV ÈÀo:- sere autentico.
xlu-rl{l); 16,13 (contrario: _oouÀtUOV'tE<; µa.µw- m II tentativo di W. SATTLER, Die Anawim
V~); 16,15 (oLxmo\iv·n:ç Èau'\ol'.iç); 16,19 s.
im Zeitalter Jest1 Christi, in Festgabe fiir A.
(7tÀOVO'LOç/7t'tW)(Oc;); 17,z (µLxpol); 17,u (Àt- Jillicher (19z7) l-15, e di W. GRUNDMANN,
npol); 18,3 (x1Jpo:); r8,n (-tEÀwvT)ç/olxa.Loç). Jesus der Galiliier (1940) passim, di spiegare
210 MEYER, Ursprung l 223 s. e HIRSCH, op. l'autocoscienza di Gesù in base alla religiosità
cii. (-7 n. 160) II 143 s. hanno fatto notare degli anawim appare quindi ben poco fondato.
con argomenti diversi il carattere popolare dei 21s Le. 1,53 nella redazione di sy"' suona cosl:
passi peculiari di Le. o di Le. II. «egli ha colmato dei suoi beni i poveri e di-
211 Paralleli non databili con sicurezza si tro- sprezzato i ricchi perché. sono vuoti»: tradu-
vano in 5 Esdr. 2,18-20 (ed. FRITZSCHE, op. cit. zione conforme a A. MERX, Die vier kanani-
[-7 n. 87 ]) e in Flav. Ios., bel!. 1,364 ss. slavo schen Ev: I (1897) 106. BURKlTT, op. cit. (-7
(trad. A. BERENDTS e K. GRASS in Acta et n. 166) ad l. ritiene corrotta la seconda parte
Commentationes Universitatis Tattuensis [Dor- della frase. Anche l'Opus imperjectt1m che
patensis] [1924 ss.] 24-42). proviene dall'Italia legge: pauperes implevit
bonis (MPG 56 [1859] 809). La variante spi.
212 La domanda del Battista a Gesù è storica;
ritualizzante è certamente secondaria, ma in
il nucleo genuino della risposta di Gesù è sé è probabilmente una versione parallela, ri-
Le. 7,23/Mt. n,6. salente ad un'epoca molto antica (cfr. Apoc.
213 Cosl egli si rivolge ad essi chiamandoli 3,17), fors'anche precristiana.
771 (vr,908) '1t'tl.ù)C6<; D n-m (E. Bammel)

salire ad un impulso dato dal maestro. dei poveri (-rwv n-.wxwv t'Va µvljµo-
vruwµe:v: Gal. 2,10 ~ VII, col. 320).
III. Paolo
I testi offerti da Paolo sono strana- Tale impegno non deve essere inteso
mente discordi. Da un lato egli adopera come un sostitutivo cristiano del tributo
n-rwx6c; di rado. Quando parla dei con- del tempio (~ x, col!. 996 ss.), ma piut-
trasti sociali nelle sue comunità, usa del- tosto come qualcosa di analogo alle libere
le circonlocuzioni (Rom. 12,7 s.; 2 Cor. offerte che confluivano a Gerusalemme
8,14; Gal. 6,10) e quando esalta (Gal. 3, anche da parte dei non proseliti. Ci do-
27 s.) o esige (Col. 3,II) l'abolizione vette essere una ragione specifica perché
delle differenze in Cristo, la contrappo- Paolo lo imponesse d'ufficio, e possiamo
sizione ricco-povero non è menziona- ravvisarla in Act. 24,16 s.: la colletta
ta 216• D'altro canto ci sono quattro o nelle mani dei capi giudaici poteva risul-
cinque passi centrali in cui il vocabolo tare .in certo senso e sia pure solo appa-
compare e che esigono una trattazione rentemente come una specie di presta-
particolare. zione che procurasse alla comunità-ma-
dre una maggiore tolleranza. In Rom.
Gal. 2,10 e Rom. 15,16 devono esser
15,26 s. la diversa terminologia, l'assen-
considerati perché i n-rwxol o i "Jt'(wxot za sottolineata di ogni intervento perso-
-.wv àylwv -.wv ÉV 'IEpoucraÀ:i)µ vi sono nale di Paolo nell'iniziativa (I 5 ,2 7 ), la
nominati quali beneficiari delle collette circonlocuzione cosl precisa per fissarne
i destinatari, fanno ritener probabile
promosse con grande zelo da Paolo e che Paolo si serva qui di una «espres-
ricordate da lui anche altrove 217 • Nel sione allusiva» :zai. E la cosa gli è agevo-
contesto degli accordi intervenuti nel lata perché ay101 aveva un senso gene-
rico 221 , che non escludeva senz'altro la
concilio apostolico 218, si parla dell'im· Gerusalemme non cristiana, come del
pegno, assunto da Paolo :m, di ricordarsi resto il mòtivo espresso in Rom. l5,27b

216 Diversamente fa, ad esempio, R. Elcasar Iris i11 seinem Verhaltnis zu dem der Urgc-
(270 d.C.): davanti a Dio sono tutti uguali, meiride, in Gesammelte Aufsiitze zur Kirc!Je11-
donne e schiavi, poveri ('11jjm) e ricchi (Ex. geschichte n, Der Osten (1928) 59, in un'inter-
r. 2IA a 14,15); cfr. Apoc. 13,16 e S. Deut. pretazione però contraria alla nostra.
48,84b. 221 Oltre al vero Israele, il termine qualifica
211 I Cor. 16,1; 2 Cor. 8,4; 9,r s. 12; Rom. 12, il luogo puro in senso cultuale (Mt. 4s; 27,
13 (cfr. MICHEL, Rom., ad l.); forse anche .2 53; I Mach. 2,7; 2 Mach. 1,12; 9,14; J Mach.
Cor. 12,16-18 (vedi LIETZMANN, Kor., ad l.) 6,5; Tob. i3,10) e gli uomini cultualmente pu·
e 1 Cor. 16,15. ri (Flav. Ios., bell. 6,425; A. Z. b. 5oa: Mena-
21s Cfr. H . MosBECH, Apostolos in the N.T., hem in quanto bnn Jl qdwJjm), e quindi in
Studia Theologica 2 (1948) 193. particolare gli abitanti di Gerusalemme (Ber.
219 Marcione legge: ut meminissent ege11orum. b. 9b: Jose ben Eljaqim [eretico?] sui qhl'
Ciò «è comprensibile solo nel senso che Bar- qdji' dbirwiljm ). Per la speranza che Paolo
naba mancasse e quindi la cura di provvedere connetteva al luogo vedi F. KATTENBUSCH,
ai poveri dovesse toccare ai primi apostoli co- Die Vorwgsstellrmg des Petrus u . der Cha-
me a Paolo. Cosl Marcione toglieva di mezzo rakter der Urgemeinde zu Jerusalem, in Festga-
completamente ogni apparenza che a Paolo be fiir K. Miiller (1922) 345 . Una tesi non cer-
fosse stato dato un incarico esclusivo» (A. V. ta e comunque non valida per l'età paolina in
l-IARNACK, Marcion' [1924] 71). S. SAPRAI, The holy assembly of Jerusalem:
220 Cosl K. Hou,, Der Kirchenbegrifl des Pat1- !iwn 22 ( 1957) 183-193.
n'twx6c; D m (E. Bammel) (vr,909) 774

comprendeva insieme la Gerusalemme li i Galati rischiano di ricadere. --+ cr-i;oL-


dell'A.T. 222 • XELo\I è certamente un vocabolo della po-
Mentre &ytot (Rom. 15,26) non deve lemica giudaica contro il paganesimo. Lo
essere considerato come il nome con cui stesso si può dire di &,cr-i)i::vij xcd 1t'tW)(a,
la comunità-madre designa se stessa 223 , una formula che, se non nega diretta-
non si può dire lo stesso per 1t•wxol; mente l'esistenza delle divinità pagane,
non basta infatti intendere n•wxol nel ne sottolinea la debolezza e la miseria
solo senso di «poveri di Gerusalemme», delle opere. Alla fine di un'apologia che
perché allora non si capirebbe la conti- Paolo fa di stesso (2 Cor. 6,3 ss.) ci sono
nuazione della colletta una volta dimi- sette espressioni paradossali che descri-
nuito il bisogno. In Gal. 2,10 potrebbe vono l'essenza della vita e del servizio
quindi essere citata una formula dell'ac- apostolico. La penultima antitesi suona
cordo gerosolimitano 224 • Ma in Rom. 15, così: wc, 1t•wxol 1toÀ.À.ovç oÈ nÀ.ou•l~ov­
26 la designazione è diversa da quella -.Ec, (v. rn; --+ x, coll. 7 58 s.). Mentre la
usata altrove da Paolo. E dato che 'lt"t'W- seconda parte ha un senso traslato 226 ,
xol può essere inteso come un'abbrevia- non si può dire altrettanto della prima.
zione del solenne 1t•wxot 'tW\I à:ylwv L'affermazione già in questo differisce
't'WV Èv 'IEpovO"a.À:ljµ =
w'njjm bjrws- dalle altre antitesi, ma ancor più perché
ljm, è tanto più lecito supporre che l'e- è l'unica che vada oltre l'ambito per-
spressione non sia paolina e che ci tro- sonale 227 •
viamo davanti ad una formula con cui Secondo la variante, I Cor. 15,10 af-
la comunità-madre designava se stes- ferma che la grazia di Dio nell'Aposto-
sa, o meglio, a un suo titolo d'onore 225 • lo non sarebbe stata 'lt'tWX1i. La storia
del testo raccomanda decisamente que-
In Gal. 4,9 Paolo parla degli àu~i::vl\ sta «assai singolare» m lezione 229• Essa
xat 1t'tWXà <T'tOLXELrL, in preda ai qua- si adatta bene, come un elemento omo-

222 Bisogna notare che non sono gli ii.ytot, ma -guida (particolarmente Philo, omn. prob. lib.
gli 1nuÀot che incaricano Paolo della colletta. 77 [axrrlJµa-.ot ... 1\'Àoucrtw'ta'\'ot]; che 'lt'tW·
m Cfr. R. AsTING, Heiligkeit im Urchr. (r930) xoç non sia testimoniato in formule parallele
r54.r57. può essere un semplice caso), sembra aver in-
224 Gal. z,7-9b sono una i11terpretatio Pauli11a trodotto un cambiamento che forza il prin-
dell'accordo riferito in 2,9c.d_10•. cipio della perfezione individuale caro all'etica
225 Anche se questo titolo potrebbe non esse- stoica e i:appresenta cosl una cristianizzazione
re stato l'unico, come presso i Qumraniti. della formula antitetica. Lo schema è ripreso
226 Vedi WrNDISCH, 2 Cor., ad l.; non però in in Diog11. 5,r5.
senso escatologico. 2lS JoH. WE1ss, I Kor., ad l.
227 In 2 Cor. 6,3-ro Paolo adotta quasi alla 229 Leggono 1\''tWX1i i codd. D*FG deg Ambst,
lettera uno sèhema stoico (vedi WINDISCH, che devono essere considerati come una fami-
ad l.; JoH. Wmss, I Kor. a 3,21), che tutta- glia (dr. E. DIEHL, Zur Textgeschichte des lat.
via, per quanto risulta, non conosce il 1\'0À.- Pa11lus: ZNW 20 [r92I] ro6.r22) e parimen-
).oùc; 1\'ÀOU'tl~EW come possibilità del 1\''tWX6c;. ti Ambr., Orosius, Hier., Pelag., got. 1\''tWX1i
Qui dunque Paolo, valendosi di noti concetti- deve essere caduto per influsso dei paralleli
r.-.wx6ç D m-Iv (E. Bammel)

geneo, anche al contesto che è tutto dis- teologica della povertà. Né 7t't'wx6ç ap-
seminato di espressioni mutuate 2JO in pare come titolo d'onore delle comunità
forma ora positiva ora negativa. Paolo
ha poi controbattuto l'accusa che la sua paoline, né 7t't'WXEla è usato metaforica-
opera fosse 7t't'WX1J, affermando di aver mente per indicare la vita cristiana. In
«ottenuto 231 più di tutti loro», afferma- 2 Cor. 8,9 (~IV, col. 1025), dove si po-
zione che altrove appare molto diffusa
trebbe scorgere qualcosa di simile, in
e non più necessaria come antitesi di
XE\ITJ. realtà l'uso dcl vocabolo da un canto è
L'uso di 7t't'WXcç fu ora offerto dal- condizionato da 2 Cor. 8,2 - le comunità
la tradizione scritta, ora suggerito dalla della Macedonia hanno saputo largheg-
stessa situazione. L'Apostolo non lo usa
quando formula spontaneamente una giare, nonostante la loro estrema 'it't'W-
frase ed esprime un pensiero tutto xc.la - dall'altro costituisce semplice-
suo 212 • Il termine non appartiene dun- mente un'antitesi con 7tÀ.OV(rtoc; o 7tÀ.ou-
que al vocabolario prettamente paolino.
Non per questo si può dire che Paolo 't"ÉW (~X, col.758) senza alcun contenu-
abbia trascurato il problema concreto to speciale 235 • Un'evoluzione teologica
dei poveri nella sua comunità. Il gruppo della «povertà di Cristo», che riprende,
dei cristiani di Corinto era costituito es-
senziahnente da emarginati, da poveri, a dir vero, un uso pre-paolino del voca-
da gente di bassa condizione (I Cor. r , bolo 236, appare piuttosto collegata a ~
27), e altrove 1a situazione non dev'es- 't'<X7tE~\JOq>pOO'U\11) 237 •
sere stata molto diversa (cfr. 2 Cor. 8,
2 ). C'era un'assistenza ai poveri sotto
varie forme 233 , ma una comunità di beni IV. La Lettera di Giacomo
non fu mai tentata. Paolo personalmen-
te non presta particolare attenzione a La Lettera di Giacomo è tutta pervasa
problemi di questo genere (cfr. r Cor. da un'accesa polemica contro i ricchi
rr,21 s.). La prospettiva escatologica è
troppo sentita perché egli voglia miglio- dentro e fuori della comunità 233 ( ~
rare le condizioni terrene, pur che siano x, col. 762). Come contropersonaggio ri-
appena appena sopportabili 234 • spetto al ricco compare, accanto al ~
Manca quindi ogni trasfigurazione 'tlX1tEW6ç 239, il 7t'twx6ç (2,2), che tutta-

Phil. 2,16; I Thess. 3,5 e Is. 49,4. La prefe(en- ze (z Cor. 13,3).


za spetta a 7t-.wx1J, in quanto lectio diffecilior. m Perciò la direttiva da lui data non raggiun-
230 Vedi E. BAMMEL, Herkunft u. Futtktion ge nemmeno il livello delle provvidenze giu-
der Traditiomelemente in I Kor. IJ,I-II : ThZ daiche per gli schiavi; vedi I Cor. 7,21.
I I (1955) 401-419. Cfr. G. BJORCK, Nochmals 235 Vedi LIETZMANN, Kor., ad I.
Paulus abortivus: ConNeot 3 (1938) 7 s. 236 Vedi E. LoHMEYl!R, Kyrios Jesus: SAHeid.
231 JoH. WEiss, z Kor., ad I. interpreta cosl (1927/28) 32 s.
ho1tla<Ta. 237 Non occorre qui esaminare fino a che pun-
212 Si osservi che anche 'ltévric; figura una sola to ambedue si possano far risalire ad una
volta (2 Cor. 9,9; citazione da Ps. n2,9), e t'J- stessa radice ebraica e al relativo concetto.
8Ei)ç mai. In seguito si parla più spesso cli povertà; ad
233 Rom. l2,7 s.; I Thess. 1,3; anche le agapi esempio Caverna del tesoro 46,12.
possono essere considerate sotto questo aspet- 2.33 Cfr. DIBELIUS, Jk., ad l.
to. Ci sarà pure stato chi offriva le sue sostan- 239 l,9; 4,6.(10); dr. 7tpttV't'l}ç in l,2r; 3,r3.
777 l Vl,9IOJ

via in quanto tale non caratterizza diret· la religiosità dei poveri anche senza un
tamente l'ambiente dell'autore e di colo- diretto rapporto genealogico con esso 244 •
ro a cui questi si rivolge 240• La ripulsa Quanto alla situazione in cui si muo-
dei ricchi è introdotta sul motivo che veva Giacomo, possiamo unicamente de-
Dio ha preferito coloro che sono poveri durne che i ricchi già incominciavano a
davanti al mondo 241 (2 ,5: TC'"CW)(,OÌ. 't'<{) far breccia nella comunità e il povero
x6o-µ~ ). Dato che la frase è completata era ormai caduto in dispregio (2,6:
da 'TtÀ.oucno~ Év 7tlO"'t'E~, anche a tt'twxoç i}'t'tµaO"et't'E 't'Ò\I 7t't'WXOV 245 ) (-7 V, coll.
risulta attribuito un valore religioso. rn93 s.) 246.
L'atteggiamento della comunità è molto
lontano da una identificazione coi poveri
V. U Apocalisse
e l'autore si limita a sperare di poterla
convincere ad essere solidale con gli op- In Apoc. 13,16, dove è descritta l'u-
pressi. Personalmente, egli è benevolo manità nelle sue varie condizioni, 'lt'tW·
verso i poveri, tuttavia da ciò non deri- x6c; è usato in senso proprio, al pari di
va una caratterizzazione del suo pensie- 1tÀ.OUO"toç. Invece in 2 ,9 alla povertà ma-
ro. Non si può quindi considerare que- teriale (1t't'W)(,det) e allo stato di persecu-
sta pericope come un documento dell'e- zione in cui versa la comunità di Smir-
bionismo cristiano 242 • È pure difficile ne, è contrapposta la sua ricchezza spi-
che si possa giudicare di ispirazione giu- rituale. In 3,17 ambedue le compo.nenti
daica 243 ; fa piuttosto l'impressione d'un dell'antitesi hanno senso traslato: la
prodotto d'epoca tarda, quando si po- presunta ricchezza di Laodicea 247 è, di
tevano riprendere temi caratteristici del- fatto, povertà m.

2M1 Per lo stile retorico e stereotipo cli 2,x ss. 241 ~ PERCY 70-73.
dr. DIBELIUS, ]k., ad l. Molto audace è il 244 Perciò solo limitatamente si è potuto par-
tentativo di ~ REICKE 338.342-344 cli rife- lare di un «rifiorire della spiritualità del
rire il passo ad W1 episodio di ambìtus riuscito povero» (DlllELIUS, Jk. 43); altri argomenti
davanti alla comunità liturgica. Si dovette pen- in ScHOEPS, op. cit. <~ n. 24I) 347.
sare che come controfigura sarebbe stato più 245 Usato in senso collettivo; è significativo
idoneo il Slxmoc; (cfr. 5,6). che manchi qui tanto la presentazione· teolo-
241 Per questa traduzione vedi HAucK, Jk., gica (v. 5) quanto l'esemp!Uicazione retorica.
ad I.; DIBELIUS, Jk., ad l .; ScHLATTER, Jk., 246 In 2,I6 il dovere· della beneficenza è riba-
ad/.; diversamente H.]. SCHOEPs, Theol. ti. dito con più forza .
Gesch. des Jude11christentums (x949) 350 n. 247 7tÀ.Oucn6c; etµL xa.t 7tE7tÀ.OV'tTJXCL xa.t ouStv
I. In 2,5 sembrano fuse insieme due note for- xpElav i'xw = non ho bisogno cli penitenza;
mule; 7t'tW)Coc; 7t).ou<noc; Èv 7tltne~ e 7t'tW)CÒc; cosi BoRNHAUSER, op. cit. (~ n. 163) :2.8. Il
't<!i x6CTµ<@ XÀ.TJpov6µoc; 'tTJc; ~a<n.À.E~. Non cod. 2329 ha 7tÉ7t'tlù)Ctl al posto di 7tE7tÀ.oU'tTJ-
è però il caso di supporre una dipendenza da xa per non aver capito il tempo del verbo.
I Cor. I,27.
248 Il parallelo 'essere yuµv6c;' significa ver-
242 Cosl WINDISCH, Jakbr. 134; 236 (in forma gogna (3,18); cosl anche la condizione di 7t'tW-
attenuata). x6c; non è affatto un ideale.
-;;•wx~ D v-v1 (E. Bammel)

La formula 'tt'kÀ.al1twpoc; xat ÈÀ.Em1òc; sponde il fatto che fin dai primi anni la
xal 1t'tWXÒ<; xa;t 't"Uq>À.Òc; xa..t yuµv6c; comunità di Gerusalemme organizzò u-
non è testimoniata tale e quale 249 • Pare na struttura livellatrice delle disegua-
che i due primi aggettivi costituiscano glianze sociali. Le agapi comuni, la re.
un'antitesi al v. r7• e che ad essi siano sponsabilità dei OWOEX.IX nel Ot!l.XO\IEL\I
aggiunti gli ultimi tre per pura associa- (~ II, coli. 959 ss.) 252 , il beneficio che
zione, allo scopo di dedurne l'ammoni- i membri traevano da questo servizio, il
mento del v. r8. In realtà i vv. 17b.1 8 particolare dei fratelli che vendono i
costituiscono uno sviluppo che non ri- propri beni 251, indicano una comunione
guarda più la sola comunità, ma è diret- che va molto al di là dell'assistenza so-
to alla città intera con tutte le attività ciale praticata dalla sinagoga. In quale
che la caratterizzano (organizzazione misura poi comportamenti particolari
bancaria, arte medica, manifatture) z;o. del gruppo dei discepoli siano stati tra-
sferiti alla più larga cerchia della comu-
VI. La comunità primitiva nità e quale influsso abbiano esercitato
in ciò certi ambienti battisti, non si
I termini di fondo con cui gli Atti può dire con sicurezza. Pare comunque
dànno notizia della comunione di beni che i sette incaricati, d'impronta qumra-
praticata nella comunità primitiva sono nitica 254, abbiano avuto una parte note-
Y.oLvÒc;, Y.OL\IW\lla, UìLW't'l'}<;, ( = 'm h'r~?) vole nello sviluppo dell'ordinamento so-
e f:v?ìd1c;, ma non '1t'twx6c;. Dato che ciale e che forse per loro influsso abbia
queste peticopi non appartengono agli avuto luogo una notevole modificazione
strati più antichi 251 della tradizione, della struttura della comunità e dell'assi-
è necessario prendere le mosse non da stenza ai poveri (esercitata anche al di
essi, ma da Rom. 15,26. Se 1t'tWX6c; fuori della comunità?). La persecuzione
fu il termine con cui la prima comunità ben presto sopraggiunta pregiudicò l'effi-
designò se stessa (~ col. 773) e se que- cacia di tutti questi provvedimenti.
sto appellativo non va interpretato in
modo puramente prammatico quasi deri- Nonostante il carattere enigmatico
vasse da una effettiva mancanza di dispo- delle fonti, appare chiaro che l'entusia-
nibilità economiche, il vocabolo dovrà e- smo pauperistico del tardo giudaismo,
sprimere un'autocoscienza che compren- orientato a certi spunti dell'A.T., che
desse tutti i membri della comunità pro- operò non in continuità ma a sussulti,
prio sotto questo termine. A ciò corri- si introdusse anche nella chiesa delle
249 Cfr. tuttavia Tob. 7,6 cod. S: 'tUÀ.a.l'ltwpoc;, filosofici una parola d'ordine; vedi HAUCK,
TUq>À.6W, H.E'lJIJ.OoU\IT). loc. cit.); in questo modo egli innalza delle si-
250 Così giustamente R. H. CRARLES, The Re- tuaziorù concrete a principi normativi.
velation of St. fohn, ICC (1920) I 93. 252 Vedi E. LoHMEYER, Das Abendmahl i11 der
251 Vedi J. }EREMfAS, Untersuchungen zum
Urgemeinde: JBL 56 (1937) 232 s. ~ R.E1cKI!
Quelle11problem der Ag.: ZNW 36 (r937) 'J.07 2 5-28 riconosce un nesso fra liturgia e assi-
e cfr. WENDT, Ag., ad l. L'autore degli Atti ha stenza ai poveri.
svolto i particolari che la tradizione gli offriva
nella cornice di una concezione di un giusto m Diversamente da quelle riferite sommaria-
ordinamento comunitario (vedi F. HAucK, Die mente, queste sono attendibili; }EREMIAS, op.
Stcllung des Urchr. z. Arbeit ti. Geld [x92x] cit. e~ n.251) 206s.
99 e ~ v, col. 690) e in particolare dell'idea :rn Vedi O. CULLMANN, The Significance o/
di una restaurazione dell'eguaglianza primitiva the Qumran Texts /or Research into the Be-
(la formula '1t6.v-.a. xow6. è estranea all'A.T., ginnùigs o/ Cbristianity: JBL 74 (r955) 220-
mentre in greco è un proverbio e nei circoli 224 .
'it'twxoç D VI • E I (E. Bammel)

origini e qui esercitò da principio un'a- Mt. 16,12 [GCS 4os12]; comm. in
zione a largo raggio e poi un influsso più Gen. 3,5 [GCS 29,44]), e da allora si è
costante in cerchie particolari. Questo diffuso largamente 256 • Poiché Origene re-
fenomeno è quasi completamente igno- gistra anche il senso puramente etimo-
rato dalla letteratura epistolare non pa- logico (Cels. 2,r [GCS 2,126)), si potrà
lestinese, ma anche nelle fonti palesti- supporre che l'interpretazione canzona-
nesi si è espresso in forme già in parte toria miri a soppiantare un significato
inadeguate agli eventi storici. più antico e nobile. Si trattò allora di
un titolo di onore usato dalla stessa co-
E. L'ETÀ SUBAPOSTOLICA munità m, e, a quanto pare, soltanto nel-
l'area linguistica greca si cominciò ad al-
I. Il tardo giudeo-cristianesimo terarne il senso, provocando di conse-
Nei circoli giudeo-cristiani 'bjwn eb- guenza che venisse evitata la traduzione
be un uso altrettanto centrale quanta fu 7ti:wxol presso gli stessi giudeo-cristiani
la cura di evitare 'lti:wxoc;. Il nome (~ coll. 782 s.). Se dunque 'bjwnjm ri-
'ebjonim è attestato nella letteratura e- manda a una tappa iniziale del giudeo-
braica solo in modo incerto 255 • La for- cristianesimo, è ovvio il collegamento
ma grecizzata 'E~LW\la.i:ot, 'E~LW\l~i:cu o con la comunità primitiva chiamata
Ebionaei s'incontra per la prima volta 1t-i:wxol 253. Sicuramente non va escluso
in Iren., haer. 1,26,2; 3,II,r7; 2r,r; 4, il confluire di elementi essenici, avvenu-
3 3 A; 5, I i3. Dell'accezione caricaturale to nei primi decenni del II secolo 259 •
non si hanno testimonianze prima di Può darsi che essi abbiano portato a
Origene: oi. 7ti:wxoL 'EPtww1.fot 't'i)c; preferire questa designazione ad altre 200
7t't'wxe:la.c; ota.\lolq. È7twwµoL, «gli Ebio- e a farne la caratteristica d'una comunio-
niti, poveri d'intelligenza, che da questa ne più intima.
povertà hanno preso nome» (Orig.,
princ. 4,3,8 [GCS 22,334]; comm. in In Simmaco 261 'lt"tWX6c; è la tr~duzio-
255 M. N., Ober zwei im Talmud vorkomme11- sorto in ambiente cristiano. Diversamente
de chr. Sekten: Der Orient, Lit.-Blatt 6 (1845) ScHOEPS, op. cit. ( 4 n. 241) 402 s.
15, in Shabb. b. u6a congettura, forse a torto, 258 Cfr. Epiph., haer. 30,17,2 (GCS 25,356):
un 'b;w11j in luogo di 'bjd11. Si può invece am- a;1J-.ot Ò~ oijlkv O'Eµ'VV'VOV"'t'm Éa.U"'t'OÙç qi&.-
mettere che con bj 'bjw11j (B. Q. b. u7a), loca- O'XO\l"'t'E<; 'lt'tWXOÙ<; OLà "'t'Ò.. . ÈV XP6'VO!.<; "'t'W\I
lizzato però in Babìlonia, s'intende una chiesa a'ltOO'"'t'6Ì..!.ù'V 1tWÀE~\I "'t'à. CJ;U"tW\I U'ltapXOV'tct.
degli Ebioniti (dr. S. KRAuss, Synagogale Al- La grande chiesa li identificò con gli eretici
tertiimer [1922] 32). Cfr. anche SCHOBPS, op. contro cui combatté Paolo; cosl già Tertull.,
cit. (4 n. 241) 21 s. praescr. haer. 4,3 (CSEL 70,5).
256 Epiph., haer. 30,17,1 s. (GCS 25,J55); 259 Il primo a supporlo fu CREDNER, op. cit.
Hier., in Is. r,3 (MPL 24 [1845] 27); 66,20 (4 n. 175) 366. La tesi fu adottata da A.
(ibid. 672 B); Pscud.-Ign., Phld. 6 (ed. W. Cu- R.ITSCHL, iJber die Erse11er: Theol]bch 14
RETON [1849] 95); cfr. Eus., hfrt. eccl. ro,27 (1855) 315-356; Io., Die E11tsteh1111g der alt-
6, dove, fo aggiunta, il nome è messo in rap- katholischen Kirche (1857) 210 e rinnovata da
porto con la cristologia del gruppo. O. CuLLMANN, Die t1eue11tdeckten Q11mrat1-
257 Cosl giustamente W. BRANDT, Elchasai ,Texte 11. das Judenchriste11tt1m der Pseudo-
(r9l2) 56: la mancanza di 'biw11 in aramaico klementinen, Bultmann-Festschr. Beih. ZNW
escluderebbe l'insorgere d'una sua significazio- 2I (1954) 50 S.
ne canzonatoria; cfr. E. ScHWARTZ, U11zeitge- 1ilJCosl CREDNER, op. cit. ( 4 n. 175) 366.
1niisse Beobachtu11gen zu de11 Clemetttinen: 261 Sulla sua appartcnenzxa al giudeocristiane-
ZNW 3r (1932) 190. Anche HARNACK, Miss. simo vedi E. SCHWARTZ, op. cit. (n. 257) 193;
412 s. considera più verosimile che esso sia Sc110l!PS, op. cit. (-+ n. 241) 33-37; Io., Aus
mwx6i; E I (E. Baromel)

ne quasi esclusiva di 'iint (fanno eccezio- Del tutto analoga è la situazione ne]
ne Is. 4r,r7; Ier. 22,r6), mentre coe- corpus pseudo-clementino. Mentre nella
rentemente 1tÉVl]c; rende 'eb;tm 262 • In patte più antica 266, che l'autore dello
Eccl. I2,5 Simmaco usa È'ltl1tovoc; per scritto di fondo aveva mutuato da fonte
rendere 'ebi~na ™. In ciò egli segue di precedente u 7 , è ancora menzionato e di-
proposito il metodo (a differenza dei feso~ il macarismo dei 1t't'WXOt (Pseud.-
LXX) di non usare l'equivalenza 'eb;on/ Clem., recogn. I,61,2), nella compilazio-
7t't'wxoc; o 'iin1/rr.é.VT1c;. Poiché non si no- ne di recogn. 2,28'3 Gesù è già indicato
ta alcun interesse per questi ultimi ter- come "Tovc; r.ÉVTJTO:<; µo:xa.plçwv e in
mini 264 e d'altra parte È7tl1tovoc; è da lui Pseud.-Clem., hom. 15,ro,4 si spiega ad-
inteso come nome onorifico, bisognerà dirittura che la beatitudine non si riferi-
cercare nei primi il motivo dell'accurata sce né ai 7t-rwxol né ai 1tÉVTJ't'Ec; 2HJ in
distinzione 265 • Poiché 'ebjonlm era il no- quanto tali, ma ai mcr-roL 1tÉ\11')1."l':c; 270 •
me con cui il gruppo designava se stes- Altri passi con 7t't'wx6ç non si hanno in
so, Simmaco ha voluto che il termine questa raccolta. Così non solo il vocabo-
rr.'t'wx6c; non avesse niente a che fare lo è abbandonato, ma si compie anche
con la sua comunità. Pare che egli non un distacco da un ideale di povertà este-
si limiti ad applicare radicalmente una riore 271 •
traduzione già in uso, ma introduca una Negli scarsi frammenti dei vangeli
innovazione: il titolo di rr.'t'wx6c; caduto giudeo-cristiani stupisce che, nella scena
in discredito viene addossato ai giudei del giovane ricco invitato ad alienare i
che si identificavano con gli 'njim. propri beni, si accenni esplicitamente ai
fruhchristl. Zeit ( I9JO) 82-88. Scettico R. BuLT· ginaria, ma nÉ\IT)c; non si può escludere in mo-
MANN nella recensione di H .J.ScHOEPS, Theol. do assoluto.
u. Gesch. des Judenchristentums: Gnomon 268Peraltro non senza rimaneggiare la testi-
26 (19J4) 180. monianza profetica alla quale nello stesso tem-
26Z SCHOEPS, op. cii. (~ n. 241) 352 S. po si rimanda.
1.63 Probabilmente è questo il nome usato da
W Ciò non esclude che il vivere da 1tÉVT1c;
una comunità di giudeo-cristiani per designare
fosse per i ctistiani acconcio ed ideale (Pseud.-
se stessa; cfr. ScHOBPS, op. cit. ("' n. 241) 355-
Clem., hom. 2,20,12; 12,6,7).
360. In altro modo va interpretato Prov. 15,15
(7téiUitL ul 1)µlpitL "tOU 'l'C"tWXOV [ ='ni=·n7>v ZIO Occorre notare che in ambedue i passi il
xuxwv o'] 7tovl)pitl [ = 7tpo<rBéxov"tttL xux&. pensiero è chiarito mediante il concetto di l1tL-
o']) dove si parla cli una caratteristica negativa Dvµla.: scopo del macarismo è liberare dal-
del 7t"tWX6c;. l't:n:Lllvµlr.t (Pseud.-Clem., recogn. :z,28,3); ma
264 'n; non è mai stato usato come autodesi- esso non riguarda i n"twxol, perché in loro
gna.zione di una comunità; nel giudaismo con- NmllvµE~v non ha bisogno di essere spento
temporaneo è un titolo onorifico. (Pseud.-Clem., hom. 15,I0,4). Viene cosl mes-
us ScHOEPS, op. cit. ("' n . 241) 250-260 ar- so in luce un movente della limitazione. Questi
gomenta a rovescio, ritenendo però illogica- passi appartengono n strati che non si possono
mente che l:tcl'ltovoc; sia l'appellativo onorifico considerare con sicurezza come giudeo-cristia-
della comunità che si trovava in rapporto con ni; dr. STRECKER, op. cit. ("' n . 266) :z:r5. Giu-
Simmaco. deo-cristiani li considera SCHOEPS, op. cii. ("'
266 Cfr. G. STIIBCKER, Das Judenchristentum n. 241) 5:z.
der Pseudoklementinen, TU 70 (19J8) 41; H . 271 Ciò non esclude però l'esigenza di dare
] . ScHOEPS, Die Pseudokle111entinen 11. das i propri beni ai bisognosi fino ad arrivare a
Urch.: Zschr. filr Religions- u. Geistesgeschich- uoa vera mvlu (fseud.-Clem., hom. :r2,32,3),
te IO (I9J8) 4-7. anzi all'orrore della proprietà ("t~ x-rii~"ta.
u 7 'lt"twx6i; è presumibilm~nte la lezione ori- àµup.-1]~"tit : hom. 15,9,3).
n-.wxoc; E II (E. Bammel)

figli di Abramo che muoiono di fame m, ca del sentimento (cfr. Barn. 14,9: foo:y-
mentre d'altra parte l'uomo dalla mano yEÀlo-cx<1i}cxt 'tanm1oi:i;) e che concepiva
secca chiede di essere guarito ne turpiter perciò i n-rwxol - intesi assolutamente
mendicem cibos (Hier., in Mt. I2,I3 come poveri in senso sociale - quali og-
[MPL 26 (1884) 8oD]). II primo ma- getti dell'aiuto che si deve essere dispo·
carismo era riportato in una forma vi- sti a dare. A questi poveri è attribuita
cina a quella di Luca v 3, e Pseud.-Clem., una situazione particolare solo nel senso
recogn. 2,29,2 cita un «guaì!» partico- che la loro preghiera gode di una spe-
lare contro i ricchi che non pensano ciale efficacia (Herm., sim. 2 ,5-8; I Clem.
agli ÈVOEEiç. 15,6=~ rr,6 274 ). Soltanto Madone, che
vede nei macarismi la proprietas della
II. I Padri apostolici predicazione di Gesù, ha insistito nel di-
re che la buona novella è in funzione dei
La parenesi della chiesa primitiva ri-
poveri 275• Una diretta identificazione di
prende in primo luogo la raccomandazio-
cristiani e pauperes fìgura unicamente
ne della beneficenza nella forma delle in Minucius Felix, Octavius 36 'Zl6 , ma
due vie, che essa mutua dalle raccolte di
potrebbe essere dovuta alla polemica
sentenze della diaspora giudaica. Come
con tra i pagani 277 •
controparte figurano gli oùx EÀ.EOU\l"t"E<;
7t't'WX6'V, ... à7tOCT't'pEcpO~'VOt 't'Ò\I ÉVOEO- La beneficenza viene praticata da un
µE\10\1, ... 7tE.V1)'tW\I &voµot xpt-rrtl, <<non lato con le elemosine (2 Clem. t6,4; Po-
hanno pietà del mendico, ... respingono lyc. 10,2; Did. 15,4), dall'altro con il
il bisognoso, ... giudici ingiusti dei pove- ministerium pauperum m, che ha il suo
ri» (Did. 5,2=Barn. 20,2) . Se la cate- posto nelle istruzioni circa l'ordinamen-
chesi suppone cosl delle differenze socia- to della comunità (const. Ap. 7,29,2;
li, nella figura ideale dei 7tpae.i:i;, nella Herm., sim. 5,3,7) come pure nelle pa-
raccomandazione di frequentare i 't<.t'ltEt- gine apologetiche che descrivono. la vita
vot xat olxatot (='nwjm w~djqjm: Did. delle comunità stesse m. È chiaro che
3,9; cfr. Barn. I9,6), è ravvisabile un qui ci si ispira alla tradizione delle ope-
persistente influsso di quel pauperismo re di carità giudaiche (cfr. Aristid ..
entusiastico che era stato ridotto ad eti- apol. 14,3 con I5,7 s.) collegandola nel-
m Orig., comt11. in Mt. 15,14 (testo in E. Zl6 Ed. J.MARTIN (1930).
KLosTERMANN - E. B1rnz, Zur Oberliefertmg 277 Per i Giudei quali mendicanti dr. Iuv.,
der Ma11hiiuserklaru11g des Orig., TU 47,2 sai. 3,16; 6,543; sebo/. a Iuv. 4,u6 (ed. P.
[193x] 91,33 ss.; cfr. A. SCHMIDTKE, Neue WESSNER [1931) 64). Poiché nella contro-po·
Untersuchrmgen :tr1 den judenchrisllichen Ev., lemica non c'è nulla di giudaico, pare che si
TU 37,1 (19u) 290. tratti di una trasposizione di questa ingiuria
m µaxapl!;wv -.oùç ·wcwxovç: Pseud ..Clem., ai cristiani, piuttosto che del semplice ricalco
recogn. 1,61,2; per 1a soggiacente tradizione di una fonte giudaica.
particolare, dr. H. WAITZ, Bine Parallele zu
den SeligpreisrmgetZ aus einem a11sserkanoni- 278 ne/; Ptr. 17, dove si ha un concetto superio·
schen Ev.: ZNW 4 (1903) 335-340; -.oùc; 1tÉ- re del servizio n viduae, orfani, pauperi (cfr.
VT)'t~ µcixetpl~wv: Pseud.-Clem., recogn. 2, Polyc. 6,r ).
28,3. m Aristid., apot. 15,8 s.: dar sepoltura al 1tÉ-
Z74 È questa la premessa per una teoria del li- '111)c; (la traduzione greca non è sicura; cfr. J.
vellamento sociale sviluppata da Erma in que- GEPFCKEN, Zwei griech. Apologeteu [ 1907]
sto passo; ma il suo punto di partenza passa 82 n . 1), aiutare (anche con l'astensione dal
tosto in secondo piano {cfr. già :i Clem. 16,4). cibo) il lfovM>c; e il 1t~vric;, liberare i prigionie-
275 HARNACK, Marcion e~ n, 219) 127. ri. Cfr. Iust., apol. 1,67; Tertull., apol. 39,6.
7t-rwx.6c; E n (E. Bammcl)

l'ambiente giudeo-cristiano, se pure in Nella teologia ordinaria della grande


modo non esplicito, ad una interpreta- chiesa il male non consiste nella ricchez-
zione particolare delle norme veterote- za in sé, ma solo nell'attaccamento ad
stamentarie riguardanti le decime (const. essa (cfr . .Mc. 10,29 var., e anche lren.
Ap. 7,29,2; Did. 13,4). haer. 4,30); e tanto meno la povertà è
glorificata in sé; anch'essa può costitui-
La tendenza ascetica 280 nella chiesa re un ostacolo alla conoscenza di Dio
primitiva condusse ad un atteggiamento (Clem. Al., paed. 3,35,1; strom. 4,21,1).
di rifiuto della proprietà senza che pe- Tanto più vivamente continua ad essere
raltro ne nascesse un maggior interessa- raccomandata l'elemosina, meno però in
mento e impegno a favore dei poveri 281 • considerazione dei poveri 285 che della
È vero che i continenti sono chiamati salvezza di chi dà 286 • Questo punto di
di per sé m:vll)v 1toi}fov·rn; (Sib. 8,281) vista si è sempre più imposto e ha trova-
e 'nj nel siriaco cristiano diventa il nome to la sua espressione pregnante nei tardi
specifico degli asceti, ma in genere il vo- Padri della chiesa 287 , i quali a proposito
cabolo manca quando si descrive il loro di disposizioni testamentarie esigevano
ideale di vita m. Nei macarismi ascetici che si pensasse alla propria anima, cioè
degli Atti di Paolo e di Tecla quello dei ai poveri, prima che al corpo o ai discen-
poveri non figura. Soprattutto si opera denti, o almeno ad entrambi in patti u-
una trasposizione del problema sociale: guali 288• Per quanto questo principio co-
dò che costituisce la vera ricchezza è la stituisse uno stimolo efficace, l'accetta·
mancanza di desideri m e la vera povertà zione di schemi greci che vi era congiun-
consiste nel non conoscere se stessi 284 • ta fìnl per oscurare quasi completamente
Per coerenza si viene a dire che il dare la concezione del povero ricevuta in ere·
per i martiri vale di più che il dare pel' dità dell'A.T. e dal tardo giudaismo.
i poveri (const. Ap. 5,1,4, aggiunta). E.BAMMEL

2Ml La situazione è analoga nell'ambiente gno- (1920) 31 (tentativo di integrare il testo).


stico. Per l'avversione alla ricchezza nel Van- 285 Soltanto una visione rimasta isolatamente
gelo copto di Tommaso cfr. J. LEtPOLDT, Ein ottimistica poté sperare che su questa strada
11et1es Ev.? Das kopt. Thomasevangelittm iibers. si arrivasse alla scomparsa della povertà (Doc-
u. erklart: ThLZ 83 (1958) 496. tri11a Petri, HoLL, op. cit. [ ~ n. 283] 234 nr.
281 Ciò vale anche per le sentenze di Sesto,
J03: xcxi oò1ìd<; fo-raL 'ltÉ\l'Tl<;).
considerate a torto favorevoli ai poveri, sulle 286 In confronto a ciò è già un segno di straor-
quali influisce piuttosto l'ideale stoico del- dinaria superficialità il fatto che in acf. Ptr.
nyxpa·ma. (ed. A. ELTER [1892] 18.49.82b. 30 anche la dignit~ morale della donna che
137.267.294). fa l'offerta appaia irrilevante.
2B2Ad eccezione di test. D. 5,13 (interpolazio· m Qui, a quanto pare, 7tÉ\ll'}c;, llE6µ.ivoç ecc.
ne cristiana). sono preferiti all'uso di 'lt'tWX.6<;. Nel l i sec.
si può accertare ancora una leggera prevalenza
283'lt).oihoç lipLCT'tOt; ii "tW\I l7tL1Nµ!.Wv 'ltE\lla.: di 1t'tWX6<;.
Clem. Al. (K. HoLL, Fragmente vorniciinischer
288 Testi in E. F. BRUCK, Kirchenvater und so-
Kirchenvater, TU 20,2 [1899] 86 nr. 189).
ziales Erbrecht (1956) 30-41.72-75; ID., To-
284 H. G. E. WHITE, Tbe Sayings o/ ]eStts tentcil tmd Seelgeriit (1926) 315 s.
1tuyµi} I (K. L. Schmidt)

t 1tUyµ1J, i" 7tUX't'EUW

1. 1tUyµl] deriva, come l'avverbio 1tVl; testuale 5 malsicuro e per l'esegesi pro-
( = col pugno, a pugni) e il sostantivo blematico 6 anche se è di per sé certo
1tUX"t'fl<; = pugilatore, dalla radice peug-,
presente anche nelle parole latine pu- che qui TIUyµl) significa pugno 7 . Se si
gneus, pugna, pugnare, pungere ecc. 1, accetta per buona la lezione nuyµl} si
ed è attestato sin da Omero. Nei LXX spiega il testo supponendo che ci si la-
rende 'egro/ (Ex. 21,18 2 ; Is. 58,4). Fin vasse le mani in uno dei seguenti modi:
dall'antichità 1tuyµl] signifìca pugilato.
Cosl nelle locuzioni 1tuyµi} VLxav (ad sfregando una mano chiusa a pugno
es., Hom., Il. 23,669) e 7tuyµ1)v à<Txe:i:v (1tuyµl]) nel cavo dell'altra mano, o ci
(ad es., Plat., leg. 7,795b) 3 • Attestato si lavasse fino al gomito, o si lavassero
è anche il significato più generale di lot-
ta, colluttazione, zuffa (Ios., ant. 14, le nocche della mano 8 , o anche che ci
2 ro ). Cosl nella frase ÈV µfocy -.'ijç 7tU"(- si lavasse «con un pugno (=manciata)»
µfiç, «nel mezzo del combattimento» d'acqua 9 , a meno che non si tratti addi-
(Barn. 12,2 con riferimento alla batta-
rittura della licenza di uno sfregamen-
glia d'Israele con gli Amaleciti, Ex. 17,
8 ss.} 4• to fatto semplicemente con le mani a-
sciutte m. La frase aramaica originale do-
In Mc. 7,3 (Èàv µ1J TCuyµlj vl4iwv'tet.L veva comunque aver suonato più o me-
-ràç xdpcx.ç) 7tuyµlj risulta per la critica no cosl: 'n l' nfljn jdjhwn lfp{J. Ora !PP

7CUyµi) X"tÀ.. introducendo il valore avverbiale di frequente·


mente, molto (cfr. Le. 5,33: VlJ!T"tEÙOVOW 7tUX·
AVVERTENZA. Questo articolo è stato rielabo- vii e sulla questione F. ScHULTIIEss, Ztlr Spra-
rato per la stampa da S. ScHULZ. che der Ev.: ZNW 21 [r9:zz] 232; riserve
I Vedi WALDE - PoKORNY 11 828 (peug-); avanza STRACK-BILLERBECK n 13 s.). Sono sta-
ScHWYZER 1 620. te proposte varie congetture, sulle quali espri-
2 Parallelo a 'pietra', altrimenti 'zappa', 'mar- me un giudizio critico LoHMEYER, Mk., ad l.
i-a', secondo KoEHilE.R-BAuMGARTNER, s.v. 6 WELU!AUSEN, Mk., ad l.: «Non sappiamo
3 Vedi PAssow; PAPE; LIDDELL·ScoTT; PREI· che cosa significhi miyµi\ ».
smKE, Wort. 7 Gli antichi lessicografi dànno la seguente de-
4 Bisogna però notare che nel testo biblico ab- finizione: M.v ouyxÀ.El<TtJc; "ti)v XEi:pa, "tÒ µ.Èv
biamo ÉrcoÀ.ɵE~ e non una forma di 1tUX"tEUW, iH;wl>EV XltÀ.Et"tat 'ltUyµiJ (Poll., 01/0fll. 2,147);
che nei LXX manca del tutto. miÀ.'l'j, cruyXÀ.ELO'Lç Baxi:uÀ.wv, ypbvl)oç (Phot.,
; A. E. J. RAWLINSON, St. Mark (1925) a Mc. lex., s.v.).
7,3: « ... è probabile che il testo sia corrotto». - 8 Cosl J._LIGHTFOOT, Horae hebraicae et tal·
La variante nuxvà del cod. S, presupposto dal· mudicae I (1675) 618.
la Vulgata (crebro) e da altre versioni antiche, 9 Cosl KLOSTERMANN,Mk. ; HAUCK, Mk. («l'e-
mentre invece altre ancora omettono la parola spressione 1tUyµij usata da Marco, la quale non
controversa (cfr. PREUSCHEN·BAUER ' , s.v. e il trova rispondenza nella letteratura rabbinica,
preciso apparato critico in C. TrscHENDORF, non significa 'con ìl pugno' - ciò era proibito:
N.T. Graece, editio octava critica maior r STRACK-BILLERBECK I 698 s. - bensl 'con una
[1869] ad l.), non è di alcun aiuto per l'in- manciata'); J. SCHNlEWIND, Das Ev. 11ach Mk.
terpretazione, perché è evidentemente una le- (N.T. Deutsch r' [1956]) ad l.
zione che tenta di rendere il testo più facile 10 Così ScHULTHESS, op. cit. (~ n. _5) 233.
mJyµi) 1-2 (K. L. Schmidt)

signìfìca tanto palmo della mano quanto ratamente, come avviene in I Cor. 9,26:
brocca (cfr. ]oma b. 3oa). Il significato oihw<; 'ltUX'tEUW Wç OÙX &tpcx. of.pwv,
primitivo aramaico del breve inciso sa- «pratico il pugilato, ma non come uno
rebbe dunque stato: «i Farisei. .. non che mena colpi all'aria» H. Gli esegeti
mangiano se prima non si lavano le ma- sono da sempre discordi nel decidere se
ni in una (particolare) brocca= !PilJ» 11 • questo 1tUX'tEUEt'V, che è un El.ç òlpct. OÉ-
pi::w, vada inteso in riferimento ad un
Negli apologisti il termine è usato
soltanto da Taziano (or. Graec. 4,r e 26, avversario presente o assente 15• In real·
3 : wcr7tEP Ewç J F.v 7tuyµfi O'VyxpovEw » tà l'immagine può essere intesa in due
e da Giustino (dial. r 5 ,3: citazione di modi: a) questo pugile, dal quale Paolo
Is. 58,4).
vuole distinguersi, non colpisce l'avver-
2 . Dei molti termini derivati da 7tUY- sario che gli sta davanti perché è poco
µ1} nell'ambito dell'antico sport del pu-
gilato, nel N.T. troviamo soltanto il ver- abile e cosl manca l'avversario e colpi-
bo 7tlJX'tEVW = praticare l'arte del 7tVx- sce l'aria 16; b) questo pugile, dal quale
't'l']ç, fare il pugilato, combattere come Paolo vuole distinguersi, colpisce l'aria
pugile 12 ; dr. 'tt<; èç cròv xpéi:i-' ènux·nu- perché, non volendo affrontare un av-
cre:v (Eur., cyc. 229); 7tUX'tEVEW xoct
nocyxpoc'ttoc~rn1 (Plat., Gorg. 456d). Es- versario, non ha nessuno davanti a sé:
so è usato solo a partire da Senofonte e non combatte sul serio, ma ama la crx~cx.­
Platone. µaxla., che consiste nel far esercizi di
Dato il favore che godeva questo pugilato all'ombra, a casa o in palestra, e
sport, questo Et8oç yvµvacrlov xat 1ta- non dove si svolgono i veri incontri; op·
ÀalC1'tpct.<; 13 , non è affatto strano che pure: combatte con le ombre, davanti al-
7tUX'tEUELV possa essere usato anche figu- lo specchio 17• Il pugile può del resto

11 Cfr. P. R. Wmss, A Note 011 ITYI'MHI: oùx ào'l)À.wç. Il passo va dunque tradotto «io
NTSt 3 (1957) 233-236. corro come colui al quale non manca una meta
I! Vedi PAssow, s.v.; PAPE, s.v. fissa (cioè come chi ha una meta precisa), lot·
U Cosl Suidas, s.v. e ancor prima Phot., !ex., to come uno che non colpisce l'atia a caso •r
s.v. (ma mi alleno sistematicamente)». [lliBRUN·
li Cosl traduce LIETZMANN, r Kor., ad l. Sinùl- NER] . Per la storia di questa esegesi si veda
FIEINRICI, I Kor., ad I.
mente anche altri traduttori. Lutero: «Com- ./)
batto dunque non come chi colpisce l'aria»; 16 Cfr. JoH. WEiss, r Kor., ad/.: «Un pugile .J
,.
O. HoLTZMANN, N.T.: «Meno il pugno come che invece di colpire con precisione l'avversa·
chi non colpisce l'aria»; H. D. WENDLAND, Die rio batta (o~pE~) l'aria non è abile né concen-
Brie/e an die Korinther (N.T. Deutsch 7 trato né disciplinato. Ciò corrisponde all'àoii-
[1954]): «Pratico il pugilato, ma non come M..ir; "tPéXEL'V».
uno che mena colpi a vuoto»; J. MoFFAT, The 11 Cfr. BACHMANN, I Kor., ad l.: «...un pugile
First Epislle of Paul to tbe Corinthians ... che colpisce l'aria senza un chiaro riferi-
(MNTC [1954]) ad l.: «Non piazzo, no, i miei mento ad un avversario (dunque non uno che
colpi a vuoto». manta l'avversario). E questo è il significato
15 Però il testo dice ben due volte non oùx linguistico della parola stessa. Cfr. Eustath.
wr; ...,
bensl wr;
où... e il significato esatto va Thessal., comm. in Il. 7,39 (u 139,36 s.): Ò
ricercato partendo dall'espressione parallela µ6voc; ÙJç ~y O'Xtctµa.xlq. µa.x6µE'Jor; X<Xt O
793 (v1,916) 'ituyµfi 2 (K. L. Schmidt)

comportarsi in questa maniera anche e chiaro, tuttavia non è possibile inter-


quando c'è un vero avversario: prima pretare con sicurezza l'immagine, perché
d'iniziare l'incontro i due atleti si scal- a sostegno di entrambe le possibilità esi-
dano colpendo l'aria con i pugni, ovve- stono esempi di scrittori antichi 19•
ro dando dei colpi a vuoto 18 • Per contro
l'Apostolo non vuole comportarsi come Due begli esempi, paralleli al testo
paolino per forma e contenuto, ci sono
un simile pugile che si perde in questi forniti da Fazio. Nell'ep. 2,roo (MPG
colpi vani, che prima mena colpi a van- ro2 [r86o] 9r6B) egli dice: oihE xa:tèL.
vera, che dunque non fa subito sul se- qilÀ.w\I, ri)..Xovoè xa-.' Èxi}pw\I w7tÀ.tcroc-
µEi>oc ~ÉÀ.1) xoct -.6!:,a xa.t 7tt:t.pa•ri!;w;·
rio. Non è possibile decidere con cer- xai 7tOÀ.Eµlovc, xa.t àcr1tlo~ òvEtpw.--
tezza se Paolo voglia mettere in risalto -rov>Ec;, wcrm:p oi 7tpÒc; à.Époc 'ltVX'tEV0\1-
il successo nello scontro o il mettersi a 'i:EC, (qui cttm aere depugnant )• fi).).' Ù7tÈp
lottare sul serio. Forse si può supporre <pO.wv È7tappricriacraµdìa. Inoltre ibid.
39 (MPG ro2,853C): xa.t Ù'ltÈp µÈ\/ crav-
che ci sia un avversario da affrontare 'tou dc; Ù.Épa oÉpwv È1tVX'i:EUcrac; (aerem
(cosi che andrebbe preferita la p.d ma verberans concertas ), xal>' ijµw\I oÈ
delle due possibili interpretazioni), per- o;ùv µÈv xa.t crqioopòv 'i:Ò\I op6µov, &,).)..,'
ÈmcrcpaÀ:ij xa.t à.va.l"ttov ot'l)ywvicra.t.
ché nel v. 27 si menziona, con una svol- Probabilmente Fazio dipende diretta-
ta peculiare dell'immagine, il bersaglio mente dall'uso linguistico paolino, poi-
che i colpi dell'Apostolo non devono ché in epist. 2,9 (MPG ro2,9r2A) cita
letteralmente I Cor. 9,26 s. 20 •
fallire, cioè il suo stesso corpo. Per
quanto l'uso figurato paolino sia efficace K. L. ScHMIDT

<paOW aÉpa oalpWV>}. STEIN, ad l. In questa· documentazione trovia-


18 Dunque come un assalto dimostrativo in un mo, oltre al passo di Eustazio citato dal BACH-
duello. Cfr. BENG!lL, ad l.: Pt1gilat11m curmi MANN, r Kor., ad l. (~ n. 17), altre due cita·
prae ceteris certimdi generibus adiicit Pa11l11s - zioni dell'antico commentatore d'Omero e ul·
wi;; oòx &Jpa. 8tpwv, 11on quasi aifrem verbe- teriori paralleli.
rans. In sciamachia, q11ae certa111i11i serio prae- 20 Thes. Steph., s.v. menziona i due primi
mitteretur, solebant aiirem verberare. passi con l'annotazione figurate, ma non la ci-
19 Ciò vale per i paralleli raccolté da WETT- tazione paolina.
'ltubw'll rn-b (W. Foerster)

t '1tvì}w..,,
l. Due sono i significati di TIMwv at- Elpl)µÉvwv, «ventriloqui, che certi chia-
testati in greco. a) Anzitutto è il nome mano pitoni; è un hapax legomenon» 5 ;
del serpente che protegge l'oracolo di inoltre Plut., de/. ol'ac. 9 (n 414e): EU'r]-
Delfi e che sarebbe stato ucciso da A- i)Eç yap ÉCT'tL xat 'ItctLOtXÒ\I xoµLOfj 't'O
pollo(~ rx, col. 33 n. 47). Pare che in OLEO'il'O'.L 't'Ò\I 1}EÒ\I av-còv Wo"1tEP (dç)
origine Delfì fosse un oracolo ctonio 1• 't'oùç Èyycr.cr.. pLµu1}ouç, EvpuxÀ.Éaç n6.-
Ma solo Igino afferma che lo stesso ser- À.aL wvt oÈ IIMwvo:ç -;tpocrayopwoµÉ-
pente Tivi)wv dava responsi: Python Ter- vouç, ÈVOuoµEVOV Elç 't'èt. crwµa:ra 't'WV
rae fi.lius draco ingens,- hic ante Apolli- 7tpO(jl1)'t'W\I Ù7toq>1}ÉyyEcri>m, 't'OLç bcEl-
nem ex oraculo in monte Parnasso re- \1!.ùV cr•6µacn xat cpwvo:i:ç XPWµEvov òp-
sponsa dare solitus erat 2 • La stessa cosa yavoLç, «è quanto mai puerile e sciocco
è probabilmente presupposta anche da ritenere che lo stesso dio, come avviene
schol. ad Pind. 3 • Ma anche questi due nei ventriloqui detti un tempo Euriclei
passi concordano con la tradizione comu- e ora Pitoni, entri nel corpo dei vatici-
ne nell'affermare che fin da tempi remo- natori e parli servendosi della loro bocca
ti il pitone è morto e l'oracolo viene co- e della loro voce come di strumenti». In
municato da Apollo 4 • Questo sigrùficato questi due passi Éyyrur't'plµutl'oç è sino-
quindi non consente di spiegare Act. nimo di 'ltuì}wv e significa il ventriloquo
16,16. per bocca del quale, però, secondo mol-
ti parla un dio, come risulta dall'oppu-
b) In secondo luogo dall'inizio del- gnazione di Plutarco. La stessa diretta
l'impero romano 'ltui>wv sta a indicare identificazione di ventriloquo e 7tMwv si
un ventriloquo. Il testo più antico è E- trova in Agostino, secondo il quale i
roziano grammatico (del tempo di Ne- pythones stanno sullo stesso piano dei
rone) che nello spiegare Hippocr., epid. sortilegi e mathematici 6 . Simile è l'inter-
5 ,63,7 dice: tyymr-cpiµui)oL' o\}ç Tili}w- pretazione fornita da uno scolio a Plat.,
vaç 'tL\IE<; xaÀ.oucnv· Eu't'L 8È 't'W\I i'fo(l.ç soph. 1, Esichio 8 e Suida 9 ; presso gli ul-

7tMW'll J Schol. a Pind., Pyth. (ree. A. B. DRACHMANN


J. TAMDORNINO, De antiqflorum daemonismo, II [ 1910] 2): tha. gPXE"ta.~ (scil. Apollo) l7tt
RVV vn 3 (r909) 59 s.; A. WIKENHAUSER, Die '\'Ò µaV"tEto'll, l'll iI> 'ltphl"t'l') Nù~ ÈXflTl~lìEV­
Aposlelgeschichte und ihr Geschichtswert, NT <fE'll, eha. 0~µ~ç. IluDwvoç òè 't'6"tE XUPt.EU<fCX.'11-
Abh 8,3/5 (r921) 4or-407; H. LEISE'GANG, 't'Oç 't'ou rcpoqnrnxou "tpl1to1>oç, Èv i[> 7tpc'.;hoç
Pneuma hagion (r922) 36 s.; Tn. HoPFNER, ALovuucç ÉDeµlCT"tEV<fE.
Griech.-<igyptischer Olfenbarrmgszauber (r924) 4 Solo Luc., de astrologia 23 afferma che il ser-
§ 276.364; E. FAscHER, Ilpocpirn1ç (1927) 166 pente pitone dà ancora responsi: l>p&.xw'll Ù'!tÒ
s.; F. CuMONT, L'Égypte des astrologues (r937) -rii> 'tpl7toO~ cp-O~fYE"ttt~.
161n.4; J. H. WASZINK, Tertullirmi De Atlima s Erotianus grammaticus, fr. 21 (ed. E. NAcH-
(1947) 363.582 s.; P. AMANDRY, La ma111iq11e MANN [19r8] 105,19 s.).
apollinietme à Delphes, Bibliothèque des éco- 6 enarratio in Ps. 91,xo (MPL 37 [184r]
Jes françaises d'Athènes et de Rome 170 n78); similmente Eus., praep. ev. 5,2;;A.
(1950) 64 s. Si vedano inoltre i commentari ad 7 Schol. a PJat., soph. 252c (ed. G. C. GREENE
Act. 16,16. [1938] 44): 'tOU't'OV xat Èyytt<f"tplµa'll-rLV viiv
1 H. W. PARKE and D. E. W. WoRMELL, The 't'L'lleç IIuDw'll&. <ptX<TL, l:oq>ox)..:i'jc; 8È <t"t'Epvb-
Delphic Oracle I (1956) 3-16. µav-.Lv.
2 HYGINUS, fabulae 140 (ree. H. J. Rosn B Hesych., s.v. IIVDW'll: o ÈyymT"tplµvDoç Jfi
[1933]). Éyya.cr-cplµa.v·nc;, S .V. rcvlh.ù'll: O<X.~µ6'11LOV µa.v-
797 (VI,918) 7tUUWV IO l w. rot:r~ccr1 \ \ 1.";)J.UJ /";)V

timi due testi citati affiora inoltre l'idea, parlasse un altro e che le sue parole fos-
di cui tratteremo più avanti, che 'ltvl>wv sero profezie: esattamente ciò che Plu-
sia uno spirito vaticinatore. Tuttavia nei tarco presuppone nel passo citato alla~
primi secoli dell'impero romano 'ltut>wv col. 796. Quanto alto fosse il presti-
non indica uno spirito che parla median- gio di Euricle risulta dal fatto che gli
te il ventriloquo, ma la persona stessa Ateniesi gli hanno innalzato un monu-
del parlante. L'arte del ventriloquio in mento 12• D'altronde i ventriloqui erano
linea di principio è accessibile a tutti, molto stimati come indovini, secondo
anche se in effetti è posseduta solo da quanto attesta anche Clemente Alessan-
poche persone e può essere usata a pia- drino, che accanto agli oracoli di varie
cimento 10• Il primo ventriloquo di cui località menziona gli àÀ.wpoµci.v-.rn;,
si parli nell'antichità greca è un certo xptt>oµavnLc; xcx.L 'toùc; Ei.crÉ'tt 7tapà ..-oi:c;
Euricle dei tempi di Platone e Aristo- noÀ.Ào~c; ..-E..-tµ'l}µÉvouc; tyya.<r..-ptµu-
fane. A proposito di certi filosofi, le cui i}ouc;, «gli indovini che operano con la
idee sono costantemente confutate dal farina di frumento o i grani d'orzo e i
loro comportamento, Platone dice che ventriloqui ancor oggi venerati dal vol-
essi portano presso di sé le sentenze al- go» 13 • La connessione di ventriloqui e
trui come un nemico o avversario che indovini probabilmente è dipesa non so-
dimora per cosl dire nella loto stessa ca- lo dal fatto che il ventriloquo parla con
sa, quasi che avessero sempre in sé qual- una seconda voce, ma anche dal fatto
cuno che parli loro segretamente, come che tale voce ha un timbro .inconsueto,
quello strano tipo di Euricle (soph. 252 come già ha osservato Ippocrate 14 • Co-
c). Il paragone presuppone che secondo munque Èyyacrwlµul>oc; nel senso di
Platone e i suoi lettori Euricle non pro- 'ltMwv non indica l'indovino in gene-
ducesse a suo piacimento lo strano lin- rale, ma una particolare categoria di co-
guaggio. In riguardo a ciò Aristofane di· storo, ossia i ventriloqui. Come si sia
chiara di avere pubblicato all'inizio le giunti all'equivalenza Èyywr-.plµut>oc;=
sue opere sotto falsi nomi e, «avendo 7tvt>wv è possibile solo congetturare.
imitato il modo di vaticinate e di pen- Probabilmente vi hanno concorso diver.
sare di Euricle, di essere entrato nel ven- si motivi: la Pizia di Delfì, come i ventri.
tre di altre persone riversandovi molta loqui, si esprimeva in suoni strani che
comicità» 11 • Si presuppone pertanto l'o- era necessario interpretare. Quale divi-
pinione che in Euricle fosse entrato e nità dispensatrice di oracoli Apollo è

·rnc6v, s.v. éyya.ui:plµu&oç: i:ovi:ov i'nu~c; Ilv- ouc; µa.v"tda.v xa.t lìLa\loLa.v Et<; <Ì.À.À.oi:plac;
ilwva. vuv xa.À.ou~v. ')'a.O"i:Éptt.ç Évèìvc; xwµcvl>Lxà. 7to).M XÉrx.<rfrm.
9 Suid., s.v. IIU!twvoç: èìa.~µovlou µa.vi:~xou,
12 Athen. 1,35 (19e). Poiché nel contesto ven-
s.v. lyya.cri:plµul}oç: è.yya.o-i:plµa.vi:~ç· èìv vvv gono elencati i}11.uµai:o1mol, l'Eurykleides cli
i:wEç Ilvfrwva., dr. Cyrill. Alexandrinus, com- cui qui si parla non sarà.l'omonimo uomo po-
mentarius in Isaiam prophetam 4,2 (MPG 70 litico, ma il ventriloquo Eurycles.
[1864) 944 Cl: lyya.<T't'p~µvi}ouc; qrnaì. -roùc;
Il Prot. 2,"n,1 s. Secondo Philo, som. 1,220 Al·
l)iwèìoµ<ivi:Etç t]i:o~ 7tv&wvtxovc;.
10 R.LucHSJNGER-G.E.ARNOLD, Lehrbuch der
yur.'tou 7t&.vi:Eç uo<puti:a.l sono: olwvoµ<iv't'EL<;
Stimm- 1111d Sprachbeilkrmde (1949) 73: «Il
t')'ya.o-i:plp.ul)ot, -rE(Xt.'tO<TX67tot, lìEwoL 7ta.À.Ev·
<Ta.~ (raggirare) xa.L xai:E?téicra.t xat "fOT}'tEU<Tl1.L.
ventriloquio è una singolare trasposizione del-
la voce che... anche quando l'artista è vidnis· 14 Hippocr., epid. 5,63,12 (ed. fl. LITTRÉ V
simo può creare l'illusione di un luogo da [1846] 242,12): una donna malata Éx i:ou
cui provengano una o più voch>. <T'ti)frgoc; ù1m)l6rpEEV, wCT'ltfp cd lyya.cr'tplµul}ot
11 vesp. rn19 s.: µtµrio-a~\loc; -rTiv EvpuxÀ.É· À.Ey6~Vl1.L.
799 (vr,918) 1tV&wv ib - 3 (W. Foerstcr) (Vl,919}~00

detto 'pizio' e benché si narrasse che già dalla connessione col testo ebraico.
da molto tempo il serpente pitone era
stato da lui ucciso, il serpente come tale 3. In questo episodio l'indovina di
era ancora considerato l'animale manti- Endor fa ricorso alle arti della necro-
co per eccellenza (~ IX, col. 32). C'è manzia; perciò Flavio Giuseppe pre-
poi da aggiungere l'idea desunta dall'e- senta nella sua parafrasi tutti gli Èy-
timologia che la Pizia traesse ispirazione ya<r-rplµuilot come persone che predico-
dalle esalazioni che venivano dalla ca- no il futuro grazie alla necromanzia 18 • In
rogna in putrefazione del serpente pi- questa linea, secondo una tradizione tan-
tone 15 • L'idea che 1tUDwv sia stato uno naitica ricorrente, il biblico ba'al 'ob è
spirito divinatorio che animava gli in- =
spiegato con pitom 'ltMwv, interpreta-
dovini non è attestata in ambienti pa- to con hamm•dabbèr miSSihiiw o ben
gani dei primi secoli dell'impero romano. p"raqlm ed è trattato nel coritesto quale
dores hammetzm 19• La Vulgata ha tra-
2. I LXX con Èyya.O"'tplµuì}oç hanno dotto 'ob in parte con magus 20 , in parte
tradotto l'ebraico 'ob solo o in vati nes- con python o con pythonicus spiritus 21 .
si 16• Il significato del termine ebraico è C'è poi almeno da chiedersi se il targu-
incerto 17, mentre è evidente che la tra- mico bidln sia equivalente a 'ltV~wv 22.
duzione greca si riferisce a un ventrilo- L'episodio dell'indovina di Endor è sta-
quo; solo in un passo (1 Bcx.<r. 28,8: to spesso fatto oggetto di indagine da
µciv·n:u<ra.i. 81) µoL Èv 't~ Èyya.<r-rpi.µu- parte dei Padri della chiesa, che si chie-
ì}~) potrebbe darsi che si faccia riferi- devano se fosse possibile che l'Èyya-
mento a uno spirito demoniaco; ma è <T'tplµutl'o<; evocasse veramente l'anima
un'impressione che deriva forse soltanto di Samuele e cosl potesse dare responsi

1s ~ AMANDRY 65 fa notare che il cambia- distinti dagli éyya.a-rplµvftoL (iidd"on1m); in


mento del nome degli lya.<T-.plµvl)ot coincide De11t. 18,u la necromanzia è distinta dallo
con l'ampia diffusione della tradizione secondo IO'él 'oh = ~yya.<T'tplµu&oc;. iyyaa-.plµvftoc;
la quale le esalazioni della carogna in putrefa- = badd1m·: Is. 44,25; in .2 Chro11. 35,19• man-
zione del serpente ispiravano la Pizia. Nell'an- ca il testo ebraico.
tichità spesso il nome 'pitone' è fatto derivare 17 Di solito: spirito dei morti. ~x.col.863 . H.
dal verbo 7tMw (dr. i passi ibid. n. 3). Questa ScHMID, 'oh, in Festschr. K . Marti (1925) 253-
concezione si trova in Chrys., in epistt1la111 I 261 intende 'ob nel senso di uno strumento di
ad Corinthios homìlia 29,I (MPG 61 [1862) magia, cioè un legno fissato a una cordicella e
.242) modificata nel senso che uno spirito mal- che il mago fa girare vorticosamente in senso
vagio che sale dagli abissi entra nel seno della orizzontale sopra il capo.
Pizia. 1s ant. 6,330: -.b yù.p -.Gw ~yyaa-.pLµvftwv yÉ-

16 'oh = lyya.<T-.plµultoc;: Lev. 19,31; 20,6; x


voç &:v&:yov -.àc; 't"WV VEXpWV i!Jux;àc; 8ùt.V.
'tWV 'ltpoÀ.ÉyE~ 'to~ç oeoµÉvo~ç 't"à &:7to~'l')<T6-
Ba<T. .28,3.9; 1 Chron. 10113; .2 Chron. 33,6;
Jo'él 'oh = lyya.a't"plµvhoc;: De111. 18,u; 'eJet µ~vci.

ba'alat-'ob = yu'iri) lyya.cnplµul)oc:;: 1 Ba.<T. 19 Sanh. 7,2: b'l 'wb zh pitwm hmdbr mifiiw;
28,7; 'ob mé'ere!= ol <pWVOVV't"Ec; h 'ti}c; riic;: Sanh. b. 65b (hmdbr bin prqjm); T. Sanh. ro,6;
Is. 29,4 (Simmaco: lyyaa-tplµvftoc:;); '6b = S. Delll. § 172 a 18,u; S. Lev. a 20,27; STRACK-
{)eÀ.11-riJc:; (errata derivazione dall'ebraico 'hh): BILLERBECK II 743·
4.BM. 21,6; 23,24 (Simm.+Aq.: lyya.a-rplµv- W Lev. 19,:p; 20,6; 1 Sam. 28,3.9; .2 Chron.
ftoc;); 'IJ '6-'iJia ki-jihieh bahem '6b '6 iidd"o11'i 33,6.
= ci'iri)p i\ yu'iri), oc; 8.v yl\l'l}-ca.~ aÌJ'tWV ly- 21 De11t. 18,n; I Sam. 28,7 s.; 1 Cbron. 10,13
ya.<T'tplµvftoc; i\ É7ta.~oo6c;: Lev. 20,27. Per x (pytho11issa); Is. 8,19; 19,3; 294; .2 Reg. 21,6;
Ba.<T. 28,8 ~ sopra. oL ci7tl> (lx) -riic; yi'jc; cpw- 23,24. pytho11ic11s spiritt1s: Lev. 20,27.
vouv-.Eç = 'obot in Is. 8,19 e 19,3 vengono 22 STRACK-BnJLERBECK u 743.
esatti!.!. In un primo tempo il rapporto spirito che parla dal ventriloquo 27 • Que-
diretto tra ventriloquio e necromanzia sta equiparazione di demone e demonia-
fu supposto soltanto in base ai LXX e
solo in seguito fu generalizzato 24 • In co si trova anche nei vangeli (Mc. 5,7
Sib. 3,226 gli &yya<T'tplµvtloL sono men- ss. e brano parallelo di Luca) e può ave-
zionati accanto a varie altre forme cli re indotto l'autore degli Atti, e in se-
predizione e di magia cli vari popoli pa-
guito i Padri della chiesa, a trasporre il
gani, come fa anche test. I ud. 2 3 ,1; non
si nota invece alcun riferimento alla ne- termine 1tuDwv dal ventriloquo allo spi·
cromanzia. rito che parla per mezzo suo. In ogni
caso Act. 16,16 signifìca che la giovinet-
4. In Act. 16,16 la lezione 1tVEiJµa
ta era una indovina ventriloqua e per-
'1tvi}wvoç 15 è una evidente attenuazione e
tanto aveva rapporti col mondo demo-
contenutisticamente è insostenibile; in-
niaco.
fatti non esiste un testo che comprovi
Act. 16,17 indica il modo di esprimer-
che da nvi}wv, qualunque sia il signifi- si della giovinetta col verbo xptl.sEw, ma
cato del termine, promanassero degli ciò mal s'adatta al tipo di suoni emessi
spiriti. Non è facile determinare se 1tU- dal ventriloquo. Abbiamo però anche e-
i}wv sia da intendere nel senso cli appo- sempi di ventriloqui che parlano ad alta
voce 23• Più seria è l'altra considerazione
sizione 26 (uno spirito, cioè un 'ltui)wv), che nel ventriloquo scorge un modo di
o se si debba intendere nel senso di parlare che può essere prodotto a piaci-
«uno spirito di nome Pitone», o se tut- mento, per cui tutti i ventriloqui che .si
fanno passare per indovini non sarebbe-
ta l'espressione vada tradotta con «uno ro che mistificatori e quindi per Act. 16,
spirito pi tonico». La caratteristica del- r6 non si dovrebbe parlare di esorci-
!'espressione è comunque che la giovi- smo. Dobbiamo però ammettere che per
la giovinetta, come probabilmente per
netta doveva avere uno spirito chiamato gli individui menzionati da Origene {~
JtuDwv. L'idea s'incontra solo presso i coll. 803 s.), l'arte del ventriloquio e il
Padri della chiesa(~ coll. 802 ss.) e for- dono (vero o presunto) della profezia co-
se nei LXX (~col. 799 ), che identifica- stituiscono una unità indissolubile.
no Jtui}wv oppure Èyymnpiµvtloc; con lo 5 . Presso i Padri della chiesa 1t1'iDwv

21 Testi in-+ W1KENHAUSER 405 s. e-+ WAs- SCHEN, Apostg., ad l.; F. F. BRUCE, The Acts
ZINK ,582 s.; Iust., dial. 1054: iS"tL µÉ\IOUO'tv o/ the Apostles (1952) ad l.; HAENCHEN, Ag.,
al tJiux(lt &.mlìEL;a. òµ~v ..oii xat "t"Ì]V l:a.- ad l. «Spirito di nome pitone»: ZAHN, Ag., ad
µoviJ).. tjivx'l)v xì..'r}ftiivctt intò 'tijç iyycw-tpL- l.; PREUSCHEN-BAUER5, s.v. rimanda ad livl}pw-
µvfrov. La concezione opposta si trova in act. 7tOç ~aO't°Muç dei vangeli. BL.-DEBR.' § 242:
Pio11ii 1 ,2 ss. (R. KNoPF - G. KRUGER, Ausge- spirito pitonico, come &vopEç 'Ath]vaiot=Ate-
wiihlte Miirtyrerakten 1 [ 1929]). niesi: aggettivazione di nomi personali.
24 Suid., s. v. ÈyyctO''t'plftuµoç : etihat (scil. yv·
vaixEç tyya1nplµvf}ot) -tàç -.wv -tE!h>11x6"tWV n act. Pìonii r4,7: 7tWç 'l'Jouvc.t'tO 'li ao~xoç
Éyyet<T'fplµvDoç, -1t Balµwv, Ò.\la.ya.yE~'\I -t'l)v
IJiuxàc; ÈSEXCtÀ.OUV'tO. µi.il, 8È CtV"tWV txff/iO'et"tO
i:aov)... "tov à.ylov 7tpoqi1)-.ou tJivx-fiv ... ;
25 P" E e i codici della recensione ~ . M TH. S. FLATAU - H. GuTZMANN, Die Bauch-
26 'ltufrwva. nel senso di apposizione: PREU- red11erk1111st (1894) 65.
mJÀ:I'} A (Joach. Jeremias)

indica non il ventriloquo, ma lo spirito nant, id est ventriloquum, parsi sunt;


che per mezzo suo parla. Pseud.-Clem., identica è probabilmente l'idea che sta
hom. 9,16,3: où yà.p Et ·n µct\l"t'EUE"t'ctt alla base di Hier., in Is. 8,20 (MPL 24
i>E6c; écr-rw· o"t't xaL 7tvi>wvEc; µavnvov- [I 845] 12 3 A): quaerite ventriloquos,
·m~. à.À.À.'vcp'1)µW\I wc; Òa.lµovEç ÒpXLSO- quos pythonas intellegimus ... et qui de
µeVOL cpuyaOEVO'\l"t'CI.L, «infatti se predi- terra loquuntur, quod in evocatione ani-
ce qualcosa non è dio; poiché anche i marum magi se facere pollicentur; in-
pitoni profetizzano, ma sono da noi fatti la prima parte della frase significa
scacciati come dèmoni mediante esorci- che 'noi' abbiamo riconosciuto i ventri-
smi»; Orig., princ. 3 ,3 ,5: alii a prima ae- loqui quali demoni pitoni (altre indica-
tate daemonem, quem Pythonem nomi- zioni -7 nn. 8 e 9).
W . FOERSTER

7tUX"t'EUW ~ coll. 791 ss.

t nvÀT}, t 7tUÀ.W\I

~ lhJpa 1v, coll. 605 ss.; xÀ.dc; v, coll. A . 'ltUÀ:f) E 'ltUÀ.WV IN SENSO PROPRIO
547 ss.
In senso proprio nel N .T. 1 1) wÀ:ri
SOMMARIO: indica a) la porta della città: Hebr. 13,
A. 'ltVÀ.'CJ e 7tU'ì.Wv in senso proprio. 12 (Gerusalemme); Le. 7,12 (Nain);
B. La porta stretta (Mt. 7,IJ s.). Act. 9,24 (Damasco); 16,13 (Filippi);
C. Le porte dell'Ade (Mt. 16,18) in questi casi la porta sta a indicare

1tUÀ.TJ, wÀ.wv 3I6-320.424.436-445; BULTMANN, Trad. 148 s.;


PREUSCHEN-BAUER1, s.v. J. KROLL, Gott und Halle. Der Mythos vom
Per C: Descensuskampfe, Studien der Bibliothek War-
W. KOHLER, Die Schliissel des Petms : ARW burg :zo (l932); A. 0EPKE, Der H ermspmcb
8 (r905) 214-243, spedalm. 222-224; A. DELL, iiber die Kirche Mt. z6,z7-r9 in der neuesten
Matthiius r6,17-19: ZNW 15 (1914) 1-49, spe- Forscbung: Studia Theologica 2 (i948) no·
cialm. 27-33; O. lMMISCH, Matthiius 16,18: 165; J. Lunwm, Die Primatworte Mt. z6,18.19
ZNW 17 (1916) 18-26; A. v. HARNACK, Der in der altkirchlichen Exegese, NTAbh 194
Spruch iiber Petrus als den Felse11 der Kirche: (l952) 44.66.70; O. BnTZ, Felse11111a11n 1111d
SAB ,32 (1918) 637-654; S. EURINGBR, Der lo- Felsengemeinde: ZNW 48 (1957) 49-77; dr.
ctH classicus des Primates (Mt. r61 18) und der inoltre i commentari 3 Mt. 16,18. Circa mJÀ.'!]
Diatessarontext des hl. Epbriim, Beitrage zur quale designazione di Cristo nella letteratura
Geschichte des christlichen Altertums und der cristiana primitiva -i> IV, coli. 621 s., n. 80.
by:zantinischen Literatur, Festgabe A. Ehrhard, 1 Circa l'uso linguistico anteriore al N.T .: 7tV-
ed. A. M. KoENIGBR (l922) J41-r79; STRACK- À.'!J, d'uso generico, è d'etimologia incerta (Bo1-
B1LLERilECK I 736, IV rn87 .rn89; JoAcH. ] ERE- sACQ 826); il plurale è esclusivo in Omero,
MIAS, Golgotha (l926) 34-88, specialm. 68-77; prevalente in seguito (in luogo del duale i due
O . W EINREICH, G ebet tmd \f/rmder, Tubinger battenti della porta, S cHWYZER II 44; cfr. an-
Beitrage zur Altertumswissenschaft 5 (1929) che - IV, col. 607 n. 8) [A. D EBRUNNER tl.
m)À.fl A (Joach. Jeremias) (Vl,921) 806

che la città o la località - quindi anche proposito di Gesù, dice: i:va. ciytttOìJ
la piccola Nain 2 - era circondata da mu- OL<Ì. 'tOV e!;w
lolou a.Ì:µa.'toç -rÒ\/ Àaov,
ra; b) la porta del tempio; Act. 3,10: 1J
wpa.la. 1tVÀ1J, «la porta bella» (probabil- •fiç ;;UÀT)ç ETCCJ.llEv, «per santificare il
mente la porta di Nicanore posta tra popolo col proprio sangue, patì fuori
l'atrio degli Israeliti e l'atrio delle don- della porta» . Il fatto che la crocifissione
ne 3); c) la porta della prigione; Act. 12,
di Gesù, in rispondenza alla costumanza
rn: ii 1tuÀ:111J <TLOTJpa, «la porta di fer-
ro». Riguardo al prodigio della porta tomana 4 e orientale 5 , avvenne, come at-
che si apre da sé nel miracolo della li- testano anche i vangeli, fuori delle mura
berazione dal carcere~ rv, coll. 610 ss. di Gerusalemme 6 , viene utilizzato da
A differenza di 1J 'ltUÀ.1) il vocabolo
ò 1tUÀwv indica la porta come edificio, Hebr. per illustrare la completa separa-
la porta del torrione, a) delle mui:a della zione del cristianesimo dal giudaismo. Il
città (la Gerusalemme che scende dal v. IO aveva messo in rilievo questa se-
cielo ha dodici porte: Apoc. 21,12 s. 15.
2r.25; 22,14); b) di un tempio (in que-
parazione, comunque s'interpreti il vo-
sto senso va probabilmente inteso Act. cabolo V'ucna.O"•TJPLOV (~ IV, coll. 639
14,13); e) il vestibolo di una casa o di ss.): i sacerdoti che rappresentano il po-
un caseggiato: Mt. 26,71; Le. 16,20; polo giudaico non hanno alcuna comu-
Act. 10,17; 12,13 s. In quest'ultimo ca-
so il 1tUÀwv era separato dalla casa o nione con l'altare della comunità cristia-
dal caseggiato mediante un cortile. na. I vv. 1r s. offrono la motivazione
scritturistica della separazione della co-
Per la teologia biblica è importante murùtà cristiana dal giudaismo: Lev. 16,
ciò che riguardo a 'ltUÀ.1) si legge nella 27 prescriveva che nel giorno dell'espia-
Lettera agli Ebrei, la quale in 13,12, a zione i corpi del giovenco e del capro

2 Circa Nain dr. G.DA~AN, Orte rmd We- ra mondiale fuori della porta di Giaffa e di
ge ] esti1, BFI'h n r (1924) 206 s.; C. KoPP., Damasco.
Die heiligen Statte der Evangelien (1959) 295 . 6 lo. 19,20, cfr. Mc. 15,20; Mt. 27,32; Io. 19,
3 E. STAUFFER, Dos Tor des Nicanor: ZNW
17 ~ ] EREMIAS l-33. La conferma viene inol-
44 (1952-53) 64 n. 72; alla luce di questo arti- tre da Mt. 21,39 par. Le. 20,15 dove l'interpre-
colo si deve correggere -+ IV, col. 606 n. 5, tazione cristologica ha provocato una inversio-
dove si dice che la porta di Nicanore è situata ne della più antica sequenza (prima viene uc-
ad oriente (invece che ad occidente) del vesti- ciso poi gettato fuori della vigna: Mc. n ,8).
bolo delle donne. Infatti mentre in Mc. 12,8 il figlio del proprie-
4 Per es. Plnut., miles gloriosus 359 s.: ero·
tario della vigna è ucciso nel podere e poi lo
cifissione extra portam. si oltraggia ulteriormente gettandone il cada-
5 Lev. 24,14.23; Num. 15,35 s.; De11t. 17,5; vere fuori del muro di recinzione, Mt. e Le.
Flav. Ios., ont. 4,264; bell. 4,360; Le. 4,29; hanno cambiato la successione degli avveni-
Act. 7,58; Sanh. b. 42b-43a; S. Leu. 24,14; S. menti: prima il figlio è cacciato fuori della vi-
Deut. 149 a 17,5; 242 a 22,24. In Oriente ta- gna e poi ucciso. L'applicazione della figura
le consuetudine era ancora valida in tempi re- del figlio a Gesù ha dato origine alla modifi-
centissimi: alla .fine del secolo scorso le esecu- cazione del racconto alla luce degli avvenimenti
idoni capitali a Gerusalemme avvenivano fuo- della passione (cfr. J . ]EREMIAS, Die Gleich11is-
ri della porta di Giaffa, durante la prima guer- sc Jesu' [1958] 6r s.).
807 (VJ,921) 7tVÀ.1J A-B (Joach. Jeremias) (vr,922) 808

immolati in espiazione, il cui sangue era del suo obbrobrio. Egli è equiparato al
servito ad aspergere il santo dei santi, blasfemo (Lev. 24,14) e al trasgressore
fossero bruciati «fuori dell'accampamen- del sabato (Num. IJ,35) che devono es-
to»; fu per adempiere questa prescrizio- sere lapidati «fuori dell'accampamento».
ne, continua Hebr. 13,2, che Gesù, vit- La sua morte fu particolarmente amara
tima di espiazione della nuova alleanza, per il fatto che egli dovette morite come
morl ~~w -.l}ç 1tUÀ.7)<;, ossia separato dal- un bandito dalla comunità di Dio. La
la città santa e dal territorio sacro. Per- libera partecipazione a questo obbrobrio
ciò si invita la comunità a prendere su rientra neUa sequela di Gesù.
di sé l'obbrobrio di Gesù (v. 13) me-
diante l'esodo dall'accampamento (cioè B. LA PORTA STRETTA {Aft. 7,13 s.)
dal giudaismo). L'esecuzione capitale di Quanto al testo di Mt. 7,13 s. va no-
Gesù fuori delle porte di Gerusalemme tato quanto segue: è abbastanza consue-
viene interpretata in due modi. Anzitut- to cassare 7) 1tUÀ:ri in Mt. 7, l 3 b, come
fanno i codd. S*abchkm Cl. Al. Orig.
to fu un elemento della sua opera di Eus. Cyprian. 8 e considerarla un'inter-
salvezza. Poiché allo spazio «fuori del- polazione suggerita dal v. 14. Ma poiché
l'accampamento» al tempo della migra- i codd. 544 p'ahkm Cl. Al. Orig. Eus.
zione nel deserto (vv. u.13) corrispon- Cyprian. omettono 1J m)À:r1 anche al v.
14, o si cancella Ti 1tUÀ.'l'J in ambedue i
deva in Palestina, secondo la halaka, lo versetti 9 (ma non è raccomandabile, da-
spazio fuoti delle mura di Gerusalem- ta la debolezza della testimonianza) op-
me 7, e poiché di conseguenza in Pale- pure 101J 7tUÀ.'l'J si legge in entrambi i ver-
setti , come suggerisce non solo il va-
stina le due vittime espiatorie del giorno lore dei codici ma anche l'antitetico pa-
dell'espiazione venivano bruciate davan- rallelismus membrorum tra il v. 13 be
ti alle porte di Gerusalen:ime (Joma b. e il v. I4·
68ab ), l'esecuzione capitale di Gesù da- Per quanto riguarda l'immagine che
vanti alle porte di Gerusalemme dimo- soggiace a Mt. 7 ,13 s., la duplice sequen-
stra che egli è la vera vittima espiato- za 1tUÀ.71-òo6ç (nÀ.a-.efo. 'ÌJ 'ltUÀ.7J xaL eò-
ria. In secondo luogo, l'uccisione di Ge- puxwpo<; 1) òo6<; ... O'""tE\11} 1} 'ltUÀ.'I) xaL 't'E-
sù fuori della porta fu una componente i>À.tµ(.1E\l'l'J TJ òo6<;, «larga la porta e spa-

7 S. Num. l a 5,3; T. Kelim Baba Qamma 1, PJB 5 (1909) 33; In., op. cit. (~ n. 2) 305 s.
12; Zeb. b. rx6b; Num. r. 7 a .5,3. Secondo la 8 WELLHAUSl!N, Mt., ·ad l.; KLOSTERMANN,
tradizione I'«accampamentm> dell'epoca del de- Mt., ad l.; P. JotioN, L'Évangile de Notre-Sei-
serto era disposto su tre cerchi concentrici: at- g11e11r Jéms-Christ, Verbum Salutis V (1930)
torno alla tenda del convegno (accampamento 42; A. HucK - H. LIETZMANN, Synopse der drei
di Dio) erano attendate le famiglie dei Leviti e erste11 Evangelien 9 (1936) ad l.; NESTLB 21
attorno a queste il resto del popolo. A questi mette Ti 1tUÀ.TJ tra parentesi quadre.
tre accampamenti corrispondevano tre gradi di 9 Cosl BuLTMANN, Trad. 81.
santità entro le mura di Gerusalemme; cfr. G. 10 Cosl per es. ScHLATTER, Komm. Mt., ad l.;
DAI.MAN, Der zweite Tempel zu Jemsalem: ~ vur, coli. 201 ss. e n . loo.
'~"'"""l ....,,. \J ~ -- -- - .,, - - - ·

ziosa la via ... stretta la porta e angusta un ingresso 16 •


la via») non deve indurre 11 a cercare L'angustia della via e della porta che
le porte all'inizio della via 12 o intendere conducono alla vita in antitesi all'am-
TIVÀ:TJ ( = tara') nel senso di una stret- piezza di quelle che pmtano alla danna-
toia della strada 13, poiché il parallelo zione esprime l'idea che è difficile con-
Le. 13,2 3 s. conferma il carattere escato- seguire la vita eterna, perché la strada
logico dell'immagine della porta. Quin- che vi conduce richiede sacrificio e ri-
di porta larga e stretta sono le porte che nuncia 17; perciò è sparuta la schiera di
introducono alla vita eterna e all'eterna coloro che giungono alla vita (cfr. il par.
dannazione, e la successione 7tvÀ.11-oò6c; L e. 13,23s.) 18 • Quindi con l'immagine
va considerata un hysteron-proteron po- delle due porte Gesù spiega ai discepoli
polare 14 • In effetti l'immagine della por- che devono avere il coraggio di separar-
ta della città, della porta della Gerusa- si dalla grande massa e dalla collettività
lemme fìnale, per indicare l'ingresso nel nazionale che rifiuta Gesù e imboccare
regno di Dio è molto frequente nel lin- il cammino di passione della piccola
guaggio metaforico escatologico 15 ; vi schiera, se vogliono giungere alle porte
corrisponde l'idea che anche l'inferno ha della futura città di Dio 19 •

11 L'immagine della porta trova questa appli- r3•bc•.15 .21'"; Herm., sim. 9,12,5: El oi'.iv Elç
cazione in r Clem. 48,2-4 (senz.a alcun rappor- -ri)v 1toÀ.w où Mv11 d<TEÀ.Dti:v EL µTj IM. 'tijç
to con Mt. 7,13 s.): entrano per la «porta del- mJÀ.1]ç aù'tTjç, o!hw, qi11crl, xctL Ek; -ti}v ~o:-
la giustizia» (Ps. u8,19) coloro che intendono 01.À.Elav 'tOV ì>EOU i}..).).wç tl<TEMti:V où l>uva-
comportarsi secondo santità e giustizia. ";ct~ lfvì}pwnoc; d µi) oL<k -coii òv6µa-toc; 'tOU
12 K. BoRNHAUSER, Die Bergpredigt, BFTh II vloii u.t'rroi:i (di Dio). La raffigurazione dell'ac-
7 (1923) 177.180; KI.osTERMANN, Mt. e cesso alla salvezza come un ingresso attraverso
ScHLATTER, Komm. Mt., ad/. In porta della città si trova anche in Ceb., tab.
13 JotioN, op. cit. (~ n. 8) 42 s.; vi si oppone 17,2; 18,1; 20,2 e in Luc., Hermot. 22 ss. (H.
il duplice ttcrÉpXt<Tlt<1.L del v. 13 . WrNDISCH, Die Spriiche vom Eingehen in das
14 4 Esdr. 7,6-8 conferma che la via sta prima Reich Gol/es: ZNW 27 [1928) 189-192); in
della porta: «(lmmàginati) una città edificata ... questi casi però la salvezza è intesa in senso
L'accesso ad essa è angusto e posto sopra un puramente idealistico-terreno, non escatologico.
abisso; a destra fuoco, a sinistra acqua profon- 16 Sukka b. 32b; Er. b. l9a (STRACK-BILLER-
da. Un solo sentiero passa in mezzo tra il fuo. BECK 463) dr. Bar. syr. 59,10: «fauci dell'in-
co e l'acqua, e il sentiero è così stretto da per- ferno»; inoltre --7 v, col. 553 n. 26.
mettere il passaggio di una sola persona». 17 Cfr. 4 Erdr. 7,12.14; Pesikt. 179b (STRACK-

L'hysteron-proteron di Mt. 7,13 s. si potrebbe BILLERBECK I 463); ~ VIII, col. 210 n. rr3.
spiegare supponendo che due immagini sin~ 18 6).lyoL Etutv ol Eùpluxov-n:ç rt.V'tTJV (Mt. 7,
nimiche (porta, via) siano state combinate se- 14). Dat punto di vista grammaticale u.Ì.l'tTJ'I
condariamente (--7 col. 8n) in una doppia im- si può riferire sia a nvÀ.1] sia a òlì6c; o a !;wn.
magine (--7 vnc, coll. 203 s.). La conclusione del v . 13 (1toÀ.À.ol El<Tw ol El<T-
15 4 Esdr. 7,6-8 ~ n. 14; Pesikt. 179b (STRACK- EPXOµEVOL 8~'0:1hfiç), dove il 0L'u.1hijç a mo-
BILLERBl!CK I 463): «Attraverso quale porta tivo del lit&. deve essere riferito a noÀ:r1, rende
pllotJ (nvÀ.wv) vi è un'apertura alla vita del certi che anche 1'0:1h1)v dcl v. 14 si riferisce a
mondo futuro?». Apoc. 22,14: tva ... -to~c; 1tU- nuÀ.1J.
À.W<TW d<TÉÀ.Ì}W<TLV Elç 'tTJV 1t6À.w, dr. 21,12•b. 19 ScHLATTER, Komm. Mi., ad l.
'ltUÀ.'rJ B-C (Joach. Jeremias) (VI,923) 812

Nel par. Le. 13,23 s. l'immagine è di- C. LE PORTE DELL'ADE (Mt. 16,18)
versa: non si ha più, come in Mt., la 1tU-
À.1J, la porta della futura città di Dio, Molti popoli antichi raffigurano gli in-
ma la i}upcx., la porta che immette nella feri come regione, città, fortezza o pri-
grande sala in cui si tiene il banchetto gione munite di solide porte che impedi-
dell'èra della salvezza (-7 IV, col. 618); scono la fuga di chi vi21 è rinchiuso e l'en-
inoltre in Luca non abbiamo più due trata di chi sta fuori • I Babilonesi per
porte alle quali conducono due vie, ma es. narrano che !Star ha forzato le porte
una sola porta che è ancora aperta, ma del «paese senza ritotn0>> n. Anche gli
presto (v. 25) verrà chiusa. Alla diversi- inferi
23
degli Egiziani sono chiusi da por-
24
tà dell'immagine corrisponde una diver- te • Da Omero in poi troviamo nella
sa accentuazione in Luca. Mentre Mt. 7, letteratura greca le 1tvÀ.m (j.oou e le loro
r 3 s. richiede il coraggio di scegliere là chiavi(~ V, coli. 552 ss.); queste porte
via della piccola schiera che è in cammi- sono di ferro durissimo (Preisendanz,
no verso la città di Dio, Le. 13,23 s. in- Zaub. 4,2720) e si aprono davanti a di-
vita a impegnare tutte le forze per en- vinità o ad eroi che vogliono entrare nel
trare nella sala del banchetto finché c'è mondo sotterraneo, ma25 solo per forza o
tempo. In Le. col minaccioso «troppo dietro offerta di doni • Esse hanno un
tardi» il logion rispecchia più efficace- ruolo importante soprattutto nei testi
mente la situazione critica dell'imminen- magici; cosl Menippo (presso Luc., nec.
te inizio del regno di Dio. Al confronto 6) afferma che i magi persiani con le lo-
la redazione matteana, che attenua il to- ro arti sono in grado di &:volyEW 'tE 'tOU
no escatologico, dovrebbe rappresentare "ALoov -.à.c; 1tVÀ.ac;, «aprire persino le
uno sviluppo del logion, determinato da porte dell'Ade» u._
esigenze dell'istruzione comunitaria e ot-
tenuto con l'ausilio dello schema delle Per intendere Mt. 16,18, dato il ca-
27
due vie (-7 VIII, coll. l 22 ss. 150 ss. 161 rattere semitico del tristico 16,17-19,
ss. 172 ss. 20). rivestono notevole importanza i paral-
leli veterotestamentari e tardogiudaici.
Nell'A.T. l'espressione sa'are s•'ol, «le
porte degli inferi», s'incontra una sola

20 W. GRUNDMANN, Die Frage dcr iiltesten Babylo11ier111 : AO 1,3 (1903) 18-20; E. LEH-
Gestalt und des t1rsprii11gliche11 Sinnes der MANN - H. HAAS, Textbuch zur Religionsge-
Bergrede ]esu (1939) 5 n. 2; T.W.MANSON, The schichte' (1922) 297; A.0.T. I 207; -> KRoLL
Sayings of ]es11s (r950) 17.5. Sotto il profilo 206-214.
linguistico, depone a favore anche il fatto che 23 -> KROLL 194-197.
è incerto se il semplice E~ 'tlJ\I l;wTiv (Mt. 7, 24 Il. 5,646; 9,312; Od. q,156: 7tUÀ.at 'AUìao.
14) fosse espressione di Gesù (DALMAN, Worte Per il plurale nel greco classico v. BL.·DEBR. S
] . I 131 ). Il processo di eliminazione dell'aspet- l41A e~ n. I.
to escatologico è continuato in ambiente elle- 25 ~ WEINREICH 437; dr. -> KROLL 363-.p2.
nistico: in Sib. 2,150 ('tou-co 7tUÀ.1J l;w'ijc; xixt 26 Altro materiale in ~ KOHLER 223 s.; ~
E~uoBoc; til>ixvixulric;) il termine l;W'IJ (Mt. 7,14) KROLL 466-5u. I testi inandei descrivono il re-
ha perduto il suo valore escatologico ed è di- dentore in atto dì aprire la porta del carcere
ventato sinonimo dì àfro;vixcrlix. delle anime e~ KROLL 292-296), ma in genere
21 Bibliografia in ~ K~l-lLER 222 n. 1; ~ pongono questo carcere nelle sfere planetarie
WEINREICH 437 n. 64. Cfr. inoltre ~ DELL (-> KRoLJ. 297). Nella terminologia astrologi-
27-33; STRACK-BILLERBECK IV ro87.1089 s.; ca con lj.oou 'ltUÀ.TJ si indica la regione sotto
ricca documentazione in ~ KROLL. l'oroscopo (LlDDELL-ScoTT, s.v. "A~OT)c;).
2i A. ]EREMJAS, Ho/le tmd Paradles bei den 27 -> ]EREMIAS 69; ->coli. 816 ss. 819 ss.
7tUÀ'l'J C (Joach. Jerem1asJ

volta nel canto di lode di Ezechia (Is. Émq>cx.vElexc; aù-roùc; fio11 1tpÒç 1tuÀ.a.~c;
38,ro) 28 ; ma il suo significato equivale ~oou xai>Eu-.w-.a.c;, «gridarono a gran
di fatto a quello di espressioni come voce supplicando ardentemente il signo-
sa'aré mawet, «le porte della morte» re di ogni potenza di avere compassione,
(Ps. 9,14; ro7,x8; Iob 38,17") 29 ; Ja'aré mediante un'apparizione, di loro che or-
~almàwet, «le porte delle tenebre» (lob mai erano prossimi alle porte dell'Ade»;
38,17b) 30 e baddé se'ol, «catenaccio degli Hen. slav. 42,r A: «E io (Henoc} vidi i
inferi» (Iob 17,16) 31 ; tutte queste e- portinai e i guardiani delle porte dell'A-
spressioni probabilmente derivano dal de in piedi come grandi serpenti e i lo-
mito della lotta nella creazione 32• In età ro volti come lampade spente e i loro oc-
successiva l'espressione porte degli in- chi di fuoco e i loro denti scoperti fino
feri ricorre più spesso: al loro petto» 35 • Con accenti vigorosi
Ecclus 51,9 {ebr.): «levai dalla terra la viene descritta la solidità delle bronzee
mia voce / e dalle porte degli inferi porte dell'Ade 36 •
(mS'rj S'wl) il mio grido di aiuto».
Sap. I 6 ,x 3; O'ÌJ yà.p swi)c; xcd i}a.v&:tou La letteratura rabbinica accoglie que-
Éçouo-la.v ì!xnc; I xcx.t xa."t'ayw; Elc; 7tv- sta credenza, ma, a quanto pare, usa
À.a.c; fi.Sou xcx.t &.vciyEtc;, «tu infatti sul- tar'e se'ol una sola volta (Tg. Is. 38,10).
la vita e sulla morte hai potere / e con- La spiegazione è che dalla metà del sec.
duci giù alle porte dell'Ade e su ne ri- r d.C. la parola J•'ol scompare quasi
conduci» 33 • completamente come termine tecnico dal
Ps. Sal. 16,2: mxp'ò)..lyov t~Exulh1 Ti 4'u- linguaggio erudito dei dotti ed è sosti-
x+i µou EL<; Mvrt.'t'O\I I Ci'V\IE'Y'YUC, 'JtVÀW\I tuito da Gehinnom 37. Cosl avviene che
lJ,oou µE't'à. b.µap't'wÀ.ov, «per poco non la letteratura rabbinica parla solo del-
fu precipitata la mia anima nella morte / !'entrata (anche al plurale) e delle porte
in prossimità delle porte dell'Ade insie- del Gehinnom, e solo dal contesto è pos-
me coi peccatori» ~. sibile determinare se s'intende il Gehin-
3 Mach. 5,51: à.vEW>'l'}rlrt.V cpwv'[j µEyci- nom intermedio ( = fi,o'l'}c;-H, coll. 393
Àil O'q>ÒOpa. 't'ÒV 't'ijc; a1taO''l'}c; OUVciµEwc; ss.) 38 o il Gehinnom escatologico ( = yÉ-
OU\lcXC/'t''l'}\I Ì.XE't'EU0\11:E<; OÌ.X't'tpa.t µE't'à. EVVa.-HI, coli. 375 ss.) 39• Alle nuÀm lj.-

2& puqqadtl (LXX: lv m'.J).a.~ç lt13ou) b'la'ar! à~p't'WÀou.


S''ol jeter s'11otiij, «alle porte del mondo dei 3_; Cfr. anche Hen. aeth. 56,8: «In quei giorni
defunti fui convocato per il resto dei miei an- (dell'ultimo assalto dci pagani contro Gerusa-
ni», dr. J. BEGRICH, Der Psalm des Hiskia, lemme) la sheol spalancherà Je sue fauci ...; Ja
FRL, N.F. 25 (•926) 23. sheol ingoierà i peccatori al cospetto degli elet-
29 LXX: o:t 'ltVÀa~ i:oii i>a.v1hov (in Iob 38,17• ti», e 4 Esdr. 4,7, dove, fra gli interrogativi
senza articolo: 7tuÀa.t i}a.va"tou). senza risposta dell'uomo, si pone questo:
3:J LXX: nvÀwpot ij.6ou ~ n. 36. «Quali sono le uscite della sheol?» (syr., aeth.,
31 LXX: Elc; (Hì'l')v. Cfr. ancora~ KROLL 3•6- arab., arm.; manca in latino).
362, specialm. 322-348 circa il motivo della di- Js La solidità delle porte: apoc. anonima 6,18-
scesa nell'A.T . 20 (cd. G. STEINDORFF, ap. Eliae [1899) 45);
32 Cfr. lob 38,8.IO [BERTRAM] . Sib. 2,228. I portinai in LXX Iob 38,17b: TCU-
33 Il contesto (Sap. J6,14) mostra inequivoca- Àwpoi lj.13ov (s'ri è stato letto sò'are dai LXX e
bilmente che &.v&.yw; significa: «tu liberi dal forse giustamente); Hen. slav. 42,1 A ~ qui
mondo dei defunti» (e non: «tu preservi dal soprn; Hag. b. 15b ~ n . 42.
mondo dei defunti»). 37 STRACK-BILLERBECK IV rn22.103:z S.
34 In questo caso éf.13rtc; - come in Ps. Sal. 14, 3S Ingresso al Gehinnom intermedio D.B.b. 84a
9; 15,10 - è l'oltretomba degli empi(~ I, col. (situato all'estremo occidente); Shab. b. 39a (le
394), come si deduce dalle ultime parole µt:-i:èk fonti di Tìberiade gli scorrono accanto); Ge11.
1tVÀ.tJ e (Joach. Jeremias) (VI,925) 816

&ov corrispondono le porte W'ar1m) o À.a.t /toov in questi casi può anche essere
portali (p•tablm) del Gehinnom, che per sineddoche (la parte per il tutto) di Q.-
quello intermedio sono a volte una (Hag. oric; 44 •
j. 77 d 50; Rag. b. 15b-+ n. 42), a vol-
te due 40, a volte sette 41 ; e sono sorve· Nel N.T. l'espressione si trova solo
gliate da un portinaio 42 • in Mt. l6,18c: xa.t 'ltuÀ.a.t ~oou où xa.-
Per l'uso linguistico del tardo giudai- ·n<1XU<1ouow a.ù·d'jc; 45 • La singolare o-
smo anteriore a Cristo la caratteristica è missione dell'articolo davanti a 1tUÀ.a.i.
che l'espressione rtuÀ.a.t Q.&ov - fatta ec- éj.oov ricorre in tutti i testi giudeo-greci
cezione per Hen. slav. 42,1 A (~ col.
(~col!. 813 s.) e si spiega col soggiacen-
814) - è usata sempre in senso traslato.
L'espressione serve a descrivere l'esser te stato costrutto ebraico sa'ìiré J"'ol;
preda della morte (Is. 38,ro; Sap. 16, pertanto è un semitismo. Le interpreta-
13), un gravissimo pericolo di morte zioni di Mt. 16,18° divergono straordina·
(Ecclus 51,9; Ps. Sal. 16,2; 3 Mach. 5,
51, cfr. Ps. 9,14; 107,18; lob 17,16) e il riamente secondo che per ~01]<; s'intende
penetrare nei più profondi misteri 43 • r.u- il mondo dei defunti o gli inferi 46, se 'itU·

r. 48 a x8,1 (Abramo siede all'ingresso del Ge- (JouoN, op. cit. [ ~ n. 8] 106). Per quanto ri-
hinnom e non permette ad alcun israelita cir- guarda l'uso linguistico di 7tVÀ.a.t r;.oov per in-
conciso di scendervi); Cont. r. a 8,10 (Isacco dicare l'Ade, si confronti Sop. r6,13 : xa.'t'&.·
«si è messo all'ingresso del Gehinnom per sai· yEi.ç EÌ<; 1tVÀa.c; /J,oov xa.t à.v6::yetc; con il pas-
vare i figli suoi dal giudizio del Gehinnom»). so fondamentale 1 Ba.o-. 2,6: XCX.'t6:yet dc, if.!iou
Apertura del Gehinnom intermedio: Num. r. xa.t à.v&.yet (Tob. 13,2, codd. BA: xa.'t'&.yet
10 a 6,2; Men. b. 99b (è stretta). Porte del Ge- Elç ~61)v xa.L &.vO:yEt): 7tVÀa.t /toov e /i611c;
hinnom intermedio ~ nn. 39-42. possono dunque alternarsi senza determinare
39 Ingresso al Gehinnom escatologico~ n . 16. un cambiamento di senso. Inoltre si confronti
40 Pesikt. r. (ed. M. FRIEDMANN [1880] 124b): LXX Is. j8,rn: lv 7tVÀcw; ltSov XMa.°Mlljlw
una porta esterna e una interna. Nella zona at- 't"à hri 't'à l7tlÀoLnct.; anche in questo caso
tigua alla porta esterna completano i loro an- itVÌ..«L ltSov sta per ~S71c;. Lo stesso dicasi per
ni coloro che sono defunti prematuramente Ps. Sol. 16,2 (-'» col. 813).
(STRACK-BILLERIJECK IV 1089). 45 Il testo è sicuro; la tesi di ~ v. HARNACK
41 P. R. El. 53 alla fine (Praga (1784] 31d): 647·649, secondo rui il Dfatessaron non avreb·
«Sette porte ha il Gehinnom». Assalonne ne be contenuto la frase riguardante l'edificazione
aveva già attraversate cinque quando fu richia- della chiesa (Mt. 16,18b) e l'ultima parola del
mato dai cinque lamenti di David. v. 18• sarebbe stat11 crou (non aò-.ijc,), è stata
42 Hog. b. 15b: «Lo stesso portinaio non ha ribattuta con validi motivi da ~ EuRINGER
resistito a te, nostro maestro» si canta a pro- 141-156, il quale ha provato che nel Diatessa-
posito di R. Johanan che in morte aveva sal- ron a disposizione di Efrem e Afraate Mt. 16,
vato l'apostata Achet ( == Elisha b. Abuja) dal 18 - a prescindere dal fatto che forse vi si
Gehinnom intermedio; -) n. 36. leggeva 'catenaccio' in luogo di 'porte' - ave·
43 Cfr. lob 38,17": «Ti sono state aperte le va lo stesso tenore del testo canonico. Cfr. i·
porte del mondo dei trapassati(-) col. 8x3)?». noltre le citazioni dà Efrem riportate da C. A.
44 Già nell'A.T. Ja'or talvolta ha Wl significa- KNeù.eR, Ober die «urspriingliche» Form von
to più vasto di 'porta'; per es. Ja'ìiré !iii6n Motth. r6,r8 s.: Zeitschr. fiir katholische Theol.
(Ps. 87,2); Ja'ar-'ammi (Abd. 13; Mich. l,9); 44 (1920) 147-169; cfr. anche~ LUDWIG 22 s.
dolt6t hliammim (fa:. 26,2) = Gerusalemme. "'~ Da escludere completamente l'idea di infer·
In questo e in altri casi, nello stile elevato - no (come faceva l'esegesi corrente fino al 1918
per es. Gen. 22,17; 24,60; Is. 14,31; Ier. 14,2; ~ V. HARNACK 639), poiché il N .T. distingue
15,7 - Jo'or indica il luogo /orli/icato o la città sempre chiaramente tra ~ (iS'T}c, e ~ yfrvva..
, .. .., ...... - \J '-'- - ·· · J - ~------,

À<t.L sono considerate in senso proprio va l'idea di un siffatto descensus ad in-


o in senso traslato, se xa:ncxuEL\I si in- /eros della comunità?). Oppure: le por-
te dell'Ade non possono fermare la co-
terpreta nel senso di essere superiore o
munità che si affretta verso la libertà al
di sopraffare (cosl giustamente ~ IV, momento della discesa di Gesù all'Ade 45
col. I2 r 6) e se cdi-çfjç è riferito a 7tÉ-tpoc o al momento della risurrezione 49 (obie-
o ad E:xxÀ:r1crla {~ n. 64). zione: la comunità non è prigioniera del-
1'Ade 5()). 2. miÀa~ ~oou indica in senso
Fra tutte le questioni, fondamentale traslato il mondo dei defunti. In questo
ai fini dell'interpretazione è la prima, caso l'interpretazione varia secondo che
cioè quella riguardante il significato di où xa.-çwxucroucw atrrfjc; vien riferito
t'to11c;. Pertanto facciamo a questo pro- a 7tÉ't'pa o ad ÈXXÀT}crla. a) Se aù'tfiç è
posito una premessa negativa: le spiega- riferito a 7tÉ'tpa., Mt. r6,r8c esprime la
zioni di Mt. 16,18c che restringono rigi- promessa che Pietro non morirà prima
damente il concetto fl.011ç al mondo dei della parusia 51 • Questa interpretazione
defunti incontrano gravissime difficoltà. si può appellare all'uso di 7tUÀa~ if.oov
Tra le tante proposte menzioniamo le (o -.ou 1}a.va:tov) in Is. 38,ro; Ps. 9,14;
più importanti: r. 7tuÀa.L if.oou indica ro7,18; Ecclus 51,9; Ps. Sai. 16,2; 3
propriamente le porte del mondo dei de- Mach. 5,51, poiché il contesto di tutti
funti. In questo caso la frase signi- questi passi parla della preservazione
fica che le porte dell'Ade non posso- dalla morte (--l> col. 813). Essa è inoltre
no resistere «all'impeto della comunità sostenuta dalla più antica esegesi di Mt.
che esige la restituzione dei suoi mem- r6,r 8cS2. b) Se invece <t.Ù'tfic; viene rife-
bri» 47 (ma si può obiettare: dove si tro- rito a ÈXXÀ.1]CTla, o si dice che la morte
47 J. GRILL, Der Primat des Petrus (1904) 13; (Luow1G 70), maggior peso ha la testìmonianza
analoga è la posizione di L. E. SULLIVAN, The di Origene, comm. in Mt. u,33 a 16,28 (GCS
Gates o/ Hell (Mt. 16,18 s.): Theological Stu- 40,145,11 ss.): iixoÀoul>ov (adeguato) ouv -\'iv
dies 10 (1949) 62 ss.; ~ x, col. 145· '\Q Ilt-cp~, oiJ «1tUÀClL /tfiou oÌJ xai:L<TXUO'OV·
43 ~ DELL 31-33; W. BoussET, Kyrios Chri- O'~», -cò µl]fiÈ -ye:ucro:crl>a:L »o:va-cou, fad 't'6-rE
stos1 (1921) 30. -yEÙEi:al -etc; -1>awhov xcit fol>lEt Dawhov, O'tE
43 ScHLATTER, Komm. Mt., ad l.; O.J. F.SEITZ,
«1tuÀ.at /tfiou» xci·ncrxuovow a;v-.ov, e queHa
Upon this Rock: JBL 69 (1950) 337 (l'autore di Ambr., expositio ev. Le. 7,5 a 9,27 (CSEL
fa un confronto con Act. 2,24); O. CULLMANN, 3zA,284,1-3): neque enim Petrus 111orlfl11s est,
Petr11s (1952) 226-228. cui iuxta dominicam sententiam inferi porta
prae11alere non potuit. Che sia Origene (cfr. ].
5? Cfr. BulÌI'MANN, Trad. J48 n. 2 . Contro
SrCKENBERGEn, Eh1e nette Deutung der Pri-
queste due interpretazioni sta anche il fatto matstelle Mt. I 6,18: Theol. Revue 19 (1920] 1-
che esse vedono la comunità in atteggiamento 7; ~ LUDWIG 44) sia Ambrogio si riferissero
di attacco (contro ~ col. 820). alla salvezza di Pietro dalla morte spirituale,
st ~ v. HARNACK 638-647; WrnmscH, op. cit. potrebbe essere una . forzatura interpretativa
e~ n. 1_:;) 187. per non far apparire Mt. 16,18' una profezia
s2 Il pagano (probabilmente Porfirio, morto non realizzata. Si noti inoltre che nella tradi-
verso il 304) di Macarius Magnes (intorno zione araba della vita di Shenute di Atripe si
ru 400) 3,22 (A. v. HARNACK, Porphyrius «Ge- trova il seguente agraphon di origine ignota:
gen die Christen» [1916] nr. 26 p. 56) intende «Perché il Signore Cristo ha detto (a Pietro):
Mt. 16,18' còme promessa d'immortalità a Pie- 'In verità il tuo occhio non sarà mai chiuso in
tro: tcri:opE~i:m ... o IIÉi:po<; €cr-cocup(;icrfrat, eL- eternità alla luce di questo mondo'» (L. E. Isi:-
P7JXoi:oc; (benché ... ) -coli 'Iricroii -càc; /tlìou 'ltÙ- LIN, Eine bisher 1111beka1mte Version des er-
Àac; µ1J xoci:LO'XÙcmv airtoii. Se questo passo ste11 Teil der 'Apostellebre', TU r3,1b [1895]
è di dubbio valore per la sua natura polemica 26).
7tVÀTJ C (Joach. Jeremias)

non ha più potere sui membri della co- sce la sommità del cavo monte cosmico
munità, oppure, dato che {i.Ùl]ç in età e ha la duplice funzione di sostegno
neotestamentaria spesso indica l'oltre- del santuario e chiave di volta degli in-
tomba degli empi (~ I, col. 3 95), s'in- feri (che si trovano all'interno del mon-
tende che i membri defunti della comu- te cosmico e comprendono sia il mondo
nità non dovranno condividere il desti- dei trapassati sia la prigione degli spiriti)
no degli empi 53 (obiezione a 2 a.b: co- da cui scaturiscono le acque primordia-
munque s'intenda ctl'.rcijç, il carattere e- li 55 • Il tardo giudaismo applica questo
scatologico del fu turo oò xoc'tLo-xuo-ou- linguaggio simbolico non solo alla roccia
aw [ ~ coli. 820 s.] risulta troppo ridot- su cui sono edificati il santo dei santi 56 e
to). Pertanto nessuna interpretazione che l'altare degli olocausti 57, ma anche a per-
limita il senso di {i.Ùl]ç al mondo dei de- sone. Per es. Abramo è definito la roc-
funti è soddisfacente. cia (pifrii'; x, coli. 120 s., cfr. ls. 51,1)
che da un lato sorregge l'intero creato e
L'interpretazione deve prendere le dall'altro è in grado di resistere alle ac-
mosse dalla struttura del testo di Mt. que primordiali 58 • Lo stesso dicasi per
i patriarchi 59 •
16,17-19; ciascuno dei tre versetti (vv.
17.18.19) consta di tre stichi (quattro Alla luce di queste concezioni l'e-
arsi) 54 : ciascun primo stico enuncia il spressione 7tVÀ.oct. if.oov è una sineddoche
tema, il secondo e il terzo lo spiegano (la patte per il tutto) (~ col. 8 l 6) indi-
con un parallelismus membrorum antite- cante le forze ostili del mondo degli in-
tico. Tema del v. 18 è le denominazione feri che si scagliano contro la roccia 00 •
di Pietro. Il v. 18bc spiega che cosa in- A favore di questa interpretazione sta il
tenda Gesù con questo suo atto. Su que- fatto che nel mondo greco-giudaico il
sta roccia Gesù edificherà la sua ÉxxÀ:n- verbo XOC'tLCTXUEW col genitivo ha sem-
crloc (~IV, coll. 1537 ss.) e le porte del- pre significato attivo (riportare la vitto-
l'Ade non la ( = roccia o chiesa) sopraf- ria contro qualcosa) 61 ; le 7tVÀ.a~ Q.&ou
faranno. sono dunque le forze attaccanti. Poiché
L'enunciato usa il simbolo della roc- inoltre i due futuri di Mt. 16,18 (oi.xo-
cia cosmica(~ x, col. 112), che costitui- 00µ1)0-w, oò x~·twxuo-ov1w) sono intesi

53 Testimonianze letterarie presso W . BrnDER, BILLER.BECK 1 733 e~ ]EREMlAS 73 s.


Die Vorstelltmg von der Holle11fahrt Jesu s-7 Ex. r. 15,8 a 12,2 ~ ]I!REMIAS 74.
Christi, AbhThANT 19 (1949) 46 n. 97.
6iJ C. WEIZSACKBR, Unters11chungen iiber die
54 C. F. BURNBY, The Poetry o/ 011r Lord
(1925) u7. Nell'istruzione ai discepoli Gesù
evangclische Geschichte (1864) 494; ~]ERE­
MIAS 73; H. ScHMIÌ>T, Der heilige Fels in Je-
ha usato di preferenza il ritmo tetrarsico (ibid.
124).
rusalem (1933) 100; ~ BETZ 70 s. («potenza
ss ~ ]EREMIAS 66-68. Cfr. E. LOHMEYER, K11l- del caos»).
tt1s und Eva11geli11111 (1942) 76. 6\ Cosi sempre nella traduzione greca dell'A.
56 ~ ]EREMIAS 51-58. T.: LXX Ier. 15,8; Theod. Dan. n,21; Symm.
57 ~ }I!RI!MIAS 58-65. 1J190 (91),10. Inoltre Sap. 7,30 (variante incer-
58 Jalq11t Shimoni I § 766 a Num . 23,9 (ed. ta); test. R. 4,n; test. D. 5,2; test. Ios. 6,7.
Wilna [ 1898] p . 530); tradotto da STRACK- Cfr. HI!LDING, Kasussyntax n9.
r.vp tr . .LangJ

in senso escatologico 62 , si parla dell'as- In epoca successiva le 1tuÀ.a~ éi,oou


salto escatologico delle potenze sotterra- hanno importanza soprattutto negli e·
nee da figurarsi secondo le descrizioni di nunciati riguardanti la discesa nell'A-
Apoc. (6,8; 9,1 ss.; 20,3.7 s.; [~I, coll. de 66 • Che Cristo abbia potere sulle por-
13 ss. 28; v, col. 553]) e di I QH 5,20 te dell'Ade è sottolineato già da Apoc.
ss. 63 • Anche l'ultimo e più terrificante 1,18, dove a proposito del Cristo glori-
assalto delle potenze degli inferi non riu- ficato si dice: EXW 't"Ò.<; xÀdç 't"OV i}ava-
scirà ad avere ragione deU'h;xÀ.1]0'la. M 't"OU xa.t 't"Oli éi,oou, «tengo le chiavi della

che vi è sopra edificata 65• morte e dell'Ade»{~ v, col. 554).


}OACH. }EREMIAS

- I I I
7tUp, nupow, 7tupwcnc;, 7tUPL\/oc;,
I
7tUppoc;

t Ttvp B. Il culto del fuoco nella religione persiana.


C. Ii fuoco 11ell'AT., nel tardo giudaismo e
SOMMARIO: nella gnosi:
A. li fuoco nel mondo greco-ellenistico: I. Antico Testamento:
I. l'uso linguistico generale: 1. statisticn delle traduzioni ;

1. uso proprio; 2. forme di uso tecnico;


2. uso traslato. 3. uso traslato;
Il. Il fuoco nella filosofia . 4. il fuoco in relazione a Dio:
III. Il fuoco nella religione. a) il fuoco nella teofania,

6? Per obco8oµ1Jcrw ciò risulta dal confronto parallelo sostanziale di Le. 22,31 s.).
con Mc. 14,58 e vale quindi anche per il pa- 65 È questo il senso che Efrem ha dato al no-
rallelo antitetico ou xa:tLO'XUO'oucnv. Tuttavia stro passo (Diatessaro11-Komm. 14,3 arm.): Tt1
c'è da tener presente che i due futuri otxolio- es, ait, petra, il/a petra quam erexit ttt offen-
µTjcrw e xo.:·naxucrovcrw, pur essendo entram- deret per eam Satanas (L. Lm.orn, Saint É-
bi escatologici, non sono contemporanei: J'edi- phrem. Commentaire de l'évangile concordant.
fica:done del nuovo tempio precede l'assalto Version 11rménie1111e, Corp. Script. Christ. Or.
delle potestà infere. 145 [ 1954) 134,24 s.); ~ EURINGER 146.151.
177; --+ ]EREMIAS 75-77. Fra gli autori che se-
63 Nell'infuriare dei flutti dell'abisso (6,23 guono questa interpretazione dr., ad es., ZAHN,
s.) e in vista delle porte della morte (6 124: Mt., ad l.; J. WEiss - W. BoussET, Die drei
J'ri mwt) l'orante viene posto in salvo in una iilteren Eva11gelie11) Schr. N.T.' I, ad l.; C. A.
c.ittà fortificata e solida, circondata da alte mu- BERNOULLI, ]oha1111es dcr Tiiufer 1111d die Ur-
ra (6,25), le cui fondamenta sono poste sopra gemeinde (1918) 280; TH. }!ERMANN, Zu Mth.
una roccia (6,26). Cfr. ~ BETZ 55 s, I6,I8 1111d 19: TheolBI 5 (1926) 203-207;
M Au'tiic; (où xo·...ncrxucroucrLv rx.u-c:-ijc;) di Mt. BULTMANN, Trad. 148; STAUFFER, Theol.' 16
l6,r8< si riferisce formalmente a 'l':É-c:po.:, ma di s. e n. 482; R. BoHREN, Das Problem der Kir-
fatto intende l'ÈxXÀT)O'(o.: eretta sulla roccia chenwcht im N.T. (1952) 63 s .; ~ BETZ 72 s.
(cfr. il passaggio dal plurale al singolare nel 00 ~ KROLL 46 s. 48.57.68.81 e passim.
-;tup (F. Lang)

b) il fuoco come strumento del giudizio D. Il fuoco nel Nuovo Testamento:


divino, I. le forme fenomeniche terrene;
c) il fuoco come segno dell'intervento II. l'uso metaforico e traslato;
di grazia, III. il fuoco nell'uso teologico:
d) il fuoco come designazione di Dio. L il fuoco nella teofania,
II. Sviluppi nel tardo giudaismo: 2. il fuoco come strumento del giudizio
x. apocalittica; divino:
2.rabbini; a) segni premonitori,
3. Qumran; b) castigo escatologico del fuoco,
4. il giudaismo ellenistico. e) fuoco dell'inferno;
III. L'uso linguistico gnostico: 3. il fuoco come segno della gloria celeste.
l . la letteratura ermetica; E. Il /11oco presso i Padri apostolici:
2 . gli scritti gnostici copti; I. tradizione biblica;
3. gli scritti mandei. II. influssi esterni.

7tvp in der Mysterienweihe: SymbOsl 4 (1926) 39-


In generale: 59; J (1927) 39-59; A. D. NocK, Crcmation
Thes. Stcph. VI, s.v.; S. MiiHSAM, Das Feuer in and Burial in the Ramon Empire: HThR 25
Bibel tmd Talmud (1869); A. KUHN, Die He- (1932) 321-359; O. HuTH, Der Feuerkult der
rabkrm/t des Fe11ers tmd des GotterJra11ks Germanen: ARW 36 (1939) 108-134; K. REIN-
(1886); E. GoBLET D 'ALVIELLA, HisJoire reli- HARDT, Heraklits Lehre vom Fe11er; Hermes
gieuse du fe11 (1887); O. HOFER, art. 'Pyr', in 77 (1942) l-27; O. HuTH, Vesta. Untersuchun-
RoscHER rn 3332-3334; J. PATRicK, art. 'Fire', gen 7.lltfl indogermanischen Feucrkult, Beih. z.
in HASTINGS, D.B. 11; E. G. H1RSCH, art. 'Fire', ARW 2 (1943); F. CuMONT, Lux perpetua
in JewEnc v 391-393; A. E. CRAWLEY, art. (1949).
'Fire', in ERE VI 26-30; P . SAINTYVES, Essais Per B:
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ciel et le reno11velleme11t d11 Jeu sacré ( 1922) <loiranische Quellen und Forschungen 6.7
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Lund 34 (1949); TH. BLAsms, 'Das himmli- r35; W.BoUSSET, Hauptprobleme der Gnosis
rche Feuer', Diss. Bonn (1949); F. LANG, Das (1907) indice, s.v.; BoussET-GRESSMANN 275-
Fet1er im Sprachgebrauch der Bibel, dargestellt 286 e passim; Vor.z, Esch. 309-340 e pas-
011/ de111 Hì11tergrund der Fe11crvorstellungen
sitn; S. AALEN, Die Begriffe Licht rmd Fin-
itJ der Umwelt, Diss. Tiibingen (1950); E. stemis im A.T., im Spiitiudentum t1t1d im
PAX, EIII~ANEIA, Miinchener Theol. Studien Rabbinismus, Skrifter utgitt av Det Norske
r 10 (19.55) indice, s.v. 'Feucrepiphanien'; C. Videnskaps-Akademi i Oslo, II. Historisk-Fi-
M. EnsMAN, art. 'Feuer', in RGG3 II 927 s. Iosofìsk Klasse 1 (1951) 73-78; R. MAYER, Die
Per A: biblische Vorstellung vom Weltenbrand, Ban-
M. P. NrtssoN, Der Flammentod des Herakles ner Orientalistische Studien N.F. 4 (1956)
au/ dem Oite: ARW 21 {1922) 310-316; Io., spec. 79-136.
Fire Festivals in Ancie11t Greece: JHS 43 Per D:
{1923) .144-148; S. EITREM, Die vier Elemente A. FRIDRICHSEN, W iirzrmg mit Fe11er: Symb
1tUP A I l (F. Lang)

A. IL FUOCO NEL MONDO GRECO-ELLENI- Phil. 728); 7. splendore del sole: EM-
STICO ÀLOV 1tVp (Eur., Iph. Taur. n39) e delle
stelle: 1tVp 1t\IEOV't'WV ... aO''t'pWv (Soph.,
I. L'uso linguistico generale Ant. n46 s.); 8. splendore degli occhi:
r. Uso proprio 1tUpt o'<Xnn: OEOTIELV (Hom., Il. 12,466);
9. canicola estiva: 1tupòc; il XELµwvoc;
1;vp 1 da Omero in poi si trova per in- 1tpocrf3oÀij, «con l'esposizione alla cani-
dicare il fuoco nelle sue molteplici for- cola o al freddo» (Plat., leg. 9,865b);
me fenomeniche sia naturali e sponta- 10. febbre ( = 1tUPE't'oc;): Aristph., fr.
nee, sia prodotte dall'uomo. Le tre fun- 690 (C.A.F. 1 561). Inoltre 't'à 'ltup&.
zioni proprie del fuoco (bruciare, illu- ('t'oi:c; 1tUpo~c;): i fuochi di bivacco (Hom.,
minare e scaldare) hanno influito sull'u- Il. 8,509; Thuc. 7,80,1), e 1i nup&: il
so linguistico e ne fanno comprendere il posto dove s'accende il fuoco, soprattut-
significato peculiare: 1. fuoco del rogo, to per i roghi (Horn., Il. r,52) 2 •
onoranza funebre: oq>pcx. 1tUp6c; µE ... ÀE·
Àaxw<n i)av6v-.a, «possano dare la mia Per gli uomini il fuoco ha il duplice
salma al fuoco» (Horn., Il. 7,79 s.); 2. carattere di forza benefica, apportatrice
fuoco sacrificale: Èv nupt BaÀÀe ~'TJ­ di progresso 3, e potenza terrificante, di-
).c't.ç, «gettò nel fuoco le offerte» (Horn., struttrice. Accanto agli usi sopra citati
Il. 9,220); XCX.'t'tX 't'OV 1tUpòc; 0'1tÉVoov-.Eç, serve in guerra soprattutto come arma
«libando sopra il fuoco» (Plat., Critias per distruggere città, navi ecc. 4 ; è usato
12oa); 3. fuoco del focolare: 1tUpÒç È- anche per segnalazioni (Aesch., Ag. 9.
O"Xcipcx.L (Horn., Il. rn,4r8); É1t'Écrxapq. 282; Thuc. 4,rrr,2) ed anche per puri-
1tup6ç (Aesch., Eum. rn8); 4. fuoco del- ficare i metalli nobili: f3acrcx.vl~EW ...
1'artigiano: 1tVP µcx:yELptxòv, '"CEX'tOVL- xpucròv Èv Jtupl, «saggiare ... l'oro nel
x6v, XCX.ÀXEU'çLXOV, XPUCTOXO~XOV, «fuoco fuoco» (Plat., resp. 3,4r3e, dr. polit.
dcl cuoco, del costruttore, del fabbro, 303e), per mondare: ttup xcx.i)apO"Lov,
dell'orefice» (Aristot., spir. 9 [p. 48 5a «fuoco purificatore» (Eur., Iph. Aul.
34 s.], soprattutto il fuoco della forgia: nr2) e per provare l'innocenza delle
X<ZÀXÒV o'Èv 'ltUpt ~aÀÀEV, «gettò bron- persone con una specie di giudizio di
zo nella forgia accesa» (Horn., Il. 18, Dio (Soph., Ant. 265). Talvolta, ma ra-
474); 5. fuoco delle fiaccole: 't'Ò <pÉyyoc; ramente, si parla anche di un fuoco dt
òpµrun'}w 'ltupòc;, «avanzi la fiaccola acce- gioia: 'ltUp xa.t cpwç È1t,ÈÀEU1)Eplq:. ooclwv,
sa» (Aesch., Eum. rn29); 6. folgore: «accendendo fuoco e luce per la libertà»
7taÀ:t@ pm'tEt 7tupl, «colpisce con la fol- (Aesch., Choeph. 863 s.).
gore scagliata» (Soph., Ant. r3 r), fuoco
divino: 1)El~ nupì. 1tOCµcpo:1]c; (Soph.,

Osl 4 (1926) 36-38; ID., ]ohannes vattendop so con la radice pcu che significa nettare, pu-
och det messianska elddopet, Uppsala Univer- rificare, vagliare; cfr. il latino prims. WALDE·
sitets Arsskrift 73 (194x) 1-14; H. BIETENHARD, PoK . II r4 s.; PoKORNY 828; BoISACQ 828 s.;
Ke11nt das N.T. die Vorstellrmg von Fegefeu- HoFMANN 29x.
er?: ThZ 3 (x947) 101-n2; J. GtULKA, Ist 2 Per il cambio di declinazione dr. ScHWYZER
1. Kor. 3,10-15 ein Schriftzeugnis fiir das Feg-
I 582e.
fe11er? E ine exegetisch-historische U11ters11·
chung (1955); G. DELLING, f3&:rmoµ1t. ~ctTC'fL­ 3 Cfr. la saga di Prometeo in Aesch., Prom. e
a"Mi\lctL: NovTest 2 (x957) 9i-x15. \VI. KRAUS, art. 'Prometheus', in PAULY-W1s-
1 Etimologicnmente affine al tedesco Feuer, al- sowA 23 (1957) 653-702.
l'armeno lmr ecc. Esiste probabilmente un nes- 4 Lanciafiamme (Xenoph., a11. 5,2,x4).
mip A 1 :i. - II (F. Lnng)

2. Uso traslato gli elementi primordiali, che possono


Metaforicamente il fuoco raffigura essere due (1tup e yfj: Parmen. A 7
l'impeto inarrestabile e irresistibile : 'lt'tO- [Diels' I 219,36 J), tre (yfj, 11:up, \Jowp:
ÀEµoc; ... lt:yptoc; 1]u..-E 1tvp, «battaglia ... Orfici A l [Diels' I l A 10] ), quattro
furiosa come fuoco» (Horn., Il. 17,736 (7tiip, ~owp, yai:'a., 1}1}p: Emped., jr. 17,
S.); µap\la\l't'O Oɵocc; 'ltUpÒ<; a,i;!}oµ.ivotO, 18 [D1els r 316,12]; Plato, Tim. 32b e
«combattevano come fuoco che avvam- passim) o cinque (a.t1'}1)p, 7tup, à.1)p, u-
pi» (Horn., Il. I I ,596), anarchia (Eur., owp, yi'j: Al'istot., cael. 3,r [p. 298b]) 6•
Hec. 607 s.), malvagità (Aristoph., Lys. Lo stimolo determinante a questa evo-
1015). Lo stesso vale per l'uso traslato: luzione è stato dato da Eraclito di Efeso
ardore della battaglia (Horn., Il. 17, (verso il 500 a.C.) che considera il fuoco
5 65}, coraggio altero: nup 1tVEtv, «spi- la materia primordiale. Gioco del fuoco
rare fuoco» (Xenoph., hist. Graec. 7 ,5, visto in un processo di continua trasfor-
12); anche in senso personale: w 7tUp mazione (7tup6ç -.e OC\l't'a.µoL~TJ -rà ml.v-
uù xa.t miv OEi:µa, «O tu fuoco e tutto 't'oc xa.t 7tiip &.miv..-wv, «mutamento
terrore» (Soph., Phil. 927). Varie passio- scambievole di tutte le cose col fuoco e
ni, ad es. struggente speranza (Soph., del fuoco con tutte le cose» : Heracl., Jr.
El. 888) o brama d'amore (Ca1lim., 90 [Diels' I 171,6 s.]) è il mondo:
epigr. 27,5; cfr. 45,2) sono indicate con <~Q~est'or~ne cosmico, identico per tut-
7tvp. ti gh esseri, non fu creato da alcuno degli
L'aspetto distruttore e pericoloso del dèi o degli uomini, ma sempre fu, è e
fuoco si coglie anche in espressioni pro- sarà fuoco perennemente vivo (7tup 1hl·
verbiali, per es. f.v 1tupt yevfo'i)m = ~wov ), che secondo misura s'accende e
perire (Horn., Il. 2a40), cpeuywv xoc- secondo misura si spegne» (jr. 30 [Diels1
1tvòv ( oouÀElocc;) elc; 7tUp ( OE<T7tonlac;) I 157,11 ss.]). Nel suo mutamento que·
ɵ7trnTwxwc;=cadere dalla padella nel- sto essere primordiale, identificato con
le brace (Plat., resp. 8 ,569b), 'ltUp É7ti la divinità o col logos, assume tre forme
1tUP ÒXE'tEUEL\I = gettare olio sul fuoco fon?amentali (1tupòç ..-pomxl: fr. 31
(Plat., leg. 2,666a), OLCÌ 7tup~c; Uvat µe- [D1els' I 158,6]): da fuoco diviene ac·
-ca ..-woc;=spartire tutti i pericoli con qua, da acqua terra (via verso il basso:
qualcuno (Xenoph., sym. 4,16); ma Otà Jr. 60 [Diels' I 164,5]); nel movimento j·'
7tUpòc; µoÀEiv TLVL = trattare qualcuno opposto da terra diviene acqua, da acqua
con crudeltà (Eur., El. n83); dc; 1tUP fuoco (via verso l'alto). Dopo un lungo
!;a.lvELV = scardassare sul fuoco (Plat., periodo cosmico tutto ritorna al fuoco
leg. 6,78oc). L'unica eccezione è il raro primordiale attraverso una conflagrazio-
7tUp Èva.UELV -cwl = essere in rapporti ne cosmica, da cui poi si ricompone il
d'amicizia con qualcuno (Hdt. 7,231), mondo. Egli definisce la formazione del
che proviene dall'idea del focolare. cosmo indigenza (XptJ<TµO<TUVT}), la con-
flagrazione cosmica sazietà (x6poç: Jr.
65 [Diels' I 165,4]). Come il fuoco pri-
II. Il fuoco nella filosofia mordiale è razionale e causa prima del-
Presso i filosofi 5 7tup indica prevalen- l'intero ordinamento cosmico: Jr. 64
temente il fuoco nel senso di uno de- (Diels' I 165,1 ss.), cosl anche l'anima

5 Per i presocratici cfr. l'indice dei termini a.C.) dobbiamo una trattazione specifica sul
s.v. Tl:Vp in Dmts' III 380-384. fuoco conforme alla dottrìna degli elementi del
suo maestro, cfr. Theophr., 11EpL 71:up6c; (ed. A.
6 Al discepolo di Aristotele Teofrasto (c. 300 GERCKE, Universitat Greifswald [ 1896] ).
TIUP A II-III 1 (F. Lang)

dell'uomo è di fuoco. Perciò quanto piì:1 identico al precedente: un ciclo di pe-


è secca tanto più è saggia e migliore: Jr. riodi cosmici senza fine. L'anima umana
rx8 (Diels1 I 177 A s.). Questo panteisti- è una parte della divinità igneo-pneuma-
co insieme di Dio e universo igneo, di tica: Zeno, fr. 135 (ibid. I 38,3 s.);
razionalità cosmica e spirito umano ri- Cbrysipp., /r. 885 (ibid. II 238,32) e può
compare più tardi soprattutto nella Stoa. essere chiamata semplicemente fuoco:
Zeno, Jr. 134 (ibid. I 38,2); Cbrysipp.,
Gli Stoici ritengono che tutto ciò che fr. 775 (ibid. n 217,19). Dopo la morte
è reale sia corporeo: Chrysipp., /r. 363 l'anima sopravvive, ma solo fino alla
(v. Arnim II 123,31 s.). Essi ammettono conflagrazione cosmica, quando anch'es-
due principi, -.ò 1t<iuxov (il passivo) e sa ritorna fuoco primordiale: Chrysipp.,
-.ò 7tOtouv (l'attivo) e identificano il pas- fr. 809 (ibid. II 22 3,17 ss.). Cleante so-
sivo con la sostanza priva di qualità, o steneva che tutte le anime sopravvivo-
materia, quello attivo con la razionalità no, Crisippo invece ammetteva solo la
o divinità che in essa inabita: Chrysipp., sopravvivenza delle anime dci saggi:
fr. 300 (ibid. II l II,8 ss.). Ma la diffe- Cleanthes, fr. 522 (ibid. I n8,3 ss.).
renza è solo relativa: anche il principio
attivo è corporeo-materiale, ma solo più III. Il fuoco nella religione
fine. Questa sostanza purissima ( = ÌÌEoc;:
Chrysipp., fr. 1035 [ibid. II 307,15 ss.]; l. Nello stadio predeistico il fuoco è
ò Myoc; -tou ÌÌEou: Chrysipp., fr. 1051 considerato antidoto contro influssi mal-
[ibid. II 310,16 ss.]) è concepita come vagi e serve da mezzo di purificazione
ignea (vouc; x6o-µou 7tupwoc;: Zeno, Jr. rituale(~ VI, coll. 56 ss.). Dopo l'ucci-
157 [ibid. I 42,7]; dr. Chrysipp., Jr. sione dei Proci, Ulisse purifica la casa
1026 [ibid. II 306,12 ss.]. 1032 [ibid. II con fuoco e zolfo (Horn., Od. 22,492 ss.-).
307,4 ss.]), come soffio razionale, igneo In caso di morte, il fuoco contaminato
(nvEuµa voEpòv xat nupwoEc;: Chrysipp., va spento e può essere riacceso solo se
fr. roo9 [ibid. II 299,u s.]), come fuo- si prende la fiamma da un fuoco puro
co creatore, che artisticamente plasma (Plut., quaest. Graec. 24 [n 297a] ). Il
per qualche fine (nup 'tE)(.Vtx6v: Chry- fuoco ha funzione purificatrice anche
sipp., fr. ro2 7 [ ibid. II 306,20] ). Esso nell'atto lustrale dopo la nascita di un
è l'anima cosmica e il principio dirigente bambino (Suid., s.v. 6:µqnop6µtoc 7 ), nei
che tutto pervade e compagina secondo sacrifici di purificazione, detti 'ltEpLO''tta,
norma, cioè anche provvidenzialmente, e che precedevano le assemblee del popolo
racchiude in sé le singole forme seminali {Suid., s.v. 7tEpLO"'t'lapxoc; 8 ) e nelle feste
razionali ('toÙç O"m:pµa:nxoùç Myouç: romane chiamate Parilia, celebrate dai
Chrysipp., Jr. ro27 [ibid. II 306,19 pastori in primavera con riti di purifica-
ss.] ). Come per Eraclito, il processo di zione 9 ; Varro, fr. in schol. Persius, sa-
formazione del cosmo consiste in una tira 1,72 10 : ut... ignem magnum trans-
trasformazione del fuoco primordiale. siliant Parilibus. Nell'ambito della ma-
Con la bnupwutc; (conflagrazione: Cbry- gia rientrano i cosiddetti fuochi annuali.
sipp., fr. 626 [ibid. II 190,38]) tutto Durante le feste Lafrie in onore di Ar-
ritorna alla condizione primordiale, da temide a Patre u si bruciavano sopra u-
cui si sviluppa un mondo perfettamente na pira animali vivi d 'ogni specie (Paus.
7 P. STENGEL, art. 'Amphidromia', in PAULY- 9 BERTHOLET-LEH. II 425.
W. I (1894) 1901 s. lO Ed. G. NÉMETHY (1903) 88.
8 K. HANELL, art. 'Peristiarchos', in PAULY-W. 11 W. KROLL, art. 'Laphria', in PAULY-W. I2
19 (1937) 859. (1924) 766-768.
Jtiip A m :r-2 (F. Lang)

7,18 ,1 l ss.). Spesso questi fuochi veni- L'antica dea greca Estia 16 è protettrice
vano accesi sulla cima di un monte. Du- del focolare domestico ed incarna il cen-
rante le grandi feste Dedale 12 i Beoti e tro della comunità domestica, dello Sta-
i Plateesi erigevano un altare sulla cima to (Thuc., 2,5), di una contrada (Paus.
del monte Citerone e lo facevano bru- B,53,9) e di un'alleanza (l'altare di Estia
ciare insieme con le effigi di legno por- a Egio, il centro della lega achea). I Pi-
tate solennemente in processione dalle tagorici ritenevano che il fuoco centrale
vallate (Paus. 9,3,1 ss.). Nel culto dei fosse il focolare dell'universo: 7tUp é.v
morti l'usanza di cremare 13 i cadaveri, µÉ<T<i,.> m:pt -tò xÉ\l'tpov O'ltEP ècr-tlav -.ou
1
importata probabilmente dai Greci im- 'lta.V't"Òc; xa.À.E~ (Philolaos A 16 [Diels r
migrati, non eliminò completamente 403,14]). Sul sacro focolare dello Stato
l'antica concezione della sopravvivenza nel pritaneo ardeva il fuoco perenne 17
dei defunti. Comunque era opinione co- (Paus., 5,15,5; Aesch., Choeph. 103n
mune che il fuoco non possa distrugge- 'tÒ nvp 'tÒ rx<rPE<r"tOV: Poli., onom. 1,7;
re l'anima (Aesch., Choeph. 323-325). Plut., Numa 9 [1 666]; -tò 1tUP -tò &.M-
va'tov: Plut., ei ap. Delph. 2 [11385c]).
2. Nella fede teistica sono collegati al Dal pritaneo della città madre i coloni
fuoco soprattutto le figure di Efesto prendevano il fuoco per i focolari dei
(Vulcano) ed Estia (Vesta). La divinità nuovi insediamenti (cfr. Hdt. I 146 ed
pregreca di Efesto 14 è in origine il dio Etym. M. 694,28). Anche altre :figure di-
del fuoco della terra, dei vulcani. A ciò vine vengono poste in relazione col fuo-
rimanda il mito della sua caduta dal cie- co 18 . Di Zeus gli Orfici dicono: Zeùc;
lo (Horn., Il. 1,590 ss., alquanto diverso '7t\lo~'Ì] 1tanwv, ZEùc; &.xa.µai;ov 1tupòc;
in 18,395 ss.). Gli epiteti del dio sono opµ1}, «Zeus respiro di tutte le cose,
ccWaME~c;, arnwv, 1tVpl1tvooc;, 'ltVpl'tl}c;, Zeus slancio del fuoco indefesso» (Orp'h.
nvpoe~c;. nvpcrocp6poc;, creÀ.acrcp6poc; 15• Il Fr. 2ia [Kern 91]) e nell'inno stoico a
rapporto col fuoco naturale spiega anche Zeus: EXELc;... 7tup6Ev'ta... upavv6v,
,,
-~;
perché fosse venerato quale fabbro de- «tieni... l'igneo ... fulmine» (Cleanthes, ·_ ;

gli dèi (Horn., Il. x8,J69 ss.). Efesto è fr. 537 [ v. Arnim I 122,5 s.]). Oltre che
poi diventato una designazione del tut- di Prometeo (~col. 826 n. 3) anche di
to generica del fuoco (Diod. S. 1,I2,3; Hermes si dice che fu il primo a dare
«fiamma di Efesto»: Horn., Il. 9,468; all'uomo il fuoco e gli strumenti per
17,88; 23,33; Od. 24,71); il crepitio maneggiarlo (Horn., hymn. Mere. l l l ).
del fuoco è detto «riso di Efesto» (Ari- Dioniso, salvato dal ventre di Semele
stot., meteor. 2,9 [p. 369a 32]. Nella colpita dalla saetta di Zeus, è chiamato
loro interpretazione allegorica dei miti, «il nato dal fuoco» (7tvp~ywfic;: Diod.
gli Stoici vedono in Efesto il fuoco (Ze- S. 4,5,1) 19 oppure <d'igneo» (nvp6EL<;:
no, fr. 169 [ v. Arnim I 43,Jo]; Chry- Nonnus, Dionys. 21,222) 20. Proteo (Ver-
sipp., fr. 1076 [v. Arnimrr 315,14s.]). gil., georgicon 4,442) e Tetide (schol.
12 V. voN ScHOEFFER, art. 'Daidala' 6, in PAu- 16 W. Suss, art. 'Bestia', in PAULY-W. 8 (1912)
LY-W. 4 (1901) :r99I-Y993. 1257-1304.
11 Cfr. il fuoco sacro e inestinguibile (ignis ae-
13 BERTHOLET-Llm. II 296; dr. NILSSON 11
:r74-178.374-378.
ternus: Cic., pro M. Fonteio oratio 47) affidato
alle cure delle Vestali a Roma (BERTHOLE1'-
H L. MALTEN, art. 'Hephaistos', in PAULY-W.
LEH, Il 449).
8 (1912) 3n-366 soprattutto 327-342. 18 Secondo un'indicazione di H. KLllINKNBCHT.
1s C. F. H. BRUCHMANN, Epiteta Deorum ... 19 Ovid., fast. 3,503: ortus ili igne Bacchus.
(:r893) 155 s. W W. F. OTTO, Dionysos (:r933) 136.
833 l VI,931)

a Pind., Nem . 3,60) 21 si trasformano in e il vento: aliae panduntur inanes sus-


fuoco 21 • Nelle epifanie delle divinità 23 pensae ad ventos, aliis sub gurgite vas-
spesso si rammentano fenomeni ignei to infectum eluitur scelus, aut exuritur
che ne esprimono il fulgore. Quando ap- igni (Vergil., Aen. 6,740 ss.).
parve ad Anchlse, Afrodite indossava u-
na veste cpc:tL\IO"t'EpO\I 1'UpÒc; auyr}ç, «più 3. Nei culti misterici il fuoco ha una
splendente d'un bagliore di fuoco» notevole importanza nei riti di purifica-
(Horn., hymn. Ven. 86 ). Nell'epifania di zione che precedono la 'epoptia' (cfr.
Dioniso alla morte di Penteo 'ltpòc; ou- Suid., s.v. Mlì}pou) e soprattutto quale
pavòv xaL yafav fo-.i]ptsE cpwc; 1n:µvtou fonte di luce a simbolo della celeste na-
itUpoc;, «verso il cielo e la terra si levò tura luminosa della divinità e del nuo-
il fulgore del sacro fuoco» (Eur., Ba. vo essere del miste 27 (.fiaccola~ VI, coli.
xo83 s.). Nella pia leggenda circa il pas- 60 ss .). Secondo Hipp., 1·ef. 5,8,40 i mi-
saggio del culto del dio Serapide da Si- steri eleusini venivano celebrati unò
nope ad Alessandria la figura divina ap- 'ltoÀÀ{i) 'ltUpl. Con l'alternarsi di buio e
parsa in sogno si innalza al cielo igne chiarore il miste deve sperimentare l'or-
plurimo (Tac., hist. 4,83). I fènomeni i- rore delle tenebre e la felicità dell'aldi-
gnei rientrano anche nel novero dei nu- là 28 • Nelle pratiche selvagge dei Bacca-
merosi segni premonitori 24 ; per es. fuo- nali in Roma donne invasate immergo-
co sanguigno che cade sulla terra è un no nel Tevere .fiaccole accese (Liv. 39,
presagio infausto (Plin., nat. hist. 2,27 ). r3). Nei misteri ellenistico-orientali, du-
Nel descrivere il mondo degli inferi 25 si rante l'epoptia spesso col fuoco si ot-
parla di «molto fuoco e grandi fiumi di tengono effetti luminosi 29 • Nel culto di
fuoco» (Plat., Phaed. r 1 rd). Il terzo dei Mitra l'iniziato viene rigenerato dallo
quattro grandi fiumi sotterranei, che spirito perché ammiri il sacro fuoco (tva
dapprima si versa in un'ampia pianura ~a.vµci.c;w -.ò Ì.EpÒv 'ltUp: Mithr. Liturg.
dove arde un enorme fuoco per poi get- 4,15). Egli deve contemplare «con spi-
tarsi nel Tartaro, si chiama Piriflegeton- rito immortale l'immortale eone e signo-
te. Esso è la fonte dei monti che emet- re delle corone di fuoco» (4,21 s.). Que-
tono fuoco, non un luogo di tormenti sto eone, dio del fuoco 30, viene invocato
(Phaed. n3a.b). Troviamo però anche nella preghiera con questi titoli: «Esau-
l'idea della purificazione delle anime per discimi ... signore, che con il soffio dello
mezzo del fuoco 26 oltre che con l'acqua spirito hai chiuso gli infuocati chiavistel-

2! Ed. A. B. DRACHMANN III (1927) 51 s. 21 Secondo~ ElTREM 4,52 ss.; 5,39.54 ss. nel-
2? La mitologia conosce anche animali che spi- la consacrazione misterica avviene una rinasci-
rano fuoco: Diomedis equi spirantes naribus ta elementare, una riedificazione dell'uomo at-
ignem: Lucretius, de rerum natura 5,29 (ed. traverso i puri elementi primordiali dopo che
]. MARTIN [ 1953] 176); tauri: Ve.rgil., georgi- è stato purificato dagli elémenti hylici ed è
co11 2,140. cosl stato reso idoneo alla visione della divini-
23 E. PFIS'J'ER, art. 'Epiphanie', in PAULY-W. tà. Pare che a questo riguardo il modello sia
Suppl. 4 (1924) 315; ~PAX 26.30. stato offerto dalla dottrina persiana degli ele-
2~ Abbondante document82ione nel prodigio- menti (cfr. Hdt. l,131).
mm liber di Iulius Obsequens (ed. O. Ross- 28 O. KERN, art. 'Mysterien', in PAULY-W. 16
DACH [1910] 153-181). (1935) 1243.
25 Cfr. L. RADERMACHER, Das ]enseits im My-
29 TH. HoPFNER, art. 'Die orientalisch-helle-
thos der Hellenen (1903) 96.
26 E. NoRDEN, P. Vergilius Maro, Aeneis Buch
nistische Mysterien', in PAULY-W. (1935) 1334.
2
VI (1916) 28. 3'J Cfr. A. Drn'l'ERICH, Abraxas (1891) 48-62.
1tvp A 3 - B (F. Lang)

li del cielo, che governi il fuoco (nupl- rispecchia l'antico mito fondamentale i-
7tOÀ.E ), spiri fuoco (7tupbtvoE), sei corag- ranico della lotta fra Atar (fuoco) e Azi
gioso come il fuoco (7tupil)uµe), hai la Dahaka (drago). Gli uomini partecipano
gioia del fuoco ('ltVPLX<lPii), hai corpo di ineluttabilmente a questa lotta col loro
fuoco (7tVpLcrwµa'tE ), semini fuoco (7tU- comportamento. Essi combattono per j
pt1nt6pE ), hai fragore di fuoco ( 'ltvpt~M­ buoni sentimenti, la verità e la vita cu-
VE ), turbini come fuoco ( 7tVpLo~va), reg- rando gli esseri buoni (per es. il bue, il
gi il fulgore del fuoco (ÈVmJptcrx;l]crl- fuoco e la terra); oppure consolidano il
cpwç)» (8,17 ss.). Appena entrato, il mi- campo delle forze avverse. In questa
ste contempla il dio del sole Elio «dai prospettiva il fuoco appartiene inequi-
riccioli d'oro (7tupw6-tptx;o:) con la veste vocabilmente alla parte buona, al regno
bianca e il mantello rosso scarlatto e con di Ahura Mazda che l'ortodossia persia-
una corona di fuoco» e lo saluta col «sa- na ritenne sempre fornito di un corpo
luto del fuoco» ( 10,28 ss.). di fuoco, una .fiamma che splende di lu-
ce increata. Molto spesso nelle invoca-
Riepilogando si può dire che nel mon- zioni il fuoco è chiamato «figlio del sag-
do greco, nonostantt; gli effetti distrut- gio signore» (Yama l,38; 2,18.48; 3,
tori, il fuoco è considerato in partico- 26.52 e passim) 32 • Il fuoco è personifi-
lare l'elemento più fine, più mobile e cazione terrena di Asa vahista, il genio
insieme più durevole, quindi è valutato della verità o della migliore giustizia,
positivamente ed è posto in relazione che viene computato fra gli Ame5a Spen-
con la divinità (dr. Plat., Tim. 4oa) e ta, i «santi immortali». In essi si estrin-
lo spirito. seca e produce i suoi effetti la natura e
il governo cosmico di Ahura Mazda. Es-
B. IL CULTO DE L FUOCO NELLA RELIGIO-
si sono in una certa misura ipostasi delle
NE PERSIANA
sue proprietà e hanno valore fisico e mo-
rale insieme. La loro funzione è custo-
Il culto del fuoco è diffuso presso tut- dire la vita e far progredire il mondo.
so tutti i popoli, ma è sviluppato soprat- Pertanto il fuoco è l'elemento più im-
tutto presso gli indoeuropei. A questo portante della purità, la più efficace e-
riguardo nell'ambiente biblico riveste nergia vitale del regno divino della veri-
particolare importanza la religione per- tà (Yasna 46,7).
siana 31 • Già gli antichi Greci sapevano
che presso i Persiani il fuoco era adora- Questo elemento puro è adorato per-
to come un dio: Hdt. 1,131, cfr. 3,16: ché incarna questa energia divino-spiri-
IIÉpcra1 ycìp ikòv voµlsoucn E°LvaL -tò tuale, come conferma il fatto che non si
7tvp, «i Persiani ritengono che il fuoco giunse ad una personificazione del dio
sia un dio»; dr. Diog. L., prooimion 6; del fuoco. Tutto ciò che riguarda morte,
Luc., !up. /rag. 42; Strabo 15,3.13 s. 16; cattiva crescita o minorazione della vita
Did. S. I7,u4+ rende impuro e non deve venire in al-
cun modo in contatto col fuoco. Di qui
Nel dualismo cosmologico ed etico il particolare genere di onoranze fune-
del mazdaismo di Zaratustra il fuoco e bri. Per quanto possibile i cadaveri non
il serpente personificano l'antitesi tra ve- devono contaminare il fuoco, l'acqua e
rità (A.fo) e menzogna (Drug) . In essa si la terra; perciò vengono abbandonati,

11 Circa l'idea di fuoco presso gli Egizi dr. C. indice analitico, s.v. ignis; -+ LANG 23-26.
CLEMEN, Fontes religionis aegyptiacae (r925) 32 Ed. F. SPIEGEL (1859).
7tUp .O \ l'. Lang}

privi di vesti, sulle «torri del silenzio» mente nel metallo fuso» (30,r8-20) 35.
(dakhmas) alle belve, che sono in ogni Alla fine Ahura Mazda sconfigge gli ul-
caso incarnazioni dello spirito malvagio. timi due avversari Ahriman e Az (il de-
La cremazione del cadavere è ritenuta la mone della cupidigia in figura di serpen-
colpa più riprovevole (Vendidad 8,229 te) e purifica definitivamente l'inferno
ss.)33. con la potenza dcl fuoco. La terra rinno-
vata 36 sarà una superficie piana senza
Nell'escatologia il fuoco è presentato ghiacci (Bundahish 30,30-33). Il fuoco
come il mezzo dell'ultima prova nel giu- quindi è la difesa dell'ordinamento vi-
dizio finale 34 • Nelle Gatha si dice: «Per- tale buono, divino, l'opposto delle po·
ciò, saggio signore, nel giudizio dovrai testà ostili a Dio, demoniache, che di-
distribuire per mezzo dello spirito santo morano nelle tenebre e nel freddo deser-
(e) del fuoco (la ricompensa e il castigo) to. In questa concezione diavolo e infer-
secondo la colpa e il merito con l'aiuto no non hanno fondamentalmente alcuna
di Armaiti e Asa» (Yasna 47,6). Sem- partecipazione al fuoco.
pre nelle Gatha troviamo anche la tipi-
ca immagine del fiume di metallo fuso Mentre nell'antico periodo degli A-
e ardente per distinguere i cattivi dai chemenidi Ahura Mazda veniva adora-
buoni, quando si descrive più dettaglia- to all'aperto davanti all'altare fiammeg-
tamente lo scopo di questa prova me- giante (Hdt. l,131 s.), in seguito ven-
diante il rosso fuoco di Ahura Mazda, nero in uso appositi templi dcl fuoco 37
«per imprimere col metallo fuso un se- simili agli attuali edifici di culto persia-
gno sulle coscienze a detrimento degli ni. Nella cella più interna, chiusa da o-
eretici e a vantaggio dei veri credenti» gni lato e completamente buia, arde il
(Yasna 51,9). Il Bundahish, più recente fuoco sacro in un recipiente di metallo
(sec. IX d.C.), illustra ulteriormente que- posto sopra una pietra quadrata. Nessu-
sto atto di purificazione: «Quando Go- na mano d'uomo o respiro umano lo può
cihar in cielo scenderà sulla terra sopra contaminare; perciò i sacerdoti addetti
un raggio di luna, la terra sarà presa da al fuoco 38 devono indossare guantoni e
una grande angoscia, come una pecora portare una benda davanti alla bocca e
assalita da un lupo. Quindi fonderanno attizzare il fuoco, alimentato continua-
il fuoco e ... il metallo di Shatvair (ar- mente da legno ritualmente puro, me-
cangelo dei metalli) nei massicci e nei diante pinze e palette 39• Da questo sa-
monti e sulla terra sta come una cor- cro focolare viene prelevato ogni fuoco
rente. Allora tutti gli uomini saliranno nuovo che dovrà ardere nelle case 40 •
nel metallo fuso e saranno purificati. Se
uno è giusto sarà come se si trovasse nel
latte tiepido, se invece è empio sarà co-
me se nel mondo egli giungesse perenne-

33 Ed. F. SPIEGEL (x852) x53. MANN tenta una ricostruzione dell'evoluzione


3f --+ MAYER 1-79 studia lo sviluppo dall'orda- architettonica del tempio del fuoco.
lia escatologica del fuoco nelle Gatha di Zara- 38 Circa il rapporto tra culto persiano del fuo-
tustra fino alla conflagrazione cosmica degli co e culto della dea Anahita cfr. ---> WIKAN-
scritti medio-persiani. DER, soprattutto 52-Iox.
35 Ed. K. F. GELDNBR (x9:z6). 39 BERTHOLET-LEH. Il 236 s.
36 Circa il fuoco quale strumento di perfezio- <IO Per il culto del fuoco dr. ancora H . H. VON
namento del mondo cfr. ~ MAYER 55 s. DER OsTEN, Die Welt der Perser' (1956) indi-
37 Alla luce dei reperti archeologici --+ ERD- ce 294 [K. H. RENGSTORF].
839 (VI,933) 11\ip el I-2 (F. Lang)

C. IL FUOCO NELL'A.1'., NEL TARDO GIU- sim); in guerra come mezzo di distruzio-
DAISMO E NELLA GNOSI ne (per es . Deut. 13,17; !ud. 20,48;
Am. r,4; Ier. 21,10; Ps. 46,10). Di sa-
I. Antico T es/amento bato era proibito accendere il fuoco (Ex.
35,3). Come fonte di illuminazione il
r. Statistica delle traduzioni fuoco è menzionato in Iudith 13,13.
Nella stragrande maggioranza dei ca-
si niip traduce l'ebraico 'és (c. 350 volte) Nel culto, il fuoco è usato soprattut-
e in Daniele l'aramaico nfJr (LXX 12 to nel sacrificio (Lev. 1,7 ss.). il fuoco
volte; Theod. 16 volte). Nei LXX nvp dell'altare va tenuto costantemente acce-
si trova circa 490 volte di cui c. 100 so con l'olocausto quotidiano e non de-
nei libri col solo testo greco. 1) nvpa è ve mai spegnersi (Lev. 6,2.6). Perciò
usato esclusivamente negli apocrifi (8 nella terminologia recente è chiamato
volte). Altri equivalenti ebraici di niip «fuoco perenne» (niip évoEÀEXÉ~: 1
sono rari, per es. 'ur (Is. 44,16; 47,I4; Ecrop. 6 ,2 3) 41 • Era severamente proibito
fa. 5,2 ); s•réfa (Gen. l I ,3; Am. 4,u ); offrire un sacrificio con fuoco che non
'iHeh (I Sam. 2,28); b•'éra (Ex. 22,5); fosse dell'altare. Tale sacrificio contro le
lehàba (Is. 10,17; cfr. Ex. 3,2); rdef norme del culto si chiama 'es zàra =
(Ps. 78,48). 'es viene raramente tradotto nvp &.).).6-rptov (Lev. 10,1; Num. 3A).
con altd termini greci (Lev. 2,14; qàliìi La legge condanna in quanto mostruo-
bà'es = nE<ppuyµévoç, abbrustolito; cfr. sità pagana i sacrifici di bambini in ono·
Ez. 23,47; Is. 54,16: 11àfa~ b•'es= cpu- re di Moloc (Lev. 20,2; Deut. 12,31; 18,
10 ). Ciò nonostante sotto Acaz (2 Reg.
crfiv, attizzare; lob 18,5: s•blb 'es =
<pÀ.6ç, fiamma); in Num. 18,9 leggi ha'is- 16,3), e soprattutto sotto Manasse (2
seh = xapnwµcx., sacrificio). Reg. 21,6) nella valle di Hinnom furo-
no offerti sacrifici di bambini (cfr. Ier.
7 ,3 r ), e l'espressione tecnica per desi-
2. Forme di uso tecnico gnare questa azione è: «far passate i
Non è necessario analizzare nei parti- propri figli, o le proprie :figlie, attraverso
colari le svariate forme di fuoco sponta- il fuoco» : he'ebir bà'es=StayEw Èv 'lt\J-
ne~ o prodotto dall'uomo. A questo ri- pl (2Reg. q,17; 21,6) 42 • Nel culto il
guardo l'A.T. non presenta alcuna pecu- fuoco ha anche la funzione di mezzo ri-
liarità degna di nota, perciò sarà suffi- tuale di purificazione(~ 1v, col. 1264)
ciente un rapido accenno ai principali (Lev. 13,52; Num. 31,23; Is. 6,6 ~col.
settori d'impiego : nell'uso domestico 843) e di distruzione degli oggetti con-
per preparare i cibi (Ex. 12,8; 2 Chron. sacrati per sottrarli alla profanazione
35,13; Ier. 7,18 e passim) e per riscal- (Ex. 12,ro; 29,;4; Lev. 4,12 e passim,
damento d'inverno (ls. 44,15 s.; Ier. 36, forse anche Num. 6,18). La cremazione
22); nell'attività artigianale (per es. del cadavere è prevista solo per i malfat-
Gen. u,3); soprattutto nella fusione dei tori (Gen. 38,24; Lev. 20,14; 21,9; Ios.
metalli (Ier. 6,29; Ecclus 38,28 e pas- 7,.15) 43 • Forse s'avverte qui l'idea di sal-
41 Secondo un racconto apocrifo, quando il co (2 Mach. 1,r8 ss.).
popolo fu deportato in esilio il fuoco sacro fu 42 In Deut. i8,10 i LXX traducono ma'abir...
celato dai sacerdoti in una cisterna. Venne poi bii'eJ con 7CEp~xa.Da.lpW'll ... tv mipl.
riscoperto sotto Neemia e, dopo che per un 43 Nel caso di Saul e dei suoi figli (.i: Sam. 3x,
prodigio prese fuoco l'acqua del pozzo, fu ri- 12) non abbiamo una regolare cremazione del
portato sul nuovo altare dei rimpatriati. Di qui cadavere, ma un particolare modo di sepoltu-
l'usanza di celebrare un'apposita festa del fuo- ra (Bibl. Reali. 239).
'ltVp e I 2-4a (F. Lang)
vaguardare la purezza del popolo, come per indicare il giudizio dell'ira divina
quando si distruggono col fuoco altari e (Ier. 4.4; 5,14; 21,12; 21,36; 22,2x.31;
idoli pagani (Deut. 7,5.25; 2 Reg. 23, 38,19; Soph. 1,18; 3,8; Nah. 1,6; Ps.
n; I Chron. 14,12 e passim) o quando 79,J; 89,47). Nei particolari l'uso lin-
i nemici e i loro beni vengono radical- guistico si rifà a varie immagini: incen-
mente annientati col ferro e col fuoco dio nel bosco (Ier. 21,14); fornace (Ps.
nell'anatema (Deut. 13,17; Ios. 6,24; 21,10); rogo {Is. 30,33); fuoco del fon-
r Sam. 15). ditore (Mal. 3,2); folgore (Lam. 1,13) .
Di solito s'intende illustrare l'irresistibi-
Quale fenomeno naturale il fuoco s'in- le forza distruttrice, talvolta invece la
contra soprattutto nel1a folgore. Come il tendenza ad allargarsi (per es. nel caso
tuono è la «voce di Dio», così la folgore dell'incendio nel bosco), l'insaziabilità
è il «fuoco di Dio» (lob l,r6; 2 Reg. l, (Prov. 30,16), l'azione purificatrice del
12); cfr. il «fuoco di Jahvé» (Num. II, fuoco del fonditore e, raramente, l'insta-
l; I Reg. 18,38). Questo significato è bilità dei persecutori (un fuoco di pru-
particolarmente chiaro quando il fuoco ni: Ps. n8,12). Vi sono poi espressioni
appare accanto ad altri fenomeni natu- proverbiali, per es. «come un ciocco
rali, per es. tuoni (Ex. 9,28; Ps. 29,7), strappato al fuoco» (Am. 4,n ; Zach. 3,
grandine (Ex. 9,24; Ps. 78,48; IOJ,32), 2) per indicare qualcuno che è riuscito a
tempesta e bufera (Is. 29,6), vento (Ps. sfuggire a un pericolo gravissimo, e «co-
104,4), neve e ghiaccio (Ps. 148,8). In me la cera fonde al fuoco» (Mich. 1,4;
qualche caso, dato il contesto, 'es signi- Ps. 68,3; 97,J) per indicare un processo
fica canicola, grande siccità (Am. 7,4; di dissoluzione inarrestabile e radicale. È
Ioel 1,19). In lob 28.J (k•mo-'es; molto diffuso inoltre il paragone del fuo-
Theod.: wcreì. 7tUp) il lavoro di miniera è co del fonditore di metalli per indicare
paragonato all'attività di un vulcano; la purificazione ne~ dolore o nel castigo
ma nel testo originario si deve forse leg- (ls. l,22.25; ler. 6,27 s.; Ez. 22,17-22;
gere «con fuoco», con probabile riferi- Mal. 3,2; Prov. 17,3; Ecclus 2,5; Zach.
mento a un'antichissima procedimento 13,9).
col quale nel pozzo si ammolliva il mine- Per contro recede notevolmente nel-
rale mediante il fuoco di legna 44 • l'uso linguistico metaforico e traslato la
funzione illuminante del fuoco (Nah. 2,
3. Uso traslato 4; r Mach. 6a9).
In questo uso acquista valore preva-
lente la forza distruttrice del fuoco. Nel- 4 . Il fuoco in relazione a Dio
la letteratura sapienziale passioni uma- a) Il fuoco nella teofania
ne d'ogni sorta sono paragonate al fuo-
co: calunnia e litigiosità (Prov. 26,20 In quasi tutte le scene di teofania del-
s.), ira (Ecclus 28,10 s.), spargimento di 1'A.T. il fuoco compàte come forma rap-
sangue (Ecclus n,32; 22,24), passione presentativa dell'inaccessibile santità e
amorosa e voluttà (Ecclus 9,8; 23,17), della sovrana maestà di Jahvé. Fonda-
adulterio (lob 31,12; Prov. 6,27 s.: e- mentale per le successive rafligutazioni
quiparato al camminare su carboni ar- fu la teofania al Sinai (Ex. 19) nella quale
denti), peccati (Ecclus 3,30; 8,10). Ma certi tratti fanno pensare a una bufera
il fuoco è soprattutto immagine abituale con tuoni e fulmini e a un'eruzione vul-
44 Cfr. G. H6LSCHER, Das Bucb Hiob, Hand- buch A.T. (z937) ad I.; GALUNG, Bibl. Reali.
98.
'ltUp e I 4a-b (F. Lang)

canica accompagnata da terremoto. Non descrivere lo splendore luminoso che è


sempre però la teofania è inserita nel proprio non solo di Dio, ma anche degli
quadro di fenomeni naturali di questo angeli (cfr. Dan. ro,6).
genere. Nella scena della vocazione di
Mosè Jahvé appare nel roveto ardente
(Ex. 3,2) e a Gedeone si mostra in una b) Il fuoco come strumento del giudizio
fiamma che arde dalla pietra (Iud. 6,21 ). divino
Il fuoco è il medium della presenza rive-
lativa di Dio e rappresenta il mistero Nell'A.T. si tratta in primo luogo di
della gloria di Jahvé, il k"bOd jhwh (Ex. un intervento punitivo di Jahvé nel cor-
24,17, ~ u, col. 1365). La colonna di so della storia. Come nella rappresenta-
nube e di fuoco che precedeva Israele
nel deserto (Ex. 13 ,21 s.; 14,24; Num. zione della teofania ha influito decisa-
14,14; cfr. Neem. 9,12.19) indica che il mente la rivelazione sul Sinai, cosl qui
Dio «disceso nel fuoco sul Sinai» non è - per quanto riguarda il giudizio di con-
legato a una località, ma continua a gui-
dare e a difendere il suo popolo. danna - un influsso determinante sulle
successive rappresentazioni è stato eser-
Nelle scene teofaniche più recenti di- citato dalla distruzione di Sodoma e Go-
venta sempre più evidente il progressivo
allontanamento teologico dall'elemento morra mediante zolfo e fuoco (Gen. 19,
materiale. Nell'apparizione di Dio ad E- 24). Parimenti il motivo delle dieci pia·
lia sull'Horeb si dice esplicitamente: «Il ghe d'Egitto (la settima era «fuoco fìam·
Signore non era nel fuoco» (I Reg. 19, meggiante in mezzo alla grandine»: Ex.
12). L'essere di Dio non si esaurisce ne-
gli elementi, egli è Signore e sovrano 9 ,24) ha influito fìn sulle raffigurazioni
delle forze della natura (dr. Ps. 104,4). escatologiche (cfr. Apoc. 8,7). Per indi-
La vera e propria rivelazione avviene at- care l'intervento punitivo di Jahvé si
traverso la parola (r Reg. 19,13; dr. Ex.
3,4 ss. e 19,21 ss.). Nella visione evoca- crearono alcune formule fisse: «Fuoco
zione di Isaia, descritta in termini cul- usd da Jahvé» (Lev. 10,2), «cadde fuo·
tuali, il fuoco serve a purificare le lab- co dal cielo» (2 Reg. 1,10), «il fuoco di
bra impure per il servizio divino di an-
Jahvé divampò su di essi» (Num. u,1).
nunciatore (Is. 6,6). La visione di Dio
del profeta Ezechiele (cap. l), che pre- Presso i profeti il fuoco è uno dei più
senta aspetti affini a Is. 6, è dominata consueti strumenti del giudizio divino
dalla scena del trono celeste sorretto da che colpisce sia gli arroganti nemici d'I-
quattro esseri che attestano l'onnipoten-
za di Dio operante in ogni parte anche sraele (Am. 1'4-7 ·10.12.14; 2,2 ; Ier. 43,
durante l'esilio d'Israele 45 • In questo ca- 12; Nah. 3,13 e passim) sia l'indocile po-
so il fuoco serve ad esprimere lo splen- polo di Dio (Am. 2,5; Os. 8,14; Ier. u,
dore raggiante e la luminosa gloria divi-
na del k"bOd jhwh (Ez. 1,28). In Dan. 7 16; 17.'27; 21,14; 22,7; Ez. 15,7; 16,
il fuoco è ormai l'immagine usuale per 41; 24,9 e passim). Lo stretto legame

45 Circa il nucleo originario e l'ampliamento le, dr. W. Z IMMERLI, Ezechiel, Bibl. Komm.
del racconto con l'immagine del trono mobile A.T. x3 (1956) 46-70.
sopra il carro, propria della 'scuola' di Ezcchie-
11iip e I 4b-c (F. Lang)
tra immagini di condanna e teofania e- un perenne processo di dissoluzione e di
sprime l'idea che il fuoco non è una cie- castigo (cfr. Is. 34,10; Iudith 16,17; Ec-
ca forza della natura, ma uno strumento clus 2r,9 s.). L'A.T. non usa ancora l'e-
di punizione in mano al giudice divino. spressione tecnica «fuoco eterno» per in-
Altrettanto si può dire per il fuoco dicare la pena dell'inferno.
del giudizio escatologico che troviamo
presso i profeti. Il pensiero biblico a c) Il fuoco come segno dell'intervento di
questo riguardo ruota in ptimo luogo grazia
attorno alla figura di Jahvé che si mani- Anche se molto più raramente, talvol-
festa per giudicare; non è invece inte- ta il fuoco è anche segno della grazia di-
vina. Tale uso di solito serve a indicare
ressato a definire in che modo si attuerà l'accettazione di sacrifici: con una epifa-
In fine del mondo o la trasformazione nia per mezzo del fuoco Jahvé manifesta
degli elementi, come avviene per es. nel- la sua accettazione del sacrificio e la sua
presenza salvifica (Gen. 15,17; Lev. 9,
la dottrina stoica della conflagrazione 23 s.; !ud. 6,21; I Reg. r8,38; I Chron .
cosmica. Tre sono principalmente le fun- 21,26; 2 Chron. 7,1) 47 • Inoltre il fuoco
zioni attribuite al fuoco nel dramma e- ha una funzione intermediaria nel caso
di uomini straordinari che vengono ac-
scatologico: 1. il fuoco è uno dei segni colti in cielo (per Elia [2 Reg. 2,II] ab-
premonitori del giorno di Jahvé (Ioel 3, biamo un carro di fuoco con cavalli an-
3). 2. Jahvé attraverso il fuoco attuerà il ch'essi di fuoco). Spesso fenomeni ignei
suo giudizio di distruzione su tutti i indicano la presenza della guida (la co-
lonna di nubi e di fuoco nel deserto ~
suoi nemici (Mal. 3,19; ls. 66,15 s.; fa. col. 843) e della protezione divina (2
38,22; 39,6) 46 • 3. I dannati subiscono Reg. 6,17). In Zach. 2,9 (LXX) trovia-
la pena eterna del fuoco. Quest'ultima mo che Jahvé è un muro di fuoco che
protegge all'esterno 48 e uno splendore
idea si trova solo in epoca postesilica e di luce all'interno. Nell'èra escatologica
non senza l'influsso di concezioni non di salvezza la presenza di grazia di Dio
israelitiche. In questo contesto il passo viene descritta prevalentemente in ter-
mini di luce (cfr. Is. 58,10; 60,r s. 19
veterotestamentario più influente fu Is. s.); solo in qualche caso l'inabitazione
66,24 in cui il verme e il fuoco indicano del Signore nella città perfetta di Dio è

46 In età preesilica di solito si tratta di giudizi bia Teodozione interpret;i lo sguardo benigno
limitati a un certo territorio; solo Soph. r,18; di Jahvé su Abele e il suo dono come una con-
3 ,8 parlano metaforicamente di un castigo di sumazione dell'offerta per mezzo del fuoco
fuoco esteso a tutta la terra. Dopo l'esilio 1a (Gen. 4,4: ~VE'ltvp~crnv; ebr.: wa;;isa'; LXX:
scena su cui si compie il giudizio del fuoco si È'ltE~OEV) .
allarga notevolmente, per es. Is. 33,n s.; Ioel 48 · In connessione con Gen. 3,24 e Zach. 2,9 si
2,3; Zach. u,6; Non troviamo nell'A.T. un te- sviluppa evidentemente l'idea attestata da
sto esplicito sulla conflagrazione universale. A Lact., inst. 2,x2,19 (CSEL 19,158): ipsumque
differenza del parsismo il fuoco del giudizio Paradisum igni circumvallavit (Deus). Cfr. F.
non è collegato all'idea dell'ordalia (--7 MAYER J . DOLGER, Sol Salutis (x925) 227 n. 3; A. JE-
132). REMIAs, Das A.T. im Lichte des alten Orients'
47 Già nel caso del primo sacrificio della Bib- (19x6) IOo.358 [G. BERTRAM].
'llUP eI 4c - II I (F. Lang)

desçr:itta anche con l'immagine di una II. Sviluppi nel lardo giudaismo
manifestazione di fuoco (ls. 4,5).
l - Apocalittica
d) Il fuoco come designazione di Dio Mentre nell'A.T. gli astri hanno solo
Quando nell'A.T. Dio è definito fuo- la funzione di scandire il tempo dividen-
co divoratore ('es 'okla : Deut. 4,24; 9, dolo in giorno e notte, nell'apocalittica
3; Is. 33,14) non è inteso come elemen- sono spesso descritti come corpi ignei:
to personificato (cfr. Agni, il dio indiano il sole (Hen. aeth. 72,4 s.; Bar. gr. 6 e
del fuoco) o sostanza primordiale di ogni 8 ); le Stelle «Come grandi monti fiam-
essere e divenire (Eraclito e la Stoa ~ meggianti» (Hen. aeth. x8,13). L'idea
coli. 828 ss.). Nell'A.T. questa designa- delle stelle disobbedienti (Hen. aeth. 18,
zione indica invece la natura maiestatica 15) è collegata spesso con quella degli
che racchiude in sé castigo e grazia e il angeli peccatori (19,1-3). Talvolta in 4
comportamento di Jahvé come giudice: Esdr. abbiamo accenni alla dottrina dei
egli vigila sull'osservanza dei suoi co- quattro elementi, per cui anche l'uomo,
mandamenti con ardore di fuoco! È in quanto microcosmo, è fatto di terra,
quanto illustra con sufficiente chiarezza acqua, aria e fuoco (4 Esdr. 4,rn s.; 8,
l'aggiunta esplicativa «un Dio geloso» 8) 49 • Molta importanza ha acquistato il
(Deut. 4,24) ed emerge incontrovertibil- fuoco nell'escatologia: giudizio finale
mente da tutta la concezione veterotesta- con fuoco (Hen.aeth. 102,1; Bar. syr. 37,
mentaria di Dio. In questo senso luce e r; 48a9.43; 4Esdr. l3,10s.; Ps. Sai.
fuoco possono addirittura indicare il Dio 15,4 s .; Iub. 9,15; 36,10; Sib. 3,53 s.
che interviene con la sua grazia e il suo 71s. 542.618.673 s. 761; 4,159 s.; apoc.
giudizio: «La luce d'Israele diventa fuo- El. 40,17 ss.). L'idea della conflagrazio-
co e il suo Santo diviene .fiamma» (Is. ne cosmica è sviluppata esplicitamente
10,17). soprattutto nei Libri Sibillini 50 (Sib. 2,
186 ss. 238 ss. 315 ss.; 3,83 ss.; 4,172
ss.; 5,158 ss. 2n ss. 512-531), nei quali
Se nelle civiltà limitrofe l'idea di fuo-
i motivi del fiume di metallo incande-
co orientata in senso cosmologico-ideo- scente e delle stelle che precipitano ri-
logico prende le mosse prevalentemente cordano influssi iranici. Nel dualismo
dall'elemento naturale, nell'A.T. il fuo- sempre più netto dell'apocalittica il fuo-
co compare soprattutto in duplice for-
co è visto in modo del tutto teocentrico ma: a) come strumento di tormento e-
quale forma descrittiva della misteriosa, terno nell'inferno (Hen. aeth. 9 1,9; 100,
inavvicinabile, terribile e beatificante 9; 103,8; 4 Esdr. 7,38; Bar. syr. 44,15;
59,2); fuoco eterno (Bar. gr. 4,16; test.
gloria di Jahvé nel processo rivelativo e Zab. 10,3; cfr. test. Iud. 25,3; 4 Mach.
quale strumento e immagine costante 12,12); abisso di fuoco (Hen. aeth. 90,
del suo atteggiamento di giudice. 24; Hen. gr. 10,13 : xaoç''t'OU 1tUp6c;);
palude di fuoco (Hen. aeth. 90,25 51 ;

4g Nell'atto dell'ispirazione lo spirito viene de- 49 s.; apoc. Eliae 43,5 s.; Pseud.-Sophodes 2,r-
scritto con l'immagine di un calice pieno d'ac- 6 (RIESSLER xo46).
qua, «il cui colore era simile a fuoco» (4 Esdr. 51 Cfr. A. DIETBRICH,
Nekyia' (1913) 2I8·22I.
14,39). In Hen. aeth. 90,25 come testo greco va pro-
so Cfr. però anche He11. acth. 1,6 ss.; vii. Ad. babilmente presupposto Àlµ\ITj [P. KATZ] .
849 (vr,937) m)p e II 1-2 (F. Lang)

Hen . gr. 10,6: ɵ'Ttuptcrµ6ç); colonne di fuoco) (Joma b. 21h bar.). Il rabbinismo
fuoco (Hen. aeth. 18,II; 21,7; 90,26); condanna il culto del fuoco : gli adora-
mare di fuoco (apoc. Soph. 7,2.3); for- tori del fuoco (pabbartm) sono parago-
naci di fuoco (Hen. aeth. 54,6; 98,3; nati agli «angeli della perdizione» ( Qid.
4Esdr. 7,36; cfr. vis. Esdr. 48); incan- b. 72a).
descenti strumenti di tortura (apoc.
Esdr. 4,9 ss. 16 ss.; vis. Esdr. 13 ss. 19 . Nel racconto del Sinai spesso si para-
45 s.; apoc. Soph. 5,1; 15,6; Sib. 2,286 gona la torà al fuoco. La legge era di
ss. 295). b) Come caratteristica del cele- fuoco, la pergamena su cui ern scritta
ste mondo della luce (Hen. aeth. 14,9- era di fuoco bianco, i caratteri della
25; 71,1-12; apoc. Abr. 18; vit. Ad. 25); scrittura erano di fuoco nero (Sota j. 8,
gli angeli visti come esseri di fuoco 4 [22d,32 ss.]). In Deut. 33,2 (Midr.:
(Hen. slav. 1,5; 29,3; 4Esdr. 8,21; Bar. «alla sua destra stava il fuoco della leg-
syr. 21,6; apoc. Soph. 9,4; apoc. Abr. ge») la torà è detta fuoco 52 • «I due fuo-
19,5-9; angelo dello spirito di fuoco chi» della torà sono la legge seri tta e la
(Iub . 2,2). legge orale (Cant. r. 2,J). Da questa pro-
spettiva si comprendono anche i feno-
2. Rabbini meni ignei che accompagnano lo studio
e la lettura della torà 53 , e infine l'idea
Circa l'origine temporale del fuoco e- che i rabbini, in quanto studiosi dediti
sistevano diverse opinioni. Il midrash completamente alia torà, sono essi stessi
annovera il fuoco tra i tre elementi pree- di fuoco: il fuoco dell'inferno non può
sistenti al mondo (Ex. r. 15 a 12,12). Se- nulla contro gli studiosi della Scrittura,
condo una dottrina comune esso fu fat- «dei quali tutto il corpo è fuoco» (Hag.
to il secondo giorno della creazione, se- b. 27a).
condo un'altra, invece, alla vigilia o sul
fìnire del sabato (Pes. b. 54a). I rabbini Nell'escatologia iJ rabbinismo, come
distinguevano sei comportamenti del l'apocalittica, ha sviluppato ulteriormen-
fuoco: il primo «consuma e non beve»: è te soprattutto le idee circa il cielo e l'in-
il normale fuoco spento dall'acqua; il se- ferno, probabilmente non senza risenti-
condo «beve e non consuma»: è la feb- re di influssi babilonesi e iranici~. Dal
bre (Shab. b. 67a); ]eb. b. 71b); il terzo sec. II a.C. la Sheol, che in origine era
«consuma e beve»: è il fuoco di Elia il luogo tenebroso in cui soggiornavano
(I Reg. 18,38); H quarto «consuma ciò tutti i morti, diventa sempre più espli-
che è umido e ciò che è secco»: è il fuo- citamente il luogo infuocato in cui ven-
co dell'altare; il quinto «allontana il gono puniti gli empi 55 (~ r, coli. 393 ss.;
fuoco normale»: è il fuoco dell'angelo II, 375 ss.) e che di solito dai rabbini è
Gabriele che raffreddò la fornace arden- chiamato Gehinnom. Pare che ai tempi
te (Dan. 3,25); il sesto «consuma l'al- di Gesù la Sheol fosse ancora considerata
tro»: è il fuoco della divinità; infatti il la sede·intermedia di punizione accanto
maestro disse che col suo dito aveva al Gehinnom escatologico 56• Ma dopo la
bruciato gli angeli ribelli ( = esseri di famosa sentenza di R. Johanan ben Zac-

52 STRACK-BILLERBECK IV xo68. camente si trova l'equivalenza diluvio·conffa.


Sl STRACK-BILLl!RBECK II 6o3 S.
grazione (M. Ex. r8,r (64b]); STRACK-BILLER·
BECK III 773·
S4 L'idea di conflagrazione universale non ha 55 STRACK-BILLERBECK IV 1075 s.
trovato seguito presso i rabbini; solo sporadi- 56 STRACK·BILLERBECK IV 1023.
7'VP e II 2-3 (F. Lang)

cai (verso il 20 d.C.) circa le due vie che volte più di un fuoco normale (Ber. b.
conducono al Gan Eden e al Gehinnom 57b). Il calore aumenta con la profondi-
(Ber. b. 28b [-?VIII, col. I68]),presso i tà (Midr. Ps. 84 § 3). Il fuoco è alimen-
rabbini un po' alla volta il Gehinnom so- tato da carboni di ginestra perché du-
stituisce la Sheol anche quale interme- rano a lungo (Midr. Ps. 120 § 4 e pas-
dio luogo di punizione. sim). I mediocri, cioè quelli per i quali
sulla bilancia del giudizio finale meriti e
Già nel Gehinnom intermedio gli uo- demeriti si equivalgono, secondo la scuo-
la di Shammai devono prima espiare i
mini subiscono pene col fuoco (Hag. b.
loro peccati nel fuoco dell'inferno, men-
15h). A partire dal sec. II d.C. al Gehin- tre secondo gli Hilleliti possono entrare
nom intermedio viene attribuito anche immediatamente nel mondo futuro per
forza espiatoria e purificatrice; corrispon- la grazia di Dio (R.H.b. l6h bar.}1"'0 •
de quindi al purgatorio della dottrina Poiché il fuoco esprime la gloria di
cattolica. I viventi lo possono mitigare o Dio e della sua sfera, per i rabbini esso
abbreviare mediante preghiere ed elemo- costituisce anche la materia di cui è fat-
to il mondo celeste. Il dito di Dio
sìne (Qid. b. 31b; Pesikt. r. 20,95b) 57 • (Sanh. b. 38b) e gli angeli (Pesikt. 57a)
A prescindere da coloro che sono coin· sono di fuoco fiammeggiante 61 • Secondo
presi in una particolare lista di persone una opinione molto diffusa gli angeli so·
no creati dalla corrente di fuoco (nchar
dannate per l'eternità (Sanh. rn,I-3) tut-
di-nt:Jr: Dan. 7,rn) che proviene dal su-
ti i peccatori israeliti, attraverso questa dore dei quattro esseri che stanno da-
fase di purificazione, pervengono alla vanti al trono di Dio (per es. Gen. r. 78
salvezza del mondo futuro. La Mishna a 32,26) 62 • Anche i modelli che Dio mo-
strò a Mosè per costruire l'arca, il tavo-
contiene una sentenza di R . Akiba se- lo e il candelabro (Ex. 25,40) erano di
condo cui il purgatorio di fuoco durerà fuoco, che è il materiale delle costruzio-
dodici mesi (Ed. 2,IO). Alcuni rabbini ni celesti (Men. b. 29a) 63 •
del sec. m d.C. ripartiscono nel tempo
3. Qumran
le pene del caldo e del freddo: gli empi
patiscono 6 mesi nel fuoco e 6 mesi nel- I testi di Qumran 64 condividono l'at-
tesa che nel giudizio fìnale Dio condanni
la neve (Sanh. ;. 10,3 [29b 71 ss.]) 58 • i suoi nemici al fuoco. x QpHab w,5:
Dio giudicherà la casa del giudizio «con
Circa la pena del fuoco nel Gehinnom fuoco e zolfo» (b's gwprit: motivo del
eterno e in quello intermedio i rabbini castigo di Sodoma); lO,IJ: gli avversari
potevano affermare le cose più strane degli eletti di Dio giungeranno «alla pe-
grazie al loro modo combinatorio di in- na del fuoco» (lmsp!i '.f}; I QS 2,15: l'i-
terpretare la Scrittura 59 • Il fuoco non si ra di Dio e lo zelo dei suoi castighi lo
estingue mai (Per. b. 54a) e scotta 60 «brucino per la pena eterna» (ib'rw bw

5, STRACK-BILLERBECK IV zo43-1059. 61 STRACK-BILLl!RBECK III 678.


5S STRACK-BILLERBECK IV io58-106r. 62 STRACK-BILLl!RBECK I 977.
59 STRACK· BILLERBECK IV 1075-rn83. 63 STRACK-BILLl!RBECK III 702 s.
6-J STRACK-BILLllRBECK IV zo33.rn50. 64 Cfr. ~ DELLING ro6.
'ltUP e Il 3 - III (F. Lang) (VI,939) 854

lklt 'wlmjm); cfr. r QH 6,18 s. A Qum- dall'equiparazione, tipica dello stoicismo


ran troviamo pure la concezione del fuo- antico, di spirito e fuoco coll'affermare
co eterno dell 'infemo. I QS 2 ,8 : Sii male- l'inconoscibilità dello spirito umano
detto «nelle tenebre del fuoco eterno» (mut. nom. 10) e dell'anima del mondo
(b'plt '.f 'wlmjm); I QS 4,13: vergogna o divinità (leg. alt. 1,91 ), ma nelle sue
della distruzione nel fuoco dei luoghi o- espressioni dimostra di dipendere da es-
scuri (klmt klh b's mf;Jkim); r QH 17, sa: Ò 'VOUt;, E'VJ}EpµOV XltL 'ltETCUpWµÉ\IOV
13: fuoco nelle profondità della Sheol. 1t\1Euµa., «l'intelletto, spirito fervido e
In ciò non sì oltrepassano i termini del- infuocato» (fug. I I 3); €vilEpµov xa.t 'ltU·
l'uso linguistico dell'apocalittica. Anche pwO'fl À.6yo\I, «ragione fervida e arden-
nelle espressioni metaforiche il fuoco in- te» (cher_ 30). Lo stesso vale per la sua
dica giudizio e tribolazione ( r Q H 4,} 3 ; critica alla dottrina greca della conflagra-
6,25; 8,20.30). Nella descrizione dell'è- zione cosmica (aet. mund. 79-103).
ra finale nelle Hodajot troviamo aspetti
che ricordano l'idea della conflagrazione Caratteristico di Filone è che egli in-
cosmica (r QH 3,29-33) analogamente a terpreta il castigo del fuoco di Nadab e
Sib. (~ col. 848 ). Nonostante il forte Abihu (Lev. 10,2) come un passaggio
dualismo, nei testi di Qumran non tro- alla comunione con Dio (leg. ali. 2,57;
viamo ancora la valutazione gnostica del- fug. 59; rer. div. ber. 309). Inoltre egli
la materia come fuoco . collega la contemplazione di Dio col fuo-
co (praem. poen. 37-39), mentre presso
4. Il giudaismo ellenistico di lui il fuoco dell'inferno passa del tut-
to in seconda linea. Infine, con un'inter·
a) In Filone si coglie chiaramente il pretazione allegorica, pone il fuoco cul-
contrasto tra l'idea greco-cosmologica di tuale dell'altare a servizio dell'etica filo·
fuoco e la matrice giudaico-escatologica. so.fica (spec. leg. r ,28 5-288 ). Tuttavia
Egli accetta la teoria dei quattro elemen- nel dare rilievo all'insondabilità e alla
ti (det. pot. i11s. 8) e descrive la natura e trascendenza della divinità infrange il
le proprietà del fuoco in piena sintonia monismo razionalistico incentrato sul
con lo stile della filosofia greca. Il fuoco fuoco che caratterizzava lo stoicismo an-
è ciò che per natura è caldo (i>Epµév: tico.
rer. div. ber. 135), leggero (xoi.icpo\I: aet.
mund. u5), fine (ÀE'lt't'OµEpÉc; : rer. div. b) Flavio Giuseppe usa 'ltUp in senso
her. r 34) e rarefatto (µavov: aet. mund. proprio (ant. 10,95); 'ltoÀÀÙ. 'ltup<i (12,
105). Ha il triplice aspetto di carbone, 306); 'ltUpÌ Èxxa.J)a.pftij\ICU ..ri &y~a..
fiamma e splendore (aet. mund. 86) e tre «purificare i luoghi sacri col fuoco»
funzioni fondamentali: illuminare (cpw- (beli. 4,323); inoltre 7tUpEfov, legna da
't'lsnv: decal. 48), bruciare (xa.lEw: leg. ardet'e (ant. 5 ,2 3 8) e 1tupE't'6c;, febbre ro
all. 1,5) e riscaldare (à.À.Ealvm1: spec. (ant. r3,J98; bell. r,w6; vit. 48) 66 •
leg. 4,56). Inoltre la sensibilità greca si
manifesta anche nella forte accentuazio- III. L'uso linguistico gnostico
ne dell'importanza del fuoco come stru-
mento di progresso (vit. Mos. 2,219 s.; . Il dualismo anticosmico della gnosi
spec. leg. 2,65). trova espressione nell'antitesi luce-tene-
bre. In questo orizzonte il fuoco può es-
In antropologia Filone si distanzia sere sinonimo di tenebre e quindi con-
65 Cfr. LXX Deut. 28,22 (cbr. : qadda[Jat). 65 I passi di Flavio Giuseppe sono stati indi-

cati da K. H. RENGSTORF.
'ltUP e III 1-3 (F. Lang)

trapporsi nettamente al Dio supremo, rità e menzogna, vita e morte. Può ba-
che è luce. stare un esempio a chiarire il significa-
to: «essi abbandonarono il fuoco viven-
l. La letteratura ermetica te e andarono ed amarono il fuoco divo-
ratore» (69,22 s.). Talvolta a questa con-
Nel Corpus Hermeticum il fuoco ser- trapposizione corrisponde quella tra ac-
ve a indicare il cosmo materiale (Corp. qua = «fuoco vivente» e fuoco= «fuo-
Herm. 1,4), la sfera planetaria, demonica co consumatore» (Lidzbarski, Liturg. 24, •

(10,16) e le passioni sensibili dell'uo· 3-8 ). Il fuoco vivente, valutato positiva-


mo (10,20). Il demiurgo è 6 Èmxdµevoç mente, sta dalla parte dell'eterno e vit-
È7tL "t'OV 7tup6c;, «colui che domina su] torioso re della luce e della gloria (Lidz-
fuoco» (1,13). Nell'ascesa dell'anima barski, Ginza 73,xo ss.). Gli inviati del-
verso il superiore mondo di luce i vizi la luce indossano un «abito di fuoco vi-
vengono restituiti alle singole sfere ( l, vente» {91,17 e passim) oppure una
25). «corona di fuoco vivente» (79,II), «alla
cui vista i demoni sono atterriti» (83,6).
2. Gli scritti gnostici copti Anche l'anima dell'uomo è fuoco viven-
Nella cosmologia della Pistis Sophia il te (246,6). Circa l'aspetto negativo in·
mondo sublunare è chiuso entro tre sfe- contriamo due enunciati che spesso sono
re (Pist . Soph. 12-14) dominate dall'ar· usati parallelamente 67 • Tuttavia il «fuo-
conte di fuoco (cap. 27). Gli arconti rap- co divoratore» si riferisce prevalente-
presentano anche l'«Egitto» o la mate- mente alla vita del cosmo materiale e il
ria (cap. 18). Nel salire verso il regno «fuoco ardente» al giudizio dopo la mor·
te. Il fuoco divoratore determina il re-
.,
della luce del tredicesimo eone l'anima ;i
deve attraversare la zona di fuoco degli gno dei pianeti (Lidzbarski, Ginw 53,
arconti. Grazie ai misteri della luce essa 27 s.; 248,6) e tutto il mondo terreno
è custodita al sicuro (cap. 143), altrimen- materiale. Questo mondo delle tenebre,
ti sottostà al potere giudicante del fuo- della menzogna e della morte (14,30·
co. Le pene del fuoco dei singoli pecca- 37), della malvagità e della caducità (78,
tori variano per genere e durata secondo 9 s.) è «pieno di fuoco divoratore» (33,
4 s.) che caratterizza anche i falsi profeti
i peccati commessi (capp . 144-147). Il li-
bro non fa che combinare le più diverse (29,7.17; 47,9 .17-22; Lidzbarski, Li-
concezioni dell'inferno di fuoco con la turg. 154) e i demoni (Lidzbarski, Ginza
regione ignea degli arconti nell'aria. Il 67,29 s.). Nell'antropologia il fuoco di-
battesimo gnostico di fuoco, accanto al voratore designa il corpo materiale (91,
battesimo d'acqua e di spirito, è descrit-
35 ss.), il «corpo sudicio, maleodorante,
to nel cosiddetto secondo libro di Jeu divoratore e corruttore» (430,17 s.) e le
(cap. 46). passioni umane (94,4 s.; 132,20 s.; 278,
7 s.). Il fuoco ardente rappresenta, ma
non sempre, il fuoco del giudizio escato-
3. Gli scritti mandei
logico (Lidzbarski, Ginza 19,5 s.; 54 ,5;
Nel Ginza ricorre spesso la contrap- 225,22; 299,3; Lidzbarski, Johannes 63,
posizione tra fuoco vivente e fuoco di- 1r.19 ss.); qui l'inferno è messo in rap·
voratore (Lidzbarski, Ginza 76,10 s.; porto con la regione del fuoco nell'aria e
91,37 s.; 264,39; 267,11 ss.; 294,3) per vengono accolte diverse pene comuni
indicare l'antitesi tra luce e tenebre, ve- dell'inferno. Con una certa schematizza-

67 Cfr. LmZBARSKr, Ginza 606, indice s.v.


nup e rn 3 -V II 1 (r. LangJ \ YSt!/'t.l.J U,]V

zione si può dite: chi in vita ama il fuo- tale quando per un attacco del male ca-
co divoratore ( = materia), nell'ascesa deva nel fuoco o nell'acqua. Secondo Le.
dell'anima diventa preda del fuoco ar- 22,55 per scaldarsi i servitori hanno ac-
dente ( = giudizio). ceso una specie di fuoco di bivacco nel
cortile. Che poi lo stesso fuoco sia indi-
Nella 'A7técpa.cnc; µzyaÀ:l'] attribuita a cato dal vocabolo q>wc; (v. 56) si spiega
Simon Mago {Hipp., ref. 6,9,4SS.) il fuo- facilmente col fatto che era notte. Act.
co è un elemento fondamentale di tutta 28,5 si riferisce al fuoco di legna e sar··
l'evoluzione del mondo, «radice dell'u- menti prima menzionato (cfr. 'ÌJ 7tupti:
niverso», tuttavia il dualismo si esprime vv. 2 s.), in cui Paolo scaglia la vipera.
nella doppia natura del fuoco {xpu7t-.:6v/ Hebr. l 1 ,34 presenta il fuoco come stru-
cpavEpév 1tVP) 68 • Il fuoco visibile è de- mento, in definitiva impotente, di tortu-
rivato da quello invisibile; nella confla- ra e di morte contro i credenti, e Apoc.
grazione cosmica tutto ciò che è corpo- 17,r6; 18,8 lo descrive come strumento
reo torna a dissolversi. Pertanto nella di guerra e di distruzione. La completa
gnosi il fuoco o ha un duplice valore, in scomparsa del fuoco dell'altate e del sa-
rispondenza all'idea che ciascun elemen- crificio è collegata alla nuova concezio-
to può essere puro ed impuro 69, oppure ne del sacerdozio e del sacrificio. Si fa
- a differenza del parsismo - esso è un menzione soltanto del fuoco dell'altare
principio cattivo spesso contrapposto al- celeste (Apoc. 8,5). A differenza di quan-
l'acqua intesa come elemento buono 70 • to avviene nel mondo greco, nel N.T. il
fuoco non ha alcuna importanza come
D.Il fuoco nel N.T. elemento primordiale e fattore di pro-
gresso civile.
I. Le forme fenomeniche terrene
L'impiego di nvp per indicare il fuo- II. L'uso metaforico e traslato
co nel senso di fenomeno terreno resta 1. In conformità con tutto l'A.T. il
nel quadro dell'uso linguistico consueto. fuoco è comunemente usato soprattutto
Anzitutto c'è da osservare che si trova
raramente nel senso di fenomeno natu- come immagine del giudizio divino (~
rale. Nella citazione di Ps. ro4,4 in coll. 841 s.). Di solito le immagini sono
Hebr. 1,7 nupòc; q>À.oya. accanto a nvEu- prese dalla vita agl'icola: si bruciano le
µa.-i:a. si riferisce probabilmente alla fol-
piante improduttive (Mt. 3,10 par. Le.
gore. Per Apoc. 16,8 il contesto (cfr. v .
:9) suggerisce il senso di vampa solare. 3,9; Mt. 7,19), la pula (Mt. 3,12 71 ; Le.
Vari passi presentano l'uomo che fo uso 3,17), l'erba cattiva (Mt. r3,40), i tralci
del fuoco . Mc. 9,22 (par. Mt. q,r5) fa sterili della vigna (Io. 15,6). Il contenu-
riferimento al fuoco nell'uso domestico
o nella vita quotidiana del villaggio. Il to della metafora presso i sinottici è
ragazzo epilettico correva pericolo mar- sempre il giudizio escatologico72 • In Iac.

68 ~ BousSET i30-232. Religio11sgeschichtliche U11tersuchu11ge11 zu den


69 Cfr. i cinque elementi luminosi e tenebrosi Ig11atiusbriefe11 (1929) 146 s.
del manicheismo. 11 In questo passo l'aggiunta di d:crflÉcr-;~ a
7J L'antitesi fuoco-acqua è molto importante m>pl trascende l'immagine: colui che vcrrlì
soprattutto nelle cerchie battiste gnostiche (E- consegnerà gli impenitenti al fuoco della dan-
piph., haer. 19,3,7; Pseud.-Clem., hom. 11,26, nazione eterna.
4; :io,9,4. Cfr. ~ BoussET 156 s.; H. ScHLIER, n In Giovanni si deve probabilmente pensare
1tUp D n 1 ·III 2 (F. Lang) (vr,942) 860

5 ,3 il paragone col fuoco, in una stret- minante la tradizione veterotestamenta-


tissima compenetrazione di immagine e ria e giudeo-apocalittica.
oggetto, descrive l'asprezza divoratrice
del giudizio contro i ricchi che con la l. Il f uoeo nella teofania
tesaurizzazione di beni perituri nell'età
Talvolta si fa riferimento alle note
escatologica ormai iniziata si rendono
teofanie veterotestamentarie nel fuoco.
colpevoli verso il prossimo (~IV, coll.
Nel discorso di Stefano (Act. 7 ,30) si
1046 ss.). L'espressione proverbiale se-
narra l'epifania di Dio a Mosè nel rove-
condo cui l'oro è purificato dal fuoco
to (Ex. 3,2 74 ) con poche divergenze dal
(cfr. Prov. 17,3; 27,21; Ecclus 2,5; Sap.
testo dei LXX. Hebr. 12,18 ss. accenna
3,6) è applicata da I Petr. 1,7 alla prova
alla rivelazione di Dio sul Sinai. Non
della fede fiduciosa nei dolori di questo
troviamo invece nel N.T. altri racconti
mondo(~ u, col. 1412) e in Apoc. 3,18
dettagliati di teofanie. Nel caso dell'ap-
è un invito a penitenza rivolto contro la parizione di Cristo sulla via di Damasco
tiepidezza e la presunzione della comu- si menziona solo una luce dal cielo (Act.
nità di Laodicea.
9,3).

