Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
VOLUME
VIII
GRANDE LESSICO
DEL
NUOVO TESTAMENTO
VOL. VllI
PAIDE I A
Ti10!0 origina i<: <lell'opcra
Allorché Gcrbard Kittel, nel novembre del 1928, con i suoi collabo
ratori diede inizio a questo dizionario, non prevedeva quante difficolt;
avrebbe comportato l'edizione di guest'opera e quanto tempo avrcbb
richiesto. Con la collaborazione di quindici colleghi specialisti egli ere
dette, all'inizio, di poter completare l'opera nel giro di tre anni. Fin d
principio comprese di non potersi accontentare di un miglioramento del
la vecchia opt:ra del Cremer. Con tutto il rispetto per H. Cremer e J.
Kogel, era ben consapevole dell'insufficienza del loro vecchio diziona
rio; perciò non vi fu difficoltà che lo distogliesse dal progetto di crear
un'opera rispondente alle esigenze attuali. Così sotto la sua oculata dire
zione è nata un'opera completamente nuova, che ha riscosso lusinghieri
apprezzamenti in Germania e all'estero. La capacità cli organizzatore e la
vastità della competenza teologica gli permisero di raccogliere e coordi-
nare l'impegno di un numero notevole di collaboratori, sicché dal 1 apri-
le 1932 all'inizio della guerra i fascicoli videro la luce con grande rego-
larità. Ma a G. Kittel non fu dato di portare a termine la poderosa opera
intrapresa. Quando dalla detenzione e dal confino egli poté rientrare nel-
la sua abitazione in Tubinga e si propose di riprendere il lavoro, nel bel
mezzo dei suoi progetti si spense l'rr luglio 1948. Come il nome di
Rudolf Kittel è strettissimamente collegato all'edizione del testo del-
]' A.T., cosl quello di suo figlio Gerhard va congiunto al T heologisches
W orterbuch :wm N.T.
Ma questo Grande Lessico non ha perduto soltanto il suo dire ttore;
anche alcuni collaboratori ci sono stati rapiti d,ùla morte in questi ulti-
mi anni: ]. Schniewind,]. Behm, O. Grether, H. Preisker, F. H auck.
Noi li ricordiamo con riverente riconoscenza.
Dopo la guerra si dovette ricominciare da capo. Sotto i bombardamen-
ti era andata distrutta gran parte dell'altrezzatura editoriale, certi colla-
boratori avevano cambiato residenza e dopo le disposizioni emanate dal-
le autorità occupanti occorse anzitutto accertare se ad alcuni cli essi fos-
se ancora consentito di collaborare all'edizione di quest0 lessico. AJlor-
ché G. Kittel mi chiamò telegraficamente al suo letto di morte, io ero
fermamen te deciso a rifiutare l'incarico della redazione, perché sapevo
bene quanto tempo avrebbe richiesto l'edizione di quest'opera e quante
VIJT PR EM ESSA AJ. (./UJNTO VOlUJ\lE n ;n"sco
Direti ON!
Gi;RHJ\RD FRIEDRICH, professore straordinorio clt N.T .• Kicl.
Collabonitori
GEORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., Giessen.
f!ANs BHlTENHARD, docente di N.T., Bern.
RuDOl.F BULT.MANN, professore ordinario di N.T., emerito, Marburg.
GEPJiARD DELLING, professore di N.T., ~falle.
,.•
v4.!n. Gencsis Sap. Sapiemi,1 Salomonis
Ex. Exodus Ecdus Ecdesiasfr:us (LXX S ir.)
Lev. Lcvi1icus Is. Jsaias
Num. Numeri Ier. Jeren1ias
Deur. Deutcronvn1i111n Bar. 13a ruclt
Ios. Iosue Lam. 1.amcncationes
Iud. Iudiccs Ep. Jer. Episiu la krcmiae ( Vg. Bar. c. 6)
Rudi Ru rh Danjel(Vg. c. 13 = Susanna ; 14
1·2 Sam. ( = LXX t·i l\egnorurn; Vg. 1·2 ~ Ilei et Drnco)
Rcgum ) Er.. Ezechiel
1· 2 Reg. (= LXX >·4 Regnorum: Vg. N Dan. Daniel
Rcgum) Mal. Mabchi>1s
1·2 Chron. Vulg. 1-2 Para i. Os. Ose:is
1· 2Par. 1· 2 Parnlipor.icnon Am. Amos
I·3 Esdr. l ·J Esdraç( = Vulg. 3 Esdr. ilfah. Michae1s
[apocr.] , Esdr.1 +Il [ = T.Mas. Ioel locl
Esdr., c. r.to; Nem.c. 1 r-23]) Abd. Alxlias
Tob. Tobias !on. Ionas
Iudith Tudith Nah. Nabum
Esth. Esther Abac. Abacuc
lob lob Soph. Sophonias
Ps. l'salmi Ag. Aggaeus
Pr. Proverbi<'! Zach. Z.Aclrn rias
Ecd. f:cdesi~srcs (hebr. Qohelcti 1-4 Mach. r ·4 Machab:ierourn Ci-4 ap<><·r.)
Cunt. C::in ticu1n Cantio.>rum
PstJlmi, nel testo dei LXX A~V't. Deuteronomio, nel testo dei LXX
r Reg., nel testo dei LXX 'ib. Osea nel testo dci LXX
Le parole ebraiche sono trascri tte in caratteri lati ni nel sistema semitico
corrente, indicato d al.la seguente rnhelln :
a p<1tafJ
b (con e senza dag<~J lene; e così ;\ qii111ef
con wtte le beg11dkefa1, ecceuo p,0 ii ba!ef -pata{J
bb ( d11ge1 forte: e rosi in og11i caso . ;l qiime! con -h finale
cli d.1ges forte J . iih tfiJJ'!U!~ cun h e 111appik
4
r. (vedi b) e sego/
d ( vcdìb) é tiré
h e ~atef-scgOI
é 1eré e sego/ con i
"'
7. !>ire<1
l~ bireq con j
;; /,olem
j ,, q<irllCf /JQl(if
k
I
m
(vedi b)
"
ò
li
{Jatef qamef
OCOll W
qibbu~
Il ,j UCOf/ W
• Je1vtf pro111111ciato
spite. Perciò ~É"oç può essere paral- 11 607 a), mipo~xoç (Epb. i,19) o di 31-
clo s ia di µbotxoc; (Plur., de exilio 17; tri termini (come a"OtXELO<;, Suid. ç
3J), sia anche di cplÀoi:; 1, e wmrappo- re ospitalità (Act. r o,23 C<:c.; Hcbr. 13,
sto sia a noÀfrrJ<; ( Fla v. Ios .. vit. 372), 2 ). Tu t ri gli altri deri vati presenti nel
E>.Eul>Epoç (Demosth. 57 A5>. ckr6<; 2, N.T. (çEvia. ~Evoòoxfo.1, q>~À~rvia, cp~
sia <li ~tvo&bxoç ( H orn., Od. 8,543} del Àb!;Evo.;} rientrano esclusivamente nel
quale però può essere anche sinonimo quadro dei rermini che si riferiscono nl-
(Horn., li. 2 1,42 ) l . l'ospitalità ( ~ col. 57 ).
Nel N.T. ~Évoç si trova prevalen te-
mente col senso d i estra11eo (come ag- 2. Cosl lo stesso quadro lingui~tico di
gettivo in J Io. 5: Hcbr. 13,9 e anche in ;ivoç deno ta u na di cotomia peculiare:
1\1t. 25,35 ss.; come sostan tivo in Eph.
!;Évoç è anzitutto lo straniero. Lo s tra-
2,r9; Hebr. rr,r3), straniero ( ~ggettivo
in Act. 17,18; sosrantivo ibid. v. 2r; niero e l'ambiente in cui egli vive stan-
Mt. 27,7} e anche sorprendente, strano no in tensione vicendevole; lo straniero,
(I Pelr. 4,12; Fragments of an U11k·
in quanto uomo di altra origine, di na-
11ow11 Gospel, ecl. H.I. Bell-T.C. Skeat
[ 1935) 13); non s'incont ra invece nel tura diversa e impenetrabile, fa l'im-
senso di amico·ospitc, bensì in quello pressione d'un essere strano e misterio-
più raro e~ sopra ) d i ospitante, oste: so che incute paura. Ma anche l'ambien-
(Rom. 16,23). Ambedue gli aspetti :;i
ritrovano nel senso neotestamentario di te, per lui strano e diverso, fa allo stra-
~Evlsw. sorprendere, siupire, sembrar niero l'impressione d'u n'estraneità op-
strano (Aci. 17,20; 1 Petr.4,4 .12 ) e d11- primen te e minacciosa. Cosl sorge un ti·
cbristl. Alterliimer 1 ( 1882 l H8·550; \V. L•E· ado più antka lo straniero diventn an1ico
si;, ari. 'Cas1frcundschaft', in Lex . Th. K. ' quando è accolto nella comunità protettiva
IV ( 1932) 297 s.; J SAUER, art. ' Gastfreund- della men•n; cfr. ~ THmM E ' ' e anche ·102
schaft', in M. BumBERGEK, Kirchl. Handlexi- ss. (ari = straniero, arya = ospitale, ary11-
kon t ( 1907) 1596 s. ( Lrnsi; e SAUER riporto· man = ospice, amico).
no quasi lcucrolmemc estron i dall'arcicolo di
KxiiLL). l M'Tot xa l t;tvo~ era un coscrutco usato
Sul punto 0 : Wmn1sc11, 2 Kor. 166 a j,6; R. come formulo ntlla tragedia classica (per es.
BULTMANN, Dic Bedeutung der ne11errcl1/os· Soph., Ocd. Cfll. 13) e nella prosa (per es.
senen m•11Jaiscbe11 1111d ma11icbiiischen Q11e!- Xenoph., mem. 1,2,60) e fo accolto nella suc-
le11 fiir dos Versrii11d11ir det Joh.-Ev.: ZNW cessiva re rorico in formule •naloghe; dr. Aci.
24 (192_5l 111H23 (citato: ~ BULTMANN); ID., 17,1 1 e F.. NoRDf.N, Aviostos Thc01 (19ql
DrJs lìv. des Job. ( 194r) passim (4 2. 102 n. 1. 316; inoltre -> Buso1.1·-SwonooA n 778 (<111•
cxc.); A. VON JiARNACK, Mort:ion: Dar Ev. '" ~ wrso la fine si trovano altri testi). 878.
vo111 l'remd,•11 Go11' (=TU 45, 1924 ), spe- 1 Cfr. Pollux, 01101111/St. 1,74 : x«À€ti:a~ St ò
cialmente i ss. 118 ss.; H. )ONAS, G11osis 1111d
spiitantiker Ceist I : Die mythologircbe Gno- ù1to5ex6µtvo; xaL v1t06ex~t<; !;lvoç· llìlwç
sis ( 1934), specialmente 94 ss.; R1~GENBAO 1, lit o v1tooExo~tEvoç l;Evoooxoç. Altri testi in
PHSOW. LIDDELL-Scorr. s.v. Anche bosper
Hebr. }6 l ss.
ha lo stesso cluplkc significato; però il suo
1Cfr. i nessi costanti: q>O..oc; xa). ~tvo.; (Xc- significato ori11inMio sembra esser stato ngno-
noph., an 2 ,1.$), q><)..lo. xat !;<via: ( Dcmosth. rc ospitale, ospirllnte = "bortipotx, siinilc al-
18,)1 s. ; upposco: 1140'6apv'4) e simili; men· lo slavo f.OSpodi = signnrc: ciò che fa del si-
tre oriitinnriamcnrc significava speciolmcmc gnore un signore è la sua ospicalitil; dr. A.
l'ospite, ~tvoç diviene pi11 tardi addiriuura si- WALDE-J.B. H OPMANN, Lu Erymolot.ircher
nonimo d i cpl)..cx; (dr. Suid. ~45: !;Évoç ò q>l· Wiirlerbuch 1 1 ( 1938) 660 s.; -. TmtMf. 81-
l-.oç; Philo, ml. Mos. 1 , 15 ). Già nella cultura X9. 1)9 138.
1I ( t,3) ~lvo~ xù. A 2 (G . Stiihl.n) I I, I l 12
' Cfr. fra l'altro -> TmEMI! 42 s. i German i, è qudla inflina a un membro del·
~ Cfr. Poli. , 011om. 3,6o, s.u. lSc6i;ivo~. la tribt1, che è dichiarato 'straniero', cioè è
' Ri/{uardo a queste idee nel Rii: veda -> posto • I h:indo; r,li antichi codici norvegesi e
Tnt EME 39 s. 68. islandesi proibiscono esplicitamente di prcn·
dersi curn di una tale persona. chiamata
1 Anche il ••nscrito ari, ptr lo stesso motivo,
'Wolf' (lupo); -+ ScHUt.ZE ~01 ~. : anche -+
significa 1.1lvolta amico e tal altra nc:mico; -> THIEME ·M ss.
T111FJ\<E 8 ss. t 50 s.
11 Si trovano esempi in ].G. FRA7.ER, Der
1 -+V. ]JIERINC 368 S.
Goldene lweig ( 1928) 285 ss. (qui, a Prl.288 s ..
? Il significno basilare di bostis (identico a si parlare c.lcll'incantcsimo aporropaico da usa·
forestiero , -+ n. 35) e forse anche dì éx&p6ç re entrando in luogo stran iero); -> ROMLE,
(forll<: passando per hll6~ = Èx't'é<;, da tx; fremde 773.
cfr. -+ BvSOLl'-SWOBODA n 1240 n. '; -> ti -+ v. lt~ EKlNG , I.e., spiega in modo convin-
PHILLIPSON t 127; ... \'(ltUM0WtTZ-Mor.L- cente come la manomza di diritti dello s tra·
Ll!.NDOKfl1 38; divcrsaa1cn1c A. VANI GLK, nicro fosse in origine una misura indispcnsa·
Griecb-lat. etymol. \'f/ortcrbucb [ 1877] II bile per la difesa giuridirn degli ahiranti di
ro,9 e 11. 2 ) ~ cstronco, !lraniero, però col un luogo e insieme un mezzo ne..-.:ssario per
o;cnso originariamente owio di nemico. tenere uniti gli stati primitivi in \•ia di for-
tG Pcrdò la rena più terribile, per es. presso 1uazionc.
!;évo<; xù. B r (G. Stiihlin )
!'ani irn care!l7.a di protcY.io11t· dello stra- ri: negli anlichi caraloghi dei vizi, spe-
niero 1'. J nfatti già pr(,'S'<, i Gn..-ci più cialm1:nte s.: messi in rapporto col tri-
antichi è <li importanr.a tkd~iva che lo buna!~ dcgli infed, il maltrattamento
straniero si trovi so rto la prorezione de- degli ~trunicri viene subito do1>0 l'em-
gli dèi; lo stesso Zeus, b txécnoç, il prn- pie tà contm gli dèi e con tro i gen ito-
tet tore, è il suo rihigk>, e le Erìnn i so- ri )j); ndla morale lìlosofìco-popolarc del
no le sue vendicatrici (-4 coli. 49 s.) 25 • periodo ellenistico occupa un roseo fis ..
Le norme particolari della legge gre· so 'tÒ xa.l}i')xov npbç é,Évouç, «il dovere
ca sugli stranieri riguardanci i ttpo;t- 31
\"Crso gli stranjcri» , e in questo con·
voL
16
e fii
~EVOOiY•.tU 21 , i (J.É"<OLY..OL (mi · testo, nel diffuso genere lerterario del-
POLX.OL)
1
e j ( 1tC1.p)·tnL01']j.lOVV"<E<; ~ÉV~L 19 le opere consolatorie per gli esilinti
fanno parte della storia del diriuo. Per ( ~ netpo.1.wilto1.to.i), si mette in rilie-
il N.T. è pit1 importante notare che vo che solo gli &cppovEs, gli s tolti,
prende forma un certo codice morale ri- mancano <l i rispetto verso lo !;Évoç
guardante il contegno verso g li s tra n i<.~ ( Plut., dt: l'xilio 11 607 a). f)'alrra
;i Cfr. Suid. !; H - L' illlpicgo miliiare dci re- T eod . 6,>4 ; Teod. l3,27 {Simrn. appena primn
sidenti stranieri si ollorsò fino • I redut:tmcn· h• m5pvl), che è C\'idencemcme un sinonimo).
10 di mercenari aU'c;tcro; le g\lcrrc dell'cpo. Che anche ai LXX fosse noi• l'cqui,•alenza di
ca <:llcnis1ica forono condotte in larga misura straniera e mere1rù:c lo dimo:;tra la tr-aduzjo
con queste !ruppe (dr. per es. 1\luson. p. 46, ne (sosrnnzialmente cs:itta) di ziirii con yu-n)
14 s ., fuNSF.: !;Evixòv <T~pauuµa). Anche nei l'topvl) in Prov. .5.J (al v. 20 ancor-• àU.o~p(a
Maccabei si porln <li q uesto tipo di reclu rn- = una do1111a diver>a daf/a propria. v. sopra.
memo (!;EvoÀoyt~v. I Mach. 4,3,; r t,JS; lJ, Cfr. in questo senso A. K VENF.N, llis1.-kri1.
3; ~EVO'tPC'J>lL'I, 2 Alari>. 10,24 ), ma solo da Einlcitun~ i11 die lliicher dcs A.T. li i ( 1894)
parte dei condottieri greci; lo stesso, ci rca i 94 s.; \'Il . F RA."l Kr-MlERG, Obu Abfa.mmgsorl
Giudei, dice Flav. )M ., unt. 13,)73> ccc.; --> 11nd -zeit sowie Art und lnhalt ~'On Prov. /.
BERTHOLET 239 S. IX: ZA\YJ '5 [189~] 120). In q uesto con te-sto
JJ Cfr. anche D ITTEN Bt::k GF.R, S)'ll.' I 4 09,z5; dev'essere PQSl O anche il doppio sen so di lii·
11 68~ ,26 s .; n2.5; non cosl in Demos1h. r8, r im ind icane<: gli dèi stranieri (Deut . 32,16;
51 s. (-+ n. 1 ). d ove lo !;ivoç ("" <,>ll.oç) è Icr. 2,25; 3,13; cfr. onchc I s. 17,10), che sono
contrapposto al µr.:r»~Oç. Una sorprendcmc pure elci proci adulteri : l'idolatria è r.o;i·
analogia di çun1bi:11nen to di sign ificuto si osser~ vtict. I nfinc anche la radice verbale aramnic<1
va nel femmini le i;tv11: come, mettendo in gwr venne a sign ilicorc /amicare, commet-
""ndiro la propria persona, lo !;ivo:; dh·cnta Jcrc ad11/1rrio, pcrch~ oAni ntpjX)no stretto
un mercenario, rosl la çlv11 diventa unn me- degli s1rani<Ti ron Israele era ron:.idcroto
retrice; già nelran1ich itil molte prostitute era- un 'impudici1.ia; cfr. -+ GEtGllR .54 . special·
no sira11icrc; cfr. per es. Chariton 3,> : EUXCL· 111Cl1 1C n . ft, CO!l1C pure Je forme poroJlelc·
'tCLq>pévrri:é v t~-r· j'UVÌI tAOVTJ Xott !;ÉVT1. Lo Mamaiche 1,1;;6ril', forestiero, e giiiòrii', adu/.
stesso cambiame nto semantico si constata in !ero; v. :mche E. GLA:\ER, o.e. (-+ n. 15) 649 .
e braico: 11okrijjti è la meretrice nelruso lin- Allo s te>$0 significato di l;l vl) giunge pct al·
guist ic-u dei P ro•·erbi ( Pruv. 2.16= 7,5; 5, 20; trn via - cioè attr:tvcrso lo sviluppo cqui\'OCO
6,24; 23,27); be nché q ui non si dia più im- assumo doll'attivi t.ì nlbcfllhiera (-> n 13~;
portanza alla sua provenienza stronicrn (-+ d r. -+ FR1F.nLXNllE1t .l48 s.; -+ BLilMNER 454
llERTilOLET 195), il termine m esta chiara- n. 3) - il tt•nnine ~rvla, o.11rria, ostessa; dr.
mente l'origine straniera dell'istituzione (ibid. Sa11h. b. 107 b ( 'k1111' -+ n. 137), inoltre H.
24), la Quale è rispcct:hiata pure nel giud izio G RESSM.INN, \!om r«1cbc11 Mmm tmd arme/I
corrente sulle donne straniere negli stcs.~i Pro- f Atarus IAAB r9 dll 88 n. 4 ; 1-LL. $TRACI.:,
verbi (5,1 ss .; n,14). Per tradurre 11okrijia, i _lesus, die Niire1iker 1111d dù: Cbristcn ( 1910)
LXX scelgono ò:l.}.o-rpla (un'altra, -+ n. •18), 32~ con n . 2. Dd l.1 st~sa sr>cdc era evidcn·
che corrispond e al livellaJOenro di significnto temente una hospi1r1 (tlom cstica di soldati ) in
che il te rmine subi= nei Provcmi; però dr. BCU VII 1690, 4 ( 11 1 d.C.); cfr. Giotto 17
Simm. Prov. 2, r6 : Ò:1tÒ yuvatxòç aÀÀo-rp(aç, ( 1929) 218.
tl1tÒ l;évl)ç ijç o< Àc\yoi ÒÀt.<7lh)pol; Simm. e J.• Cfr. H . 1.foMME•,, o.e. (-+ n. 28) r.155 s.
i;ivoc; xù. B , CG. S1;ihl111 l
Sf/'tlllfrro e per ciò S l<:S'O il 11011/C:J " · sopra n uuo quelli cole i, vivevano fra gli
Ancora all"epoc" impcri:1lc In straniero ab it:111ti dd luogo senza d iscriminazioni
era tcorica mence senza rcttn e S\:lnrt le~ sensibili; spcd:tlmen te ne i cen tri cultu-
gc '"; po teva assicurarsi un ospizio so lo ra li, come Atene, ess i formavano una
procurandosi un amico che lo accogliesse percentuale ragguardevole della classe e-
- <l:ipprincipio infoui gli alberghi non e- voluta . Così in Act. 1 7,21 non si fa d if-
rano aperti agli sc!"'.rnicri, ma solo a lb ferenza fra Ateniesi e stranieri; essi han-
genre del luogo (-+ sotto) - e ottene- no uguale interesse pec li:: novità e le
va la protezione dell a legge solta nto as- Stra nene (l;Evl~ovi:o;). ·
sogge ttandosi a un patrunus. Come cm
b) \/al11t((:àom: dello straniero nella
escluso <lalla comunitil legale, cosl lo
r eligione
s trnniero spesso era escluso (al pari del-
le donne, come per es. ad Eleusi) aocht La posizione della Bibbia verso ogni
dalla comunità culruale 37• In qualunque cosa religiosamente esrranea è chiara-
momen to poi era possibile esp ellere gli mente ncgativn; quella dell'ellenismo è
stranieri che dessero fastidio (come a a mbigua: si rige ttavano i xa:w à lìa:t116-
Spartn). Però, come in G recia, furono vta:, Je d ivin ità nuove, perché non nazio-
nom inati funzionari speciali per i casi na li e - in parte a ragione - perché peri-
giudiziari riguardanti gli stranieri - dal colosi per i cosrumi. ep pure ~i concede-
24 7 a.C. esisteva il praetor peregrinus - va l'insta lfa'l ione di molti culti stranieri;
e già la legge delle dodici tavole, se- nelle commedie si irridevano gli !;EvLxoC,
guendo modelli greci, srnbiliva un:1 pro- si parlava con disprezzo delle l;ivcl.t Òn -
cedura più sbrigativa per l'hostis che 11~/ìcup.ovlcx~. delle sup erstizioni stranie-
venisse accompagn~ to in trihunale dn l re 39 , però ci ~i clava ad esse con curiosi-
suo ospire )Il. t~ manifest:1; ci si d istingueva orgoglio-
Già nel periodo ellenistico, colla crea- samente dai burbari, ma si erigevano al-
zione di più vaste entità politiche, si tari ai dii peregrini.
ebbe una trasfor mazione nel concetto di Per comprendere l'atteggiarnenLO as-
!;ivoc;; esso infatti si :illargò sempre su nto dal variopinro uditorio :11eniese
più e lo 'stran..iero' fece sempre me- nei riguardi d i Paolo ( 11.ct. 17,r8 ss.) oc-
no pau ra, benché :i nche in quesro re- corre considerare come esso valutava
riodo gli esiliati avessero b isogno di lo !:;Évov, spcdalmente in campo re-
consolazione e incoraggiamento (dr. pe1· ligioso. Infatti le cararteristiche della
es. Teles [p. 21 ss.; 12,1 ss.)). Nelle nuova dottrina ( xa:wi) òtlia:xn. v . 19),
città ellen istiche gli !;Évo~ benestanti, e che motivano l.1 viva attesa degli Are·
·'1Hostis è lo stesso c he · forestiero', dr. fc. vinctus, 1nulicr, 11ir,go exerto, scii. iulere.rse
stus (-+ n. 14) 224, ccl. L rNOSAY ( = S» pmbibeha1ur.
Tcubn.): bostis apud a111it111os peregrù111s d1· .IS Ciò è prt~upposto da Plauto, Curculio 1,
ccb<1/11r; similmente Cic .• o/J r ,37; bos1irns ~i- 1,5: si 11a111s c011dictus cum bmu mtercedit
1miC.<'1 stran~o e C11tile; bostifu /acies, in dies. ta1nen es/ ru11t!un1 q11u itnper11nt 1n~ra.
\lcr11il., Ae11. 3,407. si~mfico faccia dì rrr11111r- rii.< (dta10 anche <.la l'cstus 410, LTNVSAY
m Cfr. WALDi>-Pm:oRN" r 640 s.; W,\J.J!L- l =416 Ttuhn .] s.v. status dies ( c11111 hoste }).
H Ol'MANN (--> n . 3) .<.v. ht/Jtis; - > n . 9.
~? Plut., pr111·c. c<111i11g. i 9; 11 1
. 40 d. Su tutta
J6 -+ V. I HE IUN(; 362.
In qu~slir.mc cli'. fr" l'~hro J. LF.11'0Lll1', Anri-
1
7 Cfr. Fes1us r98, eJ. L1NUSAV { = 72 Teubn.): sm1itismu• in der alten W<!lt (193j) 6; O.
fLycsro. extra es/o. St<' e111M lictnr in q111bm· hERN, Die Reltiwn der Grietben 11 ( 1935)
Jom mcris cl1J11titub111 : bmtis (lo smmicro). 2,2~$.
2J (1,7) (l,8) 24
'° La dizione ha uo senso del tuuo diverso 41 Cfr. E. NonnBN, llgnostos Theu,< ( 1913) 31
(demoni strani) in Clem. Al., prot. Gì, t. ss.; DmEl.IVS, o.e. 16ss. e la bibl iugrnfia ivi
41 Cosl K. BORNHiilfS1?1t, Studicn zur Ag. citata (16 11 . 2).
(1934) 139s.; ancl:c PREUSClil!N, ApoJIJ!.. a"·
" Cw11111r111. i11 F.p. ad Titum 1,n (MPL >6,
19. Vi ernno 31lC'hc leggi che punivano cnHa
Jl("ll3 di morte l'import3zione cli dèi >1ranicri;
5;2 C [con l'altra numeraziom· = f.o7 R)l:
dr. Aav. Ios .. Ap. 2,267: ·nµwpia xo:rcl: 'tWV dr. n. d, cfr. pure il i)~b~ ;<aEv<xb<; in JG 12
324,91 e O. KEKN, o.e. (~ 11 . 39) 241; vedi
i;tvov tla-a:yov-i:wv ~Ò\I wp1.<M:O M.vo. 'to;.
Qui si racconta pure l'esecuzione di una sa- ibid. 317 s. qu~mo è detto sullo !;tvo~ i.r.<Tp6~.
cerdoresso, oT< çÉvou; l1iiiE< llEov<;. Ma la si- un ano1ii1no eroe guaritore.
ruazionc generale aimbia del I tttro dopo il pro- <5 Sul rapporto fra xetiv&. e !',lwi cfr. NoR-
cesso di Socrate: 1t0'AM yò.p -i:t7iv !;Ev~xwv DEN, o.e. n "· J· Lo stesso inrNc.•se scrio per
i.rpwv nap•oÉl;ttv-ro (S1rabo 10,3,•8), senza uno r;tvo; l\fò;, OL'ov ouvfia-01U1L E1t<YVWVClL
che alcuno fosse citato in tribun~lc. Cfr. anche -i:-~v ciì.. i)iltLCl'J, è dimostrato d:1I fH'Ornnsole
Flav. los., Ap., I.i:. Sul problema intero vedi nd passo di mal'/. A11dr. 4 cirnto dal NOR·
\VENDLAND, Hc//. Kult 127 ss. DBN.
<l Cfr. M. DTBEUUS, Paulus du/ 1frm Areo
pag (SAH XXIX 2 [ t939 )) H ss. •• I IAkNA<:~ • •1l.m1011 •-3.
!;ivoç x'tl. B 2 (G. Srahlin) (1,8) 16
" Autore ignoto presso J.A. CuMi;a, Ctuen,1 :inche con nt).aç, il proHimo, il virino (Prov.
ili Acta SS. Apo110/orum (1838) 285 . 27,2).
" In realtà zr, come pure 11kr (nkrj), qui e ., Cfr. CREMElt·KOGH 447 ; SCHUMER lii 175
nltrovc ha solo il Sij\nilìcato piì1 debole di u11 n . 7 r (pp . r76 s.); _... GEIGER 3,3 s.; STRACK·
altro (cfr. -+ Bt:RT110LE1' 195); per questo i ll1LLERBECK u 7r6; diversamen te W.C. AL-
LXX spesso lo 1rncl11rono giustamente con ci).. r.t:N, On tbe m6aning of TCpoai)').u-co; in lht
ÀO"<P<Oc; o hepoc; (F.x. 30,9; Eulm 144) e Scpluagint; Exp 10 (1S94) 264-275.
27(1 ,8) t,ivoç x-r)" B 2 (G. St:ihlin) (1,'J) 18
volte col dispregiativo aÀ.À.oqiuÀOL 50 • Pe- niero è una calamità; l'A.T. ne otfrc non
rò già qui al valore etnico si unisce quel- pochi esempi significativi (per es. Gcn.
lo religioso: &J,À.oq>vÀoL diventa aJdirit- 19,4 ss.; lud. 19; dr. test. L. 6,9: tolw-
tura un termine tecnjco per indicare i !;cxv -ròv 'A~po.àp, -ròv 1to.-r~po. i']µwv
pagani (dr. per es. 2 Mach. 1·0,2.5; Act. !;tvov ov-.a., «perseguitarono il nostro
ro,28) 51 • Per ambedue i motivi, perché padre Abramo che era straniero»; dr.
gli stranieri sono nemici e sono pagani, v. r.o). Però, sotto l'influsso dei fauo-
è cosa terribile che essi occupino il pae- ri più vari, il comportamento verso gli
se 52 o che gli Israeliti finiscano all'este- stranieri cambiò presro e radicnlmentc:
ro (lcr, J,I9 e anche 30,8) 51 e soprat- verso il forestiero di passaggio si d imo-
tutto che vi muoiano 54 , ma anche che s trò rispetco tollerante e gli si offrl osp i·
essi, pur risiedendo nel loro paese, s ia- talirà (--+e 2) 55 .
no trattati come stranieri doi connazio- 3. Un cambiamento essenziale nell'ac-
nali ( cC r. lji 68,9; lob 19, t'
[Aquila e teggiameto verso lo straruero si riscon-
Teodozione: !;évoc;, ~ n . lO]}. tra nel caso che egli voglia risiedere nel
2. Già questo dimostra che anche in I- paese, quando cioè da nokri vuol dive-
sraele vale il principio che l'essere stra- n ire gér o tusiib. Allora è considerato un
:;o -+ Gtrcrn 53 con la notR . molto trisu· l'es~re sep0lti in terra str:inier<i.
L:i filoso~• si d:1v.1 do fare per offrire in que-
51 Anche in r Clem. 4,1} e Btm1, 12,2 ciÀÀb- sti casi la sua cnnsolazione; cfr. per es. Ps .-
q>uÀo~, riferiro ai Filistei, mantiene quesro P lat., Ax. 368 d; Muson. p. 47,5 (ed. !lF.NSE);
signifiano; lo stesso senso deve essere sta- E1>ict . r,27,5; Te!~. de fuga p. 29,1 -30.\1 (ed.
to avvenito in Diog11. 5, 17. (i cristiani Hr~'ISF: ); F.picurn om:;one al lrunc.·nto per que·
V7!Ò 'lou&aiwv wç aÀ.À.Oq>UÀOI. TtOÀE(tOÙ\l"t!XL. sta <lisgrnzin la "u"' '<:onsolazionc dcll'uni1B'
Anche nella dizione Ti r.aptµ~o).i) -r:w•1 ciÀ- (-+ n11.l)<X~luMoi111.1): il morto nnn ~nre piè1
Àoq»j),wv (I Mach. 4,Jo; u,68; 1 Clem. 5),4) nulltt, neppure b terra s1rru1ier~: cfr. Pliilo·
si avverrono urnbeduc le va1u ta'l.ioni mcnzionn · dcm., rie mori<' 4; col. xxv 3ll (cd. Mr.ne~).
te sollo a (nemico e pagano; cfr. ST1tACK·BIL· lS Il co111c11.110 diverso degli Ei;izinni, che non
LERBECK I 368, a Mt. 5,44 [a;] ). concedevano ui;li stran ieri la comunità dclii.
Sl Cfr. Lam, 5,l : xÀ T]povo1JL11 -i1w':iv t «-rtO'• mensa (Gen. 43,32; cfr. 46,34) perdté questi
scn1br:1vnno loro crinlin:i:li e ~lvAggi , fu
-rpaqrrJ ci).Ào'tp.:0..;, cl otxoL ,.._.wv l;tvOl-<;. ve·
notato con Jisg<i<to (i discendenti cl'Lsradc a·
di inolrre Os. 8,7; Js. t,7; Ps. 109,YI; Et-d.
vrebbero però su1-.eraro di gran lunga gli E-
6,z, ccc.
giziani nel crattaroento degli s1ranieri,-+ coli.
5' Cfr. l'llt Ti)v /;Év1)v 1!L'11Pcil1XEl111o:t (Plut., 35 s.; 57). G li Ei:izi:mi erano un para·
Solo11 13) ,.. peregre ve1111111 ire (Ccllius 1 0, digm:i dd l'&!;evov (cfr. Philo, Ahr. 107; Sap.
r,47); anche in Israele gli schiavi erano di 19,14) 1tnchc per via di alui episodi; lo era ·
solito di nnzion:llirà straniera . no dcl resto anche per i Greci (dr. liiit.
241; Diocl. S. 1,67; Strabo 17,1,19); lUtrnvi"
~· Cfr. la preghiera di J Mt1ch. G,j: i!mlìz É'ltL.. proprio parlando di un re egiziano Omero
Àaòv lv l;tvn Yii
l;Évov ci/ìlxw~ cir.oÀÀuµE· racconra un esempio di bella Cl'pirnlitit (Od.
vov, nciup; inoltre i Af,,cb. 9,a8 e },9: o 14,279 ss.) cd Erodoto (3,39) narm dell'Mpi·
O'lJXVOÙ<; Tijç na•p.:lìoç cinol;c...WUa.; tni l;t- t:tlità S01mbiara fra il re egiz.i3no i\masis e il
''TJ<; cinwÀr-ro. Nell'antichitl era considerato tiranno greco Policrare.
<Jvoç x"tX. B 2 CG . !\1:ihh11> (1,10) 30
pro tetto speciale dcl popolo (Ex. 22, ma ancht· 1llc110 doveri (cfr. 2 Sam. r 5,
20) '", al tJuale vien ran:omandato, in- i9 )"'- Come in Grecia (~ coli. 16 s.),
sieme colle vedove e gli orfani, collle un questo diritto degli stranieri è radicato
bisognoso (Deut. 14,29 ecc. ) 57 • Però, n<dl:i rel igione; infatti garnnre della pro-
mentre lo straniero di passaggio veniva tezione d ello straniero è Dio, il quale
onorato, e talvolta alrnmenre, come o- «ama lo straniero» (Deul.IO,l8); in luo-
spite, quello residente ern poco st.irnato go di Dio, poi, ne è garante il re (cfr.
come vicino 58 e non di rado era fatto I Sa111. 22 ,3 s.); però, come irnche in a l-
segno a violenze (cfr. per es. Ps. 94,6); tri paesi, patrono d'uno srraniero pote-
anche di questo I'A.T. offre numerosi e- va essere anche una persona di-presti-
sempi (dr. già Gen. i 2.26.2 9 ss. ccc.; gio o un casato influente, da cui l'ospite
nota inoltre la meraviglia di Ru t [ 2,10 ] dipendeva in qualche misura (dr. r
per la gentilezza di Booz e ancora Ecclus Sam. 27 .29 s. ecc.). In ogni caso il dirit-
29, 22-28: ovelÒ~crµòç na.polxlocç, «di- to dcll'A.T., già nelle parti più antiche
sprezzo per chi è stra niero>>, v. 2 3 ). (il Li bro de ll' L\lleanza [Ex . 20, ro ; 23 ,
Tuttavia anche in Israele si venne e- 9]; inoltre Lev. 19,33 s.; Deut. r o,18
volvendo una specie di diritto degli s.) • 1, pone lo strnniero sono la prote-
stranieri; i gi!rtm d 'I sraele, come i l.tÉ- zione della legge 62 ; anzi il ger viene
~o~xoi di Atcne 59, avevano meno ò iritti, semp re più incorpomto nel popolo sotto
Jsraclili erano rr.11taù com~ veri Jl"•Ì•; dr. Mose b11 Chr (1936), H. RvST, D1e frem-
l os. !>.>> ss.; -+ G•Cim>BAUM 46; -+ Bu111. 93. den Cotur: ZMR '~ ( 1939) n 8 1 ss.
61 Cfr. HOLZllEY, ]ahve, der Con lsrads. M C'fr. M. 1.0HR , Der J.limo11s1.edanke im
Sti11 Kampf (l.tf!.m dit frtnulen Gotter vo11 A T . ( 1896); K. i\XF.NPEl.D , D1e jiid. Propa·
res13 il caratteristico duplice :mcggia- fonte P , il paese e il popolo costiruisco-
memo: i pagani lontani da Dio devono no un'unità sacra, lo straniero singolo
e"crc ::1ttratti a lui (dr. ancora Is. che risiede nel paese è totalmente ag-
45,14 ss.; 56,1-8) e nel grande stato teo· gregato, dal punto d i vista religioso, al-
cratico <li Ezechiele gli stranieri vengo- la comunità (cfr. 2 Chron. 15 ,9): egli
no equiparati agli Israeliti come eredi viene trattato come un fratello e ritenu-
dcl paese (47,22 s.); invece i pagani sen· to 'connazionale' (Neem . 10,29) 66. Non
ui Dio devono essere annientati (cfr. il sangue e la terra (come in Detti. 2 3 ,1
ler. 46-51 ed Ei:. 25-32). ss.), ma la religione e la terra sono ora i
Nel periodo post-esilico questo aiteg· fattori costitutivi dell'unità nazionale.
giamento s'irrigidisce ancora. Si cerca Di comune e peculiare neglj atteggia-
d'incorporare sempre più strettamente i menti dell'A.T. verso gli stranieri vi è
gi!rim nel popolo (cfr. ls. 56,3 ss.), mcn· questo: che essi in definitiva si ancora-
tre questo sì chiude sempre più ai goim. no nella responsabilfrà verso Dio. Per
La costruzione del muro di Nccmia sim- amore di Dio si ha pietà dello straniero
boleggia la parete divisoria fra il popo- residente nel paese, e ancora per amore
lo di Dio e lo straniero: xcxt txwpwlh1- di Dio si combattono aspramente gli
<:Jocv ot vtot 'J<:Jpci.:1))... cinò ncxv-.òc; vtov stranieri pagani; ma per lo stesso moti-
ci)...)...o-.plov, «e i figli d'Israele furono se- vo si cerca pure di aggregare gli stranie·
parati da ogni figlio straniero» ( 2 F.o'òp. ri al popolo di Dio. La q>LÀo!;Evla. del-
19,2). Tutti i matrimoni misti vengono 1'A.T., giuscamente lodata, come la µ1r
proibiti e si giunge a sciogliere quelli uo!;EvLCX giudaica, che ahrettanto giu-
già conrracti (Esdr. 9 s.) 65 ; un'aspra op- stamente è condannata (-+ qui socco),
posizione, poi, si instaura contro 'un po- sono entrambe fruttO dell'impegno reli·
polo straniero' residente nel paese, cioè gioso.
contro i Samaritani. Ma poiché per la P> 1t t"rdo giudaismo. li riliurn dello
teologia del tempo, rappresentata dalla !;EV~x6v in cuttc le sue forme in campo
ganda als Vorliiu/eri11 und \Vegbere1/erin der l · Pita tordi il rilimo si fa gcnerolc; dr. nn-
urchr. Mitsion, in: Missionswisscnschaftlichc <"Ora lub. 30,7-17; Tob. 4,12 s.
Siudicn, Festschr. f.G. Warncck ( 1904) r-80; fO Egli non è parificato rotalmente in compo
H. GRESSMANN, ]iid. Mission i11 Jcr \Ylerde- civile, com~ non lo sono i meteci in Atene e
:.eit dcs C!Jristentums: ZMR 19 (1924) 169- i pcrl'gri11i in Roma (specialmeruc rignordo
183; E. SRLl.IN, Der Missionsgedt111kc im A.T.: all'ncquisto <li terreni); I.o è però in campo
NAMZ 2 ( 1925) 33-45.66-72; -+ BEttTllOLE'I" giudizi:ario (cfr. Lev. 24,22; Nmn. 35,1,) e SO·
J 13 ss. 191 ss. prnttullo in quello .-eligioso (fottu eccezione
per la pasqua , Ex. 1248, e forse per la festa
65 Ancoro al 1empo dcl Deuteronomio non e- dei tabernacoli, uv. 23,.p); in futuro, quando
sistevano prcgiudi7.i roniro il mairimonio con il popolo di Dio sanì perfetto, alcuni stranieri
donne straniere; dr. J. WELLHAUSEN, Tsraeli- diverranno pcmno sacerdoti e leviti (Is. 66,
tiscbc 11nd iiidische Geschichtc 7 ( 1914) 88 n. 21).
i;tvoç x'I").. B 1 (G. Sriihlin) (1,12) -~(,
religioso era una cosa ovvia anche per i bedc iv 376; Gal. 2,12 ss.} e, non uh i-
Giudei del periodo segueme 07 • Ma que- mo, dal drastico rifiuto d 'ogni connubio
sto atteggiamento di rifiuto era scanda- ( ~ n. 6 5 ). Anche la violenza con cui i
loso per gli altri quando si estendeva a Maccabei e lrcano tentarono di ottene-
tutti i non giudei. Già Eca teo diceva eh~ re delle conversioni possono aver influi-
Mosè (Diod. S. 40,3A) otà -yàp -ri)v t- to nello stesso senso (dr. ancora Flav.
ola.v !;EV1')À.O:C1(o:v àit<ivllpW1tOV -rwa XCI.~ los., vit. I I 3 }, come pure le rigiJc.: re -
µ1a~C\IOV (3lov tùrrrri)<ro:-ro, «data la strizioni nel commercio e nei mpponi
sua xenofobia prescrisse un modo di vi- con gli estranei ( cfr. Abodà Zarà x, r.8;
vere inumano e ostile agli straQ.ieri». 2,1-4; 4,8 ss.).
Che i pagani giudicassero il modo di vi- Ma questo era solo un aspetto della
vere giudaico ostile allo straniero 68 , è di- s imazione. Già rn:gli ultimi unni avanti
mostrato anche dalle aggiunte dei LXX Cristo v'erano due partiti: quello orto-
a Esth. 3,13d.e, come pure altrove 69 • Se dosso, xenofobo, per il quale straniero,
c'è un libro della Bibbia che giusrilica pagano e ateo erano tutt'uno (cfr. Ps.
questo giudizio, esso <: proprio quello <li 69,9!) e l'altro, numericamente forte, a-
Ester. Anche quelle aggiunte non riesco- perto agli s tranieri, ma a sua volta sud-
no a cancellare questa impressione. Jl diviso in vari gruppi. L'apercura c.:om-
morivo di questo giudizio fu forse for- portò in alcuni In prevalenza di in8ussi
nito in primo luogo dalla prassi giu- stranieri (così accadde ad Ancioco E -
daica dell'isolamento, dovuto a ragioni pifam:, a Erode il G rande e ai loro suc-
cultuali, quale si aveva per es. nei ghet- cessori}; in altri invece la disponibilità
ti concessi dal favore dei diadochi (cfr. all'azione missionaria (dr. Ps. u9,46,
Flav. Ios., beli. 2,41$8), come pure dal- ecc.). La xenofobia è presente anzitut-
l'ostentata avversione ad entrare in ca- to nei libri di Gioie, Ester, Giuditta e
se di pagani (dr. lo. 18,28; Act. 10,28) nei Salmi d i Salomone (cfr. specialmen-
e a sedere a mensa con essi (Iub. 22,16; te 17,28: xat 7t<Ìpo~Y.oç xat cH.À.oytvi}c;
Sanh. 63 b; Sanh. 104 a; Strack-Billt:r- oÌI 7ta.po~xi)C1~~ o:ù-roi:c; g'Tt, «né ospite né
67 Pec ~s. AbodJ Zar~ 3,1·4,7; cfr. per es. ss.); esso emerge, più chiorame1\1e che in E.
SCHLAl"fER, Theo/. d. fudentums p s. caceo, nella storia egi2iana di Manetonc (dr.
08 Quesro rimprovero corna di conrinuo nelle Flav. Ios., Ap. 1,22 7 ss.) ~ in segui10 è possi-
voci ancigiudaiche citat• in Flav. Ios., Ap. bile seguirne la e<mamc intensilica.tionc (cfr.
Cfr. inoltre Diod. S. 34,1; Tac., hist. ;.:;, che STXHELIN, o.e. 9 ss.). L'rntisemitismo cm cvi·
auribuisce ai Giudei un adversus omnes a· dentcmcnte provoc,110 in primo luogo cfolla
lios hmtile odium. Sembra tuttavia che, ciò convivenza di Giudei e pagani in città come
malgrado, l'arceggiamento verso i G iudei fi. Alessandria e dalle frizioni che ne risulrnvano
no al periodo ellenistico non fosse, per molti (dr. Flav. Ios., bell. 2A87 ss.; Sctti.iRER m
a~pcui, ostile (cfr. F. STAHELIN, Der Ant(semi- 126 s.), come pure da alrri numerosi morivi,
titmus dts Altertums [1905] .3 ss.; SCHOREB soprar tutto dall'impressione che i Giudei o-
Ili 156). Il capovolgimento dcl giud~io e con diassero gli stranieri; dr. I. HEtNEMANN, arr.
esso l'ecumenico . antisemitismo dell'antichità, 'Antisemitismus', io PAULY-WISSOWA, Suppi.
di/fusosi ben p~sto, noo fu caus•to inizial- 5 (1931) 3 ss.; ]. Lllll'OLDT, Antisc111itism11s i11
mente da Antioco Epifane o da.i 1'obiadi di der alten Welt ( 193 3) 16ss. Del resto già il
stirpe gjudaica che lo ronsiglia\•ano (come af· Libro di Ester suppone l'esistenza di forti
ferma H. GRAl!T<:, Ursprung der zwei V er- correnri antisemitiche all'epoca persiana (cfr.
le11mdungt!11 gegen das ]udentum vom Esels- ibid. 8 ss.).
kultus und vo11 der l.ieb/osiikeit gegm An· 111 Cfr. Boussi;r-GRllSSMANN 91 s.; -> Ui;x-
dersgliiubige: MGWJ 2l [ r872) 193 s. 199 THOLET 3o6 SS.
i;,Évo~ X'<À.. B 2 (G. S1iihlin )
Xl -+ BERTllOLET i66 ss. 271 ss. 274 ss. 29t versi gradi di accosramenro al giudaismo.
ss .; dr. r erò SCHLATrnR, Theol. d. f11de11- " Vedi SrRACl(-BlLLERBECK u 549.76r s. (e);
1111nt 240 s. ScHUREJ\ rr 329 con n . 57 (1es10 e bibliogr.i-
li Qr. H. G RESSMANN. o.e. (-> n. 6~) 169 ss. fia).
11 Gli V! Imim vengono menzionati raramen- 7S Cfr. anche la sep:irazione dci Giudei dagli
te nella letteratura rabbinica ; cfr. STR ACK- l;évoL manrc:n\lla perfino nella fortezza di Mn·
ll1LLF.RllECK Il 716 S. 719 S. cherome durante l'assedio (Flav . Ios., beli. 7,
1'l Cfr. ScHiiRU m 166 n . 49; 172 s ., sui di- 191 ).
t i ,10; xù•• B z (G. S1iih li111
mento riservam alla sua ci11:1 santa ;6 , niero viene per farsi proselito, gli si por·
dall'altra il trionfo del cristianesimo, ga la mano per condurlo so110 k ali
che liberò la religione biblica dalle re· dclb Sh.:kinà», ora si contmpp"nc l'al -
strizioni nazionali. Per i cristiani non e· tro deuo (Sanh. ;. 29b,31 ; Midr. Ex.
sistevano più 'stranieri' nel senso giudai· 66 a) ~eco11du cui si deve cuç<:i<m: i l
co; invece loro stessi, specialmente i giu· proselito colla sinistra e trn scin:1rlo
dco-cristiani, vengono dai Giudei trat· via colla J estra si. L~ baraica ui
Jch.46 a
tati come stranieri, anzi come pagani (Strnck-Billerbeck 1 106,b) poteva hcn-
(Diog11. 5,17: wç
à.)..)..6cpvÀOI. 'ltOÀE!lOUV- sì sostenere come opinione di «tutto il
Ta.~. «vc:ngon combattuti come stranie· mondo»"' che chi avesse ricevuto il bat-
ri») 77 • tesimo dei proseliti doveva esser ritenu·
Dopo la distruzione dello stato giu· IO proselito anche ~e non era stato cir·
daico i rabbini persistettero nella sepl· conciso; ma prevalse l'opinione che ai
razione nazionale e religiosa dagli stra· proseliti imponeva il battesimo e la cir-
nicri (g6im / nokrim) 78 • Furono ricono· concisione 85 • Certo, si sperava che ci fos-
sciuti come non stranieri solo quelli che se un grande afflusso di stranieri nel
erano entrati nella comunità del popolo tempo escatologico 86, ma per il presente
colla circoncisione, e anche essi furono molli non volevano più saperne di ac·
giudicati con moira severità 19 e non ven· cogliere proseliti, o pe.rlomeno rendeva-
nero parificati del tut to ai giudei di no loro difficile l'accesso " · Del resto il
nasci ca 80 • Col passare dcl tempo si ri- passaggio completo al giudaismo fu
scontra sempre meno la tendenza n con· proibito dai Romani dopo l'ultima in·
venire gli stranieri u. La mitezza di Hil- surrezione giudaica; cfr., per es., Spa r-
lel, che rendeva possibile l'accesso a pa- tianus, Septimius Severus i7: Iudaeos
recchi pagani, dovette cedere il posto al- fieri wb gravi poe11a vetuit.
la durezza di Shammai 82 • Al bel detto D'ora in poi si distingue il gèr-!edek,
del pronipote di Hillel, Shimon b. Ga· il «proseli to della giustizia», cioè vero
r
ma lici ( Lev. r. 2 ,8 I 34 b] : «Se lo stra· e proprio, dal gèr-tolàb ", che è lo stra·
!I') Per es. Deut. 10,18; -> 111, col!. 679s., n S. BERNFELD (e nitri), Die Lehren des juden-
35. L'unico inevitabi le eccezione vien fatta per lums u ( 19221 204 ss.; }. Ww;L, Das juden-
Deul. 1.i.21 (STB.ACK· l3111ERllECK Il 7r8). t11m ( 19JT I 92 ss.; .J.S. R1oc11, / srnel und Jie
'l.1 Or. speciolmcntc Scm'.iRER ll1 175 n . 71. Votker (1922), e«.
91 Cfr. i terribili passi citati in ST RACK-IllL· 9s Cfr. G. MARX ( = G. DHMAN), }udirc!J.-s
LEltBECK I l H s.; i.t1 •kuai (S. Derii. 5 181 Fremdmrcrhl, a11tiumitische Polrmik rmd ili·
(108a] a 19,4 s. e 5111 [97h) a 15,2) si di- discl'H! Apologcflk ( == Schriftcn des lnstitu-
l'e cspr~-ssamentc che l'amore del prossimo tum J udaicurn in Berlin , nr. 1886), çonic pure
non riguarda il ger-1'1J1ib; in M. lix. 94 ba 2T, la tendenziosa apologia giudaica di D. HoFF·
35 (ibid. 3,6) v<'ngono csc::lusi anche il samari- MANN, Der Schulchan-Ar11ch unti die Rnbbi-
uoo e il nkrj. Il giudRismo è più lontano do.I· mm ùber Jas V erhiiltn is Jcr Jude11 :.11 An-
l'amor del prossimo che non gli antichi P•E?a· dcrsglii11bigen ' ( 18!14).
ni; cfr. ibid. 356 s. la discussione con autori 9' Cfr. G. MARX , o.e. 38.
giudei . 93 !}Al regno rnessionico sono esclusi tum 1
91 Cfr. i passi in SnACK-BJLLERllF.CK 1 359' residen1i avventi.i e i forestieri (Ps. Sai. l7,
363 ; m 139·rn; J\' 313-383; W 1mu 57 ss. 28; ]eb. 24 b; STRACK-BILLERDl!CK I 929 ; inol-
65 ss.; -> BERTllOt1'1' 346 ss.; t'OrHrar ic sono tre Setll'r Elij R. 20 [ 120 ]; S TRACK-DtLL.llR·
le considcr:12ioni unilaterali e lilogiudaichc di BEcK lV 778 ; cfr. ibid. J006 ~ .. anch~ 111 63).
l;évoç x'TÀ. B 3 (G. Sc iihlin)
giorno provvisorio? o si tratta forse di la promessa che essi porranno vivere se-
pagani? Questo consiglio (uvµ~ovÀ.tov) parati dai pagani nell'altro mond~1. cosl
del sinedrio è un'espressione di q>tÀo!;E- come lo sono in questo (S. Deut. § 3i5 a
via. o di µuro!;Evlo.? I commenta ri al ri- 32,u ).
g_uardo tacciono 96 • Alcuni però ricorda-
no la dizione qibré b•11é ha'am, «tombe J. L'alleggiamento dei cristia11i verso gli
dei figli del popolo», di Ier. 26,23 e 2 stra11ieri
Reg. 23,6, che indica il cimitero di quel-
lo strato infimo della popolazione che Il cristianesimo in espansione ha in c<r
non possedeva tombe private 97 ; tale mune coll'A.T. (-Holl.3 1ss.) e col giu-
luogo, come dimostrano i passi citati, daismo(~ coli. 35 ss.) il rifiuto cli tut-
era considerato impuro . Qui potevano
essere sepolti delinque nti e stranieri; to ciò che è religiosamente estraneo (cfr.
infatti gli l;Évot non potevano possedere per. es. Aristid. I 5,7 ); ma, a confronto
tombe di famiglia in I sraele 98 ; la tom- con l'imperfetto e variamenre deforma-
ba di . famiglin era il segno del diritto cli
cittadinanza"'. Secondo questi dati, Mt. to amore per lo straniero che si ha in-
27,7 porrebbe indicare real menre degli torno al N.T., Gesù presenta l'amore il-
Israeliti privi del diritto di cittadinanza limitato e incondizionato dello l;Évoc; co-
o residenza in Gerusalemme; cosi ci si me un caso speciale dell'amore dcl pros-
troverebbe in accordo con la tradizione
antica, ripresa e sviluppata nel Medio- si mo (analogamente a quanto già aveva
e vo 100, seguendo la quale anche Lutero fatto la legge di santitil, cfr. Lev. 19,
traduce !;ivot con 'pellegrini' 101• Ma i8 con il v. 34 e ~ n. 61 ): spesso pro-
questa interpretazione non è esatta, poi-
ché è difficile pensare che ai pii Giudei
o
prio uno !;tvoc, sarà ttÀT]<Tiov µ ov, «il
della diaspora venisse assegnato un luo- mio prossimo». Però Gesù non pre-
go screditato da una tale origine e da senta questa interpretazione del massi-
un tal nome. Il passo indica invece che mo comandamento sotto forma di pre-
l'impul'o luogo è destinato agli impuri
pagani; la decisione dcl sinedrio non è cetto, bensl 1. in forma di parabola:
dunque un atto di beneficenza ipocrita, Le. ro,30-35 - la risposta alla domanda
ma di quella 1uo-o!;Evfo: la quale mantie- chi fosse il prossimo doveva apparire
ne separati anche nella morte gli impu-
ri stranieri dai propri connazionali 102 chiara (cfr. vv. 36 s.): il prossimo era lo
e dalla quale è derivata ai Giudei ancht: straniero, il samaritano (dr . 17,18); 2 .
96 K LOSTllltMANN, lift., ad I. si pQne il qu~i· liinde ( 19jo) 2 07 s. (qui si veda pure quanto
to, ma non rispQnde. è detto sul p roblema del luogo).
91 Cfr. A. BERTllOLET, Kulturgescbichte / . IOI Cosl fra gli altri anche __. WONSCIUl 349·
sraels ( 1919) 140 .
I02 Nella norma di Git. 61 a &zr.: «Si scppelli-
9' Gr. __. BBRTllOLET 85.
3C'100 i defunti desii stranieri con i defunti
9? Perciò era considerato un disonore l'esser
degli Israeliti., la preposizione 'con', sccondo
sepolti in un cimitero comune; cfr. J. Wi:.LL- l'esegesi di Rashi , non si,gnifica 'nello stesso
HAUSEN, o.e. ,__. n. 65) 97. luogo', ma 'ndlo SICSSO tCmJ:lO' (H.L. STRACK :
1110 Cfr. G.
DAI.MAN, Orte 1111d 1\'1egc Jesu ' TbLZ I!) [ 1894 ) 637; STKACK-BIU.EIWECK
(1921) 265 s.; Jo.. ]eruM/em und sci11 Cc- ;lio).
l;év:>; nÀ.. B 3 (G. Stiihlin)
nel grnn<le quadro del giudiiio in .Mt. gono pagati già 111 questo mondo e il
25. Il cri terio della se ntenza è q ui, fra capitale nell'altro (Shab. 127 a; ibid.
l'altro, il contegno verso lo t,évoç, il 560 , ~ col. 5i l-
quale perciò anche per il N.T. è eo ipso
A <.-. onfronto di tutti questi esempi
u n bisognoso e un infelice, posto fra
non cristiani, in Mt. ciò che costituisce
l 'asseta~o t: il nudo 101• Il destino eterno la motivazione nuova 107 per questo cri-
d'una persona dipende dal fotto che es-
terio di giudizio è che Gesù stesso è
sa accolga ospitalmente il forestiero ( ~
uno l;Évoç.
coli. 57 s. con n . 148) oppu re no.
Anche alt re religioni avevano pos to
Quest'idea non è nuova 104; anche nel- in certo Ìnodo il forestiero sotto la pro-
la religione parsica (Yasht 22) l'ospitali- tezione immediata della divinità 106• I
tà verso chi viene da vicino o da lonta- Greci dicevano che Giove vendica il fo.
no d iviene il cri terio in base a cui si de-
cide il desti no e terno dell'anima 105• Lo restiero ( ~ coli. 4 9 s. ); perciò aver ti·
stesso risulta dalle rappresentazioni gre- mo re degli d èi equivaleva ad essere be-
che dell'al di lii, d ove taluni ve ngo no nigni coi forestieri (Horn., Od. 8,576;
punici pe r l'ingiustizia compiuta a dan-
~col. 14). L'A.T . afferma: Dio ama il
no d i forestieri Ul6 e~ coll.17s.; Aesch.,
Eum.267 ss.; Aristoph., ran. 147 ; P lut., forestiero, perciò anche voi dovete a-
scr. num. p1111. 30; II 566 f; dr. Vergil., marlo (Deut. ro,r8 s.). Ma Gesù di-
Aen. 6,609). Anche presso i Giudei si ce : il forestiero sono io; perciò in lui di-
dice talvolta che l'ospitalità verso i vian-
d anti stranie ri procu ra l'ingresso nel mostrate il vostro amore per me m (Mt.
mondo futuro, anche se si tratta dell'i· 25,35.43; dr. vv.38-44). Questo è il più
dolatra Mica (I ud. 17 s., specialmente pe rsonale e dire no legame dello !;tvo.;
t 8,2 s.; e&. Sanh. rn3 b, in Strack-Bil-
lerbeck IV 567 ); infatù l'ospitalità è una co l Signore d ivino che si possa pensa re.
d i quelle opere buone i cui interessi ven- La differenza d al giudaismo e dallo stes-
IOJ L':iccoppiamento ' forestiero e mendicante ' tra •l'cl~mento forse specificamence cristiano"
(n "twxb.:;) è ro,çtamc pr~ i Greci e special· di nma la pericope.
mcme in Omero (per es. Od. 6,208; 18,106)
105 ... SCHULZE 20J ss.
(-> n. u 8); lo l;t-Joç si trovava infatti in una
siwazione sostanzialmente uguale a quella del- 1"9 La leggenda popolare ha mst1an12zato il
lo 1t"tWX6ç e dello lxfrriç, dipendeva cioè dal- mito degli dèi travesti ti da uomini (-+ col.
la grazia e daU a misc.ricordia alcrui ; -> NX- 62), piegando in senso più rozzo il pcmiero di
GELSBACH 297 ss. Gesù e immaginando che egli percorra la 1er-
IO< -> W11tENHAUS ER. ra rnvesrito da forestiero per mettere gli uo·
mini alla prova; \'cdi esempi di tali racconti
105 Cfr. H. H iiDSCHMANN, Die parsischc Lt:h·
in J. BoLTE·G. POL{VKA, Anmerkungen zu dc11
re vom ]enseits und jiingsttn Gericht : Jahrb.
Kinder· 1md Hau1morchen der Briider Grìmm
pr. Th. 5 (1879) 203 ss.
2 (191-') 2rr n . 1; 2I4; 218s.; 225s.; M .
106 -> DlllTEKICll 163 ss.; cfr. C.C. VAN Es-
LANDAU, Die Erdenwa11dlt111gc11 der Himmli·
SllN, Did Orphic influcnce on Etmscan tomb scben 11nd die \V iim che der Mmscben: Zeit·
pai11ti11v cxist? ( r927) 62 :<S., specialmen1e 66. schrift fiir vc rgleichcnde Littcrarurgesch . 't
107 In ciò anche BULTMANN , Trad. r;o, riscon· (1901) r4s. 23ss. JO.
!;tvo; X"l'Ì• • e (G. Stiihlin)
so A.T. appare per es. dal confronto di Diversamente da Mt. l.:S stanno le co-
Mt. 2;s,35 ss. con Prov. r9,17: oa:11LSEL se in 3 Io. 5; qui çÉvo<; (come aggettivo}
è congiunto esplicitamente ad Ò.OEÌ.q>oç:
1'E~ ò H.Ewv ,.-.wx.6v, «chi ha pietà del si trana della cura dedicata ni cristiani
povero presta a Dio» 110• Qui la cura stranieri e precisa mente ai missionari,
del bisognoso equivale a un rapporto che nella loro opera d ipendono daU'ac·
cog lienza (Ù7tolaµ{36:vnv, v. 8 ) che loro
d'affari con Dio, mentre per Gesù essa
riservano gli amici delle altre comuni·
è un dono ricevuto personalmen te da tìì HS_ L 'autore della lettera loda Gaio
lui 111 • In tali parole si cela l'idea fonda- come uno di questi amici: à:ya.nT)'tÉ,
'lUO"tÒV 'ltO~Ei:ç o Éà.v tpyfurn El<; 'tOÙ<;
mentale del vangelo: decisivo nel giudi-
dotÀ.cpoùc; xat -toiho çivovç, «carissimo,
zio è il rapporto totalmente personale tu agisci fedelmente in ciò che fai verso
con Gesù. i fratelli, e per di più stranieri».
Resta solo una domanda: chi è lo l;é- Parlando del giudizio, Cristo ha ele-
voç con cui Gesù s'identifica? È solo vato l'ospitalità al grndo cli comanda-
un cristiano giunto da un altro paese, mento supremo; a ciò corrisponde la
oppure un forestiero qualunque? E pa-
rimenti, gli èÀ&:.xLo"toL (à:oEÀq>ol, vv. 40. parte importante che essa ha nella lette-
45 ) sono soltanto i discepoli, o tutti i ratura apostolica (-+e 3 ).
bisognosi? 112 Senza dubbio, bisogna ri-
spondere che, a differenza della perico-
pe parallela 10,40-42 e dei µ.Lxpot ivi C. IL COSTUME DELL'OSPITALITÀ
menzionati (cfr. 18,6 ss.; -+ vn, coli.
23 r-240) 111, quest'ultimo tratto del Lo straniero, n cui originariamente
messaggio di Gesù in Ma1teo ha la stcs- era interdetto ogni diritto, veniva in
~a portata universale (cfr. vv. 3 t s.) del
certi casi compensato largamente dal-
primo (5,3-10) 114 : tutte le idee morali
dell'umanità sull'amore degli stranieri l'antichissimo costume dell'ospitalità.
trovano compimento nel criterio presen- La radice di questo nobile costume dif-
tato da Gesù, che è questo: in ogni fuso in tutto il mondo dev'esse re stata
!;tvoç, anche nel più lontano, si ama lui
stesso; da ciò, quindi, dipende la deci- primariamente la coscienza profonda che
sione estrema e determinante. tutti gli uomini hanno l'obbligo, tutela-
110 Quest'idea fu accolta e sviluppata dal siu· degli esegeti in Mt. 25 sceglie l'inierprct•zionc
daismo rabbinico; dr. Sbab. 127a, -+ coll.4' s. più strerra; dr. per es. K1.0STE&'l.1ANN, Mt., e
111 Questo ospetto personale va perduro an- NT Deuuch (ScHNIF.\VINO), <Id I.
che se si intcrprern il pensiero di G.:sù se· 114 Ambedue i tratti sono, per Gesù, prototi·
condo l'etica idealist.irn: ciò che si fa per a- pi di un'az.ione che è dono di Dio [-+ col.
more della pura idea dcl bene è come se fos- 6 1) e d i premio dato per grazia; cfr. SCHNIE·
se fono a Gesù stesso (H. J. HoJ,TZMANN, WtND, I.e.; ScHLhTTER, Mt. ;25 ss.
Ntlirhe Tbeologie 2 [ 19 11] t 394 ). llS Cfr. G. STiilluN, Urchr. .Mi1sionspraxis,
lll MICHEL (-+ VII, roll. 247 s.) si pone il pro- in: Grundziige der Missionsarbcir ia zwei
blema senza risolverlo (cfr. però ibùl. n. 4t). .Jahrtausenden r ( = Sendcnde Gemeinde nr.
113 In C<.lnsidcrazi<me di essa la oiaggiomnza 60, 1940) IO.
~9 ( I ,ti•! !;cvoç x-:À. C r (G. S1ahlin) (1,17) 50
10 da Dio, di aiutarsi a vicenda. Cfo si- to '" e l'ingra1i1udine verso l'uomo ospi·
gnificano le tradizioni di v:1ri popoli, tale (cfr. Hom. Il. 13,623 ss.; 3,350 ss.),
«la dif.esa dell'os pira lità» (Su idas E; .37 );
special mente il pocere d 'asil o attribuito
lo s tesso vale per i D ioscuri 120 e in mo-
a templi ed altari (cfr. Diod. S. 13, do dcl tutto speciale per l'Erinni, che
26 ) 116: lo sttaniero è ospite di Dio, pe r- vendicava non solo i genitori, ma anche
ciò il timor di Dio ne im pone la p ro te-
gli ospiti maltra!'tari tZ1.
zione. L'ospi talità dei santuari si rico-
r. L'ospitalità presso i Greci e Ro-
nosce in ciò, che i forestieri preferivano mam
abitare nelle loro vicinanze, diventando
a} L'ospitalità privata. Per i Greci la
ierod uli (dr. !ud. 17) in senso lato, o si
liberalità ospit.ile era il carattere decisi-
mettevano sotto la protezione di una fa- vo della civiltà; anche se, come s'è già
miglia sacerdotale (dr. Lev. 22,rn). ricordato (--+ col. i6; n. .i5, alla fine )
non si può dire che essi, considerando
I Greci e i Romani 117 ravvisavano so- se s tessi ospirnli 112 e gli altri inospita-
prattut10 in ZEvc; Eiv~oc; 111, il quale ven- li 121, distribuissero equamente le luci e
dicava l'on ta dello s tra niero maltrar1 ~ - le ombre. Comunque, già i.'epka d assi-
Ili Sul costume dcli' 'asilo'_... n . 25. Anche la m Cfr. Aesch., Eum. 26i 's ; essa ~>er.<eguita
Kaaba maomettana vale come luogo d'a<ilo; lino ogli inferi il viobtorc dcll'ospirnlit11, che
cfr. Hondwbch. de.r I.rlam (194 1) 243. ivi è castigato piìt di tuui ; dr. Ph11., ser.
lll Piìl che il foppiur boipilalis (Cic., ad IJlllll. pun. 22 ; 11 566 F; anche Plat., /~g. 5,
Flav. los., Ap. 2,269); forse per la loro pro- MO! 297.
verbiale xenofobia il Mar Nero assunse ne.I· Cfr. Aristot., clh. Nic. 4 ,}.1 u2b 19·J12] a
121>
l'etimologia popolare il nome di Ilovi:oç t9: la µeya.ÀonpÉ1ma. si dimostra fra l'altro
"A!;Ewoç (cfr. M. VASMER, Real/ex. der Vor· con ~tvwv Vitoooxat ibtoo"to>..a.l x't>... (Cic.,
geschichtc r2 [ 1928 ) 2.f r); esso divenne un olf. >,r8) .
1tOVToç Eii!;two; solo ('Qn la col.<1niv..azionc
greca .
m C&. per es .. Od. 1,3Hss.; 24,28p.
m E la scnsihiliti\ moderna che qui si chiede
Il~ Cfr. Hom., Od. z445 ss.; Ovid.,mct. R,610 se la peon per la mancanza contro l'ospitalità
>s.; fasi. 5,499 ss.; ... &aiimR 23 ss. non fos.<c troppo dura (cosl M. LANJ>AU , o.e.
l 2$ Ambedue i motivi, quello religioso e quel- r... n. ro9 J 12; dr. pcraluo ibid. 29 s. altre
lo umnno, si trovano gi~ congiunti in manie- Jcueodc con lo s tesso motivo).
ra classica nelle parole del bra\'O porcaio Eu· 129 Sui cos1umi pani<:olari dcll'ospiralità all'c·
meo, che si dimostr:i ospitale verso Ulisse: poca omerica -+ EGEREA • ' ss.; -+ Bu c.H-
é.la ~év~ov &lo-a.~. a.V-.òv ll'H.nxlpwv (Hom., HOLZ 38 ~s.; sugli stessi per !'e.poca romana
Od. 14,389). Presi insieme, i d ue motivi pro- (con documen1i originali), M. JoHNSTON, H os-
ducono il sentimento dell'a{llw<; verso il fore- plles Venturi: The Classic:il Joumal 28 ( 1932)
s tiero (-> mli. r 2 s.), che perciò è J euo a.t5oi:oç 197- 2o6. Sull 'inrero tirgomcnro -> LF.ONl lAH!l;
(cfr. I Jom., Od. 5,447; i5,373); -> Ni\cet.s· -> DusoLT-SwonoD.1 11 n4' ss.
'i! 11,J8) <:,ivo<; X'<Ì,. et (G. Stiihli11 J (1,18) H
blica che si dimostrò ncce:;:..1ria col cre- conùnuaziunc di questa istituzione pa·
sce re dcl traffico e cnminl'i<'> .1 comp:lri- gana, sor~l'l'll poi lorn1lde attigue a si.
rc nel IV sec. 130, quella ùdle oscerie m . nagoghc ' 11 e a r.antuari cristiani •l•. Do-
Anch'esse ebbero origine nell 'ambito re- vunque Aiungeva l' intenso traffico del-
ligioso; infatti le prime oscerie (miviio- l'epoca cllcnisrirn sorsero simili nlber·
XEL<X oppure !;tvoi:po<PELa) per i pellegri· ghi sotto mo lti nomi 134, fra cui nel N.T.
ni furono aperre all'ombra dci templi (a si trovuno rcaviioxEfov us. xa'tciÀu1.1a 11•
Delo, Del6, ecc.). PanilJelamcnie e in e !;t:vla 01 •
I.IO Però già nell'epoca omerica esistevano le ì,u11a una casa privata (-> n. 14j).
cosiddcuc MO'Xr:tL, luoghi pubblici di ristoro 137 r.fr. Hcsych. e Sui d., s.v.; forse anche Ec-
che, come i C3mvanserragli dell'Oriente, offri· clus 29,27, cod. B• (RAHLFS : olx(ctç). Questo
vano solo alloggio per la nou e, m3 venivano signi6aito è sostenuto particolarmente dnll'u.
in pratica utili=ri solamen te dai poveri e so del termine come vocabolo esotico ('kinj')
dai mendicar;ti. Cfr. Horn., Od. 18,329; -> oella lingua rabbinica (Ar. b. 16 b ; fix. r. 35,
EGERER 24. 5; cfr. S. KRAUSS, Griecb. tmd lai. Lebnwiir·
ur -+ BLiiMNER 450 ss.; -+ LOBKER 401 ; -+ ter im T11/m11d, ecc. 11 [r899], J.v.); in Sanh.
f1uut.ANOER 1 343 ss.; J\1Au,
1
1
art. caupona' in b. 107 b. ecc., viene USllto inoltre collo stesso
PAULY· WtSSOWA III (1899) 1So6-18o8; E. senso il lariniuno 'w!piz' = hospitium; infat·
ZIEBAllTll, Beitràge vmz griecbiscbm Recht: ti i;EVL<x e hospitium hanno quasi la stessa
Zc:itschr. fiir vergleicheode Rech1swisscnschah gomma di signili<:at i. Inizialmeote !;cvict ha
19 (19o6) 291-298. in prevalcnw il senso astratto d i ospit11/i1à,
1l2 Cfr. DEISSMANN, LO.' 379 s. con n. 5. dirillo di ospitalità (per c1.1i il N.T. usa il
composto <p<.À.o~tvla, -> col. 57 ), ma nel grc·
IJJ -+ DOLKENSTEIN; una per(ena nnalogia si co ellenistico il termine assume divcrni si·
ha oggi in molti santuari dcll'Jndia con le ca· gniiicati concreti ( non registra ti in PAssow) :
se per i pellegrini, in cui ciascuno riceve gra· r. camera degli 01 piti (P. Greci e Latini 1 ,50,
rui1amente alloggio e assis1eoza . 16 s.; e forse anche Philm. 22); 2. osteria (->
rn l;tvwv (DITTEN1!ERGE&, Or. 009.21 ), passa· n. 33, "cno b fine); 3. quartiere, 111/ogiio di
ro anche ocl latino (ZIEBAlTH [ -+ n. r31]. tipo distinto in case private; cosl [>robabil-
o.e. 298 ); !;E'lll!i•ov (P. Tebt. 11 .n 5,17); l;t· mentc in Act. ~8,>3 ( LIDDELvScoTT : lodging;
voooxcfov (dr. Suid. l; 40; nel gre<.'O moder· -> CAu1>un 32oss.; diversamente Mout.TON-
no hotel); xa-raywyiov, lat. ca11pona e ta· MILL. e altri); in sostanza si t ratta quindi del·
bana (cfr. Act. 28,15); più elegante mente d,,. la stessa co"'1, come fa capire il termine µla·
versorium e hospitium. Dw11a, che è pi[1 specifico ed esatto (v. 30;
che lo ~tvla. di Paolo non si trovasse in una
rJ5 I.e. 10,3+ Gli albergh i e rano in ~enere casa privai.. di amici, ma in un locale offittato,
rudimentali, sporchi e chiassosi; tv ~ 1tetV· quasi certamente non vuol dire cbc i Giudei o
ooxtUii O.l!itplJ<ra xai a u-ròç tyw, dice il leb- i cristiani di Rolll3 non fossero ospiiali , ma si
broso in P. Lond. Ouist. 1,3) s. (fragmmts spiega con la sua condizione di prigioniero
o/ '"' Unkno1u11 Co:;pel, cd . H.l. BE1.1.·T.C. sottoposto a vigilanza militare; contro ->
SKEAT [ l9Hl H), benché di solito i lebbrosi RinnL6 l'• n. lo). !;racx trovasi spesso collo
fossero ~elusi dagli ospizi pubblici (dr. ibid. stesso senso in Ps.-Clem., hom. (ad es. in 14,
p. 19). Le condizioni negli ospizi sono descrit- t), ne]fo SICSS• locuzione d i Act. 28,23: è)._.
te vivamente nelle commedie e nelle ani pia· ildv tlc; -r+tv ~tvlav, «venire nell'alloggio»
s tichc (- > Fl\tllDLhNDEJ\ u [ 1920) 113.116) ; (che qui significhi, come nei clossic.i •venire,
se ne ric;wa un'idea anche dal confronto di come invitato, a un ticevimen to, n mensa»
un 1tr:tVOOXELOV col cuore pieno d i demoni in [cfr. Pind., Nem. ro49; Flav. los., ant.5,148]
Clem. Al., sfrom. 2,u4,5; cfr. anche Abodà è poco probahile, daca la siruaz.ionc in cui al·
larà2,1. lora si trovava Paolo); inokre vedi Aa. n ,2:
I.IO Le. 2,7 intende forse un carnvan>en-aglio -:àc; l;tvLcx.; ho~J.6:!',nv. cpreporarc l'alloggio»
pubblico, mentre Ìn 22,Il è cniamat:i XGt'ta· (dr. Philm. 22,-> sopra), ecc. In usi •pedali
"{1,18) <;ivoc xù. C 2 (G. Stiihlinl
del terrnine si ho il significato di 4 . quartieri l"O'·ilòv diç l';evla.c; -reì-uv, riceve da Rebecca
militari (PRP.ISIGKE, Sammelbuch 3924,8. r 5. r7, la risposto: 1t6.vi:wv... ci\.l<<Till µntl;ew.
in un cdiuo di Germanico; cfr. SAB 38
t•? Su aspetti particolari del costume ->
[ r911) ;96) e di j. celle 111011acoli (Pal i., hist.
l.OHR 58 s.
Ltms. p. 74,7; 136,16. Il gioco d i p.1role fac-
to con l'esotismo rabbinico l';tvla., in Sanb. b. 14.l D'~ltrondc il ciud.ismo ellenistico nlU·
107 b ( -+ n. 33, alla fine), può far pensare al tuò dall'an1bitntc pagano 1. il sistema delle
significato di 6. ostessa. ospitalità stabil i (risconcrabile già in Tob. 5.6,
1»-+ GKUNDT;-+ L6m<;-+ Bm•ztNGER 13t più volte in Flavio G iuseppe, per es. bclt. 3,
s.; ..... BERTHOLET 22 ss.; IP., Kulturgeschicb- 436, e proh3bilmcnLe anche in cerù 1·apponi
l e lsracls ( 1919) 135 s. di ospitalitli nel ministero apostolico, -+ col.
67), dcl quale però è difficile pensare che be·
1.19 Cfr. per es. 1 Clem. rn,7; ,·cdi anche
neficiassero i non giudei; 2. l'ccczione <li ospi-
Gricch.·byia111. Gespriichsstiicke, eJ. G. HETN-
>.i (ù·. 10,H); infatti prima dcll'epocn f\reca
RICI CASGW xxvm 8 p. 67,20): Dio ha da-
c'erano S<Jlo dei caravanserragli, che rcs1uono
to agli uomini sette xa:plu11'na. dopo Ada-
in uso anche dopo (le. 2,7 ). Però a questo
mo, fra essi ... (-c<i)) 'Af3pa.dµ -cl)v q>i~o!;tv(«v.
proposito l'innusso dell'ambiente è risconcra-
La leggenda arricclù di tratti sem1>re nuovi bile anche nel iiiudaismo palestinese: 1. nei
l 'o•pitalit~ esemplare di Abramo; dr. B.
numerosi esotismi ('ksn' = l;lvoc;, forestiero e
13eER, Das Leben Abraha111s 11ach Aufammg
det jiid. Sage (1859) 37-43.1p-16J : LANDAU,
ospite; 'k.111j' = l';c~o.. ospitalità, ospizio, stra-
niera, o.flessa, ccc. [-> 11.33, verso la fine; resri
o.e. (-+ n. 109) 6 s.
in s. KRAU SS , o.e. -> n. I.J7. s.v.], l;!V<<Tµ oç
1<10 L'atto di Giaele (!ud. 4,17 ss.) spcc:inlmen· [Midr. Ps. 1 16, ro], 7t'1.'Jooxei:ov, m1.vlioxEvç
te per la civiltà dell'epo01 è una violazione i- !testi in S TRACK-IlILLERBECK 11 183 s.], itapo-
naudit• dell'ospitalità; una w lutazionc diver- xoc; [Bik. ;. 3 e 11 ), horpiti11111 [-+ n. f37, in
sa se ne può dare solo se lo si intende come principio] ecc.); 1 . nell'ospitalità degli Esseni,
frutto di un impegno tOtale per la causa del che m:lllteoevono in ogni città un XT)!>t~1wv e
popolo di D io. un ospizio per i;h !;tvoi. (Flav. Ios., beli. 2,
" 1 Flav. Ios., anl.1,25os.: Eliczer, che si offre 125).
!;,ivoç xù. C ~ (C. Sr:ihlin l (1,20) 58
'"' Cfr. Ps ..Clem., hom. 8,>: ol anolìcxbtJEVO• '" --+ CAnnuRY, 1.c.
''! (l,lO) ~i"o.; xù. Ci !G. S1ahlinl ( l,l1)6o
copre i peccati (v. 8); nella Lc11cr;i agl i (~ coll. 61 s ). Ciò è detto espressamen-
Ebrei ( 13,2) la ~1Ào~EVia ~ inseparabi te in I Ptlr 4,9 (q>LÀéiçEVOL Etç aÀÀ.1)-
le dalla q>LÀa5E),cpfo: (v. 1 ). Àovc;, «Ospi1ali a vicenda»). Proprio nel
Nella grande maggiorania dei casi q>L- periodo deUn persecuzione, durante il
ÀO~E'\l(a, q>LÀéçtvov E!vaL e ~evoooxti:v quale furono scritte la Le1tera agli Ebrei
compaiono nei cosiddetti Cll tnloghi del- e la prima di Pietro, l'ospitalità aveva
le virtù, cioè quasi sempre in forma o
•t:n~o impcrauvo; .olo (.;<!•Ù, come 11>-
speciale impononza verso i fuggiaschi e
vienc anche nelle beatitudini, li presen- gli esuli. Ma anche in tempo di pace
ra come un dato di fauo nella vira dei spesso e volcnrieri si richiedeva l'ospila-
suoi, ciò che comporta peraltro il più e-
nergico impulso all'az.ione. Però, come lità dei frn1elli di religione, in quel 1em-
nell'nn1ichir~ accanto alle direttive per po in cui il viaggiare era frequente; ed
coloro che offrono l'ospi1alii~ ne srnnno essa andava concessa a cbi veniva Èv
alirc direue agli ospi1ati ( ~ col. 15), òv6µa-r1 xvplov (cfr. Did. 12 ) . Per il cri-
cosl anche Gesù rivolge runmonimcnri
sul comportamento corre110 degli ospi- stiano dell'epoca neotestamentaria è ti-
1a1i (Le. 14,7 ss.; Mc. 12,39). pica l'assidua disponibilità ( Htbr. I 3,2:
Il prece110 riguarda rutti i discepoli µfi bnÀa.vM:vEoi)E, «l'lQO dimemicate-
(Ait. 25,35 ss.; Rom. 12,13, ::cc.); ma \•i» ) all'ospitaliià sollecita (Rom. 12,13,
nelle Lettere pastorali ( 1 Tim. 3 ,2; Tit. &i.Wxw) e gioiosa (r Petr. 4,9: livtv
1,8; 1Ti111. 5,TO) la qnÀol;EVla. è per i yo-yyvO')..Loii, «senza brontolare»; cfr.
vescovi e le vedove il segno particolare Prov. 15,17: ~Evrnµòç ... 7tpÒ<; q>LÀ(av
dell'attitudine a svolgere nellu comunità X«L )(tXpLv, cospiralità... con amore e
i loro ufiìci ( ~ col. 69 J. grazia..), che si rende utile serua torna-
D 'altro canto la qnÀol;Evi.<x. de\!'essere conto (Le. 14,12-14; ~ n . 141 ).
praticata con 1u11i. Va no iato che Ror11. S) Motivi dell'ospitalità dei pmni cri·
u,13 s. fo interpone fra doveri riguar· sliani. A quello fondamentale dell'&.y<i-
dnnti gli èl.yi.oL e i &1:ixonE~ •IO, i san- m) si aggiunge una serie di motivi spe·
ti e i persecutori. In Cristo sono ca- ciali per h1 q>~Ì.O~tvla; essi sono: T. il
dute le restri2ioni giudaiche. In prati- motivo c.:nrismarico, 2 . l'escarologico, 3.
ca, anche secondo le regole di Gal. 6,10, il me ca1isico, 4. il motivo mission:irio.
gli ~ÉvoL da curare sono per lo più gli I . L'o~pitalità è un xapwµa divino
otxdoL -rijç 1tio""tEW<;, i fratelli nella dei credenti (~ n. 139) da amministrare
fede, gli &:SEÀ.q>ol; v. per es. Ncbr. 13,2 fedelmente (1Petr. 4,9 s.) conforme !!I-
' ~1 Di Pulicarpo è dc:ro csprcs<orneni e che si r1fugra nella sl.ll tenJJ, però iotcl'Ìorr11c111~
offerse ospilalità a dei persmnori (Cus., hisl. è 1otolmcntc diverso; infmi il beduino ucci·
ucl. 4 ,1,,J4); cCr. anche b )lO•.'Sla di C.F. de il suo ne1nim, se poi lo incontra n un.1
Ml>vu, D1e Fusse im Fmtr Questo s.:sro è certa distanza dalla sua reo<la, mcnrtc la q>1.-
•flinc a qudlo del beduino, die con<:cdc ospi- lol:;r1'4 cri11iam non coiw>Sel: limiti di q11c-
talnà •nchc al suo nemico mortslr, o;e questi s10 rene.e
61 (1,21) !;lvoç x-cÀ. C 3 (G. Sriihlin)
l'idea, presence in turto il N.T., che o- pensa a vere visite di angeli, che la fede
gni ben fore delle persone pie è opera del tempo potevn accettare in base ai
e dono di Dio (cfr. Eph. 2 , 1 0, ecc.) 151 . racconti biblici ed extra-biblici.
Qui si accenna a un motivo impor-
2. Come il ricordo c.lell'indigenza sof-
tante nella storia delle religioni, a quel-
ferta quando erano stranieri in Egitto lo cioè dell'alloggio e del ristoro di es·
spronava gl'Israeliti all'ospitalità verso i seri celesri; oltre alle visite pubbliche
forestieri (Lev. 19,34; Deut. 10,19). co- e affabili degli dèi sulla terra (dr. Horn.,
Od. 7,2oc-203; li. t ,42) s.; Paus. 8,2,
sì i cristiani sono obbligati dal periodo 2 ), la mitologia antica raccontava di vi·
di persecuzione precedente la fine vicina site che essi facevano in incognito e che
(1 Petr. 4,7) che essi stanno ora vivendo spesso costituivano una prova per gli
uomini asi; l'esempio più noto 154 , la sto-
e dalla posizione, in cui si trovano sul-
ria di Filemone e Bauci (Ovid., met. 8,
la terra, di ~Évo~ rivolti a quella fine is2, 6 I 3-7 r .5) 155, ha fin nei particolari un pa-
a prnticare l'pspitalità verso gli altri, rallelo in Gen. 19 e forse si fo sentire
che sono stranieri come loro. anche in Act. 14,II ss. I punti decisi-
vi (ma in parte variabili) sono la com·
Ma i più sorprenden ri sono i due mo- parsa in inçogniro, il rifiuto dei più
tivi che seguono: e l'accoglienza di pochi, l'epifania ac-
compagnata da un disco rso 156, che ::ts·
3. Quando Hebr. 13,2 esorta a per- segna il premio 157 e la punizione. Quan·
sistere nella cpLÀ.O~EVlO: dicendo: O~Ò. do questi racconti s'insediarono nel mo-
noteismo biblico, gli angeli presero il
't'ct\rniç yò.p EÀa!lév "tt'\1€ç tEvwavuç
posto degli dèi 153; ma nelle leggende
&:yyÉÀ.ouç, «µer ess:1 .alcuni, St:nza sa- cristiane posteriori questo posto fu as-
perlo, ospitarono degli angeli», l'autore segnato a Cristo o agli apostoli 159 e in-
lìne, nelle Ji:ibe, a Dio stesso, o a un na· pover i e ai bisognosi (Mt. 25,35 ss.; cfr .
no, o a u n essere simile 160 10,40); è lui che riceve alloggio e risto-
L'applicazione di quest'idea in Hebr. ro nella persona dello l;Évoc; ( - col.
13,2 non invita tanto a guardare al pre· 46).
mio, quanto alla possibilità, che l'essere 4. Ma dal pumo di vista storico la
ospitali comporta, d'un incontro col massima imporr:mza va attribuita alla
mondo merofisico e anche alla possibi- motivaz.i one che avvalora l'ospitali tà
li tà, altrewinto importante, di perdere come un servizio reso ali' evangelizza-
q uesta fortuna per colpa propria. zione ' 61 ; cos} è detto in 3 Io. 8: l)µ.t:i:ç
OÙV oq>ElÀoµ.t:v intoÀ.ocµ~aVELV 'tOVç 'tOL·
Chiunq ue conosca la Bibbia, leggen·
d o Hebr. i3,2 pensa alle esperienre di ov-rovç, «dobbiamo accogliere costoro»
Abramo, Lor (Gen. r 8 s.), ecc., all'ospi· (cioè gJi Ò:OEÀtpot ç tvoL, v . 5 ), che v"lttp
talità d a essi accordata, senza saperlo,
-roii bvoµa.-roc; [!:,fjÀ.~av, «si sono messi
agli angeli e al premio ricevuto. Però
né qui, né in altri punti del N.T. mo- in ·viaggio per amore del (suo) nome»
delli veterotestamentari di ospitalità (V. 7 ), cioè in quanto missionari (- COJ.
vengono proposti direttamen te. Infa tti 48 ). Ai primi tempi il cristianesimo
anche la meretrice Raab (dr. r Clem.
r 2 ,3) compare solo indirettamente co- si propagava quasi esclusivamente per
me modello d i ospitalità (Hebr. I I ,31; mezzo della parola non scritta, che veni-
lac. 2,25). Invece l'ospitalit:ì stessa di va portata da messaggeri itineran ti so-
Raab diventa un modello in r Clem . 12,
I, divergendo da Hebr. I t ,3 r per accen-
stentati dall'ospitalità dei fratelli. G esù
tuata grossolanità ( lì~à 1tla-rw xal. <p~ stesso fondò su questo sistema la prima
Ào!;evla.v t<rwih1. «fu salvata per la missione dei discepoli (Mt. ro,xr ss.;
sua fede e osp irnli t:h> ), come p ure, pre-
sentala quasi colle stesse parole, anche Le. 1 o ,5 ss.) 162, e come su d i esso si ba-
quella di Abramo ( 1 Clem. ro,7) e di sa realmente l 'a2ione di lui, cosi conti-
l.01 (ibid. Jl 'l ). nuò a basarsi anche q uella degli aposto-
Questo motivo viene variato io mo- li (cfr. Act. ro,6.18.32.48; 16,15 .34;
do pecu liare e rea lizzato nel suo senso r7 17; 18,2 s. con I Cor. 16,19, cod. D;
ultimo da Gesù, quando consid era co- Rom. 16,23; Phi/111. 22; Act. 21,8 s. r6).
me offerta a lui stesso ogni ospitalità In realrà, dovunque si parli di ospita-
disinteressata, specie quella accorda ta ai lità presso i cristiani dcl N.T ., si parla
•o.1 Cfr. J. G111MM, De111sche Mythologic 1' Però: l. proprio l'ospitalità verso i maestri è
(1875) xxu ss.; Bo1.TG·P0Lfv1<.A, o.e. 2io ss. pnrticofornieote rnccoma.ndata nel jtiudaismo
1•1 Cfr. HARNACK, Miu. 200 >s.; -+ RlllDUi,
concemporaneo (Ber. ro h; Ke1. 111 b; akri
I.e. (lassi in -+ WrJNscrn: 140 s.); 2. Gesll segul e-
101 -+ RJODLE 152 ss., pensa che il moni10 di
videntemente lo stessa prnssi (-+ coli. 58;
66; cfr. -+ WOBU•v 308 s.; Clem. Al., quis
Gesù sia una rctroproic-Lione d'un cosl\lmc div. salv. l J.5. rilern che Gci;ù volle essere o-
pro1ocris1iano, allo scopo di fondore sulle sue spilato dai bcnesrnnci [iml;tvou~r:u]).
porole ìl diri1to dei messaggerì all'ospi1:1li1à.
tiv~<; :.cù. C 3 (G. StùhlinJ (1,23} 66
pi·evnlencemente di quella concessa agli scilla ccl Aquila (dr. Rom. 16,4! ), di Fi-
apostoli e ai missionari 163 • lemooe (Phi/111. 22) e specialmente di
/\gli apostoli e ai dottori si riferisco· Gaio a Corinto (Rom. 16,23: 6 !;tvoç
no specialmente le parole dcl Signore in p.ov xci.i oÀl)ç ·djc; txxÀl)crla.ç, -> coli.
Mt. 25,35 ss.: essi devono essere accol- 9 s. con n. 3 ). Proprio questi casi pre-
ti W<; xupiov 164 (Did.I1,2.4). Però que- suppongono che Paolo utilizzi per la sua
sta regola vige soltanto per i messagge· opera missionaria anche il sistema del-
ri autentici (Dùi. u; 2 Io. 10 s.; dr. l'ospitalità permanente(~ col. ,2), co-
Herm., m1111d. r 1 ); poiché eretici e falsi me aveva fono anche Gesù (~ col. 58,
profeti cd anche certi accattoni girova· per es. a Cafarnao, Mc. 1,29 ss.; 3,20;
ghi ( Did. l2) cominciarono presto ad a- 9,33; a Betania, u,11 ; Io. rr,r ss. Le.
busare della grande ospitalità dei cri- ro,38 ss., ccc.).
stiani 165 • D'altra parte, l'ospitalità è ri-
6utnta non solo a costoro, ma tal volta b. L'ospitalità nella Chiesa antica
anche a quelli che dissentivano su pro·
blemi di politica ecclesiastica (3 lo. 9 Uno dei tratti più rilevanti della cri-
s.) 166. stianità primiriva, cosl ricca di opere di
carità, è senza dubbio la prassi dell'ospi-
L'ospitalità praticata verso i messag- talità. Ne rendono testimonianza gli a·
geri <lcl vangelo acquil;tò grande impor- miei e i nemici; vedi da una parte r
tanza. Grazie ad essa si addivenne al Cle111. r ,2 ( -rò µtyo:Àoitptitt.; 'tij<; cp~Ào·
!;tvfo:<; Mo<;, «lo splendido costume del-
battesimo d'intere famiglie (per es. Act.
l'ospitalirà») ed Aristid., llpol. i 5,7: ;t-
16,1 '.33) e alle comunità domestiche vov È(Ìv Llìwow, irnò a-rÉy11v clm:iyovcrL
cosl caratteristiche del cristianesimo xat xalpouow Èit'aù-rQ wç btl cilìd.q>Q
delle origi ni ; il rapporto fra queste co- iiÀ:r1ihvi;>, «se (i cristiani) vedono un
forestiero, lo introducono sotto il loro
munità domestiche e l'ospitalità conces- tetto e si rallegrano di lui come di un
sa a Paolo è man ifesto nel caso di Pri- vero frate llo» 161 ; dall'altra purtc Luc.,
1-' Cfr. corno pJrallelo extra-biblico, DITTl?N· nc~li ospiti .Id monaci di Nitria (P.111.,
IJERGF:R. Sy//.' ro 25,.i1 s. (4/ 3 2.Cr.): ùx;>o- bi1t. Li111. p. 25.z1-26.3 ). Lo stesso abuso c.lcl-
n~t.0t lii l;!Vir,o[ v•w -ròv 'Jepij 1tcxl •Òç 1t6.- l'O<Pitalirol, onchc do parte di non crisrioni,
pvJtO.; • f ClV"tCl ) 'J "tÒ'.V W X'tCL. .-hc ebbe fa Su3 importanza nel caso mcnzio-
ntlro, cou~ò pi11 tardi le lcrtere cpiscupnli di
IN Cfr. nnche la pretesa <.lei hrohamani d 'esse- rnco.)n1andn1.ione a1le c-omun ità c..occlcsias1id1f:
re accolti come clèi; ~ T111EMC 155 s. Umcr"to}..cxl crvcr-ro:·rnm(); cfr. già 2 Cor. 3,r
l6S Cfr. già Ecc/ns u,29; forse nuche Lr. 10,7 ed anche Rofll. T6,1.
1<6 In modo assai simi le alla J lo. nnchc Za .
(proibiiione di cambiare allouio) è diretto
contro lo sfrmtamcnto egoistico dell'ospitali· rtltusorn si lnmcnra che si rifi uti l'ospiralitl
tà. Regole simili sull'accoglimento di stranie- O'asna 51,12 ) e proibisce poi che si nccolJ?•·
ri, che ~rcano di mantenere il giusto mezzo no i bugillrdi ( = gli eretici, ibid. 46,5 s.).
fra l'amore del prossimo e la prudcn~a, come 167 Cfr. E. voN DonscHiiTz. Die 11rrhr. Ge-
quelle esposrc in Did. r 1-1 3, vigevano anche 111ei11de11 ( 19oz) 1 .
f;Évo<; X'tÀ. e 3 (G. Stahlin)
Peregr. mort. 11-13.16, e il <letto iroso (dr. Hier., ep. 125,14,2; CSEL 56,133,
di Giuliano (ep. 49): ii 1tEpt i:ovc; l;é- 6 ss.).
vouc; qnÀa111lpw1t(a 1.t6.A.Lvw. 't ·~11 C1-òE6- Come nel N.T., così pure in Herm.,
"TTJ'tC1. ~T}Vl;TJtTEv, «la lìlantropia ver- mand. 8,10, nel contesto d'un catalogo
so i forestieri ha favorito al massimo di virtù, è messo in rilievo il precetto
quell'empietà». <ptÀol;evov ei:vo:.t (cfr. sim. 9,27,2), e
Come nel N.T., cosl anche più tardi l'aggiunta Év ... 'tTI q>LÀO~E\IL~ EvplO"XE-
si trovano in tensione la pratica effetti- 'tCl.L àyatlo1tolwlç 7tO'tE, «nell'ospitalità
va dell'ospitalità 161 e l'ammonimento a trovasi talvolta l'occasione di compiere
praticarla; certo anche allora c'erano pa- un'opera buona», contiene un cenno
recchi cristiani che si sottraevano a quel al carattere meritorio di quest'opera.
dovere e a un uomo come Origene Proprio con questo motivo, qudlo
(hom.5,1 in Gen. LGCS 29,35ss.)) del premio, aggiunge forza alla pare-
suggerivano l'amaro gioco etimologico: nesi anche I Clem. 10,7; II,1; x2,1;
hospitem velut hostem vitatis. qui compaiono signilìcativamente, una
Così Tertulliano (ad 11xorem 2,4) accanto all'altra, come opere meritorie
sconsiglia il matrimonio misto facendo la nlai:tç (o evaÉ~eto:) e la qnÀol:,evlo:..
presente che la moglie cristiana non po- Insieme con questo, e in parte con esso
trà più praticare liberamente l'ospitali- collegato, dcv' essersi fatto sentire anche
tà verso i fratelli di fede, mentre il il motivo di Mt. 15 - nel forestiero è
proemio delle Omelie Pseudo-clementi- Cristo stesso che viene alloggiato - , che
ne ammonisce (ep. ad Iacob. 9): i:oùc; permane fino al Medioevo ié?.
é,Évovc; µE"Tà 7t6.CTTJc; rcpo~µlac; Elc; -.ove; Dato il grande sviluppo dell'ospitali-
fo.v-.wv otxou.; Ào:µ{3&.vE'tE, «accogliete tà, fu presto necessaria un'organi2zazio-
i fores tieri nelle vostre case con ogni ne ecclesiastica, i cui inizi sono già ri-
sollecitudine» (e con altre opere di ca- conoscibili nell'età apostolica. A so-
rità suggerite da Mt. 25,35 ss.). Due o- stegno delle opere sempre più vaste vi
melie di Origene sul Genesi (la IV e la erano da una paue le comunità in quan-
v [GCS 29,50 ss.; 59]), che trattano di fO tali e dall'altra certi funzionari spe-
Abramo e di Lot, hanno per tema l'e- çiali delle comunità. Oltre all'ospitalità
sortazione all'ospitalità, e Melitone di comunitaria di Corinto (r Clem. 1,2) co-
Sardi scrisse un'apposita opera (ora per- nosciamo quella di Antiochia, che al
duta) 7tEpl <pLÀo!;Evlaç (Eus., hist. eccl. tempo di Giovanni Crisostomo (hom.
4,26,2). Questi :immonimenti a pratica- in Matth . 66,3, verso la fine [MPG 58,
re lospitali tà senza mai stancarsi si ri- 630)) assisteva giornalmente 3000 era
chiamano volentieri alla forte parola di vedove, ammalati(~ n. r74), forestieri
Rom. r 2 , r 3: 'tYJll <ptÀo!;tvlo.11 ÒLWXEtv (àrcoÒT}µovvi:i;;ç), ecc. no. Norme su li'o-
16'! Chiari c~empi offrono anche i viaggi di I- nenses recentiores 11,. in: Monumenta Germa-
gnazio, come pure quelli di Pietro nelle Pscu- niac historica . Legum Seccio v: Ft)mwlae Mc-
dodementine. rowi11gici et Karolini "evi, ed. K. Zi;UMEI!
109 Per es. nel formulario d'una lettera di aç- [ 1886] 21 7,17 ss.; lo stesso nelle Formul"e
compagnamento (traCltJria) per pellegrini che, Salicae Lindenbrogitmae 17, ibid. 278,32-279,
come Giovanni Parricida, han.no intrapreso 6). Similmente anche la Regola di S. Benedet-
un viaggio pluriennale per espiare il loro de- to: in bospitib11s enim Cbristus adoratur cl
litto, è detto che ogni çristiano, per amor d i suscipittJr.
Cristo, deve garnntire loro 11umsio et focus, 110 Naturalmente per questa incombenza do-
panis et "qua, poiché in ipso peregrino Chris· vevano .venir costituiti degli !;.evolì6xo~; cfr.
tum pavisti> seu mscepistis (Pormulae Seno- per es. Pali ., bist. LatJs. p. 15,9 s.
spitalità comuniraria sono contenute in Più tardi le comunidl maggiori eres·
const. ap. 1,58 e ca11on. ap. I 3 e 32, co- sero, nei centri di traffico più importan-
me pure nei canoni dei sinodi di Elvira ti e nei luoghi sacri più celebri, delle
(25) e Arlcs (9). Già le lettere pastorali case adibite regol:trmente ad ospizi per
rilevavano che l'ospitalità è un dovere i foresrieri, chiamate ~cvoooxEi:o: o ~E·
dei vescovi (1 Tim. 3,2; Tit. r ,8; cfr. vwvEc; 17', oppure, in laùno, hospit(ot)io
anche llerm., !'Ùn. 9,27 ,2: È7tWX07tO\ (per la prima volra in act. Arche/ai 4);
xa:t <p\Àb~EVOL, ohwEe; TJOÉW<; Ele; 'tOÙç lo stesso fecero alcune confraternite di
ofaovc; la:vTI;)v 7tancrrE uneoÉ~av'to asceti, come quelle che vivevano nel de-
-rove; OouÀ.ovc; 'tOV ikov ii·np ÙnoxpL- serto di Nitria, dove lo ~Evooox_Efov era
O'EWc:;, «episcopi ed ospitali, i quali sem- situato presso la d1iesa (Pali., hist. La11s.
pre accolsero nelle loro case volentieri e p. 2_5,2oss.). Poiché qui, come altrove,
senza ipocrisia i servi di Dio»). Accan- si aveva cura dci malari, oltre che dei
to ai vescovi 171 stanno le donne m della forestieri (-7 n. 174), e questo compito
comunità, soprattutto le vedove; una assunse in tali ospizi sempre maggior
vedova può diventare 'vedova della CO· preponderanza, gli ospizi originari di-
munità' soltanto El É~EVD06X'T]CTEV, «Se ha vennero un po' alla volta 'ospedali' ns.
praticato ospitalità», dice r Tim. 5,10. Un'anticipazione di questo sviluppo si
Certamente i capi della comunità offri- può già vedere in Le. 10,34.
vano spesso ospitalità anche in privato;
ma lo facevano di preferenza in quanto 4. Cristo come signore ospitale
incaricati dalla comunità, come fa vede-
re chiaramente Iust., apol. 67,6: alla fì. Si è già accennato (-7 col. 58) che
ne del servizio religioso i doni raccohi specialmente Luca presenta Cristo come
mensilmente (Tert., apol. 39) fra i mem-
commensale a banchetti, e che nelle
bri della comunità vengono deposti mx-
pà 'ti;i 7tpOECT'tW'tL, «presso il presiden- sue parabole l'immagine del banchetto
te», xat O:UTÒ<; ÉTtlXOVpEL opq>a:voie; xat ha molte volte un'importanza notevole.
xi'Jpcxt.c; ... xa:t -e oLe; tv OECTµo~ oVO"w xat Questi due fotti devono avere un senso
'toLc; 7ta:pETtLOTJ~LoLe; owL ~tvoi,ç xat à-
nÀ.we; miCTL 'tOL<; Èv xpElq. OWL Xt)OEµwv più profondo: Gesù viene sulla terra
ylve-ra.L, «ed egli soccorre gli orfani e come ospite e si aspetta d'essere accol-
le vedove ... e quelli che si trovano in to come tale (-7 col. 46 ). Nello stesso
prigione e i forestieri <li passaggio: in
una paro la, si prende cura di tu tti quel- tempo egli è l'~ssere celeste che offre o-
li che si trovano nell'indigenza» m. spitalità, come a più riprese era stato
descritto Dio nell' A.T. (dr. per es. Ps. mente i suoi ospiti (Mc. 6,41 ss.; 8,6
110
15,1 ; 23,5 ). Già prima di Cristo il ss.), ma serve personalmente a tavo la
problema vi tale della persona pia avreb- coloro che sono i suoi servi (Le. 12,37;
be potuto essere formul ato coll a do· 2 2,27 ) , lava loro i piedi colle sue mani
manda: chi può essere ospite del Signo- (lo. i3,1ss.) 117 e infine, come pretende
re (Ps. 15 )? Chi sarà da Dio accolto nel- nei casi estremi la legge orientale sull'o-
le sue ai.W\ML CTXT)val (Le. 16,9)? Chi spitalità, corona il suo minis tero riscat-
potrà sedere coi patriarchi alla sua men- tando i suo i ospiti colla propria vita
sa (Ml. 8,11) e mangiare il suo p;1ne (Mc. 10,45), anzi, in un modo che supe-
(Le. 14,15)? Come nel giudizio, così ra ogn i comprensione umana, offre loro
anche nel banchetto escatologico Gesù se stesso in dono ( M c. 14,22 ss. parr.).
appare accanto a Dio o al posto di Dio; Con questo è compiuto grandiosamente
anzi, ambedue qm~sti aspetti sono in- e svelato nel suo significato ultimo rut-
tima mente congiunti. La parabola del- to· ciò che l'ospitali tà può essere ed of-
la grande cena (Ml . 22,2 ss.; Le. r4,16 frire ( ~ rr, col. 980 ).
ss.) è pure un'immagine del giudizio,
nel quale vengono meno i 'pii' già in- D. 'STRANIERO' C.OME CONCETJ'O REU-
vitati, mentre gli estranei sono salvati. CIOSO
Cosl quello di Cristo diventa un ban-
r. La concezione greca e biblica della
chetto di peccatori. Quello che già il
condizione di straniero
Salmista ( 2 3,5) aveva veduto con auda·
ce profezia, che cioè D io stesso prepara Essere e di ventare stranìero e supe-
la tavola ai suoi ospiti e unge loro il ca- rare questa condizione sono finalmen-
po, Gesù lo compie come umile signore te anche conceni di fondamentale im-
ospitale, che non solo ris to ra prodiga!- portanza nella vita e nel li nguaggio
110 Qui eo1e1·gc: fo= l'idea· eh<: l'innocerm·, Lindo che non si vergognavo <li lavare i pi...-..
1
in quanto ospite, diventa il protetto di Jah- di agli ospiti del padre. Nel!~ Chiesa quesrn
vé; dr. R. K1TTEI., Die Psal111e11 " ' (192i) pratica divenne cumuoe perché Gesù stesso
44; A. BERlMOl.ET in KAUTZsa1 135, ad I. ne aveva d ato un esempio ai suoi disce1>01i.
m -+ vu , col. io25. La r<:tta ospitalità com- F..ss.1 (o parie delle opere di caritiì della vedo·
porta dovunque nel mondo antico, sia in O- va di vita illibata (r 1'i111. 5,ro) e viene spes-
riente (cfr. Gen. 18r1; 19,>: testi indiani in so racromand•to doi Padri ( per es. Cyr., ho111.
~ THIEME 153.i55) che in Occidcnlc (dr. in Io. 10 [MPG 77,co24 ss.]; Hier., ep. r2,,
llom., Od. 8,4'19 ss.; t9,356 ss.; 3,464 s.: 4 , 15,2 [CSEL 56,J3vo); cfr. R. KNOPF, Da1
48 s.; 17,87), lo lavando dci piedi all'Arrivo; 11achapost. Zeita/ler ( t905) 442; THAl.ll011llR,
anche Gesù l'aspett• e ne rileva l'omissronc ort. 'Fusswascllung', in Wi;T7.ER-WELTli, Kir-
(Le. 744). li lavare i piedi agli ospiti colle cht•nltx1kon 1v [ 1886) coli. 21.15-2148). ma
proprie mnni è cerco un donu11t supuadditum nella Chies• romana è stata svuotata e ridotta
(ibid.); comunque Plut., sep1. sap. co11v. 3; li a una dimostrazione d i maestosa um ilt~ dll
!48 c.d, e Clcm . AL, J/rom. 4,n5,r, conosco- parte del papa e di nitri diiini1Mi.
no una rudi~io11e sulla figlia di Clcobulu <li
E,lvo ; xù . De (G . Stah lin) (1,26) 7
religioso tanto dell'antichi tà classica tria si sposta in alto, nel mo ndo noetico
quan to della Bibbia. Però il punto di Allora il corpo, o tutto il mondo, è assi
parte nza dcl pensiero è diverso nei due milato a un ospizio nel quale il forestie-
casi: i Greci pensano principalmente al- ro celeste, l'anima, entra per un certo
l'anima che vive nel mondo da stranie- tempo secondo l'ordina mento diviuo. Il
ra, la Bibbia invece all'emaoei tà di Dio s uo sentimento fondamentale, special-
nei confronci del mondo; per i G reci l'e- men te nei saggi che so no consci della
straneità è un concetto an tropologico, loro anima, è quindi d i timore di un
per la Bibbia è un concetto teologico. mondo stra niero e di nostalgia della f.la-
Ma dovunque i due mondi vengono a tria celeste 180•
conta110, nel giudaismo ellenistico co- b) La co11ce:r.io11e biblica. Totalmente
me nella Chiesa antica, hanno luogo sin- diverso è il punto di partenza della Bib-
tesi e mis ture delle due concezioni fon- bia 181: il mondo, che propria mente ap-
damentali. partiene a D io creatore, è stato estran ia-
a) La concezione j!,reca. Per la teolo- to da lui per opera di una potenza e-
gia degli antichi 178, data l'incorporeità stranea( ~ col!. 90 s.), e con il mo ndo è
dell'ani ma nell'Ade, la èivw µt"To~x(cx, il stato estraniato l'uomo; non l'uomo e il
soggiorno provvisorio nel mondo super- mondo stanno di fronte, ma l'uomo e
no, era il periodo più felice ( Soph., Ant. Dio. Il superamento di ques ta estran ia-
890). Poi la scena cambia: l'anima en- zione è il problema della storia della
tra in contrasto col corpo'" e la sun pa- salvezza.
11• Cfr. per es. Ro1m~ 1 3 ss .. ccc. ; ' 11 161 s.<. -:-'JlV 'l'-/iV xoipav, dç iìv t>Ui:voç (cio~ Dio!\
m Q uesto tema fondamentole del pensiero vµ iiç ~'l'al;EV. òMyoç éi.pCI. XP6VCY, OV "tOç ò
l)r.coo viene espresso mcdian1c mol replici im- 'tTjç o1x+JUEW(, xo:t Mll•oç 'toi:ç oii'<w IÌ!axti.-
mn~i ni : per es. quella dell'anima prigioniera e µ ivoi.ç (dr. ·, Cor. 4,1 7) . Forse l'idea che l'a·
dell'a nima sepolta (cfr. O rpheus, /r.3; I 7,1 ss., n ima si trovi in viamiio e quindi. nella mor-
DrELS; Philalaos, /r. 14; 1 4 14, 1 3s., D rELS; te, «sul cornmi no» del ritorno a cosa . s rn alla
Plat., Gor1,. 49 l a : Crat . 400 c; anche in Posi- base del costume greco e romano di seppelli-
donio" altri: dr. Oseau"EC-P•AECllTER , Gnm- re i mort i lungo le s trade, per es. <ulla stra·
driss ,/ Cnrh. d. Philosophie •" [ 19 26 ] 48r }, da da Atene ad Eleusi e lungo la Vi• Appia;
oppure dell'anima che nel corpo è ospire di vedi inoltre la seguen te iscrizione sepolcrale
pas~aggin e s traniera (dr. H eracl. in Sext. di Alcsundrin ( 1/ 2 scc. d . Cr.), signilirotivn
Emp., byp. 3,231 e altri; RoHUE 1 11 161 s. 265 pec il doppio signilicaco d i i;tvl}: xEi:µat ll'Et-
ss.; C REMER-K OGEL rr37, ~ n. 180). 'tClÀl.lior, yal'fK vhvç tvllExCl 11w lv, l;t(vn
uo Cfr. la semenza di Anassagorn (in Diog . tv Ò.À.ÀOO(lltii XEPai itOptl;quvoç (Pir.rSIGl:E,
L. 2,3,7: v. Anche O mr.s' 11 5,14 ss.): 'ɵot Sammelbuch 4313,6 s .).
y&.p x<ll ~q>olipa µ.D.a Tljç ?t<x-rpllio<,' llEl!;aç rs1 Un'eco della concezione greca della stra-
'<Òv oùpav6v , e i passi cita ti da \XlrNDISCH, niera nel corpo, chiamata anima, affine alla
2 Kor. 16" n 5,6, specialmen1e Plot ., Phaed. sentenza di H illel (--+ col. 78) potrebbe es-
67 b ss. (i') yE 6.?tooriµla. ii wv µo~ npo~u sere ravvisata nell'tvlìrn.1.Eiv t •J '<ti> crWt LCl'tt di
'<a n 1tvl'J) ed Epict .. diss. 1,9,16 s. : hti llt 2 Cor. J,6; v . però ~ n. 2 04.
T OV ltC1p6V'tO<; aviicrxr~t lvo•xovv·m; 'ta;V-
n<1.z6l ~Évo<, xù. D l (G. Sciihlin)
Abbiamo visto prima quanto grande r5); eppure suo alto privilegio è quello
sia nell'A.T . il rifiuto di tutto ciò che è d'essere ospite nel sa11tuario di Dio (Ps.
estraneo a Dio e al suo ordinamento, r5,r; 61,5 ).
specialmente il rifiuto dei popoli stra- Ma per ciò, in quanto gi!r di Dio
nieri e delle loro religioni (- coli. 3 r che ne osserva la legge, Israele diventa
s.). A sua volta, l'azione di Dio fa sul- per parte sua un 'corpo es traneo' per il
l'uomo l'effetto di una cosa strana e sor- mondo. La coscienza di questo viene
prendente (!;ivov, 7tctp<Xoo!;o'll, cfr. Is. espressa differentemente dai paga11i
28,21 - n. 183) 182 ogniqualvolta essa e dai Giudei; significative sono spe-
diventa visibile nel mondo, con un at- cialmente le aggiunte ad Esther, per es.
to sia di grazia (cfr. Sap. 16,2 s.) sia di 3 ,I 3: "C60E ;:Ò EWOç µovWr<t'TO\I ... OLO:-
castigo l6J (dr. Sap. r6,l6 ( 22 cod. S']; ywrìJv v6µ.wv l;E\li~ovcrav itapacpvÀ.iiu-
19,5 ). Questa estraniazione è superata, uov (per nap<tÀ.ÀciO'crov), «q uesto popo-
dapprima in via provvisoria, per il po- lo· singolarissimo... che in base alle sue
polo d'Israele in quanto questi, come leggi pratica un modo di vivere strano»
gèr di Dio, cioè in quanto residente in (e, in quanto tale, indisponente, urtan-
terra straniera e da lui protetto, viene te) ia.;_
accolto nella terra di Dio 1" . Il paese di
2. Lo straniero nel giudaismo ellenistico
Canaan appartiene a Dio; Israele l'ha
solo in feudo e non può quindi permet- Il giudaismo ellenistico, rappresenta-
to soprattutto da Filone (specialmente
tere che esso finisca in mani 'straniere'; in con/. ling. 76-82; som. r ,180 s.), an-
dr. Lev. 2' ,2 3: ȵi} -y<Xp icaw -fi -yij, che in questo caso va rintracciando nel-
O~o·n 7tp00'1)À.v;:o~ xat mipO~XO~ Ùp.Ei:c, IA Bibbia pensieri greci. Filone trova in
Gen. 15,13 l'idea che il corpo per l'a-
W"tt: tvav•lov 1~v. «mia infatti è la ter- mante della virtù ( q>LÀ<ipE>oç) non è
ra; perciò voi al mio cospetto siete fo- una olxEla -yij, «una terra domestica» ,
resrieri e ospiti». I n quanto ospite, l'i- ma una O:À.Àooan'l'} xwpa (rer. div. her.
267, cfr. 268: le passioni sono l;Éva
sraelita non ha diritti davan ti a Dio, o
OLavolaç, «fores tiere ali 'intelligenza»;
al ma~simoha d iritto alla sua protezio- ibid. 82 ) o ~É'lll) ( co11/. ling. 8 I), una
ne (dr. Ps. 39, 13 ; 09,19; r Chro11. 29, l;ÉV1J 7t6Mc; (cher. 120 ), una casa estra-
•O? -+ lpycv m, coli. 843 ss.; dr. A. \'(lersER, oov>..tia 11Ìl-coii in ls. 18,21 (Aquila) ~ proba-
Glaube 1md Gcschirhte im A.T. ( 1931 ) 90. bilmente inteso in questo senso. Cfr. R. Ono,
Un contrappcmo di f.r. 28,21 è Flav. Ios., ani. Das Heilige (1929) 32 s.
1,45: -:òv &tòv l!;tv.c;t 'tÒ Ttptt'T'TOJ,L(VOV: il 18' Cfr. -+ NOLDHKE 301; --+ BUHL t13 ; --+
comportamento di Adamo dopo la caduta, che KALT J.59 s.; -+ GEIGER 3, I. Un paralldo i-
segna l'inizio dell'estraneità fra Dio e l'uomo. slamico di sr ihwh è il i,lir al/ah, il vicino del·
Come parallelo lingniscioo vedi Luc., Charon la Kaaba, alla Meooa.
I}: ~ivov au-r<t> &xci -:ò np<iyµa;.
115 Cfr. KAUT2SCH, Apoh. tmJ PseuJepigr
iu Cfr. anche !;Evlc;ou ira~ -ctµ.wplai. , ma in
203 nota c.
~n!\O profano, in } .Morh. 7,3; anche !;i'll'I] 1)
~i~; xù. D} (G. Sriihlin)
nc11 (6~E~oc;, agric. 65), dove non è con- nanza nella repubblica delle idee incor-
scn tiro abitare (xa-.oLXE~v), ma solo ri- ru tribili e incorporee». Essi hanno cioè
,ie<lere come ospiti (7to.po1xEiv, rcr. div. preferito il diritto di citllldinanza nel
her. 267; cher. 120; a11.ric. 64) o sog- mondo dello spirito, nello stato delle i-
giornare provvisoriamente ( 7tCl.JlE7tLOTJ· dee imperit ure e incorporee, a quello
µri:v, ibid. 6 5 ). Al contrario, o c;ocpòç.. delb cittadinanza nel mondo. Vollero
XGt"COL~i:. .. C:)ç Èv 1t0l<tpio~ VOl)'ttlj;,; essere stranieri in questo mondo piut-
cipt-.ai:ç, «il saggio... abita .. come in pa- tosto che xocrµo7to),i:i:o.L. E cosl anche
tria fra le virtì1 dianoefiche» (co11/. li11P.. l'antropologia greca è sfruwtta per dar
81) 116, e 7téicta. cpvxii crocpov 1ta."Tpllìa. gloria ai Giudei.
~ltv oùpa.vòv («ogni anima di saggio ha Anche nella poesia dello Pseudo-Po·
ricevuro come patria il cielo>; dr. il det- cilide, un documento interessante per la
tO di Anassagora ~ n. r 80 ), !;ivnv lìt confluenza di idee greche e giudaiche m,
yijv è:A.a.xev, «e la terra invece come nei vv.39s~. (= Jib.2,10.ps.) la con·
luogo di soggiorno» (agric. 65 ). È però cczione grec11 che tutti gli uomini sono
signifìcativo che già in queste afferma- forestieri sulla rerra (v. 40: 7tCÌv-tEc; yò:p
zioni il concerro dell'origine celeste e !;EvlT)c; 1mpi)crov'T<Xt 7toÀ.vµbxi)ov, «tutti
dell'estraneità terrestre venga ristretto infatti faranno esperienza di un'estra·
aI q>LÀ.CÌpE'To<; e al croq>6ç. Filone però in- neit~ tormentos11») 188 viene espressa in
tende con ciò parlare del xa-.èl. Mwii- stile biblico, dicendo che l'uomo incero
Cfi'iv c;oq>6ç, del «saggio secondo Mosè» è stato colpito da questo destino. Forse
(con/. ling. 77); gli altri, esemplificati per influsso neotestamentario sono in-
dal popolo di Babilonia, xa.i:~XT)<r<xv terpolati gli enunciati di t esi. Abr. [ree.
Wc; ÈV Tta'Tpl&, oùx Wc; È1tt !;iv11c; 7ta.- A] 7; p. 84,21 {ed. M.R. James [T. St.
~Xly.TGtV, «vi abitarono come in patria u 2) ) sul forestiero celeste che vuole
e non vi soggiornarono come in luogo di nuovo 7tpòç i:òv i)tòv lx&T)µE~v. «e-
smmiero» I ibid. 76). Con quC$La di- migrare verso Dio» (cfr. ibid. 15 [p.
stinzione Fifone dim ostra di essere un 95,23 ss.]).
autentico giudeo. La cosa più significa- Talvolta idee di origine greca sono
tiva è in lui l'applic:v.ione (gig. 61) di chiaramente espresse anche nella lette-
categorie greche a lleov iivi)pw7toL, cioè ratura rabbinica, come quando Hillel,
ai sacerdoti e ai profeti (tepEi:ç xcxi secondo Lcv. r. 34,3, chiama la sua ani·
7tpocpl)-.aL). dei quali è detto: dc; <tÒv =
ma 'aki'nàjii' ( l;Évoc;) in casa sua, cioè
VOT)'TÒV xéaµcv 11ti:o.vi<Ti:r)Cfa.V x<lxti:llt ospite nel suo corpo 1119 •
qix.11crav tnpa.q>ÉVtE<; ciqiiM.p-cwv ( xat ) 3. Lo straniero ud N. T.
cic;wµ<hwv llìewv 7t~À.Li:elq:, «si sono
1rasfcriti nel cosmo intcllieibile e ivi si Le idee ncores tamentarie sullo stra-
sono stabiliti avendo ricevuto la cittadi- niero e la sua condizione so no la logica
IM> Affine i: l'idea di tesi. L. 13,8: yr;vfiae'tat non facevano palle della poesia dello Pscu·
G<V'ti;> CTO<pla ••• t11ì ynç (Ì).À.oi:p~ 1tGt'tp(ç; dcrPocilide; cfr. ]. BERNAY S, Gesamme//c
ma le si frappone l'altra idea che il saggio Abhandltmgen ( 1885) 255.
oux fo-rat l;l\lo~. 011ou \mO.y-. (v. 3), perché
189 Cfr. F. PtEBIG, Altjiid. Gleirhnissc und
la saggezza lo rende -> cpl).oç di rutri.
dic Gleicbnisse fw1 (1904) 1 n; Jo., Die
!Si Cfr. W. SCHM11>-0. S·rii11LtN, Griecb. i.il. Gleicbnissredcn Jts11 im U cbtc der rabb.
Gescbicht«'· 11 1 (1920) 622 . Glcichnisse det 111. lichm Zeitoltcrs (19<Z) R
118 I due versi seguenti (~ ~É\IOL cil..>.:f)).w·1 s.; fo., Dcr F:rzàblungsstil der év<mg~/1en
l;Eivoc; ot 'tOt oli 'ti<; tv ùµiv E<T<TE't' x-iÀ) ( 1 925) 6~··
!;ivoç x-rì... D 3 (G. Stnhlin) (1,28) 80
190 Cfr. SCHNIEWIND, Das Gleich11is vom ver- qu~le luol(o straniero, come in Hcbr. u,9:
lorenm Soh11 (x940) 32 s.; divet••mente Èv O"XY)\littç X<X-to~xficra,ç. Con questo non
\Xl1r;1.11scH, 2 Kor. 166. s'intende negnre che in lo. r ,<4 riecheggi il
191 tuxi)vwa-Ev, a causa del prcccdcnle Èyt- pensiero dell'abitaiione di Dio fra jlli uomini
VE-co, non dev'essere inteso nel ~nso dell'im- (shckinà, ecc.; cfr. i commenti al posso). L'i-
magine greca del corpo quale 1cnda dell'ani- d~ di lo. 1, 11 è rerramentc parafrnsata da
ma (dr. Sap. 9 ,15: flpl.be• -rò ytw&ç CTxijvoç Nonnu•, mclophrasis cv. lo. r,31: Wç ~t'llov
vovv 7tOÀuq>i;ov-c\1icx), che si avverte ancl1e in oùx lylp<V.pov (-+ n. 22).
2 Cor._,,, e 2 Petr. r,rJ s. (dr . anche Oiogn. 6, 192 Cfr. M. DmEL1us, in RGG' 111 359.
11)1 ma secondo l'immal)ine della terra intesa
81 (1 ,2~) 1;€vcç xù. D 3 (G. Stahlinl
Cristo (1,17; q,6), vale d'ora in poi il 14; Gal. 4,26; Phil. 3 ,20) che anche il
decto di Tertulliano (apot. l ): «Essa sa filosofo greco e il teologo giudaico ave-
di soggiornare sulla terra come stranie- vano riservato al sapiente ( ~ n. 180 e
ra e che gli stranieri sono presi facil- ~ col. 77 ). Ma rispetto a queste ana-
mente per nemici e che la sua origine, la logie e alle posteriori forme ibride
sua patria e la sua speranza... sono in degli gnostici la differenza sta in ciò,
cielo». E come Cristo, anche il suo re- che il cristiano non ritorna in tal modo
gno non è EX TOU xéx;µou TOVTOV (18, nella patria che ha abbandonato 193, ma
36), cioè è straniero a questo mondo. si trova in cammino verso una patria
Sulla base di questo sentimento fon- nuova, dono di Dio (cfr. Hebr. r l ,I 5 s.).
damentale si comprende pure come le a.) Per esprimere queste idee si formò
parabole sinottiche dicano che Gesù, nel linguaggio cristiano una specie di
come è venuto da un mondo estraneo, terminologia giuridica. Come io Filone
(~col. So), cosl, lasciando i suoi, ritor· (specialmente cher. 120 e gig. 61), an-
na nell'estraneità celeste (cbtEOYJ!A'l)<T<V, che nel N.T. le categorie stoiche di n6·
Mt. 25 ,15) per prendere possesso della À.L<; e noÀ.tTEla vengono applicate al
~a<rùda (Le. l9,l2), e come i discèpo- mondo celeste e terreno e fuse coll'at·
li aspettino d'ora in poi che il Signore tesa apocalittica della città di Dio 19'1;cfr.
ritorni da quella regione straniera (cfr. Hebr. 11,10.16 195; Bph. 2,12.19; Phil.
èivi)pw1to<; &.1t60'l)µoc;, Mc. 13,34). 3,20; Diogn. 5,9: tnt yijç Òta.-rpl~ov
<rw, aÀ.À.'È\I oupavQ 1tOÀ.VtEVOVTltL,
b) L'estraneità dei cristùmi
«soggiornano sulla terra, ma sono citta-
Lo stesso vale per quelli che diventa- dini del cielo»; vedi specialmente in
no suoi discepoli e messaggeri: essi non Hebr. r2 ,r2 s. la descrizione della città
saranno soltanto ospiti di Di.o ( ~ col. a cui i cristiani propriamente apparten·
7 5 ), ma suoi familiari: ovxÉTL. çÉ- gono mediante la comunità festiva e la
voL xat 'ltapOL'XOL, aÀ.À.cX... oixEfoL 'rOU riunione locale dei 'primogeniti', (dr.
~Eoù (Eph. 2,19). Loro patria diventa anche Herm., sùn. l ,r ss. ). Diven tando
quel cielo (Eph. 2,6; Hebr. 12,22 s.; 13, credenti si viene quindi traslocati: da e·
l93 Il contrasto con Hebr. l r risalta ~pc:cial BELIVS, Heim. 459 s. (a vis. 3,2,4); K.L.
mente in Philo, con/. ling. i 8 (le an ime dei SCHMIDT, Die Polis in Kircbe und W e/t
XCl;'tèt Mwva-1\v O'Oq>o() t'ltU.VtPXOV'fU.• Èxei:vE ( 1939).
'ltaÀ.w, MEv wpµftD1]0'(.(V 'tÒ 1tpW'fOV, 'ltct'tpl- 195 Qui è espressa l'idea particola re degli an-
&.t p.Èv 'tÒY OÒpttVLOV XWPOV ~" <)i 1tOÀVfEV0"· tichi sulla mutua appartenenza di n6'ì.tç e di-
-ro:L, l;ivl')v lìf. i:òv mpl-yet0v tv <1i TiafXii><Tt vinità; n.on solo i credenti hanno la loro 'lté·
<tav voµil;ovO'aL. ÀL<; in cielo perché appartengono a Dio, ma
19• Cfr. H. WE1NEL, Dic Steltung des l]r. si può anche dire che D io appartiene ad essi,
chrìstenl11ms z11111 Stt1t1L ( 1908) 23 con n. 68 ave ndo loro procurato tuia noÀ•ç ; cfr. \X/El·
(p. 51 -53 ); R1GGm<nACll, Jlebr. 356 n. 17; DI· m".,l.c.
l;Évoç x-rì... D 3 (G. Stiihlin)
stranei a Dio si diventa suoi vicini 1%. Mt. 10,16; 2 Clem. 5 ,2). Questo modo
Cosl alla precedente mancanza di diritti d 'esistere divenrava evidente soprattut-
(Eph. 2,12: Ò:1t11À.À.O'tpiwµivoL -.ijç 1t0- to in tempo di perseruzione; cosl è sin-
À.vtda.<; "tOV '1crpa,iJÀ. xcxl. ~EVOL "tWV &Cl- tomarico che ~tvl~w, oel senso d'un e-
i)T)XWV -rijç btClYYEÀla..;, «lontani dalla straniamento reciproco del mondo e del-
cittadinanza d'Israele e stranieri 197 alle la cristianità, abbia un'importanza spe-
disposizioni della promessa>)) subentra ciale nella prima Lettera di Pietro: al
il di ritto di cittadinanza in cielo (Eph. mondo il contegno dei crisriani appare
2,l9: crvµ'ltOÀL't(lL 't'WV èt.yLwv, «Concit- strano, lv il> !;EVlsovi:<XL µi} O'uv-rptxév-
tadini dei santi», intendendo forse gli -rwv iiµwv El<; -ri}v ... -rii<; &:crwi:(Gt<; &.v&.-
angeli) •9'. Ma con ciò si è pure 'trasferi- xu<1w, «per cui trovano strano che voi
ti' e si diventa estranei al mondo: d'ora non prendiate più pane agli stravizi del-
in poi fra i cristiani e il mondo sussiste la loro dissolutezza» (4,4) 200, e vicever-
un rapporco di reciproca estraneità e av- sa: µi} !;Evll;Ecr1>t 'fii É'\I ÙµLV ltUpWCTEL
versione. Ciò intende dire Io.3,8 nel pa· 7tpÒç rmpM'µ.òv ùµ.L v rwoµÉvn Wc; !;t\-
ragone col 1tVtiip.u.: i nati daJ!o Spirito vou ÙµLv crvµ~<Xlvov-ro<;, «non vi stupite
hanno un'origine e una meta ignota, co- deUa fiamma levatasi contro di voi per
me Cristo stesso 199 . Il mistero della lo· vostra prova, come se vi capitasse qual-
ro estraneità sta nel loro livwlttv ytv- cosa di strano» ( v. 12 ) . E come poteva-
VT)itijv<XL (I o. 3,3 ), nel fatto che, a no i cristiani stupirsene? L'inimicizia
differenza degli uomini del mondo del mondo è in certo modo naturale per
(dr. I Io. 4 ,5 ), essi non sono E.x i:où quelli che vivono in esso come fore-
xooµov ma, come Cristo, tx .:ov i>tov stieri ll>t.
(dr. Io. 15,r9; 17,r4.16). Perciò sono I cristiani restano per il mondo un
nel mondo come pecore fra lupi (dr. popolo straniero (!;tvov Eltvoc,), il loro
•96 Cfr. Philo, Ri~. 6t (-+coli. 77 s.). lOO Cfr. Pali., hisl. l..aus. p. 20,11 s.: O•'iipe-ri1v
107 l;&V1. ·miwv.
Drnt:LIUS, ad. l.: se11xa diritto a; t;tvoç
wl genitivo ricorre anche in Anth. Pal. 4,J, 20 1Cfr. le idee sorprendentemente affini di M.
~7; Heliodor. 10,14; P. Oxy. HJ4,10; cfr. Ant. (8,T4 s.): se si conoscono i princlpi d\m
Br.ASS·DEDllUNNER S 182,3. La stessa costru- uomo, oùo!v bavµo.<T'tÒ'V ìj 'E,tvov 1io• o6'E,r<,
zione si trova in latino con bospes: per es., tù.v 'tcil>E -nvà. 'Jtorfi ... µÉµVT)O'o éh:L WO"JtEP
(hosp~s) urbir. a.tcxpo-v Éo"n ~Evl~to-&ru. tt ii avxlj .Wxa.
<pt~'· oìhwç, E! ò xòaµc.; 'taot 'tLvà <ptpu,
195 Proprio con q11C$IC immagini Clem. Al.,
wv Ècrn qx\po.;. Un indice della successiva
pro/. 824 ss. esorta i pagani a «farsi iscrivere
perdita di questo sentimento biblico fonda·
fra i citt•dinio ( Èyyçcitpcai)(lL xa:l noÀ.•·n~<T
bet<) per essere acrohi come figli nella cas.i
mcnralc si ha quando gli apologeti (cfr. Tac.
~1,2) cercano di difendere il cristianesimo dal-
del Padre: itwç ycìp EÌ<TE).!h~v tm-ri-tpa'Jt'tru.
l'accusa d'essere 'E,Évov, termine che dcl resto
...;;, ~tv<i>;
contiene anche il senso di 'spt('gevolc, irreli-
199 Cfr. BULTMANN, ]oh. 101 s., od l. gioso'.
l;t\lo<; xù. D 3 (G. Stiihlin) (1,30) 86
nome di cmuam e uno !;tvov o\loµa. stieri nel mondo è particolarmente effi-
(act. Io. 3). Perciò in 'questo mondo cace in Diogn. 5 ,5: no:•plbo..ç olxoiiO"w
l&lcxc;. àlÀ'wc; mi:poixot· µc-i:Éxouo-t
straniero' (Clem. Al., strom. 3,31,3; cfr. it<i.nwv wç 110À.ho:t, xo.t 1t<i.vil'v110-
§ 4) 202 essi non possono xa.-rotxEi:v, «CS· µtvoucrw Wç ~É'llOL' rtficrCI. !;é'll1) TCCXTplc;
ser di casa», ma solo ~apotxEiv, cioè es- tcr-rw a.v-rwv, xa.t ~fiera. mx.-rpi.c; l;É'll1) ...,
«abitano le loro patrie, mo come stra·
servi aggregati come ospiti che godono
nieri domiciliati; partecipano a tutto
di minori diritti, o, propriamente, solo come cittadini, ma sopportano tutto
1tapEm8TlµEtV, viverci provvisoriamente come stranieri; ogni terra straniera è
come /orestieri senza diritti m ( r Petr.2, loro patria e ogni patria è loro ter-
ra straniera...» . Si veda anche H errn.,
u; 1,1.17); poiché Ti Ém81)JJ.la. Ti Év sim. I , l : E'ltt !;ÉVTlç XO:'tOtXf:hE uµE~c;
-rQ xéa~ut> -i:ou-rip -rijc; cmpxòc; -ra.u-t1)ç ot &ovÀ.ot -roii ikov. 'H yàp 116À.~ç
µtxp6. tcr·nv xa.t 6hyox;p6vtoc;, «il sog- ùµwv µa.xp<iv ÉCT-tt c'mò -rljç 1tÒÀEwc;
-ra.VTT)ç, «voi, servi di Dio, abitate in
giorno in questo mondo di questa carne
terra straniera. Infatti la vostra città è
è cosa piccola e di breve durata» ( 2 molto lontana da qùesta». Quesrn sirn.
Clem. 5,5; dr. le parole sorprendente- 1, insieme con 2 Clem. 5,1.5; 1 Petr. 2,
i 1, ecc., dimostra anche l'impiego di
mente simili di Epict., diss. x,9,16 s. ~
questa idea per la parenesi protocristia-
n. 180); perciò devono essere sempre na: ogni 116À.t.c; ha il suo v6µoc;; il cri-
pronti ad abba ndonare la 'lt<xpotxla. -rov stiano deve vivere secondo la legge del-
>tbuµ.ou -rov-rou, «la provvisoria residen- la «sua città» (~ col. 82). Altrimenti
non si dà ritorno al cielo (vv. 5 s. 2);
za di questo mondo» (v. 1 ); infatti Év· wc; t~t i;ÉVT}ç XCX'tOtXWV, «Come chi abi-
b1)JJ.Etv tv -r<i) crwµa.-r t, «abitare nel cor- ta in terra straniera•, egli non deve ac-
po» 204 significa Èxb1)µEL'\I <i.'ltò -roii xu- cumulare beni terreni (v. 1 e 6); poi-
ché 'ta.0-ra. miv"t"a. aÀÀ.6-rptci: dcn, x.a.t
piou, «essere esuli lontani dal Signore»
tm'Èl;ovCTlciv hépov Elcrlv, « tutte code-
(2 Cor. 5,6). ste cose non sono tue e stanno in pote-
La descrizione dei cristiani come fore- re d'ahri» 101 (v. 3; dr. l t). Il 'be·n e
2oz Cornc ha fatto la generaziooe di Gc,,. 11, 204 Il corpo è qui il uwµa '<ii<; crapxés che
prototipo dell'ebbrezza terrena ; dr. Philo, appartiene al mondo; cfr. 2 Cltm. ''' (-+ col.
co11/. ling. 76: xo.-ro•xi'lcra.vnç... ~EPa.iwç xa- 85), dove -riis <r«F><O<; è forse da in1cndcrc
«ct.µivtw etuO.mtv lµtÀÀ..ov. -+ 116.po1.xoç; -+ come genitivo epescgetico di xOOµoç: il cor-
col. 77. po e il mondo, in quanto luogo stra.niero al-
201 -+ 7tapmUi11µo.;; dr. BocKu CIG 1 i 338 l'anima, sono nella letteratura greca termini
= ContTZ, Griecb. Dial. Inschr. rn 2, 4520: quasi equivalenti, come appa1e chiaramente
xaL '<WV /i)..)..wv l;É\IWV XIX'tO•XOVV'tE<; xat in Filone; cfr. per es. agric. 64 con il § 65;
ito.pEmoo.µowTE<; t:v 'AµuXÀ.o.tç; cosi pure la rer. div. her. 267 con cher. r20 (-+ col. 76).
distinzione in tfe gruppi di nbitonti presso 205 Qui si intende forse in primo luogo l'im·
DtTIENllERGEK, Or. 339.z9: J . ito>.ì:i:a~. 2. 6.)..- peratore rom3no. Però il passo ha intenzional-
À.O~ XCt'tOLXOVvtE<; -rirv
1t6À.w. 3· ol 1t<lj)E1t\· mente un duplice significato: dietro lo l -.Epo;,
011µoiivtt<; l;tvot. Altri passi io -+ BusOLT- il domina/ore J/ranicro, sta certamente il de-
SwoBODA 1 292 n. 2 ; dr. inoltre :ÙHN, Einl. monio (-+ col. 90); dr. DIBELIUS, Herm.,
11 4 s. 12 s.; R1oc;ENBACH, Hebr. 3" n. 13. ad l.
~ivoc; x-rÀ. D 3 (G. S11ihlin) (1,31)88
estraneo' 206 del possesso terreno e la In rilievo ancor maggiore è posta l'e-
' voln ttà estranea' delle passioni carnali straneità q uando il $Oggiorno su lJa ter-
(aapimcaL ÉmituµlaL) non convengono ra è inquadrato nell'immagine d 'un
ai 1t1ipOLXOL xo:t 7tCtpE7t(OT}µOL, ai «fo· viaggio in cui i cristiani devono esser
restieri e pellegrini» (I Petr. 2 ,II) che contenti del vinrico 207 ( -rà Écp68~a) di
sperano di tornare un giorno El..; -ri)v Cristo, cioè della parola e del sacramen-
l&lav 7tOÀ.LV (Herm., sim. 1,2). Il loro to (1 Clem. 2,1).
contegno può essere soltanto 'tÒ òa'lwç
xa.l ÒLxa.lwç cX'1aa-.pÉqmrita.L xa.t 'tÒ'. aJ Prototipi di questa posizione pecu-
X001J.LXÒ: 'tC7.iha wc; aU.irtpL~ Ì)yEi:ai}at liare dei cr isùani verso il mondo per il
xa.t µTj btd}uµei:v aÙ'twv, «comportarsi N.T. sono; 1 . i patriarchi, la cui estranei-
santamente e giustamente e considerare
codeste cose mondane come estranee e tà politica 208 viene interpretata come ve-
non bramarle» (:z Clem . 5,6); Ttovripòv lo d'una più profonda mancanza di pa-
y<ip ÈO"'tLV UÀ.À.O'tpLWV ÈmWµELV, «Ché è tria (Hebr. 11,8 ss..) 2(}9: o·tt !;tvoL xat
cosa malvagia desiderare le cose altrui»
1tCX.pE1tLOT)µot dow btt "'Ttc; yi)c;, «che
(H erm ., sim. r , rr ). La prospettiva del
ritorno dal mondo ·straniero in patria e sono. forestieri e pellegrini sopra la ter-
l'esser preparati a un tal ritorno ( 2 ra» (v. 13 ) 210; 2. I sraele in Egitto, quan-
C/em. 5,1; ~ col. 85) diventa dunque d'era "ltclpOLXOc; ÉV rii Ò:À.À.o--pLQ'., «ospi-
il motivo parenetico decisivo, non pe-
rò soltanto per ammonime nti nel sen- te in terra straniera» (dr. Aci . 7,6; 13,
so di Mt. 6,33, ma anche per quel- 17) e soprattutto 3 . la diaspora giudai-
li di un'ascesi che tendeva a fuggi- ca, di cui il N.T. impiega abbondante-
re da l mondo, la quale trovò uno dei
mente la terminologia caratteristica dan-
suoi più forti punti di appoggio quan-
do nelle parole dette da Gesù su i suoi dole un nuovo significato 211 (anche que-
(lo . 17,16.u), che non sono tx 'tOV sto è un esempio di appropriazione
x6aµov, bensl Év -r<;> x6crµcp - anzi sono d'una pre.rogativa giudaica d a parte del
in questo espressamente mandati ( v. 18)
- trascurò completamente 1:1 seconda nuovo I sraele).
parre in favore della prima.
206 Anche qui un paro lido prn icohuc è oficr- 210 Anche in filone il senso di estraneità dei
IO dal pensiero della Stoa, dic può aver in· patriarchi ha molta importanZA (per es. Abr
flui to sulla formulazione (cfr. per es. Scn., 62), mo esso è 1-ifcrito allegoricamcn1c, secon-
ep. 47, ro e 28,9, inolrre D111ELI US, Henn. do la sua antropologia, all'anima preesistente
550); però la differenza e~nziale delle idee nell'nl di là e presente solo di possasgio nel
è chiara: qui il conrrapposto (!:Oo.cx) sono i be- mondo fenomenico (con/. ling. 79 ss.; rcr. div.
ni spirituali, là invece quelli celcs1i. ber. 267, ecc.); cfr. R1GGENBAC11, Hebr. 362
207 La s1cssa immagine è usata nel mito del- n. 32.
l'uomo straniern dci Mandei (-+ n. 234).
m Si.runtopa (foc. I,1; r Petr. 1 ,1 ), 7to.pc"1l<X
208 Una delle affcrmarioni fatte dai pa1riarchi
(r Petr. 1 .17; 2Clcm. 5,1: = soMiorno in luo-
riguardo a se stessi su questo Argomento è go straniero; Mari. Poi., procf.; Eus., hist.
anche l'in1erpretazione (dcl nome) della stir- eccl. 4,23,5, ecc:.: comunità di 's1ranicri'), -i)
pe di Gcrsom in Ex. 2,22 ILXXl: ruipolx oç lxxÀT)aUx Ti nap~•xciiaa 'PW.u1v, ecc. ( r
dµl tv yfi ciÀÀO"tp~ (Aquila: l;ivn); dr. Pbi Clem., praef.; Polyc., ep. prncf.; Mart. Poi.,
lo, con/. /mg. t<i . praef.). 7tttpoLxoç (J Petr. 2. 1 r ; Diogn. ~.5),
:l09 Cfr. R tG<iENBACH, Hebr. 361 ss. 1t~7tlOT)µcç (r Petr. t,1 ; z,n).
~Évo; x-cA.. J) ; IG . Stohlin ) (r,p) 90
212 Le stesse dom·ine sono qui J ettc anche Ot· pa.t. y>...C.u1ao.1. perce pisce non uaa lingua stra·
ou.xal µ.wpal, doè derivare dalla sapienza del niera, rna la sua. Ma col verbo Èl;tvoqxll\l'J)aEv.
mondo, che davanti a Dio è 1wp(a (-> µr,; applicato • Montano, si esprime il giudizio
pbç v11, col!. 759 ss.). che le s.:nsibilirà della Chiesa maggiore pro-
2u Uno spiriro straniero, e non sohan:o uno nunciava COlllrO le O~JCU.t ~ML di rutti gli
lingua straniera, parla anche nello l;EVOqiw- 'e.retici') intese eo ipso come avverse a Dio.
vti:v di Montano (Eus., hist. ecd . 5,16,7); cfr. m In Cyprian., ttstimonia 3,>9 (C$EL 3 I
anche Aci. 2,4, dove però dascuno nelle li:t- 143); dr. la traduzione in HENNl!C~I! 390 e in
91 (1,32) (1,32) 92
in quelli d'uno scritto di Porfirio 215, in sto i cristiani e la credenza greca nel-
una redazione peculiare della dottrina ! 'estraneità essenziale dell'anima umana
dei due regni in Ps.-Clem., hom. I.5,6
ss.; 20,2 s. m, e specialmente nella de- sono radicate in concezioni fondamen·
scrizione del rito battesimale e dell'esor- talmente diverse di Dio e dell'uomo.
cismo che Io precede, nella cosiddetta Però il processo d'intensa ellenizzazione
Costituzione ecclesiastica di Ippolito 217 •
subito dal cristianesimo preparò la fu-
4. Forme miste di concezioni bibliche e sione dei due concetti. Molto al di là di
greche dello 'straniero' ciò che al riguardo attestano certi teo-
L'idea neotestamentaria della condi- logi clelJa Chiesa 218 si spinge la gno-
zione di stranieri in cui Cristo ha po- si colla successiva evoluzione manichea
N. BoNWETSCIJ, D.ts slavisch erba/tene Ba· 33; copt. 4.1 ' tutti gli spiriti estranei) viene
ruchbucb: NGG (r8')6) 91 ss., S!)«ialmente c:icciato con un soleone esorcismo (p. 252, 19
93 s.; qui i credenti sono chiamolÌ odibiles s.; 3r6,r s., HORNER; p. 25, LAGARDE; p. 579,
a/imQ. HENNECKE; p. 93, ACHEUS). Nel battesimo
215 Porpbyr., Christ. fr. 72 (p. 90, IiARNACK s1esso, finalmente, la separazio.,.. da tutto ciò
[AAB t916]): i:!ç lit ii a.li:ia. i:oii aÀT}~va.t che appartiene 'allo straniero' dev'essere cosl
i:òv /ipxovi:a. ~<>J hl<; ~lvov i:oii x6aµou; xa.l perfeua, che i battezzandi sono obbligati n
itwç !;tuo<; wv n?l;E; scendere ncll'oequa battesimale nudi e le don-
ne devono togliersi ogni ornamento, in altre
2o6 Cfr. C. ScHMll>T, Studie11 w deit Pseudo- parole devono immergersi ~sen2<1 alcunché di
Cleme1t1i11c11 (1929) r8o ss. Per chi si decide estraneo» (testo ctiop. 35, p. 152,30-153,1; t.
per il regno futuro deU'eone buono e pe.r Cri- arab. 34, p. 2,3,14-17; t. ropt. 46, p. 316,30
s10 suo Signore, il dominatore dell'altro re- s., HORNER; p. 27, l.AGARDE; p. 109 FVNK
p,no, quello presente, cioè il demonio, è un (Didascalia e/ co11stitutiones aposlolor11111 11
cH.Mi:pioc; acx01.Àclç (15,7) e le cose terrene 1905]; p. 95, ACHELJS; p. 579, HENNECICE;
sono oVx t0t4, mentre egli è uno che vive similmeme anche test. Domi11i p. 127, ed.
tv b:tpou (la01.:1..Elq:, un forestiero nel mondo. RAHMANI [1899] e i Canones Hippolyti n5
1 (p. 94, cd. A CHf.LJS: 11e ...Jescendat in aq11am
21 In un S<.>condo esame dei cacecurneni pri·
ma dcl bactesimo devono eliminarsi cli impu- regeneratio11is quidquam peregri1111m tle spi-
ri; infatti è impossibile 'allo straniero', cioè ritibt1S peregrìnis). Oltre ad altre idee sui vc-
al demonio che si cela nel candidato al bane- sti!Ì e gli ornamenti come sedi del demonio,
simo, renar nascosto; cfr. kopt. Text. 45 (p. alla base di questa norma sta evidentemente
25, LAGAJtDE (Aegyptiaca 1883 ], p. 315,19 s., la convinzione che tutte le rose terrene ap·
IIORNEll (Tbe StiJ/uter o/ lht Apouler or Ca- panengono al regno 'estraneo' dcl demonio
nones Ecclesiastici 1904]; tC510 tedesco in H . e sono perciò un bene 'straniero' nel senso
ACllELIS, Die Canones Hippolyli, in 111 6.4 pregnante del termine (cfr. Herm ., rim. 1,3;
(189r] 92); nel testo eciopico (34, p. 15r,24, DIBELIUS, l:lerm. 551 s. e .... coli. 86 s.).
I-IORNEK) e arabo (33, p. 252,10, HoRNER) il lJ8 Cfr. Diog11. 6,8: 6.Mva.-roç ii ljiv)(i) Ev
hatle7.znndo posseduto da uno spirito immon- bvT}-r1;1 CTXT}VWJ.l(l"tt xa.i:otxEL' xa.l Xp10--r1.o:vot
do è chiamato 'straniero', cvidcnicmcate nello 1t'1pOtltOUOW fv q>&api:oi:r;, i;fiv EV oupavoi:ç
Stesso SCOSQ traslato (dr. HRNNECKE 578). àq>Oa.poia.v itpoaoEx6µtva.. Clem. Al., quis
Però anche i catCàlltle.ni ri1enuti idonei al div. salv. )6,z: i veri gnostici sono crntpJ,W. ...
bauesimo vengono invitati subito a lavarsi e w:rr.Ep tnl -nva ~EV~"tELctv tv-ra.iit)a r.Eµit6·
a 'liberarsi' cosi 'dallo straniero' (solo nel te- µtvov &xò µtyaÀ.'l)ç ol.xovcµla.ç xat civcxÀo-
sto copto [p. 25 , l.AGARDE; 1>. 31;,22, Ho11- yUu; (dal çrande e armonioso piano CQSmko
NER; p. 92, ACHELIS ). Nel giorno che prece- di Dio). Quindi la vita degli 'gnos1ici' in un
de il battesimo ogni spirito estraneo (arab . mondo straniero si basa su unn speciale scel·
l;ivoç it-c>.. O 4 (G. S1iihlin)
talvolta sembrano essere identiche 226 • Il sedurre and1e 'l'Uomo straniero', spe-
mito gnostico raggiunge per cosl dire il cialmente coi misteri d'ebrictà del mon-
culmine della peripezia quando l 'a nimn do 229 , poi cercano perfino di ucciderlo
nell'ambiente straniero 'si smarrisce' al di confondere i suoi seguaci accusando-
punto da perdere la coscienza d 'essere lo d'impotenza e di fuga, oppure si sfor-
in luogo straniero e così diventa estra- zano di coprire il suo grido col rumo-
nea alla sua stessa patria 221 • Per redime- re del mondo ZJO. Ma «l'Uomo stranie-
re l'anima da questa duplice e misera ro restò vincitore» 231 ; egli non si la-
condizione di estranea, 'l' Uomo stranie· scia estraniare dalla sua patria celeste 232
ro' si mette in cammino e percorre la come l'anima, anzi 'richiama' nell'ani-
medesima via nel mondo a lui estraneo, mn la coscienza della sua eslrancità nel
nelta miseria e nei pericoli che esso mondo m e risveglia in essa la nostalgia
comporta 228 • Alla sun impresa si oppon- del cielo. Nel cammino attraverso il
gono i dominato ri del mondo, soprattut· mondo straniero, nel quale ora sa di tro-
to le potenze degli spiriti stellari (cfr. varsi'-"', l'anima si unisce all"Uomo stra-
In Lettera ai Colossesi! ), per esempio i niero' 235 e diventa cosl uguale a lui 236,
Sette (pianeti) che già tengono l'ani· fatta partecipe dell a sua estraneità, per
ma in loro possesso e vogliono ora cui · gli esseri del mondo non fa ricono-
trattenerla; dapprima essi tentano di scono più 237 ; alla fine della via gnostica
216 Fra l'altro sono ripetutamente chiamati si esprime <"On s1x.-cialc forza nelle preghiere e
«l'uomo scrnniero• •Ìa il Redentore sin colui nei canti dell'«anima straniera nel mondo»,
che dev'essere redento; v. per es. LIOZUAliSKI, LJOZDAltSKJ, Liturg. 208,5; 223-227. Qui (227,
Ginza, R. xu 3 (p. 273,} ss.); liturg. 124,10; r ) infine anche i Sene (pìaneci ) esclamano:
]oh. 17 (p. 67,8 ss.). ~Salvezza • colui che si e~trania dal mondo!».
217 Cfr. -+ JONAS 96 s. PorticoJ.1r1neme elli~· rn Per es. LloZllARSl<l, Ginza R. Xli 3 (p.
ce il modo in cui l'Inno della perla degli Ani 273,} ss.): •lo sono un l•omo straniero . .. il
di Tomma:io descrive l'immersione nel 'sonno' mio viatìco viene dall'uomo str3nicro»; ri-
dell"cstrancità ( 109, -> col. 97 ). guardo all'immagine del viatico spirituale (->
m Cfr. -+ JoNAS 122-126. col. 88) dr. i passi in LmzBARSKI. Ginz.a,
indice s.v. 'Reise-lehrung'.
?29 LIDZBARSKr, Ginza R. 111 (p. 120 ss.); dr.
235 Oi Adamo e<l Eva, che per i Mandei sono
Liturg. 184,u-lS,,2; ]oh. 41 (p. x66,10 ss.);
REITZENSTEIN, lra11. Er/Os. 86 n. 3.235 s.; - pro1 01ipi della scoria umana dell'anima, è
Bu1.TMANN 120.122; -> JoNAS 117. detto: «Prese ad nrnare l"uomo straniero, il
cui discorso è scrnniero, estraneo al mondo»
2JO 1107.RARSKI, Gi11z.a R. 11[ (p. IOI,17 s. 33
(Ginza R. x p. 244 ,36 s.), e: «Il senso es1ra-
s.); x (p. 244,,3z ss.): essi non devono ascolrn·
nia10 di lei le fu restituito dall'uomo srrnniero
re le parole dell'uomo straniero venuto qui.
(L r 3 [p. 43!)-33 .440,1 ]). Il riconoscimento
2Jl LIDZBARSKI, ]oh. 38 (p. 161,6); cosl anche del la patdn e il ritorno verso lo straniero di-
la conclusione giubilancc della maggior pane vino per la gnosi formano insieme la convcr·
dci brani dcl Libro di Giovanni e di molte slone.
parti delle liturgie: vincitore è l'uomo che era
236 Cfr. n. 216; ino ltre O. Sai. 17,6: «Tuui
venuco qun (cioè in questo mondo); dr. Lmz-
qudli che mi videro, stupirono; ApJY.lrvi loro
BARSKJ, ]oh. Il n. 3·
come uno straniero» (cfr. 41,8); Ri:nzENSTllIN,
m Cfr. L1oznAHSKI , Ginu R. xr (p. 257 s., Ir. Eri. 91; -> BULT1'\ANN 123; H. GRliSS·
specialmente 258,15 s.). M ANN, in HeNNl'.CKE 413; LmZDARSKI, Ii111rg.
m Cfr. LrnZBARSKt, Ginza L. t 3 (p. 44t,4 138,4 s.
ss.); R. XI (p. 258,13.28); Liturg. 224,10. La 2J1 ar. LIDZBAISKI, Liturg. 224, 10; O. Sai.
coscierrto di estrandtà, in cui si fondono l'in· 28,16 ( -+ n. 238}. Invece l'anima riconosce
Jigenza e l'orgoglio, la miseria e il sussìcgo, ora se scessa e la sua origine; cfr. LwZBARSKI,
çivos xù. D 4 (G. S1iihlin)
trionfo l'cstrnneità, ove l'anima e il suo co come t11lc (asc. Is. 10,29-11,19). Ma
salvarorc sono ormai totalmente l'uno così corre pericolo - come l'anima dei
nell'a lt ro nR. Mandei(v.perònnche~coll.89s.)- di
Senza dubbio alcuni di questi accenti dimentica rsi della sua origine, diventan-
riecheggiano - e non si tratta solo di do egli stesso proprietà del mondo 240 •
un'eco della 1tapotxla comune a tutto il Qui dunque lo stesso Redentore dev'es-
cristianes imo e~ col. 85) - là dove i sere rede1110, e ciò avviene per mezzo
discepoli e le discepole di quegli Atti della lettera che giunge dalla patria 241 ,
che risentono dell'inAuenz.1 gnostica so- colla voce della patria (a,;/. Tbom. 1 1 0
no chiamati 'forestieri' ili; questo titolo s.). Solo dopo, col ritorno del forestiero
esprime il trionfo sul mondo estraneo. nella sua patda celeste, si arriva al suo
riconoscimenco e al grande !;tv~a116t;
f3) Ma questi scritti e l'Inno della delle potenze cosmiche, descri tro <.'On
perla degli Atti di Tommaso, oltre al - particolare ins istenza neU' Ascensione di
l'Ascensione di Isaia, lasciano pure tra- Isaia spccinlmenr.c in u ,23 uz.
sparire una variazione di questo mito È però da chiedersi se questa form a
soteriologico: il forestiero che viene daJ della storia dello straniero divino™ sia-
mondo celeste si traveste consciamente si concretata realmente senza la cono-
con un manto dcl mondo terrestre, i'.va scenza del vangelo; essa infatti tradisce
µii ~evl~wµat, come egli stesso dice, una comprensione profonda della natura
cioè «per non sembrare straniero» (act. della rivelazione divina nel suo mistero.
Thom. 109 [p. 221]). Perciò non solo
y) Due differenze fondamentali sepa-
percorre il mondo come uno straniero
ignoto, ma non è nemmeno riconosciu - rano tutto questo complesso d'idee gno-
Lilurg. 99 = Gi11ia L lii 20 (p. 543,8 ss.); lgn., Epb. 19,2 ( ...xo-.i ~EVL<7J.1Òv m.<ptLXEv Ti
Lit11rg. 84 s.; lo stesso nel dis<-orso (gnostico) xatvé-<'l)ç au'tcÙ) e in Ocm. Al., exc. Tlxod.
dei morii o1.Jle potenze riguardo al <lemiu,go, i -P (livt·mÀtv ~lVO<; lia-nìp xa:t xa:wòç xa-
in Jren. r,H,5; v. inoltre G.P. WETTER: ZNW "Ta:ÀV...v i:-/iv 11a:Àa..è<v li?..t poDtcnav). Cer1n-
18 (1917/18) 49-63 (spec. 69). memc nun mancò d'influire su queste conce·
2311 O. Sul. 17 e 28; nella pel"sonn dcl cunto- zioni imrnuginosc la nuovo stello Jci M~[li
r~ rcdcnro purla evidentemente Cristo; d r. (J\ft. 2 ,2 ;;,.,con lo parafrasi di Origene (Ccls.
specialmcn1c t7,() («apparvi lo ro come un fo. r ,5>1J : xa:wòv Eiva:L voµll;oµ Ev xat ll'f\OEVL
rcsticro») e 28,r6; H . GUNKr;1., Die Oden Sa- -rwv auvi)Owv -:;a:pa:nki)<ncv ), che fu inier-
lo111011s: ZNW 11 (1910) 306ss.; --> ]ONAS pret:trn come urt"iocarnazione simbol ic:t del
r25. Redentore stesso; cfr. H. Sc111.1~K, RcligimtS-
!."'cbù-h1/tchc U111en11ch1111geu :w d,.,, I t,11.
m Spccialm<nte in molti passi degli act.
Driefen ( 1929) 211 ss.
Tho1t1., per es. -1 (p. Jo6); 136 (p. 242), qui
?O Un'eco, fursc, se ne ha anche in l Cor. 2,
però la scquen7.a dei termini ~: •uno stranie-
ro e disprezzato e mendicante•>, --> n. 103 e 8; pi<1 turdi viene applicata in modo chiaris-
--> n. 22); inoltre in Man. A11dr. 4 (p. 39, --> simo a Cris ro (dr. asc. Is. 9,c3 ss.; oc/. Thom.
n. 250); acl. Parili et Thect. 19 (p. 248 ); 16 45); del 1·csw essa condivide in cerco mock> la
(p. 2'l1: «una stranicnH> .:..; una scrvu di Dio!). motivoziu11e col 'TOltC<; del dcsccmut ad in/e-
ros; dr. teti. Du111ù1i, ed. RAllMAllt 65 (la
240 Cfr. --> JoNAS _32oss. (spcc. ,324 n. r) .
morie ndl'inrcrno rhiede : quis est hic qui
241 Cfr. ~nchc O. Sa!. 2_1.5 ss. terram eSI i11d111us, scd coelcmr est?); altri te-
l.U Lu stesso awenimcmo vien dcscri110 in sti in H. SCllLIER, o.e. r5 ss.; --> BVLTMANN
un mito ass:ii simile coll'immoginc Jclb •«cel- 120 s. (ibrd. 111 n. I altra bibliografia sul mo-
la srranicra» che colla pieneiui ddla sua oo· rivo del Red~nrore non riCQnosciuto).
~a: spaventa e stupisc~ t utti; d r. le tr:1<xc in
sivo~ x-r:>.. D 4 (G. Sciihlin ) (T,35) 100
d'un Dio estraneo si schiera necessaria- è orgoglioso <li annunziare una çÉVl]
mente l 'oscilità del Creatore dcl mon- yvwcriç (Clem. Al., strom. 3,12,3) 2' 9 e
do, simile a q uella dei Sctcc e delle altre <li chiamare se s tesso yvwcr't1J<; l;lvov
cncicà spirituali della gnosi e a quella ìkoii, «conoscitore del Dio stranicro»?.'<l.
degli &i>xovn:ç •ov aJwvcç •ov'tov «i
principi di questo mondo», di cui parla In confronto a tutto ciò il vangelo,
Paolo. Ma lo s1raniero è più forte del e la Chiesa fondata su di esso, annunzia-
mondo e del suo D io, e vince: egli scen- no un Dio che di per sé non è esrraneo
de senza ostacoli dal suo ciclo passando nei confronti del mondo, anzi ne è i.I
attraverso il cielo del Ci:catore <lei mon-
do e gli sottrae, come redentore, le su.; creatore e signore. È colpa del mondo
creature. se è divenuto un regno suaniero per
La caratteristica della concezio ne re- Dio e perciò anche per quelli che sono
ligiosa e cosmològica di Marcione sta
nell'estraneità rndica.le di Dio combina- stati reclemi dal mondo e in qn:mro tali
ta colla sua radicale bontà. Perciò in tul- non sono Éx • ov x6crµ ov. Qui si placa
re le lingue usate dalla chiesa mnrcioni- la coscienza religiosa d'est raneità del-
ta, ' lo straniero' o 'il buono straniero'
è stato sempre il nome proprio di Cri- l'uomo: per i rede nti da Cristo il luogo
sto 248 • Proprio per questo il marcionita stran iero è il mondo, e In patria è Dio.
G. STAliLIN
10,.u Mordone fa now.re (ibid. 1,2) che in va &6yµa.-ra, fa convergere in questa defini·
Cristo D io s'è rivcln to la prima volta al mon- 7.ione ll'C cose: un'allusione nlle autodcsi-
1.
do e dic si traila di u no 11ov11 e/ horpi111 dispo- i;nazioni marcionitc; 2. l'idea che quelle dot·
silic (cfr. t1cl. Tbo111. 72: 'll')O'ov où i} q>i}µT] trine foss(ro di origine estranen alla Bibhi:l
!;tvri iv tji néXn ·w.v-rn. ~di cui non s'è an- (che cioè derivassero da Plntone); 3- le cciti·
coro udito in questo mondo•). Neqt1c 111u11- ca, in quanto sarebbero strane e stravni:anti.
dus per eum factus est, neque in sua venit,
250 Quesrn locuzione si trova in mart. Amfr. 4
sed in aliena Clrcn. 3,n,>). ChrirluJ magis
(citato anche da E. NoR.DEN, Agnostos Theos
adamavit hominem, qiumdo alienum redemit
[1913) H n.3). La forte ac<:cntuazionc dello
(Tc rtull., de came Cbristi 4); queste parole 'straniero' in quel brano - Andrea è pre;enta-
sono caratteristiche di Marcione, benché la
to come ~lvoç llvllpw'itoç che annunzia uno
formulazione fortemente osùle al N.T. (spe-
~tvov lh:6v - potrebbe far supporre la presen·
cialmente in Ireneo) sia da Attribuire al nar-
"' di un inllusso marcionirn ( ~ coli. roo;
ratore.
97 ). Comunque è indicativa l'idea che solo
2<1 Cfr. .._, HAlNACK n9. lo straniero conosce il dio straniero, presso
cui soltanto si può trovare In verità e la sai·
m Quando più av•nti (),21,z) Clemenlc chia- vezza; per questo si ha bisogno <lei co11osci-
ma ironicamente le dottrine di Marcione !;É· 1ore dellu rtraniero.
103 (v,36} l;v>.ov lfoh. Schncidcr)
Il termine non sembra derivare da Per il senso <li legno da costruzioni na·
!;vw, 'raschiare'; forse corrisponde eti- vali dr. Hes., op. 808 (!;vla vi]Lci);
mologicamente al tedesco 'Saule', co- Thuc. 7,2') (l;uÀa vaumiriio-t1.ia). In
lonna 1, e serve a indicare sia il legno Demosth. 45 ,33 l;uÀ.ov è il banco, il la·
vivo che quello morto, tagliato dall'al- volo, specialmente il tavolo dd cambia·
bero. Legno vivo è l'albero e anche l'ar- valute. Nell'assemblea papolare, in WI·
busto del cotone, Hdc. 3.47: XEXO<TµT)- tro e in tribunale, il primo banco (quel·
µÉvov t:lploLcn aTCÒ l;vÀ.ou, «adorna d 'o- lo davanti), su cui sedevano i consi-
ro e di fili di cotone»; 7,65: 'l voot glieri (7tpu-i:civE~c;) e i presidenti (7tp6t:·
ot Etµa:;a tvoeovx6't:c, àTCò !;v4'v opoL) si chiamava 7tpw-i:ov !;uÀov (Ari-
7tE7tOL:rJµiva 2, «gli Indiani indossavano stoph., Ach. 25; vesp. 90; Hermipp. 9,
abiti di corone». Però il significaco di C.A.F. r, 227; Poli., 0110111. 4 ,121: 1tp<7>-
lcg110 vivo è molto raro. Cfr. anche Xe- -.ov l:ìè !;ulov Ti 7tpoElipla, «il primo
noph., an . 6,4,5: (opoc;) OaaV 1tOÀ.Ào~c; banco è quello della presidenza [del
xat nav•ooanoi:c; !;vÀ.oLc, «( un monte) teatro)»).
fittamente coperto di molti alberi d'o- Lo strumento di costrizione e di pe·
gni sorta»; Eur., Cyc. 572 : -.ò !;vÀ.ov na usato per gli schiavi, i maniaci e i
-.i'jc, Ò'.µ7tiÀ.ou, «il legno della vite1>; prigionieri porta il nome di !;ulov •. Es-
Callim., bymn. in Cererem 40 (41 ): !;u- ~o consisteva in un pesante collare di
),ov tep6v, «albero sacro». Del taglio legno in cui veniva infilata la testa dcl
degli alberi (~vÀ« XO'lt'tEW) parlano P. reo (cfr. Arisroph., nub. 592; Lys. 680),
Tebt. 5,205 (xixt -roùc; xexoq>Ò·rn.c, -i:wv o in un ceppo entro cui venivano chiu-
lolwv l;uÀa 7tapà ( -rà.) tx( x )Elµeva ~i i piedi (Hdt. 9,37 : ÉoÉoe-co Èv !;V-
itpoo"tay(..l.(J.-ra, «quelli che hanno ta- ).cp <TWlJpOOÉ't~, «fu posto in un cep-
gliato gli alberi dei privati contro le po :umato di ferro»). L'espressione ti·
norn1e vigenti») e P. Fior. 152,4 (lva pica per questo tipo cli pena è l:ìij<TaL
xé.jln !;u)-.a.. Molto più spesso !;vÀ.ov Èv ~v).w, «lcgnrc nel legno» (Aristoph.,
trovasi coll'altro significato di legno eq. 367.394.705; cfr. sebo!. Aristoph.
morto. l;uÀ.ov è legno da costruiio11e, PI. 476: !;vla., o[.; -r&tt-rov>aL bi -roi:c;
legno da lavoro e legno da ardere 3 • /:ì(X(XO..tljp(o(c; ol ·np.wpOVllEVO(, «i ccp·
È deuo inoltre !;v),ov t11110 ciò che è pi in cui vengono hattuti i rei nei tribu-
fatto di legno, specialmente il bastone, nali>>; 606: ò !;u),woc; 0Ecr1.1.6c;, €.v i;)
il manga11etlo e la clava (in quanto ar· OECTµEvoncxL ot Èv 'tfj q>poupci, «il ceppo
ma). Cfr. specialmente Hdt. 2,63; 4 , di legno al quale sono incntenati quelli
180; Plut., Lyc. 30,2; P. Tebt. 304,ro. (che si crovano) in prigione«). Vedi an-
~vM>v
I Osservazione di A. DEBRUNNl!R . Cfr. Bo1- 106.
SACQ 679; W ALDll· POKORNY l i 'Oj S. 1 Vedi i singoli passi rn L10Di;1.L,<;con e
2 ctµo:..-a 6.rtò l;v>..ov possono essere vestiti di PASSOW. ar. anche C.G. M!!INECKE, Comìrae
roioac, ma anche di corteccia o <le fibra vege- DiclioflÌS lml~x (comp. H . JACOBI, 18,7 ) v, 2,
tale. È probabile che qui si trani di vestiti <li 666 (r.v. l;v>..~v) oppure Ari!lot. v, 494 (Intlex
cotone. Vedi ].U . fi\SI, Progr. tler Ziiricb. s.v. ~o)..ov). Vedi anche BGU n• n , 8. ro;
Ca111011sschule 1838,>2, che esclude il signifi- 9)3,6; 1028 lii .
cato di vestiti di corteccia o libra vegeta.le. A • Per rutto questo capo\•erso cfr. FXs1, o.e.
SO$tegno della sua tesi egli rinvia a Hdt. 3, lt s.
~{/Àov (.foh. Schneidcr) (V,37) Io6
che Polycel. 3 (C.A .F. 1, 790) : çu>.ov (albero) è mol to più frequente che nel.
(q>ÉÀ.Y.€LV, «trascinare il ceppo». Uno la leucratura profana. Sono chiamati
strumenw di pena speciale, che costi· !;vÀo. gli alberi da fru tta, quelli del bo.
m isce u na combinazione dei due <le· sco e dcl campo. L'albero è anche un
scritti , è lo çu>.ov 1tEV'tEC1upLyyov. Es- luogo d i culto {ler.3,6.13: l;uÀov aÀ.-
so è fatto, come indica il nome, di cin- cn7>ÒE<;, «boscheuo sacro»); esso è però
que tubi, o manette, in cui il delin- combattuto aspramen te dai p rofeti, per-
quente veni va infi lato con lesta, brac- ché serve all'idola tria (dr. !;i.iÀa -roù
cia e gambe ( Ari stoph., eq. ro49 : oli- iiJ.c;ovç, «alberi del boschetto sacro»,
<iaL Év nEvu<rvplrrl!l çu>..~). Cosl, g ià I ud. 6,2 6 ). !;uÀ.ov -rijc; l;wli<;. «albero
nel greco profano, a çvÀov è associato dclln vitu», si trova , oltre che in Gen.
l'idea dell'umiliazione e dell 'onta. Di 2,9; 3,22.2 4, anche in ls. 65,22 ; 4
qui basta un passo per giungere ( attra· Mach. 18,16. In Prov. 3118 è chiamata
verso i LXX) al senso di croce, che il l;i>Àov s<71T]ç la sapienza (çuÀov çwij::;
term ine assume nel N .T. fo·n 1tÒ:O't -rorç à.vTEXOl~ÉVOLç o.IÌ-rijç).
l;vÀov designa pure il pt1lo o !'albe· La dizione l;uÀ.ov -roù 1tapaoEl<Tov si leg-
ro <i cui venivano legati i malfauori ge in Gen. 3,8 ed F.z. 31 ,9; in Ez. 3 r ,8:
(A!exi<los, Taranti11oi 222,1 0 [C.A.F. li , çuÀov Év -.~ ncxpaOEWtt>.
379); Cra1in. 341 [C.A.F. I, t12]). In- Il significato di legno (per uso p ro -
fine l;uÀ.ov è u na misura cli lunghezza fano e cultuale) ricorre freq uentemen-
(= 3 m'lxn<; = 4 piedi e mezzo; Hero, te nei LXX; abbastanza frequente è pu-
geometrica 23,4,II). re la dizione !;ulcx dm]i.-ra, «legni im -
Il p lurale l;uÀ.a trovasi in Aristoph .. marcescibi.li » (specialmen te nell'Esodo).
fr. 402.403 [C.A .F. 1, 496] col senso di
mercato della legna (btt !;u),a UvaL, Anche nel N.T. s'incontrano i due
«andare al mercato della legna»). significati fond~mentali di l;vÀ.ov: legno
In senso tr~slato l;vÀov signi fica un vivo e legno morto. In particolare l;v-
1101110 legnoso, cioè insensibile (Achill.
),ov è:
Tat. 5 ,22 : ò oÈ <rlOTJpò<; ·rn;, lì !;uÀ.ov,
'Ì) ·n "!WV fiVaL<TITTt"rWV i'jv apa 7tpÒç -ràc;
1. il legno. li detto d i Gesù sulla via
OETJ<TEL<; i:àç ɵ~c;, «alle n ostre suppli-
che egli stava come ferro, o legno, o al- del Golgota in Le. 2 3,3r è dominato
tra cosa insensibile») 5• Si può ricordare dal contrasto fra lo vypòv l;uÀov, «il
anche Amh. P al. 9,152, dove il cavallo
legno verde», e lo l;TJpÒv l;uÀov, «il le-
di Troia è chiamalo r1t1tOLO lW.KÒV l;u-
).ov. g no secco» 6• È un linguaggio figurato
Nei LXX il sign i6et1co di leg110 vivo frequente nel tardo giudaismo 7 • Si de-
1 Secondo l'edizione di H ERCHE•, Script. IJ. proverhio: «Se il lt.->Co si appiglia (già) ai
rot. ( 1858), la citazione suona: o oÈ ai.lìn· pezzi di legno (o alberi) verdi (ricchi di lin·
poÙ<; -r~ i') !;ulwo~ (i) TL i;wv .iv~i;wv ) fa), che cosa resta <hl fare 2 quelli secchi (a-
tjv iipa 11pòc, -rò:.ç 6d1onc; i:ò:i; t.1.i«;;. ridi)?». Merita speciale aHe nzione il paral-
lelo di Gen. r. 6p8 (STRACK-Bll. t.EIUlECK 263
" ~uÀov ~TJp6v in LXX Ecclus 6,3 ; ls. 56,\; s.). Rnbbi Jo~ b. Joezcr (c. r,a a.C.), cammi-
fa. 17,24; 21,3. nando verso il luogo della sua etoci6ssione.
7 Ne fanno fede in primo luogo Seder EliJ. R . dice al nipote che cavalca accanto a lui e lo
I 4 (65) (STRACK-BILLERBECK li 263), dove sche1·11isce: «Se tnl cosa (la morte in croce)
questa dizione si trova in un contesto che la avviene a coloro l·he offendono lui (Dio), che
(a apparire a<ldiriuurn come citn7.iQne d 'un avvcmì a quelli chç fanne;> la sua volon1à?,.,
107 (v.37) l;vÀ.ov (Joh. Schneidcr) (v,38) lOS
ve assumere, con lo Schla11er 1, che qui voro e compie il suo servizio. Tutto di·
!;u>..ov, malgrado il 'parallclo di fa;. 17, pende dalla quali1à di ciò che viene e·
24, non. significhi albero, ma legno 9 . retto sul fondamento posto: oro, argcn·
Gesì1 paragona se stesso al legno ver· to, pietre preziose, legno, fieno e paglia
de. Il legno ricco di linfa non prende sono il materiale da costruzione possi-
fuoco cosl facilmente come quello a· bile. Il giorno del Signore renderà ma-
sciutco. Ciò malgrado, Dio non ha ri- nifesta e documenterà l'opera di eia·
sparmiato Gesù,' che deve percorrere scuno.
la via della croce e della morte. Ma
In Apoc. r8,12, fra le merci dei mer-
quanto pit1 dovrà sentire la gravi tà del- canti della terra che non possono pit1
la condanna divina il giud11ismo impe· essere vendute a causa della rovina di
nitenre! ~ una parola profetica dura Babilonia, è nominato àccanto a molte
altre cose preziose lo !;u).ov Mi:vov, il
quelb che Gesti pronuncia; ess:i toglie legno dell'albero nord-africano della
a Israele ogni illusione. Il giudizio di thuja, «che veniva impiegato per mobi-
Dio colpisce con tutta la sua severità li preziosi e lavori d'incastro» 10•
anche il popolo eletto, se esso persiste 2. Randello. La ciurma spedita dai
nell'incredulità e nell'impenitenza. sommi sacerdoti e dagli anziani del po-
In J: Cor. 3, 12 Paolo si rivolge gra- polo a catturare Gesù era armata, se-
condo Mt. 26,47.55 par., di spade e ran·
vemente a tutti quelli che si presenta- deUi (µ<ixo:Lpo:L xcd !;uÀ.o:) 11 •
no come dottori nella comunità cristia-
3. Ceppo di tortura (ceppo carcerario).
na e ricorda il giudizio che dovrà deci-
In Aci. 16,24 l;vMiv è il ceppo di legno
dere di tutte le loro opere. Il fonda- in cui venivano fissati i piedi dei pri-
mento è uno solo: Gcsi1 Cristo , e que- gionieri. Cosl costoro erano in custodia
sto è già posto. Nessuno può trovarne sicura. Questo trattamento venne riser·
vato a Paolo e Sila prigionieri a Filippi
un altro per la comunitiì. Ma per il nella pMte più interna del carcere.
dcst i110 del singolo dottore è importan- Nei LXX l;u>..ov è usato in questo
te il modo in cui egli svolge il suo la- senso una sola volta, in Job 33,II: rnE·
E: •Se tal cosa avviene o quelli che fanno la 81LL. 11 263. IO LOHMEYER, Apok. f47·
sua volomà, che avvcrrà a q uelli <he lo oflcn- 11 ZAHN, lt1t. 703 ritiene che 13 schiera di
donoh . Si vede chiaramente come la descri· quelli che presero prigioniero Gesù fosse
zione di tutto il compommento e delle pa- composta da soldati romani (µ.àxru.pa.~) e <la
role di Gesù nel viaggio supremo s i mantie- guardie del sinedrio (~v)..a.). Però è molto
ne e nlro il quadro di ciò che ci porremmo a - improbabile che il sinedrio potesse comanda-
speuarc in base ad altre: informazioni (rabbi· re dei solduri romani. Secondo il Lesto si
nichel da un giudeo pio e cosciente delle esi· 1.rnrra solamente di servi dcl sinedrio che por-
genzc divine in tale situazione. Quesro è uno tano spade e randelli. Cfr. anche il parallelo di
prova solida della fedeltà storica del raccon· Luca (22,52). ScHLATTER, Ml. 753 s., ad I., ri-
10 di LuC11 I [ KUHN]. a Sa1uTTER , I.k.449. corda il passo di T. Met1. 13,21 , dove è detto
9 Parlano in questo senso anche i pnralleli che i servi dci sommi sacerdo1i portavano ran·
d1:I Talmud ç del Midrnsh cirati da S·nv.c1<- delli (mqlwt) con cui battevano la çentc.
t;uì,ov (Joh. Schnciderl (V,39) IIO
11 Non lo legge giudaica contempla la crnci- niva appeso a un albero o " un palo di le-
fissione, hcnsl quella romana . Ln norma di gno {xp•µa<n-n o.u'<òv l1't !;u).ov) per ag-
Dcul. 11 ,22 si riferisce qu indi al adaverc dcl giungere alla sua morie l'onta òell'esposizio·
condnnna10 che, giustiziMo in nitro 11111do ne 111 pubblico. IVedi anche STRM;K·Bn.1.r.11 ·
(con In lapidaziont:, la dccapitaiionc ecc.), ,·~~ HECK 1 I OH s.).
HI (v,39) ì;v).ov ()oh. Schneiòct') (V,40) I 12
nella maledizione come in carcere n presi «egli stesso, sul suo corpo» (m'.i·
Ma nella morte di Cristo è avvenuto il To<;, €" •0 O'WµaTL) e li ha cancellati
riscatto 1'. Crisco li ha liberati dalla pri· sulla croce. In lui il sncrifictHo e il sa·
gione. Per il singolo giudeo nella fede crificante coincidono nella stessa perso-
in Cristo questo fatto diventa realtà vis- na. Egli, che è senza peccato, cancelh1
suta. Infatti è nell'ambito vitale di Cri- con la sua morte sacrificale i peccati de i
sto che si trova la libertà dalla legge e peccatori. La conseguenza è che noi,
quindi dalla maledizione della legge 15• morti al peccare, viviamo orn per la giu-
In modo simile, ma senza pensare stizia.
specificamente alla legge, l'autore della
5. L'albero (l'albero della vita)
prima Lettera di Pietro - probabilmen·
te sotto l'innusso di idee paoline - as· L'Apocalisse parla in più passi (Apoc.
sedsce che Crist0 ha portato col suo 2,7; 22,2.r4.19)dello ~uÀ.o'l Tij<; swijr;.
corpo sul ' legno' i noscri peccati ( r Petr. Secpndo Apoc. 2,7 quest0 albero trova·
2,24). Questi enunciati si richiamano si nel paradiso celeste di Dio. In 22,2
certamente a ls. 5 .3,4 - IZ. Anche qui in· è decto che su entrambe le rive del fiu-
fatti emerge l'idea della vicarietà. I pec- me della vita nella Gerusalemme cele-
cati degli uomini. vengono caricati sul ste stanno alberi della vita 18 che frut-
corpo di Cristo innocente ed egli li por- cificano dodici volte all'anno e le cui fo.
ta sulla croce. Con la crocifissione del glie servono a dar salute ai popoli. Pos·
suo corpo vengono perciò crocifissi i sono entrare nel paradiso celeste e aver
peccati che sono attaccati al <Twµa di parte ai frutti degb alberi della vita
Cristo, avendoli egli liberamente presi quelli che sono stati purificati dai pec-
su di sé. All'autore importa render chia- cati per me7.zo del sangue di Cristo
ro che così i peccati sono rimossi 16. È (22,14) e i vincitori, che col martirio
da presumere che sulla concezione del- hanno vinto le potenze terrene e sa tani·
l'autore abbia influito l'idea del capro e· che (2,7). È q uesro un dìri no che loro
spiatorio di Lev. 1.6, 2r s. 17 (cfr. anche compete in base alla sentenz:1 divina. Pe-
lo. 1,29 ). Cristo non ha addossato i pec- rò Dio può sottrarre il diritto di parte·
cati a tm capro espiatorio, come faceva ciparc all 'albero della vita e alla città
il sommo sacerdote dcli' A.T., ma li ha santa a chi altera la parola profetica qua-
u Cosl anche ZAHN, G(}f. l 57. l'autore inte ressa meno il perdono che l'el i·
11Sull'idea d el riscatto d r. A. DEtSSMANN, minazionc dei peccati».
Paulus ' (1925) 13oss. e L.0. 27 r ss. 17 Cosl anche WrNolSCH, I.e.
IS Sulla pericope vt:di LtET7.MANN , Gal. 19 ; 1s In Apoc. 22, 2 !;vÀ.ov è un termine collell'i·
ZAHN, Gal. 158 ss. (specialmente 159 ). vo come l'cbrnico 'é!; cfr. LOllMBYER, Apoc.
1~ Cfr. anche WINVISCH 1 Kath. Br. 6.): «Al· 173.
113 ( v,.io) t;v>.ev O•~>. &·hnciJcr)
le è data eia lu i e no n le presta il rioino- zione. Egli non s i limi tr1 a pensare che
scimento incondizionato e l'obbc<l ienz.1 E,liÀ.ov i:i)ç ~wijç sia una dizione ri sa-
lente alla lette ratura giudaica, ma sup·
che le spella (22,19). pone che essa nell'uso cristiano abbia ri-
cevuto un contenuto nu ovo : le due pa-
Le concezioni de ll 'Apocalisse sull'al- role conterrebbero cioè un'a11usione al-
bero delln vita risalgono a idee dcl tar· la croce di Crisw; lo scrittore dell'A·
do giudaismo"· Nell'apocalittica giu- pocalisse avrebbe trasferito la croce nel
daica ha u n ruolo importante il ritorno paradiso di Dio. Questa concezione in·
clcl la situazione paradisiaca primordiale. dulgc a u n simbolismo che probabil-
Il paradiso è concepito come un luogo men te era estraneo all'autore dell'Apo-
celesr.e. Jn avvenire esso sarà la re- calisse. L'impiego di çvÀ.ov, invece di
sidenza dei credenti. Come nel primo oÉvopov, e in generale la dizione l;vÀ.ov
p11radiso, così anche nell'ultimo ci sarà Tijç l;wijç trova no la loro spiegazione
l'albero della vita che offrirà a i c reden· più semplice nell'uso linguistico dei
ti un cibo meraviglioso e sovraterrcno, LXX.
produttore d'immortalità (He11 . 25.4· Interessante per le idee espresse in
5 ). Poter mangiare dell 'albero delln vi- Apoc. 2,7; 22,14 è una la pide sepokrn·
1:1 è il premio dei beati (test. L. 18;1 r; le dell 'epoca b izantina: XVptE O ilEÒ<;
dr. H en. 24,4; 25,4 s.). Non manca i:wv "Jta.i:Épwv i)µwv, H.t1'JO"Ov Tfjv ljiv-
neppure l'idea dcl fiume del paradiso x-fiv 'tOV OOVÀ.OV O'OV X't À.., lj!Wµ•n ov tl.~·
(He11. sl.av. 8,2 ss.; v. già Ez. 47,1 - 12; -.ijç cbtò i:ov l;v>.ov ·djç l;wiiç 22 , «S1
Zach. r 4,8). All'idea dcl paradiso è poi gnore, Dio dei nostri padri, abbi pietà
congiunta intimamente quella d ell:1 cit- dell' anima del tuo servo ccc., d alle da
tà celeste. Benché ori~inariamen re la mangiare dell'albero del la vita».
letteratura apocalittica non abbia nulla L'arte cristiana antica mette in risal-
a che fare con le due idee, più tardi que· to lo stretto rapporto che corre fra l'al-
sre vi conflu iscono (Bar. syr. 4; 4 Esdr. bero della vita e la croce. La croce di
8,52; test. D. 5) ed ivi si trov ano dire t· Cristo, che è un legno di tortura, un
tamentc accostate. L'Apocalisse ha kgno di mone, divenne per i cristiani
:1SSunto il pensiero e le immagini dcl- un legno di vi ta. Così, a partire dalle
l'apocalittia1 del tardo giudaismo; essa pitture catacombali dcl li scc. si trova
esprime in ques to modo le sue idee sul- la croce come «simbolo del supecamen·
la beatitudine futura dei credenti per- to della morte». In seguito il simbolo
fett i. E,vÀov ·djç Swii<; è lespressione ritorna di continuo 13• L'immagine dcl
figurata indicante la partecipazione dei tronco vivo della c roce che produce ra-
c ristian i alla gloria del mondo celeste 20 • mi e foglie è divenuta un motivo corren ·
Robcrts 21 va oltre questn cons1:1ta- te ncll'nntichitìi c ristiana.
joH. ScHNEIDER
19 Cfr. l'ampi~ esposizione di Bousst::T-G RESS· 21 R. RoBERTS, Tbe 'free of Li/e (Rev. 2,7):
MAl\'N 282 ss .. ~ per la lec1cra1ura mbhinica ExpT 25 (191J.4) 332.
Sn1>cK-I3ILLE.RBl1CK 111 ;92; 1v rr21 e r 123, 21 L&l'Ì'.BVRE, Recucil dc1 Tnscriptions Cret
t; IV 1132 e 11 43, x; IV 1146 e 11 p, k. quu.Chrétien11es de l'Hgyple ( 1907) 67,9; dr .
lOPer tutto questo aipoverso dr. EB 111 Uì8 P.REJStGKE, W!orl. li 148, s.v.
~s.,s.v. 'Parndisc' 11 e Dici. of tbe Bihle IV 2J Vedi L. v. SrnEL, ?:v'ì-011 çwijç; ZNW 1,
809 ss., s.v. 'Trce'; 11 668 ss. (speciolrncntc ( 19r9/20) 85 ss. Cfr. anche J. $CHNEll>HR, Di~
671) 1.v. ' Paradise'. PassionsmyJtik dcs PaNlur \ 1929) 128.13'·
o
t oyxoc;
oyxoc; nel greco classico ha primaria- ~)(EL "tLv'é$yxov "Apyoç 'EÀ.Ài)vwv 'lt6:-
mente il senso di massa, peso, volume 1• pq., «Argo gode d'un certo prestigio
Emped. IOO,I 3; Diels 1 :200: à:lpoc; oy- presso gli EUcni »; Philo, Ios. 6 5: 6y-
xoc;, massa d'aria; Soph., El. 114:z: crµL- X(/) xa.~ cnµv6't'T)n itpÒc; &7ta.v-ra )(pw-
xpòc; liyxoc; É\I crµixpt!J XV'<EL, «picco- µEvov, «che tiene verso tutti un conte·
la massa in piccolo recipiente»; Plat., gno austero e grave». Significa però an-
Theaet.n5 A: µi)u OYX!iJ µTj-rE apd}JJ.(ji, che orgogliu, gonfiatma, cioè il peso o
«né di volume né di numero». Vedi an- l'importanza che uno si acroga da se
che Aristot., metaph. M. 9 ( ro8 5) e N. stesso: Plu t. 1,526B: e7vµ11ep~-rd}dç
2 ( 1089 b 14). In senso rraslato ~xoç iSyxov a.V-rQ; similmente in r ,154 B. Il
significa il peso o l'importanza che spet- termine è: abbastanza frequente in Filo-
ta a una cosa. Philo, agric. 61: oyxoç ne, che lo us,1 pure nel senso traslato, an-
tò-rvxlaç, «il peso della buona sorte». che in quello di v~p~ç. per es. in ebr.
Epict. gnom. Stob. 9: Év 'ltÀOU"tl{) xa.t oy- 12 8: ovSL<l µEya.Àa.vxlaç xtvoii cpuaii-
Xljl -ruxl)ç, «nella ricchezza e peso della µo:-.oc; ùn61tÀ.Ewv èiyxov, «aumentando
fortuna». Specialmente da Filone oyxoç il suo volume non col vano rigonfiamen-
è usato nel senso di onere, peso (sacr. to dell 'orgoglio»; decal. 43. li rennine
A.C. 63: a <ipxwoc; oyxoc;, «il peso della non ricorre nei LXX.
carne»>). Un onere o peso (awµa.-rLxòc;
oyxoc;) secondo leg. ali. z,77 è l'Egitto; Nel N.T. oyxoç ricotrc S<J ltanto in
vedi anche det. poi. i11s. 27 e u3,dove
il senso proprio e quello traslato coinci-
Hebr. 12,1: liyxov àit~ÉjuvoL miv-ra.,
dono: li~Àt.OL S'w" µro--rot µÈv ot oy- «deposto ogni fardello» 2• Nel contesco
XOL, uva.i. S'a.L tmi}vµla.L xa.t ì'.-rL SL- dell'immagine dell'atleta è)yxoc; significa
ljiwcraL, «penosi e pieni i loro oneri, senz'altro il fardello che gli at le ti devo-
vuote invece le brame e ancora sitibon-
de» . Affine a questo è il significato di no gettar vi::i per alleggerirsi e poter co-
prestigio, dignità; Eur., Phoen. 7 r 7: sì giungere nlla meta 3 • Non c'è motivo
oyxoi;
1 Etimologia: in rappono con ÈV·EyX·E~v. 'por- errore; cfr. Mi CllEJ., f-1 el>r., ad I.
tare', rivela il suo signilic:oro fondamentale di
'peso': BOISACQ 684; \VALDE-POKORNY I 129 1 fra gli c><:Rcli 13engcl e /\. Sccberg sos1en-
[ DEBRUNN~a] . i:ono il significato di supe1bi11, sentime1110 or
goglioso, ma non riescono n ron\ incere. pc.:r·
1
2 Il cod. P " conl!-1unge 6yY.ov rolla paroh ché non tengono conio ~ulfiden1c dcll 'imm:1·
prec<xleme 1~cxp-rvpWv, ma è certamente un gineusata .