2.Nel senso traslato prevale l'uso in 2. Il fuoco strumento del giudizio divino
malam pa1'tem come nell'A.T. (~ col.
841) e nella grecità(~ col. 827 ). In Iac. In riguardo a pene temporali il fuoco
3,5 s. la forza malefica della lingua è det- ricorre solo in allusioni ad episodi del-
ta fuoco (dr. Ecclus 28,22) ed è illustra- 1'A.T. Le. 9,54 fa riferimento a .2 Reg.
ta con l'immagine dell'incendio del bo- l,10.r2, come sottolinea anche l'aggiun-

sco 73 comune nella diatriba e in Filone. ta wc; xcxt 'H).lm.; E1tOl1')CTE'V. Comunque
II contesto in cui Luca ha collocato il il fuoco che scende dal cielo indica un
logion di Gesù 12,49 suggerisce il signi- prodigioso intervento punitivo di Dio
cato traslato di fuoco della discordia ed è secondario a questo punto chieder-
(cfr. otcxµepwp.6v: V. 51 e Mt. 10,34). si quale sia stato il fenomeno naturale
che sta alla base del riferimento 75• In
III. Il fuoco nell'uso teologico Le. 17,26-30 l'inatteso castigo abbattu-
tosi sugli uomini ai giorni di Noè e di
In genere a questo riguardo è deter- Lot è paragonato al giorno del Figlio

al giudizio che già si compie nella presente Is. 9,17; 10,17 ss.; Ier. 21,14; Ez. 21,3; Ps. 83,
scelta di fede (BULTMANN, ]oh., a 15,6). 15 [FOHRER],
74 Col cod. B si deve leggere: Èv 1tupt cp)..6yoc;.
73 Circa l'uso del motivo dell'incendio del bo- Per un giudizio sulle lezioni cfr. P. KATZ, 'Ev
sco dr. DrnEuus, Jk., ad l. Nell'A .T. esso ri- 1tupt <pÀoy6c;: ZNW 46 (1955) 133-138.
corre nel contesto delle minacce di giudizio: 75 HAucK, Le., ad l. pensa a un fulmine.
'ltup D III 2a-ba (!'. Lang)

dell'uomo. Il v. 29 cita Gen. I9,24 (gof- la potenza del tribunale di Dio: chi li
rlt wii'ef), perciò va inteso in senso attacca deve affrontare Dio, come fecero
transitivo: «egli (Dio) fece piovere dal gli avversari di Mosè ed Elia. Nella tra-
cielo (cfr. him#r) fuoco e zolfo (7tiip xaL dizione la scena di 2 Reg. 1,10 rimase
?}EfoV)». collegata ad Elia, come provano la carat-
Nella maggior parte dei casi il fuoco terizzazione di Elia quale 'ltpocp-ft'tTJ<; w<;
si trova in contesti escatologici. 7tUp (Ecclus 48,1) e il passo di Le. 9,54.
Tra le seduzioni sataniche del tempo fi-
a) Il fuoco compare tra i segni premo-
nale troviamo che lo pseudoprofeta «da-
nitori e i castighi che precedono l'atto
vanti agli uomini fa cadere fuoco dal cie-
finale, soprattutto nell'Apocalisse, che u-
lo sulla tena» (Apoc. l 3,13) pet farsi
sa numerose immagini dell'apocalittica
apparire legittimato da Dio (cfr. 4 Esdr.
giudaica. Le pene che si abbattono sul-
5'4 ss.; Mc. 13,22; 2 Thess. 2,9). In
l'uomo al suono della settima tromba
Apoc. I4,r8 un particolare angelo del
sono in parte ricalcate sulle dieci piaghe
fuoco (Ex;wv È~ouo"lciv btt 'tOU 'ltup6ç)
d'Egitto. Il binomio «grandine e fuoco»
porta dal tempio celeste l'ordine di man-
del castigo sulla terra (Apoc. 8 ,7) ricor-
dare ad effetto il castigo descritto con
da la settima piaga d'Egitto (Ex. 9,24).
l'immagine della vendemmia. Nell'apo-
Non si può invece determinare con pre-
calittica giudaica gli angeli sono prepo-
cisione se la frase «qualcosa simile a un
sti al mondo umano (angeli delle nazio-
grande monte ardente di fuoco» (8,8) si
ni) e a tutte le leggi naturali (Hen. aeth.
riferisca n un'eruzione vulcanica 76 o a
60,12-22; angelo dell'acqua : Apoc. 16,
una stella 77• I destrieri del castigo della
5; del vento: Apoc. 7,I; del fuoco: Iub.
sesta tromba, descritti a colori mitolo-
2,2) 73 • Nel discorso tenuto da Pietro nel
gici, sputano «fuoco, fumo e zolfo» (9,
giorno di Pentecoste (Act. 2,19) si ritie-
17 s.) e sono cosi presentati come mostri
ne che l'effusione dello Spirito adempia
infernali portatori di distruzione. I due
la parola del profeta Gioele (3,3).
testimoni (n,3) sono intesi come pre-
cursori escatologici del Messia e, stando b) Nel N .T . il fuoco svolge un ruolo
al v. 6, alludono a Mosè ed Elia(-+ IV, essenziale in quanto pena escatologica.
coli. 9I s.; VII, 805 s.). Con una formu- ~) Già nella predkazione messianica
lazione tradizionale (2 BCW'. 22,9) si dice di Giovanni Battista il giudizio escato-
che «dalla loro bocca esce fuoco che di- logico appare sotto l'immagine del bat-
vora i loro nemici» (v. 5) . In questo mo- tesimo di fuoco. Qui la fonte Q (Mt. 3,
do si assicura che essi sono protetti dal- n; Le. 3,16) offre probabilmente il te-

76 HADORN, Apk., ad l.; ZAHN, Apk., ad l.: eru- 78Per i rabbini cfr. STRACK-BILLERBECK III
iione del Vesuvio. 820. Nel midrash Gabriele è l'angelo del fuo-
77 LOHMEYER, Apk., ad l. co (Num. r. x2 a 7,r; cfr. Pes. b. rr8a).
863 (v1,943) 1tup D m 2ba-~ (F. Lang)

sto originario 79 • Il logion descrive come d.izio nei propri confronti rinnegando se
la comunità escatologica venga radunata stesso, è preda dell'ira futura . Il logion
per ricevere grazia o condanna (cfr. la costituisce cosl un parallelo all'enuncia-
purificazione dell'aia in Mt. 3,12). Il to di Mt. 10,39 e all'analogo enigma di
Messia venturo donerà ai penitenti lo Mc. 10,25 ss. La doppia sentenza di Le.
Spirito promesso per il tempo finale (cfr. I2,49 s., che probabilmente non provie-
I QS 4,20-22) e giudicherà gli impeni- ne da Q perché manca in Matteo, descri-
tenti col fuoco. ve in forma riepilogativa la missione di
Gesù presentandola come compimento
~)Nelle parole di Gesù il fuoco del della promessa del Battista, ma in modo
giudizio finale cede il passo al fuoco e- tale che anche colui che battezzerà in
terno dell'inferno. Tuttavia si deve pre- Spirito e fuoco deve prima passare attra-
supporre che gli fosse noto il fuoco del verso il dolore. L'immagine del battesi-
giudizio escatologico che ricorre nel- mo(-+ II, coli. 66ss.) per descrivere gra-
l'A.T. e nell'apocalittica. Di qui è oppor- vi tribolazioni (cfr. Mc. Io,38 e Ps. II,
tuno prendere le mosse per interpretare 6) 83 nel v. 50 si riferisce alla passione e
i due difficili passi di Mc. 9.49 e Le. I2, morte di Gesù sulla croce con cui egli
49. L'oscuro logion di Mc. 9'49 'Jtéi<; yàp fonda la comunità escatologica. La forma
nupt èlÀMri>1)<TE-çai., «infatti ognuno sarà parallela dei vv. 49 e 50 fa pensare an-
salato col fuoco» 80, va inteso come e- che ad una corrispondenza di contenuto.
nigma paradossale 81 • Sale e fuoco sono Il v. 4 9 afferma dunque che Gesù farà \
I
concetti antitetici. Il sale ha il potere di scendere sulla terra un fuoco di giudizio ·'

purificare, condire e conservare (~ 1, in cui egli stesso sarà coinvolto. Il signi-


coll. 6I 3 ss.); il fuoco è immagine costan- ficato di nup qui rimane ancora deter-
te del giudizio divino (~ II, col. 376). minato dal senso principale di «fuoco
Dalla combinazione di questi due concet- del giudizio escatologico», ma con Gesù
ti antitetici la sentenza attinge il suo acu- il giudizio si attua già nel presente. Dal-
me paradossale: la via che conduce alla !'atteggiamento assunto verso Gesù si
comunione con Dio passa per ciascuno decide se si è vicini o lontani da Dio.
attraverso il giudizio sull'uomo vec- Con l'avvento di Gesù le due possibili-
chio 82 • Chi non accetta ora questo giu- tà escatologiche di giudizio ('ltVp) e sal-

7~ BuLTMANN, Trad. 263; H. J. FLOWERS, lv 81 J. ScHNJEWIND, Das Evange/ium nacb Mar-


miEvµa't~ &.rl<i.> xat m1pt: ExpT 64 ( 1952-.53) kus, N.T. Deutsch i:' (1958) ad l.
155 s. 82 Cfr. il medesimo concetto in una formula·
so La proposta del Lohmeyer di seguire il testo
zione teologica diversa in Paolo 2 Cor. 5,17 e
africano 1tUoO'a oè ovula civaÀW~TJO'E't'm (LOH·
MEYER, Mk., ad l.) spezza l'aggancio dei termi- Io. 3,3.4.7.
ni à'ì..io-D-fir;E't'm (v. 49) - 't'h &'ì..m; (v. 50). 83 ~ DELLING I02-II2.
7tvp D m 2b~--y (F. Lang) (v1,944) 866

vezza (~mnÀ.Ela) incalzano dappresso gli tuttavia svilupparle rigorosamente: I. il


abitanti di questa terra 84 • motivo della casa che brucia, dedotto
dall'immagine dell'edificio indicante la
y) In Paolo 1'VP si trova solo in tre predicazione dei missionari; 2. l'attesa
passi (ICor. 3,I3.I5 [3 volte); 2Thess. che il Signore futuro verrà col fuoco (2
1,8; Rom. 12,20), dove si riferisce sem- Thess. r,8); 3. l'idea della prova esca-
pre al fuoco del giudizio escatologico. In tologica per mezzo del fuoco (Mal. 3 ,2) e
I Cor. 3 ,13 Paolo ricorre a categorie tra- 4. l'espressione proverbiale dello scam-
dizionali per affermare che il Signore pare attraverso il fuoco nel senso di
compie il giudizio finale per mezzo del uscire illeso (~ col. 842). L'accento
fuoco. Il giorno in arrivo deciderà del cade sull'incorruttibilità e definitivi-
lavoro dei predicatori, «perché si svela tà dell'ultimo giudizio. In 2 Thess. 1,
col fuoco». Il fuoco del giudizio esca- 7 s. la parusia di Gesù è descritta in tet-
tologico proverà la natura di ciascuna o- rnini veterotestamentari quale giudizio e
pera. Il buon architetto, la cui opera re- redenzione insieme. La manifestazione
siste al fuoco, riceverà la ricompensa; del Signore avviene «in fuoco ardente»
quello cattivo, la cui opera brucia, ne ri- (Ex. 3,2 B ~ n. 74). Ciò che nell'A.T . .
ceverà danno, ma non andrà alla danna- era predicato di Jahvé (Is. 66,15) è ora
zione eterna: «sarà salvato, ma come at- applicato a Gesù. Non si accenna all'i-
traverso il fuoco» (v. 15b). La difficile dea di una conflagrazione universale. Il
frase conclusiva non descrive il castigo fuoco è essenzialmente strumento di ca-
nel senso di un purgatorio di fuoco 85 , stigo nelle mani del Signore che si mani-
ma con l'aiuto di una espressione pro- festa per il giudizio universale. In Rom.
verbiale afferma che l'individuo in que- 12,20 Paolo utilizza la citazione di Prov.

stione otterrà la salvezza eterna solo a 25,21 s. per esortare alla completa d-
stento, non senza correre un grave peri- nuncia alla vendetta. Il proverbio vete-
colo. Paolo accosta qui, in un nesso po- rotestamentario 86 invita al perdono in
co stretto, quattro idee correnti, senza termini paradossali: <cse ti vuoi vendi-

84 Identico è il senso del logion apocrifo pres- (1902) 97-120 .


so Orig., in Ier. hom. lat. 3,3 (ed. A. BAEH- 8
~ Alla base dell'espressione proverbiale dei
lUlNS [ 1925] 312): qui iuxta me est, iuxta ig- carboni ardenti sul capo sta un rito egiziano di
11em est; qui /011ge est a me, longe est a reg- <{conversione di sentimenti» che consisteva nel
110. Cfr. J. }EREMIAS, U11beka11nle Jes11sworte portare sulla testa un recipiente con uno stra-
(1951) 53-55. to di cenere su cui erano appoggiati carboni di
8~ L'idea è stata introdotta nell'esegesi da Ori- legna ardente, Di qui il proverbio acquista il
gene in connessione col concetto della confla- suo senso traslato: determinare un cambiamen-
grazione cosmica,~ GNILKA 126; dr. G. AN- to nei sentimenti dell'avversario mediante ope-
RICH, Cleme11s imd Origenes als Begrii11der der re buone (vedi S. MoRENZ, Feurige Koblen auf
Lebre vom Fegfeuer, Holtzmann-Festschrift dem Haupt: ThLZ 78 [1953] 187-192).
'ltUp D III 2by-cci (F. Lang)

care di uno, fallo aiutando(lo )» 87 ; in tal di Dio per il fuoco ("tEì)1J<T<.tvpLaµÉvoL ...
modo avrai ragione del tuo nemico con 7tvpl). La descrizione che segue rende e-
il bene. Questa metafora è collocata da vidente che s'intende una conflagrazione
Paolo nel contesto del giudizio finale (v. cosmica: nel giorno del Signore «i cieli
19). I carboni ardenti acquistano cosl an- scompariranno con violento fragore e gli
che un significato secondario di riferi- elementi si dissolveranno in rogo» (v.
mento al fuoco del giudizio escatologi- rn). Questo passo tardivo è nel N.T.
co: se al bene che tu compi il nemico l'unico che chiaramente collega la dot-
non reagisce convertendosi, cioè se ora trina della conflagrazione universale, ri-
scansa i «carboni ardenti sul suo capo», corrente in Babilonia, Persia e Grecia,
rton potrà tuttavia sfuggire al fuoco del all'idea apocalittica di giudizio.
futuro giudizio d'ira 83 ,
c) Come nell'apocalittica, anche nel
o) Quanto al resto del N .T., ?tlip si N.T. incontriamo, accanto al fuoco del
giudizio escatologico, il fuoco eterno
riferisce chiaramente al fuoco del giudi-
dell'inferno, la perenne pena del fuoco
zio escatologico in Hebr. rn,27: Éxoox1J
xpLO'EWC, X('l.L 7tlJ pòc, e;fj À.oc, Éo-ì)lEW µÉÀ.-
per i dannati nel Gehinnom finale. Tal-
volta le due concezioni si compenetrano
À.O\l"tOç "tOÙC, Ù1i:E\ICt.\l'tLOVc;, «l'attesa di
un giudizio e l'ardore di un fuoco pronto e perdono i loro contorni precisi. Il fuo-
co dell'inferno ricorre principalmente in
a divorare gli avversari}>, In Hebr. 12,29
la designazione veterotestamentaria di Marco/Matteo (13 volte) e nell'Apoca-
lisse di Giovanni (7 volte) .
Dio quale fuoco divoratore (?ti:ip xet.'ta.-
\let.À.lo-xov: Deut. 4,24; 9,3) viene pari- a) Nelle parole e nelle parabole di
mente trasposta in un contesto escatolo- Gesù 1tup si presenta spesso quale con-
gico (v. 27). Apoc. 20,9 descrive con for- trapposto di {3et.aLÀ.Elet. o ~wl) (Mt. 13,
mulazioni tradizionali (.2 Reg. l,10) il 42; 18,8 s.; 25,41; Mc. 9,43.45.47). {3a-
giudizio annientatore del fuoco di Dio <T~À.Elet. o ~w1i e 1tUP o o-x6-.oc; indicano i
sui popoli Gog e Magog nella battaglia due possibili esiti finali di salvezza o
finale. In 2 Petr. 3,7 alla catastrofe del dannazione 89 • In Mc. 9,48 00 il fuoco del-
diluvio universale si contrappone una l'inferno viene descritto con la citazione
nuova distruzione del mondo per mezzo di Is. 66,24, già usata nel giudaismo a
del fuoco. Il cielo e la terra di adesso so- questo scopo: 5?toU ò axwÀ:ril; aÌJ"tÙN OV
no tenuti in serbo dalla medesima parola 'tEÀ.EV•ti- xat -çò 1tVP où o-{3lwv-.m, «do-

87 P. VoLz, I-liob m1d Weisheit, Schr. A.T., care il luogo di dannazione rispecchia il fatto
ad l. che l'oscura Sheol e il Gehlnnom di fuoco so·
88 SCHLATTER, Rom., ad l. no diventati un unico concetto.
90 Nei codici più recenti la citazione è entrata
89 La combinazione di 'ltUp e. <TK6"toç per indi- anche nei vv. 44 e 46, probabilmente dal v. 48.
1ti.ip D III 2ca-y (F. Lang)

ve il loro verme non muore e il fuoco anche nell'espressione cr~!;En Èx 'ltVpòc;


non si estingue». Qui è comprensibi- &.pmx.!;ov..Ec;, «salvate strappando dal
le anche l'espressione "ò 'ltUp -cò &crSe- fuoco» (Iudae 23). Qui echeggia l'espres-
u't'O\I, «il fuoco inestinguibile», per indi- sione proverbiale di salvezza da un gra-
care la pena eterna del fuoco nell'infer- ve pericolo (Am. 4,rr) --7 col. 842, ma,
no (Mc. 9,43 91 ; cfr. Mt. 3,12; Le. 3,17), stando al v. 7, anche in questo caso 'itUp
che prevale in Marco. Matteo la sosti- è riferito al fuoco del giudizio 95 •
tuisce con l'espressione -.ò 'ltup 't'Ò a.1.w-
y) Nell'Apocalisse di solito il binomio
\l~o\I, «il fuoco eterno» (Mt. 18,8; 25,
fuoco e zolfo indica la dannazione eterna
41) e per indicare l'inferno di fuoco di-
nell'inferno. Chi adora la bestia e la sua
ce: Ti yÉEWU 't'OU 'ltup6c;, «la geenna del
effigie cade nel tormento eterno in fuo-
fuoco» 92 (5,22; 18,9 93 ), oppure: Ti x<i-
co e zolfo davanti agli angeli santi e al-
µwoc; 't'OU r.vp6c;, «la fornace del fuoco»
l'agnello (Apoc. 14,10) %. Per indicare
(13'42 .50). La fornace, che nell'A.T. è
l'inferno (oltre ad &f3ucrcroc;: zoa e pas-
un rogo terreno di tormenti (Dan. 3,6
sim) si usa l'immagine del lago sulfuteo
ss.), già nel tardo giudaismo (--7 col.
di fuoco: dc; 't'Ì]\I À.!'.µvriv -.ou 'ltupòç "t'fjc;
849) è diventata il termine corrente per
XULOµÉ\IT]<; 97 ÈV i)Elc.p (I 9 ,20); Elc; 1:lJ\I
indicare il luogo di dannazione.
ÀlµVY)\I 't'OU 'ltUpÒc; xa.t 1Telov (20,ro); É\I
'3) Secondo Iudae 7 gli empi abitanti TD Àiµvn 't'TI xluoµÉ'YTI 1tupt xa.t 1Tel!{.>
di Sodoma e Gomona patiscono già ora (21 ,8); TJ À.iµ'YT] 't'OU 1tup6c; (20,1,j. s. [ 3
la pena del fuoco eterno. Il fuoco del volte)). Il concetto di «lago di fuoco»
castigo descritto in Gen. 19,24 s. secon- (cfr. Hen. aeth. 90,25), che ha lo stesso
do la cosmologia del tardo giudaismo significato dell'espressione sinottica 'Ìj
continua ad ardere nell'inferno sotterra- yÉEWU "t'OU 'itVp6c;, è evidentemente sug-
neo. Il Mar Morto con i suoi straordi- gerito dal ricordo del castigo dei Sodo-
nari fenomeni ignei è davanti agli occhi miti e dalla concezione del Mar Morto
di tutti quale spaventoso esempio della quale luogo di punizione degli spiriti
pena dell'inferno inflitta agli abitanti di cattivi e dei Sodomiti. Ciò risulta dal-
questa regione 94 • L'idea del fuoco eterno l'abbinamento di fuoco e zolfo e dalla
dell'inferno è probabilmente sottintesa · particol_are concezione del lago, diversa

91 Nel v. 45 tLç -rò 1ti.ip -rò lto-f3E:r-rov è un'ag- nnlogo 3 Mach. 2,5 sottolinea il carattere pa-
giunta tardiva. radigmatico del castigo di Sodoma.
92 Questa designazione di Mc. 9,47 solo nei
95 KNOPF, Petr., a Iudne 23.
codici più recenti compare con l'aggiunta di
% Perciò, secondo questo passo, dal cielo è
-roi.i 1tVp6ç.
93 Il cod. D omette 'toi.i 1tVp6ç. possibile vedere l'inferno e viceversa (cfr. Le.
94I fenomeni ignei sono attestnti anche da 16,19 ss.).
Philo, Abr. 140 s.; vit. Mos. 2,56. In modo a- 97 LOHMEYER, Apok., ad l.
nup D III 2Cj - 3 (F. Lang)

da quella che s'incontra nei culti pagani, sono epiteti frequenti nell'apocalittica e
dove spesso i laghi sono considerati sa- servono a indicare la gloria celeste. La
cri 98 • maggior parte degli attributi di questa
o) La quasi completa assenza del fuo- visione di Cristo ritorna nelle singole
co nei vangeli e nelle lettere di Gio- lettere, in una certa corrispondenza con
vanni dipende dalla forte sottolineatura
della scelta di fede in Gesù Cristo nel il contenuto, per sottolineare che l'auto-
presente e dal recedere delle concezioni rità di chi parla è quella del Signore
apocalittiche, senza che per questo si ri- glorioso. Gli occhi fiammanti e i piedi
nunci all'attesa del ritorno di Cristo. La simili a rame incandescente ritornano
valutazione gnostica della materia come
fuoco (~ col. 8 55) è in antitesi con la in 2,I8, dove si deve riprendere aspra-
concezione giovannea e biblica della mente la comunità di. Tiatira. Qui ab-
creazione. biamo inoltre il motivo del giudizio 101
3. Il fuoco come segno della gloria ce- che troveremo in 1 9,12 nel Cristo che
leste appare per il giudizio finale. I simbo-
Questo significato del fuoco, già svi- li del fuoco e della luce non sono e-
luppato nell'apocalittica giudaica, è pre- sclusivi di Dio o di Cristo, ma possono
sente anche nel N.T. anche se molto più essere attribuiti anche agli angeli quali
debolmente del momento giudiziale. Co- abitatori della sfera celeste. L'angelo che
me è logico attendersi, ricorre soprat- scende dal cielo (Apoc. ro,r) ha «gambe
tutto nell'Apocalisse di Giovanni. Nella simili a colonne di fuoco». L'attributo
scena di vocazione di Apoc. r,9 ss. l'ap- non serve a individuare una determina-
parizione del Figlio dell'uomo è descrit- ta figura di angelo, per es. Gabriele, ma
ta con termini presi da Dan. 7 e 10 e costituisce un contrassegno generico de-
gli attributi di Dio sono riferiti a Gesù. gli angeli quali esseri che partecipano
Nel v. 13 Cristo è presentato come som- della gloria celeste. Agli angeli nella loro
mo sacerdote regale, e le immagini dei realtà di ignee figure di luce accenna pro-
versetti successivi (vv. 14 s.) illustrano babilmente anche l'equiparazione delle
«la o6~cx. celeste in cui Gesù si rivela» 99 • sette fiaccole accese davanti al trono con
«Occhi simili a una fiamma di fuoco» i sette spiriti di Dio (Apoc. 4,5; cfr. Bar.
{v. 14; cfr. Dan. 10,6; 7,9; Hen. slav. 1, syr. 21,6). In questo contesto il fuoco
5) e «piedi simili a rame incandescente, significa lo splend<:>re della gloria cele-
quasi fosse arroventato in una forna- ste: quanto più vicino al trono, tanto
ce» 100 (v. 15; cfr. Dan. ro,6; Ez. 1,27) maggiore è la 86~a {cfr. Hen. aeth. I4,

9'IDioniso è detto Atµvai:oç in Aristoph., ra. 1iEr:upwµlv~ (LOHMEYER, Apok., ad l.).


210 s.; Thuc. 2,15 ,4; Paus. 2,37,5. JOIForse in Apoc. 2,23 riecheggia l'idea dello
99 HADORN, Apk., ad I. sguardo cli fiamma che tutto penetra e nel v.
100 nE7tVpwµÉvl)c; è un errore grammaticale per 27 quella del passo che infrange ogni ostacolo.
nup Dm 3 - E I (F. Lang)

22). Non solo delle persone, ma anche E.IL FUOCO PRESSO I PADRI APOSTOLICI
degli oggetti si può predicare l'apparte-
nenza al mondo della luce ricorrendo a-
I. Tradizione biblica
gli attributi propri del fuoco. II mare di L'uso del termine presso i Padri apo-
cristallo davanti al ttono di Dio (Apoc. stolici è determinato, nella stragrande
4,6) è probabilmente da considerare l'e- maggioranza dei casi, dalla tradizione
quivalente celeste del «mate di metallo biblica.
fuso» collocato nel cortile dei sacerdoti
Anzitutto a questo proposito sono da
(I Reg. 7,23; 2 Chron. 4,2). L'aggiunta
ricordare le citazioni dirette di passi bi-
µEµ.~yµÉ'llTJ\I 7tUpi (Apoc. IJ,2) indica blici. 2 Clem. 7,6; 17,5 cita Is. 66,24,
che esso appartiene alla sfera della glo- diversamente da Mc. 9,48, in corrispon-
ria celeste, in parallelo con l'espressione denza letterale coi LXX; 2 Clem. 5'4 è
più vicino a Le. I2,4 s. che a Mt. ro,28;
oµolcx xpucr-tciÀ.À.cy (4,6). Ps. 104,4 in I Clem. 36,3 è citato non
Questo uso linguistico apocalittico - secondo i LXX ma in rispondenza verba-
e non la dottrina dell'identificazione di le a Hebr. I,7. Di solito prevale il fuoco
escatologico di giudizio e dannazione: -tò
spirito e fuoco tipica della filosofia stoi-
'ltup -.ò furSEcr-.ov, «il fuoco inestingui-
ca - soggiace alla scena delle lingue bile» (Ign., Eph. I6,2, cfr. Mc. 9,43); 1i
di fuoco nell'episodio di Pentecoste x&.µwoc; -tou 'ltUp6ç, «la fornace del fuo-
(Act. 2,3) urz. Il paragone col fuoco co» (2 Clem. 8,2, cfr. Mt. I3,JO); wç
xÀr'.Scxvoç xm6µEvoc;, «come forno ar-
(r À.wcro-cx~ wcrEt r.up6ç, «lingue come di dente» (2 Clem. 16,3, dr. Mal. 3;19); i
fuoco») indica l'origine celeste dello Spi- giusti vedono i tormenti dei dannati oE~­
rito, cioè il tipo di avvenimento spiega- vcxiç SrxcrG.voL<; 7tupi ò:.crSÉcr-t4), «con ter-
ribili tormenti di fuoco inestinguibile»
bile solo per un prodigioso intervento
(2 Clem. 17,7, dr. Le. 16,28); il fuoco
di Dio e non causato da forze naturali. eterno in contrasto col fuoco tempora-
In complesso nel N.T. il fuoco ha con- neo 'TO 'lti:ip 't'O al<.:.ivtov - -.o 'ltUp -.ò 'ltpocr~
servato prevalentemente il carattere di xatpov (Diogn. ro,7 s., cfr. Mt. 18,8;
2 5 ,41); 'tÒ -tij<; µEÀ.À.ouO"T)c; xpr'.<TEW<; Xl'X.~
immagine dell'ira divina e di strumento alwvlou xoÀcicrEwc; -toi:ç àcn:Sfot -tT)pou-
dell'azione giudiziaria di Dio nel giudi- µEvov mip, «il fuoco del giudizio ven-
zio finale e nel fuoco eterno dell'inferno. turo e della pena eterna riservato agli
empi» (mart. Polyc.. n,2, dr . 2 Petr. 3,
Accanto a questi significati, e in confor-
7; Herm., vis. 3,7,2, cfr. Mt. 13,42);
mità con la tradizione apocalittica, il troviamo inoltre la polemica contro la
fuoco indica anche la gloria luminosa . dottrina stoica che identifica fuoco e di-
Esso estende cosl il suo significato ai vinità, a sostegno dell'idea biblica del
fuoco dell'inferno (Diogn. 8,2).
due possibili esiti della realtà escatolo-
gica: l'inferno e il cielo. La dottrina della conflagrazione co-

w-
102 Come prova l'aggiunta dell'apocalittico nell'episodio di Pentecoste ha seguito tradi-
crd; ed è tanto più probabile in quanto Luca zioni più antiche (BAUERNF., Ag., ad l.).
nup E I . n:up6w A I (F. Lang)

smica si trova solo in 2 Clem. e in Er- 1'uso linguistico dualistico-gnostico. In


ma. A questo riguardo il tardo giudai- lgn., Rom. 7,2: oùx fo-.Lv ÉV ɵot 1tUp
smo ha assimilato concezioni iraniche, <pLÀ.ouÀ.ov· tiòwp òè swv xa.L À.aÀouv EV
babilonesi e greche, che dall'inizio del ɵol, «in me non c'è fuoco che cerca ali-
sec. u d.C. si possono notare talvolta an- mento nella materia, ma acqua viva che
che nella chiesa, finché Clemente Ales- parla» . L'argomentazione è caratterizza-
sandrino e Origene hanno dato alla dot- ta dall'antitesi tra fuoco e acqua (--7 col.
trina una sistemazione dogmatica. Pres- 8 5·7 n. 70) che è comune soprattutto ne-
so i Padri apostolici si avverte l'influsso gli ambienti battisti gnostici. 1tUp qnMU-
di passi biblici in 2 Clem. r6,J, cfr. 2 Àov (cfr. Ign., Rom. 6,2) indica l'amore
Petr. 3,ro; Is. 34A cod. B; Herm., vis. al mondo, l'impulso verso la materia
4,3,3, cfr. Ioel 3,3; ls. 66,r6. (uÀ'r)) considerata la realtà riprovevole
(cfr. Corp. Herm. r,18 ss.). In Diogneto
Anche l'uso del fuoco quale strumen- è evidente un certo influsso della teoria
to di castigo e di tormento terreno ri- greca degli elementi: il fuoco è presen-
sale alla tmdizione veterotestamentaria. tato come parte del cosmo accanto a cie-
Come esempi si citano il castigo di Sodo- lo, terra, mare, aria e abisso (Diogn.
ma (I Clem. r l,l, cfr. Gen. 19,24 s.) e 7,2).
i tre giovani nella fornace ardente (I
Clem. 45,7, cfr. Dan. 3,19 ss.). Nella In complesso nei Padri apostolici le
persecuzione dello stato contro i cristia- concezioni del fuoco si muovono preva-
ni spesso fu inflitta la pena di morte lentemente sul terreno della tradizione
per fuoco (cfr. Ign., Rom. 5'3i Sm. 4,2). biblica.
Il Martirio di Policarpo descrive uno di
questi casi con tratti biblici molto noti
(r5-r6,r), che mostrano come in defini-
tiva il fuoco nulla possa contro il fedele
t 1tUpow 1
(Dan. 3,19 ss.; r Mach. 2,59 ; Hebr. II,
34). Per il martire il fuoco degli a- A. NEL MONDO GRECO
guzzini era senza calore (mart. Polyc. 2, Il termine s'incontra da Pindaro in
3, cfr. 4 Mach. II,26). Ricorre anche la poi, anche in iscrizioni.
consueta immagine della prova del fuo- r. In senso proprio: a) bruciare, di-
co: nella vita di fede (Herm., vis. 4,3,4, struggere col fuoco, dggetti combustibili
cfr. r Petr. 1,7; Apoc. 3,18); prova del d'ogni genere (Ò... XPUO'Òc; µovoç OV 1tU-
fuoco nell'era escatologica (Did. r6,4 s., poihrx.L, «solo l'oro non brucia», Ari-
dr. r Petr. 4,12; Mt. 24,10.24). stot., meteor. 3,6 [p. 378 b 4]), in guer-
ra (1tUpwi}év-cwv Tpww'V: Pind., Pyth.
II. Influssi esterni 11,33) e nelJa vita quotidiana (va.oùç
1tupwcrwv lj)..i}e, «giunse per incendiare i
Nonostante questo forte aggancio alla templi»: Soph., Ant. 286). Vi si aggiun-
tradizione biblica non mancano talvolta gono anche i significati specifici di 7tVp:
nel fuoco del sacrificio bruciano òcrcpuv
idee d'altra provenienza. (Aesch., Prom. 497); crwµa.-.a (Eur.,
Herc. fur. 244), cadaveri bruciano sul
Presso Ignazio di Antiochia si coglie rogo fiv 1tE1tupwxrx.v (sic) Éyw, «che ho
nup6w
I E. FRAENKEL, Griechische Denominativa (19o6) 97.153 [A. D1mRUNNER].
';;'Jp6w A I - B 2 (F. Lang)

acceso io» (iscr. da Teli el Yehudieh 20, ca anzitutto la purificazione dei metalli
4) 2 ; b) trattare con fuoco nell'uso do- nobili al fuoco (lob 22,25; Zach. 13,9-;
mestico e nell'artigianato, per es. cuo- Ps. l2,7; 66,ro; Prov. ro,20) e di qui è
cere 'tÒ cr'to:.tc;, «la pasta» {Aristot., applicato in senso traslato alla prova che
probl. 21,ro [p. 927b 39]), arrostire l'uomo subisce per disposizione di Dio
(Hippocr., de victu 2,56 [Littré VI (Is. 1,25; Iudith 8,27; Ps. 105,19; Dan.
566 J), rendere incandescente (Aristot., 12,ro), talvolta come sinonimo di ooxL-
de coloribus 2 [p. 792a l2]), affumicare µci.sEW (Ps; 17,3; 26,2; 66,ro; Ier. 9,6)
Ja casa: owµo:. itEd4) (Theocr., idyll. 24, o di 1tEtprH~ELv (Ps. 26,2). Ciò che ha su-
96), fondere metalli (IG VII 303,15); e) perato la prova del fuoco è confe1"mato;
raramente in senso assoluto: far fuoco: così specialmente la parola di Dio (2
c~Myo:. 7tO~Et\I xo:.L 7tUpouv (Aristot., part. Sam. 22,31; Ps. 18,31; n9,140; Prov.
an. 2,2 [p. 649b 5]), passivo: trasfor- 30,5) . Solo in qualche caso il senso del
marsi in fuoco (Aristot., cael. 3,8 [p. verbo è determinato dalla funzione illu-
307a 24] ); d) in medicina: 'JtUfiOV\I rc·(iv minatrice del fuoco (Esth. 5,rd; Lam. 4,
yEuow, scottare al gusto (Diosc., mal. 7 [cod. B] ).
med. l,16,2; 4,170,2; 'ltupoucri>m, soffri- 2. Filone usa il verbo solo al passivo.
re bruciore di stomaco, pirosi (Herodo- In senso proprio, col significato di esse-
tus Medicus in Aet. 9,2) 3• re bruciato (o x6o-µoç o 1tupw1Mc;: aet.
2. In senso traslato, di solito al pas- mmtd. ro2;il vitello d'oro = il corpo :
sivo: infiammarsi, ardere: mt.pa:yyé)..µo:.- poster. C. 158), ed anche essere incande-
cr~ ... 1tupwi>dc; xa.polav (Aesch., Ag. 480
scente (som. l,31 ; ebr. 147). Di solito
s.); 't"L\lt, essere preso da ardente amore però usa il verbo in senso traslato per
per qualcuno (Anth . Gr. 12,87). indicare l'infiammarsi degli affetti in
B. NEL GIUDAISMO senso positivo e negativo: l'uomo vir-
tuoso, infiammato (1tupwitElc;) alla rag-
l . Nei LXX il termine nel senso pro- giante apparizione del bello, brucia (xa-
prio predominante in greco si trova solo 'taq>ÀÉyEL) i piaceri del corpo (poster. C.
tardi, soprattutto nei Maccabei; 2 Mach. l 59 ), che in un altro passo sono descrit-
10,3: trarre il fuoco da pietre; 4 Mach. ti come desideri ardenti {mmupwµÉ\laç
9,17: bruciare la carne nel martirio; 4 ÈmlJuµlac; : rer. div. ber. 65). Il credente
Mach. u,19: arroventare gli schidioni arde di riconoscenza verso Dio (1tE1tupw-
per la tortura 4 . Altrettanto vale per il µévoc; É\I Eùxo:.pt<r'tl~ iteoiJ: leg. ali. l,
senso traslato al passivo: essere preso 84), è ardente di zelo (spec. leg. 3,126),
da affetti, soprattutto dall'ira: 7tupwitEì.c; di giusto sdegno (vit. Mos. 2,280). Ca-
.-oic; buµoi:c; (2 Mach. 4 ,3 8; cfr. lO,J5; ratteristica in Filone è la connessione
14.45); dalle preoccupazioni: O""CE\lay- dell'immagine biblica della purificazione
µoi:c; 1tE7tupwµÉ\11]ç... 't'ijç xa.pola.c; (3 dei metalli mediante -il fuoco con l'idea
Mach. 4,2). L'uso più comune del verbo stoica della ragione ignea: i] cpp6V1]CTLç,
nel senso di purificare, provare (in ebr. i]\I ELX.r:J.O'E xpucrlcp, oco6À4) xa.ì. xal1a.p(1.
di solito fiiraf) è collegato con l'immagi- xrxt nrnupwµÉ\ITI xo:.L oEooxLµa.crµÉvlJ
ne del fonditore di metalli consueta dal- xa.t 'ttµl~ q>ucrEt, «la prudenza, che egli
l'epoca dei profeti in poi. Il verbo indi- ha paragonato all'oro, sostanza schietta,

2 Ed. H. LmTZMANN, ]iidisch-griechische Itt- 3 Ed .. S. ZBRBOS : 'A&r]vii 23 (19n) 278,14.


schri/tett aus T ell el Yeht1dieb : ZNW 22 4 Nei" Maccabei abbiamo anche i composti Èx-
(1923) 282. (2Mach. 7,3 .4); lì~oc- (4Mach. 3,r5) e -rrpoam>-
p6w (2 Mach. 14,n).
1tUpow B 2 - C 3 (F. Lang) (VI,950) 88o

pura, purificata dal fuoco, provata e pre- il significato di bruciare per il fuoco del
ziosa» (leg. ali. l 177 ). La mentalità ( yvw- desiderio sessuale, attestato anche nel
µl)) tutta pura è da lui detta 't'Ì}V a:tpE-
1t'tOV xa;t 1tE1tUpWµÉ.\ll)V xat 06XtµO\I cpv- mondo greco 6 • In .2 Cor. 11,29 1tup60-
CTW , «la natura immutabile, purificata dal µa.~ si riferisce alla solidarietà dell'Apo-
fuoco e provata» (leg. all. 2 167). In que- stolo nel dolore per lo scandalo dato a
sto senso stoico egli parla anche di 1tt- un fratello. Ogni mancanza contro la co-
1tupwµÉ.voc; xa.t &:vlxrrcoc; À.6yoc;, «ragio-
ne pura e invitta» (sacr. A. C. 87) e de- munità colpisce anche Paolo, egli brucia
finisce il vouc; come ~vi>Epµov xat 1trnu- «per solidarietà e per il desiderio di soc-
pwµÉ.vov 1tVEuµa., «spirito fervido e in- correre» 7 .
fuocata>> (fug. 134).
2. In Eph. 6,16, nel contesto della il-
Flavio Giuseppe usa il verbo solo nel
senso proprio di bruciare (ant. 5,65, at- lustrazione dell'armatura del cristiano,
tivo; beli. 7,316, passivo); così anche troviamo «lo scudo della fede con cui
1tUp1toÀ.Ei:°v, incendiare (ani. 7,191; 9,
potete spegnere tutti i dardi infuocati
159; 20,123; Ap. 2,212).
del Maligno» (~ VIII, col. 842).
3. Nella comunità di Qumran l'idea
veterotestamentaria della purificazione L'uso di dardi infuocati in guerra~
col fuoco fu applicata nel contrappor- era noto ai Greci e ai Giudei. Tuttavia
re i figli della luce ai nemici della set- la frase di cui trattiamo non è presa di-
ta: «In modo prodigioso hai agito verso rettamente dall'ambito militare (cfr. an-
il povero e lo hai indotto nelle tribo[la- che .2 Mach. lo,30). L'A.T. ha diverse e·
zioni del nemi]co, nell'opera del fuoco, spressioni per indicare i «dardi infuo.
e (lo hai trattato) come argento, affi- cati» (Is. 50,u: ziqot; Prov. 26,18: ziq-
nato nella fornace degli incendiari per qim), che però i LXX non traducono col
purificarlo sette volte» (I QH 5,15 s.)5. nostro verbo. Ps. 7 ,14 usa l'immagine
del dardo infuocato per indicare il male
che ricade sul falso accusatore. Ma in
C. NEL NUOVO TESTAMENTO Eph . 6,16 l'aggiunta «del Maligno» (~
I sei passi in cui ricorre 1tup6oµa.i. nel x, col. 1390) indica che l'espressione
proviene da una concezione dualistica in
N .T. si inseriscono nell'uso linguistico cui i figli della luce stanno in lotta con-
finora illustrato. tro le schiere di Belial. Perciò il paralle-
lo più prossimo è un passo del rotolo
l. Paolo usa il verbo esclusivamente degli Inni di Qumran: «Essi mi hanno
in senso traslato, e solo al passivo, per circondato con tutte le loro armi di
indicare l'ardore dei sentimenti. In I guerra, e dardi distruggono, senza che
uno guarisca, e il taglio della lancia è in
Cor. 7,9 l'Apostolo consiglia i celibi e le un fuoco che divora alberi» (r QH 2,
vedove a sposarsi piuttosto che bruciare 25 s.) 9•
di desiderio. Dal contesto risulta chiaro 3. Nel senso proprio di «essere di-

s H. BARDTKE, Die Handschrifte11fu11de am To- 1 WINDISCH, 2 Kor., ad l.


ten Meer (1958) 240. 8 Per quanto riguarda la tecnica cfr. Amm.
6 Anacreontea 10,15 (ed. TH. BERGK, Poetae Mare. 23A·
Lyrici Graeci m [ 1882] 303). 9 BARDTKE, op. cii. (-7 n. 5) 236.
mip6w C 3 - nupwcnç 4 (F. Lang)

strutto dal fuoco» il verbo ricorre in 2 re i credenti a rendersi utili per l'edifi-
Petr. 3,12: «I cieli si dissolveranno nel cazione della torre.
fuoco e gli elementi si struggeranno nel
calore ardente», cioè nella finale confla-
grazione cosmica.
r. Nomen actionis da nupécJJ; spe-
4. L'Apocalisse di Giovanni riprende cialm. in Aristotele e nei suoi discepoli,
l'immagine veterotestamentaria ( ~ coll. anche nei papiri. Senso proprio: il bru-
ciare, bruciatura (Theophr., hist. plant.
877 s.) del saggiare i metalli preziosi. In 5,9,1; Archelaus A 4 [Diels1 II 46,11]),
Apoc. 3,18 «l'oro che è raffinato nel fuo- il trattare col fuoco, per es. il cuocere
co» è una parafrasi per indicare lo speri- (Aristot., probl. 21,12 [p. 928 a 24]),
mentato dono della salvezza di Cristo e bollitura (Aristot., meteor. 4.3 [p. 38ob
28] ), la fiamma (Aristot., meteor. 2,9
la fede autentica rispetto a qualsiasi en- [p. 369b 6]); senso traslato: desiderio
tità fittizia 10 • Questa immagine chiara- ardente (schol. Aristoph., Pl. 974) ;;
mente sviluppata serve ad intendere termine medico: la febbre (Sext. Emp.,
Pyrrh. hyp. 2,240)1 l'infiammazione,
Apoc. I , I 5 : «l suoi piedi erano simili a cr•oµocxou (Diosc., mat. med. 2,124).
rame incandescente, quasi fosse arroven-
2. Nei LXX il vocabolo è raro (2 vol-
tato nella fornace». 7tE7tUpwµÉv11c; è cer-
te). In Prov. 27,21, in conformità con il
to originario, perché in tal modo si spie- significato predominante di 7tUp6w nel-
gano meglio tutte le varianti, ma è gram- l'A.T ., significa la saggiatura dell'oro al
maticalmente sbagliato perché dovrem- fuoco ( ooxiµ~ov à.pyup{{) xa.t XfMT<'ì) mi-
pwcnc; [kur] ). In Am. 4,9 è usato in
mo avere 7trnupwµÉV4> da riferire a xa.À.- senso speciale per Iiddiif6n = carbon-
xoÀ.i~&.vcp. Contro il riferimento a xa- chio, malattia del grano, ritenuta effetto
µwoc; vi è anche il fatto che nei LXX è dello scirocco.
attestato solo xaµwoc; xa;~oµÉVT) (fob 3. Flavio Giuseppe usa il termine per
4r ,12 ), e non 1tE7tupwµÉv'I'). indicare il castigo divino contro Sodo-
ma: ant. 1,203: yfiv ••. 7tupwcrE~ &.cpa.vl-
~wv, «distruggendo la terra con la fiam-
D. NEI PADRI APOSTOLICI ma»; in Filone il vocabolo non compare.
Anche in mart. Polyc. 15,2 7tUpouµE-
voc; è riferito a metalli e non alla forna- 4. I tre passi del N.T. in cui compare
ce: wc; xpvcròc; xat &pyupoc; EV xa.µlv{{) questo vocabolo seguono l'uso linguisti-
7tUpouµEvoc;, «come oro e argento arden- co dei LXX e di Flavio Giuseppe. In
te nella fornace» 11 • Herm., vis. 4>3A ri-
corre alla tradizionale immagine della Apoc. 18,9.18 indica la distruzione del-
saggiatura dell'oro nel fuoco per invita- la grande città di Babilonia col fuoco; in

10 Circa l'immagine cfr. IJI r7131; Ps. Sai. 17, poç, e J Mach. 6,6 I G . BERTRAM].
43; I Petr. l,7; invece 'ltE'!!Upwµivoc; O'llh1poç
'ltVPWO'tc;
in apoc. Petr. 28 quale strumento di castigo.
11 Cfr. Dan. LXX 3,46: -/i xciµwoç -1jv otcX'ltU· I Ed. J. F. DiiBNER (1855).
'ltvpw1nç 4 • 'ltupwoç 3 (F. Lang)

questo caso m'.lpwcnç ha senso passivo: rad. A 10 [Diels1 I x46,2 3] ); 6 f)À.Loç


il fumo che s'alza dall'incendio sublto (Anaxim. A r5 [Diels' I 93,40]); -rà
&o-'Cpr:t., Id., A 7 [Diels' I 92,12]; Ari·
( 'tÒV XfX.7tVÒV 'tijç 7tVPWCTEu.lc; rx.u'tijç) . I stot., cael. 2,7 [p. 289a 16]) o caldi per
Petr. 4,12 si rifà chiaramente all'imma- fuoco: 7tVp~Vrt.L VVµcpaL, sorgenti bollen-
gine veterotestamentaria della purifica- ti (Anth. Pal. J4,52); in senso traslato,
come nvp, per descrivere il furore irre-
zione dei metalli, e la applk~ alla puri- frenabile: 'ltVflLVO<; 'TtOÀ.Eµoc;, «guerra fu-
ficazione dei credenti mediante le saffo. riosa» (Polyb. 35,1,6) 1 •
renze inviate da Dio. Soffrire è parte es- 2. I LXX usano l'aggettivo raramente
senziale della natura cristiana in quanto (3 volte) 2 , in riferimento allo splendore
partecipazione ai 7tcdh)µrx.'trx. 'tOV XpL- luminoso dei fenomeni paradisiaci o ce-
O''tOV (v. 13). Pertanto «non vi sembri lesti (Ez. 28,14.16: )...ti)oL 7tUflLVOL 3; Ec-
clus 48 ,9: Elia fu assunto in cielo ~\I
strana la prova del fuoco ora presente é:tpµa:n i1t1tW\I 7tUpl'llwV, «sopra un car-
tra voi (in forma di sofferenza) e che vi ro trainato da cavalli di fuoco» 4». Fla-
è stata inviata (da Dio) come prova del- vio Giuseppe ha 1tVflW01]ç, simile a fuo-
co, in bell. 5 ,222, riferito allo splendore
la fede)» . È evidente che il concetto è del tempio.
collegato all'inizio dell'èra finale (4,7.
3. Nel N .T. abbiamo 7tupwoc; solo in
17).
Apoc. 9,17: dopo che sono stati sciolti
5. La stessa idea continua presso i i quattro angeli, mitiche schiere di ca-
Padri apostolici nei quali però l'ardore
valieri scalpitano sul mondo (~xov'taç
del fuoco della prova (Did. 16,5 : 1i 7tU·
pwcnc; -r'ijc; SoxLµaO'lac;) è trasposto dal i}wpaxr:1.ç 'ltuplvovc; xa.t ùaxLvi)lvouç xat
presente nel futuro ed è attribuito all'i- 1Ìf:LWOELi;, «con corazze color di fuoco,
ra dell'Anticristo nell'ultimo tempo che giacinto e zolfo»). Non è chiaro se i di-
precede la venuta del Signore.
versi colori delle corazze corrispondano
ai cavalli e questi si debbano suddivide-
t 7tvpwoc;
re in tre squadroni5, oppure se si tratti di
1. Con i:i breve a differenza di 7tDpL· un'anticipazione del fuoco, fumo e zol-
voç, derivato da ò 7tvp6c;, il frumento, si- fo 6 che fuoriesce dalle bocche dei ca-
gnifica di fuoco, igneo e si trova nella valli (v. 18). Comunque l'equipaggia-
letteratura greca a partite dai. presocra- mento dei cavalieri fa pensare a esseri
tici in senso proprio predicato di tutti i
corpi e tutte le materie che secondo gli demoniaci apportatori di distruzione.
antichi sono di fuoco: ò oòpav6c; (He- Anche le cavallette di fuoco (Herm., vis.

'ltupwoç 4 Cfr. invece le spade di fuoco dal cielo in Sib.


1 In senso pos1t1vo 1tvpwov &.crmxcr"t~X6v: 3,673, quali strumenti escatologici di puni-
PREISENDANZ, Zaub. 4,639. zione.
2 Inoltre 3 volte in Simmaco, Deut. 33,2: 1tV· s LoHMlWER, Apok., ad l.
pwoc; v6µoc;, cfr. "1 1034; Cant. 8,6. 6 H. J. HoLTZMANN, Evangelium, Brie/e tmd
3 Forse meglio b'né 'eJ = angeli, A. Bi!RTHO- Offe11baru11g des Joha1111es, Hand·Commentar
Ll!T, Hesekiel, Handbuch A.T. l3 (I936) ad l. zum N.T.J (1908) ad l.
1tVpwoç 3 - 1tVppoç 4 (F. Lang) (vr,952) 886

4,1,6) sono fenomeni demoniaci dell'èra tradurre 'adom, rosso; Gen. 25,30 :
escatologica (cfr. Apoc. 9,3). E\)JEµa 7tVpp6v, un piatto di lenticchie;
Num. r9,2: vacca rossa senza difetti; 2
Reg. 3,22: acqua rossa come sangue;
t 7CUpp6c; I
Cant. 5,ro : l'amato bianco e rosso, cioè
perfettamente sano, come 'latte e miele'.
Tra i cavalli di quattro colori della vi-
1. Più anticamente e in poesia TCUp- sione notturna di Zaccaria abbiamo i'.1t-
croc:;, attestato a partire da Eschilo, anche 7tOL 7tUppol accanto a cavalli neri, bian-
nelle iscrizioni e nei papiri: color del chi e pezzati (Zach. r,8; 6,2 ss.). Come i
fuoco, rosso-fuoco, fulvo, presso Platone cavalli in precedenza erano stati collega-
è considerato una mescolanza di giallo e ti ai quattro venti, cosl ora i colori so-
grigio: -;i;uppòv ... l;avfiou n xrx.t q>atou no connessi ai punti cardinali : rosso=
xpa<rEL ylyVE'tctt (Plat., Tim. 68c). Com- est; nero=nord; bianco= ovest; pezza-
prende le varie tonalità di colore, dal to=sud (cfr. Zach. 6,6) 3 • Questi cavalie-
rosso brillante (xÀ.avlc;: Hdt. 3,139; ri celesti devono percorrere la terra per
pooov: Moschus l,70 2 ) al bruno, fino al apprendete i fatti e riportarli; talvolta
giallo chiaro (cbou 'tÒ Jtupp6v: Hippocr., hanno da assolvere incarichi particolari.
mul. 2,171 [Littré VIII 352]). Viene u-
sato soprattutto per indicare il colore 3 . Filone non usa questo aggettivo,
dei capelli, di divinità {Xenophanes, Jr. che troviamo invece in Flav. Ios., ant.
16 [Diels' I 133,7 ]), di uomini: !Hhioc;... r,34.
7tUpp6v (Hdt. 4,108); oi. 7tuppoL r:i:yav
7tctvoupyot, «i fulvi sono molto malvagi»
4. Nel N.T. i colori dei destrieri dei
{Aristot., physiognomica 6 [p. 812a
16]); oi. "1)v l}ci)..anav Èpyas6µEvot quattro cavalieri dell'Apocalisse (Apoc.
7tUppol EWtV, «le genti che lavorano sul 6,1-8) sono in rapporto coi cavalli della
mare sono abbronzate» (Aristot., probl. visione notturna di Zaccaria (cfr. ~ 2 ).
2 [p. 966b 26] ); soprattutto è detto del-
la prima barba: Eur., Phoen. 32, e di Mentre però in Zach. 6,2 s. la successio-
animali, per es. leoni: Eur., Herc. fur. ne è: rosso, nero, bianco, pezzato, in
36 I; ÀÉoV'tE<; 7tUppot 7taV'tE<;, «tutti i Apoc. 6 l'ordine è diverso: bianco, ros-
leoni sono fulvi» {Aristot., ge11. an. 6 [p .
785b 17 s.]); buoi (Plut., Is. et Os. 31 so, nero, scialbo. Il cavaliere sul cavallo
[n 363a] ); cavalli: Ù7tÈp -coli 7tUppou rosso citato al secondo posto (v. 4: èi.}.,-
V7t7'0U (P. Oxy. vr 922,8); capre (P. Hi- Àoc; t7t1tO<; 1tUpp6c;) porta guerre e spar-
beh 1 120,6); cani (Pseud.-Xenoph., cyn. gimento di sangue. L'originaria relazio-
4,7). Talvolta si riferisce in particolare
al rossore di vergogna (Aristoph., eq. ne del colore col punto cardinale è stata
900) o agli occhi iniettati di sangue di sostituita dall'allusione alla spada e alla
un cane (Eur., R ee. 1265). strage 'rossa'. Corrispondentemente, an-
2. I LXX usano sempre 1tUpp6c; per che il colore del grande drago color ros-

nvpp6c; 2 Ed. H. L. AHRENS (1909) 105 .


1E. WUNDERLICH, Die Bede11tung der roten 3 TH. H. RoBINSON - F. HoRST, Dic zwiilf klei-
Farbe im K11lt11s der Griechcn rmd Ro111er, 11en Propheten, H andbuch A.T. r41 (1954) 219
RVV 20,1 ( 1 925 ) [H. KLEINKNECHT]. s. 237.
nupyoc; I (W. Michaclis) (v1,953) 88&

so-fuoco (Apoc. r2,3) serve ad illustrar- "t'Epa.t... x6xxov, «peccati... più rossi del
ne il carattere bellicoso e omicida. Inol- carminio», si riferisce all'immagine di Is.
r,r8, dove però i LXX non usano l'ag-
tre è probabile che alla base vi sia un'an- gettivo 'ltvppo<; (cfr. I Clem. 8,4) . Peral-
tichissima tradizione 4 • tro l'espressione è proverbiale anche
nel mondo greco (Épuitp6·n:pov xoxxou:
5. Presso i Padri apostolici l'espres- Athen. 6,240D). Non si sa donde pro-
sione di I Clem. 8,3: &.µap·tlcn 7tUpp6- venga tutta la citazione.
F. LANG

rcupyo~

r. È difficile ammettere che 7tupyoç li precedette 4, e poi ha seguito nella lin-


sia un vocabolo mutuato dal germanico gua greca il suo proprio sviluppo . Esso
(cfr. il tedesco Burg) 1 e passato nella significa la torre fortificata, il muro mu-
lingua greca già in epoca preistorica at- nito di torri, la fortezza, una 1nacchina
traverso un popolo dei Balcani setten- d'assedio mobile, la colonna (di soldati),
trionali (illirico o macedone); esso po- ed anche la torre, il castello, la rocca,
trebbe piuttosto essere un vocabolo pe- oltre che, in generale, l'edificio (priva-
lasgico 2, e originariamente dovrebbe a- to) che sovrasta gli altri in altezza, cfr.
ver signifìcato la fortezza civica circon- nupyoc; l&w"ttx6c; (Hdt. 4,164) (nume-
data da un vallo, comune nell'ambito in- rosi derivati sono termini tecnici in par-
do-germanico, il castello-rifugio 3• Però te militari e in parte architettonici) 5 • In
presso i Greci 7tupyoc; ha assunto il si- vari papiri sembra sia da preferire la tra-
gnificato di rocca, ripreso dal popolo che duzione jabbricato rurale, nel senso di
4 Cfr. il colore rosso del Musrus5u babilonese mrmen und Griechcn: NJbchKlAit u (1908)
e del Tifone egiziano (LoHMEYER, Apok., 305-321 ; ID., Ursprung und Wanderung des
ad l.). Wohnturms: SAB (1929) 437-469.
mipyoç 4 KRETSCHMER, op. cit. (~ n. l) II2 s.
5 Cfr. PAssow e LIDDELL-ScoTT, s.v. Più vol-
I Cosl sostiene con dettagliata motivazione P,
te in iscrizioni, in parte collegato a i:t~xo~ e
KRETSCHMER, Nordische Lehmoiirter im A/l-
mJÀ'l}; cfr. DrTT., Syll.', indice s.v. Anche la
griechische11: Glotta 22 {1934) 1 00-122. Però
torre di guardia sul colle Astiage presso Efeso,
nella derivazione dal germanico ci si attende-
più tardi chiamata. cpvf.a.x'l'} Ila.v>..ov (cfr. Mr-
rebbe ~upy- o 1tUpX- [DEBRUNNER] .
CHA.llLis, Das 'Gefiingnis des Paulus' in Ephe-
2 Secondo V . GEORGIEV, Vorgriechische Sprach-
sus: Byzantinisch-Neugreichische Jahrbiicher 6
wissenscha/t l (1941) 97 indoeuropeo *hhrgh- [!928] 1-18), nel contratto d'affitto riportato
> *brgh-> 'pelasgico' 1tUpy-; dalla stessa radi- in un'iscrizione (III sec. a.C.) viene chiamata
ce indoeuropea anche TIÉpya.µoc; < *bhergh-, te- 1tVpyoc; (cfr. M1cHA.llLIS, op. cit., 7; D1TT.,
desco Burg, bergen. Cfr. anche A. J. VAN WIN- Syll.' 111 936 nota). H esych.: ~pyoç· 1tpoµ«-
DEKENS, Le pélagique (1952) 131 s. [lùSCH]. XEWV, 't'E~xo.;... xat -tét.!;Lç l\I -cti:paywv<i->
3 K RETSCHMER, op. cii. (~ n. 1) 107-uo; G. Ò1tf.L't'W\I... xa.L 1tOÀ.Eµ t<T-t1)pLO\I 5pya.vov,
ScHuCHHARDT, Hof, Burg tmd Stadi bei Ger- Suid.: 1tupyo1: "tal;Et.c;.
itupyoç i -2 (W. Michaelis)

un edificio rurale, indipendente e atti- yaÀ.wuvv'l'}, però Aquila e Teodozione


guo ad una abitazione 6 • hanno 1tupyoç anche qui; ~ n. 7). Per
lo più significa torre fortificata oppure
2. Nei LXX 7tupyoc; ricorre in circa 80 castello, cittadella, spesso senza vani in-
passi. Nel T.M. gli couisoonde quasi e- terni, come parte di una più grande for-
sclusivamente migdal, che a sua volta è tificazione o delle mura della città 8, ma
reso quasi sempre con 'ltupyoc; (in 1 Eo-op. anche torre di guardia isolata (cfr. 4
9,42 e 2 Tuop. 18,4 [Neem. 8.4] trovia- Bo:u. r7,9; r8,8; I Chron. 27,25)9, in
mo f3fiµa 7); in Prov. 18,10 è usato µE- particolar modo torre per la sorveglian-
6 F. PREISIGKE, Die Begri/fe itupyoc; rmd <T'tÉ- in Is. 33,18 (la congettura in Bibl. Hebr.,
YlJ bei der Hausan{age: Hermes 54 (1919) 423- KiTT. 3 potrebbe essere superflua; cfr. ljJ 47,13)
432 sostiene che nupyoç nei papiri indica fab- e.lai LXX è tradotto: 1tOV ÈO""tW 6 apL~V
bricati rurali; testi anche in PREISIGKB, Wort. i:oùç i:pEq>oµÉvouç ( var. O'\J<T"tpEq>oµÉvovc; op-
II 437; MouLT.-MILL. 560 s.v. Lo sostiene pure 6.vcx:ai:pEq>oµlvouç). 111igdiilim qui è inte·
E. MEYER, IIYPI'O.E «Wirtschaftsgebaude»: so come participio di gdl piel (dr. Num. 6,J
Hermes 55 (1920) 100-102, dr. anche MEY- LXX; Dan. I.J Theod.).
8 J. BENZINGER, art. 'Kriegswesen bei den He-
ER, Urspru11g 1 217 n. 1 . II suo rinvio aUe
«attestazioni assolutamente inequivocabili» del briiern' in RE1 rr,n7; K. GALLING, art. 'Mig-
N .T. su questo uso linguistico fu però giu- dal' in BR 381 s. Nonostante il consenso di E.
stamente ridimensionato da A. ALT, Noch ei11- SELLJN nella sua appendice, ibid. 370-372, è
111al IlYPI'O:E «\Ylirtschaftsgebii11de»: Hermes assai improbabile che nel nupyoç di Gen. II,4
55 (1920) 334-336. Concordano inoltre J. HA- s. (senza T.M. anche u,8) si sia pensato alla
SEBROEK, Nochmals IlYPI'O:E «Wirtscbaftsge- torre di una fortificazione, come ha proposto
bat1de,,: ibid. 57 (1922) 6:n-6:z3; P. KRETScH- O. RAVN, Der Turm w Babel: ZDMG 91
MER, Lileraturbericht fiir die ]ahre r9r9 1111d (1937) 353-370, spec. 359 s. 368 s. Piuttosto
z920: Glotta 12 ( 1923) 195 s.; P . M. MEYER, nel migdiil di Gen. II,4 s. si dovrà pensare ad
]11ristischer Papyr11sbericht n: Zeitschrift fiir una torre d'un tempio o ad una torre a gra-
vergleichende Rechtswissenschaft 40 (1923) dini del tipo della piramide babilonese a gra-
207. Si limita a riferire U. WILCKEN, Pap.-Ur- dini. Cfr. anche K. GALLING, art. 'Babylon' 2
ktmde IX: APF 7 (19:z4) 9:z su P. Strassb. n in BR 72-75 .
9 In ebraico è rintracciabile la stessa evoluzio-
no,6 [III sec. a.C.]). Contrario W. CRONERT,
recensione a Radcrruacher2 (192.5) ; Gnomon 4 ne concettuale, avvenuta in greco, dalla for.
(1928) 80: la traduzione fabbricato rurale è tezza-rifugio fino all'edificio solido cd alto, so-
deviante; «SÌ dovrebbe continuare tranquilla- prattutto in ma'6z. Questo vocabolo signilìca
mente a tradurre torre, perché torre di campa- rifttgio, protezione e concretamente fortezza di
gna, torre di guardia, granaio a torre, escludo- 111011/agna o cima di monte. Qui dapprima non
no la destinazione ad abitazione, e casa di le- si tratta della fortezza artificiale ma dell'inac·
gno la somiglianza con una torte»; A. PALLIS, cessibilità del luogo. Reperti hanno provato l'e-
Notes 011 St. Mark a11d St. Matthew1 {1932) sistenza di fortezze-rifugio, in Palestina, ad es.
41; t'mx.vÀ~ç equivarrebbe a costruzione pode- sul kurun /.Jaffin nei pressi delle località in cui
rale, 1tupyoç invece a una villa di campagna il Saladino nel n87 batté definitivamente i
con un piano superiore (cosl in neogreco). crociati, nella Galilea del periodo neolitico, e a
7 Invece in 1 Ealìp. r ,52 ricorre 1tUpyoç='ar- Mashkena tra Tiberiade e Se!Ioris; dr. G.
mfm (palazzo; ~cx:alÀEtov: Prov. 18,19). Nel WATZINGER, De11k111aler Paliisti11as 1 (1933) 25;
parallelo 2 Chro11. 36,19 i LXX hanno ~iipt.;, G. DALMAN, Orte 121; Io., Die Zeltreise:
che varie altre volte traduce 'art11011 (per lo PJbch IO (1916) 41. Necessità di fuggire sulle
più =: i)EµH.tov) . In iJi 121,7 per 'armo11 c'è montagne se ne sono sempre presentate nella
l'hapox legome11on 'ltUyy6~cx:~ç. In Ez. 29,10; storia israelitica; cfr. fod. 6,i. Ivi ed altrove
30,6 i LX..'{ intendono migdtil come nome pro- ricorrono diversi vocaboli. Anche in greco
prio; Aquila e Simmaco hanno anche qui 'lttip- l'ambito del vocabolo è molto esteso, tanto più
yoç (BERTRAM]. 'aiìéb sofer 'et ba111migdof1m che mti'6z è variamente usato in senso traslato
1tÒpyoç 2-3 (W. Michaelis)

za e la protezione del gregge: migdill- alCT1}ljcrEtc; (~IX, coli. 92 s. con nota 3).
'éder, torre del gregge (Gen. 35,21 Anche Giuseppe usa 1tVpyoc; in corri-
[LXX: m'.lpyoc; rci.oEp]; Mich. 4,8 spondenza con passi veterotestamentari,
[LXX: 1tupyoc; -rcoLµ'Jlou]; 2 Chron . 26, ad es. in ant. 1,114s. n8 (cfr. Gen. n,4
rn). In Is. 5,2 la torre di guardia nella s.); 7,142 (dr. Iud. 9,51 s:); n,45 (dr.
vigna si chiama migdiil e rispettivamen- 1 Eo-op. 4,4). Abbastanza spesso, nella
te -rcupyoc;; si tratta evidentemente di u- descrizione di fortificazioni, egli menzio-
na piccola cotruzione senza vano interno na (discostandosi dal testo veterotesta-
e con scala esterna, dall'alto della quale mentario) anche i nupyot, ad es . in· ant.
il guardiano poteva vedere tutto intor- 9,122 (cfr. 4 Bav. 9,30 ss.); 10,134 (cfr.
no; da alloggio del guardiano serviva la 4 Ba<T. 25,1 s.); 13,16.26.57.202 (cfr. I
sukka bekerem menzionata in Is. r,8 Mach. 9,50 s. 62; I0,45; 13,rn); cfr. 8,
(LXX: ~ <TXT)V'Ì) ~V à.µ7tEÀWVL), cfr. m•- 150. Riferendo di misure militari par-
luna b"miqsa (ibid.) 10. .In senso trasla- la spesso della costruzione e dell'uso di
to -rcupyoc; è usato in \jJ 60 ( 6r ),4 ( = torri, ad es. ant. 14,446; 15,324; 18,
difesa; cfr. già Hom., Od., u,556); Is. 147; bell. 1,99 s. 147.344; 2.43.5 s. 44x.
30,25 (immagine delle potenze del mon- Giuseppe presta un'attenzione partico·
do); Ecclus 26,22. lare alle torri delle cosiddette terze mu-
ra di Gerusalemme (bell. 5,156 ss.), so-
3. Filone usa 1tupyoc; nell'interpretare prattutto alle grandi torri (per la torre
Gen. l 1,4 s., brevemente in poster. C. di Phasael cfr. anche ant. 16,144; bell.,
53 e molto estesamente in con/. ling. (in I,418; 2,46; per la torre di Ippico 5,
128-130 egli tratta anche di Iud. 8,8 s. 144.147). Queste torri, con le loro gi-
r 7 ). La torre di Babele è spiegata come gantesche dimensioni e con gli apparta-
simbolo della <J.voLa degli uomini (con/. menti costruiti sulle fondamenta massic-
ling. 5), della loro µEya.Àavxla (5.113) ce, somigliavano, egli dice, a dei palazzi
e xaxla (83.u3.115), in breve della lo. (bell. 5,168: wc; µ'l')OÈv ÉvOÉoL -i:<f> 'ltUp·
ro à.ìlE6-tTJc; (196), in 133 abbinata alle ì'4> B~o-lÀEtOV OoxE~v, «nulla mancava
per indicare il ricorso a Dio (fortezza, roccia) 10 Cfr. H. ScmcK, Ba1111.eschichte der Stadt Je-
(cfr. Ps. 27,r; 28,8; 31,3 e passim; Prov. 10, msa/em: ZDPV 16 (1893) 236 s. Anche nel
29; Is. 17,ro; 254; Ier. 16,r9 e passim)_ I periodo rabbinico le torri dei guardiani della
LXX hanno tradotto in vario modo. In Prov. campagna erano chiamate mgdl; invece la ca-
10,29 della parola di grazia del testo ebraico supola del guardiano veniva chiamata Jmrh
( «] ahvé è una protezione per colui che cammi- (dr. S. KRAuss, Talm11dische Archiiologie I
na nell'innocenza») i LXX fanno un'espressione [r910] 8.280 n . lm; II [19II] 185.203;
farisaica di autogiustificazione: «Garantisce si- STRACK-BILLERBECK I 868 s .). Qualche torre
curezza all'uomo pio la sua pratica religiosa» di campagna si trova ancora in Palestina; cfr.
(bxupwµa òu(ou qi6~oc; xupfou). Gli ambiti les· anche L . BAUl!R, Volkslebe11 im !Ande der Bi-
sicali dci vocaboli bxvpwµa (~ rx, coll. 91 ss.) be/2 (1903) 132 (riproduzione). m'.ipyoc; inol-
e 'ltÒpyoç e quelli dei rispettivi archetipi e- tre è passato tra i rabbini come imprestito
braici si intrecciano. Cosl in Prov. 10,15; 18, (prgws) nel significato cli torre; cfr. S. KRAuss,
II.19; 2r,22 si parla della 1tOÀ~ bxup&. nello Griechische 1111d lateinische Lehnworter in
stesso senso in cui ad es. in IJl 60,4 si parla Talm11d, Midr. tmd Targ. II (1898) 477; il vo-
del m>pyoc; taxvoc; (dr. m>pyoç bxup6c; in cabolo bwrgjn, torre, fortezza; posto di guar-
lud. 9,51 cod. A). Cfr. G. BERTRAM, Der dia, trattato ibid. 143 s., non sembra, come
Sprachschat:t. der LXX tmd des hebr. A .T.: propone Krauss, da collegare con cppoup~ov,
ZAW 57 (1939) specialmente 93-98 [BER- ma neppure con 1tÒpyoç (vi può soggiacere «Ull
TRAM]. vocabolo soldatesco cli origine germanica»,
ibid. 144).
7tupyoi; 3-4 ( W. Michaelts)

alla torre per sembrare una reggia»). La (l'ingiustizia si costruisce mura, e E'itL
torre, che piì1 tardi fu inserita nella for- 1tVpyouc; i] &.voµlcx. xa~TJ"t<XL, «l'iniquità
tezza Antonia e nella quale erano con- sta assisa su torri»); test. I ud. 5 ,5. La co-
servati i paramenti del sommo sacerdo- munità di Qumran disponeva, oltre che
te, in ant. 18,91 s. non è chiamata m'.ip- di un muro di cinta, anche di una torre;
yoc; ma f3iipLc;. Anche le colombaie tur- per questo motivo muro e torre sono
riformi ('m)pyot 1teÀ.rnHiwv) nel parco immagini che ricorrono spesso nella let-
reale sono chiamate torri da Giuseppe teratura dì Qumran 12 •
(bell.5,181) 11 • In ant. 13,309; 15,293:
19,343; bell. 1,77.156.408 è menziona- 4. Nel N.T. 1tVpyoc; s'incontra in Mc.
ta ~.-pa'twvoc; 1tvpyoc;, che nel N .T. 12,1 par. Mt. 21,33 alprindpio della pa-
appare soltanto sotto il nome di Kcx.Laii- rabola dei cattivi vignaioli: ~xoo6µTJ­
pEtcx., ricevuto sotto Erode il Grande. La
Lettera ad Aristea nella sua descrizione vEV 1tVpyov, «costruì una torre». Dato
di Gerusalemme si occupa anche dei che l'introduzione alla parabola, e cosl
7tupyoL della rocca (axpcx.) (ep. Ar. 101 anche questa espressione, costituiscono
s.) e di quelli delle mura delJa città (ep.
chiaramente una ripresa di Is. 5,2 13,
Ar. 105).
Anche negli pseudepigrafi si fa men- qui come là (~ col. 891) si deve pen-
zione di torri: Iub. ro,18 ss. (cfr. Gen. sare ad una torre di guardia nella campa-
11'4 s.), discostandosi dal testo vetero-
gna 14 • In Le. r 3>4 si parla di 6 'ltÙpyoc;
testamentario in l 1 ,2, e per caratteriz-
zare la pericolosa dimora dei patriarchi Év •0 I:tÀwci:µ . Poiché la torre, di cui
in mezzo ai pagani in 29,16.19 (latino non si ha conoscenza da fonti contempo-
baris); 31,6; 37,16 s.; or. Sib. 3,98 ss. ranee, sprofondando ha seppellito 18 uo-
(cfr. Gen. IIA s.); 4,69.105 s.; 5,424;
11,ro; Hen. aeth. 87,3 ed anche 89,50. mini, dev'essersi trattato di una costru-
54.56.66 s. 73; Bar. gr. 2 s.; test. L. 2,3 zione piuttosto grande 15 • In Le. 14,28

11 Cfr. KRAUSs , Archiiologie (~ n. 10) II 138 H Dato che già in Is. 5,2 migdiil è stato tradot-
(525 n. 975 documentazioni di mgdl con que- to con 7tvpyoc;, non si vede perché LoHMEYER,
sto significato). Mk., ad l. annoveri anche il vocabolo nupyoc;
12 Numerose attestazioni in O. NETZ, Felre11- fra i tratti della parabola che sarebbero «stra-
ma1111 tmd Fe/rengemeinde : ZNW 48 (1957) ni e forse artificiosi». · La sua motivazione
52; 65 e n. 47; 66 e n. 49.69. Cfr. H. BARDT- («7tUpyoi; e migdiil si corrispondono soltanto
KE, Die Kriegsrolle von QumratJ iibcrs.: ThLZ nel significato di 'torre', che qui non è perti-
80 (r955) 410 n. 100. STRACK-BILLERBECK, in- nente») è in contrasto con l'uso linguistico dei
dìce s.v. 'Tutm' rimanda soltanto a III 325: LXX. In ogni caso qui non s'intende parlare
interpretazioni di Jr. 33,r8 (~ n. 7) in Hag. di un fabbricato rurale, anche se si tratta di
b. 15b e passim. un vigneto piuttosto grande, dato che viene
13 Luca, che in 20,9 ha ridotto la citazione ad preso in 8.flìtto da vati piccoli contadini; cfr.
espressione generica, tralascia anche questa ALT, op. cit. (~ n. 6)· 335.
frase. La redazione lucana, però, anche se 15 Si può supporre che la torre (non risulta
la menzione del rcvpyoc; non è necessaria per che essa stessa abbia avuto il nome di Siloe
la spiegazione della parabola, non è originaria, [«torre Siloc»], come sembra a E. STAUF-
perché lo soopo della citazione condiziona la FER, ]esus: Gestalt tmd Gescrichte ( 1957]
sua identificazione e questa a sua volta richie- 48) abbia fatto parte degli impianti della
de l'ampia citazione; cfr. W. MrCHAELIS, Die conduttura dell'acqua e che l'infortunio sia
Gleiclmisse Jesu) (1956) n6. avvenuto durante lavori di miglioramento;
895 (vr,955) 7'upyoc; 4-5 (W. Michaelis)

Gesù domanda: "tl<; yàp È~ ùµwv 1JH.wv costi tanto considerevoli. Perciò deve
mipyov olxoòoµ'ijcra.t ovxt 1tpW"tOV xa.- essersi trattato di una casa privata a
i>lt:ra.ç "'TJq>lsEt "tTJV Òa.7tcivnv. El ~XEt El<; più piani a forma di torre, a meno che
&.7ta.p-.Lcrµ6v ... ;, «chi di voi, volendo co- qui non vada preso in considerazione il
struire una torre, non si siede prima a significato di fabbricato rurale (~ coli.
calcolare la spesa, se ha tanto da condur- 888 s.) 16•
la a compimento?». Come risulta da È~ 5. Padri apostolici. In Barn. 16,5 si
ùµwv, non si pensa ad un edificio pub- parla di un m'.ipyoç in una citazione
blico (torre di una fortezza, torre delle 'scritturistica', tratta probabilmente da
mura). Ma forse non s'intende nemme- Ben. aeth. 89,56 ss. (~col. 893); stan-
do al contesto, si tratta di una torre per
no una semplice torre di guardia di cam- la sorveglianza del gregge (~ coll. 890
pagna, perché nel v. 29 si parla del get- s.). Nell'allegoria della torre di Herm.,
to delle fondamenta come momento par- vis. 3,2,4 ss.; 3,1-7,6, e sim. 8,2,r ss.; 9,
3,r-9,31 sotto l'immagine di un 7tupyoc;
ticolare dei lavori di edificazione, ed una (complessivamente 149 volte) si parla
torre di guardia non comportava affatto della EXXÀ'l]crlcx 17 •
W.MICHAELIS

cfr. HAucK, Lk. e KLOSTERMANN, Lk., ad G.Heinrici dargebracht, UNT 6(1914):u3-:z19,


l.; G. BoRNKAMM, ]esus vo11 Nazareth (1956) specialmente 2r6.;z18. Cfr. STAUFFER, Theolo-
79; STRACK-BILLERBECK n 197. In beli. 5, gie, figure 93 s. In Apoc. 21,10 ss. non si parla
;z92 Giuseppe racconta che una delle torri, di torri della Gerusalemme celeste, e nel N .
che Tito aveva fatto innalzare sui valli d'asse- T. non ha lasciato traccia l'idea di una torre
dio davanti a Gerusalemme, sarebbe caduta in del cielo; anche l'erezione della torre di Gen.
piena notte (nECTEL\I GtÒ"toµ«'twc;; anche Le. 13, I I negli Atti degli Apostoli ha avuto un con-
4 ha ~7'EC1Ev [ ~ x, col. 304]). E. HIRSCH, trappeso teologico, al massimo indiretto, in
Friihgeschichtc des Evangeliums II (1941) ;z17 Aci. 2. W. ScHMITHALS, Die Gnosis in Ko-
anche in Le. 134 pensa alla «caduta di una rinth, FRL, N.F. 48 (1956) 133 s. cerca di di-
torre delle mura». mostrare che in Herm., vis. 3; sim. 9 alla base
16 Cfr. HAUCK, Lk., ad l.; ALT., op. cit. e~ n. v'è l'idea del redentore redento, dell'uomo pri-
6) 335; BORNKAMM, op. cit. (~ n. 15) 135.191 mordiale cosmico. Sull'idea, sviluppata dagli
n. 5; A. S1zoo, Die antike W elt und das N.T. Gnostici (specialmente dai Simoniani), della
(1955) 48 s. dea Elena, che ha mostrato agli arconti infe-
17 Cfr. DIBELIUS, Herm. 459 s . (excursus: riori del caos la luce primordiale (Epiph., haer.
«Die Turm-Allegorie»). 587 ss. (excursus: «Die 21,3,2) (idea suggerita da Verg., Aen. 6,:;xr
Allegorie vom Weidenbau.m», specialmente Elena dalla cima del 7'\Jpyoc; di Troia con una
589). 604 ss. (excurs11s: «Der Fels und die fiaccola in mano chiama i Greci nella città),
Berge», specialmente 605 s.); R. KNoPF, Die dr. G. QmsP.EL, Gnosis ols Weltreligion
Himmelsstadt, in Neutcstamentliche Studien {1951) 64.66-69.
mipÉC'C'W l (K. Wciss)

t 7tUpÉcrcrw, t 7tUpé'.'t"Oc;
r. Come tutte le definizioni popolari terra, in secrezioni degli organi interni.
di malattie hanno per oggetto un sinto- Contemporaneamente continua a vivere
mo (che per lo più non comprende affat- la 'medicina mitica'. Essa sa a quali di-
to la natura della malattia) 1, cosl anche vinità di volta in volta ci si deve rivol-
JtVPE't'6c; per prima cosa non signllìca al- gere per la guarigione di una determina-
tro che l'aumento della temperatura del ta malattia; sa che demoni ed eroi pos-
corpo 2 , mentre i vocaboli pi:yoc; e q>pl!; sono guarire o provocare malattie e co-
pongono in evidenza altri sintomi, che nosce la liberazione magica dagli spiriti
possono celare varie e disparate ma- apportatori di malanni 4 • Nel periodo el-
lattie. Ma da Ippocrate in poi la natura lenistico si ritrovano le distinzioni già
dei 7tUpE'tOl è stata studiata a fondo citate ed altre simili 5 • Ad esse si aggiun-
presso i Greci, e ne sono stati descritti ge la distinzione tra il m>pt-còc; (dyac; e
in molti modi i tipi, le cause e la tera- il 1tUpe:•Òc; µixp6c;, che va considerata in
pia. Qui si trova già la distinzione, va- 1·apporto a Le. 4,38 s., anche se le testi-
lida ancor oggi, in &.µcpiJµEp~\loc; 1tUpE"t6c; monianze sono d'età postneotestamenta-
(febbre quotidiana), 't'pt't'a~oc; 1tUPE't'6c; ria 6 • La critica di Galeno 7 a queste di-
(terzana), 't'E't'ap-.afoc; 1tEPE't'6c; (quarta- stinzioni lascia supporre che si tratti di
na) e iJµt't'pt't'atoc; 1tUpE'to<; (una dupli- una rozza semplificazione della distinzio-
cazione della terzana e della quartana) 3 • ne classica, alla quale egli stesso contrap-
In questo stadio della ricerca medica sul- pone quella tra ..vpe:~ot 7tEptxa.ÉEc; (ar-
la febbre, la causa ovviamente è vista in denti), oe:wol, ~À.TJxpoC (deboli) e 1tp1J•
circostanze naturali, nell'aria che ci cir- ÉE<; (medie) 8• Per la conoscenza della
conda, in esalazioni dell'acqua o della reale natura delle singole malattie feb-

'ltUpÉcrC'W X't)., 4 Cfr. N1mDURGER, op. cit. (~ n. 3) 167 s. con


PREUSCHEN-BAUER5, PASSOW, LlDDELL-ScoTr, tutte le indicazioni. Sulla medicina scientifica
MouL.-MILL.,s.v.; A.DBBRUNNER,Zu den kon- e mitica nella storia dei popoli antichi e sul
sommtischen io-Priisentie11 im Griechischen: loro rapporto reciproco~ rv, coll. 67r ss.
Indogermanisclie Forschungen 21 (1907) .228. s P. Oxy. vm 924,2 ss.; rx5r,34 ss.; BGU III
2j4S. 956,3 s.; AuooLLENT, De/. Tab. 74,6; Cels.,
1 Per il N.T. cfr. H. SENG, Die Heilungen Jesu med. 3,3. In Flav. Ios., ani. r3,398; beli. l,I06
ili medi:dnischer Beleucht1111g! (1926) xo. si racconta che Alessandro Ianneo morl di
2 Cfr. Aristot., probl. r,20 (p. 861 b 38 s.). quartana.
3 Documentazione in M. NEUllURGBR, Ha11d- 6 Gal., de di!ferenliis febrium l (KiiHN 7,273-
b11ch der Geschichte der Medi:d11 I (1902) 277); Gal., de curandi ratione per venaesectio-
251 s. Altre distinzioni non specifiche si rife- nem 6 (Ki.iHN u,269 s.); Aret., de curatione
riscono alla durata (cnivoxoL, m1xvol e ,;M- acutorttm morborum r ,1o;r.I9 (CMG u II3,
VTJ'tEç m!PE'fOl) e ai sintomi della febbre (Ti- 27 s.; n8,r3); Alex. Aphr., de febribus libel-
11(a).oç 1tUPE'f6ç = PL')'07tUPE't6ç, brivido feb- llls 18.31 (ed. J . L . JnELER, Physici et medici
brile; xaucroç, febbre ardente; ì..1)lhx.pyoç 1tUpE- Graeci minores I [ r84x] ); Cels, med. 4,14,1.
-i:6ç, febbre con so1111olenza; À-E~7tupla=ci116>- Cfr. J. SCHUSTER, Zwei neue medizit1-geschicht-
8ric; 7rupe:'t6ç, febbre con nausea; XVT}µW6T]ç licbe Q11el/en :mm «Grosse11 Fieber» Lk 4,38:
'ltUpe:'toç, febbre con prurito; ).uyyw6ric; -p;upe:- BZ 13 (1915) 338-343.
,-6ç, /ebbre con singhiozzo), oppure all'inten- 7 --+ n. 6, specialmente Gal., de differentiis fe-
sità (XÌ..Lapòç 1WPE't6ç, febbre leggera; -p;EpL- bri11m I (KiiHN 7,:z74 s.).
xu.:ijç 7tUpe:,-6ç, febbre ardente). In NEUBUR- 8 Cfr. ScHUSTER, op. cit. e~ n . 6). L'elenco
GER, op. cit. ricca bibliografia specializzata. in P. Oxy. VI 924,6 conclude con ).e:n'fÒS 'ltU·
7tUpÉaaw l-3 (K. Wciss)

brili naturalmente con queste suddivisio- me premonizioni della sua venuta per il
ni non si fanno molti passi avanti, per- giudizio. In tal modo esse rientrano in
ché queste «febbri malariche endemiche quel rapporto di malattia e peccato, del
non sono tipiche del nostro clima tem- quale l'A.T. offre testimonianze caratte-
perato, ma sono proprie del clima sub- ristiche(-? IV, coll. 686 ss.). I LXX han-
tropicale» 9 • È ovvio che anche la spiega- no tradotto con 'ltVPE'Toç soltanto qadda-
zione demonica della febbre continui a f?at di Deut. 28,22 16• Tranne pi:yoç (bri-
dominare 10• Può darsi anzi che essa si vido di febbre) nello stesso versetto, non
sia ancor più diffusa per l'influenza di re- compare nessun'altra designazione di
ligioni orientali 11 , e, com'è noto, conti- febbre; TIUpÉ<To-w è del tutto assente.
nua ininterrotta nella letteratura cristia-
na 12. 3. La letteratura rabbinica per indica-
re la febbre usa gli stessi termini dcl
2. Le denominazioni della febbre usa- T.M. o i loro equivalenti neoebraid e
te nell'A.T. sono, come il termine greco, aramaici. Gli altri vocaboli che si trova-
derivate da radici che significato brucia- no in essa sono anch'essi tutti derivati
re, accendere; cosl qaddaf?at (Lev. 26, da radici che indicano bruciare, fuoco,
16; Deut. 28,22) e dalleqet (Deut. 28, ecc.: f?amme t!t, f?arf?i2rii', 'dsiitii', .ftm-
13 14
2 2) • Ibn Esra intende i due vocaboli tii', simsa' 17 • Dalla medicina greca (-?
nel senso di quotidiana e, rispettivamen- coll. 897 s.) i rabbini hanno appreso
te, terzana o quartana; Sa'adja 1s nel sen- la distinzione delle febbri, come pu-
so di malaria tropicale e quartana: chi re le cause naturali e i metodi naturali di
dei due colga nel segno, è difficile dire. guarigione 18 • Prevale però la concezio-
Non è possibile distinguere questi tipi di ne della febbre come demonica 19, oltre
febbre. È importante notare che nei pas- che come punfaione di Dio 2<1. Anzi, pro-
si citati le febbri sono minacciate come prio nel giudaismo quest'idea ha trovato
punizioni di Dio e, rispettivamente, co- la sua elaborazione virtuosistica (~ IV,

pe-t6c;. 13 Cfr. J. PREuss, Dibl.-Talmudische Medi:t.in


9 NEUllURGBR, op. cii. (-? n. 3) 251. Filone (19n) 182-187.
(sobr. 45) diagnostica la febbre dal suo ardore 14 PREuss, op. cit. (~ n. 13) da Ter. i. 8,5 (45
e spiega (leg. Gai. 125) il suo insorgere con c 17).
l'inspirazione cli aria calda e inquinata: -rò ).e- 1s Cfr. DALMAN, Arbeit I 107.
y6µevov xa-i:à Tijv rcapo~µlav mip È1t~<ptpwv 16 In Lev. 26,16 invece con tx-i:epoc; (itterizia).
7tUpl, cioè alla temperatura corporea. 17 Una lista completa in STRACK-BlLLERBECK r
IO Cfr. AUDOLLENT, De/. Tab. 74,6; Plin., hist. 479. Ber. b. 32a spiega la febbre come un fuo-
nat. 2,16: ideoque etiam publice Febris fanum co delle ossa.
in Palatio dicatum est... , e la storia della la- 18 STRACK-BILLERBECK r 479 da Git. b. 67b e
pidazione dcl demone della febbre in Philostr., Sbabb. ;. (4b,28). PKEuss, op. cit. (-? n. 13)
vit. Ap. 4,10. A. IlARNACK, Medizinisches at1s 184-187.
der iiltesten Kirchengeschichte, TU 8,4 (1892) 19 op. cit. (-? n. 17) da Ned. b. 4ra; Git. b.

ro7 s. e 129-132. 7oa: dormire al chlai-o di luna da Tammuz a


11 Vedi P. DIEPGEN, Geschicbte der Medi:dn 12 Elul provoca 'a[71/t1 (brividi di febbre). Cfr. F.
(1923) 50. FENNER, Die Krankheit im N.T. (1930) 22.
12 Cfr. dell'Apocalisse di Gregorio Taumatur- 20 Cfr. in Philo, execr. 143 l'elenco delle ma-
go del cod. Paris. 2316, fol. 433 r. (a cui si ri- lattie da considerare punizioni dell'ira di Dio.•
chiama RErTZENSTEIN, Poim. 18 n. 8) le frasi: nel quale 7tVPE-t6i; e ~~yoc; stanno al primo po-
xvpLE, l.iEL~6v µoL -.òv fJ.yyEÌ.,OV 't"OV ~Lyolt\JpE· sto. Sull'armonizzazione o la compresenza di-
-i:ov· xcd El7tlv µoL -.6 gvoµa aò-rov. kVX<X.TJ). sarmonica delle due concezioni dr. STRACK-BII.-
xa).Ei:-ta~ x-r).. LERDECK IV 522.
nupEcraw 3-4 (K. Weiss)

coli. 685 s.; vn, 1426 ss.). Contro l'ef- simativa (~ col. 898) perché si possa
fetto demonico si ricorre a scongiuri e trarne indicazioni mediche sicure. Ma
pratiche magiche 21 . Ciò che vale delle soprattutto l'indicazione ha un valore
febbri vale naturalmente delle malattie puramente letterario, come mostrano
in generale 22• Osservazioni tra i beduini Mc. 1,30 s. (e Mt. 8,14 s.), che parlano
e i fellahin, che vivono oggi nella Terra soltanto di 1tupÉO'O'ELV e 1tUpE-c6c;. Dun-
Santa, mostrano che simili idee soprav- que Luca ha voluto con gusto letterario
vivono intatte, anzi costituiscono un pa- concretizzare la rappresentazione del ca-
trimonio stabile delle religioni di tutti i so, oppure (ciò che è più verosimile)
popoli 23 • accentuare il carattere edificante della
storia con la gravità della febbre poi
4. Il N.T. menziona tre volte il 7CUpE- guarita 27 • Oscura è anche la febbre del
figlio dell'ufficiale regio in Io. 4,52. Se
-r6ç tra le malattie curate da Gesù o da- egli è lo stesso malato che in Q (Mt. 8,
gli apostoli. Di esso soffre la suocera di 5 ss.; Le. 7 ,1 ss.) è servo di un centurio-
Pietro (Mc. rao s.; Mt. 8,14 s. 24 ; Le. 4, ne di Cafarnao, si tratta di un 'lta.pa.}.u-
38 s.), il figlio dell'ufficiale regio (Io . 4,
·nx6c;. Ma nulla indica che anche il quar-
to evangelista consideri il suo malato un
52) e il padre di Publio, uomo eminen- paralitico ed abbia voluto descrivere una
tissimo di Malta (Act. 28,8). febbre che si accompagna alla paralisi.

In ognuno di questi tre casi viene Chiaro è invece che in tutti e tre i
spontaneo chiedersi di qual genere di passi si pensa a cause che risiedono nel-
febbre si parli: una risposta si potrebbe la sfera d'influenza di forze soprannatu-
trovare soltanto nel terzo caso 25 • Luca
dice che il padre di Publio era a letto rali, o meglio religiose, vale a dire che
malato 7CUpE-roi:ç :x;a.l OUO'E\l't'EPL4J O'VVE- le febbri sono di origine demonica o di-
xoµEvoç (Act. 28,8). Dagli scritti medici vina (punizione dei peccati). Che l'idea
da Ippocrate a Galeno 26 si ricava che qui
dell'origine e dell'essenza demonica del-
si ha la designazione - ineccepibile sotto
il profilo medico - di una dissenteria f eb- la malattia sia del tutto corrente nel N.
brile. Quando invece lo stesso Luca nel T. non ha bisogno di essere dimostrato
Vangelo (4,38) a proposito della febbre (~I, coll. 13u; IV, 693 ss.). Cosl pure
della suocera di Pietro vuol precisare
che si tratta di 7tUpE-còç µÉya.ç, si ser- in esso è ovvia la comprensione della
ve di una designazione troppo appros- malattia come punizione dei peccati, in-

21 STRACK-BILLERBECK I 479 da Git. b. 67b suocera di Pietro e quella del .figlio dell'uffi-
e Shabb. b. 66b; Flav. Ios., ant. 8,45-49; ciale regio non si possono precisare.
PRtmss, op. cit. <~ n. x3). 26 Cfr. W. K. HoBART, The Medicai Language
22 STRACK-BILLERBECK IV 524 {e). o/ St. L11ke (1892) 52 s.
27 ·r tentativi di \Yl. EBsTmN, Die Medizin i111
23T. CANAAN, Damonenglaube im Lande der
N.T. u11d im Talmud (1903) 103 s. e di FEN-
Bibel: Morgenland 21 (1929) 45 e i lavori ci-
NER, op. CÌt. (~ n. 19) 52, di spiegare le feb-
tati in ~ I, col. 13rx n. 20).
bri in questi due passi e in Act. 28,8 come fe-
24 Mc. r,30 s. e Mt. 8,14 s. sono gli unici pas- nomeni isterici o nervosi non hanno alcun fon-
si della letteratura protocristiana in cui appare damento nel testo e sono condizionati da una
anche il verbo (nella forma mJpÉo'crovcra.[v]). preconcetta interpretazione delle guarigioni di
25 Cfr. DALMAN, Arbeit 1 107: la febbre della Gesù.
'ltuptinrw 4 (K. Weiss)

fl.itta da Dio (~I, coli. I 3 I I; IV' 694 ss.; colui che ha preso su di sé le punizioni
vn, 1428 ss. 28). Nei malati di febbre dei dei peccati e che scaccia i demoni con il
nostri racconti il carattere demonico for- dito di Dio (Le. 11,20; cfr. 13,16}. Dun-
se si può già dedurre dall'à.q>ijxE\I CLÙ'ttJ'll que dove nel N.T. si parla di febbre, ciò
(cx.ù'tòv) ò r.:upE'toc; (Mc. 1,31; Mt. 8,15; avviene in primo luogo per dimostrare il
Io. 4,52): il demone della febbre si riti- dominio di Gesù sul peccato e sul dia-
ra. In Luca è indiscutibile che egli ha volo, come è detto in Io. 9,3 a proposito
inteso la guarigione della suocera di Pie- della guarigione del cieco nato: ~\lcx. cpcx.-
tro come un esorcismo; non si può ca- 'llEpw~Ti 't<Ì. epya 't"OV iJEOU, «affinché sia-
pire diversamente la frase :x:cx.L ÈmO-'tÒ:<; no manifestate le opere di Dio» . La
btcX.vw CX.Ù'tijc; È7tE'ttµ1)CTEV 't@ 1tUpE't4) scomparsa della febbre è un <T'l")µEi:ov che
xcx.t àpljxtv cx.ù'ti}V, «chinatosi sopra di risveglia la fede (Io. 4,53 s.). È la fede
lei, comandò alla febbre, e questa la la- nella salvezza messianica venuta con Ge-
sciò» (4,39). La guarigione del padre di sù (Mt. II,4 s.; 12,23), nell'avvento del
Publio in Act. 28,8 è descritta con altri regno escatologico di Dio. L'ulteriore ri-
mezzi: npòc; ovò Ilcx.u)..oc; dirtMwv xcx.t flessione su ciò che la guarigione signifi-
1tpocrw~aµEvoc;, Èmi>Etc; 'tàc; XEi:pw; cx.ù- ca per il risanato o per la totalità del co-
't@ iWrct'tO cx.Ù'tO'll, «Paolo, dopo essere smo demonizzato, cioè ad es. la libera-
entrato e aver pregato, pose le mani su zione dalle catene del peccato e la rico-
di lui e lo risanò». Il racconto è più so- stituzione dello stato in cui si trovavano
brio, ma il giudizio sulla febbre non è per effetto della creazione (-+ IV, col.
meno chiaro che nell'altro racconto: la 717; VI, coll. I428), potrebbe essere
febbre è vinta facendo appello al Padre suggerita da Mc. 1,31 par.: la suocera di
di Gesù Cristo o al Signore. Dunque Pietro guarita dalla febbre riprende su·
può anche aver avuto soltanto una cau- bito il suo normale lavoro. Nel resto pe-
sa soprannaturale, sia essa il Dio che rò i nostri testi non offrono alcun moti-
punisce o i demoni che nuocciono. Eli- vo per riflessioni del genere.
minare entrambe le cause è nel potere di K. Wmss

7tUpLvoc; ~ coll. 883 ss. 1tUpp6c; ~ coli. 885 ss.


1tup6w -+coli. 876 ss. 'ltUpW<TLc;-+ coli. 882 s.

2& Cfr. FENNl!R, op. cit. (~ n. 19) 21-26.


';JU) \ Yl1':J)';JJ ~-.._ ........, ... - ' - . -------,,

t 7tG'>À.oç

I. ò 7tWÀ.oc; (affine al tedesco Fohlen, una moneta corinzia si trova l'immagine


puledro) è il puledro, il cavallo o l'asino di Pegaso; perciò essa è detta senz'altro
giovane. È attestato già nelle tavole di 1tWÀoc; in Eur., Jr. 675 (T.G.F. 572 s.);
Cnosso, per indicare il puledro sia del Poli., onom. 9,75. tEpòc; ?tWÀoc; "Icnooç
cavallo sia dell'asino 1 • Detto di puledri è titolo di un sacerdote egiziano (Ditt.,
di cavalli o di cavalli giovani: Hom., Or. II 739,8 7 ; similmente anche IG 5,
Il. I I ,68I s.; Aristot., hist. nat. 6,18 (p. r, nr. 1444). Talvolta si trova IlwÀ.oc;
572 a 28); 6,23 (p. 577 a 9); 8,24 (p. come nome proprio maschile, ad es. in
605 a 37); part. an. 4,ro (p. 686 b 15); Plat., Gorg. 448s.; Xenoph., an. 7,2,5,
del puledro dell'asino in Aristot., mira· IIwÀ.ov 1tEOlov come nome geografico in
bilia ro (p. 831 a 23.25); geoponica 16, Paus. 8,J5,Io.
n,6 2; P.Lille I 8,9; P.Osl. Il 134,rr;
BGU II 373,7. Poi il vocabolo è stato 2. Nell'A.T. in un elenco di Gen. 32,
applicato anche a giovani di altri anima- r 6 troviamo 15vouc; Etxo<n xat ?twÀ.ouc;
li 3, ad es. l'elefante in Aristot., hist. an. OÉxa, «cento asine e dieci puledri», il
9,1 (p. 610 a 33); Ael., nat. an. 3,46; il che fa pensare, stando al contesto, che
cammello in Aristot., hist. an. 9'47 (p. si facesse distinzione tra asine e giumen-
630 b 34); BGU III 768,2; il manzo in ti ('ajir). L'elenco: bestiame minuto,
Phot., /ex., s.v. 7tWÀ.oc;; la gazzella in cammelli, buoi e asini ricorda lob l ,3 e
Ael., nat. an. 7,47; il cane in Anth. Gr. potrebbe provenire dallo stesso ambien-
12,238,2; il colombo in Alex. Trall. 5, te storico-culturale. !ud. IOA e l2,I4
6 4 ; la rondine in sebo/. ad Oppian. ha· presuppongono che nel periodo dei Giu·
lieutica 5 ,57a 5 e la cavalletta in schol. a dici si cavalcassero forti giumenti, ed ivi
Theocr. 5 ,34c 6 • Si sviluppa addirittura il narratore stabilisce un rapporto lin-
un uso linguistico che quasi equipara guistico molto stretto tra il nome Iair
7tWÀ.oc; (1twÀ.lov) e ~Tmoç, ad es. in ed il termine 'ajir (1twÀ.oç). 1twÀ.oc; è per
Pseud.-Callisth. 2,14,2; 2,15,9; 3,22,3. i LXX la traduzione in greco di 'ajir, e
Ma in senso traslato 7tWÀ.oc; può anche qui si pensa al puledro di asino, senza
essere riferito all'uomo, e in tal caso si· che si debba aggiungere il corrisponden-
gnifìca la fanciulla (Anacr. 88,r [Diehl' te genitivo. Nella profezia, più tardi in-
I 4,187 ]) e l'adolescente (Aesch., Coeph. terpretata in senso messianico, di Gen.
794; Eur., Phoen. 947; Rhes. 386). Su 49,1 r i termini 'aiir e ben 'àton sono si-
-r;wÀ.oc;
Cfr. PAssow, LmDBLL-ScoTT, MouLT.·MILL., [RJSCH) .
PREuscHEN·BAUER5, PREISIGKE, Wort.; LEVY, 2 Ed. H . BECKH (1895).
Chald. Wort. e M. JASTROW, A Dictionary o/ 3 Su quanto segue dr. BAUER, op. cit. (~ n.
the Targumim, the Talmud Babli and Y eru-
shalmi and the Midrashic Literature (1950) s.v.
1) 221 s.
4 Ed. TH. PuscHMANN n (1879) 215 .
Inoltre W . BAUER, The «Colf» o/ Palm Stm·
day (L'asino della domenica delle palme): JBL 5 Ed. U. C. BussEMAKER (1849) 363.
6 Ed. C. WENDEL (1914) 165.
72 (1953 ) 220-229; H. W. KuHN, Das Reittier
Jesu in der Einzugsgeschichte des Mk: ZNW 7 Cfr. anche TH. REINACH, Papyms grecs et dé-
50 (1959) 82-92. motiq11er (1905) pap. 10,5; B. P. GRENFELL-A.
I M. VENTRIS. ]. CHADWICK, Documents ili S. HUNT, New Classica[ Fragments and other
Myce11ea11 Greek (1956) nr. 52 (c. 895) Greek and Latin Papyri (r897) pap. 20,5.
r.wì-.oç, 2-4 (0. Michel)

nonimi ('n:wÀoc; e 7.:wÀoc; .,;ijç ovou a.ù- sajjap in B.B.b. 78b: puledro, giumento
'tov) 8 • La diversicà delle denominazioni d'asino, che etimologicamente viene col-
si deve al parallelismo poetico delle par- legato al sostantivo sz{ia, discorso, con-
ti della frase e non può quindi ingenera- siglio. Sulla base del greco ycx.voapov o
re equivoci. 1tWÀ.oc; ( = 'ajir) anche qui ya~MpLov si ha l'imprestito gajtdor qii-
dunque nell'uso linguistico orientale è !iin, l'asino piccolo, il puledro d'asino
senz'altro il puledro d'asino. Lo stesso (B.M .j. 6,3 [II a 24]) 13 • Indubbiamen-
vale per Zach. 9,9, un'eco di Gen. 49, te già nell'epoca veterotestamentaria è
r r: 1tpa.ùc; xa;l btL~E~TJxwc; È'ltl u'lto!'.;u- presente la trasposizione di 'ajir nell'ara-
yLov xcd 7tWÀ.ov vfov. Il vocabolo Òlto- maico 'Zlii' = 1tWÀ.oc;. Secondo un'antica
~uytov, propriamente animale da giogo, tmdizione rabbinica (c. 150 d.C.) toro
che in Thuc. 2,3,2 e Xenoph., oec. 18,4 è ed asino sono figure messianiche (Gen.
ancora esteso a bue ed asino, a partire I'. 75 [48c] a 32,6).
da Aristot., hist. an. 9,24 (p. 604 b 28)
e Theophr., char. I4>4 è limitato all'a-
sino 9 • Il testo greco è inequivocabile: 4. Mc. n,2+5 .7 sottolinea che Gesù
10 è entrato in Gerusalemme cavalcando un
«egli cavalca un asino e precisamente
un puledro che non era mai stato caval- puledro d'asino (1twÀoc; = aramaico
cato prima». Caratteristico è l'uso lin-
'llà'). Cosl Marco segue l'uso linguistico
guistico in Prov. 5,19, dove della moglie
è detto: €À.a;cpoc; cpLÀ.la.c; xc:d 'ltw),,oc; O'WV dei LXX, per i quali 1twÀ.oc; e 'ajir si e-
XfJ.PL'l:WV oµL),,EL'tW O'OL, «Cerva carissima quivalgono. 'ltw),,oc; OEOEµÉvoc; corrispon-
e puledra delle tue grazie t'accompa- de, conforme a Gen. 49,rr, al carattere
gni». Il paragone con l'uso linguistico
greco 1twÀoc;=fanciulla (~col. 905) in messianico del racconto. Le. 19,30.33.35
questo caso non gioverebbe molto. L'e- continua sulla linea di Marco, in quanto
braico ;a'alti, che qui è reso con 'l'tW- usa anch'egli "TtwÀoc;, pur impiegando al-
Àoc;, accenna però probabilmente all'im-
magine del camoscio 11 • trove anche ovoc; e xpi'j1:'oc;. Mt. 21,2.5.7
parla di un'asina e di un puledro d'asino
3. La tradizione rabbinica posteriore (utilizzando Zach. 9,9 LXX), e in questo
ha varie parole per indicare il puledro
d'asino. Dall'ebraico ' ul è derivato l'ara- caso l'evangelista evidentemente pensa
maico 'ila', piccolo (pullus) ( = 'ltW- ad un seggio regale di tipo orientale, pog-
À.oc;) 12 ; i Targumin usano sempre 'ila' giante su due animali. Anche Io. 12,15
per il veterotestamentario 'ajir, cfr. i
Targumin a lob 11,12; Iud. 12,14; cita Zach. 9,9 LXX secondo una tradizio-
Gen. 32,16. Nel tardo ebraico si trova ne indipendente tratta da un florilegio 14 •
8 Risale a Gen. 49,n il gioco tardivo di pa· azzardata dai LXX e che già allora il nome e-
role tra 'ajir e 'ir (=la città di Gerusalemme): braico dell'animale presentasse delle difficoltà.
Dio si lega a Israele ed a Gerusalemme (Gen. 12 LEVY, Chald. Wi:irt., s.v. presenta come do-
r. 98 [62a] a 49,n; cfr. STRACK-BILLERI!ECK 1 cumentazione Ge11. 32,16; Iud. 12,l4; I.r. 30,6
842). e lob n,12; Shabb. b. i55a: 'ili zwfri, piccoli
9 MAYSER Il I § 31,I. puledri.
JJ JASTROW, op. cit. (-'l> n. i) I 237; STRACK-
10 BL.-D EBR. § 442,9. B1LLERBECK I 8.12.
li BAUER, op. cii. (-'l> n. 1) 227 avanza l'ipate· 14 Cfr. C. K. BARRETT, The Gospel according
si che 7tWÀ.oç in Prov. 5,19 sia una traduzione to St. fohn (1956) 348 s.
m.7.>Àoc; 4 (0. Michel)

xu.i}1]µn1oç È1tt 1tWÀ.o\I ovou qui vuol linguistico neotestamentario di 1twÀ.o<;


dire essere assiso regalmente su un rientra perciò nell'ambito della traduzio·
puledro (-7 vm, coll. 801 ss.). Il climi· ne dei LXX e dell'evoluzione aramaica e
nutivo òvapiov in Io. 12,q corrisponde neoebraica.
quindi anche all'aramaico ''ìlii'. L'uso 0.MICHEL

nwp6w, 'ltwpwcnc; ~IX, coll. 1336 ss.


p

'Paa~ ~ rv, coli. 142 ss.

A. rabb'ì, rabbun2 NEL GIUDAISMO (Pes. 8,2), il maestro artigiano dai suoi
garzoni (A.Z.b. qb), il capo dei banditi
1. rab, grande, è chiamato colui che dai suoi complici (B.M.b. 84a). rabbt è
occupa una posizione elevata e stimata 1• attestato talvolta anche come allocutivo
Cosl ad esempio rab-{abbiif:i2m (2 Reg. del profeta Elia (Ber.b. 3a), del Messia 5
25,8; Ier. 39,13), il capo della guardia e di Dio 6 • Ma soprattutto era consuetu-
del corpo; rab-miig (Ier. 39,3.13), il ca- dine che il discepolo chiamasse rabbt il
po dei maghi; rab-beto (Esth. 1,8), il suo maestro 7 • L'elativo rabbiin, signore,
suo maggiordomo; rab-siir'im (2 Reg. 18, padrone, derivato da rab, veniva attri-
17; Ier. 39,3.13) o rab-siiristm (Dan. l, buito come titolo a scribi particolarmen-
3), il gran ciambellano. Con rabbt2 o te eminenti 8 • Inoltre, evidentemente
rabbenu, mio/nostro grande; mio/no- rahbiin è servito come «denominazione
stro signore, si rivolgono rispettosamen- veterogiudaica del capo dei Giudei rico-
te gli inferiori al loro superiore (~ n, nosciuto dall'autorità romana» 9 • Dato
col. n39 n. 36). Chi è chiamato rabbi che l'aramaico palestinese preferisce la
viene in tal modo «riconosciuto di rango terminazione nominale in -on a quella in
superiore a colui che parla 3: il principe -an 10, oltre a rabban veniva usata la for-
dal popolo 4, il padrone dallo schiavo ma rabbon, che più tardi in molti casi

pcx.~~l 3 ~ DALMAN 275.


ScHilRER II 365 s. (ibid. 376 n. 9 bibliografia 4 T. Sanh. 4A; cfr. ~ DALMAN 274.
meno recente); J. BRAYDÉ ed altri, art. 'Rabbi' s Sanh. b. 98a; cfr. 4- DALMAN 268.
in JewEnc x 294-297; DALMAN, Worte J. 272- 6 I Samaritani hanno detto rabbi a Dio; testi-
280; STRACK-BILLERllECK 1 916 s.; MooRE III monianze in 4- DALMAN 275. Nell'Islam tal-
l5-x7; A. J. FELDMANN, The Rabbi und volta viene usato rabbi come allocutivo di Dio.
bis early Ministry (1941); E. LoHsE, Die Or- Cfr. W. W. BAUDISSIN, Kyrios II (1929) 35-37;
dinatio11 im Spa1;ude11tum rmd im N.T. m 590.688. rb, rb', come pure il femminile
(1951) 52; M. KADUSHIN, The Rabbinic rbt, compaiono come epiteto di divinità siria-
Mind (1952); G. ScHRENK, Rabb. Charakter- che, arabe, fenicie, puniche, palmirene e na-
kiipfe im neutesta111entlichen Zeitalter, in Stu- batee. Cfr. BAUDISSIN, op. cii. m 60-65 [BER-
die11 z.u Paulus, AbhThANT 26 (1954) 9-45; TRAM].
PREUSCHEN-BAUERs, s.v. 7 Documentazione in nn. 16-30.
1 Cfr. LEvY, Wort. 1v 409. s LEVY, Wort. iv 416.
2 rabb1 più tardi fu pronunciato anche 'ribbi' 9 4-DALMAN 273; STRACK-BILLERBECK I 917;
o 'rebbi'. Cfr. le iscrizioni in Cl] 1 568.6II; II LEVY, Wort. 416. A questo titolo più tardi su-
893.951.1052. Vedi anche sotto 4- nn. 27.30. bentrò niifi'.
3r. IO 4- DALMr\N 275.
f#VVP'P'" .&.& .& - ,_. -- ~· --~

si mutò in ribbon 11 • Nei targumin rib- doveva essere verificata sulla torà 17 • Il
bon è usato come allocutivo di uomini 12, discepolo seguiva il maestro in spirito
ma altrove viene applicato quasi esclusi- d'obbedienza e di rispetto, che esprime-
vamente a Dio, soprattutto nell'espres- va con l'appellativo rabbl, che non signi-
sione Signore del mondo (ribbOno sel 'o- ficava soltanto mio signore, ma anche
lam oppure ribbOnéh d"' alma') 13 • Col mio maestro 18• Poiché il rapporto dello
suffisso della prima persona rabbuni 14 è scolaro verso il maestro è di timore re·
attestato nel Targum palestinese del verenziale, e questo, secondo le parole
Pentateuco 15 • di R. El'azar b. Shammua', dev'essere
grande quanto il timore reverenziale ver-
2. Nel significato di maestro, rab si so il cielo(= Dio) (Ab. 4,r2), il disce-
trova già nel detto tramandato da Jeho- polo restava legato al suo maestro per
shua b. Perahja (intorno al uo a.C.): tutta la vita 19 • Quando il discepolo nel-
«Procurati un maestro (rab) e procaccia- la pluriennale convivenza col maestro
ti un condiscepolo» 16 • Come dimostra aveva assimilato il deposito di tradizione
questo detto, lo scolaro doveva cercare comunicatogli oralmente, veniva nomi-
di essere accolto nella cerchia dei disce- nato talmld-bakam e acquisiva il diritto
poli di uno stimato studioso e procede- di insegnare indipendentemente e di
re in questa comunità nello studio della farsi chiamare rabbt (-): vr, coll. rr65
Scrittura e della tradizione. Se il mae- ss.) 20• Ma questo appellativo d'onore
stro accoglieva questa richiesta, il talmid non era attribuito allo scriba soltanto
poteva entrare nella scuola e, in comu- dai suoi discepoli; infatti i teologi go-
nione quotidiana col maestro, studiare, devano di tanta stima presso il popolo,
sulla base delle sue decisioni e del suo che da tutti si usava l'appellativo rabbt
insegnamento, la torà e la tradizione che nei loro confronti. Cosl nella tradizione

li DALMAN, Gr. § 35,2. 305-314; Io., Die Er/orschtmg der Mutterspra-


n Documentazione in STRACK-BILI.ERBECK u che Jestt: ThLZ 82 (1957) 661; P. KAHLE,
25. Zehn Jahre E11tdecktmgen ìn der Wiiste ]tt·
u Documentazione in STRACK-BILLERBECK Il da: ThLZ 82 (1957) 648; In., Das paliisti-
25 .176; III 67r S. nische Pen/ateuchtarg111n und das wr Zeit Jesu
14 Su rabblìni cf.r. E. KAUTSCH, Grammatìk gesprochene Aram.: ZNW 49 (1958) nx.115.
des Bibl. Aram. (1884) ro; ScHi.iRER II 377; 16 Ab. x,6. Cfr. STRACK-BILLERBECK 1 9r6. Cfr.
DALMAN 267.279; G. DALMAN, Jesus JeschÙa anche il detto cli R. Gamliel: «Prenditi un
(1922) r7; STRACK-BILLERBECK II 25; PREU- maestro (rab), cosl ti elevi al cli sopra del club·
SCHEN-BAUER', s.v. bio» (Ab. r,16).
15 Mentre questo allocutivo, che si trova in 17 Sull'istituto giudaico del talm1d esaurienti
Mc. 10,51 e Io. 20,16, non è attestato in nes· indicazioni si trovano nell'art. ~ µcdh}i:i}~, al
sun testo rabbinico aramaico, rabbfJ11I s'incon- quale rimandiamo (specialmente ~ vr, coll.
tra spesso nel Targum palestinese del Penta· n64 ss.). .
tcuco. Cosl nei frammenti, pubblicati da P. 18 rabbi come allocutivo del maestro nella
Kahle, del Targum palestinese a Gen. 32,19. Mishna; ad es. R.H. 2,9; Ned. 9,5; B.Q. 8,6 e
Cfr. P. KAHLE, Masoreten des Westens n passim; rabbé11i1 usato da vari discepoli per ri-
(1930) 10; In., The Cairo Geniza (r947) r29. volgersi al loro maestro (Ber. 2,5-7).
Dopo la scoperta a Roma di un nuovo mano- 19 Cosl ad es. R. El'azar b. 'Azaria si rivolge
scritto completo, il Targum palestinese del al suo maestro R. Johanan b . Zakkai (t c. Bo
Pentateuco acquista una notevole importanza d.C.) con rabb1, 'mio maestro', quando gli fa
per le ricerche sulla lingua parlata da Gesù. visita per fa morte di un figlio di Johanan. Ab.
Cfr. M. BLACK, The Recovery o/ the Language R. Nat. x4, dr. STRACK-BILLERBECK I 97r.
of Jesus: New Testament Studies 3 (1956-57) 20 ~ LoHSE 4r s.
pa~~l A 2 (E. Lohse)

talmudica è detto; «Quando il re Giosa- ed avevano ricevuto l'ordinazione a mae-


fat vedeva un talmtd-pakiim, si alzava stro della legge 24 • Alla metà del r sec.
dal trono, l'abbracciava e lo baciava c:- d.C. il suffisso perde sempre più il suo
lo chiamava 'padre mio, padre mio' significato pronominale 25 , per cui allora
('ab1, 'abt), 'maestro mio, maestro mio' cominciano le attestazioni dell'uso di
(rabbi, rabbt), 'mio signore, mio signore' rabbl come titolo 26 • Dalla fine del r sec.
(miirl, mari)» 21 • Dato che universalmen- d.C. il titolo di rabbt si trova in nume-
te si chiamavano rabb'ì gli scribi, ed an- rose iscrizioni giudaiche (soprattutto se-
che di fronte ad altri si parlava di un polcrali) in Palestina 27 , Siria 23, Cipro 29 ,
maestro come di un rabb1 22, questo ter- Italia 3(). Esse attestano, oltre l'uso gene-
mine 2l diventò a poco a poco la denomi- rale che la designazione di rabbi ha nella
nazione esclusiva di coloro i quali ave- letteratura rabbinica, 1a diffusione ed il
vano terminato regolarmente gli studi riconoscimento generale del titolo col
21 Makk. b. 24 a par. Ket. b. 103b; dr. STRACK- 11 CIJ II 892 Joppe: rbj; II 893 Joppe: b;r;b;
BILLERBECK I 919. =: contrazione da h;r r;h; (sic! cfr. n. 2) = fi-
:zi R. Johanan (c. 250 d.C.) diceva che Giezi glio del rabbi; II 900 Joppe: bilingue PAB/
era stato punito perché in presenza del re ave- rb; n 951 Joppe: f3TJpcf3i (cfr. a nr. 893); n
va chiamato il suo maestro Eliseo solo per no- 979 Er-Rama: rbj; li 989 Sefforis: rbf; u
me (2 Reg. 8,5) (Sa11h. b. 100 a, cfr. 4 DAL- 994 Bcth-Shearim: rbi; II 1042 Beth-Shearitn:
MAN 274 n. 1). Questo esempio dimostra che brrjbi; l i 1052 Bcth-Shearim: bilingue [brb ]j/
era uso comune che il discepolo davanti a ter- PIBBI; II 1055 Bcth-Shearim: rbi; II u65 sina-
zi parlasse del suo maestro come del rabbi. goga di Bcth-Alpha: rbi; per Gerusalemme clr.
23 In Palestina i dotti furono chiamati rabbl, -) n. 26 e II 1410: rbi; II 1414: 'Pa:f3fK Negli
mentre a Babilonia ci si rivolgeva a loro chia- scavi effettuati dal 1953 a Beth-Shearim, che ai
mandoli rab. Cfr. S TRACK-BILLERBECK I 917; tempi del patria.tea Jehuda I era sede del si-
documentazione in LEVY, Wort. IV 409. Tal- nedrio, sono state rinvenute altre tombe di
volta anche in Palestina è attest.ato rab. Cfr. le rabbini e iscrizioni sepolcrali (II-IV sec. d .C.),
iscrizioni a Joppe (CI] II 900) 4 n. 27; N . in cui si trova il titolo di rabbi. Cfr. le comu-
AvrGAD, Excavatiom at Beth She'arim I9JJ: nicazioni di N. AVIGAD, Excavations al Beth
I srael Exploration Journal 4 (1954) 104 s. She'arim I9JJ: Israel Exploration Journal 4
24 Con l'ordinazione veniva concesso il diritto (1954) 88-107; ID., Excavatiom at Beth She'a-
di farsi chiamare rabbt. Cfr. B.M.b. 85a; ]. ]E- rim I954= ibid. 5 (1955) 205-239; ID., Exca-
RI!MIAS, Jert1salem Ztlr Zeit Jes111 n B (1958) vations at Beth She'arim I9J5= ibid. 7 (1957)
104; J. BoNSJRVEN, Le Juda'isme Palestinien au 73-92; ID., Excavations al Beth She'arim I955
temps de ]ésus-Christ 1 (1954) 272-275; -) ll: ibid. 7 (1957) 239-255 ; ID., The Necropo-
LoHSE 52. lis of Beth She'arim: Archaeology 8 (1955)
i ; STRACK-BILLERJlECK I 916 s. 236-244.
26 La testimonianza più antica, databile con 28 CIJ 11 857: El-Hammch: rb.
2
sicurezza, si trova su un ossario a Gerusalem- ~ CIJ n 736 Lapethos/Cipro: una colonna
me, d'età anteriore al 70 d.C., che riporta il porta il nome di chi l'ha eretta: EÒXYJ pa~~(t)
titolo oto&.uxa:À.o<; ed il nome del morto. Cfr. 'A't'·mcou. Cfr. al riguardo TH. R.EINACH, Une
E. L. SUKENJK, Jìid. Graber ]erusalems 11m lnscription Juive de Chypre: RE] 48 (1904)
Christi Geburt (1931) 17 s .; K. H. RENGSTORF 191-196; S. KRA.uss, Synagogale A/.tertumer
~ 11, col. n35; 4 LoHsE 52; CIJ II 1266; (1922) 238 s.
W. F . A LBRIGHT, Recent Discoveries in Palesti- 31 CIJ 1 n 3 Roma: voµoµa:~ç ; I 193 Ro-

11e and the Gospel of St. John, in Tbe Back- ma: voµoµa~<;; I 201 Roma: \loµoo~oocuxix­
ground of the New Testament a11d its Escha· Ào<;; I 333 Roma: 8iliacrxaloc;; I 594 Venosa:
tology (Studies in Honour of C. H. Dodd lìiMo-xalo<;. Oltre a <rabbi' si trova scritto an-
[1956] 158). Cft. nnche CIJ l i 1218.1268 e che 'rebbi': I 568 Salerno: filia R ebbitis Abun-
1269, che riportano iscrizioni di ossari di Gc- danti(i) ; I 6n Venosa: duo rebbites. Cfr. -)
rnsalemme. n. 2 .
quale dappertutto nel giudaismo allo saluta col nome di pa.Bf3l nel momento
scriba era mosttata riverenza. del tradimento e della cattura (Mc. x4,
45) 34 • Quando gli evangelisti usano OL-
B. paf3f3l, po:.f3f3ouvl NEL N.T. 06.crxa),oç come allocutivo di Gesù, die-
r. Nel N.T. paf3(3l 31 si trova soltanto tro ad esso si deve sempre presupporre
nei vangeli. In Mt. 23,7, con richiamo un originario rabbt, ad es. in Mc. 4,38;
al fatto che agli scribi 32 ci si rivolge con 9,x7.38; ro,x7.20.35; 12,14.19. Seguen-
l'allocutivo rabbi, essi vengono biasima- do la tradizione palestinese, nel Vangelo
ti di voler essere riveriti e chiamati in di Giovanni l'allocutivo prx(3~l è usato
tal modo. Secondo lo. 3,26 i discepoli più frequentemente: in Io. l,38 Gesù è
di Giovanni il Battista lo chiamavano chiamato {.iaB(3l da due discepoli del
{m.f3~l, e cosl si dichiara che in quanto Battista, e l'evangelista ai suoi lettori
suoi scolari essi prestavano al maestro spiega esattamente il vocabolo ebraico
rispetto ed obbedienza. con OLO<Ì.uxrxÀ.oç. Così pure Gesù è sa-
lutato come pa(3(3l da Natanaele (Io. l,
In tutti gli altri passi dei vangeli in
2. 49) 35, ed è chiamato prxf3f3l da Nicode-
cui s'incontra il vocabolo pa.f3f3l, questo mo (Io. 3,2), dalla folla (lo. 6,25) e dai
allocutivo onorifico è riservato a Gesù 33 • discepoli (lo. 4,31; 9,2; 11,8). Due vol-
In Mc. 9,5 e II,21 è detto che Pietro te s'incontra anche l'allocutivo pa.(3(3ou-
chiama Gesù pa.f3f3l, ed anche Giuda lo vl 36, che non mostra un significato di-

31 Scritto anche pa.f3f3El, ma certamente sem- Apocr)•pha 11, KIT 81 (l929) ro; LoHMEYER,
pre pronunciato 'rabbi'. Nella scrittura si scam- Mk. a 15,7.
biano spesso L e EL, Cfr. BL.-DEBR. § 38 e E. 3-I La recensione Sì> raddoppia l'allocutivo, cfr.
NESTLE, Rabbi: ZN\V 7 (r906) 184. Se in i- (~col. 915) l'esempio di Makk. b. 24 a par.
scrizioni palestinesi si trova anche 'ribbi', ciò Ket. b. ro3 a (~ n. 21).
dipende dal fatto che il titolo in Palestina non JS A questo passo si riallaccia il frammento
è stato pronunciato in modo uniforme. Cfr. N. apocrifo del Papiro di Berlino n710, dove la
AvIGAD, Exc11vatio11s at Deth Shc'arim I9JJ:
testimonianza di Natanaele è mutata come se·
Israel Exploration Journal 4 (1954) 104 s.; B. gue: WµoÀ.)6y'I)UE\I xa.l EfoE. ~a.µ(3LOÙ XUpLE,
2
MAZAR, Beth She'arim 1 (1958) 136 [RENGS-
tJÙ El ò utòc; 'tOU itEOU. (à.m:xplihi a1hi!J) ò
·roRF].
pcxµplç xcxt E!1tE' Ncd}a\la.TJÀ., [a.]7topEuou È•J
32 II v. 7 vale solo per essi e non anche per i -t<!'i TiMcv. à.7tExpCih) a.ù-.<7> Na.itavaii>.. xa.t ei-
Farisei, nominati al v. 2. Cfr. }EREMIAS ~ TI, ?te.v· paµPLoÙ xvpLE, uù EL ò àµvbc; 'tOU i)eo\i,
coll. 602 s. ò at'pwv -tàc, aµ(a)p(-tl}a.(c;) -.ov x6uµou.
33 Il nome di Barabba in Mc. 15.7 pnr., che è &.rce.xpllhj «ò-ti!J ò ~aµptc; Mt Efoe.\I. La for-
una forma grecizzata di bar 'abbii', figlio del ma ò paµf3lc,, vocativo pa.µf3tov, sta per pa.PPl
padre, stando a Gerolamo (in Mt. 27,16), nel (µp per {3f3). Cfr. H. LIETZMANN, Notize11:
vangelo degli Ebrei era spiegnto come bar rab- ZNW 22 (1923) 153 s.
biin: Barrabas... in eva11gelio, quod scribitur 36 Cfr. ~ n. 14. Scritto anche pa.{3{3ouvEC, pa.f3·
iuxta Hebraeos, filit1s magistri eorum interpre- {3ovl, pa.(3(3ovd, ma certamente pronunciato
tatur, qui propter seditionem et bo111icidi11m sempre 'rabbuni' e~ n. 31). Cfr. KAUTZSCH,
fuerit condemnatus. Cfr. E. KLOsTERMANN, op. cii. (~ n. 14) IO e PREUSCHEN·BAUER5, S.V.
pczfj ~t B 2 (.C. Lohse)

verso da paf3j3l 37 : in Mc. 10,51 38 in boc- la folla perché Gesù non insegnava come
ca al cieco di Gerico e in Io. 20,16 rivol- i ypaµµa-rEi:c; bensl in t~oucrla (Mc. 1,
to da Maria al Risorto. 22par.; Mt. 7,29 e passim). Poiché Ge-
Poiché Gesù veniva chiamato paf3f3l sù predica con potestà profetica(~ 599
dai suoi discepoli e dagli estranei, risul- ss.), i suoi discepoli non seguono un cor-
ta chiaro che il suo comportamento cor- so cli studi, che a suo tempo li metta in
rispondeva a quello degli scribi giudei grado di concludere con successo il loro
(~II, coll. uo1 ss. u39 ss.) 39 . Nelle si- tirocinio e diventare paaf3l essi stessi
nagoghe egli presentava alla cerchia dei (~ v1, coli. 1194 ss.): i discepoli restano
suoi discepoli, e agli altri che lo ascolta- µr.dhrmi e Gesù rimane il loro otoauxa-
vano, la sua dottrina traendo lo spunto À.oc;. Anzi viene loro proibito di farsi
da passi della Scrittura. I suoi discepoli chiamate paj3j3(. dc; yap ÈCT'ttv uµwv
vedevano in lui il loro maestro e gli te- ò OLOCwXaÀ.oc;, 'lta\l'tE<; OÈ uµEi:<; <ioeÀ.cpol
stimoniavano il timore reverenziale a lui ÉCT'tE, «uno solo è il vostro maestro; tut-
dovuto chiamandolo paf3f3l. Cosi pure ti voi siete fratelli» (Mt. 23,8). Perciò
Gesù era considerato maestro dal popo- quando Gesù nei vangeli è chiamato OL-
lo, e perciò veniva salutato rispettosa- McrxaÀ.oc; e paaf3l, questo appellativo
mente e chiamato paf3!K D'altra parte definisce un rapporto tra lui e i discepo-
fìn da principio il rapporto tra Gesù e i li diverso da quello esistente tra il tal-
suoi discepoli si distinse da quello fra il mid giudeo e il suo maestro. Per questo
dotto ed i suoi alunni, perché non furo- motivo gli evangelisti non soltanto tra-
no i discepoli a chiedere di essere accol- ducono ·spesso paaac con otoewxa.À.oc;,
ti come tali, ma fu Gesù a chiamarli alla ma interpretano paaf3l con altri concet-
sua sequela, ponendosi cosl di fronte a ti che esprimono più chiaramente per la
loro come il signore. La sua dottrina non comunità cristiana la sovranità di Gesù:
consisteva nell'esposizione, spiegazione mentre il quarto evangelista non annul-
e trasmissione del deposito di tradizione la lo scandalo che il maestro e rabbi Ge-
ricevuto, da legittimare per mezzo del- sù di Nazareth sia il Figlio di Dio, in
l'esegesi scritturale; Gesù predicava in nessun luogo Luca accoglie il termine
t~ovO'la e contrapponeva alla legge e al- paaf3l, incomprensibile per i suoi lettori
la tradizione il suo sovrano tyw ot M- ellenistici, e in luogo di esso si serve del
yw vµi:v (Mt. 5,21-48 par.). Perciò i greco Èmcr-.<X.-t1}<;" (Mc. 9,5=Lc. 9,33) 40 •
vangeli rilevano più volte lo stupore del- Matteo ha mantenuto pa0al come allo-

37 ~ DALMAN 275.279. ThLZ 79 (x9,54) 325-342.


33 Il cod. D ha qui xupu: pct.~~l. Cfr. Mt. 20, 40 Cfr. inoltre Mc. 4,38 l>LMO'xtt'M = Le. 8,
33; Le. 18,,p: xup!.€. 24 lmcnc*.·m; e cosl Mc. 9,38=Lc. 949; inol-
39 Cfr. anche E. FASCllER, ]esus der Lehrer: tre Le. 5,5; 8A5i 17,13. Cfr. O . GLOMBITZA,
patJ8oc, A r 1 (C. Schneider)

cutivo di Gesù soltanto in bocca a Giu- sù non è un OLOO.crxa.À.oç nel senso giu-
da il traditore (Mt. 26,2549) 41 • Dai di- daico della parola, ma il signore dei
scepoli Gesù non è chiamato pa.f3f31 ma suoi. Nell'ambito della sequela di Gesù
xuptE (Mt. I7 ,4, in luogo del pa.f3~l di il titolo adeguato non è quello di mae-
Mc. 9,5) 42 • In Mt. 20,33 appare l'allocu- stro, bensì soltanto quello di xupLoç 46 ,
tivo xupt.E in luogo del pa.f3f301Nl di Mc.
3. Nel resto della letteratura proto-
10,51 43, e in Mt. 8,25 il Òtoaaxa.Àoc; di cristiana non s'incontra mai il termine
Mc. 4,38 è parimenti sostituito da xu- pa.PBl (segno del venir meno della tra-
pte 44 • Se Matteo evita di far usare ai di- dizione palestinese) e la designazione di
Gesù come maestro ha un ruolo minimo
scepoli pa.f3f3l e otòrurxa.À.oc; 45 e costan- accanto agli altri titoli cristologici (-:)o
temente li sostituisce con XVptE, eviden- u, coli. n49 s.).
temente vuol mettere in rilievo che Ge- E .LOHSE

t pcX.f3ooc; A. papòoç FUORI DEL N.T.

Significato fondamentale etimologico I. Il significato in greco


di Ti paf3Soc; è ramo flessibile, verga, bac-
chetta. Il vocabolo è afline a pci:µvoc;, al I. Bastone, bacchetta, verga. In ori-
lat. verbera (solo plurale), al lituano vir- gine soltanto il bastone flessibile in con-
bas, al lettone virbs. trapposizione a crxfj'lt't'pov, ma ben pre-

Die Tilel lìtMaxa).oc, und ~mcr-.chl')c, fiir Je- Enderwarttmg tmd Kirche im Mt, in The Back-
sus bei Lukas: ZNW 49 (1958) 275-278: «Ge- grotmd of the New Testame11t and its Escha-
sù Cristo soltanto agli occhi degli estranei e tology, in Honour of C. H. Dodd (1956) 250 s.
per gli estranei è maestro, rabbi, per i suoi 4/; Cfr. BORNKAMM, op. cit. e~ n . 45) 250 s.
non lo è» (276).
p!X~lìoc, xù.
41 Dunque qui Mt. rimane legato alla prece-
dente tradizione. Cfr. LoHMEYER, Mt., ad l. LIDDELL-SCOTT, s.v.; WAWE-PoK. I 275; PREI·
SIGKE, ìVorl. III 153; MAYSER I 3 p. 167,34 S.j
42 Mt. 21,2o===Mc. u,21 (paB!Jl): l'allocutivo
\VILKE-GR.I MM, s.v.; PREUSCHEN-BAUER5, s .v.;
è stato completamente omesso da Mt.
F. DE WAELE, art. 'Stab', in PAULY-W. 3a
43 Cfr. Le. 1841: xuptE. (1929) 1894-1923; E. THALHEIM, art. pa.~8ocp6-
44 Mentre Giuda secondo Mt. 26,25 si rivolge
poL, in PAULY-W. ra ( 1920) 18 s.; E. KALT, art.
a Gesù con pa~!Jl, gli altri discepoli dicono 'Stab', in Bibl. Reallexiko11 n (1937-39) 745 s.;
xupLE (Aft. 26,22). F. J. DoEIXiER, Dìe Auspeitschtmg einer Frau
41 Invece gli estranei dicono ai discepoli ~ 6L- citi/ einer Relie/platte der Priitextal-Katakombe
Maxa).oc, ùµWv (Ml. 9,u; 17,24), ed anche i in Rom: Ant. Christ. III (1932) 214 s.; S.
discepoli presentano Gesù agli altri come l'ìt- KRAuss, Talmudische Archaeologie Iì (1911)
M.axa.).oç (Mt. 26,18). Cfr. G. BoRNKAMM, 312-314; Io., Die Imtmktio11 Jem a11 die A-
pa~lìoç A 1 1-15 (C. Schneider)

sto i due vocaboli si confondono (Pind., 13 ss.]). 7. Bastoni come attributi di


Olymp. 9,33; P. Tebt. r 44,20 ecc.). Al dèi, come le pci~ooL di Asclepio di Coo,
contrario di ~CT-X't"JJpla, che non appare la cui &.vaÀ.1JIJiLç veniva celebrata ogni
nel N.T., pa~ooc; è un bastone più leg- anno a Coo con una festa ed una pro-
gero e flessibile (Xenoph., eq. II,4). 2. cessione4 (Pseud.-Hippocr., epist. ad Ab-
Bastone, verga per percuotere, al plura- deritas [Kuhn III 778] ), il bastone della
le battiture, vergate, in particolare per Dike sull'arca di Kypselos 5 , in origine
gli schiavi e gli scolari (Plat., leg. 3, il bastone del giudice per punire (Paus.
7ooc; Xenoph., eq. 8,4 [insieme con 5,18,2), il Kerykeion di Ermes (Horn.,
µa<r-n;J; II,4; Plut., Alex. 51,2 [r 694 Il. 24,343 ecc.). 8. Scettro (Horn., Od.
a]; Herodian., hist. 7,9,6). Come verga 16,172; Plut., Olymp. 9,33; Pseud.-
usata per punire vestali di mancanze Plat., Ax. 367a). 9. Bastone del giudi-
lievi 1 (Dion. Hai., ant. Rom. 2,67,3; ce, dell'arbitro, del poliziotto; in par-
Plut., Numa 10,7 .8 [1 67a] ). 3. Bastone ticolare ci.i pcX.~ooL serve a tradurre i
del pastore per pungolare i buoi o tener fasces romani (Polyb. II,29,6; Dion.
lontani i cani (Anth. Gr. n,153; Antho- Hai., ant. Rom. 4,u,6; 5,2,1; Strabo,
logia Planudea 4,200) 2 • 4. Frustino (Xe- 5,2,2; Epict., diss. 4,1,57; 10,21; Plut.,
noph., eq. 8,4). 5. Bacchetta magica, ad quaest. Rom. 82 [II 283e]; Herodian.
es. di Circe, di Ermes o di Atena (Horn., 7,6,2). 10. Bastone del rapsodo (Callim.,
Il. 24,343; Horn., Od. rn,238.293.319. fr. 138; Paus. 9,30,3). II . Canna da pe-
389; 13,429; 16,172456; Horn., hymn. sca (Horn., Od. 12,251); pania, fraschet-
Mere. 529; Pseud.-Plut.,de nobilitate 17 ta, per la cattura degli uccelli (Aristoph.,
[n 967a]: ~Ei:a. pa~ooc;). La verga ma- av. 527) . In latino l'espressione corri-
gica può essere d'oro; con essa il dio spondente è viscata virga (Ovid., meta-
può trasformare, accecare, proteggere da morph. 15,474). 12. Filone, vena di mi-
infelicità cli ogni genere, ridonare la gio- nerale (Diod. S. 5,37; Theophr., de cau-
ventù perduta. Anche verga di rabdo- sis plantarum 4,12,7). 13. Borchia, fa-
mante presso gli Sciti (Hdt. 4,67). 6. scetta metallica, forse scambiato per pet.-
Bastone per oracoli. La forma più sem- <p1} (Horn ., Il. 12,297). 14. Orlo di abi-
plice di pci.~ooµa.\l<tEla. o del par3ooic; to (Poli., onom. 7,53); di pelli di ani-
µet.\l't'EUECTlJaiconsisteva nello scrivere'sl' mali (Aristot., hist. an. 4,1 [p. 525 a
e 'no' su due bastoncini, che poi veniva- 12]; Clearchus, fr. 73 [F.H.G. II325]);
no estratti. Ma esistono anche forme più di cielo (Pseud.-Aristot., mund. 4 [p.
complicate 3 (Iambl., myst. 3,17 [p. 241, 395 a 31 ]). 15. Asta della lancia (Pseud.-

posteln: Angelos 1 (19:z5) 96-rn:z; T. W. MAN- senschaft i i (r908) r40 s.


SON, The Sayings of Jesus (1949) 181-r83; TH. Ed. F. DiIBNER, Anthologia Palatina n (r887)
2
MoMMSEN, Die Rechtsverhiiltflisse des Ap. 568.
Pa11lus: ZNW i (1901) 81-96; NILSSoN 12 509 3 M . GUNDEL, art. pet~lìoµcxvnla, in PAULY-
s.; P. SAINTYVES, Essai de folklore bibliqt11i \Y/. 1a (19w) 13-18; N1LSSON 12 167-171.
(1923) 59-137; F. SCHULTHESS, Zur Sprache
der Evangelien: ZNW 2r (1922) 234; P. STnN- 4 M. GUNDEL, art. p6;~8ov 6.vaÀ.T]lj/tç, in PAU-
GEJ. , Die griech. Kulwsallertiimer (19:zo) 194; LY-W. ia (19w) 18; nel calendario delle fe-
F. DE WAELE, The Magie Staff or Rad in Grae- ste edito da R. HERZOG (DITT., Syfl.l Ili 1025-
co-Italian Antiquity (r9i7); inoltre i commen- 1027) però In festa non è compresa.
tari ai passi citati. s R. H1RZF.L, Themis, Dike und Verwandtes
1 TH. MoMMSilN, Rom. Stra/rechi (1899) 928; (r907) ioo-102. Però nei reperti archeologici
E. BRASSTOFF, Die Rechtsstellung der Vesta- Dike di solito porta la spada e più raramente
/in: Zeitschrift fur vergleìchcnde Rechtswis· la bilancia.
pc1.~8oc; A I 15 · B I (C. Schneider)

Xenoph., cyn. 10,3.I6). 16. Germoglio x7,5.9; Num. 20,8 s.); di Balaam, per
di un albero (Ion, fr. 40 [T.G.F. 740]; maqqet (Num. 22,27).
Theophr., hist. plant. 2,1,2). 17- Raggio
Senza differenza di significato i LXX
di luce {Aristot., meteor. 3,6 [p. 377 A
30]). 18. Riga, verso (schol. a Pind.,
usano, oltre a pocf3ooc;, anche (più di ra-
do) f3ax-.11pla. Fa caso a sé soltanto 2
Isthm. 4,63a) 0 •
Reg. 4,29 ss., dove !3aX'tTJpla è usato co-
me attributo del profeta 1•
IL Il vocabolo nei LXX
l . Bastone, bacchetta in generale, per B. pocf3ooc; NEL N.T.
maqqel (Gen. 30,37 ss.; Ier. 48,17); per x. Bastone come strumento di misura
poter (Is. u,1); per 'e! (Ez. 37 116 s.);
per mis'enet, specialmente come canna di una lunghezza determinata ma non
(2 Reg. 18,21; Is. 36,6; Ez. 29,6); per definita con maggiore precisione, di can-
maffeh (Ez. 7,10; I9,II ss.). 2. Bastone na o di legno (Apoc. n,x). Collegando-
per percuotere, per sebep (Ex. 21 1 20; 2
si a Ez. 40,3 ss. e forse anche a 2 Sam. 8,
Sam. 7,14; I Chron. n,23; 4' 88,33;
Prov. 10,13; 22,15; 23,13 s.; 26,3; lob 2, il Veggente apprende che gli verrà
9,34; Is. 10,5 [figuratamente -tov i}u- dato un tale bastone, col quale dovrà
µou]; Is. 10,15.24; Lam. 3,r; Ez. 20, misurate una parte dell'area del tem-
37; Mich. 4,14); per mayeh (Is. 93;
28 127). 3. Bastone del pastore, per sébef pio (-7 VII, coll. I89 s.), nella quale non
(Lev. 27,32; Ps. 2,9; 4' 22,4; Mich. 7, entreranno i nemici di Dio 8 •
14); per maqqel (rSam . l7>43i Zach.
II,7 ss.). 4. Bastone come appoggio, so- Analoghe sono le frequenti descrizio-
prattutto di viandanti, vecchi e infermi, ni di misurazione di superfici nella fon-
per maqqél (Gen. 32,II); per 1nat1eh dazione di colonie o delimitazioni di
(Gen. 38,18.25); per mis'enet (Ex. 21, spazi di asilo dentro il recinto di tem-
l9i Zach. 8,4). 5. Bacchetta magica, per pli. Bastoni come strumenti di misura
matfeh (Ex. 7,9-12). 6. Bastoncini per compaiono spesso in tutta l'antichità ac-
oracoli, per maf!eh (Num. 17,17); per canto a cordicelle e strisce di pelle di
maqqel (Os. 4,I2). 7. Bastoni come at- animali 9 •
tributi degli angeli, per mis'enet (Iud. 6,
Se si considera, con buoni motivi, il
21). 8. Scettro, anche figuratamente in
luogo di dominio, per maf!eh (o/ I09 1 passo come originario, allora esso signi-
2); per sebet (lj.i 44,7; o/ 124,Ji fod. 5, fica la promessa ricorrente in forma ste-
14 cod. B); per maqqel (Ez. 39,9); per reotipa nell'Apocalisse, che la comunità
sarblf (Esth. 4,n; 5,2; 8,4). 9. Bastoni
di Mosè ed Aronne, per ma!feh (Ex. 4,2. .autentica di Dio supererà senza pericolo
4.17.20; 7,9 ss.; 8,13; 10,13; 14,16; tutti gli orrori del tempo finale. Se lo si

6 Ed. A. B. DRACHMANN III (1927) 232. prattutto Vitruvius, de architectura (ed. F.


1 L . KoHLER, Kleinc Lichter (1945) 25-27. KROHN [r9r2]); F. HuLTSCH, Metrologici
8 L'unità di misura in Ez. 40,5; 43,13 è il (1864); H. NISSEN, Griech. tmd rom. Metrolo-
braccio reale di cm. 52s; dunque questa è pro- gù? (1892); In., Das Templum (1869) 22-53
babilmente anche la lunghezza dello strumento (sulla misurazione di aree di templi). Per la
di misura. situazione in Palestina J. BENZ!NGER, Hcbriìi-
9 Sul modo di misurare nell'antichità dr. so- sche Archacologic' (1927) x90-204.
p&.~ooç B l-3 (C. Schneider)

considera come un'aggiunta da una fon- le percosse, ha un grande ruolo nella let-
te estranea, allora l'ipotesi più ovvia è teratura pedagogica ellenistica e tardo-
antica 14•
che si tratti di un volantino zelota del
tempo in cui le truppe romane erano già 3. Bastone da pastore. Il passo di Ps.
a Gerusalemme, ma restava ancora la 2,9, inteso messianicamente, in Apoc. 2,
speranza che la parte interna del tempio 27; 12,5; 19,15 è riferito a Cristo che
sarebbe stata salvata 10 • con una verga di ferro pascerà le genti 15•

2. Bastone per percuotere. In r Cor. In sé l'immagine non contiene nulla


4,21 Paolo, traendo occasione dal v. 15, di inverosimile. Sono frequenti bastoni
da pastore con la punta di ferro, con cui
si presenta come un maestro o pedago- si tengono riunite le pecore e che pos-
go greco che può venire o Év &:ycbtn o sono anche far male agli animali (xÉv-
col bastone 11 • >tpov-4 v, coll. 333 ss.); un tono di mi-
naccia che echeggia nel bastone da pa-
Poiché il maestro di scuola giudeo store già in Horn., Il. 23,845ss. La lette-
(swfr) non castiga col bastone ma con tura rabbinica conosce bastoni che sono
la cinghia (r!w'h) 12, Paolo pensa chiara- interamente di ferro o hanno una guar-
mente alla scuola ellenistica, nella quale nizione di ferro 16 • Ma resta possibile
si usavano spesso punizioni corporali, anche la vecchia ipotesi che i LXX ab-
secondo il principio ò µiJ oa.pdc; &vil'pw- biano scambiato tir'èm, 'pascerai', con
1tOt; où 1tlX.~OEVE't<U, «senza percosse non t"ro'èm, 'fracasserai', poi ripreso dall'A-
è possibile educare un uomo» (Menand., pocalisse. Ma contro questa ipotesi so-
mon. 422 13): la bacchetta del pedagogo no state avanzate serie obiezioni: r" è
ha un grande ruolo tanto nella letteratu- un aramaismo e la consegna di sudditi
ra guanto nelle arti figurative . Anche il solo perché siano distrutti non ha senso.
problema, implicito nel passo in esame, 'Pascere' andrebbe inteso nel senso fre-
se sia meglio educare con la bontà o con quente di 'governare' (la Vulgata tradu-

IO Per l'autenticità recentemente LoHMEYER, Akademie, philophisch-historische Klasse 88


Apok., ad l.; ]. BEHM, Die Offenbamng des (1952); H. I . MARI!OU, Geschichte der Erzie-
Johannes, N.T. Deutsch n 1 (1956) ad l.; HA- h1111g im klassischen Altertt1111 (1957).
DORN, Apk., ad l.; contro invece R. H. CHAR- 14La più ampia trattazione in Plut., lib. educ.
LES, The Revelation of St. John, ICC (1950) (u l ss.). Nell'A.T.: Prov. 13,24; 23,14; 29,17;
ad l.; BoussET, Apok., ad I. Ecc/tls 30,12.
11 Sull'tv strumentale, indotto dal v. 15, cfr. 1s Su Ps. 2,9 R. KI'l'TEL, Die Psalmen, Komm.
SCHWYZER lI 435; BL.-DEBR. § 219. z. A.T. 13 ' ·' (1929); H. GuNKEL, Psalmen,
12 A. KLOSTERMANN, Das Sch11lwesen im alte11 Handkommentar A.T. 144 (1926); W. E. Bn-
Israel, in Theologische St11dien. Zahn-Fest- NES, The Psalms (1931); W. O.E. 0ESTERLY,
schrift (1908) 193-232. The Psalms (1939) ad l.; sull'influenza della
Il Ed. A. MEINECKB, Fragmenta Comicorum figura messianica fin nella chiesa antica M.
Graecorum IV (1841) 3.P· Sul pedagogo dr. A. VEYRll!S, Les fig11res chriophores, Bihlic:r
inoltre Herond., mim. 3; Mart. 10,62; 14,80; thèque des écoles françaises d'Athènes et de
W. HELBIG, 'Vandgemiilde der vom Ve.ruv ver- Rome 39 (1884); L. CLAUSNITZER, Die Hirten-
,chUtteten Stiidte Campaniens (1868) nr. 1492; bilder in der altchristliche11 Kunst, Diss. Halle
M. P. N1LSSON, Die hellenistische Schule (r904).
(19.u ); J. KEIL, Das Unterrichtswese11 im an- 16 Num. r. 12,3; Lom. r. 1,3; Kelim u,6; Sanh.
tiken Ephesos: Anzciger der i:isterrcichischen b. ro2a.
pa~Soc; B 3-.5 (C. Schneider)

ce con regere) 17 • Una difficoltà partico- rano possibili lunghi viaggi senza basto-
lare di Apoc. 2,27 è che solo in questo ne. Il rigorismo giudeo-cristiano ha poi
passo viene aggiunto il secondo emisti-
chio di Ps. 2,9, ma in una forma che si adeguato la frase alla proibizione di sa-
discosta stranamente dai LXX 18, e che lire al monte del tempio con bastone,
solo qui il vocabolo non è usato in sen- sandali e cintura 20•
so strettamente messianico, ma è appli-
cato al seguace di Cristo ~fino alla fine». Generalmente il bastone fa parte del-
Egli riceve gli stessi poteri di Cristo. In l'attrezzatura dei viaggiatori greci e giu-
Apoc. 19,15 fin da Ugo Grozio pa~ooc; dei. Per i missionari itineranti cinici ba-
è inteso talvolta come 'spada', in confor- stone, sacca ed il pratico mantello cini-
mità all'uso giudaico del vocabolo del co sono addirittura caratteristici del lo-
salmo. Ma qui ciò è escluso, poiché ro stato : per il bastone di Peregrino
l'Apocalisse chiaramente e volutamente Proteo un amatore giunse a pagare do-
coilega due immagini agricole, quella del po la sua morte un talento 21 • Per indi-
pastore e quella del pigiatore dell'uva. care la sequela di Eracle spesso questi
bastoni avevano forma di dava ((jXU'tci-
Nei Padri apostolici pcl.Booç si trova À.t)). Anche tra i rabbini itineranti sono
come bastone del pastore in Herm., vis. attestati bastoni da viaggio: il rabbino
5,1 ; sim. 6,2,5. itinerante Jeremia dispone che alla sua
morte gli sia messo in mano il suo ba-
4. Bastone del viandante. In Mc. 6,8 stone e gli siano calzati i suoi sandali 22 •
È usanza egiziana dare al morto un ba-
Gesù consente ai suoi discepoli di porta- stone per il viaggio 23 •
re con sé in viaggio una pa~ooc;, in Mt.
10,10 e Le. 9,3 glielo proibisce. Le. 22, 5. Bastone per il sostegno dei vecchi.
35 non parla di bastone(~ x, 181ss.) 19• Hebr. II,21 riprende lo scambio avve-
Verosimilmente Marco, appoggiato da nuto in Gen. 47,31 (LXX) tra mifJàh,
Le. 22,35, presenta il testo originario . 'letto', e mafteh, 'bastone'. Nel fatto che
Sulle antiche strade dell'Oriente non e- Giacobbe dopo la sua ultima preghiera

17 Cfr. H. ScHMmT, Die Psalmen, Handbuch Évangile selon Saint Mare' (1929) .IJI e LOH·
A.T. (r934) ad l. Mk. a 6,8.
MEYRR,
lB Le esegesi delle Catene considerano wc; u-
20 Ber. 9,5, dr. ~ MANSON I81-183.
guale a ~'llt.t [BERTRAM]. Tuttavia l'equivalenza
21 Luc., indoct. I4; Epict., diss. 3,22,50; Dio
è esclusa dal parallelismo ed è troppo eviden-
Chrys., or. 34,2. ·
te che si tratta di un ripiego dettato dalla ne- .
22 Gen. r. xoo,2 a 49,33; ScHLATTBR, Komm.
cessità. Ma neppure per la via traversa del 'reg-
gere' si possono far concordare il 'pascere' e il Mt. a xo,rn. Cfr. B.B.b. r33b; Jeb. 16,7; Kelim
'fracassare'. r7,16; Th. 8,9; T . Meg. 4,30; Lev. r. 25,1 a 19,
19 W E LLHAUSEN, Mc. a 6,8 cerca di far con- 25. Al contrario il bastone non necessaria-
cordare i due testi supponendo che in Mc. 6,8 mente è attributo del profeta (Zach. 13,4; 2
il semplice l' sia stato letto erroneamente '/'. Reg. 1,8).
Ma ciò è inverosimile. L'ipotesi che nel testo 21 R. R.ErTZENSTEIN, Hell. Wunderen:iihlungen
si sia avuta una mutazione dell'espressione (r906) n2; viceversa i soliti lunghi bastoni
molto forte in greco El µ,; ... µ6'110'11 non serve nelle figurazioni sepolcrali cli dignitari egiziani
a nulla. Cfr. ancora al riguardo J. LAGRAN'GE, sono soltanto distintivi del foro rango.
93I (VI,970) ~6.~6oç B 5-7 (C. Schneider)

si è chinato sul suo bastone l'autore vigilia del primo sabato, serviva da scet-
della Lettera agli Ebrei ha visto un se- tro ai re, ritornel'à nel regno messiani-
co 27 • Il motivo del bastone che germo-
gno di particolare umiltà davanti a glia è molto diffuso 28 • Viene usato in
Dio 24 • senso religioso a proposito di Dioniso:
l'albero germogliante di cui si parla nel-
Il bastone è attributo immancabile l'inno omerico a Dioniso, raffigurato nel-
del vecchio in tutte le immagini greche la coppa di Exekias a Monaco 29 ; analo-
che raffigurano persone anziane, inoltre gamente a proposito di Attis: il pino
nell'enigma della sfinge ecc. 25 • Anche la che germoglia come simbolo della risur-
letteratura rabbinica (Shabb. b. 66a bar.) rezione 30.
parla di maqqél sel rqéntm.
Nella letteratura cristiana post-neote-
6. Il baJtone di Aronne che germoglia stamentaria I Clem. 43,2-5 utilizza u-
na ulteriore rielaborazione haggadica.
(Num. 17,16-26) secondo Hebr. 9,4 è ri-
Herm., sim. 8 fonde una serie di moti-
posto nell'arca. Ma l'autore non si chie- vi 31 • Il bastone diventa il legno verdeg-
de quale funzione abbia l'immagine tipi- giante della croce (l;,uÀ.ov) in Ign., Tr.
ca del bastone nel tempio celeste, per n,2; Sib. 5,257. A continuazione di ac-
ta Pilati 19 1 nel Medioevo vengono iden-
cui alla successiva speculazione cristiana tificati allegoricamente l'albero del para-
restano aperte tutte le possibilità. diso, il bastone verdeggiante di Aronne
e la croce 32• Infine, nella saga di Tann-
Anche Philo, vit. Mos. 2,178-180; hauser, in connessione con queste tarde
Flav. los., ant. 4,63-66 parlano del ba- raffigurazioni cristiane, il bastone ver-
stone verdeggiante di Aronne. Per quan- deggiante diventa segno della grazia di-
to ne sappiamo, in nessun altro testo è vina che estingue i peccati, il bastone
tramandato che esso sia riposto nell'ar- fiorito l'attributo di Giuseppe, quello
ca; secondo midrashim giudaici, che si verde l'attributo di Cristoforo 33 •
riallacciano a Num. q,25 ed Ex. 16,33,
esso si trova nel santo dei santi (]oma 7. Scettro. Secondo Hebr. 1,8 (che u-
3,7), davanti all'arca (Tg. O. Num. 17,
25), oppure viene soltanto nominato in- tilizza ~ 44,7) Cristo come Signore del
sieme con l'arca 26• È stato formato alla mondo impugna lo scettro di Dio quale

2.1Sul gesto F. HEILER, Die I(orperhaltrmg lostr., imagines x, 19,3 (ed. O. BENNDORF e C.
beim Gebet: Orientalische Studien n (I918) SCHl!NKL [ 1893] .39).
168. 30 H. HEPDING, Attis (1903) 149-151; F. Cu-
25 Esempi in E. BuscHoR, Griech. Vasen MONT, Die orie11t11lischen Religionen im romi-
(1940) figg. 179 (Duris). 180 (Brygos). 187 schen Heidentum1 (I931) 44.52 s.; In., L11x
(Kleophrades pittore). 228 (Kleophon pittore). perpetua (I949) 261.
26 Sota ;. 8,3 (22 e 7 ss.); Ab.R.Nat. 41. Man-
31 Erma ha una grande simpatia per bastoni
ca però in B.B.b. 14 a b.
di ogni genere: vis. 3,2,4; 5,1; sim. 6,2,5; 9,
21 M. Ex. I6,32 s. (59b); STRACK-BILLERDECK
6,3.
!II 739 s.
28 A. }EREMIAS, Das A.T. im Lichte des alten 32 F. KAMPERS, Mittelalterliche Sagen von
Orients (1930) 444; W. HENRY, nrt. 'Baton', in dem Paradiesbaum u11d dem Holz deJ Kreuzes
DAC 2,1 (1925) 62i. Christi (1897).
2~ J. LEIPOLDT, Dionysos, Angelos-Beiheft III 33 J, BRAUN, Tracht tmd Attribttte der Heili·
(1937) 7; cfr. Horn., hymn. Baccb. 38·40; Phi· gen (1943) 171 s. 185 s.
933 (v1,970) pa~lìoc; B7- pa~~m;w 3 (C. Schncider) (vi,97r) 934

espressione del suo legittimo dominio nale in Is. 27,12 (dr. anche 28,27); i
divino 31• LXX hanno mutato l'idea per influsso
del secondo emistichio.
Lo scettro come espressione di una
legittima sovranità da venerare è comu- 3. Nel N.T. il verbo viene usato sol-
ne in tutta l'antichità (cfr. Paus. 2,8,7; tanto per parlare della pena romana del-
9,40,II s.). la flagellazione. Paolo racconta in 2 Cor.
8. Bacchette magiche e bastoncini per II,25 di averla subita tre volte quale a-
oracoli non compaiono nel N.T., ma già postolo. Act. 6,22 descrive solo uno di
si trovano in Herm., vis. 3,2,4; sim. 9, questi casi. A Filippi, dietro denuncia
6,3 e nell'arte catacombale che raffigura
dei Giudei, gli uomini della polizia loca-
Gesù con la bacchetta magica nella mol-
tiplicazione dei pani e nella risurrezione le strappano le vesti a Paolo e lo sotto-
dei morti, come pure Mosè che fa sgor- pongono alla flagellazione. Questa va in-
gare acgua dalla roccia 35 • tesa non come tortura ma come mezzo
poliziesco di coercizione (~ VI, colL
1399 ss.) . In una colonia militare la
l. In greco il verbo s'incontra con i polizia locale (v"t'pa.•'l'JYOl) aveva ampi
seguenti significati: a) colpire con tm poteri. Secondo la lex Porcia de tergo
bastone (Aristoph., Lys. 587; Pherekra-
civium Paolo, in quanto cittadino roma-
tes, fr. 50 [C.A.F. r 159]). b) fiagellare,
come traduzione di virgis caedere per In no, non poteva essere flagellato; ma egli
flagellazione secondo il diritto penale ro- vantò questo privilegio solo dopò che la
mano (verberatio e fustuarium) (Diod. flagellazione aveva avuto luogo, per non
S. 19,101) 1• c) battere, trebbiare (P.
Ryl. II 148,20). Di qui derivano i so- dare l'impressione di volersi sottrarre
stantivi paf3oLcrµ6ç (P. Tebt. r II9,46) e per un privilegio alle sofferenze di Cri-
paf3oLO'"t'TJç (BGU I II5,r,15). d) far ca- sto. Naturalmente allora si deve suppor-
dere dagli alberi con lunghe pertiche o-
re che la flagellazione avvenisse in pub-
live o frutta (Theophr., de causis plan-
tarum l,r9,4; 5,4,2). blico, probabilmente sulla piazza princi-
pale davanti al tribunale 2 •
2. Nei LX,""{ soltanto per pabaf, batte-
re, trebbiare (Iud. 6,II; Rutb 2,17; in t i)a.Poouxoc;
Aquila, Simmaco, Teodozione anche nel-
l'immagine del raccolto nel giudizio fi- (la.Soovxoc;, da pa{3ooc; e EXW, in gre-

34 Sull'applicazione messianica del salmo vedi prc usato per indicare In flagellazione roma-
STRACK-BILLERBl!CK lii 679 S. na, mentte per la punizione sinagogale ricorro-
35 J.
WILPERT, Die Malcreic11 der Katakomben no soltanto µCX<T't(l;w, µacr'tLy6w (..__,. vr, coli.
Roms (1903) 292-314; O. WuLFF, Die alt- 1396 ss.).
chrislliche Krmst vo11 ihre11 An/ii11ge11 bis zur
Mitte des ers/e11 Jahrtausends (1914) 75-n9 2 Singolare ma improbabile per la sua insuffi-
(plastico) 123 s. 185 (avorio). ciente documentazione è l'ipotesi di JACKSDN-
{>a(il>lt;w LAKE I 5,272 s. che gli strateghi si siRno strap-
t ..__,. DtiLGER 214 s.; nel N.T. />a~W;w è scm- pate le vesti in segno cli condanna.
pq:oLouprnµa (0. Baucrnfeind)

co viene usato nel modo seguente: a 7,8,10; Plut., quaest. Rom. 67 [n


proposito di poliziotti muniti di basto· 28oa]).
ne, che avevano il diritto o il compito Il relativo verbo poc~SouxÉw, il so-
di infliggere, in caso di necessità, puni· stantivo poc~oouxloc e il sinonimo pa.~oo­
zioni corporali (Aristoph., pax. 734 ; cp6poç non compaiono nel N.T. Tutti
Thuc. 5,50,3I; P . Oxy. XIV I626,9. questi vocaboli non ricorrono nei LXX.
21; 1750,12); di giudici (Plat., Prot.
338a); di agenti di custodia in templi e In Act. 16,35.38 Paolo viene accom-
durante celebrazioni religiose (Ditt., pagnato dalla polizia amministrativa fino
Syll.' n 736,147 ss.): in Andania fra
gli tEpol vengono destinati a tale ufficio al confine della città, dopo che davanti
20 poc~oocp6po~; IG rx 2 nr. 1109,23 s.: agli cr-rpct:tl)yol si era dichiarato cittadi-
a Magnesia essi non devono avere un'età no romano. Di regola agli 1npoc•t"l')yol
inferiore ai 30 anni, cfr. CIG n 3599);
di accompagnatrici di una principessa della città erano assegnati due littori 1•
(Polyb. 15,29,13; ma forse sono anche L'accompagnamento doveva valere non
destinate al ministero del culto nel tanto a protezione di Paolo quanto come
thesmophoreion). Nel linguaggio ufficia· un onore resogli per riparare alla con·
le delle cancellerie è la traduzione del
littore romano (Polyb. 5,26,10; Polyb., dotta illegale degli strateghi.
fr. 74; Diod. S. 5'40i 17,77; Herodian. C. ScHNEIDER

Il composto p~o~ovpy6c;, attestato già gono da f>rl.o~oc; nel significato di leggero


in Senofonte, ed i suoi derivati proven- (Eur., Hipp. 1116), troppo facile 1 • Un
pa~oouxoc; I Nella ·discussione sulla giusta misura della
1 ]. MARQUARDT, Rom. Staatsverwaltung 1 1 l).tuDtpr.6'tT)c; (generosità) Aristot., eth. Nic. 4,
(1881) 175; E. SAMTER, art. 'Fasces'; in PAU· r ,9 (p. u20 a 17) afferma che è più facile ri·
LY·W. 6 (1909) 2002-2004; E. KiiBLER, art. nunciare passivamente all'accettazione di un
'Lictor', in PAULY-W. 13 (1927) 507-518; sul- bene altrui che privarsi attivamente di un be-
l'ufficio, già preromano, dello stratega a Filippi ne proprio (xai ~q.ov 'tÒ µiJ À.a~t~v 'tov Bov·
dr. H. BllNGSTON, Die Strategie in der beli. vo.t). Alla àpE'tTJ (-+I, roll. 1221 s.) corrisponde
Zeit II (1944) 400 s. tuttavia meno l'ntteggiamento passivo più fa-
cile che l'atteggiamento attivo più difficile ('tfjc;
~q:BLovpyT)µ<X, iiq:BLOUpyla Y~P 6.pt"ti}c; µ(i).).ov 'tÒ tiS 1COl.E~'V ~ 'tÒ Ei'.Ì
MoULT.-M1LL. 562; PRl!ISIGKE, Wort. n 439; 1tàa';(EW [ibid. p. n20 a n s.]). Queste frasi
W. ]. GoODRICH, A passage of Pindar reconsi· illustrano in modo particolarmente chiaro per•
dered: Classica! Quarterly 2 (1908) 31·33; H. ché il concetto di ~~ÒLoc;, di per sé neutrale
RlcHARDS, Tbe minor works o/ Xenopbon: (Aristot., rhet. r,6,27 [p. 1363 a 23] : f*oi.a. 8~
ClassRev 11 (1897) x34b s. 334a. licrct i\ &vtv Mmic; ~ tv ò).ly1i>, «facile è tut-
937 (v1,972) flq.6Loùpy'r)µa lU. tlauemtelnd} l v1,973J 9311

significato neutrale, non valutativo (agi- sfrenata trascuratezza di norme etiche,


re con poca fatica) potrebbe trovarsi sol- ad es. della veridicità (Philostr., imagi-
tanto in Luc., Hermot. 7I, dove una po- nes x,12 ), e anche di falsificazione del
tenza presentata come soprannaturale, tutto intenzionale di documenti (Flav.
la Eòx'l), è soggeto dell'operare: .. . 'ii Ios., vit. 356 [var. pq.8toupy6v] ).
ilEòc; ... pl'.t.OtovpyEi:2. Ma quello eh!! la
'Pq.otoupy'l')µa è il risultato del pq.-
dea produce non sono altro che ca-
otoupyEi:v, ad es. la falsificazione (Plut.,
stelli in aria; dunque anche qui è inne-
Pyrrhus 6,7 [1 46oa]) o altro inganno,
gabile un senso svalutativo. Secondo il
anche colpa sessuale (Dio Hal., ani.
grado di svalutazione che ci si prefig-
Rom. 1,77,3); il vocabolo diventa nome
ge, la componente pq.oto- può perdere
collettivo per indicare falli di ogni gene-
sempre più il suo senso pregnante.
re (Pseud.-Luc., de calumniis 20: ... xl'.t.L
L'aggettivo pq.Ùtovpy6c; significa in &A.A.a. µuplcx. pq.8toupyfiµl'.t..-l'.t.). L'astratto
Xenoph., sym. 8,9 sacrifici nei quali non pq.&oupyll'.t. descrive, conforme al verbo,
si guarda troppo per il sottile (suo oppo- l'atteggiamento interiore dell'uomo che
sto i}ucrll'.t.t... ayv6'tEpl'.t.t). Un uomo che prende la vita troppo alla leggera (Sui-
sia chiamato pqJhovpy6c; manca di auto- das, s.v.), per il quale il serio 1tO\IEL\I è
disciplina (Aristot., de virtutibus et vi- una faccenda fastidiosa (Xenoph., Cy-
tiis 6 [p. 125I a 20] ). Tuttavia molte rop. 7 ,5 ,74 5 ). I pericoli derivanti dalle
volte diminuisce quell'aspetto alternati- é:mwµll'.t.t già per se stesse forti, secon-
vo 3 che propri~mente è contenuto in do Xenoph., Cyrop. r,6,34 diventano
pq.otoc;; in Phifo, det. pot. ins. 165 (~ enormi se vi si aggiunge pq.oLoupylcx.. I-
IX, col. 465); poster. C. 43; som. 2, noltre pq.8Loupyla è usato anche per tra-
I48 non è dato vedere alcuna differenza scuratezza nell'esercizio di una funzione
tra pq.owvpy6c; e ?tavoupyoc; 4 ( ~ 1x, (Plut., Cat. Min. 16,3 [1914c]) ~in ge-
coli. 455 ss.). 'Pq.otoupyÉw è usato in Xe- nerale per mancanza di coscienza, che
noph., Cyrop. 1,6,8 come sinonimo di può manifestarsi in falsificazioni da par-
&.1tovw"t'Epov otayEW (il suo opposto è te di uno storico senza carattere (Polyb.
1tpovoEL\I xat .<ptÀmtO\IEL'll ), lasciarsi anda- I2,25e 6 ) o in reati contro la proprietà
re, abbandonarsi a una vita incurante, (P. Magd. 35 7 ). Il termine riceve un ac-
spensierata. Ma per lo più si tratta di cento ancor più negativo quando indica
to quanto avviene senza incomodo o in breve A.C. 32, - xx, col. 466). f>q.8Lovpy6ç indica
tempo»), nel nostro gruppo di vocaboli venga probabilmente l'atteggiamento interiore tra
usato in senso svalutativo. Sull'avverbio ~q.- ~vE6pEV-rLx6ç e a6L6p!}w'tot;; nel senso di asttlto
6lwç cfr. Thuc. 1,73,1: ISrcwç µ7) ~q.6lwç 7tEpi o malizioso [BERTRAM].
µEya:X.wv 7tpayµ6;'l'wv ... XEi:pov ~ovÀEuCTT]crllE, s 'Pq.6L:>vpyla. viene qui usato accanto a 1)1>v-
«affinché in una questione cosl importante... it6:i>ELGt -rwv xa.xwv à,v!}(Jhlrcwv, la bella vita
non prendiate alla leggera una decisione svan- dell'uomo corrotto, analogamente Xenoph.,
taggiosa». 'Pq.l>lwç ~ovÀEuCT'r]crl}& contiene un mem. 2;2,20; cfr. E. C. MARcHANT, recensione
ammonimento più grave che nel brano prece- di W. MiiLLER, Xenoph. Cyrop. (.r914): Class
dente (1,72,1: -taxéwç ~ovÀEv-rfov). Rev 30 (1 916) 165 s.
2 Cfr. L1DDELL-SCOTT, s.v. 6 Cfr. il verbo in senso analogo in Strabo II,
6,4.
3 Nei vocaboli leggero, frivolo il senso attenua- 7 Cfr. Ttt. RmNACH, Les juifs d'Alexa11dronèse,
tivo è relativamente più accentuato. in Mélanges Nicole (1905) 451·459; O. GuÉ-
4 Nel minuzioso catalogo di vizi del cp~).:fi6o­ RAUD, 'Ev'l'EU!;ELt;; = Publications de la société
voç, che comincia con 7tavovpyoç e fra gli al- royale égyptienne de Papyrologie, Textcs et
tri contiene anche alcrxpovpy6ç (Philo, sacr. Documents I (1931) 83-85.
939 (v1,973) {xxx.ti l (Joach. Jeremias) (VI,973) 940

cattiveria (Philo, cher. 80). In P. Oxy. nata, ma solo un espresso reato (pa:-
II237, col. VIII 12.I.5 Pr/-OLOVpylu. e 1w.- otoupy11µrx. 1tOV''t}pov) è di competenza
vovpyla: (-7 IX, coli. 457 ss.) sono si-
nonimi. del proconsole. Viceversa in Act. 13,ro
la scelta 8 del vocabolo pr/-Òtovpylcx è
Negli Atti degli Apostoli, unico scrit- suggerita da motivi teologici, anche se
to del N.T. che usi questo gruppo divo- non nel senso di un'attenuazione: la
caboli, la componente Pr/-O~o- conserva il malvagità di Elima va intesa nel senso
suo significato pregnante, anche se in che dal legame con il diavolo, dalla ma-
modo diverso nei due passi in cui si in- gia e dalla pseudoprofezia deriva neces-
contra. In Act. 18,14 abbiamo una gra- sariamente il crollo di tutte 9 le remore
duazione giuridica: non ogni malscalzo- etiche.
0, BAUERNFEIND

< I
i. pcx.xcx.
-7 XEv6ç v, coli. 325 ss.; -7 µwp6ç vu, 2. réqà';
coll. 7 44 ss. 3.Mt. 5,22.

SoMMARCo: l. Derivazione del vocabolo


I. Derivazione del vocabolo; p(t.xt!J. (var. pa:x6. 1) è la trascrizione
8 Si tratta dell'unica parola di questo versetto Raka a Parallel in the Papyri?: JBL 53 (1934)
che non si trova anche nei LXX; cfr. IfABN. 351-354; A. FRIDRICHSEN, Exegetisches zum
CHEN, Ag. 349· N.T.: SymbOsl 13 (1934) 38-40; C. C. ToR-
9 IlaO'r]c; davanti a pq.lìLovpylru; è probabil- REY, The Four Gospelr' (1947) 290 s.; PREu-
mente originario; qui non si tratta (come in SCHEN-BAUER', s.v.
18,14) di una graduazione di gravità, ma del I La variante poco documentata pa.xli (S*DW
fatto che la pq.oLOVpyla penetra in tutti gli lat. Tert. Cypr.) presenta una grafia che si tro-
ambiti della vita. va già nel papiro di Zenone (--+ n. 3). Che si
tratti della stessa parola è fuori dubbio (--+ n.
pa.xa 5). Questa grafia non contraddice alla deriva-
F. BLASS, Textkritische Bemerkungen Zt1 Mt: zione della parola da réqa'. Anche se di regola
BFI'h 4 (1900) 13 s.; DALMAN, Gr. 173 s.; K. q è reso con x, i codici neotestamentari nel
KOHLER, Zu Mt J,22: ZNW 19 (1919-1920) rendere q più d'una volta oscillano tra x e
91-95; G. DALMAN, ]esus-Jescbua (1922) 13. x, e proprio il cod. S presenta anche altrove
71; F. ScHULTHESS, Z11r Sprache der Evange- casi di trascrizione del q con x: Num. 13,22.
lie11: ZNW 21 (1922) 241-243; P. FIEBIG, Jes11 28: 'Ev&:x invece di 'Ev&:x, Atv&x (cod. A);
Bergpredigt (1924) 34-38; P. JouoN, L'E.van- Mt. r,r4: Ia.8wx invece di :Eao<l>x; 27,46:
gile de Notre Seigneur Jésus-Christ (1930) 25; <Ta~ax1'avet invece di O'ct~a.xMVEt (su que-
C. C. EDGAR, A New Group o/ Ze11011 Papyri: sto oscillare della trascrizione di J'baqta111 dr.
BJRL 18 (1934) 111-130; E . C. CoLWELL, Has DALMAN, Gr. 365 n. x; BL.-DEBR. § 39,2 ap-
94l (vr,973) prJ.Y.a I (Joacb. Jeremias) (vr,974) 94 2

dell'ingiuria aramaica rcqii' 2• Il vocabo- par.], lo straccio, talvolta applicato a


lo è un hapax legomenon nel N.T. (solo persone 7 ), perché una considerazione,
in Mt. 5,22); nell'ambito linguistico gre- che va subito fatta, conduce anch'essa
co del periodo neotestamentario è atte- in Siria. ·
stato soltanto in un papiro di Zenone del
257 a.C.: 'Av•loxov -tÒ'Y pa.xiiv 3• Alla Il fatto che prJ.xa in Mt. 5,22 non è
derivazione di pa.xcY. dall'aramaico réqii' seguito da una traduzione in greco del
fa difficoltà la vocalizzazione con due a termine è importante ai fini della loca-
(in luogo di pi)x6:, come ci si attendereb-
lizzazione del Vangelo di Matteo: Mat-
be). Perciò il primo, inatteso a ha dato
occasione a dubbi sulla derivazione da teo scrive per dei lettori che, quantun-
reqii' 4 e ad altre proposte di derivazio- que parlino in greco, capiscono senz'al-
ne 5• Però la difficoltà è risolta se si tien tro un'ingiuria orientale. Questa osser-
conto dell'influsso del siriaco raqa (pic-
colo, spregevole), come allocutivo di in- vazione porta alla Siria; infatti dopo il
servienti: ehi, scimunito! 6 • Questa ipo- 70 d.C. solo nelle città siriache devono
tesi di un influsso siriaco sulla vocaliz- esservi stati dei cristiani che usavano
zazione è più verosimile dell'altra che
vuol ricondurre il primo a. all'influsso il greco come lingua corrente.
del greco "t'Ò paxoc; (la pezza [Mc. 2,21
pendice); Act. I,19: 'AxE)..lìcxµrix invece di stesero questa derivazione anche al pa.xa neo'
'AxE)..lìuµax. Percìò pcxxli. rispetto a pa.xti va testamentario; mn la scarsità di attestazioni
giudicato come una insignificante vatiazione greche (solo due) depone a sfavore di questa
dialettale od ortografica. derivazione dal greco, tanto più che, stando a
2 Cosl pensavano già gli antichi, ad es. Pseud.- Mt. 5,22, dev'essersi trattato di un'ingiur.ia co-
Chrys., opus imperfect11m in Mt., hom. n mune.
(MPG 56 [x859] 690): racha quidem dicitttr 6 Chtys,, hom. 16,7 in Mt. (MPG 57 (1862]
hebraice vacuus; altra documentazione in 248): -rò ot 'Pa.xà. 'tOV-co, ov µEyaÀ:ric; fo-i:Lv
ZAHN, Mt. a 5,22; cosl ~nche la maggior parte uapEWç pljµa. («non un'ingiuria grave»), &;)..)..à
dei moderni. µaÀÀov xa:ra.<ppovi}uEwc; xcxt 0À~ywplr1.c; 'fL·
vòc; -i:oii À.Éyov'foc; («da parte di chi parla»),
J ~ EDGAR 112 s., nr. 2; anche PREISIGKE,
xcxM7tEp yà.p 'l')µEi:c;, ì1 olxl-i:a.Lc; i'.t ·rnn -cwv
Sammelbuch 5, nr. 7638,7; P. Ryl. IV, nr. 555. Xct'rlllìEEO'-rÉpwv Èm-cO:-i:-i:ov-cEç ÀÉYOf.tEV' lfm),,.
Sul papiro cfr. soprattutto --,) COLWELL 351-
i}E av, El7tÈ -ri{J lìELVL au· oihw xa.t ot TU l:u-
354. pwv XEXP'lJµÉvoL yÀw-.'fn 'Pa.xà Myovuw,
4 BLAss 13 s.; WELUJAUSEN, Mt. a 5,22;
<ÌV"tt "tOU, rrV, 'tOV'tO 'fLDÉ\l'rEç («perché come
ZAHN, Mt. a 5,22; S. KRAuss, Drei paliisti11i- noi, quando "diamo un ordine a un servo o a
sche Stadtnamen: OLZ 22 (1919) 63; ~ gente più povera, diciamo: 'Ehi tu, vattene!',
ScHULTHESS 241-243; LoHMEYER, Mt., ad I. oppure: 'Ehi tu, di' al tale ... !', cosl coloro che
5 ~ SCHULTHESS 242 s. (partendo da pa.xti) usano la Ungun siriaca dicono: 'Raka!' invece
vorrebbe derivare pcxxti dall'ebraico rak (fine, di 'tu'»); Bas., regulae brevius tractatae 5I
delicato) nel senso di 'codardo'; ma questo si- (MPG 31 [188 5 ) 1II7 A: -cl fo-.i fxtxa; im-
gnificato non è documentabile. ~ ToRREY 291 xwpLov pljµa 1)mw-cÉpa.ç \l~pEWc;, 1tpÒç TOVc;
pensa (partendo da pa.xti) al participio ebraico olxno-i:Épovç ÀrJ.µ~a.v6µEvov («un'ingiuria in-
*rìiq, del quale però mancano attestazioni. --'> nocente, usata familiarmente dAgli indigeni»).
EDGAR 113 propose di vedere nel 't'Ò\I prJ.Xii\I del 7 Antiphilus Byzantius (I sec. d .C.): A11th.
pap. di Zenone (--'> n. 3) un'abbreviazione di Graec. 9,242 di un vecchio marinaio: ti)..loio
/>ax~u-riic; (smargiasso) e~ CoLWELL 351-354, ~(ov ptixoc; («Un relitto cli vita marinara») .
LottMEYER, Mt., ad l. e P. BENOIT, Papyrolo- Per questa spiegazione dell'a si espresse DAL-
gie: RB, N.S. 61 (1954) 478 («peut-etre») e- MAN, Gr. 173 n. 2; -+ DALMAN, Jcms 7r.
943 (VI,974) ~a.x6. 2-3 (Joach. Jeremias) (v1,975) 944

2. réqii' 3.Mt. 5,22


L'aramaico reqa' è connesso all'agget- Soltanto su questo sfondo storico Mt.
tivo ebraico req (in aramaico reqiin ), 5,22 acquista tutta la sua rigorosità.
vuoto (di cervello) 8, a cui è stato ag-
giunto il suffisso vocativo a 9 • Sul piano linguistico a proposito di
Mt. 5,21 s. va notato che l'aramaico
L'elevato numero di testimonianze di 'it(Ja;;ab (come l'ebraico bajjàb) che è al-
1·eqii' offerto dalla letteratura rabbinica 10 la base del quadruplice Evoxoc; (-7
permette di determinare esattamente il III, col. 1354) non comporta mai l'in-
dicazione dell'istanza giudiziaria 13, ma
tono che aveva il termine. È un'espres- sempre quella della pena in cui si è in-
sione di irritato disprezzo, che può an- corsi (o dell'obbligo o del debito a cui
dare unito a indignazione, collera, disi- si è sottoposti). Questo dato di fatto
viene confermato da un secondo rilievo
stima, ed è applicato regolarmente ad u-
linguistico: né 1) xpi:cnc; né l'aramaico
na persona stolta, scimunita, presuntuo- dina' che ne è alla base significano «tri-
sa. Si intendeva il termine come un'in- bunale» o «tribunale locale» 14; piutto-
giuria inoffensiva: scemo, asino. sto dlnii' ha il significato di processo,
sentenza, pena. E\loxoç fo'ta.t "t'TI xpl<rEt.
Accanto a réqa' l'ebraico so/eh (ara- in Mt. 5,21b non può dunque significare,
maico Sii!ia') è l'ingiuria più comune. Da come si vuole generalmente: «(l'assassi-
una definizione di questo vocabolo 11 si no) sarà consegnato al tribunale locale»,
ricava che esso corrisponde esattamente ma va tradotto: «(l'assassino) incorrerà
al nostro idiota. Quantunque sia discussa nella pena (di morte 15 )», con cui si rende
la spiegazione di µwpÉ di Mt. 5 ,22° (-7 Ex. 21,12 e Lev. 24,17. Proprio cosl va
VII, coli. 744 ss.), è molto probabile che tradotto f:voxoç Ea'tat. "t'TI xpl<rEt in Mt.
alla base di esso vi sia Sil!ià' 12 e che per- 5,22•; corrispondentemente itvoxoç ~­
ciò in Mt. 5,22 sotto forma di p(l..xa e <T'tat 't<'i) O"V\IEOpLCfl (v. 22b) significa: «egli
µwpÉ siano riunite le due ingiurie più merita (la morte) ad opera del sinedrio>>,
comuni nell'ambiente in cui viveva Ge- e Evoxoç E<T'tat Etç "t"Ì)v yÉEwa.v -tou 7tV-
sù. p6c;: «merita (di essere gettato nel)l'in-
s DALMAN, Gr. 1.73 n. 2 in un primo tempo /eh: egli corre qua e là come un nottambulo,
(come già prima di lui E . KAUTZSCH, Gram· passa le notti nei cimiteri, straccia le sue vesti,
matik des Bibl.-Aram. [1884] IO) vide in re- distrugge quanto gli si dà».
qii' una forma abbreviata di reqiit1, ma in ~ 12 A. MERX, Das Ev. Mt. (1902) 89; W!!LLHAU·
DALMAN, Jesus TI si decise per l'accostamento SEN, Mt. 20; -+DAI.MAN, ]esus 71 s.; SCHLAT-
all'ebraico req. TER, Komm. Mt. 169.
9 Per Ja fine in -a del vocativo cfr. C. BROCKEL· Il ~ DALMAN, ]esus 67.
MANN, Grundriss der vergleichenden Gramma· 14 ~ Joi.ioN 24 s. Anche in Dan. 7,10.26 dina'
lik der semitischen Sprachen II (1913) § 19. non designa astrattamente l'istanza giudiziru:ia,
10 ]. LIGHTFOOT, Horae Hebraicae et Talmudi- ma è abbreviazione per i membri del Mt dtn.
cae in Ev. Mt. a 5,22, Opera Omnia II (I686) IS In modo del tutto analogo in Tg. J. I O .
286; A. Wi.iNSCHE, Neue Beitrage zur Erlaute- Num. 3,,21 va sottinteso «Il morte»: kad 'itf?ai
rung der Ev. aus Talm11d und Midrasch (1878) jab /éh, appena venne condannato (a morie).
47 s.; ~ DALMAN, Jes11s 71; ~ FIEBIG 34-38; Cosl pure Flav. Ios., ant. 1,102: (Dio dice: )
soprattutto STRACK-BILLERBECK I 278 s. 286. 1tt.t:paww... xa:~a:pEUEW q>6vov 'tOV~ op6.11a.v-
385.900; li 586.7I4; lU 27I.851, "'t'dç "tL "tO~ov-rov xoMl';ov"Ca~ (cioè, con la
11 T er. ;. 1,1 (40 b 24): «Caratteristica del IO- morie).
945 (v1,975) ~CJ.xll. 3 (Joach. Jeremias)

ferno». Dunque Mt. 5,21h è il seguito di morte. Sta sullo stesso piano dell'as-
della citazione scritturale di 21•, e le sassinio e merita la stessa punizione, an-
tre proposizioni di 5 ,22 abc non elencano
tre istanze di giudizio (tribunale locale, zi una punizione maggiore, cioè la pena
sinedrio, inferno [vale a dire Dio]), ma di morte da parte del tribunale supremo
parafrasano con tre locuzioni in crescen- (il che evidentemente comportava anche
do 16 la pena di morte. Se, come è pro-
babile, già in òprts6µEvoç è implicito il
il bando dalla comunità 18 ), più ancora,
prorompere dell'ira nella parola (vrr, la condanna alla morte eterna. Il para-
coli. 749 ss.) 17, tutte e tre le frasi paralle- dosso d'un rigore inaudito 19 vuole che
le di Mt. 5,22 trattano nella prima par- gli ascoltatori comprendano quanto gra- .
te del peccato di parola contro i fratelli
e nella seconda della pena di morte. ve sia agli occhi di Dio, in una misura
tremendamente pesante, il peccato di
Perciò proponiamo la seguente tradu- parola e richiama alla loro coscienza la
zione: 2r. «Avete udito (nella lettura necessità di evitare le sgarberie quoti-
della Scrittura) che Dio ha detto agli diane contro i fratelli, che, apparente-
uomini: 'Non uccidere; l'assassino de- mente innocue, in realtà avvelenano la
v'essere condannato (a morte)'. 22. Ma comunità. In questa severa presa di co-
io vi dico: scienza del peccato va comprovata l'ap-
Chi è in collera con il suo fratello partenenza all'imminente regno di Dio
merita di essere punito (con la morte).
e al suo ordine giuridico.
Chi dice al suo fratello 'scemo'
merita cli essere condannato (a morte) dal
Chi gli dice 'idiota' [sinedrio. Per quanto riguarda la questione del-
merita di subire (la morte) nell'inferno». l'autenticità, è stato dichiarato seconda-
rio ora 5 ,22c (come ampliamento di
Gesù instaura il nuovo giudizio di Dio
22h) 20, o 5 ,22b[3.ccx. (come prolungamen-
contrapponendo il suo ~rw ÒE ÀÉyw ù- to di 22bcx..c[3) 21 , e più spesso 5,22bc
µi:v alla parola della Scrittura e procla- (come spiegazione di 22 8 ) 22• All'obiezio-
ne decisiva che dall'ira all'ingiuria non
ma per tre volte che già l'ingiuria, sen-
v'è alcun crescendo e che il sinedrio non
tita da ognuno come innocente ma detta sarebbe stato un'istanza superiore al giu-
con malumore, è un delitto meritevole dice locale 23, bisogna contrapporre ciò

16 Non si può negare che almeno nelle tre fra- 21-> KOHLER 94 ; G. D. KrLPATRICK, The Ori-
si di Mt. 5,22 c'è un crescendo (altra interpre- gim of the Gospel accordi11g to St. Matthew
tazione-> VII, col. 750). (1946) 18:25.
17 Cosl già-> KOHLER 95.
22 KwsTERMANN, Mt., ad l.; BULTMANN, Trad.
142; -> FRIDRICHSEN 39 s.; T. W. MANSON,
18 -> DALMAN, Jesus 74.
The Sayings o/ Jesm (1950) 155. Silnilmente
19 Il carattere paradossale di Mt. 5,22 appare M. WEISE, Mt 5,2I f - ein Ze11gnis sakraler
chiaro specialmente dal confronto con contem- Rechtsprech11ng i11 der Urgemeinde: ZNW 49
poranee disposizioni penali contro ingiurie, co- (1958) n6-r 23, che tuttavia vorrebbe vedere
me ad es. Qid. b. 28 a bar. (STRACK-BILLER- in Mt. 5,22bc un logion originariamente indi-
llECK I 280); I QS74s. pendente.
20 ~ FRIDRICHSEN 38 S. 2.1 BuLTMANN, Trad. 142.
947 (VI,976) pa.v-.lt,w A I-2 (C.-H. Hunzinger) (VI,977) 948

che abbiamo detto su Òpyt'(,6µEvoc; (~ hrornm) e idee (-7 col. 943; ~ uuv-
col. 945 ), su xpla-tc; ( ~ col. 944) e su ÉopLov) di Mt. 5 122 be sono espressa-
O'U\IÉOpto\I (~ col. 946 ). Per il resto, a mente palestinesi e che Gesù anche al-
ciò che fu a suo tempo rilevato (~ trove giudica altrettanto gravemente il
VII, coll. 749 ss .) si aggiunga che, in o- peccato di parola (ad es. Mt. 12,36 s.), e
gni caso, terminologia (pa:xét., cru\IÉOptov, addirittura in Mc. 7,15b lo addita come
yÉEVWJ.., yÉEW(( 't'OU 'ltUpÒc; [genitivo per la sostanza dell'impurità.
aggettivo]), stile (parallelismus mem-
}OACH. }EREMIAS

A. SIGNIFICATO DEL VOCABOLO IN GRECO indicano i liquidi più diversi, ad es . ac-


qua (Horn., Od. 20,150; Theocr., idyll.
l. pav-tl'(,w è forma secondaria di pal-
24,98 ecc.), olio ((Hippocr., de fracturis
vw, e fuori della Bibbia è attestata 2 I [ n.rziov]; Polyb. 3 0,2 5 ,I 7 [ µupov] ),
molto tardi e di rado. Anche nei LXX aceto (Aristoph., ran. 1440 s.), sangue
p'1.\l't'l'(,w è molto più raro di p<1.l\IW, men-
(Hom., Od. 20,354; Pind., lsthm. 8,
tre nel N.T. si trova soltanto p'1.vi:l'(,w. 50); inoltre talvolta anche solidi granu-
Non si può stabilire una diversità di si- losi, come polvere (Horn., Il. u,282 1),
gnificato tra i due verbi; perciò per chia-
sale (Aristot., hist. an. 8,10 [p. 596 a
rire l'uso linguistico occorre esaminare i
27] ), grani di frumento 2 ; in senso tra-
documenti in cui viene usato pa.lvw. przL- slato anche, ad es., sonno (Pind., Pyth.
vw/pr1.:vi:l'(,w è usato in due modi: a) -rl
8,57).
-rL'VL,spr11zzare, aspergere qualcosa con
qualcosa (Aristot., hist. an. 6,13 [p. 567b 2. prz\li:tcrµ6c;, aspersione, non è finora
4s.]); b)i:l È1tl 'tL (ad es. Atistot., hist. attestato nell'uso linguistico extrabi-
an. 6,13 [p. 567 b 5 s.] ), o anche dc; blico.
(ad es. Aristoph., ran. 1440 s. ecc.),
spruzzare, spargere qualcosa su qualcosa.
Come materiale che viene spruzzato 5Ì

pa.vi:(l;w, i1a:moµ6ç
CREMRR-KOGEL, LIDDELL-SCOTT, PR.EUSCHEN- Gottesknecht, Untersuchungen wr ttrchr. Ver-
BAUEJ>.s, s.v.; O. ScHMITZ, Die Op/eranschau- kiindigung vom Siihntod ]es11 Christi, FRL,
ung des spateren ]udet11111ns und die Opfer- N.F. 46 (r955) specialmente 162-r87; W.
aussagen des N .T . (19ro) specialmente r96- NAUCK, Die Tradition tmd der Charakter des
318; H. WENSCHKEWITZ, Die Spirilllalisierung I. ]. Zugleich ein Beitrag zur Tau/e im Urchri·
der K11/tusbegriffe Tempel, Priester tmd Opfer tent11m und in der alten Kirche (1957) 56-59. ·
im N.T., Angelos Beiheft 4 (1932); TH. C. I Philostr., de gymnastica 56 (ed. J. }UTHNBR
VRIEZEN, The Term Rizza: Lustration and [r909) I82,2).
Comecration: Oudtestamentische Studien 7 2 Oppianus Anazarbensis, halieutica 2,roo (ed.
(1950) 201-235; L. KoEP, art. 'Besprengung', F. S. LEHRS, Poetae Bucolici et Didacticr
in RAC Il 185-194; E. LousE, Miirtyrer und [1862] 58).
9.+9 \ Vl,977 i

B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NELL'A.T. inusitato fa pensare ad un errore neUa


traduzione greca. Come materiale spruz-
I. Aspetti linguistici zato vengono indicati i liquidi più dispa-
rati: sangue (per lo più cultuale~ coll.
l. Nei LXX il verbo pet.V'tLSW si trova
95 5 s.; talvolta non cultuale ~ col.
solo 3 volte (Lev. 6,20; 4 Bau. 9,33; ljJ 953), olio (sempre cultuale ~ col. 955),
50,9); si aggiungono i composti Èr.Lppa.v- acqua (per lo più acqua d'espiazione dei
-i:lsw (Lev. 6,20) e 1tEpLppet.V'tLSW (Num. peccati~ coll. 954 s.; inoltre in Ez. 36,
19,13.20; Ez. 43,20 var.). Molto più 25 ~ col. 957; 2 Mach. l,21 ~ col.
spesso, invece, viene usato il verbo pa.lvw 953); una volta una materia non liqui-
( l 3 volte); inoltre l volta OLet.ppa.lvw da e~ col. 948): zafferano e cannella
(Prov. 7,17), l voltaÉmppa.lvw(2Mach. (Prov. 7,r7); una volta in senso trasla-
1,21 ), 6volte1tEpLppa.lvw e 2volte1tpoc;- to e~ col. 948) la giustizia (Is. 45,8 ~
pa.lvw. Non si può stabilire una diver- col. 958).
sità di significato; tutti i verbi citati ven-
gono usati promiscuamente 3• Come vo- 2. L'equivalente ebraico del gruppo
cabolo preferito, precisamente nell'am- di verbi greco è usualmente nzh hif'il,
bito cultuale, va però considerato pa.lvw con l'accusativo, ed anche 'al o li/né e
(e composti); pa.v-r:l'(,w (e composti) vie- simili 5 : spruzzare, spargere qualcosa su
ne usato soltanto in casi eccezionali 4 • (o contro) qualcosa. Ma la situazione
Sintatticamente è usato prevalentemente non è del tutto omogenea: una volta
con l'accusativo della materia spruzzata e (Is. 52,15) nzh è reso·con un altro ver-
con Èrtl e l'accusativo dell'oggetto su cui bo greco, e d'altra parte oltre a nzh an-
si spruzza (Lev. 16,15 ecc.) o con rtp6c; e che altri verbi ebraici corrispondono al
l'accusativo (4 Ba.O'. 9,33 ecc.), dunque gruppo di pa.v-r:l'(,w.
spruzzare, spargere qualcosa su qual-
cosa (~ col. 947); i LXX quindi se- a) In tutti i 19 passi in cui s'incontra
guono la costruzione del verbo ebrai- nzh hif'il per indicare un'aspersione cul-
co tradotto (col. 950 ). Solo in 5 casi, tuale, esso è reso con pa.lvw e i suoi
invece, va tradotto con spruzzare, asper- composti, e non con pa.v-r:l~w. 4 volte
gere qualcosa con qualcosa {~ col. si incontra nzh qal, essere spruzzato,
947), e precisamente nei passi in cui il sprizzare {intransitivo), e sempre in un
gruppo di verbi greco serve eccezional- significato non cultuale (~ coll. 953
mente a rendere l'ebraico ~!' pi'el (ljJ s.); 3 volte è tradotto col passivo di
50,9; Ez. 43,20 var.) e n!f (Prov. 7,17, pa.v-r:l'(,w o di Èmppa.\1-r:lsw (non pa.l'VW)
~ n. 12); in 2 Mach. l,21 (quindi in u- (Lev. 6,20 [bis]; 4Ba.c;.9,33); 1 volta
no scritto composto in greco); in Num. i LXX presentano un testo (Is. 63,J) che
8,7, dove il doppio accusativo del tutto si discosta notevolmente dall'ebraico 6 •

3 Cfr. l'uso assolutamente sinonimo di ~mp­ ed all'equiv'alente 'el (ad es. Lev. 14,51) tro-
pa.v-rl~w e del semplice pa.v·tl~w in Lev. 6,20 viamo occasionalmente li/né (Lev. 14,16), 'al-
ba./P, di 7tpo<rpr1.lvw e ~r1.lvw in L ev. 4,6/4,17 p'11é (Lev. 16,14), 'et-p'né (Lev. 4,6), 'et-nokap
e di 7tEpLppo:lvw e mp~ppo:v-rl!;w in Num. 19, p'né (N11m. l9A).
13.18.19.20.21 (qur indotto dallo scambio dei 6 Soltanto in testimonianze più tarde i LXX
verbi nth e zrq nel testo ebraico). si adeguano al T M. con un'aggiunta piuttosto
4 Per tradurre nth qal (~col. 950), !i!' pi'el lunga; 11'1.h è allora rettamente tradotto con
(-)o coli. 951 s.), zrq pu'al (~ col. 951). pa.v'l'.lsw al passivo, cfr. J. ZIEGLER, Isaias,
5 Oltre a 'al usato prevalentemente (13 volte) Septuaginta 14 (1939) ad l. Il passo è tcaman-
951 (VI,977) ~o:v-tlt;w B I 2a-3 (C.-H. Hunzinger)

Un posto a parte spetta a Is. 52,15: ken l'espiazione dei peccati) come promessa
jau.éh gojim rabbim. Rinunciando ad u- di Dio. /;f' pi'el=po:v'tll';w (\jl 50 [51],
na correzione del testo 7, la cosa miglio- 9} o 7tEptppO:V'tLSW (Ez. 43,20 var.}: a-
re 8 è di concepire questo hif'il come un spergere (per la purificazione dai pecca-
puro causativo del qal di nzh e tradurre ti). nzl qal 11=po:ivw (Is. 45,8): versare,
far sprizzare: il servo di Dio fa sì che far fluire, detto in senso traslato delle
molti popoli (si) spruzzino (a vicen- nubi che devono far scendere la giusti-
da) 9• Nei LXX (l}ctuµWro\l't<t.t ~ihi11 7toÀ.- zia. ntf qal 12 =oLo:ppctlvw (Prov. 7,17),
).,<i, È7t' ct1hc{)) o si presuppone un altro cospargere (il letto di zafferano [o di
testo ebraico o, più probabilmente, è mirra: T .M.] ). Senza equivalente ebrai-
stato reso liberamente il testo incom- co 2 Mach. r ,2 r; tmppo:lvw, bagnare
preso. (legna con acqua).

b) Altri equivalenti ebraici di palvw/ 3. pct\l'tt0'µ6ç compare nei LXX esclu-


pa\l'tlsw sono: zrq pu'al = 7tEp~ppct\l'tlsw sivamente nell'espressione VOWp pctV'tt·
(al passivo) in Num. 19,13.20. Nello o-µou = acqua della aspersione, come
stesso contesto 3 volte viene usato come traduzione di me nidda o me hannid-
sinonimo nzh hif'il, e qui i LXX, tenen- da, acqua contro l'impurità, acqua
do conto dell'alternanza·dei due vocabo- di purificazione (Num. 19,9.13.20.21
li ebraici, traducono con 7tEptppalvw [bis]); è un termine tecnico per desi-
(Num. l9,18.19.21)w. zrq qal = palvw gnare l'acqua della purificazione dai pec-
in Ez. 36,25: versare (acqua pura per cati, acqua alla quale erano mescolate le

dato in modo incerto anche nel testo ebraico; sura con quello cli nzh hif'il. Anche zrq nella
in I Qls" manca l'intero passo, mentre r Qis• massima parte dei casi è riferito a materie flui-
legge come il T .M. de, e precisamente 25 volte al sangue, sempre
7 Il T.M. è confermato da r QSis" (dove erro- in un contesto cultuale. Però nei LXX non vie-
neamente si legge solo WqP!W invece cli iqNw ne reso mai col gruppo cli verbi po:lvw/Po:'l't(,.
l;w, ma sempre con 1tpoCT){Éw (soltanto in 2
[il w qui è chiaramente distinto da iJ e in
tal modo 'liw è riferito come nei LXX a quan· Chron. 29,22• con 1tEP~XÉW, in Ex. 24,8 con
xa;-ro:<TxE8&.wuµi.). ~ un termine tecnico del
to precçde) e da 1 Qls".
linguaggio sacrificale per esprimere l'atto di
s Con-+ VRIBZEN 203-205. versare il sangue della vittima sull'altare; sol-
9 Il passo è cosl inteso già dal Targum (J. F. tanto in Ex. 24,8 l'oggetto non è l'altare ma il
STENNING [1949)); jbdr, egli disperde. La Pe- popolo (-+ col. 958). Tuttavia zrq significa
shitta invece intende jaueh nel senso cli egli riversare tutto il sangue, mentre nzh hif'il si-
asperge, che tuttavia contraddice all'uso con- gnifica che viene aspersa una parte del sangue
sueto di nzh hif'il (-4 col. 950), e per mdk' sacrificale (cfr. Lev. ,,9 ecc.: middiim, un po'
ha 'egli purifica', pensando quindi ad un'a- di sangue) con un dito. Quindi la traduzione
spersione cultuale, purificatrice dei popoli ad di zrq con 7tpocnctw è appropriata. Inoltre trlJ
opera del Servo cli Dio. Tale interpretazione può essere usato anche con riferimento all'ac-
potrebbe soggiacere anche ad Aquila ({>av-tl· qua ed allora è trado.t to giustamente con ~a.C­
UE~), a meno che Aquila qui non segua sem- vw o mptppo:v-.l~w (-4 col!. 951 s.), talvolta
plicemente il suo principio cli traduttore: an· anche con riferimento a materie non liquide,
che altrove egli usa sempre po:vTl!;w per nzh come cenere, sementi e simili (Ex. 9,8.10; I.r.
hif'il. In ogni caso il N.T. non fa uso cli que- 28,25; Ez. 10,2; lob 2,12; 2 Chron. 34,4) ed in
sta possibile interpretazione del passo. Cfr. H. questi casi è tradotto con gran varietà di verbi.
HBGERMANN, ]s JJ in Hexapla, Targum tmd u 1 Qis• legge in modo assai diverso.
Peschitta (1954) 33.69.96 s. IZ L'incomprensibile npti del testo ebraico va
10 Il significato di zrq qal coincide in certa mi- corretto in n/pt;, dr. Bibl. Hebr., K1TT., ad l.
953 (vr,978) ~cxv-.ll;<.ù B r 3 - II 2a (C.-H. Hunzinger) (vr,979) 954

ceneri di una vacca rossa e che era usa- dell'acqua, che subito si infiamma mira-
ta per l'aspersione quando si verificava colosamente; anche qui non si parla di
un'impurità per contatto di un cadavere. un'aspersione cultuale nel senso vero e
L'espressione ebraica si riferisce alla de- proprio del termine.
stinazione dell'acqua (contro l'impurità),
quella greca al modo in cui viene usata 2. In primo piano nell'A.T. sta l'uso
(aspersione). I concetti cli nidda e pr1.v- cultuale del nostro gruppo di vocaboli.
·nuµ6ç per sé non hanno nulla in comu-
ne; perciò altrove nidda è sempre tra- Le aspersioni cultuali sono effettuate in
dotto con altri vocaboli greci 13 • L'e- molti modi: con materie diverse, e pre-
spressione me nidda, oltre che in Num. cisamente acqua qualificata cultualmen- .
19, si trova solo un'altra volta in Num.
te, olio e sangue; in direzioni diverse,
3 r ,2 3 in un passo letterariamente forse
secondario; qui i LXX traducono uowp cioè verso il santuario o su uomini ed
à:yvtcrµov (che a sua volta in Num. 8,7 oggetti; per fìni diversi, cioè per la con-
sta per me l_;a!fii't). sacrazione dei liquidi aspersi e per la pu-
rificazione o la consacrazione degli og-
II. Aspetti concreti
getti su cui i liquidi sono aspersi; in oc-
l. L'uso profano del gruppo di voca-
casioni diverse, come impurità dei ca·
boli nell'A.T. ha solo un ruolo subordi-
nato. 4 Baa-. 9,33 (nzh qaljpav.-lsoµr1.1): daveri, lebbra, consacrazione sacerdota-
il sangue di Jezabel precipitata dalla fi- le, sacrifici di espiazione, giorno di ri-
nestra schizza su muri e cavalli. Is. 63,3 conciliazione, conclusione del patto.
(nzh qal, ~ n. 6): gli abiti di Jahvé, che
ha schiacciato Edom come sotto un tor- a) Se viene usata l'acqua per asperge-
chio, sono spruzzati di sangue. In Lev. re, questa per lo più viene qualificata
6,20 (bis) (nzh qal [http]pav-.lsoµat) cultualmente con l'aggiunta di qualche
si parla di sangue dei sacrifici, ma non sostanza. Cosl secondo Num. 19,2-10
del suo uso per l'aspersione cultuale, l'acqua di purificazione (me nidda =
bensl di abiti spruzzati di sangue per i.iowp prL'll'tta"µov --> col. 95 2) si ottie-
distrazione. Is. 52,15 (nzh hif'il/l)auµcX.- ne mischiandovi le ceneri di una vac-
soµat): il Servo di Dio fa sl che i po- ca rossa ed altre materie (legno di ce-
poli si spruzzino l'un l'altro (~ col. dro, issopo e carminio); viene usata
95r). Prov. 7,17 (n!f, ~ n. I2/'61ap- quando una persona (Num. r9,r3.18.19.
pr1.lvw): l'adultera ha cosparso il suo 20) o una stanza o utensile (Num. 19,
letto di mirra, aloe e cannella (i LXX: 18) hanno contratto impurità per con-
di zafferano). 2 Mach. 1,21 (è.mppa.lvw): tatto con una salma; raspersione con ta-
Neemia, come Elia in 3 Ba.o-. 18,34, fa le acqua .purifica (IJ!' pi'el: Num. r9,19)
versare su una vittima, a ciò preparata, l'impuro 14 • In un altro tipo di impurità,

Il Nella più lunga appendice secondaria, che ad Aquila.


in Zach. x3,x LXX viene aggiunta alla fine per 14 In I QS 3'4·9 (cfr. 4,21 -+ n. 3x) evidente-
uniformarsi al testo masoretico, l'niddiih è mente mi ndh non ha il significato tecnico di
reso da vari codd. con dç -cbv ~cxv-.~uµ6v (i N11m. x9, ma è invece riferito ai quotidiani ba-
codd. B S* hanno invece xwpiuµ6v), dr. J. gni d'immersione cultuali. Di diversa opinione
ZrnGLER, Duodecim prophetae, Septuaginta 13 ]. BowMAN, Did the Qumran Sect B11rn the
(1943) ad I.; questa lezione potrebbe risalire Red Heifer?: Revue de Qu~ran r (1958/59)
955 (v1,979) pa.v-tl~w Il n :2.a-c (C.-H. Hunzinger)

la lebbra, viene aspersa acqua di sor- una parte (la parte per il tutto) viene
gente, mescolata col sangue di un uccel- sparsa. Ma oltre a ciò, e soprattutto, il
lo macellato, sul guarito dal1a lebbra e sangue serve all'aspersione di oggetti
sulla sua casa, e in questo modo viene che debbono essere purificati. Al riguar-
do va citato in prima linea il rituale del
restituita la purità cultuale (Lev. I4.7 ··-
51 [!hr pi'el: I4,7; ht' pi'el: 14,49. grande giorno della riconciliazione (Lev.
52]). Soltanto in Num. 8,7 viene usata 16; -7 IV, coli. 972 ss.): del sangue del-
acqua non mescolata come acqua di pu- l'animale sacrificato (v. 14) e del capro
rificazione (mé hattii't), con la quale si espiatorio ( v. l 5) una piccola parte vie-
aspergono e lavano i leviti consacrandi ne spruzzata sette volte con un dito sul
(ph1· pi'el: 8,6 s.) (forse per abbreviare icoperchio (kapporet) dell'arca dell'al-
tempi della lavanda nella consacrazione leanza nel santo dei santi, e successiva-
sacerdotale: Lev. 8,6). In tutti i casi l'a-mente anche l'altare davanti al santuario
spersione purifica e cancella i peccati. è asperso col sangue dei due animali (v.
19). Anche se attraverso un'analisi lette-
b) Un'aspersione con olio mischiato raria del testo appare probabile che in
di sangue sacrificale è compiuta su Aron- origine il rito dell'aspersione con sangue
ne ed i suoi figli e sui loro paramenti du- nel giorno della riconciliazione avesse il
rante la loro consacrazione sacerdotale significato di una consacrazione del san-
(Ex. 29,21; Lev. 8,30); nella stessa occa- gue sacrificale (come -7 col. 95 5 e qui so-
sione anche l'altare viene asperso d'olio pra) 16, nel presente contesto di Lev. x6
(Lev. 8,n); l'aspersione opera la santi- il rito è inequivocabilmente interpreta-
ficazione di colui che è asperso (qdJ to come una purificazione del santuario:
pi'el: Lev. 8,n.30). Invece ha un altro vv. 16.18.19.20 (kpr pi'el; thr pi'el; qds
significato quando (Lev. 14,16.27), pri- pi'el). L'aspersione col sangue sacrificale
ma dell'unzione di un lebbroso guarito, rende operante la forza espiatoria del sa-
un po' dell'olio da usare a tal fine viene crificio sull'oggetto asperso. Rientrano
asperso sette volte dal sacerdote con un in questo contesto anche i riti già citati,
dito li/ne jhwh: questa aspersione «da- nei quali acqua (Lev. 14,7.51) od olio
vanti a Jahvé» (vale a dire concretamen- (Ex. 29,2I; Lev. 8,30) misti a sangue sa-
te in direzione del santo dei santi) è una crificale sono usati per aspersioni di uo-
consacrazione dell'olio, al quale con que- mini ed oggetti.
sto atto è attribuita la sua virtù cultuale.
È chiaro (e viene rafforzato dai verbi
c) Un'aspersione del santo dei santi citati [~ coll. 954s.], che sono pa-
(perciò «davanti a Jahvé» 15) si compie ralleli a nzh hif'il e lo interpretano) che
anche con sangue di sacrifici (-7 IV, coll.
969 ss.): nella presentazione della vitti- all'aspersione cultuale si collega preva-
ma espiatoria (Lev. 4,6.17; 5,9) e nel- lentemente l'idea .della purificazione e
l'abbattimento della vacca rossa (Num . della cancellazione dei peccati; ciò vale
19,4); l'effetto di essa non va a vantag- soprattutto per i capitoli Lev. 16 eNum.
gio dell'oggetto asperso (dunque non v'è
un'aspersione vera e propria) ma del i9, che stanno in primo piano. Cosl
sangue o dell'animale sacrificato, di cui si spiega petché il verbo pa.v"t'lsw sia

73-84. contesto, ma offre la migliore interpretazione.


15 Certo questa formula non s'incontra piì1 nel 16 ~ VRIEZBN 2r9-233.
957 (vr,980) PCJ.\l'tlr,w B 2C. eI (C.-H. Hunzinger)

tanto unito all'idea della cancellazione (v. 26) e al dono dello spirito (v. 27),
dei peccati, che talvolta può essere usa- l'aspersione purificatrice compiuta da
to per rendere /;!' pi'el ( 1Ji 50 [ 5 r], 9 Dio stesso è un atto della nuova crea-
[ ~ sotto]; dr. anche Ez. 43 120 vat.). zione escatologica del popolo di Dio 21 •

3. In tJi 50[5r],9 (/;t' pi'el/pa:nl- Ancora in una promessa di salvezza


~w): purificami (con l1aspersione) con
escatologica, dalla quale però è assente
qualsiasi riferimento all'aspersione cul-
(un rametto di) 17 issopo, ed io divente· tuale, troviamo l'uso traslato di p(f.tVW
rò puro, v'è evidentemente sullo sfondo (per l'ebraico nzl) in Is. 45,8 (--7 n. u):
un detel'minato rito cultuale di tipo le nubi piovano giustizia.
«giudizio di Dio», al quale forse si fa 4. Anche se non vi compaiono né nzh
allusione anche in Is. r,r8 18 • Però è hif'il né il nostro gruppo di verbi, va
tuttavia ricordato l'atto dell'aspersione
molto dubbio che il Salmista pensi an- di sangue in Ex. 24,8 (zrq qal/:X:C(.'ta:ax:;-
cora al compimento concreto di tale ri- o<i.wuµi) 22 : nella conclusione del patto
to, e non piuttosto intenda parlare del- d'alleanza sul Sinai Mosé versa la metà
l'aspersione purificatrice in un modo fi- del sangue sacrificale sull'altare, e col
resto asperge il popolo, dopo che è sta-
gurato 19 : staccato dal contesto cultuale to letto il «libro dell'alleanza» ed il po-
il concetto esprime l'opera clemente di polo gli si è sottomesso. Questo sangue
Dio. In senso chiaramente figurato in è chiamato esplicitamente dam-habb'tit,
'sangue dell'alleanza'; l'aspersione crea
Ez. 36,25 (zrq qal/palvw) dell'azione e- la comunione tra le parti contraenti e si-
scatologica di Dio si dice: «Verserò su gilla l'alleanza.
di voi acqua pura 20, affinché diventiate
puri». Accanto al ritorno dall'esilio (v. C. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T.