òlì6ç A 1 (\VI. Midiadis)
di precisare, neppure approssimativa- duto, il cristiano non deve far altro che
mente, a quale fardello pensi l'autore'. imitarli con zelo, deve mettersi sulla via
Coll'aggenivo miv-ru. egli stesso vieta già tracciata, ma senza lasciarsi disturba-
che lo si faccia. Guardando al gran nu· re o impedire assolutamente da nulla s.
mero di testimoni che lo hanno prece-
H. SEES EMANN
Sylt.' 57,27 (450/ 449 a.C.} e 3r 3,19ss. 404), la partenza (ibid. 2,285); in sen·
( 320/19 a.C.) fanno riferimento a viae so militare la marcù1, la spedizione mi-
sacrae; nell'iscrizione sulla torre di A· litare. Nei papiri e nelle: iscrizioni que-
stiage io Efeso, detta più tardi la 'pri· sto senso è molto raro; per es. in Ditt.,
gione di Paolo', è menzionata l'impor· Or. 629,88 (sec. II d.C.); cfr. dp-.oç
rnnza delle òool nel piano di lottinazio- dc; òoov, «cibo per il vfoggio, viatico»
ne (Ditt., Syll.' 936, nota; 1182); in in P. Tebe. r21 ,33.4r (sec. I a.C. );
Ditt., Or. 606 ,5 (sec. I d.C.} e 7or ,8 <rxvÀ.J.LÒc; 'tfjç òoov, «fatica del viaggio»,
(sec. II d.C.) si elogia il merito d' aver in P. Fay. rII,5 (95 / 96 d.C.) Non è
costruito strade 2• Anche nei papiri òlì6ç sempre possibile mantenct distinti i si-
si trova in prevalenza col senso di via, gnificati a e b. L'espressione 'AµqJL6.-
strada; numerosi sono i tesii che parla- pEwc; ... xpa.-cuvwv .. . olwvwv òooi:c;, «An-
no di ~C!.'1LÀ.LXTJ Òooc;, 01)µ.o<rla. Òooc;, lìareo, conoscitore delle vie degli uccel-
«strada statale (pubblica)» (entrambe le li» (Soph., Oed. Col. 1314}, può rife-
dizioni sono usate dal sec. ur a.C. in rirsi al volo degli uccelli o alle loro rot·
poi), 7tlJOLax:l) ò06c;, «sentiero» (dal sec. te; anche riguardo alla dizione nµÉpcxç
1 a.C. in poi; cfr. nEs1Ì òlìòc;, P . Tebt. 5 , òo6c;, «il viaggio di un giorno» ( v. per
29 [ II sec. a.C.]) 3. es . .Hdt. 4,101) ci si può chiedere se
òo6c; significa b) da Omero in poi (in non si tratri della scra<la percorsa. La
senso dinamico) la via intrapresa, il distinzione tra i due significati è diflici-
cammino, il viaggio, il passaggio per le soprattuno nell'uso traslato del ter-
terra o per mare (dr. Od. 2,256.273. mine; per es. in Soph., Ant. 809 : 't<Ì.v
bOé<,
(REMER-K5GEL 776·778 s.v.; ] . ALrERS, Hcr· lft;olìoç sta per il manrnntc tl;·•-<rt.ç (cft. lat.
cu!es in bivio, Phil. Diss. Got1ingen (r9u ); cx-i-tus); pe.r questo òo6ç è femminile (dr.
O . BEcKER, Das Bild des \l7eges u. verwa1tdte J\. DEBRUNNER: Indogermanische Forschun·
Vorstellu11gen im /ruhgriecbiscben Dmken :: gcn 48 (1930] 71). Q uindi non è necessario
Hcrmes, Einzdsd1dften 4 (r937): ]. PASC11ER, far derivare il significato h dal signilic:uo
Il BAl:IAlKH 06.0!:; Der Kiinigsiocg ZII a (piuttosto viceversa) (DEBR\JNNER). Cfr. i·
\Viedergeburt 1md Vergottrmg bei Philon vo11 noltre ~ BECKER 15 s.
Alcxa11dreù1 o: Studien z11r Geschichle und 1 Altre indicazioni, anche per il significato b,
Kullur des Altertums XVII 3/ 4 (r93r); E. in PASSOW e LIDDELJ•.$corr, s.v. Q ui dr. pu-
KASEMANN, Das wondernde GollNvolk. Eine
re quanto è detto sulle costruzioni preposizio·
/Jntersuch1111,g wm Hebriierbrief = I'RJ.., NF nali, come npÒ òliou, xa'tà. -r'Ì)v òObv ecc. Al
37 (r939); K. BoRNHiiUSER, Die Bergpredigt.
sec. v a.C. risale la dizione: livbpwnoç li;
Versuch einer zeitgenOssischen Auslcgu11g = ò1ìou. l'uomo delta rtroda (attestata nel com -
BfTh 2. Reihc 7. Bd. (' r927) 201 ss.; R. mediografo Eupoli, 25 D). Li meta d 'una via,
BULTMANN, Die }lcdc11tu11g der ncuer.rchlos-
che Omero, q uando lo fa, designa con un E~
senen mandiiischm unti manichiiischen Qt1el- (per es. Od. 2i,r28), più tardi non viene ag·
len /iir dos Verstii11dnis dcs Jobon,1eseva11ge-
giunta S<) IO con una preposizione (alç, lnl '<•),
liums; ZNW 24 ( 192Jl lOOss. t33s. ; E. ma anche al genitivo; per es. Eur., Hip/1.
ScHWEIZER, Ego cimi ... Die religionsgeschicht·
1197: -rijv !!V&ù~ "Apyovs... òSbv. I n diversi
liche Herku11/1 und theologische Dedeut1.mg
costrutti ò1ì6ç è tralasciato; dr. andie MAY-
der joh. Bildredcn, zuglàch eitt Beilrag w r
s i;R li , l ( 1926) 27.
Quellenfragc des vicrten Evangeliums = FRL,
NF 38 .(I939). 2 Altre iodiC11zioni in D!TTENBJ::RGER, Syll.' e
Or. indice s. v.
Sull'etimologia: ò06ç ( = paleoslavo cbodii,
andata [ WALOi;-PoKORNY 11, 486] sostiruiscc 3 Cfr. PRl!.JS 1GKE, W'ort. u 151 : l 3.39; MoUL·
in greco l'astratto mancante di ttvcu; per es. TON·MlU. 438, s.v.
oòo~ ;\ 2 (\Vi. Mich:idi•)
vtciTetV òliòv cn:i:lxnv, «pcrrnrrcrc l'ul- stile di vi 1.1 cnmtteristico che un mae
tim:i s trada» :::: «morire» ( cfr. tl;Loii11av stro di educazione (i)yE!-Mv 'ltetLoElaç)
vcr'tciTTJV 6òòv, Eur., Ate. 6i o; vedi an· propone ai suoi seguaci; dr. Isoc., ad
che il testo, peraltro poste riore, di P. Demo11ic11m 3: i:Scroi -roii (3lou <tetVTTJV
Masp. J5r ,259: è:yw Elç oòov nav-çwv 'tTJV olìòv E7tOpEvDT}crav, «qua111i s i sono
noptvcro1.1.ai, «io m'incammi111:rò per la risolti pe r questo genere di comporta·
via di tutti»). mento». Quindi in questi cas i 6o6c; si-
L'uso figurato e traslato d cl termine gnifica un modo tipico e òliòç {3lou non
h:i comunque inizio molro presto. Cfr. vuol dire ct1rric11lum ( = vita, d estino)
µiariv òSòv t'pxwUocL, «tenere la via di m:1 modo di vivere, stile di vita. La di
mezzo», Theogn. 220.231; tv tMdaLç zione èilìLxov òliòv !ivaL, «andare per
Miorç irTt.lxt.w, «camminar<: per vie di· una via ingiusta» (Th uc. 3,64,4) non si
ritte», Ph1d., Nem. r,25. Spesso òo6ç riferisce ol comportamento in generale,
significa il mezzo e il modo per otte· ma a un caso particolare, per cui qui il
nere o eseguire qualche cosa, la nor- senso di via non è quello di comporta-
ma, il procedimento oppure il metodo mento, ma di contegno concreto, se non
secondo cui qualcosa si compie. Cfr. già di norma. In quanto termine tecnico
Heracl., Jr. I'J5 (1 18r,r s., Diels '): scientifico-filosofico col senso di sirtem1
crw-.oµW'tciTTJV òlìòv tÀEYEV dç Evoo- di ricerca o di conoscenza, metodo, oS
l;lav -.ò yEvÉcrUaL ciyal}òv, «disse che ricorre più volte già in Parmenide, pe
la via più breve per avere buon nome è es. fr. 7,3 ( 1 234,33, Dicls '); cfr. anche
di esser buoni»; noÀÀal S'oliot uùv l>to~ç òli<j, e xa~'òlìòv, metodicamente, in
EÙ7tpcx.ylaç, «molti sono i modi d'aver Plat., Phaedr. 263 b; resp. 4.43.5 a•.
fortuna, se gli dèi sono propizi» (Pind.,
Olymp. 8 ,r3 s.); tmcipxovcn oÈ xaL èiÀ.· 2. La favola di Prodico con i paralleli e
À.etL òliot -.ev
7toÀ.iµou l)µ~v, «abbiamo i derivati.
altri modi di fare la guerra », cioè altre Merita una trattazione specin.le (te·
circostanze possono migliorare la nostra nendo presente che l'immagine delle
situazione in guerra (Thuc. 1,?22, r ) . La due vie compare poi nella lette ratura
vita è paragonata a una via, ma non è giudaica e cristiana ) la favola di Ercole
chiamata 'via' nella sentenza di Demo· al bivio - come comunemente si chiama
crito (fr. 230 [u 191,n s., Diels ') ): - attribuita al sofìsta Prodico e ripro-
(3loc; &.vE6p;a11-.oç µaxP1'J 6Sòc; cinavlì6· dotta in Xcnoph., mem. 2,1 ,21-34. Si
xw-.oç, «una vita sem.a fesre è come un tratta J ella c~si, difesa da Socrate con-
lungo viaggio (via) senza luoghi di ri· tro Aristippo e sostenuta con citazioni
storo». La dizione òSòç {3lov che ricorre lettera rie, secondo cui chiunque voglia
in Platone (resp. 10,600 a: ;ore; ùa-.f.- mantenersi fedele alla apE•TJ non può
poLç òSov -.wa mxpÉoocrav {3lou '01.1.TJpL- esimersi da fatiche e sforzi. A questo
xi)v, «trnsmisero ai posteri un cerco mo. scopo viene citato Hes., op. 287 ss.
do di vivere omerico»), parallela all'al- (mem. 2,1,20) e poi due versi di Epi·
tra: Ilvl>cx.yopELov -.p6nov... -roii Slou, «il carmo, di cui il pdmo esprime l'iden
modo di vivere pitagorico», significa lo centrale con pnrticolare brevità e chia-
rezza: 'twv n6vwv noÀoiiow -f)µtv miv- perché porta in alto; all'inizio è diffici-
't a. -rà:yc1.ll'ol. lkol, «a prezzo di fatiche le e faricosa; pii:1 cardi, in alto, è como-
gli dèi ci vendono tutte le cose buone». da 5 (quindi la via della xax6i:1)c, non è
Il passo di Esiodo è importante in quan- solo breve, ma, ovviamente, anche pia-
to anche in esso si parla di due vie: na e facile).
-rl)v µtv yàp xa.xbTr)'ta xa.~ (}..a&òv fo'ttv Diverse sono invece le due vie di cui
· rt}..t,,.~o.• si parla nella favoln di Prodico: q>l)a'L
frrl!.&le,.ic;· À.nTJ µÈV o/ìo<;, µ6;}..a /i'(yyui}L va.itL. yàp 'HpaxÀia É1tEl tx nalowv Etc; li'311v
'tij<; /ì'<Ìj)E-rijç i.Op{;','ta: Jltol 'ltpo'l!cXpoLbtv wpµfi-ro, Év TI ot VÉoL i)OT) aù-roxpci-
[ l&-rJxav 1:0pEç YLyv6µEvOL oT)>..oiiow dn ffiv
aMva-roL· µaxpèc; lit. :r.at op0Loç o[µoç te; oL' cipE-rijç òòòv -rpthvo~a.• tnt -ròv ~iov
[o.v"<>ÌV
xat 'tPTJXÙ<; -rò np(;)-rov· tidJv li't!c; lixpov
EtTE ffiv OL<Ì x.axia.c,, t;EÀ1'6vi:a dc,
(faT]ClL, iJcrvxla.v x.Mf}crihL cinopoiivw 1tCYtÉpa.v
frrl•lìlTJ liii fo!L"t"a 'ltf1'.tL, xa'll.tni1 nEp toticra., 'tWV ò&wv -rp«nT)-raL, «dice infnrri (Pro-
dico, il saggio 6) che quando Eracle pas-
«della miseria assai focile è fare acqui- sò dalla fanciullezza ali' adolescenza, nel-
sto: piana è la via e pro~sima; ma da- ln quale i giovani, divenuti già autono·
vanti :iUa virtù gli dèi immor rali posero mi, dimostrano se prenderanno la via al-
il sudore. Lungo e arduo è il sentiero la vita (che passa} per la virtù o quella
che ad essa conduce, e aspro sul pdnci- (che passa) per il vizio, uscito in luogo
pio; ma giunto che tu sia alla cima, ri- solitario e sedutosi, si chiedeva quale
sulta facile, per quanto faticoso esso delle due dovesse prendere». Le due
sia». Ovviamente il motivo per cui il òòol, davant i alle quali vengono a
passo è citato risulta dal v. 289 ; nel con- trovarsi i giovani quando diventano
testo, solo questo verso basterebbe per maggiorenni, non si distinguono in
offrire la prova voluta. L'accemo non quanto lunghe o brevi, facili o fatico-
è posto sulla descrizione deUc due vie; se, pianeggianti o ripide. Perciò ci si
questa serve più che altro a completare può chiedere a che si riduca il senso al-
il quadro. Può darsi che il passo di Esio- legorico dell'immagine. Ambedue le vie
do sia staro citato con tanta ampiezza hanno la stessa meta, che è la vita
perché anche nella favola di Prodico (qu indi òò6c, non significa qui propria·
riportata successivamente nei versi di E- mente 111111 condotta di vita); non sono
picarmo sono menzionate due vie. Biso- dunque vie che conducono (come in E-
gna però notare che ciò a_vvicnc in mo- siodo) alla IÌpE'tTJ o alla xaxla. I rap-
do molto diverso. In Esiodo In via bre- porti in cui stanno cipr-cTi e xaxla con
ve (evidentemente quella che conduce queste vie sono menzionati in m0<.lo as·
aUa xaxoTI'}c, ed è soggetto di veda) è sai generico con un ò~c1., e comunque è
solramo menzionata; invece la via che chiaro che qui <ipti:i't e xa.xla non SO·
porta alla &.pE-rTJ ( Èç a\m11v) è descritta no intese come entità personilìcate, per
più ampiamente: essa è lung:i e ripida, es. come guide nell'una via o nell':iltra
5 0[1.,1.oi; ricorre anche ohrovc, sia al ma- txria• (cosl anche in Senofonte ). Qui non h:1
schile si:1 nl femminile; che il genere cambi importanza precisare se ~ fino a quel punto
nello spazio <li tre versi è sorprendente. Bi· xo.x6-t'Y)~ e <ipi:-ri} siano pcrsonific.u~ in F~
sognerebbe quin<li vedere se la ci;pt-ri} dcl v. siodo. ar. __. BECKER 57 SS .
292 non sia da prendersi per soggetto; allora 6 Sull'nttendibilitò <lcll':utribuzionc o Proclico
nel v. 291 non bisogntrebbe leggere Lx'Y)'ta.t vedi notizie più precise in ~ Atl'flRS C) ss.;
(come fanno i manoscritti di Esiodo), ma ivi anche bibliografia meno rc<.~nk.
éo6c A 2 (W. Mitluclis)
(si può quindi tradurre all'incirca: «[i ra, né quella che avrebbe potuto percor
giov:ini dimostrano] se andranno verso rerc in seguito. Si deve forse peosare
la vita entrando per la via che si espri- che più t:.trdi egli sia tornato a casa per
me in un atteggiamento virtuoso o in la stessa via per cui era venuto (nell'e-
uno vizioso» ). Non essendo chi aro il segesi non è lecito lasciarsi influenzare
carattererc delle òool in quanto vie, né da forme assunte più tard i dal raccon-
il loro corso o la loro figura ecc., ne se- to; cfr. per es. Ius t., epil.II,3: .-òv
gue che non si può rispondere :11la do- 'HpaxHa htL -.piooov -.Lva lcp'TJ ò E E-
manda (che anzi non si può neppure por- vo<p(;Jv ~aol~ov-rct Y.'fÀ., «Senofonte
re), se finora i giovani si siano trovati disse che Eracle, arrivando a un trivio»,
su un cammino dal quale le due vie ecc.).
prede ne si diramerebbero 1 ; il termine Trovandosi così solo e smarrito, Era-
bivio è qu indi troppo plastico perché lo cle ebbe una visione: cpavi'jvaL a.ù'tt;>
si possa usare qui. Vi è perciò da chie- Suo yuvct~xctc:; 7tpocnévm µEydÀ«<;, «gli
dersi se si possa materializzare la frase sembrò che due grandi donne venissero
riferita ad Eracle (1t<n:Épix.v -.wv òowv verso di lui» (22). Qui non sta scrirco
-.p<bt1)"'t<Xi) ravvisandovi l'immagine di che queste due donne, che, come pre-
un bivio, perché anche qui l'aspetto fi- sto si saprà, rappresentano la 'ApETi) e
gurativo-spaziale non emerge chiara- la Kcxx(a, si siano avvicinate ad Eracle
mente ( cfr. il v. 2 3 : noi.av ooòv È1tt 'tÒv per due srrade, e perciò non lo si deve
Blov -.ptinn , «quale via in traprendere supporre; cos} pure non si intende d ire
verso la vita»). Anzi, dal fotto che Era- che egli nell'apparizione si sia visto
cle è desc ritto esplicita mente nell'atto di davanti, come due ve re vie, le strade
star seduto si deve concl udere che non fra cui gli fu cosi d ifficile scegli ere ~.
importano né la via da lui percorsa fino- Q uesta è una nuova prova che le due
1 -> /li.PUS, 7 ss., rimanda all'interprc1azio- anrora più complicata, al dire di W. SùlULTi,
nc tardiva (conservata in uno scholion a Hero.ldes nm Scbeidewege: Philol. NF 22
P crsius [ 1 scc. d.C.J, satirae 3,,, s.) dcl CO· (1909) 488 s•., il quale suppone che l'Y fosse
siddeno Y di Pitagora: questi avrebbe inven- originari3meme simbolo dell'albero nella viL1
tato In l"ttcra Y dandole unu fonna che sim· e che in quonto tnle enr.rasse poi in rappor-
bolcgg.i:ossc la virn umana; la linea retta per· to con la via della vita; di 01)inione diversa
pendicolare inferiore rappresen tet-eblie la far>- è A. B 1t l NKMANN, Ein Denkmal des Nwpy-
ciullezza nella sua semplici tà indivisa sotto la thagorcism11s: Rhcin . Museum NF 26 ( 19u )
cusiodia dci genitori cd educatori; poi a sin i· 616 ss. La fermata all'incrodo delle strade ro-
stra e a <lestrn (-> II, col. 836) si di romano me simbolo della scelta fra due po""ibili1à
segmenti, che simboleggerebbero il vizio e fa trovasi anche in Theogn. 9u s.: tv -r~
virtl1. Alpers rav\,iS:.J in quesca concc-..tiOnt! uno /j'fo-n)X<l. /iV'Eiai.v npOa-Dt-v Òoo( µoL· 'pov-
Jei pr~up~ti di fondo della favola, mentre -ril'.,w -r®-rwv i'111"tw'•w npo"tÉPTJ'I. Però que·
invece potrebbe avet:'Si al massimo un roppor· sto simbolo non è di per sé applic.110 imme-
to roll 'introduzione di ~-ssa. Mn è da chieder- diatamente nl cumpo etico, in quanto la de-
si se le sobrie indicazioni della favola poss:1- scrizione delle due possibilità, che poi segue.
no cs1<erc spiegate in base alla forma che que l· non ha più per base l'immagine delle cluc
la con=.ione ass11nse pi(1 tardi. Anche se l'in· vie: iì µ'l}lìèv llana:vwv -rpuxw j3lov tv xmt6-
t<:rprcrnzionc menzionata dell'Y dovesse risoli· "t'l}"tL, ti l:;W<.l TEl)1t'>w<; ~pya TEÀ.WV 6)..lya,
re a Pirngora (dr. ROHDE '·' 11 221 nota), es- 913 s. Cfr. Hdt. l,rt,2 e -> BEcKER 13o ss.
sa non dovrebbe esser ritenuta romc pumo di ~9 n. 24.
partenza, ma come una forma speciale dell'im- s Di opinione comr.1ria è -. ALvu~ 18 ..13,
magine delle due vie, che in sé è più antica. il quale in~prcra l'introduzione delli favola
La J>rCiS10ri• clcJla /ittero p)'lhogoriro S•rebbc e la visione in modo che le due vie, su cui
006~ A 2 (\Xl. Mich:1elis}
vie non potevano essere srnte chiara- w ' HpcixÀ.E~ç. anopoùv-r« no\a.v òoòv
mente intese come strade neppure nel- btL -.òv ~(ov -.pà.nn, «ve<lo, Eracle, che
l'introduzione della favola; si compren- non sai lJUalc via prendei:<: verso la vi-
de invece perfettamente che la versio- ra (v. 23)», lo Kaxla. aggiunge subito:
ne più asti-atta di due òool, usata nell'in· tàv oùv tµt cpO..riv 1tOLTJCT], -.i}v 1]0(-
troduzione, non si sia risolta in una si- O''tT}V 'TE XGl.L, l'~'TT}V
}., ' ,,.. /l.t._,w O'E, «Se
OoOV
tuazione concreta nella descrizione della mi avrai cara, ti guiderò per hl vi~ più
visione. Il fatm che presso autori posre- gradita e facile» (v. 23). Piì1 sotto la
riori sinno penetrati nella favola di Pro- 'Apt-.T) dice: d -.T}v 'ltpÒç ÉµÈ ooòv -.p6:-
dico i 1ratti che vi mancavano non può 1tOLO «se entri per la strada che condu·
mettere in dubbio questa consrntazione; ce a me>t (v. 27). Qui dunque l'immagi·
del resto le elaborazioni posteriori non ne è usata in un modo un po' diver·
furono fatte sotto l'influsso <lell'introdu- so: mentre la Ka.xlcx. è guida per una
zione della favola, ma, sintomaticamen· delle vie, la 'ApE'tlJ è meta dell'a ltra.
te, partendo dal passo di Esiodo che in Le due vie vengono poi contrapposte
Senofonte la precede; infani nei rima- nelle parole della Kcx.xla.: ÈvvoEi:ç, w
neggiamenti posteriori le due donne sie- 'Hp6:xÀ.ELc;, wc; XO:À.ErrÌ]v l\<lL µaxpà.v
dono su due rolli o monti, a cui portano ÒoÒ>J Ènt -.àc; EV<ppoaW«ç Ti yuvfi o-oL
due salite, una facile e l'altra faticosa 9 • Gl.U'TT} OLT}YEh<X.L; E-yw ot pq.ol<tv xal
La favola originaria di Prodico non si PP«XE~v òoòv Èr.Ì. Ti(v Evocx.1.µovlcx.v
regge sull'immagine delle due strade, ii.!;w O-E, «capisci, o Eracle, per quale
ma sull'apparizione delle due donne, che via diflìcile e lunga verso le gioie ti
poi in aspra contesa di parole cercano di conduce codesta donna? Io invece ti gui-
conquistare Eracle. È questo àywv fra derò per una via facile e breve alla fe.
la 'ApE-rii e la Kcx.xla., in cui vince l:i licitÌI» (v. 29; non si dimentichi inoltre
·ApE'ti), queUo che dà il quadro e il con- che dal v. 26 in poi la Ka.xla. vuol esse·
tenuto della favola; di fronte all'ampiez- re presa per la Felicità (Bùocx.Lµovlcx.).
~ con cui questa contesa è descritta (vv. Tuttavia nel complesso dell 'agone que-
22-34) l'introduzione (v. 2T) perde ~em sti passi sono troppo limit:tti p<:rché si
prc più d'importanza. possa ravvis~rvi il filo condutture dell:i
Ma anche nella favola si parl;1 di vie. favola; essi h:mno solo la funzione di
Dopo la già men:tio1rnta frnsc: opw O-E, sostegno, per cui le idee che esprimono
Prodico forcbbe venire le due donne incontro vie in U:b., tob. 1 t ss., Ji cui una conJucc alla
a Ercole, correrebbero i11 p/a11itie dcrerta (in mtt.Òt(a. e l'altra alla o)Jtv&o1ta.LOEicl, si ha un
ciò AJ~rs ravvisa un'imponanre differenza da inOusso della favola di Prodico, provuro dal
Esiodo, nel quale almeno una delle stude por- fono che in Cdx:!l·, ibid. 15, il -r6noc; della
ta verso un monte). Le parole il;E)..it61rtcc dc, tca<otla. è precisato a questo modo: onov
i')cruxl.av intendono invece dire soltanto che dotte; h:LXctTOL;<E(, à.)..).'~P1'Jµ~<; lioic~i: dvcr.•.
Ercole cercava la solitudine per raggiungere 9 Cfr. i tes ti in _.,, ALPERS 27. Lo fu vola ha
la chiarezza lontano dall'influsso delfambien· subito piè1 d\m carnbiamemo anche ~lrrovo,
re; b sol itudine era inolrrc consi<for<irn come pc:'rlìno in :iurori ~he si •'PJ>dla1•anr> csplicit:l·
il luogo adatto per le visioni. M• il testo non mente " Prodico o a Scnofonrc: cainhia il si-
intende dire che Ercole avrebbe potuto tro- gnificato s iml>olico delle donne (ibid. 34 ss. );
vare questo solirudine solo in pianura, e so- viene introdoua la lìgura di Ermete (ib1d.
pram.ttto non dice che anche nella \risionc gli 47 s.) e cosi via. Nel passo di Ceb ., tab. 11 ss.,
sia apparso una pianura con due strade. Per che del res to è più vicino a Esopo chi! a Pro-
lo stesso morivo anche Alpcrs erra quando Jiro (--. n. 8) l'immagine ddla via ~ combina-
sostiene (46 s.} che nella descrizione delle due ra ron quella delfa Porta (~e 2 b ).
bo~ A 2 (W . Michaelis)
ricompaiono ancor pii1 s pesso senza l'u- Con tutto c10 non si può negare che
so di oo6ç 1 ~. Essi perciò non possono b favola, e soprattutto l'introduzione,
nemmeno indurre 11d attribuire retro- sia un impnrrnnte documento dell'im.
spettivamen te all'immagine delle due magine de lle due vie. Però, come
vie presente nell 'introduzione un'impor- tur ti i pas.\i della let teratura greca
tanza maggiore di qnan10 le compete, profana posteriore in cui questa imma-
e così risuha che anche il titolo usuale gine è us:irn parlando di decisio ni mo-
della fovola (Ercole al bivio) sopravva- rali non possono essere considerati de-
luta quell'immagine 11 , a meno che non rivazioni <falla favola di Prodico - men·
vi s 'indudano le elaborazioni posteriori. tre invece l'immagine, essendo più anti·
Inoltre le due vie non forniscono il qua- ca della favola ( ~ n. 17). ha conserva-
dro che dà valore alle idee morali d elln to un'esistenza propria accanto e dopo
favola, le quali invet:c, indipendenre- di essa 12 - così non si potrebbe giusti-
mente dalle v ie, son o dedotte d alle ficare il presupposto metodico e apriori-
canmeristiche delle donne contendenti. stico d 'un inOusso della favola di Prodi-
1u D.uo lo scarS:O rilievo delle frasi che si ser- sume il senso <lella favola menzionando le due
vono dell'immagine ùd!<! vie, non ci si deve vie soltanto nelrintrodu-zione, e preci<amente
neppure appoggiare alle ineguaglianze che in con le parole : (-t<i°> 'Hpa.x>..ti:) f}ouì.cu~
esse si osservano per sostenere una divisione no-tipav -tpci1TT)"t<J.~ "TWV ÒOWv, -rii" lhà. "TWv
delle fonti, facendo risalire per es. - come fo 1tOVWV ètyouua.v 1tPÒ<; apt'<"ÌJV i\ i:Ì)v ~l/.O""CT)V,
~ A 1.Pi::RS 18 s. - a Predico stc'SSO le uffcrma· 1tp<>aùi>c~v ovo yuvo.~xa.~ xi:">..
zioni in cui si presenta come gu ida la Ka.x(a. 12 Questo influsso della favola di Prodico è
(2J.29 ) e ritenendo invece come un'idea che skuro innanzitu1to dove ci si riferisce ad essa
Senofonte avrebbe preso da Esiodo quella in esprcssamen1c. Si nutra di cosi moh o nume·
cui la 'Aprffi sarebbe b meta dello via ( 27 ). rosi, fino alla lem:ratura cristiana, per es.
11 Quanto antico sia questo 1itolo della favo- lust., tpit. 11,3; Ocm. Al., strom. 2,io,107;
la, Alpcrs non dice; nelle citazioni di rife- 5,5,J1; Bas., I.e. Nella bCJmi/ia in Ps. r,5
rimenci posteriori da lui fa1te esso non si (MPG 29,221 C/D) Ilasilio toccn la favola di
trova mai. A ciò corrisponde il fouo che Prndico solo All'inizio (parlando della posi-
nei l"imnndi abbreviati e negli indici dd con· zione dci giovuni ol di là della xa.xl.o. e del-
1cnuto (come io sebo/. in Aristoph. 11ub. 36 1; 1'6.!li"tii senza mero.ionarc le vie); pi11 avanti
Philosrr., vii. soph. 1,12) le due vie non sono però orienta l'immagine delle due vie, offer·
neppure: menziona1e. Esse infatti non sono ragli dal Ps. 1 , o Mt. 7,r3 s. facendo uso di
il motivo caratteristim della favola; questo sia alcuni trau i presi d• Hcs., op. 287 ss. Un in-
invece nella contesa dclk due donne che tcn· flusso della fa\•ola trovasi inoltre dove i trani
rnno di trnrre Eracle da.Ila loro parte (non essenziali dclln s1cssa si ripetono in mOdo in-
sen~a motivo Athen. 5 IO e accosta la favola al confondibi le. (.°;(1sl è giusto dire che Silio I-
giudizio ùi Paride; cfr. anche SCHIJLTZ, o.c.490. calico (1 sec. d.C., l'unica r5,18 ss.) applica la
.i98); Filostrato (o.e.) us• l'espressione -tÌ)v favob di ·Proù ico a P. Cornelio Scipione (~
'Hpa.x>..fovi; a.tpt aw. Senofonte stesso, con· A LPE.JtS 11 s. 34 ); però non vi si parla af!ano
dudendo, indiai il romenuto colle parole: di due vie e la Virtus e la Voluplas si acco-
ci>i:w 1twc, oLt;,xu IlpooLxoi; '<i)v .r.t"Apt'<Ti; siano dc·xtra /11cvaq11c per auras al/apsae {zos.).
'Hpa.x>..touc, m1llìcvow (2,1,34), mentre la sun /\Itri casi wno meno chiari (per es. Diog. L .
id~:1 'entrale era senza dubbio la seguen te. 30; cfr. ~ At11lillS 35 s.) e l'uso dell'imma·
t-onformc al passo di faio<lo e ai versi di l3pi· gine delle due vie nella filosofia popolare sarà
carmo: -twv yò.p O\l"tWV ciya.i)wv xat xaÀwv solo in !on tana rapporto con la favola di Pro.
ovliì:v dYEV novov xa.t tm\i.Ùd~ i)Eol OLliéa.· dico. Cfr. WE.NDLAND, Ilei/. Kult. 85 n. '; E.
<!LV à.vili;Wnc~ ( 21S ). Bas., sermo dt le~tfl· NoRDEN, D1e anlike K1111slprosa ( 1898) 467;
dir /1hris fl.<'»tili11111 4 {MPG 31,573 A.Cl ri<1s· C.f'.G. HEINRICI, Beitriige zur Gcschichte und
'31 (V,.j6) boo~ A 3 (W. Michadi~)
co sulla comparsa dell'immagine nella si parla di tre vie 15• Soltanto quando
lencrntura giudaica e cristiana u. si parla di due vie potrebbe esistere un
rapporto coll'immagine solira; ma sem·
3. òo6ç in importanti enunciati storico- bra che neppur questo avvenga. Le due
rcligiosi vie degli inferi non sono mai dcscricte
Non si può senz'altro collegare col- come w10 continuazione immedia ta del-
l'immai;ine delle due vie trattata sotto le altre due vie 16; le due idee sono sor-
A 2 la credenza, spesso attestata, che te probabiJmcnte l'una indipendente-
negli inferi ci siano due vie, «di cui una mente dall 'altra 17•
va a destra, verso il xwpoç tùa<(3Wv, L'uso di òo~ merita un'attenzione
e l'altra a sinistra verso il luogo in cui speciale quando si parla dell'ascesa del-
sono puniti gli lio~xo~» 14, oppure, come l'anima aJ mondo celeste. Già nel proe-
dice Virgilio (Aen. 6,540 ss.), l'una por- mio del poema didascalico di Parmeni-
Hl ai Campi Elisi e l'altra al Tartaro. La de (jr. I [I 228 ss., Diels']) quella che
differenza è che queste vie non rappre- porta alla verità è descritta come via
sentano la possibilità o la necessità di verso la luce celeste, «che eleva l'uomo
una decisione o scelta, ma la diversità sapience oltre ogni dimora»; la presenta-
dd destino dopo morte, e che esse sono zione di questa via come una vera stra-
inoltre vie reali. Non si deve poi di- da percorribile con carri e cavalli è solo
menticare che, oltre a questa, esistono un rives timento poetico-micologico: la
altre topografie infernali, in cui talvolta via è il retto pensare. Più tard i, nella
Erktorurig des N.T. m (1 905) 89. Quanto nism (s922) 152 s. Però anche qui la vita ter·
vale per le due vie, vale dd resto anche per rena non è vista sotto l'immagine delle vie.
il dibattito fro la ci:pt-.1) e la xcxxt«: anch~ D'alua parte la favola di Prodico set"Ondo Se·
qui la favola di Prodioo ha senza dubbio e- nofonre non contiene alcun accenno al desti·
sercitato il suo influsso, anche se questo non no negli inferi; in mem. 2,l,J4 è detto soltan-
dev'essere sopravvaluroco. co che il ricordo di chi segue la virtù resterà
vivo dopo la sua morte, mentte chi segue il
U ~ nn. 16 s. 36.5 1.57 .105.189.
vizio sarà dimenticato.
1 ~ RONDE '·' Il 220 n. 4: la concezione po·
17 Anche se l'idea ddle vie negl i inferi fcisse
trcbbc venite «dalle fantas ie delJ.: sette del-
pit1 antica - come più d'un aspetto sembra
l'l rnlia meridionale». Cfr. Plat., Gurg. 524 a; s uggerire - , essa non è certo il modello del
rnp. 10,614 c. «bivio terreno», del «crocicchio rno1·alc» (an-
Vi Cfr. ROHDll, L.c., e SOJ>rattutto A. DmTf.· che D mTERJCH, o.e. 192, che fa uso di queste
RJCH, Nekya ( 1893), passim, il quale aettntua cSpre.ssio ni , non lissa lo sviluppo su 4ucsta
fortememe l'influsso orfico-picagorku. linea). L'immagine delle due vie, nella forma
16 È ben vero che Lattanzio (mst. 6,3 ss .. v. già compiuta in cui si p1esenta nel passo di
anche epitome 59) unisce le due concezio- Esiodo e della favola di Prodico, dev'essere
ni, a lui note dalla letteratur• antica; ma lo sorta invece come segue: prima ci fu una for-
fa perché egli incerpreta giù in . senso cristia· mn più gcncriçu, in cui era espressn soltanto
no le tluae viae per q11as h111111111am vitam l'idea delle due possibiliw .(cfr. il passo di
progrcc-Ji 11c,:csse est: una quac in cac/111n fe- Teognide -> n . 7 ), poi quest'immogine fu tr-•-
rr.t, altero quoe ad in/eros depri111a1. Un pas· sferita nl campo etico. --> BEc:KER 41 ss. per·
saggio dall'idea originaria, secondo cui ncU'in· segue lo sviluppo della •via in qu3n10 sim-
femo mnicrialmenre concepito ci sa1·ebbeco due bolo» (e tiene quindi como non solo di ò&Oc;,
vie, all'immagine di due vie che rappresentano ma anche di xt:Uv~oc;. ;::épe.; e simili) par·
in modo più spirituali22ato il destino dopo la tendo da Omero, passando per PindRro, Ero-
morte trov~si per es. io Cic., T11sc. 1,30,72; doco e i filosofi (Parmenide, Eracli10, .Empc-
dr. r:. CuM ONT, A/ter Ufe in RomM Paga- docle), fino n Eschilo e Sofocle.
lecteratura ermetica, è concepita come tante 19• Ma molti documenti tipici pro-
via la gnosi: µla 1<ip lcr-cw Elc, m'rrò vengono già da testi gnostico-cristiani
à.1tocpÉpouo-a òlì6ç, Ti µ.E-rà yvwo-Ewç (cfr. l'Inno dei Naasseni in Hipp., re/.
twÉatLa., «una infatti è la via che porta 5,10,2: o-cppo:yi:lì<iç fxwv xa.-caBi'Juoµa.L,
colà {cioè a voE~v il xaÀ.Òv xaì. à.ycd}év, cx.lwva.ç oÀouç OLOOEVCIW, µuO'TTJpLa miv-
o Dio): la pietà accompagnata da cono- 'tet lì'à.vol!;w, µop<pàç lì~ &Ewv Èmod!;w,
scenza» (Corp. Herm. VI 5; dr . VI 6: 'tcl XEXpVµµÉV<X 'Tiiç aylov ÒOOÙ yVG.ioW
ot à.-yvooiiv·n:ç xat µ"Ì) oodio-av-rEç -r1)v xaÀ.(a-G<.ç 7ta.paow<1w, «con sigilli scen-
·djç EU<Tt~daç òOév, «quelli che ignora- derò, tutti gli eoni attraverserò, t1prirò
no e non han percorso la via della pie- tutti i misteri, mostrerò forme di dèi,
tà»). Cfr. inoltre {senza l'uso di éooç) x l'arcano della santa via trasmetterò su-
I 5: 'TOV'TO µbvov o-w'TTjpLOV &v&pW1tl!J scitando conoscenza») e l'idea della via
ècr-clv, 'ii yVWO'Lç 'tOÙ 1'Eoii, ail-r'T) Elç 'TÒV o del sentiero sembra non aver mai rag-
"O)..vµ'ltòv Écrnv <XvaaMt.<;, «solo que- giunto nella gnosi un'importanza cosl
sto è salutare per l'uomo: la conoscenza autonoma ed ampia come nei testi man-
di Dio; questa è l'ascesa all'Olimpo» daici (-t n. r4r) 20 .
(= Ti 'ltpÒç -rà &vw élìbç, «la via verso È noto che l'immagine della via eb-
l'alto», 1v II ); dr. anche x1 21 : 1) ycìp be diffusione straordinaria al di fuori
-tEÀ.da. xaxla -rò ayvot~v -rò iMov, -rò del settare storico-religioso trattato qui
lìt lìVvaO'ì}aL yvwvaL xa.t 1'tÀ:ijo-aL xat (basti ricordare la via buddista colle sue
èÀ.'ltwaL ò&Oç iu-rw tviMa., &Là -rov o tto diramazioni e il tao [=via] dei Ci-
à.ya1'ov cpÉpovo-a xat pqJila. ÒÒEvovTL, nesi). Questa immagine naturale: e faci-
«il male perfetto è ignornre il divino; le a comprendersi si offe rse spontanea-
saper conoscere, volere e sperare è la mente e in manier:t del tutro indipen-
via diritta che porta al bene, ed è facile dente in molti luoghi diversi, quando si
a percorrersi» 18• Ogni volta che nella trattava di visualizzare certi procedi-
gnosi s'incontra l'idea del viaggio cele- menti spirituali 'e certi sviluppi ctico-
ste dell'anima che dalla patria dcl cie- religiosi.
lo intraprende il viaggio verso la ter-
B. òlìéc; NEJ LXX E NEL GIUDAISMO
ra e dopo la morte dell'uomo riper-
corre il cammino verso la patria, la via, r. I LXX
in quanto tale, vi ha una parte impor· Nei LXX blìéc, ricorre circa 880 voi-
I& Qr. \Y/. Scorr, Tlermetica I V, cd. A.S. fF.R· PRL, NP ( 1934), specialmenie 1oi.124 n. 2 .
GUSON (1936), indice .'l24 s.v.; ]. KnoLI., Die I 35.207 n. I.
Lehre11 Jes Herm. Trismcg. ( 1914) 38os.; RmT- 20 L'origine di qucsre concezioni dev'essere
ZEN STt:IH, He/J. Myst. 294 s.; --+ Il , col!. 475 c:erc::ita in Oriente Originarinmentc si tratta
s., n. 21. C&. anche le tranaz.i.oni su ii 1tpÒc; solo della salita dci morii alle stelle; l'idea
d'l.-r]tltt.«V o&6ç nel!• parte ermetica di Smb., d'una discesa e ris•lita dell'anima si formò
ecl. IAI,I a (p. 273 s.): <Tl:µv fia.vTI] òlìò.; xat pili tardi. Su certi spunti presemi nel mondo
À.6Ux, XCltÀEn-Ì} o( QVXii òotvaaL Év awµa·n babilonese richiama l'ettemione già W. A,w,,
ovcro; il cambiamcmo di ÀEL4 in il<icl (SCOTT, Zur Frag~ nach Jem Ur.r pruTlg àes G11ostizis-
o.e. I [ r924] 392 , t1tl I.) è nrbitrario. mus == TU xv, 4 ( 1897); cfr. CuMONT, Vie
oricntalischen Religionen ùn romiscMn Hei-
19 Cfr.per es. \YI. ll-OuSS.ET, Die Himme/Jre1· àentum ' (1931 ) 114 ss. 272 s.; JoNAS, o.e. 207
se der Stele: ARW 4 (1901) 136 ss. 229 ss. e n. r ha però ragione di dire che Anz ha so-
/J<1ssim; H. }ONAS, Gnoris rmd spotantiker pravvalurnto l'id<?a della via nel qualificare là
Geist. Teil. r : Dii· mytbologische Gno1is = gnosi quale ~ Olìo\i.
òooc; B r (W. Mich•dis}
te (di cui ioo nei Proverbi, 81 nei Sai· Dio» (in Prov. 8,22 re'iit iitldark6 è
mi, 73 in Ezechiele, 61 in Gcremic1). reso invece con cipxilv òlìwv o.1ho\i, «i-
Dove esiste il testo masoretico, cioè nizio delle sue vie»). 1 LXX hanno tra-
circa 700 volte, corrisponde a òlìOc; ben dotto il gjuramemo di Am. 8,14: IJé
600 volte, cioè quasi sempre, l'ebraico derek b''er-Jaba' con Sfi O i>Eoç <iOV,
derek. Fra gli altri equivalenti hisogna Bripira.~EE, «viva il cuo Dio, o Bersa-
rilevare: 'ora/:> (3 5 volte), /:>11! (15) e bea» (JYJrallelo al precedente sfl
ò ì)téc;
m'silla (12). D'altra pane, derek è reso crou t:..a.v = /;Jé 'eloMka dfin) 21
• Va no-
quasi sempre dai LXX con o06ç. Vanno tato che in Ex.33,13 hi!di'e11i nii' 'et-
notate alcune eccezioni. In 3 Bcx.O". 18, d'rlikeka è srnto tradotto con Èll<!HXV~
27, nell'irrisione di El in contro Baal che <i6v µot CTEO.V't6v, «mostrati a me»; i
non risponde ai suoi profeti, è rimasta LXX hanno tradotto le parole seguen-
la frase w'ki-derek IO, «O è in viaggio»; ti: uf'edii'likà («e ti conoscerò») con
a meno che non si debba assumere yvtùtT'tW<; ì'.lìw crE, «e palesemente ri
che questa frase (e non la precedente veda»; mentre il T .M. si riferisce ai
w•kl-flg lo, «O sta ritirato») sia resa da piani divini in cui Mosè vorrebbe esse·
xat ii.µo. µl}ito-tE XPYll.lct'tl~E~ ctÙ"toc;, re iniziato, i LXX hanno invece orienta-
«che non sia forse occupaco ?» 21 • In to l'espressione sulla supplica di Mosè,
Gen. 19,3 1 i LXX traducono k'derek contenuta nel verso seguente, con cui
ko/-ha'ares con Wç xa.ili)XEL 1tMu 'l"TI egli chiede di poter vedere Dio.
yfi, «com~ è costume in tutta la terra», In molti casi òobc; è usaro in senso
e in 31,3 5 k1-derek"mi1im Il con O'tt -rò proprio per indica re una via, un sen-
XO.'t'H}urµòv 'tWV YVVl1LXWV µol Èc1'tLV, tiero, una smiela sulla quale si svolge il
«perché mi capita ciò che è solito al- traffico, per b quale si può procedere,
le donne» (cfr. nnche la traduzione di viaggiare, marciare ( rtopEvEo-l}CJ.1., O:m~p
'ora/:> nel passo affine di 18, r. r ). 111 XEi:rì)o.~, ecc.) oppure oltrepassare qual-
lob 38,19 'é-i:eh haaderek ji1kon-'6r cuno (1ta.p117tOPEVEC1~ai, ljJ 79,13; 88,42
corrisponde a itolq. lit yiJ a.vÀl~E'tCH [var.]; lob 2!,29; Lam. z,I2; 2,15),
-rò q>wc;; «in quale terra soggiorna dalla quale si può deviare o che si può
la luce?» (forse i LXX hanno let- :inchc abbandonare (per es. èxxÀ.(vELV,
to ha'iires, terra , invece di badderek, Nu111. 22,23). Spesso si tratta della rete
via). In i.ob 40,19 hl'/ re'sit darké-'et stradale che percorre il paese congiun-
fu tradotto con "to\i-.'fo"tw ò:px-fi rtÀ.0:- gendo città e villaggi ( per es. in Gen.
crµa.-roc; xvplou, «questo (sci/. l'ippoporn- 38,14; 1BM.1 3,17 s.); la direzione o la
mo) è il capol:woro della creazione di mern possono essere indicate col geniti-
21 XPTJµtt-rLl;t• (diversamente dal suo uso nel d·l$raelc). Però è dubbio se ~i d~.j,ba preferì·
resto <lei LXX e nd N.T.) qui significherebbe re la lezione dtrek come originaria. E. NEST·
egli ba da fare, è occupalo. Cfr. GESENJUS- LE. Philologica sacra ( 1896) 7 s., sembra aver
ButtL, s.v. iig, e E. NF.sTo.E: ZA\Y/ 13 (1903) rogione di dire che partendo dai LXX non è
338.--+ lV , COI. 1312. scmplicuneo1c da postularsi 'eloh/!kà (egli
22 Non è sicuro che duck debba avere qui il prende m oonsidcrazione !Urf.:j, o meglio vor·
s igni!ìcaco di pelltJ!,rinaggio, culto (co111e vor- rebbc IMciare il testo inalccraoo). Però ~ pro-
rebbe KAVTZSC>•, ad l .). Si potrebbe piutto- babile che sono s1esse il nome del dio Dod
sto giuni;cre dal significato di modo e rrm1iera e che i LXX leggessero ancor" dVJkii. ln que-
A quello di forma di cultura, cullo (cfr. Icr. sto caso sarebbe difficile Lracciarc una linea
12,16: 'u1.darké 'ammì = LXX: .,,.qv ò&òv che vad•• da Am. 8,14 all'uso di òo6ç in Aci.
-.ov M:tov µou = la form~ speciale del culto 9.z; 19,9, ('CC. (-+ e 3J.
oòo~ Il I (\Xl. Mirhoelis)
vo (per es. òlìòv yfjç <PvÀUT'l'LLll, Hx. r3 , d'n ltra parte, la promess:1 di Dio può
1 7) o con una preposizione (per es. esprimersi coll'immagine d'una strnd~
olìòv -ri}v dç B«Wav, Deut. 3, 1; òlì~v che egli aprir/i nel deserto (ls. 43,19) o
ÈnL M:ÀaO'crav Épvl}piiv, Num. 2T A; di montagne che eAli trasformerà in stra-
òlìòv -cliv btt '!fjc; Èpv3piis ilcr)..c(uo"'!):;. de (ibid. 49,11; dr. n,8 s., come pure
«la strada presso il Mar Rosso», Deut.J, 57.q; 62,10). Questa immagine rag·
40) 23• Vie <l'ogni genere son chiamate giunge il suo significato pitr alro dove
olìol (non è quindi sempre possibile di- si parla della via stessa di Dio [ls. 40,
stinguerle chiara men te dai '!pl\3oL, sen- 3; d r. Mal. 3,1) ~ C 2.
tieri). Raramence si pottà pens:ire che Spesso òlìèx; sta con verb i di moto in
siano strade ben costruite, eccetto quan- dizioni nelle quali non si pensa a unn
do si tratta di st rade per il traffico in- vin o strada determinata; per es.: anda-
ternazionale (dr. òoòc; BacnÀtxTi. Num . re per la propria stmda ( Gen. 32 ,2:
24
20,17; 21 ,22 ) . Anche le vie cittad ine, O:nfjMev dc; i:Tiv Èav'!où ò&6v; r Bacr.
benché per esse si preferisca usare nÀ.a- 2 5, fl; 3 Bacr. I ,49, ecc.), bsciar anda-
"T Ei:aL (spesso coll'aggiunta di •iic; nb- re qualcuno per una buona strada, cioè
ÀEwc;, per es. Iud. 19, r5 ; Zach. 8,5), lasciarlo libero e indisturbato (Èxnɵ-
son chiamale òlìoi.: l er. 14,1 6 (codd. S. lj;aL mhòv év olìri'i O:yal)'fi, I Bao". 24,
B); Lam. i,4; Ez. rr,6, ecc. 15 Callivo 20 ). rn molti di ques ti casi òlìbc; si av·
segno sono le strade dcsCite (Lev. 26, vicina ai signilicati di viaggio, andata,
22; l s. 33,8; Soph. 3,6; Ecclus 49,6), percorso, a loro volta attestati abbon·
come pure la gente cost retta a evirnre dantemente; per es. Èv o&Q µa.x.p~
le strade cercando vie nascoste: vuo l di - (Num. 9,13); no~i'j<TaL '!TlV ol)ov etÙ'!OV
re che le cose vanno male ( É~iÀ.rnov (lud. 17,8 ); holtla<rov "TÒ: npèx; "TT)v
blìoùc; Y.aL btoptvÌh]crav chp~:moVc;, «la- o8òv (Tob. 5, 17, cod. SJ; lìovva•. a.1hotç
sciarono le strade e cammi narono per ÈmcrL-c~crµòv dç -ci}v ooov, «<la re il vit·
i sentieri», !ud. 5,6 [cod. B)). Una sr ra- to per il viaggio» (Gen. 42,25) 26 • Non
da os trui ta con pali (<ppatT<Tw "!YJV ò&ò'J è rara neppure fa dizione olìòv Ti1.dpac;,
aù'!fjc; È'1 <Tx.oÀol!JLv, Os. 2,8) o ancor «(lontano) un giorno di viaggio, (longo)
più con un muro ( àvoLxo/ìoµ..t~v. Os. 2, una giornata di cammino», olìov ,;pu:;Jv
8; Lam. 3,9) serve bene come immagi- iJµEp wv, ecc. (Gc11.30,36; 31 ,23; Ex. 3,
ne dell'azi one punitrice di Dio, men tre, 18; 3 Bair. 15>,4; r Mach. 5,24, ecc.). Tn
2 1 Dev'essere ronsidf.'rato un semìds1uo In tra- catc; cfr. GALLtNG, arr. ·s1ad1aolage', o.e. 499.
d uzione avverbiale di derck ( = verro, i11 dire· La loro nettena lnsciav• ceno • desiderare;
xio11c di, G11seNIUS-l3U11L, s.v. l d) con ò06v, cfr. le dizioni 'l'tY}>.òç f:v "<a~ òlìoi:.; e •imili
per es. in Dc111. 1,19; òoòv ouai..Wv i!>.fou, in Micb. 7,Io; Z11ch. 9,3; 10,5; e xo'!tpia. tv
ibìd. rr ,30; npocm)é,oV<a• tv òvéµa·tL xvpl..01.1 11fo~ òlìov in Is ,,25.
ooòv -rijç r.6>.twç ... xcxi -roii otxou, 3 Ba<T. 8, 26 Su d.ç oppure Y.tx'tà. Ti]v òoov cfr. J OHAN·
44; È'itl~ÀE\j>ov òoòv -rijç OaM<TO"T]ç, ibìd. l i\, NllSSOMN, PriipoJ.296.300 s. e 247 s. baddcrek,
43; òoòv il'a>.&.ucrnç, l.r. 8,23. Cfr . .JoHA NN"S· in viaggio, per via, è tradotto da i LXX con
SOl lN, Kasus 7J· i~ -tji oli~. per es. in Ge11. 4,,24; Ex. 18,8:
" Cfr. K. GALLllSG, art. 'Handcl und Vcr- Num. 2IA; invece b'derek mi!ra;im, al mo·
kchr', in B1"1ircbes Rt:allexikon (1937) 260 do drg/i Egizia11i, proprio romc in Egilto è
ss.; p<::r !'~poco posteriore vedi S. KRAUSS, u·adotto io Am. 4,10 con fv òoi;i Atylm"<oV.
'l'al11111dischc Archtiologie n ( r9rr) 323 •~. In I s. 10,24.26 la srt'ssa di,ione è tradotta
pure coll'impiego di òoO<;, ma in mo<lo cosl
~ Le strade drtadinc crnno raramcnrc l•stri- lib<:ro ..-hc il sc:nso originario rest:1 oscuralo.
ò06c; B 1 ( \YI. Michaelis)
Iw!3 33,29 (cfr. lavar. a Teod. nel cod. li (anche se certe dizioni sono peculia-
A) òoovç -rpEi:ç sembra equivalente di ri di determinati libri). In molti casi è
«tre volte». difficile determinare fino a che punto la
Non solo gli uomini percorrono le lo·
ro strade, ma anche gli animali hanno metafora sia sentita come tale. Anche
Je loro òool: l'aquila come il serpente quando òoòç, sta con verbi di mo to non
(Prov. ,30,X9), le cavallette (loel 2,7); vuol dire che si mantenga una rappre-
invece le òool delle formiche, che il pi·
gro dovrebbe prendere ad esempio se· sentazione spaziale, perché anche in
condo Prov. 6,6, significano il loro mo- questi verbi l'immagine dello spazio
do di fare. In \ji I 8,6 OpcxµtLV ÒOÒV G.V· può essere molto sbiadita.
-.ov, «percorrere la sua via», non è da
riferirsi direttamente a fiÀ.~oc;, ma a yl- Per es. in Deut. 8,2: µv1)o-l>Ti<iU 7t0.-
ya.ç. Secondo lob 28,26; 38,25 i buo· <Ja.v 't'i)v òlìòv, iìv fiya,yÉv O'E XVptoç Ò
ni seguono la strada loro destinata da l>E6c; crov f.v 't'U f.p{jll<tl, «ricordati di
Dio. Non è consigliabile osservat·e trop- tutto il cammino lungo il quale Dio ti
po il vento e il clima, perché l'uomo ha condotto nel deserto». òooç, non si-
non sa ;lç Ti òoòç ;oii 1tVEuµa.-roc; (Eccl. gnifièa certamente l'itine~ario, e forse
I l ,5 ). Descrivendo la maestosa appa-
neppure il viaggio in quanto tale (come
rizione di Dio al giudizio Nab. l ,3 af- è invece in Deut. 24,9; 25,17), ma la
ferma: tv cnJV"tEÀ.ElQ: xa.L Év O'VO'<l'E~<Tµ<i) marcia nel deserto nell'insieme e nei
·() òoòc; a.u;oii, «fra distruzione e turbi- particolari, come testimonianza deil'a-
ni è la sua strada». Invece l'affcrmazio· zione d i Dio verso Israele.
ne di lji 76,20: Év -<ii lta.À.cio-o-u ii òlìòç
O'OV, xa.t a.t 't'pl!3o~ O'OU ÉV VOa.<n 1'0À.· Frattanto è chiarissimo quanto resti
À.oi:c;, «nel mare è la tua via e i tuoi
in ombra in òo6ç, l'immagine originaria
sentieri nelle acque abbondanti», per
quanto abbia un tono mitologico - co- della via, cosicché in Prov. 1,31 è pos-
me l'inno dei vv. 17 ss. (dr. specialmen· sibile dire: ltoov-ra.~ "ti\<;, Èa.u't'wv òoov
te il v. 21) - si riferisce alle gesta di
't'OV<; xa.p7touc;, «mangeranno i frutti
Dio sul Mar Rosso. Di queste si parla
chiaramente (benché senza affinità con della loro via» (modo di vivere), oppu-
òoòc; di Ex. 14,21 s.) anche in ls. 43,16 re, in Is. 33,15: À.a.À.wv EÙitEt'cxv òo6v,
(o~ooùç òoov tv ~a.À.lic;o-·o); Is. 51,10 «parlando in modo retto», e in 3 Ba.a.
(òoòc; o~a.!31io-Ewç) e Sap. 19,7 (€; tpv-
ltpiiç lta.À.liO"O"Y)ç òoòc; livEµ1tÒO~O''t'Oc; , 8,32 (dr. 2 Chron. 6,23): oouva.~ •iJv
«una via libera fuori dal Mar Rosso»); òoòv a.Ò't'oii Elç XEq>a.À.'Ìjv a.Ù"toii, «ritor-
cfr. anche ls. u,16 (var.) 27 • cendo la sua via (modo di fare) sul suo
L'uso traslato di òo6c; è molto diffu. capo» (cfr. Ez. 9,10; 11,21; 16.43; 22,
so e trovasi · colla stessa frequenza in o- 31 ). Inoltre non è sempre possibile se·
gni parte dei LXX e anche negli apocri- parare tra loro i singoli significati ri-
17 Vedi il p3$SO nel Grande Papiro magico di xcxì EV l)a.M:crcrn òlìòv )((X( tv xv1iMt -rplBov
Parigi, PREJSJGKE, Zaub. 1v 30J4 s.: 'Epv&p« àcrq>etÀ:ij sia già da tiferirsi a Noè (cfr. 14,6,
Mlac;crcx 1jv woEVCTEV EtcrpcxÌ)À )(CXL EO''t<Xt come pensa KAUTZSCH, Apkr. u. Pse11depigr.,
( = ecr't'YJ) 6.v61ìe11i:os. Se Sap. 14,3: €owxcx.; od l.) è cosa che si può mettere in dubbio.
oo&; Il I ( w. Michnelis)
scontrabili nell'uso traslato del termine, "t'WV aµWµwv, «le vie degli innoceuti»;
o attribuire ai vari pas~i significati par- T.M.: fmé t'mimim)'l9. Quando t!i 138,
3 dice: mi11ac; TÒ:<; òoovc; µov npoEi:oEc;,
ticolari. Emergono comunque certi tipi, «hai previsto tutte le mie vie», non in-
per cui, pur colle dette riserve, è pos- tende certo parlare del destino futuro
sibile tentare una visione d'assieme che dell'uomo, ma delle sue decisioni e dci
~i applica ai resti più importanti.
suoi piani (cfr. OLa)..oyw1.10l in 4i i 38 ,2;
inoltre l'unione di f3ovÀ.a.l, OLa.voiiµa.Ta.
L'immagine della vin può servi re a e oool in Is. 55,8 S., dì òlìot e Évì>uµi11~a
indicare la vita umana nel suo insieme 't!X. in Ez. 14.22 s.; vedi anche l'uso lin-
o nelle parti in cui si divide. guistico di /ud. I 8,5 s., dove òlìéc; signi-
fica intenzione o piano; dr. anche 1
Certamente la dizione f3lov òo6c; non BaO'. 9,6.8). L'uomo fa bene ad affida-
si incontra; solo in Prov. 4,ro alla fra- re a Dio il suo destino; ma i LXX in
se: xaì. 'TtÀ.TJì>u,Jì}i)a-ETaL ETI"J 1'.,wijc;, «C Ps. )7 •.5 banno tradotto g6l 'al-jhwh
saranno moltiplicati gli anni deJJa (tua) darkeka, «affida al Signore le tue vie»
vita», corrispondente al T.M., sono ag- con a7toxaÀ.v\jiov 11:pòc; xvp~ov "t'fiv
giun te Je parole: rva <iOL yÉVWV't'a.L '!tOÀ.- òlì6v O'OV, «rivela al Signore la tua via»
À.t:tl Mio~ f3lou, «affinché siano per te (tji 36,5, derivando gol da glb invece
molte le vie della vita». Dan.),23 (Teo- che da gll); però anche in questo modo,
doz.) fa notare che Dio tiene in mano sulla base del contesto, viene espressa
tutte le vie dell'uomo (niiO'aL at òoo( vigorosamente l'idea che l'uomo non
O'OU, parallelo a Ti 'ltVOTJ O'OV, «il tuo re- deve vivere il suo destino come se fos.
spiro»); cfr. anche lob 3r,4; ler. 10,23; se padrone di se stesso. Dio protegge
Prov. 20,34 (in questi passi ci si può la via dell'uomo (ludith 13,16; Prov.
chiedere se si debba pensare al desti no 2,8), o affida questo compita ai suoi
in generale o al contegno in un caso angeli (ljl 90,n; Ex. 23,20 [cfr. l'inca
particolare) 28 • Qui bisogna menzionare rico opposto in ljJ 34,6].
anche Is. 40,27: il popolo (Giacobbe e La morte è chiamata una via per cui
Israele} non dovrebbe dire: Ò:ii:Expvf3TJ wtti devono passare (los. 23,14; 3 Ber.O'.
Ti òlìòc; µov &:7tò "t'oii lhoii, «la mia via 2,2) e dalla quale non si ritorna più (lob
è nascosta a Di.o »; Dio conosce molto r6,22). Affine, ma orientato un po' di -
bene la situazione del popolo e ha i suoi versamente, è Prov. 14,12: fu"t'Lv òoòç i'i
piani su di lui (òooc; abbraccia il desti- ooxcL' òpì}'Ìj dva.L ita.pà àvOi;W1to14, 'tcX
no presente e futuro). L'immagine del- ÒÈ 'tEÀEV'tClia !IÌl'tijc; EpXE"t'<XL EÌ.<; 11vO·
la via nascosta è applic111 a al futuro del (ttva étlìov, «c'è una via che sembra di-
si ngolo nel lamento di Giobbe ( 3, 2 3, ritta agli uomini, ma la sua fine condu-
corrispondente al T .M. ma presente nei ce in fondo all'Ade» (dr. r6,25; 7,27:
LXX solo nel cod. A). Dio però conosce òoot q,/iov ... xc:mi:yoV<Tcu dc; "t'à "t'CXµL-
la via dell'uomo da tempo immemorabi- cL'a "t'OÙ Da.v6."t'ov, «le vie dell'inferno ...
le; lob 23,ro; t/i 36,18 (Tàç òlìoùc; conducono nello scrigno della morte»).
2S Ançhe in Ecrlus 33 (36),13 si ha questa i· 2' Anche nel discorso blasfemo dcl prevari·
dea; però la parenttsi dcl v. 13' si riferisce calore in ler. n4: ovx lhjJE"C<X-< b Dtòc; olioù<;
primamente • 'lt'!)Àbç e xepaµsvç: na<Tai at i'u.iwv, il senso di olio' non è ne(:essariamen·
bliot a1hoii XM~ 't'i1v Eùliox!a.v a\i"t'oii, «le te quello di fare e darsi da fare (contro
sorri dell'argilla vanno com< vuole il vnsaioo. KAUT7.SCH , ad /.), ma può riferirsi alla situa·
zionc JlfCSClllC o alla sua conclusione futura.
143 (v,50) oooç fl 1 (W. MichadisJ (v,51) 144
In un gran numero di passi òoéç si· nunzio della volontà di Dio. In questo
gnifìca condotta, comportamento, conte- senso sono da considerarsi in primo
gno, modo di vivere. Cfr. il parallelismo luogo i passi in cu i si parla della via o
di òool ed (pya. (per es. in Ex. 18,20; delle vie di Dio o del Signore. Benché
lEp. 33 ,13), la corrispondemrn di T'ÌJ'J siano impiegate le stesse dizioni per in·
òoòv mhoù e Cl.VTÒç É1tol11aev (lob 21, dicare le vie che Dio stesso percorre,
31), la compresenza di òool e Éiwrriosv- cioè il suo modo di agii-e, i suoi piani e
µo:-ro: (condotta, contegno: Iep. 4,18) e le sue azioni ( ~ col. r .57), dal conte-
la cordsponden:za di -;pbnoç e òo6ç sto risulta chia ramente e senza eccezione
(Deut. ),32 s.). In un nutrito gruppo di se le espressioni vadano intese in que·
testi si designa con òool il comporta- sto senso o se indichino invece il com-
mento attuale di qualcuno a modo d i portamento dell'uomo. Infatti son chia·
semplice constatazione, senza una valu - ma te vie del Signore anche le vie per·
tazione etica, la quale tmrnvia risulta ab- corse· dagli uomini, se q ueste sono
bastanza spesso e chiaramente dal con· comaodate dal Signore. Così io Ier. 71
testo. 2 3 è detto: 1toptuE<rilE tv nét.<Tet.i.ç 'tai:ç
oòor.; 1iov, a[ç liv ivnlÀ.wµai VJJ.i:V,
Accanto a passi come l Bacr. 18,14;
3 Ba.Il. 2,4; 8,2).32 (cfr. 2 Chron. 6,16. «camminate per tutte le mie vie che
23); "'48,14; lob i7,9; 22,3 (cfr. an· io vi prescrivo»; inoltre in Derlt. 5 13 3:
che Eccl. I r ,9) bisogna menzionare so- xa.-rà. 7téicro:v -i:i}v ò86v, i)v ÉVE't'ElÀa-r6
prattutto la dizione stereotipa secondo
O'Ot xvptoç Ò ìle6ç <iOV 7t0pEV€1ll)at tv
cui un re avrebbe seguit0 la via o le vie
di suo padre o del suo predecessore o:vTfi, «camminare in rutco e per tut·
(per es. J Ba<T. 8,3.5; 3 Bet<i. f),26.34; to per la via che il Si.gnorc, Iddio tuo,
r6 ,2.19.26.28b; 22,43 .53; 4Ball. 8,18.
27; 16,3; 21 , 2r; 2 Chron. 20,32): in
ti ha prescritlO», e Ex. 32,8: 1tCl.PÉ·
tutti questi casi si tratta di regimi che 0TJaav w.xù tx -i:i'jç 6ooù ijç tvs-i:EO,w
per fatti storici si giurucano spiacen ti a av-rotç, «si sono presto allontanati dal-
Dio; non così però in 4 Ba.a . 22,2; 2 la via che prescrivesti loro»; cfr. Deut.
Chron. u,17; 17,3). Questa dizione è
usata principalmente in 3 e 4 Ba<T. e in 9,r2.r6; II,28; r3,6; 3r,29. La via
2 Chron., ma ricorre anche in Iud. 2,17; del Signore è il com portamento coman-
Bar. 2,33; Ez. r8,u; 23,31 e Iutlith 5, dato dal Signore all'uomo; anzi in mol-
8; Ecclus 48 1 22.
ti passi il termine giunge quasi a signi·
Notevolmente più numerosi e di lìcare il div in comandamento ( riguardan-
maggior importanza oggettiva sono i te il comportamento dell'uomo); 6o6ç
passi in cui l'uso di 606ç serve all'an- diventa quasi sinonimo di ~ ÉnoÀ:i} 30 •
30 In <V n8, r5r, trovasi nel c<xl. S )a varian· Ji, l'èv-coÀ1) divina è contrapposrn alle òool
te 61ìo( invece di èv-roÀetL In Prov. J9,r6, proprie dell'uomo. I LXX ha nno tradotto <V
supposta la corrisponden211 fra i due vocabo· uR,_19 con oLeÀ.oy•cr&µT)" -tà.<; òoovç o-ov,
Ciò è messo in evidenza da passi co· dcui, se non con Èvi:olai, almeno con
me I/i I 18, ( j:
tv 'TCI.~<; ÉV'TOÀ.a.\ç vO'J Tipocri:ciyµcxi:a. (3 Bacr. 3,3; l tp. 39,23;
àooÀEO"XTJO"W xaì. XCl.'t"Cl.VolJO"W <àç Ez. 11,20; 18,9.1 7, ecc.), &1xmwµa•cx
6/ìovç aov, «mediterò su i tuoi c0m:1n- (fa. 36,27), v6JJtµa (Le11. 18,3; ltp. 33,
damcnli e cons idererò le tue vie» (dr. 4; Ez. ,,6s.; I Mach. 6,59, ecc.)l' , v6-
lob 23. n: t!;rÀrwoµa~ oÈ tv l v-rli.11.La- IJOç e v61Jot (4 B111T.10,31 ; ljl 77,ro;
(jW cxv•oii, òlìovç yàp aìrroii tcpvÀcx!;a, Don. (Teodoz.] 9,10). Perciò anche la
«Camminerò secondo i suoi precetti, locuzione «camminare nelle vie di Dio»
poiché ho custodito le sue vie») e Deut. non può essere incesa in senso generico,
8,6: cpvÀ.a!;n -.àç Èv-.oÀ.a<; xvplov •ov ma come riferita strettamente all 'osser-
i>roii O'OV TIOPEVE(jOa~ ÈV "tCX~ç ÒOo\ç av- vanza dei comandamenti di Dio.
-.ov, «custodirai i comandamenti d el Si-
gnore Dio tuo, sì da camminare nelle Rimane però incerto lino a che pun-
sue vie» (dr. Deut. 10,12 s.; t r,22; 19, to con queste dizioni si inte nda parl!'re
9; 30, 16; los. 22,5; 3 Baa. 2,3; .3,14; dei comandamenti della legge.
2 Chron. 17,6.4; ljJ u8,3 s. 168; Zach.
J.7; bisogna notare anche il paralleli- A ques ti ci si riferisce chiaramente
smo di ovx cbtt~1)1)0"ovow (niµci;wv aò- in alcuni passi, come per es. in Deut.
-.oii, «non disobbcdironno olle sue pa- 5,33; 9,12 (cfr. 5,8); II,28 , nei quali
role» , e (jl}VTTJpiJaovow -ràc; òooùc; aù- si rimanda a comandamenti precisi e-
-.oii, «seguiranno le sue vie» in Ecclus mmcia ti appena prima. Cfr. anche 3
2 , r 5 ). Ciò risulta inoltre dal collega- Bcxa. 2,); ljJ ro2,7 (invece in I/i ir8,r :
mento di olì6ç con verbi usati altrove µaxocpLOL oL &µwp.oi èv ò5i;>, ot 7topev6-
per tv-.oÀ.T) ecc., soprnctutto con <pv- µrvoL tv vò~ xuplou, «beati gli irre-
Àaaaw: tcpvÀ.a~a òoovc; xuplov, 2 BM . prensibili nella via ( = vita), q uelli che
22,2 2 (cfr. Gen. 18,19; lud. 2,22; l oh camminano nella legge del Signore», le
23 ,u; lii 16,.4; 17,22; 36,34; 38.2; parole lv ò&i;> probabilmente non si rife-
Prov. 2,,10 a; i o,17), inoltre con -ni- riscono alla ò&òç xvplou; cfr. v. 5). D el
pÉw (Prov. 23,26) e crvnT]pÉw (Ecclus rcsro le 6&ot xuplou non vengono mai e-
2,15 ). Cfr. anche le dizion i ò&ot tvi:o· yuiparnrc direttamente al voµoç . Analo-
À.wv ilEoii (Bar . 4 ,r 3; tP II 8 ,3 2 ) e òòòç gamen te, qua ndo si determina con più e-
oppure òoot òvxm(ùp,a;wv (ljl n8,2 7 . s~ tlczza in che cosa consistano le o&ot
33; Prov. 2,8; dr. 8,20). Infine, benché xuplou, se ne Janno spiegazioni più ge-
la d izione 1tOpEÙEai>11t lv •a~ç oooi:ç IXU· nerali, benché non mtno vincolanti:
i:ou e simili (oltre che nei passi men- ;iodjo-11• i:ò EMÈc; t'Mmov Èl.LOÙ, «fa re
zionali, anche in 3 Bcxa. JI ,33.38; 4 ciò che è gius10 al mio cospetto» ( 3 Bciu.
Bcxu. 21,22; "180,14 ; 127,1; ls . .p ,24; rr ,33 ; cfr. 38}; 1t01.ttv OLl!ClLOcrVVT]V xat
Bar. 3, 1 3) mantengano il significato di xpi.aw, «prnticare la giustizia e il dirit-
vie e quindi offrano un'immagine ben to» (Gc11. 18,19; d r. anche l'equipara-
ddìnit:1, bisogna notare che nopt utai)a1 zione di ò&ot xuplou con ocya.néiv xu-
è usalo allo stesso modo dei verbi sud- p~ov 't"Òv ilE6v, Àai:pevrw xuplcii -rii)
(ment re il T.l\t esigerebbe 11ou), certo so110 rcbb~ narurnlc s11pporre qui il significalo cli
l'influsso di "Tii<; tv-toMç aou (v. 60), i:òv co111porla1nr11lo,, u1odo e 111a11iera; però JO,} :
116µov aov (v. 57) e -:à Jlllp-n'.ipt.ei crou (11. 59). o-:• i:à v0111.µ4 i:Wv ÈilvW'J µai:ocLa., fa vedere
JI In <jut>to gruppo dovrebbe rientrare an· che <On ò5o( si deve pensare piuuosto alle
rhe lcr. 10,z: X(na i:àç òlìoù<; i:wv t&vw11 J>r<,,;rrizioni o leggi vigenti presso i pa~ani
('cl·dcrck haggòìm) ~·ii 11ocvi>6.11ti:t. Scrnbrc· (non rosl in t1m. 4,ro ~ n. 26).
147 (v,52 ) òlì6ç B l ( W . Michaelis) (V, 52) l4~
l>E@, q>oBEi:o-l>a t aù-r:6v, «amare il Signo- plou; si tratta delle òlìol <.:o ma nd atc o
re Dio , adorare il Signore Dio e temer· consigliate dalla <Toq>t<X personificata,
lo »), e con altri comandi in Deut. 8,6; delle quali si d ice esa tta mente ciò che è
11,13. 2 2, ecc. detto anche delle òoot xvplov; pe r es.
in Prov. J,17; 4,1 i; 8,)4; Ecclus 6 ,26;
P er caratterizzare ulteriormente le I4 ,2 I S. ( invece il Singola re OOÒç <10·
òoot xvplov in q uanto modo di vivere cpla.ç in lob 28,13.23; Bar. 3,23 .31, de-
signa la via seguita dalla o-oq>la s tessa,
comandato da Dio, serve osservare che
c.ioè il suo modo di essere ed agire; cfr.
esiste una serie di locuzioni chiaramen- anche òlìòç É7tL<T'tiiµ'l]ç, «vi a della scien·
te s inonime. za», in Bar. 3,20 .27 ) 31• Devono essere
poi considerate come concetto para llelo
Fra queste abbiamo òoòç ayal>l] di le òoot s<.iY(jç in ljJ 15,II ; Prov. 5,6; ro,
l Bao-.12,23; 3 BaO'. 8,36 (cfr. 2 Chron . J7, in guanto con esse non sono in tese
6,27); ler. 6,16; cfr. Prov. 16,r <ipx-Q primariamente (come in Prov. 6 ,23; 15,
ÒOOV a yai)fjç 'tÒ 7tOLEtV 't<X OLXCtW., «i'i· 24; cfr. 2 r ,2l) le po~sibili tà di giunge·
nizio della via buona (sta nel) fare ciò re alla vita , ma le v ie com anda te da D io
che è giusto». Con questa espressio - ( cfr. ·ljJ I 18,37 : Èv •n
Mii{) <TOV siio-6v
ne s'intende ciò che è comandato da µE , «fammi vivere nel.la tua via») che
Dio, che è quindi buono, cioè giusto. assicurano agli uomini la vita 33 • Su Ier.
Affi ni sono le d izioni òoòç Eùl)Efa, «via 21,8 ~ col. 156.
diritta» (1 B ao-. 1 2,23; Is. 33,15) e òoòç Non mancano passi in cui si suppo-
oixalet, «via giusta» (lji 2,12; cfr. Prov.
ro,1 7 ), come pu re òoòç o òoot lìtxato- ne che gli uomini camminino realmen-
O'UVTJC,, per Io meno in lob 24,13; Prov. te per queste vie di Dio. Si tratta per
8 ,20 ; 21,16 (invece in Prov.11,5; 12, lo più di autoelogi, come avviene in
28; lJ,6; 17,23; 21,21 e forse anche
in 16,17.31 non si deve pensare al com-
lob 2), II : oooÌJç yàp o.u-rov É<pÙÀ.aça.
portamento g ius to perché comandato, xat ov µ-fi hx).lvw, «ho segui to le sue
ma a una prova (1 attuazione della fa. vie e non declino»; ljJ 16,4; 17,22; 36,
xa.ioO"\JVTJ). Anche òoòç <iÀTJl>Elru; in ljJ
34; 38,2 e u8,5. Cfr. anche €v òooi:c,
118,30; Sap. J ,6; Tob. 1,3, dev'essere
i.ntesa come un modo di vivere vero e OLXet~OO'UVTJC, mpt7t<X'<W, «cammino nel-
giusto perché voluto da Dio. Cfr.. poi le vie della giustizia» ( Prov. 8,20) e
ooòç &.µw11oç, «via irreprensibile», in ljJ 1téi.<1<XV òoòv ll:ÒLXOV ÈJ.ll<T'l]<T<X, «od iai O ·
ioo,2.6 e òoòç a.lwvla, «v ia eterna», in
ljJ l 38,24. Nella letteratura sapienziale gni via ingiusta» (l)i n8,128 = è:µlcrri·
b dizione òoot O'oq>lru; (sempre al p lu - /j(J.. òoòv àlìtxlaç, ibid. l 04;
7tM<XV
ra le), è un chiaro sinonimo d i òoòç >w- cfr. 29; Tob. 4,5 ; Prov.8,13; ler. 3,2 r ).
32 Una di<ion~ singofarc è òlìòç, xaì.wv i!pywv sapienz iale egiziana ; dr. L. DiiRR, H eil ige V(I·
nella glossa a Eccltis rr,15. Evidentemente tcrscbafl im antikcn Orie11I, in H eilige Dber-
essa corrisponde alla yvwO'•<; v61Jou della pri- lieferungen , Ausschni tte aus dcr G cschk hte
ma parte del verse tto e ne indica l'attuazione dcs Mi)nchtums u. des heiligen Ku ltes ... Ilde·
(cfr. la corrisponde rrta di <rocplc. cd Émo-Ti)- fons H crwegen da rgebo ten = Heitrage zur
µ'I) da una parte e Ò.ycbt'l)O'"t; -dall'altra). G esch. des alten Monchcums u. des Bene·
l J La designazione d'una d ottrina e.o! nome d.i diktinerordcns, Suppl.-Bcl. ( 1938) 18 s. Cfr.
' via della vita' trovasi anche nella letteratura anche ~ Ili, coll. 1401 s., n. 9J·
òoòç 13 r (W. Michaclis) (v,nl 150
A quei passi però fa riscontro un nu- II [cfr. ls. 55,7; Ez. 33,Bs.]), della
mero schiacciante di enunciazioni che òoòc; ò:1~ap'twÀwv, «via dei peccatori»
prc~entano un quadro completamente
(tjJ r,1 ; 145,9; Ecclus 21,10 [cfr. òoòc;
ètp.apTlaç in Ecc/us 4 7 ,24 ]), dellt: òoot
diverso. Gli uomini (incluso Israele; an- ò:cppév<.ùV, «vie degli stolti» (Prov. r 2,
zi la maggioranza di questi passi si ri- r 5 ), o dei prevaricatori (1ta:pa.v6µwv,
ferisce esclusivamente a Israele) non ri- ibid. •P 4; cfr. òoòc; ò:voµla.c;, «via del-
la prevaricazione», ili 106,17; x38,24 e
spettano le vie di Dio (Mal. 2,9) e non lob 34,8). In confronto spariscono qua-
vogliono conoscerle (ler. 5'4 s.; Sap. 5, si del rutto i passi in cui compare la
7). Non vogliono saperne della òooc; OL- òoòç EÙ<TE(3Wv, «via dei pii» (solo in ls.
26,7) oppure la oliòç OLxaiwv (solo in
xala: (lob 2,II; cfr. 24,4; 28,4) e della
tjJ r,6; cfr. Prov. 4,18; 15,28 a [T.M.
OLXcttoO"vVT) (ibid. 24,13), deviano dal- x6,7] ). Da ciò risulta che le vie degli
111 òoòc; à.À.ri~Ela:ç (Sap. 5,6) e abbando- uomini sono ooot OtEO"'tpct1,1µtvaL, «vie
nano la òoòc; €ùlMa (Prov. 2,q.16; dr. storte» (Prov. 8,13; 1r,20 [cfr. 10,9]),
òoot <TXÒTOvc; «vie di tenebra» (Prov.
anche ls. 30,n). Camminano invece 2,13 [cfr. 4,19)), e che aVVTpi.µµo: xat
per vie ben diverse, per le loro vie (ls. 'taÀ.amwp(a Èv 'TCXù; oooù; aÙTWV, vi è
56, TI), per vie che essi, per quanto «distruzione e miseria nelle loro vie»
(ls. 59,7 ). In tutto ciò l'esempio altrui
sembri un'ironia, stimano o chiamano
non scagiona dalla colpa (cfr. Prov. 3,
òp~a.l, diritte (Prov. 12,r;; 14,12; r6, 31; 4,14; 22,25), e maggiormente eol-
25 ; dr. il discorso dcl falso consigliere pcvolc è chi perverte gli altri (cfr. lob
n
in Ecclus 37,9: )ICXÀ.i) òoòc; <TOV, «bella
24,4). Neppure la domanda posta nella
liturgia penitenziale di ls. 63,17: -cl
è la rua via»). ÈitÀ.dvriuac; -i)µàç, XUpt,(, <iitò -.ijç oooii
La loro via non è bella ( où xaÀ.Ti, I s. uov; «perché, Signore, ci hai fotto erra-
65,2 [var.]) né buona (oùx ò:yalh'J, ili re dalla tua via?», intende diminuire la
35,5; dr. Prov. 6,r2; i6,29). È una via rcsponsabili tà d'Israele.
catriva (òoòç xaxi;, Prov. 2,12; 4,27;
22,14 o; 28,ro; Ez. 20.44; cfr. Prov. 8, È quindi valido l'appello: ciitocr-.pÉtjla:-
13; 25,19 e la variante significativa ·ÌJ 'te Ò.1tÒ 'tWV òowv Ùj-lWV 'tWV 'ltOVT)pwv,
xaxla [invece di <ixaxla corrisponden- «rivolgeccvi dalle vostre vie malvagie»
te al T.M.] tjç òlioii uov, «la cnttiveria
della tua via» in lob 4,6); è una via du- (Zach. 1,4; lo11. 3,8.10), frequente an-
ra (òoòc; <TXÀT}pò:, lud. 2,19; tjJ 16,4), che in Geremia ed Ezechiele. Quelle
storta (axoÀ.W., Prov. 21,8 ; 22,5.14 a; sono vie di cui ci si può solo vergogna-
28,18). Con speciale frequenza si legge
re (Ez. 16,61; 20,43; 36,3r). Bisogna
l'espressione òooi 1tOVT)pa.l, «vie malva-
gie», pcl· !o più al plurale: l Ba.0-.3,21; convertirsi, perché Dio punisce chi pra-
4 Baa. J7,13; 4' n8,ro r; Ton. 3,8.10; tica quelle oool (txotia:i:v, Os. 4,9; Ez.
Zach. r,4; ler. 23,14; Ez. 13,22, ecc. 7 ,7) e retribuisce xa:rà -.«Zc; òoovc;, «se-
È imporrnnte notare quanto spesso si
parli delle òoot (•wv) ci<T€(3Wv, delle wndo le vie» seguite (3 Bctcr. 8,39 [cfr.
«vie degli empi» (ljl 1,6; Prov. 2,22; 4, 2 Chron. 6,30); Zach. r,6; ler. 17,ro;
14.19; u,26; 15 ,9; ler. 12 ,1; E:t.. 33, 39,r9; IE~. 7>_5-8.27; 18,30; 24,14).
656'; 13 i (W. Midiaclis)
quando le due vie opposte son nomi- µlva1 , «le vie dei p1gn sono cospars
nate espressamente. L'uso assiduo del di spine, quelle dei valenti invece sono
appianate »; eppure qui il carattere fi.
parallelismus membrorm11 nell'A.T. e gurativo di b86ç è mantenuto e uiiJiz.
negli apocrifi avrebbe dovu lO favorire in zato in modo più deciso che altrove;
ogni caso lo sviluppo di 4ues10 schema; oltre a ciò l'enunciazione si riferisce
ma in realtà non sono troppi i passi che a un problema particolare e limitato.
Aoche ljl II8,29 s. usa lo schema del-
contengono chiaramente l'immagine del- le due vie, ma non emerge chiara·
le due vieJ.1. mente fra le altre enunciazioni del
contesto: òoòv àlì1xla.ç àn611'tT}11ov
. il passo più importante è 1)1 r,6: cnt cl:7t'~µoii xat -ri;i vòµ~ crov È).ÉT)116v µe.
YLVW~EL xvpLO<; òoòv OLX(XLWY, xat ÒOÒ<; òoòv &).riilEla.ç iJpe-rwò:µi]v, -rà. xplµ!l.·
à11E(3Wv (dr. òoòç lt1.1.a.p-cwÀ.wv, i,r J -rò: crou ovx E7te).ail6µT)Y, «tieni )onta·
à7toÀ.Et'-.aL, «ché Dio conosce la via na da me la via dell'ingiustizia e fammi
dei giusti, ma la via degli empi (la via grazia con la tua legge. Ho scelto la via
dci peccatori, v. r ) finirà in rovina». della verirà, non mi sono scordllto dei
Aflìne a questo, e notevole per l'uso moi giudizi». Nell 'aggiunta dei LXX in
della categoria luce/ tenebre, è Prov . .J, Prov. 4,27 a, dopo che già al v. 26 era
I 8 S.: at 8È oool -rWY OIXCXlWY oµolw<; stata usaca la metafora delle òlìol (però
(j)W'tL À.clll'ltOUClW, 7tp01topEvov-.a.1 xa.t in parallelismo col sinonimo -rpoxLa.l,
<pw-rl!;ouow, €w<; xa.-ropilwcrn 'i) l)µtpa· carreggiate, piste: òpM.ç -rpoxuìç 'ltOLEL
at oÈ òoot -rwv ò:ae~wv axo-rnvcxl, ovx ao~ç 'lt011LY xat -rcìç òlìovç CiOU XCX"t'EV·
otoacrLV 7tW<; 7tpocrx6n-.oucrLV, «le vie lluve, «i1ggiusta la pista per i tuoi pie·
e.lei giusti splendono come la luce: (essi) di e raddrizza le mc vie»). al v. 2 7
avanzano e brillano finché il giorno è (µi) ÈxxÀ.lvnç de, -rO:. OE~Là. µ110[ de, 'ttÌ
perfetto; le vie degli empi sono inve<:e cipfd'tEpCÌ (dr. Deut. 5,32 s.; Js. 30,21,
tenebrose: (essi ), non si avvedono che ecc.], 6:7tb11-.pEljiov oÈ aòv 7t6Òa. 6:1tò
inciampano». Una contrapposizione, òooii xaxiiç, «non deviare né a desm1
chiara :inche nel costrutto, trovasi in né a sinis irn, dist0gli il tuo piede dalla
Prov. 15 ,19 : òlìot àEpywv tcr-rpw11tva.1 via cattiva») s i fa seguire la spiegazio·
&.x6.vila1ç, at oÈ -rwv ò:vopElwv 'te'tpLµ- ne non del rutto concordante: òlìoùc;
ll Bisogna notare che òOO~ può ess~rc inM."Il~ ;.i.voc; òpO~ !pO~Et'Tlt• 'tÒV xvp<.ov, ò SI. O'XO·
ro nel modo più <livcrw in un:1 smu iura an· :1..16.~wv 'tai<; ooo~ airrov cii:tµaaih'1<Tt'ta~.
rit~iirn, senza che si giuf11la allo schema delle Simile è pure da rirenersi Prov. 28,18; nel
due vie. Può capi1are che si rrovi in uno solo passo allinc <li Prov. 28,6 i LXX hanno na·
dci membri dell'antitesi (per es. Prov.11,5: dotto in modo diverso. Però non è affatto
&xcx10~111) &µwµ.ovç ép&O'to11.t• éoov.:;, àait- vero che nei due ul limi pnssi mcn?.ionnti le
[3E1a oè1tEpLm1t'TEI <iO.x(q:; 1 3,1~; Tob. 4,5), due vie compaiano già come un «termine fis-
oppure che si parli di un sol genere di vie che so» (rnme affermo STRACK· BILLllRBUCK I 46o).
sono segu ire o vengono sbngli•rc (per es. Os. Per - t ALPERS 60 il testo meno recenre del·
q,1 o; J'rov. q ,8; cfr. anche Sap. 5,7; lji 106, l'A.T. sulle due vie è nd canto di Debora, in
40 ), o che portano a prendere unQ d~cisionc in /ud. 5,6; qui però si ricordano propriamente i
qualche altro modo (per es. in Ecclus }9,i4: a~ tempi calamitosi in cui s i dovevano evitare
ooci. av-rou 'toiç oc:M14 tvOfÙll., oiJ'Tw.; i:oi<; le oool, Je SlrA<lc normali, come le chinm.•nO
<ivbµtX<; 1tf>OO'Xc\iiµcxi:«; cfr. Js. u,8). Si pui> i LXX, e cercare invett gli <ii:pa1tol, i scn-
considerare una fonna di transizione verSt> 1ieri nascosti.
l'immagine delle due vie Prov. 1.p: ò itoptvo·
olì6ç B 1 (\Xl. Michaelis) (v.n) r.:;6
yàp 't'lXç fa od;u7iv OLOEV ò i>toç, OLE- ché non esauamente con quesre parole
O"'t'paµµlvetL OÉ EWLV al li; cipt.a"tEpwv, (anche Prov. ',, s. si avvicina a questa
« infatti Dio conosce le vie d i destrn, le immagine). In questo con tes to bisogna
vie di sinistra sono invece con torte»; ricordare anche ler. 2 l ,8: lyw OÉowxa
in questi versi le immagini s i intralcia- 11pÒ 1tpOO'W1tOV Ùµwv 'tfJV ÒOÒv swijc;
no n vicend3, per cui anche la metafo- xat 't1ÌV òoòv "to\i ì)o.v<i."tov, «ho posto
ra delle due vie in 4,2 7• non riesce davanri a voi la via della vira e la via
chiara (tv, col. 1429). Bisogna inoltre della morte>; però questa decisione, se-
menzionare lf/ 138,24 : xa.t tot Et 6Sòç condo 2 r ,9, si riferisce alla si tuazione
6.voµla.ç Év ȵol, X«t ooi}yT)O'O'V µE Èv degli assediati di Geni salemme: chi fos-
6o(iJ a.lwvl~ . «e vedi se c'è in me la via se passato dalla pane dei Caldei avreb-
dell'ingiustizia, e guidami nella vin eter- be nvuro snlva la vita, mentre quelli che
na», e Prov. 2,1y w cl tyxa't'etÀ.El1tov- fossero rimasti in città sarebbero periti
't'Eç 6ooùc; Eùlklac; 't'OÙ 1tOpEVEO'Ì}Q.L Èv d i spada, peste o fa me. Qui dunque il
òooi:c:; O'l<bi:ovc:;, «O voi che abbandona- parallelismo con lo schema delle due vie
te i retti sentieri per camminare nella è solo formale; il contenuto del passo
via delle tenebre». non ha nulla a che fare con esso».
Importanti sono infine il passo di Una panoramica dei passi citati mo-
Prov. 11,20: ~OÉÀ.vyµa xvpl<ti OLE· stra che il loro numero non è molto
O''t'P<11,Lj.tÉVCtL OOOL, 1tp00'0EX't'Ot OÈ Cttrt~
'Jt<l\l'tE<; li.µwµoL È.V 't'Ct~ç 000~ CtÙ'tWV, grande in confronto all'abbondante uso
«al Signore fanno nausea le vie contor- traslato di olio(, e che non tutti hanno
te; cari gli sono gl'irreprensibi li nelle lo- lo stesso valore. Quindi l'immagine del-
ro vie», e dì Prov. 12,28: E\/ ooo~c; OL-
le due vie è bensì presente nell'A.T.
XCtLOO'VVT)<; sw'l'J, éoot ÒÈ 1.tvriouiixwv
dc; i'>civet•OV, «nelle v ie della giustizia (però, escludendo I er. 21 ,8, i testi s i li-
sta la vita; ma le vie dei· vendicativi mitano ai Salmi e ai Proverbi ), ma non
(po rtano) alla morte» (il T.M. è diver- si trova assolutnmenre io primo pia-
so). Speciale attenzione merita l'ultimo
passo, perché in esso s i parla della vin no 36 • In questo contesto poi non com-
della vita e di quella della morte, ben- p3re l'espressione 'due vie' 11 e, dove s i
3l N a1uralmente il passo può aver influito sul- cc. 7 s. come un'cro della conresa verbale fra
lo sviluppo dell'immagine d elle due vie, so- la virtìl e il vizio descritta da Prodiro. Qucl-
pra1rutlo quando si parla delle vie della viia h che invece potrebbe ricordare la comparsa
e della morte; e spesso è stato decisamente co- delle due figure femminili della favola di Pro-
si, -+ coli. 167 s. I passi di Eeclus citati in -+ dico è la contrapposizione fr• la sapicn.,. e
m, col. 1429, n. 182 (Ecdur 1,,r7; 33, r4 ; 37, ht follin in 9,1 ss. t3 ss. Tuttavia non vi si
18 ) non contengono l'immagine delle due vie. parlo d i due vie (l'immagine di 9,r 5 è di tut-
36 Tutri i pass i menzionati sono cosi ben ra- t'3Ltra m wra; i LXX dcl resto hanno 1radotto
dicati nell'uso l inguistico e nelle iJee del- b'tlcrek blnli di 9,6 in modo diverso).
l' A.T., che per nessuno si può ammettere un J7 l!.cclur 2, t2 : ovo.L. &.µo.p TwÀi;'> im{3o;(vov·
influsso estrnneo. -+ ALPERS 62 s. risool\tra ove
"'' f:1tt Tp!'3ovç, addotto da STRACK.· Bll.LER·
in Prov. 7·9 un influsso della favola di Pro- BECK 1 4 61 1.-omc testo che utili1.za l'immagine
dico. Però Prov. 7 non dev'essere interpre- delle due vie, non può affatto avere questo va-
tato allegoricamente; piuttosto, la ywl) ci)._ lore, pet'Ch~ in qu~to passo s'intende chiara-
ÀOTptCl x<tl 110Vl)pci di 7 ,, dovrà essere intesa mente parlare di un uomo che, per dirla con
come unn vero meretrice o adultcr:t (cfr. 6, un'esprcs<ionc di 3 Bau. 18,21 , 7~Jppica da
24 ss.); e "llora non si potranno interpretare i ambo i laci.
parla di esse, non s1 tratta <l'uno sche- 29 J; Da11. 3,27). C<Jn ciò non si vuol di
ma comprensivo in cui sia inserim altro re che le vie di Dio procedono in line
retta, ma che sono le vie giuste; anch
materiale parenetico, ma di una forma,
io Ecclus 39,24 (-7 n. 34) non sono inte
in sé ovvia oltre che efficace, in cui si si i comandamenti di Dio, ma le sue di
può riscontrare l'uso traslato, già pre- reziuni e disposizioni, che da alcuni ven
sente altrove, di oool 311 • gono riconosciu te, mentre per altri son
occasione di scandalo; cosl pure Io
In un ultimo gruppo si trovano quei 21,14: òlìovc; crov EloévaL où f3ovÀoµaL
passi che parlano delle òool (raramente «non voglio conoscere le tue vie», se-
al singolare) percorse da Dio stesso. condo il parallelo 22,17, non intende ri·
ferirsi ai comandamenti di Dio, ma alla
C<Jme rivela la sua connessione con sua maniera di punire. Cfr. ljl 9,26. Dio
l:'.pya (Deut. 32'4; Tob. 3,2; ljJ r44,17; è OlX<X.LOC, Ìl\ tutte le Sue Òbol (\(i 144,17 ),
Dan. ,3,27, e anche Prov. 8,22 e iV 94, la sua via è iip.w1.10c; ( I7 ,31; cfr. 2 Bacr.
ro, dr. 9), in questi casi òliol signifì· 22,3 r) 1: sta tv •<7> à:yl11.i, nella santità
ca agire, comportarsi, oppure, come mo· (lj> 76,14; secondo i vv. 15 ss. è chinro
stra la corrisp6ndenza con (3ovÀ.a:l in ls. che qui va intesa l'azione divina). Cfr.
55,8 s., indica piani, propositi (cfr. an. inoltre l'uso di xplcrEt.c; (Deul. 32,4) nel
che Js. ,58,2). Non in comraddizione, senso di diritti ( ~ v, col. 1077 ); può
anzi in accordo con ciò sta il fono che essere inteso in questo senso (cfr. v. 9)
in 2 Bacr. 22,31 = ljJ 17 ,3 r è menziona· anche Is. 26,8: 1) yà:p òOòc; xuplou xpl·
to anche il p-rjµa xvplov, la «parola dcl CTL<;, secondo hl traduzione dei LXX,
Signore» (cfr. anche la variante À.6· benché secondo il T .M. si debba sup·
yov invece di òòov in lob 26,14), poi· porre il senso di tribunale, giudizio. La
ché le azioni e le parole di Dio sono con vinzione comune di tutte queste af-
una cosa sola. Ciò significa che in que- fermazioni, secondo cui le vie di Dio
sti passi non si ha il significato di via non sono soggette alla critica dell'uomo
di Dio = co111a11damento di Dio, ma è (cfr. I s. 4 0,14), presuppone che l'azione
intesa b parola di Dio in genera le. Par· di Dio ~in solo in piccola parte accessi·
lando delle vie d i Dio si sol tolinea che hile alla conoscenza umana ( looii •afrta
esse SODO n,,EOC, xat Ò:À.i)bna 'miseri- µEP'll 600\i m'.rrov, «ecco, queste sono
cordia e verità' (~ 24,ro; T.M.: bered (sol tanto) parti della sua via», lob 26,
we'emet; dr. tÀETJl.LOO'VVU.L Ket( aÀ.l}iha: r 4), e quesrn idea è espressa classica·
in Tob. 3,2 ). Esse sono tMti:aL, diritte mente in ls. 55,8 s. col confronto fra le
(Os. 14,10; fa. 33,17.20 [cfr. 18,25. vie divine e quelle umane 39 •
~ kNOl'F, Did., a 1,1 scrive: .:L'imnugine 3'l STAUFl'ER, Tbcol. (8.\ (cfr. n. 684 ), quan-
detlc due vie o di una delle due (di Dio e do eleva In dizione «Vie di Dio• ~I grado di
degl i uomini: dci giusti e Jc11li ingiusti: del- un motto biblico indican te le «leggi-gu ida,>
la giustizia e dell'ingiustizia) ricorre nei LXX storiro·teologichc <he egli poi ( 184 ss.: § '':
con straordinaria frequenza (addirittura cen· le vie della provvidenza) sviluppa, orticne
tinai a di volte) ... Si rrova anche l'abbinamento solo di rnccoglicrc assai libernmentc la mate·
'via ddla vita e della morrc' (ler. 21,8; cfr. ria sotto questo tirolo; le leggi-guido non so-
anche Prov. 12,28 e Ps. 1,1 s ...». Quanto abbia- no rollcgo1c propriamente con i t~-sti biblici
mo esposto sopra dimostra im·cce che ogni sin· sulle 'vie di Dio', per cui il dirino di usare
golo dato dovrcbb;, es~re collocato al suo po- qucsla 1!izione :11 modo di Stauffer appare di·
sto. scutibile.
òobç B 2 (\'Q. Michaclis)
I LXX presentano un uso molco vario 2. Riflessi dell'uso linguistico ddl' A.T
di òSoç anche in senso traslato. Tuttavia 11egli pseudepigrafi e nei rabbini
è possibile riunire tutto il materiale Quando gli pseudepigrafi parlano di
sotto certi punti di vista - come abbia- vie (ciò che non fanno così spesso co-
mo ora tentato - mettendo in luce al- me l'A.T., ed è sintomatico cbc òlì6ç
cune idee determinanti della concezio- non ubbia un ruolo importante nella
ne biblica di Dio e dell'uomo. Il carat- Lcnera di Aristca) rivelano inconfondi-
tere originale dell'uso di òS6ç negli bilmente l'influsso dell'uso linguistico
enunciati dei LXX si sente, per es., dell'A.T.; come del resto è raro che i
se si confrontano con Filone. Non solo passi che vi ricorrono non abbiano un
in Filone (--+ n. 6x) mancano alcune i- parallelo nel!' A.T. o nei LXX.
dee importanti del messaggio dell'A.T.,
L'uso in senso proprio è raro; per
ma anche nei LXX (e negli apocrifi) es. B"r. syr. 22,3 (m 3,3, Violct); rife-
mancano proprio i tratti caratteristici rito ul corso degli anni in lub. 6,34, o
di Filone. Così, per es., i LXX sono a quello delle stelle in Hen. aeth. 41,6
s. (cfr. 69,20 ss. 25; 83,II); anche al-
ben lontani dall'affermare che esistano trove si parb di vie nella topografia ce-
vie che portano alla virtù; non solo il leste: le vie degli angeli (in Hen. twth.
termine 6.pt'tfJ si legge sol tanto in Sap. 18,5, manca in Hen. gr.), le vie superne
lungo la fortezza (celeste) e le vie (o por-
e nei libri 2-4 dei Maccabei, ma manca te) che conducono in paradiso (4 Esdr.
anche il conceuo; non si dice mai che e- 4,7 [I 7,7, Violet) ). Vi è poi l'altrn vi3,
sistano per l'uomo vie che lo portino a che porta al fuoco infernale (Bar. syr.
85,13 [v111 8,.2 , Violer)). Il significato
una perfezione con cui possa allcrmarsi
di co11dott11 di vita è attest:Ho spesso;
davanri a Dio. Infatti nei LXX l'immagi- per es. Iub. 5,19; He11. gr. 8,2; He11.
ne della via non è determinaca parten- aelh. 108,13; Ps. Sai. 10,I.3 s.; 4 Esdr.
do da una mera che attragga l'uomo; 7,122 {m 16,8, Violet); Bar. syr. 77,6
(vn 3,6, Violet); ti:st.L. 2,3. In paralle-
essa si basa invece sul presupposto che lo con opere il termine si trova per es.
all'inizio della via si trova l'imperativo in Tub. 22,16; Hen. aeth. 61,8 s.; Sib. 3,
divino. Soprattutto manca complern- 233 (òlìov(, "''&.y<d)«s xat iipyrx SlxixLr:t,
«vie buone e opere giuste»; pe r il re-
mente nei LXX l'idea che esistano vie
srn i Sibillini preferiscono -cpl(3oç); cfr.
che portano a Dio o al cielo. Un'unica ~nche la corrispondenza fra xa.plìlc.H e
dizione, in 4 Mach. 14,5, cioè ai margi- òlìol in tesi. S. 5,2. Anche la dizione
ni dci LXX, ricorda l'uso linguistico filo- 'viii del padre' e simili(-+ col. r.13) si
riAccre in ques ti scritti, vedi 111art. I s. 3,
niano, cioè: Wr11tEp f1t'à.itava.crlaç OOÒV 3; 5,4; test . N. 1 (ebraico); dr. tesi. R.
<tpÉxov-rEç, «come correndo sulla via I ,3: tyw a1t0~0'XW Y.<XL 1tOPtVOllllL
dell'eternità». ObÒV 1t<X"tÉpwv µou, «iO muoio e vade>
per la vi:1 dei miei padri»"'. Si p;1rla
40 eo,, questo s.:mbra che si intenda la via che i;i:I i padri avevano percorS<l , e nnn ht
òooc; B 2 (\Xl. M idiaclisl
anche delle vie pen:orse d .1 Dio, per in- VT)ç txÙ"t'oii); Hen . aeth. 82A [cfr. 91
dietre il suo atteggiamento, i suoi piani, 4); D1m1. 1,16) e «la via della verità>
le sue decisioni, specialmente in 4 Esd r.,
quando si tenta di risolvere il proble- «iub. 23,21; Hen. gr. 104,13, ed. Bon
ma se e come sia comprensibile quell:i ner; cfr. Hell. acth. Io5 ,2 ). Cfr. anch
d1e ivi è detta la 'via dell'Altissimo': 4 la «via diritta» dcl figlio dell'uomo in
Esdr. 3,31 (I 6,3, Violet); 4,2 (1 7,2); Hen. neth. 7r ,17.
4,1os. (I 7,10.11); 5,34 (11 3,5); 12.4
(v 6,2 ); cfr. Bar. syr. 14,8 ( II 4,8, \/io- Come era da aspettarsi, trovasi anche
let); 20,4 (II 8,2)• 1• l'immagine delle due vie • 2•
via die pona ai paJri. li scnw è dunque d i· al cmviamemo (del cuore); cfr. Sib., fr. 1,23
verso da quello di Bar. syr. 44,2 (1v 8,2, V10· ss. (ed. Gl!l'FCKEN): i:p(~ov opih)v ei>ilEiav
un): mc ne vado ai miei padri come capila a 1tpo),L1tOv-rEç ò:miMe. u xcd lì•'d.xav6wv xat
cu11i (su qucsca espressione, per cui è da sup- vxol.6-!twv Ér.M.tvàa6t. Se pur non svoha,
porre l'ebraico k'derek-kol-hii'iirer, dr. 4 Esdr. l'imm~gine delle due vie trovasi in I ub. 7,26:
10,13 [1v ,,g b, V10L,.T] e-+ col.121 e n.26). al cammino per le vie della perdizione è con·
trapJ>Osto il procc-derc nella giustizia. Jn qual-
" Anche •le vic superne» di 4 Erdr. 4,.2 3 (I che lll<><Jo l'immagine sottostà pure all'ammo-
9,2, V1ot1·,.) saranno da intendere in questo nimcmo di Bar. ryr. 85,12 (vm 8,1 a, V10-
s~nso (dr. 4,21 [ 1 8,12); di opinione diversa J.H1"), sc"·ondo cuj in fine non ci sarà più rcm 4
è H. GuNKlll., in KAU'fZSCH, Apkr. u. Pseud· po per 1icntirsi e per cambiare strada, c·o! t hc
epigr., ad I. s'intende dire che non si può più cambinr.: b
•? ln lub. ll ,21 fa vii diri1ta è conirapposia propria via cJ intraprenderne un 'altra.
U6c; B i ( W. Michaelis) (v,58) 164
immettono nelle altre 43• L'uomo avreb- -ro 7tav-rcx. olio Elalv, €v xcnévcx.v·n -roii
be al massimo la scelta di entrare o no ~v6c;. OOOl OVO, XCXÀ.OV >tal XCX.XOV, ÉV
per le vie strette di questo mondo; ma ol.; tl<TL -rà Suo li\af3ovÀ.La. tv a-rÉpvoL<;
l'i mmagine non intende questo, bensl i)µwv, OLaxp,vov-i:a a v-i:W;, «Dio diede
vuole spiegare perché le vie di questo due vie ai figli degli uomini, due istinti
mondo (cioè la vita in questo eone) e due azioni e due luoghi e due mece.
comporrino un cammino su di una cre- Perciò tutte le cose sono due, una op-
sta pericolosa. Qui non esiste perciò posta all'altra. Due vie, quella del bene
l'i mmagine delle due vie ". Il passo di 4 e quella del male, per le quali ci sono
Esdr. 7,48 (Il! 6,4, Violet} si avvicin~ nel nostro pet ro i due istinti che le de-
a questa immagine, ma non può essere terminano». Questo passo deve perciò
considerato un testo valido. Esso dice: essere considerato come l'attestazione
« ~ il cuore cattivo che ci ha portati più amica dell'idea delle due vie nella
lontano dalla vita e ci ha condotti alla letteratura giudaica. L'immagine delle
rovina e sulla via della morte» (cfr. m due vie funge in esso da idea inuoduc-
6,5 a); non si parla quindi direttamente tiva, però non al punto da servire da
della via della vita 45• cornice per spiegare poi in che cosa
L'immagine delle due vie è chiara in consis tano le boot livo xcx.Àoii xat xa-
Hett. aeth. 91,18 s., dove si raccoman- xoii. Il tema di ciò che segue dev'essere
dano le vie della giusmia e si metre in ravvisato invece nell'affermazione che
guardia contro quelle della violenza. 'ltav-i:a ovo d.<rlv, «tutte le cose sono
Ancor più chiaro è Hen . slav. 30, 15: abbinate»; esso intende dimostrare che
«Chiamai il suo nome Adamo e gli mo· gli uomini sanno unire in sé il bene e
strai due vie, la luce e le tenebre, e gli il maJe e che perciò tutto li~np6o-w7t6v
dissi: 'questo è il bene e quello è il ma- tcri:w, «è bifronte», ba due facce. Ci so-
le'»; dr. anche ibid. 42,10 B: «Bene no uomini che sembrerebbero per metà
sia a colui che si allontana dalla via puri, ma in verità sono impuri (cap. 2 ), e
rnutevole (= perversa) e cammina per altri che sembrerebbero impuri, ma con-
la via diritta». (Dev'essere ritenuto cri- siderati nell'insieme sono puri (cap. 4 ).
stiano il passo di Sib. 8,399 s.: a(rtòc; Tutto avrebbe quindi due facce, ma ciò
oSoùç 'ltc:tpii)TJxa liuo, 1;,wijç i>a.wi-tov che decide sarebbe l'intenzione. Ben-
•E, xa.t yvwµT)v 7tp0Éi>11x'ayaìh'lv 1;,wTiv ché la contrapposizione di virtù e vizio
7tpotUo-i>aL, «ho presentato due vie, sia il presupposto da cui si parte, e ben-
quella delfa vita e quella della morte, e ché turco sfoci nell'ammonimento a non
gli ho offerto il senno per scegliere la unire ambiguamente in sé la bontà e la
vita buona»). Più antico di Henoc slavo cattiveria, ma a stare attaccati al solo
dev'essere ritenuto il test. A., dove già bene ( 3,1 ), l'immagine delle due vie
all 'inizio (1 ,3-5) si legge: Mo òlioùç non viene qui uti lizzata in armonia col-
lliwxEv ò iltòç -.oi:c; vloi:ç -rwv cX.vi)pw- la parte che avrò poi nell'introduzione
7twv, liuo OLa.eouÀ.LCX. xat Suo 1tp6.!;ELc; ai cataloghi delle virtù e dei vizi.
xa.t Suo -r61tovc; xcxt ouo -rfrr1. liLà -roii-
0 Il Violct traduce con «ae<:c~si,. invett di «accessi (in) di quel mondo fmuro»?
«vie», congetturnndo rome testo-base tkolìoL. '' Contro STRACK-BILLER.BJlCK 1 461.
Però, se già la sua spiegazione degli «accessi •S Anche in 4 Esdr.7,129 (m 17,3, V10LET) l'i-
(in) di questo mondo» («accessi che, aura- dea della via della vita ricorre solo indiretta-
v~so questo, porrano • quel mondo•) sembra ""'nte (il passo, poi, non aucs1a affatto l'im-
improbabile, che rosa si deve pensare degli m•gine delle due vie).
òlì6ç 13 2 (\V. Michaelis)
l'immagine delle due vie e l'ampiezZ.'l alla morte nel senso di Deut. 1 r ,i6 e 30,
del suo impiego, e sembra naturale cht: 19 (°'col. 156) e che Ier. 21,8 non è
questi motivi siano da ricercare in cer- citato in ques10 senso dai rabbini lO; pe-
ti passi sc ritturali. Infatti è innegabile rò l'interpretazione menzionata di Deut.
l'influsso di Deut. J: l ,26 e soprattutto u ,26; 30,19 non si spiega altrimenti 51 •
di 30,19. Può da rsi che questi due passi Una volta fissata, essa divenne certamen-
non docu mentino immediatameore l'im. te il motivo per cui entro l'immagine
magine delle due vie nell'A.T. stesso; delle due vie s'impose quasi esclusiva-
però i rabbini vi hanno ravvisato l'idea meme la coppia dei concetti opposti del-
che quando D io ha posto davanti all'uo- la morte e della vita 52 •
mo la benedizione e la .maled izione, In Infatti al di fuori di questa coppia
vita e la morte, lo «ha poslo davanti a l'immagine delle due vie non si trova se
due vie• 49 • Su questa interpretazione ha non in Ber. b. 28 b S3 e Ab. b. 2,13 s. S<.
evidentemente influito Ier. 21,8, perché Nel primo passo è tramandato come det-
la dizione usata in questo passo e in to che Rabban Johanan ben Zakkai a-
Deut. i r ,26; 30, 19 (niitan li/né, «ha po· vrebbe pronunciato tra le lacrime sul
sto davanti a ...») è congiunta con derek letto di morte: «Davanti a rne stanno
ha~a;;;m e con derek hammiiwet. («v ia due vie: una porta al paradiso e l'altra
della vita» e «Via della morte»). E ve ro alla Geenna, e io non so quale mi si dirà
che Geremia non si riferisce alla vita e di prendere; e non dovrei piangereh.
rabbinico bìilakd (cfr. STuCK, Ei11/. 4 s.; WE- magine delle due vie ba fatto parte pure del
BllR 95 ss.), benché l'immagioe delle due vie vi linguaggio parabol ico popolare. Se in ciò si
si intravveda solo indirettamente (dr. Jo11 debba supporre un influsso immediato della
WEISS , 1 K or . n9) e nel significato di r~go favola d i Prodiro (cosl STRACK· BILUJtBECK iv
la, dottrina, ttatuto, sio di gran lunga superato 408 s., a Qob. r. a 1,14 ) è più che dubbio(-+
il senso fondamenralc di andare, camminare . n. t96). In Qob. r. • r2,14 (SnAcK.Bll.ll%
O C&. S. Deut. n ,26 S 53 (86 a) e altri te- BECK I 463) si parla di due vie incgu3Ji non
sti in STRACK-filI.LERRECK r 461 ss. in senso allegorico, ma proprio.
SO 1 passi iruttati alle - >coll.152 s. hanno avu- 5~ Prescindendo dni passi in cui sono citati
to un influsso minimo nella lencratura rabbi- Deu/. J 1,26 e 30,19 (-+ n . 49), bisogna men ·
nica, p<!r quanto si può dedurre dall'indice in zionarc Men. b . 99 b .39 (gli uomini si induco-
STKACK·DIL!.Ell.BECK 1v 1279 ss. sul materiale no a ' 'Ìcenda a lascwre le \•ie della vita per le
considerato nell'opera. vie della morte, mentre per Dio vale il con·
si Contro S TRACK·BI LLERBECK 1 460, dove i Jrario ; $TRACK-81LLERBECK IV 1080; cfr. an-
passi di De11t. 11,26; 30,15 sono considerati che Sa11b. b. 55 a), inoltre Hag. b. 3 b e par.
come Utl:l «base biblica• dell 'immaginc delle (le parole della Torà dirigono quelli che le
due vie in qWlntO, «essendo aggiunti alla po· imparano dalle vie della morte alle vie ddla
1-olc: 'io vi pongo davanti la benedizione e vira; STRACK·BILLERBECK r 461; IV 178 s.).
la benedi2ione', oppure 'la vita o la morte', Cfr. anche l'esegesi di Gen. r. >• ( 14 b) e par.
vengono a parlare direttamente della via o che fo pensare a Hm. slav. 30,15 (-+ col. 16;),
delle vie di Dio». Ma vi è da dire che Deut. ScCondo ls qtMle Dio fa presentare ad Adamo
l i ,28 oon viene citato dai rabbini in quesw due vie, una che ~-onJuce olla morte e l'altro
contesto, e neppure 30,16. «In aggiunta» a 30, alla vitu (STRACK· BlLLllRllECK I 461; IV 8).
19 non si parla affatto di vie. Sia S. Deut. n, Cfr. Voi,z, Esch. 306.
26 S 53 (86 a ): «Come uno che sedeva a un S3 Cfr. il parallelo in M. Ex. 14,>8; STllACK·
bivio e aveva due vie davaoti a sé, ccc.,., sia fllLLERllECK I 461.
Ex. r. 30 (90 b): «Come un re che fece CO·
sttuirc due vie, ecc.»i sono t.esti da cui si 54 Cfr. il par. in Ab.R.Nab. 14; STRACK·lJIL·
capisce (e la cosa non sorprende:) che l'im- LEKnl!CK I 461.
éoéç B 3 (W. Midrndis) (v ,60) 170
Qui dunque l'immagine del le due vie pressione constatare quali ricche e va-
trovasi in una precisa variazione ; essa riabili possibilità fossero offerte su quel-
non si rifcri~c:c più alla decisione che l:i base a uno scrittore abile e fantasio-
l'uomo deve prendere nella sua condor-
ta, ma al destino che Dio gli prepara so quale egli era.
dopo morre. Tnvece in Ab. b. 2,9 si par- Segnaliamo anzitutto alcuni passi che
la delle vie frn cui l'uomo deve sceglie- denotano un uso lingufalico raro in Fi-
re. Rabban J ohanan ben Zakkai comin- lone. òoòc, trovasi in senso non traslato
cia chiedendo ai suoi scolari quale sia (e senza interpretazione) in vit. Mos. r,
la via buona e quale quella cattiva (de- 177: nel passaggio attraverso il Mar
rek t6bii o derek ra'a; ~ coli. 147; Rosso ooòc, EupE~CI. xcr.L À.cwcp6poc, (strada
149): Gli scolari rispondono di v~lt~ in militare· ~ col. 181) y~vc-ccxi (cfr. an-
volta: un occhio buono o un occhio non che vit. ' cont. 86). Di vie di terra e di
buono1 un vicino buono o cartivo, ecc., mare Filone parla in spec. leg. 4,154; di
finché giunge la risposta dell'ultimo, R. vie per mare o per acqua in op. mund:
Eleaza r: «Un cuore buono o cattivo». u4; spec.leg. 1,335; 4 , 11.1. Anche gli
Questa risposta è ritenuta la migliore, astri hanno le loro vie od orbite: In luna
perché include tutte le altre. Ma ~I .rac- (op. mrmd. ror ), il sole (rer. div. ber.
conto non intende dare una defimzione 149) e gli <r-cotxe~cx (aet. muttd. I?9 s.;
esatta della via buona o cattiva, bensì cfr. anche som. 1,156). Il senso d1 pro-
dimostrare la superiorità di R. Eleazar e cedimento o metodo si trova in poster.
la sapienza di R. Johanan ben Za~lrnL C. r "TY)v ot'1H.ì..T]yopli.x.~ boov; af'.irte ~
Benché dalla serie delle risposte risulti Deus imm. 180, dove con ù4tTJÀ.cr.L xcr.~
un'enumerazione di qualità buone o cat· Òptxcx.toool s'intende il mond? d,ella ~on
tive, non si tratta ancora di un'esposi- cettualità sublime e pura (òooc, e qui co-
zione catechetica; anzi, poiché alla do- struito con xptiui)cxt e non con un ver-
manda vengono date le risposte più di- bo di moto).
verse si deve dedurre che proprio per Filone raffigura più volte la vita u-
quest~ non poteva esis tere allora uno mana partendo con l'immagine di una
schema delle due vie fisso e noto a rut- via (o anche di sentiero, O::pcr.Ttòc,, ~r
ti. È comunque notevole che qui si es. gig . 6 4) e parla della via della vi-
spieghi con esempi concreti in ~h7 cos.a ta. In leg. all. 3,253 co~ clude l'o~era
co11sistano le due vie. Ab. 2 ,9 e ti pri- osservando con rassegnazione che I uo-
mo esempio in cui lo schema delle due mo come dice Gen. 3,19, è legato alb
vie sia co ncretizza to in questo modo. ma;eria caduca della terra sia all'inizio
sia alla fine della sua vita: "TEÀ.EV"TTJ:
3. Filone e Giuseppe
uetc, oÈ miì..w EÌ.<; bce'Lvi.x. 'tTJV µE-ca.~v
Filone usa òli6c, assai spesso, ma ra- "TOÙ f3lou -cplq,cxc, ò8òv ov À.tw<p6pov. O:À.-
ramente vi è indotto dall'uso linguisti- Àà >PCl.XELCXV, f3à."TWV xcr.t -cpi~~Àl>J'I
xev-ceiv "TE xa.t "CL-CpWO-XEW TtE<j)VXO'tW'I
co dell'A.T. (I testi più importanti in 1..1E<r-c1}v, «finirai di nuovo !n essi (çorpi
cui ciò avviene, quelli in cui Filone fa terrestri ) dopo esserti trascm.ato durant.e
uno sforzo speciale d'interpretare éoòc,, la vita per una via non nmp1~ e pu?blt:
ca, ma aspra, piena di roveti e t~1boh
sono menzionati qui sotto). In sostan- c:1paci di stracciare e pungere». D altra
za egli dimostra d i dipendere dall'uso parte in Deus im~n. 61 pensa che quelli
generale 61osolico e pnrenetico, e fa im· che hanno avuto m $Orte una nalura ft:.
171 (v,6o} ò56ç D 3 (\Xl. Michadis) (v,61} r72
lice (EVµotpoç qiuutc;) e un'educazione -.i) (- 1, coli. u22 s.: congr. 10; /ug.
del tutto irreprensibile ( ciywyi} lv 7t<i- 21; som. 1,179.246; essa è unita alla
ow civumx.l·noç) hanno migliore fortu - xetÀ.oxciyo.1)(q_ (cfr. anche som. i,209)
na: •iiv ... òlìòv -.ov Blou Àtwcpépov xcxt in spec. leg. 1,215. In ebr. 150 si fa no-
tùlki:av Evpinxov>Eç, «trovando la ... via tare che per lo st0lco (iiqipwv) la via
della vi1a ampia e diritta». In vit. Mos. alla virtù è •pa.xti:a xal &uo-Pa•oc; xat
r, r 95 trovasi la frase: thcx xi:it dc; cipyaÀ.EW-tliTI), «Stretta, impervia e
Mov 7tPO'lttµ1tWv, •Tiv >oii Blou -rEÀEu- molto aspra» (e in questo contesto vie-
-ccxlcxv élìbv, «anche se lo manda avanii ne citato Hes., op 289 ss.; -+col. 123
sulla via dell'Ade, ultima via della vi- ss.); però Filone sa che anche gli aCTXlJ-
ta». 'tetl, -+ r, coli. 1315 s.) trovano all'ini-
zio la via aspra e pesante, e che solo più
In un numero straordinario di passi tardi (coll'aiuto di Dio -+ coli. 181 s.)
blì6ç (al singolare o al plurale) è usato essa diventa la strada larga (poster. C.
in contesti parenetici. 154). In leg. all. 1,57 anribuisce alla fi-
losofia il valore di via alla virtù. Quan-
Il termine è spesso unito a un geni· do parla di due vie, è raro che non men-
tivo, per es. Ò'.OLXl]µci>wv (los. 2r2; zioni quella che porta alln virtù (-+ sot-
spec. leg. x,243), àµcxp>l]µci-twv (ibid. to). Fatto sintomatico: in confronto ai
1,192 ), Èyxpa-.tla.ç (det. pot. ins. 19), numerosi passi che parlano della via al-
&tun&mµovlru; (ibid. 24 ), q>poviJ<;Ewç la virtù, quelli che trattano della via al-
(plant. 98; agric. 104), o-oq>la.ç (pla11t. la EÒCTÉBnet quasi scompaiono (det. poi.
97 ). Si trovano poi anche altre costni- inr. :u; spec. leg. 1,132; 3,29; agric.
zioni, per es. -.àç è'lt'ci}.i)Daav à:yovua.ç 177; leg. Gai.216).
o&ouç, «le vie che portano alla verità»
(exsecr. 148); OLà 'lta<rwv L€.vat 'tWv Speciale attenzione ~eritano i pochi
Elç cipt<rxnav oowv, «percorrere tutie passi che parlano direttamente della via
le vie che portano alla compiacenza» che porta a Dio.
(spec. leg.r,300); -ri}v 7tpòç tùlìatµovlo.v
o:you<r<XV ÒOOV, «la VÌa che porta alla Essendo Dio il 1tpW>oc; xat µ6voc;
felicità>. (vii. Mos. 2 (3).189). Queste 'tWV OÀWV f3et.CTLÀEv<;, «il re primo ed
enunciazioni ss ricorrono in tutto il cam- unico di tutti gli esseri» (poster. C.
po dell'etica di Filone. Egli parla di 101 ), la via che conduce a lui (fi 1tpO<;
vie per cui si deve andare ( Betlvtw = mhòv &yourJa 6o6c;) porta il nome di
Ti Bao-tÀ.txTi òlì6c; (~ col. 175 ). Deus
e 1tOpEvt<r~<XL, usati come sinonimi, spes·
so Balil~Ew), che non si devono sba- imm. 140 ss. deduce dalla lettera di
gliare e da cui non si deve deviare ( = Gen .6,12 (LXX) (o·n xa-.tq>DapE 1tii<Ta.
<r~p!; 'tTJV ooòv a.ù-.oii t1tt -c-Tjç yijç,
7tÀ.avii<Tllat, per es. det. pot . ins. 2r;
spesso ÈX•pÉ<t~aL, per es. spec. leg. «poiché ogni carne aveva corrotto la
1,215), e d'altra parte di vie su cui non sua via sulla terra») che il passo va ri-
ci si deve mettere o non si devono pre- ferito a -rl}v 'tOV cxlwvlou xa.t ciq>iM:p-.ov
cedere altri ( ciq>T}yEfoi>et.L, ebr. I 2 .5 ). 'tEÀElav òlìòv 'tTJV 1tp6ç lltòv iiyouuetv,
La frequenza con cui Filone parla «alla via perfeita dell'essere eterno e in-
deUa · via alla virtù corrisponde alla corruttibile, la via che conduce a Dio»
grande importanza che ha per lui l'ctpE- (ibid. 142), la cui meta è la yvWc;tc; xat
quanto rappresenta la realtà tcrrcn~, I43) o esser resa impervia e ostruita (i-
cerca di ostruì re «la via celeste e rcga· bid.1 44.r80); può accadere infine che al-
le della virtù» (TI,v oùpav1ov xat ~M1· cuni la percorrano e altri In evitino (Abr.
À.~xT)v cipE'tfiç òOòv); il Logos divino 204). Riferendosi a N11m. 20,17, Filone
reagisce cercando di rendere in trans i- dice che non s i deve picgnre dalla v in,
tabile la vin (non nominata nelle consi- né a destra né a sinistra (poster. C.
derazioni precedenti) di Edom e dei 101; Deus imm. r45; migr. Abr. r46}:
suoi adepti ( òµ6sTtÀ.o~) S?. al margine della vÌ!l giusta si trovnno
Ma l'immogine delle due vie in Filo- voragini pericolose e baratri ( q>O:pr.ty·
ne è poco schematica e poco è lo spa· ytç xat [3&.pa.Dpcx., agric. 1 or). Nello
zio da essa occupato nell'insieme delle stesso contesto compare il conceuo,
enunciazioni affini, come dimostra uno presente pure altrove, della via media
sgua rdo alle altre numerose possibilità (spec. /eg.4,167 s.; Deus imm. 162. 164;
ch e egli conosce e utilizza per esprime· poster. C. 101 s.; migr. Abr. 133.r46),
re la stessa idea. Bisogna r icordnre in- che non è la via che sta in mezzo 11
n:rnzirutto l'impiego frequenre della molte altre, ma la linea media della via
contrapposizione òo6ç/ civolila (&.volila giusta. Questa idea poggio sul valore
non ricorre nei LXX, bensì in Simma- att riouito alla J.,l.EO'O'Tl]ç nella filosofia
co [lob 12,24], mentre in Aquila [Ier. greca, cosicché la definizione di Filone
1 8, 1 .5 ] compue O:vooev"toç, impervio): in spec. leg. 4,t68 (~a.O'tÀ.~xl}v o'EtwDE
praem. poen. u7; spec. leg. 1,215; 2 , Mwuaijç 6voµO:çttv òliòv "t'Ì'jv µÉOl)v,
23; 3,29; 4,1J5; vit.Mos. 2(3},q8: la Ù1tEp~oÀ.ijç X!X.L ÈÀ.À.Ellj;Ewç OVO'C7.V µsl)é-
via della xaxlcx. dovre bbe essere chia· ptOV, «Mosè suol chiamare regale la via
mata più esattarnence &.voola, cioè una media, come quclfa che sia in mezz0 fra
mancanza di via, un luogo impraricabile, il difetto e l'eccesso»), ricorda quanto
una non-via (agric. 101; som. 2,1 61; ex- Aristotele dice sulla ~ µt"tpt<rncil>E~cx.
secr. r67}. Si può pnrlare anche d'u na in eth. Nic. 2,6,1107 a, 2 s.: µE<TÒ'tT)<;
via su cui né si procede, né si indietreg- ot. ouo x<1.xr.Wv, "ti'jç 1..itv xo.D'v7tEp~o
gia (pracm. poen. 62; /ug. 25), o di vie À.'Ì)v, "tij.; oè XC7."t'(),À.E~lj;LV, «(essa è) la
che salgono o scendono (Abr. .59). Una linea media fra due vizi, quello per ec-
via può essere transitabile (Deus imm. cesso e q uello per difetto». Questa vi-
s1 -.. PAsc11c1< u s. fa cnirarc «il temA delle si in cui Filone usa rcalmenrc lo schema delle
due vie> anche nel passo di Dt•us im111. i40 due \'ic, è chian.> che si tratta d'un «temn che
ss. (--+col. 172) che tratu ddla via reg11lc; ma rigunrdn la virt••~. Per questi passi non va sup-
a torto. Non posso fare a meno di definire posto un influsso diretto della favola di Pre-
confusionario il procedimento con cui da l fat· dico (-+ n . 2). Quanto poco filone fosse Jc.
10 che Filone interpreta Gtn. 6,12 nel senso gato o detcrmin.11i modelli ncll'applic:ire lo
che r.liç ò aa.pxwv t-ra.i:poç odia la via che schema delle due vi~, risulta dal fatto che egli
snlo porta alla yvw<>"•ç e all'br;v't'iJJ.l'll ilEoii si appella ad Hcs., op. 28ì ss. anche in un pas-
(oùotvt oìhwç oùlìf.v 6.v-r('ltcx'),,ov W<; h;ai:-fr so in cui nnn pa rln di J ue vie, ma solo deJ.
l~'l'J aa.pxòç i)oovfi) si conclude immcdiata- la via alla virtù (-+ col. 172); inoltre, ben·
meme d1e «in ciò gli si prcsemn il contrasto ché la fovola di !'rodico gli fosse nota, non
fra la carne e lo spirito, anzi fro 'la vi• della lo sollecitò ad applicare lo schema delle due
catne" e ' In via dello spirito',., e che •non si vi<>, mo a comp0rre Li grande diatriba fra
tratta propriamen te d'un 1cma riguardame la l'iipt'l'-/i e l'i)oovi) de~ritta in sacr. A.C. 20 ss.,
virt(1, ma indubbiamente di una coppia di d1e diflici lmen1e si può cnpirc se non si po-
concetti miniro-rcligiosi, di questa vin della stula un simile influsso.
carne e di qucUa del sangue•. Proprio nei pas-
in (v.62) (v,6.s) tj8
vocabolo òobc; ha raggiunto un peso ì)oç e la via poco battuta della virtù:
proprio come in nessun'altra delle locu- (.l'\pt1t'\Oç µÈv O cXf'E'ri'}ç XWpOç, 6).lyo~
yà.p '3a.lvovaw ath6v, 'tÉ'rpt'lt'tat SE: 6
zioni in cui era entrato.
xa x lac;, «non battuta infatti è la re-
Un altro passo dell'A.T. di cui F ilo· gione della virtù, pochi ci camminano;
ne si occupa 61 è Ge11. 49, I 7: yev1)ih'J"tw battuta è invece quella del vizio» ( leg.
t:..av oqiu; Éq>'òooii, Èyxcx,lh')µevoc; È1tt alt. 2 ,98 ); cx.t oÈ cppoviJaewç xcxt crwcppo·
'tpl'3ov, «sia Dan un serpente sulla via, iniv1)t; xal 'tWV aÀÀWV àpE'rWV oocl,
insediato sul sentiero». Le spiegazioni xa.t El µi) li~a'TOL, àÀÀ&. '\O~ 1taV'\Wç
date in leg. ali. 2,97 s. e agric. 101 ss. a'rp~7t't0L" 6)...(yo<; yàp apLÌ)µéç ÈCT'\~
non concordano pienamente; ma que- '\WV cz1hà.ç '3a:S~t;6v"tWV, «le vie della
sta è una particolarità che si riscontra prudenza e della saggezza e delle al-
in lui anche altrove 6l. Comune alle due tre virtù, anche se non del tutto imper-
spiegazioni è che òò6c; e -tpl'3oc; non vie, sono generalmen te incalpcstote; pic-
sono intesi come sinonimi, m:1 che òòòc; colo è infatti il numero di quelli che
è riferito alla via giust.a, quella del- vi camminano» (agric. 104). :B intcrcs-
h virtù, mentre i:pl'3oç è interpretata san te osservare che l'idea che soltanto
come "tE'rp~µµÉ\11) -:pl'3oc;, una strada pochi · camminano per la via giusta e-
consunta, molto frequentata. Cosl ne ri- merge soltanto qui (e per aggiunta ri-
sulta la contrapposizione fra il sentiero ferendosi a un passo dell'A.T. che non
molto calpestato della xaxla. e del mi- la suggerisce affatto), ma resta comun-
ma fondomentale del tutro; esso quindi ha po· utgitt av dtt Norskc Videnskaps-Akademi i
tuto divenir<?, come tale, la «base metodica» e Oslo, li. Hist.-Phil. .Klasse 1941 No. 2 (1941)
il «motivo conduttore• nella ricostruzione «dcl 112 s.
sistema misteriro" che egli attribuisce a Fi- 6t I pochi passi veterQtestamcntari con bOéç
lone. Umi chiarificazione del concetto di fjCl-
usati da Filooc non sono carauerist ici neppu-
<71.Ì.~xi') ò!i6<; è possibile invece soltanto te-
re nell'ambito dell'A.T.; le linee veumenre si-
nendo conto dell'uso linguistico rilevabile al- gnilìcativc dell'uso linguistico dell'A.T. non
trove in Filone. Pascher però non cita nep- hanno avuto una continuazione in lui. Im-
pure tutti i passi ron ~aa'tMX'/i òlì6ç; tralascia, port.ante è soprutrullo notare che i numerosi
per es., poster. C. ror s. (-+ col. 177), pro-
passi in cui si parla delle vie d i Dio che gli
prio quello in cui si vede che f.ilonc, coll'im·
uomini devono percorrere (-4 coli. 143 s.) non
piego di termini cultuali (anche se non sono hanno avuto il minimo influsso su Filone. Per
familiari sultanto ai culti misterici), oomc &1.a.- lui era evidentemente più importan!c l'uso di
aoç, accentua il colore veterotestamentario di oliò<; in modo pittorescamente reto rico-lette-
f3aoi.t•><'Ì) ò8òç. Sull'interpretazione di Filone
rario che non la continuaiione dell'annunzio
da parte di Pascher in generale vedi W. Vi:ii..- ve1ero1es1smenttrio dei comandamenti di Dio.
KF.I!, Fortschrill und Vol/mdung bei Philo von
Perciò non è sostenibile la congenura (-+ vcr,
Alexandrit:n =:: TU 49,r (1938) 3' n . r. -+ col. 270) che co11/. /ing. 63: µt.µ0vµi:voc; •àc;
K.AstlMANN 45 ss. si adegua troppo a Pasçher.
•ov 'ltll•JlÒ<; OOcV<; sia da riferire all'obbedien-
Per es. in vit. Mos. 2 (3),i34, che KiisEMANN za. E proprio questo uso di ò-06c; che manca
cita a p. 46 secondo l'interprecazione di Pa·
in Filone.
scher, il figlio di Dio non l! il Logos, ma il
mondo in quanto creatura perfetta di Dio 6lNon è vero invece che in agric. 101 esista-
(cfr. 135; spec.Leg.1,96; inoltre Deus ùnm.3x); no due interpretazioni di òoéç «in rigido con-
come il contesto fu capire chiammcote, il pas- traSto fra d i loro• (così I. HEtNEMANN, Phi-
so dev'essere inteso io senso morale e non si los Werke tv [1923 ] 132 n. 3): e'~ soltanto
riferisce a una mistica tl':lsmigrazione a Dio. una spiegazione contrn;JpOSta di 000<; C i:pi-
Cfr. N.A. DAHL, Das Volk Goues =:: Skrifter ~o;.
181 (v,63) òS6~ B 3 (W. Michaeli$J
que lontana dalle enunciazioni sulle due è Dio stesso quello che trasforma la via
vie e sulla via regale. Questa peculiari- del cielo in una via larga (cfr. anche ibid.
tà non sorprende, se si pensa che Filo- 154); in modo simile parla migr. Abr.
ne mette altrove in grande rilievo che 146. In Deus imm. 182, con riferimen-
la via giusta è ampia ·e comodamente to a ljJ 90,r r s., il Logos divino è de-
percorribile, una òoòc; À-Ewcp6poc;. una scritto come un angelo che libera la
strada per il traffico delle masse, una Strada, ~VCt èiit'tett<T'tO~ O~à ÀEWq>ÒpO\J
strada per gli eserciti. {3alvwµEv •Tic; òòoii, «affinché camrni·
~ vero che Filone cii<! e approva niamo per una via comoda senza ince-
(omn. prob. lib. 2) la massima pitagori- spicare». Affini a questi sono i passi in
ca: -.ai:c; À.Ewcpòpoi.<; 1.rTi ~aòlsEw òòoi:c;, cui Filone parla della necessità di un
«non percorrere le strade molto fre- l)yEµwv tjc; òooii. Infatti l'uomo non
quentate» (cfr. per es. Diog. L. 8,17; conosce la via da sé: ljivxfi OL'tavtjc;
Ael., var. hist. 4,I7 [Diels' I 464,23 s.; àyvooU<rn "t:TJV òo6v, «l'anima da sola
465 1 32; 466,19]) e che la interpreta con ignora la via» (migr. Abr. I 70); perdò
queste parole: -.ò µ1rtE MyoLc; µ1)-.'Ep· occorre una guida. Lasciando da parte
yot.ç OT}jJ.WOE<TL xai nc:ita'TT}µiVoLc; XPfi· conf. ling. 95 (Mosè guida sul cammi·
<Ti}aL, «non usare parole né compiere at- no) e som. r,168 (q>u<TL<;, éi<TXE<TL<; e µ6.-
ti volgari e banali»; ma in generale À.Ew- l}TJ,YL<; sono guida al xa.À..Ov, cfr. Abr. 52
cp6poc; è per lui un termine idoneo e pre· - v, col. 23 s.; I, col. r315), in migr.
ferito per designare la via giusta. In Abr. 174 i}yEµwv "t:ijc; òooii (cfr. irrou-
leg. ali. 3,253 (-col. 170) chiama ben- µt:voc; Ti)c; òòoii, ibid. 175) è chiama-
sì la via della vita ou À.Ewq>Òpov, ù), À.à. to il Logos, di cui l'uomo ha bisogno
-.paxti:av, «non molto frequentata, ma finché non è giumo alla perfezione (i:e·
stretta», ma in vit. Mos. 2 (3),x38 vien 'TEÀ.Elw-ta.~) e alla scienza più sublime
detta À.Ewcpépoc; la via della àpE-tii e (npòc; ii.xpav btw-r1)~1T}v); ma è soprat·
-tpaxEi:a la via della xaxla. Anche in tutto Dio stesso che funge da 1JyEµwv
op. mund. I44 sono le virtù quelle che tjc; òooii: migr. Abr. 17 r; det. pot. ins.
preparano le vie ampie; secondo virt. 5 r I r4 (1JyEµWv i:fic; &v6òov).
ciò vale anche per la q>LÀ.avl}pw1tla; se- Secondo som. r,179, la promessa di
condo Abr. 7, anche per la tÀ.7tlc; (- Gen. 28, l 5: iyw µt:i:à. <Tou ot.aq>vÀ.<ia-
m, col. 538); secondo rer. div. ber. 70, <Twv crE Èv -.fi òò<;i n<i011, «io starò con
anche per la &À.:{jl}ELGt (- 1, col. 648). te, custodendoti per tutca la via», è da
In spec. leg.4,167 è detta )-c:wq>opoc; la intendere nel senso che Dio è il <TWOL·
via media ( - col. 176), mentre, secon- ooitépoc;, il compagno di viaggio, sulla
do Deus imm. r43, è tale la via rega le via della virtù; secondo det. pot. ins. 29
della <Tocpla. Secondo decal. 50, i co- Dio è cruvoLoo1t6poc; xat Y}yEµwv •fiç
mandamenti scritti sulle due tavole del- •E òòoii xat i:fic; ljiuxfic;, «compagno di
la legge devono aprire Eiipdac; òoovc; viaggio e guida della via e dell'anima».
xaL 4wcp6povç, «vie larghe e comode)). Perciò, essendo il salvatore misericor·
A una parte di queste affermazioni dioso (ò <Tw-.i]p ÉÀ.tG)'ll ), egli guida il
non è estranea l'idea che le vie larghe voiiç sulla giusta via (praem. poen.u7),
vengano appunto spianate dalle entità garantisce il successo della salita Éx "toii
menzionate (per dir ciò Filone usa di 'tWV 1trJ.~WV ij.oov 1tpòc; -.òv ÒÀUµ1tLOV
preferenza il verbo &va-.tµ VELV) e che xwpov àpE-rijc;, «dalle passioni dell'Ade
in questo agisca l'aiuto divino. In po- verso la sede olimpica della virtù», «se
ster. C. 3 r si dice poi chiaramente che io cammino» (7tOOTJ)'E•oiiv-toc; €µoii) sot·
òlì64 H > (W. Michaelis)
to la sua guida (poster. C. 31; dr. anche giabiJe è chiamata Ult<~L&poç ÒOOç, cioè
i passi citati s.11. - ÒOl)yÉw, che par· la strada all'aperto. Le strade per le pro·
!ano dello spirito come guida). Quindi cessioni sono chi.amate òòol in ant. 3,
non manca no in Filone enunciaci che 14r.148. Però son detti cosl anche i
nell'uso di òo6ç escludono ogni forma di transiti e i corridoi d'un palazzo (ant.
sinergismo estraneo alla Bibbia 6}. r9,ro3.r 16). Ricord iamo inolt re che an-
che Giuseppe parla della via di Israele
In Flavio Giuseppe, come è da a· attraverso il Mar Rosso (ant. 2,338 [cfr.
spettarsi in uno storico, prevale assolu· 348]; 3,86 [ - coli. 139i 170]); in
tamente il senso proprio di òòòç. Con ant. 2,339 la chiama ~da. òòòç. Non
questo termine son chiamate le vie e le parla invece della via degli animali, del-
strade d'ogni genere che attraversano il le navi ecc. (le vie degli astri son chia-
paese (per es. ani. 8,235 .330; 9,84; mate ìtL'lri)(TEtç e OpOµOL in ani. l,32).
bell. 2 ,2 I 2) e vengono sorvegliate oppu·
re ostruite durante le guerre (per es. ant. In Giuseppe è frequentemen te atte-
2,324; vit. 108.II8.24i.253). La strada sta to anche il senso di viaggio, migrazio·
pubblica, maestra, si chiama OT}µoi;la ne, marcia (militare), per es. in ant. 2.,
òoòç (ant. 20,1 i3 ); talvolta in queste di- 13.3·l75 (Dio è òòoù -ca.v-rl)ç -/i-ytµwv);
zioni 6o6ç è ommesso; per es.: xa-cà in 6,157; 8,227; 12,198; bell. 2,544.
't'àç À.ewq>Òpovç 1taO'aç (beli. 4,380). 5 5 r . Però in questo senso è più fre-
Qualche volta le strade maestre ven· quente 7toptlo. (per es., ant. 2,3 I 5; 9,31;
gono indicate col punto di partenza bell. 1,345; Ap. t,204; vit. 57.90.!26.
o di arrivo; per es.: o~à. µ6vnç tjç 269) 64 . Numerosi sono i nessi preposi·
t7tt Tt(3Ept6.0a q>EpoV<11)<; òòoù (betl. zionali: xal}'òo6v, dura11te il cammino
3 ,5 3 7); otà 7t6.<111ç oÈ 't'fjç òooù 't'fjç (per es. ant. 14,53); collo stesso senso
anò Tap~XEWV Elç Tt~Eptaoa q>EpovlTl)ç xo.-.à i:'Ì)v òòòv (per es. ibid. 1,254; 4,
(vii. 276); dr. 1i otà ·djç xwpo.ç 606ç 108; 6,281; 11,134; anche al plurale :
(ant. t8 ,12r). Quando un monte è Ù7tÒ 6,135; 14,440); xo.&'òoòv È-rÉpa,v (vit.
;pa.xv•'l')'t'Oç oòwv èbtopov, «impervio r 3 8); xa.b' Éxa-.tpov tjç òooù (beli. 2,
per l'asperità dei suoi sentieri>> (ant. 2, 542), 7tC1.pÙ 'T'Ì)V ÒÒÒ\I (6,283); É'Jtt 't'fjç
325), lo si fa notare particolarmente. òooù (7,287); Éx i:fjç òòov, ex itinere
Le strade dei villaggi (per es. beli. l , (bell. 1,158); ÉV -.fj òò(i'> (ant. 6,55); cfr.
338) e delle città (per es. ant . 5,28) son ol òo~ ~aoll;ov-cE<;, i passanti ( 4 ,234).
chiamate oool, ma per quest'u1time è li· Spesso si trova anche µLiiç i)µÉpaç òò6ç,
saco anche il termine nÀ.a:terCL 606<; «viaggio di un giorno» e simili (per es.
(bell. 6,149); quando si tratta di strade ant. 3,318; 15,293; Ap. 2,21.2) .H6).
fastose fiancheggiate da cnoal, portici Molto ridotto è in Giuseppe l'uso
(ant. 16,148), la parte centrale carreg· traslato. Nei seguenti passi trovasi il
6l Cfr. Voua:1t, o.e. 204. Sull'uso linguistico ni passi con 6/ìoç, improntata a una scelta
di Filone s 'è parlato cosl diffosamcntc perché arbin'lll'ia. Se fosse vet'O che «Fi lone (; da
in esso vengono alla luce molti tracci caratte- considerare uo propagandista politico-teolo-
ristici della sua p ietà e della sua ideologia, gico del tardo giudaismo» (dr. G. B~RTRAM :
che lo. separano ugualmente dall'Antico e dal ThLZ 64 (1939] r93 ss.), dall'uso linguistico
N.T. e non vengono sufficientemente conside- di òlì6ç risulterebbe che il tipico caranere giu-
rati nemmeno per quanto coacemc i passi daico sarebbe meno spiccato nell'A.T. che in
contenenti ò06<;; si voleva poi correggere Filone!
la valutazione data da -> PASCHER di aku- 64 Giuseppe usa pure i vocaboli, rari nel
oo6c; e 1 (W. Mich:odi•) (v,65) 186
Soltanto in due passi del N.T. col ter- sinottica riguardano viaggi grandi e
mine bOoc; sono menzionate esplicita· piccoli intrapresi da Gesù. In tali circo·
mente certe strade importanti. Nella pa- stanze può sorprendere che non ricorra
rabola del buon samaritano Gesù stesso
menziona la strada fra Gerusalemme e più spesso tv -.n òo(i> in quanto designa-
Gerico; ma l'espressione Èv tji 680 zione di luogo che, pur restando sulle
éx.dvu (Le. 10,3r) probabilmente non generali, determina la situazione del
indica questa strada come se fosse nota
agli ascoltatori per la sua pericolosità, 'trovarsi per via', e che quando tv 'fii
quasi per dire «Sll quella strada tanto òoGJ è usato in questo senso non sia con-
pericolosa»; tx.Eivu sarà invece un ri- servato da rutta la tradizione. Nel rac-
chiamo a io,30, e accentuerà che il sa- conto della confessione di Pietro a Ce-
cerdote e il levita camminavano nella
stessa direzione, cioè che anch'essi ( co- sarea di Filippo solo Mc. 8,27b pone in
me la strad3) andavano da Gerusalem· rilievo che Gesù rivolse la domanda ai
me a Gerico (e non viceversa) 63 • La se- discepoli tv -.·ij òo0. Questo dato è for-
conda menzione di una grande strada
trovasi in Aci. 8,26: é11t -.T}v ooòv -r'Ì)v nito in vista di 8,27 • e vuole assicurare
xai:cx{3alvowav à7tÒ 'l€povcrcxÀ1)µ dc; che quanto segue non è avvenuto in uno
raso:v, «Sulla via che scende da Geru - dei villaggi di Cesarea (xwp.m Ka.Lcrcx-
salemme a Gaza». Questa strada (e non
péla<;) menzionati prima, cioè vicino a
wza) viene poi meglio descritta dall'e-
nunciato che segue ( cxvTl] fo-.tv ìfp1)µoc;, gente straniera o in mezzo al rumore
«essa è deserta>)) in rapporto al fatto villereccio, ma nella solitudine d'un
che sta per essere narrato 69 , men tre I'ag- viaggio e quindi entro il piccolo grup-
giunta xcx-.èx. ~CT1)µ{3plav, «verso mez-
zogiorno», ne indica la posizione per chi po degli amici fidati di Gesù. Matteo
sta in Samaria 10. non avrà prospettato una situazione di-
Moltissime pericopi della tradizione versa nel p:irnllelo 16, T 3, ma, avendo
sati accanto a più d'un• delle pietre miliaci 69 Cfr. M. DrnEuus, Stilkritisches zur Apo·
romane ancora conservate. Neppuce le strade Jiclgeschicbtc, in: Eucharisterion n ( 1923) 40
percorse da Paolo nelle sue peregrinazioni n. 2.
missionarie (sul loro rapporto colle gnindi ar· 10 O. BAtJBRNFHND, Die llpostelgeschichte
terie del traffico nell'antichità cfr. A. DEISS· ( 1939), ad l., pensa che una determinazione
MANN, Paulus' [ 192x] 190.16x s.) hanno im- locale più esatta non sia stata né voluta né
portanza per gli Atti (diversamente, più tar· raggiunrn, in quanto non era possibile precisa·
di, per gli acl. PI. et Thecl. 3.23). Se per le re quale delle due strade da prendersi in con·
òlìomop(o:L dell'Apostolo per terra (2 Cor. 11, siderazione venisse indicata (dr. ZAHN, Ag., ad
26: il termine è certo da riferirsi a viaggi per /. ); però il contesto fa capire che si deve pen-
tcHa, dr. v. 2;) avessimo un diario come lo sare alla strada che s'incontra per prima ve-
abbiamo per i viaggi di mare in Aci. 20,13 nendo dalla Samaria, cioè a quella che passa
ss.; 27 s., conoscerenuno forse meglio le òool più a Nord (a ciò fa pensare anche il fatto che
da lui seguite e le sue avventure di viaggio. Asdod, menzionata in 8,40, è pure situata a
Nord <li Gaza). Non si potrà invece mettere il
taCfr. W. MICHAELIS, Das bocbzeit/iche KJeid, dato in rapporto diretto con Mt. ro,;; (dr.
Eine Eù1fiihr11ng in die Gleichnisse ]esu iiber ZNW 39 [ 1940) 126). 61ì6c; sembra significare
die rechte Jiingerschaft (1939) x93.196. strada in 8,J6 e viaggio io 8,39.
bMç e I (\'((. Michadis)
71 Cfr. K.L. ScnMIDT, Der Rahmm der Ge- ne qualificante (-+ sopr11, ad I.).
scbicbte Jesu (1919) 216. Che ÈV -rii ò&;i sia
«1tn• tipica annotn.z ione della regio di .Marco 71 ScllMIDT, o.e. 230.
intesa a inqua<lrnre il pezzo tradizionale nel 7l Sc11MIDT, o.e. 248.
suo schema (cfr. I0,17.32; 9,33 s.)» - so-
sl BuLTMANN, Trad. 276 - non sembra csat· 74 Altrimenti sarebbe «un'indicazione di luo-
10. In primo luogo è ingiustificato togliere go piuttosto inutile». Cosl dice SCHNllDT, o.e.
Mc. 8,27• e iniiiare la pericope con 8,!71> 241, il quale mette giustamente in rilievo le
(BuLTNIANN :issegna 8,27• alla pericope pre- difficoltà in cui incapperebbero gli esegeti che
ceden te senza motivi convincenti; dr. o.e. 68). ritenessero la notizia come una indic-dzionc di
Poi tv Tfi òo<ii ricorre troppo tilramente per luogo. òlì6ç dovrebbe significare qui carnmitW,
aver valore tipico; nei passi citati dal Bult- viagsiio, e non slrada; non deve quindi essere
mann questa dizione non è mai un•annotw.do- inteso alla luce di ttç TI)v ol.xCa.v di 10,10.
bOéc; C t (W!. Mich~d is) ( v,68) 192
sciato coerentemente da Mt. e Le.), Oltre cbe nei passi citati, f.v tjj ò&ii),
hanno evidentemente il compito di ri le- col senso di per via, nel cammino, trova-
si in i\lt 5,25 e par. Le. u ,58 (benché
vare lo zelo alquanto eccitato del giova- il detto richieda una spiegazione escn-
ne ricco, che vuoJ «approfittare in fret- tologica, l'interpretazione di lv -rii 61ìQ
ta» degli «ul timi momenti prima che Ge- come se fosse «un'immagine della no-
sù si metta in viaggio», per «Ottenere stra vita quaggiù in tetra» 11 sarebbe
una forzatura allegorica di questo tra t-
una spiegazione sul problema decisivo to) e ancora in Mt. 15,32 e par. Mc. 8 ,
della salvezza» 15• Se in Mt. 20,34 e Le. 3 (qui s'intende dire nel carnrni110, pri-
l 8 ,4 3, nel racconto della guarigione del
ma di raggiungere l'abitato; ma può
interpretarsi pure nel senso di cadere
cieco di Gerico, è ommessa la nota lv sfiniti per via, restar prostrati al margi-
'Tjj òlìQ, che Mc. 10,52 aggiunge alla fi- ne della strada). Inoltre il Risorto ap-
ne a i'}xoÀ.ovi)e:~ aim{i, «lo seguiva», pare per via ai discepoli di Emmaus in
non si tratta certo d'un modo diverso
Le. 24,32.35 (l'unico racconto che pre-
senta Gesù risorto come un viandan-
di concepire &.xoÀovi)E~V. Anche Marco te) 79 • come pure a Saulo in Act. 9,17.
avrà pensato alla sequela del di scepo- 27. L'aggiunta n
ì'Jpxou, «(la via) per
lo, e non al semplice andar dietro in cui venivi», in Act. 9 ,17 fa capire che
l'intera dizione significa qualcosa di
senso locale 16• Infatti in questo caso più che un semplice dato cronologico
iv -rii òlì<f> non è un banale cenno de- (come se volesse dire 'durante il viag-
scritrivo, ma mette in evidenza che gio appena finito' = poco fa ); per un
orecchio attento 9,17 significa invece
Gesti stava andando a Gerusalemme 77 • 'per via', cioè prima che egli (Saulo)
Il le1tore, che dagli annunzi della pas- giungesse alla meta voluta, durante un
sione ha appreso quali conseguenze a- viaggio che doveva servire a uno scopo
ben diverso, e quindi in modo del tut-
vrà per Gesù questo viaggio, deve giu-
to inaspettato. Colla stessa intenzione
dicare che cosa significa per il mendi- dev'essere stato inserito xa'Tà. -ri)v òlìov
cante guarito dalla cecità la decisione (~ n. 26 e col. 184) nel racconto paral-
di mettersi al seguito di Gesù proprio lelo di Act. 26, 1 3: questa dizione «de-
scrive il carattere improvviso dell'ap-
in questo momento: pu r sull:i via della pnrizione, escludente ogni suggestio-
sua passione, Gesù trova ancora dei di- ne» ao_ xa-rà. -rT)v élìov significa durante
~cepoli.
i! viaggio anche in Ac/.25,3 e I.A. 10, ci!mpo; meno probabile è che si tratti
4 81.
d i un sentiero che passa attraverso il
In parecchie parabole di Gesìr ò&éç campo, sl che al tempo della maturazio-
non comporta un significato (allegori- ne fosse possibile camminare o~& 'TWV
co) speciale. Ne ll a parabola del semina- a -r:oplµwv, «a ttrnverso le biade» (Mt.
tore in Mt. 13,4 par. Mc. 4,4; Le. 8,5 si 12 , 1 par.). 1ta.p& -ri}v ò&ov non vuol di-
parla <lei seme che E7tEC1EV mxp~ -ri1v re - come in Mt. 20,3 0 par. A.fc. C0 ,46;
òlì6v, «cadde lungo il sentiero»; nell'in- Le. 18,35 81 - a fianco della via, accanto
terpretazione dat:1 in Alt. r3,t9 par. Mc. n!Ia via, m:i sufia via, o meglio li accamo
4,15; Le. 8,1 2 viene brevemente ripre- sulla via.
sa l'espressione e spiegato quale sia il Nella parabola della grande cena il
gmppo d i ascoltatori intesi con essa, servo, dopo aver ricevu to l'ord ine di
ma si evita di d are al sentiero stesso andare El<; 'Tà<; 1Ùo:'Tda.<; xat puµaç
un significato speciale, cosl come l'ag- -ri)<; 7tO>..(wc;, «per le piazze e le vie
giun ta di Le. 8,5: xu.L X«'TE7tO:'TTJlhJ, «e della ci ttà» (Le. 14,21 ), riceve il nuovo
fu calpes tato», non ha dato motivo a incar ico dal suo signore con le parole:
un'integrazione dell'interpre tazione; pa· l~EÀi>E d<; 'Tàc; òSoùc; xat q)po:yµoùc;
rime n ti gli ucccllì nomi nati nella para- x-rÀ.., «esci e v:i' per le st rade e le sie-
bola non sono da prendersi come un'im- pi ecc.» (Le. 14,23). t chiaro che, in
magine diretta <li Satana 112 • Nel conte· contrasro colle vie e viuzze d ell a città
s to della parabola si dovrà pensare a un già designate espressamente cosl "', qui
sentiero passante lungo il margine del non si deve pensa re a strade situate nei
la srrada Sén'"' ~\'ere un'ide• di ciò che sta· Jtd, ::u siim . Ei11c Ei11fiibrt111J1. i11 d1e Gltich·
''a per succedere»). WENDT, Ag. i66 n. 1, si :riue ]em iiber dar Reich Gotles und die
oppone niusrnmcnie o chi , come }. ]iiNC ST , Kirche (1938) 44 ss.
Die Q11dlc11 der Aporft>lgerchichte (1895) 89 113 [I significato w/111 via, che PREUSCHEN·
s., congettura clic dietro tv tjj òoii> di Aci. BAur:a, 111 1 d, ritiene possibile in qucsri pas-
9,17.27 - che ci.tli distingue nettamcnrc: <la si, è ccrrnmemc escluso. pcrché non solo in
xa-rà. -ri1v òMv di 26,13 e confron rn con iv Mc. ro.-1!>. ma llnd1è in Ml. 20,3 2 e Le. r8,40
-rii òOii> di Le. 24.35 - ci sia una tradizione si suppone che ci fosse una ccrr2 distaru.1 fra
sulla conversione di Paolo, a rui non soggia· Gcsì1 e il cieco. Evidentemente ci si deve im·
ccrebbe «l'idea di un'apparizione di luce, ma mnginarc che la folla che nc:cumpagnavn Gcsì1
q uello d'un 'appori>ionc del Risorto nel modo potesse e dovesse spingersi fra lu i e il cieco,
che ,·iene riferito da Le. 24•. pcrch~ questi stnvo n mcnJimrc sull'orlo del-
~• Jn Ari. 8,36 ><«'<ÒC -.:T,v oò6v ha invece un la sir:1da, oppure presso un muro o una siepe.
s igni ficar<> d iverso(--'> n .70): l'()rò qu~sto non R• li t<·rminc itÀ.<X'tfLet (scii. ò06~) dovrebbe far
sugg.,risce alforto che anche in 26,13 si deb- pcns:tr-: a strade cittadine, anche scm~• l'ag-
ba pensure alla s m1da come al punto in cui glunt:1 di 'T"i'); -.tbMw;, come tro\'asi, per il
si dovrebbe locali:•zare l'apparizione della lu· N.T., anwr:1 in llpoc.u,8; 21,21 (cfr. a uTijç,
ce. 22,2 ; /.;· 10,10); dr . .Mt. 6,5, ecc. - <.-oll.
'2 Or. \VJ. M1c11AeuS: Es ginx ci11 Siimann 1 }7; 18 1. P'1:T), di(' nel N.T. ricorre ancora in
«>5 (v.69) oooç e I (\\7. M ichaclis)
Ml. 6,2; A ci. 9,t 1; 12,10, designa. in cootrn· do di evitare In ,;oÀ.i.ç, ma 1100 b oOéç.
sro con 7tÀ.o:ttW. ( = la strada largo), la stra· Però in questo ronccSfO non potevu trottar·
da srretta, il vicolo. Su ciµq>oOo'I, var. di Aci. si di unn via che passasse per il territorio sa-
19,28, dr. PREUSCHEN·BAUER ' s.v. nl<lri tano per giungere alcrove, ma so lo di un•
•5 Cfr. MICHAELIS (-+ n . 68) 3r s. j4.56. che oonduressc ni Sarnari1ani stessi (e questo
anche prescindendo do! fot1(> t·he si può arri·
so KLosn:•MANN, Mt., dd l. ; SrMACK·Bn.LeR-
vnrc a Gcrusnlemme cfalla Galika senza toc-
BECK I n s. ScliLATTER, /.!1., ad/., ri feri~-c le
care In Sumari a). Perciò lo scambio di OS6c;
parole xaL ti.<; ;;òì..w l:aµap•'tt~w µiJ sino,.
con ot6À.i.ç dovrt·bbe rispondere lliurrosto al
lh-j'tt, al fotto che i discepoli, se volevano
ck s!dcrio di va riare l'c;prc.sionc.
giungere a Gerusalemme ,)alla Galilea, non
avrebbero potuto evirare il rcrricorio sama· 81 Su ritt ·djç éSov col senso di 'sulla via' cfr.
rirono; la frase sarebbe quindi un coman- Sc1tLAT1J.K, Mt . ad I.
t 97 ( v,1;9) blibç C 2 ( W . Mich:1clis )
88 CREMER·KOCEL, s.v. I b; Scll1.ATT1'R, Ml., un dato che l'autore aveva incontrato nella
11d I.; Buss-DEnRuNNtR, 5 r 61,1. sua raccoh1 di materiale (cfr. Le. 1,3) e che
" SCllLATTER, /lfk. , ad /.; WOHL ENBERC, Afk non voleva sottrarre ai lettori proprio l"'tché
91 s.; WnLHAUSEN, Mk. 20 ( «Cll passant»}. gli appariva singolare.
Per l'insolito òlìòv nott\v - d r. però Iud. 17, 9t 'tp~o<; è nei LXX un sinonimo frequente
8: 'tOU TtOLijO"a.o. ('t"Ì)v ) OSàv a u'tOV in quanto d i òlìO<;, mentre Pilone separa nettamente i
traduzione <li la'ìiiot d ork6 - è subentrato due voo:iboli (~ col.179); nel N .T. trovasi so.
come var. alionoLE~v, che non ricorre altrove
lo in Mt. 3,3 e par.
nel N.T. e significa aprire u11a strada ; in
questo senso trovasi anche nei LXX, per es. 92 Anche in lo. 1,23 viene addotto Jr. 40,3
in ljl 79,10; Is. 62 ,1 0. Sono rui nel N.T. (come citazione che lo stesso Dauista avrebbe
cllitvw (1..c. 10,33; aachc nei LXX), òoot7toptw applicato a sé), ma in forma abbreviata : o è
(Act. 10,9); òoo1:r:opla (lo. 4.6; 2 Cor. 11,26; cancellato l'ultimo membro e ho1.µao-o.n è
anche nei LXX; inoltre élìotnop6<;) e noptkt stato cambiato in tùOVvo.'tE ( rosl BULTMANN ,
( Le. 13,22 ; lac. 1,n; -+col. 184 ). lo. 62 n. 6), oppure i due membri sono con.
90 Cfr. STllACK·BILl..JlRHECJ( Il , 90 "-'· BAUEl<l<- tratti e in tùihiv~"TE si avverte l'influsso di
PErND, ad I. (-+ n. 70) nega giustamente che tùbt(o.ç 'TtOLEt'tE. , .
questo dato giustittchi la congettura che l'a· 9J Luca, che in 3,5 s. aggiunge anche Is. 40,4
scensionc sia avvenuta d i sabato (rosl Jier es. s., s i allontana qui dal testo Jci LXX; è pro.
J'REUSCHEN, ApR., ad I ; cfr. ZAHN, Ag. 41 n. pria d i lui anche la dizione tiç òSoù:; Ml!I.<;
78); egli stesso pensa che «il nostro racconto di M (i LXX, quando non appaiono alteraci
nma talvolta usare un~ misura sacra per una a imitnione del testo lucano, hanno d.; 'ltE·
storia sacrn . Però d~Vè certrunentc trattarsi di s<ai.
199 (v,;o) olio~ C 2 (W. Miciw lis) {v,71) 200
la sola sostituzione, aIIa fine, di -.ov ro par. Le. 7,27 (~ J, coli. 219 s.): in
i}Eoii i)µwv con o.1hoù. Ciò porta a con- quan to Gesù adduce il passo di Mala-
cludere che anche il xvp~ov precedente chia, il lettore, riferendo a lui il (tripli-
non deve essere riferito a Dio (come in ce) aov, d eve convincersi che questa pa-
Isaia}, ma a Gesù 9' ; Giovanni Battista rola presa dalla Scrittura è servita a
aveva il compito di preparare la via a chiarire il rapporto in cui egli stava col
G esù come precursore, cioè di annun· Battis ta 98 • L'immagine della via non è
ziare la sua venuta e di prepararvi gl i conservata in questa citazione così chia-
uomini coll'appello alla penitenza e l'in- ramente come in Mt. 3,3 par.; òooç,
vito al battesimo 9l . Da ciò risulta pure specialmente nella formulazione di Mc.
che anche la citazione di Mal. 3,r 96
, che 1 , 2 , può già ave re il senso di proposi-
la porta larga (la porta della giustizia ; la sembra, anche in Giuseppe, non è unita a
Torà) ~ cllmminMe sulla viA 'larga (osservate 61i6ç (cfr. anche ., PAssow e LmD'ELL-ScoTT,
la bà/Qk4) e rosi vivrete. Gesù dice il con· r.v.). 1' 1>ure insolito che si parli d i una via
trario ... ». -> n. 1t2. estesa; d'oltra parte, dalla contrapposizione
102 Si potrebbero ticordare passi come Hcs .. con .i:tb;\.tt•µÉVI) risulta· che tùpv;it;wpo~ non
op. 287 ss. (-+ n. 2) e altre cotrispondc:oti ptiò " s ìgriiltcarc una via. ampid nel <cnso di
clucubra2.i oni filosofiche (-+ coli. 172; 181 s.). lunga ('ché si estende per ampio spazio).
Questa concezionc·è rimasto estranea all'A.T. Non conosco altri esempi della categoria am·
Non si. PQtrebbe obbiettare, .pe r es., che anche pia/angusta (Òppu.re!'· largaistfctta) •frn i te·
in Mt. 7,1; s. VCll80no e<;>ntrapposti l'inizio e sti che offrono l'immagine delle d ue vie (su
la fine; infani la -!;wTi escatologica, quella che 4 Esdr. 7,12 s. [111 3,12 s., V 10LET] dr. -+
viene donata da lj)io • chi va per la via strec· col. 162). L'ò.vd~O'tç <rt<vli miw d i Ceb.,
tai'illPn può essere compatalA al riposarsi nella /ab. r J può sérvire da parallelo solo in un
virtù, che sorride a colui che si sforza con co- certo senso. Anche: i rimandi Ji ..... BORNHAU·
stanza. Cfr. anche Stob., ecl. >74'4 s., e C.F.G. Sl!R 207 s. a <lt u84,.96 (se nel v. 96 a t1no-
HEINRICI, Die Htrmes·Myst.ik 11nd das N.T. ;1.,;
si sostituisse l 'equivalente 6S6ç ne tisul·
(1918) u;;. terebbe «la tua via è molto larga» l non rcg·
J4Q Nel NT solo qui; nei LXX e, a <juamo çono ad 11n esame più accumto . ..... n. 112.
òo6i; C 2 (W. MidiadisJ (v,73) 206
dJe la car;1ucrizzazionc delle c.lue vie re. In t.:Cb., tab.1 rss. (~ n.9) iter·
coi termini Evpu)(<.<Jpoc;, ampia, como- mini miÀl) e òoòc; sono bensì usa li e n-
1ro l'i mmagine delle .due vie, m a ven -
da'°-', e 'Tdn .. ~11µÉv11, stretta, difficile •()>, gono distinti chiaramenre l'uno d all'al-
non denuncia una dipendenza immedia- tro; cfr. ovxow ~at i}vpav 'Twà p.Lxpàv
ta da una delle forme anteriori di que- xa.ì. òo6v 'Twcx. 1tp6 'tijc; lMpcu;, i'}'t~c; où
TCl,X{lO)(À.E~'tO'.L,_ O:ÀÀ.'òUyoL mivu TtOpEV·
st'immagine. Non esiste altrove una
ov'TaL Wo-nEp oL'ò:voòLaç 'TLVÒç xat -r.pa-
forma che coincida esatta.mente con xelcu; xat m-rl)Woovc; dva~ Ooxout1T)c;,
quella di Mt. 7,13 s. '°", prescindendo «u na · porta piccola e una via davanti
dal fatto che il riferimento ad O:rcW. alla porta, la quale non v iene affollata;
pochissimi invece vi cammjnano , pe r-
À.wx, perdizione, e l;.wi), vita, porrebbe ché essa sembra passare per un luogo
al massimo trovare paralleli di con te- impervio, aspro e sassoso», 1'
(alla
porta piccola, no n stretta, conduce dun·
nuto ndl'A .T. o nella le tteratura del
que una via non s tretta, ma difficile. e
tardo giudaismo . Certamen te l'i mpiego perciò meno frequent:itrt ). N ell'allego-
dell'immagi ne c.lelle due vie da parte di ria di 4 Esdr. 7,6 s. (III 3,6 s., Violet;
Gesù non deve ritenersi del tutto ori· ~ col. 162) si parla di un sentiero
angusto che porta a unn città; però
ginale, essendo tale immagine molto
l'entrata angusta ivi pure menzio nata
conosciuta; ma probabilmente G esù ha non è la porta della città, ma è identi-
solo adottato l' immagine in sé, appun to ca allo stre tto sentiero; pertanto qui non
quale gli veniva offerta dal suo ambien- esiste alcun rapporto fr:i la porta e la
via I07. Anche P.R.El. 15 (prescindendo
te giudaico 106 • d~l carattere tardivo del passo: sec. IX
cl.C.), non è da consid erare· un parallelo,
perché qu i si parla bensì d i porte nel
Questa conclusione non cambia se si contesto dell'immagine delle due vie,
esamina il collegamento di rcuÀ.T) con però ques te pone, quauro di numero ,
òo6ç a pa rtire da lla loro origine: se in· sranno sulla strada della morte e costi-
farri ituÀ.TJ e boòc; sono da ritenere in- tuiscono altrettante stazioni i cui ange!i
terscambiabili, cadono tur.ti i paralle- cust0di m1tta110 con quelli che passano
li che altriment i sarebbero da ricord a- per la strada 106 •
IOI -+ lV, coli. 515 $s.; -+ Bo•NAUSi.• 205 s .; ).t•a /!;wi1 ( -+ 1, col. 1061) non si trova nei
KLOsn.1tMANN, Mt., 11d I. paralleli dcll'A.T. e dcl tardo giudaismo, for-
IO\ Cfr. i testi trattati nei punti A e B. Tutti i •c perché questi solo in minima parte hanno
passi citati sono r~-si in modo inesatto, can- un'impronta escatologica.
cellando ogni differenza, quando s i fonno af- 107 C.oatro KLosn:KMt.NN, Mt., ad /., il quale
fermazion i come quella di E. WECllSSLER, adduce inoltre erroneamente il passo come te-
Hellas im Evangelium ( 1936) 246: «In Esio- sto ddl'imm11gine delle due vie. Questa CO·
Jo e nella famosa storia di Prodico sulla srel· mincia solo al v. 7,12 s. (lii 3,12 s., VtOLET
rn della via della vira e.la parte di Eracle si però vale a questo proposi to qunnto $'è detto
trova l'enunciato sulla via stretta che parta alla -+ coll.1 6:is. Altre combinazioni di vie e porte
virtù e: <lclla larga che port.1 al male (dr. Ml. che non hanno alcun rapporto coll'immagine
7,13)». delle due vie non vanno prese in considerw.io·
'°" Cfr. anche CLEMEN 127 (mn ulteriore bi- ne, per es. Parmcn., /r.r (1 128,17 ss:, Ot~t.s').
hliografia). La coppia d i cotHrapp<>Sti ,;.,...:, . IOI! STR;\CK·BtLUòRlll!CK I 463.
òli&c; C 1 I \\1. Michaelisl
Che il detto di .Mt. 7 ,r 3 s. sia da im - questa equivale alla ~a.1:nÀEla. ~Eoii . Pe-
prontare a 7,r2 e che la porta angus1a rò rimane da chiedersi perché questo
o la via stretta debbano far pensare al accesso al regno sia comparato a una
comandamento dell' amore della ' regola porta stretta e a un sentiero angusto,
aurea' 109, è improbabile. Il parallelo di e che cosa 5ignilichi il camminare sul-
Le. J 3,24, sia esso un'altra redazione l'una e sull'altra via.
dello stesso detto di Mt. 7,13 o un Per via larga non si deve intendere
detto autonomo , dimostra in ogni ca- la via della leggerezza e del vizio, né
so che anche Mt. 7,13 s. potrebbe esse- per via stretta la condona pia e virtuo-
re un logion corcoscritto in se stesso. sa nel senso corrente 111 • Potrebbe certo
Contro il riferimento mutuo origina· sembrar naturale prendere il detto in
rio di Mt. 7,13 s. e 7,12 mi anche l.1 quesro senso, interpretando lo come un
circostanza che Mt.7,12 compare in Lu- in viro alla 11~•&-vo~a; anche in quesrn
ca in altra situazione (Le. 6,3 l ). Jnfi. interp°retazione esso apparirebbe in tutta
ne, per quanto l'importanza della 're- la sua gravirà. Ma se si tiene presente
gola aurea' non debbn esse re sottova. che Gesi1 combatte continuamente con-
lutata, sembra che se ne esageri il si- tro la falsa impostazione di fondo della
gnificato quando dalla sua osservanza o pietà, quale gli si presentava fra i suoi
meno s i fa dipendere la !;wi'} e la OCltW· contemporanei, e che d'altra parte le e·
ÀELa; il pathos dell 'aut-aut, a cui c i sigenzc morali da lui proposte ai disce·
mette di fronte il detto di Mt. 7 ,13 s., poli rompono completamente le misure
è troppo grande perché possa esser ri - comuni , allora diventa chiaro che il ri-
ferì to esclusivamente a Mt. 7, 12; C:.<>so ferimento del detto alla virtù e al vi -
dev'essere concepito più a fondo e zio rimarrebbe sorto il livello su cui si
quindi in modo più universale. Notare muove il suo messaggio (e anche la sua
che la porta stretta del parallelo di Le. predicazione della 11.nci.vow:). Non è
13,24 si riferisce all'en tra ta nel regno neppure consigliabile o rientare il detto
di Dio 110 non h~ vera importanza in esclusivamente sull'opposizione di Gesì1
questo problema. Certo, si deve pensa· co ntro il concetto farisaico <lclla legge,
re anche a quesco; anche in Mt. 7,r 3 s. in modo che i itoÀÀot sarebbero i Fari-
è chiaro che si paria della ~wi'} e che sei e i loro seguaci m Non che Gesù
109 Cosl -+ BoRNHi.tJSER 205 ~s.: per quanto memo, ma è un'immagine (come miÀ.TJ).
112 -> BoRNllAUSER 207 ss. cerco di dimostra-
valide, queste tranRZioni 1100 sono del tut10
convincenti. re l'esistenza d'un'intera serie di rapporti frn
il mondo ideale forisaico e l'esegesi ddl'A .T.,
110 Cosl KLOSTERMANN, Mt., ad /. ma non è sempre convinccnic (cfr . anche ....,.
111 R. Lu THER , NT.licbes \Vortubuch" ( t 937) no. 101.103.118). O. So1M1TZ, Tburneyuns
2 0.3- Qui b&o~ non ha il senso di comporta· christologiscbc De11t1mg der Ilcrgprcdigt:
òo6.; e 2 ( \\'l . l\\k lrncl1') (\',nl 21 0
non po1esM: pronund.rrc contro il conte· su.1 ~olutezza, la gravità delle rich ie·
gno dei Farisci un giudizio c.:o~ì duro s te poste du Gesù. L.1 poria è s irena e
come quello che sarebbe :1llorn espresso il sentiero difficile perchC: è impegnati-
da ,\I/. 7, 13! JA
1 strutturn del detto di- vo essere discepolo. Ma non c'è altra
mostra mfoui che non è l'insulficienia via che porti alla vita, se non quella che
del comportamento da evitare quel la che Gesù propone ai suoi ( Mt. 7,24.26; 11.
sta m primo piano, CD!l l'indispensabili- 27 ). Poiché la via è così stretta , pochi
tà dell'meggiamemo che si esige. f: ve- \'L entrano. Non, certo, perché la via
ro clie prima si parla della porta larga e sirena non abhia spazio per altri vian-
della via larga, e solo dopo dclln porta d anti! Anche su un sentiero stretto po-
nngus la e della via st retta; ma ancor pri- trebbero affollarsi in molti; d'altra par-
mo si trova, espressa in un solo mem- te anche una s trada larga potrebbe es-
bro, 1:1 richiesti.I positiva di cnt1arc per ser vuot a. Ma a un sen tiero stretto
la porta stretta (ncll'incroduzionc non su cui non è facile teners i gli uomini
si dice infatti: «Non entrate per la via preferiscono la strada larga, che li por-
l:irga! ,., né questo divieto è aggiunto ca con sicurezza e comodità alla me-
come secondo membro). Da ciò risulta ta desidernia. La via larga o quella
che con questo detto Gesù non inlen- stretra sono un 'immagine di ciò che è
de polemizzare, ma convertire. La for- focile o d ifficile : è facile non eR~ere di-
ma delJ'introduzione è da intendere in scepoli, ma ciò porta alfa perdizione; è
modo che la porta per cui bisogna en- d iffici le essere d iscepolo di Gesù, ma è
muc sia stretta anche prescindendo dal solo questo che porta alla vita 111 È dif-
fatto che esiste pure una porta larga ficile decidere se i periodi xix.t noÀÀot
{cosl come poi nel par. Le 13,24 si x'tÀ. e xat ÒÀ.(yo~ X't À. dipendano an-
parla ~olo della porta stretta e a questa cora <la O't~ o siano da considerare in-
immagine sono collegare le due possi- di penden ti. Solo nel primo cnso si po·
bilità opposte, di entrarci o no) . trebhc d edurre che i discepoli non Ùo·
Co~l Mt. 7,13 s. è un appello a met- vrebbcro scandalizznr~i per il numero e-
tersi al seguito di Gesù, a forsi suoi di- siguo di quelli che vannn con loru per
scepoli. In primo piano sln, in tutta la la stessa via , e che anzi proprio in que-
J•hrb. dcr Thcoloi;ischen Schulè D~1~l ( 1938) lll Bisogncril rinmfarc che vengono richieste
20,p , si oppone giu~rnmcnte all'11f!t·rma1ionc lo s.equc)u e l '"hnci:arionc, e che Il cli.<eepolo
che )11 vi11 larl!• sia da riferire oll'autogius1i- deve attcndcrS1 la tentazione. In pcr-ecu>.innc
lica.:ione oos;iio sulle opere clclla lc111tc («e\'Ì· e b 'croce' ; cfr. J. ScllNJETINll, J.!1 (N.T.
dentcmcnte CriSto nel discorso dello mon1:1- Dcuuch 2 l, ad I Anche per questo è t huro
gna non ha inteso usare la lingua dclla ~llC· quanto sia in'llfficimte rif~rirsi <0ha1110 alla
ra nt RomJni• ). >:mvità della 'regola aurea' in .\11 7,12 1_,
rol. 202).
l11 (v,75) oò6ç C 2 (W. Michadisl (v,76) u2
11
sto «dovrebbero ravvisare una prova la meta, la l;wi) o la ànwÀ.u a • . Per-
che si trovano sulla strada giusta che ciò in 7' T 3 non è deuo ot 1tOPEUOµE\IOL
porta allo vita» 114• Nel secondo caso le a.ù-r:i)v (quelli che la percorrono), ma
due frasi prendono in considerazione ot EWEPXOJJ.EVOL &'av-cfiç, «quelli che
In situazione reale: quanto numerosi, o entrano per essa»; cioè è usata una di-
quanto pochi, sono (o saranno) quelli zione che può esser riferita sia a òooç
che giungono a una mem o all'altra (dr. (per la preposizione Sui cfr. Ml . 2,r 2;
Mc. 10 1 24)! Gli oÀlyo~ sono i discepoli 8,28) sia :i miÀ.71 e accentua special-
di Gesù, i noÀÀol non sono i Farisei e mente l'encrata, cioè ha in vista la me-
gli Scribi in particolnre, e neppure il po· rn . Per questo in 7,x4 può essere usa-
polo giudaico, ma tutti quelli che rifiu- ta come ve rsione corrispondente ot EV·
tano di diventare discepoli di Gesù m. pli:rxov-r:E<; a\rtfiv, «quelli che In trova-
Come òo6ç non significa qui modo no», in quanlo anche cosl si fa pensare
di vivere (~ n. I I 1 ), cosl l'immagine a un · avvenimento unico e non a una
ddla via non indica la vita dei discepo- condizione duratura.
li o il loro futuro, il loro deslino. 6o6ç Dcl resto ci si può chiedere se e fin<>
può bensl avere questo senso (~ coll. a che punto in EVploìcovnc, sia rimasta
141 i 17 r s. ), ma la via stretta non è l'immagine della porta e deUa via. Qui
canro l'immagine d'un modo difficile di non può trattarsi di trovare la via g iu-
vivere che i discepoli devono praticare, sta fra molte, oppure la strada in una
quanto p iuttosto della gravità delle e- regione sconosciuta; con ciò si i nt ro·
sigenze a loro poste. È assai più pro- durrebbcro immagini e categorie total-
babile che oooç,
corrispondendo a mJ· mente estranee. Piuttosto si sarebbe in·
À'T], significhi accesso. Per questo non dotti a intendere l'espressione nel sen·
si parla della via senza indicare subito so che una porta ampia di città è fa-
114 ZAMN, Ml.' 313. Cfr. H u nER, o.e. i54 s.: paralleli fnrm•li.
«Con ciò viene espressa chioramcnic l'esigcn· Il• Su Ti colle; Ti timiyov<Ta D ALM AN, IVo r11• ].
za d 'una certa separazione dci discepoli da~li r 130 s., fa not:>rc che «nell' A.T. non si par-
altri ... f-' l'idea profonda dd diriuo religioso la mai d'una via che 'conduce' in un luo110•,
da parte dcUa minoranzo, che sta per Gesù ... e porta alcuni esempi d ella lener31ura [lQSt·
Qui i discepoli sono opposti al popolo , il pic- b ihlìca, come Bar. syr. 8,5>13 (vm 8,3, V10LET)
colo gregge a lla grande massa•>. e Gen. r. 9 (7•); cfr. anche S1'RACK·l3tLLER·
115 1'.0À.Àol/6À(yoc può essere collegato con BECK 1 463. Però bisogna sempre ricord ate
Mt. 20,tG in quanto anche qui gli 6Myoc so· Prov. 7 ,27: dt1rkf J•'ol bétaf; iordlit 'el·hadr.J-
no quelli che si assumono gli impegni di di· mawel = L~'X: òlìot l;.oou ò orxoc; aùTijç
scc:poli . Invece non è forse il caso di ricordare XO.: t<i.yOVO'C:U E~ 1'Gt i:ap.1n11 '1:0U i)av<i.i:ov;
i 1t0ÀÀo( di Mc. IOA5 par.; 14,24 par. (come dr. anche q ,12: -.a liÈ 'tEÀ.ru-raia aùTijç
fa Sc11N!EWIND, I.e.), perché ivi mÀ.ÀoL equi· (scii. Tii.; bòou) EPXE'too. r~ 1'Vìlidva ~&ov.
vale a 1'.cl\1-tf<; e non viene contrapposto ad Spesso Filone con òS6ç usa iiyoua-a (-+ coli.
è}.iyo~. Ceb ., lab. 15 {-+ rol. 2o6) e Philo, le[!.. r?r; 172; 174), Giuseppe cptpovao.. -+ coli.
ali. 1,98; agric. 104 (-> coll. r 79s.) sono solo 181 s.
(v,77) 114
una ricerca senza successo; non è quin- lo schema delle due vie, in modo che
di la ricerca giusta e non può essere e- accanto alla vera liguri anche la falsa ,
quiparato all'àywvl?;EcrOa.~ (sforzarsi -+ impedisce pure che il concetto di via si
1, coli. 367 s.; li, col. 252), a meno che avvicini già qui all'uso linguistico pre-
per ?;1rrti:v non si debba assumere addi- gnante che assumerà più tardi, da un
ri trura il senso d i desiderio vano, vellei- canto in Hebr. 9,8; 10,20, dall'altro in
tario m. Però il trovare di Mt. 7,14 non Io. 14,4 ss.
dovrà esser concepito come premio b) La via al sa11111ario i11 Hebr. 9,8; IO,
d'una ricerca precedente, perché qui, 20
come spesso altrove (-+ m, col. 1192), Hebr. 10,19 s. si riallacci.a a 9,8 ss.
esso rimanda al mistero dell'azione di- (-4 1v, coli. 887 ss.). Perciò si può pre-
vina: trovano la porta e la via della vi- sumere che l'uso linguistico di ol:ìbç io 9 ,
ra quelli a cui l'accesso alla vita è dato 8 e ro,20 sia affine. Per 9,8 si sarebbe
in dono 119• Pertanto gli oÀlro~ corri- portati del resto a intendere la dizione
117 HuBER, o.e., 155, si appella a 7,7 e da 7, quadrato erroneamente. -+ ll<.JRNAUSER 207 s .
.3 ' s. deduce che, se l'uomo si perde, cioè non mette insieme tùplaxtw con dri di .V ll8,45;
riesce a trovare, è lui stesso colpevole, perché però è da ritenere un tentativo forzato <{utl-
non ha cercato abb...,tanza. •La negligenza lo d 'introdurre in .Mt. 7,13 s. b terminologia
nella ria:rca gli fa perdere la possibilità di del!• pietà l~galis1ica rabbinica. -+ n. n2 .
trovare. Quesro conferisce alla parola di Ge-
s ù la sua gravità estrema e impone al disce- 119 ScttNmWINl>, l.c., ad l. li parallelismo con
polo una responsabilità tutta persona!~ per il 7,13 impedisce di riferire 11.vffiv a rtç "tTJV
suo fururo eterno,,. ~wfiv. Di trovare (e raggiungere) la '' ira non
111 ln-+ 111 , coli. r531 s. il passo è quindi in· si parla neppure altrove nel N.T.
215 (v,77) òii6ç C 2 (W. Michadis) (v,78) H6
-ri}v -rwv àylwv ò86v 110 - benché qui 1tapp'l)a-la 121 e cosi s1 è portati a chie-
-rit èiyw. significhi già il vero santuario dersi in quale rapporto reciproco stiano
del cielo - partendo dalla soggiacente t~croooc, e ò06c;.
topografia del santuario terrestre, cioè Ne segue forse che ei'.o-oòoç non <le·
del tempio dell'antica alleanza, che tro- v'essere inteso spazialmente, prescinden-
vasi in 9,1 ss. Non si presupporrebbe do dal fa tto che anche òOéc, non può es-
che ò06c; possa appartenere a una termi- sere inteso come via in senso spaziale
nologia indipendente dalle rappresen- (proprio o figurato), ma, come ELO'oooç,
tazioni spaziali soggiacenti a 9,r ss. deve significare accesso? Che òlìòc, pos·
(considerazione che invece va fotta sa avere quest'ultimo significato, lo di-
per 10,20, ~ col. 216) . Si combinereb- mostra bensì 9,8, però qui a òOòc, di
be òoòc, (9,8) coll'do-laow (entrano) u- 9,8 corrisponde già EL<Yoooc, di 10,19. È
sato in 9,6, ravvisando in ò8éc;. un so- difficile risolvere il problema, anche se
stantivo che non indica tanto il tratto si parre da ÈVEX«LVWEV (~ IV ' coli.I 36 I
di via che introduce al santo dei santi, ss.). In ogni caso i significati di inau-
quanto invece la possibilità di entrare, =
gurare e e11ceniare ( usare per la pri·
cioè l'accesso nel senso di avere la ca- ma volta) favoriscono piuttosto il con-
pacità o il permesso di entrare. Ti -rwv cetto spaziale di boòc,. Anche la costru·
&.ylwv òoòc, corrisponderebbe allora zione parla in questo senso; infatti Évt·
completamente alla dizione usata in 10, xalvwev è costruico col doppio accu-
19: Ti Ei:o-oooc, -rwv &.ylwv, «l'accesso sativo, in modo che ijv riprende bensì
al santuario», perché anche Ewoooc; non il precedente dc; -ri'}v tl'.o-ooov, ma òoòc;,
significa qui l'entrata (in senso edilizi.o in quanto accusativo del complemento
== la porta), ma l'accesso ( ~ col. 301 ) . predicativo, è più indipendente di dtro-
Ora, la proposizione relativa di 10, ooc; 122• La concezione spaziale di òo6c; è
20: fiv ÈVElW.LVtO'EV i'}µ~v òoòv 7tp6crq>a· resa probabile anche dalle parole se-
-rov xat ~wo-av x-rÀ.., «(la via) nuova e guenti: Sta 'tOV XIX'tO:ltt'taV{.l.«'tOC,, «at-
viva che egli ha inaugurato per noi, traverso il velo» (--). v, coli. 254 ss.),
ecc.», si riferisce a efoolìoc, (e non a mentre le determinazioni che restano
110 RIGGEN:BACll, Hebr. '·' 249 n. 93; 61.ASS· a riferi re i\v a na.pPT)CT(ocv.
DEBRUNNER § 166. La traduzione «la via dei 122 Cfr. Hebr. r,z: i:v vt~, O'J l&rptev x).:ripo-
santi» in -+ K;\SF.MANN 19 va forse considera- v6µo'> 7t&V-.<.)'J e BLASS-DEBRUNNER § IJ?, l .
ta uo lapsus. W.1NDl.SCH, Hebr., ad l., riferisçe il passo di
m Con.tre HWCENBACH -+ o.e. 3q. Il riferi- Hebr. a 2 Cor. io,13; ma q uel la costruzione
mento <li fiv a do-oooc;, come lùGGENJIACH, n. dev'essere valutata in modo <li\'erso (dr.
73 suppone, non «è condizionato dal s ignifica- BLASS· DEDRUNNER § 2 94, 5) e non si pu(> rite-
to locale di questo term ine», e così pure il si- nere di<: òli6ç sia una ripetizione di e\o'oooç in
gnificiro non locale di Efo·oooc; non costringe ragione di quel p3ralldo (solo apparente).
21;( v.;f<) é06; C 2 <W. Michodis} (v.ìSl :218
coUegacc :i oooc,, cioè r.pbaq>cx'toc, e çw- •ov xa:t çG:Jo-av, deve averlo fatto per un
r:ra, sono neutrali, in quanto 11p0ccpa:toc, motivo preciso, se non si vuole assume-
(nuova) si adatta ad ambedue i signifi- re che la leggera mutazione dell'imma-
cati, mcnlre 1;Wo-a. (vivente) risulta sor- gine sia ùov1w1 soltanto al desiderio,
prendente sia per l'uno che per l' altro. conscio o meno, di variare l'espressione
Se, dunque, in 10,20, «con una leggera senza variare il concetto.
mutazione dell'immagine», «in quanto D 'altra parre potrebbe darsi che il
ora non si parla pii1 dell'accesso, cioè motivo per cui l'au tore parla d'una vi:1
dell 'a utorizzazione ad emrnre, ma della sia da cercarsi fuori <lei contesto, per
possibilità spaziale d'ingresso» m, òlì6c, cui 61ì6c,, benché inteso di per sé spa-
significa via, ciò non si può senz'altro zialmente, andrebbe separato dalle rap·
dedurre dalla presenza di dr:rolìoc, in 10, presentazioni spaziali dcl santuario ce·
i9 (e neppure dall'uso di òlì6c, nel lon- leste che dominano tutto il brano.
tano 9,8), ma deve avere una ragione Infatti bisognit ancora considerare che
speciale. Ci si può spiegare la cosa an- Otà. -.oii xa.•a.itE'ttioµa-.oc, non ne-
che cosl: 61ìòv 11pbr:rcpa.•ov xa.t ~<Ma.v cessariamente deve appartenere alla
potrebbe mancare senza che la proposi- proposizione relativa, ma può esser ri-
zione relativa suonasse incomplern, op- ferì to a elc, -ri)v Ewolìov •wv à. y lwv e
pure anche nella proposizione relativa a lv • Q a.tµa.•1 ' IT}croii, dato che anche
potrebbe stare d<7olìov invece <li òoov. 10,2 x dipende ancora da g)(OvtEç che
Ma se l'aulore ha scritto òlìov 1Cp6cnpa- sta all'inizio, cioè prima di 1o,19 124•
m H. STRATHMANN, Hebr. (N.T. Deutsd1 9), al santuorio !ì~à. "Tiiç uapx6ç aii"Toii. Oie que-
ad I. sto non possa csSt:re inteso nel senso e.li o<à
124 Iii q uesta costruzione dcl 1.>eriodo. tra le •nç npoO"cpopàç nù o-wrux-roç 'I. Xp. di ro,ro
due detc1·minnzioni (lv i:0 cxXµai:~ 'friooii e è chinro, perché il li<<i, che dovrà avere ugual
!ìi.à. "TOV Xet'taJtE'tiio11a:toç o !ìl.à. -rii~ O"apxòç senso nelle due lon17joni: o~à. •oii XCl'tGt1tf·
aui:ov) si srabi lirebbe un nuovo raJ)porto. i:&:aµa"to~ e òt.à -ti}<; ao:pxòç a.V-ToV, in 10,20
Sorge pure il problema se sia giusto dire che non può a vere senso strumentale, ma locale.
il velo è in1erprcra10 come la uap~ di Gesù, Però con questo non è ancora detto che la cor-
o se inve<e non si dia il caso inv~rso, che tini debba essere intesa come un ost:>eolo da
la uiip~ di Gesù venga equiparata al velo e superare. Negli altri due passi di Hebr. (6,19;
che il velo sia nominato prima perché così 9,3) in cui viene menzionata, la cortina non ha
suggcrÌI•• l'immagine del santuario celeste ri· la funzione di impedire l'entNta, ma dì separa-
chiamata alla men te con (tfoolìoç) 'tWV à.yli.vv. re la parte interna del santuario (cfr. Ex l6,33)
Se in questo modo non s i fosse arfntto inteso e di i11dicnrnc così la particolare impor• anza;
dire che Gesù è stato li pti1110 a percorrere conseguentemente in 9,7 s. non si parla della
In via attraverso il velo (un'asser•ionc che di cortin:i (in quanto impedimento), ma è chiara
per sé è coerente collo spirito Jcll'autore; l'idea che l'accesso al santuario sarà pmsibile
cfr. 6,19), allora non sarebbe più necessario soltanto dopo la rimozione «della prima 1e11·
né possibile chiedersi che tosa ahbia signifi- da.. (la cortina, la seconda, secondo 9,3, non fa
cato per lui, SU questa Vi:I, OJ.Ò: 'tijç O"CtpxÒç parte neppur essa della prima tenda). Cosl
a.1'.i"Toii; solo per noi avrebbe senso :wcr accesso sembra prudente non intendere la cortina CO·
òooç C 2 (\Xl. Michaclis) (V,80) Ho
Allora la via non sarebbe quella che comunione con lui . Nell'A.T. non si
attraverso 1.1 cortina conduce nell 'tc;W- parla mai di una via in senso cosl pre-
'tEpov 'toii XO:'t0:1tE'tac;µo:'toç, cioè nel gnante, e neppure in Filone, in quanto
suo interno (6,19), e non potrebbe esser dalle varie espressioni ch'egli usa (via
considerata affatto una òl5òc, -r:wv ò:ytwv; verso Dio, via regale ecc. ~ col. 172)
ma in questo caso il dono di Gesù, quel· non risulta mai un uso linguistico as-
lo con cui egli ci ha d11to il diritto di en- soluto, che gli permetra di parlare del-
tra r liberamente nel santuario, sarebbe la via in sé e per sé. Un parallelo nel
designato nella proposizione relativa con N.T. può ritenersi, al massimo, lo.
un'altra immagine, indipendente dalla 24,6 (~ C 2 c). Ma vi è una differenza
prima, cioè con quella dell'apertura di non trascurabile, giacché da Hebr. 10,
una vin nuO\'a e viva. È però difl.icile ac- 20 non si può dedurre in nessun caso
mc un impedimento ostile, ma com~ il limite oongiungc -.ou xa-rctr.€<. X< À.. solt.a mo con
oltre il quale comincia il sanrunrio (anche la tvtxa.lv•o-tv (non con ò!>év ): in questo modo
o-c\:ps di Gesù sorebbe da intcndc1·e in modo l'asserzione vale solo per Gesù, e non anche
corrispondente: al di là della sua uc\:pl; "" per i credenti.
dopo la sua morie). Se questa spiega2ionc è •?\ Sebbene sembri che Efrem abbia letto iì
r,iusi.1, è' ancor più difficile. accctrnre quanto
dire .._. KA.sEMANN 14.S ss., quando intcrpreca
(RIGGENDACM, o.e. 3c3 n . 73), deve ritenersi
come unanime b lezione i')v. Sarebbe quin·
Hebr. ro,19 s. partendo da concezioni gnosti-
di discmibilissimo congetturare un O<; (dn
che: la coctina corrisponderebbe al «muro di-
riferirsi a Gesù) :li Posto di iiv, anche se è
visorio fra il cielo e la rerrn» che circonda vero che ciò eliminerebbe cerramenre una por-
la sfera della materia e impedisce la libero te delle difficoltà.
ascesa delle anime a Dio; la crc\:ps di Gesù
sarebbe considerata come espressione della tlò O. MI CHEL, tle/Jr. (1936), ad I.; R tGGEN·
materia; essendo nella morte cornaco libero DACll, o.e. )I4; $TRATI1MANN, /.c., ad I.; ~ lii,
dnl corpo carnale, Gesù ha distruuo la corti· col. 1446 n. 25r. L:i designazione cldla via CO·
na ed ha aperto una breccia J'.lér i suoi nello mc 1tp6o-q>ct'\'oç (solo qui nel N.T .. l'avverbio
sceccaro della materia . RtCCENBAOI, o.e. 315 s. corrispondente in llct. 18,2) non deve farla
221 ( ,·,l<ol olio~ I ~ 2 (W. Michaelis) (v,81)222
una d..:signazione di Gesù come via, è usato oooç emergono dal contesto del-
qu<1lc ci è nota da lo. r 4,6, possa va le· l'inizio dei discorsi di addio. G esù non
re come un precedente Jell'uso di parla del suo destino personale dopo
òo6ç in Hebr. rn,20, poiché allora l'uso morte, ma della situazione in cui lasce-
risulterebbe involuto e attenuato. Po- rà i discepoli. Quando in 14,2• sono
1rebbc darsi solo il caso inverso, che menziornue le moire d imore ( 1.~ovu.t 1tOÀ·
cioè dall'uso pregnante di òooc; in Hebr. À.al) della cusa di Dio, nell'esprcssio·
10,20 si sia sviluppala più rardi la Je. ne o!xla. -toìi 7ta.<tp6c; µov, «casa del
signazione di Gesù quale via (cfr. però Padre mio», si affcnua che G esù, in
~ n. 147). L'uso pregnante stesso, co- quanto figlio, <.<possiede un diritto ina-
me è attestato in Hebr. 10,20, potreb- lienabile e mai perduto di abitare in
be essere una creazione dell 'autore, op- questa casa di Dio» 121 (cfr. 8,35); ma,
pure della prima comunità cristiana (di come il testo indica, si parla delle mol-
cui mancherebbero altre attes tazioni ), o te dimore non perché il ritorno di Ge-
risalire a un influsso dell'ambiente. Ma sù a Dio debba essere spiegato prima-
di ciò non è stata ancora fornita alcuna riamente come un ritorno nella casa del
prov:1 m _ Data l'incertezza dell'origine P:idre (e perché una di quelle dìmore
di un uso pregnante, sarebbe più sem· sia riservata a lui stesso), ma esclusiva-
pii ce attenersi a una leggera modifica mente perché que~te molte dimore sa-
dell'immagine, senza particolare impor· ranno a disposizione dei suoi discepo-
tanza (~coli. 2r7 s.). li 129• Le dimore rappresentano il termi·
e) Gestì come via m lo. 14,4 ss. ne a cui porta In salvezza (~ vu, col!.
Gli enunciati di lo . 14'4 s. e 6 in cui 4l ss.; m , coll.10r9 s.); «la 'casa del P a-
contrapporre a una via vecchia , perché 1ier e to,20, ò06ç ricorre in Hebr. soltnnto in 3,
questa romrapposizione Hebr. us~ xmv6ç o 10 -+ col. 246). Queste due osservazioni non
vfoç, e inoltre, secondo 9,8, prima non esiste- nutori,.zano irrro ad affermare un influsso de·
va aku n alrro ncresso. cisivo dell'idea gnostica della vÌQ o dello pere-
127 --.. KiiSEM.ANN 145 ss. illustranJo H~br. grinazione, la cui diffusione è provata da KJi.
10,r9 s. (--.. n. t24) inqundra sia ttcoooç cnc scmann con molti testi, i quali però non him-
booç (r 17 n. i) so110 l'idea gnostica dell'asce- no tutri lo stesso valore; per es. in O. Sai.
sa Jclle anime a Dio; per questo (o c. l9) im· 33,6 s. (o.e. 31 s.) non s i trova l'idea d'una pe-
tC1trinazionc, rm il noto significalo Ji vie i r1
piega questi passi, oltre od Hchr. 9,8, a so-
qua1110 comportamento o comttndamc111i (sui
stegno dell'idea dcl popolo di Dio peUci:ri-
testi che Kiisemann trae da Filone --.. n. 6o).
nante. Però Hebr. lO,r9 s. e 9,8 sono molco
lontani dall'idea d'uro peregrinazione. Q ui si 11a ZAHN, ]oh."' 55 2 .
tratta dell't.•n1ra1n nel santuario {nnche l'en- IZ9 Si potrebbe dire che, come Dio non 3bi·
trata dci sacerJ01i e del S<>rnmo saecrdot~ di ia i11 queste µovo.,, essendo piuttosto il p::I·
9,6 s. non è una peregrinazione}. D'altra p~rtc , drnnc di tutta la casa, cosl non vi abita il Fi-
quando in H ebr. esiste realmente il motivo glio, pcrcl1é anche a lui appartiene tutta la
dcl popolo di Dio in C11mmino, manca com- l'asn. Diversamente intende ZAHN, I.e., secon·
pletamente il termine òlloc; (oltre che in 9,ll do cui l'enunciato di 14,2' vale «in primo
oli6c; Ci (\'ìl. Michadis)
dre' e 'il regno di Dio' non possono es· torno, nelfo parusi<L N~. d 'altra pJne,
sere tra loro separati»; «l'ammissione la cosa può essere supposta, malgrado
dei discepoli nella casa del Padre avvic· la vicinanza della profezia di 13,36 (che
ne per mcr.zo della parusia» 110• Comun· si riferisce primariamente al solo Pie·
que debbu essere inteso 14,2" e il suo tro) IJI. Anche la conclu~ione di q,3:
rapporro con q,3, anche in 14,3 l'RC· LVa èS7tOU tlµt tyw XCZÌ. \iµ(i;ç lj'tE, «af-
cento non è posto su ciò che l'andata e il finché dove sono io siate anche voi»,
ritorno di Gesti significano per lui stes- confermo la spiegazione fin qui dt1ta, irr
so, ma su ciò che significano per i suoi quanto non parla di un'eguale andata,
discepoli: egli preparerà loro un posto ma dello stare insieme nella stessa me-
e poi li prenderà con sé (1tp/>ç it.iatrTov ra (cfr. r7,24; invece 12,26, nel caso che
== nella casa del Padre = ?tpòç -tò'' m1· implichi la passione dei discepoli, non
-ripa, i4,6). Come: in 1.p Gesù e i di· può essere un motivo per trovare l'idea
secpoli non sono equipara ti perché le del ·martirio in 1 4 ,3 ).
µovai sono soh.1mo per loro e non per Do quanto s'è finor.1 esposto risulta
lu i, così in 14,3 la sua andata e ht loro che la comprensione di 14.4 ss. non va
non sono poste sullo sh:sso piano. So. impostata partendo da t.+,2, nel senso
lo Gesù 'vn'; di un'andatn libera dei di. cioè che l'uguaglianza di Gesti e dci
sccpoli non si parla, perché essi vengo discepoli nell'andare, e quindi nell,1
no presi dg lui in propria compagnia via, debba costituire il presupposto de-
(anche l'EPXE'ta~ di 14,6 non elimina cisivo. Per capire ciò che s'intende con
questa differenza, anzi dev'c;-ssere inrer- oU)a-tE non è lecito riallacciarsi né a r 3,
pretaio in base a 14,3). L''andare' di 36, né a 1 2,26. Anche più nvanti ( l .j,
Gesù significa il suo morire. Però qui 6) Gesù enuncia ciò che era inteso in
non è detlo che si debba pensare anche q,3, ma non è necessario ant icipare;
alla morie dei dio;cepoli, né ianto mc hasta dedurre la spieg:uione da 14,3 (a
oo nl loro martirio; infatti ntlll ì: accen- cui non u caso L4.4 ì: :iggiunto con
tuato il paraUeli~nio e inolrrc non è xal)· i discepoli s:inno dove Gesù vn,
detto che Gesù prenda con sé i disce- perché l'ha appena detto, e conoscono
poli alla sun andarn, ma solo nl suo ri· b via, perché egli ba parlato anche di
luui:u per Gesù•. il quak però «llOll \uolc e suhn sopra11utto dftl fauo che il problema
non deve rc•tnre l'unico n 1rovarc col:ì la sua (chè ai tempi di Poolo agitava 3.D('Of'lt gli ani-
di1nora perrni11>entc•, C('1·. mi) di sapere se sarà concesso a qualcuno di
"' ScHLATTU, /ub. 192: non è cb pensare al po1cr vivere fmo a vc:dcre In parusia, qui non
'cielo' e quindi 11CpJ1',1re n una p:in~n1.a di si pone neppure. è vcramcn1c intcrcssnn1c
Gt>sù che co;uisrn in un'asccn~ionc (nl ciclo). consraiarc che in questo pns~o il problema dcl
Ili Comro ZAt1>1, n r. 5J5· u poca impor1an· ri1•1·do della parusia non si fa sentire in alcun
za qui :111ribui1a ali~ rnone dei discepoli n· m0<h
(v,82) 226
quesrn. Di chi è infatti !:1 via di cui par· r4,4 dovesse e~~cre ritenuta originari;1
1.1 in q ,4? Della via dei discepoli non la rc-0.izione: xcxt onov tyw v7t6.yw o~
si parla per la prima vohJ (in modo e- oa:tE xa~ "ti}v bOòv oroo:i:E lll. Allora
sclusivo e inconfondibile) in 14,6. An· il senso sa rcblx:: do quanto Gesù ha
che la domanda di l4 ,5: TCwç oiocx1.1.Ev deu o, i discepoli sanno dove egli va,
-;'Ì)v éoi>v;, «come possiamo cooo:>«re lu cioè clic anch·~~i devono giungere nel·
via?», se deve avere una risposta in r 4, la casa <li Dio, e sanno pure quale via
6, può riferirsi solt,inw olla via dci Ji· li conduca colà, cioè che egli li prende·
scepoli. Tommaso, quando domanda, rà cuo sé. Le parole di I4.4 dov rebbe-
mostra forse di aver frainteso le puol1: ro mantenere la loro omogeneità anche
di 14'4? Egli non ha capito donde a- in questa redazione in due membri:
vrebbe poluto conoscere lu strada, ma il primo membro prepara il secondo e
hu certamente inteso che la via e r:i p:ula deU'aodnu di Gesù soltanto per-
quella dei discepoli. Quesia interpreta- ché questa è il prc:;upposto della situa-
zione dev'essere mantenu ta anche per zione promessa che vedrà i discepoli in-
le parole xcx.ì 1>7tou Èyw irmiyw otoa:tE sieme con lui. Anche ciò che Tommaso
i:fiv òoov, •e del luogo dove io vado dice in 14,5 porta alla stessa valuta-
voi conoscete fo via». Se, come abbia- zione: solo fa seconda frase è in for-
mo visto, in 14,2 s. l'accento non è po- ma interrogativa, e questo indica che
sco sull'anda111 e sul ritorno di Gesù la sua domand.1 riguarda solo la via che
ma sul significato che l'una e l'altro a- dovrehbe essere nota ai discepoli; la
vr:tnno per i suoi discepoli, allom ortov espre~sionc preceden te: ovx otlìcx~v
Èy~J vmiyuJ (malgrado il rilievo dato u noù intO.ytLc;, «non sappiamo dove
tyw) non può riferirsi al destino di Ge- vai», nrcenna :ti presupposto senza av<l·
sù (come in 13,36). Inoltre vmiyw. po- re un peso pro prio, e non è eia p:irn·
sto dopo lo menzione dc l ritorno, non gonare alb domanda di I ;,36: noi:i
solo :indrà inicso come equi\•alente dd vnaytt.<;; «dove vni ?». Pc.:rdò, sia in
T.opEik>µcu dt 14,2, ma includerà :mche r 4 ,4 che in 14,5 si tratta della via dci
1.1 nuova andata di Gesì1, quella che se· discepoli. Analogamente in i4,6 la ri-
gui rà il suo ritorno, nelln quale egli, se- sposta di Gesù no n parla della sua via,
condo x4,3, prenderà i discepoli con sé; ma soltnnto di quella dei discepoli.
anzi questa seconda andata potrebbe es· Cosl risulta che t 4,6 (se prescindiamo
sere il concetto princip:ile (in quanto ancora dai concclti J i ' vcdtà' e ' vita')
OTtOV Éyw v1t6.yw si riallaccio a 07tOV et- si conneue con 14,4 s. e 14 ,2 s. in un:i
p.i. tyw ). 11 contesto sarebbe chiaro se in serie omogenea di enunciati. La spiega-
zione data in 14,6 coincide con quanto Se essa vuol escludere pokmicamente al-
è stato detto prima e la esprime ancor tri tentativi di p,i tini.:c rc :1 Dio, quesr.i so-
più chiaramente. Ciò che s'intende di· no in prima linea non quelli di un qual-
re con éyw dµL ii òo6c; è spiegato nel siasi altro, ma dei discepoli. Però è pos-
v. 6". Pu r se, :1 proposito della locuzio- sibile che nel v. 6" non importi tan-
ne oL'ɵov, non è forse il caso di ricor- to l'aspe tto negativo dell'enunciazione,
dare che anche oooç può essere unito n qu ant o invece quello positivo e che l'af-
oi6. (cfr. Mt. 2,12; 8,28;-+ coli. 186) fermazione voglia solo confermare l'i-
- benché ot'htoù abbia prevalenremen· dea del v. 6". Così anzi si dovrebbe si-
te un valore strumentale (in cui può tra· curamente intendere, se 14,6 fosse, a ri-
pelare l'accezione di luogo, -+ u, col. gore, la semplice risposta a 14,5; infatti
9 r 2} -. è comunque chiaro che col v. 6b Tommaso non pensa che ci siano ahre
di fatto non s'intende ah.ro che '!tllPll- vie che porrn no al Padre, ma confessa di
À:r11.ujJoµaL ùµciç . Anche 11pòç 'tÒv 7tll'tÉ- non Sapere quale sia l'unica via di cui
pa del v. 6b corrisponde a r.pòç ɵav"t6v Gesù ha già parlato. E la risposrn è che
di 14,J. Questa equiparazione, già vi- Gesù, e soltanto lui, è per i discepoli la
sibile in 14,2 (nel rango occupato da via al Padre, perché lui solo, in quanto
Gesù nella casa del P adre suo), viene Figlio, ha il potere di prenderli con sé
ulreriormenie fondata in r 4 ,7 ss. Il ca- nella Cllsa del P11dre. Conoscere la via si-
rattere esclusivo di Éyw dµt è sottoli- gnifica sapere che ci si deve lasciar
neato dal v. 6b. Tuttavia il v . 6b, co- prendere da Gesù e introdurre nella co-
me è formula to, non si riferisce solo munione con lui, e che questa divente-
alla cerchia dei discepoli a cui è rivol- rà perfetta quando si starà insieme con
to il discorso priJlla e dopo; infatti esso lui (v . la fine di t4,3)m.
non dice: ovoelç È~ ùµwv, «nessuno di Su un punto però 14,6 potrebbe al-
voi», ma semplicemente où&Elç (cfr. Mt. lonta narsi da quante precede. Come le
11 ,2 7 ). Però la validità universale di parole di 14,2 ss. avevano in vista In pa-
questa affermazione non verrebbe me- rusia e tendevano a rilevare che Gesù
no anche se nel contesto essa dovesse dopo la parusia prenderà con sé i disce-
riferirsi direttamente ai soli discepoli. poli nella casa del Padre, così 14,6 è
IJJ t; pc:r questa into:nzione di riferirsi solo a se ne parlu, e l)uiodi in questo contes10 non
Gesù che resta assente qualunque ide• ri· convitne pensare alla prova da dare d 'esser
guardo n ciò che devono fare i discepoli. Re· discepoli . Con tro ZAHN, o.e. 556 che, appel-
stercbbc senza dubbio escluso che essi pos- landosi a 1 >.36 e ri,26, pensa alla sequela e
sano giungere al Padre grazie ai loro sforzi alla sofferenza che l'accompagna; diversamen-
perwnali; ma si potrebbe almeno pensare al· te intende SCHLATTER, /oh. 293, che in '14A
le condizioni che Gesù può porre a quelli che trova espresso l'impegno «all'azione e al ser-
lo riconoscono [l<'r loro vin. Però io 14,6 non vizio».
:;?. .:!,•J f \ ' .,.'\',
formulato 111 modo che, ~e 11<111 fosse Finora abhia11111 messo in rilievo che
p rcccdu1.1<l.1 q,2 ss., queM.1 t•nu111.i:ur.io· l'affermazione tyw Ei.µ~ ii ò&bc; (e la
ne po• rchlx: essere imesa in ambe.tue le spiegazione che n e segue al v. r4,6b)
sua pani come presence c ,-,1li.!:1 per o- n:isce spont:one~mcnte eia quanto è deno
gni tempo e non allauo in senso escJ u. in 14 ,2 ss.; mi non sembra che questo
sivamc111c escawlogico. E allor.1 il veni- valga anche per la continu azione xa.t 1i
re JI Padre significherebbe il ragg1ungi- 6:Ài)ilna. xa.l 'Ì} ~wfi. in q uanto da quei
mc1110 della comunione co n 1)10 . Que- versi precedenti non traspore nessun
srn incerpretazione sembra perfino sug- motivo per cui si d ebba for menzione
gerita da 14,7 ss., dove la conoscenza e dì questi concc11i. D'altra parte òOòc;,
la visione del Padre, comunicata come Ò:À.'ÌjÌ);La. C swi} evidente mente non stan·
possesso eia Gesù, dovrebbe esser lo no semplicemente allineati uno accan-
stesso che venire al Padre. Tuttavia non to :ill'ahro, ma òObc; è il concetto sovra-
è il caso di credere che r 4 ,6 sia deter- ordin.1to. Lo rivela chiaramente il v. 6"
minato esclusivn men1c dalle idee di 14, che si riollaccia esclusivamente a oSé<, IJ.•.
7 ss : troppo stretto è il rapporto con Sembra naturale intendere à:),-f}ìlnet e
14,2 ss. Invece, o il passaggio all'cnun- swl} come la meta a cui conduce òSòc;.
cinzione presenziale comincia in 14,7 (e Però in questo caso Gc~ù non andreb-
allora 1 4,6 è 1rncora inteso in senso e- be in teso soltamo come vìa che con-
sclusivamente escatologico), oppure 14, duce a quella met a; ciò s:1rcbbe con-
6 offre solo un orientamen to escatologi· tro il testo, il qua.le co llega ugualmente
co, come la domanda di T o mmnso :1lla rutti i ire concecri con Èyw El.µ~. In
quale risponde e come 14,4, ma, per una questo caso si potrebbe quindi soltanto
rispondenw cli contenuto, ha dcl pui affermare che Gesù è d etto insieme e
un valore attuale e generale e può per- via e meta. A sostegno di questa spie-
tanto rinv ia re a 14,7 ss. Per decidere gazione, poi, no11 po trebbe addursi che
quale delle due possibi lità sia da prefe- anche Tommaso (14,5) parla della via e
rire sarà utile precisare il rJppo"o di delln meta rn. Abbiamo visto infatti che
aÀiJllELa. e swiJ con òSoc;. ambedue le proposizioni di 14,5 devo-
l}I Anche se &'lµo;i fosse: inteso in senso e vale, X4À0ç, CÌÌ.l)b~vc)ç). Un 'oo:czione è rnp-
sc.lusivameme suumcnulc (ma dr. -. col. J'US<oncota so112mo <bll'~nunc1a10 in due mem·
l27), quest• d12ionc è, in contes10 con fpxc- bri <li lo. 11 ,21 (l'ns:1enza di ~wt) dev'essere
-ra~, cosl sorcuu1ne111" orien1tlla su ll'immnginc ri1cnuta secondario) Però, d.1to che in 14,6
dcllu via , che non rimane spazio per un rip- òlioc; è l'elemento principale, qucs1'enuncia10
pono corrispondente con d:),i)Oua e t;.....t,. Le è più vicino alle formule monomembri che "
..!tre cnunciaziom giovannee con hw c~u quella bimemb.., di 11 ,25.
contengono tutte un conce110 solo, benché rn· i J> Clr. BAuER, ]oh., aJ l ., secondo il qunle
rnmcntc esso sia senz~ un'oggiuntn (tjç Gesù si occupa dclln .. dopria do111andu di
!',wijç, 't'O'J X0011C>U. opp11 1e, Jn fonnn aa&Clti· Tomm11SO (che poi non è doppin né ndla lor·
éB6; C 2 (W . Mich:iclisl v, 5) 232
1na, né nel çonttliuto) «rjspondcnJo sepntah\- non L . mezzo per il fine, ma è insieme via
mente alla domanda sulla meta e a quella sul· e m<:ta (l;wi})» (R. l3u1.1·MANN -+ 1, col. 662).
Lt via•. 1.11 Cfr. ScuurrEK, joh.294; F. BiicHSEL, job.
136 Però sembra impossibile che 6.ì,:l1Dmr. sia (N .T. Dcuisch) t1<l l.; -> Sc.1wErZH 166: «La
il concetto dominnnte, oppure che sia acccn· via çhe vien caratrerizzata mediante 6.).i)ilrnx e
1uato sl che si possa dire che «la ri\'cle•ione r;,.,i)..
(v.86) 234
ri in 14 ,2 ss. (-+ coll.226 s.). cH.i)ilna e l'acrnstacnento cli 000<;, ~À.'l')frELCt C ~Wi)
sw-fi
aµA iung111w '' òoòc; q ualcosa che è partendo dal significato c he ques ti con-
nuovo, sl, ma non estntnco o lontano, e ccui , presi sio3olarmente, hanno nel
l'impieAo di 6o6c; in 14,6 si spiega bene compk5so del pe nsiero giovanneo. L'i m-
con ciò che precede. Data questa situa- piego dcl solo 6o6ç in antitesi con la T o-
zione, non esiste alcuna nccessi tà di sup- rà sarebbe poi un 'ipotesi valida soltan-
porre u n influsso esterno al contesto sul- to se òooç in 4,6 non fosse collegato
i
la scelta dei concetti ricorrenti in q ,6. canro bene a òOéc; di 14,4 s. e alle im-
Dcl resto i tentativi e le proposcc che magini che stanno a base di 14,2 5.
si possono fare e sono stati fatti a que- Se l'omogeneità di 14,2-6 non per-
sto riguardo non soddisfano minima- mette di considerare la pericope come
mente. Non esiste un influsso dell 'A .T., una polemica contro In Torà, pro prio
perché ivi manca l'uso assolu to di òo6<; questa omogenl!ità potrebbe indurre a
e le espre.~sioni òOoç ci).'l]i>Ei..o:c; (-+ col. ravvisare in tutta la pericope la conce-
147) e òoot l;wiic; (~ col. 148) non zione gnostica del viaggio celeste del-
sono paralleli diretti. Le dizioni cor- l 'anima(~ col. 133 ), il cui influsso sa-
rispondenti di Filone (~ coli. 171; rebbe in negabile in altre parti del V:m-
174) sono per contenuto ancor piLt gelo di Giovanni 140. J n ve rità, tale inter-
lontane dall'affermazione di Giovanni p retazione suppone in ~enere che la pe-
(dr. anche ~ n. 59). Si potrebbe pen- ricope non sia isola ta e che quell'influsso
sare piuttos to che in lo. I4,6 si abbia gnostico non sia presente soltanto qui.
un 'antitesi alla Torà, tanto più che nel Ma subito si affaccia un 'obiezione (an-
IV vangelo si applicano a Gesù altre che a prescindere dal proble ma della
enunciazioni riguardanti la Torà (-+ VI , reale dimensio ne di tale tendenza gno-
col. 379). La Torà fu renlmente defi- stica dcl tv vangelo): se l'idea della via
nita ori1 via, ora verità e ora vita iia, ma - che già sta sullo sfondo di r 4,2 s.
non tutr'e tre insieme •J9. Perciò non è e domina poi nei V\r . 4 ss. trovando la
il caso di interpretare lo. 14,6 come se sua espressione nell 'uso del termine
nel suo insieme fosse di rct10 contro la ooòç - dovesse essere collegata alla con-
Torà. Si può invece s piegare meglio cezione gnostica del viaggio celeste del-
118 --+ v1, col.379, 1, coU .659 s., n.34 ; S TllACK- véµoç xvpLou solo a partire dal v. rb); que-
BILLUBECK, indice, s. v. sto significato trovasi anche in boòç aÀ.T)Delcxc;
l.l'> K. 13oRNIUUSER, Dar foh111111ereva11fl,clium, nl v. 30 (contrapposta alla Ollòç ci.IJ~xl11.ç del
ei11e Missionsscbri/t /iir /Jrnel (1928) 84, ri- v. 29) e nel '" 37 (Èv tji ò&ji uou l;ijaév µE)
manda a l)r 118,1.30.3;.. Ma •nche questi pas- bilo<, è la ,.i~ comandata da Dio, il comanda-
si, benché si tro\lino nello stesso salmo, non mento divino(-+ col. 148).
risultano un vero parallelo di fo. q,6 : ol v. t ''° IJAVP.R, ]oh. a 14,6; -> Bu1.TMANN 100 ss .,
òo&:; ~ignifica comportamento (e si parla del speci:ilmenrc 133 s.
>3' (v,86) ò6~ C 2 IW. Michaclis)
l'animo, ci si dtwrebbe aspct tare che si spiega che 11o n si guardi all'origine ce-
anche alt:rove in Giovanni ò&Oc; abbia leste di Gesù, ma piuttosto al suo de-
un ruolo importante, essendo un termi- s tino futuro. Pi ù importante ~ invece
ne preferito nelle fonti da cui questa la totale assenza di accenni nll 'oriAin<."
concezione gnostico vien atcinta "'. Or- celeste ddJ'animu . Le 1~ov~l. cerro,
bene, nel vangelo giovanneo, se si pre- stanno preparate per i discepoli da mol-
scinde da t,23 (citazione di Is. 40,3 ~ to tempo (cfr. 2Cor. ,,1); mn che i di-
n. 92), òoéç ricorre soltanto in 14,4·6, e scepoli provengano in origine dn que-
l'idea della via non si trova espressa nep- ste dimore celesti, che le abbiano un
pure con altri termini. Quesl!l constata- giorno abbandonate e che ora vi ritor-
iione è un :irgomcnto probante che, quo- nino, non è evidentemente ciò che
lunque possa essere l'influsso gnostico qui s'intende dire (anche hoi.µ<l11cu .. o.
nel 1v vanr.elo, l'uso di éoéç in 14,4-6 7tov, «preparare un posto>, lascia in·
non può esser visto genericnmente nella tendere 'che le dimore celesti ~ano sta·
luce dell'uso linguistico e delle elucubra- te destinate loro da molto tempo, ma
zioni della gnosi, ma deve avere una mo- devono appunto venir preparate e collo-
tivazione diversa, pnrticolare, e quindi cate per essi).
risultante dal contesto più immediato. F. inoltre da notare che secondo la
A ciò si aggiunge che il contesto stes- conce-/,ione gnostica le anime iniziano il
so, cioè il brano 14,2 ss., si stucca netta- loro viaggio celeste dopo morte 141 ; qui
mente dall'insieme delle concezioni gno- invece non si ~ portati a pensare esclu-
M iche in vari punti non secondari. For- sivamente alla morte dei discepoli (~
se non ba grande importanza il fotto che co ll. 223 s.), ma turto è impostato sul
l'and:uu di Gesù solo indirettamente, tempo della parusia. Questo ha una
cioè dall'espressione Èv tjj otxlq. i:ov grande importani:i anche perché il signi-
7ta-rp6i; µcv, risulta un ritorno. Infatti licato che la parusia ha per Gesù non
l'idea che Gesì1 è venuto da Dio e ritor- ha parnlleli nelle concezioni gnostiche.
na a Dio è senz'a ltro di per sé propria Anche se il nopEuE11Ì)ai o l'ùno:ynv di
dell'evangelo. E in un discorso d'addio Gesù potesse comunque essere cquipa-
' " ... BULTMANN I H •.; -+ KliSEMANN ,2 /rag zur frat~ nach tler E111stthung dcs Cno-
•s.; -+ coli. 1 }) s I cesti mandnid sono ric- stizimus {1939) 228 n. 63 - che nei ccsci man-
chi<s[mi di passi pertinenti {dr Ltot.DARSJ.<J, doici il Redentore steuo non è mai chiamato
G111za, indice 6r,, s v. 'Weg'; 6u, s.v 'Pfad'; 'via'. Nei passi eh /ICI. Tbo11t. ciu1i da -+
6o7, s.v. Gehe.imnisse dcs ·w~gc$', cfr. ;9z, BULTM•NN IH, in cui Gesù è ch1am~to 'via',
29). &si usano per lo piì1 il termine 'whr', i- si potrebbe: supporre un influsso di lo. q,6.
nolcre d1rk', molto piì1 raramente Jh11', viollo-
lo. Va pure notato - l-011 E. PElCY, U111ersu- iu Ciò è messo in speciale rilievo dn -> KA-
' b1111gtn der ioh Tbrologit, zu~fr1rh ,.,,, Bei- SEMAN!>l 54.
Oli&; Ci cW. M1d rndis)
rato al ritor1111 alla patria del Redcn torè l'immi1gine concreta locale resta in om·
gnos tico, manch.:rcbbe ancora un paml- hrn, mentre predomina l'idea dell'uni
lelo convincente del suo -itO:ÀLv EPXE<T- ne alla persona di Gesù col vincolo del-
i>c:u, cioè della sua seconda venuta, che la fede; lo conferma l'aggiunta dei con·
è tanto caratteristica non solo della con- cetti aÀ TJilE~O: e SWTJ t4l , che escludono
cezione giovannea, ma anche del resto l'idea di spazio (e la spiegazione di 14,7.
del N.T. (anche se non vi si usa il termi- 9, con le locuzioni 'vedere e conoscere
ne di Giovonni). Queste differenze non Gesù o il Padre').
possono esser bilanciate dal fatto d1e Da ciò può risultare solamente che
anche nella gnosi il Redentore ha il com- anche il mito gnostico del viaggio cele-
pito di indicare o preparare la viii ai ste dcli'anima non può essere preso a
suoi w. Inoltre bisogna considerare che sfondo della pericope 14,2 ss. Quindi,
l'idea gnostica del Redentore quale gu i- benché non sia dimostrato neppure qui
da e accompagnatore,.,. non avrebbe un influsso es~raneo determinante, non
un'eco nella terminologia di Giovanni. si porrebbe escludere che l'èyw dµL
Infatti r.cxpo:À:i1µ1jioµtu ùµW; ( 14,3) sug- dell'enunciazione giovannea possa es-
gerisce un'altra immagine, ed è molto sere un'antitesi cosciente ad .analoghe
dubbio che si possa imerpretare Eyw pretese di altre en tità presen·ti nell'am-
dµL ii òlì6c; (e lìL'tµoii) nel senso di biente dell'evangelista 106 , qualora l'im-
«io vi guido•>. Infatti in queste parole piego di òòéç non fosse - come accade
" 1 Cfr. i dati raccolti da -. RuLTMAN>I Dio o sul Logos in quan to i')ytµwv '<-iK
133 s. Un'altra differenza è costicuitu dal fat- òoou (-. col. t82) siano da accostare al mito
to che l'idc:i di via in lo. 14,z s. mantiene goosticn, dipende dnl giudi>.io complessi,·o sui
a~i poco d el rnrattcre spozialc, nonostante rapporii di Filone colla gnosi (-> n. 6o); per
111 topografia su cui si basa, mennc le cose sé anc he !'A.I. sn che Dio indica la strada
s canno diversarncnre nei testi mandaid, dove g iusta; ma in esso prevalgono le asserzioni
s i p:ula di costruicc, spianare, aprite una che trattano la via come una s trada comanda-
srrada (pct es. L1DZBAKSK1, Liturg. 68.89.134 ; ta da Dio e collcgnno oo6ç con termini ri·
dr. anche PE~CY - . n. 141 ). In Giovanni guardanti l'annuncio (-+ col. r't). -+ 601')-
manca pure ogni allusione alla concezione rn- yiw.
nictcristica della dotrrina gnostica su l via~11io 115 Spiegare la menzione di <iÀftl>Eta. e <:;wft
verso il ciclo, "'condo la <1ualc la via condu- col fouo che nella letteratura mandaica ~i tre
ce per vaste rc.g ioni, per i vari cieli e le concetti di via, verità e vita compaiono in
varie regioni degli coni (questa concezione è strcllo rapporto cnn il Redentore celeste•
nei resti gnosi ici il presupposto che fa capire (BAUllR, Job. a 14,6), non è Mtcndibilc, poi·
perché la via ha bisogno d'orna prepal'A2ionc ché là la veri t~ c la vita costituiscono la meta
speciale e d'una guida). Nella Pistis Snphia della via (diversamente da Io. t4 ,6).
'via di mezzo' è un'espressione fissa che indi-
, .. - . 111, col. r472 s. Cfr. sopra11u1to -.
ca la via di sorto della sfern, che l'anima de-
ScHWP.IZER 167 ecc., secondo il q uale i discorsi
ve percorrer~ passando davnnti ai diversi nr-
meta forici di G iovanni sono carntterizzati «dul
conri della via di mc-zzo.
contrasto colle risposte religiose degli uomi-
1'4 HAUER, ]oh. a 14,6 ; -+ 13ut.TMANN 1)3 s. ni (che sono poi quelle naturali)•. Anch'egli
Fino a che punto le enunciazioni filonian( su pensa alla letteratura manda1ca e gnostica; ma
, s•>(v,88) òlio~ C 3 (W. Michaclis)
lo intende solo come un esempio ed esita ad vannca dall'effato posteriore: extra ecclesiam
ncceHare r:ipporli troppo diretti fra essa e il nulla sal11s (BAU ER, fo ., ad l., rimanda a quc-
Vangelo di Giovanni. Schwcizer non si dif- srn affermazione, rna la parola di Giovonni
fonde molto su lo. q ,6 (166; cfr. 161 ). Sa- r.on è stata determinata dalla pretesa della
rebbe senz'altro da chieder.i se la preferenza Chiesa del suo temt><>l- Cfr. anche \'i!. Oii11-
per l'immagine della via negli scriui mandai· LER, Zum Missionscharakter des Joh.-Ev.
ci non sia Ja spiegarsi, ca1>ovolgendo i ter- (BFI'h 42,4) (T94r) '2 s. Unn discussione con
mini, come un cffecto dcl deno di Io. 14,6. BuLTM., ]o. 462 ss., che per l'ouwrc del pr~
,.., L'indipendcl\7.a dell'uso giovanneo di éS6<; seme anirolo sarehbe stato possibile solt,.nro
v•le anche nei confronti di Hebr. 9,8: 10,20. durante la stampa. è .rara purrroppQ impedita
lo. ed Hebr. non si distinguono tra loro sol- da motivi tecnici .
tanto perché in Hebr. manca la designazione '"' Per STAUFFBR, rbeo/.. 10 ss .. che, rimm1-
di Gesù come via e in lo. il rifcrimen10 a.Ifa dando " passi romenen ti, nell'ipot<'Si migliore,
topografia del '5alltuario ccl~sle. ma sopr211ut- verbi di moto, mette in rilie,·o la 'via di Gc
to perché in Hebr. è remoca l'idea della pa- sù' come una categoria decisiva , valgono le
rusia di Gesì1. Quindi il giovanneo '!to;po.- stesse perplessità espresse ne lla -> n. 39.
À:i)µljloµcu Vi1iic; (14,3) non può avere un cor-
tl9 Cfr. SCHLATTllR, Lk. J8l.
rispondente in Hebr. TI legame esclusivo col-
la persona di Gesù separa l'enunciazione giQ- 150 Cfr. ClEMEa-KélcEt., s.v., 1 b.
:111d1e· <1111.:srn lin:i!c del 4i 15 - nel 411ak· ì.i1v . d1 iar:1men 1e logorata dall'uso'"'
1><.:r lui il 1.lc.:110 più importante n:1 il v. oSoc; non sia da intenden· 1111.
t .I"· rn11
10 = Act. 2,27) - perché gli sc:nhr.1v:1 cui po1er aspirare ai doni ddlt
v1;1 p er
che <111ch'essa parlasse dcll:1 ri,11rR·zio- Spirito (cfr. 12,31•). e tanto me nu 1111:1
ne di G esù. Egli deve: :1vcr(· ime'<• il vi:i pe r raggiungere il i:i"''" 1;r1>.ovv
passo cosl: «mi hai già f:t110 ''"l';;n• che risulta dal contesto. Tu1tavi.1 con ci(
e come mi condurrai d:1ll:i morte alla vi- non è detto che òoo; non possa esse-
ta, cioè mi risuscitcrni». Allorn ' via' si- re eonsidernl <J una 'J ctcrminazione
gnificherebbe mezzo, posribili1à di rag- formale' (nel scn-o Ji mezw, possibi-
giungere o di eseguire qualcosa. lità, metodo) e debba invece essere de·
òoòç ha questo senso anche in Act. terminato in base al contenuto, cioè nel
i 6, r 7 : xa-ra.yyD.Àovaw ùµi:v òlìòv O"<>J- senso di metodo di vira , di comporta·
'TT)plaç, «vi annunziano la via della sal- mento o di azione 152• Benché di per sé
vezza»: l' annunzio apostolico risponde possa darsi il significato di com porta-
n quanti do mandano come ci si possa mento, atteggiamento (all'attcggiamenco
~alvare (dr. 16,30). È improbabile che dello Z:lJÀoi:iv 'td xa.pWµC(i:a. ne \'erreb-
in questo passo òlìoç si,::nifìchi dottrina be contrapposto un altro incomparabil-
(dottrina della salvcv.a) ( -7 coll.255 s. ). men te migliore, perché piL1 cristiano,
cioè l'habitus della carità), è p iù natura -
In r Cor. r i ,31 i.: xa.t E'TL xa.!l'vitEp- le prendere òooc; come una determinazio-
~oÀi}v òlìòv u11~v OElxvuµL, se xa.· ne formale, nel senso di mezzo e via,
O'u1tepBoÀl}v si rifrrisce a òo6ç come intesi come "il modo per arrivare allo
dc[erminazione amibutiva, il significa- scopo che si vorrebbe altrimenti rag-
to di òo6ç dovr.à essere fissato indipen- giungere con quello s'iJÀOÙV» ISJ.
clt:iitemente dalla dizione xa.lt'v7tEpBo· Il significato di comportamento , 1110-
stiani (clr. 13,8 ss.l. Su OELitW~li -> n, col.80i· il signilirato di co"1portame1110, /11re e darsi da
-> Bow11Ausr.R collega 1 Cor. 12,31• :ù rap- /11r~;dr. DtllELIVS, fak., ad I.
porto da lui sostenuto di Mt. 7,13 s. con Mt.
15.5 D1sr-:t1us, ]nk. 238 o . 1.
7,12 (-> n. 109).
I S•Cfr. DmEuus, jak., ad /.; Sc1-1LATTl'.R 150 WrnDtSCH, Kath. Br., t11! l.; PRB!SIGKK·
1J7: «in 1111to ciò che intraprende•. Anche BAU.ER', s.v. 2C.
in Jac. 1,1!: tv 'ta~ itopdaLç airtov, 1rovasi m \'(10111.ENBl'RG, Pctr., ad I.
006~ C .l ( W. Micbaelis)
rore, quanto la via errata, il traviamen- Mt. 2I ,J 2: 'ìl).ilev yà.p 'lwci'llVl}c; npò
to, e 6oòç -roii BaÀ.aap. dì 2 Pelr. 2,15 iiµàç f.v òoQ Otxa~ocrvvT]c;, «Giovanni
non è quindi cb intendersi, analoga- venne a voi per la via della giustizia»
mente alla otoaxiJ Baì..etaµ di Apoc. cioè per incarico di Dio 159• Però l'uso
21,14, nel senso di dottrina, modo di Linguistico di Matteo alcrove è cale che
pensare, ma in quello di comportamen- OLXaLoavvT) va inteso come «la giustizia
to, co111egno. Anche in 2 Petr. 2,21 della vita che corrisponde alla volontà
( xpti:-r-rov yà.p ljv a&toi:c; µ1) tmrvw- di Dio» ( - u, col. 1256). Ma anche in
xlvm -ri)v òSòv Tiic; OLXCtLOO"VVl]c;, «me- ciò non s'imenùe quella condotta che
glio per loro sarebbe stato infatti non Giovanni esigeva dai suoi ascoltatori 160•
aver conosciuto la via della giustizia») Il costrutto ijÀi}EV tv òoQ va inteso
non si hn una designazione del cristiane- in modo da riferire òooc; solo al Battista.
simo quale ' via della giustizia' 158, e nella Perciò «egli venne a voi per la via della
dizione ooòç "ti'jç OLT-CtLocrV'IT)ç, OLXlUO· giustizia» vuol dire: egli vi venne in-
avvT) non è connotazione del crisciane~i contro come un giusto, e tuttavia non
mo, ma OOÒ<; -rfjc; 0LltC1LOaVVTJ<; designa gli avete creduto 161•
(v. par. tv1Met clooc;, 2,15) la via retta Il senso di comportamento coman-
(---'» col. r 4 7; dr. ---'» col. 16 2 ), il retto dato (da Dio), frequente nell'A.T. e nei
modo di vivere cristiano. Dalle parole LXX (---'» coll. 14 3 ss.) e che è già sta-
segucm i: vnoa-rpt\jlaL be -rijc; napetooi}tl· to considerato in 2 Petr. 2,21 col. <-
<7T)c; a&toi:c; à.ylac; ènoì..ijc;, «Sottrarsi al 245 ), potrebbe competere a oo6c; anche
santo comandamento dato loro», òliòc; nella citazione dì ljJ 94,10 in Hebr. 3,
-rfic; OLXetLoavvT]c; ha anche il senso di 1o: etv-rot oÈ ovx Eyvwa-av "l'à.c; òoovc;
comportamento giusto perché comanda- J-tov, «ma essi non conobbero le mie
to da Dio (---'» II, col. 12.57 ). OLXetLoo-VvTJ vie» 162, se nell'A.T. e anche nell a Let-
potrebbe avere questo senso 3nche in tera agli Ebrei (par. l]I 94,9 = Hebr. 3.
1sa Contro W1NOJSCH, Koth. Br., ad t. der Taufu (1932) .I Ol s., ritiene cbe ooòt; O<:<.
sia wia designazione del battesimo (in quanto
159 Cosl ZAHN, Mt.•. ad I. via alla salvezza escarologica); ma proprio in
160 Con1ru G. $ CHRENK -> 11, col. 1256; Mt. 21,32, a diffcrcn1.a di J.c. 7,29 s., non si
ST&ACK· B11.tEIUlEC1< 1 866 s. e KLOSTeRMANN, parla dd battesimo.
Mt., ad /., che 1rnduce corrispondentemente: 161 Il fotro che nelfa precedcn1e panbol~ di
«Giov•nni è venuto a voi rolla via clclla giu- M 1. 21,>8 ss. il padre pone delle esigenze ai
stizia». l\fo come può Ev oo<iJ avere queuo scn· 'uoi figli non può essere un morivo per rife.
so, con un verbo di rnoto? La particellu ~" dcl rire òoòt; &xet<ocnivrio; a esigenze poste dal
complemcn10 di compngnia (cornc in lpxccrilat l\attista, perché il nesso di 21,32 colla pat:l·
ÉV paf3&,i, r Cor .p r -+ lii, col. '61 ) di(- hola non è origin:irio ; cfr. M1C1JAELI S , Sii-
licilmcnte si poli!\ congiungere con oo6ç, se 111P1m (-+ n. 82) 239 s.
questo significa 1'11111pm·tamc11/o. Cfr. anche !01Cosl R•C.C.ENDACll, llebr.'·' 83 11. 16: «Più
ZAHN, Mt.' 628 n . q. E LollMEYER, /oh11t1nes che un modo di in1enderc le gesta rivclatrid
ooé; C 3 (W Mich2disl
o": d &ov -rò: !'pycx, µov «videro le mie al òooi -roii xvpiov. che, o ltre a Don. 3,
opere») non ~i parlasse del conrei:no di 27 ( at òoo1 aov EùiMaL), dev'essere
Dio, delle sw: intenzioni di salvezza 16.1 . considerato il pi \1 vicino parallelo for-
Quesl.o senso di co11dottt1 co111a11data male di Act. 1 3, 1 o, si d eve pensa re :1I
trcwasi invece in Mc. r2.r4 par. Le. 20, contegno di Dio o alle sue disposizio ni
2 r;Mt. 22 ,16. Quando i Farisei dicono e ai suoi com:mdi. L'enunciato di Osea :
a Gesù: ~7t 'ciÀTJ1lElac; -i;fiv òoòv -i;o\i )(o;t OlXCX.LOL 'TtOpEÙCTOV-i'CXL tV CXÙ"t"CXL<;, «C
Ì)EoÙ oiocicnctiç, «Ili insegni ]a via d i i giusti cammineranno per quelle (vie»).
Dio secondo verità» (Mc. l2,l4 e par.}, ci pennetterebbe ancora di pensare :il
intendono riferirs i all'annunzio della comportamento degli uomini comanda-
volo ntà d i Dio, dcl COlllporramento da to da Dio; ma l'nfferrnazione che segue:
lui richiesto 16'. Il significato di ciò che ol 5t li.inf3E~<; cXo-itEvi)110VO'w lv a.v-rai:c;,
è comandato da Dio può essere inteso «gli empi invece inciamperanno in es-
anche in Act. r3,10: ov 7tCX.ÙCTTJ Sta- se», lo vieta, perché non si po trà mai
CT'tpÉq>wv 'tà.c; òooùc; 'toii xvplov -riic; Ev- dire che il comportamento comand are
i}Elac,; «non la smettemi di stravolgere da Dio possa in certi casi esser di c.lan-
le vie d iritte de l Signore?»; tanto più no a qualcuno. Per Act. t3,lo è quin-
che òo~ col significato <li comporta- d i aperta la possibili tà d i pensa re ai
me11to è collegato spesso nell'A.T. a piani divini, specialmente alle intenzio-
Eui>Eta. (--+coli. 147; r49) e questo si- ni che D io persegue con la missione.
~nificato trovasi pure in Prov. 10,9: ò Nel con testo dell'accusa contro E lima
Stan'tp€qii.w •ò:c; oooùc; mhou, «chi stra- ne risulterebbe un senso accettabile:
volge le sue vie». D'altm parre bisogna colla sua resistenza ai missionari cri-
consid erare che av•oii in Prov. ro,9 si ri- stiani egli cerca di sconvolgere i fin i che
ferisce a o otcx.cr-rpÉcpwv, per cui questo Dio si propone con la di ffusione d ell'c-
passo, malgrado l'impiego di OLCXD"-rpÉ- vangelo.
q>tw, non può avere avuto un in Aus- Quando Paolo in 1 Cor. 4,17 scrive
so decis ivo su Act. t 3,ro e inoltre di T i rnoteo: oc; ùtiCic; avixµv~n -ràc;
nel!'A.T. sono chiamare EÙÌ)Ei:cx.t anche éoovc; rtov -ràc; Èv Xpi11-r<;> 'ITJ11ov, xa-
le vie seguite <la Dio(--+ coli. r57 s.). llWc; 7tav-taxoii tv n:acrn txxÀlltri4 oL-
Proprio ne l passo di Os. 14,10: EvDEi:aL o&crxw. « il qu:1le vi ricorderà le mie vie
in Cristo, come !..: in~cgno dappertutto e di :dtn.: cspn:ssioni analoghe che indi-
in ogni chic~:w , h1 p roposizione in1ro· cnno 1111 comportamento imposto all'uo·
dona da xai><;.,ç dimostra che qui non mn da Dio. Tenendo conto del parallelo
è intesa la condotta personale dell'Apo· mcnzion:u o, non sorprende che Paolo
scolo, pcrch~ qut:sta
non costituiva il p<>~S:\ dire che le òc5ol - per le quali an·
contenuto dcl suo f.:1.oaoxtw 163 . Anche che qui surebbe da aspe ttarsi la designa·
il rappono <li questa proposizione intro- zionc boot 'To\i xupi.ou o altre simili 167
dotta <l.i xal>wç con .r Cor. 7,17; II,16 - sono le sue vie, e il menzionato uso
e l4,3.3 fa capire che non si tratta del dcll'A.T. fa capir.: per pane ~ua che in
comportamento di Paolo, ma di quello òòol l'idea che si rrntti di vie raccoman-
dei Corinzi o d i tutte le sue comunitil. li date può p revalere a tal pumo, che esse
pronome µou è spiegato dalla stessa pro- possono esser ritenute con una certa
rosizione, e viene a dire che le vie 'inse- narurnlezza come oggetto del c51.oa.oxEw
gnate' da P:1olo possono essere chiama- (cfr. anche \f.. 24,9; Prov. 4,u ~ col.
te vie sue '""· Se ne ha un parallelo in 151). Daw che nell'A.T. òc56c; significa
Rom. 2,r6 dove P aolo può scrivere -rò pure il comandamento (riferito al con-
EÙayyfatov µ.ou, menrre di solito parla tegno dell 'uomo) sicché diventa quasi
di tùayyD..1.ov lkov e simili. Questo pa- sinonimo di Év-ro À:~ ( ~ col. 144), ci si
rallelo non fo che confermare ciò che chiede se questo senso sia da assumersi
già si può supporre, cioè che alla base anche per r Cor. 4,17 168 : cd òc5oi µou,
della diiionc al òòol µou sta l'uso ve- «i miei comandamenti (principi, regola.
terotestrunentario di at éc5ot -rou xuplou menti)». Nulla impedisce di rispondere
lt.;Anche il 1<Ll~l)-cn( µou ylvtoitr di 4,!6 mnle, n im~ndcrc le bool cli Paolo come k
non può essere preso come is1:inz• contraria; sue Jot1ri11c~ . -> v11, col. }Oi n . 12.
~ \'Il, col. 279. Lo Schlauer, il quale defini- 166 È chiaro che solo le vie e non l'ci""-1''"
sce «le vie di Paolo~ come «il modo in cui 1•vna1mv di Timorl'O possono formare il con·
egli nr.isce e obbedisce olla volontò di Dio in tenuto dd lì:oaaxnv. Sul collegamento sin
ogni situazione eh\.'. si presenta »>, non riesct: 1011ko del p<:riodo con l:t proposizione inuo-
o chiarire in quole r:1ppor10 stio questa dcfi- dona da xni>wi; v. BACllMANN, I Kor. e Lmr1/
1l.i.zionc con l'espressione da lui. usara più a- MANN, Kor., tU/ I.
vanti: «la domina vali<la a Corinto». Quan-
do dice che •Chi parla ddlc 'vie' dell'uomo 1r.1 Cfr. Jou. Wt:•SS, / Kor., ad /. l .'anribu-
'insegna'», pi\1 che risolvere la difficolta, la zionc 'TÒ:ç èv Xp. ' f. carattcriz7..a le òlìoi nK~
~l in che ~e nominns.<c chi dil l'inr:irico; -> 111,
elude JoH. Wtrss, I Kor., ad I., ha ragione di
dire: cSc non leggessimo la proposizione xa;- NI. 570.
Dwç ecc., intc1pretcrcmmo senz.1 dubbio cosi: 168 Può sorprc.ndcr" che Pa<>IO non nsi il ter-
le mie vie, quelle per cui io rammino nella mine (v-co),fi per designare la sua pnre ncsi.
comunitiì di Gesù»; ma onch'egli conclude: forse al t>OSto di tvi:oM1 subentra òooç, bcn-
« Tuuc queste considero:i.ioni, che si riprcSO!n- d1<! sia usa10 in questo senso soltanto in r
rnno di continuo, sono messe fuori aiusn Jal- Cor. 4,n. Termine sinonimo è o•oa.xfi
in
l'atfcrmozione finale che ci costrins;c, bene o Rom. 6,17; 16,17 -> 1, col. 347.
éOhc; C 3 (W. Michaclis)
171
affermativamente 109. Però la designazio- mere forma nella comunità cristiana» •
dirizzo <li vita che cominciava ad assu- z4,q; quindi d e ve averlo anche òoòc;.
liii ar. )OH. \VEJSS, I Kor. e Lrt:TZMANN, (Dar Ev. ChriJti I 1905] 103 n. 2). L'impor·
Kor., ad l. La troduzione «le mie dottrine cri· rnnza delle tesi di Sctbcri; è riconosciurn d a
sriane» (PttEUS CHEN·BAUER', s.v. 2c) è soste- K. WE1ss, Vrcbristentu111 und Geschichte i11
nibile solo se si pensa esclusivame nte a dottri- dcr nt .lichen Theologie uit der fahrb1mderl·
ne etiche. La tradu:tione: «la mia condotta» wende ( "" BFTh 404) (1939) 20 ss. Cfr. inol ·
(B•CHMANN, r Kor., ad /.) non è del turto fe- rrc O. MoR, Paulus 1111d die eoangeliJcbe
lice. Geschichte ( 19n) 66 s.; K. WmolNCER, D1e
l1V Da A. SEEDERG in poi questi problemi so- Haustafeln ( = UNT 14) (r928) 5; P. FEI·
no stati moltu tl'allnti; cfr. soprauutto i suoi NE, Die Gesta/I des apostoliu:bm Claubcns·
studi: Der Katcchismus der Urchrisle11hei1 bekenntnisse.< in der Zeit des N.T. (1 925) 76;
( 1903); Die beiden \17egc r111d das Apostel· VOcTLl:, o.e. (-+ n . '6) 3 ss.; M. DtBELIUS,
dekret ( 1906),spccialmenrc }7S. Va notato che Die Formgescbichte des Ev.' ( 19,n) 24 ss. ;
il Seeberg ha cltiariro che col termine catechl· D1BELIUS, Tbess.' ( 1937) 19 s. (excursus).
smo egli ha inteso solo il materiale catechetiC<> 111 CREMEl·KtiGEL, s. v. 3c.
Olìoç C l (W. Michaelis)
Non si può negare che qm a~pE<1\<; sia sentemente. L'uso linguistico degli Atti
usato, se non nel senso totalmente ne- è quindi omogeneo, in quanto si riferì·
gativo di eresia, almeno in senso spre- sce alla predicazione o dottrina cristia-
giativo 112 : anche se forse non si vuole na chiamandoln oo6c; per eccellenza. Ma
dire che gli avvers>Jri giudei considera- donde deriva questo uso linguistico?
no il messaggio cristiano una dottrina Non seive menzionare Act. 18,25 s.
falsa, si intende dire almeno che essi lo Qui, al V. 25, SÌ dice: OV't'oç Tjv XIX"t''J)·
valutano come un'opi nione accan to xriµtvoc; 'tTJ\J òoòv i;où xup(ou, «questi
ad altre, una concezione sostenuta (scii. Apollo) era stato istruiLO nella via
soltanto da un piccolo gruppo incom- del Signore», e al v. 26: Priscilla e A·
petente, e quindi non vincolante m, quila à.xpLSéa-i;epov a,vi;4J tçÉilEv-ro -rT)v
mentre i cristiani pensano che essa sola ooòv i;où ilEov, «gli esposero più esatta-
sia giustificata, e perciò la designano mellle la >Jia del Signore». Né il fatto
col termine ò&6.;. Questo significato di che un piccolo numero di manoscritti
dottrina o concezione vale anche per gli omecrano le parole -roù xuplou o -roù
altri passi degli Atti; ciò è senz'altro e- ilEoii (evidentemente supponendo anche
vidente per Act. 19,9.23; 24,22, ma è qui l'uso linguistico presente altrove),
possibile anche per 9,2 e 22 A '". Da né il parallelismo con Act. 24,22 sta-
2 2 r4: -rau-rriv •'ÌJ>J òoòv t5lw!;a, «ho bilito da &xpL(3tai:Epov, possono essere
perseguitalo questa via», è difficile de- motivo per intendere le espressioni di
durre con certezza se l'autore sia dispo- 18,25 s. in un senso diverso da quello
sto a designare come òo&; anche altre in cui sarebbero state intese senz'altro,
concezioni, oppure se supponga un uso se negli Atti òoéc; non fosse usato in
linguistico generale di questo tipo: con senso assoluto: la «via del Signore o di
i;av-r'J)v non si attua una delimitazione, Dio» s.ignifica l'azione o il piano salvi-
ma si precisa ciò che s'intende dire pre- fico di Dio, quella via che egli ha per·
112 Comro IL $CHL!F.R ..... 1, col. 490. nuova via della fodc', o ' la vi:i crisri~na dcl·
la fede'), H.W . BeYER, Apg. (N.T. Deutsdt ')
l7l Cfr. PREUSCHEN·BAUER', s.v. 3c: «secondo
traduce con do1tri11a, ma in 9,2 rende ron
lu dottrin.i che essi rhiamano l'opinione di
tmdc11m e in 22,4 con movimento. La tradu·
una scuol3•.
zionc moto, movimento (ted. B..wegung), che
"' 9,2 e 2>,4 sono i due pas~i iii cui più che a prima vistn sembra moho fdicc e preferibi·
ulm>ve ò80s potrebbe essere considcrnto co- le anche ìn altri passi, dovrebbe essere evitata,
me dcsigMzionc dci cristiani in quanto grup- perché puù dcs1ore associazioni false (ogçj
po (e nllorA 22'1 potrebbe avere come parai· non si percepisce più il rapporto, pur esbten
telo Cui. 1,13). Mentre PJUl.USC.liEN, /lpJI.., tra- re, fra weg, bewege11, W eg). Se però é&6ç fus~~
duce òooç in cutti i passi con do11ri11t1 e a oche la designazione d'un gruppo, cioè un ter-
BAUERN FEJ NO, I.e. <~ n. 70), mantiene il SÌ· mine sociologico, avrebbe un parallelo sema-
gnificato di via nella traduzione via (della fe- siologico anche nel termine politico, ormai
de, che pcrnhro integra quasi sempre <'On 'la logoro, di movi111e11w, moto.
6&0ç C 3 {\Xl. Mìchnelis)
01·so o intrapreso, come le ypa cpa t ( r8, col. 247 ), quindi non l: acce ttabile la
24) insegnano e come i: à. 7tEpt -roii 'In· conclusione: «Si comprende che il cri-
oii, «le cose riguardanti Gesù» ( r8, stianesimo, in quanto religione •della
2 5) han reso man ifesto . La diz ione è v ia' a Dio, fu chiamato addirittura Ti
16
senz'alrro affine a ò&ot i: ou xvplov ( ~ 6o6c:;» ln questi passi si hanno signi-
; .
col. 247) di 13,10, e non si capisce ticnci molro disparati di òooç, che non si
perché l'uso linguistico assoluto di òo6<; lasciano ridurre :il denominatore comu-
debba essere equipa rato a questo tipo ne di 'vi:i a Dio' e da i quali non si può
di espressioni 175• Non sembra neppure tJuindi far derivMc semplicemente l'uso
possibile derivare da queste l'uso asso- linguis tico assoluto. Se inoltre in òoòc:;
luto del termine, perché in esse òoòc; •l1c; CTWTT)pio:ç (Act . 16,17), òoòc:; 'tl)c:;
no n ha il senso di dourina, comand11· Ò:À.YJ ~Elac; ( 2 Petr. 2 ,2 ) e òoòi; i:i'j<; OLXO:L-
mento (o comportamento prescriflo ), ccovriç ( 2 Petr. 2,2 1 ) non si ha il signi-
m:i di comporta111e11to, e intende rife· lìca to d i dottrina ("' col. 255), l'uso as·
rirsi alla vi:i di Dio e non alla via degli soluto di b&oc, negli Ani resrn totalmen·
uomini. Le dizioni d i 13,10 e 18,25 s. te senza paralleli. No n sembra nep pu re
devono distinguersi, per lo stesso moti- esistervi un influsso dell'A.T.117 o dell'u·
vo, anche da ooòc:; 'ti'jc:; àÀ.'Y)0El~ di ;l so li nguistico d e l tardo giu<la ismo 178•
Petr. 2 ,2 ("' col. 244) e òoòc:; Ti'jc:; OL- Piuttosto si potrebbe ravvisare un pa-
xaLccruvnc:; di 2 Petr. 2, 21 ("' col. 24 .5 ). rallelo ne l modo in cui si parla della
In nanzit utto, Act. 18,25 s. non si può 'via' in Dam. 1,13; 2,6 (4 col. c61):
collegare né con 1 Petr. 2,2.21, né con «quelli che si al lontanano dalla via e di-
Act. 16,17 (~col. 24r) e Le. 20,21 ("' sprezzano lo statuto» ( 2,6) è un modo
m Contro H.\'ll. BEVE&, /.,·.• che • Act. i8,.i5 è ùiflicilmente acccuabik in 24,22. cd è del tur·
osscrv•: «Quest" {cioè la via clel Signme) è: co fuori po<io in 19,9.23. Uisognn invece par-
uno designazione dclfa dòttTin• cristiana fre- tire dalla constatazione che negli Atti esiste
quente negli Acti» ; ma negli nhri passi non un uso assoluto di èMc;, di cui quindi 1R,25
si ha 'la via del Signor~'. Anche ZAHN, Ag. non è un p•rnllclo.
J2I s., chi:11na in causa Aci. i8,25 {insieme
r
con 18,26 ibid. 688 n. 83]) e d ichiara; ·L'u· 176 Wom.ENBEBG, Petr. 21, n. 31.
so di òli6~ nel senso di modo d 'insegnamcn· rn Contro l'inclusione di Am. 8,14 prende po-
10 e di \•ita rich kdc, per essere comprensi-
sizione CREMER-KO<;uL, s v. 3c, e con buone
bile, un f!t~n i tivo nuributivo co1ne -toV xuplov tngio11i. Cfr. a nche ~ n. 22.
(18,25 [ r8,26: -rou 0Eou. vnr.)) o un dimo-
strati\'o che rim•n•li a quanto pn'<~Oc (come 111 ZAHN, Ag. 322: •Si tr:ltl• evideoremcnce
in 224), op1)ll rC una proposizione relntiva e- di un concetto giudak~>, preparato gi~ nel-
quivalente (come in 24 ,q). TI semplice 1) l'A.T., che compare specialmente nel çostrut-
òlì6<; bast:t soltanro in una ripetizione che se- 10, familiare ai rabbini, Jerek 'eres.,.. Cfr.
gua a breve distam.a, come in 24,2>, dopo ST RA<.:K-Bt LLERBECK li 690, a ilct. 9 ,2 e ~
24,14, probabilmente anche in 18,.i6 (dopo n. 48. Anche di qui è possibile dedurre il sen·
i 8,2') e poi in i9,jP3». Questa eliminazione so di modo, attegg1ame1110 speczale, ma non
dell'uso assoluto mal si :iddice a 22,4 e 24,14, l'uso linguistico as~ol u m.
1>cr ddì11i1c rinnegali; in 1,13 questa gu;mlo alb re~liZ'1.azione d i quel piano
«coam1ni1:i di infcòcli• è descrirrn uhe- per m.:;ozo della missione. Srnnno in un
riormcmc iliccn<lo che «essi sono quelli contesto simile gli altri due passi, in cui
d1c ~i allo111:111ano dalla via». Nel co111c- si p:1rln delle vie di Dio in questo senso.
s10 di rapporti piì:1 :unpi fra il Documcn· Nello professione di fede di Rom. II, 3J
lo Dam:tS<"Cno e il N.T.l'IY questo u>0 lin· (Wç Ò:V~EptUVT]'tO: "tÒ: xy{11a:i:a: a\Ìi:oii
guistico meriterebbe qualche auen zionc; xtd &:vd;Lxvktui:o~ cxt bool av-toii, «co-
ma finché questi rapporti non sono me sono insondubili i suoi giudizi e im-
comprovati, è consigliabile non soprav- perscrutabili le sue vie!») Paolo pensa al
valutare questa coincidenza. Se da Luc., piano di Dio riKuarJuntc il popolo giu·
Hcrmot. 46 si potesse realmenrc dedur- daico nel pass:it<), nel presen te e nel fu.
re che 606<; dal significato (filosofico) di turò; qui forse xp(µa:w. (-+ v, coli.
metodo(-+ col. 122) è passato a quello io78 ss.) pone l'accento più sul giudi-
di sistema o scuola 1'°, quest'uso reHe- zio e éSoi più sull'azione salvifica di
rebbc pur sempre isolato; inoltre è po· Dio 1 ~1 . Il cant o dei vincitori di Apoc.
eo probabile che Luca s ia stato indotto 1 .:;,3 utilizza espressioni d cll 'A.T .; co-
u chiamare 'via' il messaggio cristiano me quelle di Deut. 32,4; ljl 11 4,17 (-+
dall'uso che una qualche cerchia filosofi- coli. i57 ss.), quando dice: olxaLm xal
ca faceva di 6o6ç. Da 1u110 ciò può risul· Ò:À.'Y)ihva:i <XL OOOl O'OU, «giuste C veraci
tnre quindi che l'origine <li quest'uso lin- sono le tue vie•.
guistico speciale, che nel N.T. $i resmn-
D. L'uso LINGUI STI CO CRISTIANO FINO
ge ngli Atti e no n ha trovato imitazione AGLI APOLOGF.Tl
nel periodo immediatamente successivo
606<; in senso proprio è relativamen-
(-+ coli. 264 s.; 275 ), non può es~ere te raro nd P adri nposlOlici. In Herm.,
spiegato con sicurezza. ui1. 4,1 ,2, è menzionata ii éoòc; ii Ka1L-
Nei passi di Act. 18,25 s. e 13,10 già TtCl'Vlj ed è chiamata ii boòç Ti oT)µoula:,
la via pubblica (-+ coli. 119 ; 183) 181•
con siderati (-+ coli. 254; 247 ) ìl ter- Inoltre, nell'allegoria d ella torre (vis
mine ò&éc; è USJIO per indicare le vie che 3,2,9) si parla di pietre che cadono
Dio stesso pe rcorre , e precisamente in lontano dalla torre sulb strada e non
si fermano qui , ma rocol11no tx i:Tjc;
i8, 25 s. con riferimento all'insieme del ò&iii dç "t'Ì'jv tivoS( cw, «fuori della str.1
~uo piano salvifico, e in 13 , 10 con ri- da in luogo impervio». Nell'interprer:i-
,.,, Cfr. 1>cr es. H. P1tmst:1n, Jerusalem 1111d 1&1 Non è 11cccssnrio richiamars i ~I signili<atn
f>Jma1kus eu lle1lro1g z.u,;1 VeHliinJ11i1 dn di mfW e i:ie (dr. P. A LTHAUS, Rllm [N.T.
Urcbristemumr: ThBJ 8 ( 19:9) 49 ss. OeutSCb 6 I ~J I.); k ,·ic di Dio sono invece il
l'O Così alTctmJ (RcMEll·KOG<:L, s.v. lC, dx: suo proc.~dere storico e srorico-sotc:riologico, il
riporta il paS><l aUa lcctera; ma è oclt·~ua10 suo cammino ~ttraverso la storio, ~ col. 1,s.
and1~ il ,jgn iftcato di metodo. 1~2 Cfr. DlBELIOS, llt•r111., ad /.
olì6c; D (W. Mich:ielis)
zione (3,7, r ) si dice di queste pierre: di:tionato la sua mcn~jone nell 'allego-
o\ii:ol dow ot nrnrni:tvx6·n:ç µÉv, à7tÒ ria stessa, il follo che alla via abbia
oÈ ;ijç o~~xiaç <Xv-cwv àcp{ov:nv -c-f)v potuto essere assegnato un significato
òòòv aù-cwv -.i)v 6:À.l}itwi'Jv, «questi sn- indipendente accanto alla torre si spie·
no quelli che han creduto, ma a ca us;t ga solo supponendo che l'uso di òooç
della loro irresol utezza abbandonano la nel senso che sia a base dell'intc rpn:ta-
loro via, q uella verace», e si aggiunge: zione fosse corrente. E dal contesto si
OOXOUV'tEç ovv ~EÀ.'tLOV(l òoòv ovvacr~a~ deduce che non si deve pensare al modo
EÙpetv, 11Àcx.vwvi:aL xcxt -.a:Àmitwpov· pratico di vivere; ci56ç indica piuttosto
ow m:pL7tai:oiiv-teç Év i:atc; civoolaLc;, l'atteggiamen10 o il comportamento re-
«credendo di poter rrovare una via mi- ligioso dell'uomo, senza giunge re tutla-
gliore, vanno errando e trascinandosi via a designare la religione o la dottrina
miseramente per luoghi impervi». La religiosa 183•
spiegazione non concorda del tutto col- lgn., Rom. 9,3 : xat yò:p at µY) itpo-
l'allegoria, in quanto ne spiega soltanto cri'Jxoucro.l µo~ «ii òlìQ t j xa-.à. 17&.pxa,
la seconda parte. Qui viene utilizzata la Mt'tà n6À.tv µe itpoijyov, «e anche
c."Ontrapposizione, frequente anche in Fi- quelle (chiese) che non si trovavano
lone ( ~ col. r 7 5 ), fra cio6ç e civoola: sulla mia via secondo la carne, mi pre-
la presunta strada migliore che costoro cedevano in ciascuna dtt:ì», vuol sotto-
si ripromettevano di trovare quando lineare che anche le comuni ti'i che {co-
decisero di abbandonare la via che me Efeso, Magnesia, Traili) stavano
Jvcvano seguito fino allora, si rivela fuori dell'itinerario seguito nel trasferir-
un luogo impervio; la via finora se- lo attrnverso l'Asia M inore lo hanno
guita è indicata come l'unica via verace accolto, in quanro le loro delegazioni lo
{è detta la 'loro ' via verace, perché attendevano già dove doveva passare
'essi' vi avevano camminato). Abban- (per es. a Smirne) •si. òo6c;, benché vi
donare questa via significa rinunciare al· manchi il possessivo 1iov, indica la via
la fede. Non viene spiegato l'abbando- di l gnaxio. L'idea non è espressa in
no della torre, che dovrebbe essere pro- maniera perspicua, in quanro le dele-
priamente equip:ira to alla perdita della gazio11i delle varie comunità attendeva-
fe<le e all'abb.indono della comunità. La no Ignazio in luoghi che si trovavano sul
circostanza delle pietre che cadono fuo- suo cammino; sa rebbe più chiaro dire
ri dalla torre sulla via non può essere che le comunità alle quali egli non pote-
utilizzata nella spiegazione: anche se va giungere aveva no organizzato un in-
fossero rimaste sulla via, non sarebbe- contro con lui. Ln via d'Ignazio in quan-
ro più al loro posto. Mentre quindi nel- to tale è chiamata una via xa-cà. cr&.pxa
l'allegoria la via stessa, a confronto i11 quanto l'espressione µ1) npocr·i1xo11-
con la torre, che è indicata come la Éx- cral f.LOl non è cosl esclusiva come ap-
xÀ.l}afa (vis. 3,3 ,3 ). deve designare il pare a prima vista. Ques to attributo
campo dell 'apostasia, nell'interpretazio- vuol mettere in chiaro in qual e senso
ne la via compare come campo della fe- le comunità non realiz1.nvano quel npo-
de. Abbia o non abbia questa inter- cri'Jx,w; esse non appartenevano ad I-
pretazione posteriore tie lla vin con- gnazio solo "tTI ÒÒ</l 'tTI xa"tà. crcipxa,
J&l Pl!EUSCHEN·DAVER', 1.v. 2 b, riportn i po.ssi ai di un mistero di sah'CZZ.1 nuovo, non cri-
fra quell i in cui si ha il signilìcaro di compor- stiano.
ta111en10. Dln1u.1us, fle1111. , :\ vis. 3,7,1, inter-
preta la rkerca d'una via migliore come riccr- IM Cfr. BAVF.R, l g11., ad I.
oll6c; D (W. Michaelis)
1ss Contro liAUER, ] gn., ad I. Contro qucs1a ma qucsrn non sarebbe allora una via su cui
inrerprcrozionc sta in. primo luo~o il fatto che ogni crcdenre •vrebbe potUto i1Kontrare Igna·
si tratta dclb via di Jgna>.io, non di 4uella zio. Dd n:-sto questa divisione di o-lip~ e
della comuni tà; inoltre bisognerebbe aucnder· r.vrii1.ux tra il tempo primo o dopo In morte
si rhe quest'idea fosse svolta più prccisamen· non avrebbe pan1llcli io I gnazio. SCUL IER,
te; infine si partirebbe dal presupposto che 136 ss., cert a di ricavar~ da I gnazio l'idea del
quest'altra via, incump:m1bilinente più impor- viaggio ccl~tc del mru-tirc e pneumatico che
tante, fosse nota e familiare ai lettori pro s'inizia già sulla ter.-n; ma allora bisognerebbe
prio con tale tèrminologiu. Però òooi; trovasi dire che quest'idea non sarebbe stata espres-
nelle lettere d'lgn:izio soltanto in cph. 9,1 ; sa in una adeguata utilizzazione di 6o6c;.
Mag11. 5,1 e~ coli. 262; 26,5 ). BAUER, I.e., ri-
manda oll' uso di òSoc; in passi come Mt. 22 , 1116 Or. BAUtR, Jgn., ud l.; Puiusc11EN·
i6; Act. 18,26; 1 Cor. 4,17 ccc. ; però qucsLi BAuE~ '. s.v.; !ambi. 2,7 ( p. 84, PARTllllY):
passi non hanno avuto alcu11 innusso su I- µnà. -coli iivaywyou i1yrµj\11or,. ScHLIER, o.e.
gnazio (anche a presci ndere Jal fatto che es· 136 s., mette anche Epb. 9,r in rapporto col
si stessi non si basnno su di un uso omoge- viaggio cekste del martfre o credente. Però
neo). Se in !gn., Rom. 9,3 si alludesse ad altre nel contesto non si purla di martirio, e anche
possibilità d'incontro fra il vescovo e I• co- l'immagine della via non è messa in forte ri-
munità, secondo l'intenzione <l'Ignazio si po· lievo. Anche aUllOOOL di 9,2 (un.ice ricorrcnu
trchbe i111egrnre 1u1~à. O'tXpxCl t>er es. con in lgnn1.io e nei Padri apostolici) si riferisce
xa:tà. 1ttO'TL\I, xcx-tà ciy6:1t1)11 (clr. Eph. 2,1 ), alla pratica dell'amore e all'adempimento dci
oppu re xa-:à òµbw1t1v (dr. la serie in Pbild. comandamenti di Cristo, e gli epit.cù aggiunti,
ll ,2). H . ScHUER, Reltgionsgeschiehtliche Un- benché presi dalla terminologia delle processio-
tusuchungen zu dt n l g11ati11Jbriefer1 ( = Bei· ni , oscurano l'immagine della via. ar. ll.W.
hefte zur ZNW 8) (1929) 136, suppone che al· BARTSU.1, Gnostiscbes G111 11. Gemei111Jetr11<fi·
l'òooç ltllTÒ. O'ctpY.o; «corrisponda probabilmen· tion bei lg11. von Amioche11 ( = HFln 2.
te una oSòç xa-cò: 'lt\IEUµa. dopo la morie»; Rei!ic 14) ( c940) 30.74 s. So n. 2.
éSéç D (W. Michaclis) (V.<)71.•l• 1
I ..1 v111 1•1·rso Dio è poi un.1 di•done d1e nonimo òoòç IÌÀ.l)l>wi) o xcx>..111 In -
non " l rova né nell' A .T., 11~ nel Nuo- Clem. 7,3 ooòç Evitti:oc è una d111011<. .I
vo, ma h.1 un parallelo in Filone ( "°' dauata all'immagine della cor,.1 dll· .111
coli. 172 s.). minn questo passo, ma sta p1m· Mli i<>
L\:~Nt:IZi\lll(' <li l' C/11111. jr. I : Eow- l'influsso dell'espressione b~oç cvacta
IJ.EV 'tlvec; at éoot i:i)c:; tù).o-ylr.t.c:;, «ve- d ell'A.T., die ha il senso J1 l'ia rn1111111-
diamo quali sono le vie Jelln benedi- data da Dio("°' coll.147; e4y; i4_, ); dr.
zione», non s i riferio;ce certo alle vie Herm., vis 3,5 ,3 : t>toptvllT)O'av tv 'Tfl
di Dio, alle sue po~"ihilità di benedirci tòDV-r11i:~ 'toii xuplov (= xa'twçilt:~av
(sarebbe questo l'unico passo dei Padri 'TO 'talç lV'toÀ.àc; a.v'Toii, ibid.), «Cammi-
a(>OStolid in cui i.i parlerebbe delle vie narono nella rercirudinc <lei Signore
di Dio), ma alle vie con cui gli uomini ( = osservarono i suoi comamlnmenti)».
possono ottenere la benedizione di Dio, Quando richiama il compomuncn-
se non ndJiritrum al comportame11to, ro volu to da Dio(~ coli. i44; 2'0),
co1111•g110 (che può contare sulla bene- oooç si avvicina al significato di t'Ot//Oll-
dizione di Dio). Anche in r Clem. 36,r JamentO, in nlcuni dei passi orn men-
ò&oc; può ~ignilic:ue contegno, ma la zion9ri e anche altrove, ma questo sen-
n
proposizione tv EVpoµtV 'tÒ CTW'tl)pc.ov so appare più chiaro in apoc. Pctr. I:
i)µwv, «in Cl.li abbiamo trovnto l:i no- òOoVç xctt olryµa'Toc ncixO..(l Tljç à.0tw·
stra salvezza•. fa\'orisce il ~enso di m<r Àd1X4 oi5<il;ouow, .. insegneranno le vie
do e metodo 117• e le domine cangiami della perdizio-
Il senso di comport1111u11to, contegno ne» 1111..
si trov;1 in / Clem. r6,6 (= Is. ,:;3,6) <! Ncll'Apocali~se di Pietro trovasi i-
in Herm., vis 2,2,6. Fino u che punto noltre un uso di òlì&; ch e non s'era po-
i 1 significato originario possa restare in tuto riscunrrare con sicurezza nel N .T.,
ombra nell'uso traslato, lo dimostrano in quanto le dizioni òoòç ('tfi<;} lìLxaLo·
espressioni come quelle <li 1Clem.57,6 auVT}c; o 'T~ç àl11llElac:; non potevano
(= Prov. r ,31 ; ~ col.140) e 'tà lpyoc es~er menu te come designazioni della re-
'ti'j<; 1t0VT}p<iç OOOÙ, «le Opere della via ligione cristiana ( "°' coli 244 ~ ) e l'uso
malvagia» di Bam . 4,ro. La di..:ione via linguistico assoluto degli Atti ( "°'roll.
di Dio (-= il comporrnmento imposto 2 51 ss.) è da considerare un fenome-
all'uomo da Dio; dr. r Clcm. ,3,2 = no sui generis. I n npoc. Petr. 2,2 si par-
Ex. 32,8) si trova in r Clem. 18,13 (= la di ot (3}.cxo-<pl]jJ.oiivi:Eç 'T'Ì)V ò&év 'T'ijç
ili 50, 15) e in apoc. Petr. 34. Entra in Sixat.eCTVVTJ<;, «quelli che vitupernno la
questo ca.>0 anche ooéç 'Tii<; à.}.11l>daç, via dellu giustizia»; d r. ibid. i8: ot
il comporrnmenro giusto o la via giu- n.' •
..,11.t.WcpTJµT}ITClV"tE<; Xa.L• xaiunc;
- ELiw".1-rEc;
'_ ,
sta pcrdlé comandata e-
coli. 14 7; -ri,v òoov ·dic; OLZaLOCTVVl)ç, «quelli che
244): r Clcm. 35,5; con lo stesso senso hanno calunniato e malcdcuo la via del-
ricorre òoòç o~xal.001'.IVT)ç in Dam. I ,4 e la giustizia,.. Qui non si parl:i ciel com·
6oòç oixocla. in 2 Clem. 5,7; Barn. I2,4 portamento, ma evidentemente dcll'e-
(= Is. 65,2) dove pii1 avanti si ha il si- vangelo o della fede dei cristiani. òoòc;
1i7 36, 1 >i rialbcda olla d1•1.io1w di .V 49,>3, parlare tic! m111portQ mento, i LXX forse, usa-
fatta prcccdcmcm~-ncc in 31,.c2. Jic viene ri· no già oSé~ rwl senso di modo l' mt1rt1era. Su
prodou• nella fomlll: tu~ é6~. ilv 6Ei.;w 101'111 }I 1 ~ di opinio1tc Jiv~r~a SrAUHt.:a,
a.v-rcì> x-:ì•. I LXX ltunoo i'i Sct~w (cfr. però Theol 184 188; n 68+n 5 (dr -+ n. )? 148).
lo vorianw i:> A. RAHl.FS , Psa/1111 cum Od1s 1• A tono Par.usc11m-BAun', s v. 1 • •ero-
[ 1\I}1 I. JJ I.I; mentre nel T.M s'inccnde se• quesro passo• Aft. i,13.
.ih11\'.•1, I ( v,98) '"''
·djç OLXrHcavv 1)ç potrebbe sign ifìcarc :ind.11·" :il '"" po~l o» ), rna non ~i p:1rl:1
la \' i.1 t\'ILI ( ~ ntll. 147; 244 ; 263 ). dii.11.11111·111" di Juc vie, bensì ci si 11
l"Ì•'<· l.1 kd1 o l.1 religione giu~ta. Pc- 11111.1 .1 indicare In vira e la morte come:
1è1l'impiq:•• d i O•XaLoa\NI) (22) e il fai. due: 111<.'h.! . lnvcce può includersi già in
lo dll' i ni,1 i.1ni vengono chiamllli ot ol- '1"'"111 ~chcmn l'u1ilizzazionc di \)i 1,1 in
K(H=L C 5.1 ~ ~ ..w.25 .2 7) danno piUllOSltl IJ11r11 10,10, in quan to \)i 1,6 è citalo in
. 1 OL:Ca.\OO'VVTJ iI senso di giustizia o pic- ll<1r11 1 1,7. Bi~ogna inoltre men7.i nnan·
1:1 . 1><:r cui oo~ç -:i'jc; OLXO.l.OO"WTJc; do- B<1m. 5,-f: Olxa.{(,.)c; &:i:o).ct-ra.L èivllpw-
vrebbe essere parafrasata all'incircn con 7\0ç o:; EXh>v oliov OlXmOO'vVT)c; yvwcnv
«religione della OLxmocruv'I') (cristinna)» , fo.v-ròv El<; òSòv crx6-rovc; <i7touvvtxiL,
• la religiune-OLXa.LOaWTJ>l (= b religio- «giustamente p ~risce l'uomo il qu.'llc,
ne ccis1iana, l'unica che dovrebbe çhi.1- possedendo la rnnosccnz.1 Jella \•ia dcl·
n111rsi òooc;). In ambedue i casi oooc; a- la giustizia, si mantiene sulla via ddle
vrebbe il senso di dottri11a, religiom", /<:· tenebre». In qu~to passo òooç non può
de, in quanto atteggiamento complessi- avere il senso di <lollri1111 , e d'altra p:u·-
,·o. te sembra che ooò.; O~Y.O.lOC1V\IT)<; signi (i.
ln altro modo è da interpretare DiJ. chi qualcosa di pit1 che la r~lta via (dr.
6, 1: opa., µi') -rlç 11c '11:À.aviJl1n a'l1:ò -ra.v- 1,4 ;--> col!. 263s.), poiché ò&O<; cxb-
-rT)c; "ti'jç OOOV ÒLoa.xijç, «bada che nes- -rovç rimanda 1roppo chiaramente a e 8,
suno ti foccia e rrare da questa via delhi 1 . Perciò òoòç OlXCl.LocrVVT)<; avrà il suo
dottrina». Qui infarri non abbia.mo òòbc; parallelo nella ciòòc; cpw-t6c; di !8,r e in-
nel senso d i dottrina, rna l.i~oa.xii quJli- dicherà un componamenro che procede
ficata come 'via', in consonanza con l'u- nella gius tizi:i e· s1 mantiene ~otto il suo
so di 'ltÀ.a.và.v (errare). segno, mentre, corrispondcnte!1lenic,
Un posto speciale fm i Padri aposto- òoòc; 11xb-rovç di 5 ,4 non significherà una
lid è occupato <lall'immnizine delle due vi;r che porta nlle tenebre, ma un com-
vie. Ma certo non si può add1:rre a pormmcnto che si attua nelle tenebre.
prova un passo come quello d i Barn. Fino a qua l punto i due s ignificati di
4,10, dove è menzionata soltanto la via e comporlam1'11lo si compenc1 r ino,
1t0Vl')pà ò&O., (~ col. 263 ), e neanche in è dimomato proprio dalle due pcrico-
Herm., vis. 3,7,1 (~ col. 259), si può pi che offrono i te. ti più importanti
ravvisa re quesrn irnmngine ' 19. In Ign., dell'imm~ginc delle due vie nei Padri
Mag11. 5,1, si trovn bensì l'immai;i ne apostolici : Barn. 18,20 e Dici. 1-6 190•
dell'andata (fxa.11-:oc; Etç -ròv ~oLov •b· In ambedue i casi il mate riale parene-
7t0V µiÀ.À.fL XWPE.~V, «Cia-,çuoo ~ta per tico ~i innesta in uno schema delle due
•~Y Contro C. TA\LOK, Tht· Two \Vays 111 Hrr 1c11u11> un testimonio valido dell'immagine
mar 1111d Xmoph1111: Th• Journal o( Philolu. delle due vie. Ncll'a(JOC. Petr. non si ~aria
llY 21 ( r89}) 149, che rrova in H enn., IJU. delle due vie, ma dd patnd1so f! dell'inferno
3,7,1 cun csplic110 riferimento alle due vie•; in <JU• ntu sono due -.on0<. Comro D1ETEuc11,
<i I ratta invett ckllo contrà(lpositionc d i è&Oç o.<. (-> n. •}) 193.
•u à.\looia; solo alla scolla >ixrnnza dell'npo- '° Sul
1 rap1>0rto mutuo di queste due pcriro-
srnta la seinbra unll PE>.. -rlw\I o86ç.
à.110@ pi vedi Wt"IDlSe11 , )larn. e Kr<o1•v, D1d. Sul
TA\'LOR, oc. 1,1, accosta a Hcrn1., sirn. 8,9,1: 1irolo di un libro riportato da RuGno (D11ae
aii'O) ii òOèç (il ron1a110 coi pogaoi) i)&uù- ,,,.,,), che non sembna poss:i essere il Panorr
pa cxù-rci:.; (ui ricchi cristiani qui biasimati ) di Erma, ma piunosio la DiJaché, dr. Z\111'1,
lipo.(\ltTo, anche la diLionc della fovoln di Ka11. Il 243 ; JlrnN"tcKE 143; A. HtLCEN FELD,
Proclico in Xm., 111mr.2,1,2}: T-/r.> i)O(o"r'l')\I ... E1·~11g<'liorum
scc1111tl11111 HebrtJt'Ot... q1111t su·
òS6v. Ma il passe> Ji Enn.1 non può essere ri- pem1111 (1884) 1 ross.
òo6ç D {W. Michachs)
vie, e ciò in maniera più omogenea e ri- esse,.. In rispondenza alla Vidaché, );1
gida nella Didaché. All'introduzione ( 1, descrizione della OOòç 'tOÙ C'j>l>J"Ò<; comin·
1 : òOol &V<> d.at. 11ia >tfiç t;.wfiç xa.t µio:. cia in B11rn. 19,1 con la fr:i;,c: ii oùv òSòç
-.oii Do:.vc:i:tou, &~o:'9cpà. &t r..oÀÀ'i) µt· -toii <pW"toç È<T'TW cxi.iTTJ, «la via della lu-
•o:~ù •wv oV<> ò&wv, «esistono due vie, ce è dunque questa», e si chiude così
una della vita e l'altra della morce, e (19,12): aVTr) ÉO'"•lv ii oòòc; o:oii q>unòç,
grande è la differenza fra le due vie»), «questa è fo via ddla luce•. Nella descri·
segue la descrizione della òOòç •iic; zionc della òoòc; •cii <Txò-ro~ mnnca in-
t;,wijc;, che comincia (1 ,2) coll'enun- vece una frase introduttiva che contenga
ciato: i) µèv ouv òoòç -tfjç t;.wfjç ÈO""'Tw questo concetto. C'è invece, in 20, r, fo
o:.vn1, «la via della vira è dunque que- proposizione che descrive la via : Ti oÈ
sta», e finisce in modo simile ( 4,14): 'tOV 1.1-ÉÀa.voc; OOÒç ÉO'"tW O'XOÀ.LIÌ xat
O:.V'T1) ÈO""•lv Ti ò&òç •iic; ~wfiç, «questa xa>tc:i.p~ l.lt<T'TTJ, •da via del Nero in-
è la via della vitaio. In 5,1 s'inizia la de- vece ~ torruosa e piena di maledizione•,
scrizione della òlìòç 'toii i}avchov con a cv i segue la frase già ci tata: òOòç
una dizione parallela: ii SÈ •oii Do:.vc:i.- y<ip ÉU'TW Ì)a\lc:i.'TOV al.wvfov X"t À.. La
•ov òSòç t<T•w a ihT); ma io 5,2 manc:i ciliòç l>o:vc:i.>tov è certamente la via che
una proposizione conclusiva corrispon- porta alla morte, mentre 'i) -:cii 1.i.t>..a-
dente e in 6,1 l'uso di òò6ç non è più o- voc; ò6òç (•oii µiÀo:.voc; qui è maschile;
rienlrato allo schema della due vie (- ..,.. v1, col. 1494) è la via (o comporta·
col. 2 6 5 ), perciò non solo 6 ,2 s. ma an- mento) domina ta dal Nero, quella in
che 6, 1 va considerato un'appendice. cui si finisce so tto il potere del demo·
In 1,1 òòòç ha il significato di via: si nio (cfr. t~ov11la 18 ,1). Analogamente
tratta delle due vie oppos te, di cui una òoòç •ou q>w•oc;, oppure •oii O""xò•ovc;,
porta alla virn e l'ahra alla morte; il si- non è la via che porta alla luce o alle
gnificato Ji comportamento s'inserisce lenebrc, ma la via che viene dominata
qui solo in quanto le due vie sì riferi- dalla luce o dalle tenebre. Che cosl si
scono al comportamento stesso. Nella debba interpretare, è dimostrato anche
pericope affine <li Barn. 18-20 manca dal periodo che segue l'imrodtrtionc:
del tutto il concccro di òoòç (-rij;) tcp'f)c; µiv yc:i.p Ei.aw 'tE-to:.yµÉvat. q><.omx·
~wijç, mentre vi compare òliòç Do:.vc:i.- ywyot O.yyeÀoL "toii ìkoii, Éq>"ijc; ot 0.y-
'70V. però non come vera indicazione del- yEÀ.o~ 'TOV O""a•a.vii, «all'una infatti so·
lo schema Ccfr. 19,2. où xoÀÀTJi}i)an I.I.E· no preposci gli angeli di Dio portatori
•à. 'tWV nopEvoµivw\I iv òo0 Dttvchou, di luce, all'altra invece gli angeli <li
«non unirli a quelli che camminano per Satana». Gli angeli di Dio sono chiama
la via della morte»; 20, r: òliòç yc:i.p ÈO""o:w ti cpw•o:.ywyol perché dilfondono luce
i)awhov cdwvlov, «è infatti una via Ji (non perché porrino alla luce). La men·
morte eternaio ). Lo schema viene invece zionc dei due gruppi di angeli non ha
determinato dalla coppia di opposti un parallelo nella Didaché; però nella
<pwc; e <Txhoc;. L 'imroduzionc di Barn. redazione latina di Did. r,1, a somiglian-
18, r , che corrisponde a quella cli Did. za di Barnaba 18,Y, è scritto: viae dwu
1,1 , dice: ÒOOt OUO t~V 0~0axijç XO:.l sunt in saec11/o, vitae et mortis, l11cis el
É~oV<Tlttç, i) 'tt -toii <pW'tÒ<; xo:.t 1J o:oii lenebrarurn. In bis constiluti sunt an
uxo-.ouc;. ÒLo:.<popà St rcoU.iJ 'TWV lìV<> p_elt d110, unus aeq11italis, alter i11iqt1i·
ò&:iv, «esistono due vie di dottrina e po- 1111is (cfr. I fcrm., mand. 6,2,r ss.-+ col.
tere: quella della luce e quella delle te- 271 ). Benché l'immagine delle vie stia
nebre. Ma grande è la differenza fra di a base anche di questi enunciati di
;;;<,, I) ( W. Michaclis)
101 Corp. Herm. t,28 s. può essere rilcnu10 <oc; (quc~rn rons•tlllra di \VJ . SCOTT, oc. [_.
un parallelo solo p,enerico, perché l'idea delle n. 18) e l}l, ad I., puù esser giusta; cfr. però
due vie non vi è espn·•sa in modo preciso. o.e. 1v 360)
In 1,29 si dice bcnsl: -rii -rov ilcxvd:tou òoii>
i11u-r~ btoEliwxéi:rç, ma in 1 ,18, senza f-11 1t2 C&. gli S<:riui d i A. SEEBElG e 01Di;;L1 us
u>U ddl'1mmagine, s'era dello: -ri tcwi:o·:i~. w ci tati alla -+ n. 170; W1t11>1sc11, lùrn.; KNOPI'.
dvopcç, Ek. t.civo.-ro\I fxocowxa«t, l)(ovi:•ç Did; HAl.NACK, o.e. (-> n. 46), specialmente
t;oua\o.y '<iiç àllcxvcxa(a,ç µna)..a~tiv; (cfr. J6 ss.; C. TAYLOR, The Ttaching of tht lttJ<'lve
pc1'Ò più avami l'espressione ai avvoocuaav- Apost/e1 u1itb 11/ullraJio11s {rom the Talmud
i:cç -rii 11)..6.yn). È comunque intci:csoan te che ( 1 886 ). Non posso condividere la sicurczza con
nlla ~oppia di opposii OciYcx-roç/O:llo.vaaio. si cui in quc<1i s1udi si conto sull'csisrcnw di un
al\GIU~1 ~nel.e qui h coppia luce/ tcneb...,· C•lcchismo &iu<laiC'Q dd proseliti daJ tilo(O 'Le
àit«.) ..Mr>ltt 'tov crx6'touç, éiljio.o'ilE i:où q>w· (due) vie'.
006'- D (\\I . Mid lllelis) (V, 100) 2 71
yeÀo~ 'tOV DEov o -cov O-CJ.'HX\lli, in Bam. liLÀEi:O.L, e al pos to degli angeli compaio-
18, r. Jnfatti, per quanto sembri nam· no dur: re). Cfr. anche Pseud()·Ckrn ..
raie ravvisare qui un influsso delle due recog11. 8,54. Bas., hom. in Ps. 1.5 -+
figure femminili de lla fovola di Prod i· n. I 2) d escrive le due vie collegando-< i
co ( ~ n. 2 ), non bisogna trascurare le n Mt. 7 ,I 3 s. e al passo di Esiodo e scri-
differenze che impediscono di presume- ve: xa.1 ovo
OOYJ"'(OL, ÉX<hépoç ttp~<; fo.u·
re un influsso direno. Infatti nella favo- "tÒV Èmli't(lÉq>W\I ÉmXELPW\I , «C due gui -
la il tema delle due donne prevale asso- de, d i cui ù1scuna cerca di volgere (la
lutamente su quello delle due vie, men· genre) dalla sua parte»; poi dcsi~na
tre in Darn. r 8, r s. il rapporto è inverso. ques ti due boY)yol (dr. Lact., I .e. [ ~
Inoltre il topos d ci due anseli compa- n. 16]: tJtrique (scii. vù11·) praepositum
re in Herm., mand. 6,2,r ss. in una for· esse.. . d11cem utmmque immortalem) col
ma tale che non dimos tra alcuna affinità nome di oa[µW'I 1tOVY)p5c; e Ci.yyEÀoc;
con la favola di Prodico: in numd. 6 ,1,2 ayai)oc;. Le dlle figure che tentano di
ss. trovasi bensì uno schema delle due attrarre a sé gl i uomini ricordano la fa.
vie, ma il tDpos dei due angeli figura vola di .Prodico. Ne ll a compila?.ione p,,.
accanto ad esso c.:omc inc.lipcndenrc, e re netica di Ps.-Athan., SJintagma doc-
inolcre in questo schema delle due vie trinae'(MPG i8,836ss.; dr.anche 1637
non si avver te alrun influsso ddb fa. ss.), che in certi particolari ri vela un
vola e di ciò c he ad essa corrisponde rapporto col ma teriale di Bam. 19 s. e
( ~ col. 272 ). Anche la comparsa dei Did. 1 ss., lo schema d elle due vie non
due gruppi di angeli in Bam. 18,1 deve ha imporrnnza alcuna.
quindi esser fatta risalire piuttosto a una Anche in H crm., mand. 6,r ,2 ss., CO·
concezione giudaica che non a idee e· me s'è già ricordato, compare l'im magi-
stranee al giudaismo m . ne delle due vie. Qui si trova anche ciò
Del resto proprio questo tratto , gi:i che la D iJaché e Barnuba non hanno
penetrato nella redazione latina della Di· nei confronti di Mt. 7,13 s., cioè una
daché ( ~ col. 268), è stato nell'epoca descrizione delle due vie (e corrispon-
seguente mnntenuto , vaxia to e collega- dentemente resta in o mbra il significa·
to con Mt. 7,13 s., come pure con i re· ro dj comportamento). Dopo che io 6,
mi della favo la di Prodico e dcl pas· r, t em già s tata menzionata la con trap·
so di Hes., op. 287 ss. (~ coU. 122 ss.). posizione fra 'CÒ olxa1ov e "tÒ Ci.OLltOV,
Nella settima omelia pseudo-clemenùna viene (6,1,2 ) l'ammonimento: o-v oi'.iv
(bo111 . 7,6 ss.) vengono descritte amhe- n lO""twe -cQ faxa.l~. ·~ ot &.olx~ 1~Ti
due le vie con la combi nazione <li trar· mCT"teVo'nc;, «tu du nque credi al giusto,
ù d i Mt. 7, 13 s., dcl passo di Esiodo e ma all'ingiusto non credere », con la
della fo vola d i Predico; al posto d egli motivazione seguen te: 'CÒ yb_p OlXCJ.LOV
angeli vengono menzionate la Ilw·w; e oplhìv boov EXE~. -cò o~ èiò1xov O"'CPE·
la 'Amo-,la. 10' (invece in 20 ,2 l'immagi· ~Ài'}v, «infatti il giusto ha una vi:i d irit·
ne viene colle~ata a quella d elle due ~o:· ta, l'ingiusto invece storta». Al consi-
191 Sull'origine giuù:iica dcl lopos dei dae an· questa rcd3Ziooc sia moira più antica e che gi~
geli cfr. DrnEuus, H erm., a ma11d. 6,1 , 1 e 6, Erma conosca l'immagine delle due vie io que-
2,l. Il testo d i test. lttd. 20,1 non è l)Crnl- sta forma ; però la comparsa di mcr-ci.; e
tro mollo probante. Cfr. però Sbab. b. t •9 b. 'Am1niet in un contesto molto diverso, cioè
(StRAC K-BtLLERBECK l 781). in 1im. 9,IJ,2 s., non può attenuare l'obiezio-
ne che Erma fa un uso diverso dell 'immagine
194 TAYl.OR, oc.(-+ n. 1R9) 257, suppone c he proprio là dove se ne servt·.
z; i \.roul (\ ·"") 174
111io: aÀÀ<Ì CTÌJ "tTI Òpi)i) oo~ 7tOpEUOV pendc117..t cli Erma da ques te opere s1i1
xat òµ.cxÀ.fi, 'tTJV &È O'"tpE~),i)v taO'OV, anche il p:oss.IJ!!ZÌO di retto nl lopor dci
«IO:l tu cammina per la via diritta e due :rngdi in ma11d. 6,2,1 s~. ("' col.
piana, lascia invece qudla stona», segue 271) . ...
una descrizione plasticn delle du e vie Jn confronro 111 ricco e vario uso lin-
(6, r ,3 s. ). La via swrrn non ha -rplaoL, J!ll Ìst ko dc i P:idri npostolici, oooc; ri sul-
cioè sentieri propri, ma presenta solo ta 11otevolrnen1c in ombra negli J\polo-
6.voolai, luoghi impervi, e apoc-xoµµa- geri 197• È vero che Giustino usa il ter-
• cx itoÀ.)..a , molti ostacoli, ed è -rpa.xE~Gt mine più di 50 volte, ma nel la grande
xaL à:x.rxvl}wlìnc;. aspra e piena di spi- mnggioram:a dci casi si te.m a ili citazio-
ne. Per ltt vi:i diritta invece si procede ni sia del N.T. sia, specialmcnce, dcl-
comodamente sen7..a inct:1mparc, perché J'Anuco (come lji 2,12; 18,6; 49,23;
11011 ha né ostacoli, né cespugli spinosi. Prov. 8,22; Js. 40,3; 55,8, passi di cui
Questa descrizione ricorda, nell'insie- akuni vengono citati più volte). Anche
me e ne lla prolissità, hl favola di Pro. fra i p<>ehi passi di G iustino in cui òSéç
dico (nella quale peraltro I" vie non so- è usato fuori delle citazioni, .alcuni dc
no descriue in modo così pl:istico); il notano l'uso biblico, :id ç,, dia/. 8,i;
vocabolario è diverso (~e si fa eccezio- 39,2; 85,5, dove si parla dcll.1 \•ia del -
ne per • paxuç); non lu mppor ri nep- le. stelle. Notevole è di11!. 88,2, dove s i
pure con Mt. 7 ,r 3 s. Ma peculinrc è so- <licc che Giovanni 13:uustn precorre l.1
prnttutto il fotco che la via da percor- via dcl battesimo ('t'l)v i:oii {3am~µ'l·
rere da chi vuol resrnre fedele al Sl- 'toç òoòv 1tpo~wv ), intendendo che la via
XaLov è descritta come comoda e faci- del Battista, in quanto precursore, ern
le•~. In que~ t o l'uso dell'imm agine si contrasscgna ra dalla sua atcivitì1 di bnt·
distingue da tutti i paralleli; solo in tezzatore. Poiché Giustino us:1 anche in
foilone trovasi qualcosa di simile (-7 dia/. 4-IA e 100,-1 (bis} l:t dtzione OL'
coli. r 74; r 8 t ); ma non si può sup- ·i'jç oppure -ço.&tn<; Ti)<; òlio\i, anche nel-
porre un suo influsso w Erma. Qm:- la conclusione de l Dialo~o ( t 42,3} &ti
sta pcculial'ità sta contro un rapporto, -ravi:nc; i:l); oòoii signi lìchcrà: i11 q11e-
sia col passo di Esiodo e la favola di s1u modo. Dunque qut òo6,
non l: un:i
Prodico, sia con Mt 7,13 s., e nnche d~iflnazionc dcl cristianesimo o della
con Barnaba e la Didl1Ch~. Contro la di- dott rma cristinna. Del resto questo si-
t9l DIBkUUS, lfrrm., ad I, rileva pustamcn- perché li nwcrn.· che la vi3 , che all'onizio S('ITI·
tc:che qui non so tro\'a piì1 •l'ethos della ('3· b ra pmn>. finisce pic:na di spine, ct-dri e giun·
rolu del Sicnnn• di Mt 7,q e della fovola di chi, men tre l'•ltra via, che all'ono~io ~ picn:i di
Prodico•, ma thc c\'i è p.-.-supposto un cer- 4ucs11 ostacoli, si fa rioi piana e t'Omoda. An·
to opportum~mo» . che •1uest• è una forma assai sinttolarc, più vi
'"" 01BEUUS, Hernr, cita Qoh. r. a 1,1.1 (-> dn~. dd resto, al passo di EsioJo die 21Ja fa.
n. 11} e conclude: «Nd nostro passo ol>boa volo ili Prodiro; ma è diflicilc che ne abbia su
mo evidentcn11.!ntc una cornbinaz(onc c.Jcll:• t.lot· bito l'influsso. S.rcbbc bene non mertcre in
trina delle vie con questa diffusa varin21onc rapporto ron k varintioni della fnvol.i di Pro·
della fa\'ol.i d i Prodico, m• solo a prcr.xo di Jico né q uesto pasro rahbinico né lo pc:ricup<
un cpovnlgomcnto opp011unis1ico-l'llz1on.'lh~ti. Ji Eo·ma; i: molto più prob:ihile che si tram
ro.. Nd JY.U."> rnbbin iro mcn2ion>10, 1I <lita· di fonne indil"'nc.lcnti che si bo•ano sull'11«>
le pula delle vie in senso proprio, >• n:ir· popcl"n: ddl'immap.i11e Ji due vie incituali .
ra d'un vecchio che, stnndo sc>duto a un hi- IYl Cfr. E.J. GOO()SJ>ECD, lndt'.Y •lf>lllOgt•//t"t: I
vio, si J!Uld1pn• In gratitudine dci lld'-'l.lnLi (1912),s.11.
27 5 lv,101) òiiirro<;, o&r)ytw (W. Michadis)
g11 ilìra111 ( ~ coli. 251 ss.; 264s.) non mz:aatore; ò&riytw (sempre coll'accusa·
trovasi nq>purc in Tcrr., de oratiom: tivo di person:i) significa co11durre qual-
1.1 l\1\1 che, spiegando Gcn. 45,24: et ne cuno per via, guidarlo, indicargli la stra·
irascimini in via, Jin:: 11os sci/icct mo· da, e in senso traslato ini:r.irm: q11a/cu-
nuit. Alias enim via cogno111ù111!11r dirci- 110, istruirlo 1 • I due vocaboli non sem-
{lli11a nostra. Q ui alias rin via ovviamen· brano attestati nelle iscrizionj, mn lo
te u<l altri passi della Bibbia che parla- sono nei papiri (dal sec. III a.C. in
no c.leJla via e che a loro volLa si riferi- poi) per lo più in senso proprio 2• In
scono al comportamento cristiano (cfr. Paus. 2,1 r,2 è chiamata OOT)y6c; la dea
il passo che segue : tum ne, in via ora- Hern, in senso proprio. Il senso rrasla-
tionis constituti, fl(/ patrem c11m ira in· ro trovusi invece in primo piano in
cedamus). In quanto non si collega all'u- Preisigke, Zaub. XIII 5 2 3 ss., dove al-
so linguistico ecclesiastico del tempo, l'anima si fa questa promessa: 11:av•a
questo passo <li Tertulliano può essere XWTJO'E!.<; XaL 1tci:Vta L).,f1PUVth'J<Tt'ta~
una prova indiretta che anche allora 'Epµoii <TE ooriyo(iv,oç, «metterai tutto
'via' non era una designazione corrente in moto e tutto sarà gioioso se ti gui·
della docrrina crisriana. Questo senso è derà Ermete». Questi rermini non cÒm-
invece attesrato nella lettera c.leJle comu- paiono invece dove si parla delle
nirà di Vicnne e Lione in Eus., hist. divinità psicopompe e simili'. Ançhc
ecci. 5,1,48: OL« Tijç <ivmnpoq)'ijç aù- nella lettera tura ermetica non hanno
•wv ~Àaaq>TJµowTEç -ri)v ò&bv, «viru- quell'imporranza che ci si attendereb-
perando la via con la loro condotta». be. In Corp. Herm. 7,2 trovasi l'invito:
S1J•'l)ua•E XHP11rto1yòv i:bv òo'T)yi}o-ov·
'1:(1., uµ<iç btt 'tfu; i:Tjç yvw1nwç ilvpru;.
t ò&TJy6ç, t òOTJylw «Cercate la guida che vi condurrà alle
Il sostantivo òo1n6c; (la forma do- porte della conoscenza»; in ro,2 r que·
dca 6011y6ç è attesrara anche in au· st.o compito compete al Nus: El<; OÈ 't'Ì}\I
tori attici ) e il suo deriv:ito oo'T)yÉw EV<TtBTi l)iuxTiv b voiic; t1~Bàc; 6oTJrE~
sono usati per lo più in senso pro- aù-ri)v t11:t TÒ ·djç )'VWuEW<; <pt;X;, «en-
prio, raramente in senso traslato. trato nell'anima pia, il Nus la guida al-
Òo'T)yo<; signilica guida (per una via) e la luce della conoscenza». Speci~lmcnte
ha inoltre il senso rraslaro di maestro, in 7 ,2 il contesto mostrn in quale mi-
l'll Co111ro HARNACK, o.e. (~ n. 46) 38. bucb 71 73,16 (in forma ai;gctdvale : OOl)ì'àc
nÀ.oi:a., navi-pilota ); P!!F.ISENDANZ, Zauh. x11,
òlhn6ç. OliT)yiw. 224 (scc. 1v d.C. ): ~ 'TW\I ù.vlµwv OOT)yo(;
Dati erimologici: c'>OT)yoc; deriva da ~olio· MAYSEI I , 3' ( t 936) r64 ; ibid . 262, O\IVOOT)-
a.yoc; e srn con èl.yw nello stesso rapporto di ì'O<;. Su ÒOl)yÉw v. PKEISIGKF., Wiirl. Il 150,
"ir;' a <JU C~ lo enunciato sottostiano t:nn · owpDw-.i}c;, «egli è guida della sapienza
n-1.ioni spaziali 4 • Ma ciò avvieni· s' 1 e co rrettore dci saggi». Molto più fre-
pm11utto dove si parla del via1:1\i•• n·- quente è 61ì11yÉw (42 volte, di cui 27
lcs te dell'anima. Il passo 12,12 si rirc:- nei Salmi). In 2 5 casi esso corrisponde
riscc all'ascensione dcll'anim<t dopo Lt al masoretico 11iiba in forma q al o hif'il.
morte: t~EÀDwv h. -roii crw1ux-.oç. òo11- Nella grande maggioranza dei testi iJ
rriDi}a-E1'<U \ntò àµq>OTÉpblV Elç i:wv soggetto di òlìl)yti:v è Dio. Prcscinden·
ìkwv xa.t µcu~apwv xopov, «usci to che do dai passi dei Proverbi, dcll 'Ecclesia-
sia (l'uomo) dal corpo, sarà condotto ste e della Sapienza che vedremo più
da entrambi (cioè dal Nus e dal Logos) sotto, il verbo non è attribuito a Dio
alla regione degli dèi e dei beati» s; dr. soltanto nei luoghi seguenti: Ex. 32,34
i noi tre 4, 11 : E.Ùpi)CTE.L<; Ti]v npò<; ,-èl: (Mosè fa da guida per ordine di Dio);
avw òoov. µciU..ov OÈ a.i.mi <TE Ti elxwv 4' 44,5 (la destra del re indica la via);
60TJYDO'EL, «troverai la via che porta in lob 3 r ,18 (qui e nel passo precedente il
alto (~ col. 133). Anzi, ti condurrà tesro ebraico faceva difficoltà al tradut-
l'immagine stessa». Quella di cui si p:u - tore).
la è Ti •oii ~Eoii dxwv, della quale pri- Israele ha provato l'òo'T)yEi:v di Dio
ma è stato detto: a.vi:l) CTOL ••• vnoyt- nell'uscita dal.l'Egitto (Ex. 13,17; 15,
ypa.1t't'<lL, «ti è stata descritta». Nel 13; Num. 24,8; ljl76,21; 77,53; ro5,9;
Corpus Hermeticum non si trova òlì11- dr. anche Is. 63,14 e 2 Ba.a. 7,23 I =
yo<;, ma xa.lloo11yoç, con cui l'autore Chron. x7,21); l'azione di Dio che nel -
designa (r,26.29) la funzione, a lui as- la colonna di fumo o di fuoco va innan-
segnata da Poimandres, di dire a chi ne zi per indicare la via, che in Ex. 13,2 r
è degno ( 1'0~<; à~loL<;, X,26) 1tW<; XCX.L è chiamata 1)yti:cri)o:L, è detta invece
-r:lvL ;pém~ crw~7}crov-ra.L, «come e in òo11yEi:v in Deu1. 1,33 ; 2 E<rop. 19,12.
qual modo saranno salvati» ( 1,29); è 19; 4' 77,14. òli11yÉw trovasi in senso
quindi da prendere in considerazione proprio (oltre che nei passi menzionaci)
pit1 il senso di maestro, iniziatore, che anche in los. 24,3 (a proposito delle mi-
quello di guida, accompagnatore (-+ v, grazioni di Abramo). Invece nelle parole
coli. 429 s. ; 432 ). di 4' 66,5: c1lv11 èv Tfi rii òlì11Y1itrti.ç,
Nei LXX òo11y6c; si trova in pochi (<dirigerai i popoli sulla te rra», si ha il
passi. È detto di persone che conosco- senso traslato d i dirigere, gover1um:,
no il paese e fanno da guida ( r Mach. aiutare, che prevale negli altri passi (in
4,2; 2 Alacb . 5,15; 2 Ecrlip. 8,1 ); con lo gran parte nei Salmi), dove si parla del-
scesso senso è applicalo, in Sap. 18,3, la provvidenza di Dio in fn vore delle
alla colonna di fuoco che di notte indi· persone pie. Oltre a frasi al plu rale ( 4'
cava la via a Israele durante la traver- 24,9; 77,72; 106,7.30; cfr. 89,16), ve
sata del deserco ( ~ coli. 278 s.). In ne sono altre in cui è il singolo indivi-
Sap. 7 ,15 si dice di Dio: a.ù-ròc; xa.i. -ri)<; duo che confessa di aver provato o spe-
croqilo:.c; OÒ1)y6ç ÈO''tW Xtd 't'W'\I O'OQ>WV ra di provare l'òlil)yE~V di Dio (lj> 22,3;
4 J. KROLJ. , Die Lchre11 d<s Herm. Trism. fon c divine concesse all'uomo. In Corp.
( 1914) 38o s .. pensa perlina che «la gnosi è He rm. 9,10 è dc110 che il voii<; dell'inizinto
concepita come un regno spaziale». vien guidato per un tratto dal Myo~ (cioè
dal >tO,Eioç )..6yo.;, la domina di Ermete
5 Cfr. a proposito W. Sc:nn, Hermelica 1v, Trismegisto, che lo istruisce, cfr. 9,1): Ù-itÒ
cd. A.S. ft;KCVSON {1 936) 384 s. voiic; t: M· -.oii >..oyou µtxp~ >tLVÒç òli'T)"(11~Eic;, e che poi
yoç non sor10 intesi come persone, ma come giu nge fino alla verità per fona propria.
'-i9 (v,102 ) oomb.;, bli'r1yiw (\VI. Mich;1dis) (v,102) 280
30'4; 60,+; 72,24), ma sopmttutto chie- dizione éoo~ uccpla..; nella lcncr:nura sa-
de a Dio questo ÒO'll'YE~v: 4i 5,9; 24,5; pienzi3lc è sinonimo d i boot xvp(ou (--!>
26,IJ; 85,11; 118,35; 138.24 (anche coli. 147 s.), così nel Libro della Sapien-
la domanda in i.li 59,i1 [ = io7,n] za è a ttribui to alla croq>((l. anche l'ÒÒTJ·
rientra in questo gruppo; dr. 59,12 yti:v . Il detto di Sap. 9,1 r: òlìTJyficre1
( = 107,12]). li v~lore spaziale del ter- µt tv -r(l.lç ':tpoJ;Eul µov crwcppòvwç, «mi
mine poi varia secondo che ÒOT)yÉw è guiderà con saggezza nelle mie azioni»,
unito con òoòç o •pl(3oç (ljl 22,3; 26, h11 paralleli in rnolti passi dell'A.T .. in
11; 85,rr; 106.7; II8,35; t38,24) O è cui ÒOT)yE~v indica la guida della prov-
invece un parallelo di q uesti vocaboli videnza divina (--!> col. 278). In Sap. 10,
(usati anch'essi in senso figura to ). òlìn - 17 con chiaro ri feri mento a Ex. 13,2 1, è
yÉW è collegato a 'ltOLIUl~vw (pascola- detto: wlìi}YTJO't'J (1.v'toùç É.'\I òoG ~cw
re) in tli 77,72; 79,2 (dr. anche 22,3 µ a.<i•ii. «li guidò per una via mirabi-
con 22,1 ). l noltrc è pa rallelo di lìLlìci.· le»; questo passo ha d unque i suoi
CTJ!W (l)i 24,5.9; 142,ro) e di vop.ODE'tÉW paralleli nei tesci menzionati (-+ col.
(4i :i6,n), assu mendo chiaramente il 278). I nfine le parole di Sap. 10,ro:
senso di insegnare, iniz:iarc. A ques ti a.vi:T) q>uyao~ opyii<; ci.lìEÀ.q>OV lìlxa.tOV
passi, nei quali Dio è menzionato diret- WOlJYTJCTEV E\I 'tpl(3oi.ç €ùlJE((1.Lç, «CSSll
tame nte, si aggiu ngono delle circonl o- gu idò il giusto fuggiasco dall'ira del fra-
cuzion i: Ti XE(p o-ou òlìT)yi)aEL µ E «la tello per vie diri tte», intendo no ri ferir-
tua mano mi guiderà» (ljl 138,10); (1.\mi si alla fuga di Giacobbe. Si può riman-
µ E wbTffTJCTa.v, «esse (cioè q>wç e à ),fi. d:ire a Jos. 24,3 (-+ col. 278). li fatto
Ona. d i Dio) mi guidarono» (4 2,J); 'tÒ che per tu tti i passi della ·Sapienza con-
TtVEiiµci. crou 'tÒ à.ycWòv (var.: éiyLov) tenenti ÒÒ'Y]yÉW è possibile trovare pa-
òoriy-IJcrn µE Ev yfi E1iilElQ., «il tuo spiri- ralleli veterotestamentari in cui glì e-
to buono (var.: santo) mi guiderà per nunciati h:inno per soggetto Dio, dimo-
via retta» (t..p,10) 6 . stra che qui si ha uno sviluppo interno
Da tutt i i passi mcnzionnti, in cui all' A.T. stesso. Non è quindi necc.~sario,
Dio è soggetto di ÒOT)yti:v , si aUont ana an'l. i è e rrato collegare l'uso li nguistico
Prov. u,3 (codd. BS): 'tEÀEii>'tT)ç EV· della sapienza non ai suoi paralleli vete-
lMwv òorir-li<m a.ù•ov.;, «la perfezione rotestamenta ri ma ad enunciati come
dei git1sti li guiderà>>. Il passo è :iffi- quelli che si trovn no in Prcisigkc, Zaub.
ne a Ecci. 2,3 (XCX{:>Ol(l. µov r~oTjyT)t:rt\I xru 5 23 ss. (-+ col. 276) 8 .
lv <ioq>l<t, «il mio cuore (mi) guidò nel- Filone usa oony6'; una sola volta, in
la sa pienza», e si avvicina pure ai de1ti vit. M os. 1,178 (1) ÒÒT)yòç VEq>ÉÀ.TJ , «hl
di Sap. 9,u; 10,1 0.17, in cui soa.,getto nuvola guidatrice», dunque come agger-
di òoT)yEi:v è !:t aocpla. Ciò cor risponde civo, -+ n.z) . Egli preferisce invece 'Ì')"(t·
a sua volca ass3i bc 111;; a qmmto si pen- i.lWv • Ti.; òooii, sia in senso proprio -
sa della croqila. stcs~ , che «per l'auto- come in viri. 7, dove parla di quelli che
re della Sa pienza può fare le veci d i si appogginno a un cieco e usano come
Dio; è divenuta un'ipostasi o è perlo- guida una persona inferma, 'Ì'! YE!.LÒVL
meno in via di diventarlo» 7• Come la 'tfiç òoov xpwµtvoL m'ltT)p<.>µÉV<i> - sia
6 Cfr. L. KOllLl;R, 'fheol. d. A.T. ( i936) 98. q>/.(lç blhrr6c; (~ col!. 277 s.), in 7,21 ln o-oqil.4
Su '1tVE\jµd aya.Co" dr. Le. l i ,r 3, P". L, ecc. è già maestra da se stessa.
7 ) • F 1c1-1TNER, \Y/ eishei1 Salomm (:; lltmdb. s Contro REtr.t:ENSTE1N, Poim. 23 e n. J; Io.,
i. Jl.'J'. Il 6) (1938) JI , " 7,11-i1; mentre in 7, Zwei rclip,innsgeschichtlicbc11 f ra11,e11 ( 1901)
1> è ancora Dio che vien chiamato -rii<; ao· e note 1 .4.
111
281 {v,102) (v ,lo3) 282
in senso Lm~l:110. m·i p~s~i nei quali ÒÒT)yla. 1'1; d I.li} -rplf3ty X.P<'ti-rb •~e; É<;
menziona le g11idc alla v11 tu ccc., e n- ÒÒT)y laç, «in cuso che non si poss:1 u1 i.
serva soprau11t10 a Dio la dignità di li1.:.<:1re un sentiero coll'aiuto <l'una gui-
-l)yEµwv Tijc; ooov (-?o col. 182). Filo- da».
ne non usl òlìrniw, m<t più d'un:1 vol- Nclfo letteratura rabbinica è molto
ta no&T)yE-riw (compostO di m;Uç, pie- diffusa l'idea di angeli che assis1ono e
de, ed -l)yfoµa~, guiòarc)9. Così, in Dcus guidano gli uomini nelle loro vie e at-
imm. 1 82, chinma il i)troc; Myoc; «ange- tività: sono gli \1ngcli :iccompagnatori
lo che fa da guida c allontana 1utto ciò degli uomini' (dr. Shab. b. r r 9 b), det-
in cui i piedi potrebbero inciampare» ti quasi sempre 'angeli dcl servizio' 11 •
( iiyyEÀ.oc; 7tOOTJy;;-rG;v xat -rà Ev rcoatv Secondo una concezione tardiva essi
&va.<r-rÉÀ.À.wv, dr. lii 90,1 1 s.); in poster. h:inno pure il compito di prendere in
C. 3 r è Dio si esso che promette la sua c:onse~a le anime dei giusti dopo mor-
guida .nllc anime in cerca d'aiuto (7toO'l)- te 12. E chiaro che si traw1 d'una conce-
ye-rouv'toç lµou ). Tenendo conto d i lo. zione sorta dai presupposti dell'11ngelo-
16,13 è importante imchc il passo di logia giudaica, che non ha niente a che
uit. Mor. 2 (3 ), 265: ò yàp voiic; oux liv forc coll'idea ex tra-biblica degli accom-
oìhwc; EWK07twc; EUW~ÒÀ.T)O'EV, El µT) pagnatori d'anime ( ~ col. 276; questo
xo:t lMov ijv 11vEiiµa. -rò r.o&-rryt-roiiv vale appieno per Le. 16,22).
1tpÒc; au-r'Ì]v -r'Ì}v à)..i1aeiav, «la mente Nei TestamenLi dei XII Patriarchi ÒÒTJ-
infa1ti non andrebbe così diritta a se- -yiw ricorre più volte; test. R. 2 ,9; tesi.
gno, se non ci fosse anche lo spirito d i- lud. 14,1 ; 19,1; test . G. 5,7: In vera
vino che guida verso la stessa verità»; (..tE1ò:voia ... oo'l']yEi: -rò crvµf3ouÀ.iov itpòc;
cfr. inoltre gig. 5 5: '\"OV't<p 1iìv oùv -rò crw-rT)plav, «guiòa il consiglio (della
i)E~OV cht m~.pl<l''!<X-C<X~ 'ltVEVµ<X rcaO''l)t; mente) alla salvczz:i»; test. B. 6,1: ò lià
6pìNic; tiCJl1lyou1uvov olioii «a costui (Mo- &. yyEÀ.oc; -rijç dpr1v11ç ÒoT)yEi: -ri)v ljiv-
sè) s1ava dunqu e acc:into lo Spirit0 di- xfiv cx.U-roii. «l'angelo della p:ice guida
vino, guidandolo per ogni via diritta». l'anima di lui (durante la vita)»; (cfr.
Giuseppe usa òòrn6ç in ant. 6,36>.; test. D. 5,4). In Bar. syr. 83,7 (v111 4,8,
n ,305; 15 ,34S, p~rlando di guide C· Violec) è <la supporre 'Ì}ycut..tEvoç oppu-
spertc nelle imprese milirari; cfr. anche re òliT)yoc; nel senso di 1imonicrc (det-
r ,2 r 7, dove è detto che Agar usa come to di Dio in quiinto governatore del
guida la necessità ( OÒ'l)y({J tji àvayxn mondo).
x.pwµlvT)v ). Anche Oo'l)yÉw è usato in
senso proprio; per es. in. vii. 96; ant. 6oriy6c; nel N.T. è usaro solo in sen-
3,309 (i n questo passo, insolicamcnc<!, so proprio, col signilic.'ltO di guida, ac-
col dativo); beli. 5A17: É7tl -raii-cà -r1ç
co111pag11a1ore. In Act. X,'!6 è chiamaro
ÒOT)YEL qiMyo.; «ci sa rà mai uno che at-
tirerà la fiamma su tali magnificenze?»; così Giuda perché aveva indicato agli
in a11t. r 5,347 trovasi il raro sostantivo sgherri la via da seguire per and:trc ad
at'restare Gesù. Nella design3Zione di q>À.wv, «Sono ciechi che gu idano altri
gu ide cicche ( ÒOrJYot 'tvq>Àol), che si ciech i» 13, rende probabile che anche in
trova due volcc come appellativo dei Fa- Mt. 23,r 6.24 si pensi a ciechi che gui-
risei nel discorso di Gesù contro di es- dano loro pari 14• Questa interpretazio-
s i inMt. 23 (vv. r6.24), si usa sia ÒOTJ- ne è suggerira anche dalla qualifìcazio-
yòc; che ~ -cuq>À.6ç in senso figurato; nc offerta da Paolo in Rom. 2,19 (par-
però ÒOT)yòc; ha pure il senso proprio di lando del 'Iovooio<; in genere): 7ti1tOL·
guida e non quello traslato di maestro: iM:.; -cE cmxv-còv òlì1rròv EivttL •uq>Àwv,
i Farisei affermano d'essere gu ide degli «sci sicuro d'essere una guida di ciechi»,
altri, memre sono ciechi e sbagliano la quale probabilmente non sarà stata e-
quindi la strada giusta, non giungo- nunciata senza l'influsso dcl giudizio di
no alla mer:i e fanno sbagliare quelli Gesù sui Farisei, noto a Paolo 11• Ben-
che si fidano di loro (dr. il duplice rim- ché òo71yÒ<; -cvcpÀwv sia parallelo e qua-
provero in Mt. 23,13b). In questo di- si sinonimo degli attributi 1tGt~ow•li<;
scorso non si presuppone necessaria- àq>pòvwv, «educatore di slOlti», e lìL-
meme che i Farisei ritengano coloro a lìàc;xttÀ.o<; VT}'lt!wv, «maestro di fanciul-
cui si offrono come guide per ciechi bi- li», ÒÒl)y6<; mantiene anche qui, neUn
sognosi d 'essere guidati, perché anche me tafora, il significato di guida (e non
quelli che vedono ma non conoscono la ha il senso di maestro).
strada, possono servirsi d'una guida. Pure in senso proprio stn ÒOTJYÉW, in
Però il giudizio di Gesù sui Farisei in Mt. 15,14h e nel par. Le. 6 ,39, dove si
Mt. 15,14•: -cuq>À.ol Elntv òo11yot -cu- parla di guide o accompug1101ori d'un
11 'T1Jq>À.Wv manca nei codd. SBD e altri (dr. esortazione poshi\'a dev'essere distinta lo
ZAHN, Mt.' 521 n. 30); ma può esser dedotto proibizione di Lev. 19,14; Deut. 27,t8 (dr.
da c iò che segue. Però proprio ciò che segue Philo, spec. leg. 3,107 ss.; 4,<97 •.) di mette-
dimostra quanto fam iliare fosse per Gesù re inciampi sulla via di un cieco o di sviarlo.
l' immagioe della guida cieca, anche supposto is Qui mancano dei paralleli che permettano
che si tratti di un logion a sé stame (--. n. di suppcrre che s1 tratti di un giudizio dci
16). Giudei su se stessi, che Paolo avrebbe ri-
14 L'id"a pro\'erbiale che non si deve pren- preso. La promessa di Is. 42 ,7 citala dal La-
dere per guidu un cieco trovasi oncbe altro- grange (cfr. J.rETZMANN, Rom., ad /.) parla di
ve. Cfr. i paralleli in KLOS1'ERMANN, Mt., a ciechi che ricevono la luce degli occhi, e non
15,14. fo quei<ro contesto Pforone ( resp. 8, <lice che per essi c'è una guida. D'altra P'~r
.S.S4 bi dice T)yrµWv -roii xopoii, Filone (viri. rc, nel passo di Sib. 3,19.s: ot miv'<r.O"O'L ~pc
;, --. col. 28o) i')ycµWv -rijç òlioii. Ole a 'tOWL ~lov xa.l>o6T)yot wovr11L (dr. Hen.
sun volta un cieco non possu uiu1arsi se quol- aeth. 105,I), che parla dell'avvenire del popo-
~uno lo guida alla perdizione, è presupposto lo giudaico cd è ciluto da SnACK·BtLLERBECK
in test. Rub. 2,!). Del resto mnnc:rno nelfa m 105, ad t. e da ZAHN, Rom. 137 n. 67 a,
pare nesi dcl N.T . e della crisdanità antica d ci manca ogni accenno ai ciechi che hanno biso-
testi con l'csonazione ad aiutai:c i ciechi e a gno d 'una guida. Il parallelo cita10 da Sn.ACK-
guidarli (come per es. nello Pseudo-Focilide BLLLEllBECK 1 721 , a Ml. 15,14 , ha un conte-
24 = Sib. 2,8-1: -rucp).òv òlìi)ytL). Da ques1a nuto 101almenre diverso.
olhrroc;, oomÉw (W. Michocli<)
16 La forma originaria <lei logion forse è con- IQ Sc.n7.a dubbio !:i lei;ione con tv è la piì1
serva1a meglio da Luca, dove manca il riferi-
mento ai Farisei ; cfr. KLOSTERMANN, Mt e
HAUCK, Lk., od I.; BULTMANN, Trt1d. IOJ.
fic:1to di g11idttre) cambiare tv in i".
difficile ed cm n:uurale (sup1ionendo il signi-
Cfr.
ScHLA'rTER, Joh., ad t.; ZAllN , Job . '" '93 n.
11 Cfr. \V. ]OST, DOIMHN (1939) 44 ~. 22 . Non soddisfa l'ide> di r. Bi.icHSCL, Dcr
1s ZAHN, ]oh.,., ad /. La stessa diffiool1:t si po· Geist Gottes im N.T. ( 19 26) 500 n. 1, secon-
do il qun le la lezione con gv sarebbe proba-
trcbbe sollevare unche per lo. r4,26, pcl'ché
bilmente quella originaria, nu starebbe per
anche per insegnare con successo non basca
W; (sulla rarità dJ questo scambio dr. 81.ASS·
un macs1ro esperto e fidato, ma occorre pur~
Dee11.u NNER § 218). Cfr. anche Ru1.TMANN,
uno scolaro docile (Zahn suppone che l'idea
)oh. 44 2 n. 2.
del successo sia implicita nel futuro lili'l)yi)·
crt•}.
(v,ro5) 188
li La IC1.ionc li:irrtJ,;uGt~ Uµ\v T'l)v à).ir n So l LATTOt, ]oh. 1u! I. prende lv in senso
&no.v T.MO:\I, sostenuta da pochi PaJri e an- s1ro.mcnt2lc (com110<1ue suppone il significato
che d• rochi m:moscriui <ldl'J tah (dr. onche di 11.uulart.'). Fo1se si 1101> fare un confro11111
fa Vulgata: doubit vos onw~m vrritate111), è con l'iv di ljl 72,24 e Ecci. l.}.
cerroancntc S<."COnd•ri•, ma dimosl m come l'c- ?• Cfr. B ULl"MANN , Jol1. H2 n. 4 . Dci 1cs1i
11undo10 venne prcsco inteso. mond•ici sono d3 nornrc: Lun:J!ARSKI, i.111 ~11
L. 510,i7 ss. ( il RcJ c:itore in quanto guidd, ac·
21 Si {l(ltr11nno addurre ><>l<l con ri<crv• ro- co•11pag11ature); 514,l~; divcr:<o ~ invece HS.
saruzioni roane quella di ili $.9 · ~i}y1)?"6" iU t<). P~rù l'idc-~ è sembrata c(l;l poco importan-
f\> -tjj li1xal<O<Nvn uov, perché qui si ho il si- te al Lichb:arski . mc nell'iniliC\: manca il tcr·
gnificaw <li 1.wi.111re. mim· 'Gt'lt'itcr' (aCC"Ompagnatore, guida).
(1•,106) 290
csdu~a :i.. Sarebbe 1icr (1 po:.sibilc che peccaminose, che ;1U'inizio sembrano
anche nel senso di imc.~11r1rc, iniziare, leggere, conducono infine a peccati e
u mancanze gravi. Serva da esempio
b-Ol)ycw sia stato scelto in lo. 16,13 sot- Did. 3,2: i~'ÌJ ylvou opylÀ.oc;, ÒÙl)yE~
to l'influsso di con cezioni extra-bibli- yà.p l) 6py'Ì] 'ltpòc; .-òv <j)OVOV, «non es-
che 2'. Non si dimentichi tuttavia che, sere ir<lscibile, ché l'ira porta all'omici·
Jil)}), e 3,5: µ'Ì] ylvou l)itvcrTI)c;, EltHO'IÌ
se Io. 16,13 è imcsc1 nel senso spieg:i- Ò01')yEt "t'Ò \jiEÙO'µct E(ç "r'Ì)V Y.t.O'ltTJV,
to, è del tutto diverso dai tes ti dcl Co r- «non esser menzognero, ché la menzo-
pus H ermeticum cit:ui sopra ( ~ col!. gn:1 porta al funo». In questi casi ÒO'J)·
yéw è usato collo s1·esso senso (senza
2 76s. ), nei quali òo11ytw aveva il senso
p resuppo rre più l'i mmagine d 'una via)
di guidare, condurre, col presupposto che li.yw ha non nel N.T. (poiché in
d 'un:i immagine spaziale in parte mol- Rom. 2,4 ed Hebr. 2,10 l:l.yw ha un pe-
to chiara. Dato d1e ool)ytw s i legge so maggiore), ma in Prov. 18,6 e in 1
Clem. 9,1. Per ÒO'J)yÉw in quest:o senso
solo qui nel Vangelo di Giovnnni no n dr. test. !ud. 19,r: Ti <p~À.etpyuplct r-:poi;
vi è motivo per supporre un inllusso e- dow\oÀ.a.,.pla.v Òol)yt~. « l'avidità por-
straneo 26 • Basterà ricordare che ÒOl)yÉw hl all'idolatria». Negli apologeti bonyòc;
n o n si trova e ool)yÉw è raro: Iusr.,
ha il senso corrente di iniziare, insegna- dial. 38,3 (= lji 44,5); r32 ,3 (in senso
re anche nel greco biblico non giovan- proprio); inoltre Tac., or. Graec. 13,2
neo. (qui, <lisct1tendo s t1l destino della o/vxil
d opo la morte, si dice: à:vÉPXE-rc.u oÈ
Nei Pad ri apostolici Òol)yoc; non si 7tpÒ<; li.'ltEP Cl.V"ti}v ool)yE~ :x.wp(Ct "t'Ò
legge ( neppure xal}ool)y6c;) 27 • In Did. 7tVEV[~ct, «sale alle plaghe a cui la condu-
3,2-6 trovasi invece bol)ytw, in un con- ce lo spirito»; quesro passo fa pensare a
testo parenetico, in enunciati costruiti Corp. H e rm. u ,1 2 ~ col. 277; però
tutti in modo simile, che inte ndono di- il dato spaziale serve solo come imma-
mostrnre che certe emozioni e pass ioni gi ne).
24 Cfr. anche -+ col. ' 44 · Ci si c·hiedc ~e l'i· nel Vangelo di Giol'anni ( 14,26). Con ciò.
dea del redentNc-guida , radirnta ne!Lt lette- tunavia i Ll 26 non s'accosta :i terminolo~io
1
quale non so parl:i poi offattu in B.1rn t .-1). le guide dell'Inno della perla di act Tb-0111
Nel contesto di qocsta COl>CCZMmc 06T)yO<; e 109 (p. 220,u,6) sono chiamate proprio T)yt·
OoT)ytw oomp>iono del resto I• prima vohl µ.6vtc; (e non bol)yo!). ÒoT)y6.; e ò011yéw •ono
negli A11i di Tommaso. Cfr. R. BULTMANN, chinrame111c u niti SOICJ in act. 1'hom. 167 (p.
Die BeJeu11111g der 11em>rscl;/ossmm 1r1t111diii· 281,7).
1clX'11 1111J ""111ichifochett Q11ellen /iìr d11s
Verstand111s des Joh.-Ev.: ZNW 24 ( 192)) µe &olìt(a.
114; Il. S<.t1L1ER, J.l.eligionsgel(btebtliebe Un- 1 Cfr. PAssnw e Lrn11Eu.-Scorr, s.1•
ttrsucb11n11.m w Je11 IgnaJius-Brie/en :. Beih.
ZNW 8 (1929) 13js., rileva 1138 n. 1) che 2 Cfr. PREtstc.KE, Wiirt. II 62, s.v u voce
«l'imn~inc concreta della guida non può es- iuil6ll«>'1, dc11aro per il viatgio, cbc MAYSFl
sere dcdoua eh dizioni gi~ sbiad11e• (t rim~n r. 3' ( 1936) 47, cita d a un papiro Jcl 2'7
da o Js.63,14; ljJ 2.t,5 e passi simi li). Però non •.C., formato al modo di lcp61ii.ov, ~vidente
•i poò non rìlcv:ue che la dc•ii;nauone di Ge- meme non ba nu lla a che fare col rcsrnnte
sù come blìriyò.; tv XWPQ: 11>..civl)~, in act. svi luppo dcl s rnppo lessicale; cfr. anche D 1r-
Tbo111. 1,6 ( p. 266, 1, BONNET), non si riferisce TE.NBUGE•t, Or. 229,JI (sec. 111 a.C.). I n DrT-
al vinggio celeste ùcll'onimn (dr. anche 1u, TENBERGU, Syll.' e Or., indice, s.v., non si tro·
p. 264,12), e che il vocativo 5~&6.axttÀ.f xtd veno iS<rizioni con µtbc&.; e µi:Oootuw.
olimt 'tWV "1uxwv. in ""'· PbJI 93 (p. J6,1) J Ai 1eni oddoui in P11E1s 1cia;, \'ifurt. 11 62,
s.), offre il sen.o;o di irtrullo,,, inolt:tt che l'u· s.11., che sono tardivi (scc:. v e VI d .C.) va -a·
so di Um·ti.> in •et Tbom. 103 ( p. u6,7 s.) è giunto PI EISICKE, Zaub. u n 713, dcl scc. 11/
vicino alle cdi1iom gia sbiadite•, e in6ne dl<: 111 d .C. (dr. MOVJ.TON-Mru .. 394).
(v,1n8) 194
• Cfr. Pn1s1cKr;, \Vorl. u 62 e MOULTON· egli crnduce •str:s.tas:emm i'. un cermine d1c on·
MILL. J94· s.u. li testo 1>iù •ntico in P. Oxy. che c.11 lui non può essere inteso in senso ncu·
Vlll "H·9 è dell'anno 42 t d .C. I papiri se- tro. DtBFLtUS, Grfbr. in 4,14 rende ton ' intri·
guono J3 grafia itacistica: iu&o&a, cl~ domina i:hi' è in 6,11 w n 'raggiri'. Anche J. Sar.1.110,
lll(hc nei m2noscri11i antichi dcl N.T . Cfr. Dcr EpMJtrbrit/ dts Apostels P1ulus "' Bibl
Buss-Du1u1<NEK S 13. Per i lessicografi dr. Srudicn XXII 3/ 4 (1928) r46. urh'a al stgnili·
CREMER· Kè)cBL ì78, s.v. c:it0 di 'inµnno, m3Jizi3', Per il resto ScHMto,
s Sull'inserimento della di-zionc nella costru- 1.p, ho fors~ rnl)ÌO<IC di dite che per llEOo-
zione della frase vedi i <'Ommcnrari. lid<X e :iltri hapa.<legomcna di Eph. a11c1t0Li
• Cosl EwA1.o, Gefbr., ad I. Egli parte dal anche nei LXX nt10 si de,·c supporre un i11·
presupposto che ~µd)olii.a non è che I'omat- flusso immcdioro dci LXX stessi; piu11os10 ci
to di µsOoOcVl\'11, tranare con orte, srnbilir·c I~'\ '\ wno solrnnto una prov• che questi ter
metodicamente, e signilica quindi 'l'impiantn n'!ini cr!lno cortt11ti nclln koiné•.
• regola d'arte'•: dimentica pcrdò che l'u· ' ! Il ~itivo i:~ 11>.avT)ç è difficile d l Jeter-
di 1~o0ruw (e µllloooç) 111 111.Jam p.irum è n11!l;1:c. O r CRF...LER·KOcEL, I.e.
attcstaro persino net gT<'<O biblico l n 6 ,11 ' I! ;;r11ppo di termini non si U0\'3 rn."&li •·
295 (v,1o8) E!O"-, li;·, &i~olioç (\'(I Midwdi,) (11,roR) 296
t Eta'olìoç, t ll;oooç, t lìLÉ!;olìoi; Il<' della scienza (Plat., symp 208 n).
Spesso il termine significa, in ~en so mi-
dcrolio.; e ~l;olioç, spesso usati in cop· litare, la spt!<liziom', Ili campagna (E-
pia, si integruno quasi sempre quanto a rodoto), oppure, nelle licnrgie so-
signilicato 1. In sen~o spaziale ei:crolìoç è lenni, le processioni prop1r.iatoric, spc·
(d:i Omero in poi) l'culrala, l'accesso u cie delle donne (per es. DiHenbcrgcr,
un luogo o a un edificio, il pronao di Syll.' 121 9,l.5 s,. [scc. 111 a.C.J; 69,,
un tempio, la porla; ~!;olìoç (da Eschilo 26s. [sec. 11 n.C.]) 1. Spesso il termine
e Tucidide in poi) è J'11scila, la porla. significa la /int•; Èit1!;61ì~ E~vm, «star
lo sbocco di un fiume ecc.; per es. ol- per finire» (Thuc. ,,q); è osnro poi per
xla. CT'ÌJv dcr61ioc.ç xa.t t!;o&otç (P. Oxy. indicnre il risult:uo <l'un 'mvesti11nzione,
I ro4,c3 (sec. 1 d .C. ]; i due vocabo- la fine d'una truge<lia, ccc. Raro è il
li, nel senso spaziale, sono anche rr:isla- senso (attestuto nei LXX, in Giuseppe
ci. Specie in senso verbale, etcrolioç ( = e nel N.T.) di fine delt11 vita, 111orle:
EWLÉva.t) significa l'entrare, l'entrato, 1$pcx. on lici (1( SovÀEVEW cht 'ti{:> lìuva-
l'accesso; per es. foo&ov dvai. r.apcì (3a.- µtv<i> eroi. 61.ar.pci~a<Wa.~ 't"iiv ~ooov,
CTlM« èivru ò:yyÉÀ.ou, «era permesso ac- ..ccc.o che ~ei custrct ro a serv ire sempre
cedere al re senza farsi annunciare» a chi può procurarti la morte» (Epict.
( Hdt. 3, n 8); cicroliov tnL -u: (3ouÀ.'Ì}v xa.t 4,4,38)1. Nelle iscrizioni e nei p:ipiri è
txxÀT)O'LCXV, «accesso al con~iglio e nl- spesso ot rcsraro per cicroòo~ ed t~oSoç
l'assemblca» (Di!tenberger, Syll.' 4 26, (31 singolare e al plurale} il significato
25 s. [sec. 111 a.C.)); nuÀwpòç wv <ino- commerciale di entrata, g11adag110, re11.
x À.Elcrw ,à;ç d.cr6So11<> •wv xaxwv xat dlla e, rispenivamcnce,dt spesa, uscita•;
alcrxpwv tw:pYTJµ&.•wv, •àc; tvi)u1.iii· cfr. Polyb. 6, r 3,2: ~!;olìov nor.Eiv d.; •~.
CTElç txxoT.-rwv, «essendo addetto alla «spendere druiaro in qu11lrosa».
pon.1, escluderò l'emrata delle a7ÌOni Nei LXX etcroooç trovasi in cu ca 50
cattive e vergognose, recidendo le imma- passi (d i cui r 2 in r-4 Bacr., 8 in r-2
ginazion i» (Corp. Hcrm. r,22 ). L'impie- Cbron., 8 in fa.); nel T .M. vi corrispon-
go corrispondente di i:!;o00<; è ancora pii• dono in più di 20 casi forme del ver·
ricco e vario: l'11scire, l'andar via, per es. bo ba' e in co il sosrnn tivo miib6'. In
<tfjç na-rp(ooc;, l'esilio (Piat., leg. 9,8,6 numerosi pas.'i cicroòoç ~ un termine nr-
e), 11 divorzio ( BGU 1v 1105,24.28 [scc. chitcttonico: enlr1110, accesso, por·to11e,
1 d.C.J); in senso trnslato, il passare, il porla (per es. 4 Brur. 11 ,r 6; 16, 18;
finire, lo scomparire, per es. Ài)D1i b:L· Prou. 8,3.H); in senso sp:iziale il voca-
<T"t"fi!LTJ<; t!;oòo.;, la diinentican::;a è la /i· bolo è usato come 1ernune geoJ.trafico
pologcii. Su ~ui>clìclo'. in Irenw, Clemente A· 3 J_1 ,J~ionc dcl rcst.uncmo dd vescovo Abn-
lessandrino e ahri dr. So1•Hoc1 hS, I.ex., J.1· ""' di Ermontidc in P. Lond. I n,,;: XEkEVW
µ e-rà -ri)v tµ:l)v f!;oòov -rov ~(ov x-ck. (cfr.
t(O'o~ç xù. M1rTE1s.\X111.CXE!'I 11, >,371), ~ un documen
' Cfr. PAsSn\1' e LtDDt u -Scorr, uro.; On 10 13rdhu (I.cc. vt d .C. ) e Jcri"• inohr<' do
TENBtsRCLR, l)!!.'. indice, s.vu.; PtlBISlCKn, liii r<-sro cri~tiano. -> col. 3os.
\Vurl. I 431 s. st8; MOULTON-MILI.. 188.224. 4 (Jr. anche P.M Mnu, }11ri1t1scbe p.,pyr1
l Con ugual significato in 01TTEN8ERGu, Or , (1920), inditt, s IJ.; inohrc tl;o&.6.~w. u;o-
trova.si il termine astrailo il;oliElci, form3!0 su s~ciqµoç, pagamcn10. Cfr. J>UI R. TAUTEN·
ti;olìEuw, pt:.I' es. 90Az. ncll'i.criziooc Ji Ro s1:m.AG, Das Rechi au/ ei:o'oSo.; rmd fl;ooo<;
setta: tl;olìtW.L 'tWV voiilv (parlando di 1cm- itt Jt11 Pop: APF 7 (1927 ) 21 s.s. (enira1e "
pi;,11i trasportati in processione). uscite di un bene immobile l.
, .,7•v.11'8)
(per i:~. los. 13,5; 1Bao- . 17,~2; lut!itb inùic:mte un.1 co munione s tabile ùi viu
·1 ·ì ). Pit1 rnro è 11 senso verbale di e11· (1 Bcx.cr. 29,6; 2 Chro11. J6 ,r) o l'insie·
Iran•, 1•11/rtlla,in un.1 citc:\ o in una Ca· mc delle nr tivit~ e degli sfor1i ( 2 Ila cr. 3,
s,1 (per es., Ge11. 30,27; 1 B<Icr. 16.4; J 2'; 3 Bcxa-. 3,7; 4 B<Icr. 19,27; lji c20,8;
Mach. 3, 18); il te1 mine sii;nifì.ca l'en tra· ls. }7,28): le espressioni masoreriche
1.1 d'una donna ncll.1 rnsa o famiglia corrispondenti (jii!ii'. b6', oppure lflO[i'
ciel marico, o l'inizio della vita CO· e mJb6' ) altro ve sono tradotte con ver-
niugalc (I ud. r, 1 4 [ cod. A: Elcr1topEut- bi. In tutti i passi citati fçoSoç viene
cri>aL); cfr. Ios. 1~ 0 1!1 ); è usato per in- per primo. In Sap. 7,6, dove Eiuo&cc; eJ
Jic.uc In venuta dci.lii uccelli migrarori i:l;oooç si rirc riscono alla nascirn e alla
(ler. 8,7), un ass:1lio guerresco ( 1 Eo-op. morie (µ.(a &è ,..a:v-.wv i!croooç dc; -.òv
8,60), la venuta di Dio (Mal. 3,2: -rlç (3i.ov. tl;oS&; -re Un,), sembrerebbe ovvio
V1t01 IEVE~ -IJµipav elcrbOov ain oii; «chi interpretare t'.çoooç nel senso di uscire
sopporterà il giorno della sua venuta' ,. (dalla vira), ma il eletto di 3,2 (xat t).c-
[cfr. /.r. 66,11 ]); viene inoltre collega- yloi>'T) x6.xwcr~ ti tl;oooc; «li-rr::iv, «il
10 a f!;o&oç e~ col. 298). loro esito fu stimato una sciagura»;
nell a pri ma proposi~ionc vi è il corri-
c!;oooc; ricorre in più di 70 passi; nel spondeme -rEw&.v«L, morire) dimostra
T.M. vi corrispondo no in 20 casi for che qui il termine signilico fine (come
mc <lei ve.rbo ja~ii', in 13 il sosranri-
anche in Ex. 23, 16 e 2Cbro11. 13.R. io
vo morii', in 14 1_,,;!· Anche qui esiste da ti cronologici). Ques ti sono i due te-
il senso spaziale, con f!;oooc; come desi- sti più antichi in cui E~oo~ ha il senso
gna zione geogra6cn (p<:r es . .jJ 64,9) o di morte. fo Eccl11s 40,r il giorno della
architen onica ( per es. fa. 42, rx ; anche nascita è chinma to Til.lÉpa ~~b8ov h
n proposito cli impianti id rici , per es. ya~-r!Xiç µ.l]-rpbc;, «il giorno dell'uscita
Prov. 25,26); speciale menzione merirn dal seno materno», e in 38,2 3 lo morte
la frequenza del significato di strada (dr è detta l~oooç aveu;la-roç. ~.i 'uc;cita
ci11à), vicolo (per es. in 2 B cxa. 1,20; dello spirito». In Prov. 4,2, e 8,31 tro·
Prnv. 1,20; Lam. 2,11 ), evidentemente v:1si i:'çoooc; ~<..ii)c; ( ~li! , col. r 415), nel
non nel senso di strada pe r uscire, p rimo passo per traJurrc 10{01, nel se·
ma di strada all':tpe rro , in contrapposi- condo si è scambiato mà!ii' con ;arò').
zione alle case = ~i?! (cfr. 3 Ba.cr. 21,
34, dove si parla di bazar). li senso Filone usa r.1ramentc i due vocaholi
verbale è molto vario e va dall'abb.1n· 111 senso 'i>a7.iolc (in /up,. r 8 3 nv).wv«;
dono di un luogo (per es. ludith 13,3 ) sono interprcrati come Elcrooov ·d'ic; ;:::iò<;
all'uscita d'un esercito ( 1 Chron. 20,1), cipr-r'Ì}v crU(l~oÀov, «simbok1 dell'accesso
all 'esportazione (J Bcx.cr. 10,28 s. J, al gcr· :illa vi rtù»). Eitli usa i (C"OOllc; in Deus
moglia re dell'e rba (lob 38,27) ecc.; imm. l p e .rpec. tcg. r ,261, parlando
qui devesi menzionare :mche il vario dell'enr rata (<lei sacerdoti ) nel tempio.
impiego del voc:ibolo come termine a- Abbas1anza spesso ifo·oSoc; e<l (~o5oc;
~•ronomico (per es. !ud 5 ,3 t , [cod. vengono roll<'gati: in De11s imm. 60 e
B) ; ili 18,7; 74,7). Particolare menzio- sacr. A.C. 96 indicano l'andare e il ve-
ne merita tl;oSoc; come <lesignazionc :i- 11ire : in up. m1111d. 1 19, con riferimen-
bi tualc dell'uscita d.dl'Egitto (per es. to a P lar., Tim . 75 d, si dice che la boe·
Ex. 19,1 ; N um. 33.38; 3 Bacr. 6,1; ~ cn dell 'uomo è l>v'T)-rwv ... EÌ:Uoooc;, E.l;o-
104 ,38). ooç O'àq>i)Q:p"tWV, «en l rat:I d i COSe mor-
Piì1 volte si ha la comhinozionc di tali e uscita tli L'O)e incorruttibili »; in
f!;oooç con Eiaoooç: l'uscire ed entrare sacr. A C. 1J5 e s imilmente in ebr 9,
fta-. E!;-. oii!;oòoç (W. Michaelis) (v,109) 300
~In G iuseppe si trovano (oltre ai t'Qmposti 6 li verbo s(O'oot.:.W, presente in ep. Ar. 182,
menzionati in questo articolo) : /l.vo/io~. aq>O· non è così raro come sembra ritenere 1-1.G.
ooç, ò'olìoc;, lit6.voooç. lq>oooc;, xci.&olioç, -n6:p- M EECHAM, The uuer o/ Aristeas. A li11-
o1ìoc;, -nq>loooc;, 7tp6olioç, 11p6aolioç, o\ivoooc;. guisric Stlfdy wilb speci11t re/erence to 1be
Nel N.T . compare solo uno di questi voc:ibo- Greek Bibl~ (193.s ) .so.23 5 (cfr. per es. PKP.I·
li - mipolioç - in 1Cor . 16,j" ; il termine au- s1GKE, Wort. 1 43r , s.v.); m• il passo dcl-
volìi.a, usato e.la Le. >,44, trovasi in Flav. Tos., l'ep. Ar. ne costituisce 1'~11cs1ar.ione pii1 an·
ant. 6,243; beli. 2,58ì. tica.
(V,I 10) 302
4; in h'st . N. r ,r il 1erminc signi fì.:a l'e- quasi se mpre con dç, e solo raramente
s ito della vita. Invece no n scmhra giu- con bt( (cfr. Ditcenbergcr, Syll.' 426,
daico il p:1sso di Sib. 2,1 ,o: -.ou-.o ;.:u-
25 s., ~ col. 295) e, parlando di ac-
Àl) l;,wTic; xat EL<rolìcç <ill«vctCTLTJc;, «que-
sta è la porta della vira e l'entr::\1:1 al- cesso a persone, con 7tap6. (cfr. Hdt. 3,
i' immortalità». II8, ~col. 295) e np6c;(cfr. Flav . los.,
Nel N.T. sia ei.crolìoc; che l!;olìe><; so- a11t. i8, r64). La costr.uzione col geniti-
no rari (e mai sono combinati insieme; vo dev'essere ritenuta insolita 7 ; co-
dr. le dizioni verbali di A ct . i,21; 9,28 munque, essa è anestata almeno anche
con Io. 10,9, ~ iv, col. 622). Non c'è nel passo di test. Sal. 20,15 ( ~ col.
alcun testo col significato spaziale. È 298 ). Sul rapporto dell'd<roooc; di Hebr.
vero che in Hebr. 10,19 '\WV ay(wv 10, 19 con l'òlìbc; di Jo,20 cfr. ~ coli.
è neutro (cfr. 9,8; ~ òlì6ç n. 120) e si- 2r6ss. 8
gnifica il santuario celeste in quanto edi- La co~truzione usuale con El<, trovasi
ficio; ma la proposizione exov-.tc; ow. in 2 Petr. 1,n : oì>-.c.x; yèt.p r.Àow(wç
alìEÀcpo(, 7tappl)Cilav Elc; 'tÒv daolìov É1tLXOPT)'yl)l)YJl7E"ta~ Uµi:v Yt EtO'OOOç dç
'tWV ciylwv, dimostra (e non fa diffe- -ritv ui.wv(av BaCTLÀdav x-tÀ., «in tal
renza che mxppl)cri.a sia presa nel sen- modo vi sarà concessa liberalmente
so di fiducia o, meglio, in quello di l'entrata nel regno eterno, ccc.». Qui il
permesso, diritto ) che non può mutar- sostantivo dice lo stesso dell'espressio-
si del porcaie di questo cempio, ma che ne, cosl frequen te nei vangeli, ela-..À-
ti'.o-oSoc; deve avere il senso di accesso, llEi:v ti.e, '\Ìjv Ba•nÀdav, «enuare nel
entrata (permesso di entrare). È un fatto regno» 9 .
che in ques to senso Et<7olìoc; è costruito La costruzione con TI:pbc; che, come
1 La cosi ruzionc di ò&bc; col gcnith•o, olue di entrare. .tv1'1 va respinta anche l'interpreta-
che con una prcp0si:..ionc, ruppresenLa un pa- zione locnle di Wohlcnl:xorg: •S'intende solo
rnllelo in quanto non si trova soltanto quan- dire che i lettori avranno uno spazio ampio e
do OliO; h• un significato spaziale, come è comodo per ... enturc». Il passo vuol piuuosto
prov3t0 proprio da Hebr. 9,8 (~ coli. 214 s.). so uolinearc che non si deve dubiiare del per-
messo di accedere, che il permesso verrà dato
' Wu11LENllERG, Thess.' 37 s., si sforzn di as-
indubbiamente in larga misur• ai leuori. Non
sicurare il signifia uo locale di tio-oooç in tut-
i: assolutamente supposto che il permesso di
ti i JYJSSi neotestamentari, anche in Hehr. ro,
o:ntrare •io legato all'adempimento di cene
r9 (senzn però ut ilizzare come argomento la
condizioni (cfr. WtND!SCH, Petr.', ad I.); si
costruzione sorprendente di questo pa.~so).
dice unicamente che l'entrata dovrà es,;erc
RrGGENBACll, Hebr. '" 313, giustame nte non
concessa, che quindi essa non è possibile scn·
lo segue.
za questa concessione. Analogamente è da
• Worn.1iNnnKG, Pelr., ad l ., è conrrnrio a intendere l'o\)·nu<; in tro<luuivo; in quanto
W1NDI SCH, Petr. 1, ad I. (ed 01\che P~tr.1}. che oil-twç rimand3 a ciò che precede, questo ac-
parla d i un «ingresso splendente •. Infatti quista bensì il carattere d'una condiiione da
itì..ov'7lwç non si riferirà allo splendore dd- ndcmpicrsi, ma é1tVXOP'IJY'IJ&-/i<Tt"tGL~ fa vedere
l'enrrntn , ma determinerà ÉmXOPlJY'lDi'J<TE-tm, che esiste pure un'istanza (di Dio o di Crist0)
cd ei:crolioç non signifiC<I ingreutJ, ma permeno da cui il permesso dipende in modo decisivo.
303 (v, 1 10) E\cr-, ti;·, o~Él;olioç (W. Michadis) (v,1u)304
dimostra Flav. Ios., ant . 18,164, si usa a to, a mo' di constatazione, l'intervento
indicare l'accesso a persone, trovas i in e quind i la prima comparsa dell'Aposto·
1 Thess. c,9 ; 2,r. L'enu ncia co di 2,1: Io a Tcssalonica (come espressione ver·
a.ùi:ot yàp OtO<l.'tE, 6otÀq>ol, 'tlÌV Etcr- ba ie corrispondente potrebbe valere Èyz·
oòov 'T)µwv i:TJV rcpÒ; VI L(iç, ()'\'~ OU XE· VOllT}V 7tpÒç v11<iç. di 1 Cor. 2,3) 12.
vii yÉyovEv, «voi stessi conoscete, o Il significato di arrivo o com parsa C·
fratelli, la nostra venutn a voi, come s is te an\he in Act. 13,24, d ov'è detto
essa non è stata vana», dimostra che che la predicazione e il battesimo <li
a nche qui EiAoòoc;, deve sign ifica re I'ac- Giovanni Battista furono praticati rcpò
tus i11gredie11di, perd1é solo in tal caso 1tpOCTW1tOV ·djç dcròoov O.U'tOV, «prima
è appro priaro l'uso di xtvòc;, 10• Da ciò dell'arrivo di lui (Gesù)». Non s'inten-
consegue che ELO'oÒoç non può ancoro de par lare d e ll'entrata di Gesti nel
connotare il risultato positivo, cioè il mondo (perciò non corrisponde esatt3·
fru tto dcll'inrcrvento. Perciò l'idea del mencc ·a questo passo H ebr. ro,5: Elv·
successo in 1 ,9 ( onolo.v foxoµev Etao- Epxòµi;voc;, Elç i:òv xòoi~ov; cfr. 1 ,6 ), ma
/)ov 7tpòc;, ùµdç, «quale fu la nostra della sua comparsa in pubblico, dcli 'ini-
venu ta a voi») è espressn dall'aggettivo zio d ella sua attività 13 •
Ò7to(av 11 , meni re EÌ:VoÒoç i.Jidica soltan- ì:l;oooç ricorre soltanro in tre passi .
I~ Wo1lLJlNBERC, Tl.:ess.', I.e., sostifne che poi mollo improbab ile , se non impossibile,
tLvolloç è da iniendersi «in senso Jocale-coo- perché b06ç, comesostan1ivo, è collegato a
creco»; menzion~. oltre • mirata e acrcsso, l.t lt-JCx.). Si può naturalmente tradurre liben1-
traduzione porta (d i cittil) e ricorda che nel 111entc r ,9 così: «Qunle acco{!licma trovam-
N.T. è frequente l'imnuginc <lelL1 porrn. Ma mo prcs~o d i voi »; mn sl'.a-olio.; non vuol dire
dove poi, in 1,9, C. dir<' «rhc gli •roo1oli han· accoglimxa. WOHLF.NBERC, o.e. 38, afferro~ che
no trovnto accesso, cioè acxogJin1ento, presso i :td ~XEC\J conviene solunto il senso locale di
Tessalo nicesi-, ]uscia perdere «il senso locale tC<roooç: rna si r>uò rispondere rimandando
proprio». Anche nel commen10 a 2,r (o.e. 43) perlomeno alla corrispondente dizione latina ,
non riesce ad applicare realmente il significa· che mette in evidenza il significato verbale:
to locale. Se si volesse assumere il signilica10 ideo peto a te 111 babeot in1roitu111 ad te, P.
locale dovrehbc nee<:ssariamcn te risultarne l'i· Oxy. I 32, 14 s. (cfr. 0EJSSMANN, L.0. 164 ).
dea di una p0r1:1 vuota o non vuota. Ma è 11 1tpÒ npoaW7tou è insoliro nnche come se-
<'hiaro, e non è messo in dubbio neppure d"
\\7ohlenbcrg, che xEv6ç è usato in senso tra·
mitismo (dr. BLASS·DEMUNNEK s'
n. 1) per-
ché nei cirea 90 passi dei LXX con la dizione
slaco.
1tpÒ 1tpo<rwnou, il genitivo indica sempre, con
11 Le spiegazioni che seguonn a questa pro-
una sola eccezione (2 Cbron., 1,13 [var.1), una
posizione favoriscono il riferimento di Ò7!olo." persona (JOHANNESso11N, Pr1wpor. r84 "5.; dr.
al successo, e non alle dit!kollil (concro WoH· 357 ). Benché in 11pox11pv!;Gtv-toç si possa cor·
LENBERC, o.e. 38 ). risponclentcmente supporre u11 dato tempora·
I! DIBELIUS, The1s.•, ad I., pensa che in 2, J le (-+ v, col. 480). npb 1tPO<TWT.ov mantiene,
si abbin il senso di comparire, ma che invece seguendo l'uso molto chiaro dei LXX, l'idea
in r,9 convenga il signi6caio passivo di udien· di spazio indicata da 1tpwcrono\J; nvnnti la
:a, accoglienza. Però in nessun luogo trovasi comparsa di Cristo ( = come suo prooorsore e
:mestato un senso pa.;sivo di cfoolioç (esso è analdo). Quando, 1uttavia, WOHLENBERC, o.e.
\ 0 1 ( \' 1 1 I I )
In Hebr. I l ,2:2 indit·:1 l 'u~cita dall'E· anche alla risurrezione '\ è suggerito d :1l
giuo (-+ coli. 297; 29'); 300) e ne- fatto che in 9,22 subito dopo la morte
gli altri due (Le. 9,31 e 2 Pclr. r ,15) la è mem.ionata la risurrezione 15; quind i
fine della vita. La di7.ione di 2 Petr. 1, essa entrerebbe in considerazione solo
I 5: µE"TcX "TYJV ÉJl'ÌJV El;oOOV, «dopo Ja come uno dei momenti conclusivi delta
mia dipartita>>, corrisponde al passo del vita terrena di Gesù.
p:tpiro ricordato alla n. 3, che è di mol-
to posteriore, con la differenza che qui Nei Padri apostolici duolioç trova~i
soltanto nel passo di Herm .. sim. 9,Tl ,
manca l'aggiunta "Toii ~lov. Anche l't'!;o-
6: Ti oÈ miÀ.TJ o vtoc; <ou i)Eoii tcrwr
&oc; di Le. 9,31 non è accompagnato da a.ii<TJ µLa Ewoo6c; fo<t 1tpòç "Tov xv·
una specificazione. L'uso neote~ramen ptov, «la porta è il Figlio di Dio; unico
tario è quindi pii1 vicino a S11p. 3,2; 7,6 ingresso al Signore è questo». Il senso
spaziale di enlmta è qui assicuraw dal
(-+col. 298) ed Epicr.4,4,38 (-+col. parallelo -nvÀTJ (però <XVTTJ dovri1 rife-
296), più che a Flav. Ios., ant. 4,189 rirsi a Ei<roooc; e non a 1tvÀ:TJ ). Anche
(-+ col. 300), e tl;oooc;, come nei pas· i:'çolioc; ricorre una sola volta, cioè in
Herm., vis. 3,4,3: filttÀov yvwvat "TW'J
si dì Sap., non dev'essere inteso nel sen- )..lì}wv "Trtv tl;ooov, x<À., «vorrei cono-
so di uscita, andata, ma in quello di fine scere la destinazione delle pietre ccc.»;
(della vita). Quindi, in Le. 9,3 1 (dove si qui, partendo dal significato di [inl', esi·
10, si deve intendere il destino futuro
dice che, nella trasfigurazione, Mosè ed
delle pietre (dove finiranno, che fine fo-
Elia H.t:yov "Ti)v (l;olìov <.d nou) ii!;oooc; ranno).
non dev'essere inteso nel senso di uscita Fra gli Apologeti, Giustino usa pi(1
(dalla vi1a, dal mondo; dr. tl;tpxeCTi>cx.r. volte sia cta-oooc; che ii~oooc;. da-oooc; è
usato - oltre che nelle citazioni d i dial.
tx "TOii xoa-1J.Ov - l> III, col. 9 5 r n. 5) e 61,5 ( = Prov. 8,34) e 85,9 (= Ts. 66,
non connota per se stesso hl meta a cui 1 t) - nella dizione tv "TWL d<r6oe;> xw·
37 n. 1, preferisce rnvvisare nd Battista un possibile; 7wN, /):. '·' 383 lo arferrnl senza
i)vpwpéi<, eh<: apre la port3 • Gcs(1, Ttpò r.po· csit~tc.
aWt:ov vien di nuovo, e scoza ragione, inteso
in senso locale. 15 Certamente non ci si può richiAm:irc n !>,26
11 Ki.osrnRMANN, U:., ad /. si lin1i1a a chie- (come fa ZAllN, /.c.), perché rri;o5"c; di !),31
dere ~e un:t t~le inrerprct:izir.ine dcl passo sin si riferisce agli avvenimenti di Gerusalemme.
fLC7·, ~!;-, otÉf;olloç ( W. Michaclis) (v,112) 308
questo senso ~!;oooç ricorre anche piti J e Ua ciuiì), e neppure quello Ji Le. r 4,
tardi negli autori c ri stian i, per es. in 23 (dove: si deve pensare alle s t mdl.! di
Iren . ),1,1; Eus ., birt. ecci. ,5,r,36; 2,
3 16. campagna nelle adiacenze della città).
Mt. 22,9 è una soluzione inter media ,
L 'incarico che il re imparte ai servi cioè una sintes i intenzionale dei due in -
nella parabo la del banchetto nuzia le d i carichi riferiti in Le. l 4,2r.23 21• At-
Mt. 22 ,9 suona: nopcvecruE ovv Ènt -rò.ç teso ciò, si deve escludere (cosa che
lìtt~6Sovc; -cwv oòwv x-c À.. Qui lìtt!;ooot invece sarebbe probab ile nel caso
non sono probabilmente incroci di stra- che Mt . 22,9 corrispondesse a Le.
de {in città o in campagna) 11, ma nep- r4,2r} che l'incarico di Le. 14,23, con
pure piazze cittadine in cui sfociano più impliciro invito rivolto ai pagani 22, sia
vie 18• L'uso di Si.i!;oo<i<; che si ri- un ampliamento del resto di Matteo e
scontra altrove fa piuttosto pensare al qui ndi un tratto secondario della p ara-
senso di uscita, cioè termine 19. Cosl bola. 'L 'idea che l'evangelo è destinato
Sté!;ooot -cwv òowv sarebbero quei pun- anche ai pagani fa parte invece dell a
ti nei quali le vie della città terminano sostanza origina ria di questa parabola;
trasformandosi in strade di campagna 20 • non si può qu ind i negare che essa ri-
All'incarico di Mt. 22,9 non corrispon- salga a Gesù e che faccia parte dcl suo
de q uello di Le. 14,21, nella parabola messaggio. --+ coli. 194 ss.
parallela dell a grande cena (perché qui Da Erodoto in poi Sik!;oooc; significa
si parla espressamente di vie e v icoli l'uscire e l'attraversare, il pe11ctrare per
'' Ahri testi in SOPHOCL6S, I.ex., s.v. 1rcbbe di per sé significare strada. O•Él;olio<;
11 o~tl;olloç non èauesiato co! sco,;o d i pun· ha una serie int~u di significati già preseo1i
10 d'inL'Olllro (di strade che ~'incrociano}. lvb nel semplice ~l;olioç (cfr. PAssow e L100E1.L·
anche il significato di punto d'uscita (dal- Scon , s.v.). ~!;oooc; ha nei LXX anche il si-
la strada), per cui 5tll;cooç i:w" òllWv sareb- gnificato di strada (-> rol. 297), e lo po-
be il bi vio, non è dimos1rabilc. P~rciò non vi trebbe avere pure 8ti!;.00o<;; ma esso non è
è motivo di trndurrc (con SCHl.ATTeR, Ml., 11d mai attcS!fHo nei LXX . Solo in <ji 1,3; e tt 8,
/.) la dizione rabbinica parerei d'rakim, bivio, r 36 (in ambo i passi il T J\I. ha pe/cg) si po-
(v. per es. S. Deut. 11,26, S 5J [86a) -> 1ccbbc pensare che i ttaduuori ahbiano tra-
006; n. 51} col greco l:ìtll;olio~ 1'.W\J òSwv. dotto &tl;olìoc; -.wv ùlì6.i:wv, intendendo forse
Cfr. anche STR./ICK·Bnu, IUIECJ< 1 881: «O•É- ca11ali d'acqua, J/rade d'arqua. Il significato
!;oooL i:w" éowv equi.,.alc circa a parài6t d'rii· di passaf.l!.I per portoni [DEBRt!NNER] non è
kim» . Ovviamente l'espressione d i Mt. 2>.9 s.i facile a dedursi dnll ' uso ling11 is1ico riscontra·
spiega supponendo che il plurale oLtf;oooL 1'.WV bi le al trave .
oowv abbia come corrispondente singolare non n Cfr. anche PRF.USCllEN· B\UEK >, r.1•.
oit!;olioc; 'tWV OOWV, bensl OLil;oooc; -njç ooov, 21Sul carattere secondario della rc<ln>.ionc di
per cui il plurnle ind ica le &tl;olioL delle ri· questa pnrabola in Ml. tfr. W. Mt(~HAEJ.IS,
spenivc éòol. Das hochz:eitliche Klrid. Ei11e /òin fiibrung i11
18 Cosl KLosTERMANN, con rife1i mento a Le. die (;frfrh11is.re Je.ru iiber tlic rt•rht« Jiinger·
14,21 inteso co me paullelo. u ha/t ( 1939) 11 ss.
" Se non ci fosse -twv ò5wv. O•Él;oll~ po· 22 Cfr. Mtr.H/IELIS, o.e. 55 ss.
309{v,112l rt<r-, ii!;-, i:itil;oooç (\Xl. Michaclis)
una porta e simili; la via di pi1.m1ggi rJ fuori ed esce libero; uno sbocco
e di uscita. Ta lvolrn l'accento (- posto d'acqua, una SOFf(Cnte » 2'; cfr. Ecclus
sul prefisso 01.-, talvol ta su -t!;-; nel se- 25,25: µ'JÌ o0ç vòa:n 01.€1;,o&ov, «non
condo caso otÉ!;oooç equ ivale a !'!;o&oç dare uscita all 'acqua!>. Nelle parole <li
e ne assume i significa ti. In Hdt. 1, 199 tjJ 67 ,21: xcx.t i:ov xvplov a.t 01.é!;ooo~
otÉ!;ooot fa pensare a strade trasversali o i:ov ì}C1.vci't'ou, s'in tende indicare lo
vie di traverso (entro la zona del tem- scampo dal pericolo di morte; in tjJ 14 3,
pio), ai cui margini siedono le ierodule r4 il T.M. no n è reso in modo appro-
( lìt'wv ot !;E~vo1 lìtE!;tov-rEç hÀiyov-rn.1., pria to e perciò non è possibile detenni-
«passando per le quali gli stranieri scel- nare il senso esatto di 01.É!;oooç 25 • Giu-
gono»): Il significato verbale è raro. seppe usa ott!;ooo<; in ant. r 2 ,346 e
Parlando del viaggio celeste dell'anima, bel/. 4,378 col senso di uscita (çhe può
del passaggio attraverso le sfere dei pia- essere sbarrata dal nemico). I n ep. Ar.
neti e delle stelle fisse, Celso usa il ter- 105 &lil;,0001. sembra indicare (in un
mine in una descrizio ne della religione contesto conservato in maniera in-
di Mitra; cfr. in Orig., Cels. 6,21: xcx.t certa) passaggi artraverso ro tri o scrade
i:ijç 01.'cx.vi:wv ·d\ç o/vxfiç 01.e!;ooov (ctr. che sboccano all'aperto presso le mura
Stob., ecl. 2 p. 171 ,I : i:oii 1tpwi:ov ~lov della città 16 ( ibid. 251 OLÉ!;oooç signifi-
ii 01€1;,oooç 01.à i:wv bt-rà 0-cpcx.1.pwv ca la rotta seguita dal timoniere d'una
y1.yvoµtv71 ). Nei papiri il vocabolo s'è nave). In test. lud . 6,2 il termine signi-
trovato finora una sola volta col signifi- fica transito, possibilità di giungere.
cato di esito, (me d'una contesa giuri- Da Platone e Aristotele in poi otÉ!;o-
dica: P. Magd. 12,11 (218 a.C.)l3. ooç significa pure descrizione diffusa, e-
Nei LXX oli!;o&oç ricorre in I 8 pas- sposizione, discussione. Con questo sen-
si di Num. 34 e Ios. r 5-19, come termi- so è collega to l'aggettivo 0t€!;00Lx6ç, e-
ne geografico tecnico indicante i punti steso, in tutta la sua dimensione; l'av-
terminali di una li nea di con.fine (ad ec- ve rbio Ot€!;ootxwç (usa to anche nelle i-
cezione di Jos.19,33,è se mpre al singo· scrizioni: Dittenberger, Syll. ' 694,38
lare; nel T.M. vi corrisponde sempre [ r 29 a.C. ] ) trovasi in Fbv. Ios., bell.,
to[ii' tJt). prooem. r 8. Questo signilicaco non è
In 4 BCl.cr. 2,2 1 (singolare); ljJ 1 ,3; mai attestato nella Bibbia e nella lette-
106 ,3 3.35 (var. ); n8,136, si ha la di- ratura cristiana antica. Però Filone, ol-
zione OtÉ!;o&o~ (1."wv ) vocii:wv, per in - tre ad usare 01.t!;o&oç con altri signifi-
dicare il punto in cui «il corso ca ti (spaziale in spec. leg. 4,11 I; poster.
dell'acqua, prima coperto, prorompe C. 79; come indicazio ne di deco rso, ri-
13 Or. PRE1s1c;K.r,, \Wort. 1 3n, s.v.; M hYSEl\ q>po:yp.ov d l<: ço n xpo:1rr·~. S'intende d ire che
I, 2' (1938 ) r 7; J, 3' (r936) r75 ; Mou LTON· i 13éE; sopra rocn~ionati non rompono le sie-
MILL. r6o.• s.v. pi, non ne sbucano fuori e non d isturbano
u P 1tEu sc1mN-BAt! ER , , s.v. Anche in \jJ 1. ,3; coi IO!'o muggi ti? In lttd. 5,17 il cod. B ha
0 8,136 (negli ahri passi il T .M. ha m6~à') si 01Él;o5ot ( il cod. A, ow.xonal). I n Fiz. 48,30,
dovrà assumere il senso di foogo dove zampil- 1\q11 ila, Simmaco e Teodo7fonc hanno o•Éso-
la l'acqua(~ n . 19 ) . G li unici passi in cui i liot ( i LXX invece 01.~x[3oì-al). GESENJUS·
Padri apostolici us.1110 oiit;oooç so no citazion i Ilu 111., s.v., tr:llta.ndo d i bét n•ttbot, «il luob'"
di \jJ I ,3: Bam . 11,6; lust., apol. 49,9 ; dia/. dove· Il' vie:.- s'in(rocianO>» di Prov. 8,2, men .
86,4. 7.iona 1\i/. 22,9.
25 A quanto semhrn, l.iti.l;oooç q ui dovrebbe 26 Cii> d r" d ir< M EEC:HAM, o.e. (-> n. 6) 237
esser congiunto p iuttoshJ (00 xix't'<l.tt'tWJI.« non cont rihuis~ç a illu111inare il passo .
,311(v,1 11J
sulram, in De11s im111. 34; congiunro .e.uidi, porti sulla buona strada» 2 • An·
con ~loc;, co11dott11, modo di vivere, in che in Hdr.6,7 3 1:1 lezione wc; K),EoµivE~
plani. 49; migr. 11.br. rno; 11it. Mos. 2 Euwow0'r} 'TÒ Tipi'\rrw. è In peggio :H ·
[ 3], 150}. dà spesso al termine il senso testata; l'origint1le pare fosse wlìr.:ii}n
di esposizione, tmttozio11e (spec. l<:g. 1, (òlìéw è usato anche in 4,139). Infine
272.342; poster. e
53; conf. ling. 14; ;111clie iJ -.o EÙolìoùv di Theophr., dc
migr. !lbr. u7; d<:I. pot. ins. 130 ; vii. c11usis plantamm, potrebbe esser k tto
Mos. r ,23 [cfr. OLE~ootx6c;, corzgr. 30. 'TÒ EV òlìoù'J. I pochi tesri dci papiri son
3 3] ). In Flocc. 124 trovasi tTiff,oooc;, nari dell'era cristiana: ElÌclì~wna.L in
uscila, scampo. P . Oxy. xrv 1680,4 (scc. m/1v d.C.)
è <lei resto unn le1 rura incerta, e nncbc
t EVOOO<..>
ii oì'.xo[!lE]v Eùolì[trJ ] ~w di P. J:rndanac
tùo&éw, benché siu un derivato del 62,3 (sec. v1 d.C.) trovasi in un conte-
tutro regolare', è molto rnro fuori del- sto molto guasto; chiaro invece è il
la Bibbia; anzi, forse non s'i ncontra mai testo di P. Grcd e Lari ni rv i99,n
prima dei LXX. Il testo più antico po- s.: axpeLç ou liv µE 1'kòç Evoowcrn
trebbe essere quello di Soph., Oed. Co!. (7;pò5) ùiuic;, «finché Dio non mi foc·
1435: O'<pç,v o'd18o(T] ZEùc; 'Tao'd 'TE· eia giungere :1 voi», e ibid. r. 13 s.: é'wç
ÀE~'TE J,.lOL, e qu i il termine signifi - o\i liv µE 1taÀLv r-pòc; v1l<ic; Ev~ow:;n,
cherebbe illdicare una buona slroda, gui- «finché non mi faccia giungere di nuovo
dare per UilfJ buona via, condurre a a voi» (scc. m <l.C.) 3 .
buon fine. Però bisogna tener presente Sembra q uindi che Evoo6w costituisc••
che oltre ad altre congetture (sostitu- uno dei non numerosi neologismi dci
zione di O"cp{iiv con cnpw o diversa let· LXX. In ogni caso, anche se così non
tura dcl testo: O'<p~v o'Ev OLOolri) è sta- fosse, deve sorprendere la freque!l7.a con
ta propos ta anche la lezione: crq>w cui Evolì6w ricorre nei LXX : conrnndo
o'<v òool'r} e che questa è probabilmen- D aniele (Teodoz.), si possono contare
te la lezione autentica. Avremmo quindi 75 passi• contenenti il termine (anche
una voce di òo6w, noto da Aesch., Aquila, Simmaco e TeC>Clo1jonc e ahrc
Prom. 498.813; Ag. i 76; Eur., Ion trndm:ioni usano il vocabolo, co inciden-
to50, e il senso sarebbe: «che (Giove) do in parte coi LXX). Sia i signific:1ti
7
che le cos1ruzio11i ~"n" però moho di- scn«·ndn" d1 1crmini affini .
versi e c'è da rhicdnsi se ciò sia dovu - S1: 111111si ;,,. fotto più frequente ricor-
to a!Ja divcrsi1:1 del T.M. e alla casu:i- rn :11lc :tir re possibili traduzioni, mu si
lità dell.1 trnduzio11c, o non si debba in- è prdcrito EÙoli6w, ciò non sarà da spie-
vece rico noscetvi un pteciso sviluppo 5• ga re col prcsupposro che Euoo6w col scn·
Ovvinmcmc, bisogna partire d~ lla co r- so di far riu.rcirr! (passivo: rimcirt')
rispondcnz:i fra Evoo6w e !l!1, che <: ios~c uu vocabolo correnre: i dati ex-
molto chiara. Dci 75 tC$ti, 50 (compre- tr:1-biblici non autorizzano un tale
so l'J::cdw) hanno un termine corri· presuppos10. Si dovrà piu11ost0 pen-
spandente nel T.M. che in 4 0 di essi è sare che la scelt>1 o la coniazione
co;tituiw <la una forma di !1!1: in 39 di Evoobw dipenda dal fono che
casi dalla forma hif'il: hislia/:J; in m: hifliah di solito è congiunto con derek
(ls.54,17; ler. 12,1; Don. [LXX] I!, (come lo è aoche !alea/:J in ler.12,r):
27) dalla forma qal: siileal;; in 2 EGop.5, se hi#liifl, partendo dal senso di pene·
8 dall'arnmaico f'La!J; inoltre in 2Chron. trtire di !aleèih (e quindi <li riwcire ),
35 ,13 !elii(Jot è stato errom;amencc inrc- .weva il signi(,cato di eseguire, portare
so come una forma di !l!J. Gli altr i equi- a buo11 fine, coll'aggiuma di derek ne
valenti sono molto piìt scarsi: 11ii/;Jii. risultava il senso di portar<' 1111 viaggio
forma qal, in Gen. 24,27 e hif'il 24,48; a buon temrme, far rì che il viaggio
riira in ler. 14,10 ", e forse anche in I riesca. Una bt1nna traduzione cm allora
Chro11. 13,2 (cfr. Bibl. Hchr. Kiu.'); qii· offerta da Eùcoow. tanto più che, man-
ro, :ill'hif'il, in Gen. 24,12 e sakal, al- tenendo 11nche òo6c; per derek, si otre·
l'hif'il , in Prov. 17,8. Viceversa risnlc:i neva un'efficace figura etimologicai. Co-
che sia hi!llo/:J sia il qal siile<if? (nel sen- sì ht forma ::itriva di Euoo6w fu usata
so, che inreressa qui, cli riuscire, proce- coll'accusativi) bob-..i oppure 00oÙ<; in
dere bene) wno tradotti prevalentemen- Gen. 24,2r.4<>.42.56; Deut. 28,:?9; lns.
te con EÙoo6w, xo:-rwoliow e Eiiooo<;. Do- 1,8; Tob. 5,17 (codd. BA); l0,14; fs.
ve ciò non avviene è perché i LXX o rrn- 46,rr (aggiunta dei LXX); 48,15; 55,
lnsciano il termine (così in ler. 5,28; .22, 1 l (cfr. nn~he Gen. 2.l.48). Inoltre
30; 32.5; fa:. 16,13) o traducono erro- bo6ç fu usato come soggetto del passi-
neamente (come in ls. 53,10, dove si ha vo eùoliovc;il~~ in lud. r8,5 (cod. BJ;
uno scambio con nrl; però Simmaco ha Tob. 5,22; r 1 , 5 (coJ. S); l er. 12,r.
EÙoo6w), oppure rendono i I contenuto Quan<lo il T.M. corrisponde al greco,
trovasi sempre hi!liìifl (faléìip in ler.12, lo più d'un ,1ccusativo di cosa; cfr. i te·
r) e inoltre dl•rek (ad eccezione di Is. sti con 6o6c; oppure ooovç (~ col.
55,n , dove la traduzione è senza dub· 314), e anche Gc11. 39,3 .23; -cà >L&.ÀÀ~
bio più libera). Solo in Deut., los. e u-.a, Tob. 7,12 (codd. BA); ei{nivnv,
Ier. òo6c; è preso in senso traslato. D'al- 7,13 (cod S); ~pyov, Sap. rr,1; au<ov
tra parte Euoo6w poté essere fissato, col = cxtvov), Ecclus 15,JOQ; ètv&.7tavow,
senso di far riuscire, in questa figura e- 38,r4 ed ls. 54,17. Però si trova anche
timologica e perciò restavano aperte l'accusativo di persona; cfr. Gen.24,27
altre possibilità di applicazione del ter- (mihà, al gal; q ui è indicato anche lo
mine in rispondenza alle forme di fl/.J. scopo: dc; olxov ~ col. 312 ); lXyyEÀov
Quando, come spesso accade, non in fod. 4,8 (aggiunrn dei LXX) e Tob.
è usato io senso assoluto, hif[iii[J è 7,u (cod. S); ro,II (cod. B); inoltre
costruito coll'accusativo della cosa la variante in Gen. 24,48, menzionata al-
(per es. derek) che importa condur- la~ n. 8 e I Mach. 4,55. EÙooòw è usa-
re a buon fine. Quando la buona tO all'attivo in modo assoluto in 3 Bau.
riuscita riguarda una persona, questa è 22,12.15; rCbron.22,rr.13; 2Cbron.
introdo tta con l' (Neem. r,rr; 2,20) op· 18, q; \jlu7(x18),25 e Ier. 14,10 (~
pure col suffisso appropriato ( 2 Chron. n. 6); dr. an che Gen. 24,12 (qiira, al-
26,5; però in 14,6, secondo Bibl. Hebr. l'h if'il).
Kittel ', si dovrebbe cambiare in liinii, in Corrispondentemente al frequen te u-
base ai LXX). In questi casi i LXX usano so transitivo della fonna attiva trovasi
il dativo (anche in Neem. 2,20, dove spesso anche il passivo (in 38 passi) to.
sembra più vicino all'originario che non Analogamente all'uso attivo, EÙooov-
l'accusativo del cod. B), che corrisponde ~a.t ha per soggetto oooc; (~col. 314)
al T.M. e sarebbe da attendersi anche in e altri nomi di cose (2 Chron. 7,n;
base al greco profano. Nel caso di Tob. r Eo-op. 6,9; 2 Ecrop. 5,8; Tob. 4,19; Ec-
7,12 (codd. BA. 13 $)e in Ecclus 38,14, clus 1r,17; Da11. [LXX) 8,25; 1 Mach.
dove oltre al!'accusativo di cosa c'è an- 3,6). Inoltre ricorre spesso la costruzio-
che il dativo d i persona, si tratta di ne con soggetto personale (allora Euo-
un darivo di comodo; di per sé anche oovµaL signific:1 rni riesce, ho successo:
questi passi attestano la costruzione Ios.1 ,8 e ~ n. n); 2Cbron.18 ,u; 20,
coll'accusativo, che dev 'essere conside- 20; 24,20; 32,30; Tob. 4,6 (cod. S); 5,
rata regolare per i LXX 8 . Si tratta per 17 (codd. AB) come saluto di commia-
a Hm.BING, o.e. 94, t~nde a concedere più spa· cord.1 che il tcsw è controve1so, deve trattarsi
zio alla costruzione col dativo. Però solo 1 di un errore. V. HYSSl::L in KAUTZSCll , Apokr.
Mach. 4,55 è un:i prova autentica, indipenden- 11. Pseudepigr. n 3o6, deduce dalla traduzione
te dal T .M., dove . peraltro, è aucstato an· lotina e siriaca il testo greco: ò 1wpu:1.iwv &w·
che l'accusativo. 'In Gen. 24..iS il corrispon· GEL aùi:6v; perii questa lezione potrebbe es-
dente è nii!Ja, all'hif'il; qui, oltre il dativo, è sere soltanto una troscri2ionc erronea, perché
nttestnto anche l'accusativo come lezione rar- il testo ebraico ha bi!liìil; e questo è 11 aJouo
diva, aclottata per adtguar3i all1 costruzione con i~&6w anche in Ecclus 11,17; 38,r4; .p ,r.
coll'accusativo che ormai appariva come rego- IO HELBING, o.e. 94 s., parln in questi C'Jsi di
lare. forma media; però •I m•ssirno potrebbe es·
9 Secondo Rohlfs: ò xup•o~ Euoow<m a\rtov sere amm<:SSO un uso deponente dcl verbo.
(né Rahl(s, né Swctc riporrano la vuriantc). Ma è più giusro considerare eiloooiiai><u come
ZAHN, Rom. 58 n. 11, nota che in questo pns· un passivo anche quando il T.M. ho un atti·
so è u•nto tuo0tw; ma poiché neanche lui ri· vo.
c~w (W. Michaelis) (v,116) 31&
to; 10, 13 (cod. S); Prov. 28, 13; Ec- di traduzione o il corrispondente d i un
clu.r 41, L; ler. 2,37; Da11. (LXX) 6,4; 8, diverso tc"o ebraico; in U50 assoluto,
l I s. 24 ; 11,27.36; Da11. ('l'cod.) 8, col signi/ìc,11u d i riuscire, si legge in I ud.