24 ), al dono di un nuovo cuore di carne I. Oltre a due varianti verosimilmen-

17 Cosl evidentemente viene inteso b"e:r.6b in 20 majim t'horim non è attestato cosl nell'uso
analogia con Num. 19,x8. Al contrario H. linguistic~ cultuale vero e proprio; al massimo
SCHMIDT, Die Psalmen, Handbuch A.T. r 15 si può confrontare con mé nìddàb (col. 952).
(1934) ad 1. pensa ad acqua mescolata con isso- 21 Cfr. G. FoHRER, Bzechiel, Handbuch A.T. I
po bruciato, dr. Nttm. 19,6; ma ìvi l'issopo è 13 (1955) ad l. Ricorda fa:. 36,25 anche la de-
soltanto un elemento accanto ad altri (-+ col. scdzione dell'azione escatologica salvifica di
954). Dio in I QS 4,:u: wiz 'l;w rwb 'mt kmj ndh,
18 R. PRESS, Das Orda! im alten Israel: ZAW «e Dio verserà su di lui spirito di verità come
5x (x933) 243 s.; ScHMIDT, op. cit. (-+ n. x7) acque di purificazione».
·ad l.; G. MoWINCKEL, Of!ersang og sangof}er 22 Che qui non venga usata la terminologia
(1951) 271 s. tecnica può dipendere dal fatto che Ex. 24,3-8
19 O. ErnsFELDT, Einleitttng in das Alten Te- è da attribuire alla fonte elohista, mentre tutti
stame1/t1 (1956) 140 s.; A. WmSER, Die Psal- i' passi indicati in -+ coll. 954 s. appartengono
men 14, A.T. Deutsch 14 (1955) ad l.; R. alla fonte P (sacerdotale). In testi rabbinici zrq
PRESS, Die eschatologische Ausrichttmg des di Ex. 24,8 più volte è equiparato a 11:r.h hif'il,
51. Psalms: ThZ I I (1955) 241-249 (special- ad es. in Ker. b. 9a; dr. anche Hebr. 9,18-21
mente 246); H. J. KRAus, Psalmen, Biblischer (....,)> col. 961). In Tg. O. e Tg. ]. I , invece, for.
Kommentar zum A.T. 15 (1958 ss.) 388, ad l. se a causa del verbo :r.rq, l'aspersione del po.
959 (VI,981) /lavi:l~w C 1-2 (C.-H. Huozlnget)

te secondarie in Mc. 7,4 23 e Apoc. I9, pa."'wµov.


24
1 3 , la presenza dei nostri vocaboli nel
N.T. si riduce a Hebr. (5 volte) e I Petr. 2. L'uso del nostro gruppo di voca-
( l volta). Dei verbi s'incontra soltanto boli nel N.T. è condizionato dall'uso
pctv•lsw (Hebr. 9,13.19.21; rn,22) con cultuale che ne fa l'A.T. (-7 coll. 954
l'accusativo dell'oggetto asperso e il da-
tivo della materia con cui si asperge, ss.): ai riti veterotestamentari di asper-
quindi: aspergere qualcosa con qual- sione viene contrapposta l'aspersione col
cosa (-7 col. 947, nei LXX invece per sangue di Cristo. Il sangue di Cristo 25
lo più diversamente: -7 col. 949). Il
sostantivo pctV'tL0'µ6c;, aspersione (Hebr. in Hebr. 12,24 è addirittura chiamato
12,14; I Petr. 1,2) non è più, come a.lµcx. pctv't~<rµou, sangue dell'aspersione.
nell'A.T. (-7 coll. 952 s.), limitato al Ma questa locuzione non si può capire
nesso VOWp pctV'tWµo\i; ma probabil-
mente l'espressione alµct pcx.v~CTµou dal contesto immediato: 'il sangue del-
(Hebr. 12,24, cfr. anche Barn. 5,1) va l'aspersione grida meglio 26 del (sangue
intesa come una forma analoga a vowp di) Abele' 27; infatti il sangue di Abele 28
polo è fraintesa come versamento del sangue identificare con esattezza in un rito giudaico
sull'altare. Cfr. STRACK-BlLLERBECK III 742. conosciuto, perché al verbo non si può dare,
ll In Mc. 7>4 ~a.vi:lcrwvi:a.L è presente in codd. con LoHMEYER, Mk., ad l., il semplice signi-
molto antichi, ma esclusivamente egiziani (B ficato di bagnarsi; perciò la forma potrebbe
S sa), e in cònfi:onto a !3«1t'flCTWV"t«L (codd. giudicarsi come una correzione, volta a sosti-
AD W 9). cp ~ Iatt. sy • P bo) andrà consi- tuire il verbo P«1t'fl~oµ.«L qualificato nel frat-
derato come una speciale lezione egiziana. De- tempo dal battesimo cristiano.
pongono a favore di questa ipotesi anche mC>- 24 In Apoc. 19,13 (Cristo appare mpi.PE!3).1)-
tivi oggettivi. In Mc. 7,3 s. una parentesi reda- µlvoç 4.t.6;'fLOv /JEPaµµlvov cxtµtt.'fL) non è an-
zionale dà una spiegazione delle prescrizioni ri- cora possibile una decisione nell'intricata si-
tuali giudaiche di purificazione. Tanto nel v. 3 tuazione testuale. Una accanto all'altra abbia·
quanto nel v. 4 • si patia della purificazione del- mo le lezioni PE!3«µµÉvov (codd. A 9 I pl),
le mani; nel v. 4• il significato (per sé possibi- pEpaµµlvov (cod. 16u), Éppcxµµlvov (Or.), f>e-
le, dr. PREUSCHEN-BAUER5, s.v. tiyop&:) da paV"twµlvov (P 2329), 1tEP\PEpaµµÉvov (S*
merci di mercato, commestibili, per d:.1t'd:.yopfu; Ir.); nei codd. lat. sy" è comunque sottinteso
da intendere come oggetto, è escluso per ragi.C>- un verbo del gruppo f>a.v-tlt;w. Dato che evi·
ni linguistiche (verbo medio) e oggettive (non dentemente abbiamo un'allusione all'abito di
si conosce una purificazione rituale del cibo) Jahvé spruzzato di sangue (Is. 63,3, -+ cot
(diversamente si è espresso di recente V. TAY- 953), una delle forme del gruppo f>av-tl~w po-
LOR, The Gospel according to St. Mark [J952] trebbe essere originaria e ~tPtt.J.4,dvov potreb-
ad I.). Piuttosto è appropriata l'aggiunta !ha.v be essere derivato da un errore di scrittura.
0..Dwow (codd. D it) (PRBuscHEN-BAUER.5, s.v. Tuttavia è più probabile il contrario, cioè che
àyopa; KLOSTERMANN, Mk., ad l.; LoHMEYER, un originario !31bt"tW (come in Mc. 7A _. n. · ·~
Mk., ad I.). L'accostamento di v'lj!Wv"l'ru. <ttlc; 23) sia stato sostituito da diversi verbi del
XEtp~ (v. 3) e ~17..'lt'fLO'tt>V'ftt.~ (v. 4') corrispon- gruppo ~cr.v-rl~w, la cui compresenza si può
de esattamente alla distinzione giudaica tra spiegare solo cosl.
t1tl (l'acqua è versata sulle mani alzate) e /bi 25 Sul significato del sangue di Cristo dr. I,
(le mani ·vengono immerse in una certa quan- 468 ss.; -+ LoHSE 138-141; W. NAUCK, art.
tità d'acqua). Anche nei LXX tbl viene re- 'Blut Christi im N.T.', in RGGJ 1 1329 s. ·
so quasi sempre con ~d:.1t'fW o ~cn~'~w. Cfr. z~ xpr~ucrov: cioè non per vendetta ma per
al riguardo STRACK·BILLERllECK I 695-704; - perdono; dr. i commentari, ad I.; -+ NAUCK
u, coll. 41 ss.; - IV, coll. 1275 ss.; -+ VII, roll. 59·
1021 ss. Viceversa ~11.v-tlCTWVT«L non si può 27 Va letto sicuramente 1ttt.poc -rb "APE). (con
~a.v-.lsw C 2 (C.-H. Hunzinger)

versato senza sua colpa si può ben para- La prova che già la TCpW't'T) 8ta.ih1x11 non
gonare al sangue di Cristo, ma il moti- è stata fondata xwpì.c; cx.rµa.'t'oç serve alla
vo dell'aspersione non trova alcuna ri- Lettera agli Ebrei per accennare alla fon-
spondenza in Abele. Perciò l'espressione damentale importanza che la morte di
alµa ~CX.'ll•~uµou mostra di non essere Gesù Cristo ha per la xai.vil 1ha.~1JxTJ
stata formata ad hoc ma di essere una (~II, col!. 1086 ss.), di cui egli è ilµ.€·
formula fissa. Formalmente essa accoglie crl't'T}c:; (9,15, dr. 12,24 ~II, col. 1084).
la veterotestamentaria espressione tec- La designazione del sangue asperso da
nica vowp ~CX.\l'n<iµou e~ coli. 952 s.); Mosè sul popolo come -;ò cx.!µa; -tfjc;
ma col suo contenuto estende il ri- otafi"1)xT)c; (Ex. 24,8) viene citata espli-
ferimento a diversi riti veterotestamen- citamente (Hebr. 9,20 33 ); di fronte ad
tari, come si riconosce meglio in Hebr. esso sta il sangue di Cristo come 't'Ò cx.!-
9,13 S. I8-2I. µa. 01cx.~1)xT}c:; alwvlou (13,20, dr. 10,
Hebr. 9,18-21 guarda alla stipulazio- 29). Come l'aspersione col sangue sacri-
ne del patto dell'alleanza sul Sinai in ficale dava la partecipazione alla prima
Ex. 24,3-8 (~ col. 958), la cui effet- alleanza, così l'aspersione col sangue di
tuazione è qui descritta con differenze Cristo rende partecipi della nuova:
dal testo veterotestamentario non atte- Hebr. 9,13 s. (~ IV, coli. 1288 s.)
state in nessun altro luogo: Mosé pren- tiene presente anzitutto (cfr. 9,7) il
de il sangue dei giovani animali 29, oltre grande giorno della riconciliazione di
ad acqua, lana rossa e issopo 30, e ne a- Lev. :Ì6 (~ col. 956): al sangue dei
sperge il libro dal quale ha letto la leg- capri e dei tori ed alla sua limitata effi-
ge di Dio 31 e tutto il popolo e poi anche cacia (esso compie solo la purificazione
H tabernacolo e tutti i vasi del culto 32• della uap~ 34 ) viene contrapposto il san-

P'6 L al); la lezione 'lta.pà. i:òv "A~EÀ. nella Ex. 24, ma provengono da Lev. 14>4·7 (~
Lettera agli Ebrei, dove davanti a nomi di per- col. 955) e da Num. 19,6 (-+ col. 954).
sona viene posto l'articolo soltanto se lo esi- 31 L'aspersione del libro dell'alleanza non ha
ge la chlarezza del testo, è del tutto improba- alcun punto d'appoggio in Ex. 24.
bile (dr. ad es. Hebr. lI,4). JZ Neppure di ciò Ex. 24 dice nulla; si tratta
211 Cfr. Hebr. II,4 e Mt. 23,35-+ I, coll. 19 ss. probabilmente d'influenza di Num. I9,4 (~
'J9 µ6<1)COL corrisponde all'ebraico par1m, torel- col. 955) e di Lev. 16,14-19 (-+ col. 956).
li (Ex. .:z4,5), che nei LXX è reso con µoO')C~­ l l :B degna di nota la redazione nu-r:o -rò at..
pLa.. La menzione aggiuntiva dei -tp{tyo~, di µa x-.À.., che si stacca dal T.M. (hinnéh) e
cui in Ex. 24 non si fa parola, è un'assimila- dai LXX (llìou), evidentemente per influenza
zione a Hebr. 9,12.13; l0,4 e probabilmente è della formula della cena eucaristica; cfr. C.
scivolata nel testo soltanto secondariamente; SPICQ, L'Epltre aux Hébreux 111 (1953) 264,
la lezione meglio documentata ha soltanto -r:wv ad l.; ]. HilRING, Épltre aux Hébreux, Com-
µ6crxwv (P" KL 1739 pm sy), la collocazione mentaire du N.T. 12 (1954) ad l.; ~ LoHSE
diversa dell'aggiunta negli altri mss. fo sospet- 177 n :5; M1cHEL, Hebr., ad l.
tare che essa sia secondaria. M !!. sottinteso il giudizio, inammissibile per
30 Questi tre elementi non sono menzionati in il pensiero veterotestamcntario-giùdaico, di
pa.v'tll;,w C 2 (C.-H. Hunzinger)

gue di Cristo, che ha la forza di purifi- Cristo; là l'aspersione rende partectpt


care la nostra coscienza (e precisamente dell'antica alleanza, qui di quella nuova,
mediante aspersione: 10,22 ~ coli. senz'altro superiore all'antica; là è pu-
964 ss.). Tuttavia si può parlare di un'a- rificata solo la carne, qui la coscienza.
spersione nel giorno della riconciliazione In questo confronto la Lettera agli E-
solo in quanto i vasi del culto sono pu- brei riprende in pa:nl'(,w/ pocv·w1µ6c; un
rificati dall'aspersione; un'aspersione del concetto cultuale, ma applicandolo al
popolo, alla quale è soprattutto interes- sangue di Cristo lo sottrae alla sfera
sata la Lettera agli Ebrei, non ha luogo. propriamente cultuale e se ne serve in
Perciò, per introdurre il momento del- modo figurato 36 • Un uso figurato del
l'aspersione, viene fatto ricorso ancora concetto l'abbiamo potuto già constata-
ad un altro rito veterotestamentario, nel re in fa. 36,25 e I QS 4,21 (~ coli.
quale ha luogo un'aspersione di uomini, 957 s. e n. 21), dove l'aspersione diven-
anche se non con sangue: l'aspersione- ta immagine dell'escatologica azione sal-
con acqua di purificazione - di coloro vifica di Dio, che donerà la purità tota-
che sono stati resi impuri (qui: xsxo~­ le. Ma nella Lettera agli Ebrei questa a-
vwµivo~) dal contatto di un cadavere spersione avviene già ora nella comunità
(Num. 19, ~ col. 954). Cosl, accan- del sommo sacerdote celeste, che con il
to al sangue espiatorio degli animali im- suo stesso sangue purifica i suoi dai pec-
molati nel giorno della riconciliazione, cati e li rende partecipi della nuova
compaiono le ceneri purificatrici deUa alleanza.
vacca rossa lS come tipi del sangue di Secondo Hebr. lo,22b l'aspersione col
Cristo. sangue di Cristo avviene nel battesimo;
A tutti questi enunciati soggiace lo pEpocv·rnrµÉvot ~<le; xocpolac; 41tò cruvet-
stesso schema tipologico. Come nella co- ol)crEwc; 7tOV1)péi.c; xaL À.EÀouo-µÉvoi ~Ò
munità veterotestamentaria, anche in crwµa voa~~ xcd}ap~, «purgati nei cuo-
quella neotestamentaria v'è un'aspersio- ri da mala coscienza e lavati nel corpo
ne; là questa avviene con il sangue de- da acqua monda».
gli animali immolati e le ceneri della Che in 22b<X si pensi ad un'aspersione
vacca rossa, qui invece col sangue di col sangue di Cristo 37 si ricava non solo

1~ La cenere qui sta come componente decisi-


Hebr. IDA: alìVva."to\I a.!µa. 'tC1.Up<.ù\I xa.t -rp&-
ywv <i<pa.ipErv àµapi:l~. Di per sé natural- va per l'acqua di purificazione.
mente il culto veterotestamentario avMZa la JS ~ WENSCHKEWITZ 162-166; ~I, coll. 470
pretesa cli trasmettere non solo una purità e- ss.).
steriore, rituale, ma anche la purità davanti a 37 ~ ScHMITZ 276; ~ WENsCHKEWlTZ I+l;
Dio con la cancellazione della colpa; cfr. ~ O. Kuss, Zur paulinirchen und 11achpa11li11i-
WENSCHKEWITZ 134; G. VON RAD, Theologie schcn Tauflehre im N.T.: Theologie und Glau-
der A.T. I (1957) .:z49-27I. be 42 (1952) 401-4.:z5 (spec. 4.:zo); H. STRATH·
pavi:l~w C 2-3 (C.-H. Hunzinger)

da Hebr. I2,24 (e I Petr. I,2; Barn. 5,1) forza del sangue di Cristo, che è forza
e indirettamente da Hebr. 9,18-21 (cfr. espiatoria, purificatrice e istitutrice del-
Io,29; 13,20), ma soprattutto anche da
l'alleanza.
· 9,13 s.: anzitutto perché anche là il san-
gue di Cristo vale da antitipo delle ce-
neri della vacca rossa e dell'acqua di pu- 3. Conseguentemente anche in I Petr.
rificazione che se ne ottiene, e poi anche l,2 è presumibile un riferimento al bat-
perché la formulazione di 9,14 (xa.1}a.- tesimo (--> VI, col. 818) 41 • Probabil-
PLEL 'tTJ'Y crvvElon1nv 7JµWv &.7tò vExpwv
ic:pywv, «monderà la nostra coscienza mente le due locuzioni parallele f.v à.-
dalle opere morte») è strettamente affine r~cwµé;> we:uµa:w;, e:k;, V'ltct.XOi}'Y e (e:lç)
a 10,22btt. Che d'altra parte in 22b~ si pav'ticrµòv a~µct.'toç 'Incrov Xptcr'tov de-
parli del battesimo, non necessita di
alcuna motivazione (--> VI, coli. 821 scrivono differenti atti della celebra-
s.) 38 • Ora, i due enunciati paralleli in zione del battesimo: la comunicazione
22b non possono essere separati tra di dello Spirito (che in un ramo della tra-
loro, come se 22b~ parlasse del battesi-
mo e 22btt invece di un altro avveni- dizione antica della chiesa precede il
mento 39 ; lo esclude già di per sé la con- battesimo con l'acqua 42 ), l'impegno al-
siderazione che difficilmente il battesi- l'obbedienza (cfr. I Petr. l,22; Did. 7,1)
mo potrebbe essere definito soltanto una e l'azione battesimale vera e propria; la
lavanda del corpo 22btt e 22b~, piutto-
sto, descrivono due aspetti dello stesso precedenza data a Ù1tct.xo1} rispetto a
avvenimento: mentre il corpo è lavato prt.\l'ttcrµ6ç 41 , che a tutta prima stupisce,
con acqua, contemporaneamente il cuore potrebbe spiegarsi con l'ordine liturgico.
viene purificato e liberato dalla cattiva
coscienza 40 • Comunque I Petr. l ,2 prova che l'idea
di aspersione col sangue di Cristo non
L'idea dell'aspersione col sangue di è una particolarità della Lettera agli E-
Cristo appartiene dunque alla teologia brei ma è parte costitutiva di una diffu-
battesimale; è interpretazione dell'even- sa tradizione battesimale della chiesa
to del battesimo. Nel battesimo il bat- delle origini 44 •
tezzando riceve la partecipazione alla

MANN, Der Brief an die Hebriier, N.T. Dcutsch volto già all'omelia battesimale che segue, dr.
9' (1953) ad l.; _,,. LoHSE 176 n. l; MrcHEL, -'Jo NAUCK 57 n. I.
Hebr., ad 1.; cli diverso avviso PrumscllEN- 42 In Act. 10,44-48 e nel rito siriaco antico,
BAUER5, s.v. ~avi:l~w 2b. cfr. T. W. MANsoN, Entry into Memhership of
3.1Ciò viene negato soltanto in M. BARTH, Die the Early Church: JThSt 48 (1947) 25-32; ~
Tau/e - ein SakramentJ (1951) 478. N.WCK 155-159.
19 Cosl in RJGGENBACH, Komm. Hbr., ad I.; 43 WrNDISCH, Kath. Br., ad l. e~ Lousn 183
STRATHMANN (-'Jo n. 37) ad l.; HÉRING (n. 33) rimandano a Ex. 24,3-8, dove la lettura del li-
ad l. Anche WrNDISCH, Hbr., ad l. propende bro dell'alleanza precede l'aspersione col san-
per questa idea. gue dell'alleanza.
40 Kuss (-'Jo n. 37) 420; SPICQ (-'Jo n. 33) 1I H Anche altri testi, nei quali è citato il sangue
317, ad l.; Lottsn 175 s.; MICHEL, Hehr., ad l. di Cristo senza il tema dell'aspersione, potreb-
41 Anche il prescritto di I Petr. è dunque ri- bero essere in rapporto con tradizioni battesi·
{;ri.v1'lsw D (C.-I-1. Hunzinger) - ~l~a 1 (Ch. Maurer)

D.I PADRI APOSTOLICI babilmente altri testi veterotestamenta-


ri o addirittura l'esegesi. Mentre la
Nei Padri apostolici l'espressione san- vacca viene intesa come simbolo di Ge-
gue dell'aspersione ricorre in Barn. 5 ,1: sù ( 8,2: o
µ6axoc; o
'l1Jo-ovc; Éo--cw ), i
~'Ja 'tTI aq>Éo"EL 'tW'J &.µap·nwv &,yvLo-~W­ 7t«X.LÒla. che compiono l'aspersione sono
µEv, o ÉO-'tLV ÉV 't{i> a.Lµa'tL "tOV pU.V'tL- riferiti agli apostoli oi EÙixyyùi.uaµE\IOL
crµ_a.-coc; a.Ù'tov 45, «affinché fossimo pu- 'J̵L\I 'ti)V &q>EO"W '>WV &.µap·nwv XIX.~
rificati con la remissione dei peccati, "òv &.yvio-µòv 'tfjc; xixpòl«X.c;, «che ci re-
nel sangue della sua aspersione». Se il carono la lieta novella della remissione
concetto di pav'ttO"µcx. non è spiegato dei peccati e della purificazione del cuo-
con maggior precisione, ciò indica che re» (8,3). L'aspersione dunque opera H
si tratta di un termine formulare; non perdono dei peccati e la purificazione del
viene espressa una relazione col battesi- cuore (cfr. Hebr. 9;14; ro,22, --> coli.
mo, che tuttavia potrebbe essere impli- 964 ss.); però l'avvenimento dell'asper-
cita in &<pEO"L<; 'tWV O:µap'tLWV (cfr. Mc. sione sembra venga spostato dal batte-
l,4 par.; Act. 2,38) e b.yvlsw (cfr. I
simo alla predicazione. Infine in I Clem.
Petr. 1,22); ma cfr. 8,1.3 s. Barn. 8 dà 18,7 ricorre po.V'tlt;w in un'ampia cita-
un'interpretazione tipologica di Num. zione di ~ 50[5x],3-19 (--> col. 950)
19 (~ col. 954), Se in 8,1 l'aspersio- e in Herm., sim. 9,1oa pixlvw con si-
ne è di tutto il popolo (pa.vi;lt;Ew .•. gnificato profano (~pp«X.\llX\/ vòwp, cioè
xa~'Eva 'tÒV Àa.6v) ed opera la puri-
versarono acqua per far pulizia).
ficazione dai peccati (ivcx. àyvlt;wv-.«X.t
&.7tò 'tWV aµapi;twv), vi concorrono pro- C.-H. HUNZINGER

'Pax&.B ~iv, coll. 141 ss.


p'ijµ«X. ~ vr, coli. 199 ss.

òja), accompagnata da altra vocale fp«X.§·


(nel raro ~aò-cx.µvoc;), antico alto tedesè6
l. Nella grecità profana wurz, latino radix (da vrad-), la radice.
a) Nel senso proprio, di piante (Hom.,
plt;«X., radice fpo 1 {in filsa da *fp;r Od. ro,304); b) applicato a cose non ve-
mali; dr. in particolare Eph. 1,7; 2,13; I Petr. carestia ma anche col battesimo.
l,18s.; I Io. 1,7; Apoc. 1,5; 7,14, ~ NAucK 50- 4s Cosi va letto col cod. S; il cod. C (XI sec.)
52. Pertanto anche per r Io. 5,8 (non per 5,6) e le traduzioni latine leggono invece (forse w
c'è da chiedersi se tutti e tre i concetti (1tVEU· adeguarsi alla precedente espressione -tjj Wi>t·
1.1.(J., !ll>wp, alµa) non alludano al battesimo; <m x;i;).,): t'il 'ti;> pa.v-t(aµtt'tT. ttV'tOV -.ou a.tµa.-
cfr. l'ampia trattazione in ~ NAUCK 147-182 1 'toç.
il quale tuttavia, seguendo MANSON, op. cit. plr,a
e~ n. 42) 28, preferisce riferire ttlµa alla ce- PAssow, LmnELL-ScoTT, PREISIGKE, Worl.,
lebrazione dell'eucarestia nell'ambito della li- MouLT.·MILL., PREUSCHEN·BAUER5, s.v.
turgia battesimale. In ogni caso il motivo dello I Sull'etimologia: BorsACQ 83r. 1121; HoF-
a:'l:µa ha stretti rapporti non soltanto con l'eu- MANN 293; SCHWYZER I 3.59·
pll;a l-2h (Ch. Maurcr)

getali: punta della cannetta della penna rami (come nell'espressione «testa eco-
(Plat., Phaedr. 251b); piede del monte da») vuol dire la totalità dell'uomo o
(Aesch., Prom. 365 ); pC(,a:v &.7tElpou 'tpl- dcl popolo di cui si parla (lob 18,16;
't'ct\I della Libia, come della terza radice Am. 2,9 ecc.) 3 •
del continente (Pind., Pyth. 9,8); c) in
senso storico e genealogico: Cirene co- b) La flora della Palestina, minacciata
me M''t€wv pll;a., il centro di irradiazio· dal caldo e dalla siccità, dipende in mi-
ne della fondazione delle città circostan- sura del tutto particolare dalle radici, in-
ti (Pind., Pyth. 4,15); origine o ceppo di tese come quella parte della pianta che
una famiglia &.7t'EuyEvovc; pisTJc; (Eur., assicura l'esistenza del tutto. Ciò è mes-
Iph. Tour. 610); anche di un membro so in evidenza dalle applicazioni molte-
successivo della famiglia, che dia 1a pos- plici che trova il vocabolo. La radice ga-
sibilità di una discendenza (Soph., Ant. rantisce il sostegno e la stabilità. Perciò
600); d) traslato in senso spirituale: {>l- importa al tutto che non vengano estir-
<;a. xa.xwv (Eur., fr. 912,11 [T. G. F. pate le radici del giusto (Prov. 12,3 ),
655 J); àpxiJ xa.t {>ll;a. 'ltav-ròc; àyaì>ou che non muoia la radice dei buoni sen-
(Epic., Jr. 409); e) in un contesto co- timenti (Sap. 3,15) o, viceversa, il fatto
smologico e teologico: pll;a. 1tocv-rwv xa.t che la radice del giudice ingiusto è come
P&.cnc; ~ yii, la terra come origine e polvere (Is. 5,24). La stessa cosa vale
fondamento di tutte le cose (Tim. Locr. per pl'(,,a.v S&À.Àtw, 8186va.1, «gettare,
97e 2 ); l'anima che discende dall'alto e mettere radice» (Os. 14,6; Sap. 4,3 ss.).
fa dell'uomo una creatura celeste è XE· Risponde al pensiero veterotestamenta-
cpa.À.'Ì) xa.t pl'L,a 'Ì)µwv, nostro capo e rio l'ampliamento suggerito dall'immagi-
nostra origine (Plat., Tim. 9oa). ne: la vita trasmessa dalle radici dipen-
de dalla base che le sostiene, sia essa ;l
2.Nei LXX solido fondamento (Prov. 12,12), l'ac-
qua attingibile nel terreno (lob 29,19;
a) Nell'A.T. WreJ e pl<;a. si corrispon- Ier. 17,8; Ez. 3 r ,7), sia anche il magro
dono, tranne poche eccezioni. Soltanto terriccio sulle rocce (Ecclus 40,15) e il
in 4 dei 57 passi dei LXX si tratta di terreno arido (Is. 53,2). Nei passi poste-
concrete radici di piante (lob 8,12; 14, silici, che conispondono a circa i quat-
8; 30,4; Sap. 7,20). Il vocabolo si tro- tro quinti del totale, l'immagine per lo
va di rado in senso traslato per 'radici' più è applicata in senso individualistico
non vegetali: pll;a. i:wv 'ltoowv, l'orma agli empi o ai giusti. Ma questa è già
del piede (lob 13,27); il piede del mon- una variante dell'idea più antica che I-
te (Iudith 6,13; 7,12); pt<;wµa.'t'a. (!) sraele come popolo è piantato in buon
'tijc; ì}aÀ.M'CT'J')t;, il fondo del mare (lob terreno. Il canto della vigna (Is. 5,1-7)
36,30). Va ricordato inoltre l'espressio- come pure l'affermazione che Dio ha
ne corrente tx p1~wv, dalle radici, radi- piantato gli Israeliti sul monte della sua
calmente (lob 28,9; 31,12). Nella massa eredità (Ex. 15,17; 2 Sam. 7,10) costi-
degli altri passi troviamo soltanto appli- tuiscono le attestazioni più antiche di
cazioni :6gurate, sia in semplici metafore questa idea. In particolare va ricordata
sia in rappresentazioni colorite, fino ad qui l'immagine d'Israele quale vite che
ampie allegorie. Non cli rado l'abbina- Dio ha piantato nella buona terra di
mento polare di radici e frutti/fiori o Canaan (ljl 79,9-12 e passim [--'> r, col.
2 Ed. F. l!RRMANN IV (1856} 412. bibl.-hebr. Sprachgebrauch, Diss. Basel (1942)
3 A. E. RiiTHY, Die Pflmzze u11d ihre Teile im 44s.
w;,a 2b-e (Ch. Maurer)

927] ). Un'altra variante è l'applicazione 15.26 ss.). Nella preghiera di Esdra


alla casa reale giudaica (Ez. 17 ). Ma poi- (Esdr. 9,6 ss.), invece, viene lodata la fe-
ché gli enunciati più recenti dell'A.T. deltà di Dio che nel meritato giudizio
sono alimentati da quelli più antichi, annientatore lascia sopravvivere un resto
ci si può attendere che le intenzionali e consente di sperare nel futuro d'Israe-
ripercussioni dell'immagine d'Israele co- le. Stranamente qui solo la traduzione di
me entità in sé conchiusa si facciano r E<Top. ha il vocabolo pa;oc (8 ,75 .84.8 5 ).
sentire fìn negli enunciati singoli appa- Viceversa il parallelo 2 Ecrop. 9,8.13-15
rentemente casuali. Questo può essere traduce le espressioni ebraiche his'ir [ na-
il caso di Mal. 3,19, dove echeggia il ri- tan] petera letteralmente con xcx.-.a.ÀEl-
cordo vivo d'Israele come pianta: «Non 'ltEt\I dc; 11w-t'l]pla.v [ 8to6va.L uw-r'l]plav J,
sarà lasciato loro nulla, né radici né lasciar sopravvivere gli scampati. In I
rami». Eaop. si può forse rilevare l'influenza di
ls. 11,1.10, dove la speranza d'Israele
e) Dalla radice intesa come origine (ma in senso messianico) è connessa a
germoglia la patte scoperta della pianta. pls(J.. Uno sradicamento totale, cioè l'e-
Dell'origine in senso genealogico parla- liminazione di ogni sopravvivenza, viene
no Tob. 5,14; Aocv. u,7.20. Ez. 16,23 annunciato al re (Et. 17,9), ai popoli
chiama l'origine storica di Israele 1) pl- (Ecclus10,15), ad Efraim (Os. 9,16), ai
sa 4 aov xat 1) yÉvEalç aou Èx yijç Xoc- superbi in Israele (Mal. 3,19 T.M.). Nel-
va.av. pff,a. aocplaç in Ecclus l,6 è intesa l'ultimo passo citato i LXX evidente·
nel senso di primo prodotto: la sapienza mente lessero ziirlm == &.ÀÀ.oyE\IEt<:; in
è stata creata da Dio prima di ogni al- luogo di zertm, 'insolenti', per cui tut-
tra cosa {vv. 6.9). Quando l'immagine è to il testo viene sorprendentemente al-
trasferita nel campo spirituale, origine e terato.
intima essenza sono tutt'uno: plsa <fo- e) Un'attenzione particolare merita
cplw; <pO~ELCTnat -.òv xup~OV (Ecclus 1,
20 ), c&. apxl) 11ocplac; q>6~oç xuplov,
5 Is. u,r.I0 6, dove si parla della radice
initium sapientiae timor Domini (ljJ uo, di Jesse in senso messianico. Is. 11,I:
rn; Prov. l,7; 9,10). w•;a!ii' poter miggeza' jiiaj w«nef er mil-
d) Grazie alle radici l'albero abbattu- sorolajw jifreh == xa.t E~EÀEvcre-.oct p&:B-
to può rinnovarsi e gettare freschi ger- ooç Èx 't'ijt; plS'Ylt; IE<raa.i, xa.t èlwoç f.x
mogli (lob 14,7-9). Cosl la radice è l:i -.'ijç pls'YJ<; &.va~1)11i::-cr.ti 7 • Al misero re-
speranza in un nuovo principio dopo u-
sto della famiglia di Jesse, come dà un
na catastrofe. Due volte si affaccia l'idea
del resto santo nell'immagine della ra- ceppo dimenticato, spunterà un nuovo
dice che rimane, e qui echeggia il ricor- germoglio, che instaurerà il nuovo regno
do del ceppo santo (Is. 6,13 T.M.). L'u- della pace e della giustizia. geza' , 'cioc-
nica radice dell'albero della vita di Na-
bucodonosor, rimasta sulla terra, annun- co', 'ceppo di radice', come anche soreJ,
cia la nuova ascesa del sovrano (Aav. 4, indica tanto ciò che rimane di una gloria

4 Qui pa;,a. è significativamente la· traduzione 6 Cfr. i prospetti in ]. ZIEGLnR, Untersuchun-


di m•kura, discendenza. gen zur Septuaginta des Buches Isaias (1934)
r4os.
s R. SMI!ND, Die \Veisheit des Jesus Sirach 1 Sembra che qui i LXX presuppongano jifrap
(1906) ad l. invece di ji/reh.
W;a. 2e (Ch. Maurer)

passata quanto il punto di partenza che mula ed è divenuta un titolo messianico


fa sperare in un futuro migliore. La stes- autonomo. Sulla base di queste conside-
razioni ci si può domandare se anche
Ml duplicità di significato è contenuta in
Ecclus 47,22 abbia un sottotono messia-
pl'C,a. Ma la tarda aggiunta redazionale nico: ltowxEv ... -tG Lia.u~o E.ç aù't'oi:i pl-
nel v. 10 mostra un'altra comprensione 'C,av, «concesse a David una radice di lui
(scii. Salomone)». I paralleli xcx..-aÀ.Etµ.-
di pl'C,oc wehiija bajjom hahU' lord jisa;
µcx. (v. 22c) e ltxyova. (v. 22h) mostrano
'aJer 'omed lenes 'ammlm 'elàjw gojim anch'essi il doppio significato di pl'C,a.:
jidrosu = xcd it1nat È'V 'tfj TjµÉp~ hEl- resto e possibilità di un nuovo inizio.
vn ii pl'(,a -cou forcrat xocL o àwr-c&µg-
Il cambiamento di significato di pl(,oc
voç &pxm1 Èwwv, E.7t'ocù't'ii) itlhi11 ÉÀ.- dal senso attivo (radice che produce)
moucrw ... Nel v. r pl'C,a IE<rcroct andava al passivo (germoglio prodotto) si può
letto come genitivo appositivo o espli- rilevare anche altrove nell'A.T., senza
che vi si debba collegare la linea messia-
cativo: la radice che si chiama ]esse. Nel nica. In Deut. 29,17 i LXX parlano di
v. ro invece in Ti pl'(,<1, 't'OU IE<rcrcx.t abbia- un germoglio che spunta dalla radice ( &-
mo un genitivo di origine = il germo- vw q>uovc;oc, intransitivo!) nella collera e
nell'amarezza, mentre il T.M. intendeva
glio che discende da Jesse. La prima vol-
parlare di una radice come origine, che
ta la radice è l'origine del futuro germo- produce veleno e amarezza (poreh, tran-
glio, la seconda è questo stesso ger- sitivo)8. In I Mach. 1,ro l'Epifane è pl~a
moglio. Naturalmente questo trapasso è &.µcx.p't'wÀ.Oc;, un germoglio (discendente)
peccatore. Viceversa i LXX in Is. 14,29.
facilitato dall'idea che la radice, come 30 non osano tradurre due volte soreS
parte per il tutto, comprende in sé anche con pl~a, ma scelgono tr7tÉpµcx., perché
ii germoglio. nel secondo passo si intende chiaramen-
te parlare della discendenza. Ciò prova
Un'altra decisiva osservazione si de- che l'uso di pl'C,a. in senso passivo ha i
duce dal confronto tra il T .M. ed i LXX. suoi limiti.
Nel testo ebraico Sòrd jiSaj è il soggetto
(presupposto come casus pendens) par- In Is. 53,2 forse riecheggia il signi-
tendo dal quale vengono fatte due affer- fìcato messianico di Is. 11,10 (~ IX,
mazioni, runa in forma participiale e col. 334). Secondo il testo tràdito dei
l'altra con un verbo :finito. I LXX, LXX ( àVTJYYElÀ.cx.µEv) sembra che il pa-
traducendo 'aser con xal, intendono ragone del germoglio e della radice non
ò IÌ'Vt<r'taµE\/oç èip)CEW E.iNwv come se- si riferisca alla figura del Servo di Dio,
condo titolo messianico. Dunque va con- ma al compimento dell'annuncio che lo
siderato come predicato EO"'t'ctt='eg)i sa- riguarda: «Noi annunciamo alla sua pre-
rà, comparirà', per cui sopravviene l'al- senza, come (annuncia) un bambino, co-
tra affermazione che i gentili spereranno me una radice langue in una terra asseta·
in lui. Ma ciò prova che l'espressione Ti ta» 9• Ma forse il testo greco è corrotto
pl'C,cx. -toi:i IE<rcrat è già irrigidita in for- ed è lecito proporre come congettura
s Forse i LXX lessero pàral;, cfr. Is. u,1; Os. 9 K. F. EuLER, Die Verkiindigung vom leiden-
10,4. den Gotlesknecbt aus ]s .53 in der griecbi-
schen Bibel (1934) 14.22 s. _53-56.
~lt;ix. 2e-3b (Ch. Maurer)

ocvhE~À.Ev 1° e analogamente al T .M. in- ti israeliti vengono recisi dalla loro co-
terpretare: «Egli (cioè il Servo di Dio) munità (Hag. b. r5a). Chiaramente par-
crebbe davanti a lui (scil. Jahvé) come la il passo (peraltro tardo) Midr. Cani.
un bambino, come un germoglio di radi- 6,2: Dio pianterà in Israele i gentili giu-
ce in terra assetata». sti (similmente Ber. j. 5 c 2-10) 13 •
Secondo Filone, nell'èra messianica
3. Il tardo giudaismo Dio onorerà altamente gli stranieri con-
vertiti al giudaismo, mentre. respinge i
Possiamo limitarci a indicare le linee giudei apostati. Ciò dimostrerà che a
che hanno maggiore importanza per il Dio è bene accetta la virtù anche se di
N.T. origine modesta, perché egli non si cu-
a) L'idea d'Israele come pianta di Dio ra delle sue radici, ma accoglie il germo-
sembra sia presente in molti modi 11 • Dio glio che, vigorosamente cresciuto, si è
trasformerà il popolo decaduto in una fatto nobile ( execr. 1 J2 14).
pianta di giustizia (fob. r,16); Israele è
la pianta della giustizia e della verità Cosl vive nel tardo giudaismo, espres-
(Hen. aeth. 10,16; 93,ro); la piantagio- sa in molti modi, l'idea di Israele come
ne dei pii, che rappresentano gli alberi pianta di Dio che discende da Abramo,
della vita, è saldamente radicata in eter-
no (Ps. Sal. 14,3 s_). Questa piantagio- nella quale possono essere innestati an-
ne d'Israele risale ad Abramo, che per- che i pagani.
ciò ne è la radice: Abramo sapeva che
da lui sarebbe uscita la pianta della giu- b) Nella sinagoga è corrente l'imma-
stizia (Iub. 16,26); la stessa cosa dice gine del Messia come radice di Jesse. Ivi
Abramo di Isacco (Iub. 21,24); Abramo sòrd nel senso di rampollo viene sem-
è anche la pianta del giusto giudizio, do- pre riferito al discendente di Jesse (Tg.
po di lui viene la pianta eterna della giu- prof. Is. a n,1 15 ) (coli. 972 ss.) . Ciò
stizia (Hen. aeth. 93,2.5); Israele è la è parimenti confermato dall'abbandono
stirpe della radice eletta (Hen. aeth. generale di sòrd a vantaggio del chiaro
93,8). ~emal; = il germoglio, il rampollo (Tg.
Queste immagini del giudaismo elleni- prof. Ier. a :z3,5; 33,15; Zach. 3,8; 6,
16
stico e apocalittico nei pochi passi rab- 12 ). Dal fatto che per Is. n,10 sono i
binici subiscono un cambiamento note- pagani a domandate del Messia, piò tar-
vole. I due bei polloni che Dio inneste- di viene tratta la singolare deduzione
rà in Abramo sono Rute Noemi, che si che Israele, poiché possiede la torà, non
trapiantano in Israele come proseliti abbisogna dell'insegnamento del Messia
<Jeb. b. 63a) 12• Quando si dice che Aher (Gen. r. 98 a 49,u; Midr. 21 §I a Ps.
(cioè Elisa b. Auja} «recide le piantagio- 21,2 17). L'assenza dell'attesa messianica
ni», forse si pensa all'effetto prodotto da in Filone è indicata dal fatto che egli
questo apostata, per colpa del quale cer- non cita mai Is. n,r.ro. La descrizione

JO J. ZIEGLER, Isaias, Septuaginta 14 (1939) l'idea, ricorrente in entrambi i passi, d'Israele


ad l. e 99. quale pianta di Dio può derivare da una tra·
li STRACK-BILLERBECK I 720 s.; Ili 290-292. dizione più antica.
12 STRACK-BILLERBECK I 26. 15 STRACK-BILLERBECK I 28.
l3 STRACK-BILLER1lECK I 21. . 16 STRACK·BILLERBECK I 93 S.j altri testi in Il
Iub. 1,16 (~
14 Se exsecr. 152 è collegato a n3.
sopra} dal rinvio comune a Deut. 28,13.44, 17 STRACK-BILLERBECK II 438.
977 (v1,988) ~(!;oc 3l>4b (Ch. Maurer)

dello stato di pace secondo Is. u,6ss. in dicato nel terreno che sta fuori della per-
praem. poen. 89 s. non menziona il ram- sona 18• Mt. 3,rn /Le. 3,9 vanno posti
pollo di David. Filone usa spesso l'im-
magine della radice, ma per lui essa è di- sullo sfondo di Mal. 3. Non soltanto
ventata un puro mezzo stilistico come MaV3,23 determina tutta la persona e
altre immagini. Ciò appare nell'uso della la i predicazione del Battista come il re-
formula xo:M7tEp Éx (&.7tò) pl~1)ç (sacr.
divivo Elia; anche il fuoco del giudizio,
A.C. 40; poster. C. 129; rer. div. ber.
279 ecc.) e nelle molteplici applicazioni che non risparmia né radici né rami, ri-
del paragone: i dieci comandamenti so- sale a Mal. 3,19. Quando si dice che l'a-
no pl'(,a. xai &.pxaL ( xat} 1t1JY1i, «radi- scia 19 è posta alle radici perché l'albero
ce, principi e fonte» dei singoli ordini
(congr. 120); la cpvcnç è radice e fonda- intero sia abbattuto e gettato nel fuoco,
mento delle arti e delle scienze (rer. div. probabilmente non si deve pensare solo
ber. u6 ecc.). Giuseppe usa il vocabolo ad un paragone generico. Come in Mal.
soltanto in senso proprio (ad es. ant. 8,
3,19, anche questo detto va visto alla lu-
47; 18,9 ss.; bell. 7,180).
ce de1la concezione totale d'Israele co-
4.NelN.T. me pianta di Dio. Si tratta d'Israele nel
I l 7 passi, dai quali se ne devono de- suo insieme, al quale viene minacciato il
trarre 4 in quanto paralleli sinottici, si giudizio della totale rovina se non fa
ripartiscono fra i sinottici ( 8 o rispetti- penitenza.
vamente 4), Paolo, comprese le Pasto-
rali (6 volte), Hebr. (1 volta) e Apoc. b) Rom. u,16 ss. (~ v, coli. 487 s.)
(2 volte). L'uso del vocabolo si mantie-
è un ammonimento ai cristiani venuti
ne totalmente entro i limiti segnati dal-
1'A.T. Ad eccezione dell'albero di fico dal paganesimo a non abbandonare gli
seccato fino alla radice (Mc. n,20), si smarriti Giudei. La dimostrazione, che
tratta dappertutto di un uso figurato o comincia col v. 16, scopre un presuppo-
parabolico.
sto per la conclusione a minore ad maitls
a) Nella parabola del seminatore (Mc. (v. 15). Il presupposto del fatto che l'ac-
4,6/Mt. 13,6) la radice, nata dai semi cettazione d'Israele alla fine dei tempi
caduti nella buona terra, è sorgente di porterà con sé la generale risurrezione
linfa per la pianta. La spiegazione della e l'avvento del regno di Dio, è che I-
parabola (Mc. 4,17/Mt. 13,21/Lc. 8,13) sraele in tutti i casi conserva la sua spe-
applica agli uomini l'avere radici. Qui ciale santità. Ciò viene espresso nel v.
sembra che Luca, tralasciando È\I lo:u- 16: come il prelievo della pasta in Num.
'tO~<;, sottolinei più di Marco e Matteo 15,17-21 mostra che appartengono a
che non importa tanto l'autosufficienza Dio tutta la pasta e l'intero raccolto
dell'uomo quanto il fatto che egli è ra- e~ 1, co1l. 1290 s.), cosl anche la santità

ia Già Le. 8,6 aveva sostituito pll;ct con lxµUc;. 10,34 T.M. (i LXX traducono babbarzel con
19 Questo particolare potrebbe risalire a Is. 'fTI µocxixlp~).
pf.t;cx. 4b (Ch. Maurer)

della radice rende santi i rami. Qui va che si compie in Cristo 22 • Questa san-
supposto che il nuovo ragionamento co- tità, la quale è fondata nell'azione di Dio
minci col v. r6a e non soltanto col v. che abbraccia tutta l'esistenza e la sto-
16b, o addirittura col v. 17. Dai Giudei ria d'Israele, non può essere cancellata
non viene più dedotta, come nel v. r5, neppure dal più radicale colpevole per-
la posizione futura delle genti; si tratta vertimento. Il v. I7 si occupa della mi-
piuttosto della santità dei Giudei in ge- serevole situazione nel presente. In luo-
nerale e, in particolare, nel presente. Per go dei rami giudaici strappati per loro
pl~a si è pensato all'offerta delle primi- colpa, sono stati innestati, come ramo-
zie dei giudeo-cristiani, con la quale ver- scelli selvatici, cristiani un tempo paga-
rebbero santificati i Giudei non creden- ni. Il 'controsenso' dal punto di vista
ti 20 • Ma cosl si avrebbe una frattura agricolo di quest'avvenimento si spiega
troppo brusca nell'argomentazione tra il proprio con l'idea giudaica dell'innesto
v. 16b e il v. 17, poiché nel v. 17 i giu- dei gentili selvatici nell'albero nobile
deo-cristiani chiaramente fanno parte dei d'Israele(~ V, coli. 487 s., n. 5; vedi in
rami che non sono stati toccati. È me- particolare ]eb. b. 63a; Philo, exsecr.
glio intendere (d'accordo con la maggior 152 ~ coli. 975. 976). Teologicamen·
parte degli esegeti) che già nel v. 16 si te, il paragone volutamente innatura-
faccia riferimento all'origine d'Israele le corrisponde esattamente alle cose,
nella storia, ai patriarchi. Ciò concorda in quanto il pagano è trapiantato 'lta.pà
con l'immagine giudaica di Abramo visto <pucnv nel popolo della salvezza (v. 24) e
come la radice santa d'Israele (~ col. l'irrevocabile chiamata di Dio (v. 29) fa-
975; vedi in particolare Hen. aeth. vorisce e garantisce il reinnesto dei rami
93,5.8) 21 • Rom. 11,28 dimostra che nobili che sono stati tagliati. Pingue ra-
Paolo ha in mente i padri. La santità dei dice 23 sono i padri perché sono i porta-
patriarchi, la quale è il fondamento del- tori della promessa adempiuta in Cristo.
la santità d'Israele, consiste fin da prin- Il gloriarsi a confronto coi rami staccati
cipio nel fatto che essi sono stati scel- è giustificato dalla natura della radice
ti e creati da Dio per l'opera salvifìca che sostiene i rami. Ma poiché questa

~ E. GAUGLER, Der Romerbrief n (1952) 191. ficare la santa radice con Cristo stesso, come fa
LrnTZMANN, Rom., ad l. riferisce il v. 16• (sen· K. BARTH, Kirchliche Dogmotik JI 2 (1942)
za escludere il riferimento ai padri) ai giudeo- 314 riprendendo l'esegesi della chiesa antica.
cristiani, il v. rfl' inequivocabilmente ai pa- Va fatta distinzione tra la radice e il 'sotto-
triarchi. fondo' che la detennina.
21 MzcHEL, Rom. 243: «I due paragoni sono
tradiziorù preesistenti, che Paolo nel v. 16 ci- 2J Sia l'inserimento cli un xa.t dopo ~lt;71c;
ta e invece nei vv. 17 ss. presuppone. Essi so- (codd. A Sf pl vg sy Or) sia anche l'omissio-
no trattati come citazioni scritturistiche». ne di '°"Tjç pf.t;1)ç (P'6 D G it Jr) sono tardi
22 L'immagine non va forzata fino ad identi- tentativi cli appianare il testo.
~ll;,CJ; 4b - f>l.s6w 1 (Ch. Maurcr)

natura è determinata dall'azione di Dio 598 e col. 6oI n. 17),_;. Hebr. 12,r5 è
anche rispetto ai rami temporaneamente una citazione di Deut. 29,17 LXX 26 • Co-
tagliati, ogni atto di disprezzo dei Giu- me là, anche qui non si deve pensare al-
dei, da parte dei cristiani ex-pagani, e la radice come origine, ma ad una gem-
perciò il disprezzo della propria radice, ma che si schiude 27 • L'amara radice trae
comporta un distacco definitivo e senza origine dall'allontanamento dalla grazia
speranza (v. 22). di Dio e porta in sé i dissidi che mac-
chiano la comunità con la distruzione
c) In Rom. 15,12 compare la designa-
della pace. È molto incerto se s'intenda
zione del Messia di Is. n,10 (--+ col.
parlare di una controfigura anticristiana
973 ): Ti PtSC1. 'tOV IEcrO"oct. 24 • La cita-
dell'attesa messianica della radice di
zione dei LXX sottolinea che il «servo
Jesse 28•
della circoncisione» (v. 8) è colui nel qua-
le sperano i pagani, e che perciò i Giu-
5. I Padri apostolici
dei e i pagani dovrebbero intonare in-
sieme l'inno della lode. Sottolineato so- Essi conoscono il vocabolo nell'am-
piezza dei suoi significati: oct pli;at. "t'OV
lennemente è il titolo messianico modi-
opouc;, i piedi del monte (--+ col. 969)
:ficato in Ti ptr,oc .6.aulO in Apoc. 5,5; 22, (Herm., sim. 9,30,1 s.); le piante, la cui
16. Il parallelo con yÉvoc;, discendente, radice è già secca, mentre la parte supe·
di 22,16 mostra chiaramente che si ri- riore è ancora verde, sono immagine dei
dubbiosi e di quanti professano la fede
prende da Is. 11,10 e non da Is. 11,1. soltanto con le labbra (sim. 9,1,6; 21,1
Si deve tradurre: germoglio della radice s. ). L'espressione 1) ~E~rxloc TI')c; 1tWrEWç
di David. I diversi titoli del Messia s'in- uµwv pl<;rx, «la salda radice della vostra
fede» (Polyc. 1,2) rappresenta l'antitesi
trecciano vicendevolmente.
positiva a r Tim. 6,rn (~ col!. 981 s.)
(cfr. al riguardo Ecclus 1,6.20 [ ~ col.
d) La prima Lettera a Timoteo e quel-
971]). r Clem. e Barn. usano pli;a. sol-
la agli Ebrei presentano ciascuna un e- tanto in citazioni veterotestamentarie.
sempio di ~etafora che conduce alla sfe-
ra spirituale. r Tim. 6,rn: plsoc yù.p t pi.<;ow
7taV'tW\I 'tW\I xaxwv fo··n \I i) cpt.À.a.pyu-
r. p~~6w, far mettere radici: attivo,
pla.. Che l'avarizia sia l'origine di ogni metaforico: Posidone radica nel fondo
male è una sentenza diffusa (--+ x, col. del mare la nave tramutata in uno sco-

24 Come in Is. n,10, abbiamo qui un genitivo KATZ, recensione a B. RoBERTS, The O/d Te-
di provenienza, non un genitivo esplicativo slametlt Text and Versions: ThLZ 76 (1951)
(cosl ScHLATTER, Rom., ad l.). 537; ID., Où µ1) ue àvw, oòlì'où µ:fi <re ty-
z; Documentazione in Drnsuus, Past. 3, ad I. e xu.-.a)..hm.o> (Hebr. I3,5), The Biblical Source
C. SP1cQ, Les ÉpUrcs Pastorales (1947) ad l. of the Quotation: Biblica 33 (1952) 525, n. l.
2~ Sul rapporto storiro-tcstuale·tra il passo del- 21 WrnmscH, Hebr.; MICHEL, Hebr., ad l.
la Lettera agli Ebrei e il Deuteronomio cfr. P. 2s MrcHEL, Hebr., ad t.
~tl;6w I - Èxpt~6w (Ch. Maurer)

glio (Horn., Od. 13,163); -t'Ì)\I -cupawl- E.pptswµÉvot xat È1totxo8oµouµEvot E.v
oa (Hdt. l,64); passivo, di piante: get- aù'té;> (scii. Xpt.O''t4}); Eph. 3,17: ~'V <i-
tare, mettere radici (Xenoph., oec. 19,
ycl.'ltiJ 1 ÈpptswµÉvot xai 't&l}EµEÀtwµlvoi.
9 ); di un giardino con piante: à.À.w-YJ Ép-
pl~w-w.t (Horn., Od. 7,122); medio: al In entrambi i casi l'immagine si collega
')
1tLWtXt (conchiglie) Èppl~W\l't'OCt (Ari- con quella dell'edificare, che anche altro.
stot., hist. an. 5 ,17 [p. 548 a 5]: è!; ... ve viene applicata alla comunità: su
à.µcdHaç. .,.&,v-ca xaxà E.pplsww.t, «dal-
l'ignoranza trae radice ogni male» Èr.otxo8oµE~v (-7 vm, coli. 416 ss.) dr.
(Plat., ep. 7,336b); viene anche applica- Eph. 2,20 s.; 4,12.16 ecc.; su ilEfléÀ.touv
to a costruzioni edilizie: ò8òç. xaÀ.xo~ç (-7 IV, col. 314) dr. Col. l,23; Eph.
Scii)poL<nv yfil}Ev E.pptswµf.voç., «la so-
glia (dell'Ade) radicata nella terra con 2,20; I Cor. 3 1 10 e passim. Si possono
gradini di bronzo» (Soph., Oed. Col. quindi richiamare specialmente i paral-
1591 ); di un ponte: oclwvto<; Èppl~w-cat leli sopra citati (-7 col. 983). Il senso
(Epigr. Graec. 1087,7 ); 'ltapÉO"XE P•sw-
degli enunciati è il profondo radicamen-
CTat xat xo:"t'M"-tfjrTat -ci)v 1tOÀLV, <<0f-
frl occasione di fondare e costituire la to in Cristo, terreno che dona la vita e
città» (Plut., de fortuna Romanorum 9 fondamento portante.
[II 321d) ).

2. Nei LXX: gettare, mettere radici,


attivo: detto della pianta dell'ingiustizia
Èxpt~6w, strappare con le radici, sra-
(Ecclus 3,28); della sapienza radicata in
Israele (Ecclus 24,12); passivo: detto dicare, in Le. 17,6 è usato in senso pro-
della radice dei prlncipi (Is. 40,24); de- prio, in Mt. 13,29 nella parabola della
gli empi (ler. 12,2). zizzania. In Mt. 15,13 e Iudae 12 (irt
3. Filone parla di virtù radicata (leg. analogia a Sap. 4,4 e Au.v. 4,14.26) vie.
ali. I,45.89); del cosmo piantato e radi- ne applicato al giudizio sui Farisei e,
cato (plani. 1l ). rispettivamente, sugli eretici.

4. Nel N.T. il vocabolo si trova sol- Per indicare la distruzione di grandi


popoli provocata da rivalità e liti: :r
tanto in due passi corrispondenti, en- Clem. 6,4; il dubbio sradica i credenti
trambe le volte a proposito del radica- dalla loro fede (Herm., mand. 9,9 ).
mento personale dei cristiani. Col. 2 17: CH.MAURER

~t~6w
1 II contesto fa pensare soltanto all'amore di Dio.
'"
,j
pl7r.-tw xù. A-B .3 (W. Bieder)

pl7t1:W, Èmpl'lt't'W, t a:1t0pt1t't'W


A. L'uso LINGUISTICO PRESSO I GRECI volte per altri equivalenti ebraici (jrt
pl'lt°tW significa: a) il buttare o gettare rmh, slb, npl hi'fil, jrh) . slk è reso 2·~
(cose): pietre vengono gettate contro volte con &7topl'lt't'W, che inoltre è usato
Penteo (Eur., Ba. 1097), una tavoletta altre 19 volte ( 12 volte per slk e 2 vol-
da scrivere è gettata a terra (Eur., Iph. te per npl). Inoltre I J volte txpl1''"CW 2
Aul. 39), uno scudo è gettato nella bat- volte Otcxppl'lt't'W, 2 volte xcx-capp(:rt't'w' 3
taglia (Aristoph., nub. 353). b) Il getta- 'lttxpappl1t-cw e una Ù'ltoppt'lt't'W. '
re contro, gettare a terra (detto di per- 2. L'atto di gettare da parte di Dio
sone): Eracle getta contro le rocce il
portatore della camicia di Nesso (Soph., a) Dio getta pietre contro i nemici
T r~ch. 780 ). ÈpptµµÉvovc; xat µ€i>Uov°tac; d'Israele (Ios. rn,u ); i capelli tagliati
'lttx\lw.c; (Polyb. 5,48,2) indica gli uomi-
della donna I sraele sono gettati via (Ier.
ni sopraffatti dall'ubriachezza e pertanto 7,29); Jojakim dev'essere buttato fuori
«stramazzati a terra». Eracle nel suo do- d;lla ci.t~à (Ier. 22,19). h) Dio rigetta,
lore si butta a terra ( xilovl pl'lt°tW\I È<XU· croè esilia a Babilonia (Ier. 22,26; Is.
">6v Soph., Trach. 790). c) Il buttare via 22,18). Il re di Babilonia (ls. 14 19) e il
per disfarsi di una cosa: Giasone butt~ re di Tiro (Ez. 28,17) vengon~ l'uno
via il mantello prima di passare all'atto gettato lontano dal sepolcro l'altro but-
tato vta.. D a questo significato ' si svi-
eroico (Pind., Pyth. 4,232). L'atto di
gettare via gli abiti in Platone (resp. luppa quello c) di ripudiare (Ier. 7,15,
474a) esprime la decisione degli avver- 4Bmr. 17,20; 24,20). Il salmista fa l'e-
sari nel porsi sulla difensiva contro la sperienza del Dio che ripudia: &:1tÉppLµ-
dottrina platonica dello Stato. d} Il di- µat apa. à1tÒ 7tpocrw1tou 't'W\I oq>ilaÀµWv
sfarsi (respingere) di persone: Zeus può crou, «sono stato rigettato dal cospetto
gettare i temerari nel Tartaro (Horn., Il. dei tuoi occhi}> (\); 30,2 3); &.rcÉppLljJiic;
14,257; 8,13), Edipo (Soph., Oed. Tyr. µE. dc; ~aih] xrx.polac; 1>a.ÀMO"l]c;, «mi
719) e Filottete (Soph., Phil. 265) ven-
ha1 rigettato negli abissi del cuore ·del
gono esposti, Mirtilo è gettato in mare mare}> (lon. 2,4); &.rcÉppt\jltlc; µ€ &7tò
(Soph., El. 512); &:m:pptµÉvot sono i crw-c'l]plac;, «mi hai rigettato dalla salvez-
reietti (Demosth., or. 18,48); la dea A- za» (lob 30,22 LXX); egli spera di non
frodite può essere respinta dagli uomini essere ripudiato (\ji 50,13; 70,9). d) Dio
(Aesch., Eum. 215): «anche se i tuoi ge-
getta i peccati dietro di sé; à.1tÉppL\jlcx
nitori avessero avuto idea che tu (più
01tlO'W µou mi<rac; 't'CÌç aµap-clw; µou
tardi) avres~i sostenuto tali malvagità,
(Is. 38,17); li immerge in fondo al
pure non t1 avrebbero respinto»: oùx
mare: &.rcopptcp1}uov'tat (scii. ai aoL-
li\I O"E Mppt\jlrx.v (Epict., diss. :i:,23,10). e) xlrx.t) Etc; 't'à ~0:.1)1) 't'ijc; l>aÀa<rO"l]c; (Mich.
Levare verso: in atto supplichevole di 7,19).
preghiera pl'lt·mv opt>àc; wMvru; 7tpòc; 3. L'~t~o di gettare da parte degli uo-
oùpocvbv, «levare dritte le braccia al cie- mmz
lo» (Eur., Hel. 1095 s.).
a) In senro proprio; i fratelli getta-
B. L'USO LINGUISTICO NELL'A .T. rono Giuseppe nella cisterna (Gen. 37,
r. La traduzione dei vocab_qli ebraici
20; cfr. Ios. 8,29; 10,27; 2 BM. 18,1 7 ;
4 Barf. 9,25; 10,25 ). Spesso s'intende
Troviamo 61 volte plrc-cw per Slk, n parlare di un atto disperato (Gen. 21,15;
plmw x-.À.. B 3 -D (W. Bieder)

Ez. 7,19) oppure di un atto deciso (4 µÉvoL va riferito a wcrEL 7tp6~a.-a: la ca-
BaO'. 7,I 5 ), ma anche di un atto com- sa d'Israele è paragonata alle pecore ste-
piuto per uno scopo umanitario (4 BM.
2 ,21 ). Se la polvere di altari distrutti
se a terra, che non hanno pastore.
viene buttata nell'acqua, questo atto
simbolico significa il risoluto rifiuto del- 2. Emplrc-rw
l'idolatria (Deut. 9,21; 4Brur. 23,6.12).
b) In senso improprio: Dio rimprovera In I Petr. 5,7 echeggia tV 54,23 (~
Geroboamo per averlo ripudiato xaL ÈµÈ col. 987). Ma è superato l'ambito in-
EpptljJac; lmlaw O'wµa-ç6c; O'ou (3 Brx.o-.
dividuale del salmo: l'esortazione vale
1419 ). I padri d'Israele si gettarono la
legge di Jahvé dietro le spalle: EPPLtV<X'V per tutta 1a comunità. Il 7tocO'a.\I accenna
't'Ò'V v6µov O'OV Ò1tlO'w crwµa't'oc; CX.Ù't'W\I ad una radicalizzazione. La sottomissio-
(2 Eaop. 19,26; Ez. 23,35). Èpplq>T) xa- ne alla sovranità di Dio appare nel fatto
µcx.t 1i OLXctLOcrU\/1J (Dan. 8,12). L'uomo
pio getta come un peso sul Signore le che la comunità affida tutti i suoi affan-
sue preoccupazioni ("154,23), il suo sta- ni al Signore liberandosi cosi del peso
to miserevole (Dan. 9,18). che la opprime.
c. L'uso LINGUISTICO NEL N.T.
3. CÌ7topl7t't'W
I. pL7t't'W
Matteo usa 2 volte l'attivo di pl7t't'E.tV. Il verbo in Act. 27>43 è usato in sen-
In 15,30 gli uomini gettano gli amma- so intransitivo: buttarsi giù, senza un
lati ai piedi di Gesù (--7 coll. 22 ss.). particolare significato teologico.
Qui non va tanto pensato ad un atto di
disperazione quanto piuttosto all'offer- D. L'uso LINGUISTICO NEI PADRI APO-
ta di vittime 1, che vengono poste sul- STOLICI

1'altare. Quando Giuda gettò il danaro EpL!JiEv 'tàc; Mo ,.),,&.xac; Èx 'tW\I XE~~
nel tempio, prima di andare ad impic- pW\I aù'toti, «gettò via le due tavole dal-
carsi, si dovrà invece pensare ad un uo- le sue mani» (Barn. 4,8) segue Ex. 32,19,
che è citato in Bam. 14,3. Nell'immai
mo disperato (Mt. 27,5 ~ col. 985). gine tratta dall'edilizia in Erma si parla
Le. 4.35 usa il vocabolo per descri- anche di buttar via delle pietre (ad es.
vere un esorcismo. In Le. 17,2 a chi fa vis. 3,2,7; sim. 9 17,2); il vocabolo è dun-
que usato per esprimere il rigetto. In
del male ad un piccolo si minaccia l'an- Herm., sim. 2,3 pl7t't'W viene usato nel-
nientamento: lippL7t't'at dc; -c;rrv M:À.cx.cr- l'immagine della vite e dell'olmo per di-
crav. In Act. 22,23 l'atto di buttar via re che la vite senza il sostegno dell'olmo
giace sul terreno (~pp~µµÉv'l} XtXµal 2).
gli abiti esprime la decisione degli av-
Diogn. 5,6 usa /ll7t't'W nel senso di espor- .-I,
versari di porre in opera con tutti i mez- re i neonati.
W.BIEDER ·.'
zi la loro opposizione. In Mt. 9 ,36 Èppiµ-

pl1t'tW X'tÀ.. 2 DIBELIUS, Herm., ad l.: «perché allora stri-


I LoHMEYER, Mt., ad I. scia per terra».
poµqia.(a. A 1-2 (W. Michaelis)

A. L'uso LINGUISTICO FUORI DEL N.T. sembra indicare un uso linguistico tar-
do e raro. Per spade e lance c'è in greco
r. Secondo Esichio {s. v.) poµcpa.la. 1 è un gdn numero di termini 5 • Il vocabolo
un'arma tracia, per il significato della poµcpccla. non si è inserito fra di essi a
quale egli suggerisce a scelta i vocaboli pieno titolo, anzi nel greco extrabiblico
µtixa.Lpcc, çlcpoç e lix6v't'Lov µaxp6v è sempre stato usato molto raramente 6 •
(giavellotto grande) (cfr. anche Suid.,
s.v .: poµcpala. •Ò µccxpòv àx6\l·nov, iì 2. Tanto più sorprendente è la sua
µ6.xa.tpa). La designazione di arma tra- frequenza nei LXX, dove poµcpa.la. si
cia risale probabilmente a Plut., Aem., trova più di 230 volte. In circa 200 pas-
18a (I 316), che, descrivendo le armi si corrisponde all'ebraico pereb che, pre-
dei Traci, dice fra l'altro: òpM<; poµ- sente nel T .M. circa 410 volte, è reso
cpa.lccç ~ccpucno1}pouç à7tò 't"W\/ oEçtwv un po' meno frequentemente con µ6.-
wµwv émo-elov·m; 2 • Benché dal modo xa.ipa (-7 VI, col. 1420 ), notevolmen-
in cui queste poµcpa.L'a.t tracie erano por- te più di rado (soltanto otto volte) con
tate sembri che si trattasse di lance, gia- l;lcpo~ inoltre quattro volte con ÈYXELpl-
vellotti più che di spade 3, quest'ultimo oiov e in Iob41,18 con Mrx'lJ (~ n.
significato finl per dominare, tanto più 24). D'altra parte poµcpa.la corrisponde
che il vocabolo passò molto presto nel quasi esclusivamente a pereb. Soltanto
latino appunto con tale significato 4, e in un passo (Iud.19,29 cod.B) rende
d'altra parte la notizia contenuta in ma'okelet, coltello da macellazione (se-
Suic., Thes. II 908 (poµ.cpa.L'a.t etiam vo- condario rispetto a µrixmpa del cod. A)
cantur hastae quas tenebant principes cd in 3 passi (I Chron. 11,u.20 e lfJ 34,
honoratissimi ad latus Imperatoris stan- 3) pantt. Tuttavia dal fatto che poµ-
tes... et poµcpa.toxpa't"opE<; dicebantur) cpala può corrispondere anche a l;anit e

poµqicda 3 òpMç in questo passo non significa dirette,


t L'etimologia è controversa; dr. A. J. R.E1- ma verticali (in altezza) [Kl.EINKNECHT]. ~
NACH, art. 'Rornphaea', in DAREMBERG-SAGLIO n.30.
IV 2 (.19.12) 865 n. x; BoISACQ e WALDE-PoK. 4 P<Jµ<pa.la. come irnprestito appartiene al les-
non hanno nulla sul vocabolo. Supposto che sico latino a partire da Liv. 3r,39,II. Cfr. i
sia un vocabolo proveniente dalla parlata dci testi in FIBBI'GER, op. cii. (4 n . l) e REINACH,
Traci, potrebbe darsi che ~µqiala, per trami- op. cii. (~ n. r). Esempi tratti dalla lettera-
te di Macedoni, sia pervenuto in Egitto e sia tura Iatinn cristiana anche in H. RoNscH, Itala
entrato nel locale lessico greco, che fu deter- und Vulgata (1875) 245. Oltre 11 rho111phaea e
minante anche per i LXX. Cfr. O. FrnnIGER, romphaea, si trovano nnche forme secondarie
art. poµipala., in PAULY-W. I a (1914) 1072 s. come rt1mpia, che forse dovrebbe rinviate a
2 Rinvia alla Tracia anche la citazione da Ar- rumpere.
5 Cfr. E. BREULIER, art. 'Gladius (~(qioç)', in
riano, Jr. 103 (F.H.G. II 871). La più ant ica te-
stimonianza del vocabolo è dello storico Fi- DAREMBERG-SAGLIO n 2 (.1896) 1600 s.; ID., art.
Jarco (m sec. 11.C.), fr. 57 (F.H.G. n 181): 1i 'Hasta (Mpv)', ibid. m 1 (1900) 33 ed an-
yò.p ~oµq>c.tla. ~a.p~a.ptx6v foi:w 111tÀov, wc; che o. FIEBIGBR, art. 'Gladius', in PAULY-W.
!o"topE~ q>u>.apxoc;. Cfr. anche Plut., Cleome- 7 (r 912) 1372-1376; ID., art, 'Hnsta 1', ibid.
11es 16 (1 817c): x61t'tW\I t;vlotc; µsy&.Àotc; Elc; 25oy2507.
oxijµa ~01.1.q)(X(Ct.c; à:rmpyu.CTµÉ\IOtc; (0.1.!BRUN- 6 Cfr. PAssow e LIDDELL.ScoTT, s.v. N eppure
NER]. in iscrizioni e papiri si incontra poµq>ala..
POMJCi.l« A 2-3 (W. Michaelis)

l;ereb anche a ÀOYX'l'J 7, considerato lo 991) usa in vari modi poµq>c.tlrx. (cfr. r.
scarso numero di casi non si dovrebbe rr.20 s. 25 e passim}. Quando in cher.
concludere che poµcpa.la., quando corri- 31 è detto che Abramo per il sacrificio
sponde a pereb, indichi anche la lan- di Isacco aveva portato con sé 1tVP xa.i
cia o il giavellotto. Piuttosto la statistica µaxa.~pa.\I (Gen. 22,6) come µlµ'I}µa.
depone inequivocabilmente per l'equi- 't'ijc; <pÀ.oylv'J)c; poµcpa.la:i;, Filone, quan-
valenza poµcpa.lc.t = l;ereb = spada, e tunque µaxa.tpa. in questo passo voglia
anche nei passi senza rispondenza nel propriamente dire il coltello da sacrifi-
T .M. poµcpa.la significherà la spada 8 • cio e non la spada, sottintende anche
Poiché dunque poµcpalc.t e µaxmpa. co- questo secondo significato per poter av-
me traduzione di l;ereb non si distinguo- valersi di questa combinazione. Del re-
no per significato (per cui i codd. tal- sto subito dopo (cher. 32) nella sua ese-
volta scambiano un vocabolo con l'al- gesi, dopo aver citato Num. 22,29, sosti-
tro, ad es. Iud. l,8; 19,29; Ios. 8,24), tuisce µaxmpa. con l;icpoc; 10•
vien fatto di chiedersi per qual motivo
si sia scelto l'uno o l'altro vocabolo gre- Anche Giuseppe nel suo uso di poµ-
co. Evidentemente con poµcpa.la si è in- cpa.la è spesso dipendente dai LXX, ad
teso indicare piuttosto una spada gran- es. ant. 6,187 (cfr. I Sam. 17,45).244
de, ad es. la spada dei cherubini davanti (cfr. I Sam. 21,9 s.).254 (cfr. I Sam. 22,
al paradiso (Gen. 3,24), la spada di Go- 10).370 (cfr. I Sam. 31,4 s.), inoltre 7,
lia (rSam. 17,45.47.51; 21,10; 22,10). 299 (senza alcun appoggio in 2 Sam. 21,
Inoltre ogni singolo traduttore ha chia- 16). In ant. 7,12 Giuseppe, quantunque
ramente preferito l'uno o l'altro voca- in 2 Sam. 2,16 si trovi solo µaxa.tpa., u-
bolo 9 • Cfr. ~ nn. l8.2r.24.26. sa anche poµcpa.la. evidentemente come
sinonimo, mentre in ant. 6,190 nel ren-
3. È per influenza dell'uso linguistico dere x Sam. 17,51 può darsi che con
dei LXX che Philo, cher. ('ltept "t'W\I Xe- l'aggiunta esplicativa µ~xa.tpa.v oòx ~­
pov~1µ xa.t -rl}c; cpÀoylv'l")c; poµq:ialac; XW\I ~ò-r6c; abbia voluto dire che David,
X'tÀ.) nell'esegesi di Gen. 3,24 (~ col. a differenza di Golia, non disponeva

7 !Janlt viene reso nei LXX per lo più con Iudith (7 volte; mai µ&.xatpa); I Mach. (u
86pv, romap speciahncnte con 86pv e À.6YX'rl· volte; 3 volte µ&.xa.tpa.); 3 Bi:w. (9 volte; 3
Anche da ciò si ricava che la traduzione di ba- volte µaxoo.pa.); I Chron. (9 volte; 4 volte
nit con poµq>ala. e di !Jereb con Myxri co~ti­ µ&.xatpa.); Ez. (46 volte; 38 volte µ&.xaf.Pa).
tuisce un'eccezione. Cfr. ~ n. 18 alla fine. Cfr. J.FIERRMANN, Die LXX zu fa das Werk
B Sulla lancia nell'ambito culturale israelitico- dreier Obersetzer, in J. HERRMANN - F. BAUM-
giudaico dr. P . THOMSEN, art. 'Lanze C. Pa- GARTEL, Beitrage zur Entstehungsgeschichte
liistina-Syrien', in RLV 7 (1926) 231-233; K. der LXX, BWANT N.F. 5 (1923) 9.15. Anche
GALLJNG, art. 'Lame', in B.R. 353-355; sulla nei Giudici poMJa.la. è più frequente di ~­
spada cfr. la bibliografia citata ~ VI, coli. ){aLpa, ma nei passi in cui il cod. A e il cod.
l419s., n . 2 . B discordano, il testo del cod. A, che è mi·
gliore, pre.ferisce ~x~pa.. D'altra parte µ&.-
9 Aquila, Simmaco e Teodozione usano ~oµ.
X«Lpa domina in Is. (18 volte; 1 volta ~oµ.
cpala. e µ&.xa.tpa nel rapporto di l: 3. Nel qua-
qiala) e Ier. (49 volte; 14 volte ~OMJa(oc) e
dro della prevalenza di PoMJCX.la, merita di es-
- con l'assenza completa di l>oMJa.la - in lob
sere considerato quanto spesso questo vocabolo
(3 volte) e Prov. (4 volte).
prevalga in singoli scritti: l Ba.a-. (23 volte;
1 volta µét.xa.tp«); 4 Ba.cr. (8 volte; r volta 10 11 Leisegang registra per poµ.<pala. solo passi
µét.xmpa.); Sahni (19 volte; 2 volte µ&.xa.tpa); di cher. (il vocabolo µ&.xa.tprL non è elencato;
dodici Profeti (31 volte; x volta µ&.xatpa); per !;lq>oc; sono indicati 7 passi).
993 (\'I,995) poµtpala A 3 • B 1 (W. Michaelis) (v1,995) 994

neppure di una µ&.xcx.tpa, per non par- reb e ~an1t, LXX: poµcpa.la. e o6pu]);
lare di una poµq:icx.lcx.. Nella descrizio- II,u [cfr. Is. 31,8; LXX: µaxcx.tpt:t];
ne dell'armamento dell'esercito romano 12,u; 15,3; 16,1; 19,4; I QH 5,10.13.
(bell. 3,94 ss.) Giuseppe chiama la spada 5; 6,28s.; zQ38 [DJD I 142); Dam.
della fanteria ~lcpoç e quella della caval- 1,4 [:tj j].17[1,12].20[1,16]; 3,n[4,
leria µ<ixcx.~pcx.; in 3,J86 e 6,86.88 1 in- 9);. i'.9,7(9,3]; 7,13(94); I9,13(9,II
vece, fa distinzione tra l;lcpoç e poµ<pcx.lcx.. l >v:
S:,_,ll '4 Qpp S 37, CO.
I 4,1 S. 12 [PS. 37,14
Cfr. anche bell. 6,289. s.: tXX: poµcpcx.la.J; 4 QpNah 9 13 [ Nah.
:i-,14; LXX: poµcp<l.la.] ).
Tra gli pseudepigrafi va norato che
in Hen. gr. 99,I6 si legge: a1tOÀ.E~ mx.v- Nella letteratura rabbinica poµq>alcx.
't"cx.t; ùµtiç ÉV poµcpal~, «distruggerà tut- (diversamente da µaxa.tpix, !;lcpo~ e
ti voi con la poµ<pala»; in Sib. ad es. 3, crmHh1 14 ) non è passata come imprestito.
673 si usa poµcpalcx. {su Sib. 3,316; 5,
260 ~ coll. 995 ss.) e in test. XII
Patr. accanto a µ<ixatpa., solo di poco B. L'uso LINGUISTICO NEL N.T.
più frequente (test. B. 7,1 s.; Ios. 6,2;
Iud. 5,5; 6,3; L. 6,5; Zab. 1,6; 4,9), Se accanto a µ&.xa.tptX, che si tra-.
l.
compare-anche poµcpalcx., a quanto pare va 27 volte (~ vr, coli. 1421 ss.), an-
senza distinzione (test. Iud. 23,3; L. 5,3; che poµcpa.la. con 7 presenze è entrato a
18,10; S. 5,4; Zab. 4,u) e in test. D. l,
7 !;lqioç. Quanto a testi dei quali non far parte del vocabolario del N.T. 15, ciò
abbiamo _una redazione greca (ad es. è dovuto (come per Filone [ ~ coli.
Hen. aeth. 63,II; per 4Esdr. 13,10 ~ 991 s.] e Giuseppe [ ~ coll. 992 s.])
n. 3 l) è vano chiedersi se in greco vi
corrisponderebbe µ&xa.tpa o poµ<pcx.la.. certamente all'inBuenza della frequente
Lo stesso dicasi degli scritti di Qum- presenza di questo vocabolo nei LXX, al-
ran, in cui accanto ad altre armi (cfr. trove assai raro (~coli. 990 s.) 16• Nel-
ad es. ~ VIII, col. 841) si incontra le parole rivolte dal vecchio Simeone
relativamente spesso anche pereb (I
QpHab l,17; r QM 6,3 11 ; 12,2 [utiliz- alla madre di Gesù (Le. .2,34 s.) c'è al v.
zazione di I Sam. 17,45, cfr. 17.47 = be- 35a la frase parentetica 17 xat CTOV oè
a.ù-

li Cfr. al riguardo K. G. KUIJN, Beitriige :mm nel N.T. Su °MYX'l'J ~ n. 18. Su 'ltEM:xlt;w di
V erstiindnis der Kriegssrolle von Qumran: Apoc. 20>4 cfr. ÙJHMEYER, Apok. 1591 ad l.
ThLZ 81 (1956) 28; dr. inoltre ibid. 29 s. su 16 Anche la lezione del codice D a Le. 21,24,
kjdn in I QM 517.u s. 14. Il Kuhn sostiene che sostituisce CT'f6µa""~ ~oµ<pa.laç (come an-
l'opinione che si tratti della scimitarra. Della che il minuscolo n4r) a O't6µa""L µaxalP1)ç
stessa idea è H. MouN, What is a Kidon?: si dovrebbe spiegare a questo modo, tanto più
Journal of Semitic Studies I (1956) 334-337. che lv 1n6µam poµtptXCa<; nei LXX compare
Cfr. però M. BORROWS, Mehr Klarheit uber die più frequentemente che lv a""6µa""L µaxal-
Schriflrollefl (1958) 210 (secondo Driver ed PTJ<;.
altri sé dovrebbe trattare della sica, il pugnale 17 J. M. CREED, The Go:spel according to St.
r icurvo). Lt1ke (1930) 42 considera (seguendo Loisy) la
12 Ed. J. M. ALLEGRO: JBL 75 (1956) 94. possibilità che la frase possa essere come un in·
B Ed. J. M. ALLEGRO: JBL 75 (1956) 91. serto parentetico di Le. in un testo preesisten-
14 ar. s. KRAUSS, Talt1111dische Archiiologie II te, e che quindi con questo inserto (e con l'in·
(1911) 311.313 s. traduzione 2,34) il detto 2,34 s., in un primo
t~ ~lq>oç (~~qimo\I) e u?tlifu) non si trovano tempo generico, solo da Luca sia stato riferito
995 (VI,995) f;oµqia.la. B l (\VI. Michaelis)

-.fjc, -nìv lj/uxiiv 01EÀEVCTE'tOCL poµqiocloc, magine di dolore spirituale (dr. µ&.xcx.1-
«e tu stessa avrai l'anima trafitta da u- pcx. in Sib. 5,260). Questa differenza ap-
pare ancora più evidente se si osserva
na poµq)(x.la>>. L'annuncio, orientato ad che in Sib. 3,316 si ha un chiaro influsso
una dizione veterotestamentaria(~ col. d1. Et. 14,I 7: ~'I Xf1.L. poµ<pf1.Lf1.V
• ' 1.' ' ,
t.CX.V E7tCX.-
996), prefigura il futuro destino di Ge- yw È1tL 't'Ì]\I ytjv hElVT]V xa.I. E~7tW "
'Poµcpa.lc.t OLEÀ1M"Tw o~à. .,;Tjc, yijc;, «Se
sù 18 e il dolore materno dal quale non
io spingo la spada contro quella terra e
sarà risparmiata Maria, ma che ella sa- dico: 'La spada passi attraverso la ter-
prà infallibilmente attribuire alla grazia ra'». Questo rapporto si può considera-
di Dio 19• re assicurato dal fatto che subito dopo
Sib. 3,317 rinvia con altrettanta chiarez-
Il detto (trasmesso in modo metrica- za a Et. 14,2i. Delle quattro piaghe
mente errato) di Sib. 3,316 sul destino menzionate da Ezechiele (cfr. l'utilizza-
dell'Egitto nell'invasione di Antioco E- zione di Et. 14,21 in Apoc. 6,8 ~ col.
pifane (poµcpa.loc yàp 81EÀEUCTE'tOCL 81à 998) la poµcpala. non è nominata pro-
µfoov CTE~O) mostra una notevole affini- prio perché era stata menzionata già in
tà con Le. 2,35", che peraltro è solo for- 3,316. Che Le. dipenda da Sib. è assolu-
male. In particolare la presenza strana tamente inverosimile, nonostante ogni
di poµcpa.la e ÒLEÀEUCTE-.cu in entrambi i concordanza formale, e, a parte la que-
passi non deve far dimenticare che in stione della datazione, già solo per la to-
Sib. si tratta della divisione politico-geo- tale diversità delle sfere di applicazio-
grafica di un paese nel corso di azioni ne 20• Ma ciò che divide Le. da Sib. Io
belliche, mentre in Le. abbiamo un'im- divide anche da Ez. Perciò non dovreb-
a Maria. Tuttavia la frase 2,25• nella sua co- mo caso ancora meno, perché anche nel voca-
loritura veterotestamentaria e~ sopra) si a- bolo framea nel latino cristiano prevale il si-
datta benissimo al testo o alla tradizione qua- gnificato cli spada: dr. O. FIEBIGER, art. 'Fra-
li si potrebbero supporre per questa parte del- mea' in PAULY-W. 7 (1910) 81 s.; RBINACH,
la storia lucana della fanciullezza di Gesù. I- op. cit. <- n . l) n. 15; RèiNSCH, op. cit. (-
noltre lo stesso Luca più avanti usa sempre n. 4) 313 (--+ n. 30).
µ&.xcnpa., anche nelle parti sue proprie (2r, 19 Cfr. K. H. R.ENGSTORF, Das Evangelium
24; 22,36.38.49; dr. Act. 12,2; 16,27). nach L11kas, N.T. Deutsch 3' (r958) 47, ad l.
18 Quantunque Le. non abbia alcuna rispon- Quando H.AucK, Lk. 44, ad l. scrive: «El.ç &.v&-
denza in Io. 19,25 ss., il resto del detto di Si- CT'tccow, che non si inserisce del tutto nell'im.
meone in 2,35• fa pensare anche e s0prattutto magine, potrebbe essere stato aggiunto succes-
alla morte di Gesù. Naturalmente è da esclu- sivamente», occorre rilevare che gin EÒÀOYTJCTEV
dere del tutto un riferimento a Io. 19,34 (My- in 2,34 ha un senso analogo e accenna al si-
XT}) : Del resto non lo prende in considerazione gnificato profondo del detto di Simeone. Giu-
neppure ZAHN, Lk. 158 n. 85 quantunque ri- stamente i commentari recenti sono per lo
tenga che in 2,35• sia «più appropriato» tra- più contrari all'idea che si debba pensare ad
durre pÒµ<pa.la: con lancia. Il suo accenno ai un futuro dubbio dii Maria sulla missione di
passi dci LXX in cui />oµqJa.la: corrisponde a Gesù.
banlt costituisce un errore di valutazione del- 23 Cfr. HAuCK, Lk. 41; Cu~MEN 21r. A G.
i•uso linguistico dei LXX e- coli. 990 s.). Non ERDMANN, Die Vorgeschichtc des Lk- tmd Mt-
può essere decisivo nemmeno il fatto che ad Ev und Vergi/s 4. Ekloge, FRLANT N.F. 30
es. 1)134,3 (~col. 990) sia stato tradotto da (1932) 13, che fa dipendere Le. da Sib., si
Aquila, Simmaco, Teodozione, Quinta con oppone H . SAHLIN, Der Messias und das Got-
Myxri e il cod. e in Le. 2,35• presenti famea tesvolk: Acta Scminarii Ncotestamentid Upsa-
= framea (invece di gladius); e in quest'uhi- liensis 12 (1945) 273. Però non soddisfa nean-
poµcpala. -B i-z (W. Michaelis)

be essere ipotizzabile un rapporto diret- 6,8 si sia piuttosto pensato allo ster-
to tra Le. 2a5" e Ez. 14,21 ; per conse- minio 24 •
guenza viene in primo piano la possibi-
lità che \[.i 36,15: 7i poµcpaloc a.U-cwv d- Evidentemente 6,8 è determinato dal-
crH.1'ot dc; 'tl}V xci.polav ( var.: lf.ivxnv, la serie di 4 termini À.tµ6c;, l>nplù'.. 7CO-
cod. S) a.ò-.wv, «la loro spada trapassi il V1')pci, M:VO'..'toc;, alµO'.. di Ez. 5, 17 e so-
loro cuore (var.: anima)», abbia influito prattutto da poµq>l'lla, À.tµ6c;, l>npla 'lto-
sulla formulazione lucana 21 • V'l')pa, l>ava-.oc; di Ez. J4,21; cfr. anche
Lev. 26,22 ss. (1'1')ploc, µaxatpa, fame,
2. Oltre che in Le. 2,35• poµrpa.la. si morte violenta). Però, oltre alla serie
trova in 6 passi dell'Apocalisse, dove trimembre À.tµ6c;, poµq>oclO'.., M:\la"t'oç di
del resto non manca neppure µ6:.xcx,tpoc Ps. Sai. r5,7, vanno ricordate anche le
frequenti espressioni trimembri di Ge-
(6,4; 13,10.14). In senso proprio poµ- remia, nelle quali sono uniti µax<Y..tpa,
cpu.fo. è usato solo in 6,8, dove del quar- À.tµ6c; e 1'a\la"t'oç (r4,12; 21,7; 24,ro
to cavaliere apocalittico è detto che a ecc.; cfr. anche l 5 , 2 ). pop.cpala e Àtµ6c;
sono nominati insieme in lEp. 45(38),2;
lui è dato il potere di far morire la quar- 49(42),22; 51(44),18; Lam. 2,21; cfr.
ta parte dell'umanità con la spada e la Bar. 2,25; inoltre t!J75,4; Ecclus40,9:15.
fame, le epidemie e gli animali selvaggi.
L'uso di poµcpa.la, dovuto all'influsso di Gli altri 5 passi dell'Apocalisse (r,16;
Ez. 14,21 su questa serie di 4 membri 2,12.16; 19,15 .21) sono in relazione fra
(~ col. 998), distingue chiaramente -6, di loro, perché in tutti si parla di poµ-
8 da 6,4, dove si parla della µo:xat- cpa.la., e chi ne parla è Cristo. È vero
pa µEyaÀ:l} del secondo cavaliere apoca- che in apertura della lettera a Pergamo
littico 22. Perciò, a differenza di 6,4 dove (2,12) è detto soltanto: 'taOe 'Myet 6
µri.xmpoc è contrapposta a ElP'liV'll e per- EXW\I 't'Ì}V poµq>a.la.v "t''Ì}V olrr-roµov "t''Ì}V
ciò indica la guerra 23 , è probabile che in Ò~Etav, «cosl dice colui che tiene la spa-

che l'interpretazione di Sahlin (279) che in- compagnatori. Cfr. CLEMEN 386.
tende poµipa.l11. come «spada della parola». Cfr. 23 ~ III, col. 221 (riferimento ad Apoc. 6A);
ancora T. GALLUS, De sensu verbomm Lk 2, VI, col. r423.
35 eort1mque momento mariologico: Bibl 29 24 Del resto i LXX hanno più d'una volta tra-
(1948) 220-239.
21 Già Suic., Thes. Il 908 aveva accennato a dotto l;ereb con cp6voç, ad es. in Ex. 5,3 (A-
questo parallelo, a torto trascurato dai moder- quila: µ6.xaLpa.; Teodozione: />oµcpala.); Lev.
ni; WETTSTEIN, ad l. rimanda a \ji 104,18: rJl- 26,7 (A).À.: poµcpo.lCY.); De11t. 28,22. Anche in
Bnpo\I 8LijMe:v Ti \jiux'ÌJ a.ò-rov. Cfr. anche j Ier. 14,15 i LXX hanno inteso diversamente il
paralleli rabbinici in STRACK-BlLLERBECK H concetto di spada: È'll ~11.v1h~ 'llOrJEpi{l (Aquila
e Teodozione hanno poµcpa.I.«) [BERTRAM).
140.
21 Anche per altri motivi nella serie di 4 2s Quantunque il quarto cavaliere di Apoc. 6,

membri che conclude 6,8 non è possibile ve- 8 sia la morte, i numerosi passi veterotesta-
dere un riassunto delle piaghe di tutti i quat· mentari citati non consentono, per la presenza
tro cavalieri e riferire l'll />oµqiu.lq. a 6,4. Quan- di poµipa.la., di farne il tipo dcl cavaliere del-
to ad u.u-roi:ç non si deve pensare ai quattro ln morte che porta una spada. Contro A. Drn-
cavalieri, ma soltanto al quarto ed ai suoi ac- TERICH, Abraxns (1891) 95.
~O(..Ul'cxlcx B 2 (W. Michaelis) (vr,998) looo

da acuta a due tagli», ma l'espressione ta µcixmpa, Is. 49,2: tih}XE\I -.ò CT"'t'6µa
Év ~ poµcpalq, -.ov o"•6µa-t6c; µov, «con µov Wo-El µ6.xoc~pocv 6~Etav, «pose la .
·
mia bocca quale spada acuta». Inoltre
la spada della mia bocca>>, di 2,16 prova va ricordato che .in ljJ 56,5 e Prov. 24,
che in 2,12 non s'intende dire che chi 22c la lingua è chiamata µ6.xatpa e .in
p~rla tiene questa spada in mano, ma ljJ 63>4 poµ<prx.lrx., e che .in ljJ 58,8 è det- .
che anche qui come negli altri passi la to: poµ.q>ala È.\J -coi:c; XElÀ.EO'W ct.Ò't'WV,
. ·
«spada sulle loro labbra». Però anche
spada esce dalla sua bocca. Come si può con questi ultimi passi si è ancora ben
spiegare l'espressione tanto strana xa.t lontani dal dire che da una bocca esce
Éx. "'t'OU cn6µa"to<; au•ov poµqnxla Oto"t'o- una spada.
µoc; ò!;Ei:a ÉX7'opwoµlvri, «e dalla sua L'idea presente in Apoc. 1,16• an-
bocca usciva una spada acuta a due ta- drà dunque considerata come peculiarità
gli» (1,16)? mentale dell'autore o come una parti-
colarità della visione concessagli n. II
Poiché la descrizione in 1,1y15 è in-
tessuta di re.tn.iniscenze veterotestamen- fatto che questa iden sia ancora operan-
tarie.ed anche in 1,r6b è mantenuto lo te non solo in 2,12.16 ma anche in 19,
stesso stile, è ovvio supporre che ciò av- 15.21, mostra come essa debba essere
venga anche in l,16n. E in misura limi-
tata ciò è vero. Cosl la qualificazione di stata considerata essenzial.e. Perciò l'a-
poµ<p<J.L<I. come Olo'-roµoc; e come o!;Etct., spetto sorprendente, anzi forzato, di
che in 2,12 è ripetuta come caratteristi- questo tratto non dovrebbe essere sfug-
ca (cfr. anche 19,5 ~ col. rnoo), è at- gito all'autore, ma è stato probabilmen-
testata nell'A.T. 20 • Però i due attributi
non vi si incontrano abbinati; inoltre si te da lui voluto 28• 2,16 mostra di che
potrebbe trattare di caratteristiche di u- cosa si tratta già in l,6: Cristo, diversa-
na buona poµq>alct. suggerite dalla co- mente da quanto si legge in Hehr. 4,12
mune esperienza. Passi come Is. II,4;
Ps. Sa!. 17,24.35; Os. 6,5, nei quali la a proposito della µ6.xa.tpoc (~ VI, coll.
parola (À.6yoc; o p1jµoc) è indicata sl co- 1425 s.), è il giudice che ora veglia
me strumento di punizione o di annien- sulle sue comunità e, quando sia ne-
tamento, ma non chiaramente come ar-
cessario, con la sua parola tiene giudizio
ma, e men che meno come spada, posso-
no avere offerto scarso spunto. Più im- e punisce. Cosl in 2,16 viene annuncia-
portante appare, quantunque venga ·usa- to ai seguaci dei Nkolaiti: 'ltoÀ.eµ1]crw

26 ol<r'Toµoç è collegato a Po(..Ul'cxlcx in lji 149, ca una spada» (come pensa CLEMEN 373) è
6; Eccl11s 21,3, a µ&.xcx~pa. in fod. 3,16; Prov. una spiegazione che non può soddisfare.
5,4. b~era è connesso a ~oµquxla in Ez. 5,1, a 2~ Il giudizio di BousSET, Apok., ad I. («qui

µG:xatpa in 4156,5; Is. 49,2. Cfr. anche ~lcpoç una espressione del tutto figurata viene inse-
6~u in Sap. 18,15 (a proposito del )..byoc;), i- rita in un fenomeno reale») non contribuisce
noltre Ez. 21,14 s.; Sap. 5,20. Cfr. A. STRO:BEL, molto alla comprensione. C. ScHNEIDER, Die
Die Passa-Erwart11ng als urchr. Problem in Lk Erlebnisechtheit der Apk des Johannes (1930)
.c7,20 /: ZNW 49 (1958) 177 s. 46 sottolinea con ragione che l'autore eviden·
27 Che l'autore possa aver conosciuto una raf- temente ha visto tutto ciò in immagine. :B un
figurazione pagana <cnella quale Dio ha in boe- fatto contemplato, non pensato.
IOOI (VI,998) ~oµq>a.l« B 2 - e (w. Mlcnae.tJSJ \ "'"'J;l;/·~1 .... - ~ -

µE't 'aÙ'tWV Év -tli poµ<poclq. 'tOU cn6µoc- serirsi in tutta la concezione della poµ-
't6<; µov, «combatterò contro costoro <pa.la uscita dalla bocca di Cristo; il che
con la spada della mia bocca». L'espres- significa che in 19,15.21, come anche in
sione di 19,15: xoct h. -cou u-c6µa-coc; 2,16, non solo viene sottolineata la gra·
C'lÙ'tOU b;'Tt'opEVE'ta~ poµq>ocloc Ò~E~OC, «dal- vità del giudizio, ma è anche detto e-
la sua bocca esce una spada aguzza>~, fa splicitamente che l'unica arma portata
parte di una descrizione d'ampiezza si- da Cristo è la parola 31 • Nel quadro di
mile a quella di 1,13 ss. Questa s'addice 2,16 e 19,21 emerge per la comunità lo
a Cristo quale giudice escatologico delle stesso ammonimento di I Petr. 4,17:
nazioni (19,II ss.) e lo descrive come comincia il giudizio nella casa di Dio. È
il cavaliere sul cavallo bianco che avan- significativo che il grande numero di
za alla testa delle sue schiere quale re passi dell'A.T. con poµ<poclo: (intesi in
e kyrios celeste 29 • In 19,21 30 è ripresa senso non figurato e che variamente par-
nuovamente quest'idea: xocl ot À.0~7toL lano di violenza e di vendetta), nel N.T.
a'Tt'EX'tU\li}T)O'OCV ~ 't1i poµq>ociq. 'tOU xoc~ abbiano trovato un'eco soitanto nell'A-
i}i)µÉvov hct -rou tmtov 'tTI È~EMovcrn Èx pocalisse, ed anche qui un'eco che è in-
'tOU O'"t6µa.-coc; a.ù-.ou, «gli altri furono tegra solo in 6,8.
uccisi dalla spada che usciva dalla bocca
di colui che sedeva sul cavallo». Questa C. I PADRI APOSTOLICI
frase può fare l'effetto della descrizione Nei Padri apostolici poµ<pa.loc si trova
di un avvenimento reale, analogamente solo in Barn. 5,13 (citazione di q, 21,21).
alla grande morte di 6,8 (~ col. 999), Degli apologisti solo Giustino usa il vo-
cabolo 6 volte, sempre in citazioni vete-
e tale senza dubbio potrebbe anche es-
rotestamentarie. Ciò conferma quanto
sere, riel quadro del realismo delle vi- raramente ~oµ<pala. compaia anche in
sioni apocalittiche. Tuttavia anche que- periodo post-neotestamentario.
sta frase insieme con 19,15 dovrebbe in- W. MICHAELIS

29 Al confronto, l'immagine dd pastore, pre- 31 Cfr. J. BEHM, Die Offe11baru11g des Joban-
sentata in 19,15 con l'ausilio della locuzione nes: N.T. Deutsch II 1 (r916) a x9,15 . .B il
tratta da ljl 2,9 ('ltO!.IJ.aVE~ o:.ò-roùç Èv ~&.po~ motivo conduttore di Sap. 18,22: lvlx'l)O'EV oÈ
<Tt.O'l)p~) non può avere un significato indipen- 'tbv XOÀ.OV oòx. CO'xùL 'tOV O'<!iµa'toç, OÙX IS-
dente. ~ x, col; u15 e n. 87 verso la lìne; 'ltÀWV lvEpyE~, Q:).)..ò: Àbyip TÒV xoM!;ov-ra_
W. JosT, IlOIMHN (1939) 4.3· Ù1tÉ'tct~EV- Invece ha un altro significato l'as-
senza della spada in 4 Esdr. 13,ro: il torrente
30 Non è molto illuminante l'idea di KLEIN- di fuoco e il soffio ardente con cui il Messia
KNECHT che proprio 19,IJ possa offrire lo sptm- annienta i nemici nella battaglia finale ha (non
to per considerare se ~oµq>a.'4 sia da tradurre ostante "I.3'4) ben poco da fare col potere del-
con lancia, dato che· la lancia regale come an- la parola giudicante, ma vuol significare qual-
tico simbolo del potere del re sarebbe confa- cosa di più terribile della spada realisticamen-
cente a Cristo quale re vincitore. te intesa.
1003 (v1,999) puoµm A 1 (W. Kasch)

'PoM--'> IV, coli. 141 ss.

t puoµm.
SOMMARIO: respingere (Horn., Il. 5,538; Od. 24,
A. Il significato fondamentale del verbo greco 524), proteggere (Horn., Il. 15,257.
e i suoi equivale111i ebraici. 290), salvare (Horn., Il. 17,645 ecc.), fa-
B. Contenuto del verbo: re schermo (Horn., Il. 9,396), custodire
I. nel mondo greco; (Horn., Il. 23,819); inoltre nei derivati
II. nell'A.T.: iipuµcc, difesa, protezione, baluardo
I. somiglianza con gli enunciati grcco-pro-
fant;
(Horn., Il. 4,137; Hes., op. 536; Xe-
2. la peculiarità degli enunciati veterote-
noph., Cyrop. 4,3.9), Èpuµvo't1}c;, forza
stamentari; di difesa, robustezza, vigore (Xenoph.,
III. nel N.T. Cyrop. 6,1.23; Aristot., pol. 7,xr. [p.
1330 b 18]), pU'tlJP (Horn., Od. 17,
A. IL SIGNIFICATO FONDAMENTALE DEL
r87.223) o p1hwp, protettore, custode
VERBO GRECO E I suor EQUIVALENTI (Aesch., Sept. c. Theb. 3I8), pucnoc;, li-
EBRAICI
beratore, salvatore (Aesch., Suppi. 150),
pucnc;, salvataggio (Ecclus 51,9) e puµa.,
l. Il verbo rientra in un gruppo di vo- protezione (Aesch., Suppi. 85; Soph.,
caboli indoeuropei che hanno il signifi- Ai. 159; Eur.,Heracl. 260). Conforme al
cato originario di difendere, proteggere. suo fondamentale significato greco, il vo-
Il suo significato originario appare par- cabolo significa mantenere integra la
ticolarmente chiaro nel nordico primi- condizione di uomini e beni con l'impie-
tivo waru, «il cerchio di pietre che re- go di una forza divina, umana, tecni-
cinge tutt'attorno una tomba»; inoltre ca o magica. In confronto a o-~~w l'u-
anche nell'avestico var, fortezza, nell'an- so del vocabolo è relativamente scarso.
tico alto tedesco weren, di/ endere. In Lo si trova in Horn., ad es. in Il. 15,
greco, formato dalla radice fpU, fE- 141; Od. 12,107 ecc.; Hes., theog. 662;
pu 1, compare (a partire da Horn., Il. nel- Hdt. r,86,2; 4,187a ecc.; non molto
la poesia epica ionica) nella forma ìtpu- frequente nei tragici e in Aristofane, nel-
µa.t, pvoµat, i::ipuµm con i significati di la prosa attica presente soltanto in Thuc.

puoµa.L Studies in the Early Church I 3 (189x) 7x-73;


Avvertenza. Dopo la morte di A. Oepke, W. A. KIRCHGASSNER, Erliisung rmd Siinde im
Kasch ha rielaborato l'articolo, utilizzando un N.T. (1950) 66-69.170 s.; K. G. KU11N, 'ltET.-
manoscritto incompiuto di Oepkc. pacrµ6c; - àµa.p'tla. - cr6.pl;: ZThK 49 (1952)
Per A: 200-222; E . LoHMEYER, Das Vater tmser
Bo1sAcQ, FRISK, s.v. Épuw 568 s.; M. Lrm- (1946) 147-162; T. W. MANsoJll, The Lard's
MANN, u&:oc; e crwc;, in MNHMH:E XAPIN, Prayer (1955) 99-II3; C. G. SHERWOOD, The
Gedenkschrift P. Kretschmar II (1957) 8 s.; Lord's Prayer, A St11dy in Sources (r940/41)
LrnDELL-ScoTT, s.v. ~uoµlu; P,i,ssow, s.v.; u9 s.
P!IB[SIGKE, Wiirt.; PRELLWITZ, Etym. Wort., 1 :B difficile che puoµaL, come pensano Boi-
.1.v.; PoKoRNY 1080; WALDE-PoK. r 282; BL.- sacq e Passow, si sra formato da tpuw, tirar
DEBR. § 101; 3II,2. via, trarre a sé (tirar fuori dal pericolo = sal-
Per B m: vare). In tal caso i derivati sarebbero di difli-
ii. H. CHASE, The Lord's Prayer. Texts and cile comprensione.
1005 (VI,999) puoµa.L A I - n .1 I (W. Kasch) (v1,1000) 1006

5,63 nella formulazione pucrE~O:L EPY<tl per pdh, riscattare, liberare, f?lF pi'el e
àyo:l>Q 't'àc; a.hla.c;, «compensare le ac- nif'al, salvare ed essere salvato; nFr, os-
cuse con una buona azione»; non si tro- serva1'e, custodire, sorvegliare; PiiF!i,
va nei presocratici, in Platone, in Ari- salvare, e pet' l'aramaico sjzb, liberare.
stotele, nei Cinici, negli Stoici e in Fi-
lone; sì. invece in Plutarco, ad es. vit. B. CONTENUTO DEL ·VERBO
dee. orat. 2 (n 834e), in iscrizioni (IG
5,1, nr.1328,12 2 ) e P.Oxy. Xli 1424, I. Nel mondo greco
ro. Si distingue da ~ cr<i>~w 3 per un l. In rispondenza a quello che sopra
ambito semantico più ristretto, che si abbiamo detto essere il suo significato
mantiene lungo tutta la storia del con- fondamentale, pvoµm viene usato per
cetto che stiamo esaminando ed ha co- indicare la salvezza e la tutela degli uo-
me conseguenza che cr4>sw può sostitui- mini da parte degli dèi. «Padre Zeus»,
re sempre puoµa.i, mentre puoµat può prega Aiace, «salva gli Achei dalla notte
essere usato come sinonimo di cr~sw so- oscura» (Horn., Il. 17,645). «Solo te
lo nei casi in cui quest'ultimo ha il si- hanno salvato Zeus e gli altri dèi», gri-
gnificato speciale di salvare o proteg- da Achille ad Enea durante 1n disputa
gere. prima della lotta (Il. 20,194). «Allora
dammi protezione e accompagnami con
2. Anche i LXX hanno avvertito una l'aiuto dei Numi», dice Priamo a Her-
certa difEerenza tra cr<i>sw e puoµa.t; in- mes, messaggero degli dèi (Il. 24,430).
fatti, in una presenza complessiva di 141 Apollo consola Ettore affiitto: «Apollo
volte, essi usano puoµa.t 84 volte come ha protetto te e la rocca turrita di Ilio»
equivalente di n# hif'il, salvare, 4 volte (Il. 15,257; cfr. 15,290). Ma non soltan-
per il rispettivo nif'al, salvare per sé o to in battaglia proteggono e salvano gli
per qualcuno, e 2 volte per la forma dèi. L'uomo spera che lo guardino dai
hof'al dello stesso termine 4; mentre u4>- pericoli, da miseria e morte. «Se tu
sw, con un totale di presenze nella Bib- sottrai Damis alla povertà, come recen-
bia greca molto più alto di puoµa.i, solo temente l'hai strappato al mare, egli ti
23 volte è equivalente di n#. 12 volte sacrifica un capretto, o signora dal cor-
puoµa.i sta per l'ebraico g'l, riscattare, no d'oro» (Anth. Gr. VI 231 5 ; cfr. ibid.
riacquistare, detto anche di Dio che re- vr 191, dove s'implora la salvezza Éx
dime il suo popolo (u<i>sw neppure una \/ocrou xa.t 1'CE\/lt]c;, «dalla malattia e dal-
volta), ro volte per pl! pi'el, portare al l'indigenza»). Una ragazzina tormentata
sicuro, salvare (u~sw x volta), 7 volte da una vecchia può dire: 't'ijc; oÈ yE-
per #' hif'il, salvare, liberare, soccorrere pa.~ijc; pvEo 't'TJV xoupriv, npl'V 't't xaxòv
nel bisogno (a<llsw 138 volte), 6 volte mxi>ÉttV, «saiva questa fanciulla dalla
per mlt pi'el, salvare (cr$sw I I volte), vecchia, prima che ne abbia danno»
2 volte per il nif' al della stessa radice (Anth. Gr. v 288,12). In Hdt. l,87 s'im-
col significato di sfuggire, salvarsi (cr$- plora la salvezza Éx -tou X('X.Xou; in 5'49i
~w 33 volte). In casi isolati (comples- 9,76 Éx oouÀocruvric;; in 4,187 É\/ v6-
sivamente 14 volte) pvoµa~ sta ancora crou; in Eur., Or. 1563 b XEPW'\/ µta.L-
2 Cfr. H . COLLITZ, Sammlung griechische11 Dia- 4 11ii~al
qal corrisponde all'indrca a tpuw. I
lektinschriften IV (1884 ss.) 4438,4. LXX potrebbero dunque aver inteso puoµm
come una formazione da ~puw.
3 Cfr. ~ LEUMANN 8 s.; ~ PoKORNY 1080; 5 Citato secondo la traduzione di H. BECKBY

-7 WALDE-POK. I 706. in Anth. Gr. (x957).


1007 (VI,1000) ~uoµaL B 1 1 - II xa (W. Kasch) (V11 IOOI) Ioo8

cpovw\I; in Soph., Oed. Tyr. 1352 ~'lt~ e alla difesa, a cui sono legati tanto gli
cpo\lou; in Eur., Or. 598 ~x i}a\la'Tou uomini quanto gli dèi. Come Ulisse non
(cfr. Eur., Alc. n; Hdt. 7,n); in Eur., può salvare i suoi compagni, perché essi
Aie. 770 xaxwv µuplw\I. Pind., Pyth. stessi si sono procacciati la rovina col
12,18 s. dice che una dea Ex 'TOV"t"W\I cpl- misfatto (Od. 1,6 s.), cosl anche gli dèi
À.oY U\lopa: 1t0\IW\I ~ppUCT<X:'tO, «sottrasse possono salvare l'uomo solo nell'ambito
un amico a queste pene». Oltre agli uo- del suo destino personale: «È impossi-
mini, la custodia e la salvezza da parte bile salvare dalla morte la progenie cli
degli dèi si estendono anche alle cose di tutti gli uomini mortali», fa dire l'Iliade
cui l'uomo ha bisogno per la sua vita o ad Atena nel consiglio degli Olimpi (Il.
la sua protezione. Le mura di una città I 5 ,141 ). Anche gli dèi hanno dei limiti
(Hdt. 6,7), la regione (Hdt. 7,217) sono insuperabili: «Giacché neppure Posido-
oggetto della loro salvezza e protezione. ne ti ha salvato dalla disgrazia (cioè da
Cariddi-)» (Od. I2,rn7). Ne segue che
2. Ciò che vale degli dèi, vale anche l'uomo con dubbio ansioso supplica la
degli uomini. Sono i principi che proteg- divinità: «Chi, dio o dea, ci salverà?»
gono città e paesi (Horn., Il. 9a96). I (Aesch., Sept. c. Theb. 91). Infatti la sal-
guerrieri di Ilio proteggono le donne vezza, la protezione e la difesa da parte
troiane e i fanciulli dai popoli bellicosi degli dèi, come degli uomini e delle co-
di Argo (Horn., Il. 17,224). Con pre- se, sono condizionate dall'uomo, cioè
ghiere e sacrifici il sacerdote può recare determinate antropocentricamente. Per-
salvezza (Soph., Oed. Tyr. 312). Un po- ciò anche nel valutare le possibilità de-
polo accoglie i perseguitati sotto la sua gli dèi misura delle cose è l'esperienza
protezione (Soph., Oed. Col. 285). Un dell'uomo, la possibilità insita in lui di
amico protegge e custodisce l'amico
(Theogn. 103 [Diehl' II 8] ). Viene ri-
conoscere se stesso. .
.~

cordato che Ulisse non potè salvare i II. Nell'Antico Testamento ·'.!t
suoi compagni di viaggio, che si erano ·,\

resi colpevoli (Hom., Od. 1,6). Nella vi- ?


1. Somiglianza con · gli enunciati greco- i,.
ta quotidiana sono le guardie che difen- profani
dono l'esercito dall'attacco di sorpresa ·'.~
del nemico (Horn., Il. 10,417 ). Infine, vi a) Se si guarda ai particolari, a prima >i
sono anche cose che, tutelando e pro- vista l'uso veterotestamentado di puo- ;
teggendo l'uomo; mantengono la sua in- µa.t si distingue appena da quello greco-
columità. Le mura proteggono (Horn., profano. Solo che in luogo degli dèi del-
Il. 18,515). L'elmo ripara il capo dei 1'0limpo (~ coli. 1006 s.) appare Jah-
giovani fiorenti (Horn., Il. l0,259). La vé, che salva non solo il suo popolo (cfr.
corazza protegge dalle ferite (Horn., Il. ad es. Ex. 6,6; 14,30; Iud. 6,9 cod. B;
23,819). In Od. 6,129 è un ramo che 8,34; 4Bacr. 18,32; 2 Ea-op. 8,31; Mich.
protegge le vergogne di Ulisse davanti a 4,10; 5,5; ls. 36,15; 44,6; 48,17; 49,
Nausicaa e alle sue compagne di giochi. 7.26; 54,5.8; Ez. 13,21,23; I Mach. I6,
Proprio in quest'ultimo esempio appare 2 ecc.), ma anche le singole persone (dr.
particolarmente chiaro il significato es- 2Bacr. 12,7; 22,18.44.49; lob 5,20; 22,
senziale di ~voµa.t. Con questo verbo si 30; 33,q; ~- 6,5; 24,20; 7,2; 16,13
tratta sempre di mantenere intatto il po- ecc.; Aa.\I. 3,88 ecc.). Salva il suo po-
tere dell'uomo su di sé e sul stio mon- polo dalle mani degij Egiziani (Ex. 14,
do. Ma c'è anche un limite alla salvezza )o; Iud. 6,9 cod. B), dalla servitù (Ex.
1009 (VI,lOOI) ~voµa~ B n xa-2b (W. Kasch) (VI,1002) IOXO

6,6), dalle mani di tutti i suoi nemici ne antropocentrica, nella quale si dispie-
(!ud. 8,34), dalle mani di Assur (4 :Scur. gano tutti i possibili significati della pa-
r8,32; Mich. 5,5; 36,15), dalla cattività rola nel mondo greco, ne subentra una
(Mich. 4,ro), da tutti questi mali (Esth. teocentrica. Non certe leggi dell'essere,
10,3 s.; 3 Mach. 2,12), dai falsi profeti scoperte dall'uomo attraverso esperienze
(Ez. r3,2r.23). Quanto· a singole perso· del destino e valide per gli dèi e per gli
ne, egli salva (David) dalle mani di Saul uomini, determinano l'essenza e la pos-
(2 Bacr. r2,7), dal forte nemico (22,r8; sibilità della salvezza, ma la volontà di
cfr. J Mach. 6,ro), dai persecutori (ljJ 7, Jahvé, creatrice ed intesa alla conserva-
2), dal vicino malvagio (\jl 33,5), dagli zione, per cui la salvezza del popolo e
uomini falsi e cattivi (\(J 42,1; Is. 25,4), del singolo è conseguenza dell'azione
da coloro che odiano (tV 68,35), dal ten- creatrice di Jahvé nella storia della sal-
tato omicidio (\jl r7,30), dal sangue (tV vezza da lui iniziata. Poiché egli è il Si-
50,16), dalla spada (!Ji 21,2I), dal fuoco gnore sovrano di questa storia, l'essenza,
ardente (Dan. LXX J,88), dalla rovina l'ampiezza e la possibilità della salvezza
(lob 33,17), dalla trappola del cacciato· dipendono esclusivamente da lui e dal-
re {\jl 90,3 ), dalla morte e dalla carestia la sua volontà. Perciò v'è salvezza «sol-
(\jJ 32,18 s.; cfr. lob 5,20), dal regno dei tanto secondo la sua grande misericor-
morti (\jl 85,13; cfr. "' 55,14; Os. XJ, dia» (Neem. 9,28), «secondo la sua pie-
14), dagli empi (tjl 16,13; cfr. 58,J; 70, tà» (lfJ _32,18 s.; 33,8; 85,r3), «per il
4; 96,10), dalle tribolazioni (ljJ 3J,r8. suo nome» (\jl 78,9). Jahvé salva «per·
20), dai peccati (l)J 38,9; 39,14; 78,9). ché mi volle» (l)J 17,20). Infatti, secon-
do la concezione veterotestamentaria, o-
b) Come la grecità profana (~ coli. gni salvezza, anche quella che avviene
1007 s.) anche l'A.T. conosce salva- per mezzo degli uomini, risale soltanto
tori utnani. In Ex. 2,r7.19 Mosè salva a lui, ma ad un tempo è la sua gloria e
le figlie del sacerdote dei Madianiti. In il suo onore. «Non v'è nessun dio, che
fod. 9,17 (cod. B) Gedeone e in 2 BaO'. possa salvare come lui», confessa Na-
19,ro il re sono chiamati salvatori d'I- bucodonosor (Actv. Theod. J,96). «Gli
sraele. In 2 Brxcr. 14,r6 è il re che salva dèi delle nazioni non hanno salvato la
una donna. In \jJ 81,4 si ordina ai giudi- loro terra», è detto in 4 BaCT. l8,J3 (dr.
ci di salvare i poveri e i bisognosi dalle Is. 36,19) in contrasto con ciò che può
mani dell'empio. In-Ecclus 40,24 si ri- fare Jahvé. Infatti per lui e per la sua
corda che il fratello e compagno può es" volontà di salvezza, «che degli abissi del
sere uri salvatore. Il ladro si può salvare mare ha fatto una via per la quale i sal-
se restituisce con la refurtiva anche i vati potessero passare» (ls. 5I,10), non
suoi averi (Prov. 6,31 ). Infine un uomo c'è potenza o legge che ponga dei li-
si può salvare sborsando danaro (J miti. Perciò il nome di salvatore è pro-
Mach . .2,_32). prio il nome che fa per lui (pvCTa.t -i}µfu;,
<bt' &px'ij<; ~ò ovoµ&. CTou ~q>'-i)µfu; i<rnv
2. La pecutiarietà degli enunciati vetero- [ls. 63,16]).
testamentari
b) Ma se Jahvé è l'unico salvatore,
a) Si ha invece un'altra impressione allora al posto della comprensione magi-
se si considera nel suo insieme l'uso ve- co-oggettiva della salvetia nel mondo
terotestamentario di pvoµat. Allora si greco (mantenimento dell'integrità di un
vede che, alla fondamentaie comprensio- oggetto con mezzi magici o tecnici) déve
ron (v1,roo2) puoµm B 11 2b-d (W. Kasch) (v1,1002) ro12

subentrare una comprensione personali- Ez. 14,20), chi si prende cura dei debo-
stica. Perciò nell'A.T. salvezza significa li (~ 40,2; cfr. Eccltts 40,24 ). E vicever-
tutela contro l'essere strappato dalla sfe- sa, quando il popolo gli è disobbediente,
ra salvifica istituita da Jahvé. Ma, poi- egli lo abbandona al suo destino (!ttd.
ché questa sfera salvifica non è magica 8,34).
ma storica, può darsi salvezza soltanto Infine, quando l'uomo riconosce di
per esseri storici, cioè per persone. Lo restare sempre debitore di Jahvé, il mo-
mostrano anche gli esempi citati, che tivo proprio della salvezza diventa la sua
parlano sempre della salvezza di perso- misericordia (lj/ 30,2; 70,2; cfr. 32,18
ne sociali o individuali ed inoltre si ri- s.; 33,8; 85,13), e la ricostituzione del
feriscono quasi sempre alla salvezza da rapporto con Dio turbato colpevolmente
situazioni provocate dalla volontà ostile dall'uomo diventa il fatto proprio della
di persone. Quanto sia ovvia questa con- salvezza: perciò l'uomo pio prega: «Sal-
cezione personalistica della salvezza si vami da tutti i miei peccati!» (ljJ 38,9;
vede dal fatto che Mosè osa rivolgere a dr. 39,13 s.; 78,9).
Dio il rimprovero di una mancata salvez-
za: «Da quando sono andato dal Farao- d) Sotto l'aspetto linguistico, da quan-
ne a parlare in tuo nome egli ha trattato to abbiamo detto consegue che i molti
male questo popolo. Ma tu non hai sal- significati della parola nel mondo greco
vato il tuo popolo» (Ex. 5,23; cfr. 3 si riducono nei LXX quasi esclusivamen-
J\facb. 6,II ). te al concetto di 'salvare'. Infatti, per
la concezione volontaristica e personali-
c) Se la salvezza significa il manteni- stica della salvezza, per la quale la sal-
mento dell'uomo nella sfera della pre- vezza si riferisce sempre all'intenzione
senza salvifica di Jahvé, l'uomo deve di colui che opera, necessariamente ven-
corrispondere alla salvezza con la fede gono del tutto meno le differenze tra
in Jahvé. Perciò è detto: «I padri spe- proteggere, aver cura, difendere e con-
rarono e tu li salvasti» (ljJ 21,5.9); «egli servare, da un lato, e dall'altro salvare,
salva coloro che lo temono e sperano liberare, redimere, perché esse esprimo-
nella sua misericordia» (ljl 32 118 s.; 33, no in modo puramente esteriore la situa-
8 ). Perciò anche la mancanza di fede si zione concreta dell'uomo da salvare, ma
manifesta come negazione della possibi- non l'intenzione del salvatore, partendo
lità salvifica di Jahvé: «Se il giusto è fi- dalla quale l'A.T. considera l'evento e-
glio di Dio, Dio lo assisterà e lo libererà spresso con puoµa.i. Inoltre si deduce
dalle mani dei suoi avversari. Mettiamo- che (con l'unica eccezione di 3 Mach. 2,
lo alla prova con oltraggi e maltratta- 32) mai nell'A.T. si trovano enuncia-
menti... Condanniamolo ad una morte ti relativi ad una salvezza compiuta con
infame, perché, a sentire lui, egli lo pro- mezzi tecnici (rocca, mura, armi, dana-
teggerà» (Sap. 2,18.19a.20; cfr. Is. 36, ro), che pure per i guerrieri d'Israele e-
14-20). Ma la concezione etico-religiosa rano altrettanto naturali che per quelli
della salvezza va ancora più in profon- greci. Giacché, a differenza del pensiero
dità. La fiducia che J ahvé salva deve a- magico-cosmologico greco, nel quale an·
vere conseguenze etiche, non si può ac- che le cose possono avere una funzione
compagnare alla disobbedienza alla sua autonoma, per il pensiero volontaristico
volontà. Donde le affermazioni che Jah- e personalistico derivante dalla fede ve-
vé salva solo l'innocente (lob 22,30; dr. terotestamentaria in Dio le cose sono
I Mach. 2,60), il giusto (tV 33,20; cfr. talmente strumenti di colui che opera,
1013 (vr,1002) ~uoµa~ B n 2d - III 3 (W. Kasch) (vr,1003) roq

che non spetta più loro alcuna funzione, zione di \jJ 21,9 e Sap. 2,13.18.20, che
e pertanto neppure una qualificazione qui come nell'A.T. deve rendere chia-
salvifica 6 • ro il comportamento blasfemo degli
oppositori attraverso un insulto posto
sulle loro labbra. Le. I ,73 s.: opxo\I Sv
III. Nel Nuovo Testamento wµol7E\I •.• 'tOU Souva.L 1Jµi:v ... h. XELpÒc;
ÉX~PW\I pwitÉv-ra.c; À.a'tpEUEW a.ù-.<;i, «il
I. Se si considera l'uso del vocabolo giuramento che giurò ... di concedere a
nel N.T., innanzi tutto stupisce la scar- noi che ..., liberati dalla mano dei nemi-
sa sua presenza. Nei vangeli compare ci, lo serviamo», si riallaccia, per l'affer-
solo in Mt. 6,13 (nella preghiera del mazione circa la salvezza, a Il; 17,1 (cfr.
Pater), in Mt. 27,43 come parola di 3 Mach. 6,10; 2 Ba.<r. 22,18; Iud. 8,34).
scherno dei capi giudei e in Le. l,74 nel In Rom. n,26 fil;EL Éx LLW\I ò puoµEvoc,,
cantico di Zaccaria. È usato tre volte «verrà da Sian il liberatore», è una cita-
nella Lettera ai Romani (7,24; rr,26, zione a senso di Is. 59,20. Cosl pure di-
15,31), tre volte in 2 Cor. l,10, una vol- pendono dall'A.T. Je formulazioni di 2
ta ciascuno in Col. l,13; I Thess. 1,10; Cor.: puEcr'Ì}aL Èx 'Ì}a.wi'tou (cfr. 4' 55,
2 Thess. 3,2; 2 Tim. 3,xr; 4,17.18; 2 q; Iob 5,20), 2 Thess. 3,2: pUEcr'Ì}aL à-
Petr. 2,7 .9. In confronto a <T<i>l;w, usato 7tÒ 'twv ... 1tOVTJpwv àvi}pw1twv (cfr. Is.
più di cento volte, puoµa.t è dunque 25,4 LXX), 2 Tim. 3,u: xa.t f.x mi:vi:wv
1·aro. µe 8LOyµwv Èppucra.'to ò xupLoc, (cfr. \jJ
33,20), 2 Tim. 4,17: Èppu17it1Jv Èx cr'to-
2. Per il suo contenuto esso significa p.a'toc, À.ÉoV'toc; (cfr. I Mach. 2,60).
in tutti i passi salvare, e oggetto della
salvezza sono sempre degli uomini, men- 3. Ovviamente sotto un particolare a-
tre dappertutto Dio è detto l'autore del- spetto il significato di puoµaL nel N.T.
la salvezza. Sotto questo aspetto, dun-
que, il concetto mostra di essere total- viene allargato, nel senso che si ricorre
mente dipendente dall'uso veterotesta- a questo vocabolo per definire dati di
mentario (~ coli. 1008 ss.). La sua di- fatto escatologici. Cosl è detto in Mt. 6,
pendenza daU'A.T. appare inoltre nel
l 3 : &.À.À.à pu17a.L iJµ~ ànò 'tOU 1t0\11]-
fatto che dei quindici passi dove esso
compare sette sono citazioni veterote- pou, in Rom. 11,26: -qt;EL Èx :Etwv ò pu6-
stamentarie o per senso derivano dal- µevoc,, àTCOO''tpÉ\jJEL IÌO"EPElac; IÌ1tÒ 'Ia-
1'A.T. Ad esempio la frase di Mt. 2 7 ,43: xw~. in Col. I ,I 3: Se; ÈppVO"O.'tO 1}µéic; ÉX
nfoodtE" bct 'tÒ\I 7}E6v, pucracrl>w vuv d
'Ì}ÉÀ.EL a.Ù'to\I, «ha confidato in Dio, lo 'tljc; E:!;ouo-lac; 'tOU O"XO"t'OVc; xa.t µEi:icr-.ri-
salvi dunque se vuole», è una combina- O"E\I dc; i:1]v Pao'LÀ.Elav 'tOV utoO -tfjc;

6 Soltanto nella poesia sapienziale si trovano ne spiritualizzante e individualistica della sal-


passi in cui la salvezza non viene ricondotta, vezza, che altrove è sempre estranea all'A.T.:
né direttamente né indirettamente, a Dio, ma ({Non fare violenza al misero, perché egli è
è trattata come frutto dell'opera umana: Prov. povero, e non rendere ingiustizie al debole in
6,31; 13,17; 32,23; 23,14; 24,n; Ecclus 40,24. giudizio. Giacché il Signore terrà il suo giudi-
Ripetutamente al posto di Jahvé troviamo la zio e tu salverai la tua anima (soltanto) se è
sapienza (Prov. 2,12; Sap. 10,6.9.13.15) o la immacolata» (Prov. 22,22 s. LXX; dr. Prov. 14,
giustizia (Prov. 10,2; n,6; 12,-6), che salvano 25; 23,r4).
gli uomini. Infine qui appare una comprensio-
1015 (VI,l oo3) pvoµa.~ B 111 3 (W. Kasch) {v1,roo4) 1016

aya1tl]«; aù-.ou, m I Thess. I,Io: 'll]- prensione della salvezza si rifanno ai


crouv 't'Òv pu6µEvov 1}µ1ic; tx -rijc; òpyijc; passi teologicamente più centrali dd-
't'i'jc; ~pxoµivric;, in 2 Tim. 4,I8: pvoncx.l 1'A .T. nei quali s'implora la salvezza dai
µE oxvptoc; à.nò 7tcx.v-çòc; ~pyou 1COVl]pou peccati("' 38,9; 39,I3 s.; 78,9). Ma van-
xcx.L <TWCTEL dc; 't'-l)V ~cx.crtÀ.Elcx.\I ocu't'ov, e no oltre ad essi in quanto attribuiscono
in 2 Petr. 2,9: olSE\I xuptoc; EOOE~Ei:c; Èx l'inclinazione umana a peccare non al-
1tEtpacrµov puEui}at. Se si vuole capire l'uomo stesso, bensl a quella potenza del
il signifìcato che puoµa.t ha qui, bisogna male che regna in questo eone, la quale
seguire la linea che viene dall'A.T. A tal in vista dell'imminente definitivo con-
.fine si presenta prima di tutto Is. 59,20 flitto vuole trascinare l'uomo alla rovina
s. : xaL i')~Et. E\IEXE.\I :Etw\I ò pu6µEvoc; xat eterna e alla quale l'uomo non ha pos-
tX1tO<T't'p~lf/Et àcrE~Elac; à.nò faxw~. È si- sibilità di resistere. È proprio questo il
gnificativo che qui sia usato il participio signifìcato dell'interrogativo di Rom. 7,
sostantivato di puoµat e non invece crw- 24: ..le; µE puG'E't'<l.t tx ..ou 11wµanc; -.ou
't'lJp. Infatti qui l'atto del salvatore non i}a.\l&.'t'OU 't'OU't'OU;' «Chi mi salverà da
consiste nel portare il tempo della sal- questo corpo di morte?», interrogativo
vezza, ma nella preventiva costituzione al quale risponde Col. I ,I 3 : Dio, oc; Èp-
del suo presupposto, l'eliminazione del- pvcra't'O 1Jµ(ic; b 'ti'jc; tçoualac; 't'ou o-x6-
l'empietà. Questo risultato, riferito ai 't'ouc; xcxL µE't'Écr't'l]<TEV EL; ..-ijv 0a<TLÀ.El-
passi neotestamentari sopra citati, signi- av 'TOV vlou 'ti'jc; à.yii'ITT}c; a.ù't'oii, «che
fica che puoµat, quando si applica a fat- ci salvò dalla potenza delle tenebre e ci _·;
(
ti escatologici, vuol dire la finale difesa trasferl nel regno del Figlio dd suo a-
dalla perdita dell'eterna salvezza pro- more»: è Dio, per 'IT)crovv 't'Ò\I pu6-

messa da Dio. Perciò non va neppure in- µE\IOV 1}µ&c; bt 'tijc; òpyijc; 't'ijç tpxo-
teso in senso futuro, giacché la difesa al- µéVT)c;, «Gesù che ci salva dall'ira im-
la fine dei tempi deve ben avere delle minente» (r Thess. 1,10, cfr. Rom. 5,9).
conseguenze già nel presente 7 • In tal Ma di qui si illumina di chiara luce an-
modo l'ampliamento del significato di che il passo più importante in cui è usa-
pvoµat nel N.T. corrisponde esattamen- to pvoµm (Mt. 6,I3), quando preghiamo
te a quello che si profila nei testi di il Padre: purra~ 1Jµ(ic; cbtò 't'OU 7tO\ITJ-
Quroran 8• Dunque il N .T. e la setta a- pov. Essa significa (si intenda à7tò -çov
pocalittica di Qumran nella loro com- 'ltOVl]pov [-+ x, coli. 1393 ss.] come

7 Cfr. ~ KUIIN .218-2:ir. vati dal giorno (del giuclliio)», dr. I QH 6,4;
s·eos1 ad es. I QpHab 8,1-3 dice che Dio sal- 7,17; 17,n; inoltre si nega che la salvezza
va dalla casa del giudizio, il commento a Mi- possa venire dagli idoli (I QpHab 12,14: cita-
chea 1,5-7 in I QpMi [DJD I 78,8-10] parla zione secondo la traduzione di H . BARDTKE,
degli «eletti (di Dio, che adempiono la legge) Die Ha11dschrifte11ftmde am Toten Meer. Die
nella comunità dell'unione, che saranno sal· Sekte von Qumran [19J8] .293).
1017 (VI,1004) puoµo:t B III J (W. Kasch) (VI,1004) 1018

maschile o come neutro 9 ) la richiesta a e salvatore dell'esistenza naturale e sto-


Dio della salvezza definitiva dalla po- rica del suo popolo e di tutti gli uomini,
tenza del male, la quale nel conflitto e- bensl come l'eterno signore, che piega al
scatologico vuole precipitare l'uomo nel- suo servizio anche il male. Ma ciò si-
!'eterna rovina, da cui l'uomo non può gnifica che con questa preghiera di sal-
difendersi. Ma con questa preghiera vezza si compie la vittoria sul male nel
(e qui si conclude l'evoluzione del signi- riconoscimento della sua maestà e nel
ficato di puoµa;t) Dio non è riconosciu- dono dell'accettazione della sua volontà.
to soltanto come creatore, conservatore W.KASCH

9 Cfr. specialmente ~ LoHMEYER q9-153.


crci~~cx:tov, crcx.~~cx:t'tcrµoc;,
1tapacr:xw1}

t cra~Prt:tov, 1tapaCTXEUlJ b) il sabato dall'epoca maccabaica fino alla


redazione della Misbna;
2. il divieto di lavorare di sabato:
SOMMARIO: a) le prescrizioni dei Giubilei e del Do-
mento di Damasco;
A. Il sabato nell'A.T.: b) le prescrizioni degli scritti rabbinici;
r. origine del sabato israelitico; e) Ja sospensione del sabato in casi spe-
2. il sabato prima dell'esilio; ciali;
3. il sabato dopo l'esilio; 3. la celebrazione del sabato:
4. l'anno sabbatico. a) Ja celebrazione in casa;
b) il culto sabbatico;
B. Il sabato nel giudaismo: e) il giudizio dei non giudei sulla celebra-
r. l'evoluzione del precetto sabbatico nel giu- zione del sabato giudaico;
daismo : 4 . l'anno sabbatico:
a) l'uso linguistico nel giudaismo palesti- a) l'usanza del maggese e il condono dei
nese ed ellenistico; debiti ogni sette anni;

ud:{3{3a'to\I ;tid. Chro11ologie ( 1916); J. MEINHOLD, Zur


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b) settimana e sabato cosmici. 2. la settimana giudaica nella chiesa cri-


stiana;
C. Il sabato nel N.T. :
3. il sabato nel giudeo-cristianesimo.
r. il sabato giudaico nel N .T.;
2. le polemiche di Gesù sul sabato:
a) i racconti sabbatici in Mc. e i paralleli
di Mt. e Le.; A. IL SABATO NELL'A.T.
b) le narrazioni sabbatiche nel materiale
proprio di Le.; r . Origine d~l.iuabato
,. israelitico
c) i racconti sabbatici in Io.; ·s
3. il sabato in alcune comunità cristiane. Il contenqto del precetto sabbatico si
D . Il sabato nella chiesa antica: è venuto modificando nel corso dei seco-
r. sabato e domenica; li; ma il precetto si trova in tutte le fon-

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608; ScHi.JRER u 551-560.574-576; M. WoLFF, Kirche im Volk 22 (1959) 25-36; A. SzAB6,
Het oordeel der Heleensch-Romeinsche schrij- Sabbat 11. Som1tag: Judaica 15 (1959) 161-172;
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den Sabbath: ThT 44 (1910) 162-172; I. EL- N.T. Essays in Memory of T. W. Mamon
BOGEN, Einga11g u. Ausga11g des Sabbats 11ach (1959) 2ro-217; E. LoHSE, }est1 Worte iiber
talmudischen Quellen, in Festschr. zu I. Lewy's den Sabbat: ZNW 51 (1960).
70. Geburtstag (19II) 173-187; BoussET-
GRESSMANN 126 s. e indice s.v. 'Sabbat'; Moo- Per D.:
RE II 21-39; STRACK-BILLER.BECK n 610-630 e E. ScHiiRnR, Die siebentiigige Woche im Ge-
indice s.v. 'Sabbat'; I. ELllOGEN, Der iiidische brauch der christl. Kirche der ersten Jahrhun-
xo23 (VII,2) O'u~~CX't'OV A I (E. Lohse) (vu,3) 1024

ti scritte della legge attribuita a Mosè: nilunio, con la sospensione del lavoro,
Ex. 34,21 (J); Ex. 23,12 (E); Ex. 20,8- perché quel giorno era considerato in-
u e Deut. 5,12-15 (Decalogo); Lev. 23, fausto e perciò si trascorreva in peniten-
1-3; 19,3; 26,2 (Legge di santità); Ex. za e in preghiera come t2m nufJ libbi,
31,12-17; 35,1-3 (P) 1• Nessun altro pre- «giorno di riposo del cuore» (degli dèi)3.
cetto dell'A.T. ritorna con altrettanta Il plenilunio si chiamava shapattu, ter-
frequenza, e già da questo fatto si può mine la cui etimologia e il cui significato
dedurre l'alta antichità del precetto sab- non sono ancora stati chiariti 4 • Ci si
batico. Ma dove ne cercheremo l'ori- chiede, dunque, se tra lo shapattu babi-
gine? lonese e il sabato israelitico vi sia qual-
che rapporto.
Nonostante le molte discussioni, il
problema nel quadro della storia delle In Babilonia lo shapattu non si cele-
religioni rimane tuttora insoluto. Paral- bra ogni settimana, come il sabato israe-
leli del precetto sabbatico si trovano litico; la sua ricorrenza è legata al ci-
nell'antica Babilonia. Da un canto i gior- clo lunare e, come i settimi giorni, si
ni 7.14.(19.)21 e 28 dei mesi di Elul e presenta quale giorno di penitenza per
di Marcheshwan risultano infausti, e in via di una serie di tabù e di proibizioni.
essi vanno osservate le seguenti prescri- Invece il sabato israelitico torna regolar-
zioni: «Il pastore dei grandi popoli non mente ogni sette giorni, indipendente-
mangerà carne cotta sulle braci né pane mente dal ciclo lunare 5 e il suo signifì-
abbrustolito. Non indosserà (abiti) pu- ficato non si riduce affatto a quello di un
liti. Non offrirà un sacrificio. Il re non dies nefastus carico di tabù. Perciò tra
viaggerà su un cocchio. Non parlerà in sabato israelitico e shapattu babilonese
veste di sovrano. Nel luogo dell'arcano non si può dire che esistano dei rapporti
l'aruspice non farà parola. Il medico non diretti. Tuttavia è possibile che - per
porrà la mano su alcun malato. (Il gior- tramiti che noi non conosciamo - il suo
no) non si presta all'esecuzione di un nome sia derivato dal babilonese sha-
progetto. Di notte il re porterà il suo pattu, anche se neÙ'A.T. il termine sab-
dono ai grandi dèi, offrirà un sacrificio: bàt è stato inteso regolarmente come
allora l'elevazione della sua mano sarà giorno di riposo e non come giorno ne-
gradita a Dio» 2 • D'altro canto, in Babi- fasto 6. Le tribù israelitiche devono aver
lonia il 15 del mese si celebrava il ple- adottato il nome in un tempo assai re-

derte; ZNW 6 (r905) 1-66; C. W. DuGMOll.B, 5 I ripetuti tent11tivi fatti dal Meinhold per
The Influence o/ the Synagogue 11po11 the Di- mostrare come il sabato sia la festa del pleni-
ville Office (1944) 26-37. lunio, sono stati confutati dalla risposta di ~
1 Cfr. --.+ BuooE, Sabbath 203. BunnE e vanno considerati come falliti: «Non
vi è alcun passo dell'A.T. in cui il sabato
i A.O.T. 329. appaia come plenilunio~ (~ BUDDE, Antwort
l Si tratt~ probabilmente di placare il cuore 145). I passi di Ex. 34,21 (J) e Ex. 23,12 (E)
degli dèi con sacrifici e preghiere. Cfr. --.+ attestano sicuramente che già negli antichi
HEHN, Sabbat/rage 201. tempi il sabato ricorreva ogni sette giorni; in
4 Cfr. T . G. PINCHES, Sapallt1, the Babylonia11
entrambi infatti il verbo 1bt è usato ool valore
Sabbath: Proceedings of the Society of Bibli- denomin11tivo di osservare il sabato; cfr. BUD-
ca! Archcology 26 (1904) JI-56; -+ Z1MMERN DE, Antwort x43.
199-202.458-460; recentemente ~ ]ENNI II 6 Cfr. B. STADE, Bibl. Theol. des A.T. 2 (x905)
n. 19. x78. Originariamente il verbo 1bt significa so-
1025 (vn,3) ua~~a·w.i A I-2 (E. Lohse) \ VllAJ lU:.<.O

moto, probabilmente già prima dell'epo- potesse essere osservata già da nomadi.
ca mosaica 7 • Che gli Israeliti abbiano Perciò l'osservanza del sabato sembra
mutuato il sabato dai Cananei 8 è da risalire ai primi inizi della religione jah-
escludere, se non altro perché presso vistica 13•
questi ultimi non v'è traccia di un saba-
to 9 • Del tutto problemati~o è pure sup- Il precetto sabbatico è ben radicato
porre che il sabato sia giunto in Israele nelle due redaziçni del Decalogo conser-
passando· attraverso i Keniti 10• Iri ogni vate dalla tradizì,çne. Perciò si deve am-
caso è certo che il significato e la porta- mettere che essd~'iii origine, nella serie
ta del sabato nell'A.T. non si possono delle proibizioni categoriche, 'ricevesse
spiegare partendo da modelli babilonesi una formulazione parimenti. negativa
o di altra matrice extra-israelitica, ma con la proibizione di eseguire qualsiasi
solo e unicamente sulla base della fede lavoro in giorno di sabato 14• Secondaria-
d'Israele in Jahvé 11 • mente il divieto di lavorare sembra es-
sere stato trasformato nel comandamen-
2. Il sabato prima dell'esilio to positivo di santificare il sabato 15, co-
mandamento più tardi arricchito di ab-
Il precetto sabbatico prescrive il ri- bondanti giustificazioni. Queste sono va-
poso assoluto. Questa norma non pre- riamente formulate in Ex. 2o e Deut. 5.
suppone necessariamente un'economia In Ex. 20,8-à la motivazione echeggia
rurale 12, quale in Israele si ebbe dopo il racconto sacerdotale di Gen: 2,2 s. e
l'insediamento nella terra; è invece del ricorda come Jahvé in sei giorni abbia
tutto possibile che una tale disposizfone creato il cielo e la terra, il mare e tutto

spendere il lavoro. Cfr. KoHLER-BAUMGARTNl!R, fascia intendere che commercio e scambi erano
s.v. sbt; ~ }ENNI 28. proibiti già nell'antico Israele, per modo che
7 Cfr. ~ PROCKSCH .544; era impossibile che di sabato si tenesse il mer-
cato.
a Cosi F. DELITZSCH, Babel u. Bibel' (1905) 11 ~ TuR-SINAI 14-16 amtesta che vi sia una
65; ID., Die grosse Tiiuschung r (1920) 99 s.;
-7 EISSFELDT 553.
qualsiasi connessione tra sabato e shapallu ba·
bilonese e ritiene «che il sostantivo Japattu,
~ Cfr. ~ BunuE, Sabbath 205.
in quanto nome di un determinato giorno,
I()~ EERDMANS 79-83; ~ BUDDE, Sabbath venne probabilmente assunto da un dialetto
268-270; L. KoHLER, Der Dekalog: ThR N.F. prossimo all'ebraico e immesso nel calendario
r (1929) i8o s. Recentemente si sono occupati assiro-babilonese» (I j).
del problema ~ RowLEY I05)-II4; --> NoRTH 12 Cosi ~ WELLHAUSEN n5; B. STADE, op.
198 s. Il passo di Am. 5,26 (dove· potrebbe for- cit. (--> n. 6) 176 s. e alui.
se trattarsì del giorno o dell'adorazione di Sa-
13 Anche ~ RowLEY n7 ritiene probabile
turno) non si può prendere come prova, at-
tesa l'incertezza testuale. Ex. 35,3 poi (dr. an- che il precetto sabbatico risalga ad epoca ante-
che Nmn. 15,32), dove si proibisce di accende- riore a Mosè.
14 Cfr. A. ALT, Die Urspriinge des israel.
re il fuoco di sabato, è di origine sacerdotale,
cosl che non se ne possono trarre conclusioni Rechts, in Kleine Schri/ten zur Geschichte· des
per l'epoca più remota. Richiamandosi a H. Volkes Israel I (1953) 317-321. Anche le proi-
WEBSTER, Rest Days (r911), ~ JENNI i2 s. bizioni assolute del diritto apodittico - a diffe-
cerca di mostrare che il sabato deriva dai gior- renza di quello ~asuistico - lasciano capire
ni di mercato regolarmente ricorrenti; ma egli che il precetto sabbatico non può esser stato
stesso ·deve ammettere èhe tra le· popolazioni mutuato dai Cananei. Cfr. A. ALT, . op: cii.,
intorno ad Israele di tali mercati settimanali 323.330.
non si ha l'attestazione (13). Inoltre Am. 8,4 s. l5 Cfr. ALT, o.e.(~ n. 14) 321 n. i; 331 n. x.
o-6.~~a.i:ov A 2 (E. Lohse)

ciò che vi si trova, e come nel settimo Secondo il decalogo cultuale jahvisti-
giorno si sia riposato e abbia cosl bene- co il precetto del riposo sabbatico si
detto e santificato il sabato (v. n) 16• Nel estende espressamente anche al tempo
testo parallelo in Deut. 5,I2-r5 11 I. an- dell'aratura e del raccolto, nel quale
cor più che in Ex. 20, ro si sottolinea l'interruzione del lavoro risulta partico-
che del riposo sabbatico devono fruire larmente pesante (Ex. 34,21 ). Il Codice
non solo l'israelita e la sua famiglia, dell'alleanza prescrive che ogni sette
ma allo stesso modo anche gli schiavi e giorni l'israelita riposi e prenda fiato, e
gli animali domestici: «Il tuo schiavo insieme con lui anche il suo bue, il suo
e la tua fantesca riposino come te» (v. asino, il figlio della sua schiava e anche
14; cfr. Ex. 23,12). In questa frase si il forestiero (Ex. 23,I2).
esprime il momento sociale, che prende
spicco anche in altri passi del Deutero- Nelle antichissime notizie riportate
nomio 18• 2. In Deut. 5,I5 il precetto nell'A.T. al di fuori del corpus legisla-
del sabato non viene fatto risalire all'o- tivo, sabato e novilunio vengono spesso
pera creatrice di Jahvé e al riposo da nominati insieme, essendo gli unici gior-
lui tenuto nel settimo giorno, ma si ni festivi che tornano regolarmente du-
rammenta che Israele è stato schiavo in rante tutto l'anno (Am. 8,5; Os. 2,r3;
Egitto e che di là Jahvé lo ha tratto Js. 1,13; 2Reg.4,23) 22 • Di sabato (co-
con mano forte e braccio disteso 19 : «per me anche nel novilunio) non si potevano
questo Jahvé ha comandato di osservare concludere affari (Am. 8,5), nel tempio
il sabato» (v. l 5 ). Il fondamento del sa- venivano offerti doni e sacrifici (1s. I ,I 3)
bato, dunque, si trova nella storia d'I- e si celebrava una festa di gioia (Os. 2,
sraele, che ha fatto l'esperienza del ri- 13). Il giorno di riposo offre la possibi-
scatto operato dalla mano di Dio. Come lità di percorrere un lungo cammino per
Jahvé ha liberato il popolo dalla schia- raggiungere Un uomo di Dio (2 Reg. 4,
vitù d'Egitto, cosl anche lo schiavo de- 2 3 ). È in giorno di sabato che il sommo
ve, di sabato, esser libero dal suo lavo- sacerdote Jojada pone fine alla tirannide
ro 2fJ. In tal modo i doveri verso Dio e di Atalia con una sommossa nel tempio
verso il prossimo vengono saldati in una di Gerusalemme e mette sul trono Joas
unità indissolubile 21 • (2Reg. n,5.7.9). Il narratore non sem·

16 Qui però invece di Jiibat, come in Gen. 2, 85 n. 2 .


2 s., si usa il verbo 11uaf;. Le opere della crea- 1s ar. Deut. r2,12.r8; r6,11s.14 ecc.: anche
zione sono il cielo, la terra e il mare; quest'ul· gli schiavi devono prendere parte alle feste in
timo non è invece menzionato in Gen. 2,I. onore di Jahvé. ·
l7 La motivazione in Deut. 5,15 è fatta in chfa. 19 Questo accenno è frequente nel Deuterono-
to stile deuteronomistko; perciò non vi è ra- mio;~ n. 17.
gione di togliete dal Deuteronomio il precetto
20 ~ }ENNI 15-19.
sabbatico e tutto il decalogo, per assegnarlo
all'epoca post-esilica, come fa ~ MEINHOLD, 21 EICHRODT, Theol. A.T. I 5 38.
Sabbat u. Wocbe 38; cfr. anche ~ BUDDJ~, 22 Anche in seguito novilunio e sabato sono
Antwort 128 e passim. Si confronti: «ricorda· spesso accostati: Is. 66,23; Ez. 45,17; 46,r;
ti» (7,18; 8,2.18; 9,7; 16,3; 24,9; 25,17); «Che Neem. 10,34; I Par. 23,31; :1. Par. 2,3. Questo
sei stato schiavo in Egitto» (15,15; 16,12; 24, accostamento non autorizza a trarre illazioni
18.22); «con mano forte e braccio disteso» (4, di sorta per il problema dell'origine del sabato,
34; 6,21; 7,8.19; 9,26.29; u,2; 26,8); «Jahvé, poiché il sabato nominato accanto al novilu-
tuo Dio, ha comandato» (r,r9 2,37; 4,5.23; 5, nio non può indicare il plenilunio. Cfr. 4
3:i (29]; 6,1 .20; 13,6; 20,17). Cfr. ~ RowwY n.5.
1029 (VIIA) cra~~CX.'tOV A 2-3 (E. Lobse)

bra per nulla scandalizzato dal fatto che attesa del tempo nel quale si potranno
questa sollevazione violenta costitul una di nuovo offrire sacrifici nel tempio, si
profanazione del sabato ( 2 Reg. II) 23 . prescrivono accuratamente il numero e
Ciò mostra che nell'antichità il comanda- le modalità dei sacrifici da offrire in sa-
mento dell'astensione dal lavoro non bato (fa. 45,q; 46>4 s.).
era ancora inteso con quel rigore che
gli avrebbe attribuito l'interpretazione La legislazione sacerdotale ribadisce
successiva. Tuttavia è certo che già pri- l'importanza del precetto sabbatico, pro-
ma dell'esilio il sabato, al termine della clamando anch'essa che il sabato è un
settimana, era osservato come giorno di segno tra Jahvé ed Israele (Ex. 31,14 s.;
riposo stabilito da Jahvé e a lui consa- 35,2). Il sabato dev'essere santificato da
crato 24• Israele come un'istituzione salvifica va-
lida per l'eternità (berlt 'olam: Ex. 31,
16). «In sei giorni, infatti, Dio ha crea-
3. Il sabato dopo l'esilio to il cielo e la terra, ma nel settimo si
è riposato e ha preso fiato» (Ex. 31,17).
La comunità di Jahvé deportata in e- Egli ha benedetto e santificato il settimo
silio si trovò nella necessità di distin- giorno (Gen. 2,1-3) 25 • Il sabato, quindi,
guersi da quelli che professavano altre non viene dedotto dall'esperienza della
fedi, e per farlo pose un accento parti- manna, di cui Israele si cibò nel deserto
colare sui due tratti distintivi che le era- (Ex. 16,22-30, P), ma risponde al volere
no rimasti per assicurare l'appartenenza divino fin dalla creazione. È questo vo-
al suo Dio. Da allora insieme con la cir- lere che viene manifestato ad Israele
concisione il sabato assunse una grande sul Sinai, quando il sabato gli è dato co-
importanza; ma solo Israele, a differen- me segno che è stato Jahvé a santificare
za dei gentili, ogni sette giorni "Considerò il suo popolo (Ex. 31,13). Il sabato si-
il sabato come giorno consacrato al suo gnifica quindi un beneficio divino, che
Dio. Perciò Ezechiele dice che il sabato rammenta assiduamente come Jahvé ab-
è un segno tra Jahvé ed Israele, «affinché bia scelto e santificato il popolo 26 •
si riconosca che sono io, Jahvé, quello
che li santifica» (Bz. 20,!2, cfr. v. 20). Il Dopo l'esilio il severo precetto di tra-
profeta giunge anzi ad affermare che pro- lasciare di sabato qualsiasi lavoro viene
prio la profanazione del sabato è la cau- precisato meglio nei particolari. In gior-
sa della sciagura occorsa al popolo (Ez. no di sabato è probito accendere il fuo-
20,13.16.20.24; 22,8.26; 23,38; cfr. 2 co (Ex. 35,3), portare pesi (Ier. 17,
Par. 36,21). Perciò alla comunità si rac- 21 s. 24.27), commerciare (Neem. ro,
comanda con particolare insistenza il 32), pigiare, caricare bestie da soma o
dovere di osservare le feste e di santifi- tener mercato (Neem. 13,15-22),percor-
care i giorni di sabato (Ez. 44,24). In rere lunghe distanze e concludere affari

21 Cfr. ~ MEINHOLD, Entstehtmg 84; ~ Io., evita anche il più piccolo sospetto che il gior-
Sabbathfrage II r23. no di riposo sìa stato pregiudicato da qualsi-
2~ Una rassegna dei testi in ~ CANNON 325- voglia lavoro. Cosl anche in Iub . .2,16.
327· 26 Il precetto assoluto di salv.aguardare la san-
25 In Gc11. 2,2 il testo ebraico dice che Jahvé tità del giorno tralasciando qualsiasi lavoro va-
nel settimo giorno terminò le sue opere e si le per il sabato di ogni settimana e anche per
riposò da esse; ìnvece secondo i LXX Dio com- il giorno dell'espiazione, che in Lev. 23,32 è
pie la creazione già nel sesto giorno, e cosl si detto labbat labbiiton.
1031 (vn,5) cra~~ct'tOV A 3-4 (E. Lohse) (vn,6) 1032

(Is. 58,13) o profanare in qualsiasi mo- è un altro sabato, che viene osservato al
do il giorno sacro (Is. 561 2). Il richia- termine di ogni ciclo di sei anni 28 • Ogni
mo ad un esempio che viene variamente settimo anno il 'suolo ·d'Israele doveva
proposto serve a inculcare la serietà del rimanere a riposo: non vi si lavorava né
precetto: un uomo che di sabato aveva vi si raccoglieva. Questa istituzione sem-
raccolto legna nel deserto venne punito bra aver avuto origine al tempo dell'oc-
con la morte decretata da Jahvé (Num. cupazione della Palestina e, a quanto
l5,J2-36, P). Vuol dire che, se si ha pare, inizialmente significò che, ogni set-
bisogno di qualcosa per il sabato, lo si timo anno, avveniva l'annullamento
deve raccogliere e allestire il giorno in- completo degli impegni giuridici e dei
nanzi (Ex. 16,22-26.29), giacché il saba- debiti esistenti, e che ·per sorteggio ·i
to è il santissimo giorno di riposo di fondi e il terreno venivano ridistribuiti
Jahvé (Ex: 35,2), che viene solennemen- ai singoli gruppi familiari 29•
te celebrato nel ·santuario (Lev. 23a2;
cfr. Ez. 46,r). Ogni sabatò si rinnovano La più antica redazione del precetto
i pani ·della· proposizione (Lev. 24,8; I del maggese sacrale si twva nel Codice
Par. 9,32) e vengono offerti due agnelli dell'alleanza (Ex. 23,rns.): in ogni set-
senza macchia, d'un anno, unitamente ai timo anno si rinuncerà ai prodotti del
relativi sacrifici di oblazione e libagione suolo, affinché - dice la motivazione -
(Num. 28,9 s.). I cantotì intonano il Ps. i poveri del popolo abbiano di che man-
92 partendo dal v. r n. giare. Nel Deuteronomio una disposizio-
ne dell'antico diritto divino 30 stabilisce:
Nella comunità postesilica il precetto «Al termine di sette anni farai atto di re-
sabbatico diviene la prescrizione più im- missione» (Deut. 15,1). E il precetto vie-
portante della legge divina. Dire che ne poi illustrato con spiegazioni in for-
Dio ha dato ad Israele la legge o che ma predicatoria, le quali specificano che
gli ha ingiunto di santificare il sabato è nel settimo anno ai poveri vanno rimes-
quasi la stessa cosa. Chi santifica il sa- si i prestiti ( vv. 2-u ). Più tardi i brevi
babato e lo proclama sua gioia si procu- ammonimenti del Codice dell'alleanza
ra la benevolenza di Jahvé (Is. 58,13 s.). riguardo all'anno di maggese vengono
Chi aderisce al patto e fa la volontà di specificati meglio nella Legge di santità,
Dio si guarda bene dal profanare il sa- dove sono collegati con disposizioni pre-
bato (Is. 56,1-7), poiché l'amore del no- se dal precetto sabbatico (Lev. 25,1-7):
me di Jahvé e la fedeltà al suo patto si nel settimo anno tutta la terra celebrerà
dimostrano col rispetto zelante e pun- un sabato in onore di Jahvé (Lev. 25,4)
tuale della legge, il cui precetto supremo e si sospenderà ogni semina e ogni rac-
è la sacra osservanza del sabato. colto. Quel che il suolo produrrà spon-
t:meamente nel tempo di riposo servirà
4. L'anno sabbatico da nutrimento agli Israeliti, ai loro schia-
vi e schiave, ai salariati e ai residenti
Come, dopo sei giorni, la settimana (Lev. 25,6) 31•
si chiudeva col sabato, cosl nell'A.T. vi Nella Legge di santità alle precisazio-
27 Per i sacrifici sabbatici cfr. inoltre I Par. 23, In., Erwiigunge11 zur Geschichte der Passafcier
31; 2 Par. 2,3; 8,13; 31,3. u. des Massot/estes: ZThK 55 (1958) 25-28.
28 ·Per l'onno sébbatico cfr. ora -> CoRRENs, 29 Cfr. ALT, o.e. (-> n. 14) 327 s.

con ampia bibliografia; H. WILDllERGRR, Israel 30 Cfr. G. v. R.An, De11teronomiumstudien1


11. sein Land: EvTheol 16 (1956) 404-422; E. FRL 58 (1947) IO.
KuTSCH, art. 'Erlassjahr', in RGG3 II 568 s.; 31Nell'A.T. l'anno sabbatico è ricordato on-
1033 (vn,6) c;6:~~a-.ov A 4 - B rn (E. Lohse) (VII,7) 1034

ni sull'anno sabbatico se ne aggiungono sione, che Dio ha stretto un patto con


altre riguardanti l'anno giubilare (Lev. la sua comunità. Dappertutto, per indi-
25,8-55) 32, che doveva tenersi ogni cin- care il settimo giorno, si conserva i! no-
quantesimo anno, al termine di sette me 'Sabbiit trasmesso dalla legge 33, anche
settimane di anni. In questa ciicostanza se esso non indica solo il. giorno di sa-
tutti gli Israeliti finiti in schiavitù dove- bato, ma anche il periodo che intercori-e
vano ricuperare la libertà e tornare cia- tra un sabato e l'altro, quindi tutta la
scuno al suo fondo e alla sua terra. Que- settimana 34 • Anche la forma aramaica
ste disposizioni, che riprendono, in par- · 5abbctà' designa tanto il giorno quanto
te, brani di tradizione inizialmente rela- la settimana 35 • Il giorno precedente vien
tivi all'anno sabbatico, offrono un qua- detto 'ereb 5abbiit, 'vigilia del sabato' 36 •
dro artificioso e hanno un significato pu- La notte dal sabato al primo giorno del-
ramente teorico, poiché in effetti un Ja settimana e questo stesso primo gior-
anno giubilare non venne mai celebrato. no son detti mo~ii'é Jabbiit, 'uscita dal
sabato' 37, mentre gli altri. giorni sono
B. IL SABATO NEL GIUDAISMO indicati col numero progressivo 38•

Nella diaspora i Giudei di lingua gre-


r. L'evoluzione del precetto sabbatico ca conservano il termine ebraico, gre-
nel giudaismo cizzato in o-&f3f3a.'tOV. Quando si vuole
spiegare ai Greci il significato dell'.eprai-
a)L'uso linguistico nel giudaismo pale-
co, al posto di o-&f3[3oc'toV si dice .:&:vcf·
stinese ed ellenistico
7taucnc;, 'riposo', poiché «quello çhe ·in
Nella diaspora non meno che in Pa- ebraico si chiama O'ocf3[3a-.ov signific~ il
lestina H giudaismo si mostra convinto riposo da ogni tipo di lavoro» ('tÒ µà'.1
che nella diligente osservanza del pre- YtXP rTocf3f3a'tOV Xct't'à. 't''Ì}V 't'WV 'Iouolil-
cetto divino del sabato Israele si pone wv oLaÀ.e:x't'ov àv&:mx.vo-lc; È<T't'W . à7tò
in .sintonia con la sua elezione tra tutti 7tOCV't'Òc; lpyou: Flav. Ios., Ap. 2,27; cfr.
i popoli e che tale osservanza gli ram- anche Philo, cher. 87; Abr. 28). Il plu-
menta assiduamente, anche nella disper- rale 't'<Ì <Tci.~[3rx't'a. 39 può avere tre diver-
cora in Neem. 10,32 e 2 Par. 36121. STRACK-BILLERJlECK I 1052 S.
32 Per l'anno giubilare cfr. A. JIR1m, Das isr. 37 Gen. r. II(8a) a 2,3. Testi in STRACK-BIL-
Jobeljahr, in R. Seeberg-Festschr. u (1929) 169- LERBl?.CK I 1052 s.
179; N. M. N1cOLSKIJ, Die Entstehung des ]o- 38 Cfr. i nomi dci giorni della settimana in
be/jahres: ZAW 50 (.1932) 216; ALT, o.e. (-4 Shab. b. 156a: bpd _bJb' {nel 1° giorno della
n. 14) 328 n. r; C. H. GoRDON, Sabbatical Cy- settimana); btrj bsb' (nel 2° giorno... ); .bilt'
cle or Seasonal Pattem?: Orientalia 22 (1953) bSb' (nel 3° giorno ... ); b'rb" bib' (nel 4° gior-
79-81; R. NORTH, Sociology of the Biblica[ Ju- no ... ); bl;m1' b1b' (nel 5° giorno ... ); bm'li 1bt'
b;/ee, Analecta Biblica 4 (1954). (nella vigilia del sabato); bJbt' (nel sabato).
33 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 610 s. Altri testi in DALMAN, Gramm. 247 s.; STRACK-
3~ Cfr. i testi in STRACK-BILLERBECK r 1052 s.: BILLERBECK J 1052; ~ ScHiiRER, Die sieben-
kl jmwt hibt, «tutti i giorni della settimana» tiigige Woche 3-8.
(Gen. r. n[8b] a 2 13); bkl bibt, «durante tut- 39 «Dapprincipio alt~~a'ta non er(l un plura-
ta la settimana» (Ned. 8,r). Cfr. anche S. le; non è altro che l'ebraico sabbiit; la termi-
KRAuss, Talm11dische Archiiologie II (19II) nazione -a per sé non è che un'aggiunta fo-
422 s. netica, determinata dalla necessità di far sen-
3S Testi in DAI.MAN, Gramm. 247 s. tire il -t ebraico nella finale del greco» (E.
36 Per es-. Shab. 2,7; 19,1 ecc.; in aramaico SCHWYZER, Altes u. Neues ZII [ heb1'.-] griech.
'rwbt swb', oppure 'rwbt'; cfr. i testi in a&.~~u-.a., [ griech.·] lai. sabbata, usw: Zschr
ro35 (vn,7) cr<i;~{3a."l'ov B ra (E. Lohsc) (vn,8) ro36

si significati: I. spesso designa vari sa- µ1) (1]µÉpa.) viene ad essere l'equivalente
bati; ad es. Èv 'toi:ç cra.f3f3a:cot<; xa.1. iv di crci.(3(3a.'tov (cfr. Gen. 2,2 s. LXX; Ex.
-.a.i:<; vouµ11vla.tç, «nei sabati e nei no- 16,26 s. ecc.); Flav. Ios., ant. 3,237: xoc-
viluni» (Ez. 46,3 LXX); dr. pure Is. r, 'tOC oÈ ~(3S6µ'r)v 1JµÉpa.v, i)'tt<; utX.(3{3ct..'toc
13 LXX; 2 Par. 31,3; Flav. Ios., ant. 3, xa..Àei:-ra.~ (cfr. ant. 3,143}; Philo, Abr.
294; x2,276 s.; 13,252. 2. Spesso, no- .2.8: 'tlJV é(3o6µ'T)v, iJv 'E(3pai:oi crtX.(3f3oc-
nostante la forma plurale, -tà. crà.{3f3a.-ta. 'ta xaÀouaw (cfr. anche Philo, mut.
indica anche un solo sabato; ad es. Ex. nom. 260; spec. leg. 2,41.86 e vit. Mos.
20,IO LXX: 'tTI OÈ 'ÌJ!LÉP't 't'TI èf3o6µn 2,209.215.263). Il termine -li ~f3ooµ<ic;
cr~f3f3a'ta. xupl({.l 'téi) i>e<';> crou, «nel set- non è usato solo per indicare la setti-
timo giorno, sabato, in onore del Signo- mana, ma anche per il sabato (2 Mach.
re tuo Dio»; Flav. Ios., ant. 3,143: 'tlJV 6,u; IJA; Flav. los., ant. 14,53; beli.
yà.p Èf3o6µ'l'}v 1)µipa.v cr<i{3{3a.'ta. xa.À.ou- r,146; 2,147.517). Con un richiamo di-
ru;v, «il settimo giorno è da noi chia- retto all'espressione dell'A.T., l'osser-
mato sabato». Cfr. ancora ant. l,33; 3, vanza del sabato è designata con cpuÀ<icr-
237; n,77 ecc. Non di rado si usa di- CTEW (<pUÌ.UCTO"ECTi>a.t) "tÒ craf3(3a.'TOV (Ex.
re anche Ti ljµÉpoc -çwv cra.f3f3chwv: Ex. 31,13 s. LXX; Lev. 19,3 ecc.) 42 • Ma si
20,8 LXX; 35,3; De11t. 5,2; '!Ep. 17,21 usa anche il neologismo <T('l.(3(3a-.l~Ew:
s.; Flav. Ios., ant. 7,305; 12,259.274; cra.(3(3('1.'t'td"tE 'toc cra(3(3a.w. vµWv (Lev.
13,12; 14,226 ecc. 3. Infine, in rispon- 23,32 LXX; cfr. anche Ex. 16,30 LXX;
denza all'uso ebraico, l'intera settimana Lev. 26,35; 2 Mach. 6,6 ecc.) 43 •
vien detta "t'IÌ. cr&{3{3a."t'a o 'tÒ craf3f3('1.-
"COV 46; ad es., nei titoli di alcuni salmi Il giudaismo, dunque, per designare
nei LXX: 4' 23,1 ('tfjç µt~ craf3{3à.-twv); il giorno di riposo stabilito da Dio si
1Ji47,1 Uiw'tÉPrt<Taf3f3chou); 4'93,1 (u- serve di un uso linguistico coerente, nel
'Tpao~ ua.f3f3&...wv) 41 • quale il termine sabbiit, preso dalla leg-
La vigilia è detta 'ltpocrci.f3{3a.-.ov ge, si conserva stabilmente sia in Pale-
(Iudith 8,6), Ti 7CpÒ -.oO CT('l.f3f3!i"t'OU (Flav. stina sia nella diaspora; con ciò esso mo-
los., ant. 3,255 s.) oppure 'lt('l.pa.<TXEV1} stra che le comunità giudaiche disperse
(Flav.Ios., ant. 16,163}. Il sabato stesso per il mondo hanno coscienza di essere
viene spesso chiamato semplicemente il tra loro unite e fuse grazie al precetto
settimo giorno, e cosl sovente (1)) E.{386- divino del sabato +i.

fiit vergleichende Sprachforschung 62 [1935] Pa"l'w'V = giorno dell'espiazione; anche Philo,


ro). Nella pratica, poi, "tà cr&.~~IX"l'tt è sentito spec. /eg. 2,194.
come plurale dei nomi greci di feste, che de- 42 Inoltre si usano pure le formule "l'Ò cr6;f3~ct·
signano le feste «con tutti gli annessi e con· "O'V "1'1JPE~'V (lo. 9,16) e 1telPr1."1'1JpEW -rT)'V "l'W\I
nessi:. (SCWHYZER, Griech. Grammatik II 43 cra~f3&."t'w\I 'l'}µlpct\I (Flav. Ios., ani. 14,264).
con n. 5). Al dativo si usano indifferentemente Cfr. SCHLATTER, ]oh. a 9,16.
le forme "tori; ua~~acrw (I Mach. 2,38; Flav. 43 Inoltre in Giuseppe si hanno le formazioni
Ios., tml. 13,337; 16,153; vii. 279) e "l'Oiç O'CL~­ cra.~~CL"t'Efov (allt. 16,r64 = uno spazio desti·
~&."toi.ç (Num. 28,10, LXX; 2 Par. 2,J; usuale
nato alla celebrazione del sabato; cfr. S.
nei LXX; inoltre F1av. Ios., ant. 3,294; rr,346; KRAuss, Synagogale Altertumer [1922) 25 s.;
12,.p76 s.; 13,252; beli. 1,146); dr. STRACK- P. KATZ, Das Prob/em des Urtextes der Sep-
BILLEKBECK I 610 s.; PREUSCHEN·BAUER~, s.v.
tuaginta: ThZ 5 (1949] 5 s. n. 6) e <rix~f3an·
40 Nei LXX per indicare la settimana si dice x6ç (ant. 14,202; beli. 7,99 = di genere sab-
anche Ti É~lioµ&.ç; ad es. Lev. 23,r5 s.; 25,8 batico).
ecc. 44 I Samaritani, che consideravano come scrit·
41 \.fr. anche Lev. 23,32 LXX: aa~~a:tCL O"CL~- tura sncrn il solo Pentateuco, mantennero an·
io37 (vn,8) craf3f3a:t"O\I H Ib (.!'... Lonse)

b)ll sabato dall'epoca maccabaica fino sono tanto vasti, che nel settimo giorno
alla redazione della Mishna persino gli empi nella geenna possono
Il sabato settimanalmente ricorrente aver riposo dal loro tormento 47 • Perciò
è per il giudaismo un segno della divina il peso del precetto sabbatico eguaglia
elezione; nessun altro popolo, infatti, è quello di tutti gli altri precetti della leg-
stato benedetto da Dio per osservare il ge messi insieme (Ber. ;. 1 [3c 14 s.J) e
sabato, tranne il solo Israele (Iub. 2,r9. il premio assicurato da Dio per la sua
31; 50,9 s.). Il giorno di riposo, cele- fedele osservanza è particolarmente al-
brato già dai padri 45 , consente di pre- to 48 • Qualora Israele osservasse anche
gustare fin da ora quella gloria eterna due soli -sabati nella maniera prescritta,
che sarà un sabato senza fìne 46 • D'altra si sarebbe all'aurora della redenzione 49•
parte, gli effetti meravigliosi del sabato Il precetto sabbatico, dunque, è il

ch'essi la circoncisione e il sabato quali segni sabato, è un'entità divina, il figlio di Dio vero
del patto. Inoltre certi gruppuscoli giudaici, e proprio che ha sede nel cielo, è imperituro
che nella diaspora si aprivano ad influssi sin- cd eterno e ogni settimana discende a svolgere
cretistici e perciò erano ben lontani dal giu- il suo ufficio tra gli uomini. Il venerdl sera si
daismo ortodosso, vollero nondimeno tener vi- leva dal suo trono, preceduto da schiere d'an-
vo il loro legame con Israele mediante l'osser- geli scende sulla terra e vi si trattiene fino al
vanza del sabato. Ad es., in un'iscrizione della sabato mattina per 1a gioia dei pii. Indubbia-
regione di Elaiussa in Cilicia (DITTENBERGER, mente qui ha esercitato il suo in.flusso il mito
Or. lI 573) il nome :ta.f3f3a.·ncr-cal designa un gnostico della discesa del redentore, che offre
gruppo compatto, nn'associazione che ha per pure il modulo alle concezioni mandaichc su
Dio ò i}Eòc; ò :ta.f3f3a-c~cr·d1c; (dr. KRAUSS, o.e. Habsabba, il primo della settimana, ed nlla
[---? n. 43] 27). Quest'associazione di 'cultori sua discesa quale messaggero del mondo della
elci sabato' (1) ~-ra.~pda. -rwv :ta.(3(3a.·ncr-rwv) luce. Cfr. L. TROJE, Sanbat, Beigabe III, in
probabilmente era un gruppo ereticale giudai- R. RErTZENSTEIN, Die Vorgeschichle der christ-
co, che adorava pure il dio Sabazio (dr. H. /icbe11 Tau/e (r929) 328-377; A. ADAM, Die
LmTZMANN, Geschichle der alten Kirche I Ps. des Thomas "· das Perlenlied als Ze11g-
'[ 1953) r66) e perciò si trovava ai margini del nisse vorschristl. Gnosis, Beih. z. ZNW 24
giudaismo, se non già al di fuori (cfr. J. Lru- (1959) 79·
POLD, Das Ev. der Wahrheit: ThLZ 82 [1957] 41 Cfr. lub. 2,r9·24; Gen. r. u(8c); STR.ACK-
829). Dal giudaismo sincretistico della diaspo- BrLLERBECK 1 200.
ra viene anche la piccola setta degli !psistari, 46 Cfr. i testi in STR.ACK-BILLl!RBECK IV 839 s.
di cui si ha notizia in Asia Minore nel IV e VoLZ 384 s. In Ber. b. 57b si dice con più
sec. d.C. Costoro mischiavano tradizioni giu- precisione che il sabato è un sessantesimo del
daiche con concezioni dcl parsismo, adoravano mondo avvenire.
il 'dio altissimo', osservavano il sabato e le 47 Sa11h. b. 65b; Gen. r. u(8b); altri passi in
prescrizioni relative ai cibi, ma respingevano STRACK-BILLERBECK IV 1082 s,
la circoncisione. Cfr. Greg. Naz., or. 18,5 (MPG 43 Secondo R. Eliezct (c. 90) l'osservanza del
35 [1857] 991 s.); G. BoRNKAMM, Die Hiiresie sabato preserva da tre castighi: dai dolori del
dcs Kol. , in Das Ende des Gese/1.es 2 (1958) Messia, dal giorno di Gog e dal giorno del
153-155. Infine, certe particolari idee circa il grande giudizio (Mek. Ex. 16,29 [59a)). Altri
sabato si trovano tra i Falasha dell'Abissinia detti rabbinici sul premio riservato all'esatta
(cfr. J. HALÉVY, T~'hJ1.a Sanbat, lexte éthio- osservanza dcl sabato in STRACK-BILLERBECK I
pien publié et traduit [ 1902]), che ogni sette 614 s.; IV 497.950.1067.
sabati ne celebrano uno con riti speciali. Per 49 Cosi R. Shimon b . Johai (c. r50) in Shab.
i Falasha, Sanbat, che è la personificazione del b. 118b bar.
1039 (vn,8) a6.(3(3a-.ov B rb (E. Lohse)

cuore di tutta la legge 50 • Contro di esso sto terribile evento si decise che per
mosse i suoi attacchi il re sito Antioco l'avvenire sarebbe stato consentito di
Epifane, quando vietò non soltanto i sa- prender le armi anche di sabato, qualo-
crifici a Gerusalemme, ma anche l'osser- ra ci si dovesse difendere (I Mach. 2,39-
vanza del sabato e con essa la professio- 41) 52 • Ma continuò a considerarsi proi-
ne pubblica della fede giudaica (I Mach. bito l'attaccare di sabato 53 • Certi giudei,
1,39.44 s.). Ciò comportava che d'allora che prestavano servizio in corpi stranie-
in poi «non era permesso né celebrare ri, si rifiutarono di attaccare in giorno
il sabato, né osservare le festività pa- di sabato (2 Mach. 15,1-5). Per questo i
trie, né, in breve, professare di essere Romani rinunciarono ad arruolare i Giu-
giudeo» ( 2 Mach. 6,6: flv o'OU'tE 11aB- dei 54• Ma più tardi talvolta si ritenne
~a"tlsE~V, ou"tt: 'lta"t~ovç Éop"tàç ota- che fosse permesso di attaccare anche di ot::·.
cpvla"t't'EW, ou"tE &:itÀ.wç 'Iouoat'ov òµo- sabato i pagani incalzanti 55 • In generale
À.oyE~v Elvai). In effetti si ottenne che anche i rabbini riconobbero il principio
molti giudei apostatarono, «sacrificaro- che nel caso di pericolo di vita si poteva
no agli idoli e violarono il sabato» (I trasgredire il precetto sabbatico, come
Mach. 1,43). Ma d'altra parte a questo pure quando si trattava di difendersi 55
comando del re si· accese l'appassionata o di darsi alla fuga 51 • ·
opposizione dei pii, i quali difesero la
professione della legge fino all'estremo, In altri casi l'eyoluzione delle prescri-
tutelarono la santità del sabato e lotta- zioni sabbatiche non appare cosl chiara
rono tenacemente per i giorni di festa .e come negli esempi addotti, dal momento
di riposo, fino ad ottenere che i re della che non possediamo testimonianze lette·
Siria li riconoscessero ufficialmente (I rarie altrettanto copiose. Tuttavia si può
Mach. rn,34). dire che in genere la halaka antica è
più rigida di quella recente, quando la
Nella halaka pm antica tra i lavori Mishri.a si applica a interpretare il pre·
proibiti rientrava anche il combattere in cetto del sabato; infatti il giudaismo re-
guerra (Iub. 50,I2). Ossequenti a questa ligioso interpretava più rigorosamente
disposizione, all'inizio della sollevazione la legge e il precetto del riposo per di-
maccabaica alcuni pii giudei in giorno fendersi dell'ellenismo che incalzava.dal-
di sabato si lasciarono trucidare dai ne- l'esterno. Cosl, per es., in Iub. 2,29 s. e
mici senza opporre resistenza (I Mach. 2, Dam. II,4 s. (13,13 s.) si proibisce di
32-38) 51 • Ma sotto l'impressione di que- portar qualunque peso, senza eccezione,

sa Quale importanza abbia il sab.ato per il giu- che Flav. Ios., ani. 14,63 e SCHLATTER, Theo-
daismo, si può vedere, tra l'altro, nel fatto logie. des Judentttms ri7.
che ben tre trattati della Mishna si occupano .st Cfr. le esenzioni di cui si parla in Flav. Ios.,
esclusivamente di questioni riguardanti il sa- ant. 14,223-240.
bato: Shabbat, Erubin e Beza, ai quali biso- 55 Flav. Ios., beli. 2,517 s.: i Giudei non si
gna aggiungere il trattato Shebiit, che si occu- fanno scrupoli, in giorno di sabato, di attac-
pa dell'anno sabbatico. care e respingere i Romani che si avvicinano
51 Cfr. anche 2 Mach. 6,11; Flav. Ios., ant. 13, a Gerusalemme.
377. . .
M In T. Er. 4,5-8( 142) si ritiene che in deter-
si Cfr. inoltre I Mach. 9,34.43 s.; FJav. Ios.,
ant. 13,12 s.; 18,318·324; bell. l,146. minati casi sia permesso ariche di sabato mar-
53 Giuda Maccabeo, dopo aver riportato una ciare contro i nemici che avanzano; dr.
vittoria in venerdl, il sabato sospende l'inse- STRACK-BILLERllECK I 626.s.
guimento dei nemici (2 Mach. 8,26 s.); cfr. an· 57 Testi in STRACK-BILLERlll!CK 1 952 s.
cr&.~~a:tov B 1b (.E. Lohse)

come pure di apprestare qualsivoglia me- l'antica halaka senza apportarvi sensibili
scolanza. A chi di sabato attinge acqua variazioni;. ma nei passi appena citati
(2,29; cfr. 50,8), naviga (50,12), va a -tengono di norma una posizione più mo-
caccia (50 ,12) e persino a chi intrattiene derata 00 • Invece i gruppi più compatti
rapporti coniugali (50,8), il Libro dei degli osservanti che, come i fedeli del-
Giubilei commina la pena di morte 58 • In l'epoca maccabaica, volevano difendere
Dam. ro,21 (13,7) il cammino del saba- la santità del precetto divino e offrire
to viene misurato in soli mille cubiti 59 • l'immagine della vera comunità d'Israe-
Gli animali recalcitranti non si possono le, continuano a sostenere e a promuo-
né battere né trar fuori a forza, di sa- vere l'interpretazione rigida dell~ torà
bato (Jub. 50,12-; Dam. u,6 s. (13,15 sabbatica e ad esigere che la si osservi
s.] ), né è perm~sso esigere da uno schia- integralmente 61 • Gli Esseni osservavano
vo lavoro .di sorta (Dam. I I ,12 [ 13, il sabato più scrupolosamente degli altri
2 r] ), e ·se. una bestia è caduta in una Giudei, evitando di fare qualsiasi lavo-
fossa non la si può tirar fuori (Dam. n, ro, di accendere il fuoco, di rimuovere
13 s. [ 13,22-24] ). Anche il culto dev'es- un-oggetto dal suo posto e c~rcando per-
sere limitato al minimo indispensabile, sino di non fare i propri bisogni -p er tut-
che in Dam, II,17 s. .(r3,27) e in lub. ta la durata del giorno 62 • Anche i Saddu-
50,10 s. consiste nell'offerta dell'olocau- cei erano per l'interpretazione rigida del
sto prescritto per il sabato. I rabbini ac- precetto 63 , mentre invece i Farisei e gli
cettano numerose altre prescrizioni del- scribi si studiavano di evitare il rigori-

58 Più avanti le prescrizioni della Mishna si bero «ogni sacr~ adunanza, il sabato del patto
fanno alquanto più miti. Secondo Er. xo,7 di e le feste» (r Q 22 I 8 [Discoveries in the Ju-
sabato è permesso, a determinate condizioni, daean Desert I 92]). Infine il vocabolo Jbt si
f!ttingere acqua_; in Shab. 16,8 il viaggiare in trova in r Q 27, fr. 4 (Discov. in the ]ud.
nave non appare proibito, come pure la caccia, Desert I 106). Nel contesto della rigorosa pras-
per la quale in Sbab. 1,6; 13,5 s.; 14,1 si am- si sabbatica fra Ie cerchie dei devoti va ricor-
mettono alcune eccexioni permissive. La Mish- data anche l'indicazione di Nidda b. 38a bar.,
na poi non contiene alcuna proibizione riguar- secondo cui gli antichi osservanti (!Jasidtm
dante l'uso del matrimonio in -gi9mo di sabato. ri'Iontm) persino nella procreazione di figli
59 Tuttavia in Dam. u,5 s. (13,14 s.) non si avevano cura di non scegliere quel momento
può condurre il bestiame a pascolare a più di che rendesse probabile una nascita in giorno
duemila cubiti dalla città. Perciò c'è da diie- di sabato. Cfr. K. SCHUBERT, Did Gemei"de
dersi se anche in Dam. ro,21 (13,7) non sia vom Toten Meer (1958) 36.
da leggere 'lpim in luogo di 'lp. Cfr. ~ BRAUN 62 Flav. Ios., bell. 2,147. Secondo Philo, omn.
I II7 n. I. proh. lih. 81, gli Esseni caratterizzavano il sa·
60 Cfr. ~ n. 58 e le tavole comparative in ~ bato dedicandosi all'istruzione, astenendosi da
BRAUN I n7-r20. qualsiasi lavoro e radunandosi,nelle sinagoghe.
61 Cfr. Dam. 3,14 s. (5,2 s.); 6,18 s. (8,15). Il Cfr. ~ BRAUN 1 74 n. 2. In vit. cont. 30 s.,
Libro dei Giubilei e il Documento di Damasco parlando dei Terapeuti che erano vicini ogli
furono sicuramente letti e tenuti in conside- Esseni ma conducevano vita eremitica, dice
razione n Quin1an, come dimostrano i fram· che anch'essi si riunivano di sabato per ascol-
menti dei due scritti rìtrovati nelle grotte. Cfr. tare la parola di un anziano (v.it. cont. 30 s.).
O. EissFELDT, Einleitung in das A.T. ' (1956) Uno speciale onore era da essi riservato ad
751.804.807 e la bibliografia ivi citata. In r ogni settimo sabato, alla- vigilia del quale si
QS il sabato non è ricordato. In I QpHab u,8 riunivano in bianche vesti per celebrare il cul-
si ricorda «il sabato del loro» (scil. dei pii) ri- to e prendete il pasto in comune (vit. cont. 65-
poso (Jbt ·mnwptm ). In I QM 24 si nominano 82 ), a cui seguiva la sacra festività notturna
insieme il novilunio e i sabati. Nelle 'Parole della na.wuxl<; (vit. co"t. 83). ,
di Mosè' -si dice che gli Israeliti trasgredireb- 63 Il permesso di fare una mescolanza ('erub)
1043 (vu,10) <r&.1313a-rov B lb (E. Lohse) (vu,u) 1044

smo nel tentativo di armonizzare, per uocplaç 't'Ò yà.p miv cpwc; EO''tLV t~ ocù-
quanto possibile, le prescrizioni con le 't''i)c;). Dio ha voluto che considerassimo
circostanze e le esigenze concrete e di questo giorno come santo «e ce l'ha fat-
non turbare la gioia del sabato. Perciò to conoscere chiaramente come giorno
le indicazioni raccolte nel trattato Shab- stabilito dalla legge per designare la
bat della Mishna rappresentano la con- norma del numero sette che domina su
clusione provvisoria di un'evoluzione di noi, per la quale conosciamo le cose
abbastanza lunga 64, proseguita poi nelle umane e divine» (OLc.tO'ECTcX(jll}XE o'1)µiv
discussioni dei maestri amorei 65 • c.tÒ't'Ì)V i!woµov EVEXEV CTT)µELOU 'tOV 7tEpt
1)µ&.c; t~o6µ.ou ÀOyou xaili::cr'tw't'oc;, f.v
I Giudei ellenisti avevano coscienza i;> yvwcrw i!x;oµEv &.vilpw7tlvwv xcd i)i:;l-
di essere tenuti a prestar obbedienza wv 7tpayµci.'twv: ibid. 13,12,12). Come ..._
alla legge ·e ad osservare il sabato non tutto nel cosmo si muove sul ritmo set-
meno dei loro fratelli di Palestina. Essi tenario, cosl il settimo giorno è stato
però non si accontentavano di fondare posto da Dio come giorno di riposo
il precetto sabbatico richiamandosi al (ibid. 13,12,13), «perché veramente es-
comando divino, ma si appoggiavano so è anche l'origine prima della luce,
anche a certe speculazioni orfico-pitago- nella quale di tutto si prende visione e
riche riguardanti il numero sette, allo possesso» (Clem.Al., strom. 6,138,1: lì
scopo di attribuire al sabato un signifi- oli xai 7tPW't1J 'ttfl ov'tL q>W't'Òç yÉvE<nc;,
cato filosofico e di mostrarne e giustifi- ~v <!> 't'à. mX.v•a uuvi}i::wpEi:'t'c.tL xocì. ?tli.v-
carne il valore agli occhi degli ellenisti. 't'l'I. xÀ:ripovoµEi:'t'cx.t). Per Filone 66 il sa-
Nel sec. II a.C. Aristobulo dice che il bato è il giorno della nascita del mondo
sabato è per natura diverso dagli altri (spec. leg. 2,59.70). È importante nota-
giorni, «in quanto - riferisce Eus., re, egli dice, che il termine cra~~c.t't'<X
praep. ev. 13,12,9 s. - esso segnerebbe corrisponde al greco &.vamx.ucrLc; (riposo)
in senso proprio la prima origine della o't't "tfl ov't't ò i!~ooµoc; àpti)µòc; i!v -tE 't'tf>
luce, nella quale si scorgono connesse x6crµ~ xaì. €v 1]µiv aù't'oi:c; àEi àcr-ra.-
tutte le cose; lo stesso si potrebbe poi ulaa't'oc; xcx.t à7toÀEµoc; xat à<ptÀ6VELxoc;
applicare alla sapienza, in quanto da es- xaì. Etpl}VLXW"t'CX.'t'O<; à'J';UV't'WV &.pLi)µ.wv
sa proviene tutta la luce» (lì ~1) xai ta't'w, «poiché davvero il numero sette,
1tPW'tTI q>U<rtxwc; iì:v ).tyot"t'O q>W't'~c; yÉ- nel mondo e in noi stessi, sempre è e-
VE<rtc;, lv <!> 'tOC 'ItUV't'c.t crvvilEwpi::i:'t'c.tL. µE- straneo alle fazioni, alle guerre, ai litigi
'tc.tq>ÉPOL'tO o'<ì:v 't'Ò OCÙ't'Ò xcx.i E1ti -.fjc; e il più pacifico di tutti i numeri». Ciò è

era dato dai Farisei a determinate condizioni tempo di Gesù sul tema della santificazione
che venivano invece respinte dai Sadducei del sabato si era più rigorosi che non al tem-
(Er. 6,2; dr. Dam. II,4 s. [13,13]), i quali ri- po in cui sorsero le prescrizioni della Mishna».
tenevano pure che di sabato non fosse lecito
offrire il sacrificio pasquale, mentre Hillel era 65 Col passar dei secoli non soltanto cambia·
d'avviso che quest'ultimo rimuove il sabato rono le prescrizioni circa il divieto di lavorare
(T. Pes. 4,1 s. [162]); cfr. STRACK-BILLERBECK in giorno di sabato, ma anche il modo di ce-
lebrarlo subl delle modifiche. Il taglio più net-
II 819 s. I Sadducei tuttavia non erano d'ac-
cordo con le comunità esseniche, le quali pen· to si ebbe con la distruzione del tempio nel
savano che il dettato della legge equivalesse 70 d.C., la quale pose .fine alla celebrazione
alla richiesta di obbedienza totale. Cfr. ~ del sabato nel tempio e all'offerta del sacrificio
sabbatico. Quanto al modo di festeggiare il
DRAUN J, passim. . sabato ~ coll. 1056 ss.
61 Cfr. MooRE u u
27; STRACK-BILLER»ECK
819: «Spesso si è potuto constatare che al 66 Cfr. anche TROJE, op. cit. (~ n. 44) 343-346.
:ro45 (VII,Ir) cr&.(3~o::wv B rb-2a (E. Lohse) l Vl1 1 IIJ H14u

dimostrato dalle sette Svvaµé'.t<; operan- ma: quali sono le esigenze che in con-
ti nell'uomo, delle quali la settima è la creto si devono dedurre dal precetto del-
facoltà dello spirito sovrano ('lÌ 'ltEPi -;:òv la Scrittura? Si rese cioè necessario svi-
1)yEµ6vcx. vouv); ad essa quindi corri- luppare in una casistica sempre più arti-
sponde il riposo (avcinocuO'L<;), che è il colata le prescrizioni della legge, appli-
significato del sabato (Abr. 28-30 ). Il candole a tutti i casi immaginabili 68 •
sabato deve pertanto esser dedicato al
qnÀ.oO'ocpELV, per aver parte a quel DEW· a) Le prescrizionì dei Giubilei e del Do-
pEL\I che Dio nel settimo giorno dedicò cumento di Damasco
al creato (decal. 100) 67 .
Le più antiche serie di divieti, con un
Passando in rassegna l'evoluzione del gran numero di lavori da non farsi di
precetto sabbatico nel giudaismo dall'e- sabato, si trovano nel Libro dei Giubi-
poca dei Maccabei fino alla redazione lei 69 • La ripetizione del racconto biblico
della Mishna, abbiamo potuto rilevare della creazione sfocia nella fondazione
che tutto il giudaismo aveva coscienza del sabato ad opera di Dio e nella diffu-
di essere obbligato alle prescrizioni della sa illustrazione del valore di segno che
legge; ma nel corso dei secoli la ma- esso ha (2,17-33) 70 • All'interno di que-
niera di intenderla subl dei cambiamen- ste lunghe esposizioni vien dato un più
ti, e si giunse perfino a concezioni che preciso sviluppo alla proibizione del la-
nella madrepatria erano diverse da quel- voro, alla cui trasgressione è riservata
le della diaspora. la minaccia di morte (2,25-27). Di saba-
to agli Israeliti non è consentito «fare la
2 . Il divieto di lavorare di sabato propria volontà, né preparare qualcosa
da mangiare o da bere, né attingere ac-
Perché si potesse obbedire alla legge, qua, e neppure accostare o scostare dal-
nel giudaismo si dovette incessantemen- le loro porte, dentro o fuori, nulla che
te discutere e risolvere questo proble- non abbiano predisposto nelle loro case

67 Queste considerazioni 'filosofiche' del giu- Giubilei e il Documento di Damasco incul-


daismo ellenistico a proposito del sabato più cano il precetto sabbatico va vista anche nel
tardi vennero fatte proprie e variamente svi- contesto dell'importanza che il calendario ri-
luppate dalla gnosi cristiana (dr. ad es. Oem. vestiva per le comunità degli osservanti ai qua-
AL, strom. 6,137,4-145,7) e dal giudeo-cristia- li tali scritti appartenevano. Qui non occorre
simo sincretistico. discutere i difficili problemi specifici connessi
68 Cfr. MOORE l i 30. col computo del calendario che si presuppone
69 <(A proposito della scomposizione in casi nei Giubilei, nel Documento di Damasco e nei
singoli H Documento di Damasco è più vici· testi di Qumran. Cfr. A.}AUBERT, Le calen·
no ai rabbini; è pertanto chiaro che i Giubi- drier des Jt1bilés et de la secte de Qumran:
lei sono più antichi del Documento di Dama- VT 3 (1953) 250-264; EAD., Le calendrier des
sco». ~ BRAUN I 20. Jubilés et /es ;ours /iJurgiques de la semaine:
1o I testi di Qumran, i Giubilei e il Docu- VT 7 (1957) 31-71; J. MoRGENS'I'ERN, The
mento di Damasco insistono sulla necessità che Cale11dar of the Book o/ ]11bilees, its Origin
le feste e i tempi si osservino esattamente. Ai and its Cbaracter: VT 5 (1955) 34-76; J. 0BBR-
sacerdoti di Gerusalemme si rimprovera di se· MANN, Cale11daric Elemems in the Dead Sea
guire un calendario errato. In Dam. 3,14 s. (5, Scrolls: JBL 75 (1956) 285-297; J. MILIK, Le
2) i sabati e le feste figurano tra le cose se- travail d'éditio11 des mam1scrits du Désert de
grete nelle quali l'intero Israele ha tralignato ]uda: VT, Suppl. voi. 4 (1957) 17-26; E.
(cfr. anche i QpHab u,8; i Q 22 I 8 [Discov. KuTSCH, art . 'Chronologie' III in RGG1 1
]ud. Des. 92]). Perciò l'insistenza con cui i 1813.
1047 (Vll,II) ua~~a-çov B 2a-b {E. Lohse)

lavorando durante i sei giorni.. E nulla che appartengono alla vera comunità di
in questo giorno portino dentro o fuori salvezza vengono mantenuti nell'obbe-
da.casa a casa» (Iub. 2,29 s.). Al termine dienza totale alla legge e nella rigida os-
del libro si ribadiscono le leggi riguar- servanza del precetto sabbatico.
danti le feste e i tempi, e soprattutto si
torna a sottolineare espressamente il si- b) Le prescrizioni della letteratura rab-
gnificato del sabato (50,6-13 ). binica
Non meno severa è la spiegazione del Nella Mishna le molteplici prescrizio-
divieto .di lavorare che si legge nel Do- ni particolari, stabilite dai rabbini a pro-
cumento di Damasco ;i, dove il divieto posito del divieto di lavorare, sono rac-
viene sviluppato in 28 disposizioni (ba~ colte in alcuni elenchi di ammonimen-
lakot: rn,14-II,18 [13,1-27]) 12• Dopo ti 79, .dei quali il più importante è il .ca- ....
il titolo 'l hJbt (ro,14 [J,1]) viene la talogo di Shab. 7,2: «I principali lavori
serie dei divieti espressi in forma apo- vietati sono quaranta .meno uno: che si
dittica 73 , introdotti tutti da11a partice1la leghino covoni; che si trebbi, si tratti
'a/.(non), concisi e solo in qualche caso col ventilabro e si faccia la cernita; .che
provvisti di una spiegazione o precisa- si macini, si setacci, si impasti e si cuo-
zione 74 per dire, tra l'altro, che di saba- cia; che si tosi la lana, la si pulisca, la
to non si possono percorrere più di si cardi, colori e fili; che si ordisca, che
lOoo (o, forse, 2000) 75 cubiti, non è per- si tirino due fili (sul telaio), li si intrecci
messo fare una mescola112a ('erub) 76, con- e divida; che si faccia e si sciolga un
durre il bestiame più lontano di 2000 nodo, si cuciscano e si scuciscano due
cubiti, far uscire una bestia da una buca, punti per farne due; cacciare una gaz-
aiutarsi con una scala, una fune o un zella, ucciderla e toglierle la pelle; met-
altro strumento per trarre un uomo da terla sotto sale, conciarne la pelle, ra-
una fossa 71, offrire un sacrificio che non schiarla e dividerla; scrivere due lei:tere
sia l'olocausto prescritto per il sabato 78 • e cance11arle per scriver due lettere; co-
Con queste precisazioni tutti gli Israeliti struire e abbattere; spegnete il fuoco e

71 In un solo punto il Documento cli Dama- dove si trova»,


sco è meno. severo dei Giubilei,· quando cioè . 75 Vedi sopra "' n. 59.
non prevede la morte per chi profana il saba- 76 Dam. n,4 s. ,(13,13); leggi iJ'rb, dr. ~
to: chi ha profanato il sabato pu~ esser riam- BRAUN I n8 n. l. La congettura itr'b consen-
messo nella comunità dopo sette anni (Dam. tirebbe di veder qui una proibizione riguar-
12,3-6 [ 14,6 s.]}. Cfr. ~ BRAUN I u3.u9 n. 2. dante il digiuno; ma ciò equivarrebbe a mi-
72 Alcune precisazioni dei Giubilei non han- tigare la severità del comando che caratterizza
no il corrispettivo nel Documento di Damasco; Dam.
per es. la proibizione di avere rapporti coniu- 77 Di opinione diversa ~ ·BRAUN I u8; ma
gali, cli accendere il fuoco e cli mettersi in cfr. la recensione di K. SCHUBERT: BZ N.F. 3
viaggio. (I959) 122.
73 Dalla formulazione stilistica si capisce che 78 Cosl anche Iub. 50,ro s.; cfr. "' BRAUN I
il catalogo non è stato sicuramente compilato u9. .
ad hoc, ma risale ad istruzioni· giuridiche, che 7J Nei rabbini si trovano anche elenchi ·di ope-
dovevano esser date di frequente alla comuni- re senza riferimento al sabato; per es. T. Ber.
tà. Per ·il carattere ·di tali elenchi cli proibi- 7 ,2 dove Ben Zoma dà lode a Dio per aver e-
zioni dr. v. RAD, o.e. ("' n . 30) u-I4. gli creato gli altri uoinini affinché lo servissero
7l La proposi2ione positiva in 11,1 (13,10) in- col loro lavoro. Cfr. anche il catalogo delle <>-
terrompe la serie delle proibizioni: «Quando, pere proibite nei giorni festivi: T. Beza (j6m
per la strada, uno scende a lavarsi, può bete Jà !Ob) 4,4 (207); STRACK-BILLERBECK Il 815 S.
1049 (vn,n) 0'6..~~a't"OV B 2b (b. Lohse) \ VH,Lj) LVJV

accenderlo; dare un colpo di martello; giorno di sabato, come le attività com-


portar da un posto all'altro. Questi so- merciali e i processi. Perciò un'altra rac-
no i lavori principali: quaranta meno colta, essa pure tiella Mishna (Beza 5,2),
uno». In questo catalogo' con l'enumera- presenta un elenco che non corrisponde
zione di 39 lavori principali si è tentato affatto a quello di Shab. 7 ,2: «Con que-
di usare il valore numerico 40-1 80 per ste occupazioni (di sabato e nelle feste
includere nel divieto di lavorare un in- si contravviene) al riposo sabbatico: non
sieme sistematico di opere. Per spiegare si può salire su un albero, cavalcare una
perché i lavori scelti siano proprio que- bestia, nuotare in acqua, battere le ma-
sti, alcuni dotti notarono che si tratta ni, percuotersi l'anca, danzare. Ci sono
delle opere richieste per la costruzione opere per se stesse lecite,- ma che, se
del tabernacolo 81 • Più tardi altri rabbi- compiute, costituiscono una colpa, e so-
ni cercarono di ricavare il numero 40-r no le seguenti: non si può celebrare un
dall'espressione 'lh hdbrjm, «queste so- processo 114, fidanzarsi con una donna,
no le parole», di Ex. 35,r 82 • In seguito non ci si può togliere il sandalo (nella ce-
la lista dei lavori proibiti venne sostan- rimonia di rifiuto del matrimonio per
zialmente allargata con l'aggiunta ad o- levirato), non si può celebrare il matri-
gni lavoro di sei specificazioni; · cosl per monio del levirato. Ci sono opere co-
es. nella raccolta si fece entrare la mieti- mandate ma che non si possono fare,
t ura, la vendemmia, il cogliere olive, la pena la colpa, e sono le seguenti: non
falciatura, lo sterpare è il coglier fichi si può consacrare nulla, non si può fare
(Shab. j. 7 [9c r-7]) 8l. Tuttavia il cata- una stima,- dichiarare una cosa anatema,
logo dei 39 lavori proibiti con le relati- fare un prelievo o isolare una decima» 85 ;
ve specificazioni non può esser preso èo- Anche · se si mettono insieme i lavori
me una enumerazione completa, né co- enumerati in Shab. 7,2 e in Beza 5,2,
me tale è stato considerato; non vi figu- non si ha ancora un quadro completo cU
rano infatti alcuni importanti lavori che ciò che è proibito fare di sabato; basti
non si potevano per nulla eseguire in pensare che mancano lavori importanti

80 Cfr. Deut. 25,3e~ MooRE JI 27 s. 8.l Cfr. STRACK-BILLERJIECK I 617; cfr. anche
BI Dell'e rezione del tabernacolo si parla in Ex. Philo, vit. Mos. 2,22: oò yàp ~pvoç, oò xÀ.&.-
35.4· Poiché appena prima (Ex. 35,r-3) si par- lìo'll, <i).).' oòlìè 1tÉ'taÀ.ov t<pE~-c:a~ -c:EµE~\I fJ
la del precetto sabbatico,· i rabbini collegano xap1tÒV èS'll'tWouv Spéljlacr&a~.
fra di .loro i due brani e giustificano l'elenco 84 Il diritto giudaico proibisce che di sabato
dei 39 la~ori fondamentali col dire che corri- o in altro giorno festivo si celebri un pro-
spondono a quelli richiesti per la costruzione cesso. Cfr. STRACK-BILLEIUlECK u 815-822. Del
del tabernacolo. Cfr. Sbab. b. 49b; 73b; 96b; valore di questa halaka si deve tener conto
B. Q. b: 2a; STRACK-BILLERBECK 1 616 s. quando si valutano i racconti evangelici del
82 Secondo Shab. b. 97b b ar., Rabbi faceva processo di Gesù. Cfr. anche J. }ERRMIAS, Die
questo conto: se il plur. dbrim equivale a '2 Abendrnah/sworte Jesu 2 (1949) 44. Di sabato
cose', allora hdbr;m, con l'articolo, equivale a i Giudei evitavano anche di comparire davanti
3; 'lh dà un valore numerico di 36; cosl abbia- a tribunali pagani, e la cosa fu poi loro con-
mo 36+3=39. R. Abbahu (c. 300 d.C.) faceva cessa esplicitamente da Augusto; Flav. Ios.,
un altro calcolo: 'lh = 36; dht (singolare) = l ant. r 6,r63; cfr. anche r6,168.
cosa; dbrjm (plurale) = 2 cose; quindi ab- 113 Cfr. STRACK-BILLERI!ECK I 617; II 915; Phi-
biamo 36+1+2::::39. Invece i rabbini della lo, migr. Abr. 91 dà questo elenco: mip tvaU-
scuola di Cesarea ragionavano cosl: '= 1; l= EW fJ yEWTCO'llEtV fJ ò.xltoq>opE~V fJ ~yxaÀ.Et\I fJ
30; h( = fJ> = B; quindi r +30+8=39 (Shab. ;. &xa!;Ew i\ 1tt7.PUXC1.'ta&i)xci<; Ò.1tC1.~1:EtV ft ò&.-
7,2 [9b,72-76]); cfr. STRACK·BILLBRBECK I VE~(.( à.va1tp&.-c:-c:E~'ll fJ -c:à li.).}..ci 1to1.Ei:v, ISCTo.
6r7. xà.v -c:oi:ç µTj fopi:w/ìt(n xa~poL<; lq>e~-c:m.
1051 (vn,13) u&.~~CL"tO\I B 2b (E. Lohse) (VII,14) 1052

quali il commercio e la cura degli infer- dell'A.T. nei quali vengono date più pre-
mi. Fino a qual punto tali occupazioni cise istruzioni sul divieto di lavorate.
siano permesse e proibite, è detto in nu- Stando alla lettera della legge, anche gli
merose prescrizioni particolari, e la de. animali erano soggetti al precetto del
cisione è presa in base al principio che riposo (Ex. 20,rn; Deut. 5,14); occorre-
è proibito tutto ciò che in qualche mo- vano perciò più precise indicazioni sul
do appare come lavoro 86• modo di condurre gli animali all'abbeve-
ratoio87. Secondo Ex. 35,3, di sabato
La halaka contiene pure delle preci- non si poteva accendere il fuoco: ne
sazioni preliminari tendenti a far sì che veniva che la lampada del sabato doveva
il pio giudeo non cada in qualche tra- essere accesa prima dell'inizio del saba.
sgressione per negligenza. Ad es., «un to (Shab. 2,7 e passim) e che durante il
sarto non può uscire col suo ago poco riposo non si poteva nemmeno spegne-
prima che si faccia buio, perché non gli re un lume (Shab. 2,5) 88 • Poiché in Ex.
capiti, sbadatamente, di usarlo (quando 16,29 si proibisce agli Israeliti di uscire
il sabato è già iniziato). Cosl pure lo dall'accampamento in giorno di sabato,
scrivano non può uscire col suo calamo» se ne deduce che «a noi non è consenti-
(Shab. 1,3). Con un simile steccato eret- to fare un viaggio né di sabato né in
to intorno al sabato si cercava di preve- giorno di festa» (FJav. Ios., ant. 13,252:
nire ogni possibilità che nel giorno del oùx EçEo--.t o'1)µtv OU't'E -.otç cra;f3f3(hotç
riposo venisse eseguito qualsiasi lavoro. oih'Év -.TI Èop-.fi oOEUEtv); i rabbini poi
Chi poi, nonostante tutto, trasgrediva indicano in due mila cubiti la distanza
per negligenza il riposo sabbatico, era che si può percorrere di sabato 89• Sot-
tenuto ad offrire un sacrificio di espia- tili discussioni furono provocate dalla
zione (Sanh. 7 ,8 ). Ma la profanazione in- proibizione di portar qualsiasi sorta di
tenzionale andava punita con la morte pesi in giorno di sabato, stabilita in Ier.
mediante lapidazione (Sanh. 7,4). 17,21 s. e ripetuta in Shab. 7,2. Le mi-
nime quantità di ciò che in ogni caso si
Una cura speciale ponevano i rabbini poteva ancora portare furono stabilite
nell'interpretare esattamente quei passi con precisione: «(trasgredisce il precet-

86 Qui non è possibile indicare le singole de- le possibilità del caso. Ad es., si allargava la
terminazioni. Basterà addurre alcuni esempi ca- sede sabbatica entro la quale si doveva osser-
ratteristici, cosa che faremo nel paragrafo de- vare il riposo (un quadrato che proprirunente
dicato al N.T., quando quest'ultimo fa riferi- poteva misurare solo quattro cubiti di lato)
mento a speciali prescrizioni casuistiche della fino a comprendere tutto il luogo in cui esso si"
halaka sabbatica. trovava, e cosl avveniva che ci si poteva muo-
87 Shab. ,,I-4; per l'abbeveraggio cfr. Er. 2,1 s. vere liberamente in tutta una città (T. Er. 4,
e STRACK-BILLERBECK II 199 s. 12 s. [ 142); altri testi in STRACK-BILLERllECK
88 Inoltre si precisa che è proibito inclinare 11 592 s.). Per allungare il cammino del saba-
d'un poco la lampada del sabato per dar più to si ricorreva anche alla teoria della «mesco-
olio allo stoppino; T. Shab. 1,13 (no); dr. lanza dci confini» ('erub t'/;fìmin): per poter
STRACK·BlLLERBECK IV 936. percorrere più di due mila cubiti, il giorno
89 Cfr. Sota 5,3; Ed. 4,3 ecc.; inoltre Hier., precedente il sabato si dovevano collocare, al
ep. 121,1:0: Solent ... dicere: Barachibas et Si- termine del percorso sabbatico, vivande per
meon et Helles, magistri nostri, tradidemnt due pasti; in. tal modo ci si assicurava una se-
nobis, 11t duo milia pedes ambulemus in sab- conda sede sabbatica, dalla quale si poteva par-
bato. Poiché in pratica la distanza consentita tire per percorrere un altro tratto di due mila
di due mila cubiti spesso non risultava suffi- cubiti. Cfr. Er. 4,7-9; 8,2 ecc.; STRACK-BII.·
ciente, si cercava di aumentarla a seconda del- LI!RBECK Il 59r-593 S.
cra~~ct'tOV B 2b-c (E. Lohse) (VII,15) 1054

to) colui che porta tanto vino quanto vato, e in esso era permesso trasportare
(ne occorre) per mescere un bicchiere, oggetti 93 (cfr. Er. 3,1; 6,1-3.8-10 ecc.).
tanto latte quanto ne occorre per un sor- (Oltre a questa 'mescolanza dei cortili'
so, il miele [bastante] a coprire una ('erub f>aferot), era possibile attuare an-
piaga ... ; colui che porta una corda ba- che la 'mescolanza del vicolo' ('erub-mii-
stante per fare un cappio per una ce- boj), sbarrando con una trave un vico-
sta ..., l'inchiosto per scrivere due lette- lo o uno spazio chiuso da un muro su
re» (Shab. 8,r-4). Di sabato era permes- tre lati; fatto questo, si depositavano
so portare indosso ciò che serviva all'ab- nello spazio cosl delimitato delle derra-
bigliamento e al decoro indispensabile; te, ed entro quei confini era consentito
tutto il resto era proibito (Shab. 6,r- trasportare degli oggetti (cfr. Er. l,1-7
9) 90. Era vietato portar qualcosa da un ecc.)9-1. Con queste trovate i rabbini si
ambiente a un altro (Shab. 7,2) 91 • Si studiavano di attenersi alla lettera del-
cercavano anche tutte le scappatoie pos- la legge, ma anche di armonizzarne, per
sibili per aggirare queste precisazioni op- quanto era possibile, le prescrizioni con
pressive. Ad es., due persone potevano le esigenze concrete.
portare insieme un oggetto che potesse
esser trasportato anche da una sola c) La sospensione del sabato in casi spe-
(Sbab. 10,5) 92 • Era anche consentito ciali
portar qualcosa in maniera insolita, ad
es. col piede o con la bocca (Shab. xo, Per quanto esteso fosse il modo di
3). Oppure per strada un oggetto veniva intendere il precetto sabbatico 95, vi era-
passato da uno ad un altro, senza che no pur sempre dei casi nei quali i rab-
nessuno lo portasse più di quattro cu- bini riconoscevano la necessità che esso
biti, quanti erano consentiti in ogni di- venisse sospeso per qualche impegno
rezione dal riposo sabbatico (Er. xo,2). improrogabile. Ad es., i preparativi ne-
La precisazione secondo cui in giorno di cessari per l'offerta del sacrificio sabba-
sabato non si poteva portar nulla da un tico dovevano esser fatti dai sacerdoti
luogo privato (ad es. una casa) a uno anche nel giorno di riposo (Iub. 50,10
pubblico (ad es. la strada) e viceversa, s.). In Dam. n,17 s. (13,27) l'unica co-
veniva aggirata disponendo una 'mesco- sa espressamente consentita è l'offerta
lanza' (' érub): gli abitanti delle case a- dell'olocausto del sabato. Ma i rabbini
diacenti a un cortile depositavano di ve- insegnavano che il sabato rimaneva so-
nerdl in una di esse un cibo fatto col speso anche per il servizio nel tempio
contributo di tutti; cosl il complesso (Shab. b. 132b) e per preparare il sa-
edilizio veniva a formare, insieme col crificio pasquale (Pes. 6,r); ìn questo
cortile, uno unico grande complesso pri- caso ci si atteneva alla regola di R. Aqi-

90 Cfr. STRACK-BILLERBECK II 457. sportare oggetti disponendo in qualche posto


91 Si distinguevano quattro tipi di ambienti: un 'érub, si vedano le precisazioni del trattato
uno aperto (r'Jat hfirabb1m); uno privato (r'- Erubin, e anche -)o SCHilR.BR n 574-576.
sfit ba;;a[J1d); uno misto (karm'lit), costituito 91 Che si disponesse un 'érfJb era invece proi-
da quegli spazi che avevano e del pubblico e bito nel Documento di Damasco (--+ n. 76) e
del privato; uno libero, non proibito (miiq~m dai Sadducei (n. 63).
Pii!ur): T. Shab. 1,1 (no); cfr. STRACK-BILLER- 9S Di questa tendenza ad ampliare il divieto
BECK Il 455. del lavoro si ha un indizio caratteristico là
92 Cfr. STRACK-BlLLERBECK IV 412 . dove si discute se si possa mangiare un uovo
9J Cfr. STRACK-BILLEBECK IV 349. Per le diver- deposto da una gallina in giorno di sabato;
se possibilità di aggirare la proibizione di tra- cfr. Beza r,r; Ed. 4,1.
<r6:!3f3a-tov B 2c-3n (E. Lohse) (vu,15) 1056

ba, secondo cui qualunque lavoro si po cipio, stabilito da R . Aqiba e universal-


tesse fare alla vigilia del giorno di riposo mente riconosciuto, secondo cui sospen-
non annullava il sabato (Pes. 6,2) 96 . Un devano il sabato soltanto quei lavori che
giudeo che venisse a trovarsi in pericolo non si potevano fare alla vigilia del gior-
di vita poteva violare il precetto sabba- no di riposo (Sbah. ·19,1 ). ··
tico 'TI. In questo senso al tempo dei
Maccabei fu presa la decisione di difen- In tutti i casi ricordati, nei quali era
dersi con le armi anche in giorno di sa- possibile sospendere il sabato, si tratta
bato 98 • A questa concezione si attennero di eccezioni e di lavori indifferibili, che
i rabbini, dichiarando che in caso di pe- proprio come tali rendevano lecita la
ricolo era lecito anche di sabato salvar trasgressione del sabato. Ma nel· dubbio
la vita con- la fuga 99• Ad un ammalato che ci fosse davvero una necessità .o un ' -i;,,

in pericolo di vita era permesso porta- pericolo di vita, non era lecito profanare
re aiuto, anche violando il sabato (]o- il giorno di riposo né fare lavoro di
ma 8,6) 100• Della sospensione del saba- sorta 103•
to quando si tratta di salvar la vita di
un uomo tratta anche il detto di R. Shi- 3. La celebrazione del sabato
mon b. Menasja (c. 180 d.C.): «Il saba-
to è affidato a -voi, non voi al sabato» 101 • Al termine dei sei giorni lavorativi il
Ma questo detto non ha valore quando sabato ·veniva salutato con gioia, come
il pericolo di vita non è imminente; in una regina e una sposa (Shah. h. n9a).
questo caso, prima di far qualcosa per il Questa giornata, dedicata esclusivamen-
malato si deve attendere la fine del sa- te al riposo e al ristoro, veniva celebrata
bato. Se a una donna sopraggiungono le in casa e nell'adunanza cultuale. R. Jo-
doglie, le si può prestare l'assistenza per shua {c. 90) raccomandava di dividere il
il parto (Shah. 18,3) per salvare cosl la sabato in maniera da dedicarne metà al
vita d'un essere umano. Se di sabato mangiate e al bere e l'altra metà all'i-
scoppia un incendio, è lecito intrapren- struzione (Pes. b. 68b) mi.
dere i lavori necessari per salvarsi (Shab.
16,1-7 ). Finalmente, il sabato restava a) La celebrazione in casa
sospeso quando era necessario osservare
il precetto di circoncidere ogni israelita La vigilia si dovevano fare tutti i pre-
maschio nell'ottavo giorno dopo la na- parativi per il sabato: prelevare la deci-
scita (Gen. 17,10-12; Lev. 12,3); se que- ma dei cibi del sabato (Shah. 2,7), ap-
sto giorno cadeva di sabato, si doveva prestare il banchetto sabbatico (Shab. b.
ugualmente procedere alla circoncisione n9b) e conservarlo caldo, giacché in
(Shab. 18,3; 19,1-3) 162 • Ma anche in sabato non si poteva ·né accendere il
questo caso ci si doveva attenere al prin- fuoco né cucinare (Shah. 4,1 s.), .accon-

96 .Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 47. Peraltro i 952 s.