12; 2 Mach. l o,z3. Il corrispondente~· 18,5, co<l. A (cocl. B: Evolioiiai>cx1). Al-
braico quando c'è, è hifliì1~ (in Prov.17, trove il termine ricorre solo al passivo:
EÙOOOVTCZ~ è attesta·
8 Jiikal, all'hif'il) 11 • lii 1,3; 36(37),7 ; 44(45),5; Prov.17,23;
Lo anche come impcrsonLilc col senso di Dan. (Teod.) 8, 11 (col tlativo).12 (coc.I.
riesce, va bene, ecc., col dativo in 2 A; invece di Euoooviroo:L, come nei LXX,
Chro11. 13,12; Tob. 10,14 (cod. S), in forse per influsso di 8, r r o per di rcogra·
assoluto in I Chro11. 13 ,2; 2 Cbro11. 31, lia provocata dal xa.l precedente); I
z r (è possibile anche la costruzione per- Mach. 2A7 (cfr. auche Gen. 39,2,
sonale); 35,13 (~ col. 313); 1 Mach . Simm.). Nei LXX trovasi anche euo&oc;;
14,36; 16,2) seguito da un infinito in in Num. 141 41 conisponde a !lb e in
1'ob. 10,14; 1 Mach. 14,36; 16,2 (anche Prov. r 1,9 s'è scambiato evidentemente
alla forma attiva di EÌJobOw è aggiunta ~/! con fl~; inol tre, senza corrispon·
una costruzione coll'infiniw in Gen. 24, dente masore tico il termine ricorre in
48 e 2 Mach. io,7) 11 4 n. x6. 1&-op. 7,3; Prov. I 3,13•; d'altra par·
All 'impiego ·mulriforme di Evoo6w (il te Evoowç ricorre in Prov. 30,29 (24,
signilìcaro del vocabolo è illust rato an· 64) equivalente al parai.Ido x.aÀ.wç (in
che dal fatto che in ci rea 40 passi è ambo i casi il T.M. è iiitab, hif'il). EÙO-
Dio stesso quegli n cui viene attribuita ola, fortuna, successo, si crova, oltre che
direttamente o indirettamen te la buona in Ecclus 43,26 (~ n. 4) anche in 10,5 ;
riuscita) corrisponde l'uso del compos to 20,9; 38,13 (var. EÙwolcx, pur corrispon·
xa-rEuoò6w, creato dai LXX (è un raf· de11te a mis!ahat). Inoltre non vi è cor-
foli!ativo di Evoob<.>, formato forse in a· rispondent~ ~braico in 1 Fnop. 8,6.50;
n:ilogia con Ka<EU3vvw, 4 n. 7 ). Que- Tob. 4 ,6 (codd. BA), mentre in Prov.
sto termine è usato all 'attivo (col dati· 25,15 è traduzione libera di pota, al
vo) solo in o/ 67 ( 68),20, dove corri· p11'al.
sponde a 'iimas ( i1ltrove l'eventuale cor-
rispondente masoretico è ~·/~, per lo più A quanto sembra, Giuseppe non us11
in forma hif'il) e può essere un errore tvoliéw. Riproducendo racconti del-
11 Veramence in los. 1,8 segue nnche taskil. 11. 6] (v è condizionato da EVlìoxÉ<,,i. Il ter-
Ma poiché i LXX trnducono tlnche qucs10 mine b'iàd6 (dic in Gen. 39.; sia accanto :1
(sin pure poco bene) con 111.1v1)aE1<; (men1 rc in hi1/iìib col senso di 11 lui o come ripresa del
biskil non considerano mai il senso di aver 1><~c~.dente tulio ciò cbe egli /~ce) non con
,,;cc~sro), l'aggiun1a di tòo0wDi1011 nei LXX 1icne comunque ride.a dell'intervento (cfr. an-
non può esser mo1ivata da taikll. Piunos10 che 2 Ealìp. $.8). Perciò non si può tradurre
6volìwih'}1;n xal tVOOWG'EI<, -<<Ì<; Ooovc; uov de- per mezzo di lui o con altre simi li {rasi ne;:,.
v'csser rirenurn una craduzione duplice; dò di- pure la dizione corrispondente in I Macb. :;.
mostra nello stesso remr•o quan10 offini debba- 6; 14,36; 16,2; 2 Macb. ro..z3 (qui inoltre col-
no essere sembraci il significato a1tivo e qudlo l'accusativo di ~lvionc} come fa F..KAU'IZSOi ,
passivo. Apokr. 1md Psru.frpigrapben oi J>)SSi di J
•l li c:ompo in cui si hn successr> ahbaswnza ftfach.; in t6,2 crronea1nen1e, il t.'Ostrutto non
:.1><:sso si indica con f.v (ebraico: b'): èv mi- viene applicato nemmeno a tùoowh1; I~ e-
<JI -coi:c; tpyou; t:tvi:où (2 Cbron. 31.)0; inoltre spressioni sudc.lette vanno rese con a ltti e si -
'l'ob. ro,t;1 [C<XI. S]; Ecclus 4 1, 1, Ier.2,37 mili, oppure con i11 tutto ciò che ,;11/rapresc
L/']; Dan . [LXX I 64); d r. anche Év ò&c{) (così A. KAMPllAUSEN, ibid. a 2 Mach. ro,23).
ci}..110tw<, in Gtn. 2.1>48 (in Jer. r 4,10 [-> Cfr. anche F.crltts 38,13.
tv<>oéw (\Y/ ..Mich:iclisl (v,11 7) l"'
l'A.T. non riporta alcun p:1sso con rc · sam nel N.T. 1•. Che il passivo u~:11n 1wl
nente tùolì6w (dr . per es. a11!. 1,2.19. N .T. « non abb:a un s::nso proprio, ( ;,.;.
254; 7,338; 8,125-402..f04; n ,9;; i2,
32 3) n. Nei T cs rnmcnri dei XTI Pa1riar· quello di essere co ndo tti per 1111:1 via
chi è da menzionare test. G. 7,i : là:v &è buona» 1\ non si può affer111:1rc rnn si-
dç \mtp up.a.ç EVOOW't!X.~' «se uno ha pitl curezza, per lo meno tenendo n1nro di
fomma di voi»; collo s tesso senso tro·
Rom. 1,co. È vero che le parole che: se:·
vasi xa:-revooov1.ltvoç o xo.t eùo&ovµEvoç
in tesi. luci. 1 ,6. guono all'infinito 16 : fallti•J npòç v1ii'iç,
«venire a voi», suggeriscono 17 di assu-
Nel N .T. cuolìòw trovasi solo in Rum. mere per Evoòwìh)croµa:~ il senso di «mi
r,ro; I Cor. 16,2; ; Io. 2 (due volte ), e riuscirà». È inoltre corretto osservare
sempre al passivo. Benché il nu mero li- che nei LXX il passivo ha cli regola un
mirnto d i quesli pnssi non consenta di senso traslato. Ma non è esatto dire che
trarre conclusioni troppo ampie, h sto· questo avvicn:-: sempre 18 : nel saluto di
riu dcl vocabolo ul d i fuori del N.T. ci co1ilmiato in Tob. j,r7 (cod<l. BA) deve
p~rmettc di nifermare che Euolìb:..i non esistere secondo il contesto il significa-
si troverebbe nel N .T., neppure in que- ta esclusivo o almeno prevalente di es-
s to numero ristretto di cest i, se non n- ser condotti per 11110 buona via, fare
vesse avuto nei LXX un impiego inso- buon viaggio, e anche in una parte dei
J.i rnmcnte abbondan te a confronto di passi in cui il passivo ha per soggetto
ahrc fon ti. Ciò è confermato d alla jXlS· 6o6ç (~col!. 314 s.) il senso di 1·it1-
s ihil i1ii di trovare nei LXX molti pnral· scir<! passa in secondo piano nel quadro
lc!i dei p:issi ncotesrnmentari, riguardo della figura etimologica (così in lud.r8,
sia nl significato sia alla costruzione, 5 [cod. B l, cfr. 6; Tob. 5,22; n ,15
mentre non se ne incannano in alt re [ cod. S )). In ol tre Gen. 24,48 offre un
fonti. esempio di cos truzione coll'infinito at·
L'uso :mivo dcl termine non è pas. rivo d i tùooéw in senso proprio (corri-
Il Lciseganr, non ind icn in Filone l'uso d i 11 Così P1u;uscm:N·BAUE.R ', s.v.
Evoobw, però indica 16 passi oon Eiio!ilw. 16 Cfr. J31.•ss·DE»RUNNER S 39l,). Proprio
In poster. C. 80, ripurrnndo Cm. 39,2, Pil<>- pt!t tùoòbw o EVolioiiµcu questo costruzione è
ne scrive evcoiw invece di tvo&6w. In los. gia attestata nei LXX (-4 col. 3 16), dove so-
150.21 3 trov•si Evooow come variante di EÒo- lo in Gen. 24~11 può supporsi un inJlusso del
Ot!.w; il termine viene poi proposto come con· ksto ebraico (anch., Tob. 10,14 ha prohabil·
gem1rn in 10111. 2.:200 e le11.. Gai. 126. mente 3VUtO un esemplare semitico, menlre i
" Per il senso di portare u11 viaggio ( 1111 cam· rcs1i dd Maccabei s:mo stati formu lati alla
111i110)" buon 1er111ine, r Tbess. l,II ba xo:tEV· gr<X"a in partenza).
i}vvtw -cl)v ò!iov. Ma anche questo è una Jocu·
11 LmTZMASN Rom., ad /., precisa: «Se tvo-
zionc frequente nei LXX: Iudith 12,8; .ji 5,9;
o6w fosse usalo qui in senso leucralc, dovrch-
u 8 (119),5; Prov. 4,26; 9,15; 13,13 a; 29,27; bc mancare i:hl}t~w.
éz. 18,25; Ecdus ')9,3 (l'Qd. A). C:fr. onche
-. col. 197. 1s Cosl per es. B. \lh1ss, R<im. (' 1899). ad I.
}2 J (\'.I I , ' EVOÒÒW (W ~, .. ,,,,.,",
1• Cfr. onche ZA11N, Rom. s8 e SCllLATTER, splicitamcnrc ad Art. n ,29: xaitw.; n'.m:opt<-
Rom. 28. -ral 'tt<; ~ supponendo cosl u 11 soggetto ptrso-
20 Cosl avvien<.'. •1ua11do si rraduce con «ciò nale anche per 1 Cur. 16,2. Però il medio EV-
che egli può~ ; v . per es. Ll!!'TZMANN, Kor., r.opEim.,aL (cfr. B r.ASS-DEBllUNNER S 101, s.v.
ad l., il qu:lle j:>rc:supponc il senso di guada- anopttv) in Act. u ,i9 è usaro in forma asso-
g1ure o pro/itlt:re (dr. L IE't'Z MANN , Rum. a r, luta e con soggetto personale<' quindi il passo
10). ] Oli. \'\li-:1ss, 1 Kor. >81, aveva almmo non costituisce un parnlldo sintattico (del re-
eone~ cltt: il signi/ìc310 di aver qualrnsa di sro anche l'attico Ei>1wpt<v con ques10 senso è
st1perf!110 o aver· g11ndag11alo qualcosa di piri intransitivo; sull'uso dci popiri dr. DoJ..L-
«non Cosse ancorn dinlostnUO». STADT, o.e. 43 s. ).
21 Così HAt:HMANN, Kor. 47} n . 1, con rifcò- 21 Cfr. B. WEJSS, Vie paul. Brie/c im bericb-
menw a Rom. i,1 0 , il quale: propone di inte- ngtcn Texl ( 1896), 11d /.: «tutto ciò che gli
grare coll 'i nfìnito ·nMvo.L. sin staro d:ito dal I• fonun•»; \Vl Jo.•f.L. nll
n ln PKauscitt:N-llAUEK ", s.v., ciò I! conside- \VE'rTE, Das N.T. 11 (1881). ad!.: «ciò che
raro almeno come pQSsibile; m3 in primo lu0- ba guadagnato con imprese fortunate.>.
go è posta la traduzione pu qua1110 gli può 2• La variante r voliw&ij dei ~"O<id. A, C, 1739
riuscire. In Lwr>F.Lr.-ScoTT, s.v., Evoow-rm e altri, presuppone piu ttosto questa interpre-
viene equiparato a un EU'ttopfi , rimandando e- tazione, rna probabilmente è secondaria.
tuooow (\Yl. Mich:icli•) (v, 1 1X) 324
volge soltanto a quei membri della co- nel.la proposizkmc che s 'inizia ron xa.·
munità che pmrebbero rinunciare a ~wc; n . Non scmhra erraro ritenere d1c
qualcosa senza fatica e portare alla col- l'appatizione e il predominio di Euooo\i-
letta una parte dei loro inattesi guada- <Tilat sia dovuto ai suoi antecedenti ve·
gni, ma si rivolge esplicitamente a tutti terotestamentari, per cui è: più esrraneo
(cfr. faa.cr-toc; vµwv) ; cioè tutti i cristia- una mentalità profan~ e include ne-
::i
!I Cfr. O. ROLLF.R, Otir l'urm11ftir Jcr p.111/. fohbr. 01/ I.; DEISSMANN, L.0. I ~i 11. 2.
/lrie/c (= 13\'iiANT, 4. Folgc, Hd1 6 ) (1933)
62 ss. 1B Forse xai)Wç (come :1v\•ienc <1x.-sso in Gio-
vanni; cfr. 13\JLTMANN, ]oh. 2 9 r n. 3, ccc.)
26 RoLLF.R, I.e., non è particolnrmcnte acuro non ha solo valore comparrlli\10. ma vuole nn·
ndl'illuslr•rc «l'avvio del contcslo• della J che indicnrc la ragione; non che indichi la
lo., e oclle abbondanti raccolte (cfr. anche 46<> mem sana come fondamento di un c()rpm sa-
"'· e 449 ss., su ùyuilvnv nella so/11t11tio epi- num, hensì nel sen!.O che occurrc :l\'CT fiducia
stolare) non cita un solo esempio d1c poss:i va- che quel Dio che ha uiu1a10 la 1~uxii a convcr·
lere come purallelo anche itpprossimativo di ! t irsi n()n mancherà di assistci·c anche nella vi·
lo. 2. ta esteriore. Nei LXX non c'è un parallelo che
~1 And1c qucst1 osservazione impedisce cht parli dell't\Joòoii:riktL della l\iuxiì. Pero s i pm-
uyi.aivEw si rifenscu a una malauia o malc:v sono sempre ricordare parole l'Olne quelle di
~cre del <le~ri natario della Jencrn, cosa che <li 40,~; 65,9; 93,19. La dizione ÙyL<1.lvnv "'Il
sembra gi~ e:;dusa dal carattere CQnvcnziona· 7tW'ttL (Tit. 1, r 3 e 2,2) è compar'1bilc n r.tpL·
le d ell'au)lurio di buona salme. Cfr. B iicMSEI., mnt~v lv ò:h.11DElq. (J lo. 3 s.; 2 fo. ,;).
325 (v,1 i :\i òòuvYJ. èi;vva<)i 111.• (F. llnuck)
dice ~fa: ~·ssi Eùcliouv-.a~ lv r.cian ;:ç,Q:. ~ n . r i . Fra gli apologeti, Giustino
~E• a Ù't•-;)v, «prosperano in ogni loro af- (tl1al. q ,6) usa rv::iliWO"w in una cicazi()-
fare» (m11. 6,3,6). Il passivo Junquc ha ne di I s. 5 ), t 1; in epit. 7 ,8 usa Evooouv
un soggi:1 10 personale e significa (su un col senso di trovarsi rn 11110 b11011a stra-
piano meno elevato degli enuociari neo- da, far bene, cioè come sinonimo di
testamentari) aver successo negli affari eùoliEi:v ( ~ n. r 3).
cornmcrcioli; sulla costruzione con lv, \V.I. M!CllAliLI S
t éouvTJ, t 6ouv6:01.Lcu
Òouvri x-iÀ.
J.H.H. ScHMlll1", C ric·ch. Sy11011y111ik li ( 1878) f'cs1schr. fiir P. Krctschmer (i926) 41 s. /I
574 ss. ,96 ss. differenza di ol)uvn, lO.. yoc; , ; riferisce piuiro·
I La derìva%iQnc t'lirnologica di o6vv- da EOW
sto a una scnsal.ione dolorosa diffus:i e più
(dolore che corrode); E. fR;\NKEL, Satura Bc- prolungaia (I fom., Il. 12,206; Od. 9,12 d.
rol. 24: Glom1 15 ( 1926) i 98, oppure da OV'I] O.xo~u un dolore violento dell'anima, che pro·
(in felicità, opprt•Hitme, miseria [fisica e rpiri· voca l'ira e muove ad agire (li. 11.392 ss.;
tualc]: BorsACQ 68,, sc:condo WA!..DE·POK. J, 16,~8 1 ss.), ittvilo~ al cordoglio, come qu~llo
768 è rispemvamemc improbabile o incerta. che: alla morie: di qualche congiunto si espri·
me in '3crimc e fomenti COd. u ,195) ed è u-
z Si dice aachc del dolore provocato dalk sroto spc.'SSO in iscrizioni sepolcrali (IG li ).
bruciaturr e dni 1ai;li dei medici; Pla1., Pro/. 211 6.2477.2892 ). -+ SCHMIDT il ,576 $>.
3>4 b. • Di cui 17 vohc in G iobbe, roi1 l ; diversi
l Per il plurale dr. K. W1TTF.: G!otta 2 corrispe11ì\•Ì ebraici; 9 volte in Geremia e
( 1910) r8 s. A prn1wsiro dcl ~p)u,.alc inteusi- hlmt'n tnzioni , con 7 diversi vocnh:.>li corrj
vo di scnrimemo• d r. anc::ora W. HAVERS, ìn f.Jlondcn ri .
o(i>,pr\oc; (F. Hauck ì
(òòvpoµa.L,) t 6oupµoc;
òOVP116c;
J. H. H . Sc11M1VT , Gri•cb. Sy11r111ymik lii ( 1879) 384 s.
Jl•J (v.11•1) o<.~a (11. ~mano)
1rn ~n lo in 'fap. 38,18 (3t, 18), ove ren- xpùwv LxÉi:euov, «supplic~1vano con la-
di.: nwd in form:1 hitpa'el (propriamcn- menti e pianti».
10.: 11gitarsi, sct1otersi, scrnllnrc il capo in
segno di rincresciment o), lamentarsi; il Nel N.T. ooupµbç appare solo in Mt.
sostantivo òoup1.i<lç in 'Jtp. 38,15 (31, 2, 18, nella citnione di ' !Ep. 38,18 (,31,
15) (con ~pijvoç e xÀa.u~1.i6ç, per l'e- r 5) ( ~ col. 329), per esprimere l'alto,
braico b<kz tamnlrlm, il pianto amato)
indica l'alto (i1xov<r~l)), appassionato la- accorato lamento per l'amarn perdita, e
memo della madre che ha perso i figli; in Cor. 7,7, ove indica le mnnifestazio-
2
2 Mach. u,6: µ.E'tà òoupµwv xat &o.- ni di dolore causato da amaro rimorso.
F. HAUCK
oUia
ol<ìa, antico perfetto con radice in- non ha provalo conosce poche cose»;
deuropea El&-, i.O- (~ d:òoç, doÉvcn, ls. 59,8: òoov elpi]vl)ç oùx oì'.oao-w (var.
lòdv), è usato sempre con valore di E'YVWO'Cl'J), «non conoscono la via della
presente: aver percepito, aver visto = pace». Come esempi dal N.T. cfr. Mt.
.rapere, conoscere 1. Moire v<Jlte sosr.itui- l6,3: yw<;,O'XE't'E ÒLa.xplVELV, «Sapete
sce il per fetto gyvwx.a. (~ u , col. 462): discernere», e Le. r 2,56: o[Òr.c'tt òoxL·
t1ver provato, aver co11osciuto = sape- µ6.l;Ew, «sapc:te valutare:»; Io.7,2 7:
re, conoscere. Può però ricorrere an- 'toiftov oì'.lìaµEv 1t01lEv È<r'tlv· 6 oÈ XpL·
che altrimenti come sinonimo di yww- O-'tèç èha.v ~PXl\'t<XL, ovÒEÌ.ç YLVWCi~~
c;x.w, e quando i due verbi vengono u- néikv ÉCi't'lv, «Costui sappiamo d i dove
sa ti assolutamente nel greco della koiné è; ma quando viene il Crist0, nessuno
non s i può cogliere, nella mngg iornnz<1 sa di dove è»; 8,55; 14,7 (si noti la
dci casi, quasi alcuna dilferenza di signi- variante); 2 I , 17: mivi: a. 0-Ù OÌÒaç, O'V
ficato 1 , particolarmente dove il caratte- yLvW<ixELc; O'tL qiL'X.w <rE, «tu conosci o-
re incoativo di rwt::,c;xEw non è pre- gni cosa, tu sai che io ti amo»;
minente o mancn dcl tutto. Come esem- Rom. 7,7: 't'Ì]V <iµa.pi:lav ovx l'.yvwv...
pi presi dai LXX cfr. Esth. 4,l 7 d: a\i -r-fiv 'tE yàp Èmi>vµlav o&x fJOELV, « non
'ltaV'tG. yWWCiXELç, CTV OLOGtç, « rt1 COnO· conobbi il peccato ... non avrei infatti
sci ogni cos,-i, 111 sai»; Ecclus 34,9 s.: conosciuto la concupiscern:a»; 2 Cor. 5 ,
è.<vi)p 1tmÀa.vl)1livoç ~yv:;J no'X.H.... oc; 16: viiv oùoéva otoa.µ.rv ... viiv o&xé-rL
oux E'itnp&.al), ò'ì..lya. oHìEv, «l'uomo che yLVWCixoµ.ev, «Ora non conosciamo ;il-
hu viaggiato conosce molte cose ... chi cuno... ora non conosciamo più». Di
conseguenza sa rà bene esser cauti flcl me tol lerare govern arori equanim i»; Lev.
sottoli neare troppo il significato pecu- r. 5,8: 'ltt'tii' dif,Jiik/111ii' l'miJ'al, 'una
liare di quesli due termini; in t\Jc. 4,r3
non è possibile rileva re un 'effe ttiva di- donna che sa come dom:indare' ; Eloi-
stinzione tra i due verbi 1 : ovx OLOci:cE VClL = f:iiikam =
potere; cfr. Phil.4 ,12;
TTJV Ttetpu.f3ohìv "tClÙ"tTJV, xat itWç itti- lac. 4,17: ElOO"tL oùv xaÀ.Ò'll 'ltOLEi:'ll, «a
uo:c; -ràc; rco:po:f3oÀ.à<; yvwuEailE;, «non
colui che può fore il bene»; d r. Ios.,
capite questa parabola; ma allora come
capirete rutte le parabole?.,, Co~l non ant. 6,16r 1t«i:òrx... ~cDJ~w Etob-.o:,
è possibile determinare alcuna diffe ren- «u n ragazzo ... che sapeva suonare l'ar-
za di significa to 4 t ra Mt. 7,23 : oVOÉ1tO- pa»); capire= ricono1cere (ad es., Epb.
"tE EYVWV vµcic;, «non vi conobbi mai» 5
(dr. Le. 13,27: oùx ollio: TtoDEv Ècr-.t} e J ,1 8: Els 'tÒ dÒE'\IClL vµcic; -.((; fo"ttV ii
Mt. 25, 12 : ovx oLlìo: vµcic;, «11011 vi CO· H.. Tttc; 'tljc; xÀ.1}0'ewc; o:Ò"tov, «affinché
nosCO» (dr. Lc. 13 ,25}. capiate qual è la spernnw della sua chia-
mata»; Mt. 26 70: Pie tro ri nnega cli-
1
Ne l N.T. l'uso <ld termine non offre
c-endo «non capisco che dici», oòx oiò«
molte particolaric:1 di rilievo.
-.l M"(EL<;; dr. il pa rallelo in Mc. 14,68:
I. ol0<1. COmpare Circa ,320 VOite, q ua- ov-rE or&a oihE ÈTtl1naµat uù 'tL À.ÉyEt<;,
51 sempre nel senso di sapere, e rara- «non so e non capisco di che tu stin
mente assume i significati aflìni d i co- parlando») 6 . In~olito, ma spiegabile, è
noscere (ad es., Mc. r4.71 ; Mt. 26,7 2: l'uso di sapere =
apprel:r.are, rico11osce-
Pietro afferma di non conoscere Gesti, =
,.e ( essere in/ormato su qualcuno): I
oòx olòu. -.òv èivDpw;rov; 2 Cor. 5,16: Thess. 5,u: dotvo:• -.oùc; xomw'll-.u.c;,
wne iiJ.~ELc; Ò.TtÒ "tOV viiv ovliÉva. OtOO:- «apprezzare coloro che faticano»; dr.
µ:ov xu.-.à. u&.pxo:, «Così d1e noi, da ora il parallelo in I gn., Sm. 9,r: xet'ì..Wç itxn
in poi, non conosciamo più alcuno se- !}Eòv xo:L ÉitiO'Xor.ov dotva.t, «è bene ri-
condo la carne»), Jilf1cr come, potere {ad spettare D io e l'episcopo».
es., Mt .7,11; Lc.11,\.ì: otòa"TE Sop.«Ta.
ayo:!}<X OLOÒVO:L, «sape te come dare buo· 2 . Tcnlogicame ntc imporrante è l'c·
ni d oni»; cfr. Ios.,hell. 2,91: cptpcw ot- spressione conoscere Dio (Cristo) o non
oo.ow 1.1.E'rplou;; TJ'YEIJ.ÒV<1.<;, «Sappiano CO· conoscere Dio (Cristo} . NeU'uso lingui-
J Di pMere d iv<:rso è LO!IMf.Yllll, Mk., ad /.: d1e intendono lift. 25,12: • 11oi non star~ in
«li primo 'capire' (dlìtv11.L) indica una cono· nkun ruppono con 111e», e i nv~rc Mt. 7,23:
sccnza che deriva da un suggerimento o da •io non ho mai avuto a dle fore cnn IJQi». Cfr.
una intuizione, il seconJo ('ywwcnuw) una Kr.osrnRMANN, lift. a 7,23 .
conoscenza acquisì ta per esperienza o per l'in·
S SeconJn STRAC::K B1LLERBl(~1; 1 46? si tramo
segnamento impartito da altri» . Tale distin-
di una formula di scomunìao n"<.11a dai ub·
zione difficilmente può ess(:r comprovata in
bini.
hasc agli esempi citati .
• Contro l'opinione di Cu.MER-Kocr.L, s.v., 6 Vedi Sc111.111,·E.R, K.01m11. M1 .,.i,/ I.
t1',1 J1 J l.H
stico Jcl N.T . ì: ancora vivo il pensiero 11.: uc:llt: lettere ai Corinzi che n1ostrano
vctcrotcbt•llllcntario dell'ignorimz..1 col- l.1 1011.iJ.i P"olo contro la penetrazione
pevole di Di11 1 , che ritorna nell'usCl pao <li idet! gnostiche nel crisuancsimo: où
lino di dotvaL: ciò che distingue i pu- yap i'xpw ci:. 'TL dlìEVU.L ÉV Ùµ~v El J.l.lÌ
~ani è che «non conoscono (un ulllco) 'Irio-oùv Xpw;6v, xa.ì. -toii'Tov Ètrto.upw-
Dio, non sanno niente di Dio»; Gal. 4, 11ivov, «null'altro proposi di ~:rpere in
8: 'TO'TE µiv oùx EloiYrEç i)r6v ... , «allo- mezzo a \'Oi, se non Gesù Cristo, e que-
ro, quando non conoscevate Dio»; dr. Mi crocifisso» (.r Cor. 2,1). L'affermazio·
'1'11. 1,16 e la reminiscenza di espressio- ne paolina vuole significare una (erma
ni dell'A.T. in r Thess. 4 .~ e 2 Thcss. l, presa di posi:>ionc: contro i tentativi gno-
8 ( l er. to,25; cfr. 11' 78,6). Cfr. inoltre stici di trasformare l'annuncio di Cris to
Hcbr.8,11 (= ler.31,34). in u 03 speculazione sapienziale. Anche
[ dèmoni 'corlQ:.c.-ono' Gcsì1 (Mc r . in 2 Cor. j,16 ritroviamo il medesimo
24.H; Le. 4,34.4 r ): per conoscenza so- at 1eggiamento: Wc1'TE i)µi:i<; d:1tò 'Toù
pronnaru rn lc essi smmo quale sin losco- '\IVV OÙOÉVtJ. o(Oa.J.t~V XCX'Ta <T<ipxa, «CO·
po della venuta di Gesù e, sentendosi sì che noi, da orn in poi, non conoscia-
minacciati nella loro esisten?.a, ccramo mo più alcuno secondo la carne»; in
di difendersi evocando il suo vero nome questo caso l'Apostolo si oppone evi-
e p rocla mando la sua natura; Mc. 1 ,24: de ntemente a <lei giudaizzani i che ave·
oloa aE 'Ti.ç Et, ò élyLo<; 'Tov Dtov •, cso vano preso spunto, per la campagna
chi sei. il sanio di Dioi>. Questa escla- con1ro di lui, dal fatto che egli non ave-
mazione non v:t intesa come una pro- va conosci uto il GcsL1 terreno 10 •
fessione di fede, ma come uno scon-
1tiuro 9 • 3. Una ccria pent>trazionc dell'uso lin
A differe1na dei concc11i cli rwwcrx1» guislico gnostico di ELoivcxL pu(l esser
e yvwa iç (~ 11. coli. 514 ss. ), ncgli seri t· nMotn soltanto .1 partire dal qunno Van-
ti paolini l'ide:i della conoscenw di Ge- gelo. Nella stc:..\:l misura in cui l'unità
sìr espres<;a con cloÉVcxL non ha molto ri- di Gesù con Dio è espressa, negli scrit ti
lievo e il nostro verbo appare unic:11nen- giov11nnei, dal concetto di y LvWO'-xt w
7 Que-sto pumn è <vilupp~ro m .... 11 , coli da akunt alcri, è prderit:t da H AUC'K, Afk. ,
480 s>.; dr. anchr W. Rllrss. Go11 11ich1 J<,,,_ ad l.; tla un pnnio di vi•L1 te<llogico essa ~
llt!n im A.T. 7.AW, N.r. 17 (1940/4<) 70-<)8. COl'r<'ll• (cfr. Lo11M~YER, Mk., ad I), mo pro
Ecco 30!0 alcuni esempi 1rmi dall'A.T.: ls. ,, prio questo dimo.<rto che è un• corrl'ZÌOIK'
13: 'Toi'.wv alx11d:Àw1'o<; oÀaéc; µov f-yE\rll&li <lclla !.?:ione o\li<i, molto me{!lio aucstJta.
ol.tì i:ò µi) dlitva, tt•noùç 'TÒ'1 xupt.OV; 26,q; • Cfr. O. B~uurwtlND, Die \\7ort~ der Damo-
frr. 24,7; lui> 18.2 i: oV'T~ SI. ò "<Òn·o~ i:w11 nrn im Markuu1•a11gdium ( 1927) 'ss. spcc.
Jl'IÌ dOO'<W'I '<Òv xvp<.ov; }6, t 2. r i !t><I .
8 La lezione OL0'1flE'I. •llCStat• dnl. cod. s ~ "'< :rr. LrcTZMANN, Kor., ad l.
.335 (v,12 1) otSa. (Jl. Se~cmann) (V,ll.l) qf,
(~ 11, coli. 520 ss.), cosl, soprattutto in n<iv-ta. EOWXE\I a.\mi'J ò 7t0.1'TJp ... xat o·n
ripetute affermazioni di Gesù, il verbo <inò l)toù t!;ijlvEv xat 7tpòc; 'tÒv llEòv
EUÌÉVO.L indica che Gesù ha cognizione di im<iyEL, «sapendo che il Padre gli ave.
Dio o lo conosce: xo.t 6:1t'ȵa.v<oii ovx. va dato ogni cosa... e che da Dio er:i
ÈÀ.i)Àvi}o., ci).).'fo·nv cXÀT)i}LvÒç Ò 1tɵ.- provenuto e a Dio andava» ( 13 ,3 ). Pe r
l!io.ç µE, 0\1 ÙµEi:ç OÙX. otOO."t'E' Èyw otOcx. questo motivo il suo tragico destino
alÌ"tov, o"t'L 7tap'(llhov dµL xàXEi:vòc; I.LE non lo coglie di sorpresa, ignaro : ...d·
àrcÉCT'tELÀ.EV, «e non sono venuto da me OW<; O 'J'llO"OV<:; il..1 tjÀ.l)E\/ O.Ù'tOV TJ wpa.
stesso; ma colui che mi ha mandato, e tva. µ.ei:a.(3fi Èx i:ov xòcrµov i:ovi:ov
che voi non conoscete, è verace; io lo 7tpòç i:òv 7ta.-.Épa., «essendo Gesù con-
conosco poiché sono da lu i ed egli mi sapevole che era giunta la sua ora di
ba mandato!> (lo. 7,28 s.J; ÈyùJ ototOa. passare da questo mondo al Padre» ( 1_3,
aln6v. xiiv EL1tW O'tL oùx oUia. o.vT6v, l); dr. 18,4; r9,28 : µE"t'Ù; 'tOV'tO Elòwc;
EcroµaL él110Loç ùµi:v ljlew•1K àÀÀà Ò 'lTJCToùç ih~ 'Ì)Ol) nci.v'ta. 'tE'tD.Eui:a.~.
otOa. a.ù-tòv xa.t -tòv À.éyov a.ù-.ou -tT)pW, «dopo di ciò, sapendo Gesè1 che già
«io invece lo conosco. Se dicessi di non rutto era compiuto» 11 •
conoscerlo, sarei un bugiardo come voi; Nella stessa misura in cui sottolinea
ma io lo conosco ed osservo la sua pa- ques ta conoscenza che Gesù ha e dcl
rola» (8,55; dr. 8,14). Ora questa par- Padre e della propria missione, Giovan-
ticolare conoscenza di Gesù non si li- ni mette in evidenza che i Giudei non
mita ad essere una conoscenza astratta riconoscono che Gesù è il liglio di Dio,
di Dio, bensl (7,28 s.) abbrnccia anche che non hanno conoscem:a di lu i perché
lo scopo e il line della sua missione e si «sono d i questo mondo» ( 8,2 ~ ). Giiì
concretizza ( 8,5 5) nell'ubbidienza alla il Battista, che pure aveva ricevuto per
parola e alla volontà del Padre. La sua rivelazione divi na ( 1,31 ss.} la conoscen-
conoscenza del piano salvifico di D io, za di Ges\1, dice loro: 1.tlpoç v1twv O'"Tl)-
che si attua nella sua missione e soprat- x.E~ ov vp.Ei:ç oùx otoau, «in mezzo o
tutto nella sua morte, deriva dall'inti- voi sta colui che non cono~cere» ( 1 ,26 );
ma unione di Gesù con Dio: El&Jc; <l-tt e il seguito del quarto Vangelo ripete e
11 Cfr. la conoscenza dello 11.nostico. espressa, CX> gnos1ko-cllenis1ico e q udl.) del v11ngdo gio·
ad es., in Ign., Eph. 12, 1: ot&tt, 'ti~ di" xal vanneo. crr. G.P. WEITER: ZNW 18 (191 7/
'tWLV ypà.q>w; o in Tren. r,> T,J: lyw olSa 18) 4?-63; 8AUER, / oh. a R,14; H . Sc:m.mR,
lµo.v'tbv xai ywwcrxw 3&iv tlµt Cfr., inol· RcligionsJ1.esch. U111crruch1111[1.e11 zu de11 lg11a-
tre, l'a1nmonimento in Corp. H erm. u ,21 ' • tiusbrie/en: Bcih. ZNW 8 (1929) 14r s. Inol-
non chiudere l'Rnima alla rivcla7Jone che de- rre cfr. SOJ>rau uno BuLTMANN, ]oh. a 8,14 e
ve, alln fine, provoçnre la conoscenza: oùx passim (\'. l'indice s. v. EL1ilvcx1). Pn!'111leli pili
o!ott 't" ijµ'T)V, oùx oUìcx i:(ç ~croµ«1. Risulta lo11tani sono mcn2iono ti anche dn L. RIEJ.ER,
dunque cbfarn In vicinanza tra l'uso linguisti- 0El0I ANClP 1 ( 1935) 73 ss.
OlY.O; I (0. l\.licho:J)
oìxoç
A. l'KIDft lCHSHN, Ackerbou rmd /:laurba11 ; sir rmd spiitamrkcr Geùt 1 ( 1914); PH. V!EL·
T hStKr 94 (1922) 18:; s.; lo., Exegctischcr VJ ltAUE R, OikoJomr Dm Bi/J vom &w in der
dm P1111l1Hbrie/en: ThStKr 1oz (1930) 291- christli::hen l.itcra/ur oom N .T . bis Clem. Al.
301; lo., in Seria Rudbergiona = Symbolae
Osloens..-s, Fase. Supplct. Iv ( 19p) :l'
s. ; A .
DmSS1'1hNN, Pa11/us' ( 1~24); H . jONJIS, Gno-
( t939).
olxe<; 1 IO. l\lid1d )
m11i comu ne ~i.1 Omero z in poi ed è -.ou "Aµp.1..ivcç, «nella c:isa (tempio) di
quindi una parola del linguaggio cor· Ammone» (Wilc.:kcn, Ptol. 79,4; fors"
rente: dr., ad es., H orn., Il. 15,497 s.: una tracluzionedalrediziano); .J:l. Oxy. Xl
ò:}.À'ciÀoxoç 'TE a61) xa.t 11a.i:òeç 6nicraw, T 380,2: -r1)v É\I •4l 'Hqia.iO'"tOV otx(J} in·
xo:.t otxoç xal. xÀfjpoç &x-fipa.<oç, « m:i dirn probabilmente il tempio di Efesto.
poi salva sari\ 1:1 moglie e i lìgli e inrnt- Chiamare il tempio 'casa' della divinità
rn sa;à la casa e il patrimonio». Può è quanto mai comune in Egitto'. V nn·
indi care anche la spelonca del ciclope no ricordate aucbe le espressioni scguen·
(Od. 9.478) o l'11ppar1amento d i Pe ne- ti: ofaoç PacrLÀ.t<..iç (Hdt. 5,3 1), otxoc,
lope (Od r,356; 19,,x4.598). Talvolta XTjpVXWV (Ditt., Syll.' 587 ,24), o LE·
il 1·errnine signifirn edifici particolari, a<l Baa'tòç ohoç (Di tt., Syll.' 799,10), ò
es., un tempio (H<lt. 8 1143: tvÉnp1)<:Tf tEptùç -.ov 6 txeÀ.ELWV otxov (Ditt., Syll.'
-;-ove; 'TE otxovc; xa.l 'TÙ. àya),µa-ro:., 921,4I). In Horn., Od. 23,7 si legge
«bruciò le case e le sacre immagini»), olxov lxàvE'tOCL, analogamente e(c, o
un magazzino, 1111 palazzo, anzi per- 7tpÒç oì:xov in Aescb., Eum. 459; Ag.
fino le tombe (Diod. S. 1,J I: 'TOÙç OÈ 867. Anche nei papi ri olxoç signi-
'TWV 't'E'TfÀEV't1)XO'TWV -c6.cpovç ò:~oio'Jç fica casa, abilazione; P . Amh. 54,3: ol-
otxouç npooo:.yopEUOVOW, wc; Èv "ALOOV xoç xi:WELp'Y)µÉvoc,, ijç ( leizgi: cv) ot
OLa."tEÀouv-rwv -còv <i.itELpov o:.i.Wvo:., -ro~xot itEplt10'LV, «essendo abbat1uta la
«chiamano 'eterne dimore' le tom- casa, di cui solo i muri rimangono in
be dei trapassati, come se COSIO· piedi»; P. Oxy. xiv r75;,2: EpW't~ O'E
ro nell'Ade vivessero un tempo in- 'A;i;lwv OEL'ltvfjacr.L Èv 'tl'i) oLXti> I:a.pa-
finito») . D itt., Sylt. ' 987 racconta dei 7tEtou dç xÀ.ElVTJV "tOV X'Jplov I:etpàm·
KÀvi:lÒo:.L ( q>po:.-rplo:. Xlwv ): KÀu'tl· ooç, «Apione ti chiede di prnnzare nella
Oo:.Lç dvo:.L Èv -rct1 -ceµ(VEL •wv KÀu'tL· casa del serapeo, alla tavola del signore
owv otxov •E!~Éviov Ltpòv olxooop.i}CTa.a- Serapide». ot b o\x~ (P. Tebr. )8,63 )
ilaL xo:.t -.à. tcpà. -rà. xowà. Èx 'tWV LOLW- sono i coinquilini; anche P. Lips. I o4,
·rncwv olMG>v Elç 'tÒ\I xowòv otxov ÈvEy- J2; P. Gen. 51,35: 6:cr-n:ò:1';01lal ae xo:.t
xEi:v. ilVO'O:.IJEVO\C, ÈXetÀ.À1Ép'Y)O'EV olxoòo- 1cav•«<; •oÙc; Èv •~> otx<il O'OV, «saluto
1.1.1)0'a.O'itaL xat -rà. lEpà -r<Ì. XOLVà tx te e tutti quel li che ab imno insieme con
"tWV lOLW't\:-!.WV otxLWV dc, 'tÒV XOLVÒV te». o\xoç indica però anche tutto quan-
olxov lvqXEiv 3, «ai Cliùdi fu concesso to è connesso con la casa: l'arredamen·
di costruire nella loro area sacra un tem- to, i beni, la proprietà ( P. Lond. i 309,
pio e di portare gli arredi sacri comuni 3: 1'0t1jO'O:.'tE Èn'àcrq>aÀHet\I ErVaL 'tOÙç
d;1lle loro proprie case nella casa co- otxovc, mhGlv, «sequestrate tutti i suoi
mune, dopo che i sacrilìci :wcvano d:it·o berti»), e anche il gruppo familiare, la
buoni auspici per la costru~ione e per il proprierà /a111iliare (P. Hyl. 76,1o : xa·
trasporto degli oggctLi sacri comuni dnl- -r'ohov dva.t 'tTJV Ota.lpEO'LV 'tWV XTIJ·
le proprie case nella casa comune». p..ci:'tWV xat µi) xa..-r<X 1tpOCTW1tOV, «la
Particolarmente frequente è il caso in divisione ereditaria dev 'esser fatta in
cui o[xoc, significa /empio: Èv •i;> o(x!+J base ai nucl ei familiari e non a tesrn» ).
2 Per Om~ro v. Il. IìREl..JNG, J.cxirn11 flo mc- sressa Memfì sl clii~ma Ha·l·k« piah = «il
ric111n Il (1880) .H·3~· tempio della divina personalità di Prnli», de-
nominazione probabilmente derivante .!:11 tem-
J CH. M1cHJiL, Recutil d'ittscriptions Grer.
pio principolc della cinà. Or. A. WIEOE-
q11es (1900) 786 (nr. 997, fine del 1v scc. a.C.). MANN, H~rutluts :weiter Bucb ( 1890) 47;
• GRENFELL-HUNT 103 fanno notare che lo \'ilu,c:KEN, Prul. 367.
otxo~ 1 10 ~lidwl)
olxcx; pu i> :111d1c s ignificare il fonia.-. St1111. 12,20) accanto a orxoc; xupiov (3
lii casst1 ( P. Tcbr. 1 20,n: xa:to:ÀElno,,- no:a. 5,1 4'; 6,1'). Ne l r.reco biblico tro-
'tU.L EV otx•!-1 opax11r.xt x. «rimangono in vi:tmo altre cnr:ttteristid1c costru;;ioni
CllSSa seicento dracme»); talora 1 ruvi:1 - col genitivo: o?xoc, oovÀ.Elo:c; [Ex. 13,3.
mo la locuzione èt:r:ÉXEW OLà XHPÒc; il; 14; Deut. 6,J 2); oixo<; 'tOV òeaµw-r1)·
otxov con cui si viene a dir..: che plov (fod. 16,2 r.25 ). L'espressione «C:t-
la somma per il pagamento è pre- se delle alture» (batté bam6t) viene pa-
levata da] forziere tenuto in casa, r:ifr:1sata nei LXX con una costmzionc
non dalla banca (cfr . gli esempi indicati corrispond en te: xat Énolrvnv oì:xovc;
in Preisigke, \\7ort. 2,163,10 ss.). otxcx; Ècp v~'f}À.wv, «e costruì cose sulle allU
Ko:l<rcxpoc;, OE<T1tO'tLxòc; olxoc;, ùtfoc; ol- re» (r Reg. i2,31). ofaoç r.o:'tptciç (Ex.
xoc; significano l'ammmistra:àone dei 6,1 7.19) rende nei LXX 111i1pii~c1. Q ue-
beni familiari dell'imperatore (P. Lips. sto ricco uso linguistico d i ohoc; è raf-
96,3 ; P. Strassb. 23,n; P. Lon<l. 23 4 , forzato ancora da oÌ-Y..la, che trnducc u-
6; P. Masp. 2,2; P . Soc. r96,1; 197,1; gua lmente l'ebra ico hajit 1• Prov. 9,1 di-
238,3). Norevolc è inolrre il significato ce della cas.1 che l:i sapienza si è co-
astrologico: la posizione del pianeta (P. stniita: Ti crocpla 1;ixooo1..11J<rtv èau'tii o!-
Oxy . 235,8 ecc. ). xov; originariamente il tes to r;iccont~l
con linguaggio immagino~o come mada-
ma Snpienz:i costruì la propria casa, a-
2. 'Casa' e 'caso di Dio' 11ell'A.T. dorn'lndola con sene colonne; in picn.1
corrispondcnz,1 madam:1 Fnllia siede a l-
Nei LXX o'Lxoc; rende gencmlmcnte la porta di casa nel.la ci tti\ alra e ade-
l'ebraico bajit (a<l es., Ge11 . 7,1; r2 ,r. sca l'onesto passante ( 9,1-1 ): quest 'im-
15. r 7 ), ma traduce anche altri termini magine suggerisce l:i frase •casa della
ebraici, come 'ohe/ (Ge11. 9,2 r.27; :z4, sapienza'; similmente si parla di 'cas.1
67), hékal (Dan.r,4) o tiSka ('lEp.43 Jclla tod\': «Ess i sa ranno g iudicali \O-
[ 36 J,12 .20.21 ). I LXX sembrano avere me i loro compagn i che tn rnarono ad
una particobre iuclinaz ione per i] no· unirsi ai bcfforJi, poiché li:inno predi·
>tro termine s. Tn senso m1slato otxo.:: cato c.:rrori comro le leggi e hanno di-
può anche significare famiglia, stirpe ( p: sprc7.zato il patto di fedelt ~ :ti qu:ilc si
es., Gen. 7,1 ), quindi la frase 'iiiri bajit, erano impegnati nel p;1csc di Damasco
«fondare una di nas tia» (2Sam. 7,r r; T (questo è il nuovo patto ) Né loro n.:
Reg. 2 ,24 ) è resa nei LXX con otxov ol- le loro famiglie avranno p.1ne all:1 c.1s 1
xolio11EÌV o 1tOUOlV •. In essi orxoc; ~EOV della torà., (Dt1m. 20, 1 1 - r 3 }. Forse, qui
è già u n'espressione stereotipa per intli- la conrnn i tà si autodesignfl 'rns:1 dci'"
e:irc il santtlllrio; in Cen. 2 8, ' ì cm-r i- to rà'? Singolari.; (: :inchc Da111. 3, tS ~>.:
sponde a b~t 'eloh/111 e in Ge11. 28, 19 a « /\1:1 Dio ... pcrJonò le lurn colpe e ri-
bét-'el7. Anche altrove olxcx; l>eoii ricor- mi Se i loro p«·cari e costruì per loro
re di frequente (lud. 17,5; 1.8,3 1; 2 una dimorn stabi le (bit 11'11111) in 1sr;1c
5 Cfr. le i11Jicnzioni in lJATCi<-Ri.;w . 973-982. ì~u~Ev Ti Vfq:>É)"1'J "t'Y}v ax11,JirJ, "t6v otxov
'tOÙ p.i:r.p-rupiou ).
6 Il famoso ordine dato o Noè in Ccn. 7,t
suona: Etcn:>..Ot crù xa.t 7ta<; ò oìx6ç ~ov El~ 1 Gen. 28,19 ( l,XX): xa.l éd).tow 'J<:ov;,~
'TTJV xi!3wr6v. O'tt aÈ EÌOO\I o(xmov É\111.\l'tLO\I -cò -cov -c6~ou txElvov Olxo; llEoli;
O'.IOJia
µov Èv -cli )'EVE~ 'T<:.tV'Tl1. J LXX spesso ren- 28,22: i<a.l ò )..(Oo<, oihoç, ov i!a~T}aet. •n11·
dono 'ohe/ con il più sbi~dito oixoç: Gen. À.TJV, É~-ra.t 11oi otxo<; lltoli ...
9,>1.>7; J 1,33; L.>v. q ,8; Num. 9,1, (èxti- g [JATCH-REDP. 96!)-970.
otY.o~ .3 (0. Mirkl)
9 «Davi<l prende e mangia dcl pane sacro, 11Vva.ywyi)v. A dit'fc(enz:1 degl i altri sinottici
che è proibiro; i disre1>oli colgono e mangia· (Mt. 21 , 13; Le. l'),46), Marco riprende l'ot.·
no qualcosa <li permesso in tempo viergto• giunta a I f. ,6,7 (LXX): nciow -ro~ l~llf01.V.
(LOHMEYER, Mk. 64 ): «L'oìxo~ i:oti ltEov è nui;fM/INN, Tr4J. 36; ]oh. 87, pensa che: Mc.
nat11ralmeme In tenda sacra» (LOHMEYJ>R, Ì· 11,17 sia un'aroplificaz.ione dd r:wcuJ1to ori·
bid., n. 4). ginario.
10 Importante è anche il seguito di Jr. ,6,8 li Cfr. LOHMJ\YF.R, Mk. l 36 11 t «on rifeci·
(LXX): dnEV xvp,oç ò vuv<iywv "tOÙ<; O•t· mento ad ABR/\llAMS, St11d. X L cup. 1.
oi:•
crr.«p1livov.; 'I11po.f,)., 11uv&.!;w in'a.vi:òv 12 LoHMli\'f.K, Mk. 2 36.
l! S ( \'.l!fl clxo; f (0 . Michd J
w mpiono il loro sacro ufficio. bensì dal sta stc$SO incl ude un riferimento al ~
f<1 110 çhe esso è un 'l uoi:o Ji preghie- 68(69),10: 6 1;,fjÀ.oç i:ov o(xou crou xa-
ra' <love ogni devoto può e <leve a lzare <taq>ayt"ta~ µt:, «lo zelo della cua çasa
a Dio la sua prece. È qui evidente il mi divorcrh, ma queste parole forse
pun to di vista dci laici galilei che opc- non voglio no significare che Gesù è in-
r:1110 e vivono lont:mi da l centro cul- fiammato cli zelo per la casa del Padre,
tuale della fede g iudaica e considerano bensì che il suo zelo Io poncnì alla mo r-
q uindi il tempio soltanto come la sina- te ( per questo abbiamo il futuro xcx<ta-
goga più eminente: 'casa di preghiera' cpciyE-ral jj{, cfr. l!i 68,10 in l{om. 15,
è infatti la tipica designazione della si- 3) u.
nagoga gi udaica. Nel passo riecheggia
(rnche l'antica contrap posizione profeti- P iù volte Gesù ha parlato della 'ca-
ca tra preghiera e sacrificio, t ra 1a vita
devota e la funzione sacra. Tale conce- sa del P adre mio', intendendo tanto il
7.ione riceve però il suo senso più radi- tempio terreno (Le. 2 ,49: -rò: 'tOÙ na-
cale dalle parole 'per tutte le nazioni ': -rpoç µov; lo. 2,16 : 6 otxoc; "toù 1ta."tp6c;
nell' 'a trio de i gentili' (cosl è lecito
llou) quan to In pMria celes te (lo. 14,2:
inrcrpre tarc) 'le nazioni', e ancor più
'il popolo', non de von o metter su mer- i) olxla 'tOV na.-rp6ç µo u ). N el linguag-
cato; bensì 'tutti i popoli' devono ivi gio metaforico d i Giovanni la 'casa' può
'adorare'». Secondo Io. 2,16 l'invettiva s ignificare addirittu ra il rc.:gno di Dio
d i Gesù suona: «Via di qui con questa
(8 ,> 5) 14.
roba! Non trasforma te la casa dcl P adre
mio in un mercato!»; anche questa
formul azione giovannea sembra quanto 4 . La 'casa patema' nei cicli secondo la
mai naturale e spontanea, d ate le cir- gnosi e Fifone
costanze in cui fu pronu ncia la, ma p u·
re contiene unn re miniscenza di Zach. Anche nelht gnosi l'imm agine de ll' ' a·
r 4 ,2 r : xcxL oùx fo-rat Xavavcxi:oç oÙxÉ- bitazione' e d clln 'casa' gode di un f.i.
-rL tv i:<;> ot~ xuplou r.a.vi:oxp1hopoç vore parricolarc. Negli scritti maodaici
Èv 'tTI i'}µÉp~ Èxdvn . «in quel giorno compare frequcnrcmentc la locuzione:
non ci sarà alcun mercan te nella casa «D ico e dichi~ro a vo i, eletti e perfe tti
del Signore onnipotente ». L'eva ngeli. che abitate nel mondo»•~. Il mondo
Il Nei LXX (cnmro l:t lcziox preferita dn dr. -+ JoNAS 1or: ~Dimomn: nd mondo è
RAHLPS) è già una profezia t=.1tolO!liC'l .:he un 'abicare' lcol che si ,·uolc indicare, non
rivela l'esistel17.a cli tutta una trndizionc. solo la limirn1ez1a ma anche la permu·
tabilità); il mondo stesso è un' 'abicazi<>·
" «La 'casa del Pnclrc' e ' il regno di Dio'
vanno sepntn ti o distinti . J\I nornc di
Ot) ll
ne' o una 'cnsa'; 1)recisnme11tc I' 'abitazio-
ne inferiore ', 'tenebrosa', 'caducn', in contrn·
Pndre corrisponde l'e~pressionc 'cusa', a quel-
sm con le dimore luminose. NcU'1dea di abi·
lo di 're'. 1regno'. Anche in 8,,,): troviamo
rare scorgiamo un doppio rapporto: il primo
l'idea di 'casa di Dio' senza alcun riferimcn·
sonolinc:a l'dememo di provviMlricri\, d i do·
10 al ciclo quale paraUelo dcl n:11no di Dio»
micilio, una si1ua:-.ione che si è crc:arn per sccl-
(Sc111.ATT~n. Ko111m. ]oh. 292 s.).
rn o per tba ino (anche (J€L' vicende prece·
I.I f. 1D7.llAMSKt, ]obmmes 54; 179 ; Gima K dcmi), ma che, in linea d i prindpio, può es·
i76,25: «Dko e dichiaro a voi anime che a· ~re nlutattt (si può rinunciare u un:t casa, Ja.
birore dimore caduche»; dr. LuYlBl\MSKt, Li- sciorla , scambiarla con un'altra, b si può per·
l11ri. -! n. 3. Per il pensiero tipim della gnosi sino far tmll.irc dietro di noi); il =ondo in·
347 (v, 125) otxoç 4 (O. Miche!)
stesso è un' 'abitazione', una 'casa', an- dele viene esorta ro a ricordare la sua O·
che se la si distingue hene d ,1] lumino- rigine ultraterrena: «Tu non cri di qui
so luogo celc:s te, dalla casa della perfe- e la rua radice non crn di questo mon·
zione, chiamandolo dimora 'inferiore', do. La casa in ('ui abit:ivi, ques ta rns:i
' tenebrosa', 'caduca'. Negli scricri man- non l'ha costrui ta la vita» 18• Agli clet1 i
daici b';t' (bjt') indica spesso l 'edificio viene fatta questa promessa: «Brillcrc
del mondo 10 ; la medesima immagine ri- te nella casa della vi tu come gl i Utbr,1
corre anche nella letteratura persiana 17• della luce splendono nel luogo lumino-
L'uso linguistico mandaico è tipicamen- so» 19 ; si desidera la ' casa del padre':
te illustrato in Lidzbarski, Ginza 499 s.: (<Quando deporrò l'abi10 corporeo e
«Non appena Adamo udl ciò (le parole andrò al luogo della vi ta, al luogo del-
del Soccorritore, dell'Uthro) non s'inte- la casa dei buoni, al mondo ov'è la mia
ressò più, delle cose caduche, non <limoni? Voglio uscire e andare alla mia
chiese p1u di coloro che avev:ino casa paterna, non tornerò più 11 questa
costruito la casa passeggera; egli re- d imora qui» 211 •
sistene e vi abitò. Ben presto, però, vo -
lò in ni to e giunse :il suo luogo, ;il!H di - Anche Filone si serve ti1lora (som. r ,
mora da cui era scaro crearo; la dimora 256) di questo linguaggio figurato: l'a·
<la cui era crea to e in cui la sua figura nima torna all a 'casa paterna' ( tl4 -r:òv
era illuminata. Adamo si rallegrò in 7t!l'tpQov olxov) dopo essersi liberata
cuor suo, si disse in cuor suo: 'Com'è della lunga e incessan1c oppressione in
rnernviglioso ciò che mio padre mi ha una terra straniera. Come già nel mon-
detto; com·~ mer:wiglioso ciò che la do pagano crn po~~ibi lc parlare d i uno
grande vira mi h:i insegnato! Andate, 'casa del dio' (otxoc; -r:ijç llE.ov =
la ca-
and ate, pinneri, siate una parte delle sa divina di 1\(rodice: Herond., mim.
vos tre proprie case. Andate, siate una r,26) o di una 'casa degli dèi' ( = ofawç
pane del le vostre proprie case e le vo- 'tWv Ì)Ewv: W.R. Paton and E.L. Hicks,
srrc case si~no p8rte di voi! lo ascendo Irircriptions o/ Co.r [ r89I] nr. 8,4),
con ln radice di mio padre mentre la cosl anche nel tardo giudaismo rima-
casa viene lasciata n voi'i>. Anche il fe- se l'uso di chiamare il tempio gero-
Jica, rontcmpornne:unen1c. l'elemento costi- Alio de!Jn casa (terrena;'. Rim,inc però fermo
tutivo, il luogo dell'esis1cnza tlo cui non si che 'ru non cri di qui e la '"" radice non ern
può pr~scindere : la virn deve :tbirnrc cd è le- del monde,' ( LrnzoARSK t, Ginxa 379)•- Ma
14;.u:.1 strena:ncnle al SllO posro esistenziule; nonostanre tutto, non è possibile cumprcnde·
questo legame:, <1ucs1:> appanencre sp;12i.lc, è re il mcssnggio ripico di lo 8, 35-36 11.1rtendo
esscnziole alla vita cht: viene d cterminarn pro- do questa coocc7fonc gno:.rim.
prio d311a sua ubkazione: ess~ stessa è, in- '" LIDZJl/\RSKI, Johamus 7 n . 5.
foui, un fenomeno originariamente spaziale e 17 Cir. Btmdtbi:i (Justi) 51!,1 7.
non puì.> esistere S<:fl2" il proprio spazio. Per 1s LIDF.DARSKI,
q ucs1n rngionc b vitn non può fur ah ro eh~ Gmw 379,2-1-2j.
mmbiorc un'abi1:iiionc con un 'altra, e •nchc 19 LlUZUAK~Kt, (J~illt.ll 20,21 s.
l'esistenza ultrumondana è un nbi1arc, sia pu- lO LrnzBAllSKI, Gmza 56o,-1·9; unn 1w·1e dcl
re nelle dimore della luce e della vita che sono Ginza è chiamarn •Libro di Silmoi, 'signo-
un'imm.:nsiicì <.li luoghi circoscriu i di In dcl re dcli> cnsa '». Qucstn esprc:»sione \111r' bit')
mondo. Qv:i'ldo però la 'vita' si s1abiliscc nel ho qui lo sle$SO signific:tto che nel resto degli
mondo, sia pure provdsoriamence, il legame scrini mandaici, indica cioè il dominatore di
tempornle che si è formu10 ptiò farla divento· questo mondo. TI maligno è g~ncrulmc11 1c de-
re (e questo è il pericolo dell'abitare) un 'fi- signalo wi.l ed anche Silm"i :;<-mbr·a essere
l .J•• f \ .1 1ti) <ix~.; 4 10. Midx-1) (v.126) uo
-..1Ji111i&JnO OLXO<; 'tOÙ aEoÙ ( (.,~., /11•//. vovv ), d.111.1 1,·rr:1 alle somme ahe21.;;: l'
.f .21' I) 21 • Come SpÌrit11.1lit.1,I J',·~pre~ÌO• l.1 lcghcd alle nm:mir?i del ciclo>. Nel
ne V(lÒc; -rov Ì)Eov, Filone .1111.1 ~pi ri 1ua la lettc1 .11111:1 1;nos1ic.:a cd ellenistica ri-
li:t.l<IH: anche oixo.; 'tJÙ DEov nfcrt>nJo corre di frcqucn1 e J'.ugomcntnione di~·
4uesra frosc all'm1im.1 i11d1\'idualc: «A· dall.1 ('mtruzionc risale ol cos rru uon.:.
nima mia. cere•• d1 din-mnrc c:?sa di dall'opcrd d';me :ill'.inis111 e dalla ere 1-
Dio, un tempio s.111111, la più bella di - iione J Dio. In questo sensu Fil..111.·
moro. 'Fursc :illnr:i .1 vr:1i anche tu lo può p11 rngon11rc l'intero cosmo a un'abi -
stesso padwnc di t\1s:1 che pos5iedc 1u1 tazione (olxitx} o n unn cit tà (nbÀ~c;}:
to il mondo; e~li si curer:i dcllu prop1 m per es., ci si chiede: che cosa occorre
ca~u perché si mnntcng:i bene e sen1.1 per costru ire una casa e un.1 intera cit-
dan no» (som.1,149). Am·ora più chia- tà? Per cerro un cos truttore, pie tre, le-
ro è il passo di sobr. 62-64 · «Ma doh- gno e mensili. Orn chi alr ri è il costru t-
binlllO anche comiderare du deblxi a- tore (oT}µLoupy6c;), se non colui dal qua-
hitare, dopo ogni preghiera, nelle case le viene edificata la casa? E che sono le
di Scm; i11fotti hl Scritcura non ce lo di- picll'C e il legno, ,e no n la m a ter ia di
ce chiarnmenre. L'unica rispos t:l sem- cui è farro l\.xlifido? E jlli utensi li non
bra essere: il SiJ(nore dell'universo. 1n- son forse le cose con le quali si opera?
fotti qun le casa più degna può esser tro- Ma perché si <:Omplete rebbe la co~tru
vata per D io, in 1u11a ln creazione, d1 zione, se non per da r pro1cziooc e sicu-
un 'anima completamente purifìc;ita, che rezza, che ne sono appunto la ragione?
considcr.1 l.1 belle-LZll rnornle l'unico be L"lscia ora da parte queste cose partico-
ne e srima tutte le altre cose, che sono lari e considern la più "mpia abitazio-
lenure in tale conio, nient'nlt ro che sa· ne o cittil. quesro mondo (tOE -ri}v 1,.1.e-
teUiti e ~uddi ri? Ora Dio non abita rn1.1 yliti:T}v otxlciv ij noÀw, i:bvOE -ròv
ca'a nel senso che occupi un luogo lis- xéoµov}: ricon~cerai che suo autore è
~o. poiché egli abbraccia turrn e non è Dio che l'ha fo 110; i 4ua1tt·u elemenl i
contenuto da cosa alcw1a; nw nel sc11- sono il matc ri~le di cui fu composro; la
so che e11li vigihl con particolJre c.·ur.1 1.igionc di Dio è lo strumento che è
e benevolcnz:i su quel luogo. E infatti servito a cr~rlo, b bo111~ dcl cre.uore
normale che un padrone di casa si curi è la ragione del crc:ito (-ri'\c', ot xa.-rci-
cli ciò che gli è nrlìdato. Poss:t quindi o-Y.wi')c; ru't,ClV 'ITJV Ò:ycil}o'tT}'tCJ. 'tOÙ
ciascuno, su a.ii 111 bon tà dcll'Jmore di- OT}µ1.0vpyoii) Philo. chrr. r 26 s.; simile
vino si riversa. pregare di avere come è il pensiero in les: ali. 3 ,99: il co~mo è
inquili no il Signore deU'uni~erso che e- pnmgon:110 a u11o1 casa ( ol>c(ci.) o n un:i
salterà questa angnst:i dimora (-rò ~pci ci11à (n6À.r.c;)n. T:1 lma Pilone ripcre una
xv 'l'où-ro olxo0bj11J1UJ.), In mente ("tòv conc~lione lilOS<.lfic:i c!el1:1 vit3, st.x:ondo
una dcltr creature sollcrrancc. gni ço1.;n e j pianeti e )e s1clle fisse che si
muo\'ono con sinl01ctri;t e unifor1nità, con ait·
21 • Noi Jdumci protC11f.Cremo lo ca~ di Oio
mo e nrmonia, in modo u1ilc ..U'univcrso ..
e: L"'t>mMucrcmo per lu fl."~ru <:0tnunc, rtspin·
renamenrc condutkrà che 1ut1c quc:stc =e
f;"'1do ugu•lmt:111c <.'Ome nemici sin gl'invasori
cs1crni rhe i 1radi1ori in1cmi» (Mov los., beli.
non st1no stare crclllc senn un'ane pcrfeua,
4,>8 1).
rn• che Dio fu ed è il facirore dcll 'univcroo
intero. Oli giunge ~ qucs1a conclusione viene
l ! •Cosi d11unquc enrri in q1icsto mondo, a conoscere Dio n~diame le ombre, poid~
quasi fosse una grande co<:1 o \101 chtò, e ri riesce • clcdmrc 1la1lc opere l'c:sis1cnzu dd-
miri lo volrn cc!estc che itir:o cd :1bbN1cda O· l'artclice• (leg. utl. \,99). Nelln lcucrnturo gno-
,,, (\',t!6) ohor 1 ( () Miche-Il (V,ll j) ~)?
suca dr. Lmzn,RSKI , C:mui 379: •Colui cito v(·ngoou raggu.1ppa1e insieme cin.à, lta~. (on-
mi ha rondotoo qui mi Jir~ perché l'ha f2t1<.>. ti, vii:nc e ul1vc1i : •Sono 11 simholo cJ1 dult
La t"RSa in cui abito mi cJir~ clii l'ha cosrn1irn . e co:1e (il legi>lntorc) p>rlo Jclll' v1r1i1 gene-
I Sene che vi nbitnno "" dirnnno donde ven- rali e partkolori. lnfani il genere (i:ò ylvoç)
nero•. Aaini, c:ppurc ,livcrsi. sono gli cnun è paugonabil1: 11 rn1;1 cirr~ pcrch~ ess.1 si prc·
ci•ti di 1-frbr. 3,1 <• s11ll'ç{xoç e il xll't'll:7XfV- senta con cuahnni più v-asri e nhbrncda una
6.lJa.'> au'té'o1. quantiti mai:i:iorc, la specie (-tò ttlioç), inve-
ce, è come unJ cns:a perché si limi1<1 ad uno
n l'cr Fil<.>ne l'uomo ,.Il ivo è un csuk eQV· sp.uio mmore <:ti l <d1nk n.1c.1 di romu nan·
0
picma, è cicrndino ( r.oÀlTYK) e dimom m·llJ zione con 2 l'cr 24 (pct il siriat-O qs{rwm' v.
vlnù come in unn ca.a (otxla." n')v d.pt't'~l" anche J\t.r:RX, ad /J•. fa. 8,16 $uona nei
Kct-to•x« ). lnfor ti leucinmo di lui: 'Ora Gi•· LXX: xa.i el.a1'JTaytv 1.u: rìç "TT)v ctù)..Y}v o<-
cllbbe era un u<.>mo :1emplicc che abitavQ in xou xup(ou -ti\v t<rw-ti.pa.v, xctì ìllov btl 't'W''
una t•n•a',. (/eg. al/. 3,2) . Si no1i anche qui npollvpwv 't'Ov Yctov xvp\ov ci.vò: 11focv -tWv
1'11ccustamenro <li r.cl)..u; e olx0<;. Clr onche °:,L).ctj1 ~! li\lèt J tt<rov 't'Ou W714G't'fl"°" ~
D~ur 1mm 94-95= sull3 b•.c di Deut. 6,to ss. ftXOC'l. a.-,6pc<; ...
\\I IV.I l ì ) otxoc, ~ (0. Michd l (V,118) JS I
2 Par. 6, i 8) 25 • t:: molto probabile che profetico e :1pocalittico (Hm. 89,}o ss.;
dietro il nostro testo ~i '-cli wi"opposi· tesi. L w). il logion annunci b distru-
ziune radicale (àÀ.À."ovx o illjiur-roç t-; zione della città e dello stesso popolo.
XElp01lO~lJ"tOi.c; XO:"tOLX(L, «ma l'Altissi-
L'uso dcl termine in Mt. 12,44 e Le.
mo non ubitn certo in opere forte da 1 r ,2.i è ligur.Ho, ma linguisticamente
mano uman::t») che si appoggia a ls 66, non risulta stf'!lno: lo spirito immon·
x u. Cam tteris tic11 è la minaccia profeti- do uscito dall'uomo percorre loc~
ca di Gesù (Ml.23,38): «Ecco, la vostra lità Jcserciche, non Lrov;t riposo e dice
tra sé· «1-le ne torno nclJa cn~a J a cui
casa sari1 lasciata a vo i». A primn vi- :.uno uscito»; ritorn:1 quindi, l.1 trova
sta l'espressione 'la vo~tra c:isa' (o olxoç vuota, pulitn e rinnov111:1. Anche in te·
l'..µwv) sembrerebbe ri rerirsi al tempio sti babilonesi e tnrdo-giud:iici è attesta·
10 che i dèrnoni compiono le loro m:i l·
di Gerusnlemme 21 ; ma non è da esclu- vagirà in 'c:ippelle-' e 'case': il mnbto ~
de re che, considerc1co l'uso linguistico h1 'dimora' dello spirito maligno 18 .
15 Cfr. i c"mm•nt;1ri agli Ani: O. BAUERN- ne distruuo; è anche possihtfc che la \<OStU
TEINO (!9}9) I 18 s; ancor f>rim1 WENDT cosa' significhi penino la ·,·osrr:i ciua e po-
( 19 q l 149. che comunque •i limita a dire: polazione' (v. • Mc 3.2-1 s.): entrambi i signi·
•Egli non vuol arrcnmre che il tmipio non 6caà si acbnano a ciò che acca<klc clfeniva-
ha nlcun volore, ma solo che ha un valore re- menre nel 70 d.C.; in entrambi i s.:nsi il no-
la11\'0 »; però /lrl 7>48 è più r1dJcale. stro dcuo rollcg:i la distruzione di Germ:i·
lemme e il giudizi<> limlc, proprio <ome il Ji
16 Per Is. 66,r cfr. Ml. 5,H s. >eorso Jcll:t pnrusia nel cap. 24».
'-' I I . GUNKCL, Zwn rrlit,iom11.eschichdicbe11
?l Clr., in questo senso, "ltp. 3J,6 I 26,6 ): :1.cù VerJ/amlms dr1 N.T (1 910) 19: «"proprio
liW?"w -ròv o(xo•J "tOV"tov t':.~p l:T)>-"'!• xa.( quescn il luogo per 11 quale sono pcnctrntc
-div r.6>.tv &ti>:t~J ~ x a.'ttipa.v r.a<nv 'to"; nel giudaismo, con raprdrri ed abbonda112a, Ì·
im~t?"w nii:oTJc. "tijç rii~: Bar. 1yr. 8,2: (una tlec e ronce'~ioni estr"n<.·ir;: ... )> • .. Lu d4.!monolo
\'OCC provcni<'tlle J11I'incerno del tempio gri· i:i• ho avuto una grande ionportan~.o , come
da}: ..Colui che CUStOctiS<.- e la CIS• l'ha •bban- c'm~nano i smouki, •i 1e1npi di Gesù; css.i
donaln !». Cfr. comunque anche lor. 12,7: tr· chiarnnl~11e ricurds nn1i<.:hc idee babilo1 t~i ...».
xa"ta.Ài~o1::to i:òv olxov 1iou, uve la rarola .1\od1e il s:tccrclocc csorci2in1orc habilout-sc
ind1t:<J però il popolo; lcr. 22,5: tò.v St 1•'1 '" .caccurc i &.noni dii 1n.1loti e per que<ta
noL-fiCMJ":t "toÌJ; "lvliro•J<; "toVi:ouc,, xo:t 'l1~v r.1gionc si chi.ma, Sli:ondo un cesio Ji scon·
"<oii Wµoqa., Myn xlipl.:><;, 5-n. ti<; ipi)j~v i:mro mccrpretJto di recente e fattomi not<uc
tu"tO.L o o!xoç oV-.o'- Si ncnrdi sopNtru110 ht da H. Zimmcr11, 'colui che distrUAA' i san·
gronclc nllcgorio cldb cMu e della Lorrc io ouari (le t-:ippcllc) che sono nel corr>o dci m,1-
H «n. 89.50 ss. (-+ col. ul\J: I• casa ~ Gc- li11i". Si pen<a, evidentemente, che i dèmoni
ruqntcmmc, In lOr 1e il 1t:1npio. Ln corri!pon- nmliAni abbiano srnbihto il loro 'tempio' nd
JenLJ era t:<.tloJ e <..ierus.1kmme ha cena.meni~ L-orpo dei malaù; dr. Mt. 12,.i4 s.; r Cor. 3,
pr«ed<:nci occasionali nc11li scritù profetici, 16; ~ Cur. 6,16; f.ph. i.z• CCC.•. Per il t.mk1
1111.1 rim.unc fond;uncntahncnce apocalinica: i.:iudai>mo v. /fui. b. 105 b; Grl. b. 'l a: fSa-
cfr. tut. L. 10: .. Poi l:t casa che il Signore si t:1na ~i latncnt'1 a inotivo dl R. Meir, O\'VCt'O
s..-cslicrà sarò rhiom.un G,-rusnlm1me, come il 11èm<1111: ddb povertl Jice:) cAhilDI!, mi lu
dire il libro di Enoc 11 giusto... (:fr. SCllNIF.· cm:inlO dnlfn miJ cnsa• (ci11to in STIACK-811••
WlND (N.T. Oeucsch) /IJt 1 31 · .n tempio vie- LERft>.t:~ 1 217; 6p e KLOSTl!ll.MANN, A!t. 11 j).
355 (V, l 28 ) ot xoi; 6 (O . Michd )
6. 'Casa di Dio' come metafom proto· Secondo I lc:br. 3,3 l' 'onore' dd scr·
cristiana per indicare la com1111ilà vo Mosè sta ali' 'onore' Ji Cristo,
il figlio, come l' 'onore' della ca-
In un midrash a Ntmz. 12,7 (LXX: sa sta a quello dcl suo costruttore e
ovx oihwc; b ì}Ep6.1tW'J µou Mwvoi'iç- tv padrone . Il confronto tra Mosè e Cristo
oÀltl -r@ oix<tJ µou ma-r6c; ta-rrv, «il mio viene co ndono lungo queste linee (3,4)
servo Mosè non è cosl: in tutta la mia non mediante il 1esco veterotes tamenta·
casa egli mi è fedele»), Hebr. 3,r- rio, bensl secondo la tradizio ne elleni-
6 nota che Mosè fu un fedele servi· stica che collega volentieri l'idea della
tore «in tutta la casa di Dio», ma che casa con quella del costruttore. X '1.'\'<X-
Cristo, essendo il Figlio, è preposto axw6.1'.;nv può benissimo voler dire 'in-
«alla casa di Dio» (tv /;À<tJ 'ti;> o(xl/) nalzare un edificio' 30 • Cristo, nella sua
a.Ù-roù: 3,2 .6; I0,2l: È1tl -rÒv otxov 'l'OÙ dignità di 'Figlio' (vl.Oç) e 'Signore' (xv-
i}roù). Nel passo dell'A.T. le parole 'la pwc;), è duoguc il costrut tore, l'edifica·
mia casa' si riferivano certamente al po- tore della comunità di Dio (o{xoç -rov
polo d'Israele e ]'esegesi del N.T. sor- iltou, 3,3) dell'A.T .. In quanto Figlio,
tolinea l'equivalenza tra 'casa di Dio' e egli è preposto 'alla sua casa' (3,6) e noi
comunità cdstiana; il n ostro midrash, di possi amo gloriarci d i essere ' la casa di
fatto, presuppone proprio, in una pro- D io', però manteniamo fino alla fine
spettiva teologica, quest'uso linguis ti- la fr:inche?.za e In gloria dell(l nostra
co: la comunità è la 'casa di Dio' 29 • speranza ( 3,6 ). Quesra argomentazione
2'l Molti com1)1cntmori del possato intcrprètn- pot i. C. 5 ; p/0 111. 50 : rom. 1,185 ; W1NotS<:tt,
rono il termine bdjit di N11m. 12,7 come se s i· Hhr. 29). E KXsEMANl'I, Dt1s wa11der11de CfJ:·
gnificasse ,d'intero complesso delle disposizioni tewolk ( 1939) 97 fa riferimento a parnlldi
prese da Jahvé per guidare il suo popolo, ov- gn<»tici per spieg>re questo complesso con·
vero la sua economia di salve7.Za» ( B/\F.NTSCH certo <li olxoç: •Nella L<:tlcro agli Ebrei non
[ 1913] ;;13) o ~il popolo e il regno in cui si parla dcl corpo dcll'Anihropos, bcnsl della
Mosè deve amminis trare e ordinare tuno• sua casa c)x,, nelln gnosi, si identifica con lui.
{DILLMANN ( 1886] 66), mo è dubbio che il Anzi il rni10 descrive il proces,;o di redenzio-
concetto rli bajit vada così spirituuli1.zato. Si ne come una oixolìoiJ.i}; nella gnosi l'Anthro-
trauo, manif.,stamente, d'Israde quale proprie- pos è oonrcmporancomcnte l'o\xov6µ.c.;, la fol-
tà e possesso di Dio: ..Q uundo un israelita pro- la elci rcJenù costitui<ce dunque ln sua 'casa'
nunciava la pal'Ola ·c~sa', non pensava sole.in· ncllJ patrio celeste o, prolctticamcnte, gi~ sul·
10 alle quattro poreri della sua abira~ione, ma la terra». O r. anche H. Sctt1.mR, ChristM
molto più ai figli e ui nip:.iti, alla sua casat:i. und die Kirche im Epb. ( t930) +9 s.
Analogamen•e anche la casa di Dio è, in re~l 10 Y.Gt'l'GtO'XEv<i~Etv o= ristabilire, prepnmre:
cà, il suo popolo, la sua comuniti\, IA schiera dr. Hebr. 9,2.6; 11 ,7; 1 Petr. 3,20; oon riferi-
di coloro che gli sono legati e che egli ha mento ad un edificio, xa-r«11xcll<i~Etv "" in-
dichiarati sun proprietà» (Sc1~ LATTER, Jir/. 111 nnl'l.Me; Jos., vii. 65; Ap. l,127.193.228; 2,u.
2;0). Jl. WINOJSCJ I vi vede il tabernacolo, la È usato anche per il C'tearc divino: fs. ~0,28;
comu1\itiì fondata dal Gesù preesistente, 01>· 45,7; Sap. 9,2; 11,24; 13,4 ; Bar. 3,32; 4 M<1cb.
pure il nwn1lo ,·reato dal Figlio (dr. P hi lo , 2 ,21; Phi lo, op. 1111111d. 149.
eh un Lato mos11.1 «lii <Jll.tnta natura· Lon <ju.1111.1 n.11urnle-a:i l'immagine ri-
lczz:i ci si serva tld I \ :qu.rzione comuni· lllandi :rll:1 o.:umunità si sc;orge in 1 Petr.
tà =casa di Dio.:, d:ill'uh~o. quanto sia 4 , 17: « J\iicht! è tempo che il giudi-
avanzata e sviluppata la cristologia del- <\m rnmind dnllo cosa di Dio~, e in
la Lettera agli Eh rei. L"immagine della 1 li111 3,15: «Ma, se tardassi, ti scri-
comunità quale 'cJ:.-1 <li Dio' è manifc· \'O 1~rché tu sappia come bisogna
stamcnte connessa con l'antico mes~ag· comportarsi nella casa di Dio, nella CO·
gio <lelhl comunitlt quale 'tempio' di Dit1 munitù del Dio vivence, colonna e ba·
(1 Cor.3,16; 6,r9) dal quale si è svilup· luardo della verità». Si potrebbe cerca·
pata. Anche a questo proposito va rico- mente concedere che questa materia tra·
nosciuto, in tutta chiarezza, che il N.T. diiionaJe rappresenta una sistemazione
uon professa, come filone, una devo- deJ kerygma pcotocrisciano. 11 motivo
zione in<lividualis111, secondo la quale dell'oL'xo~ uv
~Eov viene riferito aJlu CO·
h singola anima pura diviene 'cas11 di munità senza, però, che si giunga all'im-
Dio', bensl attribuisce in primo luogo magine di un:i /umilia dei: l'otx~ ri-
alla comunit.à i predicati di 'casa di Dio' mane veramente una 'casa', un edificio
o 'tempio di Dio'. Nell.1 Lettera agli E- spirituale, ultraterreno, divino, celeste.
fesini e nella prima di Pietro viene ri· Tale o[xoç 'mlEV\.&.a.'nxb.; si contrappone
preso ù morivo <lei nuovo tempio spiri- al tempio in pie trn di Gerusalemme e ai
tuale e lo si sviluppa lungo simiJi linee : san tuari pagani. Cristo è poi la 'pietra
«Or dunque, non siete più stranieri e \'ivcntc' (>..lil~ ~w...,, 1 Pelr. 2,4) che è,
ospiti, bcnsl siete concirtadini dei santi da una parte, In preziosa pietra angola-
e irbirnnti della cus.1 di Dio, un edificio r.: ~u cui poggia tutta (3 costruzione (I s.
costrui to sul fondamento degli apostoli 28, 16; Ps. 118,22; Mc. 12,10). ma, dnl-
e dei profeti, con Gesù Cristo qu:1le l'altra, può diventare la pietra d'in-
chiave di volta; in lui tuno l'edificio ciampo è di scand:ilo (Ts. 8,14; Rom. 9,
cresce solidamente per essere un tem· 3}). I cristiani vengono inseriti nell'edi-
pio sun to nel Signore; in lui anche voi ficio quali 'p1e1r.: vive' ().,ii)o~ l;W'll"l'E<;,
siete coedificati ad i1bitazione di Dio I Petr. 2,4 s.; cpb. 2,22); l'immagine
nello Spirito» (Eph.2, 19-22); «accost:lll· puì> poi persino 1nu1arsi e<l abbrncciure,
e
dovi t1 lui (scii. ri~10 ), la pietra vi ven- con un richiamo :ill'A.T., sia il sacerdo-
ie, respinta sì dagli uomini, ma che per 7io che il popolo santificato (1 l'ctr. 2,5.
Dio è scelta e prc-.1iosn, anche voi, come 9; Hcbr r>.15 s.). Le idee che stiamo
pietre vive, vi co~truicc in edificio spiri- con~idcrnndo (tempio celeste, saccrdo-
1unlc per un sacerdozio snnto che offra i io sunto, sacrificio grato o Dio) prcsen·
sacrifici spi ri1uali , ben accetti a Dio, me- rano unn lt1ro \1arin mescolnnia e com-
di,in te Gesù Cristo• ( 1 Pctr. 2,~ ss.). pcncr ra?.ione lx:11ch.; non vengano da
359 (v,130) olx~ 6 (0. Mid1el)
11 H. SCHLIEK, op. cit. (-+ n. 29) ~\I n. t; Ar«h. 8,7 (p. 13) cr..V)..oç -rii<; oo~l}<; o o--rvÀO<;
«Negli scrit1i cristiani viene spesso :1flcrrn:110 -rou qx.,-r6<;, il luajlo luminoso delle anime sal-
( Act. 4,ll; r Petr. 2,4-7; Barn. 6,z·4; flCI. l'tr. vn1~. l'edificio celes1e. Questa colon na di luce
Vere. 24), con riferimento ad ls. 28,16; l's. o di splendore è nnche la nuvola d i luce o d i
l 18, 22 , che Cristo (: l'<ixpoywvL<xi:o<;. Come si splendore che costituisce ln sede degli esseri
deve intendere qucst0 fono, quando si nota cclc>ti e indica, sopratrurco, il mondo lumino-
che già uno sett a gnostico-giudaica aveva u- so. Su 11u~'Sto 1: " ~''" volto eretto l'edilidu
sato il medesimo auribt1to per Ad:unas? celeste· oppure è esso s tesso b residenza dci
Cfr. la Predica dci Na(lsseni, cap. q: proprio redenti alla qu11lc essi rirorn :1no. Si vede quin·
questo passo non è un'intcrpob:t.ione poste- di che anche 11Cj!li act. Arcb. l'Anthropos
riore (dr. REtTZENSTEIN·SCttAEDF.ll, S111Jim lcioè il aWµa d cll 'Amhropos) è ideotifico10
zum antiken SynkretÌJmflf aui 1ra11 u11d Grie- con l'edificio relcst~'» . Da un lato gli
i:be11/a11d [ 1926] to5). Dobbinmo concludere scritti dcl N.T. presentano •l imni punti di
che la comunità cristiana abbia trasferito a contatto con posi,ioni e idee gnostiche, come
Gesù un attribu10 dcli' Anthropos? Tale ipo· honno bçn potuto mostrare H . SCHLIER ed E.
1csi è più che giustiftc:11a qtt:lndo si considtri K:\St;.MAJ\'N (-+ n. 29); dall'altro, i documenti
Eph. 2,l9 ss . o.Ila luce degli scudi fani finora, oiigi in nostro JlO.':>eSSO presuppongono il pen-
cuneo più che non abhinmo qui unn citazione siero cristiano e una tr-~1diiiionc gnostic<KrÌ·
di I s. 28,16, 1nn soltanto l'uso di un rcrmine s1i:111a. f' pemin co csrremamc111c difficile del i-
ormai 1r>clizionale ripreso dal passo profetico mitare lo sfondo storico-religioso del N.T .
(<ixpoywvux~); per gli altri passi non 11iun- quando si trotta d i terreno gnostim.
go ad una dc-cisione». I bid. 'o: «Negli scritti 12 (fr. \V1ND1Sc11 . Katb. Br. 78 ; HAUCK (N.T.
mandnici le espressioni \:Jjficio', 'palnz1A>• o Dcucsch lii 202 ) 11 r Petr. 4, r7. STRACK-R11.-
'casa' ricorrono di frcqu<!nte per indicare il LERlll::CK m 767 dia parnlldi rabbinici: .Midr.
corpo umano: cfr., ad es., Ginu L. 500,31; Qoh. r. 9,15 (45 :1)· «l contemporanei chiesero
n9,20; 507,20; po,26 ss.; n1,30; 590,15; a Noè: Dove mm int-cnì la puni1jone? Co-
]ohannet l.pt, 12. Si dice perfino che Ada- minccr~ dalla cas:1 di quer 'uorno ( == dalh1
mo viene CO>trui to: dr. Ginzo R. 2.12,2; tua casa). Quan1io morl Mnrusnlem essi dis-
ss.; 245,2 r. Le mie conoscenze non mi per- sero a Noi:: La puniiione non è forse comin-
mettono di valutare la tesi di L. TROJE, CÌAW daUa casa .li quest'uomo?•; test. B. 10:
'A60:11 und !",w-1): SAHeid 17. Abh. ( 1916) «TI Signore giuclidicrà prima Israele a moti·
27 s., secondo la quale cin risalirebbe a spe· vo dell 'empietà verso d i lui ... Poi giudichenì
culazion i indiun<!. Nel nostro comcsto, co- i p11gani•; B. Q. b. 60 o: «R. Shcmuel b. N"h.
munque, non si traaa dcl corpo terreno del- m:in (c. 260) rifcrl cbc R. Jonarnn (c. 220) a·
l'uomo, lx:ns) di quello celeste dell'Anrhro- veva detto: 11 siudizio viene solo quando nel
POS». lbid. 50: «Per trovare la spiegazione che mondo ci sono c1npi1 1n:i comincia sempre,
cerchiamo dobbiamo ricordarci dell'<ivi1p -ri- per prima cOS'1. dai giusci ... •. L' eredità profe-
Ìo.t~oç. Costui è l'Anthropos che dimora nei tica continua cosl n vivere anche tn• i r:tbbi·
cicli, al quale i fedeli riuscirono a giungere o, ni, come nell'apuc•littica; nell 'evento di Cri·
anche, verso il quale cr<'s<c e sale il suo 11ùr sto narra to nel NT. css:1 riceve perè1 una
µo:. Questo ttVJÌP -r€)..ti.oç è pero in ac1. luce nuO\'a.
·· 1: , 1ll.i\lidiel)
rna anl'hc 11 11 .•~:-~ •' 1.tz H11H: J·cJigiosa ll bandita » (89,5n); «111,1 le pecore apo-
nondi nwnn 11vl "'"In> pa,;so l'immagi· statarono e fÌ<:t« si l:tm:iarono su di es-
se, così d1.: il pa,lmuc delle pecore la·
1w rid1i:1111.1 i11 primo luogo la costru-
sciò la loro c:1~:1 e la loro tone e le ab-
zione ~pi 1i 1uale che attin1 , per associa· b:1u< l<111(1 111ttc :ti leoni perché le sbrn·
zi nrll', 1111tn<1gini simili (ui:ii}.oç, topo.l«i· n:i~scn»> (89 ,56 ) ·15 ; «i leoni e le tigri
110.). La d1icsa è 'cas11 di Dio', 'colon n:i '
divorarono e inghiottirono la maggior
parte delle pecore e i cinghiali mangia-
l' 'baluardo' perché rimanda allo Spiri 10 ro no con loro e incendiarono quella
c:he dimora in lei, alla rivelazione atlìd:l· t<wrc e distrussero quell:i cas:i& (89,66).
tale, alfo tradizione ch'essa proclama 31 • Dipoi tornarono tre pecore e comincia-
rono a ricostruire tutte le rovine della
7. L 'uso della metafor<1 ni:ll'apocalittica casa (89,72) 36 ; si eresse anche una tor-
re e si apparecchiò umi tavola davanri
tardo-gi11daic11 e negli scritti rabbinici
alla torre, «rna tutto il pane era conta·
Il termine 'cas:i' ricorre abbas t•rnza minato e impuro» (89,73). Allora fa
spesso anche negli ~critti tardo-giud ai- nuova Genrsalemme soppianta quel-
ci; pi ù volte esso è usato nelle ,11Je- la ve<."Chia: «Mi alzai per vedere, finché
gorie storiche di Hen. 83-90 massime egli impacchettò que lla casa; si elimina-
per indicare il s:inruario. Hen.89,36 par.- rono ruttc le colonne, tutte le tnlVi e
la del tabernacolo: «lo vidi in questa gli orn amenti d ella casa furono impac-
visione, finché quella pecora d ivenne chettati insieme. Fu tolta di mezzo e
un uo mo e costrul una casa al padrone trnsportat:i in una località nel sud d el
delle pecore e fece entrare tutte le pe- paese. Io guardai finché il padrone del-
core in quella ca~a»; le peco re 3iungo· le pecore portò una casa nuova, più
nò poi in una buona località e in un grande e pili alta d ella prima, e la pose
paese piacevole e splendido, «e quella al posw della prima che era stata im-
casa si ergeva nel loro mezzo in quel - pacchenatn. T utte le sue colonne erano
l'ameno paese» (89,~o). Talora, però, nuove e nuovi erano gli ornamenti, più
la casa può indicare la stessa Gerusa- grun<li di quelli dell.a prima casa che
lemme, mentre In 'torre' significa il era stata porta ta via, e il padrone delle
tempio: «Quella casa <livenne grnn<le e pecore vi era d entro» (90,28 s.). L'idea
ampia e fu costruita una rorre alta e della 'casa nuova' è :ipplicata qui alla
bJfande per le pecore . L:1 casa ero bns· Gerusnlcm111e celeste, in cui sono accol-
sa, ma la torre alt.a ed eccelsa, e i! pa· te tutte le pecore disperse e martoriate
dronc delle pecore salì su quella torre (9 0,3 2 ). La 'spada' ch'era stata affidata
e gli fu messa davanti una tavola im- alle pecore viene riposta in quesco nuo·
ll A. WrLI{ELM , lkitriigc iur griechiu:hc11 ln· 15 Hm. 89,56 è citato in Barn. 16,5 : xo.l
scbri/lcnkunde: Sooderhcft des Ostcrr. Arch. lo--rcu. tn'tux6.i:wv -rwv ruuç>Wv, xo.t ntxpa·
I nstitures vu ( 1909) 51; M. FRANKEL: Rhein. owou xvpi.o<; -r:à. npo~tx"ttl -rii<; •1oµijç xat
Museum :Jì (r902) 153,1; Iscrizione di Mo· i:i}v ~uivSpav xat -ròv nvpyov ClU'tWV cl<; XO.·
gnesia !>·-1.5 ss.: cipE-rijç Evtxtv xal Eilveiixç "<<tQibpO.v (i) ~uivòP« = rcdntn, srnbbio; giil
[ ì)<; ~xJwv 01.0.i:t).E~ Etç i:t -ròv orxov i:òv in Sofocle, om:he nei pal'iri e nei LXX; cfr.
iEpòv XCll t(ç 'tÒ(,, oii110v). P1tt:USCHl\N·DAUER '. s.v.).
l4 Come giustamente ri leva B. Wmss, Die .!6 Non è certo chi si intenda ron le 1re pe-
Briefe Pauli an Timotbeus 1111d Tiws ( 1902 ) core: si propone Zorobabel, G iosuè, Neemia
1J2, norn ; anche ScttLATTF.~, Past. u1 s. Q Esdro; dr. ScniittEP. 111 l!I~·
o[xo; ~ (0. Miche!)
vo edificio (90,19.34); tutte le pecore 13.13. 98 a ·19• Una tenda avvolge la dimo-
vengono invitate ad e ntrare in quella ra, il trono e In gloria di Dk> e non pe r-
dimora che, nonostante le enormi di- mette che ci si accosti alla casa dì Dio;
mensioni, non riesce ad accoglierle lL1t- ma i giusti defun ti vi si avvicinano
te ( 90,34) J'. Anche Toh. 14.4 s. accen- sempre e gli :ingcli del serv izio vi si ac-
na al giudizio e ;11la nuova rostruiione costano quando ne ricevono l'ocdine e
della casa di Dio: dal tes to udierno scm- nscoltano la voce di Dio dietro la corti-
hra che G erusalemme e il tempio re- na, ma non lo mirano a faccia a faccia.
steranno deserti finché non siano com - In Hag. 5 b troviamo una distinzione
piuti i tempi dcll'cQnc; sol1>1nto >tllor" tr;t l'abitazione di Dio ver;1 e propria
ha luogo il ritorno dalla cattività e la ( la 'stanza in tema', btj gw'i) e lu 'stun·
ricosm1zione di Gerusalemme .is: vive za esterna' del cielo (bt1 br'j): entram-
qui l'attesa di un tempio glorioso, d esti· be le parti sono inclu~e neU'unica e·
nato a tutti i popoli. Test L. ro,5 si ri - spressionc 'il suo luogo' 10 . Nell'Enoc e ·
chiama espressamente a He11. 89,50 ss.: hraico possii1m<> leggere una descrizio·
«Allora la dimora che il Signore si sce- ne particolnrcggi:Hn Jella reggia celeste,
gliel'à sarà chiamata Geru$alemme, CU· della sala superi ore del giudizio e delk
me dice il libro di Enoc il giusto». Se- principali potenze angeliche; troviamo
condo la d ottrina rnbbinic;1 si stende anche b suddivisione in secte sfere, b
sulla terra, a mo' di cupola, un settem· più alta d elle quali si chiama Arabot,
plice cielo, l'ultimo dei quali si chiama ciascuna presieduta da una partìcolare
Arabot ed è 111 dimora di Dio, dei itiu· potenza angelica (r6, 1)".
sti .e deg li angeli che servono alh1 pre-
senza di D io (Hag. i 2 b); si può per- 8. 'Casa' nel senso di famiglia e stirpe
tanto pada te Ji un:t pa rticolare 'abita-
zione d i Dio' nella sfera celeste supe- La locuzione 'casa d 'Israele' (ohe<,
riore; dr. la coocezìone dell:t m·'fiì~ii io 'Ia-pal'JÀ.) ricorre abbasranu spesso nel
.17 ~He11. 90 si dilunga poi a descrivere la 11110- lo. 11011 viene intrndottv nelln ccrchin dd S'1n·
va 'casa', di cui però wuolineo L'l dirct111 o- to - sia benedetto - poiché qui è <lcrto: Non
ri1?inc divina senza men?.ionare una sua prc· abirn; e li ( Ex. 15,q) sta S<'rÌlto: Alla dimora
ccden1e esistenza nei cicli». «Questa ca~a è dcl tuo santuario;> (13.B. bab. 9~ a). Per tutto
n:.rl3menie Gen1salc01mc, non sok> il tempio, il paragn•fo d r. WF.DER 162- 165. Va notato
poiché la desuizionc si adatta Jlleglio .1lla cht nel Libro di ~noc In Jimou divina i:
ci ttà ove si trovo [a romuntt~ CSC'Htnlogica, <'hiamat'1 clxoç ~lira; ( q, ro) e otx~ p.ilt;wv
che non a un un.ico edificio ...». «Comunque, (J4,IJ).
in ques1a pericope Gerusalemme e il rempio '9 «Qui non c'è contraddizione: si 1rnru i11
si fondono in un'unica immaGinc» (VOLZ, un coso delle stnnZA< inrern~. ncll'ahro delle
tJch. 37}). cs1ernc», spiega Ht1g. b. ,5 b, commcntundo 1
is Per l'analisi del tcsro dr. Vot.z, E.<ch. i6. Par. 16,27: •Splendore e maestà s1anno da·
75 ccc.: «ProbabilmCflte la specificazione vanti a lui, forza e gi<>io sono nella suo dimo-
gw; 1t>.11pw!lwow xc.•pol 't'oli 1X(w"oç va s1ac· ra..
cata d:t quanto precede immcdintamcntc e 41 Per il testo v. Il. OoEBERC, 1 Enoch ()r tbc
ronsider'1t'1 come un'aMiunta esplicativa di Hebrew Book o/ E11och (193S}. Cfr. il co1l·
J!É)(p• xp6vo11 (v. 4). Dopo si verificherebbe- cc110 di 'cotte' di Dio: pmlj' = p'ma/iiz', fa·
ro dunque il ritorno dal la carti villi e la rico· milia; Odcberg trnducc «famiglia celcs1c1>. In
nruzionc di Gcrusnlcmme, quando i tempi J Hen. 27,2; 28.9; w.r si parla di un:1 •i.•-rnn-
dell'eone saranno compimi» (26). dc sinagoga• (bét Jfo) nel più aho Jei cicli
·1~ R. Jchu<la disse " 11omc di Rnh: «Chi si ('ariiblit·ràqlii') presieduta da Dio e cu111po>t.1
a<lorn~ dd mQlltcllo di sapiente senza esser· dagli angeli principali.
)65 (V,1 \>) ctx"; •> (0. Miche!) (V,r !j) 3M
sa, famiglia, fo sentire il suo effetto an · che potevano servirvi»; quL'SIO passo ci
che in altre aree del cristianesimo primi· rivela come l'Apostolo praricasse un'i·
tivo e per lo più ci si accorge che la vi· scruzione nelle riunioni domestiche del·
ta cristiana si svolge in una simile 'ca· In comunirà, oltre alla predicazione pub·
sa'; basta pensa re alle istruzioni delle bli ca a tuno il popolo.
lerrere pastorali: il vescovo deve ammi·
ni strnre bene la propria 'casa' (J Tim. Anche neglì scritti sub-apostolici ri ·
lrov iamo il medesimo uso linp.u isri-
3Al. poiché se uno non sa reggere bene
co. Ign., Sm. r 3,r permetre di indivi·
la propria casa, come potrebbe prender duare alcuni particolari imcressanti cir-
cura di turta la comunità(! Tim. 3,5)? ca l'o rdine o gli stati delb comunirli:
Anche i diaconi devono saper provvede. .-Soluto le famiglie (i:oìx; ofaovi;) dci
lllici fracelli con le mogli e i figli e le
re al be.ne dei figli e delle proprie case vergini chiamate vedove»; le vergini
( 1 Tim.3,1 2)•1. Capiamo allora che cosa sono qu i d ist inre dalle famiglie dei fra
vogl ia dire T11. i ,11, quando lamenta ccli i: e dunque non sono for:.e direua-
mcmc collegare con quelle. In Poi. 8,2
che gli eretici seducono e rovinano 'in- Ignazio s11lu1~ la vedova di Epitropo
tere case' e qunlc sia, d'altra parte, 13 «con tutta la di lei casa e quella dei ft.
portata di 2 Tim. r,16 e 4,19 che met- gli»; la donna sembra du nque essere il
tono in rilievo il particolare rapporto capofamiglia. Erma usa con una certa
p redilc..-zione o~xo<; nel senso Ji 'forni·
della casn di Onesiforo con l'Apostolo glia' 44 • È interessan te notare come ne-
prigioniero. La casa e la famiglia rimon- gli scritri sub-aposcolici i bambini ven-
gono le pit1 piccole unità naturali da cui gano csprcssamcnce men:zionHi, e non
indusi padlicamcnte nell'otxoç.
viene poi cosrituira 111 comunità globale.
Val la pena notare Act. :l0,20: • Come
olx\<L (-+ otxo<;)
io non mi sono crattenuto dall'annun-
ciarvi, in pubblico e per le case (811µ0- Originnriamcmc il greco disungue
aii,. x<Lt X<L't 'otxov<;), alcuna delle cose Irti otxoi; e olxia: dr. Xenoph.,
ricordino nnrh~ le ommoni1joni paoline e i '<<X'1Xt\Jtl~ À.o'.µli pWç xal ~0.0'\ÀlXW<;, 'tO.";
'codici fomili.iri'. J. WEISS, Urchriste11/11111 lì( r.ç.ii~eaw àxpc.~w;, t:11'cvlioxi.µii~ /li.14 xal
(19t7) 486 pcn;n che tnli • comuni tà domcst i· lìi.o.pxii~; Pscud.·Isoc., ad De1110111cu111 }':
che» siano rome conventicole, ma non è que- O't<XV vidp cn:o.v'toii µH.Xnç tw! O'VJ lflovÀ~l
sto il senao dcll'csprcssio11c; bisogM piutro~ro xpijaDocl, ax61m 'ltpW'<ov r.Wç 'tà to.v'<ov
pensare " una crcscitn natum\c della comuni· ot4lxl!o-tv. ò yiip xaxWç OlawnDtlc, mpl
1à, in contr.,.10 con un pro.:csso cli disgrega· 'tf7.V o(xciwv OVOÉ1tC1:t xa).Wç ~OVÀtm'tlXI.
zionc individualimc\l. r.cp~ 'tWV ii).ÀO'tpit.<)'11 ; dt. anche Euphr , Jr
4 ( 111 p. po, Koci:): ò yàp 'tÒV iO~ov
41 Cfr 011u;L1us , Past 33 s.: •Il pas.~aggio o!xoV".;f,IWv xaxW<; flwv, r.Wç o\i-a; liv ai:..
dcdulli\O dalla vita familiare all'incarico cmt 'tWV l~w -nvà•. Le lettere pastorali n·
o ministero si riscontra anche ahrO\~ ncJ.. prendono dunque, a questo puoi<>, un cliffu
la p•refl<'.si greca: v. ISO<TI11C11, ad Nicoclem •9 so mouvo <klla s3ri= popol:m: cllenb11c•.
lii cesio non è skum): otxn ~ it6}.w bi.IO(.. ~ Jlcrm ., VIS. 1,1,9; 1.3, 1; 2,3.1: 11111. 7. J ~:
~>ç W<rr:rp 'tÒv 1'-<X'tptj>ov ofaov 'tllÌ<; µÈv xa· 7,5; m11111/. 12,3,6; sim. J,3,9.
3tl<, (l'.111 1
()('/" I.~: OLXOc; OÈ Oi) 'ti OOXEl "Ì)!L~\I d· 24 ss.; 10, 12 ,ccc), ma anche in quello
'JaL; apa. li-JtEp o(xla, f) XflL 011d 'tL<; traslato di /11111111.lia (A1t. 10,uh; 12,25;
E~<1J 't'Ìj::; olx(ac; XEx'tTJ'tO.•, miv-ra 'tOÙ
otxov -raii-rà É<T'tw; «che cosa intcnJia- Mc. 6,4). Colpisce l'ord ine d'importan·
mo per olxoc;? È lo scc~so che oixlo.? ui o di precedenza nell'elenco di Mc.
Oppure tutto ciò che si possiede fuo· 10,29 s. par.: 5ç <iqri)xcv o!x(av f)
ri Jclla otxia. è p.mc Jell'o!xo~?io; àlìtÀ9oùç ìì !ilìtÀq>à4 iì 1.1.'l'l't'lpa. iì 'lta-
I Jdt. 7 ,224: O<; lx&OoÙ<; 't~V i>v·
XO:t
ya.'tlpa t:i.a.pEi.<ii 'tÒv oixov r:àna. 'tÒV i:Épa. f) 'tÉxva 1i !iypovç, «chi ha lascia.
éa.v-rov Èntlìwxe, «tLtndo in sposa la fi. 10 casa o fratelli o sorelle o mad re o
glia a Dario, cosrui (scii Artanc) le de1- padre o figli o campi ...». Non è affatto
te in dote 1uuc le proprie sostanze ...
c!xoç quindi è più che non otxta., indi- impossibile che 1 due estremi (otxla. -
c.1 tutte le sostanze di una persona, tue à.ypoiJ includano gli altri concetti perti-
ta l'eredità <li un Jefunto , mentre otxl.<t nenti; ma forse anche la sola o!.xlo. com·
significa unicamente l'ohitazio11e. Si tro· prende già !lil l a In familia e il mo po·
v11 o!xia. già in EroclolO ( i,17; 1 l..J, ccc.)
e<l è un termine qu:mto mai comune trimo11io.
dclln parlata quoiidiana, che ricorre nn·
che nei JX!piri e nelle iscrizioni: Ditt., In Alt. 24 ,17: à.p<t.• 'tà b >ii<; ot-
ot
Srll.' 306,16: 'tà.V olxLà.V 't~µàv xo- x(aç a.vi:où, «prender via le cose da c.1-
llL~<iÌl!ù 'tW orxw txiio-'tw Suo 1wà.c;, sa sua», una variante tardiva ha forse
'tÙ.'11 ot 'tL!la.O"ÌC1.V f\Va.L 't<i.v OLXLà.V )(Cl· sosrituito h1 probabile form.1 originaria
't'cl1'!p & ;tOÀLc; vo1.il9:L, «delle abitazio· dcl testo: &.pa.( 'tL Èx •ii<; oix(aç a.Ù·
ni s i rbcuota il prezzo di due mine per 'toii, «porrnr via qualcosa d:1 casa su:1»
ogni famiglia, ma l'accertamento dcl (codd. D, 0, lat., lren., Orig.; cfr. Mc.
valore delle abitnzioni si:i secondo J} ,I5)2.
quJnto la ciuà usa>. Anche altrove ot-
xoç ì· talvolta distinto da o!x~o. ( P. oixla può significare persino proprie·
Tcbt. l 46,9) 1 • Nei LXX olxlcx. rende vmipxo\l't'O.), come dimostra
/Ò (:;;:; 'td
'1ihcl, bajit ecc., mu viene usato in mo- l'espressione sorprendente, non insolita
do dcl tutto simile a oixoc;.
:1nche in greco, xo:mrlHtw 'tà4 olx(w,
1 Nel N.T. oCx(a. ricorre inoamimt- -ri~v XTJfMV, «divorare le cose ( = i be-
10 nel senso proprio di casa (Mt.5, 15 ; 7, ni) delle vedo~c» (Ak J2,40par.) 3. In
oix!a.
I Lt»nt.LL·Scon 1203; Mou1,r.-M11L441. Per lrehhc ~~•er ""'scrv~t• dal cod D: lì.po.! ""
l't·11molo11ia: WALDE·POK I 2p. Per b fonn1 tx "tijç o1xiaç av-.ov. Anche per ti si!lnif~
zionc di o(J<..ia (in ongìne un collctti\~1?) tato n si fa Jltd~rirc a 't.Ì. non po.-i;mto
<:r., per e:., v(E~o\a.. 'nido con i pin'Oli certo 1mnuginorc1 uno ci><" !u/'J:C e si vuok
(vto~croil, nidi3tu'; dr. •nchc P. C11Mffa..1 portar dietro 1u1to Lt rol>J di ca'l.1. 'tà tx -rii;
NE, l'rmmllion tlcs llflltlS (Paris 1933 ) IS2; E. olxla.ç è confomic :oJ greco U$:llO do Giusep-
SUIWVZ!lR, Griccb. Grt1111t1tatik I 469, 4 !· 1'" Mavio• (S<:ttLATTl'R, Komm. Mt. 70~).
r01,uKuNNo J. l (:rr. Hom ., Od 2.217 s.: x«'ttOOV<rL ~Letiw<;
olxov 'Oll1.1aaijo~; l'lut., aud port. ,, d: xa.l
! •<ipa~ 'tà ix "'<TK ol~ aim.U: la (.,,,,... < yùp 'olxov' -;t01;t µi:v 't1)'1 o(x!av xa)..oV,,-..v
•t•ll furo;c dlcuirLara? Ùl form1 originari.i 110· 'dxov ~ V.liép0<p0v'• ttrrtt lit 't'ÌV ovai.cxv
olxla. l (0. Michell
'lO'Dlno:l 110• o{xo~·· xo:ì 'flloi:ov' 1toi:È 1<Èv 10 s~. ~ LoJJMHYl'k, Mk. 111 . Un 1•11mlldo im·
i:b ~ijv ... ('Clfl3111C aJ l<lfliOO di C,-Sll rl(X>rlalO doi \',\11
i:di si tro\•a in P. Oxy. 1 1,9: oux "1i:tv OEX-
1 Ul>l SotLAlTU , Komm. ]oh li j. °t~ ~i)Tr,c; fv 'TlÌ r.ai:p!Ot o:>ii:ou, otioi<
5 Nell'•ntica sapienza popolare 1rovi~1no '~' it:t-rFÒ~ noi..-\ at~X~ia..; EÌ( i:où, lL'ltJO"XOV-
1xir•lleli anche a QUC$tO detto di G.-.ù: cfr .. i:o:t; avi:<>U.
aJ es .. Derek crtz wta 5: cUnn aua Jivisa in 7 L10ZOA~SKI, Uturg. IJ. r.1ccol1<1 di Oxford,
poriid olla fine viene certamenlc distrutta» 1o: •Questa è In pregluera e quc>t• è la le>
(STMACK·BILLEllBECK I 631); Soph., Ant. 672: dc che ci SOllY 11i11n1e dal gran<le luogo lumi·
civQ4lxi<lç oè µn~ov o>ix la-rLv xa.xov O:VUJ noso e dalla dimora risplendente.. (p. 1;91. In
110)..~ -.'o>..>..vow i)o'O.vao..tho~ ol'.xo11c; -.i. questa concezione gnostk.1, peri>, anche lo
Dl!O'l.v; Cic., Lacl. 7,23: quae e11im domus tam stc"-'O mondll è lo 'cns.1': «Silenzio, 1ranquil·
st'1bilis, q1111e 111111 firma tivitas tJ/, q11ae 11nn litil e splendore nvrnlgo110 i 4ua1110 angoli
odiis et disciditt /unJitus possil c•vcrti' della ca.<a e i scuc lari dd lirmamenio> (Qol
6 Per l'analisi del detto dt. 8 u1.TMANN, Trad. ,,p.9).
3H (v , 115) olxia 3 (0. Miche)) (v,1 Jcl) 374
« Innu1m:rcvoli saranno le v11s1rc dimo- nec do11111111 erse hoc corpus, scd hospi-
re». ti11n1 et q11iclt-m breve hospitium ... Ta-
le pessimismo è invece dcl tutto ,1ssen-
Secondo lo Schlattcr s la partc:nza di te in Filone: «Poiché Dio volle com-
Gesù, che procura a i $UOi scgtrnci il d i- pe ns.u·c il virtuoso dan dogli unu cnsn
ritto di <lomicilio nei cicli, indica l'a- ht'n cos1ruita e articolata dalle fonda-
scensione; ma i discepoli potranno en- menta fino al tetto: il corpo è infatti
trare nella casa di Dio sol1anto alla pa- l'abitazione dell'anima, con cui questa
rusia. Il concetto di o(x(a. -roù r.a"tp6ç è strettamente unita (olxla. ot
ljiv;ciiç
non '"' isolato da quelli di orxoç -.où CTV)lq>VEO''ta'l'.T) crwµa), tanto in rispetto
ilEoù e va.Oc; "t'OÙ l>Eoù, ed è pertanto a moire a ltre cose utili e indispensabili
difficile che significhi il ciclo in gene- alla vita, quanto in rispetto proprjo al
ra le. nostro spirito purificato da perfette
espiazioni» (prnem. poen. 120). In tale
3. La pericope paolina di 2 Cor.5,r-10 senso antropologico l'immagine appare
si colloca in un diverso contesto con- nota a Filone e d i uso comune; ma è
cettuale: l'immagine della otxla -i:où nella gnosi \'era e propria che essa co-
<l'xr')vovç significa il corpo mortale che nosce uno sviluppo rigoglioso: il corpo
è chiamato l:i dimora, l'abitazione dei
abbiamo qui in terra; il concerto oppo- malvagi, «la casa in cui abitano i pia-
sto è reso con olxoooµ-i] Èx ~Eoù, olxla. neti»; l'u nimu ascende olla sua patria
c7.xeLp01tOlT)-tOç, a.lwvLoç, olX.1)'tTJPLO\I ~ç uriginarifl e «maledice questo posto del-
la casa dci tuoi tutori» ( Lidzbarski,
oùpavoù, frasi indicanti tutte il corpo Liturg. 160).
celeste, il corpo futuro.
Paolo condivide in certo modo il
Di per sé il termine 'c:isa' è usato principio comune: o\xi.a. St l)Nxijç crw-
spesso come memfor:i per il corpo e µa., ricorrente soprattutto nello gno-
può contenere l'idea di caducità; per
es. abbiltmo il lamento di lob4,19: sticismo. Affine è anche 1 Cor. 6,19: le
« ...quanto più coloro che vivono in una immagini di 'tenda' e di 'tabernacolo'
casa di argilb, cos trui1 a di polvere ... » non sono che una variante di questa
(-roùc; OÈ xa.-rotxoùvtaç o1xLa.ç mi),l-
concezione ontropologica globale e sot-
vac;); cfr. I Clem. 39,5. Ncll3 letteratu-
ra rabbinica, invece, bajil non \! st~ta tolineano con particolare efficacia la ca-
mai un 'immagine correnle dcl corpo, ducità del corpo terreno 10• 2 Petr. r ,13
ad eccezione, forse, di Ber. 44 b 9 . Una parla di O'Xl)VWJlCt..
sfumatura diversa è p resente nel termi-
ne latino domus di Sen., .:p. zo,3,14: Anche questa immagine è abbastan-
$ Sc111.A1"fUR, Komm . ./ob. 292. polì e m•~Sll'O (come noi diciamo: la 'scuola'
? Jlcr. 44 b: «Guai alb rns~ 1111rnverso cui d i ShammAi e llillcl); iodica, però, soprattut-
passa b verdura (Àcbtailov)~; è cirnto, oltr<.' 1
to ]a donna cun1c 'casa dell'uomo, in St!nso
che in LevY, Wi.irt. 1 224, anche in STRACK- sessunle.
Bll.LPRHECK lll 517. Nella Jcncrarut11 rabbi- 10 WIN01ScH, 1 Kor. 118: «La brocca va alla
nica ba1i1 può signi6carc 'ahi1nzionc', 'tem- fonte lìnché si rompe e la rend11 viene smon-
pio', ·,,.,uola·, nel senso sia tli edificio sc:o- tata non ap1wn:i le circostanze n<>n pcrmctt~
lostico srn dcl porticolare rapporro tra <lisce- no che si rim:rnga piì1 in un posto•.
375 (v,136) olxlix 4 (0. M ichcl) (v,136) 37C>
za diffusa nel mondo ellenistico e si col- gli a reggente con tum 1 suoi membri;
legn ad una particolare antropologia. ma è molto più probabile che indichi la
Già Jr. 38,12 offre uno spunto in que-
sta direzione: il;ijÀ.!tEv xat ò:rci)À.i)Ev servitù, composta di schiavi e liberti,
Ò:1t'Èp.où WC'ltEP ò xcx:taÀUwv O'Xl)Vi}v della corte imperiale. Benché quest'in-
1ti)!;ac;, «se ne andò e parti da me dic::izione, da sola, non provi con sicu-
come u no che smonta una tenda rezza che la Lettera ai Filippesi sia sta-
dopo averla piantata», ma <rxl)VlJ
non è qui che una similitudine. ta scritta a Roma, pure contribuisce,
Un tono diverso cogliamo invece già in con altri indi7.i, a conferire probabilità
Sap. 9,15: q>l>ap-ròv yà.p O'Wµa !3apu- all'origine romana dello scritto 12.
vn ljlvxiJv, xcxt ~pliln '\Ò yEwO<<; crxi]-
voc; \IOV\I 1tOÀ.Uq>pOV'\IOCX, «perché un Herm., sim. r ,r s. 8 s. esige che i cri-
corpo corruttibile aggrava l'anima e stiani siano coerenti e rinuncino a que-
questa tenda terrena opprime la mente sto mondo; la pericope mette in dub-
agit:ita da molti pensieri» 11 • bio che ai credenti sia permesso posse-
4. Secondo l'affermazione di Phil. 4, dere . beni terreni in questo mondo
(campi, mobili e oggetti preziosi, case,
2 2 , nelle vicinanze di Paolo si trovano
dimore provvisorie): chi possiede tali
«gli schiavi della reggia di Cesare» ( ot beni terreni, e viene pertanto espulso
Èx "Ti'j<; Kawapoc; olxlac;); questa e- dalla ci11à celeste. non può neanche go-
spressione (domus Caesaris, Caerarum, dere d i queste proprietà terrene ( 1 A l·
«Cercate di acquistare anime oppresse
Augusta, Aug11sta11a, più tardi divina) invece di campi, ciascuno secondo le
può significare, in primo luogo, la fami- sue possibilità, e visitate vedove ed or·
11 W•NDISCH, .2 Kor. r58, exCllrsus: 'L'immagi- Gai. u; r:Jav. los ., beli. 1,16,4) o <TVyyEVti:c,
ne della tenda', cirn Plat., Phacd. 81 C qunle 'tOV Koo'.O'a.poc, (actn PI. et Thecl. 36) - bensl
passo affine alla sensibilità ellenistica; pure solcamo delle persone, di grado superiore o in·
l' imm33inc della ox11vii (o oxijvoç) appar~ già feriore, appartenenti alla scrvitì1 della eone
prima di Platone ( DmLs, indice) cd è frc· imperiale; nei primi tempi tali servi furono
quemc dopo: dr. Pscud .. Plat., Ax. ~65 E; 366 csclusivam1:nte schiavi o libert i: Philo, Fl.lcr..
A; Clcm. Nex., strom. »94,,3' o y-iiwov qnr- 5; dcl. J>tr. et PI p. 10~.9; ro6,15; 193,,;
O'tv ò ITh.1:bwv oxi)voç. importante è Corp. Hipp., re/. 9,12; ln•cr. R. Ncapol. nr. 6912:
Hcrm. 13,15: xo:À.wç O'r<•vo•i.ç ).u<ro:• 'tÒ ex domo Caest1r11111 libt•rtortmt et .1crvomm
uxij•Joç. Nella lcueratura cristiana v. Diogn. etc.; CIL 6 nr. 8645; 86j3; 8654 ; ro nr.
6,8; Tot., or. Grnec. '5,3. 1745. Nel testamento dì Gregorio (M•GNE 37,
12 È degno di esser riportato quanto <lice 3S9) leggiamo : h '>YJ<; olxlt:t.ç µou yev611E·
ZAHN, Einl.' 1 S31,J89 n. i: «Anche se l'e- voç, «il mio ex-schiavo». Va anche ricorda-
spressione domus Cae1aris (Caesarum, A11g11- to, inolrre, che olxho:L sigrufica ab antiq110,
sta, At1RuStat1a, AuJ!.tt.ttiana, più tardi diviiza) in età imperi~le, dmnerllci (Suet., Otho 10
indiCTl wlitamcnte la casa imperiale nel senw extr.; Tcn ., apol. 7; 39)». Va anche •scolrarn
della famiglia rcgnamc, inclu•i tutti i suoi D1nEuus, Pbil. n : •La frase oi ti< 'Tii<; Ko:I.·
membri, pure nel nostro passo la frase fa uixpoç otxlcx<; indica i;li schi3vi dcll'imperato-
-.ijç olxlo:ç = cx domo non in<lica, come re, e costoro si trovavano a Roma (cfr. l' i·
comprova il costante uso linguistico, i <Vn· scrizione dello schiavo Narciso e dei suoi di·
giunti dell'imperntor~ - che sorcbhcro chia- scendenti cristiani ti portata in De W AAI- :
ma ti ol ~x. ytvouç (o npòç yi.vovç; Clcm., Rom. Q uMtalschrift 26 [ 19t2 ) 161 ss.) come
bom. 4,8; 12,8.15) o àcp'o:l'.µa'fo<; (l'hilo, leg. anche in tutto l'impero».
377 I v,1 ;<>) otxcèoç (0. Miche])
OLXE,O<;
t C11~NTRAINt, Formation d<'s noms (1933) ' STRACK·BJLLEUIE<:K ne 578 elenC\1 paralleli
J?. rnrdo-giutlaici che parlano scmpli~mente di
un pri\'ileAiO e di una prcfc1·enza dcl 'pcossi·
2 L10DEL1.-Scorr 1202; MoULT.-MrLL. 440. mo'.
>19 (v,1 17)
trove in Paolo (dr. Gal. 3,2; J,25), in al greco pro fano: «Ma se w10 non
senso oggenivo; il genitivo dipendente provvede ai suoi (ot toLOL) e soprattut·
da olY.ti:oc; viene inteso dallo Zahn non to ai suoi familiari (µciÀLO""ta -r;G1v ol-
in senso s tretto («coloro che sono ad· XElwv )... ». Riconosciamo qui lo stile di-
dentro nella fede»), bensl in senso gene- dattico dell 'interpretazione della legge
rale: «familiari per quanto rigu arda la (el oÉ ·ne;... ) e dell'ammonimento etico
fede>)'. Eph. 2,1 9 ha un tono solenne, che po ne una norma morale comune
quasi liturgico : «Ora voi non siete più sotto In protezione del comanclamenro
né forestieri (l;É"VOL) né residenti prov- divino. È interessante notare che, men-
visori ( 'lttipoLXOL), bensl concittadini dei tre il termine ~Oi.oL è inteso in senso la-
santi e membri della casa di Dio to, olxEi:oL invece è preso in senso più
(olxEi:oL -.ou lt€oli)»; ritroviamo qui l'11c- stretto 6•
cos1amen10 tutto ellenis tico di oi'.xoc;
e itbÀL<,. In q uesto passo l'immagine t ol..xtw
della 'casa di Dio' (otxoc; "tou ~tou ), ap· Il verbo corri~pondence a olxo<, e ol-
plicatn in senso spirituale alla comunità,
xla può essere in greco sia intransi-
tivo (già in Omero e poi anche nelle i·
è appena accennata, ma viene sviluppa· scrizioni e nei papiri : dr. H orn., Jl. I -f.
ta con ampiezza nei versetti seguenti (2, 116; Od. 9,200.400; Hdt. 1,56; 2,166 )
:io-22}: il complesso di immagini legate sia transi tivo (Horn., Il. 20,218; Hdt.
r , r. r 75 ): abitare 1• Nei LXX otxEi:v ren-
alla costruzione di una casa è piuttosto de di solito ;asab. olxEi:v µnei "tLvo;
comune, ma gode nel primo cristianesi· nel senso di ' co-.ibicare con una donna'
mo di un favore particolare; mo lto vi - ricorre aJ es., in Soph., Oed. T yr. 990:
.MEpO'lt"r]<;, ")'Epo.il, fI6)..vf3o<; Ti.; (~)(EL
cina è la concezione gnostica dell' 'edi-
pt-r;a, «di Merope, o vecchio, colei con
ficio celeste ' e dcli' 'inserimento' del cre- la qu ale abi tava Pol ibo» e, nell'ambito
dente nella costruzione celeste 5• Il ge- delle prescrizioni apo~toliche, cfr. anche
i Cor.7 , I 2: xal a;ìn"r] crwEuoox.i:i: o(x.i:i:v
nitivo è p robabilmente soggenivo: i cri-
IJ.E"T:'au-rov, «e se questa se la seme cli
stiani sono i familiari in seno alla fami - ooabitnre con lui•, cui corrisponde 7, r 3:
fia Dci. In ogni caso Gal.6,10 ed Eph.2, Y.at oi'.i-r;o<; crvvevooxer olxttv 11E-r;'a;u-
J 9 presuppo ngono s in il concetto sia Tijc;, «e se questi è d'accordo di abitar~
con lei,,. Il verbo è us:iro in senso gene-
l'immagine d i un edificio spirituale. In
rale da Diogn. 6,3b: xal Xpw-r;Lavot E'I
1 Tim. 5,8 incontriamo invece olxei:oc; x60"]up otxouow, oux Ei<rl bÈ cx -rou x6-
in un senso diverso, dcl tutto conforme o-~1ou, « anche i cri~ti ani abitano 11el
monJo, 111:1 non sono del mondo» ( cf r. urn:tna, ma anche di una ce rta distin-
lo. 17, l 1. q): anche in .5 ,5: 'lto:q;loac, zione da questa 2• Il peccato che abita in
o(xoùaw l5lac,, tì.U.'Wc; 7tapcLx:iL· fl~'t'~·
me ('fi otxoiiO'a tv ȵ.oi <lµa.pda) non è
XOOOL 'ltcXv't'WV Wc; 1tOM"taL, xat r:av-
i)'imoµivou!av Wc; E,é.'llOL, «abilano le solo un ospi1e di passaggio, ma diviene,
proprie p:itrie, ma come smrnieri domi· proprio per la sua conrinua presenza, il
cili:ui; adempiono tutti i doveri come
padrone di ca~n (dr. Strack-Billerbeck
cittadini e sopportano tuuo come stra·
nieri» (si noti ancora una vol1:1 1':1cco lii 239). In termini analoghi Paolo de-
swrnenio di olxoc, e 1t6À.i..ç). scr ive la signoria dello Spirito: Li comu-
nità sa (oùx olSa'tt :::: rimando all'istru-
È però più importan te noLarc che
zione catecherica, I Cor. 3,r6) che lo
olKEi:v è usalo per descrivere unii serie
Spirito di Dio abita nell'uomo nuovo
di processi interni, psicologici e pneu-
(fv ùµrv oLxtr, 1 Cor. J,16; Rom. 8,9.
matici. Diog11. 6,3• può pertanto servir·
1 r ). Tale 'abitare' permanente va oltre
sene in semo 1rm.lato: obcd µtv Év 'tt!i
i limiti di un:1 esaltazione estatica, di un
O"t:iµa'tL ljJux1'1, ovx Eo-·n St tx 't'Oii O'W.
µ01.'t'oç ..., «l'anima abita ( =vive) nel
1rasporto operato du una potenza supe-
riore: l'elemento intellettuale e spiri-
corpo, ma non proviene dal corpo»: il
tuale dell'uomo non viene neutralizza-
rapporto tra anima e corpo è paradigma
to e lasciato da parte, ma assunto in ser·
dcl rapporto tra cristiani e mondo. In
vizio J. La fissità della formula nvEiiµct
Rom. 7,18 legttiamo: do so che in me,
l>eoii olxti: tv u1itv inCor. 3,16 e Rom.
i
nella mia carne, non abita niente di
8 ,9. 11 fa pensare che essa rappresemas·
buono» (oùx oLxti: tv tµol... <iyail6v);
se un elemento catcchetico, didattico,
e in 7,20 si ribatt e': «il peccato che abi-
della rcolngia paolinn.
ta in mc» (Ti obcoiiO'a. Èv ȵot fli,1.ap-rla).
Questo 'abitare' del peccato nelJ'uomo Anche la frn~e di Tim. 6,16 ha un
1
è SCRJlO del dominio di questo su di lui, 11mhro anticu: «Dio abita in una luce i-
dcl suo stretto leAamc con la corporeità nncccssibile» (q>i";;ç olxwv 6.1tp60'i-.ov ).
1 \VJ GuTDROD, Die ,,.,.,/inischc A111bropolo- ru l n Chi rim2nc hJ il Jirino e: b forza IX"r
gr.- ( 19J4) 158 crede che la clctcrminazionc d imorare:: oon è :soltanto un ospite, bcnsl 1>3-
locale di 7,c8 ( «nclln mi~ arnc non obi ca a). drooc di cASa. 11 pensiero rabbinico so11olinea
1:1.1nché di buono•) non sio che un 'immagine. lo sv1!upp0 psiwloiiico: all"tnizio il peccato è
Forse, però, in true mctafor:i non c'è soltanto soh,mto un ospite, ma poi divcn1a il padrone
un•t"CO rnitologic:., 1na oorhc un senso lette· di 01;0 (Gtn. r. 22 ( 15 a); la posizione paoli-
raie. L'ctx,iv di Ro111. 7,17 ss. fo pensare :iJ. na è. su qu~tn J>unco, più \•icino alla mito-
l"idc.i dcll'olxoc; elci ckmoni· il corpo dell'uo- k'ICia.
mo è ctxoc; dci demoni (Mt.12.-1}·4,). Oltre ' Anche qucstJ volta il 11ivuv giovnoneo cor-
a ciò, J"oi;(ti:v paolino corrisponde al llN!Lv ri•poncle oll'olxc•v puolino: dr. fo. 1,33: xa·
l)iovenneo (dr. lo. R.,nl e ha un 8ignilicaw Ta6aivov x«t J\tvov ilt'av"t6v; il nuovo pos·
ancor più forte, co~ dimoscrano i paralleli s~sso dello Spiriro supcr-J lo t'Onreiiunc c'ta-
cardo-11iudaici deoc.ui in Sn>.cK-BlLLr:RBC:CK tÌ\J.
Vien fatto Ji pensare alle de«:rizfoni o;iwc; vien fouo ndl 'ellcni,nK> e nd pri·
apocalirtiche ciel trono di Dio, come le mo cristianesimo 4 •
troviamo, aJ e~., in l/en. 1 4 , 10 ~s.: una
sfera Ji luce e gloria :wvolgc Dio; non 1" o(xo&o1 i.oc;
va comunque dimenticata la sobrietà blifica1orc (dr. lìt1u.u, 'edifico', 'co·
con cui il N .T. r:tpprcscnra scene del ~truisco'), costrullc;re 1; p:1rnfrasato in
genere. He11. 14,1os~. narra come il
veggente entri, innanzitutto, in 110:1
Hebr. 3.~ : n<iç yètp otx-,ç xo:-rcr.<Txtv<i:·
çc-rcu ùno -rwoc,, «ogni casu è C()struit:1
grande casa (orxoç l>tya.<;) costruita con du qualcuno». Si riscontra già in Hclt.
pietre di grJJ1dine: cEra calda come il 2
2,11 t; Ditt., Or. 770,6; nei papiri e
fuoco e fre.dcb come la neve; non c'era
nei LXX, per es. Js. 58,1 2: x.at XÀT]-
alcunché d i gioioso; fui preso dal tcrro i>i)01) Olxoooµoc; o;ipayµwv, «e s:irai
re e un tremito mi scosse 1u110; scos.~o
chiamato ricostmttore di macerie».
e tremante caddi col volto a terrn e
guardai In visione: ed ceco, c'crn un'ul·
tra casu più grande e con la porta ~pa· Nel N.T. appare unicamente nella ci-
lancarn <l:wanti a mc, er.i eostruit:i con taztone di o/ 117,22 in tlct. -l•t 1 : 6
li ngue di fuoco e in ogni p:irre er.t Ji Àl~oç 6 e!;,ov0EVT)i)ttç vq>'ùµWv 'tWV ot-
una gloria e m~gnilice11za e grandeu.:i
xoo61iwv. è YEVOµtve<; Ei.ç xtcpo:}.Tiv yw-
così imponenti, che non posso nemme-
no descriverne lo splendore e I'immen- vlac;. «la pietra <la voi l'O>truttori scar-
s ità; 4,21 ss.: «Nessun angelo potev.1 l~ltl è divcn1:1ta la chi:ivc d1 volta ... li
entrare in questa casa e gunrd:ire il wo cesto dei LXX è però d iverso: M~ov,
volto, a motivo dell'altczw e della glo-
ria e nessuno di quelli che appartengo- ov &.ru:ooxlj1a:o-av ot otxolìoµovv-rcc;,
no alla C<1rne poteva vederlo. Fiamme di •la pietra che gli edificatori hanno scar·
fuoco lo circondrwano e d:ivanri a lui di- tato» (cfr. Le. 20,17). Act. 4,11 offre
vampava un fuoco violento e nessuno di
cioè una p.1r:1fr:isi con rifcrimcnro ai
coloro che gli crono intorno gli si :iwi-
cinava. Miriadi di miriadi gli stavano 'cosi rur tori ' giudriici presemi.
<lavan ti, ma egli non :wcv:i bisogno di
alcun consiglio». Se confrontiamo r otxoooµiw
Tim. 6,i6 con He11. 14,1oss. non pos·
~ia.rno non rilevare che in questo gnosi ~0~1t.IAl't10.
4 Drnu.1us, Pas1. 56: .J.a ricchcrt.1 e 11 "' mnru di Dio: dr., 1><r ('S., la c.k'S<'rizione in
lconiti dci titoli riulgono tanto al mondo i:ju· /fr11 q,15•s.». Per la pericope di H1!11 J~,
dairo quanto a quello ellenistico. Negli seri•· '' s<. cfr. H. K1TTE1., Ore Ht:rrlichkclt Got-
1i sia ellenistici che cristinni cpw~ indica, 11~· ICJ. Beih. 7~\V/ 16 {•9HJ i68.
neralmcn1c, più la "'>tW'll di 0 10 o di Cristo
(che è ci:1q::ML~O'J ~. Ocm. Al., exr TheoJ dxo06!1~
12,.}) e l'credi t~ dci rristinni (Col . 1 ,12; lumen I [0EBRVNNU].
inaccessibile, aet. PI. cu1t1 Simono, p . 66, cd 2 MOULT.·Mll.L. 442 ; PlEl~lLK~, \\1iirt. 1t 1)8
LIPSIUS ): qui in I Titn indica invece la di· s.
otX~"tliiu .\ ro. Mi<.l>cl) (v,139) 1116
l<.Nat. 2-1 o!Tre un buon parallelo a Alt. e grande sarà la pace che i tuoi costrut-
7 ,24 -2 7 : Elisha ben Abuja {c. 120) dis- tori porteranno. Non v:i letto bii11aiik,
se: «A chi si può paragonare un uomo 'i ruoi figli', ma bònt1jik, 'i tuoi edilica-
che ha molte buone opere e ha appreso tori'». Non di rado, pcrt:into, il verbo
molta roriì? A uno che costruisca met- biiua significa nell'ambiente rabbinico
tt'ndo ~otto (alle fondamento) pietre e studit1re, esporre e costituisce forse uno
poi usi mattoni {non cotti, ma solo sec· dei presupposti dell'uso linguistico del
cari al sole l: anche se verrà molt'acqun N.T.
e si fermerà ai lati, non le spos teranno Sempre in senso figurato, ma più
e porteranno via. A chi polremo inve- scientifico-teoretico, btotxolìoµtLV ri-
ce paragonare uno che non ha buone corre in Epici., diss. 2,15,8 : oi.i i}é-
opere e impara la torà? A uno che co- h1.e, 'tlJV ò:px.i)v O"t7jCi'aL xat "tÒ\I 1'E~Lt
~ truisca mettendo prima i mattoni e ÀLOV 'TÒ xpiµa a-.dljiaai}a.L 1tÒ'tEPOV
poi le pietre: anche se verrà poc'acqua i.iytèç i\ oi.ix ùyttç, xat oihwç 'M>titòv
li farà subito cadere». La parabola ri- È1toLxoooµ.tLV ai.ii:Q -.i)v ti.i-.ovlav, -.'Ì)v
chiede che si costruisca in modo che à.O'q:ia'ì..nav; «non vuoi porre il princi-
l'edificio rimanga in piedi anche in caso pio e il fondamento, esamin:ire se sia
di catastrofe; così <leve anche sussiste- sano o meno , e poi erigere su tale fon -
re un sano rapporto tra opere buone e damento la ferme7.za, la s tabilità? ». St!-
s tudio della legge. In senso figurato, gli condo Joh. Weiss' sarebbe forse possi-
scribi vengono onorati col titolo di 'co- bile comprovare u n uso linguis tico gno-
struttori della corà'; persino il discepo- stico di olxolìo1~EL\I negli ambienti de lle
lo degli scribi è chiamato 'costruttore' 1. religioni misteriche 5•
Secondo Sbabb. b. r r4 a i discepoli dci Importante appare il complesso d'im-
rnbbini si occupano dell'edificazione d el magini che si riscontrano negli scritti
mondo in quanto studiano e commen- mandaici: i credenti vengono scelti,
tano l:i torà; Ber. b. 64 a riporta una pi:inrari ed edificati (nell'edificio delh1
tradizione rnbbinica che si rifà a l s. 54, vita), 'inclusi' nella comunirà della vi-
i y «R. E leazar {c. 270) ha detto che ta 6 .
R. Hnnina (c. 22.:>) aveva d etto: I di - Filone non si allontana molm dal pen-
!.cepoli dci rabbini fanno :iumentare la siero greco; in /c·g. alt. 2 ,6 poiragonn la
pace nel mondo, come disse l s. 54,13: parte direttrice dell'anima all'anima to·
=
Tutti i tuoi edificatori ( i discepo li tale servcmh~i deli'analogia del rappor-
de~li scribi) saranno discepoli di .Jnhvé to tra cuore e corpo. Ques to è formato
nico: Cristo edificherà iJ tempio celeste p01tOtTJ'tO<; (Aie. l4,58) va accostata, sia
mediante la risurrc<.ione o meJianre la per il contenuto sia per la visuale
sua parusia. J\fiinc è il detto rivclatorio teologica, !'nitra tradizione di Act. 7,
rivolto a Pietro: xat ÈnL -.cu'.rq1 •ii nÈ- 47.49: noiov orxov olJ'O&oµi}a-t·tÉ µet
-.p~ olxoòoµTjcw 1.tov ·d}'l1 ÈxxÀ1111lcxv, (=Is. 66,r): poiché Dio è esaltato al
«e su questa pietra edificherò In mia di sopra dci cieli e della terra («il cielo
Chiesa» (Mt.16,18). Tanto in 1\lc.14,58 è il mio trono e fo te.rra è lo sgabe Ilo
quanto in Mt. 16,18 olxoooµl]o-w indica dei miei piedi»), gli uomini non sono in
un a110 escarologico di Cristo, una nuo- grado di costruirgli una dimora (Mt . 5,
va autorità datagli da Dio: il Messia 34; Act.7A9). La 'casa' adatta alla mae·
costruirà il tempio futuro e Ja nuova stà gloriosa dj Dio p11ò essere soltamo
comunità. Non è certo q uale sia la por- opera di Dio e di natura miracolosa
rnia di questo verbo nl fururo : signifi- ( àxt1ponot11i:oc;).
ca che il Figlio dell'uomo radunerà gli ·Oltre questo significato messianico, il
eletti al momento della parusia (Mc. z3, verbo olxooo11Ei:v acquista però ben pre·
2 7 ), oppure si tr:Hta della potenza del- sto un tono squ isitamente ecclesiastico
la risurrezione che costituisce la comu- e diventa un termine fondamentale del
nità? Quest'ulrimn ipotesi si accor- linguaggio religioso. Tipico è Act. 9,3 I:
derebbe con il privilegio storico-cari- ii µtv ovv èxxÀTJcrla ... dxEv dp'l'JvTJv ol-
smatico di Pietro e con il racconto del- xoooµovi.iiV1J XCLl 1tOPEUOµÈVY] -rQ q>o{k!'
la Pentecoste (Aci. 2,1 ss.). In ogni ca- -.oii xup(ou, «Or dunque la Chiesa ... ave-
so il futuro olxoooµr111w (lvlt . 16, rR e va pace, essendo edificata e camminan-
M c. r4,58) esprime un atto di autorità do nel timore del Signore». Simile è
escatologica; forse iodica anche un mo- Act. 20,3 2: •ii> ouva.µi.vcv olxoooµf)crct.t
mento pneumatico reperibile tanro nel- xcxì Sovv<tt -.i}v xl:r1povoµla.v tv -.oi:ç
la parusia quanto nell'evento pasqu:tle, f}ytaoµÉvotç -r.ciow, «a colui che può
e forse non è csnanco alla diffus:l im- edifìcnre e <lare l'.~rcdità tr:i tutti i san·
magine protocristiano dell'edificio cele- t i6cati». Né si dimentichi la promessa
ste 8. riportatn in Act. 15,16: 11~-.èt i:cxii-ro..
All'enigmatico logion dcl vcxòc; ci.xn- &vcxo--.péljiw xctt &.voixoooµi}o-w -r'Ì]v
S C.. Lo11M<;HR, Galiliia urul Jemmlem ( 1936) dell'uomo verrlt in piena gloria». Mi sembra
79 n . 2 pensa di poter scparnre e disringuerç che l'o(xolìo1~n11w messianico sia legato al mo·
tutro geografìc:imenre: «L'llssenza del concc110 rivo del Figlio dell'uomo; J'o(xolìo11na-w rive·
di" hxÀ.TJ!1l!%- vuol dire solo che Il {rei/. in Ga· la una certn tensione esauologica, che però
lilca) non è nota la concezione teologica <leJl3 può esser connessa tanto con la parusia quan·
fondazione già avvenuta <lell'lxx).l)<ti« o, I"'' to con la risurre:rione. I.a distinzione geogra-
dirla in modo positivo, che raie fondazione fica non mi S<:mbra qui abbast•nza fondata e
avrà luogo soltanto il giorno in cui il riglio convinceme.
191 (v.op)
CTXl)VTJV t.auilì i:i)v 1t(7''tWXUio:V. xat OOp.C~V \X:CUp:t un posto di primaria im.
'tÙ XIX'tCO"~j)al 11.iiva. a.Ù-rijç cX\/OLXCOO· po11;111za.
µl)o-1..i xai <ivopilWciw a.Ù'tl)v, e dopo
a) Nelle leucrc paoline oi.xo&oµttv e-
ques1e co~c tornerò e ric:dilicherù la
.,prnne una particolare attivit:i aposcoli-
tenda Ji D.1vid che è caduta e rico-
ca. L' ApoMolo ha forse avuto prcscnic
struirò le sue rovine e la rii1lzerò»; ab-
l:i vocazione di Geremia (1 er. 1 , 1 o) e lo
biamo qui una citazione libera con re-
prome~sa divina fntta :i questo profeta
miniscenze di l!m. 9,11 e Ter. 12,15 ss.:
(1 cr. 24,6).
àv0Lxooo1~t~v significa evidentemente
Non dissimile è l'uso di olxoooµiJ per
il ristabilimento, I.i resLaurazione esca-
csprnncre il compito apostolico verso lu
tologica del popolo d 'Israele. Porremo
comuni tà · Elc; olxooo1,ii)v xat oùx ti.e;
constatare negli Atti un uso assoluto di
xai>a(p-.aw ùµwv, «per In vostra cdili-
olxoooµi~v ~ ò.vo•.xoòo~~v derivato
rn1ione e non per la vostra demolizio-
dall'A.T.: Dio è il soggetto. Israele o
ne» (2 Cor rn,8); Et<; olxoooµfiv xai.
la Chie~a l'oiigetto; si traua di un con-
oùx dc; xailalpi:aw (2Cor. 13,ro); 'tà.
cetto organico di comunità: il rutto
OÈ d.v"ta, à."(U.1t'l)T OÌ., Ù1tÈp "tfj<; uµWv
'cresce' e viene 'edificato' in una pro-
otxooowiic;, «tulto ciò, miei cari , per la
spettiva pneuma t·ica ed escatol~ica.
vostra ed ilic,1zionc» (2 Cor. 12,19).
L'in11nagi ne dell'edificio celeste non è
qui un dato pacifico e non è neanche Paolo può 'demolire', 'distrugsc~c'
detto che abbi::t a che fore con questo (xD:i>aLptLV, 2 Cor. I0,4), ma nonè que-
sta la sun veru funzione; egli può esser-
complesso d'idee. li SOAAerto non è il
vi wstrctro e può farlo, se incontra op·
Mes)ia, ma Dio ste~~o: per questa ra·
posizione e ostacoli :illa fondazione e
gione l'uso lingui~tico degli Atri non va
consider:110 un'eco o una rcmini~nza .111'cdificazione della comuniLà, ma solo
della trad11ione ~inottica. bensì un nuo- come premc~,a necessaria ali' azione po-
sitiva. La consapevolezza della sua vo-
vo uso nutnnomo che si riallaccia al-
l'nzione è staia temprat:i dal Deuteroi·
l'A.T.'
sai:1 e d,1 Geremin, cosl che anche que-
~to olxooop.Etv apostolico è raffermalo e
2. I/ concetto paolmo
rinforz.Ho dalle parole e dalle e~pericn·
È negli ~critti dell'Apostolo che olxo· zc Ji quei profeti. Nella grande allego-
9 •oli:o&11eiv e civo\Xolìo;u:iv rK'l!li A111 so- prescn1c o fu1ura. L'uso !inguis1im è ·,-.:rb3·
no, nel loro mo h .'<.>I0111<0. 1<n11ini e:><.'1tof()j?i· k'. cìoè non è clc1crmina10 wll'inmugine di
co-soierioloi:iu nd stn'IO i11 cui l'A.T. pub un cJificio; tale \ISO non ~ creato negli Aui.
dcll"opcrarc mi~l-rim·dio-o di Dio. Anche 1..:n'l è prc~u[lposto e ~;, lis<e ndla sua por·
qu~ndo non «
clc110 c:"1j>liU1;1rncntc, Di" è- larn, " non è affono di verso da quello l' 1oli·
scmpre il sorJ\etw, e Ol)!lt'ILO i: 1~ co1nuni13 no• (-t VICLllAUEK r 13 ).
oixo5"1Lito> B 2 (0. /llirhdJ
°
1 Cfr. )oH. \Vmss, 1 Kor. 79: «L'immanine t'; 8,9, cfr. /lebr. G,r ; Philo, gig. 30; mut.
<lei Porre le fondamenta sembra esscrc abba- 2,8».
110111. 2 t 1; so1n.
stanza comune nella di attib~: Epict., diss. 2, 11 Nonostante il parere d i ~ VmLt1AUIZR 79.
(1•,14-1) w11
sm:tt ic:o d cli.i 'cdific.17.ione ' è sì collcga- Pao lo 'JU<.:sto ac,tJSt<imento di -ito:po:xc.t·
w con altre forme de lla nostra met.ifo- ÀzLv ed olxol.ioµtL'J ; I Thess. 5 ,II ri-
rn, ma non va senz'altro ricondouo ad manda a 5,r 4 : vovikt EL't'E, -ito:pa,µv-
esse. 0EL0'0E, cl\l't'ÉXE0'0€, µ o:xpoitVµtL't'E, «am-
I Thess. J' r r : o~ò 'ltlXPIXXIXÀELTE Ò:À.· monite .. . conforta te ... sos tene te .. . siate
À.i}Àovc; xal oixo&oµt:t 'tE Elc; <Òv Evo:, longmni ni ...»; similmente troviamo af-
x o:i°}wç xo:i no~EL<E, «perciò consolate· fianca re in 1 Cor. 14,3 obto001xfi, 'ltetpci·
vi g li u ni gli alcri ed e<lincatevi l'u n xÀ.'l)O't<;, 'itc.tpo:µv&let, 'edifìcnione', 'con·
l'altro, come <lei resto fate» ; la conso- solaz ione' ed 'esortazione'. La parola
lazione pastorale e frate rna del singolo p rofetica 'ed ifica' la comunità nella v i-
è il modo in cui questi partecipa all'e- ta della fede, la fa cioè p rog redire e raf-
d ificazione della comu nità e all'avanza- forzare in timamente, ma conq uista an·
mento , alla crescita spirituale del fratel- che l' i.l.itwTT}ç o l'ìin vnoç che è presen-
lo. Il si ngolo dà il suo comribu ro alla te nel l'adunanza cristiana: egli vie ne
'costruzione' della comunità in qu:uno 'convinto', 'giud icato', 'provato' e i se-
accoglie la consolazione del vangelo e la greti del suo cuore vengono 'palesati'
trasme tte ad altri. Nelhi nostra immagi- (I Cor. 14,24 s.).
ne cogliamo pertan to alcuni tratti im- La oi.xo&o1~ii è d unque l'avanzamen·
portanti: I. il rappo rco dcl singolo con to spiriruale sia della comunità che
la comunità ; 2. iI legarne d1e u ni~ce re- Jel singolo, operato da Crisco. Nel no-
ciprocamente i singoli membri; 3. il ca - s tro tc.:rmi ne si rispecchia la varietà JeJ.
r:tttere fond~ mentale e pneumatico:ca- fa ecclesiologia p ro tocristiana: esso con-
ris rna rico di tiuesto p rocesso di crescita tiene un momento p neumatico, teolo-
che mira al compimento e alla perfezio- gico e liturgico-comunitario; l'otxolìoµi)
ne e in nessun ciiso può essere cos tre t· ùovrebbe essere il fine della conoscenza,
to ed inteso in categorie 'morali ' o sen- ma J ovreb bc indicare anche la crescita
timentali; 4. la portata teologica: ogni inll!rna della comunità, come pure il
s ingolo cris ti11no collaborn alla 'costru· conccnu to e il senso della vi tn cultuale
zione ' e alla 'edificazio ne', perché si e della riunione comunitaria. Il tenni -
trotta, i n fond o, dell'opera p ropria di nc presenta cosl una moltep lice sfaccet·
Dio o d i Cristo . Anche se la derivaJ.io- ra t\lra. L 'affermazione paolina ha la for-
ne storico-religios a e il significato par ti- za di un pro verbio: Ti yi~>O'~<; q>UO'Lot, Ti
co lare d ell'immagine de lla 'costruzione' oÈ ò:y<i.'ltTJ olxo0oµEi:, «la conoscenza
assumono forme d iverse, pure tutte gon fia, ma la ca rità edifica» (1 Cor. 8 ,
q uante ques te confluiscono in un com- 1 b). Concetto in origine paolino (dr. r
p lesso reo log icamen te e ~ostanzialm e nte ThcJ's. 5 , r.r), olxoooµEi:v è stato forse
omogeneo. Anche altrove troviamo in ripreso dagli gnostici di Cori nto e rein-
399 (v,1 44) o{xo1ìo1li••l I~ 2 (0. J\lid>1·I)
Il Simile è !"opinione di --> V1Eu1&1mR 9i: l'bcx).T)l1itt esse \•cngono rdativizzme e ridot.
«Le espressioni estatiche delb vita religiosa te a un meuo tendente nd uno SCO(lO che è
non hanno v•lorc in sé, ne! sono scopo 3 se il bene dcli• comunitii».
stesse; nella prospettiva dell'eJificnzione del-
•O'.iha r.6.Àw otxoooµi;;, napa P,ci:tTJ'' Si può concludere che la contrapposi
ÈllO'.V'tÒV Ci\NLO-'tO.'VW, «se info11i rico- zione tra 'cos truire' e 'abbattere' con1ic
~lrui~<:O ciò che distrussi, d imos tro di ne, nell'uso rabbinico, una certa risonan
essere un trasgressore» (Gal. ;i, r 8 ). za scolas tica e che Gal. 2,18, nonostun
L'oggetto dei due verbi ( xa-ra.À.vnv, ol- te il suo s ignifìcato particolare (ché no
xolìoµti:v) dovrebbe essere la legge ov- si tratta qui solo di una semplice con
vero hl separazione tra Giudei e pagani starazione), si rifà a tale uso linguisti
volu1a dalla legge. Ciò che aveva prima co. ln ogni caso, l'accezione di otxooo
'demolit o', il muro d i separa:cione tra Jlt~v in Gal. 2,18 rimane unica negli
gli uni e gli altri, Pietro ora lo 'rico- scrit1i paolini e in nessun altro passo il
struisce' indietreggiando e cedendo d:t - verbo è usato in modo cosl formale,
vanti ngl'inviati di Giacomo: in questo serv.a riferimento al solito coorenuro
modo eg li sconfessa il ~uo corn porrn- concettuale 13. Ritroviamo ancora una
mcmo precedente, lo considera nap6.- volta, in una famosa allegoria protocri-
f!acnç e si dimostrn un 7tap~a:n1c;. stiana (1 Perr. 2,5), l'imma!J.ine dcll'au-
Ora trov iamo espressioni simili anche roinserimento in una costruzione ( oLX':l-
nella leuerntura rabbinica. ove vengo- ooµ{i:<TilE; codc.l. s C: t'llo~xoooµ.Ei:o-i>E):
no contrapposti siittlr = xa-caÀuw1 e il passo abbonda di riferimenti oli' A.T.
biina = olxolìoµti:v . (ls. 28,16; 4i117,22; I s. 8 ,14; Ex. r9,
6); anzi essi costituiscono e l'origine e
Cfr. Ber. b. 63 a: «Gli dissero: 111 hai
costruito ( in quanto ci hai esaltati), la base dell'allegoria. Tutta la pericope
perciò non puoi abbattere (in quanto è sorretta dalle testimonianze cristolo-
sparli cli noi: la tua demolizione <limo- giche delht 'pie[ra d 'angolo' e della 'pie-
strerebhe h falsità di quando h ai
tra d'inci:1•npo', ma il si~nifica to della
rnstrnito); tu hai già costruico il recin-
to, non puoi pit1 fare un varco»; Net!. casa s i s rwsia poi sulla comunità: o!xo<;
b. 40 a Bar.: «R. Shimcon b. Ele;1z~r (c. è sia la cnsa si~• 1:1 comunità domestica
r9 0) disse: Quando i giovani ci dicono
e:, secondo ffrll. 91,13 e Tub. I,r7, il
'costrui~ci' e gli anziani 'demolisci', al.
loca da' ascolro ai più vecchi e non pre- tempio cscaroloAico si trasforma nella
stare orecchio ai piì1 giovani, perché il nuova comun it~. Dunque olxolìo1-1Ei<ri}c.u
cosuuire dei giovani è un demolire e non solrnn t(.I è nna mctaforn, ma va an-
l':ibbattcre dei vecchi è un edilìcnre:
ch e inteso <.:ome indicazione dell'i11seri-
un seg no di questa ve rità è Roboamo,
i I figi io di S<1 lo111one». mento pnculllntico dcl si.ngolo ncll'cdi-
IJ -+ VtELHAUn 89: cA clirTcrcnzo dell'uso quato ordin~ cldla ley,lle e <nt>P'"'"'°tn quin-
solito in Paolo, 0!1«>001«•v h.1 qui un carat- di, in un certo :.cnso, proprio il comrario del-
tere ne,:ativo, non è in 2!cun modo un tcr- l'uso linlluisrico solito. L'uso tli olxolìop.~i:v
minè soteriologico. Esso signifoc• infani un in Gal. l,i8 è .na1to singolare e per niente
risrnbilimcn10 e un riconoscimento dell'anri· tipil'o».
oixoOOiu:w C (O. Miche!)
licio della comunità. In questa allegoria do sarà stata cumpletaia ht torre che è
confluiscono mmivi apocalirtici, sinorti· or:i in costruzione» (vis.3 ,8,9); alla do·
mandu perché la corre non sia già tCI"
ci e paolini, che manifestano la loro co- minata, viene risposto (sfo1. 9,5,2): «La
mune inllucnza in uno scritto cristiano corre non può essere completata, se pri-
posteriore. ma non viene il Signore a provare que-
srn costruzione così che, se doves~e
c. otxolìoµÉw NELLA Ltll''l'ERhTURA suu- rrov:ire che alcune pietre sono gua·
ste, le potrebbe cambiare: la torre
APOSTOLlçA
viene infatti costruita secondo la
Anche nella lem:ratura sub-apostoli- sua volontà». Anche l'immagine di
ca olxolìoµE~v non ì: raro. Il luogo clas- sim. 9 ,9,7 si riferisce alla cosrru-
sico del suo impiego è la similiLUdine zione della torre: «Quando il pa-
della torre nel Pastore di Erma. Con store vide che la torre era costruita ma-
linguaggio e tratti mitologici Herm., gnificamente, si rallegrò; infatti la tor-
sim. 9,3,r ss. narra come alcuni uomini re eni costruita così bene che a vederla
ricevano l'ordine cli edificare una torre mi venne desiderio di abitarvi. Er:i <"O·
su di una roccia e sopra una porta ( ol· s truita· in modo tale da sembrare mo-
xolìoµt~v Èmivw ·di<; 11É-cpcx.ç ( xctt btci- nolitica e non mostrava la minima giun-
vw •iii; m:ik'I<; ) rtupyov ·nvci). Viene tu ra; sembrava proprio che fosse stata
poi spiegato (sim. 9,12,6) che In foll.i tagliata dalla roccia e mi pareva tutta
indaffornta ne!l;.1 costruzione della tor- una pietra sola». Erma .rielabora evi-
re è tutta di angeli gloriosi che CÌl'con- de ntemente un'.111tica materia mitologi-
dano, quale muragli:1, il Signore. Nella ca (ob1.ooop.i) i:ov nvpyov = vis. 3,2,6;
scena affine di vis. 3 ,2 ,4 è messo in ri- 3,4 , t; 3,5,r; 3,12,3 ecc.), che poi col-
lievo che la torre viene costruita sopra lega con l'immagine della Chiesa quale
ncque con pietre squadrate e splen- edificio. La Chiesa è 'torrt:' e ' roccia ', il
denti ( nvpyov µiya.v ol>toOOf~OVJ~tvov si ngolo cris1iano è inse rito 11ell:1 'ni-
btt v&ci<wv Àlilo~<; -cE<pa.ywvoi.ç Àa,µ- struzione' come 'pietra' ".
rtpoLç). La 'signora' spiega (vis. 3,3,3): La lettera di Barnaba continua b li
«La torre che tn vedi qui costruire so· nea protocristia na e anche quella clh:-
no io, la Chies<I, che ti sono apparsa a- n istico-classica. La pericope dell'acqua
Jesso e prima». Adesso c'è ancora tem· battesimale che s'inizia con u,1 è piu t-
po p~r ravvedersi, finché la torre è in rosro strana: hrnele non accerta il bat-
costruzione; ma quando essa sarà com· tesimo che porta la remi ssione dei pec-
pletata i peccatori no n v i rrovernn no cati. ma «si C<>struiscc invece qualcosa
pi ù pos to e resteranno e~clusi (vis. 3,5, da solo» ( à.À.À.'Écxv<o~ç olxoòoµi)o-ov -
5 }. La questione della fine dei tempi è o-w ). Evidentemente Barnaba vuol dire
strettamente colleg:ita alla costruzione che il giudaismo cerca di sottrarsi 111
del la to rre: «La fin e giungerà solo q uan- bacte~imo vero con le lustrazioni pre-
1 ~ ~ V1ELHAlJEl 159: «f:. dt.ioro che, come il con1est0 e le associazioni•. Jbid. 16i: «Il
noi abbiamo appena potuto aççcnnarc (ma suo U:iO linguisrico è determin ato dJI f.110
DrnELIUS l'hn dimostmto con un'analisi parti- che egli indica cun olxolioµi'} un edificio (la
colareggiata) Erma, per d<:scrivere lo Chiesa, torre) e che questo termine significa solrnnl()
si serve di materiale rni1ologico (idee amali e in pochi casi l'alto del costruire. Il suo ' ""'
cosmiche, immagini e ronccui legati alla città linp.uistico è \ondi1jonato e domin3to dall'i
e agli edifià celesti} ripreso senza conoscerne ck.'a della Chk'Sa •1u•lc edificio celeste».
4") (v,1.;61
scri11e J.illa legge; un po' 1.'0me 1n fj. dividuo t: il tempio di Dio; l'immagin
Ione, olxolio1~i:v indica il tent:1tivo di paolina, invece, si riferiva in primo lu
innal.:<1re un edificio spiri1ualc fono di go alla comunità (cfr. I Cor. 3,16; 6,
dottrine e norme ( cfr. o6yµa oLXOOO· 19; 2 Cor. 6,16).
1..1E~v o xa.'ta.<rxeu<il:,ew). Quanto mai i· L'immagine dcli' 'edificio' con ti nua
s tr u ttiva è la di$quisizione su l vero e cosl la sua storia, con ton i e sfumatur
sul falso tempio (16,1 ss.): rivive qui diverse. Non ci stupisce affatto rit rova-
l'antica polc:mka biblica contro il tem- re nuovamente o(xoSoµt:i:croa.~ ncll'us
pio fatto da mano d 'uomo (ls. 66,1 = speci6camente paolino della prom
Act. 7.49S. ). I Giudei hanno posto la zione pneumatica; scrive Policar
loro spcranztl sull'edificio Jcl tempio (ep. 3,2) che Paolo ha
(olxoooµ1)), quasi ch'esso fosse vera· la parola della verità e
mente l' 'abi tazione d i Dio' (otxoc, lettert: «mediante le quali voi, se I
i}Eov ). Certa men te c'è u n temp io d i s tudiate p rofond amen te, potete es
Di~), ch 'eg li stesso promette d i costrui- sere ed ificati alla fed e che vi è stat
re e preparare (oitou a\i•òc; À.ÉytL 1tOLtrv Jata» (dc; &e; tàv tyxu1t'tT)'t'E, Suv'l')ll'
xal xa.'ta.p"tll:,Ew, 16,6); segue una ci- crtcrllt otxolioi.u:i:croaL El<, "tT)v liollti:o'a.v
tazione scritturale composita: «E acca- uµ~v 1tW'tW). Significato simile ha olx
drà, al compiersi della sw imana, che il Soµi) in 13 ,2: le lettere d i Ignazio 1rat
tempio di Dio sarà costruito gloriosa- tano della fede, della pazienza e <li ogni
=
111ente nel nome del Signore» ( ffo11. edificazione che riguarda nostro Signo-
91,13; Tob. 14,J ; 2 Bacr. 7,13; olxoc, è re (1tEPLÉXOVCJW y àp 7tÌ<T'tlV x at Ì11t0·
b parola-chiave). p.ovi)v xat -nii11av otxoooµi)v 't'YJV Etc,
'Essere cdilicato' [obtoooµErcri>a. L) vie· 'tÒV xup~ov 'liµwv ò:vn xovcra v ). Benché
ne ora ad assumere un significato parti· il termine voglia ind icare qui, come in
colare che cerchiamo di spiegare qui ap- Paolo, il rafforzamento pneumatico, pu-
prc~so. Prima che l'uomo credesse in re man01 il collegamento col fratello
Dio il suo cuore era esposto e inclin:no con la comunità come complesso; il con-
alla corruzione; ma esso deve esser co- cetto di 'edificazione' perde il suo ccn·
struilo sul nome del Signore: <(Avendo trn significativo particolare e indica or-
ricevuto la remissione dei peccaci e a· mai soltanto la crcscica del singolo.
vc n<lo pos to la nos tra speraozn nel suo
nome, siamo d ivcnt.iti uomini nuov i, D. CONCJ, USIOl-IE
creat i d i nuovo da prim:ipio. Così ve·
rame ntc Dio abita in noi, nel nostro in- o(xoS01lEi:v è inteso in senso teleolo-
timo» { r6,8). L'immagine del ' tempio' gico, pneumatico, cultuale ed etico; è
(vabc;) è strettamente congiunta con la un conce110 tipicamente comunitari
metafora del 'cosm1ire' (ob;oSoµ.E~v),
come in Mc. 14,58, e fornia un tutta u- che probahilmcnte si è affermato molto
n ico. Tale 'essere edificali' (olxooo- p resto in seno nl c ri stianesirno ptimiti·
µti:cri)aL) di Ba rna ba è un allo interiore vo, ma è st,1t<> soprattu tto Paolo che ha
e pneumatico, collegato con la conver-
cunt ribuito in mod o essenziale al suo
sione, e non ha u n senso mitolo~ico-cc
desias tico come in Erma. Poss iumo an- sviluppo.
zi dire che in Barnaba In metafora del
tempio ha un cono più soggenivo: l' in· A. Deissm:um ha fatto notare is che,
come le c:attedrnli mediocvn li, Cllsl :tn· staro ripreso e modificato quello ve1c-
ch e i templi antichi richiedevano <li rotesrnmcnrn rio, come si può rilevare
continuo di essere 'c<lificati': «Que- da un confron to tra l'esegesi dei passi
s to dato concrelO spiega l'immagine di Paolo e degli Arri e la sezione che
della 'edificazione', così cara n Paolo, tratta dell' A .T.». D'altra parte lo stes-
che tanta importanza ha soprattutto in so studioso riconosce che 25 «inolue,
16
1.2 Cor.». Anche P.C. Trossen è dcl dobbiamo assumere per / Cor. 3, 10 -
parere che olxoooµdv sia mutuato r 5 anche una trndizione e un'inlluenza
dnl linguaggio dell 'edilizia; Paolo a- sto ici1 e per .i Cor. 5,1 una gnostica>>.
vrebbe osservato attentamente lo svol-
gimento dei lavori. edili e ne avrebbe e · t olxolìoµi}
laborato spiritualmente i par1icol11ri
momenti per servirsene poi, mediante La forma o'xoocµ.i} è respinta dagli
un processo di 'astrazione', per descri- atticisti 1, ma ricorre in Ariscot., cth.
vere in figura l'edificio spiritmtle. \V/. Nic. 1137b,30; D iod. S. I ,46; P lut., Ltt·
Bousset 17 considera invece la comuni ci\ cult. 39; Philo, vit. Mos. r ,224; spec.
raccolta in assemblea come l'occasione leg. 1,73; forse anche in Giuseppe 2 •
prima e iJ Siti im Leben che han fauo Nella koiné il termine non è raro, ad es.
sorgere le idee di aw~ia. di va.Oç e di IG xiv 64 5,146; 150 (clorico); Ditt.,
olxoSoµi). Peraltro Bousset concepi- Or.655,2; P. Grcnf. I 2x.1 7; 13GU 699,
sce b comunirà in pr imo luogo mmc 3; 894,2. Si riscontra anche nei LXX,
unitii sociologica e solt:tnto secondnri n- talora segui to da genitivo, ad es. r Par.
men te come un dato o u n'enti cà pneu- 26,27: -cov 1.1.1) xcx.ibcr•EPiiCTa.~ i:Tjv ot-
rnat ico-estatic~. Già ll. Gunkel 18 rile- xoooµ'"Ì}v i:ov otxov, «affinché l'edificio
va l'origine apocalittica dell'immagine non fosse inferiore»; r Esdr. 2,26:
della 'costruzione'. R. Reitzenstein 19 e -~pyE~ Ti oixoSoµii -mii lEpo\i, .. la costru-
E. Kiise mann 10 scorgon o stretti rap- zione del 1empio era sospesa; 4,
porti tra Paolo e l'uso linguistico del- 5! : EL<; "CTJV ol1toOoµTjv "tOÙ Ù:poii Ool}i'j-
la gnosi: olxooop.erv è un vocaholo VO.~, «e che si desse per la cos tn1zionc
fi sso della terminologia riguardante gli del tempio»; ma anche altrove. Cfr.
coni. H. C remer 21 , E. Schwartz 21 e Ph. Ecclus 40, 19: i:bwcx. xo.t olxoSoµ'Ì) 'ltO·
Vielh:iuer 23 sot to!ine:mo invece l'in- À.twç 11'l'T)pl~ovow ovoµa, «i figli e ['e·
lluenw · fondamemale dell'A.T., come diiìcazionc di un:1 cimì danno un nome
dice appunto l'ulti mo autore citato 2' : du raturo»; Ez. 16,6r ; r7,17; 40,2, ecc.;
«Nel conce tto paolino di o(xolìo1.lEÌ:v ~ mn anche nei LXX olxoooµ:~ nou è mol-
1
IO f r <:<Jlll'll[C . muruta: tva ii ÈY.xÀ:ricrta olxoooµfiv
>..&:~n. «affinché la Chiesa sia edificata»
1. olx0So1~"1 i ndica in primt> luogo il
( r Cor. r4,5 ); la grazia dargisce i nfatti
costruire, b cos tru7.ione in :1t10; Ilerm.,
i suoi doni «per l'ed ilìcazione dd corpo
hE).fo&TJ ... 'Ì) ollCoOo~il) (oùx
JÙll . '),5.1:
di CrislO» ( s1'; olxcòowriv 'tOV crwµa-
à.mnÀ.Écrl)TJ ÒÈ 6 r.upyoc;), «ebbe ter-
'tO<; -ccii Xpin'tov, Eph-4 1 12). Simile è la
mine ... il lavoro ùi cosuuzionc (rna
metafora della crescita del corpo di C ri-
la torre non fu term inatn )»; sim.
sto e i due traslati vengono perciò uni-
9 ,14,2: •fic; olxoooµTjç iivoxiJ ÈyÉ-
ti: 't'Ì]V (lV~T)CTLV 'tOV O'WµCl-roç 'nOLEhO-L
vt<o, «si è avuca una sospensio-
Elc; olxoooµriv ÉauTov tv à.y,i'ltn, «O·
ne delln costruzione». Ne ll 'uso lin-
pera l'accrescimento del co1·po per l'e-
guis1ico paol ino olxoooµr1 i.ntlica sopra t-
dificazione d i se stesso nell'amore»
tutto il progresso spiritua le: r.pòc; •Tiv
(Eph. 4,16).
olxoooµT}v Tijc; b~x).11afac;, «per l'edifi-
cazione della Chiesa» ( 1 Cor. i4,12); 2. oixoSoµl] ind ica anche il risultato
\>mp .ijç vµWv oLXOOOJ.lijç, «per la VO· dell'opera di costruzione, l'edificio ul-
stra edificazione» (2 Cor. 12,19); ron lo timato. li term ine indirn anzitutto
.~tesso significato, ma senza ge11itivo og- un edificio concreto e visibile; in 1\.lc.
gettivo, abbiamo r.pòc; olxoòoµ1}v in r 3,1 s . e Mt. 24,r si tratta degli edi-
Rom. 15,2; I Cor. 14,26; Eph. 4,29. fici del tempio ; Barn . 16,1 può cosl Jire
Tuna h1 virn della comunit3 deve con- che l'errore dei Giudei consiste nell'a-
tribuire a questo avanwmento cd an- ver riposto la speranza nel complesso
che l'amorità apostolica deve servire a edilizio dcl tempio (dç -ci)v olx.0001.1.Tiv
rnlc cdiftca~ione: .2 Cor. 10,S; 13,10. I t\À.mcra.v). Nel N.T. o{xoooµii è una
singoli membri della comun ità danno metafora be n nota, riferita prima di tut-
e ricevono questa edificazione. In Rom. to alla com unità: i)eov yap ÈO'(.lEV O'V·
14 ,t9 Paolo ammonisce: O.pa. ouv 'tÒ'. VEpyol· l>Eov j'EWPYLOV, Ì)EOV olxoooµTi
•Tic; EipT)VT]c; oLi:.ncoµEv xa.t -cÒ'. •Tic; oixo- ÉO'TE, «poichc.! noi siamo collaborato ri di
ooµTjc; .ijç dc; &;')..),,1])..ovc;, «ricerchiamo Dio: voi siete il campo di Dio, l'edificio
dunque ciò che conu·ibuisce alla pace e d i Dio» (1 Cor. 3,9). Notiamo subiro la
alla reciproca edificazione»; egli esalta il Joppi:1 si111iliwdine (lavoro agricolo ed
Jono de lla profezia: b npo<pT)-cEuwv ... e<lile), cosa non ùKonsueca nc ll'anti·
),a.ltr olxoooµi}v, «colui che profetiz- clùtà; l 'im1~~gine dell'e<liftcio dii poi
za... p~rln e procura cd ificm:ione» ( r subito l'avvio a uaa nuova allegoria ( 3.
Cor. 14 ,3). Il criterio per giudicare i 10 ss.). o~xooo1.1TJ diventa una misterio-
babilmentc già fissato e che può ora as- del vaòç ìtrnu e del.la oixooop:f1 erano
s umere nuo ve elaborazioni e motivi'. st<1te accosrnte cd ora riappaiono nuova -
Anche Eph. '- ,2 I ha come punto di par- mente unite in Ignazio e mostrano ir1
tenza l'antico kerygma tradizionale di che modo l'antica tradizione cristiana e
una costruzione divina; tale OLxooop:ri motivi gnostici vengano a collegarsi •.
diventa il tempio santo che ha Gesù
Simi le è b siruazione che rileviamo
yuale pietra angolare ed è innalzato sul in Erma: nell a metafora dell'edificazio-
fondamento degli apostoli e dei pmfeti. ne della torre si co ngiungono motivi mi -
Il linguaggio e la visione globale della tologici e i l concetto di otxooo111J tipico
del N .T. Anche qui olxoooµ1] signifìai
Lettera agli Efcsini hanno però punti l'edificio ultimato; ma in alcuni passi
di contatto notevoli con idee ed imma- potrebbe anche trattarsi del processo di
gini tipicamente gnostiche, ad es. q~1el costruzione; cfr. vis. 3,2,6: -roùç t..tÈv
Èx -tov f3uìtov ).li)ouç Èhop..tvouç miv-
le del awµa del Redentore e della otxo-
·mç OV'tW<; hl1trocx.v 10lç 'tYJV olxolìo-
òo1.ni celeste 3. Le medesime immagin i µ1]v .. .' tqialv€'to oÈ Ti olxoooµi) 'tov
riappaiono, alquanto infiorate, in Ign., 7tvpyov wç èç ÈVÒ<; Àltlov <~XOOOWl]llÉ·
vri , «le pietre tolte dal profondo le
Eph. ·9 ,1: wç ov-rtç ÀllloL vaov 1ta-tp6ç,
mettevano subito nella costruzione... e
i)'tOLf.W.<1µÉVOL dç olxolìoµi)v ìtEOV 1tll· l'edificio d ella torre sembrava proprio
-rpéç.. ., «quali pietre del tempio del Pa- costruito come d 'una sola pietra»; vis.
3,4,1: lìtà -i-ov'twv ovv -rEÀEcrì}1]aE'tllL
dre, preparate per l'edifìcio di Dio Pa- Ti olxolìoµ-i] -rov m)pyov, «per mezzo di
dre». Già in Eph. 2,2r le due metafore questi sarà dunque compiuta la costru-
' A. FRIDRICHSEN, Exegetisches ZII den P1111· presente il significato dell'immagine, cioè il ri-
lmhriefen: ThSt.Kt 102 ( 1930) 298ss .: «I ferimento ai cristiani e alla Chiesa, è ancora in
presupposti concre ti dd collegamento delle divenire : cresce per d ivenrnre un tempio san-
due immagini vanno visti, secondo me , nel to. Ne ci.s ulla cosl il q uadro archi1e1tonica-
fatto che le attività menzionate sono tipiche, mente impossibile di una cosrruzione in~um
in un caso, della vica di campagna, e nell'al· pleta, le cu i fondamenta sono state gettate,
rro di q uella ùi citrà». Cfr. Io., Ackcrbt111 und ma i cui muri e pilasrri sono ere1ti solo in
Hausbau: ThStKr 102 (1922) 185 s.; Io., Exc- parte (vv. 21-22), mentre la chiave d i volta è
getisches ztt den Paulusbrie/en in Serto Rt1d· stata già fissala cd esercita la sua funzione
bergiana = Symbolae Osloenses, fase. suppi. çompaginanre» .
iv (r931) 25 s. Per l'immagine in J Cor. 3,xo ~ -'> Vlll!,HAUER i 55: «Qui la rcrmioologi.\
cfr. O. EcER, ){echtsgeschichtliches zum N .T. gnostica è quanto mai ev idente. I concetti e
( l9r9) 37 ss.; \\/. STRAUB, Die Bildcrspracbe il processo descritto rimandano ad act. Arch.
des Apostels Pa11lus ( r937 ) 87 ss.; -> V1Et · 8; si corJfronti la sinossi dei due tesri in
Hl\UER 78 ss. SCMLIEJt, Religiomgesch. Untersucb. zu de11
s H. SCHLlER, Christ11s tmd die Kirche im l g11ati11sbrie/en (1929) JI2». «Così appare lo
Eph. (1930) 57 s. : «Se ques te ipotesi sono sfondo storico-religioso; è l'eleme nto in co-
giuste, allora anche nella confusione dc:i mu n.e cogli ac1. Arch. L'immagine della co-
pensieri gnostici s i inconrra I' Anthropos dle stnizione e delle pietre rimanda parrico for.
è formato di xeq>o.},1) e <Tw1.ux ed egl i sresso, mente alle concc1joni mandaiche. In poche pa-
o il suo <TÙJµa (quale <Tocpia), è l'olxoooµi) role, tale sfondo è ' iranico', solo l'idea del
celeste» . _. VIELHAUER n5 : «Ora questo e- tempio è di oriitinc giudeo-cristiana. L'edifi-
dificio, dice !'aurore che ha coerenrcmcruc <:io del Pad re è concepito come un 'tempio' ».
zione della torre»; uis. 3,5,1 : 1t(PL 'tc7.iv 2 ) . And1e Eldpx€o-l}cu <le; -.Tjv otxooo-
À.W<.iv -cwv vnaybv-rwv dc, -ri)v o(xooo- p.1'}v, «entrare JH.:lhi coscruzionc» (sim.
µi}v, «il significato delle pietre che en- 9,1 2,4; 9,13,4); ÉxÀ.ÉyEtv Elç -.ijv otxo-
trano nella costruzione»; vis. 3 ,1 2 ,3 : lìo1.t'Ì)v, «scegliere per la costruzione»
xa,l O~cX 'tOV'tO EOTJÀ.WO"EV vµ~v -CTtV OLXO- (sùn. 9,9,3); tmì)u~~v i:i}v olxolìoµi)v,
ÒO[li)v -COU 7tVpyOV, «e per questo yj ma- «desidcrnre di abitare nell'edificio»
nifestò la cos1ruzione ùella rorre». Le (sim. 9,9,7); ÉpyaçEo-ì)ai dç 't'i)v olxo-
$eguenti associ,1zioni sono indicative oo~Ll)v, «lnvorarc alla COStruzione» (sim.
dell'uso linguis tico <li Erma: sim. 9,9, 9,6,2); i;vpEMivaL d.ç •'ÌJv olxoooµi}v
3 : -cà isw-crpo. J.ltP"ll -cfic, olxooo1.tfic,, (sùn. 9,6,4) 7 • Nonostante alcuni passi
«la parte esterna della costruzione»; incerti, si può dire che, nel linguaggio
vis. 3'5 15; 3,6, t.6: EVXPY)O..t OL (roov· figurato di Erma, olxoooµi} indica quasi
-raL) dc, -r1}v olxoooµi}v, «(le pietre) sa- sempre l'edificio, la torre, mentre è qua-
ranno milizzabili pe r la costruzione»; si inesistente il significato di olxoooµfi
similmente in sim. 9,15 ,6: ovx 8.v Ev- = atto del costruire.
XPY)O"'tOL yq6vw;av -rfj oi.xolìoµfi -roii
nupyov -rov•ov, «non sarebbero state 3 . In Paolo olxoooµ11 è una metafo-
utilizzabili per la costruzione di questa ra indican te anche la corporeità del-
torre»; vis. 4,3,4 : Xf'.ìTJCHJiOL foi;cri)i; flc, l'uomo. Secondo 2 Coi·. 5,r il corpo ter-
i:i)v OLXOOoµitv i:oii 7tVpyov, «Sarete U- reno è una 'tenda' (olxla -.oii o-x'l)vovç)
tili per la costruzione della torre»; sim.
9,8,3: delle pietre vengono portate nel- che può essere demolita (tè1.v ... xa-ra·
l'edificio {Ei.ç -ri}v olxolìowl)v &.-itrvrxl)Tj- À.vi)tj ... ); poi noi riceviamo «una casa
va,L) o ne vengono scartate ( o:rc~PÀ.i}i>Y) da Dio» (olxooo1.in tx ~Eov) che non è
o-av &.nò 'tfjc; otxolìoµfiç -roii 7tvpyov ).
Insolita è anche la frase ànipxwl)a,L fabbricata da mani umane (àxnpon ol1'}·
dc; -<iiv olxoooµriv, «raggiungere la co- -.oc;), eterna e gd pronta in cielo ( alW.-
struzione» ( ùetto delle pietre; sim. 9, vtoc; Év -roLç oùpavoLç). G ià il linguag-
5,3 s.; 9,7,4 ss.; 9 ,10,2); Ù.1tOOOX4J.&.-
gio di ques ta sezione escatologica è
!;nv t.x -rTjc; olxolìoµijç, «allontanare
dalla costrnzione» perché inadatre quanto mai notevole e forse può esser
(sim. 9,1 2,7); al p.1ssivo (con le pietre messo in collegamento con Mc. 14,5 8:
per soggccco ): ov-roL otiv Ò:1tÒ -roii 1tup- xa-raÀ.vttv, olxooo~i:v, &.xnpo7tolY)-coç.
r ou Ò:itEppLq>Y)O-av xal. a7'€00X~t.Lao-l}Y)
O"C!..V -rijç obcoooi.tiic; a.ùi:oii, «queste per- Quale rapporto corre tra Mc. 14,5& e
tanto furono gettate via dalla torre e 2 Cor. .5 ,1 ? La pericope è introdotta da
giudicate inadatte alla costruzione» otoap.Ev, e questo verbo presuppone
(si111. 9,23,3); apµ6!;t w ELC, 'tTtV olXOOO· che l'insegnamento apocalittico di :1
1.ll)v, «adattarsi alla costru7.iOne» (vis.
3,6,5; 3,7,); passivo: sùn. 9,4,3; 9,8 ,5 Cor. 5, r non sia solo una dottrinn es<'-
ss.; 9,9,4; 9,15,4 ); (30:,),),Ew dc; -c-fiv tedca paolina, ma un'asserzione di fe-
olxooop:i)v, «inserire nella costruzione» de che lega l'Apostolo e la comunità,
(sim. 9,7,4 ss.; 9,8,2; pass. : 9,7 ,5 ; 9,ro,
r ; 9,30,2); ooxq.t6:1'.;Ew 'ti)v olxooo1.ii}v, così che egli vi si può richia mare.
«esaminare la costruzione» (shn. ~),5, La metafora del b tenda ba numero-
~ STKACK·J3ll.1.r.nn1;cK 111 ''7· Marcrin lc st<>- ti pnoli ni. Poiché, però, è escluso unthe t.'hè
rico-religioso ut ile per l'interpretazione <li 2 i Mandei abbiano ripreso le loro idee da Pao-
Cor. 1,1 è roCt'Olto in \XIJNDISCH, 2 Kor. 158; lo, l'esistenza dei p•r•lldi rimanda a<l una ba-
264 ss. e in L IETlMANN, Kor. 119 s. Imponan· Sc comune ad cntrJmbi , che è appunco 'irn
ti sono i scg11en1i p~ssi: Hen. slav. 22,8 ss. nic:i'. In 4ucsto senso i paralleli mandiici ser-
(recensione più lu nga)?; llsc. h 7,22; 8,26; vono ind iretttirncnte a chiarire ln 'preistoria'
9.2.8.9; llen. 62,r5; Corp. J-iei·m. ro,17; 13,3. dei concetti e delle immagini usate da Pao-
r4; Stob., /rag. 1 176 s. CTr. inoltre i rnppot1i lo•. Su <JllCSto punto è invc.-ce insuHicientc
col mondo ironico in 1:!.En l~'ISTHN, Hcll. \VI. SuAUB, D1c Bildersprad1e tf~s Apollels
Myst. 355; lr. Eri. r64.167. Sr vc<la il giudizio Paultis (1937) 84-85.
(Ompl essi vo di ..... V rELHAUl\K io7 ss.: «l pa-
1·allcli mandaici a 2 Cor. 5,1 sono naturalmen te È7tOLXOOoµÉw
solranto paralleli, i><'' quanto estremamente Per I• bibliografia -+ otxooo11Éw.
interessanti, e non origine e foncc dei concct· 1 Mou1.T.-Mu.L 251.
t-;:o\X~OO! lÉW (0. l\fahcl) (v,151 ) 4 11!
XOOOµT]O'~V, «Se fa COStrudone d1e ll l10 I Petr. 2,5: xa.l mhol wc; ),lfioL ~wv·rn;
ha sovrapposto resiste» ( 3, 1 4 ). Cfr. htOLXOOOf~Ei:O"ilE ( codd. se, Vulg.) otxoç
Dicr., Or. 483,rr7: µ'i\ tl;ovo-la. oÈ gO''tul 1tVEuµo:·nxbç Eiç tEp<i-rEu1>a &ytov, «e
ÉTtt 'tOÌJC, -rolxouc, 1.1.TJ\E. (TCOLXOOOµEi:v voi, quali pietre viventi, formate una ca-
µ-~·i:e owpvo-o-Etv l~iJ-rt ii.ÀÀo xo:-.o:- sa spirituale che viene cos tniita per di-
f3À.!iit'tEW µT]Mv, ÉÙ..v µ-Ìj mlo-c.JOW 'tOVç ven tare un sacerdozio santo» 3 . In Erma
xuplouç, «non è lecito né innalzare i il prefisso Èm- ha un valore pii:1 tempora-
muJi né farvi un'apertura né danneg- le, in Paolo invece sostanziale; ma può
giarli in alcun altro modo, a meno che i anche perdere qualsiasi connotazione
padwni non siano d'accordo». Anche particolare: ÈPPL~Wl.1ÉVOt xa.l ÈTtOLXOOO-
in Erma ÉnoLxoooµfoJ ha un signifìca to p.ovµEVOL Èv «v-r(il ( = Xpw-rQ), «radi-
particolare: xCJ.t €-rtÀfolh1 tji 1)1.Lép~ cati ed edificati in lui (scii. Cristo)»
htlvn 1i o(xol.ìor.ti}, ovx &nE-rEÀ.Éoih1 oÈ (Col. :i,7): ancora una volta troviamo
b r.vpyoç· tµeÀ.),E yù..p n6.À.w È'!tOLXOOO- associate le metafore della piantagione
µEi:a-i}m, «in quel giorno fu smessa la e della edificazione, come accade anche
costruzione, ma la torre non fu finita : altrove in Paolo (r Cor. 3,9), nelle Odi
infatti si doveva riprendere a costruire di Salomone ( 38, r7) e negli scritti man-
ancora» (sim. 9,5,r); simile è il passo daici (Ginza 495,12; 500,9; 536,1 ). È
di vis. 3,8,9: wç ÈÙ..v OVV 0'1.l'J'!d,Eai>fi chiaro che il loro accostamento ha una
è 7tvpyoç olxooo1ioviuvoç, Ì!XEL -réÀ.oç. lunga tradizione. In ogni caso non sono
àì,Àù.. '!CJ.XÙ t11:0LXOOOµT)l>i}o-e'tcn, «non le due immagini che si collocano in pri-
appena sia finita la costru~ione della mo piano, ma ]'lv Xp~o..tQ: la nostra ra-
torre, allora è la .Gne. Ma il compimento dice e il nostro fondamen to sono 'in
verrà presto». Come in / Cor. 3 , 10, :111- Cristo' 4•
che in Eph. z,20 la nostra metafora in-
d ica la costruzione che viene cominua- La grande metafora protocr1st1ana
del.l'edificio continua ancora in ludae
1<1 sulle fondamenta: «ed ificai i (ÈTtOL·
zo, senza però che il prefisso Èm- abbia
xoooµT]ilévw;) sul fonth11nento degli a· un suo significato p:1rticolare: boLxooo-
postoli e dci profeti)> 2• Non dissimile è p,ovv·m; Éav-roùc, -rii àyLw-r&.-rn ùµwv
1 Per E1t1 col daf. cfr. Xenoph ., afl. 3,4,u: ad associai:si all'immagi.nc della costruiione. l
Énl OÈ 'tau'tn Émi)xolì6~1ri'to -..Hvllwo'J 'tEL· due participi, collegati anche mediante l'c.
xoç ... ~prcs$ione 'in lui', cui e ncrambi si riferisco-
S WrNDI SCM , Katb. Br. 46: «W fede SMl•. il flrie/ Pauli an Jie J!phesier' (1858) 26-1 s.
Cond3mento che imrora ogni crcdenrc ~ dal
quole gli ereti ci si sono sciolt i (\'. J ).. ob1ov6µ0<;
cruvo~xo501"ilw ' Ah re indicazioni in LroD!!LL-SCoTT 1204.
1 Cfr. A.v. 1-IARNACK, Kommentnr iiber den
o[xovo1 toç (O. Michd) (v,r 52) 422
.Mcqm L... ] olxovoµ<p <l>À.avi.a.ç 'Em· Jica sopra11ut10 il castaldo (ben bajit}.
µcixric; xcx.[ t) -rwv 7tpoi:Epov 'IovÀlocc; una specie Ji primo schiavo preposto a
Kcx.À.),iv~lìoc; 'i'tCl..pà 6.LOVl1'V olxolì611ou; tutt!l la servirti o anche a tutta la pro-
P. Oxy. VI 929,2 5: N wvcip4-1 olx.ov6µ~ prietà del padrone; talora ben bajit si-
'Aitl.wvoc; cr-rpa:-rT)yov; P. Fay. r 33,2: gniJìca anche il bambino o il figlio <li
aitÉcr"CHÀCI "CÒV olxov6µov 'Hpo:xÀ.iLOT)V cJsa (Sanh. j. 28d,ro)4. olxov6µoç vie-
7tpÒç O"È xa:M i#wO'a<; ~va "CTjv lìLa-ra· ne persino rrascritto ('iq6n6mos) e in-
Yliv "Cjjç "CpuyTJc; itoLi]<Tl}'t'a:~. «mandai dica un impiegato della citcà, un:i spe-
l'economo Eracleide da te come chiede- cie di responsabile della tesoreria (cfr.
sti, perché facesse i preparativi per la Rom. 161 2 3: otxovoµoç ~Tic; 'ltoÀ.cwc;,
venJemmia». ot Kawapoç otxovoµ-OL è «tesoriere della città»). Infine otxovo-
uno parafrasi per ren<lere il l:uino pro- 110<; può significare un tipo di massaro,
curatores: P. Tebt. II 296,12: OLÉypcx.- =
di an1111i11islrotore, di contabile ( gii.-
IJiE :Etxouvlì~ -rQ i:ov xvp(ov Kalo-apoc; hirr, arnm. gizbara', cfr. Le. r6,1) 5.
otxov6µ4J (opcx.xµàc;} ('A)<µ; P. Oxy. 1v Tanto il termine greco quanro quel-
7 31,6: KaLO'cipwv olxov6µou oÙLXCI· lo ebraico divengono più chiari quando
plov; I scri2ione di Priene 6 ,30: -rò OÈ si passa a stabilirne il contenuro con-
àvciM..iµa V7tTJPE•ijc;aL "CÒv olxovbµov 2 • cenuale. r. Per ben baiil dr. Pes. r.
L 'olxovoµoç è quindi colui che ammini- 10(35b): secondo una parabola del pa-
stra le varie branche <lell'economia do- drone di casa e <lei castaldo: Dio è un
mestica: economo della casa, delle pro- padrone di casa; infatti tutto il mondo
prietà, della cucina, ecc. 3 Anche in sen- è suo (Ps. 24,1) e Mosè è il servo pre·
so 6gu rnto: Aesch., Ag. l) 5: olxov611oc; posto alla cura della casa (Nu111. 12 1 7:
OOÀ.(a, p.vciµWv (!i)VLC, "tEX\IO'ltOWO<;, è fedele in tutrn la mia casa; cfr. Hebr.
«una furia, memore ed ingannatrice, as- 3,r-6); Lev. r. r 2 (II 3 d): R. Pinhas
setata di vendetta per i figli , guiderà lu (c. 360) ha detto in nome di R. Levi (c.
casa» (olxovbµoç qui è femminile). 300): «Come un re che abbia un fede-
Il termine ricorre anche nei LXX, o- le nmministratore (ben baiit ne'c111a11)».
ve rende la perifrasi 'iiier 'al-babbaiit, Per be11 bojit nc'emon cfr. Mt. 24,45 =
'colui che presiede alla casa' (3 B=. 4, ò mcr-tòc; &ovÀ.or;; similmente oovÀ.oc;
6; 16,9; 18,J; 4 Baa. 18,18.37; 19,2; q>p6vL~Loc; corrisponde a 'cbed piqqèii/J
Is. 36,2.22; 371 2), rab bajit, ' i grandi (Sh11bb. b. 1 53 a)•. 2 . Per J'imprcstito
della casa' (Estb. r,8) o pe~a (Esth. 8, 'iq6116mos cfr. T.B.M. 9,14: «Quando
9 ). Negli scritti rabbinici olx.ov6µoç in- uno rileva un campo da un altro, allo-
ra miete, lega le mannelle e spuln; rtnde evidente che sia qui sia in Mt.
vengono poi gli :igrimensod, i vang;HO· 24,..u ss. si tratta Jj un ben baiit, di un
ri, l'ispeu ore e l'economo ( = funziona-
castaldo scelto tra gli schiavi, preposto
rio delb ci11à) e prendono subiro la lo-
=
ro parte» ( d:1 tutto il n\Ccolto, pria1a a tutta servitù (ì)Epetittla ) e, in certe
che sia spart ito tr:1 lì11avolo e p aJ ro- circostan7.e. :inche a tutti i ben i del p:t-
n e) 7 ; T.B.B. 3,5 (40 2 ): «Q uando u no dronc (-r~ vmxpxov·rn.) 10• In Le. r6,r.8
vende una ci t1il, nllorn, secondo R. Je-
hu da (c. r 50), è vendu to insieme an - l'olxov6µ oc; è un uomo libero che se rve
che il gu arJ iaconfi ne; il tesoriere ( lèg· da tesoriere ( °' o
col. 42 3 ); otxovbµoc,
g i 'iqw11w111111s), invece, non è incluso». rii<; c11ì1xlcu; è un genitivo d i quali tà di
P e r altri esempi dr. B.B.b. 68b; B.M.j.
I rd,r3 ~. 3. Per tesoriere dr. B.B.b. 9c:
stampo ebraico 11 . Anche Erasto è «il
R. Eleazar (c. 2 70) ha JeHo: Anche se tesoriere della città » ( ò otxov6µ.oc; -.i')c;
uno ha in casa un tesoriere fidato, purt! 116ÀEWC,, Rom. 16,23).
deve egli stesso meuere il denaro nelle
borse e contarlo (2 Reg. u ,10: invol- Il medesimo titolo ricorre frequente-
gevano e legavano e cont;ivano il tle- mente nelle iscrizion i; Ditt.. Sytl.'
na.ro ). In test. Ios. r 2 Gi u ~eppe è ol- 1252: n6M:wc; Kli>tvv olxov6µoç ; Or. Il
l<O'v6µoc; nel primo dt~ i tre sensi (ben 669,22.
bajit ): b moglie di Porifarre d ice al
marito: «Prendi il giovane come tuo ca- Anche P aolo s i serve del nostro ter-
stald o, cosl il Dio degli E brei ti be ne- mine, prediligendone l'uso traslato. In
d irà, poiché su d i lui riposa la grazia
Gal. 4,2 sono accosta ti gli È1tL"tponot e
cele~ te».
gli olxov6µo1: ad essi viene affidato l'e-
Nel N.T. l'otxovo11oc, è, in primo luo- rede minorenne.
go, un personaggio delle parabole di
rorse oixov6µo<; qui vuole soltanto
Gesti. Lt:. 12,42 parla cli un m11•Òc; ol-
:1mpliare e specificare il senso di htl-
xovoµoc; ò <pp6v~µoc;, «economo fedele -.ponoc,; è compito d el nuore Il curare
e accorto», e fa pens:ire al «servo fedele il sostentamento e l'educazione dci mi -
e accorro» (o 7tld•<'>c; lìoi>Àoc; xat <pp6v1- nori, ma anche amministrare tutro il pa·
trimon io a vantaggio e be neficio dci
µ.o<;) di Mt. 24,45 9. L'alternarsi di otxo- giovan i ered i. bi:lcr-.ponoc,, che passa
v6p.oç e lìoiiÀo<; in Le. 1 2 ,42 .4 3.4.5 s. pu re nel linguaggio rabbinico come im-
prt·~1ito, signifìc11 proprio 'a111mi11istrn· c.:ristiana senza I 'i nAucnza delle parabole
tore': «Tutore e :1111111inis1r:11ore non s i sinottiche:. Ritroviamo il nostro voca-
distin~ucvano all'atto nelh1 mente della
bolo nell'ordine riguardante i vescovi in
gente» u
Tit. I ,7: «Poich é il vescovo deve essere:
L 'Apostolo usa però il termine obco-
irreprensibile, quale economo di Dio»;·
v6µoc; anche in senso traslato, per indi-
come le più antiche lettere d i P aolo ti .
care l'aurorità e il riconoscimento apo-
chiedono fedeltà nel servizio, cosi Tit
stolico (1 Cor. 4,1 s.). Tanto in questo
r,7 esige che chi ha un cerro incarico
passo quanto in Gal. 4,:i non si tratta d i
ecclesiastico viva in modo adeguato ni
precisare la posizione sociale dell'olxo· misteri dell'evangclo. 1 Petr. 4,ro <lesi·
v6µoc;: all'amrninistrarore è affidato il
gna ogni cristiano quale destinatnrio dei
tesoro dell'evangclo, egli è
a piena cono- carismi divini e pert01nto amministrato-
scenzu del piano salvifico di Dio. L:1
,1·c della multiforme grnzia di Dio; il
frase o(xov61,1.0L µuo"t1)plwv i}Eoli, «•t1n-
successivo v. 11 sottolinei\ che ciò vale
rninis1ratori dei misteri di Dio», ricor·
sopranuno per coloro che hanno un in·
da MI. 13, u : 'tà. µua't'tipLa 't'Tjc; ~a<rL· c;nico particolare nella comunità. Anche
Àdcu; 'tWV oupavwv, «Ì mis1eri del re· lgn., Poi. 6,1 esorta così la comun itil:
gno dei cieli» 14. Mentre in r Cor. 4,1
«Sforzatevi insieme, lottate, correte, sof·
abbiamo l'accostamento tra ..servi di
frite, dormite, vegliate insieme quali
Cris to» e «:unministrawri dei misteri di
amministratori, ussessoci e servi d i Dio»
Dio», in 4 ,2 è messo in ris:iho che la
(wc; ikoii olx.ovoµoL XO:Ì. miptÒpOL xaL
prima qualità richiesta in un economo
vn1)pÉ'taL). Anche in tale inci1amento
è la fedeltà ( Le. I2,42; 16,ro s.; Mt.
si scorgono tracce dell'antico uso lingui-
2 ),2 r.2 3 ).
stico.
È lecito supporre che la pa rola-chia·
Schlatter 1 ~ rimanda a Flav. Ios., ani.
ve olxovoµoc; non sin divenuta patrimo- 8,164: Salomone invia i macinai manda·
nio comune della prima predicazione ti da Hirnm p.t'tÙ. -rwv lòtwv olxov6w»v,
Il STKACK· BILLl!.RllECK lii 565; ~)tOVOJJ.O; po- dovremrno evitare di ricercare troppo insisten-
trcbb~ pcrta1110 dcluciJMe meglio il termine temente perché Paolo ahbin msì carnllcrizuto
Èm'tpo1<o<;: cfr. anche questo vvc::ibolo in Alt. l'cvangelo proprio in QUC$lO punto. La fra!IC
20,8 ; l.r. 8,}· L'amminisn:uorc: potrcbhe es· richiama alb memoria Mt. I 3,II: 1•vcr't-IJp•ct
sere: uno schiavo-capo, un castald<'>, 1na nel te· 'l'ijç Po.ai.ÀEiaç 'tWV ovpavwv. Come nel pas·
sto nvn c'è nlcunrhé che d 1>ermctta di re· so evangelico in origine si trattava fon.e Jellc
stringere in tal modo il senso di cixovoµo;. clocisioni di Dio riguardanti l'instaurazione dcl
" «Come il padron di casa (Ml. 13,52) tira
suo regno, decisic>ni non ancora manifestate,
fuori dal suo tesoro cose ve<:chic e cose nuo- cosl il pensiero paolino si riferisce olla volontà
ve, cosi qui $i vuol suiu:erirc eh~ l'economo salvifica Ji Dio che resterebbe nascosta agli
sorvenlia i 1csori chiusi <lei suo pnclr.one che uomini se gli apostoli non ne rendessero testi·
restcrcbbci·u 1noni e inutili;r~lli se r(l111n1ini · moni anza» (]011. W1::1ss, 1 Kor. 94).
stratorc: non li distribuisse. In quesio c:i>o l5 Sc11LATTER, K o1111n. Lk. }l2·
olxovo11l.a 1 (0. Micllel)
16 SCl-ILATTER, Komm. Lk. 37i non dà l'indi- Mout.T.-MlLI. 442; PREISIGKE, \'Viirl. Il i 6o;
cazione esatta. Ili 137.
o1xo'loµla.
1 Ulte.riori indicazioni in LrnouL1.-Scon 120~;
,,,'.7.QVCfltCX. 2 (Q. ~fa·hd)
l'incarico? ... affinché , un:1 volta che io ma nelle lettere in qucs1ione le due
sia rimosso da quell'ullìcio ... ». Con cose vanno strettamente congiunte'. ln
questo termine Paolo indica l'ulficio a· Ign., Eph. 6,1 leggiamo: mivi:cx yò.p
postolico: olxovoµlcx.v 7tEnlo..tEut1m, ov nɵnEL ò olxoOE<T'lt6ff)ç Elc; llìla.v
«mi è stato affidato un incarico» ( 1 olxovop.la.v' oirrwc; OE~ Ti1..11i<; avi:òv ot-
Cor. 9,17); l'Apostolo, cioè, ha ricevu- XEcroCXL wc; O.V"\'ÒV "tÒV 1tlµljia.v"tct, «poi-
to un compito preciso; non annuncia ché ch iunque il capo famig li a {=il ve·
J'evangelo spontaneamente, ma fa ciò scovo) mandi ad amministra re le pro-
che deve fare (dr. r Thi:ss. 2,4: lìElìoxL- prie cose, dobbiamo accoglierlo come se
IJ.<JnµEilcx imò -.oii ittoii mu-.wilijvo.L -.ò fosse il mandante in pe rsona»; e in
EvcxyyÉÀLov, «siamo stati giudicati da Diogn. 7,1 : oùot à.vilpwnlvwv olxovo-
Dio degni che ci venisse affidato l'e- µlav µva'fl)plwv ru:1tW'fEUV"tfl.L, «né
vangelo») 2. Simile è l'uso del termine è staia loro afJiclaca un 'amministrazione
nelle lcttt:re della prigionia, ma con di misteri umani» (cfr. :r Cor. 9,17).
l'aggiunta <li frasi più complesse: xa-
-.à i:Ì")v olxovoµ(cxv i:oii ilEoii i:Tiv oo- 2 . Piano di salvezza, disposhione
1 «Se non faccio ciò spontaneamente, ma per· J D1nl!L1US, Ge/br. 17: nello ko;,,; olxov1>-
ché costretto, allorn non bo diritto né alla pa· µ(a hn un signilic.110 molto lato; qui cntr•·
1;11 né al ringraziamento (Le. 17,9), Olll sono no in linea di conio: r. piano di Dio in ri-
e 11gisco come uno che ha un incarico dome- ferimento al µu0'-ti}pt.0v (v. a E.pb. 3,9); 2 . in·
stico (I Thess. 2.4 ) e dal quale ci si aspena carico divino; lìo!n~a. fa propendere per il
assolutamente 'che sia trovato fedele' (tva secondo signific<tto. Diverso è il p9rere d i LoH-
ltl.O..tÒç tvpEilii) e che nicntr'oltro fa che il suo MP.YER, Kol. 79 ' ·
Jovcre (o òqifl),E•, J,c. 17, 10); infatti l'o(xo·
v6p.oç è di regola uno schiavo che non viene 4 PKmSENDANZ, Za11b. r 4,29;: tù.v 6.noP11DW
pagato particolarmente per i suoi servigi,. "ti'jO'lìE Tijç oi.xovoµl.a;c:,J «se non ho alcun
()011. Wmss, 1 Kor. 240). successo coo questa prarica magica» .
olxovo!.<11 ), XO:'to~xiw (0. Michel )
7tÀ.T)pwµa:Toc; Twv xa:~pGiv). Anche in te l'uomo nuovo, Gesù Cris to». Non t:
Eph. 3,9 il discorso verte sull'attuazio- escluso che ci si d e bba anche rifare .11·
l 'uso linguistico gnostico 1.
ne del mis1ero che era celato in Dio,
creatore dell 'universo, prima dei tempi 3. In 1 Tim. l ,4 si afferma che i m~c
(T(.ç Ti olxovoµ(a: -rov µvtTTI)plov -.ov srri e retici raccontano favole che gene-
&.noxExpuµµlvou &.nò TWV cd.wvwv Év rano fantasticherie, a:t"twtc; tx~T]TTJCTELC,
-rQ i)EQ -rQ "tÒ. n<iv-ro: XTlO"o:ni). ncx.pÉxoucn v µiH.À. ov ij olxovo1~lav Dt oi:i
Ti)v Év 11i.tT-cH, «le quali danno piu1to-
Il conce tto di olxo\1011la è chiaramen- s10 occasione a dispute che all'attuazio -
te radicato n ella tradizione ecclesiastica,
e anche Ignazio lo usa volentieri: in Eph. ne del piano di Dio che è nella fede» 6•
18,2 egli parla in u n contesto cris tolo-
gico di questo piano divino di salvez· olxovoµllt nel senso di educazione;:
za : ò ycìp i)Eòc; iu.iw" 'Iwovc; ò Xp~:r•ò; sa lvifica è frequente nei Padri; ad es.
èxuoq>opi)i}T} ùnò Mcx.plo:c; xcx.T'olxo\10- Cle m. Al., pt1t'd. 1 ,8 § 64 ,3; 70,1; Ori-
1.tla:v &Eov h. 0"1tÉp1~aToc, µtv t.ltBlo. gine-, Taziano (ediz. Ed. Schwartz: TU
ltVEÙµ(lTO<; OÈ cìylov, «il nostro Dio, IV 1 [1888 ) indice).
Gesù Cristo, fu portalo in seno da Ma-
ria , secondo il disegno divino, da seme X!XTO~XÉW
di David ma da Spirito Santo»; 20 ,r:
TCpocroT)À.WO"W vµL\I lic, l)p!;ciµT]v olxovo· È u n verbo greco mu lto comune
fJ.la.c; dc; -ròv xcx.wòv civ&pwnov 'ITJO"OV\I (So ph., Phil. 40; Hdt. 7,164) che ri-
Xpu1Tbv, «vi spiegherò q ue l p iano d ivi- corre anche nelle iscrizionj, nei p:1p1n
no, al qual e ho già accennato, riguardan- (P. Fay. 98 ,14 ; P. Oxy. Vlll r 102, 12) 1
e n<.! i LXX. ove rende una s<·ric di pa- che di un xa'toLxei:v dell'uomo in Dio:
role ebraiche (a<l es., iiiSab e slìkan). ò J!.Èv ovv iivru -rpo'ltijc;, Éxowbu p.È
lmport:1nte non è tanto l'm;cezionc nor· iinare, cD.. Àà xa.t -cijc; ihovcr(ou yqo
male di xa:toLxti:v col suo vnlorc geo- vwc;, OtU'tÒV 'tÒV lleov xÀfjpov ~XWV, Év
grnfico o locale, quanto il sign ificato mhQ JlÒV<iJ XCt.'tOLX'l]CTEL, «colui che 5i
trasl:ltO spirituale e propriamente reli- è mostrato libero da qualsiasi offes:1
gioso. Tale uso si riscontrn gi~ nel giu- non w:>l u ca (non si parli neanche di
daismo: Sap. 1,4: o·n dç xax6'ttXVOV quella intenzionale), avendo Dio stess
.Vux1}v oùx tlutÀ.t:UaE't<U <roq>l« oòoÈ quale sua eredità, dimorerà in lui sol
X(%'t0lXi}'1EL iv O'Wf.l<X'tL X<X'taX,pEtp ranto» (/ug. 102). Un'altra espressio
<Xµap·tiac;, «poiché la sapienza non en- ne car:meristica: é yÒ:? llEÀe-rwv Év
trerà in un'anima maliziosa né di- cìpe-rfJ -cE),dq: xa't0Lx1:i:v, «chi si cura
morerà in un corpo servo del pecca- di fissare la sua dimora n ella virtù
to»; test. D. 5 ,r : tvcx. KvpLoç xa'toLx'l'}- pe.rfetta» (leg. ali. 3,244); del croqi6c; si
cm f.v òµi:v xa_t q>Ev!;E·wL &.<p'uµwv ò dice (co11f. li11g. 81 ): ihL 1tapoLxE~ µÈv
BEÀ~ap, «affinché il Signore dimori tra 6 CTOq)Oç W<; ÈV ~É"lJ <TWl1a"tL et.lui)T)Ti{i,
voi e fugga da voi il demonio»; test. xa-coLXE~ li'wc; tv 'lta'tpiOL vo11-ca~c; àpE·
los. 10,2 : o xvpLoc; X0t't0Lx'l'}11EL tv iiµi:v, <a.~. «il saggio soggiorna nel corpo
lhL ayom~ 'ti}V 11w9po<1VVT)V' «il Si- sensibile come in rerra straniera, ma di-
gnore abiterà era voi, poiché amn b ca- mora nelle virtù dianoetiche come nel-
stit:1»; rn,3: o'l':ov oÈ XCl.'tOLXEt o i.hh- la propria patria»; di Giacobbe leggia-
o..toc;; 6 xvpwc; XCt.'tOLXWV fo'av-cov OLÒ. mo (Jeg. al/. 3,2 ): 6 lii YE uoq>lac; µe-
-ciiv 11wcppouvvriv, «dove abita l'Alris· cr-còc; 'Ja.xwe xat 7C0Àl-r11c; Écr-rt xat ol-
simo? Il Signore abita su lui a motivo xlav -cfiv àpETljV XCl."tOLXEi:, «Giacobbe,
della castità&. In origine questo modo l'uomo pieno di sapienza, è un cittadi-
di parlare contiene in sé un momento no e abita la virtù come casa»; si-
cultuale: Dio '<tbiw', secondo l'A.T., nel milmente si afferma (/eg. all. 3,115 ):
tempio. Cfr. Flav. Ios., belt. 5,458 s.: ÈV't0t\i&0t yàp Xa"COLxt~ ba~vµla, OpE·
xat vaoù [a7toU.vp.Evov J àµElvw -rov- !;Le; &Àoyoc;, «ivi risiede infatti il desi-
-cov "Ttil ilEQ 'tÒv Y.OlilLOV dvaL. crwMi- derio, appetito irrazionale» (cfr. Rom.
cEcrl>al yt 11-l)v xat -coù-cov VTtÒ 'tOÙ xo.· 7,17). Abbiamo visto, quindi, che xa-
TOLXOÙV'tOç, ov xat av'tot CTVJJ.t1Ct.XO'J 'tOLXELV è nbbastanza attestato nel gi u-
EXOVTEç TtMCt.V XÀEV<i:O'ELV à1m).i1v daismo in senso sia spirituale sia reli-
&11-cepoùuav ~pyr..lv, «e che il mondo cr:1 gioso e psicologico.
per Dio un tempio migliore di questo
(che stava per essere distrutto); tutta· Nel N.T. il verbo ricorre sia come
via anche quesco tempio sareb!Y.! stato intransitivo (abitare in, dimorare itv TL-
salvato da colui che l'ahitavn, e che es-
VL: Act. 1,20 = .Ji 68,26; Act. 2,5; 7,2.
si, avendo lui quale allealo, si sarebbe-
r<> beffati di qualsiasi minaccia cui non 4.48 ecc.) sin come transitivo (abitare
tenessero dietro i fatti». Non dissimile 't'L: ù:.13,4; Act. 1,r9; 2,14; 4 ,16).
è l'uso li nguistico di Filone: xa-coLxEi:v
Frequentemente troviamo espressioni
OÈ ÈV OLXl.p À.Éye-caL ò l>eòc; oòx w.; Èv
>01t~, «Si dice che Dio abita in una come «abitare sulla terra», xa-coLxEl:v
casa, non nel senso che dimorn in un btt TI'jc; yijç: Apoc. 3,10; 6,10 ; 8,13;
luogo particolare» (sobr. 63): il filoso- II ,10; 13,8.12.14; 17,8; ot xa:tOLXOUV·
fo alessandrino corregge cosl una falsa
opinione rnolto diffusa. Filone parla an- 't'Eç -cl)v yi'jv, «gli abitanti In terra» :
Xll'tOIXh • 10. Mid><:I)
1 /-Je1t. 42: 4<1..a sapirru:a non 1rovò alcun luo- go ove po1c1~ dimorare, allora le fu assegna
tixrrrillltov (0. J\lidK"l 1
av'tl) ovv Ti 1rn:xpoOv1iia Y.a<otxd p.~· (rv ÌI xo:tti;Xl)CTE i:Ò ltVEÙµci • è> éf.y~ov)
'\'.Ò: -r!i1v 'ti)v 1tWtLv i:xov·ri,.,v oÀoxÀ'IJ· scrvl pcrfciumcmc lo Sp1ri10, c:'lm·
pov, «tale pazicnz:1 abita pcrranto min:indo in samicà e castità, sema C'On-
r.:on quelli che h:11111<• la fcJe per· tam irnll'C affollo lo Spirito~. for~e la
fetta»; «infarti nella 1mien7.:1 abita il pncumarologia Ji sim. 5,6,7 tradisce un
Signore, nella collcr.1 ìl diavolo (mand. i0terc<>~ :tntignostico prarico esprow
o
5. r ,3: iv yàp 'tTI llClxpoìlvµ(~ xupLOç da Erma con questo principio genernle:
XQ:TOLJU!~. tv OÈ 'tll ò!;vxoÀl~ 6 ot6:Bo· «Poiché ogni carne in cui abbia ab itato
Ào~.)3. A Erma pi:1ce ricordare che lo lo Spirito santo ( tv n
i:ò 7t'.1Evµa 'tÒ
Spirico sanro abita negli uomini ed iiyLov xct-r~Xl)O'EV) avrà una mercede se
anche in tali a~sct%ioni traspaiono sarà s!:ltn trovma pura e immacolatn».
antiche ti nte mi tologiche: mond. 5,2,5: In Erma troviamo cosl una <lemonolo·
«Quando invero questi spiri1i abitano gia ed una pneumatologia particolari che
in un unico vaso, dove abita anche lo mostrano tracce d'inllueo1a stoica o, ro-
Spirito sumo ( ov xal -rò 7tvtii1..ux. 'tÒ sa ancora più probabile, risalgono al pa·
liytov x a 'tOLXEi:), quel vaso non li con· trimonio ideale dcll'OrieOle e de l pars i-
iicne più, ma trabocca»; mo11d ro,2,5 : smo'. Va ricorda io anche che le frn~i ci.
«Scaccia via da re J.1 tristeia:a e non af- tate suonano mmc :iltretr:inte formule
fliggere lo Spirito santo che :1bita in
te» ( i:6 7tvEÙµa 'tÒ Ci yi.ov i:ò tv crol xcx· 'f olx'l)'ti)pLOV
'tetY.oiiv). Tale pneumarologin, di forre
rad ice mi tologic11, è imponan te per la S'inconm1 in greco col signi6caro di
crist0logia di Erma: sim. 5,6,5: «Dio domici/10, abito.zione 1 ; Democr. r71 ==
fece abitare nelfo carne da lui prescelta Dicls r 416; Eur., Or. i 114; P~cud.·
( xa-:<~x l.O'EV ò i}Eòç cl<; c;cipxcx i'}v Ì'){3ov· Aristot., mu11d. 393 a 4; fr. 482; Str:ibo
Àtw) lo Spirito Sanro preesistente, crea- c2,5,3; Plut., Pomp. 28; P. Oxy. n
tore di ogni creatura»; questa carne 281,u; BGU rv 1167,33; P. Tor. 11
·nella qu:1le 11bi1ò lo Spirito Santo 3,23; iscrizione d i un 'lcr~lìetov (ed ico·
1a una dunora nd udi La sapicnz:i usci per men1e •IUcoia: Dio dii all'uomo (ma.~J. 3,1:
ri~ie&:re p1·t-:so i figli dc'f!li uomini , ma non tv 'tjj 11apxL 'tClV'TlJ, non tv 'tOLc; ooliÀoL<; 'tOÙ
tro,·ò un'nbi1:izi1mc; ~lk1ra la sa1licnu rornù 0Eov) uno Spiriw st1mo delica10 che abita in
al suo IU()jlo e pose b propria rt"iidenza ira lui conl<: in un V:L'<l. Qucs10 Spìrìro non può
gli angeli. E l'ingiu.iizia wcì d•llc >li<! Sian· t'03bnor~ con uoo sr>1rito m•ligno perché ha
ic, irovò q11dli che non avc\'a ccre>1ti cxl n bisogno <li n10ho posto per polc:t vi~~rc m
hi1ò prcss<> cli lo• •> rnone fa pioLt&i• nel dc· pace e in gioiu (nl(111i/. 5)•. Per la qucsdonc
suw e la 1ugiada •uUa terra assernta» cli dell"oriAin<: di tale pn<?uma1ologid e <lemono·
nUO\'O mondo è il i;n1nclc eone Jd giusti• logia, DinEuvs rinunda a W. Bousscr:
(/ leu. SWIJ. 6,,8); \VJHlll~Ctf. l\cllb. Br. 104. ARW (1915) r 3~ S5 cd ipo1i>%A una prove
nicn?..a iranica, prcc1san1CJlle •una tradizione:
! Per ll~r111 ., mal/ti.' 1.3 e :;,2,1 cfr. Orni;·
ellc:nis1ica con u na vena orie111alc e persiana..
LlUS , Hum. 516 a man/. 5,2 ,3: •Qui mon.-•
1>eN, SQflraUutlo ncll'11hi1na pror>:>"zione, l'i • Per 1u11a la <JUl'5tion~ dr. l'excursus •I.a
J~. lì tanto 5-0t1olinc~1n, che la 11.t.txpoìhip.(a pneumarologia dci ma11J111a,. in DIBELIUS,
è un 7tVEÙILCZ i:pVCprpov abiuiirc nc!l'ucHno Herm. '17·] 19.
In qucsro P"'So si fa dunque scnme il ricla·
OtXl)'tTlpc.<)V
borarorc crmiano della u:idizi01"' 1>recri<1ia
na, il quale riduce notevolmcnic una 1alc I otx~v. 'il luogO d"ahitv.ionc', cfr.
pncuma1ologin•. lbùl. 'Il (excursus): «Ln DEBR., Cnech. lr'orlb. S
281; P. C°JIANTMI
concezione che è meno cristi ano è pmbohil· NE, forrm/Wfl des //UIHS (1933 ) 63.
letta di Iside) 2 : cùv -roi:c; 7tEpl o:ù-rò magine de lh1 'i.::isa' t v. r: olxoòoµi) 'tOV
xo:-r~xoooµT)µÉvoLc; o(XT)"tTJploc.ç, «insie· i}toii) e la continua: abbiamo qui, evi-
me con le dimore costruite intorno ad
esso»; Ceb., 111b. 17; 2 Mach. 2,2 3 • In dentemente, un 'antica conceiione gno-
J-Jen. 27,2 indica il luogo delle pene e- stico·irnnica nella quale il corpo umano
te.rne dei maledetti: wÒE Ém.cvvo:xl}T)- è assimilato a un 'edificio' o a una 'abi-
O'ov-ro:L, xo:t WÒE fo'-ro:L -rò OLXT}'ti)pLov,
«qui essi vengono raccolti e qui sarà il rnzione'.
loro domicilio». Iudae 6: ayyÉÀovc; 'tE
-roùc; µi] 't'Y]pi)cro:vw.c; TTJV ÉO:V'tWV O:p·
x.iJv O:À.Àa 0:7toÀL116v-ro:c; 'tÒ tòLov otxTJ·
•-fipLO'\I EÌ<; xpl.ow ... 't'ETi)pl}XEV. "gli 11 termine non è raro nei LXX (ren-
angeli che non conservarono la propria de rbut, jiiiab [ m6Jab]. mii'on o m" 6-
origine, ma lasciarono la loro dimora na, l'aramaico m"dàr): Ex. 12,20; i5,
specifica ... egli li ha serbati per il giu· 17; 3 Boccr.8,13.39.43.49; 2 Par. 30,27;
dizim>. Cfr . .le immagini simili di Hen. l}i 32,14; 75,3; 106'4·7i Nah. 2,12. 13;
,. "" ) I "" I
T2,4: EL7tE -roiç typrrropo1c; 'tOV ovpo:· l er. 9,10; 21,13; Dan. 2,ci:; ]Mach. 2,
VOU, ohWE<; a7to).mov-rt<; 't'ÒV ovpa.VÒV 15·(cod. A).
'tÒV tilj!T)À.Ov, 'tÒ ay(O:C7j.10: 'ti'jç cr-r<iO'EW<;
"t'OV o:l.wvoc;.. ., «>1nnuncia alle guardie Nel N.T. xa•otXTJTTJp1ov sembra
del cielo che han no lasciato l'alto cielo, entrato come termine proveniente dai
la dimora santa ed eterna... »; J5,3: Ò1a
-.{. a7tEÀL7tE"t'E 'tÒV ovpa.vòv 'tÒ\I ù4rnÀòv
LXX: Apoc 18,2: xat tyÉvt-co xa·
-còv éiyLov -coii o:Cwvoc;; «perché avete 'tOLXl')"t'TJpLov ooctµovl.wv xat lj)vÀax'Ì)
lasciato l'alto, s:imo ed eterno cic- 7tav-.òc; 1tvEvµa•oc; <ixaìM:pTov xcx,t
lo ... ?»; 1.5 .7 : xa.t Sia -.oii-.o ovx t11olTJ· q>vÀaxTi 7tav-còç 6pvÉov <ixa.Oap-cov
<HJ. Év vµ~v ~ÀEiac;· 'ta 7tVEVf.lO:"t'O: -roii
OÌJpetVOV, ÉV "t'0 o\Jpo:v0 TJ XIX'tOlXl}O'L<; xat J.Lt:µw-r11.tivov, «ed è divenuta a-
o:v'twv, «perciò non ho creato per voi bi taiione di demoni e prigione di
donne: gli spiriti del cielo hanno in ogni spirito immondo e gabbia di
cielo la loro dimora». Tu1ti questi e-
sempi mostrano che olXTJ'ti}pi.ov è usa· ogni uccello impuro e abominevole».
to sopranurro per indicare I.i residcn· Tale descrizione della caduta di Babilo-
za degli angeli in ciclo. nia è espressa con p>1role proprie, m11
Il termine ricorre in 2 Cor. 5 ,2 con si riallaccia ad Is. i3,21 s. ('Itp. 27,39
un'accezione antropologica: ... <1uvci- [5oa9); Soph. 2,14; Bar. 4,35). Si
~oµEv, -rò olxn-rfJptov 1]µwv "t'Ò É~ ov· può ragionevolmente ipotizzare che i
po:voii É7tEVOVO'wrllaL È1tL1t0iloiiv<tc;.. ., termini xa-ro~Xl}"t'i)pLov e cpvÀo:xi) sia-
« ... gemiamo, desiderando di esser ve· no stati scelti non soltanto a causa dei
stiti della nostra abitazione celeste ... »; LXX, ma anche per l'inRuenza di con-
OlXT)Ti}pLO'\I È~ OVpaVOÙ riprende i'im· cezioni gnostico-apocalittiche (~ olXTJ·
2 G. PLAVMllNl'I, P10/emais (r910) 3:;. PRJl!StGKE. Worl. u 156. Anche fùtv. los., Ap.
r ,1 J3: xa.t lìoÌ><; olxY)i:·,]p1ov a.irti;'> Ka.p1ia.,Jia'V
J LIDDELv.Scon- 1203; MouLT.·MILL. 44 1; El;httµlj!Ev tx -rii<; Bc.:~vÀwvi.o.c;.
(v,158) ·H
• iJp1.ov). Anche il grande qu:idro dcll'c. 1 H in pui; Sopii., Ani. l069; Arisroph.
dilidu e dcl tempio pneumaciro alln fi. pax 205; Pl:it .. resp. 2.370 e, ccr. 1 • Ne
signilic,110 Ji /ar abitare, assegnare /Il
ne d1 Epb. 2 comporta l'uso del nostro domrr1/10 il verbo è divenrato corrcnr
rerminc: ÈV ~ xat UJJ.Ei:<; awouco&- nel lin~uaggio yuoLidiano; cosl anche i
1uinilE E1.ç XCl 'tOlXT]'ti)pLOV 'tOÙ ikoù t'V P. Oxy 1v 705, 24 e nei LXX O\'C rcn
itveuµa·n, «nel quale :inchc voi siete Jc: iutta unu serie di verbi ebraici 1.
Ce11. 3,2 4: xa.T<!>XLO'EV ocirròv antvo.v-
1:ucdilìca1i od nbita7ione di Dio nel- .. L 'tOÙ 7tapoc&Elcro'J 47 ,6: Èv "t'TI aEÀTl-
lo Spirito» (l!ph. 2,22). Come in 2 O''tn yi\ xa"tolxL<rov [ c0<l. A: xa•olxTJ-
Cor. 5, r, In fra~c XGt'tOLXTJTiJpiov ;ov crov J "t'ÒV 7ta.Ttpa. crov, ..,{a' :ibitare tuo
p:1Jre nella terra migliore»; 4i 4,9: crv ,
l}Eov riprende l'immagine dell'edificio xvplE , xa."t'a µovot<; É7t'tÀTttO~ xa.<<t>xL-
(olxo1io1J.iJ) e dd 1empio (votoc;): si rrn1- <Tac; f.lt , «tu, solo, o Signore, mi hai far
t•• dell'cdilic:izione pneumaciai di tutta 10 nbitnrc in spemn7...i»; Ez. 26,20; 2!).
14; 36,11.33; J8.t 2.r4; 39,6 (cOd. A).
la comunità. 26; ccc.
B,unnb:i so11oline.1 invece l'aspetto Trovimno il termine (ancora una voi·
indi\'idu:ile: 6,c 5: vali<; yàp ciyLoç,
ci&r>..qio! IAOV, ·~ xvpl~ 'tÒ xa<OLXT)'t l)- 1a con carattere di formula, come mo-
PLOV i'l!J.WV 'tYJt; XClpÒ tw;. «I'ahi tazione stra il confronto con Enna) in Ioc. 4,5:
dcl nostro cuore, fr:itelli miei, è infatti "\'O 'l:VfVllGt o XO.'t<!>XLO'EV tv i}µtv , «IO
un tempio snnio per il Signlu·e»; r6,7 :
7tpÒ 'tOV i'}JL<Ì.ç 7tL<1<EÙCTCU 'tQ l}t<i) i'jv Spirito che Dio fece abitare in noi»'.
i)µwv 'tÒ XO:'t'OlXTJ'tTtPLOV 'tnc; Xotp&tac; Similmente leggiamo in Herm., monti.
cpl><XpTòv xcxl ci~E'JÉc;, «prima che ere· 3, l : <O 7t'\IEÙJJ.Cl. O Ò i>EÒC, Xa'T~XL·
dessimo in Dio l'ubirnrolo del nostro
<TE'J tv 'TI crapxL "t'O.V't1), «lo Spin-
cuore ero corru11ibilc e debole»; 16,8:
bl.Ò ÈV -:è;I XGtTOLX'l'}<T]p~ i')1J.W-1 cXÀ T}- w che Dio fe<:e abitare in qucsca C tr·
i)Wç o i>Eèc; Xot'TOlXEL tv iiµi:v, «perciò ne•; SII!/ 5,6,5: "t'Ò T.'VEVµcl "t'Ò iiyLOV
nel nosLro abi tacolo vernmeme Dio abi- -i:ò npo6v, 'tÒ x'tl.o'a.'J TUio'a.v 'TT)v X'tt-
ta in noi». L'iden che il nostro cuore è
un tem1>io di Dio ha in Barnaba qu:t>i crw, XCX't<t>XLUEV Ò i}EÒ<; EÌ.ç crapxo. f}v
l:t lis•it:'1 di una formula. t~ovÀE'tO, «lo Spirito samo pree•isrcn-
tc, creatore di tutta la creazione, Dio
i' XO:'tOLX(~t•)
lo fece obirnrc nella carne che ei1li
l n Cretn appare l:t forma xot't<t.fOL-
xlo&w 1; il \•crbo è attestato eia Hdt. 2, scelse» (cfr. manti. ,5,2,5: lhav y&p
'taii·m -.à 1i:vEvµ<na Év tvt &;yyd~ xa- caso non è possibile sapere con esattez-
-.o~xfi, «quando infatti questi spi riti a- za che cosa voglia Jire Ioc. 4,5.
bitano in un unico vaso»; mand. io,2,
6; 3,2. Va forse ricordato anche test.
B. 6,4: XUpLoç yà.p Év av'ti;l X<l'tOLXEL,
«il Signore. infatti, abita in lui» 5). Con È un participio sostantiva to (da
riferimento alla dottrina biblica della sonintendere: che si riscontra
yi'j)
già in Hdt. 4,00 (6òom6pEov Éc, <1Jv
creazione o della conversione si pensa
olxEoµivriv, «Si dirigevano verso la zo-
che lo Spirito santo abbia ricevuto da na abi rara») e poi in Dcmostene, in Ari -
Dio la sua dimora in noi ; ma in ogni storele, nelle iscrizioni e nei papiri 1•
s DIDliL!US, ]k. 2o6, unch.: n. 2: •Qucsro l'ecumene l'ellt'nico abbandona la sua limi-
s ignificaco d i lt'JEiiµa = ' lo spirico buono dc» Lmcz"O n azionale; il mondo della cultura è,
naro da Dio che dimora nell 'uomo' è pOS· in via cli principio , idemico all'ecumene; la in-
sibilc anche nd ces t0 apocrifo della nostrd rolrura viene spinra ai margini dell 'ecumene"
ci1a2ione, anzi è addirinura probabile a moti· (~ KAE~ST i8). Nell'ellenismo J"o(xouµivT)
vo della corrispon&.:nz.1 della prt>posizione re- "iene a sostituire l'antica 1t6},L<;, il v6µoc;
larivo con Erma ». \Vnmcsc11, Kntb. Br. 27 . l<OL'Yo; o ì.6yoc; òpaclc; prende il posto dep,li
anrkhi véµoL. Nell'età dell' impero romano l'i-
rì o1xouµtvri d<"a filosofico-culturale dell 'otxouµÉVT) cllcnicu
LlDDELL-Sco·rr 1205; MOULT.·MIJ.L.. 44 3· J. viene a fondersi con la concezione politico-giu-
K>.nasT, Die anlikc ldu der Oikumme i11 ridica dell'impero di Roma : !"idea che !"impe-
ibrer poli1irclJ<·11 11nrl kull urelleu Bede11tu11g ro romano abbracci l'olxou1~tvri è greca: «Men-
(1903); J. VOCT, Orbis Ro11101111s. Zur 1'ermi- tre i CTealOIÌ dcll:t politicn romana dopo 1u
11ologie des · riimiscbm lmperinlism11r ( 1929); seconda guerr:i punica a~cnsrono quasi con-
PRF.ISJGKE, \Vòrt. Il 163 s. (dove s i ha anche trovoglia l'inevitabile espansione dello poccn
l'ngg. otxouµt~x6ç, 'l'is:u•rdantc l'impero ro- za romonn verso oriente (sia pu re con l'ecce-
mano'). zio ne di alcuni novatori lungimiran ti ('Ome
1 Jl concetro di ot""~µÉVT) indie-•, anziruun. l'Africano l\·!aggiorc), i Greci compresero bene
una realtà gcograJiCl. 1na ben presto nnch\! " molto presto tut ta la portarn dcll'espansio .
una culturale e p0litica . La religione, la filo- ne romana. Il volgersi della potenza d i Roma
sofia, la politica (ad es., gl'idCllli di Alessan- verso l' Asia, rerza parre del mondo, apparve
dro Magno) concorrono a creare l'idea d ella loro come il passo decisivo sulla vi11 dell'im-
co1nunità umana verso cui tuui sono in1pe- pero m<>11d iale e la vittoria su Antioco di Siria
gnati. Sorge il cosmopolicismo della cultum fu v isr3 co1ne segn:1nte un'epoca ncUa storiu
tardoellenica che formula 61osoficamentc l'i- dcl mondo conosciuto. Souu l'impress ione di
dea dell'umanità: «L'ellenico ideale è con- t'1 1i evcn1·i gl'inviat i d'oriente salutarono i Ro·
temporaneamente e direttamente l'ideale co- mani mine signori dell'ecurncoc. Altri annun-
smopolita, il rappresentante della vera uma· ciarono in ecriranti visioni il sorger'! dell' im-
nitil; liberatosi did suo primo luogo d'origi· 1x~ro monJiH)e di Roma che si ven iva a SO·
ne specifico c:sso abbraccia rutto il mondo». sùtuirc :il dominio matt.'<lone» (-+ VocT lo,
«Ora che sono inclusi in qut!SI A wnnnitÌi ge- t.-on rimando a C. T KfEBER : Herm. l i [ 1892]
nerale, anche gli cleme nti non ellenici vengo- J l7 ss.; W. WEBr.k, Der Prophe1 w1d sei11
no a'3imilari i111irnamcn1c a q uelli ellenici e:, Go11 [ i925) 57 ss.). La più anrka menzione
sono lit carcgoria del rviooalc, vengono ele- dcl dominio mondinlc di Roma <I• parte rO·
vati allo · sfer. dell'ellenico ideale. La con- mana si legge in Rhetorica ad C. Il ere1111111m
trapposizione 011 elemwti ellenici e bnrbari (cd. F. MARX, 18\M) 4,9,13: 11ed11111 il/i impe-
viene a cadere: per prendere possesso del- riurn or{JÌS tcrrac, cui i111perio 0111nes gentes,
{1 olXQ'JfUOVTJ (0. Michd )·
Fin dall 'inizio l'espressione indica sem- vernce e attestalo in tutta la terra». Hi -
plicemente il mondo ahiwto in contrnp- corrc anche in invocazioni magiche; P.
posizione a quello (relativamente) disa- Lond. 121,704: O"È XCl.À.W 'tÒv XCL'tCI.·
bit<ltO. Tale è l'uso che ne fanno Ero- ÀciµnoV'toc -rriv oÀ.lJv olxou1.iÉvl]v, «in·
doto cd Aristotele ( meleor. 362 b 26 ); voco te che illumini tutta I~ terra»; P.
secondaria è invece !:i limitazione del =
Leid. 5 ,2 ,9: YjxE µoL o ( w) lìfo1to-toc
nmcctto al mondo Jclla cultura ellenica -roii ovpavoù, È1tLÀ.cXt~1tW\I 'tTI OLY..OUµÉ -
I indicazione di D ebrunner]. Ben pre- vn, «vieni a mc, o signore del cidu,
sro esso include l'i mpero romano: P. che splendi su lla terra» ; per altre indi-
Oxy. 7,rou,5ss.: ò lìl: -tfi<; otxov1.ié- cazioni CIG n 2581; m 4416.
vl]ç X«i 1tpoa-ooxl]iMç xat H.mo-iMç L'espressione ricorre anche nei LXX,
Av-toxpci:twp à:rcolìilìnx-taL, <iyaMs ove corrisponde ai termin i ebraici 'ere!,
oc.tlµwv ot -rfjç olxov1~V11<; [ ci:p JxTi wv ~eled, jaJab, tèbél; dr. 1)1 17,x6; 18,5;
rµÉyin }te 1t6.V'tW\I àyaaGJ\I NÉpwv 23,r; 32,8; 48,2; 49,r 2 ecc.; ls. 10,14.
Kc.tL<rap à1to/ìÉlìELX'tc.tL. Ditt., Or. 666,3 23; 13,5.9.n; 14,17.26 ecc. È abba-
ss.: btEt [ Népwv J K),auoLoç Ka[aap stanza frequente anche in Filone, ad es.
~E~cter'tÒ<; r EpµaviXÒ<; ctV'tOXp<i:-twp, o leg. Gai. ro; vit. Mos. 1, 157; 1,195; 1,
àyaaòç lìal1~wv -rfic; olxou1~Évl')ç ... , 255; olxovp.Évl] ha in F il one sop rattu t-
«poiché Nerone Claudio Cesare Augu- to un senso generale, non politico; in -
sto Germanico impcrntorc, il buon ge- dica la terra ahitatll in contrapposizione
nio del mondo ... »; 668,5: NtpwvL a quella inabitata, e anche l'universo 2•
Ki,auoiwL KalO'c.tpL I:E{3a.a--twL rEPllCI.· Cfr. Fh1v. Ios., ant. u,196,29 2; beli.
vc.xwL a ù·roxpa:top1 i:wi a-wTijp1 xat EV- r,633; .5,187. Tnlora troviamo il termi·
Epyi-rl]L ·Tijç olxouµÉVI]<;, «a Nerone ne, come impresrito, anche nella lette-
Claudio Cesare Augusto Gem1anico im- ratura rabbinica: jqwmj11j (leggi: jeq1ì-
peratore, salvatore e benefattore dcl mi11i) = la terra abitata: Gen. r. 32,5;
mondo». Si crawi qui di formule ben Jalkut Gen. § 56; Qoh. r. a 6,3 ('wqw·
attestate e fisse dello s tile imperiale: njnj) 3 •
cfr. Preisigke, 5ammelbuch 176,2: -tòv
EVEpyÉ1:r)V xal O'W'tTjpa tjç oÀl]ç ol- Nel N.T. oixolJl.ttvrJ non è raro, a
xovµivl]c;, «( Mar.co Aurelio) benefa tto- cominciare dal detto profetico di Mt.
re e salvatore di tutto il mondo»; J070
( Abido ): a\jJEV<T'tO\I xoct s~'OÀ.l]c; olxov- 24,r 4: xat X'l'JPVX~iio-t"ta~ -ro\Yto -rò
µtVl]ç µap-tvpouµcvov, «(il dio Besa?) EuayyH.Lov -rijç P=~ÀElaç lv OÀ.1J -tjj
olxovµtvn dç µap'tvpwv 0tiiaw 'to~ tm~parc l:l frao;e aramaica 'ìltà' 'al '11/
i!t1vc11w, «C yuesto cvangclo dcl regno ma' = stare per colpire il mondo (= e·
sarà proclam:110 in tutto il mondo per braico bO' l'"6lam) 6 . Forse la medesima
essere una testimoninnza per tutte le tradizione ebruica o aramaic11 va scon :1
nazioni». In confro111u n Mc. 13,10 il anche dietro Act. TI,28: tcri)µawEv OLà.
testo di Mt. 24,r4 ha un tono molto •ou nvEvµa'toc; 14.1.òv µq<i:Ànv 1u\l-
più solenne e liturgico; 1,1 formula iv À.cw ~a'ccraa1 tcp'oÀT)v -rii'> o(xovµÉVT)v,
~ÀTI Tfl olxouµtvn è chiaramente ripre- «predisse per mcz7.0 dello Spiri tO che
sa dal linguaggio ellenistico rnmune •, ci snrcbbc stJta una grande cnrest ia su
ma manca in Maueo qualsiasi traccia tu11a la terra», e Apoc. 3,10: x.6.yw l1E
dello sri le politico-imperiale: si 1ratta -rTJpl\aw ix i:fjç wpetc; -roù 1tELpa.11µoù
unicomt:nie dd lieto annuncio die do- • Tic; µEÀÀ.ovcr'l')c; iipxeal>m btt i:fic; ol-
vrà obbrncciare tutti i popoli e tu110 il xov1,1év11.; oÀ1)ç, «anche io ti protegge-
mondo rò <.!all'ora della prova che sta per ve-
lnvecc in /,c. 2,1 forse non manc.1 nire su llltta la terra». Aci. 17 ,6 pro\la
un'eco dell'orgoglio romano: 0:1t0ypa- che o(x.ouµÉvT) è una parofa del grcro
<PEO'itcu niio-a.v -ri}v olxov1~tvT)v, «che parlato: ~owvi:Ec; oi:1 et i:i)v otxovµÉ·
venisse censirn tu tra la terrai> s; Luca VT)v &val1'tai:t:wo.v'tcc; ov"to1 xo.t tvM-
ha comunque una cerrn predilezione OE r.<ipELO'LV, «gridando: Costoro, che
per olxov1.1ÉV'l), che in~criscc in 4,5: hanno messo il mondo so11osoprn, st>-
t&til;tv a.\rtQ nO:ua.c, i:ò:ç (3aaLÀllac; no arrivat i anche qui»; né m:inc-.i , inol-
i:Y}ç olxovµiVT)<; Év O"t1y11ft xpévou, rte, l'inlluenza dei LXX, come si vede
«gli mostrò in un istante tu11i i regni dal medesimo capitolo (Aci. t1 ,31 ): tv
d ella rcrrn» ( Mt. 4 ,8: -;-:ci.aaç 'tàt; !kt11~ ii µlÀ.À.EL xptvtw 't'ttv otxovp.EVTJv iv
'ì..tla.ç 'tOÙ xéaµou, «tutti i regni dcl Ò~XO:LOO'WTI, «(u n giorno) in c ui giudi-
mondo»). In Le. 2 1, 26 ~uonn come cherà il mondo con giustizia»'. Anche
unJ profezia npoc11li11ica · à.nò Cj)0- Art. 19.27 si nccorda benissimo con la
13ov xa.i µpoa&oxlac; i:wv tnrpxc.- parlata corrente: i\v OÀ.TJ Ti 'Aula xo.t
µlvwv 'tTI olxouµÉvn, «per la pnu- Ti olxouµlvY) 11l{3no:L, «(la dea) che tut-
ra e l'a11esa di quanto stn per ac- ta l'Asia e rutto il mondo adora»; d r .
cadere al mondo»; nella fom1ulnzione 24,5 : x.at XWOÙV't(7. O''ti:i.!THç T.iiow
• Flav. Ios .. ani. 11,l96: t.'IJ'tfi7<1' oè 1!E~~1tt1•· • ST1tAC1:-B11 r.l!RBr;CK n 255: 1v 799.q;li .
t)ilxvTa xa&'o>..T]v 't"iiv otxovµill't)v :>.<lpOtvov~ 1 l'u:USC'Jl&N. Apost11.. ( 191 2 )
110: di v . 3'
lV1tFCittic; è una citazione dA o/ 9,9 = 91,13 "" 97.9:
' KLOncu1ANN, Lk. 31: •lp<'1·bol~ indic1me il resro d cl diSCOt'so pniçedc ;,,......,.,, com'è ri·
l'orbis u"1r11m abbnccio10 tbll'iinpcro r->- chiesto dal suo scopo, usando l'A T con 1tmn·
mano • . de p:usimoniu.
H•J I I", 1(<0) c\n~ X't À. ( R. Iluhn~rnn) (v,161) 45'
w~c; 'IovliaioLc; 'to~c; xa.i: à "tTJV otxov- ba', 'il secolo venturo'. Aache Apuc.
p.lvl)v, «e provoca disordini tra tutti i 12,9 (ò r.À.a.°VWv 'tTJV otxouµiVl)v llÀ.T]v,
Giudei, in qualunque parre dell'impero «colui che seduce tutto il mondo•)
si trovino»•. e r6, q (éì. ÈlmopEVE'\CU tnt 't:OVC.. ~ClC'lr
È singolare che P:1olo non usi o(xov- ).c~c; ;i'k olxovµivl]c; oÀT)c;, «i quali ~i
l~Évl) se non in una citazione di .V r 8, recano <lai re <li rutta la terra») vanno
': xat Etc; -tà 'ltÉpa:ta. -rijc; olxovµivric; considerati come trasposizioni di anti-
-tii. in'l!.i.o.'ta. a.v'tWv, «e le loro parole che tradizioni apocalittiche nella parlata
(sono giunte) fino ai confini della Lcr- ellenistica quo1idim1a. N ell'nmbico del
ra» (Rom. 10,18}. N.T. nemmeno i brani apocalit tici pl'e·
L'influsso della parlata comune el- sentano uno scontro con la concezione
lenistica è evidente in Hehr. T,6 (O't'ctV politica romana dell'obco1111tv'I).
liè mn..~v Eiaaya:rn -ròv 'ltpw-to"t'oxo\I Nella preghicr3 di J Clenz. 60, t o{w
dc; 'ti)v olxovµÉVTJV, «C quando introdu- xovµivl] ì: prntic.11nentc sinonimo <li
ca nuovamente il primogenito nel mon x6a1.ioc;: O'V, xtipLE, -rTiv otxovµÉvl)v ex-
·ncro.c;, «tu, o Signore, crcus ti la cc1Tu»;
do») e 2,, (ov yàp liyyÉÀ.o~ ùnhal;Ev forse il ter mine non indica ~olrnnto il
't"Ì)V olxovp.ivriv -rl}v µD.>..ouO'av, cnon mondo degli uomini e degli esseri ani·
è infarti ad ungeli ch'egli ha sottopo- mati, ma anch(• quello delle potenze
nngcliche e spirituu li 9 • In quest'acce·
s to il mondo futuro» ); in quest'ultimo
zione va probabilmente vi~tn l'influenza
passo traspare anche chiaramente l'an- dell'uso linguistico dci LXX su 1 C/cm.
ticn espressione apocalinicn '6/iim hab- 60. o. MtCliEL
) A.-sch., l'wm. 239: Soph., Ai. 525; Phil. g --+ lll, c'Oli. 401 s.; inolrre Plat., ap. 37 a;
965.1074. dr. ondie Aristo! .. r/Jet. 3,16 p. I4 17 a J 1.
4 Pind., Pytb. 1,ll5 (opposto a q>Mwç]; P.
' Aristoph .. vesp. sn s. 9ì5 s.
Masp. 7,19. 10 Cfr. Plnt., leg. 7, 8ood; 12H19b.
5 Hom., 11. 11,8 r4; r6,5; Aesch., Prom. 312; 11 Acsch., Suppi. 209; Soph., Oed. Col. 109;
Ag. u41; . Soph., Ai. 652; Xenoph .. 1111. 1,4.; ; Phil. 1042 ; Eur., Aie. 25 1: Aris1oph., veip.
oec. lA-7; ;,40. 327 s.
6 Aèsch., Suppi. 209; Soph., El. 1410 ss.; 11 Plat., lcg. 2,653 c.d.
Oed. Col. rn9.2.12; Phil. 507.756.
I~ V. ARNIM lii 100.43·
7 Cfr. Soph., f'bil. 309 s.; dr. ùwlrre 501 coa
Il A differenza di l).Eoi;, --+ 111 , coli. -102 s.
507; 967 cun 1071; Epici., diu. 4 ,6,18 s. con
2i. T due verbi sono colle(l3 ti in Pla1., E11- " Gorg., Pal. in Drllls li 262,25; 'fhc'OCr. ' 5,
1hyd. 288 d; Philo, /11g. 95: v1rt. 91; sono u- n: Artlh. Pal. VII .359·' ; i>R~ISIGKE. S11111-
saci paralldumcnic: in Antiphon 3,1,2 (p. m elbuch 3923 (r 263).
294 s. ed. T11ALHEIM). Cfr. Aristot., poet. r4 16 Ciò va consideroio un scmitismo: B1 .. DEnR.
p. •·U3 b q (o(x-rpbç) con b ' (D.mv6ç). s 142.
o!ni{.i<J X"tÀ. (R. Bultm.onn) (v,161) 4H
17 Ei<. 33,19; 4 Jl(l<r. 1 J.2j; Ts. 27, u; o/ •H, 11 o(x•lpw: l Bar;. g,)O; ili 36.21: 1oi.t s:
2 s. A11<hc nei in cui mant<hi un 1ermi·
C'ISl 1 t r ,,-: Prov, 1 2,10; 21,26 ecc.; oix-npµ.cl: 3
ne ebmiro corrisponJenic, otx.nprn1 cd i>..u~v Ba<r. 8,50: Z11ch. 7,9. ljl IOh16; 2 Par 30,9;
w no congi unti (Prov. r 3,9•; 2 Mach. 8,2 s.); 2 lisdr. 11,11 : 4M11rh. 6,24; olx-<l/Ji~wv : ljl
Da11 9,1R legge nei LXX ihtoç. mcn1rc Theod . 1o8,12i 1 r •rt ; Uv11. of,to.
hJ otxnpµol. La [mS<: frequente rJhU1'1 w'·
IJ11nnii11, 'misericordioso e: pietoso', t.- rcs:i qun.
1• G HA101<1. Pa11/m ,,,,J dus G,b,1 ( 1936)
88 s.
>i s~mpr~ nci LXX con dx-tlpµwv X(lL ÈÀt-/i
20 Solt11nro in Sap. 1g,10: otx•Fé; f1J111t•n -
µwv (lix. 34,6; IM 2,13, fon. 4,1; lii s,,, s:
rrvole ( = che muO\'t' 11 piet~)
102,8; llo,4; trt 14; , l'ur. }0,9; così anche
Ecc/11~ 1,JJ ). Andic q11~ndo si trnt ta di ren- 21 2 Mach. 8,>; J l\lrtrn ,,,r; Dio è :.cmpre
dere l'acrosianwnto di ht•Jt•tl (NJsàtll111J ,·o 1 SOr,l(Clln.
r.1~ii111inr ritrovumu ihtoç (i),t~) accanto " ?! r Mach. JM; ; Mach. 2,20 ; 6,2 (in entram·
olx;Lp1~ol: ljl 14,6: 39,11 s.; ,0,3; 68,1 7 ccc. bi i passi : la miserirotdio di Dio).
4.5.5 (v,162 ) oinlpw x-.À. (R . Bultmann)
cordie», che è una pia espressione giu- dei cristiani. In Hebr. 10,28 si pensa
daica molto comune 23• In cale locuzio· invece alla pietà della legge o del giu -
ne il gen itivo non è di qualità, ma di dice: àiknio-a.<; -ri.ç véµ.ov MwiiciÉwç
autore, come si vede dalla frase paralle- XWpLç olX't•pµwv... aito!Nl'lcrx.EL, «UllO
la i}Eòç -n:furriç 1ta.pa.xÀ.i)crtwç, (~Dio di che abbia violato la legge di Mosè mut>-
ogni consolazione», e dalle due espres- re senza pietà ... ».
sioni giudaiche parallele ba'al hiiraf?ìi- Come aggettivo troviamo nel N .T.
mlm e 'iib hàraf?am'im z.<: Dio è il padre soltanto olx.-rlpµwv (lac. 5,n) qu:ile at-
dal quale proviene ogni misericordia di tributo divino in una raffigurazione
cui noi veniamo a beneficiare 25 • Gli di Dio che è ripresa, con qualche
olx·npµo' di Dio vengono ricordati an· variazione, da lji 102,8; r I0,4. Anche
che in I Clem. 9 11; r8,2 (cirazione di in r Clein. 23,1 olx-clpµwv è attributo
lji 50,3 ); 20,r 1. divino; nell'invocazione di r Clem. 60,
Nell'esordio dell'esorta:z.ione paolina r ·il hostro aggettivo è congiunto, se-
in Phil. 2 ,1: ... tt ·rn; <T1tÀ.ayxva xa.t condo l'uso veterotestamentario, con
olx·npµol, gli ulrimi due temùni 26 co- ÉÀ.Ei)µ.wv. Nel detto di Le. 6 136 la mi-
stituiscono evidentemente un 'endiadi, sericordia divina cosàtuisce il fonda-
«SC c'è una qualche affettuosa compas- mento dell'esortazione alla compassione
sione»: cd è precisamente alla compas- umana 25 . Tale incitamento viene ripre-
sione dei Filippesi d1e l'Apostolo fa ap- so sostanzialmente da Giustino, apol.
pello per dar forza alla propria esorta- I 5 ,3 : yl vE<fflE ÒÈ XP'IJC1"'ot xa.t olx-clp·
zione 27. Anche in Col. 3,12 la miseri- o
µovtç, Wç xa.t na.-r-i)p vµWv X.PTJO..!éç
cordia auspicata è un atceggiamento u- ÈcnL xa.t olx'tlpµcJJv, «siate benevoli e
mano: tv5U1Ta:cri}t ouv ... uitÀ.ayxva: otx- misericordiosi, come :inche il Padre vo-
·npµ.oii, XP'IJ<T'té'tr)'t<X. x-cÀ.., «ves titevi stro è benigno e compassionevole». JI
dunque ... di amorevole comp;Hsionc, di medesimo pensiero ritorna poi, con
benignità, ecc.»; similmente in ' Clem. qualche modifica , in Tust., dial. 96,3.
56,1 olx'ttpµol indica la misericordia R. BuLTl\·tANN
t otvoç
La vile è una delle più antiche pian- tà, è il primo viricultore. NeU'A.T. si
le .:ohiv;ite; I.i sua coltura risn lc 11 rcm- trovano molti passi in cui si loda il vi-
pi preistorici e da età immemorabili è no: in fwi.9,13 il vino è la bevanda che
attc~tnlo l'uso del vino non soltanto rallegra gli dèi e gli uomini (cfr. Ps.
come bevanda voluttuaria. ma anche ro4,r5). L'abbondanza di vino è una
come elemento cultuale 1• Nell'antichità particolare benedizione di Dio: Gen.
il vino ha una notevole importanza, so- 27,28.37; Ioel 2,i3 s. Rari sono l'asten-
prattullo nella celebrazione di sacrifi- sione dal vino ed il suo rifiuto: cfr. la
ci e come offerta: per le suppliche, i posizione dci Recabiti (ler. 3.5) cd il le-
ringraziamenti, la propiziazione, i mor· game tra vino e culto di Baal in Os. 2,
ti, ecc. Le libagioni di vino sono asso- 10-14; 3,r. Tale atteggiam1:1110 positi-
ciate anche ad altri sacrifici ed hanno vo è confermato da l molteplice uso del-
un posto particolare nei banchetti cul- la metafora della vice(~ 1, col.927);
tuali, al principio, nello svolgimento od d'altra parie non mancano certo gli am-
alla line dei quali si era soliti offrire al - monimenti a non eccedere nell'uso del
la divinità un po' della bevanda o du- vino: cfr., ad es., ls. ),li ss.; Prov.
rante i quali si credeva di far festa 20,1; 21,17; Ecclusr9,1ss. Come nel
insieme con il dio, di bere insieme e, testo del mondo antico, cosl anche nel-
pertanto, di stabilire con lui una co- 1'A.T. il vino ba un posto particolare
munione particolarmente Slretl:a 2• Una nel cu lt o e vengono date disposizioni
parte eccezionalmente importante 11ssu- precise pe.r le libagioni (Ex. 29,38-41;
me il vino nel culto di Dioniso, la cui Ni1m.15,2-r5 ecc. 4 ). Flav. Cos., beli. 5,
natura è equiparata a quella del vino 1• 565 parla di sncro vino del tempio. Il
In Palestina l'importam:a del vino è vino come uno degli elementi del pasco
particolarmente grande. Secondo Ge11. pasquale è espressamente menzionato
9,20 Noè, il padre della nuova umani- solo in 1uh. 49,6, ma è stato certa men-
o!voc;
WAWE·POK. l 226; P. THOMSEN, "rl. ·wcin' : N.T. 1111d dcr 11/kohol: Dic S tudierstubc 22
Reallcxikon der Vorgcschichte ' •I ( 1<)29) 265- (1926) p 1·36.1; E. ZURHELLEN-PFLEIOF.RF.R,
269; J. I IEMPEL, L. KOllLER: RGG' V 1796· Dte Alkohol/ra::.r im N.T. = Die 11/kobol·
li911; K . KIRCllF,R, Dte 1akral~ /Jctlcutrm.~ /rage i11 clrr Rd1~io11 Il. 2 ( 1927); 1. \'</. RAY-
des \Veinu im Altertttm, RVV IX 2 (19ro); MOND, Tlx: T cachintt, of thc Early Ch11rch 011
H.F. LU17., Vit1c11/t11rc and Brc//lÌl1g in tbc tbc Uw of \V'mc and Strong Drmk (1927).
Ancient Orient ( 1922); J. H EMPllL, Myrtik 1 ~ KtROIER, passirn.
11nd Alkobolek1ta.re = Die Alkobol/rage in 2 Cfr. LtEl'ZMANN, Kor.: excursus a / Cor.
du Religion I, 3 {1926); ] . BEl\'ZJNGER: RE' 10,2 1. s.: l'unico c~erupio in cui si venga c..'Osl
xxt 58·62; V. ZArLE'l'AL, Dcl' \'{/cin i11 der i1J\'itati o. 1.>crc insieme con gli dèi è offerto
Dibel, BSt 20,1 (1920); E. Busss, Dcr \'{lei11 dalia litur!Jia solenne scoperta a RM Shamra,
im K11/t des A.T. = f.'reiburgcr Theologischè dotata tra 11 2000 e il 16oo a.C.; tale testo
Studicn 29 ( 1922); G . DALMAN, Arbtit 1111d i:: esaminato da G.A. BARTON: JBL n (1934)
S111c in Po/astina iv (193,5) 19r-.p3; ]. D01.- 61-78.
LER, Der Wein i11 Bibel u11d T «lmud: Biblica 3 Cfr. ). LBtPOLDT, Dionyros, Angclos Beih.
4 (1923) 143-167; 267-299; H. ScuMmT, Dic 3 (r93t) 38 e \V .F. Orro, Dio11ysos (1933 )
Alkohol/ragc im AT. = Die Alkobol/ragc in 136·141.
dt•r Religion 1, l (1926). ). IlOEHMER, Das 4
~ Bu~se. 18·28; ~ DbtLER 279-286.
o!voç (H. Scescrnann)
te usato molta teDl(JQ prima. Pes. 10; valido o è valso lino al suo i:iorno. Le.
contiene istruzioni panicol:t reggiate sui 5,39 h.1 f.111 0 ~egrnre :il loi:ion :.uc.1-
quau ro calici di vino del pa>to pasqua·
le (-+ v, cui!. ;P 8 ss.) e spiegazioni sul detto una parola di difficile intcrprcia-
lo ro significato. zione: xcxt où&dc; mwv ~aÀcr.~Ò\I OtÀEL
vfov· Myn yap· ò 1tcxÀcx~òc; xP'Tla"t6c;
Nel N .T. oì:voc; è principal mente usa- lO'i:LV, «e nessuno che abbia bevuto il
to nel senso proprio di vi110, mai J?el vecchio desidera il nuovo, perché dice:
contesto di atri cuhuali. Tra le caratte- Il vecchio è buono».
ristiche di Giovanni Ba11ista troviamo
l'astensione dal vino: Le. 1, 11; cfr. 7, Cfr. Ecclus 9,10: otvoc; 'VÉ~ <J>lÀo<;
vioc;· tàv ~cr.Àai.wllii, µEi: 'tvq>poavvric;
33 (Mt. r r, c8). Come gli uomini con- 7ttEO'Cl.L CXÙ'\'ov, «vino nuovo, ~mico nuo-
sacrati a Dio dell'A.T. si astenevano vo; qw1ndo sarà invecchfot0 lo bermi
dal vino e dalle bevande ecciianti con piacere.,; Ber. F a: «li vi no vec.
chio non è forse migliore?». Sentenze
(N11111. 6,3; cfr.Jud.13,41), cosl anche siml.li ricorrono <li frequente negli au-
il Ballista, nella sua completa dedizio- tori greci e romani: dr. Luc., de mt:r·
ne a Dio, deve esser unicamente sotto cede COnduCftS 26: "t'WV aÀÀW\I ijliL-
xcr.t Tt<tÀCXLlYtCX'\'OV olvov nw6v-
r:i'\'OV TE
l'inllusso de llo Spirito santo. TWV ... ,«il vino più vecchio è anche il
A d ifferenza di Giovanni, Gesù be- migliore di lllHÌ dn bere»; Plut., Mar.
veva vino; com'è attestato da Mt. 11 , 44 (1 43 r d); Plaut., Casina ~: tf"i u
19; Le. 7,34 (egli è chiamato olvon6-
t11n/14r vino vet~re, sapicntes puto •.
Preso da solo il detto di Le. 5,39 con-
Tl)ç), ed ha dato ragione d i ciò ( Mc. 2, traddice i versetti precedenti, poiché
18- 22 p:ir.): finché lo sposo è presente sostiene la conservazione delle posi1io-
bisoAna far festa . Gesù è pii1 d i un na- ni tradizionali; nel contesto globale di
Luca, invece, esso può essere inierpre·
zireo e pertanto non sono per lui le tnto unicamente come un avvt:nimen-
prcscm:1oni corrisponden ti del!' A. T. co a non dare un eccessivo valore a ciò
Con la metnfora del vino nuovo e de- che è ami co 7 .
p.li o tri vecchi (Mc. 2,22 par.) Gesti Il iniraculo dd vino compiuto in oc-
spiega questo fatto: il nuovo elemento, casione delle no-.1.ze di Cana è narm-
la novità ch'egli porta non si lascia u- to soliamo dal quarto \•,ingcl•' (In. 2.
nire con il vecchio, con ciò ch'è stato r-i 1 ; e( r. 4.46) 1. Gesù, secondo il rac-
$ Cfr. G. BF.EK, Pesurhim (J9 13) 187-199, suoi rcmpi•. Per nltre interprc taz1001 v .
-4 ZAPLf.TAt. j8·66; S<~>1nm11w C. DA I. MAN , commcnrnri aJ I .
Jesus-Jesch11t1 ( 19 22) i 34-137. • 13iblì()f\rafia: oltre i commcmari, K. J.
6 Numerosi 11.ltri esempi &ono riportati da 50-IMJOT, Dl'r joh Charakter der l:Irzah/1111g
WETT~TlllN a I.e. 5,39. 1JCm Ji1XbuitJw11nd~r in K<1na, in: ll•rnack·
1 Cosl )()SUcne L. l'E!<DT, o,, Chm111x Jer Ehrunr. (1921) )l·O; J. GJUu., Umersu<hun·
Gcm~imJe {19J7) ; 6: •li ve~tlO rappresen- gm iilxr J1c Entstchung dn 4 Efo. Il ( 1923 )
IU una ' predica' Ji Luca ... ai 'c;onserva1ori' dei 73·9 5, 107-1 I!>. H. SaL\1IDT, Du: l;rzih/11ng
conto di Giov;inni, cambiò in vino Lui· Uno spunto per tale interpretazione
ta l'ac<.JtHL Ji sei enormi recipienti da viene offerto giù dal prologo monar-
chiano a Giovanni" nel quale si dice,
2-3 metrete ( =l. 39 139) ciascuno. L'in- tra l'altro, che Io. 2,x-11 mostra come
terpretazione di quesco miracolo, unico velerib11s immutatis nova omnia, quc1c
anche nel guano vangelo 9 , dipende dal- a Chrislo imtit1111ntur, appareanl . Con
la comprensione totale del vangelo di tale posiiione si allineano altre inter-
pretazioni: nella contrnpposizione di
Giovanni. Mentre, <la una parte, si con- acqua e vino è rappresentata quella, o-
sidera che la chiave ermeneu rica vada perata da Gesi1, tra la legge e lo Spiri·
ricercata unicamente nei terinini del to 11 ; il vino si riferisce al sangue di
Gesù che viene ofierto nella cena del
racconto 10, dall'altra si ricerca un si-
Signore u. Altri fanno anche ricorw acl
gnificato più profondo partendo dalla analogie nella storia delle religioni per
constatazione che non bisogna sottova- spiegare il senso dcl miracolo: in Filo-
lutare il carattere di segno (~ l1TJ· ne abbiamo l'immagine dcl logos qual~
coppiere di Dio 14 e alcuni ritengono
µrtov) del miracolo giovanneo. Di con· che la persona di Gesi:1 abbia preso qui
segueaza non si pone in primo piano la il posto del logos filoni.1110; un'altra in·
questione della storicità dell'evento di req)ret.1zione preferisce riconere ai mi-
racoli del vino attribuiti a Dioniso rs e
Cann, ma si vuole mediare il simboli- scorge i tratti dionisiaci del Cristo gio-
smo che sembra insito nel modo mi - vanneo particolarmente chiari in lo. 2,
racoloso in cui il vino fu procurato. I · T t 16.
von der Hochi.cil w Kana :..= Di~ 11/kohol/ra- Athco. 1,61 (34 a.b ): ~ 'H>..<lllç -c61104
f!.C in dcr Religio11 IV, l ( 19 3 1). èai:tv O:m'.xwv ox'<w ai:ao•«. Év e;> ci hxw-
• Cfr. .E. ScuwEIZt'.R, E~o /:imi ( 1939) 100. p'o' xa'taxÀ.tlovi:tc; -toi:ç D,,ovvaio1c; XCXÀ.·
xoiic; "/..ilh1-rcxc; -rpc\ç xtvoÌJç na.p6v-rwv i:(;;v
10 dr. l'esegesi proposta da F. llucusEL, Das i1n&wouvtwv ar.OO'cppg.-y(l;ovta.L xctl Va'tC·
J:v. nt1cl1 ]ob. CN.T. Deutsch, l9}7l ad I. pov civol-yov'tt<:; cvpl.axovOW o!vov 1tETCÌ,1)pw·
"KIT 1,13. 11Évovç. Inoltre cfr. D iod. S. 3,66; Paus. 6,
11 Cfr. K.L. Sc11MWT, op. cit (-+ n. 8); E. 26 ,1.2; BAVER, ]oh., excursus a 2 , u ; B .
Ilc11.scH, Das 4. Ev. in sriner rtrspr. Grstt1lt ~CJIMIDT (-+ n. 8); W.f. Orro (-+ n. 3) 133
( 1936) 125 s.: ~La purità deJJ'osscrvan1.a le- ss.
gale(: assorbita d~I dono dello Spirito sauco~. •! Così sostiene pari icolarmentc GRLLL ( -+
Non è però comunque J105Sibilc ptovarc in n . 8) to7-120; BtJLTMANN, ]oh. : «ln .-caltà il
Giovanni l'equivalenza vino= Spiriro. motivo dc.Un storia ... è tipico della leggenda
1J R. E1s LER, Oas Ratsc! ch's foh .-liv.: llra- dionisioai.. (83, spcc. o. 3 A Io. 2 16-n ); cfr.
ne5 Jahrbuch. (1935 ) 487 <. o. CULLMANN, J LF.tPOLDT (-+ n. 3) 51. Per il culto del "ino
Urchristrntum u1UI Go/lcsdienst, Abh. zur nelle rcligiCJni siriaçhe cfr. H . ScHLlER, Reli-
Theol. des i\. und N.T. 3 (1944) .p-46. Ve- gfomgest·hi«htlicbe Ullfersuchunge11 w den
di inoltre il giusto rifiuto di tal e t-quivalenza lg11at fosbric/cn : ZN\V Beih. 8 (1929) H n.
in BU LTMANN, ]oh. 84 n. I. 1; Lroz11A1ts1<1, foham1cs 4, n. 4; fo., Gi11za,
H som. 2,249: 't(ç imxti: 'toÌ>c; lEpoÌJç xvO.- indice s.v. 'Wein'; W. BRANDT, Die ma11diìi-
l)ovç -rfjç 1tpòç ò).-i]l)wxv EÌ>q>poauVTJ<;, O't~ sche Religion ( 1889) 110. La cosiddcua 'N!go-
11-ì) 6 clvox6oc; -roù tno0 xal CTIJl ttteaiapxoç la giovannea del vino' di 2,10 non ~ compro-
À.6-yoç. Cfr. k g. ali. 3,82. vaca né ncll'antirhirit classica né altrove e gli
15 Per i mir(lcoli enolosici <li Dioniso cfr. ~scmpi adJo ui cl.1 [l. W1No1sc11: ZNW l4
o!voç (H. S..."Cse01ann )
(l913) 248·'7 non sono congrui nl senso dcl ritani, un n1iscu;tlio di olio e vino usnto come
V. JO. metlirnmenro.
11 -+ n , col..151; v, roll. ,18 ss.; OA1M'l<JAN. 21 Per l'astensione daJ vino osscrva1a, in linc.-.
op. cii . (-+ n. 5) i37. di principio, dai Terapeuti , dr. Philo, vii.
co111. 74; per quella sc1ta il vino era un
18 Paralldi giudaici in SnACK-BILLlHWECK 1v ciq>P<>aùVTJc:; q>apµo:xov . Per ulteriori indicn-
n54-1r,9. Non risulta dalle fonti che il vino 1joni cfr. LH!.TZMANN, Riim., excursus ~1 r4,1
sin un sirnbolo escatologico, anche se J. JERE- ss.; II. LEWIY, Sobria Ebrietns, ZNW &ih. 9
MJAS, fesus ols \Vel1volle11der (1930} 27-31 e (r929) passim, cfr. l'indice s.v. 'Wcin'. Cfr.
HAvCK, Lk. a 5,33-39 sono d'altro parere; il
anche -+ RAYMONn, passim.
pas10 comune è il vero simbolo escatologico.
l' ~ 1, coli. 1341 ss. e STRACK-BJLLllRBECK
19Altre indicazioni in STMCK-BlLLEllDECK I m 6o9.
1037. 1J Cfr. 1 Pctr. 4,~: messa in guardia contro
20 Cfr. STRAcK-B1uERatcK • 4 zs s. -+ DoL- il vizio del bcré (OLVO<jlkVyta ); cfr. ARNIM
>..t:Jt Zì7 s. cotnuni<a che ancora o~r,i !;i cono- !Il 397: olvoq>).vyiet oè tmi>uµlet o(vov éi.-
sce in Oriencc il cosiddecco balsamo dei S:una- 7tÀ.ria-toc:;.
olvo<; (H. Seesemann I
vino per ragioni di salute, :1 meno che Il passo più completo e chiaro è 14,1 o :
non si voglia vedere lJl•i (assumendo xat a\nòç itina~ Èx 'TOV otvov •o\i ilv-
che le pastorali non sfo no di Paolo) un p.où TOÙ i>Eov TOÙ XEXEpa>:rµÉvov 6.xp&.-
111otivo antignosl'ico 24 • 'TOU Év .;:;, no•11pLl{,l Ti'jç òpyijç a\rcou.
Nell'Apocalisse o[vo<; ricorre spesso,
ma solo in J8 , r3 in senso proprio: fra le L'immagine del calice per significare
l'ira e la punizione di Dio è presa dal·
merci che i commercianti non possono l'A.T., ove è usata con la massima for-
più vendere c'è anche il vino. In Apoc. za negli oracoli di condanna contro
6,6 abbiamo una metoni1n ia (effetto in- Giuda e .le nazioni in Ier. 25,15 s. 27
s.; cfr. inoltre Js. 5r,17.22; Ier. 49,12;
vece della causa) e oìvoç significa la
Ez. 23,31-3 5; Abac. 2,16; Ps. 75,9;
vigna. È solo nel contesto generale de.I- Lam. 4,21 e Ps. Sol. 8,14 26• Per sor.to·
l' Apocalis$e che si può capi re perché lineare con particolare forza il carat-
tere grande e terribile dell'ira di Dio
l'olio e il vino vengono risparmiati dal-
si dice che il vino è lt€XEpanµivoç
lu piaga che segue l'apertura del terzo èixpa-ro<;: èixpa-roc; vuol significare la
sigillo. La spiegazione più semplice è piena fona del vino (=ira) non dilui-
che ques1a piaga debba distruggere sol- to con acqua 11 ; xExi:paoi..Livoc; può es-
sere interpretato in due modi, a secon-
tanto i frutti di un'unica stagione (fru- da che s'intende xtpO:.vvvµ• nel senso
mento e orzo) 25 • In tutti gli altri passi di mescere 23 o in quello di mescolare,
o[voç ha un senso traslato, in una dop- =
cioè di drogare il vino ( l'irn divina)
in modo da renderne gli effetti ancora
pia accezione. In un caso (c4,ro; 16, più potenti 29 • Questo secondo signifi-
19; r9,15) il vino significa l'im di Dio. cato sembra più adatto . In Apoc. 19,15
2< Clr. 0 1BELJlJS, />asi., ad /.; STRACK·BIL· dischc11 Escba1ologic (190') 129-<)6 ha ricer-
Lel\Dllct; Ili 654 s.; cfr. 1 J'i111. 3,3 ; Tit. r,7 cato l'orii:ine Ji questa immagine singolare.
(7t&.poivoç ). Egli ipoLizzn che il calice, in origine •imbolo
25 r~r infonn:izioni più precise sui centativi di pace, sia stato usato da profeti quando
Ji dare una spiegazione storiCll di <11.1esro ver- dovevano annunciare i low oracoli di sventu-
seuo -+ n , coll. 384 s. S. Rt:lNA C'.H: Revue ra e che il simbolo della serenità si sia mu-
archéologi<1ue 39 ( c901) 3'°''74 = C11fl<'S, rato cosl in quello dell'orrore. Diverso è: il
/\lythes ('/ Raigions' Il ( t928) n6 18o è Sta· parere di P. Vo1.;z:, Dcr Proph~t lcrc111i.1
IO il primo a supporre Che il passo si riferi- ( 1928) 392 s., secondo il quale l'orillmc del-
sca ad eventi storici prc<:isi; tale inrerprern- l'immagine andrebbe ricercata nell'u so manri-
iionc è SHHn poj sostenuta, in forrna diversa, ro del c:nlirc (v. Ge11. 44,5) (uso sul quale oc-
anche da S. KRAUSs, Srbo11u11g vo11 (j/ u11d correrebbero più precise ricerche): «li calice,
\\l'cin in rh-r llpok .: 7..NW IO (1<)09) Sr -89. qunlc st1·uincnro mnntico, indica l" pu1cnza
Vedi nnche ]. Mnft'l\TT : Exp. 7 1h Scries VI dcl destino e nasce rosl l'idea che iJ calice rap-
( 19o8) 359-369; dr. iaoltre F. BoLL, llus der presenti In ~one e berlo significhi e cnusi l 'a-
O/fc11bar1mg Job. (r9q) 84-87 e i commenta· ziunc dcl destino ...».
ri, ad /. Per la combinazione di olio e vino 11 Per un esempio dell'effetto d<:I vino non
presso i Greci cfr. C. BliZOLD-F. 8-0LL, Re· Jiluiro dr. J i\locb. 5,2.
P.cxc as1rolo11.ischer KeJùtschriflm he1 f.T1ech. l8 Vedi PRP.USCHIW-BAUE.111, S. I!.
Scbri/tslellem: SAIIeiJ. ( 19 n ) 7. Abh. 19 s. 2' Cfr. f..011M EYER, Apk. a 14,10; dr. P. Oxy.
26 H. GRESS.MANN, Der Ursprung der isr.·/ii· Vlll rn8!l,,J SS.: )Lt'tà. ì'ÀUXÉWC, xat µÉÀ~'tO<;
l'immagine del vino dell'i ra di Dio è col- 15: il vino della fornicazione sarebbe
kg:ua con l'altra del tino di D io ( 1 4, uguale al vino <lei.l'ira di Dio; fuori me·
19;--> v1, coli. 693 ss.). Già in ler. 25, tafora, il signilicato sarebbe q uesto: le
r ~ s. abbiamo l'immagine del calice di nazioni che banno ceduto alla scduzio·
Dio unita a quella della spada: unll ne di Babilonia vengono a trovarsi C·
prova di quanto dovesse esser già con- sposce all'ira divin:i 30• Non si può pe-
sunta ai tempi del profeta l'immagine rò annullare l'impressione (sop rnttutlo
del calice per poter essere associata a un considerando t7,2) c he l'immagine dcl
altro oggetto cosl d iverso. vino della fornicazio ne abbia una sua
autonom ia, specialmente ricordando u n
Un po' diverso è l'uso traslato d i passo che l'au tore dell'Apocalisse deve
oivoc; in Apoc. q ,8: EvtEO'e:v EnEO'Ev Ba.- aver avuto in mente: 'Itp. 28,7 s. (5 I ,
(ivÀwv Ti µEyti).lJ, ii èx 't'oii otvov "toii 7 s.): no'tl}pLov xpwoiiv Bcx{iuM:iv lv
XE1pt xvp(ov, µd)wxov mi<ra.v 't'Ì)v
l>vµoii 't'Tjc; r:opvda.c; cx.uTijc; ntno't~xe:v
yi'jv· a7tÒ 't'OU o(vov a.ù·djç É7tLolJ'av
1tcXV'tc.t 't'CÌ ei)vri, «Ì:: cad uta, è caduta Ba- l:'i)vlJ... «Babilonia fu un calice d 'o ro
bilon ia la· grande, che ha fatto bere a nella mano del Signore, un calice che
tutte le na:doni il vino del furore della inebriò rutta la terra: le nazioni bevve·
ro il suo vino ... »; dr. Os.7,5: ... iip-
sua fornicazione»; cfr. ~ 1,2 (dove si di- l;ano ol èipxovuc; DvµoùuDaL li; otvov,
ce semplicemente otvoc; •iic; nopvEla.c;) e «i capi cominciarono ad inebr iarsi di
L8,3. vino». Bisogna certamente ammettere
per l4,8 e x8,3 una confluenza dell e
A prima vista viene spon taneo colle- due immagini si mj le a quella di 19,15.
gare questi passi con 14,10; i 6,r 9; 19, H. Sl:!ESEMANN
t 6xvnp6ç
Come oxvoc; significa indugio, esita- ragione o inibizione non riesce a deci·
zione, inceTte:aa 1 a motivo di stanchez- dersi ad :igire: Pind., Nem. H , 22: H.·
za, di pigri:c:ia, d i paura o anche di ti· 7tloEç; Thuc. 4,55,z: E:c; 'tà itoÀ.El~Lxti;
miditÌI e d i vergogna, così 6xvrip6c; in - :1Rlancato aJ à.np6lhJµo<; in P lut., dc
dica a) per le persone, chi ha oxvov. tuenda sanitate praecepta 14 (lf J 29 b);
indeciso, timoroso, 11eglige11te, pigro; Them. z,:s ( 1 1 r2 e); oppost0 a -toÀ.µT]·
indica, insomma, chi per una qualsiasi p6c; (dr. Rom. 15 ,r 5 ), Dpcx.<ruc; ( cfr. Luc.,
''fl. 1((/ Nigrùwm 38 ; Aristo i ., hisl. nn. C(tuSa oxvov, che suscita scmpoto, esi-
9 p. 608 b 13: 't'Ò i}TjÀ.u ... 6XVTJpé'tE- tnziom:, timore, avversione, nluttanw,
pov, «la femmina ... è pitt tim<H·osa»; svogliatezza: Soph., Ot·d. Tyr.. 8 34:
eth. Nic. -l p. 1125 a 24; Menand., Pe- 1)µtv µiv ... 't'aih 'oxvT}pci..., «queste co-
" ' " J 27: wc, ÒXVY)pwc; µoL 7tpOITÉpx~[L], se sono odiose per' ·noi».
AiiE, «O Davo, con quanto 1imore mi
ri uvvicini» (cfr. Act. 9,38; Num. 22,16 Nc!J'A .T. troviamo più volte 6xv11-
mn'; !ud. 18,9 ',rl al n.if'al); Plut., lib. p6ç nel contesto di regole sapienziali
1•d11c. 1 6 (11 i2 c.d): ovo yàp 't'a.ùìl'~· per la condotta in questa vita 2 : la ilili-
ntpd O"tOLXEÌll 't'ijç cipE'tTJC, tu·nv, ÈÀ.· genza e l'operosità sono, in tale pro·
'ltlc; TE 'tLµijc; xa.t qi6Boc; 'tLIJ.WPLllC,· Ti spettiva, parte di una vira pia e saggia;
p.Èv yàp ÒpJJ.TJ'tLXW'tÉpovc, 1tpòc; 't<Ì x<iÀ.· 6xvYJpoç (che rende generalmente l'e-
À.LCT't'<X. 'tWV Èm'tT}OEVµti-twv, i) o'òXVY)· brnico 'a!el) indica lo svogliato, colw
poùc; 'ltpÒç 'fcl qia.ùÀ.a 'tWV epywv à.nEp· che non riesce a decidersi a me ttersi al
y<i.!;E't'llL, «queste due cose, la speranza lavoro (Prov.6,6.9), che si lascia scorag-
della ricompensa e il timore della puni- giare dagli ostacoli (Prov.20,4) o che, in-
zione, sono infatti, per cosl dire, gli e· deciso, non sa passare dall'intenzione
lcmenci morori delhi virtù. L'una ren- all'azione (Prov. 21,2 5}. In contrapposi-
de infatti gli uomini più disposti ad im· zione viene esaltata la donna di casa che
prese onorevoli, l'altro li rende più IÌ· è sempre attiva e felice del suo lavoro
morosi di compiere azioni malvagie»; (Prov. 31,27: rende l'ebraico 'a!lut 3 ).
Plur., Cic. 5 (r 863 a): 't'OCi:c, à.pxa.i:c; 6x- Cfr. inoltre Ecclus 22 , 1 s.; 37,rr (.i'w').
V'Y]p17ic; 7tPOO'TIEL, «Si presentava con fi.
more davanti ai magistrati»; Philo, rer.
Nel N.T. l'aggettivo è usato nella
div. her. 254; spec. leg. l,99; cfr. la lo-
cuzione caratteristica dello stile epistola- prima accezione in Mt. 25,26 (parabola
re in P. Eleph. i3,7 (223 /222 a.C.): µfi dei talenti} in un contesto esc:itologico.
èxvwv ypci:qieLv, «non esitando a scri- Il servo pigro, che non riesce a su pe·
vere»; .Procl ., dc forma epist., in R.
Hcrcher, EpistoLographi Graeci ( 1873 ) rare la propria riluttanza n p rendersi la
Il e. b) Per le cose, detto di ciò che responsabilità di un'azione impegnati-
i:Yj<; xi:iiui.ç ... i:bv 11ìv ox,cv <jiòyov, i:Ò'J oì: rie111,1/ircbe W eisbcit in ibrcr i.i r.-jiidircben
n6vo'J l-lta.wov l')yovJ.LÉV1J. PluL. Colo Minor Auspriigung, ZA \VI lleih. 62 (19>J). H. GRES S·
-1\1 (I 783C): Ol<VOU xa.t µEÀÀfjatwç à.'to)•. MANN, lsrael. Spmchweishe1/ 1111 Zutam-
JlOV... vnb-.t).EW<;. I.a COrda deff!SY.VOç, clic di- mmhang dcr lfld1/11erorur (192,); W. BAUM·
VCOIÒ una figura aller.orica, divenne provcr- GARTNER, lsr. u;u/ llltorienlalùrbc W eirbeit
hinlc. Paus. 10,29,>; Prop. 4,3,21 ; cfr. L. (1933); \V/. ~tMMtlltLI, Zur Struktur dcr illt·
SCllMll>T, Die Eth ik der allen Grit·chen 1 1rstarnentliche11 \Vcùbcit: ZA \Y/ N.I'. ro
(1881) 102. 381 n. 39. Per òxvt~v cfr. Sui<las, (1933) 177-20.1.
r.v. oxvci:· eu>.a13Wç i'xa.. Hcsych.: oxvùiv·
ò.va.ov61lt'Joç (::: 1cn1ennante), qioflou1LtVO~. l In questo tno<lo il senso dd T.M. viene tn·
[biti.: oxv<i:- oÉOO\XE, OELÀ.Lil., diM.tf3thcu., ou h•ra alterato nei LXX piuttosto consi<lcrcvol-
f3ov)..t'\'O'.I. Plut., apophtb. Pomp. 6 (11 204 e); n1cnte, per es. fJr<11J. ro,26; 24,30 ss.~ cfr. C.
mulierum virtulas 19 (11 257 b): WX'llEL ••. u.l.Se· BEKTRAM, Dic rdif!.iuse Umde11t11ng d.:r alto ·
al)El<;. mmtu/irchen Lebmrweirbeit in tler gricch .
2 L'A .T . di!X'n.te in questo punto daU'aotica Ob•·rsc/:;:ung de.1 11.'I'.: ZAW N.f'. l} (t936)
sapienza orientale: dr.). ftClrIN ER, Die alJo- 1$)·16;, SJl<.'C. 157 S.
-fì' {v,168) oui>pEUw (Joh. Schncider)
va, diventa immagine di quel cristiano cedere agli impulsi della pigrizia carna-
che lrnlascia di valorizzare con l'azione, le significa per iJ crisciano peccare con-
durante il periodo di prova di questa tro lo Spirito che lo rende capact: di
vita, il dono che Dio gli ha affidato. superarsi e l'impegna a farlo.
Tal.e negligenza è trattata con la massi- L-t seconda accezione ricorre in Phil.
ma severità perché misconosce e trascu- 3,1: «Non provo né esitazione né fa-
ra la responsabilità che il credente de- stidio a scrivervi queste cose,.•. Spinto
ve mantenere davanti al giudizio eter- da!Jo Spirito a dare ai cristiani tutto il
no di Dio. È significativo che Paolo necessnrio per la salvezza, Paolo vince
(Rom. u,11) accosti l'ammonimento a lo scrupolo e il fastidio che potrebbero
non esser pigri all'esortazione a lasciar- venirgli dal dover ripetere la sua esor-
si infiammare e dirigere dallo Spirito: tazione. F.HAUCK
4Abbbmo probabilmente an<:hc qui una for- 216, h formu,ionc dcl verbo 6).tDpevw da
mula, com<? sopra oux 6xvi.O e sim ili: D111E- o'ì..dlpo< (con alcune alcre: 6).El}pEv"ti)~, tl;o-
uus, 'TheSY. 66; EWALD, Ge/br. 149; Th«>d. ì..é&pevcr..;, ·EVJJ.Gt, -w-.:ix6~) è «u n porto d'A-
Mops., ad t. (230 s. ed. Swern). le;sandrino, «alfa1to sconosciuto nello le11cra-
1ura profana Jell'antichith. Il porcrc di Bu-
RESCH ha J>CJÒ, secondo quanto allcrma DE-
ò'ì..d)ptvw
BRUNNF.l, ormai soltanto un signiric.110 stori-
1 Indicazione di DEBRUNNEk; dr E. f'a.AN· co; 6),e/o&pcU!.l ~ un termine dl.,nis1ico: cfr.
XEL, Gritcb. Dem1111inatioa ( 1906) 19 2. Secon- BL.-D~DR. S 32,1, appendice. Per 6ì.o&pEVEl.V,
do K . BURESCll, fÉ1'0V<X'I 1md andere.r Vul- -Ev-n'\ç nelle Pseudodementinc v. RtlNHOLD
giirgricch.: Rheinisches Museum 46 (r89r) 3os.
OÌ.EÒpoç (Joh. $c:hncider) (v,r69) 474
Kroll) spiega l'effeno di pmicolari cO· ne dcl sangue sull'a rchitrave e sugli ~ti
stell:i:t.io ni: Kpovoc; µt-tà "Apcwc; -tu· piti furono un :mo di fede; le azioni
xwv ò>.c~pzvn à.OEÀ(j)ovc; iì cicrilcvLzovc;
cultuali descritte in Ex. 12 dovevano
7tOLEL, «Crono in congiunzione con Ares
anmLlla i Gemelli o li indebolisce». Si impedire che l'òlei)peuwv 2 ( banzma- =
v1:da inohre sebo/. in Eur. H ipp. 5 3 5 : J~lt, l'angelo ster111i11a/ore), il quale uc-
µi} -tq tWV'tE<; -ròv "Epw-ra, ... -tòv 7tOP· cideva i primogeniti di uomini ed ani-
l>ovna xat 6À.oltpEuone1. -còv -.wv ò.v·
i}pwm..iv 13lov, «non onorano E ros... il mali, toccasse gl'Israeliti J.
devastatore e distrutmre della vita de-
gli uomini»; Anth. Pal. I .57: oÀ.oltpEV· 'f ()).d}po<; I
wv, q>EvyE, µT) Éyyùç tilL, «stcrmina w-
re, sta lontano, non venir vicino». Ne i a) Rovina, spec. fine, morte: 5ÀEitpoç
LXX il termine ricorre 18 volte, sem- IJivxnc;. fine della vita (Hom , Il. 22,
pre col significato ab~cualc. ~n Soph. ~' 325; Philo, leg. all. 2,34); oÀ.€ilpoc; XPTl-
5 i LXX traducono I espressione ebrar· µa'twv, il danno economico (Thuc. 7,
ca goj k0 rèti111 con ncipoLXOL Kpw~wv . 2 7 ·~) ; 5À.Eltpoc; xat &aq>i}opci, ro~ina
2
mentre Aquila, Simmaco e Teodoz1onc e d1stru:i.1one (Pl:it., resp. 6.49.5 a); oÀE-
danno a k<rétim un significato gene- l>poc; xat qiilopci, rovi11a e distruzione
rale. Aquila: lltvoc; ÒÀÉÌlpLov, Simmaco: (Philo, som. r ,86); E7t'6).t!)~ ÈXXÀTJ·
i'.woç 6À.cilpw61iEvov, Teodoiione: l:woc; ai.cil;uv, «p arlare nell'assemblea di ro-
Ò}.Ei}p{ E )laç. vina» (Aristoph., Thes. 84). b) Ciò cbe
P e r quanto riguarda la grafia di oÀ.E- causa rovina. Hes., theog. 326 s.: ii
i)pcuw e òloi)pcvw, possiamo dire che o'li.{>a. <f>~x'òÀ.OÌ}v 'tÉXf. KaOµELOIOW
nei LXX il cod. B ha generalmente olEilpov "Opi}(!l V'ltOOµT)l>EL<10. NEµnai:-
6),d)pEvw me ntre B""' ha co rrettO la 6v n Àfov-tcx., «questa, sottomessa da
E in o; i cod<l. S e A' usano entrambi Orto, generò la Sfinge mortale che di-
la grafia oÀ.el>pevw; in Is. 9,c.4 (13) A- strusse i Cadmei, e il Icone nemeo».
quila e Simmaco hanno 6},oi}p1:vcrn ed
tsoÀ.oi}pEVO"EL; inoltre Aquila in Is.
ha Èço>..oi}pEvi,.1)crt-rm.
,6,, Indica soprattut to gli u omini che fan-
no del male agli altri; Hdt. 3,142,5:
rtyovWc; 'tE xa.xwc; XGlÌ EWV è$).el)poç,
Il verbo t: passato nel greco bizanl'i· «tu che hai ignobili origin i e che sei un
no nella forma òloDpcvw; nel volgare vc:ro furfance»; Sopb., Oed. Tyr. 1343:
moderno troviamo soltanto çololtpEVL·J. Edipo chiama se stesso -tòv µ.ty'oM-
llp•ov, «il grande disastro»; Aristoph.,
N el N.T. il verbo ricorre soltanto in
Lys.326: Ù7to 'tE jtpov-.wv b).ti}pwv,
Hebr. i r ,28: secondo questo scritto la «dai vecchi mascalzoni»; Plat., resp. 6,
celebrazione della pasqua e l'aspersio- 49I b: 'ltOÀÀot 5Àt:i}po• xa.t µsyciÀ.oL,
l l'~r Ja frase a1JotOÌ4 ecpi.a-ra:t!XL QMl)poç (I L'abandon d11 p~cheur ÌJ Satan: Rcvuc dc
1'ht:ss. ),3) dr. 1 Clan. '7>4' i)'l(xa a..,, EpY.'1)- Théologie et des Queslions rcligi~uS<."S 2 1
'tlXL VIM" o),d)poç (ci tazione d i Prov. I,26) . ( 1912) 450 ss.; L. BRUN, Segw und f111dJ im
angelo 7 che è nel numero degli 'angeli d:illa storia e dal culto; la loro tradu·
della distruzione' (mal'aké !Jabba!a), zionc greca dipende dalla mOlcV<)le
che dapprima rappresentarono una per- comprensione del tradunorc. Nei LXX
sunìfìcazionc dell'ira e della volo ntà il nostro verbo si riscontra spcs:.o in af-
<li Dio, ma poi divennero gradual- fermazio ni che annunciano 111 volontà
mente angeli autonom i il cui compito di Dio di sterminare gli uomini per i
consis teva nel ponare rovina agli empi. loro peccati o di ripudiare il popt110 e·
Benché essi appartengano fondamen· letto per la sua disubbidienza. 11 tcnn i-
talmente agli 'angeli del servizio', pure ne ricorre alcune volte anche nei Te·
li si è ben presto annoverati tra gli an- .riamenti dei XII Patriarchi: test. S. 6,
geli cattivi e posti poi al seguito di Sa- )i test. Iud. 6,_1 ; 7,3; 21,1; t l!st. los.
tana 8• Strack-Billcrbeck notano giusta· .5,2; u na volta in tesi. Sai. D 6,2 (9~.
mente, a r Cor. to, ro: «Non è possibile ed. Mc. Cown): t!;oHl)pEv!Tov 'tOu"tov
stabilire con sicurezza se Paolo abbia vo· aTtÒ "tijç 'tO~CtV'tT)<; xwpetç, «fallo spari.
luto indicare quel particolare angelo del re da tal paese» 3 • Anche nei papiri
giudizio che s i chfoma ma!pit oppure, in il verbo è attestato una sola volta , in
generale, uno qu,1lunquc dei tanti an· P. Masp. 2 m 2lS (67002 ur Jll; bizan-
geli della di struzione. L'articolo d eter- tino): tl;cxÀ.t~ijlcu xcd tl;o>.o~pEii<TetL cxu-
minmivo davanti ad 6).ol>pEV"TJ<; favo- 'tYJV (xwJJ.TJV ). Infine H. Usener , Legen-
risce la prima ipotesi; la seconda ha in- den der heiligen Pelagio (1879) 23,r5:
vece a suo favore il fatto che l'Aposto· t!.a-a.ycxyE~v crt È11 -r0 otx<i> µoù ov 'tOÀ.·
lo parla di un generico angelo della di- i,iw, µ1') 1tW<; dxou011 ò épµcicr"to<; crov
struzione anche in .2 Cor. 12,7, chia- xcxt 1tayyt11Ti µt È~oÀ.o~peuO"fl , 24,18:
mandolo angelo di Satana» 9 . ii.yyEÀ.ov tl;cx1toa-re).er xa.t t!;o).o~ptv!Tn
micrciv TI)v tT-.pcx"tL6.v , «manderà un an-
t Èl;o),o~pevw gelo e sterminerà tutto l'esercito».
paul. l111geloloKit 1111J Diimonologic ( t888) 1 Per quanto possa sembrare str<tno, il termi-
24. ne non ricorre in Filone; in Giuseppe lo 1ro-
7 Vedi STRAClt·Rll.LE~UJ!CK llJ 4 12 . vinmo come varinnt~ (E!;o).o·~ptuw) a (f,o).{.
crw in a111. 8,270.
6 Cosl S TlACK-1311.LElBCCK llf 412 s. 3 Il verbo è seguito do <i1tè anehe in 1 Mach.
9 SrRACK-BILLEROECK 1u 413 ; if>id. anche 2,40; Juditb 6,2 (É!;,oÀ.tVpE\Jm <inò 'tijç yi}c;).
singoli testi ubbioici.
4 I rodd. AB* CD... leggono t!;o)~llpwDi;cre·
lf,oÀo&ptVw '<Il•; i codd. SB' e nitri Èf,oJ..oi)pi ulh'icri"aL; v.
1 Nel greco 1no<lcrno Ji tì;oÀo~ptuw è rima· BL.-DEBR. § 32,r appendice.
sto solo f,o).oilptVw. 5 Deut. 18,,.
·1"' ( \',tjt) è.ì.iyo.; (H. Scescm3n11l
mc,sin comporra l'csp11lsi1111c dal p<>po· -.ò p.vri116:;vvov o.v-.<:w, «per for spari·
In della salvezza. re dalla terra il lnro ricordo» (= <Ji ~ ~-
17 ); I Clt:m. I +4: ot ot m:r.ça.voµoiiv
li termine ricorre inwec piì1 spesso ·rn; il;oÀci>Pf.uih)aov-.al à.'lt 'av-.i'jc;, «mn i
m·i Padri apostolici, so:111prc in citnzio· t ra>!;t'cswri Mrn111w s terminati. Ja sopr.1
ni ddl'A.T. r Clem H· 1: faaov 11E la 1cm1» (dr. lji 36,38: ot ol: itcxp6:.vo-
~!;olE~pEvtT«L u.&.~vc;, •rl:1sà1 che li di· J.1.0L t!;oui)pwih'1CTonai i:nt i:ò a.ùi:o,
>trugg:1» (Deut. 9,14); 1 Cle111. 11.1: -rèt tyxai:a.À..tifLllGt-.Ot Twv à.cn~wv t!;o-
è!;olEi}pcvacu xupL~ n6.v-ra. 'tèt xdlTJ ÀtilptvO>i)CTovi:aL, « ma i malvagi ne sn-
TÒ: ObÀ.La, «distrugga il Signore tu lle rnnno dis trutti , le posterità degli empi
le labbro ingannatrici» != lji JJ ,4); r snr.1nno s termin111c» ).
C/c>m. 22,6: -roù Èl;o'l..eìlpEùO'U.L ÉX rlic; Jou Sc11NE10En
ÒÀ.Lyo'ltw-.la, OÀ.Ly61tLO''toc;
~ 1t1.0''tEVI~
ÒÀ.lyoç
oÀ.(yoc; significa: a) p1ccolo, poro, perché st.1 dall.1 pane di D io, quello
<>r1>0sto di 'ltoÀ.vc;, nel senso <li uno che impo rta, nel suo caso, non è che
~c:1 rso numero o di una piccola quanti-
tà; b) moho più raramente piccolo, pic- ha poco, mn che sn usare beno.: quel po.
cino, opposto <li 1.Liyru;, nel senso di co (Toh. 4,8; 12.8 , lob 8,7; <!i 36,16;
Jlrandezza o misura limitata. Talor:i i Pmv. 15,29' ). Un povero che sia saggio
d ue sig111f:ico ri si confondono g•1ando si
riesce anche con poca forza a far cose
vuole indicare sia la pkcola quanti tù
che le dimensioni limitate, per es. gmndi (Ecd. 8,q s.). un po' di sapien-
Liom., Il. 12,452: ò).{yov 0.xìloc;, «pic- za significa molto (f:cd. 10, r ; dr. ao.
colo peso». Da Omero in poi è molto che Ecc/11s19,1 ; 3r,r9). Anche se in
Comune l'uso 3VVerbialc del neutro OÀ.L·
yov, proprio poco, 1111 po', 1111 pochi110; rnli sentenze c'è, prima di wu o, il buon
l'avverbio è usnto sb a~solurnmentc che senso <lell'cspericn.t.l quotidiana e della
1
in combinazion i fisse • s.1pien1a spìcci a della vi ta profana, pu·
Nei LXX il conce tto <li poco viene aJ re ogn i sim ile :1fferm~z ionc può a$SU·
acquistare, in particolari e ricorrenti e- mere un nuovo sen so radicale se è col-
nunciati, u n:i portatn tcoloEZica: Dio può loc.11:1 nclL1 prospettiva d1 una religio.
for molto CCln pochi e piccoli mezzi ( x siti\ determinnw dalla di mensione e-
Bau. 14,6; lPar. 14, 10) ed anche il sçawlol).ica ; in tnl caso viene a significa.
c1edente può farlo col suo aiuto re il capovolgimento dei vfllori davanri
6Àlyo~
t VL>di PAsso11.• e Ltouc:u ScoTT, s.11.
ò),(ycx; (H. Seescmannj
a Dio e nel suo regno. È in questo sen- che poteva essere faci lmente intesa d:1I
so che il voc11bolo òÀ.lyoç viene a carat- lettore dei LXX nel senso de lla prova
terizzare tipologicamente, nel linguag- (7tELpa.crµòi;) religiosa i . In lob 1.5 ,I 1
gio biblico, i poveri e pii. abbiamo un giudizio umano piuttosto
In altra d irezione s i muove invece affrettato: spesso gli uomini pensano,
un altro complesso di idee: l'uomo è !i- come gli amici di Giobbe, che la puni·
mitato ad una breve vita (lob ro,20; zione del peccatore sia inadeguata 3.
Sap. 2,1; 12,2; 15,8; Ecclus 18,10); In Nel N.T. òÀ.lyoi; ricorre frequente·
brevità della vita del peccarore è il suo mente nei sensi summenzionati né man-
castigo (lji 36,10; 108,8); è similmente ca oÀ.lyov nell'accezione avverbiale o in
per punizione che in tempi di crisi sol· modi di dire come Èv òÀly<t>, «in bre-
tanto una picco/11 parte del popolo v ie· ve» (Eph. 3,3) e 7tpòç oÀ.lyov «per po-
ne rispanniata (De111. 4,27 ; 4 Ba.cr. 14, co tempo» (Jac. 4,14) 4• Una patticolare
26; Is. 21,17 ; 24,6; IEp. 10,24; 4 9,2 importanza hanno solo i passi seguenti.
( 42,2]; 51,28 ( 44,28]; Bar. 2,13) e Le. 7 Al. Gesù si rivolge al fariseo
che, nonostante molto lavoro, iJ pro- che non ha saputo nascondere la pro-
dotto dei campi è scarso (Deut. 28,38; pria disapprovazione per l'atteggiamen-
Ag. r,6.9). to moscraro da Cristo verso la grande
A confronto del castigo che incoglie peccatrice: OV XdPLV À.ÉyW CTOL, Ò:<pÉWV·
l'empio e della ricompensa che tocche· 'tCU al àµap'tLCU mhijç al 'ltOÀ.À.al,
rii al giusto, ben poca cosa sono la pu· O'tL fiyd'lt'T}O"Ev -r:o).{r <!> OÈ ò),ly ov ciq>lt·
nizione, la correzione, la sofferenza, b 'tCU, oÀ.lyo'I aycnq_, «perciò ti dico che
foticn e la tentazione di quest'ultimo le sono rimessi i suoi molti pcccnti, per-
(Sap. 3,5; 16,3.6; 12,2; r3,6; cfr. an· ché ha dimos trato molto amore; a
che Eccl11s6,19; 5 1,16.27; Zach. 1,15). chi poco è rimesso, poco ama». Il cod.
Questa idea conosce un certo rovescia- D omette le parole da O'tl in poi, con
mento in quella che non è, di pe r sé, una pa renre correzione che mette in
che una ma~simi\ profana: oç OVX È1tEL· mostra con estrema chiarezza quanto
p&.~, òÀ.lya. oHìtv, «chi non è sperimen- sia difficile interpretare correttamente
tato conosce poco» (Ecclus 34,10), m:i il v. 47b 5. Possiamo formu ln re il d ilem-
2 li cod. S kggc t.mpcicrih] ; d r. ).li. KoRN, guistico proC.no e riferi menti bibliografici.
TtELpctcrµoç. Die Versutb1111g des Gla11bigm i11 L'autore d egli Atti ha una preferenza panico·
dcr griecbiscben Bibcl {'t5137) 27 s. lare per lo litote oux 6À{yo.; :::: Tto),vc; ( 12,
J Ques1u sezione sui LXX è dovuta a BER· r8; 14,28; 15,2 tee.). Por tale carutteris1ica,
TAAM. che non è rara anche nei papiri, dr. PREISIG·
4 Vedi PREUSCll.·BAUER '. J.V., ove sono indi· KE, Wiirt. 11 168 e MouLT.-.Mru•. , s.u.
cari tutti i passi in cui il tern1ine ricorre ed 5 Per i problemi di critica tesru~le v. ZAHN,
anche i più importanti paralleli nell'uso lin· Lk., ad l. 325 , noca.
ci.iyoç (H. &-escmann)
m:t in questo modo: ri volHc Cesù le sarà ricompensnta anche la fedel tà nel
ultime p:irolc a l fariseo e gli dice indi- poco, persino nel minimo~.
r1·11amcnte: tu sei cenarncnic giusto ed
Cfr. Ex. r. 2 11 3,1: «Dio dà all'uomo
h:ti bisogno di poco perJono; ma pro· le cose grandi solo d opo aver lo messo
p ri1,1 per q ues to anche il tuo nmo re è alla prova nel le piccole; solta n to allo ra
sc:1rso 6? Oppure quelle p:uole vanno lo e leva alle grnndi».
prese in senso più formale, costituisco- Le. 12A8. Gesù dice: b oÈ ~t"ÌJ yvovç,
no un '(lfferma:Gione piì1 teore tica 7 ? Se il 1tOITJ<TCU, oÈ èU;1a 1tÀ1))'WV, /ìapi}O"E'lm
de tto risale veramente a Gesti, e non oÀ.lyw;, «ma a colui c:hc senza cono-
c'è mo tivo di dubita rne, allora deve es· scerla (scil. la volontà del suo signo-
sere rivolto al fariseo e inteso proprio re) ha compiuco cose meritevoli di ca-
per lui; in altre parole, Gesù ridimen· st igo, d arà poche percosse». Questo
s iona anche qui la giustizia farisa ica, ne deno è strena men te connesso con
rivela le mam:hcvolczze ( ~ lìlxcuoc, II, quanto precede; in forma di paraboh1,
coli. r 230 ss.): dove regna soltanto tale Gesù esorta ad essergli fedeli , a fare
gius tizia che si d isringue e separa dal la sua volontà. Il particolare interessan·
pt:ccatore, ivi si ha anche scarso amore te è che Gesù fa qui un 'eccezione per
e si vìo la periamo il massimo coman- coloro che non conoscon o fa su~ volon-
damcnco (Mc. I 2,29 ss.). tii e non possono pertanto compierla:
J\'11. 25 , 21.2 3. Gesù dice al servo fe- a differenza di coloro che invece disub-
dele: trct 6À.lya ijç mc;-r6c;, E1tt 11:01.- bidiscono consapevolmente, costoro :i·
À.wv crt xaw.O"-ri}O"u), «sei sta to fedele v ranno solta nto un cas tigo ridotto. No n
nel poco, ti darò autorità su molto». cnnosccndo la situazione originaria in
Già in Le. 19,17 troviamo un'esegesi cu i queste parole furono pro nunciate, è
dell'espressione btt òÀ.lya., che v iene impossibile decidere se Gesù, parlan·
ancor più ri nfo1·1.~ta con que lla che è do di coloro che ignorano la volontà
ch iarnmente una formulazk)ne sccon<la- dcl loro Signore, abbia inteso il popo-
ri11: Év éla.xla-rtfl mc;-rOç Èyivou, .isei lo, l'oxloc,, od i pagani 9 •
staio fedele nel minimo»: nel giudizio H. SEESEMANN
<• Cosi SCHl.A'n'EU, Kumm. Lk. 26 t; ZAJIN , òÀ.(y(<) al posto dcl sc~ondo lv H.ax(q"'ltl·
Lk; ] . WE1ss, Dt11 I?v. dc:> Mk 11nJ Lk.'
( t 892); al farisi.·u \•iene rimproverato il pOCO
• C<r. ;\. Lo1s v, L'~vangile se/011 Luc ( 192..J)
amore mosrrato :t G<.-sù quando costui entrò l.'5· Le parole di Gesò a Mnria (Le. l OA2)
in casa sua. s-xonclo la k 'lione del cod. S (òÀ.lywv lii
éa·nv xpEioc iì iv6c;) non so110 di facile inter-
7 Cosl, pe r es., p~ll$O H AUCK, Lk.; KLOSTER- pretazione in questa forma; ci dev'essere una
MAN"N, Lk., la wn~idcra una spiegazione pos- corruz ione del testo molto antica; cfr. i com-
sibile. mentari, ad /., e per il significato ciel detto
a Cfr. anche Le. t 6 ,10 ove il cod. D lcgf\c iv -> E~ lii, col. :>.84 SS.
oÀo}.,;r,,~ (I l. \VJ. Heidl:uld )
6).oMr,w
C. T HF.ANOF.R, '0).o).vy'it unJ l6.: J·:ranos r 5 ve abbiamo una p reghiera, òA.o),iit;t.i no n è u·
( 1915) 99·l6o; WEGNEK, art. 'Ololyi;c' in: s~io come verb11m dicmdi, ma è accomp:ign:i·
l'AIJ1.s -W. x vn ( r937) 2.1y3 s.; L . DEUJINU, 10 d a u n tale verbo : wç tl'!tov<T'ò>.6).u;e
Ololyge und Vnwan<.hcs, AAB ( 19~ 1 ). (Horn., Od. 4 ,767); non solo si parla ad alrn
V<JCC, ma vi si aggiunge and>c l'òÀo>..Ul;nv ç<>
1 Cfr. M OULT.·Ml LL, s. v. Secondo T HEANDE K
me atto distinto.
i l termine è già usato nei cuhi preellenici ed
; S<:HLATTEI., Komm. Jak. a 5,1.
è si nonimo d i à.ÀaA.6'.t;w (-> 1, col. 6n); v. P.
KRF.l'SCll~l!iR: G lott3 9 ( 1918) 228 s. 6 jll, fo rma hif'il Clt volte), sem pre e solo
1 nd discorsi profetici, può esser stato reso con
Esichio (s.v. ò)..oÀvyi}) d istingue ncct:1mcn-
ò>..oMt;ELv ( 18 volte, pìè1 nitre 4 volte in
tc tra uso sacro e p rofano. D diniSL'C il pri.
Si mmaco, 1 volta in Aquila) e C,),OLÀasE<"
mo: q>l.<)VÌ) yww.xt;:i'I, i\v not.0iiv"t'aL ... tùxo- ('Iep, 4,8; 29,2 (47 ,2]; 32,34 [2},34); inoltre
~vo;t, e il secondo: noLà. q>wvi} )..v1t1)pà.,
6 volre <:on llpTJ"El" ) anche per ragioni foni·
bliUv1J'J xCLj;(i~ Wri}µQJ ·nvi <1>llérrti1 mx-
che. È interessante ed indicativo che in Ei.
PLO'"t'wG"a:.
30,2 i LXX rendono héWu d ircuamente col
3 Vedi W .F. 0 1,·o, Dionysos ( 1933) 86 s. grido Stesso: ww;
Simmaco e Tcod02io11c, in-
4 T;1lc gri do not1 va affatro inteso come una vece, prefer iscono ÒÀo).Vl;E'fC.
pregbiern c:splicirn (cosl -> WF.GNER); lii do- 7 Soltanto in ls. 52,5 e Os. 7, i4 manca il ri-
iiì,oc; (!I. Sccsema1111)
Ji1n '!TIJrrimento l'urlo mo-.1ra l'an- ma dietro :.ille parole usare c'è Crist
nic111.11ncnto della forw e ddla gloria che è il compimento: solranto adcs~
<lei potenti di questo mondo all'appari-
re ddla sovranità <li Dio; quale mani- che si è persa l'ultima grande possibili-
fes1.17jone di tenore il grido segna il 1i\ Ji ruvvedimenm e che l'impudemn
1rapass(l dall'esah:12Ìonc e JJlJ'cstasi al - e 1'ori:o~lio hnnno raggiunto il massi-
l'orrore per la propria sorte (Am. 8,3 ).
Davnnti a Dio è l'ichiesta «la gius rn
mo con la crocifissione, è giunto il mo-
preghiera del cuore» e non l'urlio csrn- mento in cui, al ri torno di colui che
lico (Or. 7,t 4). fu crocifisso, i ricchi devono u rlare di-
Anche Iac. 5,1 8 segue, da un punto speratamente (6),olu!:;.Ew).
di vista esteriore, la linea profetica; H .W. I lErnLANO
o>..o~
ferimento al ~iomo dcl giudizio. I Per i da1i li11gu1s1tci d r. PASSOW, Lroo•:u ...
a Anche rispcuo All'A .T ;c},,,.uo-11-.E ò).o).V. Scon, ParusOfEN·BAUEll.1 , s v.; Arisrotcle of
!;cv-m; (-+ v, mli. 497 s.) è un'e<pre<Sione fre un'analisi ccl una de.linil:ionc dell'&>..ov in
nlqu•n10 1uvrahbond;1n1c; in far. essa ha co 11/elaph. 4,26 p. 1013 b 26-1024 a IO.
n1.inquc:: un4 ntotiv;-\/iooe 1ntim..1 ' STR.\CK-BILI.EIUlt:CK 11 488; d r. Sc111.A1·Tu,
è).o-.;•i.1); (H. Se<."Semonn)
),,~). È un termine raro; cfr. Aristot., mine rnro oÀo;EÀ.1); sottolinea forte-
pla111. p. 817b 38: b xéO'µoc; o).,_,.
1,2
mente il sa luto di Paolo che è qui p.u-
nÀ i'lc; Éo"tW xa.t ÒL1JVExi)c; (passo proba·
bilmente spurio; il testo greco che ci è cicolarmcnte sentito e complcco.
pervenuto è s tato Lradotro dal latino).
Nei PaJ d apostolici il termine si tro-
L'c~empio più antico è del 67 J .C.
(Oilt., Syll.' 814,4;}: 0.VtLO'Q>Opi.a OÀ.O· va in Erma che lo usa quattro volte, col
'tEÀ.l)c;, «Completamente esente da tribu- significato di completo, per/etto ( mo11J.
ti di guerra... Manca del tutto nei
9,6; vis. 3,lo,9; 134) o incero (vis 3,6,
4: fÀiao~] xolof3ot Y.al ovx òl.o'tù~~.
LXX 1•
«pietre mutile e non intere»). I passi
Ncl N.T. inconuiamo il nosrro ag- paralleli succitati e 1utti gli ahri e~empi
gcuivo soltanto in 1 Thess. ;,23: ò menzionati nei dizion ari sono analoghi
all'uso linguistico di Erma, mentre sem-
i}Eoc;... 0.yL&.crcu ùµ<ic; oÀo'ttÀE~. «Dio ... bra che non ci siano a ltri casi in cui ÒÀ.o-
vi santifichi in modo perfcuo»: il ter- 'tEÀ.TJ<; vengo U5ato come in Paolo.
H . SEES!i.MANN
t ~µElpoµa.L
Significa to, etimologia e :ispirazione 1w.~S6 [ <; l che potreb be esser rrndono
sono dubbi ' , ché il termine è :1ttest ato «con gra nde nos talgia del bambino» o
~olo 4 volte. Esid1io lo spie11.1 con ÉitL· «(i genitori in luno) si s 1ruggono dal
i)vµE~v. ma è forse meglio intendere il desiderio del fanciullo»; simile è il pas·
verbo in senso mediale: sentirsi porta- so di lob 3,21 nei LXX (codd. AB; il
to a, provare una forte i11c/111atione ve rbo rende l;kh pi'el ( = µÉvEw: !.f 8,
per, intendendo un sentimento partico- 17; ùr.cp.ivELv: ls.64,3]); forse il ter·
larmente intenso. Su di un'iscrizione mine raro (perciò mutato in lµclpoV't(U
tombale leggi:1mo 2: 01mp61uvo[ L] 'ltEpt nel cod. B""'l era pnrricolarmen1c a-
cl:itto a<l esprimere l'imemità dcl desi- il r:1pporto )Y.lrticolue di Paolo con la
derio. Con quan10 è stato dcuo s'armo- comunità, rapporto che è fatto di gran·
nizzano il signilicato e la variante di
Simmaco in ijJ 62,2 (rende s~r; i LXX dc 1c11erczza, di un caldo cd intimo n/-
hanno bpì)pl~w). li signific:ito che :1b· Jetto. Nella wn opera l'Aposwlo è mos-
bi:imo accertato si adat rn bene anche al so sì da un'ubbidienza assoluta 11\l'incn·
In figura della nutrice in r Tbcu. 2,8 '.
ricu ricevuto, ma anche da un grande
Il fotto che l'Apostolo usi in I Thess. affetco per la comunità.
2,8 un termine cosl raro sta a indicare H .W. HFWl o\ND
• •
oµvvtù
~ opxoc;
' OtDCL1us, Tb'1t., aJ I.; tcn<ntl..l rnnto òei 119411) 111·94, Wu!IE·PoK. 1,178 <.
LXX è ptu che dubbio che 011tlP0114~ sia un 2
Per la fonn~ O~IVV!l!., rara nei 1upiri, vedi
tennine tipico del linf,uni:gio clcllv b.ihc Jl(;u .H 3.2: ~11w1n Ka.lo-cxpa. Avi:oxpa-ropa
! WOllLl·NBCKG, Tb., ad /.).
~t:ov uiov. Cfr. MAvsca 1 351 s.; n l, JOJ "·
Òf wli<.i ·' Per J'u<0 dcl v11C:1bolo nei LXX tfr. THAC:KP·
RAY 279.
1 E. 13tCKllll\IANN: Rcvue dcs é1udcs juives
'19 (193,) 104: cfr. \V. NEISTER: (Be=nber- • Cfr. su 'lucsto punto PaEu~rHEN IMVER 1
gcrs) &itriigcn wr Kundc Jcr in<lor,cnroni- 938; HL.·DfBI. S 92.
schcn Spr:icl>tn 30 h # l 199" 30.1; E BEN 5 &empi per l'uso di xa.i:rl ·nvo; 1n flKr.1: -
H .'llSTE: Rcvuc dc l'histoire tlei ttli11ions 1H sc1w•..,.RAUEll ' 938.
(v 1;8) 4<)R
• l.:t tratli7.ionc <»ctlla un ò-.é\ut-;l cd lv évò- •l Cfr. Mn"TEIS \\'tt CKEN 1 1,107
p.a:tL in l c1. 11,1<·~ trn O'>Oµct'tt. cJ titt òvi>- Il Vedi soprntlutto Pn1s1GKE, Wiirt. u, s.11.
1<11'<L in !)cui. 6,1 ; ; 10.20. \VJ. I lctTMLiLLER, 011w1i. e oiwl'.iw.
1111 Namm ]eru / r90,l 25.45 so~tìcnc che " Oltre a <111cs1i l\iuMtncmi è fre<1ucnte nd
ÒJ,l\1Vr1.v Èv ovvero lit\ (i;c.71) Ò~[la."tt. signHic:l p~pirì J'~pzoç 1t<l'tpt.0ç, il 1:iu t'A1nc1Ho per Qli
giurate per il nome o insieme col flO'l)e o ~menati; per e-;, P Petr. 56 J 10 s~.: ~"'ii
f:t<~ntlo it 1)(1tllC ,..,I xup<.0;. Jlcnx!ian , bist. c>'O.. 'tÒV T.CÌ'tf.LO\/ 6p;c:ov.
i ,i,10 ; q,2 t cfr ll61TMLiLLrK, op Cli. 1otl tS Oltre ai commcnt3ri ed alle monogufx: sul
ha òr 1wtw ei.; '<Ò 01101 UJ...... 01101V1. scm1one della moniogna, v. li. MOLLER, Zum
9 In Nu/11. 14,21 il 1radu11orc •1111iu11Ac a l',w J:idcsuerbot der Dugpredigt {r9 i 3).
è-yW nnd"' x11t r,.:iv -rcl &voµé. 11ov. 10 I voti "cnivano pro11uncin1i anche sen:r.t
1• V. anche 1 Cor. 1 5, \ J: vi) -:ÌJ"i Vi 1ntr-a.•1 mcn~ionare il llonlC di Dio, ma il Giuramento
4 99 (v,1;8) Òflvùc~ (,joh. Sdmcider) (v ,1;~) 500
cr~ S4..:lnprc: ncron"lpagn.uo di t~lt· meNiOflC IJH.K I 1 28 «.; I'. l'iU!IG, Jc·111 lkrRJ,,cdir,t
dr. 5Tt!ACK·BILl,ERRllCK I p7. (192,1) 61 92.
J7 ). SCllNll-.WJNll, Dm e•· 11arh ,\Jt. fN T. i•) Cfr., nl 1noposi1u. 11.u1icnL1nncnt<' 11. As
DcutMh), ad I •1>it-i:• <hc in ~lt '·H
ta dl uno dt:i dicci ronlnndan1cnti; Ex. 2n,;
si tr.tr- 'IUSSEN, D1c Bergprt'd1v (191y) 2'
s.
20 Tale è il pam·c, od es., Ji E. Rn:Tsc1mL,
~arebbe stato opplicato Jalln smagogu antica Dm Verbo/ dcs f!.ides 111 dcr Derfl.M:digt:
al giur•1ncn10 vano, nullo. Alla proihi>ie>ne Th~tKr 79 ( 190')) 393; 8o ( 1907) 6<>9·618;
rosi tnt~-.a sart!hbc poi >1110 :iniancaoo il co- nh si oppone O PROC:KSCH, Das T:11/l'svcrb11t
marxhomento rnrrispon<lentc (N11m. 30,3 ecc.). )m1 Christi T'1Urin11cr ki1 klichcs Johrbuch
Cfr. le prove a li<J>tegno di questa intcrp"'ro 13 ( r907) ' ' ss. Urut ptisif.ionc simile 3 quel·
z.ione 1n STMCK·BILtUDEc.IC 1 ~16 s Nondi- la di Rmtsc11r1. era stoto sostenuto giìt <I~
meno essa rimone dubbia perd1é in .Mt. ;J,3} DBNGEL, cui /,: ù11pri111is pro1"i1soriis iurame11
ci si 11ferisce alle 1•rescrizioni dellu legge, non In inttrdirll Clmstus, q1wm homi11es de fu -
anche ai <'Ommenri rabbinici. t11ro per eJ ro11/in11Jt1/, quor11111 nil "' rorut.-i
IS Vedi i testi ripOrtalÌ in SrRACK·RtLUlR· pote;tate est.
01iww (Joh. Schncidcr)
dcl p:m.:rc; che Gesù conda nni soltanto condo la testimon iamrn d i Diog. L. 8,22,
l\tbitu<line corrente tra i Giudei del i Pira~oric:i n richiedono: lrYJOÈ ÒJ.lVV·
suo tempo di giurare e spergiurare per va~ ikoVç, <ÌUKE~" r~P &a.1rtò-,, OE~v
ogni inezi11 della vita quotidiana 21 • ò:l:,Lent~cr-rov EivaL, «non si giuri per
Queste spiegazioni non rendono però gli Jè i: ciascuno d eve infa~ti ccmtrc
giustizia al vero senso delle parole d i di esser degno di fede» 28 • Tra gli
Gesù. Egli dà un nuovo comandamen- Stoici abbiamo Epitteto che proibi-
to, valido per i suoi discepoli 22 i quali sce ai suoi discepoli di giurare: llpxov
devono e~ser rn nro veraci da non aver 7tapal-rl'}O-etL, El µÈ v ol6v 'tE, dc; ti.:rr.av,
bisogno d i confermare le loro paro le d ÒÈ µ1j, €x -rwv l vovtwv, «rifìutati di
con giuramenti. Il detco di Gesù µÌ] giurare, del tuno se puoi, altrimenti il
6µ.Mru oÀ.cllc; riguarda così tucti i t ipi più possibile» ( ench. 33 ,, ). Tale proibi-
di giura1m:nw, ranto quelli che si pro- zione non deve es5ere limitata al perio-
nu nciano nella vita d i ogn i giorno q uan- do di stud io del giovane fi losofo, ché il
to quelli richie~ ti in tribunale 23 • s aggio stoico non deve mai compiere,
La medesi m•t posizione è stata soste- durante tutta la vita, alcunché d'inde-
nuta anche da altri prima di Gesù e gno e d'inutile. Anche M. Anr. 3,5 af-
fuori del N .T . 24 Sofocle 25 prima e, pit1 ferma che il saggio non ha bisogno di
tardi , Plutarco 26 dichiarnno che il g iu- giurMe. Gli Esseni hanno radicalmen1e
ramento rappresenta una costrizione respinto il giuramento, anche se al no-
dello spirito ed è indegno di un uomo vizio erano imposti tremendi giuramenti
libero. La massima opxw~ µT) xpG>, al momento dell'ingresso nel.l 'ord ine 29 •
« non far Jicorso al g iu ramento» (Ditt., Nella parenesi giudaica si proibisce
Syll.' x26l\ 1 8) è un prodotto della sa- (Eccl11s 2 3,9 ss.) il giurnmeoco troppo
pienza delfico-apollinea. Similmente, se- focile e abituale JO. Il Sirncide critica il
21 Così SO!\tcngono, pc::r es., K1..0S'l'BK~tANN 1 n Cfr. R. HtRZl::L, op. cit. 99 s. 109-123. llO
1\11., ad l.; H.J.
HOLT'lMANN, Neutestameflt· n. 2. A .BoNuor-re:R, Die Ethik Jes Stoikcu
/icbe Theologic 1' (r9u) 19• s.; J. Milr..wR, Epici. (1894) r q n. 31 sostenne d1c Ep i11e10
Dù: Bergpredi11.1' ( 1908) 1 JO; P. f IEDIG, ]csu scguiv~ le prescri1ioni pitagoriche; più 1:irdi,
Tlcrgpredigt ( 11124) 67; R. S6EBERG, Zur Bthik ndl'orcra Epici. rmd d<1s N .T. (191 1) )O, t:i;li
tlcr Bc-rgpredigt (1934) 39; H. IiUB8R, Die non rileva più la grande vicinanr.a tra pirn·
Bergprt•digt (1932) 94 s. e altri. soriomo e scoici;mo sulla qucorionc dcl ~iu·
2? J. SCllNIEWIND. op. cii. e~ n. 1 7), 11d /., t11menco.
'Piei;.1 con estrema e ri1dic..,Je chiarezza il scn- 2A Cosl anche lombi., vit. l'J,f b. 47 (dr. i\.
>O delle: p:1rvlc di G~sì1: «Vi ordino di non BoN1JOl'FE.I\, Dia lìtbik dcs St,,if~crs Epirt.
~iurnre atf:Hl fH>. l I 3 S.).
ll Così STKACK·Bll.l.ElUl!;(;K [ 328: cfr. anche
?I Cfr. llouSSE'T·Ci~ESSM. t,6.1 e ScHuRER 11'
Sc111.AIT6R, Komm. Mt. 181 s.; in modo simi-
658 . l o<., /,el/. »'35 spiegn: «Osni loro (scii.
le si esprime J. CHR. G sPANN, Vcr Eid Ìll der degli F.,;.~cn i ) parolir ha più forzn di un p.iu·
Bn.~predigt : Dcr K.1rholik 35,1 (1907) 34. r~1n1cu10; nla :;':1.s 1engono dal f~iurare co11si..fc-
2~ Cfr. sprc. R. H1RZEt , Der l'id (r902) 109- raodolo pe~{\Ìorc dello spcrr.i11m, p.facch~ <1:.
12-;. oono che risuhu i:ià condannalo colui che non
liOcd. Col. 6Jo; )'bi/. 811 s. (stretta <li ma· è l·rcduro sen;-a invocate JJio»; dr. anch~·
no invece dcl giuramento). los., ar11. 15,~71 ~.
26 Quaest. Rom. 44 (Il l27 d ); vedi unche Jo 11 Sirnci<lc conosce ire tipi di giuramcnt•"
Quint., inst orni. 9,2,98: in lolut11 i11n1re, ni- il folso, l'imprudente e<l il ,.,no; dr. G.
si ubi nci·csse t'St, gravi viro par1u11 cu111:cni1. DAl..MAN, Dcr Co11esname Mona1 (r889) 61.
ÒJ<Ww (Joh. S<hncidcr)
7tolvopx~: «Non avvezzare h1 1u.1 boe· mre ad essere cosl verace in tu tto
ca al giuramento e non abiruarti » pro- quanto dice da fiir valere le sue parole
nunciare il nome de l Santo» (Ecclus 2 3, come giuramento 36 • l n questo modo il
9); «L'uomo che giura spesso s i riem- saggio si avvicinerchbe a Dio poiché
pie d'iniqui til» (v. n). Lo Pseud.-Fo· anche i ).6yoi di Dio sono opxoi n. Fi-
cilide ( r 6) proibisce soliamo lo spcc- lone rifiuta che si giuri per Dio 38 • No:
giuco. nosiante la forte inRucnza stoica egli
In Filone 11 troviamo le più d iverse non è però pervenuto a un rifiuto tota·
indicazioni . Il passo più completo su lla le e rad icale del giuramen10: in una si-
questione del giuramento è offerto da tuazione in cui si è cos tretti a giurare
spec. lcg. 2,2-38 .u. Fi lo ne vuole che si bisogna agire con estrema cautela e
eviti il giuramento o, se vi s i è costret- pronunciare il giuramen to soltanto do-
ti , di pronunciarlo soltanto con la m:is- po un esame accura to dei fatti. Colui
sima cautela n. In decal. 84-93 egli af- che giura do vrebbe anche accerta rsi di
ferma che la cosa migliore è di non possedere le nece~saric quali tà morali
p.iurare; se bisogna farlo, si giuri bene; per gi urare, di essere «puro nell 'anima,
pessima cosa è spergi urare. Trauando il nel corpo e nella lingu:1», «p erché sa·
problema del giurament o Filone si rif~ rebbe peccami noso che brutte parole u-
sopca1tutto a l patrimonio stoico J.1; il scissero dn quella medesima bocca che
suo ideale è il saggio che non deve af- pronuncia il nome santissimo» 39 • Filo·
fatto giurare perché Je sue parole han· ne permette l'uso di giura men ti sost i-
no forza di giuramento is. La cosa pii1 tu ti vi che, ad eccezione <lei giuramento
conforme alla ragione sacebbe di non per i geni tori 40 , sono tutti d i origine
giurare nffarro, se l'uomo potesse impa- greca •L si può giurare per la vita e fa
memoria d ei genitori, per la 1err;1, il con «neanche ... ne:1nd1e», cioè come se
sole, le stelle, il ciclo e tullo il mon- si avesse µnot ... µnoÉ n. Chi giura per
do '2. il cielo e la terrn dimentica che Dio do-
mina cielo e terra: il cielo è il suo tro-
Al divieto assoluto <li g iurare seguo- no (ls. 66,r )• 1 e la terra è lo sgnbcllo
no 4uattro frasi (Mt. 5,34b·36) che tol- d ei suoi piedi•~. Similmente viene riliu -
gono quabiasi possibilità di fo1imende- taia anche la formula Ei.ç 'lEpoO"oÀ.v-
1..1cx ••. Gerusale nime è il luogo del cul-
rc ·la massi ma µl} òµoo-m o),wc;. Gesù
to; si giura per Gerusalemme perché è
esclude quell'usanza l{iu<laica abituale lo ci ttà di Dio •7 e pertanto Gerusalem·
di evitare sl il nome di Dio, a mor ivo me significa Dio s1esso. Anche chi giu-
della sua santità, m:t di usare delle pe- ra per la propria testa "8, giura indirei·
tarnente per Dio cbe è l'unico a pote r
rifrasi di uguale valo re per sostituirlo disporre della vita umana. Nelle formu-
(--'> IV, coll. 393 ss. ). ~sù mette
in lu- le sostitutive del giuramenio per Dio
ce la falsità di quesro procedimento si cela cosl la falsità: giurando di fre-
quente duran te la giornata si vuole evi·
g iudaico e mostra che anche là dove si tare di abusare dcl nome d i D io eppure
evita il nome divino si ha a che fare tutte le precauzioni non riescono ad e·
con Dio. vitare l'abuso. Qualsiasi ren rativo di al·
tenuare la rndic:ilità della richiesta di
Le frasi introdotte <la µi)""t"E vengono Gesù è destinato a fallire.
n completare la proibizione generale e-
Alla proibizione fa poi riscontro un
spressa con oÀ.wc;. µ1)-.E ... µ1)-.E non va
tradotto con «né ... né», ma piuttosto conrnndamenru positivo (1\.ft. 5 ,37"):
4! spec. lcg . 2,5 ; F ilone soggiunge: «Ma non per il ciclo; se è proibiio .:iumre del tutto,
per la causa ultima e somma di tutto l'esse- nc1nrncno il ttiu1-01n<:nto per il cielo si giusti·
re, Dio». Idee simili troviamo in lf'<'C. lei. >, fica.
2-5: si dovrebbe giurare sohanto per la s.1lu·
•5 Per vno;i6ò10\I vec.li 0EJS~MANN, N.B. ,o; è
re, la forrun3 cd il ricordo dei genirori o <lire
un neologismo dcll:1 kuhié.
solo vii 'tOV e 1.tò: 'tOv e 1x)i intenompt!rsi.
G ià i Pitagorici erano soliti giurate per i;li ele· .,,., Nc-i f('Sti n'bbinici non si riscontr~ una SÌ ·
menti: cfr. H. DtELS, Elt•men111m ( !899) 48. milc formula di giuramenco, ma il nome <li
Sèrondo J. lJEtNEMANN, Op . CÙ. (~ n. 31) Gerusalemme.: 3ppure in formule di abiura
rt 3, Filone consigli> Ji siu r~re p<:r i corpi <~· (S1°RACK·JllLJ..EllUUCK I 333\; ahbimno anche è •
lesti invece che per Dio perché egli li consi · scmpi greci e ronrnni ana logh i.
clcrn brnl opCl.i:o( (cfr. anche Plat., Tim. 40 dl. •7 r.6),<ç i:ou 11Ey6.ì..ou ~acnMwç, con remi-
JI giuramento per il cielo e la terra è consi- niscenza di 1)147. 3: Dio ha sceho Gerusalem-
derato un~ forma auenuata anche in She/1u. nh! per st01hili1 vi il proprio regno; «sj sen te
4,t3; e&. A. WiiNSCHE, Nme Beitriigr zur qt1i l"em de!lc spcr.mze cld ' regno <li Dio'»
Erliìuterimg tler Ev. (l878) 59. (.). Sc.11NHiWtNU, O/>. cit. [-. n. 17) ad /. ).
•JCosl STKACO::-Il!u.ERU~CK I 328; dr. anche Sct1N lEWIND suppone persino cne quesco detto
Tu. So11:01< , Oie BergpT<·diJ(t ( 1941) 2p. abhia fono ir•rre di una tradizione di logi<1 di
Gesù «Che. a Jiffcr~n7.a <ltlla massima P'lrle
•• DALMAN, \\?'orte f . 1 168 s. pensa che Ge-
sì1 non faci~i11 nlcuna obic-lione a1l'csprcssio- della tradizione ~i nouic-J, è odc:nrata verso Gc·
rusnlen11nc».
ne in sé, ma che ritenga più opportuno evi-
tare del tutto questo giuramento. Ciò non è 41 Cfr. S.mh. 3.,: «Promcctimi per la vita dcl
esano: Ge«<1 rifiu1a totalmente il giuramenm SUO l~JlO,,.
oµ"uw (}oh. Sdmcidcr) (v,181) soS
l!cr-rw oè
ò Àby~ vµwv vcxt vcx(, ov ov. tesi il secondo veti ed il se<:ondo ov de!
Prese nel loro contesto, queste pa role detto di Gesù ' 1 : al posto <lei giurn-
mento sottentra !:1 sempli ce ntfermaz io ·
possono significare solranw che Gesù ne di colui che è inri mamenre verace ;J .
sostiruisce il giurare col semplice sl e
no; ogni fonnula di giuramento è così Mt. 5,37b dice che ai discepoli di Gc-
esclusa. si1 è vieta to d ire ogni partila che vada o l-
tre il semplice sl e no: i:ò 5t 7tépwcròv 54
Ora dobbiamo concedere che il u:· -ro\rtwv ÉY. -roii 7tov11poù EC1'ttv, «ciò che
sto di Matteo non è d el tutto privo di
ambiguità. La ripetizione d i val ed ov si aggiunge a qL1csti viene d al maligno».
lascia perplessi. C'è chi ha fatto notare Il genitivo i:où Tto'llT)poii può venire da
che per i rabb ini la doppia affermazio- ò 7tov11p6ç: in questo caso le parole di
ne o negazione è un giu ramento 49, con·
Gesù vorrebbero dire che il diavolo è
elud endone che Gesù ha permesso una
nuova e più semplice formula di giura· all'origine della predisposizione a dar
men to al posto di quelle abituali 50 • Ci fonrn al discorso con giuramenti " · Se
sono però esem pi, nella tradizione rnb- in vee.: si cons idera -roii 7tOV1]poii come
bioica, in cui il raddoppiamento del sl
e del no ha soltanto una funzione enfa- neutro, se ne può dedurre d1e l'abitudi-
tica 51 • È in questo senso che vanno in- ne d i giurare viene inn:sa come conse-
gui:nza clt·I m;1Jc esi~tcntc nel mondo 56; ni1it cri ~tiana il giuramento non ha al-
pertanto 5Ì dovrchbe decidere di far ri- cun" ragi\ln d'essere; esso ha infa11i
salire tx 'tOV n ovT)po\i a 'tb 71;0VT)p6v. u11.1 suu funLione so!taoco dove ci so
no 11101 ivi per dubir:i re che lo veracit~
l. forse la forma urigin:1 le dcl de110
sia la norma di ogni discorso e di ogni
di Gcsì1 non si trova in Mmteo, m:1
parola. Dai crisriani ci si aspetta però
in lac. 5,12: µi) òµvvt'tE , µi)'tc -.òv
che siano veritieri in ogni loro afferma·
oùpa.vèv µiJ•t 'tÌjv yijv 11i)'tc è.0..),ov
zione e perciò bastano un sl od un no.
<~VcX Opxov· S7 i)'tW OÈ Ùµwv 'tÒ V<XL val,
La massima radicale µi} 611wnt, «non
x.cr.t -rò oO ou, •non giunue né per il giurale», separa nettamente 1'1 comunità
cielo né per la terra né con qualsiasi
cristiann dnll'usnnza giud~ka del giura-
altro giuramento; ma il vostro 'sì ' sia
mento.
'sl' e il 'no' sia 'no'» 58• I l resto di !oc.
', u non fa capire chiaramcnre se si Pos; inmo porre in questi termini il
rapporto tra J.,c 5,12 e Aft. 5,34-37:
u aui di un divieto riguardante i giu-
Giacomo non dipende da M.ittco per IJ
ramenti sconsiderati della vira quoti- formulazione della sua massima; nell'e-
diana o di una proib1z1onc .issoluta di pistoh abbiamo piuuosrn una tradizio-
p,iurare. La seconda ipotesi sembrn ne indipcnd.;nte. A sosregno di 4ucs1a
opinione possiamo ricorda re che un cer-
quella giusta 59 , come si dcd~1cc dalla to numero di antichi scrittori cristiani 60
seconda metil di [oc. 5,12. Nella comu- cita In mns~ima in uaa forma simile (l
'i6 Cosl z,.HN, Mt. 2~5 rifocendusi o K1.0nu- il Signore· In mc non c'è n~ giuramento né
MAllN, tltt 47 ; V. anche ScllNI C:WISD, op. cii. ingi11>1izia, m~ M>lo verità. Se " '' gli u<'Olini
(-+ n. 17!, ad/. oon e'~ vcrir.\, allora giurioo dicendo 'sl, si'
li Trn gh cs<'mpi clcnc-Jti dopo µfrrt manca oppure ' no, oo'»; cfr. anche IJ.M 49n: •011,.
'l.cru5aJemme': scx'Ondo Wr<o1sc11, /akbr., s to ~ofò t'in;cgn.a dii.: il tuo sì cd il luo no
111/ I. si 11·11ua di un 1>uro et1so, a meno che devono c~sc:rc giusti•.
fac. sl:1 >t<lla scritta Jopo il 70 d.C. •Per i 5'1 C'.osl Drn~uus, jk. z 28; di diwr<0 pa1 ere
crisrioni che vivevano nello di~•poro Gcru.a- ~ \VJNDISClt, /akbr., ad I.: •Anche <Jui <i dc·
J.:mme non :ivevo piì1 importanzn alcuno .. È ve 1r11nan.: sohanro Je:J gluran1cn to uno ""~
effetuvamt:llle pcl' q uesta ragiofle ~hc Geru- lcn.nc Jt,1 r•1•1>0ni umani comuni mpc:tto al
salcm~ nun è più no;ninJta. quale 1 Cra1 cll1 jlOtc\'ono comportarsi Jiben:J.
~ Anche i rabbini 00005C'Ono un'cwrtazionc mente>'- Simile ~ la po>izionc di 1-JAUCK, Jk.,
simile • <juclla di /ac. 5,12; per es. S Leu. ad I., e ID., Vie k'1tholinbm Bri~/r (N T.
336 a (it lev. 19,36): 11 l'w deve essere giusto Dcutsch) a lat:. ;,12.
e lo hbi deve cs5'.'tc ~iu>tO; Afldr. R111h 3,1lS: Ml Iu~t. 11pol. 1,16.) : Giustino • µi1 61<ò0'1l
Lo hi'n dcl iiiusto è uno hi!11 ed il suo l'w è un -.t éiÀ.w.;· fo'ttJJ lii ù1,u;iv 'tÒ va( va(, icat 'tÒ
/'w. Vedi onchc STRACK-IlJJ.LllRttF..CK 1 336 e oO oii ~»innge: 'tÒ SÈ 1tepur11/rv 't'OV'twv b •.
;\. M l!Yl'K, D11s Ratsel dn Jk. (1!)30) 162 n. 't'Ou ?tOVT)poV. Giustino ha c-•idcntcllltlllc m1-
2 . Ancoru più marcata è la 50migl ianza di sd1iJto i tt'Sli di l ac. e Ali. ; Drnr..1.1u~. JI.:
litn s'4v. -19,1 .-.: c lo ve lo giuro, figli _320 n. 2 conlm1.'"1'\l::J: ... Poichc: (;iusuno non
1niei, ma non \'e lo g!uro cnn un unico giu~ <1:. altrov~ sc:~no di conos..--en: Jac.. la su~ l'O-
u1ncn10 né per il ciclo né P<'' In 1~1 r:t né per noscc1?2:t <kllo fo11na non cnngchl~ del detto
un\thro crl'alllr:I •·rcatJ d:i D io. Dice infatti "kvc ~vtr~ unJ. di\'crsa provcnicn1.a». Cletn.
(v,183) 512
quella di Gi:inimo.i. Anche l.1 forma Getiù in Marteo corrisponde alla fra~e
semplice, «etict1mente pit1 pur•l», <.11 di Giacomo.
lac. 5. 12 è un argomentO a favore della
sua priorità c. Giacomo non presenta 3. l n Alt.23,16-22 abbiamo una serie
l'aflermazionc come p.irola di Gesì1, ma di detti, in sé compiuta, che rieo rdn
come propri.1 ammonizione; certamen- Mt. 5,33-37. Si :urnccil yui hi c.1siscico1
te la m:mcaro.1 cli una formul:t <l1 cit;l·
ziooe «non può essere considerata una dci giuramenti e dci voti clalx)r,110 Jai
testimonianza che, ai temp i Ji Giaco- F:msci e dagli Scril>i. Gcsi1 dkhiar:i che
mo, il detto sul giuramento non era oon ha senso dire che il Riuramcnto per
ancora comiùemto parola del Signo-
re» 6J. Ci sono infotti alui detti d i Ge- l'oro del ten1pio 65 e per la viuima è
sù, «<li più sicura provenieoz:t•, che so- obbligante, mentre queUo per il tem-
no usari in testi parcnerici senza essere pio e per l'altare è privo di valore.
esplkitruneo Le dichiarati parole dcl Si-
gnore .i. Pos,iamo però considerare n~
Tempio <>ò cd oro del tempio, offerta ed
soùato, quanto al sen~o, che il detto di 11hare sono 1u11 'uno; sono consacra ti
Al.. Jfrom. J,99,t; 7,67,3; Pscud.-Cletll. IN>111 convinto ' hc 111c. ),12 si ri('1<'Cin imnwdia1•-
3,55; 19,2; Ep1ph., b1Uf. 19,6,2; dr. ""elle 111enre al detto d i Gesù riporlato da Matteo.
OIBllLIUS, ]k. 2 )0 A11d1è ]. Sc111<1r.w1No, DJr liv. 111n·h Alt
•1 Per i rapporti lcttenri tra fa(. ,,12 ~ Mt. (N.T. Deutsch). 1111 /., sus1ic11c la prio1ità di
_5,H-37 v. soprottutm DtBELluS, Jk. 130 s. Mt. 5,3; • pensa d'lt' b forma di lrrc. 5,11
ol Cosi ~ncbc Drnuuus, Jk. 23" Anche A.
rappresenti un allc~g<:rirnc"10 rispc1tu ol lo-
lJÌOn originario di liesì1.
MEYt:R , op. cit (~ n . so) 162 è <Id parere
che !oc. J,12 non di~nda da Alt 5,37; Gi:i- "-I 0tBELlu S, Jk. 2}t.
como nvrebbe scritto o prima dci nos1ri va1i- " Ad es., Rum. u,<4; cfr. Did. 1,3 ss.; v. •"
gc:li o così lontuno <I~ loro o in una uudi· chè D1sEUUS, Die Form2eschit'bu dt•s Ev.'
zionc e prospettiva ro>l 1u1ooomc da non su- (1933) 241 s. A. M!!YEI. op. at. (-+ n. 50)
bire l'inOueozJ del testo di Matt~>. S<wn<lo 162 considera lac., ,12 un dctcu Jd Sillnorc
Mcycr, Tac. ,,11 è uno 1lclle nggiunte cri- o un losion Ji origine criscian• ; e.gli ipotiiza
stiane inserite da Gi'1romo nel primitivo 1e- che 11 detto in Mt appartenga • quelle as-
s10 giudaico; egli ipotin.o che un ropiMn n ><:rtioni che J\htte<l l'tl preso Jal patr11nonio
un traduttore cristiano ahbia inserito «dcl Jdla '>'•picnza giudaica ed ha inserito nella
1uuo 1u1rnn:11 iNJl1CntC. lac. ,5,T 2 11ello scritto fon1c Q. Sc<'Ondo \'(II'IUISCll, fdl<br. }l il lo-
originario, poiché il cunl<'<IO •non parb affat· l)ion riporttto in liir è •<n.">< 1uto chiaromen·
10 di ~iuram<:nto né \ uole, tanto meno. J>l'Ot·
0
te ~u suolo giuda ico»; egli acu:ua anche l'i·
birlo; vuole an:ii fo rc una solenne prumé$$:1 poiesi pmpostn da A. MEYCR , up. cit l)} s.
riguarJo al destino dell'anima in ques11 vit• 23.i, che lùc. 1,12 sia forse una in•ssoma su
e ncUa prossirna• ( 162 ~ F. HAu<.K, Vie K11- Z:ihulon ~rché, ~ndo Girolamo (I' DL LA-
1bolmhm Bru~/<'11 (N.T. Dattsch) n far 5,12, CA RDu, Ono11ta1tico Sacra J [ 1870] 12 ), il no-
pensa che ci sia in lar. u n rifcrimcmo rncito me Zabulon è stato anche >piegato con iu5
ol dcuo di Mt o che si tratti di 0011 comu- 11tr"ndam
ne dipendenza da un ronsimile precetto j\Ìu-
6< L'oro dcl tempio non si&nifica il 11~soro,
daico; è pos.<ibilc che le parole l)'fin "CÒV
b.:n•l le d«orazioni in oro Jdl'e<li!ido <ld
oùpa.vòv µTJ"Cf "t-/iv yijv µi)u IHJ.ov "CIVÒ:
tempio (S<:HLATTEk, Komm /lii. 677; le pia-
òpxov costitui.cono un'ìmcrpolazi1mc dcl n·
s tre d'oro dcdic~tc o Dio che ornMllllO i mu·
manegsontore cnstUuio; in )/.:. 131 n. 83
ri); forse non vanno csdui;c (,. suppellettili
HAuCK era ancora convinio JcU'in<lipcndcnia
d'oro dcl tempio ( KLOSTEAAIANN, llft. 185).
Ji Giacomo d2 Manro. Di parere di.icrso è
in\·~c Sa-tLATTU, f:.omm Jk. 271!, il quale è: lo(o Sa1N 1BWl'ID, op. cit. (-> 11. 62), 11d I., pen·
51 I (l' .r h3) c.,,...vw (Juh. Schncid<.:r) (v, t83) 5q
:l Dio e perciò chi giura lo fo sem· a motivo di Ex. 20,7, si prese a giurnre
pre per Dio. Al v. 2 2 viene aggiuntu pe r ~hri nomi o attributi divini . Oltre
alle formule menzionate in Mt. 5 e 23 ,
una f r.ise che introduce il pensiero ri· gli scritti rabbinici ci hanno conserv::no
preso da Mt. 5,34 venendo così a crea· i seguenti ese mpi <li giuramenti o pro·
re l'efficace triode altarc·tcrnpio-cielo. Il messe: per la Potenza, per la sua d i·
giurnmento incluJc tutro quanto ap·
=
mora ( per il tempio), per il servizio
dcl tempio, per il patto, per la Torà,
partiene all 'altare, al rempio ed al cie· per Mosè, per il giuramento, per la
lo; Gesù qui non vuo le far altro che ri · ( tua) vi1a, ecc.7a. Soprattutto Ned. 2,2
s. e Shebu. 3,1 -9 tes timoniano quan·
<lurre ad c1bs11rJ11m la c:1sisticu dei Fari-
10 fosse diffusa nel popolo i;iiudaico la
sei e degli Scribi. In Mt. 23 non è di· tendenza a rinforzare ogni possibile ti·
scussa la questione di principio d cl giu- po di affermazio ne con un giuramento.
ramento 67 • In ques to capitolo non ab· 4. La posizione inflessibile e radimle
biamo un disco rso ai discepoli, ma una indicata da Gesù non fu te nuta in tut·
implacabile polemica contro il farisei- la In crisrianità primitivn. Ln Lettera
smo. agli Ebrei segue, nella questione d el
Non ,1bbiamo nella letteratura rab· gi uramento, la linea giudaico-ellenisti·
binica esempi che convalidino 1:1 distin· ca, del tutto simile a quella tenuta da
z ione fattn da Gesù era asserzioni per
il tempio e per l'oro Jcl tempio, per Filone. Tralasciamo le citazioni del-
l'altare e l'offerta che è sull'altare 68 • Ci l'A.T. che si leggono n ell'epis tola e ci
~ono però :iffermazioni para llele che limi riamo a u n'accurata analisi di Hcbr.
possono essere d 'aim o nell 'imerpreta·
6, 13.1 6 e 7,2oss. Hebr. 6,1 3 ricorda
zione. I voti fotti usando la parola te m-
pio o altare erano vincolanti (Ned. 1,3), il giu ramento col qun le Dio acca mpa·
ment re «chi d ice 'Gerusalemme' non ha gnò la sua promessa u<l Abramo; per
deno niente» "'· Cfr. anche Ned. 14 b : l'autore dell'epistola è del tutto naru-
chi s 'impegna per la Torà non ha Jet·
10 n iente; chi invece gi urn per quel- rale che Dio giuri, e cosl eg li si :tt·
lo che vi è scritto, è legnto a lla sua pa- 1iene ai dati esegetki senza avveder·
roht. si dell'inconciliabilità Ji una tale con·
Il giuramento era fatto in primo luo-
go per. il nome: di Dio, ma poiché fu cezione con l'idea d i Dio che domi·
proibico pronunciare il nome di Jahvé na il N.T. 71 Pcoprio come Filone 72 , il
su d1c la menzione dcl tempio implichi ch'cs- 6• Cioè la sua promess~ non i: impegnativa
so sussi.ia nncur<1 ; b serie di massime deve (STl\ACK-13!1.t.ERHECK I 931 ).
pro,•enire dnlla Pdlestinn mc1·idionale, poiché ~ Vedi in p•rlicolarc STHACK·BlLLER8ECK I
vi si presuppone un'esaua conoscenza dcl rem· 334 ss.
pio.
" 1' proprio indicativo che in tucto il N.T.
07 KLOSTERMANN, Alt. 1 85: Alt. 23,16->2 è un
l'idea di Oio che giura compaia soltanto in
ammocsmunento rigu:irdo al giurare che inte· Hcbr.; un giuramento di Dio si ha altrimenti
i:ra Mt. J,H·37 ed è «forse secondario». solo in citozioni ùell'A.T., ad es. Aci . >,30; 7,
"" ar. STRACK·BlLLl<RB&C:K l 931. 17 (r~c. kuù1«). \XIJNDISCH, Hbr. a 6,16 SO·
6µ'JVW (}oh. Schncider)
.,.. Così and1c !iAOOXN, Apk , 11d I : <li\>e~ " J ScllNIEWIND, op. cii. (-+ n. 62) " ,,37•
mente pcn..a inwc" l.Altl.M>.Yat, Apk.. aJ I .: (cfr. lo , Dc11 Eu. 11:ich Mk. [N.T. Deutsch]
Coin<c in Dun. u ,7 si trnll• tlc:I n.-gno tldl'An- a 8, Il) pcnu che questA formula cii ronfcrm11
uaism •COSl vi~ alfonn:uo anche qui t-hc si~ «un giura~nto solennissimo•, ma il scn·
'"" lo Sèllinu 1romb:i ha inizio l'ora <li que- so tldle parole di Gesù non è questo; ci111)v
sto regno .. Più •ullc gen1.-rnli si tiene invece ha piuttosto il valore <li un sì di con fermo,
J. HE11M, Die Off1·nbar11ng ùr ]oh. (N.T. come dice giust•mcntc DALMA.'1 , \Vorrr }. 1
Deutsch), u.J /. : •li con1cnu10 di 4ues10 giu- 187: «Non si tratta di un giuramento .... (C'.c-
ramento è l'alfc1muzione che ora non ci snr:ì sù) hn messo in pratica In propria richic~tn
pila tempo, ncin ti ~nrà più alcu n rinvi1 1 o rir che il >emplicc 'sl, sr
sostituisc:t il giurnmcn·
tardo fino alla lìne del mondo>. 10. Poich~ Gesti, proibendo il giuramen10, in·
1cndc evitate l'abuso dd nome di Dio, anche
'° L'Ev. llebr. legge: ... xal ftpv-f)o-a-ro xa~
in questo caso si può pensare che egli voglia
Wµocrcv xa.t xa-rni;:O.cra-ro.
iorere <li propo<ito il nome tli Dio... -+ ò+niv
•1 Sia civa.Ot11a-r~t;uv (Mc.) si2 xa-raileiLa'tl- 1, coli. 91 f s.
~cw (Ml) non hrnoo •-ue110 e questo dcv..-
•5 PREU~CHl.H BAU~R . 890.
esscrc ricavato n w:nso dal contesto.
Al òt1wva.1 e ÙX1llt1ui~w fonnano un'cn- "' B1. Dl!ll S 149; abbiamo altri casi di si·
diadi; dr. onchc !.OllMEYU, Mk., 6d I.; -> mili formulazioni: P. GtESS. 19,11 · vii 'ti)v
1, coll. 9S7 •.; •u di una posizione simile è crirvawtl]p(otv; P. Oxy. VI 939,20; Gm •12·
Sc;HLATTU, l\umm Mt. 764. 1 s s.: vii -r'Ì)v iiy(l!a v Cl>txll(lw.
Ili Cosl Sct1LATT1 K, Komm. /111. 764. •~ Ml. 14,7 lel?J,lC: 1.1Ell'opxou WiioÀ.6yt)Cftv.
~·9 (v, 185) éf100\i1La06" (H. \X'. llcidl•ndl
cheuo offerto per il suo compleanno"", gno 91• Una promessa fa1ta a cuor lei;
Erode giur:i ", «coo In borin di un prin- gcro 1rn i fumi dcl "ino segna il 11.1)1ico
cipe oriencale» 90, di dare alla figliastra destino di Giovanni Ba1tisrn.
tutto, fino alla metà dcl proprio re- ]OH. SCllNBIDfllt
t OµoÌ)vµa.OOV I
" Per le questioni storidl<: connesse v. Lo11· Jr o 't~; la lezione dcl cod. D (E! ·n èiv) è:, a
MEY~a . Mk. J r7 s.; KLOSTEllMANN, Afk., ad I. suo giudizio, inoccct1•bilc perché nei van~cli
19 li ~iurJn>cnlO di Erode è mollo simi le a Ec ·n non è mai seguito d" liv; e(,. 11. Jlr.RN01'.
quello die Assuero fa ad Estçr (Estbcr 5,3): E1udt1 s11r In lat1y,11e dcs Évangilrr { 1927) 175.
xat c{1t(v ò ~aoù.r,j,; TI 00..c~. Eo-~. xat
-.;( cro\i tcr-.:w 'tÒ ri!;(wµa; lw.; -tou '\Ìl!!o-ovs lµoihiµi:iSòv
-rii.; Pcwwia.; µou xcxi kt~ ero~. 11 cod. A
aggiunge a ,,6: ..:< 'tÒ cxLTTllui O'OV XClL oo&ft· ' Etimologi~: 4Lo-~10ç = 'di J"'l<Ì scmi-
(Tt't(l( O'~ xcxt ·:-( 'tÒ ri!;lwi.iD. O'OV lwç 'tOU ~10', 'd'att0rdo', ·unanime'; per 13 forma·
1'1µ(uovç -.ijç Pa.ui>..cia.ç. zione avvcrhialc con -a&ov dr. D1cHlJNNEK,
'IO I (lf~MEVEK, Mk. 120; inoltre Erode, dipcn· Gnr(b. W11r1b. S 107; E. SCllWY~l'R. Gr1ecb.
dcndo rome tetromi d" Roma, non poteva di- Grn1111,,.11ik I ( 1936) 626.
~porrc lihcrarnemc del suo dominio. 2 Nd LXX C$~0 ricorre 36 volte ( 1 I volte
" I cO<kl. SJ\CL lcgsono· xat Ciµocrtv av-cii nel sulo /nb, 16 volte negli apocrifi). In lob
oi:~· a t6.v !.lt cxtTiJcrnç (COSÌ all(hc Tl~OiEH ""° rende sempre iaf?ad e 1al}dilw, che ven-
DOR.~ e ,. $ootN); il cod. B legge· bit100"EV gono altrimenti 1rado1ti con li~ca (ls. 4 ~.9) cd
a.v'tji· g ·n tdv ~ cxt~ LoHMhYER, Alk., foi i:ò aù-Té (I os ",} ). La frequcmo dcl 1er·
0013 ad I.. prcfori>ee la lcz.i.onc dei rodd. S mine in Giobbe: si spiega col p:uhoc poc1ico
1\CL pcn:hé in Mc. non ci :sono ahri esempi che prtfrriscc le espressioni S011an11.
~li (V,1K6) Oµc"'c; (Joh. Schnci<l~r) (V.\~6) 522
menti personali per con trnstare òµ0Dv- Anche la concordia cristiana non nasce
11a:o6v i pia ni di Filippo. 2. Anche raie da una identica disposizione intima dci
comune interesse pra tico non è moti·
cristiani: non ci sono sconosciuti i con-
vato da una identità d' inclinnione o di
disposizione, ma da un evento esterno trasti personali e le dispute re(1li del pri·
al gruppo che viene ad in teressarlo (ad mo cristianesimo; ma tutte queste ten-
es., nel caso di Demos rene sono i pia· Si()ni si componevano non appena la co-
ni aggressivi di Filippo) provocando la
sua reazione globale. munità si volgeva a lodare l'un ico Si-
gnore (Rom. I 5 ,6): l'unanimità si attua,
Nel N.T. ò110ì)vµa:Sbv mette in r isal- essa ha bisogno di un ylyvw~al sem-
to l'intima compattezza della comunità; pre nuovo (Act. i 5,25). Anche tale ado-
esso ricorre proprio quando si parla razione unificatrice non è l'espressione
delle azioni che costituiscono la comu- di una disposizione religiosa umana, ma
ni tà dcl Signore risorto: l'ascolto del- la risposrn dei credenti a ciò che Dio
l'ammaestrnmento apostolico (Act. 8,6; ba operato, per mezzo di Cristo, nel
20,18, var.) 1 e la preghiera (1,14; 2,1. mondo e nella comunità (per es., l'a-
46; 4,24; 5,12; Rom. 15,6). ò1.i.oi)vµa.- scensione [Act.J,1 4], la liberazione dal
S6v acquista qui quasi il carattere di carcere (4,24)) 4• Possiamo cosl dire
un 'espressione stereotipa della comuni- che l'unanimità è un dono di Dio per
tà, sulla base dell'importan te uso che si la lode dcl Signore.
faceva dcl termine nella vita politica. H .W. Hl::IDLAND
" t t
t , f
oµo•oc;, oµown1c;, oµo~ow, oµo•w-
I
cµolO<;
Deriva eia òµOc, che è, a sua voha, ne Ateco usua le fin da Omero.
connesso con Cip.a: (lat. simul, similis; a) Di tipo uguale , affine. simile.
amico alto tedesco sama = insieme OµO~O<; deve CSSer distinto da ~ LuO<; I
con; sanscrito sama = uguale); è termi- (IV, coli. 1065 ss.); i due termini sono
( 1912) 48 a ; Clas~icnl Qu.nerly 6 (1912) 2t7. i:liaoza che consiste nella co1Tispondenz.~, nel·
l'nccordo, nella conformità».
z Cfr. C.REM.EK·KOGEJ, 790: ..op.o•~ non i11di-
J Seguendo il Bi::RTRAM.
C11 la pura somiglianza, la somiglianza che la·
scia spazio ulla differenza, bensl quella somi- • V. gli esempi in PREIStGKl!, Wlurt . Il '7' s.
cr.-oc;... rruiac; èx •wv ò1,w!(JJV foxE'> <11cali appare il nostro termine hann
llvya.-rÉpcxc; Òvo, «Adrasto... sposatosi un'importanza teologica. Io. 8,n: Gc
con una donna dello stesso ceto, ebbe
due lìglie» l. Abbastanza spesso tcroc; ed sù afferma di essere il solo a conoscere
oµOLO<; vengono usati insieme: per CS., ver:imente Dio; se dicesse il contrario
BGU 11.t3,8: µtp1) tera. xcit oµw~ sarebbe ~imilc ai Giudei che sono privi
•pia., «tre parti di uguale misurn e ge-
di tale conoscenza, sarebbe cioè un bu-
nere»; P. Magd. 29,5: Ot.upftcrilcxL i:crwc;
xa:t oµolwc;. «dividere in parti di ugua- giardo. Nel discorso dell'Areopago Pao-
le grandezza e valore». P. Tcbt. 11 300, lo parte dal verso di un poeta, «srnrno
t 1 ss.: ò!W imolòo1~\ wn~ r-Ep1.tpd)ii
progenie divina» (Act. 17,29) per fare
( 'T ]OÙ'TO 'TÒ ovoµa. 'Ttx.yijva.L tv 'tii 'tWV
òµo[lwv) -r6.;L, «propongo di registra· poi alcune affermazfoni sulla conoscen-
re il suo nome nella lista di quelli che za ed esperienza cultuale delln divinità:
si trovano nella medesima condizione» il divino non può essere rappresentato
(di quei morti, cioè, che sono ugual·
mente iscritti nel registro mortuario uf- con immngini; non è simile all'oro, al-
ficia le). l'argento o alla pietra cd ancor meno
ad una qualche riproduzione artistica
Nel N.T. il nostro cermine• ricorre operata dalla fantasia o dalla riAessione
molto spc~so nelle formule introdu1tivc dell'uomo. La divinità non può essere
delle similitudini e delle parabole (Ml., afferrnta e compresa con mezzi terreni
Le., Apoc. ), spessissimo nelle parnbole ed umani (v. 29).
dcl regno di Dio raccontate da Gesù: 1 Io. 3,2: troviamo qui alTcnnata,
ò1~la:to'·dv Ti ~a.cn>..Eta. •wv oùpa.vwv. per mezzo di l>µo~oc;, una verità impor-
«il regno dei cieli è simile» 7• Nella rante nell'ambito della teologia giovan-
compara.donc (similitudine, parabob) ne-a: la condizione di figli di Dio non
~i rende un'idea più comprensibile as- è ancora il sommo grado dell'essere e
sochmdole una frase (o una storia ) che della nnturo dei cristiani, ma rnsioro a-
sia simile all'idea da spiegare, ma pro- vranno roggiunto la pie nezza, lo i.lato
ven~a da un ambito molto fomiliore al- perfetco soltanto quando sarnnno si-
l'ascoltatore•. mili a Cri3to. Questa somiglianza es·
Solt.'lntti pochi dei pa<si del N.T. nei scnzialc si verificherà alla manifestazio-
s Cfr. anche Stoh., ed. \, ll J, 1 ~- rabbini suonano: «T1 voglio dire una parabo·
la . A che si può paragonare ciò?•, oppure:
• Nel N.T. 0110~oç è ~encrnlmenlc comuico «Diciomo """ parabola . A che si può p1rago·
col d•I . e solo una vohn col gen. ( lo. 8,55 , nare ciò?•, oppure con una forma ancor più
\'ar.; dr. /:1. 13,4); ,._ Tlc..-Drn• S 181A. breve: «Parabola di, ccc.•, o sempliremcncc:
7 Su 'l~'StO runro V. 'Clj)f3ttu110 Jiiuc111, K, «Come uno (/'dm)•; •come un re (/m/k)•;
Cli ]tsu 1 4! •· e .f. JunMIAS , Dt<• Gltirb- '" SnAO:·Bct1.E•BECK r 65) ss.; 11 7 ss.
11isu ]tsu. Ahh. Lur Titc0!. Jcs A. und N.T 8 Clr. fa Jcfinvionc di similitudme e J1 ra-
II (•!>-17) '-')•· I.e formule imrodutthc dei rabola 1n jiiLtCHt11, op. c1t. 1 So.
p7 (v,1Rll) é1m0t» (joh. Schncidcr) (v ,188) ,,8
ne visibiJe di Cristo ~. La parusin di Cri- Dio. Il medesimo signific:110 si ha in
sto porterà così la pienezza della natura Apoc. r 8, 18: -.le, òµola. -.i) 'OtÒÀ.n •fl
cristiana e allora i cristiani potranno, l.l.EyaÀ.n; «dove si trova un:1 citt:ì così
essendo trasfigurati, vedere il Cristo grande (potente) come questa( = Babi-
glorificaco, cosl come egli è. lonia)?», e in Apoc.13,4: -r(c, oµoLOC, -r<{l
Apoc. x , 13 ; il veggente scorge 111 &71p~; «chi è pari alla bes ria (per po-
mezzo ai candelabri una figura ch 'egli tenza )?».
descrive come oµotoV UWV IO civ&pc.;inou, In Gal. ',2 r -rà. oµoLa. 'tOU\OL<; è una
«simile ad un figlio d'uomo». Giovan- generica affermazione riassuntiva: do-
ni si rifà a Dan. 7, r 3, ove colui che è po aver elencato le opere della carne
Wc; vtòç ò:v&pwnov rappresenta il regno Paolo ime rrompe l'enumerazione e
dei sa nti in contrapposizione ai quattro conclude con le parole «e altre co'e <lei
imperi, raffigurati con le quattro fiere. genere», lasciando così al lettore la pos-
Per Giovanni la frase oµo~oç vtòç civ- sibilirà di cominuare memalmeme la
~pwltou è una designazione messianica 11 serie dci vizi.
ed il messia qui è il Cristo esaltato nel-
la sua mae$tà divina 12 • Ritroviamo la i· ÒµoLOW
medesima espressione ancora una volta,
a) Re11dcre uguale, far coi11cidcre
in Apoc. 14,14 13 •
(Eur., He/. J3; Plat., J>arm. 148 b; I-
L'accezione simile = tli
pori valore socr. 9,7,). Nei LXX rende tlmh (ad es.
si riscontra in Mt. 22,39: il comanda- I s. 46,,: 'tiVL JM: wµ.o~Wo-a-rt; «a chi
mento dell'amore del prossimo ha la volete farmi uguale? ». ln questa .1cce·
zione il vocabolo non ricorre aff:itto nd
mede~i mo importanza e forza vincolan-
N.T. b) Considerare uguale, co11/ro11ta-
te dcl comandamen tO dell 'mnore di ,.e, paragonare. lei questo sign ific:ito il
• Nel 1>cnsiero di fondo s'intr·<-cciu no parusia Gesù sia 11d la sua manifestazione storica e tl'r·
e creazione (cfr. Ge11. 3s): la parusia di Cri- rcn~ sia nella sua venuta glorio' "· C:fr.
~10 d ò. oi cri~tiani quanto Dio aveva voluto in E.e. Ho~KYNs-F.N. DANEY, Tbe Riddle o/
origine crc:.tndo l'uomo. t b 1• N'f. '19 3\) 1o8-n 5; v. spec. 1J 2: «Tut ·
ta la tradi~ione (sinouical su G csì1. cmllt' l.1
10 Ln lc-1ionc oµor.o" ul.òv civ&riW11ou (codd . conosciamo dopo aver discinto cri1icmncn1c le
S.A) è un $Ol<:Cismo, dr. BL.-Dms•. S 182,4, e- font i, souo linea due venute: In prima in U ·
semplificazione; i codd. ACP e nitri lep,gono mil i;1zionc e la sccor.cb in glori3; cs~c sono
ut1i} e co~l nnche. alcuni esegeti, ad es. ZAHN, collegncc dall'eJ>Ìlct<) 'figlio dell'uomo' dnto :t
Apk. 191S n. 40, il quale ritiene vi6v un errore Gesìm .
di scrittura . 13 Lo11MBYER, Apk. 124 sosricne che In tlcsi -
11 Cfr. 1-lAI>ORN. Apk. 3,. gnazfonc OJJOLOç vLòç ci•1t>J)W1tov non si adatta
~.1:ia natura ultima e p iù profonda dclb pe r-
l? Gio\'anni segue qui da vicino la <.'Onc~i<> sona in questione.: quesra solo fìgurati\tamcn·
ne mes~iani...-a di Daniele, mentre nei sinottici te sarehbc i:ò cipvlo": fuori metafora ò Myoç
l'nt1es~ messianica rifaccmesi a Daniele è sca- "<Ou l)zou. Ma è d ifficile che qucS10 sb il senso
t• modificaru. L'epiteto è bivalente: indica del testo.
é11cw,, (Joh. Schneitlcr)
verbo è raro; Plut., Cimonis t'I L11c111/i Nel N.T. il verbo riconc in Matteo
co111par11tio 1,5 (1 521 e): ov yàp è:i!;iov sopraitullo nell"introduzione delle p;l-
611oit7xrcu -rl;i vo-rll{) -rdxH -rijc; cixpoit6-
ÀEwc;... "tovc; tv NÉq. n6Àn ilaM:µovc; rabolc dc:I regno 2: òµoiwì}11 1t ~a<n·
X"tÀ.., «non è infatti giu~tO paragonare ),da. -rwv ovpa.vwv' «il regno dci cicli
nl muro sud dcll.'acropoli. .. le costni· è s imile» (Mt. r3,24 ; 18,23; 22 ,2);
di Napoli». Al medio ricorre in Hdt. 1, éµoiwih;1n-.o.1, «sarà come» (Mt. 2;i,1 ).
f2j . e) L'uso più frequcnl c è quello
della forma passim col significato essere In Mt.11,16 (par. Lc.6,31) Ge~ù in
reso uguale, essere uguale o simile, so· tro<luce la parabola dei bambini che
migliare; per es. in Omero, Pl:uonc, E- giocano, con la quale conclude la pro-
rodoto, Tucidide, Empcdocle, Isocrate.
pria testimonianza a favore del Bani-
Nd LXX: significato a) = dmh al
sta, domandando: -rlvt 61.1.oiWa-w -ci}v
gal: Is. J ,9: W<; roµoppa. 8.v wµoiwil'l]-
µe.v, «Saremmo stati resi come Gomor- "fEVEÒ:v -ca.ÒTT)v; «a chi potrei pa rago-
ra» (citntO in Rom. !),29); "'q3,4: av- nare la prcscme generazione?». J\nche
i>fl{<lit<lç µa. "ta.m11-ri wµot.Wih1, «l'uomo
la parabola <lei granello di senape di
è un nicnre»; lj, 83,r -.ic; òµo1wih;o-E -
-ra.1 -rQ xu:--ltp iv utoi:c; ikov; «tra i 6- J\fc.4,30 (Lc.13,18.20: granello d1 sena-
gli di Dio ch i è pari al Signore?». Si- pe e lievi to) è introdotta dalla domanda
gnificato b) = msl al nif'al: o/ 27, r.; stereotipa: 7tWc; i>~1otwuoµEv -.i]v Bcxa-1·
142,7. Significaco c) = 'wt , concedere,
À.Elet.v ;où ìhoù; «con quale p;ualtonc
a·dere, al nif'a l: Gen. 34,15: Èv -.ou-rt_v
6µoiwilna-61.tEila.. ùµ~v, «in questo modo potremmo rappresentare iJ regno di
ci adatteremo a voi»; v. 22: µovov Èv Dio?», oppure: -rivi Ò~loiW<Tw cxù-.i)v;
"tOVTI{) 011oiwì}i)uov"t1J.l ii1.1.i:v ot èivì}pw-
«a che cosa potrei paragonarlo?». In
ROl, «solrnnco io questo modo gli uo-
mini si adatteranno a noi». Nelle simi- 1\1t. 6,8 i discepoli vengono esonati a
litudini e nelle metafore dci LXX il ver- non comporrnrsi come i pagani quando
bo rende dmh al qal, essere 11g11alc o pregano (cfr. Mt. 7,24).
simile (cfr. Cant. 2,17; 7,8; 8,14; fa.
32,2 a l nif' al; Ecclus i3,1; i5, 11; i Dopo che Paolo ha guarito lo s to r-
Mach. 3,4). In ep. Ier. .38 h:1 un signifi- pio di Listra, la folla, soprnffotta dal
cato pan ico lare: -roi:c; &.ito i:où orou;
lllbi~ w1.1.olwµi,,oi do-Lv -.à: ;v>,wa. miracolo, grida: ot iltot 01101c.iiliv-rtç
)(at "tà r.Eplxpua-a :.mt -rà: r.Ep~ilvYvr•a, ò:vilpwito1c;, «gli dèi che hanno preso
ot oÈ i>tpa<tEuov-.Ec; a.&·t<:\ )tc.t"taluxw- form:1 umana».
ih'Ji;ov-rai. «gli dèi di legno e quelli
p laccati d'oro o d'a~gcnto sono simili Hehr. 2,17 spiega così il scn~o dcl-
alle pieire dcl mon te e qu ell i c he li :i- l'abbassarncn10 di Cristo: egli doveva
dvraHo sarn nno coperti di vergogna»;
si trntta qui di «una a11alogia, in man- esser reso in ogni cosa simile a i suoi
C<IOZ:l di una somiglianza reale» ' . fratelli ( wcpnÀEv ... -rote; àoùcpol:c; 6µot -
ò11cWnJç
I CREMER-KOGEL 792. supera però lo •<"Uglio delle parole xwpt<;
à.~1ap-.lac;.
2 Secondo WtNDI SCH, fi ebr., ud I. si po treb-
be riferire xa...X. -ri)•1 01;,o~Ò-.lJTCt anche nUc 3 Cfr. M 1c HE1., f-frbr.1 55.
persone: ..secondo la somiglianza esis1enic tra
lui (Cristo) e noi». Questa interpretazione non ~ Cfr. W1NDist:11, Hcbr., ad l.
H3 (V,l')ll)
e si è simili a lui Jiventando giusti e genere delJc loro facce era una facci;1
pii cvn assennatL-Z7.a». In Aristoc., de <l'uomo, ecc.» (oppure, piì:J semplice-
pla111is 2,6 p. 826 b 32 s. òµolw:nc; si- mente, «le loro facce sembrav:rno ... »).
gnifica evidentemente specie, famiglia: La medesima cosa si può dire per: Dnn.
7toÀÀ<ixtc; OÈ xa.l lv <pv't'oLc; li.ÀÀ.o q>v· ro,16 (Theod.): wç òµotW(l'Lc; vloii à.v·
-eòv yEwà-ra.t oiJ -roù a:iJ't'où Etoovc; xai ltp~mov, «Come uno della specie dt:i lì.
't''~c; a:v-rijc; oµo!.Wo'EW<;, «moJro spesso, gli d'uomo»•. In modo simile va pro-
però, :mche tra le piante un'altra pian- b;1bilmente inteso anche Ex. 8,10 (co<l.
ta è generata non dello stesso genere A): 7tii<Tcx oµot< ..xnc; (pnE-roù xcxt x-ri'}-
né della stessa specie». ç) Nei gram- vovc;, «ogni specie (o forma) di rettili e
matici: comparazione; Dion. Thrax, art. di quadnrpedi» 5 .
gramm. 642,6. d) xcx.i1'01,1olwcrw, per a·
11alogia; Scxt. Emp., Pyrr. hyp. 7 5. Nel N.T. il nostro termine ricorre
Nei LXX òµolcs)O'tc; rende generai. unicamente in Iac. 3,9 ove leggiamo,
mente d'mlil ' nel senso di somiglian- con riferimento a Gen. 1,26 6 : EV cx.u-rii
za; xa:ll'oµolwcrtv, a somiglia11za. Ii pas- EUÀoyovµEv 't'ÒV xuptov xcx.t 7tO:'t'Épcx.,
so più importante è Ge11. 1,26: «fac-
ciamo l'uomo a nostra immagine e so-
xa:L tv au-rii xa:-rcxpwµEl'cx •ovç ci.vllf)W-
miglianza» (xa.-r'dxòva n1.r.népav xa.t 7tovç -roùc; xcx.l>'òµotwoi.v ilEov ')'Eyov6-
xcxll'òµolwcnv ); vedi anche ljJ 57,:;: ltv- -raç, «con essa ( scil. la lingua) benedi-
1..1,òc; a:Ù'Toi:c; :xa.-rèt -ri}v Ò!.lOlWO"tv 't'OU ciamo il Signore e Padre e con essa
OcpEW<;, «il loro animo è quello di UO
serpente». Ora òµolWO"tc; non significa malediciamo gli uomin i che sono fatti
'immagine' ed anzi si distingue essen- a somiglianza di Dio»: chi ma.ledice gli
zialmente da Elxwv (~ m , coli. 178 s.). uomini maledice anche Dio che ha crea-
La dxc:iv presuppone un originale dal to l'uomo a somiglianza de!Ja propria
quale essa viene dedotta e ripresa; òµot-
<..xnc;, invece, indica soltanto, come an- natura.
che éµot6-rT)c; e éµolwµcx. , la somiglian- Il passo di Gen. 1,26 ( 7tOLYtO'WI tEV
za che non si è verificata per via di 'de- avbpw7tov xa.-r'elx6va:. 1Ìpnépcx.v xcxL
rivazione' 2: «essa può essere dcl tutto xcu'l'òµolWO't'll) ha avuto una grande im·
casuale, come quella di un uovo con un portanza per i dottori della Chiesa,
nl tro o di due uomini che non sono af- soprattutto durante la disputa ariana 7 •
fatto parenri»J.Anche in Ez.1,10 òµolw- Gregorio <li Nissa ha dedicato uno scrit·
crtc; non vuol dire immagine, ma all 'i n- to intero al problema dcl rapporto ira
circa affinità di genere, specie (in senso Elxwv ed ò1Loiwa'1.<; e nota , insieme con
aristotelico): òµoiwinc; 'tW'll npocrùmwv molti altri teologi antichi, una reale dif-
rxv-ewv· npocrwno'll 6:-vllpWr.ou :x-r1.., «il ferenza tra i due termini. I grandi teo-
ò11olwu•<;
1 d'11dlt = I. immagine, copia, imitazione; ;>. r Cle111. 33,5: lJam. 5,5; 6,r2; dr. anche
forma, aspe/lo; cfr. GESENtUS Bu11L, s.v. Pscud.-Clem., hom. tr,4; 3,17; C lcm. Al ..
l TRl!NCH 34. strom. 5,5,29,1. Per l'interpretazione giudaica
3 TM.NCH 34· del passo vedi le indicazioni in Wn~o1SCH,
' Cosl C1EM~R-KOGEL i94· Barn. 327 s.
s Cfr. CRll.MER·KOGEL 794. 7 Vedi al pmposi10 le indicazioni fornite da
6 li passo del Genesi è citato lettera lmcncc in TRBNCH 36 s.
bµoiw11a (Joh. Schnei<lcr I (v,191) ~;6
10 Così LOllMEYER, 1lpk., ad /.; PREUSCHEN- ti nella morte d i Cristo»; dr. anche W.
BAUER ' 941; HAOORN, Apk. , ad /. rroducc: BoussET, Kyrios Christos' ( 1930) ro7, ove si
«Il loro •~petto è come di cavalli». parla di «una intima u nione dcl credente con
Cristo compiuta in modo liturgico-sacrnmenta-
11 Cosl soprattutto L rnTZMANN, Rum., ad I.;
lc nel ba ttesi mo~.
in Rom. 1,23 è riflessa !'affermazione di \jt
io5,>o : w.l 1)À.ì.a!;o:v-ro -ri)v 06!;0:" o:<n:wv 13 Così, ad es., LIETZMANN , Rom.; SANDAY-
Èv ÒftO<W!.l«"<L µÒO'XOV fo&ov-roç xop-cov. HEADLAM, I.e.; M.J.l.AGRANGE, Saint Paul,
Spltre aux Romainr' (1922) 146: «Una co-
12 Così L1ETZMANN, Rom., ad I.; R.A. LXP-
struzione ellittica»; WIKENMAUSER, op. cit.
s1us, Rom, od I. (Handkomm. wm N.T.); P. 12+
ALTMAus, Der Drief an di< Romer (N.T.
Dcursch), ad I.; SCliLATrER, Rom. 205 ; i\. 14 CoslLrnTZMANN, Rom.; simile è la posir.io·
W1KE.NflAUSER, Die Kìrchc <1ls der mystische ne di WIKENH.WSER, op. cit. 124: «Median-
l..eib Cbristi (1937) 124. Anche W. SANDAY- te la riproduzione della sua morte noi sia-
A.C. IIEADLAM (ICC [ 1930 ) ), The Epirtle to mo intimamente congiunti con la sua morte
tbc Romam ', ad I., preferiscono collegare di- ( = il Cristo morto e sepolto)».
rettamente u vµcpv-ro< con "<iii étJ.o<t:iµa·n. A. 15 Cosl PREUSCHllN-BAUER' 9 41 ; ]. WHISS,
SCHWE IT'LER, Oic Mystil:, des !lpostels Paultts Dcts Urchrislent11rn (1917) 3;6 n. l; LAGKAl'l-
( 1930) 120 traduce in modo vago: «Innes ta· GI!, op. cit. ( ~ n. 13) 145 s.
é11oli:ù~LGt (Joh. Schncidcr}
«Siamo strettamente UllltJ con lui me- lica della morte e della risurrezione di
diante la riproduzione ddJa sua morte» Cristo» 20 • Anche per Barth 21 Oµolwµa
(oppure: «mediante una morte simile indic:i il nostro bactesimo, che in tal
alla sua»). Senza dubbio va preferita modo viene ad essere un'immagine del-
b prima interpretazione poiché nel te- la morte di Crisio. H. W. J3artsch 22 $0·
sro non c'è un a.\rré;l. stiene invece che nel battesimo noi sia-
Il problema vero riguarda l'interpre- mo diventati simili a un'immagine del-
tazione di òµolwµa. 'tov ~a:vchou a.v- la morte di Cristo, e che questa immagi-
-rov. Secondo H. Schlier 16 òµolw µa. in- ne sarebbe il battesimo di Ges ù 23 . Ta-
dica un'immagine «che è simile all'origi- le esegesi però non si regge; Paolo in-
nale, ma non identica»; per S. Strik- fatti non parla mai del battesimo di
ker 17 esso indica «una somiglianza es- Gesù, come del resto non ha che un
~enziale, ma sotto altra forma». Con interesse molto limitato alla vita del
òp.olwµa. si vuole indicare il battesimo Gesù storico :M.
o la morte di Crisro presente sacramen- b) òµclwµet 'tOV ~CX\lcX'tOV Cl'.V'tOV si
talmente? In altre parole: il battesimo riferisce alla nostra morte nel banesi-
è l'immagine, la rappresentazione della mo. Noi siamo intimamente uniti alla
morte di Cristo o è l'immagine che morte che abbiamo vissuto nel battesi-
«contiene presentemente l'archetipo» ? 18 mo e che è simile alla morte di Cristo.
Su questa questione gli esegeti non rie- Schlatter parre da quesca convinzione:
scono a trovare un accordo. «La riproduzione della morte di Cristo
a) òµolwµa. si riferisce al b<1ttesimo, consiste in questo: mediante il battesi-
e allora questo è una rappresentazione mo il credente è trasferico in una con-
della morte di Cristo. Affermano Cre- dizione simile e quella della morte di
mer-Kogel 795: « Il battesimo è l'espe- Gesù: nella condizione di colui sul qua-
rienza che agli occhi dell'Apostolo e- le è caduta la condanna divina del pec-
quivale alla morte di Cristo». Il Wi- cato facendo sl che gli si aprisse I' ac-
kenhauser non si esprime diversamen- cesso alla vita. Per questa ragione Pao-
19
lc : «Per l'Apostolo il battesimo è una lo non dice che l'immagine di Gesù a-
rappresentazione o un'immagine simbo- derisce esternamente ai neofiti, ma che
16 H. SoluER, Zur kirch/ichm Lebre vo11 der Ta11/e: Thcologi!<Chc Existenz heutc, N.F. 4
Tau/e: Thl.Z 72 (1947) 32-1· {1947)6.
17 S. STRtCKEH, Dcr Mystrrienged,mke der
beiligen Pmlius nacb Rl>m. 6,2-i 1: Liturgi· n H.W. BARTSCll, Die Tau/e im N.T.: Evan-
sches Lebcn r (193~) 285-296; dr.: Jahr· gclische ThcoloGie, N.F. 3 (1948/49) 91.
buch flir Li1 urgiewisS<.:nschaft 14 ( 1934) }7'· 23 BAl'fSCH, I.e., commenta: «La nostra ra,...
li H. Scuuet, I.e. somiglianza con la morce di Cristo non si ve-
19 W1KENllAUSER, op. di. 124. rifica dircttamcmc, ma è mc<litllo dal botte·
20 STAUl'FF.R, Theol. 276 imcrpreca così l'òµo(-
simo di Gesù. Nella misurn in cui noi, nel
nos tro b:ittesimo, assumiamo il battesimo di
wµa di Rom. 6,5: «Con lui moriamo, con
Ges11, il quale o sua volta significa la mo1·1c
lui viviamo, •vnfonni a lui• ; cfr. ibid. 131:
«In conformità con la sua morie noi siamo e In resurrezione d i Gesù stesso, diveniamo si-
crocifissi e •cpolti per sv~gliurci a nuova vi- mili, nel nostro battesimo, alln morte cd alla
rn simili a lui ». In qucsro modo, però, non resurrezione di Gesù». Si 1ra1ta di u na con-
cezione del 1utto impossibile nell'ambito dcl
si ticoe nel debito conto l'idea comenulfl in
pensiero paolino.
aVµ<jlV't01..
21 K. BARTH, Die kirtbliche ùhre vu11 drr 24 Cfr. 2 Cor. 5,1 6 .
costoro sono con essa intimamente U · ca la morte di Cdsto presente nel sa-
niti 2.>». Simile è l'opinione di Zahn: cramento. Per lui f}a'lt"TLCl'iliivo.L El<; Xpt.-
«L'immagine della mvrre di Cristo non <nov equivale a ~«'lt"tL<TtlijvaL tv XPL·
è l'atto battesimale, ma l'&.7tol>o:vEiv "TTI O''t{ii e interpreta, <li conseguenzn, il
à.µo:p"Tl~ ( v. ro} che si attua median· ~a7t'TLcr!}f)vaL nel senso di un venir bat-
te il battesimo» 26 • Secondo Zahn la teZZl!ti nella sfera di Cristo, nell'ambi-
morte di Crisro è il ' tipe' di cui è im- to di Cristo. Il battesimo è dunque per
magine la morte che noi sperimentiamo lui, in ultima analisi, un processo pneu-
nel battesimo. matico che si compie nell'ambito di
c) In campo cattolico gli studiosi del- Cristo, precisamente nella sfera della
la scuob <li Maria-Laach sottolineano morte di Cristo: «L'ò11oi.wµa i:ov Da.-
fo1·temente il carattere mistico del pro- vchou consisce dunque in questa sepol-
cesso indicato con il termine oµoi.wµa. tura del neofito nell'acClua; sepoltuta
S. St ricker 27 sostiene che il neofiro che, avvenendo nella sfera di Cristo e
muore, per unione mistica, la morte di della sua morte, significa un esser scp·
Cristo: «li battesimo è 6µolwµa. 'toù pelliti in Cristo». Il fattore decisivo
l>a.va"Tou mhoù, cioè di Cristo, non del pe.r Case! è che nel rito si tratt:t «della
neofico; e pciché la morte di Cristo fu immediata presenza della morie di Cri-
la crocifissione, anche il neofiro muore sto nel sacramento del battesimo»; «la
sulla croce (v. 6: O'WtC1"Ta.vpWltrJ)»; «la morte e la sepoltura di Cristo devono
morte di Cristo diviene presente non dunque esser presenti nel sacramento,
naturalmente, ma sacramentalmente». perché altrimenti non si può parlare di
Certo Scricker concede che la morte del una concrocifissione e di una consepol-
neofito è, in primo luogo, rappresenta· tura».
rn figurativamente; ma aggiunge subi- d) Tale concezione dell'oµolwµo: è
to: per il fatto che il neofito muore con penetrata anche nell'esegesi protestante
Cristo e che Cristo ha reso il banesimo ed è ~presentata soprattutto da H .
un simbolo della propria morte, indirer- Schlier , che riprende l'interprerazione
tamenre anche la morte di Cristo è rap- sacramentale dell'òµolwµa, ::mche se
presentata simbolicamente. li risultato non quella mistica. Secondo Schlier col
cui S1ricker giunge è il seguente: nella battesimo noi siamo stati inseriti ' nam-
ra1ligurazione simbolica del battesimo la ralmente' nella morte di Cristo. Nel
morte di Cristo, avvenuta unn volta so- battesimo non si tratta, però, dell'espe-
la, viene tanto avvicinata al neofito che rienza del neofito, la cui morte sia conce-
costui muore, insieme con lui, la mor- pita come un'immagine di quella di Crì-
te di Cristo. O. Case! 18 è ancora più sto, bensl della morte di Cristo presen-
deciso nel sostenere che 6µ.olwµa indi- te nel battesimo, dunque «della morte
.ioSCHLrnR parla <li una «çonformità della !• li futuro \'3 allora considerato un fururo
nostra esistenza ~ ll'esisl'cnza d i Cristo»; pa- loi;iw . And 1t· ZAl·JN, Rii111. 300 intende ~a-6-
role non dissimili ha SntCKRR che t·i2ssu- 11.f~ll come /11/11ntflt exac/11111: «Esso esprime
me la proprc1 in:crprernzione d i Rom. 6 nd l'incvit~bilc conseguenza logic:n di un e\'CrttO
pund seguenti: «t. li d~stino del neofita scor- <'ho.: npparcienc al passato». Cfr. ZA>tN, Rom.
re ~ffatto parallelnmemc a quello di Cri- 301: «La convinziont: che: i neofiti siano col-
sto; 2. inoltre c'è un morire con Cristo; 3. il legati ro11 la risurrezione di Cristo è espressa
n<--olÌla muore con Cristo perché muore in come conseguenza della loro panctipazionc
Cristo, nella morte di lui; egli non muo- nllfl morte di Cristo».
re la propria morte in<icme con Crisro, m~ li ZAJtN, R0111. ;01: «Se i OL'Oriti entrano, me~
muore insieme con questi la di lui morte; 4. diome il lxim-simo, in un rapporto intimo
Lt morie (e la risu rrC?.ivnc) <ld neofi ta con ro11 la morte d i Cristo, cioè con il 'tipo' di
Crjsro :,i \'c.rilÌ~a s.H:r:uncutalmenH!, ne1J'Os,1.oi- un procesSQ nd quale essi sono coinvolti, al-
w1)a della mone di CristOJ> (citato <la O. loro s:iranno ('ntr•ti (che equivale :i <lire: de-
CAS_E.L, op. ci/_ e~ n. 27] 371). vono e.ntrorc) cosl anche in un rapporto imi-
mo con la risurrezione di Cristo, cioè col ' ti·
JI Cosl W11..-mi11Aus121t, op. cii. (-+ n_ u) 124;
po' di un processo analogo nelli propria vi-
ZAHN, Rom. 300 s. e uteri.
t;t».