Sadducei non ritenevano lecito macellare gli 100 Testi in STRACK-BILL!!RBECK I 623-629; li
agnelli pasquali in giorno di sabato, -+ n . 63. 533 s., e -+ col. 1078.
rn Questo motivo era addotto da alcuni mae- 101.Af. Ex. 31,i:z (109b); dr. STRACK-BILLER-
stri quale scusante di David, quando di sabato 11EcK- u 5.
mangiò i pani della proposizione in Nob; dr. 1112 Altri testi in STRACK-BILLERllECK l i 487 s.;
Men. b. 95b; - STRACK-BILLBRBECK I 618 s. e IV 24 s .
103 Tanh. B. lk lk § 20 (38b); STRACK-BILLER·
-+ coli. 1072 ss.
98 I Mach. 2,39-41; cfr. sopra -+ coll. 1039 s. 11ECK I 624,
99 Tanh. ms'i 245a; cfr. STJtACK-BILLERBECK I t(}i Cfr. STRACK-BILLERBECK I 6II.
1057 (vu,15) cr«~~r.t-.ov B 3a (E. Lohse) (vn,16) 1058

ciare la lampada per il sabato e prepa- «Sia benedetto colui che ha donato i sa-
rare un 'ériìb (Shab. 2,7). L'inizio del bati a riposo del suo popolo d'Israele
sabato era annunciato nel tempio dai sa- nell'amore, affinché siano segno e patto.
cerdoti 105 e nel contado dagli inservienti Sia benedetto colui che ha santificato il
della sinagoga con un triplice squillo di sabato» 111 • Se avveniva che il pasto del
tromba che indicava la separazione del venerdl pomeriggio si .protraesse fino al-
profano dal sacro 106• Da quel momento l'inizio del sabato,-prima si terminava il
si dovevano deporre le fìlatterie (Sanh. banchetto, poi si inseriva il qiddush nel-
b. 68a) im, si accendeva la lampada sab- la preghiera postconviviale m.
batica (Shab. 2,7) e si indossavano begli
abiti> in modo da celebrare dignitosa- II giorno di riposo doveva esser ca-
mente la festa 108• ratterizzato da una tavola ricca e scelta
(Iub. 2,2r.31; 50,9s.; Shab. b. n9a
In generale la sera prima del sabato, ecc.) m. Di solito . nei giorni infrasetti-
sull'imbrunire, si prendeva il pasto (T. manali si prendevano due soli pasti; di
Ber. 1,1). Poi l'inizio del sabato veniva sabato invece se ne facevano tre 114• Per-
introdotto solennemente con la 'consa- ché l'allegria sabbatica potesse esser gu-
crazione del giorno' 109• Se vi era vino a stata a dovere durante i pasti, si consi-
sufficienza per due calici, si iniziava col gliava di mangiar poco il giorno prece-
mescere il primo, sul quale si pronuncia- dente, sl da cominciare il sabato con al>'
va la preghiera di ringraziamento (Ber. petito (T. Ber. 5,1) 115• Di solito il pasto
6,r ). Sul secondo, poi, il padre di fami- principale ·si faceva sul mezzodl, dopo
glia recitava la preghiera di consacrazio- la fine del culto (Flav. Ios., vii. 279 ). Al
ne del giorno, il cosiddetto qiddush (T. banchetto si amava invitare qualcuno
Ber. 5,4). Per questa benedizione ·R. per offrirgli una larga ospitalità (Shab.
Eleazar bar Sadoq (fine del sec. I d.C.) 23,2; T. Shab. 17,5 [137]) 11~. Di sabato
propose la formula seguente: «Mio pa· non era permesso digiunare, per non
dre usava dire sul calice: [Sia benedet- intralciare il godimento della festa
to] colui che ha santificato il giorno di (ludith 8,6; Ber. b. 3x,b) 117•
sabato (qjds 't jwm hfbt)» no. In Ber. b.
49a si conserva una formula più lunga: Al termine -della giornata festiva si
io; Flav.Jo5., bell.. 4,582; Sukka 5,5. tenere un'adunanza cultuale all'inizio del sa-
106 r. Sukka 4 ,II s. (199); Shab. b. 35b; Tanh. bato. Cfr. - ELBOGEN, Gottesàienst :r:n; }E-
pn!is (243b); altri testi in STRACK-BILLERDECK REMIAS, op. cit. (4 n. 84) 24 n. 2,
113 Altri testi rabbinici in STRACK-BILLERBECK
I 580; IV '140·142,
I 6u-615.825.
u11 Cfr. anche Shab. ;. 5b,61-63; STRACK-BIL!
114 Shab ..16,2; .dr. STRACK-BILLERBECK 1:-6u-
LERDECK IV 315 S,
6"I5.
100 Rebbi disse: «Santificate il sabato con l'a-
us Cfr. STRACK-BILLERBECK 1 6u s.
bito!»,-Pes. r. 23 (117b). Altri testi in STRACK-
116 Altri testi rabbinici -in STRACK-BILLERBECK
BILLERBECK I '6II.615.
II 202 s.
109 Cfr. - ELBOGEN, l'#TZgang 173-187. 1l7 Il 9 di Ab, giorno della distruzione del
HO T. Ber_3,7. Cfr. }EREMIAS, op. cii. <~ n. tempio, non si digiunava, anche se cadeva in
84) 23; ~ MooRE II 36. sabato, ma si mangiava e beveva a sazietà (T.
lii Cfr. s.
STRACK-J!ILLERBECK IV 632 TaaTZ. 4,13 (:221]; dr. STRACK·BILLRRBECK IV
112 Cfr. J. }EREMIAS,
op. cit. (~ n. 84) 23 s., 89). Il digiuno in giorno di sabato ·era permes-
con fa documentazione. Il qiddush, originaria- so solo in ben precisi casi eccezionall, per es.,
mente parte del pasto, in epoca amorea venne si poteva digiunare quando s'era fatto un brut·
spostato alla sinagoga, quando invalse l'uso di to sogno (Shab. b. :na); cfr. E . L. EHRLICH,
1059 (vu,16) cr6:l3l3a:tov B 3a-b (E. Lohse) (vu,17) 1060

tornava a indicare, con una speciale be- za difetti, e due decime di efa di pura
nedizione, la divisione tra sacro e pro- farina temperata in olio, costituenti l'o-
fano 118• Durante la preghiera vespertina blazione; inoltre la relativa libagione
si inserivano nella quarta benedizione (Num; 28,9s.) 119• I sacerdoti incaricati
alcune parole indicanti il passaggio, le di celebrare questi sacrifici supplemen-
quali potevano anche esser recitate a tari dovevano essere più numerosi di
parte a conclusione dell'ultimo pasto del quelli che offrivano i sacrifici degli altri
sabato, accompagnate, se possibile, da giorni (Joma 2,y5); allo stesso modo, di
un altro calice di vino. Queste parole (la sabato altri due sacerdoti in più dove-
cosiddetta habdala) secondo Pes. b. ro3b vano essere incaricati di portare i due
suonavano: «[Sia benedetto] colui che turiboli all'altare della proposizione e di
divide il sacro dal profano, la luce dalle rinnovare i dodici pani che vi si trova-
tenebre, Israele dalle genti, il settimo vano (Lev. 24,8; I Par. 9a2; Men. II,
giorno dai sei giorni lavorativi». Una 7) 120• La classe di sacerdoti incaricata
formula più completa è trasmessa da R. ogni settimana del servizio veniva sem-
Joshua b. Levi (c. 250): «[Sia benedet- pre rilevata il sabato, dopo il sacrificio
to] colui che divide il sacro dal profano, del mattino, mentre quella subentrante
la luce dalle tenebre, Israele dalle genti, offriva il sacrificio della sera (Flav. los.,
il settimo giorno dai sei giorni lavorati- ant. 1a65; T. Sukka 4,24 s. [200];
vi, l'impuro dal puro, il mare dalla ter- Sukka 5,7s.) 121 • L'inno del sabato era
raferma, le acque superiori dalle inferio- il Ps. 92 (cfr. v. 1) 122.
ri, i sacerdoti dai leviti e dagli israeliti
- e si conclude dicendo: [Sia benedet- Di sabato, nelle sinagoghe di Palesti-
to] colui che ordina il creato» (Pes. b. na 124 e della diaspora 123 si celebrava il cul-
ro4a). Questa formula indicava in tono to • Il culto del mattino comprendeva
solenne la fine del sabato e l'inizio della le stesse parti che costituivano125la litur-
nuova settimana. gia del lunedl e del giovedl : recita
dello s•ma', della t"filla, lettura della
b) Il culto sabbatico Bibbia e relativa spiegazione 126• I passi
di Deut. 6,4-9; II,13-21; Num. 15,37-
Di sabato nel tempio si offrivano l'in- 41, appartenenti allo J•ma', erano reci-
censo e i sacrifici prescritti per questo tati come nei giorni feriali, ma con qual-
giorno, cioè due agnelli d'un anno, sen- che ampliamento 127• Il sabato la t'filla si
Der Tra11m im Talmud: ZNW 47 (1956) 141 . 123 Testi di Filone e FJavio Giuseppe in
Altri casi in Taa11. 3 ,7. SettLAITER, Theologie des Jude11111ms 101 s.
118 Cfr STRACK-BILLERBECK IV 236 s. 124 Cfr. STRACK-BILLI!RBECK IV 153-188; ~
119 Cfr. Iub. 50,10. Invece secondo Dam. 11,17 ELBOGEN, Gottesdiemt, specialmente 107-122.
s. (13,27) di sabato si dovevano offrire soltan- 125 ~ ELBOGEN, Gottesdienst u2.
to gli olocausti sabbatici. Per i sacrllìci sabba- 1211 Cfr. il breve
riassunto del culto sinagogale
tici dr. anche Flav. Ios., ani. 3,237. in Midr. Cani. 8,x3 (134a): «Gli Israeliti, do-
120 Cfr. J.JEREMJAs, Jerusalem zur Zeit Jesu po esser stati occupati per tutti i sei giorni
11 A 2 (1958) 64. (della settimana) nei loro lavori, il sabato si
121 Cfr. SCHURER Il 336. accingono e vanno alla sinagoga, recitano lo
122 In R.H.b. 3ra si riferisce che di sabato I'ma•, si portano innanzi allo scrigno (a reci·
durante il sacrificio addizionale (ml1saf) si can- tare la preghiera delle 18 benedizioni), fanno
tava il Cantico di Mosè (Deut. 32) e durante una lettura della torà e concludono con una
l'offerta del sacrllìcio incruento (mi11~8) i pas- lettura dei profeti». Cfr. Sn.AcK-BILLERBECK
si di Ex. 15,1-ro.:n-18; Num. 21,17 s. Cfr. EL- llI 323; IV 153·
BOGI!N, Gottesdienst n6 s. 12'1 , . ELBOGEN, Gottesdic11st n4.
ro61 (vn,17) cra~Bit-.ov B 3b-c (E. Lohse) (VII,I!S} IOo2

riduceva a sette domande: si tralascia- non si sia introdotta la costumanza no-


vano le tredici intermedie e tra le pri- stra di celebrare il settimo giorno e non
me tre e le ultime tre benedizioni veni- si osservino il digiuno, l'uso di accender
va inserita la benedizione del giorno lampade e molte delle nostre proibizio-
(qdwJt hjwm: T. Ber. 3,12) 128• Per le ni relative ai cibi» (Ap. 2,282). Si trat-
letture della torà da farsi nella liturgia ta di un'esagerazione, che contiene però
del mattino e della minl}a, come pure questa verità: in tutto il mondo elleni-
in quella del lunedl e del giovedl, il stico-romano vi erano comunità giudai-
Pentateuco era diviso in determinate pe- che che godevano della protezione assi-
ricopi: in Palestina si aveva un ciclo curata alla religio licita e perciò celebra-
triennale di 154-175 brani, mentre in vano liberamente il sabato. Il loro culto
Babilonia tutta la torà, suddivisa in 54 era oggetto di molta attenzione anche
parashot, si leggeva in un solo anno 129 • da parte dei gentili, per cui un cer-
Nella Mishna era stabilito che al sabato to numero di non giudei accettava co-
nel culto mattutino avesse luogo anche stumi e usanza giudaiche. Certo, av-
una lettura dei Profeti, oltre che della veniva spesso che scrittori latini e gre-
Legge; ma di essi non erano state fissate ci mettessero in ridicolo il sabato dei
precise pericopi 130• Essendo fatta alla fi- Giudei 134, considerandolo semplicemen-
ne del culto, la lettura dei Profeti era te un giorno d'ozio, trascorso dai Giu-
detta anche haftara 131 , poiché rappresen- dei nell'indolenza e nell'infingardaggi-
tava la conclusione della celebrazione, ne m. Seneca rimproverava ai Giudei di
dopo di che l'assemblea veniva congeda- sprecare nell'inerzia un settimo della
ta 132• Anche alla haftara poteva seguire loro vita 136• Se in sabato essi evitavano
un sermone, qualora tra i presenti vi ogni lavoro, la cosa poteva avere una
fosse qualcuno che avesse capacità e co- sola spiegazione: consideravano il set-
noscenze tali che lo rendessero atto ad timo giorno come un tabù; difatti coin-
istruire la comunità 133 • cideva col giorno di Saturno, che dap-
pertutto era ritenuto infausto (Tac., hist.
c) Il giudizio dei non giudei sulla cele- 5 A) 137• Secondo Dione Cassio la presa
brazione del sabato giudaico di Gerusalemme ad opera sia di Pom-
peo sia di Erode, come pure più tardi
Flavio Giuseppe scrive che «né tra i ad opera di Tito, avvenne sempre nel
Greci né tra i barbari né tra alcun altro giorno infausto di Cronos ( =Saturno)
popolo vi è una sola città nella quale (37,16,4; 49,22,4; 66,7,2). Perciò ai

128 ~ ELDOGEN, Gottesdienst 109. Per Ja pre- in ~WoLFF r62-172.


ghiera addizionale del sabato cfr. W. STAERK, llS Cfr. Ovid., ars amatoria 1,76.416; remedia
Altiiidische liturgische Gebcte, KlT 58 1 (1930) amoris 219 s.; Iuv., sat. r4,95-106; Persius,
21 s. 26 s. sat. 5,179-184.
136 In Aug., civ. Dei 6,u. In Horat., sai. 1,9,69
129 Cfr. Meg. 34-6. Altri testi in STRACK-BIL-
Ll!RBECK IV 155 s.; MooRE I 297 s. 300; III 98 si deve adottare l'interpunzione seguente: ho-
s.; ~ ELDOGEN, Gottesdienst 155 s. die lricesima, sabba/a, «oggi è il noviluvio,
130 Meg. 4,5; ELBOGEN, Gottesdienst 176. quindi il riposo sabbatico».
l37 Talvolta anche i rabbini hanno messo in
131 Da hif{ir, tra/asciare; cfr. STRACK-BILLER-
relazione la settimana giudaica con quella dei
Bl!CK IV 166.
pianeti, e quindi il sabato con Saturno (Shab.
132 Cfr. STRACK-BILLl!RBECK IV 165-171.
b. 156a). Naturahnente si tratta cli accostamen-
133 Cfr..STRACK-BILLl!RBl!CK IV 171-188. ti tardivi, dai quali nulla è possibile ricavare
134 Cfr. Ja fondamentale raccolta di materiale circa l'origine del sabato.
io63 _(VII,18) ucif3{3a't'O'V B 3c-4a (E. Lohse) (VII,18) 1064

Greci e ai Romani l'osservanza giudaica si accendevano lumi. Di ciò abbiamo te-


del sabato doveva apparire come qualco- stimonianza non solo nell'affermazione
sa di superstizioso. A giudizio cli Seneca, di stampo apologetico di Giuseppe (Ap.
il _culto giudaico richiede soprattutto 2 , 282 [ ~ coli. ro6r s.]), ma anche in
l'accehsione della lampada sabbatica nel alcuni scrittori non giudei che ci dàn-
tempo stabilito (ep. 95,47). Per spiegare no notizie circa l'influsso del sabato
il sabato. giudaico ai lettori greci, Plutar- sul mondo pagano circostante. Svetonio
co equiparava Jahvé Sabaot a Sabazio- narra di un certo Diogene, grammatico
Dioniso, divinità microasiatica (quaest. vissuto a Rodi al tempo di Tiberio, il
conv. 2 [II 67xe-672a]). Una siffatta quale voleva disputare solo di sabato;
spiegazione, come pure l'affermazione di anche quando fu visitato dall'imperato-
Marziale che i Giudei digiunavano di re, egli non si scostò da quest'uso, ma
sabato (4,4.7), mostra che nel mondo lo accolse solo in sabato (Caes. 3,32).
gr_eco-romano la conoscenza del giudai- Tertulliano parla di certi pagani i quali,
smo e della celebrazione giudaica del sa- uniformandosi al costume giudaico, os-
bato .era molto superficiale 138• servavano il riposo nel settimo giorno
(nat. x3) 139 • Si può dunque dire che, ol-
Gli apologeti giudei cercarono com- tre la cerchia delle comunità giudaiche
prensione e forse anche consensi alla lo- che dappertutto nella diaspora santifica-
r_o religione giustificando l'istituzione vano il sabato in onore del Dio d'Israe-
del sabato anche con parole di scrittori le, vi erano molti timorati di Dio e pro-
non giudei, dei quali: per lo più adduce- seliti che celebravano essi pure il sabato
va.Do citazioni falsate. Secondo Aristo- come giorno di riposo.
bulo, ad ·es., l'osservanza del sabato sa-
rebbe menzionata in alcuni detti di Esio-
do, Òmero e Lino (Eus., praep. ev. x3, 4 . L'anno sabbatico
12,9-i6). Sebbene i Giudei fossero spes- a) L'usanza del maggese e il condono dei
so oggetto di scherno, l'apologetica giu- debiti ogni sette anni
daica e soprattutto la rigorosa osservan-
1
za del sabato non mancavano di produr- A partire dal II sec. a.C., e forse an-
re una profohda impressione, al punto che prima 140, risultano osservate in Pa-
che venivano persino adottate certe u- lestina le prescrizioni della torà sull'an-
sanze giudaiche, si osservava il riposo no sabbatico m. Dal I di Tishri si la-
nel settimo giorno, si seguivano certe sciava il terreno a maggese ( R. H; I, r ).
preserizioni alimentari, si digiunava alla Le conseguenze del mancato raccolto do-
maniera dei Giudei e insieme con loro vevano esser pesanti specialmente in
138 Giuseppe deve respingere le insinuazioni 140 Cfr. Neem. r o,32.
di Apione, secondo il quale tutti i Giudei, al
momento di lasciar l'Egitto, si sarebbero am- 141Cfr. SCHìiRER l 35-37.214.258 s.; ~ MAH-
malati di gonfiori ai genitali. Essi avrebbe- LER, Chronologie 103-n54xo-419; J.
}ERE·
ro mutuato il nome di sabato da questa ma- MIAs, Jerusalem wr Zeit ]eru II A 1 (1958)
lattia, detta appunto O'a~f3a·n.mc; (o 11a.~f3w; 57-61; ID., Sabbatiahr 11. nt.liche Chronologie:
cfr. Ap. 2,20-27). È chiaro che Apione ripren- ZNW 27 (1928) 98-103; ScHLATTER, Theolo-
deva un'espressione offensiva del linguaggio da gie des ]udentums 12~ s.; DALMAN, Nbeit II
strada di Alessandria, con la quale si !ntende- 136-139; m r83-185 ; R. NORTH, Maccabean
va ridicolizzare il sabato dei Giudei. Cfr. U. Sabbat Years: Biblica 34 (1953) 501-515; ~
ScHEu.ER, uaf3~w tmd ua.~~hwoi.c; : Glotta CoRRENs; H. WILDBERGER, · Israel tmd sein
34 (19_s5) 298-300. Land: EvTheol 16 (1956) 4n-41 6; E. KuTSCH,
IJ9 Cfr. SCHURER II1 166 s . art. 'Erlassjahr', in RGG l-u 568 s.
1o65 (vn,r8) a&.~~c:t'TO\I B 4a (E. Lohse) \VII,19} 1000

tempo di guerra o di carestia. Casi di Giulio Cesare, secondo il quale ogni st:t-
questo genere sono attestati di frequen- te anni non si doveva riscuotere alcuna
te1.u. In I Mach. 6 si narra che durante imposta (Flav. Ios., ant. I4,202.206).:.I
l'assedio di Bet-Sur e Gerusalemme ( r 63- passi degli scritti di Qumtan riguardanti
a.C.) tra gli assediati si ebbe una care- l'anno sabbatico 146 e le minute disposi~
stia «perché nella terra vi era il riposo zioni del trattato Shebiit, stabilite dai
sabbatico» (8-n O'afj~cx:•ov -i'}v Év -.l) yfj: rabbini: per l'osservanza dell'anno del
v. 49), o «perché era il settimo anno» riposo; s(anno a testimoniare la serietà
(oi.à 't'Ò M~ooµov E-.oç dvai.: v. 53; dr. con ct1i si prendevano le istruzioni della
anche Flav. Ios.,ant. 12,378). Di un an- legge. Nell'anno sabbatico andava sospe~
no sabbatico si fa menzione anche "in oc- so il lavoro dei campi, mentre per il
casione dell'assedio della fortezza cli Da- resto la vita seguiva il suo corso nor-
gon ad opera di Ircano nel 13.5 a.C. male. Perciò ai rabbini interessava so-
(Flav. Ios., ant. 13,234; bell. 1,60) 143 • prattutto di tracciare con esattezza la
Quando Erode, nel 37 a.C., ebbe posto distinzione tra i lavori permessi e quelli
l'assedio a Gerusalemme, i difensori pa- proibiti nell'anno sabbatico 147• ·
tirono una grave carestia, «perché in quel
tempo ci si trovò nel settimo anno» ('t'ÒV Ma oltre al condono dei debiti sancito
yàp !Pooµtt.'t'txòv Évi.a.u-ròv cruvl!311 xa- dalla legge si dovèttero dare più precise
"t"à. 't'OU't''Etvai.: Flav. Ios., ant. r4A75; istruzioni 148• La lOgica dell'osservanza
cfr. anche l 5 ,7 ). Un altro anno sabbatico delle prescrizioni legali sul condono dei
s'era avuto prima della ·conquista di Ge- debiti ogni sette anni (Deut. IJ,9) a-
rusalemrile ad opera di Tito (70 d.C.), vrebbe dovuto portare alla conseguen:ia
e in seguito ad esso s'era fatta acutissi- generalizzata del rifiuto di prestare de.
ma la carestia nella città 144• Secondo naro. Perciò Hillel (verso il 20 a.C:)
Flav. Ios., ant. u,j38, già Alessandro stabili il cosiddetto prosbol (pr~sM!),
Magno aveva concesso ai Giudei l'esen- cioè una dichiarip;ione legale con fu.qua-
zione dalle imposte ogni sette anni 1-45. le chi c~ncedeva un prestito si rise!Va-
Più tardi i Giudei, grazie alla tolleranza va di poterlo riscuotere in ogni temp0,
dei Romani, poterono celebrare l'anno quindi anche durante l'anno sabbatico
sabbatico, come risulta da un decreto di (Sheb. 1013-7) '"'· In questo modo.-si
142 Oggi non siamo in -grado di dire se l'anno tjahr (~ n. i41) _98 n. 2 .
sabbatico si tenesse regolarmente ogni sette 146 In I Q 22 m r-7 (D]D 1 94 s.) tra le ·'pa·
anni, poiché le notizie sono troppo frQJIUDeh- role di Mosè' si ttovano ,delle istruzioni· cirCa
taric. Per la cronologia degli anni sabbatici dr. l'anno sabbatico, da osservare· lasciando .~ripo;
-4 CoRRENS 25-33; discorde NoRTH, o.e. (-4 sare · toutlmente il terreno. In I -QM 2,6-9 si
n. 141), specialmente 5n-5r4. stabilisce che negli anni di remissione non si
143 Ciò che dice Flavio Giuseppe quando parla facciano né preparativi -né smantellamenti bel-
dell'anno sabbatico analogamente alla prassi lici, «poiché è un anno di riposo per·Israele»".
sabbatica è equivoco: tvla-tc1:ra.L -.b lhoç tiu;~ 147 Per l'anno sabbatico cfr. ancora .r E<Top.'r,
vo, xa~'8 auµ{3a.lvEL "ToÙç 'Iov8alovc; à:pyEi:v· 55; Iub. 50,3; Philo, spec. leg. 2,86-109; 'fac;,
xa.-.à o! l-n;-tÒ:. ~'t1) 'TOU'tO rtapa.'t1)pouaw, wç hist. JA· . · ~·.
tv -raLc; t{3ooµam.v iJµipa.~c; (ant. r3,234); cf:r. 148 Per la remissione dci debiti alcune prescri-
bell. 1,60; ~ CORlU!NS 19 s. zioni si trovano solo nell'ultimo capitolo: del
144T. Taan. 4 ,9 (220); Taa11. j. 4,8 (68d, 28f); trattato Shebiit, poiché al tempo della. redaziO-
Taan. b. 2§a; Ar. b. nb. ne della Mishna la remissione non si ·p rati-
HS Secondo Flav. Ios., ant. n,343 i Samaritani cava più.
domandarono lo stesso favore. Il decreto di 149 Cfr. STRACK-BrLLBRBBCK I 718. Si può -pen~
Alessandro è spurio. Cfr. ]EREMIAs; · Sabba. sare che Hillel non facesse · che legalizzare
O'a~~rJ.'tOV B 4a - e I (E. Lohse) (vn,20) 1068

cercò di mitigare gli aspetti più duri nuova. Trascorsi seimila anni, il settimo
della legge e di tenere in piedi la vita millennio sarà un grande sabato, una
economica nonostante l'anno sabbatico. pausa prima che spunti l'ottavo giorno,
che darà inizio alla nuova creazione 154•
b)Settimana e sabato cosmici In Sanh. b. 97a i rabbini insegnano che
il mondo durerà seimila anni e poi per
L'apocalittica ha molto speculato sul altri mille sarà distrutto, o che, dei set-
corso della storia universale, che si com- temila anni della sua esistenza, mille
pie in periodi successivi 150• In questi passeranno in stato di riposo 155• Quindi
tentativi di calcolare la durata e la fine anche nel corso della storia del mondo
del mondo al numero sette compete si aspetta un grande anno sabbatico, pri-
una parte speciale (~ III, coli. 807 ma che spunti il nuovo eone 156•
ss.) 151 • In Dan. 9,24-27, per es., si parla
di 70 settimane d'anni, che incomincia-
no con la distruzione di Gerusalemme
C. IL SABATO NEL N.T.
per mano di Nabucodonosor e si svol- I. Il sabato giudaico nel N.T.
gono fino a quando l'empietà è comple-
ta e piena la misura del peccato. In 4 L'uso linguistico del N.T. coincide ap-
Esdr. 7,3 I si legge che fra sette giorni pieno con quello giudaico(~ rn33 ss.)
l'eone ora addormentato si sveglierà e L'ebraico Jabbat è reso con 't'O cr6:.(3(3a-
la corruzione svanirà 152• In Hen. slav. 'tO\l 157 (Mc. 2,27 s.; 6,2; Mt. 12,8; Le. 6,
33,1 s. la durata del mondo è computa- 5 ecc.), con Ti 'ÌjµÉpa -cou craf3f3<hou (Le.
ta in sette millenni. Il passo è diffici- 13,14.16; 14,5 ecc.) o con -cà. O"tif3(3oc-
le 153; ma è probabile che l'apocalittico "COC, un plurale che designa anche il sin-
intenda dire che il nuovo eone si pre- golo giorno di sabato (Mc. 1 ,21; 2,23.24
senterà come una creazione del tutto par., 3,2.4 ecc.) 158• In Hebr. 4,4 si dice
un'usanza già invalsa da tempo. Cfr. ~ CoR- BILLERBECK m 687. Per la concezione del sa-
RENS 24 s. Un documento attestante un debito bato cosmico dr. anche STRACK-BILLERBllCK
in conformità con la consegna della dichiara- IV 969.976.990 s.
zione (pr()sbol) indicata da Hillel è forse con- 156 La concezione della settimana del mondo
servato in un .frammento di Qwnran. Cfr. J. e l'attesa di un regno intermedio è usata dal
T. M1LIK, Le travail de l'édition des ma- veggente Giovanni nella elaborazione della sua
nuscrits dt1 Désert de ]11da: V. T. Suppi. IV dottrina del regno millenario (Ap. 20,1-10).
(1956) 18. Cfr. A. WIKF.NHAUSER, Die Herk1mft der Idee
1so Cfr. BoussET·GRESSMANN 246 s.; VoLz, des tat1sendjiihrigen Reiches in der Apk.: Rom.
Eschatologie 141-145. Quartalscrift 45 (1937) x-24; fo., Weltwoche
1s1 Cfr. anche la divisione in 'giubilei' nel li- t1nd tausendfiihriges Reich: TheolQuart 127
bro omonimo. (1947) 399-417; H.BIETENHARD,Das Tausend-
152 Cfr. anche i 70 pastori (Hen. aeth. 89,59) jiihrige Reich 2 (1955).
e le' 70 generazioni (Hen. aetb. 10,12). 157 Plur. -tà o-ii.(3(3a-ta (Act. 17,2 ecc.), dat.
153 Per l'interpretazione dr. VoLz, Eschatolo- plur. 'tO~<; o-li~f3rt<TW (Mc. 3,2; Mt. 12,IO ecc.).
gie 35·339· o -to~ç uaf3(3an'4 (Mt. 12,r.12 [var.]). Cfr.
1
154 Cfr. anche Barn. 154 s., e ~ coll. 1097 s. ~ n , 39; PREUSCHl!N-BAUER , s.v., dove sono
Altri testi per l'apocalittica cristiana in WIN- citati tutti i testi relativi all'uso linguistico
DlSCH, Bam. 385 s. del N.T.
JSS Cfr. P. R. El. 18 (9d): «Dio ha creato sette 158 In Mt. 28,1 si legge: oljJÈ lìÈ O'rt~~&:t'WV,
eoni e fra .tutti ha ritenuto per sé soltanto il -rii É'lt(,(j!WO"xouCTfl E~ µlav ua~f3iX-twv. L'e-
settimo. Sei sono per l'andare e il venire (de- spressione ÒljJÈ o-af3(3a-rwv corrisponde al rab-
gli uomini} il settimo è interamente per il sa- binico m()!i°N 1abbàt e~ col. 1034) e indica la
bato e il riposo nella vita eterna». Cfr. STRACK- notte tra il sabato e il primo giorno della set-
1069 (vn,20) cra~~Gt"l"O\I C I (E. Ìohse) (vn,21) ro70

semplicemente Ti E~ooµ"r] (scil. 1)µ1pa.), (I o. 5,9 s. [-+ coll. rn49.1052 ss.J ). La


'il settimo giorno', esptessione di cui si distanza che si può percorrere è solo
hanno esempi nel giudaismo (~ ro35
ss.). Conformemente all'uso linguisticò quella .fissata per il sabato (Act. l,I2
giudaico (~ rn35), craf3f3a.i;o\I, al sin· [ ~ col. rn52]) 161.
golare, può significare anche settimana Le prescrizioni riguardanti il riposo
(Le. I8,I2: otç "COV cra.f3f3rhou, cfr. an·
sabbatico possono essere sospese solo in
che Mc. 16,9; r Cor. 16,2); lo stesso si
dica del plurale (Mc. 16,2: i;fi µLcy. "tW\I casi speciali per l'intervenire di doveri
c;cx.f3f3ai;w\I, dr. anche Le. 24,1; Mt. 28, pressanti: i preparativi dei sacerdoti ne-
I; Io. 20,I.19; Act. 20,7). cessari per l'offerta dei sacrifici (~ col.
Il quadro del sabato, quale è stato ri· rn54) devono esser fatti anche di sabato
cavato dalle fonti giudaiche, trova con- (Mt. 12,4 s.); ad un uomo o ad un ani-
ferma e compimento negli scritti neote· male che sia in pericolo di vita (~ col.
stamental"i. Nella vigilia 159 devono es- 1055) si può prestare aiuto (Mt. I2,II
ser fatti tutti i preparativi necessari (~ s.; Le. 14,5 ),. cosl come anche di sabato
1056 ss.), affinché il giorno di riposo si deve osservare il precetto che prescri-
rimanga libero dal lavoro. È per questo ve di circoncidere tutti i figli d'Isràele
che, per non profanare il sabato, si do- l'ottayo giorno dalla nascita (Io. 7,22 s.;
vette togliere dalla croce il corpo di Ge. ~ col. ro55).
sù fin dalla vigilia (Mc. 15,42-47 par.; Il sabato è giorno di riposo (Le. 23,
Io. 19,42) 100• A tutela della santità del 56; ~ rn56 ss.), nel quale si ama invi-
giorno sta un severo divieto di lavorare. tare in casa degli ospiti (Le. 14-,1; -+
È proibito procedere a qualsiasi raccolto IO 5 8) per far del bene al prossimo

(~ coll. ro48.ro49), anche nella sem· (cfr. Mc. 3,4 par.). Ogni sabato nella si-
plice forma di strappare spighe (Mc. 2, nagoga si leggono la legge di Mosè e
23 s. par.). Proibito è pure prestare aiu- gli scritti dei profeti (Act. 13,15.27; 15,
to a un malato che non versi in pericolo 2I; Le. 4,16·20; -+ rn61). Gesù e i
di vita (Mc. 3,1 par.; Le. I3,14i 14,3 s.; discepoli fanno come tutte le persone
Io. 7,23; 9,I4 [~col. rn55]), come an· pie: di sabato si recano alla sinagoga
che trasportare oggetti di qualsiasi tipo per prender parte al culto (~ 1060 s.)

timnna, oppure il primo giorno stesso. Cfr. "l"O\I. ·In Io. 19,14 si menziona la 'lt!X.PtXO'XEV'Ì)
STRACK-BILLERBECK, ad l.; P. GARDNER-SMITH, "l"OV mxaxa. . ..
'EIIIcl>.U:EKEIN: JThSt 27 (1926) 179-i:Sr. 100 In lo. 19,31, in riferimento al sabato suc-
159 Giorno preparatorio = 'ltctpaCTXEUTJ (Mt. cessivo alla parasceve, si nota: 1}'11 'YlÌP µeya'X.11
.i7,62 ; lo. i:9,31.42; Le. 23,54). Qui si legge: 'li 'liµtpa ~xEl\lov "l"OV aa~~&.~ou. Il sabato è
xaL 'Ì)µipa -\1j'll 1tapaaxwi'jc;, xat crét~~a"l"O\I detto grande perché, secondo la cronologia
htÉ<pWO'XE\I. È dunque chiaro che si pensa al- giovannea, coincideva col primo giorno della
l'apparire della prima stella all'inizio del sa- festività cli pasqua-ma,r,rot. Cfr. STRACK-BIL-
bato. Mc. 15,42, rivolgendosi a lettori ellenisti, LERBECK II 581 S,
spiega cosl: 1tGtP!lCTXEvi), B fo~~v 1tpocra~~!X.- 161 Cfr. anche Mt. 24,20 7ad I . -> coli. 1091 ss.).
1071 (vu,21) ua~~tt-to\I e 1-2a (E. Lohse) (Vll,22) 1072

e per approfittare del diritto, spettante gliendo spighe i ·discepoli compiono di


ad ogni israelita maschio, di aggiungere sabato un lavoro non permesso_166: 8 oux
alla lettura biblica un ·sermone o un'i- ~~EO''tL\I ( = 'iistìr, v. 24). Gesù respinge
struzione (Mc. 1,21 s. par. 162; 6,2 par.; la rimostranza appellandosi all'esempio
Le. 4,16-21; :r3,10; Io. 6,59 [var.])..Al- di David che, fuggendo da Saul, giunge
lo stesso modo; di sabato i primi mis- dal sacel'.dote Achimelech 167, gli domanda
sionari cristiani entrano nelle sinagoghe i pani della proposizione e li ottiene (r
e annunciano la buona novella di Gesù Sam. 21,2-7). Come il gesto di David
il Cristo (Act. 13,14 s. 42. 163 44; 16,13; comportava anche quello dei suoi uomi-
17,2). ni, cosl Gesù giustifica l'agire dei suoi
discepoli (~ IX, col. :r403 ).
2. Le.polemiche di Gesù sul sabato
È chiaro che il rapporto tra il raccon-
to. veterotestamentario e questa viola-
a) I racconti sabbatici in Mc. e i paral-
zione del sàbato ad opera dei discepoli
leli di Mt. e Le. di Gesù viene scorto nel fatto che in
entrambi i casi vi sono delle persone pie
Al termine di una serie di discussioni che çompiono un'a2ione proibita 168• Ma
di Gesù con Farisei e scribi (Mc. 2,:r-3,6 il punto di confronto diventa ·ancor più
par.), Marco ci informa su due conffitti chiaro se si osserva che l'esempio di Da-
vid è stato.chiamato in causa anche nel-
sabbatici. Passando per i seminati, i di- le dispute sabbatiche degli scribi 169• Una
scepoli strappavano delle spighe (Mc. 2, parte dei rabbini era d'avviso che Da-
23-28 -par.) 164• È vero che la 'legge per- vid avesse preso i pani della proposizio·
ne in giorno di sabato, allorquando non
metteva di strappar delle spighe dal
si mancava mai di sostituire i pani vec-
campo per ca.Injare la fame (Deut. 2 3; chi con altri nuovi (Lev. 24,8) 170• Per di-
26), ma i Farisei 165 obiettano Che racco- scolpare David d'aver violato il sabato

162.Nella pericope di Mc. 1,:21-28 l'evangelista Angelos 3 (1930) n1-120. ·


ha intrecciato due motivi: l'insegnamento au- 165 Secondo Mc. e Ml. i Farisei si lagnano con
torevo1e di Gesù e la dimostrazione della sua Gesù del contegno dei discepoli, mentre in
t~ovcrla. mediante il miracolo (dr. BuL'rMANN; Le. si rivolgono ditettamente à questi ultimi.
Trad. 223 s.). Nella narrazione i;!el miracolo 166 L'atto, di . strappar le spighe è una sotto-
non si 'p resuppone che fosse sabato. I testimcr specie della mietitura, la quale veniva anno-
ni presenti restano stupiti solo per la ll;ovcrltt verata tra i 39 lavori proibiti; ~ col. 1049.
di Ge_sù._(v. 27),_ma nessuno si scandalizza per·
ché la guarigione sia avvenuta in sabato.
167 In Mc. 2,26 si nomina erroneamente Abia-
tar, il quale esercitò 'il sacerdozio. ~olo più tar-
m In Aci. 1 342 · 'tò µt:'t'tù;,ù O'aflfla:to\I. è il di, dopo Ja morte del padre; dr . .t Sam. 22,20
sabàto seguente; cfr. Aci. 13.i14: 'ti;> o~ lpxo- ecc. Mt. e Le. correggono tacitamente questa
µtv<t> O'tt{lfl&.'t<t>..:,•.'. ; '· · · : svista, liµiitandçisi a tralasciare il nome del sa-
164 Per l'episodio si yedatio, oltre ai· commen- cerdote. .
tari, le due arbitrarie' interpretazioni di K; 168 Cfr. LoHMF.YEtt, Mc. 64. -
BoRNHAUSER, Ztir Pèrikope vo'm Bruch de's 169 Cfr. i testi in STRAcK-BILLruleECK I 618 s.
Sabbals: NkZ 33 (1922) 325-j34, "é B.Mmt- e MuRMELSTEIN; o.e. (~ n. 164) n2 s.
MELSTBIN, ::]e.rn Gb!1g durch die Saatfelder: 110· COsl ·R. Shimòn (c. 150), secondo Men. b
xo73 (vn,:u) ua~~a:tov C 2a (E. Lohse) (vn,22) 1074

si faceva notare che, fuggendo da Saul, salvar la vita d'un uomo, sarebbe sen-
egli s'era trovato in gravissima necessità z'altro consentito di violare il sabatom.
e che il peric9lo della .vita sospende il
sabato 171 • · · Invece in Mc. 2,27 la considerai.ione per
l'uomo e per i suoi bisogni è posta ·al
Nella discussione con i Farisei non si di sopra del precetto 175• Ciò equivale a
vuol difendere solo un atto isolato dei mettere in discussione l'obbligatorietà
discepoli, ma si intende fondare sulla della legge in assoluto, ma non ancora a
Scrittura e giustificare una prassi della negare· in linea di principiò che il pre-
comunità cristiana che si è liberata dal cetto sabbatico abbia valore. Ma il v. 28
precetto giudaico del sabato 172; («il Figlio dell'uomo è signote anche
Questo atteggiamento della comunità del sabato») aggiunge una novità sostan-
nei confronti del sabato viene espresso ziale al v. 27. Qui non si trae una conse-
in due 'massime di predicazione> che so- guenza da quanto precede, quasi ad at-
no state aggiunte alla pericope. «Il saba- tribuire all'uomo la signoria sul saba-
to esiste per l'uomo, non l'uomo per il to 176, ma si aggiunge un detto originaria-
sabato» (v. 27). Parole di questo tenore mente indipendente, col quale la comu-
sono note anche al giudaismo 173• Ma i nità cristiana professa la propria fede
rabbini con una massima siffatta non in Gesù Figlio dell'uomo, che in quanfo
intendono ledere in alcun modo il pre- xvptoc; sta al di sopra anche della vali-
cetto sabbatico, ma solo dire che, per dità é dell'abolizione del sabato 117• La

95b e la tradizione conservata in Ja/q11t Shi- 11s Forse Mt. e Le. hanno tralasciato il logi6ti
m'oni a 1 Sam. 21,5 (S 130) e derivata dal Mi- di Mc. 2,27 perché, a confronto col v. 28i · lìi
drash ]'lamm•dentl. giustificazione basata sull'uomo si considerava
m Cosl l'insegnamento riferito nel passo ci- inadeguata. ar. - BRAUN n 70 n. I . .. .
tato e~ n. 170). Cfr . . STRACK-BnLERBECK r 176 Cosl già H. GROTIUS, Annotaliones in N.T.
619. r (1755), ad l. Tra gli altri, è soprattutto W1m.•
HAUSl!N, Mk. lo, che rifermre ul~·· <triil liv~
172 La contestazione dei Farisei nasce di fronte
all'agire dei d,iscepoli, non di Gesù. Il dibatti-
i)pwnov all'uomo. T. W. MANsoN, M~rk II
to che ne sorge si svolge nella formJl delle :q f: ConNeot n (1947) · 1 3 s-146 :è'· invece
dell'opinione che i vv. 27 e ··28 vedano intes~
dispute che la prima comunità sosteneva con
come detti ·dcl Figlio dell'u·omo e· che questo
i Giudei. Perciò nella sua forma attuale la indichi «il popolo dei santi dell'Altissimo~ di
struttura di Mc. 2,23-28 par . .è opera della
Dan. 7,27, cioè. Gesù e la sua comunità.
comunità (cfr. BuÒ'MANN, Trad. 14). 1'.ut-
m Contro E. KX.sBMANN, Begriindet ·der nt.li·
tavia il fatto che già con Gesù (senza aspet-
tare la comunità) ci siano stati dei coiifiltti ri-
che Kanon die Einheit der Kfrche?: EvTh 1i
(19'j1j,2) 18; il quale vorrebbe considerare il
guardo. alle prescrizioni del sabato può bene
v: 28 oome· un'aggilinta dellà ·roinùilità, fatta
essere uno .dei tratti più sicuri. della tradizio-
per limitare il ·v. 27: •Li coliìtmità ·poteva a-
ne, anche se non è più possibilé ricostruire i
scrivere al suo maestro ciò che non osava· ri-
particolari. Cfi;. - BRAUN JI 70,72. .
vendicare a se stessa. La sua aggiunti). limita-
173 Cfr. il detto di R. Shimon b : Menasja (~ tiva mostra che essa si allatma della ·libertà
15,r2 ss.). concessale e si rifugiava in uh giÙaaismo cri-
174 Cfr. STRACK-BILLERBEèK II 5. . stianizzati:>». · ·· ·
1075 (vn,23) q&,ppa:rov C 2a (E. Lohse)

sua signorja pone fine alla casistica sab- («voglio misericordia, non sacrificio»,
batica, e perciò nella frase conclusiva la EÀ.Eoç i>ÉÀ.w xat où 1>uO"la:v ), a cui l'evan-
comunità esprime pure il risultato a cui gelista ha già fatto ricorso in Mt. 9,:1 3,
è giunta partendo dal conflitto sabbati- nella disputa con i Farisei 182• II coman-
co che le è stato trasmesso 178 • damento dell'amore è superiore alla ca-
Nel passo parallelo di Mt. 12,1-8 179 la sistica del sabato. Se avessero capito la
controversia tra Gesù e i Farisei risulta parola del profeta, i Farisei non condan-
allargata grazie al ricorso a due passi nerebbero i discepoli innocenti (v. 7 ).
dell'A.T. Anzitutto l'evangelista fa pre- Ma perché questi sono senza colpa, pur
sente che, secondo Num. 28,9 s., per of- avendo trasgredito il precetto sabbati-
frire i sacrifici prescritti per il sabato i co? L'affermazione che il Figlio dell'uo-
sacerdoti devono per forza violare il mo è signore del sabato (v. 8) in Mt.
precetto che proibisce il lavoro 1113• Ma se sembra essere l'ultima ragione di ciò,
gli stessi precetti di offrir sacrifici so- non la conseguenza. Per questo i suoi di-
spendono il sabato, tanto piì1 le prescri- scepoli sono sciolti dal vincolo del pre-
zioni sabbatiche possono esser trasgre- cetto sabbatico e hanno un precetto che
dite ora che c'è qualcosa più grande del supera tutti gli altri, cioè il dovere di
tempio (V. 6: o·n 't'OU ÌEPOV µE~SO'V ÈcrnV esercitare la misericordia. In Le. 6,1-5 ·Ia
WOE) 181 • E per sottolineare che cosl è, pericope risulta più breve e anche più
si adduce subito la citazione di Os. 6,6 serrata m.

178 Cfr. LoHMBYER, Mk. 66: «Cosl è legitti- Non può trattarsi d'altro d~e del secondo sa-
mata anche la deduzione; essa indica la con- bato d'una serie. In 4,16 è stato ricordato il
clusione che la comunità .trae dai fatti e dalle sabato; con 4,31 ha inizio la prima pericope
parole di Gesù». sabbatica mutuata da Mc. Cfr. al riguardo Io.
179 In Mt. 12,1, per spiegare il gesto dei di· 2,11 (aPX'IÌ -rwv G'T]µ.Elwv), Io. 4,54 (lìEU't'Epov
scepoli, si dice che essi avevano fame. G'T]µefov). Nel giudaismo una enumerazione
180 Questo esempio tratto dalla torà nella di- analoga dei sabati è sconosciuta. STRACK-BIL-
scussione acquista maggior peso che non la LERBECK II Ì58 ricorda che, secondo L ev. 23,
storia della trasgressione della legge ad opera 15 s., venivano contati i giorni e le settimane
di David. Perciò Mt. aggiunge alla motivazione dall'òffetta del primo covone fino a Pentecoste,
haggadica una precisazione halakica. Cfr. ~ e perciò pensa che 'il sabato secondo-pi:imo'
DAUBµ 67-71 . sia il secondo tra Pasqua e Pentecoste. Nel
181 «Se violano il sabato i sacerdoti, tanto più Kerygma Petri si menziona un u&.P~o:rov 't'Ò
lo può fare colui che è da più del tempio, co- À.Ey6µevov 1tpw't'ov (Clem. Al., strom. 6,5,41),
lui che è il signore del santuario, il sommo e ciò suppone chiaramente una certa numera-
sacerdote messianico». G. FRIEDRICH, Beobach- zione di sabati. Cfr. E. KLOSTERMANN; Apocry-
tungen zur messia11ischen Hohepriestererwar- pba, KIT 3 (1933) 14. E. VOGT, Sabbatum 'deu-
tung in de11 Synoptikem: ZThK 53 (1956) tero-proton' in Le. 6,I et antiquum kalenda·
289. ri11m sacerdotale: Biblica. 40 (1959) 102-105,
182 Per la citazione di Os. 6,6 clr. K. STEN· considera il termine ÒEV't'Epo1tpùyr~ come u-
DAHL, The School o/ Matthew (1954) 128 s. n'antichissima glossa e l'intende come indica·
18.l In Le. 6,x si dovrà leggere lv ua.PPb:t~ tionem liturgico-chronologicam. Il sabato ante
lìEVTEp01tpW't'~ (con i codd. ACD eq> ~ vg). oblatio11e111 spicamm (Lev. 23,n.15) sarebbe il
I077 (YII,23) crci.~~Ct~O\I C 2a {h. Lohse)

II cod. D mette la frase conclusiva al- sabato per coloro che sanno.
la fine del secondo conflitto e al posto II ·conflitto tra Gesù e gli avversari si
del v. 5 riporta un altro racconto sabba-
tico. Lo stesso giorno in cui passa per i accentua in una seconda scena, unita·al-
campi coi discepoli, Gesù incontra un la precedente da un legame labile (Mc.
tale intento a lavorare di sabato e gli 3,1-6 par.) 187• Gesù si reca in una sina-
dice che, se sa quel che fa, è beato, ma
è invece maledetto e trasgressore della goga 188 e n s'imbatte in un uomo che
legge se non lo sa. La frase, formulata ha una mano secca 189 • Secondo la halaka
antiteticamente, rimanda senz'altro ad universalmente accettata, di sabato era
un ambiente palestinese 184• Ma è diffi- permesso prestare aiuto a un infermo,
cile immaginarsi che Gesù abbia davve-
ro incontrato un uomo che lavorava di ma solo quando egli fosse in pericolo di
sabato 185• Si tratta piuttosto di un lo- vita (~ col. 1055) 190• Ma la duplice
gion che fa dipendere l'abolizione del domanda di Gesù agli avversari non la-
sabato nella comunità cristiana dall'l:'.t-
ÙÉvai: possono trasgredire il sabato sol- scia spazio a considerazioni casuistiche,
tanto coloro che hanno una retta cono- poiché va da sé che di sabato si deve fa-
scenza 186 • Gli altti sarebbero maledetti re il bene 191, salvare la vita e non to-
come trasgressori della legge (cfr. Num.
glierla. Gesù guarisce l'infermo, dimo-
13,35 s.). Quindi sembra trattarsi di un
prodotto della comunità giudeo-cristia- strando cosi che il Figlio dell'uomo è si-
na, col quale si giustifica l'abolizione del gnore del sabato 192• Al termine del rac-

sabatum primum post azyma et sec11ndum post MANN, Apocryphu II)' K1T 8 (1929) 8; HEN-
pascha. Donde la conclusione: Antiq1111s igitt1r 3
NECKE I 96. Invece Marco si limita a indi-
glossa/or, cum post vocem 'sabbato' (Le. 6,r) care i pochi dati indispensabili per compren-
alteram 'deutcroproto' inscruit, videtur voluis- dere la vicenda.
se significare discìpulos spicas vulsisse sabbato 190 Cfr. anche l'ampia raccolta · di materiali in
ante dicm oblationis spicarum (103 s.). STRACK-BILLERllECK I 622-629. Nel caso pre-
1114 Cfr. J. ]EREMIAS, Unbekanllte Jesusworte sente, dunque, avrebbe dovuto esser decisiva
(r95r) 49-53. la considerazione che, «dato che la mano arida
IBS Che quell'uomo stesse compìendo un'opera non comporta un pericolo diretto per la vita
di misericordia (JEREMIAS, o.e. ( ~ r84] 52) del . paziente, non è consentito operare la gua-
non è accennato da alcuna parola. rigione in sabato» (STRACK-BlLLBRllRCK I 623).
186 Si . paragoni il significato che ha 'sapere' 191 Si può confrontare la storia del pio Abba
negli scritti cli Qumran. Cfr. F. NorscHER, Tachna, il quale poneva l'opera di misericordia
Zt1r theol. Terminologie der Qumrantexte, per un lebbroso al di sopra della corretta os-
Bonner Bibl. Beitrage- IO ( x956) 38-63. servanza delle prescrizioni sabbatiche (Midr.
187 Secondo Le. 6,6 la scena si sarebbe svolta Qob. 9,7; cfr. STRACK-BlLLERBBCK I 391). Ma
tv hlp~ crcr.[3~6...-((l. per il resto i rabbini insegnavano che la gioia
188 Poiché si deve pensare alla sinagoga di Ca- del sabato non doveva essere turbata col recar
farnao, Mt. 12,9 e Le. 6,6 usano l'articolo (Elc; consolazione agli afflitti o col far visita agli
i:nv CT1Jvr1:ywyf,v). ammalati. Cfr. i testi in STRACK-BILLERl!ECK
189 Il Vangelo degli Ebrei è più pittoresco I 630.
nel presentare la storia del malato, il quale 192 L'interesse del racconto non va alla gua-
dice a Gesù: cae111e11tari11s eram, manibus vic- rigione, per la quale si hanno vari paralleli (I
tmn quaeritans; precor te, Ies11, ut mibi resti· Reg. 13,r-6; Philostr., vii: Ap. 3,39), bensl al
tuas sanitatem, ne turpiter mendice111 cibos conflitto, nel quale viene dimostrata l'auto-
(Hier.,_comm. in Mt. !2,13). Cfr. E. KLOSTER- rità cli Gesù.
O"a~~a"t"O\I C 2a (E. Lohse) (vu,25) rn8o

conto si constata in maniera breve e in giorno di sabato (v. 12). Con questa
stringata l'avvenuta guarigione (v. 5) 193• frase si riprende il pensiero contenuto
Nella redazione di Matteo il secondo nella duplice interrogazione di Mc. 3,4 e
conflitto sabbatico viene ricollegato più insieme si porta la polemica alla sua con-
intimamente al racconto che precede 194 clusione: al centro dell'esigenza posta
e ancora una volta si dà maggiÒr peso dal comandamento di Dio si colloca il
alla controversia 195• L'evangelista ha u- precetto dell'amore, non le prescrizioni
sato un logion sul sabato trasmesso iso- casuistiche riguardanti il sabato. Alla do-
lato, che in altro contesto è conservato manda del V. IO: Et s;EO''tL\I 'toic; O'tX~~rt­
pure in Le. 14,5 (~col. 1083). Anche O'W i>Eprt1tEVO'aL;, «è permesso guarire di
in questo detto 196 l'uomo è posto al di sabato?», si dà una risposta che va oltre
sopra delle esigenze casuistiche della leg- il caso concreto; essa enuncia un prin-
ge 197• Alla domanda introduttiva degli cipio di valore universale, alla luce del
awersari Gesù replica con una contro- quale vien fissata la posizione della co-
domanda che esige una risposta afferma- munità rispetto al sabato: «Di sabato è
tiva: se uno ha una pecora e questa di lecito far del bene» ( v. 12 : Ù>a''tE E~EO''tW
sabato gli cade in una buca, di certo 'toic; a-cX.~~aO"L\I xa.À.wc; 7tOLEi\I ) . Il breve
l'aiuta ad uscirne (v. II) 193. Di qui, con racconto della guarigione degli amma-
una conclusione a minori ad maius, si lati rappresenta cosl la logica conclusio-
deduce che, avendo l'uomo ben più va- ne della controversia vittoriosamente
lore di una pecora, è lecito far del bene sostenuta 199•

193 ll v. 6 ·non segue il termine della pericope, usato frequentemente nei dibattiti sabbatici e
ma dell'intera serie cli con.Bit!! n::trati in 2, tramandato in diverse redazioni, delle quali la
I-3,6. più antica si ha in Mt. 12,u s. Per Le. r4,5 ~
194 . La nuova pericope non incomincia, come n.:w3.
Mc. 3,1, con un naÀ.w indetermi.n11to, ma con 198 Nella legge è prescritto cli soccorrere l'ani-
l'indicazione che Gesù passa dalla campagna male (Ex. 23,5; Deul. 22A)· Ma il problema
alla sinagoga. era se tale soccorso potesse prestarsi di sa-
195 La fomia che le controversie· llssumono in bato. La risposta di Dam. Ù ,I3 s. (13,22-24)
Mt . .mostra chiaramente che la comunità mat- è negativa (~ 1047 s.). Ma i rabbini non con·
teana era 'tuttora impegnata fu ·:c'ontroversie siderano vietato in blocco ogni soccorso; se-
còn la ·sinagoga riguardo al sabato. Cfr. G. D. condo la tendenza più severa è permesso dar
K i LPAT1UCK, The Origi11s of the ·cospel accord- d11 mangiare all'animale, ma non lo .si -può
iitg ·10 St. Matthew . (1946) rx6; per Mt. 20, tirar fuori. Invece i maestri meno rigidi per-
24 -~- coli. I09I SS. . mettevano di aiutare l'animale ad uscire dalla
~96 I detti introdotti oon "t"Lc; · l~ ùµWv n·on fossa. Cfr. la discussione in .Shab, b. 128b
hanno paralleli· r-iibbinici. Perci~ ·il logion va (STR.ACK-BILLERBECK 1 629). In Mt. r2,n si
fatto risalire a Gesù stesso. Cfr. H. GRREVEN, presuppone che il principio secondo cui .il sa-
«Wer imter euch...»: Wort u. Dienst; ·Jahrb. baro resta sospeso quando è in pericolo là
der 'Thool. Schule Bethel N.F. 3 (I952) 86- vita vada applicato anche à un animale. ·
io1:; G. Boll.NKAMM; Jer11s von Nazareth 1 199 Nell'ulthna frase, che parla della decisione
('t959) 63.u4.. ._ ·, · :. · cli mettere a· morte Gesù, in Mt. 12,14 si no-
197 È chiaro che il logion cli Gesù è · stato minano soltanto i Farisei, trascurando gli Ero-
io81 (vn,25) r;a~~a-rov C 2a-b .(E. Lohse) (vn,26) 1082

Il testo parallelo di Le. 6,6-II segue nagogo viene in un secondo tempo.


sostanzialmente la redazione di Marco. Sembra pertanto che Le. 13,10-17 sia da
ritenere una compos.izione più rece.pte,
sorta dal logion di Le. 13,15 2l'.l.•, dap-
b) Le narrazioni sabbatiche nel materiale principio indipendente 202 • L'evangelista
proprio di Le. ha preso la narrazione dalla trad.Wo9,<,!
preesistente e, con un'osservazione re-
Oltre i due racconti sabbatici presi da dazionale conclusiva (v. 17b)~ l'ha inse·
Marco, nel Vangelo di Luca vi sono al- rita nel contesto da lui stesso composto,
tre due pericopi che parlano di guari- nel quale il racconto sabbatico serve
quale esempio dell'impenitenza dei Giu-
gioni in sabato (Le. r3,ro-r7; 14,r-6).
dei (13,1-9; dr. V1tOXpL-ra.l nel v. 15).
In Le. 13,15 si procede ancora con una
argomentazione a minori ad maius: tut- Una composizione più recente, co-
ti, nel giorno di sabato, sciolgono un struita in analogia .a Mc. 3,1-6 par., si
ha pure in Le. 14,1-6. Mentre in Mc. 3,
bue o un asino dalla greppia e lo porta- 4 la domanda rivolta agli avversari ·era
no all'abbeveraggio (v. 15)1.00. Accen- formulata in modo tale che costoro non
tuando il verbo À.UEL'll, se ne trae la con- sapevano che rispondere (--+col. 1078),
clusione che tanto più doveva esser
la frase di Le. 14,3 invece è solo un'eco
tardiva di Mc . .3•4> espressione di una
sciolta dai suoi ceppi questa figlia di situazione nella quale il problema del
Abramo (v. 16). sabato forse non era più acuto per la
comunità cristiana. Invece la seconda
Rispetto a Mc . .3,1-6 par., nel raccon- domanda di Gesù agli avversari provie-
to lucano della guarigione della donna ne da una tradizione antica. Essa suona:
ricurva (Le. 13,ro-17) spicca la circo- «C'è qualcuno di voi çhe, se un figlio o
stanza che si ha prima la guarigione stes- un bue gli cade in un pozzo, non lo tira
sa, mentre 1a discussione con l'archisi- su subito, (anche) in giorno di sabato?»

diani (Mc. 3,6). La ragione può stare nel fatto il bestiame; ma era lec1to soltanto ciò che fos-
che al tempo dell'evangelista non vi erano più se strettamente indispensabile ·a questo fine.
Erodiani. Ma furono proprio i Farisei i soli Cosl in Er. b. 2ob bar. si stabiliva questo:
che con le loro opinioni determinarono Ja vita «L'acqua non si travasi né si metta davanti
della sinagoga dopo l'anno 70 e che nelle di· alla bestia in sabato; ma si può travasare ·e
scussioni con i cristiani (anche riguardo .alla versare in modo che la bestia beva da sola».
prassi sabbatica) provocarono la rottura defini- In Er. 2,1 s. si impartiscono disposizioni per
tiva tra .Ja sinagoga e la comunità cristiana. l'utilizzazione delle fontane. Cfr. i testi in
Un cenno alla separazione tra i cristiani e 111 STRACK·BILLERllECK Il 199 s.
sinagoga si ha all'inizio dcl v. 9, dove si dice
201 Questo però, in confronto a Mt. 12,n s.
che Gcs~ andò El<; -i:Tiv O'VVaywyfiv a.ò-rwv,
cioè nella sinagoga dalla quale lui e i suoi e al par. Le. r4,5 1 risulta «conservato in ma-
discepoli erano già separati. niera meno giudaica; il punto di confronto
200 Il fare e disfare nodi secondo .Sbab. 7,-2 non sta nella salvezza d'un animale e d'un uo·
mo, ma - in forma sostanzialmente più lette-
è uno dei 39 lavori principali proibiti e~ col.
raria - nel fatto che l'animale vien sciolto dal-
1048 ). Però i maestri sapevano far valere de-
la greppia e l'uomo dall'infermità». M. DIBE-
termina~e. eccezioni. R. Meir (c. 150) dice: «Per
un nodo che si può sciogliere con una sola
uus, Die Formgeschichte des Evangeliums 3
mano nop si contrae colpa» (Shab. 15,1). Aµ. (1959) 94.
che di sabato era inevit11bile che si abbeverasse 202 Cfr. BULTMANN, Trad. 10.
ua~~Q:"tOV C 2\x (E. Lohse)

('t'lvoç ùµwv viòc; il ~ove; Elc; cppÉa:p 'JtE- sinagoghe della Galilea (Le: 4 ,15). In
crE~'ta.t, :;ca;ì. ovx EùMwc; <iva:cr'ltMEt a:v- giorno di sabato Gesù, secondo il suo
't'ÒV Èv 1)µÉpq. 't'OV cra.~~thou;, v. 5; cfr.
Mt. 12,II s.):im. Se ne deve trarre la solito, va nella sinagoga e dà inizio al-
conclusione che, se di sabato si viene in l'annuncio del suo messaggio con una
aiuto a una bestia, tanto più si deve pre- predica programmatica a Nazaret (Le. 4,
stare assistenza a un uomo 204 • La peri- 16-30). Sempre di sabato insegna nelle
cope di Le. 14,r-6 sembra costruita a
partire dal detto isolato di Le. 14,5, al sinagoghe (Le. 6,6; 13,10), ma viene re-
quale offre l'opportuna cornice narrati- . spinto. Anche i suoi inviati incomincia-
va 205 • L'evangelista ha preso la storia rono con l'entrare neJle sinagoghe (Act.
dalla tradizione, vi ha premesso il v. 1
quale introduzione e ha usato anche la 13,14s.42-44; 16,13; 17,2; 18,4), se-
scena del banchetto per la successiva guendo la loro usanza di pii giudei (Act.
composizione del detto e della parabola 17,2). Solo dopo che il loro messaggio
( 14,1-61-1 I .12-14.15-24).
era stato ostinatamente respinto dai
Giudei essi si recarono dai gentili. E con
.Poiché l'evangelista Luca inserisce in
ciò il vangelo incominciò a percorrere
tal modo i racconti sabbatici in altri con-
tutto il mondo.
testi, ci si deve domandare per qual mo-
tivo in lui i racconti di conflitti sabba-
c) I racconti sabbatici in lo.
tici sono assai più numerosi che non
negli altri evangelisti. Per lui e per la Nel IV Vangelo, nel contesto di due
sua comunità il sabato non era più un racconti di guarigione, si nota che que-
problema attuale~; ma le pericopi sab· ste avvennero di sabato e che perciò
batiche mostrano quale strada lo svol- Gesù si trovò impegnato in un'aspra di-
gersi del compimento storico-salvifico scussione coi Giudei. Il comando al pa-
abbia imboccato m. In Luca la vita pub· ralitico di Bethesda di levarsi, pren~ere
blica non ha inizio con la proclamazio- il suo lettuccio e camminare (Io. 5,1-9)
ne dell'imminenza del regno di Dio (Mc. è un'aperta violazione del precetto sab-
1,15),. ma con Gesù che insegna nelle batico e quindi una provocazione per i

203 M. BLACK, An kamoic Approach to the (recensione del libro di Black): b"ra' è <mn
Gospels and Acts 2 (19.H ) 126 ha mostrato che ampliamento orientale autentico dell'originario
in aramaico il detto forma un gioco di parole: gioco di parole b"tra'/ bhii', che nel corso del·
ut6c;=b'ra', ~ouc;=b"ira', cppÉct.p= bera'. Nella la tradizione orale diventa b'rii'/b''ira/berii'».
redazione lucana del logion fa meraviglia ve- :11:)4 Per la haJaka giudaica in questo caso ~

der nominato, accl!Ilto alla bestia, anche il fi- n. 198.


glio, che non è ricordato né in Ex. 23,5, né 2115 .Cfr. BuLTMANN, Trad. 10.
in Deut. 22A e nemmeno in Mt. 12,u s. Per n In Mt. le cose stanno diversamente, ~ n.
spiegare la cosa, Black suggerisce che, forse, 195.
l'aramaico b"ir1l' (animale) abbia indotto per m Cfr. E. LOHSE, Lk. als Theologe der Heils-
errore prima a leggere b•ra' (figlio), poi a tra· geschichte: EvTheol 14 (1954) 256-276 (spe-
durre variamente con 7tp6~a."tOV, O\IOç e ~ovç. ciahn. 266 s.) e, per l'insieme del problema,
Cfr. anche J . }EREMIAS: GGA 210 (1956) 9 H. CoNZELMANN, Die Mitte der Zeit 1 (1959).
cr6;f3f3a-rov C 2c (E. Lohse) (vn,28) 1086

Giudei 208 • Dato che il trasporto d'un og- ché - dice Filone 212 - Dio non cessa
getto era annoverato fra le 39 opere mai di creare e di operare. I rabbini poi
principali proibite di sabato (Shab. 7, adducono vari motivi per sostenere che
2) 209, questa violazione della legge non l'agire divino continua anche di sabato
poteva non scatenare l'opposizione dei e che egli è sempre all'opera quale con-
Giudei. Gesù si difende 210 passando al- servatore e giudice del mondo 213 • La
l'attacco: ò 1ttt."t"TlP µou itwc; &p'tt Èpya1;e:- parola di Gesù accetta queste considera-
'ttt.t, x&yw Èpya1;oµ.a.t, <~il Padre mio è zioni e sottolinea la continuità dell'agire
tuttora all'opera, e anch'io opero» (v. divino, che non trova ostacolo nemmeno
17 ). La premessa si riferisce al quesito, nel sabato 214 • Ma poi si continua: come
spesso discusso fra i Giudei, se anche opera il Padre, così anch'io opero. Con
Dio, come gli Israeliti, fosse tenuto al queste parole si rivendica per Gesù il
precetto sabbatico, dato da lui stesso, diritto di operare in continuità poiché,
e se quindi nel giorno di riposo doves- in quanto Figlio, gli spetta un'autorità
se interrompere il suo lavoro. Alla do- divina e perciò il suo agire non conosce
manda il giudaismo ellenistico e i rab- sospensione, nemmeno a motivo del sa-
bini rispondevano negativamente 211 , poi- bato 215 • I Giudei capiscono perfettamen-

200 Dapprima nella narrazione del miracolo (vv. r. minori ad maius: se l'uomo, di sabato, può
I·9"> non si fa parola del sabato. Solo dopo, spostare qualcosa entro la sua proprietà pri-
nel v. 9b, l'evangelista aggiunge l'osservazione vata, tanto più può lavorare di sabato Iddio,
che 1')v 6È crétf3f3a-rov lv txElvn -tli i]µlpq;. del quale tutto il mondo è proprietà privata
209 Il materiale riguardante le singole prescri- (Ex. r. 30 [89d]). Cfr. STRACK-BILLBRBBCK n
zioni, ampiamente discusse dai rabbini, si tro- 46r s.; H. OoEBERG, The Fourth Gospel (1929)
va raccolto e ordinato in STRACK-BILLBRllECK II 202.

454-461. 214 Per la spiegazione della locuzione ~wc; ap-r~


210 Gli imperfetti H>lwxov (v. 16) ed ~!;1)-rouv dr. C. MAuRBR, Steckt hinter ]oh 5,r7 ein V-
(v. 18) sottolineano l'ostilità assidua dei Giu- bersetzungs/ehler?: Wort u. rnenst, Jahrbuch
dei contro Gesù; allo stesso modo E1tOlE~ (v. der Theol. Schule Bethel N.F. 5 (1957) 130-
16) ed n .VEV -çÒ cr6;f3f3a"tOV (v. 18) indicano 140. Richiamandosi a una supposizione di
l'atteggiamento costante e il modo di agire so- BULTMANN, Joh. 183 n . 6, Maurcr avanza la
lito di Gesù. proposta illuminante di far risalire lwc; 8.p-r~
211 Cfr. STRACK-BILLERBECK II 461 s.; BA.UER, a un '6d semitico, che può indicare sia la du-
]oh. 82; C. H. Donn, Tbe Interpretatio11 of the rata sia il punto finale. Poiché in Io. 5,17 non
Forth Gospel (1953) 320-328. si indica un punto finale, l'espressione dev'es-
sere intesa come un à.El indicante la durata;
212 Dio, se da un lato fa riposare dal lavoro
cosl viene sottolineata la permanenza dell'ope-
le forze create operanti, dall'altro ov naveTtx\
rare divino.
••• 1tOLWV cxv-r6c; (leg. ali. r,6). Cfr. anche Ari-
stobulo in Eus., praep. ev. 13,12,II = Clem. 215 Nel nostro passo non si ha un interesse li-
Al., strom. 6,r41 s. turgico dell'evangelista, dato che non si ac-
213 Secondo R. Hoshaja (c. 225) nel settimo cenna che la domenica subentri al sabato. Di
giorno Dio ha smesso di lavorare nel mondo, diverso avviso è O. CULLMANN, Sabbtit u.
ma non sugli empi, che egli continua a giudica- Sonntag 11ach dem ]oh.-Ev., In Memoriam
re e a punire (Ge11. r. 11 [8c] a 2,2). Rabban Ernst Lohmeyer (1951) i27-13r; Io., Urchr.
Gamaliele n (c. 90) adduce una conclusione tmd Gottesdienst 1 (1956) 89.
1o87 (vu,28) a&~~O:'t"O\I C 2c (E. Lohse) (VII,28) 1088

te. c~e con .".iò Gesù non solo ha violato di sabato l'uomo riceve la circoncisione
il sabato, ma lo abolisce,. Chiama Dio perché non resti violata la legge di Mo-
padre suo, facendosi uguale a Dio (v. sè, come è possibile prendersela con Gç-
1 8) • Cosl il racconto della trasgressio-
216
sù perché ha guarito di sabato tutto
ne del precetto sabbatico porta alla que- l'uomo (v. 23)? Frasi di questo tenore
stione decisiva: se si riconosca, o meno, si trovano anche nei rabbini; ma esse
il potere di Gesù quale inviato di Dio. n;lirano solo a permettere che si infran-
Intorno a questa questione si muove il ga il sabato in determinati casi di forza
complesso di discorsi che seguono (5, maggiore, quando è necessario soccorre-
19-47) 217• Il conflitto sabbatico poi si re senza indugio un uomo che si trovi
conclude con un breve scambio di battu- in pericolo di vita 221 • Perciò la conclu-
te fra Gesù e i Giudei (7,19-24) 218• Ge- sione tratta da Gesù non è valida per
s.ù _chiede alla folla (oxÀ.oç): «Ho com- ascoltatori giudei, non avendo la guari-
piuto un'opera sola (si riferisce alla gua- gione salvato un uomo dalla morte, ma
rigione appena operata) e tutti ve ne vuol esprimere la sua pretesa di essere
meravigliate?» (ev Epyov ~1tol'r)cra xa.t inviato da Dio. Ed è proprio questa pre-
1tav't'Eç l'ta.uµtisE't'E SLà -roiho;, vv. 21 tesa che viene avanzata una volta anco-
s.) 219• La circoncisione prescritta dalla ra. Una siffatta conclusione del conflitto
legge é praticata già dai padri (Lev. 12, mostra una volta di più che per la co-
3; Gen. 17,10-12) porta sempre a vio- munità cristiana alla fine del r sec. il
lare il sabato, giacché la prescrizione di precetto sabbatico era ·definitivamente
pratica,rla l'ottavo giorno dopo la na- liquidato. Poiché Gesù ha abolito il sa-
scita del bimbo dev'essere osservata an- bato (5,18), il suo operare di sabato è
che quando tale giorno cade in sabato espressione della sua eccellenza divina.
(vv:-2ù.) 220• Ora da ciò si deduce una E la comÙnità che professa la sua fede
conclusione a minori ad maius: se anche in lui è come lui liberata dal sabato.

216 Qui s.i riflette il rapporto tra chiesa e sin11- /Dsten» Redestiicke in ]oh J: ZNw 49 (1958)
goga itl.ln fine del I sec. - 98.
211 Il v. 17 rappresenta pure il tema del suc- 21~ Per la divisione della frase ~ BuLTMANN,
cessivo discorso di Gesù (5,19-47). Come il Job. 208. -
Padre, c<;>sl anche Gesù opera la salvezza e il 220 Per la sospensione del sabato a causa del-
giudizio. Cfr. MAuRER, o.e. (~ n. 214) :139 s. la circoncisiope ~ col. 1055 e il materiale in
2IS La pericope Io. 7,15-24 in origine si collo- STRACK-BILLERBECK II 487 s.
cava_ senza. dubbio al termine del cap. 5, e 221 Cfr. il detto di R. Elezar b. Azarja (c. 100):
probabilmente è finita nel suo posto attuale ~<Se sospende il sabato la circoncisione, che ri-
in seguito a uno scambio di fogli; qui non è guarda solo uno delle 248 membra dell'uomo,
che Un esempio del liLo&O'xtw di Gesù (Io. tanto più l'intero suo corpo [quando sia. in
7,x4). Cfr. E. SCHW!!IZER, Ego eimi, FRL 56 pericolo di vita] deve sospendere il sabato».
(r939) 1ci8-t11; BULTMANN, Joh. 177 's. 205- ]oma b. 85b; dr. STRACK-BILLERBECK II 488
209; R. ·scHNACKENBURG, Di!! «situationsge- e i paralleli rabbinici ivi elencati. ·
cr<i~~u:tov C :ic-3 (E. Lohse)

Stando al racconto della guarigione di cide chi è cieco e chi 'ci vede (9~39-41).
un cieco nato (Io. 9,1-41 ), un sabato 222 Cosl nelle guarigioni operate hi sabato
Gesù aveva sputato per terra, con la sa- si rendono manifeste le. opere di· Dio
liva aveva fatto un impasto e l'aveva (9,3). La professione di fede in lui o il
messo sugli occhi del cieco per guarirlo rifiuto appassionato del suo agire che
(vv. 6 s.). Ora, il fare un impasto è dissolve la legge sono i tratti che divi-
uno dei 39 lavori principali espressa- dono la chiesa dalla sinagoga 224 •
mente proibiti in sabato (Shab. 7,2): È
3. Il sabato ~n alcune çomun,ità cristiane.
quindi chiaro che Gesù non osserva il
sabato 223 e perciò a giudizio dei Farisei . .Tutti e q~attr~ .i . vangeli: sono c~n~
cordi nell'attestare che Gesù morl in
non può essere che un peccatore (v. 16). croce un venerdl (Mc. 15,42.; Mt. 27,62;,
Ma altri domandano se sia mai possibile Le. 23,54; Io. 19,31-42) 225 e che risorse
che un peccatore compia simili segni; e dai morti il pr~mo giorno deUa settima-
na (Mc. 16,2; .Mt. 28,1; Le. 2_4,1; Io.
così tra i Giudei nasce una divisione
20,I-19) 226.'La èomunità cristiana s1 rac-
(CTXLO"µoc, v. 16). Anche qui Gesù, lavo- coglie a celebrare 1a liturgia il ·primo
rando in giorno di sabato, vuol signifi- giorno della settimana (I Cor, 1.6,~; Act.
care che lo fa in quanto è inviato-da Dio 20,7) per fe~teggiare il giorno .della .re-
surrezione di Gesù quale xvpi.ocx1} 'l'}µi-
e cpwc; -cov xoO"µou, «luce del mondo» poc (Apoc. l,1o)w. La domenica, la"q1j
(9,5; 8,12). A confronto con lui si de- origine risi_1le ai tempi più remoti della

211 La precisaz.ione che 1a guarigione ebbe iu0- I Cor. I5A- xa-t4 -r<Ìç ypa.cpa.; non è da in-
go di sabato viene fatta di nuovo po_sterior- tendere come detto del terzo giorno, ma della
mente, nel v. 14. Cfr. ~ n. :zo?. . resurrezione _di- Cristo, -p er- la quale, per f!~••
223 I rabbini si chiedono anche quali oftalmie in Att..--2,25-:z.8 çome prova. scritturistica viene·
possano esser trattate con wmata in. giorno addotto · Pf. 16_,8 -ll. Nonost_a nte la .differente
di sabato (A.Z.b. :z8b). Ma ci si è sempre at- datazione della _pasqua, i sinottici e· Io. sono
tenuti al principio_che in sabato si 1>9tevano d'accordo neU'assegoare la çrocifissione alla pa-
prestare delle cure solo in ç_a so di . pericolo rasceve e la resurrezione· di Cristo al primo
acuto. Cfr. STRACK-BILLERJ\ECK II 533 s. giorno della settimana. Quindi deve .trattarsi
224 Cfr. L. GoPPELT, Christentum 11. Judentum- di una . $UCcessione . cronologica malto antica,
im ersten u. :zweiten _Jahrhtmd., BFfh II 55 corrispondente alla realtà storica. Cosl Ges~ ­
(1954) 46 s. Per i Giudei, Gesù è sabbati venne c;roci.lisso ùn venerdl, e la prima appa-
des/ructor (Tertull., spect. 30). tizione del Ri$orto -ayvenne Ja domeni~ .se-
lli Cfr. ~ ]EREMIAS, o.e. e~ n. 84) IO. I si-
guente. Cfr. nnçhe B. LrnTZMANN, Gesc.hichle
nottici e Io. indicano per questo venerdl due der alten Kirch(! 1 1. (1953) 60 s. Per l'indica-
date diverse. zione dei tre giotni ry .Iv, colL r:zo-u·5. ·H.
GRASS, Ostergescheh.en u. Oste.rberic.hl<!,(1956)
226 Già l'antica professione di fede di I Cor.
127-138; B. M: METZGl'-R, A S11ggeslio11 con-
15,3-5· trasmette· il dato: ìS·n ly'fiywra~ "tTI
T]µtpq. -tii -rpl"tlJ. È difficile che la specifica- cerning the Meaning 4/. I Cor. I5,4b: JThSt
zione -tjj T]µlpq; 'tTI -rpl'tlJ sia stata- ricavata N.F. .8 (19Sz) .u8-z:z3 . .
dalla prova scritturistica, poiché Ion. 2,1 com- 227 ~ V, coli. 149I-I493. Nel Talmud '(A.Z.b.
pare solo nell'enuntiaiione piµ recente-del det- 6b.7a) .si nomiria: ùri ;Dm iidfr1, che altro non
to (Mt. 12,40) e manca invece in · Le. n,30; è che 'il «gioi:no del Nazareno» e rappresent~
Mc. 8,ro e Mt. 16,4; quanto poi- a Os. 6,2, uh~ ve~_sione giudaìca di xup~cix1i T]µtpa.. Cfr.
non è stato mai addotto nel N.T. Perciò in W. Bl<CHER, Ein Name des Sonntags iin 'Tal-
ua~~a:to'll C 3 (E. Lohse) (vn,30) 1092

chiesa 228, venne celebrata in tutte le co- pregare perché la catastrofe non soprav-
munità etnico-cristiane. venga d'inverno; ma il corrispondente
Le comunità giudeo-cristiane conti- Mt. 24,20 dice: «Pregate perché la vo-
nuarono a sentirsi legate al giudaismo e stra fuga non avvenga d'inverno e nem-
dapprima si attennero in gran parte al- meno in sabato» (1tPOCTEUXE<1i>E OÈ l:va
l'osservanza della legge e del sabato. Già µi) yÉvl')'taL +i cpuyi) ùµwv XELµwvoç
in Matteo abbiamo dei dibattiti struttu- µ'l')OÈ CTa~p&.-.4> ). Già i rabbini avevano
rati con citazioni scritturistiche e paro- dichiarato che, quando fosse in pericolo
le del Signore, i quali lasciano intendere la vita, era lecito di sabato darsi alla fu-
che il problema del sabato per le comu- ga 229 • Ma se, di fronte agli orrori della
nità giudeo-cristiane non era affatto di- fine, non si può evitare nemmeno la pro-
venuto irrilevante (~ n. 195); inoltre fanazione del sabato, vuol dire che l'e-
in Mt. 24,20 abbiamo una prova che i vento è ancora più spaventoso 230• I giu-
giudeo-cristiani continuarono ancora ad deo-cristiani, che continuavano ad offrir
osservare il sabato. Nell'apocalisse sinot- sacrifici nel tempio (Mt. 5,23) e a pagare
tica, in Mc. 13,18 si legge che negli or- anche il tributo del tempio (Mt. 17,24-
rori dell'ultimo tempo i fedeli devono 27), continuavano pure, in ossequio alla

mud: ZNW 6 (1905) 202. mitive Christian Calendar (x952) 38; LIETZ-
223 Qui non è il caso di trattate più ampia- MANN, o.e. (-4 n . 226) 6o s.; o. CULLMANN,
mente l'origine della domenica cristiana, le Gottesdiemt e~ n. 215) 14 s.; ~ BAUER, 106·
cui prime testimonianze si hanno in Barn. 15, no; ]. NEDBAL, Sabbat u. Sonntag im N.T.,
9; Did. 14,1; lgn., Magn. 9,1; Iust., apol. l,67, Diss. Wien (1956); H . RIESl!NFELD, Sabbat et
3.7; dial. 24,1; 41A; 138,1; Plin., ep. 10,96,7. iour du Seigneur, in N.T. Essays in Memory
Indubbiamente se la domenica si affermò CC>- of T. W. Manson (1959) 210-2r7. Per spiegare
me giorno festivo, ciò dipese anche dal fatto l'origine della domenica, Riesenfeld suppone
che fin dal sec. I a.C. nel mondo ellenistico-ro... che i primi cristiani dapprincipio continuasse-
mano andò sempre più imponendosi la succes- ro a partecipare alla celebrazione giudaica del
sione dei sette giorni chiamati coi nomi dei sabato e ·subito dopo di questa si raccogliessero
pianeti. Il giorno cli Saturno era generalmente come comunità cristiana nelle loro case. Que-
considerato come nefasto, il giorno successivo sta celebrazione si sarebbe tenuta nella notte
invece (domenica) godeva cli particolare onore. dal sabato al primo giorno della settimana; in
Cfr. ~ ScHURER 1-66; F. BoLL, art. 'Hebdo- seguito sarebbe stata sganciata dal sabato, e
mas', in PAULY·WISSOWA 7 (x9r2) 2547-2578; cosi questo non sarebbe più stato solennizzato
-4 CoLsoN. Per l'origine della domenica cri- dai cristiani, i quali avrebbero invece cele-
stiana dr. Tu. ZAHN, Geschichte des Sonntags, brato la domenica. Si tratta però di un'ipotesi
vornehmlich in der alten Kirche, Skiuen aus che non trova i necessari sostegni nelle fonti.
dem Leben der alten Kirche' (x894) x96-240; Per il problema etico· della santificazione del
DmssMANN, L .O. 304-309; S. V. McCASLAND, sabato cfr. K. BARTH, Kirchliche Dogmatik III
The Origin of the Lord's Day: JBL 49 (1930) 4 (1951) 51-79.
65-82; ]. BoEHMER, Der christliche Sotmtag 229 Cfr. Tanh. ms'i 247a, STRACK-BILLERBECK
nach Ursprung u. Geschichte (r931); P. CoT- I 952 s., 4 col. 1055.
TON, From Sabbath to Sunday (1933); F. J. 230 La supposizione cli F. BoLL, Aus der Of·
DoLGER, Die Planetenwoche der griech.-rom. fenbarung des ]ohannes (1914) 134 n. l, che in
Antike u. der christliche Sonntag, Ant. Christ. Mt. 24,20 si celi un riferimento al giorno in-
VI (r950) 202-238; PH. CARJUNGTON, The Pri- fausto di Saturno, è fuor di luogo.
1093 (vn,30) <ra~!Ja-tov C 3 (E. Lohse) (vu,31) 1094

legge, a santificare il sabato 231 • 't'OU x6crµov ), ed egli li serve non solo
Invece nelle comunità etnico-cristia- attenendosi alla 'religione degli angeli'
ne, sorte grazie all'azione missionaria (iJpT)crxEla. '>W\I &:yyÉÀwv, Col. 2,18; ~
degli ellenisti e di Pa~lo, il precetto sab- IV, coli. )65 ss.), ma soprattutto osser-
batico non ebbe più alcuna obbligato- vando con scrupolo una serie di prescri-
rietà. zioni ascetiche riguardanti i cibi, le fe-
Tuttavia alcuni agitatori giudaizzanti, ste, i noviluni e i sabati (Col. 2,16)i;i.
venuti cli fuori nelle comunità cli Gala- Ponendo in rilievo questi giorni e os-
zia, si misero d'impegno a convincere
gli etnico-cristiani che, per conseguire servandone con cura le leggi, si seguono
pienamente la salvezza, bisognava ag- i mutamenti della natura, che vengono
gregarsi ad Israele, eseguire la circonci- determinati dal corso dei corpi celesti.
sione e assoggettarsi alla legge. Contro
Ma questo significa che il sabato è su-
questi tentativi prese appassionatamente
posizione Paolo e, quanto al calendario bordinato all'adorazione degli a''t'OLXEfo.
delle feste giudaiche 232 , affermò che i -.oi:i x6crµov, poiché è da questi che i
cristiani di Galazia, se si fossero impe- te111pi e i giorni speciali ricevono conte-
gnati ad osservarlo, sarebbero con ciò 235
stesso ritornati al paganesimo, nel quale nuto e significato • Contro questa ere-
un tempo erano stati schiavi delle po- sia sincretistica l'Apostolo rammenta ai
tenze demoniache che dominano il mon- fedeli di Colossi che essi, con Cristo,
do (Gal. 4,8-rn). Perciò lo stare sotto la
legge (Ù'ltÒ \16µov, Gal. 4,5) equivale a sono morti agli elementi del mondo. Ma
soggiacere agli elementi del mondo (vnò in tal caso è impossibile continuare a
-.à. a''t'o~x€ia. -.oi:i x6a'µou, Gal. 4,3 ). Ma voler compierne i dettami e le v~lontà
se Cristo è la fine della legge (Rom. 10, (Col. 2,20). Con la liberazione dalla
4), è giunta anche la fuie del precetto
sabbatico e della pretesa che la sua os- schiavitù degli a'->otxda. "ou x6crµou, an-
servanza sia necessaria alla salvezza. che i Ooyµa,-i:a, (~II, coli. 1342 s.) sono
Una singolare connessione di conce- aboliti, e cosl la comunità cristiana è
zioni gnostiche e di mentalità legalistica definitivamente liberata dal precetto
giudaica si ha nella dottrina dei 'filosofi' sabbatico, sia questo fondato sul richia-
di Colossi (dr. Col. 2,8) 233 • La nascita e mo alla necessità della legge per la sal-
il destino hanno assoggettato l'uomo a- vezza oppure sul dominio delle potenze
gli 'elementi del mondo' (~ cr-.o~xEia. cosmiche 236 •

231 Cfr. anche -+ BRAUN II 69 n. 4. I dibattiti per es. il giorno dell'espiazione.


di Mt. r2,1-II mostrano chiaramente che i giu- 23J Cfr. BoRNKAMM, o.e. (~ n. 44) r39-r56;
deo-cristiani si sono certamente chiesti in quà- DmELIUS, Gefhr. ', excursus a Col. 2,23; GoP-
le maniera, essendo cristiani, dovessero osser- PELT, o.e. (~ n. 224) 137-140.
vare il precetto sabbatico. Il comandamento 234 lop;1}, vEoµT]vla e <ra~~ct-ra : cfr. Os. 2,13;
dell'amore e della misericordia è superiore alla Ez. 45,17; r Par. 23,31; 2 Par. 2,3; 3r,3; Iub.
prescrizione della legge (Mt. 12,7). 1,14; T . Ber. 3,rr; Iust., dial. BA.
232 In Gal. 4,10 le Tiµtpa:t sono prima di tut- 2.lS BORNKAMM, o.e. (~ n . 44) 148.
to i sabati, ma sono pure altri giorni, come 236 Cfr. Rom. 14,5 s.: è chiaro che nella comu-
cr&.f3f3a't'ov D r (E. Lohse)

D. IL SABATO NELLA CHIESA ANTICA Diogn. 4,1). Non è anzi un'empia be-
stemmia affermare che Dio proibisce «di
1 . Sabato e domenica . far qualcosa di buono in giorno di saba-
to» (iv tj'j i:w\I ua(3(3a~wv ·:fjµÉp~ xa.-
Nelle comunità cristiane si celebrava :X.6v i:t itOLEtv, Diogn. 4,3) 239 ?. Origene
la domenica come giorno della resurre- respinge il precetto veterotestamentario
zione del Signore: «Nel giorno del Si- e giudaico del sabato,' data l'impossibili-
gnore radunatevi a spezzare il pane e a tà di attuarlo alla lettera, «poiché non
render grazie» (xcnà xuptax-i]\I oÈ xu- vi è vivente che possa starsene seduto
plou CT).J\ltx.Xl>Évnç xÀoc<ra-tE &pi:ov xat l'intero giorno senza mai ·muoversi dal
EÙXCXPL<T't'TJO'CX't'E, pid. 14,1); «per questo SUO posto» · (OÙOEvÒç S~OU OV\lcx.µéVOU
appunto trascorriamo nella gioia l'ot- 0t'oÀ.1}ç XCX.~ÉSEoi}at ·d'jç 1}µÉpaç xcx.t
tavo giorno, nel quale Gesù risorse dai àxwl')niv IX-itò 't'OV xcx.i}É!;E<rtlcx.~, princ.
morti e, dopo essere apparso, ascese ai 4,J,2). Secondo gli atti degli apostoli
cieli» ( OLÒ xat lX:yoµEv 't'Ì]V fjµÉpa.v 'tlJV apocrifi, anche gli apostoli net loro di-
n
6yo6nv Elç EÙq>poCTUVT]V, Év xat ò 'l'J]- scorsi missionari hanno messo ·in evi-·
aovç à.vÉa't'l) Èx \IExpwv xa.t <pa.vEpwl>Etç <lenza che il sabato è abolito. Nel Ke-
&.vÉ~ll Elç oupavouç, Barn. 15,9) 217 • La rygma Petri, ad es., Pietro dice ai Giu-
celebrazione nel primo giorno della set- dei che essi non hanno la vera conoscen-
timana significava una cosciente distin- za di Dio quando prestano culto ad an-
zione dal sabato giudaico, dal quale ci geli ed arcangeli, al mese e alla luna; ma
si è definitivamente separati, «non os- «se la luna non compare, non celebrano
servando più il sabato, ma vivendo se- il cosiddetto primo sabato, né il novilu-
condo il giorno del Signore» (µ1)XÉ't'L nio, né gli azimi, né il grande giorno»
o-a~~a'tl~onEç, &.),)..à. Xct't'CÌ. xuptcx.x'Ì]v ( M:v µ.7) O'EÀ1)Vl) <pcx.vft, ct&.f3(3cc'tov oux
swv-tEç, Ign.,' Mg. 9,1) 233 • La giudaica &youow 't'Ò À.ey6µevov 7tpw-tov oùoÈ vEo-
'superstizione sabbatica' (1tEpL 't'IÌ crocti- µ'J]vla.v ayoucnv oUn li!;uµcx. oUn µeyci-
~a'tct OEtcrtooctµo\llct) insieme con le À.'r)v 1)µÉpcx.v) 240• Nella polemica con i
prescrizioni alimentari, la circoncisione, Giudei Paolo-si sarebbe espresso cosl:.
il digiuno e l'osservazione del novilu- Christus enim, in quem palres vestri ma-
nio, venne dai polemisti cristiani compu- nus inmiwrunt, et sabbatum eomm dis-
tata tra «le cose ridicole e non merite- solvebat et ieiuni(l et ferias et doctrinas
voli di esser nemmeno menzionate» (xa- hominum dissolvebat et ceteras tradi-
'tayÉÀa<r'ta xcx.t oòOEvÒç &çta 'Myou, tiones 241.

nita romana vivevano 'insieme giudeo-cristianl, BAUER, Jgn. 226; ad 1.; ID., Rechtglaubigkeit
che continuavano : ad osservare il sabato, ed u, Ketzerei im iilterten C}Jristen.tum (x934) 9~.
etnieo<ristiani, che invece non l'osservavano. 239 Cfr. Mc. 3A par.
Perciò l'Apostolo può aver permesso la pratièa
sabbatica, a condizione che non si stimasse 240 Oem. Al., strom. 6,JAI; cfr. KI.osTER·
l'obbedienza alla legge giudaica necessaria al MANN, o.e. (~ n. 183) i4. Per l'e&pressione
conseguimento della salvezza. · craaf3a't'O\I 't'Ò )..iy6µtvov 11:pw-to\I ~ ii. 183.
241 act. Vere. 1 . Secondo t1CI. Phil. 15 il sommo
m Per la celebrazione della domenica ~ n.
sacerdote Anania rimprovera a Filippo cli cre-
228 e i testi raccolti da WINDISCH, Barn. dere in Gesù, il quale xa.t 'tÒV v6µoy xat 't'ÒV
384 s. \lal>v xo;-tÉÀ.VCTEv, xa.t -tòv xai>ap~aµòv -tòv
2l8 Probabilmente questa frase di Ignazio sta lM Mwaiwç xa-n'Jptr)O'Ev xaL -tà a&.(3(3a-ta.
in polemica con certi eretici che volevano rein- xa:t ~àç \ltoµrivloo;, ~'t~ q>TJo-l.'11 ovx eteri." vnò
trodurre una celebrazione del sabato. Cfr. DEou 't'E'ta.yµlva:t.
cra~~CX.'tO\I D I (E. Lohsc) (Vll,32) 109\S

Per provare la. superiorità del giorno terà il sole e la· luna e le stelle, allora
del Signore sul sabato si ricorreva anche gloriosamente si riposerà, nel settimo
alla Scrittura. In Barn. 2,5 si dice, con giorno» (Barn. r 5 ,5 ). Come la creazione
una diffusa citazlone di Is. 1,n-13, che e il riposo di· Dio vengon rìferiti alla
Dio non può sopportare i noviluni e i settimana dèl mondo e al sabato che la
sabati e non vuole i sacr.ifìci. Se ne de- conclude, cosl anche il precetto di san-
duce che giustamente culto e sacrifici tificare il sabato sarà tradotto in atto
sono aboliti e. che in luogo della legge nell'avvenire; al presente nessuno è in
antica è subentrato ormai il xawòç v6- grado di santificare veramente il giorno
µoc; -.ou xvplou i)µwv 'll)crov Xp1cr-.0G reso santo da Dio (Barn. 15:,6). Quando
(Barn. 2,6). Invece in Barn. 15 il precet- invece non vi sarà più àvoµloc e tutto
to veterotestamentario del sabato riceve sarà stato rinnovato dal xupLoc;·, allora
un'interpretazione positiva mediante il lo santificheremo nel giusto riposo: «al-
ricorso ~ speculazioni apocalittiche (~ lora lo potremo santificare; essendo .pri-
col. ro67) ·che gli conferiscono un aspet- ma 'stati santificati noi stessi» ('t6'tt ou-
to diverso 242 • Che cosa si vuol dire - VT)<T6µEi)a. U.V't'Ì]V &.yL!X.CTOCL, a.1'J'toi &.yL<J.-
si chiede lo scrittore - quando si affer- cri}ÉV'tEç 7tpW'tov, Barn. 15,7). Ma.Il que~
ma che Dio compì la creazione del mon- sta interpretazione positiva del sabato,
do in sei giorni e che nel settimo la ter- di stampo ·apocalittico, si contrappone
minò (Gen. 2 ,2) 2A3? «Significa che in sei il netto rifiuto dei sabati attuali, moti-
mila anni il Signore porterà a compi- vato ancora una volta con Is. Ì,13i «I
mento tutte le cose» ('tov-ro oÈ À.ÉyEL, vostri noviluni e i sabati non sopporto»
éht E.v t!;ax1crx1A.lo1c; l·mnv O"UV'tEÀ..ÉO"Et (>àc; VEOµl)Vlocc; VµWV iC(X.L 'tà <Tct~~<l'tct
>tUptoc; 'tà. CTUµ'JtCXV'tet), giacché presso di ovx àvÉxoµat). Se ne deve dedurre che
lui un giorno indica mille anni (Barn . «graditi a me non sono i sabati attuali»
15,4). E come va intesa la frase: «E (où 'tÒ. vi.iv cr&.PSa.-roc ~µol. OExd.), ma
nel settimo giorno si riposò» (xoct Xet'tÉ- gradito a Dio è solo l'inizio dell'ottavo
'JtOCVUEV 'tTI T)µipct 'tTI tS86µn, Gen. 2 ,3 )? giorno, che egli creerà quale alba d'un
't"OU"'C'O À..tyEL" 8'ta'V ÉÀ.i}wv o UtÒc; aÒ"t'OU altro mondo (Barn. 15,8). È per questo
xa't'apy1icm -ròv xoctpòv 'tOV &.v6µou xat che i ctistiani celebrano l'ottavo giorno,
Xpt\IE~ 'tOÙc; àcrESE~ xai &,),),&.!;EL 'tÒV cioè l'inizio della nuova settimana; co-
i)À.1ov xat -niv·crEÀ.1)'V1)v xaì. 't'oùc; &.cr'tÉ- me alba della nuova creazione, al princi-
pac;, 't'6't'E xa.lwc; xa.'ta.TCaucrE'ta.t E.v "TI pio della quale Gesù è risuscitato dai
1}µÉpq; 'tTI E.So6µn, «vuol dire: quando morti e dopo essersi manifestato è salito
verrà il Figlio suo e porrà fine al tempo al cielo (Barn. 15,9) 244 •
dell'Iniquo ·e giudicherà gli empi e mu-

2.4Z Cfr. WINDISCH, Barn. 381-385. Cfr. anche sione l'ottavo giorno dopo la nascita come un
J. DANIÉLOU, La typologie millénariste de la tipo del giorno del Signore (dial. 24,1; 41,4-7).
semaine dans le christianisme primitif: Vigi- In 138,r.5 si dice che le otto anime della fa-
liae Christianae 2 (:r948) r-r6. miglia di Noè salvate dal diluvio crUµ~oì.ov
243 Secondo LXX Gen. 2,2 Dio termina la crea- Etxov -cijc; à.pdti-u'.!> µ€v 6yo61J<; 1ii4Pcu;, iv
zione nel sesto giorno (~ n. 25); ma l'autore TI iqia\ITJ 6 XpLO"tÒc;, -i)µWv à.'l'L'Ò \IEXphl\I ava.-
della Lettera cli Barnaba non si fa più scru- 11-C&.c;, Bvvaiu;L o'à.tt 'ltpw-c71.; Ù7ta.pxouO'IJc;. In-
polo di farlo terminare nel settimo. vece la richiesta di Trifone al suo interlocu·
244 lust., nel suo dial. torna ripetutamente sul tore suona cosl: 'l'L'pW'tO\I µ€v 'l'L'Ep~·uµou, ~ha
carattere speciale dell'ottavo giorno, che è in- qlVÌ..a.ço\I, W<; \IE\16µ!.0''tCX.~, -CÒ cr&_~~CX.'tO\I Xru
còmpa.rabilmente superiore al settimo; inoltre 'tcXç fop-càc; xat -càç \IEOµT)\llcu; 'tOU itEOV
interpreta il comando di eseguire la circonci- (dial. 8A).
1099 (vn,32) créL~~IJ.'tOV D 2-3 (E. Lohse) (vu,33) 1100

2. La settimana giudaica nella chiesa cri- 7tɵ7t't"1}.. . 'lta.pacrxEuljç ovCT1)c; (const.


stiana Ap. 5,r4); otOE\I yètp aÒ't'Òç xrx.t "tljc;
'V1)11't'Ela.ç 't!Ì. a.lvLyµct"ttt 't'WV 1}µEpWV
Pur essendosi affrancata dal sabato, 't'OU't'W'V 't'fjç 'tE'tpaooc; xcd 'tik. 'l't'OCpOC-
J

la .chiesa cristiana accettò la settimana O'XEUTjc; À.Éyw (Clem. Al., strom. 7,I2,
giudaica 245 e per la designazione dei 75) 243• Il sesto giorno è detto anche
giorni mantenne pressoché inalterata la 7tpocraf3f3rx.-.ov (Epiph., haer. 70,12,3; 75,
suddivisione del giudaismo: tutti i gior- 6,2) e il settimo si continua a chiamare
ni, escluso il sabato, venivano numera- sabato. Cosl in Hipp., consti!. 45 s. si
ti 246 e solo al giorno del Signore si dava stabilisce che i catecumeni, all'appressar-
uno speciale rilievo. Perciò negli scritti si del battesimo, il quinto giorno della
della chiesa antica ricorre di frequente settimana facciano un bagno, nella pa-
cr&.Baa.-.ov I cr&.~Ba-.o: nel senso di setti- rasceve digiunino e il sabato si radunino
mana; anche il venerdi viene spesso per passar la notte in preghiera e rice-
chiamato parasceve, sebbene l'idea di vere il battesimo nelle prime ore del
preparazione non gli si addica più. Pro- giorno di pasqua 249 •
prio in una istruzione enunciata per sot-
tolineare la distinzione dalla prassi giu- 3. Il sabato dei giudeo-cristiani
daica del digiuno troviamo la divisione
giudaica della settimana: «I vostri di- I gruppi giudeo-cristiani si attenevano
giuni non si facciano con gli ipocriti, al sabato giudaico, richiamandosi a Gesù
che digiunano il secondo e il quinto stesso. Egli avrebbe insegnato che solo
giorno della settimana; voi invece digiu- col digiuno si può ottenere l'ingresso
nate nel quatto e nel giorno di prepa- nel regno di Dio, «e se non osserverete
zione» (ai V1)CT'tEÌO:~ ùµwv µ1) fo-.wcrav il sabato non vedrete il Padre» (xa.i M.v
µE'tà 'tW'V V1tOXP~'tW\I' V1)CT'tEUOUCTI. yàp µi} O"ocf3f3oc't'lCT')")'"l:E "tÒ uaf3f3ct't'OV, OÙX
OEU'ttprt craaa&-rwv xoci '1tfiµ7t·qr uµe~c; otjJE<rl)E 't"Ò\I 1tCX."tÉpoc) 2.50. Che se in qual-
oÈ v11cr-i-Eucra:i:E 'tE'tp!ioa xaì 7ttx.pa.uxEu- che caso Gesù ha dovuto trasgredire il
+iv, Did. 8,1). Parlando della morte di sabato (~ 1071 ss.), l'ha fatto perché,
Policarpo, si dice che sofferse il martirio secondo la presentazione giudeo-cristia-
in un cra.aaoc't'ov µÉy<X. (mart. Poi. 8,1; na, vi erano gravi motivi che ne scagio-
21,1 ) 247 • Possiamo ricordare altri esem- navano il comportamento. Perciò il Van-
pi dell'uso linguistico corrente in tutta gelo degli Ebrei elabora il racconto di
la chiesa antica: 't'à 01.xacri;1}p1.oc ÙµW'\I guarigione di Mc. 3,1-6 par., facendo fa-
ywtul}w OEU't'Épft uocaaa"tWV (const. Ap. re al.malato un'ampia esposizione della
2 .4 7); ow·dprt uaaachwv .. . 't'i\ "tpl-tTI sua miseria e facendogli chiedere che
'tOU craaaa..-ou... "ti\ OÈ "tE'tptXOI.... 't"TI Gesù gli venga in aiuto anche di saba-

24S ~ ScnfuraR, passim. tes, TU 64 (1891) 93.


l46 Cosl già nel N.T.: I Cor. x6,2; Aci. 20,7; 250 P. Oxy. 1 x = Kt.osTER.MANN, o.e. (~ n.
Mc. x6,2 par.; Io. 20,1.x9. x89) 19. Cfr. W. BAURR, Dar Leben Jesu im
m Per il concetto di 'sabato grande' vedi so- leitalter der. nt.lichen Apokryphen (1909) 352;
}BREMIAS, o.e. (-+ n. 184) 19; ID., in HBNNEK-
pra ~ n. x6o e A. STRABBL, Die Passaerwar-
KE 1 1 67. Questo Iogion si trova anche nel
tzmg in Lk. I7,20 f.: ZNW 49 (1958) x84 n.
1 03.
Vangelo copto di Tommaso, dr. J. LEIPOLD,
Ein neues Ev.?: ThLZ 83 (19,s) 486, logion
248 Altri testi in ~ ScHiiRBR 8-13. 28; ma qui è probabile che sia stato inteso in
249 HENNBCKE l 578 s.; H. AcHELIS, Die iilte- senso traslato; dr. LEIPOLDT, o.e. 496; Hebr.
sten Quellen dcs orientalischen Kirchenrech- 4,9.
uo1 (vn,33) ua~~cx-.ov D 3 (E. Lohse) l vn,34J 1102

to 251 • Gesù non poté respingere una tale a sera nella posizmne nella quale si
preghiera, sebbene per il resto si mante- trova quando sopravviene il sabato (hct
nesse ossequiente alla legge. A di:fEeren- 't'OU a-x.1Jµa.:to<;, où 8:v Xct'ta.À:l)cpt)fi 't't<;
za di questo quadro i vangeli apocrifi È\I 'tij TjµÉpq. 't'OU cra.~~6..-tou, µÉVEW µÉ·
sorti in circoli etnico-cristiani non mo- XPt<; tcr'ltÉpa.<;). E Filastrio parlando di
strano più alcun riguardo per il precetto Corinto dice: Docet autem circumcidi et
sabbatico. Gesù bambino, secondo il sabbatizari etChristum nondum surrexis-
Vangelo di Tommaso (2,2-5) 252 , un sa- se a mortuis, sed resurrecturum adnun-
bato prende dell'argilla umida e ne fa tiat (haereses 36 [CSEL 38,19]). Nel-
dodici passerotti. Essendosi un giudeo le Omelie pseudo-clementine si parla di
lagnato presso Giuseppe di questa pro- una strana celebrazione del sabato tenu-
fanazione, il padre ne chiede ragione al ta dai Simoniani solo ogni undici giorni
figlio. Allora il piccolo batte tranquilla- (hom. 2,35,3) 254 • Secondo Eus., hist.
mente le mani e comanda ai passerotti ecci. 3,27,5, gli Ebioniti osservavano il
che volino via. Quelli se ne vanno cin- sabato come giorno di riposo, ma cele-
guettando e i giudei restano intimo- bravano pure la domenica 255• Epifanio,
riti m. invece, degli Ebioniti rammenta solo la
Le concezioni dei gruppi giudeo-cri- pratica sabbatica, nella quale essi si ac-
stiani che osservavano il sabato era- cordavano con i Giudei: Èv 't'ét} \16~
no segnate da profondi influssi sincreti- 't'OU 'Iovoa.~aµov 'ltpocra'IJÉXEW xa.'t'à.
stico-gnostici. Nella dottrina di queste c;a.~~<X'ttcrµÒ\I xa.t xa:tà. -cfi\I 'ltEpt-coµi)\I
comunità organizzate come sette la pra- xa.t XCX.'t'à. "t'tl aÀÀu.. 'ltci\l'ta., ÒCTa'ltEp 'JtU..-
tica sabbatica era per lo più subordina- poc 'Iov&a.lotc; xa.t l:a.µa.pEl'ta.tc; Ém-.e-
ta al culto degli angeli e degli astri, il À.Ehu..t, «Si attengono alla legge dei Giu-
cui corso determina il destino dell'uomo dei quanto alla celebrazione del sabato,
e quindi crea anche l'esigenza che si os- alla circoncisione e a tutte quelle altre
servino accuratamente certi giorni spe- cose che si fanno presso i Giudei e i
ciali. Nei Padri non si hanno che scarse Samaritani» (haer. 30,2,2) 256 • I Nazorei
notizie su questa concezione giudeo-cri- stanno tra i Giudei e i Cristiani, in una
stiana del sabato. Secondo Orig., princ. posizione che Epifanio caratterizza cosl:
4,3,2, Dositeo di Samaria avrebbe di- «Dai Giudei e dai Cristiani si differen-
sposto che «uno debba rimanere fino ziano solo in questo: non concorda-
l5IICI.OSTERMANN, o.e. (~ n. 189) 8 e ~ n. (x959) 48.
189. Cfr. anche H. J. ScHOEPS, Theologie ti. 2S4 «Il passo parallelo in reeogn. l,20 è cam-
Gesehiehte des Jude11ehristent11111s (1949) 144· biato dall'autore, e l'espressione è venuta a
252 ~ JkNNECKE 3 I 293 s. mancare. Il testo delle homiliae è quindi pri-
253 Nel logion 8 del . Vangelo di Filippo tro- mario e va fatto risalire allo scritto-base. Non
vato a Nag-Hammadi si dice che il frutto ma- è escluso che l'autore dello scritto-base, il
tura ogni giorno: «(la forza [che lo fa cresce- quale scrisse verso il 260, abbia mutuato la
re] non) è sterile nemmeno di sabato». Cfr. concezione dalla tradizione simonianica che
H. M. ScHENKE, Das Ev. naeh Phìlippus: ThLZ aveva presente» (comunicazione epistolare di
84 (t959) 6. Il sabato è menzionato anche nel G. STRECKER). Nel resto delle Pseudo-Oemen-
cod. Jung (32,t8-25), ma in senso traslato, e tine il termineuaaaci-.ov appare solo in hom.
inteso in riferimento al giorno della redenzio- 19,22A.
ne: un sabato Gesù salvò una pecora caduta 2S5 Dal momento che celebrano la domenica, è
nella fossa, «affinché sappiate che cosa è il sa· possibile che siano giudeo-cristiani appartenen-
bato, nel quale si conviene che la salvazione ti alla chiesa, non degli eretici. Cfr. SCHOEPS,
resti inoperosa». Cfr. H. M. SCHENKE, Die Her- o.e. (~ n. 251) 139.
k1111/t des soge11annten Evangelium veritatis 256 Cfr. anche ScHOEPS, o.e. (~ n. 251) 137·
no3 ivn,34) a:a~~cmcrµ6c, (E. Lohsc)

no con i Giudei, in quanto hanno la fe- teria ha fatto il mondo, e nello stesso
.de in Cristo; con i Cristiani non concor- giorno il nostro salvatore Gesù Cristo è
dano; in quanto sono ancora irretiti nel- risuscitato dai morti» ('t'f)'ll &è 'tOU -i}À.lov
.fa legge, nella circoncisione, nel ·sabato 'Ì)µÉpa.v xo~vn miv-n:c; -ç'l')v O'uvÉÀ.euaw
e nelle altre cose» (Èv 't'OV't'C() oè ·µovov 7tOtouµei>a., ÈTCELOlJ 1tPW"ti] ÈO''t'L\I i}µÉprt.,
7tpÒc; 'Iou&alovç ota.q>~PO.V't'<Xt xa.l Xp1r
c:nta.vovc;, .'Iovoa.lotc; µAv µ'Ì) uvµcpw-
È\I n é i>Eòc; 'tÒ u:x;6i:oc; xa.t 't''Ì)\I UÀ/1')\I
't'pÉtjlac; x6<Tµo'll hcol'l'}cre, -xcx.t '11)<rouc;
.vovv'n:c; &t&. 't'Ò Elc; XpttT'.t'ÒY 1tEmai:wxÉ- XptO''t"Ò<; é fJµÉ't'Epoc; CTW"t1)p 't'TI a.v-çfi
va.i, Xpt<r·rnxvoic; oè µ1) .oµoyvwµovovv- 1)µÉpct Èx 'llEXPW'll &.vfo't'T}, lust., apol. I'
't'E<; &tà 't'Ò E't't voµrp 1tETCEoiJcrfto:i, 1tEP•- 67,7).
"'oµn 't'E xa.ì. crtxf3PcX.'t'~ xcxt "Coi<; t'f)..)..otc;,
haer. 29;?,,5 ). Dal giudeo-cristianesimo t &a~Ba.·twµ6c;
~incretistico proveniva anche Elkasai,
che neUa sua dottrina, risultante da ele- II concetto di crcx.BBct't'tCTµ6ç, che al
menti assai disparati, prese dal giudai- di fuori della Bibbia si trova solo in
smo il precetto della circondsione e del-
la santificazione del sabato (dr. Epiph., Plut., superst. 3 (II r66a), nell'A.T. non
h(ler, 29,3,5). Egli esortava i suoi se- si legge mai e nel Nuovo solo in Hebr.
guaçi ad onorare il sabato (t't't &è 't'tµ1}- 4,9. Nella pericope di Hebr. 3,7-4,r3,
ua:tE 't''Ì)\I -i}µipa.v ua.'3(31i't'ou), perché
nel contesto dell'interpretazione di Ps.
qu~sto è uno dei giorni che, a motivo
del corso degli astri, vanno osservati con 95,7-Ir, l'autore deduce da Ps. 95,n
scrupoloso timore (Hipp., re/. 9,16,3). che la generazione del deserto non è en·
Per lo stesso mot,ivo bisogna anche guar- trata nella xa.'t"a1tcx.u<rtc;. Dal riposo è
darsi dall'intraprendere alcunché il terzo
giorno dopo il sabato (ibid.). rimasta esclusa a motivo dell'infedeltà
e della disobbedienza, sebbene il riposo
Come la comunità cristiana si era se- esistesse_(ed e_ra un bene salvifico) fin
parata dalla sinagoga nella questione del da quando Dio ~istette dal ci:eare le cos~
sabato, così anche la chiesa si divise dal
giudeo-cristianesimo eretko che si atte- (Hebr. 4,3-5 ).- Aiutandosi poi con la con-
neva a quella pratica. La chiesa celebra giunzione dei vv. 7 e n del salmo, l'au-
la domenica, che è il giorno della risur- tore mostra che la promessa della xa.'ta·
rezione del Signore, e perciò mette in
~ard~à i. giudeo-cristiani dal pòrre il sa-
mwcrtc; non s'è anèora compiuta e per-
bato al di sopra del giorno del Signore ciò è tuttora vàlida per il popolo di Dio.
(didasc. 27) 251 • Come il giudaismo nella Nei LXX la parola xa.i:a1to:vcnc; da un
madrepatria e nella dispersione si strin- lato indica il dono di Dio" di cui ISraele
ge nell'osservanza del precetto sabbati-
·co, cosl l'intera chiesa di Gesù Cristo può fare l'esperienza-nella terra, quando
celebra il giorno del Signore come gior- è lasciato tranqu~llo da tutti i nemici
no· della gidia e dell'esultanza: «nel gior- circostanti (Deut. r2,9 s.; cfr. anche
no dèl sole d raccogliamo tutti insieme,
perché quello è il primo giorno, nel qua- Deut. 25,19; Ios. 2I.44 [42]; 3 Bacr. 8,
le Dio trasformando le tenebre e la ma- 56; \jJ 94 [ 95] ,n) 1, dall'altro designa il

151Cfr. H. Aomus - J. FLEMMlNG, Die syr. cra~~cx:noµ6ç


Di4arkalia, TU 251 2 (1904) 136 s. 1 = m•nfìl;ii, dr. G. v. RAD, Es irt 11ocb eine
<1cx~~cx-.~11µ6c; - (E. Lohse) (vn,35) no6

riposo sabbatico, celebrato nel settimo celeste affonda piuttosto le radici in.con-
giorno con la sospensione da ogni lavo- cezioni apocalittiche e gnostiche, per le
ro (Ex. 34,21; 35,2; z Mach. r5,r). Per- quali il riposo perfetto è il traguardo
ciò in Hebr. 4,9, in una frase che ha posto al termine della via verso la re-
l'aria di una conclusione,. invece che di denzione 4. L'autore de1la Lettera fonda
xa.<ta:m:wcnc; si può parlare del cra.(3~a­ questa speranza del riposo celeste sull'e-
wrµ6c; che il popolo di Dio ancora non segesi di Ps. 95,in e _Gen. 2,2, pun-tua-
ha raggiunto; esso apporterà un sabato lizzando Je sue esposizioni in -senso pa-
perfetto, nel quale ci si riposerà da tutte renetico: poiché si _va· verfo il ·cra.~~c:t­
le opere, come ha fatto Dio al termine ·tt<Tµoc; che sta preparato per il popo-
çlella creazione (Hebr. 4,10) 2 • Ma que- lo di Dio, nessuno cada nell'infedeltà
sto riposo, di cui parla la Lettera, non è o nella disobbedienza; dobbiamo in-
legato né ·a l possesso della terra né al vece studiarci d'entrare in quel ripo-
sabato della legge veterotestamentaria e so: CT1tovoacrwµtv ovv EÌ.CTeÀ.ikì:v Etc;
giudaica; esso è invece un bene celeste, ÈXEL'V'l)\I •TJV XIX't'U1tQ'.VOW (4,u), giac-
µ
al quale popolo di Dio pellegrino va ché è stato promesso che «noi che abbia-
incontro-1 ~ All'interpretazione escatologi- mo creduto entriamo nel riposo» ( EÌctEp-
ca del O'a~~a.·ncrµ6c; non si è giunti con xéµEl)a yà.p dc; "t'TJV Xa."t'a'ltOCVCTW ol
l'esegesi del -Ps. 95;_l'.attesa del riposo mcr"t'EVCf(X.V'tEc;, 4,3 ).
E. LOI-ISE

Ruhe voihanden dem Volke Gottes: ZdZ I I jisk'11/J 'are/1m kt l'.jifra'el 'amm•ka n'tatto
(i933) mf-ru; - Iri., Theologie des A.T. I b"ababa (W. STAERK, Altjildische Liturgische
(1957) 223. - Gebete 2, KIT 58 [1930] 27).
2 Cfr. il termine S'biit quale designazione della
3 Cfr. E. KXsEMANN, Das wanderttde Got(es-
quiete sabbàtiCa perfetta (Shab. ro,6); inoltre volk, FRL 55' (r959) 40-45. -
Ab.-R-. Noi. I (re): «Il giorno cli sabato del
Ps. 92,1 ... cioè il giorno che è del tutto sabato 4 Cfr. Apoc. r<Jf13: civcx1ta1j11ov-rcx~ h 'tWV
(cioè ripoS<>); nél quale non si mangia né si :>c6'1ttùV cxò-.wv; P. R. El. 18 (9a); vedi~ .w
beve, non sl compra né si vende; ma i giusti n . r55. In ·act. Phil. 148 lo scopo del cammino
se ne staranno seduti con corone in capo e si della redenzione -è cosl indicato: ~n.e-.e ocva-
rifocilleranno allo splendore della - 1'k1nil» 'l>CXijvcx~ tv "TI tivet?tcxu11e~ -.ov ~eov. Qui va
(STRACK-BILLERBECK m 687). Israele al sabato confrontato anche Barn. 15 (~ 1097 s.). Vedi
esperimenta' fin d'ora un.-poco- cli questo bene anche L.-TROJE, Sanbat, in R: RE1TZl!NSTEIN,
salvifico futuro. Cfr. la fo1se contenuta nelle Die Vorgeschichle der christl. Tari/e (r929)
preghiere del sabato:- w'gam bimnuF;atd -'lo' 328-377; KAsEMANN, o.e. (~ n. 3) 40--4).
II07 (vn,35) l:alìlìovxa'Loc; A (R. Meyer) (vu,36) IIo8

t I:cx.oòouxcx.i:oc;
I. i vangeli sinottici;
Il. gli Atti degli Apostoli.
SoMMARJO:
A. L'uso LINGUISTICO
A. L'uso linguistico.
B. Il sadd11ceismo nel mondo giudaico: Nel N.T. e in Flavio Giuseppe ::Eaò-
I. origine del concetto dr l:alìlìovxa'Loc;: oouxai:oi; è attestato solo al plurale
1. Sadochiti e Sadducei; (::Eaooouxai:oL) 1 e presuppone un neolo-
2. Sadoc e Boeto; gismo ebraico in forma di aggettivo di
3. Sadducei quale denominazione di un provenienza o di appartenenza 2 : faddu-
gruppo politico. qt3, che si presenta però tradizionalmen-
II. I Sadducei di Gerusalemme: te come tduqt, al plurale tdlJqim e al
1. Saddm:ei e Asmonei
2 . i Sadducei durante il dominio erodiano
femminile singolare ~eduqtt (plur. ~·du­
e romano. qrjjot), sadducea 4 • Negli apocrifi e pseu-
III. Il sadduceismo nel suo aspetto di fe- depigrafi finora conosciuti non compare
nomeno religioso: il concetto di l:aooouxocfoç o fadduqt,
1. la dogmatica sadducea; che invece ricorre nella letteratura rab-
2. la concezione della legge. binica, dove di norma prevale il plurale,
C. I Sadducei nel N.T.: per es. ]ad. 4,6 s. 5 ; Makk. 1,6; Para 3,
l:alìlìovxa~oc;
V. APTOWITZER, Die Parteipolitik der Hasmo- dice s.v. 'Sadducees'; H . OoRT, De oorsprong
niierzeit (1927); BoussET-G.RESsMANN, indice van den naam 'Sadducee11': ThT 10 (1876)
s.v. 'Sadduziier'; G. H. Box, Who were the 60,-617; H. RAsP, Flavius ]oseph11s und die
Sadducees?: Exp. 8,15 (1918) 19 ss.; Id., Scri- jiid. Re/igionsparteien: ZNW 23 (1924) 27-
bes and Sadducees in the N.T.: ibid. 401 47; H. J. ScHOEPS, Die Oppositiot1 gegen die
ss.; A. E. Cowuw, art. 'Sadducees', in EB Hasmoniier: ThLZ 81 (1956) 663-670; K.
IV 4234-4240; D. EATON, art. 'Sadducees', in SCHUBERT, Die jiidischen und judet1cbristlichen
HASTINGS, D.B. IV 349-352; B. D. liERDMANS, Sekten im Licbte der Handschriften/unde von
Farizeen en Sadduzeen: ThT 48 {1914) 1-16; 'En FeJ!;a: Zeitschr. filr katholische Theologie
A. GEIGER, UrschrifI u11d Obersetzung der Bi- 74 (19,2) l-62; ScHiiRBR 1i:4 47.N89 (bibl. 447-
be/l (1928) 101-158; G. H6LsCHEB., Der Sad- 449); M. H. SEGALL, Pharisees and Sadducees:
duziiismus (1906); ID., art. 'Levi', in PAULY-W. Exp 8,13 (1917) 81 ss.; F. SrnPF.ERT, art. 'Pha-
12 (1925) 2169-2208; J. ]ERBMIAS, ]eruralem risiier und Sadduziier', in RE1 l,,264-292; E.
zur Zeil ]esu 11 B1 (19,8) 95-100; J. KLA.us- STAUFPBR, Probleme der Priestertradition: Th
N;ER, Jesu:r von Nazareth 3 (1952); K. KoHLER, LZ 81 (1956) 135-1,0; J. WELLH.AUSEN, Die
art. 'Sndducees', in JewEnc 10 (1909) 630- Pharisiier und Sadduziier (1874).
633; J. Z. LAUTBRBACH, The Pbarisees and I PRF.uscHEN-BAUEll 5, s.v.
their Teaching:r: HUCA 6 (1929) 6!.}-139; In., 2 Circa il carattere di questa formazione no-
The Sadducees and Pharisees, R.nbbinic Essays mine.le cfr. G. BEEll·R. MEYBR, Hbr. Gramma-
(19,1) 23-48; In., A Significant Con/roversy tik I (19,2) § 4Irf.
between the Sadducees a11d the Pharisee:r: 3 rnddt1q1 rappresenta una geminazione secon·
HUCA 4 (1927) 173-20,; R. LBsCYNsKY, Die daria; dr. G. BEEll- R. MEYER, o.e. e~ n. 2)
Sadduziier (1912); J. W. LIGHTLHY, Jewish § 28,3.
Sects and Parties in the Time of ]e:ru:r (192,); 4 T. Nidda 5,3 accanto a bnwt hfdwq;n, ibid.
T. W. MANSON, Sadducee and Phari:ree - The 5,2.
Origin and Significance of the Name: Bulletin s In ]ad. 4,8 fdwqj gljlj, un sadduceo di Gali-
of the John Rylands Library 22 (1938) 144- lea, è una nota di biasimo che sta in luogo di
159; MEYI!R, Urspmng II .290-319; MOORE, in- mjn gljlj, un eretico di Galilea; cfr. ScHii-
::no9 (vu,36) l:a.lìlìouxo:Loc; A-B I 1b (R. Meyer) (VII,37) IIIO

7; Nidda 4,2; ]omab. 19b. Il raro sin- sadochita; per il senso il composto bene
golare !adduqt si trova per es. in Er. 6, ~iidoq corrisponde al plurale faddiJqlm,
6
2 e T. Para 3,7 • Flavio Giuseppe men- figli di Sadoq cioè Sadochiti 8 • Ne deriva
ziona :Ea.ooovxa.i:oL in beli. 2,n9.162- l'annosa questione se i Sadducei siano
166; ant. 13,171 ss. 293-298; 18,11.16 in qualche modo storicamente in relazio-
s.; 20,199; vit. 10. Nel N.T. i passi che ne con i Sadochiti che già conosciamo
ne parlano sono cosl ripartiti: Mc. 12, dall'A.T. 9 •
18; Mt. 22,23; Le. 20,27 (comune a tut-
ti i sinottici); Mt. 22,34; 3,7; 16,1; 16, b) I Sadochiti si dicono discendenti
6; 16,u s. (tradizione peculiare); Act. di Sadoc, uno dei sacerdoti più influenti
4,1; 5,17; 23,6 ss. Finora il concetto di
intorno a David (cfr. 2 Sam. 15,24.27.
'La.oiSovxa.i:oc; non è attestato al di fuori 29.35; 17,15; 19,12). Nella lotta per la
successione al trono di David egli fu
della letteratura giudaica e cristiana.
L'interpretazione del suo significato è uno dei più decisi sostenitori di Salo-
resa più difficile dal fatto che evidente- mone e con la vittoria di quest'ultimo
mente è riferito a diversi gruppi giudai- nel 965 a.C. divenne sommo sacerdote
ci e che sia il N.T. sia Flavio Giuseppe di Gerusalemme (I Reg. l,32 e pas-
e le fonti rabbiniche usarono il termine sim) 10, mentre il suo rivale, Abiatar,
'sadduceo' in senso polemico e spregia- avversario del nuovo re e fautore di A-
donia, fu costretto all'esilio (I Reg. 2,
tivo.
35). Pare che i discendenti di Sadoc,
B. IL SADDUCEISMO NEL MONDO GIU· analogamente ai loro sovrani, abbiano
DAICO costituito a Gerusalemme una secolare
dinastia sacerdotale che durante la rifor-
ma cultuale di Giosia (verso il 623 a.C.)
I. Origine del concetto di l::a.ooouxa.i:oi; riusci finalmente ad eliminare, come clas-
l. Sadochiti e Sadducei se politica e come ideologia, i sacerdoti
dei santuari non gerosolimitani, quelli
a) Il vocabolo l::a.ooovxa.i:oc;, faddi1q2, cioè che più tardi saranno i Leviti (cfr.
risale al nome proprio fadoq, nei LXX ~VI, coli. 651 ss.). Qui probabilmente
l::a.ooovx 7, e può essere sostituito dall'e- va ricercato l'aggancio storico alla dispo-
quivalente ben fadoq, figlio di Sadoc, sizione di Jahvé circa il nuovo tempio

RER II 452 n. 5; G . LrsowsKY, Jadajim (1956) cfr. ScHi.iRER II 477 nn. rn s.


9 Il primo ad affermare il legame storico tra
79 s.
6 In T. Para 3,7 {dwqì è parallelo a kwhn Sadochiti e Sadducei fu ~ A. GEIGER nel
gdtvl e significa il sommo sacerdote d'orienta· 1857. A lui segul con argomentazioni più va-
mento sadduceo (~ coll. n52 ss.). lide ~ WELLHAUSEN 45-51; cfr. inoltre ~
HotscHBR, Sadd11zaismus 102-104; SCHtiRER u
7 In luogo della pronuncia FàrJoq, propria della 477-480; ScHLA'l'TER, Gescb. Isr. 165 n . 151;
scuola di Tiberiade, i LXX, Flavio Giuseppe e· STRACK-BILLERl!l!CK IV 339; M. NoTH, Ge-
asc. Is. 2,5 pronunciano !addilq; anche il cod. schicbte Israels1 (1954) 335 n. 2 . Questo rap-
de Rosst ha la forma !«dduq e rispettivamente porto è negato da MEYER, Urspruf!g II 290
Fiiddflq in Pea 2,4; Ter. 10,9; Shabb. 24,5; s.; anche H. J. ScHOEPS, Urgemeinde, Juden-
Pes. 3,6; 7,2; 1013. Cfr. a questo riguardo christenltlm, Gnosis (1956) 7r, nega che i Sa-
ScHURER n 477 n. 13. dochiti preesilici abbiano influito sul tardo
8 ~ n. 2. L'antica teoria che faceva derivare giudaismo.
l:cdìSovxai'.oc; dall'ebraico !addlq, giusto - co- IO Cfr. anche P. GAECHTER, Petrus und sei/le
me già sosteneva Epiph., haer. 14,2,1 (GCS Zeit, Neutestamentliche Studien (r958) 64-74
25,207) - oggi è universalmente abbandonata; [G. BERTRAM].
11n (vu,37) :Eao!ìovxai:'oç B 11b (R.:Mcyer) (vn,37) 1n2

profetizzato da Ezechlde: «Ma i sacer- zia sacerdotale che elegge effettivamen-


doti leviti, figli di Sadoc (bene fadoq ), te il sommo sacerdote a vita appartiene
che hanno avuto cura del culto nel mio ai «figli di Aronne» 14• A sua volta essa
tempio quando gli Israeliti si allontana- si suddivide in due alberi genealogici:
rono da me, essi potranno avvicinarsi a un ramo discende da Itama-:, figlio di
me e servirmi» 11 • Nello stesso contesto Aronne, mentre l'altro fa capo a Fine-
i sacerdoti che in precedenza svolgeva- hes, figlio di Eleazaro e quindi nipote di
no le loro mansioni nei santuari fuori di Aronne 15• Secondo I Chron. 5,29-34 i
Gerusalemme, in quanto-leviti, sono de- Sadochlti sono tra i discendenti di Fine-
gradati al ruolo di clero minore per una hes 16• Non sappiamo come gli Itamarid
colpa descritta a tinte caricate che avreb- e i Sadochiti si siano spartiti l'autorità
bero commesso contro Jahvé (Ez. 44,10- sacerdotale a Gerusalemme nei secoli
14, dr. 40,46; 43,19; 48,n). In effetti quarto e terzo a.C. 17, ma si può affer-
è un sadochita Josua ben Jehosadac, che mare con certezza che verso il 200 a
verso il 520 a.C. riveste Ja carica, che capo della ierocrazia gerosolimitana sta-
ormai s'afferma, di sommo sacerdote 12• vano i Sadochlti. Circa la loro posizione
Tuttavia una vera organizzazione della a quell'epoca abbiamo una buona fonte
classe sacerdotale, espressa soprattutto di informazione in Gesù ben Eleazar ben
in una corrispondente genealogia, a Sirac (c. 190 a.C.). Nella sua «lode dei
quanto pare si ha solo durante il sec. v padri» egli colloca Finehes, capostipite
a.C. in Babilonia, mentre a Gerusalem- dei Sadochiti, accanto a David (Ecclus
me si afferma solo dopo Esdra, ossia nel 45,25), per cui gli eredi di David sono
sec. Iv a.C. 13 • Di conseguenza l'aristocra- i legittimi rappresentanti del potere se-

11 Ez. 44,x5; a questo riguardo come pure per grafia dr. H. H. Rowu:v, The Chronological
quanto segue cfr. G. FoHRER-K. GALLING, Eze- Order of Ezra and Nehemia, in The Servant
chiel, Handb. A.T. I 13 (1955) a 44>4·31· of the Lord and the Other Essays on the O/d
12 Ag. l,1; cfr. r Chron. 5AO s. e W. RUDOLPH, Testam_ent (1952) 129-159. A prescindere dal-
Chron., Handb. A.T•.1 2.l (1955) ad I. la datazione storica di Esdra, ciò che importa
Il Oggi si sostiene spesso - e probabilmente a alla nostra trattazione è che secondo Esdr. 7,
ragione - l'ipotesi che Esdra sia venuto dopo r ss. in Gerusalemme Esdra compare come pri-
Neero.ia. Come imperatori sotto cui è vissuto mo sadochita postesillco; dr. anche Esdr. 8,2
sono da prendere seriamente in ·considerazione e RUDOLPH, op. cit. ad Esdr. 8,r-14.
Artaserse I Longimano (465-424 a.C.) e Arta- H Cfr. i passi di tradizione sacerdotale e del
serse II Mnemone (404-358 a.C.). Secondo W. tutto secondari : Ex. 28,r; 40,x2-x4; N11m. JA·
RUDOLPH, Esr. imd Neh., Handb. A.T. 1 20 10.38; 18,1.7; inoltre I Chron. 23,13 e l'accen-
(1949) ad Esdr. 7-10; Norn, op. cit. (~ n. 9) tuazione del diritto degli aronniti in 2 Chron.
288 s. è più probabile che Esdra sia vissuto 26,r6-2r.
sotto Artaserse I. W. F. ALBIUGHT, From Ezra
15 Cfr. l'elenco delle 24 classi sacerdotali io
to the Fall o/ the Perslan Empire, The Bibli-
I Chron. 24,1-19, che dal v. 7 può aver trovato
ca.I Archaeologist 9 ( 1946) 13, risale fino al
428 a.C. A. ·vAN HOONACKER, Néhémie et
la sua forma definitiva solo in epoca asmonea;
RUDOLPH, op. cit. (~ n. 12) ad l. e la biblio.
Esdras: Le Museon 9 (1890) 151-184.317-351.
38!)-401 invece sostiene la datazione più recen-
grafia ibid.
te sotto Artaserse u, nel 398 a.C.; dr. a que- 16 Cfr. RUDOLPH, op. cii. e~ n. 12) ad l.
sto riguardo anche E. G. KRAELING, The Broo- 17 Da 2 Chron. 24,4 ss. emerge che vi era ri-
k/yn Museum Papyri (1953) 109. D'altra parte valità tra il casato di 'Eleazaro' e quello di 'I-
C. H. GoRDON, Geschichtliche Grundlagen des tamar' e che i sacerdoti della stirpe di Eleaza·
A.T. (19;;6) 278 n. 1 forna a basarsi sull'anti- ro rivendicavano il diritto alla preminenza;
ca ipotesi che ·Esdra sia anteriore a Neemia. d'altra parte all'inizio del sec. u a.C. il potere
Per tutto il problema e per la relativa bibli<>- era in mano ai Sa·dochiti di questo casato.
xn3 (vn,37) :Eaolfovxcx.foç B I xb-c (R. Meyer) (VII,38) III4

colare, i Sadochiti di · quello spirituale. fane e nel·r70 fu assassinato ad Antio·


Il ruolo dei Sadochiti risulta particolar- chia. Le successive lotte per il sommq
mente chiaro se si tiene presente che sacerdozio non solo portarono all'elimi-
tutto il brano poetico culmina nel pane- nazione dei Sadochjti :111, ma con la mor.
girico della persona del sommo sacerdo- te di Alcim:o (nel 15_9 ) segnarono la fine
te Simone, in onore del quale è scritto del predominio ·aronnita a Gerusalem-
Ecclus 50,r""2r. Inoltre il testo ebraico me, e per sette anni il seggio di sommo
di Ecclus termina.con un'appendice che sacerdote rimase vacante 21 • _
è un innò di ringraziamento con ogni Nell'anno 152 a.C. Alessandro I Ba-
probabilità· ·desunto dai testi liturgici las durante la festa delle capanne confe-
dell'epoca e in cui si ringrazia Dio per rl la carica di sommo sacerdote all'asmo-
il sacerdozio dei Sadochiti: «Lodate co- neo Gionata (r Mach. xo,r8-2x), e verso
lui che ha eletto al ministero .sacerdota- la fine dell'estate 140 Simone ottenne
le i figli di Sadoc, perché eterna perma- per plebiscito che la dignità . diventasse
ne la sua grazia» 18• ereditaria {r Mach. 14,25-49). Nel corso
della vittoriosa lotta contro il giudaismo
c) Con Simone II il potere sadochita a riformista e conu·o la dinastia dei Seleu-
Gerusalemme raggiunse il suo apogeo 19, cidi il potere conflul nelle mani di «pic-
mentre il figlio Onia III, suo successore coli sacerdoti di campagna» 22 , homines
nella carica di sommo sacerdote e segua- novi senza alcun crisma di legalità, tanto
ce delle sue idee, non riusd a reggere al- che anche la loro appartenenza al sacer-
le tendenze riformatrici 'ellenizzanti'. dozio gerosolimitano era molto dubbia 23 •
Nel 175 fu deposto da Antioco IV Epi- Non dovrebbe essere molto lontana dal
13 Ecclus 51,12i ( ebr.): hwdw lbw!Jr bbnj !fdwq quale riuscl a conservare il potere fino al ·162
lkh11 ki l~wlm {Jsdw; dr. a questo riguardo~ a.C. (2 Mach. 4,26; 5,1-10; 13,r-8; Flav. Ios.,
STAUFFllR _138 s. e P. KAHLI!., Zu den Hand- ant. 12,385; _20,235); a questo riguardo. cfr. E.
schri/lenrollen in Hohlen heim T oten Meer: BICKERMANN, Der Gott der Makkabiier (1937)
Das .Nterium 3 (1957) 34-46, che sottolinea 85.
giustamente che il salmo di Ecclus 5x,12a-r, di 21 I Mach. 7,1-5; 9,54 ss, Nonostante la ten-
tendenza sadochita, non fu tradotto in greco denza filoasmonea dei passi in questione, non
come tutlQ il rimanente testo, perché all'epoca vi può essere dubbio sulla legittimità aro~­
del nipote del Siracide a Gerusalemme i Sado- tica di Alcimo,Eliakim; perciò BicKERl){ANN,
chiti onnai da tempo avevano perso la loro op. cit. (°"' n, 20) sottolinea giustamente che
preminenza. Viceversa -+ H6LSCHBR, Saddt1- egli ripristinò la gerarchia del tempio rip0rtari-
:diismt1s 103 n. i: non ha colto ìl carattere di dola alla condiziOne precedente ad Antioco IV
questo salmo liturgico, nel quale egli scorge Epifane. Uno degli aspetti di questo stato di
un tardivo «manierismo». diritto era che il sommo sacerdote era insedia-
19 Per la stima goduta da Simone u dr. anche to e appoggiato dal re; di opinione leggermen-
Flav. Ios., ani. 12,43: l:lµwv ... ò xai o(xaioç ~­ te diversa è NoTH, op. cii. (~ n. 9) 335. Per
-.ò 7tpÒç -.òv ~EÒ\I tllO"E~E<;
inXÌ..l)lMc; oL<i -.E tutta la questione cfr. anche MEYER, Urspru11g
xat -.ò npòç -.oùç òµocpvXovc; Eìlvovv (Flavio II 245-252.
Giuseppe fa erroneamente riferimento a Simo- zi Come sostiene giustamente ~ STÀUFFER.
ne I) e Ab. x,2. 140. .
20 Dopo Onia Ili il potere passò per breve 2J È vero che, secondo l Mach. 2,1; 14,29, gii
tempo al fratello Giasone, di tendenza rifor- Asmonei appartengono all'alta nobiltà sacer-
mista (Flav. Ìos., ani. 12,239 lo cita col nome dotale in quanto rientrano nella classe l!acer-
ebraìco di Giosué): 2 Mach. 3,1 ss.; 4,1·6.7 ss. dotale di Jojarib (°"' n . 15); tuttavia questa
33 ss. Già nel 173 o 172 a.C. fu destituito dal- classe non appartiene al ceppo del sacerdozio
l'usurpato.i:e Menelao (che secondo Flav. Ios., del tempio, poiché è tornata dall'esilio solo
ani. 1~,239 in origine si chiamava Onia), il in epoca tardiva; dr. Taa11. b. 27b par.; dove
n15 (vn,38) l:a.lìliovxa.ioc; B I lc-d (R. Meyer) (vu,39) n16

vero l'ipotesi che la nuova dinastia se- menti abbiano fatto fiorire in Egitto una
gnasse l'inizio di una nuova ideologia tradizione sadochita, anche se a questo
sul sacerdozio e che gli Asmonei faces- proposito i documenti scritti sono la-
sero di tutto per cancellare 24 o almeno cunosi 25.
screditare le tradizioni sadochite di Ge-
rusalemme. Tuttavia i «figli di Sadoc» e d) L'allontanamento di Onia III sem-
i loro simpatizzanti non erano affatto e- bra aver avuto anche un'altra conseguen-
stinti. Infatti, quasi nello stesso tempo za. Secondo r Mach. 2,29-48, evidente-
in cui in Gerusalemme dopo l'usurpa- mente già prima della ribellione dei
tore Menelao assumeva il potete Alci- Maccabei e indipendentemente da que-
mo, sommo sacerdote legittimo benché sta, alcwii giudei fedeli alla legge si era-
non sadochita, Onia IV, figlio dell'assas- no rifugiati nel deserto. Tra costoro ven-
sinato Onia III, fuggiva in Egitto (Flav. gono menzionati in particolare agli Arn-
los., ant. 12,237.387}. Sotto la prote- oai:oL ({Jasld1m ), che con i Maccabei
zione di Tolomeo VI Filometore costrul stanno in un rapporto molto tenue 26•
a Leontopoli un tempio giudaico e fon- L'atteggiamento di questi gruppi, ostile
dò una nuova comunità del tempio ai movimenti di riforma, fa supporre che
(Flav. los., ant. u,388; 13,62-73; bell. essi stessero dalla parte dei Sadochiti
r,33}. Si può pensare che tali avveni- esiliati 11 •

Jojarib è presentato come un epigono di Je- debba intendere una ~fazionel> che in seguito
daja. Pertanto questa famiglia sacerdotale, che sfocia in quella dei Farisei (~ <l>ct.fnCTa.i:oc;);
in origine non rientrava nel novero di quelle cfr. Nora, op. dt. (~ n. 9) 335 n. 1. !! più
legate al tempio, deve senza dubbio la sua probabile che sotto il nome di Hasidim si ce-
ascesa all'emergere del suo ramo asmoneo, che lino vari gruppi giudaici per nulla omogenei e
afferma di risalire a un sacerdote di nome di volta in volta avvetsi, più o meno rigida-
Asmon (Flav. Ios., bell. 1,36; ani. 12,265: mente, al corso politico predominante nella ie-
'Ac;aµwva~c; = l;aim6n) ed era originaria rocrazia gerosolimitana. In questa prospettiva
del villaggio di Modio, checché ne dica Fla- si comprende che secondo z Mach. 7,13 vi fos-
vio Giuseppe. Cfr. ~ ScHOEPS 663 s. sero Hasidim disposti a pacificarsi col sommo
24 Giustamente ~ ScHOEPS 664 sottolinea che sacerdote, mentre altri evidentemente conti-
la nomina di Simone a àpxr.t:pEvc;, CT't"pa.TI)ybç nuavano a rimanere all'opposizione. C'è inol-
xat lDvapxTJç (1)yooµe:voç) -t&v 'Iovllr.dwv tre da osservare, come ha fatto notare H.
(nomina avvenuta, secondo I Mach. 1441 ss., EwALD, Gescbichte des Volkes Israel IV (1864)
nel 140 a.C. ad opera dei sacerdoti e dell'as· 483-494 (dr. anche ~ WBLLHAUSER 78 n. I)
semblea popolare) segnò anche l'esclusione uf- che il plurale ebraico !;sidim corrisponde al
ficiale dei Sadochiti e il rifiuto delle loro ri- plurale siriaco-aram. fl"sén e rispettivamente al
vendicazioni. plur. enfatico p•saija, la cui trascrizione greca
25 Cfr. SCHLATTER, Gesch. Isr. 122-127_ è 'Ecrcrtj\lol o 'Ecraa.i.o~, e che inoltre in Phi:lo,
26 z Mach. 242: 'Acnlla~oL, ebr. ~asidim, sono omn. prob. lib. 13 'ECTcra.i.oL<'esaija< fl•saija è
in primo luogo i 'pii' che, in quanto zelanti so- reso appropriatamente con !Soi.o~. Perciò è pro-
stenitori della legge e quindi anche della le- babile che anche gli Esseni vadano fatti deriva-
gittimità del sommo sacerdozio, sono passati re dai gruppi di Hasidim del sec. u a.C., alme-
all'opposizione. Quanto fossero legati alla ge- no con lo stesso diritto con cui si sostiene che
rarchia del tempio risulta da I Mach. 7,13, se- da questi siano poi sorti i Farisei. Pare inol-
condo cui essi sono disposti a far pace allor- tre che gli Esseni d'età recente - presentati da
ché assume il potere Alcimo nella sua qualità Flavio Giuseppe e da Filone come scuola filo- .: ,i:
-:
di aronnita e quindi di legittimo aspirante al sofica - abbiano mantenuto il loto carattere per · .·J
ministero di sommo sacerdote(-+ n. 21). nulla unitario, come provano le recenti sco-
Z1 ~ il caso di chiedersi se per O"IJVaywrlJ perte; cfr. ScHOEPS (-+ n. 9) 85. Ma che in
Acnl>a.lwv = 'adat !iasidl1t1 (z Mach. 2,42) si questi ambienti 'essenici' le tradizioni sadochi-
1n7 (vn,39) l:a81ìouxrxfoç B 1 rd (R. Meyer) (VII,40) rn8

Risulta cosl dal Documento di Dama- evidentemente il ruolo di guida. Inoltre,


sco e dai testi di Qumran che, al di fuo- poiché essi sono stati designati al potere
ri della gerarchia del tempio gerosolimi- per disposizione divina, ci si attende che
tano e indipendentemente dalle trasfor- un giorno assumano pubblicamente il
mazioni politiche in essa avvenute, le potere inerente al sommo sacerdozio con
tradizioni aronnito-sadochite riuscirono tutte le conseguenze che esso comporta.
a salvarsi con una sorprendente capacità Benché il Documento presupponga uno
di sopravvivenza. Il passo di Ez. 44,I5, stadio più recente dell'evoluzione della
che parla del personale del culto nel comunità 30, le rivendicazioni dei Sadcr
nuovo tempio di Gerusalemme, è citato chiti fanno pensare che le speranze di
da Dam. 4,2 ss. (6,I ss.) in una forma giungere al potere espresse in questi pas-
già adeguata agli interessi dei Sado- si affondino le loro radici in un tempo in
chiti («sacerdoti e leviti e figli di Sa- cui appunto questi Sadochiti furono cac-
doc») 28, ed è interpretato in questo ciati da Gerusalemme 31 • Ora il Docu-
senso: «I sacerdoti sono coloro che tor- mento Damasceno è integrato da I QS
narono in Israele [e] uscirono dalla ter- 5 ,2 .9, dove i Sadochiti sono definiti «sa-
ra di Giuda [, e i leviti sono coloro] cerdoti che custodiscono l'alleanza» 32•
che si unirono ad essi, e i figli di Sadoc Poiché inoltre solo gli Aronniti hanno
sono gli eletti d'Israele che portano il diritto di esercitare l'autorità giudiziaria
nome di chiamati e appariranno alla fine sulla comunità e di amministrare il pa-
dei giorni» 29• Di conseguenza il Docu- trimonio comune fino al giorno in cui
mento Damasceno presuppone una co- «sorge un profeta e gli unti da Aronne
munità sacerdotale con una rigida orga- e Israele» 33, il ruolo di guida dei Sado-
nizzazione nella quale i Sadochiti hanno chiti emerge anche da I QSa I,2.24; 2,3
te occupassero un posto stabile, risulta inequi- mo un lontano ricordo delle dvendicazioni sa-
vocabilmente dal materiale delle fonti: di cui dochl te contro la monarchia ierocratica di Ian-
trattiamo più avanti. neo, quando la leggenda mette in bocca a Giu-
2~ Testo ebraico: whkhnjm hlwjm bnj !dwq, da ben Gedidja le parole: «Re Ianneo, con-
«ma i sacerdoti leviti, figli di Sadoc»; invece ten teti della corona di re a lascia la corona sa-
Dam.: hkhnjm whlwim wbnj !dwq. cerdotale agli Aronniti».
29 hkhnjm hm Ibi jsr'l bjw!'im m'r! jhwdh 32 bnj 1dwq hkwhn;m 1wmr; hbrit; dr. ibìd.
w[hlwjm] hnlwjm 'mhm wbnj [dwq hm b!Jiri 5,21, dove gli Aronoiti sono menzionati come
;!r't qrj'j h!m h'mdjm d'IJrjt hjmjm; per il te- coloro «che si sono impegnati ad istituire il
sto cfr. L. RosT, Die Damaskusschrift, KlT suo patto e ad accettare tutte le sue norme»;
167 (1933) ad l. e&. anche~ STAUFFER 140 n. 27.
30 Cfr. O. EissFELDT, Einleitung ifl das A.T. 1 33 r QS 9,7: rq bnj 'hrwn jm1lw bmip!
(1958) 806 s. wbhw11; r. u: 'd bw' 11bi' wmfi!Ji 'hrwn
31 Da questa prima cacciata dei Sadochiti sotto wiir'l. r QSa 2,12.14 dà un carattere di cer-
Onia m si dovranno distinguere gli avveni- tezza obiettiva allo stato costrutto plurale
menti accaduti sotto Alessandro Ianneo. Se- mf;IJi, nonostante la frafilmen tarietà del testo;
condo 4 Qp Nah 2,12 s. (M. ALLEGRO, Furtber invece i paralleli Dam. 12,23 (I5A): 'd 'mwd
Light on History o/ Qumran: JBL 75 [r956] miwl; 'hrn w;ir'l; 14,19 (r8 ,8): msw]J; 'hrn
89-95) infatti è probabile che nel corso dei di- wjSr'l; 19,10 s. (9,10): bbw' m1i!1 'hrn wjir'l,
sordini antìasmonei il «maestro di giustizia» e 20,1 (9,29): 'd 'mwd 111I;J; m'hrn wmifr'l,
di I Qp Hab verso il 90 a.C. abbia rivendicato dove abbiamo il singolare, sono da atuibuire a
diritti sadochiti. Come tutti gli oppositori di manipolazioni medioevali. Per la bibliografia
qualsiasi tendenza anch'egli fu sconfitto e co- dr. ~ STAUFFER 136 n. 6; K. G. KUHN, Die
stretto a fuggire, come forse accennano Flav. beiden Messias Aarons und Israels: NTSt l
Ios., ant. 13,383 e Ps. Sal. 17,15-23. Probabil- (1954-1955) 159-179; DJD r 121 s.; inoltre F.
mente anche in Qid. b. 66a (-7 n27 s.) abbia- NoTSCHER, Zur theologischen Terminologie
III9 (VJlAO) :Eaooouxai.'o.; B 1, 1d-e (R. Meyer) (VllAO) II20

e. ·I QSb ,3,22 s. Nell'ultimo di · questi ligioni ciò che più è rilevante all'inter-
pas~i i «figli di Sadoc» sono defuiiti i no della tradizione sadochita è un'e-
S',Jterdoti «che Dio ha eletto perché con- scatologia a tinte fortemente immanenti
solidino la sua alleanza per [sempre e] che rispecchia in pieno la più antica so-
applichino tutte le sue .disposizioni nel teriologia postesilica 37•· La fede nella ri-
suo popolo» 34• A questi enunciati s'ag- surrezione, tanto rilevante nella dogma-
giunge che nella comunità quale si ma- tica farisaica fin dal I sec. d.C., costitui-
uifesta a Qumran anche nella liturgia 35 sce nell'ambiente sadochita un motivo
sembra esistere un'organizzazione ge- niente affatto necessario alla salvezza 38,
rarchica 36• tanto che gli aderenti a gruppi di matri-
ce sadochita potevano addirittura .passa-
e) Sotto il profilo della storia delle re- re per negatori della risurrezione 39 • D'al-

der Qumran-Texte, Bonner Bibl. Beitrage 10 grande insurrezione contro Alessandro. Ianneo
(1956} 50 s. (~n. 31 ), e soprattutto I QM con le sue-espli-
-H bnj !dwq hkwhnjm "fr bpr hm 'l llp.q brjtw cite speranze intramondane. Per l'edizione del
l['wlm . wlb ]pw11 kwl mspfjw btwk 'mw; a testo e la bibliografia ~u I QM cfr. EissFBLD'.l',
questo riguardo dr. DJD I 124 s. op. cit. (-7 n. 30) 807-810.
;s A questo riguardo dr. M. WErsE, Kqltzei- 38 Secondo r QH 6,29 .s. al momento del giu-
telt und kultischer Bundesschluss in der «Or- dizio si destano tutti i figli della sua verità:
demregel» ·von Qumran, Diss. dattiloscritta kwl bni '[m}tw j'wrw, mentre secondo 6,34
Jana (1956) soprattutto 73-n2. «coloro che giacciono nella tomba fanno il se-
.'6 La comunità di Qumran risente notevolmen- gnale e gli abitanti delle tombe (propriamente
te dell'inBusso di antiche idee di carattere sa- i vermi dei morti} alzano lo stendardo»:
cerdotale-legittimistico, come prova ass. Mos. w1wkbi 'pr hrjmw lm wtwl't mtim nf'w ns.
(dell'inizio del sec. I d.C.), uno scritto che si In tal modo non si travalicano ancora per nul-
può collocare coµ sufficiente certezza nell'area la i limiti di Dam. 12,2.
d'inBuenza di Qumran. L'opera combatte il 39 SCHOEPS, op. cit. (-?·n. 9) 72 s. indica due

sommo sacerdozio illegittimo degli Asmonei importanti tradizioni che mostrano come per
(6,1, dr. 5A= qui non sunt sacerdotes, sed ser- lungo tempo sia rimasto vivo il ricordo di un
vi. de. servis: 11ati), 1a monarchia di Erode (6, gruppo di persone .designate come Sadd11caei
2: rex petulans, qui non erit de ge11ere sacer- che non hanno nulla a che vedere coi l:alìlìou-
dotum, hoJt!.oJemerarius et improb11s) e il go- xafoL di Flavio Giuseppe e del N.T. e ché,
verno dei.suoi ~gli (6,6 s.). In una forma che benché molto religiosi, .negano la risurrezione
ricor9a: la pol~mica farisaica contro i Boe- dei morti: a) Ps. ·Clem., recogn·. 1,53 s.: 111
t~iani (-> ,col. 1123) ass. Mos. 7,7 s, descrive i multas etenim iam partes·· pop11/us sdndebat11r
sacerdoti del suo tempo: in scelere pieni et initio s11mpto a Johanne baptista... Erat ergo
iniqui/ate ab [sole} oriente usque ad occiden- primum schisma eomm, ·qui dicebant11r Sad-
lem; dicentes: H4bebimus disc11bitiones et ducaei, initio ]ohannis iam pene temporibus
lux_uriam .efkntes et bibentes, et potabim11s s11mpto. Hique ut caeteris iustiores segregare
nos tamqpqm" p1incipes (= m!j'im) erimus; se coepere a populi coetu, et . mort11orum re;
lo scritto oontesta inoltre jlllche il rabbinismo s11rrec/ionem negare idque argumeflto in/ideli-
fari~ic.Ò (Mi 7,3~) in perfetta ·consonanza tatis asserere, dicentes non esse dig11um ·ut
formale con Dam. 8,13 s. (9,22); dr. 4,19 quasi sub mercede- proposita cola/ur deusi
(7,,1.} .. Riguardo a .;<tuesto problema dr. -> b} Ephr. Syr., test; armeno, Corp. Script.
S:r~ÙFFBR 137 s. r41 s,; P. KAHLB, Die Ge- Christ. Or. 137 (1953) 351; trad. lat. a cura
meinde des neu,en Bundes und die hebriiischen di L. Leloir, Evangelii concordantis expositio,
Handschrijte11 au!i der Hohle: Tiù..Z 77 (1952) ibid. 145 (1954) 249: Sadducaei (in) dieb11s
401-4l2; per fa: bibliografia ve<li ErssFELDT, Johannis inìtium habuerunt, .quasi i11sti sepa-
op.cf/. (-+n.36)77os. rantes. seipsos, .et resurrectionem · rnorluorum
37 Cfr, fa compitrsa del «maestro di giustizia», nega11t,- confide11tes in seipsis, q11ia non con·
che prqbabilme.nte va. collocata. all'epoca della ve11it, ai1111t, ob mercede111 gratiae adorare et
II21 (VIl,40) :Eo:lìlìovxo:for; B 1 xe-2a (R. Meyer) (VllAXJ II22

tro canto in questi ambienti si rilevano un certo periodo essi esercitarono un


forme di pensiero di tradizione antica, notevole influsso sull'evoluzione spiri-
forse derivanti in ultima analisi dal re- tuale del giudaismo), al punto che que-
taggio cananeo di Israele, che apparten- sti si consideravano in rappotto genea-
gono alla sfera sacerdotale e si esprimo- logico coi Sadducei (4> col. I126) 42•
no in coppie di concetti antitetici 40 •
Questo modo di concepire per antitesi 2. Sadoc e Boeto
può aver contribuito in parte al duali- In una tradizione rabbinica i Saddu-
smo singolarmente accentuato della co- cei e i Boetosiani, questi ultimi spesso
munità di Qumran e, nel quadro della menzionati insieme coi primi, sono fatti
storia delle religioni, all'inserimento e risalire a due rabbini farisei del sec. II
all'elaborazione teologica anche di ele- a.e.
menti iranici 41 •
·a) Secondo Ab. R. Nat. 5 Antigono di
f) Nella misura in cui oggi è possibile Soco, la cui attività va collocata agli ini-
ricostruire la storia dei Sadochiti, si può zi del sec. II a.e., ebbe due discepoli di
affermate che per tutta la sua durata nome Sadoc e Boeto. Egli trasmise loro
questo gn1ppo non ba mai stabilito rap- l'aforisma: «Non siate come gli schiavi
porti pacifici con lo stato di Gerusalem- che servono il padrone per averne un
me che si accentrava nel tempio. Non è dono, ma come schiavi che servono il
pertanto lecito identificare questo am- padrone senza l'intenzione di averne un
biente con i Sadducei di Gerusalemme dono, e il timore di Dio sia con voi» 43 •
che troviamo citati da Flavio Giuseppe Nella generazione di discepoli successiva
e dal N.T. D'altro canto con la seconda a Sadoc e Boeto questo principio avreb-
distruzione del tempio di Gerusalemme be dato luogo alla controversia sulla re-
si. è salvata solo una parte della lettera- tribuzione: «Per quale motivo i nostri
tura di indirizzo sadochita. La sua risco- padri h'1nno detto queste parole? Può
perta risalente all'8oo d.e. ha influito essere che un operaio lavori tutto il
notevolmente sui earaiti (è noto che per giorno senza riceverne alla sera la ricom-

colere Deum. Per altri particolari~ n. 46. o/ Ugaritic, Analecta Orien.tQJ.ia 36 (19,6) s.v.
40 In ass. Mos. 10,1 per es. per indicare il dia- b'l, zbl, lP!· .
volo troviamo il nome Zabulus, giustamente 41 Cfr. NoTSCHBR, op. cit. (~ n. 33) 79-Io4;
equiparato a 8ia~oÀor; da ~ STAUFFER 142 n. ~ STAUFFER 137·
37. Ora il medesimo termine zbl = *zabiilu,
«principe, signore», si trova· già nei testi mi- 42 ~ n . 51; riguardo al problema dei Caraitl
tologici di Ugarit a volte per indicare Ba'al: cfr. P.KAHLE, Tbc Cairo Geniza 2 (19,9) 17·
zbl b'l = «principe Ba'afo, oppure zbl b'l 28.
'ari = «principe, signore della terra», e anche 4l Secondo Ab. R. Nat. recensione B e Ab.
composto in zblb'l, al quale si può equiparare 1,3. In Ab. R. Nat. (recensione A) si ha una
BEEÀ~E~DVÀ e~ II, coli. 239 ss.). Tuttavia zbl è correzione çenforme alla dogmatica rabbinica
soprattutto l'epiteto di ;m=*iammu, «mare»; con l'aggiunta: «Affinché la vostra riçempensa
cioè zbl im «principe maÌe» è, come lP! nhr sia duplice nel mondo fururo» (ltdi 'fihjh
«giudice fiume», un'espressione indicante la skrkm kpwl l'tjd lbw'). Per scoprire il senso
potenza caotica dell'acqua che è l'opposto as- autentico di Ab. R. Nat. :> è necessario cancel-
soluto di Ba'al e quindi della natura in fiore. lare questa aggiunta; contro J. GoLDIN, The
Non vi può essere alcun: dubbio che nel ter- Fathers Accordi11g to Rabbi Nathan (19,5) 39
mine Zabulus usato isolatamente vi sia ancora n. 2. Circa il carattere della leggenda cfr. ~
l'eco di un'antica tradizione sacerdotale cana· HoLSCllllR, Sadduzèiism11s r6 s.; · MEYER, Ur-
nea. Per i testi cfr. G. D. YoUNG, Cottcordance sprrmg II 291.
1123 (VIIAI) l:alìlìouxai:oç B 1 2a-b (R. Meyer)

pensa? Se invece ai nostri padri fosse insieme con Giuda, il capo di una banda
stata nota l'esistenza di un altro mondo di volontari galilei. Probabilmente si
e di una risurrezione dei morti, non a- trattò di unificare sotto un unico pro-
vrebbero parlato in questi termini». Poi- gramma di salvezza escatologica gruppi
ché secondo i discepoli di Sadoc e Boe- nazionalistico-religiosi già esistenti. Lo
to Ja fede nell'«eone futuro», che inclu- scopo perseguito dal movimento era di
de naturalmente la speranza nella retri- instaurare il regno di Dio su questa terra
buzione, come pure il dogma della ri- ingaggiando la guerra escatologica con-
surrezione dei morti, sono confutati dal- tro i Romani e i Giudei collaborazioni-
la sentenza di Antigono, probabilmente sti 45 • Si può quindi senz'altro affermare
essi si ritennero sciolti dalla torà, dan- che Sadoc abbandonò la linea farisaico-
do origine a due sette che da Sadoc e rabbinica e fondò una nuova 'scuola'.
Boeto presero il nome di Sadducei e Mentre infatti secondo il fariseismo, per
Boetosiani. Per il loro indirizzo esclu- lo meno quello che si rifaceva a Hillel, la
sivamente immanente presumibilmente salvezza futura sarebbe venuta con l'ini-
essi sostennero anche che la ricompensa zio del nuovo eone(~ r, coll. 555 s.) in-
sarebbe stata concessa durante la vita dipendentemente dagli avvenimenti sto-
terrena 44 • rici, lo zelotismo riprendeva l'antica spe-
ranza immanentistica per cui l'inizio del
b)Nel periodo in cui Quirinio fu go- regno di Dio dipendeva dall'impegno
vernatore della Siria, nell'anno 6/7 d .C., personale del credente 46• Ora in questo
quello che era stato il fariseo Sadoc ab- contesto la leggenda ha fatto di Sadoc
bandonò la sua setta per fondare il par- l'eroe eponimo dei Sadducei ~ perché lo
tito degli Zeloti (~ III, coll. 1506 ss.) identificò con il discepolo di Antigono,

44 Analogamente, la conclusione di Ab. R. 53 s. ed Efrem (~ n. 39) narrano che all'epo-


Nat. 5 dice: «Pertanto per tutta la loro vi- ca di Giovanni Battista i Sadducei si sepata-
ta [i Sadducei e i Boetosiani] usavano ogget- rono dagli altri Giudei perché si considerava-
ti d'argento e d'oro- non per un senso di alte- no giusti, non può trattarsi degli antichi Sado-
rigia, ma perché i Sedducei affermavano: 'La chiti né dei Sadducei della gerarchia del tem-
seguente tradizione viene meno presso i Fari- pio, ma solo dei seguaci di quel Sadoc che
sei', in quanto essi (i Sadducei) si affatica- compare come capo degli Zeloti. Quindi non
vano in questo mondo, ma in quello futuro è forse solo un tratto apologetico quello con
non avrebbero assolutamente nulla». Cfr. a cui Flav. Ios., ant. 18,9 fa di Sadoc (con
questo proposito la polemica di ass. Mos. 7,7 Giuda) il fondatore di una «quarta filosofia».
s. (~ n. 36). Che secondo la tradizione rabbinica Sadoc si
45 Flav. Ios., ant. 18,4 ss. 23 ss.; beli. 2,n8.15r avvicini direttamente ad Antigono e lo scisma
ss.; cfr. R. MEYBR, Der Prophet aus Galiliia esploda solo nella seconda generazione di di-
(1940) 74 s. n. 169; ScHLATTER, Gesch. Isr. scepoli, s~ spiega pensando che, grazie a ri-
26x-264. flessioni cronologiche, la successione delle tra-
46 Ab. x,3 può essere senz'altro inteso nel sen- dizioni ha sublto un prolungamento di ca-
so di impegno disinteressato per Dio in que- rattere secondario. Comunque non è possi-
sto mondo. Da questo presupposto è possibile bile stabilire se questo Sadoc sia entrato in
dedurre che Sadoc si ricollegasse ad Antigono rapporto con gli ambienti sadochiti di Qum-
e avesse fatto di Ab. x,3 il suo programma; in ran; in ogni caso non si può negare un'a.flìnità
particolare egli poteva essere entrato in quella spirituale.
vasta e multiforme cerchia di opposizione an- 47 Dal punto di vista rabbinico si tratta na-
tigerosolimitana e antiromana di cui gli Esse- turalmente dei Sadducei legati alla gerarchia
ni di Qumran rappresentano evidentemente so- del tempio; per i rabbini i Sadochiti più an-
lo un gruppo. Ora, se Pseud.-Clem., recogn. x, tichi e i fautori più recenti di Sadoc non han-
n25 (vn,.p) !:a.lioouxa.~oc; B r 2b-3 (R. Meycr)

oppure, ed è la seconda possibilità, per- 'Boeto' 50 • La fusione di motivi eteroge-


ché confuse le due figure omonime. Tra nei, inoltre, può essere stata la causa per
l'altro questa confusione era facilitata cui la medesima leggenda, che i rabbini
dal fatto che i Sadducei, legati all'auto- tramandano in polemica con i Sadducei
rità del tempio e nonostante tutta la lo- e i Boetosiani, ha invece un valore po-
ro astuzia politica, fino alla fine manten- sitivo nella tradizione dei Caraiti 51 , che
nero un indirizzo soteriologico di matri- nel Sadoc di Ab. R. Nat. 5 vedono il lo-
ce escatologica(~ col. u34). ro capostipite spirituale. Tuttavia questo
passo non permette alcuna illazione cir-
c) Accanto a questo Sadoc la tradizio- ca le origini di quei Sadducei che trovia-
ne conosce un Simone b. Boeto, o sem- mo legati all'autorità politica del tem-
plicemente Boeto di Alessandria, che pio.
fondò la dinastia dei Boetosiani 411 • Una
figura di un certo rilievo tra i sommi sa- 3. Sadducei quale denominazione di un
cerdoti di questo casato fu Joasar b. Boe- gruppo politico
to, perché, quando Sadoc e Giuda rifiuta-
rono il censimento di Quirinio, tentò di L'ultimo sommo sacerdote legittimo
convincere il popolo a non opporsi alle prima degli Asmonei, l'aronnita Alci-
disposizioni del governatore romano 49 • mo, con la sua politica dura e riformisti-
Di conseguenza nella :figura di Joasar ab- ca screditò presso i 'giusti' il sacerdozio
biamo un 'Boeto' accanto a un Sadoc, ov- aronnita 52 • Poiché tra tutti gli Aron-
viamente non certo per l'affinità tra i niti quelli che vantavano una tradizione
due personaggi, ma per una radicale op- particolarmente solida erano i <rfigli di
posizione. Può essere che questo paral- Sadoc», avvenne probabilmente una tra-
lelismo tra figure opposte tragga spun- sposizione dell'immagine storica nel sen-
to dalla tradizione rabbinica che identi- so che l'infausta fine degli Aronniti fu
fica in larga misura Sadducei e Boetosia- riferita globalmente ai «figli di Sadoc»
ni (~ coll. u34 s.), ma potrebbe anche e gli appartenenti alle altre classi sacer-
essere che Boeto di Alessandria prove- dotali, che in passato si erano resi col-
nisse alla fin fine dagli ambienti sado- pevoli di qualche errore, furono definiti
chiti di Leontopoli e~ col. u32), per di tendenza 'sadochita', in altri termini
cui la leggenda poteva collocare Joa- furono chiamati Sadducei. Anche in que-
sar ben Boeto accanto a Sadoc come sto caso si ebbe un singolare contrasto:
no alcuna importanza. dubbio (~ coli. 1127 ss.).
SI Cfr. Ja'qub al-Qirqisani, Kitab al-tfowar
4ll Secondo F1av. los., a11t. 19,297 non Simone
ben Boeto, ma Boeto stesso era suocero di E.. wal-Maraqib, ed. L. Nemoy (1939) 1,2,7; inol-
rode; per quanto riguarda Simone ben Boero tre L. NnMoY, AJ-Qirqirani's Account o/ the
dr. ant. 15,319-322; 17,78; 18,109. Jewish Secls and Christianity, HUCA 7 (1930)
326. Quando al-Qirqisani accanto a Sadoc
49 Flav. Ios., ant. 18,3: ot oè xal1CEp -.ò XII· menziona anche Boeto fra i capostipiti dei Ca-
-.'àpx.~ lv oEwi;> cpÉpov-.Ec; -.1}v È1tt -.ai:c; Ò:1to- raiti, dimostra dì dipendere dalla tradizione
'YP«cpcti<; àxp6a.cw ÙltOXC1:tÉ~'l]CTCl.\I 'tOV µ1} rabbanitica che abbiamo in Ab. R. Nat. 5, ma
tlc; 'ltì..éov lvav-.~oucrl}a~ 'ltEl<rav-roc; o:v-.oùç non dice se e in che misura i Caraiti dispones-
-.ou à:pX,1.EPÉWç 'Iwl;&pou, Bonl>oii oÈ oihoc; sero effettivamente di autentiche tradizioni sa·
vU1c; ijv. dochite; dr. anche E. BAMMEL, Kirkisanis
so Giustamente ScHLAT'l'ER, Gesch. Isr. 23r Sadduziier, ZAW 71 (1959) 265-270.
n. 2rr ricorda che secondo le nostre fonti la 52 Cfr. I Mach. 7,13-18; è significativo che I
legittimità della casa di Boero, a di.l.Ierenza di Mach. non dica perché Alcimo fece giustiziare
quella degli Asmonei, non è stata messa in 60 Hasidim.
:Eaolìouxa~oc; B 1 3 - n x (R. Meyer)

mentre a Leontopoli e nei paesi confi- di tutti, avrebbe rinfacciato agli Asmo-
nanti con la Palestina gli autentici Sado- nei di essersi impadroniti illegalmente
chiti coi loro fautori erano contrari all'e- della più elevata carica sacerdotale. Ben-
voluzione che avveniva in Gerusalemme, ché la vicenda fosse terminata in modo
la maggioranza sacerdotale rimasta nel pacifico, il sadduceo Gionata sarebbe
tempio veniva definita polemicamente riuscito a sobillare il sommo sacerdote sl
'sadocea'. da fargli abbandonare i Farisei e appog-
giare i Sadducei. Ne sarebbe derivata u-
na vera e propria persecuzione contro i
II. I Sadducei di Gerusalemme rigidi osservànti della legge, che presero
a odiare gli Asmonei 53 • Il nucleo storico
r. Sadducei e Asmonei dell'aneddoto, che poggia sulla rivalità
delle due scuole e risale certamente al
La penuria di fonti adeguate non per- sec. I d.C., sta probabilmente nel tenta-
mette di tracciare un profilo storico e- tivo di spiegare come mai Giovanni Ir-
sauriente di quel gruppo politicamente cano I, che in definitiva doveva il presti-
attivo che Flavio Giuseppe e la tradizio- gio del suo casato all'opposizione dei fe-
ne rabbinica designano col nome di Sad- deli osservanti della legge, si fosse ag-
ducei e collegano strettamente alle vi- gregato a coloro che agli occhi dei 'pii'
cende dell'autorità politica ·del tempio di avevano un· passato tutt'altro che lim-
Gerusalemme. Sono rari i punti in cui è pido 54• La risposta storicamente valida
possibile fare un po' di luce sulla real- a questo interrogativo dovrà essere ri-
tà storica. I- Sadducei vengono menzio- cercata, a differenza di quanto fa Flav.
nati da Flavio Giuseppe come partito o Ios., ant. 13,288-296, n~lla seguente di-
corrente che emerge per la prima vol- rezione: se gli Asmonei intendevano
ta sotto·Giovanni Ircano ·1 (135-ro4 a. conservare il potere mentre ancora era
C.). Secondo un aneddoto vagante nar- forte l'influsso della ierocrazia, non po-
rato ln Flav. Ios., ant. 13,288-296 e tevano non allearsi con gli esponenti del-
in Qid. b. 66a riferito ad Alessandro 1'antica aristocrazia sacerdotale rimasti a
Ianneo ( ro3-76), in un primo momento Gerusalemme, e dovevano quindi met-
Giovanni Ircano l sarebbe stato disce- tersi dalla parte dei 'Sadocei' 55• Infatti
polo e amico dei Farisei. Tuttavia in oc- solo costoro, data la loro origine, pote-
casione di un banchetto offerto dal som- vano liberare §li Asmonei dalla taccia
mo sacerdote a tutto il gruppo dei suoi di illegittimità . A loro volta i 'Sado-
amici ( ! ) il fariseo Eleazaro, con terrore cei' erano indotti a far pace e ad allear-

53 Tuttavia Poco dopo Flavio Giuseppe con statò dalla retta fede (r Reg. n,1-8).
entusiasmo descrive Ircano I come un sovra- 55 Nonostante I Mach. 14,25-46, l'uccisione di
no càrismatico che assommava la funzione cli Simone e dei suoi figli Mattatia e Giuda da
gòverno, la dignità cli sommo sacerdote e il parte del genero Tolomeo rivela la fragi-
dono profetico (-7 VI, col. 825), ani. 13,299; lità della sovranità asmonea; dr. ibid. 16,13.
bt;ll._x,_68. Naturalmente r Mach. non dice se e in che
Si Tuttavia questa adesione è considerata apo- misura il tentativo cli cacciare gli Asmonei ri-
stasia; dr. Ber. b. 2911: «II sommo sacerdote, salisse all'opposizione legittimistica (-7 n. 24).
Johanan tenne per 80 anni la carica di sommo Ricollegandosi a Nicola di Damasco, Flav. Ios.,
sacerdote, ma alla fine si fece sadduceo» (jw(1- a111. 13,288; beli. x,67 accenna alle difficoltà
nn khn gdwl sms bkhw11h gdwlh Jmnim Jnh politiche interne che anche Giovanni Ircano
wlbswf n'Jb fdwqi); cfr. a questo riguardo la dovette affrontare.
tipologia di· Salomone, che nella vecchiaia apo· 56 Un segno che Flav. Ios., ani. 13,288-296
:l:alìlìovxcil:oç B u l (R. Meyer) {Vll,44) II30

si con gli Asmonei per non essere a lun- piena sintonia, e, nonostante qualche
go straziati da pericolose lotte intesti- travaglio 00, continuarono su questa linea
ne 57• Riferito alla genealogia sacerdota- politica fino alla loro scomparsa. Pertan-
le, tutto ciò significa che, al più tardi to se si vuole dare un volto al movimen-
sotto Ircano 1, Jojarib, l'ultima classe sa- to che appoggiava gli Asmonei e che era
cerdotale, passò ufficialmente al primo guidato dall'aristocrazia sacerdotale e
posto 58, con la conseguenza di attirare laica, è necessario tener presente che l'i-
sul casato degli Asmonei l'avversione dei deofogia sadducea, o sadocea, presuppo.
'pii' che non potevano dimenticare que- neva l'affermazione del concetto di uno
sta 'apostasia'- stato nazionale particolare incentrato sul
tempio, che, in armonia con- le-tradizio-
La simbiosi fra la nuova generazione nali attese soteriologiche ed escatologi-
di sommi sacerdoti e i 'Sadocei', ossia i che, costituisce il germe della purificazio-
Sadducei, si mostrò senz'altro una scel- ne della terra santa, della liberazione da
ta intelligente sotto l'aspetto storico-po- ogni elemento pagano o semipagano, co-
litico, poiché gli Asmonei poterono con- me pure del ripristino del regno ideale
durre le loro guerre di espansione con d'Israele che un giorno era stato· di Da-
la giustificazione dell'antica escatologia vid 6-1• Tutto ciò ovviamente era subordi-
salvifica particolare 59 con cui erano in nato al principio che l'attuale epoca sto-

par. è un dato recente dovrà essere visto nel (1953) 407-423 . Lo stesso dicasi per la sotto-
fatto che l'accusa dei Farisei contro Ircano, se- missione della Idumea con Ebron, l'antica cit-
condo cui sua madre per alcuni anni sarebbe tà in cui David fu incoronato re (~ x,' coll. 59
stata prigioniera di guerra e pertanto non po- ss.) (Flav. Ios., a1Jf. 13,257). Aristobulo I (104~
teva più essere considerata vergine, mira solo 103 a.C.), evidentemente su' presupposti ana-
ad affermare che non poteva assumere la carica loghi, giunse a imporre la circoncisione agli
di sommo sacerdote, ma non mette in discus- Iturei (Flav. Ios., ani. 13,318 s.). · . .
sione la legittimità di tutto il casato Hasmon- 00 Anche Alessandro Ianneo distruggeµqo la
Jojarib. Ma qui non si tratta in primo luogo città dì Pella sì colloca sul piano. dell'escato
della semplice osservanza di una legge circa fogia soteriologica di tipo nazionale e partico.
l'idoneità di un sacerdote, come ritiene ancora Iaristko (Flav. Ios., ani. 13,397). A questo .i:i~
SCHLATTER, Gesch. Isr. 139, bensl si parla guardo non deve indurre in inganno la ribel-
della posizione conquistata rispetto all'ot>- lione del popolo sobillato dai "pii', che vide
posizionc sadochita estranea alla gerarchia del schierate sui due 'fronti trupjie ·merc!énarie
tempio. (Flav. Ios., ant. 13,372 ss.). Cfr. a questo ri-
51 Nel momento in cui venne meno l'alleanza, guardo Sc!iLATTER, Gescb-. Isr. 143-146; Nora,
si abbatté su di essi la catastrofe (Flav. Ios., op. cit. (~· n. 9) 349 s.; ~ ScHOEPS 666-s . ..
61 Presso gli Asmonei, come pure.presso i lo.r o
am. 13>405-417),
sostenitori sacerdoti e laici, non si può notare
58 ~ n.23. alcuna traccia di univetsl!!.ismo e di gesti di
S9 Cfr. la campagna contro i Samaritani e il amicizia verso i pagani - èhe ne sono la éon-
loro tempio, Flav. Ios., ant. 13,275 ss.; bell. 2, ~eguenza diretta - , come invece r!petono fonti
64 ss. con Ecclus 50,26 e Iub. 30,18.28; R. più recenti a proposito dei Sadducei: Qtletto
MEYER, op. cit. (~ n. 45) 63 s.; Nora, op. cit. particolare è stato giustamente messo in rilie-
(~ n. 9) .346 s. A questo punto va inoltre col- vo, tra l'altro, da ~ HoLSCHER, Sadduzaismtis
locata l'annessione della Galilea e l'espulsione So s. Inoltre il fatto che gli Asmonei,'éOme
degli abitanti ellenistico-pagani (Flav. Ios., ani. prova la storiR della loro fanùglia, pagaròno
13,280.318 s.). A questo riguardo è da confron· il loro tri'buto all'ambiente ellenistico;. non.e-
tare A. ALT, Gali/Jische Proble111e 5: Die Um- sclude che In loro concezione fondàmentale e
gestaltung· GaUliias durch die Hasmoniier, Klei- quella dei loro sostenitòri fossero di indirizro
ne Schriften zur Gesch. dès Volkes Israd ·II 'sadoceo'. •; ,
l:cx.ooovxcx.i:oç B n i-2 (R. Meyer) (VII,45) 1132

rica è soggetta alla sovranità ierocratica concedeva spazio a tutti, Giudei o Greci
dei prlncipi di casa asmonea. che fossero, e a tutti si volgeva la sol-
lecitudine del monarca M. Per quanto
2. I Sadducei durante il dominio erodia. si sentisse giudeo 65, egli non aveva mai
no e romano pensato di purificare la terra santa con
le conversioni coatte e l'esilio dei non
Dopo che Erode ebbe assicurato la giudei, come invece era ovvio per i pri-
sua monarchia con la conquista di Ge- mi Asmonei. A prima vista la caduta de-
rusalemme nel 37 a.C. e l'asmoneo An- gli Asmonei dovette infliggere un colpo
tigono fu decapitato dai Romani, secon- mortale all'antico sadduceismo, o alme-
do Flav. Ios., ant. 15,6 quarantacinque no togliergli vitalità. faode aboll il pri-
esponenti delle principali famiglie di vilegio del sommo sacerdozio a vita ed
Giudea furono costretti a togliersi la vi- elesse a questa carica persone di sua fi-
ta. Secondo un'altra tradizione attestata ducia. Ciò non significò solo l'inizio del-
da F1av. los., ant. 14,175, dopo la con- l'ultima fase nella storia del sommo sa-
quista del potere Erode eliminò tutti · i cerdozio di Gerusalemme, ma anche un
componenti della gerusia (~ O'U\lfOpto\I) nuovo e ultimo periodo di vita di ciò
fatta eccezione del fariseo Samaio. È che ancora rimaneva del sadduceismo.
presumibile che le due notizie si riferì·
scano al medesimo avvenimento, cioè Il primo sacerdote, dopo l'esecuzione
alla soppressione della gerusia di tenden- capitale di Antigono, fu H ananel. Circa
za asmonea compiuta da Erode 62• Sareb. la sua origine abbiamo due versioni: se-
be ingiusto vedere in questo fatto di condo Flav. Ios., ant. z5,22 verrebbe da
sangue solo l'atroce vendetta dell'uomo Babilonia, mentre M . Para 3 5 lo defini-
1

nuovo finalmente giunto al potere, men- sce 'egiziano'. In quest'ultimo caso si


tre è più probabile che la vicenda signi- potrebbe supporre che per motivi di le-
fichi la vittoria di una linea politica e. gittimità Erode si procurasse un sa-
spressa da .Erode e diametralmente op- cerdote di Leontopoli che, in quanto e-
posta a quella degli Asmonei, e quindi sponente di autentiche tradizioni sado-
radicalmente ostile all'antico sadducei- chlte, fosse in grado di mettere a tacere
smo. La ierocrazia asmonea poggiava anche ideologicamente le aspirazioni a-
su un particolarismo religioso-naziona· smonee al sommo sacerdozio 65 . Più chia-
listico e l'accanita difesa di Gerusalem- re risultano le intenzioni di Erode con
me da parte di Antigono prova a suf- l'elezione di Simone b. Boeto a sommo
ficienza che la popolazione della città - sacerdote 61• Il casato di Boeto a cui ap-
ad eccezione dei Farisei - nutriva sostan- parteneva Simone era originario di Ales-
zialmente _gli stessi sentimenti 63 • L'at- sandria. Secondo Flav. Ios., ant. r 5,319
teggiamento di Erode invece era univer- s. 322 Erode nominò sommo sacerdote
salistico, il suo regno si doveva inserire Simone perché ne voleva sposare la bel-
organicamente nell'impero romano e la figlia Marianne II e perché voleva ave-

62 Cfr. ~ WELLHAUSEN Io6. 6.5Cfr. per es. la coerente osservanza del rito
6JQr. Flav. Jos., be/l, I,347 e ant. 14470; della circoncisione da parte di Erode e dei
SCJILATTl!R, Gesch. Isr. 230. Circa il compor- suoi familiari(~ x, coll. 59 ss.).
tamento opposto dei farisei Pollione e Samaia 66 Cfr. ScHLATTER, Gesch. Isr. 429 n. 211.
cfr. ant. IJ,3. 67 Tra Hanand, il cui ministero fu interrotto
64A proposito del regno di Erode cfr. ScHO· per breve tempo da Aristobulo, e Simone,
RER I 360-418; SCHLATJ'ER, Gesch. Isr. 230- ricoprl la carica di sommo sacerdote Gesù, fi-
241; Norn, op. cit. <~ n. 9) 369·376. glio di Phiabi (ant. i5,322).
u33 (vu,45) '· - -n~, --,...-.

re un suocero del suo rango. Probabil- aspetti teologici che erano in dissonanza
mente anche in questo caso abbiamo con lo spirito ormai dominante nella si-
un'interpretazione novellistica di un at- nagoga. Nonostante Je brutali epurazio-
to politico del re; infatti potrebbe be- ni di Erode, l'antico sadduceismo non
nissimo essere che il casato di Boeto - era stato completamente debellato nel-
cosa che Flavio Giuseppe, di origine a- l'aristocrazia sacerdotale e profana, tan-
smonea, tace per ovvi motivi-fosse ere- to che nel primo secolo d.C. sopravvive-
de di tradizioni sadochite egiziane che va ancora la mentalità 'sadocea' che in
costituivano la premessa della legittimità ultima istanza poggiava sopra una sote-
del nuovo sommo sacerdozio di Gerusa- riologia escatologica nazionalistica e par-
lemme 68. Se le cose stanno cqsl, Simone ticolare. Non ai Farisei va attribuito
ben Boeto abbracciò incondizionatamen- il merito di essere riusciti con l'astuzia
te l'universalismo di Erode e rinunciò e con la decisioiie a tenere in vita nel-
per la propria persona e la propria fa- l'impero romano lo stato basato sul tem-
miglia all'antica linea di opposizione sa- pio, ma all'aristocrazia sacerdotale e a
dochita. quella secolare che ne condivideva lo
Il casato di Boeto rimase strettamen- spirito. Quando infine, nel 66 d.C., Ge-
te unito alla dinastia di Erode e alla po- rusalemme fu investita dai funesti av-
litica degli erodiani, e tale legame costi- venimenti che ne dovevano segnare la
tul un grave fardello per questa dina- fine, fu la nobiltà sacerdotale a non ce-
stia di sommi sacerdoti agli occhi dei dere e a perire insieme col tempio e con
'pii' delle più varie tendenze. Poiché i- l'idea che la città santa fosse la fonte
noltre la famiglia di Boeto esercitò un di vita d'IsraelefH; e questo è un dato
notevole influsso sugli altri appartenen- di fatto che tuttora si riflette anche nel-
ti alla classe sacerdotale, di necessità per le leggende dei rabbini 70•
l'opinione pubblica tutto H sacerdozio
gerosolimitano risultò contaminato. C'è III. Il sadduceismo come fenomeno re-
da aggiungere che spesso Sadducei e ligioso
Boetosiani erano considerati alla stessa
stregua, per cui era naturale che il ter- Da quanto s'è detto risulta che solo
mine 'sadduceo' decadesse al significato Flavio Giuseppe e i rabbini usano il con-
spregiativo di 'semipagano' o 'rinnega- cetto di 'Sadducei' - e i rabbini anche
to'. Una spinta a ciò può esser venuta quello di 'Boetosiani' - per in'dicare dei
anche dal fatto che verso la fine del giudei c;he apertamente non si adeguano
primo secolo d.C. Flavio Giuseppe e i alla norma dogmatica ed etica domi-
rabbini, consapevoli della vittoria ripor- nante nella sinagoga dopo la caduta del-
tata dalla dottrina farisaica sulle altre la ierocrazia gerosolimitana e la conse-
correnti giudaiche, concentrano nel sad- guente vittoria del fariseismo. Soprattut-
duceismo e nel boetosismo tutti quegli to la tradizione rabbinica sottolinea con

~ In ogni caso è degno di nota che, nonostan- parte di essi, nei fatti d'arme (_,,. HlksCHER,
te l'odio che nutre verso i Boetosiani, l'opposi- Sadduziiismus 73-77).
zione non solleva mai l'accusa di illegittimità
(~ n. 50). 70 Secondo una leggenda riferita in seguito al-
fH Questo particolare risulta più chlaro se si la caduta del tempio salomonico e riportata da
confronta per es. la fuga del capo supremo Taan. b. 29a bar., nell'ora della caduta del tem-
dei Farisei da Gerusalemme assediata (Gitti11 pio ·1a parte migliore dei sacerdoti restitul fa
b. 56a/b; MEYRR, op. cii. [ _,,. n. 45] 56) col chiave del santuario a Dio e tosto si gettò tra
ruolo svolto dai sacerdoti, o almeno da una le fiamme.
II35 (VII,46) l:a.olìovxa.~oç B III xn-c (R. Meyer)

particolare vigore che il sadduceismo e rò il pensiero epicureo è travisato.


il boetosismo sono da considerare apo-
stasia, aberrazione e separazione dalla b) Alla teologia sadducea corrisponde
grande ortodossia. un'analoga antropologia. Secondo Flav.
Ios., ant. 18,16 essi negano l'esistenza
1. La dogmatica sadducea di un'anima immortale 76 ; questa affer-
mazione è confermata da Ab. R. Nat. 5
a) Nell'ambito della dogmatica 71 dei (~ n22) secondo cui la vita goder~c­
Sadducei, di cui Flavio Giuseppe ricorqa cia dei Sadducei e Boetosiani è la conse-
qualche aspetto dissociandosene esplici- guenza diretta della loro concezione pu-
tamente, va ricordata anzitutto la dot- ramente terrena dell'uomo. Perde cosl
trina su Dio. A differenza dei Farisei, qualsiasi giustificazione la fede nella so-
che integrano in senso sinergistico attivi- pravvivenza individuale dopo la morte
tà divina e agire umano 72, secondo Flav. e nel giudizio ultimo, che secondo Flav.
Ios., bell. 2,164 s. i Sadducei non accet- Ios., beli. 2,165 avverrà nell'Ade.
tano la heimarmene, cioè un par-ticolare
aspetto della provvidenza divina: Dio c) Sul piano dell'escatologia vera e
non interviene nella storia del mondo né propria i Sadducei rifiutano il dogma
si cura dell'individuo. Pertanto. bene e della risurrezione dei morti. A differen-
male, felicità e infelicità, sono effetto e- za dei Farisei, non conoscono un «con-
sclusivo della libera volontà umana 73 • Il forto della risurrezione», per usare l'e-
sadduceismo appare quindi come un spressione con cui Flav. los.; ant. 18,14
atteggiamento dottrinale che, pur senza rende appropriatamente il medio-ebraico
negare teoricamente l'esistenza di Dio, t"~ijja. Secondo i rabbini questa è una
finisce in un ateismo pratico.74 • È signi- delle caratteristiche principali del pen-
ficativo che Flavio Giuseppe paragoni i siero sadduceo. Per es. in Sanh. b. 9ob è
Farisei agli Stoici e gli Esseni ai Pitago- ripor.tata la seguente disputa fra Saddu-
rici, ossia ad indirizzi :filosofici d'ispira- cei e rabban Gamaliele II (verso il 90
zione religiosa (vit. 12; ant. 15,371), e d.C.): «l Sadducei chiesero a rabhan
accosti invece i Sadducei agli Epicurei. Gamaliele come [si pos~a provare] che
Essi infatti, secondo ant. lo,278, si in- il .Santo; sia egli benedetto, dà . nuova
gannano credendQ . che non esista .la vita ai morti. Egli rispose loro: 'Dalla
provvidenza e che Dio non si curi in legge, dai profeti e dagli agiografi.'. Ma
alcun modo dell'universo che sta fuori essi -non lo ammisero».- Questo episo-
di lui 75• Un'analoga equiparazione di dio prova chiaramente che secondo i
Epicurei e Sadducei si troya nella tradl- Sadducei non si può trovare un valido
zione. rabbinica (~ col. I I 37), dove pe- fondamento scritturistic-0 all'idea della

11 Per la .documentazione dr. STRACK-BILLER- los., beli. 2,164 s.).


1!BCK IV 344 S. 74 ~ HoLSCHER, Saddr~ziiimms 4 s.
72 Cfr. per es. Ab. 3,15; R. MEYER, Hellenisti-
sches in der rabbinischen Antropologie, BW 75 8EÒV ovx &.~LOU01.V ·Ém'tp01tEVE~V 'tWV 'ltpcx.r-
ANT IV 22 (1937) 69"74· ..
µ«-cwv, ovò'&itò Tijç ·µ.«xa.pla.ç xa.t 4,<pMP'tou
73 I:a.olìovxtx~o~... T1}v µtv Elµa.pµlV'l)v 'ltCX.V· 'ltpbç 6r.a.µov1Jv "CWV ISM.>\I ovcrla.ç XV~Ep'.iéia'­
~a.L 1'à crùµ1tetv'ta., {iµ.oLpov lìè 'iJvL6jov xat
Ta-n:a.ow &.va.ipouow xa.t Tl>v ·' beòv ~~w .Tov
6piiv 'tL [xa.xòv] fi l<popiiv 'tliltv'ta.i <pa.ut &<pp6v1'LCT'TOV -cl>v x6oµov a.v'toµti;~wc; cpÉ-
peuba.~ Myouow (Flav. Ios., ant. lo,218).
o'l1t'd.vDpt:>m.t>v lx)..o'rii 't'Ò 6è xcx.Mv xa.t Ti>
xa.xl>'J.. 'ltpox.t:rcta.~ xttt -'ti> xet't~ "('Vwµ:1w 7/J l:a.lìlìouxa.loi.ç !>è Tàc; lfivx.àç o Myoc; crw-
txiiO''TOV 'tOV'tWY ~xu:dplt) 'ltPOO'l.É'VCtL (Flay. aq>etvl~EL 'to~c; CTWµ.clcrt. (ani. 18,16). ·
1137 (VIIA7) , ---TT,• - - .1

risurrezione dei morti e nemmeno rab- tosiani rifiutano anche questo aspetto
ban Gamaliele è riuscito a convincerli dell'escatologia, e in Ber. 9,5 si dice e-
del contrario; in altri termini essi rifiu- splicitamente che i Sadducei sono «de-
tano il dogma per motivi teologici, cosl generati» perché sostengono che «c'è un
come fanno i Sadducei e i Boetosiani in solo eone» 78 •
Ab. R. Nat. 5 (~ u22). Ma questo
atteggiamento è condannato da Sanh . d) Per rendere giustizia alle afferma-
10,1: «Questi invece non fruiranno del zioni polemiche di Flavio Giuseppe e
futuro eone: chi dice che non c'è risur- dei rabbini ·sul sadduceismo è necessa-
rezione dei morti e che la torà non vie- rio anzitutto analizzare l'origine storica
ne da Dio, cioè gli 'epicurei'». In questo delle categorie con cui si è valutata la
passo il termine 'epicurei' è usato nel dogmatica sadducea. A questo riguardo
senso di 'liberi pensatori' o di 'libe- c'è da tener presente in primo luogo che
raleggianti' e specifica il carattere pecu- a partire dal II sec. a.C. il giudaismo su-
liare del sadduceismo. Perciò in Seder bl a poco a poco un profondo cambia-
Olam r. 3 i Sadducei sono catalogati in- mento nella sua struttura interna. Sulla
sieme con traditori, ipocriti ed epicurei. base di una cultura ellenistica e in parte
Di loro si dice che spargono terrore sul per influsso di antiche tradizioni orienta-
paese dei viventi, non credono nella ri- li e iraniche, diffuse su tutta la fascia di
surrezione dei morti e negano la divi- paesi ad oriente del Mediteranneo, dal-
nità della torà. Questa categoria di pec- l'Egitto al Tigri e all'Eufrate, nel giudai-
catori, alla quale appartengono anche i smo disperso su tutto questo territorio
Giudei che deridono le parole dei saggi, si svilupparono un'antropologia e un'e-
va certamente incontro al castigo dell'in- scatologia alle.· quali non corrisponde-
ferno 77 • Tra i motivi citati in questo pas- vano più le antiche categorie tradizio-
so il rifiuto del dogma della risurrezione nali e che superavano e allargavano sotto
e il disprezzo per le parole dei saggi, il profilo teologico anche l'antica imma-
che va inteso senza dubbio come rifiuto gine di Dio. Questo processo di trasfor-
della tradizione orale rabbinica, sono da mazione <>he ha un'importanza costitu-
considerare con certezza i segni princi- tiva non da ultimo anche per la forma-
pali della mentalità sadducea. Nell'am- zione della prima teologia cristiana, tro-
bito dell'escatologia rabbinico-farisaica va la sua origine· evidentemente nella.si-
il dogma della risurrezione trova il suo nagoga della diaspora. Invece nella ma-
riscontro tematico nella speranza che un drepatria d'Israele, più esattamente negli
giorno «questo mondo» sarà sostituito ambienti della ierocrazia gerosolimitana,
dal «futuro eone» (~ 1, col. 555), nel la teologia traclizionale del tempio costi-
senso che si avrà il compimento della tul per molto tempo un solido baluardo
salvezza. Di conseguenza secondo Ab. contro queste innovazioni 79, un baluar-
R. Nat. 5 e~ II22) i Sadducei e i Boe- do che alla luce di tutta la storia non fu

77 'bl mj Jpr!w mdrk; ;bwr kgw11 hfdwqjn «per l'eternitb). Ma quando i Sadducci (cosi i
(var. minin) whmswrwt hm'fwmdi11 wh'piqw· testi a stampa; cod. Monacef!sis 95: m;n;n;
rwmjm wJntnw l}ttm b'rf h!Jjjm w'fkprw bt!Jijt «eretici») degenerarono e sostennero che esi-
hmtim wh'wmr;m 'i11 twrh mn bsmjm:.. whm- steva un solo eone ('wlm '!Jd), si diede dispo-
l'jgjn 'l dbri l;kmjm gjhnm nn'lt bp11jhm .wni· sizione di dire: ·«Di eone in eone» (mn·'b'wlm
dwnjn btwkh l'wlmjm. B. RATNER {1897) 17. w'd h'wlm).
78 Tutti coloro che si trovavano nel tempio 79 La fonte più chiara a questo riguardo è la
alla fine delle 10 ro preghiere usavano · dire: raccolta di massime costituita dal libro dell'Ec-
<,dall'eternità» (mn h'wlm; . var.: . ~d · d'wlm, desiastico.
u39 (vn,47) .EaSSouxa~oç B m 1d (R. Meyer)

scosso nemmeno dal breve periodo in sa del corpo &1. Dopo la distruzione del
cui prevalsero le tendenze riformistiche tempio i documenti che attestano la
di Antioco IV Epifane 80. nuova antropologia si fanno più nume-
rosi. Ricordiamo Ber. b. 28b, secondo cui
Un esempio di antropologia lontana Johanan ben Zakkaj avrebbe pianto in
dall'antico giudaismo è Hen. aeth. 103,2 punto di morte perché temeva il rigore
ss., dove notiamo che la nuova visione del giudice ultraterreno che ha il potere
dell'uomo è ormai pienamente sviluppa- di mandare l'uomo alla vita eterna nel
ta e ha dato luogo a quella solida spe- giardino dell'Eden, oppure alla morte
ranza individuale nell'oltretomba che eterna nella geenna. Quasi contempora-
conosciamo da Flavio Giuseppe e dalla neo è 4 Esdr. 7 ,78-99: nel momento del-
tradizione rabbinica: l'uomo possiede la morte gli spiriti si separano dai corpi
un corpo terreno e un'anima eterna, in mortali e tornano a Dio dal quale sono
questi scritti definita di solito 'spirito', venuti, gli uni alla settiforme beatitudi-
che è avviata verso le gioie celesti o i ne delle celesti camere di riposo, gli al-
tormenti dell'inferno in corrispondenza tri alla settiforme pena di un'eterna va-
alla condotta terrena 81 • È diffìcile dire gare &S. Dalla fine del primo secolo d.C.
quando questa antropologia sia entrata in poi nell'antropologia rabbinica pre-
nella teologia farisaica per diventare domina un tale dualismo di corpo-ani-
poi la dottrina tipica dei rabbini. Se ma, che da questo momento va conside-
i Salmi di Salomone, - non omogenei, rato dogma di fede.
ma pur sorretti da una forte attesa
di salvezza - almeno in parte sono un'e- Del tutto analoga è la situazione per
co dello spirito farisaico 82 , abbiamo in quanto riguarda l'escatologia. La fede
essi alcuni testi della seconda metà nella risurrezione o meglio ri-vivifìcazio-
del primo secolo a.C. che indicano co- ne dei morti - t"~ijjat hammettm - solo
me, secondo il fariseismo dell'epoca, la accennata nella letteratura veterotesta-
morte non costituisca la fine dell'esisten- mentaria cimonica 86, in epoca precristia-
za umana, perché c'è una vita ultrater- na è attestata con certezza solo in 2
rena che porta felicità o dannazione e- Mach., Hen. e Ps. Sai. 81 , per cui è diffi-
terna 83• Il più antico documento che si dle sostenere che sia universalmente ac-
possa definire con una certa sicurezza cettata. Ps. Sal. 3,12 per es . .afferma:
come rabbinico e che sostiene l'immorta- «Ma coloro che temono il Signore ri-
lità dell'anima è Lev. r. 34,3 a 25,5, in sorgeranno a vita eterna e la loro vita
cui sotto forma di aneddoto si narra che [trascorre] nella luce e [essa] non si
Hilld, vissuto a cavallo dell'era cristia- estinguerà mai». Solo dopo Cristo i te-
na e nato nella diaspora babilonese, sti diventano più frequenti sia nella let-
diceva che l'anima è ospite nella ca- teratura pseudepigrafica sia in quella

!IOGià il Bousset ha notato che il nuovo senso 83 Cfr. Ps. Sai. 3,u; 13,n; 14,9 s.; 15,10; 16,
della vita e la nuova cosmologia si sono for- 2; Vou, Esch. 27.
mati anzitutto in ambienti che si trovavano in 84 MEYER, op. cit. (-> n. 72) 49.
opposiilione alla teologia predominante, o che &S Documentazione presso STRACK-BILLBRBECK
non erano riconosciuti dai suoi rappresentanti IV I016-II68.
ufficiali; BOUSSET·GRESSMANN 189 s.; SCHOEPS, 86 Is. 26,19; Dan. I2,2.
op..cit. (-+ n. 9) 85. 87 Cfr. per es . .2 Mach. 7,9 ss.; 12,43 ss.; 14,
81 M.EYBR, op. cit. (-> n. 72) 14. 46; Hen. 22 passim; per tutto il problema ve-
82 Cfr. EissFELDT, op. cit. (-+ n. 30) 754-758. di VoLZ, Esch. 229-216 .
l,;a;òòovxa;~oc; .o 111 10 \I\.. 1m:yc1 1

rabbinica; determinante a questo propo- zione ai recenti sviluppi dogmatici, per


sito è che ora il dogma di fede della ri- cui va definito conservatore 9'2.
surrezione è legato al culto 88 •
In effetti non è difficile provare che i
Anche l'attesa di un eone futuro (~ giudizi sul sadduceismo sono un attacco
I, coli. 5 5 5 ss.), che evidentemente affon- sferrato contro l'antica teologia ufficiale
da le sue radici in concezioni escatolo- della ierocrazia di Gerusalemme, teolo-
giche e cerca di spiegare la storia come gia dominante quando, lentamente e
una successione periodica di epoche di- lontano dalla grande linea, cominciaro-
verse, si trova nella religione giudai- no a svilupparsi la nuova antropologia
ca solo in età relativamente recente 89 • e la nuova escatologia. Un documento,
Del sec. I a.C. sono Hen. aeth. 48,7, che risale circa al 190 a.C., di questa
in cui si fa menzione di «questo mon- teologia ufficiale è Ecclus 17,27 s.: «Chi
do di ingiustizia>>, ed Hen. aeth. 71,15, potrà negli inferi lodare l'Altissimo in
che alludono al «mondo futuro». Anche luogo dei vivi e di quelli che lo ringra-
a Qumran pare si conosca lo schema dei ziano con la loro lode? Per il morto, che
due mondi, in quanto secondo I QS 3, [ormai] non è più, la lode è cessata;
13-4,26 il presente con le sue lotte tra chi vive ed è sano loda il Signore». Per
luce e tenebre sarà concluso da una nuo- il Siracide, entusiasta sostenitore dei Sa-
va creazione 90• Con ogni probabilità il dochiti (~ rn2 s.), l'uomo è un essere
più antico documento farisaico-rabbinico esclusivamente di questo mondo: legge
è B. M. j. 2,5 (8c 25 s.), secondo cui Si- e sapienza sono le colonne su cui poggia
mone ben Shetah (verso il 90 a.C.) pre- il mondo in cui egli vive; ma questo
suppone l'idea di un eone futuro. Tutta- mondo appunto è unico, è il luogo in
via il dogma per cui l'eone futuro è un cui si incontrano Dio e l'uomo, che sul-
periodo di salvezza totale con sfumature la terra è punito o premiato per il suo
parzialmente trascendenti si è sviluppato comportamento. L'Ade invece significa
in pieno nella teologia rabbinica solo solo morte eterna o una parvenza di
durante il primo secolo dopo Cristo, co- vita, priva di qualsiasi rapporto con
sl come è avvenuto per la fede nella ri- Dio. Queste categorie dell'ortodossia
surrezione. postesilica sopravvivono sotto due a-
spetti, per quanto siamo in grado di se-
Poiché dunque è evidente che le af- guirne l'evoluzione. In primo luogo gli
fermazioni polemiche circa il sadducei- autentici Sadochiti e i loro seguaci, da
smo poggiano sopra categorie dogmati- quanto attestano i documenti finora sco.
che molto recenti, non possono servire petti a Qumran, sono rimasti fedeli a
per valutare i reali contenuti del pen- un'antropologia intramondana: se già in
siero sadduceo 91 • È invece il caso di di- Dam. ristÙta che nel contesto delle at·
re che il sadduceismo non rappresenta tese escatologiche predominanti la sal-
un indirizzo di fede deviante dall'orto- vezza futura è vista sempre in chiave
dossia, ma è il tradizionale patrimonio puramente immanente, ora, soprattutto
categoriale che non ha prestato atten- in r QS 3,13-4,26, è chiaro che, anche

ss Cfr. Sh. E. 2; Ber. b. 6ob. scendesse effettivamente l'ambito intramonda-


89 Cfr. R. MEYBR, art. 'Eschatologie III (Ju- no; cfr. NoTsCHER, op. cit. (--+ n. 33) I49-I53-
dentum)', in RGG 1 n 662-665.
91 Come ha già messo chiaramente in evidenza
90 Comunque in base ai documenti attualmen-
~ HòLSCHER, Sadduziiismus 105 s.
te 1n nostro possesso resta indeciso o dubbio
se a Qumran una siffatta periodizzazione tra- 91 Cfr. BoussET-GREsSMANN 185-187.
l:a.ooouxa.~oç B m ld-2 (R. Meyer) (vn,50) 1144

quando nel suo essere individuale l'uo- ta sulla torà e sulla sapienza e rappre-
mo è il luogo del conflitto tra l'angelo sentata dalle classi predominanti della
della luce e l'angelo delle tenebre, non ierocrazia di Gerusalemme e dai suoi
c'è posto per la fede in una vita indivi- sostenitori sicuramente diffusi in tutto
duale ultraterrena dell'anima. Parimenti il mondo, ma che col passare del tempo
alla luce dei testi di Qumran a nostra fu considerata sostanzialmente eresia e
cortoscenza il motivo della risurrezione apostasia, perché con la caduta di Geru-
può essere considerato nella migliore salemme aveva perso i suoi principali e-
delle ipotesi come un elemento che non sponenti, mentre si fece strada esclusi-
ha valore di necessità per la salvezza vamente la dogmatica farisaico-rabbinica
e~ n. 38). col suo nuovo modo di intendere la vita
- In secondo luogo, 1a medesima linea e il mondo.
s'incontra nella teologia ufficiale del-
la ierocrazia gerosolimitana. Di solito 2. La concezione sadducea della legge
sono le affermazioni della parte contra-
ria - come per es. Hen. 103,2-6 - che L'aspetto arcaicizzante del sadducei-
illustrano· la vecchia ortodossia oltre a smo quale indirizzo religioso all'interno
metterne in luce l'appoggio dato dall'au- del giudaimo è confermato dagli e-
torità costituita, ossia dalle classi diri- nunciati che trattano del rapporto tra i
genti. Al tempo stesso però risulta, per Sadducei, o i Boetosiani, e la legge. Sia
es. da Ps. Sal. 4-6, che anche in ambienti per Flavio Giuseppe che per la tradizio-
in forte contrasto con la politica asmo- ne rabbinica una peculiarità essenziale
nea del primo secolo a.C. è molto viva dei Sadducei è il rifiuto della tradizione
l'idea della retribuzione intramondana farisaica, cioè della cosiddetta legge ora-
collegata all'idea che individuo e società le. Secondo Flav. Ios., ant. 13,297, «i
non vanno oltre questo mondo 93 • Lo si Farisei hanno dato al popolo alcuni pre-
nota quando nell'antica cosmologia e cetti presi dalla tradizione dei padri, che
teologia ortodossa l'ottimismo cede il non sono scritti nella legge di Mosè. Ma
passo a un profondo pessimismo. Cosl la appunto per questo la corrente dei Sad-
convinzione della relatività di ogni esi- ducei li rifiuta, perché dice che è da con-
stenza umana (ad es. Eccl. 2,12 ss.; 3,19 siderare norma solo ciò che sta scritto
ss.; 8,14)non induce l'autore di Eccl. a [nella legge di Mosè], mentre non si è
rinunciare, poniamo, a se stesso, ma 'lo tenuti ad osservare ciò che proviene dal·
spinge a una maggiore attività. Ne deri- la tradizione dei padri» !».
va per lui il dovere di godere e cogliere
il meglio della· breve vita concessagli, Determinante per la concezione sad·
prima che cali l'eterna notte della morte ducea della legge è che il rifiuto della
(Ecci. 9,1-10):-1n complesso si deve af- tradizione orale talvolta ha avuto effetti
fermare che ciò che Flavio Giuseppe e positivi sulla tradizione rabbinica, so-
i rabbini intendono e combattono co- prattutto nel caso di diatribe circa im-
me sadduceismo e boetosismo non è portanti problemi giuridki. Per es. in
che l'antica ortodossia giudaica fonda- Sanh. b. 33b si discute se e in quale mi-