3~ Cosl, nd es., ScHl.-A1'1'llR, Rom. 200; R.A. .15 $CHLAT'l'BH, Riim. 206.
Ltl'SIUS, Rom .• ad/_{Han<lkomm. zum N.T.). ~ Ck: Jahrbuch (-+ n. 27) 37r_
545 (V,l \H ) {v,195) 54
partecipa sacramcnt11lmcnte olla risur- della sua risu rrezione. li termine ò11ol
rezione di Cristo; egli presuppone che, w11cx. e.elude l'idea di un collegament
come b morte, cosl la risurre-.r.ione di
Crisco sia presente s:icramentalmcnte. mi stico con gli eventi s torico-salvifici
Strickex non fa dipendere il genitivo 2. Poiché Paolo sonolinea volutamen
Tijç à:vrunci.ornç da éµouliµo.T~, ma lo te che noi siamo stati congiunti organi
consi<lcrn un geniri vo di appartenen-
camente all'immagine della mor te e <lei
za: «Allora noi parteciperemo anche
deUa risurrezione»; «il battesimo raffi- la risurrezione cli Cristo, non si rend
gura soltanto la morte di Cristo, men· giustizia al pensiero dell 'Apostolo se s i
tre la partecipazione alla risurrezione è afferma che la morte, che noi abbinmo
una conseguenza del morire con Cri-
sto». Mi sembr:i però fuori di dubbio provato nel battesin10, e la risurrezio-
che, iJ1 base al senso, d o po ><.a.t vada ne, cui nel battesimo ci è stato dato di
SOttintCSO crVµq>V'tO~ 't<jl oµO~WµO.'t~. partecipare, siano immagini della mor-
Pao lo vuol dire che noi siamo intima-
mente uniti all'immagine della risur- te e della risurrezione di Cristo. 3. Pao-
rezione di Ci:isto, nel m edes imo mo- lo pensa piuttos to alla morte e alla ri-
do in cui siamo congiunti all'immagi-
surrezione di Cris to presenti nel barte-
ne della sua morte. Più giusta ci sem-
bra l'interpretazione d i Cascl 11 : «Se simo. Quesra sua morte e quesra sua
siamo intimamente uniti con l'immagi- risurrezione presenti sacrnmentalmenre
ne della sua morte, ne segue che ora
siamo (misticamente) morti. Il proces- sono l'o11olwµ« della morte e <lella ri-
so però non si ferma a questo punto: surrezione storica dì Cristo . li che signi-
piuttosto parteciperemo anche alla ri- fica: noi veni;uno s trettame nte congiu n-
surrezione, visto che la morte non è che
un passaggio ad una nuova vita (mi~ti· ti a lle rcalcà salvifiche della morce e
ca)»"· Proprio l'i<le.'l che il neofito non <lella risurrezione di Cristo presenti nel
p uò .permanere ne lla morte fa vedere
che ÈcrolJEl}cx. è un futuro logico. battesimo. Questo non è, in fon<lo, al-
tro che un'esplicazione o una più pre-
Dobbiamo trarre le seguenti conclu- cisa formula%ione <lei pensiero espres-
sioni : t. Paolo non <licc che nel bat- so nel v. 3 : noi s iamo stati battezzati
tesimo noi siamo intimamemc uniti in Cristo e nella morte di Cristo. An-
111111 morte e alla risurrezione di Cri- che ne l v. 3 , infarti, la morte di Cris to
sro, ma ali 'immagine della sua morte e è una realtà salvifica presente.
3. Rom. 5,r4: Paolo spiega che nel «in figura della carne di peccato» (Èv
tempo compreso tra Adamo e Mosè, oµoLWµ.<X'tL crcxpx~ àµ.o:pi:lcxç ) "'. Paolo
quando non c'era alcuna legge, la mor- mette in rilievo che Cristo fu veramen-
te ha esercitato il suo dominio anche te uomo; egli ebbe un corpo carnale
su coloro che non avevano peccato di che riproduceva quello umano affetto
una trasgressione analoga a quella di dal peccato. Cristo non si distinse af-
Adamo (btt -.Q òµotwµa-.t -.Tjc; 'ltapcx- fauo dagli alt.ri uomini per la forma e-
!SciaEwç 'Aliciµ); in questo caso 6µ.olw- steriore. Paolo non giunge però a <lire
µa. significa imitazione, riproduzione. che Cristo app•trve Èv crccpxt à:11ap't(ccc;
Paolo vuol dire che il peccato degli e si serve della frase Èv 61.i.oc.Wµcx.i:t per
uomini vi,;suti dopo Adamo non ha d - esprimere come, nonostante tutte le
prodotto il peccato del progenitore; es- somigllaru:e esistenti tra il corpo car-
si l':ivrebbero fatro se avessero avuto nale di Cristo e quello dell'uomo in ge-
una legge come quella ch'era stata da· nere, la natura di Cristo fosse dive.rsa
ta ad Adamo. Tuttavia e~si hanno pec- da quella umana. Anche nel suo essere
cato, sia pure in modo diverso da Ada- terreno Crbto rimase il figlio di Dio.
mo; per questa ragione sono stati pre- QuestO vuol dire che Cristo è divenuto
da della morte 39 • uomo senza però venire egli stesso as-
sociato al pecca10 umano. Proprio le
4. Di non facile interpretazione sono parole lv oµo~wµa.-.~ servono ad evita-
1 passi in cui Paolo parla dell'appari- re la conseguenza che Paolo non vuole
zione di Cristo sulla terra servendosi sia tratta, cioè che Gesti sia stato sot-
del termine òµolwµcx (Rom. 8,3 e Phi/. t0Posto alla potenza del peccato cd ab-
2,7 ). In Rom. 8,3 Paolo scrive che D io bia anche effettivamente peccato" . An-
ha mandato il proprio figlio nel mondo che per l'Apostolo Cri~to è senza pec-
J9 ZAllN, Rom. 269.in non h:o veramente tut- ricevuto alcun comanruunento divino,..
ti i torti ~ vedere nel peccato di Adamo il "° Quando è usato in riferimento n<l ogge1ti
' cipo', il 'campione' secondo il quale non concreti òµolwµa significa forma, apparenz!l,
hanno peccato i suoi discendenci; il genitivo aspe/lo. Cfr. SCHL/ITTE.lt, Rom. 256: .:Qui
è per Zahn anche in questo L'>ISO on genitivo òµo\wµo: hn un senso concreto e vuol dire
appositivo. CKEME.K·K&.EJ. 796 souo in di- che il rorpo di Gesù è Stato fauo come il
saccordo ron ZAllN, ma J!iun~ono ad un'in- nostro; è esdusa qualsiasi idea docc1ics ~.
rcrprc1a,jonc non molto divCl-sa: «Poiché gli ~• Di guesto parere son tutti gli esegeti ; v.
uomini prima di Mosé e della consegna <lcll.1 panicolarmente ScHLATTBR, Riint.256 e Z1111N,
legge non ebbero uno legge, no n si sono resi Rom. 38i s. Per Z1111N non si traua, in qu<~
colpevoli di una trasgressione parti~-olare si· s10 caso, di un geni1ivo appositivo, altrimenti
mile • quella di Adamo». Cfr. and1e Sm1.AT· bisognerebbe arrivai-e alla conclusione assur-
TER, Rom. J89: «Nelle prime generaiioni u- da «che la carne peccaminosa sia uoa forma
mane non accadde nulla che somigliasse al dello stesso genere, corrispondente alla nalllf•
pe«a10 di Adamo: infoni c~sc non avevano di Dio o d cl Figlio di Dio. L'unico s ignificato
rnto •'. Il 1>e<:ca10 connesso con il cor l><>tuto cs>cr messo :1 mone con la cro-
11Q carnale di Cristo non ebbe pote re <.ifi~sionc di Cristo. Dall'~tra è impen-
sabile per Paolo che Cnsto sia staio
su d1 lui. òµou...ii..ia ha così una dop- domin~IO dal peccato. L'Apostolo cerca
pia funzione: da un law indica la so- c:osì dt ev11arc, «in veri tà senza grande
miglianza delJ 'appa rcnza e, dall'altro, succ:esso:., la <l ifficoltà facendo ricorso
«a quella frase di mezzo», «la quale gli
la differenza della 11awra. Perché Dio pc rrnclle di tenere l'idea dell 'incnrna-
ha mandato ne l mondo il proprio fi- ziom: in un ceno equilibrio tra una rea-
glio n elln fo rma di carne peccaminosa? le uman ità e la mera assunzione di un
corpo umano ctin la quale la narnrn in-
La rispos ta di Pnolo s uona: con que- tima dello personalità di Cristo non
SIO corpo Crisro , che pure è senza pec- viene toccata dall' umanità e dalla pec-
cato, è diventato il rappresentante del- caminosità propria degli esseri di questo
l'umanità peccatrice. Ora Dio, abban- mondo». Secondo J. W eiss Paolo non
s.irebbe lontano da una posizione doce-
donando Cristo alb morte, ha potuto tica. I I vero motivo del dilemma da-
compiere la concl3nna del pe<."CBtO me- Vtinti a cui è posto Poolo sarebbe costi-
diante l'mrnienrnme1110 dcl suo corpo tuito dal coc~isterc di tradizioni varie
cui l'Apas tolo vuo le.attene rsi: da un 111-
carnale e cosl eliminare il peccato stes- 10 abbiamo la concezione del M essia ce-
so ' 1• Cristo ha dunque assunto la for- leste propria alla t radizione tardo-giu-
ma delln o-àp~ à 11«iJ"tla.<; perché Dio c!Jica ed apocalittica, dall'altro lu rrndi-
7.ionc protocristiana del Gesti terreno.
potesse compiere in lui la liberazio ne
L'Apostolo si sarebbe trovato davanli
dell'umani1à d;1) p<.'«ato. al compi to, fondumentahnente insolubi-
le, di pcnsJre contempor:rneamen1e i.n
J. \Xfeiss ha ~111 diato Rom. 8 ,3 a fon- cntr:tmbe le categorie. Il ragionamento
do"- Per lui tv Ò!UlLWJut'tL 0'(19><Òç d i J. Weiss procede però per linee trop-
à11ap-tlw; è un'espressione arnbib'lla po razionalistiche. Di fronte a Paolo
formu ln tn d.l Paolo «son o l:i pressione sta il mistero della persona di Cristo e
di un'antinomiu. D:i urti parte il pen- JcllJ sua opera salvifica e ):i vera difli-
siero espresso in Rom. 8,3.4 (i l peccato cflhà è dara dal forto di d over esprime-
nella c:irne è stato condannato median- r.: in parole umane un mistero che non
te la morte di C risto sulb croce) richie- può essere affcm110 e compreso Jd tut-
derebbe 11ccess3riamence che il peccato to con i nostri concetti.
11bbia nl>i rnto anche nella carne di Cri-
sro perché soh11nto così esso :ivrebbc Per so~ tenerc la propria tesi J. \Xfc iss
(v. 7; ~ v, coli. 330 s.) permette di menl11ru1111 Sr!rap1onis (la liturr,i:i di Sc-
p~nsarc ch'egli non avesse in sé più rapione do Thmuis) il p:ine dcil'cucare·
stia è chiama to 6tAOlwµa dcl corpo di
nulla della sua natura divina. li fnt· Cristo S< e l'offerta del pane eucaristico
co ch'egli come uomo sia stato però ca· i:ò ò11olwµa i:ov i>avai:ou not.l:tv "· Ta-
pace di compiere ciò che n-0rmalmente le espressione vuole probabilmente di.
re che il pane intende mostrare ciò che
non è possibile ad alcun uomo, cioè
nccadde del corpo di Cristo, intende ri·
di essere perfettamente obbediente, ci cordarc la morte di C risto su lla croce 56 •
fa necessariamente sapere che anche
nella propria umonità Cristo r imase c:.- t &.qioµoL6w
senzilllmente quello ch'era prima 51 • La
Ritrarre, 11produ"e. È frequente in
µo~ terrena è contemporaneamente Platone, Senofonte, Aristotele, Plutar·
l'involucro che racchiuse la sua immu· CO. P lat., Cra/. 427 e: wç 6.<poµo!.Wv
tabile esistenza es:.cnziale; un involu· i:oLc; ypciµ11u.O"L 'tà l!.pya., «llCT ripro·
durre gli oggetti reali mediante le lette·
ero ch'era certamente un vero, reale re». Di solito signilica però render ~imi·
corpo umano. Non c'è traccia alcuna le (-rwl: Xenoph., eq. 9,9; Plat., 1·up. 3,
di docetismo in Paolo, ma anche nella _s96 a; in Plutarco è sempre costruito
sua piena umanità Cristo è stato, nel
con 1tp&; 'tt). Sap. z 3,14: -.wl cir sw
TÙE~ Ò:(l>WµO,WO'EV (cod. B: wµolwo'EV)
profondo della suo natura, un essere di u.vi:o, «l'intagliatore rende il legno si·
aItro genere. mile ad un qunlche animale» (si vuol
rneucrc: in mostra la stoltez..r.a dell'ido-
Ignazio us.1 una volta il termine latria). Talora, ma rar:imenre, sign ifica
ép.olwµct per sottolineare la certezza paragonare ( Plat., rcsp. 8,564 b).
della risurrezione dci cristiani. Leggia- Al passivo: diventare simdc, farsi
mo in Tr. 9,2: où (scii. Xpi.cr-rov) xat si1111lc; all'aocisto: diventare uguale; al
xa.i:à i:ò ò1.lolw1..ta. Ti11cii;... oihw; Èyt· perfetto: esum: uguale. Tale è l'uso
pE~ ò 1t!l.T1ÌP avi:oii, «i l Padre suo (scil. in Platone cd Ari stote le. F.p. I er. 4:
d1 Cristo) risusciterà anche noi proprio EvÀ.u.~filh-rn oùv 1,1.iJ xal vµ.t\ç àq>o·
come ha risuscitato lui» 53. Nel Sacra p.oi.wilÉ'J'tE<; TO~ àÀ.À.oq>vÀ.ou; Ò:q>Of.lO~tù-
~'tE, «State attenti a non diventare an- bile che il racconto dell'A.T. sia inteso
che voi come gli stranieri»; 62: 'tCXV'tCJ. come un rimando a Cristo, cioè come
oÈ oV'l'E '\'cxi:<; tofo.L<; oii'tE '\'cxi:<; lìvvà.IJ.E· una profezia messianica . Questa è la li·
aw cx\rr:wv à.qiwµoLwJ.4Évo:. la'tlv, «co- nea seguita da Miche] : «Ciò che avven-
storo (gli dèi) non sono uguali a loro ne in antico era una preindicnione di
né per forma né per forza» ; sempre in Cristo» 3. Simile è il parere di Windisch
polemica con l'idolatria, 70: Wo-oc1hwç il quale fo riferimento anche a Filone
lìÈ x<Lt vcxpQ ÈppiµµÉvf.!l Èv o-xértEL (/ug . ro9; Abr. 31 ): «Mekhiscdec e il
àqiwµ.oCwv'tO:.L ot ÒEOl C1.U'tWV l;uÀ.WOL figlio di Dio sono, secondo Filone, si-
xo:.t m:plxpvcroL xo:l 7t<pLà.pyvpoL, «così mili al logos, quale sommo sacerdote, e
anche i loro <lèi di legno, placcati d'oro quindi simili anche era di loro» 4 •
e d'argento, sono simili ad un morto
gettato nel buio della fossa».
Nel N.T. il nostro verbo ricorre sol-
tanto in Hebr. 7,3: Melchi.sedcc «ras- Questo termine raro, che si riscon-
tra però già in Erodoto, significa si111i-
somiglia al figlio di Dio», Ò.~.LoLwµÉ·
le: Poll., 0110111. 9,130 offre questa de-
'Ilo<; lìÈ 'tQ v ll{l 'tov Dtov 1 • finizione: ò yap r.o.p6µ01.0c, no:.p'6À.(yov
oµOLO<; ÈO"'tW, «1tC1.p6µot.0<; sign ificn <.jU<l-
G li esege ti hanno in generale seguito si oµ.owç», cioè quasi simile 1 • La dif-
il Crisostomo (hom. in Hebr. ), che chia- ferenza tra i due aggettivi non è però
ma il figlio di Dio 'tvno<;, trnendo da ciò sempre chia ra. In Xenoph., hist. Graec.
l'interpretazione di Ò.q>Wi.LOLWµ~voç (co- 3 ,4,r 3 na,pop.oLO<; vuol dire el{ettiva-
sl fanno, ad es., Bengel, Bleek, Riggen- men te quasi uguale (1tcxp6µoLOL 'toi:ç
bach ). Quest'ultimo commenta: «Con "EÀ.À.l)O"L -r:òv àpLDµov) ; cosl anche in
la sua vita che non conosce principio né Polyb. 6,3,u: ÒÀLYCJ.PXLXtt 7tOÀ.L'tEV-
fine Mekhisedec corrisponde al figlio di µ a"ta ... ooxovv•a mx.p6µotO\I EXEW 'CL
Dio e con la sua persona rappresenta in 'toi:ç cipLC7'toxpo::nxoi:ç, «i governi oli-
immagine ciò che questi possiede come garchici sembrano avere una certa so-
archetipo» 2• Nel testo non è però affer- migli:rn:w con quelli aristocrutici».
mata esplicitamente una suborJinazione
di Mekhi sedec a Cristo cd è pi[1 proba- A pane la vitria nte a Mc. 7,8 (ree.
a<poµoloéw
' Epiph ., hacr. 67,7 distingue ira éi•o•<><; e 3 M1 cm:i,, Hcbr.', cui I.
d:q><µµoiwµtvoc:; (où yàp tl1ttv éµoi.ov "<IÌ> v~ ' W1No1sc11, ad /.; ros1ui fa bene 11 non ac·
-roù iltou, O:U.' ti'PWµotwµiv ov). ma si trrna ceuare che ad aq>wµo1wµÉ,,o<; si aggiunga sol-
di una sottigliezza eccessiva. C fr. RtGGEN· 1;m10 «nella Scrittura» (RIGCIJNMCll, Ci<llMt;R·
BACH, Hebr., ad I., nota . KocF.J..); non unicamente nella Scrittura , in-
2 RtGGENDACH, J-lebr. 185; cfr. ihid. n. 6: «È fatti , be llsl •n~tura.lmcnte anche nella m1ltà,
gius1ificato dallo stato reale delle cose ( meno poiché la Lc u cra agli Ebrei non 1>c1111ette che
dall'ef!cuiva espressione} [ ! ], che il Figlio di si distingua tra il Mekhisedec storico e l'im·
Dio appare come l'ardierip0 e Mekhisedec magine che l-C ne dii la Scrittura».
come l'imm•wne,.. Cosl anche UEMER-K0cP.J.
797 che traducono à.?'...iµo :,(.i;1tvoç ecc. : «Ras· nr.r;p0µ0<0<;
•om1nlian1e al figlio di Oio come un'inuna· I ar. mX!)lC70<; ecc.: E. ScHWY'ZER, Grit·cbl·
t~inc.o. sche Gra111111atik li ( r949} 492.
}}7 (V,l•)tl) 0,10}.oyÉw (0. Michd I
1. - àSSicu1 ore, pron1el 1crc; concedere• 2. lt;ct1ùoyr~a.• 't<{> Ot<i'> o "TÒ:c; ò.1u1p
;unmcttcrt:; i;((l(c;;
i. = df)'lOrrc in giudizio, 1esrimoniare;
}· ilti..oNlyl')C1\c;, t!;,oµoÀ.0y11ai.ç;
j. - fare un• lS<llcnnc di chiami.ione di
fede , prokssarc la propri~ fod<· in 4. òµo')..e>yo<J11lvwc;;
<tualco"1. ' . 11 gruppo di ,-ocaboli in Oementc A Ics
11. ét10')..oy0\.'\.1~. sanJ1ino.
l l i CO<l. A, akuni uncidli dcl Rtuppo ka1•11', nwv in /ofc. ì,8: ~ani:wµoilc; l;tO'tWV xa~
-iuasi 1u11i i minu~oh, le versioni Vufg. !>yr. 1tO't1JPiwv XllÌ /i')..).11. -:<ap611co.a -:C>l.<lv\a 1to')..-
Arm. (;,>t t\r1h burn.1 s.-guire ad c<vOpw ).<i, r.o•t\i:r.
oµo)..oytw (O. Michel)
G~<oÀoyÉw x-tÀ.
Linnni...Scon tll6; G. BoRNKAMM, 'OµoÀo- MANN, D1e i:rslen christliclmz G'laubcnsbe·
yl.a., wr Guc/Jicbte emcs politiscben Begrrf- kumrnirsc, TI1col. Studicn r5 (1943); STAUF·
/es: Hermes 71 ( i936l 3n-393; lo., Die 0/· rCR. rheol. 2(2·216; G. HARDE.ll , Pa11lus tmd
/enbarttnf!. du Zorncs Gottes: ZNW H Jas Geber (1936) 25-64; E. KASF.MANN, Das
(1935) 239-262; lo., Das \\7ort Jesu vom wandernde Go11esvolk (1939) ro_p rn; STFrN·
Bekmnen : Monatsschri{1 fUr Pastoralchoolo- 1.F.tTN!;R: I. SamtrzER, Die Beicbte im Uch·
gic H ( '9JI!) 108·118; Io., Das Bekemitnis te der Religionsgeschichte: Zei1schri(c fiir
im Hebr.: ThDI 21 (1942) 56-66; 1-1. GRIM· Vol kcrii~ychologic 6 (1930) 94-105; H. PET·
ME, Der lkgrilf vo11 hcbr. hOda und t6da: TAZ7.0NI, L·1 <:1J1tfers1011e dci pccct111 11 ( · ~H~l
ZAW 17 ( 1940/41) 234·2+0; E. NoRDEN, A· 252; Rll lTLENS1'P.IN, Jr. Eri. 25 1-268 ; I [.
g11ostos Tbeo.r ( 19r3) 14.3-206.263-276; I. EL· G11NK lll., Ei11leitung i11 die Psalmcn ( >s>Hl
BOGEN, Der jiidiscbe Goflesdienst in seincr 27-3 1; E. SJOBl,RG, Gott unti die Siindcr ili/
E111wick11mg' (1924) 24 s. 235 s .; M. PoH· f>aliistim scben judentum (r938) 125-266; T .
LENZ, Die Stoa 1 (1948) n6·119; 11 (1949) ARvensoN, Das Mysterir11n Cbristi, Eine St11·
67 s.; F.K. SCHU1'1ANN, \10111 Sùtn eva11geli· die :::11 .Mt. IX,25·;0 ( 1937) to-76; Ober 1/Jc
schen Bekom1cns, Um IUrche uod Lehre Crlt1mg d1>r B~kenntnissc in der rva11geli-
( 1936) 67-n; Ju., Vie Deke11ntnisse imd das schm KirdJt' (Gutaditen dcr Lcip7.igt:r F•·
Bekennt11is· ThS1Kr 108 (1937f38) l Sr-205; kultat ): Evangelisch-Lutherische Ki«.nen7.ci-
O . MICHEL, Kircbe 1111d /Jekemzlnis: Evange- tung r ( 1947) >·5; H. RHEtNFF.LDl!.R, co11fi1.-ri,
lisches Wcs1falcn u ( 1934) 307 s.; I D., Bibl. co11/cuio, co11/euor im Kirchenlaui11 1111d 111
Dekmnen 11nd Baeugm: EvTh 2 ( 1935) 231· den roma111scbm Sprocben (Dic Sprarh<:
245 ; 0. PROCKSCH, Das Dekenntnis im A.T. ( 1949] ,<J..67 ).
( 1936); A . SllERl·:Rc, Der Kathecbismus dl'r 1 LIDDELL·SCOT1' i226; PREIS IGKF., \Viirt. Il
Urchristenbrit (1903) ,<'>-99 .142-151; O. CULL· i 77· r80.
01•0).oytw (0. Mid1d) (V ,200) jl'l
una g rande imJX>rtanza neglj scriui stoi- za che compenetra e domina l'universo
ci, ove invece è molro più usa to l'av- così. che l'uomo ries ce ,1 «mantenere in
verbio OiLOÀoyouµÉvwc;: òµoÀoyovµÉvwc; accordo con la natura la parce d irettrice
l:;Tjv (seguito o no da tj) q>WE<) è la tipi- dell'anima» ('t'!)pEtv. '!O TJYEJ-lOVLXÒv XIX-
ca mass ima stoica; la si fa risalire a Ze- ·rò:. q>vO'w [xov: Epict., diss. r ,I )A) per
none e Cleante e la s'interpreta e para- quan to è in suo potere: «Il fine ultimo
frasa in modi diversi, ad es. x<n'<i:pE•Ì]v è vivere una vita intimamente armonio-
l;;ijv, «vivere secondo virtù» ed €1mr- sa sotto la guida del logos. È ciò che co-
tla~ llEo~c;, seguire gli dè:i» 6 . Crisip- s ti tuisce la p ermanen te unità della con·
po spiega la massima di Zenone preci- dotta , ma anche il presupposto di que-
sando: ȵ 7tElpLa'J -rwv <pu!TH cuµP,aL- sta, cioè l'a rmonia spirituale che garan -
v6v'twv, «secondo l'esperienza di coloro tisce all'uomo In costante sicurezza del-
che vivono in armon ia con la natura» ! 'agite» 9 •
(Stob. 2,76,8; Diog. L . 7,87 (53) ). La Oltre quest'uso linguistico proprio
tradiz ione stoica equipara la vit:1 secon- della speculazione e dell'analisi filosofi-
do natura a q ue ll a secondo virrù (Stob . ca, i nostri termi ni conoscono anche un
2,78,1; Diog. L. 7,87 b3J). Secondo uso comune con varie sfumature. Òp.o-
Epict., diss. 3,r,25 abbiamo la seguen- Àoyiw significa che io concordo con
te uguag liamm: ), oyLxG.>ç =
cpuO'EL òp.o- qualw110 su qualcosa ed includ e tan to
Àoyovp.ivwc; = -rEÀ.Éwc; siiv 7 . T aie 01.w- il fatto e l 'occasione quanto l'atto e l' a·
Ào-youµt%lç si1v della Sto.1 non è più zione in clli io manifesto il mio accor-
tin comportamento pratico, bensì uno do 10. òµoÀ.oyEi:v ind ica fin dall' inizio
sta to o una condizione della v ira (Plt1r., l'ammissione e la dichi arazione aperta
dtt vir111te morali 3 [li 44 r c]): «LI vi- e sincera (Soph., Phil. 980: òp.oÀoyw
ta vissuta in conformità con la natura è 't<i.ot; Eur., Jr. 265 [T.G.F. 437 ) : òµo-
se mplin.:mente I.1 v ita u ni ficata che scor- ),oyw Oé <TE cHìLXELV j abbiamo anche l'ac-
re con in interrotta continuità ed armo- cezione i111peg11arsi, promettere (Plat.,
nia» 8. L'uomo deve orie111ar~i in ba>e symp. 174 a ; Phaedr. 254 b). Il nostro
al logos Jivino ; orn t<1lc logos è In for- termine è molto importrtnte nell'umbito
11 P REJS ICKP., \Ylort. 1 537 s.; M11-rE•S·\Xl•LK· la potenz.1 e giustizia divina» ( 116).
V.EN Il 1 176. l3 STelNJ.K!TNf.R 70-74 .75 s.; -+ s~llNl'l'ZER
" Sn1N1.r:.1TNf.R 40 .48.53 : « ll processo tcr· 94-to 5; -+ PF.Tl'AU ONI. Bisogna disrinAucrc
niin~ dunql1e nell'arnmlnistrazjo ne flacrille <lc:l- ira la c-onfcs•ione del peccalo quale offesa alla
la i.:ius1izia, eserci1a1a <lai s.1ccrcloti 3 nome divinità e l'espiazione pubblica; le iscrizioni
della divin ità. Il condannato, cioè il peccato- anesrnno la medesima espressione bµoÀ.oytÌ:\I·
re confcS30, scri\-e su di una siclc (che viene oµoÀ.crrio: per entrambe le: accezioni , an-anto
poi posta nell'area sacra in vis1a di t1111i) 19 a tf;ayOf)CIKW, tl;oi.1oloyEÌ.\I "' t!;o1JOÀ.oyri:o--
confessione deUa propri;o colpa per lo ri1,nr:o· i)oct.
zione p ubblica e a lode e ringraziamento del- H La confessi une stessa si chiama ò1~0).oytcx:
01•o)~(w (0. M.ichell (V ,202) 5(,8
sione affine è!;a.yopEVEW -ràç, &1,ta.p-rlaç,, n unciati in preghiera per l'avvenuta sai ·
che non è più rara nel greco ellenisti- v=a e che accompagnavano il sacrificio
co. Iuv. 6,532 ss. menziona l'interces-
sione e la richiesta di pencimento del di ringraziamento vero e proprio. lob
sacerdote di Iside nel CllSO di una signo- 33,26-28 descrive come Dio abbia pie-
ra romana che non aveva osservato un tà dell'uomo dopo un grave pericolo:
determinato precetto di casi i tà. una malattia ha ridotto l'uomo in fìn di
vita, ma Dio ha pietà di lui, gli permet-
B. LA LITUJtGIA DELL'OFFERTA DI GRA-
ZIE N.ELL'A.T., NELL'ORIENTE ANTICO te di conremplare con gioia il suo volto
E NELLE RELIGIONI EJ.LENISTlCO- e gli dà 'giustizia'; allora l'uomo si pre-
GNOSTICHE senta in pubblico e confessa: «Avevo
r. L 'omologia biblica ha preso origi- peccato e offeso la giustizia e non so-
nariamente sviluppo dal cullo e dalla li- no stato punito come meritavo. Egli
turgia ed è in questo comesro che si col- ba riscatta to l'anima mia perché non
locano sia la confessione del peccato u- scendesse ne lla fossa e la mia vita può
mano sia la lode biblica di Dio. Un'ana- contemplare con gioia la luce» {vv. 27-
lisi della liturgia delle offerte per il pec- 28). Abbiamo qui l'esempio <li un'usan-
0110 e di ringra1jamento non può tutta- za comune in Lutto l 'Oriellle antico, at-
via limitarsi all'am bito della letteratura testata anche in Babilonia ed in Egit-
isr:ielitica, ma deve abbracciare anche to 15• Analoga è la confessione dei salmi
gl'inni orient11li, ellenistici e gnostici. di lamento dentro e fuori Israele: per
Vanno considerati salmi di ringrazia- l'Israelita l'esser colpito da malattia e -
me nto sia u nn serie di salmi dell'A .T. quivale ad esser punito per peccati.
(Ps. 22; JO; 34; 40; rr6) si:i certi passi È però anche possibile che uno abbia
innici iuori del salterio { r Sam. 2,1-10; suscitaro l 'ira della divinità sen:t.a saper-
ls. 38,9-20; fon. 2,3-10; Tob. 8,15-17; lo e che questa lo abbia abbandonato in
Eccltts51,r-n e Lc. 1,46-55). Si tratta ma no a potenze maligne; :.llora il po-
in origine di sulmi che venivano p ro- veretto si rivolge alla divinità confcs-
1tt,,qiil<ìc; ti<, Oi•oÀ.oyla." (STf. IN L~ ITNER 57 biblioteca di Assu rbanipal, un inno di grati·
nr. 26). tudine per l'orrenula liberazione con una par-
i icolareggiaca descrizione delle soffcrcn7.c prc--
I~ Per 1ucto l'nrgomcnro: --+ GuNKEL 28.1- ccdenti. La traduzione di questo inoo, che co·
290; -> REIT7ENSTEIN, spec. 157 s. 251-268 ; mi nei a: "Voglio lodare il signore della sapien·
-+ AavEDSON rr-20; -+ GUMME 235. Il. 7.1~. ci è offcr1a da E. L!!llM.\NN-H. l·l~A S,
GR rMMJ\ è pronto a vedere in b6da un dop- Tcxtbucb wr Religionsgescbicbte ( t922) 311·
l~io sign ificato: r. confessare,
ammettere (ogg.: 316; A.0.T. 27\-Zllt. H. GKJMM~ pensa eh~
il peccu to); 2. confessare, proclnmnre (ogg.: il concetto di 'confessione' non sia sorto su
Jnlwé, il nome di Jalwé); secondo lui il si- suolo israelitico, 111a sia di origine •ntiçoscrni-
gnilit'nto 'lodare', ·~rutare' non è che secon- ta (graffiti di Thamud). La 'confessioue del
dario ( 235). Un importanle parallelo cxtrabi- nnme di Jahvé' signi6cn forse lo proclama·
blicv ci è olfcrto da un testo rinovato nella 2ione dei nomi cli Jahvé?
ò110À.oyitù (O. lvi idwl )
san<lo il proprio pcccaw o protestando li; essa conosce una ripresa nelle reli-
la p ropria innocenza, invoca la miseri · g ion i ellen istiche di salvezza. Al centro
cordia divina e promcne, in caso di sal· della religiosità ~i pone ora il mito del
vezza, di offrire un sacl'ifìcio ed un in· redentore e la lede nell'unio ne d i sai.
no di ringraziamen to 1•. Nel corso dcl va tore e salvato. Quesco è I'elcrnenco
sacrificio di grazie si sciolgono i voti e veramcme nuovo rispetto alle antiche
si ca nt:i la t6da. Questa si apre con religioni popolal'i; il <lrnrnma soterio lo·
un'invocazione a Dio o con un inno in- g ico si svolge e compie nel culto.
troduttivo cui segue il racconto d ella si·
L'inno dell'anima negl i Atti di Tom-
tuazione critica superata e della salvez- maso offre un ottimo esempio della p ra-
za divina in risposta alla preghiern ( cfr. tica liturgica gnostica. Prima dell'inno,
Ps. 116,4; Ecclus JI,rn; ls. 38,i4). Il l'apostolo p rigioniero prega: «Ti lodo,
o Gesù, pe td1é non soltan to mi hai
sacrificio si cl1iama todO, proprio come reso degno di credere in ce, ma an-
l'inno di grazie. Alcuni salmi però (a<l che di soppori~rc molte cose per amor
es. 40,7 ss.; )0,8 ss.; .51,18 ss. ; 69,31- tuo» 17 • Non è alfatw chiaro , comun·
que, quale s ia il rapporto di q uesta pre -
32) metrono in guardia da una falsa va-
ghiera con l' inno che segue 18 • Abbinmo
lutazione <lei sacrificio. Il ringrazia men- un caso s imile nei martirologi sirinci d i
to termina esortando i presen ti a loda- C iriaco e di Iu lica (v scc.). Cirinco vie-
ne gettato in unn caldaia piena di pece
re Jalwé (ler. 33,u); e sso è obbligato-
bollente e comincia a pregare : «Questa
rio e si compie con ce rte espre-;sioni sa- è la port.a dcl Signore eJ i g iusti vi pas-
c re prescritte (Ps. 51,17: Hen . 7r, rr ). seranno»; la preghiera viene interrotta
Talora s'invita a lodare D io con un 'nuo- ecl una nuova pericope racconta un mito.
La liturg in dell'offerta di grazie d<.:I Ps.
vo canto' ( Ps. 33 ,3 ; 40,4 ecc.); in tal ca- n8 è molto usora in ci rcoli gnoHici.
so non si dovrebbe can tare un inno già Nel LJb,.o di lJaracb dello gnostico
noto ed usato, bcnsl un nuovo con to i- Giustino è scritro che E lohim, il Dio
creatore, to rnando dalla cerra nei cie li
spirato da Dio (Ps. 40,4). esclamò: «Spal:mcatcmi le porte, sicché
possn en trare e ringraziare il Siitnore;
penso infa tti d i essere un Signore»;
2. Ln storia della liturgia dell'offerta
allora Jalla luce una voce disse: « Que-
di grazie non si conclude però con le ao- sitl è la porta del Signore e<l i giusti vi
1iche religion i popolari semitico-orienta- rnsserannm> ,.;.
"' &wndo P1. 66; 116; 118; /on. 2,10 viene 17 act. Tho111. 107 ( Hl!NNF.c~n 277).
offerto un sacrificio. «Nei C'tlSi in cu i :,i Jl)Cn· 1s E. JlR.EUSCHHN, 'Lu:ei g1101t11che fl)1111nen
ziona s~1l 1ttmo il salmo e non il sa~rilicio , non ( i904); R. lù:n-zr;NSTr.TN, Ilei/. \V tm dererziih-
vuol dire . di regola, che quesr'ulrim" si:i man· fongen (J\)06) 107. 111.117- 121; ID., lr. Eri.
c1110; si porrebbe però vedere in quc>io fallo 70-76; H. .JONAS, G11osis tmd spaldlllikcr
una magAiore vn lurazione del salmv a spese GeiJt I (1934) 320.326; -> J\ Rv.:osoN 46.53 .
del sai:rilit:io»: -> ARVEDSON 15; S. Mol'<'IN- 19 Nel Libro di D:m•<" Ji Gi ustino (IIipp.,
KEL, PMfnt<'n1/11dtet1 VI ( 1924 ) 51- 5!1. re/. 5 ,2 6,r~ ): àvoi.l;a>t 11oc. nuÀtt<;, tva. tioù-
.5ì1 (v,203) ò110À.oylw (0. Miche!)
A questo proposito vanno però citati greco profono, nei LXX il gruppo di
soprattutto gl'inni e le lodi di Corp. vocaboli Ò~VJÀ.OyÉw, OJ.lOÀ.oyla, op.6),o-
Herm. r e r3, anche se in questi passi yoç, òµoÀ.oyovµivw.; è sopraffarto da
non compaiono i termini oµoÀ.oyti:v, tl;o1J.oÀ.oyEwDat ( sost.: È!;oµoÀ.6yl}O-l.ç)
op.oÀ.oyla 20 • Corp. Herm. r,31 pre~a: ed à.vi}oµoÀ.tryEi:crtl<X.t (sost.: à.vl)op.oÀ.6-
otl;at À.oytY.cXç ihxrlac; O:yv!Xc; CÌ7t0 ljlv- YT}O'u;). Nel linguaggio extrabiblico t!;o-
xr\c; xat xapolac; 1tpòç c;è àva-.Ei:a1J.l- 1loÀ.oyEfo·i}cu significa soltan to 11111111c/ ·
VT]ç, civExM.À.TJU, &ppl}i:e, O'LWTti\ q>W- /ere api:rt11mc11/e (pubblicame11/e: i.!;-)
VOUµEVE, «ricevi i puri sitcri ~ci di paro- (sopratrutto peccaci}, poi anche rico110-
le che ti vengono offerti da un'anima e scere, concedere, ma mai lodare. L'uso
da un cuore tesi verso di te, Inesprimi- linguistico ebraico di jtida (bif'il ed hit-
bile, Ineffabile, tu che puoi essere chia- pa'el) ammetie, invece, enrrambe le ac-
mare soltanto dal silenzio». È evidente cezioni : confessare i peccati e lodare
che per l'orante le parole dell'inno co- Dio. Nel proces~o di traduzione il grup
stituiscono «il sacrificio puro e raziona- po di òµoÀ.oyla passa in seconda linea
le d el suo cuore»; 1,32 te rm ina poi ri- perché col suo signific11to giuridico e
badendo fo fede e la testimonianza, lo- com mercinle ha un suono troppo pro-
dando il P adre che ha dato ogni aumri- fanò. Nei LXX éµobyta rende nedcr o
tà ali' Anthropos. Tutta la vita del cre- n'dabli, ad es. in Lev. 22,18; Deut. 12,
dente può esser considerata una À.oy1xTj 6 (cod. B).r7; l E<rop. 9,8 (o6't'E oµo-
i}uala, ma è soprarrutto l'ispirato inno À.oylav oo!;cxv •<ii xup14>, per tradur-
di ringraziamento che si merita tale no- re l'ebraico t'mi todadi Esdr. 10,JI:
me, poiché esso è, secondo Corp. H erm. confessate la vostra colpa); Am. 4,5;
r 3,2 e, un 'emanazione del logos. Se è 'ltp. 51,25; E:i:. 46,12. Il verbo bµoÀo-
seguita la guarigione, la met11 morfosi, YEÌ:V ricorre (spesso per rendere jii,f<i
l'ascensione, allorn il credente deve av- .1lJ'hjf'iJ, niidar, Saba' al n if'a\) in I
vicinarsi a Dio con don i; mn è soprat- Ealìp. 5,58, cod. A (Esdr. 3,rr ); lob 40,
tutro l'in no che riesce a far spal:mcarc 14; 'IEp. 5r,25; fa:. 16,8 (cod. B), inol-
le porte del cielo. L'idea della ).oy•xii tre, senza un corrispettivo in ebrai-
~ua-ta esprime due motivi: in primo co. in 1 Eaop.4,60; Sap. c8,13; i Mad1.
luogo rappresenta un~ interiorizzazione 6,6r (vnr.); 2 Mllch . 6,6; 4 Mt1ch. 6a-i.;
cd un approfondimento del concetrn di 9,16; r 3,5. Per il collcgamenro sem it i-
sacrificio (!'uomo offre se stesso quale co tra co11/essare i peccati e lodare Dio
sacrificio); inoltre la À.oy1xi} i}u.,-(a. at- nel la parola tOda cfr. 1 Reg. 8,33.35;
tribuisce una particolare forza all 'inno Neem.9,3; Dan.9,4.20; Esdr.10,1 r. An-
d'offerta perché esso testimonia di Dio che nei LXX è presupposta l'usnnza del-
e del suo logos 21 • la confessione pubblica della colpa, Jcl
perdono concesso al colpevole e della
C. I LGRUPPO Dl VOCABOLI NEI LXX E
lode <le.Ila potenza divina; perciò ven-
NEL G[UDA!SMO POST-BIBLICO
gono procln mnte le opere di Dio (Ps.
I. A differenza di quanto accade ne l n8,17 ss.). Forse va ricorthirn anche
21 I IP.UllNG, KarnSS)'ntnx . 242-245. -> Ri::rr- Giona -> IÙ'. ITZENSTEJN 258 s.: «Anche •e
ZP.NSTEIN .,. n. 1 rilevo l'allinità C<.>n J'are- assegniamo qu~-:.10 SMlmo ad un interpofotorè
rn logia cllenis1k~1 <.-d ipotizzu che il significa· dobbi:imo pur sempre chiederci come mai C<~·
10 generale di 'lodare' (lo lode di Dio, spec. stui abbia po1uro inserire un ringra1famcnto
nei LXX) si sia sviluppato d• quello di ·con- per la salvez?.1 quale preghicro per La salve~·
fessare'. ldeorico è iJ parere di PREUSCHllN·
za; si traila inoltre, come è staro abbondnn·
0AUHR.' 459 olla voce l.J;oJ,J.o).oyti:v. ln real i ~
ternt"'nre notnto, di un ringraziarnen to cht: non
i due sig11ifit11ti devono esser sempre t'Oesi-
stiri cd è dillici le provare lo sviluppo di uno ha di mira il profeta stesso né è ispirato oll:o
dnll'aluo. Per la confessione aell'A .T. cfr. olla persona».
spcc. anche -> GuNKEL 26, s. e la descrizio- 21 -> HARDEll .n . Per la lo<le n Dio nel tar·
n~ della liturgia del sacrificio di gra,,ic in do giudaismo: D.13. bob. 14 b: «R . John nan
Israele e nclfOriente antico contenuta i11 -> · disi;c che si rhit11nò Ruth 1wrch6 discese dn
J\~VfillSON 11-20. Per hlultl = opo).oyti:v-H;o- lei Dn,~d, colui che saziò il Santo (bcncd<L·
µoÀoyW.lla.~ -> Ht:ITZEZ<STEIN 258: «Son di- to egli sia) con c:1111i di Jo<le e di ringrv.in-
sposto a credere che a11chc in Israele l'inno me1110 •. SeconJo quanto insegna la !<.~>login
di ringra.zjamento sia. stnto originnrianlcntl! rabbinica posie riore, F.zech ia non <iivc111(1
ca1ua10· nel tempio; nrn ciò non Cu sempre messia perché non in tonò i.l canto di lode do-
possibile né tu tti gl'inni cli questo tipo sono po t~scr staro libcmto da Sennacherib. P~r
s tati presentoti vcram~nt<: in questo modo o la Judc negli eventi escatolot?ici cfr. Vor.z,
anche soltan10 in pubblico•. Per il s<1lmo di Erch. 168.224.
575 (v,204 l OftOÀoytw (0. Michcl)
perdono 2'. La preghiera penitenziale <li· fesMre Cesare come signore» ed il pa·
viene anzi proprio un preciso genere rallelo in 7 ,4 19: Ko:lcra.pu. ÒEo-~Ò-rTJv
letterario ed uno stile fisso di prcgbie· è;ovop. ci~ew, «chiamare Cesare signo-
ra. I grandi personaggi dell':imichità ri- re». Tale òµoÀ.oyt~v Kalo-Oi)a ha tono
conoscono pub blicamente, davanti al politico e for~e persino religioso; il suo
popolo, i propri peccali (ad es., Da11. 9, opposto è dato clalla professione di f,•.
1-19; fodith 9,t-14; Bar. r -3 ; Tob. 3,J- de nell'unico Dio (2 Mach. 7,37).
6. n-r5; Esth.4,17'·17"; 3Mach.2, 2-
20; 6,2·!5). Persino un re empio come 3. In Filone si trova una nota deci-
Manasse si umilia d:wan ti a Dio e pro· sa me nre filosofica. Rifm.:endosi nll'idea-
nuncia una preghiera penitenziale, te· le sroico <lell'òµoÀoyovµivwc; -.-n cpucm
mendo il giudizio di Dio (dr. 2 Par. 33, sfiv, Filone richiede che l'anima :tbbia
12.13.18). Cenamente tale tipo di ora- stabilità ed armonia, qualità proprie di
zione sembra divenire una certa possi- Dio. Per l'anima valgono le parole di
bili tà umana, un necessario esercizio di Dcut. 5,31: «Ma tu resta qui con me».
pietà che viene <li per sé ''!1.lutaro e ri- A ciò devono corrispondere le azioni
compensato da Dio. La confessione u· de)l 'uomo: Èv OfLoÀoylq; -twv xo:-t<l -ròv
mana appare qui non tanto una testi· ~Lov 'ltpcil;Ewv EXEL -i:ò -rÉÀoc;, «(la me·
monianza personale di un poteme atto !odia prodotta dall'anima) raggiunge
di Dio, quanw piultosto il riconosci - In perfetta conclusione nella coerenz<1
mento della ma<!stà giudizi3lc di Dio e delle azioni della nostra vita» (Deus
della propria peccaminositlÌ. N~sconde· imm. 25 ). La terminologia di Filo-
re i peccati è un tenrntivo inutile: «Non ne riprende quella stoica. Altrove sia-
vergognarti di confessare i peccati e mo invece pit1 vicini all'A.T.: «L'armo-
non cercare di vincc1:e In corrente del nia e gli nccord i (dello strumento ben
llurne» (Ecctus 4,26.28 ); il senso è evi- accordato) &ono provati eflìcaccmentc
dentemente che Dio farà trionfare la ve- cbl fotto che offrono n Dio il loro O·
rità. Ecc/us 51 ,r- 12 contiene una grata maggio, cioè onorano convenientemcn-
professione di fede in Dio (per il cui lC Colui che è, confessando che l'uni-
aiuto è srnto possibile sfuggire 11 un pe· verso è suo dono» (ebr. II7). Giud;i ed
ricolo morralc) seguita da un lungo can· Issac:u impersonano due tipi <l'intel-
tO di lode che le tradl•Zi<>ni greca e si- letto: il primo, colui che ricerca la
riaca presentano alquanto abbreviato saggezza divina, professa con graliru<li-
rispetto al testo cbniico 25 • L'uso lingui· nc la propria fede in Dio che ha el.1rgi-
stico di foi lone e Giuseppe è per 111olti lO beni senzn parsimonia; l'altro è de-
riguardi corrispondeme, perché dietro dito anche a nobili nzioni (Leg. a/I. 1,
ad o~loÀ.oye~v-e;oµ.oÀ.oyE~crt}a.L stanno sia 80 ). Il fatto che Lia non abbia conce-
le pratiche penitenziali (la confessione pito altri figli d opo Giud:t signilìca che
d ei peccati è inclusa nella t' J/iba) sia l<1 professare la propria fede in Dio è il
benedizione e In lirnrgi:i di grazie in U· massimo grado della virtt1: «Ne segue
so nella sinagoga. Va comunque nornw · che Giuda, la mente die loda Dio e gl i
in los., bdl. 7,4r8 l:i nuo\':'I locuzione eleva inccssanremente inni di ringrazi.a-
Ka.(o-o:pa 0::.cr7t6"tT}\I ò11oloyEiv. «con· mento, fu egl i stesso il frutru 's:mtQ, a
lode di Dio'; frurco non degli a lberi Dio e non dell'a nima stessa (leg. all. 2,
dell:i terra , ma nato da una nntura ve- 95); Dio non è causa di tutte le cose,
ramente razionale e virtuosa. Perciò è ma soltanto delle buone (agric. 129);
scritto che la natura che l'ha generato ha Dio è misericordioso e dona ogni co-
cessato di concepire; infatti essa non a- sa all'uomo che si perfeziona e rie-
vrebbe saputo da che: pane voltarsi do- sce a raggiungere la meta (racr. A.C.
po esser giunta alle soglie della perfe- 42; cfr. Ge11. 33,II). Negli scritti filo-
zione. niani oµoÀoylo: significa tllO!O fo sole/I·
Tra tutte le azioni virtuose che pos- ne asserzione di Dio nella Scrittura (del .
siamo compiere, infarti, la migliore e por. im. 60; Abr. 275; leg. all. 3,77.
somma è l'inno di lode al Pad re dell'uni- 187; gig.29) quanto l'impegno o la pro-
verso» (plant.135; pensieri simili in leg. messa ddl'uomo verso Dio (racr. A .C.
all.2,9J; 3,26). In leg. alt. 1,82 abbiamo 72). Anche i profeti (ad es., Mosè) fan·
una significativa meditazione suU'òµoÀo· no simili asserzioni solenni ed esplicite
ydv: «Giuda, la disposizione d'animo n ella Scrittura (op. mt1nd. 25 ; sacr. A .C.
che confessa Dio ( ò l~oµo ).oyrinxòç 1e8; Abr. 203 ). Naturalmente il ter·
rtp6noç}, è immateriale e incorporeo. mine ricorre anche nel signil1cato di
lnfotri il suo nome di confessore indi- confesrione di peccati (leg. ali. 2,78;
ca eh'egli confessa qualcuno fuori di se 3,66 s.; exsecr. 163; con]. li11g. u6).
stesso. Perché quando la mente esce da Abbiamo inoltre 61i0Àoyttv nel senso
sé e si offre a Dio come il ridente I sac- di co11cedere, convenire, non solo nel·
co, allora essa confessa Colui che è. l'accezione retorico.dialogica, mo anche
Non appena, invece, la mente si consi- in quella di dichiarazione, ammissione
dera causa di qualcosa, essa non ~ affat- (leg. ali. 1,61; 3 1 21.29.67.136.190 ecc. ).
to disposta a cedere davanti a Dio e a Nei casi in cui il verbo òµoÀoyE~v è u·
professare la propria dipendenza da lui. sato in senso retorico-dialogico (essere
Anzi pO.'isiamo dire che tale professione d'accordo, convenire, assentire) il suo
non va considerata opera dell'anima, opposto è rappresentato da l7tÉXELV
ma di Dio che fa sorgere in lei la grati- (sospendere un giudizio) o da apvtfol)o:•
tudine. Giuda, il confessore, è pertan- (negare), dr. ebr. 192 .200. Analogo al
to immaccriale». Una ricca rerminolo- verbo òµoÀoyttv è il sostantivo òµo>..o-
gi:i ( ~i;oµoÀoyELO'ì}o:•, i!;oµoÀoyrrnxòç ylo: (o , al plurale, òµo).oylo:L); anche 4ui
7tpo7toç, òµoÀ.oyrtv, òµ.oÀ.oyla) mette in traspare un uso lingui~t ico religioso:
mostra Io sfondo liturgico-cultuale del «Mosè ci ha insegnato a riconoscere e
nostro gruppo di vocnboli 26 . Anche sen - manifestare la nostra gratitudine» (-.à.ç
za contare queste espressioni solenni, è EÌIX<lPW'touç oµo),oylo.ç 1tOLEL<:rl)o:L: mut.
abbastanza facile incontrare confessioni nom. 220 ); xap•cri:i)p<oL òµoÀ.oyla.L ( vit.
dell'anima negli scritri di Filone: tutte Mos. 1,253). 'OµoÀoylo:L l)roii sono le
le azioni ed intenzioni sono opera di solenni promesse di Dio all'uomo (ebr.
!6 Per l'uso linguistÌCQ di oµoÀoyE~v. 01~0Ào· <ki padri cd il suo lingu~ggio rctorico·dialo-
"(Vx, Ci10ÀO)"OVf1f\IWç, il;oµoÀoyELGl)a<, É~O itiro. Ciascuna di queste compom!nti dà il
llOÀ.6yl)O't.e;, É~o1~0Àoy'l)"T<XO<; ('Tpo1to<;) in Fi· proprio rontributo positivo al conccuo 610-
Ione cfr. -> !kll<NK1IMM, Zorn Gol/es 247. Il niano di 6µoÀ.oytiv -òµoÀoy(a. Ancora diver-
concetto è e_<;trcmruncntc importante pet fi. so è l'uso linguistico di 4 Mach. 6,)-l; 9,16;
Ione perché egli può lor converger<! in esso 13,5. In 9,16 sembra trasparire un uso fo.
il proprio ideale stoichcggionte di una virn rcnse, negli altri due passi quello ellenistico-
armonica, la fede <lclht sinagoga nel Dio filosofiço.
579 (v,zo6) ow>ÀoyÉw (0. Michel) (v,20<>ì 580
39), ma op.oÀ.oyla.t sono dette anche le nirà con Is. 45,23 = Phil. 2,10 s. Tali
promesse e gli obblighi dell'uomo verso espressio ni di lode sono del pari u n se-
Dio (ebr.107; congr. in; leg. oli. 1,82 ; gno del mutame nto dell 'uomo. Nel suo
mut. nom. 57 ). In senso profano oµo- rapime1110 Enoc cade con la faccia 11
À.oyla. significa impegno e contratto terra, tutto il suo corpo si strugge ed il
(spec. leg. 1,ro7; 3,72; vit. Mos. 1,242 ) suo spirito sì tramuta: «Gridai a gran
e persino, in modo ancor più vicino a l- voce con lo spirito della potenza e lo be-
l'uso g reco, l'accordo, la coincide111.0 di nedissi , lodai ed esaltai. Ques te lodi che
Juc cose era loro (sacr. A.C. 3; spec. mi uscirono di bocca furono però grn-
leg. 3,155; vii. Mos. 2,140; De11s imm. dite a quel vegliardo» (Hen. 71,11 s.).
25 ). Questa lode escatologica ricorre anche
in altri passi :1pocalittici (He11. 39,7;
4. Anche negli scritti apocalittici e di Sib. 5,428).
tenore escatologico del tardo giudai smo
la lode di Dio ha un posto di rilievo.
Hen. (11,9-12 narra come la lode di Dio D. IL GRUPPO DI VOCABOLI NEL N.T .
accompagn erà il giusto giudizio dcl Si-
gnore degli spÌiiti: «Allora tutti ad una I. _oµ.o).oyt~v
voce parleranno, loderanno, esalteran-
no e glorificheranno il nome dcl Signo- l. oµoÀ.oyELV = t1ssicurnre, promettere;
re d egli spiriti. Egli chiamerà tutco l'e- concedere, ammettere
sercico dei cieli, turti i santi dell 'alto,
l'esercito di Dio; i cherubini, i serafini, Mt. I 4,7:O~E\I (.!El)'opxov wµoÀ.Oyn-
gli ofanim, rutti gli angeli della poten-
CTEV mhfi &iivcu, «perciò (Erode) pro-
za, tutti gli angeli dci principati, gli e-
letti e tut te le altre potenze che si tro- mise co n un giuramento di darl e ... »; in
vano sulla 1crra e sulle acque. E<l in Le. 22,6 è usato in modo s imile il com-
quel giorno tutti ad una voce comince- posto È~oµoÀ.oy Ei:v: xa.ì È~wµoÀ.OyT)O'E\I .
ranno a lodare, ad esaltare, a glorifica-
re, a magnificare nello spiril'O della fc. Act. 7,17: -rii<; t ita.yytÀ.la<; 1ic:; wµoÀ.6 -
de, della sapienza, della pazie nza, della o
YTJ<Ttv ~EÒ<; 'Ti;) 'A~paéLµ, «( il tempo)
misericordia, della giustizia, della pace della promessa che Dio fece ad Abra-
e de ll a bontà e tutti quanti diranno con
una sola voce: Lodatelo ed il nome del mo» ( varianti: 1bt'l]yyE(À.a't'o: codd.
Signore degli spiriti sia glorificato per P'1 D E; wµocrEv: ree. ~). Agr. 18:
ogni e ternità!». Anche in altri passi la o òµoÀ.oyi)1J<Lç µi) yi)µa~ &yaµoç lìLa.·
venuta del giudice dell'universo è ac-
compagnata da ques to camo di lode: µEvÉ-rw, «chi ha promesso di non spo-
«Tutti quelli che abitano su lla terra si sarsi rimanga celibe». Un òµoÀ.oyEi:v co-
prostrer:mno davanti a lui e l'invoche- sl solenne lega chi parla alla propria
rnnno e lodc rnnno, c:interanno la glorii1
parola. Questo uso lin gu istico generale
e la lode dcl nome del Signore d egli
spiri ti» (Hen. 48,5 ); «ess i lo ( =il mes- è ellenistico e non parricolanneme reli-
sia) loderanno ad un a voce, lo esal te- gioso; 61.toÀ.oyti:v assume il significa te
rnnno e magnificheranno co11 sapienza e di Éit<LyyÉÀ.À.Ecri)a~ ed 011vvvaL (Act. 7 ,
si mostreranno sapienti nella parola e
nello spirito della vita» (Hen. 61 ,7). r7; Hebr. 6,13). Comunque non è sem-
Questi passi di Henoc hanno certe afli- pre facile determinare in ogni caso il
senso p roprio di òp.oÀoyti:v e, d'altru Considerazioni simili si possono fate ari-
parte, anche l'uso liJ1guistico protocri- che per 1 Io. i ,9: M.v oµoÀoyw~v ~.xc;
stiano fa spesso sentire il suo in11usso &.µa.p-.lac; ijµWv, «Se ammettiamo i no.
sul concetto. La contrapposizione òµo- stri peccati». Anche qui òµoÀoyEi:v rap.
ÀoyEi:v-Ò'.(.>vEi:a'Da1, ud es., è d 'uso comu- presenta in primo luogo l'opposto della
ne nel linguaggio ellenistico (dr. Aci. , negazione del peccato ( r ,8): concedia-
11at. on. 2,43 ; Ios., ani. 6,15 I), ma in mo di essere peccatori, nclb co nfessio-
lo. i ,20 deve essere interpretata dal- ne manifestiamo i nostri peccati coocre-
l'iingolaturo dell'cvangclo; anche se c'è ri; non è poss ibile però non coglie re il
l'uso linguistico greco di òµoÀoyEi:v col rapporto con la comune espressione ec-
significato di asserire solennemente, clesiastica Éço~loÀ.oy&wDa~ •~e; ò.i.tap-
confermare, attestare ( Plat., symp. 20 2 'tla.<;, «confessare i peccati». Ci trovia-
b; 4 Mach. 13,5; Diogn. 2,1), pure Io. mo quindi in una d eterminata tradizio-
l ,20 deve essere inteso nell'ambito par- ne plasmata dall'A.T. e dlli LXX.
ticolare della teologia giovannea. La
differenza dal gruppo di termini µClp't'u- 2. ò1.10ÀoyEi:v = deporre in tribunale,
pci:v-µ.a.p-.upla (Io. i,7.15 .19) non va testimoniare
dunque esagerata: tali asserzioni solen-
ni si collocano nell'ambito della testi- Il senso fotcnse di òµoÀoyEi:v (testi·
monianza resa a Cristo. moniare) è forse quello più importante
Anche altrove è possibile scorgere nella tradizione del N.T.; esso è plasma-
l'uso linguistico del primo cristianesi- to dalla tradizione di Gesù trasmessa
mo. Hebr. II,13: òµoÀoyfic;av-.cç iS.1 dai va ngeli ed è presupposto e ripreso
1;Évo1 xat 1tCl{)E1tlOTJ1,J.Ol EÌnw • fic; yftc;, dagli scd11i apostolici e sub-apostolici.
«avendo riconosciuto di essere forestie- La tradizione di Q ci ha conserva co un
ri e pellegrini sulla terra»: da un lato detto di Gesù formulato in due mem-
òµoÀoyEi:v ha il s ignifica to ellenis tico di bri st rettamente paralleli: esso p revede
ammissione e di solen ne conferma, dal - per i discepoli che hanno confessato Ge-
l'altro (cfr. Aci. ed Hebr.) di una solen- sti la promessa esc:1tologica e per quel-
ne affermazione di fede, d i proclamozio- li che l'hanno rinnegato il giudizio (Le.
ne nel senso dell'annuncio cris tiano. 12,8; l\ft. lo,32 )n. Mentre in ques ta
1; In q uesta tradi•fone t.li Q s2hano subito siriaco (Mou1.ToN 169; BL-D1mR. 5 220,>; E.
agli occhi un evidente aromaismo (ebr. bédti NESTLI\; ZNW 7 [ i!)O()] 279·280; 8 [ 1907 l
I", ar:tm. giudaico 'òdì e siriaco cristiano 'arv~ 241; 9 [ 1908] 254; Pmusmw-Bt.uu' 941 )
di) e il colorito linguistico plllestinese-scmirico e cosl anche fµ.11poulltv (cui corrisponde in
Ci'.11TCpornv). ò110>..oyecv lv ( Mt. 10,32; J.c. Apoc. 3,5 tvwm.ov ). L'uso prc:posi1fonale di
u,8) corrisponde al mut.lo di dire at':lmaico <: [µ11pooilev è un tecnicismo indicante lo stare
s83 l v,2o8) Òj,toÀor{w (0 . .Miche!)
in piedi duvanti al giudice. Per forma il det· plov T)l.tt-:iv 11T)5~ lµt; Hebr. 2 , 1 T: oùx É'ltat<l'·
to di Ge$lì va classificato rra le 'regole' <ld xùvna.. Ò.OEÀq>OÌlç... Y.ClÀt•v; Hcbr. u,16:
tipo di Mt. '~>.28; 7,8 .24, e precisamente tra oùx t'lt«u1xvvE'tai. airroòç ò ~tòç &Eè..; É'lttxa-
quelle che sono rompoSLe sc~"Qndo lo sche· )..••o-Doo. ocv't•:;:,v. In tutti questi casi non si
mn della cocrispon<lema (Mt. 6,14 s.; 7,1) -+ tratta di un sentimento pskologico di ve rgo·
BoRNKA.MM, Wort ]em rr2. Nella conce-tio- gna, mn piuuosto dell'aver mancato o non
nc globale, in cui va collocato il nostro derto aver mancato di rendere lCSti1nonianz.11 e ci
omologico, si pensa nd un proresso celes te possiamo chiedere se tale uso linguistico non
corrispondente a q uello terreno. Nel N.1'. risalga nl detto di CC$ù in Mt:. 8,38 (Le. 9,
[11a...,.xvvt cri)ct• o à:1tapvEWl>a• costituiscono 26). O è forse meglio parlare ddl'inRuenza
spesso l'opposto di òµo)..oycLv e, analoga· d i un determinato uso linguistico sinouico?
mente, : u'I alaxvveaDa• spi:sso non è altro
dx: un2 perifrasi per òµoÀoytLv. Cfr. Mc. 8, ~ li detto di condruina d i Ml. 7,23 h.• un
38 (Le. 9,26): 8ç yò.p tò.v t"'a"1x11v&fi JJ.t para llelo in M1 .25,n (e 25,.p}, ove però man-
xat 'tOÙ~ tµoùç Àéyouç; Rom. 1,t6: ov yò.p ca la formula Oµoì..oriJaw. Per il significato
tmx•<rXv'llOµa• ..6 tU«yyi).w,1; 2 Tim. i,8: Ji M1. 7,23 e 15,12 nella tradizione rabbinica
~'TJ o\lv hcal.<fXvvlliiç 'tÒ µap'tvpoov 'tOV xv- palestinese cfr. StRACK·BILl.ERBl?.CK 1 469. Jn
bµo>.oytw (0. M1d1cl)
comunione col discepolo ~l. degli uomini (lo. 5.44; 12 ,.n). Nel
Il Vimgclo di Giovanni continua un tiu:mo vangelo l'onore concesso da Dio
antico uso linguistico quando scrive che e quello tributato dagli uomini si e-
i Giudei espellono dalla sinagoga chiun· M:ludono proprio come Dio e Mam-
4ue clichi11ri pubblicnmcme di crc<lerc mona nei sinottici (Mt. 6,24; l.c. r6,
che Gesù è il Messia (cx.ù-.òv oµoÀoyt~V 13; cfr. Mt. 23,6-8). Ci ritroviamo CO·
Xp\O'-r6v: 9,22; r2,42 ). Per Giovanni il sì in unn prospettiva rabbinico.palcsti -
rifiuto di confessare pubblicamente Cri· nesc 3t. Anche in Aci. 24,14 abbi11mo
sto nel momento della prova perché si il senso di deposizione o dichiarazio-
ha paL1ra equivale ad un rinnegamento ne giudiziaria: òµoÀ.oyw lit -roii'to uoi,
( µ1) òp.oÀ-oyt•v = O:pvEwila.L) »_ 11 mo· o'ti... oVi:wç >.a.-tpEvw 't@ 1tcx.i:!Xi~ DEi;>,
rivo di mie valutazione va visco nella «questo ti dichiaro, di servire in questo
considerazione che con la confessione modo il Dio dei padri ... »: Paolo ricono-
pubblica di Cristo si rende gloria a o;cc di seguire il modo cristiano di scr·
Dio, mentre con il rinnegamento o In vire il Dio dei p:idri, d'intendere la lcg·
mancat;t confessione si cerca l'onore flC e i profeti e di a ttendere lo risurrc·
ogni çaso non cl si deve limitare a indagare ne ò1iol.oyti:v non perde però il suo ci1rat1c·
i !l•~~i ove romrnre il termine òµoÀ.oyi•v. re positivo di «testimonianza attiva» ; esso è
mo bisogna considerare aoche i testi in cui infatti con temporane•menre «pcniten2a e !u-
si iraua del conten1110 concettuale, del signi. de, testimonianza e preghiera•; «lo ~ sempre
Ciaun di bµoA.oyc\v. Cosl, ad es., abbiamo il fine~. all'estremo, non si impone il detto di
"'° lirico ddl3 confcsoionc di Pieno (Mr. G~ù : 'Scuotete la polvere dii vostri piedi'
I! 27· 10 par.) O\"C non apP1fe alcun termine (Ml ro,14 ). /\lloca, certamente, non resta che
del nostro gruppo bt-nché il <Ofltenuto con· lM:el'C• Il' K. SolUMANN: ThStKr roll [ r 937/
cettuale e la situazione siano chiar•mcnre 38] 190).
quelli .tell'òµol.oyciv. In Afr. 8,38 par. abbia· '' STRACIC·BtLLl:.UECK 11 5H·,,6. Per l'e
mo un ammonimento che si colloca nella me- •pressione ò110À.oyuv Xpw~o.. in Giov1nni
desima siruazionc di<corsiva di i\ft. 10,p 31 d r. K. 6ollNHAUSEt, Das ] ob.-Ev., ànè MH
bendlé il nn~1ro termine non comP'~ia affatto. s10111rchr1/1 fiir I srac/ ( 1928) 49: «Si ronsidc·
ri bene I• formula ò1~0Xoyttv Xpto"rÒv. Ciò SI·
•• -+ BoaNMMM, \Vort Je111 iq: «Confes.
gnifica parlare lv 'ttt111P'lJOlq.. Il discorro vago
s"rc e sconfessare nfln hanno a che forc con
che 11<."<:enni soltanto che lui è il Cristo scn111
11110 ,;c1111>litt 'conosccnzu' (benché Piecro non
Lhiamnrlo espressamente cosl non rende oc11·
:ommcua neanche <1ucs1:1 quAndo (• imcrroga-
10 d:tll• l~ntcsca [ 14 ,68)), ma includono 1111 ro il pericolo dcll'espul•ionc dalla 1inago1:-.
proprio come avvenne anche per (".esù: non
'prc:C\.'<l...11 te rnpporto di ohbed1cn7.:.t e fidu-
fu l'accenno alla SUJt messi•nicità a lar prc
cia'•. crr. I I. Sc1tt1ER -+ apvEia'O.u '· col
cipitarc la attastrofc, bcnsl l'aperta ronfcs·
1252
siooe: io sono il Cristo•. ln Gio,-.uini, cffcui.
D In qu<='to t"USO 1bbiamo un certo a<.Wsta- vam~ntc, Oiio>..oyc\v è affine al parlare aperto
mcnro all'ul!O linr,uistiro greco cd ellcni· e franco(= tv n~ ÀaÀ.tiv): Io. 7,q .
stico ove éf10À.o~ o ~oÀ.oy\(u. significano 26; 10,24; 11,14; 16,25.:>9; 18,.io. C.... ->
il COntUllO, l'lk.W!dO e anche la COn\<:tliJo m1W'l)cMl ronttaddisùnguc la \'Cta confC$Sio-
finale (-+ col. 56 5 e Pu:1s1GKE, Wiirt. I ne come 3nche la sincera proclamazione dd·
n7·Hll). /\ndie quonoo implica un't'.'Sclusio la 1xirola di Dio (Act. 2,29; 4,19.31; 28,31).
òito')wyi.w (0. Michd) (V ,110) jX8
zione dei giusti e dcgl'ingiusti. Da Act. { Rom. ro,9.10). L'idea che la confessio-
24 ,t4 il cristianesimo risulta un modo ne doni la salvezza escatologica è in ar-
particolare di confessare la propria fede monia con b tradizione sinonica. Aci.
nel Dio dei padri. 23,8 mette in luce la differenza di o-
pinioni tra Farisei e Sadducei: questi
3. ò1ioÀ.oyEi:v :::: fare una solcn11e di- negano che ci sia la risurrezione (ÀÉ·
yovow · p:I) dwx.~ ci:va<T'tCW~v), mentre
chiara:done di fede, professare la pro-
pria fede in qualcosa quelli professano la loro fede nelle ve-
rità escatologiche e ultraterrene ( Òp.o-
faponcndo Deut. 30,14, Paolo spie- À.oyoiiow 't!Ì <i1iq>o'tspcx.). Sulla stessa
ga nella Letter:i ai Romani ( 10,9-10) lo linea va forse inteso il simile uso lingui-
stretto rapporto tra confessione e fede: sùco di Hebr. r3,15: di frutto di lab-
«Se tu confessi con In bocca che Gesi1 bra che confessano il suo nome» ( xap-
è il Signore e se tu credi con il cuore itòv' XE~À.twv ÒµoÀoyovV>WV -rQ ovoµa.-
che Dio lo ha fatto risorgere dai morti, "t~ cx.Ù'toV) 11• Nella preghiera e nell'of-
sarai salvato. Poiché con il cuore si cre- ferta di lode, il nome di Dio viene in-
de e si riceve la giustizia, con la oocca vocato, proclamato, confessato ed esal-
si confessa per essere salvati» 32 • Anche tato. Simile è il senso Ji Tit . r,16: gli
in 2 Cor. 4,13 ritroviamo il medesimo eretici pretendono di conoscere Dio, ma
accostamento di fede e confessione: dal- le loro parole e le loro azioni si conirad-
la fede provengono la confessione e la dicono perché, mentre quelle lo confes-
parola della proclamazione. L'ordine in- sano, queste lo negano (Oeòv òµo).oyoii·
vertito (confessione e fede) è dovuto aw tlÒÉvcxt, 'toi:c; oÈ Epyotc; cipvovv-mL).
alla citazione (bocca e cuore). In modo Lo stile delle lettere di Giovanni si
panicolare si rileva però la respons:ibi- colloc:i nel processo di formazione del-
li tà esc:11ologica della confessione ( 2 le confessioni e.li fede protocristiane.
Cor. 4,14) ed il suo rapporto con la dtpvri:a-lla.L viene qui ad indicare la ne-
promess:i della salvezza escatologica gazione o contest:izione di una afferma-
zione cristologica, mc.:ntrc 01~0À.oyE~v si- bile di essere in comunione con Cristo.
gnilica l'accetta<don~ e la predicazione L'aspetto antiereticalc di oµo)...oyt~v è
di una particolare resi amiereticale. Bu· strettamente connesso con quello w l-
giardo è chi nega che Gesù sia il Cri- tualc-liturgico. I lo. 4,15 mostra chia-
sto; anticristo è colui che nega il Padre ramente che queste proposizioni keryg·
ed iJ Figlio (I Io. 2,22). Siamo in pre- maliche non sono affatto da intendersi
senza di uno stile didattico che definì· in senso inrelletcualistico: soltanto chi
sce io modo nuovo i termini ~VO'•TJc; confessa che Gesù è il figlio di Dio è
ed O:vi:lxpi.<noc; nella concretezza del- veramente in comunione con Dio. Ol-
l'attuale situazione ecclesiastica, deJ imi· tre J lo. 2 , 22 s. anche 2 Io. 7 ss. (o\ìi:6c;
randone reciprocamente la portata. Q uc· tcr·nv ... ) mostra come Giovanni defini-
s te proposizioni, alle quali si giunse nel sca uomini ed idee senz.1 mezzi termini
coeso della lotta contro la gnosi ed il con uno s tile chiaro e incisivo. In 2 lo.
giudaismo, presuppongono un preciso 7 cogliamo una risonanza apocalittica
uso tecnico della coppia di ter mini an- leggendo che «sono usciti per il mon-
ti retici òµoÀ.oyei:v cd O:pvEWi)aL. Ò~Lo)...o do» <lei maestri d'eresi:1 che no n accet-
y ti:v significa accettare una determinata tano (ci µ.-i} òµoÀ.oyoùvuc;) i1 kerygma
posizione cristologica, mentre àpvEWi)a.L cristologico: l'òµoÀoyll.X. serve quindi a
significa cQntestare una riconosciuta ve- dividere i veri dai falsi credenti. Lo st i-
rità ecclesias tica. Secondo 1 lo. 4 ,2 s. le giovanneo non vuole fissare dogma-
bisogna provare gli spiriti per vedere ticamente una singola opinione dottri-
se provengono da Dio o meno (dr. r nale, ma vincere l'errore della fa lsa dot·
Cor. 12,3): è da Dio soltanto quello trina formulando il kerygma in modo
spirito che conferma la verità cristolo- preciso e s tabile, porre l'avversario <la-
gica che Gesù è venato in carne. Lo vanti alla necessità di decidere e procla-
spiri co che invece «non con fessa GesL1 » mare unn vecchia verità in u na situa·
( itdv 'ltVEUµa. a µ'!) 0110MyEi: i:òv 'I l]· zione nuova in modo tale da esptime-
34
aovv) non proviene da Dio. In queste re co n chiarezza rntta la sua portata
tesi giovannee ahbiamo evid entemen- salvifica. Nella confessione si tratta
te delle solenni proposizioni e1111nciati- sempre di tutta la verità che viene te-
ve che vogliono esprimere una ben pre· stimoniata e affermata in singo le for·
ci sa verità, asserire l'unico modo possi- mule o mologiche. Benché la professio·
.l4Sia iJl I Cnr. 12,3 sia in r Io. 4,2-3 per di· luturc hi pretesa ispirazione profetica (perciò
stinguere gli spiriti nella comunità viene U· 'ltvEvµa!). I l o. 4.3: invece di µiJ oµo).oy(L
sata una formula di oonfe.sione che ~ già I~ Vulgata, lreneo, Clemente AlesSAndrino e
d'uso corrente nella Chiesa. Una determinata Origcnc leggono Mn. Per la bibl. sulla CJLIC·
e chiara b1lo}..oyla; della comunità serve a va- stione cfr. WIND!SCll, Katb. Br., od I,
591 ( v,210) 01 •OÀ.oytvJ (O. lvlichel) ( V,lll ) 5') Z
ne di fede nella sua qualità d i procl n- 15,39; 1Wt. 27,54; lo. u,27). òµoÀ.o·
mazione so lenne ~crva a dividere e a yE~v e µap·tupEiv compaiono in stre11a
distinguere, pure essa rimane sempre associazio ne (1 Tim. 6,12.13; Io. 1,1 9.
una manifestazione di lode ed un rico· 20 ) ls. Questa confessione di Cristo, ri-
noscimento dell'opera di Ctisto e non lasciata in sede di giudizio davanti aUe
acquista mai il carattere di autoasserzio- autorità, è archetipo della confessione
ne della Chiesa. Le confessioni in fun· forense alla quale è chiamato ogni cri-
zione antiereticale e liturgica sono una stiano che voglia essere d iscepo lo (/\f/.
novità soltanto per ciò che riguarda In 10,32; Lc.12,8), è modello delb dichia-
forma; per la sostanza esse continuano ra.?:ione pubblica alla quale si sa irnpe·
ad essere la concreta verità della Chie- gnato colui che rende la propria tes ti-
sa che si dispiega in una solenne proda. monianza (lo. J,20; 9 ,22; 12,42), è pe-
mazi one. rò anche una componente fondamcnt:t-
In effe tti persino la testimonianza di le ddla confessione li tu rgico ·culruale
Gesti durante il suo processo è stata pronunciata in occasione del battesimo
compresa e presentata come una con- e recitata solennemente quando si r ice-
fessione (r Tim. 6,13: -roG µa:p-rupfi tra:11· vono il sacramento e l'ordinazio ne. An-
-ree; lnt llov-r(ov IltÀ.cl."tou "Ti)v xaÀi}v che qui hanno grande importanza gli ll·
òµ0Àoyl11.v, «[di Gesù] che testimoniò spe tt i della pubblicità, cioè del coram
davanti a P onzio Pilato con quella bel- populo (1 Tim. 6, 12 : ~vwmov no).À.wv
la confessione»); la falsa testimonian· µap-tvp:wv, «davanti a lllQhi testimo-
za degli avversari (tJi<v&o1lap'tvpErv: Mc. ni1>; Mt. 10,32 : ~µnpoai>Ev -rwv &.v~pw·
1 .f.5 6) ed il rinnegamento dei discepoli nwv, Eµ1tpoui1Ev 'tOV 1tCI'tpéç µov, «da-
(cl.pvEinl}11.t: Mc. 14,68) fanno ri saltare vanti agli uo mini», «davanti al Padre
ancora di più la xaÀi) OllOÀ.oyla di Ge- mio » ; Le. 12.8: itµ-npocrl}tv -i:wv ò:y-yÉ·
sti Cristo (Mc. 14,62; r 5,2). Ln x11.À.-/) À.<>.iv 'tOÙ ll<ov, «davanti agli angeli di
oµoÀoyla ( = la confessione da Dio VO· Dio »), dell'impegno ( 1 Ti.m. 6,12.13:
Iuta, accolta e confer mata) consiste nel· l'apostolo s i richiama con la sw1 ingiun-
l'affermazione solenne e vincolante che zione [ na.pa.yyÉÀÀ.w] alla confessione
Gesù è il Cristo, il figlio di Dio (Mc. resa a suo tempo da Timoteo) e della
14,62, cfr. Mc. 8,29; llft. 16,16; Mc. ddinitivica (Mt. T0 .>2; Le. 12,8 ; 1 Tim.
.11Si osservi bene che anche questa ronfcs· XOtÀlÌ 01.i.0Àoyi0t nnn è x0t),fi perch~ h3 un•
sione di Gesù è il risultato, la rivela2ione di partioolare forza di pcrsuu.~ione, ma perché
un processo naS<.-osto; nella confessione divie- Dio la richk-de e l'uomo ubbidisce a qucsw
ne pubblico un evento il cui significato non sua volonrà. Anche nel nostro P""° ciò che
si limita alla «.mvinzionc d i ukuni uomini, importa soprattullo I: che C-.csù rende testimo·
contrappesata dal fono che nnchc in ques1v niu11za alla vcdtà (1 o. 18,37 ).
caso sii avversari non sono slati persuasi. La
J93 (V , ll I ) i>t.10}.oytw (0. Mid1d J (V, 2 l 2) 59·1
6,12 s.) " . Timoteo l.: tcnu10 alla tra- ad una doni,111da, rifiuto di altre possibi-
smissione dcl messaggio cristiano, al· lità umane, conoscenza trasmessa dallo
l'osservania del comandamento e ad Spirito santo, rivelazione (ànoxciÀ.utjnç),
una condotta irreprensibile fino al ri· impegno Ji discepolo, spiegazione au-
torno di Cristo proprio per aver reso t0revole della Scrittura, ultima parola
quella confessione vincoh1ntc. conclusiva, quasi una fuma cd un sigillo.
Spesso si confessa rispondendo ad Anche se il discepolo è interrogato per·
una domanda; anche quando si riceve sonalmente in una qualche situazione,
il battesimo la confessione costituisce pure egli parla in nome, per incarico e
la risposta alla domanda del battezzan- in rappresentanza della comunità. Per
te. Nella discussione did attica tra Gesù quanto la risposta di Pietro sia un do.
ed i discepoli riferita in Mt. 16,13-20 no personale di Dio in una determinata
(in questo passo manca, per altro, oµo - circostanza, pure essa diventa risposta
),oy~i:v nel suo senso liturgico-confes· e affermazione della Chiesa: Pietro par-
sion:1.le) è Gesù stesso colui che pone le la come il primo dei µo:l>T)'tO:L, come
domande. Nella pericope di Io. l,19 -34 membro dell'lxxÀ.1)CTLa messianica.
abbiamo similmente la compresenza di Questo naturalmente non vuol dire
t<'stimooianze in forma di risposte e di che la conoscenza dd messaggio impli-
singoli detti inseriti in una precisa si- chi necessariamente la retta confessio-
tuazione. Alcuni manoscritti riportano ne di fede (Mt. 10,19; lo. 12,42), o che
in Act. 8,.37 un vero e proprio dialogo la retta confessione preservi da un rin·
tra battezzatore e neofita, evidentemen· negamento futuro .is. Riconoscendo a-
te secondo una formulazione già a1Ier- pertamente l'autorità di Gesù ci si schie·
mata e stabilita.,,_La confe~s ione auten- ra, nella lotta degli spiriti, dalla sua
tica di Mt. 16,16, «tu sei il Cristo, il fì. parte e la confessione viene ad assu·
glio del Dio vivente» (O"ù Et ò Xp~cr-.oç mere valore dirimente (r Cor. r 2,3) ·".
ò utòc, -.où i}wù -.où 1;,G.rnoç) è risposta Come Israele, recitando lo Sbemà, pro-
36 --+ BoRNKAMM, Bekennlnis 58 çhiariscc co· ·" O. C U LLMANN, /)ie Tauflehrc dcs N.T.
sl il concerto di confessione: «L'omologia si· (1948j 65·73 sostiene che in Act. 8,36s:abbia·
gnifica qui una dichiarazione puhblica e im· mo «il piè1 a.n ti.c o ri tuale battesimale» ( o~b'
pcgnativa mediante la quale si stahilisce un xw),uEt = nihil obstat). Importanti sono l,1
vero rapporto contrat tuale; il suo contenuto varietà e lo sviluppo delle formule cristologi.
è la base s u çui posa il rapporto d i due con- d1e di confessione nei testi dcl N.T . (dr . Mt.
traenti o , più precisamente, è ciò che con for- t6,16 par.; Act. 8,27; lv. 6 ,69 ; 1 lo. 4 ,2 s. ):
za giuridica lo regola in modo nuovo. Nel. -+ NuRDllN 143->06; STAVl'l'ER, Thcol. 92·96 .
l'ano dell"omologia s i dà, in piena libert~, un Js Come si vede .• in modo esemplare, <lallH
sl definitivo e vincolante oltre il quale:: non storia di P ietro nd N.T. ed andle dalla sto·
si può dire altro che possa essere di una qual- ria ck:Ua Chiesa in tempi di particolari di.lli-
sivoglia importanza per il rapporro giuridico cohit e prove.
cosl regolato». J9 E. PE·rERSON, Etç llt6ç (1926) r47 n. r:
ò110).oyiw (0. Mid1cl ) (v,113) ' ili'
« Tn I Cor. 12,3 Paolo contrappone il grido tempo e luogo essa aveva llna ben p recisa for.
av!Xitt11.a 'lnuouc; a quello di xvpi.oc; 'Tno-ovc;. mulazione• (55 ); ~in età apostolica tale for-
Questo fa110 è comprensibile, secondo me, mula fu per tutti norma ddla predicazio ne•
soltanto se av<iOtµo: e xvpLoc; sono parole che (56). Effettivamente si dovrebbe trattare di
nppnrtengono • I linguaggio delle acclamazio- un 'an tica t radizione ara maica originaria che
ui. Non è certo impos.1ihilc provare questo Puolo trasmette a sua volta, anch~ spiegando.
ipotesi». Per tutta la questione v. L. BRUN, h cd interptet.andola in un dato senso, senza
S egc11 und F/11ch im Urchris1entum ( 1932) però chiamarla affatto ' confessione' o 'norma
118-124. -+ I !ARDER 105- 108 elabora il rap- per la prc:d ica2ionc evangelica'.
porto tra preghiera e confessione: «Il giu-
d:oismo ha pcrfcr.ionaro una forma p•rtkolare •& Secondo il Deutel'Oisaia sono immincn1i al.
d i preghiera cli confessione, lo Shemà. ~ im- cuni eventi escato logici che portano con ,,.;
portante nota re che nelle preghiere p:IQlinc u na nuova proclamazione (/ s. ~ 3,21 : liLT}ytW-
non soliamo si vkne affermando e consoli- ilGu), un nuovo riconoscimento di Dio (I s. 4 ~ ,
dando una forrna originoria e primitiv~ della 23: tl;oµo;\.oyE~crl)m) ed una nuova rcstin10·
confessione cri.s tiana 'Gesù è Signore', ma che nionia (I s. 43,10.12; 44,8). Per il rapporto
Paolo valorizza la confessione in quanto tale tra oµo)..oyEi'll e µap-rulJ&~'ll nel N.T. (--+ VI,
e, per giunta, la valori21.a alla maniero siudai- roll . • 339 s. n . 63), particolarmente anche in
ca. Ciò che Paolo scrive in Rom. 10 a propo- Giov•nni, magi:io 1·i chiarimenti dovrebbero
sito dell'invocazione <lei nome servendosi dc\.. venire eia u no studio accurato, poiché nel gre-
la citazione <li Gioele, si tiferlsce alla confes- co ellenis tico i due verhi vengono usati in mo-
sione 'Gesù è Signore' ch'egli ricorda anche in do simile, anzi come sinonimi. Nell'ambito dcl
r Cor. 12. ln Rom. 10,9 egli afferma che que- linguaggio giO\'anneo µttP'tUPfLV corrisponde
sta confessione garantisce la beatitudine, la sal- spesso all'Eùa.yyf).L~crl},u dci sinottici (- >
vezza» (107). Per 1 Cor. r,,3-5 come confes- tll, coll. 1049 s.), pure òµo).oyEi:v non po·
siont: ~ A. S>:Elll!RG, 54 ss.: «Dcv'esser con- ircbbc sempre essere u sato in un senso cosl
•iderato certo, ora, che in i Cor. 15,3-5 si ri- ~mpio come 1.1.ap-tvpti:v. Or. lo. 18,28-37 e •
porta una formula,. (54 ); •Ìn un determinato Tim. 6,13.
'9i (v, 21 \ ) éiloÀ.oyéw (0 l\lodn 11
" Per l'('(!ujvaJmu s101ca >-c-r•xW<ò ~ vU<n' mcn1c grande' (come la Otlesa) o 'confessata-
01LoÀ.o-you~ = i:r).twç ~ijv (Epici., Ji11. mcntc grande' (cod. D : òµo>..oyo(;s.Ltv w;J e
p,25) -+ Bott.'fKAMM: Herme• 71 (1936) si limita oll'inu:riczionc 'sicuramente'. La dif-
390; ncll'umbito s1oico òµo>.oyo~tvwç signi- fcrcnu da 4 Ma<h. 6,31 e los., anr. 1,180 è
fic3 sempre oµoXoyov1~ i:ii q>Uau. -+ A. inn~•bile.
SrLB>.RG n; rifiuu la 1ndutionc '•oaloga-
599 (v,21 ;) 61io).oylw (0. Michd) ( v,214 ) 6oo
·~ Con tuui quc:sri verhi è descri11a la lode e;ù:>..ortiv, l!.otw, s~TJYfi'71l«•, &:yaÀÀL<Ì!76a,.
cul1uak ~.i innica che ha il suo luogo nel In 2 Par. 23,12 il re è ogs;euo della lode.
la comunit:\ concreta: è qui che si compie t!;o1<0Ì,o-yti~m ricorre frequentemen1c in
l'otto ddl 'è~o110)..oy•~o.\, dell'tv<ppa(v•allaL, Tob. ( 12,6.20; r J,J.7.8.to; 14,1.2.7). fon·
dcll'a.ivt~v, dell'È).;t(çEw f;t'o.irtiji ndl'adc1111>i· damen111lc è: l'uso linguistico dcl sahcrio (\(i
mento delle predizioni clcll'A.T. Cfr. Hebr. 2. 6,6 ; 7, 18; 9,2; 17.,0; 27,7; 29,,.10; 1C>4,1;
12, ove le pawlc dcl Ps. 22 ,23 son fat1e pro- ro5, 1; n7,1 ecc.). Anche i seguenti paS$Ì di
nunciare da Cristo. Per il problema del S<'>Jl· Daniele ricordano il linguaggio dcJJa fll'Cghie-
~etto di t!;oµoÀ-oy-l}aoµo.• cfr. M .]. LAGRAN· ra: 2,23; 3,25.89.90; 4,37; 94.20.
44 Cfr. E. Lo1tMllYER, K,.rios ]csus, ei11e U11-
<;F., St. Paul, l'pltre 4 11.>: Ro111a;,,s ( 1922 ) H7;
per b lingua della preghiera in Paolo dr. -+ termchung :;:u Phil. 2,5·u ( 1928) )? ; l IAR
1-JARnf.R 3.~ .61.65. oER '9· Considerando che il resto di Is. 41.lJ
è incerto (op......a~ accanro o É~oµoÀo)'i}ct<'.-
•I Per l'uso linguis1ico di !!;01~0Ào"(f~a~ 1:0.I), non è da escludere che Phil. 2,10 s. ri-
quale verbo più imporrante di tutto il grup salga nd un aluo IL'Slo. Anche lm preghiera ttiu·
l'O di vocaboli cfr . .r Par. 16,4.8._H; 23,30; 29, daica Alem1 si serve del passo di lsaia e con·
t3; 2 Par. ,, 13 ; 6,24; 7 16; 20,2r; 23,12; 30, tiene l'espressione corrispondente a EÌ.4 06~0.11
22; 31,2. Ci si rkorJi anche dei verbi con tlEoii. La fine dcl nos1ro passo in Filippe.<i ri-
s ignificato affine o sinonjmi, per es. alvt~V, rorda le preghiere i;iudaiche (HARJ>E.l 59).
601 (v,214) (v,2r5) 6o2
(Tac. 5,16). È possibile che in tucti que- è anche una testimonian1.a che la com u-
sti casi sia stato comune confessare pub- nità rende pubblicamente.
blicamente e liberamente la propria col- Ben diversamente stanno le cose nel -
pa oltre che pronunciare determinate la Lettera agli Ebrei. Questo serino e-
preghiere penitenziali«>. sorta (e questa è la sua caratteristicn)
"' Per antiche confessioni di pe«ato giudai- giorno dell'espin?.iooc si dovessero clencllr~
ci..: v. Jomd 3,8; 4,2 ; 6,>; Cfr. STRACK D11.- i pt.'CC'ati singol<1rm~'lll<.'.
~ER8i!CK 1 1 q per la dis<:ussione se nel gran
01.teÀ<ryÉbJ (0. Michd) (v,1i6) 6o(,
a 1enersi fedeli alla professione di fede: no che ha il suo posto preciso nella ce-
3 ,1; 4, 14 (xp<x:tGJµtV tjç ÒJ lOÀoyla.;, na del Signore (Hebr. 1,3; r 3,r 5). Rap-
«ma nteniamo saldamente la confessio- porti liturgici tra Hebr. e r Clem. (J6;
ne di fede»); 10,23 (xa-rixcJ.JftEv -ri)v 6 r ,3; 64)sono probabili'~. Comunque an-
ò1..t0Àoylav -ri'jç ÈÀ 7tllìoç, «man teniamo che nella Lettera agli Ebrei òµoÀoyLa è
fermamente la confessione della speran- asserzione vi ncolante, espressione solen-
za»). L'òµoÀ.oyla della Lettera agli E- ne dell'impegno richiesto e assunro, ri-
brei rappresenta dunque una tradizione sposta della comunità alla promessa di
ben fissata nella liturgia e d:ii contorni Dio. li fattore nuovo e tipico che ri-
precisi alla quale la comunità deve atte- scontriamo nella Lettera agli Ebrei è CO·
nersi. Si è avanzata l'ipotesi che si tratti stituito dnl fatto che vi si parla di
di una confessione di fede o di una pro- un'oµoÀoyla fissa che va conservata e
fessione battesimale in uso nella Chie- che riassume in una parola viva la /ides
s:i" con la quale gli ascolratori si sono quae creditur della comunità.
vincolati una volta (la dichiarazione che In I Tim.6,12s. è descri tta un'assem-
Gesù è il Figlio di Dio (4,14; 6,6; IO, blea cristiana primitiva in seno alla qua-
2 9] è ol'Ics tata abbastanza spesso come le Timoteo ha reso la suo buono co11·
contenuto della confessione battesima- fessio11e (-ri)v xa.Àl}v 01..toÀoylav) da-
le) oppure di una lode cuhuale-lirurgi- vanti a molti testimoni. Si tratta qui,
ca collegata in qualche modo con i di- evidentemente, di un'ordinazione nel
versi predicati di Cristo {3,T; 4,14 s.). corso de!Ja quale la buona confessione
L'òµoÀ.oyla della Lettera agli Ebrei sa- viene pronunciata davanti alla comuni-
rebbe: allora identica all'eùxap~<T-rla, la tà ' 9 .. Forse i versetti che seguono con-
confessione di Cristo in forma di in- tengono una reminiscenza delln buona
47
A. SEEBERG r42-r51; fioRNKAMM: ThBI 2l al cri <licono. ma sono persone :1 loro voi ca
( 19 4 2)56-59. t tipica d i questo circostanz~ imregnute dallo confessione e rnppr<<Scnta·
l'assicurazione che Dio (o Crisco) mantiene no In comuni1~. Di parere diverso t: inve-
la propria parola e pct1anco assicura al ron- o:- ~ CuLLMANN 20 s.: 4Tutto il contesto
fessn111c la propria fedeltà (lfrbr. ro,23; 2 dimosu-a che si uaua qui di un 'azione giu-
Tim. 2,r3; T lo. 2,9). diziaria, C'hc Timoteo era comparso già una
volt.I dnvanti al giudice e 'avev• fotto una
•s P . D RP.WS, Unterrnch1111~en iibt'r die sog.
bliOna confessione davanti a molti testimo-
klt'lflOJJfinisl'hc Liturgie ( r9o6) 23·34; KNOPI',
ni'». Per la hiparti2ione della formula d i con-
Cl. ro6 s.; KXSr,MANN ro7.
fessione dr. Il. Lrnl.'r.MANN, Symbolst11die11:
•? A. Sl!EUEHG 98 e \YJ. MtCllAJ::l,tS. l'astor"1- ZNW 22 ( r923) 269; ~ CULLMANN 3r.36:
briefe 1111d Cefmrgenschaftsbrief<' ( i9 30) 89 le formule bipnrtite devono la loro aistenzu
p.:nsano u un~ ~'Onfrssionc bancsimale; J. alla lotta contro il paganesimo. L~ profcssi1>-
]EREMIAS, Die Pasfort1lbrie/e (N.T. Dcuts..·h J, ne di fede in Dio cr"'ttorc: dell'universo non
ad I., ad una professione di féde in occa- ~'Ostituisc:e per il cristianesimo primitivo una
sione di una ordinazione. I 'testimoni' non riflessione fine a se St<.'SS:r, ma piu11osto una
stanno Il soltanto P<'r 'asroltare' quello che prcn1essn per quanto viene professato nell'as-
bµoì,oytw (0. Miche!) (V,ll7) 608
confessione poiché, in toni solenni e li· I due primi me mbri e gli ullimi due
turgici, parlano di Dio che chiama l'uni- sono evidentemen te connessi; i pri mi
considerano la promessa escatologica, i
verso in vita ('tOU s<tioyovoiiv'toç 'tà secondi il comportamento futuro <li
miv'ta:) e cli Ges ù Cris ro che rese lll'l- Cristo. Il terzo e il quarto sembrano pe·
ch'egli hl buona confessiol)e davanti 11 rò in contraddizione logica: il terzo ri -
prende l'idea dell'atteggiamento parnl·
Ponzio Pilato ('toii µa{>'TVpi)o"av'toç Èitl
lelo come l'abbiamo gi~ incontrato nel-
ITonlou n~:X.chov 'ti)V xaÀ.i)v oµolo- l'ammonimento di Le. r2,9 pM. e Mc.
ylav - v1, col. r345). È possibile co· · 8,38; il quarto rompe invece quesio
gliere in questo P'.tsso l'eco sia della parallelismo. Anche in Rom. 3,3 e r
Cor. 10,13 troviamo afTerm:tto che La
forma forense di confessione sia di fedeltà di Dio è maggiote dell'infedelrù
quella liturgico-cultuale. Questo impe· dell'uomo. Rimane aperta la possibilità
gno solenne davanti a molti testimoni che C risto attui le sue parole di con-
danna, cosl che si debba intendere che
ha la sua sede fissa nel battesimo e nel- la fedeltà di Cristo consiste nel mante-
1'ordi nazjone, forse insieme con partico- nere la parola pronunciata. È però più
lari canti battesimali e di confessione. prob:ibile un'altra interpretazione, cioè
che egli rimane fedele verso di noi. Si
Anche l'inno di 2 Tim. 2,n-13 fa pen·
tratta qui forse di un ancico inno bat-
sare al linguaggio ed alle idee <li Mt. ro, tesimale che nel terzo s1ico non solo è
32 s.: Cristo, colui che chiama alla con- legato alln tradi zione, ma mette in ri·
fessione e che rese egli stesso la pro- lievo che la fede è decisione. La fun-
zione di quesco s tico è quella di pro1e~·
pria, è e rimane fedele: «Se lo rinne- gere dall'abuso la promessa della fedel-
gheremo, anch'egli ci rinnegher:l; se sia- tà al patto e dcl perdono ( qu:irto stÌ·
mo infedeli, egli rimane fedele perché co). L'inno di 2 Tim. 2.rr-13 serve a
provare c he il detto di Gesù riportalo
non può rinnegare se stesso». Forse an- da Le. 12,8 s. non venne frainteso in
che a questo proposi to bisogna dare im- senso casistico.
porrn112a al concetto di testimone ( / lac. 2 ,1 4 ss. (m<Tnvew:;:;: òµoloyti:v )
Tim. 6,12; Hebr. 12,1 ; Apoc. 1,5) : an· ci ricorda che la confessione non ci eso-
che i µap'tv~ç sono un segno ciel ca- nera dall'ubbidienza co ncreta, ma anzi
rnrrcre pubblico e solenne della scen:i; la richiede energicamente.
essi ascoltano ed accettano l'impegno
e nel giorno del giudizio saranno :rnco-
E. IL GRUPPO Dl VOCADOLl NEI.LA 1.F.T -
ra essi a parlare pro o contro colui che TERATU.RA SUB-APOSTOLICA
ha confessmo.
I. òµoÀ.oyE~V
In 2 Tim. 2,u-13 abbiamo un inno
quadrimembre; la forma stilistica fa a) assic11rare, promellere; concede-
pensare ad un aurore giudeo-cristiano. re, ammettere. Diogn. 2,1: xail<X1ttp xat
serzione soteriologica (cfr. Ilcrm., Ii111. rr,21, 4 ); dr. J. Jr.REMIA S, op. cii., od f.
(v,118) (.10
liiD1er uus, Hem1 <1}6: «L'•ldilà è chia111a10 significJtiva m quanto ~WDext.. -tòv x,jpi.ov
1ìEaµwtjp10v forse con un voluto doppio scn "8nificn 'negare il rapporto giuridico di pro-
so.. Hem1, son C),..18,8: t<iv -t<c; à.?vr\'1'11-tetc prictl•
"tÒV XVP<OV fetV'tOV. t.dc espressione è molli>
6n (v,218) Ò!JoÀ.oylw (0. Michel) (v,218) 612
tico che nega il proprio assenso alla nianz.'I della croce ... , ch i... non afferma
confessione liturgica che Gesù è 'venu- né la risurrezione né il giudizio ... ». Con-
to in carne' (cfr. J Io. 4,2 s.: miv Tt'llEV· tro mli posizioni bisogna invece ritorna-
µa., 8 ÒµoÀoyEL xcxt nci.v 'it'llEUµa., o re «alla dottrina che ci fu trasmessa dal
IJ.TJ òµo).oyEL). t probabile che sia in principio», pregare e digiunare per vin-
Giovanni sia in Ignazio a questo bµo- cere la tentazione ( 7 ,2 ). L'opposi·zionc
À.oyE~v liturgico si allacci anche una alla cristologia ortodossa è considcrarn
formula di confessione (lv <7o:pxt ÉÀ.1)- una tentazione (dr. giit Jo.6,66), la con-
À.vi>éno:, «Venu 10 in ci1rne» o aù-ròv fessione di fede è la pietra di scandalo
cro.pxcxp6pov « lui ha rivestito la carne»; che si oppone al pensiero carnale: per-
cfr. Clem. Al., si rom. 5,6,34 ). Il µ1) tanto la comunitil deve attenersi ferma-
clµoÀoyEi:v è contemporaneamente un mente alla parola solennemente traman-
ci;v-r~Àiytw {Ign., Sm. 7,1) perché ci si data(1tpocrxo:p"t'EPWIJ.Ev 'tfi (À.'lttOL T)µwv,
rifiuta di partecipare all'omologia pro- «perseveriamo nella nostra speranza»:
ouncia[a durante il culto e di consenti- Polyc.8,1; dr. Hebr. 10,23: xa.-rtxwµEv
re, in sede di discussione, alla formula -ri}v éµoÀoy lo.v 't'ijç D..nlooc;, «mante-
di confessione. Gli eretici non parteci- niamo fermamente fa confessione della
pano alla cena del Signore ed alla pre- speranza»: Gesti Cristo è la speranza).
ghiera perché non professano di crede- 2 Clem. 3,2 ss. cita il detto di Mt. IO,
re che l'eucarestia è carne del nostro 32 e lo interpreta come richiesta di una
salvatore Gesù Cristo che soffrl per i nuova opera e d i un adempimento del
nostri peccati e che Dio, nella sua bon· comandamento di Dio (4,y tv -roù:; Ep-
tà, ha fatto risorgere (7 ,1 ). Si tratta, yo~c:; o.ù-ròv 61.i.oÀ.oywµEv, «coafcssiamo-
anche in questo caso, di materia litur- lo con le nostre opere»). 2 Clem . viene
gica già fissata nell'uso costante della così :i trovarsi in una cena tensione
celebrazione eucaristica (cfr. i detti eu- c:on la solenne omolog ia Liturgica: non
caristici di Io. 6,51 ss. formulati in mo- basta onorare Cristo soltanto con le
do chiaramente liturgico). Opporsi a labbra, ma bisogna farlo con turto il
questa confessione equivale per I gnazio cuore e con tutto il sentimento (3,4).
a rifiutare il dono di Dio; tale oppo-
2. È~oµoÀ.oyEti.rilo.~ -r~
ile@ o -ràc; ciµo:p-
sizione è mortifera e gli eretici «trO·
vano la morte nel loro disputare» -rlo:c;
(O'V~l)-rovv·m; <bto&vtJcrxovcnv: Sm. 7, Come dimostra l'uso che se ne fa
1 ). Chi si esclude da!l,1 cena del Signo- negli seri tti sub-aposcolici, anche tçoµo-
re si esclude dalla vita; contraddire la Àoye~~aL "<7> l>t<;i è ripreso, come
confessione di fede porta la morte. An- ci;yo.À.À.ta~cn, nella liturgia e nel cul-
che Polyc. 7 ,1 si colloca nel quadro del- to. I Clenz. 26 ,2 cita: xo:t l!;a.va.1nii·
la disputa attorno alla professione li- erti.e; µE, xa.t l!;oµoloyl)croµru ero~, «mi
turgica di fede. Il passo cita, innanzi rìsusciterai ed io ti renderò lod1.:»: il
tutro, I Io. 4,2 s.; 2 Io. 7 e fa seguire a miracolo della risurrezione è riconosciu·
queste premesse bibliche alcune formu- to e proclamato. Singolarmente istrut·
le analoghe di scomunica: &; 8.v µTj tivo è il passo di 1 Clem. 52,r-3: prima
ÒµoÀ.oyft 'tÒ µapi:vptO'll 'tOV O"t'11.Vpoii ... , Ji t1.1tto si afferm a che Dio non ha bi-
oc:; 8.v... )..iYTI µ'l')-rE ò:vricr-rcunv µ'l'rcE sogno di nuUa, se non di essere lo-
xpLatv .. ., «chi non accetta la testimo- dato (ÉçoµoÀ.oyti:O'ilm aù-r~) ; i ; seguo-
no poi una citiuione dal salterio (co- che indurire il proprio cuore» (51 ,3);
rnc in l Clem. 48,2 e Bam. 6,16) ed un tale confessione dei peccnti precede il
elenco di varie azioni (anch'esse ripre- rendimento di lode a Dio (52,1 s .) . È
se dal salterio): offrire a Dio un sa- chiaro da mie uso di il;oµc).oyEWiletL
crificio di lode, adempiere i voti fa1- quanto siano strettamen1e congiume b
u a Dio, invoi-are Dio nel giorno del- confessione dci peccati e la lode di Dio.
l'affi izione, lodare Dio; tutti questi at· 2 Clem. 8,1 ss. esorta ul ravvedimento
ti possono evidcmemente esser ricon- e ricorda che dopo la morie non è più
dotti al concetto principale di tl;oµol:r possibile né confessare i peccati né rav·
ycWilo:L (52,1.2). Jn rulla la pericope vedersi ( 8,3 ). Secondo quanto leggiamo
risaltano chiaramente la lode diretta :i in Did. 4,q = Barn. 19,12 è: un antico
Dio e l'uso linguisdco liturgico che si ri- precetto fo r precedere alla preghiern di
fà al salterio cd all 'A.T. in generale. richiesta la confessione persona le d ei
Bam. 6,r6 ( = lji 21,23) mostra quanto peccati, pronunciata davanlÌ alla comu-
sia fone quest'accezione di ll;oµ.oÀ.o- nità, in modo da non presentarsi a Dio
yiwDo:L che, a difierenza dei LXX e di con una ca1tiv11 coscie112a. In Did. 14,1
Hebr. 2,12, sostituisce S111y1}0-oµo:L (od viene simi lmente ordinato, in modo e-
cX1tayyEÀ.Gi). I Clem. 61,3 rivela forse splici10, che uno confessione dei pecca-
lo stile cristologico dell'omologia: «Ti ti preceda la /ractio panis e l'eucare-
lodiamo per mezzo dcl sommo sacer- stia, cosl che l'offerla sia pura (1tpoE·
dote e patrono delle nosrre anime, Ge- ço1-10>.oYTJO'a1.l(VoL -tèL 'ltctpa.'lt"twµa.-.o:
sti Cristo, mediante il quale sia a te glo- uµwv ). La confessione dei peccati di-
ria e maestà ora e di genernzione in viene così un atro preparatorio alla ce-
generazione e di eterni tà in etcrnitil. lebrazione cucoristica nel giorno del Si-
Amen». Herm., mand. ro esorta a ~cac gnore. Il 1esto originario 7tp0t1d;oµo).o-
ciare la tristezza che è sorella del dub- YT)O"a1WJ0~ significa: «confessando in
bio e della collera. Seguendo perfetta- rnle occasione i vostri pcccati1>. An·
mente i moduli dell'insegnamento sa- çhe in Erma ritroviamo quest'associa·
piem;iale ellenistico, il p rcccno 10 di zione di preghiera e confessione dei pec·
Erma descrive come, d:i una parte, la c.ui, ma essa è qui di altro genere per-
rristezza scncci lo Spiri10 snnio e, dal- ché, dove essa appare, si tratta piucto-
l'altra, porti a salvezza quando è ac- s10 di un collegamento letterario con la
compagnala dal pcntimenio. Contr;1p- successiva rivelazione che di una combi-
ponendo l'uomo lieto a quello triste nazione co n si_gnillcaro proprio ( vis. r,
(10,3,ls.), Erma fa noiare che l'uomo 1 ,3: 3, r ,5). E nffatto possibile che
malinconico contrista lo Spirito santo e Hcrm., sim. 9,23,4 rifle1ta certe formu-
inoltre non preg,1 né loda il Signore le liturgiche connesse con la proclama-
( t~oµoÀ.oyo\rµtvoç -;~ xvp~ ) 51 • zione dcl perdono: «Se Dio, Signore
1 Clem. 50-~ 1 esalta il perdono dci nmrro, che ha dominio su 1utte le co-
peccati ed esorta: «È meglio per un uo- M: e potere su ogni crearura (dr. r Tim.
mo confessare le proprie rndut e (tl;oµo· 6, 1 1 ), non ha rnncMe verso coloro che
')..oytto-~o:L 1ttpL -rGYv 1tttPO:Tt'twµd.i:wv) confessano i propri peccati, ma è mise-
12 Anche Origene è a conosccnut della liOOlÌ· re: Ti ringr.11io, Padre, signore del ciclo e
glianza di signilic:110 tra t~oµo>..oyt~~a~ cd della terra, per aver nascosto queste cose ai
tv)(ap1.o"TEi'll se può dire (orat 14,,): «Un e- savi cd agli intelligenti cd averle rivelate ai
sc:mpio per la preghiera di l'ingraziatnenro piccoli. La parola u;oµoÀoyoùµcz.1 ~ infatti si-
(lùxapw't!o. ) sono infine le puole del Signo· nonima di ~ùx«~w· [J. Bl!Tl.].
éj.10"/,.oyÉ<ù (0. Miche!) (v,220) 616
615 (v,219)
Diogn. 5.4: lla.vµCUTTI]v xal 01.ioÀ.o- µa.p'tupla. ta'fi. ;i;éiucx i) xa.i)o.pWç 'ltOÀL·
yov1.dvw<; 11a.pciool;ov èvoElY..vvv-i:ai. i:i)v -cEVaa.µÈvIJ ljivx.'ÌJ... µci.p'tv<; Èa''tt xotl
xa.'t6.u-.a.cnv i:i'jç ~a.vi:wv 1to).1.nla.<;, «(i ~l(j) xa.L À.éy<;>, «se dunque la promessa
cristiani) mostrano una loro forma di fotta a Dio è una testimonianza, ogni
vita civile meravigliosa e, a detta di tu/· anima che si conduce con purezza ... è
ti, affatto eccezionale». testimone e con la vira e con la pa·
6t7 (v.220) ovcxp (A . Ocpk<') {v,220} 6 11!
rola»). In strom. 4 ,9,70-73 abb iamo un poi :1ggi11nge le pw p rie consideraz io-
esteso commento al rJeuo del Signore ni '-'. Negli Stromata ricorrono spesso
sul confcss:irc: Clemente Alessandrino anche ll;o; •oÀ.oy~w~a• eJ tl;oµoMn-
cita prima la posizi one di Eraclione e c•c; ·' '.
O. M1c 11 1;1.
t ova.p
SOMl\tAUO: 3. Flavio Giuseppe;
4. il giudaismo rabbinico.
A. Il sogno nel mondo dcl cristia11esi1110 prt· 13.11 sogno nel N.T.:
1nitfvo:
1. b cradi:tionc ;
I. i sogni e la loro imerprccaziooc nel· z. la particol.ire valutazione dcl sogoo nel
l'antich i1?i: N.T.:
1. la problem.11id1à dcli" materin; ere·
Il ) la scarsità di menzione;
<lenza nei sogni e sua critico; b) assema di sogni allegorici e del-
2. i principali lil:n i d i sogni ; l'onirologia;
3. l'imporranza del sogno per la vita e) La vita onirk;1 nel N.T.
dell'antichità:
a) il sogno cultuale, C. I sogni e In loro interpretniio11e 11ell'et1ì
b) il sogno politico, s11b·ap()stolica.
c) il sogno e il dc•aino personale;
4 . la metafisica del sogno; Il sostantivo è usato sol tan to al no·
5. l'onirologia; mina tivo cd all'accusaùvo; gli altri ca-
6. il sogno come genere lettera rio; si vengono soscitui ti con le forme cor-
7. la vita o uiri<n come specchio del- risp<.llldenri di ovnpoç cd OVttpa.p. Nel
l'uomo antico. .T. incontriamo soltan to l'espressio-
IL I sogni e la loro interpretazione nel- oe X<1't 'ovap: Mt. r,20; 2,i2.13 .19.22;
l'A.T.: 27,r9 (come s i vede, solta nto nel p ri-
1 . sogno e storia; mn v:rngdo). Per il significato d i que·
2. il sogno quale normale u:unitc rive·
latorio nello jahvismo;
sta forma ~ col. 628; ~ n
I . L'eti-
mologia è sconosciuta; t: da escl u<lerc
3. la critica profetica ai sogni. che il vocabolo derivi J~ &v<i (nell:i
I Il.1 sogni e la loro incerprernzionc nel forma eolic.:u 6v), (the appare) in (UfO,
giudaismo: più il sufiìssoi<lc a.p, come formaiionc
1. Filone; opposta ad vmx.p (da vn6), in basso: (in)
2. gli agiografi e l'apocalittica; realtà, sveglio (c fr. vit~pyvpa. xpvO"lo:,
«oro che è sotto ( = in realtà) argento» )1. l;taÌ}aL (ls. 29,7 ecc.), ovt~poç soltan-
Benché in cretese, armeno ed albanese to in Sap. 18,17.19; 2 Mach. 15,11; 4
sia a, la vocale iniziale nell'indoeuropeo Mach.6 15 (Simmaco: o/ 72 ( 73) ,20; Ecci.
è o, come si vede da 0vcx.p; non è in- 5,2.6), mentre manca ova:p. l:lvcxp ed
farti probabile che l'iniziale rappresen- Èv&itvtov sono generalmente sinonimi e
ti un eolismo per ò:v- 2• In og ni caso la distinzione che troviamo in Artem i-
il significato di sogno è fuori dubbio: d oro (-> col.622) è tardiva ed iso·
Esichio, s.v.: xcx.i}'linvov <pcx.V>Mla., lata.
«un'immagine durante il sonno». Nel
N.T. di sogni si parla, olrre che in Mat- A. IL SOGNO NEL MONDO DEL CR ISTIA·
teo, soltanto negli Atti (cfr. anche fo. NESIMO PRlMITJVO
dae 8); Luca non usa però ovcx.p, ma
~ /Spcxµa. (Aci. 16,9 s.; 18,9) e in cira-
zione ( 2, 17) l:lpa01.ç ed Évunvtov che è I. I sogni e la loro interpretatio11e 11el-
nei LXX il termine corrente per 'so- l'a11tù:hità
gno': Gen. 37,5 ss.; 4r,1 ss.; !ud. 7,13;
3Bacr.3,15 ; l!i72(73),20; foel3,r; D..a,v. 1.La problematicità della maleri11; cre-
4,5(2) ss., ecc. Ricorrono inoltre ~ denia nei sogni e ma critica. La creden-
opcx~nç (Gen. 40,5), ~ opcxµcx (Num.
za nell'importanza dei sogni è qu;rnto
12 ,6 ecc.), o addirittura ~ Onvoç
( G en. 20,3 ; 3 Bacr. 3,5 ecc.). tvvmiLa· mai diffusa nell'an tichità ed è ancorata
ovap
PAS SOW; LJDDELWCO'fT; MouLT.-Mru... ; Pu1- kcn11e11Gottes bei dm Scbriftprophetm
SIGK.E, Wort .; PRl!uSCHEN-BAuEB.; P~l!LLw11z, G. v. RAll, Die falsr.ben Pm.
(1 923 ) 128· 142;
Etym. Wiirt.; WALDE·POK., J.v.; anche ov~i.poç, pheten: ZA \YJ N.F. 10 ( r933) l0!)-120, spec.
Ò\IELpOJ.W.V"CLç, ÉW1tVLOV, EVU1tVLOXpt"C'i)ç X"C).. JJ8; H. LEWY, Z11 dem Trac111tb11rhe des Ar-
J. V. NEGELEIN, art. 'Traum' in: RGG 1 v temidoros: Rheinisches Museum N. F. 48
1258-1261; TiltK, art. 'Oneiros', in: RoscH&R (1893) 398-419; STRAcK-B11.tERBecK 1 n-63;
m 900-910; C. v. 0RELLI, art. 'Traume bei l V p6 s., ccc. (v. indice); W. LANG, Das
den Hebraern', in: RE' xx r3ss.; E11çyclo Tra11nrb11cb des Synesius vo11 Kyre11c ( 192~ );
paedia o/ Religion 1111d Ethics v ( 1912) 28-40, M. FoRSTER, Beitriige wr millcral1erlirbr11
ari. 'Drcams and Slcep'; TH. HoPFNER, art. Volkskundc IV: Archiv fiir das Studium der
'Traumdeutung', in ; PAULY·W. seconda serie neucren Sprachen unci Litern tu!en 64 ( 1910)
VI (I9J7) 2233-2145; G. VAN DfR L~EVW, Pbii- 39·70 ; S. FRPUD, Die 'fro11mdc11tting ' ( r94s).
11omenol-Ogie der Religion (19}}). indice s.11. Per una panoramica della lctterntura onirolo-
'Traum'; G . ]ACOB, Miircben tmd Tra111n, Bei- gica -> coli. 624·627; per un 'opcrn puhblica.
triìgc zur Marchenkunde dcs Morgenlandes, 1a in epoca moderna: Grosstcs u11d vollstii11.
ed. da G. }ACOB e Tt1. MEN"ZtiL, 1 (1923) (of- digslcs illustricrtu iigyptucbes Univennf.
fre testi e bibl.); A. DE BucK, De {l.odsdien· Tra111nbttcb 11ach den iiltcs1c11 cbaldiiischc11,
stige Opv11t1i11g van den S'4ap i11zo11derhti1 persischen, iÌfl.YPliscbe11 und griecbiscben Ha11ti-
in het oude Egypte (Leiden 1939); A. VOL· scbriften, sowic nnrh dcn bewiihrte!/1•n miùuf.
TEN, Dcmotischc Traumdc1111mg (Pttp. Cttrf· lichen Uberliefer11nge11 z11rammC11grs1etlt 1111d
sberg XIII e XIV verso): Analecta Aegyp- mii de11 daw gebiirige11 Fìg11re11 versebtn.
tiaca 3 (K0benhavn i942); A. WIKENUAUSER, Nebst einem vo/lstiindigc11 Pla11ctcnbucb tmd
Die Tra11111gesicbte d~s N.T. in rdigionsgc- allen die Lotterie betref]cnde11 Erkliìrunr.cn
schich1/icher Sicht, in : Pisciculi = Ant. Christ., und Tabeltt n (Wien s.d.).
Erg.-Dand l (1939) 320-3:n; $. LAuKAMM, 1 PRELLW1TZ, s.v. ifr:op.
Das Sittenbitd des Artemidor von Ephcsus: 2 WAL.OE-POK. 1 r8o; simile è la ro•izionc di
Angelos .3 (1930) 32-71; ]. HXNEL, Das Er- E. HERMANN: NGG (1918) 2&4-286.
621 (v,u1) é-,o.p ( A. Ocpkc)
ad un.i metafi,ica dei sogni. Quc5to fat- di corno: t ~ogni provenienti daUa pri
to spiega anche la tenacia con la quale
ma sono ingannevoli, gli altri sono i1)
vece vcr11ci '. Similmente Luciano (vera
In credenw nei sogni persiste fino ai /;istoria 2,})) dice che i suoi visitatori
nostri giorni nel pensiero dell'uomo Jell'« isob Jci sogni » trovano due tem-
moderno che è peraltro cHrcmamente pli, uno dcli" Ana:n1 ed uno dell''A~ii
ilua. Artemidoro distingue nettamente
critico. Anche nell'antichità non è però rra J'tw1tvLOV che ha una spiegazione
mancala dcl ruuo la critica a tali con- psicologica o fisiologica e che è pcrtan·
vmz1on1. to di nessuna importanza, e l'l>vtLpo<;
che invece rivela il futuro (oneirocr. t,
Giil in tempi molto remoti tibbiamo 1b[3,1 ss.]). G ià :ii tempi di Pitagora 5
i primi tentativi di distinguere i sogni esistevano particolari prescrizioni diete-
importanti da quelli truscurabili o inin- tiche per rcgolnrc la vira onirica. La
terprerabili. Il Libro ieratico dci sogni 3 domina islamic:i dei sogni fa risalire
suddivide i sognato ri in compagni di questi all'arcungelo Gabriele se predico-
Horuli e di Set, in pii ed empi, ed in- no il destino, altrimenù Jj considera pu-
terpreta i medesi mi sogni in me>OO di- re illusioni causate <lai dèmon i •. ~ qui
verso secondo la classificazione degli sotto, 111 4.
interessati. Questo metodo ha il van- È nell'ambito della discussione 610-
taggio di offrire una opportuna scnp· solicn che l'a~petto problematico della
patoin in caso di em1ta interpretazione; materin si manifesta in tutta la sua
ma di là di tale uso prntico si può scor· complessità. Aristotele non nasconde il
gere la convinzione che almeno una suo fondamentale scetticismo sulb que -
parte dei sogni vengo suscirnrn da po- stione. Il dt• divinatio11e di Cicerone è
1
tenze maligne e sia pertanto inganne- una vera miniera d'informazioni • Do·
vole, oppure sia dovuta a cause fisiche po aver esaminato (1,39-65) gli argo-
(cibo, vino, attività erotiche) e non ab- menti a favore dell 'attendihilidl dci pre-
bia quindi alcun significato. Tali distin- sentimenti e particolarmente dei sogni,
zioni fanno già capolino nell'onirologia Cicerone pa~sa ( 2,IJ 9-148) ad esporre
babilonese e vengono completamente e- la propria posizione lucidamente razio-
laborate dai Greci. Omero parlo di due nalista. Come il lnncio dei dadi può Jn-
porte dci sogni, una d ':1voriCl e l'ahm rc, nonostan1c ~i tra tti di un puro cnso,
' Pa1>. Bca11y 111, ed. da A.H . GAtlllNFt, llie- Ar 1~12 coruigli•no m11i di m:rngiarc mode·
rarir Popyri 111 the Bntith Muuum m 1 rntanwnte prima di :rndare a dormire. L'au-
(19}5). ruooo è considttato un periodo sfavorevole
• OJ 19,562·567; si nou il bi:.rinio crimolo- perché~ ~tagionc di ahboodanti raccolti (Plut,
gicu: XÉPCJ.<;·xpa.lvw (adempiere), t).Éq>o:.;-f!..1- quaes/. conu. ll,ro,2-3 [n 73j b ss.]); ~ondo
q>11.(pw (ingannore) nkuni •vrcbbcro .. alorc soltanto i sogni mal·
tutìni, quando si è esaurita la digestione.
s I Pitngorid sconsigliavano di niongiare fo-
~ioli perché questi aggravano lo ~11iri10 (Cic., 6 VOLTllN J L
Jivin. 1,62; PeASE [ ~ n . 7 ], ad I.). Anche 7 Per Aristotele v. l'indice J.v. M11vi.ov; per
per 1 misti clemini ed omei essi erano seve- Ci<.'Crone va ram>mandara l'editjonc rh A S
ramente proibiti; indicazioni <l1e1c1iche si Jeg. PEASE (Universiry of Ulinois Studics in Lan·
gono anche rn Pseud .-Hirpocr., J~ insomiriil. ;;uagc and Llrcraturc: VI 2 • Vlll 3 [ 19 20 23] )
PI~• .. r~1p. 9,57 r c-572 b; Ancn1id., uneirocr. per il n ero commento e l'in<licc (Xlrt•colar
r,7 (13,22 ss.); !'l·l ax. Tyr.10,1 s.; Philostr., vii. mencc l''Urato.
62~ (V,Ul ) ov«p (A. Oerkc) {\',2~l) h24
il risultato desiderato persino ripetuta- vare con qua le intcns1ta l'uomo antico
mente, cosl è anche possibile che l'ii1- avesse nel sangue la credenza nei SO·
1e rpretazione dei sogni colga ogni tanto
gni, una prova tl ncora maggio re d i que-
nel segno. Non c'è però modo di clistin·
gucre tra verità ed inganno. Ci sono tre sto fotto ci è fornita dal numero im-
possibilità (2,1 24) che i sogni siano menso di libri di sogni che ci sono
genuini. La prima è che il sogno veng;l giunti nonostante la spot3dicità delln
ispirato dire ttamente <la un dio: ma sa-
rebbe mol to più degno delle divi nità ri· tradizio ne.
velarsi a chi è sveglio anziché a quelli 2. I principali libri di sog11i. Le nostre
che russano o che sono empi. I n realtà conoscenze in questo campa si sono re-
è molto più probabiJe che i sogni siano centemente arricchite in modo notevo-
dovuti al fatto che anche nel sonno l'a- le grazie a importanti ritrovamenti e
nima non riposa completamente e, ab- pubblicazioni, ma rimangono pur sem-
bandonata a se stessa, genera arbitraria- pre incomplete. Come ahrove, cosl nei
mente ogni sorta d'immagini'. Si po- tes ti babilonesi 9 è particolarmente dif-
trebbe inolire supporre che l'anima ab- ficil e distinguere nettamente tra la di-
bia una simpatia immanente con gli e· vinazfone in generale e l'oniromanzia.
venti, ma anche quest'ipotesi non reg- Possiamo però essere Abbastanza cer-
ge quando si consideri la provata incer- ti che quando abbiamo a che fare
tezza dell'interpretazione dei sogni. La con situazioni totalmente inimmagi·
terza possibilità è costituita dal tentati- nabili siamo in presenza di sogni. L'o·
vo di spiegare i sogni empiricamente, nirologia babilonese ha visi bilmente in·
ma :inche questa via è senza uscita a fluenzato Artemidoro (oneirocr. 2,68
causa del numero infinito di casi singo- [I 5 8,19 ss.]: sulla sensazione del volo).
li. Cicerone fa quindi radicalmente piaz. L'oniromanzia indiana è ancora poco
za pulita di qualsiasi metafisica onirica: conosciuta e di difficile accesso '0 • Per
non si crede ad un bugiardo neanche quanto riguarda l'Egitto h situazione è
quando dice la verità e si dovrebbe <la- invece migliore: il British Museum con·
re ascolto ai sogni soltanto perché rnlo- serva un libro ieratico dei sogn i 11 cd i
ra una predizione si è rivelata esatta? musei del Cairo ii e di Berlino 13 hanno
Con questa critica Cicerone non vuole un certo nu mero di tesri demotici ai.
però toccar.: allatto la religione ( 2 , quali va aggiunto il Pap. Curlsberg xm
148): nec vero ... superstitio11e tollenda di Copenaghen". scritto anch'esso in
religio tollitur! demotico, del 11 scc. d.C. o and1e pili
t:udo. Le coincidem,e con la situazione
Se una c ritica di tal genere sta a pro- b;1bilonese possono dipendere da un pa·
is A. VoLTJ:::N 76> 'cadere~ e 'paren te ' sono O* 20 MPG 66, 128 1 ss.; ~ W. L.•NG.
rnofoni. Sembra che sfa staco Ariscandro di 11 Ed. F. DRE.XL ( 1925); )o., Admnet.r
Telrnesso, l'interprete di sogni al servizio di
Traumbuch, Einleitung tmd Probe eines Ieri·
Alessandro Magno, a mediare ai Greci questa
liscben Textes (Diss., Mi.inchcn 1909).
interpcetaziooc, che poi egli o Artcmidorn
hanno applicata fin nei min.im i particolari Il Stampata in appendice a.ll'cdizionc di Arte·
(Anemid. r ,31 [>r,J ss.)). midoro e Ahmet curata da N. R 1GAJ,TIUS (Pa·
16 Quanto rimane è pubblicato i11 Drn1,s ' H ris 1603) e a quella dei libri sibillini di S.
GA.Lu.EUS (Amsterdam 1689).
367 s.
17 La lista più completa possibile si trova in ~1 Ed. da F. DR&XL, fcstgabc fiù A. Ehrhard
Pw1,Y-W . 2' serie VI (1937) 2236·2241 e con- ( 1922) 94-118.
tiene circa 40 titoli.
Z• 11 testo greco è stampato in: Revue de phi·
18 Per i resti v. f .H.G. r 415 s. lologic, dc littératurc et d 'histoirc nnciennes
19 Cfr. LAUKAMM 33 (1909) 93-ru.
627 (v,213) ovap ( A. Oepkc)
con i notissimi alfabeti onirici di 'Giu - gno e con punizioni. Molco di (requen·
seppe d 'Egitto', anche in traduzione la· 11;: leggiamo in iscrizioni votive la for-
wna in un manoscdtto con glosse an- mula xa."t'ova.p, in seguilo ad wz sogno
tico-i nglesi 25 : un'altra prova del favore (Anth. Pal. u ,253; Dite., Syll.' II47.
continuo godute da questo tipo <li ~crit· II48.rr49; Inscr. Perg. 357,8 ; IG XII
ci. Per i libri giudaici di sogni -> qui 1 ,979,4 s. ). Talora le indicazioni so·n o
sotto, lll 4. estremameme specifiche: in ~eguito ad
una ripetuta visione onirica Sofocle fu
3. L'importanza del sogno p<!r la vita in grado d'indicare all'areopago il la·
dell'antichità. a) Il sogno cultuale. Vi- dro di «111:1 coppa d 'oro appartenente ai
sioni oniriche sono ali' origine di nuovi tesoro del tempio di Eracle (Cic., div.
culti e di nuovi santuari oppure provo- 1,54). Con particolare frequenza ricor-
cano il rinnovamento di quelli già esi- rono le Jamemele delle varie divinità
stenti. Re-Harmachi, il dio della gronde che si senlono t rascurate: Giove Capi-
sfinge di Gizeh, ordina al re Tutmosi IV tolino protesta perché l'eccessivo zelo
( 1420-141 r a.C.) di far liberare la sfi n· con cui Augusto vuole incrementare il
ge dalla terrn e d:ii detriti che l'aveva- culto di Giove Ottimo Massimo gli sot-
no ricoperta. Similmente un sogno CO· r
trae fedeli (Suet. , A11guSlUS 91 ). Sol-
strinse il re <li Behte a for riportare in tanto chi è chiamato in sogno può en-
patria il simu!:tcro di un elio egiziano trare nel santuario d ' Iside (Apul., met.
ch'egli aveva fotto venire per guarire In r r ,2 t ). Tali sogni sono spesso accom-
propria figlia 26 • Hera ordina nella me- pagnati da minacce e punizioni, ma in
desima maniera che le venga costruito genere le divinità si mostrano bencvo·
un tempio in Gerapoli(Pseud.-Luc., Syr. le. Durante il periodo d'incubazione i
dea i9); Tolomeo Soter è spinto da un malati si sentono in sogno già guariti e
sogno a far venire da Sinope il colosso la guarigione vera segue di Il a poco 18 ;
di Pluto èd istituisce in Alessandria il lside si avvicina loro portando la me-
culto di Serapide (Tac.; hist. 4,83 s.; Jicina (Diod. S. J,25). La tradizione o-
Plut., Is. et Os. :28 [11 36r s.]); a Zoi- nirica ci presenta spesso l'immagine di
Jo vien detto di far costruire, con l'aiu- un formalt: rapporto di patronato: il
to di Apollonio, ministro egiziano del- dio protettore di Setone csorrn costui,
le finanze, un serapeo nella sua resi- addormentnto nel suo tempio, a non te-
denza, mentre il dio vieta, sempre me- mere gli Arabi perché gli avrebbe man-
diante un sogno. che un altro accu i il dato dei difensori (Hdc. 2,r41 ). Si è ve·
medesimo progetto (P. Greci e Latini ramente vicini alla tragedia se il dio
1v 435 21 }; una divinitù ignora ordi na patrono annuncia il proprio scontento e
oniricamente che le scritture contenen- nega quals iasi assistenza: poco prima di
ti le sue rivelazioni vengano tradotte in morire, Domiziano sognò che la propria
greco (P. O xy. XI 1381). Negli ultimi divinità protettrice, Minerva, aveva get-
lre casi cokiro che avevano tardato ad tato via le armi e si era sprofondata
ubbidire vengono obbligati a compiere nell'abisso con un carro tirato da caval-
il loro dovere con la ripetizione dcl so- li neri (Dio C. 67,16,1) oppure che es·
~ FORSTER, ibid. 40, a proposito dei libri di TI DElSSMANN, I.O. .121· 128.
Giuseppe. 2'Per le guarigioni Ji Epidauro __. rv. coli.
l• Tt1. llOPFNH~, Ptut. iibcr Isis und Osiris 667 ss.
li ( t941) 128.
5wtp (A. Oepkc)
gli di Nu!; che li g.:11c1'li i1bic:ne con il condo Cin:ro11c Ldiv. r ,63) i sostenitori
popolo dei sogni (Hcs., theog . 2n s.). di una tale 111c1 alìsica oniric:i afferma-
Hom., Od. 24,11-14 rncconta come Er- vano: t1ppropi11q11ante morte [ a11im11s)
mete Psicopompo g iu ni;<1 con le anime multo C'St divinior. Se teniamo pre-
dei Proci uccisi alle correnti d'Ocea- senre quesrn concezione vediamo, ad
no ( ! ), alle P one dcl Sole ( ! ), rra il po- es., !(li ultimi discorsi del Socrnre pla-
polo dei sogni. Virgilio (Aen. 6,282 ss.) tonico in una nuova luce, ed è del tutto
immagina che i sogni sria no :1ppcsi co- logico che :inche il sogno abbia in essi
me pipistrelli sotto le foglie di un ol- il suo posto (Plat., Ph11ed. 60 e-61 b).
mo mostruoso nell 'Ade 30. Non è un ca- Certamente se il dio appare a chi è sve-
so che nei sogni compaiano cosl spesso glio, raie apparizione è molto più pre.
persone morte (Varo: Tac., 01111. 1 ,(,5; ziosa di una che si ha in sogno, e per
i Mani cli G.ilba: Suct., Otho 7; Agrip- 4ucst:i ragione il sacerdote di Cron0
pina: Suet., Nero 34,4; per il Som- tiene a precisare: «Crono non ~ venuto
nium Scipionir -) col. 639; oppure a me soltanro in una visione onirica
anche dèi: ~ coli. 627-631 ). Persino ( ovx ì:lva.p bttO'"tcl:c;), ma proprio poco
lo stesso Oneiros d ivit!ne oggetto di fa si. è lnl rullcnuro con 1rn: mentre ero
cu lto, è cioè consiJermo una divinità. già sveglio ( tvapyÌ}c; O'uyyEv6~LEvoç)»
A Balavit c'era un piccolo tempio de (Luc., Cronoro/on 10); similmente leg-
dicato proprio a :tvfakir, dio d ei sogni, giamo in Corp. Herm. 13,4: (tva. Et -
e ad esso si recavano q uanti desidera· oijc;, µ 1)} Wc; ot f,'V V1tV(>.J ÒVl!tpootoÌ.ov-
vano un sogno propiiio. Siamo in for- µ.EVO~, { 6.ÀÀ.cX} XWp\<; ìfflvou, «(affinché
ma ti (Pau s. 4 ,26,8) che Epaminonda tu possa sapere non) come quelli che,
fece un voto ad un sogno appa rsogl i dom1endo, hanno sogni, (bensl) da sve-
( Ev!;ci(Ltvo.:; "t@ 1ttq>TJVÒ"tt 6vtlpcnt ). Jn glio»; d r. Num. o,6ss.-) II 3.
genere, o almeno spesso, i sogni sono Gli altri due casi in cui, secondo Ci-
considerati dei messaggi provenienti cerone (che segue in pane Posidonio),
dall'altro mondo, dall'aldilà, o, ancor i sogni hanno una certa reale importan·
più precisamente, un upimento, un'c· za (~ col. 623 ), rappresentano un
stasi. Anch e se il termine EXO'~a.O'tc; ha compro1m:s~u tra l 'a ntic;i metafisica del
o ri gina riamente un altro significato 3', sogno e le esigenze razionali , che, per
pure esso viene ad assume re in seguito i Greci, erano almeno al trerumto senti·
quello di rapimento, di assunzione nel- te. Nel primo caso si fa ricorso ad una
la sfera u ltramondana. G ià a motivo d el mistica immanente dell'anima e nel se-
dualis mo implicito in essa, una tale me- condo si tie n conto dei fotti empirici ,
tafisica del sogno doveva mostrarsi con- senza però sganciarsi anche qui d el tut-
f:acevo le al p la tonismo d 'ispirm~:ione o r- to da una pur sempre presente , anche se
fica ed a tutte le pos izioni da esso deri- no n meglio definita, trascendenza.
vate. Conseguentemente si vede la vera
e propria situazione man tica dell'anima .5. L ·onirologia. I sogni nei quali il
nel breve attimo immediatamente pre- soggetto riceve una co munica?:ione od
cedente il trapasso, giungendo cosi non un'indicazione chiara e precisa o vede
lonrnno dalla concezione ind iana. Se- d irettamen te un evento propi?:io o sfa-
!V Per maggiori particolari dr. Vm.TEN 47. è tenuta or.1 tinche da F. PFlSTt:"· Ekstasis
in: Pirciculi - Ant . Christ., F.rg .. Band r
JI -+ 111, coll. }i} ss.; la medesima po~izione (1939) 178-191.
cw1.p (A . Ocpkc)
ll - VOLTf!N 17-4-1.
ilvap (A. Oepkel
tati soltanto quei sogni che vengo no origine sull a convinzione che il Linguag-
ricordati completa mente. AitemiJon) gio sia un qualcosa d'immed iAtamcnte
procede in modo siste matico e scientifi- divino; ripresi in altre lingue essi sono
co: i sogni 'teorematici', ad es. il sogno del tutto privi di senso e non li si ca-
di un naufragio, non hanno bisogno Ji pisce che tornnndo alla lingua origina-
::ilcuna interpretazione; si tratta invece ria. Per questa ragione essi sono una te-
d'interpretare i sogni 'allegorici' (I ,2 stimonianza di pri m'ordine della dipen -
[4,9s. 18ss.); 4,1 [ior,13ss.)). Uu denza di una tradizione dall'altra. È
medesimo sogno è passibile di ruohepli· possibile seguire l'interpretazione del
ci interpretazioni a seconda del!' etì1 dcl sogno dell a caduta di denti come prean-
soggetto, del sesso, della condizione fi- nuncio della morte di un parente ( ~
sica, della situazione, dei costumi del col. 625) attraverso Artemidoro (l,3l
paese, ecc. (1,9[15,5 ss.)) 31• L'arte del- [J 1 ,6 ss. ]), l'oniromanzia anticogiudaica
l'onirologo consiste proprio nel trovare (Bar Badia, Ber. b. 56 a), Ahmet (i6,
I' 'allegoria' adatta al singolo caso in l3 ss.), Niccforo (217), lo pseudo Da-
questione; essa richiede una predisposi- niele (263) con la sua parafrasi in an-
zione ed un'abilità naturali (1,12( 16, tico inglese ( 193 ), Abdorro~man , fino
16 s.)), ma fino a un cerro punto può alla moderna superstizione popolare 34 •
anche essere imparata praticamente. Per Mentre gli Egiziani seguono un ordine
Artemidoro è ideale la combinazione arbitrario di parole-chiave (bere, p:mo-
del metodo empirico con quello razio· rire, ghidanda, nuotare), Artemidoro
nale (4,io [212,3 ss.)). offre un siste ma ben organizzai.O: nasci-
I sogni piacevoli, a<l es. un buon ta, educazione, parti del corpo, insegna-
pranzo, significano in genere qualcosa mento dell e arti, gare, lavacri, alimen-
di buono; quelli spiacevoli il contrario. ti, sonno, veglia, pulizia, appa rizioni ae-
Avviene però anche l'inverso: il bere ree, caccia, pesca, navigazione, ecc. L'in-
la propria urina indica, a motivo del- terpretazione entra cosl. tanto nei par·
l'associazione con lo sperma, una prole ticolari, che non solo i cereali in genere
nume rosa; gli escrementi indicano pos- indicano una prole, ma il grano signifi-
sesso e quelli di animale significano in ca figli e l'orzo figlie (ordinamento ge-
par ticolare una proprietà terriera. Il so- rarchico dei sessi), mentre i legumi
gno di animali viene interpretato a se- preannunci ano un aborto. Ci troviamo
conda <li come questi sono valutati: in veramente in un mondo barocco; ma,
Egitto il coccodrillo significa un fun- all'opposto della pura negazione illumi-
ziona rio rapace (Pap. Beatty ILI verso nista, la reulis1 ica sensibilit~ 11i simboli
2,22), secondo Artc rnidoro (3,1 r [ 173, della credenza nei sogni potrebbe con-
13 ss.]) un pirata, un assassino o un tenere un cerro elemento di verità, ver ·
altro delinquente. l giochi di parole, in so il quale anche l:a moderna on iro logi~
cui eccelsero gli Egiziani, si basano in ci ha resi più sensibili e attenti.
J3 Cfr. Ahme1 240,8 ss.: 'ta. ovei.pa.'ta.... tl.; ihopt~ Xtl.t è'tlprJ. iv XE4~WV<, htpa lv -.i)
s~&:q>opa. xplvov"tat npocrr,;ita o•n.<p6pwç. lq» avt;i]cm "tlJ<; 'i)µépa.<; xai È'!Épa. ÉV 'tfi ~l.E<W
M yài> ÒVELJ)Cl.'tt .:n.>..11 Ti XPL!l'L<; É1tt 6aai- at<, iHJ.1) tv a.ù!;i]aa. ~).iJvTJ<; xa( iH.À.1) È.v
llw.; xal éiÀÀ.1) tnt >..a.oii, clÀ.À.1) ycwpyov ~LELWatL. xa.! liÀ.l.a 'tWV ÒVELpti°tW'll 't!lXÉW<;
xal ll.11'1'} a-.j)«'tlW'tOV, ti:tpa 'toii µEy~a'tti· xctl liì..Àa. ~paSiwi; xp('JO"ll"ta.t (si compiono).
vou xal È'tÉpa 'tOV itÉvTytoç, lill11 xp(au; tv
à:vSpliaw xa.t <'0,).1) èv yvV<ttl;Lv, IJ:).,).,1] tv 3• Universalrraumbucb 227.
llvGtp (A. Ocpkc) (v,227) 6.10
.15 I punti del dabattio(I rapprosentmo w1 po': «Tuua"i" non ci è permesso rrarr<', a mo.
·momento d'unione' e ri$pondono alle 111~-se 1ivo del conteou10 ripugnante, alcttna ç0nclu-
di quanti desiderano il matrimonio. Il con· sione sulla moralit~ egfaiana. Il testo serve
ciatot•c, che è associato con carogne e C:Jrtivi solo a dimostrare utilmente a quali eccessi
odori cd abira fuori di città (Al'I. 10,6), è un potesse portare, anche tra gli antichi, la pe·
presagio sfavorevole soprattutto per i medici. danteria scientifica. L'onirologia era una scien-
za che doveva presupporre sogni di qu.1lsinsi
~ -+ VoLTF.N 1 j ha ragione, ma esagera un genere, anche i piil scabrosi».
OVOlO t A Oepk.-)
hn un intero capitolo ded ic.uo 11 rnh Li li. I sovu <"ili loro interpretazione 11el
pi d i coito. Non mam:nno neanche fo l'A.T.
grnvid :uiza maschile o il pano di ani·
mali. Le eme non stnnno molto meglio 1. Sogno e storia. A prima vista la si-
nell 'onirologia greca, nonostante il più ru37Jonc sembrn essere nell'A .T. fonda·
av.mz:ito grndo di conoscenze razionnli. 111en1:1lmcntc b medesim:i del m<>ndo
L'interpretazione non è né vuol essere
altro che una spiegazione del des tino antico, sicché vi ritroviamo i sogni cui·
in senso egocentrico. LI curiosità vuole tuali , politici e priv:ni.
essere soddisfatta, l'eudemonismo vuo·
le essere appagaro; ci si presenta una }1hv.! fa fondare il santuario di Betd
concezione de.ila v ita che è gretta e me (Gen. ?8,1 r ss.) mediante iJ sogno del-
schina nd peggior senso e ciò vale tan- la scala tm terra e cielo, la rivelazione
to per il sogno cultuale e politico (~ fondarncnrnlc concessa al patri arro Gia·
coli. 627-630) quanto, ed ancor più, cobbc; si rivo lge per questa via anche
per quello priv;110. Soltanto <li rado in - :il giovane Salomone in Gabnon (r Reg.
contriamo aspirazioni più elevate; in ~.5 ss. ). I soit11i d1c ba Giuseppe da ra -
generale i pensieri riguardano le trivia- gazzo (G<'ll. )7,5 ss.) ci fanno ricordurc
lità della vita quotidiana: povertà e ric- quelli annuncrnmi la furur-A grandezza
chezza, cattiva o buona salute, schiavi- dei grandi uomini dell'antichità (->
tù e libertà, naufragio o buon viaggio, col. 629). Gedeone ascolta di nasco-
fortuna negli alfori o in amore, godi- sto un m:1Ji,tnit.1 ch e raccoma il proprio
mento sessuale sregolato, scelta felice sogno secondo il quale l'esercito di Mn-
ciel coniuge e buoni tigli. A che serve dian è consegna to alle schiere israeliti-
che Anemidoro parli con tutto rispe110 che henché queste siano inferio ri di nu-
della filosofia!' 31 I I suo stoicismo non mero (!ud. 7, t 3 ss. ); di con~eguenza il
è che un'infarinatura superfici:ile. I si- condottiero ebreo si senre ancor più si-
gnificati sfavorevoli, che sono forse prc curo della vittoru cd è spinto ad un'a-
pondemnti, sono di una scorna oggetti- zione vigorosa. 1 sogni del coppiere e
vità rispetto ai fotti della vica, ma ab. dd panettiere regali, compugni di pri-
bandonano il soggetto interessato, sen- g ione di Giuseppe, rientrano nella cate-
za un briciolo di spcra nw o di miseri· goria di quelli privati (Ce11 . 40,8 ss.).
cordin, al suo destino. Ali.i vita manca- Non mancano i sogni teorema tici, ma
no un contenuto p i<1 profondo, un ve prevalgono quelli allegorici: Gen. 20,
ro senso ed un punto d 'appoggio. No- 6; 28,n ~~.; 31,1 r ss.; / Rcg. 3,~ ss. e
nosrnnre i suoi 1c nc.11ivi per es~erc un.a Ge11. 37,, ss.; 40,8 ss.; .p ,I ss.; lrid. 7,
scienza, l'onirologia •mtica non è altro I 3 ss.; Don. 1 1 1 ~s. Di conseguenza 1\)-
che una mescolanzn di fatalis mo, supe r- nirologia hu Llll 'i mport:in:za no tevole;
sri~ione e porcheria. In un senso del essa si riconne tte a quel la tradizionale
tutto diverso d a quello in cui la pronun- già nota. Tra gli oniromanti egizi delle
ciava l'uomo antico, vale la massima i11 <torie d i Giuscpp.: abbiamo gii\ ù1con·
sn11111io veritas. l n ncssun'alua occasio- trato gli 'scrihi dell11 c;1sa dell11 vit~' (->
ne l'uomo depone In propria maschcrn c~il. 62\1 ). Giuseppe, in un ce rto scn·
come nel sogno. so, li soppianta (rnsì come Daniele so-
Jl 2,}4 (131,26ss.); 2.37 ( 141,29ss.): ci. >io.- che !lgis,ono illcsahncnte, imbrot1lonno e sono
~à. vOµov t;wv·uc; x«l td't~ éiv&['W1to. xaì ombiziosi; a11<.hc 2,68 ( 1 59,6 ss) biasima
qic.>.6crocpo~. All'altro (<;tremo abbiamo coloro 12 bybris.
643 (v,228) ovo.p (A . Ocpkl')
st ituirà i Caldei), mll i punri di somi · rutli gli uomini, che il sogno è un'im-
glianza sono ancor più numerosi: sem· magine fu ggevole che, untt \'olrn svegli,
bra che l' interpretazione per cui le vac-
si rivda un 'illusione, viene souolincata
che significano anni sia anticoegizia e
perfino persiana; in epoca greca la pa- con una forza ed un 'assolutez:.:a pcriglio-
rola 'anno' è rappresentata ideografica- sa per qualsias i metafisica onirici primi-
mente d all'immagine di una vacca ed
d va (Is. 29,7 s.; Iob 20,8). Piirticolnr-
ancora Ahmet dice (riferendosi sì a
Giuseppe, ma evidentemente appog- menre significativo è Ps. 73,20: «Come
giandosi ad una trndizione vivente) che un sogno quando c i si sveglia, o Signo-
l'interpre te dovrebbe vedcn': nelle vnc- re, così fai sva nire la loro immagine
che altrettanti anni: quelle grasse indi-
cano anni grassi, quelle magre anni ma· quando ti desti». È del tutto estraneo
gri l8. Anche nell'A.T. si fa talora senti- agli Ebrei il pensiero che i sogni venga-
re un eudemonismo quasi burlesco no dal regno dei morti , da un aldilà
(Gen. 31,I 1 s.). Tra Le fonti <lell'Esa-
' migliore'; per l'isrnclirn lo Shcol è luo·
teuco la elohis rica (E) è quella che più
crede nei sogni (Ce11. 20,6 s. ; 28,II s.; go di tenebre e grigiore, ove anche la
3r,uss. 24; 37,5 ss.; 40,8 ss.; 41,r ss.), potenza di Jalwé non sembra penetra·
ma essi non mancano né nella fonte jah- re e dove il nome <li Dio non è lodaco
vistica (]) (Gen . 28,13 s.) né in quella
sace rdotale (P) (Num. 12,6); soltanto (Ps. 6,6; dr. però Am. 9,2; Ps. 139,8).
nel Deureronomio notiamo una certa ri- L'idea che J ahvé s tesso, ad es., vada di
serva cri tica o il rifiuto (13,2 ss.). notte nel regno dci morti, nella terra
Dobbiamo forse concludere che L1 d ei sogni, ad :icquisrnre nuove forze è
concezione del sogno che troviamo nel- troppo assurda per essere persino con-
l'A.T. è altrettanto primitivo di quella sidernra (--+ IV, coli. 1312 s.). Resta pe-
del mondo circostante? Pure esisto- rò vero che i sogni importanti sono fat-
no non trascurabili differenze. Col- ti risalire ad ogni modo, senza cccezio·
pisce innanzicuno la purezza dell'nt· ni, a Jahvé anche se il sog natore non è
mosfera. È not0 che l'A.T. non ha israelita (Gen. 20,6; a8,toss.; 3r,10
alcun ritegno per quanto riguarda la ss. 24; 4!,r ss.; l'ud. 7,13 ss.; Dan. 2,r
v ita sessuale, ma cercheremmo invano ss.; 7,r ss. ). l i sogno non è ancor:i con-
nei sogni motivi osceni o scabrosi. D'al- siderato, di per sé e necessariamente,
tra parte in quale altro popolo possia- una rive lazione, anche se s i riconosce
mo trovare un parallelo al sogno di Sa- che il Dio rmsçendcnte può servirsi, se
lomone narrato in r Reg. 3? Anche la vuole, anche d i questo mezzo per for
metafisica onirica, se vogliamo vederne conoscere agli uomini la proprio volon-
una, è di tipo diverso. L'esperienza psi- tà. N ella misura in cui i sogni hanno
cologica, certamente in sé comune a però bisogno d'inrerpretazione, questa
non è accessibile o possihile t1d alcuna terotes tiuncntaria dai tempi più antichi
:irre o scienz:1 umana; llt!:lllche gli spe- fino a quelli piL1 recenti. Non soltanto
ciali ' strumenti' di Dio sono di per sé si è a con0$cenzn di casi isolati in cui
in possesso dell11 spiegazione dei sogni, i! Dio vivente si è fatto sentire in SO·
ma Dio la concede a chi c~li vuole gno, ma l'e~perienza onirica diviene un
(Gen. 40,8; 41,r6.39; Dan. 2,r7 ss.). trnmite rivcbcorio normale, una com-
Là dove ques1c condizioni sono soddi- ponente legittima dello jahvismo. Non
sfa ne, il sogno diviene nel senso più è affatto indispensabile ricercare in-
pieno un evento, un pezzo di storia. nucnze sincreListiche per capire come
Non è affatto ci1suale che i sogni rac- mai gli amici di Giobbe (lob 4,13 ss.),
conta ti nell'A.T. non siano isolari tra anche Elihu (il cui discorso rappresen-
di loro, ma rien trino nella storia del ta certamente un'aggiunta posteriore)..,
popolo di Dio: una tale collocazione è <;o infine lo stesso Giobbe (7,I4). pur
evidente per i sogni narrati in Gen. 4 1, essendo consapevoli della labilità del
1 ss.; lud. 7,13 ss.; Dan. 2,1 ss.; 7,r ss.; sogno, considerino questo un messag-
ma anche queUi di Gen.20,6; 31 , 1 0. gio, nella maggior parre dei casi terrifi-
24; 40,) ss. vengono riferiti non per in- ca nte, provenicnr.e da Jahvé. Come
teresse personn lc, ma perché riguar- molri antichissimi santuari hanno alla
dano i padri dcl popolo di Dio e co- loro origine leggendaria un sogno (Gen.
stituiscono una parte della stoda del- 28,10 ss. ), così non mancano neanche
la salvezza, nel senso lato del termine. indizi di un:1 ricerca attiva di rivelazio-
li Dio della s toria è però il Santo d'I- ni oni riche mediante l'incubazione nei
sraele e da lui promana una forza san- luoghi di cuJto ( 1 Sam. J,I ss. ; 1 Rcg.
tificante. Si chiude così il circolo. Tut- 3.4 ss.; ~ IV, coli. x31 0 ss.). I sogni
1'0 quanto l'A.T. ci dice a proposito Ottenuti in questa maniera si affianca-
della tivdnzione onirica è determinato no ai responsi orrenuti tirando a sorte
e improntato dal la particolare conce- ed agli oracoli profetici, e se per caso
zione biblica Ji Dio. Jahvé rifiutava di concederli ciò era
considerato un segno di grande sfavore
2. Jl sogno quale normale tramite rive- ed un motivo di disperazione (I Sam.
latorio nello ;ahvismo. Entro i limiti 28,6). Una volra il rapporto tra sogno
surnmenzion:iti si può parlare, io primo e profezia fu piuttosto stretto, come di-
luogo, di una concezione positiva dcl mostra a modo suo anche la critica di
sogno che percorre tutta la religione ve- Geremia (~ coli. 647 s.). Per lo scdtto
JJ JJ,15 s.: «Nel sogno, nella visione no11ur- recchio degl i uomini ed imprime il suggello
nn , quando un sonno pmfondo avvolge l'uo- dello loro riprensione».
mo, nel sopore sul letto, allora egli opre l'o-
ovcxp (J\ . 0.:pkc l
sacerdotale (P) il sogno è, se non !:i som- ristica che contraddistingue la vera rive-
m,1, una forma corrente di esperienza lazione sra nel fotto che questa rinforza
rivelatoria (Num. 12,6 s.; --+ i11/ra). Ioel la fedeltà verso il Dio liberatore.
3,t preannuncia che, quando sarii giun- Questa critica i mmnnenre raggiunge
ta l'imminenre salvezza finale, rurci l'apice col profeta Geremia (23,16-32;
quanti avranno sogni rivelatori. Anche 27,9s.; 29,8 s.) 41 • Questi si oppone ad
la famosa visione dei grnndi imperi e altri profeti del tipo di Annoia che, ri-
della figurn simile ad un figlio d'uomo a· chiamandosi a sogni avuti, assicurano
vuta da Daniele è chiamata belem ('so· al popolo infedele la salvezza illuden·
gno'), in parallelo con la frase bezwi! dolo circa la severità del giudizio. A
ré'1éb ('visioni della sua mente') (Dan. proposito di costoro dice Jahvé: «lo ho
7 ,1 ): qui siamo alla soglia di uno stato udito quello che dicono i profeti che
<li trance. Le visioni notturne di Zacca- profetizzano menzogne in mio nome:
ria non sono già più consi<ler:i.te sogni, Ho avuto mi sogno, ho avuto un so-
ma piuirosto contemplazioni. In ogni gno! ... Essi pretendono di far dimenti-
caso siamo autoriZ?.ati a concludere d1e care al mio popolo il nome mio con i
in vasti ambienti israelitici, anche nei loro sogni che si raccontano a vicen-
più ortodossi, il sogno fu ritenuto un da ... Il profeta che ha avuco veramente
normale tramite rivelatorio usato da un sogno, racconci un sogno; ma chi in-
Jahvé'0 • vece ha ricevuto la mia parola, annunci
la mia parola con fedeltà> (/er. 23 ,25 -
3. La critica profetica dei sogni. A que- 28 ). Non si tratta qui di una svaluta-
sta conceiione si contrappone per<i una zione graduale della rivelazione onirica
cririca che non sorge da considerazioni nel senso che il vero profeta non ne di-
di tipo scettico od illuminista, bensì dal penda, bensl di un rifiuto assoluto e ra-
cuore stesso dello jahvismo. Secondo il dicale di raie genere di rivelazione al-
nicconto <li P Dio si è rivolto a Mo- meno nella situnione del momento. As-
sè direttamente e non mediante sogni sistiamo qui allo sradicamenio totnle e
(Nmn. 12,6 ss.); il deuteronomista dif- netto della mera6sica onirica primitiva
fida alquanto delle rivelazioni oniriche operato do una critica che ha quale
anche se di provenienza prcsunramente punto di pt1rtenza non l'incredulità, ma
profetica (De111. 13,.2 ss.): il marchio di- la fede e la serietà di una coscienza sot-
stintivo della rivelazione genuina non tomessa n Jahvé. La critica di Geremin
consiste nel miracolo e nel segno, persi· non costiruisce però un fatto isolato ed
no quando si verificano; l'unica caratte· unico poiché, in una situazione non più
determinata dalla medesima polemi- III. I sogni <' /,1 loro i111t:rpret11ziune
ca, anche il Dcuterozaccari,1 sentenzia 11e/ giudaismo
(Zach. 10, 2 ): «Sì, i teralim hanno detto
il falso, gl'indovini hanno avuto visio- Nel ginJaismo la critica ai sogni cosl
ni menzognere; essi narrano sogni falsi intimamente fondata va sempre più
((Jì1lom6t ha!Jaw') cd elargiscono un scomparendo, anzi nel giudaismo elleni-
conforto ingannevole». Ln credenza nei stico essa viene soffocata da quella cre-
sogni e la loro interpretazione, radicate duliril nei sogni che è caratteristica di
nel diffuso ed ingenuo desiderio di fe- certo pensiero platonico-stoico.
licità, pace e sicurezza, vengono giusta- r . Filone. Il filosofo giudaico conosce
mente rivelate come essenzialmente pa- certamente la fondamentale nulli tà del-
gane. l'immagine onirica, come si vede chia-
Pur partendo <la presupposti più ge- ramente dal S()liloquio di Fiacco: xo~
µWµcvoç 0vo.p tloov -rT)v ,b-.'tvÌ)vµi1J.v,
nerali, anche la letteratura sapienziale d5wÀ.o. xa"tà. Xtvov ~o.lvov-ro., TtÀ.ci-
giunge a conclusioni simili. Ecci. 5 ,2 .6: o-µa:ro. ljluxi'jc; to-wc; iivo.ypo..q>ovC7T)c; -.à
«Poiché i sogni vengono per le molte µ-/) vmipxovrn: wc; Ov"ta;, «Caduto ad·
dor:menrato, vidi io in sogno la felici·
preoccupmdoni, come i discorsi stolti per tà di quei giorni, immagini che si muo·
le molte parole ... Poiché dove ci sono vevano nel vuoto, finzioni dell'anima
molti sogni e moire parole c'è anche che forse registra come e~isrenti co-
se inesistenti?» (Flacc. 164). Alle a·
molta vanità •1• Piuttosto temi Dio!».
nime pure Dio fa però conoscere an-
Ecclus 34,5 ss.: «Divinazioni e sogni che oniricamente le cose celesti ( nel.
sono cose vane, e il cuore fantastica 11111nd. 2 }. Dopo aver escluso col sonno
come una donna prossima al parto. A ogni imcrfcrcnza estranea, la mente
«piena d'ispir:izione divina, scorge in
meno che non siano inviati dall 'Altis- s~)gno profezie non ingannevoli riguar-
simo che visita il sogna tore, non appli- dan ti il futuro» ( migr. Abr. I 90: 't'Ò.<;
care il tuo cuore a queste cose. I sogni 1tEpt 'tW\I µEÀ.À.OV"tWV iit!iEvOEIT'Tci't'ac;
OLèt •Wv òvdpwv 11a.v"ttlac; tvilovll'L~ ).
hanno infatti ingannato molti, e coloro
In ques ro contesto la parola q>av,-r1J.Clla.
che avevano s1-,era10 in essi hanno spre- non comporta affatto un senso d'irrcal·
cato la loro speran2a. La legge si com- r~ , ma pimtosto esprime il miracok1
pirà senza inganno e la sapienza è per- mcdi:rnrc il quale si giunge, per via o-
nirica, ad una profezia del futuro (spec.
fetta $Olo su labbra veraci». In Ecclus leg. r ,29). Nei sogni (dei Terapeuti} non
40,5ss. e Snp. 18,x7.r9 vengono de- s i manifes ta ( <pa11"ta.cn0Uo'ilo.t) altro che
scritti i sogni angosciosi degli empi: la bellezza delle vinù e d elle po tenze
d ivine : 'ltoU.ot you'J xa.i ÈxÀ.aÀoiiaw
Dio può s1 servirsi di questi come di tv V'lt'Voic; Ò•mpor.oÀ.ouµEvoi -.à. Ti'jc; LE-
messaggeri, mn messaggeri di giudizio. p<ic; qaÀ.011oq>laç à.olotµa. o6yµcno..,
" 11 Libro dei Ginhilci ollre sorprendcnte- be occasionate da Gen. 35.9 ss. (3i,21 ss.) co-
1
mencc poça maceria; i sogni del Genesi ven· stituiscono w1 ecce-zione.
i:ono riferiti ~c1bri11111cn1c, quando non addirir· •~ 11 testo presenta indubbi~ inrcrpqlar.ioni
lllr<t ahbrcvi ,tri od omessi. Le fantasticherie cri ... 1iane, sulla cui estensione non si è d•ac·
interminabil i sul tipo delle visioni di Giacob- conio; cfr. R.ll. CltARl.ES a 19,8 (210,27).
ovttp (A. Ocplte)
.315 ~); in sogno Jrc~mo chiede n Dio col princi pio della 1cciproci cà. Della cri-
chi sarà il suo successore (ant. r3,322); tica profet ica ai sogni non restano, a l
«visioni oniriche» (ovdpwv ol}w;) an- massimo, che rare e debol i tracce.
nunciarono a Erode il Grande la morte Un detto proverbiale, att.ribuito gc·
<lei fratello (ani. 14,4p; cfr. beli. I, neralmente a R. Meir (c. x50), ma che
J28); prima di esser richiamato a Ro- ricorre anche sulla bocca di altri rabbi-
ma, Arcbelao sognò che alcuni buoi a- ni, suona: •Le parole dei sogni non in-
vevano divorato dieci spighe di grano nalzano e non abbas~;ano», sono cio~
piene; gl'interpreti erano discordi cd un senza importnnza (Gìt. b. 5211; Hor.
e$seno spiegò che i buoi indicavano dif- b. 13 b; M.S. j. 4,55b,38; Strack-Bil-
Gco ltà, il terreno disuguale un cambia- lerbeck r 56 s. ). Si offre una spiegazio-
mento imminente, le spighe anni: il re- ne psicologica dei sogni: Dio fa vedere
gno di Archefoo s:irebbe presto finito (in sogno) agli uomini soltanto i pensie-
(ant. 17,345 ss.; cfr. bel/. 2,ur ss.); a ri del loro cuore (che li hanno occu-
Glafira, figlia di Archelao, apparve in pati durnnt.e il giorno) (Ber. b. 55 b;
sogno il suo primo marito morto e le Strack-Billerbcck 1 57 ). Le vi~ioni ven-
ànnunciò che sa rebbe morta per esser- gono però distinte in valide ed invalide
si risposata; e cosi avvenne (ant. 17. ed attribuite rispettivamente, come già
351; cfr. beli. 2,116); una volta che in Egitto, egli angeli ed ai dèmoni (Ber.
Mo nobazo di Adiabene tocca nel sonno b. 55 b; Srrack-Billerbeck 1 54.58). Si
il corpo della moglie gravida, sente una crede persino che c:sista un particolare
voce dirgli di stare attento a non far angelo dei sogni ('ii halpal6nr, ba'al ha·
male al piccolo perché era in vista per (nl6m, ba'al halpalom6t) di nome Ra-
cos tui un destino felice (Elena e<l Iza- maele (Bar. syr. 5 .5 ,3 ). Il sogno rive-
te si convertirono a l giudaismo). Lo la torio è consideraro un sessantesimo
stesso storico giudaico si fa guidare dai o un avanzo (un debole riscontro) del-
sogni: uno lo spinge ad accettare il co- la profezia (Ber. b. 57 b; Gen. r. r;
mando in Galilea ( vit. 208); prima cli [rz.a]; 44 [27dJ; Strack-Billcrheck 1
passn re ai Romani gli tornano in mente 53) ed uno può sperare 22 anni che
i sogni notturni in cui Dio gli aveva ri - un buon sogno si avveri (Ber. b. 55 b;
velato l'imminencc disfatta dei. GiuJei Strack-Billerb<:ck I 59). i\lrri sono inve-
ed il destino futuro degl'imperatori ro- ce del parere che nessun sogno si av-
mani. Egli afferma cli esser dotato del- veri interamente e R. Shim'on b. Johai
la capacità di spiegare persino i soun i (c. r50) dice: «Come il gr.ino non può
ambi(lui, essendo di famiglia sacerdotale essere senza paglia, così un sogno non
(beli. 3,351 ss.). pub essere Sl?n:t.a parole vuote» (JJer.
b. 55 :l; Strack-Billerbeck 1 .54-59). Si
è sempre pronti con una battuta a met-
4. Il giudaismo rahhinico. Quando ci ter le cose in una luce positiva in ogni
volgiamo a considerare la lctteraturn caso: se R. Shem11'el (t 2.H ) aveva a-
rabbinica possiamo constatare un'avan- vuto un sogno cattivo, diceva: « l sogni
zata dell'atteggiamento razionale, tutta- non dicono niente» (Zach. 10,2); se in·
via limitato e accompagnato dalla sem- vece il sogno cr~ srn to buono, Joman-
pre forte presenza dell'onirologia elleni- dava: «Forse che i sogni non dicono
s tica , presenza che si spiega certamente niente?» (risposta: no , secondo Num.
46 ep. Ar. 213 ss. offre una spiegazione psico- logica tki sogni.
ovcx.p(A. Oepkc)
., Cfr. LEWY.
ovap(A. Oc11kc) ( V,J li) 660
59) e spesso l' interpretazione è venale, mento abbiamo nel N.T., almeno in un
come ben sapeva lo stesso Giovenale punro, una tradizione che hn runi i cri-
(6,546 s.): Implet et i/la manum, sed
smi dell'autenticità: si tratca del rac-
parcius; aere 111in11to/ Quali{lcumq11e vo-
les ludaei som11ia vendunt. conto de l sogno di Paolo a Tro:1de che
Si escogitano modi pii1 o meno scal- ofirl l'impulso per la missione in Eu-
tri per difendersi <lalle ca ttive conse- ropa (Act. 16,9 s.). T ale narrazione co-
guenze dei sogni: abbiamo così, ad es.,
il 'digi uno onirico' o la ricerca di tre stituisce l'inizio della prima grande se-
persone che confermino un'interpreta- zione in cui ricorre il famoso ' noi' e ri-
zione favorevole o la recitazione di a- sale dunque ad un compagno di viaggio
datti passi scritturali o la preghiera, l'e-
dell'Apostolo al quale questi avrà rife-
lemosina e la penitenza (Strack-Biller-
beck I 55.61). rito il proprio sogno q_ Anche il modo
Da un punco di vista religioso tutta colorito e semplice in cui l'evento è nar-
hl questione onirica è sterile anche se rato dà l'impressione di un ricordo per-
alcuni ambienti hanno anche cercato di
trarre dai sogni un vantaggio morale, sonale: Quasi la medesima cosa può dir-
suggerendo che essi siano un mezzo pe- si anche per Act. 7,2 3 s. Se è pertanto
dagogico in vista della penitenza (Ecci. provato che, nei momen ti cruciali della
3, r 4 riferito ai sogni). In questa pro·
spet tiva un sog no ctlttivo è meglio d i propria vi ta, Paolo ha avuto sogni par-
uno buono; Dio fa sì che l'uomo buo- ticolari ai quali ha attribuito anche una
no non abbia a vedere alcun sogno buo- certa importanza, non si vede perché
no e gue llo malvagio alcun sogno cat-
non potrebbero essere considerati u-
tivo: in tutta la sua vita David non
ebbe m:ii un sogno buono ed Achitofel gualmenre storici, in senso proprio od
mai uno cattivo. Quando si ha un so- almeno lato, anche Act. i8,9 e 23,1 r.
gno cattivo, la tristezza elimina le catti- Oltre questi p:issi, sogni vengono rife-
ve conseguenze e quando se ne ha uno
buono la gioia annulla quelle buone. ri ti soltanto in J\ft. x,20 s. (il sogno di
Chi passa setre notti senza sognare è G iuseppe prima della nascita di Gesù);
considerato un cmpiu(Prov.19,23 inter- 2,12 (i Magi vengono avvisati di non
pre tato col metodo 'al-tiqri'). Cosl affer-
torn:ue da Erode); 2,13.19.22 (istru-
ma un mosaico di ci tazioni in Ber. b.
55 a.b (Strnck-Billerbeck I 56). In que- zioni a Giuseppe a proposito della fu-
ste massi me si nascondono residui della g11 in Egi tto); infine 27,19 ( il sogno
religiosità biblica, soffocati però dalle della moglie di Pilato ) 49• La prova più
escrescenze di umi fantasia barocca.
chiara che è sempre la medesima mano
all'opera in questi passi, certamente
B. IL SOGNO NEL N.T.
quell:i dell'evangelista, è data dal ricor-
1. La tradizione rere, con stereotipa regolarità, dell'e-
Per quanto riguarda il nosuo argo- spressione xCt-r ·ovap = in sogno, fin-
•s Jn base al rontcs10 deve w1uarsi proprio •9 Cfr. E. fAS<:llER, Das W eib des Ptlatus:
di un sogno ThLZ 72 (1947) 201-204; A. ÙEPKF., N"cb
661 ( V ,2J~) ovap (A. OcpkcJ
gu1s11camcnte piurtosto re1..-cnte io_ La sere spiel\:llo, 111 una certa misura, psi-
tradizione particolare di M:itteo è espo- cologicmm:111e), ma il limite dci so-
sta al sospetto delf:t tendenza leggenda- gni considcrMi impottanti abbracc ia un
ria ed apologetica e pertanto ha vnlore cumpo molto piì1 ristretto e la linea
di fonte storica forse unic:imente per il dell'A.T. è portata a compimento. Non
più tardo pensiero neotes tamentario. si esclud e ce rto radicalmente che il SO·
Vanno ancora aggiunti, a questi sum- gno possa essere un mezzo d i cui Dio
menzionati , al massimo alcuni pochi aJ. si serve per rivelarsi, e loel 3,1 viene ci-
tri pas~i sparsi. Benché il materiale a tato con approvazione (Aci. ;z,17), non
disposizione non sia né abbondante né importa se effettivamente in un 'discor-
completo, pure non è allatto un'impre- so pentecostale' di Pietro o, più t11rdi,
sa disperata voler capire che cosa il trn le prove scritturali usate dalla co·
N.T. pensi e dica sul nostro nrgomen· munirà cristiana 51 • In ogni caso la me-
to; ché la singolarità della sua compren- tafisica onirica viene privata di qualsia-
sione dcl sogno risalta in modo carat- s i fondamcnio in un modo ancora più
teristico sullo sfondo di quel suo am- radicale che nell'A.T. Persino in uno
biente, per il quale abbiamo invece ta- degli scdui piì1 tardivi dcl N.T. tale
le e tanta abbondanza d'informazione. sobrietà s i afferma concro l'ellenismo
dilagante: in Iudoe 8 gli gnostici liber-
tini che s i richia mano ai loro sogni
z. Ll1 portico/are va/utozio11e del sov10 ( Èvvi.vLet~6µtvoL) vengono duramente
nel N.T. bollati. Il criscianesimo primitivo non
è certo contro i sogni per principio, ma
a) La scarsità di menzio ne dei sogni ne è fortemente critico; anche quondo
nel N .T. non è dovuta soltanto a moti· si ri.conosce a un da to sogno unn certa
vi esierni, ma anche a ragioni intrinse- importan7.a, pure esso rimane un feno-
che. Non che i cristiani abbiano sogna- meno periferico, limitato a cas i isolati
to meno d ci loro contempor:inei ( per d i guicb divina. Nelle sue lette re Paolo
qu:mto anche questo fatto potrebbe es- non ha ricordato~ alcuno dei sogni
ThLZ 73 ( •948)
ci11111al dar W1•ib d..s Pila111s: 'T'ova.p ( 18,6; 19, 19; 54,JO ~'Cc.): lv OVELP<1>
74}"74<'- (3,26): xaC'ii1wovç (4, ~ ; , ,l9). Tale senso si
:;o Phor., tcx., s.v. lo giudica un ~<ip~a.po'V nova gi1\ in Su-nbo 4,1,4; Diog. L. 10 ,3 2.
'lta.v-rtÀ.i:~. Cfr. Phryn., ed.. cd. Losi;:cK
s1 forse non è dcl tutco casuule e insigniti·
(1820) 411 -424. È piuttosto frequente in i· conte il fntro che, citand o loet >•'• /\et. 2 , c7
scrizioni \•orive nel senso di i11 seguito ad "" metta i sogni al secondo posto.
sogno (E. Sc11wEIZER, Grammatik da pert.a·
memsrhm Tmcbriften [1898) 157) -+ col. )2 In Gal. 2 ,2 potrebbe trattarsi òi un sogno,
628. Ahmet usa però l'espressione cosrnnrc· ma allora è significativo proprio che Pnolo
mente ncll'ahro significato: Mv 1~ç L01J xa.· rinunci a fa rlo rilevare nettameme.
il'V«p (/\. Oq,kc) (11,2 ;6) 66.1
considerevoli che, secondo gli Ani, gli e- la in modo ambiguo, ma aperto e uni·
rano srati concessi. Si ha l'impressione voco: egli vuole esser capito.
ch'cssi fossero per lui ancor meno dc·
e) L'elevate-aa ddl'ci;perienza oniri-
gni di nota delle Ò1t"TCJ.Cilo.~ xa:t Ò.7tOXO.·
ca nel N.T. è unica, e chi vi si avvicina
lvtliw; avute da sveglio e che pure egli
dopo aver conosciuto quella dell'anti-
menziona, quasi conrrovoglia, sohan·
chità, ha l'impressione di lasciare un
to in un'occasione particolare (2 Cor.
mondo sporco e, nonostante rutta ln
12,1). N el N .T. nessun testimone ha
'religiosità', altamente profano pci: en-
mai pensato <li motivare il messaggio
trare nella calma purezza di un santua·
centrale, l'evangelo, od anche una sua
rio il cu i prònao è cos6tuito dall'A.T.,
pane esserndale, con dei sogni.
nel quale abbiamo già notato la forza
b) Tutti i sogni ricordat i nel N.T. so· purificatrice della fede biblica in Dio,
no '1eorcma1ici' e non 'allegorici' (~ il supera mento del gre110 orizzonte in-
51
col. 637) . A colui che sogna appare dividuale, l'accostamento tra sogno e
il xup~oç (A et. iS,9; 23,r I) o un mes- storia della salvezza. Di tale santuario
saggero divino, sia esso un angelo (Aci. il N.T. costituisce l'àdito, un àclito al
27,23; Mt. 1,20; 2,13.19) o un uomo quale bisogna ahituarsi. In verità è tllt·
(Act. 16,9), con istruzioni ben chiare r'altro che ovvio (anche se forse ci sem-
s u ciò che accadrà o che egli deve fa. bra cosl, proprio questo fatto è signi-
re, ed anche dove la prima cosa non è ficativo) che in una 'raccolta di scritti
detta espressamente, la seconda è ac· antichi' anche quando (e ciò avviene
cennata (Mt. 3,12.22). Per questa ra- abbastanza cli rado) si parla di sogn i,
gione nel N.T. l'interpretazione dci so- rimangano esclusi completamente tut·
gni non compare affatto, il che sign ifi - ti gli e lementi scabrosi, volgari, bass i,
ca una semplificazione ancora superiore morbosi , sessuali, innaturali, egocentri·
a quella operata nel l'A.T. col principio ci. Tutto ciò che costituiva un motivo
deU'ispi razione dell'interpretazione. Ta- dominante del la vira o nirica antica,
le scmplificnione poggia sul singola- tutta quella farragine di superstizioni,
re rapporto di fiducia che nel N .T. le- c:uriosità e sm:1nie morbose, tutto que l
ga il credente al suo Dio. Certamente desiderio ora speranzoso cd ora dispe·
anche per il cristiano Dio rimane col ui rato di conoscere il proprio destino:
che è nascosro e inaccessibile (Rom. II , ecco, tur tO ciò si spegne e tace, avvol-
33 ss.; r Tim. 6,16); ma quando esce to ora nella pace <li Dio. Al centro di
dal suo misiero e si 1·ivela, egli non par· ogni cosa e di iutto è Dio, e il suo re·
ll Abbiamo visioni allegoriche in Aci. 10.11 s.; Apoc. 10,8 ss., et:c.
C\ICXP (A. Otpk« l ( v,237) 66(,
goo viene al primo posto. ln realtà tut- tra csrnsi e sogno e i dati lessicali in -
ti i sogoi che vengono 11:1rniti nel N.T. virnno ad una grande cautela. Anche
negli scritti degli Apologisti i vocabol.i
non sono che variazioni di un unico te-
in 4ue~tione ricorrono d i rado e talora
ma, Cristo. Questo sp.iega anche come il sogno serve ancora per esempl ifica-
mai nel N .T. manchino i sogni pau ro- r<: l' irrealtà e la vanità ( Athenag., rnppl.
si s-i. Dio mostra ai propri figli il cam- r 3, r: i pagani non sanno ovo 'ova.p che
co~:l Diii sia; T ar., or. Graec. 2 I ,I: il
mino da seguire (Mt. 1,20; 2,r3 ecc.; t.csro è irrimediabilmenr.c corrotto). E-
Act. 16,9); il Signore rincuora i disce- lencando ironicamente tutto quanto i
poli e dà loro nuova forza (Act. t8 ,9; Greci hanno ripreso dai barbari, T azia-
no ( o;. Gr<1ec. 1, 1) menziona anche la
23,II; 27,13 s.): se egli lo vuole, ciò «oniromanzia» UìL'òvdpwv f.La.vi:LJdJ)
avviene anche mediante un sogno 55 . In dci Telmcssi e si fa beffe degli dèi
questo modo lo iato esi~tente nell'anti- che affliggono gli uomini con b malat-
tia per poi sanarli OL'6vElpwv (18,3).
ch ità tra s uperstizione e razion ali smo
Giu stino (.ipol. r4, r) accomtlllà le «ap-
viene a risolversi in una sintesi supe- parizioni oniriche» (òvElpwv E'ltLq>ctVELa)
riore che può, in un certo senso, fun- e le insidie magiche dei <lèmoni, consi-
derandole tutte mezzi che asserviscono
gere da parad igma per affermazioni del
l'uomo. In ques ta sua analisi il filosofo
tipo di 2 Cor. 5, r7; Mt. 6,)3; 2 Tim. r , cristiano svela l'essenza dell'oniroman-
7. zia pagana, ma egli stesso non sa trat-
tenersi dal fare un pericoloso uso apo-
logetico di fenomeni spiritici, tra i qua-
C. I SOGNI l:: LA LORO INTERPRETAZIO- li appaiono anche ol À.eyoµevo1 -itapè.t
NE NEL L'ET À SUilAPOSTOUCA ;ol:ç µciyo1ç 6ve1po1toµ-itot xat 1tctPE·
OpOL, «quegli spi(iti t:he gl'indovini ChÌ:l·
Non si riuscl per molto a restare a l- mano porrntori di sogni ed assistenti»
l'altezza unicu raggiunta nel primo cri- ( 18,3).
Negli Atti degli apostoli del li sec.,
stianesimo e ben presto la tradizionale d'ispirazione gnostica, c'è già una gran-
concezione del sogno riappare anche de abbondanza di visioni e sogni. Un
nella Chiesa, in misura e modo diversi. sogno preannuncia a Licomede, alro uf-
ficiale di Efeso, l' arrivo di Giovanni
che guarirà sua moglie (act. Io. 19.n ;
I nostri termini HOl1 compaiono nei 161,16 s.; 162,19). Spinto da un sogno
Padri apostolici; opcqw. ed opa.v14 indi- (ova.p i)mo-6:1.1evoç) Giovaimi si reca d i
cano talora in Ermn una visione nottur- huon'ora alla porra della città per far
na (vis. ),I0,6: tv òp6µa·n >T\ç wx- tornare in vita un uomo colpito da suo
i:6ç; cfr. ;,1,2; altrimen ti in ),2,3) e hl figlio e per evirare ulteriori disgrazie
genuinità dell'esperienza non è certa. (act. lo. 48; i 75,7). Mnesara, moglie di
Non è possibile disringuere nettamente un certo principe Vazan convcrrico da
5' Una certa eccezione, dovuta però alle cir· triiume : Biblica 29 [ 1948 ) 100-11 1; F. SM l'.Nll,
costanze, è costituit~ soltanto da Mt. 27, 19. Untersucbu11ge11 w de11 Acta-Darstellu11ge11
von dcr Bekehmng des Paulus: Angclos l
ss Cfr. inoltre: A. W1KENllAUSER, Doppel- (.1925 ) 34-45, spec . .37 s.
( \'.~;,) 66R
56 O. v. GEBHARDT, Acta Aforl)•T11111 ulecta " " di LANG che ~i differenzia 1alo111 Ja quelb
( 1902) 73- di MPG, /.e
57 -. col. 626. Citiamo secondo la numcrazio-
niche (Porfirio, or:icoJi calJaici). I so- soggetti va, non ha avvertito i1 k una rot-
g ni teorematici, dw 11011 h:mno bisogno tur:t e si è sol t~nto lamentato di perde-
di alcuna in terprc 1.,1zionc, godono d i una re fa sua quiete.
stima partirnlare (149 a). La s tragrande L1 sinrnzione diviene in seguito sem-
maggioranza dci sogni viene invece in- pre p i\1 chiara ed è sintomatico che ven-
terpretata in base :il principio che il si- g,1110 folsificati libri di sogni prefcribil-
m ile segue il simile ( r 50 c.d. ). Per otte- mcnre sotto il no me di personaggi b i-
nere una base empirica individuale che blici o di eminenti ecclesias tici e-~ coli.
permetta l'applicazione di quel prin- 626 s.). In Ahmet ( ~ col. 626) il sin-
cipio, Sinesio raccomanda che si ten· cretismo religioso e la p iù rozza super-
gano d ia ri onirici d iurni e notturni stizione celebrano insieme orge sfrena-
(Éq>TJIJ!PLOE<;, Émvux-.lOeç: 15 3 a). Il li- te: Ahmet pone Dio all'origine dell'o-
vello di quest'opera è incomparabilmen - n irologia (r,1) e basa l'oniromanzia sui
te superiore a quello dei libri simili al- sogni di Giuseppe e Daniele, anzi per-
lo ra in circola?.ione, ma la vecchia me - sino su Io. r4 1 23 ( 2,1 ss.), ma (a quan-
tafisica onirica fo pur sempre capolino. to pare) prende la sua sapienza e l'in-
Poiché, priva di un apparato ingom - terpretazione di sogni sulla T rinità, la
brante, l'oniromanzia è ugualmente n resurrezione dei morti , gli angeli, il pa-
disposizione tanto del ricco quanto del radiso e l'inferno, i profeti e gli aposto·
povero, essa va altamente onorata ( 143 li, da fonti indiane, persiane ed egizie
d ss.); è un'arte che offre la possibili- (3 ss.). L'apparizione d i Cristo signiiì-
tà di proteggersi in tempo dalla sven- ca una grande foituna e, nel caso di
tura, dalln malattia, ecc. o d i godere, grandi peccatori, ravvedimento e salvez-
pregustandola, la gioi.a due volte; ess,1 za (105,13 ss.). La gran massa delle in-
è utile per ch i caccia come per chi scri- terpretazioni è però costituita dalle tri-
ve e per l'assolvimento di difficili com- vialità r iguarda nti le piccolezze quo·
piti d iploma tici ( 146 a ss. 148 a ss. ). tidiane, proprio come in Artem idoro,
Questa unilaterale rosea visione della ma con maggiore rozzez7.a: i capelli
questione ha le sue radici nella mernfi- brizzola ti significano una promozione a
sica onirica: l'onirologia spiana la vi ,1 rango d'onore ( 15,1ss.); il taglio dei
verso Dio (143b); la promessa data in peli della coscia, una cattiva ammini·
sogno è un pegno d ivi no ( 146 d ). Ri- strazione dei beni ( 15 ,18 ss.); urinare in
mane così da vedere fino a che punto il un vaso d 'alabastro significa per un uo-
cristianesimo dell'epoca sia responsabi- mo comune la gravidanza della moglie
le di questa mescolanza. Sinesio ha cer- e per un re l'ingravidamento di una
tnmenre scritto il libro prima dcl batte- don na di rango inferiore con successi-
simo 58 , ma indubbiamente egli conosce- vo aborro «a motivo della fragilità»
va già bene il cristianesimo e la sua e - (29,5 ss.).
lezione a vescovo c~nche se può aver a- Così i torbid i scoli dell'antichità sfo-
vu to un aspetto politico) è pur sempre ciano, non senza abuso del sacro e non
una prova che nessu no si sentiv;i par- senza la complicità della Chiesa, nella
ticolarmen te turba l'o dal suo sincreri· palude della nuova superstizione.
smo neopla tonico. Lo stesso Sinesio,
nonos tante la s ua probi tà e schict tezz;i A. 0 t:PKl3
6vajMV -+ ovoç
ovELooç, òvELolsw, òvnoLaµoc;
ovn ooç
I [Cosl il DEHMUNNER ] ; dr. WALDE· POK. Il 2 Questa pnt1 e è Slllta l"c<blla i n rnll ahoroziO·
_3 22. ne con G . 13J::aTRAM.
òvtt.IW;1J (joh. Schncidcrl
violazione della lc~j!C è un.infamia agli la sembra :mchc preferire ÒVELÒ1.<1µ6c; (e-
occhi di Dio e degli uomini e ciò vale sempi: lob 1 9 ,5; ~ 68 ,1 i.2 r; ' lEp. 38,
19).
anche per i credenti d1c Dio abbando-
na alla vergogna perché vengano pro- Nel N.T. ovELOoc; ricorre uni camente
va ti, educati e corretti (/r. 37,3); da in Le. 1,25: E lisabetta, la moglie di
essa alla fine egli li s:ilverà. In questa Zacca ria , considera la proprio s terilità
situazione il credente sta dalla parte di una vergogna. Quando, dopo l'annun-
Dio e soffre la vergogna che colpirebbe cio miracoloso dell'angelo a Zaccaria,
Dio s tesso (lji 68,8.rn). Si scopre così essa concepisce e può finalmente atten-
il senso ultimo di tale destino e si giun· dere la nascita di un figlio, erompe in
ge a quel la valutazione ed accettazione un grido di giubilo: OV'tWç µoL 7tE7tOlT)·
religiosa della sofferenza che dà se- XEV xvpLoc; ... Ò.q>EÀ.Ei:v OVELÒoc; µov ÉV
renità e forza nel patire e trova, nel- civl>çiWnoLc;, «cosl il Signore ha operato
la certezza della fede (lji 72,23-28 ), si· per me ... per cogliere la mia vergogna
curezza nel mondo e coraggio per l'a- rra gli uomini».
zione. Nella passione si trova cosl la
redenzione e la liberazione da ogni ver·
gogna.
òvno(snv: inmlt11re, ingiuriare, i11So-
Anche nei L1'X, come nella lettera· I e111 ire, rim proverarc, accusare, incotpa-
tura profan a, va osservato il passaggio re; gencrn lmenre con l'accusativo della
dal significaro astratro a quell o concre- cosa 1, può però esser costruito anche
to d el termine. In tutta una serie <li con ntp' -rLvoc;. ex
-rwoc;, tl'.c; ·n 2, col
passi ovtiSoc, indica colui che i: coperto dativo o, pi[1 raramente, con l'accusati-
di vergogna e<l il termine equivolc pro- vo <lell:i persona. Nei LXX ricorre so·
prio ad 6vELSi~6µEvoç, col neutro che prnttul!o nel s:lltcrio ove descrive l'at·
rappresenta una forma masch ile. Il pas- reggin mcnto degli avversari e nemici; è
so pit1 caratteris tico, sotto qucs ro pun- frequente anche ncll'Eccle$iastico. Ren-
to <li vista, è Ez. r6,57 : vvv ovELlìoc; de soli tamente il pi'el di f:Jiira/. L'6vn·
ti ihJya-rÉpw'V 'Lvplac;, «or.i sci il viru- oll'.,tw è d irc tro contro Dio, Is raele , il
perio delle figlie della Siria». La distin· p io o anche persone appartenenti ad
zionc trn ovnlioç e Ò'VELÒ1.<1µ6<; è nei ambienti piì1 risrreeti e vicini. Si ri-
LXX parzialmente fluttuante; le altre scontr:l più volte nei Testamenti dei XII
tradu zioni si comportano in modo simi- P,uriarchi : resi. S. 4,6; test. Jud . r3,3;
le: Simmaco preferisce ovtdìoc; in alcu- test. Ios. L7>4· Nel N.T. è costruito con
ni pass i, nei quali i LXX lengono 6vEL· l'accusati vo della cosa o dclb persona o
OLcr116c; (:1d es.,~ 68,u ; 73,22); Aqui- anche senza un accusativo oggettivo.
òvtt.Sl~w
1 Cosl nei papiri: BGlJ 1v 1024; vu 20 s. : 1 P~r i rifcrin1~mi p:min1la1-i vedi LIDDELL·
al.axr>W<; 'T-/iv ht' u.c v Jìlp1~1toi.; -ruxlJV &vEir !':O>TT ~ i>ASSOW, S V .
1m;ovaav.
ò.,,e,lìi~t" <Joh. SchneiJ~r)
3 Cfr. ScHLArri;;R, Komm. Mt. 142: cli <lisce>- WINDISCH, Ptbr. n; ]. S<.HNEIDEK, Die Par-
polato comporta la sofforcn2:1 e ~'On essa lo sionsmystik dcs Pa11lus (r929) 122 .
ragione per g·ioire ucramcnte~. 6 A questo proposito sono significative alcu·
4 W. lJEITMÌÌLLER, Im Namen /1:m ( 1903)
n.: osservazioni dcll'Eccl.siastico: ò>..lya ow·
87: «éV oV6J.lO'.'tL Xpt<l'-roii descrive la C:llcgo-
'm xa.t ito>..ì..à. 6vei.OU:m ( 20, t 5 ); p.t-r.X i:ò
lìoii\lal 1ir1 ovdot~E (41,25); d r. anche Plut.,
ria in cui o l'epiteto con cui i cristiani vengo-
r.t/11/at. 22 (Il 64 n): mio-a µl.v yàp ovttÒ\o
no insultaci,..
~Ol<ÉvlJ xaptç t'lttJ.Xih'Jc; xa.t tixa.pr.ç XIJ.t OÙX
s Per IPetr. 4,14: TH. SPORRt, Der Ge1J1ein- aveY.i:i).
degeJ1111ke im r Petr. ( 1925) 69.88.202 .207; ) tlf/;erput /;6rfékà nii/lu 'iilàj.