93 Cfr. VoLz, Esch. 27. -ro\i-ro -ra\i"t"oc -rò I:a.ooouxa.lwv yÉvoç fa~6.)..
ì.a, Myov lxE~va. · oE~V ijyE~a:t v6µi.µu. -ri'i
94 Noµi.µ6. ·mia. 1ta.ptoouav -rii) oiill'P ot <tia.- yEypo:µµÉva:, -rà. o'tx '1tet.p«80CTEWt; 't~V 'Jl'Q.·
pLCTai:oL tx 7ta-répwv ota:ooxiji;, li7CEP oux ci\1Cx- 'l:Épwv µTi 't1)pE~v (Flav. Ios., ant. r3,297;
ytypa7t-ra.t tv -ro~ MwuuÉw(; v6µoi.;, xa:L otà. cfr. 18,16, ~ - n. 76).
II4.5 (vu,50) l:a;ooouxo.for:; B m 2 (R. Meyer)

sura nei processi penali si possano rive- no questo atteggiamento non un appro-
dere sentenze errate. In base a una tra- fondimento della religiosità, bensl un
dizione che proviene dalla scuola di rab- dissolvimento e un'attenuazione dell'au-
bi Ismael, o~sia della metà del sec. II tentico concetto di legge. Perciò i veri
d.C. (dr. Hor. b. 4a.b), l'amoreo pale- Sadochiti ("' n. 36) polemizzano contro
stinese Hijja bar Abba (c. 280 d.C.) ri- la «siepe attorno alla legge» di matrice
chiamandosi a Johanan bar Nappaha (i° farisaica e per lo stesso motivo i Saddu-
279 d.C.) afferma la necessità di distin- cei e i Boetosiani legati alla gerarchia del
guere tra sentenze emesse sulla scorta tempio rifiutano la tradizione orale dei
di una halaka rabbinica non accettata Farisei e con la stessa motivazione molti
dai Sadducei e quelle che anche i Sad- secoli più tardi i Caraiti si oppongono al
clucei accettano perché si rifanno a una movimento dei rabbaniti 96 •
legge di Mosè. Nel primo caso vi può
essere una revisione solo se torna a Nel contesto della vita cultuale-ritua-
vantaggio dell'accusato, nel secondo ca- le la peculiarità sadducea affiora per es.
so la sentenza va riveduta anche qua- in T. Sukka 3,I. In epoca postesilica u-
lora il nuovo processo vada a danno na consuetudine popolare prevedeva che
delI'imputato. In tal modo però Sanh. il settimo giorno della festa delle capan-
b. 33b riconosce la serietà dell'interpre- ne durante la grande processione con i
tazione sadducea della legge: una sen- rami di albero si percuotesse con le
tenza secondo lo spirito sadduceo rispec- fronde il suolo attorno all'altare. Non
chia necessariamente in ogni caso la nor- sappiamo più quale fosse il senso e l'ori-
ma giuridica. Perciò il principio «grazia gine di questo rito, certamente di matri-
in luogo di legge» viene meno quando ce magica. Comunque l'usanza era cosl
una revisione comporta un danno per radicata nel rituale della festa delle ca·
l'accusato; infatti, per chi giudica da panne che i Farisei la definivano «hala-
sadduceo non esiste una «siepe attorno ka di Mosè al Sinai» e la permettevano
alla legge», in quanto egli si basa sem- anche quando il settimo giorno cadeva
pre direttamente sulla legge di Mosè 95 • di sabato. I Boetosiani invece ritene-
vano che dovesse prevalere la santifica-
Le diverse concezioni della.legge sono zione del sabato e cercavano di costrin-
quindi anche il vero motivo per cui i gere i pellegrini all'osservanza del sa-
Farisei sono presentati come giudici mi- bato con un sotterfugio, consistente nel
ti, mentre i Sadducei hanno fama di es- nascondere, la vigilia del sabato, i rami
sere severi, come sottolinea con vigore di vinco sotto cumuli di pietre. Tuttavia
Flav. Ios., ant. 13,294; 20,199 s. La probabilmente le loro astuzie non ingan-
«siepe attorno alla torà» significava per navano i pellegrini, che continuarono a
il fariseismo la possibilità di applicare praticare il rito '11_ L'aneddoto è impor-
la legge nella vita quotidiana, mentre gli tante perché mostra che i Boetosiani e-
avversari del fariseismo, cioè del rabbi- rano esponenti di una tipica interpre-
nismo di matrice farisaica, considerava- tazione rigida della legge del sabato,

95 Naturalmente ciò non esclude l'esistenza di e in larga misura puramente teoretica; cfr. ~
una halaka sadducea oltre che sadochita; ri- tl>apwa.ioç.
guardo .a quest'ultima .cfr. -J. T.Mu.1K, Dix 96 A questo riguardo cfr. KAHLE, op. cit. (~
a11s de découvertes dans le désert de ]t1da n . 42) 81.
(1956) 36. L'autore rileva che la halaka di 97 Circa Ja qualificazione di 'anime ha'àref data
Qumran è più vicina alla .vita che non la da T. S11kka al pellegrino che partecipa alla
legge religiosa farisaica codificata nella Mishna festa ~ IX, coli. 87 ss.
n47 (vn,50) l:a.SSovxa.foc; B III 2 (R. Mcyer)

mentre i Farisei per il loro dogma della postesilica siffatto rito sia entrato a far
«legge orale» potevano introdurre senza parte della liturgia della festa, forse at-
problemi questa consuetudine nel loro traverso il diritto consuetudinario. Or-
sistema. Del resto le vicende del rituale dunque, se il sommo sacerdote, sia egli
della festa delle capanne nella sinagoga Alessandro Ianneo o un altro boetosia-
indicano che l'antica concezione boeto· no non identificato, versa l'acqua sen-
siana rimase viva ancora per molto za conferirle valore sacrale, la sua a-
tempo 98 • zione non esprime tanto un atteggiamen-
to peccaminoso, quanto la difesa di
Un altro esempio ci viene offerto da un'altra tradizione sacerdotale, certa-
T. Sukka 3,16. Durante il sacrificio quo- mente più antica, che egli cerca di far
tidiano mattutino nella festa delle ca- prevalere sull'uso corrente. Comunque
panne era consuetudine compiere una il tentativo di abbandonare consuetu-
libagione d'acqua. Ora accadde che un dini popolari già entrate nella tradizione
boetosiano non versò l'acqua sull'altare, solleva la protesta della folla, e la presa
ma di fianco, «ai suoi piedi». Perciò il di posizione molto chiara dei rabbini
popolo adirato scagliò contro di lui una mostra che anche in questo caso il fari-
tale massa di frutta, che di solito serviva seismo è col popolo.
al rituale della festa, da rompere addi-
rittura uno spigolo dell'altare, e fu ne- I due esempi illustrano l'affermazione
cessario sospendere la cerimonia finché di Flav. Ios., ant. 18,15, secondo cui tut-
non si provvide a riparare lo spigolo con te le attività religiose avvengono con-
un blocco di sale. Flav. Ios., ant. 13,372 formemente all'interpretazione dei Fari-
informa che quel boetosiano sarebbe sta- sei. Anche se questo giudizio dovesse
to Alessandro Ianneo, noto avversario poggiare sopra una polemica di scuola e
dei Farisei 99 • Da Flavio Giuseppe e T. antisadducea, sorta quando il rabbini-
Sukka 3,16 il sommo sacerdote in carica smo aveva ormai preso il sopravvento e
è presentato come spregiatore di tradi- i Sadducei non rappresentavano che
zioni ormai consacrate dall'uso e quindi un'esigua minoranza 100, è senza dubbio
avversario della vera pietà religiosa. Il vero che grazie alla loro concezione del-
contenuto storico che emerge dalle due la legge i Farisei erano sempre in grado
varianti della narrazione ovviamente è di legalizzare qualsiasi consuetudine po-
un altro: non è possibile dedurre dalla polare, a prescindere dalla sua prove-
legislazione cultuale del Pentateuco una nienza, mentre il sadduceismo era trop-
norma riguardante la libagione con l'ac- po legato alla tradizione sacerdotale per
qua - ancor meno nel corso della festa poter essere altrettanto popolare.
delle capanne. È vero che già sotto Da-
vid (2 Sam. 23,16; cfr. r Sam. 7,6) la li-
bagione con l'acqua è una consuetudine
popolare, ma non si sa quando in epoca

9~ Poiché secondo la halaka boetosiana e con- 100 Questo atteggiamento diventa chiaro per
tro quella farisaica è proibita la processione di es. in una discussione circa la purità rituale
sabato, si evitò che il settimo giorno della fe- della donna sadducea in Nidda 4,2; T. Nidda
sta delle capanne cadesse di sabato; I. ELBO- 5,2 s. In Nidda b. 33b si dice esplicitamente
GEN, Der jiid. Gottesdienst in seiner geschicht- che per timore dei Farisei la donna sadducea
lichen Entwickltmg 3 (1931) 2r9. si comporta secondo la loro halaka, per cui
si può dedurre che ormai i Sadducei non ave-
99 Cfr. SCHLATTER, Gesch. Isr. 144 s. vano più alcun potere.
IX49 (VIT,51) l:a.ooouxcx.~oç e I (R. Meyer) (VII;5i) IIJO

C. I SADDUCEI NEL N.T. comunità. Se poi si tiene presente che


quella che in seguito sarà presentata co-
I. I sinottici me eresia sadducea anticamente non era
Una peculiarità della tradizione neo- che la teologia giudaica ortodossa, sotto
testamentaria consiste nello scarso rilie- il profilo storico lo scontro di Gesù coi
vo che in essa trovano le complicate si- rappresentanti della teologia ufficiale
tuazioni del giudaismo dell'epoca. Per- della gerarchia del tempio risulterà non
tanto non fa meraviglia che il sadducei- solo pensabile, ma addirittura un reale
smo non sia presentato nelle sue molte- dato di fatto.
plici caratteristiche e in tutta la sua pro- In Matteo la menzione dei Sadducei è
blematica 101 • Il N.T. infatti si limita a un po' più frequente che in Marco, ma
mettere in rilievo un solo particolare, ciò non significa una maggiore familiari-
cioè che i Sadducei negano il dogma del- tà col sadduceismo, anzi si ha l'impres-
la risurrezione(~ u36s.). Nella peri- sione che Matteo sia sostanzialmente più
cope comune a tutta la tradizione sinot- lontano di Marco dalla realtà storica.
tica e che presenta la polemica sollevata Nel passaggio dalla pericope della pole-
dai Sadducei (Mc. 12,18-27) 102 questi mica sulla risurrezione a quella riguar-
sono presentati come rappresentanti di dante il comandamento più grande Mt.
un gruppo ostile a Gesù, «i quali dicono 22,34 presenta i Sadducei come coloro
che non c'è risurrezione» 103 • Dalla forma che ne escono sconfitti, con grande sod-
di Mc. 12,18-27 che culmina con l'affer- disfazione dei Farisei. In Mc. 12,28 in-
mazione che i Sadducei sono maestri vece non c'è nulla di tutto ciò; chi si
d'errore - 1tOÀ.Ù 'Jl:À.et.véi<TitE - si deduce rallegra per la risposta di Gesù è sempli-
che Marco rientra nella tradizione della cemente <mno degli scribi», che a sua
stessa scuola di Flavio Giuseppe (~ n. volta pone il quesito sul principale co-
76) e dei rabbini (~ u22 s.), ma sa- mandamento. Stereotipo è l'accostamen-
rà bene non fare illazioni dalla for- to di Farisei e Sadducei in Mt. 3,7, dove
ma al contenuto e scorgere in Mc. 12, i due gruppi assistono al battesimo di
18-27 solo un brano di teologia della Giovanni, mentre Le. 3,7 parla solo del-

101 È significativo che nella letteratura proto· mentari ad l.


cristiana non neotestamentaria i Sadducei non 100 La disputa, che M.DlBELIUS, Fomzgeschicb-
compaiano. L'unica volta che vengono menzio- te des Evangeliu111s 1 (1959) 40.,4.56 classifica
nati è in Iust., dial. 80A, ma questo passo nel genere dcl 'paradigma', viene condotta con
sembra citarli esclusivamente in senso tradi- gli stessi mezzi delle analoghe discussioni tra
zionale quali negatori della risurrezione. Non rabbini e Sadducei. Si riscontra cosl una no-
sembra che Giustino conosca meglio coloro tevole affinità con Sahn. b. 9ob, dove i Saddu-
che portano questo nome [W. SCHNEBMEL- cei chiedono a rabban Garmaliele II (90 d.C.
CHER). circa) di portare la prova seritturistica della
I02 Cfr. Mt. 22,23-33; Le. 20,27-40 e i com- risurrezione e~ col. 1136).
II.51 (vn,52) l:et8Bouxeti:oç e HI (R. Meyer) (vn,53) n52

1a folla e in tal modo è più vicino alla stanno predicando si presenta un mani-
fonte dei logia. Analoga è la situazione polo di soldati del tempio agli ordini
per Mt. 16,1, dove, a differenza di Mc.- dei sacerdoti e guidato dal capitano del
8,n, oltre ai Farisei anche i Sadducei tempio. In questo contesto abbiamo la
chiedono a Gesù un «segno dal cielo». frase: xa.t ol ~a&Souxcx.i:ot, &ta.'ltovou-
Infine nel dialogo circa il lievito (Mc. 16, µE\IOL Otà. 'tO ... CX.VTOÙç... XCX.'ta.yyD..ÀEW
5-12) Gesù chiede ai suoi discepoli di È.v •ii> 'l'l}<Tou 'ti}v ocv<l:cr-ra.<TLv -.i'}v È.x
guardarsi «dal lievito dei Farisei e Sad- «e i Sadducei, indignati perché
\IEXpwv,
ducei», mentre Mc. 8,15 nel medesimo ... essi ... annunciavano nella persona di
contesto parla del «lievito dei Farisei e Gesù la risurrezione dei morti» (Act.
di Erode». In Mt. 16,n s. (tradizione 4,1 s.). Queste parole significano che
peculiare matteana) l'evangelista non so- la politica e la teologia del tempio era-
lo cita due volte Farisei e Sadducei in- no determinate dai Sadducei, cosa che
sieme, ma arriva a stabilire un paralle- in effetti corrisponde alla realtà storica
lismo tra la dottrina delle due corren- (~col. n34). A quanto pare, Luca pre-
ti 104, segno evidente che è andata per- senta in questo passo il tema della ri-
duta ogni reale idea delle peculiarità deisurrezione collegato all'atteggiamento O·
due gruppi. stile dei Sadducei per illustrare la pro-
fonda antitesi tra i rappresentanti della
II. Atti degli Apostoli teologia ufficiale della gerarchia del tem-
pio da un lato e la giovane comunità cri-
Rispetto a Matteo, Luca dispone di stiana dall'altro. In pratica tuttavia il
una tradizione migliore che non fa uso contesto narrativo non sottolinea la dif-
stereotipo del termine 'sadduceo' né ferenza dogmatica 106, ma evidentemente
nel vangelo, in cui Le. 20,27 è l'unico il fatto che le autorità del tempio si ve-
passo che si attiene contenutisticamente dono costrette a intervenire perché, da-
al modello di Mc. 12,18, né negli Atti. ti i loro presupposti teologico-politici,
Solo tre volte i Sadducei sono menzio- non potevano tollerare la pretesa esca-
nati negli Atti e anche qui quando si tologica dei discepoli.
parla della fede nella risurrezione. Un altro caso in cui i Sadducei sono
Act. 4,1-22 narra l'arresto degli apo- presentati come esponenti -del medesimo
stoli Pietro e Giovanni mentre parlano principio politico-teolo~ico è Act. 5,17-
presso il tempio (Act. 3,12-26) e il pro; 42, che verte sul medesimo tema, con la
cesso che ne segue 105• Agli apostoli che differenza che o:ra sono incriminati tut-

•i» T6-tE auvi}xa.v lht oòx EfaEv 1tpoutxm1 crcxlwv xcxL l:alìlìouxalwv (Mt. J6,12).
à.1tò -.i)ç ~Ùµ'TJt; 't'WV ll>etptO'et(wv xa.L l:etlìlìou· 1os Cfr. HAENCHEN, Ag., a 4,r -12.
xalwv, à).M à.1tò -t1)ç lìtlìa.xiii; -twv <I>cxpt.- 106 Cfr. WENDT, Ag., a 4 12.
II53 (VI,J3) Lrtòòouxa~oc; e II (R. Mcyer) (VII,J4) IIJ4

ti gli apostoli. All'inizio si dice: «Si al- Boetosiani (~ coll. rr3r s.). Gamaliele
zò il sommo sacerdote e tutti i suoi so- appare come uno dei pochi non sadducei
ci che costituivano il partito dei Sad- che compongono la gerusia.
ducei; presi da zelo misero le mani su- Più attento all'aspetto autenticamente
gli apostoli ... ». La difesa degli apostoli dogmatico è Act. 23,6-9 100• In questo
culmina con l'annuncio di Gesù riella passo Paolo si trova davanti al sinedrio
sua qualità di risorto (vv. 30 ss:), che e, avendo notato che l'assemblea giudi-
provoca la condanna a morte da parte cante è composta in parte da Sadducei
dei Sadducei (v. 33). Anche in questo e in parte da Farisei, esclama: «Sono fa-
caso però non si tratta semplicemente riseo, figlio di farisei; sono chiamato in
di una differenza dogmatica tra i cristia- giudizio a motivo della speranza e della
ni e i loro avversari. Più esplicitamente risurrezione». In questo contesto il mo-
che in Act. 4,1-22, infatti, l'intervento tivo della risurrezione dei morti non è
del fariseo Gamaliele (~ col. 562) in- riferito a Gesù, ma genericamente agli
dica che gli apostoli sono accusati di uomini, in armonia col dogma farisaico;
rivendicare il valore escatologico del il contenuto della 'speranza' quale mo-
loro messaggio e vengono perseguitati tivo d'accusa altro non è che la fede
dalle classi dirigenti della ierocrazia per- nell"eone futuro' visto quale condizione
ché si temono conseguenze politiche. I- del compimento della salvezza (-)o col.
noltre Act. 5,r7-42 - a prescindere dalla x r41 ). Qualche difficoltà crea l'inciso
storicità o meno dell'esposizione 107 - del v. 8: «I Sadducei infatti sostengono
prova che Luca è perfettamente a cono- che non c'è risurrezione, né angeli, né
scenza del ruolo svolto a Gerusalemme spirito». È evidente che la fede nella ri-
dai Sadducei prima della distruzione del surrezione va considerata uno dei dogmi,
tempio: sadduceo è il sommo sacerdote mentre la fede negli angeli e nello spiri-
e cosl pure la seconda autorità dopo di to rappresenta un secondo dogma, poi-
lui, il capitano del tempio (v. 24; cfr. 4, ché la frase continua: «I Farisei invece
I), sadducei sono gli appartenenti alle professano l'una e l'altra cosa». Non ab-
altre famiglie di sommi sacerdoti ai qua- biamo altre fonti che provino che l'anti-
li sono da aggiungere gli altri esponenti ca teologia ortodossa non concedesse
dell'aristocrazia laica di Gerusalemme spazio alla fede negli angeli e negli spiri-
che in buon numero fanno parte della ti. Probabilmente vi è sottintesa l'antica
gerusia, cioè del sinedrio. Si tratta ov- critica della fede tradizionale contro l'an-
viamente della forma di sadduceismo gelologia e demonologia popolari, verso
formatosi sotto Erode e per influsso dei le quali i Farisei avevano mostrato una

m Cfr. lliRNCHEN, Ag., a 5,17-42; inoltre 100 Cfr. HAENCHBN, Ag., a 23,6 ss.
MEYER, op. cii. <-
n. 45) 47 s. 83 ss.
u55 (vn,54) <falvw 1 (F. Lang) (vn,55) u56

notevole apertura, mentre era evidente la storia del cristianesimo primitivo, per-
che l'atteggiamento dei rappresentanti ché nella tradizione di cui fa uso Luca
ufficiali della ierocrazia di Gerusalemme, è ancora vivo il ricordo che, nonostante
di matrice fortemente razionalistica basa- tutte le divergenze che derivano neces-
ta sulla torà e sulla sapienza, vi si op_tJo- sariamente dal contenuto del messaggio
neva e rifiutava la demonizzazione della del vangelo, l'Apostolo è più vicino alla
vita quotidiana. Poiché dunque ora i Fa- fede e alla mentalità popolare, su cui
risei con le parole: «Non troviamo nul- poggia largamente anche il fariseìsnw,
la di male in costui, forse gli ha parlato di quanto non sia la teologia sacerdotale
uno spirito o un angelo» difendono un di Gerusalemme, che viene percepita co-
alleato della loro corrente, l'intero epi- me sadduceismo nel senso peggiore del
sodio finisce in una disputa di scuola termine e quindi considerata lontana
più che in un normale procedimento giu- dalla mentalità dell'Apostolo.
diziario 1tl'J. Act. 23,6-9 è importante per R. MEYER

t cm.lvw
1. Etimologicamente da crrx:vjw, in- tutto dallo scodinzolare del cane all'ap-
doeurop. l"!f!JiO 1; aor. EO"'l'JVOC, dorico E- pressarsi di qualche essere amico. 1. Sen-
rrava. (Pind., Olymp. 4>4L in greco si so proprio, di .solito riferito ai cani. a)
trova a partire da Omero, prevalente- intr.: scodinzolare; o"t'' &v &.µcpt &vocx-i-a
mente presso i poeti. Senofonte, Plato- xuvEç ... o-alvwO"i, «quando attorno al pa-
ne e gli storici precristiani non usano il drone i cani... scodinzolano» (Horn., Od.
termine, che manca anche nelle iscri- io,216 s.; cfr. r6,6); col dativo: oùpfj:
zioni. Il significato fondamentale del Horn., Od. 17,302. b) trans.: "t'~va; sa-
verbo è scodinwlare=muovere qua e là. lutare qualcuno scodinwlando, detto di
L'uso linguistico fu determinato soprat- cani: XUVOC<; Ot "t'OÙ<; Ùq>~XVOUµévouç ...

ttl'J Circa il problema della storicità dell'episo- (1913) 613-615; A. D. KNox, Tò µ'l')lì~va. ual-
dio dr. liAENCHEN, Ag., a 23,6 ss. e la biblio· VEcti>a~ Év -ra.~ç l>Mljlectw -ra.v-tu.~ (I Th. 3,
grafia ivi riportata. 3): JThSt 25 (1924) 290 s.; R. S. PARRY, l:al-
vEui)a~ I Th. 3,3: ibid. 405; I. A. HEIKEL,
cta.lvw Konjecturen zu einigen Stelle11 des neutesta·
LIDDELL-ScOTT, s.v.; DoB., Th. 133.s. n. 3 (rac- mentliche11 Textes: ThStKr 106 (1935) 316;
colta dei testi); E. NESTLE, Ei11 neues W'orl H. CHADWICK, I Th. 3,3 : ua.lvE<rl}a.~: JThSt,
/ur das Wiirterbuch des N.T.: ZNW 7 (1906) N.F. 1 (1950) 156-158; B. R1GAUX, Les ép1tres
361 s.; G. MERCATI, u~alve<rl}a~ ZNW 8 a11x Thessaloniciens, Études bibliques 43
(1907) 242; R. P ERDELWITZ, Z11 ua.lvE<fl><u Év (1956) 469,471 .
-rarç l>Àlljieuw -rmha.~ç I Th. 3,3: ThStKr 86 J Cfr. BmsACQ 848 s.; HoFMANN ,302 s.
1157 (VII,55) ualvw 1-2 (F. Lang) \VII,55) IIJO

cra.lvoucnv WC17tEP -roùc; cruvT}l}Eo--ra:touc;, 231'9 s.]); ingannare, illudere: 1i o'&p'É'J


«cani che salutano scodinzolando quelli ux6-r~ }..i'Jl>ouO'OC µe E<Tcx.w' 'Epwvc;
che arrivano, come intimi amici» (Ari- (Soph., fr. 519 [T.G.F. 256]); cfr. Eur.,
stot., de mirabilibus auscultationibus Rhes. 55; toccare, sconvolgere: i cittadi-
ro9 [p. 84ob 4 ss.] ); di leoni: ot oÈ dini dopo che Pitagora ebbe narrato il
cra.lvouO'l µE, «quelli mi salutano sco- suo presunto viaggio nell'Ade crcx.w6µe-
dinzolando» (Luc., dialogi deomm 12, vot 'toi:c; À.EyoµÉvoic; ÉOtixpu6v 't'E xcx.t
2 ); col dativo: Cerbero Éc; µÈv i.6v-tocc; 0µwsov xaì. ÉntCT'tEuov dvai. -ròv Ilv1'a-
O'CX.LVEL oµwc; oùPi] 't"E xat oucxa·t, «verso y6pcx.v 1ki:6v 'ttVCX., «turbati dalle parole
coloro che entrano fa cenni di saluto con piangevano e gemevano convinti che Pi-
la coda e con le otecchie» (Hes., theog. tagora fosse un essere divino» (Diog. L.
770 s.); cfr. Soph., fr. 625 (T.G.F. 281 ); 8,41). Recentemente il significato di
Aristoph., eq. 1031; di pesci: O"oclvov'teç scuotere, inquietare è stato chiaramente
oùpoclOLO'L 't'Ìj\I XEX't"T}µÉVT}\I (Soph., fr. confermato da un papiro teologico sco-
695 [T.G.F. 296] ). 2. Uso traslato. a) perto nel l 941 a Tura, presso il Cairo.
intr., di persone: adulare, lusingare: vfo.. In un colloquio tra Origene e il vescovo
pd cra.lVELV qnÀ.o't'l'}-CL, «lusingare con a- Eraclide, dopo che sono stati toccati tut-
micizia annacquata» (Aesch., Ag. 798; ti i punti controversi, il filosofo osserva:
cfr. Pers. 97; Pind., Pyth. 2,82); b) 'tà µÈv 7tEpÌ. 't1]c; TtlO"'t't:.Wc;, ocra. EC1'TJVE\I
trans. con l'accusativo dell'oggetto: cer- T]µfic;, cruvE!;,E'tacrih1, «tutti i problemi
care di allontanare con le blandizie un di fede che ci inquietavano sono stat~
destino avverso: cralvrn1 µ6pov (Aesch., analizzati» 2 • Non c'è alcun motivo di ri-
sept. c. Teb. 383.704); eccitare il piacere tenete che Origene a questo punto fosse
della carne con lusinghe: nficra. q>wv'Ìj ... influenzato dal N.T. 3.
q-a.pxoc;
' .,I.~
•1ooVTJV
' y '
acrncx...,oµev11
, xai.' crai.-
'
voucra; (Plut., Col. 30 [II 1125b]); con
Dunque il termine in senso traslato
l'ace. della persona: salutare: cpatopò:
(accusativo avverbiale) yovv ocn'òµµoc- indica prevalentemente lusingare sia co-
'tWV cralvet µe, «mi saluta con esultanza me espressione di autentica simpatia sia
a giudicare dagli occhi» (Soph., Oed. come pretesto (perfidi disegni nascosti
Col. 319 s.); 7tat&6c; µe cra.lveL qiMyyoc;,
«mi saluta una voce di giovine» (Soph., dietro una bella facciata : cfr. il prover-
Ant. l 2 r 4); allietare: où yocp µe cralvet bio <ToclvEtC, O!iXVO\JCfCX. xat XVWV À.a;l-
l}foqicx.'t'a., «non mi allieta l'oracolo» i}a,pyoç (Soph., fr. Boo [T.G.F. 318]).
(Eur., Ion 685); 't'CÌ. À.ey6µt.V(X. ... ualvEt
>t'Ì)v ljlux1}v, «le cose che vengono dette Normalmente viene usato per indicare
... rallegrano l'animo» (Aristot., metaph. sentimenti di gioia. Tuttavia il signifi-
13,3 [p. 109oa 37]); passivo: cralvoµaL cato fondamentale permette talvolta che,
ùrc'ÉÀ.TClooc;, «sono rallegrato dalla spe- in circostanze dolorose, il verbo venga
ranza» (Aesch., Choeph. 194); allettare,
trascinare: <Toclve(J'i)m ... 'tOÙc; t8( i)c.:mx.c:; applicato alla commozione pietosa o al
vnò 'tijç olxELO't'l')'t'oc; (scil. 'tijc; µoucr~­ turbamento profondo.
xijc; TCpòc; 't'à <Tuµn6<Tta.) (Philodem. Phi-
los., de musica 4,17 s. [ von Arnim III .2. Nel giudaismo ellenistico il termi-

2 J. ScHERl!R, Entretien d'Origène avec Hé- Fouad I de Papyrologie: Textes et Documents


raclide .et les évéq11es ses collègues sur le Père, IX (1949) 140 r. 5.
le Fils, et l'Ame, in Publications de la Société l ~ CHADWICK r58.
II.'.59 (vn,55) rralvw 2-4 (F. Lang) (vn,56) u6o

ne è molto raro. I LXX e Filone non ne la salvezza eterna. Tuttavia il fatto che
fanno uso, mentre Flavio Giuseppe gli le antiche traduzioni (lat.: m_oveatur) e
dà il senso di trattare amichevolmente
(bel!. 6,336). gli interpreti gred intendano senza ecce-
zioni il termine nel senso di essere mos-
3. Nel N.T. il verbo compare in un si, scossi, turbati, fa propendere per la
solo passo e al passivo: I Thess. 3,3. seconda interpretazione, che può trovare
Paolo invia a Tessalonica Timoteo, suo sostegno in Diog. L. 8 ,41 (~ col. 5 5) e
collaboratore, per confortare la comuni- nel ·recente reperto papiraceo {~ col. 5 5
tà nella fede: -rò 4 µ'l'}o~va. acclvEcri}a.t 5 lv n. 2 ). Vi è poi anche la conferma del les-
TttXc; i}).,lljJww w.1hmc;. Dai tempi di sicografo Esichio: <Talw:ra.t· XLVE~TCU,
Faber· Stapulensis (blanditiis- corrumpi) craÀ,EVE'trJ.t, •a.pa:t"t"E'ttx.L. Pertanto il sen-
due sono i significati attribuiti ·a <Tal- so è che nessuno sia scosso, turbato nel-
vE(l'i}a~: r. lasciarsi sedurre 6 , oppure 2. la fede dalle prove, nessuno vacilli sul
essere scosso 1 • L'uso linguistico greco solido fondamento della fede (cfr. (j(f..-
corrente raccomanda la prima interpre- À.wili)va.L, 2 Thess. 2,2). Comunque <Ta.l-
tazione, che nel contesto dà anche un VE<Ti}a.L indica il contrario di <T'tTJXELV
buon senso teologico. Le tribolazioni Èv x.upl<p, «stare saldi nel Signore» (I
presenti sono intese come conseguenza Thess. 3,8) o di -tji -i)).,lljl~L Ù1toµÉvEw,
della fede cristiana. Per i neofiti l'ingan~ «pazientare nella tribolazione» (Rom.
no sta nella prospettiva di liberarsi dal- 12,12 ), sia la defezione dalla OTCoµ.ovi')
l'oppressione apostatando da Cristo. A (cfr. 2 Cor. r,6) provocata dalla seduzio.
giudizio dell'Apostolo si tratta di un se- ne o dall'intimidazione.
ducente inganno, perché l'allettante sol- 4. Presso i Padri apostolici il termine
lievo sarebbe pagato con la perdita del- non compare.
F.LANG

4 L'infinito sostantivato col µ1} sostituisce una µ1) oELÀruvE<Tl)a1..


finale con tw.t µ1}; dr. il classico i:ò µ1) dopo 6 Secondo WOHLBNBERG, Th.; J. E. FRAME,
verbi di impedimento (BL.-Th!BR. S 399,3 ap- Commentary on the Epistles o/ St. Paul to
pendice). the Thessalonians, ree 1 (x953); Ziircher Bi-
5 La variante mutila di G µ711ìtv a<Tt. Ev2al}a1. bel, ad l.
è stata completata da --. NESTLE in µTJlìÉva 7 Secondo DoB., Th.; DrnELIUS, Th.; A. 0EP-
cna.lv2al}a1., provar disgusto. K. LACHMANN, Kll, Die Briefe an die Th., N.T. Deutsch 8 1
N.T. graece et latine n (1850) _,21 propone (x955); J. ScHNEIDER, Der kommende Tag,
µ118h1 &.acx{vEal}cxt., non lasciarsi turbare da Urchr. Botschaft x3 ' (1932); A. STErNMANN,
nulla (ào"alvEO"bat. = ào"iial}cxt da i) &a"T), r. 2 . Thess., Die Heilige Schtift des N .T. 5
nausea, affanno). Le due varianti presentano (1935); CH. MAssoN, Les de11x ép11res de Saint
testimonianze incerte. Giustamente non è sta- Pat1l aux Thessaloniciens, C.Ommentaire du
ta accolta la congettura di ~ PERDELWITZ "tb N.T. XI (1957) ad l.
o-axxoç A (G. Stahlin) (vu,57) u62

t o-cixxoc;
SOMMARIO: D. crckxxoc; in età postneotestamentaria.
A. Origine e significalo.
B. U.ro e significato della veste di crine nel A. ORIGINE E SIGNIFICATO
mondo antico, soprattulto nell'A.T.:
r. crcixxoç, veste di stamigna; Il termine O'axxoc; rientra nel novero
2 . .faq, veste di lutto;
di quelle designazioni linguistiche di og-
3. iaq, veste penitenziale;
getti materiali che sono proprie di tutta
4. !aq, veste profetica.
C. cr1hxoç nel N.T.: In civiltà del mondo antico e quindi si
l. cr&:xxoç, modello di oggetti di colore scu-
trovano sia nelle lingue semitiche sia in
ro; quelle indoeuropee 1• È possibile seguir-
2. craxxoç, veste penitenziale; ne il passaggio da Babilonia (accadico
3. crcixxoç, veste profetica. Iaqqu) alla Palestina (ebr. saq) 2 , al man-

o-axxoç Seelenglaube tmd Seelenkult im alten Israel


In generale: (1898) 36-42.45-47.50.52; C. GRiiNErSl!N, Der
Thes. Steph.; MouLT.-MILL.; PREISIGKE, Wort., Ahne11k11ltus u11d die Urreligion Israels (1900)
s.v. uaxxoc;; GEsi::Nms-BUHL; KoHLBR-BAUM- 64 s. 79 s.; G . .HERZOG-HAUSER, art. 'Trauer-
GARTNER, s.v. Jaq; WETTSTE.IN I 384 s. a Mt. kleidung', in PAULY-W. 6 a (1937) 2225-2231;
n,21; II 775 ad Apoc. 6,:rz; S. A. CooK, art. S. KLEIN, Tod und Begriib11is in Paliistina zar
'sackcloth', in EB IV (1903) 4182-4184; J. VAN Zeit der T a1111aiten, Diss. Freiburg i. Br.
DoDEWAARD, art. 'Cilicium', in LexThK 2 2, (1908); F. ScHWALLY, Das Leben nach dem
1203 s.; A. HAucK, art. 'Cilidum', in RE 3 4, Tode (1892) rI-I4; In., Miscelle11: 4) Jaq:
u6; A. HERMANN, art. 'Cilìcium', in RAC m ZAW n (1891) 173-175; R. ZEHNPFUND, art.
127-136; R. lliNDRINGER, art. 'Cilicium', in 'Trauergebriiuche bei den Hebriiern', in RE 3
LexThK 1 2,967 s.; A. H. Hua, art. 'saccus 20,85; H. F. LuTZ, Textiles and Costumes
(Sack)', in PAULY-W. l a (1914) 1622-1624; among the Peoples o/ the Ancient Near .East
H. LECLERCQ, axt. 'Cilice', in DACL 3 (1914) (1923) 176 s.
1623-1625; H. LRSETRE, art. 'Cilice', in Dict. Per B 3:
Bible II 7_59-761; In., art. 'sac', ibid. v :i: 308 H. EMoNDs-B. PoscHMANN, art. 'Busskleid', in
s.; A. MAu, art. 'Cilicium', in PAULY-W. 3 RAC II 812-814; W. ScHRANK, Bab. Siihndten,
(1899) 2545; W. NowACK, art. 'sackcloth', in Leipziger Semitistische Studien 3,1 (x908) 69-
JewEnc x 614 s. 71; SCHLATTER, Komm. Mt., a Mt. u,21;
Per B 1: STRACK-BILLERllECK IV xo3.
K.A.T. 603; J.BENZINGER, Hbr. Archiiologie 1 Per D:
(1927) 73-76; H. BtiiMNER, Technologie tmd G. GRUPP, Kulturgeschichte des Mittelalters
2
11 (1923) 365-367; IV 3 (1924) 101-103; V
3
Terminologie der Gewerbe tmd Kii11ste bei
Griechen und Romem 1 I (1912) :w4; DAL- (1925) 170; VI (1925) 99s.; ].A. }UNGMANN,
MAN, Arbeit V 4 s. 17 s. 163-165.175 s.; K. Die lai. Bussriten (:i:932) 48 s. 58 s. e passim;
GALLlNG, art. 'Kleidung', in BR 337; R. KIT- B. PoscHMANN, Paenitentia sec11nda. Die
TEL, Die Biicher der Konige, Handkomm. A.T. kirchliche Busse im iiltesten Christe11tum bis
I 5 (1900) a I Reg. 21,27; 2 Reg. 1,8; a 2 Reg. Cyprian tmd Orige11es (1940); In., Die abend-
6,30; S. KRAuss, Ta/mudische Archiiologie I /a11dische Kircbe11busse im Ausgang des christ-
(1910) 7 s. 138.277 n. 85.534 nn. ro7.1n; F. lichen Altertums (1928) x8 s. 89 s. 148 s. 168.
NorscHER, Bibl. Altertumskunde (1940) 60; 1 Cfr. O. ScHRADBR-A. NEHRING, art. 'Sack', in

ScH"URER II 80 n. 219; P. THOMSl!N, art. 'Klei- Reallexikon fiir idg. Altertumskunde 2 II


dung', in RLV 6, 390 s, (1929) 270.
Per B 2: 2 Cfr. K.A.T. 603.650; H. ZIMMBRN, Akkadi-
J. FREY, Die altisraelitische Totentrauer, Diss. sche Fremdworter als Beweis fiir bah. Kultur-
Jurjew (Dorpat) (1898) 4-10.13-15; In., Tod, einf/ws' (1917) 67; KoHLER-BAUMGARTNER,
u63.(vn,_57) cnhxoç A (G. Stiihlin)

do greco e latino (saccus) 3 e di qui nelle zione di tende 9 • Perciò questa stoffa fu
lingue moderne (sacco, Sack, sack, sac anche chiamata cilicium 10 (per es. Plin.,
ecc.); forse il passaggio dalle lingue se- nat. hist. 6,I43: [tabernacula] quae ci-
mitiche a quelle indoeuropee è stato me- liciis metantur, «tende che vengono
diato in modo determinante dal com- montate con teli di crine»), che in la-
mercio fenicio 4 • tino, soprattutto nelle versioni latine
della Bibbia, è sinonimo di saccus. Poi-
Il significato originario di <r<ixxoc; 5 ché nei paesi di confezione il mantello
non è quello di sacco nell'accezione del delle capre di soli.to è bruno o nero (cfr.
termine comune oggi, ma r. stamigna, Cant. 4,I; 6,5 ), anche la stoffa che se ne
cioè tessuto grossolano (non feltro 6 ), ricava e le tende 11 , le vele, i tappeti, gli
solitamente di crine di capra 7, ma anche abiti ecc. che se ne confezionano hanno
di cammello, cfr. Mt. 3,4 (---+ n. 54), e di un colore scuro o nero (cfr. x Sam. 19,
altri animali. Veniva tessuta in vari pae- I3.I6; Cant. r,5; Ecclus 25,I7, cod. B;
si dell'area mediterranea, ma soprattut- Apoc. 6,I2 (~col. 6I); I Clem. 8,3 (~
to in Cilicia 8, che ne esportava una no- col. 63). Il nome saq-craxxoc; passò dalla
tevole quantità soprattutto per la confe- stoffa ad alcuni oggetti che ne erano fat-
s.v. iaq; ~ SCHWALLY, Miscellen i74: forse BES, Studies in A11cietJt Tech11ology IV (1956)
è egiziano. 58 cfr. 63, non prende in considerazione la
3 Cfr. H. LEWY, Die semitische11 Lehnworter stoffa di lana caprina in quanto economica-
im Griech. (1895) 87; WALDE.-HOFMANN Il mente irrilevante.
8 Cfr. Plin., nat. hist. 8,203; ]. FINE.GAN, Light
459.
4 Cfr. T. K. CHEYNE, art. 'sack', in EB IV /rom 'the Ancient East (1946) 255: «Sul mas-
4182. siccio del Tauro, coperto di nevi fino al mese
s In greco la grafia varia tra la forma attica di maggio, vivono e prosperano magnifiche ca-
con un solo x (per es. Aristoph., Ach. 822; pre, la cui lana è stata a lungo famosa per ro-
Ecci. 502) e quella dorica con xx (per es. bustezza e durata . Questa lana viene filata e
Aristoph., Ach. 745 in bocca a un megarese); tessuta a formare una tela robusta, nota in an-
dr. Phryn., ecl. 229 e altri antichi grammatici tichità col nome di cilicimn dalla ·provincia di
presso The>. Stepb., s.v. Entrambe le forme si origine. Il tessuto serviva poi a costruire ten-
trovano nelle iscrizioni e nei papiri, cfr. i pas· de o altri oggetti d'uso».
si in PAssow, LIDDELL-Scorr, P.REISIGKE, 9 Non si sa se è questo il motivo per cui Pao-
Wort., s.v.; anche per il diminutivo aax(x)lov lo di Tarso, città in cui ancor oggi esiste que-
si nota la medesima oscillazione. È prevalsa la sto tipo di artigianato, era uno O"XTJ\IOltOL6<;
forma aaxxoc;, che è l'unica ad apparire nei (Act. x8,3), come sostengono tra gli altri Sc~rii­
LXX e nel N.T. L'Esapla in ljl 29,12 col. b RER II 80 n. 2r9; STRACK-BJLLERBECK JI 746 s.
trascrive Jq con C1EXKt. Di solito gli antichi davano a ax'l)\I01to~6ç un
6 Come ritiene erroneamente ScHi.iRER n 80 altro significato, cioè quello di cuoiaio, sellaio,
ri. 2.1 9;_ che si trattasse di un tessuto risulta ed è questo il senso attribuitogli anche da
inequivocabilmente da S. Lev. n,32 (214a) cfr. molti autori moderni, cfr. ZAHN, Ag. a x8,3
STRACK-IlILLERl!ECK II 746 n. l e S. Nt1111. 157 con n. 10; ]AcKSON-LAKE I 4,223 ad Act. 18,3;
a 3 x,20 alla fìne. HAENCHEN, Apg. a 18,3 n. 3.
7 Cfr. Hcsych., s.v. aaxoc; c.tt'yELoc;, Nmn. 31, IO Cilicium compare come barbarismo anche
io; S. N11m. 157 a 31,20; --> Coox 4182; ~ nella lingua dei rabbini: qilqi, per es. S. Lev.
HAUCK 216; ~ HERMANN 127; --> HINDRINGER 53b; Shabb. b. 64a; dr. ScHi.iRER II 80 n . 219;
967; · ~ LECLERCQ 1623; ~ LESÉTRE 760; DALMAN, Arbeit v 163 n. 1; ~ KRAuss 534
~ MAu 2545; ~ NowAcK 614; ~ THOMSEN n. xn; LEVY, Wort. IV 293, s.v.
390; B. TRJSTRAM, The Natural History o/ u Cfr. DALMAN, Arbeit vi 29 s. e l'illustrazio-
the Bible 1 (1883) 66; DALMAN, Arbeit v 17 ne 1811. Questa stoffa di crine scuro servl an-
s. i63 con nn. 1,165.175 s .; ~ BLtiMNER 204. che a costruire la tenda dell'alleanza, cfr. Ex.
La recente competente trattazione di R. ]. FoR- 26,7; 35,6.23.26; 36,14.
uaxxoc; A-B I (G. Stiihlin) (vn,58) n66

ti, soprattutto 2. il sacco 12, per es. Gen. pelli, la cuffietta 18•
42,25 .27.35 13 ; Ios. 9,4; Hdt. 9,80; Ari-
stoph., Lys. 1209; Poli., onom. 10,64; B. USO E SIGNIFICATO DELLA VESTE DI
CRINE (faq 19 ) NEL MONDO ANTICO E
3. il tappeto, per es. Esth. 4,3; cfr. an-
SOPRATTUTTO NELL'A.T.
che 2 Sam. i.I,10; Flav. Ios., ant. i9,
349; Eus., hist. eccl. 2,10,5; Theodoret. r . Se si prende in considerazione la
1
I ,24,1 (-...+ n. 47); 4· fa veste di crine 4, storia della civiltà e della religione, ma
indossata soprattutto come segno di lut- soprattutto il N.T., il significato primo
to e di penitenza(~ B), ma anche come di cr«ixxoc; è quello di veste di crine. In
grembiale da lavoro, dr. Herm., sim. 8, quanto veste di lutto e~ u67 ss.) e di
'Y
4,r: 7'Ept-,,wcra.t ' •'\
wµo11.tvov IS '
... Ex '
cra.x- penitenza e~ u69ss. l174ss.) sem-
xov yEyOVÒç xai}a.poV. Inoltre CTaXXOç bra essere un'antica tradizione del mon-
può indicare alcuni altri oggetti fatti di do semitico lll; inoltre fìn da tempi re-
crine, per es. 5. il setaccio, il vaglio 16, moti è attestato quale veste del profeta
ad es. P. Hamb. 10a9: crtixxot >tplxt- e~ II77 s.). Probabilmente esso tra-
vot, e infine oggetti per un certo verso manda una forma primordiale della ve-
somiglianti alla tela di sacco, quali 6. ste dell'uomo (cfr. Gen. 3,7.2r) 21 , in-
una barba ruvida 11 (Aristoph., Ecci. dossata in luoghi e tempi che hanno
502 ), oppure oggetti a forma di sacco, un significato caratteristico, di solito re-
come 7. la crocchia, la reticella per ca- ligioso 22 ; cioè forse in origine il saq non

12 Cfr. ~ HuG 1622 s. Da questo derivano indicare chi porta una veste cli crine, per es.
aaxxll'.,w, feltrare (Hesych., s.v.: l1tt 't"OU è.xxe:- Plut., instituta Laconica 37 (II 239c); dr. an-
vw<rat Òtà XÀ01tTJV 't"OÙç <raXXOVç); O'ct.XXOq>6- che Iust., dia/. 107,2 (uaxxocpopÉw e iT<xxxo-
poc; (<raxoqi6poc;), uaxxny6c;, uaxxéic; (sopran- qioplo:); per i gruppi ascetici dei cro:xxoip6poL
nome del filosofo Ammonio Sacca a motivo sorti in epoca successiva cfr. ~ col. u82.
della sua precedente attività), lat. saccarius = u Naturalmente non significa sdalle (da wµoc;,
colui che porta il sacco; dr. A. H. HuG, art. secondo H. WBINEL citato da HxlNNRCKE 2, ad
'Saccarius', in PAULY-W. l a (1914) 1620; E . /.) ma un grembiale grezzo (da wµoc;; giusta-
ZIEDAR'l'H, art. cmxxoqi6poc;, in PAULY-W. mente DIBl!LIUS, Herm., ad l.: u11a specie di
Supplement 7 (1940) 120o; inoltre ~ LESÈ· grembiale confezionato con stoffa di crine o
TRE, art, 'sac' con numerosi riferimenti e due lana caprina).
riproduzioni di antiche raffigurazioni. Per uax- 16 Cfr. ~ HuG 1624. Da questo derivano cra-
xoc; quale-unità di misura {= il carico di un XEVW, uo:xl~w, qaxEÀl~w, filtrare.
asino) dr. F. PREISIGKI!, Korn/rachte11 im 17 Cfr. l'uso di qilqi (~ n. xo) in Miq. 9,2.
Faijlim: APF 3 (1906) 45-54, specialmente 47 13 Cfr. ~ HuG 1623 s. e i derivati O"ct.XXOTC>..6-
n . r. xoc;, cro:xxvqiav't'r}c;, saccarit1s <~ n. r:z), fab-
13 In Ge11. 42-44 in luogo di .faq lo Jahvista briàmte di ct1/fie; cfr. anche V. RYSSEL, Sir.,
usa 'amtapat; i LXX lo sostituiscono con µap- in KAUTZSCH, Apokr. 360 n. f, a 25,17.
CTtr.7toç, borsa, che in un caso (4:z,27) traduce 19 Useremo d'ora in poi questa trascrizione
anche .Saq; in tutti gli altri casi i LXX tradu- per indicare la veste di crine da distinguere
cono Jaq con uaxxoc; (per Aquila e Simmaco è dal vocabolo italiano 'sacco', il cui senso str~t­
attestato solo in 29,u, per la Quinta, oltre a to è più limitato del-termine affine ebraico o
questo passo, è attestato anche in ~ 34,r3) greco.
[BBRTRAM]. :zo Cfr. ~ EDMÒNDS 812; ~ SCHRANK 69 s. 61
l~ La forma piena è l'btiJ faq (Esth. 4,2), veste n, r.
di crine di capra, grec. 't"PlXLvoc; gvlìuµa, per 21 Cfr. tra gli altri~ BENZINGER 75.
es. Athanasius, vita Anto11ii 91 {MPG 26 22 Cfr. ~- ScHWALLY, Lebe11 12; ~ K1Tl'EL
( 1857] 972 B) e sim., lat. saccea tt1nica, 159; ~ CooK 4183; ~ VI, col. l49I n. 16; M.
Hier., in Is. 20,1 (MPL :z4 [1845] 188 D). ]ASTROW, Bari11g of the Arm and Shot1lder as
Pertanto craxxoqi6poc; (~ n. 12) può anche a Sig11 o/Mourning: ZAW 22 (1902) II7-120.
u6.xxoi; B I -:z (G. Stahlin) (vn,59) II68

era che un perizoma 23, più tardi sicura· va un significato particolare allorché il
mente ampliato i 4 _ In seguito venne fis- saq era usato come veste di lutto 28 , per-
sato ai fianchi (cfr. Gen. 37'34; I Reg. ché lasciava scoperto il pe_tto da bat-
20,31 s.; Is. 20,2; Iudith 4,14; 8s e tere (cfr. per es. Ir. 32,II [v, coli .
passim) per mezzo di una cintura (dr. 780.785.797.809]). In questo contesto
Mt. l,6 par.) o con corda (Is. 3,24), e di acquistava importanza anche la tinta scu-
solito indossato quale unica veste sul ra della tela di faq, in quanto era il co-
corpo nudo 25 • In certi casi la parte di lore usato presso numerosi popoli fin
stoffa sopra la cintura ricadeva su quella dall'antichità per indicare il lutto 'l!J_
inferiore 2.6 lasciando scoperto il busto Questa consuetudine del faq di lutto,
della persona v . insieme con altti riti di mestizia, aveva i
suoi modelli nell'ambiente intorno ad
2. Questo modo di vestire assume- Israele 30 ed era una tradizione costante

Forse era anche un ritorno ad una foggia di (con bibl.); --+ BENZINGER r34; A. BERTHOLET,
vestire arcaica; cfr. --> THOMSEN 390 s. Giu- Kt1lturgescbichte Israels (1919) x39; --> v,
stamente in questo contesto (per es. da parte col. 797. Si sono formulate diverse ipotesi per
di --> SCHWALLY, Miscellen x74 s.) si ricorda spiegare perché si portava il Jaq proprio du·
spesso il fenomeno analogo dell'ipram (una rante il lutto: 1. in origine deriva dal culto
specie di perizoma) indossato dai pellegrini dei morti: ci si avvicinava al morto indossan-
musulmani che si recano alla Mecca. do il Jaq in atteggiamento di umile supplica
21 --+ SCHWALLY, Leben 12; ~ BENZINGER 75; (--> ScHWALLY, Lebe11 n); 2. affonda le sue
--> Coox 4182; DALMAN, Arbeit v 202. origini nella credenza che ci si doveva difen-
24 Cfr. --+ GRiiNEISEN 64. Che il saq avesse dere dagli spiriti dei defunti; perciò vi era
una certa dimensione è provato tra l'altro dal l'usanza funebre di indossare il minimo indi-
fatto che era usato come coperta o stuoia per .spensabile o di spogliarsi completamente, per-
dormire (cfr. 2 Sam. 2r,ro) e come tappeto su ché lo spirito del defunto non ·potesse aggrap-
cui svolgere le pratiche penitenziali (--+ n. 47). parsi all'abito; 3. per timore della potenza del-
25 Talvolta il !aq era. portato sotto la veste la morte, «perché la casa del defunto è un
vera e propria (e quindi direttamente a con- tempio della morte» (dr. H. J. ELHORST, Die
tatto con la pelle) come in 2 Reg. 6,30 (lo israelitischen Trauerriten, in Festschrift. fiir
stesso vale nella tarda antichità --+ lliRMANN J. Wellhausen, ZAW Beih. 27 [1914) u7-
134), oppure anche sopra il vestito consueto, 128). Probabilmente la risposta esatta va cer-
come dice probabilmente !on. 3,6; cfr. special- cata nell'idea che nell'esperienza del limite
mente Flav. los., ant. 5,37:_ uaxxoui; tm:vBvv- della mprte l'uomo indossa il vestito più sem-
·nc; 't"CX.~ a'toÀcx.i:<;, dove tuttavia Flavio Giu- plice tramandato dagli avi, che, oltre al lutto,
seppe proietta nel passato l'usanza del suo esprime l'umiltà davanti alle potenze a cui
tempo. Qualcosa di analogo vale già per Iudith l'uomo è soggetto.
9,I, dove il Jaq è abbinato all'abito delle ve- '.19 Eur., Aie. 440; Or. 458; Hel. ro88; dr.
dove. Diversa è l'opinione di --> GRiiNEISEN Diod. S. 19,106: ElWDani.... l'lte~Sètv µElswv
79: il Jaq è una sopravveste indossata sopra la 'ti.<; !hUX~ ylVT)'t«L 'l\Ept -ri)v '1t6ÀLV, µi)..wn
sottoveste. O'aXXOL<; XCX.'tr.t.Xa.ÀU'l>'tEW 'tÒ'. 'tElX.TJ, --> µDo.ac;
2-i Cfr_ A.O.B. :6g. 198. vr, col. r487 con n. 4; col. 1490 con n. u; F.
ZT Cfr. Ier. 48,37; 2 Mach. 3,19 (V'ltE~WO'µÉ· DELITZSCH, art. 'Farben in der Bibel', in· RE 1
vcx.~. .. Ù'ltÒ -.oùi; µcx.ct'toùi; cx.t. yuvcx.~xE<; .O'ax- 5,759 s.; DALMAN, Arbeit V 214; ~ HERZOG-
xovi;); ~ GALLING 337; A.0.B. :fig. 665 e r98; HAusER 1226-1230; G. R.ADKE, Die Bedeutung
in senso analogo a questa descrizione vanno der weissen und der schwart.etJ Farbe in K11lt
intese certe formulazioni, quali t11L 'ltaO"'IJ<; t1t1d Brauch der Griechen und Romer, Diss.
611cpuoc; u6.xxoc; (Iep. 31,37 (48,37 ]) e simili. Berlin (1936) 69-73; P. STRNGEL, Opferge-
u Cfr. --+ BENZlNGER 75.78; In., art. 'Kleider briiuche der Griechen (1910) r35; WETTSTElN
und Geschmeide', in RE 3 I0,519 s.; circa i Il 775.
riti funebri in genere --> GRtlNElSEN 6I-I04 30 Cfr. A.O.B. 64 con fig. 198 (dall'Egitto);
ucbcxoç B 2-3 (G. Stiihlin) (vn,60) II70

sia del cordoglio privato (per es. Gen. la tradizione penitenziale prese _piede in
37,34 e quindi Flav. los., ant. 2,38; 2 tempi remoti anche in Israele 3z. Indos-
Sam. 21,10; Ioel 1,8; Iudith 8,5) sia di
quello pubblico (per es. 2 Sam. 3,31 e sare il saq costituiva un segno nel senso
quindi Flav. Ios., ant. 7,40; dr. ls. 3, d'una azione simbolica 33 mediante cui
24; ler. 6,26; 48a7). si attua ciò che viene rappresentato.
Cambiare il proprio aspetto esteriore in-
3. Oltre che per il lutto, ben presto dossando il faq e spesso insieme cospar-
il saq fu indossato nel mondo orientale gendo il capo di cenere (~ n.' 48 ), ra-
come abito penitenziale davanti a divini- dendo barba e capelli (cfr. Ecclus 25,17,
tà e ad uomini; la profonda radice co- var.) rappresentava 34 un profondo atto
mune dei due usi sono i motivi dell'affli- di umiliazione 35, sia davanti a Dio (per
zione e dell'umiliazione di sé. Sorta es. 2 Reg. 19,1 36; I Chron. 21,16) sia da .
probabilmente in ambiente babilonese 31 , vanti ad uomini (per es. I Reg. 20,3 r

191 con fig. 665 (da Biblo), anche~ GALLINO, noltre C. A. l<ELLER, Das W ori Oth als 'Of-
lìg. 7. Quali segni di lutto presso i primi Greci f enharrmgszeichen Gottes', Diss. Basel (1946);
non troviamo una veste come il Jaq, ma sol- G. STAHLIN, Die Gleichnishandlungen ]esu,
tanto la cenere e sim. (Horn., Il. 18,22-27; 24, in Kosmos und Ekklesia, Festschrift fiir W.
164 s.); tuttavia Plut., instituta Laconica 37 STAHLIN ( 1953) 9-22.
(II 239c) narra: uaxxo<p6pov à.vED..ov lìLb-tL ~ Il faq può anche essere segno di umiliazio-
,,;o;pucpTjv [fregio) E~ "TÒ\I UdXXO\I ÈVÉ~a."M; ne subita ad opera d'altri, per es. come abito
si tratta probabilmente di un'usanza spartana dei prigionieri di guerra, dr. Is. 3,24, accanto
d'età classica. al marchio di fuoco. Cosl può spiegarsi an-
31 Cfr. 4 SCHRANK 69 s.; K.A.T. 393 (con d0- che l'atteggiamento della gente di Benadad (1
cumentazione); H. WrNCKLER, Altorienlalische Reg. 20,31 s.), che si offre da sé prigioniera di
Forschrmgen II l (1898) 29.35.44. guerra ad Achab. Cfr. ~ GRilNEISEN 64 s. 86.
88, che interpreta il rapporto nel senso che i
l2 In origine il mondo greco non aveva vesti prigionieri di guerra in origine erano soggetti
penitenziali specifiche(~ n . 30); per es. i noti all'anatema e per questo portavano la. veste di
penitenti nel mondo sotterraneo (dr. tra gli lutto.
aitri NILSSON 1 2 690 s. 825) non le indossano. lS Cfr. la significativa interpretazione rabbini-
ll u6.xxoç è entrato nel mondo ellenistico solo ca in T aan. b. 16a (STRACK-BILLERBECK IV 84
insieme coi culti semitici, per es. del dio Sa- n. 4): perché si indossano abiti di sacco? R.
bazio e della dea Siria; cfr. Menand., Deisi- Hijja ben Abba (300 circa) ha ·detto che in
daimon presso Porphyr., abst. 4,15 a proposito tal modo si intende affermare: «Ecco, siamo
dei Siri e Plut., supersl. 7 (U 168d) probabil- considerati come animali» (perché il Jaq è tes-
mente in riferimento a un seguace di culti suto di ruvido crine ~ n. 59). :B improbabile
frigio-siri (a questo riguardo - EMoNDs 813, l'ipotesi proposta da~ ScHWALLY, Leben 12,
dove si ricordano analoghi oggetti anche nel secondo cui in quanto antico indumento di
culto di Ermete Trismegisto); F. CuMoNT, Die schiavi il Jaq esprime in modo tangibile l'at-
orientalischen Religionen im romischen Hei- teggiamento servile non solo davanti a Dio e
dentum 4 (1959) 37 con n. 41; i testi citati agli uomini, ai quali ci si avvicina in umile' at-
(dr. soprattutto anche Ca.tal. Cod. Astr. Graec. teggiamento di supplica, ma anche davanti ai
VIII 4, 14812; 165,16) si trovano anche in morti.
STEINLEITNl!R 72 s., cfr. xx3 s., e in PREU· 36 Analogamente in questo caso (v. 2) vengo-
SCHEN-BAUER .. s.v. crcixxoç. no inviati a Isaia messaggeri vestiti di sacco
33 Cfr. G . FoHRER, Die symboliscben Handlun· perché chiedano l'intercessione del profeta;
gen der Propheten (1953) specialm. 91-97; i- cfr. anche Esth. 4,17k.
u71 (vn,60) cra"xoç B 3 - C (G. Stahlin) (vn,61) 1172

s.) 37, per ottenere cosi benevolenza eri- dotte a puri formalismi incorre nel giu-
conciliazione e prevenire una disgrazia dizio di condanna dei profeti (cfr. Is.
incombente 38• Talvolta per sottolineare 58,5) . Ciò nonostante il saq rimase una
il sentimento di penitenza ·s i portava il tradizione costante nel giudaismo; spes-
saq anche di notte (cfr. I Reg. 21,27; so venne indossato durante U digiuno
loel l,13). Lo si indossava soprattutto (cfr. per es. già Ps. 35,13, ~ n. 48), an-
in casi di grandi sventure nazionali (per zi si giunse persino ad attribuirgli effica-
es. 2 Reg. 6,30; Don. 9,3; I Mach. 3>47), cia teurgica quale sussidio della preghie-
come pure in momenti di pericolo per ra 40 (cfr. ~ n. 38).
tutto il popolo (per es. Estb. 4,1 s.; Is.
4. Circa l'uso di saq quale veste pro-
22,12; Ier. 6,26; Ion. 3S s. 8) 39, in par-
fetica ~ coll. n77 s.
ticolare in vista dell'imminente catastro-
fe escatologica (Ioel 1,13; dr. Am. 8,
lo; Ez. 7,18). Ma il saq viene del pa-
c. O'élxxoç NEL N.T.
ri indossato anche in casi di tribola- Nel N.T. cnhxoç si trova solo quattro
zione personale per sottolineare la ri- volte e sempre nel senso di veste di cri-
chiesta di aiuto (cfr. Ps. 30,12; 35,13; ne (~ col. n66), una volta (con dupli-
69,12; Flav. los., ant. 7,154). ce attestazione: Mt. u,21=Lc. 10,13)
Nel processo di ritualizzazione delle come abito penitenziale, un'altra volta
vive consuetudini religiose, anche il saq (Apoc. l r ,J) come vestito del profeta e
diventò un tipico rito penitenziale (cfr. una volta (Apoc. 6,12) come tertium
Neem. 9,1; lob 16,15; Ion. 3,5-8; Dan. comparationis in un confronto col colo..
9,3) e insieme con altre cerimonie ri- re nero.

37 Cfr. il rilievo, spesso riprodotto, di Sen- (Ion. 3,8), possono essere obbligati a compiere
nacherib a Ninive (Kujundshik), che raffigura le pratiche penitenziali del digiuno e del saq·;
la conquista della città di Lachis (tra Ebron e a questo proposito si ricordi che nella storia e
Gaza), per es. presso A. LEGENDRE, art. 'La- . riegli usi popolari si attesta la partecipazione
chis', in Dict. Bible IV 23 fìg. n; G. E. di animali al lutto, per es. Plut., Aristides r4
WRIGHT, Biblische Archiiologie (1958) 163 s. (1 327): vengono tosati i cavalli e i muli; dr.
fig. u6.n7: gli abitanti di Lachis si presen- E. F. C. RosENMULLER, Scholia in Vetus Testa:
tano al conquistatore in vesti di penitenza (tut- mentum 7,2' (182;7) 394 s. a !on. 3,8. Il li-
tavia l'interpretazione è incerta), bro di Giona descrive la sincera penitenza dei
Niniviti coi colori delle cerimonie penitenziali
38 Cfr. le scene con la µf>. .awa eubi}ç in Flav. ormai usu.ali 'nel suo tempo. .
Ios., vit. 138; ant. 14,172; ~ K.RAuss l .550 40 Cfr. la sentenza di un certo R. Helbo (300
n. 211; per la tarda antichità ~ HBRMANN circa) in STRACK-BILLERBECK JV 103: chi in-
i34. Evidememente si attribuiva al Jaq un'effi- dossa il !aq e digiuna, prima di deporlo avrà
cacia addirittura evocativa su coloro che erano ricevuto l'oggetto della sua domanda; altret-
supplicati da chi l'indossava; cfr. Flav. Ios., 2, tanto sostiene Jalqut R11beni 55d a Gen. 33,r
237; ~ n.40. (STRACK-BJLLE RBECK I 605): ciò che più rac-
39 Perciò in siffatti casi l'intero popolo, e in comanda l'uso del Jaq è che la preghiera del-
alcune circostanze anche gli animali domestici l'uomo non ritorna vuota.
u73 (vu,61) CilXxXcc; e I-2 (G. Stahlin) (vn,62) II74

1. crcixxoc; come modello di oggetti di come nell'apocalisse sinottica l'oscura-


colore scuro. Apoc. 6,12: xa.t ò fjÀ.~oc; mento precede immediatamente la paru-
ÈyÉ\IE'tO µÉÀ.ac; wc; craxxoc; 'tptXWO<;, «e sia del Figlio dell'uomo (Mc. 13,24 ss.).
il sole divenne nero come un telo di cri-
ne». Il colore nero, oltre ad essere segno 2. craxxoc; come veste penitenziale.
fondamentale di rudezza e di una sem- Nelle parole che Gesù rivolge alle città
plicità che dimostra umiltà(-> col. 1168 di Galilea che l'hanno rifiutato (parole
con n. 29), è anche una caratteristica del che provengono dalla fonte Q: Mt. II,
craxxoc;. Perciò l'oscuramento escatolo- 21 =Le. 10,13) craxxoc; è segno di con-
gico del sole {~ o-xo-.l~w) 41 può essere versione e penitenza: d Èv Tupcp xat
raffigurato, tra l'altro, con l'immagine ~LOWVL ÈyÉ\IO\l'l'O (Le.: ÉyEv1}i>1]0'0C\I) cd
dell'indossare il crcixxoc; (~ VI, col. ouvciµELç al j"EVOµE\l<X:L ÈV uµt\I, TCciÀ.oct
1491)42. &\I È\I O'aXXCfl xai O''JtOOW (Le.: + xcx.-
Il modello diretto è Is. 50,3. Il moti- i}i)µEVOL) µE'tE\/OlJO'OCV, «se a Tiro e a Si-
vo comune dell'oscuramento del sole, done fossero avvenuti i prodigi che sono
per il quale si può risalire fino agli omi- stati compiuti in mezzo a voi, già da
na dell'èra maledetta dei Babilonesi 43 , ri-
torna spesso nell'escatologia veterotesta- tempo avrebbero fatto penitenza in cili-
mentaria, tardogiudaica e precristiana 44 ; cio e cenere». Luca, che di solido tra-
cfr. Am. 8,9; Is. 13,ro; Ioel 3A = Act. smette i logia alla lettera, aggiungendo
2,20, donde anche ass. Mos. 10,5; Ioel
xa.i>1}µE\IOL dopo 0'1tOO@ fa vedere chia-
4,15; Eccl. 12,2; Hen. 102,2; Sib. 3,801
s.; 5,476-482; Mc. 13,24 par.; Le. 21, ramente che la sua concezione è al-
25 e 23.44 s.; Apoc. 9,2 che deriva da quanto diversa da quella di M_atteo:
Ioel 2,10. questi intende il crchxoc; come una veste
In Apoc. 6,12 l'oscuramento del sole e si tiferisce alla cenere con cui ci si co-
è uno degli avvenimenti che, all'apertu- sparge il .capo, mentre Luca probabil-
ra del sigillo, dischiudono la i]µÉpoc µE- mente indica lo star seduto 46 'come atto
ycH:ri -.ijc; opyljc;, «il grande giorno del- di cordoglio (~IV, 1332 s.), il craxxoc;
1'ira» (v. 17 ~ VIII, u28.1208) 45, cosl come tappeto su cui si compiono i riti

41 Non è il caso cli pensare all'effetto del ter- ìl cielo sarà coperto da un craxxoc; (cilicium).
remoto menzionato immediatamente prima 41 Cfr. K.A.T. 393·
(cosl intende BoussET, Apok., ad l.) né ad ..iCfr. tra gli altri CLEMl!N 142-144; BouSSl!T,
un'eclissi o nube oscura come in Ez. 32,z; Apok., a 6,12.
Ioel 2,2; cfr. a questo riguardo F. BoLL, At1s 45 Cfr. J. BEHM, Die Offe11bartmg des ]oban-
der Offenbartmg ]oh. (19r4) 17 con n. 5; inol- ne!, N.T. Deutsch I I 1 (1956) ad l.: già balena
tre CLEMEN 391. . il grande giorno dell'ira.
42 Cfr. St1k. b. 29a: quando il sole ha l'aspetto 46 In seguito durante l'esorcismo battesimale
di un faq, i dardi della fame percorrono il invalse anche l'uso di stare in piedi sul <rch-
mondo; cfr. STRACK-BILl.ERBECK I 955 a Mt. xoc;; cfr. F. J. DoLGER, Der Exor:cism11s im
24,29. Secondo Hier., adv_Pelag. 2,3 (MUL 23 altchristliche11 Taufritual (x909) n4-u8; J.
[1883] 589 C.D) nel giorno del giudizio tutto QuASTEN, Tbeodore o/ Mopsuestia on the
n75 (vn,6.z) ua:x:xoç C 2 (G. Stiihlin)

penitenziali 47 e lo 0"7too6c; come luogo in tanza al saq in quanto tale o a simili


cui stanno coloro che fanno peniten- consuetudini, ma alla conversione 50•
za 48 • In entrambi i casi o-6.xxoc; xai 0"7t0- Probabilmente nel suo logion pensava
06c; sono i segni esterni dell'umilia- all'immagine della µE't<i\IOLCX. ninivita de-
zione e del dolore, perciò della µE'ta- scritta in Ion. 3.4 ss., che in Matteo e
voia interna, senza che Gesù intendesse Luca ritorna poco dopo in un passo ana-
affermare la necessità che gli uomini logo (Mt. 12,41; Le. rxa2). In ambedue
compissero proprio questi atti esterni 49 • i casi i pagani vengono contrapposti ad
Certamente egli non attribuisce impor- Israele impenitente 51•

Exorcism o/ the Cilicium: HThR 35 (1942) Iust., dial. 15,4 (diverso è Bam. 3,:1. per l'ag-
20!)-219; ~ HERMANN 131. giunta di l'VOUC11')ai>t); Esth. 4,3: cr6.xxov xu.L
47 Anche nell'A.T. e nel giudaismo talvolta il <T7tolìò'V fo'tpwO'rt.'11 fo.u't'oi:c;, Taan. j . 4,8 (68d
faq venne usato come tappeto penitenziale, dr. 54): joleb 'al haifaq w"at ha'e/er; probabil-
Is. 58,5; Esth. 4,3; Flav. los., ant. 19,349; an- mente anche Bam. 7,5: -roi:i Àao\i VY)a''tEUO'V·
che Eus., hist. eccl. 2,10,8 : alla morte di Erode -.oc; xat xop;'foµÉ"Vov Èp;t craxxov xat rnolìov.
Agrippa I (cfr. Act. 12,23) tutta la folla, com- La stessa coordinazione craxxoc; xat cr1to86ç=
prese le donne e i bambini, lp;t ua:XXW'\I (Eus.: cinis et citicium ritornerà spesso in seguito
11axxo'V) xal>Eai>E~ua (Rufino: mpra cilicia nella pratica p enitenziale e~ col. n79), per
strati) -.i;> 'J'Ca"l'pl<i) "V6µ1t1 -rÒ'V i>EÒ'V Lxl't'EUO'V es. in Tertull. de pae11itentia 9A (CSEL 76 p.
\mÈp 't'OV PmnMwç. Il tema della fedeltà alla 163,n); dr. ~ VII, col. 1193; ~ ]UNGMANN
legge nell'indossare il aaxxoc; viene spesso sot- 48.43.58 s., e precisamente a volte si impone
tolineato da Flavio Giuseppe - cfr. anche ant. al penitente il iaq ricoperto di cenere, cosl
1 0,II; 12,300 - benché non sia prescritto dal- Nilus, ep. 3,243 (MPG 79 [ 1860) 497 C): ...
la torà. Altri passi sono citati da ScHLATTER, uaxxov xat 0"7tolìo\i V1tOO""tpwcrewc;, soprattut-
Ko111m. Mt. 379: Taan. j. 4,8 (68d 53 s.); FJav. to in caso di malattia, cfr. ~ ]UNGMANN n4;
Ios., ani. 7,154 (dove si distingue tra l'abito di 122 n. 438; 131 n. 18.
lutto, µf>..awa f.oitfic;, e il tappeto peniten- 49 Ma nella chiesa antica il cr6.xxoc; (ed altro)
ziale, cr6.xxoç). diventò il segno indispensabile della penitenza
48 ar. SCHLATTl!R, Komm. Mt., a u,21. Spes- e~ col. 1179 s.) e spesso fu interpretato come
so anche in altri casi al cr6.xxoc; è collegato lo simbolo necessario del sentimento di peniten-
O"TCoB6<; o il digiuno, per es. Taan. :z,1 (~ n. za, dell'umiltà o del dolore per il peccato:
50); Gen. r. 84 (1J4a), dr. E. K. DIETRICH, cfr. per es. Nilus, ep. 3,243 (MPG 79 [1860]
Die Umkehr (Bekehmng und Busse) im A.T. 497 C); xaÀÀ~CT'tO'\I ... xat µ.ii)..o; 7tP~1tO\I ....
tmd ivi ]ude11tum (1936) 369·371; STRACK- 8~ 'ì!pyw'V 7tO~Ei:ai>a~ "l'i}'V tl;oµoÀ6YJ1CTW, o!o"V
B1LLERBECK IV 103 s. o l'una e l'altra cosa: OÈ 'ln)CT't'Elac; xcxt 11.ypup;'\l(ac; 't'E xat craxxou
Dan. 9,3; Barn. 7,5. Talvolta l'uso di cr6.xxoç xat 0"1to8ou \mou-rpwcrEWc; xat È)..t'l)JlOaUVI)<;
e rno!ì6c; corrisponde alla raffigurazione di &.qiE~ooi:ic; xat lì..apii.ç xat -.w"V lf.)..'J...w'V xap-
Mt., come per es. in Esth. 4,1 s.; I Mach. 3,47; '!i:w"V "\W'\I XEXPEWCi'Tijµl'\IW'\I t j 6.xpi.~El µ&·
test. Ios. x;;,:z; cfr. Flav. Ios., ani. :zo,123: µE· 't'o;'\lol~. Altri passi in ~ HmtMANN 135 s. Sot-
"\E"Vlìucraµt'Vo~ a6.xxouc; xat rnolìoii "t(Ì<; xE- to un certo aspetto ciò significava ritornare an·
q>aÀà.c; t'L'VU.7tÀ1}cra'V'tE<;, bell. :z,237: cr&.xxouç cor più indietro di certe concezioni rabbiniche
«µ1CEX61U'VO~ xat "tÉcpprt.'11 "\W'\I XE<pU.ÀW'\I xa.- (~ n. 50).
'trt.Xto\l"tE<;; Sheb. j . 6A (37 a 7) in SCHLATTER, 53 Cfr. Taan. 2,r: per la gente di Ninive non
Komm. Mt., a 11,21; Deut. r. I I (207c) in si dice: 'Dio guardò il loro abito di penitenza
STRACK-BILLRRllECK III 688 a Hebr. J,7; P. R. e il loto digiuno, ma (ciò che sta scritto in)
El. 43 in STRACK·BILLERBECK I 647. Altre vol- Ion. 3,10. Or. anche Taatz. b. 16a (~ n. 35);
te l'uso dei due termini corrisponde alla raffi. a questo riguardo cfr. DIRTRICH, op. cit. (~
gurazione di Luca, per es. Is. 58,5: oVlì'li.'11... n . 48); ~ VII, col. u66.
cr&.xxo'\I xat rno!ìÒ'V V7toO"'t'PWOiJ, cosl pure 5L Cfr. BULTMANN, Trad. n8, che nei due
n77 (vn,62) craxxo<; C 3 (G. Stii.hlin)

3. craxxoc; come veste dei profeti. I veste del profeta. Come nel caso della
due testimoni che in Apoc. n,3 ven- veste di lutto e di penitenza (-7 col.
gono presentati direttamente quasi che n66), anche nel nostro contesto torna
se ne fosse già parlato in precedenza, so- in questione la dipendenza da una veste
no caratterizzati come :figure profetiche arcaica 55, e anche qui(~ n69) è ovvio
(-7 VI, coli. 1331 ss.; XI, col. 631): xai supporre un intimo rapporto tra la mis-
crét.x-
1tp0q>l]"t'EVO'OUO'l.'V ... 'TCEptBEBÀ:r]µÉ\IOI. sione dei profeti e la loro 'divisa' 56; so-
xouç, «e profetizzeranno ... vestiti di sac- prattutto in Apoc. n,3 i l:TaxxoL dei te-
co», e al v. ro poi sono esplicitamente stimoni potevano essere segni del loro
de.finiti ol Mo 1tpoc:p1]-cat. I colori del- compito di predicare e ·infliggere casti-
l'immagine sono in particolare quelli di ghi, in piena rispondenza alla veste del
Mosè (v. 6b) ed Elia (vv. 5.6") si. Anche Battista (Mc. 1,6 par.), che può essere in-
i crtixxot di cui sono vestiti 53 ricordano tesa come atto simbolico (-7 col. n70)
la veste profetica di Elia (2 Reg. 1,8, do. che accompagna la sua predicazione di
ve però non si parla di una veste di cri- penitenza SI.
ne, ma di una pelle 54 ). Il passo è una
delle principali prove che crcbcxoc; è la

logia \'ede l'opera della comunità; ma I. la pagnatori di Gesù sul monte della trasfigura-
menzione delle località di Corozain e Betsaida, zione (Le. 9,31).
che in nessun altro passo vengono ricordate S4 Le indicazioni circa ]'«abito professionalei.
come luoghi dell'attività di Gesù, fanno risa- dei profeti nell'A.T. (dr.~ KlTTEL 183) non
lire il detto alla più antica tradizione; 2. nul- sono concordi: x. una pelle: 2 Reg. r,8; dr.
la meglio della coscienza di sé e della valuta- Hebr. 11,37; anche Mc. r,6 cod. D: 8Éppt.t;;
zione dei suoi miracoli, quali si hanno nei due 2. un mantello di crine: r Sa111. 28,14; 2 Reg.
detti, ci fa conoscere il Gesù reale. Cfr. J. 2,8.13 s.; Zach. 13A; 3 . il Jaq: Is. 20,2; è
SCHNIEWIND, Das Evangelium nach Matthifos, quanto attesta anche l'istruttivo passo del
N.T. Deutsch 2 ' (1956) ad l. mari. Is. 2,10, in cui si parla della secessione
52 Probabilmente coi due profeti s'intendono dei profeti vestiti di Jaq, e soprattutto l'abito
effettivamente Mosè ed Elia e~ IV, coll. 96 del Battista, ~lìvµa ... 1bi:?i -rp~xwv xaµ'l'}À.ou
ss.; VI, col. 882 e n. 28; vn, col. 805 e n. 189). (Mt. 34); dr. E. NESTLE, Zum Mantel au1
Si sono però prospettate numerose altre ipote- Kamelshaaren: ZNW 8 (1907) 238; WOHLE1'1·
si: Enoc ed Elia (dr. .BoussET, Apok., ad l.; »ERG, Mk. 41 n. 15 a x,6; ~ XI, col. 591.
!D., Der Antichrist [1895] 134-139; ~ IV, ss ScHWALLY, Miscellen 174.
coll. 95 s. 98 s.), Esdra e Baruc (cfr. 4 Esdr. 6,
26), ma anche Pietro e Paolo (J. MUNCK, Pe-
56 Cfr. DILLMANN in ~ KITTEL 18,3; F. Di}.
lrustmd Paulus in der Olfenbarung des Joha11- STERDIECK, Die Olfenbartmg Joha11nis, Kri-
nes [1950)), Giovanni e Giacomo. Tuttavia le tisch-exegetischer Komro. zum N.T. 16' (1887)
tinte veterotestamentarie sconsigliano l'appli- a II,3; DALMAN, Arbeit V 165.248.
cazione agli apostoli; dr. tra l'altro CLEMEN SI Anche in seguito alcuni predicatori peni-
144-146;BoussnT, Apok. II,3; BoussBT· tenziali portano il saq. La chiesa antica ha vi-
GRBSSMANN 122.233; O. CULLMANN, Petrus sto in Giovaruù Battista il modello neotesta-
(1952) 94-96. mentario di colui che indossa l'abito peniten-
53 I cr6.xxot di colore scuro stanno anche in ziale, dr. Pseud ..Chrys., opus imper/ectum in
antitesi alla li6~ci che circondava i due acoom- Mt., hom. 3 (MPG 56 [1859] 648).
II79 (VII,63) craxxoc; D l-3 (G. Stiihlin)

D. cnixxoç IN ETÀ POSTNEOTESTAMEN- venne consolidata da vari sinodi (per es.


TARIA
Toledo 400 e 589; Agde 506): durante
il periodo della penitenza ecclesiastica e-
l. Presso i Padri apostolici e i primi ra obbligatorio portare il cilicio, che po-
apologeti cristiani l'uso di aci;xxoç ha teva essere deposto solo dopo l'assolu-
una colorazione prettamente veterote- zione 58 • Spesso si sottolineò la simbo-
stamentaria; cfr. I Clem. 8,3 in una ci- lica asperità della veste penitenziale 59 e
tazione altrimenti sconosciuta: Èà.v w~t\I si disse che il suo significato era quello
a.l &.µa.p"t'LG.L ùµwv ... 7tUppO"t'€pOCL xoxxov di esprimere il dolore per i peccati e
xa.i µ€À.OC\IW"t'Epa.t a«ixxou, «quand'an- l'autoumiliazione, per es. Pseud.-Ambr.,
che i peccati vostri fossero ... più rossi de lapsu virginis 8 (MPL 16 [1880]
del carminio e più neri del sacco» (cfr. 394): totum corpus... cinere aspersum
ls. l,18); Barn. 3,2 (ls. 58,4 s.); 7,5 et opertum cilicio perhorrescat... 00, e se
(Lev. 23,26-32); Iust., dial. 15,4 (ls. 58, ne scorgeva l'effetto nella riammissione
4 s.); 107,2 (Ion. 3,5 ss.). Solo Herm., alla comunione liturgica 61 • Peraltro la
sim. 8,4,l menziona un uso particolare veste penitenziale diventò sempre più un
di un indumento di crine come veste da puro rito 62 soprattutto nel caso della pe-
lavoro (~col. n65 e la n. 15). nitenza dei malati, quando si consegna-
va il cilicio agli infermi o lo si poneva
2. Non molto tempo dopo il a«ixxoç sul capo dei malati gravi 63 • Accanto a
wlxwoç - saccus (cilicium) è un elemen- questa consuetudine ecclesiastica fìn dal-
to fisso della pratica penitenziale della I'antichità invalse anche un frequente u-
chiesa, come risulta già presso Tertull., so privato della veste penitenziale; in
de pudicitia l 3 ( conciliciatus et concine- particolare essa divenne anche un segno
ratus, «coperto di sacco e di cenere») e di preparazione alla morte e veste fu-
Cypr., de lapsis 35 (in cilicio et sordi- nebre 64.
bus valutari, «avvoltolarsi nel sacco e
nel sudiciume»)--+ n. 48. Questa prassi 3. In luogo di una penitenza tempo-

58 ~ HERMANN 13I; dr. tra gli altri VON c. J. PoscHMANN, Kirchenbusse 285; ~ JuNGMANN
HEFELE, Conciliengeschichte II• (1875) 653. 49 n. 175; ~ IIERMANN 135 s., dove sono ri-
779; M. FÉROTIN, Le Liber Ordi1111m, Monu- portate anche altre interpretazioni simboliche
menta Ecdesiae Liturgica V (1904} 87 s., ~ dcl cr&.xxo<;; dr. a questo proposito le inter-
n. 61. pretazioni simboliche del saq presso i rabbini
'>9 Per es. Pseud.-Isidor. de offe.cii; ecclesiastici; in Taatt. b. l6a <- n . 35).
2, X7A (lyiPL 83 [1862] 802 C): bene ergo in 60 Nel medioevo non solo i penitenti, ma an-
cilicio et cinerc poenitem deplorai peccatimr, che i predicatori di penitenza portano il Jaq;
quia in cilicio asperitas est et punctio pecca- dr. ~ GRUPP v 173; dr. anche Mt. 3,4
tomm ecc. Cfr. Bas., ep. 45 ,1 (MPG 32 [1857] par.; Apoc. II,3 <- col. n77); inoltre Bas.,
365 C): CTtXXX4) oÈ -rpaxe~ -rò crwµ<i CTOV ow.- ep. 44,1 (MPG 32 [1857] 361 D).
\IU't"CWV, anche il passo desunto dalla liturgia 61 Cfr. il gioco di parole nel canone 2 del si-
di santa Cecilia: cilicio Caecilia membra do- nodo di Toledo (400): st1b cilicio divino ... re-
mabat (in - L!!CLERCQ 1623); inoltre Hier., concilia111s altario, in F. LAUCHERT, Die Ka110-
ep. 23,2; 24,4.3 alla fine (MPL 22 [1854] 426. nes der wicbtigsten altkirchliche11 Co11cilie11
428). Aug., civ. D. I5,20,4 (CSEL 40,2 p. 104, (1896) 178,7.
27 ss.) dà un'interpretazione simbolica della 62 Cfr. per es. ~ }UNGMANN 58 n. 199·
stoffa (pelo di capra) in relazione alle capre 63 Cfr. - JuNGMANN 130 s.; FÉROTIN, op. cii.
di cui patia Mt. 25,32 s.; anche presso Caesa- <- n. 58) 91; ~ n. 48.
64 Cfr. ~ HERMANN 132 s.; ~ GRUPP II
1
rius, se,,110 261,r (MPL 39 [1865] 2227);
2
Pseud.-Isidor., op. cii. 802 B e altri; cfr. - 365.367; IV II8 S. 120; VI 99·
craÀEÙW x-tÀ. (G. Bertram) (vn,6:>) n82

ranea che comportava l'obbligo di in- 4. Come ultimi epigoni flJ della storia
dossare l'abito penitenziale per un certo che abbiamo tratteggiata incontriamo sia
periodo di tempo, presso i monaci e in in Oriente sia in Occidente i crctxxoq>6-
seguito anche presso i religiosi del ter- po~, per es. Bas., ep. 199 (Canonica se-
zo stato subentrò una permanente vita cunda) canone 47 {MPG 32 [1857]
paenitentium, nella quale la veste di sac- 730 C) o saccophori o fratres saccati, ai
co diventò un'istituzione 65 stabile 66• Ov- quali venivano attribuite tendenze ere-
viamente ai primi monaci questo abito tiche, e le saccariae, cioè le monache ve-
fu suggerito dalla natura del deserto egi- stite di sacco 'JQ. In ambiente bizantino
ziano, cfr. Pachomius, ep. 8 {MPL 23 invece troviamo sorprendentemente un
[1883] 102 A.B): ad fratres, qui ton- cr6.xxoç che costituiva esattamente l'op-
debant in deserto capras, de quarum fi- posto dell'abito penitenziale, ossia una
lis texuntur cilicia. In seguito si ebbero veste particolarmente sontuosa {purpu-
voci contrarie al cr<ixxoc;, considerato rea:!) indossata da patriarchi e metropo-
motivo di presunzione e ostacolo al la- liti, e un abito solenne, benché nero, che
voro stabilito per i monaci 67 ; ma non gli imperatori e le imperatrici d'Oriente
ottennero alcun successo, come prova usavano portare insieme col diadema 71 •
per es. la regola monacale di Benedetto
da Norcia 68• G. STAHLIN

t <ra.Àeuw, t cniÀoç

O"(Ù.euw, crcx.À.-euw, provocare scoti- sar(si) 1, che però foneticamente non si


mento, e craÀ.oc;, di etimologia incerta, connette al germanico schwellen, indi-
forse dalla radice indoeur. tw-el-, ingros- cano l'incessante movimento ondulato-
65 Talvolta rispettata sorprendentemente alla 2 (1910) 3188.
lettera; cfr. Hier., vita Hilarionis IO (MPL 73 flJUno di questi è anche la variante del cili-
[1883) 33 B): Saccum quo semel fuerat indu- cio descritta da J. MAsT, art. 'cilicium', in H .
tus mmquam lava11s et mperfl1111m esse dicens J. WETZER - B. WELT.E, Kirchen-Lexicot1 II
m1111ditias in cilicio quaerere (scil. appunto per- (1848) 546: <mno strumento .di mortificazione
ché è di color bruno scuro); lo stesso è detto, fatto di crine o di filo metallico intrecciato da
di un altro eremita, in vita Abrahae 18 (MPL portare ai fianchi».
1
73 [ 1883) 292). 10 Cfr. O. ZocKLER, art. 'Sackbriider', in RE
66 Cfr. P. R. 0PPENHEIM, Das Mo11chskleid im ll,327.
christlichen Altertum: Rom. Quartalschrift 71 Vedi il passo in Thes. Steph. VIII 29, s.v.;
Supplement 28 (1931). cfr. H. LECLERCQ, art. ·vetement' 27,6, in:
67 Cfr. Cassianus, de institutis coe11obiorum 1, DACL r5 (1953) 3005.
2,3 (CSEL 17,10,13 ss.); Epiph., haer. 80,6,6:
0;},,),6't"pLOV 'Ya.P È<J'fL 'f'i}ç xa.ooÀLxijç ÉxxÀ."l)· O'Cf..ÀEVW
crlo;ç u&.xxoç 7tpocpa.v1]ç (la veste penitenziale PREUSCHEN-BAUER ', s.v.; LIDDELL-SCOTT, s.v.;
portata pubblicamente per sfoggio, cfr. Mt. MoULTON-MILLIGAN, s.v.; HELBING, Kasussyn-
6,r.16); Pall., hist. La11s. 28; altri testi in K. tax 320.
HoLL ad Epiph., haer. 80,6,J (GCS 37,4.91). I BOISACQ 850; WALDE-PoK. I 710; HOFMANN
68 Cfr. LECLERCQ, art. 'Cénobitisme', in DACL II 303 s. [DEBRUNNER),
<Ta.ÀEuw x-rÀ. A-B (G. Bertram) (VI,66) n84

rio del mare nella sua mutabilità che de- nizione neotestamentaria a guardarsi da-
nota incertezza e nella sua pericolosità gli eretici. Questa incostanza è determi-
c::he minaccia distruzione. Sotto il pro- nante anche per la corporeità dell'uomo,
filo semantico il termine è affine a ctElw, nella misura in cui è soggetta al normale
xwÉw e ai loro derivati, e a 'ta.pétcrcrw; e regolare avvicendamento (Plat., Tim.
talvolta anche a vocaboli che esprimo- 79e) ed è minacciata dalla malattia e dal-
no un'emozione interna quale il timore, la vecchiaia (Plat., leg. 11,923b). Il
lo stupore o la meraviglia. mondo ellenistico pertanto cerca la sta-
bilità dopo la morte, dove non esistono
A. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL GRECO stenti, invecchiamento, lotta per la vita
PROFANO e si gode calma imperturbabile ( &<raÀw-
'tO<;): Pseud.-Plat., Ax. 37od. I testi a-
Attestato da Eschilo in poi, il voca- strologici 3 invece parlano di sconvolgi-
bolo s'incontra relativamente spesso nei menti escatologici, in parte riguardanti
tragici, per es. riferito al fluttuare del situazioni politiche, per es. la pax ro-
mare in Eur., Hec. 28; Or_ 994; Iph. mana, in parte manifestantisi sotto for-
Taur. 1443; Soph., Phil. 271; al terre- ma cli fenomeni nella natura: Lydus, de
moto Eur., Iph. Taur. 46. Secondo Ari- ostentis 4 89,3.8; 92,26; 111,1. In P.
stotele i fenomeni del progredire e re- Lond: I 46,462 (sec. IV d.C.) si invoca
gredire, del divenire e del cessare posso- colui che sconvolge il cielo 5•
no essere percepiti in vario modo, tutti
però rientrano nella natura e nella mec- B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NELL'A.T .
canica (meteor. 2,2 [p. 356 a 3]; mecha- GRECO
nica 26.27 [p. 857a 7-26]). Pseud.-Ari-
stot., mtmd. 3 (p. 392b.33 s.) sostiene la Nella traduzione greca dell'A.T., so-
fondamentale solidità, immobilità e sal- prattutto nei LXX, ctct.À.EUW non traduce
dezza della terra al centro del cosmo 2, un unico vocabolo ebraico. Nei libri ca-
un'idea che ha predominato la cosmolo- nonici con testo ebraico ricorre 61 volte
gia ecclesiastica fino a Giordano Bruno per tradurre 2 3 diverse radici ebraiche.
<t 1600). Soph., Oed. Tyr. 23.24 e Ani. Ne risulta, per il vocabolo greco, non
162 s. parla di instabilità politica; lo solo un forte allargamento in varie dire-
stesso autore in El. 1074 s. applica il zioni del campo semantico, ma anche
verbo all'atteggiamento dell'uomo. Nel- una trasposizione di contenuto. Mentre
l'incertezza di tutto ciò che è terreno, il vocabolo greco ha il senso di movi-
solo la riflessione è garanzia di imper- mento naturale proprio soprattutto del
turbabilità (Eur., Ba. 386-393). In sé la mare, la radice ebraica mwt, che è alla
natura umana è volubile ed è stimolata base di-un terzo (20) dei passi in que-
da istinti incostanti (Plut., de amore stione, indica principalmente l'improv-
prolis 1 [n 493d]). Epict., dìss. 3,26 e- visa, inattesa e minacciosa oscillazione
sorta a non lasciarsi scuotere da sofismi, della terraferma (lfl 81,5). lon. 1,15 usa
un'esortazione del tutto affine all'ammo- un'altra radice ebraica per esprimere

2 Secondo Manetho, apotelesmatica 2,22 (ed. solo il verbo in un significato più ampio e ge-
c. A. M. AxTIUS - F. A. RIEGER [ 1832]) i poli nerico: a proposito di contratti irresolubili:
sono immobili. P. Lips. I 34,18 (sec. IV d.C.); dipendere:
3 F. BoLL, · At1s der Offenbartmg Johannis DITT., Or. II 515,47 (sec. III d.C.); P. Oxy.
(1914) 135. III 472,50 (sec. II d.C.); mt1overe: P. Oxy.
4 Ed. c.
WACHSMUTII (1897). Ili 528,12 (sec. n d.C.), toccare, toccarsi: P.
s PREISIGKE, wori. Il 449. Nei papiri compare Greci e Latini 4,2994 (sec. II d.C.).
u85 (vn,66) cra:ÀEVW B (G. Bertram) (vu,66) n86

l'infuriare del mare. Ma anche le espres- Chron. r6aoa); 96'4; 98,r; u3,7. In
sioni ebraiche che significano vacillare, ljJ 17,8 si parla del terremoto che scuote
vibrare, tremare, spaventar(si), agitar- la terra e i monti per la rivelazione del
( si), cioè in genere movimenti di natu- Dio adirato, e in tjJ 45,6.7 la saldezza
ra incerta, sconclusionata, ma anche sen- della città di Dio si contrappone alla
timenti di timore, inquietudine ed ira, confusione dei popoli, alla caduta dei re-
oltre che di emozione gioiosa, sono rese gni e persino alla terra scossa dal terre-
dai traduttori con cra.À.Euw. Nella misura moto. Anche in lob 9,6 è Dio, il crea-
in cui gJi enunciati hanno significato og- tore dell'universo, che si rivela nel sus-
gettivo, si riferiscono all'attività di Dio sulto che fa sobbalzare cielo e terra, co-
o all'atteggiamento dell'uomo. Ogni va- sl come la potenza di Dio si manifesta
cillare, ogni scotimento si contrappone nella storia con effetti di distruzione. A-
all'ordinamento della creazione. Per es. nalogamente Aquila usa il nostro verbo
nell'episodio di Giona (fon. r,15) l'in- nella minaccia che preannuncia lo sco-
furiare del mare è dovuto all'ira di Dio timento e il crollo delle mura di Babilo-
ed è lui che accheta lo sconvolgimento nia (Ier. 51 [28],58) e Teodozione lo
dei flutti (IJi 88,10; 106,27). Altra ma- riferisce alla caduta della città marinara
nifestazione dell'ira e dell'onnipotenza di Tiro (Ez. 27,28). Allo stesso modo in
di Dio si ha quando egli scuote la terra Zach. 9,14 si dice che il Signore marcia
(ljJ 59i4i cfr. Ez. r2,18; lob 39,24; Is. fra il tremore della minaccia che spira
63,19 [64,I] e Is. 54,10 [Theod.J). La da lui (T.M.: nelle tempeste del sud) 6 •
liberazione d'Israele dall'Egitto avviene Teodozione in Ier. 10,10 ha inteso la ri-
durante una battaglia cosmica in cui tut- velazione dell'ira di Dio nel tremore del-
to il creato è coinvolto e nel corso del- la terra come una minaccia contro i po-
la quale la terra trema (tjl 76,19). Anche poli. In questo contesto rientra di fatto
in Mich. l .4 la manifestazione di Dio è anche l'immagine dell'ebrezza dell'ubria-
collegata al sussulto dei monti e ad altri co che in Ier. 23,9 è usata per indicare
fenomeni naturali di distruzione (cfr. lo sconvolgimento interiore del profeta
Nah. 1 15; Am. 9,5; Abac. 3,6). In que- per la rivelazione delle parole di Dio (~
sto stesso modo vengono espressi il ter- II, coll. 1332 ss.). La metafora del vino
remoto, segno di riverente rispetto (~ dell'ebbrezza si trova in tjJ 59 15 (Simni.)
III, col. 350), e il gioioso tremore della e in Is. 51,17 (Theod.). Secondo Zach:
creazione davanti al suo creatore. In 12,2 Jahvé fa di Gerusalemme un calice
questo senso i LXX parlano dell'ondeg- d'ebrezza per tutti i popoli vicini: i ne-
giare del mare (iJI 95,n; 97,7), mentre mici che s'inebriano per la vittoria ri-
il testo originale ebraico ne esprime lo portata su Gerusalemme lo fanno a lo-
strepito furioso che partecipa al canto ro propria rovina. Tuttavia per un frain-
di lode dell'intero creato. In questo con- tendimento del vocabolo (oppure per
testo di riverente adorazione del crea- una diversa lezione?) i LXX giungono
tore da parte delle cose create da Dio a dire: «torrione scosso» 7 , un'espres-
rientrano anche IJi 32,8; 95,9b (cfr. I sione che è importante per l'interpre-
6 Per il testo cfr. F. WuTz, Die Transkriptio- (1909) 232 s.; STRACK-BILLBRBBCK I 1046, che
nen von der Septuaginta bis zu Hiero11ymus dta anche Ps. 104,32; Ier. 25,30; 51,29; Zach.
(r933) 234 s. 318 s. 14,5; G. BERTRAM, Die Leidensgeschichte ]esu
7 Cfr. Mt. 27,51; ev. Hebr. in Hier., ep. uo,8, mul der Christt1skult (1922) 90-92. In riferi-
2 (wperliminare templi... corruisse); a questo mento ad Am. 8,3 il protoevang. Iacobi 24,3
riguardo W. BAUllR, Das Leben Jesu im Zeit- narra un fatto analogo per la morte di Zacca-
alter der net1testamentlichen Apokryphe11 ria. Il tema del terremoto è 1eg~to all'asce~si~
u87 (vn,66) crcx.ÀEUW X"tÀ. (G. Betttam) (vn,67) n88

tazione cristiana. Per il senso anche l'inquietudine della vita umana (per es.
Abac. 2,16 8 appartiene alla rivelazione in Ecclus 40,1-5 12); lo scotimento è le-
dell'ira di Jahvé col calice dell'ebrezza gato a confusione, timore di morte e al-
(---,)- x, col. 267). Come in Zoch. 12,2 tre angustie della convivenza uma.ua.
Gerusalemme, cosi in ler. 51 (28),7 Ba- Lam. I ,8 enuncia esplicitamente il ne-
bilonia è un calice d'oro nella mano del cessario legame fra peccato e scotimento
Signore, un boccale d'ebrezza dal quale i che è implicito anche in altri passi del-
popoli devono bere sl da vacillare. An- l'A.T. Così il campo semantico del no-
che in altri casi l'intervento di Dio nella stto verbo abbraccia evidentemente an-
storia per distruggere e scuotere gli uo- che il timore numinoso, e i traduttori ac-
mini viene presentato in questi termini. canto o in luogo di scotimento usano
Cosl accade alle sentinelle e agli abitanti espressioni come meraviglia(~ IV, coli.
di Gerusalemme quando la città è con- 219 ss.), confusione, orrore (---,)-iv, coli.
quistata (Lam. 4,14.15) 9, e cosl avviene lJI ss.): 4' 47,6, cfr. 2 Reg. 7,15; ljJ 30,
in ler. 50 (27),3 (Aquila; manca nei 23; u5,2; 103,7 ecc. Anche il pio cor-
LXX) in riferimento alla fuga degli uo- re il pericolo di inciampare(~ 72,2; cfr.
mini alla caduta di Babilonia (cfr. anche in 93,18 la confessione del traviamento)
Dan. 4,14 [Theod.]; 2 Reg. 17,20; 21,8 pur nella certezza della misericordia di
= 2 Chron. 33,8). Secondo Nah. 3,12 le Dio. Stando a ~ 14,5 pare che la sicu-
fortezze di Ninive sono come alberi di rezza offerta dalla dottrina della ricom-
fico che vengono scossi e lasciano cadere pensa poggi sulle opere. Ma il pio, che
i loro frutti in bocca al nemico. La de- pur si vanta di tale sicurezza, è pronto
scrizione del viaggio del re di Babilonia ad abbandonare tale vanto (lji 29,7.8),
nell'Ade (Is. 14,9), che fa tremare tutti mentre l'empio che persiste nella sua ar-
gli inferi (Simmaco in questo passo ha il roganza è preda dell'ira di Dio(~ 9,27).
nostro verbo), ha importanza tipologica
per la raffigurazione della discesa di Cri- In tutto ciò il concetto di scotimento
sto agli inferi 10• Ecclus 16,18 parla dello caratterizza enunciati antropologici e
scotimento della terra quando è visitata teologici circa il mondo e gli uomini che
da Dio, ma in questo caso si tratta pro- sono senza o contro Dio o che si trova-
priamente del cuore dell'uomo che pro- no sotto l'ira di Dio. Per contro nei
va in modo misterioso l'azione di Dio LXX la negazione è spesso premessa
(dr. Ecclus 43,16 11 ). Ma quando nel- a acd.euw per indicare l'imperturba-
l'A.T. si parla di sussulto, non sempre è bilità. E non si trova affatto soltan-
Dio la causa diretta; cfr. Ecci. 12,3; Ez. to in enunciati, diciamo, escatolqgi-
12,18 (Simmaco e Teodozione); lob 39, ci 13; anche quando si usa al futuro, es-
24. Soprattutto si parla del timore e del- so indica l'esperienza diretta dell'uo-
ne di Gesù in Pist. Soph. 3A (6.7); cfr. anche ingoiare il Redentore (dr. od. Sal. 42,16.x7).
Apoc. u,12 s. H. ScHMIDT, Jona (1907) 172-184; J. KROLL,
8 F.HORST, Kleine Propheten, Handbuch A.T. Gott und Ho/le (r932), indice s.v. 'Verschlin-
14' (1954) ad l. corregge il T M. seguendo J. gung'; G. BERTRAM, art. 'Hollenfahrt Christi',
WBLLHAUSEN, Dìe kleinen Propheten' (x898) in RGG 2 u 1968-r970.
ad l. e appellandosi a I QpHab e LXX; cfr. li Per il testo cfr. R. SMBND, Die Weisheit des
Bibl. Hebr., KITT. 10, ad l. ]esus Sirach (1906) ad l. e F. WuTZ, op. cit.
9 Cfr. Teodozione in Is. 24,20 con riferimento (--+ n. 6) 222 s. (scambio di r e z).
al giudizio escatologico. 12 Qui è stato accolto il pensiero di Ecci. 1,13,
10 I LXX hanno sefllire come amaro. Il ter- dr. G. BERTRAM, Hebr. tmd griech. Qoh.:
mine si riferisce oggettivamente alla difficoltà ZAW 64 (r952) 44s.
di digestione: inferno e morte non riescono a 13 Peraltro queste espressioni, proprio in quan-
craÀ.Eutù xù. B-C (G. Bertram) (vn,68) 1.190

mo religioso; cd è soprattutto la fede in genti esperienze della vita e del mondo.


Dio creatore che porta all'affermazione
della stabilità del mondo. L'inizio della
C. IL GRUPPO DJ VOCABOLI IN FILONE
sovranità di Dio ha come conseguenza D'ALESSANDRIA
che la terra non vacilli più (tjJ 92 ,r; 95,
14
10; I Chron. 16,30 ). Di questa saldez- In Filone Alessandrino l'uso essen-
za fruiscono tutti coloro che apparten- zialmente teologico del verbo presso i
gono a Jahvé: Gerusalemme, il monte LXX è sostituito· o delimitato da quello
Sion con i suoi abitanti, il re e i pii in psicologico. Filone non proclama esplici-
genere (tjl 15,8; 16,5; 29,7; 45,6; 54, tamente il Dio rivelato nell'A.T. che in-
23; 61,3; 65 19; nr,6; r20,3; 124,1; terviene negli avvenimenti del mondo e
cfr. Prov. 10,30 [Simmaco e Teodozio- nella vita umana attraverso le forze na-
ne] ; Prov. r 2 ,3 [Simmaco] ; inoltre 2 turali e insieme con libertà personale e
Sam. 22,37; Ps. 26,r. Nella lode dei pa- onnipotenza. Secondo lui l'azione, la
dri in Ecclus 48,12 si celebra la saldezza realtà e l'efficacia di Dio sono implicite
di Eliseo come profeta ispirato e deposi- nel concetto di onnipotenza o di univer-
tario di rivelazione. salità, che si era già sviluppato nei LXX
e~ IX, coli. 944 s.). Viene così meno
L'uso di <ra.À.EUtù nei LXX caratterizza l'aspetto sconvolgente della sua rivela-
la cosmologia e l'immagine di Dio. Già zione, e si manifesta invece la tenden-
nella vita naturale la rivelazione di Dio za, determinata dalle formulazioni di sa-
ha l'effetto di uno scotimento, che poi si pore quasi dualistico-gnostico, a deter-
trasmette anche alla vita storica e, spe- minare il divino come l'imperturbabile.
cialmente nelle minacce escatologiche Ciò vale anzitutto per la legge quale or-
dei profeti, serve a dipingere il giudizio dinamento cosmico immutabile (vit.
di Dio sul popolo eletto, sui suoi nemici Mos. 2,r24) e vale in uguale misura per
e sugli empi. L'uomo si trova sempre la legge quale norma del popolo comu-
nel pericolo di vacillare ed è peccamino- nicata a Israele mediante Mosè: le leggi
sa arroganza credere di essere solida- di tutti i popoli sono mutevoli, solo
mente fondati. In natura, l'apparente quelle del popolo d'Israele sono certe,
saldezza della terra ben piantata si con- immutabili e immutate, quasi avessero
trappone allo scotimento che avviene in in sé il sigillo della natura stessa (vit.
molteplici fenomeni naturali. A ciò cor- Mos. 2,14). L'ordine del mondo poggia
risponde una tensione nell'individuo e sull'imperturbabile equilibrio degli ele-
nell'intero genere umano: proprio il pio menti (aet. mund. n6). Su questo prin-
vive in questa tensione, si trova nel pe- cipio si fonda l'idea della legittimità e
ricolo di inciampare ogni qual volta cer- regolarità del corso degli elementi, so-
ca di camminare per forza propria; sa di prattutto dei corpi celesti. Per esprimere
trovarsi nella saldezza donatagli da Dio, l'equilibrio di tali movimenti viene pure
che lo protegge internamente ed esterna- usato il nostro verbo che viene cosi a
mente da qualsiasi vacillamento, anzi gli ricevere un nuovo contenuto, essenzial-
dà la certa sicurezza della fede e della mente diverso (dr. Plat., Tim. 79e [ ~
speranza proprio in mezzo alle sconvol- col. n84]). Riferito all'accezione erigi-

to affermazioni sulla creazione, acquistano va- 14 Per l'interpretazione escatologica di questi


lore escatologico, precisamente nella misura in canti d'intronizzazione dr. H. GUNKBL, Die
cui parlano della partecipazione dei pii alla sal- Psalmen, Handkomm A.T. (1926) ad l.; In.,
dezza di Dio. Einleitung in die Psalmen (r933) 329-347.
u9r (vu,68) cra.).euw C-D (G. Bertrnm) (vu,68) u92

natia di andirivieni del moto ondoso del sere imperturbabile e immutabile di


mare, non significa l'infuriare selvaggio, Dio. Se la ragione umana è cosl salda-
disordinato, ma il movimento armonica- mente fondata su quella divina, essa può
mente equilibrato delle forze celesti, resistere a tutti coloro che gioiscono del-
movimento che rappresenta in modo l'ondeggiamento e della fluttuazione.
meraviglioso l'ordine di Dio. A questo Perciò il servitore di Dio che si attiene
corrisponde nella realtà umana la ragio- alla verità si contrappone radicalmente a
ne, che persiste salda con la sua autorità, coloro che non hanno uno stabile fonda-
in antitesi all'insensatezza, che invece si mento conoscitivo e pertanto sono ca-
lascia trascinare con facilità (omn. prob. duti nell'instabile fluttuazione della vita
lib. 28, dr. Eur., Ba. 386-393 [ ~ col. (sacr. A.C. 13). Col suo atteggiamento il
6 5 J). In definitiva nella realtà cosmica patriarca Giuseppe scuote i suoi fratelli
e in quella umana la sicurezza è fonda- che raffigurano l'amore fisico (migr.
ta in Dio, che imprime il sigillo della Abr. 22 ). Anche Abramo temporanea-
stabilità sulle creature a suo piacimento mente è spinto da sentimenti instabili,
(som. r,r58). Egli è l'unico che rimane ma si libererà da ogni allettamento
saldo, tutto il resto è confuso e vacillan- (migr. Abr. 150). È questa la realtà con-
te (leg. all. 3,38 ). La situazione propria forme alla natura dell'uomo ancora irre-
della realtà terrena, soprattutto dell'uo- tito nel peccato; cosl viene descritto A-
mo, è contrassegnata da incertezza e in- damo in leg. all. 3,53, mentre la situa-
costanza. Fedele al metodo esegetico al- zione opposta è presentata in leg. all. 2,
legorico 15, Filone interpreta nel senso di 90. In un senso più positivo O"aÀ.o~ è
tale mutabilità e avvicendamento i nomi usato in spec. leg. 4,139; le norme della
propri che s'incontrano nell'A.T., per es. legge devono sempre aleggiare, muover-
Canaan: sacr. A.C. 90; sobr. 44.55; si, danzare davanti ai nostri occhi per ri-
Naid (Gen. 4,r6):cher. r2 .r3; poster. chiamare la nostra attenzione. Quando
C. 22.32; Thamna (Gen . 36,I2): congr. Filone interpreta in questo modo la pre-
60. II nome Thamna indicherebbe che scrizione riguardante i tefillim (Deut. 6,
l'anima viene meno ed è impotente da- 8 ), pare abbia letto craÀ.EU't«i e non c't-
vanti alla passione, per cui attinge dal crcD.. Eu'ta. nel testo greco dell'A.T. 17. In
corpo molta incertezza e fluttuazione. cher. 36-38 per descrivere le peripezie
La matrice stoica della teoria psicologica della vita Filone usa l'immagine del ven-
secondo cui l'anima giunge alla quiete, to che provoca il moto ondoso del mare.
cioè al porto della virtù, dopo aver at-
traversato la tempesta degli affetti con
l'aiuto della ragione, è già esplicita nel D. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T.
passo precedentemente citato (sacr. A.C.
90) e in Deus imm. 26 (cfr. con/. ling. Nel N.T. .incontriamo diverse volte il
16
31.32 ). Corrispondente è la caratteriz-
nostro verbo in senso figurato. In Aci.
zazione (omn . prob. lib. 24) del filoso-
fo, definito anche l'uomo libero. II sag- 17,13 indica gli agitatori che da Tessa-
gio sta accanto a Dio conforme all'es- lonica sobillano e istigano la popolazio-
15 L'interpretazione dei nomi in Filone è ar- Philo von Alexandrien (1938) 318-321; E. R.
bitraria e probabilmente proviene dall'esegesi GooDENOUGH, The Politics of Philo Judaeus
allegorica clell'A.T. propria della tradizione (1938) 76-85 .
giudaica. Cfr. L. CoHN, Die Werke Philos votJ 11 Cfr. FmLD ad Ex. 13,16. Anche le traduzio-
Alexandrie11 III (1919) :z50 n. :z. ni di Aquila e Simmaco che vi sono riportate
16 W. VoLKER, Fortschritt tmd Vollendung bei e le varie congetture non risolvono nulla.
u93 (vn,68) uaÀEÒW x-tì... D (G. Bertram) (VII,09) u94

ne di Berea contro Paolo 18• O"cÙ..Evw è r:ra.À.Euw si incontra in Act. 2125 ss.
una delle voci che servono ad indicare nella citazione di ljJ 15,8. Questa frase,
l'atteggiamento ondeggiante della folla che per l'uomo pio dell'A.T. costituisce
attestato sia qui che in numerosi altri un'espressione quasi presuntuosa di au-
racconti (Mt. 21,1o;Act. 17,13; 2 Thess. tocoscienza religiosa, riceve qui un'ap-
2,2). Inoltre il termine serve anche a plicazione escatologica e cristologica e
caratterizzare l'atteggiamento di singoli nel contesto serve a comprovare la pro-
individui. Nell'immagine della canna al fezia della risurrezione di Cristo 72• Se
vento 19 usata da Gesù (Mt. II,7; Le. 7, l'enunciato di Act. 2,25 s. si riferisce alla
24) non si presuppone il cedimento cli vita terrena, alla morte e risurrezione
Giovanni Battista: né il titolo di messia del Signore, esso viene a trovarsi in un
attribuitogli da alcuni sostenitori, né la contrasto insoluto 21 con le ultime pa-
persecuzione sublta e la minaccia di role di Gesù (Mt. 27,46; Mc. 15,34 [~
morte sono riusciti a far vacillare e a n, coli. 296 s.]) e forse anche con la le-
rendere ambigui il suo atteggiamento e i zione xwptç (l>Eoi:i) di Hebr. 2,9 24, che
suoi sentimenti 21l. Del tutto analogo è attestano l'abbandono di Cristo da par-
l'uso del vocabolo in Paolo, che mette te di Dio 25 • Ma \jJ x5 non dimostra pro-
in guardia i Tessalonicesi (2 Thess. 2,2) priamente la risurrezione, bensl l'esalta-
perché nella loro attesa escatologica non zione che viene dalla croce 26, e l'afferma-
si lascino andare all'incertezza e all'in- zione della propria imperturbabilità (2,
quietudine a motivo di una fallace pre- 25) posta in bocca a Gesù è in contrad-
dicazione apocalittica 21 • dizione col racconto della passione, so-

JS uaÀEuovn<; (xat .-ap&.o-o-uov-tE<;, omesso da "(fn. X, coll. 1353 ss.).


P" ~ E al); forse il secondo verbo è stato 22 La scena cli act. Phil. 60 può sembrare un
aggiunto a spiegazione. Cfr. A. C. CLARK, The parallelo alla rivelazione del Risorto. Tuttavia
Acts of the Apostles (r933) ad l: Spesso nei la frase conclusiva non parla di un tettemoto
LXX i due verbi ricorrono insieme o come tra- che colpisce la casa, ma di una commozione
duzioni alternanti di varie radici ebraiche. interiore di coloro che vi· si trovano.
19 In 3 Mach. 2,22 è Dio stesso che scuote 21 HAENCHEN, Apg., ad l.
come una canna al vento il malvagio persecu- 24 A. VON HARNACK, Zwei alte dogmatische
tore dei Giudei, Tolomeo Filopatorc. L'imma- Ko"ekturen im Hebriierbrief: SAB (1929) 62-
gine ricorre anche in Luc., Her111ot. 68. 73.
20 Cfr. Tito di Bostra, ad l. secondo CRAMER, 25 W. HAsENZAHL, Die Gottverlassenheit des
Cat. 11 58. Christ11s nach dem Kreuzeswort bei Mt und
21 L'annuncio cli Paolo, la parola della croce, Mk und das christologische Verstandnis des
non si occupa dell'evento escatologico, ma con- gricchischen Psalters (1937) 103-145.
tiene la testimonianza della morte e risur- 26 G. BERTRAM, Die Himmelfahrt ]esu vo111
rezione del Signore. Ogni coloritura apoca- Kreuz aus und der Glaube 011 seine Allferste-
littica dell'àttesa escatologica rientra fonda· hu11g, Festgabe fiir A. Deissmnnn (1927) 187-
mentalmente nella gnosi dal falso nome (1 207; In., Der religio11sgeschichtlicbe Hinter~
Tim. 6,20.21. ~ µa:tatoÀ.oyla VI, col. r4r8; grund des Begri/fs der 'Erhohunt ili der Sep-
~ µwpoì,.oyla. vn, coll. 756-759; ~ 1to).u)..o~ tuaginta: ZAW 68 (1956) 57-71.
qa.Àeuw x-rÀ.. D (G. Bertram)

prattutto con la scena del Getsemani. In zione e, per il carceriere pagano, la con-
questo contesto Io. 12,27 ricorre addi- ferma della missione degli apostoli. Co-
rittura a -.a.pa<r<rEw, che nell'uso lingui- me in 4,31, il terremoto significa che
stico dell'A.T. appare sinonimo del no- ondeggia il luogo, cioè l'edificio, in cui
stro verbo. si trovano coloro che pregano 29 • Nell'a-
In Le. 6,48 troviamo <ra.À.Euw nella pocalisse sinottica, in quella di Giovanni
metafora della casa che crolla perché pri- e nella Lettera agli Ebrei sommovimenti
va di vere fondamenta, mentre il fiume di natura terrena e cosmica rientrano nei
in piena non riesce a scuotere quella co- segni della fine dei tempi. In Le. 21,25 .
struita sulla roccia. In Le. 6,38 con tre 26 o'a~oç è usato per indicare la minac-
aggettivi in progressione (una misura pi- cia escatologica da parte del mare 30•
giata, scossa, sovrabbondante) si appli- Non è chiaro in quale misura i terremoti
ca la pienezza, anzi la ridondanza del apocalittici siano una premessa del rin-
compenso divino, al concetto della mi- novamento di cielo e terra. Comunque
sura buona che trascende qualsiasi idea in questo senso Hebr. I2,26 concepisce
di rimunerazione (--7 vn, col. 187) 27 • il sommovimento cosmico nel giudizio
Il N.T. parla del terremoto in parte finale, benché non si tratti di una distru-
in contesti storici o leggendari, in parte zione ma di una trasformazione. Ciò che
in contesti escatologico-apocalittici. In è creato è soggetto al mutamento (cfr.
Act. 4,3 l viene scosso il luogo in cui è I Cor. 7,31), questo è il senso in cui va

radunata la comunità in preghiera. Stan- inteso qui o'ct.À.Evw. Rimane solo ciò che
do a un'antica concezione, si tratta di un è incrollabile (v. 27), cioè il regno di
segno inviato dal Dio invocato nella pre- Dio che la comunità cristiana ha ricevu-
ghiera per manifestare l'esaudimento 28 • to. Nonostante questo enunciato, di sa-
Nell'ambito del racconto, in Act. 16,26 il pore ellenistico, sul presente, la comuni-
violento terremoto indica che la preghie- tà cristiana è rimasta fedele alla speran-
ra è stata esaudita. Conseguenza diretta za escatologica. Cosl p er es. l'antica ese-
del terremoto è la momentanea libera- gesi ecclesiastica 31 a proposito dell'e-

27 H.wcx, Lk., ad l. propone di ripartire i mente tale risposta può essere formulata in
concetti esplicativi in donatore e ricompensa; termini umani, mentre coloro che non ne par-
H. J. HoLTZMANN, Mk. (x892) ad I. sottolinea tecipano percepiscono solo un fenomeno natu·
la sovrabbondanza della ricompensa che non raie e possono tutt'al più supporre che si tratti
sembra corrispondere appieno all'uguaglianza di una voce dal cielo:
di valore stabilita nel passo immediatamente 29 HAENCHEN, Apg., ad l., che ricorda anche il
successivo e in Mc. 4 124. riferimento a .2 Thess. 2 12.
28 Probabilmente il parallelo più prossimo è
30 Mt. 8 124 usa ou0'µ6ç per indicare la tempe-
il tuono in risposta alla preghiera di G esù nel
Getsemani (cfr. Io. !2128-30). Anche in questo sta sul lago; Mc. 4 137 e Le. 8 123 hanno :>.a~
passo si narra di una risposta data con mezzi :>.aljl.
celesti; per 1a persona che la riceve diretta- 31 Chrys., hom. in Hebr. 33 (MPG 63 [x862]
cra>.my!; X'tÀ.. (G. Friedrkh)

spressione «regno incrollabile» ( H ebr. te secondo la disposizione di Dio.


12,28) osserva che non solo non possia- Sotto il profilo teologico il verbo O'a-
mo essere scontenti di ciò che Dio dona ÀEVEW e gli altri termini affini non han-
al presente, ma gli dobbiamo la massima no una particolare rilevanza nel N.T.,
riconoscenza per ciò che verrà. Tuttavia tanto più che l'idea escatologica del som-
il contenuto escatologico del verbo è an- movimento cosmico è collegata più fre-
dato in larga misura perduto a causa di quentemente a crElEw e ai suoi derivati
un uso linguistico di impronta cosmolo- (~ uwrµ6c;). La pregnanza peculiare del
gica. Cosl il nostro termine serve ad e- termine è determinata dal collegamento
sprimere la regolare circolarità delle for- con l'idea veterotestamentaria di Dio.
ze celesti che sono pacificamente sogget- Nell'A.T. 'sul creato incombe la minac-
te a Dio (I Clem. 20,r ). Pertanto la con- cia di un sommovimento operato da Dio
cezione ellenistica nella forma in cui era e la promessa di una incrollabil,ità da lui
stata accolta da Filone (-+col. rr90) si concessa. L'escatologia neotestamentaria
trova espressa anche nella cosmologia poggia quindi sulla fede escatologica nel
cristiana: i cieli percorrono le loro orbi- Creatore propria dell'A.T.
G. BERTRAM

t o-cH.my~, t
craÀ7tlsw
tcra.À.mO"'t'TJç

SOMMARIO: 2. la tromba in guerra;


A. Il gruppo di vocaboli in greco: 3. il significato della tromba in tempo di
I. significato: pace;
r. craÀ.my~; 4. la tromba come strumento musicale.
2. crct.À'Ttl~w; B. Il gruppo di vocaboli nell'A.T.:
3. O'C1.À1tLO""tlJt;. I. gli equivalenti ebrnici:
IL Origine e uso della tromba: i . crcf.).myl;:
I. origine della tromba; a) so/ar,

225), cfr. anche Theod. Mops. secondo STAAll Tempelpsalmen: ZAW 19 (1899) 96-133; 20
2II. (1900) 97-rx4; I . M. CAsANowtcz, art. 'trum-
O'aÀ:r.:~y!; X't À.. pet', in JewEnc xn 268; G. L. CmmN - I. D.
I. Abrahams, art. 'trumpet' in HAsTINGS, D.B. EISENSTEJN, art. 'shofar', in JewEnc XI 3oi-
IV, 815 s.; C. AnLER, The Shofar its Use and 306; C.H.CoRNILL, Mt1sic in the Old Testa-
Origifl: Annua! Report of the Board of Re- ment: Tue Monist 19 (1909) 240-264; S.B.
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437-450; F. BEHN, Musikleben im Altertum meni: HUCA 3 (1926) 56-63; ID., The Sho-
tmd fruhen Mittelalter (1954) indice s.vv. far: HUCA 8-9 (1931{32) 193-228; F. W.
'Trompete', 'Salpinx', 'Tuba'; A. BiiCHLER, GALPIN, The Music of the Sumeria11s and their
Zur Geschichte der T empelmusik und der immediate S11ccessors, the Babylonians and
1199 (vn-,71) uaÌl.7tLyl; x-r)•. A 1 l (G. Friedrich) (vII,72) 1200

b) fJa!tJ!ra, 2. la tromba e il corno in occasioni spe-


c)qeren, ciali in tempo di pace;
d) ;obel, 3. la tromba e il corno nel culto giudaico;
e) t'rlJ'iJ, 4. il significato escatologico del suono del
o tiiqoa'; corno;
2 . CTaì.:itl~w; 5. il corno e la tromba come strumenti
3. O'ltÀ.7tlO''ti)c;. musicali.
II. Uso e significato del corno e della trom- D. Il grnppo di vocaboli nel N.T.:
ba: I. i singoli vocaboli:
i: ilcorno e Ja tromba in guerra; I, cr6:À;ltL"(~j
2. il corno e la tromba in solennità di 2. <TIXÌl.7tll;w;
pace; 3. O'O:À.'ltLCT-t1)ç.
3. il significato cultuale del corno e della IL Il significato dell'uso della tromba:
tromba; I. la tromba di guerra;
4. il suono del corno nelle teofanie; 2. l'uso della tromba in occasioni solenni;
5. il significato escatologico del corno; 3. la tromba nella teofania e nella visione;
6. il corno e la tromba come strumenti 4. il significato escatologico della tromba;
musicali. 5. la tromba come stmmento musicale,
C. Il gmppo di vocaboli nel giudaismo:
Li rispettivi vocaboli:
r. ItJfiir, A. IL GRUPPO DI VOCABOLI IN GRECO
2 . f!ìi16!rt1,
3. qeren, I. Il loro significato
4. salp1ngiis.
II. Il significato del corno e della tromba I. craÀ.myç
nel giudaismo:
1. lo strumento per fare segnali in guerra; a) O'OCÀmyç {lat. tuba) è generalmente

Assyrians; Sammlung musikwissenschaftlicher TH. REICK, Probleme der Religionspsycholpgie


Abhandlungen 33 (1955) 20-25; E. R. GoonE- I: Das Schofar: Internationale Psychoanalyti-
NOUGH, Jewish Symbols it1 the Greco-Roman sche Bibliothek V (1919) 178-235; A. REINACH,
Period III (1953); IV (1954) 167-194; H. art. 'Tuba', in DAREMBERG-SAGLIO V 522-528;
GRESSMANN, Musik tmd Musikinstrumente im H. RrnMANN, Handbuch der Musikgeschkhte 1
;'.1.T. (1903); H. HlcKMANN, La Trovipette (1923) II.5 s.; E . C. A. fu.l!.HM, art. 'Musik', in
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BAUMEISTEll, Denkmiiler · des klassischen AJ- liche Zeitschrift der Karl-Marx-Universitat
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Widderhorn: Zeitschrift de·s Vereins fiir liche Reihe 6 (1956/57) 589-599; O. R. SEL·
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MAECKLENBURG, Oher die Musikinstrumente te 'in den heìligeì1 Schriften des A.T. (1895)
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Die Btrusker n (i877) 206-21j; J.l'ARisor, lungen 'der Berliner Ges'ellschaft fiir Anthro-
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J. D. PRINCE, ·art. 'Music', in' ·EB III 3230 s.; o/ the At1i:ie11t Egyptians II (1887) 260-265;
12or (vu,72) <Tri.À.11~y~ X"tÀ.. A I l -2 (G. Friedrich)

uno strumento a fiato diritto 1, distinto be. Pindaro parla cli mEptxà. a6.À:1wy;
dalla bucina (greco ~vxii'lll')), che è il (Ant. Graec. 7,34,1, dr. 16,Jo5), De-
corno metallico ricurvo, e dal xÉpcxc; mostene di ÒT]µ'l'}y6poc; cniÀ.my; (Ant.
{lat. cormi), anch'esso ricurvo e in ori- Graec. 2,23). In senso negativo si parla
gine derivato da un corno d'animale 2• di Antistene come cr6:À.7CL')'l; (Dio Chrys.,
La craÀ.myl; è di ferro o di bronzo, l'im- or. 8,2). Un uso figurato si trova in A-
boccatura di corno. All'estremità infe- chill. Tat. 8,ro,IO: a.ih1) oùx Ù'TtÒ utJ.'A-
riore il lungo tubo si apre a padiglione myyt µ6vov &,)..,)..,à, xa.L X.TJPl>XL µoLXEUE-
(Poll., onom. 4,85). b) Con cr&.À.7tLjl; 't'IXL.
s'intende non solo lo strumento a fiato,
bensl anche il suono che ne esce, che 2. o-a.Àitlsw
Poll., onom. 4,86 chiama craÀ.'TtLjµCX.
È lo squillo di tromba (Xenoph., eq. a) L'aoristo di cra.À:1tlsw, in rispon·
9,n; Arrianus, anabasis Alexandri 1, denza a craÀ.my~-<TaÀmyyoc; da cui de-
14,7 3 ; Aristot.; rhet. 3,6[p.1408 a 9]; riva, suona dapprima Ècni'Amy~a. (Xe-
Paus. 3,17,5); il segnalé che viene dato noph., an. 1,2,17). In età più tarda, si
con la tromba (Thuc. 6,32,1; Xenoph., ha Èua'Amcra. (Ios. 6,13; Athen. 4,5
eq. mag. 3,12; Polyb. 4,13,1; Arrianus, [13ob]), e cosl anche il futuro cr<X.Àmw
anabasis Alexandri 3,18,5). 7tpw·n1 craÀ.- (Num. rn,8) o cra.À.nlcrw I Cor. 15,52).
myl; è il primo segnale di tromba (Ael. Il verbo significa trarre un suono dalla
Arist., or. 34,22 [Kei]] ), dr. inoltre tromba, dare un segnale con la tromba
crciÀ.1wyyoc; &.xoVEL\I (Aristoph., ran. (Artemid., oneirocr. 1,56; Athen. 4,5
1042; Ael. Arist., or. 36,27 [Keil]); 'Ì') [ 13ob] ), suonare la tromba (Dio C.
craÀ.1ttyl; 1ta.pa.xa.À.Ei: (Arrianus, anabasis 57,18,3). Il soggetto che indica co-
Alexandri 5,23,7); 't'TJ craÀ.'1tLYYL XEÀEU- lui che suona la tromba ·non va neces-
EL\I (Xcnoph., hist. Graec. 5,1,9). Con sariamente indicato, perché in cra.>.:11:lsw
cr6.À1ttyl; si può anche intendere l'atto è già conten.uto il soggetto usuale, cioè
di suonare la tromba (Dio C. 57 ,18,3). o-a.À.mx-.Tjc; (Xenoph., an. 1,2,17). cra.À.-
c) In senso traslato si intende il tuono: 'Ttlsw talvolta ha anche il significato ge-
.6..Lòc; crii:X.myl;· (Nonnus, Dionys. 2,558); nerico di soffiare in, suonare uno stru-
oùpa.Vt'r} craÀnLyl; (Tryphiodorus, exci- mento (Xenoph., an. 7,J,32}. c) Come il
dium Ilii 327 4 ); oppure oùpa.vl11 Atòç sostantivo (--'>- 1201 s.) anche il verbo
ua:X.myl; (Nonnus, Dionys. ·6,230 s.). può essere usato in senso traslato, ad
Anche di uomini si dice che sono trom- es. a proposito del cielo quando tuona
Y. YADIN, The Scrollo/ the War of the So11s 2 Più tardi per xépac; si intese spesso il flauto
of Light against the Sons of Darkness 2 (r957) frigio, al quale in basso era applicato un cor-
82-105 (in ebraico). no. In Eustath. Thessal., comm. in Il. J8,219
e nel ros. T (Townleyana) degli scholia ad
1 Però dr. Poli., 0110111 .. 4,85. Una riproduzione Horn., Il. l8,2J9 (ed. E. MAss II (1888] 253)
in C. SAcHs, Geist tmd Werden der M11siki11· vengono descritte 6 trombe diverse: r. la elle·
strumente (1929) tavola 23 ,. fìg. 154; ~· WEG- nica grande, 2. l'egiziana rotondo, .3. la galata
NllR, tavola 26. L'etimologia di 116.À..my!; è in- _medio-grande, 4. la paflagonica molto grande,
certa. Per lo più il vocnbolo viene messo in· 5. la media con tubo a canna, 6. la tirrenica
relazione ·con il lituano ivilgirì, wfolare con con un padiglione ricurvo. Probabilmente non
le labbra, cfr. BoISACQ 850 s., HoPMANN 304. si tratta di un elenco cli diversi tipi di tromba,
Però sembra piuuosto strano, cfr. P. CHAN- ma semplicemente di una descrizione cli stru-
TRAINE, [;, Jormation des 110111s en grec ancien menti musicali di ottone. ·
(1933) 398. Sul suffisso -~rY cfr. ScHWYZER 1 3 Ed. A. G. Roos (r907).
498 [RtscH]. 4 Ed. W. WEIN.BERGBR (r896).
qaJ,myl; x-c)... A I 2 - n l (G. Friedrich) (vII,73) 1204

(Horn., Il. .21,388; cfr. Eustath. Thessal., conosce (Il. r8,2 I 9; 21,388), ma sem-
comm. in Il. 2I,388) o del canto del gal- bra che a quel tempo non fosse ancora
lo (Pseud.-Luc., Ocyp. n4). in uso negli eserciti greci. Al contrario
era assai diffusa in Oriente. In un tem-
3. CTaÀmcr·n)ç pio di Mari (c. 2700 a.C.) due figure
tengono in mano due oggetti, che po-
Il sostantivo che indica colui che suo- trebbero essere dei corni. Essi vengono
na la tromba presenta diverse forme 5• menzionati nei cilindri di Gudea {2400
La forma cra.Àmyx-.i)ç, che ci si attende a.C.) e in atti contabili del tempio.
per prima, si trova in CIG I IJ83,5 Nei tumuli di Tepe Rissar e di Asta-
(II sec. a.C.); IG 7,3195 (r sec. a.C.) e rabad in Persia {II millennio a.C.) si so-
passim, cfr. Thuc. 6,69,2; Polyb. 4,r9, no trovate trombe d'oro miniate 6 • Su
12; q,3,6. In iscrizioni è attestato dap- un bassorilievo ittita di Karkemish 7 e
prima O'a.À'lttx-tT]ç (Ditt., Syll. 1 1 r53 su un altro del palazzo Sennacherib so-
68 s . [IV sec. a.C.]; Ditt., Or. I 5r,64 no raffigurate delle trombe 8 . Tusratta,
[m sec. a.C. J; Ditt., Syll. ' II 667 ,44 [II re di Mitanni, in occasione delle nozze
sec. a.C.]; corrispondentemente Polyb. della figlia con Amenophis III (1380
1,45,r3; 2,29,6 ecc.). Presso gli scritto- a.C.) inviò come dote due trombe 9• Ciò
ri, nei mss . si trovano spesso entrambe le dimostra l'alto valore degli strumenti.
lezioni; cfr. Xenoph., an. 4,3,29.32; Dio In Egitto la tromba compare in molte
C. 36,49,I, cfr. 47,43,1; 56,22,3; Ap- figure a cominciare dal 1550 a.C. 10• Nel-
pian., beli. civ. I,105 (494). Più tardi, la tomba di Tutankamen (verso il 1350
come Ècr1H.:1wra. sostituisce ÈCTaÀmy~a. a.C.) si sono trovati due strumenti in
e~ col. r202), cosl in luogo di cra.À- buono stato di conservazione, uno d'ar-
mx-.1]ç compare la forma O'a.Àm<nT]ç gento e l'altro di rame 11 • Ad una deri-
1
(Ditt., Syll. III 1058,4 [u-1 sec. a.C.J; vazione orientale della tromba accenna
IG 7'4I47,6 [n-r sec. a.C.]; Ditt., Syll.' anche l'espressione TvpO'T)V~xTi a<iÀmy~
II 1059, col. 2,20 [circa Christum na- (Aesch., Eum. 567 s.; Eur., Heracl. 830
tum]; cfr. Theophr., char. 25,5). s.; Phoen. 1377 s.; Rhes. 988 s.). Si pre-
sume che i Tirreni l'abbiano inventata in
Il. Origine ed uso della tromba Lidia (Diod. S. 5,40,1; Athen., 4,82
[184a]; Poli., onom. 4,85; Paus. 2,2r,
I. L'origine della tromba 3 ), per meglio intendersi quando soffia-
va il vento {Isidorus, ethymologiae 18,
La tromba non è stata uno strumento 4,2 s . 12).
tipico dei Greci. Nella letteratura più
antica si trova molto di rado. Omero la

s Phryn., ecl. 167, dr. W. G. RUTHEFORD, The al 1400 a.C.) in M. WEGNER, Die Murikinstru-
New Phrynichus (i881) 279 a 167. mente des alten Orients, Orbis Antiquus 2
6 ~ GALPIN 2!·23.78 tavola XI 19. (1950) tavola i4a; altre riproduzioni dei tcm·
7 BR 390; C. SACHS, Murik der Altertums pi di vari re egiziani in W. WRESZINSKI, Atlas
(1924) tavola 5; J. B. PR1TcHARD, Tbe A11ciet1t wr altiigyptischen Ktilturgerchichte II ( 1935)
Near East in Pictures (1954) 63, figura 201;
tavole 24 s. no s. 127 s. 134 s. l5r.i61s.169 s.
~ GALPIN, tavola III i.
185.191 s. 199 s.; ~ HrcKMANN 4-16.
8 BEHN,M11sik!eben, fig. 37. 11 H. C. CARTER, Tut·ench-Amu11 n 1°{1938),
9 ~ GALPIN 23 s. tavola 2 B; ~ HICKMANN, tavola 1.
io Trombe dell'epoca di Thutmosis IV (intorno 12 Ed. w. M. LINDSAY l9II.
1205 (vu,73) ua).my!; x't'À.. A n 2 (G. Friedrich) (vn,74) .1206

2. La tromba di guerra Con la tromba venivano dati i segnali di


prepararsi alla battaglia e gli ordini di
Nell'antichità la tromba è stata usata andare all'attacco (Aesch., Sept. c. Theb.
pochissimo come strumento musicale, 394; Eur., Phoen. 1377 ss.; Xenoph., an.
ma più come strumento di segnalaz~one. 4,2,7 s.; 4,3,29; Diod. S. 20,51,2). Essa
Perciò si parla spesso del CTl)µctWEW aumentava il frastuono provocato dalle
della tromba o del trombettiere (Xe- grida bellicose dei soldati (Arrianus, a-
noph., an. 4,2,1; Polyb.14,3,5; Diod. S. nabasis Alexandri 1,14,7), infiammava il
r5,53,>; Polyaen., strat. 4,3,26), cfr. an- coraggio degli attaccanti (Thuc. 69,2;
che 'tÒ O"T)µEi'.ov craÀ.7tL~EW (Athen. 4,5 Plut., Aem. 33,1 [1 272 f]; Plut.,
[ l 3ob ]); ..~ 7tGt:paxÀ.'"t]'ttXà 'tOV 1tOÀ.É-
Crass. 23,9 [r 557d]; Polyaen., strat.
µou È1ttCTT]µa.lvm1 (Dion. Hai., ant. Rom. 4,3,26; Dio C. 47,43,2; Eustat. The~­
4,17a). In sostanza 1~ tromba fu usa,ta sal., comm. in Il. 21,388), spaventava tl
nell'esercito come craÀ.7tty1; 7tOÀ.tµta nemico e ne sconvolgeva le righe (Xe-
(Athen. 10,59 [442c]). Essa è un opya- noph., an. 7,4,19; Polyb. 2,29,6). Con
vov 1toÀ.ɵou (Philo, spec. leg. 2,190), la tromba si dava anche il segnale della
un opya.vov 1tOÀ.Eµtcr't1)pto\I (Artemid., ritirata (Polyb. 3,69,13; 10,13,u; 15,
oneirocr. I ,56) O opyOCVO\I 1tOÀ.EµtX6\I 14,3 ), della fìne della battaglia (Xenoph.,
> I > •
(Hesych ., s.v. ), EVXPiJCT'tO'tlX.'ti) rn; 'tovc:; an. 4,4,22; Diod. S. 15,87,2), della rac·
1tOÀɵouc; (Diod. S. 5 ,40,1 ). Secondo colta dei dispersi (Artemid., oneirocr. r,
Bacchilide (18,3 s.) la xaÀ.xoxwowv (con 56) e della marcia verso l'accampamen-
padiglione di bronzo) cr&.À.myl; fa riso- to (Philo spec. leg. 2,190; Poll., onom.
nare 1tOÀ.EµT)ta.v àoto&v. I Greci, raffi- 4,86). Segnali di tromba venivano d~ti
gurando Nike con la tromba in mano 13, spesso anche come stratagemma per in-
mostravano quale importanza attribuis- gannare il nemico sulla vera situazione
sero alla tromba nel conseguimento del- (Dio C. 56,22,3), Presso i Romani le
la vittoria. Gli Spartani originariamente sentinelle dopo il pasto serale si reca-
non entravano in battaglia a segnali di vano al loro turno di notte ad un segna-
tromba, ma al suono di flauti, marciando le di tromba (Polyb. 14,3,6). Dell'eser-
a ritmo regolare e a tempo (Thuc. 5,70; cito romano è detto che «la tromba dà
Plut., Lykurgus 22 [1 5 3]; Polyb. 4, il segnale del riposo e della guardia e
20 6; Paus. 3,17,5; Clem. Al., paed. 2, dell'alzata. Nulla avviene senza coman-
42:2). Il flauto dava loro anche il primo do» (Flav. Ios., beli. 3,86). Il trombet-
segnale di battaglia (Luc., salt. ro) .. I tiere, assieme al portainsegna e ad altri,
Cretesi oltre al flauto usavano la lira fa parte degli uomini della truppa che,
(Strabo I0,4,20). Più tardi la tromba fuori dei ranghi della compagnia, erano
soppiantò gli altri strumenti (Plut:, de a disposizione per servizi speciali (Ascle-
musica 26 [II 114oc]). Essa serviva a piodotus, tactica [ ~ n. J4] 2,9; 6,3;
trasmettere vati ordini (Asclepiodotus, Ael., tact. 9,4; 16,2).
tactica 12,ro; Ael., tact. 35,1 14 ), special-
mente quando era difficile intendersi in
altro modo (Arrianus, tactica 32,5 15).

13 ~ WEGNER, tavola 26b. Altre riproduzioni dalmente n. 1 con rinvii ad altre riproduzioni.
della tromba da guerra ad es. in A. FURTWANG-
14 Asclepiodotus ed Aelianus, ed. H . KoCHLY-
LER - K. REICHHOL», Griech. Vasenmalereien II
W. Ri.isTOw, Griech. Krieg:rschriftstelfer II
(1909) 113 e tavola 82; P. HARTWlG, Die
(1855).
griechischen Meisterschalen der Bliithezeit des
strengen rothfigurigen Stiles (1893) 276, spe.- 1s Ed. R. HERCHER e A. EBERHARD (1855).
1207 (vxr,74) ua).my~ X'tÀ.. A Il 3 (G. Friedrich) (vu,75) uo8

3. Il significato della tromba in tempo Anche in età greca e romana si fa men-


di pace zione di trombettieri sia in cortei fu-
nebri sia in cortei trionfali. Alla te-
Oltre che nell'esercito, la tromba ve· sta del corteo che si recava alla tomba
niva usata in occasioni quanto mai varie. dei caduti a Platea marciava il trombet-
I pastori radunavano con segnali di tiere, che intonava il segnale di vittoria
tromba il loro gtegge(Polyb. 12,4,2 s.). (Plut., Aristides 21,3 [r 332a], dr. Ar-
Secondo Aesch., Eur. 566 ss. all'inizio rianus, anabasis Alexandri 7 ,3 ,6 ). Origi-
di una seduta in tribunale l'araldo con nariamente la musica funebre doveva
la tromba dava al popolo l'ordine di probabilmente procurare al defunto una
non distubare. Cosl pure un segnale di buona accoglienza da parte degli dèi in-
tromba ordinava il silenzio prima della feri; più tardi essa diventò un puro
preghiera (Thuc. 6,32,1). Con la tromba sfoggio di sontuosità (Appian., bell. civ.
si chiamava a raccolta il popolo per as- r,105 [494s.]; Persius, sat. 3,103 19 ;
sistere al sacrificio (Poll., onom. 4,86; Horat., serm. 1,6,44). Sen., apolocyn-
Eusthath. Thessal., comm. in Il. 18, tosis .12,1), raccontando la sepoltura di
219; schol. ad Horn., Il. 18,219 [ ~ n. Claudio, dice che i tanti suonatori fa-
2 J). La tromba cultuale, per distinguerla cevano una tale sarabanda, che pote-
da quella di guerra, era detta iEpci (Ar- va udirla perfino il morto; tutti era-
temid., oneirocr. l ,56) o anche tEpa.:nx1) no felici e contenti. Un bassorilievo
(Lydus, de mensibus 4,73) 16• Il trom- romano offre la rappresentazione viva
bettiere addetto al culto si chiamava di un corteo funebre con i suoi musican-
!.Epo<ra.À.mX't1]c; (CIG II 1969,4; 2983, ti 20 • Anche il corteo trionfale era aperto
4s.)o tEpocra.Àm<r-ci}c; (IG 14,617,6). In da squilli di tromba (Plut., Aem. 33,1
una pittura murale di Ercolano, che rap- [r 272f]; Appian., Libyca 66 [293]).
presenta una scena del culto di Iside, ac- Di una donna si racconta che È<TaÀ.'lt~­
canto al sacerdote che presiede l'azione CTEV ••. iv 't'jj 'ltPW't'll &.x~ELO"TI µEytiÀTl
sacrificale si vede un suonatore di trom- 'ltoµrrfi lv 'AÀE~avopElq. 'tÒ 'ltoµmxov,
ba 17• Nel culto di Dioniso la tromba a- «accompagnò col suono della tromba la
veva una sua funzione (Plut., quaest. prima processione solenne che si svolse
conviv. 4,6,2 [n 671e]). Come raccon- in Alessandria» (Athen. 10,7 [415a],
ta Plut., Is. et Os. 35 (II 364 f), in un cfr. Eustath. Thessal., comm. in Il. 21,
rito primaverile Dioniso veniva evocato 388; Poll., onom. 4,89; Aèl., var. hist.
dall'acqua mediante squilli di tromba. 1,26). Nelle gare un trombettiere chia-
mava a raccolta i partecipanti, dava il
Già nelle raffigurazioni egiziane si segnale di partenza ed incitava con i
possono vedere trombettieri nei cortei 18• suoi squilli i concorrenti (Poll., onom. 4,

16 Ed. R. WilNSCH (1898). 18 WREsZINSKI, op. cit. (~ n. xo), tavole 185.


17 J. QUASTBN, Musik tmd Gesang in den Kr1l- i9r s. r99 s.; ~ HicKM.ANN 8 s.
ten der heidnischen Antike und christlichen 19 Ed. W. V. CLAUSP.N (x959).
Friihr.eit: Liturgiegeschichtliche Quellen und
Forschungen 25 (1930) tavola 24. Sull'uso cul- 20 QUASTEN, op. cit. (~ n. 17) tavola 31. Cfr.
ruale della tromba cfr. inoltre A. FRICKEN- anche Ant. Christ. u 2 s. 316. Tertull., de co-
HAUS, Der Schiffskarren des Dionysos in A- rona u,3 (CCh 2 [19,:14] 1956) si oppone al-
then: Jahrbuch des deutschçn Archiiologischen l'idea che dei cristiani, che attendono di essere
Institutes 27 (1912) 65 e allegato 1, fig. 4: alla svegliati dalla tromba dell'arcangelo, dopo la
testa di un corteo sacrificale avanza un gio- loro morte ·siano disturbati dalla tromba dei
vane che suona la tromba. suonatori.
J209 (vn,75) crli}..myl; x-r}... A II 3 -B r xa (G. Friedrich) (vu,7.:1) 1210

89; Soph., El. 7II; Martianus Capella, non vuol dire che i trombettieri abbia-
de nuptiis Philologiae et Mercurii 9, no suonato una marcia, ma che hanno
925 21 ). Quantunque con la tromba si dato il segnale, o anche segnato il passo,
potessero suonare solo poche note (~ di truppe avanzanti. La tromba mal si
col. 1210), suonare la tromba era con- prestava come strumento musicale; dal-
siderato un'arte, perché era necessario le trombe provenienti dall'Egitto(~ col.
avere molto fiato per farne uscire un 1214) si possono ricavare in sostanza
suono 22 • Negli agoni si svolgevano an- solo due note, la tonica e la decima. A
che gare musicali di tromba (CIG I gran fatica si ricava una terza nota, che
1585,5; IG 7,1760,11; Ditt., Syll. n
3
è di due ottave più alta della tonica 24•
667>44 ecc.). A quanto pare in queste Non molto diversamente devono essere
gare contava la forza del suono. Erodoro andate le cose con le altre trombe 25 • Con
non era eccelso; ma si elogia la forza dei tale strumento si possono dare segnali,
suoi polmoni: Ècr1}µawE oÈ crcù:1tl~wv si possono segnare ritmi ma non fare
µÉyLCT'tOV. Egli avrebbe addirittura suo- musica in senso vero e proprio. Il suo-
nato contemporaneamente due trombe no delle trombe egiziane è molto for-
(Athen. 10,7 [414e); Eustath. Thessal., te, aspro e poco gradevole all'udito 26 •
comm. in Il. 21,388). Di Aglaide si dice Per i Greci il suono della tromba era
(Poli., onom. 4,89): cr&.À:myyL Ù'ltEPEP- à.pls11Àoç, assai chiaro, forte (Horn., Il.
pwµÉvwç èxpl)cra-to &.yovLCT't1}pl4) 'tE xai 18,219), OL<hopoç, penetrante, squil-
1toµmxfj, «con una forza straordinaria lante (Aesch., Eum. 567 ); Ael., var.
suonava la tromba da gare e da corteo». hist. 2,44) e i;paxvç (Ael., var. hist. 2,
Secondo Porfirio (commentarius in Pto- 44). A motivo del suono forte e pene-
lemaei harmonica 4 23 ) l'ora veniva data trante della tromba, la polizia egiziana
con segnali di tromba (cfr. Petronius, aveva ordinato che essa fosse suonata
satirae 29,6). Nelle grandi festività si solo nelle caserme fuori città. Il suono
indicava con le trombe la fine del pran- della tromba è stato paragonato al ra-
zo (Athen. 4,5 [13ob]). glio di un asino (--? col. 1232) (Plut.,
Is. et Os. 30 [n 362f] ). Su una tavola
4 . La tromba come strumento musicale del tempio di Enlci a Eridu (2200 a.C.)
è detto che essa fa fracasso come un
Non sappiamo con sicurezza se la toro 27.
tromba venisse usata come strumento
musicale. In Xenoph., an. 7,3,32 è men- B. IL GRUPPO DI VOCABOLI NELL'A.T.
;tionata con altri strumenti d'orchestra
in occasione d'una grande manifestazio- I. Gli equivalenti ebraici
ne festiva. Ma poiché è detta <f<iÀmy~
wµo~oEla, se ne deduce che non si trat- l. <TaÀmy~
ta della normale tromba metallica.
Quando Dio C. 56,22,3 scrive: ol rtr1.À- a) foftir
mxi;aL. 'tPOXr1.~6v 'tL cruµBo1Jrta\l't'Ec;, Per Io più (oltre 40 volte) cr&À:itLY~
21 Ed. A.DICK (1925). 2S Se per suonare le antiche trombe egiziane, o
22 ~ HICKMANN 33 s. le loro imitazioni, si utilizzano delle imbocca-
23 Ed. I. DiiRING (1932). ture moderne, a un suonatore abile è possi-
2~ R. KIRBY, Ancient EgyptiatJ Tr11mpets: bile ottenere alcune nitre note; -+ HrcKMANN
Music Book 7 (1952) 250. Di diversa opinione 32.
~ HxcKMANN 3r. Egli parla cli tonica, ottava 26 -+ HICKMANN 33 .
e quinta superiore. 27 -+ GALPJN 23.
12II (vu,75) u&.À.myl; X't'À.. B I ia-b (G. Friedrich)

nei LXX serve a rendere sofàr, che pe- Ciò corrisponde alla descrizione che ne
raltro in più di 20 passi è tradotto dai fa Flavio Giuseppe (ani. 3,291 s.), dove
LXX, e talvolta più fedelmente, col dice che la canna era stretta, un po' più
sinonimo XEPO:'tLV'tJ. Non è stata fino- spessa di quella del flauto 32 • Cosl la
ra trovata un'etimologia del tutto sod- ~a!o!ra è riprodotta anche sull'arco
disfacente di sofàr. Probabilmente dal- trionfale di Tito 33 • Essa è uno strumen-
l'accadico sapparu è derivato l'ebr. so- to di metallo, lungo, sottile, diritto, rifi-
fiir, ma con uno spostamento di signi- nito con argento (Num. 10,2), che va
ficato: il caprone selvaggio è diventato distinta dal sofiir, il corno d'ariete ricur-
il corno del caprone 28 , sofàr è dunque vo (-7 col. l2l r), rispetto al quale essa
uno strumento a fiato ricavato da un presenta la caratteristica di strumento
corno di ariete. Perciò sofàr non si può espressamente cultuale che, eccettuate le
rendere né con tromba né con trombo- notizie sull'ascesa al trono di Joas (2
ne, ma si deve tradurre con corno 29• Più Reg. 11,14 e 2 Chron. 23,13), si è sem-
tardi il significato speciale di corno di pre trovato nelle mani dei sacerdoti. In
ariete si venne ampliando e sofàr diven- Num. ro,8 viene esplicitamente ordina-
tò designazione collettiva di vari corni to che a suonarla siano soltanto sacerdo-
di animali, anzi in generale di corni e ti. Secondo Num. 10,2 Mosè riceve da
strumenti a fiato. A differenza del greco Dio l'incarico di costruire due trombe
<raÀ."KLY~ (~col. 12or) sofàr non signi- d'argento; nel corso dei tempi, poi, il nu-
fica il suono del corno. Quando di que- mero delle trombe d'argento è stato au-
sto si vuol parlare, si dice qol sofàr (Ex. mentato. Durante la consacrazione del
19,16; Ios. 6,20; 2 Sam. 6,15; Ier. 4,19 tempio di Salomone 120 sacerdoti suo-
ecc.). navano le trombe (2 Chron. 5,12 s.).
Poiché la hasosra della Bibbia ha una
b)!Ja!o!ra certa somigli~nza con le trombe egizia-
ne 34 , è stata avanzata l'ipotesi35 che gli
11 vocabolo appare nell'A.T. circa 30 Israeliti l'abbiano portata dall'Egitto
volte, e, ad eccezione di Os. 5,8, sempre nel corso dell'esodo. Ma ciò non sem-
al plurale. L'etimologia è difficile 30• Pro- bra corrispondere al vero. La l}a~os­
babilmente pl#o!ra va collegato all'ara- ra si trova quasi esclusivamente in
bo /.J!r 31 , il cui significato principale è scritti piuttosto recenti dell'A.T. Proba-
stretto e quindi /;a!O!ra è lo strumen- bilmente è venuta in uso soltanto tardi
to stretto che emette un suono stridulo. presso gli Israeliti. Dato che era lo stru-
28 KoLARI 42 s. oÈ EÙpoç &pxouv E'ltt 'ti!> <T't6µct'tL 'TtpÒc; Ùtto-
29Non è possibile una definizione che distin- oox.i)v 'Tt'llEVµa"t'oç El<; XWOW\la 'taic; daÀ'TtLyl;L
gua esattamente la tromba dal corno; cfr. C. 7tapa'TtÀ'T)<Tlwc; 't'EÀ.ouv'ta: àr:rwupa xaÀ.EL't'aL
SAcHs, Reallcxikon der Musikinstrumente 'tlJV 'E~palwv y),,wuuav (Flav. Ios., ant. 3,
(1913) r89 s. 395. Per ttomba generalmente si 291).
intendono strumenti a .fiato di forma cilindrica 33 Vedi ad es. -,> CORNILL, tavola vr; Bru-m,
con padiglione, per corno invece strumenti ri- fig. 83; A.O.B. fig. 509 ecc.
curvi a forma conica,-,> HICKMANN 23. 34 --,) BEHN, figg. 63.65; C. SACHS, Altiigypti-
30 ~ KoLARI 49. sche Musiki11strume11tc: AO 2I,3 s. (1920) fig.
31 --,) GRESSMANN 30 s. I4; -,> HrcKMANN, tavola 1; H. HrcKMANN,
32 EVPE lit xat ~ux&.VJ)c; -.p67tov ti; à:pyupou Musicologie Pharaonique: Sammlung musik-
7tOL'TJCTaµ.evoc;, EO"'t'L lit 'toi.a.u'trr µijxoc; µtv wissenschaftlicher Abh. 34 (1956) 35.
EXEL mix.vaiov òMy~ M~'ltov, O"'t~VÌJ li'lu't't 35 A. W. AMBRos, Geschichte der M11sik I
cr6pLyl; aùÀ.ou ~PctX.Ei: 1taX,v'ttpa, ·mxpéx.ouua 2
(1880) 166 e KJRBY, op. cit. (~ n . 24) 225.
1213 (vn,76) craÀ:m:yt; xù. B I Ib-c (G. Friedrich)

mento più prezioso e più nobile, si è d) jobel


cercato di sostituirla al sofiir 36 • Nel tem-
pio di Salomone i sacerdoti suonatori di Sull'origine del vocabolo non si sa
{Ja~o~rot hanno un posto fisso (2 Chron.
nulla di certo 37• Si è supposto che la
5,12). Anche nella riforma del culto nel
vocalizzazione di jwbl sia errata e si è
tempio sotto Ezechia le trombe dei sa- collegato lo strumento con Jubal, l'in-
cerdoti vengono citate come strumenti ventore della musica di Gen. 4,2r. Se lo
strumento fosse identico al nome del
importanti ( 2 Chron. 29,26 ss.). Dove
prima si suonava il sofiir, più tardi si fa primo musicista, allora jobel sarebbe da
identificare col trombone 38• Probabil-
menzione delle f?a~o~rot. In I Reg. r,34;
2 Reg. 9,13 durante l'incoronazione vie-
mente jobel in origine è la guida del
ne suonato il sofiir. In 2 Reg. II,!4; 2 gregge, l'ariete 39; donde poi si sono svi-
luppati i significati di corno di ariete,
Chron. 23,13 si parla di biiFo~rat. La
stessa cosa risulta da un confronto dei tromba, fatta di corno d'ariete, segnale
racconti del trasporto dell'arca; 2 Sam. di tromba ed infine la festa che viene
6,15 parla del so/ar, I Chron. r3,8; 15,
annunciata con lo squillo della tromba 40 •
24.28 delle ba~o~rot. In 2 Chron. r3,12.
Come qeren, anche jobél non costituisce
uno strumento particolare accanto a so-
r4 si fa menzione di biiF6~rot in guerra,
in Iud. 7,16 e altrove di JO/iir. In Os. fiir e a ~ii~ofra. Nel significato di corno
5,8; Ps. 98,6; I Chron. 15,28; 2 Chron. a fiato compare soltanto in Ex. r9,x3,
dove il suono prolungato di jobel è chia-
15,r4 i due strumenti si trovano insie-
me. Nel panorama complessivo delle ci- ramente identico a qol haHofiir di Ex.
r9,r9, cfr. r6. Negli altri passi jobel si
tazioni veterotestamentarie non si può
incontra sempre collegato con qeren e
stabilire una differenza sostanziale nel-
l'uso dei due strumenti.
sofiir. In Ios. 6,5 si ha la locuzione qe-
ren hajjobel, in los. 6,4.6.8.13 sofrot
ha;;obltm. Probabilmente nei rispettivi
c)qeren passi jobél indica il materiale di cui è
qeren come strumento a fiato compa- fatto il corno.
re nella parte ebraica dell'A.T. soltanto
e) t"ru'a
in Ios. 6,5. Invece la forma aramaica
della parola si incontra 4 volte in Dan. In un passo (Lev. 23,24 [cfr. anche
3,5.7.ro.15. Come sofiir, esso è il corno lEp. 34,2 Simm.]), craÀ.my!; nei LXX
di un animale. Accanto ai già citati sofiir serve a rendere rru'a. Ma rru'a non è
e hasosra esso non costituisce uno stru- uno strumento musicale, bensl il rumo·
m~nto. particolare. In Ios. 6,5 ss. sofiir e re, lo schiamazzo 41 (Ios. 6,5; I Sam. 4,
qeren sono usati come sinonimi. In Da- 5 s.), il segnale fragoroso (Num. 10,5 ).
niele esso compare insieme ad altri stru- Quando i LXX traducono t•ru'a con
menti musicali nell"orchestra' di Nabu- <ra)..my!;, il vocabolo va inteso nel
codonosor. In nessun luogo è uno stru- senso, corrispondente alla sua accezio-
mento cultuale. ne greca, di suono di tromba, segnale
36 -+ FINESINGER, Shofar 210; -+ SEIDEL 593. 39-+ GRESsMANN 31; M. Nonr, Das Buch
Josua, Handbuch A.T. f (1953) a 6,4.
37 Sulla difficoltà dell'etimologia e sulle varie 40 G. LAMBERT, Jubilé Hébreu et Jubilé Chré·
teorie che sono state proposte riferisce R.
tie11; Nouvelle Revue Théologique 7:z (1950)
NORTH, Sociology o/ the Biblica/ Jubilee, Ana- 235 .
lecta Biblica 4 (1954) 100-102. 41 P. HuMBERT, La «Terou'a», analyse d't1t1
33 -+ GRESSMANN :z s. 3l. rite bibliq11e (1946).
1215 (vn,77) craÀ1tL'Y~ X'\"À. B I lC-3 (G. Friedrich) (vu,78) 1216

(~col. 1201 ), mentre altrove i LXX tra- taqa' ba~a!o!ra


(Num. ro,8; 2 Reg. II ,
ducono «suono di tromba» letteralmente Chron. 23,I3). La locuzione tiiqa'
I4; 2
con due parole in modo conforme al t"ru'a (suonare con fragore) si trova in
modello ebraico(~ col. 1211) . Nel pas- Num. 10,5 s., tradotta dai LXX con crcx.À.-
so di Num. 29,r, che corrisponde a Lev. 1tL~f.~'V CTT]µrxulcx.'V. Su tiiqa' battiiqoa' di
23,24, teru'fi è tradotto appropriatamen· Ez. 7,14 ~ col. 1215. c) rua' in forma
te con <r'l'}µrxula.. hifìl (far chiasso, gridare) in Num. 10,9
(cfr. 2 Chron. 13,12) è collegato con pa-
f) eaqoa' !D!ra: suonare fragorosamente la trom-
ba. I mss. dei LXX in Num. ro,9 oscil-
In Ez. 7,14 i LXX traducono tàq'u lano nella traduzione tra 1111µa.vf.t"t"f. e
battàqoa' con cru.À.7tlurx"CE f.v cnH:myyL. cru.À.mEt-rc. "t"cx.tc; <raÀ.1tLY~LV. Quantun-
Essi intendono evidentemente tàqoa' que .in Num. rn,7 rua' sia usato s·enza
come uno strumento a fiato. Ma, dato l'indicazione di uno strumento, anche
che il sostantivo tàqoa' non è attestato qui va tradotto con soffiare. Corrisponde
altrove ed il verbo taqa' solo in Num . al taqa' t"ru'fi di Num. 10,6. In Is. 44,23
10,7 è usato in assoluto col significa- rua' è reso dai LXX con cra.À.1tlsm1; ma
to di soffiare (~ qui sotto), si suppo- ivi non significa soffiare, bensl gridare di
ne che il testo sia corrotto. Per lo più, giubilo. d) Oltre gli anzidetti tre verbi
cancellando il b, si muta il vocabolo in che i LXX traducono con cra.À.nlSEL'V, ci
un infinito assoluto. In questo caso il sono ancora altre parole ebraiche che,
passo suona taq'u tiiqoa', e verrebbe ad collegate ai corni, hanno il signilìcato di
indicare non più uno strumento a fiato, soffiare; ad es. màsak, trarre, prolungare
ma solo il soffiare 42 • il suono, emettere un suono prolungato,
mii"Sak hajjobel (Ex. I 9,13) e màsak bc-
2 . 11a.À.7tll;w qeren (Ios. 6,5). e) 'abar, hif'il, far pas-
sare l'aria attraverso lo strumento a fia-
a) In ebraico soltanto da uno dei to, far risuonare, si trova in Lev. 25,9:
diversi sostantivi che indicano corno o he'ebir sofiir. f) Probabilmente del grup-
tromba è derivato un verbo. Come da po di verbi col significato di soffiare fa
<rocÀ.7tLy; è derivato <ra.À.7tll;c.w, cosl da parte anche siima'' hif'il, far udire, suo-
hasosrfi è venuto il verbo hsr. Iri I nare, risuonare di I Chron. 16,42.
Chr~n. 15,24; 2 Chron. 5,12 s·. ;· 7,6; 13,
14; 29,28 i LXX l'hanno reso con ua.À.- 3. O"IXÀ.'ltLO"'t1)ç
7tll;w. Negli altri passi crrxÀ7tll;w traduce
altri verbi o altre locuzioni ebraiche. Nei LXX non si trova il sostantivo
b) Per lo più si trova tiiqa' nel senso di cru.À.1tLO'"t"TJ<;. Quando l'A.T. parla dei
dare in (dar nel corno=suonare il cor- suonatori di tromba, ciò non viene e-
no). tiiqa' all'assoluto viene usato solo spresso con alcun termine particolare.
di rado (Num. ro,7, dr. Ez. 7,I4 [ ~ In 2 Reg. 11,14; 2 Chron. 23,13; 29,
qui sopra]). Molto spesso si trova la 28 lo strumento ba!O!ra sta per il suo-
locuzione tiiqa' baJlofiir (ad es. Iud. 3, natore. In Neem. 4,12 il trombettiere
27; I Sam. 13,3; Is. 27,13; Zach. 9,14) è detto hattoqea' baIJofiir, colui che
o anche tiiqa' sofiir (ad es. Ps. 81,4; Is. suona la tromba. Spesso si parla anche
18,3; Os. 5,8; Ioel 2,I). Similmente, col- dei sacerdoti con le trombe : 2 Chron.
legato a !Ja!o!rd, in alcuni passi si legge 29,26; Esdr. 3,10; Neem. 12,35.4x.

42 W. ZIMMERLI, fa:. (Bibl. Komm. A.T. 13). ad l.


II. Uso e significato del corno e della preghiera: «Essi gridarono al Signore ed
tromba i sacerdoti .soffiarono nelle trombe» (2
Chron. 13,14). «Essi levarono forte il lo-
r. Il corno e la tromba in guerra ro grido al cielo ... 'Come possiamo resi-
stere loro se non ci aiuti?'. E suonarono
Come in Grecia e~ coll. I205 ss.) cosl le trombe e gridarono a gran voce» (r
in Palestina il corno era un importante Mach. 3,50 ss.). «Essi caddero col ·viso
strumento militare. Al confine e sparsi a terra e suonarono le trombe delle se-
all'interno del paese v'erano posti di gnalazioni e gridarono al cielo» (r Mach.
guardia, che in caso di pericolo (special- 4 ,40). «Li·. aggrecil alle spalle con tre
mente all'avvicinarsi di nemici) davano schiere, ed essi diedero fiato alle trom-
l'allarme agli abitanti (Ier. 4,5; 6,i.r 7; be e gridarono in preghiera» (r Mach.
Os. 8,1; Am. 3,6; Ez. 33,3 ss.; Neem. 4, 5,33; cfr. 2 Mach. 15,25 s.). Il corno da-
l 2 ). I giovani venivano chiamati alla va anche il segnale di desistere dall'in-
guerra santa a suon di corno (Iud. 3,27; seguimento e di por :fine alla battaglia
6,34; I Sam. 13,3; ler. 51,27; Ez. 7,14). (~col. 1206) (2Sam. 2,28; I8,16). La
Che la chiamata a convegno delle tribù tromba squillava con altri strumenti
col sofiir non fosse una faccenda privata quando si rientrava da una campagna
ma un atto religioso, è provato dalla no- vittoriosa e ci si avviava al tempio (2
tizia contenuta in !ud. 6,34: «Allora lo Chron. 20,28 ). Come il suono dei corni
spirito del Signore venne su Gedeone, chiamava a raccolta l'esercito, cosl col
ed egli soffiò nel corno». Anche nel caso suono di corno esso veniva congedato e
di scoppio di rivolte ci si serviva del rimandato a casa (2 Sam . .20,22).
suono del corno per mettere in istato di
allerta i partecipanti (2 Sam. 15,10; :2.0, 2. Il corno e la tromba in solennità di
l). Come presso i Greci e~ col. uo6) pace
cosl presso i Giudei il segnale dell'attac-
co veniva dato col corno (lob 39,24 s.; Durante la cerimonia dell'ascesa -- al
2 Mach. 4,13; 9,12 s.), dopodiché le trono del re gli araldi suonavano il cor-
truppe levando grida di guerra si lancia- no ed il popolo acclamava: - Viva il re!
vano sul nemico, ed il suono dei corni (2 Sam. 15,10; r Reg. 1,34.39.41; 2
aumentava il fragore dell'assalto (Ios. 6, Reg. 9,13; 11,14; 2 Chron. 23,13). Dato
:w; !ud. 7,18 ss.; 2 Chron. 13,14 ss.; che Dio è propriamente il re e l'ascesa
Ier. 4,19; I Mach. 5,31). Ma il corno al trono cli Jahvé corrispondeva al rito
non era un semplice strumento cli segna- dell'intronizzazione politica, anche nei
lazione, usato per trasmettere ordini salmi di intronizzazione è fatta menzio-
(cfr. Num. 10,2 ss.), infondere coraggio ne della tromba. «Dio ascende fra accla-
nei combattenti e seminare il panico tra mazioni, Jahvé al suono del corno» (Ps.
il nemico (--'>- col. 1206); dr. Iud. 7,18 47,6}, e: «Al suono della tromba e del
ss. Anche quando era usato in guerra, a- corno acdamate al cospetto del re Jah-
veva per gli Israeliti un significato reli- vé» (Ps. 98,6). Si suonava il corno anche
gioso; infatti col suono del corno si chia- in altre occasioni speciali. Quando fu
mava Dio perché venisse in aiuto. Do- consacrato il tempio di Salomone, 120
veva ricordare loro Num. 10,9, cosl che sacerdoti suonarono la tromba (2 Chron.
gli squilli di tromba altro non erano che 5,12; 7,6); e quando fu posta la prima
un forte appello a Dio. Perciò il suono pietra del nuovo tempio, ritornarono a
delle trombe prima della battaglia non squillare le trombe dei sacerdoti (Esdr.
poche volte è messo in relazione con la 3,10; cfr. 1 Euop. 5,57. 59 .62 s.). Come
1219 (vu,79) <raÀ.myt; X'TÀ.. Bu 2-4 (G. Friedrkh) (vn,80) 1220

presso i Greci (~ coli. 1207 s.) cosi morazione con suon di tube (Lev. 23,24,
presso gli Israeliti in occasione di solen- cfr. Num. 29,1 ). Allo stesso modo, nel
ni cortei e processioni si suonavano gli giorno della riconciliazione veniva an-
strumenti. Cosl l'arca del Signore fu nunciato col corno l'anno giubilare (Lev.
portata a Gerusalemme fra il suono dei 25,8 s.). Se si proclamavano digiuni, se
corni (2 Sam. 6,15) e squilli di tromba ne dava notizia con segnali (Ioel 2,15).
(1Chron.13,8; 15,24.28).Nella solenne
processione della consacrazione delle
4. Il suono dei corni nelle teofanie
mura, di ognuno dei due gruppi faceva-
no parte sette sacerdoti con trombe Non è possibile fare una netta distin-
(Neem. 12,35.41). Quando con la rifor- zione tra significato profano, cultuale e
ma del culto sotto Asa i Giudei si di-
chiararono pronti con tutto il cuore e teologico del corno. Si ha il riferimento
con tutta l'anima a stare dalla parte di a Dio anche nell'uso del corno in guer-
Dio, essi giurarono davanti al Signore ra, nell'allarme per l'avvicinarsi dei ne-
tra il clangore delle trombe e dei corni
mici(~ col. 1217), nel suo suono prima
(2 Chron. 15,14).
della battaglia (~ col. 12 17) e, in tem-
3. Il significato cultuale della tromba e po di pace, nell'ascesa al trono del re (~
del corno col. 1218). Anche se talvolta il corno
Già nella sezione precedente si è ac- può sembrare uno strumento profano di
cennato al significato cultuale del corno segnalazione, nella maggior parte dei ca-
e della tromba. Questa veniva suonata
si esso si trova però ad essere riferito
durante gli olocausti e i sacrifici. Quan-
do squillavano le trombe durante gli o- molto strettamente a Dio. Il suono del
locausti, tutta la comunità si affrettava a corno accompagna la teofania del Sinai
gettarsi a terra per pregare (2 Chron. 29, (Ex. 19,16 ss.). Chi lo faccia suonare, in
27 s.; Ecclus 50,16 s.). Qui, come all'ini-
zio del combattimento (~col. 1217), il Ex. 19 non è detto. Probabilmente è Dio
fine per cui si suona è che Dio non si stesso. Anche in Zach. 9,14 è lui a suo-
dimentichi ma si ricordi della comunità nare il corno. Il suono del corno delle
(Num. 10,10; Ecclus 50,16). Quando
nella consacrazione del tempio suonaro- teofanie non annuncia soltanto la venu-
no le trombe e gli altri strumenti e si ta cli Dio. Non è neppure un'espressione
intonò il canto di lode al Signore, Dio figurata del tuono, come per i Greci
scese nel tempio con la shekinà e la
(~ col. 1201); infatti in Ex. 19,16 e
gloria cli Dio riempl la casa ( 2 Chron. 5,
13 s.). Era importante anche l'uso della 20,18 tuono e suono del corno sono
tromba nelle varie feste (Num. 10,10; tenuti distinti. Il suono del corno pro-
2 Ea'op. 18,15). Essa veniva suonata la babilmente rammenta la voce irripe-
sera del novilunio (Num. 10,10; Ps.
81,4}. Il corno annunciava la festa di ca- tibile di Dio 43 • Ciò si può dedurre da
podanno, che era un giorno di comme- Ex. 19,19: «Il suono dei corni si venne

43 --+ REIK 204; A. WEISER, Zt1r Froge nach 1111d im Festkult, in Fcstschr. A. Bertholet
der Beziehungcn der Psalmen zum Kt1lt: Die (r 950) ,523 ; --+ SEIDEL ,589.
Darstell1111g der Theophanie in den Psalmen
122r (vn,80) uaÀ.1W'(~ X't'À.. B II 4-6 (G. Friedrich) (vn,80) 1222

prolungando ed amplificando. Mosè par- una voce sola che risuonasse a lode di
lava e Dio gli rispondeva con voce alta}>. Jahvé, e in Ps. 150,3 il corno è nomina-
to al primo posto tra gli strumenti del
L'esattezza di questa interpretazione è tempio, verrebbe fatto di pensare che in
confermata da Deut. 5 ,22: «Queste pa- Palestina la tromba e il corno venissero
role disse Jahvé sul monte a tutta lavo- suonati come in un'orchestra di oggi. Ma
ciò è escluso; infatti, poiché non aveva-
stra comunità di tra il fuoco, le nuvole e no nessun pistone o apertura laterale,
l'oscurità, con voce alta». con essi si potevano suonare solo poche
note (~ col. 12IO). Sul corno d'ariete,
5. Il significato escatologico del corno come mostrano gli strumenti ancora in
uso nelle sinagoghe, si potevano suona-
Come il corno suonò nella rivelazione re, oltre la tonica, soltanto due altre
note: la quinta e l'ottava 44• Ma median-
di Dio sul Sinai, così suonerà anche nel- te l'imboccatura si poteva produrre un
l'evento escatologico. Il giorno di Jahvé suono differente ed un ritmo diverso,
dev'essere annunciato dal suono dei cor- secondo che si soffiava nel corno in mo-
ni (Ioel 2,1; Soph. 1,16). Il suono del do pacato ed uniforme con un respiro
prolungato oppure con brevi immissioni
corno annuncia il giudizio finale. Come di aria. In Num. ro,3 ss. vengono distin-
esso segnalava l'avvicinarsi del nemico e ti vati segnali. È alquanto diverso
provocava perciò panico e terrore (~ suonar la tromba come in Num. 10,3 s.
oppure per fare semplicemente rumore
col. 1217 ), cosl anche il giudizio escato- come in Num. Io,5 s., dr. 10,7. Proba-
logico di Dio sarà annunciato per mezzo bilmente coi verbi tiiqa' (~col. 1215),
di esso. Il suono dei corni annuncia l'i- miisak (~ col. 1216) e rua' <~ col.
12I6) s'intendono diversi modi di suo-
nizio del tempo della salvezza. Segue l'a-
nare. taqa' potrebbe voler dire suonare
dunata d'Israele, il ritorno a Sion degli in staccato, a squilli brevi; miisak è più
esiliati. «Avverrà in quel giorno che si il suonare sostenuto, a note prolungate;
suonerà il grande corno» (Ir. 27,13). ruli' potrebbe indicare il clangore del-
la tromba. Nel tempio i sacerdoti non
Dio stesso suonerà il corno ed apporterà tanto suonavano la tromba per accompa-
il ritorno in patria e la liberazione dei gnare il canto dei leviti, quanto piutto-
Giudei (Zach . 9,14). sto si inserivano nelle pause tra strofa
e strofa con ritmi squillanti. Se più tardi
le trombe sono nominate contempora-
6. Il corno e la tromba come strumenti neamente ad altri strumenti o a cantanti
musicali (I Chron. I5,28; 2 Chron. 15,14; Ps. 98,

In Dan. 3,5.7.10.15 il corno con lo 6; 150,3), esse non avevano il compito


zufolo, la cetra, la lira a sette corde e la di suonare una melodia, ma di sottoli-
cetra a trapezio, formano l'orchestra al- nearne il ritmo, rinforzando il suono di
la corte del re Nabucodonosor. Quando un'allegra e vivace musica popolare, co-
in 2 Chon. 5,13 si parla del complesso di me fanno oggi le nostre fanfare.
musici costituito da suonatori di tromba
e da cantori e si dice che si udiva come
44 KrnnY, op. cit. (-7 n. 24) 254.
1223 (vu,80) uaÀ.myt; X't'À.. eI l - 11 l (G. Friedrich) (vn,81) 1224

C. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL GIUDAI- si parla di s6fiir e viceversa (Shabb. b.


SMO 36a). Non si faceva più alcuna differen·
za tra sofiir e {la~o~ra (Sota b. 43a; Suk-
I. I singoli vocaboli ka b. 34a).
I. sofiir 3 . qeren
Il sofiir è comunemente ricurvo (R.H. Come nell'A.T., cosl nel giudaismo
3,4), ma ve n'erano anche di diritti, che qeren ha un significato più generico. Con
venivano suonati nella festa di capodan- qeren si può anche indicare lo strumen-
no (R.H. 3,3a). Esso era usato tanto nel to a fiato costituito da un corno di muc-
tempio insieme con le fla!ofrot (R.H. 3, ca, mentre s6fiir era un corno d'ariete
3b ), quanto nella sinagoga. A Qumran (R.H . 3,2 e R.H.b. 26a). In altri passi
il corno era suonato dai leviti e da tutto sono menzionati anche corni con imboc-
il popolo (z QM 7,13 s.; 8,9 ss.; 16,7 s.; cature metalliche, costituite di varie
17,13 s.), mentre la pafOfra era uno parti (Kelim 11,7).
strumento strettamente sacerdotale.
Quale significato avesse il Mfiir per i
Giudei, si può dedurre dalla sua fre- 4. salpingiis
quente riproduzione su pietre tombali, Il vocabolo greco crcH.my!; è entrato
bicchieri, lampade, colonne, monete, come barbarismo 46 nel vocabolario giu-
mosaici, anelli ed amuleti 45• daico. Si trova in diverse forme: slp;ngs
( = crciÀ.myycxi;) (Qoh. r. 8,8 ); slpirgsj
2. /.Ja!ofra (Lev. r. 29,4 a 23,24); swlpjrjs (Gen. r.
La paf6fra era un up1co strumento 99 a 49,26); srpjnws (Lam. r., introd.
del culto del tempio: «Non vi sono sta- 23) srpjnjsm (Qoh. r. 12,7).
te trombe fuori del tempio» (R.H.j. 3,3
[58d 30]). In quale misura essa facesse
parte del servizio sacerdotale, si può ri- Il. Il significato di corno e tromba nel
cavare dalla notazione che chi non ha giudaismo
la hasosrà non è un sacerdote (T. Sota 1. Lo strumento per fare segnali in guer·
7 ,i'5 ). À Qumran le trombe si trovano ra
esclusivamente in mano ai sacerdoti (~
1225). Dopo che il tempio col suo culto Il libro della «Guerra dei figli della
fu distrutto e le trombe con gli altri u- luce contro i figli delle tenebre» contie-
tensili sacri furono trasportate a Roma, ne un ampio regolamento di guerra per
la pÌifDfra cadde in disuso e prevalse an- le truppe, dal quale emerge chiaramente
cora il sofiir, tanto che invece di ptlf6fra il significato della tromba 47 • Al suono

45 CTr. le riproduzioni in A. R.BIFENBERG, s.v. salp111giis.


Denkmiiler der jiidiJchen A11tike (1937) ta- 47 Tuttavia dal testo tramandato non si rica-
vole 44. 54. 57 s. 62 s.; In., Ancient ]ewish va un sistema coerente; esso infatti appa-
Coins l(1947) figg . .174.182.186; ~ GooDE· re composto di elementi disparati; cfr. C. H.
NOUGH Ili, figg. 334 SS. 346.444.478.565 S. 571 HUNZINGER, Fragmente einer alteren Fassung
ss. ,so ss. 592. 624. 632. 639. 647. 651 s. 666. des Buches Milpama aus Hohle 4 von Qum-
671. 696. 715 ss. 768 s. 787. 806. 808.817. 837. ran: ZAW 69 (1957) 131-151. Si possono os-
846 ss. 872 s. 878. 891. 893. 928. 94I. 958. 961 servare varie interferenze e incongruenze; cfr.
ss. 1010 ss. 1023. 1026. ro34. J. CARMIGNAC, La Règle dc la Guerre (1958)
46 KRAuss, Leh11w. II 395 s., cfr. }ASTROW, uo; J. VAN DER PLOEG, Le Rouleau de la
l225 (VII,81) craXmy~ r.-r)•. C n x (G. Friedrich) (vn,82) 1226

delle «trombe della chiamata}> (PFW~rwt battuto. L'iscrizione mostra lo scopo del
mqr'm) i soldati si apprestano ad uscire segnale: «Dio ha sconfitto tutti i figli
dalle porte per correre alla battaglia (I delle tenebre. Egli non distoglie la sua
QM 3,1.7; 7,I3.I5; Ba; 9,3). Le «trom- ira prima del loro annientamento» (I
be dell'ordine di combattimento» (hsw- QM 3,9). Le «trombe della ritirata»
~rwt sdrj) dànno il segnale dell'alll~ea­ (p!WFrwt hmswb: r QM 8,2.r3) proba-
mento in battaglia. Ad un secondo se- bilmente s'identificano con le «trombe
gnale le truppe avanzano fino in vicinan- dell'adunata» (PFW!rwt hm'sp: I QM 3,
za del nemico (r QM 3,r.6; 8,5-8; 16, 2). Le «trombe del rientro» (hswsrwt
5 s.; q,10 s.). Il segnale dell'inizio della drk mswb) sono menzionate soio in I
lotta è dato dalle «trombe degli uccisi» QM 3,10 s. Esse squillano quando le
UNWFrwt hMlim: I QM 3,8; 8,8 s.; 9, truppe dal campo di battaglia rientrano
2; 16,7.9; I7,13), che son dette anche nella comunità verso Gerusalemme.
«trombe del fragore degli uccisi» (pfW· Questi segnali variano secondo il modo
frwt trw'wt hplljm: I QM 3,1) o, in di suonarli. Nella maggior parte dei ca-
forma abbreviata, «trombe del fragore» si viene usato il verbo tq' (-7 col. I 2 I 5 ).
(pfWfrwt hjwbl: r QM 7,13). Un grup· Nella battaglia vera e propria, quando
po di 6 sacerdoti suonava queste trombe squillano le trombe degli uccisi e i cor-
(r QM 8,8; I6,6 s.). Il clangore delle ni dei leviti, si usa invece rw' (~ col.
trombe si unisce ai corni dei leviti, pro- 12i6) (I QM 8,r.8 s. I2.15; 9,1 s.; 16,7
ducendo un frastuono di guerra (r QM s.; I7,12 s.). In alcuni passi viene parti-
8,9; 16,7 s.; 17,13). Le trombe degli uc- colarmente caratterizzato il modo di
cisi accompagnano la battaglia con il suonare. Per il segnale di combattimen-
loro fragore (r QM 9,1 s.; 16,9) «per to il suono è prolungato (r QM 8,5),
fondere il cuore del nemico» (r QM per il secondo segnale di partire all'at-
8,10). Non è dato vedere quale fun- tacco il suono è lento e sostenuto (r
zione abbiano le «trombe dell'imbosca- QM 8,7), durante la battaglia il suo-
ta}> (pfWFrWt hm'rb: I QM 3,I s. 8), poi- no è acuto e con brevi interruzioni (I
ché non sono menzionate nelle singole QM 8,9; 16,7), per la ritirata il segnale
descrizioni di battaglie. Degno di nota è è simile a quello di combattimento, cioè
ciò che vi sta scritto sopra: «Il segreto lento, prolungato e sostenuto (I QM 8,
di Dio per l'annientamento dell'empie- q).
tà» (r QM 3,9). Le «trombe dell'inse-
guimento» (pFWFTWt hmrdp: I QM 3,2.
9; 9,6) guidano le truppe se il nemico è

Guerre: Studies on the Texts of the Desert of 1.6). In r QM 18,4 è In tromba del ricordo a
Judah II (x959) 14 s. 18.IIB. Il numero delle dare il segnale dell'adunata per irrompere sul
trombe e la terminologia non sono concordi. nemico in fuga, per cui sembra stare al posto
In r QM 3,6-xr sono enumerate 7 trombe; in della tromba dell'inseguimento. Forse 4 trom-
7 ,u. si parla di 6 sacerdoti con la tromba; in ba del ricordo non occupa un posto fisso nel
7,13 invece sono menzionate soltanto 5 trom- corso della battaglia, ma viene suonata di volta
be. In r QM 7,13 le trombe della chiamata e in volta come tromba della preghiera (-7 col.
quelle del ricordo sono tenute distinte; vice- 1217) nelle fasi decisive della battaglia. In 1
versa in r QM 3,I.7 e 8,3 le trombe della chia- QM 7,13 insieme con la tromba del fragore è
mata hanno la stessa funzione che in 16,3 s. probabilmente menzionata la tromba degli uc-
hanno quelle del ricordo. In r QM 7,13 pare cisi. In 1 QM 17,II essa corrisponde alla trom-
che le trombe del ricordo sostituiscano le trom- ba dell'ordinamento per la battaglia di r QM
be dell'ordinamento per la battaglia (1 QM 3, 16,6.
n27 (vu,82) crriÀ:my!; X'tÀ.. e II 2 -3 (G. Fricdtich) (vn,83) 1228

2. Tromba e corno in occasioni speciali terrotto dalle stesse trombe. Non appe-
in tempo di pace na queste squillavano, il popolo si pro-
strava per pregare (col. I2I9} (Tamid.
Nel caso di situazioni di emergenza, 7,J). Secondo Dam. 11,21-23 (14,2 s.)
come malattia del grano, itterizia, caval- non si deve più entrate nello spazio ri-
lette, animali selvaggi (Taan. 3,5 ), sicci- servato all'azione liturgica dopo che è
tà (Taan. I,6; 3,2 s.), si suonava con fra- stata suonata la tromba dell'adunanza.
gore per invitare alla generale mestizia Probabilmente tale tromba introduceva
del digiuno (~ col. 1220). Quando si all'atto dell'adorazione, che non doveva
annuciava il digiuno, i due suonatori di essere disturbata dall'andirivieni della
tromba venivano affiancati da suonatori gente 48 • A parte le trombe di guerra (~
di corno, che avevano corni di ariete ri- 1224 ss.), in I QM 3,2-n sono menzio-
curvi con imboccature d'argento. Poiché nate altre 6 trombe diverse da usate in
in questo caso interessavano le trombe, tempo di pace, che chiamavano a raccol-
queste suonavano più a lungo dei corni ta la comunità e ne regolavano la vita 49•
(R.H. 3,4). Un segnale di corno annun- Con un triplice squillo veniva annuncia-
ciava anche la morte di una persona (B. to l'inizio del sabato (~ col. 1057): T.
M.b. 59b; M.Q.b. 27b); cosl si faceva Sukk'ii 4,n s.; Sukka 5,5; Shabb. b. 35b;
anche quando si trattava di iniliggere o Flav. Ios., hell. 4,582; A.Z.b. 7oa. Con
revocare la scomunica (M.Q.b. x6a; 17a; segnali di tromba il collegio degli scribi
Sheb. b. 36a). In tal modo s'intendeva annunciava il novilunio (Nidda b. 38a).
ricordare a Dio il reato del malfattore, Il giorno di capodanno il suono fragoro-
perché lo punisse (M.Q.b. qb). so era tratto soprattutto dal corno. Si
utilizzava a questo scopo il corno diritto
3. Tromba e corno nel culto giudaico
dello stambecco, la cui imboccatura era
Il vero e proprio significato di questi ricoperta d'oro. Per mettete in rilievo
strumenti a fiato appare nelle funzioni l'importanza del Jofar in questo giorno,
religiose e feste regolari. Nei giorni or- esso era affiancato da due trombettieri
dinari si davano almeno 2 I squilli di (R.H. 3,3b). Simile era il suono nella fe-
tromba; in occasioni speciali erano di sta del giubileo (R.H. 3,5b). Nella festa
più, ma in nessun caso si superava il nu- dei tabernacoli squillavano le trombe
mero di 48. I segnali venivano dati tre quando i rami di vinco venivano posti
volte al giorno: al mattino all'apertura ai lati dell'altare (Sukka 4,5 ). Quando,
delle porte del tempio 3 suoni di trom- durante la libagione dell'acqua, il sacer-
bone, 9 al sacrificio mattutino e altri dote dalla fonte di Siloe giungeva alla
9 a quello della sera (Sukka 5,5). Al sa- porta dell'acqua, era ricevuto con squilli
crificio mattutino le trombe davano il di tromba (Sukka 4,9a). Segnali di trom-
via al coro dei leviti, che poi veniva in- ba al canto del gallo ponevano fine alla

48 H . KosMALA, Hcbriier, Essener, Christe11, infatti in Egitto la tromba ha avuto ·d a sem-


Studia Post-Biblica 1 (1959) 359. pre un grande ruolo (--+col. 1204). Da Lmz-
49 Secondo M. MtiLLER, art. 'Glocken', in RE 3 BARSKI, Jobannes 104A ss. si ricava l'impres-
6,704, un segnale di tromba annunciava ai sione che i cristiani nella loro predicazione
monaci cristiani in Egitto l'inizio dell'assem- missionaria e nelle loro funzioni liturgiche u-
blea liturgica. Comunemente si suppone che i sassero i corni: «Tu li hai ingannati con i
monaci abbiano ripreso questa usanza dall'A.T. corni e con shofar hai diffuso disonore». Ma,
Secondo KosMALA, op. cit. (~ n. 48) l'avreb- poiché mancano in proposito altre attestazioni,
bero ripresa dai monasteri essenici. Ma forse si dovrà forse supporre che l'autore abbia
si riallacciano anche a costumanze egiziane; scambiato un dato giudaico per uno cristiano.
r229 (vn,83) rrcD.:my~ x't'À.. e II 3-4 (G. Friedrich)

luminaria nel vestibolo delle donne sale con giustizia. Che significa: 'Dio a-
(Sukka J,4C). Nella festa di pasqua suo- scende tra suoni di giubilo' (Ps. 47,6)?
ni di tromba precedevano l'uccisione de- Nell'ora in cui gli Israeliti prendono i
gli agnelli (Ps. 5,5) 50 • corni e li suonano davanti al Santo -
sia benedetto - egli si alza dal trono del
Questi suoni durante le funzioni reli- diritto e passa al trono della misericor-
giose non servivano soltanto ad annun- dia, come è detto: 'l'Eterno con suoni
ciare il compimento di atti liturgici, ma di corni' (Ps. 47,6), e diventa colmo di
dovevano provocare effetti sintomatici. pietà per essi e si impietosisce di loro e
Prima di tutto essi erano, come nell'A. muta la misura della pena in misericòt-
T. (~ coli. I217. 1219), un atto di dia» (Lev. r. 29,J a 23,24, cfr. Pesikt.
preghiera: si doveva richiamare il ricor- 151b). Il suono del corno, come rende
do di Dio (~ukka b. 131b). «Perché si clemente Dio, cosl confonde Satana.
suonano i corni? Per dire con ciò: 'Rivol- Quando questi ode la nota del corno per
gi lo sguardo a noi, quasi che mugghias- la prima volta, s'impaurisce; al secon-
simo davanti a te come le bestie'»: T aan. do suono nota che è giunto il tempo di
j. 2,1 (65a 30 s.). Quando Dio, nelle essere divorato ed arretra (R.H.b. 16a).
quattro feste (di pasqua, del convegno, Cosl il suono non ha soltanto un'impor-
di capodanno e dei tabernacoli) giudica il tanza esteriore, ma anche un significato
mondo, vuole essere 1·icordato col suo- profondo.
no dei corni: «Suonate davanti a me col
corno dell'ariete, affinché io mi ricordi 4. Il significato escatologico del suono
del sacrificio d'Isacco figlio di Abramo; dei corni
così lo ascriverò a vostro favore, come se
vi foste sacrificati per me» (R.H.b. 16a). a) La tromba annuncia la fine (~ col.
Si collegava l'ariete, che si era impiglia- 1221): «La tromba suonerà alta, tutti
to con le corna nel cespuglio (Gen. 22, gli uomini improvvisamente la udranno
13), a ciò che è detto del corno dell'a- e tremeranno» (4 Esdr. 6,23), perché si
riete in Zach. 9,14: «Dopo tutte le ge- avvicina l'ora del giudizio, come il se-
nerazioni i tuoi figli diverranno preda gnale della tromba di Michele annunciò
dei peccati e si intricheranno nelle mi- la sentenza di Dio su Adamo nel para-
serie; ma infine essi saranno salvati dal- diso: «Quando udimmo suonare la trom-
le corna di questo ariete» (Taan. j. 2,4 ba dell'arcangelo dicemmo: -Ecco, Dio
[65d ross.], cfr. Lev. r. 29,10 a 23,24). viene nel paradiso per giudicarci» (apoc.
Naturalmente anche gli altri popoli han- Mos. 22, cfr. 37). Il suòno della tromba
no più tipi di trombe e di corni (Lev. r. fa parte delle descri?ioni del giudizio tra
29,4 a 23,24); la diflerenza consiste nel catastrofi cosmiche (Sib. 8,239). Prima
fatto che Israele col suono del corno in- della fine appare un grande segno con
tende ottenere la grazia del suo creatore spade e trombe (Sib. 4,173 s.). b) Ma
(R.H.b. r6b). «Nell'ora in cui Dio si as- con lo squillo di tromba comincia anche
side e ascende al trono del diritto, vi la salvezza. «In Tgri allora verranno re-

5? R.H. 4,9 dà il seguente ordine di suoni: si lungata, alla quale corrispondevano le tre
suona tre volte, ogni volta su tre note. Il tem- trw'wt e le nove jbbwt. ---)> EisBNSTBIN 3o6 e
po di una tqj'h corrisponde a quello di tre P. FIEBIG, Rosch haschana, Giessener Mischna
trw'wt e quello di una trw'h al tempo di tre II 8 (x9r4) r o5 dànno esempi di note del mo-
ibbwt. In R.H.b. 34a si parla di tq;'h, trw'h derno uso sinagogale.
e sbrjm. La tqj'h dev'csser stata una nota pro.
uaÀ.1C~y!; X"t"À.. e II 4 . D I l (G. Fricdrich) (vn,85) 1232

denti. Infatti questo si deve dedurre dal- tromba non sono stati utilizzati come
la parola corno, perché è detto: 'Suo- strumenti musicali nelle orchestre. Nelle
nate il corno al novilunio' (Ps. 8r,4), e luminarie notturne durante la festa dei
poi è detto: 'In questo giorno verrà suo- tabernacoli si distinguono i leviti con
nato un grande corno' (ls. 27,13)» (R. cetre, arpe, cimbali ed altri strumenti
Rb. uh). Al segnale del grande corno musicali 52, e i due sacerdoti con le due
vengono rimpatriati gli esiliati (Midr. trombe, che annunciano la fine della fe-
Qoh. r,7). Secondo apoc.Mos. 22 è l'ar- sta (Sukka 5A). In R.H.b. 28a e T.R.
cangelo Michele a suonare la tromba, H. 3,5 è detto che l'obbligo di suonare
secondo apoc. Mos. 38 le trombe fanno è adempiuto se si suona una canzone.
parte della dotazione dell'angelo che ac- Ma il corno e la tromba al massimo pos-
compagna Dio. Ma, in base a Zach. 9, sono aver dato il segnale o l'intonazione
14, per lo più si dice che è Dio stesso a per avviare un canto; infatti non sono
suonare il corno (S. Num. 77 [ 2oa] a mai stati strumenti atti ad accompagna-
10,10 ). «Allora suonerò la tromba dal- re o suonare una melodia{~ col. 1222).
l'aria e manderò il mio eletto... egli al- Probabilmente questo passo del Talmud
lora chiama da tutte le nazioni il mio po- va inteso diversamente, poiché il testo
polo schernito» (apoc. Abr. 31,1 s.). Per- è incerto 53 • Il suono degli strumenti a
ciò si prega cosl: «Suona il grande cor- fiato era più forte che bello. Il giorno di
no per la nostra liberazione, e innalza u- capodanno il suono dei corni era tanto
na bandiera per la raccolta dei nostri e- forte che nella preghiera non si udiva
suli» (Sh. E. 10 ) . In quel tempo anche a più la propria voce (R.H.b. 3oa). Si deve
'Gerusalemme dev'essere suonata la ricordare che questo suono poteva con·
tromba, perché gli abitanti ricevano i fondersi col raglio di un asino (-'>- col.
rimpatriati (Ps. Sal. II,I). c) Anche il ri- r2ro) (R.H.b. 28b). I Romani intese-
sveglio dei morti avviene col suono dei ro il suono del corno dei Giudei a ca-
.corni: «Dio prenderà in mano un gran- podanno come un segnale di sommossa,
de corno ... vi soffierà dentro, ed il suo e si precipitarono su di loro (R.H.j.
suono andrà da un capo all'altro della 4,8 [59 c. 41 ss.]). Ciò fa capire come
terra. Al primo segnale trema tutta la fosse il suono liturgico.
terra; al secondo si raccoglie la polvere;
al terzo le ossa vengono ricomposte; al D. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T.
quarto si riscaldano le membra; al quin-
to la loro pelle si distende sopra di esse; I. I singoli vocaboli
al sesto gli spiriti e le anime entrano nei
loro corpi; al settimo essi diventano vi- I. cniÀ:1t~y~
venti e si mettono in piedi nei loro abi-
ti, com'è detto: 'Il Signore dell'universo Come in greco cosl nel N .T. uciÀmy~
suonerà il corno' (Zach. 9,14)». (Alpha- significa tanto lo strumento (~ col.
.bet-Midr. di R. Aqiba 9 51 ). 1201) - ed è la maggior parte dei casi
(I Cor. 14,8; Hebr. 12,19; Apoc. r,ro;
6. Corno e tromba come strumenti mu- 4,1; 8,2.6.r3; 9,I4) - quanto il suono
sicali prodotto dallo strumento (->col. I 201 ),
lo squillo di tromba, il segnale (Ml. 24,
Anche nel giudaismo il corno e la 3r; rCor. 15,52; rThess. 4,16).
51 Beth-ha-Midrascb (ed. A. }ELLINEK 1 [ x938] Mischna II 6 (1935) a 5,4b.
m 3x,28 ss.).
52 Cfr. H. BORNHAUSER, Sukka, Giessener .s.1- ~ F1NESINGER, Sho/ar 227.
1233 (vu,85) <raÀ:my~ x-.À.. D 1 2 -11 2 · (G. Friedrich) {VII,1.15) 1234

2. <mÀ:nlsw l'aramaico al greco sia avvenuto un er-


rore54. Anche le 13 cassette per le offer-
Il verbo acx.À.1tl!;w s'incontra soprat- te nel tempio (Mc. 12,41) erano chiama-
tutto nell'Apocalisse. In I Cor. 15,52, te sofiirot perché, per evitare furti , era-
come anche nel greco profano (~ col. no fatte a forma di corno: strette in al-
1202), è usato impersonalmente. Chi sia to e larghe in basso (Sheq. 6,r.5). Que-
colui che suona, nel passo non è detto. sta forma di cassette era usata anche in
provi.Ilda (Sheq. 2,1). Dunque in Mt. 6,
3 . crcx.À.mcr-.1)ç 2 Gesù con questo vocabolo avrebbe
sconsigliato di deporre le offerte nel so-
Del trombettiere nel N.T. si parla so- fiir. Poiché il traduttore ignorava que-
lo in Apoc. 18,22 nell'elenco dei musi- sto significato di Jofiir, avrebbe reso
canti di Babilonia (~ col. 1240). questa locuzione con craÀ.1tll;w. Ma si
tratta di un'ipotesi errata, perché non
II. Il significato dell'uso della tromba si poteva cadere nell'equivoco di con-
siderare un acx.À.1tlSEL\I il deporre le
l. La tromba di guerra offerte nel sofiir. D'altra parte non po-
Nel trattare della glossolalia Paolo si trebbe reggere l'idea che delle persone
ricche chiamassero i poveri nelle strade
serve dell'immagine della tromba di e nelle piazze con squilli di tromba 55•
guerra (I Cor. 14,8) per mostrare come Nella sinagoga, ma specialmente in ceri-
l'annuncio della comunità debba essere monie liturgiche di digiuno, che nei
casi di grandi calamità si tenevano nelle
chiaramente comprensibile (~ III, coll. pubbliche piazze delle città (Taan. 2,1 ),
1194 ss.). Se la tromba dà un segnale spesso certe persone promettevano con
equivoco, le truppe non si preparano al- voto pubblico delle somme di danaro
per i poveri (Ber. b. 6b), perché si cre-
la battaglia.
deva che le elemosine, come la peniten-
za e la preghiera, potessero stornare un
2 . Il suono della tromba in occasioni so- destino fatale (Taan. j. 2,1 [ 65b 3] ). So-
lenni lo che in questo contesto non si parla
Il senso di Mt. 6,2 sul suonare la mai di suono del corno. Ma proprio nel-
le cerimonie liturgiche di digiuno il cor-
tromba quando si fa l'elemosina è ine- no ha una grande importanza. Taan. 2,5
quivocabile: non si deve fare del bene dà notizia che dopo ogni benedizione ag-
davanti a tutti (vv. re 3) per essere o- giunta alla fine delle preghiere si grida-
va: «Suonate, sacerdoti, suonate; suo-
norati (v. 2). Non è chiaro invece se nate, figli di Aronne, suonate». Si rac-
aa.À.1tlsw vada inteso in senso traslato : conta anche che donatori di somme piut-
strombazzare e simili, o se si pensi a de- tosto notevoli erano oggetto di uno spe-
ciale onore, in quanto nella liturgia si-
terminate usanze del giudaismo. Manca-
nagogale potevano sedere accanto al rab-
no prove a favore di entrambe le ipotesi. bino (Hor. j. 3,7 [48 a 39.54.57]). In
Ecclus 31,n si legge: «La comunità te·
Si è pensato che nella traduzione dal- stimonierà delle elemosine di lui» 56 •
s4 G. K LEIN, Mt. 6,2: ZNW 6 (1905) 204. vangelicam a Mt. 6,2 (Corp. Ref. 73 [ 1891]
t91).
ss J. CALVIN, Comme11tarit1s in Har111011iam E- 56 Cfr. STRACK-BILLl!RBECK IV 546-554.
1235 (vn,86) cra}.my!; X/t'À.. D II 2-4a (G. Friedrich) (vII,86) 1236

Su queste basi si dovrebbero intende- vuole alludere all'indescrivibilità del


re le parole di Gesù in Mt. 6,2. Proba- suono. Non è detto chi sia colui che par-
bilmente nelle sinagoghe, quando veni- la. Non è la voce di un angelo come in
vano elargite elemosine particolarmen- Apoc. 5,2; 17,1; 21,9. Soltanto nei due
te elevate, si suonava il corno (in an- passi caratteristici di Apoc. l,IO e 4,r
titesi a quanto avveniva in occasione all'inizio della visione la voce è parago-
d'una scomunica [ ---7 col. I 2 2 7]), per nata ad una tromba, ma non nel resto
incitare altri a compiere simili gesti e dell'Apocalisse, quando è l'angelo che
per ricordare a Dio il benefattore (---7 parla al veggente. Stando ad Apoc. l,
col. 1229). Gesù si scaglia contro l'uso r2 ss. si potrebbe supporre che si trat-
di donare qualcosa davanti agli uomini, ti della voce del Figlio dell'uomo, la qua-
per il proprio onore. Dio non ha biso- le però in Apoc. 1,15 è descritta diversa-
gno che si richiami col corno la sua at- mente. Col suono come di una tromba
tenzione sull'opera buona compiuta, s'intende la voce di Dio stesso (cfr.
perché vede nel segreto {v. 4). Apoc. 16,i.17), come nell'A.T. (---7 coll.
1220 s.); ma qui, come mostrano Apoc.
r,1 o 22,6.16, non è necessario fare una
3. La tromba nella teofania e nella vi-
sostanziale distinzione tra Dio e Cristo.
sione
In Apoc. l,IO la grande voce apre lari-
Nella teofania sul Sinai, di cui parla velazione delle lettere, in Apoc. 4,1
Hebr. 12,19, la menzione del clangore quella delle visioni vere e proprie.
delle trombe non è un modo per indi-
care la voce di Dio come in Ex. 19,16 ss. 4. Il significato escatologico della trom-
{---7col. 1220); infatti le parole, che gli ba
ascoltatori non avevano voluto percepi- Gli enunciati escatologici sulla trom-
re, vengono singolarmente riferite. Il ba corrispondono nel N.T. a quelli del-
suono delle trombe, l'oscuramento delle l'A.T. e del giudaismo.
nubi, le tenebre e la tempesta non sono
che fenomeni concomitanti della teofa- a) La tromba annuncia il giudizio uni-
nia. Diversamente vanno intesi Apoc. l, versale alla fine del tempo (---7 1230 s.).
10 e 4,1. Nella sua visione il veggente o- In Apoc. 8,2 non solo l'arcangelo Miche-
de una voce come di tromba. Non si par- le suona la tromba come nella condanna
la, come fa Hebr. 12,19, di un clangore di Adamo, ma, in corrispondenza al giu-
di trombe, ma il grande suono che Gio- dizio su tutto il mondo, hanno la trom-
vanni ode è solo comparato a quello di ba anche 7 angeli. Questo numero 7 è
una tromba. Con dà non soltanto si di- in relazione col significato che esso ha
ce qualcosa sulla sua intensità, ma si nella struttura dell'Apocalisse (---7 III,
1237 (vn,86) O'aÀ:my!; X'tÀ.. D n 4a-c (G. Friedrich)

col. 820 ss.) ed anche col fatto che al- ni. Ma neppure questo è il giudizio fina-
trove si parla ripetutamente di questi le; infatti muore soltanto un terzo del-
7 suonatori di tromba si. I primi squilli l'umanità (Apoc. 9,15.18). Apoc. 9,20 s.
di tromba segnano l'inizio delle condan- dice che in sostanza queste punizioni so-
ne di Dio sotto forma di catastrofi natu- no divini giudizi di grazia . Il :6ne che
rali nelle quattro sfere della creazione, Dio persegue con l'invio delle piaghe è
con le quali condanne viene aggredito lo .la conversione degli uomini dalla schia-
spazio vitale dell'uomo: la terra (Apoc. vitù degli idoli. Esse devono indurre gli
8,7), il mare (Apoc. 8,8 s.), i corsi d'ac- uomini alla penitenza, prima che sia de-
qua (Apoc. 8,ro s.) e gli astri (Apoc. 8, finitivamente troppo tardi; ma gli uomi-
12). Sono l'estremo ammonimento di ni rifiutano questi ammonimenti. Il set-
Dio, il suo richiamo alla penitenza, non timo squillo di tromba è descritto in
ancora il castigo finale; infatti le piaghe modo del tutto diverso dai sei preceden-
non toccano l'uomo stesso e neppure è ti. Si attende il terzo ed ultimo «guai!»
distrutto tutto il cosmo, ma soltanto la (Apoc. 9,12; n,14). Però non viene de-
terza parte delle quattro sfere, per cui a- scritto il giudizio finale con la punizione
gli uomini resta ancora la possibilità di degli uomini empi, ma il veggente parla
vivere. Col quinto squillo di tromba della sentenza salvifica di Dio (Apoc. rn,
(Apoc. 9,1) gli uomini stessi sono coin- 7 ). Egli non dà notizia di avvenimenti
volti nelle sofferenze (Apoc. 9A s.). Su sulla terra, ma dell'effetto che il settimo
di essi scendono piaghe, quali finora essi squillo di tromba produce in cielo: si
non avevano conosciuto. Si apre un ba- intona un inno di trionfo, perché ora
ratro (Apoc. 9,2) ed il re delle potenze Dio col suo Cristo ha assunto la sovra-
demoniache si getta su di loro con i suoi nità illimitata su tutto il mondo per tut-
spiriti tormentatoti. Neppure queste ti i tempi (Apoc. n,15 ss.).
condanne hanno come scopo la rovina fi-
b) Con un forte clangore di tromba,
nale (Apoc. 9 ,5 ), ma costituiscono un in-
che giunge fino agli angoli più remoti
citamento alla conversione. Ma gli uo-
della terra, alla fine del tempo gli angeli
mini non cercano Dio bensl la morte,
(Mt. 24,31) riuniscono gli eletti da tutte
non il perdono bensì l'annientamento
le direzioni e~ col. 1231).
(Apoc. 9,6). Col sesto squillo di tromba
(Apoc. 9,13) aumenta ancora la punizio- c) Al suono della tromba avviene la
ne. L'irrompente esercito di cavalieri ha trasformazione dei viventi ed il risveglio
il compito diretto di uccidere gli uomi- dei morti (~ col. 1231). La fcrx&:n1

57 Ios. 6,4.8.13; Neem. 12,41; 2 Chro11. 15,24; dr . apoc. Mos. 38: «Vennero tutti gli angeli,
I QM 7,14; 3,6-n. I sette angeli con trombe gli uni coi vasi dei profumi gli altri con trom-
sono forse gli arcangeli di Tob. 12,15; però be».
n39 (vn,87) 1:aµ&.pEU.t X't ">.. (Joach . Jeremias) (vn,88) 1240

craÀ.7tLy1; (I Cor. 15,52) non è l'ultimo 5. La tromba come strumento musicale


di una serie di squilli di tromba, ma è il
segnale escatologico che suona alla fine Soltanto un passo fa pensare che la
del tempo (~ coll. 1230 s.). Il Cristo tromba potesse essere uno strumento
scendente dal cielo, dirama un ordine musicale. In Apoc. 18,22 nel contesto
(~ v, coll. 321 ss.) ai cristiani defunti, del giudizio su Babilonia, che pone fine a
che risuona con la voce dell'arcangelo tutto, vengono nominati, insieme con
(~ 1, col. 232) e con la tromba di Dio (I suonatori di arpa e di flauto ed altri mu-
Thess. 4,16). Né in I Cor. 15,52 né in sicanti, anche suonatori di tromba, ri-
I Thess. 4,16 si dice chi suona la trom- dotti al silenzio. Significativamente la
ba 58 • Che si parli della µEyaÀ.1) o-cX.À.·m y!; tromba è citata tra gli strumenti musi-
(Mt. 24,3 r ), della Ècrxa:t"(} cr&.À.myt; (I cali che si possono udire nelle feste e
Cor. 15,52) o della crcX.À.1tLyt; 1'Eou (I solennità pagane. Nel culto cristiano dei
Thess. 4,16), si intende sempre il segna- primi tempi non ha avuto alcuna fun-
le della tromba alla fine del tempo, che zione (-4 n. 49).
non viene dato con alcuno strumento G. FRIEDRICH
umano.

l:o:.µapEt.a, l:cx.µo:.pl·t"T]ç,
t :Eaµaphr.ç
SOMMARIO: rnaritani al tempo di Gesù.
A. I Samaritani in età 11eotestame11taria: B. I Samaritanì nel N.T.:
1. la religione samaritana; r . l'inimidzia tra Giudei e Samaritani;
::z. Giudei e Samaritani: 2. la posizione di Gesù rispetto ai Samari-
a) l'evoluzione delle relazioni fino al 300 tani;
d .C.; 3. la missione della comunità primitiva in
b) la posizione dei Giudei rispetto ai Sa- Samaria.

~ In descensus Mariae 3 (ed. H. PBRNOT, The Sa"Jaritans. The Earliest ]ewish Sect.
Desce11te de la Vierge aus enfers: Revue des Their History, Theology and Literat11re, Boh-
:E.tudes Grccques :r3 [1900] 240) Maria dice a lcn Lectures 1906 (1907}; ScHURER n 18-23.
Michele: xa~pE, MLX«Ti">- «PXLO"l'pa·nrfE, ò 195-198.522; A. E. CowLEY, The Samarilat1 Li-
(lf>..ÀWV CTa)..1Clsm1 Xal U;urcvlSEW 'l'OÙt; àr:' turgy, 2 voi. (1909}; A. MERX, Der Messias
a.lWvoc; XE1'o~µ1]µÉvouc;. Però lo scritto non oder Ta'eb der Samaritaner, Beih. ZAW 17
risale oltre j} sec. vm o IX. (1909); ]. E. H. THOMSON, The Samarita11s.
:Eaµa.pl'l'1]t; X't'À. Their Testimony to the Religion of Israel,
Per A: Alexander Robertson Lectures 19:r6 (1919);
Ampia raccolta di testi rabbinici in STRACK- M. GASTER, The Samarilam. Their History,
BILLERBECK I 538-560; J. A. MONTGOMERY, Doctrines ami Liferatt1re, Schweich Lectures
1241 (vu,88) !:aµflp<.to; X'th. A 1 (Joach. Jeremias)

Il vocabolo };aµapw1. fino ai tempi A. I SAMARITANI IN ETÀ NEOTESTAMEN-


di Erode il Grande aveva un doppio si- TARIA
gnificato, in quanto indicava sia il terri-
torio della Samaria sia ]a sua capitale. 1. La religione samaritana
Ma dopo che Erode nel 27 a.C. ebbe
dato alla capitale il nome di °I:EBrur·ni Nei due secoli di dominazione persia-
(Augusta), col nome di Samaria si indi- na sulla Palestina (538-332 a.C.) Geru-
cò soltanto il territorio, come fa sem- salemme e il suo retroterra poco a po-
pre il N.T. In età neotestamentaria ]a
Samaria occupava la parte centrale della co si separarono dalla provincia persia-
Palestina occidentale, da Megiddo (tell na della Samaria 1• Ma non fu l'indipen-
el-mutesellim) a nord fino Borkeos {pres- denza amministrativa della provincia di
so el-lubban) a sud. La Samaria aveva un
suo senato (Flav. Ios., ani. 18,88), che Giudea, ma soltanto la costituizione di
corrispondeva al sinedrio della Giudea. un proprio centro di culto samaritano
Il nomen gentile è ~czµapl~'l)c;, femm. sul Garb:im, a portare allo scisma. Poi-
l:aµa.pht<;, in ebraico fomronl {nell'A.
ché i Samaritani tengono come Sacra
T. soltanto in 2 Reg. 17,29 al plurale),
in aramaico fomrii'a; la Mishna usa Scrittura soltanto il Pentateuco, la rot-
sempre lo spregiativo kuti (Cutei, cfr. tura definitiva tra Giudei e Samaritani
2 Reg. 17,24.30). dev'essere avvenuta dopo la fine della
redazione del Pentateuco e prima del-
la canonizzazione degli altri scritti del-
l'A.T. 2 .