Òvn~•cttéc; {)oh. Schncid~r ) (v,24 I) 61~
si (1\1c. i5,34 e r Tim. -f,10) come va- tradimento pii1 che il dcordo della be·
riante. ln Mc. 15,34 J'ernngdista rende nevolenza» ; Vc1t. Val. 65,7: ff, O'JEL·
il grido di Gesù sulln CJ'O(."C n....,t O...wt 0Lcr1...Wv yò:.p w .t xa.xwv, «dagli insu l-
À~Mt. i7a,!3a.xMvL (!J; 2 1 [ 22),2 inteso ti e Ja i mali»; 73,10 s.: ti; 6vtLOLO"·
mess ianicamcnte ) con h1 frase : ò ·!}E6c; µw v xo.t EVÉopaç xo.t o6À.ou xa.t E'ltd>t-
µov 6 ì)E6ç µou, Elç -rl Éyxa-rD..mtç µE; O"EWc;, «dalle calunnie, dai tranelli, dal -
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab- l'inganno e dall'impostura».
bandonàto? >.>. Ab bastanza p resto si pro- I l termine è piuttosto frequente nei
vò un senso d i d isag io davanti a questa LXX ove rende pe r lo p iù !Jerpa; si tro-
affermazione dell'abban dono divino: es- va in essi anche la locuzione M yoç (À.6-
Sil manca in Luca e Giovanni ed il cod. yoL ) 6vnoi.aµov (EccJ11s 23,15; 31,31;
D, it.'""· e Macario Magncs 1,12 indebo- 41,25). O ltre ad 6vELoldµovç <ixovEw,
liscono tyxa.-rO..Lm:ç in wvtloLo-a.;1 . Nel Àa.µf3tivtw, v1tocp€pew abbiamo l'espres-
testo a ttu:ale di I Tim. 4 , 1 0 leggiamo: s ione molto forte xop-rti!;Eo-ila.L 6vtLoLO"-
EL; -rov-ro yàp :xom wµtv xu.t àywvL!;b- µWv , «pascere di offese» (Lam. 3,30);
µtDa., «per questo, infatti, ci affatichia- stanno appaiati novl}pta. ed 6vt tOt.0"µ6c;
mo e lottiamo»; molte varianti (ad es., (Neem. 1,3) i1ma.ty µ6c; e ÒVELOL0"µ6c;
i codd. S0 D e le versioni Vu lg. , syr.""·, (Ecclus 27,28), lif3a.uv e ÒVELOtcrµ6c;
nrm., ae th .) leggono ovEL01.çoµd) a ; ma (Bar. 2 ,4 ). Ancora pi ù carattensuco
tale lezione non si adarta al contesto, è l':iccumularsi di sinonimi n ella de-
poiché Paolo sta parlando della yvµva- sc rizione di un jom !ora in l s. 37,
o-la della fede che è il fine delle fatiche 3: -/iµÉpa. ilÀlljiewç xa.t 6vt LOLaµoù xa.t
e degli sforzi suoi e d i Ti moteo. 0.Eyfiou xa.t 6pyijc;, «giorno di affiizio-
ne e d'insolenza e d i riprovazione e d'i·
ra» . Come abbiamo visto per Ové'.LOoç,
1" OVELOt.O"µÒc; anche per il nos tro vocabolo ricorre l'u-
so concreto: 1.11)1to"Te yt vwµ.eDu. ... oveL·
6vELOL0"µ6c;: insulto, offesa, rimpro- oto-µ6.;, «non sia che diventiamo... una
vero, scherno, è un n eologismo, p iutto· vergogna» (Tob. 8,ro), ma più spesso
s to tardo, della koinè 1; ricorre in Dion. troviamo b locuzione foto-ilm d c; OvEL·
Hai., ep. ad Pompeium 785 : 1tpoo-À.u.µ- OLcrµ6 v, «diventa re lo scherno» (ludith
f3tivwv ( -rw<i) -roi:c; <iva.y xa.loLc; 6vELOLO"· 5,2 r ; 'Itp. 24,9; 30,7). Anche i T es ta-
1toi:ç, «ricevendo inoltre (qualcuno) coi menti dei XII Patriarchi conoscono il
necessari rimproveri»; f\1enaoder Pro· vocabolo: tesi. R. 4,2; 4,7: OVELOLO"µò'll
2
!CCtOI 37 : fJ yÒ:.p ÈmO"TOÀ1} vf3ptW<; 'tE Éav-r@ cpÉpEL xat 1tp60-xo1J.1.ta., «causa a
flEO""t"Ìj xa.t ÒVELÙLc;µoii xa.t µrµeilvaµÉ- se s tesso vergogna ed incia mpo»; test .
vwv pT}µ tiTWV vrrijpXE, «i nfa tti Ja lette- L. 1 o .4: foEO"~E Elc; OVELOO<; xa.ì di; xa.·
ra era piena di arroganw, d'insulti e di -rcipu.v, «Jiventeretc una vergogna ed
parole incontrollate»; Plut., Artaxcrxes una maledizione»; test. J11d. 23,3. I n
22,6 (I I022 e): -rov-ro o'Tjv OVELOLO"µÒc; Giuso::ppc Flavio: 0 111. 19,319.
dc; npoooo-la.v 1~a).Àov t\ xO:w toc; v1t6-
l tV'J"}ot<;, «ma (u q uest:1 onta a c11ust1re il In I Tim. 3,7 si richiede che il com-
ovop.a., òvoµci.L,w.
btovoµaL,w. q;w&1;.ivv11oç
616; 40 (1886) 234'}04; H . 0DEBERG, ) f:. 199; H . \V Ell'EL, J3ibl. Theologic des N.T.'
noch or 1he Hebrew Book oJ f:norh ... ( 1928). (1928) 203; STAUFFER, Theo/. u8·140: R.
Per F: REtT7.ENST€1N, Dic Vorgeschichte der cbr.
(REMER-KOGEI., PREUSCllEN·l3AUllR, s. v.; Tau/e (1929) 28-30.139.156 s. 161.l6Pi9; A.
DmSSMANN, B. 143 ss.; Dms SMANN, N.IJ. 24 J.H.W. BRANDT, "Ovop.o. e11 dc Doopsformule
s.; DEISSMANN, L.0. 97 s.; w.
HEITMOLLER, in bet N.T.: ThT 25 (1891) 565-610.
Jm Namen ]estt, FRL I 2 (1903); recensione 1 -> LÉVY·B~UHL u7 .
dell'opera precedente fatta da A. SEt:DERG: 2 -> Li':VY·B~Ul!L 335 .
ThLBI 25 (1904) 6o2-6o6; DALMAN , Worle J. l -> L~Y Y·BRUHL 220.
1' 149 s.; CLEMEN 164-168; (. \VBIZSACKER,
' .... Vlu~ JlER l.ru;uw I2!)-l4 I.
Das aporlolische Zeitalter der Kirrhc' (1892)
)5' s.; H.J. H OLTZ1'.·IANN, uhrb11ch der 111.li- s A. BEKTllOl.n, Religiomgesd1ùb1/1chc Am·
fhen Tbeologie 1 ' (19u) 452; 11' (1911) t96· bivale11ierschci11u11gcn: ThZ 4 ( 1948) 5·
O\ICfl« ( 1-l. l!i.:1<·11lrar<I )
• Etimologia: = bt. nomen, tc<l. Nome, san- -= thcatmm... feci, quod sub 110111i11e Il!. /llar-
scrito noma, ccc.; è improbabile che sia colle· ,.,.1/i csul (l:i trod . di Apollonio h• 6vb1.w:n).
gato a O'VOµ<X• = rimprovero, biasimo ( WA L- 9 Éx 'tOV li<~VCI. òv6~10.'toc;, a conio e per i11ca·
OE·POK. I r 32.180; dr. E. SCHWYZER, Griech. rit·"· per rù·hicsla del tale (BGU r 30 7);
Grammatik 1 = ITon<lbuch AW 11 l,1 (1939] u\iµ{laÀ.E O'.V'<Qi ti; OWµet>é<; µ011. va da lui
3,2 d. 523) (DBBRUKNER). per co11/o mio ( P. 0:1.-y. vn 1o63,3 ).
7 J. BuRCKBARDl', Griech. /(11/t11rgeschich1c 10 A questo proposito e per quanto segue ->
IV ( 1902) 9 SS. 1lEITMiiLLE~ 47·51.
s XC1.'t'o110µ«: Stroto 1,14 (CA.F. 111 362); 11 -> HEITMULLE~ 101·109. In Hcrodiao.,
Epif!.r. Graec. 9llJA· - èn'6v6µo;'toç: Polyb. bist. 2,2, 10; 13,2 tro"iarno una formulazione
1ll,45A; Monumenrum Ancynnum 21: ill«· 1nrcliva ( 11-111 ~c.:.) che rirorJa l'uso linguisti·
'tpo\I ... 6.virrt•P<l im ò..Oµ<t'toç MapxD.).ou co del N.T.: 611-.1\Nm <ic; -rò 5vop.ci: nvoc;
O'JOf «• (11. llic1enhnnl) (v ,1.1.iJ ( 1\8
b) Nome =
fama: Hom., Od. 24,93 w cplha<ov OTj't''ovoµa. IloÀ.wrlxovç
s. (sinonimo di xÀ.Éoc;); Thuc. 2,64,3: iµol, «o vcrameme a mc carissimo (no·
ovoµa. µÉyw-rov EXEW, «(la nostra cit· mc di ) Polinice» 13•
tà) ha una grandissima rinomanza»; e) ovo1.1a in senso grammaticale: pa·
Strabo 9,1 ,23: Èv Ò"V6µa:n EL'ICH, esser rola, 11omc, sostantivo: Plat., Soph .
rinomato, avere un nome; Xenoph., 262 a.
Cyrop. 6,4,7: È'I ét"tlµ({l 6v6µa·n, «in
una posizione ~pregiata» (come con- f) I papiri conoscono un certo am·
cubina); Polyb. 15,35,1: ot tv 7tpciyµa- pliamento del concetto di !ivoµa, cosl
irw È1t'òv6µa.<oç yEyovò-.Eç, «coloro che il termine può indicate «il nornc
che son divenuti famosi per le loro :i- di una persona registrato in libri ed e-
zioni»; Athen. 6,39 (p. 241 a): OL'6vé>- lenchi per stabilire i diritti e i doveri di
µa.<oc;, noto; Elç ovoµa. (usato assolu· colui che vi risponde» 14 : Éxacr"t~ òvo·
fornente), per la fama, per la gloria 1 ~. µa·n TCa.prixn"<cu OLx.a.1-Wµa.-ra., «i cer.
1i6cati di autorizzazione sono dcposila·
c) Nome, i11 co11trapposiuo11e a cosa: ri presso il concessionario relativo»
opposto di Epyov (Eur., Or. 454; Thuc. (BGU 1 113,u ); ~a.pÉcrm ( =~a.~a.L )
8,78; 89,2), di ttp<iyµa. (Demosth., or. "tÒ fµò'I ovoµGt, «da caricare a mio no·
9,15), di cpuO'Lç (Thuc. 4,60,1 ). Thuc. =
mc ( sul mio conto)» (P. Oxy. 1 126,
6,10,2: 6v6µ1XTL 0'7tOvoa.t EuOV"fCH, «Sa· 8 ). Nel linguaggio amministrativo ovo·
ranno patti (solo) di nome» (ma non in µa viene a significare titolo legale, par·
realtà); cfr. 3,ro,6. Év •i!> 6v6µa.'t'l TL- tifa contabile"; 't'Ò Twv Ol)µoO'lwv Clvo-
voç, col pretesto di qualcosa: Dio C. IJ.CX, il titolo in bilancio nelle tasse di
38,44: 't'a.ih'txEi:'loç EV -rE Toi:ç "tf]ç q>L· stato; ylvov"<a~ òv6µa"<L loLw-r~xfiç
À.la.ç x.a.L èv "toi:ç •Tic; O"vµµa.xlac; 6vo· O.povpaL X, «in totale, tante misure di
µa.uw Èsdpyau-ra.L, «costui ha compiu· terreno della categoria privata» 16 ; 1tE·
to tali cose col pretesto dell 'amicizia e pt 1tpà.yµ.a<oç à.vrprov-roç -r<!i 6v6µ,cx.·
dell'alleanza,.; cfr. 42,24. •~ "<WV yovf.wv, «a motivo di una pro-
d) Ovoµa col geniti,·o = la cosa o la prietà che fa parte dd titolo legalr dci
persona stessa: Eur., Iph. Tour. 905 s.: genicori» (P. Par. 20,22); yEwpyw OT)·
"fÒ Ovoµa Ti'jç O'W'tl)plaç ),a{36vuc; = fL<Xria.v yljç òvòµa-rL -.oii OEt'la, «lavo-
"tTJ'I O'W'tT)plmi À.cx.B6v-m;; Phoen.1702: ro la terra demaniale a nome ( per =
(latinismo) = ì11rt1rl' i11 11ome11 principis (a•· sc::alc (11-111 sex. c.l.C.); 13GU H 390,8: o:nop,,.
testato gin in Svetonio) [DEllRUNNER]. xà òv611cx.i:a. xrtt /j}.,,),a "<E't't).tv'tl)XO'tO., per·
12 Plut., Scrtorius l ( 1 569 b ); Pericl. 4 ( 1 sonc che hanno entrate ins~1 ffi<.·icn1'i o ~OJHl
i53 f); Philom., 1•i1. Ap. >.22; -+ HEnMOL- decedute (111 sec. d .C.); C. WESSELY, 51111/ieu
LER IOI. wr Pnliiogrdpbic 1111d Pap)'ruskundc I (r902)
13 Dal 1 sec. d.C. in poi si moltiplicano nei 71 ,439: ov6µ1n<l LW, 12 capi (I sec. d.C .. in
papiri i casi in cui 6voµcx equivale a persona; un registro fiscale di Giudei). In quest'uso
dr. PRP.l.'OGKP., Wi:irt. s.11. ; P. Fior. UI 373.2:
sempre più diffuso di C>vcµcx = persona, v~
;;oÀM ovbµa.-rcx ooVç (Ili scc. d.C.); MtT· forse scorto una certa influenza della greci tà
semit ic-~ ; cfr. ~ llJRZEL n .13.
TE.IS-WILCl'EJ-1 I 28.19: htpcx. ovoµo:i:a. <iv·
-r'CLV'toV E~ i:fiv x(Jla.v ·dµljlcn, mandare un 1• PRE1SJCKE, Wort, r.v.
sostituto a fare il l~v?ro (n ~- d.C.); P.
Oxy. III n3,21: ovoµa.-ra. 1tEV1tW.I... t!c; ·~ PREISICl<E, wQTI.,
s.v.
x>-.ijpov -rijc; 1tpot><"<OPELCL<;, pr.,,;cmtare perso· lò F. l'RlllS!Ctm, Griech. Urk1111d<'n de.r iigyp.
nale adatto ... per il sottcg11,io del servizio fi. tiscben M11s1•11111s zu Kairo (1911) 47,,0.
6S<J IV, '·l 1i ovoi"" 111. Bietcnluord)
conio, pe r richiesti!) dcl tait.:» ( 11• Oxy. oyoov 22 (11-J1 r scc. d.C.): il vers~mc.:11
VII I O)r,12; Hl SCC. d.C.); i.'Xhl ɵ· to è stato Luw, cioè, su giroconto e
1rnr~WCl'€L anò Ò'IO!.lCX:roc; Nòwov, «h•> l'accrediro va fatto sul conto intcs1:1.
in pagamento d;11la propriet;Ì di Non· to a Lucilla. La distinzione è çhiarn:
no» 17 (Iv sec. d.C.). Si se~na l'importo EL<; ('t'Ò) ovo110: 'tOV oEi:vcx indica che
sul rn11/o o sulla fattura del ricevente: si trattct di un allibrarnenro o di un
p.E-rp·i)O'OJlctL E(.; -rò ovo1,1,a "tOÙ OELVC( (P. versamento :1ccrcditato; Etc; 'tÒV OEi:va
Tcbt. 11 5n; 1 sec. d.C.); OLcX.cr·m).ov e~c; può invece significare un pagamento in
OVOJMl, "\"OV oetva ap'taBac; X IS (JT sec. wnrnn ti ! 1. Anche certe locuzioni prc·
cl.C. ); c;v~oÀov Elc; -.où KÀEoµ.<ixov posi7.ionali subiscono uno scivolamen·
ovo1,1,a, «esemplare inrestmo a Cleoma- 10 di sisnificato: òmò -cwv xcx.-cT)v·
co» (P. Hibch 74,3; m sec. a.C.); Ev· "\"T)XO't'WV dç ~lE È!; év6p.a.i:oç -coù 1'(1-
't'EU!;l<; EÌ.ç "tÒ "tOÙ 13cwÙ.ÉW<; ovoµ«, «pe- 'tpéc; µov, «l'eredità passata a me in SI!·
tizione indirizzata al re» (P. Petr. 11 guito al/11 disposizione testamentaria di
2,1,3; P. }fai. 9,2). La locuzione dc; mio padre» (P. Oxy. r 75,5 s.; II sec.
(-i;ò) 0'1oµa. è termine tecnico del ger- <l.C. ). Èv 6vb11a·n, registrato sotto il no-
go commerciale che risale all'idea del- me di qualcuno, è l'esp ressione usata
la registrazione in un libro contabile su nell'ufficio del catasto (~L!3ÀLo~i}xT) ÈX·
cui è scritto il nome dell'intestatario 'ti)O'cwv) ove il nome del titolare era
del conto; invece di dç (i:ò) ovoµ ct si scritto sulle caselle e nel registro genc-
può anche avere il semplice etc; seguito mle: sotto questo nome venivano con·
dal nome 19• La formula è usata soprat· servati i documenti relativi e registrati
tutta nel bancogiro: «Registrn un cre- i titoli di proprietà: 24 -rfic; o(xlcx.c; ou
dito :il nome (dc; ovoµ.«) di Eponico ... O!.CLXfLl.livTJc; Év ov6µCX'tL -.fjc; cl1to1io11É·
per l'ammontare di 100 arrabe di gra- VTJ<;, «i documenti della casa non sono
no» 20 ( I Hll scc. d .C.). Espressione tec- catalogati sono il nome della venditri-
nica negli ordini di giro è 11p6cri}Eç dc; ce» ( P . Lips. 3 11 2 5 ). e11'òv61,1,cnoc; i:où
ovo1~cx. i:oii OEi:vcx. 21 ove elç èlvoµ a. non OEL'vcx., i diritti o i doveri che sono k.-
signiGc:i semplicemente 'al nome', m.:1 gati al nome dcl tale: ité.na i:a
si riferisce al giroconro sui cui capitoli €n'òv6µcx.i:oc; i:'ijc; µT)-i;poc; µov ima pxov·
si trovava di volta in volta il nome del- -i;cx., «tutti i beni che sono legati al no·
l'intestatario, così che possiamo legge- mc di mia madre» (BGU I 226,15; I
re: t7tOLO'W p.É[ 't) PlJ<iW xcx.i')o:pci[ V) sec. d.C.). l it'òv6µ«'t'L -rou oti:vcx., com-
[E]lc; [ o ]vo1 16. O'ov, «registrerò il paga- piere una operazione sotto il nome
mento netto nel c>1pitolo di conro intc· di qualcuno: È1tOL'J)O'Ev -i;àc; c;l'Jàç É1tL
stato al tuo nome» (P. Lond. 111 938, -.e{) il.tovvr:rlov -coii utov ò'll6µa -rL, «fece
JO ); OlclCT"tEIÀOV h. "tOÙ E!lOU i}tl let"\"O<; gli acquisti sotto il nome del figlio Dio-
dç ovoµcr. J\.ov1'1À.À.iii:oç ( itvpoù) 'tpl-.ov nisio» (li scc. d.C.) ~'.
17 B. GRENFELL, A11 tllfxa11drù111 erotic frn11.· 21 111 questo L--aso il \•ers:uncnto non avviene
me11t and olher p;reck pnpyri ( 1896) ''1>7· concretamente, ~ PREISIGKE, Girowcsen 120.
IR P.M. lllt:YRR, Griech. r~xlc aus A1.yplc11 22 U. W11..cKu1, op. cii. (~ n. 10) 1164.
( 1916), ostrakon ,6,2. 2.1 -> l'KF.IStCKE, Gìrowese11 149 s.
1ç MAYSER Jl 2415.
2: PKEISIGKE, \Viirl. 11 186, 31 SS.
?:> U. WILCKEN, Griech. O strako nllf i!gyp·
te11 unJ NubiM Il ( 1899) 11,9; --> PRLtSrG· zs Ti 1. l~EINACll, P11/JJri grecs et tlé111ot i<Jt1<'.t
Kc, GirOll'eSl'/1 149. ( 19(>') 4-1,1, .
llvof':I (Il llic1cnh.1rd)
2. ovoµa nella s/orÙl Jef pc11sit>rO ~I'<'· no pe rò risal ire o ltre la So!;a. e conosce-
CO re la verità; il ling1wggio interessa loro
solianto come espressione della oé~a,
La crcden~a genern le nell'impo rtan- del mondo fenomenico cui appartiene;
za e nel sig nificato dcl nome è prescntL~ il nome non esprime l'essenza d elle co-
anche nell'epica (~ col. 685), ma qui se. Simile è.· la posizione di Eraclito:
sembra già percepiro il problema che "tQ OÙ'J "tO!;~ ovoµa (3loç, [pyov St il<i-
occuperà pitt tardi la rifiessione filosofi· «il nome dell'arco è vita, ma la
VCl'TO<;,
ca: il linguaggio umano riproduce fe- s ua opera è morte» 29 • J nomi degli d èi
delmente la realtà coi nomi che dà al- esprimono ciascuno solo un aspetto del
le cose? Infatti cerri esseri hanno due dio unico e per tan to sono parziali e fa].
nomi (Horn., Il. 24,315 s.; Il. 18,487= si. Il nome Zeus, ad es., appare ad Era-
Od. 5,273). Ettore chiama suo figlio clito inadeguato alla divini tà JJ, cioè il
I:xaµ6.vop Loç, ma i Troiani lo chiama· filosofo vuol dire dialenicamente: il no-
no 'Acr"tvci:va!; perché con raie nome me è quello giusto , eppure non è giu·
voglion o esaltare la forza del padre sto.
(H o rn ., Tl. 6,402 s.; 22,506 s .). Alcune Questa nozione delh1 non-corrispon-
cose vengono chiamate in un modo tr::t d enza tra il nome conve nzionale e la
gli uomini , in un al tro tra gli <lèi: il vera natura d elle cose \iienc espressa
nome usato da quesli ultimi è quello dai Sofìsri con le antitesi ovoµa-tpyov,
giusto perché fa risal tare il significato ovo1~·1tpii.y1ia o ovoµi:x-q>Uoi.ç. Sia Eu-
e l'etimologia (Hom ., Il.I,403 s. ; 2,8r3 ripide c.:he Tucidide risentono l'inlluen-
s.; 14,29 1; 20,73 s.). Questo interesse 7.a di qnesta impostazione (-7 col.
per I 'erimo logia risale alla credenza nel- 687) che è c~pressa nei suoi termi-
la forza magica del nome. ni primari da Ermogene (Plat., Crol.
Nella filosofia d ci seco li VI e v il pro· ~84 d) cosl: où yàp q>vcm t>cao..t4-1 TtE·
b lema viene messo a fuoco con 111 ri Oes- <pvxÉvaL ovo1ia oòSèv oòotvl, (ÙÀ.&. v6-
sione razionale sul linguaggio M J filo- 1111' xat itDn 1'WV tDi!ici.\l'TWV 'TE xa.t XCl-
sofi di questo periodo rigettano le de- )..ovv;wv, «infat ti il nome che ciascuna
nominazioni umane, il xa.}..eiv Jcll'uo- cosa porta non è legaro essenzialmente
mo, perché sono espressione di op inio- ad essa per n atura , ma per convenzio-
ni e idee false. Per Parmenide ovo1•a. ne e usanza di co loro che lo appongo·
è proprio l'opposto di cik11i}na.: «T11t- no ad essa e la chi amano in quel mo·
ro quanto i mortali hanno fissalo nel do• . T Sofisti contrappongono però evo·
loro linguaggio convinti che :.ia vero, 1ux. anche a vour;, O'wµa, -rÉXV'TJ e perfi-
non è che un puro nome» !1 . La fiducia no ad ourJ'la.. L'antitesi ovoµa-q>VCJ'Lç è
cieca d1e gli uomi ni ripongono nell'e- particolarmente chiara in Euripide:
sperienza si porta dicrro, quale secondo 6v6µ<X1'L J.!El11t'TÒV "tÒ vobov, T} <pvO'Lç
e rrore, la falsa denominazione. li nome o'i'.o-ri, «tm essere bas tardo ha un nome
è qualcosa di convenzionale 2\ è espres- spregevole, mn la natura è uguale» J•.
sione dell'appa ren za. G li Eleati voglio- La <pvrltç è la natura innatn cd un sem-
26 A quesro rroposito e per quanto segue --> "' lkrad . .;8 (D11:.1.s ' I i 61,6 s.); per quan10
Hl'.INIMANN 46·)6 . s~guc d i'. 67 (On::r,s' r 165).
"' Hcracl. 32 (D1m,s ' 1 159, i s.).
l1 Parm. 8,38 s. ( D IEl.S' 1 2)!1). 11 Jr. 16&, dr. 377 ('l'.C.F. 408.476); --> H m·
l.< --> NESTLI! 11 2. NlMANN 1o8.
ii·n11oc (Il. Bictcn hard} (v.247Ì <>9~
plice nome non pui> mu111rb. Qui si è biamo ros) che nel Crntilo vi..,ne trnt
giù quasi a quella s\':1lu1:1zione de ll 'ovo- tare> il gr.m<le problemn dcl tCtn[)Q, se
µa che viene spe~~o a galla nell'opera gli 6v61La-ra siano sorti per natura (q>v-
Dr Arte trasmess,1 nel Corpus Htppo- C1E~)o per convenzione (0ÉO'EL ). A Crati-
craticum 32 • Si afferma semrn:: più l'opi- lo che sost iene che chi conosce i nomi
nione che l'ovoµ« sia connesso a<l una cono~ce anche le cose (435 d), viene O·
cosa sultanco vép.(fl e non q:>vO'e1, con biettato che il creatore del linguaggio
la conseguenza che l'ovo1~cx. viene re- pot rebbe aver errato, al momento di
spinro perché non è altro che un puro scegliere i nomi, nella valutazione e
segno. Questa posizione è aitestata sto- comprensione delle cose: molte cose
ricamente p er la prima vol ta in una di- cattive hanno un nome che l'analisi e -
scussione d'argomemo medico (influen- timologica rivela buono e viceversa.
za della riflessione sulla q>UO'Lç) nell'o- Per qut:s ra ragione Platone nel Cratilo
pera nmibuita a Polibo Dc Natura Ho- dichiara che la via alla conoscenza che
minis 5 (Vl 40 ed. Littré): gli òv6µa:m passa per i nomi e le loro etimologie è
appartengono al campo del vòµoç, le impraticabile >5_ L'opinione finale di
lòéaL a quello delfa <pvo-1ç. Il linguag- Platone sull'argomento è espressa nel
gio è un prodotto di o-w»l)xri ed b1w Sofista: le parole sono segni fonici ( Q"l)-
Àoyla: Plac., Crat. 384 d; 435 a. Tale è 1-lda 'ti'jç cpwvi'jc;) che ricevono il loro
anche l'opinione di Protagora -ll. Il sofi- significa to dal pensiero, dalla conven-
sta Proclico ;w studia l'òpi>6-criç òvoµ.ci.- zione e d:ill'usanza ( ÒµoÀ.oyt~ xat t»EL ).
"tWV ed è il fondatore della sinonimica. Le p arole cd i nomi non sono cosl. frut-
to dell'arbitrio individuale, ma fanno
Platone trotta i problemi della filoso- parte della libl;ci comune e sono irrile-
fia dcl linguaggio soprattutto nel Cra- vanti per la vera conoscenza. La mede-
tilo. Ai suoi tempi andava ancora per sima cosa si può dire delle idee: anche
la maggiore la ceori:i che la natura del- i loro nomi non sono che segni che van-
le cose potesse esser conosciuta soprat- no decifrati dulia 010.vo1a. Pure, senza
n.mo dal loro nome, con la conseguen- linguaggio non c'è filosofia (soph.260 a;
za che ci si era abbandonati a gioCllrC 26 1 d-262 d) 36 . Sulla questione dei no-
arbitrariamente con le etimologie. Op- mi e del linguaggio Ph1tone ha così pre-
ponendosi a l'ale po~ izione, Plat0ne do- so una posizione mediana tra gli estre-
vette porsi il problema complesso e mi antitetici IJ>VO'tL e VO!Ll{l 31.
profondo dcl rapporto tra p11rola e con-
cetto, trn pensiero e linguaggio. Ab- In generale Aristotele condivide lu
32 A questo propvsito ~ JX:r qut1nto segu« -+ kinta110 dolla oonoscen>.a; dr. A. 0EBRUNNER:
IiEtNIMANN I ,7.162. Gcnnanisch · Rom.1nische Monamchrift 1 4
33 -+ Nt!STLE 286 s. JOl. (1926) 321 ss.
3• Plot., Cral. }84 b; -+ Nr.sTt..I! 349. ·'" Soph. 262: Platoné lissa qu i, p~r la prima
35 f. Ucbcrw1•gs Grwulrìss der Gesch. der volrn, la natura dei termini livo;u1 e i\Ti110. :
Pbilosophie 1 " ( 1926), cd. da K. f>RAWlTllR, i>ii1w indica l'azione; 0vo11a. è il segno foni-
256 ~s.; U. '" WtLAMOW!Tz-MoELl.llNOORFF,
co 1iferito all'agente; dalla loro combinazione
Plato11 1 1 (1920) 287-291. M. WARllURG, Zwci sorge formalmente iI giudi~io: -> Po111,ENz
J ,,.
frag en zum 'Kratylos': NPhU ' (1929) 230
l'autol'c rimanòn a pulii. 261 e e o<l ep. 7.,142 11 --> S1·n1NT1v11. 1 111 s. Si discuteva ani11i:1·
a·b, f11,·cndo notare che per Pl:iwn~ r<S~o,w. tnmcnte ,._, h: porolc (6v61w:m) designasscn1
è, tra quelli ivi menzionati, l'clcmcnio più gli OAA<:lli (r.p<i:yJUX.'to:) propri:uncn1c (<pÙ<Te1)
011oita: (11. Eicrcnh:ml)
posizione platonica a proposito dcl lin - scorso ccl un 'unica e medesima p arola
guaggio, ma precisa con maggiore chia- abbiano più significati» 39 • Aristo1 e le
rezza d i Platone che i suoni no n con- trova delle idee per cui manca un ter-
tengono in sé e per sé il signi fica to, ma mine corrispondente (ò.vwvvµa) 4l. Poi-
che prima il pensiero deve cogliere il ché incontriamo le operazioni ed i con-
carattere d i segno del suono. Anche i tenuti del pensiero sempre e solran to
suoni emessi dagli animali hanno un lo- come linguaggio, la riflessione aristo tc·
ro signi6cato, ma non sono òv6µcx:rn .. lica sul pensiero logico viene a riguar-
Il fatto che il suono diventi un segno dare conte mporaneame nte anche il lin-
ed il modo in cui ciò avviene sono sog· guaggio e, in particolare, le parole che
getti vi e casuali: ò yàp l&yoç cxI·n6ç indicano gli oggetti filosofici. Bisogna
ÈCT'f~ -.fjç µo:ih'Jcrswc; cXXOVO"tÒç wv' ov no tare e analizzare i cambiamenti di s i-
xet»'cxÙ"tÒ'll <iU.à. X<X"t<Ì C1Uµ~E~'T}x6ç· gnificato di tali termini e la loro etimo-
È!; òvoµh-.wv yà.p cr\iyxevtcu, -.wv logia: µE"t<X<pÉp nv "toìNoµa:. È1tt -.òv À.é-
ò 'òvop.chwv t'xcxCT-.ov c:rVµ~oÀbv Écr-.w, yov, cioè bisogna prendere il termine
«infatti il parlare è causa d'apprendi- nel suo sen so originario, in contrappo-
mento perché è udibile; ma non è rn le sizione all'uso linguistico comune (wç
di per sé, bensl solo indirettamente: il XE~-io:L "tOÌivoµo: ) 4 1• La ricerca linguisti-
discorso è infatti composto di parol e ca in Aristotele è al servizio della logi-
ed ogni parola è un simbolo» .1$. In De ca; ovoµo: è il segno ( C1Vp.~oÀ.ov) fonico
Sophisticis Elenchis r p. r 6r a 6 ss. Ari- del la cosa, 1tpoCT'T]yop(a è l'applicazione
scotele dice: «Poiché mentre si parla d cll'élvoµo: alla cosa designata.
non è possibile esibire la cosa stessa di
cui s i discorre, dato che noi ci servia- li successivo sviluppo della filosofia
mo piuttos to dei nomi come segno che greca del linguaggio si ha in seno alla
della cosa, così crediamo che quanto è Stoa u Crisippo aumenta le quattro
vero per il nome s ia vero anche per la parti del discorso individuate da Zeno-
cosa, come nel caso delle cifre quando ne e (ovoµcx, pfi110:, C11JvOEO"µOç, <lpi}pov Ì
calcoliamo. N ei due casi le cose stanno distinguendo J'ovoµo: in èh1o~lQ: XVp~O\I
però diversamente, poiché i norni e la = nomen proprium, e O'Joµcx 7tpOCT'T}y o-
quantità d ei discors i sono limitati, ma p~x6v (o itpoo'T}yoplo:) = nornen app<:l ·
le cose sono infinite di numero. È dun- lativu111 " . Tale distinzione segue la net·
que inevitabile che un medesimo cli- ta separn7.ione fotta dagl i Stoici tra le
o sol rnnco 11611111, i!Oet e ~wiH1xn. Du Xe- •~ -> 1'01tr ENZ 1/\3; fa c11polino qui il pro·
noph., meni. 3,14,2 si può dedurre the negli blcma medievale degli universali. Contrario·
ambienti ç0lti si discule\•a Sf!eS«> la questione mente a qu~ato sosteneva Crisippo, Dionisio
della opM't11<; TWV 611ov.6.i:w11. si ritiutava di distinguere tra nomi comuni e
.l6 De $en.s11 1 p. 437 a u s•.; -> STGJNTH.<1. 1 nomi propri: 1) yà.p npocnwop(a: tbç EÌoo.;
187 . ...;, bvé1.l4TL \inol3Él3Àl')'ta~ (2pJ. Egli rinu-
oe però sempre nell'ambi to d elle Jclìnizioni
l9-+ STEJ N'fHAL I 190 s.
stoiche poiché d isringue il XVpl.ov, d1e è i:ò
..., Cfr. Plat., polìt. z6o c. -.i)v Uifo.v oÌJ<7in.v Ul)ltaÌvo11 c<l è consid,~
ti /op. IJ 6 p. r 12 a 32 s.; ..... STEINTIJAL 193. raro l'E~ÒT) dcll'èl11oµa, dal itpoO'l]yop•xov, che
42 -+ $l'El Nl'HA L J 304. è 'tÒ -ri}v xow'Ì}v o•Jv/n.11 O'T}!l<Xi:vo11 (33,6);
4l Diogene babilonese, /r. 22 (v. ARNJM 111 ~ Porn.E"'Z 181 s. La definizione sroial dd-
213 s.); -+ Po1<L EN7. tG)ot6' s .; -> STmNTl•Af. ['0110110: come parte del di!K.'01-so è cosl formu-
l 297. lata da Dionisio: 11tpo.; ).oyov 'lt'tW'ttx6v,
ovow1 (11. Giecenhard)
sini:ole cose, che sono 1<.! unkhc ad e- no le cose". Sono s tati gli Stoici a fon-
sister<: realmente, ed il concetto gene- dare la linguistica scientifica ed a que-
rale eh<.! è solo pronuncialo. Gli Sroici sto 111:1 contribuilo notevolmente il fat-
sostengono che il lingunggio è sorto to che gli Stoici più insigni furono iil-
q>VaEI dall 'animo umano; la parola rap- log.lotti e cominciarono a comparare il
prcsenra la cosa secondu la narura di greco con la loro lingua materna. Dio-
ques ta ed è pertanco vera; inoltre essa nisio Trace ( Il sec. a.C. ), attento filolo-
muove (xtvti:) l 'ascoltatore col proprio logo, trasformò Li domina stoica 7tEpt
significato 45 • Dal punto di vista del con- cpwvijç, nella >tÉXVlJ ypcxµµa:nxi) che
tenuto la cosa, il conceno e la parola determinò tutto il corso successivo del -
pronunciata sono uguali. Tale opinione la disciplina. Poco dopo apparve un'al-
si nlierma poi nella filosofia antica e tra 'tedme' ' 9 che venne ripresa dai Ro-
conseguenremente gli 6v6µa:to. sono an- mani, in una forma adattata aUe loro
che huµo.. In virtù di ciò l'arte del - rnraueristiche linguistiche, e regola fi-
l'huµoÀ.oylo. ha il compito di mostra- no ad oggi l'istru7jone grammaticale e-
re l'huµb·n1ç,, la verità delle parole, fo- lementare.
cendo notare come il termine concord i
con l'oggetto ch'esso designa. L'etimo · 3. Il 11ome di Dio Sll
logia devi.! inoltre rivelare il contenuro
mornle, metafisico e religioso insi to ne- .Erod oto riporta (2,52 s.) una tradi-
gli e-ruµo.. Nella parola c'è una sapien- zione delle sacerdotesse di Dodona se-
za che stimola e porta alla luce la scien- condo la quale i Pclasgi avrebbero ado-
za ed il pensiero. Mediante !'arre del- rato gli dèi senza dare ad alcuno di lo-
l'etimologia lo stoico può persino far ro un epiteto (E7tWV1Jt1tTJ) o un nome
propria la reli gione del volgo con tutti (ovoµo.); i nomi degli dèi sarebbero in-
i suoi dèi e miti poiché egli riesce a vece di origine egiziana ed il loro uso
trovare in essi In propria veri cà e sa- sarebbe stato autorizzato d:i un ornco-
pienza non appen:i sottoponga ;1ll'anali - lo. I Greci anebbero po i ripreso i no-
si etimologica i loro numero~i nomi: mi delle divinità dai Pclnsgi mentre gli
infarti il linguam~io, sorco inconscia- epiteti vennero (issati da Omero ed E-
m ente, ha la stessa immediatezza e va- siodo che diedero ai Greci la loro teo-
lidi1:ì della religione e dcl costume che gonia. Tuie notizia di Erodoto ci pcr-
vivono di una simile immediate<:za nella mcl'te di conosce re un momento preli-
co~denza popo lare""; es:lendo C$pressio- minare dclh religione greca 51 ; più t:ir-
ne dcl pensiero, il linguaggio è pone di l'anonin1irà degli &i sarà invece con-
della ragione universale 17 • L'onom,1w- siderata un segno cli ateismo. Strabone
peia costituisce per gli Stoici la prov,1 (),4,16) riprende d a P osidonio l:i noti-
principale dcl fallo che le parole imir:i- iin che la tribù celto·iberica dei Callai-
O'Wµ<x. i\ ni;Ai1w:i: crn11cx.~vov (24.~ ); ~ J>o11- -11 A. SCltMEKEL, Dìc Phi/cJsophie dt>r 111i1tle-
LENZ 182. re11 Stoa (1892) 20~ ss.
45 1..n te~ stoica co"titui l.i «fonte di errori ~' BARTll, op. àt. (__,. n . 4,j 78.
49
macroscopiri.: P. JlAllTH, Vie Stoa ( 1903) ii• PoH1.roNz ' 5i·T90 b p<.><ru l:t.
.._.
s.; essa v<.~nnt· C\)tlll'Shlla c.bglj Sccnki cou '" .._. lV, colt. 335-358.
l'argomemo che in t.•I caso tutti gli uomini ' ' -> USl'.Nlll 277-279; per 1:1 q1w~1it\11c degli
dovrebbero c:11Jirsi . .._. Sn;JNTI <AL 1 330. dN anonimi -> NOl!.DliN 57 n. 1; O . KEKN,
46 ~ Sn:1NTllA1. 1 'IO s. /)"' R~ligi011 der Griecbc11 1 (192(•) 125·1J4·
oVOJMX ( 11. BictenhurJ)
chi era 'atea' (èiilto~) e sacrificava, du- mi degli dèi quanto m:ii sii,'flificativi:
rante il p lenilunio, ad una divinità sen- Democrito, ad es., li considera «simu-
za nome ( O:vwvliµtii -.wt i)EQ ); ciò vuol lacri parlanti», &:yéùµcxi:cx q>wvi)encx
dire che gli dèi di questa e di altre tri- (jr. 142 {Diels' I 170,9]). Il nome
bù non ave\':tno nomi propri. viene considerato dooç dell'essere che
designa; come ogni sacro simulacro, an-
In crà s torica, quando In religione che il nome divino, appunto per questo
aveva già raggiunto uno stadio supe- suo aspetro di i1ycxÀi1cx cpwvijEv, 1·ichic·
riore, gli dèi greci hanno tutti un no- dc che si tenga una certa distani'a e
me. Dato che soprattutto i nomi dell e gli si mostri un timore riverenziale. Il
divinità vengono creduti significativi, Socrate platonico (Phileb. r2 c) non o -
essi sono anche i primi ad esser consi- sa addentrarsi in analisi etimologiche
derati ètimi ed a venir interpretati di dei nomi divini per il timore riverente
conseguenza. I Greci hanno cercaro cl1e prova d:wanti a lo ro, e altrove
sempre di dedurre la natura e l'essenza ( Crat. 403 a) afferma che gli uomini
degli dèi dal loro nome cd Esiodo è preferiscono chiamare Plutone il dio A-
stato il primo a pc!rcorrere questO cam- de p~rché hanno timore dcl nome (<po·
mino con la sua etimologia del nome d i (3oliµtvo~ -.6 ovoµo:.) . La pratica dell'eu-
Afrodite (tbeog. iSB-198) 52• Il suo e- femi smo, molw diffusa nella grecità,
steso elenco di nomi mostra come il no- non è però dovuta soltanto al timore
me conrenga un mito e come la stessa e- degli dèi o dei dèmoni, ma esprime la
timol ogia >tffondi le sue radici nel mi- volontà di ordinare il mondo.
to 53 • D'aiLra pane la speculazione filo - DaUo stadio primi tivo dell'anonimità
sofica rompe l'identità tra nome e per- degli dèi si distingue quell'altro momen-
sona/ cosa e deve necessariamente giun- to della religiosità nel quale il dio viene
gere alla conclusione che nessun nome ndorato e venerato per quanto è possibi-
può corrispondere esattamente al dio le con più nomi. Premessa la concezione
cui si riferisce (dr. Eraclito, --+ col. magica che per ottenere l'effetto deside-
692); Platone pone la cosci in questi ter- rato occorra necessariamente pronuncia-
mini (Crat . 400 d -401 a): i ' veri' n omi re la pa rola ndaLta (e nel nostro ca~o ta-
divini sono quelli con cui gli Jèi stessi le parola è il nome della divinità in que-
si chiamano; ora, poiché noi uomini stione ), «vengono a moltiplicarsi gli epi-
non possiamo conoscere tali nomi, dob- teti, poiché il fedele preferisce abbon-
b i:1mo acc.:ontcnlarci di quelli coi quali d are piuttosto che espor~i al pericolo
invochiamo gli dèi quando preghi.a mo. di Lralasciare !:i parola decisiva e deter-
Di conseguenza l'analisi etimologica dei minante» 54• Già Crise (Horn., Il. 1,37
nomi divini può al massimo dirci quali ss.) invoca Apollo elenc,111do più epite·
siano state le idee che hanno porrnto ti ed attributi del dio . L'alto numno
gli uomini a scegliere quei nomi per le di nomi ha però anche un altro 'scopo,
varie divinità. Comunque sia, anche i fì. quello di onorare la divinità in modo
losofi hanno sempre considerato i no- partico lare: qu;into maggiore è la poten-
za di quc~1:1, tanto piì1 i:r,1ndl' deve es- d'onore dell 'unica divinirà universale.
sere il numero dei suoi t·pi11:ti e degli Diogene Lwrzio ( 7 ,1 ,68) riassume co-
O:vax),lj·nxcì òvé1ut'ta ~. Come esem- s1 l'inscgnmm:nw di P osidonio a que-
pio rnrdivo (n sec. d.C.) basti citare A- sto proposito: «Dio è un essere unico;
ristides 43,29s. (1 ,8 cd. Dindorf): è ragione e destino; viene chiamato
ZEùç naV'tW\I 1t<X1:TJP xai ovpavov xcx.t Zeus, ma ha anche molti nitri nomi» ;
yijç xat ilrwv x.cx.t civilpwitwv ... , xal «lo si chiama con nomi diversi secondo
OlÒ. '!OV'tOV opw1.m1 xat t'xollEV 07tOO'Ot le sue diverse azioni e funzioni: Ala
xat EXOIJ.f'I. ovi:oç &.7td:V't'WV EÙEpyÉ- perché mediante (&ti) lui tutto avvie-
'Tljç.. ., OV'!O<; oo'TiJp Ò:1tcXV1:())V, ovi:oç ne, Zijva perché è l'autore della vita
TtOLl)'!TJç, ou-coç tv 11Èv ÈY.Y.À.l)O'LCX.lç... (Z:ijv), ecc.... ; cosl anche ili vengono
'Ayopa.i:oç xÉxÀl)i:a:L, Èv &i µO:xcx.iç dati gli epiteti a seconda delle sue varie
Tporta.i:oç, Èv oÈ v6o'oi.ç ... ~'""TJP, ov'Toç camtteriscichc» (7 ,r ,72 ). Lungo le lince
'EÀtulMpLoç .. ., nO:vl>'ooa aòi:òç EvpEv di tale sincretismo avviene anche il su-
11EyaÀa xat Ècx.1nQ 7tpfoovi:a òv6µa-ra, peramento del politeismo 51 • Il tipico
«Zeus, padre di ogni cosa e di tulti: panteismo stoico traspare evidente in
del cielo e della terra , degli dèi e degli Pseud.-Aristot., mtmd.7, p. 401 a r3 ss.:
uomini .. ., mediante il quale vedi Amo e l'unico dio ha molti nomi: etc; o'wv 11:0-
abbiamo tuno ciò che abbiamo .. Egli è À.vwwµbç ÈO''t~. XIX'!OVOµcd;o,lEVOç 'tOL<;
il benefattore di tutto e di tut1i .. ., il Ttai)ro-~ niiow a7tEp aù'Tbç veox1lo~,
dona tote e foci core di ogni cosa; egli è «pur essendo uno hà molti nomi, es-
chia mato Agoreo... nelle assemblee, sendo chiamato secondo tutti i senti-
Tropeo nelle battaglie, Soter... nelle menti ch'egli s tesso innova». Segue un
malattie; egli è E leuterio ... , e tutti quei elenco di tutti gli epiteti dell'unico som-
grandi nomi ch'egli stesso ha trovati mo dio Zeus che è l'universo stesso:
e che gli convengono» S6. Anche nel ca- 1tO:cil)ç È1tWWJlOç wv q>VCTEWç 'tE xat '!V-
so di una religios ità sincera, tale accu- XlJ<; &.-re n&.v'twv a.v-còç cx.C·noç wv,
mularsi di timli può for sorgere il pen- «che è eponimo di ogni natura ed even-
siero che il linguaggio non possieda più to perché egli sresso è causa di tutte le
alcuna parola che possa servire a desi- cose» (26 s.): tuni i nomi divini indi-
g nare degnamente il dio. In Eschilo, ad cano lo stesso unico dio. Il medesimo
es., leggiamo: ZEùç oo"nç no• 'fo-rlv, d punto di vista si trova espresso in A -
'tOO'aV..~ <plÀ.ov J<ExÀ.111.LÉV!iJ, i:ov-r6 vw pul., met. 1 r ,5 quando la dea Iside di-
1tPOO'EWÉ1tW, «Zeus, quale mni sia il ce: «La mia divinità è unica, ma tutta
suo nome, se con 4ues10 gli piac~ es- la terra l'onora in più modi, con culti
ser chiamato, con quest o l'invoco» (11,~. diversi, con vari nomi»; seguono poi i
i6o ss.); non si tt:ltln qui, evidente- diversi nomi della dea. In tale caso lo
mente, di una rassegnazione motivata molteplicità dei nomi serve ad indic2-
fìlosoficamenre, bensl è il fedele che con re b pienc7.za dell'essere divino.
la sua profonda convinzione cerca di
cogliere la narurn dcl ilEi:ov e del lk6ç 9 . Negli scriui ermetici 59 la molteplici tn
onomastica della divinità si trasforma
Per la Stoa la polio11imh1 è un titolo nell'anonimia: o ÒÈ i)Eoç etc;. o ot E~
<.O Corp. Herm., jr. 3 ($con 1 534 ). M Corfl. Herm., ~.Ycerpt. 23.55 (Scorr I 486,
M Corp. Hcrm .. ('XCerpl. 6,1'9 (SCOl'I' I 4 18, 31).
2 3). i,; ]. KKOLI., IJie l.ehrm ,4,._. Hrr111. T1-is111eg.
62 Corp . lform., Asc/1'/JlllS 20 a (SCOTT 1 JjO, ( 19 13) 20.
26 s.).
61 Corp. l lcrm., Arclt•piur 20 a (ScuTT 1 .n 2, ••i KROU . 20 s.
9 ~.). "' l'scud.·lus1., cohnrtatio 11d g<'1tles 2r; l'i·
"' Corp. Herm., /r. 11 (ScoTT I 5361. d"'' r içu1'Tè i:iil nejlli ;;poloi:c Li dd 11 sec.:
6> Corp. Hmn., 1!rclcpiur 41 b (.Sr.cn·T 1 37·+> Iu:st., upol. 1,10 1; 61,1 1; 2,6,1·3 .f>; Minutio
1
zeno porla co-;1 di Din in 11n inno: xa.t Se il dio è chiamato 1tOÀvwvvµ.oc; , ciò
n«v'twv <ÉÀoç tc;c;l, xa.t El:ç xa.t ltd.v- serve a sottolineare l'onore, la poten-
<a. xat oùotlç. oùx (v twv, ov mina.· za e la dignità eccezionali dell'essere di-
1tavwvuiu, nWç 11€ xa.Àlcrcrw; «C sei vino che il mago vuole così rendersi fa.
il fine di 011ni co.a, cJ uno e tutto e vorcvole 71 • In certi incantesimi bi~ognn
nessuno, perché non sei né l'uno 11é il pronunciare al momento adntto ciascu-
tutto: o tu che h-Ji runi i nomi, come no dei mohi nomi del dio (ibid. I 50).
dovrò chiamarti?• 10• Quesla domina 01i conosce questi nomi di un dio, no-
tardo-classica dell'anonimia di Dio, che mi che in ogni istCIJlte sono spesso di-
non è afT allo biblica, ha trnvato i suoi versi, lo può evocare (ibid. 1 52/ 54) n.
sostenitori fino ai nostri giorni: cfr. Il sincretismo religioso dell'epoca si
Goethe, Faust 1 3432 ss.: «Chi può m:inifesta chiarameme nel fauo che
Jargli (scii. a Dio) un nome? ... • vengono accost:iti nomi divini in ogni
lingun, usati nella forma o riginaria
4. I papiri magici (grcc:1, egizia, frigia, persiana, siriaca,
ebraica). I nomi 'barbari' lrnnno un po-
I papiri magici dimostrano ad ogni tere particolare, ma devono essere pro-
riga quanto fossero radicate la cr<Xlcn- nu11crnti esattamente secondo la lingua
zu nella potenza e nell 'efficacin dci no- originale (nessuna traduzione è ammes-
mi e la persuasione che la conoscenw s.1) se si vuole 01tenere l'effe tto deside-
del nome desse potere s u chi quel no- r:uo. Questo fotto è auestato anche da
me portava e che bastm.~c pronunciare Origene clie si oppone pcrstno a che
il nome di costui per :1mm:1liarlo cd a- vengano tmdotti i nomi dci patriarchi
verlo in proprio potere. Talora è suf- (Cels. r,24; 54~). Abbiamo così l'im-
ficiente scrivere il nome di colui che plor.izionc di uno che prega di essere
si vuol danneggiare su d1 un pezzo di ascoltato: «Poiché io invoco ... i nomi
ca rta o altrove, recitando una formula che ancora non sono penecrati nella na-
magica (Preisendanz, '1.n11h H 51.53). rurn moriale né sono s1ati nncor3 pro·
Se si pronuncia il nome di Dio chie- nunciati distinrnmeme da lingua uma-
dendo od esigendo qualcosa, si viene e- nl ... » (Prcisendom:, Zaub. 192-95). Con
sauditi perché si è proferito quel nome. que:.11 nomi stranieri e barbari van-
Il mistico giunge al punto d'idenrificar- no considerare le sequenze di lettere,
~i con Dio: «Poiché 1u sei me ed io sopranutto di vocaboli, che rendono
sono te; il tuo nome è il mio ed il mio l'incantatore potente; quasi ogni pagi·
il tuo. Perché io sono la tua immagine. n:1 del!J r:iccolta del Preiscndanz olirc:
Se mi accade quakosa ... ciò sarìt acca· e:.cmpi di ques10 fenomeno. Un caso si-
du to al gran dio (parole magiche) che mi le è dato dalla particolare maniera in
è scritto sul davanti del calderone sa- cui ~i scrive un nome, per es. a forma
cro~ (ibid. Jr 47; cfr. 12 3). L'identità di cuore (ibid. 1 2A). La magia pagana
col dio protegge. Anche in quest'ambi- e giudaica si sono fuse in Egiuo , come
ro, come nel panteismo mistico della si vede anche dal fatto che spesso In
religione filosofica, la polionimia delle sequen1.~ vocalic11 efficace ha un suo no
d ivinità invocare ha la sua importanza. vicino a 'Jahvé' o che il nome Ia.w ri-
n Ad es. PREISENl>ANZ, Zaub. 1 56.8.p 22. ayi.oi<; crov òv6µaow; 1 12: fa•xa>..oii1~ai
19h Il 50$.L64, O'OU 'tÒ Xpll1t'tÒV OVOj~a,
cfr. 124; formule di
71 PllE!SENDANZ, Zaub. I 38.67.71.80 .184 ; 11 scongiuro: Il 39: Èl;opx(l;w O'll -toic; 1.1.tyciÀo•c;
u6.158. òvoµao-lv crou; Il 67: tl;opx(t;w crt 'tb. 't;t'
( 36J) òvoµa'ta 'tOV j.U')'cXÀ.OV lltoii; I 80:
75 Come negli scriui ermetici (--> coli. 7 02 s.),
t~opx~l;w (1t xa'tb. 'tOv ciµi.ciV'tov òv6µ<no;
Dio ha un iiq>pacr'tov Bvo1~a; ' Dio' è solo l'nr·
pellacivo con cui egli viene onorato: PRf l·
'tov ·Dtov, cfr. rR4 .
S&'tDAN'Z,Z411b. I 56/ 58. . ;~ RB1TZr:.NSTE1N, Poim. 17 n. 6.
76 Ricchissima documcnrazione in PREIS EN· l'IA. D IETEJUCH, Abraxas. S111dim wr Refi·
DANZ, Zor1b. gionsgcscbichte de~ spii1eren A11t'1'/11ms, Pesi·
71 PREIS~NDANZ, 7.nub. Il 109 s.; formule io- schr. Il. Use.ner (1891) 19.
vocacorie, ibide111 11 31: lnixa>..ov~u1l <TE 'toi:c; 80 PRJ•ISF.NDANZ, Zaub. n Il 3.
bita ddla poli:111a .l,·i nomi non crede 'a11ié b11.~ie111 (v'e11. 6'4) o 'anU Iemòt
alfatl<> nq.:li &i (I ,ur., pbilops. 9 s. u . 5 ,24; 12,31) e gli sconosciuti o
( 1 Pt1r.
I7). gl'i11/11111i b"né b'li-Sém (lob 30,8). A-
nalog:11nente iem si avvicina al senso
di :r.N~er, col quale è spesso in paralle-
C. L' A.T.
lo, e significa memoria, ricordo , fama,
1. D11ti lessirnli l' statistici anche di là della morie (Deut . 9,14;
los. 7,9; lob 18,17; dr. la locuzione
Sé111
81
npparc nell'A.T . circa 770 vol - .ft~m iW'erlt [2 Sam. 14,7 l e sém tW'iir
te al singolare e 84 volte al plurak. [h 14,22] ). È incerro se Jemòt in
L'etimologia del termine non è chiara N um . 1, 2.1ì.20 ccc. significhi per me-
ed originariamente il vocabolo designa tonimia (come nefei, ad es. io Ex. 1,5)
una caratteristica esterna che distingue persona as. Similmente non esiste unani-
una persona o cosa da alrre ~. Jcm si- mità ne l rendere il termine con momJ-
gnifica in primo luogo 11or11e, cioè il mento, segno, come s'ipotizza talora
nomt:: proprio di esseri divini, umani e per passi quali Ge11. 11.4 (na'aseh-lliìnu
animali tU (ihwh ( bii'()t I'm6: Ier. i o, Jem ), l s. 55,13 (scm parallelo a 'ot);
16; waijiqr''t2 b' Jem habba'al: 1 Reg. 56,5 (insieme con ;iid); 2Sam. 8,r3 fi6.
18,26; iWmo Jii'i/l: I Sam. 9,2; si:mot SénJ è CO~trllitO generalmente con le
t'kol- habb'hema: Gen. 2,20), di entità preposizioni 87 b' e l'; abbiamo poi una
geografiche (città, monti, fiumi, ecc.; ad volrn ba'iibur ('a mocivo di' : i Sam. 12,
es.: qiirii' s' miifJ biibel: Gen. TI ,9; 22), 3 volte min (partitivo e cornpara-
w•Jem hanniihiìr haJSeni gip611 : Ce11 . 2 , rivo: Ex. 28,1; J Reg. 1,47), 7 volte k"
13), talora di oggetti e tempi (alcare : ('come', 'secondo': ad es. Gen. 4,17; 2
Ex.17, 15; masséba: 2Sam. 18,18; stel- Sam. 7,9), i6 volte 'al (' secondo', 'in
le: ls. 40,26; cfr. sém hajj6m =
da- base a' : ad es. 1 Reg. 16,24) e 16 volte
ta?: Ez. 24,2; Esth. 9,26: plirim) s1• l'ma'an ('a motivo di': ad es. 1 Reg. 8,
Quando si riferisce all'azione deUa pcr- -!r ; Ps. 2 3,3; l s. 66,5 ) con riferimento
sorui no minata, Ièm può indicare ranto costante, in forma stilizzata, al nome di
la buona (Eat. 7,1; Pro v. 22,r) qu~mo Dio. A questi 43 passi ne vanno ag-
la cattiva nomea (Deut. 22,14 ; d r. E:;;. giunti ali ri 56 io cui ricorre l' iem, ge-
2 3, ro?) o, usato assolurnmence, signifi- neralmente in riferimento al nome di
ca fama, stima, reputazione (Deut. 26, Jahvé; qui /• indica cli regola l'oggetto
19 e l er. 13 ,1 r insieme con t' biJ/a e vicino o lo ntano : 2 3 volte è usato nel-
tif" eret ; dr. ls. 55,13; S oph. 3,1 9 ccc. ); la locuzione 'cos rruire unn casa al mio
così gli uomini /(lmosi vengono detti ( = di Jahvé) nome', o espressioni simi-
~I Non è e1imologicamente colicjlalo con sém b di sém , ma ddb locuzione qarà' /' : cfr.
:::o Sem (nome pmprio) né col nome d i Dio Gm. 1,5: wajjiqra ' 'ì'/ohim //i'6r jum. Più Lar-
('Hm che app:irc come eleme nto t.:oforo nel d i Sèm viene ad assume re quasi il signifrc:uo
nome l'mti'i'l, ~ M. NoTH 1 23 s. di cmtccllo, idea : dr. Ecclus 6,22: «La veri-
112 GEs1ZN1us-BUJ.1L, r.v. i é111 e ~ llur::llMHR, tà è kifo/(J!}».
1m Na111e11 20·2 7. ~' Così 13. KoN1G, l .lebr. 1111d aram. \'Vorler-
u Riferito 11gli animali indi<~• il nome delle buch wm AT. ~' (1936).
specie. M R. G orrHEIL, Hi~:pb Yad: ZAW 26 (1906)
3I Nei pochi casi in Clli nd l'A.T. vit nc dato 277-280 .
il nome ad una co-.~1, nou cl si ~rvc di rcgo- ~. ~ Ilot;HMER, I m Name11 2-9 .
7u (v,252) O\/-Oll« CH.13icteuhan.Jl
r4,iz ; cfr. Ex. 17,14). L 'id,~1 dio.: i no- di spicg:1:<ioni etimologiche: Isacco ri-
mi dci giusti siano registrati nel libro corda b rbata Ji Abramo ( lì,17) e Ji
della vi1a, idea che ninost·i;11110 bene Sam (18,12; :!1,6); Giacobbe è colui
dal 1nrJo giudaismo e dal N.T., ha il che asru1amente afferra il tallone ( 25,
proprio fondamento in una serie di pas- 26; 27,36; cfr. Os. 12,4) e suo fra tel-
si Jdl'A.T.: Ex. 32,p s.; Ps. 69,29; lo Esn11 si cbiama Edorn perché crn ros-
cfr. Is. 4,3; Ez. r3,9; ~ 11 , coli. 276s~. siccio ( 'admonl: Gen. 2 .5 ,2 5 ) e mangiò
la «minestra rossa» (z5,30). Con que-
3. Nomi propri e numi signi/i.ct1tiui ste etimologie semplicistiche si voglio-
Per dire chiamare, denominare, dare no spiegnre i nomi o sottolineando il
un nome, l'ebraico usa il verbo qi'lfli' signilìcaw globale decisivo (Eva, Noè)
con l'ace. del nome proprio e la perso- o un singolo tratto caratteristico (E-
na o cosa introdotta dalla preposizione dom) delle persone così chiamate. A
/< (Gen. 1,8; 3 r .47), talora col doppio (juesro punto vanno forse anche ricor-
ace. (Is. 60,18); il più delle volte abbia· dati i numerosi nomi reofori che espri-
mo la locuzione qiira' ('et-) iem (G<!n. mevano in origine il rapporto <li chi da-
2,20; ;,2), rar:unrntc quella fon iém va il nome con la sua divinità tribale
(/'), che vuol dire propriamente appor- (ovvero il rapporto della 1ribt1 con tale
re zm nome (2 Reg. r7,34; Dan. I,j). Jio ), ma più tardi intendevano espri-
mere spesso quello che era l 'augu rio di
Da tutto l'A .T. traspare ]'importan- un particolare rapporto tra il bambino
che riceveva il nome e Dio 11. Medbnrc
za attribuita ai nomi propri di perso-
i no n1i dei dodici capostipiti d ' Israele i
na 00 : il nome designa la persona, ne fis. geni tori, ed in particolare la madre, vol-
sa l'identità, ne costiruisce una parte. lero rendere testimonianza all 'azione be-
Spesso si può d ire in senso s tretto: nevo la e pmvvidenzialc d i Jahvé (Gen.
29,3 1-30,24; 35,18; cfr. I Sam. 1,20).
«Uno è come si chiama».
Anche i molteplici cambiamenti di
L 'esempio più chi.aro è offerto da Na-
bal: egli è una porta, come dice il suo nome attestali nell'A.T. indicano l 'im·
nome ( 1 Sam. 25,25 ). Questa situ:izione portanza dcl nome per chi lo portava
spiega le numero~e etimologie d ei no- e per l'a mbiente in cui que~ti viveva.
mi propri, che vengono date soprattut·
to nel Genesi, m:1 anche altrove ncl- Cosl G iuseppe dal faraone viene so-
l'A.T., q um1do viene riferito il n<.11!1e di pn1n no111il1aro Zafena t Paneah (Ge11. 4 r,
personagg i imporranti o di località 45), Neco cambia il nome del re E lia-
(cfr., ad es., Cc11. 28,J7.19). Già nclln kim, da lui posto su l trono, i.n Jojakim
narrazione dei primordi si spiega erimo- (2 Reg.2.>.34) come Nabucodonosor mu-
logicumen te il nome di Eva (Gen. 3, ta quello di Mattania in Sedccia ( 2
20), di Caino (.p) e Noi: (5,29), men- Rcg. 24, 17 ); anche Daniele e<l i ~uoi
tre la citt~ di Babele porca nel suo .no- compagni hanno il loro nome cambiato
me il ricordo eterno della punizione di- alla corre babilonese (Dan. 1,7). Tale
vina per b superhia degli uomini ( 1 r, mutamento onomastico esprime il cam-
9 ). Le storie dci piu riarchi sono piene biamenco di posizione della persona in
questione, il suo innalzamenro ad una e iar Iiilom (ls. 9,; ), jbwb !idqcmi (lcr.
dignità particolare ovvero la dcgrnda- 23,6) e !ema~ (Lacb. 6,12); cfr. Os. 2,
zione ad un particolare rapporto cii di 2 s.
pendenza 92 • Cosl anche Jahvé cambia il
nome dei suoi eletti quando assegna lo- 4. Jèm jbwb
ro una nuova posizi.o ne o, in particoforc,
una diversa funzione e import:rnza per il In tutte le religioni la conoscenw dcl
futuro. Il nome di Giacobbe viene cam- nome divino ha un'importanza capitale
biato in Israele perché egli ha lottRto
con Dio (Gen. 32,29); Abramo viene per i rnppoJ:ti dell'uomo con la divini-
rinominato Abmh.im perché sarà padre tiì (~ coli. 683 s.). Per poter onorare
di popoli, e Sarai diventa Sara, cioè il dio ed assicurarsene l'aiuto, l'uomo
principessa (Ge11. 17,5.15). Nel futuro
deve conoscerne il nome: questo ci
la nuova Gerusalemme sarà chiamata
con un nome nuovo (ls.62,2; dr. Zach. spiega perché Giacobbe fosse cosl an-
8,3) ed anche i fedeli riceveranno alla ~ioso di conoscere il nome dell'essere
fine un nuovo nome scelto da J3hvé, parente in lotta con lui (Gen. 32,30) e
mentre il nome dei peccatori servirà <ln
maledizione ( l .r. 6 5, r 5 ). Manoah desiderasse sapere come si
Il signifiC3to e l'importanza del no- chiamasse il misterioso messo divino
me non si limitano però a chi lo porta. ([ud. i3,17 s.). In entrambi i casi alla
Per mezzo del nome <li Abraham cu tti
i popoli dcUa terra si augureranno bene- richiesta del nome si ribatte: «Perch~
dizione (Gen. 12,2 s.) 91 ; il senso di que- vuoi conoscere il mio nome?» e nel
ste parole si può dedurre da Gen.48 ,20: passo di Iud. I 3,18 l'angelo soggiunge
«Con il tuo nome [lett.: 'in te' o 'con
inoltre: bu' pil'i, «esso è meraviglioso
te'] 94 Israele benedirà e dirà: Ti renda
Dio $imile a Efrairn e Manasse» ( cfr. (misterioso)». Diversamente da quanto
Zach. 8,13). In quesw ambito rientra- avviene in simili passi, ncll'A.T. Dio si
no anche i cosiddetti nomi simbolici 95 rivefo soprattutto facendo conoscere il
dati dai profeti ai loro figli: lo'
rupiima e lo' 'a"tmi (Os. r,6.9; cfr. r,4: proprio nome: ad Abramo: 'ani 'cl sad-
jizr"e'l), s•'nr iiiillb e mabèr sàlal (1iis dai (Cen.17,1 [ P ]); a Mosè: 'ani jbwb
baz (fr 7,3; 8,3). Questi nomi prean- <Ex. 6 ,2 [ P J) e 'ebjeb 'aJer 'ehjeb (Ex.
nunciano il giud izio divino, anzi lo fan-
no venire: la maledizione di Dio colpi· 3,q LE])~ v, coli. 1415-1450. La
sce Pashur quando il suo nome è mu· locuzione qiirii' b•sém ibwb (che in ori-
tato in «spavento (d'ogn'intorno)» (fer. gine significava propriamente attrarre
20,3 s.); la grazia di Jabvé è garantita (la di!Jinità) chiamandola col nome 'Jab·
mediante i nomi che gli intermediari
della sua salvez;ro ponano: 'immiùui 'i:l 1Jé 1 ) lascia ancorn trasparire l'idea primi-
(ls.7,r4), pele' j6'è!, 'él gibb6r, 'iibl- 'ad tiva di una costrizione magica alla qua-
9Z J. PEDeR.SEN, lsrarl, ÌJS Li/e and Cul111re "' Seguendo le versioni h'kà va corretto in
l ·ll ( 1926) 2,0-2,2. biiktm. •COI vostro nome•.
91 Ptr il senso universalistico del passo cfr. ~ Ci serviamo qui della terminologia comune
G. v. RAD, Das formgescbicbtliche Problem bcnd1é sia esposla ad un malinteso razionali -
dcs Hexaleucbs, BWANT 4,>6 (1938) 6o s. stico.
ovo1ux (11. llie1cnhard)
•6 L'invocru:ione <l<:I nome Ji Dio a\'e\•a nel «fll cicordi il mio nome•.
culto un posto tulio 1»nirol3tc. tf Cfr. J.J. SnMM, lum A/tdr1.estz ;,,, B1111-
'Il Originori~mcnte il c~10 l<'AA•va di sicuro dcsbucb: ThZ i ( ' 94 ~) 304 306.
b• kol-111aqow («in ogni luoi;n•); il T.M (<.ia
tutto il luogo.. ) rnpprcscnl~ •una corrC'LÌOO'-' ""l Come si può già rilevorc~ d.llla fom1ub di
dogmatica JX•t accomodare il passo a De111. lwnedilione di /\/um. 6,L4-26: cfr. anche 1l v.
12• (G. HrnK, l:xmlur r'':l l9l, ad I.). 27.
·i~ Fors.: va lc11u ''"' la \'crsiun~ siriaca J4z/.:ir, 1111 In altri p~!il, drn1i da -> GMETmll r 7, si
ovo1.ux (Il. B1e1euhml)
tronll di Jahvé in cielo 107 . Se si <.:oosi· ìl proprio ;,~111 sulla terra solo per opc·
d eru l'intervento dcl deu1cmno111ista rare tempuraneamcnce (Ex. 23,20 s.; Is.
sulla preghiera di consacrazione del 30,27? ), il D euteronomio sirua perma·
tempio pronunci ata da Salomone, si nentememe il nome nel luogo di culto.
nota subiw il cambiamento che si è ve- In perioJo post-deuteronomico, so·
rificato col Deuteronomio. La forma prattutto a partire dall'esilio, troviamo
pit1 antica di quesra preghiera ( 1 Re/!,. un uso abbondante e va.rio del concet-
8,12 s.) parla di Jahvé che abita nell'o· to di iem riferito a Jahvé, che riprende
scurità (del tempio); la continuazione e continua i principi antichi. Come era
deutcronomistica d ella preghiera (8,14 già avvenute talora prima (ad es.: Ex.
ss.) dice invece che solo lo Jém di Jah- 9,16; fos. 9,9) uo, Ora Sèm ihwh è U ·
vé abita nel tempio e nega assoluta- sato molto spesso nel senso di onore,
mente che Jahvé possa abitare sulla ter- gloria di Jahvé: dr., ad es., l s. 55,13;
ra (8,27). Non è qui il posto per inda- Ps. 48,11; /s ..26,8 . Come parallelo di
gare ulteriormente i precedenti del con- Ièm ihwh possiamo trovare kizbod (Is.
cetto deuteronomico di sém; sia che s i 59,19; Ps. 102,16) o t<hilla (Ps. 106,
riprendano qui alcuni motivi profetici 4 7; 145 ,2 I). Possiamo forse ricordare
per contrapporli a diffuse concezion i qui anche le locuzioni stilizz:1te /'ma'an
popolari 106, sia che il Deuteronomio ven- sém jhwh e jhwh J<mo lii. Quest'ultima
ga così a trovarsi «nella tradizione del- viene usata quando si esalta la potenza
l'antica anfizionia jalwistica d'Israe- di Jahvé creatore (Am. 4,13; Ier. ro,
le» !119, è chiaro che sostenendo la pre- 16), si ricorda il suo aiuto durante l'e-
senza nel tempio de llo Jem e non di .Jah- sodo dall'Egitto (Ex. 15,3), si annuncia
vé in persona, si evita sia una soprav- lo scatenarsi della sua ira su Babilonia
valutazione sia una sottovaluzione del (fa. 47,4 ) o la redenzione e glorificazio-
tempio: Jahvé non è legato al tempio, ne d'Israele (/s.51,15; H,5 ); ricorre in-
ma siede sul trono celeste; <l'alcra par· fine a chiusura degli oracoli profetici di
te l'importanza del santuario è assicura· minaccia e può esser considernta, in un
ta dal fatto che egli fo abitare lì il pro- certo senso, l'amen, la conferma divina
prio Iém, ove il popolo di Dio può tro· dell'oracolo (ler. 46,18; 48,15 ). Anche
vare Jahvé. Portando avanti idee più la formula t•111a'a11 Iém ihwh (ad es., ler.
antiche, secondo le qual i Jahvé manJa 14,7; fa. 20,9; ls. 48 ,9; Ps. 23,3; 79,
112 __.. GmsEBRECllT 31 s.;-> C Rcl'H~R n-58. locuzione abbiamo k"b6d-f{:m aù es. in P.r. 29,
2.
m I verbi usati in quesii passi ed csprimcn·
ti riverenza o disprezzo per il nome di Jahvé 114 __.. G• P.~E8R€CllT J 23-126, ~ GIU!Ttlt?RA4-
(ad es.: (.'Creare, n1nare, onor-A.re, rjn1trnziare,
esaltare; profan:iu:, disprcu~re, vh-upcrarc)
,2.
sono c~truiti con /c'm all'act. o al dai.; come 11.1 Cfr. ~ G1mT11P.K '1 ·
715 (v,257)
<.:redente corn: ad l''sa e trova sicurcz- denominare Dio che ha f~n o conosce-
:t.'I» 116;
cfr. inoltre J\lal. r,u.14; 2,5; re sé (ed il suo nmm:) cd ha pcrmcs~o
Ps. 5 4 ,8s.; 148,13 (?). Certamente che i suoi pocessero i nvoc:1rlo per be·
l'accostarnemo di si:m jhwh e jhwb nedirli e proteggerli ed esser presente
è spesso dovuto alla necessità di usa- per loro in molti e vari modi. Accanto
re espressioni sinonimiche, sia in que- a questo si fa strada, già nel period()
sd pa$si che in a ltri, per osservare le più antico, un uso d i sèm jhwh che non
regole del parallelismus membromm; è diretcrunente legato all'invocazione o
ma non si può negare che l 'US-O di :11 proferimento del nome divino (1~111
!em sia qui più riflesso e consapevo- nel senso d i gloria, fama, onore di Jah·
le cbe nel passato. I passi di Mala· vé; come sinonimo di Jahvé e forse
chia, ad es., non dicono che Jahvé sa- persino come forma autonoma di rive·
rà onorato dai pagani, ma espliciumen· !azione). Col Deuteronomio abbiamo
te ed intenzionalmente che lo sarà lo una chiara distinzione tra Jahvé stesso,
sém; similmente l'orante del Ps. 54,8 s. abitante in cielo, e lo Um che nel san-
confessa di esser stato soccorso nel bi· tuario funge, in un ceno senso, da suo
sogno dallo si!m di Johvé. Lo sem ri· vicario terreno. Tale teologumeno con·
suita }>l:rtanto essere una entità tra· tribuisce a faci litare quell'uso d i sem
scendente che interviene efficacemente ;hwh come sinonimo di Jahvé che si fa
nel mondo, ovvero un essere potente di sempre più frequente e a preparare quel
cui J ahvé s i serve per agire. Si ì: cosl momento finale dello sviluppo, quando
compiuta l'ultim:t mutazione del con- il nome diviene un'ipostasi, un essere
cetto di Iem; essa rientra perfettamen- potente relativamente autonomo e di-
te nella tendenza generale del giudai- stinto da Jahvé.
smo post-esilico di accentuare la tra-
5. b0 scm, i11 particolare b'"scm jhwh' 16
scendenza di Dio e di trasferire la sua
I molteplici usi possibili della prepo-
opera immanente sempre più ad esseri sizione b0119, che serve in odgine a in-
i nl'ermedi 117 • dicare sempre un cer to nesso, un parti-
È dunque possibile seguire le varie colare collegamento o rapporto , fanno
capi re a priori che anche nella locuzio-
tappe dell'u so della locuzione Sèm jhwb
ne b' Ji!m il b• non può esser reso sem·
nell'A.T. In epoca predeuteronomica il p re cd ovu nque nel medesimo modo.
nome di Jahvé serve essenz i.alme nte a L'uso d i b0 Ji!m nell'elencazione d i nom i
( 1 Reg. 18,2(>: dr. la. 1. X; 23,13 ) ed ove chi:ir:urn:nlc Ja hvé stesso grida il
'èlobìm 'ii1Jai111 ( nmt 11! ,20 ), cosl da pro prio nome J:ivanti a Mosè (w'qii·
dare la chi:1r:1 i inprl·s~iune che si tratti rfi'ti b"sem jhwh l"fiinékii) rendendo co-
di una formuL1 s1c1-.,01ip:1 molto comu- sì nota la propria presenza uo. Se quu l-
ne 1'.'7 . Pl1Ò ben d arsi che questa for- c.:uno deve temerne la vicinanza, allora
mula sia sr:11:1 Lh1pprima impiegata so- si evi1:1 di farne il nome (A111 . 6,10). In
prattutto nel linguHggio cultuale per ques to contesto va anche collocato I 'im-
passare poi in quello religioso genera- piego di b'U:m jhwh ncì giurarnen1i
le 123; rimane naturalmente da chiarire (Di:ul. 6,r 3; Lcv. 19,12; I Sam. 20,42;
se per tale ragione lo sua spiegazione I er. u,16), nelle benedizioni (Deut. io,
vada cercata esclusivamente nell'uso 8; 2Sarn. 6,18; Ps. 129,8) e maledizio-
cu ltuale o se, considerati anche i mol- ni (2 Reg. 2,24 ), :mi rutti che avvengo-
teplici signi6cati di b•, non si debba in- no con la menzione esplicira del nome
vece renderla con traduzioni ed inter- di Jahvé (-7 col. 718) m.
pretazioni variabili e diverse. Oltre che coi suddetti verba dicendi
li significato di b'Iém jhwh radicato ed alcri affini, b'iem ;hwh ricorre anche
nell'uso culruale ed anche in quello re- con ahri verbi, più raramente in epoca
ligioso generale dipende senza dubbio antica e più frequentemente in tem-
dall'invocazione liturgica, dall'effetti va p i più recenti. Davide affronta Golia
menzione e pronuncia del nome di Jah- b'Jém ihwb (r Sam. 17,45); Elia co-
vé (-7 coli. 716 s.), come è il caso del- struisce un altare nel nome di Jahvé m;
la frase qara' b•sem jhwh (più raramen- nei salmi si proclama di esser forti ( 20,
Le hizkfr), invocarela divinità col nome 8 '"; cfr. 124,8), di alzare le bandiere
Jahvé, chiamare Jahvé; questa è la for- (20,6), di abbattere (44,6) e sbaragliare
mula comune per 'onorare ClÙtualmen- i nemici ( 1r8, r0-12) b<Jém jhwh. Nei
re Jahvé' (Gen. 4 ,26; 12,8; Soph. 3,9 passi più antichi ed anche in alcuni dei
ccc.)129• A quesm proposico è particolar- più recenti si può ancora intendere
mente degno di nota Ex. 33 ,19 (34,5) b'fém ihw~ nel senso di invocando il no-
m Non vanno considerai i qui quei passi in voglia sos1enere che b' iu1roducc l'oggeuo; cf r.
cui b' introduce u n ogsen o, come in ls. 50, WI. KoEHLER (-+ n. 119} s.v., nr. 17.
10: iib1a!J b'si:m jhwh (cfr. Ps. 33,21). U1 Anche nel caso delle locuzioni 'alzare le
128 - HEITM0LLER 24. mani' (Ps. 63,5) e 'servire' (fiirèl, Deut. 18,
129 L'espres•ione è usata anche in senso s1re1- 5.7) l'uso di b'iiim jbwh può essere spiegalo
10 quando s'invoca Jahvé ìn casi pori icolari con l'usanza cuhuale d ' invocare Dio al mo-
(ad es. richiedendo una smrigione): > Rcg. mento della preghiera e ddl'ufficio sacerdo-
5, u; cfr. I Rtg. 18,24 ss. tnlc.
lJO La locuzione tJiirii' b'Iim ihwh è usnru qui lll Il cesto di 1 Reg. 18,32 non è certo.
chiaramcn1c come formula, a meno che non si UJ Si legga nagbir per na:i:kir.
731 (v,26o) ovc11a (H. Bictenhard)
me di Jahvé. Nel salterio, invece, Jem è <1Ma il profeta che pretenderà di pro-
molto probabilmente sinonimo di Jahvé clamare nel mio nome qualcosa eh..: non
(~ col. 723) e la frase b'Ji:m ihwh gli abbia comandato di dire, o che par-
non va più intesa, pertanto, in riferi- lerà nel nome di altri dèi, sia punilo con
menro all'esclamazione del nome Jah- la morte». In ler. 14,14 leggiamo: «I
vé, ma in base all'emistichio parallelo profeti profetizzano bugie nel mio no-
in cui ricorre generalmente Jahvé. me; io non li ho mandati» (cfr. 14,r5;
Molto più controverso è invece se 23,25; 2!>.9). Cercamente in questi ca-
sia possibile per b'Ièm il significato da si biimi non può indicare un ( cJletti-
parte, per incarico, a nome di. Ci è sem- vo) incarico di Jahvé a questi profeti,
brato di poter provare questo senso se non a1t ro pexché esso è esprcssamen te
nell'uso linguistico profano (---+ col. smentito (ler.14,4; 29,9; Deut. 18,20),
2 7 8); esso va anche :lccolco per b' senz così che non sembra restare altra possi-
;hwh in connessione con dibber e. nib- bilità che intendere facendo il mio no-
bà'. Uno dei passi più importanti a que- me. Non è però de.I tutto impensabile
s to proposito è quello della promessa concepire bismi come tra virgolette
d i Jahvé a Mosè (De11t. r8,t8 R.): «lo («Secondo loro nel mio nome e. da pat-
susciterò loro di mezzo ai tuoi fratelli te mia» ll5) ed anche se si pensa che ta-
un profeta come te e porrò la mia pa- le interpretazione sia troppo artificiosa
rola in bocc-.i sua ed egli dovrà anmm- e sottile e si preferisce l'altra ( «appel-
ciare (dibber) loro tutto quanto gli o r- landosi al mio nome» 136, «facendo il
dino. E chi non ascolta la parola ch'egli mio nome»), pure anche questa condu-
annuncia nel mio nomt: {biJmi), dovrà ce oltre il proferimento e l'invocazione
rendermene conto» . In questo caso è del nome di Jahvé, ad un significato che
proprio il contesto a richiedere, come non è lon1.ano dall'uso sinonimico (Sim1
sembra, che bi'f"m/. venga tradotto da equivalente a Jahvé) di cui abbiamo par-
parte mia, per mio incarico, e tale tra- laro sopra. Aache in Ex. 5,22 s. (dr. v.
duzione è in ogni caso la pitt verosi- r ), là dove Mosè contra tra con il farao-
mile Il• . La situazione è più· complessa ne, nel nome di Jahvé, la liberazione
quando si tratta non del messaggio <lei degli Israeliti, b"Umka (riferito a Jahvé)
profeti di Jahvé, ma delle parole e dei va inteso per tuo incarico.
'discorsi menzogneri' dei falsi profeti. Possiamo concludere dicendo che;: la
Cosl Deut. r8,18s. conrinua (v.20): formula b•sem jhwh è, a motivo ùei va-
i.i. Cfr. anche ler. xr,21 ('non profetizzare pello' dovrebbe • essere inteso in senso pro-
b'Jbn ihwb') e ler. 20,9. prio>, ma neanche ciò facilita uno spiegazio-
US Contro il parere di -+ B. jACOll 32. ne; dr. invece le considerazioni cli -+ GRE-
l:lol HE11'MULLER J9 nota che il termine 'ap- TllEk 24 Il. I.
733 (v,261) 5vo1Ja (H. Bic1cnhard)
m Il paragrafo 5 (coli. 726·73.>l è s1a10 cl11- cli doppia traduzione poiché nel S<.'Wndo cmi-
bornto da J. FICHTNER. s tico i LXX hanno ancora xHos [ BF.RTRAM).
1
3~ In Mich. 4,5 abbiamo u n'altera'l.ione dcli·
beruta per evitare il nome di una divinit:ì m Il traduttore aveva sì il nostro testo, ma
straniera: o'tc miv·m; ol Afi.ol 11opsvaov'tm lesse e rroneamente l'leJem diin come Aa(JEV·
faao-i:oç n)v òoòv aòi:ov: ki kol-ba'ammim oa.x, tralasciò le ultime tre par.ok dcl verso
jii/'ku 'i.< h'fcm 'i'lohaw. lob 30,8: O:cppovc.>v perché noa si adattavano p iù al resto e ag-
ulol xo:i. ch(J.l(olv ovoµo:, xc:ù xMoç Ea-~€0'~t€ giunse ovo~<ci; per armonizz.~re. Ao:<7€voax è
vov ò:nò yi)ç: b"né-niibal gam-b' mJ b'll-si':m forse dovuto al fatto che si lesse male un te·
nikk'"ft min·hii'ilre!; <Svoµo: è considerato tra· sto trascritto: l'I,'m d.im "" À.oc<r<voav? [BER·
TRAM].
duzione di sem, ma sta in parallelo con ulol =
chi porta il nome, discendc n?.a (cf.._ Ge11. 21, 140 I LXX sostituiscono in I Par. u,24 la lo-
23) e sostituisce il b'11é d el T .M.• menire cuzione w"etfob misp'rc· con quella più lr~·
cI't•µoc rende b'li-sèm . Forse. abbiumo u n caso quente xa• 'tO:V'tO: 'tÒ. òv61~a.'to:.
H5 l v,261) ovoµo. (H. Bictcnhar<l)
twr' come v6µoc; mentre i codd. S, A tato in parte dall 'uso strument:ile d i Èv
e altri hanno ovoµo:. Un caso simile attestato nella grecità profana fìn dal-
presenta Ps. 119(rr8).165 e forse an-
che Is. 4214, mentre in Ps. 59 (58),u l'epoca classica. Nonostante questo fat-
(ove la Mas. legge 'm) l'errore di scrit- to la frase EV (-cQ) ovoµo:·n va comun-
tura del tesro greco (l'ovoµo: del co<l. que considerata senza esitazione come
se è divenuto v6µoc; nei codd. B ed
S) è preceduto forse dal medesimo greco di traduzione, poiché risponde
errore in quello ebraico ('m trascritto piuttosto alla sensibilità linguistica se-
.fm ); il T.M. è sostenuto dai tre tradut- mitica 1".
tori esaplari. Nel o/ 62,6 ovoµo: è tra-
scrizione em1ta di <7"téµa.; cfr. anche cChiamare per nome» è tradotto con
Prov.9,18 a: 01iµ o:-Ovo1Lo:. Abbiamo svi- à.va.xÈxÀ.T)µcxt El; 6"6~unoç (Ex. 31,2;
ste in Is. 33,21; tji 39,5; 43,27; 71,14; anche Ex. 35,30; Num . 1,17); «secon-
Soph. 1 ,4; doppia traduzione in 1)1 12,6; d o i loro nomi» è reso con É~ 6vo1.L<hwv
24,r4; dr. Num. 33,54. In 2 Par. 1,9 ttirrwv ([biJmotàm], Num. 3,r7; cfr.
dbr è sostituito da ovoµa: il motivo Num. 32,42: lx 'toii 6v61io:-roç a.v-coii
della fiducia è trasferito dal rapporto [biSmo]). In h.43,1 abbiamo l'ace.:
con Davide al nome di Jahvé. ovoµa ri- Èx<i'À.E<Tà. <TE 'tÒ ovoµ« O"OV (cfr. Is. 45,
corre nei LXX anche in frasi o versetti 3); il dat. in Is. 45,4: xo:À.taw O'E 'tQ
che non hanno riscontro nel T.M., ad 6v6µo:.'tl crov (cod. S; cod. B: µou). «In-
es. 2 Bo:cr. 23,24; 3 Bei.a. 8,16; lob 42, vocare Jahvé», qara' b•Jèm jhwh, è re-
t 7. Mentre nd passi considerati fino so dai LXX transitivamente: ( tm- )xo:-
ad ora si è rrattato di questioni di cri- À.E~c:x.r. -rò ovoµo: (Gen.4,26; r3,4; 11,
tica testuale, i casi in cui i LXX leggo· 33; 26,25; lii 78,6; 79,19; 104,1; 114,
no ovoµcx. e che vengono esaminati qui 4; u5,4; Is. 64,6; Ier. xo,25 ), ma an-
di seguiro riguardano piuttosto proble- che É1ttx.o:À.ti:ai>o:t tv 6vo1.let'tt (3 Bacr.
mi di traduzione. r.8,24 .25.26; 4 Baa. 5,u; r Par. 16,8)
oppure Èmxo:À.E~afio:t Ènl '\Q 6véµo:·n
L'espressione ehrnica b'Jèm sembra (Gen. 12,8). In 3 Baa. 18,24 troviamo
aver presentato particolari difficoltà ed (3oa.v èv ovoµcx."t cd in Is. 1214 ~oà.v -cò
i LXX l'haano tradotta in modi diver- ovoµcx. cx.v-coii. Anche coi verbi 'giura-
re' (cfr. 1 Bo:a. 20,42 con Deut. 6,J 3),
si: Èx -coii 6v61icx.'toc; (Ertb. 8,8}; lìt6: ' lodare' (r Par. t6,ro; 1)1 104,3), 'bene-
senza o\loµo: (Esth. 3,12; 8,10); È1tl -rQ dire' (cfr. 2Bo:a. 6,r8; 1" 71,17; u7,
6v6µo:-ct ( 1 Bo:a. 25,5; 3 Bmr. 20[21], 26; 128,8 ecc., con Deut. 21s). 'parla-
re' (cfr. 3 Ba.a. 22,16 con Ex. 5,23; 33,
8); lv -r<i) 6v6µo:·n (r ijcx.cr. 25,9). La
r9; Deut. 18,19.20.22; ler. 10,9) ab-
locu2ione tv '\Q òv6µo:·n, piuttosto fre- biamo varie costruzioni: semplice dati-
quente nei LXX, non è usata nel greco vo, Év col dativo ed É1t( col dativo. bo'
classieo ("' col. 686) e rappresenta il (biilak) b'Jem jhwh è reso talora ( I
Bcx.a. 17,45; M ich. 4,5) con Èv òvoµa-ct,
tentativo dei LXX di rendere letteral- tolaltra (2 Par. 14,10) con É1tt '\~ òv6-
mente l'ebraico b"sém, tentativo facili- µcx·n; bo' t•fem con EV ovoµo:-c~ (Ios.
9,9), invece hèk//J liimo (Ecclus 47 ,r3) legge invece: Èl<À.TJ~1) Ev òv6µa-rL a'
con È1t 'òv611ai:~ a.Vi:oii. I LXX rendono TW\I). In 1 Mach.I4.43 leggiamo: éir.w
Uret Jàm 'et-;hwh (Deut. r7,r2) con ypciq><.i>V'T<XL È'ltt •@ òv6µai:L avTo -
Àai:oupyt:LV È'ltL T<!i ÒVOJ.l.aTL xvplov; 7tMaL CTV-yypaq>al, «si scrivano sotto il
l'Jimkà 'azammér (2 BCXO'. 22,50) con suo nome turrì quanti gli atri ufficiali,.,
Èv i:Q òvòµai:l 11ov tlia>..w; wa;'qallem La frase niqra' sem 'al ('il nome di qual-
b'sèm ihwh (4 Bacr. 2,24) con xai:ripri- cuno viene pronunciato su una perso-
O"ai:o ... tv Òvoµa't'L Xup(OV. nn od una cosa') è tradotta talora con
In base a qucsii dari bisogna ora va- ovoµcx seguito da É7tl col dativo : t'ltt·
gliare la tesi che la formula iv ed Ì1tL XtXÀ.7}Tm TÒ OVOµU O"OV in'ɵol, «il CUO
(-rii)) ovòp.cxi:t significhi, nell'A.T. e poi nome è stato invocato su me» (fap. 15,
anche nel N.T., soltanto 'facendo, pro- i6; similmente IEp. 7,10.u.14; 39
ferendo, invocando, menzionando, pro· [ 32 J,34; 41 [ 3 4 J,r .5 ). Spesso abbi omo
nunciando il nome'. Abbiamo già visto anche t'!tl con l'ace., ad es. in 2 BM.
più sopra e~ coli. 731 s.) che anche nel- 12,28; 3 Bau. 8,43; 2 Par. 7 , 14; Am. 9,
!'A.T. ebraico ci sono passi in cui b'Jèm 12; Is. 4,1; 63,19; Ier. 7,30; 14,9;
non ha tale signilicato, ma piuttosto Da11. 9,19; Bar. 2,15; in I Mach. 7,37 si
quello di 'a nome di', 'da parte di', 'per legge É'lt'cxi>-.ou (cod. A: tr.'ai>i:bv). So-
incarico di" abbiamo poi constatato lo 3 volte nei LXX l'ièm è reso con
che proferi;e conc retamente il nome dç evoµa (con verbi di fare e divenire):
perde gradualmente d'importanza, tan- XO:L foi:cx~ xvptoç dç ovoµa, «ed il Si-
to più che per il Deureronomio lo fem gnore sarà un ticolo di onore» (ls. ,5J,
rappresenta Jahvé nel tempio; Jem r3; cfr. 2 Eo-op. r6, r3; 1 Par. 21,5);
;hwh è inoltre usllto come sinonimo di flem è anche tradotto con ovoµcxCT'TOV
Jahvé 1• 2 • Dato quest'uso vario della lo- (/er.13,1r; ~ coll.733s.) e martà'
cuzione ièm ;hwh nella Masora, il mo- l'Ièm è reso con cpu-.bv Elp1Jvriç in Ex.
do migliore per dererminare come i 34,29 10 . In tutti questi passi sem (éivo-
LXX usino f.v o lrrl ( i:cii) 6v6µ.ai:L è µa) signìfica fama, gloria, non nome. In
quello di nuenersi al resto ehraico se- 2 Mach. 8,4 e 3 Mach. 2,9 il greco cl.e;
guito dai LXX. La preposizione É'ltl vie- -rò ovo1.ta non ha corrispondente nel te-
ne usala quando si dà il nome di qual - sto ebraico.
cosa: t'ltwv61.1,acrEV -ri}v 'ltoÀ.w Ènt •iii Abbiamo già osservate nell'A.T . la
6v6µcnL (k'sem) "t'OÙ vtoù, «diede all,1 rendcm:a ad usare sempre più frequen-
città il nome del figlio» (Ge11. 4,17); tememc iem ihwh accanto a ihwh; cale
È1tL i:1iJ ov6µcx·tt ( 'al-sem) 'TWV Ò:ÒeÀ.q117iv tendenza è ancora piì1 forte nei LXX
mhwv xÀ1)l>1)crov-taL, «saranno chia- che si distaccano rnlvolta dal T.M. (a
mati col nome dei loro fratelli» (Gen. meno che non abbìano letto un testo e-
48,6; anche 2 EcrÒp. i7,63; nel passo braico diverso): cfr. Num. x4 ,21; / Par.
parallelo di 2 Ecròp. 2 ,6 r [ cod. B] si 22,6 (cod. A); 2 Par. 6,2; lji 12,6; ls .
142 HEITMiiLL.F.K t"Crc!l di risolvere tutti i rnsi inicso t'OlllC /Im (h = per essere come sudi-
con un'unica ~plcguzionc rosrante e perviene ciume . 1\nt:he Simmoco lesse Jbn e: modificò
calot'd ad un'esc:gcsi 6chc dobbiamo conside- fb in r' così da tr3durrc xcr.xwvvµla . In ltp.
rare alquanto nniliciosu (BovssET-GRESSM. 40(33),9 Aquila e Simmaco rendono llm 1Jw11
349). • ,_ - wn E(.ç 5vo110: tùq>poaVVl}ç, mcnlre i LXX han·
14.I Probabihn~n1e sulln base dcli cbr. sa/0111. no semplicemente rlç tÙ<ppoaU'>n')V. Anche qui
In E.~. 32,25 A4tiilfl legge: tl; OVOjL« puTtov; troviamo una costruzione con un verbo di di·
il 1ennine tlurfh, di significato incerto, viene venire JBERTKAM).
ovo1l(J( (H. Bic1cnhard)
12,5; i9,8 (?). Nel medesimo fenome- figlio dell'is raelita bestemmiò (waiiiq·
no va inquadrato quanto segue: Jahvé qob) il nome ('et-hassém) e lo maledis-
sceglie una città, un edificio per farvi se»; i LXX hanno invece: btovo(J.(i.crcxç
abitare il suo .nome ( 2 Eo-op. 6,1 l; t 1, Ò vtòç ... 'tÒ OVO(.J.(!, Xa"t''TjpaO'C!.'tO, «il {j.
9), per porvi il suo nome (3 BC!.<T. n, glio... bestemmiò pronunciando il no-
36; 14,2r; 4 Ba<T.H+7 ); nei passi me»; il v. 16 suona nel T.M. «e chi be-
appena ind icari i LXX traducono ler- stemmia il nome di Jahvé dovrù essere
teralmente il testo ebraico, ma le due messo a morte», che è reso dai LXX
frasi vengono anche para fra sa te: ò -rò- con òvoµa~wv ot 'tÒ ovoµa xvplov ilo.-
1toc;, èlv /lv txM !;'T}'tCXL xvpLoc; ò i)Eò<; v6:"t'~ ilC!.Va 'tov(Ti)w, «chi nomina il no-
òµWv Émx\'T}~ljwu -rò OVOl.1C!. m'.rcoii me del Signore sia messo a morte»:
Éxd, «ivi sarà il luogo che il Signore vo· mentre il testa ebraico vieta di bestem-
srro Dio avrì\ scelto perché il suo nome miare il nome di Jahvé, i LXX vanno
sia invocato» (Deul. n, u ; anche Deut. oltre, proibendo anche la semplice men-
12,:26; 14,23 s.; 16,l.6. u .r5 [cod.A] ; zione del nome divino.
17,8 [codd. A S]; 26,2; 2 Par. 6,20; Quanto frequente t: l'uso di ovoµa
cfr. 12, 13). Casi simili sono 3 Ban. 3,2; nei LXX, tanto raro è quello del ver-
5,17.19; 8,17.20; 2 Par. 6,7.8.9: qui i bo· 6vo~t6.~w che ricorre soltanto un
LXX trad ucono esattamente b f rnse 30 volte, una dozzina delle quali negli
«costruiie una casa ol nome (LXX: <tiì'> apocrifi. A questo verbo sembra esser
6v6µan) del Signore», ma in 1 Par. staro prcfecito, tra gli altri, xa'l-.t:~v,
28,3 leggono: ovx olxoooµi}O't: L<; ÉIJ.ot forse perché l'ebraico non ha un verbo
ohwv 'toii Èitovoµcl.acxL 'tÒ OVO(J.ci µov derivato da Si:/11. Òvoµ0.~ELV rende zii·
t 'lt'C!.IÌ'tiiJ, «non mi costruirai una cas:i. kar (Ier. 3,16; 23,36; los. 23,7 [forma
su cui sarà pronunciato il mio nome». hif'ilJ; Am. 6,10; Is. 19,17), naqab
ln Num. 14,ir i LXX aggiungono a sw (Lev. 24,16; I s. 62,2; I Par. 12,32 [ for-
trw anche XO.L ~wv "t'Ò ovoµ6: µou. Piì1 ma nif'al); 2 Par. 31,19), qara' (Gen.
volte nell'Ecclesiastico il verbo 1::,6:w è 26,18 [cod. A); Iep. 32(25),29.
collegato a ovoµcx ( 37 ,26 ; 39,9; 44,r 4 );
si tratta del l'ovoµa a!.tl>vwv ( Eccltis I J, È11ovoµ.<i.sEw 144 è usato nei LXX cir-
6; Is. 56,5). Nel p:i~~o mnrcatamente ca 36 volte; solo in alcuni passi (Gen.
antropomorfico <li Ez. 43,7 i LXX prefe- 4,17; 26,18 [co<ld. BS); Ios. 7,26) tra·
riscono parlare del nome di Dio an7.i- duce qiira' Jem; È1tOVOµcXSELV 'tÒ èSvoµa
ché di Dio stesso. In Mal. 3,5 il T .M. rende il semplice qiirii' (Gen. 21,31),
legge «quelli che giura no il falso», i zàkar (forma hif'il, Ex. 20,24 ), naqah
LXX invece «quelli che giura.no falsa- (Lev. 24,11 ), itim :iém ( Deut. 12,5; .i
mente per il mio nome». Particolar- Par. 12, r 3); non ha corrispondente in
mente interessami sono due versett'i di ebraico in 1 Par. 28,3; negli alt ri passi
Lev. 24: al v. I I la Masora legge: «e il traduce qiirii'.
datti alla mia natura« (vii. Mos. i,75}. vino durante il culro nel tempio non
L'essere ( 'tÒ ov) stesso non può e.~ser sono esaurienti " 1; inoltre ha idee nien-
denominato: esso semplicemente 'è'; di te affatto chiare circa il rapporto tra il
conseguenza Dio è chiamato 'colui che tetragramma ed il xvpLO<; dei LXX 149 .
è' affinché l'uomo possa afferrare l'uni- Filone si trova in piena tradizione stoi-
ca cosa che si può comprendere in Dio, ca quando afferma che le potenze del-
l'esistenza ( som. 1,230 s.). Poiché 'colui l'Ente hanno pit1 nomi (som. 2,254),
che è' è ine!fobile, il suo vero nome non come anche che la polionimia è propria
può esser conosciuto dalle creature (rer. deUa sapie.oza (leg. ali. I,4J). Partendo
div. her. i70). Il nome di Dio conces- da tali concezioni, la polionimia è pas-
so agli uomini è xvp~oc; ò l>t&; (mut. sata ad essere un predicato onorifico del
nom. rr s.), ma egli ha anche un altro Logos che, tra l'altro, si chiama anche
norne relativo col quale gli uomini pos- 'nome' di Dio (conf. ling. 146). Benché
sono invocarlo: «lo sono il Dio di A- gli uomini non conoscano il nome di
bramo, d'Isacco e di Giacobbe; questo Dio, ma soltanto quelle designazioni
è il mio nome per ogni eternità» (Abr. che sono loro concesse, pure anche que-
51; cfr. Ex. 3,15). Dio non ha cosl al- ste. devono essere considerate sacre
cun nome proprio " 1• I nomi usati nella (mut. nom. u-13}. Spesso Filone parla
Bibbia greca, l>tòc; e xup~oc;, indicano dei 'nomi impropri' di Dio; non lo si
soltanto delle potenze in Dio I#: xvp~oc; deve invocare con leggerezza (spec. leg.
(in base aJl'etimologia greca ) la poten- 2,3) né si deve giurare per Dio stesso,
za della sovrnnità; ì>Eo<; la potenza della visto che non se ne conosce la natura,
grazia 147• Filone non ignorava comun- ma soltanto per il suo nome (leg. ali. 3,
que che sul diadema del sommo sacer- 207 s. ): chi però giura il falso contami-
dote erano incise quattro lettere che al- na il puro nome di Dio (spec. leg. 4,
ludevano (µT}vvtcri}a~: vit. Mos. 2,132i 40 ). Filone condanna l'uso di termini
al nome di Dio; sapeva poi che i sacer- ingiuriosi, perché si pecca quando la
doti ufficianti nel tempio portavano ll!U bocca pronuncia tanto il nome sandssi-
piiistrina d'oro ( 7tÉ'tcÙov ) i:É"t'ta.pcu, mo ("'tÒ tEpl:.mX.'tOV O\IOµ.a} quanto brut-
ilxov yÀvcpiXc; 6v6µa.'toç, o p.6voL<; 'toi<; te pawle; molti però si servono, pur-
t::i,.-a. xa.t y ),w-t.. av crocpl11- xexa.l>cx.p1lé- troppo, del nome multiforme (110À.vw-
vo~c; i)tµL<; aXOVEW xcx.t ÀÉyEW ÈV vv1~ov 5voµa.) in modo sconveniente ed
à.yLoi.ç, CiÀÀ<tJ o'oVOEVL •Ò na.pci1t1.1.v empio (decal. 93 s.): Invece di lodare
OVOaµoÙ, «COn incise le quattro lettere Dio, gli uomini proferiscono le parole
di un nome che soltanto coloro i cui o- più orribili (q>p~xw0t<nci-ecu; òvoµc!.!;ov-
recchi e le cui lingue sono puri6c:iti 01. xÀl}11tc.c;} e credono di poter rag-
possono udire o proferire nel luogo giungere i propri scopi con le loro sfil-
santo, ma nessun altro ed in nessun al- ze di 6v6µ1na. (spec. leg. 2,8).
tro luogo» (vit. Mos. 2,rr4). Filone non
dice espressamente che si tra tti del te- 3. Flavio Giuseppe
tragrammn sacro, e anche le sue infor-
mazioni sul proferimento del norne di- L'uso di ovo1~a che riscontriamo in
1.is W.W. <;RAF Bw o1ss1N, Kyrius als Got- mente il secondo ' nome' oltre ~6<;: ScllLAT-
tesname... 11 (1928 ) •i? s. TER , Tbeul. d. Jt1dl. 6 1 n. i.
H6 som. 1 ,163; p/imt. 85 s.; ler,. oli. 3,73. ,..,. BAVDISSIN, op. cii. (-+ n. q5) 177 s.
H7 Per Filone XVpl.Qç nei LXX era semplice- '~ IlAUDISSIN, op. rii. (-+ n. 14$) 179-181.
ève1 •o: (l I. Hi~>tcnhard)
Flavio t;iuscppc llO è conforme piì1 alla ne di Dio in 1'.x. 3 fotto da Giuseppe,
greci ti1 etnica che all'A.T. o i1ll11 ~recitì1 Mosè prega Dio µnot 6v61.1.a:to~ aùi:Q
scmitirn. Giuseppe usa la forma ti; 6vò· -yvwo-w -.oii ìolov cpl)ovijo-CXA., «di non
1w:toc; per di re 'nel nome di' (ant. 2, negargli la conoscenza del suo nome
275; 14,138); la frase Eit '6vo11cii:t non personale», dopo avergli fotto sentire
t. certo estnmea al greco classico ( ~ la sua voce, xaL -ri)v npoo-nyoplav d -
col. 686), ma ricorre sopr:muno nei mtv, tva Duwv Éç 6v6µa:toç aòi:òv net·
LXX: gli Israeliri non vogliono avere pei:vci~ i:otç lEpotc; itCX.p«xetÀ.i\, «e di dir-
a c he fare con Mosè «che li ostacola col gl i come ci si dovesse rivol gere :i lu i,
pretesto del nome d i Dio (Èit'òvòµci·n affinché durante i sacrifici lo potesse in-
i:ov lkov )» (a111. 4.; ); ttt'bvoµCLn "toii vocare per nome ad esser presente ai
'fo.xwPov significa «(gli animali) che riti»; «allora D io gli fece conoscere il
spettano a Giacobbe» (ani. 1,32 1 ). Giu· suo appellativo ( itpoO"T)-yopla, non ovo·
seppe si attiene all'A.T. nel dialogo trn 1.1.a.!) che prima n on era giunto agli uo·
SlllTluele e Saul, quando il primo coman- mini e a proposito del quale non mi è
da 'tÒ ' AµaÀ:rptov 0voµci ... t~aÀE~i1'at, lecito dire alcunché» (ant. 2,275 s.).
~di cancellare il nome di Amalek» (ani. Considerato che Giuseppe era sncer<lo -
6,1 33 ). Soltanto i Giudei si rifiutarono te , egli conosceva certamente come pro-
di giurare per il nome di Gaio: µ6vouc; nunciare il nome di Jahvé, ma si atten-
i:ovo-lìt tilìo~ov TirtU1l>at. .. opx tov av· ne al noto divi eto di proferirlo. Sul
i:oii i:ò ovo11.a itOt.Ei:o°l>a~. «soltanto a co- frontale è inciso in caraueri sacri l'ap-
storo sembrò indegno ... che si giurasse pellativo (npo~yopla) di Dio (ant. ~ .
per il suo nome» (ani. r 8,258); Erode 1 j 8); il sommo sacerdote Iaddo si fo
iniziò la guerra i)o-tBnµivov lìÈ 1.tE-rà incontro ad Alessandro vestito dci suoi
i:wv d.U.wv i)EG'N xat i:oii o-oii, Ka~ paramenti ed anche con il frontale su
<Tap, òvoµai:oc;, «dopo che fu profana- cui «ero inciso il nome di Dio», i:ò -roii
to anche il tuo nome , o Cesare, insieme DEOV E-yÉypCX1t"t'O ovoµGt 152 ; Alessandro
con gli altri dèi» (ani. 16,346). Magno «si prostrò davanti al nome».
Giuseppe è molto riservato nell'uso 7'pOO"EXUV"l")O"EV 't'Ò ovoµe1. (a11t. 11 ,33 1 ).
del nome di Dio: « Poiché Flavio Giu· Il nome di Dio è 'tremendo': trovan-
seppe estende anche a xup~o~ il bando dosi in pericolo di vita alcuni Giudei
del nome divino dal linguaggio comu· chiedono pietà i:ò q>p~xi:òv Émx1ùou-
ne, scompaiono quasi del tutto le cita- ~(lvt.iv ovoµct. 't"OV lkov, «invocando il
zioni bibliche letterali. Neanche una trcmeudo nome di Dio» (beli. ~,438);
vol ta lo storico giudaico si serve nelle non è detto che qui si tratti necessaria-
sue apologie di una ci 1aiione biblica mente del tetragramma. Nel Deutero·
per comprovare la validità delle sue af- nomio si dice che il nome di Dio abita
fermazioni» 151• Egli spiega il terzo co- nel tempio, e Giuseppe formula cosl la
mandamento cosl: «li terzo comanda- preghi era di Salomone al momenlo del-
mento insegna che non si può giurare la dc..Jica dcl tempio: o-ot xcxnaxtÙO'.·
per Dio in questioni di poco conto», xci 'tÒV vaòv tm;Nuµov, «ti ho costrui-
btt µnoevL qicx.u À.41 i:òv l>eòv 61.l.wvc.u to un tempio che porta il tuo nome»
(ant . J.9l); nel racconto della rivelazio· (ant. 8,ro8). La trascendenza di Dio è
150 Per Flavio Giuseppe dr. Sc11LATTF.R, "l In dlii. 8,91 leggiamo invece: I• benda El<;
Thtol. d. }udi 6<r('6.n 2 . 1 55.24 s. ~v i:ò•, il•òv Mwv:ri); ~YP<'~·
tll Sclll.ATTER, Thcol. d. fudt. 61.
5vo11<l ( f I. Bic1cnh3rd)
accencuara ancor di più in quanto non «Ed io presi la sua ( = di Adamo) ul-
si dice più che il 'nome' di Dio abita tima lettera e le posi nome 'madre',
nel tempio, ma che vi si crova una par· cioè Eva» ( H en. slav .30,q [cod. A] ) 1 ~ .
te dello spirito di Dio (ant. 8,rr 4): Come nell' A.T. (~ col. 7 r 2 ), cosl
forse Giuseppe si esprime cosl anche anche secondo lub. 16,16; r7,6; l9,r6.
perché scrive per un pubblico greco che 24; 2 .5 ,2 I il nome degli avi continua a
avrebbe trovato l'idea di un nome abi- vivere nei figli. Quando leggiamo in
tante nel tempio piunosto strana. Non H e11. aeth. ro8,3 che si minacciano g li
soltanto il tempio port:i il nome ( = empi di cancellare i loro nomi ( ~ col.
b:wvvµov ) di Dio, ma anche cerre mo- 713) dal libro della vita 155 (~ II, coll.
nete possono essere Ènwvup.o. di Dio: 276 ss.), dobbiamo inrendere che ciò e-
«Essi distruggono delle monete che noi quivale a sanzionare la loro morte e
abbiamo raccolto per Dio perché segna- perdizione eterna, poiché nel giudizio
re col suo nome ( brwvv1io.) e saccheg· finale le azioni dei peccatori diverranno
giano apertamente il tempio» (0111. 16, manifeste e saranno resi noti i nomi dei
4 5 ). Anche i santuari pagani sono tnw· giusti (4 Esdr. 14,3,5; dr. Hen. aeth.
vvµa. delle rispettive divinità; la legge 65,12).
ordina «di non derubare i san tuari s tra - La domina apocalittica insegna pure
nieri e di non prendere alcun tesoro la rivelazione dei santi, degli angeli c
che sia dedicato al nome ( Èi"'.oNoµrurµi- dci loro nomi. In He11. aeth. 43 il veg-
vov) di un dio» (ant. 4,207). Onorare il gente scorge (lampi e) stelle d i va-
padre è un dovere religioso perché egli rio splendore e l'angelus i11terpres gl i
ha lo stesso nome di Dio (a11t. 2,rp; spiega il sìgnificato di questo fenome·
4 ,262). no: «Questi sono i nomi dei santi che
ahi tano sul.la terraferma e che credono
E. IL TARPO GIUDAISMO sempre nel nome <lel Signore degli spi·
I. Gli pseudepigrafi. riti >> 156 • Sono in particolare i nomi de-
gli angeli caduli a suscitare un vivo in-
Lo studio degli seri Ili noti con que- teresse ( H e11. acth. 6 ,7; 8,3; 69,2-13);
sto nome non porta a risultaci interes- nella sezione astronomica di Henoch
santi per quanto riguarda il nostro ur- aethiopicus sono menzionnti i nomi d ei
gomento né offre spunti nuovi rispetto c:ipi dell'esercito celes te (gli astri) (82,
all'A.T. Nel grande sapere concesso a]. r3 s. r7.zo); secondo una concezione
l'autore dell'Henoc slavo ISJ è inclusa, giò presente nell'A.T. (Is. 40,26; Ps.
o ltre quella del senso dci nomi umani, r47 ,4), le stelle hanno un nome (He11.
anche la conoscenza di lutti i nomi del- aeth. 78,r s.; Hc:n. slav. 30,6 [cod. A];
le piante e degU animali (40,7 ). JI no- 40,3 s. (cod. A]) e così anche gli spati
me di Adamo ba un significato profon· celesti (4 Esdr. 6,4).
do e indica chiaramente cbe costui è un Negli pseudepigrafi si parla varia·
essere cosmico (Hen. slav. 30,13s. [cod. mente del nom e di Dio, generalmente
A)). Non soltanto Eva stessa, ma an- secondo le concezioni già notate ne l-
che il suo nome è tratto da Adamo: l'A .T.; anche in queste o pere non I::
ISJ N. BoNWETSCH, TU 44,2 (1922): Dic Bii· 1'6 IlOUSSET·GRE:SSM. 350: «li nome dci pii
cher der G~luimniue Henocbs. sembra indioirc qui la loro essenza celeste
15< Ciò si spiega col greco: 'AMµ-µ fi't'llP· preesistente (o postesistcn•~) .... la loro ani-
I~ Secondo una variante: «dal libro dei s~nti». ma, il loro io (nome = persona)l> .
74<1\V,J.(•I\)
possibile distinguere nctwnente i di- mc: « D:t ora in poi non r11ri1 più così
versi usi e signilìcmi. Nun ì: espressa· ad <tlcun abitante della terra» (Hen.
111c111e detto che In conoscenza dcl no· ,1cth. 55.il. In q uesti passi cd in altri
mc divino sia essenziale per onorare ed si mili è spesso impossibile d<."Cidere s
:idorarc Dio m . Secondo 4 Esdr. 7 ,I 32- 'nome' indicu il proferimento concreto
J 39 sono noti sette noJlli di Dio che dcl nome oppure è sinonimo di Dio
indicano contemporanca111cnte i suoi a t- s tesso. Varie volte incontriamo anche
tributi (cfr. 8 ,3 1 s.). Poiché I sraele è l'accezione 'fama, onore'. Solranto il Li-
chiamato col nome di Dio (4 Esdr. 10, bro dei Giubilei continua l'uso del con-
22), dal destino di questo popolo sorge ccuo di sém che abbiamo incontrato
il problema: che cosa farà Dio per il nel Deuteronomio ( ~ c<>ll. 720-722 ),
suo nome (4 Eseli'.4,25)? lofatti la cadu- secondo il quale il 'nome di Dio' abita
ta di Gerusalemme non torna ad onore nel tempio {ad es. lub. 32,10; 49,21 ).
del nome di Dio (Bar. syr. 67 ,3 ). Cono- D'altra parte abbiamo tutra una serie
scere il nome di D io significa lodarlo, e di testi in cui il nome di Dio appare
r,li angeli mag nificano Dio cantando: una potenza misteriosa e possente che
«Sii tu lodato e sia benedetto il nome è stata rivelata agli uomini mediante
del Signore per ogni eternità» (Hen. angeli. Esso se rve per giurnrc (lub. 36,
acth. 39, r 3 ). I peccatori adorano invece 7), anzi è , stranamente, il giu ramento
gl'idoli, rinnegando cosl il nome di Dio stesso (He11. aeth. 69,13 s.); con questo
(Hcn. aeth. 46,7 s.) ed abusandone; pe.r 'nome e giuramento' tutto fu creato,
questo dovranno comparire in giudizio ciò che è in cielo e ciò che è in terra
(flc11. aeth. 60,6; dr. 46,6). i\[ contra- ( Hen . aeth. 69,1 3-:1.1 ; Iub. 36,7). Il mi-
rio i giusti, quando verrà il giorno del- sterioso nome divino pronunciato du·
la tribolazione, vinceranno nel nome rance il giuramenro è la forza creatrice
<lei Signore degli spiriti e saranno sai· e preservatrice del cosmo, è un'iposta·
vari per il suo nome (Hen. aeth. 50,2). si. Vengono così riprese e prolungate
Al giud izio finale il figlio ddl'uomo sa- concezioni del nome di D io che abbia-
l'Ìl condotto davanri a Dio «cd il suo mo già riscontrnte negli scritti più tar-
nome davanti aU 'Anziano»; il suo no- di de ll'A.T. (~ coll. 724 s.).
m e «fu pronunciato davanti al Signore
degli spiriti» prima che gli astri fossero IT. Gli seri/li rabbinici
creati (Hen. aeth. 48,2 s.). La preesi- i~ . .!
stem:a del nome descritta in questi ter- r. L'uso linguistico.I vari significati
mini significa la prcesistenw del figlio dell'ebraico Jém vengono mantenuti an·
dell'uomo stesso, poiché il nome e la che negli scritti r:tbbinici l!.5. L'uomo ri-
persona sono collegati nel modo più ceve un nome dai genitori, la gente lo
stretto possibile (~ 1v, col. q59; dr. c hiama con un altro e si guadagna il
Hen. aeth. 69,26; 70,1 s.). Dopo il terzo 159 da solo 160 • Perciò R. Johanan
giudizio Dio giura per il suo g ran no- (t 279) dice: «Beato chi ... lascia il
U7 Come s.i può ""'pire dalla ri~posta data, in time due forme vengono dell'aramaico.
test. L. 5,5 ( «1i prego, signore, dimmi il tuo
nome così che pn$M invot111'ti nel giorno dcl·
159 Cfr. and1e Midr. Qob. 7,l (31 i?); SnACK·
mondo con un buon nome» (Ber. 17 a ). chiamava, nel cu i ' nome ' trasmc11ev:1 la
Un buon nome va da un co nfine della tradizione. Unri delle 4 8 cond izioni alle
terra all'altro 161 • Si dice che R. Meir ab- quali si acqui sta la Torà è che «ogni pa·
bia fatto molta attenzione ai nomi del- raia sia detta nel nome dd suo autore
le perso ne ( 11ome11 est amen ) e si sia (b'sem '6m'r6 )» (Ab.6 ,6; d r. Mex .1511).
comportato di conseguenza (joma 83 b ). In questo modo si srnbilisce q uale e
Se il nome di una persona ricorre due quantn autorità sia da a11ribuire ad una
volte nella Scrittura, R. Abba b. Kaha- sentenza.
na (c. 3 1 o) dice che essa parteciperà a Per quanto riguarda pi ù da vici no il
questo mondo cd al futuro 162 • Le ope- N.T., di particolare interesse è l'espres-
re buone e l'osservanza dei comanda- sione t•Jém. Essa ha talora senso finale:
menti fanno diventare un nome grande conJiderando, tenendo co11to che qual-
nel mondo 16l. cosa do vrebbe succedere 167• Ad es. si
Nella letteratura rabbinia1 le espres- sacrifica /Im hJm, cioè per offrire il sa-
sioni miJJem, misMm ed anche b'sem, crificio u Jahvé, non ad un qualche ido-
b'Iiim vengono usale, analogamente a lo pagano. Hm indica però anche il 1ipo
b' Jem nell 'A.T. <- coli. 7 31 s.), col si- di sacrificio J61t_ Ancbe il lavacro viene e-
gnificato di in virtrì del nome, a motivo segtiiro Hm: lo schiavo vi si sottomette
del nome, con richiamo al nome. Cosl lSm bn bwrjn (feb.45 b), «per il nome
nei paralleli rabbinici alle guarigioni O· dell'uo mo libero~ , per diventare un uo·
perate 'in nome di Gesù' troviamo e- mo libero. Similmente le schiave e gli
spressioni come: venne Giacobbe di Ke- schiavi pagani che entravano in una fa.
far Sama per «guarire (R. Elasar) nel no· miglia giudaica dovevano sottomettersi
me di un cerro qua lcuno (b'Ium p'loni)» ad una lustrazione lJm sppwt (]eb.47b ),
(Midr. Q oh. 1,8 [8 b ] ) 164• Talora si par- «per il nome <lella schiavitù », cioè il la-
la anche di «profezie nel nome (b'Jem) vacro li stabiliva nella condizione di
di un ido lo» 165, che vuol dire (come si schiavi. Anche la circoncisione di un
vede da 5. Deut. 177 a 18 ,19 s.): costui prosel ito viene eseguita l1m gr (T .A .Z .
è uno che dice: «L'idolo ha detto cosl ». 3,12 s.[ 464) ), «per il nome di prosel i-
La forma miffrlm ricorre anche nel to» , per accoglierlo nel giudaismo; tale
linguaggio tipico della tradizione giu- circo ncisione avviene (ibidem) /Sm brjt,
daica 11'<1: «R. Meir d ice una parabola in «per il nome del patto», per accogliere
nome (m iJS1lm ) di Rabban G amaliele» il proselito nell' alleanza. Contem pera·
(T.B.Q. 7,2). Chi aveva sentito qualco- neame nte si richiede al citconciso d i os·
sa nella scuola e la ripeteva, aveva l'ob- servare gli ordinamenti del patto di
bligo di menzionare l'autori1ìì a cui si ri- Dio. li m può anche avere senso causa·
161 /lfidr Qoh. 7,1 ( 3 I a) ; STRACK·BILLERBECK 166 Nel linguaggio :scolastico Jém signi fica
Il 547· spesso il fo ndanunto scrit111riJlico di una pre-
162 Gen. r. 30 (r8 b ); S 1'RACK·BILLERJIECK Il scrizione legale (BACJLJlR, Term. 1 ur.1 88 s.).
i;8. Makk. i , 2: «La norma (harsèm == la citai iooc
t6l Midr. Cant. I ,3 (8s a); STRACK·BILLER· scritruristica probante) che li 1>0rta alla llagcl·
BECK I 986. !azione non li porta 3J pagame nto».
164 STKACK· BILLERBECK 1 468; d r. A.Z. 2,
167 Per q uonto segue dr. STRACK· RILLERO>.CK
40 d, 3': «Ilei nome di Gcsì1 ben Pandcro».
( 590 ~- 1054 s.
ll>S S. Dcut. 177 a 18,19s.; Sanh.11,1.5 ; Sanh.
89 a. 161 bb. 4,6; $ TRACK·61llt:ltBfiCK I 59 1.
ovoi 1oc (! I. J1i,·1<·11h.ord) (v,261!) 7H
le: consideraudo cht• tjlllllcosa è a moti· il> .ft~/11 hamm•f oras l: usato nella benc-
vo di, per amore di 1"9; ad es.: «Tutti d izmne sacerdotale nel tempio, ma ne-
quelli che si danno da fare per la co· gl i al1ri casi si usano le circonlocuzio-
munità, dovrcblx:ro farlo per amore di ni 112. Già in Lev. 24,ll .16 si trova Si:m
Dio (l<Jém Sàmaiim )»; «tutte le 1ue Il· usaro per il tetragramma m. Va osser-
zion i dovrebbero avvenire per amore di vato che citando la Scrit1ura i rabbini
Dio (/'Iém Sii111a1im)» (Ab. 2 ,ri; cfr. 2 , sono ricorsi sempre più frequen temen-
2). te ad hassèm e non ad ' Adonai' per SO·
stituire la lettura di Jahvé. A prova di
2. Il nome di Dio <-
iv, coli. 393 ques to fatto basti citare alcuni pass i
ss.). Durante hl lettura biblica nel cul- piuttosto antichi: Sanh. 7,5: perès haI-
to della sinagoga il tetragramma veniva Iém, «pronunciare esattamencc il tetra-
le tto 'Adona.i '; quando si citava un pa.5- gramma»; Ber. 9,5 : Iii'at salOm b•sém,
so biblico nelle scuole si leggeva inve- «salutare con il tetragramma»; secondo
ce hafiem 170• Talora bailem sostituisce ]oma 3,8; 4,2 ; 6,2 persino il sommo sa-
anche 'Elohim' (dr. MeJ!.. 4 ,3 con Ber. cerdote avrebbe iniziato la confessione
7,>). I Samaritani, leggendo la legge, di peccato il gran giorno dell'espiazione
sos tituivano J•ma' al tetragramma m Il con le parole 'iinnà' haHem invece di
tciragramma ihwh è il nome per ec- 'à1111ii' jhwh 174 . Si racconta che dopo la
cellenza; esso è detto precisamente «il morte di Simone il Giusto i sacerdo ti
nome riservatO a Dio», sém ham- avrebbero cessato di usare lo Jem, cioè
m'jubad, oppure «il no me separato», il nome di Jahvé, nelle benedizioni 175 •
sém hamm•forils, vale a dire il nome In S. Nurn. 39 n 6,23 la questione è di-
particolare, peculiare di Dio, il s uo no- scussa tra R. Josia e R. Jonaran; en-
me vero e proprio distinto dagli appel- trambi son d'accordo con la Mishna ed
lativi descrittivi di Dio (kinnui); è il attestano che il tetragramma veniva pro-
nome che vie ne solitamente tenuto se- nunciato nel culto del tempio 176• Secon-
greto e che è pronunciaco soltanto in do la tradizione tannaitica (Abba Shaul )
occasioni particolari. La brkt him è la a chi proferisce il •nome' viene negata
bestemmia di Dio (Sanh. 56 a ). Chi ma- qualsiasi partecipazione al mondo futu-
ledice padre e madre pronunciando il ro 111 • Il severissimo divi eto rabbinico
tetragramma è da condannare a mo rte di pronunciare il tetragramma ebbe co-
(Sanh. 7,8). Secondo S . Num. 43 a 6,27, me conseguenza che, col passar del tem-
109 In base alla distinzione dci due significati m Cfr. però LEVY, \\;'ort. 1v '6!>. <.v.
che l"Si!nr può avere, quello finale e quello Il' T . Sola t 3,8; )ama 49 b; Sola 38 b .
causale, si esaurisce la Polemica di -> HEIT· 176 Cfr. Num. r. 11 ( 163 b); Sola 38 a ; QiJ.
MiiLLER 123-1>6 comro-> RRANDT.
71 a ; ]amaj. 3.40.I; Midr. Cani. 3,11 ; v . K.
11V S TRACK-BI LLl,HOJ>CK Il 316. G. Ku1rn, S. N um. ( 19.33 ss.) r 22 s.
Ili DALl\IAN, \Vortc ) . 1 1 r49 . 177 St111h. ro, 1; 1'. San h. 12,9 ; m ntro A. M AR·
MOKSTEIN (fht' O /J Rabbinic Dot:trine o/
172 Così anche la Mislma '[n111id 7,1; per quan-
God = Jcwish College Public.~tions 10
to segue cfr. RACHER, 1'rr111. 1 186 s. [ 1927] r9) che pone R. Levi ( Ili scc.) all'origi-
11i DA LMAN, \'(!ori e f. l ' i 4 9 s. Quest ' uso ha ne dcl divieto. Jl Tg. O. a Lcv. 24,16 è in pie-
anche forn i10 la vocalizzazione (howti del te- no accordo con la Mishna e la Toscfta, me11tr~
tragramma (dr. llihl. llebr. Kitt.') che va let- il Tg. ]. 1 d ice : •Chi pronuncia il nome e bc-
to J'mir = nome. stemrnia verrà ucciso*'>.
7n (v,268) c•101ux (1 1. Bictcnh.ml)
po, ci si dimenticò b pronunci:i del no- mondo ... giuro per il lllO nome sacro
me di Jahvé. che non mi muoverò di qui finché non
Col tempo, dunc1ue, lo sem hamm'/ò- ti sia impietosito per i tuoi figli» (Taan.
ra1 divenne veramente un 'nome impro- 3,8 ). Si raccomano miracoli che si sa·
nunciabile' 178, il nome arcano di Dio; rehbero verificati mediante il proferì·
avvenne cioè per il nome di Jahvé quel- memo chiaro e distinto dcl tet ragram-
lo che in base ai principi dell'A.T. non ma; al vitello d'oro adorato da Geroboa-
doveva succedere: Jahvé divenne Lln mo fu scritto uno fém sul muso così
Dio che aveva un nome segreto proprio che poté parlare (Sota 47 a); il profe-
come una qualsiasi nitra divinità. La co- ta Isaia una volta ch'era inseguito dai
noscenza cli questo nome segreto diven- suoi persecutori pronunciò lo Um, fu
ne poi uno strumenco magico di potere avviluppato da un cedro e poté cosl
(--+ coli. 706; 755 s.). La proibizione di salvarsi (Jeb. 49 b). Il principe dei dè-
proferire il nome di Jahvé è considerata moni Asmodai fu domato con una ca-
dai rabbini non un prece tto della tradi- tena ed un anello sul quale era inciso
zione, bensl un comandamenco biblico: un nome di Dio (Git.6Bb)' 8' . Con
il verbo nqb di Lev. 24,J i.16 venne in- l'aiuto dcl tetragramma è persino possi-
teso nel senso di ' pronunciare' ed anche bile ·venire a conoscere cose che riguar-
Ex. J,I5 («questo è il mio nome per o- dano il futuro ed il mondo a venire
gni eterni tà e mi si chiamerà cosi di ge- (T g. Qoh. 3,II). I papiri magici dell'E-
nerazione in generazione») venne riferi- gitto greco contengono innumerevoli
to alla ineffabilità del tetragramma in- nomi divini tra i quali compaiono spL'S·
terpretando la script io defectiva l" òltiTll so fo.w, IetTJ, leto'l)À, ecc. ( ~ coli. 706
come l" allém e leggendo «questo è il s. ). Nella magia sincretistica dell'epoca
mio nome, perché sia celato». i nomi cli dèi pagani vengono mischiati
Il rennine tecnico rabbinico per indi- e combinati con nomi divini giudaici ed
care il tetragramma è «il nome di quat- anche la tradizione giudaica conosce ca-
tro lettere», sm
'rb' 'wtjwt; si conosco- li combinazioni del nome di Dio con
no inoltre nomi di Dio composti di 1 2 nomi di divinità pagane: ad es., pec-
o 42 lettere (Qid. 71 a) e solo nel Mi- can<lo col vitello d'oro i Giudei si era-
drash è menzionnto un nome divi no di no serviri del nome di ]ahvé insieme
72 lettere m. Per la santi1icazionc <lei coi nomi di idoli 182• A questo proposito
nome di Dio dr. ~ 1, coli. 264 s. va anche ricordata l'osservazione rabbi-
nica che D io ha unito il suo nome al
3. Credenze e magia. In più luoghi oomc di creature: molti an geli hanno
della letteratura giudaica tradizionale è il nome divino 'èl come parte del pro·
attes tata la credenza ndle qualitiì mira- prio nome, nd es. Michele, Gobriele, U-
colose del nome segreto di Dio 180• L,1 riele; in questi casi il nome(; scritto su
preghiera per la pioggia pronunciata da di una pias1ra posta sul loro cuore tll>.
! Ioni, il disegnat ore di cerchi, è qu:isi Il nome di Dio è and1e unico con Israe-
un'evocazione magica: «Signore del le (Taan. j. 65 d). La tradizione chiama
175 .... GRUNBAIJM (1885) 545. I (1919) 320 S.; li (19 19) 4ì·57·
17'1 Ge11. r. 44 a 1;,14; l~v. r. 23 a 18,3; Per. Ili.! .5. Deut.4'
(8 1 b) a JJeut. i r ,16 ed Ex.
r. 76 b . 22,19; Sanh. 6J a: Ex. r. .p.
ScHuRt:R m • 407-420.
111ù 163 Per. r. Jo8 b; Tanh. jtrw (ed . Bu11ER p .
'" Cfr. M.J. l3!N GORtON, Der Born J11d111' 77); ~ BLAU 118.
llvc1u1 ( f-1 . Bietenli.ird l (v,:;o) n~
'" Cfr . cap . 4 r in -> OoeDEKG 1;2. na' forse anche in Le. 6.22: ... O'tot\I tÌ<POPLaW·
11(.Cli-. i puralleli ind icati in -+ ÙDEBHRG ow v1J.<i<; Xott O\/Cloi.o-wow Xott tx~a.>..wow
( 130-r p ). "tÒ ovoµa Ùµwv wç 'llOV1JpÒV lfvtxa. "tOV viov
116 81. ·0R8R.' S r43; 144.
"toii à.vl>P,:,7tou: confessare la propria fede in
Gesù ha come conseguenza J"esclusione dalla
1s; BL.-Dmr•.' S J6o.
sinagoga (bando): cfr. Io. 9,22.34. Una diver-
IN BL.-D~DR .; 5128,3; J,;i.2. sa interprct112ione è proposta in P imusCHP..N·
'"" PuwscHEN·l3AUER, J.v.; 6voµa - 'perso- BAUER, s.v. h~ri),)..w: «trattare il nome con
ovo~1ct (H. Bictmhord) (v,270) ;60
ti, tra l'altro, anche di rivalità <li partiti, i}aL (Act. l0,48 [?) ). In quesli casi
nelle quali si litiga spesso a proposito probabilmente non abbiamo soltanto
delle persone più eminenti. Per ovo1~cx. un'influenza elci LXX, ma veramente
= 'persona' in Paolo--,) col. 772. un greco di traduzione: É'll (-rQ) 6v6-
J.LCX,•~ rende qui, come nei LXX, l 'e-
d) Un'analisi delle costru7.ioni prepo- braico (o aramaico) b'ii!m o mmum 191 .
sizionali in Cli.i ricorre OVOµCX. ffiOStra Se consideriamo un momento i mira·
che il N.T. si allinea pienamente con la coli narrati nella letteratura rabbinica
grecità semitica e ne è condizionato. che avvennero b•sem o miISrim ieJua'
Nelle cirnzioni di Mt. 7,n e 12,21 ab- (--,) col. 7.5 t ), troviamo una conferma
biamo il semplice dativo, contro i LXX di questa osservazione. L'espressione
che hanno È7tl col dativo. D'altra parte non può peraltro esser tradotta in tut-
abbiamo un 40 volte Èv ('t<ÌJ) òvòµcx."tt, ti i casi nello stesso modo; il signifi-
9 volte Etc; ('TÒ) 0voµa, 4 &à. '\Ò ovoµa, cato più comune di lv («t'>) òvoµcx."TL è
3 OLÒ'. "toii òvoµcx"Toc;, 2 'ltEpt ("toii) òv6- certamente richiamandosi al nome di,
µa•oc; (-wv), 2 xa-:'o'llop.a = ad uno ad facendo o pro11u11ciando il nome: di(--,)
uno, per nome, J volta 1tpòc; •Ò ovo· col. 77 4 ): chi fa qualcosa 'nel nome' di
I.LO: 19°- Dei 40 casi in cui abbiamo Év qualcuno si richiama a costui, si fa for-
(-rQ) òvòµcx.-r t, 8 si riferiscono sicura- te dell'autorità di questi o asserisce <li
mente a Dio, 28 sicuramente a Cristo; averb. Partendo da ques to significato
Paolo si serve di questa forma soltanto fondamentale, si possono poi avere, a
in I Cor. _,,4; 6,1 .1; Eph. 5,20; Phil. 2, seconda del contesto, una serie di sfu-
10; Col. 3,17; 2 Thesi. 3,6. mature: talora èv ("T@) òv61.La-r~ signifi-
La locuzione Èv ·~ Ò'lloµcx.·n ricorre ca invocando o proclamando il nome
coi seguenti verbi : EPXEO"itat (Mt. 2r ,9 (--,) col. 780), talaltra a 110111e di, per in-
par.; 23,39 par. [citazione clell'A.T.]; carico o conto di (--,) coli. 766; 78 t) o
lo. .5>4J), EVXCXPl.O''tE~V (Eph. 5,20), 'ltOL- per volontà di, adempiendo il volere di
E~V (10.10,25; A cq,7; Col.3,17), Ocx.L- (--,) coli. 766; 774), 11bbidc:11do a (--,)
1.1.6vLcx tx:Jii),J.Ew (Mc. 9,38 ; 16,17; Le. coli. 779; 781 ). év 6véµa<L può però ve-
9 >49 ), 't<Ì Scx.tµÒ'lltCX. imo-c6naE'tCX.L (Le. nire a significare anche nell'ambito del-
ro,7), ).a).dv (Iac. _5,10), xpLvEtv (I l'autorità, della sovranità, della potenza
Cor. 5,4), '!tappT)CTL«~cai)a~ (Act. 9,27 di(--,) coli. 763; 767 ), per o con la forza
s. ), napcx.yy{)..ì..a'll ( Act. I 6, r 8; .i T hes:r. di<- coli. 77' s.), alla presenza di<-
3,6), miv yovv xaµn'TEt (Phil. 2,10), coli. 777 s. ). È difficile determinare il
OLXctLOii<:rDaL (I Cor. 6,r l ), aÀElq>ELv senso preciso di I Petr. 4,14: d lvELO(-
(/ac. 5,14), cx.Ì.'tE~V (lo. 14 ,13.14; r5, stai)t tv ÒVOf.l<X'TL XpW"'COÙ X't).. , _ col.
r6; r6,23 s. 26), 1tɵ1tEL'll (Io. 14,26), 676 ). Forsedic1ro la fra~e greca abbiamo
6'11ctolsew (r Petr. 4,14), 1to•lsEw (Mc. quella ebraica /•ma'an Sém h11mmiiSiab m,
9A I), swiiv i:xnv (lo. 20,3 I), "tT)pEL'll ed è possibile che anche Mc.9,41 e lo.
(lo. 17,n ); EyEi.{iEw xcx.i. 'itEpma'tE~v q ,26 vadano spiegati allo stesso modo.
(Act. 3,6), a-i;,l;tai)cx.~ (Act. 4,12), 7ta.· t'ltL -c4> O'llÒl~OC'\L ricorre coi seguenti
pECT't'"l)XEV ÙYLlJ<; (Act. 4,10), '3a1t'tLSE0" verbi: Oi:>:E<iilcx.~ (Mt. 18,5 par.), &cx.~µò-
disdegno, disprezzarlo»; STRACK·BlLLESBECK 190 I paralleli sinouici sono con rnti solo uno
11 159: usare il nome pcl' giurnre o maledire. volta .
Per la forma linguiscim del logiv11 dr. Drut. 191 BL.·DllRR.' § 2o6,2 .
u , r9; Sa1t ATTER, Kmmn. Lk. 246. 19? -> BoF.llMER 66.
;61 (v ,270) ovc110. (H. Bietenh•r.I ) (v,1;1) 762
vLa. h(MHuv (Le. 9.49 l var. Év] ), ro2,16; 1 r5,13); Apoc. 15 ,4 (cfr. l er
mmi:v ovvaµw (J\fc. 9,39), ~pxeo-fto:.L ro,7 [manca nei LXX] ; Ps. 86,9 ).
(Mt. l4,5 par.), Àa Àri:v (Act. 4,17; 5,
40), OLOtXCTXEW (Aci. 4,18; 5,28), X1)- a) li no me di Dio è parte <lei lato di -
pwO"EO"iku (Le. 24,47), f3ait-rlçEo-i}at
(Aci. 2,38 ). Le espressio ni sono in par- vino rivolto verso gli uomini, dell'a-
te identiche in parte mo lto simili a spetto rivclatorio di D io e in questa an-
quelle in cui è usato Év {-riii ) òvéµa ·n; golatura va avvicinato, come si vede
anche qu i dovremo supporre una base
chiaramente nel quarto vangelo, alla ob-
semitica. La locuzione ebraica /' 111a'a11
Jém (~ coli. 710; 722) riappare co- ~cx divina. In quesro contesto ovoµo. e-
me ~VEXEV 'TOV òvéµa-.oc; (MI. I 9,2 9; sprime il rapporto concre to tra Dio cd
Lc.21,12) e OLèt. 'tÒ ovoµa. (Mt.24,9;
uomo da persona a persona, che si ma-
Mc. 13,13; Le. 21,17; lo. r 5,2 r; 1 Io.
2,12; Apoc.2,3 193; otèt. -roii 6v6µa-roc; ha nifesta in un dato modo d i agire di Dio
senso strumentale in Act. 4,30: O'T)µ.Ei:a e richiede un certo comportamento del-
xcxt 'Ttpcx-ra ylvEo-Ì}at, causale in Act. l'uomo. Nella preghiera di Gesù «Pa-
I0,4 3: aqmnv aµap"tLWV Àcx(3Ei:v, ed in
1 Cor. 1 ,10: r.cxpa;xo.À.Ei:v. Negli scritti
dre, glorifica il n10 nome», cui Dio ri-
giovannei ricorre 4 volte la frase m- sponde •d'ho glorificato e lo glorifiche-
O"'TEVEW EÌ.c; "tÒ ovop.cx (fo. I,12; 2,23; rò ancora» (Io. 12,28; si noti Io. 12,
3,18; r Io.5,r3) che corrisponde a quel-
23) 195, i tre termini~ 7tlX't1ip, 00!;6:~W
la rabbinica he'C:mzm /<si!m '"'· Inoltre
-HO!. 775. (~ II, col i. 1398 ss.) ed ovoµa. sono co-
sì strettamente congiunti che possono
essere interpretati soltanto insicmo., L:1
2. Il nome di Dio e di Gesù Cristo
preghiera di Gesù e la ri sposrn di Dio
Il nome, la persona e l'opera di Dio non te ndon(l unicamente alla glorifica-
sono indissolubilmente legati nel N.T., zione d i Dio, ma rientrano in un pro-
sia pure in modi e gradi d ive rsi, al no -
me, alla persona ed all'opera <li Gesù cesso rivela torio: Dio viene chiamato
Cris10. Ques to vale anche per le cita- padre e si rivela come tale, come colui
zioni e le reminiscenze dell'A.T.: Mc. che ama (lo. 3,16; r7 ,12.26), in quanto
II ,9s. par. (cfr. Ps. 118,26); Mt. 23 ,~ 9
glorifica il ~uo nome nella vita e nell'o-
par. {cfr. Ps. n8,26); U:. J.49 (cfr. Ps.
r r I ,9: Luca tralascia qui due parole ); pera di GesL1 e lo glorificherà ancora nel-
Act.15,17 (cfr. Am.9,12 [LXX)); Rom. la sua risurrezione. La glorificazione del
9,17 (cfr_ Ex. 9,16); 10,t3 {cfr. Joel .3, nome di D i<1 avviene mediante l'opera
5); Rom. I5,9 (cfr. 250111. 22,50 P.r. = di Cristo nella quale rien tra a sua volta
18,50); 2 Tim.2,19 (cfr. Is.26,q ); !Id .
2, 2r (cfr. Ioe/ 3,5); A poc. rr.r8 (dr. Ps. il fotto che Gesù rivela agli uomini il no-
l'!l DALMAI'> , ll'lorfr /. I ' 100. ~j pu(1 fur~c cogliere l'<.-co di un3 tonccliot'k:,
'° SCll LATTU , Ko111m.
1 /oh. 19; -+ Ili , ml. non ahrimcn1i aucstata nel N.T., che iùcn1i-
281. licav11 Gc.,;ìo con il 'nome' di Dio; -+ CRE-
1~ lo. 12,21elo.1 i,2ll 'ono ùuc passi in cui TlltR 1 H2.
O'JO!.lGt (Il. Jlietcnh:mi )
me di Dio rnme quello <li p:idre l\16 (1 u. 4uesta prospeu iv:1 la glori ficazione e !;1
197
17,6; d r. v. 26 e 12,28) • Men tre per rroclamm~ione Jd nome di padre non
l'uomo il nome di Dio è oscu ro, estra- sono a ltro cht' la vern e propria opcrn
neo, nebulosll, G::sù lo rivela, lo rende di Cristo: quc.tn viene così definita co-
certo e chiaro :1 colo ro che il Padre gli me l 'nzione rivelatrice e redenrrice dcl
ha dati, così che esso acquista nuovamcn· Padre nell'opera del Figlio. Li Chies:t
te u n conrcmlto concreco: pad re. Nel suo come è fondata su ll 'opera r ivelatrice di
Figlio Gesù Cristo Dio è il paJre e ri- Gesù, cosl con tinua a vivere nella pro-
conciliacore del mondo e la carntteristi· messa che in essa conti nuerà l:i sua O·
ca della figliolanza divina d i G esLt consi- pera: «Ed io ho fa tto conoscere il tuo
sce nella capacità di rendere quesco no· nome e lo forò conoscere (yvwplo-w)»
me d i Dio noto agli uomini 198 • Essere (lo. 17,26).
conservati iv òvoµ!l·n significa trovarsi
nell'ambito dell'amore del Padre e dcl b) La pienezza della natura e dcll'o·
Figlio, significa stare nel/'ambito di una pem d i G esù Cristo si mani festa nel
potenza che protegge i discepoli da O· suo 'nome'. Eg li riceve il nome scelto
gni pericolo es terno come un prop rio da Dio (Mt. 1,21 par .) e q uesto nome
possesso intocc:ibilc e Ii un isce tra di di Gesù esp rime tanw la s ua umanità
loro (lo. 17,1r.12 .21) 199• Li proclama- (~ TV, coJJ. 9I7 SS.) quanto Ja sua mis-
zione del nome h a come obiett ivo che sio ne divina: a.ù-.òç yèt.p crwcrE~ -ròv
!'anfore del Padre verso il F iglio si ri- Wv a.v-roii ànò -rwv à.p.cxp-r..Wv
trovi anche in coloro che credono in a.in:wv, «poiché sarà lui a salvare il suo
q uesti (Io. r7,26 ) e s i man ifesti in loro popolo d ai loro peccati» 2010. Il significa-
la poteru:.i suscitatrice di vita Ji tale a- to di questo nome viene spiegato poi
mo re ( r Io. 4,7) e che, nell'amore d el ( v. 23) nncot meglio: 11Eil'i')IJ.WV ò ilEòç,
Padre, anche il Figlio sia in loro. In «Dio con noi>): con la presenza di G e-
19'\ Sc:i1 LA1'TER, Ko111111. ]oh. 319; l3u 1:rMANN, B ULTMANN, ] oh. 385 n. 1 ; costui sottolinea
Job. 32; n. 6. anche (contro -+ !'IEITMULL&R 8.t l che la pro·
t!I! Dietro $Ì scorge (cont ro BuJ.TMANN, ]oh. tczione non dipende dal fatto che il nome di
,380 n. 2) tJi H,2 3: S•T]y'i)uo1u1• 'tÒ 5..,oµ O: <rov Dio sia rironunciaco. Piuttosto, è la rivelazio-
'<Ots Q:!i,).q>OÌ<; ilOV. 11c divino recata da Cristo nd ÌIJlpodirc che b
comunirì si perda nel mondo.
liti Sc111 ATTElt, Komm. )oh . 326. In Gesù si 200 Secondo Philo, muJ. nom. J21 il nome Ge-
è adempima l'attesa giudaico dcl l:i rivda?.io- sù $igni fic" vWT'l')plGt ><vpi'.ov. SrxACK· B I LLfiR·
ne dcl nome divino nel nuovo mondo di D io HcCK J 67 elenca r8 nomi Jd Messia ricorren-
(-+col. 784). ti n.-:gli K·ritti tardo-giudaici . lo., 1 63 s. doct1·
191 Sclll.. ATIER, Komm. )oh. pr. Dal punco menta l'importan23 e la po11ata auribuita ge·
cli vista linguistico l'!v dav:1111i a ÒvOµa'< • in- neralmcn te nel giuda ismo alla scelta del no·
dica il mezzo mediante il quale Dio o Gesti me; ibidcnJ 64 : intcrprcta?.ioni d ote Al nome
( Y. 12) consel'\•nno: BAUllR, ]oh' 11 17,11; }'hothua negli scriui rabbinici.
ovo11a (H. Bim·nh.11,1 1
s11 è data aJ la wm11ni1:'t anche la presen- r9, 1 l; «h:1 un:i comunione con Dio i-
za di Dio 101 • li nome eccelso che Cristo n:Kccssibile a qualsiasi sguardo,, 3:>•.
riceve secondo Hl'br. 1 .4 è quello di fi- T11lorn ovoµ<X è usato assolutamente
glio (cfr. v. 5: vt6c; µou d i:N, «tu sei al posto di 'Gesù'. Act. ; ,4J: «Essi si
fiitlio mio»). Il nome xuptoc;, che nei allontanarono felici dal sinedrio perché
LXX rende o parafrasa il nome Jahvé erano stati considerati degni di soffrire
( ~ v, coll.139l ss.), diventa anche suo offesa per iJ nome ( imèp i:oii òv61~0.·
( Phil. 2,9s.) 202 ed indica che egli è sul- i:oç)» 21J.'; dobbiamo forse intendere nel
lo sresso piano di Dio (ls. 42,8; ~ v, medesimo mo<lo 3 lo. 7: i missiona ri
coll. 1469 ss.). Dato che in lui c'è la na- «si sono infani messi in cammino per il
tura dell'Altissimo, dato che il nome di nome (vn Ep yàp i:ov òv6µa.i:oç)» 20:1.
'S ignore' è sia di Dio che di Gesù Cri- L'opera di Gesù avviene nel nome di
sto, questo è il nome che è sopra tutti Dio; egli viene tv òvoJJ.a."t'L xvplou, da
i nomi, cioè sopra tutti gli esseri (cfr. parte del Signore, per compiere la sua
Eph. 1,21). La sua uguaglianza con Dio volontà (.Mc. II ,10 par. ). NcUe sue ope-
lo rende KYPIO! KYPH1N (Apoc. 19, re, compìme Èv -e<;> òv6µa.-c L -coii 11:a-
i6); la sovranità divina s i rivela in lui: i:p6c;, egli si manifesta il XpLO'"t"oc; pro·
BAl:IAEYl: DA!IAEnN (Apoc. 19,t6; messo da Dio (lo. 10,2 4 s.; 5,43). Il ri.
cfr. Deut. 10,7). L'unità dì natura e no- torno di Cristo ne porta l'opera a com-
me appare inolue in Apoc. x9 ,x 3 visto pimento: egli viene tv 6v6µa-cL xvplou,
insieme con Io. r,1: egli non solo ha il al servizio della grazia divina con )'in·
nome, egli è 6 Àbyoc; i:ov i}Eov, egli è tervento salvifico di D io (Mt. 23,39) 206 •
l'unico ad avere, cioè, quella comunio- li nome di Gesù Cristo viene così a si·
ne con Dio che I o. r ,t descrive in tali gnificare tutti quAnti gli eventi salvifici
termini e che rimane un mistero no no - rive Inti in Gesù: i Corinzi sono «puri·
stante la rivelazione. Ugualmente un lìcati, santificati e giustificati nel nome
mistero rimane la natura del Signore (per il nome) del Signore Gesù Crisro
innalzato al <li sopra di ogni cosa: egli e nello Spirito del nostro Dio» ( r Cor.
ha un nome che lui solo conosce (Apoc. 6,n) 207 • La pienezza d ell'o pera salvifi-
pera nel nome del Padre, ma anche il feta{El<; ovoµa. 1tPO<j>1'J't'ou )»; Mc. 9,41;
Padre adempie la volontà di Cristo in- «Chi offre da bere ad uno di questi mi
nimi perché è un discepolo (Ei.ç ovoJ,l<X
viando lo Spirito Santo nel nome di Ge- µcdh-1-rov)» 212 ; Mt. 18,20: «Là dove due
sù Cristo 210 e così per la preghiera di o tre sono riuniti a ragione di me
Gesù (Io. 14,16) ed in unità di volere (El.ç "t"ò tµòv ovoµa.)»; Hebr. 6, ro: «Dio
ed agire con il Risorto (lo. i6,z6; dr. non è ingiusto da dimenticare le vostre
opere e l'amore che avete mostrato pen-
15,7; 20,22) egli prosegue e compie l'o- sando a lui (dç -rò i:lvoµa. <XÙ't'ov)». Co·
pera di Cristo. me Cristo è il morivo per cui alcuni si
riuniscono (Ml. x8,20), cosl Dio è la ra·
c) In .Mt. 28,19 troviamo uniti i no- gione per la quale vengono fatte opere
mi del Padre, del Figlio e dello Spirito d'amore (Hebr. 6,10). Nei passi esami-
Sanro; il nome <li Dio ri ceve dunque tut- nati qui sopra Elç ("t'Ò) Clvo1.1.1x. ha valore
causale( ~ coU. 75 2 s. ).
ta la sua pienezza soltanto mediante que.
Lli derivazione della formula battesi-
s ta associazione col nome di Gesù Cri- male B<X'lt"tl~EW Elç "t'Ò ovoµa (Mt. 28,
sto e dello Spirito Santo; allo stesso i9; Aci. 8 ,16; 19,5; ICor. 1 113.1') è
tempo il nome comune (ovoµ<X ricorre piuttosto controversa. Da un punto di
vista linguistico il 13<X'lt-tl~ov"t"E<; a.V-.ovç
solo una volta) esprime l'unità di esscn- dç 'TÒ ovoµet 't'OV ita.-rpòç X<Xt 't'OV ulov
~a. Il battesimo nel nome significa che xa.l -rov à.ylov 'ltVEvµa."t"oç di Mt. 28,19
il neofita riceve il perdono dei peccati è del tutto ana logo al cruvT)yµ.Évo~ e/.ç
't'Ò tµòv 0voµa. di Mt. 18 , 20 m, solo che
mediante la comunione col Figlio, che il valore causale della nostra espressio·
è unito al Padre, e viene a trovarsi sot· ne non è privo di difficoltà. Per questa
to l'azione dello Spirito Santo 211 • ragione ci si rifà all'uso linguistico dei
papiri (~ 11, col. 70; vm, coli. 689 s. ).
L'espressione E~ (-rò) ovoµ<X non è Il linguaggio di Mt. 28,1 6-20 non è pri·
di facile imerprerazione. Si riconosce vo di toni semitici ed anche Paolo, che
generalmenlc che talora si tratta della conosce la locuzione sotto esame, era bi-
traduzione letterale dell'espressione se· lingue (Act. 21,40; 22,2; 26,14; Phil. 3,
mitica /'Jem, l"Mrn (~ col. 752 ): El<; 5); né bisogna dimenticare lgn., Rom.
("t'ò) ovoµ<X = lenendo co11to che, di; 9 ,3: bend1é questo passo sia scritto in
perché i!; a motivo di. Questo signilì- greco, pure esso va necessariamente in-
coro spiega Mt. 10,41 s.: «Chi accoglie teso sullo sfondo del linguaggio semiti-
un profeta considerando che è un pro· co m poiché è una chiara reminiscenza
210 Contro -> HmTMULLER 83: «Menzionan· so polTebbc, dal pun10 di vista linguistiro,
du il nome di Gesù: se ne lla vostra preghie- c5scre interpretalo cosl, se poggiasse su di un
ra (cfr. r6,23) fate:: il nome di Gesù». testo aramaico, cosa che egli non sembra di·
lii SCHl.ATIER, KfJmm. Alt. 799. sposto ad ammmcre. Egli spiega la formula·
212 Cfr. Pk~USCllEN·BAUER, s.v. éwµa ; -+ zionc sulla base di locuzioni greche attes1a1e
HEITMULLEK r q . L'espressione ricorre an· sopraltUltO nei p•piri: ~ HelTMULLER J23·
che in lgn., Rom. 9,3: Mit<it;ti:cr.~ ù1.uiç... 'Ì] 126, e sottolinea il fotto che anche Paolo, il
ayti.'lt'l) i:wv hl<ÀTJ<HWV i:wv lìEl;aµtvwv µ~ quale scrive in greco, si serve di tale formula·
tk, ovoµa. 'IT)O'ov Xpw'<oV. >lonc ( 115 s.).
2U Anche secondo -+ HEITMiiLLER 97 il pas· m Anche secondo -+ HB1TMULUlR 113 s.; ->
771 (V,2i4) ovo11CI (H . flictenh~rd)
di Mt. 10,41 s. La locuzione dç -rò ovo- <roiiv (Rom. 6,3) o El<; Xp111-.ov (Gal. 3 1
µa usata nelb formuhl battesimale de- 2 7 ), una formulazione che ha certo CO ·
ve essere interpretata partendo dall'e- stituito il modello per / Cor. 10,2: gli
spressione l'Iem, tipica del linguaggio Israeli 1i nel deserco «furono battezzati
=
scolastico rabbinico; l"Silm ç(ç i:ò ovo- in Mosè», dç i:òv Mwvo-fjv É~ait'tlcrav
µa va intesa con valore finale. Abbia- -ro. Essenzialmente !:i forma dç i:òv
mo già visto che il giudaismo aveva sa- ovoµa. equivale perfettamente al sem-
crifici e lustrazioni compiuti per uno plice slç; viene anzi <la chiedersi se ta-
scopo preciso, con una ben determinata lora l'ebraismo dc, -rò ovoµcx. non sin
intenzione (~ col. 752) m In modo stato volutamente (v. Paolo) sostituito
del tutto analogo i cristiani battezzava- dal semplice, 'più greco' Elc, (~ col.
no Elç i:ò ovoµCl 'll)CTOii Xpr.c.,to\i o, se- 689). Quando Paolo usa comunque dc,
condo Mt. 28,19, dç 'tÒ ovoµ« 'tOV 'ltCl- •ò ovoµa in 1 Cor. l,13.15, forse si
'tpÒç xat -rov ulov xat 'tov à:ylou 1tVEv· può i Il tendere il suo pensiero così:
µa-roç. In base alla sua origine, la for- «Siete stati forse battez.zati per la per-
ma tlç ( -rò) ovoµa. va considerata greco sona ( Bvoµa =
persona) <li Paolo?» e
di traduzione 216 che vuole rendere un «Affinché nessuno dica di esser stato
l'sém con valore finale. Questa frase batÌezzaro per la mia persona».
non è affatto consociata a idee mis ti- Accettando la derivazione semitica
che 217 , ma piuttosto a concezioni giu- della formula si dimostra che la sua ori-
ridiche 211 • Di per sé la formula ~a.7t"tl gine dalla parlata ellenistica comune 219
~Ew elç 1:'Ò ovoµa è piuttosto rara nel risulta improbabile. Chi fa derivare ti
N.T.; Mt. 28,19 ha la forma ternaria; formula dal linguaggio bancario elleni-
Act.8,16 e 19,5 hanno dç i:ò ovoµGC nistico ( - JI, col. 70) non può evita-
'toii xuplou 'l l)aoii. Paolo si serve di una re alcune difficoltà: nel bancogiro si
formulazione affine soltanto quando tratta di un versamento su di un conto
precisa ai Corinzi che non sono stati sul quale è iscritto il nome del tit0lare
battezzati nel suo norne: Elç -rò 5voµa. ( ~ colf. 689 s.). Ora l'idea di un regi-
Ilcx.vÀou tPait-rlo1>T)-rE; (r Cor. ,,13); stro celeste in cui sono elencati i nomi
IJ.TJ -rLç EL1tlJ, &n éi.ç -rò iµòv ovoµGC dei credenti (~ u, coU. 276 ss.; vin,
t(kit1:'Cc1}T)i:E ( 1 Cor. 1, r '). col. 243) non è estranea al N.T., ma è
La frase ~ait-rlsELv Elç 'tÒ ovo1.Lcx possibile associare questa idea a Bcxit-
CIT)CToii) XpLO''tOii non si riscontra in 'tlSEW, che significa 'immergere in ac-
Paolo; ma in base agli ultimi due passi qua'? Se l 'espre~sione venisse veramen-
succitati si può ben dedurre ch'egli la te dal bancogiro ellenistico, bisognereb-
conoscesse. Di solito egli parla sempli- be che si fosse notevolmente staccaca
cemente di bauesimo ei.ç Xpwi:òv 'ITJ- dal suo contenuto ideale originario e che
BJtANDT ,91-6o3; STRACK-Bll.LEIIBECK I 1054 motivo per cui il rito viene <'Ompiu10 e dcl·
s.; Sci1L11TTER,Komm. Alt. }}2.799. l'essere n cui il oottt:rJ>t!O viene o<l appan•-
115 J. ] F. KEMJAS, Hot die Urkircbe die Kin- ncrc.
dertau/e geiibt?' (1949) 20 s. m DEISSMANN, D. 143 ss.; DEtSSMANN, N.JJ.
216 Contro A. D1ETEIUCH, Ei11c ilfithr11slitur- 25; -t HEITMULLl!R 1oy109; cfr. anche
gie' (1910) 1!4. PREUSCllEN-BAUER, s.v.: qui vengono lasciate
211 Nel lavacro rituale giudaico, compiuto aperte cmrambc le possibilità; -+ 11, coll.
l"Jem, ritroviamo i mcdc:Simi momenti dcl bat- 70.
tesimo: immersione nell'acqua, indicaiione dcl 219 -+ HHITMUl-LER 108.
i73 (v,275 l
220 La medesimo formula ln11esimale di Mt. G.,,;ù Crist0, e dello Spirito Sunto». Tertullin
18,19 si rirrov:i in Did ;,1: f30.m:io"1l"tE dc; no dice che il bauesimo avviene in not11c11
TÒ OVOµ« "tOV iro.i:pò; xo.t i:oii vloii xa.l "tOU (b11pt. 6,13); Cipriano (ep. 7.J..5) dice inVC!Ce
Òl.ylov 1tVGv1ta'toc;. In Did. 7,3 mancano gli i11 nomine come l'Trala e b Vulgata.
anicoli determinativi; in Did 9,5 abbiamo la
221 STRACK-Bl LLl!JIUECK I 4o8 s.
forma più semplice che ri<-O«fa piuttosto quel-
la paolina: ot flo.1t-r~v<Ec; etc; 5voµa Kll- uz ScHl.AITER, Komm. ]oh. 296: «Ne.I nome
p!ou. L.~ meùe$ima forn111Ja·tione ritorno ~n d i Gesù av,•iene soltanto quanto è in arrno-
che in H erm ., vis. 3,7,3; l ust., apol. r,6t,3 nia coi suoi comandamenti. Chi agisce e pre-
(cfr. ro,13): •fasi s'immergono poi nell'ac- ga nel suo nome vuol fare la sua volonr3 e
<1u• nel nome (iit'b..Oµa-roç) di Dio pndre, il qucsca è rivelata :ù discepoli dai coma11d.'l-
Signore di tutt e le rose; del nostro salvntore, menti òi Cristo•.
o'llO!l<1 (1-1. Bicrcnhnrd)
tale preghiera (Io. 16,26 s. 23 s.; 15, 767) essi possono a loro volta agire
16). L 'unitt1 del Figlio col Padre viene nel suo nome, cioè non soltanto per
manifestata anche nel fatto che la pre- incarico suo, ma anche co11 la suo po-
ghiera nel nome di Gesù può esser di- 1e11:r.o; essi provano per esperienza cht:,
retta sia al Padre che nl Piglio: «E quel- agendo cosl, la sua forz:i opera in loro:
lo che chiederere nel mio nome, Io farò, «Signore, nel tuo nome ci sono sorco-
affinché il Padre sia g lorificato nel Fi- pos1·i anche i demòni» (Le. io,r7). La
glio» (Io. 14,13 s.). possibilità di operare miracoli con il
nome di Gesù non è però limitata alla
e) Credere nel suo nome (Io. 2,23)
cerchia dei discepoli: secondo Mc. 9,
significa credere nella sua missione mes-
38 Giovanni riporta come un tale, e-
sianica, credere che lui è il Cristo, il
straneo alla cerchia dei discepoli, operi
«Figlio unigenito di Dio» (Io. 3,18) m.
miracoli col nome di Gesù (tv [Le . 9,
Tale fede è nata da ciò che ha permes-
49 'var.: btl) -rQ évéµa-rl crou); Gesù
so di scorgere nella sua opera la po-
difende costui dai sentimenti esclusi-
tenza di Dio; agendo nel nome del Pa-
vistki dei discepoli: «Non c'è alcuno
dre egli dimostra di essere il Figlio (Io.
che faccia qualche opera poten te con il
10,25). Chi cred e nel Figlio (-ro~ç 1tL·
mio nome (btt "t'Q ovoµa-r~ µou, «Ìll
CT"t'EVOUOW El.ç "t'Ò 0voµa (J.V"t'OV ) viene
base aJ mio nome») e che subito dopo
anche a trovarsi neJ giusto rapporto col
possa dir male di me» (Mc. 9,39). Nel
Padre: gl)wxEv u.v-ro~ç fl;oucr~u.v -réxvu.
nome di Gesù vengon compiuti non so-
~EOV yt'JÉtTilcn, «ad essi ha dato potestà
lo atti di potenza, ma anche di miscri-
di diventare figli di Dio» (lo. r ,12 ). È
corclia: «Chiunque riceve un tale fan-
volere di Dio che si creda nel nome dcl
ciullo nel mio nome ( èitt •0 6v6~ta.-rl
Figlio suo Gesù Cristo (r Io. 3,23; cfr.
µou) riceve mc» (Mt. 18,5 par.) 224 • La
5,13); in parole più semplici, che si
potenza del nome di G esù resta efficace
creda nel Figlio di Dio ( 1 Io. 5, IO).
anche dopo h1 Pasqua: Pietro guarisce
f) In qwinto i di scepoli si trov::1no il paralitico nel nome di Gesù (Act. 3,
nel suo raggio d'azione (~ coli. 763; 6; cfr. inoltre Act. 14,10); questo pas-
m SCHLA'ITl!R, Komm. ]oh. 19: «Usaiido la nome Jicc come si chiama chi ordina quel
formula 'ltL<T'tEVEl'll ei.ç "t'Ò O'\loµo; il giu<foo in- doto atto; sc:eondo il volere di chi esso v ie-
tendeva il nome di Dio» . Senza che il senso ne oompiuro». !:: nbbastanza di!licilc, però,
abbia a cambi3re, si può però anche dire sem- spicl\llf'C Mc. 13,6 par. in questo modo:
plicemente itL<T'tEVEL'll E(ç: lo. 2,n; 3,16.36; «MOiti verranno htt 't<';i òv6µo;'t( µov e di-
7,5.J 1; (BUL1'MANN, ]oh. 31 n. 3; 37 n. 4). ranno: 'Sono io'» ... I falsi cristi non si richia-
224 Cfr. i LXX ove iv ed t1tl vengono ugual- mano a Gesti Cristo, ma pretendono per sé il
mente usa1i entrambi per rendere b'lbn (--+ nome 'cristo'. Il testo va quindi tradono:
col. 736). SCHLATTER, Komm. /1!1. H6 : «li 'sorto il mio nome'. --+ HEITMUl.LER 63.
777 (V,2i6) cvo11a (l L llic1mhanll (v,>77) 778
so mostra anche come una raie gual'i- Gesù C!'isto ti guarisce; alzati e rifatti il
gione avvenisse: «Ma quello che ho, ti le1tO» (A rt. 9,34 ). In base a questo pas·
do: nel nome (tv -.Q 6v6µinL) di Gesì1 so I'ovo1 ui 'I11<1oii <leve essere interpre-
Cristo alzati e cammina!». Poco dopo tato proprio come praesentia Christi
leggiamo a commento della guarigione: (""'col!. 766s.).
<<. •• il suo( == di Gesù) nome lo ha gua- Fatte poche eccezioni, nel N.T. non
rito», perché il paralitico credette nel trov'iamo formule di esorcismo; un'ec-
nome di Gesù (Act. 3,16). Forza (ov- cezione è costituita da Mc. ':»7 (in boc-
va(AL<;) e nome (ovoµa) sono concetti ca ad un dèmone ), l'altra, ugunlmente
paralleli (dr. già Ps . .54.3; ~ II, coli. significntiva, da Act. 19,13-16: i.ncorag-
1539 s.): «Con quale potenza o con ginti dalle guarigioni compiute con suc-
quale nome avete fatto ciò?» (Act . 4, cesso da Paolo, anche alcuni esorcisti
7) 2". I membri del sinedrio che pon- giudei volevano guarire 'nel nome di
gono tale domanda sospettano che die- Gesù' pronunciando il nome di Gesù
tro l'azione degli apostoli ci sia l'idola- su coloro che erano possedu ti da spiri-
tria, che fosse all'opera una qualche po- ti malvagi. Ora essi usano la corretta
tenza oscura e che per la guarigione fos- formula esorcistica: òpxl!;w vµciç -.òv
se stato fatto il nome di un elio paga- 'ITJ<1oliv av Ila.ùÀo<; xripvcr<1E~, «vi scon-
no. Anche a costoro gli apostoli confer- giuro per quel Gesù che Paolo predi-
ma no che il nome cli Gesù era stato la ca», ma il risultato è proprio l'opposto
forza che aveva reso possibile la gua- di quello desi<leraco: lo spirito malva-
rigione (Act. 4,ro). In modo simile l'a- gio conosce sl Gesti e Paolo, «ma voi
postolo Paolo scaccia uno spirito indo- chi siete?». Invece di essere lo spirito
vino: «Ti ordino lv òv6µ.a:n 'lTJO'OV ;1d andarsene, sono gli esorcisti ad esse-
Xin<1-.où di uscire da lui» (Act. 16,18). re malmenati. Ricordando .Mt. 7 ,21 s. e
Una tale guarigione non si compie me- Mc. 9,38 s. dobbiamo dire: il nome di
diante l'impiego di formule magiche G esì1 manifesta lri sua potenza soltan-
(nemmeno Èv [ -.!{'.>) 6v6µa-.L 'IT}O'où è to qu;mdo uno aderisce a Gesù in fo.
una formula magica) né dipende dal po- de ed obbedienza e fa la volontà di
tere o volere dd guaritore, ma è G esù Dio; l'uso del nome di Gesù per pro-
stesso a guarire(~ 1v, coli. 7l9 s.). Ciò pri fini costituisce un abuso ed è de-
si vede chiaramente nella guarigione di stinato al fallimento. Il N.T. non cono-
Enea a Lidda, dove Piecw dice: «Enea, sce alcuna teurgia che possa cos tringe-
w U nome di Gesù Cri~to è 4ui ormai q ua- xbo-µov o>..ov {3cunti?;tt. li testo però conti·
si un'ipostasi; in Hetm., sim. 9,14.J il nome. nua: El oùv 1tiiu11 -/'i x"Ci<11.c; OLIÌ 'toii vlou "tou
di Cristo è un'ipostasi : 'tÒ ovoµ11 'tov vloii i'lrov ~ct<r-ral;ncxt. Cfr. anche Herm., sim. 9,
'tOÙ Ot oli 1.iiycx l<ri:l xcxl tX)'.Wp!)'<OV xcxl 'tÒV 11,4.5.8; !»•3,2 s.; J Clem. 58,1; 6o,4 ccc.
779 (v,277)
re Dio o Gesù; Gesù il xupLOç t: Sll)ll'· l'auh•: «l·:gli t..lovrà portare il miu 1111
riore a qualsiasi costrizione 111agic:1. I n 111c cl:avarni ai pagani ed a.i re cd .ii li
Aci. 4,30 la prima comunità cristiana gli d "lsri1ele» (Act. 9,r5). Paolo slt''"'
prega Dio di stendere la sua mano per. artcs t:\ di aver ricevuto da Gcsì1 ( :ristu
eh~ avvengano guarigioni, segni e pro· gr:tzia ed apostolato perché 1rn i pai.t:i-
digi o~à 'tOV òvéi.i.a.'toç del suo santo ni ci fosse l'ubbidienza della fede vcrs. '
servo Gesù 2a1. Analogamente nel N.T. il suo nome (Rom. 1,5). Paolt) 11011 ha
non troviamo traccia di fede in nomi di l'ambizione di svolgere In sua :111iviti1
efficacia magica, manca qualsiasi nome missionaria lò dove Cristo è srnto gi:ì no-
o parola misteriosa e spaventosa {~ minato, 01tOV wvoµ6.~1) XpLCT'tÒç, cioè
col. 7" ). NelJe guarigioni il Signore dove è già giunto l'evangelo di t.:ui Cri-
mostra di sostenere i suoi discepoli ed sto è appunto il contenuto (Rom. i5,
il compito ch'egli ha dat0 lorozz7• Quan- 20). In termini generali si dice che i
do neUa Chiesa si guariscono i malati missionari si mettono in viaggio «per il
ungendoli con olio (lac. 5,14 s.), ciò av· nome• (J Io. 7 ). Parlando della sua atti-
viene in ubbidienza a Gesù (Èv -.iji òvb- vità di persecutore dei cdstiani, Paolo
µ1nL 'tOV xuplou ), poiché Gesù ha ordi· dice di aver pensato di dover fare mol-
nato ai suoi discepoli di aiutarsi reci- te cose contro il nome di Gesù il Na-
procamente. La guarigione non avviene zareno (A ct. 26,9): la sua persecuzione
qui mediante l'uso di una formula, ma era diretta contro la predicazione di
è compiuta dal Signore per la preghiera Cristo svolta dalla Chiesa. Similmente,
rivoltagli con fede. dopo la conversione, Paolo compare in
g) Il nome di Gesù costituisce sia Damasco ed in Gerusalemme predican-
il fondamento che l'oggetto della predi- do it nome di Gesù, tv 'ti;> òvòµa.'tL
ca?.ione cristiana. Filippo proclama il 'I11croii (Act. 9,2 7 s.). Visto che Gesù e
lieto annuncio deJ (1tEpi) regno di Dio la sua opera costituiscono il contenu to
e Jel nome di Gesì1 Cristo (Aci. 8,12). centrale della primitiva predicazione
Secondo Le. 24,47 la Scrittura prean- cristiana, le autorità giudaiche di Geru-
nuncia che ai popoli si predicherebbe salemme vietano agli apostoli di con ti-
ravvedimento sul ( È1tl) nome di Cri- nua re a parlare ed insegnare sulla base
sto. Gesi1 dice ad Anania riguardo a di questo nome {E7tl 'tti°> òv6µa.'tL 'tOU-
226In Giustino (apol. 2,6,6) i confini non so- dial. 30.49.76: Giust ino narra qui di Ruati-
no già più così netti: «Molti dei nostri... gioni operate nel nome (o mediante il nome)
h4nno gia sanato un numero immenso d'in- di (°';es\1 Cfr. Ircn., baer. 2,324.
demoni.'.lti in rutto il mondo ... esorcizzando
nd nome di Gesù (tmipxlT;cvnç x.a-rà. i:oii m - fioEUMER 40 : 4 ... nell'ovoµcx si stabiliva
èvoµa."Coç 'IYJ<rov Xpw-rov )... e contitm'11lo a fa prescnu rc•lc dcl Signore e s'intendeva in-
guarirne ... »; dr. Iust., dial. 85; apol. 2,8A; dicare la sua propria persona•.
't<!J ) , ciol- a I''' ,, l.11 11 .1 11· il mesS<lggio cri- « lo \'i d iu >. 111 \'l'l'itii, nessuno ha l:i
stiano (1k1 . .J, 1 ; ·· . : ';.il\.40). sria1" I'"" mio o d ell'evangl'I(
:111 1n1 , ·
22~ Non si è d'açcordo ucl decidere a che va- Yiµwv '[TJO'Ou va con cn>vcx.xlltv"Cww; ancora
da dfcri ta la locuzione l:v -ciii 6v6p.c:t."CL "COU una volta ravopa di Gesù sta in parallelo
xvpiov; la proposta migliore sembra esser con la sua lìvvaµi<;.
q uella di SCH!.Artl;R , Kor. 176, che rende giu· 229 L!ETZMANN, Kor., ad I.; S c Hl.ATTElt, Kor.
stizia al parallelismo dell'espressione : cMcn· 67.
tre È'>J "<0 6v6µa'<l. -coii xvp'°v 'll)<1oV va rife- DO Cfr. H.J. HOLTZMANN, ùhrbuch der nt.
rito a xixptx<X, <7ÌJv tj òvvoc~L •ov xvplov licben Tbeol.' lJ (19n) 532; --+ SEEJlER.G 6o4.
ovoµ<l (1 l. Ilictenhard)
2l1 Cfr. foel 3 ,5 (LXX); R. B U LTMANN , Theo ché è deuo: Tutti quelli che si rhiamano col
loiu du N.T. ( 19,.8) 114 s. mio nome e che io ho nc::a!Ì, formuli e fatti
lJl Gen. r. 49 (31 a): •R. Pialus (c . 36o) ha
per la mia çloria (ls. 43,7). Ino ltre R. Shc·
deuo in nome d i R. Shemucl (c. 260): Abra· muel b. Nohman (c. 260) ha deuo che ll. Jo·
mo ha cono:;ciuto Rtichc il nuovo nome col natan (c. 220) aveva dc u o: Tre verranno chia-
quale Dio chiamerà un giorno Gerusalemme, mati col nome d i Dio e prccisnmc nte i giusti,
come è cktto: Qucl giorno chiameranno Ge. il Messia e Gerusalemme». I tcsli probanti so·
rusalcmme ' trono di Jahvé' (ler. 3,1 7)». B.B. no Is. 43,7 (i giusti), Ter. 23,6 (il Messia ), Ez.
48,Jj (Gerusalemme ); dr. STRACK-BILLER·
n b: «Rabbiì (t 331) ha detto che R. Joha· BECK Ili 795 S.
non (t 279) aveva dcuo: quella ,·olta i giu-
sti verranno chiamati col nome di Dio, poi· 2.1.1 Ù>HMEYF.R, Apok. a 3,12.
ovo1;a {II. Biet1:11h:11. J1
l'uomo nella sua più in tima essenza re immutabile della comunione di eia·
persnnale (lu. l 0,3) 242 • I nomi dei set- scun membro della comunità con Cristo.
tanrn discepoli sono scritti nei cicli (Le.
10,20), vale a dire «essi sono accolti t òvo11<i~w
anche da Dio e sono entraci nel regno
Il verbo si riscon era nella grecità co
della sua grazia» 1''. Nel libro della vira mc ovoµ.o: e significa: nominare, chia
( ~ rr, coli. 276 ss.) sono scritri i nomi mare per nome, denominare, dire, espri
di coloro che sono desrinari alla vira e- lflere, indicare; convenire, accettare,
promellere. Per i LXX~ col. 740.
terna (Apoc. 3,5; cfr. 13,8 ; 17,8). In
Phil. 4,3 Paolo si serve <le.Ila medesima Nel N.T. ricorre soltanto 9 volte:
idea parlando di coloro «i cui nomi so- Le. 6,1j.14; Act. x9,13; Rom. 15,20; I
no nel libro della vita», wv ~èl 6v6µcx- Cor. ,5,JI ; Eph. 1,21; 3,15; ,5 ,3; 2 Tim.
~a Èv Pl\D-.1(> ~wi'jc; (dr. anche Hebr. 2,19 e, come variante, anche I Cor. 5
n ,23 ). A chi vince, Cristo promette 1. Come nei LXX, anche nel N.T. è u
(Apoc. 3,5) di non cancellare il suo no- sato molto più frequentemente xcxÀEL'i
me dal libro della vita 244 . Per Dio iI (~cv, coli. 1453 ss.). Gesti chiamò i do·
va lore di questi nomi consis te nel fatto dici 'apost0li': sia il nome sia la fun-
che Cristo li confessa cd afferma cosl zione di apostolo son fatt i cosl deriva-
davanti a Dio ed agli angeli la sua co- re da lui (Le. 6,13 ). Gesù diede a Si-
munione con le persone risponde nti a mone il nome 'Pietro' (Le. 6,14). Pc
quei nomi. Colui che vince riceve «una Act. 19,13 ~ col. 778; per Rom. 15,
pietra bianca» con su scrilto il suo nuo- 20 ~ coli. 782 s.; per Eph. 1,2 1 ~
vo nome (Apoc. 2,17); egli viene cioè col. 765. Quando uno ha. sì il nome di
trasportato in un nuovo stato di vita fratello (à:oE).q>òc; òvoµasop.Evoc; ), ma vi-
nel quale la sua antica narura peccami- ve immoralmente od è avido, idolatra
nosa è svanim m. Il particolare che maldicente, ubriacone o ladro, allora 1
«nessuno conosce (il nome nuovo) se comunità deve negar gli la comunion
non chi lo riceve» sottolinea il caratte- della mcns<1 (I Cor. 5,n ). 11 nome d
l-1:! ScHWITTER, Komm. Job., ad I.; Eri. 167. il mio nome. Allora Jahvé disse a Mosè: No
i: giusto cancellare il tuo nome, ma io cancell
w K.H. RENGSTOKI', Lk. (N.T. Dcmscl1), ad I. dal mio libro chi abbia peccaco conrro di me
?u Nel la dottrina dell 'A.T. e dcl tardo giudai- (Tg. pal. a Ex. 3z,32 s.) : STRACK·B•L·LERBflC
smo In cancellazione del nome dal libro della Il r69.
vita significa che l'uomo in quc~tionc muore. 2,S Secondo l'insegnamento rabbinico chi h
Coine si può vedere da ll'esempio seguente, fatto penitenza riceve un nome nuovo: STRACK
non1~ e persona sono anche qui intcr...:01nbio 4 B ILLERDECK III 794. Nell'esercito romano l
bili : «Ed ora, se vuoi perdonare i loro pecca· r~-clute straniere che si arruolavano come ma
ri, pet<lon:tl i; ma se 11on lo vuoi, cancd lom i rinai ricevevano un nome romano (Dl!tSSMANN
ora dal libro dci giusti 11el quale hai scritto L.O. 148; HAlNACK, Miss.' 437.439 s.).
;9' (v,282) tr.ovG116.~w. <!ituowvu11oç (H. Bict c.:nhard ) (V,1~3) 792
6voi~ò.i;w
1 Drnru.rus, Ge/br. 57; EwALo, Gefbr. 169. ha il suo nrchcripo in Dio. Divers:i è l'opi·
Cfr. inoltre E. Pf.RCY, Vie Problcme der Ko· nione di H. ODEIIERG, Tbe Vicw o/ U11ivrr-
losser- u11d Ephcscrbrie/c. Acta Regiae Socie· se in ll>i! Epistle lo tbc Ephrsinns, Lunds
tatis Humaniorum Littcrarum Lundcnsis, voi. Universitets J\rMkrift N.F. I \'Ol. 29,6 (1934}
29 ( 1946) 277 n. 30: «Il nostro testo esprime 20: egli pensa che la 110.~p~ci nd ciclo sia fa
evidentemente l'idea che Dio, il padre dei 'famiglia supct·iore' (il mondo degli ~ngcli)
credenti, è l'archetipo tLi ogni rapporto di pa· cui fa da riscontro la 'famiglia inferiore' O·
ternitìl e quindi di ogni sentimento paterno srade) di cui si parla nelle discussioni 1·abbi·
nell'intera creazione, così che ogni altro rap- nichc.
porto di pacernicà non è che un riflesso di
quello stabilito tro Dio ed i suoi figli,.. Per ljlt1Jowvuµoc;
Percy il problema della prese112a di ncx~pux( I LIDDELL. Scorr; PASSOW; PREUSCllEN
in cielo è irrilevante perché, secondo lui, il BAUER, s.v. Per i composti con t!ituéo· in gc·
passo non vuol dire altro che <1gni pacernità nerale dr. DllUHUNNER, Grit:(h. Wurtb. S 114 .
i9~ ( V.lX 1) cvo.;(0. Michcl)
vcc~ dice il suo nome, ccl h:1 pertanto nomi falsi (.jltvSwwµovç npoC'piio-n~ l
un nornt! sbagliatO. Aesch., !'rom. 717 : chiamano cioè dio ciò che non è tale.
ij!;rn; O' 'Ypp~CTT'Ì]v 7to-.aµbv ov tVEVO~
vvµov, «giu ngerai ad un fiume che non Nel N.T. il nostro termine ricorre
a tono è chiamato lbristc, il violento»: solrnnto in L Tim. 6,20: «0 Timoteo ...
il fiume i! impetuoso ed il suo nome è evita i d iscorsi empi e le obiezioni
quindi ben giustificato. Emmmbi gli e-
S<.>mpi ~i riferiscono all'etimologia del di quella che è falsamente chiama ta
nome. Aesch., sept. c. Theb. 670 s. : fi 'conoscenza• (i:ijç ljievowvvµov yv~
oij-.'liv EL'r) 1t(lVOlxwç o/evSwvvµoç .il- <l'Ewç)»: Paolo mette Timoteo in guar-
XT], !;vvoùcra. cpw-rt 7tcx'll'!oÀµ.4J q>pivaç,
dia contro un movimento che smenti-
«se va con chi ha tali vergognosi e au-
daci pensieri è più che giusto dire che sce il proprio nome perché allontana
Dike ha un nome falso»: Dike non do- dalla fede e fuorvia, e dunque invece
vrebbe avere un nome che significa che alla conoscenza porta all'errore ( v.
'giustizia', se aiura Polinice. PhiJo, de-
cal. 53: gli uomin i trasformano le parti 21); --+ li, col. 5r4.
dell'universo in divinità e d:mno loro H . BrETENHARD
t ovoç, t òvci.pwv
1
ò cd 'ÌJ ovoç =l'asino. Nel T .M. del- 23 9,21 • Secondo Gen. 3:z,16; !ud. ro,
l'A.T. = 'ii.ton, ~amor, 'ai1r , pere', 4; ls. 30,24 'aiir indica probabilmente
'aro'er (cfr. gli accostamenti attributivi lo stallone d'asino (accadico: uru) 2•
dei LX.X: 5voç èiyp\oç, 11va:ypoç, ovoç
Ép11µl 't'r)ç ed ovoç ihi>-t~Cl ). Il termine è A. L'ASINO IN PALESTINA E NE L GIU-
attesrnto già in Omero e si trova comu- DAISMO
nemente anche in iscrizioni, nei papiri
e nei LX.X. Abbiamo l'altera to (dim inu- r. L'a$ino è noto in Egitto e in Pale-
tivo) i:ò òv<ip~ov in Diphilus 89 (C.A.F stina già in età molto antica; secondo
11 570); Macone in Athen. 13 (582 e); Gen. 12,16; 22,3.5; 24.J.5 Abmmo ed
EpicL., diss. :z,2,p8; 4 ,1 ,79; P. Oxy. 1 i patriarchi lo possiedono. Abbiamo
63,11; la forma òvaplSLov in P. Ryl. l'uso traslaro di asino in Cc11. 49,14
5'110ç
F. 01.CK, art. 'Esel' in: PAut.Y·W . VI ( 1909) R.01t1t111li1. (1927) i5.t· 205 ; L. Kéi111.r.R, Klci-
626·676; I. RENZINGER: RE ' 5,496 s.; A . )E· ne U chler ( 1945) 52·57·
RcMIA S, Das A.'J'. im Lichle des A/1e11 Q . 1 In PREIS IClKE, Wiirt. n 18 r-r 83 troviamo e-
rien1s 306..106.672; SC.HiìR.ER ll l i52.532.549 ; lencati come concetti aflìni ovLxoç, O'l1'0V, ovci.-
HARNACK, Miss. 432; E. B1cK~KMANN, Rituttl-
pLOv, 6v(X9lliLO'll, O'lltXYfltOV, ova:ypi.voç, 6VT)Àa-
mord unti Eulskult: MGWJ 71 (r927) 2u-
Tlw, ò'llT))-<i"<T}ç ( oVEÀa't'l)<;), 6Vl)).omxoç,
264; A. ] 1\COBY, Der angeblicbe Eselsk11/1 dcr
6vT}Xaula, 6vT}À.acn.ov, bvoti}ÀELa.
J11de11 und Christe11: ARW 25 (1927) 265-
2ll2; K. Ki>KÉNYI, Die griet·b.-fln e111alische 2 -+ KlittLER 56.
~vcc; (0 . Miche!)
3 Ge11. 16 ,12: «Egli sarà ua gli uomini come (Xcnoph., on. 5,8,3), insensibile a ll o musica
un àsino selvatico: la sua mano contro rutti (Plut., sepl. sap. conv. J [li r;o f]).
e la mano di runi ronrro lui e abiterà in op- 1 ~istono tre tipi dell'accusa di adorare: )'3-
posizione a rutti i suoi fratelli». Anche secon-
do l'interprete di sogni Artcmi<loro l'asino in-
sino: l'adorazione sarebbe diretta all'asino ve-
ro e proprio, ad un uomo in formo d'osino,
dica un avversario scrrta scrur><>li oppure la
alla tesra d'asino. Plm ., quaesl. co11v. 4,5,2 (Il
sopralbzione dcl nemico (011eirocr. 2,n [ ro3,
670 e) mcconrn (cfr. onche Tacit .. bis1 . .s.3-4)
21 ss.]). Per il forre istinoo sessuale dell'asi-
rome i G iudei uscendo d'Egi tto si fosscr~) rro·
no cfr. Cornut. . thcol. Gmec. 6c ,1; Pseud.-
vati ìn una si1u:i2ionc critica per n1ancan2a
Luc., asin. 32; Dio Chrys., or. 78,658,32;
d'acquu; seguendo le tracce d i un branco d i
Script. Hist. Aug. 7,10,9. Cfr. anche gli affre·
onag1·i trovarono poi dei pozzi e per questa
schi analoghi (W. HnBIG, \Vamlgemiilde der
ragione nel S:lntuario essi adorarono in se~ur.
wm Vesuv verJcbiilleten S1ad1e Camp1111ie11s
10 l'immasinc di un asino. l pagani credono
[l868] ~83 , nr. 1548) e le pitture vascolari
che i cristiani 2dorino una testa d'asino (Mi-
classiche (PAULY-W. VI 670·672).
nuc. Fd. 28,7; Terrullian., apol. 16,1-'; nal. t,
• Tipica dell'epoca arrorno al 300 d.C. è l'os- 11). Come i proverbi e le massime, cosi an·
servozione di Porphyr., abst. 2,25 e Arnobius che le ca ricarure hanno a soggetto l'asino. Un
7,>6 che non si sacrificano asini o&li clèi. graffito odia scuola degli schiavi imperiali sul
Palatino rnffi~urn un nsino the fa gira re unn
s ln P AU LY·W. vi 630 troviamo elencati i
mncina; In didascal ia legge: labora, aselle,
luoghi in c ui, secondo le inform11?.ioni degli quomodo ••go lnboravi, el proderil 1ib1. For·
scrittori antichi~ viveva l'asjno selvatico; cfr. se si sd1ernisce uno schiavo <li nome Asel-
r. Al.THEIM, Die Krise der oltm \'Veli I lt1$ , Un altro graffito nel medesimo edificio
(1943) 27 s. (prima metà del m scc.?) raffigura uno schia-
6 L'osino è chiamato 'pigro' (Horn., Il. n, ''0 crocifisso dalla tesla d'asino ed un altro
5511 s.), 'ostinato' (Horat., nr. 1,9,20), 'testo- schiavo che !"adora; l'iscrizione legge: ·Aut;&:-
ne' (Plut., l s. et Os. 50 [11 371 e]), 'testardo' 11evo~ cri~E"TE (o-ÉP•"<<:u) &E6v. i°'. prohohilmen-
:~ ((J. Miche!)
1c lo s1esso Alessandro a definirsi fidelis, cioè di R. Levi (c. 300), Midr. S. 14 S 9 (~' h);
cristiano, in un altro gralfi10 (F. HAUC: Bcr- STRACK-BILLERDECK I 843.
liner philologische Wochcnschrift 16 [ 1896} 9 ]. KLAUSNER, Die messianiscben Vors1c/11m-
)62; PAULY·W. v 1 676). Per i cammei con fi. 1.en dts jiidiscben V olkes im Zei1alur der
gure dalla ICSta d'asino dr. C.A. KAUFMANN, Tan11oitm (t90~ ) 45s., deduce " ragione:
Ha11dbucb der christlicben Archiiofop,ie (i 922) «Già moho presto nel periodo 1annai1ico
614. Gen. 49,r 1 e Zacb. 9,9 sono stati interpretat i
8 La s tess.i scntt•nza va llnchc sollo il nome mcssianicRmcnt<:».
~voc; (0. Michcll
8. L'ASINO NEI, MONDO ANTICO, NJ'.L- nico ad Arnt., phae11., ed. Buhlc 11
L'E L LENI S M O E N1' LLA GNOS I [ 18or) 51; L:ict., inst. r,21,27). Nelle
sole nni processioni dion isiache vèn g\1110
In Egitto l'asino era sacro al dio T i- condotti anche asini; Sileno cav::ilc:1 un
fone (Plut., sept. snp. conv. 5 [u J 50 asino (Ovid., fast. J ,399; 3,749; 6,
[]) cd era pertanto in odio alla gente 339 ). In origine può essere stiito ap·
(Apul., t11et. l 1,6; Ael., nat. an. 10,28). prezzato pa rtieolarmenre pe rché salvò
Probabilmente l'usino è stato introdot- Lori daUe insidie cli P riapo (Ovid., fast.
tO in Grc..-cia dall'Asia Minore, come l ,433-436 ), ma poi fu consideraro un
sembra confermare anche l'etimologia anima le lascivo (Cornut., theol. Grnec .
di ovoç 10• In Horn., Il. l I ,5 58-56 2 ( l'u· 6I, I) e circo lavano stori e d i rnpport i
unico passo omerico in cui ricorra ovoç) sessuali avuti con un asino od un 'asi-
Aiace che offre una tenace resistenza nl na 11 • Il romanzo d ell'asino del periodo
nemico incalzante è paragonato ad un più tardo (Pseud.-Luc., asin.) elabora sì
asi no che, nonosta nte le bas tona te, non motivi favolosi e novel listici, ma mo-
lascia il seminato prima di aver man- stra anche che cosa si pensasse di que-
giato a sazietà. Jn un affresco miceneo sro animale in ePQCa iarda 11 • Può esse·
sono raffigurati tre c.lèmoni con la testa re anche che si rillett:.tno qu i antichi
<l'asino. L'asino è inoltre la cava lcatu- moti vi mitici (l 'asino è nemico d i I side
ra di Dioniso e del suo seguito: il dio perché è sacro a T ifone) n. Le pitture
è messo in una cassa sulla groppa di vascolari greche presentano più volte a-
un asino per essere portato ad Eubea sini itifallici ".