1923 (1925); Io., Tbe Samarita11 Oral Law Delitzsch-Vorlesungen 2 (1959); J. BoWMAN,
1md A11cie11t Traditions l . Samaritan Eschalo· Samaritan Studies: BJRL 40 (1958) 298-327.
logy (1932) (propende con molta esitazione
I A. ALT, Die Rolle Samarias bei der Entste-
per una datazione antica); JoACH. }EREMIAS,
hung des ]udentums, Festschr. O. Procksch
Die Passah/eier der Samaritaner 1111d ihre Be-
Jeuttmg /iir das Vestiindnis der alttestame11t- (1934) 5-28; In., Zur Geschichte der Grent.e
lichen Passahiibcrliefertmg, Beih. ZAW 59 zwiscben ]ttdiia tmd Samaria: PJB 31 (1935)
(1932); SCHLATTER, Theol. d. ]udi. 75-78; D. 94-III.
RETTIG, Memar Marqa. Ein Samaritanischer 2 Non è possibile una precisa datazione. L'A.
Midrasch t.um Penta/euch (1934); JoACH. JP.- T. non cita affatto il santuario samaritano. Le
REMIAs, Jerusalem wr Zeil Jem II B 2( 1958) cronache samaritane, che però sono apparse
224-231; E. HAENCHEN, Gab es eine vorchrist· soltanto nel Medioevo, pongono la costruzione
liche Gnosis? : ZThK 49 (1952) 3r6-349. del tempio nel v secolo a.C. (per i testi ~
Per B: }EREMIAS, Jemsalem 225 n. 2); il racconto del
K. BoRNHAUSER, Die Samariter des N .T.: tutto inattendibile di Flavio Giuseppe la fa
ZSTh 9 (1932) 552-566; M. S. ENsLIN, Luke risalire all'anno 332 a.C. (ant. u,324, cfr. 13,
and the Samaritans: HThR 36 (1943) 277-298; 256). Alcuni autori moderni datano lo scisma
O. Cuu.MANN, La Samarie et les origines de addirittura al periodo degli Asmonei (W. F .
la mission chrétietme. Qui sont Jes "AAAOI ALl!RIGHT, Van der Steint.eit z11111 Cbristentum
de Jean N, 38?: École Pratique des Hautes [1949] 452). Un panorama della discussione
Etudes, Section des Sciences Religieuses. An- si trova in H. H. RowLEY, Sanballat and the
nuaire r95:p 954 (I 953) 3-12; JoACH. JERE- Samaritan T emple: BJRL 38 (1955/56) 166-
MIAS, Jem Verheissung fiir die Volker, Franz 198.
1243 (vn,89) I:aµapmx. X'\"À. A 1 (Joach. Jeremias)

Cosl sono già indicate le due princi- di David; essi aspettano quale Messia 'il
pali differenze tra la religione giudaica e profeta come Mosè' promesso in Deut.
quella samaritana: I. per i Samaritani 18,15-19 (""""* vn, coli. 792 ss.) e lo chia-
fino al giorno d'oggi non è il monte mano Ta'eb (""""* r, coli. ro37 ss), restau-
Sion ma il monte Garizim il 'luogo elet- ratore, perché si attendono da lui la
to'; il Morijja del sacrificio d'Isacco, il reintegrazione del culto 6 • Quanto fosse
luogo «in cui i nostri padri hanno ado- viva questa speranza ai tempi di Gesù
rato» (Io. 4,20 ). Il fatto che il tempio (-->col. 562) si deduce dalla notizia che
sul Garizim, dopo la distruzione compiu- nel 36 d.C. «un uomo ... incitava (il po-
ta da Giovanni Ircano {c. 128 a.C.) fosse polo) a salire con lui sul monte Garizim,
...
ridotto in rovine (-->col. 1245), non di- ... e prometteva a coloro che fossero ve-
minuiva per nuila l'alta autorità del sa- nuti di mostrare gli arredi sacri che Mo-
cro monte. 2. I Samaritani ancora oggi sé vi aveva sotterrato» (Flav. Ios., ant.
riconoscono come Sacra Scrittura solo il 18,85).
Pentateuco, e per di più in un'antica re- Ai tempi della comunità primitiva un
dazione che in circa 6000 passi si disco- mago di nome Simone {""""*VI, col. 970)
sta dal testo masoretico 3 • Perfino il Tal- di Gitta (ar. gett) 7 ebbe un numero con-
mud ammette che essi osservavano scru- siderevole di seguaci (Act. 8,9 s.). Pur-
polosamente le prescrizioni della legge troppo ben poco di attendibile sappia-
mosaica 4 • Ancora in età neotestamen- mo su di lui e sulla sua dottrina, da-
taria i Samaritani respingevano l'attesa to che i racconti dei Padri della chie-
della risurrezione dei morti, perché il sa sulla gnosi simoniana rispecchiano u-
Pentateuco l'ignora 5• La loro speranza no stadio successivo del movimento 8 •
nel Messia, che è attestata chiaramente Ma chi ritiene che di Simone non sap-
per la prima volta in Io. 4,25, poteva ri- piamo più dell'esistenza e del nome 9 è
collegarsi soltanto al Pentateuco e per- troppo scettico; infatti l'affermazione
a
ciò non ha nulla che fare con la stirpe degli Atti(""""* vr, coll. I464 ss.) che i se-

3 Questa redazione (fatta astrazione dalle va- particolare chiarezza dalle loro regole per l'uc-
rianti testuali samaritane) sopravvisse anche cisione degli agnelli pasquali, ~ }EREMIAS,
nel giudaismo. Risulta dai reperti cli Qumran: Passahfeier 66-106.
ad esempio un manoscritto dell'Esodo ritro- 5 STRACK-BILLERBECK I 551 s.
vato nella grotta 4 (all'incirca del 100 a.C.) 6 Reintegrazione del culto: ~ M E RX 28,q ss.
presenta la forma testuale samaritana (4 QEX", 7 Iust., apol. r,26,2. Sull'identificazione di Git-
cfr. P. W. SKEHAN, Exodus in the Samaritan ta con ar. gett ( x8 chilometri a sud-est di Ce-
Recension /rom Qumran: JBL 74 [1955] 182- sarea di Filippo) cfr. A. ALT, Das Instit11t i.
187). La più recente edizione del Pentateuco ]. 1924: PJB 2I (1925) 47 s.
samaritano è stata curata da A. GALL, Der
8 Le fonti più importanti sono: lust., apol. r,
hebr. Pentateuch der Samaritaner (r9r4-r9r8). 26,1-3; Iren., adv. haer. r,23; Hipp., ref. 6,
4 Ber. b. 47 b. L'atteggiamento rigorosamente 9-20.
conservatore dei Samaritani si può dedurre con 9 E. DE FAYE, G11ostiq11es et gnosticisme
!:aµ<l.pw:x. x-rÀ.. A l-.2b (Joach. Jeremias)

guaci di Simone avrebbero visto in lui I7 1 20; bell. r,562) sta forse ad indicare
l'incarnazione della «grande forza» ( 8, che egli intendeva giungere ad una di-
10 stensione. Ma dopo che certi samaritani,
10) e l'avrebbero venerato come rive-
al tempo del procuratore Coponio (6-9
latore, appare del tutto attendibile u. d.C.), avevano profanato il tempio di
Inoltre, qualora fosse storica la notizia Gerusalemme, gettandovi di notte delle
(e non può essere inventata dall'apologe- ossa umane (Flav. Ios., ani. 18,29 s.),
l'odio antico divampò più di prima. Sol-
ta Giustino, oriundo della Samaria) che tanto nel II secolo per l'autorità di R.
Simone era accompagnato da una ex- Aqiba (t 135 d.C.) si affermò un indi-
prostitu ta di Tiro di nome Elena e che rizzo più conciliante. Ma prima ancora
del 200 si ebbe un ulteriore inasprimen-
essa era chiamata dai simoniani la prima to delle relazioni, e intorno al 300 la
ennoia (idea) uscita da Simone 12, avrem- rottura totale: da allora i Samaritani fu-
mo nel movimento simoniano i primi rono considerati pagani 15 •
cenni di una gnosi precristiana 13 .
b) La posizione dei Giudei rispetto az
Samaritani ai tempi di Gesù 16
2. Giudei e Samaritani
Il I secolo d.C. fu dunque un periodo
a) L'evoluzione delle relazioni fino al di relazioni molto tese tra Giudei e Sa-
300 d.C. maritani. L'antico contrasto tra nord e
sud, tra Israele e Giuda, aveva riassunto
Il giudizio estremamente differenziato tutta la sua asprezza. Mentre i Samari-
di cui son fatd oggetto i Samaritani tani attribuivano grande valore alla loro
nella letteratura rabbinica si spiega discendenza dai patriarchi d'Israele (lo.
col fatto che le relazioni tra Giudei e 4,12), i Giudei negavano loro, in quanto
Samaritani hanno subito notevolissime 'Cutei' (-7 1241), ogni rapporto di san-
variazioni 14• Le tensioni seguite allo sci- gue col giudaismo 17 • Inoltre si rinfaccia-
sma giunsero all'acme quando intorno al va loro di avere adorato le divinità dei
128 a.C. Giovanni Ircano distrusse il cinque popoli pagani immigrati in Sa-
tempio sul Garizim (Flav. Ios., ant. 13, maria (2 Reg. I7 ,30 s.) e si negava la le-
255 s.). Che Erode avesse sposato una gittimità della loro attuale adorazione di
samaritana (Malthake) (Flav. Ios., ant. Jahvé 18• Questo giudizio di fondo sui
'(1925) 429-432. NAS, The Gttostic Religion (1958) rn4.
10 oih-6c; É<T-r~\I 'ÌJ ouvrx.µv; 'TOV i}Eoii 'ÌJ Xrx.À.o\J· 13G. Qu1sPEL, Simo11 en Elena: Nederlands
µÉ\ITJ µEy6:À1'). Il genitivo -rou i}eou probabil- Theologisch Tijdschrift 5 (1950/Jr} 345; ~
mente è un'aggiunta esplicativa, dr. }ACKSON- HAl!NCHEN 349.
LAKE r 4 ad l.; ~ HAENCHBN 345. 14 ~ ]EREMIAs, Jerusalem 224-227.
11 G. KRETSCHMAR, Zur religionsgeschicht- lS STRACK-BILLERBECK I 552 s.
lichen Einordnung der Gnosis: EvTh 13 (1953) 16 ~ }EREMIAS, f erusalem 228-23r.
358. 17 Flav. Ios., ant. n,341; 12,257; dr. Le. 17,
12 Iust., apol. l,26,3: 'EM\ITJ\I -rw&., ... TCp6- l 8: cX,).).oye'lri)c;.
-;Epov tnl -;Éyovc; q-;rx.ìki:arx.v, 'TTJV ùn'ttò-roiJ 18 Testi rabbinici contenenti l'accusa ai Sruna-
l:'woLtt\I 7tpt!n'l]v yEvoµl\IT)v À.Éyovcr~. I dubbi ritani dì idolatria, in STRACK-BILLERBECK I
dì G. QUISPEL, G11osir alr Weltreligion (1951) ,538.549.553. Se anche Io. 4,18 rientri in que-
69 s. e ~ HAENCHEN 341 («Elena non fa affat- sto contesto è, a motivo del v. I9, estremamen-
to parte della forma più antica della dottrina te dubbio; per l'interpretazione allegorica dei
simoniana>>) non sono convincenti, dr. H. Jo- «cinque uomini» si è espresso recentemente
1247 (vn,91) :Eaµaprnx x-rì.. A 2b - B 1 (Joach. J cremias)

Samaritani ebbe per conseguenza la loro pi (~ coll. 1245 s.) . Da parte dei Giu-
esclusione dal culto gerosolimitano 19, il dei I:a.µapL't1)c; è usato come sferzante
divieto del connubio con essi 2ll e l'accre-
insulto (Io. 8,48)24 ; lo scriba giudeo e-
sciuta difficoltà di rapporti a causa di
singole proibizioni 21 • Infatti essi «non vita di pronunciare la parola 'samarita-
hanno comandamenti, neppure i resti di no', e preferisce sostituirlo con una pe-
un comandamento, e perciò sono sospet- rifrasi (Le. rn,37 ); nella giusta indigna-
ti e degeneri» 22 • Vale a dire che pratica-
mente i Samaritani nel I secolo erano zione dei figli di Zebedeo contro l'ino-
posti sullo stesso piano dei pagani 23 • spitale villaggio samaritano, sul quale
vorrebbero invocare la discesa del fuoco
B. I Samaritani nel N .T . escatologico (Le. 9,54), traspare in pari
Mentre Mc. non li cita mai e Mt. ne tempo l'ostilità nazionale. Inoltre lo stu-
fa menzione una volta sola in senso ne- pore della samaritana per la richiesta di
gativo ( l0,5 ), le due opere lucane (Le. Gesù di un sorso d'acqua dalla sua broc-
9,51-56; 10,30-37; n,u-19; Act. r,8;
8,1-25; 9,31; 15,3) e Io. harmo per loro ca (Io. 4,9) conferma che in età neote-
grande interesse. Non a caso tutte e tre stamentaria i Giudei praticamente equi-
le pericopi di Le. sui Samaritani appar- paravano i Samaritani ai pagani; infatti
tengono al patrimonio proprio di Luca,
dove anche altrove l'interesse maggiore la spiegazione oggettivamente appropria-
sta nel descrivere come Gesù si rivolge ta che l'evangelista dà della stupita do-
ai disprezzati e ai piccoli. manda della donna: où yàp CTU'YXPWV'ta.t
'Iouoa.i:ot l:a.µa.pl·mtc;, «infatti i Giudei
x. L'inimicizia tra Giudei e Samaritani non si servono (del vasellame) insieme
I vangeli rispecchiano in più passi coi Samaritani» (4,9b) 25 presuppone che
l'odio acceso che esiste.va tra i due grup- per i Giudei il vasellame dei Samaritani

~ CuLI..MANN 6 s. (bibliografia). senta la tradizione più antica) .


19 Si accettavano da essi solo doni votivi e do· 23 Le numerose prescrizioni attenuate, che si
ni volontari, che erano entrambi accettati an- trovano nella Misbna, non possono essete ad-
che da pagani (Sheq. 1,5) e comprendevano dotte per descrivere la situazione nel I sec.
anche certe offerte sacrificali, ma non offerte d.C.
sacrificali di precetto, cfr. STRACK-BILLll.RllECK 24 Stranamente mancano attestazioni talmudi-
II 549-551; ScHORER 11 357-363. che, ad eccezione di Sota b. 22a (STRACK-BIL-
:za Il divieto è ripetuto spesso (Qid. 4,3; T. LE.R.BECK u 524 s.), dove kuthi è parallelo a
Qid. 5,1 s.; Qid. b. 74b-76b; trattato Kuthitn bur (uomo rozzo). Però cfr. Ecclus 50,26; test.
l,6; 2,9 ecc.,~ }EREMIAS, Jerusalem 230. L. 7;i.. Nel contesto dì Io. 8,48 l'insulto di 'sa-
21 Un giudeo non poteva mangiare ciò che marìtano' e quello di ' ossesso' stanno sullo
veniva macellato per un samaritano (Hul. 2,7; stesso piano: l:aµapl-rT]c; d aù xaL lìa~µ.6v~ov
cfr. STRACK-BILL!!RBECK I _538), e cosl neppure i!xnc;. Diversamente intende~ BowMAN 308
i loto azzimi pasquali {Qid. b. 76a bar.; Hul. n. 1: «Parli come se fossi un samaritano».
b. 4a bar.; T. Pes. r,r,, dr. STRAcK-BILLBR- 2S D. DAUBE, The New Testament and Rtlb-
lll!CK 1 143); non potevano essere usati i loro binic Judaism, Jordan Lectures r952 (19,-6)
bicchieri: lo. 4,9 (~ col. 1248) ecc. 373-382 ha riconosciuto che avyxpiiai}a~ di
n Pes. ;. I (27 b ~p) (R. Shim'on b. Johaj [c. lo. 4,9b significa seruirsi dello stesso uasel-
lJO], che nei confronti dei Samaritani rappre- lame, La mancanza di 4,9b nei codd. S* D
l:<.tµlxprn,; "'t).. B I-2b (Joach. Jeremias)

fosse impuro 26• Che da parte samaritana maritano è detto 'straniero' (&.ÀÀoyE\llJ<;,
i Giudei fossero ripagati con la stessa Le. 17,18) ed un tristico antico di tra-
moneta è confermato da Le. 9,53: a Ge- dizione aramaica Il proibisce in egual
sù è negato l'alloggio perché egli è in modo ai discepoli ogni attività fra i Sa-
cammino verso l'odiato tempio di Geru- maritani come fra i gentili: «Non anda-
salemme. Soltanto sullo sfondo di que- te 28 nelle nazioni / e non entrate nella
sto insanabile odio reciproco è piena- terra 29 di Samaria / ma piuttosto andate
mente comprensibile ciò che il N.T. rac- (soltanto) 30 dalle pecore sperdute della
conta della posizione di Gesù e della casa d'Israele» (Mt. 10,5 s.).
comunità primitiva nei confronti dei Sa-
maritani. b} Se Gesù sostanzialmente condivide
il giudizio dei suoi tempi sui Samaritani,
2. La posizione di Gesù rispetto ai Sa- tuttavia il suo comportamento di fron-
maritani te ad essi è totalmente diverso da quel-
lo del suo ambiente. Non è il caso
a} Anche agli occhi di Gesù la popo- di insistere sul fatto che, nel pellegri-
lazione mista samaritana non fa parte naggio a Gerusalemme, sceglie la via
della comunità d'Israele, che li met- attraverso la Samaria 31 , perché que-
te alla pari dei pagani. Il lebbroso sa- sta via diretta era quella normalmen-

it non autorizza a considerare senz'altro l'e- 27 Indicazioni precise in~ }EREMIAS, Verheis-
mistichio una glossa seriore; potrebbe essere sung 16 s. Ivi anche considerazioni sulla que-
caduto per una svista del copista. stione dell'autenticità.
26 Alla base della prescrizione potrebbe essere 28 E(ç o/ì6v non vuol dire SII una strada, ma
il fatto che le samaritane «dalla culla» (cioè rende wi aramaico l'''orah=a.
sempre) erano considerate mestruanti e per- 29 dç 7t6)..w l:aµap~'tWV; la traduzione lette·
ciò i loro mariti sempre contaminati dalle raie in una città dei Samaritani non ha senso.
mestruazioni (Nidda 4,1; T. Nidda 5,1; dr. La mancanza dell'articolo prima di 7t6ì..Lv ri-
STRACK-BILLERBECK I 540). Però, secondo manda a un soggiacente stato costrutto. Se si
Shabb. b. 16b.r7a, questa prescrizione è entra- rittaduce in aramaico si ha limdinat Jomriiiiri.
ta in vigore soltanto con le cosiddette «d~i­ Questo costrutto aveva Wl duplice senso, per-
sioni del solaim>, che furono prese nel solaio ché in aramaico palestinese m•dJnà' (indetermi-
di Hananja ben Hizqijja ben Garon nel 65/66 nato) significava provincia, m•difltii' (determi-
d.C. (ma forse già prima del 48 d.C. ~ JERE- nato) citJà. Il senso originario di E/.ç 1t6ì..w
MIAS, ]erusalem 230 n. 44; P. BILLERllECK, l:aµapi'l"WV era: nella provincia di Samaria.
comllllÌcazione verbale}, ma può essere stata L'errore di traduzione di m'd1nii' in città si
praticata già prima (dr. DAUBE, op. cit. [ ~ t rova anche in Le. 1,39 (cfr. Act. 8,J). ~ }E-
n. 2:;] 373 s.). Tuttavia si potrebbe pensare REMIAS, Verbeissung r7 n. 66 (bibliografia).
anche alla disposizione forse più antica secon- 30 Le lingue semitiche tralasciano volentieri
do cui i Samaritani sarebbero stati affetti da di dire soltanto anche quando per noi è ne-
impurità cadaverica, perché si diceva che essi cessario; dr. JEREMIAS, Gal. 29 n .1:.
gettavano j feti dei loro aborti «nei locali im- 31 Questo fatto è comprovato da Le. 9,:;1-:;6
mondi della casa» (latrina), Nidda 7,4 (dr. (dr. Io. 4,4: ~lìE~). W. GAS SE, Z11111 Reisebericht
STRACK-BILLERBECK 1 541; ~ ]EREMIAS, Je- des L11kas: ZNW 34 (1935) 293-299, nega
msalem 230 n. 45). che Le. 9.51 ss. presupponga un viaggio di Ge.
l:aµapmt X't'À.. B 2b-3a (Joach. Jcrcmias)

te seguita 32. Maggior peso hanno altri sua sovranità e dell'annuncio della
fatti: che Gesù rinfacci ai discepoli il svolta escatologica. La proibizione, che
loro odio (Le. 9,55), che egli nonostan- egli rivolge ai suoi discepoli, di predi-
te il pericolo di contaminazione chieda care in Samaria va vista in relazione al-
alla samaritana un sorso d'acqua dalla la sua posizione verso i non giudei. Ge-
sua brocca (lo. 4,7 ), che conceda il suo sù fondamentalmente limita l'attività dei
aiuto anche ad un lebbroso samaritano discepoli entro i confini d'Israele, per-
(Le. 17,16), che agli appartenenti al po- ché doveva compiersi la promessa del-
polo di Dio presenti dei samaritani qua- 1'oflerta di salvezza fatta ai patriarchi,
le umiliante esempio di disinteressato a- prima che potesse avvenire l'inserimen-
more del prossimo, che supera l'odio to escatologico delle gentì, fra le quali
(10,30-37), e di riconoscenza che rende includeva i Samaritani, nel popolo di
onore a Dio (r7,u-r9); e che attraver- Dio 33• Ma in pari tempo Gesù era certo
sando la Samaria annunci almeno per che con la sua venuta già s'era iniziato
due giorni (Io. 4,40.43) l'evangelo ai Sa- il tempo della salvezza. Già adesso nel
maritani (lo. 4.4-42). Anche se è lecito mondo presente è entrata maestosa la
domandarsi, magari proprio con riferi- sovranità regale di Dio, nella quale sa-
mento a Io. 4,4-42, se il racconto sia sto- rà cancellata l'impurità delle nazioni e
rico in tutti i suoi tratti, tuttavia i par- sarà loro donata la partecipazione alla
ticolari, visti nel loro contesto, compon- salvezza di Dio. Nel comportamento di
gono un quadro del tutto coerente. Di Gesù verso i componenti di questo po-
ciò si darebbe un'interpretazione errata, polo odiato e disprezzato, paragonato
se si giudicasse il comportamento di Ge- ai pagani, si manifesta proletticamente e
sù verso i Samaritani come quello di un a guisa di segno quest'ora dell'adempi-
uomo libero dai pregiudizi dei suoi fa- mento.
natici compatrioti, precorritore dei tem-
pi, magnanimo; perché allora resterebbe 3. La missione in Samaria della comuni-
incomprensibile la proibizione della mis- tà primitiva
sione fra i Samaritani (Mt. ro,5 s.). Piut- a) Gli Atti si aprono programmati-
tosto il comportamento di Gesù va in- camente con la promessa del Cristo
teso, proprio anche nella sua contraddi- risorto ai discepoli: saranno suoi te-
torietà, sulla base della coscienza della stimoni a Gerusalemme, nella Giudea

sù attraverso la Samaria; con Elc; É't~pav xw· nieri.


µ'Y]v (9,56) si potrebbe intendere soltanto un 32 Flav. Ios., a111. 20,n8: ~f)oç -i'jv 'tO~ raì..L·
villaggio non samaritano. Ma si trascura il Xctloi.ç Év -.a~<; fop-.a~c; et<; -rl)v tEpllY n6ì..w
fatto che già allora in Palestina (come ancora 1tapay~voµÉvoi.ç ÒOEVEW lìt.à -.fjç l:aµapÉ<s.lY
oggi) oltre a località famigerate per il loro xwpru;, cfr. bell. 2,232.
fanatismo ve n'erano di ospitali per gli stra- 33 ~ ]EREMIAS, Verheissung 61 s.
1253 (vu,93) l:aµapE~a Y.'tÀ.. B 3a-b (Joach. Jeremias)

e nella Samaria, e fìno all'estremità la predicazione tra i pagani. Il compi-


della terra (1,8). Secondo 8,4-25 Fi- mento di questo passo si può capire sol-
lippo, uno dei capi degli ellenisti cac- tanto con la certezza che con la Pasqua
ciati da Gerusalemme dalla persecuzione ha avuto inizio la svolta escatologica; in-
seguita alla lapidazione di Stefano, svol- fatti la predicazione della buona novella
ge per primo opera missionaria in Sa- alle genti è segno dell'ora escatologica 33 .
maria 34 • Secondo 8,25 la predicazione
giunse a molti villaggi samaritani, anzi, b) Il Vangelo di Giovanni (4,4-42) u-
secondo 8,9-13; 18-24, perfino Simone tilizza un solo fatto dell'attività di Ge-
(-7 col. 1244) si sarebbe fatto battezzare sù, il suo colloquio con la samaritana al
Ma poiché Giustino dice che intorno pozzo di Giacobbe 39 , per far risalire allo
alla metà del II secolo quasi tutti i Sa- stesso Gesù la missione fra i Samarita-
maritani adoravano Simone come elio su- ni 40 e metterne in rilievo il significato
premo 35 , sarà bene non sopravvalutare per la chiesa. Esso consiste in ciò, che
i successi della missione cristiana 36 ; spe- l'ammissione di allogeni nella comunità
cialmente i contatti di Simone con i mis- salvifica è un'anticipazione (v. 23: 'Vuv;
sionari cristiani devono essere stati su- v. 35: ì]ori) dell'ora in cui cesserà la di-
perficiali 37 • L'importanza della predica- sputa sui santuari e sarà abolita ogni di-
zione in Samaria non consiste nel suc- visione tra i popoli, perché «i veri ado-
cesso numerico, ma piuttosto nel fatto ratori adorano il Padre in spirito e veri-
che questo primo superamento dei con- tà» (v. 23).
fini d'Israele rappresenta il passaggio al- }OACH. }EREMIAS

(]'a\IOaÀLO\I -7 VIII, coli. 871 ss.

34 Su xa'tE).itl:>v Etc, 'tTJV 7t&.~v 'tijç l:aµa;- infatti si• rivela assai bene informato sia nei
pElaç (8,5) ~ n. 29. dati geografici (circa il pozzo cli Giacobbe e
35 lust., apol. 1,26,3; dial. 120,6. la tomba cli Giacobbe, cfr. JEREMIAS, Heili-
36 La frase «la Samaria ha accolto la parola cli gcngriibcr in ]esu Umwelt [1958] 31-36) sia
Dio» (8,14), nell'uso linguistsico protocristiano nelle espressioni sui Samaritani (cfr. ad es.
(R9m. 15,26; 2 Cor. 9,2) vuol dire semplice- l'appropriato aoristo 7tPOl7EXVVTJl7av del.v. 20:
mente che là erano sorte comunità cristiane. ai tempi di Gesù non c'era più un culto sa-
37 A ciò alludono gli stessi Atti (8,18-24).
maritano sul Garizim; ~ JEREMIAS, Passah-
38 ~ JEREMIAS, Verheissung 63.
feier 58 e ~ coll. 1245 s.).
39 Il rac(:onto si basa su una buona tradizione; 4.'.l ~ CuLLMANN 5 s. n.
O'a.1tp6c; Ia·b (O. Bauemfcind)

t crcx:rcp6ç, t cr1ptw

r. I due termini nella loro accezione traslato il termine significa sempre cor-
fondamentale si riferiscono al processo rompere, venir meno 6 .
che in italiano è indicato con putrefa-
zione 1. b) <rcx.npoç, marcio, guasto, putrido
(da Ipponatte in poi, fr. 32a [Diehl3 III
a) crli1tw, attivo: far marcire (da E- 90]) nell'uso proprio7 corrisponde al si-
schilo in poi), più frequente al passivo: gnificato del verbo cr1}1tw da cui è deri-
marcire, putrefarsi (da Omero in poi, vato {~ n. r ); più frequente e di acce-
per es . ~ n. 2), di solito è usato in sen- zione più vasta è tuttavia l'uso traslato.
so proprio 2 • A questo proposito va tut- Il vocabolo è caratterizzato dal senso di
tavia ricordato che - fatta eccezione per ripugnanza causato dal processo di de-
il fuoco - non c'è materia di cui non si composizione(~ n . 2) e dal fatto che le
possa dire che sia esposta al criinEcr~ai. 3. cose in decomposizione sono viete e per-
L'ampiezza dell'uso del termine com- ciò spesso - non sempre ovviamente -
porta che non sempre ci si riferisca al- valgono meno o sono inutili. Talvolta
la decomposizione. Anzi, benché rara- uno di questi aspetti viene a predomina-
mente, si può intendere anche il proces- re al punto che le possibili applicazioni
so naturale di trasformazione della ma- si allontanano notevolmente dal signifi-
teria 4 e persino la produzione della lin- cato fondamentale e divergono forte-
fa nel tralcio di vite 5 • Tuttavia in senso mente anche tra loro stesse 8 •

<>'an:p&;, a-/inw ibid. 4,3 (p. 381b 9·u ).


C. LINDHAGEN, Die \Vtm.el :EAil im N .T. und 5 Emped., fr. 81 (DIELS 15 340,32): olvoc;...
A .T., Uppsala Universitets Arsskrift, 1950, 5 cra.nÈv Év ~uMii \iowp (contestato da Aristot.,
(1950) 27-69. topica 4,5 [p. l27a l7-x9]).
1 Radice ksap, marcio, dr. WALDE-POK. 1 500;
6 Plat ., Theaet. 153c: ai µtv -iiCT\Jxla.t a-/in:ov-
Bo1sACQ ~857 s.; E. ZUPITZA, Etymologien, Bei· <Tt xat &.1to).J..vacn, «l'ozio è causa di pigrizia
trage :t.ur Kunde der idg. Sprachen 25 (1899) e corruzione», cfr. Dion. H ai., a11t. Rom. II,
92'95· Per i suffissi nominali in -po (cra.-np6c;- 37; Menand., fr. 23,6 (KoERTE 22): a-/ineu&a.L
O'Tmw come à~p6c;-i'J~11) cfr. SCHWYZER 1 48xb Ù7tÒ 't'fjc; -Qlìovi)c;; Pseud.-Luc., Philopalris 20 :
2.
0"1)1t6~vov ')'EpO'll't'tOV.
2 Decomposizione in un corpo ancora vivo 1 Pesci: Alexides, fr. I 25,8 (C.A.F. Il 342);
(Hom., Il. 244r4); Aesch., Choeph. 995); pu- frutti: Theophr., hist. plani. 4,14,10-I8; caqa-
trefazione del cadavere (Hes., scutum Herct1- ve.re d'uomo: Dio Chrys. 5,27; vesti: BGU rn
lis 152); marcescenza del legno (Aristoph., eq. 846,9; rocce friabili: DlTT., Syll.' Il 587,24.
1308), dell'acqua piovana (Hippocr., de aere Cfr. specialm. H. }ACOBI, Comicae Dictio11is
aquis locis 8 [CMG Il, p . 62,25 s.]). Il puz- Index, s.v., in Fragmenta Comicorum Graeco-
:ro di tutto ciò che marcisce è ricordato da rum (ed. A. MEINEKE V 2 [1857] 931) .
Theophr., fr. 4,2 (WIMMER): ana.v yàp 't'Ò 8 Il divario in taluni p assi è cos) sorprenden·
0"1)1t6µntov xa.xwBE<;; cfr. tuttavia -+ n. r3. te da far ritenere che il nostro termine sia
3 Aristot., meteor. 4,r soprattutto p. 379a r4: entrato nel testo solo per un'errata tradizio-
lìt.ò O'irrtE't'«t n&.v't'a. ·dJ.).:ka 11:).:nv mip6c;. ne: F. H. Bonm, Aristophanis comoediae l
4 Hippocr., fl/orb. 1,6.28 (LITTRÉ VI 152.r96); (1828) 340 riguardo ad Aristoph., pax 554 (~
Aristot., meteor. 4,1 (p. 379b 6 s.): xat ~ii>a. n. :r5); A.DIETERICH, Abraxas (I89x) 178 a
tyylvE't'at 't'O~ <T1)1toµlvo«.<;, «esseri viventi proposito di PRE1sENDANZ, Zoub. u 13,636 (~
pullulano in materie in decomposizione», cfr. sopra) LIDDELL-ScoTT, s.v. m a Theopom·
1257 (vn,95) <Tcx1tp6c; 1b (0. Bauernfeind)

Se ciò che è crcmp6v in senso proprio eia; dr. Aristoph., vesp. 1380. Anche
ripugna alla vista e all'odorato(~ n. 2), per i generi alimentari e voluttuari crrJ.-
in senso improprio l'aggettivo può esse- rcp6c; naturalmente indica merci stantie,
re applicato anche a fenomeni che per che tuttavia possono talvolta essere an-
es. invece colpiscono l'udito; Theopom- cora utilizzabili. Il pio ua.1tpo1twµ6.pioc;
pus Comicus, fr. 50 (C.A.F. I 746): «ÌJ· citato nell'iscrizione 760 di Korykos 10 ha
ÀE~ yàp cra:itp&. a\hl] ye: xpouµa-.', «co- venduto non mele marce, ma mele con-
stei fa uscire suoni sgradevoli dal flau- servate o sidro. Il ilp~ov -.aplxovc:; cra-
to»; M . Ant. I I ,15: wc;
cra'ltpoc:; xaL xl~ rcpou, «la foglia di cavolo con la carne
li'l'}À.oc:; ò ÀÉywv, «quanto è odioso e fal- salata», menzionata da Aristoph., Ach.
so chi dice ... ». Allo stesso modo, in ri- nor, non va gettata, ma è da mangiare.
spondenza al senso di ripugnanza e al In latino sapms indica una qualità di
pericolo causati da processi di decom- formaggio che Plin., nat. hist. 28,132,
posizione nel corpo umano e indicati senza accennare al gusto 11, definisce me-
con crcutp6c:; (Hippocr., morb. l,13 [Lit- dicamentosa 12• Per i generi alimentari
tré VI I 60] ), si può parlare in senso tra- per i quali è auspicabile un certo perio-
slato anche di un oroscopo infausto do di maturazione ('invecchiamento')
(Vett. Val. 1,21 [Kroll 36,3oss.]) o di (~ nn. 4.5), cranp6c; può acquistare sen-
un destino avverso (Preisendanz, Zaub. so positivo; ciò vale forse del formag-
II 13,636: àv1D.ucrév µou -.Tiv cra.rcp&.v gio 'stagionato', ma soprattutto del vi-
dµa.pµÉV'l']V), come noi possiamo dire: no (~ col. 1255; ~ n. 5). Di solito
«C'è del marcio ... ». crcr.np6c; è il contrario di y À.uxvc;, An-
tiph., fr. 125,3.6 (C.A.F. II 61), ma nel
Un uomo è detto cra.7tpéc; quando può giudicare un vino si possono trovare ac-
anche essere chiamato anziano. Collega- costati croc1tp6c:; e yÉpwv con senso positi-
to a yÉpwv, in Aristoph., pax 698 ua.- vo; Alexis, fr. 167,J s. (C.A.F. l i 358):
'7tp6c; sottolinea il disfacimento, l'assen- Ecr't"(X,t xat µ6.À.a 1)ouc:; y', 6o6v'tocc; oùx
za di forza e di bellezza dovuti all'an- ÉXWV fiSTJ CTOC1tpÒ~ À.Éywv (? ), yÉpWV YE
zianità 9 • Se invece crarcp6c:; è solo, inclu- Soctµovlwc;, «sarà dunque assai amabi-
de già l'idea di vecchio: Aristoph.J Eccl. le, non più asprigno, invecchiato, matu-
884: cra7tp&., donna anziana, vecchiac- rato divinamente» 13 • Già anticamente si

pus Comicus, fr .50 (C.A.F. I 746) (~ s~pra). 10 Ed. J. KErL . A. WILHELM, Monumento A-
Ma è d.ifiidle ritenere che il vocabolo <Ta.:itp~ :riae Minoris Antiqua III (r931) 207.210.
sia stato cosl piacevole ai copisti da farlo in- 11 Cfr. in Mart. 3,77,ro saprophagere, per in-
trodutre per sbaglio, in passi completamente dicare un'alimentazione troppo mOdesta.
diversi, in luogo di termini molto più appro- 12 Diosc., mat. med. 1,84,2: cra1tpl<t. (~ n.
priati. Le singoÌe congetture prese per sé po. :i3) nel senso di medicamenti. ·
trebbero anche convincere, tutte insieme inve- u <Ta.1tpCac; in Hermippus, fr. 82,6 (C.A .F. I
ce provano solo che si deve ammettere un'am- :i49) va probabilmente inteso nel senso di
piezza dell'uso del termine sorprendente an- 'vino invecchiato'. Cfr. anche schol. ad Ari-
che per l'esperto. stoph., pax (cd. F. DOBNER [ 184.i] 554): · <Ta·
9 Cfr. anche il giudizio sull'anacronistico sa· 'ltpòV ol 1ta.À.moL n.~yov 'tÒ CTElTJJTCÒc; lìt!t 'tÒV
Iuta col semplice xa.lpEw in Aristoph., Plut. xp6vov, XPWV-tcxt o' a.ò-i:<{'.i xat à.v-tt -rou àp-
3:i3: &pxa.i:ov xa.t <Ta.:itp6v, fuori moda e me- xa.fov xat w'.cÀ.mou. La continuaitone del fr.
scbfoo. Circa l'enigmatico giudizio di Stratoni- 4,2 di Theophr. citato nella -> n. 2: ...ÉL µ1)
co a proposito dell'attore Simyk11s, traman- -rtc; '"iv 6!;v't1)'ttt ì..lyE~ -rou o(vov <Ta.1tp6"1"1J·
dato da Athen. 7,.40 (348a): µÉyaç oòoElç <T1J.- -ta., fa capire che era ritenuto possibile, ben-
7tpÒç txMç, cfr. ~ LINDHAGl!N 29 n . .l. ché raro, un uso linguistico in cui il sostanti-
<TCL1tp6ç 1b-:za (0. Bauernfeind)

è notato che <ra.1tp6.; può perdere il vocabolo non è possibile dedurre se fos-
senso peggiorativo e divenire quasi si- sero anche stantii o ripugnanti o addi-
nonimo di 1)ouc; 14 • Da Eupolis, fr. 442 rittura andati a male.
(C.A,f. 1367) viene tramandata que~ta
definizione di <ra.1tp6c;: ou
't'Ò µoxihJpÒ'V 2. Nei LXX si trova
xat qiauÀ.ov, &.À.À.IX. 't'Ò mx.Àat6v, «non
ciò che è cattivo e spregevole, ma ciò a) L'attivo 0'1)1tw nel senso traslato di
che è antico» 15 • annientare; Iob40,12 : o-fjljiov OÈ &17E·
(3~tc; 7tr!pax.pfiµa (ebr. : hdk), «annienta
Ma per il resto au:rcpoc; implica di re- di colpo gli empi» 18• In senso proprio
gola un giudizio negativo, greve, non il passivo è riferito alla carne in putre-
troppo determinato e con sfumatura fazione (al <rapxEc;) sul corpo vivo di
peggiorativa: inutile, scadente 16 • Dal Giobbe: lob 19,20 (ebr.: dbq[rqb? ]);
contesto si possono poi cogliere talvol- 33,21 (ebr.: klh); analogo è il senso in
ta significati particolari. Cosl cT('J.'ltpÒv \jJ 3 7 ,6; ÈcTa7t1}cT('J.V OÌ. µWÀ.W1tÉ<; µo\J
o'Voµ('J. in Preisigke, Sammelbuch III (ebr.: mqq), «imputridirono le mie li-
5761,23 è non soltanto scadente, ma an- vidure». Anche in lob 16,7 si intende il
che malfamato; Cia'Jtpèx. oéy(.LCt.-.('J. in E- processo di decomposizione fisica: Xr!-
pict., diss. 3, 22,16, cfr. 3, 16,7, sono 't'aX01t6v µE 1tE1tOL11XE'V1 µwp6v' 17E<T'Y)'lt0·
non solo opinioni di poco conto, ma an- "t'Ct., «mi ha spossato, fiaccato, distrutto»
che dannose, pericolose 11 • I q>ocpµet.x('J. (-7 vn, col. 735). In fa:. 17.9 si parla
nominati da P. Lond. 11 252 sono detti in senso metaforico di radici e frutti che
<Tet.'ltpq. solo perché non sono adatti alla marciscono (ebr.: qss), in ep. Ier. 71 di
vendita in una città come Alessandria, una veste di porpora che diventa fraci-
cioè non sono abbastanza pregiati; dal da 19• In senso traslato in Ecclus r4,19

vo <rct.1tp6't'T)ç non indicasse un odore sgra- tata sia per contenuto (col. u58) sia nel
devole. tempo (-)> n. r4).
14 Più tardi anche per il vino, <Tct.7tp6ç e xa.- 16 Cfr. Chrys., hom. in I Tim. 4 (MPG 6:z
À6ç sono stati intesi solo come antitesi; cfr. (1862] J:ZJ): 1téi'V yckp 8 µ'Ì} 't'ÌjV lola.v XPdct.V
P. Greci e Latini 6,718,i:z: cra.'ltpÒ'J o!vo'J 1tO~ij­ 7tÀ.T)po~ <ra'ltpòv MyoµEv. L'avverbio <TCX'ltpWç,
<rm xa.Mv. in Epict., diss. 2,2I,14 si riferisce probabilmen-
te a terme non adeguatamente attrezzate.
ts Comunque, in questo contesto rientra an·
1 17 È naturale che ciò avvenga anche in una
che il singolare verso: wç iiitCX.\l't' i)8T) 'CT-rL
µs<r-rck -rciNM8' ElpfivlJç <ra.itpéiç di Aristoph., dichiarazione ufficiale rivolta contro una per-
pax 554. L'espressione dpfivl]ç crcxitpéiç dove· sona, cfr. P. Greci e Latini 6,717,4: [Éàv]
va certo far ridere poiché desunta verosimil- xcx-r' ȵov xa-r«lJrricplCTTJ'tct.l -rL ucxitp6v.
mente dalla terminologia enologica e anche 18 Il sottofondo ebraico è incerto in quei pas-
per il contenuto iperbolico (nella vicenda del- si in cui non viene esplicitamente menzionato.
la commedia la pace è appena stata conclusa), 19 Cfr. a questo riguardo a<Tl)'lt't'OV (l;v'ì..ov)
ma evidentemente Aristofane non sottinten- per l'ebr. lo' iirqab di Is. 40,20: lo scultore
deva certo · un presunto senso secondariO di che intaglia idoli usa un legno che non mar-
<;pace marcia». In via eccezionale anche in cisce. a<Tl)lt'tOç si trova in Ex. :z5-37 spesso
questo caso dunque <T<X.itp6ç è vicino a 1C<X.• in riferimento al materiale di cui son fatti la
À.çtt6c; in senso positivo ed è ben lontano da tenda del convegno e gli oggetti di culto,
µoxfrl]pòv xa.L q>a.u'ì..ov (-> sopra). Questa ac· quando si tratta di legno; cosl anche in De11t.
cezione, che è legata all'uso di O"f)'ltW ricorda· 10,3 a proposito dell'arca. Tutto deve essere
to :illa ~ col. r:z55, benché non possa dedur- costruito di l;v).a. a<Tl)1t-ra.. Presso Teodozio-
si soltanto da questo passo, è comunque limi· ne nei suddetti capitoli vengono ·ad aggiunger-
12.61 (vu,96) cra:'ltp6<; :rn-3 (0. Bauernfeind) (vu,97) 1:2.62

1tiiV Epyov Gì)'lt6µEvov significa «ogni o- viamo l'accezione fondamentale più va-
pera caduca» 20 • Parimenti in senso tra-
slato in Prov. 10,7 (Aquila, Simmaco) si
o
sta di cr1)7tw (~ col. r 2 55): 'lt )..oui:oc; v-
dice che il nome degli empi verrà meno µwv crÉcr't)'ltEV, «la vostra ricchezza (come
(ebr.: rqb; LXX: cr{3Évw'ta~). Inoltre tutto ciò che è terreno) è marcita», sen-
Simmaco usa in senso proprio il verbo za che il verbo permetta di risalire alla
all'attivo in Eccl. ro,r: rendere puzzo- qualità della ricchezza di cui si parla 24 •
lente un olio profumato, LXX: cra:'ltplsw
o crrt.'ltpL6w, ebr.: b's in forma hif'il 21 • Che significhi <ra:'ltp6c; in Epb. 4,29" è
indicato dalla proposizione successiva
b) La traduzione greca del samaritano (4,29b): a)..)..à_ EÌ: 1:t<; CÌ:yai}òc; 7tpÒc; ot-
Tg. Lev. 27,14 rende ra' (contrario di XOOoµi}V i:fjc; XPElac;, «ma se è buono
tob) con cra1tp6c;, cosi come un "A)..-
Àoc; 22 ( Field 2I 8) nel parallelo v. 33 del per l'edificazione, quando ce·ne sia biso-
medesimo capitolo. In ambedue i casi gn0>>. Il Àéyoc; crcmp6c; invece non è in
il senso è spregevole (LXX: 'ltO\l'l']p6c;-xa- funzione delle necessità della comunità,
À.6c;). Nelle altre traduzioni, inclusi i
LXX, e presso Filone e Flavio Giuseppe, perciò non è qualcosa di in~erente,
O'a1tp6c; non compare. Poiché il vocabo- ma un vaniloquio («chiacchiere vane»),
lo suggerisce una certa grossolanità non come risulta anche dal confronto con
ben determinata si dovrà ritenere che il precedente versetto 28 costruito in
non si tratti di un puro caso 23 •
modo parallelo: il Myoc; cra7tpoç sta
3 . In Iac. 5,2 (~ rv, coli. ro46 s.) tro- al )..6yoc; àya:itéc; come il furto al soc-

si alcuni altri passi. Un traduttore sconosciu- 23 D'altro canto non è solo una circostanza
to ha reso con h !;vì..wv acrii1t"tlù\I anche fortuita che in vari passi in cui si sarebbe po-
'a!é-gi5fer di Gen. 6,14 riferito all'arca di Noé tuto usare l'aggettivo <1CX:?tp6ç si trovi il so-
(si tratta probabilmente di legno di conifera); stantivo cra:'ltpla: mai attestato prima dei LXX
cfr. anche ~ LINDHAGEN 39 n. r [BERTRAM]. e raro anche in seguito. I LXX usano questo
20 rqb è tradotto qui sia con hÀEl1tEW sia con sostantivo in un senso che si accosta all'.ac-
CTTJ7tEoi}a:L; cfr. ~ LINDHAGEN 38. cezione fondamentale in Ioel 2,20 per tra-
21 Tra i vocaboli derivati da crii'itW nei LXX durre b"os, puzza (cfr. 2 Mach. 9,9) e quat-
CTTJ7tl] e ufjlj!Lç si trovano una sola volta rispet- tro volte in lob per tradurre rimmt1, vermi
tivamente in Ecclus 19,3 e Is. 14,II, in ambe- che p11ll11la110 in materie in decomposizione o
due i casi nel senso di muffa (Is. 14,u, ebr.: già deco111posle: 7,5; 17,14; 21,16; 25,6; dr.
rimma). Presso Aquila il ternùne cii'ltTJ in lob 2,9°. In lob 8,16 TCpa:crliiç, (attraverso) il s110
17,14; 21 ,26 traduce l'ebraico rim1111J, vermi giardino, sarebbe un'appropriata traduzione di
che pullulano in materie decomposte (LXX: gaggiito: H. M. 0RLINSKY, Some corr11ptio11s
O'a:'ltpla: ~ n. 23), Aquila e Simmaco usano in the Greek Text of ]oh: JQR, N.S. 23
cri'j1Jnç in Os. 5,12 nel senso di putrefazione (1935/36) 134 s.; nel testo corrotto in cra-
(LXX: xlv-.pov, cbr.: rqb). Infine O"l)'!lEOW\I -r:plaç probabilmente si è poi pensato a roc-
in Simm. lob 13,28 traduce rqb, putredine cia friab.hle <~ n. 3); ~ LINDHAGEN 43· In
(LXX: M-x6<;, per roqeb?). Is. 28,21 il cod. B ha cra?tpln. in luogo di 'ltt.-
22 Perciò cra:'ltp6ç sembra risalire alla glos- xpla. (ebr. nokriiit1); 4 LINDHAGEN 47·.H in
sa marginale del cod. M dei LXX; cfr. A. questo caso pensa a un aliem1m opus e richia-
RAHLFS, Verzeichnis der griech. Ha11dschriften ma PREISl!NDANZ, Zaub. lI 13,636 ( 4 col. 1257;
des A.T., Mitteilungen des Septuagintaunter- - n. 8). Aquila usa CTCX:'ltpla. in Am. 4,xo (lez-
nehmens 2 (1914) 183; cfr. anche 4 LIND- zo) e in Is. 5,2 (agresto).
HA'GEN 40 s. 24 Cfr. DIBl!LIUS, Jk., ad I.; HAUCK, Jk, ad l.
n.63 (vu,97) cra.1tpoc; 3 (0. Bauernfeind)

corso cristiano 25 • sue presunte virtù, lo giudica <TOC'ltp6i;?


Nella parabola della rete (Mt. 13.47- Per concludere, il N.T. usa croc1tp6i; solo
50) è evidente che una parte dei pesci in un senso del tutto comune, traslato
pescati vien detta 't'à. .•. <TCX.1tpci perché (~ n. 16), che però acquista piena con-
non è commestibile, mentre, sotto l'a- cretezza in grazia del contesto.
spetto biologico, i pesci possono essere 4. Herm., sim. 2,3 s. usa il verbo e
assolutamente normali. Lo stesso vale l'aggettivo in senso proprio per indicare
per le immagini di Mt. 7,17-19; 12,33; la decomposizione del frutto della vite
(~ nn. 2.7) alla quale manca il soste-
Le. 6,43: i frutti e gli alberi 'marci' so-
gno dell'o1mo; anche in questo caso l'ap-
no quelli che hanno scarso valore, che plicazione (~ 1263) non usa più né
non sono utilizzabili, quale che sia la l'uno né l'altro termine. In senso pro-
loro condizione biologica 26• Nell'appli- prio r Clem. 25,3 parla poi della carne
in putrefazione (<1'1')7toµÉV'I'}) della fenice
cazione non si usa più il termine O'cx.- da cui sorge nuova vita, µeyocÀ.Eto\I 't'i)~
7tp6c;,, tuttavia il lettore è indotto a tra- E'ltCf.yyeMac;, «prodigio della promessa»
sferire l'aspro vocabolo dal mondo del- (26,1). Diogn.2,2 allude ai corruttibili
l'esperienza a quello cristocentrico o teo- simulacri degli dèi, che non sfuggono al
<T1]'ltEcri}at di tutte le cose (~ r 2 55):
centrico: il giudizio critico alimentato Diogn. 2,4 (~ n. 19). Quando invece
dalla fede in Gesù non è forse in grado in Herm., sim. 9, 6,4 si descrivono le
di smascherare il falso profeta, nono- 'ltO~xtÀlat 't'wv À..li)wv 't'WV crocii:pwv, è
chiaro che, nonostante sim. 9, 5,2, non
stante il suo aspetto suggestivo, con la si pensa al significato proprio di marcio,
stessa sicurezza con cui si riconosce il ma a quello generico di inutile. Tuttavia
frutto inservibile e di conseguenza si in seguito (sim. 9,8) si concede ancora
speranza ad alcuni di coloro che non so-
giudica l'albero che lo produce (Mt. 7,
no utili, ed anche in questo caso non si
15.20)? Può forse l'uomo sfuggire al- riprende lo stesso vocabolo.
l'occhio di Dio, il quale, nonostante le
O. BAUERNFEIND

25 Tenuto presente il dato di fatto ricordato


sotto b), è improhabile che qui si abbia u-
na reminiscenza veterotestamentaria o rabbi- 1.6 Cfr. i cp&.pµa.xa. · menzionati alle ~ coli.
nica (contro STRACK-BILlil!RllECK III 640 s.) e r259 s. Circa l'origine della metafora dr. M.
che O'a.1tp6ç vada tradotto con malfamato: È BLACK, An Aramaic Approach to the Gospel
irioltr6 improbabile ·un'anticipazione di Eph. and Acts 1(1954) 148 s.
aapt; (li. Baumgartel - R. Meyer - E. Schweizer)

O"aps, O"a.px1.x6c;, t cr&.pxwoc;

SOMMARIO: g) in senso metaforico;


2. J.''er:
A. a<i.pl; nel mondo greco: a) carne in senso proprio,
r. aO:pl; in quanto parte muscolare del b) espressione della consanguineità,
corpo umano o animale; c) in senso traslato,
2. l'origine della carne; 3. la traduzione delle espressioni ebraiche
3. acl:pl; in quanto corpo; nei LXX;
4 . significati particolari; 4. i testi che mancano nel canone ebraico.
5. a6:.pxwoc;; C. Came nel gi11daismo:
6. la aO:pl; caduca distinta dalla parte im· I. il concetto negli scritti di Qumran:
pcritura dell'uomo; x. il concetto comune;
7. aO:p!; in quanto sede delle sensazioni in 2. indicazione della persona;
Epicuro; 3. l'uso collettivo;
8. gli influssi di Epicuro. 4. la caducità dell'uomo;
B. Carne ne/l'A.T.: 5. il rapporto col peccato;
i. basar: 6. carne e spirito;
a) carne in senso proprio, li. l'uso linguistìco nei targuroin;
b) in senso più ampio, III. carne e corpo nel Talmud e nel midrash;
c) kol-biifiir, IV. gli apocrifi e gli pscudepigrafi;
d) espressione della consanguineità, V. Filone e Flavio Giuseppe.
e) eufemismo per gli organi sessuali, D. Riepilogo storico-religioso.
f) in senso traslato, E.Il N.T.:

a6:.pt;
In generale: stia11ity, 9. Flesh and Spirit: Scripta Hiero-
E. DE W. BuRTON, Spirit, Soul and Flesh ... in solymitana rv (1958) 252-263; H. HUPPBN-
Greek \Vritings and Traslated Works /rom BAUER, Basar 'Fleisch' in dw Texten von Q11m-
the Earliest Period to i8o AD... at1d in He- ra11 : ThZ 13 (1957) 298-300; J. P. HYATT,
brew Old Testament (r918); P. DAUBERCIES, The View o/ Man in tbe Qumra11 'Hodayot':
La condition chamelle (1959); W. D. DAVIES, NTSt 2 (1955/56) 276-284; R. MnYER, Hel-
Paul and the Dead Sea Scrolls: Flesh at1d Spi- lenistisches i11 der rabb. A11tropologie, BWANT
rit, in K. STENDHAL, The Scrolts and the New IV 22 (1937); MooRE 445-496; S. SoruLZ, Zur
Testament (1957) 157-182; O. Kuss, Der RO- Rechtfertigung a11s G11ade11 i11 Qumra11 und
merbrief (1959) ;;06-540; PRimscHBN-BAUER5, bei Paulus:. ZThK 56 (1959) 160-163; W. D.
s.v.; J. A. T. ROBINSON, The Body (1952) 17· STACEY, The Pauline View o/ Man in Rela-
26; W. ScHAUP, Sarx (1924); E. ScHWEIZER, tion lo its ]udaic and Hellenistic Background
Die hell. Komponente im 11t.liche11 aapl;-Be- (1956) 85-117.1_54-180; STRACK-BILLERBECK I
gri/1: ZNW 48 (19;;7) 237-253; H.H. WBNDT, 730 S.; III .330·332.400; IV 466-483,
Die Begriffe Fleisch tmd Geist im biblischen Per E:
Sprachgebrauch (1878). BULTMANN, Theol. 228-241 (§ 22 s.); CREMER·
Per A: Kti<mL, s.v.; W. P. D1cKSON, St. Paul's Use o/
D . DIMITRAKos, Lexiko11 Helle11ikes Glosses the Terms Flesh and Spirit (r883); E. KXsl!-
vm (1950), s.v.; LIDDELL-Scorr, s.v.; R. B. MANN, Leib und Leib Christi (1933) 100-u8;
ONIANS, The Origins of Europea11 Thought C. H . LINDIJER, Het begrip Sarx bij Paul11s,
about the Body, the Mi11d, the Soul, the Diss. Amsterdam (1952); E . LoH.MEYBR, Pro-
World, Time a11d Fate (1954); PAssow, s.v.; bleme pa11l. Theol. m: Silnde, Fleisch und
Thes. Steph., s.v. Tod: ZNW 29 (1930) :r-59; E. ScHWEIZER,
Per C: R I ,J f und der Gegensat:t. von Fleisch ut1d
BoussET-GRESSMANN 399-409; D. FLUSSER, Geist vor und be{Pa11l11s: EvTheol 15 (1955)
The Dead Sea Scrolls and Pre-Pa11/i11e Chri- 56j-571.
uiip~ A r (E. Schweizer) (VII ,99) 1268

I. i sinottici e gli Atti degli Apostoli : quella dei pesci e del bestiame minuto
r. i sinottici; (Diosc., mat. med. 2,4; Poli., onom. 5,
2. gli Atti degli Apostoli; 5 r ). Carne e ossa sono menzionate in-
II. Paolo: sieme da Hippon., A 13 (Diels 1 386,
1. uO:.p!; = corpo;
4 r ); da un anonimo pitagorico, fr. 25
2. <Tiipl; in quanto sfera terrena;
3. u&.pl; xa;t alµa;, mio-a. uri pi;; (Diels I 457,ro); Anaxag., A 45 (Diels
2
4. crO:pl; in quanto oggetto di fiducia; II 18,22); Pind., fr. 168 ; Eur., Hec.
5. xa...à. o-apxa. con un verbo; 1072; Plat., Phaed. 96d; Aristot., hist.
6. cr&.p!;. 'in quanto soggetto del peccato; an. 3,2 (p. 5rrb 5 ss.); pari. an. 2,9 (p.
7. la vittoria sulla 0'6.p!;; 655b 23); Alex. Aphr., an. 98,ro 3 •
8. riepilogo;
Spesso vi si aggiungono i tendini (vev-
III. Col., Eph., lettere pastorali:
1. la Lettera ai Colossesi;
poc, !veç, cpÀ.É~ec;): Horn., Od. rr,219;
2 . la Lettera agli Efesini; Anaxag., A 45 (Diels II 18,15); De-
3. le lettere pastorali; mocr., A 141 (Diels (II 123,32); Plat.,
IV. Giovanni: Tim. 74b.82c.84a; Aristot., part. an. l,
r . il Vangelo di Giovanni ; 5 (p. 645a 29); 2,1 (p. 646b 25), dove
2. le lettere giovannee;
sono menzionate anche altre parti;
V. La Lettera agli Ebrei; Epict., diss. 4,7,32, c&. 2,9,18; Alex.
VI. Le lettere cattoliche;
VII. u&pxwoç, cra.pxtx6ç.
Aphr., de mixtione i5 (p. 235,4 s.), do-
ve si menziona anche il sangue. Insie·
F. L'età post11eotestamentaria:
me si fa menzione anche delle viscere
1. i Padri apostolici;
2. Atti apocrifi di apostoli;
in Horn., Od. 9,293; Hes., theog. 538.
3. gli apologisti; Tutta una serie di altre parti del corpo
4. la gnosi. si trova in Poli., onom. 2,232 s. Carne
(uap:>m;) e sangue come parte caduca
dell'uomo compaiono paralleli in Eur.,
A. <Tap~ NEL MONDO GRECO fr. 687,1 s. (T.G.F. 575). Presso Po-
lyaen., strat. 3;i:1,r gli uomini forniti di
r . ucip~ in quanto parte muscolare del oclµoc xoct ucipxocç sono contrapposti agli
corpo umano o animale dèi 4• In quanto muscolo, la carne avvol-
ge le.membra od ossa per difenderle dal
Nella lingua più antica 1 è usato soli- freddo e dal caldo (Plat., Tim. 74b; A·
tamente il plurale uocp>m;, da Omero ri- ristot., probl. 27,4 [p. 966a 37]; part.
ferito esclusivamente alla carne del cor- an. 2,9 [p. 654b 27 e p. 65 5a 30]; dr.
po umano. Nel senso di carne d'animale già Horn., Od. 18,77). Essa se ne può
si trova per la prima volta in Hes., staccare (Eur., Med. r200.ur7; Ni-
theog. 538 nel contesto del sacrificio, ma cand., theriaca 404). Costituisce lo stra-
sembra una reminiscenza di Horn., Od. to che sta tra pelle e ossa (Aristot., hist.
9,293; più tardi sarà detta carne anche an. 3,16 [p. 519b 26]. In quanto ter-

t Probabilmente derivato da -i:fa.px- *twck- cfr. M . LEUMANN, Der indoira11ische Bildncr-


(cfr. l'eolico O'VpXE<;) e quindi probabilmente gott Twaritar: Asiatische Studien 8 (1954)
molto affine all'ittita tuekkaJ, corpo, persona, 79-84 [RISCH).
al plurale membra del corpo, nel caso che 2 Ed. B. SNELt' (1955).
quest'ultimo derivi da *twerka-. Lo si collega 3 Cfr. anche la definizione di Poll., onom. 2,
inoltre con l'avestico itwaras- presumibilinente 233.
tagliare, meglio plasmare, creare, cfr. BmsAcQ, 4 Per il mondo greco ~ coli. n75.u77; n.
s.v.; più cauto HotrMANN, s.v.; circa l'avestico 56; per quello giudaico~ coli. l:292.IJI7 s.
crap~ A l (E. Schweizer) (vn,100) r:qo

mine medico indica il muscolo (Hip- so Omero 12 e i tragici più antichi deri-
pocr ., de arte 10 (CMG I 1 p. 15,ZI); va prevalentemente da questo fatto. Il
de carnìbus l (Littré VIII 584) 5 • Però singolare indicava in primo luogo solo la
lo scrittore erotico Caritone (de Chaerea singola parte della carne 13 oppure la
et Callirrhoe 2,2 2 6) può . anche essere
1 sostanza 14 ; tuttavia in seguito questo
innamorato della -rpucps:poc crcip!; di una uso linguistico a poco a poco scompa-
donna. Cosl il crwµrx. è fatto di ossa e re 15• Comunque continua a prevalere il
tendini, carne e pelle (Plat., Phaed. 98 plurale anche dove il vocabolo acquista
cd), di capelli, carne, ossa e sangue la funzione di o-wµa. (~ coll. 1272 s.), e
(Plat., symp. 207d), di arµa xrx.ì. 'lt'\IEU- lo stesso Diane Crisostomo usa solo
µa oltre che di carne, ossa e tendini il plurale. A questo plurale si collega fa-
(Dio Chrys. 3 o, l 5). In questo senso cilmente l'idea della massa di carne, so-
crcip~ è la materia distinta dal crwµa prattutto nel caso di persone corpulente
organicamente strutturato: Eur., Ba. (Dio Chrys. 39,5; Luc., nec. 10,5); ma
n30.n36 s. (la carne viene strappata lo stesso si può dire anche del singolare
via dal corpo, cfr. 607 ); Aristot., gen. (Eur., Cyc. 380; cfr. euoyxoç crei.pi; in
corr. 1,5 (p. 321b 197 ); Dio Chrys. 39, Aret. 8,6,1 (CMG II 165,11); TCOÀ.À.'ij
5; Poll., onom. 5,80. Ci troviamo c9sl crd.pç in Soranus, gynaecia 4,2,3 (CMG
già a un livello di pensiero più evoluto. 4,131,24). Le <rapxec; aÀÀ.6't'piai di
L'ipotesi che Omero non avesse ancora Plat., resp. 8,556d indicano la corpulen-
l'idea del corpo come unità 8 non è per za che il ricco ha accumulato a spese di
altro sostenibile in termini cosl radica- altre persone. Comunque la carne è qual-
li 9, anche se nel descrivere l'uomo si cosa che appartiene all'uomo in modo
serve in prevalenza di termini al plura- particolare (Antiphon, jr. 53 [Diels II
le 10• Questa terminologia corrisponde al- 361,8]).
le raffigurazioni primitive, nelle quali ap-
punto le singole parti della carne sono l:d.pl; può anche indicare la carne che
particolarmente sottolineate e distinte si mangia, benché a questo scopo si pre-
fra loro li. Forse il plurale crci.pxEc; pres- ferisca usare xpÉa.ç 16• Può essere la car-

s Le uapxeç sono di cr&.pt; (Hippocr., de car- uwµa.


nibus 9 (LITTRÉ VIII 596,3 s.). Anche Plato- 10 Vedi anche ~ crwµet..
ne conosce solo uapt;, non µuç, dr. F. M. u SNELL,op. cii. (~ n. 8) 21-25.
CoRNFoRD, Plato's Cosmology (1952) 298. Gal., 12 Unica eccezione Od. 19,450.
defi11itio11es medicae Bo (Ki.iHN 19,367) distin- 13 IG 12,7 nr. 237,17; 12,2 nr. 49S,'C6; Ni-
gue: i µuEç sono 11wµ.a-ca. \IEVpW1ì'T) ai quali cand., fr. 74,49; inoltre DITT., Or. 78,16;
è frammista crapt;, dr. Alex. Aphr., an. p. 98, D1TT., Syll. lm 1047,7; n71 ,5.
12 s.: il 11wµ.a del muscolo cardiaco è qual· 14 Hes., sc11tum Herculis 364.461 e ~ nn. J·
cosa tra uap!; e w:upo\I, 15.
6 Ed. w. E. BLA.KE (1938). 15 Il plurale indica la sostanza in Plat., Phaed.
7 È uÀ.1}; cfr. anche Aristot., part. an. 34 (p. 96d, cfr. Eur., Hipp. I239.1343; Ba. n30. In
429b 13 s.) 7 (p. 43rb 15). Aristot., ge11. corr. 1,5 (p. 321b 21 s.) si di·
8 B. SNELL, Die Auffasstmg des Menschen bei chiara esplicitamente che sia la U)..'l} sia l'Et.
Hom., in Die Entdeckung des Geistes3 (1955) ooç si chiamano crap~ od 6cr-touv; ma dr. an·
n -25. che p. 321b 32; meteor. 4,12 (p. 39oa 2-b 22).
9 R. HIRZEL, Die Person: SA Miinch 1914, 16 Horn., Od. 9,293; Theocr., idyll. 2;,224 ac-
rn (1914) 5-7; H . RAHN, Tier und Mensch i11 canto a 230, dove 11ap~ indica la carne del
d er homerischen Auffammg der lVirklichkeit: leone vivo; Philetaerus, fr. 10 (C.A.F. XI 233),
Paideuma 5 (1954) 431-443; H. KoLLER, l:w- dove un pe2ZO di carne di maiale è detto ua:p-
µ.a bei Hom. : Glotta 37 (1958) 278-281; -> xòç vMaç xpfoç. In Dio Chrys. 8,30 il corpo
1271 (vu,100) uapl; A l -3 (E. Schweizer) (vn,101) 1272

ne di cui si ciba il cane (Antiphanes, fr. na nasce la CTapt; del bambino. Essa è
326 (C.A.F. n 134), oppure la carne cot- 1tVÉouCTci, succhia il sangue e cresce me-
ta o arrostita mangiata dall'uomo (Eur., diante il 1t\1Euµri (dr. Gal., definitiones
fr. 467,3 [T.G.F. 503]; Gal., comm. ad medicae Bo s. [Kiihn 19,367]; Alex.
Hippocr. vict. 4,98 [CMG V 9,1 p. 348, Aphr., de mixtione 16 [p. 238,13 s.]).
2 ss.] in alternanza con xpÉaç; Nicand., Aristot., gen. an. 2,6 (p. 743a 10 ss., dr.
alexipharm. 573 s.; c&. Aesch., Ag. 7 44b 2 3) fa risalire la sua origine al-
1097; Eur., Tro . 775). Già Orfeo avreb- i "umidità', mentre viceversa dalla carne
be messo in guardia dalla Éowo1} cra.p- deriva sangue denso (Aristot., hist. an.
xwv (Orph. Fr. 215 [Kern 62), cfr. 3,2 [p. 512b 9]).
Plat., leg. 6,782c).
3. crcl.pt; in quanto corpo
2. L'origine della carne
Il significato del termine diventa sem-
Già i presocratici discutono sulla pro- pre più ampio. Quando Horn., Od. 18,
venienza della carne dai quattro elemen- 77 parla del tremito delle crcl.pxEç si rife-
ti (Emped., fr. 98 [Diels I 346 ,23], cfr. risce esplicitamente anche alla parte mu-
Pseud.-Heracl., e l [Diels I 185,9] ed scolosa che avvolge le membra. Cosl an-
Emped., A 78 [Diels 1299,5 s.]) 17, op- che negli esempi successivi ci si può
pure dal seme femminile, mentre le os- chiedere fino a che punto questo signi-
sa, o la psiche e la sensitività, derivano ficato sia ancora presente 18• È chiaro pe-
da quello maschile (Hippon., A 13 rò che anche nell'uso linguistico di crapt;
[Diels I 3 86,41]; un anonimo pitagori- si va diffondendo l'idea che il corpo è
co, fr. rn [Diels I 450,4] ). Ma forse an- un tutt'uno omogeneo. Allorché cr&:p;
che carne e ossa sono elementi primi, al singolare o al plurale abbraccia que-
poiché la carne non può avere origine sta totalità, si tratta soprattutto del cor-
dalla non-carne (Anaxag., A 43 [Diels po fisico, che può essere giovane o se-
II 17,19]; fr. 10 [Diels II 37,7]). Stret- nescente (Aesch., Ag. 72; Sept. c. Theb.
tamente affine è il sangue (Emped., fr. 622; Eur., Herc. fur. u51.1269 19), può
98 [Diels I 346,23]) che è succhiato dal- essere lacerato e distrutto (Eur., Hipp.
le parti della carne (crapxwo'r)): Dioge- 1239.I343; Med. u89; Soph., Phil.
ne di Apollonia, fr. 6 (Diels II 65,13). u57; Trach. 1054; Poll., onom. 4,
Platone insegna che carne e tendini han- 179 20}. Eur., fr. 201 (T.G.F. 421) parla
no origine dal sangue (Tim. 82cd; cfr. del «benessere della CTapt;». Anche il
8oe). L'idea è ampiamente illustrata da corpo morto può esser detto crapXE<;
Hippocr., de natura infantis 14-q (Lit- (Eur., Hipp. 1031 21 ). Philemon, fr. 95
tré vu 492-498): dal sangue della don- (C.A.F. II 508) sottolinea che lo schiavo
muscoloso dell'atleta è detto <Tapxeç, la carne 19 La carne è quella parte del corpo in cui si
che è necessaria alla sua alimentazione xpfo.c;. rendono particolarmente visibili la vecchiaia e
Invece Horn., Od. 9,293.297 usa rispettivamen- la malattia (Plat., Gorg. 518d; Dio Chrys. 19,
te aapl; e xpfo.<; per indicare la carne umana 5, cfr. 39,5).
di cui si nutre il ciclope (-7 n. 21). 20 Cfr. anche Eur., Ba. 746: la pelle è «l'in·
17 Cfr. anche Alex. Aphr., q11aestiones 2,24 volucro della carne» del toro morente. Bagna-
(p. 75,13 s.). re Je O'apxEc; o la crapt; ( := il corpo): Nicand.,
18 Per es. Aesch., Choeph. 280; fr. 253 (T.G.F. alexipharm. 462; Plut., quoest. conv. 8,9 (II
81), dove la malattia divora le crapxEc;; si- 734a). ·
milmente Soph., Trach. 1054 a proposito delle 21 Anche Emped., /r. 1yj,6 (DIELS I 367,21):
Furie. · le qJl°ka.~ aapxEc; sono i propri figli. Hom.,
1273 (vn,101) a6:p!; A n (E. Schweizer} (vn,101) 1274

ha 1a stessa crapç del libero; in questo carne dell'albero, e dei frutti (p. 82oa
caso il concetto ha un carattere pretta- 37). Infine va menzionata l'immagine
mente fisico, infatti la motivazione del- fiabesca di un mostro dalla carne di fer-
l'enunciato è che nessuno <j)UCTE~ è nato ro presso Theocr., idyll. 22,47. Il mo-
per essere schiavo. Lo stesso dicasi per do di dire El<; crapxa 7t'l}µcx.WEL\I 7A signi-
il principio secondo cui le crcipxec; uma- fica colpire probabilmente nella carne,
ne sono deboli e quindi incapaci di op- nel vivo.
porre resistenza (Dio Chrys. 6,26) e per
le Wl}'t~t crcip:>m; :a. 5. crapxwoc; l5
Non sorprende che anche l'aggettivo
4. Significati particolari indichi ciò che è materialmente di car-
ne; Plat., leg. 906c: cn~µc.mx. fatti di
Poiché la pelle non è che <rapç dis- carne; Dio c. 38,21,3: il crwµcx. è <rap-
seccata {Aristot., probi. ro,27 [p. 893b xwov; Philodem. Philos., de signis 27,
29.33); gen. an. 2,6 [p. 743b 6]; cfr. 24 s. (~ n. 28); Max. Tyr. 29,7g: q>u-
Plat., Tim. 75e-76a), anche la parte in- crtc; crapxivl}. Dall'immagine della <rapi;
terna della pelle può chiamarsi O'apç 23 • massiccia deriva il significato di corpu-
Per questo uso linguistico probabilmen- lento (Aristoph., fr. ?II [ C.A.F. I 565];
te anche i termini oxowlwv crapxt\IW'\I Eupolis, Jr. 387 [C.A.F. I 1359); Ari-
{P. Lond. Ili xr77,169.172) vanno in- stot., eth Nic. 3,12 [p. xr17b 5]; Polyb.
terpretati nel senso di cinghie di cuoio 38,8,7). Tuttavia l'uso linguistico pre-
o, meglio ancora, corde di budello. U- senta un'interessante evoluzione. Da un
opwtfi av~ crcipxel è l'espressione medi- lato l'aggettivo acquista il significato di
ca per indicare l'anasarca: Aret. 4,1,4; reale. Anche il pesce di carne è quello
cfr. Gal., comnt. ad Hippocr. acut. 4,106 concreto contrapposto a quello visto in
(CMG v 9,r p. 352,6-24). Anche tume- sogno (Theocr., idyll. 21,66). Già al li-
fazioni patologiche possono essere indi- mite stanno i <rapxwot l'>Eol che si di-
cate con <rapxEc; (Hippocr., de regimine stinguono dalle statue delle divinità
x,2 (Littré VI 470,5 ). Infine il termine (Artemid., oneirocr. 2,35). Ma quando
indica anche la polpa del frutto, ad es. in Plut., de profectibus in virtt1te 8 (II
deJl'oliva o della capsula del papavero 79c) con -rò <rapxwov 't'W\I À.6ywv s'in-
(Theoph., de causis plantarum 3,14,6; tende la significazione 1tpcx.yµcx.-rLXTJ xcx.t
6,8,5 s.; hist. plant. r,xr,x; 4,15,r; ÙÀ.tx1) 26, che costituisce il vantaggio del-
Aret. 5,10,10; 6,1,2; 8,2,J). l'insegnamento filosofico, il termine è
già usato chiaramente in senso trasla-
Aristot., de plantis l,4 (p. 819a 35, to. Stando a Filodemo 27 , sembra che
cfr. p . 8r8a 33) parla delle vene e della si possa dire altrettanto del sostantivo
Il. 8,380; 13,832 parla cli grasso e di u6:pxE~ ma di Paolo: Sotades, collectanea Alexandri-
degli uomini che vengono dati in pasto ai na (ed. J. U. POWELL [1925] 244); Aristot.,
cani e agli uccelli. hist. a11, n ,3 (p. 635a u); probi. 5,7 (p. 88xa
Z2 Apollod. Athen., bipliotheca 1,5,1 (sec. 16); dopo Paolo: Max. Tyr. n,roe; testo cri-
u/1 a.C.) ed. J. G. FRAZER I (1954). stiano: Anth. Graec. l,107.
2.l Cfr. già i «condotti della carne» sotto la 26 ~ DIMITRAKOS, I.V.
pelle in Emped., fr. IOO,I s. (DIELS I 347,14). 27 Philodem. Philos., voltm1i11a rethorica 4,
24 Philodem. Philos., de Epicuro 2, Jr. 6, col. fr. col. 5;u (ed. S. SUDHATJS I [1892] 149).
l,
IV 2 (ed. A. VOGLIANO (1928]), L'EtSw)..ov è µaxP4) 't'jj xr.d)c.utEpEt aapxt Si.a.·
25 uapx~x6c; è attestato solo debolmente pri- q>Épov, evidentemente dallo stesso oggetto rap-
1275 (vn,ro1) <Tcip~ A 5-6 (E. Schweizer)

cr6:p~ quando indica la realtà di cui è rana dalle ossa. Anche la più grande
priva la figura. D'altra parte proprio massa di carne non serve a nulla; prima
l'aggettivo contiene appunto la sfuma- di salire sulla barca di Caronte la si de-
tura di caducità. iJ'llCt:t'ot XIX.L crapXL'llOt. ve deporre e passare di là 'nudi' (Luc.,
sono gli uomini col loro crwµa. facilmen- nec. rn,5). Secondo la scuola pitagorica,
te corruttibile e con le difficoltà e i dolo- al corpo composto di carne e ossa si con-
ri della loro ~uxli (Pseud.-Democr. C 7 trappongono la ~ux1J e la a.tcr~'T)CTLç
[Diels II 228,25]) 28 • Secondo Epicuro (Anonymus, fr . xa [Diels I 450,4]). Ari-
ciò che è cr6:pxwo'V è soggetto alla cpiìo- stot., part. an. 3.4 (p. 429a 10 ss.) men-
pti '29. Perciò l'esser crr:X:px~'lloç distingue ziona la aap!; materiale accanto alla ~u­
l'uomo dagli dèi (Aesch., fr. 464,2 x+i 32• Secondo Chrysipp., fr. II52 (v.
[T.G.F. 127]; Epic. 30 ~ col. 1268). Arnim II 322,30 s.) anche alla O"apl; del
Nessun 7t6:ì}oç carnale-terreno tocca gli maiale è frammista, come sale, la ~uxli,
dèi (Epict., gnom. Stob. 4) o la contem- la forza vitale, che protegge dalla corru-
plazione dell'anima che sale oltre le stelle zione.
(Max. Tyr. n,rne 31 ). Peraltro vi sono
autori che considerano <Tapxwoi. anche Diversa è la contrapposizione se all'e-
gli dèi (Philodem. Philos., de pietate nergia vitale si sostituisce la mente, l'in-
telletto dell'uomo, come si nota già in
59,21s.; de deis 3, fr.6 [~ n.29]).
L'importante è però stabilire che cosa si Aesch., Sept. c. Theb. 622, dove il \love;
contrapponga a questa natura caduca senile appare accanto alla cr&.pl; giovani-
dell'uomo. le, oppure nella formulazione pregnante
di Eur., El. 387, dove con a.i. crapxEç XE-
6. La crtipç caduca distinta dalla parte 'Va.t <ppE'VW'V si indicano gli uomini stolti
imperitura dell1uomo che non hanno nulla da dire. Ovviamen-
te in questo caso O"cXpXEç comprende tut-
Già in Hom., Od. n,219-222 si leg- to l'uomo, ma per l'appunto l'uomo che
ge che carne e ossa vengono distrutte ancora non è tale in senso pieno, l'uo-
dalla morte, a differenza di iìuµ6ç e mo privo di senso, dissennato". Per
~ux1). Parimenti in Eur., Med. 1200. l'epoca più recente va menzionato per
1217.1219 troviamo la ~ux.1}, l'energia es. Philodem. Philos. 34 : per giungere al-
vitale, accanto alle crapxEç che si sepa- l'atarassia sono necessarie una Oiàvota.
presentato, che certamente non è detto toto 29). Il frammento di Eschilo è probabilmente
corpore differens, come ritengono C. J. VoOIJS spurio.
e D. A. KREVELEN, Lexicon Philodeme11111 31 vÀ'l'}c; 1ta6oc;: Max. Tyr. 11,ne. Per altre
(1934-1941), s.v. Cfr. similmente Clero. Al., indicazioni ---)- ScHWEIZER, Hell. Kompo11ente
strom. 148A. 239 n. 12.
28 Peraltro l'enunciato deriva probabilmente 32 u&:p!; quale ala"lh}-c1}piov: part. an. 2,1 (p.
solo dal neopitagorico Ipparco. Cfr. analoga- 647a 20). 8 (p. 653b 24), dr. 2,3 (p. 65ob 5). 5
mente Philodem. Philos., de signis 33,30-34, (p. 651b 4). IO (p. 656b 35); afl. 3,2 (p. 426b
5 (ed. P.H.DE LAZY [1941] xoos.)---)- col. 15); la cdaih}-cLxi) ljlvx-fi nella uO:.p~: gen.
1319. a11. 2,5 (p. 74ia rn), dr. 2,r (p. 734b 25 s.).
:» Philodem. Philos., de deis 3, fr. 8,7 (ed. H. 3.l Cfr. Horat., ep. I ,4,6: 11011 tt1 corpus eras
DrnLs, AAB 1916, 4 [1916) 45); diversa è la sim pectore; inoltre Eur., /r. 1052 (T.G.F.
posizione in de pietate 59,21 s. (ed. TH. GoM- 693): solo capelli e carne senza alcuna opera;
l'F.RZ, Herkulanische St11dien II [ 1866) 31). Philo, vit. Mos. x,54: capelli lunghi e carne
<TapxEc; per caratterizzare il corpo terreno: non sono da maschi (---)- coll. 1290 s. 1381).
Epig.r Graec. 650,8 (---)- col. 1278), 34 de deis 1,17,25 s. (ed. H. DmLs, AAB 1915,
30 Philodem. Philos., de deis 3, fr. 6,6 (---)- n. 7 [1916)).
I27] (VlI 1I02) a&p!; A 6-7 (E. Schweizer) (vn,.103) J278

imperturbata e 0'6:px&:ç intatte. Epict., parlare di O'ap!; e tliux1] come delle due
diss. 4,7,32 contrappone alla carne, alle parti di cui è costituito l'uomo (de exi-
ossa e ai tendini ciò che li usa e governa lio r [n 599c]), poiché l'anima immor-
e possiede consapevolezza. Pe_rciò gli tale è inseminata nella carne mortale
dèi non sono di c;ap~ e~ col. 1268), ma (ser. num. pun. 17 [n56oc]). Cosl egli
sono vovc;, Èmei"t'lJµ'l'}, À.Oyoc; (Epict., cita anche gli ostacoli carnali (O'O:pxwa;)
diss. 2,8,2) . dell'anima (quaest. conv. 9,14,7 [n 745
e.f]; Col. 27 [n n22d]) 40• In Epict.,
Ma più importanti sono le concezioni diss. 1,3,5 s.; 29,6 il <ra.pxlotov è con-
in cui una parte imperitura dell'uomo è trapposto al Myoc;, l'io autentico. An-
esplicitamente affiancata alla <r6:p~ cadu- che Dio C. 38,21,3 dichiara che in quan-
ca 35 • L'espressione più pregnante è il to c;6:pxtvov il c;wµrx. ha bisogno di mol-
tanto citato passo di Emped., fr. 126 ta assistenza da parte della divinità,
(Diels 1 362,5) circa l'abito estraneo del- mentre la ragione è di natura divina (~
la carne, l'iH,).oyvwc; XL't'WV cra.pxoc;, al col. 1268). Un parallelo formale all'an-
quale si richiamano volentieri Plut., titesi neotestamentaria di crei.pi; e 7tVEV-
carn. es. 4 (II 998c) e Porphyr. (Stob., µcx. è offerto da Eur., fr. 97r (T.G.F.
ecl. I,49,60) quando parlano della 1tlX.· 674): «tronfio di O'cip!; si spense esalan-
ÀtyyEvE<rla. o µE"t'a.x60'µ'l')crtc; 36• Anche do il 7t\leiiµa. nell'etere» (~ coll. x309
secondo Plat., symp. 2ue la contempla- ss.).
zione della bellezza divina è libera da
ogni traccia di carne umana. L'oyxoc; 7. rtocp!; in quanto sede delle sensazioni
<ra.pxwv che viene sepolto non è il no- in Epicuro
stro vero essere; la \jiux'li immortale Ben presto si constata che certe emo-
è ben più che il c;wµa. (leg. 959a-c). Ov- zioni hanno effetto sulla O'apç. In essa
viamente ciò che della ~vxii è mortale 37 si manifestano il tremito e il brivido di
è una sola cosa con la cr6:p!; (Tim. 6xc. chi ha paura (Horn., Od. 18,77; Eur.,
69c). Del IV sec. a.C. va menzionato Ba. 607 ). Appena o-cip!; indka anche il
Epigr. Graec. 90,1: ossa e carne (c;cip- corpo intero(~ col. 1272), si può dire
xac;) appartengono alla terra, l'anima che la commiserazione permea la rt&.pl;
dei pii invece migra nel i}ci).aµoc; 38. Se- (Eur., Phoen. 1285 s. 41 ). Che la carne
condo un Libro dei sogni del sec. II a.C., percepisca per es. caldo e freddo, è
un individuo sogna di sgusciare dalle un'altra delle prime esperienze, e il fe.
c;6:pxEç come un serpe dalla sua pelle, nomeno è spiegato in vario modo; per
perché la sua anima era già in procinto es. Aristotele lo fa risalire al fatto che la
di abbandonare il O'wµrx. 39• Anche Plu- a.lu~'l'}'t'tx'ÌJ ljiux1i ha la sua sede nella
tarco, in luogo della consueta antitesi O'ci.p!; (-'> n. 32 ). Lo stesso vale per l'età
O'G'lµrx. e ljJvx11 (quaest. conv. 5,1 [II seriore che ha rilevanza per il N.T. Se-
672d]); Col. 20 (II 1n8d), talvolta può condo Philodem. Phifos., de pietate n6,
35 Ci limitiamo rigorosamente ai passi in cui 38 Del tutto analogo Epigr. Graec. 225,1 dove
compare cr6:pl;; ~ crwµa; ~ ljluxofi. l'anima partecipa alla rotazione eterea.
36 Cfr. anche ev. veritatir 20,30: deporre le 39 Artemid., oneirocr. 5AO.
«vesti mortali» e indossare l'immortalità. 40 Senza la u6:pl; insaziabile la vita sarebbe
37 A questo riguardo e per i presupposti di più facile (Plut., sept. sap. conv. 16 [II 160
tale idea cfr. CoRNFORD, op. cit. (~ n. 5) 284- be]).
286; L. GERNET, L'anthropologie da11s la re- 41 Con lo scolio a Eur., Phoen. !285 BLà uap-
ligione grecque, in C. J. BLEEKER, Anthropolo- xa va inteso nel senso di «attraverso ...» come
gie religieuse (1955) 55-59. in Horn., Il. 10,297 s.
xa79 (vn,103) aapl; A 7-8 (E. Schweizer) (vn,104) 1280

l3 s. (--+ n. 29) la sensazione è colta dal- udire l'esortazione della natura (fr. 200 ).
la 'lta.pa.l~l)cnç cra.pxlvri. Presso Sext. Se l'uomo ottiene tutto ciò, gode la fe-
Emp., math. 7,290 la sostanza carna-
le ( crapxwoç oyxoç) è sede delle sen- licità di Zeus 45 •
sazioni, e Alex. Aphr., an. 56,14-58,5
disquisisce se sia la ucip~ stessa a perce- Ma non è vero che Epicuro inviti
pire o qualcosa che si trova in essa 42 • semplicemente a godere ogni piacere e
a evitare qualsiasi sofferenza, anzi, egli
Ma questo fatto diventa essenziale richiede un'accorta scelta e un saggio e-
per il N.T. nell'aspetto assunto presso same 46• La ot<ivo~a ,,, conosce i limiti e
le barriere della cr&p; che desidera il
Epicuro e soprattutto presso i suoi av- piacere illimitato; pertanto essa è ne-
versari. Se Platone aveva parlato delle cessaria perché vi sia una saggia limi-
i1tii>uµla.~ xa.-.cì uwµa. (per es. Phaed. tazione (sententiae selectae 20). Va inol-
tre tenuto presente che per la felicità è
82c --+ crwµcx.), .in Epicuro troviamo i)
d'importanza essenziale non solo l'at-
xa...à uapxa.. i]oovfi 41 • In lui la cr&pç tuale buona salute della crapt ma anche
diventa in particolare la sede del piace- la prospettiva di conservarla per il fu-
re, della T)oov1) (sententiae selectae 4, turo (fr. 68). Cosi le T)ooval della t\lu-
XlJ sono maggiori di quelle della cr&p~
18 [--+IV, coll.32s.]). Poiché l'insor- (Diog. L. 10,137)-18. Certo la cr&.pç è an-
gere del piacere è considerato un effet- che la sede del dolore: Epict., Jr. 40
to puramente meccanico degli atomi 44, (Diano [--+ n. 45 ]); sententiae selectae
4; ma a lungo andare il piacere sover-
il piacere provato nella crtipç acquista chia il dolore (sententiae selectae 4.18 ),
anche il ruolo preminente in quanto è il e la causa di gran lunga maggiore del
più evidente. «Inizio e fonte di ogni be- male è l'anima (/r. 445; Diog. L. 10,
ne è il piacere del ventre» (fr. 409). 137).
Quando la voce della carne grida: -
8. Gli influssi di Epicuro 49
«Non aver fame, non aver sete, non aver
freddo!», l'anima non può fingere di non È necessario ricordare a questo punto

42 Per la Stoa dr. L. STEIN, Die Erkenntnis- in questi termini Epicuro esorti alla modera-
theorie der Stoa (1888) 133-153 e -) X, coli. zione, dr. DIA.NO 140 a fr. 50. Circa la prio-
832 ss.; inoltre --+ uwµoc. rità della #ìoviJ quale scopo autentiro della
~ Philodem. Philos., de Epictiro (-) n. 24) 2, vita prima di Epicuro e in Epicuro cfr. E.
fr. 6, col. XI; H . DrnLs, Ein epikureisches Frag- ScHWARTZ, Ethik der Griechen (1951) 97-100.
ment uber Giitterv.erherung: SAB 37 (1916) 15l·I54.179-191.
903 II J! al auyyE\IE~ xri:tà crapxa T)8ovcx.l. 46 Testi e bibliografia ~ SCHWBIZER, Hell.
Diels ritiene che uwµoc sia il conglomerato Kompo11enle 241 n. 27.
degli atomi che include anche l'anima: C. 47 Non è semplicemente la ragione, ma com-
BAILBY, The Greek Atomists and Epicums prende intelletto, volontà e facoltà sensitiva
(1928) 487 n. 3; N. W. DE Wrrr, Epicurus (DrANO, op. cit. [-) n. 45) 121 s. a sententia
and His Philosophy (1954) 197 s.22J. 18,8).
44 Testi e bibliografia in -) ScHWEIZER, Hell. 48 Per tutto l'argomento cfr. SCI-{WARTZ, op.
Komponente 240 n. 20. Cfr. anche Da Wnr, cit. (-) n. 45) 180 s.
op. cii. (~ n. 43) 201 s. 49 Trattazione esauriente presso-7 ScHWEI.ZER,
~ fr. 3J (ed. C. DIANO [1946] .n ). Pare che Hell. Komponente 241-246. Qui sono ripor-
a6:pl; A 8 (E. Schweizer) (vII,104) 1282

quanto fosse diffuso il pensiero di Epi- vano come porci le loro anime con i
curo 50• Tale volgarizzazione portò ne- piaceri del corpo; disprezzavano il bel-
cessariamente alla rapida scomparsa del- lo e riponevano il bene nella carne e nel-
le distinzioni più sottili. Lo stesso Epi- le sue bramosie (Plut., suav. viv. Epic.
curo deve difendersi dall'accusa di in- 14 [II rn96d]). Quanto ciò sia depreca-
segnare semplicemente il piacere indi- bile risulta dal fatto che chi vuol unirsi
scriminato, la ricerca ininterrotta di or- alle etere deve attendere l'oscurità del-
ge e licenziosità con ragazzi e con donne la notte (Plut., lat. viv. 4 [II u29b]) 53 •
(Diog. L. ro,131 s.). Viene rimprovera- Epitteto, che usa cnipl; solo nella pole-
to di santificare il desiderio e la voglia mica con Epicuro 54 , parla di lui come
del corpo, la prostituzione e simili di- di un x:wa.iooÀ6yo<;, cioè di un mae-
sordini (fr. 414). Non va dimenticato stro di libidine, e Timocrate narra
che gli avversari di Epicuro vivono in come egli vomitasse due volte al gior-
una tradizione che a partire da Plato- no, tanto era sregolato nel mangia-
ne 51 ritiene i desideri e i piaceri quali re (Diog. L. l0,6). In Alciphr., ep. 3,
mezzi con cui il corpo ammalia, conta- 19,8 si descrive l'epicureo che abbrac-
mina e macchia l'anima. Di conseguenza cia la prima suonatrice che incontra e
in età neotestamentaria l'espressione 1)- le dichiara con gli occhi languidi e soc-
oovi} a-a.px.6c; diviene addirittura lo slo- chiusi che questa è la necessaria quiete
gan deglì antiepicurei e penetra anzi- della carne e concentrazione del piace-
tutto nel giudaismo ellenistico 52 • L'epi- re, dell'1Jo6µEvov. Persino un polemista
cureismo viene inteso sempre più nel eccellente della levatura di Cicerone de-
senso di invito alla più volgare libidi- finisce i seguaci di Epicuro voluptarii,
ne: gli animali non conoscono nulla di libertini (Tusc. 3,40) che a tutto ante-
più elevato della 'Ì)oovli, non conosco- pongono i «piaceri osceni» (Tusc. 5,94);
no una giustizia divina, a loro tutto ser- anzi Epicuro stesso avrebbe anteposto
ve per la 'Ì)oovi} cra.px:6c; e per la soddi- «i piaceri del sesso al diletto della vi-
sfazione del loro istinto; altrettanto fa sta e dell'udito» (or. in Pisonem 66).
però l'epicureo Metrodoro quando di- Di conseguenza la ucip~ viene conside-
chiara che tutto ciò che v'è di bello, rata sempre più specificamente fonte
saggio, eccellente nell'anima è solo 't"ijc; della -/ioovfi, precisamente della sfrena-
M.-.à. cr<l:pxa. 1)oovijç itvExa. (Plut., Col. ta sessualità e della smodata gozzovi-
30 [n rr25b] ). Gli Epicurei ingrassa- glia 55 • Essa rende impossibile la libertà

tate solo le frasi più pregnanti. 't7jç crapxòc; milh'), Philo, Deus imm. 143 e
5J Diog. L. l0,9; Lucretius, de rerum 11at11ra rer. div. ber. 57: cra.px6c; Ti6o\l'fi, cfr. gig. 40;
G,8; Cic., fin. 1,13.25; DE WrTT, op. cit. (~ agric. 97. rer. div. ber. 268: n&.lh') aa.pxòc; h-
n. 43) 328-331. rmpux6-.a., leg. all. 2.49 (dr. 3,158): µla. aàpl;
51 Phaed. 81b; dr. 79c.; leg. 8,835c. Circa il xat ~" n<il}oc;, cfr. Dìog. L. 10,145; I QH 10,
ritorno dì questo pensiero in Posidonio e in 23: j~r = istinto?, = prodotto? (~ coli.
altri autori dr. K. Hou, Gesammelte Aufsiitze 1349 s.r362.1370.1386).
5
zur Kirchengeschichte n (r928) 259 s. 3 Diversa è la posizione di Plut., de tuenda
52 E pie. ~ n. 4 3; Cic., fin. 1,23: voluptas in sanitate praecepta 8 (II 126c), dove può ri-
corpore; dr. Tusc. 3,37.50; Plut., de virtute flettersi l'autentica dottrina epicurea: l'istin-
et vitio 3 (n rorb): al -.ljç uapxòc; #ìo\lal to sessuale raggiunge meglio la 'l'Joovfi nella
(dr. H 1087 f); suav. viv. Epic. 14 (n 1096c): calma e nel silenzio della <Tap!;.
al -.Tjç uapxòc; Èmftvµ.laL, cons. ad Apoll. 13 54 A. BoNHOFFBR, Epici. 11. das N.T. (19n)
(1 107 f: 'ltalh') 'tTjç aa.px6c;, Max. Tyr. 33, 160 s.
7a: t&o\I crapxwv fi6ovC1l, 4 Mach. 7,18: 't<Ì 55 L'affermazione che in greco la uapl; non è
a-6.p!; B rn-b (F. Baumgartel)

dell'anima 56• Tutto ciò viene ampiamen- siir (Lev. x3,2 ss.); basar paj, carne vivaw
te assimilato dal giudaismo ellenistico. (Lev. r3,ro ss.); be.far 'orliito (Gen. n,
E. SCHWEIZER I I ss.; Lev. 12,3); 'erel-biisar (par. 'erel-

1
lèb) (Ez. 44,7.9); par. diim (Ez. 39,17
B. CARNE NELL A.T. s.); particolarità: Ps. xo2,6, dove affio-
ra ancora il significato originario (cfr.
Il presente articolo si occupa solo
l'arabo baiar) di pelle: diib"qa 'aw1i lib-
dell'aspetto linguistico e semantico. Le
tematiche di teologia biblica vengono
fiirl, «le mie ossa aderiscono alla mia
pelle». Lo stesso modo di dire 61 presu-
trattate, insieme con i concetti fonda-
mentali dell'antropologia veterotesta- mibilmente torna in lob x9,20 (cancel-
mentaria (leb, nefeI, ruap ecc.), nell'ar- lando b"'orl 61 ). Forse il significato di
pelle ricorre anche in Ex. 4,7 63 •
ticolo ~ !Jivx1J.
Gli equivalenti ebraici di u<ip~ nei
Nell'animale: daqqot basar o piirot
LXX sono 57 : basar (nel testo ebr. 273 bcrz'ot biisiir (Gen. 41,2 s.); b"sar pig-
volte) e Je'er (nel testo ebr. x7 volte) 58 •
gul, carne impura (Ez. 4,14); cibo deJle
fiere (Dan. 7 ,5 ); nutrimento dell'uomo,
x. biisar 59 passim; carne delle vittime del sacri-
Etimologia: arabo baJar, or1gmaria- ficio: b•far-qodeJ (Ier. n,r5 passim.).
mente = pelle, e poi, sia al singolare
che al plurale, uomo, uomini, genere b) In senso più ampio
umano. Accadico biJru, carne e sangue.
Ugaritico bJr, carne. Corpo dell'uomo: passim; par. 'efem
(Gen. 2,23); par. 'afiìmzm (Ps. 38,4);
a) Carne in senso proprio par. 'afilmot (lob 33,21); par. birka;im
(Ps. xo9,24); par. 'or (lob 7,5); par.
Nell'uomo: passim; 'or (pelle) habbii- kOa!; (lob 6,12); nefeJ babbiisiìr (Lev.
mai la radice del male (-7 BuRTON 135 s.) va 57 Può essere tralasciato l'ptim (Soph. n,
comunque modificata secondo i passi citati. x7), non chiaramente decifrabile (dr. i lessici
56 ~ nn. 31.52; inoltre Plut., quaest conviv. e i commentari), che i LXX traducono con
9,14,6 (II 745ef): Ja musica rammenta all'a- a-tip!;.
nima le cose celesti e divine, ma gli orecchi ss Incluso 1a'ara (Lev. 18,17 ~ n . 82).
della maggior patte delle persone sono ostruì· s9 Circa il genere cfr. K. AumncHT, Das Ge-
ti e spalmati di otturazioni e "Railn carnali, schlecht der hbr. Hauptworter: ZAW 16
per cui l'anima non si può liberare dal corpo. (1896) 72; per l'uso linguistico cfr. A. H.
M. Ant. 12,1: nessuna a.t0'6-r}cr~ della carne CR!lMER, art. 'Fleisch', in REJ 6,99 s.
cresciuta attorno a noi ci può ostacolare. A "° Secondo KòHLER-BAUMG., sub voce: rohes
differenza di Epicuro, Cic., Tmc. 3,50 ritiene Fleisch ( = carne cruda).
il bene supremo una realtà spirituale, non 61 Non è invece il caso di lob 4,15 (contro
corporea, una virtù, non un piacere. Anche H. GUNKEL,Die Psalme11, Komm. A.T. [1926]
Seneca talvolta può dire caro in luogo di cor· a Ps. Jo2,6b) e in Ps. n9,120 (contro GuN-
p11s e vedere jn essa ciò che incatena I'a11i- KEL, ibid. e KOHLER-BAuMG. s.v. bfr). In am·
m11s col quale instaura lo stesso rapporto che bedue i pasi è più probabile corpo, fisico.
c'è fra materia e Dio (ep. 7,3 [65) 16.:22.24). b2 Cfr. G. BEER, Der Text des Bucbes Hiob
Molti scelgono Epicuro a copertura dei loro (1897) l2l; C. J. BAJ;L, The Book o/ ]oh
vizi. Perciò la sua scuola è anche chiamata (1922) ad l.; G. HoLSCHBR, Das Buch Hiob,
«maestra di vizi», dialog11s ad Gallionem de Handbuch A.T. I 17' (1952) ad I.
vita beata 12,3-5; 13,2; dr. ep. 2,9 (21) 9 e 63 Cfr. B. BAENTSCH, Ex. Lv. 1111d N11., Hand·
dialog11s ad Marciam de co11solatione 24,5. komm . A.T. (1903) ad l.
1285 (vn,105) <t~p!; B lb-f (F. Baumgiirtel) (VII,106) 1286

I7 ,II); kol-bcfar6, «tutto il suo corpo» 6,I9; 7,15.16.21; 8,17).


(Lev. 13,13); il corpo nudo (Lev. 6,3 e
16,4: 'al-b"siiro, sul corpo nudo 64 ; I d) Espressione della consanguineità 68
Reg. 2I,27; 2 Reg. 6,30); b"ri'é biisiir,
ben nutrito (Dan . I,I5); il corpo mor- biifiir mibb"siirt (Gen. 2,23); 'a~mt u-
to, cadavere (I Sam. 17,44; 2 Reg. 9, b•far2, mio consanguineo (Gen. 29,14; 2
36); b"sar f?astdékii, par. niblat 'abiidé- Sam. 19,13.14; dr. !ud. 9,2; 2 Sam. 5,
kii (Ps. 79,2); par. riimflt 65 (Ez. 32,5). I; I Chron. II ,I); kib"siir ,afienu b~sii-
Particolarità: biiSiir (analogamente a ne- renu (Neem. 5,5); s•'èr b"fiiro, il suo pa-
feJ) = se stesso: 'okel 'et-b"siiro, «lo rente più prossimo (Lev. 18,6; 25,49);
stolto rode se stesso» (Eccl. 4,5); la{Jà- 'iipim1 b"siirenu hU' 69 , egli è nostra car-
!i' 'et-b"siirekii, «per rendere te stesso ne e nostro sangue (Gen. 37,27). In
colpevole» (E ccl. 5 ,5 ); e poi nel senso senso ampio: b•sar•ka, il tuo connazio-
di una persona, qualcuno (Lev. 13,18). nale (Is. 58,7).

Corpo dell'animale (Lev. 17,II.I4; e) Eufemismo per gli organi sessuali


lob 41 ,15 ), anche dei cherubini (Ez. 10,
12). Dell'uomo, b'siir 'erwa (Ex. 28,42);
della donna (Lev. 15,19). In particola-
c) kol-biisiir re: membro virile (Gen. 17,13 70 ; Lev.
15,2.3; forse anche 6,3 e I6,4 cfr. ~
kol-biisiir, ogni essere vivente, uorni- n. 64; Ez. 23,20; 44,7.9); gidle biisiir
ni e animali (Gen. 6,17 66 ; 9,11ss.; (Ez. 16,26). In riferimento alla circon-
Num . 18,15; Ps. 136,25; Dan. 4,9). cisione: b"sar'orlti, 'prepuzio' (Geli. 17,
kol-biifiir, tutti gli uomini, l'umanità in- I I ss.; Lev. 12,3); 'erel-biisiir (par. 'erel
tera (Is. 40,5.6; Ier. 25a1 e passim); leb) (fa. 44,7 ·9 ).
par. kol-{Jaj (lob 12,10); par. 'iidiim
(collettivo) (lob 34,15 ); 'elohé kol-bii- f) In senso traslato
siir (Ier. 32,27; 'elohé hiiru{Jot l"kol-bii-
siir (~ x, col. 852) (Num. 16,22; 27, a) Per indicare tutta l'esistenza este-
16); ognuno (Is. 66,23.24; Ier. 12,12); riore dell'uomo: b"siir1 jiskon liibe{iip
mi kol-biisiir, «dove vi fosse qualche es- (Ps. 16,9); le parole del maestro di sa-
sere umano» (Deut. 5,26 [23]); in sen- pienza sono vita (pajjim) e medicamen-
so speciale: tutti gli abitanti della re- to /•kot-b•saro (Prov. 4,22); ha'aber
gione (Ez. 21,4.9 67 ); tutta la comunità rii'a mibb•sarekii, «tieni lontano il male
cultuale israelitica (loel 3,1; Ps. 65 .3 ). dal tuo corpo» (Eccl. II ,rn ); saziarsi
della biisiir di qualcuno (lob I9,22) o
kol-bofiir, tutto il regno animale (Gen. mangiare la sua basar (Is. 9,I9 71 ; 49,26;
64 A meno che non stia eufemisticamente per zio universale; dr. A. BERTI·IOLET, Hesekiel,
il membro virile. Handbuch A.T. I ·13 (1936) ad l.
65 In origine var., forse rimmil; cfr. i com- 68 Anche l'accadico biiru significa 'consangui-
mentari. neità'.
66 Non è certo se in Ge11. 6,12 .13 siano con-
UJ Con i LXX e altri leggasi IJb•Jaremi.
siderati anche gli animali (contro A. DILL-
MANN, Die Genesis, Kurzgefasstes exegetisches 7IJCfr. E. KoNIG, Stilistik, Rbetorik, Poetik in
Handb. z. A.T. (1892] ad l. e O. PROCKSCH, Be:wg auf die biblische Lilerattir (r900) 37 s.
Die Ge11esis, Komm. A.T.i.• [1924] ad l.). 71 Invece di z'ro'o leggi re'o, cfr. Bibl. Hebr.,

67 Nel caso che il v. 9 non parli di un giudi- KITTEL ad l.


r287 (vu,106) <Tap!; B 1f-2c (F. Baumgiirtel) (vn,107) 1288

Zach. 11,9; Ps. 27,2), c10e distruggere cuore vivo, cioè aperto alla volontà di
tutta la sua esistenza esteriore; tutta Dio (fa:. n,19; 36,26); miiman besiiro,
l'esistenza: par. 'e~em (lob 2,5); f;ajje par. kcbod ja'aqob, potere e benessere
b"sarlm 72 , prosperità di tutta l'esisten- (ls. 17,4 ); minnefeI w•' ad-basar, radical-
za, par. r"qab 'a~iim6t, carie delle ossa, mente, completamente (Is. 10,18 71 ).
cioè distruzione dell'esistenza (Prov. x4,
30); b"siiri w 0 '6ri, par. 'a~mota; (Lam.
3,4); besiid, pat·. na/Ji, corpo e vita (lob
13,14); besiir'kii us•'ereka (Prov. 5,II). Etimologia: arabo fa'r, sangue, e poi
vendetta di sangue; quindi s"'èr, in ori-
~)Per indicare il complesso dell'at- gine forse nel senso dì parte interna,
teggiamento interiore: biisiir e nefeJ sanguigna, della carne, cosl distinta da
bramano Dio (Ps. 63,2); nefe'S, leb e biisiir, la pelle insieme con la carne. Ac-
biisiir nel loro desiderio di Dio (Ps. 84, cadico slru, carne. Ugaritico Jurt, carne.
3).
y) Per indicare la fragilità e l'impo- a) Carne in senso proprio
tenza dell'uomo (in contrapposizione al-
l'eternità di Dio): l'uomo è biisiir, cioè Forse è soltanto un caso che il voca-
è mortale (Gen. 6,3); mli-ia'a.feh biiSiir bolo non sia usato a proposito dell'uo-
li, «che cosa mi possono fare uomini» mo (cfr. ai punti b. e c.). Dell'animale:
~he sono impotenti? (Ps. 56,5); mif- quale nutrimento dell'uomo (Ex. 21,10;
rajim 'iidiim w"lo' 'et w•suséhem biisiir Ps. 78,20.27).
w'lo' ruaf;, «gli Egiziani sono comuni
mortali e non dio e i loro cavalli sono b) Espressione della consanguineità 15
carne e non spirito» (Is. 31,3); 'imm6
z"roa' basar w"immiinu ;hwh 'elohénu, s"èr, consanguineo (Lev. 18,12 s.; 20,
«dalla sua (scil. di Sennacherib) parte 19); s•'er b'saro (Lev. x8,6; 25,49) op-
c'è un braccio di carne, ma con noi c'è pure s"'èro haqqarob 'éliijw (Lev. 21,2;
Jahvé nostro Dio» (2 Chron. 32,8); sam Num. 27,n), il suo più stretto consan-
basar :bo'6, chi si affida al fragile aiu- guineo.
to umano (I er. 17 ,5 ); gli uomini morta-
li (Dan. 2,n); ha'ené biisar liik (par. c) In senso traslato
'enos), «sono i tuoi occhi come quelli
di un mortale?» (lob I0,4); par. ruaf; Per indicare tutta l'esistenza esterio-
hOlek (Ps. 78,39). re dell'uomo; b"sar•ka us"'rekii (Prov.
5,n); s''ért (Jl•babt (Ps. 73,26); pama-
g) In senso metaforico sl us"'er2, pal'. diim, equivalente a: l'e-
leb biisiir (opposto: leb ha'e ben), un sistenza distrutta (Ier. 51a5 16 ); divora-
72 Per il plurale che troviamo solo in questo neo'.
passo cfr. E. KoNIG, Historisch-komparative 76 Da !1amiist (anche con il diim che segue)
Syntax der hebr. Sprache (1897) § 259e; GE- f''er sarebbe spiegato nd senso cli carne san-
SENIUs-K.·§ 124d. guinolenta, scuoiata (chair déchirée, A. CoNDA-
73 Circa i passi di lob 14,22 (par. t1e/eI) e MIN, Le livre de Jérémie [1920], ad I.). Altre
lob I!>,26 (forse da leggere m'baii'rt) cli incer- varianti di s"eri sono: iiilòb, Jibr1, Jò'ati, dr.
ta interpretazione dr. i commentari. i commentari. Per la situazione critico-testuale
74 Per il genere ~ n. 59. cfr. P. VoLz, Studie11 z. Text des ]er., BWANT
75 Anche l'accadico Jlru significa 'consangui- 25 (1920), ad l.
Gap!; B 2c-3b (F. Baumgifrtel - E. Schwcizer) (vu,rn8) 1290

re il s"'er del popolo (Micb. 3,3); strap- 19 ); -cpa'ltES<1. (Ps. 78 ,20); ""ta.À.a.L'ltc.vpla.
parlo dalle ossa del popolo (Mich. 3,2); (i LXX probabilmente leggono IO'at'ì op-
(oker s")éro )akziirt' «il crndele scon- pure sibri, cfr. ~ n. 76) ,lEp 28,35 [51,
volge tutta la sua esistenza» (par. ne- 35 J).
feJ) (Prov. xr,17 77 ) . F. BAUMGARTEL

3. La traduzione delle espressioni ebrai· b) Vi sono alcune particolarità 84 che


che nei LXX vanno considerate 85 • I LXX non mostra-
no alcuna tendenza a collegare cr<ipt; in
a) Per basar abbiamo: crap~ (145 vol- modo particolare alla sessualità, anzi e-
te)78, xpfo:c; (79 volte) 79, crwµa. (23) 80 , vitano questo uso linguistico 86 • Vicever-
XPW<; ( I4) ~1 • Af tre traduzioni: avÌ}pW· sa, nel contesto della circoncisione si
7t0<; (Gen. 6,I3); TCVEuµa 'ltltV't'Òç av- parla volentieri della <rapt; del prepuzio
ìJpW7tOU per ruap ko/-bcsar 'ts (lob I2, anche quando manca l'equivalente ebr.
10); ~po""t6ç (lob I0,4); -roc nlova. -.fjç (Gen. 34,24; Ier. 9,25 87 ; ~ coll. 1292.
06ç11c; mhou per misman b"fiiro (Is. I7, r3I5 s.1341). o-6.p~ non indica mai la
4); µEycx.À.6cra.pxoç per g•dal biiiàr (Ez. carne delle vittime sacrificali 83 • L'ac-
16,26); o-apxwoc; (Ez. n,r9; 36,26; 2 costamento di crapt; e iJ.iuxli si limita ai
Chron. 32,8); CÌ.TCÒ -rwv olxElwv 'tOV casi corrispondenti del testo ebraico
0"7tÉpµa:t6ç <rou per mibbefiirkii (ls. 58, (Gen. 9,I5 s.; Lev. l7,II.I4; Is. ro,18).
7 ); 'ltpa.i'.iiJuµoç &.vl)p per baiié b"iiirim Nuova è invece la possibilità del greco
(Prov. 14,30). Per s"'ér abbiamo: oì.- di distinguere la <rapç dall'insieme. del
xE~oç ( 7 volte) 82 , crci.p~ ( 5 volte) 83 , <rw- ~ o-wµa. e di parlare delle <rapxEç "ov
µa. (4 volte) 83 • Altre traduzioni: -roc . <rwµa.-coç (Prov. 5,u; lob 41,!5 89 ).
ÒÉo\l""ta. (Ex. 21,10 ); olxELO't'1)ç (Lev. 20, L'abbinamento -cplxEç xa.t crapxEç (lob

11Posto c:he qui, come in biifiir (~ col. Ecclus manca il testo ebraico.
1285), non si voglia vedere il concetto di 83 Incluso Ecclus.
84 Il plurale è molto frequente. Di norma si
«egli stesso», cfr. tra altri C. H. ToY, The
Book of Proverbs, ICC1 (1948), ad l.; B. GEM- 1rova quando si parla della consunzione del-
SER, Spriicbe Salomos, Handbuch A.T. 1 16 la carne e- nn. 16.2I.78.168 - coli. 1328.
(1937), ad l. 1381), ma anche per indicare la parente1a, le
78 Inclusì Dan. (Theod.) ed Ecclus. Mentre la parti muscolose da distinguere dalle ossa e il
carne dell'uomo destinata ad essere divorata è corpo in genere, anche di un individuo (lji
detta 17 volte crapxec, (xpfo.c, solo in Zach. u8,120). A prescindere dall'espressione ni'icrct
II,16), questo termine indica la carne di ani- cr&.p~ il plurale si trova comunemente in lob,
male solo in ili 77,27 a proposito delle quaglie Ez., 4 Mach., fotta eccezione per lob 16,18
ancora vive che cadono dal cielo; in Zach. (o.!µa TTjc; uo.px6c; µov = dm;); Ez. n,19;
II,9, dove però le pecore sono solo un'im- 36,26 («cuore di pietra dalla vostra carne»);
magine degli Israeliti; in Mich. 3,3, dove il 44,7 .9 (drtEp~-.µ-fi•ouc; [ ! ] cro.pxl); 4 Mach. 9,
parallelism11s membrorum richiede due nica- 28 (-..Tiv cr&:piw. r.U.O"o.v).
boli. 85 Per il resto cfr. CREMER-KOGEL, s.v. crO:pl;.
79 Incluso Da11. (Theod.); in Ecclus xpÉctc, non 86 Solo in Ez. 23',20 (cfr. 16,26) indica forse
compare. l'organo sessuale, mentre in Ex. 28A2; Lev.
80 Incluso Ecclus; in Da11. (Theod.) non si 15,2 s. 7.19 basiir è reso con XPWc; o uwµo;.
trova fa rispondenza r;wµa-biisiir. 67 Cfr. Ez. 44,7.9 (~ col. 1286).
81 In Dan. (Thcod.) e in Eccl11s manca la ri- 88
CREMER-KOGEL, s.v. (p. 975). Cfr. Lev. 4,n.
spondenza. Inoltre - coli. 1284.1294.
82 In Lev. 18,17 per la'ara si presuppone In 89 Diversamente il cod. S. Testo ebraico: bii-
lezione J"erap oppure (con i LXX) J"erkii. In siir fìs"er, oppure mapp'lé b'siiro (WAMPEN).
n91 (vn,108) a&.p!; B 3b-4a (E. Schweizer) (vn,109) r292

4,15) 90 è evidentemente già d'uso cor- 4. I testi che mancano nel canone ebrai-
rente in greco(---? n. 33 e col. 1381). co
È da notare principalmente che nei
LXX ha inizio la divisione del co- a) Non sorprende l'uso di 1tiiO"a, a&:p!;
smo in due sfere, quella degli spiriti (~ coli. 1285 s.) per indicare animali
e quella della carne. Il «Signore degli (Ecclus 17,4; 13,16) o uomini (1,10;
spiriti di ogni carne» (Num. 16,22; 27, 45,1) o gli uni e gli altri insieme (Ecclus
16) nei LXX diventa il «Signore degli 40,8) 95, il sentir parlare della carne del-
spiriti e di ogni carne» e in questa for- la circoncisione (ludith 14,10; Ecclus
ma entra nell'ambiente giudeo-cristiano 44,20 [-'>col. 1290]), l'impiego del vo-
di lingua greca 91 • In Ez. ro,12 i LXX cabolo per indicare la parte muscolosa
evitano l'espressione «carne dei cheru- del corpo in genere (Ecclus 19,12; 38,
bini» 92 • Questo «dualismo cosmico» 28; 4 Mach. 9,20.28 ecc.), spesso men-
non è il contrasto greco tra vouç divi- zionata accanto alle ossa (Ps. Sal. 14,
no e awµ.rx. materiale 93, non è sorretto 19; 13,3; 4Mach. 9,2os.). Né sorpren-
dall'idea che l'uomo unisca in sé le due de che anche tutto il corpo nella sua ca-
sfere. Si avvicina piuttosto all'idea per- ducita (-'> col. I 287) appaia quale CTapl;
siana secondo cui vi è un mondo spiri- (Ecclus 31,1) o la donna quale l&la
tuale che si eleva sopra il terreno. Ma crap!; dell'uomo (Ecclus 25,26 [ ~ coli.
qui l'unica essenziale linea di distinzio- 1286.1316] ). Nuova è invece la designa-
ne, quella tra bene e male, passa attra- zione dell'uomo quale «carne e sangue»
verso entrambi, e si può quindi parlare (Ecclus1\18; 17,31 [~ col.1294];
di «dualismo etico» (-7 x, coli. 929 ss.). Sap. 12,5 [ ~ coli. 1268.1307 s.1315.
Invece nell'ulteriore sviluppo del duali- 1366.138I.1390; nn. 205.361]) e l'e-
smo cosmico nel giudaismo acquista spressione G"wµoc crccpx:6ç di Ecclus 2 3,
sempre più rilievo la distinzione vete- I7 (cfr. al punto Cr 1; coli. 1318.1360;
rotestamentaria fra creatore e creatura n. 176) 91,
.
peccatrice ~ (~ 1292 s.1316 s. 133 ss. b) Il dualismo cosmico e~ coll. 1291.
1364 ss; n. 377). 13 l 2) affiora per es. nella contrapposizio-

90 Testo ebraico completamente diverso. Cfr. se stesso, come microcosmo, tale forza. Idee
apoc. El. 16,u-r3. persìane e greche hanno contribuito a dar
91Ambiente giudaico: lub. 10,3; Philo, virt. forma a queste concezioni. Sono già evidenti
58; PRBISIGKE, Sammelbuch 2034,2; ambien- gli spunti della successiva evoluzione gnostica
te cristiano: ibid. 3901,2; 4949,3; 5716,4; (-> x, coll. 941 ss.). Ma la forma particolare
5826,2; 1 Clem. 59,3; dr. anche PREISIGKE, assunta da quest'idea nel giudaismo è data
Zaub. I 51460; Il 13,797 s.; S. AALEN, Die dalla progressiva chiarificazione della trascen-
Begri/le Licht 1md Finstemis im A.T., im denza di Dio, che è fondata sull'annuncio ve-
Spiitìudenlum und im Rabbinism11s (1951) 96· terotestamentario dellii santità di Dio e del
102. L'autore mostra come nel giudaismo la peccato dell'uomo.
concezione spaziale vada sempre più affet· 95 In Eccl11s 14,17 atip~ sta accanto alla l)ivxii
mandosi. del v. 16 per indicare l'uomo. Cfr. inoltre Bel
92 [Osservazione di H . W. HUPPENBAUER].
et Draco 5: «sovranità su ogni carne» (~
93 Ciò può essere comprovato dal fatto che coll. 1363 s.). In fodith 2,3 'ltUO"« cr&.p!; viene
nei LXX viene infranto l'accostamento di crtip!; ripreso con un plurale.
e 7tVEiiµa. (ls. 31 ,3).
% Nel v. 6 ljluxiJ indica forse tutto l'uomo.
94 Affini sono certi enunciati ellenistici rifeti·
ti al macrocosmo. Ma per il giudeo 'Dio' e 97 Per l'interpretazione cfr. V. RYSSEL in
'divino' hanno un significato completamente KAUTZSCH, Apkr. ti. Pse11depigr., ad l. e ~
diverso che per l'ellenista. Questi trova in LlNDIJER 77 s.
1293 (vu,ro9) a-ap; B 4a - e I I (E. Schweizer - R. Meyer) (vn,109) 1294

ne del f3ctcnÀ.EoJ<; crapX~\10<; al ~ctO'~À.EÙ<; versa. Quando in Ecclus 40,8 O'OCp!; in-
't'W\I -frEwv (Esth. 4,r7p). Qui tuttavia dica l'uomo nella sua fragile creaturalità
ha inizio un modo di considerare che esposta alla malattia 99 e agli affanni, ci
distingue anche antropologicamente car- troviamo ancora in piena mentalità ve-
ne e spirito (--? col. r293). Esso af- terotestamentaria 100• Di non facile in-
fiora pallidamente in Ps. Sa!. 16,14, do- terpretazione è Ecclus 28 ,5: «Egli, pur
ve la vita terrena appare come un vi- essendo catne, conserva rancore; chi e-
vere È:v crctpx.l. Ma quando Iudith ro, spierà i suoi peccati?». Tuttavia anche
13 usa la formula: où ... cràpç µla oùoÈ in questo caso lo spunto di partenza do-
'itVEvµcx. swljç, le due espressioni stan- vrebbe essere l'antitesi veterotestamen-
no in _parallelo. Entrambe, come avvie- taria: se costui che è limitato, e perciò
ne nell'A.T., designano l'uomo nella sua non è infallibile, serba rancore verso i
totalità e sono propriamente equivalen- suoi simili, come potrà non fare altret-
ti. Tuttavia si vede che per l'autore en- tanto nei suoi confronti Dio, che ne ha
trambi i concetti definiscono l'uomo, molto più diritto? In questo contesto
che quindi non può essere adeguatamen- perciò non si fa che contrapporre il Dio
te compreso se lo si considera sotto infallibile all'uomo continuamente sog-
una sola angolatura 98 • Questo duali- getto all'errore col suo giudizio limita-
smo però appare esplicitamente espres- to 1-01 . In Ecclus I7,31 purtroppo il testo
so in scritti d'impronta più spiccata- è del tutto insicuro iw.
mente ellenistica. Qui la sessualità co- E. SCHWEIZER
me tale è sospetta. Secondo Sap. 7,1 s.7
l'uomo è mortale, proveniente da 0"1tÉP- C. CARNE NEL GIUDAISMO
µct ed 1)oovfi, formato quale crcip~ nel
ventre materno, mentre il 1tVEvµcx. O'o- I. Il concetto negli scritti di Qumran
cplcx.ç viene solo in un secondo momen- I. Non ha alcun rilievo sotto il profi-
to(~ IV, coll. 22 s.; x, coli. 880 ss.). Se- lo teologico e antropologico l'espressio-
condo 4 Mach. 7, I 3 l'uomo è fatto di car- ne carne che si incontra in r QS 9,4,
ne, tendini e muscoli, ai quali si ag- dove le regole della comunità di Qum-
giunge il 1t\1Evµcx. della ragione (~ x, ran sono considerate più efficaci «del-
coll.876 s.). Qui troviamo anche la tipica la carne di olocausti e del grasso dei
espressione rca~ri 'tijç O'CX.px6ç (~ n. sacrifici». Pure in senso generico la
52). Dunque dal presupposto tardo-el- carne è riferita all'uomo; in r QpH 9,2
lenistico dell'ostilità della carne deriva il sacerdote malvagio subisce «vendetta
una concezione della crti:p!; che a tale nel suo corpo di carne» e in questo ca-
ostilità connette le passioni (e quindi il so è implicita l'idea che la carne è par-
peccato) (~ rv, col. 35); tuttavia il ticolarmente sensibile a malattie e per-
processo in Ecclus ha una sfumatura di- cosse. È quanto afferma poi esplicita-

98 Ma Ecclus I6,17 presuppone la risurrezio· limita a dire che l'uomo è caduco. Se invece
ne della carne (- roll. 1319 s.1384.1387). si preferisce Ja versione siriaca: «L'uomo che
99 Cfr. Ps. Sal. 4,6: uapl; sede della malattia. non controlla il suo istinto, perché è carne e
100 I peccatori sono qui solo una parte del- sangue», allora al.meno la mancanza di control-
l'umanità. lo è segno di «carne e sangue». Ancor più svi-
101 Analogamente - LINDIJER 79 s.: «benché luppate sarebbero le concezioni se fosse giusta
sia carne». la ricostruzione del testo originario proposta
102 Se si legge, coi LXX: «Cosi anche il malva- da V. RYSSEL in KAUTZSCH, Apkr. u. Pseud·
gio considera che egli è carne e sangue», ci si epigr.: « .. .il cui jefer è carne e sanguel>.
1295 (vu,109) O'apl; e I 1-4 (R. Meyer) (vn,uo) i296

mente I QSa 2,5 s., dove viene escluso cera la mia carne» (I QH 8,J2 s.) 109•
dall'assemblea della comunità «chiunque
sia colpito nella sua carne» 103 oppure 3. L'uso collettivo di carne per indi-
abbia un difetto fisico visibile 1<». care l'uomo o l'umanità (~ col. I28 5)
si trova in I QS I r ,7, dove gli uomini
2. Nel senso di corpo quale espressio- che non sono nella comunità sono defi-
ne dell'intera persona umana (-? col. niti «assemblea della carne» (swd bfr);
1282) carne ricorre in I QS 3,8 s.: «poi- nello stesso contesto(-? ibid. r. 6) e col
ché la sua anima si sottomette a tutti i medesimo significato possono essere usa-
comandamenti di Dio, la sua carne di- te le espressioni «figli di Adamo» o «fi-
venta pura»; in questo passo anima e gli dell'uomo» (bnj 'dm). Identico è il
carne vengono usate con lo stesso sen- senso della formula ogni carne ad es. in
so e indicano entrambe la persona ins. I QSb 3,28: «Possa il disegno di ogni
Di conseguenza carne può significare la carne essere benedetto dalle tue ma-
persona. Così I QH 7 ,17: «rifugio di ni» 110, e in r Q;4 fr. 3 col. 1,3 (DJD r
carne non ho» m·» secondo il contesto, r 5 3): «una vergogna per ogni carne» 111 •
benché frammentario, va interpretato In ambedue i casi 'ogni carne' equivale
«non posso fidarmi di me stesso» 107 • In a 'ogni uomo' o a 'chiunque'.
I QH 8,31 la distruzione della propria
carne significa l'annientamento della 4 . Inoltre il concetto di carne è usa-
propria forza 108 • La descrizione del ter- to per sottolineare la caducità dell'uo-
rore paralizzante che assale il poeta è mo e la bassezza del creato rispetto al
introdotta dalle parole: «si sciolse come creatore (~ col. I287 ). A questo riguar-
acqua il mio cuore e si dissolse come do può affiorare l'idea della peccamino-
Ull wkwl mnwg' bbirw, dove va notata la for- f1mde vom Tote11 Meer II (1958) 244: «e il
ma 11111wg', propria della Mishna, contro il bi- roio rifugio era carne. Non disponevo di per-
blico ngw' ; dr. DJD 1 117. Circa il «corpo di fetta misericordia né di aziorù giuste», non
carne» dr. M. PHrLONENKo, St1r l'exprcssion rientra, pare, in questo contesto.
'corps de chair' dans le Commenlaire d'Hab.: 100 Circa lhtm kwfl lqfim wlklwt bir 'd/w'-
Semitica 5 (1955) 39 s. djm dr. LICHT, op. cii. <- n. 106) 139; Du-
I<» La prescrizione sncerdotale dell'integrità fi. PONT-SoMMER, op. cii. <-n. 107) 68. BARDTKE,
sica viene motivata in I QSa 2,8 s. con la pre- op. cit. (- n. rn7) 246: «per portare a com-
senza degli «angeli santi» (ml'kj qwds) nell'as- pimento forza per gli ultimi tempi» non tien
semblea della comunità; cfr. a questo riguar- conto del parallelismo dei due infiniti lklwt
do I Reg. u ,10 e DJD I n7 ad I. (pi'el) e lhlm (hif'il). C.On LICHT, op. cit. <- n.
105 wb'mot npiw lkwl pwqj 'l i{hr b.frw lhzwt rn6) 139 si deve forse supporre che a I QH
bmj 11dh; la confessione dei peccati e l'accetta- 8,31 soggiaccia l'idea della tribolazione che col-
zione dei comandamenti di Dio sono i presup- pisce gli eletti in momenti già precedentemen·
posti perché nell'atto sacrale dell'abluzionr te fissati (lqfm, lmw'djm ).
vengano ripristinate la 'purità' e la 'santità' di 109 wjngr kmjm lbi wims kdw11g bfrj. C.Ontro
tutto l'uomo. ~ HUPPENBAUER . 298 e, in parte, contro
l<kS wm{Jsj bir 'in li; riguardo a m[Jsj in luo- BARDTKE, op. cit. (~ n. 107) 258 va detto che
go di mpsh che ci si attenderebbe dr. J. I QH 18,14 non fa parte del contesto che pre·
LrcHT, The Tha11ksgiving Serali. A Scroll from cede, poiché qui 111bfr significa «messaggero
the ìVildemess of Judaea. Text, Introdriction, di gioia» e lbfr 'nwjm «ai miseri portare un
Commentary and Glossary (1957) 125. messaggio di gioia»; dr. LICHT, op. cii. <-
107 Cfr. LICHT, op. cii. <- n. 106) 125; inol- n. 106) 216; DUPONT-SOMMER, op. cii. <- 11.
tre A. DUPONT-SOMMER, Le Livre des Hym- I07) IOI.
11es décorwert près de la mer Morte: Semitica HO w'~I kwl b!r bjdkh jbrk, I QSb p8.
7 (1957) 59 . H . BARDTKE, Die Ha11dschriften· 111 f?rpb lkl bfr, I Q 34 s. 3 col. r,3.
1297 {vn,uo) <T~p!; e I 4-5 {R. Meyer) (vu,rn) 1298

sità umana (I QH 4,29s.): «Chi [è] car- differenze tra gli uomini sono cancella-
ne, ne [è degno], e quale formato di te. Infine si trova la domanda retorica :
fango è in grado di compiere grandi pro- «Che cosa è la carne?» (mb bfr), dove si
digi, [se] fin dal seno materno [vive] attribuisce una particolare conoscenza a
nel peccato?» 112 • Con particolare fre- questa carne. Cosl secondo I QH 18- 21-
quenza si incontra il motivo dell'impo- 24 il celeste «esercito della conoscen-
tenza umana nei confronti di Dio, per za» 115 ha il compito cli «annunciare pro-
es. in I QH r5,2x: «Che è mai [chi è ve della potenza [di Dio] alla carne e
solo] carne, per avere conoscenza ... , [e leggi eterne(?) al nato [di donna] » 117 •
il formato di] polvere ... come potrebbe
determinare [da sé] il suo passo?» 113 • 5. Gli esempi addotti - con i loro
Pertanto il poeta, sulla base della cono- enunciati circa l'esistenza carnale, cioè
scenza concessagli da Dio, in r QH 15, effimera, dell'uomo - non trascendo-
12 s. afferma che «non sta nella mano no gli enunciati degli scritti del ca-
della carne (bid bfr) o nell'uomo ('nws, none rabbinico circa la carne. Oltre a
'dm) determinare la sorte della propria questi però la letteratura di Qumran
vita e consolidare il suo passo» e che offre tutta una serie di testi in cui il
«l'aspirazione di ogni spirito [umano] concetto di carne sembra in rapporto
(j~r kl rwl;) sta nella mano di Dio» 114 • particolarmente stretto con peccato e
Per la storia dell'evoluzione del concetto hybris. Ci si deve chiedere pertanto se
è essenziale a questo proposito notare e in che misura la comunità di Qum-
che carne, uomo e spirito sono perfetta- ran ha visto nella carne l'incarnazione
mente sullo stesso piano e sono usati e- del mondo ostile a Dio. Poiché a que-
sclusivamente quali sinonimi per indica- sta domanda si è data una risposta deci-
re la creatura umana soggetta alla volon- samente positiva e la carne come con-
tà divina. Analoga è la situazione in 1 cetto antropologico nel quadro-del dua-
QH 9,15 s., dove 'carne, essere umano' lismo di Qumran è stata assegnata alla
('nws), 'uomo' (gbr), 'formato [di pol- sfera del mondo ostile a Dio 118, è ne-
vere]' (j~r ['pr] m) e 'spirito' (rw[l) so- cessario riesaminare tutto il materiale
no giustapposti per dire che, davanti al- disponibile 119•
la giustizia e onnipotenza di Dio, tutte le

112 m; bir k:t.'l wmh j~r ~mr lhgdil pl'wt whw' diversamente BARDTKE, op. cit. (ry n. 107) 239.
b'ww11 mr~m. cfr. LICHT, op. cit. (~ n. 106) 116 Cfr. r QH 3,22 s., dove si parla dell'«escrci·
95 e DuPONT-SOMMER, op. cil. <~ n. 107) 44; to dei santi» (!b' qdw'fjm) e degli «spiriti del·
diversa è l'interpretazione di BARDTKE, op. Ja conoscenza» (rw/;Jwl d' t ).
cit. e~ n. 107) 239.
m lspr lbsr gbwrw.t w/.Jwq; 11kw11wt t;twd
113 wmh 'p hw' bir ki ifkil... { w#r] 'pr 'jk {'sh], I QH 18,23 s.; per il singolare IJwqj
jwkl lhkjn f'dw; per l'integrazione dr. LICHT,
11kw11wt dr. LICHT, op. cit. (~ n . 106) 217.
op. cit. (ry n. 106) 198; inoltre DuPONT-SOM-
MER, op. cil. (~ n. ro7) 93 e BARDTKE, op. cii. 11s K. G. KuHN, 'RELpacrµ6ç-ùµap'tlCJ.-crap~ im
(~ n. 107) 255. N.T. rmd die damil wrammenhiingenden Vor-
114 Cfr. L1cHT, op. cit. (~ n . 106) 196. stell1mgc11: ZThK 49 (1952) 200-222.
115 r QH 9,x6: wbJr mi!r ['pr] jkbd trad.: 119 Tuttavia è necessario sottolineare decisa·
«e una creatura effimera è onorata più dell'al- mente che gli elementi di teologia e antropo-
tra ...». Per l'integrazione del testo in rispon· logia dedotti da Qumran vanno trattati con
denza a I QH, f r. 3,5 e per la sua interpreta- cautela, fin quando la pubblicazione dei testi
zione dr. LICHT, op. cit. (~ n. xo6) 145; si- scoperti soltanto in parte è scientificamente
milmente BARDTKE, op. cii. (~ n. 107) 247, ineccepibile.
U99 (VII,III) O'&.p; eI 5 (R. Meyer) (VII,112) :r300

Carne comporta una valenza negativa tà» 124, e analoga è la posizione assunta
in Dam. 1,2 (1,2): «Poiché una lotta da r QS n,9, dove coloro che stanno
ha egli (Dio) con ogni carne e giudizio fuori della comunità insieme con il giu-
egli tiene con tutti coloro che lo rigetta- sto o l'eletto sono definiti <momini del-
no con derisione» 120• In questo caso car- l'empietà» oppure «comunità della car-
ne significa evidentemente l'umanità ar- ne della malvagità» (swd bfr 'wl) (~
rogante. Identico significato ha il termi- col. 1316).
ne dove, in riferimento a Gen. 7,22 s.,
si descrive la fine della generazione del Più sviluppato pare l'aspetto antro-
diluvio: «Ogni carne che c'era sulla ter- pologico in altri testi che si riferiscono
ra asciutta morl, ed essi divennero co- all'essere degli 'eletti'. Per es. I QS 4,
me se mai fossero stati, poiché ave- 20 s. dice: «Dio ... purificherà per sé ]a
vano fatto ciò che diceva la loro volon- figura (?) dell'uomo cancellando lo spi-
tà e non avevano osservato i comanda- rito della malvagità dall'interno (?) del-
menti del loro creatore, finché la sua la sua carne e mondandolo con lo spi-
ira divampò contro di loro» 121 • In modo rito santo» m. Abbiamo una prospettiva
analogo è usato carne in I QM 4,3, do- escatologica in cui non 1a carne è con-
ve si dice che lo stendardo delle centu- trapposta allo spirito, ma lo «spirito del-
rie che ·combattono contro i figli delle la malvagità» allo «spirito santo»; quin-
tenebre deve sempre portare la scritta: di con 'carne' s'intende l'uomo in tutto
«Da Dio viene la forza di combattere il suo essere, di cui un giorno lo spirito
contro ogni carne della malvagità» 122, e santo prenderà interamente possesso.
nella preghiera sacerdotale per la batta- Pertanto da r QS 4,20 s. non si può de-
glia si dice (r QM 12,10 s.): «La tua durre la concezione d'una carne che per
spada divori la carne colpevole» 123• Tut- natura sia ostile a Dio. D'altro canto
tavia in questi passi il concetto di car- esiste un'antitesi fra il giusto o eletto
ne non acquista un proprio particolare e la carne, in quanto egli è superiore
significato, poiché, come negli altri pas- a quest'ultima; rQH15,16s.: «E tu
si citati sopra, può alternarsi con altri hai elevato sopra la carne la sua (scii.
termini. Per es. I QM 14,7 dice: «Da del giusto 11.6) gloria; ma hai creato i pec-
coloro che camminano in perfezione sa- catori per il tempo del tuo furore» 127 •
ranno annientati i popoli dell'empie- In questo caso per carne non va intesa
120 ki rjb lw 'm kl bfr wmJpt j'Jh bkt mn'fiw. bfrw viene inteso nel senso - non del tutto in
Dam. l,:z (1,2). controvertibile - di «interno della sua car·
121 kl bsr 'Jr hjb bl;rbh ki gw' wjhjw kl' hjw ne» o «interno del suo corpo» suggerito da
b'!wtm 't r1wnm wl' Jmrw 't m1w1 'Jjhm 'd Y. YADIN, A Note on DSD IV 20 ( :=: 1 Q 4,
'Jr l;rb 'pw bm, Dam. 2,20 s. (3,6 s.). 20): JBL 74 (1955) 41-43, cfr. LICHT, op.
122 m't 'l jd mll}mh bkwl bJr 'wl; cfr. a que· cit. (~ n. 106) 106; 1 QH 5,28; inoltre F.
sto riguardo Y. YADIN, The Scrollo/ the War NoTSCHER, Zt1r theol. Terminologie der Qum-
o/ the Sons o/ Light2 (1957) 278 s. ran-Texte; BBB xo .(1956) 85 n. 17. Diversa-
123 wl}rbkh tw'kl bfr '1mh; YADIN, op. cit. mente intende J. T. MILIK, DJD I 139 s. a I
(~ n. 122) 330 s. Q 36, fr. 14,2: btkmi bsr; per mbnh 'iI =
124 wbtmjmj drk ;tmw kwl gwjj r1'h; YADIN, mbni 'js, cfr. per es. I QH 13,15: mbnb 'pr,
op. cit. (~ n. 122) 340 s. cfr. anche r QM 15, «edificio di polvere», per indicare l'uomo nella
2: «Annientamento per ogni popolo dell'em- sua caducità.
pietà». l1.6 Cfr. I QH 5,14 s.: rq 'th [ br'Jth fdjq;
125 wzqq lw mbnj r= mbnh) 'i1 lhtm kwl LICHT, op. cit. e~ n. 106) 196.
rwl} 'wlh mtkmw bfrw wlfhrw brw!; qwdf. 127 wtrm mbJr kbwdw wrJ'jm br'th l[ qfi l;rI
Circa l'interpretazione data sopra, in cui tkmj wnkh; dr. L1CHT, op. cit. (~ n. 106) 197.
r301 (VII,II2) <Tap~ e I 5-6 (R. Meyer) (vu,113) 1302

tutta la creazione nella sua provvisorie- to spmto carnale l'uomo è al tempo


tà™, ma la parte dell'umanità ostile a stesso 'nato di donna' (ilwd 'sh), 'forma-
Dio, per cui il concetto di carne viene
ad assumere una valenza negativa, con- to di polvere' (mbnh 'pr), 'formato di
trariamente a I QS 4,20 s. acqua' (mgbl mim), un individuo gover-
nato dallo 'spirito distorto' (rw~ n'wh):
La stessa idea ritorna quando l'eletto
ibid. l 3,r4 ss.). Solo dalla bontà di Dio
nella preghiera si presenta davanti a Dio
l'uomo è giustificato e salvato e lo spiri-
o si colloca tra i peccatori o si distin-
to che Dio infonde nell'eletto, ossia nel
gue dall'essere carnale. Cosl in I QS II, servo, lo rende cosciente che le opere di
9 l'eletto si confessa peccatore con le
Dio sono giuste e la sua parola è stabi-
parole: «Ma io appartengo agli uomini
le e irrevocabile (ibid. I3,8 ss.). Di con-
dell'empietà e alla comunità della car- seguenza il membro della comunità è
ne del peccato»; in altri termini: anche
gtato che Dio non gli abbia infuso una
l'eletto è ancora in tutta la sua perso- 'aspirazione carnale' (r QH 10,22 s.):
na un uomo scellerato o una creatura «Non hai permesso che mi basassi sul
peccatrice. Per questo motivo egli può
guadagno e il mio [c]uore [non desi-
cadere; ma al tempo stesso può esser dera] ricchezza [acquistata con la vio-
certo dell'assoluzione divina; I QS II,
lenza], e aspirazioni della carne non mi
1 2 : «Anche se inciampo per la peccami-
hai dato» rn (~col!. 1320 ss.).
nosità della carne, il mio perdono rima-
ne in eterno per la giustizia di Dio» 129• 6. Quanto s'è detto finora può· essere
In questo caso dunque «peccaminosità cosl riassunto: a prescindere dai passi
della carne» non significa altro che l'in- in cui il concetto di carne è usato in
clinazione al peccato dell'esistenza u- senso neutro, l'uomo - in parte con va-
mana. Poiché inclinazione al peccato e lore collettivo, in parte come individuo
scarsa conoscenza dei misteri divini so- - è presentato in tutta la sua esistenza
no in larga misura identiche, dell'uomo creaturale come carne, e questa designa-
nella sua creaturalità si può dire che zione implica sia l'idea di fragilità sia
egli è uno 'spirito carnale' (r QH 13,13 quella di inclinazione al peccato o di in-
s.: «e lo spirito della carne non è in sufficiente conoscenza delle azioni di sal-
grado di capire tutto ciò» 130), e in quan- vezza .e del disegno di elezione di Dio.

128 Cosl -+ HUPPENBAUER 299, che riferisce PONT-SOMMER, op. cit. <~ n. 107) 86: [wmb
hfr alle creature caduche senza tener conto hw'}h rw{J bfr... ; tuttavia la riproduzione ori-
del contesto. ginale in SUKENIK, tav. 47, depone piuttosto a
favore dell'integrazione proposta da L1cHT.
129 w'm 'kSwl h'wwn hfr msp!i h!dqt 'l t'-
Per rwf? hfr cfr. anche :e QH x7,25 .
11111.1d ln!Mtn; dr. ~ ScHULZ 158-167.
rn wl' ntth 111!'11j 'l bf' 11.1hhw11 [ }Jms l' i'wh
BO wl]w' rwf? b.fr lhbjn bkwl 'lh; dr. LICHT, /Jbj Wifr bfr l' smth li; LICHT, op. cit. (~
op. cii. (~ n. ro6) 182; d'altro avviso è Du- n. 106) 156.
1303 (v11,n3) cr6:pt; C 16-lI (R.Meyer) (vu,n4) r304

In nessun passo risulta nemmeno pro- teucr - per es. spmto di malvagità e
babile che la carne sia in lotta con spirito santo - non si spiega semplice-
lo spirito. Anzi, in quanto designa- mente col rinvio ad influssi iranici, ma
zione dell'intera personalità dell'uomo, può aver avuto la sua culla nel pen-
la carne è il luogo in cui avviene lo siero sacerdotale d'Israele {~ x, coli.
scontro fra lo spirito santo e lo spirito 929 ss.).
della malvagità. Solo alla fine dei gior-
ni si risolverà la lotta tra luce e tene- II. L'uso linguistico nei targumin
bre plasticamente descritta in I QS Le recenti scoperte hanno reso p1u
3,13-4,24 e l'uomo eletto da Dio sa- che verosimile l'ipotesi che la letteratu-
rà puri!ìcato definitivamente in tutta ra targumica, nelle sue parti più anti-
che, risalga a prima di Cristo 133 e ori-
la sua persona. Che in linea di princi- ginariamente non sia affatto legata al
pio la carne appartenga alla sfera ostile rabbinismo farisaico. Poiché quindi si
a Dio non può essere affatto sostenuto deve supporre che le sue prospettive
teologiche e antropologiche presentino
- almeno sulla base dei testi finora di-
in parte anche tratti non del tutto coin-
sponibili - così come non si può dire cidenti con le categorie dogmatiche svi-
che la carne o il corpo sia come il luppatesi e affermatesi come normative
carcere dell'anima umana e impedisca nella sinagoga a partire dal secondo se-
colo d.C. 134, sembra consigliabile non
all'uomo la vera conoscenza di Dio o conglobare per principio i targurnin
l'esperienza estatica. Anzi, tutti gl'indi- nella letteratura rabbinica, ma trattarli
zi fanno pensare che le idee antropolo- a parte.
A questo riguardo si vede che il con-
giche della comunità di Qumran siano
cetto di carne (bsr', bfr') nei targu-
conformi agli indirizzi tradizionali 132, min 135 ha la stessa funzione riscontra-
cosi come il ragionare in termini anti- ta nei testi di Qumran finora conosciuti

112 Come giustamente sostiene NoTSCHER, op. verso l'anno 1000 ha definitivamente soppian·
cii. (-') n. 125) 85 s.; cfr. anche ~ HuPPEN· tata la letteratura targumica palestinese; dr.
BAUER 299 S. KAHLE, op. cii. <~ n. 133) 191-195. Le no·
stre conoscenze riguardo a quest'ultima tut-
BJ Così I QGen. Ap. col. 2,19-22 (N. AvIGAD -
tavia si sono arricchite in modo sostanziale
Y. YADIN, A Genesis Apocrypho11 [1956]), che
quando nella Biblioteca Vaticana A. Diez
nella forma attuale risale forse al sec. I a.C. ma
Macho ha rinvenuto un codice completo del-
senza dubbio si rifà a uno o più modelli
l'inizio <ld sec. XVI contenente un targum pa-
anteriori; 21 ,5-22,34 contiene antico mate- lestinese del Pentateuco. Devo all'amicizia di
riale targumico a Gen. 14,1-15A. Circa la lin- P. Kahle l'avere a disposizione una fotocopia
gua cfr. P. lGrnLE, The Cairo Geniza2 (1959) di questo importante documento, chiamato
198-200. Targum palestinese Neofiti I (abbreviazione
134 Per comprendere la letteratura targumica Tg. N. pal. 1); dr. KAl·JLE, op. cit. (~ n. 133)
si ricordi che il Tg. O., proveniente da Babi- 201 s.; A. Dmz MACHO, Ms. Neophiti r, 1
lonia, nella sua attuale forma normativa rap- (Génesis), li (Exodo), r970.
presenta il momento conclusivo di un lungo 135 Per quanto segue cfr. STRACK-BILtERBECK
processo dogmaticamente condizionato e che lii 331.
o-api; e II-III I (R. Meyer) (VII,II5) 1306

e pertanto l'antropologia non travalica anche indicare soprattutto l'uomo nella


il rispettivo precedente ebraico. Per es. sua qualità di creatura peccatrice e ar-
carne è usato in senso neutro per in- rogante: mentre in Gen. 6,3 la limita-
dicare tutti gli esseri viventi (kl bsr': zione dell'età della vita dell'uomo a 120
Tg. N. pal. 1 [-'> n. 134], Tg. O. a Gen. anni è motivata in modo puramente
7 ,n: kol-biiSiir) oppure tutti gli uomi- obiettivo col fatto che l'uomo è solo
ni (kl bnj bsr': T g. prof. ad Is. 40,5: carne, cioè creatura 140, in Tg. N . pal. I
kol-biisar) (--'> col. 1295). Talvolta car- (-7 n. 134) si dice: «Poiché sono carne
ne sottolinea la caducità dell'uomo e la e le loro opere malvagie, ecco, io dò
sua lontananza creaturale da Dio - nor- loro una vita di 120 anni» 141 ; in tal
malmente in conformità coi precedenti modo la fissazione della durata della vi-
ebraici (-'> col. 1287 ); per es. in T g. ta in un massimo di 120 anni 142 è in-
Ps. 78,39 l'espressione 'figli della car- terpretata come una condanna di Dio
ne' o 'carnali' indica i puri uomini ca- contro la carne che agisce in modo pec-
duchi 136 ; oppure Tg. f. I a Deut. 5,26 caminoso. Tuttavia anche in questo ca-
( 2 3); «infatti dove esiste un qualche fi- so carne indica tutto l'uomo. Una sepa-
glio della carne (hj djn kl br bjfr') che a- razione fra carne e spirito, per es. nel
vesse potuto udire la voce della memrà senso di una antropologia dicotomica
del Dio vivente di mezzo al fuoco, co· (-7 col. 1312), è improbabile nei targu-
me noi e rimanere in vita?» 137 • Poiché min, cosl come un'attribuzione della
carne indica l'uomo o l'umanità in gene- carne alla sfera delle realtà per princi-
re, è possibile intendere il concetto in pio ostili a Dio.
modo vario a seconda della situazione
ermeneutica. Così Is. 40,6: «ogni carne III. Carne e corpo nel Talmud e Midrash
(kol-habbasiir) è come erba» in Tg. prof.
ad l. è tradotto: «tutti gli empi (kl 1. Anche nella letteratura talmudica
rsi'j') sono come erba» 133 ; invece Is. 66, e midrashica il concetto di carne (bsr',
24: «diverranno ribrezzo per ogni car- bfr', bfr) - a prescindere da altre sue
ne (l'kol-basàr)» è cosl parafrasato: «fin- funzioni - come a Qumran e nei tar-
ché i giusti (~djq;' per kol-basiir) riguar- gumin è riferito all'uomo nella sua esi-
do a loro diranno: 'Abbiamo visto ab- stenza collettiva e individuale. Quale
bastanza'» 139• D'altra parte carne può esempio della sua funzione collettiva

136 Testo ebraico: biiJiir, il cui significato è rente» è rilevato da STRACK-BlLLERilEK III 331.
stabilito in modo inequivocabile dalla spiega- 140 lò'-jiidon rii[Ji bii'iidiim l"oliim b'Saggam
7.tonc: «un soffio che va e più non torna». bi'i' biifiir; w•!Jaju jiimiijw me'a w'efrtm 1iina; la
m Testo ebraico: ml kol-biifiir, a cui corri- forma b'Jagga111 viene intesa in tutti i Tg. e
sponde in Tg. O.: miin kol bifrii', «chi fra tut' nei LXX come congiunzione causale = «per-
ti gli uomini» . Cfr. anche Tg. J. I a Num. :z3, ché» (aUa lettera «poiché già»).
19, dove all'immutabilità delle opere di Dio si
141 mn bgll d'j11w11 bir w'wbdjhw11 bjJjn IJ'
contrappone l'instabilità delle opere dei figli
della carne (bnj bsr'); STRACK-BILLERllECK u jbjbt lhwn (invece di lkwri) 'rk' m'h w'Irjn
foj11; cfr. a questo riguardo Tg. J. II (ed. M.
423 s.
138 Cfr. inoltre Tg. prof. a Zach. 2,17, dove GINSBURGER [1899] 7) e Tg. O.
abbiamo la scomparsa di 'tutti gli empi' (kl 142 Peraltro, il raggiungimento di questa età
rsj'j'), mentre nel testo ebraico troviamo solo si fa dipendere dalla contrizione dell'uomo;
la scomparsa di 'ogni carne' (kol-biiiiir). perciò T g. neof. pal. I (~ n . 134) ad l.: djlm'
139 Che nel contesto sopra menzionato kl bsr dj'bdum ttwbb wl' 'bdw, e similmente Tg. J.
sia «un concetto eticamente dcl tutto indiffe- II; Tg. O. ha solo 'im j'1ubu11.
1307 (vn,115) uap~ em l-2b (R. Meyer) (VII,115) 1308

si consideri la preghiera 'Alenu' Hl: dell'uomo è un'espressione che fa rife-


«Perciò speriam9 in te ... che ... il mon- rimento alla sua presenza corporea e-
do sia ordinato dal regno dell'Onnipo- steriore e insieme alla sua esistenza di
tente e tutti gli uomini (wekol-bené ba- essere vivente garantita dal sangue (~
sar) invochino il tuo nome» 144 • In B.B. 1, coli. 464 s.) quale linfa vitale. A que-
b. 17a bar. da Ps. 16,9 carne viene presa sto riguardo pare che fin dall'inizio all'e-
nel senso di ' io' o persona fisica («An- spressione fosse strettamente collegata
che la mia carne (b"siirl) vivrà sicura») l'idea dì caducità e di creaturalità; ad
per spiegare che anche David è uno di es. Ecclus 14,I8 (ebr.): «Come i germo-
quei giusti sui quali il «verme e la cor- gli delle foglie sull'albero verdeggiante,
ruzione» non hanno alcun potere 143 • di cui l'uno cade e l'altro sboccia, così
sono le generazioni di carne e sangue:
2. L'uso linguistico rabbinico è ca- l'una muore e l'altra cresce» 147•
Corrispondentemente, i rabbini usano
ratterizzato soprattutto dal fatto che da
il concetto di carne e sangue in prevalen-
un Iato l'uomo è designato come carne za quando confrontano 1a natura dell'uo-
e sangue, dall'altro 'carne' nel senso di mo - solitamente con un'argomentazione
corpo o persona viene sostituito dal ter- a minori ad maius - con l'eternità e l'on-
nipotenza di Dio; Ber.;. 9 (13b 1): «Se
mine giìf. si salva colui che si appoggia a carne e
sangue (cioè a un altro uomo), quanto
a) La designazione dell'uomo quale più si salverà chi s'appoggia a Dio».
«carne e sangue» è anteriore al rabbini- Sono note le numerose parabole del
smo e deriva dalla tendenza, molto dif- re, nelle quali a un monarca terre·
fusa in ambienti semitici, a determina- no (mlk bir wdm) fa riscontro Dio qua-
re concettualmente fenomeni complessi le sovrano celeste 143 (~ col. 1292).
mediante due espressioni complementa-
ri. Per illustrare questo dato di fatto b) Per lo sviluppo dell'antropologia
citiamo dall'antico cananeo-ugaritico le giudaica è tuttavia da notare che il
espressioni «dominatore mare» accanto concetto di carne, usato a sé, lascia il
a «giudice fiume» per indicare l'acqua posto al termine guf, da considerare una
quale primordiale forza del caos 146, e derivazione dalla radice giip, che si in-
dall'ebraico «cielo e terra» di Gen. I,I contra in arabo e significa essere cavo 149•
per significare il cosmo e «deserto e Nell'A.T. attestato solo in r Chron. 10,
vuoto» di Gen. r,2 nel senso di caos. 12 nella forma *gufa, cadavere l'!IJ, guf
«Carne e sangue» quale designazione presenta un campo semantico straordi-

143Per questa preghiera, attribuita al babifo. dance o/ Ugaritic, Analecta Orientalia 36


ncse Rab Ct :i47 d.C.) dr. J. ELnOOllN, Der (1956), s.v. zbl I (594), !P! (2061).
iiidische Gottesdienst in seiner geschichtlichen 147 kprlJ '! r'nn ... kn dwrwt bsr wdm 'bd gw'
Entwicklunf} (1931) 8 s.143; inoltre DALMAN, w'f;d gwml; cfr. Eccl11s r7,31 s. e Sap. 12,5.
Worte ]. 1 307 e STRACK-BlLLHRllECK III 331.
144 Cfr. Sidd11r O!ar ha-Tefillot (1914 435 s.
148 Cfr. STRACK-BlLLERDllCK I 730 s.
145 STRACK-BILLERBECK I 755; su come si pen- 149 Cfr. l'arabo ga11f, cavità, ventre; GESENIUS·
sano i defunti nella tomba o nella sheol, in BuHL, KoHLllR-BAuMGARTNER, s.v. gilfa, guf.
base ad arcaiche concezioni antropologiche, 150 In I Sam. 31,12 invece si usa ~wijja. Pare
cfr. 4 MEYER l -13. che a Qumran guf non sia ancora attestato;
146 Cfr. per es. il testo 68,7.14 e passim (GoR- cfr. K. G. KUHN, Ruckliiufiges Hbr. Worter-
DON, Man11al 150); inoltre G: YoUNG, Concor- b11ch (1958), s.v.
cr6:.pl; e III 2b-3 (R. Meyer) (vn,n6) I3IO

nariamente ampio nell'ebraico medio e smo, il corpo è riempito da un'anima


in aramaico; ricordiamo i signifìcati di raffigurata in modo corporeo e persona-
cavità, spazio cavo 151, corpo in genere e le, benché invisibile all'occhio umano
corpo umano. Pertanto guf può signHì-
care persona; cfr. Qid. b. 37a s., dove il (-7 ~ux1J). Alla luce della storia delle
dovere giuridico-religioso che inerisce religioni è particolarmente rilevante a
alla persona e va adempiuto in ogni luo- questo proposito osservare che sono sta-
go (pwbt hgwf), viene distinto dalle
norme limitate esclusivamente alla Pa- ti i saggi farisaico-rabbinici ad accoglie-
lestina (pwbt h'r~). Come nefeJ e biisiir re la nuova antropologia, che si trovava
nell'A.T. e 'esem, 'osso' nel medio-ebrai- in antitesi con le antiche tradizioni, e
co, anche guf può avere funzione pro-
ad inserirla più o meno organicamen-
nominale: gwph sl ptjlh, «il lucignolo
stesso» (Shab. ;. 2 [ 5a 2 3]) 152• te nel loro sistema teologico (-7 <I>cxpt-
O"riioc;).
3. Stando a quanto si può dedurre Non ci si deve figurare il passaggio
dai testi, il passaggio da 'carne' a 'cor- alla nuova antropologia dualistica di
corpo-anima come se fosse completa-
po umano' (d'uso, a quanto pare, più re- mente scomparsa l'antica concezione
cente) è legato a quell'evoluzione delle dell'uomo quale essere totale. Essa con-
concezioni antropologiche che si ha a serva la sua validità e non si cessa di
partire press'a poco dal sec. II a.C. Men- speculare sul concetto di carne, sulla
sua caducità creaturale e sulla sua pro-
tre col concetto di carne, a partire dagli blematicità etica. Per es . R. Johanan b.
scritti canonici fino a Qumran e ai tar- Nappaha (t 279 d.C.) risolve i concetti
gumin, di regola si intende l'uomo co- analogici di 'iidiim, 'uomo', e basar, 'car-
ne', nel seguente gioco di parole: alef
me persona totale, nel concetto di corpo = 'efer, 'polvere', dalet=dam, 'sangue',
umano è implicita per principio l'idea del e mem=miira, 'caparbietà'; bet=bu-
cavo o vuoto, che esige di esser riempi- sa, 'vergogna', samek (in luogo di sin)
to. Secondo un'antropologia più recente, =s' rupa, 'putrefazione', e resh=rimmi1,
'verme' 153 • Un'altra tradizione nel mede-
che trova i suoi modelli nell'ambiente el- simo contesto considera il sin di bfr
lenistico-orientale circostante il giudai- come abbreviazione di s•'ol, 'inferi', il

151 Può essere che l'idea cli spazio cavo nel l2c), che custodiscono le anime dei giusti do-
senso del greco xo~À.la e~ v, coll. 663-672), . po che hanno completato la loro esistenza ter-
<(cavità ventrale, ventre materno», stia alla ba- rena salvandoli dall'esisteoza «nuda», senza
se cli Jeb. b. 62a s., secondo cui prima di rice- corpo, dei peccatori, che devono vagare per il
vere un corpo le anime, create precedentemen- mondo nella condizìone di spiriti senza pa-
te, attendono nella camera celeste (guf) la lo- ce; ~ MEYER 53-56.6x n. 6.
ro incorporazione: «Il Messia non viene pri- 152 Su tutto questo argomento come pure per
ma che siano state esaurite le anime che si i numerosi significati traslati quali essere, ca-
trovano nel gt1/»: 'd Jiklw kl hnfo11ot sbgwf. sa prì11cipale, capitale, dottrina /011damentale,
AI g11f, dove esistono le anime prima della membro virile cfr. LEVY, \Viirt, s.v.
loro vita terrena, corrispondono le «camere di 153 '"r jwrnn 'd"m 'p"r d"m mr"h bf'r bwS"h
pace» (4 Esdr. 7,78 ss.) oppure fa «camera di srwr"h rn/'h, 'ik' d'mrj s'wl dktib bsin; Sota
pace» ('w,rr): Qoh. r. a 3,2l (cd. Wilna [x887] b. 5a.
13u (vu,u6) ult.p!; Cm 3 (R. Meycr) (v11,1q) 1312

luogo in cui alla fine cade ogni carne cui vivono. Non diversamente stanno le
(--'>col. r3r8). cose per quanto concerne l'origine del-
l'uomo dalla 'goccia', che secondo la
Tuttavia le principali speculazioni an- concezione rabbinica è ·per sua natura
tropologiche sono collegate al concetto corruttibile. Stando alle nostre fonti,
di guf, che rispetto a biisiir rappresenta questa concezione, accennata per la pri-
ma volta in lob 10,ro 155, risale ad Ari-
solo la parte muscolare (--'> coli. 1267 stotele 156 •
ss. 1283 ss.).
Ma questo corpo non solo (in con-
In questo contesto il concetto di guf seguenza della sua creaturalità) sta in
trova una corrispondenza nella goccia tensione cosmico-dualistica con Dio, co-
che emana odore di corruttibile (!ippa sc-
me la carne nella precedente concezio-
rupa), con cui s'intende il seme maschi-
le quale germe del corpo. Ad es. nella ne, ma per natura è diverso dall'anima.
haggada di Kil.i, 8,3 (JIC 40-42), proba- In questa prospettiva l'uomo viene con-
bilmente tannaitica, riguardo alla com- cepito dicotomicamente(~ x, coli. 897
posizione dell'uomo in corpo ed anima
si giunge alla seguente elucubrazione: ss.), nel senso che per loro natura anima
«Il bianco proviene dall'uomo; da lui e corpo appartengono a due sfere diver-
infatti vengono il cervello, lo scheletro se e tra loro contrapposte JS7. Il con-
e i tendini. Il rosso viene dalla donna;
cetto viene espresso in termini parti-
infatti da lei vengono la pelle, la carne
e il sangue. Ma lo spirito, il respiro e colarmente chiari in S. Deut. 305 a 33 1 2:
l'anima vengono dal Santo, sia egli be- «Tutte le creature che sono state crea-
nedetto. Tutti e tre sono interessati a te dal cielo provengono dal cielo quan-
lui» 154 • Gli elementi che secondo questa
interpretazione compongono l'uomo so- to ad anima e corpo, e tutte le creatu-
no suddivisi nella parte terrena, che i re che sono state create dalla terra pro-
genitori partecipano al nuovo individuo, vengono dalla terra quanto ad anima e
e in quella celeste e vivificatrice, che
corpo. A questo fa eccezione l'uomo: la
viene aggiunta da Dio stesso. Quest'ulti-
ma, per la forma poetica dell'haggada, è sua ani.ma viene dal cielo, il suo corpo
distinta in tre parti: «spirito, respiro e viene dalla terra. Se pertanto l'uomo
anima», che però non significano altro osserva la legge e la volontà del Padre
che l'anima raffigurata in forma perso-
nale. La speculazione sulla materia fon- suo che è nei cieli, ecco, è come le crea-
damentale del corpo umano, secondo ture superiori... Ma se non osserva la
cui carne e sangue provengono dalla legge e la volontà del Padre suo che è
donna, risale ai presocratici(~ r27r s.)
nei cieli, ecco, è come le creature infe-
tramite la filosofia greca, ed è da sup-
porre che a questo riguardo i rabbini riori» 158 • Secondo questa teoria l'uomo
dipendano dall'ambiente culturale in per natura appartiene insieme al mondo

l!>4 ~ MEYER 15-:i5. 157 ~MEYl!R :i5-31; dr. ~ col. u91.


tss Cfr. Sap. 7,1; ~ MEYl!R 34 con n. :i. 158 L'autore è il tannaitR Simru (c. 200 d .C.);
156 Cfr. J. PRimss, Bibl.-talm11dische Medi:dn dr. BACHER, Tannailen n 544; ~ MEYER
(1911) 448. :i7 s.
<rapi; CIII 3 (R. Meyer) (vn,n8) I3I4

superiore e a quello inferiore e in quan- zione di categorie ellenistiche nell'antro-


to tale presenta da un lato proprietà pologia rabbinica abbia portato a una
degli angeli del servizio, dall'altro pro- coerente dottrina dualistica, come avvie-
prietà dell'animale (Hag. b. 16a bar.) e ne per es. nella teologia alessandrina 163 •
se non compie la volontà divina cade Evidentemente nella speculazione rab-
al livello degli esseri inferiori, cioè ha binica ha ancora un influsso determinan-
una mentalità carnale, anche se non si te l'antica tradizionale concezione globa-
usa questa espressione 159 • bale, secondo cui questo mondo è l'u-
Sorge cosl una contrapposizione etica nico luogo dell'incontro determinante
fra l'anima celestialmente pura 160 e il fra Dio e uomo. In questa prospettiva,
corpo che per il suo carattere terre- come pure in un'attesa escatologica mol-
no tende a opporsi a Dio. Al duali- to grossolana che dopo un tempo inter-
smo etico corpo-anima, molto diffuso medio 164 prevede la riunificazione di
entro il giudaismo ellenistico-orienta- corpo e anima per la salvezza di alcuni
le, corrisponde dall'altro lato l'idea e per la dannazione eterna di altri, il
che di notte l'anima apporta all'uomo dualismo dell'antropologia popolare ra-
dall'alto nuove forze vitali: «Quest'ani- dicato ed espresso nel mondo ellenisti-
ma riempie il corpo e nelle ore in cui co-orientale 165 trova i suoi limiti: nel
l'uomo dorme essa sale in alto e gli at- giudizio finale l'uomo viene giudicato
tinge vita dall'alto» 161 • Inoltre, secondo come persona totale in rispondenza nl
questa concezione è l'anima che in so- suo comportamento durante la vit·a cor-
gno comunica all'uomo la conoscenza di porea. Per quanto il corpo appartenga
eventi futuri, poiché di notte lascia il al mondo inferiore e l'anima a quello
corpo e vaga qua e là per il mondo 162 • superiore, per quanto nel momento in
Da quanto s'è detto non si può tut- cui viene immessa nel corpo per l'esi-
tavia dedurre che l'innegabile acquisi- stenza terrena e il periodo di prova l'a-

159 L'aggettivo raro biJriini, di carne, è usato di Aqabja b. Mahalalel: «Volgi l'attenzione del
nel senso di corpz1lento; dr. Ket. b. 6rn e LE- tuo occhio a tre cose e non cadrai in potere
VY, \'f/ort., s.v. Da gli/ non deriva alcun ag- della trasgressione. Sappi donde sei venuto,
gettivo. dove vai e a chi dovrai rendere conto: Donde
160 A questo riguardo dr. anche ~ MEYER vieni? Da una goccia ·che sa di corruzione.
63-68. Dove vai? A bruchi e vermi. Davanti a chi
161 L'autore è R. Meir (c. r50 d.C.): Gen. r. dovrai rendere cont9? Al re di tutti i re, sia
14,9 a 2,19 par.; dr. BACHER, Tannaite11 11 egli benedetto»; dr. ~ MEYER 33.
165 Cfr. per es. l'interpretazione figurativa di
64; ~ MEYER 51.
162 P.R.El. i4; dr. a questo proposito già Flav. Ez. 37 nella sinagoga di Dura-Europos (sec.
III d.C.); R. MEYllR, Detrachtungen w drei
Ios., beli. 7,343 ss. e ~ MEYER 50 s. Frcsken der Synagoge von Dura-Europos:
IB ~ MEYER 31 s.145 s. ThLZ 74 (1949) 35-38; The Excavatio11s at
164 Al giudizio immediatamente successivo alla Dura-Europos. Final Report VIII Part I: C. H.
morte si riferisce per es. Ab. 3,1, un aforisma KRAELING, Tbe Sy11agogue (1956) 178-w2.
1315 (vn,nB) crap~ e III 3 - IV 2 (R. Mcyet - E. Schweizer)

nima quale essere celeste e puro possa s. (-7 col. 1290.1325). Frequente è la
169
aborrire la 'goccia' che promana cor- locuzione ogni carne: Iub., passim ;
Hen. aeth. 1,9; 61,12; test. Iud. 24,4
ruttibilità 166 , nel giudizio finale entram- [?]; test. G. 7 ,2; apoc . .El. l 8 ,ro; apoc.
bi dovranno rendere conto insieme. Co- Esdr. 7 ,7 (p. 3 2 ). Anche in questi scritti
sì Sanh. b. 91b conclude una disputa fra dapprima non si nota alcun collegamento
'Antonino' e il patriarca Jehuda II (c. negativo fra il nostro concetto e la ses-
sualità o il piacere della gola. La donna è
190 d.C.) con le parole: «11 Santo, sia la propria carne dell'uomo (vit. Ad. 3 [-7
egli benedetto, prenderà l'anima e la coli. 1292.1325)). In Iub. 16,5 si con-
metterà nel corpo e poi giudicherà en- danna solo il rapporto170sessuale proibito
con la propria carne • Solo in apoc.
trambi» 167• Mos. 25 forse si condanna il rapporto
R.MEYER sessuale in genere in quanto à.µap""t"la
'tflç aa.px6c; 171 •
IV. Gli apocrifi e gli pseudepigrafi 2. In questi scritti si manifesta però
più chiaramente un'evoluzione già os-
l. L'uso linguistico osservato nei LXX servata nei LXX(~ coli. 129r.1318 s.).
continua 168• L'uomo è fatto di ossa e Dio e uomo vengono separati sempre
carne (test. S. 6,2; Joseph et Asenath 16 più nettamente, nel senso che tale se-
[ ~ n. 168] p. 64 [~col. 1329] ). L'e- parazione appare collegata a que1la co-
spressione carne e sangue compare in smologica fra cielo e terra, fra la sfera
Iub. 7,4; 21,10 nel contesto del sacrifi- degli spiriti e quella della carne. Hen.
cio, in 7,28 per descrivere il corpo u- aeth. presenta dapprima una situazione
mano (~ I, 462; ~ col!. 1292.1319 prettamente veterotestamentaria. Il fat-
1321 s.). Anche l'espressione 'circonci- to che ogni carne sia giudicata da Dio
sione nella carne' si trova in Iub. 15,13 (1,9) m, nòn significa ancora che ogni
l66 Cfr. Tanh. pqidj 3 (1927) 344 ss. par.; ~ presente Gen. 9,4-6: il castigo per l'atto di be-
MEYER 88-93. re il sangue è la morte per mano dell'assassino,
167 Su tutto l'argomento cfr. STRACK-BILLER· che a sua volta è castigato da Dio. L'espressio-
BECK I 58r. ne «ogni carne» non si riferisce quindi all'u-
168 In senso puramente neutro: carne m11a11a: manità intera, ma è determinata dalla proposi-
Hc11. aeth. 7,5; Iub. 3,5; 4 Esdr. 15,58 (car- zione relativa. L'espressione è stata forse scel-
ncs); test. lob (ed. M. R. }AMES, TSt v I ta anche perché 'carne' e 'peccato' sono ormai
[1897]) 13 (<rapxEç); apoc. Et. ebt. p. 21,2 concetti affini? Oppure è semplicemente fa ca-
(b.fr e dm). Carne animale: test. f. 21,8 (crap- suale ripetizione dei termini di Gen. 9,5?
XE<;); dr. Sib. 3,790 s.; in sua vece xpfo.ç: 1711 Secondo 20,5 non può significare «con il
test. Abr. A 6 (83,12); Demetrio presso Eus., corpo di lei» (cosl E. LITTMANN, in KAuTsc:H,
praep. cv. 9,21,14; Ezech., ibid. 29,12; Io- Apkr. u. Pseudepigr.) ma si deve riferire al-
seph et Asnath 10 (ed. P. BATIFFOL, Studia pa- la pederastia caratteristica degli abitanti di So-
tristica l/2 [1889/1890] 52,14); Pseud.-Pho- doma e Gomorra (STRACK-BILLEIIBECK m 785
kylides 137. In tutti i passi, fatta eccezione s.) oppure al raplJorto sessuale proibito fra pa·
per lub. 3,5 = Gen. 2,21, si parla della car- renti entro un certo grado e~ col. 1325), di cui
ne destinata al pasto. 1618 offre un crasso esempio; dr. Dam. 5,7-9
169 Si noti 7,32: «Non date da mangiare l'a- (?,9·ll).
nima insieme con il sangue, affinché il vostro 171 Quest'interpretazione però non è sicura
sangue non venga richiesto dalla mano di ogni (~ LINDIJER 79).
carne che lo versa sulla terra». Nella sua con- 172 Tramandato anche in greco. Cfr. Dam. 2,20
cisione la frase si comprende solo se si tiene (3,6).
13r7 (vu,119) O"&.p!; e IV 2-3 (E. Schweizer) (vn,120) 1318

carne sia peccatrice; infatti nelle para- contaminati col sangue delle donne de-
bole leggiamo anche che ogni carne lo- gli uomini e col sangue della carne han-
da Dio (61,12}. Quando in 14,21 si no generato carne e sangue (15,4} (~
afferma che nessuna carne può vedere col. l 2 9 2} 175 . Analogamente, i giganti
Dio, si va oltre l'A.T. solo in quanto lo che ne son nati sono stati generati «dagli
stesso vien detto (ibid.) anche degli an- spiriti e dalla carne» (15,8}, e dall'«ani-
geli. Ciò prova che in questo contesto ma della loro carne» escono gli spiriti
l'uomo in quanto carne si può bensl (I6,1) 176• Nel testo greco di 106,17 i
distinguere dagli esseri che non sono giganti nati dall'unione degli angeli con
di carne, ma insieme con quelli è con- le donne degli uomini sono descritti CO·
trapposto, quale creatura, al creatore. me oux oµotot 1t\1Euµa.cn /J.),J..à. uap-
Si pone dunque una distinzione fra es- x( w )ot 117 •
seri di carne ed esseri spirituali, ma es-
Inoltre anche qui troviamo il duali·
sa non è determinante. La limitatezza
smo antropologico. Secondo il testo e-
dell'uomo non deriva dalla sua mate-
tiopico (probabilmente originario} di
rialità 173• Lo stesso concetto emerge dal
I7 ,6 l'Ade è il luogo in cui migra ogni
'libro della storia' ( 84,4-8 ). In esso si
carne(~ coll. 1312 s.). Nella traduzione
afferma ovviamente che la carne del-
greca invece leggiamo: « ... dove nessu-
l'uomo suscita l'ira di Dio, ma si dice
na carne migra». Qui l'espressione 'ogni
pure che gli angeli in cielo sono pecca-
carne' non è più intesa in senso semi-
tori. Soprattutto si parla anche di 'car-
tico come designazione dell'umanità,
ne di giustizia e rettitudine'. Si ma-
bensì come indicazione di sostanza - un
nifesta dunque la tendenza ad elevare
caratteristico esempio di cambiamento
in modo radicale la singolarità di Dio
di significato nella traduzione. Per il
al di sopra del mondo degli uomini e
traduttore dunque l'Ade è già una sfe·
degli angeli, a contrapporlo quale uni-
ra separata da quella della carne. Nella
co essere puro al mondo caduto in pec-
morte l'uomo depone la sua carne (-,)
cato 174, senza però abolire la distinzione
etica fra peccatori e giusti. coll. 1275 s.), come è detto esplicitamen-
te in ro2s. Le lfJuxal scendono nell'A-
Ben diversa è la posizione assunta de, mentre il uwµa -.1]c; crocpx6c; caratte-
nella sezione angelologica (15,4-16,1}, rizza il tempo terreno 178 •
dove il peccato delle «sentinelle del cie-
lo» consiste nel fatto che essi, gli «spi- 3. Particolarmente chiara è l'antitesi
riti santi eternamente viventi», si sono cosmica nel Libro dei Giubilei, dove il
173 Similmente 61,12: «Ogni spirito della lu- ma come da carne». In 15,9 legge: Ò.'ltÒ -roii
ce ... e ogni carne lodi Dio»; 81,2: <<nato di O'WJ.W."tOç "tijc; <Tapxòc; aÙ'tW\I, 'Anima della
carne». crapl;' (accanto ad 'anima delle ossa, dei ten-
174 Cfr. al riguardo enunciati quali Bar. syr. 44, dini' ecc.) anche in apocryphon Ioonnis 49,15
9; 4 Esdr. 7,n s.20-24.46-48.68.n6-126; 8,17. (ed. W. T1LL, Die g11ostischen Schriften des
35; apoc. Esdr. 5 (p. 30), dove però manca koptischen Pap. Berolinensis 8502, TU 60
'cnrne'. [1955)).
177 Il testo etiopico (G. BERR in Kw1zscH,
175 Secondo 15,7 gli spiriti dimorano nel cic-
Apkr. 11. Pseudepigr.: <~generarono giganti non
lo, dove non ci sono donne (dr. Mc. n,25). secondo lo spirito, ma secondo la carne») è
Per il testo cfr. apparato critico e note in R . secondario.
H. CHARLES, The Apocrypha a11d Pseudepi- 178 Testo etiopico: anìmn e corpo. Cfr. anche
grapha o/ the Old Testnment (1913), ad l. 108,u: gli spiriti dei buoni che nella loro car-
176 Un cod. greco modifica cosl: «dalla sua 2ni- ne non furono premiati.
Jj19 (vn,120) o-6.pt; e IV 3-5 (E. Schweizer) (vu,120) 13:w

regno degli spiriti è separato da quello molto forte, si spera nella risurrezione
dell'essere carnale 179• Le due sfere sono della carne (~ n. 98) 181 • Secondo parai.
identificate a chiare lettere con cielo e Ierem. 6,6 la crapl; rimane incorruttibi-
terra 180 • In scritti successivi questa di- le 182 benché il corpo in 9 ;n-13 sia con-
stinzione delle due sfere è sempre più siderato <rapxtxoç o!xoc; della xapola
netta. I puri spiriti non possiedono cor- che viene tolta da esso (6,3). Una so-
po (apoc. Abr. I9). Essi sono 'lt\IEUµcx., luzione di compromesso è presente in
l'uomo è <rclpxwoc; (test. lob [-7 n. apoc. El. 35,7 s.; 42,I2 s.: si depone la
I68] 27). Quindi ora 'carne' è essen- carne del corpo ma si indossa carne
zialmente determinata dalla sua condi- spirituale (<rO:pxEç 1t\IEVµa-çoç -7 col.
zione di sostanza. Essere carne significa 139 o) 183• Si fa sempre più strada anche
appartenere alla terra, alla polvere, non l'idea che l'uomo è un essere composto
al cielo (ibid. 38.36; Sib., fr. I,I [i)\11]- di due parti: carne e spirito. Accanto ai
'tOL xcx.ì. O'lipxWoL] r3 s. [-Hol. I275]). µD.:ri che appartengono alla <rap; (~ n.
Poiché l'uomo porta <rap;, non può ve- 284) si colloca il 'ltvEuµa. dell'uomo (test.
dere ciò che vede un essere spirituale Abr. A 20) (-7 col. r278) 184• Anzi l'ani-
(apoc. Esdr. 3,I [p.27); 4,4 [p. 28]). ma può essere pensata come racchiusa
Egli, che è cràpl; xaì. alµa (-7 col. r292), nel corpo (apoc. Sedrah II) 185 ( .....,)- coll.
non può reggere la o6!;a. di un ùo/r]Mv 1278.1324) da cui si separa nel momen-
Jt\IEUµa, che non deriva da questo mon- to della morte (vit. Ad. 43; 4 Esdr. 7,78.
do (scii. di morte): test. Abr. B I3 (Iq, roo; dr. 88 186) (-7 coll.1312s.1325).
26). Perciò non si può contemplare Dio
5. Si manifestano anche pochi sinto-
con occhi di carne, ma lo si deve guar-
mi di un'antropologia in cui la carne
dare nello spirito 4 (5) Esdr. I,37 (-7
è connessa al peccato. Si devono distin-
coll. r328s.1390.1392).
guere due matrici. Dove predomina il
4. L'ultimo passo ha anch'esso mesco- dualismo antropologico emergono ten-
lato al dualismo cosmico quello antro- denze ascetiche che cercano di frenare
pologico, il quale è ampiamente radica- la carne per dare libertà allo spirito. La
to nel pensiero ellenistico. Quando l'in- rinuncia al piacere della carne può di-
flusso veterotestamentario si fa sentire pendere dall'idea che nell'epoca escato-
119 Iub. 2,2.n: gli spiriti vengono creati il Cfr. però apoc. El. 36,18-37,1: il Signore si
primo giorno, i primi esseri di carne il quin- prende spirito e anima, la carne diventa (pie-
to giorno. tra?).
tso Iub. 2,30: «Essi osservarono il sabato in 184 Il dio egiziano del sole porta negli inferi
cielo, prima che ad ogni carne fosse mostrato solo Ja sua 'carne' senza la sua anima (H.
di osservate in esso il sabato sulla terra». IloNNET, Reallexikon der iigyptischen Reli-
181 Cfr. apoc. Mos. 13 ('ll'fura aapt;); apoc. El. gionsgeschichte [ 1952] 19).
hebr. 22,6 ss. (secondo Ez. 37); Bar. syr. 50;
inoltre Ezechiele in Epiph., haer. 64,70,6: giu- ias & ljiuxofi, -.l yap crs ivH.C1.[3Ev Ek -.ò -.a-
dizio sul corpo e sull'anima (-+ col. 1315). 7t€Lvòv xat -.aÀ.u.l7tWPO\I crwµa (ed. J. A. Ro-
182 The Rest o/ the \Vords of Bamch, ed. J. nINSON, TSt n 3 [1893] 134,33 s.).
RENDEL HARRIS (1889). Cfr. anche E. KèiNIG, 186 Exibit anima de corpore, recedente fo.
Der Resi der Worte Baruchs: ThStKr 50 spiratione (syr.: «respiro»?) de corpore, (ani·
(1877) 327 s. Analoga è la concezione in test. mae) separatae de corporibt1>. Se è giusta l'i·
Abr. B 7 (112,3): 'lfiiaa o-cì.p!; lyEpfhicrE"I'«~. potesi di P . RrnSSLER, Joseph u. Asenath:
nella condizione intermedia però il uwµa vie- Theol. Quart. 103 (1922) 8 s. in questo apo·
ne trascurato. crifo è possibile scorgere un'allegoria dell'a-
183 Cfr. la traduzione di STEINDORF F p. 169. nima prigioniera del corpo.
1321 (vu,120) <TCXPI; I., IV 5 - V l \L, .xnwcac11 \Y&.LJ ... '""..LJ &;J""-

logica come in quella primordiale basti sangue(~ col. 1292), conosco il mio su-
un'alimentazione vegetariana 187• Dove diciume ... e il mio peccato» (test. Isaac)
si rinuncia a carne e vino, forse si ri- (~ n. r88) folio 14 recto.
fiuta semplicemente qualsiasi cibo che
fomenti la lussuria 188• Su questa linea V. Filone e Flavio Giuseppe
forse anche il rapporto sessuale in quan-
to tale diventa peccato (~ col. 1316). I. Non è facile valutare la poslZ!one
Diversa pare sia la linea nei Testamenti di Filone, perché in lui si fondono le più
dei xu Patriarchi. La radicale contrap- diverse tradizioni. Tra A.T. e filosofia
posizione della sfera divina, celeste a greca 191 egli pencola ora da una parte
quella umana, terrena porta a incentra- ora dall'altra 192• Nonostante occasionali
re l'attenzione su passi quali Gen. 6,12; tentennamenti dovuti alla sua origine
Iob4,17ss.; 15,14ss.; 25,4ss.: l'uma- giudaica, egli dà una valutazione nega-
nità nel suo complesso è peccatrice, non tiva della crap~ 193 • In quanto sede del-
è solo debole, mortale, limitata 189, ma la a.foi>l)crtç (rei'. div. her. 71; agric. 97;
è anche preda della seduzione degli spi- leg. alt. 2,41; Abr. 164) anche secondo
riti che in quanto esseri senza corpo lui la cr&.p~ è strettamente legata ai mi-
sono molto più forti. «Essi sono carne l>T) o alla i}oov1} (leg. all. 3,r58; gig. 35 .
e gli spiriti della seduzione li inganna- 40 ). Essi però sono ignobili e irraziona-
no» (test. Zab. 9,7) 190• In tal modo an- li e asservono il vouc; 1!)1. Si manifesta in-
che la limitatezza della conoscenza uma- vece una certa cautela nel far risalire il
na può essere collegata al suo peccato: peccato alla a&.p~ 195• È vero che Filone
«senza conoscenza come un uomo e può intendere il peccato originale nel
come carne guasto in peccati» (test. senso che il piacere corporale suscitato
!ud. 19,4) (~col. 1298). Ancora più ra- dalla donna ha portato al peccato (op.
dicalmente si esprimono certi autori po- mund. 151 s.r55 s.164) (cfr. ~ n. r95).
steriori: «Io sono una cosa di carne e Egli può affermare che il corpo con le

187 Cfr. H. BARDTKE e H. G. Kmm, art. 'Aske- mès Trismégiste II (1949) 533-544; W. Bous-
se' in RGGJ 1 641 s.; Is. n,6 ss.; Gen. r,29 s.; SET, Jiid.-chr. Schu/betrieb in Alexa11dria ti.
9,2 ss. Rom (1915) 47 s.56 spiega il valore positivo
1118 4 Esdr. 9,24 per la preparazione della ri- attribuito a 'ltaih] e a i)lìovi} come tradizione
velazione; TH. ScHERMANN, Propheten- 11. A- di scuola.
postellege11den: TU 31,3 (1907) 95,16 (xpÉcx.ç); 192 Cfr. JoNAs, G11osis u 1,74; S. SANDMEL,
test. Isaac (cd. J. A. Ro11JNSON, TSt II 2 Philo Piace in Judaism (1956) 1-29. Pare che
[1892)) folio 13 verso. Invece Snh11. b. 59b egli non sia stato fri.fluenzato in modo deter-
(STRACK-BILLERBECK I 138) afferma che in pa- minante né dalln tradizione rabbinica né da
radiso gli angeli avrebbero cotto la carne e quella apocrifa (ibid. 198 s . 210 s.).
filtrato il vino ni primi uomini. Cfr. anche 193 I passi si trovano raccolti in ~ Scawm-
I ub. 49,6.12.20; test. R. 1,10. ZER, He/l. Komponente 246-250.
1s9 Anche Ge11. 6,3 (~ col. 1306) diventa im- 19-1 rer. div. ber. 268; leg. alt. 2,49 s.; altri pas-
portante. Se carne è intesa nel senso di esse- si in W. Vé:iLKBR, Fortschritt und Vol/e11dung
re peccntore, forse è perché risente ancora bei Philo von AJexandrien (1938) 80-84.
l'influsso della lezione «a motivo dci loro tra- 195 A questo riguardo W. KNuTH, Der Begriff
viamenti». Anche l'aggettivo camales di Pseud. der Siinde bei Philon vo11 Alcxandria, Diss.
Philo, a11tiq11itates biblicae 3,2 (ed. G. KiscH Jena (1934) 23-32. Per es. secondo Filone il
[1949)) ha forse questa sfumatura. rapporto sessuale per la procreazione è un be-
190 Cod. ci.: « ...e sono ingannati)), ne, mentre è male il piacere; cfr. HELMU'l'
191 Per la sua dipendenza .dalla tradizione gre- SCHMIDT, Die Alithropologie Pbilons von A-
co cfr. A. J. fESTUGIÈRE, La révéfatio11 d'Her- lexn11dria, Diss. Leipzig (r933) 37 s.
i323 (vn,121) aétpt; eVl (E. Schwei?:er) (vn,122) 1324

sue passioni induce l'uomo a peccare tante un secondo orientamento che va


(plani. 43; rer. div. ber. 296). L'Egitto inteso più sullo sfondo del dualismo
è l'incarnazione delle passioni e dei pia- cosmico(~ col. i29r) che di quello an-
ceri che penetrano attraverso gli organi tropologico. Secondo Filone Dio è un
sensoriali (congr. 8x). Cosl Filone, co- essere senza carne, privo di corpo 202 •
me gli avversari di Epicuro (-+ coll. Perciò lo possono riconoscere solo gli
X28o ss.), può additare nelle orge del amici dell'anima che sono in grado di
ventre e nella libidine del sesso le cause deporre l'involucrn di carne; infatti an-
del male 196• Ma egli afferma pure che è che l'anima è del pari priva di carne e
l'anima che ha a)..oya. 7t&i)11 e genera il di corpo 203 • Cosl il corpo, la carne, per
male, ovviamente quando la carne acqui- l'anima significa aggravio, schiavitù, ba-
sta potere su di essa 191 • Tuttavia il a-&p- ra e urna. È un cadavere che la trasci-
xwoc; oyxoc; può essere sottoposto a ser- na con sé2°". Perciò essa deve uscire dal-
vizio come i sandali ai piedi (sacr. A.C. l'Egitto, dal corpo: ciò che all'uomo di-
63). Ma ciò dice soltanto che l'antropo- venta possibile nell'estasi (migr. Abr. 14;
logia di Filone è diventata molto più somn. 2,232). Qui la carne è semplice-
composita rispetto all'originaria contrap- mente la realtà fisica che impedisce il
posizione di a-wµa. e ljluxTi 198• Per Filone volo dell'anima e blocca la crescita del-
è di capitale importanza mantener fer- la sapienza. Cosl i servitori dello spirito
ma la libertà della volontà di colui che devono diventare esseri pallidi, in un
>ceglie tra il bene e il male e non ri- certo senso privi di corpo, ridotti qua-
chiamarsi alla condizione fisica dell'uo- si a scheletri, perché trascurano tutto
mo per cercare in essa una discolpa 199 • ciò che è gradito alla carne (spec. leg.
Questo suo atteggiamento è legato al- 4,xq; gig. 30; mut. nom. 32 s.). Cosl è
l'idea che anche l'anima in un certo essenziale la liberazione della carne nel-
senso ha attinenza con la carne 200 e che l'ascesi, non perché la carne induce al
l'effettiva unione fra Dio e l'uomo si peccato, ma perché impedisce lo slancio
attua al di là di corpo e anima 201 (--7 x, dell'anima immateriale verso le altezze
col. 945 ). Influiscono qui concezioni ve- celesti di Dio. Se qui dunque si contrap-
terotestamentarie. pone la carne ad ogni religiosità e il pia-
cere della carne alla conoscenza di
Accanto a questo indirizzo è impor- Dio 205, s'intende una contrapposizione
196 leg. all. 3,143.159; op. m1111d. 152.157 s., do- 200 L'amicizia fra anima e corpo è oggetto di
ve nella pericope 160-162 polemizza con Epi- discussione in det. poi. ins. 15. Anche i sensi
curo. Cfr. spec. leg.1,192: mangiare e bere ec- sono da valutare positivamente quando sono
citano il ventre e i bassi desideri; inoltre H. soggetti al potere dello spirito; cfr. SCHMIDT,
A. WoLFSON, Pbilo (1947) 108 s.; cfr. anche op. cit. (~ n. 195) 34.70-73.
LEISEGANG, s.v. 'Epikur'. 2Ul Cfr. JoNAS, Gnosis II r, 103-rn6.n3 s.
191 Deus imm. 52; rer. div. ber. 295; leg. ali. 'li1l Anche secondo Epict., diss. 2,8,2 e ~ col.
1,106; altre indicazioni in KNUTH, op. cit. (~ 1388.
n. 195) 23. Come in Seneca, si attribuisce gran- 203 De11s imm. 52-56; gig. 31. L'uomo celeste
de importanza al ruolo della facoltà intellet- è privo di corpo, cfr. H. WILLMS, Eikon
tiva nell'origine del peccato: KNUTH, ibid. 25 s. (1935) 82 s.
198 Cfr. E. R. GoonENOUGH, An Introd11ction 2Gl gig. 31; rer. div. ber. 268; migr. Abr. 16;
to Philo ]udaeus (1940) 151-153. agric. 25; Deus imm. 2. Cfr. anche la raccolta
!99 WéiLKER, op. cii. (~ n . 194) 73-79. Perciò di passi in SCHMIDT, op. cit. (-7 n. 195) 34-
Filone non afferma mai direttamente che la 36.
il:>.:11 in quanto tale sia cattiva (~ BuRTON 205 som11. 2,67; Deus imfll. 143; rer. div. her.
163-166). 57 (a.lµa xa.t <mpxòc; i}oovfi).
1325 (vn,122) <rapi; e V I - D 2 (E. Schweizer) (vu,123} 1326

fisica. Carne non è tutto l'uomo con- per es. in Platone (~ col. 1277), nella
dannato da Dio, come nell'A.T., bensl questione riguardante il rapporto fra cor·
la condizione fisica, il freno al volo del-
l'anima. Solo in quanto il permanere in po e anima (~ CJ'Wµa, \jlux1}). Anche il
questa condizione fisica, cioè fa rinun- tentativo stoico(~ CJ'Wµa) di intendere
cia al volo dell'anima, equivale a una l'anima in senso corporeo, pur distin-
colpa, tale contrapposizione acquista va-
guendo fra regens e rectum, indica la
lore etico 206 •
stessa problematica. Si arriva cosl alla
2. Presso Flavio Giuseppe o-apxe<; in- terminologia di Epicuro che distingue le
dica la carne animale (ant. 6,120 accan- parti non spirituali del corpo in quanto
to ad arµa; I2,2II S. accanto ad Ò-
rf'tfi 207 ) o umana (ant. 6,186 = r Sam. O'ap~ dalla òdtvo~a e intende stabilire
17,44). L'invariato colore della o-&.pç in l'equilibrio tra le due componenti (~
ant. 15,236 è segno di intrepidezza. In col. l28o). Tutte queste risposte hanno
bell. 3,274 la o-&.pç vulnerabile è pa-
in comune il fatto d'intendere l'uomo
rallela a <rwµa. Le Uìtat <r6:.pxE<; contro
cui si scaglia una belva inferocita sono con l'uomo stesso. Egli va spiegato par-
gli animali della sua stessa specie (bell. tendo dalla sua natura o soprannatura,
5 A [ ~ col. r 2 9 2 ] ) . Importante è l'idea dalle sue componenti, dalla lotta del-
che la tjiux1J nel momento della morte si
separa dalla cr6:.pç (ant. 19,325; bell. 6, 1'anima contro il corpo, dal centro spi-
47) 238 • Sciolte dai O"W(J.a'ta. mortali e rituale che su tutto domina oppure dal-
dalla vÀ:"f) caduca le tliuxal sono libere le sensazioni della cr&pç. In ogni caso
dai legami della carne (xa.-cci o-ocpxoc oi;-
egli è un microcosmo in sé concluso. In
crµol) (bell. 2,154 s.). Qui sono accolte
pienamente la concezione e la termino- questo orizzonte uap~ designa la natu-
logia greche (~ coli. 1277 s.) 20'>. ra, la sostanza che determina l'essere
dell'uomo.
D. RIEPILOGO STORICO-RELIGIOSO

Abbiamo visto modi completamente Completamente diverso è il modo


2.

diversi di concepire l'uomo. d'intendere l'uomo nell'ambito dell'A.T.


Per principio l'uomo è visto nel suo rap-
1. Si può considerare l'uomo un es- porto con Dio. Quale creatura di Dio
sere composito e interpretarlo secondo egli è carne, in ogni momento esposto
le sue componenti (~ coli. 1269 s.). Il alla morte. L'alito di Dio è la sua vita,
problema dell'unità dell'uomo affiora, la sua anima. La volontà del suo cuore

206 Cfr. lcg. ali. 3,152: l'anima che abbandona può dedurre anche da ant. 10,261 s.; 12,194).
le sacre case della virtù si rivolge alle 15)...a~. im Qui i due termini sono al plurale.
'lJJ7 Qui in parallelo con xpÉaç, che [secondo
una comunicazione di P . G. FRITZ] si trova 20'> Carne però non è collegata a peccatO: H.
x7 volte (di cui una al singolare) per indicare BRAUN, Spiit;tid.-hiiretischer und fruhchristli-
la carne di animale che serve al pasto (lo si cher Radikalismt1s I (1957) 88.
1327 (vn,123) cr&.pl; D 2 - E 11 (E. Schweizer) (vn,124) 1328

accetta o rifiuta il comandamento di ricorre solo in Iac. 5,3; Apoc. I7,16; 19,
Dio. L'uomo è interpretato partendo 18.21, quando cioè con un linguaggio
non dalla sua natura, ma dal suo rappor- veterotestamentario si parla della con-
to. Egli è ciò che è in questo rapporto. sumazione della carne umana. Manca il
Carne allora definisce la sua situazione termine crapxlov {--7 col. I 3 96), usato
davanti a Dio. E qualora si comprenda spesso in senso spregiativo, e l'abbina-
anche una parte soltanto di questa pro- mento crtl.pl;-1tvEuµa in senso greco com-
spettiva, non è più possibile dividere pare solo nei limiti sopra citati (~ col.
l'uomo in una parte divina e in una ter- 1278).
rena. Se si deve stabilire una divisione,
si può fare solo fra Dio e uomo, cielo e I. I sinottici e gli Atti degli Apostoli
terra. In altri termini, è pensabile solo
l. I sinottici
il dualismo cosmico.
Prescindendo da due citazioni dell'A.
3. Nell'ellenismo questo dualismo ve- T. (Mc. lo,8 par.; Le. 3,6) e da un pas-
so in cui abbiamo '1taO"a <rap~ (Mc. l 3,
terotestamentario-orientale (--7 x, coll. 20 par.), <rtl.p~ compare solo tre volte.
937.rno4 s.) entra in contatto col pen-
In Mt. 16,17 la formula carne e san-
siero greco-naturalistico. La sfera di ap-
gue (~ col. 1292) indica l'uomo nella
partenenza è considerata un dato dina-
sua limitatezza rispetto a Dio, cioè non
tura. L'uomo le appartiene per sorte,
nella sua mortalità, ma nella sua inca-
non per scelta; è ciò che è in base alla
pacità di conoscere Dio {-7 coli. 1291.
sfera a cui appartiene: asservito e non li-
1319). Carne e sangue non sono dun-
bero finché vive quaggiù, libero e salva-
que parti distinte dell'uomo, ma inclu-
to non appena gli riesce di giungere in
dono addirittura le sue facoltà intellet-
alto. Estasi, consacrazione, formule se-
tuali, religiose o mistiche. Il concetto
grete e conoscenze esoteriche lo aiute-
contrapposto è Dio. Si conserva in tut-
ranno ad abbandonare la sfera della car-
to e per tutto la visuale unitaria del-
ne(~ x, coll. 936 ss.).
l'A.T. (~ 1286 s.). In Mc. 14,58 (--7
x, coll. 947 s.) 210 l'enunciato si accosta a
E. I L NUOVO TESTAMENTO un dualismo antropologico; ma, analo-
La visione di tipo unitario dell'A.T. gamente a quanto accade nel giudaismo
influisce for temente sul N.T., come si (--7 1300 s.) e in Filone(~ col. 1322),
vede già esteriormente dal fatto che il ciò che si contrappone alla carne non è
plurale crtl.pxEç, frequente anche nei più una possibilità umana, bensi l'ope-
LXX e negli apocrifi giudaici (--7 n. 84), ra di Dio. Con carne e ossa {~ coll.

210 In quanto glossa tardiva eliminato da BRAUN, op. cit. (~ n. 209) u5 n. 4.


132 9 ( vn,124) O'apl; E I r - II x (E. Schweizer)

1268.1275 s.1315) Le. 24,39 (~ x, coli. mo 'egli'. Come nell'A.T. lJ;ux1i e C'apt,
998 s.) indica la sostanza dell'uomo ter- sono ancora intese come designazione
reno. Si stabilisce un'antitesi tra realtà di tutto l'uomo.
corporea e realtà incorporea 211 • Si ten-
gono presenti entrambe le possibilità, II.Paolo
che tuttavia non qualificano l'uomo, per-
I. o-apt, = corpo
ché il passaggio all'assenza di corpo non
significherebbe per sé la salvezza (~ uapç può indicare semplicemente la
parte muscolosa del corpo(~ coll. I267
col. 1320).
s.), come per es. nell'immagine della spi-
na nella carne (2 Cm·. 12,7) 213 • Il termi-
2. Gli Atti degli Apostoli
ne non compare mai in Paolo nel nesso
A prescindere da due citazioni (2,17. «carne e ossa»(~ coli. r328 s.). Anche
26) rimane da menzionare solo 2,31 212, quando è usato nel senso consueto, de-
dove dal passo citato in 2,26 si deduce signa sempre tutta l'esistenza fisica del-
l'incorruttibilità della cr&.pç di Gesù (~ l'uomo 214 • Così anche in ·r Cor. 15,39,
col. 1320). Va notato che non si ripren- nonostante la concezione a mo' di so-
de invece il termine \jiux1J (v. 273 ). L'au- stanza, non s'intende solo la patte mu-
tore dunque evita la ovvia suddivisio- scolosa del corpo(~ x, coli. 1013 ss.) 215 •
ne dell'uomo nelle parti complementari In Gal. 4,r 3 la aui)ÉVEL<L -.fjc; cra.px6c;
e non contrapposte cr&pç e lJ;ux1J . In probabilmente è una debolezza del cor-
luogo della \jiux{] della citazione abbia- po, cioè una malattia 216, e la cr&.pç µou

211 ~ col. 1291. Nel mondo ellenistico: Phi- morto abbiamo xpÉm; in Rom. 14,21; 1 Cor.
lostr., vit. Ap. 8,12 (in KwsTERMANN, Lk.) 8,13 (~ col. 1270; nn. 16.168.207).
e soprattutto Luc., vem historia 2,12: i beati 215 J. HÉRING, I Corinthiens, Commentaire du
sono impalpabili e senza carne e ossa, benché N.T. 7 (1949) ad l. : uso 'chlmico' del vocabo-
l'assenza di corpo sia in essi constatabile solo lo (accanto a quello mornle, genealogico, bfo-
attraverso il tatto. logico e sociale). Comunque Paolo evita sem-
212 Una variante secondaria in 2,30 corrispon- pre il termine quando si tratta di piante e
de, nell'uso del termine, a Rom. 1,3 e 9,5 (~ corpi celesti, perché aO:pl; include anche il
coll. :r333 s.). concetto della corporeità 'muscolosa' {-7 col.
m Anche se con PH.MENOUD, L'écharde et :r338). Per le piante Paolo parla di awµix, per
l'ange sataniquc, in Studia Paulina, Festschr. i corpi celesti di 1ì61;a.. Mentre in caso di
J. de Zwaan (1953) 163-171 vi si scorge il do- necessità Paolo potrebbe usare questa espres-
lore per l'incredulità d'Israele e non una ma- sione anche per i corpi terrestri (v. 4ob), non
lntti~ che affligge il corpo, q6;p1; resta deter- potrebbe mai, come faranno gli autori succes-
minata dall'immagine, non dal senso trasla- sivi (~ coll. :r319 s.), parlare di <Tap!; celeste,
to. O. GLOMBITZA, Gnade - das entscheidende cosi come la comunità non viene mai designata
'Vort: Nov Test 2 (1959) 281-290 intende con questo termine quale «corpo di Cristo»
aapl; nel senso di esistenza ( :::: la precedente (~col. 1361). ~ RoBJNSON 17 n. 2 sottolinea
attività persecutoria di Paolo). però che qui <Tap!; non si può distinguere so-
214 Perciò in questi termini si indica sempre stanzialmente da uwµa. .
la persona vivente. Per la carne di animale 216 Probabilmente con MouLTON 172; BL.-
o-cip!; E II 1 (E. Schweizer) (vn,125) 1332

(v. 14) è il fisico malato di Paolo, la l'esistenza terrena di Paolo.


sua esteriore forma fenomenica (~ IX, Ci si chiede se si voglia dire che -do-
col. 1440) 217 • Viceversa, in Rom. 6, po la morte la forza di risurrezione di
Gesù si manifesterà - nella W'l'}"t'lÌ
l 9 la stessa espressione indica la de-
cr&:pç 221 • Peraltro, in questo caso si do-
bolezza della conoscenza. crap!; pertanto vrebbe intendere che essa scomparireb-
non solo include le facoltà spirituali, be nella nuova condizione e ne verreb-
ma talvolta può averle come contenu- be assorbita 212 (~ col. 1339). Ma que-
sta prospettiva emerge solo al v. 14. Il
to quasi esclusivo, come in altri casi v. II, come mostra il v. IZ, significa che
può indicare solo quelle corporali 218 • Se- la vita di Gesù si m::inifesta proprio nel-
condo 2 Cor. 7,5 ii cr~pç i]µw'll equiva- l'attuale condizione mortale dell'Apo-
stolo e precisamente in modo che pro-
le a 1)µEi:ç e comprende espressamente prio le sue tribolazioni procurano alle
anche gli affanni interiori (~ x, col. comunità questa vita di Gesù. Precisa-
1053), anche se qui in primo piano ab- mente attraverso l'impotenza del mes-
biamo la tribolazione esterna (diverso è saggero l'annuncio acquista la sua for-
za. Non è la fuga :filosofica dalla corpo-
H caso in 2,13). Analogamente in r Cor. reità (~ col. 1322), che anzi Paolo ac-
7 ,28 crocp!; indica tutto l'uomo esposto cetta perché sa che solo con essa il suo
alla l>À-~\fitç fisica e spirituale. 2 Cor. 7, annuncio diventa credibile. Questa sua
219 terminologia è possibile perché secondo
I probabilmente è una glossa , tutta-
l'Apostolo l'uomo non è in linea di prin-
via il popolare binomio '!t\IEvµrx. xrx.t cipio un microcosmo chiuso in se stes-
crocp!; non sembra del tutto impossibile so, ma è ciò che è per la sua relazione
con Dio e con chi gli è dato da Dio, la
in Paolo(~ x, col. 932 n. 335). In ogni
comunità. È necessario quindi sottoli-
caso non si distingue nell'uomo una par- neare più la creaturalità che la materia-
te migliore da una peggiore. Ambedue lità corporea, che si limita a descrivere
sono minacciate dalla contaminazione, il modo di questa creaturalità 223 •
entrambe possono essere purificate 220 • In 2 Cor. 10,3; Gal. 2,20; Phil. l,22.
In 2 Cor. 4,II la l>VTJ"t"IÌ crocpç designa 24 ( È\I) crapxl indica semplicemente la
DBBR. § i:z3,3 appendice, non si deve inten- go di o-a.·w.vri..c, non è paolino. L'ammonizio-
dere «tra debolezza» (Vulg., Padri della chie- ne di I Cor. 5,10 è, per il contenuto, del tut-
sa), ma «per debolezza»: essa lo ha trattenu- to inattesa. Contenuto e forma corrispondono
to presso i Galati. invece nl gruppo trattato in ~ x, coli. 932 s.
217 S'intrecciano due costrutti: «non mi avete Cfr. BuLTMANN, Theol. 202 n. r (§ 18,3).
disprezzato» e «non siete caduti nella tenta- 220 Cfr. r Cor. 5,3; 7,34; Col_2,5 (solo qui
zione di disprezzarmi» (LlETZMANN, Gal., abbiamo o-ap~), ~ x, coli. 1053 ss.
ad l.). 221 Secondo LmTZMANN, Kor.', ad l.
21s ScHLATTER, Rom, ad l. ritiene che si trat- Z22 Cfr. KiiMMEL, in LlETZMANN, Kor. 4, od l.:
ti di dcbolev.a morale: «dico cose umane» = n\le:uµa non è comunque il 'nucleo' dell'uo-
fa debolezza della carne non le mette in prati- mo terreno.
ca. Ma &:11frpwm\lo\I À.Éyw va certamente inte· m K. STALDER, Das W erk des heiligen Gei-
so secondo 3,5. stes in der Heiligrmg 11ach der Lehre des A-
219Il contesto 6,3/7,2 viene notevolmente tur- postels Paulus, Diss. Bern, inedita (1959) n.
bato nei due punti di sutura. Bi;.À.tap in luo- 394·
1333 (vn,125) uupl; E Il 1-2 (E. Schweizer) (VII,I26) 1334

vita terrena nella sua globalità 224 , che provvisoria. Esso è determinato dalla
non per questo viene disprezzata. Pro- successione naturale delle generazioni.
prio in essa è offerta all'uomo la pos- Entro questa sfera Gesù è il Messia da-
sibilità di vivere non secondo la carne, vidico; ma l'evento determinante avvie-
(-7 col. x344) morto alla legge, per Dio ne solo nella sfera dello spirito 225 •
nella fede, di compiere il servizio per Quando la uapl; descrive la sfera terre-
Cristo. Infine anche la O'ap!; conse- na nell'aspetto dell'interdipendenza del-
gnata alla corruzione (I Cor. 5 ,5) in- le generazioni, abbiamo un uso lingui-
dica tutto l'essere teneno (-7 x, coll. stico ovvio, poiché nel giudaismo il ter-
1055 ss.). Per questo motivo O'ap!; (Gen. mine indica la parentela(~ col. I286).
2,24) può essere assunta da Paolo in- Anche in Rom. XI ,14 il singolare in-
sieme con crwµIX. (I Cor. 6,16) (-7 x, tende la totalità dell'Israele terreno-na-
coli. 1009 ss.; rnr2 ss.). zionale. In una serie di passi che parla-
no di questa unità nazionale o-api;
acquista un significato più vasto. In
2 . 11'ap!; in quanto sfera terrena
Rom. 9,3 già il concetto di cruyyE\IEt<;
Come mostra Rom. 1,3 s. (-7 x, coll. indica la parentela. L'aggiunta X~'tà
1002 ss.), Paolo fa suo un uso linguisti- <rapxa (-7 coli. r 335 .1358) 226 distingue
co che - come Is. 31,3 e il giudaismo (-7 quindi una parentela all'interno dei rap-
col. 1291) - contrappone la sfera terre- porti terreno-umani da un'altra paren-
na della 116.pl; a quella celeste dei 7t\IEV- tela. <rap!; sta in luogo della sfera del-
µ1X.'toc o del 7WEuµa. L'ambito della O'ap!;, l'uomo che, pur non essendo negativa,
in questo contesto, non va considerato non ha importanza determinante ai fi-
la sede del peccato e dell'ostilità a Dio, ni della salvezza. Lo stesso vale per
ma semplicemente la realtà limitata e Rom. 4,1 m; 9,5 (-7 n. 238) 228 e 9,8.

224 BULTMANN, Theol. 231 s. (§ 22,2) dall'in- BERT, Zwei Messiasse aus dem Regelbuch vo11
consueto Èv deduce che qui riaffiora la conce- Chirbet Qumran: Judaica I I (1955) 234; J.
zione ("' KiisEMANN ro3-105: gnostica) della LIVER, The Doctrine of the Two Messiahs in
sfera, in par. con ÈV -n;vevµa-c~ ("'qui sopra); Scctarian Literatttrc in the Time o/ the Se-
tuttavia l'espressione è già presente in am- cond Commonwealth: HThR 52 (1959) r49-
bito giudaico("' col. 1293; n. 178; col. 1383). 185.
225 Ci si può anche chiedere se u&.pl; non in- 226 Non è del tutto esatto che xa.'t'à. u&.pxa.
cluda la sfwnatl!ta della bassezza. In questo ed Èv ua.pxl siano esclusivamente di Paolo
caso nell'A.T. David sorebbe stato inteso c<r (-7 LOHMEYER 31), -7 nn. 177,224; col. r325.
me servo di Dio, dr. E. SCHWEIZER, Ernied- lI1 Che Abramo anche per stirpe sia ante-
rigung und Erhohung bei ]ems 11. seinen nato dell'Apostolo è forse ribadito per-
Nachfolgem (1955) 56. Ma 'Figlio di David' ché secondo alcuni rabbini nl proselito si
esprime piuttosto un grado preliminare di ec- negava il diritto di chinmarlo padre (MI-
cellenza. Una lontana analogia è offerta dalla CHEL, Rom., ad l.) e perché in seguito tale di-
subordinazione del Messia davidico a quello stinzione fu tolta. Collegato al verbo, xa-clZ
sacerdotale nei testi di Qumran, dr. K. ScHU- u&.pxa. non ha un senso plausibile, a meno
I335 (vn,126) cr&:p!; E n 2 (E. Schweizer)

Certo ci si potrebbe chiedere a questo definisce solo in ragione di questa ori-


punto se crapç ed È7ta.yye'ì.la rappre- gine. Tuttavia il contesto non tratta que-
sentino ciascuno una forza generatri- sto problema, e non è un caso che non
ce 229• C'è tuttavia da tenere presente sia stato formulato il concetto opposto
che nel passo parallelo di Gal. 4,23.29 di o 'Icrpa"Ì]À. :xai:cì 7t\1Euµa. 732 • Anche
(-7 coll. 1345 ss.) compare sl la formula- qui a-ap~ è dunque la sfera terreno-uma-
zione otà i:Tjc; É.7ta.yye'ì.lac;, ma non il na in sé neutrale, della quale Paolo di-
parallelo &&. 't'tjc; <rapx6ç (-7 x, col. ce che non vi si trova salvezza. Vera-
1036). Anche altrove in Paolo <r&:pç non mente negativo xa.'t'&. cr&:pxa diventa so-
si presenta mai come forza generativa. lo quando è determinato da un verbo
Perciò anche in Rom. 9,8 il genitivo in- (-7 coli. I 344 ss.). Allo stesso modo i
dicherà la sfera a cui appartengono i fi- crocpo~ xa:i:&. cr&.pxa di I Cor. l,26 sono i
o
gli 230 • 'fopa:T1'ì. xa't'&. a-apxoc (I Cor. saggi nel mondo terreno secondo cate-
10,18) è l'unità nazionale terrena (-7 gorie umane. Ciò non esclude affatto
1v, coli. n87 s.) a cui ciascuno appartie- che essi posseggano anche la sapienza
ne jn virtù della sua provenienza natura- di Dio, perché è senz'altro possibile es-
le. Diversamente che in Rom. 9,5 231 , ac- sere saggi in tutte e due le sfere. Nella
canto a questo c'è ovviamente anche un comunità però si trovano solo pochi
altro Israele (Gal. 6,16; cfr. Rom. 2,29; che sono saggi secondo la carne 233 •
Gal. 3,29; 4,29; Phil. 3,3). All'espres- Philm. 16 è l'unico passo in cui .crapç e
sione potrebbe essere collegata una de- xuptoc; sono legati da un xal 234 • Anche
terminata valutazione: è l'Israele che si in questo caso cr&.pt; designa l'ambito

che non si congetturi un dpy6.cr~a.~ (R. R. 23l Il v. 18 è un inciso che intende solo chia-
WrLLIAMS, A Note on Romans 4.r: ExpT 63 rire il concetto di xowwvla.. Il v. r9 apporta
[1951/52) 91 s.). una nuova considerazione in merito al proble-
2.28 -rò xa.Tà u&:pxa è formulato per limitare ma aperto col v. 14. Quindi l'Israele del v.
la precisazione di è!; &v ... ed evitare l'equivo- x8 viene ad essere quello stesso che al v. 1 è
co di ritenere Gesù Messia solo XO'.Tb. crapxa;. detto ol 'l':O'.TÉpEc; 1]µWv; cosl intende, ad es.,
Implica dunque fa possibilità di un'altra con· HÉRING, op. cit. (~ n. 215) ad l., ed anche H.
siderazione (~ RoBINSON 21). VON SoDEN, Sakrame11t und Ethik bei Pauliis,
229 Cosl C. H. Dono, Tbe Epistle o/ Pari/ to in Urchristentum tmd Geschichte I (1951) 246,
the Roman:r (1932) ad l., e similmente anche che riferisce il v. x8 all'episodio del vitello
LmTZMANN, Rom., ad l. d'oro, cosa che però è improbabile. II contra-
230 Cosl MICHEL, Rom., ad l.; ma va notato sto con !'«Israele di Dio» sarebbe un po' più
che la sua parafrasi («coloro che pensano uni· forte se ci si riferisse all'Israele contempora·
camente secondo la loro discendenza terrena») neo.
è forse troppo dipendente da Gal. 4,23.29. In m Il valore relativo delle virtù umane non
questo passo non si dice ancora nulla sul loro è mai detto crap!;; in I Cor. 6,5 c'è solo ITO<p6c;
atteggiamento interiore. Paolo intende dire (~ WENDT 171). crap!; compare sempre quan-
che essi sono figli di Dio non già perché di- do In sfera divina esplicitamente o implicita-
scendenti fisicamente da Abramo, ma p erché mente viene contrapposta come veramente
sono sotto la promessa. determinante.
231 Qui manca -r6. 234 LoHMEYER, Philm., ad l.
1337 (vn,127) O'apl; E n 2-3a (E. Schweizer) (vn,u8) 1338

dei reciproci rapporti puramente uma- col. r 362) 237 • Ma l'antitesi determinante,
ni, a prescindere dal fatto che lo schia- come nell'A.T., è quella fra Dio e uo-
vo e il suo padrone in quanto credenti mo. Come X(X:roc 7tVEuµa può essere so-
rientrino anche nella sfera del Signo- stituito in 2 Cor. II,17 da xa"tà xupiov,
re 235 • In questo caso non si tratta di così xa."t'èt cr6.pxa può essere sostitui-
rapporti di parentela, ma di rapporti so- to in I Cor. 3,3 da XCl"t'OC avltpW7tO\I . Co-
ciali ed è molto chiaro che le due sfe- sì anche in I Cor. 1,24-26 la sapienza di
re non si escludono a vicenda. Tuttavia Dio si contrappone a quella della O"ctp~
l'ambito della crap!; non è quello deter- (cfr. 2 Cor. 1,12) e in 2 Cor. ro,4 la po-
minante. Esso abbraccia tutta l'esisten- tenza di Dio ai crapx~xà. o7tÀ.oc. In Rom.
za umana, le funzioni corporali e quelle 9,8; Gal. 4,23.29 la promessa è la forza
spirituali, senza però tener conto del do- che si contrappone alla crtip~ 238 ( ~ col.
no di grazia della fede nel xupioc;. L'e- 1343 ). Come, per Paolo, l'eone futuro
vento rivelatore è inteso come qualcosa penetra già nella comunità di questo
che non va considerato a partire dal- eone, cosl qui l'ambito di Dio può e-
l'uomo, ma penetra in esso dall'esterno. mergere all'interno della sfera umana.
Questo uso linguistico corrisponde Questa prospettiva va intesa alla luce
in larga misura a quello veterotestamen- dell'antitesi veterotestamentaria fra il
tario(-> col. 1291), come prova il fatto creatore onnipotente e la creatura debo-
che la distinzione tra corporale e spiri- le. Tuttavia s'intravede già una distin-
tuale non ha alcuna importanza. Man- zione di principio che trascende questo
cano anche le distinzioni locali 'sopra' e contrasto (~ coll. 1341 ss.; x, coll.
'sotto' (~ n. 302). Vi si congiungono 1035.1040 s.).
piuttosto dati temporali. In I Cor. 2,6;
~,18 s. questo eone o questo x6uµoc;
può indicare ciò che in I Cor. l,26 è
detto cr&.p!; 236 • Le potestà spirituali di a) Quanto abbiamo detto trova con·
carattere demoniaco rientrano senz'altro ferma nell'uso paolino di queste formu-
neJla sfera della crocp!; (-> nn. 174.302; le stereotipe. crà.p!; xa.ì. alµa (~ col.

2lS DrnELIUs, Ge/br., ad l. con LIETZMANN, reità (~ n . 215).


Rom., excursus a Rom. 8,n: «in quanto uo- Supposto che i}E6ç in Rom. 9,5 si riferisca
2..18
mo e cristiano». a Cristo (cfr. O. CuLLMANN, Die Christologie
des N.T. [1957] 321; CREMER-KOGEL) anche
236 Cfr. anche ~ x, coll. 1017 ss. Ulteriori pa-
in questo caso la divinità del Cristo glorioso
ralleli tra O'apl; e x6aµoç in BULTMANN, Theol.
sarebbe contrapposta alla CT6:p~ della realtà
231 (§ 22,2).
terrena. È vero che per Paolo ciò non sarebbe
237 Peraltro non vengono mai designate col impossibile; ma poiché egli non conferisce mai
termine O'apl; (diversamente ~--col. 1377). Non questo titolo a Cristo, è più probabile che la
s'è quindi ancora perso il concetto di corpo- dossologia si riferisca a Dio.
1339 (vn,128) cr6.p~ E n 3a-b (E. Schweizer) (vu,128) 1340

1292) in Gal. l,16 e Mt. 16,17 (~col. Si tratta comunque solo di una distin-
1328) designa l'uomo in quanto tale, che zione categoriale. A differenza di quan-
to avviene nel pensiero greco, non si se-
può trasmettere opinioni teologiche, e- para una parte imperitura dell'uomo da
sperienze religiose o tradizioni ecclesia- una caduca; anzi, Paolo intende affer-
stiche. Anche in questo caso il contrap- mare che la nuova condizione è comple-
posto è Dio stesso quale rivelatore. tamente diversa, è un inesprimibile do-
no di Dio, una realtà miracolosa (~ x,
Manca completamente l'aspetto di real- coli. ro14 ss.). Paolo non nega che si
tà soggetta a peccare. Molto più diffici- tratterà di un~ o-wµa, ma non parla cli
le invece è valutare r Cor. 15,50. r;à.pç xa.t a.lµa quasicché di essere uma-
namente comprensibile e immaginabile,
o-&.pç 'X.CX.t a.tµa. vanno distinti da cpi)o- di un prolungamento logico della condi-
pct? La risposta sarebbe affermativa se zione attuale 243 •
il v. 50 andasse riferito ai vv. 51-55 239 •
In questo caso i vv. 36-49 rispondereb- o-à.ps xa.t atµa dunque descrive an-
bero alla domanda: «Con quale cor- che in I Cor. 15,50 l'uomo intero nella
po?» (v.35b), i vv. 50-55 alla doman- 244
da: «Come?» (v. 35a). o-àpç :>eaL al:µa totalità delle sue funzioni • Si tenga
sarebbero al1ora gli uomini viventi al presente però che ~acr~À.Elav ì}Eou Y.À.'l")-
momento della parusia, mentre con cpì}o- povoµE~'\I è una formula 245 che ritorna
pcl. si intenderebbero i morti 2-w. Tutta- solo in I Cor. 6,9 s.; Gal. 5,21 in conte-
via la distinzione dei vv. 51 s. non si può
più mantenere nei vv. 53 s. 241 • Il µuo--ti}- sto etico-tradizionale e, nel secondo dei
p~cw del v. 51 (~VII, col. 702) notifica due passi, in un enunciato riguardante le
un nuovo mistero finora non menziona- opere della craps. Si può dunque presu-
to. Ma allora o-ckpç xat a.tµa sta in pa-
mere che per Paolo la o-apç di I Cor. 15,
rallelo con cpìTopcX. e in quanto conclude
i vv. 36-49 (~col. 133o)vainterpretato 50 implichi non solo l'idea della caduci-
alla luce di essi. Nel passo in questio- tà ma anche la precarietà dell'uomo di
ne Paolo deve polemizzare con avversa- fronte alla tentazione (~ coll. l30I s.
ri che ragionano esclusivamente in ca-
tegorie sostanziali, perciò conferisce a 1321 s.1351 ). Tuttavia il contesto non
cràpç xat a.tµa ( ~ col. l 3 72) il valore lo dice e non si può quindi dimostrare.
di sostanza 242 • o-apç è la qualità che di-
stingue il terreno dal celeste (vv. 48 s.). b) Una nuova sfumatura compare nel-

239 &.oEMj>ol si trova facilmente all'inizio di un 242 BuLTMANN, Theol. 189 (§ r7,r). Cfr. ~ n.
brano, ma con altrettanta facilità si trova an- 215.
che nel riepilogo finale, per es. I Cor. 7,24; II, 241 La distinzione proposta da ~ ScHAUF 56-
33; 14,39. 58, secondo cui il corpo di risurrezione è sl
2.io Cosl J. }ER!lMIAS, Flesh and Blood ca11-
sostanza carnale in continuità col corpo ter-
11ot inherit the Kingdom o/ God: NTSt 2 reno, ma non possiede più qualità carnali, è
valida solo per la parte negativa.
(1955/J6) 151-159.
244 Lo si coglie anche dalla forma al singola-
m Comunque (jl0ctp't6ç in Rom. 1,23 non è re, forse originaria, dcl verbo; cfr. JEREMIAS,
riferito all'uomo morto, ma al vivo; è quindi op. cit. (-7 n. 240) r5I.
usato come equivalente di bvi)-.6ç. 24S Di solito Paolo dice ii ~a.<TLÀWl °'oii i>Eoii.
1341 (vu,128) o-api; E II 3b-4 (E. Sc:hweizer) (vn,129) 1342

l'uso di -r-fio'a, crcip~. L'espressione ri- le si effettua la vera determinante cir-


corre in Rom. 3,20 e Gal. 2,16, in una concisione, in sintonia col modo d'e-
citazione di ~ 142,2 in sostituzione di sprimersi dell'A.T. e del giudaismo 248 •
7t&<; swv 246, oltre che in I Cor. r,29 247 • Ma questo contrasto, in cui <rapt; indi-
In tutti e tre i passi si afferma che 7tii- ca solo la realtà esteriore dell'uomo ma
cr« <Tap~ non è giustificata o che non non ne tocca l'interno, acquista in Pao-
può menar vanto di fronte a Dio. Évw- lo un tono completamente nuovo che
mov 'tOV i>Eou o ctu'tov è espresso in esprime la particolare istanza dell' Apo-
Rom. 3,20 e I Cor. 1,29, mentre è sot- stolo 249 • Nel contrapporre la <Tci.pl; qua-
tinteso in Gal. 2,r6. L'espressione quin- le cpctvEp6v 250 al xpU1t't6V, non si limita
di si impone a Paolo quando egli consi- a formulare il concetto in una termino-
dera l'umanità come soggetta al giudi- logia diversa; infatti col <flO'..VEp6v l'uo-
zio di Dio e senza la possibilità di van- mo cerca la lode da parte degli uomi-
tarsi davanti a lui. È chiara la remini- ni. Ciò significa che la <Tcipl; acquista ca-
scenza di Gen. 6,r2 (-7 n. 246). Come rattere negativo perché diventa l'ogget-
nel giudaismo (-7 coll. r299 s.r32r), il to che l'uomo può mostrare, di cui può
contrasto fra le due sfere acquista cosl vantarsi (vv. 17.23). Viene cosl alla ri-
una tonalità nuova. balta anche il concetto di ypci.µµa. (vv.
27.29) (-7 II, coli. 664 ss.; x, col. 1036).
Peccato non è quindi la crcipl;, ma il ri-
4. cr&.p~ quale oggetto della fiducia
porre fiducia in essa. Pwbabilmente an-
In Rom. 2,28 <Tap~ in primo luogo che Gal. 6,r2 s. rientra in questo conte-
non è che il membro del corpo su cui sto. La ùµe:•~Pct <Tap!;, di cui gli eretici
si effettua la circoncisione (-7 coli. I 2 90. vogliono vantarsi, non può essere che la
1381). Perciò il suo opposto non è, ad carne della circoncisione 251 , che a sua
es., il 'lt\IEuµcx., ma la xapola., sulla qua- volta svolge il suo ruolo negativo in

246 Testo ebraico: kol-f;iii; cfr. Gen. 6,12; Phi- ~ n.347.


lo, Deus itnm. 140-142 e soprattutto PHILO- 249 Anche Hebr. 9,9 s.; rn,22; I Petr. 3,21 par-
NENKO, L'origine cssé11ie11ne des cinq psaumes tono dalla consueta antitesi fra purificazione
syriaques de David: Semitic:a 9 (1960) 38: esteriore e purificazione del cuore o della co-
«III 10: senza giustizia è davanti a te ogni scienza. Anche in Hehr. 9,10 è sviluppata que·
carne». sta contrapposizione, ma in modo tipicamen-
247 = 't't.<;: Epb. 2,9 e~ RoBINSON 18). te diverso e~ c:oll. 1373 s.).
248 L'antitesi di o-api; e xa.plìla. a proposito 250 H. SAHLIN, Ei11igc T exteme11datio11e11 zum
della circoncisione si trova anche in Ier. 9,25 Rom: ThZ 9 (1953) 95 s. cancella il secondo
LXX; Ez. 44,9; cfr. 4' 72,26; per la circonci- È\/ -;~ q>l'X.VEP4'.J.
sione del cuore ~ x, coli. 58.64 e I Qp Hab 251 LIETZMANN, Gal., ad l. pensa a un doppio
n,13; cfr. Lev. 26,41. Iuh. r,23 l'attende qua- senso: «di una vittoria esteriore sopra di voi»
le fenomeno escatologico. Cfr. 1a critica alla e <!dell'operazione sul vostro corpo». Conside-
circoncisione limitata alla carrie: Ptolemaeus, rati i numerosi paralleli (~ col. 1290), la pri-
ad Floram; Epiph., baer. 33,5,n (GCS 25) e ma interpretazione è improbabile.
1343 (vu,129) c:rapt; E II 4-5 (E. Schweizer) (vn,130) 1344

quanto oggetto di vanto. Anche al v. 12 sino la nuova fiducia è opera di Dio 256
Paolo intende probabilmente la stessa (~ x, coli. 1035 ss.).
cosa 252 , ma l'espressione potrebbe an-
che significare solo: davanti a uomini 253 ,
5. xa•à <rapxa. con un verbo
oppure: nell'ambito della <rapi;, cioè di
considerazioni terrene, non divine 254 • Quanto abbiamo detto acquista parti-
Paolo l'avrà scelta già pensando al v. colare intensità in 2 Cor. ro,2: f.v <rap-
13, ma l'espressione può essere intesa xt 'ltEPL'ltanrv significa semplicemente
anche in senso più generale. esistere sulla terra, nella corporeità u-
Particolarmente importante è Phil. 3, mana (~ 1333 ss.). Ciò vale per Paolo
~ s. Qui crap!; implica nuovamente (~ come per chiunque altro. Ma è errato o-
coll. 1333 s.) anzitutto la discendenza na- rientare il pensiero alla o-&.pt;, vivere
turale dell'israelita, ma anche il farisei- non più attribuendo alla O'apt; un valo-
smo, lo zelo per la legge, la giustizia re neutro ma considerandola come nor-
legalistica 255 , perciò anche le funzioni ma: il XCX."C'IÌ. O'apxa. 'ltEPL'lta.'t'Erv O O''tpa-
spirituali e religiose dell'uomo. Queste 't'EVE<Ti}aL 257 • Il pensiero paolino risulta
cose in sé non sono malvagie; peccato con chiarezza da 2 Cor. 11,18: una vi-
è invece il porre fiducia in esse. Per- ta del genere è un xauxéicri>at xa.-cà
tanto in questo passo il concetto diret- o-6:pxa (~ v, col. 301 n. 39) 258, un me-
tamente contrapposto a <rap~ è XptO'"C'Òc; nar vanto in cui l'uomo tiene conto so-
'l'l)o-ouc; (~col. 1338). La rivelazione in lo di ciò che può essere mostrato e che
Cristo della giustizia proveniente da ha valore davanti a uomini. A questo
Dio riduce tutte le altre cose a 1'.;riµla atteggiamento si contrappone un discor-
(vv. 7-9) (~ m, coli. 1525 s.). Esse non so XG.'t~ XVpLOV (V. 17) che tiene in con-
sono malvagie, ma non possono più ri- siderazione ciò che piace a Dio ed ha
scuotere fiducia, sorreggere la vita. Per- valore davanti a lui. Anche il ~ouÀ.EVE-
252 questo particolare non va spiegato nel senso
Secondo SCHLillR, Gal., ad 1., che però ri-
tiene possibile anche un doppio senso. di un netto rifiuto di fantasticherie gnostiche,
253 Cfr. PREUSCHEN-BAUER', s.v. EIÌnpocrwnELV, che vorrebbero cancellare l'tv cra.pxl (ibid.);
254 Cfr. LIETZMANN, Gal., ad l. infatti la stessa contrapposizione ritorna, quan-
to a contenuto, in Gal. 2,19 s., e lv O'a.pxl de-
255 crap~ è in definitiva tutto all'infuori di scrive spesso in senso neutro la vita terrena;
Cristo, dr. J. CALVIN, Corp. Ref. 80 (1895) con un verbo, invece, xa.-rà crapxa. illustra
ad/. Per il parallelo con 2 Cor. u,18.21 cfr. sempre un errato indirizzo della vita. In que-
W. ScHMITHALS, Die Irrlehrer des Phil.: sto caso, come indicano i versetti successivi, si
ZThK 54 (1957) 316 n. 4. intende soprattutto una fiducia in armi che so-
256 Naturalmente sì deve leggere i>Eov, non no troppo deboli e vengono meno (dr. -+
i>Eéii, cfr. LoHMEYER, Phil., ad l. RoBINSON 20).
257 Questa contrapposizione fra lv e xc.n&.
258 Come sempre in Paolo (17 volte + una
non si trova altrove in Paolo, cfr. W. ScHMIT· volta in Col. e una in Eph.) xa.-r~ cr&.px('.( va
HALS, Die Gnosis in Korinth (1956) 80. Ma letto senza articolo (contro i codd.B~).
1345 (vn,130) cr6:p!; E II 5 (E. Schweizer) (vu,131) 1346

crì}a.~ xa."tÙ. o-ci.pxa. di 2 Cor. 1,17 è il 1036 s.) si riferisce a un generare che ha
calcolo che tiene conto solo dei dati u- avuto luogo solo in vista di possibilità
mano-terreni, non della volontà del Si- umane, e non in vista della promessa.
gnore. Ciò vale anche per il tanto di- E poiché in questi termini per Paolo si
scusso passo di 2 Cor. 5,16. Qui xa.-tà raffigurano due StaMjxa~ (-? 11, coll.
o-<ipxa si riferisce al verbo ytvwuxetv, 1082 s.), ciò rimanda a un nuovo aspetto
non al sostantivo Xptu-r6c; 259 • Nel con- della teologia paolina: la decisione di
testo Paolo si difende da chi si vanta orientare la propria vita secondo la
E.v -:tpotrw1t41 200, cioè di quei pregi che o-cip~ o secondo il Signore, la sua pro-
sono palesi e possono essere constatati messa e il suo spirito, evidentemente
da chiunque (v. 1 2 ) 261 • Egli non inten- non è una scelta isolata, provvisoria,
de più giudicare nessuno con questo me- soggetta ad arbitrio, ma è un atto fon-
tro. Il v. l6b mostra quanto assurdo damentale che determina tutta una vi-
sarebbe un tale comportamento w.. Il ta. Ciò è provato anche da Rom. 8,4.12
ytvwcrxe:w xa.,;oc crci.pxa. indica una co- s., dove la novità di vita è descritta co-
noscenza di Cristo secondo i criteri u- me rinuncia al 7tE'.p~7tct."t'E'.tV O SfiV Xtx"t'ct
mani, cioè conforme ai dati tangibili del a<Xpxa.. E se al v. 5 si dice invece: 'tÒ'..
Gesù storico, quando lo si considera una "t'fjç uapxòç cppove:i:v, ciò significa che
figura fra le altre 263 • In.fine ye:wéiv xa- s'intende appunto questo orientamento
'tà crcipxa. in Gal. 4,23.29 (~ x, coli. spirituale cosciente della vita alla sfera

259 Il problema non è di capitale importanza, no. Al v. 13 Paolo dichiara di conoscere un


(dr. BuLTMANN, Theol. 234 S 22,3); ma questo Èl;lcr-tau!ta~ ma solo davanti a Dio: il suo
sarebbe l'unico passo in cui Y.t1.'tà. uapxa. con- uwippovEL\I è per loro vantaggio (I Cor. 14,
ferirebbe un valore esplicitamente negativo 1 ss.); l'amore di Cristo lo trattiene da un
a un sostantivo. Anche la prospettiva globale entusiasmo del quale gli avversari credono di
sembra deporre contro tale connessione, e pa- potersi vantare: R. BuLTMANN, Exegetische
re che Paolo eviti l'espressione XpL<T'tÒ<; xa.-tà. Probleme des .2 Kor.: Syrobolae Biblicae Up.
u6:pxa. (~ n. 228). Cosl intendono anche A. salienses 9 (1947) 12-20.
0EPKE, Irrtuege in der t1et1eren Pa11lus/or-
262 W. ScHMITHALS, Zwei gnostische Glossen
sch1111g: ThLZ 77 (1952) 454: O. M1cHEL,
im .2 Kor.: EvTheol 18 (1958) 552-564 non lo
«Erke11neJ1 dem Fleische 11acb»: EvTheol 14
ritiene credibile, perché non è detto esplicita·
(1954) 22-29. Non è escluso che i lettori col-
mente (554). Pertanto, come in .2 Cor. 3,17,
legassero xa-tèt <Tapxa al sostantivo perché
pensa che si tratti di una glossa tardiva. Spesso
lo intendevano in senso puramente sostanziale
però le espressioni di Paolo sono dettate dal·
(ScHMITHALS , op. cit. [-+ n. 257] 69); ma
l'impulso.
ciò è dubbio, poiché nel resto di I Cor. uapl;
non riveste molta importanza. 263 Con ciò non si dice che Paolo abbia cono-
UJJ Év crapxl in Rom. 2,28 s., in entrambi i ca- sciuto il Gesù terreno. Lo ha anche conside-
si in antitesi a xa.p!ìla. Cosl anche in 2 Cor. rato puramente come figura storica, cioè qua-
II,18 il XOC'tà. <TapXct riprende il Xt1.'tà 'Jfp6· le fallito pretendente Messia, se ne ha senti-
<1Cù'l'CO\I ( l0,7). to parlare solo dopo la sua morte. Ciò tutta-
Ut Si tratta probabilmente del dono del di- via è escluso dall'attualit~ della salvezza nella
scorso libero, ispirato, che a Corinto era con· comunità, cfr. J. DUPoNT, G11osis (1949) 180-
siderato segno del possesso dello spirito divi- 186.
1347 (vn,131) <ri:Xp!; E II 5-6 (E. Schweizer) (vn,132) 1348

puramente terrena 264 • Ma anche in que- come si può osservare anche in altri ca-
sto caso è chiaro che ciò non si riduce a si (-7 n, coll. 1301 ss.; v, coli. 298 ss.).
una singola scelta affidata all'arbitrio Pertanto si fraintende Paolo se si pren-
dell'uomo, ma è la conseguenza dell'in- dono le mosse dal dualismo cosmologico,
dirizzo fondamentale di tutta la vita: il che egli senza dubbio conosceva 2IL>.
pensiero è conforme a un EL'Vcu. xa~à. Questa è la categoria del pensiero tar-
crét.pxa (-7 coli. r354ss.). do-giudaico (-7 col. I 2 9 I) ed ellenistico
(-7 col. 1268). Paolo ricorre alle conce-
zioni del suo tempo per esprimersi, ma
6. o-cX.pç in quanto soggetto del peccato
non intende questo schema in un sen-
In Phil. 3,J; Rom. 8,r3 s.; Gal. 4,23; so mitico in cui le sfere rappresentano
5,18 si può fare un'interessante osserva- ciascuna una potestà che signoreggia sul-
zione sul testo: il 'ltVEvµoc o l'btocyyi::- 1'uomo. Il nesso tipicamente paolino di
).,loc di Dio compaiono in dativo o col carne e peccato è quello che già s'era
OLét. strumentale, ciò che Paolo non fa individuato nell'A.T. (-7 col. 1287):
col contrapposto crcX.pt;. La o-cX.pç quin- peccato è l'atto umano di edificare sulla
di non è una forza che agisce alla stes- carne, che Gal. 6,8 designa come un se-
sa stregua del 'ltVEvµa, non appare mai minare nella carne. Se la cr&pç è fonte
come soggetto di un agire senza trovar- di cpitop&, ciò significa che essa è anzitut-
si all'ombra di un enunciato riguardan- to espressione di tutto ciò in cui l'uo-
te l'agire del nvevµa. 265 ; mentre vice- mo pone la sua fiducia. Ma, in paralle-
versa 1tVEuµa. compare spesso come sog- lismo antitetico con 7tVEvµoc, O"ap!; si av-
getto agente con o senza la presenza di vicina all'idea di una potenza che eser-
cr&pç nel contesto. Quindi l'orientamen- cita un influsso sull'uomo e determina
to tipicamente paolino è quello esposto la sua sorte anche dopo la vita terrena.
alle -7 coll. 1341 ss. ed è determina- A questo proposito si può individua-
to dalla mentalità veterotestamentaria, re una seconda linea concettuale che ol-

!hl In luogo di '"CCÌ -tljç crcxpx6ç Paolo può di· DAvrns 171 e H. BRAUN, Rom. 7,7-25 1111d
re -tà l1tlyna. (Phil. 3,19). das Selbstverstiindnis des Qumra11-F10111111en:
u.s Le formule di I Cor. l,29; l ,5,,50, oltre che ZThK 56 (1959) l-18 . Ciò vale anche contro
2 Cor. 7,5, naturalmente non sono un'eccezio- ~ ScHAUF 194-198, che considera Gen. 6,3
ne. La mancanza di cr&.pl; sorprende parti- (~col. 1306 e Pseud.-Philo, antiq11itates bibli-
colarmente in Rom. 5,12-21 (MICHEL, Rom. cae [ ~ n . 189] 3,2) e soprattutto Sap. pre-
121), ma vi manca anche 1tVEuµo:.. Lo stesso cursori di un dualismo fisico-escatologico che
vale in genere p.:r i primi capitoli di Rom. Paolo avrebbe trasformato in etico. Tutta-
Cfr. ~ Kuss 514.539 s. via egli nota anche che Paolo formula il con·
266 Paolo non dipende direttamente nemme- cetto di cr&.p~ in parallelo agli enunciati sul
no da Qumran (~col. 1298). L'uso linguistico 1tVEvµc<. (199). Secondo ~ KXsEMANN 105
che ivi si riscontra chiarisce soltanto lo svi- carne è qualcosa come un eone gnostico in cui
luppo ricordato alle ~ coli. 1348 ss. Cfr. ~ l'uomo vive.
1349 (vu,132) aapl; E n 6 (E. Schweizer) (vn,133} 1350

trepassa l'A.T. Paolo l'accetta solo con mica giudaica contro l'ellenismo. Ma
cautela e solo quale formulazione anti- Paolo può parlare anche - in modo com-
tetica rispetto agli enunciati riguardanti pletamente difforme dall'uso greco -
il 7tVEvµoc. Come colà il significato di delle Èm1'uµlaL 'tW\I :xapÙLW\I (Rom. l,
forza trapassa a quello cli norma (~ x, 24 ~ col. 1362). Soprattutto però in
col!. 1034 s.), cosl qui quello cli norma questi termini non si è disvelato che un
trapassa a quello di forza. La norma del- aspetto in cui si può manifestare que-
la cr&pç secondo la quale l'uomo orienta sta perversione dell'uomo. In Gal. 3,3
la propria vita diventa una forza che lo aap;d È1tL'tEÀ.Ei:crì}aL 2ff) indica l'esperien-
determina. È evidente che in questa si- za del legalismo e 4,8-10 attribuisce al-
tuazione Paolo mira a descrivere la per- la 'pia' osservanza delle feste lo stesso
versione dell'uomo nella cr<Xpç, da cui valore del precedente paganesimo. Solo
solo la potenza dello spirito di Dio lo nella Lettera ai Romani si è appalesata
può liberare. Carne e spirito non sono la colpa di chi si considera giusto se-
due potenze fra le quali l'uomo possa condo la legge. Quindi l'essere succubi
fare e rifare liberamente la sua scelta della cr6.p~ caratterizza sia il legalismo
(~ x, col. 1058). Gal. 5,I9 parla degli del fariseo sia l'immoralità del paga-
itpra -.-ijç cra.px6ç e li descrive tosto no m. Ma in questo caso il significato
con un tradizionale catalogo di vizi, in decisivo del termine non può essere
cui al primo posto stanno peccati ses- quello postepicureo (~ l28o ss.). cr&pç
suali, seguiti da mangiare e bere, odio e è per Paolo tutto ciò che è umano-ter-
discordia. Al v. 16 Paolo menziona an- reno, compresa anche la giustizia per la
che la Èmi)vµla crapx6ç '167 • In un analo- legge (~ 1342.1343). Ma poiché allet-
go contesto Rom. 13,14 si avvicina a ta l'uomo a confidare di potersi cosl
questa formulazione 268• L'uso linguisti- assicurare ed acquistar gloria, ciò per
co è certamente influenzato anche dalle Paolo talvolta assume il carattere di
formulazioni ellenistiche elencate alla una potenza che si contrappone all'azio-
~ n. 52, che sono entrate nella pole- ne dello spirito. La formulazione più

267Cfr. ~ SCHAUF 158-163; ~ KXSEMANN LOHMEYER 34.


8-16. Il passaggio da aapl; a uwµa in Rom. 269 Dativo cli modo; cfr. B1..-D!ll1R. § r98,5.
8,13 indica che Paolo può anche pensare a
ScHLIER, Gal., ad l. lo intende piuttosto in
vincoli e istinti corporali (MICHllL, Rom., senso strumentale.
ad l.). <rapi; è anche la carne fisica, la cui fine
costituisce del pari la fine della possibilìtà cli 2;0 Quando MICHEL, Rom., a 2,:z8 n. 4 vede
essere tentati (~ ScHAUF 84-86). Ma con ciò nell'antitesi 'lt\IEuµa/<rétp!; una tesi polemica
non è ancora enunciato quello che per Pao- contro il rabbinismo, opera forse un'eccessi-
lo è l'aspetto essenziale. va riduzione di significato rispetto a Gal. 5,13-
:ua La traduzione di Lutero, che riferisce la 24. È esatto quindi intendere l'antitesi sulla
negazione solo a Eì.ç Émi>ui.i'llXç, richiederebbe base di quanto viene esposto alle~ coli. 1341
forse <rwµu. in luogo di o-api;, contro ~ ss. Cfr. ~ col. 1328.
1351 (vu,133) a-&.p!; E u 6 (E. Schweizer) {vn,r33) 1352

netta si ha in Gal. 5,r3.r7, dove la crcip!; una potenza mitologica; Paolo infat-
è presentata come una potenza autono- ti con altrettanta proprietà può consi-
ma superiore all'uomo 271 • Tuttavia Pao- derare l'uomo stesso soggetto del <ppo-
lo sa che questa forza seduttrice che di- VEi:\I -roc -rijç <rapx6ç ·m. Si tratta perciò
stoglie da Dio e dal suo spirito non è del pensare proprio dell'uomo non an-
semplicemente una potenza estranea al- cora cristiano, che si rivolge contro Dio
l'uomo, ma appartiene all'uomo stesso. e quindi raccoglie frutti di morte. Que-
La soluzione gnostica, secondo cui per sto è anche il motivo per cui era fallita
un tragico destino la scintilla divina del- la legge (v.J) 274• Pertanto quando dice
l'uomo è stata sopraffatta dalle oscure che il Figlio di Dio si presenta È:v o-
potestà che ammaliano i sensi, non ri- µou:.iµa.-r~ crapxÒç aµap-çlcx,ç (~ VIII,
specchia la risposta di Paolo. L'uomo coll. 547 ss.) e Dio condanna il peccato
veterotestamentario si ritiene carne per- Èv 'ti] crapxl, Paolo si riferisce alla cor-
ché ha sperimentato di essere esposto poreità del Gesù terreno che fu crocifis-
alla malattia e alla morte, all'impene- so. Essa però si estende a tutto l'uomo
trabilità del suo destino, al nascondi- con le sue funzioni corporali e spiritua-
mento di Dio. Paolo conosce la condi- li; perciò non si contrappone a una real-
zione di chi è in balia di cose che si tà spirituale, ma a Dio Z15 •
sostituiscono a Dio. Ma tutto ciò è col- Peraltro questa prospettiva sem-
pa dell'uomo e non solo una tragica bra in contraddizione con Rom. 7,18.25
realtà. Analogo è il senso di Rom. 8,1- (~ III, col. 84), dove è ancora forte
r3 (~ 1346 ss.; x, coll. 1038 ss. ro42 l'influsso dell'uso linguistico ellenistico
ss. ro48 ss.) m. Una vita orientata alla che considera l'uomo secondo la sua na-
crcip!; è anche asservita alla ucip!; (v. tura e quindi nella sua dicotomia di cor-
12) e ne attua le aspirazioni (vv. 6 s.). po e spirito (vouç) 276 • Ma ciò che qui
Anche in questo caso non si pensa a Paolo vuol dire è qualcosa di compie-

Zil Ma già qui è presumibile che Paolo clichia· il fraintendimento docetico. Cfr. ~ Kuss 491-
ri espressamente che chi vive secondo lo spi- 496.498, che però sottolinea che la carne cli
rito è ancora esposto alla tentazione della Cristo e quindi la carne in genere fu annien-
<rapi;, ma non ne soddisfa i desideri (~ coli. tata.
1354 ss.).
m Cfr. ]. HU11Y, La vie danr l'erprit: Re- FT6 MrcHEL, Rom. a 7,14 pensa a un modello
cherches de science religicuse 30 (1940) 5-39. ellenistico-giudaico. Cfr. ibid. a 7,22 n. 2;
LmTZMANN, Rom., a 7,13 s. excursus; KUHN,
27J Cfr. 'tà: tnlyna. cppoVEt\I in Phil. 3,19.
op. cit. (~ n. u8) :zu; contro ~ WENDT
274 Paolo intende forse anzitutto chi abusa 1n-II4, cfr. ~ ScHAUF 103-105. Tuttavia va
della legge per fondare cosl la sua giustizia; seriamente considerata la probabilità che 7,25b
solo in secondo luogo pensa a chi trasgredisce sia una glossa tardiva: dr. R. BuLTMANN,
moralmente la legge. Glorsen im Romerbrief: ThLZ 72 (1947) 198
215 Pertanto Paolo può anche scegliere òµolw· s.; cosl pensa anche E. FucHs, Die Freiheit
p.a., senza sospettare nemmeno lontanamente der Gla11bens (1949) ad l.
1353 (vu,133) <Trtpl; E II 6-7 (E. Schweizcr) lVIl,13411354

tamente diverso. Sullo sfondo di Rom. mente nel suo opposto, in un agire se-
7 vi è l'esperienza del peccato dell'uo- condo la carne, per cui non è più possi-
mo non ancora cristiano. Ciò comporta bile distinguere momenti di volontà pu-
la frattura tra quel che nella realtà del- ra da altri, di azione sbagliata 279 • Ilvo-
la sua vita egli è, e quel che dovrebbe o lere del \louç, è semplicemente quel ro-
vorrebbe essere. In netta contrapposi- vescio dell'agire della a-cX.pt retrospetti-
zione al pensiero greco il \lo\ic; (-7 VII, vamente accertabile, alla cui luce tale
coll. 1056 ss.) non è una forza che possa agire risulta responsabile e colpevole.
governare o frenare temporaneamente o
completamente la crap!;, anzi, è un im-
7. La vittoria sulla a-O:p!;
potente osservatore m. La situazione è
così vera, che solo il credente riconosce Secondo Rom. 7,5; 8,8 s.; Gal. j,24 il
retrospettivamente questn dicotomia. credente non vive più nella <Tap~, l'ha
Pertanto queste espressioni intendono crocifissa. È un messaggio nuovo, tipi-
solo affermare che prima della conver- co di Paolo, ed è implicito tutte le vol-
sione, nonostante la sua migliore volon- te che si parla della vittoria di Dio, del-
tà, l'uomo è succube di un agire che la sua promessa e del suo spirito. Cer-
contrasta con Dio. Paolo si riferisce in to Paolo non intende sostenere che per
primo luogo al fariseo, che vuole obbe- mezzo di pratiche ascetiche o mistiche
dire a Dio e proprio cosl pecca nel mo- l'uomo possa sfuggire alla sua corpo-
do che gli è proprio, stabilendo cioè la reità. 2 Cor. 1013; Gal. 2,19 s. affermano
propria giustizia 278 • È evidente allora esplicitamente che il credente vive cor-
che anche la buona volontà umana di poralmente e stabilmente É.'11 cra.pxl (~
piacere a Dio si stravolge immediata- coli. 1333 ss.). Nell'ultimo passo indica-

m - SCHAUF xo;p89-192 rimanda a Rom. no~v, anche al suo notE~V buono (Gal. 3,u)
2,10-16, dove però manca il concetto di \love; e consideri se stesso come scopo ultimo della
né si trova alcun accenno a un dualismo an· sua vita. Di nobilitazione e perfezionamento
tropologico. Vi compaiono solo xa.pola. (- v, del vouc; in sé buono (-7 SCHAUF II8) SÌCu·
coll. 212 s.) e .- O"l)'llE(o1)01.c;. Paolo si pre- raroente Paolo non s'interessa (-)o x, col. 1041
figge solo di svergognare il giudeo. Il fatto che n. 648; coll. 1057 s.). Per 1a determinazione di
il pagano compia anche -tò. -tou x6aµov non u&.p!; dr. anche~ Kuss 454.
vuol dire che egli osservi la legge in modo da Z78 Secondo BULTMANN, Theol. 260-264 (§ 27,
essere giusto davanti a Dio; anch'egli infat· 2); G. BoRNKAMM, Siinde, Gesetz und Tod,
ti vive in lotta con la sua coscienza (vv. 15 s.) in Das Ende des Gesetxd (1958) 51-69. In
come l'uomo di Rom. 7. Con.....,> ScHAUF 105 ciò Paolo si distingue dalla asserzione giudaica
c'è da dire contro B. Wmss, Lehrb11cb der riguardante l'impulso malvagio, alla quale ri-
bibl. Tbeol.1 (1903) 248-253 che <T6:pl; non in- manda C. K. BARRETT, A Commentary on the
dica l'essere dell'uomo naturalmente peccato. Epistle to the Romans (1957) ad l., e da Qum-
re. Ma non è giusto dire che ogni azione del- ran; cfr. BRAUN, op. cit. e- n. 266) 15-18.
l'incredulo sia sbagliata e falsa, né si può sta· 279 Esattamente cosi il yvov·m; -tÒ'll ik6v di
bilire una deficienza puramente quantitativa. Rom. x,zx si tramuta immediatamente nella
Sbagliato è che l'uomo rimanga fermo al suo perversione dell'idolatria.
r355 (vn,r34) <rapi; E n 7-8 (E. Schweizer)

to Paolo dice anche di essere lui stesso per Ja forza della O"apç O del 1tVEVµa
crocifisso con Cristo. La O'ap~ di Gal. 5, rappresenta un atteggiamento globale
24 non è dunque qualcosa che l'uomo che determina tutto l'insieme. Chi è
può deporre o sconfiggere, ma è lui stes- retto dallo spirito non deve più cercare
so. Quando è intesa in pieno senso teolo- sicurezza per la sua vita nella o-apç né
gico, come in Gal. 5,24, la crap~ indica nella ricchezza di danaro o di buone o-
l'essere dell'uomo determinato non dal- pere. Ciò tuttavia significa che non è
la sua materialità fisica ma dalla sua re- più possibile frantumare la vita in mil-
lazione con Dio(--? colL 1326 s.), come le singole azioni come fanno i morali-
spiega in Gal. 2,20 mediante il concetto sti legalistici e i penitenti scrupolosi. La
contrapposto: il vivere di Cristo è vi- vita è determinata globalmente dalla
vere nella fede in Cristo. Gli enunciati crap~ O dal 7tVE.iJµa, non consiste più di
di Rom. 7,5; 8,8 s.; Gal. 5,24 sicura- molteplici t'.py«, è diventata un unico
mente non significano che l'uomo con- Epyov 280. Nelia considerazione frantu-
tinua a praticare le opere della carne matrice di una boria tipicamente fari-
elencate in Gal. 5,19-21 benché sappia saica o di un complesso d'inferiorità re-
che da Dio non gli sono più imputate. ligioso la O'cipç continua a rimanere al
Paolo dichiara incontrovertibilmente centro dell'esistenza. Invece l'uomo che
che il credente non compie più queste è arrivato a credere nel Figlio di Dio
opere; eppure al tempo stesso egli può non è più nella o-&:p!;, perché crede e ha
dire che nella comunità vi sono ancora quindi cessato di costruire la sua vita
odio, liti e simili e non si stanca di e- su di essa, cioè di peccare. Tuttavia Pao-
sortare a respingere queste opere della lo è ben lontano dal diventare un per-
carne. Tali imperativi sono sempre fon- fezionista, perché è cosciente che l'uo-
dati sull'indicativo dell'annuncio di sal- mo ogni giorno deve accettare e vive-
vezza. Paolo dimostra che questo com- re in modo nuovo il dono della fede.
portamento è incoerente e invita a rin-
novare la propria fede. Da quanto è sta- 8. Riepilogo
to detto alle-) coll. 1347.1348 ss. risul-
ta che, secondo Paolo, l'orientamento al- a) L'uomo non è determinato essen-
la O'ap~ o al "RVeuµ« e quindi il vivere zialmente dalla sua natura né dalle sue
280 I Cor. 3,13 s.; Gal. 6,4; I Thess. 1,3. In dica solo le opere malvagie; diversamente Epb.
Gal. 5 , 22 xa(nt6ç (sing.) sostituisce come ter- 2,10 e le Pastorali . ~ Kuss a Rom. 8,5: vi so-
mine più approprinto il plurale ~pya, e cpa- no dunque due categorie di persone; quelle
VEpa viene a cadere. In 2 Cor. 5,10 àya»6v e che appartengono per sé alla sfera della carne
cpavÀov riassumono i singoli atti cosl come e quelle che appartengono semplicemente alla
compaiono davanti al giudizio di Dio. Inoltre sfera del pneuma; cfr. però ibid. a Rom. 8,12
cfr. ~ III, coll. 850 ss. All'infuori della citazio- e 17.
ne in Rom. 2,6 (ma vedi il v. ?[) il plurale in-
r357 (vn,135) cr!Xpl; E II 8 -m l (E. Schweizer) (vu,136) 1358

qualità fisiche 281 né dal mondo materia- tuazione può essere sentita cosl forte-
le che lo circonda. In ultima istanza è mente, che la carne appare come una
qualificato dalla sua relazione con Dio e potenza che domina l'uomo, eppure non
quindi anche col prossimo. b) La sal- è che la sua propria condotta peccami-
vezza non sta in una fuga dalla corpo- nosa. e) Pertanto la redenzione non è
reità, ad es. dalla sessualità, alla realtà un avvenimento fisico o meta.fisico che
spirituale, per es. allo studio della leg- escluda la corporeità 284 • Lo a:x:&.voocÀ.ov
ge o all'ascesi 28i. Funzioni corporali e del crocifisso che non ha raggiunto la
spirituali sono viste in perfetta unità giustizia secondo la legge né la ricchez-
quali espressioni comuni di vita uma- za, diventa salvezza per colui che si la-
na: le une e le altre possono separare scia da lui accogliere in una vita che vi-
l'uomo da Dio, ma possono anche es- ve del dono di Dio e si è quindi libera-
sere assunte al servizio di Dio. c) 'Car- ta dalle pastoie di quegli scopi.
ne' pertanto non è una sfera da delimi-
tare rispetto ad altre cose terrene né è III. Col., Eph., lettere pastorali
per sé cattiva o particolarmente perico-
l. La Lettera ai Colossesi
losa. Diventa malvagia solo se l'uomo su
di essa costruisce la sua vita. Sessualità aapç ha il significato indifferente di
da un lato, religiosità farisaica dall'al- corporeità fisicamente visibile ( 2 ,r; ~
tro sono esempi particolarmente cras- 1333 ss.; 2,5; ~ x, coll. 1053 s.). Il :x:a-
si di un siffatto falso orientamento di 't'~ a&:pxoc collegato al sostantivo in 3,22
una vita umana; ma anche ogni altra indica la sfera di rapporti umani 285 ( ~
realtà umano-terrena può essere 'carne'. 1334). Nel difficile versetto r,24 (~
d) Quando si definisce carne, l'uomo di- ix, coll. 1071ss.)1.86 si intende la corpo·
chiara di essere in potere di ciò che lo reità dell'Apostolo esposto alla tribola-
vuole allontanare da Dio 283 • Questa si- zione 287 • Come in 2 Cor. 4,II anche qui

281 Quelle per es. menzionate da --) ScHAUF 23; Iac. 4,r e~ coli. 1320.1393; n. 4or.
16-21 e ibid. 186 s.; contro ~ DrcKSON 3xr- iBS Qui è aggiunto perché normalmente XV·
315. pLoc; è il Signore celeste.
28? Ciò non significa che studio della legge e 286 Bibliografia in ScHWEIZER, op. cit. (~ n.
ascesi non possano diventare necessari; ma in 225) 140 n. 635; J. KR.EMER, Was a11 de11 Lei-
questo caso è per un servizio a Cristo, non per de11 Cbristi 11och ma11gelt (1956); G. LE GREL·
se stessi (Rom. 3,21; 1 Cor. 9,27). Similmente L"E, La plénìtude de la parole dans la pauvrcté
--) SCHAUF 95-98. de la chair d'après Col. 1,24: Nouvelle Revue
283 Non è solo il veterotestamentario abban- Théologique 8r (1959) 232-250 parafrasa co-
dono alla tribolazione e alla morte. sl: «lo compenso pienamente la scarsità del-
m Che nel redento non la <rapl;, ma il <rwµa. la tribolazione di Cristo (sofferta) nella mia
o i µD..TJ siano la sede del peccato e~ SCHAUF carne».
106 s.) non è sostenibile già a motivo di Rom. w Strettamente giustapposto uwµa. indica ivi
8,12 s.; Gal. 5,17; 1 Cor. 3;·3. Per µÉÀ.'r) come la chiesa quale corpo di Cristo e~ ScHAUF
sede del peccato dr. Bar. syr. 49'3; Rom. 7'5· ro1) ~ col. 136r.
1359 (vn,136) <rap~ Em l (E. Schweizer) (vu,137) 136o

probabilmente si dice che Paolo, pro- indicare colui che non ha ancora rice-
prio a motivo delle sofferenze alle quali vuto la circoncisione di cui parla 2,u
è corporalmente esposto, è un testimone Ciap!; pertanto descrive l'essere dell'uo-
attendibile del vangelo e cosl porta a mo estraneo a Dio, ma nell'affinamen-
compimento l'evento salvifico (sicura- to di significato che l'uso linguistico el-
mente, secondo 2 Cor. 5,19 s., in ciò lenistico ha reso consueto 289 •
rientra anche l'annuncio). L'espressione Nuova rispetto a Paolo è l'espressio-
quasi incomprensibile di Col. 2,23 pro- ne <rwµa. 'tlJt; cra.px6ç (~col. 1292). In
bahilm~nte intende l'uomo che valuta 1 ,22 essa indica il corpo crocifisso di
secondo i propri criteri di misura e non Gesù (--+ 1352), di modo che crcX.p!; è
secondo quelli di Dio 288 • In 2,13 (--+ semplicemente la corporeità fìsica. In 2,
290
1341 ss.) l'interlocutore non è il giudeo, l 8 invece si parla di vovç 'tlJC:, cra.px6c;

ma il pagano. Il suo peccato non si ri- e in 2,u si dice che l'uomo che viene
vela nella fiducia nella circoncisione, ma alla fede 291 depone il <rwµa 'tlJ<; O'apx6c;
nella sfrenatezza (3,5 ). Cosl la &.xpofju- nella circoncisione di Cristo. Il passo
crr:la 'tfjc; crapx6c;, che dapprima indica va quindi inteso come 2,13 (--+ col.
semplicemente il pagano che si distin- l 359)
292
• In esso echeggia l'uso linguisti-

gue corporalmente dal giudeo, passa a co paolino, ma modificato. Non com-

288Le diverse possibilità sono elencate da D1- 292 Per l'argomento cfr. ~ coli. 1354 ss. L'im-
BBLIUS, Ge/br.'; C. F. MouLR, The Epistles magine del deporre il O'Wµa -t'ijç O'O.pX6ç, COil·
o/ Par1l the Apostle to the Colossians and to nessa alla circoncisione, è ancor più plastica.
Philemon (1957), ad l. e ~ x, coli. 217 ss. La Giusto è dire che ciò significa anche la libe-
soluzione più semplice sarebbe quella risul- razione dalle forze demoniache celate dietro
tante dalla congettura - ivi non ricordata - la legge (P.ERCY, op.cit [~ n.289] 80); ma
di P. L. HEDLEY, Ad Colossenses 2,20-3,4: il fatto che <rwµa. 'tfjç aa.px6ç possa indicare
ZNW 27 (1928) 2n-216: Xpfjul)& OV\I o.ù- il corpo fisico come l'uomo di 3,5, significa
'tOLç i:H.)..'oùic... Altrimenti, tenuto conto di che l'idea ellenistica che il peccato sia da at-
2,18, è meglio intendere aap~ nel modo sopra tribuire alla cr6:.p!; fisica è ancora più sentita
indicato piuttosto che come awµa. O si spie- che in Paolo. La legge di 2,14 non minaccia
ga nel senso di: «non vale nulla, serve solo solo gli immorali? È tipico che Col. ed Eph.
a soddisfare la carne», oppure si considerano non dicano più nulla della tentazione provo-
i vv. 22b e 23• come parentesi e si uniscono cata dalla a-6:.p!; (~ coll. 1350 s.). Mancano 'ltEt-
22• e 23b: «per la distruzione nell'uso ..., non p&:!;Ew e 'ltEtpc.coµ6ç, cfr. BULTMANN, Theol.
a soddisfazione della carne per il fatto che 520 (§ 58,3k). Diverso sarebbe il caso se con
viene loro reso onore (mediante l'ascesi)». J. MOFFATT, Tbe New Teslament (1913) si pa-
289 Per Paolo ciò non è impossibile (~ coll. rafrasasse: in una circoncisione non fatta da
1349 s.). 2,16 indica che s'è anche visto il pe- mano umana, cioè non in una semplice ope-
ricolo del legalismo, cfr. E. PERcY, Die Proble- razione sulla carne fisica; oppure se con Mou-
me der Kolosser- und Epheserbrie/e (1946) 79 LE, op. CÌI. (~ n. 288) nella circoncisione di
n. 27. Cristo e nella deposizione del corpo di carne
290 Genitivo di appartenenza; per il contenuto si vedesse la morte di Gesù. Contro la prima
cfr. ~ col. 1353· ipotesi sta il fatto che la negazione implicita
291 Difficilmente distinguibile dal battesimo in à)CEtporcoiiJ't~> non può estendersi anche a
quale suo preliminnre. quanto segue; contro la seconda vi è la dif-
aétp~ E llI 1-2 (E. Schweizer)

pare nel resto della Lettera. n. 248 ). Essa vale nel mondo terreno-u-
mano di cui fa parte anche la religio-
ne, ma non dice nulla circa l'apparte-
2. La Lettera agli Efesini
nenza alla comunità di Gesù; perciò
L'uso di cr6:.pl; è ancor più semplice non si parla nemmeno di incirconcisi
rispetto a Paolo. In 5,31 (~ VII, coli. e~ n. 87). È la stessa riserva espressa
703 s.) incontriamo la stessa citazione di dall'aggiunta ÀEy6µEvoc; 294• Se in 2,2
I Cor. 6,16. Di qui deriva la designa- si considerano i concetti paralleli a 2 ,3
zione della moglie quale cr&;p~ ( = ~ (~ 1348 s.; IV, coli. 308 s.), si nota co-
crwµoc, v. 28) fo.V't'OU (dell'uomo) nel v. me crcip!; possa assumere carattere sem~
29. Certamente non paolina è l'applica- pre più spiccatamente personale-demoni-
zione di questo concetto alla chiesa qua- co: ciò che peripagani erano l'eone di
le corpo di Cristo, come essa è presup- questo mondo e il principe della potestà
posta nel v. 32 293 • Per 6,5 = Col. 3,22 dell'aria, per i Giudei era la crcip~ 295 •
~ col. 13 5 8. In 2, 14 s'intende il corpo Singolare è la ripartizione dell'uomo in
del Gesù terreno appeso alla croce (-,> crcipl; e 8tcivota.i. (~coli. 1276 s.1280).
1352.1360). In 2,II (~ X, coli. 73 S.) L'eredità veterotestamentaria tuttavia
ritorna la consueta espressione 'circon- risulta chiara, in quanto le &&;voi.oci.
cisione nella carne' e~ col. 1290), ma (Num. 15'39 LXX~ vn, col. 1081) so-
si tratta di una ripresa puramente lin- no distorte come la crap~ (cfr. anche-,>
guistica, poiché 'ltEPt"t"oµ1}, in risponden- n. 297). Tipico è 6,12 296• Il contenuto
za a €ìhln, designa Israele. É\I crocpxl dell'enunciato ha rispondenza nel pen-
qualifica dunque come transitoria la di- siero tardo giudaico, che distingue la
stinzione fra Giudei e pagani (dr. ~ sfera degli spiriti incorporei da quella

ficoltà dell'immagine della circoncrs1one di invece è una correzione secondo Gen. 2,23. Per
Gesù, soprattutto se si tengono presenti i pa· la tradizione giudaica dr. P. WINTER, Sadokite
ralleli col battesimo del credente (non di Ge· Fragme11ls IV 20,2I: ZAW 68 (1956) 82. Per
sù) e col v. 13•. Nel v. 15 l'interpretazione che lo schema storico-religioso delle sizigie cele-
Cristo abbia deposto il suo corpo di carne (_,). sti e terrene dr. ScHLlER, Eph., a 5,32 s. ex·
RoBINSON 4:c s., dr. C. A. A. ScoTT, St. Paul curst1s (276) ~ 001. 1388 e ....,)- <TWµtt.
[1936] 7_5.JI3.262) non regge, perché questo 294 Nel v. 12 si sente un tono diverso. Per la
argomento non è nominato (J. B. LIGHTFOOT, mancanza dell'articolo cfr. BL.·DEBR. § 272;
St. Paul's Epistles to tbe Colossia11s and lo RAf>ERMACHER 117.
Philemon [1876) e MoULE, op. cit. [....,)- n. 295 Questa suddivisione ricalca quella di DI·
288), ad/.). W. ScHMITHALS, Die Hiiretiker in BELIUS, Gefbr.', ad l., S c HLIBR, Eph., ad l.
Galatien: ZNW 47 (1956) 46 s. ipotizza uno (nonostante lo scambio nei vv. 5-8). Altri·
sfondo gnostico. menti il parallelo sarebbe ancor più stret-
293 H . SCHLl!lR, Religionsgeschicbtlichc Unter- to.
s11cb11ngen zu den lgnatiusbrie/en (1929) 91- 296 aIµa precede, come in ....,)- coli. l268.r372.
93; cfr. anche E. BnsT, One Body in Christ 1388 s.1392; n. 205, dove si intendono le so-
(1955) 182. La variante della koiné in 5,30 stanze che l'uomo 'ha'.
c:r6.pl; E III 2 - IV I (E. Schweizer)

della carne (-7 col. 1291) 29'7. ne 299 • Per il resto, a prescindere dalle
sei volte che il termine compare nel di-
3. Le lettere pastorali scusso brano di 6,51-58, sono solo cin-
que i passi in cui troviamo uapç.
Nonostante echi di Rom. 8,3 (-7 col. In 8,15 Gesù accusa i suoi avversari :
1352); Col. 1,22 (-7 col. r360) ed Eph. ÙµEi:t; xcx:•IZ 't'lJ\I cr<ipxa xpl\IE't'E. Che il
2,14 (-7 col. 1361), il passo di I Tim. 3, termine non possa essere spiegato sem-
16 {-7 x, coll. I002 s.) si distingue da plicemente sulla base di Paolo, si capi-
quanto abbiamo finora esposto, in quan- sce già dall'articolo (-7 n. 258). Se-
to la comparsa di Cristo nella carne condo il v. 14 tale giudizio esprime la
(-7 coll. 1366.1370.1388 s.139r}, cioè cecità dell'uomo che non sa dire don-
nella sfera terrena, già come tale è even- de Gesù venga e dove vada. La stessa
to salvifico. Il presupposto di una siffat- contrapposizione ritorna in 7,27: poi-
ta asserzione è la concezione ellenistica ché gli abitanti di Gerusalemme riten-
delle due sfere (-7 col. 1327). Cristo è gono di sapere donde Gesù venga, non lo
considerato essere celeste la cui venuta possono riconoscere come Cristo. L'af-
nel mondo dell'uomo è per se stessa un fermazione però è preceduta dall'ammo-
prodigio 298• Il resto delle lettere è ca- nizione : µT} XpL\IE'tE Xct.'t'' o~W (7,24).
ratterizzato dall'assoluta mancanza del 6,42 chiarisce che tale giudizio si rife-
concetto (-7 x, coli. 1082 s.). risce alla nascita di Gesù da genitori no-
ti agli uditori. uapç quindi indica ciò
IV. Giovanni che nella persona di Gesù è visibile e-
sternamente, soprattutto la sua origine
r. Il Vangelo
(-7 coli. 1334.1358). Si tratta di un
L'uso linguistico è completamente di- giudizio errato, ma non nel senso pr~­
verso rispetto a Paolo. Ciò risulta già gnante indicato in Paolo (-7 coll. r 344
dal fatto che il termine crocp~ in I o. è ab- ss. ). Qui è sbagliato solo nei confronti di
bastanza raro. L'uso di 1téi<l<1, crap~ (17, Gesù. . Quando si tratta di un uomo è
2) è tradizionale (-7 col. 1285). Nuo- senz'altro lecito classificarlo secondo la
va è solo l'asserzione che il Padre con- sua discendenza e la sua origine; nel
cede al Figlio l'autorità sopra ogni car- caso di Gesù invece tali notizie non di-

297 Anche secondo tesi. Sai. 20, 12 i demoni di- se echeggia ancora in 2,3 ma manca nel resto
morano nel firmamento. In Epb. 2,2 s. il desi- di Eph.; dr. D.E.H. WHITELEY, Epbesim1s
derio della O'apl; corrisponde a quello del VI. I2: ExpT 68 (r956f57) rno-rn3.
«principe della potestà dell'aria», al 'lt\IEÙµl'I. 298 Cfr. ScHWEIZER, op. cit. (-'> n. 225) r32 s.
che opera nei disobbedienti. Questo divario e per lo schema dell'inno dr. il quintuplice
cosmico fra terra e aria, carne e spirito è chiasmo di Prov. ro,1-5.
quindi completamente diverso dall'antitesi qua- m La seconda metà del versetto probabilmen·
lificata fra O'apl; e r.vEuµl'I. in Paolo, che for- te si l'iferisce all'incarnazione. Cfr. -'> n. 9.5·
o-api; E 1v I (E. Schweizer) (vn,140) 1366

cono nulla sulla sua provenienza. uapç Per sua natura la crapç, in quanto sfera
pertanto è la sfera terrena perfettamen- terrena, jnferiore 301 , determina colui che
te jdonea a valutare cose terrene, ma vive esclusivamente in essa e acquista
inadeguata a giudicare chi viene da quasi il carattere di una potenza (~
un'altra sfera. Manca completamente il col. 1301), soprattutto perché è insieme
significato di realtà peccatrice o istiga- principio di generazione e di nascita (-7
trice al peccato. Il passo 3,6 è molto vi- col. I286). Ma il carattere di realtà pec-
cino a questa concezione. Dell'intera u- catrice deriva al mondo non tanto dalla
manità e di quanto da essa è generato uapt;, quanto dalla sua incredulità. Non
si dice che è u&pç. L'accezione del ter- è mai chiamato cr&pç per aver deciso di
mine in questo caso risulta dal paralle- non credere 302 • In l,13 o-ap!; è il prin-
lismo antitetico in cui si trova. Accanto cipio della nascita naturale, a cui si
alla cnipç sta il 'lt\IEvµa. (~ x, col. 1064). contrappone la nascita da Dio. Alla
crapç è la sfera umano-terrena che non crap!; è attribuita una volontà, per
ha alcuna conoscenza di Dio e quindi cui sta in parallelo più con à.v-iip che
non ne può dare comunicazione (~ con a.i'.µa.-i-a. (~ coli. 1292.1372 e n.
1291.1372 s.; n. 308, dr. II, col. 440) 300 • 296). Essa indica l'uomo nella sua inte-
Ciò non significa che per questo si trovi rezza, che, in quanto si contrappone a
nel peccato. In 15,22-24 si dichiara e- Dio, non possiede la salvezza; quindi non
splicitamente che solo la venuta di Ge- è una parte del corpo che si possa di-
sù convince il cosmo di peccato. Certo stinguere anatomicamente. o-&pç sylw.-
nel suo essere a-apt;, il mondo non trova "tO (1,14) non vuol dire che il Logos ha
nulla che lo possa salvare dalla sua con- pl'eso su di sé i peccati del mondo 303, né
dizione di essere destinato a perdizione. si limita a dare un'indicazione geogra-

300 Non si tratta dunque dell'idea tardogiudai- samente da Paolo, non supera sostanzialmente
ca secondo cui gli avvenimenti in cielo e sulla queste categorie, Viceversa ciò non include al-
terra si corrispondono (test. Sol. 20,15; dr. cun riferimento alla sostanza, né nel senso
SCHLATTI!R, Komm. ]oh., a 3,31). Pertanto è che il credente partecipi alla sostanza spiri·
difficile riferire 3,31 al Battista (C. K. BAR· tuale di Gesù e in tal modo perda la sua car-
RETT, The Gospel according to St. fohn ne, né nel senso che dopo la morte egli sia
[1955], ad l.). Cfr. R. ScHNACKENBURG, Die trasposto ìn una sfera superiore in cui cessa
'siltlatiot1sgel0sfe111 Redestiicke in ]oh. 3: la sostanza della carne. Completamente assen·
ZNW 49 {1958) 94, che riferisce Io. 3,31 a te è la concezione ascetica. Lo schema menta-
Nicodemo ìn quanto rappresentante e tipo le di fondo è la contesa giudiziaria fra Dio e
di tutti. uomo (TH. PRE1ss, Die Rechtfertigung im
301 Cfr. 3,3.7.12; 8,23.44, dove È7tlyEW. e xti· joh. Denken: Ev.Theol. 16 [1956] 293-303),
'tW sono concetti paralleli (~ x, coll. 93I s.); in cui il 'lt'llEUµa. non si presenta come una so-
E. ScHWBIZER, Der Kirche11begriff ùn Evange· stanza ma come testimone del mondo superio-
limn u. den Briefen des ]oh., ìn St11dia Evan- re a difendere i diritti di Dio e a convincere
gelica, TU 73 (1959) 373· il mondo.
302 Il pensiero di Giovanni è quindi imposta- 303 Questo viene detto solo in :i:,2 9. In un in·
to sulla concezione delle sfere, ma, diver- no cristiano preesistente al prologo (senza i
crapl; E IV l (E. Schweizer)

fica del luogo in cui avvenne la tivela- partecipazione di gnosi divina. La di-
zione. Significa invece che, quale es- versità della posizione teologica rispetto
sere che si rivela, Dio ha assunto la fi- a Paolo risulta dal fatto che questi ha sl
gura d'uomo 301 e non l'ha indossata qua- conoscenza del Cristo preesistente, ma
si si trattasse di un paludamento, ma non parla mai della sua discesa o addi-
si è identificato con essa affinché i nati rittura della sua incarnazione.
da Dio scorgessero la &61;a del Padre 305 Infine la contrapposizione <rap~/1tVEu-
nei miracoli, tangibili ma non schiac- µrx. ritorna in 6,63 (--7 v, coll. 54r ss.).
cianti, e nell'obbedienza di Gesù fino Se il brano 6,5Ic-58 viene considera-
alla croce m. Teologicamente, dunque, to un'interpolazione redazionale eccle-
siastica :om, l'antitesi può essere intesa nel
l'incarnazione si motiva in quanto, nel senso di 3,6. Anche qui il mistero della
processo cosmico intentato da Dio con- discesa e dell'ascesa del Figlio dell'uo-
tro il mondo che lo accusa, la fede può mo è collegato a questo concetto {3,r3
essere generata solo da un µap-i:upE~\I s.; 6,51".62). In esso non può penetra-
re una conoscenza naturale :im _ Se inve-
(~ VI, coli. 1337 ss.) che coinvolge la ce si pensa che 6,5rc-58 originariamente
persona intera, e non da una semplice facesse parte del Vangelo 309, in 6,63

vv. 6-8.12".13, R. ScHNACKENBURG, Logos-I-Iy111- chien: ZThK 54 (1957) 62. W. WILCKENS,


11t1s und joh111111eischer Prolog: BZ, N.F. r Vie E11tstehungsgeschichte des vierte11 Eva11-
[1957] 69-109) ciò che precedeva il v. 14 pro- grliums (1958) 28 s.7 5 s. tenta di provare che
babilmente nel linguaggio della letterntura sa- Jo stesso evangelista ha aggiunto una pericope
pienziale era riferito alla dimora dcl Logos, originarin dell'ultima cena.
non ancora incarnato, nel mondo. Giovanni X'l8 Peralrro uétp!; in 3,6 come in l,13 appare
invece concentra tutto nel rapporto con Gesù. solo come principio d'una nascita naturale che
Per lui, quindi, a partire dal v. 5 tutto è rife- non comunica la salvezza. Di ciò qui non si
rito al Verbo incarnato (E.KXSHMANN, Aufbau parla. H. BECKER, Die Rede11 des ]oh.-Ev.
emd Anliegen des johanneische11 Prologs, in (1956) 68 n. 4 attribuisce 3,6 alla fonte, 6,63
Libertas Christiana [ 1957] 79-82; diversamen- ali'evangelista.
te CULLMANN, op. cit. [ ~ n . 238] .269). Quin- 3:l9 A ciò che è stato detto da E. ScHWEIZER,
di crapi; è per lui ancora la sfera in cui non Das iohanneische Zeugnis vom Herremnahl:
c'è conoscenza cli Dio, ma che diventa osti- EvTheol 12 (1952/ 53) 35)-363, c'è da aggiun-
le a Dio solo quando rifiuta Gesù. Cfr. anche gere S. ScttULZ, Unterst1chunge11 :wr Me11-
S. ScttuLz, Die Kompositio11 des Johamzespro- scbensoh11christologie im Joh.-Ev. (1957) lJ4.
logs, in Stud;a Evangelica, TU 73 (1959) 351- 135-139, il quale dimostra che 5,28 s. è una
359. tradizione già usata dall'evangelista, il che per·
304 Forse abbiamo acipl; in luogo cli liv&pw7toc; mette di dedurre un analogo rapporto in 6,
perché è ancora viva l'idea dell"uomo' celeste 51-58 (54b!). Ciò è confermato da W. NAUCK,
(J. HÉRING, Kyrios Anthropos: Rev HPhR 16 Die Traditio11 tmd der Charakter des I . ]oh-
[1936] 207-209). briefes (1957) 23. Cfr. anche W. WILCKENS,
305 Presumibilmente il v. l4bc è un'aggiunta Das Abendmahlszeug11is im vierte11 Eva11ge-
dell'evangelista e~ n . 303). li11m: EvTheol 18 (1958) 354-370. V1tÉp del
306 SCHWEIZER, op. cit. (~ n. 255) 56 s. v. 51° si trova anche in IO,II .15; n,50 ss.; 18,
3fll La migliore argomentazione a favore: G. 14 (17,19). L'accenno alla morte di Gesù (vv.
DoRNKAMM, Die eucharistische Rede im Joh.- 51-58) porta allo scisma (v. 61 e 10,17-19). Il
Ev.: ZNW 47 (1956) 161-169; dr. BULTMANN, senso menzionato di uapl; è Jo stesso di 8,15,
Joh. , ad l.; H. KoESTER, Geschichte tmd Kul- dove prima si ha questa stessa discussione (6,
tus im Joh.-Ev. 1111d bei lgnatius von Antio- 42). xa-ta~alvH\I ricorre non solo in 6,51', ma
116;p~ E IV 1- 2 (E. Schweizer) {vu,141) 1370

si ripete esattamente ciò che è detto in Gesù nella carne 313 ( -7 col. r 36 3) viene
8,x5 in un'analoga situazione di dialogo. considerata l'elemento che discerne gli
In questo caso anche 6,63 intende di- spiriti 314 • Ora non esiste più solo l'alter-
re che non porta alcun vantaggio consi- nativa tra fede e incredulità, ma c'è an-
derare la crcipç di Gesù, ossia il suo a- che il fenomeno nuovo di una falsa fe-
spetto visibile. Solo il messaggio di Ge- de in Gesù. Evidentemente in questo
sù che annuncia se stesso quale Figlio caso il pericolo è dato non tanto da
del Parde è 7t\IEUµcx. e ì;w1} (x, coll. 1070 un'eccessiva umanizzazione, quanto da
ss.). Il versetto sarà quindi un ammoni- una divinizzazione esagerata di Gesù 315
mento a guardarsi da un sacramentalismo probabilmente legata a culti ellenistici
che fraintenda la cr&.pç gustata nella ce- di salvatori divini. In tal modo l'affer-
na eucaristica come una «medicina d'im- mazione che il Figlio di Dio ha assunto
mortalità}> 310; infatti il termine crocpç, la <r6.p~ diventa sempre più centrale per
che ritorna sei volte insieme ad alµa. i primi tempi della storia dei dogmi (~
(~col. x292), va riferito all'eucaristia. coll. 1382 ss.), ma al tempo stesso la ma-
Se ivi il credente mangia 311 la <rap~ di trice giovannea dell'affermazione (-7
Gesù, gli vien detto che per la salvezza col. x366) si fa sempre più indistinta. In
era necessario nientedimeno che la ve- r Io. 2,16 troviamo l'espressione !mi}u-
nuta del Figlio di Dio nella crap~. A sua µlcx. "tfjç <rapx6ç (-7 n. 52) 316 che ha per
volta il fedele confessa di accettare que- parallelo l'espressione !mi}uµia 'rW\I Òq>-
sta situazione e di vivere di questo do- ila.À.µw\I. La precedente ammonizione a
no 312. non amare il mondo potrebbe essere
intesa ancora in senso veterotestamen-
2. Le lettere giovannee
tario come un invito a non riporre la
In I Io. 4,2; 2 Io. 7 la professione di propria fiducia nel mondo. Ma già il
fede (~ X, col. 434) nella venuta di termine 'amare' indica che si mette in

anche in 6,58, che non è una semplice ripeti· MANN, ]oh. 175 n. 4)? Ma proprio le traduzio-
zione redazionale del v. 5r. Infine, data Ja r ari- ru siriache non fanno alcuna distinzione ri-
tà di crap~ in Giovanni, sarebbe strano che 6, spetto al uwµa dei sinottici (J. H. BnRNARD,
63 fosse esistito senza alcun legame coi vv. 51· SI. fohn 1, ICC [1928) CLXIX).
58 aggiunti successivamente . 313 L'espressione è più ampia rispetto a Io.
310 Ign., Eph. 20,2 ~ IV, coli. 203 ss. 1,14 . Evidentemente non c'è il pericolo che
3u i:pwyEw non significa 'masticare'; infatti si fraintenda nel senso che un essere divino
sia apparso «nella carne» come se l'avesse as-
Io. anche in Ps. 41,10 usa (13,18) i:pwyE~'V in sunta quale vestimento.
luogo di fo1)lm1, come fa Mt. 24,38 in con· 314 In alcuni codici ritorna in 4,3.
fronto a Le. 17,27. 315 Cfr. anche NAUCK, op. cit, (4 n. 309)
312 Par. 13,6-rn, dove probabilmente si accen- 124 s.
na al battesimo. Anche in 15,3 si allude alla 316 Qui però ci si riferisce a peccati, non solo
parola di Gesù (BARRllTT, op. Cit. r~ n. 300], a insufficienze fisiche, J. CHAINE, Les ép1tre
ad l.). u&.p~ è uso linguistico siriaco (BULT· catholiques (1939), ad l.
<r&pl; E IV 2 - v (E. Schweizer) (vu,142) x372

guardia contro una fallosità diversa da celeste la cui vita terrena rappresenta
quella di cui parla l'A.T. (~ v, col. solo un periodo 3w. Cosl aJµ<t xa:i o-cip~
951). Inoltre il v. 16 dice che il desi- (2,14 ~ n. 296) è chiaramente consi-
derio della carne, come tutto ciò che vi derato ciò che Gesù ha assunto. L'ere-
è nel cosmo, proviene dal cosmo e quin- dità giudaica (-7 col. 1292) rimane in
di non dal Padre. Ritorna dunque quel- quanto il termine abbraccia tutta la na-
la concezione dualistica in cui l'uomo è tura umana con le sue funzioni spiri-
determinato dalla sfera che lo avvolge. tuali. Ma il carattere di sostanza, che
In questo orizzonte, come indicano le nell'espressione giudaica non è escluso,
espressioni parallele, cr&pç è intesa co- ora emerge molto più fortemente (-7
me l'organo delle impressioni sensoria- col. 1268 ), perché qui di un essere cele-
li che eccitano la brama 317• Se tutto ciò ste si dice che ha preso carne e sangue 321 .
è tipicamente ellenistico, l'ammonizione In tal modo colui che è soggetto alla
a guardarsi dagli sguardi seduttori in- morte e quindi è bisognoso di reden-
vece ha buoni fondamenti giudaici 318 • zione viene distaccato dagli angeli (v.
16) 322 • Affine è il passo 12,9 in cui i
V. La Lettera agli Ebrei «padri della nostra carne» sono contrap-
posti al «Padre degli spiriti». Anche in
Come in I Io. 4,2, crap~ può indica- questo caso non pare che vi sia un
re l'esistenza terrena di Gesù. L'espres- dualismo antropologico, quasi che gli
sione i giorni della sua carne 319 (5,7) in- spiriti indichino le anime umane. È as-
dica che Gesù è considerato un essere sai meglio intendere la formulazione sul-

317 ~ coli. 1277 s. Si intende non solo ma prin- ha preso con sé il sangue (9,14). Ma si tratta
cipalmente il desiderio sessuale, dr. ScHNAK- solo di un'espressione concretizzante per dire
KENBURG , Joham1esbriefe, ad l. Cfr. lùlITZEN- che la morte di croce continua a conservare il
STEIN, Jr. Eri. 25: «Considera il mondo ... qua- suo valore espiatorio. Non se ne può quindi
le grande brama esso sia». Per l'ulteriore svi- dedurre una separazione essenziale delle due
luppo dr. - n. 368. sostanze.
318 Gm. 39,7; Num. x5,39; lob 31,7; fa;. 6,9; 322 H. STRATHMANN, Der Brie/ an die Hebriier,
Ecclus 23A-6; test. R. 2,4; Mt. 5,29 (2 Petr. 2, N .T. Deutsch 97 (x957) a 2,14-16. L'enunciato
x4). CHAINE, op. cit. (- n . 316), ad l. rimanda si distingue però da Paolo. Il ragionamento
a Ecci. 2,10; Prov. 27,20, dove secondo lui ci connesso a <rapi; xa.t a.lµa culmina nella libe-
si riferisce a lussuria, mentre in I Reg. 20,6; razione dalla morte, caratteristica dell'essere
Eccl. 4,8 ad avarizia. terreno. Essa è sconfitta dal 'predecessore' (6,
319 awµa in questo senso compare solo in 10, 20), in quanto egli assume e poi depone la so-
5.10, dove è desunto dai LXX e indica il cor- stanza della carne. A questo schema mentale
po del sacrificio (MICHEL, Hebr. a xo,10 n. 1). sì collega l'affermazione, importante per l'au·
320 MrcHEL, Hebr., ad l. rimanda a Gen. 6,3 .5; tore, riguardante il sacrificio espiatorio del
9,29; 10,25; 35,28; Deut. 30,20; Le. r,7, che sommo sacerdote, che rimette i peccati (v. x7).
rendono comprensibile l'espressione. Qui l'assunzione di carne e sangue è impor-
321 WINDISCH, Hebr. a 5,7 afferma che Gesù tante perché Io rende compassionevole e ca-
nella sua esaltazione ha deposto la carne, ma pace di intercedere.
1373 (vn,142) uap!; E V (E. Schweizer) (vn,143) 1374

la base della concezione di due sfere, ti- zioni giuridiche della sfera terrena 330 •
pica di Hebr. 323• II Padre degli spiri- In ogni caso l'esterno non è contrap-
posto ad un interno indicante la pos-
ti è l'onnipotente, al quale è soggetto sibilità propria dell'uomo. Esso inten-
anche il mondo superiore (-7 col. I29:r), de l'uomo cosl com'è davanti a Dio
mentre i padri che appartengono alla e com'è da lui giudicato. Pertanto solo
il sacerdote celeste concede tale purità
sfera della carne sono quelli terreni.
interior~.
L'aggiunta 'Ì}µwv 324 indica ovviamente
che vi è ancora una reminiscenza del- Difficile da comprendere è 10,20, do.
l'idea di generazione (-7 col. 1286). In ve la CT&.pç di Gesù è il velo attraverso
o~xcttwµrx:w. <rapx6i; (9,10) quasi tutti il quale egli ha inaugurato una via nuo-
scorgono una designazione delle norme va e vivente.
relative alla carne 325 , come conferma 9,
<rtipç sta a indicare la morte di Ge-
IJ s., dove la «purità della carne» si
sù in croce? A prescindere dal fatto che
contrappone alla purificazione della -'> in questa accezione CTapç è sostituita
<T\J\IELÒ1]CTt<; 326 (-7 coli. 926 ss.). da crwµoc (~ n. 319), si dovrebbe in-
tendere otcX. anzitutto in senso locale e
Sicuramente con ciò s'intende la pu- poi strumentale, e il velo andrebbe visto
rità cultuale 327 • La parola profetica di quale possibilità di entrata e non, come
Os. 6,6; I Sam. I5,22 che anche altrove al solito, quale impedimento. Gli ulti-
nel primo cristianesimo riveste un ruolo mi due motivi valgono anche se si in-
importante (Mt. 9,13; 12,7) 328 esercita tende o-apç nel senso più ampio di na-
anche qui il suo influsso. Ma tale purità tura umana di Gesù 331 . Si vuole affer-
esteriore è anche un contrassegno della mare che la carne di Gesù doveva esse-
sfera terrena in genere, mentre la schiet- re dilaniata come il velo doveva essere
tezza della coscienza esiste solo presso squarciato, affinché il sangue fosse of-
il sacerdote della tenda non manufatta, ferto in sacrificio 332 o affinché Gesù
che non appartiene più a questo mondo giungesse alla piena comunione con
(9,n) 329• Ci si deve quindi chiedere se Dio 333 ? Oppure <r&.pç è il luogo in cui
in 9,ro non ci si riferisca a disposi- mondo celeste e mondo terreno s'incon-

m Cfr. anche la contrapposizione di ò Deoç zioni psichiche vanno ordinate (WINDISCH,


e lf'lli>pwnot in 6,16 s. Hebr., ad l.).
324 Solo a u6.pt;, non a 'lt'llEU(..UX:t~ (MICHEL, 328 Cfr. anche Plato, Crat. 405b.
Hebr., ad l.). 329 Anche i lkx~twµo;-.a (9,1) si collegano al
m MicHEL, Hebr., similmente WINDISCH, santuario nel xooµoç, in antitesi a quello «non
H ebr., STRATHMANN, op. cii. (~ n. 322), C. fatto da mano d'uomo» (9,11 .24).
2
SPICQ, L'épitre aux H ébreux II (1953), ad l., 330 Ciò è confermato anche da 7,16 (~ col.
e già Ioannes Damascenus, comm. ad Hebr. a 1378); idem con diversa accentuazione teologi.
7,16 (MPG 95 [1864] 964). ca in Rom. 2,28 s. (~ coli. 1341 s.).
326 Cfr. ·10,22, dove la cnNellì'l)ir~ç localizzata 331 Cosl SPICQ, op. cit . (-+ n. 325) ad l.
nel cuore e il uwµct si integrano, e ~ 1376. 332 W. MANsON, The Epistle lo the Hebrews
Ma anche in Hebr. 9,13 s. la uap!; è in un cer- ( r 95x) 67s.; J. MoFFAT, To the Hebrews,
to contrasto con la sfera del '7t'llEUµct, ~ x, ree (1924) ad l.
1085 s. m Questa ipotesi viene attentamente vagliata
327 Secondo l'A.T. ovviamente anche le situa- da STRATHMANN, op. cii. e~ n . 322), ad t., il
r375 (vu,143) 0'6:p!; E V-VI 2 (E. Schweizer)

trano, ma in guisa che il mondo cele- collega ampiamente a quanto è stato det-
ste rimane nascosto e quindi la o-ap!; di to. II veterotestamentario ·miaa o-ap!;
Gesù cela e insieme dischiude l'accesso
al cielo 334 ? Se la breve frase non è da (~ col. 12 85) compare solo nella ci tazio-
considerare una glossa di qualche letto- ne di 1,24. I passi 3,18; 4,6 presenta·
re 335, la spiegazione più probabile è che no la concezione delle due sfere, ma
1u via del cielo porta il credente prima
attraverso la <Tap!; di Gesù, e attraverso sono tradizionali(--+ x, coll. 1088 ss). In
di essa prosegue sino al sommo sacerdo- 4,1 s. (ev) <rapxl indica anzitutto sempli-
te celeste, che al di là di tutto ciò che cemente la durata terrena della vita (--?
è terreno intercede per lui davanti a 1332 s.). Sorprende invece quando l'e-
Dio 336 (~ vm, coll. 817 ss. n. l 24).
spressione viene aggiunta per ben due
In tutti questi passi aiip!; designa volte a 'ltai>E~V, dato che nessuno forse
l'ambito terreno, che è separato dal mon- può pensare a una sofferenza che non
do di Dio. Ma ciò non implica mai l'idea sia terrena. Poiché la prima volta com-
di peccato. Come la legge cultuale ri- pare in relazione a Cristo, forse si può
spetto al nuovo patto, cosl la sfera ter- risalire a formule come quella di 3,
rena rispetto a quella celeste è la realtà 18 338 • Se 4,1b va spiegato nel senso in-
insufficiente, temporanea, minacciata dicato in -? 1x, 1039 s., cru.pxl è da in-
dalla morte, ma mai ribelle a Dio 137 • La tendere sulla base di Col. 2,II (-? col.
Lettera agli Ebrei è quindi in linea I 360 ). Ma è più probabile il riferimento

con quella storia del vocabolo che ha alla sofferenza fisica causata dalla per-
avuto il suo svolgimento al di fuori del- secuzione, e in questo caso l'espressio-
l'epistolario paolino e che si manifesta ne è volutamente assimilata al v. ra 339,
con la massima chiarezza in Rom. l,3 s. Così anche in questi passi abbiamo la
(-? coll. 1333 ss.) e in Giovanni (-? contrapposizione tra sfera terrena e sfe-
coli. 1363 ss.). ra celeste. Pertanto in 3,21, come nella
Lettera agli Ebrei, ci si ricollega all'al-
VI. Le lettere cattoliche tro uso linguistico che distingue o-&.p!;
quale realtà esteriore dalla O'UVElOT)CTLc;
I. Per Iac. 5.3 -? col. 1328.
(~ col. 1373).
2. L'uso linguistico della 1 Petr. si ri-

quale però rimanda a i)µtv. lo sulla via che conduce a Dio (~ x, coll.
334 N.A.DAHL, The Approach to God accor- 1085 s.).
di11g to Hebrews IO,I9-25: Interpretation 5 337 M1cHEL, Hebr., a 7,26 ss.
(1951) 405. 338 Probabilmente bisogna anche leggere 1!1ta-
335 C. HoLSTEN, Exegetische Untersuchtmg ~&\I.
iiber Hebr. ro,20 (1875) r5. 339 Quindi r.foav'ta~ à.µap-tlru; significa pro-
336 Cfr. E. KiisEMANN, Das wandernde Got· babilmente: con la sua decisione di patire
tesvolk, FRL 5:f (1957) 146 s.: in quanto in- egli ha rotto sostanzialmente con la vita del
sel'ita nella sfera terrena la u6.pl; è Wl ostaco· peccato.
1377 (vn,144) uapl; E v1 2 - vn a {.E. ::lchweizerJ \ v11,144J 1370

3. Interessante è Iudae 7. Gli atti im- indossa indica quanto sia grossolana la
morali commessi con carne estranea si concezione. Tuttavia non si pensa affat-
riferiscono forse alla concupiscenza dei to a un nucleo psichico o spirituale che
Sodomiti nei confronti degli angeli che non sia toccato da tale contaminazione.
avevano fatto visita a Lot 340 (-7 n92. Comunque gll enunciati sono cosl bre-
I3I6.I325). o-6:.p~ è dunque la corpo- vi, che non se ne .può dedurre nulla di
reità che nell'uomo è diversa da quel- preciso.
la degli angeli (-7 n. 21 .5 ). Certo essa
è oggetto di piacere sessuale, che però
non è male in sé, ma solo nella sua per- VII . o-apxwoi; (~ coli. 1274 s.), cra.pxi.-
x6ç (~col. 1320)
versione. Questo versetto viene ripreso
da 2 Petr. 2,10 senza però l'attributo È.- a) L'uso dell'aggettivo praticamente
't'Épa, ma con l'aggiunta di È'V f.mì}uµ.lq. non apre alcuna nuova prospettiva ri-
µ.w.crµov, il che significa che la 2 Petr. spetto a quello del sostantivo. L'agget-
considera peccato lo stesso desiderio ses- tivo greco consueto crapxwoç si trova in
suale della carne. È un passo fondamen- senso neutro in 2 Cor. 3,3 in una cita-
tale verso il disprezzo ascetico della car- zione veterotestamentaria. Le tavole di
ne. Sulla stessa linea, questa lettera carne del cuore 341 sono valutate positi-
al semplice f.mì}uµlo:t. (ludae 16) sosti- vamente 342 rispetto alle tavole di pietra
tuisce l'espressione ellenistica Èmiluµlo:t. della legge. Indicano quindi l'interiori-
O"a.px6i; (2,18), ~ n. ,52. Quasi impossi- tà dell'uomo, contrapposta all'esteriori-
bile da interpretare sono I udae 8 .23 (-7 tà di un'osservanza dei comandamenti
VII, coli. 348 s.). In ambedue i casi o-<ip~ puramente legalistica (~ 1287 s.). Vi-
indica forse l'uomo nella sua esistenza ceversa in Hebr. 7,16 la É\11:0)..i) o-o:pxl-
concreta, esteriore, contaminata da pec- 'Vl) ( -7 I 3 7 3 s.) è la legge che appartie-
cati (d'incontinenza contro natura?)(~ ne alla sfera terrena e non possiede l'e-
coli. r:nr.1386). Il fatto che ne venga nergia vitale indistruttibile delle cose
contaminata anche la veste che l'uomo celesti 343 • L'opposto è costituito dal giu-

140 Quindi anche certi angeli hanno cnrne o 342 'Carne' contiene appunto l'allusione a ciò
quanto meno possono mrullfestarsi in questo che è vivente(~ KAsEMANN 6).
modo; diversa è la posizione in~ coll. 129I.
1318 s. 343 Come in 9,10 s'intende un comandamento
341 Le iscrizioni romane che celebrano perso- che ha a che vedere con la carne (la purità cul-
naggi autorevoli in Oriente costituiscono il tuale) dell'uomo (cosl MrcHEL, Hebr., ad l.);
contrapposto? (vedi la relazione di M. SMITH oppure: è un comandamento che richiede co-
al congresso della Sodety for Biblica! Litera- se carnali (fa discendenza da Levi), come spie-
ture and Exegesis [1959]). Paolo è latore del- ga WnrorscH, Hebr., ad l. In ogni caso non
la lettera nel senso di r Thess. 1,7 s. (W. R. s'intende il comandamento che proviene dalla
:SAIRD, ibid.)? carne e stimola al peccato.
1379 (vn,144) <rap~ E VII a - F r (E. Schweizer) (vn,145) 1380

ramento stesso del Dio vivente (v. 21). b) <Ta.pxLx6c; si trova sei volte in Pao-
In Paolo l'aggettivo ricorre solo in due lo, e altrove solo in I Petr. 2,n. Da un
passi, oltre alla citazione menzionata. A punto di vista formale l'uso linguistico
prescindere dal fatto che in entrambi i dovtebbe dipendere da Paolo, contenu-
casi è riferito a uomini 341 , non si può tisticamente invece il passo ha un ine-
stabilire una differenza rispetto a <1(f.p- quivocabile tono ellenistico 345 • Se i de-
xtx6c;. In r Cor. 3,1-3 si alterna a que- sideri della carne lottano contro l'ani-
st'ultimo per indicare i Corinzi che con ma, è evidente che ci troviamo davanti
i loro litigi dimostrano di essere anco- a quel dualismo antropologico in cui l'a-
ra uomini e non 1t'VEVµcx:nxol (---+ x, nima rappresenta la parte migliore, con-
coll. 1021 s. n. 605). In Rom. 7,14, dove tro la quale lotta la carne che provoca
Paolo designa se stesso prima della con- le brame (~ 1280 ss.) 346. In Rom. 15,
versione come t:Tcipxwoc;, sta ancora in 27; I Cor. 9,n invece <Ta.pxtxci indica in
antitesi a v6µoc; 'ltVEUµa:nx6c; e lo si in- senso neutro cose esterne, come alimen-
terpreta nel senso di «venduto sotto il ti, vesti ecc., mentre 1t\IEUµa.·nx6: signi-
peccato» (---+ x, coli. 298 ss.). Abbiamo fica il vangelo, in piena sintonia con
cosl un'ulteriore conferma che t:Tcipç non l'uso linguistico paolino (~ 1336 s.).
abbraccia solo una parte, ma la totalità Per I Cor. 3,3 ~ x379; per 2 Cor. 1,
dell'uomo in quanto non è nella fede, 12; ro,4 ~ 1336 s. cra.pxtx6c; quali-
non è soggetto alla grazia (---+ 1352 s.). fica ciò che è insufficiente, secondario
In entrambi i casi acipxwoc; è quindi davanti a Dio, ma è pur tale da indurre
usato in senso perfettamente paolino e l'uomo nella tentazione di accontentarsi
qualifica l'uomo che edifica la sua vita di ciò e cosl perdere Dio.
solo all'interno della crcipç e non ascolta
l'È.r.a.yyùlu. per un senso di litigiosa F. L'ETÀ POSTNEOTESTAMENTARIA
ambizione o di farisaica osservanza del
1.I Padri apostolici
dovere.
Il concetto di cr&.p~ viene sempre più

344 MrcHEI., Hcbr., a 7,15. e 4,6 sicuramente, 4,x s. probabilmente, ap·


partengono alla tradizione. Infine il dualismo
345 F. W. BEARE, Tbe First Epistle of Peter
cosmico in 3,18; 4,6, come l'Èv cm:pxl di 4,r s.,
(r948), ad l. richiama Plat., Phaed. 8ic (4
è compatibile con l'idea ellerùstica di un'ani-
n . 51). Tipico è inoltre che il peccato in I
ma che vive nella carne provenendo dalla sfe-
Petr. consista solo nella vita di vizio (BULT-
ra superiore. Può essere che r Pelr. con uapl;
MANN, Theol. 5i4, § 58,31).
intenda tutta la natura di chi non è redento
346H. PREISKER, in WINDISCH, Kath. Br. 3 , ad l. (BEARE, op. cit. [--+ n.345], ad/.) e con ljiv-
ricorda che in 3,18; 4,x s.6 u6:p!; comprende XTJ indichi propriamente lo spirito di Dio. Ma
tutto l'uomo. Ma l'aggettivo usato da Paolo anche se le cose stessero cosl, l'autore si è
può avere un senso completamente diverso dal espresso in termini ellenistici, senza rendersi
sostantivo (--+ lJivxTi e ljlvxLx6c;). lnoltre 3,r8 conto della differenza.
1381 (vn,145) u&.p!; F 1 (E. Schweizer)

ellenizzato. L'espressione semitica 'ltii- ma o carne e spirito in Gesù o nell'uo-


<Ja. crapl; ricorre ancora, come formula mo in genere. Anche quando la solu-
stereotipa, solo in I Clem. 59,3; 64 (--? zione non è conforme alla mentalità gre-
n. 91) e in una citazione in 2 Clem. 7,6; ca, per comprendere la problematica è
17,5. Manca l'abbinamento 'carne e san- necessario rifarsi all'ambiente greco. An-
gue' per indicare l'uomo (---? coll. 1292. cora relativamente vago è I Clem. 49,6:
r382); esso ricorre soltanto nel contesto «Egli diede la sua carne per la nostra
della morte di Gesù in croce o dell'eu- carne e la sua anima per le nostre ani-
caristia(---? coli. 1290.1388 s.). In senso me» 350• Tutte e due insieme costituisco·
tradizionale crei.pi; appare come il luogo no l'uomo, ma entrambe vengono im-
della circoncisione in Barn. 9,4; Diogn. molate. L'anima non è la parte che so-
4'4 (---?col. 1290) 347, come designazione pravvive. Secondo Herm., vis. 3,ro,7;
del Gesù terreno («Cristo secondo la sim. 9,r,2 per ricevere la rivelazione è
carne» o espressioni simili) in I Clem. necessario avere un fisico robusto, ma
32,2; lgn., Sm. r,r; Eph. 20,2; Mg. 13, con ciò non viene espressa alcuna osti-
2, e della vita umana in genere in 2 lità al corpo. Il dualismo ellenistico tro-
Clem. 8,2 348 • In 2 Clem. 5,5; 9,2-4 è ti- va invece la sua più decisa espressione
pica l'espressione «questa carne», perché in Diogn. 6,5 s.: «La carne odia l'ani-
esiste anche la carne risorta (---? l 384. ma ... , perché le impedisce di darsi ai
I 387 .r 388 .1389 s.). Così <rci.pl; può indi- piaceri». I piaceri sono esplicitamente
care il corpo umano (Barn. 7,9; 8,6; visti come funzione della carne in lotta
Herm., vis. 3,9,3) oppure semplicemen- contro l'anima (-7col. 1380). Tuttavia si
te la persona stessa (Ign., Rom. 2 ,1 ). continua ad atletmare che, viceversa, l'a-
Troviamo anche il nesso greco 'carne e nima ama «carne e membra» 351 , ciò che
capelli' (---?n. 33) in Herm., vis. 3,rn,4; dev'essere d'esempio ai credenti perché
l 2 ,I. In particolare il corpo di Cristo facciano altrettanto verso i loro persecu-
immolato sulla croce è detto la sua crei.pi; tori. Secondo Herm., sim. 5,7'4 con la
(Barn. 5,1.12 s. 349 ; 6,3; 7,5; lgn., Sm. carne si contamina anche lo spirito, e
r ,2 ), quindi in questo caso cr&pl; sosti- secondo mand. 3,1; ro,2,6 lo spirito di-
tuisce crwµa. (---? nn. 319 e 361). Di uso mora nella carne (--7 x, coli. 933 ss.).
antico è l'espressione 'mangiare le crap-
Xfc;' (-7 n. 84) (Barn. ro,4). Barn. 5,r3; Chi sviluppa ampiamente questa pro-
1 Clem. 6,3; Polyc., ep. 7,2 (::::: Mc. 14, blemittica è Ignazio 352 • Egli si colloca
38) sono citazioni. anzitutto in quella linea dogmatica se-
condo cui l'incarnazione del Cristo pree-
Del tutto nuovo in questi scritti è il sistente è l'evento salvifico primario
problema del rapporto fra carne e ani- (--7 col. 1363). Pol. 7,r continua dun-

347 Tale circoncisione sembra svalutata in 4(5) Ignatius o/ Antioch (1935) 48-50; H. W.
Esdr. r,3r __,. n. 248. BARTSCH, Gnostisches Gut rmd Gemeindetra-
348 Analogamente la via della carne in lgn., dition bei Ignati11s von Antiochien (1940) rn4.
Rom. 9,3 indica il viaggio terreno di Ignazio. n9-122; TH. RiiscH, Dic E111stehung der Leh-
349 In Bom. 5,13 abbiamo il plurale. re vom Hl. Geist bei Ignatius vo11 A11tiochie11,
350 Qui la scelta di cr&.pl; è condizionata dal T heophilus vo11 A11tiocbie11 tmd I ren. vo11
termine a{µa. che precede. Lyon, Diss. Ziirich (1952) 50-54.59-65; H.
351 Quindi non è più tutto l'uomo, ma la par- voN CAMPENHAUSEN, Kirc/Jliches Amt 11. geist-
te inferiore data ai piaceri (-7 col. 129:z. ). licbe Vollmacht (1953) 106 n. 3; BuLTMANN,
JS2 Cfr. ScHLIER, lg11., op. cii: (-7 n. :z.93) 131. Tbeol. 535-540 (§ 38,3 o); KosTER, op. cit. (-i>
135; C. C. RxcHARDSON, The Christio11ity o/ n. 307) 56-69.
uapl; F l (E. Schweizer)

que I Io. 4,2 s. Cristo deve rivelarsi nel- xa.t 1t\IEVµa."tLX6c; (Eph. 7,2; cfr. Mg. 1,
la carne, perché diversamente gli uomi- 2). In tal modo cielo e terra, Dio e uo-
ni non lo potrebbero conoscere (Barn. mo 358 sono confluiti in uno. Non ciò che
5,6.10 s.; 6,7.9.14) 353• In David egli ha Gesù fece o disse è importante, bensl
avuto un precursore nella carne (Barn. il suo esistere in quanto tale 359•
12,ro). Prima era 1tveuµa poi divenne
cnl.pç (2 Clem. 9,5) 354 • La concezione più L'impostazione del problema è dun-
interessante si trova in Herm ., sim. 5, que ellenistica. Ma la soluzione è com-
6,5-7: la carne di Gesù servì tanto be- pletamente diversa. Non si tratta di li-
ne lo spirito che in essa abitava, da es- berare nell'uomo il germe divino dal-
sere premiata con la partecipazione alla l'involucro della carne. Pertanto non so-
risurrezione 355• Già questo contrasto col lo si sottolinea la reale incarnazione di
TIVEuµcc, che manca in Io. 1,14 e I Io. 4, Cristo, ma si riafferma che carne e spi-
2 s., indica che rJapç viene sempre più rito rimangono uniti anche nel Risor-
intesa come sostanza. Ciò vale anche per to 300 • Questa unità però viene comuni-
Ignazio: Gesù è ~v rJccpxt yEvoµEvoc; cata al credente, forse nel sacramento 361
17E6c; (Eph. 7,2), cnxpxocp6poc; (Sm. 5, ma soprattutto nell'appropriazione vita-
2)
356
• Così le due sostanze
357
che carat- le 362• Anch'egli è carnale e spirituale
terizzano le due sfere in lui sono diven- (lgn., Tr., inscriptio; 12,1; Sm. 1,1;
tate una cosa sola. Egli è O"apxtxéc; 'tE Poi. 2,2) 363 ed è chiamato a realizzare

353 Anche nell'aggiunta cristiana di test. B. 10, dere in esame i passi che contengono crap!;
8 si parla del Dio apparso nella carne. (per il resto ~ II, col. 81). In Eph. 7,2 Cri-
35l Secondo 14,3 s. la stessa cosa vale anche sto nella sua unità corporale-spirituale appa-
per la chiesa. In quanto preesistente essa è re come medico, e ciò può essere collegato
pneumatica; apparve nella <rapi; di Gesù, ma a 20,2 (-7 xv, coll. 203 ss.). Ma se vi si accoglie
ora, dopo la sua morte, continua a rimanere la lectio diffecilior o in luogo di ISç (MAURER,
la sua u6:pl;, mentre egli è 1tVEvµa. L'incarna- op. cit., 93 s.),.come in Tr. 8,1, scompare il ri-
zione dello Spirito-Cdsto continua quindi nel- ferimento al sacramento. Tuttavia in Sm. 7,1
la chiesa (-4 n . 372). l'eucaristia è definita u&.pt; di Gesù. C'è però da
355 Cfr. DrnEUUs , Herm., exc11rst1s a sù11. 5,6, chiedersi se Ignazio pensi a una assimilazione
7; ScHLIER, Eph., a 5,32 s. excursus (269 s.). d1 natura sostanziale all'unità di carne e spi-
356 Cosl anche in Sib. 1,325; dr. ep. aposto- rito esistente in Cristo nel sacramento (KO-
lorum 19,21 (ed . C. ScHMIDT e J. WAJNBERG, STER, op. cit. [ ~ n. 307] 6x); questa infatti
Gesprache Jestt mii seine11 Jiingern nach der in nessun altro passo è collegata all'eucaristia.
Auferstcbtmg, TU 43 [1919] 66 s.72 s.; dr. Ivi, secondo Rom. 7,3; Phld. 4,1, si ha la com·
294 s.) e ~ coli. 1391 s. binazione di carne e sangue che è tipica del
m Rom. 6,2; 7,2 menziona la u)..'YJ come ciò tema della morte di Gesù (~ col. 1381}: Sm.
che catatterizza la sfera terrena . 1,1; 12,2; Tr. 8,r. BARTSCH (-4 ll.JJ.2) 119-
3s& Gesù è il i}eòç ù.v&pw1tlvwç cpaVf:povµtvoç 122 ritiene che anche in Sm. 12,2 come in Tr.,
(Eph. 19,3). inscriptio si tratti del itai>oç di Gesù comu·
359 Petciò qui il Redentore resta muto; cfr. nicato sacramentalmente. Phld. 5,1 chiama
KtisTER, op. cit. (-7 n. 307) 60 s. cr&.pl; di Gesù il vangelo, non l'eucaristia. Cfr.
;<(i() Egli è ~v ua.pxl, cra.px~x6ç (Sm. 3; 12,2). ~ n. 362.
Viceversa gli angeli sovraterreni sottostanno al 362 Anche l'eucaristia serve da immagine della
giudizio (Sm. 6,1). comunione con Cristo da raggiungere nel mar-
361 Non si può dire se Ignazio pensi in cate- tirio (Rom. 7 ,3), oppure della realizzazione del-
gorie magico-sacramentali (-4 v, coli. 546 ss.) o la vita nella fede e nell'amore: MAURER, op.
no (RiisCH, op. cit. [ ~ n. 352] 60-62; CHR. cit. (~ n. 361) 88-92; BuLTMANN, Theo/. 537
MAURER, lgl1(:tius von Antiochien und das s. (§ 58,3 o).
Joh.-Ev. [1949] 88-99). Ci limitiamo a pren· 363 Non è chiaro se in questo caso si pensi al-
uap!; F l (E. Schweizer) (vu,q7) r386

questa unità anche eticamente, per es. pologico, ma l'antitesi fra Dio e uo-
accontentandosi «in carne e spirito» del mo :w.. In Eph. 8,2 i due significati di
coniuge (Poi. 5,1; Mg. 13,1; Rom., in- O"cipç sono congiunti: gli uomini spiri-
scriptio; aggettivo: Eph. rn,3; Mg. 13, tuali, cioè determinati dallo spirito di
2; Po!. 1,2). Esattamente all'opposto di Dio, sono in assoluta opposizione a quel-
Paolo (~ 1350 s.), il segno dell'uomo li carnali, cioè a quelli determinati dal-
riconciliato non è quindi la tentazione la carne 367 • Appunto per questo però
dello spirito ad opera della carne o la vit- anche la loro realtà carnale, cioè la lo-
toria dello spirito sulla carne, bensì la ro vita esteriore, corporale, sarà spi-
loro integrazione. Ovviamente, solo in rituale.
questa comunione con lo spirito la c;ap~
può avere valore positivo. Quindi essa Tutto ciò contribuisce a far sì che la
altro non è che la corporeità, di cui so- carne in guanto tale divenga sempre più
no privi solo i demoni e gli eretici: Sm. sospetta. Did. 1,4 ammonisce di guar-
3,2; 2 (--+ 1319.1328 s.). Tuttavia es- darsi dalle «brame carnali e corporali»
sa può anche diventare una forza che cioè dall'egoismo umano duramente sfer-
rende schiavo l'uomo. In quanto tale, zato dal discorso della montagna 368 • In-
quando cioè l'uomo vive xa-tèt. c;apxa vece la «brama della carne» di Barn. ro,
(Mg. 6,2; Rom. 8,3) 364, essa può, come 9, che impedisce ai Giudei la retta
in Paolo-lM, essere opposta a Dio o a comprensione, poteva avere un significa-
Cristo. In questo senso si dice che lo to sessuale 369• Poi. 5,3 nella citazione so-
spirito non ammette l'errore della carne stituisce c;&.pç con Èmi}uµla, che ha sfu-
(Phld. 7,1 ). Tutti questi passi perciò, e matura sessuale. In I Clem. 38,2 si pre-
ancor più chiaramente Phld. 7,2; Mg. 3, dica esplicitamente la continenza sessua-
2, non presentano un dualismo antro- le. Tuttavia non si giunge, come nel-

lo spirito come donum superadditum, o se alla quale si contrappone la realtà superiore


s'intenda parlare dell'fow1>Év 'tE xaL ~!;wi}Ev della fede, peraltro senza la rilevanza teolo-
puramente antropologico (Rom. 3,2), come è gica di Mg.6 ,2; Rom. 8,3.
propenso a fate RICHAlIDSON, op. cit. (-7 n. 36S Diogn. 5,8 è ancor più chiaramente confor-
352) 48 s. appellandosi ai LXX. Poiché Igna- me all'uso linguistico paolino di :z Cor. 10,3: i
zio parJa solo cli credenti, non è possibile deci- cristiani compaiono nella carne, ma non vivo-
dere con sicurezza. È probabile che per Igna- no secondo la carne.
zio il problema non si ponga in termini netti,
~ Anche in questo senso (~ n. 358) &v1>pw-
poiché lo Spirito cli Dio trasforma in nuovo lo 1tOç o à.v»f)Wnwoç possono sostituire a!Xpt;
spirito dell'uomo. Ma la contrapposizione non (Tr. 2,r; Rom. 8,1; Eph. 5,1). L'uomo vero pe-
potrà essere vista in limiti puramente antro- rò è solo quello liberato dalla t!À.7) (Rom. 6,
pologici, poiché già nei LXX il dualismo è 2).
cosmologico (-7 col. 1291) e tale rimane preva-
'367 Ad essi corrispondono i mC'-i:ol e tl:mcr-i:o~
lentemente anche nel giudaismo e nel N.T.
354 Quindi uapt; non è semplicemente la real-
di Mg. 5,2.
tà sensibile, ma la sfera terrena che può acqui- 368 L'orientamento a questo mondo diventa
stare forza; solo che, diversamente da Paolo, se-mpre più sospetto, quello al mondo ultra·
è intesa come provvisorietà, non come pecca· terreno sempre più lodevole (Ign., Rom. 7;
to: R. BuLTMANN, IgnalitH tmd Pa11lus, in Barn. 4,1; Polyc., ep. 9,2; Herm., vis. r,1,8;
Studia Pa11lina, Festschr. J. de Zwaan (1953) :z Clem. 5,6; 6,6; cfr. Ab. 5,21).
45 s. Verosimilmente in Eph. 16,2 con l'abbat- 369 Precedono tre interpretazioni allegoriche
timento delle case che avviene xa:rà C'cXPXct che applicano un comandamento veterotesta·
s'intende la lussuria. Ma ·anche in questi ter- mentario alla pederastia, all'adulterio e alla
mini C'cXp!; designa la sfera terreno-corporale fornicazione.
crtip!; F I-3 (E. Schweizer) (vn,148) I388

l'ellenismo, ad insegnare la fuga dalla 2. Atti apocrifi di apostoli


carne, per quanto evidenti siano i trat-
ti ascetici. Frequente è l'esortazione a Anche in questi scritti la nascita di
custodire la carne 370 come un tempio e Gesù dalla vergine è un <ra.pxwlJljva.t
a non contaminarla (I-Ierm., sim. 5,7,1- (act. Phil. x41 [p. 76,9]). In essa un
4; mand. 4,1,9; Ign., Phld. 7,2; Pol. 5, WJEuµa. ouvciµEwc; viene 373
inviato nella
2; 2 Clem. 8,4.6; 9,3; cfr. I4,3-15,I), <rcipç, ossia in Maria • Solo questo at-
perché appunto questa carne sarà risu- to può redimere la nostra 374 carne e darle
scitata e giudicata (2 Clem. 9,r.5; dr. la possibilità di risorgere • Quale de-

r Clem. 26,3) 371 • Particolarmente inte- signazione della vita terrena in genere
ressante è l'affermazione di 2 Cle111. 14, a-cip!; ricorre in act. Thom. 375
66 [p. 183,
5 secondo cui solo per la sua unione con 5]. 159 [p. 270,x5]) • È ciò che sor-
lo spirito santo essa diventa immortale. regge l'uomo e lo distingue dagli esse-
Propriamente ciò contrasta col princi- ri spirituali (act. Thom. 66 var. [183,
pio della risurrezione, ma l'autore non rn]), dr. 45 [p. x62,20]). Il <ra.pxtxòv
se ne rende affatto conto. Già qui dun- EtowÀ.ov non è vero io (act. Io. 28 [p.
que emerge il problema (~ col. 1389) 166,13, ~ x328 s.]). Il sospetto asceti-
determinato dal confluire di un apprez- co contro la o-cip!; è particolarmente for-
zamento biblico-ebraico della carne e di te in376 act. Tbom. Ti 'ti]<; o-a.pxòc; xoww-
un suo deprezzamento di stampo elleni- vla. è l'unione matrimoniale in act.
stico. Spesso la soluzione viene trovata Thom. 103 var. (p. n5,21 ss.); essa è
nel fatto che vera vita si ha solo nel- È1td)uµla. <ra.px6c;; 7 var. (p. no,19) e
l'unione di spirito e carne (intesa come rientra nella ci<rlJÉ\IELa. -ci]c; <ra.px6c;: 1 (p.
corporeità). Ciò può essere facilmente 100,7 ). Ma questa posizione conduce già
interpretato nel senso che tale unione è chiaramente alla gnosi 3
(--+ coli. 1391
possibile solo dove la carne concede spa- ss.; x, coll. 940 ss.) n.
zio allo spirito, sia nel matrimonio re-
golare, sia nell'ascesi. Di ciò è un effica- 3. Gli apologisti
ce archetipo l'unione di spirito e carne
in Cristo 3n. <rapt; diventa sempre più importante
per indicare l'incarnazione (--+ col.
x363) 378 ; nell'eucaristia cr6:pl; xa.t a.tµa.

370 Non il crwµa come I Cor. 6,19. fentlichungen der Hamburger Staats- u. Uni-
371 Anche ep. apostolorum 22.26 (op. cit. [ ~ versitatsbibliothek n [ 1936]).
n. 356] 74 s.82 s. e passim, cfr. 196.199 s.314). 374 3 Cor. 3,5 s. in act. Paul. 48,22 ss. (testo
372 Cfr. i succitati passi di Ign. ed Herm. In copto ed. da C. ScHMIDr (1905]).
2 Clem. 14 e lgn., Pol. 5,2, a meno che non 375 Qui con l'aggiunta di et.V"tTJ in parallelo a
si accenni al celibato di Gesù, l'unione di Cri- x6crµoç oi'.i>toç.
sto e chiesa serve inoltre da modello. Sulla 376 Xenoph., oec. I0,4 s.: 'tOU crwµai:oç. Cfr.
base di Eph. 5,32 e~ col. I36l) e altri luoghi I. DoRESSI!, Les livres secrels des gnostiques
analoghi questo ulteriore passo è ovvio. Pro- d'Egyptc (1958) 238.260.
babilmente esercita il suo inilusso la diifusa m Cfr. l'ulteriore influsso del dualismo cosmi-
concezione dello 1.EpÒç y&.µoç; molto più pro- co per es. in Stob., ecl. l,275,2I-276,n; 277,
blematico è stabilire se si abbia l'eco anche 8-16 (Corp. Herm. n,2).
di una elaborata dottrina della sizigia; dr. 378 L'uomo terreno ha carne: Iust., dial. 48,3;
ScHLIER, Eph., a 5,32 s. (specialmente 268- dr. Aristid., apol. r5,1; egli è crapxo'lto~'l')bE~:
271) e ~ O"wµa. Iust., apol. 32,rn; 66,2; con carattere eviden-
m act. Paul. 8,25 s. (ed C. ScHMIDT, Verof- temente tradizionale, collegato alla nascita ver-
<rapi; F 3 (E. Schweizer) (vn,149) 1390

di Gesù vengono distribuiti in nutri- ca nel N.T. Tat., or. Graec. lJ,r s. com-
mento dei nostri a.ìµoc xoct G"ap,m; (Iust., batte l'idea di un'anima immortale: es-
apol. 66,2). Per la critica alle concezio- sa muore insieme con la O'ap; ( = O'W-
ni greche della divinità mossa da Athe- µ.a. ), insieme con essa il crapxlov è reso
nag., suppl. 21,1.4, l'incarnazione di Ge- immortale (25,2) di modo che entram-
sù costituisce naturalmente un'angustia, bi risorgono insieme ( l 5 ,I). La difficol-
poiché egli deve ammettere che Dio può tà dell'apologista deriva dal fatto che
assumere una crcip; ed essere cra.pxoE~­ egli pensa in categorie greche in cui Dio
onc;. Poiché, tuttavia, ritiene che di so- è acra.pxoc; e l'uomo è O'cipç. Il fatto che
lito a questa concezione si congiunga \{iuxi) e crapç sono omogenee e guidate
l'idea di un SouÀ.oc; È1td~uµl~ soggetto dal 1tvi::vµa. rientra ancora in un certo
ad eros e a sofferenza, egli dichiara espli- qual modo in questo schema, mentre
citamente che ciò è indegno di un dio. la risurrezione della crap; e il fatto che
In Iust., dia!. uap; serve spesso a in- i demoni (che non sono più semidei ma
dicare l'esteriore 379 circoncisione o in- potenze malvagie) sono privi di crapxlov
circoncisione (~ col. 12 90): -c-i}v uapxoc creano gravissime difficoltà ( l 4, r ; r 5, r -
(10,1), xa:rà. ucipxoc (16,2 s.; 18,2 s.; 3). La <Ta.pxLxlj {j)..11 è segno specifico
19,3 s.; 43,2), 1tEpt -cljv cr6:pxa.: (92,3 dell'esistenza terrena (6,2). Analoga-
s.), crocpx~xTi (23s); il battesimo (14,1) mente in Atenagora arµa xa.L <Tap; ap-
e la stirpe (43,7; 44,1; 66,4; qo,2; pare come realtà terrena, ilica, in con-
vocpx~xòv <T7tÉpµoc: r 2 5,5). Il crocpx~xwc; trasto con quella celeste, il puro 'lt\IEV-
vcE'Lv (14,2) non ha più il senso paoli- µoc, che dovrebbe essere l'anima (suppl.
no ma indica solo che i Giudei riman- 27,1). Il rapporto sessuale è unione di
gono fermi al culto o alla loro realtà na- O'apç con <Tapç (33,2). Servire a O"àp;
zionale. Così anche aìµa. xoct crap; è il xa.L oc'Lµoc significa servire alle brame ter-
principio generativo naturale, 1tlo"nc; rene (31,2), e gli angeli che hanno pec-
xa.i 7tVEuµa. quello divino (135,6). So- cato hanno ceduto alla ucipç, cioè al de-
lo in 12,3 vi è una tenue eco di Paolo siderio delle vergini (24,5 ). Perciò l'uo-
quando, a proposito di coloro che so- mo nella vita ultraterrena avrà sl una
no circoncisi nella catne, si dice che es- carne, ma non vivrà come carne ben-
si È1tt 't"i} O'a.pxt µÉyoc cppovE'Lv, «menano sl come spirito celeste (31,3). Si com-
vanto della carne». Completamente di- prende cosl come la chiesa, avendo
verso è l'uso linguistico di Aristid., apol. accolto questa impostazione greca, do-
r 5 ,7 che accosta ai fratelli xa.'tà. u6:pxa. vesse insegnare la risurrezione della car-
quelli xcx:dt tJ;uxl}v. L'antitesi greca fra ne 380• Essa costituisce almeno un argine,
interno ed esterno ha sostituito quella seppur increscioso; ciò che al crwµoc neo-
fra Dio e uomo. testamentario non era più possibile 381•

In Iust., dial. 80,5 si insegna esplici-


tamente la O'ocpxòç &.v&:<r-caatc; che man-

p,inale: dial. 45A; 84,2; rno,2 (~col. I388). der des Leibes?: ThZ I (1945) 105-I20.
m Cfr. 69,6: certi invalidi xa:rà. -r:1)v uapxa 381 I passi patristici sul problema del cibarsi
sono guariti da Gesù; 23,5: l'aspetto della della carne sono elencati in Bibliothek der Kir-
O'ap!; ( :=: parti genitali o tutto il corpo?) del· che11viiter, Generalrcgister 1 (193x) 205. Cfr.
la donna è diverso da quello dell'uomo, per J. HAUSSLEITER, Der Vegctarism11s in der A11-
cui non viene circoncisa. tike, RVV 24 (I935) 35-41.
380 W. BnmER, Aufersteh1111g des Fleisches O·
1391 (vn,x49) a-api; F 4 (E. Schweizer) (vu,149) 1392

4. La gnosi (~ x, coli. 936 ss.) ne 385• Anzi, in questo testo il divenire


della carne per amore dello spirito è il
L'uso linguistico può essere meglio miracolo da domandare 386• Anche i Ma-
illustrato in ~ crwµa. Nel presente ar- nichei hanno formulazioni meno circo-
ticolo tratteremo solo quei passi in cui spette 387 • Completamente diversa è la
compare <rcX.pç. situazione in Clem. AL, exc. Theod. 1,r,
dove gli <T'ltÉpµa't<X., ossia la faxÀ11crla,
Sotto il profilo cristologico si sotto- rappresentano il crapxlov che il Reden-
linea che il Redentore apparve solo «in tore indossa (~ a-wµa Xp~<:r'tou ).
una carne (cr&.pç) d'immagine» (evange-
lium veritatis 31,5 s.) 382 • Cosl secondo i Sotto il profilo antropologico cr6.pç
Valentiniani fu crocifissa solo la crcJ.pç di solito è intesa nel senso di principio
del lJ!uxLxòc; Xpw.. •oc;
(Clero. Al., exc. malvagio. Tuttavia pare che nei siste-
Theod. 62,2) 383• A questa visuale cor- mi più antichi non avesse un ruolo im-
risponde l'idea che il 7t\1Euµa discese portante 388 e spesso è sostituita da altri
sulla <rri..pç del Logos solo nella figura concetti 389• Talvolta ha valore neutro,
della colomba (ibid. 16; cfr. Iren., haer. benché implichi sempre una subordina-
1,7,2; Hipp., ref. 6,J5,6). Viceversa il zione, come quando si dice che le «lin-
Vangelo di Tommaso 384 parla senza ri- gue di carne» non possono pronunciare
serve dell'apparizione di Gesù nella car- il mistero divino 390 • Una posizione in-

38Z Ed. M. MALININE, H.CH. PUECH, G. QUI- e~ coli. 1271 s.), non la contrapposizione delle
SPEJ, (1956). sostanze. Corp. Herm. 1; ro; 12 usa solo ~
383 Solo l'anima del awµa sofferente si affida a&iµa. (cfr. ~ coll. 1393.1395 s.).
alle mani del Padre, mentre il redentore stes· 369 Presso i Valentiniani tra le tre classi di
so salva il suo 'ltVEUµ«-.LXOV (ibid. 62,3; dr. persone (-> x, coli. 944 ss.) compare il xo~­
inoltre 1,1; 26,1; anche lren., haer. 1,6,1). xéç o ÙÀtx6ç invece del cra.pxtx6ç (Iren.,
384 Cfr. In traduzione di J. LEIPOLDT, Ein neu- haer. 1,5; 6,1; 7,5; 8,J; Orig., comm. in lo.
cs Evangelium?: ThLZ 83 (1958) 481-496. 10,33 .37; 20,24) e lo stesso avviene presso lo
385 Logion 28 (tav. 86,22) = P. Oxy. 113 s. gnostico Giustino (Hipp., re/. 5,26,32; 27,3) e
386 Logion 29 (tav. 86,31 s.). Prodigio ancor presso i Nansseni (Hipp., rcf. 5,7,30.36; 8,14.
più grande è il divenire dello spirito per amo- n; ma dr. ~ col. 1394). Per ÙÀ.txoc; cfr. an-
re del corpo (~ aWµa), verosimilmente il di- che Corp. Herm. 1,24; 10,10 s., per yi)~voç 10,
venire del Cristo preesistente per la futura 17-19. In apocr}1pho11 loam1is (~ n . 176) 55,
incarnazione. 7-13 UÀ.'I'}, tenebre, tm-Ouµla e avnxElµEVOV
387 Kephalaia, Maoichaische Handschriften der 7tVEVµa sono catene e tomba del corpo. Il re·
staatlichen Museen Berlin I (1940) 61,23: egli gno e fo stolta saggezza della uapt; appaiono
venne nel 1tMctµa della cr6;pt;; 89,26 s.; 95, invece solo in 16,9 s. accanto ad altre figure
3 s.: il vouç che è luce entra (nel corpo) della della «quarta potestà», che l'anima incontra
carne e l'attrae. Anche certi apostoli compaio- nella sua ascesa. Secondo 58,4-7 (cfr. 63,5 s.;
no nella carne (101,33). 74,r-75,7) il drago di Gen. 3 insegna a gene-
388 Pare che per Simon Mago non abbiano
rare la l-rm'h>1.u'.a senza che però si parli mai
avuto importanza né cr&:pt; né awµa., tranne di carne (-> col. 1394). Cfr. anche DORllSSE,
che nella dichiarazione che la ennoia migra di op. cit. <~ n. 376) 183.
corpo in corpo (Iren., haer. 1,23,2) e nell'e- 390 Koptisch-gnostische Schriften (ed. C.
spressione T!'éicra. aapt; in senso veterotesta- SCHMIDT- W. TILL, GCS 45 [1954) 341,27;
mentario (Hipp., re/. 6,9,8; 10,2). Il racconto 359,33). Cfr. ~ col. 1319. Secondo sophia Ie-
di Pseud.-Clem., hom. 2,26 che Simone avreb- su (in Tu.i., op. cit. [ ~ n. 1761) 79,2-5 nes-
be trasformato il Tl'VEUµa. in acqua, poi in san· suna carne mortale può vedere il Risorto, che
gue e infine in carne, presuppone il passaggio è accessibile solo a una crapt; pura e perfetta.
1393 (vn,149) crap~ F 4 (E. Schweizer) (vn,r50) r394

termedia è quella assunta dal Vangelo 7 s.). Neil'apocryphon Ioannis le ani-


di Filippo 391 : «Non devi temere la car- me provengono dalla crapl; e dopo es-
ne, ma nemmeno amarla» (logion 62). sere state salvate non sono più costrette
«Vinci il senso carnale» (104). Le noz- a ritornarvi 392• Persino in senso mani-
ze immacolate non hanno nulla a che cheo troviamo una volta l'immagine che
vedere col O"apxtx6v (I 22 ). La circonci- agguaglia la crocpl; dell'umanità all'o-
sione della crapl; significa la distruzione =
strica che contiene la perla ( l'anima)
della crapç delle membra (~ n. 401) del (kephalaia [ ~ n. 387] 204,8 s.14) 393 •
mondo (123). Risorgere significa per sé Tuttavia 220,6 s. indica che in questo
spogliarsi della carne (63); ma Gesù ha senso si preferisce parlare di «corpo»,
la carne verace di cui la nostra è solo mentre alla «carne del peccato» si addi-
copia, ossia il Logos (72 e 23), di mo- ce l'odio 394• È il vincolo della crapl; del-
do che è possibile salvare la dottrina ec- la e:lµcx.pµÉ\11], al quale si sfugge quan-
clesiastica della risurrezione della carne. do si esce dal corpo 395 • Dunque, quan-
Singolare è il logion xr2 dell'ev. Thom. do è usato in senso tipico il termine
(tav. 99,10 ss. ~ n. 384): «Guai alla cr'&.pl; indica una sfera di potere a cui
carne che aderisce all'anima; guai all'a- l'uomo è consegnato 396 • In queste conce-
nima che aderisce alla carne». Evidente- zioni si esprime certamente un senso del
mente ciò a cui si deve tendere è la se- mondo di stampo gnostico, che però si
parazione tra carne e anima, intendendo può intendere come evoluzione della
forse che alla carne si possa attribuire concezione delle due sfere (~ col.
un ruolo temporaneamente positivo di 1291 ), dove tuttavia il modo greco di
servizio nel senso del logion 29 (~col. concepire per sostanze ha assunto uno
1392). Secondo Corp. Herm. 3,3 s. la schema che originariamente era inteso
t)iuxiJ vive nella t'.µlfiuxoc; crapl;. Secondo in modo completamente diverso. A que-
i Valentiniani l'anima divina è nascosta sto riguardo non è ancora necessario
nella crapt; o nell'anima ilica che le presupporre il mito del redentore gno-
serve da O"apl; o da crwµ<X. (Clem. Al, stico.
exc. Theod. 51,1 s.). Prima di tutto fu
formato lo tVVXLXÒV crwµa poi lo CT1tÉp- Corrispondentemente il rinato -rH.E~oç
µa maschile aggiunto si mescolò alla a\li)pwnoc; dei Naasseni o dei Frigi non è
\jJIJ)ltl e alla CTapl; (ibid. 2,I S.; cfr. 5 ,J). più crcx.pxtx6c;, ma '1tVEvµ<x:nx6c;, ài}a-
Naturalmente il crapxtx6\I deriva dalla \lcx.-roc; (Hipp., re/. 5,7,40; 8,7.18.23.36
uÀri (Iren., haer. l,5,6; dr. 6,1) e la s.; 9,4 397 ). Egli ha lasciato il crwµa ter-
tx l)iuxi]c; xpEµaµÉ\lfJ cr&.pl; è la uÀ.ri reno (8,23) e non pratica più l'É'mìhJ-
creata dal Demiurgo (Hipp., ref. 6,J7, µl<X. 'tjjc; crapx6ç (-7 n. 5 2) ( 8 ,3 l) 398• La
391 Traduzione secondo H. M. ScHBNKll, Das reità, ma la «carne dell'ignoranza».
Evangelitlm 11ach Philippus: ThLZ 84 (r959) 395 Biicher des Jetì, op. cii. (~ n. 390) 315A-
5-26. 7. Nei Salmi di Tommaso (ed. C. R.C. AL-
39'2 Apocrypho11 Ioannis (~ n . 176) 68,2; 70,8. BERRY, A Ma11ichaea11 Psalm-Book 11 [r938]
Secondo la congettura molto incerta cli 65,20 219,6; cfr. 204,22) cr6:p!; non ha alcuna ac-
· la O'ap!; sarebbe l'aspetto esterno dell'uomo, centuazione.
che egli usa ma che non tocca il suo interno. 396 ~ Kii.SEMANN 57: «Il corpo 'ha' noi» (non
393 Cfr. anche H. J. PoLOTSKY, Manichiiische noi abbiamo il corpo!) Cfr. anche DoRESSE,
Homilien (1934) 14,rn; DoRESSE, op. cit. (~ op. cit. e~ n. 376) 172.238.244.
n. 376) 209. . 397 Altrettanto dice Hipp., re/. 5,2I,6 a propo-
39-1 Cfr. Biicher des Jeu, op. cit. (~ n. 390) sito dei Sethiani.
259,Jo-260A: «carne» non intende la corpo- 398 Saul praticava il demonio della uo.px~xi)
1395 (vn,150) crcip!:, F 4 (E. Schweizer)

404
nascita carnale rientra nei piccoli miste- 2 3-2 5)• Il passo ermetico, che si leg-
ri; da essa d si deve allontanare come il ge in Stob., ecl. l,461 405 e secondo il
castrato Attis ( 8,40 ). Nessuno ljlux~x6.; quale le anime sono immerse CPE~ct.'It"t~<T·
o vap:>nx6.; 399 entra in cielo ( 8 .44) 4'.Xl. µÉvm) in carne e sangue, connette an-
Secondo i Manichei è soprattutto il cor- tropologia ellenistica con terminologia
po di carne che genera i demoni ed è giudaica. <rapxlov ricorre con senso spre-
radice e origine di ogni male 401 • In esso giativo presso i Valentiniani 400 •
vive il peccato (kephalaia [ ~ n. 387]
94,26, cfr. x51,9). Esso imprigiona la Certamente in questi enunciati abbia-
'mente' nella carne (95,18 s.), e con la mo un uso linguistico specificamente
redenzione la mente dell'anima prigio- gnostico. Ma in quanto essi non espri-
niera nella carne 402 ne viene liberata, mono semplicemente l'avversione per
non però la mente del peccato (95,25; il corpo propria della tarda antichità e
96,18 s.). Nei cinque mondi della crapç il senso dell'abbandono in potere al-
o delle crcX.pxEç maschili e femminili abi- trui, difficilmente tale uso potrà dirsi
ta la 1)oov1} (26,33 s.; 27,3 s.7 s.; cfr. primario rispetto al N.T. Con ogni pro-
151 ,30 ). Cosl la crcipç corrisponde al babilità in entrambi i casi è presente
veicolo delle tenebre (170,15). Essa è l'inBusso del dualismo cosmologico tar-
creata dall'Inviato mediante la forza del dogiudako e orientale in genere (~ col.
peccato (54>4 s.; 56,23 s.; 138,10 ss.), e 1291). Tuttavia in Io., dove pure es-
la uÀtj ha posto su di essa la sua im- so esercita chiaramente il suo influsso,
pronta (179,4 s.). Perciò non si devono non viene acuita la valutazione negati-
gustare carne e sangue (192,12; cfr. va della cnip~ (~ 1363 ss.), e in Paolo
229,21) 403 • Un giorno la carne ( =
il la potenza della crcX.p~ non è deducibile
corpo) sarà sconfitta (Manichiiische Ho- dal mito gnostico, anzi non rientra nem-
milien [~n.393] 8,n; cfr. n,28; 39, meno nello schema delle due sfere (~

E.:dbµia (Hipp., re/. 5,9,22). 12; dr. 27,7.


403 D'altronde neppure Clemente d'Alessan-
399 In Hit>p., re/. 5,8,45, dove si parla della
nascita verginale, si ha crwµa:nx6.:; e µcx.xciptoç dria, che ci informa, è lontano dai suoi avver-
in luogo di 'ltVEVµcntx6.:;. Cfr. ~ n. 389. sari. Per l'abbinamento di crap!; cd btdhJµla
cfr. strom. 2,41,<f; II5,3; 3,87,2; 4,137,3; 5,
-100 Similmente per i Valentiniani: la xofot·h
67,4; 7,33,6; per la tricotomia (uap!;, t!Juxii,
crcip!:, non va in paradiso (Clero. Al., exc. 'ltVE.uµcx.) 3,68,5 (a detta di altri); per l'idea di
Theod. 51,1 s.; cfr. Iren., haer. 1,7,1 a pro- un uapxLx6v (crwµcx.-.Lx6v) TCVEUµcx. che com-
posito dello ljlvxtx6v; secondo l,6,3 essi pe-
batte contro l)iuxi} o il TC\IEuµa: superiore 6,52,
rò esercitano le 1)oow1.t -.ijç crcx.px6c; perché
2; 134,1; 135,3; 136,1 s.; 7,204 (crapxwov si
le si sentono superiori).
trova solo in q11is div. salv.). Infine distingue
401 E. WALDSCHMJDT- W . LENTZ, Die Stellung le Cl'apXE<; ( = cristiani di nome soltanto) dal
Jesu im Ma11ichiiismus, AAB 1926,4 (1926) .i;vwµcx.-.~xòv awµa: (7,87,3 s.).
100 s. {19b.23a.b). 106 (49a). 121 (15,15). 123 404 Della «carne degli arconti» parla pist. soph.
(394). Ibid. xr2 (2 recto rn) compaiono le p. 24,17.
«membra del corpo e prigioni», che accumu- «JS Corp. Herm. 25,8.
lano i desideri (cfr. kephalaia [~ n. 387] 95, 406 Clem. Al., exc. Theod. 52,1-53,1; anche 1,
17; ~ n. 284). Ma in uo {76c) il credente x; 26,1; in senso stoico anche M. Ant. 2,2 e
prega che il suo corpo di carne giunga a pace tra gli apologisti Tat., or. Graec. 6,2 (diversa-
e gioia perenne, e in kephalaia (~ n, 387) mente ~ 1389 s.), che è l'unico a usate il vo-
151,9; 169,31 il corpo di carne è usato in sen- cabolo. Viene valutato positivamente da mari.
so neutro. Polyc. x7,1. Per l'uso greco cfr. LIDDELL-SCOTT,
402 Anche PoLOTSKY, op. cit, e~ n. 393) 86, s.v.
1397 (vrr,151) cra:m.viiç (W. Focrstcr - K. Schafer<liek) (vn,152) 1398

col. 1347 ). Il ruolo negativo della O'ap~ e soprattutto alla concezione delle due
nella gnosi 407 , come talvolta avviene an- sfere determinata sempre più marcata-
che nel resto del N.T., dovrebbe risali- mente dalla categoria di sostanza (-7 x,
re alle idee indicate alle -7 coli. I 280 col. 937).
ss., a un'errata interpretazione di Paolo E. SCHWEIZER

-7 oalµw\I II, coll.740 ss.; -7 OLa~oÀ.oc; B. Satana nel N.1'.:


i . l'accusatore e la sua caduta;
II, coli. 925 ss.; -7 ÈXi}p6c; III, coli.
2. gli enunciati sinottici riguardanti Satana;
r3x6; -7 xa.-1)yopoc; v, coli. 267 ss.; -? 3. gli enunciati su Satana nelle epistole;
<Sq>Lç IX, coli. 2 3 ss.; -7 1tEtpa IX, coli. 4. il principe di questo mondo in Io. e nel-
x417 ss.; -7 1tO\IT)p6c; x, coli. 1389 ss. le epistole giovannee.
C. Satana nei Padri apostolici:
SOMMARIO: a) terminologia;
b) aspetti generali;
A. Q11mran e la salanologia tardogit1daica: e) Satana e la chiesa;
x.Qumran; d) Satana e il martire;
2. il tardo giudaismo. e) Satana e il singolo cristiano.

4U7 «L'uomo 'disincarnato' è la risposta ereti· Per A:


ca al Dio 'incarnato'» (E. PETERSON, Der Hass A. Lons, La ch11/e des a11ges: RevHPhR 7
wider dar Fleirch, V ermchtmg tmd Fall d11rch (1927) 295-315; J. WocHENMARK, Die Schick-
die Gnosis: Wort und Wahrheit 7 [1952] 9). salsidee im Jt1de11tum: Vero!Ientlichungen des
ua-taviiç orientalischen Seminars der Universitiit Tiibin-
~ lìL6..(3oÀoç II, coli. 921 ss.; J. TURMEL, Histoi- gen 6 (1933) 71-77; M. BuRROWS, Vie Schrift-
re d11 diable (1931); Satan: Études carmélitai- ro/len vom Toten Meer (1957) 210-216 (=
nes 27 (1948), ivi specialmente A. FRANK - Du- BURROWS 1); In., Mehr Klarhcit iiber die
QUESNE, En marge de la tradition i11déo-chré- Schriflrollen (1958) 239-249 ( = BuRRows n);
tien11e l81-3 u; E. LANGTON, Essentials of De- H. W . HuPPENBAUER, Belial in den Qumra11-
monology (1949); K. L. ScHMIDT, L11cifer als texte11: 1hZ 15 (1959) 81-89 ( = HUPPEN-
gefallene E11gelmacht: ThZ 7 (1951) 161-179; llAUER I); In., Der Me11sch zwischen zwei
S. V. McCASLANn, By tbe Finger o/ God Welte11, AbhThANT 34 (1959) (= HUPPBN-
(1951) 72-75; K. G. KuHN, 'ltELpm1µ6ç, àµap- DAUER II),
-tla, cr&p~ im N.1'. rmd die damit :wsam- Per B:
menhangenden Vorstellrmgen: ZThK 49 (1952) BULTMANN, 1'heol. J 258 s. 368 s. 376 s. 500 s.;
200-222; G . P1cc0Lr, Etimologie e significati di STAUFFER, Theol. § 13-15.28.36.53; L. Bou-
voci bibliche indicanti Satana: Rivista di fi- YER, Le problème du mal dans le christianisme
lologia classica, N.S. 30 (x952) 69-73; A. antiq11e: Dieu vivant 6 (1947) 17-42; B.
RoETS, De duivel en de stichtillg van het NoAcK, Satanas und Soteria (1948); E. FA-
godsriik: Collationes Brugenses et Gandaven- SCHER, Jes11s tmd der Satan, Hallische Mono-
ses 2 (1956) 145-162; In., De duivel e11 de graphlen II (1949); R. LEIVESTAD, Christ the
krirtenen, ibid. 300-321; J. DucHESNE - GmL- Conqueror (1954) 40-61.85-92.224-228; G. B.
J,EMIN, art. 'Dualismus' B u "'i u e I, in RAC CAIRD, Principalitics a11d Powers. A Study o/
Ili 342-347. Pa11lit1e Theology (1956); J. M . RoBINSON, Dar
r399 (vn,152) rra-cavfi.c, A I (W. Foerster) (vn,152) 1400

Dopo la pubblicazione dell'art. --+ sono le origini del peccato. Nella mano
oiéc~oÀ.oc;--+ II, coli. 70 ss. i testi rinve- del principe delle luci è la sovranità sui
nuti a Qumran hanno portato nuovi figli della giustizia ... ; nella mano dell'an-
contributi alla satanologia tardogiudai- gelo delle tenebre è t utta la sovranità
ca che sotto vari aspetti permettono di sui figli del peccato» (I QS 3,18-21). Più
conoscere meglio la situazione nel N. avanti si dice che i due spiriti «fino al
T. Il presente articolo prende in con- presente lottano nel cuore di un uomo»
siderazione, oltre ai passi in cui appare (4,2 3 ). Per vari aspetti qùesto brano è
cra:tuvéic;, anche quelli che contengono isolato nel complesso della letteratura
OLaf3oÀ.oc; o espressioni analoghe. qurnranica: «i due spiriti» non si incon-
trano più negli scritti di Qumran 2 , cosl
come non ritorna la contrapposizione fra
A. QUMRAN E LA SATANOLOGIA TARDO-
il «principe delle luci» e l'«angelo delle
GIUDAICA
tenebre». Inoltre l'allusione alla fonte
r.Qumnm delle tenebre induce a chiedersi se da
ciò non emerga W1 ambito preesistente
Riguardo alla figura di Satana, di so- all'angelo delle tenebre e di lui com-
lito chiamato Belial, gli scritti di Qum- prensivo, sicché l'angelo delle tenebre
ran presentano una serie di enunciati abbia un'origine sua propria; i noltre non
particolari, che si distaccano notevol- si dice mai espressamente che Dio lo ha
mente da quelli delle opere pseudepigra- creato. Questi problemi insoluti si con-
fiche e del tardo giudaismo rabbinico. nettono al fatto che qui sono state ripre-
Secondo I QS 3,13-4,26 Dio ha dato al- se concezioni iraniche 3 che, per quanto
l'uomo «due spiriti perché in essi cam- riguarda la terminologia, non sono state
mini» (-7 x, coli. 929 ss.), la rw/;J h'mt e accordate con gli enunciati degli altri
la rw/;J h'wl; «nella dimora 1 della luce scritti di Qumran e, per quanto riguarda

Geschichtsverstii11d11is des Mk.-Ev., AbhTh jiid. Gnosis: ThLZ 78 (1953) 495-506; H.


ANT 30 (1956); S. LYONNET, De natura pecca· WILDBERGER, Der Dualismus in den Qumran·
ti q11id doceat Novum Tes/ame11/um: Verbum schri/ten: Asiatische Srudien 8 (1954) 163-
Domini 35 (1957) 204-22r.271-278.332-343; G. r77; A. DuPONT- SOMMER, Le problème des
BAUMIIACH, Qumran imd das Jçh.-Ev., Aufsiit- inftuences étra11gères s11r la secte juive de
zc und Vortrage zur Theologie und Religions- Qumran: RcvHPhR 35 (1955) 75-92; F. NoT-
wissenschaft 6 (1958). scHER, Zur theologischen Terminologie der
t Oppure dalla fonte (ma'o11 o ma'ian, r QS 3, Qumrantcxte: BBB IO (1956) 79·92; E.
19); A. DuPONT - SoMMER, L'instmction st1r ScHWEIZER, Gegenwart des Geistes und escha-
les deux Esprits da11s le «ma11uel de Discipli- . tologischc Hof/wmg bei Zarathustra, spiitiii-
11e»: RHR 142 (1952) 17 s.; P. WERNI!ERG- dischcn Gruppen, Gnostikern und Zeugen des
MoELLER, The Manual of Discipline (1957) 70 N.T., in The Backgrot1nd o/ the N.T. and Its
n.58. Eschatology, Studies in Honour of C. H. DODD
(1956) 482-508; -)o BURRows I 212-2r4; G.
2 Solo in I QH r,17 vanno forse sottintesi; H. WIDENGREN, Quelques Rappor/s e11tre Juifs et
BARDTKE, Die Loblieder von Qumran: 1bLZ Iranìens à l'époque des Parthes: Suppi. VT 4
81 ( 1956) l 51; cfr. A. DuPONT - SOMMER, Le (1957) r97-241; -)o DucHESNE·GUILLEMIN 34:z-
Livre des Hynmes: Semitica 7 (1957) :q. 347; ID., Le Zervanisme et les ma1111scripts de
3 K. G. KuHN, Die Sektenscrift tmd die ira- la mer morte: Indo-Iranian Journal l {r9.n)
11ische Religion: ZThK 49 (1952) :z96-316; A. 96·99; S. WIBBING, Dìe Tugend- und Lasterka-
DuPONT - SoMMBR, The Jewisb Sec/ of Qum· taloge im N.T., Beih. ZNW 25 (1959) 64 s.;
ran and the Essenes (1954) rr8-r30; K. ScHu- O.]. F. SEITZ, Two Spìrits in Man : NTSt 6
DERT, Der Sektenkanon tmd die Anfiinge der {1959/60) 82·95.
i401 (vn,152) cra.-.11.véi<; A r (W. Foerster) (vu,153) 1402

il contenuto, non sono state ridotte a coli. r372 s.). Ora, c'è realmente un pas-
sistema dogmaticamente non contraddit- so che parla di questa lotta: secondo I
torio. Tuttavia dall'intera pericope di I QS 3,21-25 tramite !'«angelo delle tene-
QS 3,13-4,26, meglio ancora se vi si ag- bre» viene l'errore dei figli della luce e
giungono r QH, I QM e Dam., si dedu- «gli spiriti della sua eredità esistono per
ce con sufficiente chiarezza il vero signi- indurre a cadere i figli della luce; ma il
ficato dei testi citati..Dopo una sorta di Dio d'Israele e l'angelo della sua verità
introduzione, in r QS'3,15 s'inizia la ve- aiuta tutti i figli della luce». Tuttavia
ra e propria esposizione con l'afferma- non si dice mai che l'angelo della luce
zione che tutto proviene dal «Dio delle intervenga in modo analogo sui figli del-
conoscenze», che ha stabilito il fine ul- le tenebre. Pertanto in questo contesto
timo delle cose prima ancora che queste la dottrina dei due spiriti ha un signifi-
esistessero, per cui non c'è mutamento. cato diverso da quella dei due 'istinti'
Questo potere assoluto di Dio su tutto tra i quali l'uomo può e deve scegliere.
il creato, anche sopra l'uomo e la sua Gli scritti di Qumran seguono un pen-
via, è sottolineato con estremo vigore siero predestinazianistico; in essi il po-
anche nel salmo conclusivo di 1 QS eri- tere assoluto di Dio preordinato ad ogni
petutamente in r QH. In questa pro- cosa si estende anche agli uomini.
spettiva non c'è posto per un «angelo
delle tenebre» autonomo, pertanto si de- Dio ha creato Belial, l'angelo delle te-
ve concludere che Dio ha creato anche nebre, lo spirito di peccato, come pure
questa figura con la sua specifica fun- il giusto e l'empio. Il mondo e gli uo-
zione. Anche la «fonte delle tenebre» mini sono soggetti alla sovranità di Be-
non è una sfera indipendente da Dio; lial che Dio e i giusti odiano e che a sua
già da Is. 45,7 gli uomini di Qumran volta odia Dio e i giusti. Dio chiama i
potevano dedurre che era stata creata giusti dalla massa dei figli di Belial e
da Dio. Poiché dell'«angelo delle tene- con la sua guida li prepara in modo che
bre» si predicano le stesse cose di 'Bc- liberamente si assoggettino in tutto alla
lial ', le due figure andranno identificate. volontà di Dio. Belial cerca di indurre
E poiché dei due 'spiriti' si parla in ca- in fallo i figli della luce e li opprime e
tegorie personali, lo «spirito del pecca- li perseguita (r QS 3,24; I QM, pas-
to» sarà concepito come persona, come sim). Agli ordini di Belial stanno anche
nella teologia zaratustriana che qui si ri- spiriti punitori (r QS 4,I2; Dam. 2,6
flette, e verrà a identificarsi con l'angelo [2,4], cfr. Hen. aeth. 56,r-4; Iub. 49,2).
delle tenebre e con Belial 4 • Contro l'elezione di Dio che si è mani-
festata in tutta la storia d'Israele (Dam.
La locuzione <(lotta degli spiriti nel 2,n s. [2,9]) Belial ha impegnato la
cuore dell'uomo» fa pensare alla dottri- sua potenza (Dam. 5,r7-19 [7,19]). Ma
na rabbinica dei due 'istinti' che Dio fin il «principe delle luci» protegge i figli
dall'inizio ha creato nell'uomo 5 (-7 x, della luce. Ciò che rinsalda tutta la co-
4 Secondo l'ipotesi più diffusa, p. es. J .T. M1- lo «spirito del peccato» proviene dalle tene-
LIK, Dix ans de découvcrtes dans le désert de bre, mentre I'«angelo delle tenebre», Belial, ne
]uda (1956) 77 s.; ~ BuRnows II 248; F.M. è il signore; cfr. la trattazione presso WERN-
CROSS, The ancicnt Library o/ Qt1mra11 (1958) BERG-MOELLER, op. cit. (--+ n. I) 70 n. 56.
157; K. ScHU:BERT, Dic Gemeinde vom Tote11
Meer (1958) 58 s.; più cautò- ~ HuPPENBAUER s STRACK-BILLERBEcK rv 466-483; MoonE I
I 85; II 35 s. 53. Va però tenuto presente che 479-493.
cra;-.;a;-,iéiç A r-2 (\Xl. Foerster) (vn,154) 140+

munità e il singolo in essa nella lotta gativi mettono ancor più in chiaro qua-
contro Belial non è la legge, che per i le fosse l'interesse immediato degli uo-
rabbini è la medicina contro l'istinto cat- mini di Qumran: risolvere il mistero del
tivo (S. Deut. § 45 a II,I8), ma Dio e male facendo risalire a Dio anche ciò che
l'angelo della luce 0 , oltre che il ricotdo egli odia e condanna. Nell'importanza
della misedcotdia di Dio e delle ptove che gli scritti di Qumran attribuiscono
della sua grazia (I QH l,31 s.; 2,25. al concetto di mistero è implicita la sen-
28; 4,Jr-40; 6,9 s.; 7,18; 9,r2 s.; ro, sazione che nemmeno questa soluzione
17; dr. I QS l,2r s.). E se Dio ha crea- può rispondere a tutti gli interrogativi.
to lo spirito del peccato, ha anche po-
sto un termine all'esistenza del pecca- Che questa concezione di Qumran oc-
to (I QS 4,18); allora Bella!, i suoi an- cupi una posizione peculiare nello svi-
geli e le schiere degli uomini che appar- luppo del pensiero tardogiudaico, risulta
tengono alla sua 'eredità' incorrono nel dalla stessa terminologia. Il nome più
giudizio. Un'ultima selvaggia battaglia · frequente per indicare il 'demonio' è qui
segnerà la fine di Belial, dopo di che re- ·hl;'l, che manca completamente nella let-
gnerà la verità sulla terra. Dio creerà teratura rabbinica 7 • m'f!mh a quanto pa-
una realtà nuova, il ritorno del paradiso re è presente negli scritti di Qumran so-
e una vita in comune degli uomini con lo come termine astratto (r QS 3 ,23; I
gli angeli (I QS 4,20-25; r QH 3,21 s.; QM 13,4-II; Dam. r6,5 [20,2]), come
6,13; 7,14 S.; II,12 S . 25-27; I5-16). nome proprio in Iub. ro,8; Ir,5.n; 17,
r6; 18,9.12; 19,28; 48,2; 49,2,manon
È naturale che debbano rimanere a- negli scritti farisaici. f!n invece si trova
perti alcuni interrogativi: se Dio creerà solo tre volte negli scritti di Qumran in
una realtà nuova (r QS 4,25), allora la contesti che non si possono determinare
realtà vecchia è diventata imperfetta o specificamente, per cui non è chiaro se
s'è corrotta? Nei testi non emerge una è nome proprio oppure appellativo («il
connessione tra Belial, i mali del mondo nemico») 8 • Manca invece Sammael, il
e la sovranità della morte. Se Dio ha nome proprio che i rabbini hanno dato
creato i malvagi e li ha destinati a] al diavolo 9 •
<~giorno del macello» è perché conobbe
le loro opere (r QH r5,r7-I9; Dam. 2,7 2 . Il tardo giudaismo 10
s. [ 2,6s.J). In questo caso la predestina-
zione non viene forse attenuata da una L'attività specifica di Satana che e-
preveggenza di Dio? Ma questi interro- merge dall'A.T., cioè quella di accusa-

'i IQS 3,24 s.; I QH 7,6; 9,28 s. «in te cerco HUPPENDAUER r 83 n. 2r. Satana è nome pro-
rifugio dai raggiri cli Belial» (trad. secondo H. prio in Iub. 10,n e forse anche in 23,29; 50,
BARDTKE, Die Ha11dscbri/tc11/1mde am Tote11 5; è incerto il senso di 40,9 e 46,2; '.EaTavéiç
Meer n [1958] 248); 17,21-23; 18,9.24 s. si trova 5 volte in test. XII Patr. e spesso in
7 STRACK-BILLERBECK III 251 s. bli'l non sem- test. lob (cd. M. R. JAMES TSt v I [1897 ]).
pre è nome proprio, spesso è l'appellativo ve- 9 Sammael si trova 8 volte in asc. Is. (accanto
terotestamentario malvagità, corruzione, ~ a Belial 13 volte e a Satana 6 volte) e in Bar.
HUPPENBAUER I 81-84; II 35 S. 53- BEÀM.tp è gr. 4·9·
nome proprio in vite dei profeti, dr. C. E. 10 Nella misura in cui è possibile individuare
ToRREY, The Livcs o/ the Prophets, JBL Mo- un satanologia, tra i numerosi scritti rinve-
nograph. I (1946). nuti a Qumran si possono segnalare (senza che
8 I QH, fr. 4,6: bkl stn ms!;it; I QH, fr_45, però se ne possa distinguere a pieno l'identi-
3: kl #n wmJ[Jjt; I QSb l,8: S(n; dr. ~ tà): 1 QS; I QM; 1 QH; inoltre Dam. Al-
1405 (vn,154) uu•avac; A :i (W. Foemer) (vu,15+) 1406

re davanti a Dio 11, si trova in Iub., nel- concezione dei due spiriti è stata elabo·
le parabole di Hen. aeth. (al plurale), in rata non sulla base di ciò che l'A.T. di-
apoc. El. 4,4.9; 10,19 s. e passim 12 e nei ce di Satana. Inoltre salta subito agli oc-
rabbini (-') n, coll. 937 ss., nn. 31.37. chi che la concezione fondamentale del-
39.41). Accanto a lui si trovano in lub. la dottrina di Qumran non concede spa-
4,6 gli angeli che dànno notizia a Dio di zio all'idea che il diavolo sia un angelo
tutti i peccati com.messi in ci~lo e sulla decaduto. È un'idea che non si trova
terra 13 • L'accenno alle accuse del Mali- nemmeno negli pseudepigrafì rinvenuti
gno solleva immediatamente il ptoblema nelle grotte di Qumran. Essa compare
di come si possa far fronte ad esse: in solo negli scritti rabbinici (-') II, col.
Iub. Satana è legato perché non possa 942 n. 44), in Hen. slav. 29,4 s.; 31,4 s.
accusare (48,15.18), in Hen. aeth. 40,7 e in vit. Ad. 12-16, anche se è già pre-
l'arcangelo Fanuel preposto alla peni- supposta in Sap. 2,24. Inoltre risulta e-
tenza scaccia i vari Satana, presso i rab- stranea anche l'idea che l3elial abbia fat·
bini i difensori sono Michele od opere to entrare il peccato nel mondo corrom·
buone (-') 11, coli. 939 s., nn. 37-39). pendo Adamo o che comunque solo con
L'attività di accusatori non è mai attri- la caduta di Adamo il peccato sia entra-
buita a demoni H. to nel mondo. Quest'idea manca anche
in Iub., test. XII Pat1-. ed Hen. aeth. 15 •
Nell'A.T. Satana è uno dei «figli di L'importanza determinante della caduta
Dio» e in quanto tale ha accesso a Dio; di Adamo è affermata esplicitamente
perciò si può supporre che la dottrina già da Ecclus 25,24, è forse presupposta
qumranica dei due spiriti creati da Dio in Sap. 2,24 ed è presente in 4 Esdr.,
abbia preso di qui le mosse (-') col. Bar. syr., vit. Ad. e negli scritti rabbini-
1399), attribuendo a uno dei due, Be- ci 16• Si riprende e si amplia cosl il rac-
lial, il ruolo di accusatore. Ma è proprio conto biblico al quale la dottrina dei
questa funzione che manca del tutto in due spiriti non concedeva spazio alcuno.
questi scritti, e ciò prova che tutta la

quanto lontani da queste opere si trovano i Il Cfr. anche in ~ II, col. 941 n. 41 un paral-
seguenti libri rinvenuti frammentari a Qum- lelo rabbinico, analogo a Qid. j. 1,10 (61d 32-
ran: Iub.; Hen. aeth.; test. XII. Patr. Prossi- 51), cfr. STRACK-BlLLERJIECK II 560.
mi ad essi nel tempo sono ass. Mos. e Ps. Sai., 14 Fa eccezione Cant. r. 2,1, che la attribuisce
mentre la maggior parte delle piccole apoca- ai principi degli angeli dei popoli (STRACK-
lissi pseudoepigrafiche è più recente. Su questa BILLERBECK III 49).
distanza cfr. W. FOESTER, Ne11testame11tlicbe JS Hen. aeth. 98,4 (gli uomini si sono creati da
Zeitgeschichte 11 (1959) 78-80. sé [il peccato]), considerato il plurale, non
si riferisce al peccato di Adamo. Il peccato di
11 A. Lons, Les origines de la figure de Satan,
Adamo non è accennato né nella visione dei
ses fonctions à la cot1r céleste, in Mélanges sy- 70 pastori né nell'apocalisse delle xo settimane
riens olferts à R. D11sst111d II, Bibliothèque ar·
cli Hen. aeth. 85-90; 93; 91,12-17. Secondo -
chéologique et historique 30,2 (1939) 649-660,
HUPPENBAUER II 90-93 in fr. 27 col. I 5 (DJD
ricorda che anticamente in Oriente non esiste- I 103) potrebbe trattarsi di angeli decaduti
va nulla di analogo al pubblico ministero e quali «causa della corruzione». Pare invece
presuppone che il modello del Satana veterote- che l'apocrifo di Gen. di Qumran I non abbia
stamentario siano stati i ministri itineranti ad· toccato per nulla o solo brevemente la caduta
detti alla vigilanza chiamati l'«occhio» o I'«O· degli angeli di Gen. 6,1 ss. - HuPPENBl\UER
recchio del te».
Il 94.
12Cfr. anche apoc. Soph. l,r3 (ed. G. STEIN· •• STRACK-BILLERBECK m 227 s.; MooRll I 474·
DORFF TU 17,3 [1899) III.I70). 479.
<111.:ta.véi.ç A 2 (W. Foerster) (vn,:r55) i408

Invece il peccato degli angeli di Gen. Qui è evidente che vengono artificiosa-
6,r-4 già nei più antichi pseudepigrafi mente collegate concezioni disparate. Lo
aveva una grande importanza 17• Anche stesso vale per i relativi enunciati che
per esso la dottrina dei due spiriti non si leggono in Hen. aeth., dove soprattut-
offriva spazio alcuno. È tipico il fatto to paganesimo, guerra, lusso e mancanza
che Dam. 2,18-21 (3,4-7) accenna al pec- di fedeltà ai misteri di Dio sono con-
cato dei «vigilanti», ma non gli attri- nessi al peccato degli angeli e da allora
buisce il ruolo determinante di avete co- sono di moda tra gli uomini 19• In test.
sì introdotto il peccato nella storia del- XII Patr. il peccato di Adamo non viene
l'umanità, ma lo colloca sullo stesso pia- menzionato e la caduta degli Èypl]yopo~
no del peccato dei figli di Noé, dei figli in test. R. 5,6 s.; test. N. 3,5 viene adi-
di Giacobbe in Egitto, della generazione bita, come in Iub., solo ad uso parene-
del deserto e dei figli d'Israele in Pale- tico. La letteratura rabbinica conserva
stina (Dam. 3,1-12 [4,1-ro]). Anche . solo ricordi fievoli e tardivamente atte-
nella visione dei 70 pastori in Hen. stati di queste elucubrazioni apocalitti-
aeth. la caduta degli angeli è un episo- che 20 e le rifiuta coscientemente 21 •
dio che ha solo un'importanza relativa
per la storia dell'umanità 18• Alquanto Secondo test. XII Patr. l'uomo si tro-
diversa è la situazione in Iub., dove è va davanti alla scelta: «Sappiate che
vero che anche gli angeli peccatori di due spiriti si dàtlllo pena per l'uomo,
Gen. 6 sono legati e i loro figli annien- quello della verità e quello dell'errore»
tati e Dio dà una natura nuova e giusta (test. Iud. 20,1); l'uomo deve decidere
a tutte le sue creature (lub. 5,r-12), ma fra luce e tenebre, fra la legge del Signo-
si dice anche che dopo il diluvio demoni re e le opere di Belial (test. L. 19,1).
impuri seducono i nipoti di Noé. Con- In forma del tutto demitizzata Ec-
traddittoriamente costoro sono chiamati clus r5,17 dice: «Davanti agli uomini
«figli dei vigilanti» (Iub. 10,5) e «spi- sta la vita e la morte, e ciò che vuole
riti di Mastema» (Iub. r9,28). Quando gli sarà dato»; secondo 4 Esdr. ogni uo-
poi per richiesta di Noè devono essere mo deve lottare e accettare il frutto del-
distrutti, Mastema, «il principe degli la sua vittoria o della sua sconfitta (7,
spiriti», ottiene che un decimo di loro 127 s. e passim); Aqiba paragonava la
sopravviva poiché diversamente non po- situazione morale dell'uomo a .un acqui-
trebbe esercitare il potere della sua vo- rente al quale il negoziante vende vo-
lontà sui figli degli uomini (Iub. IO, 8). lentieri a credito, ma che pri?1a o poi
17 ~ Lons 295-315. furono assoggettate a Satana e corruppero gli
13 Hen. aeth. 86,1-88,3: gli angeli caduti sono abitanti della terra.
incatenati; dopo il diluvio non si dà notizia di 20 STRACK-BILLERBECK III 780-783.
una nuova irruzione delle forze demoniache 2 1 Rispetto alle sporadiche reminiscenze :rab-

suJla terra (89,9). biniche della tradizione di Enoc si può provare


I~ Già i diversi nomi dei principi degli angeli l'anteriorità della ccinvinzione attestata nel Tg.
:lecaduti, soprattutto Shemjaza e Asa(s)el, in- e in epoca tannaitica secondo cui con l'espres-
dicano la disparità delle speculazioni. Un al- sione «figli di Dio» di Gen. 6 si indicano i fi-
tro indizio è che lub. 69,6 attribuisce la sedu- gli dei grandi della terra (STRACK-BILLERDBCK
zione di Eva a Gadreel, mentre pochi versi più III 783). Abbastanza significativo è anche che,
avanti si dice che la morte non avrebbe toc- con un'allusione a Gen. 6, secondo Bar. syr.
cato gli uomini fatti come gli angeli, se non 56,5-r:r il peccato di Adamo costitul un peri-
avessero imparnto la scrittura da Penemue colo per gli angeli (e non viceversa). Cfr.
(fob. 69,n). Secondo 54,6 le schiere di Asasel BouSSET-GRESSMANN 253.
<ri:naviY..; A z (W. Foerster) (vn,156) 1410

dovrà inesorabilmente pagare (Ab. 3, modo unitaria. Nel dualismo di luce e


16). A difesa dal Maligno, sia esso Sam- tenebre, creato da Dio, l'angelo delle te-
mael o «l'istinto cattivo», all'uomo è
concesso il rimedio della legge (S. Deut. nebre, Belial, è il principe unico e so-
§ 45 a u,18 [legge intesa qui come esi- vrano delle tenebre, accanto al quale
genza della volontà di Dio]). Non era non vi sono altre forze autonome del
questo il punto di vista degli uomini di
male. La lotta fra luce e tenebre è il te-
Qumran, secondo i quali l'uomo non è
posto davanti a una libera scelta. Il rap- ma dominante della storia universale.
porto tra l'elezione di Dio e l'istituzione Accanto ai figli della luce e a quelli delle
della comunità di Qumran, tra l'affilia- tenebre non ci sono realtà 'interme-
zione dell'individuo in essa e le prove
ed ostilità di Belial, perde d'importanza die' 22; senza ridurre gli uomini a stru-
negli pseudepigrafi rinvenuti a Qumran menti privi di volontà nelle mani dei
e poi nel giudaismo rabbinico, e con es- due 'spiriti', l'antropologia di Qumran
so recedono le concezioni predestinazia-
nistiche. L'idea di elezione viene ancora ritiene che sia Dio ad attribuire agli uo-
una volta estesa a tutto Israele, per esse- mini la loro 'sorte' nel bene e nel male.
re poi un'altra volta attenuata, perché a Si respinge così tutta una serie di enun-
lungo andare è soverchiata dalla convin-
zione che Israele è 'eletto' per la sua li- ciati dell'A.T. e di altre fonti: il ruolo
bera accettazione della legge. Passa in di accusatore di Satana davanti a Dio, il
primo piano l'impegno individuale nel- peccato di Adamo o la sua seduzione da
!'osservanza della legge, e in questo o- parte del serpente, ossia Satana, il pec-
rizzonte la tematica ruota spesso attor-
no al peccato e alla propensione dell'uo- cato degli angeli come momento iniziale
mo a peccare. Quindi l'attività di Sata- del male e di potenze demoniache, la
na è descritta in maniera molto colorita figura di Lucifero. Eppure queste con-
con riferimento a Gen. 3, nel tentativo
di renderla evidente, e in tal modo ri- cezioni sono penetrate negli pseud~
sulta attenuata, oppure scompare com- pigrafi rinvenuti a Qumran e più an-
pletamente come in 4 Esdr. (--)II, coll. cora negli altri scritti pseudepigrafici
936 ss. 941); in questo caso il singolo
individuo, senza che intervenga quasi e nel fariseismo, anche se ora nella
nessun fattore trascendente, si trova da- letteratura rabbinica non troviamo che
vanti alla libera scelta pro o contro la frammenti sparsi di tali concezioni 23 •
legge di Dio.
All'elezione subentra la libera decisione
Nella storia del tardo giudaismo gli sulla base della legge, che toglie impor-
scritti di Qumran sono gli unici a svi- tanza alla figura di Satana. Solo un'idea
luppare una satanologia in certo qual è comune a tutto il tardo giudaismo, ed

Circa gli «esseri intermedi» cfr. MooRE l


2.? test. Abr. A X2 (p. 90,23-25).
495 s.; II 318; Qid. j. 1,10 (61d. 32-51), dr. 21 Satana considerato angelo della morte «so-
STRACK-BILLERBECK II 56oa (Aqiba); R. H. b. vrano del mondo» ~ n, coll. 939 s.; STRACK-
16b e r. Sa11h. 13,3, dr. STRACK-BILLI!RDECK IV BILLERDECK I 144-149; identificazione con «l'i-
1043 s. n78 (scuole di Shammai e cli Hillel); stinto malvagio» B.B.b. 16a (Resh Laqish).
l4II (vn,156) CTa-raviiç A 2 - B 1 (W. Foerster) (vn,157) 1412

è la convinzione che alla fine dei tempi ter disporre dei discepoli per vagliarli
la potenza del male - comunque sia con- come il grano. Lo scopo di questo va·
cepita - sarà disttutta 24 • A questo ri- glio è di svelare le deficienze di ciascun
guardo l'attenzione di Qumran è rivolta discepolo di modo che Satana lo possa
prevalentemente alla cessazione del pec- accusare; a questa accusa si contrappone
cato, anche se il tempo finale porterà co- l'intercessione di Gesù 26 • Qui Gesù si
munione di vita con gli angeli (I QH 3, attribuisce la funzione che nel giudaismo
21 s .; 6,12 s.; II,II s.) oltre che la :fine hanno gli angeli, soprattutto Michele
di «affanno e sospiri» (I QM u,26). (--7 col. 1405). Analoga è la situazione in
Quest'ultima speranza trova espressione Apoc. 12,7-12, dove Michele combatte
anche negli pseudepigrafì: tum zabulus contro Satana, il «grande serpente». In
finem habebit et tristitia cum eo abdu- questo testo si parla di una definitiva
cetur (ass. Mos. ro,r; cfr. Iub. 23,29; 4 caduta di Satana dal cielo, per cui d'ora
Esdr. 7,u-13; 8,54a) e ritorna ogni vol- in poi egli non ha più accesso a Dio qua-
ta che si parla di un nuovo ciclo e una le accusatore (12,10). La caduta di Sa-
nuova terra 25 • tana dal cielo e la determinazione 'tem-
porale' del fatto (v. 12), ossia al tempo
B. SATANA NEL N.T. della venuta di Gesù (v. 5), dividono il
N .T. dal giudaismo (--7 col. 1406). I due
r. L'accusatore e la sua caduta
momenti s'intravedono anche nel passo
La peculiarità degli enunciati neote- di Le. 10,18, anch'esso proprio del ter·
stamentari riguardanti Satana si può in- zo evangelista: Èi}Ewpouv 'tÒ\I (fa'tu..\liiN
dividuare nell'uso particolare del tema GJ<; ci(f.-pU..1t'Ì]V É% 'tOU oÙprJ..\IOU 1tEO'O\l'C'a.
della caduta di Satana dal cielo. Si acco- (--7 x, coli. 305 s., n. Il) «vedevo Satana
glie un'idea nota dall'A.T., cioè che Sa- come folgore cadere dal cielo». Il verbo
tana in quanto accusatore ha accesso a rne:wpow sicuramente non si può rife-
Dio, ma la si sviluppa in modo proprio. rire ad una visione preesistente (--7 VI,
La situazione del logion di Le. 22,31 è col. 363 n. 220), né a una visione pro-
identica a quella del prologo di Giobbe lettica di un evento escatologico. Per-
(~ r, col.523): Satana chiede di po- tanto anche in questo caso la caduta dal

24 I QS 4,18-23; Iub. 23,29; 50,5; Hen. aeth. tana e i suoi angeli causano danni esteriori a-
69,29; 91,8; 4 Esdr. 6,27; 7,113 s.; 8,53; gli uomini ~ II, col. 938 nn. 32 e 33; Ex. r.
STRACK-BILLERBECK IV 482 s.; ~ II, coli. 941 20,8 a 13,7.
s., n. 43; VoLZ, Esch. 309-320.332-340. i;. Cosl ScHLATTER, Komm. Lk., ad l.; W.
25 Iub. l,29; 4,26; Hen. aeth. xo,7.17.22; 45A FoERSTER, Lukas .2.2,JI s.; ZNW 46 (1955)
s.; 91,16; 4 Esdr. 13,26; Bar. syr. 51,8; Hen. 129-133; diversamente la maggior parte dei
slav. 65 ,6·9; Gen. r. 12s a 2A (STRACK-BrL- commentari; dr. BuLTMANN, Trad. 287 s. ed
LER.IlECK I 19), cfr. Votz, Esch. 338-340. Sa- Ergiinzu11gshe/t 39; ~ NOACK xo1 s.
1413 (VII,157) <ra-ra.vii<; B l (W. Foerster)

cielo indica la fine della possibilità di ac- da cui è 'estromesso' il pl'incipe di que-
cusare davanti a Dio n. Tuttavia dal con- sto mondo (~I, col. r 301 n. 5) può es-
sere solo la sede del giudizio, cioè il cie-
testo emerge che ciò non significa la fi-
lo 29 • Jn fo. I 6, I I Ò &p)GWV 'rOV XOCTµOU
ne di ogni attività di Satana, ma che la 'tOU'tOU XÉXPL'tCU, «il principe di questo
cessazione totale della sua possibilità di mondo è giudicato», il giudizio nei suoi
accusare comporta anche la fìne della confronti è un dato di fatto così palese,
che non occorre darne prova al mondo.
facoltà di nuocere là dove opera la.po- In tutti questi passi che parlano della
tenza di Gesù. Non si dice a quale mo- caduta del diavolo o della sua condanna,
mento in particolal'e si riferisca l'èì}ew- al «già» si collega un <<non ancora». È
questa la caratteristica che contrassegna
pouv 28. Che secondo Le. 22a1 s. Satana gli enunciati neotestamentari su Satana.
abbia ancora accesso a Dio non infirma Ora, all'idea della caduta di Satana dal
questa interpretazione di Le. 10,18, poi- cielo avvenuta nel tempo non si può col-
legare la concezione mitologica del pec-
ché la vita di Gesù costituisce un even- cato di Lucifero avvenuto prima che il
to unico. È da notare che in nessuna let- mondo fosse 30; allo stesso modo s'è ab-
tera paolina, comprese quelle forse spu- bandonato il fondamentale principio
rie, si incontra l'immagine della caduta qumranico dei due spiriti creati da Dio
(~ 1399 ss.). A proposito del diavolo
dell'accusatore. I udae 9 si rifà a una leggenda che non ha
più rispondenze letterarie 31 • A maggior
In questo contesto va collocato però ragione sorprende che nel N.T. non si
Io. 12,31, anche se lavar. (}À.'l']i}1)crE'tat parli di una primordiale caduta di Sa-
xa'tw è certamente secondaria. Il luogo tana e dei motivi che l'hanno causata 32 •

27 ZAHN, Lk.; ScHLATTER, Komm. Lk.; K. H. Eivo:t te1cx. 1'E!i). Paolo potrebbe aver pensato
RENGSTORF, Das Evangelitlm nach Lt1kas, N.T. all'antitesi rispetto a una tendenza diabolica a
Deutsch 3' (1958) ad l.; clr. anche M. ZER- identificarsi con Dio, e quindi ad un premon·
WICK, Vidi satanaf!J sicut fulgur de caelo ca- diale peccato del diavolo. Ma poiché in tutta
dentem: Verbum Domini 26 (1948) II0-n4. la pericope l'attenzione è rivolta soltanto al-
i~ Comunque non si deve pensare solo alla l'operato di Cristo e nemmeno gli uomini sono
tentazione; cfr. ZAHN, Lk., ad l. considerati come esseri da redimere, si dovrà
29 ScHLATTER, Komm. ]oh., ad l. ; diversamen- escludere che il motivo soggiacente sia quello
te BuL'rMANN, ]oh., ad l. di Lucifero . ~ STAUFFER 47 cita i passi di Le.
3-l Viceversa anche nel N.T. si trovano elucu- 10,18; Apoc. 12,9; Io. 12,31, sopra considerati,
brazioni riguardanti la caduta degli angeli: Iu- per provare che le «tradizioni giudaiche circa
dae 6 e 2 Petr. 2.4 accettano la dottrina apocri- una catastrofe avvenuta negli esseri liberi della
fa della temporanea punizione degli angeli de- creazione anteriori all'uomo» sono «presuppo-
caduti di cui parla Gen. 6, a cui I Petr. 3,19 ste come note e valide nella chiesa primitiva,
probabilmente non ha pensato (~ v, col. 452; specialmente in Paolo», ciò che non è invece
x, col. 1090) ma che forse riecheggia in Le. provato né dai passi citati, né da Apoc. 9,1-n,
8,31; vedi i commentari ad l. e B. RErKE, The In 2 Cor. n,14 Paolo non ha scritto: 6 ua-ra-
Disobedient Spirits and Christian Baplism, viic; (M.'tEO")C'l')µG.-rl<ra:i:o Et<; lJ.yyEÀOV <pW't'6<;,
Acta Seminariì Neotestamentici Upsaliensis 13 ma ha scelto il presente del verbo. Ciò induce
(1946). Cfr. anche Apoc. 9,1-n; 12,4•. W1NDISCH, 2 Kor., ad l. alla precaria ipotesi
li Cfr. i commentari ad l. che Paolo conoscesse più d'uno di tali tramu-
32 L'unico passo del N.T. che potrebbe accen- tamenti di Satana. A miti giudaici riguardanti
narvi è Phil. 2,6: ovx Ù()1ta.yµòv i}yi]crcx.-ro -rò il peccato originale risalgono anche LIETZ-
r;r.cr:aviiç B 1-2 (W. Foerster)

A prescindere da Paolo, gli scritti gio- pri di Luca (rn,18; 13,16; 22,3.31)han-
vannei non ne presentano traccia, poiché no esclusivamente (tranne solo Le. IO,
non si dice che ÈV CÌ.PXTI O O~a~oÀ.oç i)- 19: -> o!xl}p6ç) ò cra.-av~, che l'isale
µ<!.p'tEV1 «in principio il diavolo peccò», all'aramaico sii!iinii' (senza articolo solo
bensì &.1t' &.pxi'\c; &.µa.p.-&.ve:~. «pecca fin in Mc. 3,23; Le. 22a e al vocativo in
da principio» (I Io. 3,8). La stessa indi- Mt. 4,rn; Mc. 8J33 = Mt. 16,23). A
cazione &.n'ècpx"ijc; si trova in Io. 8,44 33 • prescindere da Mt. 4,10, in Matteo e Lu-
L'identificazione di Satana col serpente ca ò cra-cavfic; compare solo nella peri-
del paradiso terrestre ricorre in Apoc. cope riguardante Beelzebul parallela a
I2,9 (--7 1x, col. 62), come in preceden- quella di Mc., oltre che in Mt. 16,23 =
za era avvenuto probabilmente in Pao- Mc. 8'33· Nel racconto della tentazione
lo (-> IX, col. 64). L'Apostolo invece proveniente dalla fonte Q Mt. (tranne
non ha utilizzato le elucubrazioni circa 4,3: ò 7tELp6:swv e 4,10: era-cava) e Le.
una seduzione sessuale di Eva da parte hanno ò 8~6:.~oÀ.oc;, che altrove si trova
del serpente/Satana (--7 IX, col. 63). La solo in Mt. I3 39; 25,4!. Inoltre Mt.
1

definizione di «omicida sin dall'inizio» ha diverse volte ~ ò ÉXl}p6ç e --7 ò 1tO-


data da Io. 8,44 al demonio presuppone V1)p6c;. o cra-cavélç di Mc. 4,15 è sosti-
probabilmente anche una sua identifica- tuito da o 7tOV'f)p6c; in Mt. 13,19 e da
zione col serpente 34 • Invece nel N.T. ò SL6:.~oÀ.oc; in Le. 8,12.
non v'è traccia della successiva identifi-
cazione rabbinica di Satana con l'angelo Nella primitiva tradizione cristiana
della morte o con l'istinto malvagio (--7 tramandata dai sinottici si parla rara-
II, coll. 939 ss. con n. 43). In Hebr. 2,
14 abbiamo la massima approssimazio· mente di Satana, tuttavia i pochi passi
ne, non una totale identificazione con permettono di cogliere gli indirizzi fon-
l'angelo della morte. Sia Paolo che l'A- damentali della satanologia neotestamen-
pocalisse distinguono nettamente morte
taria 35 • La ripulsa di Gesù alla tentazio-
e Satana (r Cor. 15,26; Apoc. 20,10.14).
ne (--7 IX, coll. 1446 ss.) è più che un at-
2. Gli enunciati sinottici riguardanti Sa-
to negativo: è una vittoria che dimostra
tana chi è il più forte 36• Chi trasmise questi
Terminologia: nei sinottici Mc. (r, racconti di tentazione aveva del demo-
13; 3,23.26; 4,15; 8,33) e i brani pro- nio l'immagine di una volontà sagace

MANN, Kor., ad l. e -7 LANGTON r38.19x. respinta, cfr. i commentari e ~ NoACK 86-90;


33 In Io. 8M" si parla, come pare, di un pa· J. H. BERNARD, Commentary 011 the Gospel
dre del diavolo. In termini gnostici ciò potreb- accordillg to St. John II, ICC (1928) ad l. la-
be voler dire che i Giudei provengono dal de· scia aperto il problema.
miurgo considerato padre del diavolo. Ma, nel-
JS Anche se le formulazioni delle pericopi si-
lo gnosticismo, caratteristica del demiurgo non
nottiche di cui stiamo per trattare sono da at-
sono tanto i 'desideri' quanto l'ignoranza e
tribuire in misura più o meno notevole alla
l'orgoglio. Inoltre la suddivisione ternaria del
primitiva comunità palestinese o ellenistica, i
mòndo che ne conseguirebbe sarebbe in con-
presupposti concettuali résalgono allo stesso
traddizione con Ja visione globale di Io.
Gestt. Diversamente, quali sarebbero le basi
34 C'è ancora da considerare se con questa e·
dcl suo diverso atteggiamento ' rispetto al giu-
spressione si alluda alla storia di Caino (cosl
daismo?
HrnscH, ]oh. 218 s.; H1RSCH, Studien 78-80);
ma di solito questa ipotesi viene giustamente 3S Contro -> LEIVES1'AD 50-:53.
<Jo.-.a.véiç B 2 (W. Foerster) (V!I,159) I418

intenta a impedire che il regno di Dio di una lotta contro Satana, anzi che que-
si attuasse attraverso la vita e la passio- st'ultimo sia nominato così poco. In o-
ne di Gesù, e che ha a sua disposizione gni caso non si dice esplicitamente che
fo potenza di questo mondo. Nell'episo- dietro alle domande tentatrici rivolte a
dio in cui Pietro viene chiamato Satana Gesù si celi il Maligno(~ IX, coll. 1429
(Mc. 8,J3 par. Mt. 16,2 3) anzitutto è ov- ss. 1449 ss.) 40 • Tuttavia non si può tra-
vio intendere <ia.:r:<xvii come appellativo scurare la luce che l'episodio della ten-
nel senso di 'avversario' 37 • Ma la tradi- tazione proietta sulla vita di Gesù. Tutta
zione difficilmente avrebbe conservato l'esistenza e le sofferenze di Gesù sono
il termine aramaico se non lo avesse in- un sl a Dio e quindi un no al tentatore.
teso come designazione dell'unico av- Solo in un altro passo sinottico si ac-
versario. In questo caso però sorge una cenna a un contrasto di Gesù con Sata-
serie di difficoltà; infatti Pietro viene na; si tratta della pericope su Beelzebul
chiamato Satana perché «pensa umana- (Mc. 3,22 ss. par.). Con la form.ulazio-
mente»; ma Satana _pensa non umana- ne e la trasmissione di questa pericope
mente, bensl satanicamente. Quel che è la comunità primitiva ha tramandato u-
umano è dunque cosl opposto a Dio da na serie di importanti enunciati. Anzi-
poter essere definito satanico, e ciò per- tutto in luogo della confusione circa i
ché si oppone alla via scelta da Dio per demoni, che si osserva nel giudaismo
la salvezza dell'umanità. La situazione dell'epoca(~ 1407 ss. e~ II, coll. 239
della tentazione brilla per cosl dire pet ss. 776 ss.), si enuncia l'inequivocabile
un attimo 38• Solo qui e nella frase ElO'- unità del regno del male sotto un capo
ijÀ.~av 8è G'a-ra..viic; Elc; 'Iouoa.v (22,3 ), unico: Satana. In secondo luogo gli in-
«e Satana entrò in Giuda», che rientra demoniati non sono uomini che il mes-
nella parte peculiare di Luca, i sinottici saggio di Gesù pone davanti a una scel-
hanno menzionato Satana nel racconto ta, beosì individui che la potente parola
della passione; va notato in particolare di Gesù libera da una potestà che rende
che non ne fanno menzione nell'episodio schiava la loro esistenza personale. Si
del Getsemani 39• In sostanza sorprende tratta di una speciale categoria di malati,
come i sinottici vedano ben poco la vi- e la loro malattia è effetto della potenza
ta e la passione di Gesù sotto il profilo del Maligno (~ III, col. 1335). Anche

37 Anche ~ NoACK 86 soppesa questa possibi- 3'.lForse la chlave viene da Hebr., che ha rap-
lità, ma giustamente la respinge. porti con la tradizione della comunità primi-
38 Qualcosa di simile vale per Le. 22,53: UVTIJ tiva, quando in 4,15 sottolinea l'espressione
Éc''tLv vµWv 1) <hpa. xcd. ~t;oucr(u 'tOV CTX6't'ouç, 'ltEm:1pcxaµ.tvov xcxi:èt 'lttiV't'CX xa.ll'6µor.6i:'l)'t'cx.
dove «l'ora degli uomini» è insieme il «potere
delle tenebre» e dove si ·riprende l'axp1 XU!r "° Diversamente-+ FASCHER 35-38; ~ RomN-
poi! di Le. 4,13. SON 37 s. 58,
14r9 (vn,159) ua-.avaç B 2 (\V/. Foerster) (vn,160) 1420

malattie che non portano il segno della è non solo una questione di potere, ma
possessione demoniaca (-7 II, col. 787) anche di diritto. L'incatenamento del
sono ritenute opera di Satana (Le. 13, più forte e la caduta dell'accusatore dal
x6) 41 • Va tuttavia osservato che non ogni cielo indicano lo stesso dato di fatto.
malattia viene considerata di origine sa- Mc. 3,27 e Le. xo,17 s. si spiegano a
tanica. Ma non si cerca un accomoda- vicenda.
mento o una pura distinzione fra malat- La comunità primitiva ha tramanda-
tie 'naturali' e 'sataniche', anche sedie- to inoltre altri due importanti enuncia-
tro al fenomeno malattia si cela «l'omici- ti sotto forma di spiegazioni di parabo-
da fin da principio». Perciò Act. xo,38: le. Nella parabola del seminatore il se-
('ITJO'Oiic;) Be; OLi)MEV EÙEPYE't'WV xa.t lw- me che cade sul sentiero (Mc. 4>4) ha già
µevoc; 'ltav't'm; 'toùc; xoc't'aouva.cr't'euoµl- determinato il suo destino. Nell'inter-
vovc; UJtÒ 't'OV OLa.(36Àou, «(Gesù) il qua- pretazione, che non fa ancora della pa-
le passò beneficando e sanando tutti co- rabola un'allegoria 43 , alla caduta del se-
loro che erano sotto il potere del diavo- me sulla via corrisponde unicamente il
lo», può presentare tutte le guarigioni µi) cruv~ÉV't'oç (Mt. x3,19) che si trova
come esorcismi ~ • Un terzo enunciato
2
solo in Mt. Contro l'applicazione all'at-
fondamentale contenuto nella pel'ico- tività del diavolo sta il plurale degli uc-
pc su Beelzebul sta nel traslato del for- celli, oltre al fatto che nelle persecuzioni
te e del più forte (Mc. 3,27 par.). Si e anche nel! 'inganno della ricchezza si
tratta di Wla giustificazione dell'attività può pensare all'attività del Maligno esat-
di Gesù e allude a un avvenimento del- samente come nel primo caso. L'opera
la sua vita. Di solito si ritiene che nella di Satana menzionata unicamente in Mc.
tentazione si sia compiuto questo <lega- 4,x5 e Le. 8,12 rinvia a un fattore che
re' ad opera del più forte (-7 rv, coll. trascende i sensi e oltrepassa la com-
1223 s.); ed è giusto, purché si tenga prensione umana. Non è conforme alla
presente che nella tentazione sono già parabola vedere nel µ1J CTWLÉvnc; di
potenzialmente incluse croce e risurre- Matteo la colpa umana antecedente e
zione. Solo in questo indissolubile rap- nell'opera di Satana solo l'effetto conse-
porto reciproco diventa esplicito di che guente 44, cosl come non si può ritenere
cosa si tratti: lo spodestamento di Satana che nell'azione di Satana si esprima la

41 ~ Lt.NGTON 169 ritiene trattarsi di un cnso ad/.; ZAHN, Ag., ad l.; diversamente~ LANG-
di possessione a motivo del miEvµ.a &:uDtvElaç TON 182. -') ROBINSON 30 definisce Act. rn,38
del v. II, ma con dò non s'accorda né la pa- «addirittura un commento a Mc. 3,27».
rola guaritrice di Gesù (v. 12) né l'imposizione 4J Jtiucmrn, Gl. Jesus II 537.
delle mani {v. 13); dr. anche STRACK-BILLER-
BECK IV 524-526. 44 A. M. BRouwnR, De geliikenissen (1946)
42 Cosl -') Not.cK 75 s .; Bt.UERNFEIND, Ag., 140.
1421 (vn,160) ua:w.vuç B 2-3 (W. Foerster) (vn,161) 1422

visuale dell'evangelista e in Mt. 23,37 Per i sinottici rimane un mistero di cui


l'opinione di Gesù 45 • Va piuttosto am- non si cerca la soluzione 47 • La potenza
messo che non si può risolvere in un del Maligno è ritenuta unitaria e guida-
modo o nell'altro la compresenza di e- ta da un'intelligenza. Il suo scopo è ro·
nunciati d'impronta predestinazianisti- vinate l'uomo sotto ogni riguardo, ma
ca e della frase «chi ha orecchi per in- soprattutto lottare contro Gesù di Naza-
tendere, intenda» 46 • Nella parabola del- ret quale apportatore del regno salvifico
la zizzania seminata tra il grano la si- di Dio. Con la sua vita di obbedienza
tuazione mista della comunità è attribui- fino alla morte, che il diavolo cercò in-
ta al diavolo (Mt. I3,28 .39), ma questa vano di turbare, Gesù ha sconfitto la po-
non è una spiegazione, bensl, in realtà, tenza del Maligno, pur senza distrugger-
un enigma ancor più grande: come può la e vanificarla completamente. Per que-
l'avversario seminare nella comunità i sta sua opera si distingue dal profetico
suoi semi di zizzania? Infatti seminando Maestro di giustizia della comunità di
sparge nella comunità non cristiani im- Qumran . Le concezioni giudaiche nei si-
perfetti, ma «figli del Maligno». La ri- nottici sono chiare, ma anche radical-
nuncia all'ideale di una comunità pura mente superate.
è accompagnata però proprio in Mt. dal-
3. Gli enunciati su Satana nelle epistole'"
l'invito alla disciplina ecclesiastica (Mt.
18,15-17 ). Evidentemente i due aspetti Terminologia: nelle lettere più anti·
che, compresa la 2 Thess. Paolo non usa
sono uniti e servono insieme ad evitare mai ò Òtaf3oÀ.oc;, ma di solito ò (]'<J.-r:a-
equivoci nell'uno e nell'altro senso. \lli<; : Rom. 16,20; I Cor. 5,5; 7,5; 2
Le tradizioni conservate presso i si- Cor. 2,n; n,14; 12,7; r Thess. 2,18; 2
Thess. 2,9 (senza articolo solo in 2 Cor.
nottici non presentano una satanologia I2,7); ò 1mpcil;,wv: r Thess. 3,5 (~IX,
omogenea, indicano invece che cosa la coli. 1439 s.); Ò TiìVtjpéc;: 2 Thess. 3,3
comunità primitiva ha ritenuto conve- (~ x, coll. 1396 ss.); BEÀ.tap: 2 Cor. 6,
r 5 (~ n, col. 24 3 ). ò cra-r:avlic; s'incon-
niente e importante conservare e tra-
tra anche in r Tim. 1,20; 5,15; ò ò~6.f3o­
mandare in relazione all'attività del Ma- Àoc; in Eph. 4,27; 6,n; I Tim. 3,6.7; 2
ligno. Non abbiamo però alcun tenta- Tim. 2,26; ò 1tOV'l'Jp6c; in Eph. 6,16. Al-
tivo di oggettivare l'essere, il divenire e tre designazioni in 2 Cor. 4,4; Eph. 2,2.
In Act. 5,3 e 26,I8 si ha ò cra:rn.vOO;, in
l'operare del diavolo, cosl come non si rn,38 e 13,IO (ò) ot&:f3oÀ.oc;. Le Lettere
accetta la soluzione di I QS 3,13-4,26. cattoliche hanno solo òt&:f3oÀ.oc;: Iac. 4,

4> -+ NoACK nx. 26.30.32.45; inoltre vit. Ad. 9 .r2-16; apoc.


4; Non diversa è la situazione in Paolo che in Mos. 7.17-19.
.2 Cor. 4,4 parla degli &m<r'tO~ ai quali il «dio
di questo eone» ha accecato i pensieri. 48 Escluse le lettere giovannee; sono invece in-
47 Per contrasto cfr. -7 n, coll. 936 ss. con nn. clusi Act. e Apoc.
1423 (vn,161) C'rt:ttt.Vii<; B 3 (\Y/. Foerster) (vn,162) 1-12-f

7; Hebr. 2,14; I Petr. 5,8; Iudae 9. può offrire a Satana lo spunto per la ten-
Apoc. ha ò ucx.·rn.véic; in 2,9 .13.24; 3,9; tazione. In 2 Cor. 2,II Paolo parla dei
20,7; Ò OtcX.~oÀoc; in 2,10; l2,I2j 20,
vo·~µ.a:m di Satana che lo vuol sopraffa-
ro; tutti e due i nomi nei passi enfatici
12,9; 20,2. Incontriamo inoltre xa't'1}-o re con le sue macchinazioni; in Eph. 6,
ywp in 12,IO (-? v, coll.268s.) e le II delle µ.EitOOEL<tt (-?VIII, coll. 293 s.)
immagini O oqnc; (-? IX, col. 62) e O
del diavolo; di una 'trappola' del diavo-
8pchwv (-? II, col. 1467 ). Circa l'uso
linguistico giovanneo-? coll. r427 ss. lo in r Tim. 3,7 (~II, col. 950); 2 Tim.
2,26 (-?IV, col. 309). Un'attività parti-
Nelle epistole neotestamentarie la colarmente pericolosa e allettante di Sa-
prospettiva nettamente predominante in tana si cela per Paolo nel libertinismo, i
cui si parla del diavolo è l'attacco che cui esponenti si fanno passare per apo-
egli sferra contro la comunità. Ciò av- stoli di Cristo e la cui comparsa indica
viene soprattutto nelle persecuzioni (A- quanto sia pericoloso Satana che si tra-
poc. 2,10; 12,17; 13,7; I Petr. 5 1 8) 49 . veste da angelo della luce (2 Cor. II,
L'ostilità attiva contro la comunità cri- 14). L'analogo pericolo che incombe
stiana è probabilmente anche il motivo sulle primitive comunità cristiane anche
per cui Apoc. 2,9; 3,9 definisce le comu- in Rom. r6,20 viene dall'Apostolo col-
nità giudaiche sinagoghe di Satana 50 • Ma legato a Satana. Questa azione tentatri-
il diavolo agisce contro la comunità so- ce di Satana raggiunge il suo culmine u-
prattutto nelle tentazioni: I Thess. 1-3 è niversale nell'attività dell'Anticristo (2
scritto nella preoccupazione µi) TIWc; e- Thess. 2a-12; Apoc. 13 e 17; cfr. 3,
o
m'.lpa<TE\I ùµi'ic; 1tEtpci~wv, «che non ab- 10).
bia a tentarvi il tentatore» (3 ,5 ), cioè
perché la comunità non abbia a scanda- Le tentazioni si vincono «mediante il
lizzarsi della sorte dell'Apostolo che fu sangue dell'agnello» (Apoc. 12,II) in-
cacciato di città in città (~ IX, col. dossando «l'armatura di Dio» (Eph. 6,
1439). In I Cor. 7,5 è l'àxpaulcx. che II), ossia mediante la fede (Eph. 6,16),

4
~ A motivo del versetto successivo l'attività tare a Zeus (I. BIRT, Der Thron dcs Sata11s:
di Satana al v. 8 va riferita alle persecuzioni. PhilolWochenschr 52 [1932) r203-r2rn) o il
5t'l Che per lungo tempo le persecuzioni siano culto e il tempio di Asclepio (BousSET, Apok.
state causate dai Giudei è detto da Paolo in r e 1-IADORN, Apok., ad l.; K. H. RENGSTORF, Die
Thess. 2,15, è illustrato dagli Atti e risulta Anfiinge der Ausei11a11dersetzung zwischen
chiaramente in 111art. Polyc. 12,2; 13,1; 17,2; Christusglaube tmd Asklepi11sfrommigkeit:
dr. Iust., dial. r6,u; H. CADBURY, The Book Schriften der Gesellschaft zur Fcirderung der
of Acts in History (1955) 91 s. In particolare Westfiilischcn Wilhelms·Universitlit 30 [1953]
come motivo dell'appellativo di sede di SatRna 26-28) o anche la sinagoga locale. Agli occhi
attribuito a Pergamo in Apoc. 2,13 entrano in dell'apocalittico non si presentava forse Perga-
considerazione il culto imperiale (BoussET, mo con la sua acropoli come un gigantesco
Apok., ad I.; R. H. CHARLES, The Revelation trono su cui sedeva Satana dominando su tut-
af St. ]obn, ree [1950) ad l.), il grande al- to il commercio 'religioso' della città?
cro:'t'o:\l<ic; B 3 (W. Foerstcr)

e spesso evitando occasioni di tentazione giudizio di Dio. In I Cor. 5,5 invece la


(I Cor. 7,5; I Tim. 3,6 s.; 5,14 s.; cfr. condanna, che viene eseguita da Satana,
Eph. 4,27; Rom. 16,17). ò oÈ ih:òc; -.ijç ha uno scopo salutare. Il tardo giudai-
Elpnvnc; uuv-.pltfia -.òv cru.-r:r:1.vfi\I v7tò smo non hn osato giungere a tanto. Pao-
-r:oÙç 1t60r:t.ç Ùµwv ÉV 'taXEL, «il Dio della lo può scrivere così perché l'ora delle te-
pace ben presto stritolerà Satana sotto nebre divenne salvezza del mondo?
i vostri piedi» (Rom. 16,20), esclama L'angelo di Satana (~ n, col. 782; v,
Paolo alla comunità di Roma: Dio lo coli. 751 ss.), la spina nella carne, è «da-
farà, ma mediante la comunità. ta» a Paolo «affinché non s'insuperbi-
Anche in altri modi Satana cerca di sca» (2 Cor. 12,7).
contrastare la comunità: impedisce a Molto meno frequentemente rispetto
Paolo di compiere il tanto necessario alla sua lotta contro la comunità viene
viaggio a Tessalonica (I Thess. 2,18) e il menzionata anche l'attività di Satana
suo angelo lo maltratta (2 Cor. 12,7 ~ fuori di essa, dove esercita indisturba-
1418 s.) 51 • Paolo non attribuisce al dia- to il suo potere, finché la testimonianza
volo ogni malattia di un cristiano o di della comunità non lo contrasti. L'inca-
un suo collaboratore (Phil. 2,25-30) né tico dato dal Risorto a Paolo sulla via
ogni viaggio che venga impedito (Rom. di Damasco consiste nell'aprire gli oc-
1,13: Èxw:>..vihw). Si può solo dire che chi dei pagani "t'OV Èmrr-.pÉljiaL 1btò ..•
nel suo ministero l'Apostolo ha speri- "t''ijç Èçoucrlaç -.ou Uet."t'avéi È.1tÌ. "t'ÒV 1>~6v,
mentato non solo la guida di Dio, ma an- «perché passino dal. .. potere di Satana
che l'ostacolo di Satana, senza per que- u quello di Dio» (Act. 26,18) . Nel pa-
sto collegare le due cose in modo espli- ganesimo la magia è ritenuta strettamen-
cito. L'attività già appariscente di Sata- te congiunta al Maligno (cfr. Act. 13,
na è quella di cui si parla in I Cor. 5 ,5 e 10: uU OLa~6Àou).
I Tim. 1,20. Che Satana e le sue schie- Dell'annientamento finale del diavo-
re possano danneggiare e uccidere gli lo si parla esplicitamente solo in Mt. 25,
uomini è affermato talvolta nel tardo 41 e Apoc. 20,ro. Logicamente esso è da
giudaismo, anche a prescindere dalla presupporre anche in Paolo, ma è degno
successiva identificazione di Satana con di nota che in I Cor. 15,24-26 egli parli
l'angelo della morte (~ n. 25, cfr. an· della fine di ogni àpx1J -ed è.çouula. e del-
che Le. 13,16). Cosl pure non è una no- la fine della morte, ma non di Satana e
vità per il tardo giudaismo che l'angelo nemmeno del peccato.
della sventura mandi a compimento il

51 Qualunque sia il significato di <!spina nella r2,7: Collcctanea Mechliensia 3r [1946] 160-
carne» (-7' axoÀ.oljl; dr. inoltre -7' LANGTON 163), si tratta in ogni caso di un impedimento
x91 e G. THILS, De 'stimulo carnis' in 2 Cor. all'attività missionaria.
1427 (vn,162) ua.,;a.v!i.; B 3 (\VI. Foerster)

4. Il principe di questo mondo in lo. e volo», che ricorda l'epiteto di Satana af-
nelle epistole giovannee fibbiato a Pietro (Mc. 8,33; ~ 1417),
Negli scritti giovannei abbiamo quat- e da lo. 13,27: Satana entrò in Giuda
tro designazioni del diavolo. a) ot6.f3o- (che ha il suo parallelo in Le. 22,3). I
À.oç pur non essendo nome proprio è la
designazione propria del diavolo (7 vol- due enunciati non trovano rispondenza
te); i figli di Dio e i figli del diavolo si nel tardo giudaismo, dove non il diavolo
contrappongono (.I Io . 3,ro). b) Solo u- o Belial ma uno dei suoi spiriti entra
na volta incontriamo CJ'ct't'a.viic;, ed è ri-
ncll'uomo 54 • Tre cose quindi son dette
servato alla frase che determina il desti-
no di Giuda Iscariota (Io. 13,27): 't'O't'E in Io. 8,44: le parole: «egli era un omi-
e:lCJ'ijÀ.i}e:v e:lç ÉY.e:~vov ò <ra.'t'a.viiç, «allora cida &.rc'apxfic;», richiamano il peccato
entrò in lui Satana» 52 • e) ò 1tOVTJp6ç, che originale (~ n. 34). Il successivo É:v -cii
non sempre si distingue chiaramente dal
neutro -cò novrip6v, in Io. si trova solo ci.À'r)i}e:l~ ovx f<T't'rJXEV, «non sta nella
in 17,15, mentre ricorre sei volte in .I verità», sotto il profilo della critica te-
Io. (~ x, coll. 1390 s.). d) Infine Satana stuale non è sicuro. Il suo significato è
è chiamato Ò apxwv -coi) xo<rµov 't'OU't'OU
in Io. 12,31; 14,30; l6,1r. che in rapporto al diavolo non si può
mai parlare di verità. La stessa cosa ri-
L'affermazione principale riguardo al sulta chiara anche dalla terza determina-
diavolo si ha in Io. 8,44. La relazione zione: quando pronuncia menzogna,
del diavolo con l'uomo è analoga a quel- parla del proprio. Non s'intende dire
la del padre rispetto al figlio (cfr. I Io. 3, che per creazione il diavolo era nella ve-
ro), cioè determina tutto il suo essere. dtà e che il peccato, la menzogna, la sua
A questo scopo si usa anche (.r Io. 3,12) realtà propria, non sono stati creati da
la formula fa 't'Woç e:lva.t (senza l'imma- Dio, ma enunciare solo quest'ultimo
gine del padre). I rabbini non argomen- concetto. In questo contesto ci si rifiu-
tavano in termini cosl essenziali 53 poi- ta di ricercare ciò che il diavolo fosse
ché secondo loro è la volontà dell'uomo prima di diventare tale; si afferma che
che determina la sua condizione religio- egli è determinato appunto dal fatto di
sa. Una particolare forma di questa de- essere diavolo. Consapevolmente o in-
terminazione dell'essere da parte di Sa- consapevolmente si rifiutano le elucu-
tana è presentata da Io. 6,70: È~ uµwv brazioni del tardo giudaismo, compreso
Ere; ot6.f3oÀ.6ç È<T't'LV, «uno di voi è dia- Qumran, circa l'essere, la natura e l'ori-

52 Gli altri riferimenti al tradimento di Giuda l'eredità di Belial»; cfr. anche Sap. 2,l4b.
hanno solo oi.U~oÀo;. Anche in Apoc. n,9; 5-1 Il parallelo più prossimo sarebbe test. A. 1,
20,2 non manca ua;-;a;véic; tra le solenni desi- 9: ò 1'11cra.vpòc; -.où &a.aovÀ.lov 11:0\ll)pou 1t\ltl'.I·
gnazioni del diavolo. µa.,;oc; 1tE:7tÀ:{jpw-rc:tt, poiché, stando al conte-
sl ScHLATTER, Komm. ]oh. a BM. Qualcosa sto, con spirito cattivo non s'intende uno dei
di simile si trova negli scritti di Qumran nelle tanti st>iriti possibili, bensl la fondamentale
espressioni «figli delle tenebre>>, <momini del- pienezza del Maligno.
cra:taviic; B 3 (W. Foerstcr) • C b (K. Schaferdiek)

gine del diavolo. Barn. 18,1; lgn., Eph. 13,1; Polyc. 7,1;
Una particolarità degli scritti giovan- mart. Polyc. ep. 3. L'espressione più usa-
ta (32 volte, delle quali 25 in Herm. che
nei è ]'importanza degli enunciati onto- usa esclusivamente questa designazione)
logici: nati da Dio - essere dal diavolo; è IM.~oÀ.oc;: 2 Clem. 18,2; Ign., Eph.
essere :6gli di Dio - essere figli del dia- roa; Tr. 8,1; Rom. 5,3; Sm. 9,1; Polyc.
volo. Chi commette peccato è be 'tou
7,1; mart. Polyc. 3,1; Herm., mand. 4,3,
4.6; 5,r,3; 9,9.n; II,3.17; 12,2,2; 4,
Ota~6À.OU (I Jo. 3,8); d'altro canto, poi- 7; 5,r.4; 6,r.4; sim. 8,3,6; 9,32,2 ( =
ché Caino era Éx "t'OV 1tOVT)poO, uccise diabolus) e due volte ciascuno in Herm.,
suo fratello (I Io. 3,12). Chi è nato da mand. 7,2.3; 12.4,6; 5,2; 6,2 . Inoltre è
usato apxw'J con varie specificazioni:
Dio non pecca, il Maligno non lo tocca 1tovripòç &pxwv (Barn. 4,13), &otxoc; ap-
(I Io. 5,18). Con altre parole si dice ciò xwv (mart. Polyc. 19,2), &pxwv Xlltpou
che Gesù affermò circa l'albero e i suoi -rou vuv 'tf}c; avoµlaç, «principe del pre-
sente tempo d'iniquità» (Barn. 18,2) e
frutti 55 e che in Paolo si esprime nella
&pxwv "t'ou alwvoc; "COU"tou, «principe di
compenetrazione e coimplicazione di in- questo eone» in lgn., Eph. 17,1; 19,1;
dicativo e imperativo. Quando Giovanni Mg. 1,2; Tr. 4,2; Rom. 7,1; Phld. 6,2 .
dice ai \léavl<rxot: «Avete vinto il Ma- La designazione Ù.V'tLXElµEvoc;, 'avversa-
rio', viene usata in assoluto da I Clem.
ligno» (r Io. 2,13 s.), non intende for- 51,1 e con l'aggiunta ..<'il yÉVEL -rwv OL·
mulare un dato di fatto ovvio, secondo xa.lwv, «della schiatta dei giusti» in
natura, né una rigida predestinazione, al- mart. Polyc. 17,1; pare inoltre che rien-
tri in questo contesto l'oscuro Èvepywv
trimenti non avrebbe senso la richiesta di Barn. 2,1 (la versione latina ha con-
di Gesù nella preghiera sacerdotale Èpw- trarius 56). Altre designazioni sono 1t0\11]·
"t'W ••. tva "t''llP1iO"flç mhoùç Èx -rou 'ltOVTJ· p6c; (Barn. 2,rn; 21,3) insieme con av"t'l-
s7JÀ.oc;, invido, e ~Wrxa.voç, maligno in
pov, «chiedo... che li custodisca dal Ma-
mart. Polyc. 17,1; µÉÀ.aç (Barn. 4,ro;
ligno» (lo. l7,r5). Gli enunciati ontolo- 20,1) e &voµoç (Barn. 15,5). Oscuro ri-
gici giovannei implicano anzi l'impera- mane il rapporto intercorrente tra Sata-
tivo. na e l'Anticristo chiamato xo11µ01tÀ.a.v1)c;
in Did. 16+
W.FOERSTER

b) Aspetti generali
C. SATANA NEI PADRI APOSTOLICI Come nel N.T. anche nei Padri apo-
stolici si presuppone l'esistenza e l'atti-
a) Terminologia vità di Satana senza arrivare a riflessioni
e speculazioni specifiche sull'argomento.
Il termine a-a-rn:vaç (come nel N.T. Il centro dell'interesse è la salvezza, e
col senso di appellativo) si trova solo solo in quanto entra in rapporto con essa
quattro volte presso i Padri apostolici: Satana viene preso in considerazione da-

ss L'immagine dell'albero e dei suoi frutti nei So A. HILGENFELD, N.T. extra ca11011em reccp-
termini usati da Gesù non ha iilcun parallelo t11m' (1876 ss.) ad l. congettura pertanto &.v•E·
nel tardo giudaismo. vepywv.
<JfJ.'C<J.Vél.c; e b-e (K. Schaferdiek)

gli autori. Egli è presentato come colui la chiesa, operano le xcxxo-cExvlat e le


che è stato ridotto all'impotenza da Cri- ÈvÉopa.L dell'apxwv -.ov
a.lwvoc; -cou-.ou
sto. Ignazio ne parla in termini di stam- (lgn., Tr. 8,r; Phld. 6,2), e torna ad es-
po gnostico; la sovranità dell'li.pxwv -rou sere suo schiavo chi abbandona l'unità
alwvoc; "t'ou-.ou, caratterizzata da µr1..yEi:- della chiesa nello scisma, nell'eresia, o
r1.., OEcrµòc; xcx.xlac;, &y-votcx.,, e morte, è chi si sottrae agli obblighi morali della
da considerare 7trJ..À.atà. ~acrtÀ.Eltx. (Ign., vita nel nuovo essere mediato dalla chie-
Eph. r9,3); essa infatti è crollata per sa (Ign., Sm. 9,r; Eph. 17,r; rn,3; cfr.
l'avvento salvifico, nascita e morte del Polyc. 7,r; mart. Polyc., epilogus 3. In
Redentore, che rimasero celati all'apxwv forma più esteriore è vista l'ostilità di
•ou cx.lwvoc; -cou-.ou (Ign., Eph. r9,1) e Satana contro la chiesa quando in mari.
furono rivelati agli alwvEc; solo nell'a- Polyc. 17,I gli si attribuisce la respon-
scensione collegata alla sua morte (Ign., sabilità di impedite che il cadavere di
Eph. 19,2). In un enunciato apocalittico Policarpo sia consegnato alla comunità.
Barn. r 5 ,5 parla della fine del xatpòc;
-rou ò:v6µou, «tempo dell'Iniquo» (cfr. d) Satana e il martire
21 ,J ). Comunque Satana viene visto La passione del martire è ritenuta u-
principalmente nella sua contrapposizio- na lotta contro Satana che termina con
ne non al Salvatore ma alla via di sal- la vittoria nel martirio (mart. Polyc. 3,r;
vezza. A questo proposito, in risponden- 19,2). Finché questa lotta non divampa,
za ai diversi modi di concepire la realiz- Ignazio si considera Ù1tÒ xlvouvov, «nel
zazione della salveza (nella chiesa o nel- pericolo» (Ign., Eph. 12,1; Tr. r3,3),
la passione del martire o nell'adempi- perciò deve praticare 1tpa6'tl]<;, «mitez-
mento della legge), esso appare di volta za», perché per mezzo di essa venga
in volta nel suo aspetto di avversario sconfitto l'apxwv 'tov alwvo<; ...ou-.ou,
della chiesa, del martire o del singolo che opera attraverso lo sfJÀ.o<; che lo as-
cristiano. silla (Tr. 4,2). In quanto sofferenze del
martire, ossia segni di questa lotta con
c) Satana e la chiesa l'li.pxwv 'tou alwvoç "t'ounu (il quale
Secondo Ignazio Ja salvezza si attua cerca di scuotere la volontà di Ignazio
nell'unità sacramentale della chiesa, che orientata a Dio per avvincerlo cosl a sé:
in quanto tale è unita a Cristo e al Pa- Rom. 7 ,1 ), le pene vengono anche defi-
dre, È\I cì) Ù1tOµé\IO\l'tE<; 'tTJ\I TCfi.<1a\I ht1)- nite xoÀ.a<TEt<; 't'OU ota~6À.ou, «tormenti
pELrl..\I 'tOU li.pxov-.oc; 'tOU alwvoc; 'tOU'tO\J del diavolo» (Rom. 5,3). Anche per
xai ow.cpuy6v-cEc; 1>Eou -cw~6µ€l}a;, «nel Herm., sim. 8,3,6 la passione del marti-
quale, se resisteremo e scamperemo ad re è lotta con diavolo; va però notato
ogni tracotanza del principe di questo che presso questo autore non si tratta,
eone, raggiungeremo Dio» (Mg. r,2). come per Ignazio e mart. Polyc., di una
Pertanto, dove questa unità nell'assem- imitatio Christi, ma di una sofferenza
blea della comunità si realizza dc; E1'.1xa.- per la legge.
pLcr-clav l>i::ou xat i::tç ò6~av, «per ringra-
:dare e lodare Dio», si annientano le e) Satana e il singolo cristiano
ovv6:µELç 'tOU <Ttx.'ttx.\IOC e vien meno la Secondo Barn. i cristiani stmo bensì
sua opera dis~ruttrice (Ign., Eph. 13,r ). 't'TI ?tlcr'tn -ciii; ~TCa.yyEÀ.lac; xat 'tii) À6·
Viceversa, dove è in pericolo l'unità del- y~ swonotouµi::voi, «vivificati dalla fede

57 H. SCHLIER, Religionsgeschichtliche U11ter- 8 (1929) 18 n. 1 collega xaxlac; non con 5E-


mchu11gen Ztl dcn Ig11atiusbrie/e11, Deih. ZNW crµ6c; ma con li:yvow•.
1 ..n3 (vn,165) 1u1:tav&.; C e (K. Schaferdiek) .. uPÉwuµ~ (F. Lang)

nella promessa e dalla parola>> (6,q), possibilità di peccare offerta all'uomo


ma vivono ancora nel tempo presente, nel libero arbitrio. Erma illustra questa
su cui ha É~ouo-la (2,1) Satana in qualità possibilità di scegliere tra bene e male
di iipx;wv xatpov 't'OV vvv 't'fic; àvoµlac;, mediante concezioni e motivi disparati,
«principe del presente tempo d'iniqui- solo imperfettamente (o per nulla) con-
tà» (18,2, cfr. 15,5). Mezzo per attuare nessi o rielaborati, che poggiano larga-
tale potere è la possibilità della «via del- mente sopra un dualismo demonologico,
le tenebre», a cui sono preposti gli iiy- ma che vengono collegati solo in parte e
yr.À.oL -rov 11a-ra.voc (18,1, cfr. 20,1). Di- in forma del tutto asistematica con la fi..
sconoscere la conseguente situazione gura del otcif3o)..oc; (per es. la dottrina
comporta il pericolo di concedere spazio dei due angeli in mand. 6,2,r-9 non ha
alla sovranità del «Nero», del «Mali- alcun legame col diavolo). Tuttavia, an-
gno» (4,ro.13, cfr. 2,r.10) e di perdere che secondo Erma dovrebbe essere in
cosl la salvezza. ogni caso il 8tcif3oÀ.oç quello che fonda e
tiene aperta la possibilità di scegliere il
Seduttore al peccato appare Satana in male e urge perché si realizzi. Ciò risul-
I Clem. 51,1; 2 Clem. 18,2 (gli unici ta chiaro dalle espressioni Év-roÀaL -rov
passi di questi due scritti in cui si parli 8taf36)..ou (mand. 12,4,6) ed f!pya. -rov
del diavolo) e soprattutto in Herm., 8taf36).ou (genitivo oggettivo) (mand. 7,
mand. 4,3,6; sim. 9,31,2, che oltre che 3 ). Per questa sua funzione il diavolo
nella debolezza dell'uomo vede nella rco- possiede anche una ouvaµtç che però
À.urcÀ.oxla., «scaltrezza», del diavolo il può esercitare solo su coloro che non
motivo per cui Dio concede la possibi- hanno Ia decisione morale dei servi di
lità di una rinnovata penitenza (mand. Dio, mentre la sua forza non ha alcun
4,3,4.6). A prescindere da mand. u,3 - effetto su chi accetta e mette in pratica
in cui si legge che se occasionalmente un b possibilità offerta dall'angelo della pe·
falso profeta dice una verità è perché il nitenza (mand. 7,1-3; r2,4,6-6,5). Un
diavolo l'ha riempito nel suo spirito con siffatto conflitto e il martirio stesso pos-
l'intenzione di far cadere il giusto - que- sono essere definiti lotta contro il diavo-
sta rcoÀ.vrcÀ.oxla -roO 8taf36)..ou o l'éx1m- lo (cfr. mand. 12,5,2 con sim. 8,3,6).
pa11l7f}vat urcò 't'OU OLa.(36).ou, «essere
tentati dal diavolo», si presenta nella K. ScHAFERDIEK

o-f3Évvuµt 1 / o-Be:wuw 2, attestato fin P. Lond. I 121,364) 3, nella sua accezio-


da Omero (tranne il presente), talvolta ne fondamentale significa spegnere.
nella forma ellenistica ~BÉvvvµt (per es.

a~Éwvµ~ Syll.3; CREMER-KOGEL e TRENCH.


LIDDELt-ScoTT; PAPE; PAssow; MouLT.· 1 Etimologia: indoeuropeo *sg"es-neu-mi; dr.
M!LL.; PREISIGKE, Wort.; DIELS m; HATCH- BOISACQ 586; HOFMANN 307 s.
REoP.; LmsirGANG; PRBUSCl:ffiN·BAUER5, tutti 2 Cfr. BL.-D1mR. § 92; ScHWYZER I 698 s.
s.v.; manca invece presso v. ARNrM; D1TT., 3 Per In grafia !;~ in luogo di a~, molto cliffo.
1435 (vn,165) u~Éwuµ~ A 1 - B 1 (F. Lang)

A. NEL MONDO GRECO calore» (Aristot., meteor. 1,ro [p. 347


b 4] ); VOCX't"L ollJ!av (Apoll. Rhod. 3,
Il verbo si trova in tutta la letteratu- 1349); oq>Ewv l6v (Orph. Lithica 49 [A-
ra, da Omero ai papiri, in senso sia pro- bel p. no]); intransitivo: tranquilliz-
prio sia traslato. zarsi, rilassarsi, affievolirsi: del vento
(Horn., Od. 3,182 s.); del suono (Try-
l. Senso proprio phiodorus, excidium !lii IO); in medici-
a) Detto prevalentemente del fuoco o na, delle pustole: regredire, sparire
di oggetti che bruciano, transitivo (futu- (Hippocr., acttt. 26 [Kiihlewein I 159]).
ro 0"(3fow, aoristo fo(3EO'IX): spegnere (in
Omero solo composto): -cò xm6µEvov 2. Senso traslato
(Hdt 2,66); xEpaw6v (Pind., Pyth. l, a) Soprattutto di passioni e sentimen-
5); <pÀ.6ya (Thuc_ 2,77,6); intransitivo ti, transitivo: spegnere, acchetare, appa-
(futuro passivo u(3E<riH10-oµa~, aoristo gare, lenire: xoÀ.ov (Hom., Il. 9,678);
fo(3foihw, oltre che aoristo att. secondo avitpw1tWV... µÉvoc; (ibid. 16,621 ); u{3pw
Ea-f3nv e perfetto Eo-(3T)xa): essere spen- (Heracl., fr. 43 [Diels I 160,!2]; Plat.,
to, venir meno: 1tUp ... vn:Ò 'tOU É.\llXV'ttOV leg. 8,835e); "tòv ?Nµov (ibid. lo,888a);
qiì}dpE"t"IXL O"~EWUf..LE\10\1, «il fuoco ... per &:yr:ivoplnv (Anth. Graec. 5aoo); EÙq>po-
opera del suo contrario si corrompe, O"UVTJ\I (ibid. 9,375). b) In senso generi-
quando viene spento» (Aristot., cael. 3, co, attivo: reprimere, limitare: ou1tw
6 [p.305 a IO]); oÙÒÉ 1tO't'fo(3l) 7tUp, O"OU 'tÒ Xll.À.ÒV XPO\loç fo(3EO"EV, «il tempo
«né mai cessò il fuoco» (Horn., Il. 9'471 non ha ancora spento la tua bellezza}>
s.). b)Diliquidi, trans.: essicare: ii MTJ- (Anth. Gl'aec. 5,62); xÀ.foc; (ibid. 9,ro4);
ÒLx.1} 1t6a ... o-(3éwucn -cò yaÀ.a., <d'erba -cupa.vvloa (Plut., de Lycurgo 20 [1
medica ... secca il latte» (Aristot., hist. 52e] ); q>o\lo\I (Eur., Bere. fur. 40 ); m:~­
an. 3,21 [p. 522 b 25 s.]); intransitivo: pav (Soph., Ai. I057); ouvaµEL<; (Plot.,
(dis)seccarsi: yu),1X -c'a.i.ywv o-Swvvru- Enn. 6,4,10); passivo: recedere, venir
v&:.wv, «capre a cui vien meno il latte}> meno, ritirarsi, estinguersi: dell'influsso
(Hes., op. 590), 7tT)ya.l (Anth . Graec. 9, di una personalità: ~0"{3foi7T) Nlxa.vopoc;
128); aIµIX (Plut., adulat. 2 [rr 49c]). (Anth. Graec. 12,39); di un oratore: &.-
c) Di uomini, piante e città, solo al pas- na:yopEUOV"t"a. xa.t o-{3EwuµE\lov, «sfian-
sivo: morire, perire: ò oÈ -Oci.va-t6c; Èa"'t~ cato dal parlare e spento» (Plut., praec.
u(3wl)fjvm, «la morte non è che uno spe- gel'. reip. 9 [II 804c] ); della forza di
gnersi» (Luc., ver. hist. l,29); oÉvopov combattere: i:ò µaxLµo\I ..• o-{3Ewuµi::vov
(Poll., onom. 1,231); 'P6ooc; (Anth. Ù7tÒ y1Jpwc;, «che vien meno per la vec-
Graec. 9,178). d) Di cibi nell'arte culi- chiaia>> (Plut., Pomp. 8 [I 622e]); del
naria: cuocere a vapore, stufare: lxiìuwv filtro amoroso: tu{3Écrì)l) "tà <plÀ.-çpa
~à µe;l)' ?ùwv u(3Euì>Év"ta, <mova di pe- (Anth. Graec. 7,221).
sce cotte con sale}> (Athen. 3,12 lC). e)
In senso generico, transitivo: calmare, B. NEL GIUDAISMO ELLENISTICO
sedare, moderare: xuµa.-ca (Aristoph.,
av. 778); -c'l)v a.ti~nv 't'E xat É.mpp6'l')v, r. Nei LXX il verbo ricorre circa 45
«l'incremento e l'affiusso}> (Plat., leg. volte e rende quasi esclusivamente i ver-
6,783b); Ò {3opÉa.ç... o-BÉWUO"L i:l)v bi ebraici kbh e d'k. kbh è tradotto 21
i7Epµ6-.'l')i:a, «il vento Borea ... mitiga il volte con u(3ÉwvµL e una sola volta

sa in età ellenistica, cfr. BL.-DnBR. § 10.


1437 (vn,ré6) O"~éwvµ~ B I - e (F. Lnng)
(Prov. 31,18) con Ò'..1to0"\3Éwuµt; solo in spiazione dei peccati (Ecclus 3,30). La
2 passi (I Sam. 3,3 [Aquila e Simmaco: frase «non spegnerà il lucignolo fumi-
O"j3Évvuµt] e P1·ov. 26,20) abbiamo altri gante» di Is. 42,J illustra l'atteggiamen-
vocaboli. d'k è tradotto con 0"\3Éwuµt 6 to misericordioso e soccorritore del Ser-
volte; in \jJ r l 7, 1 2 è reso con È.xxa.lw vo di Dio che si volge verso chi è sven-
(Aquila e Simmaco: à.rcoO"j3Éwuµt); in 2 turato.
passi il testo dei LXX è abbreviato ri-
spetto al T.M. Raramente O"j3Éwuµt tra- c) In senso traslato il verbo è usato a
duce altri verbi ebraici. In lob 30,8 esso proposito dell'ira di Dio («il mio furo-
rende il nifal di nk' (forma secondaria di re ... non si estinguerà»: 2 Reg. 22,17; 2
nkh ). Nei LXX il verbo si trova in sen- Chron. 34,25; cfr. Ier. 4,4; 21,12), delle
so proprio, metaforico e traslato. passioni in bonam e in malam partem
(amore, Cant. 8,7; ardimento indomito
a) In senso proprio è usato prevalen- che getta fiamme e fuoco, 3 Mach. 6,34;
temente a proposito del fuoco e di og- desideri, Ecclus 23,17; fiamme della
getti che bruciano; transitivo: fuoco ar- concupiscenza, 4Mach. 3,17; lite : µa.-
dente: 1tUP <pÀO')'L~OµEVOV Ò'..1to0"\3ÉO"EL li- xp6tluµoc; civiip xa-.M\3ÉcrEL [iasqzf J
òwp, «l'acqua spegnerà il fuoco ardente» xplO"Etc;, «l'uomo paziente placherà le li-
(J:tp. 3,30); spegnere le lampade (2 ti», Prov. 15,18"; cfr. 26,20; gli affetti:
Chron. 29,7); ma anche bruciare il pra- -.<;> À.oyicrµQ -.ijc; s:ÙO"s:BElac; Xa'tÉcr~E­
to verdeggiante lungo il fiume: a1to0"(3É- O"EV "'t'rL. mHhi Ì) µ1]-.rip, «col senso del-
O"H xMnv ti.le; 1tVP (Ecclus 43,21); in- la pietà la madre represse i propri sen-
transitivo: spegnersi: il fuoco sull'altare timenti», 4 Mach. 16,4) e per indicare
(Lev. 6,5 s.); la fìamma ardente (Ez. 21, l'annientamento degli uomini (empi, lob
3); scintille C:Etp. 28,12); la lampada [LXX] 34,26; 40,12; ovoµa ... Ò'..<7E\3ouc;,
della massaia instancabile oux à1to0"\3Év- Prov. 10,7).
w-.at (Prov. 31,18); carboni ardenti (4
2. Anche Filone e Flavio Giuseppe
Mach. 9,20) 4; ma anche a proposito del-
la distruzione dei monti: à1to0"\3EO"i}TJO"E- conoscono i vari usi del verbo. Filone
-.m -.à. opri (Is. 10,18, LXX). All'inestin- lo riferisce in senso proprio al fuoco
guibile fuoco del giudizio si accenna in (plant. 10) o al lume degli occhi (Deus
Am. 5,6; Is. 1,31; 34,10; 66,24; Ier. imm. 78); metaforicamente alla fiamma
q,27; Ez. 21,4; Eccltts 28,23. delle passioni (sacr. A. C. l 5); in senso
traslato all'anima dei morenti (som_ 1,
b) In senso metaforico: la luce (<pwc;: 31) e alla ragione (où ... O"BÉWU't'<X.L ... ò
lob 18,5; Prov. 13,9), il lume (Mxvoc;: òpi}òc; À.6yoc;, <<non ... si estingue ... la ret-
lob 21,17; dr. 18,6) o il candeliere ta ragione», leg. alt. l,46). Flavio Giu-
(À.aµ'lt1}p: Prov. 24,20; cfr. 20,20 [LXX: seppe parla sia dello spegnersi del fuoco
20,9"]) degli empi si spegnerà è frase (1tup, beli. 7,405) sia dell'attenuarsi del-
che indica la loro inconsistenza e il giudi- la gioia (-.~v xap&.v, bel!. 6,31) o della
zio di condanna che grava su di loro. Spe- tristezza ('tò Àu1tovv, ant. II,40).
gnere la scintilla può voler dire in senso
metaforico distruggere completamente C. NUOVO TESTAIVIENTO
la discendenza di un individuo (2 Sam.
14,7; cfr. 21,17); infine lo spegnimento Nel N .T. il verbo s'incontra comples-
del fuoco può essere immagine dell'e- sivamente 6 volte (4 volte transitivo e

4 O'~Éwual}m detto del sole in test. L. 4,1.


o-~Évvuµt C 1-3 (F. Lang) (vu,x68) 1440

2 volte intransitivo), cli cui 3 volte con 2. Uso metaforico


senso proprio, 2 con senso metaforico e
In Mt. 12,18-21 le parole che riguar-
I volta con senso traslato.
dano il Servo di Dio (Is. 42,r-4), che an-
che nei Targumin sono interpretate in
r . Uso proprio
senso messianico, sono applicate a Ge-
Mc. 9,48 5 (xat 't"Ò 7tUp où O"~ÉWU't"ar., sti. La citazione non segue fedelmente i
«e il fuoco non si spegne») cita Is. 66, LXX (Àlvov xoc7tv1s6µEvov où 0"{3ÉO"E1,
24, che per i Giudei è il passo fonda- «non spegnerà un lucignolo fumigante»,
mentale per descrivere i tormenti del- Is. 42'3) né il testo ebraico. Al v. 20
l'oltretomba con le due immagini dei Gesù è descritto come soccorritore dei
vermi che divorano e del fuoco che con- percossi e degli oppressi 6 • Con espres-
suma il cadavere. La citazione si disco- sione metaforica Eph. 6,16 dice che i cri-
sta alquanto dai LXX, che, in risponden- stiani con lo scudo della fede possono
za al testo ebr., leggono xat 't"Ò 7tvp aù- «spegnere tutti i dardi infuocati del Ma-
't"WV où O'~Eui}1)ol:'t"a.L, «e il loro fuoco ligno» e~ II, 246 s.). Qui O"SÉ<rocL descri-
non si spegnerà». Il contesto di Marco ve figuratamente il risultato finale più
chiarisce che s'intende l'inestinguibi- che l'effetto immediato: sullo scudo (~
le fuoco dell'inferno (v. 43) (~ II, VIII, coli. 879 ss.) si spuntano le frecce
col. 378; XI, 868 s.). In Mt. 25 le ver- avvolte di stoppa e pece ardente (~XI,
gini stolte destandosi dal sonno sono col. 880; vm, coll. 842 s.), e cadono a
improvvisamente costrette a constatare terra, dove si spengono senza aver reca-
di essere senza olio (cfr. v. 3) e che le to danno. Fuori metafora, si esprime la
loro lampade si spengono (ai ÀaµmX.- vittoriosa superiorità della forza di Dio,
OE<; 1]µwv uSÉvvvv-.at). Un'interpreta- acquistata con la fede, contro tutti gli
zione allegorica di questo particolare assalti del diavolo.
non risponde al senso della parabola ori-
ginaria. Hebr. u,34 (Ecr~ECTCX.\I ouvcxµw }. Uso traslato
7tup6ç, «spensero l'ardore del fuoco») In r Thess. 5,19 Paolo esorta la co-
allude ai tre amici di Daniele, ai quali munità: 't"Ò 1t\IEVl-l;OC µ'i) cr~ÉVW't"E, «non
per l'assistenza di Dio il fuoco della for- spegnete lo spiritm>. 1t\1Euµoc (~ x, coll.
nace di Nabucodonosor non poté far 767 ss.) in questo caso è il concetto ge-
nulla (Dan . 3,23-25; cfr. I Mach. 2,59; nerale che comprende svariate forme
I Clem. 45,7). particolari, per es. profezia (v. 20) ·e
glossolalia, e indica le manifestazioni

5 Sotto il profilo critico-testuale i vv. 44 e 46 mente sono tarde assimilazioni al v. 48.


(presso i codici occidentnli e siriaci) probabil- 6 LoHMEYER, Mt., ad 1.
1441 (vu,168) crÉ[3oµa.L 'X'tÀ. (W. Focrster)

straordinarie dello spirito (~ x, coll. D. I PADRI APOSTOLICI


1018 ss.}. c(3Ewuvm significa in senso
Presso i Padri apostolici il verbo si
traslato (~ 1436) reprimere, limita-
trova solo in citazioni dell'A.T. oppure
re 7 (il contrario è civr:x.~w1tupEi:v: 2 Tim. in reminiscenze di immagini bibliche. 2
r,6}. «L'estinzione» non avviene a causa Clem. 7,6 e 17,5 cita alla lettera Is. 66,
di una condotta impura (Crisostomo) o 24 secondo i LXX, a differenza di Mc.
9,48. Did. 16,1 (ot Mxvot vµwv µ1)
dell'indolenza (Calvino) 8 • Paolo invece crPE<rlh'J't'Wcrav, «non si spengano levo-
ammonisce di non reprimere cosciente- stre lucerne») ricorda Le. 12,35 e Mt.
mente gli effetti straordinari dello spi- 24,42.44; 25,8. mart. Polyc. u,2 con-
trappone al fuoco terreno che è tempo-
rito nella comunità (cfr. a questo riguar- raneo ed estinguibile ('t'Ò 7tpÒç wpr:x.v
do anche r Cor. 14,28 ss.). Non è neces- xa.ioµE\10'1) xat µE't'' 6)..lyov (j~E\l\IUµEVO'V'
sario supporre che con la sua condotta «arde per un po' e poco dopo si spe-
gne») il fuoco eterno e inestinguibile
la comunità di Tessalonica avesse offerto
dell'inferno (dr. 2,3: -cò i:x;iwviov xat
lo spunto a questa ammonizione, poi- µ1JOÉ1to't'E cPEwuµEvov), con una remi-
ché tutta la pericope non è che una suc- niscenza di Is. 66,24 e dell'immagine bi-
cinta esposizione dell'ordinamento co- blica del 'lti.ip &crr3E<r•ov di lob 20,26
(var.); cfr. Mc. 9>43; Mt. 3,12; Le. 3,
munitario. 1 7· F.LANG

In greco abbiamo un numero straor- religiosità greca. Con ciò contrasta la si-
dinario di derivati dalla radice CE~-, i tuazione nei LXX, i quali, pur non evi-
quali indicano in modo caratteristico la tando completamente tutto questo grup-

I Il collegamento con 7tveiiµa ha paralleli nel ref. 80 (189_'.j) xn; Chris., hom. in I Thess.,
mondo greco ( -roii 1t\IEUµ«'to~ 7tO.V't&:mx.u~v ad l.: MPG 62 (1862) 46L
tÌ'lte<T~E<TµÉ\lou: Plut., Pyth. or. 17 [II 402c); al~oµa;L
-rò 7t\IEUµa. -rò %C:X.'t1XC1~Ewuµevov : Pseud.- K. KERÉNYI, Die antike Religion1 (1 9_:!2) 87-
Plut., vii. poes. Hom. 127; cfr. Gal., de the- 90; D. LoBNBN, Eusebeia en de cardinale deug-
riaca ad Pisonem 17 [Ki.iHN 14,286]), dove den, Mededelingen der Koninklijke Neder-
però 7t\IEUµa si riferisce al naturale spirito vi- landse Aks.dernie vs.n Wetenschappen, Afdee-
tale (~ x, coli. 779 s. 842 ss.). ling Letterkunde, Nieuwe Reeks 23,4 (1960)
s I. CALVJN, Comm. a I Thess., ad l.; corp. 7-9 .
o-Éf3oµo;~ A 1 (W. Foerster)

po di vocaboli, ne fanno un uso innega- ~cX.O'cra-.o yà.p 'tO ye: wµQ (Il. 6,4r7).
bilmente cauto. Sorprende soprattutto Diversa è l'idea implicita nell'espressio-
che ciò avvenga con EÙcre:~1)i;, EÙcrÉf3e:w. ne corrente che guardando qualcosa uno
ed e:ùcre:f3fo.>; questi concetti cosl impor- è preso da O'É~aç: crlPai; itxe:t (dç)opé-
tanti per i Greci ricorrono con frequenza w'V•ct; ad es. Nestore guardando Tele-
soltanto in 4 Mach. Non altrettanto cau- maco, per la sua somiglianza con Ulisse
ti si mostrano i LXX nei riguardi di à.<re:- (Od. 3,r23, cfr. ibid. 4,142), Ulisse guar-
f31)i;, à.<rÉf3m1. ed acrEf3Éw, pur concen- dando Nausicaa (Od. 6,161), Telemaco
trandone l'uso prevalentemente nei libri a Sparta vedendo la gr;mdezza del palaz-
sapienziali. Quasi ancor più sorprenden- zo di Menelao (Od. 4,75), gli immortali
te è l'uso linguistico del N.T., dove tut- alla vista di Atena (Horn., hymn. ad Mi-
to il gruppo di vocaboli (fatta eccezione nervam 6). Il prato, che Gaia fece ger-
per à.<re:f3Éw ecc.) in senso cristiano ri- mogliare per sedurre Core, era a vedersi
corre - tranne un caso - soltanto nelle un O'ÉPai; per dèi ed uomini (Horn.,
Lettere pastorali, in quella di Giuda e hymn. Cer. ro; si noti che, nell'inno,
nella seconda di Pietro. Presso i Padri poco distante si trova la parola 1}avµa-
apostolici il gruppo CTEf3- manca comple- <Ti:6ç). Nello stesso inno al v. r90 viene
tamente in Ignazio e nella Didachè. descritto come Demetra stava nel vesti-
Questi fatti richiedono una spiegazione. bolo di Celeo e toccava col capo le travi
del tetto: ma la madre fu presa da at-
owç, CTÉPai; e xAwpòv OÉO<;. Qui lo stu-
pore si accompagna alla paura. In tutti i
casi in cre:P- c'è un senso di soggezione
A. CTÉf3o(J.aL NEL MONDO GRECO sia per una grave mancanza sia di fron-
te a qualcosa di alto e venerabile.
I. L'uso linguistico omerico alla luce del
significato fondamentale della radice Ha seguito la seconda accezione lo
O'Ef3- sviluppo successivo della parola ere:~-.
Nel fatto fisico di tirarsi indietro si e-
La radice cre:f3- significa originariamen- sprime un atteggiamento interiore, quel-
te arretrare davanti a qualcuno o a qual- lo di lasciarsi impressionare da qualco-
cosa 1• In quale senso si intenda questo sa di grande e di elevato. Soggetto di
arretrare risulta da Omero e dagli Inni questo atteggiamento possono essere dèi
Omerici, dove s'incontra I volta craif3o- e uomini; oggetto dèi, uomini e cose. In
µaL, 2 volte cre:f3&.soµaL e 9 volte crÉf3aç. CTEP· non c'è ancora uno speciale senso
Anzitutto si tratta di un arretrare nel religioso. Ma è significativo per la gre-
senso di desistere. In Horn., Il. 4,242 cità che proprio questa radice sia diven-
Agamennone invita gli Argivi alla batta- tata espressione specifica di un atteggia-
glia: ou '\IV crÉf3e:crih:;, «non rifuggite dal- mento religioso. Linguisticamente il
l'esser vili?». Similmente in Il. r8,r78 mondo semitico non ha alcun parallelo
Iride si rivolge ad Achille: crÉf3aç SÉ CTE a crÉ~oµat: hista[Jawa ha la sua corri-
Dvµòç lxÉcrDw, cioè devi inorridire all'i- spondenza in 7tpOO'XU'VEL'V (-+ col. 386),
dea che la salma di Patroclo divenga pre- che però in greco rimane limitato all'at-
da dei cani di Troia. Analogamente CTE- to singolo e non è diventato punto di
f3&.soµaL: Prete si trattiene dall'uccide- partenza per un uso linguistico di vasta
re Bellerofonte (Il. 6,I67), Achille dallo portata 2 • Un altro fatto fisico quasi affi-
spogliare Etione della sua armatura: CTE- ne è il tremito; ma anche se a volte pau-
I Bo1SACQ, r .v.; HOFMANN, r .v, 2 lt(lOO"XU\IE~\I nel senso generico Ji adorazione
crÉffoµet.L A 1-.z (W. Foersrer)

ra e tremore si trovano accanto a cn!f30- un'elevatezza interiore, che si presenta


µa.1 3, si tratta di eccezioni che non pos- esteriormente in cose o uomini, provoca
sono nascondere che crÉ(3oµru non ha un a-É(3Ecr17m: Bageo vide che avevano
che fare col tremito di paura. Da «guai un grande rispetto per le lettere ed il
a me, sono perduto» di Is. 6,5 all'ome- loro contenuto (Hdt. 3,128). Non sem-
rico créf3ac; µ'EXEL Ei.crop6wv't'a (-7 col. pre concorre il momento religioso 5, che
I444) c'è una µE't'af3acrLc; dc; /1).Ào yÉ- però di rado è assente. Cosl sono oggetti
voc;, la µe:>taf3mnc; dell'A.T. alla grecità. del cr€f3EO·tl'aL la patria (Plat., Crito 51b),
una località considerata sacra (Etir ., Ba.
566; Hdt. 7,197; Plut., quaest. 11at. 23
2. crif3oµat nel greco classico ed elleni- [n 917 s.]), le orge (Aristoph., Thesm.
stico 949; Archiloch., fr. n9 [Diehl JIII 47 ]),
sogni (Aesch., Ag. 274), il bene fatto
Ancora in Platone (Tim. 69d) a-Éf3o- dai genitori (Plut., de C. Marcio 36 [r
µm ha il significato di rifuggire da un'a- 2 31c]), la olxri (Plat., leg. 6,777d), la
zione non buona: a-e:f36µe:VoL µLa.bmv "t'Ò 't'UXTJ e il òalµwv di un uomo (Plat.,
1Mov, cfr. leg. 7,798b. In Aesch., Pers. leg. 9,877a), anche i suoi pensieri (Plat.,
694 s. indica timore reverenziale alla ep. 7,344d) o la sua virtù (Plat., leg. 8,
vista di qualcosa di nobile (cioè il volto 837c), e ancora i genitori 6 , i defunti,
del grande re defunto). Poi crÉf3oµai. e gli eroi (Plut., amat. r 7 [ u 761]; de Ra-
l'atto eccezionale vengono usati per ca- mulo 27 [135a])ei benefattori (Plut.,
ratterizzare un atteggiamento: Apollo è de Timoleone 16 [r 244]). Anche in e-
qualificato come crÉf3wv (Aesch., Eum. poca neotestamentaria il momento· reli-
752; dr. Soph., Ant. 745) per il suo in- gioso è ancora vivo: ÒLÒ xa:ì. -.p1wv ov-
tervento a favore di Admeto. In Phaedr. 't'WV fl. 1tE1tO\ltJ(f..CTL\I oi 'ltOÀÀot 'ltpòc; -rò
Platone descrive come il non iniziato al- tJEÌ:OV, s'l)À.oU xat cp6f3ou XCtÌ. 'rLµfjc;, S'll-
la vista della bellezza où a-éf3e:-cai 1tpocro- À.OÙ\I ~v mhoùc; xat µaxaplsEtv folxa-
pwv, <<non la guarda con stupita reveren- CTL XCt.'tÙ 'tÒ acpiJap't'OV Xt'J.Ì. Ò:tOLOV Éx- 1

za» 4 ; viceversa v'è uno che, quando ve- 1tÀ1)o-cre:cri>CJ.L oè xat OEOLÉVc.tL xai:à "t'Ò
de un l>e:oe:toÈ.c; 'ltpoa-wnov, prima si met- xupLov xat ouva-c6v, &yamiv oÈ xat -rL-
- !:\ I:'
te a tremare, ma poi 7tpocropw'll (sci!. 't'Ò µocv xa.i\ CTEjJE<TvaL
I() I \
Xt'J.'Tlt 't'l'J\I oLXt' I
J.LOCTU-
np6CTW'ltOV) wc; l>e:ÒV crÉf3e:-rat. e addirit- V'T]V, «per cui, tre essendo i sentimenti
tura gli sacrificherebbe, se non temesse che per lo più si nutrono verso la divini-
di sembrare pazzo (Plat., Phaedr. 25oe- tà: di ammirazione, di timore e di ono-
25ra). Per lo più qualcosa che salta alla re, sogliono essere ammirati e conside-
vista per la sua grandezza, bellezza ed rati beati a motivo dell'incorruttibilità
elevatezza non causa, come nei passi ci- e immortalità, rive.r iti e temuti per la
tati, un senso di timore reverenziale; ma loro potestà e potenza, amati, onorati e

di Dio è «molto raro» nell'ellenismo, J. f..UU 'TCOtWV = mi vergogno di fare.


HoRST, Proskynein (1932) 179. 5 Aesch., Pers. 166: davanti a tesori non cu-
3 Aristoph., 1111b. 293 s.: xat créffoµar. ... oil- stodi ti non sì ha riguardo a Év 'TLJ.l.TI o-É(3Er.v.
"C'Wç aò'Tàç (le nuvole) 't'E't'pq.uxlvw xat 7tE- Partenopeo apprezza (crt!.{3rn1) la sua lancia più
cp6!3TJµ«r.. Plat., Phaedr. 254b: i!&Er.<Tt -.E xat di un elio, più dei suoi occhi (Aesch., Sept. c.
<TE<pf>Efo·a. «vÉ7tE<TEV Ò7t'Tlet., Id., leg. 7,798b: Theb. 529 s.).
<TÉ(3E"C'«r. xat cpo(3E~'TaL 7tU.aa. ljluxìi -t6 -tr. XL· 6 Soph., Oed. Col. l377 : -toùç (j)U-rEvcrav-.a.ç
\IE~V 'TWV -t6>E xa.aECJ''rW'tWV. uÉ{3EL\I, Soph., Ai. 666 s.: duoµEcrìta. µè.v i>Eoi:ç
4 Grammaticalmente costruito come alcrxùvo- E!xET.V, µa.frria6µEailet ~· 'A-tpEloa.ç crÉ{3ET.V.
l+4ì (vu,170) ué(3oµa.t A 2 (W. Foerstcr)

venerati a motivo della giustizia» (Plut., teggiamento ma anche un comporta-


de Aristide 6 [I 322b]). Accanto ad es- mento, non soltanto l'onore reso agli
so tuttavia troviamo in questo periodo dèi ma anche la loro adorazione. Una
anche un uso molto sbiadito, per cui si delle più antiche attestazioni di questo
dice ad es . che i ricchi sono celebrati significato di adorare si ha in Xenoph.,
come persone felici ed altamente stima- hist. Graec. 3,4,18, dove, dopo aver da-
ti dalla maggior parte dei genitori 7 • to la notizia che Agesilao e i suoi solda-
ti avevano dedicato ad Artemide le co-
Per la ricchezza di contenuto di 1JÉ- rone vinte nel ginnasio, è detto: 01tOU
(3E1Ji}at è importante Plut., de Aristide yàp élv8peç 1}Eoùç µÈv crÉ~oLV'tO, 't"à ÒÈ
6 (I 322b]) (~ qui sopra), dove <lÉ· 7toÀ.Eµixà àa-xoi:Ev .••, m7>c; oùx. dxòc; Év-
~Eai}m è distinto da OEOtÉV<X.L e apparen- -taOiJa mx.v'ta µEa-'t'à fa7tlSwv &:yaì>wv
tato ad U.ya'ltfi:v=stimare molto e a ·n- elva:L;, «dove infatti ci sono uomini che
µii\18. In un altro passo (suav. viv. Epic. adorano dèi e praticano esercizi di guer-
21 [n 1001d]) Plutarco dice che nel- ra ... , come non supporre che ivi tutto
l'atteggiamento che la maggior parte consenta buone speranze?». L'ultima e-
degli uomini (gli incolti) tiene verso spressione mostra che qui s'intende par-
Dio, il <1É(3Eo-:>m xoct -ttµiiv è accompa- lare di un'adorazione degli dèi visibile a
gnato da un po' di batticuore (crcpuyµ6ç) tutti 10• Il significato di adorare si trova
e di paura (qi6(3oc;), che si chiama anche anche, ad es., in Cornut., theol. Graec.
OEtO'toatµovla; nel contesto ricorre OE- 16 (p. 25,22 s.): IJÉ~O\l~(l.t o'a1hÒ\I
ÒtÉvcu 9. (Ermete) xat ~v 'tCX.L«; 7tCXÀ.cxlcr't"pa~c; µe:-
Ma accanto a questo significato si è -tà 't"OU 'Hpa:xÀÉouc;, dove evidentemen-
lentamente fatto strada uno spostamen- te si pensa ad un atto di culto nella
to dell'uso linguistico, nel senso che a-É- palestra. Così poi <lÉ~Ecrì>at con l'accu-
(3E<lì>at non significa più soltanto un at- sativo di un dio viene ad indicare il suo
7 -.où; 7tÀ.O\JO'lOV; EÙSatµo\IL~O\l'tW\I xa:t C1E- quello di tenere in grande considerazione.
~oµÉVW\I (Plut., attd. poet. 14 [II 36d/e]). 9 Plut., Is. et Os. 18 (II 358a): i coccodrilli
non attaccano i viaggiatori su barche di papi-
8 Inoltre DITT., Syll.3 n 6n,24 s. (189 a.C.): ro perché hanno timore (q>O~E~ul>a:t) o sogge-
i Romani si comporteranno in modo da 't"OÙç zione (u~~Eul>ct.L) della dea; hanno timore del-
l>Eoùç aÉ{JEultm xa:t ·nµiiv, Plut., qt1est. conv. la sua potenza e del suo castigo, hanno sog-
7,4,3 (li 703a): tv(ouç 't"Ò X\J\lhl\I ')'lvoç iJ.1'<1.V gezione della sua maestà.
C"É~ea&m xat 'tLµiiv, lib. educ. 10 (II 7e): la 10 Analogamente forse anche Xenoph., mem.
filosofia insegna O'tL Sei: l>EoÙç ~v uÉ~Eulla:L, 4A,I9; viceversa, 1a notizia che trÉ~W o <rÉ~o­
yovfo.ç o~ 't"Lµiiv, dove il senso diventa chia- µa~ in questo significato di venerare si tro-
ro se si considera che la filosofia non dà pre- verebbe già in Pindaro (cfr. PREUSCHEN-
scrizioni sul modo di venerare gli dèi, bensl BAUER5, s.v.) è inesatta; i passi citati di Plat.,
sul modo di onorarli= stimarli altamente; que- Pbaedr. 25ra (~ col. 1445); leg. n,9x7b
sto passo, poi, è importante perché mostra che (un falsario di moneta o!l-te àvDp1.:mov; at-
il concetto di ulf3EaDat, se non esclusivamente oouµEvoç Oil't"E l}EoÙ;· Ut~6µEVOç) attestano sol-
almeno in crescente misura, è limitato all'at- tanto il significato di onorare. Quanto al passo
teggiamento verso gli dèi, e per il retto com- di Pindaro, potrebbe essere Pyth. 6,23-25, do-
portamento verso i genitori vengono usati al- ve è detto che Chirone, il maestro di Achille,
tri vocaboli. Anche in Dio Chrys., or. 12,60: avrebbe insegnato µ&J-..tcr't"a µÈv Kpovloav...
·raii-.a. ('t"à l1toup&.vta.)... l;vµm1.v't"a: 1S yE tltwv uÉ~eu»a:t. Poiché poi si parla del rispet·
voiiv ~xwv uÉ~EL, l>Eovç -iiyouµ.Evo; µaxdplovç to verso i genitori, anche qui nel uÉ~Eul>ct.t
µa.xp61>e\I &pwv - poiché questa frase viene reso a Zeus si dovrebbe intendere soltanto il
usata per giustificare la creazione di inunagini fatto di onorare e non un determinato modo
di dèi - il senso di O'É~Eul>a:t dovrebbe essere di adorare.
1449 (vu,171 ì <TE~oµm A 2 - B 3 (W. Foerster) (vn,172) 1450

adoratore: OL· O"EtJOµE\IOL


a• • "A\IOUpLV,
'tO\I a 2. Negli pseudepigrafi aÉf3oµet.L s'in-
gli adoratori di Anubi 11 • contra raramente. Nei test. XII Patr. H
verbo si trova solo in Ios. 4,6, dove Giu-
seppe dice alla moglie di Putifarre: ou-
B. aif3oµa.tNEI LXX, NEGLI PSEUDEPI· X~ Èv àxa.i>ci.pcrlq. i}ÉÀ.EL xupLot; ..-oùç crE-
GRAFI, IN GIUSEPPE E IN FILONE PoµÉvouc; a.u-.où, «il Signore non vuole
che i suoi adoratori vivano nell'impuri-
1. Nei LXX aÉf3oµa;L è solo una volta tà». Viceversa vi è frequente il verbo
traduzione di 'ebed (Is. 66,14) ma non cpof3Et:cri)ai riferito al rapporto con Dio.
in tutti i codd.; altrimenti esso rende In ep. Ar. invece cpof3Ei:cri)m non si trova
sempre jr'. In confronto alla traduzione affatto, ma ricorre <p6~oc; in riferimento
corrente di questa radice ebraica con cpo- a Dio (95.189.159); viceversa viene u-
f3Ei:a'i)a.i, il numero dei passi con O"É· sato crÉ~EO'i>a.L (16.139.140) per espri-
BEai)a.i è estremamente ridotto (5 passi: mere il retto comportamento verso l'u-
Ios. 4,24; 22,25; lob 1,9; Ion. 1,9; Is. nico Dio dei Giudei. L'ultimo passo è
29,13). Senza rispondenza nel test? e: importante: Alyu1t"tlwv ... LEpE~ç ... à.v-
braico crÉf3EaÌ)cxi si trova I 3 volte, di cu1 i)pw1touç i)Eov 'ltpo<rovoµa~oucrw 1Jµéiç·
7 per indicare l'adorazione di dèi paga- o-.oi:ç À.Ot1toi:ç ou 1tpoO'l:'.O'"tLV, El µ1) ·ne;
ni (fra cui Io$. 24,33b). Il senso si può CTÉ~E"t<.t~ "tO\I xch'&,).1)~EL(X,'V ih:6v: i giu-
rendere preferibilmente con servire: l'o- dei si sentono nel mondo di allora gli
nore reso a Dio e la sua adorazione si at- unici veri adoratori di Dio; gli altri uo-
tuano facendo ciò che egli vuole e ordi- mini adorano ciò che non è Dio (134).
na. In lob r,9 Satana chiede: µi) ow- Altrove a-Éf3Eui)at non si trova," né in
pEà.V o-ÉfjE-.a.t 'Iwf3 -.òv i)E6v; in Is. 66, Ps. Sal. né nelle parti greche rimaste di
14 servire Dio sta di fronte allo <i.'ltEt- Hen. aeth.; in quest'ultimo compare 5
i)Ei:v, e in 2 Mach. r,3 è scritto ai Giu- volte q>of3E~crl>at e 1 volta EÙÀa;~E~<T17aL.
dei d'Egitto: (Dio) ociJTJ uµi:v xapolav In Sib. 3-5 a-ÉPm1 sta accanto a q>oPEt-
'ltML\I Eì.ç i:ò O"ÉfjEcrl>cxt mhòv xa.t 'JtOLEL\I o11a.t (i)e6v) in 3,29, accanto a 'ttµéiv
mhoii -.à i)e)..1]µa.-.a., «conceda a voi (Ei:owÀa) in 3,606. Ciò significa che ne-
tutti disposizione a servirlo e a fare le gli scritti che non sono stati concepiti in
sue volontà»; in 3 Mach. 3'4 dei Giudei greco il verbo crÉ~ea-i)ocL per indicare 1'11-
è detto: a-Ef36µe'lloL of. -.bv i}Eo\I ... xw- dorazione del Dio dell'A.T. scompare
pioµòv È1tolouv, «servendo Dio ... se ne quasi del tutto in confronto a q>O~Ei:­
stavano appartati». Servire l'unico Dio o1JaL.
è la caratteristica dei pii Giudei in con-
fronto ai gentili. In Ion. 1 ,9 Giona di 3. Flavio Giuseppe usa uÉf3Ecrl>aL (per
sé dice: oouÀ.oç xuplou Èyw dµt xa.t lo più al medio), a parte la designazio-
i:òv xupiov 11eòv "tOÙ oùprt.\IOÙ È'yW O'Éfjo- ne dei timorati di Dio, ad es. in ant. 14,
µai, «servo del Signore io sono e adoro r 10, per l'adorazione del Dio d'Israele
il Signore Dio del cielo»; cfr. 4 Mach. 5, (ant. 3,91; 4,318; 8,280; 9,87) e degli
24; 8,14. idoli 12• La sfumatura greca del verbo
avere rispetto (~ n. 2) al massimo si
11 Plut., Is. et Os. 44 (II 368f); de/. orac. 45 Ioch., fr. n9: A-i)µ.'1)-tpoç àyvfiç xat K6p'l)ç
(n 43-if); DITT., Syll.' II 558,12 (207/6 a.C.); -ri)v 'ltavi}Yupw qÉ{3wv (celebrare); altre at-
altre attestazioni in PREUSCHEN·BAUER', s.v. testazioni nei tragici ibid. [segnalazione di H.
Invece, secondo E. FRAENKEL, Aeschyltts Aga- KRAEMER] ,
me11no11 nr (1950) 76r s., la più antica atte- 12 Secondo HoRST, op. cit. (~ n. 2) n3, Fla-
stazione del significato venerare è in Archi- vio Giuseppe evita di usare la stessa espressio-
14;;1 (vu,172) <TÉP01.1m B 3 - cre~6.1;.oµat 1 (W. Foerster) (vu,172) 14;;2

potrebbe cogliere in ant. 4,318: .-ò <fÉ- contrario alla legge», ed in Act. i9,27
~EL\I .-E xa.L .-tµav rcpocr1txw.i 'tOU'toV Demetrio lo usa per l'adorazione di Ar-
(Dio) uµi:v xat 'tOÙ<; v6µovi;, «a voi con-
viene serbare rispetto e onore a Dio e temide a Efeso. Inoltre, negli Atti, 6
alle leggi». Filone usa <fÉ~Et\I (soltanto volte mediante crEBoµEvoL, con e senza
in som. i,204 al medio, altrove all'atti- i>Eov, si indicano i cosiddetti «timorati
vo) 8 volte, per esprimere tanto l'adora-
di Dio» (~ coli. 339 ss.). Qui ci occu-
zione del dio pagano (spec. leg. 2,255;
decal. 78) quanto quella dell'unico Dio, piamo soltanto dd significato linguisti-
il Creatore (virt. 179.34), dove echeggia co di questa espressione. Essa s'appaia
il significato di onorare, in virt. 179 ac- a cpoBouµEvot 'tÒv i>E6v, che di fatto ha
canto ad acrrc<H~Ecrl)aL, in virt. 34 accan-
to a 'tLµ<i.v. Questo significato è certo in lo stesso significato e corrisponde all'e-
vii. Mos. 2,198: 'tti'> µ:ii <fÉ~EW 1'°Eòv E7tE- braico ;r' jhwh 13 • La sua trasformazione
-.aL 'tÒ µ1rtE yovEt:i; µ1)-.e rcCI.-rpllìa µ1). nella formula con crÉBEcri>a.t mostra co-
-r'EVEpyÉ-.a<; .-Lµ<i.v, ò OÈ O'Ì) rcpoç 'tQ
µiJ CTÉ~EW XCI.Ì. xa?hwopELV -.oÀµWv .-l-
me ai Greci suonasse inadeguata quella
\l(X. µoxìh}Plttç urcEp~oÀ'Ì)v &:rcoÀÉÀ.otrcE;, con cpoBEicrì>ix.i. La formula crEB6µgvot
<(quando vien meno il rispetto verso 'tÒV 1'E6v si collega alla parallela designa-
Dio, necessariamente vien meno anche
zione di adoratori di divinità pagane (~
l'onore dovuto ai genitori, alla patria,
ai benefattori, e chi osa rifiutare questa coli. 1448 s.). Essa vuole esprimere
venerazione e recate oltraggio, davanti due cose: da un lato la pretesa di servi-
a quale eccesso di perversità ha mai ar- re l'unico vero Dio, cfr. ep. Ar. 140
retrato?»; e in spec. leg. 4,33 dove &:À.1)-
i}EL<l e rcw-rtç sono oggetto del O"É~EtV. (--> col. 1450); dall'altro aEBoµEvoi;
In Filone è presente chiaramente l'in- con l'accusativo di un dio non indica chi
flusso della terminologia e del pensiero gli rende onore, ma chi lo adora (-->
greco.
coli. 1447 ss.). Se dunque questa for-
mula viene applicata ai «timorati di
C. <7É~oµttL NEL NUOVO TESTAMENTO
Dio», essa vuol dire che costoro non sol-
O"É~oµa~ (soltanto al medio) nel N.T. tanto sono stati impressionati dal Dio
non viene usato da cristiani in riferi- dell'A.T., non solo gli rendono onore,
mento a cristiani. In Mc. 7,7 par. è ci- ma anche lo adorano, e precisamente
tato Is. 29,13; in Act. 18,13 i Giudei con determinate azioni.
accusano Paolo davanti a Gallione: 1tct.-
pà -.bv v6µov à.vcx.7tEli)EL ou'toc; 'toùc; à.v- t <TE~a~OµCX.L
1'pw7touc; crÉ~Ecr1'm -rò"V 1'E6v, «costui per- 1. Questa parola, evidentemente de-
suade la gente ad adorate Dio in modo rivata da <7É~ac;, serve soprattutto a so-

ne per indicare l'adorazione di Dio e la vene- riferimento agli idoli.


razione degli idoli. Ma ciò non vale per ut-
~ELv, che non solo nei passi citati da Horst Il ;r' 't 'l anche in Dam. l:o,2 (9,15); 20,19 s.
(ani. 9,99; 4,130.137), ma anche in a11t. 9,205 (20,43), non nel senso speciale di «timorati
(Geroboamo EtSw).a... utB6µevoç) è usato in di Dio».
O'E{36.l;oµat I - c-É{31wµa 2 (W. Foerster) (vu,173) 1454

stituire o-ÉBoµet.L, usato soltanto al pre- significa un oggetto di adorazione o di


sente. Pet conseguenza ha avuto un ana- onore, specialmente l'immagine divina
logo sviluppo di significato. In Omero che viene adorata. Così in Sap. !4,20;
s'incontra 2 volte nell'espressione CTE- 15,17 e Bel et Draco 27 (Teodozione);
0&.o-cret."t'O yàp "t'O YE DuµQ (~ coli. in Flav. Ios., ant. 18,344: È7tL "d}ç ol-
1443 s.), in un significato analogo in xlaç EXEW crEPricrµet.-r:a, «avere in casa
Anth. Gr. 7 ,r 22 con l'aoristo passivo: gli oggetti del culto»; Sib. 8,57 (a pro-
IluDuy6pric; -r:l -r:6crov xu&.µouc; Èo-EBri- posito di Adriano): li'Tta.:vw,, crEBacrµa-
1
crl>T);, in Orph. Argonautica 522 : aÀ- 'tet. McrEL; Dion. Hai. l,30,3: ȵrmplcx.
).'òrto•'èì.v Di::CT1..toi:c; !;Ei:vov o-E0a<rrJo-DE 'tW\I 'TtEpt 't'Ù i)Ei:ci CiEBricrµci-ta ÀEL'rOVp-
ilavov"t'a. ytwv, «competenza nelle funzioni ri-
guardanti gli oggetti del culto divino»;
2 . Il verbo non si trova nei LXX, sì
Pseud.-Clem ., hom. 10,21 a proposito
invece in Aquila, Os. xo,5. Nei Sib. si- delle immagini degli dèi, a riguardo
gnifica adorare (5,405): ouxpuo-òv ... delle quali i pagani sostengono che, an-
ÈCTE~ao-Dl]. In 8, ~ 6 si riferisce agli dèi di che se sono soltanto oro e argento, in
Roma: -.ttiv"t'wv wvÈCTE0aCTill]ç (sogget- esse abita il 7tVEliµa divino. Sib. 3,550
to: Roma). Eus., praep. ev. 9,10,4 cita lo definisce geneticamente l'oggetto del-
un oracolo di Apollo secondo il quale l'adorazione: ollvoµa 7tcx.yyEvhao crÉ-
soltanto i Caldei e gli Ebrei sono a.ùi:o- Bwrµ'EXE 1, «consideralo qualcosa di
yÉvEDÀ.ov &vaxw; crE0r.ts6µEvoL ili::òv sacro».
cX.yvwç. Aristide in apol. 12,7 parla di
pagani che adoravano (ÈcrEBricri>'r}crav) 2. Nel N.T. la parola si trova solo
animali.
due volte. Act. 17,2 3: &.va.i>Eµipwv -.à
3. Nel N .T. il vocabolo s'incontra sol- crEPricrµai:et. ùµwv Evpov xat BwµOv.
tanto in Rom. r,25: ÈcTEBrio-Dria-civ xai Qui sono a-E0aa-µet."t'a non solo le imma-
ÉÀa-r:pEUO"ClV -r;fi X"'CLCm 'lttipà 't'ÒV X"'CL- gini degli dèi, ma in generale tutti gli
IJ<l.V'rU., dove il più generico tJEBa~EcrDciL oggetti connessi al culto, fra l'altro gli
è precisato dal più specifico Àu.i:pEUELV altari. L'altare non è un oggetto dell'a-
(~ VI, col. 181) = adorare nel culto. dorazione, ma è un oggetto al quale vie-
IJEBcH~EcrDciL, secondo quanto abbiamo ne tributato un crÉPE:crDm, una venera-
detto, sign.iiica non soltanto l'atto di sa- zione; tale lo designa Paolo; che cosa
cro rispetto 2, ma anche l'atto o gli atti egli pensi di questi luoghi santi risulta
dell'adorazione: «essi adorarono e servi- dal seguito del discorso. In 2 Thess. 2,
rono la creazione invece del creatore» 4 l'&vDpc.moç "t'ijç &.voµlaç è caratteriz-
(--?-IX, col. 491). zato come ò à.v't'txdµEvoç xet.t {mi::pet.L-
poµEvoç È1tt 'ltcivi:a. Ài::y6~vov i>Eòv 11
i" créBa.ol~Cl crÉPacrµa. Anche qui crÉPacrµa non può
r. cré0acrµa (attestato dal I sec. a.C.) significare semplicemente l'immagine

cr€~ai;oµa~ crÉ~CXO'f.Ul
1 Orph. (ABEL) 22. 1 crÉ~acrµ', come legge A. KURPESS, Sibylti-
2 M1cHEL, Rom., ad l. 11ische Weissagrmgen (1951) contro J. GEFFK-
1455 (vu,173)

degli dèi, ma deve designare un oggetto fermazione genetica ed ampia il più pos-
del crÉPEcrl}cx~. Con le sue parole Paolo sibile. Ne verremo a capo se per O"É~cx­
si collega a Dan. u,36, ma con lo stra- O"µa intenderemo tutto ciò a cui viene
no À.EyoµE\lo\I e con l'aggiunta di aÉPu- reso un cré~Ecri)cxt, vale a dire se vi in-
<Tµa. va beo oltre l'A.T. Inoltre sorpren- cluderemo gli 'ordinamenti' della fami-
de la particella 1): se Paolo con 'Jtci\l'ttX glia, dello stato, del diritto, che per gli
ÀEy6µtvov i)'E6v ha già dato alla sua fra- antichi stavano sotto la protezione degli
se la massima genericità, che cosa può dèi ed erano oggetto di un O"É~Ecri)at o
essere nominato, per così dire in concor- di un EÙO"E~Ei:\1 2 •
renza, con un i)? Basta tradurre: «sopra
ogni dio o tempio», o anche: «... ed ogni t LE~IXO"'t'oc;
immagine di dèi», per avvertire la stra-
r. O"E~cx<r-r6c; è la traduzione del lati-
nezza della frase. Se invece si traduce: no augustus, che in qualità di aggettivo
«sopra tutto ciò che è detto Dio o sa- significa sacro, venerando'. Nell'anno 27
cro», in qualche modo richiamando Sib. a.C. il senato decretò di conferirlo co-
me titolo all'imperatore 2 • Il significato
8,57 (~ col. I4.54), il senso della fra- del titolo latino è controverso. In senso
se diventa chiaro: l'Avversario si eleva attivo Augt1stus significherebbe l'accre-
al di sopra di tutto ciò che può essere scitore dell'impero 3, ma è più verosi-
mile che sia usato in senso passivo per
oggetto anche soltanto di un timore re- definirlo come colui che è stato aumen-
verenziale. Paolo vuol tendere la sua af- tato, elevato di rango <4. In ogni caso l'e-

KEN (GCS 8 [1902]), che legge crtPc.tc; o'. 122; H. ERKELL, Augus/us, Felicitas Fortuna
2 Con ciò si conforta l'antica esegesi secondo (1952) 9-39.183-189; M. BuCKLlSCH, Augustus
cui Paolo dicendo xa.'fÉXW\I (xa.-téxov) (vv. 6 als Titel rmd Nome bis zum E11de des Mittel-
s.) penserebbe all'impero romano. Infatti, co- alters, Diss. Miinster (:1957) 5-12.9:1-95; F.
munque si giudichino i singoli imperatori ro- TAEGBR, Charisma II (1960) II7-II9.
mani del I sec., Roma, nonostante tutti gli ec- I Ovid., fast. 1,609 s.: sancta vocatlt augusta
cessi ad es. di un Caligola, era custode dell'or- patres, augusta vocantur tempia sacerdotum ri-
dine e del diritto, tutelava un uépwrµa.. te dicata manu.
:I:tPc.tu-t6c; 2 Res gestac divi Augusti (ed. H. VoLKMANN,

TH. MoMMSEN, Rom. Staatsrecht II 2 2 (1877) KIT 29-30 [r957] 56-59) § 34: in consulatu
771-774; C. CicHORIUS, Rom. Studien (:192:z) sexto et septimo, bella ubi civilia exti11xeram
380 s.; F. MULLER-IZN, Augus/llS: Mcdedelin- per conse11sum tmiversomm potitus rerrm1 0111-
gen der Koninklijke Akademie van Weten- nium, rem publicam ex mea potestate i11 sena-
schappen, Afdeeling Letterkunde 63, Serie A tus populique Romani arbitrium tra11stuli.
nr. n (1927) 275-347, e la recensione di A. Quo pro merito meo senatus consulto Augu-
v. !>REMERSTBIN: Plùlol. Wochenscht. 49 stus oppel/atus st1m (gr.: 'l:EPct11-tòc; 'ltpOa'r}-
(1929) 84_:s-850; S. REITER, Augustus; l:Eaa.- yopEl'.1lhiv).
11-t6c;: ibid. 50 (1930) II99 s.; M. A. KooPs, 3 F. MULLER-IZN, Augustus: Mnemosyne, no-
Kaiser Tiberitls: Mnemosync, tertia series 5 va series _:s6 (:1928) 223: augusti enim adiecti-
(1937) 34-39; A. v. PRBMl!RSTEIN, Vom Wer- vum eum designai, qui ceteris maius 'augus',
den des Primipats: A. A. Miinch., N.F. :15 id est arcanam quandam augendi, creandi, a-
(1937) 64.rr9.169; A. WAGl!NVOORT, lmperium lendi v1m ostendit a deis oblatam.
(1941) 14-19; H . HOMMEL, Horaz (1950) u1- 4 -+ CrCHORIUS; ~ V. PREMERSTEIN 849;
1457 (VII,Iì4) (vn,175) 1458

spressione latina separa l'imperatore Questo titolo ha un suo ruolo quando


dalla massa di tutti gli altri mortali. Il al sovrano in vita vengono tributati cul-
titolo era conferito dal senato e nel pri- to e·venerazione. Cosl sentiamo parlare,
mo secolo d.C. fu attribuito esclusiva- oltre che del giorno dell'imperatore (la
mente all'imperatore regnante (e talvol- cref3acr't'1)), di µucr.-m per i ite:ot ~E~a­
ta a sua moglie) 5 • unl7, di uµVcpOOL 'Ì}e:ou ~Ef3an.-ou, di un
O'Ef3acr-roÀ.6yoc; o di un ae:f3acr-.ocp&.v-
2. II greco O"E~acr-.6c;, più raro, indica '>1JS 8 • In processi a cristiani non risulta
qualcosa cui è reso un rispetto reveren- che il titolo di ~Ef3aa't6c; abbia avuto un
ziale di carattere religioso. Cosl Numa ruolo, poiché ai cristiani si chiedeva che
eresse un santuario alla 7tlo-·nc;: oihw dicessero xup~E Kai:o-ap, che offrissero
youv <reBao-"t6\I -.1 1tpéiyµa xat &.µlav- un sacrificio o che giurassero per il genio
-tov Èvoµl~11 'tÒ m<r't'oV, «sl veneranda dell'imperatore (mari. Polyc. 8,2; pass.
e inviolabil cosa stimò la fede» (Dion. Set. Scilit. 2,5 ).
Hal., ant. Rom. 2,75,3). Come titolo LE·
Ba<r-.6c; è traduzione di Augustus, ed è 3. Nel N.T. il vocabolo s'incontra so-
uno degli attributi ufficiali dell'impera-
tore. Che cosa esso suggeriva all'orec- lo in Act. 25,2r.25 in bocca a Festa. A
chio dei Greci è detto da Dio C. 53 116, differenza di Kai:crap corrente nel N.T.,
8: Auyoucr-toc; wc; xat 1tÀ.Ei:ov ·n fi Xa't!Ì. che anche Festa usa nel contesto (vv.
à.vitpw?touc; wv È1tExÀ.1Jit11· mina yà.p
ÈV'ttµo'ta:ta xaì. 'tà. i.Epwi:a'ta auyou- 12.21), 1:e:Bao-..6ç ha un che di ufficiale,
O"'tlX npo<rayopEUE'ta1· È~ ounEp xaì. CTE· e perciò meglio si adatta al colloquio tra
~aCT-.òv av't'ÒV xaì. ÈÀ.À.'T}vl!;,ov't'Éc; 7tWt;, il procuratore romano e Agrippa II.
wcrnEp 't'W!Ì. O"E7t't6v, ànò 't'oli crE~iiSE­
crita.1 npoO"E~7tov, «fu soprannominato In Act. 27,1 la cr?tErpa l:Ef3an-.1} è u-
Augusto, quasi egli fosse qualcosa di su- na denominazione, attestata anche altro-
periore agli uomini; infatti tutte le cose ve, di truppe ausiliarie 9 •
più venerande e sacre son dette auguste;
per cui fu chiamato anche <rEBoc<r.-6c;, co-
me persona 'venerabile' (o-E7t't'6c;), dal
verbo 'venerare' (<rEr3rist::critat)». In mo-
do analogo si esprime Filone 6 • Poiché, A. NEL MONDO GRECO
secondo la concezione ufficiale, solo il
sovrano defunto diventava divus (-&e6c;) r. Tutti e tre i vocaboli (pochissimo
per decisione del senato, ~e:~a<r.-6c; ha l'aggettivo EÙ<TE~1}c;) sono accompagnati,
un carattere più indefinito, che corri- specialmente nei tempi antichi, da pre-
sponde all'incirca al nostro 'maestà'. cisazioni che indicano a chi si rivolge lo

~ REITER; ~ Koops 39; ~ WAGENVOOR'l' r4; crlaL, XUpLE, Xafr'€xaO''tO\I lVL!l.U'tÒ\I btLTE·
~ ERKELL 38; ~ BucKLISCH 94 s.; ~ TAE- ì..oi.ivTaL Èv 'Eqifo~ M1µTJTPL Kaprcocp6plil xat
GER. 0Eoµocp6pti) xo.t freoi:c; l:E~acrTotc; V7tÒ µu-
5 -+ CICHORlUS. Cl''tWV µE'tà. 7toì..)..ijc; ckyvElac; xa.t \loµlµwv
efrwv (83-84 d.C., Efeso).
6 leg. Gai. 143: ò BLà. µtyEl)oç i}ysµo\lfo:c; o.ò- 8 Inscr. Perg. II 374 A, righe 4 s.; DEISSMANN,
Toxpcx.Toi.ic; òµoi.i xcx.t xcx.ì..oxcx.yaDlccc; 1tpW'>O<; L.O. 297,3.306-309; NILSSON II 353; altre
Ò\I0(.1.mrlMc; l:E~acr-.6c;... o.ò-.òc; YE'llÒµE\loç à;p. notizie in W. FOERSTER, Herr ist ]esus (1924)
Xn O'EPacrµou xat 'tote; ~1tEL't«. I OZ S .
1 DJTT., Syll.' 11 820,3-7 : µvcrTi)picx. xa.t fui. 9 lIAEN'CHEN, A pg., ad l., con bibliografia.
lf59 (vn,175°) EÙcrs~i)r; X'tÀ. A 1-2 (\V/. Foerster) (vn,175) 1460

EÙo-ESEi:v. Esse vengono introdotte dalle poche sostanze piuttosto che esser ric-
preposizioni dc;, 7tEpl, 'ltp6c; o stanno in co disonestamente»: qui EÙO'EPti:v è il
accusativo 1 • Anche in periodo seriore contrario di àolxwc; nÀ.ou•i::i:v, dunque
questo uso linguistico di specificare l'og- un concetto assolutamente generico.
getto dello EVO'ESEi:v è ancora vivo 2• Es- Giurare il falso sarebbe oùx EÙCTEf3Et\I
' Il' e EUO'
so prova ch e EUO'Ep1J<; ' E1(.l
tJELIX. senza (Plat., ap. 35c); assistere il padre mo-
una specificazione precisa hanno un si- rente è EU<TEf3Ei:\I (Pseud. Plat., Ax. 364
gnificato più ampio 3• Ma anche senza c); Elettra chiama sé ed Oreste, in quan-
aggiunta EUCTE[3EL\I ecc. definiscono in to figli nati dal matrimonio di Clitenne-
modo speciale un comportamento verso stra con Egisto, EÙtrESEi:c; xoc~ EÙO"Ef3wv
gli dèi, come ad es. in Aesch., Sept. c. f3'ì..aO"'t'O'll't'EC:, (Soph., El. 589 s.): qui so-
Theb. 344 1 dove la distruzione di tem- no detti Ev<ref3Ei:c; coloro sulla cui nascita
pli in guerra è chiamata un µLcx.t\IEW EÙ- e sul cui matrimonio non pesa una col-
uÉSmx.v 4. È chiaro che in età ellenisti- pa. Se Achille dice di sé: lyw o'Ev ocv-
ca e neotestamentaria EÒO'Éf3Eta senza ag- opòc; EÙCTE(3EO"'C'ci.'C'OU 'tpa<pftc;.. , Eµai}ov
giunte in generale esprime il retto com- 'C'oùc; 'tpo?touc; à'JtÀ.ovc; exew (Eur., Iph.
portamento verso gli dèi, la pietà. Nella Aut. 926 s.), il seguito mostra che inten-
progressiva caduta di una specificazione de parlare del comportamento generale
appare una riduzione del concetto di di Chirone, e non soltanto della sua pie-
EÒ<rÉf3ELIX., che corre parallela a quella di tà. In tutti questi casi lo EÙ<ref3ei:v si ri-
crÉf3oµaL (-+ coll. 1447 ss.). Come ciò ferisce ad una sfera più vasta di quella
avvenga appare chiaro quando si consi- degli dèi soltanto.
derano i diversi oggetti dell'EùcrESti:\I e
dell'EÒ<rÉSwx. negli scritti più antichi. 2 . Da quale uso linguistico si può far
Theogn. r,145 s. dice: f3ovÀEO o'EUO'E- derivare la limitazione dell'eucrEf3Ei:v al-
f3ÉW'\I ÒÀ.tyotc; CJÙV xpiiµMW OÌ.XEL\I -}i l'aspetto religioso? Gli oggetti ai quali è
'TCÀ.OV'tELV &.olxwc;, «preferisci vivere con rivolto l'EÙcrESEi:v e la Eùo-tSmx. sono, ol-

tÙcrE/3i)r;, tiicréf3mx., EUcrE~Éw {1947) 125-134; DJBEtrns, Past.' (1955) ex-


Per A: cr1rsus a r Tim. 2,2; W. FoERSTER, Evul~eLa
K. F. Nii.GELSBACH, Die nachhomcrische Thco- in den Pastoralbriefen: NTSt 5 (1959) 213-
logie des griech. Volksglaubem (1857) 191- 218; D. LoE.NEN, Eusebeia en de cardinale
227; O. KERN, Die Religioll der Griechen 1 de11gden = Mededelingen der Koninklijke A-
(1926) 272-290; U. v. WILAMOWI'l'Z-MOELLEN· kademie van Wetenschappen, Afdeeling Let-
1
DORFF, Der Glaube der Hellenen I (1955) 15 terkunde, Nieuwe Reeks 234 (:1960) .
s. 35 s.; J. C. EoLKESTEIN, 8crLoç en EÙcrEMJç, i Soph., Phil. 1441: EvcrEPE~v 'tà. npòc; i>Eouc;,
Diss. Utrecht (1936); W. J. TERSTE.GEN, EÒCIE· Isoc. 1,r3: evcrÉ~EL -rà rrpòc:; 'toùc; fu:ouc;, si-
~Tir; en 8crLor; in het grieksch taolgebruik na milmente 3,2.
de vierde eeuw, Diss. Utrecht (1941). 2 Epict., ench. 31,1; Diod. S. 19,7,3; Dio
Per B: Chrys., or. 31,r46; CIG I 1446, riga r3; D1TT.,
G. BERTRAM, Der Begri/} 'Religion' in der Syll.3, indice s.v. EVO'É/3ELa.
LXX: ZDMG 87 (1934) 1-5; C.H. DoDD, The J Antiphon Or. 5,96: oil-tE 'tÒ Ùµ.É'tepov E.Ùctt:-
Bible and the Greeks (1935) 77.173-175. pèç 7ta;pLE/.ç, detto ai giudici: = io non ab-
Per C: bandono !'EÙcrE~Ér; verso di voi; Isoc. 4,33:
H. J. HoLTZMANN, Lchrbuch der neutesta- npòr; -tà. 'tWV ltewv eùcre~fo-ta'ta 0La1mµt-
mentlichcn Theologie Il1 (19u) 306-312; CRE- vour;.
MER-KèìGEL, s.v.; F. TILLMANN, Vber 'From- 4 In Menand., georg. 35 un campo che fa ere·
migkeit' in de11 Pastoralbrie/en des Ap. Pa11· scere molto bene le piante sacre a Dioniso, ed
lus: Pastor bonus 53 (1942) 129-136.161-165; altre solo in modo normale, è detto ironica-
C. SPICQ, St. Paul, Les épitres Pastora/es mente ù:ypòç eÒcrE[ ~fo'tepor;] .
EÙcrE~-/ic; wtÀ.. A 2 (W. Foerstcr)

tre gli dèi e i loro santuari, i morti e i agli dèi stessi. Questo trapasso appare
loro voµtµa. (Eur., Hel. 1277), in spe- chiaro in Isoc. 1,r3: 1tpc7rrov ... eucrÉfkt
cial modo i parenti defunti (Soph., El. -.à 1tpòc; -roùc; i}eouc; µ:/i µovov Wwv, ocÀ-
464; Ant. 943), e poi i congiunti in ge- lèt xat 'tote; opxot<; ɵp,Évwv, «usa ri-
nerale, padre, fratelli, genitori 5, inoltre spetto a ciò che riguarda gli dèi non sol-
il sovrano (Soph., Ai. 1350), nel perio- tanto offrendo sacrifici, ma anche man-
do neotestamentario l'imperatore 6 , i tenendo i giuramenti». L'evoluzione av-
giudici (Antiphon Or. 5,96), gli stranie- viene nel senso che l'Eùa'ÉBw·i, come
ri e coloro che chiedono protezione 7 , in retto comportamento verso gli dèi, vie.
generale i 'buoni' (Soph., Ant. 731), il ne distinta dalla OLXa.toa'UVlJ quale ret-
il giuramento 8 e in generale il diritto 9 • to comportamento vetso il prossimo, e
Ma può anche esprimere la compassione dalla crwcppoO"vvri o dalla Éyxpci·ma qua-
per l'età di un accusato 10 o una condot- le retto comportamento verso se stessi.
ta di vita coerente con la filosofia (Plat., Cosl è detto di Socrate: EÙO'E(31]c; µè:v
ep. 311d.e). Possiamo trascurare altri ou't'wc; WCT't'E µ110Èv èlvEu -i:fjc; -.wv 7Jewv
usi più rari 11 • yvwµ'T]c; 'ltOLELV olxa.Loc; OÈ WO"'t'e f3À.a'lt-
I

Da questo panorama risulta chiaro 'tH\I µÈv µt}oÈ µtxpòv µrioÉvCt., wcpEÀ.Ei:v
che EÙ<rEf3- esprime il rispetto per gli or- OÈ -cà µÉyta''t'a. 'tOU<; xpwµÉvouç Cl.Ù't'Q,
dinamenti sui quali è fondata la vita fa- Èyxpa.-i:1]c; oè: wa'-r:E µ1]0É1to-r:E -itpooc~pEi:­
miliare, statale e anche interstatale. Il crt}a.~ 't'Ò 1}otO\I &.v-.t "'COV PEÀ.'tL'.)VOc;, «CO-
retto comportamento (EÙ) verso di essi sl pio da non far nulla senza il consiglio
è un a'Éf3Ecri}a.~, un attento, rispettoso degli dèi, cosl giusto da non arrecare il
evitare ciò che li può ferire. Ma dato che minimo danno ad alcuno e da giovare al
tutti questi ordinamenti stanno sotto la massimo a chi ricorreva a lui, continente
protezione degli dèi, è comprensibile al punto da non preferire mai il piacere
che i concetti EÙO'Ef3Éw, EÙ<TEf31)ç e EÙ<rÉ- al bene» (Xenoph., mem. 4,8,u) 12•
f3E~a. si riferiscano in crescente misura

s Plat., resp. l0,6l5c; Soph., Ocd. Tyr. 1431; xa:lwç a'ltOÀ.UE"t'E iJµ«ç; il motivo era ecce-
Pseud.-Plat., Ax. 364c; Dio C. 48,5A. zion:tle: un incidente di cui l'autore non ave-
6 P. Lond. Ili n78,r4 (Claudio); DrTT., Syll.' va alcuna colpa. È solo da rilevare che euue-
II 814,2 (Nerone); dr. A. SrnonEL, Zwn Ver- Mic; talvolta significa anche onorato, vc11era11-
stii11d11is vo11 R IJ: ZNW 47 (1956) 8r (Tibe- do, Eur., El. I272 cli un oracolo; Plut., Pomp.
rio); in questo caso la EU<TÉ~E~ct consiste nel 80 (I 661c): Ellp'I]µct EÒO'E~tç.
sacrificare per la crw-c'T]pla: dell'imperatore, in 12 Inolue ad es. Isoc. 3 ,2: -cà.. 7tEpt -coùc; i>eouc;
celebrazioni festose e fo onoranze particolari. EUO'e~ouµEv xaì. -.1)v lìLxmocrvvl]V licrxoiiµev,
7 Eur., Aie. .n48; Aristoph., ra11. 456 ss.; Demosth., or. 9,16: "t'Ò o'EÒCTE~èc; xa:t "t'Ò ol-
Aesch., Suppi. 336. X'1.LOV ••• ·ne; 8.v... 'ltctpct~alvn: nella rottura di
8 Eur., Hipp. 656; Plat., ap. 35c; Demosth., un trattato è violato il diritto divino ed uma-
or. 9,r6. no; Diod. S. r,92,5 a proposito degli egiziani,
9 Demosth., or. I9,22: EÙ(npwç EXELV libera· che rammentano la vita di un defunto; ml.À.w
re qualcuno. livlìpòc; j'Eyov6-.oc; 't:Yiv EluÉ~ELIX.V x at lìLxmo-
10 Antiphon Or. 3,2,rr: ÈÀ.Eouvnc; ... tµou lìÈ crv\/Tjv, ~"CL Ot -c1)v lyxpb:mctV xctt "CcXç /}.)..
yepatoii xat &.Jt),,fou 'tTJV... xctx01t'<H>e~ctv ... à.- À.a:c; apE-càc; ctù'toii StE!;Épxov-cctL. Epict., diss.
'ltoÀ.vov-ceç eùcrepei:-ce. 3,2A: l'uomo deve osservare le relazioni na-
11 Interessante è la frase di Soph., E/. 968, do- turali e quelle acquisite wc; EUCTEl)lj, wc; u16v,
ve si pnrla della euulfk~a: del defunto genitore wc; àoEÀ.q>ov, wc; 'lta-ripa:, wc; 7toM-cl]v, M.
verso i suoi figli imploranti, e quella di An- Ant. 5,33: ~EOU<; µèv <IÉ~EW ... avilpwTCouc; OÈ
tiphon Or. 3,2,12: 't'/iv..• EÙO'É~na:v -.ou-cwv ev 1t0LELV. Nelle iscrizioni onorarie ellenistiche
"t'W\/ 'ltPctxMv-cwv... a:tlìouµevoL òulwc; xctt lii.- per cittadini meritevoli è cliflìcile che manchi
EVCTE{31)ç X'i À. A 3 ( W. Foerster)

3. Platone nel suo dialogo sulla pietà -rèt. rcEpL 'toùc; 17Eoùç \léµiµoc Elowc; opltwc;
fa dite ad Eutifrone, come rappresen- av Ùµtv €UCTE'31)ç wptcrµivoc; dT), «per
tan dell'opinione popolare: EÒCJE~É<; 'tE voi dunque è rettamente definito reli-
xaì ~<nov sarebbe "t"Ò rcEpì 't'Ì)\/ -rwv i}ew\/ gioso colui che conosce le norme riguar-
i}epoc'ltElav, «ciò che riguarda la cura de- danti gli dèi» (Xenoph., mem. 4,6,4) 13 •
gli dèi» (Euthyphr. 12e), precisando .il Pseud.-Plat., de/. 412e presenta un com-
concetto nei seguenti termini: Èà.v µÈv pendio delle varie definizioni della pie-
XE)CaptO"µÉWt. 'ttç btLO"'t'l'}'tat 'tOi:ç 1'Eoi:~ tà: EÙcrÉ(1Eta 0LxaL011u'lllJ rcEpL iteouc;- ou-
ÀÉyEt'\I 'tE xocì. 'ltptX't'tELV Eùx6µEv6ç 'tE 'llaµLc; 1'EpmtEV"t"LX1) i}Ewv ÈxoiJcnoc;· m:pt
xa.L i>Uwv, 'tau-ç'fo'tt 'tà é>cna, xaL cr(il- 17ewv 'ttµfiç u'ltoÀTJt!JLc; 6pMr È'ltLa--r1Jµri
sn 'tOC 'tOtaU'ta -touç 'tE lolouç o(- 't'ijç '7tEpt lJEwv 'ttµijç, «giustizia verso
xouç xoct •à xowà -twv rcoÀ.Ewv· 'tà gli dèi, facoltà di riverire gli dèi di pro-
oÈ Évav'tla. -twv XEXctptcrµÉvwv Ù<TE- pria spontanea volontà, retta compren-
Bfi, a oii xat &.vct-tpÉ'ltEt &.rcav'ta xa.L sione del culto degli dèi, scienza del mo-
<ircoÀ.À.ucrw, «quando uno sappia, pre- do di riverire gli dèi». Le molte iscrizio-
gando e sacrificando, dire e fare co- ni onorarie del periodo ellenistico indi-
se gradite agli dèi, queste sono san- cano come motivo eostante dell'onore
te e assicurano salvezza alle famiglie reso ad uomini meritevoli la EÒCTÉ~ELa
e alle istituzioni delle città; mentre le ltpÒç 'tOÙç lteoiJc;. Per quanto si può de-
contrarie delle gradite sono empie e durre dal contesto, vengono indicati l'e-
sovvertono e distruggono ogni cosa» sercizio coscienzioso e costoso di atti di
(14b). Come doni che gli dèi ricevono culto, incluse le somme dedicate all'ere-
dagli uomini vengono poi indicati 'ttµ1J, zione di santuari 14• Più tardi Elio Ari-
yÉpct, xtiptç (15a). A differenza della stide dà la seguente definizione: -rò oÈ
concezione di Platone, che il proprio EUO'E~Èc; cruvlcr"t"a'taL Èx -c'ijc; q>VO'Lxfjç
della pietà consista nel servire gli dèi '7t1Xpct'tl)fJ'l'icrEWc; 'tWV 1tpÒc; -roùc; lJEoÙç:
compiendo il bene, si chiarisce sempre OtXalwv XIXL Voµlµwv· -rÒ OÈ foLOV <TVV-
più nel dialogo come opinione popolare lcr't'ct'tal. Éx 't'ijc; 'tl)PlJO"EWc; 'tWV Ot-
che la pietà consiste in un fare, riferito xa.lwv 'tWV rcpòc; -rTiv rccx'tploa... ~cxt
direttamente agli dèi. Invece dell'atteg- 'toùc; yovÉa.ç xat EÒEpyÉ-rac; xa.t 1tctLOEV·
giamento reverenziale verso gli dèi e -raç, «l'EÒCTE~Éç consiste nel rispetto na-
gli ordinamenti protetti da essi, il con- turale della giustizia e delle costumanze
tenuto della Eucrl~e:ta diventa l'adora- riguardanti gli dèi; l'&nov nell'osservan-
zione degli dèi in atti cultuali. Dato che za della giustizia nei riguardi della pa-
occorre sapere come il servizio agli dèi tria, dei genitori, dei benefattori, degli
viene reso rettamente, nella pietà inter- educatori» 15• Dunque in EÒO"É~Etct e nei
viene un aspetto del conoscere: o O.pu. suoi derivati è avvenuto uno spostamen-
l'aggiunta 'ltpÒç (7toi:l) 'Toòç Dtouç ad EvcrÉ- tmcr-.i)µ'l'}v i>Ewv DEpttTtElac; (Zenone); Plut.,
{3Ettt., e la menzione onorevole, che non manca Aem. 3 (I 256d): Emilio Paolo come augure
quasi mai, del suo lodevole comportamento era molto coscienzioso e xu.'tEV6'l'}CTE TlJv 'tWV
verso la città che lo onora viene espressa con TtO:ÀCUWV 'ltEpt 'iÒ &i:ov EÒÀ.6:.Beiu.v, t'J>CT'te ...
altre parole, per esempio tiivoi.a.. DITT., Sy/l.1 µap'tvpi]O'aL -toi:c; <piÀ.ocr6cpovç, IS<TOL -i1}v r.òa'l-
n 734,12 ss. (94 a.C.): xai)ijxov... tu-.t AEÀ.· Btto:v wp(crcxvi:o ~pamlaç DEWV tmo"i:i)µ'l'}V
<po'Lç à'ltolitxEcrl}al 'tE xat "ti.µ&v "toòç EVCTE- stvcu.
13Elq. xa.t litXO:LOcrUVq; lita<pépov'taç 'tWV <iv- 14 Cfr. DITT., Syfl.l, indice s.v. EuaéPeta e W.
lipwv. aePWc;.
13 Cfr. Xenoph., mem. 4,3 ,16 e Plat., leg. 4,717 15 Ael. Arist., de arte rhetorica x,12,5,8 (ed.
a; cfr. Diog. L. 7,n9: E!Vo:t... TlJv Eùat{3Eto:v W. D1NDORF [1829] 2,761, righe 2-6).
to cli signifìcato analogo a quello cli O"É.- EXELV wc; OV't'W\I xat OtOtXOVV't'W\I -r;à,
SoµaL (-7 coli. I447 ss.): da onorare oÀ.a xaÀ.wc; :iw.t &xalwc; xat O"au-.ov Elç
a venerare un dio. Occorre rilevare pe- '°'OV't'O XO:'t'U.'t'E'°'U.XÉVa.t, '°'O 7tEllJE<Yl}ai
rò che EUO"ÉSwx. non signifìca semplice- a.v-.oi:c; xa.t E(xw.1 7téi.<rt ..otc; ywoµivotc;
mente la venerazione degli dèi in quan- xat àxoA.ouiMv Èxov"a. wc; ù?tò ..fjc; ocpl-
to tale, il puro e semplice compimento u't'1]ç yvwµ11c; ÈmnÀ.ouµÉvoLc;, «sappi
del culto, ma anche e sempre l'atteggia- che l'elemento principale della pietà ver-
mento interiore che si rende manifesto so gli dèi consiste nell'avere rette opi-
nell'atto esteriore 16• Perciò nella defini- nioni intorno ad essi, cioè nel credere
zione pseudoplatonica citata sopra -7 che essi veramente esistono e governano
col. I464 non manca È.xovO"Loç. ogni cosa bene e giustamente; e nell'es-
sere disposti ad ubbidire ad essi e nel-
4. In età ellenistico-romana EUO"ÉSi;:ia l'acconsentire a tutto ciò che avviene e
per lo più significa l'adorazione degli dèi nell'adattarvisi cli buon grado pensando
resa con partecipazione interiore, ma che tutto è disposto ed accade per il mi-
non è andato perduto nel vocabolo l'al- glior consiglio» (ench. 31,I). Se gli dèi
tro signifìcato, per il quale EVO"ÉSmt in dispongono per l'uomo pio ogtù co-
generale indica l'atteggiamento reveren- sa giusta e buona, questi deve accet-
ziale verso gli ordinamenti della vita. tare la loro volontà in tutte le cose e-
Perciò in questo periodo il vocabolo i:.ù- steriori e null'altro cercare se non ciò
O"ÉSELa viene usato anche per esprimere che essi mandano, altrimenti la sua pie-
il comportamento con i parenti, tra uo- tà non può sussistere 18 • Anzi, buon filo-
mo e donna, perfino degli schiavi col lo- sofo è l'uomo pio: oa·nc; É'ltLµEÀ.frcat
ro padrone, delle legioni verso l'impera- 't"OU ÒpÉyEO"Ì}a.t wc; OEL xat ÈxxÀ.t\IEtV, ÉV
tore, ma anche la conduzione degli affari T@ aÙ't'@ xai EvcrEf3Elai; ÉmµEÀ.Ei:'t'at,
dello stato da parte dello stesso impe- cioè colui che accetta la dottrina stoica
ratore 17• Nella gente colta si manifesta delle cose da ricercare e di quelle da non
un atteggiamento di riserbo o di critica ricercare, nel prendersi cura di ciò si
nei confronti dell'adorazione cultuale prende cura anche della pietà (ench. 31,
degli dèi secondo la pietà popolare, e 4). Quando poi Epitteto prosegue:
per conseguenza un concetto interioriz- <rnÉvom1 Sf. xat Wm1 xa.t oc1taPXtO"Ì}a;t
zato di EVO"ÉSEw., nel quale è decisivo il Xct'°'à. "t'Ò'.. 'lta"t'pta É:>ttXO"i;O't'E 7tpoa-1}xH
momento della reverenza. Ad esempio xal}apwc; xaL µ'Ì) bt<rE<rupµÉvwç µ110€
Epitteto dice: 't'ijc; 7tEpÌ. 't'oùc; l}eoùc; EÙ- à:.µEÀ.wc; µ'l']OÉ YE yÀ.tO"XPW<; µ110È Ò'ltÈP
O"ESElac; tcrlh Q't'L 't'O xuptW't'ct't'OV tui:v6 Suva;µw, «quanto alle libagioni, ai sa-
È:O"'t'W, òpMc; Ù'ltoÀ.lj~w; m:pt au-twv crifici, all'offerta delle primizie, occorre
16 Perciò nelle iscrizioni onorarie ellenistiche 14). Cfr. anche EÒ<7Éf3mx. come traduzione di
per lo più è aggiunto un xciÀwc; xa.t ip~À.o-.l- . 'dhamma' (sanscrito dharma), «dottrina bud-
µwç e simili; DITT., Syll. 3 II 599, n. 14 (216/ distica della salvezza» (propriamente 'legge')
215 a.C., Delfi): -ràç... INITlw; [lNaE -ràc; 1ta- nell'iscrizione greca ·di Asoka nel Kandahar :
1'plovç XfXÀ.Wç xa:t q>LÀ.o-.lµwç: il semplice D. SCHLUMBERGllR, U11e bili11gue gréco-ard-
adempimento dei sacrifici tradizionali non è 111ée1111e d'Asoka: Journal Asiatique 246
sufficiente come caratteristica della EÒO'É~Eta. (1958) 2 [RISCH].
Molto significativo è l'inizio dell'iscrizione se-
J7 ~ TERSTWEN :r49-15i.154-157.
polcrale di Antioco di Cornmagene: Èyw m~v­
-rwv à;ya:ilwv oò µ6vov x1'TjO'l.v ~Eaato-.ii1'1)V, 18 diss. 1,27,14: èàv µ'Ì] ~v -.<;> a.ò-.éi> ti -.ò EÒ-
à;).).à. XfXt &:rtOÀO:UO'l.V 1)Sl<r't1}V tivl>p<lmoiç <7E~è~ xat cruµqiÉpov, oò ouva'tfXL <7w~Tiva~ -rò
l:v6µta-a: -rTiv euaÉ~ELa.v {DITT., Or. I 383,n- EUO'ef3Éç.
EÒcre.(H1; xù. A 4 (W. Foerster)

ogni volta procedere, secondo le costu- donante, benefattrice degli uomini.


manze patrie, con purità e mondezza, e
non trasandatamente né con grettezza Dunque per la cultura greca il timore
né con dispendio superiore alle proprie
reverenziale, pieno di stupore, per il
possibilità» (31,5), con ciò dimostra che
per lui la partecipazione al culto è sol- mondo elevato e puro del divino, la sua
tanto un dovere civile tradizionale, non adorazione nel culto e l'osservanza dei
l'elemento essenziale della pietà 19, suoi ordinamenti sono l'essenza vera
Una cosa a cui tiene molto Plutarco è della EÒCTÉ(3ELCX.. Essa non consiste nel-
distinguere la EUCTÉ.~rnx. dalla ÒELO'LÒO.L- l'essere obbligato incondizionatamente
µovla 20 • Il oELCTLoalµwv si aspetta dagli da una forza personale. Perciò la EU(J'É-
dèi ogni male: opfi.ç oÈ ofo. 1tEPL "tWV
~ELa nel mondo greco può essere una
i>Ew'V ot OELCTLoalµovEç cppovoucrw, ȵ-
nÀ:fpc-.ouç, a7tL<T't'OVç, EÙµE'>CX.~6À.ouç, &.pE"tlJ, una virtù come le altre, ad esem-
'>Lµ<JlP1'J't'LXOVç, wµouç, µLXpOÀ.l'.J1tOVç Ù- pio la crwcppocrvvn 21 • È vero che in un
7tOÀ.aµ~aVo\l-.Eç, «vedi come i supersti-
caso è detto; Oo-ot '1'Ò ~Ei:o\I µ"Ì) Èv 'ltapÉp-
ziosi concepiscono gli dèi: li stimano in-
sani, infidi, mutevoli, vendicativi, crude- n> crÉfjoucrL", où'tot xat "t"à. 'ltpòc; &.'Vl)pw-
li, pronti ad offendersi per un'inezia}> 1touç &ptO'-rov 8.v EÌEV, «quanti tributa-
(superst. I I (II nod/e]); invece l'EUCTE- no alla divinità un culto non superficiale
~i)c; sa che gli dèi sono i rca.-.p@~L xa.t
ysvÉ1}À.LoL, i <TW'tijpEç xat µe:LÀ.LXLOL, dai saranno ottimi anche nei rapporti con
quali egli implora ricchezza, benessere, gli uomini» (Luc., pro imaginibus 17),
concordia, pace, guida in buone parole ma ciò non significa che fondamental-
ed opere (4 [II r66d/e]). I filosofi e
mente la pietà sia valutata come la fon-
gli statisti insegnano 'tTJ\I 't'OU t>Eou O'E-
µv6•'I)•a µe:-.oc XP1'JO"'t6"t1]"toç xa.t µe:ya- te di tutte le virtù. Essa va insieme con
À.ocppocrUvTJc; xa.t e:ùµe:ve:la.c; xrx.L x118e:- tutte le altre, perché le singole &.pE'tal
µovla:c;, «la maestà della divinità con- non possono stare l'una accanto all'al-
giunta a bontà, magnanimità, benigni-
tà e sollecitudine» (6 [II 167e]). Qui ri- tra, o addirittura contro l'altra senza un
compare come elemento portante il ti- collegamento o riferimento reciproco.
more reverenziale per qualcosa di nobile In quanto virtù l'e:vcrÉ~ELa può essere
e di grande, che fin da principio fu in-
sito in crÉ.~oµaL (--7 coll. 1444 s.) e ri- lodata, la sua mancanza, la &.crÉ(3rn"L, mo-
compare anche l'autentico sentimento ralmente condannata.
greco, per il quale è proprio dell'eleva-
tezza e grandezza dello i>Ei:o'V l'essere
bontà, libera dalle passioni umane, solo

l9 Talvolta si giunge anche a contrapporre EÙ- 35).


aé~Et<X. e adempimenti cultuali tradizionali: 20 Numa 22 (I 75b); Pericl. 6 (1 154f); Fab.
oct<i> yò.p /lv EÒcre.(ifo-tEpot xat òcrtwupot yi- Max. 4 (r 176b); dr. anche adulai. 12 (n 56e);
vncrl>E, 'tOCTOV't<!> È).,rh-tW\I fo-tm 11ap'ùµ~v Ò superst., passim.
Àt~a\IW'tÒç xat "tà l)uµi6:µ11..-ta xat -tà ct'tt- 21 CIG 1 I 446: -ri'jc; "te. in. ).rie; àpE-tiic; E!vs-
<pa.vwµa-ta., xat Menu eÀ6:"t"touç -l)ucrlaç xat xa xat -tiiç dc; -toùc; DEoùc; EÒctEfMac;, cfr.
<i7t'ÈÀ«-t-tovoc; fo7t6:VT)c; (Dio Chrys., or. 13, Diod~ S. 1,9z,5 ~ n. 12.
EÌJ<TE~i]c; Y.'tÀ.. B 1-2 (W. Foerstcr)

B. NEL GIUDAISMO, NEI LXX, NEGLI Émcr..1)µn (ls. 33,6), µLcro1tovnpla. (2


PSEUDEPIGRAFI, IN GIUSEPPE E IN Mach. 3,1). Viceversa in Ps. Sai. ed
FILONE Hen. aeth. la contrapposizione più fre-
quente è quella tra &lxa.Lo<; e àµap'tw-
1. Nei LXX (fatta astrazione da 3 e 4 À.oc;. Il gruppo EU<TE~- è relativamente
Mach.) EUCTE(3Ei:v si trova soltanto I vol- raro negli scritti vicini al pensiero ed al
ta in Sus. 63, 4 volte in 4Mach., ma lessico palestinese. Nei traduttori se-
non si trova né in test. XII Patr. né riori dell'A.T. (Aquila, Simmaco, Teo-
in Ps. Sai. né in Hen. aeth.; ricorre in- dozione) il gruppo è totalmente assente,
vece 1 volta in Sib. 3-5: 4,187. EUCTE(31)c; e non casualmente ma come cosciente ri-
si trova 8 volte nei LXX, compreso Ec- fiuto dell'uso linguistico ellenizzante dei
clus, come traduzione di ~addlq, I volta LXX e dell'ellenismo in generale.
come traduzione di niidib e hiisld (Ec-
clus 43,33), 2 volte per fob (Ecclus 12, 2. La Lettera di Aristea è nell'uso lin-
4; 39,27), e altre 10 volte senza testo guistico di sua natura estremamente im-
ebraico; in test. XII Patr. e Ps. Sai. I precisa perché si suppone scritta da un
volta ciascuno (nei secondi contro i pagano ad un altro pagano. Una volta si
codd. come congettura [ r 3,5]) e 4 vol- pone direttamente la questione dell'es-
te in Hen. aeth.: 27,3; 102,4.6; ro3,3; senza dell'EùcrÉ~ELa.: "l "ò 'tfj<; EÙCTE~El­
inoltre 3 volte in ep. Ar., I I volte in 4 w; Ècr"tt xa.'t6:CT't1]µa.;, alla quale si ri-
Mach. e 10 volte in Sib. 3-5. EucrÉ(3ELtt, sponde: ..ò OLltÀ.a.µ~&.vi:w, o-.L miv'ta
come traduzione di jir'at jhwh, compa- &tà. mx.v..òc; ò lkòc; ÉVEPYEL xa.t yLVWO"XEL
re 3 volte nei LXX: Is. n,2 da solo, Is. xa.t oMÈ\J &v ).,&_i)oL èiOLXOV TCOL1)<Ta.c; fi
33,6 e Prov. 1,7 con 7tp6c; [Eic;J "ò" xu- XltXÒV Épya.craµE\10<; (ivÌ}pW1tO<;' W<; yap
ptov [1}E6v], I volta (Ecclus 49,3) è tra- i}EÒ<; EÙEpyEnL "ÒV OÀ.OV xÒcrµov, o\hwc.;
duzione di hesed. Inoltre senza testo e- %('.(.L O"Ù µtµouµE\JO<; <Ì.1tpÒCTX01tO<; . a')
braico 3 voÌte in 3 Mach. e 47 volte in Etnc;, «comprendere che Dio senza posa
4 Mach., 8 volte in ep. Ar., 3 volte in agisce e conosce ogni cosa e che l'uomo
test. XII Patr. e 6 volte in Sib. 3-5. f.ÌJ- non può per nulla nascondersi a lui
crEPEi:v con l'accusativo in 4 Mach. u,5; quando commette un 'ingiustizia o fa del
EÒcrÉPEtlt sta per lo più senz'aggiunta, male. Infatti, come Dio fa del bene al
con EÌ<; 'tÒ\I t)E6v in 4 Mach. 12,14, col mondo intero, cosl anche tu, imitando-
genitivo oggettivo (eucré(3i::ta. i}Eou) in lo, puqi essere irreprensibile» (ep. Ar.
16,14, in ep. Ar. 24,42 con xa.-cà ·miv- 210). Qui non si fa riferimento alla leg-
'tWV e 1tpÒç "ò" 1}i;6v. Come concetti op- ge. Perciò non stupisce se al paragrafo
posti a f.ÒcrEP;ic; compaiono nei LXX: 13:r si trova l'accostame~to greco di EÙ-
'lto'\ll}pol (Is. 32,7 s.), &.1lE'tOUV'tE<; (Js. crÉ~ELlt e OLXOCLO<TU\11] (~ col. 1462 ),
24,16), à.crEPac; (Prov. 12,12; 13,19; se EucrÉ~ELlt indica anche la reveren-
Ecci. 3,16), à.µcwmiÀ.ol (Ecclus u,22; za e l'onore che il re pagano tributa al
13,17; 16,13; 33,14; 39,27; Hen. aeth. Dio giudàico (42) e se il re dice che
102,6), &qipwv (Ecclus 27,n). EUCTE(31}c; egli cerca in tutto -.ò xa.À.wc; i::xov 1tp6c;
sta in parallelo a cru\J"l}PWV Èv..oÀ.6:c; in 't"E 'tÒ olxatOV xat "1ÌV Xlt'tà miV..W\J
Ecclus 37,12, a olxatoc; e <Ì.À.1Ji}w6c; in EucrÉ(3Etav, «ciò che risponde alla giusti-
test. L. 16,2; Hen. aeth. 102,4; 103,3. zia e al rispetto di ognuno» (24); EÙCTÉ-
Concetto opposto a EÙcrÉ~ELlt è <Ì.\Joµla. ~EL<X. qui è il comportnmento verso gli
(Prov. 13,u); concetti paralleli sono: uomini, che essa onora. Degna di nota
O"UVEO"L<; (test. R. 6,4), à.À.Tji)ELlt (test. è la formulazione di 229: -.l xa.À.À.wijc;
Iss. 7,5), yvw<nc; (Is. n,2), croqila. xai èl.çt6v tcr·nv; ... EUCTÉ~E~a· xa.t yàp au-
1471 (vn,178) tuo-e~Tic; X'tÀ.. B 2-3 (W. Foerster) (vn,179 ) 1472

'ti}1w.).J,ovli i:lc; Ècr't'L 1tpwi:Euoucra. i:ò quale non v'è differenza tra piccole e
oÈ OUWt.'t'Ò\I a.ùi:'i)c; ÉCT't'W à.y1btl}, «che grandi trasgressioni della legge {5,20 s.).
cosa merita il nome di bello? ... La pie- eùcréSEta. è quindi onorare Dio come il
tà. Essa infatti è una sorta di bellezza solo Dio e adorarlo nell'osservanza della
sovrana, e la sua ·forza è l'amore». sua legge. Le due cose coincidono.

Se il riferimento alla legge non è e- Dagli Oracula Sibyllina c'è poco da


spresso in modo particolare in ep. Ar., ricavare sull'uso linguistico e sul conte-
esso appare predominante in 4 Mach. Il nuto di eÙcrESEi:v ecc. In 4'35 s. abbia-
tema di questo scritto è infatti che a.ÌJ- mo 'tp6rtoc;, dm:f3l'!l e -iji}ect paralleli, in
't'OOÉ0"1to't6c; ÉCT1:L\I 't"WV mx.l1wv ò EÙCTf.- 4,169 s. si parla dell'eò1TE(3l'J}v MXEL\I,
f3iic; À.oyLcrµ6c;, «la ragion religiosa è do- altrove genericamente soltanto dei pii
minatrice assoluta delle passioni» (spes- e degli empi, di EVCTE(3Ei:c;, olxcttOt, m-
so anche: ò ·d)c; f.Ùcref3Elac; À.oyLcrµ6c;). cr-çol, CTO<pol, fiytot, aVOpEç aya.lTol O di
Quanto è detto in 1,15 ss. mostra come UCTE(3EL<;, OUO"CTE(3EL<;, Xc.tXOl, avoµot, a-
vanno unite ragione e legge: À.oytcrµòç Va.yVOt, liotXOt, àì>ɵtcr'tOL. In questi
... fo°'tt\I vouc; µE't"CÌ. 6pl1ov Myou ?tpo.-t- scritti il gruppo EÒCTES- viene riferito
µwv 1:Ò\I crocplac; (3fov • CTOCj)tet. OlJ 't"Ot• quasi esclusivamente al rapporto con
wv É<nl.v yvwcnc; l1dwv xa.ì. &:vì>pwTil- Dio.
vwv 1tpa.yµchwv ..., a.ih'I) oii .-olvuv
Écri:tv ii 'tou v6µou 7ta.toela... ., «ragione 3. Diversamente stanno le cose pres-
è intelletto che con retta considerazione so Flavio Giuseppe. Linguisticamente
presceglie la vita della sapienza; sapien- EÒO'EBE~V è usato con l'accusativo {ogget-
za a sua volta è conoscenza delle cose to: Dio, ant. 10,45; Ap_ 2,r25; vit.
divine ed umane ... ; questa è quindi for- II 3) o con eìc; (ant. 2,152}. Con Evcre-
mazione conseguita mediante la legge». S1ic; e EÙcrÉSeta. molte volte l'oggetto è
Ciò viene discusso praticamente in 1,32 preceduto da 1tp6c; o da Etc;; si trova an-
ss. relativamente a varie leggi: lo evcn.- che il semplice accusativo (ant. 9,236),
f31Jc; ì..oyLcrµ6c; è quello che segue la leg- però è sufficiente anche il solo aggettivo
ge: xa.I. ~xl1pac; b;Lxpa'te~v ò À.oyt11µòc; o sostantivo per indicare il rapporto con
ovva..-m OLCÌ. 't'Ò\I v6µov, «la ragione può Dio 22 • L'indicazione di un oggetto di-
dominare persino l'odio verso i nemici» pende dal fatto che eùcreSTic; definisce
(2,14). Che cosa sia eòcrÉf3eta è insegna- anche il comportamento verso gli uomi-
to dalla legge. -i) mii:ptoc; 111.J.Wv evcrÉ- ni: con EÙCTÉ(3f.ta. 'ltpÒc; <rÉ Mefiboset e-
f3eta. (9,29) o 1i eùcrÉf3rn.t 1}µwv (9,30), sprime la sua lealtà verso David (ant .
il nostro modo di adorare Dio, quasi la 7,269). Erode vuole «trasmettere il suo
nostra religione, si trova in 4 Mach. al- regno a chi è stato più ossequiente ver-
lorché si discute del nutrirsi di carne so di lui» ('ltapc.toouva.L 'tcfJ &taµEl va.v-
suina (5 ,2 ss .) ; essa è 1i btL 'tTI eÙcrESElct ' ' EUO"EpECT'tEp~,
"çt 'ltpòe; ctU'tOV I (.I ' ani. I 6 '
o6~ct, «il nostro concetto di religione», 92) 23• Giuseppe conosce anche la diffe-
che non puo essere invalidato (5,r8); renza tra EÙcrÉf3rni e OLXatocrV\li} (~col.
cos} l'istruzione che la legge impartisce 1462): Jotam era eù1n~'Ì)c; ~~Èv 7tpÒc; -tòv
nell 'eòcréf3Eta. è di onorare (o-ÉSEtV) l'uni- i)e6v, olxatoc; oè "t'èt. 1tpÒç à,vi}p<lmouc;
co Dio (5,24 s.). EÙcrÉf3Eta. è dunque il (ant. 9,236)i4 • Egli usa eùcrefH1c; ed eò-
complesso della religione giudaica, nella créSeta. anche per parlare del comporta-
22 Cfr. ScHLATTl!R, Theol. d. Jdt. 96 s. 24 Inoltre ani. 8,ur.280.300; 12,43, cfr.
1J Cfr. SCHLATTER, Theol. d. Jdt. r69. ScHLATTBR, Theol. d. ]dt. 37.
1473 (vn,179) eùO'efj1)<;; Y.'t'A.. B 3-4 { W. l'oersterJ

mento pio· di pagani, con riferimento a- cite della giustizia, avverse alla pigrizia
gli Ateniesi, a Pitagora, a Serse e a re e :!lla sontuosità» (Ap. 2,291). Resta
come Creso 25 • Per far -distinzione dal fermo naturalmente che la fede nell'uni~
morido greeo egli dice non a torto che co Dio e la sua adorazione anche nel cùl-
Mosè ov µÉpoç cipE"tfj<; É1toi'T)CTE\I "t'Ì}\f f.Ù- to è la componente più nobile della leg-
crÉSwx.v (come i Greci ~ col. 1468), ge. La cura della pietà spetta·· invero a
ètD..à :.a.ti...11c; µÉP'YI "tà.Àla., À.Éyw oÈ tutto il popolo,·· ma sopmttutto ·ài sa-
-.:'Ì}v Oixato<ruvriv -.Tjv crwt'.(ipocruv'l'}v "tTj'.I cerdoti: fAp. 2,_188). -Se ancJie· cosl Giu-
xa.p'tEpla.v "t'Ì}V <twv noÀ.t"tWV 1tpÒc; &.À.- seppe si discosta dall'idea greca; nel
À.-/iÀ.ouç . È\I · &.mx.crt cruµq>wvla.v • a:rw.~ senso che questa fa della pietà · una
crat yàp a.l npoc~Et<; xat oLa"tptScxL xa.~ parte della virtù e~ col. !468), men-
).6y-o t nocvnç È1tL "t'Ì)\I 1tpÒ<; ~EÒV 1Jµ~V tre la legge ·riduce le virtù a componen-:
EÒcrÉSEta.'i.I civa.cpÉpouow, «non fece · del- ti della .pie.tà (~ col. i473), egli ha
la religione una parte della virtù, bensl però pagato un tributo al pensiero gre-
tutto il resto parte della religione: la co col considerare la pietà anche · una
giustizia, la temperanza, la fortezza, l'ar- virtù, anzi, ·."come la virtù cardinale:
monia completa dei cittadini tra di loro; .. ~ 7tpÒ<; EÙcrÉSEiav xa.t "t-Y)v &kÀ.nv
infatti per noi le azioni, le occupazioni, ao'X'l'}<TL\I cipE'tij~. «ciò che riguarda la
le parole si riportano futte alla religio- pietà e il rimanente esercizio della vir-
ne» (Ap. 2,qo s.; cfr. 181). Ma poiché tù» (ant. r,6); essa viene premiata (ant.
la EùcréSEta.-è tramandata nelle leggi (Ap. 20,48). Dipende dall'influsso greco se
1 ,60: noi consideriamo "tÒ q>UÀ.OC"t"tEt\I egli non ·parla di qi6~oç 1'Eov 27 •
•oÙç v6µouç xat "t'i)V XU"t<Ì "tOU"tOU<; 'JtOC-
paoeooµÉV'r)\I eùcrÉSEtav ~pyov &.va:yxoct- 4. In Filone il gruppo EÙCTES- compa-
6...a.-.ov 7tctV"tÒ<; "toii Slou, «l'osservanza re circa 200 volte, il gruppo àcrE~- circa
dellè leggi e della pietà tramandata in 150 volte. Più precise determinazioni
conformità di essa quale esigenza fonda- con 1tp6ç, dç ecc. si trovano solo di ra-
mentale di tutta la vita»), si può par- do, quando l'oggetto non è Dio, ma
lare anche di EùcrlSELai. al plurale 26, e la l'imperatore romano (leg. Gai. 279 s.
pietà può disperdersi in una serie di atti 335; Flacc. ro3) o i genitori (decal:
prescritti -dalla legge. I sacerdoti prigio- 120), oppure se il contesto esige una
nieri a ·Roma si nutrivano solo di noci maggiore esattezza 28 • Ciò mostra che
e .fichi e in tal modo oòx È1tEÀ.oci}o'll-co per Filone in EVCTl'.S- e àcrES- prèdomina
Tijç El<; 't'è 1Mov EÙ<TESEla.ç, «non si di- sempre il contenuto religioso. Natural-
menticarono ·d ei loro doveri verso la di- mente quando i termini si riferiscono
vinità» (vit. r4); infatti le leggi ~wpoc­ all'imperatore o ai genitori, il loro si-
l>nO'a.\I oi.' a.v-vwv oùx IÌO'É~ELOC\I µiv, EU- gnificato è quello di onorare (non 'ado-
créSELCt.\I o' aÀ.'Tji}EO'-.OC't'l'}V OLOOCcrXO'll'tEC, ... rare'). Il contenuto prevalentemente re-
àoLxlaç ÈX1)pol, &xaLOCTU\11}<; bttµEÀE~<;. ligioso di questi concetti appare chiaro
àpyla.\I xa.t 'ltOÀ.U'tÉÀ.EL<X.\I È~opl~O\l"tE<;, nel fatto che per Filone EÒO'i~E~OC si-
«mostrano da se stesse che non insegna- gnifica il comportamento verso Dio, a
no l'empietà, ma la più genuina pietà ... -differenza di quello verso se stessi o ver-
che sono nemiche dell'ingiustizia, solle- so il prossimo. Egli giustappone <pp6vn-

is 11111. xr,120; Ap. 1,162; 2,130 s. v Cfr. ScHLATTBR, Theol. d. Jdt. 15J.
2
~ a11t. 18,127: oVBÈv wq>eÀ.E~ TCÀ.ijl>oç... Slxa.
'\"WV 'ltpl>ç -rl> l>e~O\I EÒOl:~ELWV, dr. SCHLATTER, 2Jì mut. 11om. 226: se tu trascuri padre e ma-
Theol. d. ]dt. 96 s. dre, CtO'É~EL xa.t dç 't6 DEi:ov.
147' (VII,179) e.uaE~fiç X't).... B 4 ( \Y/. Foerster) (vJI,180) 1476

<ne;, xap't'Epla. o <TLùq>pO<Tuvl), otxa.tocru- pure àcrEPÉc;. -.ò yocp é'.vExa i>Eov µ.O\lov
'lllJ ed EÙCTÉ~Etet come yjrtù, e fra esse 7t(X'\l't'CX. rcp<i't'-.EW EÙ<rEPÉc;, «la religiosità
<pp6vl)<TL<; è la riflessione razionale da cui consiste nel far tutto per amore di Dio»
dipende il comportamento 29• La EÙ<T~­ (leg. all. 3,209). I comandamenti della
f3Etet è la 1)yEµovtc; 't'WV àpE:'t"W\I 30, e, legge guidano alla EÙ<TÉ~ELa., 11 'ltpòc; -rò
corrispondentemente, la ò:<rlf3Et.a. è 't'Ò à.ya..1tfiv t] 'ltpòc; 't'Ò q>opEt:~a.t -tòv ov-
µÉyt<r't'ov xax6v (congr. 160). EU<TEa- e "ra., «in rapporto sia all'amore sia al ti-
ME~- si riferiscono tanto al pensiero more dell'Essere» (Deus imm. 69). Nel-
quanto all'azione. Chi si compenetra del- la forma esteriore EÙCTÉPEta. è ·una i>Eou
le idee contenute nel racconto della crea- i>Epa'ltELa.., e cosi Filone accoglie una de-
zione del mondo µaxaplav xaì EÙÒal- finizione pagana (-')o coll. 1463 ss.). Ma
µova ~wtiv ~LWCTE't'etL o6yµa<TL'\I EU<TE~EL­ egli si distacca dall'opinione diffusa
ac; XetL Ò<TLO't'l)'t'O<; xa.pa.xiMc;, «vivrà nel paganesimo che si potessero offrire
una vita beata e serena, portando iip- a Dio doni sensibili: noi possiamo offri-
presse le convinzioni della religiosità e re a Dio soltanto la cpLloofoTCo't'oc; yvw-
santità» (op. mund. 172). Che il mondo µl] (det. pot. ins. 56). Naturalmente l'a-
è eterno è stato detto, «non certo pia- dempimento della legge secondo la let-
mente e santamente» (µ1) 'lto't''EU<TE~Wc; tera rientra, secondo Filone, nell'ambi-
xa.t ò<rlwc;), da Aristotele, il quale ha to della EÙ<rÉPEta. (ebr. 18 ), anzi perfino
cosi introdotto Wla «tremenda empietà» LEpoupyla.t yE µ1]v xaL 'Ì] 1tept 't'àç itv-
(ow.il] a~E6-.l)c;, aet. mund. 10). È M-f.- <rlac; àyt<r-.Ela PÀ.aa-.l)µa. xaÀ.À.LO"'t'OV,
~ELa pensare Dio in modo antropomor- «il culto e la purità dei sacrifici (pagani)
fico 31 • Soprattutto è un ò6yµa xa:ta- sono un bellissimo prodotto»; ma ciò
<TXEVaO''t'txòv EÙCTE~Elcxc;, «principio co- comporta il sorgere d'un male, Ja OELO'L-
stitutivo di religiosità», che Dio è inizio OaLµovla., cioè l'opinione che -rò PouD"u-
e fine di tutte le cose (plant. 77; dr. 't"t~v EÙ<rÉPEta.v Elva.t, cioè che l'offrire
Ios. 246), mentre ò ÀÉywv \love;, O't'L sacrifici sia _un atto religioso col quale si
tyw <pv't'evcrw <Ì<TE(3E~, «l'intelligenza che possa riparare un'ingiustizia (plani.
dice; io pianterò (il bene), commette 107).
un'empietà» (leg. ali. 1,49). L'à.O'E~l)c;
crede che il 'ilouc; sia a.1hoxpti-twp (con/. In tal modo Filone con la sua idea di
ling. 325; cfr. sacr. A. C. 71; poster. C. EÙ<TÉ~rnx. si mantiene nella sfera greca,
35.42), perciò coloro i quali «hanno col- a parte le modificazioni che comporta il
locato il destino e la necessità al posto suo legame con l'A.T. e la legge. L'in-
di Dio, hanno riempito la vita umana di flusso greco (-')o coll. 1467 s.) appare
molta empietà» (Elpµa.µi\l'r)'ll 't'E xa.t ò:.- anche nella sua concezione che la Eu-
\layxl)\I i>Eo7tla.<T-.1)<Ta.v-tEc; àcr&{kla.; <TÉ~Eta stia in mezzo tra 1a OE~O"LOttLµo­
7toÀÀ.iic; xa't'É1tÀ.l)O'et.\I 't'Ò\I &.v~pwmvov vloc e la à<ré~Eta. (Deus imm. 163 s.). Se
Plov, migr. Abr. r79 ). Addirittura pen- in questo caso non parla come Plutar-
sare che Dio copra l'ingiustizia è ÀéyEt.'11 co (-')o col!. 1490 s.) di &l>Eo-r'l']c; ma di
xa.t ÈwoEi:O'lJaL à.O'ePfo't'a.-.o\I (spec. leg., <Ì<TÉ~ELa, ciò dipende dal fatto che per
2,n) . Esattamente come il pensare, co- Filone la giusta o la falsa idea di Dio e
si anche l'agire può essere EÒ<TE~Éc; op- l'atteggiamento morale vanno stretta-
29 cher. 96; det. pot. ins. 73. Alla fine di un ... apE'tW\I li'EvaÉ~na, cfr. praem. poen. 53;
lungo elenco di vizi in senso negativo acré- spec. leg. 4,147; Abr. 60 ecc.
~eia, &.Sixla e axo)...aala (sacr. A.C.. 22). 31 sacr. A .C. 95; conf. ling. 134; leg. .ali. 143;
JO spec. leg. 4,135; deeal. 52 : apxi)... &.plcr't"l'} dr. det. pot. ins. 122.
1477 (VII ,180) EUvtPTic; Y.'TÀ. B 4-e I (W. Foerstcr) (vn,181) 1478

mente congiunti. Chi non si volge al gli Ateniesi: o &.yvoovv·nc; e:ÙO'E(3d-re:


mondo del non sensibile, dello spiritua- (Act. 17,23), questo verbo si adatta be-
le, del vero essere, deve, secondo Filo-
ne, darsi al mondo sensibile, cioè al ma- ne all'indeterminatezza con cui all'inizio
le. cX.il'Eo-r'f)c;, &<rÉf3ELCL e à.otxia.. per lui si parla della religiosità degli Ateniesi 32 •
vanno congiunte nel modo più stretto. Dunque il riserbo nei confronti del
Ma è autenticamente greco ciò che Fi- gruppo EÙCTE~- nel N.T. è addirittura an-
lone dice; 'YE\l\llJCTEL yàp 1i µèv 7tpoCTDE-
CTLc; OELCTLOttLµoviav J 1i o'CÌ.<pcxlpECTLc; &.<rÉ- cora maggiore che nell'A.T. (~ coll.
fjELctV, cioè che se si aggiunge qualcosa 1469 s.). Ciò dipende anche dal fatto
alla religiosità si ha la superstizione, se che in ebraico e nella lingua materna
se ne toglie si ha l'empietà (spec. leg.
4,147 ). La limitazione all'aspetto reli- della maggior parte degli uomini del N.
gioso è in Filone l'eredità veterotesta- T. non esisteva un equivalente linguisti-
mentaria. co diretto di questi concetti greci. Ciò
appare ad esempio in un'esptessione di
C. NEL NUOVO TES'l'AMENTO
Eph. 5,33: +, oÈ yuvTi ~va <po(3fj't'CXL -ròv
EUO"E(3iJc;, sempre senza specificazione, èivopa, «e la moglie tema il marito»,
si trova in Act. ro,2.7; 2 Petr. 2,9, e nel-
le Lettere Pastorali 2 volte come avver- che un vero greco non avrebbe mai usa-
bio: EVCTE(3wc;. II vocabolo EÒO"É(3Ha, an- to. L'assenza di EÙcre:l3- nei· vangeli e nel-
ch'esso senza indicazione di un oggetto, le lettere {più antiche) di Paolo è dovu-
sta in Act. 3,r2 e I l volte nelle Lettere
Pastorali più 3 volte in 2 Petr.; ma non ta anche ad altri motivi che non quello
ricorre nei sinottici, in Paolo e Giovan- puramente linguistico. In EÙO"Efj- non è
ni. e:ÒO"E(3Éw con l'accusativo si trova sol- implicita una norma assoluta. È vero
tanto in Act. 17,23 e r Tim. 5>4-
che per :Socrate la voce della ragione e
I. A parte le Lettere Pastorali e la della legge ha una forza incondizionata-
2• di Pietro, e:ÙcrE(3- nel N.T. non com- mente obbligante, e che Senofonte ha
pare mai come espressione di atteggia- definito il comportamento di lui come
mento di fede e di vita cristiana: in Act, quello di un Evcre:(3-/ic; (-7col. 1462); ma
3,12 Pietro nega esplicitamente di aver nella parola per se stessa non c'è l'in-
guarito il paralitico Uìlrt- ouvaµn il EU- condizionalità dell'obbligo. Ciò che e:ù-
ue:f3Elt'l-; in Act. ro,21 Cornelio è chia- CTE(3EiV richiama alla mente non è un'en-
mato e:ùcre:f31}c; xrxi <pof3ovµi;voc; '"tÒV i}e:6v tità personale ma un solenne ordinamen-
(-7 coll. · 339 ss.) ed uno dei suoi sol- to, non
è ò i}e:6c; ma "ò 1>Eiov. Ciò rende
dati è detto .e:ucrE(31}c;; e quando nel di- questo gruppo di vocaboli poco adatto
scorso dell'Areopago Paolo annuncia a- per l'Antico ed il Nuovo Testamento. Si

32 K. BoRNHAUSER, Studien :r:ur Apostclge- idoli, ma soltanto per il culto reso al Dio
schichte (1934) 143 pensa che l'altare del dio vero. Il Bornhiiuser trascura che EUO"E~EL\I vie-
ignoto fosse un altare a Jahvé; infatti l'tUCTE· ne usato soltanto nelle Pastorali e qui soltan-
~EL'rE di Act. 17,23, che si riferisce ad esso, to in determinati contesti. (~ qui sopra).
non è mai usato da Paolo per il culto degli
l479 (VII,l8I) EUGEp-/jç X't'À. e 1-2 (W. Foerster) (vn,182) 1480

aggiunga che 1'VCTE~ pone l'accento sul detto che l'EÒCTÉ~Eta- ha una promessa
comportamento dell'uomo, che valuta per questa 'vita e per quella futura,
moralmente come virtù(~ col. 1468). s'intende padare di _un etfetto positivo
Con il moralismo anche -il concetto di cli questa condotta di vita. Analogamen-
EÒCTÉ~Et:t.t scompare dal N.T.: Paolo non te in I Tim. 6~n Timoteo: viene esorta-
parla -di- EUCTE~Etc;, ma di a:yt.Ot, cli EX- to a cercare l'EÙO'É~-L~,_ c~e _q ui sta dopo
AEX'tOL, e al posto dell'EÒO"ÉPEL(l per lui otxcxtoir\i\l'r} e prima di rcla''.tL<;,_tiy<btT),
stanno -la 7tt<T'tt<; e J!àya'lt'r], doè con- V1toµov1) e 7tpai.im~.i}ELa. Se poi in 2
cetti che rettamente intesi non si pos- Tim. 2,22 ritorna un'elencazfone simile,
sono qualificare moralmente come virtù. nella quale manca l'Eua"É~wx., ciò dimo-
stra che essa non è un imprescindibile
2. EU<TE~EtlX. nelle Lettere Pastorali si- concetto centrale delle Lettere Pastora-
gnifica un determinato modo cli compor- li. Il genere di condotta determinato
tarsi nella vita. EÙ<TEPl}ç s'incontra solo dalla EÒCTÉ~eta distingue la 'dottrina' de-
come avverbio (EÒO"E~wç) in 2 Tim. 3, gli eretici dalla «sana dottrin.'a» (~ u,
12; 1tOC\l'tE<; OÈ ol 1>ÉÀO'll't'Ec; siiv EV<TE[JWc; coll. n63 s.). Perciò_ si _può parlare
Èv Xpw'tw 'lT)O"ou Otwxih'Juov-taL, «tut- di una «dottrina conforme . alla pietà»
ti coloro che vogliono vivere piamente (r Tim. 6,3), di una conoscenza della ve-
saranno perseguitati», e in Tit. 2,12: la rità secondo l'EÙCTÉ~mx. (Tit. I,1~; lana-
grazia ci ammaestra ... tva ... 11c.rxpp6'Vwc; tura di questa condotta è definita 'sana'
xaL OLxrxlwc; xat EÒO"E~ ~ii<rwiuv, «a in opposizione alla dottrina 'malata' de-
vivere con temperanza, giustizia e pie- gli avversari (I Tim. 6,3). Anch'essi
tà». In questo passo gli avverbi si rife- hanno quakosa che somiglia alla EÙC1É-
riscono in modo autenticamente greco ~Eta., una µ6pq><.ol01.ç EÒO'E~lcxc;, ma ne-
(~ coll. 1461 s.) al comportamento gano la sua forza, vale a dire il suo ef-
dell'uomo verso di sé, verso il prossi- fetto sulla condotta di vita (2 Tim. 3,5).
mo e verso Dio. Cosl pure si riferisce Essi considerano ciò che .chiamano EÙ<TÉ-
alla condotta di vita I Tim. 2,2: tvcx ... PEta una fonte cli lucro (I Tim. 6,5 s.).
Slov oia:ywiuv h1 1tMn eÙ<TEPtl~ xcxt In questo contesto è ripetuta l'idea di
O'Ell\16'tT)'tL, «affinché viviamo in tutta I Tim. 4,8 che la pietà è un guadagno se
pietà e dignità». Affine è l'esortazione ad si accompagna alla sobrietà. Questo ge-
'esercitarsi' nell'EÒ<TÉPttcx (I Tim. 4,7 ), nere cli condotta indicata come tòaiBna.
ciò che viene contrapposto ad un «eser- è un mistero, a cui allude l'inno in I
cizio corporale», ad una ascesi di carat- Tim. 3,I6: essa affonda le sue radici nel-
tere negativo. Quando poi nel v. 8 è l'evento di Cristo"·

3lQuesta spiegazione è più adeguata all'insie- cepire qui Eòut~Et.a come equivalente di ~l­
me delle Pastorali di quanto non lo sfa con- CT't!.<;=religione.
EV<TE{3i}ç ;t-i;).,., e2 (W. Focrster)

EÙcrÉf3EL~ significa la pietà, cioè un la famiglia. Probabilmente tutto ciò era


comportamento rivolto a Dio. La 'pie- legato all'idea che la risurrezione fosse
tà' delle Lettere Pastorali è qualcosa già avvenuta (2 Tim. 2,18). L'autore
d'altro che nel mondo giudaico e in delle Lettere_ Pastorali nega che questo
quello greco. Quella giudaica è deter- comportamento degli avversari nel suo
minata dalla legge (---') coll. 1471 s.), insieme sia EÙcrÉPt:Lct, giusto onore reso
che invece nelle Lettere Pastorali ha un a Dio, perché per lui Dio è il creatore e
ruolo soltanto per gli avversari (I Tim. il redentore di tutti gli uomini. Ma e-
l,7 ss.; Tit. 1,13 s.). Nelle Pastorali non gli estende il concetto al comportamen-
si può vedere alcun legame della r;.ÙcrÉ- to totale degli uomini (Év 1taCTTJ EÙcrt:-
f3m~ con 1a legge. Cosl pure essa non PEl~, I Tim. 2,2 = «in ogni genere di
consiste in atti cultuali di alcun genere, comportamento reverente» 34 ) e intende
come nel mondo greco (~ coll. 1463 con ciò anche il rispetto degli ordina-
s.), neppure in quelli dell'azione litur- menti ·posti in essere dal Creatore, che
gica della comunità. Essa non è neanche gli eretici disprezzano. Dunque nelle
un'idea speciale, retta, adeguata, della Pastorali t:ÙcrÉPELct non sta in luogo del-
divinità, quantunque venga respinta l'a- la 'IttCT't'L<; delle lettere anteriori di Pao-
scesi con un richiamo a Dio creatore. lo, ma significa un determinato tipo
Neppure è una virtù, quantunque la si di condotta di vita: l'onore reso a Dio,
persegua come un ideale, la si possa 'e- creatore e redentore di tutti gli uomini,
sercitare' (~ col. 1479). Essa non - è proveniente dalla 'ItLCT't'L<;, che si compie
un ideale ma un genere di condotta di nella vita quotidiana; esso è il servizio
vita, che può dettare la norma per la di Dio che si mantiene all'interno degli
dottrina. Senza definizione è chiaro ciò ordinamenti della vita. Ma questi non
che è dottrina 'sana', conforme alla pie- vengono assunti come assoluti di per sé.
tà. Nell'uso frequente di EÙcr~f3wx. ecc. Ciò diventa chiaro quando si afferma
nelle Pastorali si compie la separazione che coloro che vogliono vivere t:ÙcrEf3wç
da un movimento fanatico gnosticizzan- in Cristo Gesù saranno perseguitati (2
te delle comunità. Esso predicava un'a- Tim. 3,12).
scesi, dunque considerava la creazione u- ~'uso di tale concetto tipicamente
na cosa maligna o cattiva. In questo con- greco di EÙa-~PELct in questo contesto di
testo esso arrivava al disprezzo di tutti dottrine antiche dipende anche dal fatto
gli ordinamenti e disposizioni di questo che l'autore tiene sempre davanti agli
mondo, al rifiuto dell'autorità, all'eman- occhi l'impressione della condotta dei
cipazione delle donne e al disprezzo del- cristiani su coloro che sono «al di fuo-

34 Cfr. PREUSCHl!N'BAUER5, s.v.; DIBELIUS, Past., ad I.


EÙO"t~-f}ç X't'À.. C 2-3 (W. Foerster)

ri» 35• Mentre gli avversari, o comunque tro. La situazione generale degli eretici,
gran parte di essi, rinunciano a far im- in confronto a quella delle Pastorali, è
pressione sui non cristiani, l'autore con- mutata in quanto all'ascesi è subentrato
fida che una vita condotta Èv EÙO'Ej3Elq. un libertinismo. L'elenco delle virtù in
faccia sl che coloro che sono 'fuori' non r,6 s. sembra poco rigoroso 33 • Si potreb-
possano esimersi dal giudicare di tro- be tentare di intenderlo nella linea di
varsi di fronte alla pietà, che è un ono- quanto è detto a proposito delle Pasto-
re e un servizio reso a Dio. Con l'e- rali, nel senso che alla Èyxp<i't'ELc:t segue
spressione 'borghese' EU<n~i3Eta avviene la Ù7toµov1) come attesa della parusia,
la stessa cosa che si riscontra nello stra- poi la EÙuéf3Eux. come un mantenersi en-
ordinariamente indeterminato ri:yal}o- tro gli ordinamenti, e poi l'amore, che
7tOtE~v /&:ycd)o7totta della I Petr. (~ r, anche in contesti simili nelle Pastorali
col. 48), a cui l'autore della Lettera at- ha un suo ruolo. Ma questa spiegazione
tribuisce una forza altrettanto attraente rimane incerta. Negli altri passi EÙO'É-
quanto respingente, dunque una forza j3Eta è semplicementre contrapposta a
dirimente 36. In questo senso la EÙO'Éj3Eta una condotta empia: al salvataggio di
«giova a tutto» ed ha una promessa per Lot dalla -.wv à~foµwv Év &.ad. .yElq:
questa vita e per quella futura (I Tim. 4, O:vwr-.poq>1J (2,7) con i suoi flvoµa t'.pyci
8), e in questo senso essa è un grande (2,8) segue: OLOEV xupwc; EÙO'Ej3Ei:ç ÈX
7tOpt0'µ6ç (I Tim . 6,6), senza che con ciò 7tEtpa<rµov r)imrl>at (2,9); ed il plurale
sia garantita l'esclusione di persecuzio- EUO'É~Etctt in 3,11 (accanto al plurale
ni. Nello stesso tempo si fa sentire in EÙ- ayia.i &:vau-.pocpal) indica che la EUO'É-
O'Éj3na. un poco dell'antico significato di i3E~tx. (a differenza delle Pastorali) si può
questa parola, del timore reverenziale presentare come la somma di singole a-
verso gli dèi e verso gli ordinamenti zioni pie; gli atti della pia condotta ven-
protetti da essi (~ coll. 146I s.); solo gono motivati con l'imminente giudizio.
che ora la reverenza per gli ordinamenti In I,3 -.ci 7tciv-ça Tjµi:v -çfjç l}Elac; ouvoc-
si fonda sulla volontà del Creatore, che µEwc; aÙ'tOU -rà 7tp6c; SWIÌV XctL EÙIJ'É-
è anche <TWTÌ)p 'ltaV"CW\I avi:>pW1tWV (I ~EtaV OEOWpl]µÉv'J}c; (comunque s'inten-
Tim. 4,rn) 37• da nei particolari [~II, col. I537]),
con tùul~Ettx. si pou:ebbe voler dire ge-
3. Il gruppo EUO'Efi- s'incontra ancora nericamente una vita pia, cioè moral-
in quattro passi della 2a Lettera di Pie- mente buona.

35 I Tim. 3,7; 6,1; Tit. 2,5.8.10; anche l'avÉy- dem I Pt, in Verbum Dei ma11et in aetern11m,
xÀ.1]-toç di I Tim. 3,10; Tit. 1,6 s. è orientato Festgabe fiir O . Schmitz (I953) 10-25.
allo stesso modo. 37 Cfr. ScHLATTBR, Past., ad l. (122).
36 Cfr. W. BRANDT, \17andel als Ze11gnis 1111ch 38 WINDISCH, Kath. Br., ad l.
EVO"E~'fiç xù. Dr - cicn:~'fiç x'tÀ. A r (\V/. Foerster)

D. NEI PADRI APOSTOLICI la e:ÙcrÉ(3ELa. e la bontà di Dio. Nono-


stante la scarsa documentazione, si può
Nei Padri apostolici EUO'EBÉw manca vedere che il significato di EVO"É(3ELa si
del tutto; EÒcrÉPEi.a ed EÙO"t:Biic; si trova- va evolvendo fino ad esprimere in gene-
no solo in I e 2 Clem. rale la pietà, quasi la religione.
I. In I Clem., nella descrizione del-
3. Questo è chiaramente il caso di
l'antico stato glorioso della comunità ì1EocrÉ[3ELa (e dei suoi derivati), che nel
dei Corinzi, EÙcrÉBrni si trova dopo 7tl- N.T. si trova solo in r Tim. 2,ro. r
cr·nc; e prima di q>LÀ.oçEvla e yvwO"tc; (1, Clem. ha solo ì1EocrÉ(3ELa nella citazione
2). In tal modo si vuole descrivere il di I7,3. In 2 Clem. 20,4 è contrapposta
comportamento della comunità com~ al «fare affari con la fede»; mart. Polyc.
pio, a Dio piacente. Tutta la lettera e 3,2 parla del ìJe:oq>LÀÈç xa.t -lkocrE[3èc;
scritta per coloro i quali vogliono EVUE· yÉvci; -r:wv XptO"'t"La.vwv. Ma per Diogn.
Bwc; xat oi.xalwc; OLEVWVELV, ciò che è i}EocrÉ[3ELa è semplicemente religione:
parallelo a lvapE-çoc; Piòc;, «vita virtuo- tu vuoi -ri)v ì1Eocrf:[3e:tav -r:wv XpLo..na-
sa» di 62 I. In 15,1 µE-ç'EVO"I0'.(3Elac; El- vwv µalMv (r,I), cioè vuoi apprendere
' ) ~'( ,
plJVEUELV contrapposto a µEu V'ltOXpL- non il pio compmtamento ma la reli-
crEwc; è volere la pace; così pure la EÙ- gione dei cristiani; similmente in 6,4:
O"EB'Ìlc; 1tE7torn1JcrLc; in 2,3 è contrapposta IÌ.opa.-oç OÈ aÙ-r:W\I 1} ìJEocrÉ~ELCJ. µÉVEL,
implicitamente .a una fiducia non pura. <da religione dei cristiani è invisibile»
Quindi EÙcrÉBrn:r. e EÙcrE(3i)c; definiscono (dr. 4 ,6) . In 3,1 si asserisce che i cri-
tutta la condotta di vita cristiana rivol- stiani µ'Ì") xa-tà .-&. aÙ-çà 'Iou&a.loLc; ìJEo-
ta a Dio. Perciò come azione la EucrÉBEi.a o-e:[3e:iv, «hanno una religione diversa da
accanto alla O"UVECTL<; e alle opere in 32 A quella dei Giudei», e la domanda rivol-
appare insufficiente per la giustificazio- ta a pagani e Giudei è se il loro agire è
ne. In 1 r,r è detto che Lot fu salvato 1>e:ocrÉ(3ELa oppure µwpla o &.q>poiruvlJ
otà q>LÀ.oçEvlav xat EUO"EBEV.lV. In ciò (3,3; 4,5).
che segue questo viene associato alla
speranza in Dio, per cui EUO"ÉPEt~ è
attiva fiducia in Dio. Nella preghiera
per le autorità si supplica che esse :ser-
citino il loro potere in pace e 7tpav-tl)c; A. NEL MONDO GRECO
EUtrEBwc; (61,2). Ricorda una formula
pagana 50,3 dicendo che da Ada1!1o ~n r. Uso linguistico, ambito di signifi-
poi i perfetti nell'amore occupano il xw· cato e di contenuto di questo gruppo di
poc; Evo-e:[3w\I 39 • vocaboli corrono in complesso parallela-
mente ad Eucre:P-. Sul piano linguistico,
2. In 2 Clem. ò EÙrn[3l]c; è designazio- in particolare negli scritti più antichi,
ne generica del cristiano (19,4). In 20, viene aggiunta un'indicazione dell'og-
4 -rò EÙcrEBÉç si trova in contrapposizio- getto con e:ic;, m:pl, 7tp6c; o con l'accusa-
ne al xEpoa.ÀÉov (il guadagno). In 19,1 tivo 1• Con ciò si dimostra, come nell'u-
si parla dei giovani che si affaticano per so di e:urrE[3-, che gli oggetti dell'ào-EBEt\I
39 Cfr. Diod. S. 1,96,5: 'toùç 'tW\I EVO"E~wv 419 ss.; C. H. Dono, The Bible and the Greeks
ÀEtµWva~ (prati); Callim., epigr. 1o(x~) : Év (1937) 79-81.174 s.
EUO"E~Éwv (xwptp). 1 à.O"E~E~v ~ç 'tÒ\I fit6v (Eur., Ba. 490); iicre-
à.ut~i)ç, à.aÉ~EtCX., Ò:O"E~ÉW ~E~ç 'ltEpt itEotiç (Xenoph,, Cyrop. 8,8,27 ); iiui-
CREMER-KOGEL, 989 s.; ~I, coli. 413 ss.; coll. ~Etct. 1tEpL fieouç (8,8,7 ). Con l'accusativo: A-
Me.~-fic; x'tÀ. A 1-2 (W. Foerster)

possono essere vari, specialmente nei più volte in Plutarco: gli «scudi d'ar-
tempi pii1 antichi. Iµ Plat., resp. ro,615 gento» di Alessandro Magno sono detti
' ~r.1 l
c: Etç '
... !\ \
uEO\Jc; CXCTc;.pE et.e; 'tE XCX.L. EUCTE-
• ME(3E'Gc; xat ih)pLWOELc; (Plut., Eumenes
(3Elcic; xa.t yo~Éw;, «quanto ad empietà 19 [1 595a]) per il loro modo di con-
e pietà verso dèi e genitori»; symp. r88 durre la guerra. Che Perseo avesse fatto
c: 1tii<rrt. yàp &.crÉ(3ELCt. q>LÀ.EL yly'VEO"i>CXL prigionieri degli ambasciatori era stato
... xcx.t 7tEpL yo'VÉ<:t.c; xcxt swv't'cx<; xat 't'E- un Epyov aO"E~~c; xaL OEL\16'11 (Aem. 13
'tEÀ.EV't'l]X6·rcx.c; xcxt 7tEpt 1>Eoùc;, «ogni [r 261d] ). Agesilao avrebbe definito la
forma d'empietà suol nascere ... e nei ri- rottura di un trattato fra popoli amici
guardi di genitori, vivi e morti, e nei à.O"EPÉc;, fra nemici, invece, òlxa.LO'V e
riguardi di dèi». Anche qui sono defini- 'Ì)ou (aprophth. Lac. , Ages. n [n 209
te con &.O"EB- specialmente le azioni con- b]).
tro gli ordinamenti portanti dello sta-
to: Ò'ltOCT!l.L o'f.!;a'ltCX.'tWO'L'V 7tCXpcx.(3cx.lvou- 2. Come con EUO"E(3- (~ coll. 1461
crl 'tE 'tOÙç opxouc; 'tOÙç 'VE'VOµLO"µÉ'VOUç s.) anche con àcrE~- si rileva un uso lin-
xEpowv ouvex'È'ltt (3À.af311, i] '1n1cplaµa- guistico che restringe questo gruppo di
..a xcxt voµov SlJ't'OUCT'cZ\/'tLµEi>L<r'ta\lcxL, vocaboli al comportam ento verso gli dèi
'ta7C6ppl]'ta 'tE 'tOLcrL" ÈXi}potc; 'tOL<; tiµE- e per il comportamento verso le leggi e
'tÉpoLc; À.Éyoucr' ••. , acrE(3oucr'à.otxoucrl 't'c verso il prossimo usa un'altra parola.
'tÌ]V 1t6À.LV, «quante ingannino e trasgre- Xenoph., Cyrop. 8,8,27: q>l]µt yàp IlÉp-
discano i giuramenti rituali per lucro e O"ac;••. xa~' CX.O'EpEO"'tEpovc;
' fl I \ _5\ \
7CEPL vEouc; \
X<X.L
danno ... e rivelino i segreti ai nostri ne- àvoCTLW't'Épovc; 7tEpL cnJyyE\/Et<; xcxt àoL-
mici ..., sono empie e ree verso la città» XW't'Épovc; 7tEpt 't'OÙ<; {f>.À.ouc; xai a'VU.\1-
(Aristoph., Thesm. 356-367). Abbando- 0pO'tÉpOVç 't<Ì. Etc; 'tÒ\I 1t6À.Eµov' «dico
nare al suo destino chi implora prote- infatti che i Persiani sono più empi ver-
zione (Hdt. 1,159), non obbedire alla so gli dèi, più scellerati verso i parenti,
legge (Plat., leg. 9,868d), valutare erro· più ingiusti verso i loro simili, più inu-
neamente cppO'Vt}CTLc;, È1tLO''t'1}µt} e voOc; _mani nella condotta di guerra» 2• È im-
(Plat., Phileb. 28a) significa MEBEtv. portante anche Xenoph., ap. 22: l:w-
Di una casa su cui grava un delitto di xpaTT)c; 'tÒ µèv µ'l)'tE 1tEpt i>Eo~c; àa-EPil-
sangue è detto: o'tav &.<rEf3TJi>i) (Plat., O"aL µ1)'tE 'ltEpt &.vi}pw7touc; liotxoc; cpcx-
leg. 9,877c). Quando Platone vuole di- vljvcxL 7CEpt 'ftCX\l'tÒc; É1tOLE~'tO, «Socrate
mostrare che i miti narrano OELV~ xat teneva in gran conto il non sembrare
&.uEf31j degli eroi, elenca solo atti di empio verso gli dèi e ingiusto verso gli
violenza, e non speciali mancanze contro uomini», e Plat., Prot. 32 3e: xcà ti àot-
gli dèi (resp. 3,391c/d). Quando si dice xta. xcxt ti &a€(3r::La xa.t crvÀ.À.TJBOlJV miv
che Dicearco innalza altari alla àatPE~a 'tÒ Èva.v'tlo'V -.jjc; 'ItOÀ.L'tLxi'jc; àpE't'ijç,
ed alla ·'ltapocvo(..i.lcx (Polyb. l 8,,54,10 ), «l'ingiustizia, l 'empietà e, in breve, tut-
con &.aÉPELa s'intende il disprezzo per to ciò che è contrario alla virtù politi-
quegli dèi che sono custodi dei trattati. ca». Dio Chrys., or.-31,13 fa la seguen-
Quest'uso linguistico si può constatare te distinzione: -.à µèv 'ltEpt -.oùr; l>eoùc;

ristoph., Thesm. 367: licrE~o\icr'!XoLxoiicrl -tE Diod. s. I M,3 : àcrt~EtlX Elç -toùç ilEOU<;, più
-.Tjv 1t6Àw, Plat., leg. 12,941a: 'Epµoii xaL di frequente in Flavio Giuseppe.
ALÒc; à.yyeÀlaç xaL fot-tà~ELc; m~pcì \16µov
àcrE~'l)cràv-rwv. Simili aggiunte si trovano an- 2 Cfr. Xenoph., Cyrop. 8,8,7; hist. Graec. 2,3,
che in epoca neotestamentaria, ad es. in n; oò µ6vov Elcrl ·1tepL avl>pW7tOUç aotXW"C'IX-
Pseud.-Luc., Syr. dea 24: tç ~eòv &:cre(lfov-.tt, :tot, aÀM XC1.L 1tEpl DEoÙ<; cl(TE~Éa'tC1.'tOt.
'°'uef3i'Jç xù. A 2-3 (W. Foerster)

yLyvoµEva. µ1] oEov...wç ME{3'l)µa. ...a. xa.- ferma che gli dèi esistono, che si cura-
ÀEi:'ta.i, 'tà. Ot 1tpÒç à,),J,:1iÀ.ouc; "toi:ç IÌ.V- no delle cose dell'uomo e che sono in-
i}pw7tOLç &:01.x:r)µo:~a., «i falli contro gli corruttibili. In particolare chi nega !'.ul-
dèi non necessariamente son detti ME- tima opinione sarebbe 1triv-.wv -çwv à-
f3Tiµo:,..o:, quelli invece degli uomini tra Ci'E{3wv xrixt.cr-çoc;... xcx.t ù.o-E{3fo-ça,..oc;,
di loro son detti à.oixTiwx•a:». In Plat., «il peggiore· e il più empio di tutti gli
Prot. 323e l'à:crÉ{3ELr.t e l'à:oLxfo. rientra- empi» (leg. rn,907b ). Quando poi la
no nel concetto di 7tfiv 'tÒ Èva:v-.lov -tfjç città-stato perdette tutto il suo valore
1tOÀL'tLx.1)c; &.pE'tfiç. Aristot., de virtuti- portante, questo concetto di ào-É~E~a.
bus et vìtiis 7 (p. 1251 a 30 s.) defini- venne ulteriormente sviluppato. Tutta-
sce l'àcrÉ{3Et.r.t come una specie di ciot.- via dalla fede popolare i filosofi che ne-
xlcx. e precisamente come Ti nEpt i)Eoùç gano l'esistenza degli dèi continuano ad
1tÀ'l'}µµÉÀELCX.. Nei processi aterùesi di &:- essere considerati àcrE{3E~ç (Luc., Tim.
crÉ{3ELr.t il non credere negli dèi in cui 7). Ma Epitteto dice: àcrE~-l}ç oÈ ovx ò
crede la polis è chiamato ètoixEi:v (Plat., 'toùc; ... wv 'Ii.oÀÀwv itEOùc; àva~pwv, ù.À-
ap. 24b). Platone nelle Leggi ha preteso ).; ò -.àc; 'tWV 1tOÀ.Àwv 86!;.a:c; i)Eoi:c; '.1tPO-
di proibire tutti gli atti di culto privati, O'cX1t't'WV, «empio è non colui che elimi-
che debbono cadere sotto la legge di na gli dèi del volgo, ma colui che agli
rXO'E{3Et.Cl. (leg. 7 ,799b; 10,907d • 909d. dèi applica le credenze del volgo» (Diog.
910e). Nella misura in cui l'antica polis L. rn,123). Nella stessa direzione va la
aveva consistenza e forza, l'ètcrÉ{3Et.CX., o dimostrazione di Sext. Emp., Pyrrh.
la mancata adorazione degli dèi cittadi- hyp. 3,u. Per Epitteto, parallelamente
ni, significava trasgressione dell'ordine alla sua concezione di EÙcrÉ{3w>: {~ coli.
della polis. La partecipazione al culto 1466 s.), è Ò:crE{31]ç chi se la prende col
dello stato era EvcrÉ{3Etrx., il rifiuto à:crÉ- destino. Anche colui che disonora le
{3ELrx.. Fino alla :fine dell'era antica, doti e le capacità date da Dio, ad es.
perciò, parte importante dell'EvcrÉ{3Ew. il dono della parola, è Ù.O'E~ljç (diss. 2,
e dell'àcrÉ{3Et.CX. rimane la partecipazione 23,2).
al culto statale o il suo rifiuto. Quan-
do un sacerdote romano a causa di al- 3. Una conseguenza importante dell'e-
tri affari di stato non adempiva i suoi voluzione che s'inizia con la decadenza
doveri cultuali, ciò costituiva (astraen- della polis è la separazione di !Xi}g6-ç1}ç
do completamente dalla sua intenzione) ed <ÌcrÉ{3sLrx.. Per Plutarco nel suo scritto
un ltcrsfMv "tOÙç itEouç (Plut., quaest. de superstitione l'EùcrÉSEta è il giusto
Rom. II3 [II 291c] ). Chi non presta mezzo tra la OEtcrt.orx.tµovloc e l'ài}s6-ç1)c;,
fede ai miti appare a chi li racconta un ma non l'aaÉ~Et.CX. (14 [II 171 s.]). Tut-
Ò:<rE{3Tic; (Luc., Philops. 3). Come, a pro- tavia egli lascia vedere che l'àl1Ech1}c; è
posito dell'EvcrÉ0Et.cx., dal timore reveren- scambiata spesso per Ò:O'É~ELCX. (superst.
ziale degli dèi e degli ordinamenti da IO [n·69e]). Ma non è un caso che egli
essi protetti è derivata la loro adorazio- non parli di aaÉ{3Et.CX.. Per lui l'ài)E6't'l')ç
ne, cosl, nell'ào-É{3Etcx., dalla mancata re- è un'opinione filosofica (a suo avviso
verenza per gli dèi è derivata la trascu- errata), un'insensibilità al bene che vie-
ranza del loro culto. Ma già per Platone ne dagli dèi. Ma essa non rende infelice
(leg. IO) non importa soltanto il pun- l'uomo e (anche se Plutarco non lo dice,
tuale adempimento del culto statale, lo si deve dedurre) non ne fa senz'altro
bensl anche il rifiuto di idee indegne nei un acrE~lJc;. Già Platone avcv'l p:ulilto
. riguardi degli dèi. Perciò egli premette di coloro i quali non credono affatto agli
un'esposizione piuttosto lunga, in cui af- dèi, ma a cui è proprio un giusto '~ilo~
1491 (vn,185) ciO'E~'fiç xù. A 3 - B l (W. Foerster) (VII,186) 1492

di natura, che amano i giusti, e 1i aveva cristiana, non appena fu riconosciuta la


dts:mti da quelli che, oltr'! a non C're- sua diversità dal giudaismo. Che i cristia-
dere agli dèi, si dànno anche ai piaceri
(leg. 10,908b-d). Zenone aveva distinto ni fossero considerati ifi)EoL ( ~ IV, coll.
due specie di lii>Eo~: OL"'t't'ÒV oÈ Elvct.t 468 s.), cioè persone che non partecipa-
-ròv lii)Eov· "t"OV 't'tvav'tlwc; 'tcll i}e:l!f> Àe:- vano ai culti cittadini e statali, era un
y6µEvov xat "t'Ò\I 1U;ovDE\li)Tt.XÒV 'tOU
fatto che essi non potevano cambiare;
1Mov· o7tEp oux Elvai. 1te:pL miv'ta cpav-
À.ov, «l'uno nel senso di contrario alla ma che fossero considerati anche à.cn-
divinità e l'altro di incline al disprezzo BEi:c;, malfattori, fino a un certo punto
della divinità; cosa non del tutto perver- dipendeva da loro. È interesse primario
so» (Diog. L. 7 ,I I 9). ruriBmx. non è allo-
ra un concetto soltanto negativo, ma un delle Lettere Pastorali e della Ia Lettera
concetto assai positivo. Nell'antica polis di Pietro di tenerli lontani dall'èurf.(3i::La
nessuno poteva essere neutrale nei con- e di far sl che si attenessero all'EÙCTÉ$Et.a
fronti del culto statale; se non parteci-
pava al culto infrangeva gli ordinamenti o all'&.ya~or-oLta.. Con quale successo,
della polis. Ora uno può non credere risulta non solo dalla lettera di Plinio a
negli dèi, non partecipare ad alcun culto, Traiano (10,96,8) ma anche dal Marti-
senza porsi al di fuori dell'ordine. Può
rio di Policarpo, dove Policarpo è invi-
essere cx-be:oc; senza essere aO"e:~1}c;. Ciò
può essere chiarito anche da una tratta- tato a lasciare i cristiani con le parole
zione di Muson. 78,8-13, con la quale atpi:: -roùc; àiMouc; 3 • Gli antichi cristiani
egli vuole spiegare che, quando si han- non hanno potuto impedire per flagitia
no figli, bisogna anche allevarli: WIT1te:p
y(J.p ò 7tEpt ~Évovc; ri.01.xoc; dc; 'tÒ\I ;Évi.ov invisos esse (Tac., ann. I5,44), come
à.µap'tave:i. Ala ... , o\hwc; o<TTt.c; e:lc; 'tò dice anche :r Petr. 2,12 alle comunità,
ÈtX.V'tou yÉvoc; &01.xoc;, Etc; -roùc; rca-rfXi>- ma che i pagani xa-raÀa.Àouow uµwv
ovc; à.µap-r&.ve:i. De:ouc;... ò oÉ YE 1tEpt -roùc;
wc; xaX07tOLWV, «sparlino di voi come di
i)e:oùc; à.µap-raVW\I acTE~1)c;, «Come, infat-
ti, quando si tratta di ospiti, colui che è malfattori», non dovrà avvenire per col-
ingiusto verso un ospite offende Zeus, pa dei cristiani (cfr. ~ III, coll. 754 s.) .
. . . cosl anche chi è ingiusto verso la pro-
pria stirpe (esponendo un figlio) offende
gli dèi patrii... e chi offende gli dèi è
B. NEL GIUDAISMO GRECO
<iÒ'E$1}c;>>. Qui WTEB1ic; non è una para-
frasi di 'ItEpt -roùc; i)Eoùc; à.µa.p"t'avwv, ma r. Nei LXX acrE$Éw è 9 volte tradu-
va oltre: definisce il malfattore. Non a- zione di pii'fa', ro volte di riisii', 2 volte
vere alcun rispetto non è dunque sol- di ztU, una volta rispettivamente di
tanto un dato negativo, ma un concetto zimma, miira e 'iiid tebei. à.<TÉ$ELa tra-
veramente attivo. duce 27 volte pela', 10 volte la radice
rJ', XI volte piimàs, 9 volte zimmd (so-
La differenza tra &ikoc; e ào-EB1ic; di- lo Ez. ), 2 volte rispettivamente ~a!{ii't e
venne molto importante per la comunità 2 volte 'iiwon, e una volta tutta una se-

3 mart. Potyc., 9,2; cfr. 12,2: Policarpo, 6 oLlìO:<rxwv µi) ihltw µ'l}oÈ 1tpo<rxvvE~v. Man·
'tWV i)µnÉpW'll itEW'\I xa.ita;~pE-r'l'Jç, 6 1tOÀÀoÙç cano altre accuse.
1493 (VH,186) ii7E~TJ~ :e-.),. B I (\V/. Focrster) (VII,187) 1494

rie di altre parole. &.crE[31)c; è prevalente- sua lealtà verso David dicendo di non
mente (144 volte) traduzione della radi- aver commesso nessuna &.o-éBELCY. e nes-
ce rs', 6 volte di /;Jiinéf, 5 volte della ra- suna &.ihhncnc; (I Ba.a-. 24,12: ma qui
dice /;!'e di k•sU, 3 volte di zur, 2 volte concorre probabilmente il fatto che Saul
di r", una volta ciascuna di diverse altre è l'<mnto del Signore»). Se, ciò non
radici, fra cui piifa', che qui passa in se- ostante, ad &.crE[3T)c; e &.crÉ[3ELet manca una
condo piano perché non ne derivò alcun specificazione, il motivo è che i LXX
aggettivo. Per la parte di Ecclus conser- nel loro uso di questo gruppo di parole
vata in ebraico, àcrE~- è traduzione di ignorano la distinzione greca (~ coll.
rs' (4 volte), di ziidon (3 volte) oltre che 1488 ss.) tra mancanza di timore reve-
di alcune altre radici. àcrEBÉw è costruito renziale verso gli dèi e ingiustizia ver-
solo una volta (2 Beta-. 22,22 ='1J 17 ,22) so gli uomini. Quando si trovano unite
=
con cbt6 ( riifa' m1n), più spesso con dc; &.crÉBEtet e &.otxt'.oc, non vengono indicate
(parlando di Dio, e solo in 2 Mach. 4,17 trasgressioni in due settori diversi, ma
della legge), €vav·n, ?W.'t!i ('toii 'Voµou, abbiamo soltanto una perifrasi per par-
Os. 8,1) oppure con l'accusativo (Soph. lare di una sola azione, conforme al pa-
3,4); àcréf3wx. solo una volta con Elc; raltelismus membrorttm 5 ebraico. Anche
(Abd. ro ), 2 volte col genitivo oggettivo in &.OLxla. è determinante il riferimento
(yfjc;) (Abac. 2,8.17); àcrEBTic; è sempre a Dio 6 •
senza indicazione dell'oggetto. Tuttavia Inoltre per i LXX àcréf3etet non è un
ciò non vuol dire che l'oggetto diret- atteggiamento soggettivo, ma un dato
to di à<nB- sia soltanto Dio. di fatto oggettivo. Caratteristico è Am.
Per prima cosa va rilevato che &.trE[3- I e 2, dove i crimini compiuti per lo piì1
non indica mai un semplice atteggiamen- in guerra dai popoli vicini, l'idolatria e
to, ma sempre un comportamento, un il disprezzo della legge di Giuda e le in-
agire. Perciò &.a-é[3Etet può presentarsi giustizie sociali d'Israele, nelle frasi che
spesso anche al plurale 4: si tratta di de- si succedono e che sono costruite tutte
terminati atti. Ora, se con il verbo àcre- nello stesso modo vengono indicati co-
f3Éw abbastanza spesso non c'è una spe- me ào-Éf3wi.L (al plurale!)(= p•sa'rrn).
cificazione deil'oggetto, ciò colpisce tan- L'idolatria dei ·pagani non viene chia-
to più in quanto il g1uppo di vocaboli mata chéf3etoc in modo specifico. Il da-
&.1nf3- non si riferisce affatto a trasgres- to di fatto oggettivo, a cui allude il
sioni soltanto di genere cultuale o più gruppo &.o-Ef3- nei LXX, è piuttosto l'of-
specialmente religioso. Un falso testi- fesa recata alla volontà di Dio, quale che
monio depone &.a-é[3wi (Deut. 19,16, sia la sfera in cui essa si verifica. Poiché
cfr. 2 5,2), come ME[3T)c; significa il col- la legge regola l'intero comportamento
pevole davanti al tribunale (Ex. 23,7; dell'uomo, tutti gli atti non buoni sono
Deut. 25,r; Is. 5,23) e &.a-e[3Éw vuol di- ètcrÉBEtett. Però un gran numero di altre
re trasgredire disposizioni di legge parole p6ssono esprimere lo stesso dato
(Deut. 17,13, cfr. 25,2). Saul esprime la di fatto. Dan. 9,5: l]µcip'toµev, l}Stxii-

4 1J15,n; 64,4; Prov. 28,3; Os. l2,1; Am. 1 e rallelo a <̵C1.p-t6:'11m1); lob 34,8; r Mach. 9,23
2 (8 volte); 5,12; Mich. 1,13; 3,8; 7,18; Abac. ss.; Prov. 28,4; Mich. 6,7; 7,18; Abd. xo; Ez.
2,8.17; ls. 59,20; Ier. 5,6; Lam. l,5; fa:. 14,6; 2x,29; 33,14.
16,58 18,28.31; 21,29; 23,27.48; J Mach. 6, 6 Soltanto Prov. n,5 si potrebbe spiegare di-
10, versamente: iicrÉ~rni: TC€(lLTClTI~EL aoLxl~, però
S Jer. 3,13: "(\IWi)t "rT)V ldìn,lCl.V O'OV, 0-i:L El<; in quel che segue auÉ~EL<l è sostituita da 7'C1.·
xvpiov ..• i)uÉPriiraç, Ecclt1s 15,20 (ri'..crEP<."Lv pa- p&.voµoi.
&.crt~iJç X"t)•• B x- 2 (\Xl. Foerstcr) (VIl,188) q96

<ra.µ.i::v, 1Jo-E~{iua.µE\I xa.ì. &.7tÉ<r-t1)µEv xa.t


prio per questo a<rE~-, al contrario di EV-
7tc.tpÉ~1)µEv -tàc; Èv-toÀac; uou xc.ti. ..à. O'E~-. è parso ai traduttori dei "LXX
xplµa:t<i <rov 7 ; ed accanto ad &<rEfHic;
stanno parole quali èlµa.p"twÀéc;, &Bt- adatto a definire il criminale ed il cri-
xoc;, aq>pWV, avoµoc;, TCa.pcb1oµoç. ecc. mine. Concorda con ciò il fatto che nel-
Specialmente nei Proverbi la giustappo- l'ambito linguistico greco Ò:O'E~- poteva
sizione, che ritorna sempre nel paralle- designare il delinquente nel senso am-
lismus membrorum, è tra 8lxa.toc; e ME-
~1)c; (più di I/J di tutti i passi con &.<rE- pio della parola (~ col. I49I). Inoltre
~-/iç. sono nei Proverbi, e più della metà è caratteristico che nei LXX &.~Eéi:ric; e
nella letteratura sapienziale). Con ciò si a~EOc; non SÌ trovino affatto 8.
definisce l'indirizzo totale della vita, ma-
nifesto nella somma degli atti, che è ri-
2. Negli pseudepigrafi &.<re~- si incon-
volto a Dio e alla legge o contrario ad
entrambi. Anche se si fa astrazione dal tra relativamente di rado in 4 Mach.,
gran numero di passi con lXO"E~-/iç. nella dove significa la trasgressione della leg-
letteratura sapienziale, nei LXX appa- ge mangiando carne suina (6,19) ed il
re, a differenza dell'evidente riserbo ri- comportamento del re sito contro i mar-
spetto al gruppo EÙcn:~- (~ coll. I442 tiri (9,32; rn,n; 12,u). In Ps. Sa!.
s.), un'altrettanta grande spregiudica- manca tutto il gruppo di vocaboli, che è
tezza nei confronti di àO'E~-. Dato che la presente in Hen. aeth. soltanto 5 volte
lingua ebraica non aveva parole che per (1,9; 5,6.7; I3 2; 22,13) e in ep. Ar. 1

la loro struttura suggerissero una tradu- soltanto in 166 (riferito ai delatori che
zione con l'uno o l'altro gruppo di voca- sono resi impuri dalla macchia della lo-
boli, il motivo del diverso atteggiamen- ro &u€fkt~). Un po' più spesso si trova
to verso il primo e verso il secondo va il gruppo di vocaboli in test. XII Patr.,
ricercato nell'uso linguistico greco. dove aué~Etc.t (test. R. 3,14. I 5; 4,3; test.
Ios. 5,2; 6,9) indica una singola azione
peccaminosa (in test. R. 6,3 abbiamo &.-
Per i traduttori dei LXX (lo vediamo <rÉ~1Jµa.). Altrimenti il gruppo di voca·
nel contrasto con Flavio Giuseppe: -> boli viene usato per parlare dell'aposta-
coli. I472.1474) EÙO'E~- era troppo de- sia dei figli d'Israele nel tempo finale
bole in confronto a cpé~oc; 't'OV ~tou e (test. L. rn,2; I4,I .2; test. N. 4,4; test.
A. 7,5; test. Zab. rn,3). In Sib. 3,5 qual-
troppo soggettivo nel definire il retto che volta si trovano gli empi di fronte
comportamento verso Dio e l'obbedien- agli uomini pii (3,568; 4,167.171; 5,
za alla sua volontà, per poter essere usa- 171, inoltre 8u<rO'E~ljc; in 4 .43 .184).
to più spesso. Ma se manca perfino que- 3. Flavio Giuseppe usa ME~- in mol-
sto debole e soggettivo comportamento ti modi, abbastanza spesso con -r;péc; o
verso Dio, se si deve parlare di &.-<rÉ- Elç. (ant. 6,88; 9,243; n,9I; Ap. 2,I94;
beli. 3,369.379 [OUO'O'É~E~~]; 7,260).
~Eta., allora si ha il completo disprezzo L'oggetto è per lo più Dio, ma più volte
di Dio e della sua volontà. Cosl pro- anche il popolo dei Giudei oppure dei

7 Similmente Bar. 2,12: l)(»Xp-tOµ.E\I, "iJ11t~1}­ ou11ut~Éw o l>ucruEM1ç, ou11crÉ~E~cx: 2 volte in


ucxµEv, Tjo~xi)ucxµE\I, cfr. Is. 59,13. r 'Euop., 7 volte in 2 Mach. e 2 volte in J
B Accanto ad à.crE~Éw ecc. è più raro l'affine Mach.
1497 (Vll,l88) àcTE~-i]ç :r.-tÀ.. B 4 (W. Foerster) (vu,188) 1498

pagani (beli. 2,I84.472.483; 5,443); ùmipXEL, Òtà. 'toÙç ài>fouc;, wv ol µÈv


qualche volta si trova anche il plurale É.veoola<Ta.v É.'!mµq>o"tEpla'a.vnc; nepì. 'tijç
&.crÉf3EtOCL (ant. IOiI04) parallelamente a ùmipçEwc; ocò'tou, ol ÒÈ 'toÀµ11pé'tEpot
1ta.pa.voµla.t. Giuseppe a volte fa distin- xocì. xa-re:ilpacruvav-ro cpciµEvot. µ110'0-
zione, seguendo l'uso-greco, tra &.crÉ~ELtl. Àwc; e:lvat, «anzitutto che il divino esi-
e &.òtxla.: i sicari npocrU1tEpf3aÀ.À.ELV &.À- ste e· sussiste, a motivo -degli atei, dei
)..fi)..ou<; Mv -.E 'tate; 1tpòç -i>EÒ\I &.cre~Eloct<; quali gli uni dubitarono, incerti della
xa.t -.a.te; Et<; "t'oùc; 1tÀ;ncrlov <iotxla.t.c; sua esistenza, gli altri più sfrontati ebbe-
Èq:>tÀ.ow:lx:ri~av, «facevano a gara a su- ro il coraggio di dire che non esiste af-
pera~si vicendevolmente nelle empietà fatto». Già il dubbio che Dio esista è
verso ùio e· nelle ingiustizie verso gli ài>e6n1c; 9 • Ma, d'altro canto, -.ò ,-çoÀl'.J-
uomini» (bell. 7,260); i Sodomiti Etc; 'tE 1h:ov è detto èi.-i}eov (fug. 114), e cosl an-
&.vi>pw'ltouc; -i')<Ta.v ùSpt.<r·mt xoct 1tp9c; "tÒ che l'autodivinizzazione di Caligola è de-
i>Ei:ov à:crEf3Ei:ç, «oltracotanti verso gli finita ài}Ew-ra't'Y) (leg. Gai. 77 ). General-
uomini èd empi verso la divinità» (ant. mente Filone in molti passi usa indiffe-
l,194). Questa differenza appare anche rentemente èii>Eoc; e àa'Ef31)c; (conf. ling.
in Ap. 2,194 quando si dice che chi non 114; det. pot. ins. xo3 ecc.). L'idea che
osserva il verdetto del sommo sacerdote Dio vada soggetto a pentimento è un'à:-
ÙcpÉçEL olxriv wc; EL<; 'tÒV i>eòv"a.ù-ròv &.- ilEé'tT)<; maggiore degli à.µap-r1}µa'tcr.
CTESwv; «sarà punito- come se avesse della generazione del diluvio (Deus
commesso empietà verso Dio stesso»: imm. 21). La scomparsa terminologica
non la cattiva azione è definita à.<rÉf3Eta. dei confini tra &i>EO't1]c; ed à:CTéf3Et.a di-
ma il rifiuto dell'obbedienza al sommo pende da ciò che, per Filone, negare l'e-
sacerdote. Però Giuseppe non distingue sistenza di Dio e darsi al mondo dei sen-
rigorosamente tra &.crÉf3Et.a. e à:Òtxla, ad si, cioè alla sensualità, sono connessi in-
es. in ani. lo,104: Geremia XEÀ.Euwv a dissolubilmente.
Sedecia -ràc; µÈv èi)..)..ac; &.cref3dac; xat
'ltapaVO(.llac; xa'taÀ.mEL\I, 1t(JO\IOEL'\I &è b) Filone attribuisce un ruolo-guida
'tOU ot.xalou, «comanda a Sedecia di ab- come alla EÒCTÉf3ELa cosl anche all'à:CTÉ-
bandonare ogni altra empietà e illega- f3et.a o all'àl>e6~1)c;: 7'1JY'ÌJ oè: -rcav'tw\•
lità e di vigilare sulla giustizia». Qui con à:&tx'Y)µ&.'tWV àlJEO'tl}c;, «l'ateismo è fon-
olxat.O\I si intende tutto il comporta- te d'ogni delitto» (decal. 91) 10• D'al-
mento, e le &.créf3etcr.~ e le -mx:pocvoµlat. tro canto, però, Filone afferma spes-
sono in parallelo. so che il piacere è l'origine di tutti i
4. In Filone, oltre a quanto s'è già vizi, fra i quali poi annovera anche
detto con EÙcrEf3- (~ coll. I474 ss.), Ia wÉf3e:1.a.: tcrl}L oùv... o'tt yEvoµ€voç
vanno rilevati ancota tre aspetti. (j)LÀTJÒO\IOç 1tav-.'ÉCTE~ 'ta.iha., «Sappi
dunque ... che, una volta divenuto a-
a) à1h:o't1}c; indica talvolta in Filone mante del piacere, sarai tutto quanto se-
la negazione dell'esistenza di Dio, come gue» (sacr. A. C. 32), e Filone fa segui-
in op. mund. 170: dalla creazione del re un elenco di più di cento vizi, fra i
mondo discendono cinque insegnamen- quali tra a'tax'toç e àvlEpoc; compare
ti: -rcpw'tov µÈv o't~ l<r'tt 'tÒ i>Ei:ov xaì. anche IÌcrES1}c;, ma non &-ì)Eoc; 11 • Si può

9 Analogamente migr. Abr. 69, dove Ti aDeoç xcxt 'l'tyEµovtç 'tW\I 7tcxi)wv o6~ct del faraone.
e ii 'ltOÀVih:oç 86~ct sono contrapposte; cfr. li Cfr. anche congr. l6o: l'eccessiva dissolu-
spec. leg. r,32.330.344. tezza porta a -tÒ µlyL<T'tO\I Y.CXXO\I, à.O'É~ELCX\lj
10 Cfr. leg. ali. pJ. dove si parla dcll'al>Eoc; co11f. ling. n4: la X«>:lct diventa à.<Tii~ELct e
1499 (vu,188) cf.O'E~TJc; xù. B 4 . e I (W. Focrster) (vn,189) i500

addirittura dire che per Filone l'immo- ~Elctc; &.7tò 'Ia.xw~ (Is. 59,20), perché
ralità conduce all'irreligiosità; si semina sul plurale àcrl~ELa.~, che poco si adatta
]'ò:&Lxlcx., si raccoglie l'ò:aéBELCX. (con/. al contesto, non cade alcun accento spe-
ling. 152). ciale: le àcrÉ(3ELaL sono parallele alle
ètp.Ct.p-.lcx.L del versetto che segue.
c) Se in leg. alt. 3,9 l'&.aEP'l)c;, che fug-
ge da Dio, viene contrapposto al olxaL- x. Più importante è Rom. :r,18: à1to-
oc;, che rimane al cospetto di Dio, se ne xa.M7t-.E.-CCX.L yà.p Òpyl) 'Ì}E.OU àn'oùpCt.VOV
può dedurre che per Filone Ò:O'É(3ELCX. e
btt rtMa.'11 a<rÉ~ELCX.'11 xu.t rÌ.OLxla.\I lÌ.\l-
&.&Lxla. non sono chiaramente e rigoro-
samente distinte. Quando in con/. ling. itpW7tWV (~ r, coll. 419 s.). È diffu-
l l 7 egli elenca i vari EÌ:O"t] dell'unica sa l'idea che Paolo intenda parlare dei
xcx.xlcx., pone l'una accanto all'altra ogni peccati contro la prima e di quelli con-
volta due componenti, coJlegate con ~­
-.oc, oggettivamente omogenee, fra cui tro la seconda tavola del decalogo, di
µE-.à ncx.pcx.voµtwv àcrÉ{3ELCX.. Per Filone offese a Dio e offese al prossimo 12 • Al-
acrÉBmi e &.&txla si corrispondono più lora sembra ovvia la conclusione (che
strettamente che E.vcrÉPELCX. e ÒLXet.tocrv-
'lll): -.irv oÈ èHìLxov xcx.t lJ.l}Eov IJiuxliv cpu-
tuttavia esegeticamentc non è sostenuta
yaoEuwv &.q>'fo.u't'ou... oLÉO'rtE.tpEv dc; da quel che segue) che qui si intenda
-còv 1joovwv xa.t Èmi>up,i.wv xa.l. &.&Lx"!]· l'irreligiosità e l'immoralità, e che la
µihwv xwpov, «(Dio) bandisce l'anima
prima sia ricondotta alla seconda 13 • Ma
ingiusta ed empia disperdendola nella
regione dei piaceri, delle concupiscenze contro questa spiegazione depone il n6.-
e delle ingiustizie» (congr. 57 ). cra.v, che abbraccia entrambe le espres-
sioni e le unisce strettamente; inoltre la
C. NEL NUOVO TESTAMENTO constataziòne che nel rabbinismo solo di
Il gruppo &.crEB· manca del tutto nei rado si trova la distinzione tra peccati
sinottici, negli Atti, negli scritti giovan- contro Dio e peccati contro gli uomi-
nei (compresa l'Apocalisse), nella Lette-
ni 14 ed in ogni caso non costituisce una
ra di Giacomo e in quella agli Ebrei.
Nelle lettere più antiche di Paolo ne ab- distinzione rabbinica usuale 15; infine,
biamo solo 4 attestazioni, peraltro in che nel seguito entrambe le espressioni
passi non privi di importanza della Let- vengono riassunte in una patola sola:
tera ai Romani. Al riguardo non si deve
partire dalla citazione in Rom. n,26: ò:&Lxta.. La &lx'l), contro cui delinquono
i)~EL... Ò puoµE.Voç, Ù7tOO''tpE\}iEL acrE- gli uomini, è diritto di Dio 16• àO'É~ELCt. e

&.&6't'Y)<;. 1~11.rnlo.ç)) non provano che i due concetti si


12 ScHLATTER, Riim., ad l.
49 ; MICHEL, Riim., riferiscano distintamente alle due tavole.
ad l.; STRACK-BILLERBECK,ad l. Di parer~ op- 16 Peraltro, nei vv. 19-23 si parla di falso Cl!l-
posto A. NYGREN, Der Riimerbrief {r954) ad I. to, nei w. 24 ss. di perversità sessuale e socia-
13 ZAHN, Riim., ad l. le. Tuttavia le due cose sono cosl strettamente
14 STRACK-BILLERBECK a Rom. r,18B. legate, anche nei vv. 24 ss., che al pervertimen-
IS Gli altri passi citati da M1cHEL, Riim., ad I. to della conoscenza di Dio (vv. 25.28) segue
(IJ! 72,6; Prov. u,5 [nl riguardo vedi~ n. 6) il cedimento al peccato. Ma il «rovesciamento
e Hen. aeJb. 13,2 [ r-Ept 'ltaV'tWV -.wv t'.pywv della verità di Dio nella menzogna» (v. 25) è
'tWV CÌO'E~Eiwv XllL 'tTjç aoixlaç xat -tf}ç &.- esattamente &oLxla. come ciò che ne segue, e
acrEIH1i; X'tÀ.. e r-3 (W. Foerstct) (vn,r90) r502

àoLxla. in Rom. 1,r8 sono dunque una frazione intenzionale degli otdinamenti,
endiadi: una scellerata ingiustizia. In e i «piaceri mondani» alla cupidigia di
Rom. 4,5 mCT't"EUOV'tL oÈ É7tL 'tÒV oLxaL- denaro degli avvetsari.
ovv'ta 'tÒV ME(31}, traducendo con irri-
verente 17 si potrebbe avvertire nel termi- 3. Gli altri passi con ci.cnf3- si trovano
ne il timbro prettamente greco. Ma più tutti nelle due lettere di Pietro e in
precisamente, e senza allontanarsi trop- quella di Giuda. Di essi Petr. 4,r8 è
I

po dal greco, si può far parlare Paolo in una citazione da Prov. r I '3 l e mostra
modo veterotestamentario dello scelle- l'affiancamento di à.O"E~l}c; e ò:µa.p'tw-
rato. Questa interpretazione è rafforzata Mc;, ivi frequentissimo . Una citazione di
dal quarto passo, Rom. 5,6: eì: "J'E XpL- Henoch con un quadruplice uso del
O"'tòç ov'twv -iJµwv &.cri>evwv E'tL xa'tò: gruppo di vocaboli ci.o-ef3- compare in Iu-
Y.a.Lpòv U7tÈp &.cnf3wv &.7tÉl)avEV, «quan- dae l 5 ( = H en. aeth. I ,9 ), dove si tro-
do eravamo ancora deboli, Cristo nel va anche la locuzione <iµ<.tP'twÀot ci.crE-
tempo stabilito morl per noi scellerati», ~Etc;, mai documentata altrove. In que-

poiché <Xui>EvEi:c; e &.crE(3Ei:c; sono ripresi sta citazione il genitivo di itpya àcrE(3El-
nel v . 8 con ò:µap'twÀwv ov'twv 1)µwv. ixc; sostituisce l'aggettivo (cfr. in Iudae
18 [--)- vnr, co11. 1276 ss.] l'espressio-
2. Nelle Lettere Pastorali cXO"E(31]c; ne Èm~uµla~ -rwv à<nlMwv [ ---,)>n. 15] ).
compare una volta (I Tim. 1,9) e &.crÉ- In Iudae e in 2 Petr. son detti empi (2

~e:Loc due volte (2 Tim. 2,16; Tit. 2,12). Petr. 2,5) i grandi peccatori del passato,
In I Tim. 1,9 ricorre il nesso veterote- la generazione del diluvio e Sodoma e
stamentario di cXO"E(31)c; e Ò:µap'twMc;, Gomorra, e &.o-e(3Et'c; (ludae 4; 2 Petr. 2,
dove i due concetti vanno uniti anche 6) gli eretici (comparsi nella comunità)
oggettivamente e contenutisticamente, per la loro condotta (anche ·per la loro
come i due precedenti &voµoL e àw1t6- dottrina?). Tanto in Iudae 18 quanto
--ca.x-i-oL e i due seguenti civ6rnoi e f3É- in 2 Petr. 3,7 si parla del giudizio su di
f3lJÀOL. Con (3É(3l)Àoi xe:vocpwvla.L... btL loro e sulle loro azioni. Il gruppo di vo-
'Jt),e:i:o\l 7tpox61}1oucrw ao-Ef3dac; in 2 Tim. caboli qui designa i grandi peccatori di
2,16 non si pensa ad enunciati dottri- tutti i tempi, fino a qtiello finale, qua-
nali come nel v . 18b, ma agli effetti mo- li malfattori, empi e peccatori ad un
rali e religiosi che ne derivano. Soltanto tempo.
per Tit. 2,12 ci si può domandare se l'&.-
o-Éf3rnx, come opposto dell'i;ucrÉ(3t:.L<.t ri-
chiesta nelle Pastorali, si riferisca all'io-

i}eocr-.uyE~ç e ù~pL<T'taç ( v. 30) dovrebbe es- 11 BARTH, Rom., ad l.'; M1c1mL, Rom., ad l.
sere fatto rientrare nel concetto di acrÉ~Eta. (xor, n. 2).
I,503 (Vllj19·0 ) crnµv6ç x-.À.. A 1-2 (W. Foerster)

t creµvéç, t rnµv6-r'T}c; . aç xat xrioeµovla~, «(i superstiziosi)


disprezzano i filosofi e le ~rsone civili,
A. NEL MONDO GRECO che mostrano come la maestà della divi-
nità vada congiunta a bontà, màgnani-
mxpà. -ro cr€Bw aEBvòc; xa.t O'E1...w6c;, ò m:ità, benignità e cura». Plutarco nega
crEBmrµov lit;toc;, ò 1}a.vµ'a.O'-ròc; xa.t <i- dedsamente che i OEt.<TtoalµovE<; ·col te-
~toc; ÈV't'po7tijc;. xaì. -rà. &ppl)-r<L oÈ xa.t mere gli dèi attribuiscano loro O"Eµ\l6-
avEf;LXVL<X.O"'tOC <TEµ.và_ À.ÉyE'tctL, «in ri- 't'l]<;.
spoiidenZa a crlBw si ha cniBvoc; e O'E-
µv6ç: colui che è degno di O'EBa.crµ.6v 2. Con oggetti trEµv6ç per prima cosa
(venerazione), chi è oggetto di stupore e significa l'elevatezza e la grandezza visi-
degno di rispetto; anche le cose arcane e bili esteriormente: érEµvo;; è un: trono re-
imperscrutabili son dette ò'Eµv1b (E- gale (Hdt. 2,173,2); di Ba·cnÀ.ixi) creµ.v6-
tym . .lii. 709,48 ss.): cosl suona l'antica 't1)<; parla Plut., Demetr. 2 . (1 889e) in
definizione. Dunque O"Eµv6ç, significa.. tut- parallelo a i)pwi:~1) -rie; Èm<p&.veta.; di
to ciò che risveglia un crfBE<ritat, e <Teµv6- <TEµ\i6't<L't<XL 7toµmx.l Pseud.-Plat., Aie.
't'T}ç 1a proprietà e la natura di ciò che è 2,148e. Senofonte (hist. Graec. 3,3,1)
<TEµv6ç o a[µv6v. <rEµv6c; però non ha narra che Agide ihuxe creµvo-.Épr.tc; fi
seguito lo sviluppo di' crÉBEcrl)aL, EÙ- e xa.-rà. lJ.yì)pw7tov -ra.cpiic;, cioè ebbe una
àO'ÉBwx., con cui venne.escluso dalla pa- sepoltura più grande, più ·solenne di
rola il momento estetico. quanto s'addice a ·u n uomo. creµvo-rtipav
7tOLELV una città vuol dire renderla più
1. O'Eµv6ç è per prima cosa un attri- rispettabile (lsaeus 5,45). Parlando di
buto di dèi: augusto_ (Horn., hymn. Cer_ abiti, O'Eµv6c; viene usato nel significa-
1 ,486 [parallelo atoo~oc;] ), specialmen- to di splendido, sfarzosQ 1. Poi si usa
te delle Erinni ad Atene {Soph., Ai. per indicare il genere di musica (Ari-
837; in età ne'otestamentaria in Cornut., stot., rhet. 3,8 [p. 1048 b 32]: ò Ti!Xl>oc;
theol. G1·aec. 10 e Luc., bis accusatus 4). pvitµòç uEµ\IÒç [solenne] xa.t ÀEx-ri.xòç
Poi è un attributo di cose divine, vene- xal ci.pµovla.ç, oE6µevoc; 2). Nella tonalità
rando, sacro, detto della testa di Zeus dorica c'è 'ltoÀ.Ò -.ò <TEµv6v, «molta mae-
(Hom., hymn. ad Minervam 5), dei mi- stosità}> (Plut_, de musica I7 [II u36
steri di Cerere (hymn_ Cer. 478}, del cie- e]). Ma ciò che per Plutarco fa la mu-
lo e del suo ordine (Dio Chrys» or. 4_0, sica <TEµvo-ta'tl} è che anche i corpi cele-
35), della santità del tempio giudaico sti si muovono con l'armonia delle sfere
(Philo, leg. Gai. 198). Di che natura sia (44 [n n47) ). Plutarco non chiame-
la O'Eµv6't''l')t; degli dèi mostra Plutarco rebbe Ci'Eµv6c; la musica orientale 3 • Si-
(superst. 6 [11 167e]): q>tÀou6q>wv oÈ mile è l'uso di O'Eµv6c; riferito al genere
xat 7toÀ.i·nxwv &.vopwv xa-rcxqipovoucrw del discorso: 1i -rou PiJµa.-ro<; <TEµvb-.'l)c;
(scil. ot oEvnoalµovEç) &.nooeLxvuv-tw\l (Demosth., prooemiu1n 45,3). Anche
-div -rou »eou creµv6't'T}-ta µE't'à. XP'l11T't6- Plutarco parla della creµv6-t'r)c; di Peri-
-r11-roc; xat µeyaÀoq>poO'UVl)V µe't''eùvol- cle, che da alcuni sarebbe stata giudicata
UEµv6ç, UEµv6-.11ç itp6vov M'l'}ll~xou lxotlMl:;tTo.
E. WrLLIGER, Hagios, RVV I9,1 (1922) 68 s.;
2 Cfr. Plut., de musica 14 (u II36b): uq.tV'l)
G. J. DE VRIES, <TEµv6ç m1d cognate \flords in
Plato: Mnemosyne u (:r945) :r5r-156.
ouv xix.-.à. 'l'C!iVTot ii µoucnx'l'J, twv EllP'J)µa
I Aristoph., Pi. 940: 7t)..oihov ot xouµi~v
ouaa.
l~ux.-.toLç rtEµvo~ç 7tpibm, Xenoph., Cyrop. 6, 3 Anche Filone usa <rEµv6ç per la musica (leg.
x,6: O"Eµ'llWç XExooµ'l')µlvoç È!;ij)..frE xa~ È7tl ali. 1,14; vit. coni. 29).
<TEµv6ç lt'tÀ. A 2-3 (W. Poerster) (vn,191) 1506

oo;oxo1tla e 'tvcpoc; (superbia e fasto) sTJCTliµ'l'}v ȵEwu-.6v, «cercai me stesso»,


(Pcricl. 5 [1 154e]). Trattando di poe- Eraclito credette di aver raggiunto µÉya..
sia CTEµvéc; è detto speciaLnente della 'tL xa.t oeµv6v (qualcosa di alto). Le µE-
tragedia; l'attore imita µaÀ.a creµvwc; -rò yaÀ.a..t xa.t crEµva.t àpxCJ.l sono gli alti e
'l"OV Kéxpo'ltoc;... crxfiµa, «molto solen- stimati posti d'onore (Epicht., diss. 4,r,
nemente il portamento di Cecrope» 148 s.). Per Philo, leg. Gai. 361 è un
(Luc., nec. 16); l'&ya.v O'Eµv6'V diventa µÉyt(nov xa.t <TEµvòv Èpw-.11µa., impor-
poi -rpaytxév (Aristot., rhet. 3,3 [p. tante, serio interrogativo quello che ri-
1406 b 7]). Per Flav. Ios., ant. 1,24 l'o- cerca il motivo per cui ci si deve aste-
scurità della descrizione allegorica com- nere dalle carni suine. Lo stesso autore
porta la O"EµVo't1)c;. Così O"Eµv6c;, se vol- con creµvo'ttpwv Émwµlat intende il
tato in malam partem, può anche signifi- desiderio di godimenti migliori dell'oro
care parole superbe, arroganti (Soph., e dell'argento (omn. prob. lib. 31) 7 • Per-
Ai. 1107). ciò la tragedia non va d'accordo con gli
eccessi nel bere, perché è O"eµv6'tEPO'll
3. Ma più importanti sono i passi in fjoG:iO"oc, cioè ha un tono molto grave:
cui CTEµv6c; indica una intima elevatezza da importante il significato si innalza a
di cose. µ'r)'t'poc; 'tE xocì. 1tOC'tpòc;... ·nµtW- serio 8 •
-rep6v ÉCT'tLV '1tOC'tptç xat O"Eµ\lo'tEpO'V xa.t
àytw-.epov xoct lv µelsovt µolp~ xaì. O"Eµv6c; e <TEµv6-r'r)c; acquistano una
'Ita.p<Ì i>eoi:ç xa.ì. 'lta.p'ò:v{}pw'ltotc;, «più ulteriore precisazione quando si tratta
della madre e del padre... la patria è del comportamento di uomini. Anche in
onorabile, augusta e santa e in maggior questo caso i vocaboli esprimono spesso
considerazione presso gli dèi e presso gli un'effettiva posizione di dignità: ot µÉ-
uomini» (Plat., Crito 5ra) 4• La virtù de- ')'tO"'t'OV OV\lttµEvol 'tE xa.L crqi.v6'tet'tOt
gli dèi è definita, in confronto alla loro ÈV 't'Cii:c; 7t6À.E<TW, «i più potenti 'e i più
aq>ltapCTLOC e OUW.CµLc;, CTEµ\16't"tX.'t0\I xa.Ì. stimati nelle città» (Plat., Phaedr. 257d;
i}et6'ttl'tO\I (Plut., Aristides 6 [1 322a]). simiLnente Euthyd. ,303c; resp. 5,475a-
Filone parla della CTeµv6·n1c; (dignità, b). Con ~t.cO"LÀ.Éwv CTEµv6-r'r)ç xat 'ttµ1)
santità) del numero sette (spec. leg. 2, dei sacerdoti Filone non intende l'appa-
149; op. mund. 1n). Il filosofare è un renza ma la loro effettiva posizione e di-
1n:µvòv 1tpti:yµa. (Pseud.-Plat., Hipp. I gnità (spec. leg. 1,142). Ma per lo più
288d). Altrettanto giudicano Epict., O'Eµv6ç si riferisce alla comparsa visibile
diss. 3,24,41 e Dio Chrys., or. 12,15, degli uomini: chi è ISo'&ÀÀ.oc; o O"eµvòç
che fa distinzione tra 't'ÉXVU.t e hi:tO''tij- &.v1Jp;, «quest'altro maestoso personag-
µoct O"Eµ'll6'tEpoct e ÈÀ&'t"C'O'llEç, e annove- gio?>>, domanda Caronte quando si fa a-
ra fra le prime la µa'll't'LXTJ e la croqno-·n- vanti Ciro (Luc., Char. 9 ). Pompeo cer-
x'Ì} ÈmCT't"i]µ'l'} 5 • oùi>Èv O"Eµvòv è niente ca di far apparire la· <TEµv6-r11c; e l'ISyxoc;
di particolare (Aristot., eth. Eud. ,3,l con il numero dei suoi accompagnatori
[p. 1228 b n]) 6 • In senso positivo (Plut.,' Potnp. 23 [1 63oe]); Agrippa si
Plut., Col. 20 (11 ux8c): col suo tSt- rallegra alla vista 't'ijc; 1tepì. -.òv tXPXLEpÉoc
4 Similmente Luc., patria 1: oùSÈv yÀUXLOV••• reip. 27 (u 82oc): oò6lv µiycx 1tEitol'l')XEV fi
'lta'tpl6oç•., ttp'oi'i\I <TEµv6-.Epov 6é -n xaL fiEL6- <TEµv6v, cioè di passare davanti alla Sirte.
"t"EPOV lJ.)..).o;. 7 Similmente Flav. Ios., bell. 2,61: O'eµv6<tepa.
5 Similmente Luc., somnit1m 10, dr. Nigrim1s 1tpiiyµa:ta, gli affari più imporla!Jli.
38: t:iç ueµv& xaL Davµ4CTUL xo:L i>e~&; ye•.. 8 Plut., quaest. conv. 7,8,3 (II 7ne); la stessa
lìLEÀ.1)À.vDaç. contrapposizione in Philo, vit. Mos. r ,20;
6 Cfr. Plat., resp. 2,382b; Plut., praec. ger. plant. 167.
cn:µ\16c; x-rÀ. A 3 (W. Foerster) {vn,r91) r508

CTEµvé't1)"t'Oc; (Philo, leg. Gai. 296). Ma µ<iÀ.À.ov 'toic; U1t1JXOotc; i1 1pof3Epòv itEw-
specialmente crEµvé"t'1}<; indica un atteg- pEtcri1at· 't~ µÈv yò:p CTEµv6-.11c;, -.<;> oÈ
giamento dell'uomo visibile esteriormen- &.1t1)'VEtlt mx.paxoÀ.ovìki:, «bisogna cer-
te: riguarda lo crxfiµcx. (Pseud.-Plat., car di apparire ai propri dipendenti
de/. 4r3e). La strega di Endor vede Sa- leggermente impacciati piuttosto che
muele come U'llOpCX. CTEµ'VÒ'\I xat iJE01tpE- terribili; nel primo caso, infatti, essi
1t'ij (Flav. los., ant. 6,332). Ester com- ricevono un'impressione di gravità, nel
parve davanti al re 7tpOO"l'J'llÈc; xat CTE~ secondo di disumanità». È significativo
µvòv ÈTtLXELµl\11} -tò xciÀ.À.oc;, «adorna anche Plutarco (Cato Maior 6 [I 339
d'una bellezza soave e dignitosa» (Flav. e]): Catone si presentava nelle città sen-
los., ant. u,234), il faraone fu colpito za cavalcatura, con un solo onµ6crtoc;
dalla O'Eµ'Vé't1}ç di Giacobbe (Philo, Ios. (apparitore), dunque senza CTEµ'VO'tT)<;,
257, dr. 165 e Piace. 4). Qui O'Eµ'Vé't1)c:; ma È'V oÈ 'tou-.otc; OU'tW<; ElixoÀ.oc; xa.ì.
sta fra due estremi come giusto mezzo: CÌ<pEÀ.-i)c; ..-oic; u1tò XEipa. q>atv6µEvoc;, rx.u~
crEµvé'tTJc; oÈ. µEcr6-.t]c; aMa.oElr.tc; xa.t iltc; Ù.'V'ta'ltl:'.OLOOV 't''lÌV O'Eµ\16"t"l]'t<l. xa.ì.
à.pE<rxEla.c:;, «la crEµ\16't1]<; è un qualcosa 'tÒ p&poc;, &.na.pa.hlJ-roc; wv f.v 't'éi) ot-
di mezzo tra l'arroganza e la compia- xal~, «ma, come apparve semplice e al-
cenza» 9 • Spesso la <TEµ'Vo"t''l}<;, la serietà, la mano in queste cose, cosl dimostrò
è distinta dalla severità: xa.t q>alvEa1>cx.L maestà e gravità nell'esercizio inflessi-
µ7] xcx.Àrnòv àÀ.À.à <rEµvév, E'tL oÈ -totou- bile della giustizia» (dr. Plut., Crass. 7
'tO\I wcr-.E µ1] <po~E~criJaL 't'oùc; Èv'tvyxa- [1 546 s.] ). Qui <TEµvo-rl]c; è il compor-
'Jov'tac:;, ?JJ. .M, µéiÀ.À.ov aioEi:a1>at, «ed tamento che procura rispetto. Perciò di-
appare non arcigna ma grave e tale da ce Plutarco che il CTEµvév non si accom-
incutere non timore ma rispetto» 10, cosl pagna facilmente all'È1nELXÉc; (Phoc. 2
che CTEµ'Vo"t''l}<; può essere definita una [I 742e]) e che è una cosa speciale se
µaÀ.axi) xa.t E.ucrx1Jµwv ~apv'tl)c;, «soa- si può scorgere nel q>LÀ.rivl)-pwnov (C.
ve e composta gravità» (Aristot., rhet. Gracch. 6 [I 837e]) 11 • È chiara anche
2,17 [p. 1391 a 28 s.]). Tuttavia, quan- la formulazione di Filone (pr:aem. poen.
to siano affini crEµv6c; e a.ÙCT't'l)poc; risul- 97) che gli uomini pii esercitano tre vir-
ta dal fatto che si pone quasi da sé la tù, <rEµ'V6"1]c;, 5Ewo"l]ç, EÒEpyECTla: -.ò
domanda se il Caridemo caratterizzato µlv yàp O'Eµ'llÒ'V a.toG> Xtx.'ttx.O'XEVa~EL,
come CTEµv6c; non apparisse anche «piut- -.ò oÈ OEWÒ'V 1p6~ov, 'tÒ oÈ. ÉÒepyE'ttxÒ'V
tosto arcigno» (crxviJpwné-.Epoc; Èq>alvE- EUvoLa.'11, «infatti la gravità procura ri-
't'o, Dio Chrys., or. 30,5). oùx i'jv rx.ùCT..-r)- spetto, la severità timore, la beneficenza
pòv oùo'lnaxi>È.c; li.yav aù-.ov ..-ò crEµ- benevolenza». Però Filone collega più
"V6v, «la sua serietà non era severa né strettamente l'(1.ÙCT't'lJp6v col <rEµv6v
troppo spinta», dice Plutarco di Nida (leg. Gai. 167 ); q>tÀ.a.uCT't'TJpoc; xat O'E-
(Nicias 2 [r 524c]), e Musonio (fr. 33) µvòc; ~loc; (op. mund. 164) 12 • Non ]'oro,
consiglia: 'lmpa>tÉov xa-ta7tÀ.l)X't'txòv l'argento ecc. fanno una donna più ador-
9 Atistot., eth. Eud. 3,7 (p. 1233 b 34 s.). comportamento a corté) 1tE1toi'r}'trt.t 'tTJ\I lm.-
1ìTJµla\I -cii nept fo.u-ròv t\I niicn. O'Eµ.\16TIJ't't,
10 Atistot., pol. ,5,rr (p. 1314 b 18-20). Vice-
npoCTE\IEXO'E~ <pLMx.vl>~ 1téi.<n 'toi:ç 110-
versa cr~µ\16.; non sign.Uìca moralmente buono,
ÀEl-ra.1.<; ~ µT)Sl\la. vip' a.ù-rov napà. -ri)v &;.
come pensa ~ WILLINGER 68 s. ~la\/ 'tOV xc.d>'ta.u'tÒV µEyé&ouc; É'ltL~E~IXpij­
Il Cfr. DITT., Syll.3 II 807,n-16 in un'iscri- cri)at,
zione onoraria per il medico personale di Ne- u Cfr. Phi.\o, ebr. 149: 1tpòc; -rò CTEµ\16't'EPOV
rone, T. Claudio Tiranno, tornato a Magnesia xa.! IXUCTTI)p6't'EPO\I 't'ij\I olru.'tU.\I.., µE'taf3a.-
dopo la sua liberazione; egli av1H.oyo" (al ÀEi:\I (spec. leg. 2,19).
uEµv6ç X'tÀ. A 3 - B x (W. Foerster) (vII,192) 1510

na (x60"µi.oc;) ma oO"a. O"Eµvo't'l')'t'oç, EÙ'ta· grazia leggera delle parole e dei gesti,
l;lac;, atoouc; EµqiaO"w 7tEpt.'t'li>TJO"t.v, «ciò non era sentito come <7Eµv6c; . Il greco
che produce serietà, compostezza, vere-
cond.ia» (Plut., praec. coniug. 26 [II 141 ne provava piacere sì, ma non arretrava
e}). Lo spettacolo di una folla è ilEi:ov, ammirato e timoroso davanti ad esso.
cri::µv6v e µEyaÀonprnÉc;, se essa è 1tPfi.· La nobile misura della serietà, se si vo-
oc;, xatliJ<T't'EXWç (calma) e non scoppia
leva conservare la CTEµv6't1]ç, non dove-
in un riso forte e sfrenato né è percorsa
da uno schiamazzo continuo e disordi- va mutarsi in una severità cupa, ma nep-
nato (Dio Chrys., or. 32,29). Fidia nel- pure ridursi alla grazia affabile o scher-
la celebre statua presenta Zeus quale zosa. Non a caso è detto, non della lu-
protettore della legge della città me-
diante la <TEµv6·n1c; e l'aÙO"'tiJp6v (Dio minosa chiarità del giorno, ma della
Chrys., or. 12,77). CTEµvoc; è distinto da solennità dell'oscurità: cn:µvé'tTJ't'ExEL
o-wcppwv e O"Eµvo'tTJ<; da awq>poa\iviJ e crx6-coc; (Eur., Ba. 486).
à'tctpa.l;la in quanto il primo indica un
essere e comportarsi dell'uomo in sé e
per sé, il secondo invece il comporta- B. NEI LXX E NEL GIUDAISMO
mento visibile al prossimo, l'atteggia- 1. <Teµvéc; e O"Eµv6n1c; nei LXX com-
mento. paiono solo nei Proverbi e nel secondo
e quarto Libro dei Maccabei, complessi-
<JEµ'o1oc; è ciò che, influendo sull'esse- vamente I r volte 13• In tutti questi pas-
re delle cose, sul comportamento degli si, a prescindere da 4 Mach., è possibile
uomini, sugli altri, suscita un O'Éf)Ecr1>at.. intendere entrambi i vocaboli in un si-
gnificato religioso. In Prov. 8;6 la sa-
II suo contenuto è orientato a ciò che pienza dice: CTEµvà yàp !pw ( = negi-
presso i Greci crea effettivamente un O'E- dtm), in parallelo con òpM ( = méfiirzm ).
f)i::o-tlai.. Poteva essere la solennità di un Poiché questa espressione fa pensare a
ciò che sta ' diritto' davanti a Dio, anche
trono regale, l'ornamento della veste, la
il significato di G'Eµv6c; non dovrebbe
bellezza del discorso, il suono della mu- esserne molto lontano: santo, ad esem-
sica. Ma non ogni suono, non ogni elo- pio; così pure Prov. 15,26, dove cn:µv6c;
quio forbito, ·non ogni ornamento era ( = no'am) in parallelismus membrorum
è opposto a f)oÉÀ.vyµa xvpl~. In Prov.
considerato O'Eµv6c; .. <TEµv6c; era tutto ciò 6,8" (senza testo ebraico) si dice che
in cui si giungeva a sentire un ordine l'ape Èpyet.CTtctV wc; <TEµvi}v 1tOLEt'tat., e
più elevato. Nell'uomo l'essere ordina- ciò può significare che essa compie il
suo lavoro come qualcosa di sacro. Que-
to, che traspariva dal suo comportamen-
sta spiegazione dei passi dei Proverbi
to, dal suo contegno, era sentito come (che a rigore non si può comprovare) è
<Tf!.l.'116't'I')<;, però con un indelebile carat- in certo modo sorretta da 2 Mach., dove
tere di serietà e ~olernùtà. Ciò che i il sabato è chiamato <reµvo'ta"tTJ 1}µépex.
( 6,r r ), si parla dei <reµvot xat èt.yLoL
Greci pure amava~o e stimavano, la ri- v6µot. (6,28) e del <JEµvòv 1'at· µi::yocÀ.o-
sposta piena di spirito, «spiritosa», la 1tPE1tÈc; ovoµa di Dio (8,15) e si additn

13 Inoltre <T€µv6ç si trova in Iud. n,35 (A- quila).


<TEµ\16~ X'tA.. B .1- 2 (W. Poerster) (vu,193) 1512

la o-qiv6't''l'}c; ml. àcru)..la. del tempio o- greco (~ coll. 1504 s.), crEµv6c; è usato
norata in tutto il mondo (3,12). In tut- per esprimere la magnificenza delle ope-
ti i passi sta bene la traduzione santo, re regali (56.258).
che corrisponderebbe anche alla quasi e-
sclusiva accezione religiosa della radice 3. In Flavi~ Giuseppe e Filone l'uso
crEr3- nei LXX. dei due vocaboli, come si deduce dai
Ad ogni modo, se 4 Mach. non rien- passi già riportati (~ nn. 1-3), è paral-
tra del tutto in questa linea, ciò corri- lelo a quello degli scrittori greci. In Fi-
sponde alla posizione tutta propria di lone però vanno ricordate due particola-
questo scritto, constatata anche per EÒ- rità, cioè l'uso di questi vocaboli per lo-
crÉ~ELa.: <TEµv6c; è riferito ai pii martiri: dare il legislatore e la legge. Qui O'E-
't'Ò cnµvòv y'fipwc; o--r6µa., «la santa boc- µv6c;, come mostra l'impiego del compa-
ca della (mia) vecchiaia» (5,36); wµix.- rativo e del superlativo, non è un con-
xcxplov y-fipwc; xa.L crEµvi)c; 7tOÀ.Liic;, -«o cetto assoluto, misurato sulla santità di
beata vecchiaia e santa canizie!» (7, Dio. Si tratta di un di più o di un di me-
15). La luna nel cielo con le stelle non no; Mosè, facendo precedere alla legi-
è O'i:µv1} come la madre dei martiri ( 17, slazione la storia della creazione del
5). Con l'insegnamento della legge, è mondo, ha dato ~e leggi 1tlX"fxlXÀ.'l]V
detto in l ,17, impariamo -.& 1M:a O'E- xcxl O'Eµvo-ra't''r}v à.p.x1}v, «un principio
µvwc; xa.t -.& àv&pwmva O'Vµq>Epov"twc; . quanto mai bello ed augusto» (op.
In tutti questi passi tradurre con «de- mund. 2); le leggi sono CTEµvoL. &-.t:
gno» non sarebbe appropriato; meglio è itpòc; -ri)v &xprtv à.pt:TI')v fi},,dqiov't'Ec;,
tradurre degno di Dio. In ogni caso C1E· «severe... perché inculcano il grado
µv6c; non serve a dire che la legge è san- sommo della virtù» (spec. leg. 4,179) . Il
ta, ma a sanzionare un giudizio di lodt; nome di Dio è xat· a.òTijc; EÒXÀEtO"'rEpov
emesso dall'uomo. CTEµ\16-n]'t'O<;, «più nobile della maestà
stessa» (spec. leg. 2,253); la valutazio-
2. crEµv6c; e O"Eµv6't'l}c; mancano jn ne della o-t:µv6-cnc; proviene dall'uomo.
test. XII Patr., in Ps. Sai., nelle parti D'altro lato per Filone ut:µvéc; è un epi-
greche rimaste di Hen. aeth., ed anche teto del mondo soprasensibile, spiritua-
in Sib. 3-5; si trovano invece in ep. Ar. le, in contrasto col mondo dei sensi.
Qui çrt:µv6c; e creµv6't"l')c; sono applicati Dominare il corpo e i suoi desideri è
anzitutto alla stessa legislazione (5.313), O"Eµv6't'l]POV (3a.crLÀela.c; 't'Ò fpyov, «UD
alla legge ( l 7 l ) e alla sua 1h:wpla (31 ) ·- compito più nobile del regnare» (sacr.
il che corrisponde a 2 Mach. -; affine è A. C. 49); coloro che spezzano i lega-
anche 144, dove, a proposito delle legi- mi familiari per amore della legge, iiv-
slazione interpretata allegoricamente, si -ctÀ1)µ1Jiov't'IXL... O'EIJ.VO'tÉ{la(; xa.L lEpo-
parla di un CJeµvW<; à.vrt-re-raxi>rtL. Ma 1tpE'ltEO''t'ifpa.c; cruyyEvElrtc;, «riceveranno
poi, in rispondenza alla finzione dello in cambio parentele di maggiore digni-
scritto, CTEµv6c; è applicato pili generi- tà e santità» (spea. leg. 1,317: qui si
camente: Filocrate ha itp6uxÀLO"LV 1tpòc; può anche tradurre superiore). L'uomo è
-.1}v O'Eµvb't'r}'t'ct dei Giudei (5), Dio da- un'offerta votiva più 11obile (tnµ'116't't-
rà al re 't''Ì}V O'Eµ\ri)v b~lVOLCt.V (271) 14; pov) e più srutfa dell'oro e dell'argento
inoltre, come in generale nel monqo (decal. 133).-Dal distacco dal mondo dei

14 Ci pare difficile poter accettare la traduzio- ché la traduzione suggerita dal contesto è
ne di P . WEN»LAND in KAUTZSCH, Apokryph. «sentimento serio», ~ n. 12.
1111d Pse11depigr., ad l. «sentiinento pio», per-
1513 (vn,193) 11q1v6ç X't"À., B 2 - e2 (W. Foerster) (vrr,t94} 15r4

sensi, che per Filone ha un grande ruo- e quando alla fine di Phil. 4,9 parla del
lo, dipende anche il fatto che presso di Dio della pace, si sente vibrare qualcosa
lui CTEµv6c; e etÙO''tl]p6c; di solito sono
connessi più strettamente che negli scrit- della ELpTJV'l") di I Cor. r4,33a (-7 III,
tori greci (-7 col. 1508) 15• coli. 22 3 s.) 17 • In questo passo della Let-
tera ai Filippesi Paolo si è volutamente
C. NEL NUOVO TESTAMENTO
tenuto sulle generali per dischiudere lo
I. Soltanto in Phil. 4,8 O'Eµv6c; non sguardo dei lettori su ciò che si presen-
si riferisce al comportamento degli uo- tava ad essi come vero, giusto, O'Eµ\la,
mini. Con ocra.... à.À:r1MJ, oO'et O"Eµva ..., vale a dire come qualcosa che incuteva
Paolo, come indica anche il seguente un timore reverenziale, qualcosa di se-
EÌ: -.~e; ... , vuole fare_ un'affermazione il 1'io, qualcosa di nobile, quale che ne fos-
più possibile generale 16• Paolo non dice se la provenienza.
che cosa siano tXÀ.'l")tHj, creµvoc, o(xa.Let
ecc. Indubbiamente col v. 9 (& xat ɵO:- Nelle Lettere Pastorali O'Eµv6c; ri-
2.

-i}En•.• xat Et8E'tE èv ɵol) egli ha ancora corre tre volte, sempre fra gli ammoni-
presente ciò che ha detto nel v. 8. Per i menti rivolti a membri dirigenti della
Greci Paolo può non essere apparso per comunità, ai diaconi (I Tim. 3,8), alle
molti motivi un &.viJp O'Eµv6c;, ma al con- loro spose (v. rr) e agli anziani (Tit. 2,
trario un &.v1)p 'tet1tew6c;. Perciò egli nel 2), Se né in I Tim. né in Tit. crEµv6ç
v. 8 non accoglie semplicemente come non s'incontra nell'elenco dei doveri dei
valido il giudizio del mondo circostante vescovi, ciò dipende dal fatto che là non
su ciò che è O"Eµva. Eppure presuppone viene elencato un gruppo di doveri esat-
che il suo comportamento sia parso alle tamente delimitati e chiaramente distin-
sue comunità «veritiero, serio, giusto ... » ti l'uno dall'altro. In I Tim. 3,8 O'Eµ\16ç
e che anche ai Greci possa essere parso comprende piuttosto ciò che è differen-
tale, e -fissa anche come scopo alle sue ziato nell'immagine esemplare del vesco-
comunità che il loro comportamento fac- vo: un O'EµVÒ<; à.viJp è \IT)qJaÀ.to<;, O'W-
cia un'impressione analoga sul mondo qJpW\I, xboµ~oc;, non mipoLvoc;, non 1tÀ.1]-
in cui vivono. Quando Paolo in I Cor. X'tl)<;; è ~1ttetxlic;, &µetxoc;, <ÙJ>tÀapyu-
r3,5 dice dell'amore: oùx &uxTJµovei:, poc; (3,2 s.). Serio e dignitoso sarebbe u-
«nulla fa di sconveniente», anche qui na traduzione adatta di creµv6ç nelle
non siamo lontani dall'idea di O'eµv6c;, Lettere Pastorali.
poiché la O"EµV6t'1Jç riguarda lo O'XfiµO'..;

15 Ma cfr. in contrario vit. cont. 66. Testament, Diss. Utrecht (r940) 201 s., vede
16 Contro LoHMEYER, Phil. ad l. in Elrrl!vri la sottomissione all'unità della co-
munità; àxa't"aO"'t"aO"l« sarebbe ribellione, di-
11 W. S. VAN LEEUWEN, Eirene in het Nieuwe sobbedienza. Ciò non corrisponde al contesto.
cTEµ'\loc; X'tÀ.. e3-D 2 (W. Foerster)

3. In 2 Tim. 2,2 o-e:µv6't1)<; sta accan- gnità, corrispondente al contenuto della


to ad EÙO"É~e:~a. L'una è la pietà, che si dottrina.
esprime anche nella reverenza agli ordi-
namenti, l'altra è il corrispondente com- D. NEI PADRI APOSTOLICI
portamento serio e dignitoso. In I Tim. créµv6c; e ~EµVO't'l'}c; nei Padri aposto-
3 A: -.ou lolou o~xou xaÀ.Wc; 1tpo~o--caµE­ lici compaiono solo in I Clem. ed in
vov, 'tÉxva EXOV'ta Èv uno'tetyi} µE-cà Herm.
'ltciO'T}c; créµvo't"l')'toc;, «deve governare be- I. Secondo I Clem. i Corinzi un tem-
ne la propria casa, tenendo soggetti i fi- po avevano ordinato ai giovani µÉ-tpta
gli con ogni rispettabilità», le tre ultime xa1. O'Eµvà. voEi:V e insegnato alle donne
-cci. xa.-tà -iòv o!xov crEµvwc; otxoupye:i:v
parole non vanno riferite a 'ltpotcr-ca- (1,3). Qui UEµv6c; è usato nel senso di
<ii)aL (~ col!. 225 s.), che è già sta- contegno dignitoso, onorevole, misura-
to caratterizzato da xaÀ.wc;, bensl a to e disciplinato, dunque nel senso che
si trova anche nel N.T. (~col. IJI4).
'tÉXWI. itxov'ta. L'obbedienza dei figli Anche neil'unico passo in cui si trova il
dev'essere ottenuta con l'autorità che sostantivo (41,1): EXa.O""t'O<; T}µwv ... ÈV
richiede rispetto 18• Più difficile è Tit. 't~ lolw 'tayµa'tL EÙetpEO'"t'Et'tW ~ i>E0
2,7, dove in quanto precede rientra l'i-
... µ'Ì) 1tCX.pEx~alVW\I 'tÒV WPL!TµÉVOV 't'ijç
À.EL'tOUpylac; aÙ"t'OV XCX.\IOVa., ÈV O'Eµv6-
dea di 1tetpe:x6µe:voc; mentre da 'ltape:- 't'l'}'tt, «ciascuno di noi, ... nel proprio
xoµEvoc; dipende È.V 'tTI OLoacrxaÀ.lrt posto, cerchi di piacere a Dio ... , senza
IJ.cpi}opla.v, <rEµvo't'l'}'ta, À.6yov ùytii à.- trasgredire la norma stabilita per il suo
ufficio, con dignità», potrebbe essere
Xa'tayvwo-'tov, «nell'insegnamento inte- presente lo stesso significato. Ma già in
grità, gravità, dottrina sana e irreprensi- I Clem. l.'aggettivo e il sostantivo hanno

bile». Non è infatti possibile 19 pensare un altro timbro quando si parla del O'Eµ-
vòv xctt 1tEptS6rrtov ... ovoµa ùµwv (1,
a ciò che Tito deve comunicare ai suoi l ), del UEµVÒ" 'ti'jc; 1tEPLSo1)-.ou cptÀa.-
ascoltatori, bensì a ciò che egli espone e OEÀcpla.c; ùµwv (4 7 ,5}, della creµ'\l'lÌ 'tf)c;
al modo in cui lo fa; a quest'ultimo si cptÀ.a.oe:À.cplac; 1]µWv à.r'\l'lÌ àywy{i (48,
1), dell'EòxÀ.el}c; xat creµvòc; -tiic; 1ta.pa-
riferisce ue:µvo-.l)c;. Anche qui, come nel
o6crEwc; ".ijµwV XctVWV (7 ,2) e della ocµw-
ue:µv6c; di Phil. 4,8 e nei passi con EÒ- µoc; xa1. ue:µvl) xat &:y\l'Ìj cruvElO'l'JCTLc; fr,
CTE~- (-7 coli. 1479 s.), lo sguardo è 3). UEµv6c; diventa un attributo specifi-
rivolto a quelli «di fuori», qui agli av- camente cristiano che si avvia a porsi
sullo stesso piano di &ytoc;.
versari, che, se la comunità cristiana
mancasse di ue:µv6'tTJc;, avrebbero da di- 2. Questo trapasso è compiuto in

re (a giudizio dell'autore con ragione) Herm. <TEµ\loc; è attributo di 1tvEvµa.


(mand. 3,4), di xÀ:i'jcrtc; (mand. 4,3,6), di
delle cose non buone su di essa. Con crE- èt.yyEÀ.oc; (mand. 5,1,7). Si parla anche
µvo"t'r)c; s'intende lo uxfiµa., la seria di- di cre:µv6't'l'}c; 'tov ì>eov (vis. 3,5,1). Le o-

18 ScHLATTER, Past., ad l. 19 Contro SCHLATTER, Past. , ad l.


t517 \ Vll,195) 0'€µV6ç X't A.. lJ 2 ( W. l'oerster) (vn,195) 1518

pere delle virtù sono &.yvà. xcxt crEµvoc si dice: 01tOU yàp <TEµVO't'TJC, Xrt.'t'OLXEL, È-
xa.ì. i)Etcx. (vis . 3,8,7). creµv6ç sta accanto XEL àvoµlcx oùx òcpdÀ.EL à:vcx.acxlvEw, «do-
a à:yv6ç anche in vis. 3,5,1; sim. 9,25, ve abita la santità, ivi l'iniquità non può
2. In mand. 6,2.J la CTEµvo-c"l')c:; compare salire». Per caratterizzare coloro i quali
come virtù, dopo OLXl't.LOcrU\ITJ e ocyvélcx., «hanno camminato con cuore puro e
prima di cx.Ù't'ap:)ma e 7t8.v Epyov olxcx.L- hanno osservato i comandamenti del Si-
ov xa.t 7tficra. àpE-c"ii ltvoo!;oç. Sta dopo gnore» bastano i due aggettivi ciEµvoì.
&.7tÀ.6-t7]<;, È1tL<T't'iJµTJ, CÌ'Jccx.xlcx. e prima di xaì. olxcxtoL (sim. 8,3,8). Anche il fatto
b..ychTJ in vis. 3,8,5.7, accanto a o:rr;À.6- che Erma ha visto tutto xcx.À.wc:; xcxì.
't't]ç e ad à:xa.xla. in vis. 3,9,1. La <TE- CTEµvwc:; (sim. 9,1,2) va ben oltre la sem-
µv6•11c:; protegge dalla Xct't'cxÀ.cx.À.La, poi- plice dignità del contegno. CTEµv6ç è tut-
ché in essa non v'è ovoÈv 7tp6a-xoµµcx. no- to ciò che attiene al mondo della fede
V'f)pév, «malo inciampo» (mand. 2,4; si- cristiana e crEµvé.-l]ç ne è la proprietà.
milmente mand. 5,2,8). In mand. 4,1,3 W.FOERSTER

FINE DEL VOLUME UNDICESIMO

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