(Pseud.-Oppian., cyn. 4,256; cfr. il pro- Epifanio sostiene che gli G nostici d el
verbio: ovoc; ii.rwv iuxn:i}pr.a, «un asi- perioc.lo più tardo adoravano il dio e-
no che porta i misteri» [ Aristoph., rar1. gizio Tifone 15; i Mandei nella loro pole-
159 ), legato al culto eleusino). Per gra- mica an ticris tiana pa rlano di u n mis te-
titudine Dioniso avrebbe trasporta to ro e Ji un sacramento dell'asina con
un asino tra le stelle (scoli di Germa- quauro gambe 16 •
IO Sia ovoc; che 11$ÙIUS 50110 imprcstiti lingui- mo-asino, delle ~uc "vventurc e dd suo disin·
s1ici da una lingua dell'Asia Minore a sud del camesimo).
Ponto (W.-Loe-PoK. 1 113; A. W.U.OE·J.B. u &11crc e bas1unare l'asino è un vecchio
HoFMANN, Lat. e1y1110/ogisches \'Viirterbuch 1 motivo egiziano, connesso al carattere dcll'a·
(1938) 73). Per i rel)<!rti a Micene cfr. P AU· nirnalc tifonie<>. Mentre è tr•sfotmato in asi·
LY·W'. VI 6•7; per il posto dell 'osino nel cu l-
no Lucio viene banuto non meno di 14 voi·
lo di Dioniso dr. W. E OTTO, Dio11ysos re, --> KsRÉNYr 185.
( '9Hl q-1 s 14 PAUl.Y·\V. VI 671 s.
11 Un giovane d i buona famiglia di Efeso, fi.
11Jio di Dernostraco, compie atti osceni con is Secondo Epiph., pa11ario11 26,10,6 gli Gno-
un "asina e questa partorisce una bambina di st:ici credono che l'urconte Sabaot, il creatore
nome Onos kelia (gamba d'asino): cfr. Aris10- del mondo, abbia forma d'asino. leggiamo in
k lc di Rodi in Sroh. <14i3· Ai rcm1>i di Gi<>- uno S<.:riuo gnostico che il profeta Za~~nria
vcnalc (6,334) persino donne di rango avrcb· (Ml. 23,35) scopre che nel culto dcl tempio si
bcro commesso indecenze con degli asini in adora un uomo asinifurme; vuole corr"i!llerc
occasione d,·Uc orge della Ro11a Dea a Roma . i Giudei e grida: •Guai a voi, chi adorai~!•,
Cfr: le descrizioni della $Cena in Pscud .-Luc., ma quelli lo uccidono; dr. R . WiiNSCH, St·
asÙl. 50; Apul., 111et. 10,19 . thianirchc Vtr{l11cl11111gs1afel ""s Rom ( 1898)
11 Per la questione delle fonti greche dd cor- 108.
pus lucianeo e di Apul., met., --> WÉNYI 16 LIDZMRSKt, Gi11la 227,21 ~s.; ~ ]AconY
' ' ' ss. (a proposito clclla mctamorfmi dell'uo 266.
ovo~ (O. Michcl)
tale interpretazione che dissocia i mem- fosse importa nte ricord;trc l'asina oltre
bri di un parallelismo non è impossibi- che il ·puledro' ( itwlcx;) 1·' .
le (cfr. Ps. 22,19 con lo. 19,23 s. ). E
vero che i rabbin i non hanno trovato [ particolari e fa struttura della SlO·
un morivo per separare l'asina ed il pu- ria nel quarto vangelo non corrispon·
ledro d'asina in Zach . 9 ,9 che pure è ci- dono del tutto a quelli del racconto si-
tato tanto spesso. Una tale dissocia:do·
nottico. L'asinello (6vcipLov: lo. r2,14)
ne del parallclismus membrorum non
poteva non portare anche ad un senso che Gesù stesso 't rava' secondo il piano
particolare ed ad una nuova compten- divino fa certo pensare al pu ledro d 'i1·
sione del testo. Rappresentando la sce- sino (1twÀ.oc; ovou) di Zach. 9,9. E d et-
na come fa, Matteo incorre però in va-
rie d ifficoltà oggetti ve che non possono to espressamente che solo quando Gesù
essere superate agevolmeme cd hanno fu glorilicato il significato d i questa
anche influenzato la storia del testo di Scrittura si schiuse ai discepoli e fece
2 r ,7: i d iscepoli gettano i loro vestiti
loro capire il senso della loro azione di
su entrambi gli animali (xat tm~rixav
È7t'aù'twv 't<Ì i.µ1i't~a) oppure dobbia- allora (12,16). È notevole d)e G iovan-
mo legge re (col cod. D, ic. e Crisosto- ni sotto linei solrnnto lo coincidenza del-
mo) il singolare ( È7t 'cx.v'Tov )? Gesù si la profezia di questo passo con l 'evento
siede sulle due bes tie oppure soltanto
sui vestiti di u na (tm1.vw aù-rwv)? Bi- messian ico, ma non col carattere speci-
sogna forse preferire anche qui il singo· fico del suo protagonista ( o(xa~cx;,
lare ( btcivw aÙ•ov, t1t&:vw aù-.ov, op- 7tpavc;l 2-1.
p u re sem plicemente b tcX.vw)? L'ingres-
so su due animali non si accorda affat- 2. Dato che già nell'A.T. il bue (µ6-
to con l'attesa mess ianica ed offre inol- o-xoc;, ~ove;) e l'as ino (ovoc;, &rco~uyLov )
tre anche alcune di fficoltà di contenu-
to ii. Ancora non si è riusciti a spiegare sono spesso mcn~ionati insieme in elen·
soddisfacenremente perché per 'Matteo chi o in singole prescrizioni 25, non è nf
21 ZAHN, Mt. 610 crede comunque che si tr•t· Cfr. BuLTMANN, Trod. 281; H. G1t ESSMANN,
ti di 11n d ato di fatto srorico. <ip. cit. (-> n. 19) xR~J.
2l ~ KOHLER ,6: «Gesù è enrrato in Geru· "Ex. 21 ,33; 22,3; 2J,4 i Dru,. 22,10 ccc.; per
salem111e non covalcando un puledro d 'asino o la sostiru2ione del termine 'asino' con 'bestia
un cavallo da guerra~ n1a. co1n 'cra uso antico dt1 soma' (Ò1to!;vyLov) cfr. A. Gi;1r.i;R, Ur·
(lud. rnrt; 12,14), un nsino». scbrifl 11. Vbersel::.ung d. Dibcl' (r928) 360
2' L'interpretmone dci p3SSÌ evangelici lascia s. 442; -> BICKEltMANN 26o. Il N.T. non par
uperri vari inre rrogativi : 1. è srato Gesù stes- la di asini nella st0riu del Natale, ma fin dai
so a vedere la sua entrnra a Geru•,.Jcmmc alln tempi di 01igcnc i P:1dri riferiscono ls. 1,3 e
luce di Zach.9,9, o è srarn la comunità crisrìana Abac. 3.2 (LXX) alla nasciia del Signore. Lo
a intendere qu<·sto evento st•condo la parola Pscudo-Maueo dd primo Medioevo ha inUo·
proferku? 2 . Jn che senso e fino a che punto dotto il mot ivo nella letteratura ; nell'arte cri·
Gesù voleva odempiere questa profezia? Per- stiana esso ricorre dapprima nel 1v sec. e dal
ché sia Mt. che Io. abbreviano il resto biblico v u sec. in poi è diffuso in Occidente per tut·
che forse aveva per Gesù un 'jrnponanza par· CO il Medioevo. Nello Leggenda Aurea il bue e
ticolare nella •u• forma origioarig? Abbiamo l'"sino simboleggiano il luogo natale dcl Si-
foise qui una semplilicaziooe dcl motivo? gnore. Gr. K. KliNSTUl, lkonographie der
é~oç( H.W. Heidland l
fai 11> >trano che i due animali appaiano in un pw.;-.o (h•"rii'), indugia a tirarlo
in~icrnc i1l un detto di Gt·sì1: «Ipocriti, fuori suh iio anche di sabato?» 27 • Jn
non scioglie ciascuno di voi, di saba to, questo ciiso vanno dunque respinte a l.
il bue o l'asino <lallu mangiatoia per tre lez ion i alternative, ad es. ovoç +ì
portarlo a bere?» (Le. i3,r.5). Pili com- 0ovç (co<l. S, it. vg.), [3ouc; lì ovoc;
plessa è la sirunione testuale di Le. 14, (sy") o 1tp66a-i:ov iì ~ve; (cod. D) 28 • An-
5 ove forse bisogn.'I leggere, coi codd. che in epoca posteriore si pensa aJl'asi-
AB ir., 'Tlvoç ùµWv viòç i\ Povç M. La no come :mimale da sella (mari. Polyc.
retroversione in aramaico ci fa cogliere 8, e ov<tJ xaiHaav·uc;, «seduti su di u n
un gioco cli paro le: «Chi di voi, se un asino»).
figlio (b'ra) od un bt·e (be'ira') gli cade O. MICl-IE.L
Etimologia: sta ad ò~uc;, aspro, aci- poi vino acid11lo, 111 b evanda popola-
do, picct1nte, forte, come P<iOoc; sta a re inferiore dei paesi caldi (ebraico
~aDuc;, ecc. Vuol dunque dire proprìa- f;òme!) 1, data a soldati e lavoramri co-
memc: aspreua, sapore forte, acidità, me compan:itico, toglie la sete e rinfre·
chrirt. K11mt 1 (1928 ) 346·348; \VI. Mo1.s- so tirare fuori il figlio, ma non è sempre per-
ooaF, Christ . Symbolik ( 1926) n." pp. 2, s. messo lare lo s1esso con il bue [K.G. KUHN].
e nr. 967 pp. 155 s.; K.L. SCHMIDT, Pmdentius
z; B. ntACK, An !I.ramaie 11.pproach IO tbc
tmd Ernsm11s iìber di Cbristuskrippa mit
Gospcls 1md Acts ( 1946) 126; d r. J. JttRl1·
Ocbs 1111d Esci : ThZ 5 (r949) 469 ss. [G.
MIAS, Vie aramiiiscbc Vorgeschicbtc unserer
fiEKTRAMl.
26
Evongelien: ThLZ 74 (1949) no.
Secondo le severissime disposizioni di Dam.
11,13 s. 16 s. a) di saba10 è permesso t irar 28 Per 1u1C3 la questione dr. F. ScHULTJJF.SS,
fuori un uomo da una fossa, m:i non si pos· 7.ur Spracbe dcr Eu.wgclien: ZNW 21 (r922)
sono usare s1rumcnù, scale e corde per l'ope- ~25; K LOSTFRMANN, /.k., od /.
razione; b ) di sobato è assolutamente proibi-
i() tirar fuori un animale. Secondo la halab ll!;oç
rabbinica a) di sabato è permesso tirar fuori
un uomo da una fossa, scnzu le s uddeue limi-
H. STADL!!R, Ml. 'fasig' in : PAVLY· W. vi
sca. Con un grado di acidità pitt alto le l'uso d i homes è considerato un :ic·
(quello che oggi è l'aceto) serve come cenno alle soffer~nzc del Messi;i, dedu-
condimento nella preparazio ne dei cibi ce comempor:tncamenrc dallo su~s$O te.
e durante il pasto (cfr. R111h 2,14). V a sto (proprio secondo Shabb. b. 1 J 3 b)
notato che anche l'nceto fatto con vini anche che k) pome! è «buono pc.:r l'a rsu-
particolarmenre buoni (cfr. N11m. 6,3 ) ra» . Del resro tale nesso tra sofferenze
non raggiunge l'acidità d el nostro 11ceco messianiche ed lS!;oç in un pas~o isolato
commerciale e che, allungalO con un po' e tardivo non può assolutamente esse r
d'acqua, dà una bevanda gradita. I me- considerato arr esta2ionc di un 'opinione
dici raccomandano l'o!;oc; perché calma diffusa in epocit precristiana o protocri-
la febbre, ristora e favorisce la digestio· s tiana.
ne. Non abbiamo prove che se ne fa.
cesse un uso crudele, nel senso che La storia deltu passione narra (Mc.
servisse da tormento. In Aristoph., ran. i , ,36 par.) che Gesù stJb croce ha be-
620 il tormento consiste nel fatro che
1'5!;oc; viene ve rsato nel naso ed irrlta vuto Ol;oc;. In questo caso si trntta cer-
cosl le mucose. Similmente Prov. ro ,26 ta~enre del vino popolare. Per gli evan-
ricorda solo l'effeno spiacevole dell'a- gelisti è dcl tutto naturale che sul luo-
sprezza dell'aceto sui denti, cosa che
go dell'esecuzione ci sia <lcll'o~oç a por-
viene persino contestata da Shnbb. b.
o 1 a. Se però talora si parla dell'o;oc; tata di mano: Giovanni menziona ad-
veramente se11su malo, ciò è sempre fa t - dirittura u n recipiente d i o!;,oc; e, secon·
to in rapporto all'olvoc; (Eubulus, Jr. 6 5 do Luca, è s tato un soldato a porgerlo .
[C.A .F. 11 186); Antiph., jr. 240 [ibi-
dem n6) : aqi6op'fo··ttv -i)µWv ò ~loc; Tutti questi particolari suggeri scono che
otv~ 11pouq>epTjc;· o-rixv Ti 'tÒ À.0L11Òv µ1.- si tratti di bevanda da poco prezzo,
xp6v, 5!;oc; YLVE'tctL, «la nostra vita so- memre l'improvvisa comparsa <li aceto
miglia molto al vino: quando ne resta
<la condimento in tale situazione richic·
poca, diventa acida» [Kock, ibidem, ri-
manda ad Anth. Pal. 2.4 3 d ove, in un <lerebbe un chiari memo particolare 3 • I
contesto simile, è usato perì'> per chia- vangeli si differenziano per In colloca·
rezza il termine ò!;vxoì.o<;] ). Similmen· zione della scena nella storia della pas-
re in ~ 68,22 (richiamato nella sto ria
giovannea r 19,29 ] della passione) ci sione e per il significato che le attribui-
si lamenta di dar da bere o!;,o<; soltan- scono. Mc. l,,36 pensa rcalisiicamente
to pe rché, in confronto al vino, la be- al comune effetto rinfresaintc ddl'O!;oc;:
vanda è aspra e meno prcg iara 2 e non
forse in seguito al grido ' Elì' u no dei
perché il berla costituisse di per sé
una tortura. Così, infine, anche Midr. presenti •, con un gesto di consapevole
Ruth 2,r4 (132 b), in un passo nel qu a· generosità, po rge la bevanda ;il condan-
2 Cfr. STRACK·Bll.LERBECK 11 , so; G. DA1r RENCSTORI', Das E11a11gelium nm·h Lk. (N.T .
M.\N, Der foidmde 1111d sterb1:11de Messias Oeutsch). ad l.; in Io. 19,29: F. BucHs~i.,
( 1888) 4 9. Das Ei•angclium nacb ]ob (N.T. Deursch).
l Sostengono l'uso negotivo dell'•cero in Mc. ad I.
15,36: W oHWNDERG, Mk.; K 1.0sTP. kMANN, Mk., • Non è possibile sa pere se si trftui di un sol ·
ad I.; in I.e. 23,36: Kr.oSTFJ\MANN, Li!. ; K.H. dato o cli un giudeo.
o~oc; (H. W. llcidlancl l
1utt• su lla croce per calm:tl'l,\li la febbre acido al r..: dci G iudei! lo. J9,28 -30 si
lr:tum:ttica e la sete. rifà al sapore acre e acidulo della he·
Molti commentatori' partono dalla vanda e soprnt111tto colloca l'ol;oc, nd
p remessa errata che si t rn1 ti di aceto contesto di un p(lsso biblico (Ps. 69,22),
forti; che, come quello d1c usiamo noi
comunemente, prov<lrn giù in piccola che ck-scrive i I giusto sofferente che be-
dose un'irl"iiazionc nen•osn notevole. ve aceto. L'ultinio desiderio di Gesì1
Secondo tale ipotesi l'uso dell 'o!;oc; a· sulla croce (oL\jii:>, «ho sete») è di adem-
vrebbe provocato un ri tardo della mor.
piere anche ques ta parola della Scritcu-
te ed un pro lungamento della torturn
della croce, così che l'offerta della be- rn 7 • L'evangelista vede d imostrato, fino
vanda avrebbe costituiro una notevole in questo particolare d ella storia, il col·
crudeltà. Questa interpretazione si scon- legamento tra la fedeltà del Figlio di
tra però col fatto che un tale effe tto
non è attesta to neanche pec l'o!;oc; for- Dio alla sua missione e la sua sofie-
te da condimento. Per quanto riguarda renza.
Marco, non si dovrebbe neanche avere
un qua lche rimando a Ps. 69, 22 6 per- Proprio per mettere in evidenza que-
ché la bevanda è considerata un refri- sto aspet to, non rilevabile immediata·
gerio. mente dalla natura dell'o;o.:; ', e anche
per far risaltare il collegamento con Ps.
Mt. 27,48 fa risaltare ancor pit1 l'a- 69,22, è sorta l'interpolazione µ.E"tcX
spetto umanitario del gesto che è occa- xo)djc;, «con fiele» ( syr11 , lat., Ferrar). Il
siornuo, evidentemente, dal grido 'E\i'; riferimento è ancora più calcato in
Dam. 7 ,3; ÈltO"t(l;f-ro o;t~ xat xolfJ, «fu
i presenti cercano perfino di trattenere abbeverato di aceto e fiele» e lo svilup·
il volenteroso dal compierlo per vede- po è poi completato da Ev. Pelr. 5 ,15:
re, come dicono, se venisse un qualche noi:lO'a."tE a.u"tov xol'fi ltnà o;ouc;, «da-
tegli da bere fiele e aceto!», dove sem·
aiuto da pa rte di Elia. Le. 23,36 s. sot-
bra quasi che si sia trattato <li un vele-
tolinea invece lo scarso valore dell'll!;oc;, no per accelerare la morte.
una hcvanda popolare a buon mercato, O ltre a questa bevanda di ol;oc;, in
e inse risce la scena fra gli scherni che ,\fr. 15,22 s. e Mt. 27,3 4 si ricorda la
pozione :111estet icn che $Ì usava offrire
precedono il grido 'Eli': la bevanda stes- al condnnnaw prima della crocifissio-
sa è un dileggio; si offre un intruglio ne 9 • Le due azioni sono sostan~inlmen·
te diverse e quindi dcl tutto indipen- te dalla lezione o!;oç ( codd. AEF, sy"·h).
denti tra loro. Il racconro <li Matteo, Se vie ne inteso wsl, il passo può essere
che descrive il mezzo anestetico come considerato un r:m:onto parallelo i1ll'al-
otvov (codd. SBD) IU•à xoÀ:i)ç, «vino tro in cui si parla dell'o!;oç e per questo
con fiele», potrebbe già conrenerc un'al- può essere srnto 1ralasciato da Luca e
lusione al Ps. 69, resa ancor più cvidcn- Giovanni. H.\Xf. HEIDLAND
t Ò7tLO'W' t OTtLCTtlEV
r. La derivazione della radice òma-- ~À.ÉitEW El<; -çà, 6nlc;w, guardare oll'i11-
dall'indoeuropeo * epi e * opi (per apo- dietro ; cfr. Gen. t9,26. Con ÉmO'"TpÉ<pE.LV,
fonia ) col significato 'dopo di', 'pres- 'rivolgersi', il termine si trova in Mc.
so di ', è sicura; 6nl(a-]CTw è formato se- 13,16 e Le. 17,31. Come :ivverbio indi-
condo il modulo degli avverbi strumen- cante un moto a luogo, 61'tlo-w ricorre
tali, 01tt.(O")l}E(v) secondo quello degli nel N.T. soltanto in Mt. 24,18 e Le. 7,
avverbi di luogo 1• 38.
6nl<tw è usato generalmente e comu- Nei LXX e nel N.T. 6nlcrw è usoto i-
nemente come avve rbio di luogo o di noltre come preposizione impropria col
tempo = dietro, all'indietro, oppure genitivo, per lo più di persona '. L'ori-
dopo di, più tardi e anche di nuovo 2• gine di questo impiego di ònicrw, ricor-
Quando indica uno stato in luogo ònl- rente nel N .T. più di 2 5 volte, è da ri-
c;w è usato nel N.T. solo come avverbio cercarsi indubbiumente nella frase no-
sostantivato; 16 stesso avviene già in pEutO"~ClL òn(crw con cui i LXX rendono
Platone, nei LXX. e in Filone 1• Phil. 3, l'espressione ebraica hiilak 'al;are, 'an-
1 3: "tà µÈv 61tUTW E1ttÀa.vi>av6µi;voç, dare dietro a' 5 . Il N.T. continua questo
«dimenticando ciò che mi sta alle spal- uso, che è limilllto però ai vangeli , agli
le»; cfr. lo. 6,66: noÀ.Ào~ .•. &:nijÀ.ltov Atti, alle Pastorali, alla seconda Lettera
El..; •à ònio'w, «molti ... si ritirarono> <li Pietro, alla Lettera di Giuda e all'A-
(cosl a·nche Io. t8,6; 20,14); Le. 9,26: pocalisse; esso manca quindi in Paolo e
6 V~.,fj 6L.-0EBR, § 214- 217 per i numerosi ralme nlc reso dai LXX meJianle la preposi-Lio-
avverbi usati come preposizioni improprie. In ne !IE"ttX.
Hom., Od. 8,p7 e x5,34 = ~,167, il signifi- 8 Il significoto da dietro, molto insolito nel
ca10 dal di dietro è possihìlc, ma mollo im- greco classico (cfr. Xenoph., an. 4,1,6: h. -roii
proh:ihi le, a causa della quan<iril di casi in om<>'l>tv), è un scmitismo risull:tnle d31 gre<:o
cu i 5itiO'-Otv significa cvidcntcrncntc dietro. di traduzione dci LXX.
7 I LXX mutano in fa. 2,ro il senso origi- 9 Per 5-moi)rv in Apoc. .P vedi \'i/. BoussET,
nario del testo masoretico in quuiito rendono O/fenbatring }obannis (1906) n. ad I.
l'infnrma7.ionc che il \'Olume era serino «da- 10Per Io. 1 . 1~ . 27.30 -'> m, coll.928s.; O.
vanti e diclrt»> (cioè fuod e dentro) con le 1»>- CuLLMANN : ò b'll:WIP µou ipx6µlvo;: Con
rolc ytyp<l!•l.LÉva; i'jv 'tà &nt<r~v xa;t 'tOC lµ- Neo1 9 ( r947) ~6-F. Per Mt. 3,u dr. $ C11LAT-
'Jt900'0EV, dando cosl un senso temporale an- TEl, ad I.; E. l.oHME\'ER, Zur job. Oberlil'-
che n "<Òt è>mcTÙEV: cin esso ero ocrino il pas- ferimg "°"
Job. dcm Taufer: J1lL p (•9.P)
sato t il fu1uro». Il 'dopo' temporale (: gene- 3u-316.
ònluw (H. Scesem~nn) (v,29 1)8 11>
/Jiilak 'aharé, pure quando il N .T. la po- porta anche la rinuncia completa al pro-
ne in bocca a Gesù le dà un senso mol- prio volere: Mc. 8,34 (Mt. 16,24; Le. 9,
to pil.1 ampio e profondo. 23): Et 't~<; th'.ÀEL 61ttO"W µov EÀ.l>ELV,
il:na.pvncr6:ul>w Éa.v'tòv xo.L cipchw -rov
Ncll'A.T. la frase indica anzitutto
e spesso l'andare dietro ad alo-i dèi cr-.a.vpòv a.v'tov, xa.L &.xoÀ.ovl)El'tw µoL,
(!ud. 2,12: «andarono dierro a <lèi stra- «se qualcuno vuol venire dietro a mc,
nieri», É7topEui>TJ~a.v énd.uw Drwv È•É- rinneghi se stesso, prenda la sua croce
pwv, cfr. anche Deut.[4,3]6,t4; 3 Ba.a.
11,2; Ier. l l,10; 13,10; r6,u; Os. 2,
e mi segua». Seguire il Signore Gesù,
7; 2,15) e già quest'uso le conferisce il che una volta dovette portare da sé la
significato di vivere, appartenere, segui- sua croce, signifìca per il seguace di Cri-
re. Questo senso trapassa poi nella ri- sto la prontt:zza alla dedizione totale
chiesta opposta di andare dietro a Jah-
vé (Deut. i3,5 : Ò7tlo-w xvplov "toi:i i>Eoù del proprio io al Signore. Cfr. anche
ùµwv 7topEUECTDE, «seguite il Signore, Mt. 10,38: Be, cv
Àaµ~civE~ 'tÒv o..ta.v-
Dio vostro•; 3 Bcur. 14,8; 18,21: El pòv dù-tov xat ò:xoÀovlM: òitluw µov,
EO""t w xvpLOC, ò DE6c;, nopEUEUDE bnlc:rw
a.v'tov· El oÈ 6 Ba.al a.u-.:bc,, rcoptvEuì}E oùx EU'tW µov èi!;Lo<;, «chi non prende
òrclo-w a ù-tov, «se il Signore è Dio, se- la sua croce e mi segue, non è degno di
gui tclo; se tale è invece Baal, seguite me» (Le. 14,27: ou ò\iva.'tctL Elva;l µov
lui»; 4 .Ba.o-. 23,3). È evidente che anche
qui il significato non va oltre a quello di µaDni:nc;, «non può essere mio discepo-
seguire, essere ubbidienti. Anche la let- lo»). Chi una volta ha sentito la chia-
teratura rabbinica non ha sviluppato ul- mata di Gesù ÒEV'tE Ò1tlcrw µov, «venite
reriormente questo uso linguistico 11 •
dietro a me» (Mc. r,17 e par.; cfr. Mc.
Gesù chiama certamente i discepoli r , 2 0: Giovanni e Giacomo ci1tijÀ.Ì}ov
anche a seguirlo; ma ciò non consiste Ò1tluw a.ii•ov, «andarono dietro a lui»;
semplicemente in una pura sequela, dr. Le. r.5,11) non potr:ì pii.1 corn~re
in un andar dietro, altrimenti trove- indie1ro, come dice Lc.9,62: ovoEl.ç E1tL-
remmo anche in lui l'esortazione a se- ~aÀ.wv 'tfjv xdpa. ÈTt'iipo'tpov xa.t (3À.É-
guire Dio, un'esortazione che sintomati- 1tWV dc, 'tÒ: b1tlc:rw Evlkr6ç tu-rw 'TI Ba-
camcmc manca nel N.T., n differenza o-~ltl~ 'tOV ~Eov, «nessuno che abbia
dell'Antico. La chiamata a seguire Ge- messo la mano all'ararro e guardi indie-
sù comporta qualcosa di più, precisa- tro, è adatto al regno <li Dio,., Quando
mente la richiesta intransigente di una cominci11 la calamità finale, i discepoli
completa dedizione a lui 12 . 'Seguire Ge- devono badare a non tmo-'tpÉqmv dc, -rà
sù' è la precondizione decisiva per parte- onlo-w, «volgersi indietro» (Mc. 13,16;
cipare alla gloria della ~run},da. e com- Mt. i4,18; Le. i7,31). Il legame con
(ie~it . la dedizione totale :1 lui, esclude àr.É<T't'l)<TE\J À.ao\J OTtWW av•oii, «attirò
qualunque sguardo all'indietro. Il se- della geme dietro di sé». Act. 20,30:
Paolo prevede b venuta <li maestri ere-
gl1ire Gesti deve diventare un apparte- tici ... 'toii ci11oi:rmi\J 'tovç µa.DT)<tà.ç òitl-
nergli esclusivo. Quando (J\fr.8,33; Mt. crw wi•wv, «per attirare i discepoli die-
16,23) Gesù scacci,1 Pietro (ima.yt Ò7tl- tro a loro». 1 Tim.5,15 menziona donne
cristiane le quali ~SE'tp6:.TCT}aa.\J ònlaw
uw J.LOV, ua.:r;a.'>Jii., «allontanati da me,
•ou <Ta.'ta.\Ja , «si sono sviate dietro :i Sa-
Satana») perché non ha il senso delle tana». Apoc. 13,3: xa.t Èl>a.vµciuih) o>.TJ
cose di Dio, ma pensa con mentalità 'Ìj yij onlnw '\'OU ìJT)ptov, «e tutta la ter-
ra fu presa da stupore dietro la bestia»;
umana, questo ripudio non espri me al-
qui ònli:rw ha minor forza perché il ver-
tro che l'esigenza della separazione as- bo reggente non è un verbo di moto 14•
soluta da tutto ciò che è satanico, che ludae 7 chiama il peccato di lussuria un
non proviene da Dio 13 • ÉX7tOP\JEU<Ta.L xat cinù1}ti:\J Ò1tfnW cra.p-
xòç È'tÉpw;, «il fornicare e andar dietro
Il gran numero dei seguaci di Gesù a carne diversa (dalla naturaJe)» 15 • Si-
eccitava (malgrado lo. 6,66) la rabbia e mile, e forse dipendente da Giuda, è il
l'invidia dei Farisei, come dice To. rz, passo di 2 Petr. 2.,10: µii.À!.<T•a: lit -t:oùç
Ò1tl<rw i:ra.pxòç... 7topwoµév ovç, «e spe-
19: tlìE ò x6cr1.Loç ò1dcrw a.IÌ'toii circijÀ.-
cialmente quelli che vanno dietro la car-
l>ev, «ecco che (tutto) il mondo gli è an- ne».
dato dietro». Gesù però sapeva che la
deci~ione sarebbe awenuta soltanto do- Paolo usa il termine 67ti.o'w (se si pre-
po la sua diparrita da questo mondo. scinde da 1 Tim. 5,15) soltanto in Pbit.
Secondo Mc. r 3,6 ss. par., uno dei se- 3 ,13 : E\J lìi, 'tà. 1.iÈ'>J 611i.i:rw É7t~Àa'>Jikt
gni premonit0ri della parusia sarà la '>JéµE'>Joç 'toi:ç oÈ tµltpoai}E\J ÉnEx -rEL\Jo-
comparsa di falsi cristi... xclL 7tOÀ.Àoùç 1.lE'>JO<;, ( r 4) xa-rà VX07tÒv lìtt:lxw tl.ç 'tÒ
7tÀa.'>Ji)<Tovi:rw, «e questi trarranno mol- BPa!3Efo\J •iiç Ù.\JW xÀ.i)UE<..Jç 'tOV aroii lv
ti in errore». Tanto più perciò vale per Xptcr-rQ ' lricrou, «ma um cosa sola fac-
i discepoli l'ammonimento 1.1.Ti 7topwih}- cio: dimenticando le cose dietro di mc,
'tE Ò7tl<Tw a.ù-r:w\J , «non andate dietro a mi protendo verso quelle che stanno a-
loro» (Le. 2I .8 ). vanti ( 14) e corro verso il traguurdo del
premio della vocazione superna di Dio in
Gli altri passi del N.T. in cui incon- Cristo Gesù». Per quanto diverso sia qui
triamo Ò7tlcrw non offrono difficoltà di
comprensione dopo quanto s'è detto. l'impiego formale del termine in con-
Act. ;;,37: Gamalicle dice di Giuda : fronto a quello posto dai sinottici in
Il Di qui la medesima frase iir.a.y€ on(uw dice: «pregnante , per iila.u1.11MEV btt 'f<f\ ih)-
µou , <1a.'ta.11<i., è passata nella tr.idizionc mano- pi<iJ xatt t?topriWq or.Ww cuhoii~.
scritta della storia delle tentazioni: Mt. 4 ,10;
I..c. 4 ,8 (codd. ~ D e altri). 15 Cfr. lx-itopveiio-cr.• ò-ttlcrw Ex.3p5.16 e Lev.
" Cf1. i l'Ornmtnti e BL.·DEBK.' S 196, appen- 17,7 ecc. nei LXX.
( \'.~ yz ) Szo
bocca a Gesù, si traLta pur sempre del- lro per amore della comu11 i<Jn~ con Ge-
la stessa cosa: il legame col Signore <le- sù e per il trofeo che anche J>uolo in-
ve diventare una dedizione t0tale che tende conquistare.
abbandona tornlmcnte ciò che sta dù:- H. SEES1'MANN
01tkO\I x-rÀ.
Premessa: considerando cph. 6,l4 ss., è SCIO· riguardo alrUS<> orcnclist ico e m:igico della cin·
hrato opportuno 1ra1rnre le singole pani dcli" tura: E. SCHUPPE, Giirtel und Orcndi1mus:
nor.vo1tì,,(or. sotto qucst• voce. Pertanto l'artico- Oberdeutschc Zcitschrift fUr Volk$kunde 2
lo su lla radice o1t)•• contiene llltte le parti dcl- (i928) r28·146 ; u.lccriorc bibl. in F. Pl'!STF.R,
i~ m.:vo7tÀla descritta da E11h. 6,l4 ss., anche Die Rdigio11 du Cril·chen umi Romcr: J;1hres-
se appartenenti ad altre mdici lessicali. bcricht iiber dic Fortschritte der klassischen
Alterrumswis.<;cnschaft, Supplcmemband 229
LIDDELL·Sc<Yn'; PxEISICKll,lfliiT/.; P•EUSCllEN· (1930) 112.261 s.; K l'viARTI, D11s Buch fesaja
llAUEK '. s.v.; M. ERERT, ReaJ/exiko11 der Vor· ( i900). B. D l!liM, Dos B11ch }esajt1' ( r914 J; O.
i:.eschichte IV 2 ( 1926) 577 ss., s.v. 'Giiuel'; x PROCKS<:II, Js. I ( 1930); P. vo~z. ]s. Il (1932):
( 1927/28) 32-36, s.11. 'Panzer'; v1 (1926) 380 per ls. Il,,; 52,7; 59,17; F. IlAF.TllGEN, Dù•
394, s.v. 'Kleidung'; xi (x927/28) 255-262, Ps. ' (1904); R. KrrTEL, Die Ps. " (19z9), per
s.11. '$child'; V (1926) 290-298, s.v. '1-Jclm'; Ps. 7,n; 35,1 ss.; WETTSTa;IN, per Jipb. 6,J 1
B.1\7., s.v. 'Kleidung', 'Waffcn'; P. Vo1.z, Die ss.; SnACK·IllLl.ERBECK 1 98.121.4_35 s. 565·
hibl. All<'T liimer' ( 1925) 510-513; K. Gt.LLING, 569; Il IT.586 s.; lii 616 ss.; KLOSTERMANN,
Bibl. ReaUexikon ( 1937), s.11. 'Kk:idung', 'Pan- Ht.UCK, Lo1tMh'YER, Mk., a 1,6; 6,8 s.;
zer', 'Sch ild', 'Hclm': A.0.B., 11.0.T., pt1ssi111; KLOSTI, RMANN, Mt., a 3A·I l; l0,9 s.; ZAtL'<,
E. S<:ll\VYZER, Pro/mwr 11. heiliger Giirle/ im BAUER, ]oh., • 134; 21,7.18; WENDT, Ag., a
alte11 lra11: Worter uncl Sochen 12 (1929) 20· 21,n; HAUrT, I!.WALD, PCDELIUS, Cefbr., "
37.302; J. KROMAYY.R·G. VmTn, Heer1vese11 Eph. 6,11 ss.; Douscui.irk, DmELIUS, Thess.,
und Krieg{1<hnmg d1·r Grit:chm 1111d Romer: a I J'bess. 5,8; Bouss1n, ICC, l..oHM.EYER,
Handbuch AW IV 3,2 (1928) 18 s. 38 s. 50 s. HAOORN, Apk. a 1,13; T5,6; E. Lo11MEYER,
1o8ss. i34.278s. 3245s. 409ss. 52 i ss.; L. L1N- Job. der Tiiufer (Urchr. 1 [ 1932]) 49 ss. 99 ed
DENSCHM•T, Tracbt 11nd Bewaffnung des romi- indice, s.v. 'Klcidung'; P. JoiioN, u cost111m·
schc11 Heeres wiib""'d deT Kaiserzeit (1882); d' Elie et cc/111 de fea11 Baptistc: Biblica !6
or:).0·1 !A. Oepkc)
lesto (Hom., Il. 409.412), il falcetto pòv o&x ii XPTJO"tO\I 01tÀ.ov O. 'ltOVTJpla.,
( Auth. Poi. 6,9). Antifilo), il b:mone «contto il m:ilvngio non ~ un'arma inu-
della vecchiaia ( Callim., epigra111111111111, tile la malvagità», Epicbarm., Jr. 275
7, cd. O. Schneider 1 [1870) 68). ~ · Ar- (C.C.F. l 142); Ti\c; 1tEVlac; 0r.À.ov Ti
lflll (per lo piìi al plurale); in Orm:ro :;o. m.tppTJO'la, «la parola liberu è l'armn del-
lo nell'Iliade (18,61 4 e passim); Pind., la miseria», Nicoscrac., Jr. 29 (C.A.F.
Nem. 8,27; nei tragici (Eur., Hl'rc. Jur. Il 227 ); OitÀ.ov J~ÉyLG'<ov tO'<Lv Ti &.pE·
161 e passim); in prosa: H<lt. 4,2 3; TTl ~poi;otç, ~c1·armatura più solida dei
Plat., resp. 5,474 a; Xenoph., Cyrop. 7, mortali è la virtù» (Menand ., mon. 43 3,
4,15; frequente nelle iscrizioni (Dict., Fr. Comicorum Graecorum, ed. A. Mei-
Or. 90,22.39 [IJ sec. a.C.] : onÀov VL· nekc 1v[r841)3.:F).
Xl}<ixov, ornamcnro del re Yittorioso; Nello stoicismo è particolarmente si-
Ditt., Syll.', vedi l'indice) e nei papiri goilicativo il cambiamento di senso che
(P. Tebe. 48,19 [ II sec. a.C.J: /\vxoc; ~i denota in Epitteto, diss. 3,22,94:
uùv aÀÀoLc; Év 01tÀo~c;. Al singo lare menrre i lancieri colle loro armi rendo-
come singolo pezzo dell'armatura, spe- no possibile ai re e ai tiranni, anche se
cialmente nel senso d i scudo liinf!,O malvagi essi stessi, di rimproverare al-
(Ditt., Syll.' 706,18: dxova. ypa.7t<i)v cuni e di abbattere i malfattori; per il
év 01t~, «immagine incisa nell'arma cinico à.v-.L 'tWV O'JtÀ.WV xcx./. 'tWV oopu·
(scudo),. ecc.). Può significare anche i cpopwv, «invece delle armi e dei lancie-
mezzi di difesa degli animali (Arisrot., ri)) ' è la coscienza ( "!:Ò crwnoéç, poco
p11rt. an. 4,10, p. 68711 25, cfr. b 4). 4. prima: -.ò 1iyEµovLx6v) quella che <là il
Truppe (Soph., Aut. rr 5: 1tOÀÀ.wv potere di punire gli nitri. Epi tteto per
~tEi}'o1tÀ.W\I, «con molte truppe»; Thuc. similitudine parla di concetti che sono
4,74,3: t~É«wLv oitÀ.wv 1t0it~croa.i, arrugginiti w; O'ltÀ.à.pLGt cinoxEii.uva.,
«passare in rnssegna le truppe») oppure «come armi lasciate in disuso}) (diss.
accampamento (Thuc. 3,1,1: tx -.wv 4,6, r 4 ).
onÀwv 1tpo~Éva.~, «uscire dall'accamp3· Frn i vocabo li che i LXX rendono
mento»). Modi di <lire più frequenti: con o'ltÀ.ov, i più affini per signilicaco,
tvovEai)a~ T<Ì érnÀ.a, «indossare le ar- lt'lì (Ier. 21,4; Ez. 32,27) e neieq (2
mi», Hdt. 7,218; lv onÀo~O'(L) Elva.L/ Reg. 10,2; Ez. 39,9.ro), sono i me-
yEvÉirilaL, «stare sotto le armi», Eur ., no frequenti. Poiché i Greci pensano
Bo. 303; Thuc. 6,56,2; 11tvnv tnL TO~ meno concretamente dei Scmici, i LXX
intÀ.oLc;, «restare in armi»; Xenopb., Cy· sostituiscono spesso con termini generi-
rop. 7,2,8. ci quelli che indicano parti specifiche
In senso traslato il termine è usato <lell'armamenLo: o1tÀov significa lancia
soprattutto dai commediografi e dai (ì. (!ianil, iV 4 5,10 e passim), scudi di vtirio
losofì, senza fare differenza fra arma- tipo {miigen, l Reg. 10,17 e passim; ~in·
1ure difensive e ollensive: 7to1'L itoVTJ· na, 1)15,13 e pauim; in Am. 4,2 invece
(1935) 74-81; D. Buzv, Pal(11<: 011 ceinlurc?: 1Ji11e Schweiz:rr S11mme, 1938-1945 ( 1945) 123-
R<.'<'.hcrchcs di.: Sc:ience rdigieuse 23 (I9Jl) 589 132 .
ss.; H. WtNUISCll, Die Notiz iibcr Tracht und I Dalla radice scp, rol senso di partecipazione
Spàse d(s Tduf<'rs: ZN\'<I p (1933) 6'·87; S. intima, che significa all'inc:irca: occuparsi o
Kr<AUSS, Dic lmtruktio11jes111111 die Ap.: An- aver c•ura di qualche cosa; indit0no antico snp11-
gelos I (1925) !)6- ro2, spec. 1or; \'</. STRAuB, 1i: nccara.zarc, cural'e; greco fnw (t·on 6.µcpt.-
Oie BihlenprodJC des Ap. Poulus {r9j7) 9r s.; ecc.), che va disrìnto da lno11aL = seguire;
K. BARTH, D<'s Cbrùtm \Vchr u11d \Vaffe11, in: cfr. WAWe-PoK. u 487.
éinA.ov (A. Ocpke)
tùznot = amo da pesca, frainteso dai ne è usato anclic al plurale: sacr. A.C.
LXX; Ielc(, 2 Par. 23,9), corazza (sirj611, 130).
'frp. 28 (51),3) e proiettile (ie/afl, 2
Par. 23,10; 32,5). Spesso 311),ov ricorre Nel N.T. e nella letteratura cristbna
senza un equivalente ebraico riconosci-
bile ( 2 Par. 21,3 e passim, specialmente antica 11-irÀov ricorre (eccetluato 13aru.
nei Maccabei). Il termine è usato anche, I 2 ,2) sempre al plurale, e significa ar-
sia pure raramente, in senso figurato o mi. In senso proprio si trova solo in
traslato: lji 56,5 (flìin/t): a rmi sono i
denti dei malvagi; Prov. 14,7 (il senso lo. i8,3 ; Bam. i2,2; mari. Pol)1C. 7,1;
viene rocalmeme cambiato): onÀ<t oÈ Clem. Al., slrom. r ,24,159,3; in senso
cxic;ih'to-cwc; XElÀ.1) cro<pci, «le armi del traslato solo in Paolo (nel N .T. ). Que-
buon senso sono le labbra sapienti»;
sti definisce ripetutamente il suo servi-
Sap. 18,21: la preghiera (e l'incenso) è
l'arma di Mosè contro le piaghe d'Egit· zio missionario una militia Chrirti (-+
to; ~ 90 ( 91 ),4 ( !Ìnm1): arma è la fedel- CT<pet-.t.WT11ç). In 2 Cor. 10,4 Paolo sot-
tà protettrice di Dio. Jahvé si serve del- tolinea la potenza delle sue armi: 'tà
le armi umane per i suoi scopi, spesso
per i suoi giudizi (ler. lI,4); ma, quan- yàp oitÀ.<t -.Tjc; 1npa.'tELfl4 TjµWv où <Jetp·
do vuole, le distrugge (Ps. 46,10; 76,4) x~xà Ò.À.À.à owet'tà •<t'> ìk!f> itpÒ<; xet·
e porge ai suoi le sue armi (Ps. 35,2). l>etlptow 6xvp1.11µa•wv, «perché le armi
Queste idee, già completamente svilup-
della nostra milizia non sono carnali
pate nell'A.T. ebraico, confinano, nono-
stante le differenze cuatteristiche, con (cioè terrene, impotenti), ma capaci, per
quelle stoiche ( ~ col. 822 ). virtù di Dio, di distruggere le fortezze
F ilone completa la sintesi. lo lui pre- (avverse)». Chiamare le macchine d'lls·
domina l'uso traslato: pe.rché dovrem-
mo temere, •Ò q>o~ou xett 7tet-nòc; nci- sedio é>TCÀ.a, benché non molto frequen·
l)ouc; À.u•i'Jp~ov <TÈ TÒV ÒittpM'lt~«ÌlV te, è comprensibile partendo dal signi-
37tÀ.ov t:xov-.tc;;, Mve ndo te per arma ficato fondamenrnle.
protettrice che ci salva dalla paura e da
ogni male?» (som. i,173). Perché tu, o
In 2 Cor. 6,7 l'accento è pasco suU'ir·
anima, ti occupi di cose inutili e non =
reprensibilità mora le: o~à ( con ~ Il,
vai dall'asceta (Giacobbe), Tà iunà col. 909) \WV &n À.wv •Ti<; lìLXCt~OCJVvT)<;
'tOV mi.l)ouc; X<tL <Tjç Xtvi'jc; 00~1)<; aV<t·
Twv OE~LWV xett àpto-TEpGlv, «colle armi
).a.fM:v onÀ.a. xa.t xetletlvµcrm;, «per
indossare le armi e apprendere le arti della giustizia della destra e della sini-
della lotta contro ·le passioni e la vana- stra» (armi di offesa e di difesa). P erò
gloria?» (som. 1,255). Il logos è stato la militia Christi è compito d'ogni bat-
dato all'uomo come ilitÀ.ov à:µvvi:i)pLov,
«arma di difesa», contro l'incemperan· tezza to; di qui l'ammonimento: «non
za (leg. ali. 3,1,,; som. 1,103; il termi- ofJ rite le vostre membra quali armi 2
2 J>REUSCl~EN·BAUER J pte nde qui in conside- si abbia il signifit11to di armi, l'unico che ri-
razione il secondo significato: strumenti, usa· troviamo in Paolo e nell"nn1ira lettcrarnra cri-
li per produrre l'ingiustizia o la giustizia; fa s1iana.
pçrò notare come sia J>05sibile che anche qui
d'ingius1 izi:i (gen iri vo attributivo=ar· sii> suhentra il ragionamento stoicizz,1n-
mi ingiustd :il peccalo, ma méttete a te. l\;r Polyc. -J,I ~ col. 828. I lwn ..
11N111d. i 2,2A, raccomanda l'arma dcl
disposizione di Dio voi stessi, tornati
dc.:si<lerio di giustizia e de l timore di
in vi1"1 d:1ll:1 morre, e le vostre membrn Dio: Ti imì>vµlo:. Ti 7tOVTJpÙ. F.àv ~OTJ UE
cnme mwi di giustizia» (Rom. 6,13). xaDw7tÀ.icr1.t€vov •0 q>6(3<p -roii Deou
Leggiamo poi in Rom. r3,12: «Depo- xo.1. riv~EO''tl]Xé'ta o:ù-rn, <j)EV~E'tllL rinò
o-ou µaxp6.v, xo.t ovxi-.L o-ot ocp~lJO'E1"0.L
niamo ora le opere delle tenebre e in- cpo(3ovJ.1ÉVTJ •Ò. 07tÀcx crou, «SC il deside-
dossiamo (per ÉvovEO'~<Xt -cà 01tÀ.<X - rio malvagio ti vedrà arma to del timo-
wl. 821) le armi 3 della luce», cioè le ar· re di Dio e pronto a resis tergli, fuggi-
rà lontano e non si lascerà più vedere
mi che convengono al giorno che sta co·
da te, avendo paura delle tue armi».
minciando (cfr. r Thess. 5 ,8). La vici- Clem. AL (strom.7,n,66,r) ravvisa nel-
nanza della parusia non comporla una lo gnostico l'uomo vernmente coraggio·
pace inerte, ma la lotta finale. Questo so perché possiede il giusto metro pei
beni e pei mali, in senso vero: sapendo
senso traslato, benché preparato in va- che solo la catciveria è sua nemica e che
ri modi (-col!. 821 s.), è caratteristico essa distrugge ciò che porta alla gnosi,
del N.T. Non si tratta della continua egli la combatte, rives tito delle armi del
Signore (-rotç 07tÀOtç 'tOV xvplov 1mp·
lotta terrena della ragione contro cfo pa.yµivoç ). Queste non sono che idee
che è innaturale e quindi immorale (per stoiche con una mano di vernice cri-
quanto questa, secondo Paolo, non deb- stiana.
ba mancare [I Cor. r r ,13 ss. ) ), ma del-
la !orca fra Dio e le potenze sataniche,
t ò7tÀ.lsw
nelle quali l'uomo è implicato con la Il termine è frequente da Omero in
sofferenza e con l'azione. poi, raro nelle iscrizioni (Ditt., Syll.' 13,
ro: Atene, vr sec. a.C.), assente nei pa·
I Padri della Chiesa cercano di non piri, in Filone e nei LXX (si trova però
allontanarsi dall'uso del N.T. In Polyc. in Ier.52 ,25 [Sym.J}. Il significato fon-
6,2 Ignazio scrive: -.ò '36.it-rwµ cx. ùµwv damentale è allestire, apprestare, appa-
µEVÉ'tW W<; 07tÀa. (- 1t<X.V07tÀ.(o.), «iJ recchiare: il viatico (Horn., Od. 2,289),
vostro battesimo resti come un'arma· un pasto (Eur., lon. 852), un sacrificio
tura»; Clem. Al., prot. II,116, 3 s., ri· (ibid. 1124), destrieri (Hom., Il. 23,
porta Eph. 6,14 ss. e poi continua: -cau- 3or), navi (Horn., Od. r7,288), lampa-
-.a TtJJ.WV •à 01tÀ.a -.à <i-cpW7tCX.' 'tOV· de (Aesch., Sept. c. Theb. 433). Quando
'tOt<; È~01tÀ.to-6.µEVOt 7tO.pa-ca~wµoito: -c0 si tratta di uomini, specialmente di sol-
7tOVTJP<i>, «questa è In nostra armatura da ti , significa armare, Hdt. I ,127; Thuc.
invu lnerabile; armari di essa affrontia - .),27,2: 07tÀ.lse~ 'tÒV Oij~lOV 7tp6-ccpOV
mo l'iniquo» (cfr. exc. Theod. 85,3). \jl~),òv ona; Flnv. Ios., ant. 20,1 77;
Però i riferimenti escatologici un po' però, corrispondentemente al significat0
alla volta diminuiscono e al loro po- fondamentale, il termine può avere pure
cò di rendere più efficaci le armi da of- sto ebraico; in Aquila (2Bo:cr.8,7; lii
fesa. 90 ,4) e Simmn<:o (4 Bll<i. u ,10; l)i 90,4 )
In Oriente si presenta un quadro a- è usnto per indicare parti singole dell':1r-
nalogo fìno Jalle epQche p iù antiche'· matura menzionate nel testo ebraico. I I
Nell'A.T. le armi di difesa sono: lo scu- semita pensa in termini concreti, il gre-
do (Iele! [?): 2 Sam . 8,7; piccolo, mii- co invece è un concettualista ; f1:1vin
gé11: 2 Sam . r ,2 r, o grande, ~inno : I er. Giuseppe dimostra di essere, nell 'uso di
4 6,3), l'elmo (koba' : Ez. z7,10; qo- questo termine, un elleni~ta (ant. 4,88 :
ba': Ez. 23,24), la corazza (Jiri(Jn: I 'tÒ.ç 7tO:V01tÀ(a.ç ava.),a~OV-m;; cfr. 20,
Sam. 17,38 o siri611: ler. 46,4), talvolta 1 IO).
i gambali (mi!l;16t: r Sam. 17,6) e infine
la calzatura militare (s''on: l s. 9,4); so- 3. Questioni storico-religiose
no armi offensive: la spada (pereb: Iud.
8,ro), la lancia (panlt: :r Sam. 18,u ; a) L'armatura della divinità. Poiché
1·omap: Iud. 5,8; kldon: r Sam. 17,6. l'uomo si rappresenta i suoi dèi simili a
45 ); specialmente per gli armati alla se scesso, sia pure ri\•est iti d 'un potere
leggera: l'arco (qeiet: 2Sam. 1,22) e la superiore, l'idea della divinità armata è
freccia (/Jè$: I er. 5 r, Il) e infine la fion· congeniale al pensiero mitologico di tut·
da (qela' : r Sam. 17,40). Spesso le sin- ti i popoli ed :icquista colore soprattur-
gole parti vengono menzionate insieme ro per mezzo dei fenomeni meteorologi-
nelle descrizioni pili o meno complete ci. Il mito babilonese de lla creazione •
dell'armamento(l'clmo, la corazza a sca- menziona come parti dell'armatura, con
g lie, gli schinieri, h1 lancia, lo scudo e cui Marduk (originariamente Enlil?)
la spada dell'armatura filistea in 1 Sam. riesce a vincere Tiàmat, arco, freccia
17,5 ss. 45.51; lo scudo grande e picco· e faretra, la clava ( ? = il fulmine?),
lo, l'elmo, la landa e la corazza dell'ar- la rete ( =
l'uragano?), la corazza e !'cl·
matura egiziana in Ier. 46,3 s.; la giub- mo (lo splendore) e inoltre il cocchio da
ba, l'elmo, la corazza e la spada dell'ar· guerra (il temporale). Un bassorilievo
matura israelitica in I Sam. 17,38 s.; lo di alabastro 5 d el tempio d i Ninurrn a
scudo, la lancia, l'elmo , la corazza, l'ar· Nimrud (verso l'anno 880 a .C.) fa ve-
co e la fionda della medesima in 2 Par. dere un dio armato di corazza, elmo e
26,14). P erò in ebraico manca il tem1i· spada, che impugrn1 in ciascu na mano
ne generale relativo. Ne i LXX ( 2 Ba.O'. un <loppio fulm ine a tre zig-zag. Un al-
2,2 t) 1ta.vo1t),la. traduce pt11J!t1, che si- torilievo di Bogazkoi 6 (scc. xv-xm n.
gnifica cenamcnte 'spoglie' (exuviae), C.?) p resemn un dio guerriero con ci-
anche nel senso di abiti civili (in Iud. mo a punta, co razza (?), perizoma, a-
14,19 abbiamo, in senso analogo, <i'tO· scia e spada. Le frequenti figurazioni d i
À<iç ). In lob 39,20 7ta.vo1tÀlo: rende er- Teshub 7 con scure, spada e fulmine, fu.
roneamente 'arbeh (cavallette); in Iu- rono in e1à ellenistica trasferite a lup-
dith 14,3; Sap. 5,1 7 ; Ecclus 46,6; I piter Doliche11us 8 (fornire di corazza ro-
Mach.13,29; 2Mach. 3,25; 10,30; u, mana, ascia bipenne, spada e fulmine).
8; 15,28; 4 Mach. 3,u (cod. A) il ter· Nella m itologia greca la nube è elmo e
mine non ha un corrispQndente nel te· scudo di Zeus (""' vn , coll.9xo ss.), men·
combartono, impugna la targa (màgcn, matura ... e armerà il creato per la ven-
OT.À.OV) C lo scudo (!inno, WpEOÙ, che lo detta contro i nemici; indosserà per
scudiero porta prima dell'attacco) ... corazza la gius1 V.ia e si metterà per el-
prendi l'asta (~ìi11zt: i LXX, inesatta· 1110 il giudi~,io ... prenderà per scudo in-
mente, hanno pop.cpo.l<lv) e l'ascia d i vincibile hl santit:ì, aflìler(1 poi... l'ira CO·
guerra (? T.M. : s'gor; i LXX hanno mc urn1 s pada ... partiranno... saette di
cn'.ryxÀEwov; va letto forse sJgiir, cfr. lampi e ~coccheranno dalle nubi come
cniyap~, l'ascia di guerra degli Sciù: da ben curvato arco verso il bersaglio e
Hdt. 1,215) contro i miei persecuto- dalla fionda verranno scagliate grandini
ri» (Ps. 35,1 ss.). Ambedue i passi so- cariche d'ira». Epigoni di queste descri-
no poetici e non cercano la completez- zioni trovansi ancora in Apoc. 1,16; 2,
za, ma insieme offrono un quadro qua- 12.r6; G,x ss.; r9 ,u-2I.
9. Opgi nella gli1111rcca di Mon.1~'0 di Baviera, nr. 1 w) sono forse borchie di scu<lo inrcrprc-
fotoRr•li• Ji GirJuJoo )Olo. Cfr. anche HAAS, 1ai.: mole. $otprcndence è fa manca1w1 rcAOlurc
fa!SCicolu 1 J/q, RuMPF (1928) nr. 5.50.81.62. ddla sp:ld:1.
l50.1H.lì5· I molti sc·ri dell'Artemide di E- 10 ]km hé il 1.s10 sia insicuro, il scn•o r,cntra!c
feso (HMs, fos.:irolo 9/11, LmroLDT (1926) J d dis·:ors.> è chiaro.
nt:t1101tA.(a. (A. 01:pk,·l
b)l'uomo dotato dell'ar11101ura divi- rre è in estasi , ricc\•e una spada per
na. L'idea che l'uomo diventi 'saldo' e combattere le 1cntaz.ioni dell:1 moglie di
inesistibile mediante le armi difensive Putiforre, e i ra ggiri e gli incantesimi di
e offensive imprestategli dalla divini- lei non gli nuocciono (test. los. 6 ,2 ):
tà, è antichissima e si ritrova, congiun· dietro la donna lasciva compare Beliar
ta in v:iri modi alfa magia, nei mi ti dei (7,4) e l'arma principale contro di lui è
popoli più diversi. Rif erita al Dio on ni- la preghiera (3,3; 8,1; 9,4 ).
potente e sunto, quest 'idea acquisrn nel- I .a gnosi mandaica mene in rilievo e-
1'A.T. un nuovo contenuto; ma anche spressamen te l 'intcrpretai:ione spiri tua.
fuori della Bibbia essa subisce un pro- le: «0 miei ele tti, indossate l'armatura
cesso diversilic:J.to di spiritualizzazione che non è di ferro. La vostra armatura
e moralizzazione e viene particolarmen- sia il nazirearo e i discorsi veritieri del
te rinforzata dal concetto di 'soldato di luogo della luce» 12 •
Dio' ( ~ <ri:pa:tthl•'l'Jc;). I Persiani hanno poi moralizzato com-
Nel contesto accennato rientrano l'cl· pletamente l'idea: (è possibile guada-
mo di Odino, col suo potere di rendere gnarsi Ahuramazda e il cielo e sfuggire
invisibile, e, in senso più ampio, !'in- ad Ahriman e all 'inferno) «se ci si rive-
vulnerabili rà di Achil le e di Sigfrido, ste dello spiri10 della sapienza contro chi
senza dimenticare l'armatura dcl primo, ci assale alle spalle, e si porta indosso lo
fabbricata da Efesto, e Balmung, la spa- spirito della contentezza come arma, co-
da del secondo. Nell'A.T. è Jahvé che razza e difesa, e si prende per scudo lo
scende in campo a difendere l'onesto spirito della verità, come clava lo spirito
contro gli empi (Ps. 35,1 ss.): alza lo dc!Lt gratitudine, come arco lo spirito
scudo per il pio, impugna per lui la della completa vigilanza e come freccia
spada, scaglia le frecce (Ps. 7,II ss. ) e lo spirito della generosità; e si impugna
gli fo da usbergo e scudo di difesa (Ps. pc.e lancia lo spirito della temperanza,
9r,4). Riferendosi n los. 8,18.26, Ec- come guanto corazzato lo spirito della
clus 46 ,2 ss. descrive Giosuè come il perseveranza e si erige come baluardo lo
guerriero di Dio al cui soccorso Jahvé spirito del destino (cioè della fede nel
interveniva direttamente dal ciclo (fos. destino)» 13 • L' allegorizzazione delle par-
11
i o, u) coi suoi proiettili , oltre nd :i - ti dell'armatura non è sempre trasparen-
ver conferito alla sua lancia una forza te e talvolta è volutamente paradossale.
miracolosa. L'idea si trova in form:i an- Di queste idee rimango no in Pilone:
cor più rnitologica, ma con un senso mo- solo tracce assai shiadite, ispirate alla fì.
rale più profondo, nei l<'sf. XII Patr.: losofìa della natura. Qucsm ha fornit o
Levi riceve lo scudo e la spada ( oit).~v tutti gli animali di me:zzi di difesa con-
xo:l poµq>o:lo:v) da un angelo per vendi- tro i nemici, xat à.v~pw7t<.p 1..tiy~c;-.ov
care il torto fatto a Dina (Gen. 34 ; teçt. (pvp.a xat cppovpà.v cX.xailalpE•ov Myov
L. 5,3; cfr. 6,1); anche Giuseppe, men- OÉOWxEv, o~ xpa-.a~Gx; oi:a no:vonÀ.lac;
Il Al v. 6·· i LXX hanno fot'SC interpolato er· spiando (f6{cb) la loro i;ucrnl• (leggi avi:wv
roneamente il nostro vocabolo. li testo orii.>i· ron SMi;ND) [KATZ).
natio potrebbe essere srato: « ... affinché i po-
12 L t O'l BARSKI, Gim.a 2/A s.; d r. 454 s.
poli Jella perdizione si rendessero conco (dr .
16,9': goi !JarmlJ, lc1Co rnnlc come se fosse sta- l.l Dì//(1-i Moint.i~-i
Khirod 43 (SBE 24,84 , ver.
to: goj l)arbO? Così suggerisce R. SMEND, Die so il 600 d.C.); H. JuNKttn, ObC'r irar1ircbc
Wcùbeit dcs ]csur Sirach ~rkliirt (19o6) 441; Quel/m der bel/. Aion-Vorstel/1111g: Vortriigc
deriva aU'\'OV d allo spurio 16,9'?) che Dio sta der Bibliothck Warburg 1 ( r 92} ) i40.16-1 n .54.
ÉvELÀ.1)1 LILÉvo<; olxEfov xat r.po<rcpvlo--ra.- coruunità neotestamentaria. Essa imcn·
'TOV if~n l.iopu'J>6pov, «e diede all'uom.1 Jc la propria esistenza ne:! mondo \Om<.:
per massima difesa e per fortezza inl'.-
uno stnto di belligeranza; i suoi mem-
spugnahile la p;1rola; e se l'uomo vi si
aggrappa con tutte le sue forie come il bri, in quanto 'figli della luce' (bn; 'wr),
soldato alle sue :1rmi, troverà in essa una sono in guerra contro il mondo che s'i-
guardia del corpo fedele e adeguata alle dentil1ca coi •figli delle tenebre' (bnj
necessità» (som. i ,103). Come il nitriro
è proprio dei cavalli e l'abbaiare dei c.1- bwJk), cioè contro il 'regno (mmJ/t) di
ni, cosl è proprio dell'uomo il discorso Belial', Satana. Così è <letto nel libro
razionale; infatt i l'essere più caro a Dio della setta (col. r,rr.9 -II) nel quadro
l'ha ricevuto per lpup.o:, 7tEpl~ÀT)µa, 1ta.·
d'una serie di prescrizioni e richieste
VOitÀ.la., 'Tti:xcç (som. 1,108).
A.OEPKE morali destinate a quelli che entrano
nella setta, 'alleanza' (brit) o 'comunità'
e) La panoplia della comunità secon- (if:x/, 'dh): «E (devono) amare tutti i
do i nuovi manoscritti ebraici scoperti figli della luce, ciascuno secondo la sua
in Palestina 14 • Dai testi reccnremence sorte nell'assemblea di Dio 16, e odi:tre
scoperti in Palestina 15 veniamo a cono- tutti i figli delle tenebre, ognuno secon-
scere una setta del giudaismo palestine- do il suo debito, in base all'ira di Dio».
se del 1 sec. a. C. che nella sua autoco- Secondo il Libro della setta ( r, r 7 s. ), il
scienza e nelle sue espressioni dimostr~ loro compito nel mondo è di stare snidi
<li avere somiglianze sorprendenti colla «e di non cedere di fronte a qualsi~si
1' Noia Jella redaziollC: Questa sezione rap- E.L. SU)(ENIK, mt.1fwt g11ww•t, Bialikfond, Ge-
prescoui un contributo di K.G. Kum1, scriuo rusalemme ( 1948) (citato secondo la PòlJlina e
in base nlle nuove scoperte, dopa che l'arLicu· la riija); BASOR = Bulleti n of che Amcrican
lo di OEPKE era Sta IO complet310. E Stata in· Schools of Orienr•I Rcsearch, Gc:rusalcmme-
serita qui per far not:ire alcuni importanti pa· Baghdnd; hodaiol "' mgjlt bbwdjwt, il 'libro
ralldi contèlTlporanci alle idee del N.T. circa la dei c~nti di ringra2iamcn10' (citato secondo le
militia cbristiona e 13 ncx.vonì,(o. del cristiano. pagine e le righe del libro di Sukcnik); mi/(1a-
1~ Di questi testi sono state finora 1mbblÌC<ltc wJ "' mgj/1 mlhmt bni 'wr bbni bwik, il •l i-
solamente singole p3gine di 5"MÌO, prcci>a- bro della Lotta dci figli clclla luce contro i figli
memc <l.11 Libro della serra, dal Midrash <li A- delle tenebre' (ci tntn per colonna e pagina dcl
bacuc, dal libro dci Canti di ringraiiameoto e manoscri110 riprodmio da Sukc11ik da col.7,12
dal libro della 1.-0rta dci figli della luce C()ntro e rJ); 'Libro della setta' = 1'ht• Seclariat: Do ·
i figli <lclle tenebre. Parte dei resti è ripro- cument, s~'COodo la pubblicazione in riduiionc
dotta sclll!a rrascrizione:, in semplice fotogr•fÌa foiograficn dell• colonna 1 Ji J.C. TRllYl1.R;
(part.i~hnc111c rimpicciolita). La min traduzio·
BASOR 111 (1948) io (cirnto se<.-onc!o le CO·
ne <lei passi nel turso d ell'•rticolo si basa lonn~ e le righe J el mano~riuo).
dunqu..- (sto S<:rivcrxlo nd gennaio del 1910)1 16 Per questa frase e idea (f(tvrlw b'1t '/), dr.
per quanto riguarda i lesti pubbli<:ati da Suke· Epb. },}: oòx lxn x À11povo11(0.v (v .,,ii flo.<n-
nik, sulla .ua lc11ura, e per quanto riguarda À.t(q.... 1'!cv, inoltre ;<À.ijpoç in Aci. 26,r8 ;
il libro della sett a, su ll~ mia leuura degli s{lc· Col. l,T 2 e altri pussi. Ln loc:uzion~ gwrlw b
cimina rimpiccioliti . = ~XtLV x).11povo11lc.v oppure xÀijpcv tv, l:
Abbreviazioni di qm·Jh1 Jet.ione: SUKENJK = frequente in qu<.-st i 1cs1i.
MVO>tJd.a ( !; .C. f.:ulud
Il Non è comunque molto sicuro c he s i debba qunlc re~no di Sutuna, come si fa qui. Vedi
Jegg~rc co~ì {l(Jiim). Le. 2:?-.>8: É.'I 'to~ç 11:Etpet<r11oi:<; µov; I.c. 8 ,r J:
18mmllt bl;'I non ricorre solt•nto qui, ma an- 1tELpa.<Tp.6ç = Ak 4,17 e Aft. 1.~.21: i}),~lj!i,ç ìì
che nel libro della setta, 1,>3-24: «Tutte le ou.>y1tbç; V. anch< Le. 4,13; Ioc. •,2, oltr~ 3 1,
mancanze della loro ( = di coloro che enmrno 12; cfr. già Ecclw 2,1·5.
ndl'allcunta) rolpc:volez.za e dci loro peccati 20 Forse con questi ultimi si indicuno i Sdcuci-
nel regno di Belial»; d'altra parte ciò è dmo di; cfr. O. E1SSFELDT, Der gegenwiirtige Stand
pure nel 111il!1ama (12,? e 10). Cfr. test. D. 6,>. der Erforschu11g der in Palasrinn 11<'111/.<'/rmde-
4, dove si parla d'un 'regno dcl nemico' nel nen hbr. Ha11dschri/le11 2: ThLZ 74 {1949) 97·
medesimo senso. Nel N.T.: Mt. 12 .26; Le. 11, 2l T membri di questa comun.iti\ porrnno dun-
18; Ac:I. 26,18: ft tì;ov<T!cx 'tov ccx-.:a.véi.. que il nome, scelto d a loro stessi, di bn1 fnr1111
19 Con la stesso chiarezza ciò è deuo in Dam. (cfr. È'ltovi:><Xv•o• in r CfJr. l5A8) e qdwJim ""
2 0,27: «Tutti quelli che hanno fotto del male ayi.o• (l'osi anche nel mil?Jama, nel paSl>u che
(bjmj mµ-fwtjw) a Giuda {cioè al popolo) nei Sukenik scegli< per 1cs1;ua nella pai:ina t!i ck-
giorni delle sue pro\'e>; come qui il singolare dica dcl suo libro: qdwtj '1t1w, 'i s.tnti <lei suo
è usato accanto al plurale, cosl nel N.T. è usa- popolo') e b?J111rj 'I = tx>.t.no\ Dioù (midrnsh
to 'ltE\pa.o-µ6~ accanto a TttLpll'.O'l!Oi collo stesso di Abacuc 10,13); sono dunque gli st•ssi no-
senso, cioè per indicare l'esis1enza nel mondo mi della comuni tà neocestamenrnria.
T.'1.V07tMCl (K.G. l\ulm J
kcnik 24,5, dal ha"·" I l'~·scrcito dci lìglì OLÒ. -r17J') or.),,,,v •fJç &xa~oaUV1]C, 'tW\I
della lm·c ,j 1i1 ira "''I'" l.1 battaglin nel- od;~1:J'1 Xr.tÌ. iipwtt~V, «COile armi dc).
1' 'accmnp:1111,·111"· (111(mh) e celebra con la gi11s1 i zia '' destra e a sinistra»?); 7,
un rito n:ligio~o l'aiuw ri<:evuto da Dio. 7-8: «y11a11do arrivano sulla linea nerni·
Il termine 111(m h <.· '111indi usato in sen- c 1 dcv11m1 prendere in mano fermamcn-
so duplin:, J><:r i ndic.ire l 'acca111pame11t1J lc k anni da combattimento»; 7 ,r 1:
di gueru11 ilclt'c·scrcito, o l 'accampr111u: 11- Zrtf/IJI hmtbmh.
to ne:/ deserto ( riallacciandos.i a quello Per comprendere questi pass i è im·
del popolo d'Jsraclc durame l'esodo). È portante tener presente che anche nelle
molto significa tivo, in questo contesto, hridajot si usa spesso l'immagi ne di una
che nel Documento damasceno la sede bat taglia, ad es. nel primo salmo (Suke-
locale della comunità, cioè la comunità nik 3i,7-8): «Quan<lo tutte le frecce
singola, sia chiamata proprio mfJ11h, 'ac- della perdizione volano concro (di noi)
campamento'. per cui è impossibile la resistenza, ed
In milfJama la lotta degli avversari essi ne scagliano tante che non c'è piò
sopraddetti è raccontata con una descri- spera07..a». li passo dell 'altro salmo (Su-
zione ampia, benché stranamente sche- kenik 29, ultima riga - 30,3) parla chia -
matica, delle azioni belliche 'regolari' ramente, secondo il contes to, del la s i-
(nel senso let terale) d'una battaglia. tuazione della persona pia nel mondo:
Qui, oltre alla ripartizione militare e al- 1<( uomini) forti si sono accampati con-
lo schieramento dell 'esercito dei figli tro di mc. Mi circondano con tutti i lo-
de lla luce, riveste importanza speciale ro arnesi da guerra e ~cagl iano frecce:
il loro armamenro (secondo Sukcnik 20, non c'è scampo 22, e la lancia fiammeg-
1 s.) costituito da !mii wt (lance), zrqwt giante è come un fuoco che divora gli
(proiettili}, k;dwnjm (giavellotti), m[!J· :ilbe ri (wjjrw IJ!jm ... wlhwb /;nit k's)».
njm (scudi). Cito in particolare <la mil- Se si pone accanto a questa l'imma-
~11mli (7,1 ): '11ii hqf, «i frombolieri» gine di Eph. 6,16: 'lt<Xv-.a -.&. {3éÀ.l'J -coii
che devono lanciare i loro proiettili set· 7tOV1Jpou -.à. 1tE'ltVpwµÉva, «tutte le frec-
te volte; (7,4) ilwsh dglj bjn;m, «i tre ce infuocate dcl maligno», diventa ev i-
rcpani dci combattenti avanzati,. e (7, dente la grande somiglianza dell'im-
4 s.) «al loro lianco 'ns;
hrkb mjmin magine e dcl signi1ìca10. Con questi
mrnsm'wl, «fo truppa co i curri da butta· nu ovi testi, anche passi come Rom. 13,
glia a <lestr:i e a sinistra» (si <leve forse 12: tvooowµd)a oi -.à 0nÀa. -.oii cpw-
pensare a questo passo in 2 Cor. 6,7: 't'oc;, «indossiamo le armi tiella luce»"
ll /'in mr/>' h• lo stesso signilìrnto <ld l'cspres- t~ : «COSÌ che non c'è alC\tnn salvezza».
sione l'in tqu>b dcl passo d tato pK'<.i:J cmtmcn- ZJ Anche la parte pr~ente Jdla frAse in
1w.vo-:tÀÌ.tl. (/\. Ocpkc)
ed Eph. 6,LI : 7tpÒc; -.ò òVvcxuDa.L ù11ci<; le sue lettere (dr . r Cor. i5,58; 16,13;
a..-i')va L npòç -.èli; p.d)olìelai; -.où oLa~6- Rom. x3, u ss.; i6,20). Nel nostro pas-
À.ov, «perché possiate resistere alle insi- so l'idea della mi/itia Christi (-7 cr-cpcx.-
die del diavolo», acquistano una chiarez- ·rn.:iTr)c;) è messa in rilievo con una chia-
za del tu tlo nuova e u no sfondo p ienu rezza senza precedenti 24 • I verbi impie-
di punti di riferimento. K.G. KuHN gaci derivano dal linguaggio militare
(--+ coli. 821; 880 ). Ormai suona, o
s ta per suonare, l'ultima orn, Ti T}p.tpa
4. La 7tcx.vonÀ.La nel N .T.
Ti itOvTJpà! Il nemico attncca con parti-
Nel N.T. il nostro vocabolo è usato colare furore; occorre quindi preparar-
soltanto in simil itudini ed al.legorie. N el- si all a lotta. E cosl vengono elencate
la parabola della vittoria sull'uomo for- (vv. r4-r7) sei parti dell'armatura com-
te è st:uo Luca ( 1 r ,22) a iotrodurre per pleto, divise liberamente in due gruppi
primo l'immagine del ducl l<) armato e d i' tre, ma cerrnndo di riprodu rre la suc-
quindi il termine m1vo7tÀ.la.. Con ciò cessione reale: h cintura, la corazza, i
egli si dimostrn un el.lenisra. calzari, lo scudo, l'elmo, la spada. La
Nell'allegoda d ell'armatura spirituale mancanza del giavellorro o della lancia
in Eph. 6,10 ss. b parola ricorre due non va spiegata in base a dati archeo-
volte: al v. 1 r: lv&ucraailE -.T}v 7tavo- logici; ma anche altrove non si cerca
nÀ.(av -i-oii ik:iii n pòc; -cò &uvacr1>a.L ùµ&ç l'assoluta completezza (--+ coli . 833 s.);
cr-.ijvctL npòc; -i:àc; µeDclìtla.c; -cov oLaB6- inoltre sarebbe stato alquanto d ifficile
À.ov, «indossate l'armatura di Dio per dare un significato alla lancia dopo quel-
poter resistere all e insid ie dcl diavo lo», lo dato alla spada. I demoni combatto-
e al V. I 3: lìi<x. "tOÙ"tO Ò:vixÀ.à~E"tE -rliv no ins idiosaincntc da lontano IBtÀ.1),
7tavonÀ.lcxv ;ov lhoii, L'JIX &uv"l]l>ij-i:t àv- 'dardi' [v. 16]); per i credenti invece è
'tLO..Ti')vixL Év •Ti 1i11Épç< "D 'r.OV'l)pi;. XIJ.l necessatìo il corp0 a corpo ( nà).1) v. r
&m:x.v-.a xa-.epyixcrcip.i;voL CTTijva.L, «per- 12] ): non c'è pi/um che serva. Per il re-
ciò assumete l'armatura di Dio per po· sto l'enumerazione, se si prescinde eia
te.r resistere nel g iorno maligno e re- alcuni n"essori (come il pugnale), wr-
stare saldi dopo aver superato tutte le risponde esatramenrc ~!l'armamento Jd
prove». Paolo ama i toni forti e virili, legionario romano del tempo di Paolo.
specialmente ne lle pa renesi finali del - Caratteris tica è infarti !:i manca nza degli
Rom. r3,n: 6.no&wµdet oùv i:à. Epya -.ou l• Dire che la profonda ù>nO'ICenza dell'/\.T.
a xbi:ouc;, ha il suo corrisponuente esatto in abbia qoi preso il posw dd la rresai spontanei·
questi nuovi testj · 111ilba1114~ citazione di Su. tà ,)i Paolo in i Tbcs.r. 5,S ( 1101.Tl:MANN, N.T.,
keaik 20,6: wbl}wIJ lt.I 111'iihm = greco: xat ad I.) è una qudtionc di i:•M•• personale diffì.
t" <rx6i:ti "b.na i:à. lpyu. 11.v;wv. cih11<·111c giustilicaia.
it«von).ia (/\. Ocrikc) (v,301) 8-16
schinieri e la presenza dcl lungo scudo forse scOli ta ~'On tutta chiareaa. Leg-
rettangolare e della caliga(--+ 01toOÉw). gendolo è sulliciencc immaginarsi Dio
A quanto risulta d ai monumenti, que- come un generale che equipaggia i suoi
sr'ult ima venne a costituire un:i parte soldati con Jc :1rmi d a usare al suo ser-
necessa ria dell'ar111arura a partire dal- vizio it.. L'impiego allegorico di quest'i-
l'epoca romana , quando i soldati erano dea implica sì IJOa spiritualizzazione, m:i
soccoposti a lunghe marce (--+ col. 873 ). ciò non dev'essere inteso nel senso
Paolo quindi non lavora di fantasia d'una vanilic:izione. Si pone cosl il
'
ma ha sotto gli occhi fo realtà dura e problema dello rnrattc ristica tcologic:i
forte dcl soldnto del suo tempo is. Non della nostra pericope.
è in contrasto con ciò il fatto che egli A prim;i visto ci si potrebbe sentire
utilizzi motivi dell'A.T., perché anche trasponari nel bel mezzo della supersti-
qui abbiamo il medesimo tipo di arma· zione rardo-eJJenistica. Non si tratta,
tura. L'Apostolo vede questi modelli co· forse, sempliccrneme d 'una fotrn con-
gli occhi del suo tempo. tro il destino gli O'To~x•~o. o l>mµ6vux,
'
Non essendo i demoni di ca rne e san- che provocano malattie e ogni altra ca-
gue e non potendo q uindi essere com- lami tà fra gli 1J01J1ini esposti inermi al
battuti con le armi terrene (v. 12), è loro in flusso> Generalmen te si combat-
necessa rio indossare la v.a.vo7tÀla -.ou tono i demoni cogli esorcismi, ma qui
ì>eov. Questo genitivo è un geni tivo sog- non se ne parJ:i. Il fiiiµ« ~toù ( v. r 7 ),
geuivo cla~tico. I passi analoghi del· anche se non e<1uivale perfettamente a
l'A.T. (--+coli. 833 s.; 868 s.) 20 , se pre- ò Àòyoc; nu i)~ou, non va ceno inteso
s i rigorosamente, portano a pensare nel senso delle formule magiche. Dob-
d1e D io impres ti ai fedeli pani della biamo po i ricordare che questa pericope
propria armatura persona le: t: un'idea costituisce fa cf1.iusa solen ne d'una pare-
mitica che ne costituisce in qualche mo- nesi ma rHenutll sempre sul piano etico
do il sottofondo i;, ma Paolo non l'ha (T:ph. .J, I 7-6, 9 ). Ess.'l ha quindi per sco-
nico che la indicava era µhp'I) ( ~ vrr, dive1H:1 (<!.111<lolc una forma vistosa> J
col. r r2), fascia , cintura. Invece sembra un segno distintivo <le.Ile cariche, do\-
<.:he il termine l;wo--ri}p indicasse una una spn·i,· di sciarpa militare (ci11v1
semplice cinghia e swµa
una sorte di /11111). ot in:ò çc;>vriv sono gli ufli<'i:tli
grembiule lombare; non servivano quin- (Su id., s.v. cxiJ1~€V"tTJCTav-ra; Codcx Ju .
di veramente a pro teggere. Però la di- stinùmus 1,5,12; 6,rr). Presso i Persia -
stinzione esatta veniva fatta raramen te ni prendere per la cintura era segno d<' l-
e il verbo corrispondente signilìcava, la cond:1nn:i a morte degli ufficiali inCc-
senza dubbio, anche indossare la cintu- deli (Xenoph ., a11 . 1,6,10).
ra da combattimento. SW\IVV0-1'!<X.L SW· In senso traslato swvl) ha un impie-
<r-rijpL (Il. 10 , 77 s.) è quasi sinonimo di go molto vario. Per le don ne l:i cin-
SWVW<ri>cu. in senso assolu to (I/. II,IJ; tura è il simbolo della verginità. À.\mv
23,685 (683: SWt..LalìIO), di swv- 1ta.pi)~vlriv swvl)V, « sciogliere il cinto
vu<r~m 1.il-tpn (Il. 5,857) oppure xa'A.- verginale», è un eufemismo per indica-
x6v (Il. 23,r30). b) Coll'introduzione re il rapporto sessuale (Hom., Od. rr,
Elella corazza questo cinturone sparisce; 245); per una sposa abbiamo la forma
in sua vece, per proteggere la parre su·· media: «essersi sciolta il c into per un
pcriore delle cosce, si porta un grem- uomo solo» (Anth. Pal. 7 ,324 ). ~wvn
biule pendente dal di sotto della coraz- finisce così per significare il matrimonio
za e formato da strisce di cuoio libere (Eur., Iph. Taur. 204) o il rapporto ses·
o cuci te e, all'epoca romana, anche a suale (Philoscr., vit. Ap. 7,<)). Il vocabo·
forma d i calzoni 2• c) Oltre a questo, il lo serve inoltre a indicare l'oceano co-
legionario romano porta sulla corazza me cerchio che cinge la cerra (Plut., fac.
uria la rga cintura d i cuoio rivestita <li /un. 21 (11 935 a]) e, con ulteriore trn -
metallo che specialmente colle sue e - slazionc, le zone della terra ; questo è
stremità, terminan ti in forti strisce mc· l'unico senso che tr.oviamo in Filone
talliche pendenti su l davanti, protegge (leg. alt. 3,171 ; rer. div. her. 147; vii.
il ventre fino circa ai genitali, cfr. P. Mos. 1,II4). L'opportuna d isposizione
Petr. III 6 a 2ì (m sec. a.C.): i>wpaxa di queste zone hn una grnnde importan-
xat -r'l}v ~wvriv vwpaxhw. In certi ca- za nella ecologia naiurnle dell'ancichi-
si questa cintura serve pure dtl cinturo- cà $. Infine il termine è impiegato per le
ne per le armi 3, mentre in altri casi la sfere planetarie ( Corp. Hcrm. 1,25), lo
spada, e più raramen te il pugnale, sono zodiaco (P(>rlìrio, nel PtolC'maci Tetra-
ccnuti da una correggia che passa sulla hib/011, ed. Base! [ 1559) p. 186) e gl i
s palla destra o sinbtra '. d ) La cintura angeli o custodi personificati delle :wne
2 Riproduzione in-> K~OMEYF.k-Vt:rni. tav. 4 ' Fbidem, rav. 4 nr. 1. Si usavano anche due
nr. 18-2r; J nr. 2;; 34 nr. io4/:;; 36 nr. l II ; cinghie incrociate sotto J'ança (ibidem, tav. 5
.... LINOF.NSCHMIT. tav. ~ nr. J; 3 nr. r; 4 nr. nr. r e 3). los., ant. 6,184, sostituisce la cosuu-
r. Però dove Polibio (6,>5,3) parla dcl nepl· zione dci LXX t'<;<»<TEV -i-òv 6.a.uto -i:-i)v po1~·
<;wµo;, d istinguendolo dal ilwpo.!:,, come un q>a.l.av a.1i-tov ( 1 Ba.o-. r7,39; Appian., Rom.
indumento dell 'amica cavalleria romana, non bist., Hannibal 20) con quella solita 1'tptl'.,())'V·
internk (perlomeno non jn senso esch1sivo) VUV<l.t 'tWt -i:Ò ì;((floç.
il grembiule lorubale, ma una veste non rigi-
<.i.:l (.'hc ·\'en iva tenuta su con una cinghia; S M. DIDELIU~, l',utlus ouf dem Areop,1g :
essa compare spesso nei monumenti (.... Lrn- SAHcid. r938/ 39 (r939) 8-r4 parte da questa
DF.l'ISCHMIT, mv . 4 nr. 2; :; nr. i.3; 6 nr. 1.2; considemziooe per tentare di sostiwirc, non
7 ru-. 2). scn1..a successo> la corrente spiegazione 'storica'
J -> LLNDF.NSCHMIT, 1av. 3 nr. 2; 4 nr. 2. di Act. 17,26 s. <:on quella 'filosofica'.
~·:m1 (i\. Oepke)
li no o di ciaoio (Pro1.J. Jl,l-4; 2 BaO' . l8, t irc dall't:poet1 persiana e i metalli pre-
11 ; Ier. 13,r ). Cingere i lombi, succin- ziosi che servivano :ili o scambio vcn iv;1-
gere l'abico per mezzo d'una cintura, si- no cerco deposti alt ruvc. Ma in hz.
gnifica prepararsi a partire subito (4 9,2.3.u il profe t:,i ha la visione d \111
Bo:a . 4,29; 9,r ). li primo pasto pasqua - uomo che porta «l'occorrente per scri-
le doveva essere consumato coi lomb i ve re» (il term ine non è capito dai LXX)
succinti ( Ex. r2,11) . Ci si cinge poi per al fianco, cioè alla o ne.Ila cint ura ( ~
il lavoro (Prov. 31,7 }, per il ministero n. 6); zon, zoné e zonìn sono imprestiti
profetico (ler. J ,17 ) e per un d ibattito rabbin ici per ind icare la cimura, chia-
(lob 38,3; 40,7 ~ col. 854, purché mata pure ptmdti' = f unda (borsa, por-
non si tratt i q ui d 'u n senso trasl.a to = tamonete) (Strad <-Bille rbeck r 564 s.).
significato 4 col. 856. La cintura d el 4 . Parte dell'armatura: a) La cint ura
profeta Elia ( 4 BaO'. l ,8) dev 'essere sta- è usata anche dai soldati per succingere
ta di cuoio grezzo, non conciato 9 • Co- la tun ica e insieme come ornamen to e
munque il suo abito lo qualificava come segno d i riconoscimento del grado ( E;;.
seguace del severo Dio del deserto, in 23,15 ). b) Se in tessuta a maglia, la
anciresi al lussuoso d io Baal. R ientra in cintura serve poi a comple tare la co-
questo contesto la descrizione d i Elia a
razza difesa del ventre { 1 Reg. 22,34,
che corre davanti al cocchio regale come malinteso dai LXX, ~ col. 867 n. 7 ). c)
un corridore robusto cogli abiti molto Cintu rone per tenere le armi, affibbiato
succinti 10 (1 Reg. 18,46). per lo pitt sopra la giubba (1 Sam. l7,
2 . Ornamento : del maggiordomo d el- 39; 18,4; 25,l3; Neem.4,12; 2Sam.20,
la corte regale(ls. 22,21); la cintura ric- 8 ' 2; serve anche pe1· le para te militari,
camente intessuta di bisso, porpora e Ps. 4 5",4). «Chiunque porta la cintura»
crem isi, che fa p arte del paramento del (kol (1oger flagor!i, itii<; itEp~Es(.iaµivoç
sommo sa cerdote (Ex. 39,29, dr. 28,4; swv'l')v , 2 Reg. >,21) indica sinteticamen-
29,5 .9; Lev. 8,7.13; r6,4; i Sam. 2,18); te gl i uomini 11bili alle anni. m"fattea{J,
la c.intu ra aurea come orname nto angeli - «colui che sbccia (I.a cin tura che pllrta
co (Dan. 10,5); è segno invece di ve r- la spada)» indica chi (dopo una lothl
gogna o di grave lu tto, se la cintura è v ittoriosa) depone le armi ( 1 Reg.20,u;
fatta di giunchi intrecciati (ls. 2,3 4) o i LXX traducono mo lto liberamente: b
di sacco, una stoffa grossol:,1na e pelosa opMç).
(2 Sam.3,31; I Reg.20,32; Js.3,24; 15 , Nell'uso traslato u il tertium compa·
3; Lam. 2 , ro ecc.) 11 . rationis è dato dall'aderenza stretta del·
3. Borsa: non è attestato nell'A.T. che la cintura al corpo. Ja hvé si era lega·
servi$Se a porti11:e oggetti prezios i: le to s trettamente Jsrac le come una cin tu-
monete con iate fu rono introdotte a pa r- ra, ma il popolo fu infedele e perciò
9 Cfr. H. GRESSMANN , Dic Schriftcn des A. éµolw.; 0.vlipec; xo:t yvvo:i:xe; 1tEPLfiaa11 <iOpo~
T. 1 (1910) 28r. -> JouoN pensa a una specie O'l>i11i:ec;.
di cinto pubico portalo da l profeta in luogo 12 Il testo è corrono. L'asmzia di Joab consi-
della tunica. ste tte nel lasl'.for cadere in t~nzionul1ncnte I.a
'° Il tt:rminc preciso è statO comunq ue tra· spada, regolarmen te appesa a.Ila cim ura, in mo-
smesso in forma probabilmente deteriorata. do da appari re disarma to al momento del ba-
11 Diod. S. 1 , 72,2 racconra del lutto di 7 2 gior- cio, 1ucntrc çoJia 01a110 sh1istra impugnava una
ni per la mor te del re egiziano: XO.'t0:1tE1tÀO:· seconda spada nascosta sotto la casacca.
01tl.voL lif. 'tà<; XE<:>o;),àç 'ITT!À~ xa.• 1tEPLE· l.l Non è il caso <li trattare qui il passo poco
t,woi.livo• 01.vOò'Vo:<:, ÙltoXti'tw 'tW'V µo:o'twv chiaro di lob 12,8.
~, I \ .;•tt l l'..•~'J1l (A. Oepkc) (v,305)8~8
w1111<: consegnato alla i:111~1111.1 divina ro 11 • «C:i ~i cing<' per la lotta o per il la·
1wll.1 fornrn simbolic;1 , k·lln t·imura di voro: la ci111ur;1 ~quindi il simbolo d<.:1-
<ì1-r.:111ia (ler.13,J1). l'tT il nemico di la forza<.' ddla p rontezza. li re è forte e
Dio la bestemmia diw111a t·1•111t· una ci11- pote nll: j ll'.rd 1é è giusto e fedele. Per
1urn che lo stringe cnn1in11:1111e11re (Ps. questi• :mche il suo regno fiorisce; il gu-
J 09,t9). Però l'i1n111aginc ha gcneral- v~rno buono po rta frutti buoni» 14 •
menre senso positi vo, pl'r t'u i è lecito lJ Targum <lei profeti traduce Tr. i r,
chiedersi se olrre al primo signiiicato 5 in modo scolorito e falso, ma facendo
non sinno implici1i :111d1c il ~ccondo e il emergere l'origine dell'immagine in mo·
quarto. Jahvé i; cinro di po1enza (Ps. do JiJascalico: quelli che si mantengo-
6 5 ,7 ). Egli cinge I 'uomo pio di forza no fcJel i, gli saranno pi(1 vicini 19. I.I
(Ps. 18,33 .40; 2 5am. u,33.40 , detto in senso traslaro del termine nel ~ i ud11i
diverso modo), o di gioiu (Ps. 30,1 2), e sino congiunge il cono fondamentale del
cinge i colli di giubilo (Ps. 65,r3 ). Te· cingersi a q uello accessorio della forza
nenJ o presente c iò, è possibile pure in- e della pronrezza: Ber. b. 16 b 20 : «Vo-
tendere ls. n,5, dove si dice dcl re (il glia tu, o Signore, ... vestirti de lla 1ua mi-
Messia?): urhti;ti fedeq 'cz6r motniiw sericordia e coprirti della iua porenz.1,
w'hii'emf'm/i 'ezor haliiriiw, LXX: xat avvolgerli nel tuo amore e cingerci del-
~"''°'~ ò~xatotnivn É~w111 livoc; -ci)v la tua gra7ja (tit'azzer)»; N11111. r. 2
oO'<pÌJV ainoii xat O:À.TJ/}ElQ: ElÀ.l)p.Évoc; 138 a) 21 : «Subito (dopo il peccaco dcl
.-<Xc; 7tÀ..rnpO:c;, «cinto i fianchi di giu- vitello J'or<i) Mosè cinse (hagar) i suoi
stizia e fascia to i lombi di verirà» 1•; il lombi colla preghiera».
senso è che il re idea le della casa d i
David sar(l strettamente legato alla giu- Jlf. LA CINTUR A NEL N.T.
stizia e alla fedeltà, che sono due qua-
lità regali intimamente conne~se fra loro Nel N.T. si ripresentano tutti i signi·
(Gen. 15,6; Abac. 2,4) 15• Ma dall'imma- fìc:ni a noi già noci e spesso in senso fi.
gine della cintura usata qui derivano al- gurato o 1raslato.
tri nessi: meno di tutti si adatta il signi,
fìcato terLo <-
coll. 855 s.); pit1 vicini r . Parll' del!'abbigliamento. Secondo
°"'
sono il primo ( coll.8 54 s.), il secondo Mt. 3>4 Giovanni Battista si rivela co-
(- col. 855 ) 16 e il quarto (-col. 856), me l'Elia aw.-so per l:i fine dei te mpi
quest'ultimo ncl1';1ccczione o). Non è e-
scluso che facciano capolino anche le ac- indossando per vesti to una pelle dal
cezioni b) e e), ma ciò non è a IIano cer- lungo pdu 22 • Gesù ricorre in Jiverse pa-
rabole al tratto vivace della tunica suc·· visse realmente a legare il mi1n tcl lo ( ~
cinrn per il lavoro (Le. 17,8; n ,37) 23 . col. 849) o se il termine sia usato qui
Il detto del Signore in Le. r 2,35: fo-rw- in senso lato. L'atto di Pietro è dovuto
ua.v vµWv al Ò!T(j'.)Veç 1tEPLE~W!TµÉvaL xa.l a ragioni di decenza 25 e forse anche al
ol ÀUXVOL xcuoµEVOL, «siano cinti i vo- rispeuo religioso (- 11, col. 687 ). An-
stri lianchi e accese le voslTc lucerne», che nel N.T. mettersi la cinturn è segno
malgrado riecheggi Ex. I2, 11, si riferi- di pancnza (Act. r 2 ,8: il mantello è av-
sce alla prontezza dei discepoli al servi· volto sopra la 1Unica st1ccinta). Questo
zio in visra dell'apparizione inaspettata uso linguistico è utilizzato in fo. 21,18
del Signore 2•. per formulare un logion di Gcoù parti-
Secondo il racconto giovanneo, Gesù colarmente ricco di implicazionj, È pro-
stesso cinge neU'ultima cena il grcmbiu· prio della gioventù impulsiva voler an-
le degli schiavi (~ coli. 849; 865) Jare dove si vuole cd è destino della
per lavare i piedi ai suoi discepoli stancà vecchi:iia lasciarsi guidare dagli
(Io. 13,4.5; dr. Suet., Caligula 26: gli altri. Dato il suo in<lomiro car:merc,
schiavi succi11cti linteo ). Per il signili. Pietro ha bisogno di questo ammoni·
catodi ques10 racconto parabolico v. ~ mento perché, pur avendo oltrepassato
v1, coli. 82 3 ss. Il vangelo di Giovanni la prima gioventù, non ha ancora vin to
impiega il medesimo verbo ( ÒLa.~wwu- il suo spirito d'indipendenza. Però il
1..lL) pi;r descrivere Pietro che indossa il logion acquista il suo senso più profon.
mamello (lo. 2 r ,7: -ròv tmvS&n1v Sie- do in quanto è un'allusione al martirio
l;wira.-ro ). Non è chiaro se hl cintura ser- di Pietro 26 : cinAe1·e è anche eufemismo
~he 1>rcsso i filosofi greci. Si dice: che Pitagora tcre magico --> P~JSTliR. Il confronto è però
portasse una stola bianca e Menedcmo un chi· qui fuor di luogo.
rone nero lungo fino ai piedi con una cintura 2J Cfr. lCLOSTElMANN, HAUCK. Lk., ad I. li v.
purpurea (i!;wV1'J <po<vtxii: Dìog. L. 8,r ,19; 6, 37• non ~ fuori della parabola. •nzi proprio
9,102). La descrizione di quesli particolori è q ui il pa111dosso è sottoline"to dal fatto che !:i
un rr:mo tipico delle biografie di santi e di situazione presupposta è imp<»~ibile nel la re•I·
fonc.lotori di ordini religiosi; ma non è neces· t:ì. Sarebbe poi piuttosro astruso ricordare i
sario supporre uaa dipe ndenza le tterario. Per snturnali romani, in t'Ui i pa<lrooi servivano gli
Giovanni Battista è più vicino ìl parallelo di schiavi, e si indebolirebbe l' immagine. Tra Le.
Elia . I; interessante ocservare che per Gesù 22,27; Mc. 10,p ss. e Io. 134.5 e~iste forse
manca qualsiasi cenno ad un abito insolito. più un nesso lctter-Jrio che un' atfinirii cli signi·
Cfr. ~. LoHMEYER, ]oh. der Tiiufer (Das licato.
Urchr. I (1932 ) 49 ss. 99 e indice s.v. 'Kleid· H KtoSTHKMANN, Lk., ad /.; dr. Philo. sarr.
ung'; -+ WINDISCH; LoHME YI!R, Mk. o 1,6 A.C. 63: '-ràç bo-9\x; nepc.ct;W<r11Évouç' é'to~
{questi pens" che çwln} indich i una pel le 111.vç -ii;pòç V1t1JPEO'lo:v gxwro;ç. l IAllcK, Lk.,
<l'animale avvolta intorno ai fianchi al pos10 ,,J I., include il motivo della partco""'·
della solita tunica [ -+ n. 9 J e vorrebbe stabili· » Cfr. Sor.ioo <l'Ffc:so (ed. jL&FJt<:J Ciii<; ov
re un parallelo quanto mai remoto con le pelli [ r927] li 70 a, r>n rlando di una levatrice: m ·
indossate da Adamo nel paradiso terrestre): P•t;•,,cr«µlvri xoa1•(W<; ii.vwOev xaL xa:tt»tl<v.
H"UCJC, Mt., od I. Per le cinture dorate ~i ~ 2'1 li doppio senso è stato messo in riliev<l ;;iu
per inc:i1<:11arc·; Ili •tendere le mani pre· Alt. 10,9 non proibisce, se preso alla let-
cede l':1 vvi11 versll il luogo d'esecuzione, tera , di <1Vcrc, ma solo di procurarsi de-
quando il wncbnnato era costretto '' naro: 111ì xTi)CTl)ul>e xpvuòv µT)ot èLpyv-
portare il patibulum a cui era leg.ito. In pc-•J µ'l)Oi xa).xòv dç Tàc, 1'.,wwJ.c, ùµt7lv.
modo simile il profeta Agabo si serve «non procuratevi oro né argento né rn·
della cimura di Paolo per annu nziare •ne per le vostre borse». Non si deve
simbolicamente la futura prigil111ia dd· però esasperare la difierenz.a lìno a pen-
l'apostolo (Act. 21,11 ). sare che in Manco Gesù proibisca sol-
2. Ornamento. JI veggente dell' Apo· mn to di ricevere un compenso per le
calisse vede gli angeli delle ultime pia- guarigioni 29 ; infatti quella proibizione
ghe vestiti di vesti di lino e cinti il pet- è già espressa al v. 8b e Mnueo è altrove
to di fasce d'oro (Apoc. 15,6; cfr. fa. più rigoroso di Marco {~ col. 874). Il
9,2 (UD{'); Dan . l0,5 [Theo<l.]; il Cri- senso è quindi lo s tesso che in Marco
sto glorioso (Apoc. 1,13) porta una lun- e in Le. 9,3: µi)TE (~t{lETE) cipyvptov,
ga veste fluente e una fascia d'oro all'al- «né (prendete) denaro»~. Gesti vuole
tezza del petro(cfr. Dan. 7,13 ; fa. 1,26; che alle necessità maceriali dei discepo-
9,2.n [LXX]; Dan. 10,5 [Theod.])Z7; li in missione non si faccia fronte con
la cintura alta corrisponde all'ornamen- un qualche calco lo umano , ma solo con
to del sommo sacerdote 23 . la fiducia nella provviden1~1 di Dio 31 .
s1amemc da ZMlN, }oh., ad I. Cfr. anche xT'l)C'l)C'ilE non fovorisce però questa in1er1>re-
BAUER, ] ob., ad l . e WE.NDT, Ag. a 21,u. Lo tazionc, che è disl'U tibilc aachc a causa di Io.
critica di Sc111.ATTER , ]oh., ad I., 11ll'inrerprcrn· 12,6. S'i ntende dire invcn• che i disccr>oli non
zione di Z AHN è a.rtificiosa. dcvouo pensare nu1nchc al proprio guad•gno.
30 L<. 104 è anuloi,'O: llÌ) ~ci1n6'.C,t'tt ~a.À
? 7 Ponar~ la fibbia d'oro è un privilegio elci
),Q'.V'rLOV.
'"' e. dei loro parenti.
31 I paralleli rabbinici, secundu i quali non si
1S los., ani. 3,153s.: 1tOOTJP"J<; )(<-rr:,v ... ov i1t<· va al tempio col basrone, le scmpc, la horsa
t;•!.vvv-coc• xoc-rà o"tiil>oc; ÒÀ(yov -rijc; 1.ux~xa· del dcn:iro e i piedi sporchi di polvcr.c ( Orr. 9,
l.1)<; V7trp6.vw TÌ]v t;WV'l)'\I ntp!hyOV'tE<; 1tÀOC· 5; >imilmenre Tos. ner. 7,19: SnACK·Bll.1.F.R-
'tE,r.tV ll!V Wç t'-; -rfococpocç OOCXTVÀ.Ovç, &~r.t·
J\ECK I 56,5), sono 'oltaoto cs1criornwrt1 <: tnli,
XÉVu>ç v<pitC'f lÉ\Jl]V. iuu s\lno forse in1p0ctanti <lai punto di vist~l
~' f' u11'i,k-a prc>l! in ronsidera1lone Ja K1 o 1<-11..1:orio. Più vicini e rilevanti ><1110 i '"n'iAli
'Tl:kMAM•. /lii .. ,,J /., ma giusumente r iliur.1 r.1hhi111<i o rinunciorc aUa paga (STitA< K llrr.·
'"· S-:ù •11<lo S• :11J.AT'rl\R, Mt., ad I., Maueo un· 1.1· K111 <:K 1 5<'1·J64) e ad essere piamc111c lihc'
drd>h" 1>ltr«: Alan·o (che avrebbe forse rip1·cs11 ri d.1 '""""Cll[>:izìoni ($Tl<ACK·BtLUlRBJ;r:i;, (
il h'"" di l\l:llh'<> smu~,:,mdolo) proibendo per· .f! '>. l.1 Tor,ì i: .rata affidata all'iocerprL·r:11im1«
~inu tli ;H, ,.11.trt' ._k_,oi spontanei. Il termine ,lc:i •·.oh 111.,n~i:uori di n1anna).
(v,308) R64
ì)d~, «state dunque sald i, coi vostri dn sole possono c·ssc•rc· iirmi cristiane.
fianchi cinti d i verit iì». La concor- M11ncan<lo l'artilolu, nnn è ce rtamente
danza con Is. u ,5, LXX (~ col. 857) cons igliabile pcns"rc qui a l 1·angelo in
è evidente, però il passo d'Isaia non è q u:in to concre1izzt1z.ione della verità su-
cirnto letteralmente. Ciò che in esso si prema J.t. La definizione «Ò:À:f)Drn:t è c1ì1
dice del Messia è applicato ai credenti che è come dovrebbe essere per n:llu·
e i due emistichi sono abbreviati. Poi· r:1» JS è quanto mai aHrntl>l e ripona
ché il vestirsi della corrazza è men- troppo a una visione soggettiva. È me-
zionato dopo (in r4b) qui non si vuole glio invece ricordarsi dcl signifìrnto bi-
indicare la cintur:i aflibbiaca sulla coraz- blico fondamemale di ci),i)itrnx = 'C:met
za a scopo di difesa o per appendervi <- 1, coli. 625 ss., spccialmence 632 ss.;
le armi (~ roll. 85r; 856), ché il 658 ss.): la realtà divina. Il c1·edente in-
cinturone separato, l'amica l!L'tPTJ ( ~ d ussi la sicura e forte realtà divina -
coli. 850 s.), non era più usato al tem- che è offt:rta concrctnmcntc all'uomo
po di Paolo. Inoltre, il legionario roma- nelJ 'evangelo - a sua protc-1.ione, come
no che serve da modello per tutta que· il grembiule dd gue rriero, usandola
srn descrizione non ha bisogno d'un.i cioè anivamenre, per resistere agU as-
cintura per succingere la tunica. Sup- salti del maligno. L'tv, che è uggiunto
posto che Paolo :ibbia badmo :i tutti dall'autore, è strumental e ( - Hl, colJ.
questi particolari, è inteso qui il g1·em- 56 1 s.) e mitign un po' l'idea alquanto
biulc dei soldati ro mani che rnlvolcn a- oscica della reahi'I di Dio visrn come una
veva forma di calzoni ( ~ col. 8 51 ). cintura.
1U.,;DE1.a non significa in alcun caso,
come nell'Isaia ebraico, la sicurez2a e IV. J, A CINTURA NELLA C H!F-SA ANTICA
ceno ancor meno la vemcità soggetti- Nell 'uso linguistico della Chiesa anti-
va 32 o la reale serietà di un combatti· ca 1 nostri vocabr.>li non risalraao trop-
po. Del vecchio Policarpo si racconrn
mento che non è una scaramuccia .u. che prima dcl martirio si spogliò e sciol-
Tuil i questi significati vengono esclusi se In cinturn (mari. Polyc. 13 ,2: À.vaac;
in parte dal senso lessicale di ò:À:tiitna Ti}v 1:,wvT]'J ). Erma veJe la conti nenz:i
viriJmentc succinta ( 'ltEPLE1'.,woµiVT}, 11is.
in Paolo e in parte dal con tes to. Nelle
3,8,4), le vergini celes ti cinte di fa-
righe seguenti sono infatti enumerate sce splenJide ( 7tEpLE1:,w11pivaL Ev7tpt-
realtà stretrnmeme oggeuive che anche m;ic;, sim. 9,2,4), ma anche i vizi (sim .
.l2Nessun escgcia sostiene più quesca intcrprc· ( 1891), '"'I.: la vcriii\ contenuta O!l~Ctrivnmen-
tazionc. 1e in Gesì1; più sogi;cuiva <: l'opinione di
3l B. WErss, sc<:ondo 11.wPT, Gefbr.. ad I. l lAUPT, Gc/br., ad I.: l'arcortk• con ciò che è
vero intcriuumonte (cfr. r ,13; 4.>4; 5,9).
14 A. K1.0PPE• , Der Brit·/ 0 11 die Epbeser 3S EwAw, Ge/br., ad I.
ilr.:ipa!; ( A. ( kpl,,·1
9,9,5. se :1111l·n1in •>. 1:gl1 stesso si mette di hro11m ( Xci.Àx~oç, Il. 23,560 s ), nu1·
al ~crvi~io (kl pas1Prc cin to d'un sem· v(·,s;t ( ·rvO.Ào1:iw Ò'-.pl]pW<;, Il. 1 ',p 9 s.
rlin· gr1.·mhi11h- di tcl:i di sacco (1.Ep~ :11 punto che ci si poteva muovc·rc entro
SW<Tai t:i1i6À.ivov ... lò~JV ÒÉ µe 1tE{)(~· pn evitare un colpo di lancia. La st;t·
i;(,Ja'l IÉvov xat if-roq tov ov'ta 'tOV Sw.xo· t11ell ;1 bron~ea dj Do<lon:1 mostra invc·
vfi:v a\rn!>. «cingiti di tela di sacco ... c cc un ripo di corazza pii1 agile 1. <.i li A-
vnlcmk•n1i cimo e pronto a serv ido ... », teniesi però preferirono andw piì1 111rdi
sim. l!,4,1.2). Clemente Alessandrino di- il collare di cuoio, guarnito dt mct:ill
ce Ji Sar:ma: où napèt. ~acnÀ.iwç èi;i:,. e di spalline 1 • L'epoc11 classica costrui-
crai:o À.aBwv ..-ì1v µaxal.(lav. Èrxv'tli.i &è sce 13 corazza ariicolara e modellata sul-
È~ <iitovolac, à:pnoco-aç, «non si armò le forme del corpo, che invece di a vere
contro il re cingendo la spad:1, essendo· i margini sporgenti, come in preceden·
sene privato da se scesso per la sua te· za, copre anche il venere, il dorso infe.
mcrarietà» (exc. Theod. 72,2). Ai suoi riore e la parre superiore delle cosce,
lt:t tori egli porta come esempi di mode- mediante un grembiule a due ali di cuo-
stia e umiltà Geremia, che si acconten· io 3• Nel 11 scc. a.C. i Romani usano, ol·
tava d'un grembiule di lino e ~ coli. tre alla corazza completa e al collare di
856 s.). Giovanni Battista, che indossa- cuoio con una placca pertorale 4, anche
va un:i semplice cinghia di cuoio, ed il la corazza a c11mice e a maglia. Solidità e
Signore stesso che, cinto dcl grembiule leggerezza sono le due qualità che si ri-
degli schiavi (aa~O.v<iJ 7tepiswcrocµevoç ), chiedono ad una buona corazza. Plutac-
lavò i piedi ai suoi discepoli (paed. 2,>, co, Demetr. 21 (1 898 c) racconta d'una
38,l; to,112,3 s.; strom. 3 16,53,5}; l'a t· cora7.za di ferro massiccio del peso di so·
to di succingersi il. camice con il cingolo le due mine (kg. 17,600) 5 , su cui una
nell'uso liturgico è interpretato come freccia lanciata con una catapulta da
un'esortazione alla continenza perché i venti passi di distanza lasciava una leg·
lombi sono considerati la sede della ses- gera scalfittura.
sualit~ lò. In Egitto la corazza è menzionata, a
partire dalla xvm dinastia ( 1580 a.C.),
inizialmcme co111e spoglia guerresca dei
prlncipi asiatici vinti o come tributo di
r. L11 ("QYIJ'l.1.IJ vassalli dell 'Asia (corazza a placche o a
scaglit!), poi come anna dell'esercico e-
Nella Grecia del periodo miceneo ed giziano. In Assiria avviene lo stesso nel
epico si usavano collari Ji cuoio o di li- 1x sec. Il vaso di Megiddo con figure di
no (ÀwoDwPTJ!;), coperti talvoha di me- guerrieri sembra d imostr:ire che fosst!ro
tallo. Giil in Omero compare la corazza ancora in uso i collari di cuoio, coperti
forse di placche d i metallo 6 . Il filisteo ;ijç xa.>t.) xo~),lr.tç, «dd!a test'' e d.:1
Golia porta una ccr<1il:ta a scai;lic (Siri611 torne<? e dcl h,1~:;0 vcntH:»; h1 parte dd
qafqa.f fìm, LXX: ~wpco~o. cD,uirtow-cov, corpo al d i sotto <ld diaframmi1, Plat..
corazza a maglia) del peso enorme, for· Tiln.69c; Aristot., hist.an .r,7, p.49r ,;
se esagerato, di 5000 sicli =
60 kg. (i 29: 6.11:'0.vxi.voç µrxpL GtLOol•tiV, «Ja]
Sam. 17,5 -; coli. 831; 882). Nell'e· collo ai genitali»; i11line anche In cor~t7.·
serci to israelitico le corn%ze, dopo esse· ;r.a dei crostacei (Aristot., hist. an. 8 , q,
re state un privilegio della nobiltà {I p. 6or i1 13) 8 . Jn V(!sp. 1194 s. Arisrofo-
Sam. 17,38) 7, furono adottate per tut· ne s i serve dcl senso proprio e d i quel lo
ti da Ozia (2 Par.26,14; cfr.Nee111.4,10). 1.raslmo per ottenere t!rl gioco di patolc.
Il nome (sirjon, sirion, sirjà ::;: lo splen· Filone trova significativo che 1,, natura
dente) fa pensar.e :i una corazza meta l]j. abbia pro v\1isto d i un thorm.: formato
ca, forse a scaglie. Invece il termine ne· da ossa robuste ia seconda facoltì1 del-
Jeq (barzel) (lob 20,24; 39,2r ecc.) de· l'an ima umana, il coraggio (lcg . alt. 3,
signa probabilr:nenr.c una corazza massic· u5; spec. leg. i,146; 4,93).
eia (i LXX non hanno capito). Trfldu-
ccndo sirjon con il1.Jpci.1;, i LXX pens;tno .3· /'l termine nel linguaggio jìg1m1fo d<'l-
certo a una corazza articolata. l i tenni· /a Bibbia
ne ta!Jrl/ (Ex. 28,32; 39,23) indic<t .in-
vece un collare d: cuoio (dall'egiziano a)Nell'A .T.
d[Jri' = cuoio). Filone, spec. /eg. r,86,
mcnzion<l, parlando dell'abito soienne L'uso figurato nella Bibbia risale a ls.
del sommo s:icerdote, un v:p::-.:rµci. Vtv· 59,17 (-? col. 833) «e Jahvé si rive·
pa:xEtoÉç, «tessuto (vestito) a cora:mP. sd della giustizia come d'una corazza»
Nel N.T. abhiamo i}wpo:I; in senso pro·
prio solt:<nto in Apoc. 9,9.17. (wajjilbas f'ditka kaSJirjan; LXX: xo.t
ÈvEouvcfio o~:xmoc:;uvriv wc; frwpaxC1.) 9 •
2.. ì}wpo:~ = torace, torso Fuori metafora: Jahvé intende impegna-
In senso Lrnsl:Ho i! vocabolo design:1 re completamente la oua CQcrenza mora·
la parte d el corpo coperta dalla cornzi:t, le per port:ue la sa lvezza al suo popo-
cioè il torace o /orso; Aristot., hist. an.
r ,13, P·493.a r7; id.; problem. j3, p.
lo (e insieme agli <ll tri) e per vincere o-
96 2 a 34 : XE<pci.À'ì)ç xat l}c;)paxoç ;w.t gni vol<intii ribelle, sin interna che esrer·
11:1 .11la comuniL;Ì. 11 n>nC<·llo di giusii· 8: v1)cp1.11 u:v, tvow<4m>oL i>Wpa.xa nla
zia :1bbrnccia, sen;:,1 :1k1111:1 di stin:>.ionc ·mùç xaL ày<i<tl]ç, «Si:1ll10 sobri, iodos
as1rarra, sia la giu~lizi:l p11!li1iva cld giu- s:indo l:i conm:a delfo fede e de lla cari-
d it.:c, implic:lo tc il runrclm dt:l la p rov- r~»: Eph. 6,q: ÈvouvaiiEvoL "tbv ilwpa-
vic.Jen:w verso i snffl'ren1i ..,d i poveri xa. Tiiç OLXaLo;;vvr1ç, « indossando la co·
(Am. 5,7; ls. 5,!6), si:1 la fedeltà ausi- r:1n.a de lla giustizia». Nel primo pass
lì:urice e la misericordia ( Ps 5,9; 22 ,3 2 ; l'immagine dell'armaruni si riduce a du
8~>,r7; 98,2; 1.u,7J; emr:unbe rienrr:i- p:m i e in 'Jllt:Sta forma è adatt:Wt un
no nell'ide:i gencmle ciel merito, di ciò po' :irtificim amcnte allo schema triadico
che spew1 a ciascu no e che perciò edifi- paolino ' 1 di fede, caritù e speranza; è
ca ver:imente (cfr. 2 StJm .8,r5 come giu- abba ndonn10 il riferime nto alla giusti·
dizio complessivo sul governo di D~ zia. Anche qui manca un rapporto in·
vicl ) '°.È un po' C<1Sualc che •1uesto com- trinseco f r:i l'immagine della corazza
portamcnro di Dio venga simbol.:l!giato b cos:i simboleggiata. L'accento non '
chllb cornr.za; Jaro il contesto è molto p<>:m> comunque sull'idea che la fede
incerto se si intenda accentuare l'intan- i':1111on.: Jebbano cingere i fedeli come
gibiliri't dell'm:ionc div ina. È molto più un:1 co1·onu protettivn, ma sul pensiero
semp li ~e considet·are hl corn:>:%a come rhc cs~i, in quanto milites Christi, de-
parte dell':irrnatura: indoss:i rla significa vono indossare la coraan per prepararsi
pre ndere l'iniziativa dcl t'Omb.mimento. :illn bat1as lia finale. Diverso è il caso di
La giustizia è qui inrcsa dunque in s.:n- Eph. 6, r.~ O\'C non ci si limita a ripren-
:;o dinamico. dere il conce tto di giustizia, ma lo si le-
g:1 srrcr11.1meotc :11 termine metaforico
b)NclN.T. per mezzo della costruzione. Che la o~·
Nei due pas5i in cui Priolo si riallac- Xt4toavv·IJ sia intesa volutamente come
cia :illa parob ddl'l\.T. (-7 n. 9) non si nnna di dife~a è reso probabile anche
traria d'nna citazione, ma Ji u na ri- d:ill':malogia ('Olle altre immagini. Natu·
presa libt:m. In c!ltrambi i ca~i abbia- ralmemc non si tr.1ttn dc:U'a1tributo di-
mo un uso p;;renetico dell'immagine cJ \'ino (come in ls. 59,17); d ato il cunte-
i crcclcmi sono il soggctrn u. / Thess. 5, sto etico, il termine è comprensibile sol-
10 Cfr. Gr.8 P.N1us-Iluw,, s.v. >'d1iqJ ; E1t:M· gole S<''l!glit: vengono uni1e in mo<lo da forma·
RODT, T/>cul. A.'J'., spccialinènk. 1 r2r ·126. r~ una gr:1nde armatura, così nella beneficenza
11 Anche !"esegesi rabbinica riforiS<'C all'uomo le oini;nle J><!l'ttte (monetine) vcn~no riunite
il pa~S(\ deU'A.T ., )J'~rò lo fa restringendo 1ipi- per formare una grande somma•.
c;1111èn1<! il <."Oncetto di (diiqa; 11.1!.b. ? b (d.:t-
10 Ji K. Elo::n:zar, \\?l"SO il l;o: ..n :.cri1- 12 ~ 1, coli 1 }i s. Proprio l'artilìciosi1a dcl
10: c~li ind~ la beneficenza <.'On~ una cornz- t-ollegamento dimostra che in Paolo la uiade
zn; cfò signiftc.t: cornc in una cc1r.r-!7.a te s!r..- ha già ll:\Sunto un carJ.ttcrc formale.
(v,31 1) 8il
una coincidenza fortuita o se l'uso militare a- SrJT1"A : ZwTh 55 ( c913) 39 ;s. 166 s.: Ònsv-
vesse una base religiosa o se l'uso cultuale a- ov11a't'a. o Ùr.ooLJi1a;'tct srnrebbc per IÌTcoo-/11111·
1•essc il suo presupposto in quello militare. i:rx, per cui in Luca sarebbero proibite soltan-
J STRACK-BILLEllBECK r J69. L'usanza giuridi- to le sottovesti (dr. 9,3: µiytc civà Mo X•"tÙ>-
ca di toi;lie~i i alzari, che forse all'inizio era va;~). rncnrrc la doppia proibizione sarebbe sia·
un modo di offrire un pegno ndl'acquisto di ta redatto da Maaeo. WELUiAVSEN, Afk.
1crrcni (R.t11b 4 ,7) e fu conservata soltanto nel (1903) supponeva uo errore di traduzione:'/'
matrimonio tra cop,n01i, acquistò poi il ~nso ('~oltanto') starebbe al posto di I' (Al.LEN:
d'uno scherno pubblico contro quelli che ri- 1u/'), ma cambiò opinione nella seconda edizio-
fiutavano il matrimonio leviratico, come atte- ne ( 19u ). Impossibile è anche l'lnterpretazio·
sta siiì Deut. 25,9 s. e più t11tdi test. Zab. 3,4 s. ne di STR>1CK-Brt1.E'RBECK 1 ~69, secondo c-ui in
(con ~ingofrm: collegarncnro alla storia di Giu· Mattt'<> e Luca Gco,;t1 chiederebbe ai discepolì
seppe). che non acquistino altri sandali oltre "' p11io
1
Riproduiione in ~ GA1.1.1NG 359,3-5. che portnno. Anche la distinzione fra suole e
~anù3li non serve a molto, perché fra Je due
5 Ved i la riproduzione di una raliga singola in
calzature i s:mdali sono i più comodi. Altri
~ KROMAYER·Vl.ll1'H, lav.40, nr. 123; i monu-
t hi:irimcnti in KLOSTERMANN, Alk., ad I.
mcrui di legionari mettono rei:olnrmcntc in ri· 1 t: Quasi im('OSSihile in Palestina cotnpiere •
lievo le ,·ttli[1.11e (ibide111, tav. 34 nr. 104/6; piedi viai:i:i un po' lunghi senza cal.7.aturc. Le
tav. 35 nr. 108; 11v. 36 nr. no/2; '""· 37 nr. per;onc in luno o in esilio erano esenti d'1l·
1q/ 4 ; 1.1v. 38 nr. J15c<X".). Il 1er~ impera-
l'obbligo di andare a piedi nudi quando si tro-
tore: rom.tno è entrato nella sroria col nome vavano Cuori dell'abitato ( T aan. b. 13 a; altri
di C1liRo!a, com'era cl1iamato, quando crn ra-
1csti in STRAC:K·BI LLERBECK 569). Peraltro i
gazzo, dai soldati ncll'acC'afnpamcnio ùi suo Cinici nnùavano a piedi nudi (Diog. L. 6 ,34 ).
padre.
ll bastone e i ~andati sono in Marco un sim·
6 t:, dcl 1u11<1 erronea lo çongctturn di F. holo di pronte>.za :1 mettersi in marcia.
87~(v,3 n ) (v .3ii)876
I n ogni c::so Gcsì1 1:Sil,\e dai suoi disce- evi ta così il pericolo di 111111 discutibile
poli un impegno tocale e la rinuncia a concrete= dcll'imm:iginc. Che la 1011:1
tutto ciò che non sia indispensabile 8 • debba cond ursi col mc,~~i::gio della p'1t"t'
Paolo include allegoricamen te i c;Ù- è un bd paraJos~o e corrisponde per(ci ·
zari nella panoplia di Dio in Eph. 6,15: ta1l1\:nte al pcnsic1'0 dell'epistola ( 2,1.;
xu.t u-itoÒT}<ra!JEvo~ i:oùç (~) rtoòaç Èv ss.).
h oL1J.<.wlq. 'to\i EvayyEÀ.lou 'tfjç F.tp·fi- lgn., Pol. 6,2 non mcm.iona i calz<t·
v11ç, «e calzati i pìedì con la prontez- ri nella descdzione <lell':1rma tura spiri-
tuale. Erma (r·is. 4, 2, r ) vede nella visi11-
7.a deJl'evangelo della pace». Per spie- ne la Chiesa <.'Ome sposa di Cristo, ves ri-
gare l'immag ine basterebbe accennare ta di un abico bianco xcxt u'ltoo1]1.~avw
<tll'arroatura del legionario romano, se ),eu1!otç, «C con calzari bi"nchi». Clc-
memc Alessandrino impreca contro il
la forma con cui essa è applicata non ri- lusso praticato ai suoi tc-mpi, sp.:cial·
ve lasse l'influenza di .ls. 52,7. PMlo in- men te da lle donne, che usavano por rar<:
tende gui pa rlare della buonn no ti~.ia C;1J za1'i con linri d 'oro, con ricch(! gu;r r-
nizioni e perfino 'ornati' di frasi cr.ori-
dell'evangelo del tem po mcssianico·nco-
che. Egli è pronto a <.'On•:cdcre nlie don-
testamentario (cfr. Rom. io,15; ~ uc, ne calzari bianchi, ma non in viaggio,
coli. IOH s. ro85). L't'toLp.a<rla. 'tov qu:m dr.1 occorrono scarpe chiodate. Con -
Evayyd,lov 'tijç dp-i)vT}ç è non la pxon- viene al p udore fc-mm inilc di coprirsi
sempre i piedi. L'u,.im.:i invece fa hen1:
tezza (a lotrarc) conferita d all'cvangc- a c;unminarc •.c:ilzr., se non t: in gucrrn ·
lo 9 , ma la prontezza all'at tuazione atti- è un uso sano e inoltre serve alla scm·
va dell'evangelo, che ì: il mezzo p iù ellì- p)icit:'t. C lemente paragon a i lo4uaci ~o
fi~ 1 i a scarpe: vct·chic, in ('U Ì rutto (: w11-
cacc per combatrerc le potenze satani- sttmat•J, meno la lingua (pacd. 2,7,59.3;
d 1e e non può cerco limiu1rsi alla pre- stro111. i,2,22,5). Sulle aflinità e diversi·
d icazione missiom11fa ufficiale. Év so- tiì di questo Hoicismo cris ri an~i r ispetto
al N.T. si porrebbero fare considerazio-
stituisce il dativo strumentale: 'con' o
ni molto interessan ti.
'per mezzo'. Il rapporto col verbo non
è così stretto come nella costrnzione re- t Dvproç
golare coll'accusativo(--> col. 872); si Ù'; p:;6s (~'ilm1I)' è lo sc11rlu l1111go e r1; 1.-
~ S. KRAUSS, Die Instr11ktio11 Jem a111/fr Ap.: v~ngdo. TI parn<IO:lsò ( ~ qui sopr:i) s:ircbbc
A ngc!os 1 ( 1925) 96-102, specialmente TOr. Al· insi11niftcante ed boi1iet.<rio:, priva d'u11 geniti-
Ira bibliografia anche in l'R!lUSCl·W.N· TlAUER '. vo 012ueu i"o, s:.r1.•bhc ~;bi:1di1 :1 . Jl n<:sf.o logi.
s.v. ìm6oru..L11.; liAUCK, U:., a 10,4 ; K LOSTER· ,u è fornito invc.-... da 1s. v.7 : r.6St~ EVC<"( "(t·
MANN, a 6, 1, À~oiu'vov tixoi1v eipi}v-1iç. Ubo;.:na ricordar~
' Cosl EWALD, Gefbr., ad I , conre<tando la di- l'ospc1to dinamico dell'Eùayyi>,iov: questo ter-
pendenza da Is. 52,7. Perù nel con rcs10 dcl min(! non significa in Paolo soln il 111\..-SSaA~io
passo in questione Paolo si riollaccia qu:1si e- oggctti\'o, ll):t a11chc la sua escC"tv.i...n1c ~ti ivu.
•clusivamenre nlle pamlc di Isaia. Ancoro mc· Cosl è ~nchc qui.
no probabile :sarebbe un nesso fra le scarpe mi· ilv"o;
li1ari e la pron1ez~a :111:1 lotta ron{eritA cfoll'c· ' Il termine, pre<><imleado dal <110 impi<'gO e-
r~1 ngr•foi i.l' rlll· l ·ttjH\.' <.'l'tne u n2 porl:.t t nt· ;:-:.; J. ;\ p:1rtirc d al vn sec. ci rca que~ Lo
co il 011 i'" d'un 11111110. Oltre a qucs10 ·\·ri. 1.i ~rc!l1pnre tora!mcn1e. Non è Ji-
Iipo iun111n ""::i. fin dai tempi più m11 i- '"'"'' .1bilc alcun rapporto fra di esso l!
ch i, ~rud i pil! leggt·ri, roto11<li op;run: le- f. 11mc pii1 recen ti de llo scudo h11111.o.
ov:i li, p:·csso gii I etili cJ i Fenici~, i Fi- \'1.'rso il 340 a.C. i Roman i sostituirono
li>tci e gli !srnditi: il (o !:i) mJJ1,i••1 ( 1 lo scudo rocondo ccn quello lungo (Liv.
l\eg. 10,16 s.; 2 Pw. 9,15 s. a:c. ); nl'I!:! S,8,3: postquam stipe11diarii facti s1mt,
civi li ~ mkenea ed ege3, nell'Elbdc ah· sn</11 pro clipeis fece re). Quest'ultimo
bia mo l'àiJ'rtlc; (8 0-roo c m. d i di arnc" res tr C<J ratterisrico del legiona rio roma-
tro); in fo1lia, presso gli E trusch i l'J i no 4 e solu al tempo d i Costantino viene
Rt' m:mi, il dipet:s. Scudi leggerissimi e- 50~t ituito di m1ovo dallo ~cudo di for.
rano quelli degli Sciti, ini?.ialmcnrc: a rua roronda od ovale.
forma di mezza lun a, poi rotonJi, det- Era difficile co nc ilin re la solid ità col-
t i nD.:tTJ (pelta ), parma (d iametro <li tre la kggerezza. lo scudo a torre consis te-
pied i) e cetra (solo due p iedi <li dia- •.'a nl miissimo di sette strati d i pe lli bo-
m::rro ). Qui mni qu~ti tiµi non c'imc- vine (Èit'taB6EL<>ç = 15-30 kg. ). A ciò si
l'l'Ssano. Lo scudo lungo si presen ta :i aggiungevano rinforzi d i legno e guar·
sua volta in forme d iverse: arrotonda to nizioni di metal lo. Lo scudo de i lcgio-
supcrio rmcmc, presso gli !Zgiziani e gli 11nri rmrnu1i, a c:iusa de lla curvatura, ve-
Assiri, probabilmente anche in Israele niva costruito incollando due tavole di
(1 Reg. io, r 6; 2 Pt1r. 9,15 ecc.), e forse Jei:no e coprendole <li lino e di cuoio
nnche presso i F ilistei (nose' baHinna, r (Polyb. 6,23,2 s.: Liv. 23,19,t3). Poli·
Sam . r 7 ,7 .4 1 ) ; in forma di violi no o d i bio (6, 23,2 s.) ne dil le seguen ti m i-
3 presso gli Itliti e nell'Egeo; infine rcr- sure: ampiezza nella curva tura, d ue pie-
t:rngolari, piatti o concavi. Solo quest'ul- di e me1.w ; lunghezza, qu:mro piedi;
tima formft c'interessa qui. Essa è an- $pessnre al bordo, una nrnno. G iuseppe
tich issima e compare già, in misu ra (hcll. 3,95) parla dcl l}vpEi><; É1t~l~TJX'l'Jc;.
ridotta, presso g li Ittiti 1. Nell'epoca Unn borchia pod e rosa ne aumentava la
micenea mwiamo il cosiddetto scudo re~i stcnza. Gli scudi di metallo mtti di
a torre, che, pitt che un 'arma, era un pt>%.ZO, alq11nnro lq1gcri, erano usati
un,1 specie di m~iro di pro tezione porra- ~olo Lldk parate. Il ,;cnscJ trasla to e fi.
rilc. Anche O mero n e presuppo ne ~mco lJllL'HIO del termine è cs1n111co alfa gr<·ci-
ra l'uso, benché n~>n )o design i col t<:r- tà profana 5.
minc appropriato ( CÌ.O'-:tÌ.!; >tolìriv:xi}ç, l LXX traducono, t:1\volt:1 inesa11a-
scudo Ct>l: arriva :!i piedi, Il. r 5,6,16; mcntc, sin11c1 mn àa<tlç (/ er 4 6, 3) e
à.11cpL~po"t'I'), che circondn e cop re lll tto spcss0 ( ;:2 vo lte) miI.~cn co n i)vpE6<; ( u-
il cor po, in forma st·micil indrica, U. 2, saw ~ulo w V\1 1tc pe r ~·inno). Quando
pico, significnnrc 'pittn\ çhc serve da 1·H.H'tt1' , è z Ripro:luziou i, unche per yuamo segue, in
recente. La f(.•srimo nhtnz:i più antic:i) se t r;\.. --+ GAL UNG, S. I'. 'Scilild' con riferimenti :t
smessa rcttomente, è <juclla dcll'is<:rizionc ri· A.0.R.
pona1a da l'lutar<O in Pyrrhus 26 [ 1 400 dj). ·' Riproduzione in --+ GALUNG 21/,4; A 0.B.
Vedi poi P. Coim 9,4; P. Greci e L.1rini 1v 62.1o6 .
•128,36; l'dihi<>, Dionigi ·li Alicamosso e " I- ' i{iproduzionc in --+ L lNIJhNSCl lMIT, tav. 4
tri , ~nch<· i LXX e Ios., uni. 8,q9; non riror- nl'. l.
re in Filone,: \.' nc:Ha lcttc.: rntura nabbinica ~ 'i p,.,. ~J.:uni casi moho Jon<ani da tale senso
ccrtamcnh: un i111pr'--~1i10 lingui'>tico. \'. l.ruuELL·SCO'TT, s.v.
però <lfatinguono i due tipi di scudo, lo nrnvp<..i1..1iva. O'j3i::ra..L, «sempre imbrac-
fanno di solito esatramente 0 (Ez. 23,24; cian<lo lo ~cudv della fede, cvn iJ qua-
tjJ 34,2; 2 Par. 9,15 s.: ci:o-nlç = mii.gen,
pesa metà di 3vpE6c; =
sùma; cfr. anche
le potrete estinguere tutte le frecce in-
2 Par. 23,9; diverso invece Ca11t. 4,4). fuocate dcl maligno». Oltre alle parti
In senso traslat0 ì)vpEoc; ricorre nei LXX dell'armatura fin qui menzionate, si de-
solo nell 'immagine di o/ 34,2 (~ coli. ve imbracciare lo scudo della fede. Que-
823; 833). Nell'A.T. l'immagine del-
lo scudo viene invece molto spesso ap- sta esortazione non si riallaccia a un'im-
plicata alla persona di Jahvé. ln tali casi magine precisa dell'A.T., però il verbo,
l'ebraico ha quasi sempre miigén (fit111a un termine tccuko del gergo militare
solo Ps. 5,13; 91,4 [LXX: onÀ.ov]), ma
i LXX non traduc<>no mai con ì)up<oc;, e (H<lt. 3.78; Ditt., Syll.' 472,45.49 [E-
neppure con éto"1tlc;, che ricorre in sen- feso, verso l'anno 85 a.C.) ecc.) è già u-
so traslato solo in Sap. 5, t 9 (~ col. saro ncll'A.T. (~ vr, coli. 28 s.; inoltre
8 34, l'armatura <li Dio); in Ecclus 29,13 ler. 26,3: &va.À.6.~E'<E 07t).a. itat àCJnl-
(elemosine) e 37,5 (in un detto prover-
biale)' . Essi si sforzano invece di rendere ocu; [ 111iige11 w'~inna], «impugnate le
il senso del termine con circonlocuzioni armi e gli scudi»: 2 Mach.10,27; Iudith
più o meno astratte ( i'.11ttpc:t0'1tLO'-ri)c;, l)i l 7 7.5; q,3 ). Dal punto di vista dcl con-
(18],3.31[=2 Ba.u.22,3.31];27[28],
tenuco, viene applicata ai fedeli (~
7; 32[33] ,20; .58[59],12; 83[84],10;
113,17-19 [u5,9-11]; 143 [r44).2; col.835) l'idea <li ljJ 34 (35),2: ÈmÀ.a.[3où
vn.Epcxum01.t6c;, tji 17(18],36 [ = 2 BaCJ. on>.ou xa.t ilvpEOU, «impugna l'arma e
22,36]; vmpM'ittl;w, Gen. r ),I; Deut. lo scudo» (detto a Jahvé, ~ col. 833).
3 3,29; Prov. 30,J; à.v-r1À:nµn-rwp, Ps. 3.
4; 4i u8[ 119],II4; ~oii3tLcx, Ps. 7,u). Li fede, designata come srudo, non è in-
Oltre alla sensibilità linguistica greca, si tesa solo come un atteggiamento sogget-
manifesta qui anche la teologia propria tivo, ma anche come una realtà oggetti-
<lei LXX.
va donata da.Dio (1 Reg.r3,13; 1 Thess .
Nel N.T. abbiamo l>vpEbc; solt11nto in .5 ,8) 9 • Co ntro la comunione con Dio do-
senso figurato, in Eph. 6,16: ~v 1tMW 5 nata al credente s'infrangono rutti gli as-
à.va.>-.a..aov·m; 'tòv wpEòv ·dic; 7ti.o'i:twc;, salti di Satana. L'immagine è esagerata
tv <ÌJ Ovvi'Jo'EO'Ì)E 1ttXV'tCt 'tÒ: (UÀ1') 'tOÙ in quanto lo scudo non spegne le frecce
novT)poù 'tÒ: (manca nei codd. B D* G ) infuocate 10, ma al massimo le fa cadere
• Cfr. unche los., beli. 3,95 : la guurdin del cor- Gefbr, ad/.; Le. i6,il>;-+ •nche 111, col i. 56.r
po dcl condottiero porta l'<i.0'1tt<;, In 1ruppa le· s.). Non è raccomandabile collegare f.v niiow
Aionarin il ilvpE6ç. al v. 15 (HAVPT. Ge/br., ad/.).
7 Qui si può prescindere dalla descrizione dcl 9 \XIETTSTmN rimanda a Sii io Jrnlko, Punica
coccodrillo in lob 4X ,7. r 1,206: amratumque fide pcctus; pcn) il pa-
I La variante tm nmv è sl 4tlCSlll4 dai coJd. rallelo nnn corri<ponde al senso nco1es1amen-
A Sl' DG e Orig., ma in base all'anestazione 1ario.
dci eo<ld. S B Plat e syr' dc,·'essere considera- 10 Un'arma impiegata volentieri nell 'antichità,
la una correzione per rcnJere il resto più •pccialmcntc nell'assedio: l;ì!!im dnlqim, Ps.7,
chiaro. li senso è quasi lo stesso (Drnr-:uus, 14; z:iq61, ls. 50,1r; z:iqqim, Pro11. 2<,,18 (tuui
innocue a terra. Cfr. anche / Io. 5,4; / mine ricorre in 1 Ba.O'. tt..~ (k6ba').38
Pctr. 5 ,9 per idee simili. (qoba'; dr. Flav. Ios., ani . 6,184 )-49
(aggi un io per chiar=a); 2 Par. 26,14;
Jl nos tro vocabolo non ricorre nel
lEp. 26,4; Ez. 23,24 (aggiunto dopo nd
linguaggio ecclesiastico. Lo s<.:udo non è
cod. A) ccc. Manca in Filone.
L'epoca miceneo-omerica conosce so-
ricordato tra le armi spiri tuali di l gn.,
Poi. 6,2: la fede è paragonata qui all'el- lo la cuffia miliiare di cuoio chiarnarn
;copvc;, guarnita spesso di pennacchio
mo(-+ 'ltEPLXEq>aÀ.ala). Clemente Ales-
(Horn., //. 6,470 ecc.), con file di <lenti
sandrino usa il termine solranto in
di cinghiale o placche di metallo. Forse
un'informazione archeologico sull'inven-
anche l'elmo di Golia era di quesro tipo,
tore dello ilvpEoc;, il sanni ta lrnno
meritando solo in parte l'attrib uto di
(strom. r ,l6,75,7).
'bronzeo' (i Sam. 17,5). Anche in Israe-
le l'elmo d i meta llo, analogo al model.lo
t 'ltEPLXEq>aÀala. ass ir~babilonese e non a quello egizia-
no, è all'inizio una rara eccezione (I
li termine significa copricapo 1, ma è Sam . 17,38), ma più tard i sembra esse-
usato per lo ·più in senso militare: el- re stato di uso generale (2 Par. 26,1 4 ).
mo. Può servire come parte dell'anna- I n G ree ia I 'oplira della polis porta sem-
tur:i in un'irruzione notturna (Aen. pre l'elmo bronzeo, fornito di una staffo
Tacr. 24 ,6 ); deve venir nascos to negli longitudina le o di due trasversali, che so-
agguati ("tà.ç 7tEpLXEq>a.Àa.la.<; Ù'ltO"tLi)t- stengono il pennacchio, una solida prote-
va.1 "tote; éir.ÀoLc;, Polyh. 3,7 r ,4); la lotta zione per la fronte, la nuc:i e il naso e
dei gladi•itori è ritenuta dai med ici uno due guanciali mobili, per lo più a cernie-
sport dannoso a causa della pressione ra, fissati con nastro sollo il mento. A
dell'elmo (Aniyllus in Oribasius 6,36,3; Roma Camillo (t 365 a.C.) avrebbe cer-
ed. U C. Bussemakcr e C. Daremberg c-.tto di sostimire l'elmo di bronzo con
[ 185r ss.)}; l'elmo è dato in premio ai uno di ferro, ma senza successo duratu·
lottato ri , oh re a tre lnnce ed un 'osta ro. L'drno del legiona rio romano, anche
(Ditt., Syll.' 958,29.30). Nei LXX il ter- nel periodo posteriore, è di robusto la-
p:issi in cui ~i p~rla degli empi; i termini non fuoco co11 q11:1lchc tipo di combustibile. Qun n·
sono pii1 capil i dai LXX). 1tVpq>6po• OLO"tol in do poi, >Cagliata non troppo rapidamcme da
Thuc. 2,n.5; lat. malleoli. S<:rvio (cd. II.A. un orco tc:l<'I (un tiro troppo rnpiJo spcgll<'rcb-
L10N l 18i6) r 540 s.), in Ac'"e1dem '),71)5: •La be il fuoco) sè liccota in qualche posto, il Cuo-
freccia infuocata è un potente proienilc, pnr co arde )>Cri inacemen1e, e se vien spruv.ato di
dotto col wrnio, fornito di una cuspide di fer- acqua, provoca hmciuurc ancor peggiori e non
ro di un cubito, sopra ht quo.le è fissata una può essere ~pèll!O Ja altro mezzo che la :sab·
specie di sfera resa più Pl."'lianle con dd piom- bia. AJ1rt inlormazioni in \Xl r;TTSTEIN, a Eph.
bo; èS::;A c..'Ontiene, con1c si dice, un:1 carica di 6,16.
f1ww circondaco con canap<1 coperta di pece;
se a1'ccs11, annienta il nemico colla fcrirn o col- 'ltEptXEq>a). a(a
l'ustione». Ammiano Marcellino dìi la scguen· 1 Di pcllicci:i di volpe, secondo Calli"s Comi-
ce descrizione di frecce infuocate più piccole <'"'· fr. r (Suppi. C'.om. 27). In P. l'ctr. lll
(23A): In freccia è di cann:t, hn un ferro oon 140 o 1 (111 "-"'· o.C.) è fra gli ogi:ctti tlm11c>1i·
più spa<"Chi fra la punta e l':1.>1a; viene poi in- ci: il prw1-0. insieme con la teca: ~ dracme;
curvata prendendo la forma Jcl fuso sul PRl' I'" ·~•. ll'tJTI.: fazzoletto da 1..-s1a, h..rr<·t·
quale viene filato filo di lino, "''" aperta çon 10; (,11~· ,1u, lh·: l';trrucca (con custoc.li~1?); l'fr.
una cavità multipla e con1icnc 11dl'in ce010 il Lrno1,r.1..S1.1n '".<.o.
minam di bronzo (xcùidj, Polyb. 6,2;. ::nnunciarc ad l ff:Klc ... : !:t salvei,_.1 è
8), non éHlcota provvisto d'un.1 vjsicra vicin:t» '. Paolo si ::ppropt'i,1 sinùlmcnt..:
vera c propria, ma scenck:ncc più o meno
sulla 11uc:1, sulle gua nce e sul rm.:nro . 2 solo l'i1nn1:1gi nl' \ :i 1110 della sa lvca;:' l'
D lintnic fo ln:trcin è port11tn appeso çon zir. ripJa,,m:1 cornpll'tarncntc il senso: i
un cinrurino. .'Ykttcre l'elmo indica che f..,deli diH'" ..!1):1<> i! :mggerto :1ge11tt:!; l'i11 -
ho ini7.io il combnttimcnlo. L'uso trasln-
dic'1tivo J ivcllt:t imperativo ovvt:rt> csor-
to <lei termine è cnnmeo alla grecità
profana. t.1th·o; l:t ~alveo.a rice,·e il senso passi-
vo, tipico del N.T., di CtùllTjvGtL. ln 1
Nel N.T. il rennine è invc<:c usa- Th,.>ss. 5 ,8 il 1m•menro csc·:itok•giw h:1
to solta nto metaforicamente. 1 T'bess. un rilievo particob re (ÈÀ.nlo,-x o-r»'tT)-
5,8: èvòuc;Q:p,EVOt... m:pLXCq>c:Ùcxlow D..- pl«s), mo anche in Eph. 6 ,17 il senso è
n!.Sa CTl»'t"T)pla<;, «avendo... pe r elmo ugua le: la salvezza fm:ile 11ssicmatn ni
la opcmn7.:i <lclla s:ilvcr..z.1»; Dpb. 6, credenti <l11U'upcrn salviftcn di Dio de-
l 7: ;<aL -;i)v T.€~•.x~q;aì.allXv -coii O'l>J't"T)- ve :wv<>l;<crc ( T-EpL-~ç>.:z).o.(a) e proteg-
p~:iu ol;cxo-l>r., «prendete anche l'elmo gere In Lcsln come un cimo. Mettere
ddla salvezza» : entrambi questi pas~i si l'd1'10 su!ln testa signilic,1 che si può e
ri[;i nnu ad Is. )9 ,1 7 3 ove Jahvé è il sog- si deve aITrontarc <lccisnmcntc In lotta
gcno: )\Qt TCEptilk-ço 1':EpLKEC(ICXÀ.rilo:v incipiente (--? col. 883) con le potem:c
O"tù-rYJplov (kuba' f1iì'a) lnt TTje; x~<pa. tcnd>Hl:>e t·he vogliono impedire la l!-
À.f)c; (-> col. 833), «si po~c in cesrn bcrniionc, :wcndo pie11<1 fiduci11 nella
!'elmo ddla salvezza». Jahvé compii! il >alvcna domna.
suo ini-:rvcnm Sdlvilico per aiu1are il Tgna/.iv (i'vl . 6,2) p:1r:1gon:1 l.1 fede
~uo popolo e difenderlo Jagli avversari. :ill'c!nH>; m:1, pur av€1>J0 di sicuw in
tncntC' un 'idc-.1 simile a quella ~uespllSl<:,
La situg1>ga h:i inte rpretalo i I passo n1es- egli met te in primo pian() il comportn-
,;i:inicamentc: <dn q uell 'ora Dio :idorne- mento dell 'uomo invece clit' il do no d i
riì il Messia con una corona e gli porrà D io. Nel lingu,1ggio ecclesiastico poste-
;·iore il l<'rminc non ha piì1 alrnna im-
ir capo l'elmo della salvci'.z:t ( = T.M.)...
portanza parti•:obrc.
e lo collocherù su di un alto monte p:::r
2 Hip1\l<lu.zioni 111 -'> KROMA\'r:R-V:-rm, tav. è d..·1to xépv;: quindi Paolo non ~i rifà t'1.·r·
1-5.8.34-41; --> LrNDENSCHMtT, tu\'. ,.4.9.n; tamentc n lfU(...-Sto passo; inoltre~ 1.·,11.868 n. y.
GuTHE, riprodvzione 41 ,208: 11.0.13. nr. 9.341
e ptisJitll. 4 8et b1u111clr ~.73,1;: STRACK-H111.HK~CK Il!
·' In S11p. ,,18 (-; col. 83.1) il giudiiio lc:th: 6 18.
òpa w, cLf~cv , (1)~ É·1t1v, Ò1.Lclvo~.to~L,
ileci..~1 w.~. 1b.):~fi.), ò.épO!."toc;, o-
pa-cSc;, opo.<Ti,ç, opaµa, b1t-ra -
d r1., a.Ù'tOT.:'t''rjç, Èit61t't"l]c;, É'JtCT'-
..cr;Ù«>. òcp~a)·.p 6c; , xr.x.~optir,1, TIPCJ·
opb.tll, 7tP'./~t8ov
· · . noov,
o;;w» •- tn ·
tJl\.ET.w, .._1 01t·w.vo1w.L,
• • n) i>p<iw <'<I EWO'>,
,, l B>.h:1.,,
t ~<iio1ux~. t Ì}Et»PEW e) 6'it"TO:.vo1 1.a.1.,
u) 'll:ao11m,
SoM M,1K10: d l>ewpéw;
1\ . L'u.to liu,g11isticn gre<·o: l . 'vede11:' nel N.T.:
1. l tcrnlini: :t)('c1u1; gcni:1a li,
:1) i>péu~ cu rlfo-.., bl rc..~tin1nn i:u1z~• ocuhu·1.;; fede e vislonc ,
h) fl).lr.~>, e) vc..xkre in S<'OSO ,·i~io11;:1rio-est.u1c.:') prc.>-
ft:tico,
c)01t°tcivo1ux•.,
d) iltci°'"uu, d l1c ftJ'J'•ifi i<mi del Cristo ri>onn,
c)'veJ~:rè' 111:A!l s~ritti giov.tnn:..·1
e) aEwpew; 1
o~'" n)..
Art. O.xcv"' -> 1, '<>Il. 581 ss.; Clll!M~•·KOGI'!. nf.l UH:-.SIM, ·(;,,Il .trbatt:?n in Jc_•r ,1/./irb('/I J<.1~
1
387, t v. ti:&J I. EL&o·.1 fgli nitri vcrhi di vcd...:- /tk""" ,\i,l.\1(1 18 (>~H)') l/}·2_l9, ). J t:HIEL,
r~ non svno 1 ra11 ~1 i in 4ucsto lessico); W/.W. f ).i, l:rh111n·11 Goi/eJ bei de11 Scbrifl/m11•be-
cp&.w A 1 (\Xl. Miçh:idis)
d11s Problcm der gl'istigen A11cig1111t1g ( 1940); dire'); significa dunque originariameore 'fare
G. RuonEJtG, llellenisches Schaucn: Classica ;menzione'. Cfr. WALDll· PoK. e 284; G. CUR·
et Mediaevalia 5 (1942) 159-186; W. M1CHAP.· TlllS, Gm11dziig1· der griechischen Jitymolo-
us, Die Er.rcheimmgen des Auferstandenen gie ' ( 1879) 1or: «Il guardare con curn, con :it-
( 1944); M. BARTH, Der Augenzeuge (1946) . teo~done» .
1Per queste distinzioni nell'uso linguistico o- .l Cfr. MoULT.-M1u.. 455; PREISENDANz, 7-mtb.
merico v. B. SNELL, Vie E11tdeck1111g des IV 200.236 S. 3089 S.
Gcistes (r946) r5-19. Per quanto riguarda il ' ~pa ed Op!X [~i) sono frequellli nei papiri, cfr.
N.T. va soprauucto ricordato ancora 0:-.tvlt,w, P~E(SIGKE, ""ori. Il 192 s., s.v.
f!.Mrdare co11 emozio11e (dr. PREUSCHEN- 5 Cfr. Jk-DrnR. § 3x3; MAYSER 11 1 (1926)
BAUER ', s.v. ); per >1C1.'t'o1nplçoµaL->
!I l , coli.. 122 n. 2; Il, z ( 1934) 273. Per il çostru tto con
993 ss. Alcuni verbi son venuci ad avere, in tÌ7t6 (oltre il dac.) v. net. 1'ho111. 24 (BoNNBT
çertc acçczioni, un nesso con vedere, ad es. ' 3'» ' 3 ss.): &l;ios yEvi!d)o.i 'tWv ò<pl)Év-.w.>
X(:('t'Q.VOÉW -> VII, coli . II03 ss.; ~ 1t«PCL- I.I.CL V1tÒ 't'<;,v <iyyiM.vv (cfr. nulfl. Mt. r6
dicl'oi\- (ad es. il funm• o•!iciw.t, con si- spesso i 11 ~"11" 1 :1ssol u to per indic:1r
gnificato scmfre anivn. e l'.1llristn pas- l'oppo~h> ddl:1 c.:ecità, ad es. ~Hitw
sivo wq>ìh1v) oppure dall.1 r.tdice fLO-: &.1.upo~v il:,i'1ME, «se ne andò che vede
aoris to arrivo dl.iov. v:i dai J11.: <.>echi»: Ditt., SJ'll.' 1168,78 ;
L'ambito semancico di l&ei:v, scor- cfr. 75 ( 1v sec. a.C. , ad Epidauro); d r.
gere, coincide largamcn1t· wn quello di 6).iyov ~H7tWv, miope (P. Oxy. I 39,9
òpiiw. Il verbo indica b percezione vi- [ 52 d.C. I) e éì~ci -rò µ"i] BÀÉ1mv -r!Xc;
siva fisica, da cui si p~ss:t anche al sen- vux-ra.ç, «perché la nutre non ci si vede-
so di testimonianza oculare: µcip-tup(.(ç va» ( P. I l:tl. I 8 .4 ( 2 3 2 a.C.) ). Nei tra·
1mplcr-rT]~LL -roùc; loov-rac;, «produco te- gici ricorre spesS<.1 q>rioç /f}Àtov (3ÀinELV,
stimoni oculari»: APF 2 (1902) 125 b, «vedere la luce/ il sole» (3d es. Aesch.,
13, cfr. 26 s. (n sec. a.C.); ìiv (µ'Ì]} o Pers. 261 ); in questa accezione abbia-
tl.iw;, JlTJ À.ÉyE, «non parlare di ciò che mo anche il semplice (3ÀÉ1mv (ad es.
non hai visto direttamente» (massima Aesch ., Ag. 677). Benché in ~À.É-itw il
di Solone: Dicls' I 63,2 r ). Vedere signi- momento della sensazione fìsicii sia pre·
fica esser presente, prender pane: cfr. ponderante, pure il verbc) è venuto ad
il detto (spurio) di Democrito, fr . I 15 11ssumerc in larga misura le altre acce-
(Dicls' II 165 ,7 s. ): 6 x6o-µoc; O"XT]v'I'}, 6 zioni di op&.w. Con il significato badare
Bloc; 7tli.poooc;· l)À.ltEc;, dote;, &.mjì,iltç, li qualcosa , fare attenzione a qualcosa
«il mondo è una scena, l;1 virn una rap- (nd es. Democr., /r. 96 (Diels ' II 162,9
presentazione: tu vieni, vedi e te ne s.]) va considerata anche la costruzio-
vai». Si passa cosl ad loti:v -rwcx. nel sen- ne dell'imperativo con 1.1.1), frequente
so di visitare qualcuno, incontrarsi con nei papiri 9 , e con àno, attestarn fuori
qualcrmo (Tucid ide, Senofonte), parlare dcl N.T. (-> n. r49) solo in BGU iv
con qualcuno. È usato già in Omero per 1079,24 (41 d.C.): f3À.É1tE O'a.-rÒv ( =
indical'e la percezione in generale: cono· O'Ea.v-r6v) cinò -rwv 'IoulìCLlwv, «guarda-
se-ere, notare, capire ed anche rif/ellerc, li dai G iudei» tu. aÀÉ'ltW può indicare la
ponderare 7 • percezione intellcnuale: conoscere, ca-
pire; è usato persino in ussoluto per
b) ~ÀÉ1tw: veder<:, gt1ardare; usam significare avere discernimento (Soph.,
già in Eschilo e Pindaro per indic:ire, Phil. n o, ecc.). Un uso di (3>.inw che
ancor più ncccntuatamenre d i 6p6.w, la non è attes tato pe r gli altri verbi di ve-
funzione dell'occhios. Ri corre quindi de re riguarda l'orientamento geografi-
(IloNNl::T 237,3)). Non abbiamo qui il signilì· coli . J29 ss.), 'ho ,·iS10, ho conosciuto, so'. Cfr.
cato uenire mostrato (come sostiene RErNllOLD \\'l'ALDf.-PoK. 1 236 5$. A. li1.oc11,z,,, Gescb.
roo: f]Ull!Ì in IJerb(I Opéi.V n ()f /Q 'mos/rondi' d 11i11.cr supplethw Vuba im Grcich., Diss.
insit). Cfr. H. l.JUNGVIK, Studien zur Spfllcb~ Basel (1940) 91-111, contiene alcune osser·
der <1poh. Apostelgesdnchten (Uppsala Uni- vazioni s1orico-linguisriche soprn11uuo per
\!Crsitcts A.rs1ikrift [ 1926]) 34; inolrre --+ n. lfU31\tO nguarda op6.w (p iù ÌOléO<<OiOllO!C) ed
tr7. d liov (piit percettivo).
6 Radice oq ·, 'vedere', lai. ocul11s; per la rara & L'etimologia è incerta (DERRUNNER] . Anche
fonna Wp~'\I e«. cfr MAYSBR 1 2 ' (1938) nei verbi etnnp'"li il momento scnsori31C con -
l89. tinua ad essere preminente, od es. <Ìva~H-rcw,
7 Per l'imperativo Uìov usato ('urne intéricz io- guardare in su; riarquistare la vÌJlu (dopo a-
ne clr. PREusc 11F.'l-BA Uat• ', r.u.; B.l..·Dr.Bl. S veri) perdu1a).
10r, s.v. òpdw. Per l'e timologia di LoELv fDrr- ' Cfr. PRlllSICKE, \\7iirt . r 2 71 e Moui.T.-MtLL.
BRUNNt:R]: radkc weid-, wid-, 'guardare', lor . 1 13 • .t.v.
videre; inoltre il pcr{euo woido (otS(.( = Sfl --+ 10 Cfr. spccialmemc D r.1SSMANN, LO. 96.
opci.w A I (\VI. /\lkhacii~}
lf Nou .s~1nLra t:hc (3ì.éntJ r.b st11to uS:l 1ll p~r JP JoCt,v;i:; 6r;·mvo1tÉvwv Ùlt[ .•. ) (p;;1 t-:rmina·
Ì!ldfr:are il vt:Jerc in u1 1a visione csc~d<.·~1 ; <.'t» r1· hl linc n 1n:~nc:,'10 pil; di lo h.:ucr...-).
munquc dr. P. P:>r. H·6 = \'ì/'11 Ct;F.~. l'tol. 11 L'ttor. llluiih1v non è ~11cs1a10 prima dcl I
68,6 ( 153 11.C.J. " 'c. d .C. Per la form3 an iva lh:aw, nltllto 1.1r
11 Non si puèl :1 r~gi<>nc considcr~rc ÒnT&.vc- di1·:1, dr. Lrnor. 1.1.-ScoTT, s.v Etimolo.~ia f Di'·
µa.\ e- un presente di n ao\·a formo~io:i-t.· J:.U'aor. ll•llN1't'K): D<iiq.1•u dcri\';t dn ùi0t, d.r1<1,
p:1ss. r7i:plnr;» (msì P1: :· 1JSCHF.r<·B,111t:R '. s.v.): J.:_.'tl'rdl'J. che~ ie,.;:uo ~ itaV1la., stuport·,rncr,:·
ubhi:1 1no pl'ùh1ibiln1cntc un~1 ft:wn1~1 ck:rivata rig/i,1, sorpnw1; dr. \X/>1 1.nr,.PoK. I 8F. Per
'.l':1i'•i:t1· v,;,rbal~ Ò'lt~6.; (dr. anch~ ii;o!'TO<. ~ 411anto ri~u2r<la Omero, dire lo SNUl.l. (-> n.
n. 1 ) , p~:SS:t:?do fo~ 1x.·r -c-:-:(.(~,,~c.
acçr1<t·~ç.
1 J 1.S: .a,cio-ih1L in<lic~t~ in una Q.·rta misura,
(tosì E. ScHwvz"R, Criech. Gram1nt1!1k 1, l'cJcrc <: :tprm: la boc•.>1».
Ifanùbuch A \Y,/ Il i ,r [l939] 700 e n. 2), ~o!;l
çhe si roté /ornt:uc :inche un :lOristo Wr.;-rd:v· " Nei pAJ>iti (.1 pnrlire dal lll sec. a.C.) iJEcXO·
11(1J. s;g.ilJicn mol:o spesso ~:1nplkc1ncntc 1lt.....
iJr,v (~sopra). Cfr. l'•EISIGKF., \'liort. 11 191;
M r>ULT.-l'vhu •.11;4, s.v.: Mt.YSER I ( 1906) 40.1. der,· (c~>nlC è vero, e f rcqtH.;nc..:uh;ntc, anche
~(\j ~ I 3' ( 19 ; , I q9; DJ::SSM•NN, L.O. 65. per J.!tri tc.;Li, atl es. JldL 1,8~ r,11,3). Cfr.
•1 90 n. '· N!:.>ho rilt uu·Ji in Eu'it.tlh. Tht·ssaJ., i'RFJSISm:i;, \Viirl. I 6(>6; l\1ou1.'J'.-~lt1.1 •. 285 .
) • I,'.
~u1111n. i:t Il. J-l-. JOJ è ntlf.!"St:lto :n1che il Vt:rbo
Ò7:-rai\.IW; cfr. ir:rJlrrc 1:1 fonnn W.-:&.t;cph.\. eh:.: 11. Per CorJI. Jlcl'Jn. 6,6: 1»10È ovap ikac;i:lµt·
ri<.-orr~ nei LXX. \-•ov El -rl tCM'1.v d:yaD6v, lfr. Philo, ,,gric. 4}:
L' Cr1s1rui10 col <l~t. (dr. le <'pc1·c clrate ulfo oliS'ovap ll)ov-;;~ ~·- swza /,, mum!<11.!u1; post.
- > n. 5). È imprnli;1!>i lc che la frase mo1m1 di C. 22; t.'d •H1çhc la nost rH cs.:la1r::,zionc: <~M:i
P. Tebe. I 2.1 .~ \ >ncl.1 .:om1>lcrnrn con ùno : XQ.Ì n~tnd1l' 1x:r sogno!.it, o siniiJi.
(V,) 181 <lo).~
""· ~ n. 2). Si può qnimli p.·11"1re che tn ri,1\·a11z.11.1 l'antica op1mon:: della
ib.1:,-S:; sia deri\':llc> .!:1 · 1lr... fi:'.·f bJçt6c;, scu0l:1 pnip:i 1<:; in1 1' eh~ fa Jeriv:m·
du11quc dn D~a (in o ri:~i nc: ,);.(fii), vista, lh:i,ir,6c; da ilEoç (e no n d n itfo) cd i11-
~;(t!ardo 17 ; il signi! Ìr:! icl r... 11!:11~1ena a le è tcndt• «0 11 <1uesto termine colui che cu·
.all'incirca col!.i eh, •'d 11!/oif11 allo spet- stotli1C"<' il ,/io. il v1o1rdit1110 dcl dio, CO·
/,irolo. Ci<'> è conf,irt:ilo ti.al f:itto che, sì dw 1Ì::t·>:ioç i1)tlich:.-rcbbt in primo
da Eschilo in poi, iìniJp6ç indir:1 lo spe!- luo,w ii f;inzio11n rio ~tn11tlc iarnr icato
latore ad u;.,3 frsr:s ( 1a!le ques te feste r.ld <.:uho 19• T:1le teoria offre p er(>il fi:rn·
cnrno fcsiivit.1 rrli!!i11sc ), in particola re co a notevoli chi·?:>.ioni crimobgichc 2ll
chi partecipava a//11 /1.·sta quale rnppn:- ed inolae sarebbe difficile comprendere
scntirn tc ufficiai.e di uno srnto 3mico. come sì ~fa gi unti nl s ignilic:ito di (ptt·
And1c l'uso ~olito di frclJJp6c; s'inserisce ro) spettatore 21 • È quindi d a preferirsi
pe(Ò senz.1 diflìrnlt:\ in quest:i storia dcl la prima dcriv11zionc di l>Et<>;;Oc; che ab·
sign ificato, come pu re è focilc, a questo biamo p ropost11. Va n11tavi:i sottolinen-
pun to, scorgere iJ nesso co11 i! se nso piì1 m che il ter mine deve aver comunque
:•mico di irewpiw che ,;ia possibile :ltle- :r.ru1·0 lìn di!li'ini/.io una ~fumalllrn cui·
stnre: stare a g11aT1!arc, a11darc a v'.!der.: wal~ pcrcht indica\':! lo spet tatore di
qualcosa. i:. vero clic recentemente è sta- t:na fcstivit'1 religio~a ::z. Da ciò risulta
17 Certanxnte, se questa ecimolo~i.1 è rorrcrt:t, ~Eaop6c o Oew,;Oc;. l..:1 forma iniziale 0 i)(o-fo·
allora il dorico mapoc; e l'arcadico il~a:op6<; de· p<)ç <: dubbb, perché ne Sl1tebbc d<:rivaro
\'Ono rapprèSt'> nl nrc·, cosn tutt':t1t1·0 che ilnpos· *t·lovpbç (dr., ad es., Jr.ri11ovp6ç eia * XT]TtO·
s ibilc, una trnsposizionc d ialc1tak ddla forma fo~oç). L'ipotesi clic *Dto-fopéc; sia diwnuro
i<1nico-anica ì>rwp&;; tale ipot~ è <rara ovan- 1-l}~fi.-f~pb;, 1:i}cl)~ pe; Ja su<cc~K>nc di tre
:<:1ta <h P. K•J:1'So!MF.A: 7..ei'"dirift fiir ''cr- brevi è pimtos10 improbabile sia pcrdié è
)llr:ichende !iprachforscl11111g 3 t ( 1890) 289 s. con:roddctrn dn xn11oupbc, si:t perché la su1>·
P~r av~avip6ç e r.v>..i:xwp6~ SOSICU!!?110 unn posta nna logia e.li iln1x0Àoç (cfr. --+ BEc:t<i;r.
posizione di\'c:.r.<a E. H1srJ1, \flor1bi!dtm.~ Jcr 61 s. n. 6) è presa cbll'c11ica e può csse.-si lor-
/J(J;;;:>riscbett Sprt;cb,· (l937) 1 <)1; P. OtAN· n1::.:.a per flllun:;an'k:.'llt.o n1ctri'-."O, l'CJnt \: H ca-
TMAtNE, Cr1un;:;airc ho111ériq11e ( r942) 160 s. so, Un Ali ~Itri, cli i)Q.\ltx'tT]rp6poç cd ÉÀCUJ>TJ·
[ Ocl\!{ UNNEJt) . ~6Ào; [ [)E!lRUNNER). Anche--+ RllD8ERG 162
,. Cfr. P. RoESCll, eEnPO:i:. Un:crsucbun~ n . l respinge la derivazione proposta da
:ur F.p111111.cli.· grierb. l'1•Sl1', Diss. Z•irid1 ( 1908l 13ECKH~
I (1 . I. 21 ~ lli:c.~i.;R <•.l ;. cx•= di spiegare q t1t·s10
passai;i:;o pomll anc!o per ilEwpl'l. il sig11iliea10
I'• -~ fiuc.1a.,n
6t (' ~[>r1Hf~lllO 1:1 ~.c1:iOllC ;>y·72.: foncfamcnrale ,Li cultu, /;·sta, festività<.: poi di·
'Die G rundlx·demnng 1·oa ll<U)9(a'. t\ndie W. cc quanto ~-=nuc i11 ri~uanio ~l!J r>.irtccij>;t7Jo1le
K1:AL•SE (ih'.!. 6r n. 4) è d 'accordo con q t1cst;1 Lfl'! nonn3Je spetr.uorc ai S<-H~ri!it·i, :lHc proce:>·
J.. rivnzion(•. sic ni, nlle gare cd ngli speua,·oli nel tc:i tro:
t) Le un id1c parole in ·<-.>PÒS (tct1nini in ·op6~ «La ri::irtccipazirJnc dcll'indivh:uo a tatti <.IU('·
'"'d ·O·J:;5-; non sono aue-..;tati} che rkurrono in sti c-v~ntl j)ubblicl cr..i semplicctncnlc '"'" Siti·
Omero so n.> ,,;:;)Ji-<->r.bc; (d.tli'ci si veclc che I 1 re a 1:m11·darl! fc~1h·o e solenne con intim3 e
Connazionc è nntb1), frupa.w~6c; e //. X,;77 s.: scn• ita partecip~%io11~, clii.5 Ja f1:$l:l con!'li.stev:i
oMtvoawpa h:slxrl), ~(mura) che non servo· \.li co:;e cd cv('rui puranltntc vis i,•i. Q1 11:sro
L10 n oiçntc• = oVOe.'IÒ~ Wpo.v lxw'J, eh:: 110:1 ·slq_;\~ a guard~uc' significava cs~uta1nc:n1c lo
/Ja r1g1111rdo per ursrnnq o {>er 11it·11fl'. $;: ilt1 >· ~l,:sso di •celzbrnrc l:l fest:t' e rutto <111C:>tn
pOç fosse <."01u1csso (,.'"' l>E.O;, allor:t do\•rc..·nl· non volcv:t dire :'lu·,) che ·scrvi1·e la <li vjai1:1\> .
mo ipotizzai-o.: 1111,, formn "fr~o-fw;,6ç. T:olt: i· 2? Errn l.!O!ZoCll, o[i. cit. (__,. n. r8) 4 nel so-
potesi sarebbe lrègna e.li consfdernr.ionf.· se 'ii stcn~rc d\C «i! rrh11nc.' uto ref!i;jo.so ... sia t:sclu·
fl<JICSSC chiarire· il pa..,,aggio da •l>z:rfw[h; :o :.v" se non si <1(X\:ll:1 I~ deri\'aziooe da &&;.
95 (v,3 r8) o~&.w A 2 l W . l\lichaclis)
he anche per ikwpÉw possiamo suppor- 2. ·Vedere' nella grecità e nell' el/c11is1110
re che il signific:ito più antico sia Stalll
ucllo di essere spettatore delle solenn i-
L'alta consid<:nizione in cu i è rcnuto
à religiose; tfllc acce-..:ione è per ikw- il vedere, considerazione che, come ab-
É!1J ancora piÌl marcata che pe r &t:ao- biamo visto (-t coli. 887 ss.), si rispec-
.w.L. Ben presto llEwpÉw fu pe rò usato
d1ia nd !Jq::o nu mero di verbi e nella
nchc in senso profano per significare
uardare in gcnenile 21 ; :1d es. Ditr., vasta gumma dci loro possibili usi, ri-
yll.' n68,23 s. (1v scc. o.C.): si guar- sponde all.1 grnnde importnnza che la
ano le 7tlvor.xtç in un temp io; in Xc- vista i11<lubbiamente ha per l'uomo. I
oph., a11. r,2,r6 e passim ha il signifi-
G reci furono però, in modo tutto parti-
ato mi litare d i passare in rassegna, i-
colare, «un p opolo dell'occhio» 26 • Per-
pezionare. Nell'accezione generica di
2
edere, percepire, scoprire, conoscere ', tanro non fa merav iglia che il vedere
t:wpéw è divenuto un sinon imo di
nbbia raggiun ro nella gred cà e ne ll 'elle-
DE6:oµor.L ed opci..w e nella koin f: ha in
uona misura soppianuno òpciw i;. Par- nismo una notc\'Ole imponanza religio-
ticola rmente imporrante è diventam il sa e che, a SU:! volta, la religione g reca
senso cras lato : guardare, contempltzre, possa essere giudicata «una religione
onsiderare, esaminare ( tu tti in senso
enrnlc ). i>cwptw è associato con lv i:0 della vista» zi.
ot, nella mente, con la mente, giit in
emocr., fr. 191 (Diels' 11 r84,13}, Tale considerazione dovrebbe avere
molto spesso in Platone e d Aris1ocele e u n poslo d i rilievo in questa s~ione se
in Corp. Herm . 1,7; r3 ,21. Questa ac- t>twp6c, deri\'assc da ì}cb<; e si potesse
'ezionc, c he è passata i1nche ai sos tami. provare con il gruppo di vocaboli di
vi ikwplor. ( altrimenti =
il guardare, lo iltvlpÉu' ( che indica un vedere non su-
pettacolo festivo, la processione) e tt.i:,. pe rlicinle né casuale ) che esso abbia a-
p1)µet (a lt rimenti == lo spettacolo dram- vuto la sua matrice nell'ambito cultua-
matico) e domina l'agget tivo De<•'P'T)·n - le. Om non sol<> tale derivazione non
xoc;, ha fatto SÌ che i>twpiw, 1'Ewpla ecc. può essere sosrenut:J (-t 318,14ss.), ma
d ivenissero termini tecnici per il proce- neanche il grande rilievo dato gii.\ negli
dimento e la c<>noscenza scicntihci (Li scritti p it1 antichi (ep ica e lirica) al mo-
teoria come conirapposto de lla prassi ). mento visivo po~a unicmncntc sull a ba-
IJ -+ B ECKEK 69 pcns!l che si trotti di un chiaro 24 Così :tnche ne lle iscrizioni, ad es. D1rr.,
fenomeno di «'secolarizzazione' perché il mo· S)'ll.' 590,33 (r!)(i tl.C.); 630,7 (182 a.C.); co·
mento religioso, che llll dato al termine la sua strui10 con l'accusativo ed il tlllrricipio: DITT.,
portata cara tteristica, si è rompktamcntc su- Or. 751,9 (u scc. o.C.) ed in papiri dal 111/H
blimato• . Si può porlarc di secolarizzazione, sec. a.e. in poi (cfr. PREISIGKB, \Vijr/. li 675).
però, solo entro certi limiti : tanto per comin- 25 Cfr. M OULT.-M 1LL. 290, .I.ti. ; PRE.ISr.NDANZ,
ciore, non si traila del risultato di un lungo Zaub. 1 102.11!5; JV 164 s. 2364.
processo di sviluppo, ma i due usi linguistici 21 -> RuosERG 162: «Gli EUen i avevano in
sono più o meno contemporanei ; e poi, non sommo 11rado il dono dello vis to, de llo con-
si trattava affatto di superare la disianza tra lemplazione. Erano un popolo dell'occhio,
il significato di u111ire la divinità e qudk> di molto dotati per le visioni pi(1 disparate ai
guardare, ma in entrambi i casi si tratlava di più diversi li velli spiri tuali•.
guardare, di comcmpillrc: in uno con """ sfu- 2l K. Kt1ttlN Y1 , Dic a11tike Religio11 ( 1940)
matura religiosa, nell'altro no. 120.
(v,po)8·1~
~e limitata ddl:1 rdil!innc e dcl culto. te non ,; l- m.1nc.110 di notare che anch
Questi due ulli 111i "k11w11 1i 11011 hanno la vi~1 :1 <' l'udi to nvevano, come tutte le.:
che «favorito e o.i11cc111r:1to» il momen-
percezioni sensoriali, i loto limiti. Moi-
to visivo 28•
re rnlt.: Mgli scritti greci ci si lnrncnra
È vero du St'lllp re che b vista e l'udi- per l'insufficienza dei sensi 31 e molto
to sono le 1om i principali della perce- p resto fu espressa in più modi l'opinio-
zione e di questi due sensi è quello d el- ne che i sensi no n riescano a cogli ere la
la vista ad avere una chiara preminenza, vern essenza delle cose: partendo dalla
ad es. Heracl., /r. 1 01 a (Diels' I 173, considerazione che le coso:: si offrono al-
15 s .): oq>ita.À.µot yàp 'tWV W'tWV cixpt· la nosun vista ed al nostro udito soltan-
~foi:EpoL µcip-rvpE<;, «gli occhi sono te· to in continuo mutamento, Melisso, fr.
srimoni pit1 attendibili degli orecchi»; 8 (Diels' 1 274, 12) deduce che la loro
Plat., Phaedr. d: o.jiL<;... 'Ì]µ~v 6!:,v·
250 essenza immutab ile ci resra necessaria-
-reiTI) -rwv OLÒ. -i:où uwµa-roc;.. . al.alhi- mente nascosta: Wcr'tE avµ.(3alvH µ1'J-rE
O"twv, «la vista è il pili acuto d ei sensi Òpéiv ~~i'J<E <à Ov"tet 'YLVW<TXEW, «COSi
permessi al n ostro corpo,. l:'J_ li fatto che che non si riesce né a vedere né a cono-
molto presto i verbi di vedere siano scere la reallà».
passati ad indicare la percezione intel- Qm111ro abbiamo appena detto vale
lettuale sta a mostrare che da prima anche per il problema se e fino a che
l'aspetto sensoriale e q uello intellettuale punto si possa vedere la divinità o il
non erano ancora dissociati e che l'e- J ivi11t1. L'l rappresentazione antropo-
!.1boraz.ione d ci dati sensoriali dfenuaia morfa degli dèi che rrovia mo nella mi-
dal vov<; (che ven iva cosl a costituire 1ologia, t: nell a poesia che ne usa i mo-
l'elcmenco veramente <lctcnniname) non tivi, penne tte sl che le divinità siano
ponava ancora a stabilire una contrap- visibili anche ad occhi umani 32, ma non
posizione tra sensi e vovc; 311. D 'ahrn par- senza precise rise rve.
2'I ~ RullBllRC 1G6. Questo autore segue ap· xaì "tvq>Àa. Spesso ci si è chiesti come si vc-
punto 111 concezione suesposta (166-180) e d:t, come funz.ioni la vista; per ( ptesoéi-atici
soltanto [liii tardi ( 180-182) esamina da vicino cfr. l'indice in Drl!1.s • m .l29, s V.~...;. -+ 111,
il vedere in senso o in contesto religioso. col. 129 n. 9.
29 Altri esempi in ~ RuunllRG i 78 s. Spesso 11 Già Ernclito hu forse d etto che la visia è
la vista rappresent:. o sosti tuisce gli altri scn~ ingann~vole : clr. /r. 46 (01ns ' 1 161,3 s.):
si: dr. 1bid. qy >. Per la preminenza della vi- O.ryr... "ti)v opaow •!JEvlìt~cu. Lo. colpa non
s ta sull'udito e per i profondi motivi che han- <: però s<mprc dei S<:nsi, mu rnlora delle «ani-
no deter1nin<1to qt.1c:Uft tipitn posiziont< gr('Ca, me <:hc, l'101C barb:11i. non sanno capire bene
dr. R. BUL1'MANN, lur Gc·schichte der Lichl- clò .:h..: l sensi tlicont) loto», come lvrnmcnta
s.wnbolik i111 Al1cr111111: Philologus 97 ( 1948) il DmLs Hl fr. 107: xo:xot 1.t6:p-.:11pEç civt)pt:i.
l6-2 3· r.o~ow òqillcxl.;io( xal w'ta. ~ap~t:i.povç \)lux.Xc;
\O Cfr. Epicarmo. /r. 12 ( ll11<r.s' r 200, 16): txovi:wv IDm~s' 1 q5,1 s.).
vouç òpii• xcù voù; cix ovt•· -.:clJ-).a. xwq>à ~ ~Al di fuori d~i lìlnsofi, i Greci d.. Omero
Òpa{.> /\ 2 \\V. Mid1aeli.<)
In Omero, ad es., la divinità si avvi - Spe,;so si aHerm:t che gli uom101 sono
cina di regola (abbiamo un caso di verso colti da rerrorc e da pauroso smporc
in Il. r ,194-200) solcanco in veste uma- quando I,1 d ivini tà si mostra loro ( li. J,
na (Od. l,96-105; 2,267 s.; zi,205 s. ) 199; .i4,170; Od. 1,323; 19,36; ~IV,
per poi sparire, rivelando cosl a poste- col!. r49 s.). Tll!tavia in Omero manc.-:1
riori l'evento miracoloso, in forma d'uc- del tutto l'idea che chi ha visto h1 di vi-
cello (1 ,319 s.; 3,371 s.; 22,239 s.). Ab· nit!i debba morire.
biamo una precisa sottoJjneatura in Od. Quando in altri tes ti si racrnnl:l che
16,16i: ov yci:p 1tW<; miv't€tr0'~ i}c.oì cya.l· la divinità appare a qualcuno 34 , dobbia-
vov·m~ Èva.pyéi:ç, «poiché gli dèi non ap· mo considcrnre mli teofanie come espe-
paiono a tm ti chiaramente» (cfr. li. 20, rienze visionarie, allucinatorie, che ap-
131 ). G li dèi ~i mostrano quindi soltan- paiono tali, in genere, anche ai diretra-
to a pochi eletti (anche Od. 7,20 r ss. va mcntc interessati . Il momento visivo
quindi lecto alla luce di tale limi tazio- prevale su quello auditivo ancor piì:i per
ne) ed in modo tale da esser visibili sol- le circosrnm1e collaterali che per il mes-
tanto per loro e non per altri eventuali saggio divino vero e proprio 35 • U n caso
presenti (dr. anche Il.1,198 ss.; Od.16, a parte è costi tu ii.O dalle visioni che si
r 59-162 ). Anche se quesco particolare hanno·dormendo in u n luogo sacro (in·
sembra indicare che si tratti di un ve- cubazioni), che non sono sempre teofa-
dere sovrannaturale, visionario 3-', pure nie, ma possono avere anche ·altri con-
la forma ingenua e poetica del mcc on to tenuti 36 .
non permette di stabilire con maggiore
precisione in che senso si debba inten- Anche se nella mitologia non si af-
dere il vedere in occasione di tali teo-
fanie . Né va misconosciuto che tali e- ferma ma i costantemente e senza riser·
venti sono narrati con notevole disc re - ve hl visibil ità degli dèi, nella filosofia
zione ( cfr. Od. r,321 ss. ; 19,33-43). non mancano voci che, fin da i primor-
in poi, fino all 'ellenismo, presuppongono che nir concesso d i contemplare gli dèi; né po-
la divinità possa esser percepita mediante fa teva esser diversamente, data la loro con~-ezio
vista e non me<liante il pensie ro» (..... KtTTF.r. ne della permanenw dci morti nell'Ade.
95). Quando si dice che persino la divinità )$ f. PFIST ER, art. 'Epiphanie' in: PAULY-W.,
vede, cjò può l'SSCr dovu to a[ più esplicito, suppi. 1v ( rn24) 277-323 sottolinea fortemen-
voluto o permesso antropomorfismo, ma po· h! le epifan ie :\\tvenutc <unentre il soggetto
trebbe anche rilletterc una concezione ben era in stato di veglia» (279), mu tratta solo
più profonda: v. •d es. Emped., fr. 24 (DIEL~' occusiona.l n1cnte le altre rivelazioni, soprattut·
I 135,7) : OÌÌÀoç opa\ ov).oç OÈ VOEL, ovÀoc; io se accadute durame il sonno o descritte CO·
OE T cix..0Uc1., «Dio è tu tt'occhio, tutta nu:nte,
1
me esperienze on iriche. Non .-iesce dcl tuffo
tutt'orccchio» ( trad. DIELS). Quando si vuole con vincellle la sua distinzione U'a epifanie e·
sottolineare l'onniscienza d ivina si dice spesso piche, mitiche, favolose e leggendarie. Il N.T.
c he la divin ità vede tutro: dr. Hes., op. 267; viene c ito(() spesso (cfr. specialmente 321 s.),
Soph., Ant . 184, ecc. ma il suo carattere peculiare non è messo in
Jl È pertanto piuttosto dubbio che in Omero sullicicmc risaho ( l'A.T. non è considerato af-
sia presupposto «che gli occhi umani porreb· fatt() }.
bero certamente, in sé, vedere la divinità, ma 36 Cfr. L. DEUllNllK, de in«ubationc, diss.
che ciò non sia loro consentito perché essa Gicssen ( J 899). Per indicare l'apparizione del-
non lo vuole» ( ..... B UJ..TMANN r71 ). la divinità si usa qui È<p(cri:o.croa.i ( 11 ), per la
34 Nell'età più antica i Greci non hanno ritc· scomp-Jmt <ivmtÉi:EcrilaL o 6:rpo:vij -yEvfofJo.L
nuto che dopo la morte all'uomo potesse ve- ( i 3).
(V,J21) ')<l l
di, assc·risl'<>llo che J;t diviniciì è in visi- I t1:1lc i· per i Greci un guardare, un ve
bile. ( ;i,'1 r·:mp«dndc, Jr. r33 (Diels ' I dcrc· "'·
365 ,9 s.) i:· esplicito: ovx fo·,nv ;;c:À.ci-
l n questo caso i termini prefcri1j so
crncritaL Év òcplloJ, l lOWW i<pLX"tÒV ( iii ((- nn ib._1pEi:v, ittwplu e ittiicritcn. Si pon
"tfjJOLc;, iì Y.,EpO'L ).,,a.~ti:v, «non ci si p11<\ qui :.111cor;1 il problema se ciò <lipen<l
avvicinare alla divinità in modo chco dalL1 presupposta origine religioso-cui
wa le d i itEwpEi:v e ìhwplo.. Daro che ta·
giunga ai nostri occhi o possiamo af-
le or ig ine non è affatto certa (--? col.
ferrarla con le mani». Quest~ convin- 894) e che anche gli altri verbi di ve-
zione venne ad acquistare una nuova di- dere vennero usati in questa accezione,
mensione non appena si stabilì, come ad è molto pili probabile che il significato
intrinseco che la funzione v isiva aveva
es. nella dottrina pla1onica delle idee, per i G reci ' 0 e l'uso traslato dei verbi
un netto contrasto tra il mondo delle di vedere, che si è sviluppato d a raie va-
percezioni sensoriali ed il mondo intel- lorizzazione della vis ta, abbiano costi-
tLÙto la sorgente primaria da cui scatu-
lettuale. In questo momento l'òpiiv ven-
rì l'idea di un vedere puramente men-
ne a contrap porsi al voEi:v: solo il mon .. tale, indipendente dai sensi. L'enorme
do sensibile, l'(.<to-lh)"t6v, può essere importanza di questa 'pura' visione per
6pa"t6v; il mondo ideale, la vera realtà, la filosofia e la re ligione greca non può
certo essere sottovalutata.
invece, è d:6pcnov, è soltanto VOTJ"t6v.
accessibile unicamente al voiic; 31 • Di con- Già nell'introduzione di metapb. r,1,
seguenza anche la divinità può essere p. 980 a 24 ss. Aristotele afferma la pre-
colta soltanto dal voiic;38 . Eppure, e que- minenza dcll'épiiv: "tÒ òpiiv o.tpovµE~a.
sto particolare è estremamente significa- d:v'!t TCcf.V"tWV wc; Elm:i:v "tWV a).,À.WV,
tivo, anche là più pura attività intellet- «diamo, per così dire, alla vista la pre-
37 Questa è quasi una concraddizione ~rçhé vino è orn fisica1nente visibile, ma in un mo-
(lifo: ed ELÒoç (-> 111, coli. 121 s. n5 s.) sign i- do che non ha 3lcun p:irallelo immediato nd -
fica no originari:uncnte forma visibile, figura, le soli.te teofanie. Kleinknccht richiama .l':l!·
immt1gi11e. li f:HIO che per inclicarc le idee d tenzionc sull'inno con cui gH Ateniesi accol-
si sia serviti dcl termine Ulfo, non d ipende ,;~ro cultualmcnre Demetrio l'oliorccte: gli
ramo dalla concciione del \IOEL\I come un ve· altri dèi iì oux elal\I i) oil 1tPOC1ÉXOUC1LV i'i1.U:v
der<! mentale «Che non ho bisogno dei sensi» ovo! ~V, a! OÈ m:r.p0viJ'ÒpWt.IEV, OV l;u),.-JO\I
{-> BuLTMANN 172): per Platone stesso conta oùot )..ll)L\1011, a), ).,' ciÀ'l'l~Wo\I. EvxòµE&im ofi
piuuosto l'idea mirica che le nnirne abbiano ao•, (Athen. 6,63 bn e l). - > (i1tcq>6c•,Eccx)
dfcHivarncnte 'visco' le idee, le pure forme q>Wç.
del mondo superiore, prima d ; iniziare la loro 39 Per hl sezione J\ 2 ci siamo serviti <li molte
e$iSl\)m:a terrena {cfr. P/uiedr. 246 ss.). osservazioni cd indic!lr.ioni dj KLEJNKNF.CHT;
J• .... Blll.TMANN 171 ss .; -> FASCHER 61-64 ; è praticarneme sua anche la parte seguente fino
-> K11."J'i::1. 95; -> opcx't'é~ 2. Per l'idea che Dio ;iJla col. 905.
pocrd>be esser conosciuco dalle sue opere cfr. 4ll ~ RuuJlcRG r83 : per i Greci «1•edere e
-> IV, coli. 339 s. e n. 36. Il problema della pensare sono unici fm dal principio» e preci-
visione di D io acquis ta una nota particolare samente «gi;\ a partire.! dal livello pili prin1itl~
nel n rho dd sovrano in quanto il signore di· vo, ·prelogico»>.
opcl.•.:> /\ 2 ( \Xl. Michacl is ) (v» nl 90.r
cedenza su tutto il resto»; Platone con- perché esso solo pcrmecre di scorgere il
sidera la vista un dono di Dio cd una vero (µ6v<i.> yàp o.v•4> O:ki1lteLoc òpci'to.L:
fonte della filosofia (Tùn. 47 a-b) e chia- resp. i ,.527 d-c). Alla fine, quandn si i.:
ma i veri filosofi -roùç -rfjç àÀ.T)ltElaç qn- raggiunto il sommo grado dell'amore-
À.oi}Eàµovaç , «quelli che amano con- vole ascesi1 alla stessa bellezza divi na
templare la verità» (resp . .5'475 e). La ( aui:ò -rò ltEi:ov xo.Mv ), c'è ancora un
vista permette che si acceda al vero es· momento solo della vi ta che è degno di
sere perché è il senso incorporeo, affine essere vissuto: ÌtECi.o-l}m p.6vov xo.L !;v-
alla luce; questa contemplazione ( i}Ew· VE~\JOCL, «Contemplare e vivere con quel-
pwv) del "JtOÀ.Ù 1tfÀ.ayoç -roii xaÀoii, del la bellezza» (symp. 2u d-e) ' 2• Il bello
«vasto mare del bello» (sy111p. 2 ro d) è può essere visto soltanto con q uell'oc-
qualcosa di puro, di disinteressato, d i chio dal quale esso si lascia guardare
maestoso,di solenne,di religioso; né ciò è ( òpwv·n ~ òpoc-rò1J -.ò xo.À.bv: ibid. 212
limitato al termine ~EwpEi:v perché subi- a ), cioè con l'occhio dell'a1ùmn. Tale
to dopo il testo continua: ~À.Éitwv itpòç mondo dell'archetipo dell'essere, nel
1tOÀÙ 'Ì)Ol) -rò xocÀ.év, «scorgendo in un i- quale il filosofo si sofferma di volta in
stante ormai il bello». Platone si serve volta, no n è facilmente visibile a moti·
nel medesimo senso anche di i}eà.o-i}a• vo dello splendore che vi regna. Infatti,
(symp.21OC·2I2a)41 • L'organo (opyocvov) nella maggior parre dei casi, gli occhi
che permette di vedere così il divino è, dell'anima non resistono, a lungo an<la·
secondo Placane, «l'occhio dell'anima» re, n restare fiss i sul divino (1tpÒç -rò
(-.ò ·tijç ljluxfiç 01..1µoc: resp. 7,533 d ); a- ilei:'ov &.q>opwv-.o.: soph. 254 a-b) 43 • Non
verlo vale più che possedere mille occhi ci vuol molto n passare ad una formula-
" Cfr. -> BECKER 72-8i : 'Das Motiv des pensiero rdigioso, nella poesia e nella fìloso·
Schauens bei Plat0' ; F. BoLL., Vitn Contem- fia vi ve la stessa concezione greca fondamen·
plativa ' ( 1922) 6 s. 26-30. tuie dd l>eiiu1'l0<L xr.tl <;vvei:vaL che in questo
<1 Questa formulazione è ripctu ca in symf>. n1odn si è ct1·10 proyressivan1ence sphitualiz-
2rt <'-2123: lip'oU:L ... <pauÀov j3(ov ylyvE~m zata ed a ffinata» . Non si può ce rto negare çhe
ÈXE~O'E ~°4'1tov;:oç a v &pW!tOU XctÌ ÉXt t VO tf> le due posi?Joni si.ano parallele, ma pure la
oti l>Ewµtvou xctt f,vvov;:oç ctv-r<i). D ice il conclusiol\e phllonica non è stata raggiunta
KLEINKNECl!T: «.&Eii~ai xa.t ~vvEcva.i: que- nx-diaote alcuna progressiva spiritualizzazione
ste precise parole servono ad esprimere esat· d ella posii ione omerica; ad essa si è giun ti
tamente anche il rapporto dell'uomo con la d i· p iu crosto grazie alla già ricordata (~ n. 40)
vinicà çomc lo si trova e nunciato già in I Io 1n., u nit:Ì di vtsinnc e pensiero che ccrtan1cntc in
Od. 7,201 ss. (nell'ambi to ideale della vira dci Omero non è formt1law ancora nel medesimo
Feaci) e in Hes., fr. 82 (ed . RZACH)». SL"<:ondo modo.
Hom., Od. r6, 161 soltanto a pochi eletti vie·
ne concesso q uesto l'lroaila.L xat ~uvEi:va•; H Plato, Pbt1edr. 247 d : la stessa Dt ou oihvoLO:
Kleinknecht tracci.a un parallelo tra questa guarda o~ni rnnro le idee : (oov~oc OLèt. x:povou
asserzione e l'opinione platoni<:11 che soltanto TÒ ov <iy0<1t<i >E xal i>EWPOU<rct i:ci),1)~ i:pÉ-
i fi losofi ne posstrno godete e conclude: • Nel <j)E1:0C<.
.,, ,., e,.. \ i2}
"inne prettamente rclig i"" ' d1 1;1)e po- Anch<· nei n1 istcri il momento visi
,i~innc, formulazionc dw kggi:11no aJ vo h:1 un poslo di primo piuno: oÀ
l'~. in Adstot., eth. l:'ud. 7,15, p. 1249 b {3Loç ocr-rLc; lo1:iv xEi:v' (= bl€i:va.), «bea
16 ss.: il senso piLt profondo dell a vita to dii lw p1>1uro vedere ciò», dice Pin
umana si attua nella -roii ìlEoii l>Ewpla. Jarn, /r. 1 37, nel frammento ~u ll'ini zia-
ed essa diviene così un culto reso alla 7.ionc conservatoci in Clem. Al., strom.
divinità, -ròv l>Eòv llEp0:71EVEL'll xa.t l>Ew- 3,3,17,2; un'espressione simile si legg
pE~V- La visione di Dio è il modo nel già in Ilom., bymn. Cer. 481: o}..l3Lo
quale l'uomo dovrebbe tentare, nei li- òc; i:ao'è>rcwnEv, «beato chi ha vis to tali
miù dcl possibile, di essere come gl'im- cose» (~VI, col. 983 n. 28).
mol'ta li , Èq>'Co-ov evoéxE-ca.1 O.Da.va.-cl-
In questi casi si trntta, come in E leu -
1;nv (eth. Nic. 10,7, p. u77 b 33). In- si(~ I, col. 585), della visione dei riti
fatti il modo divino di essere e di ope- sacri oppure, come nei misteri di Isid
rare consiste nella pura ì)Ewp(a (ibid. 8, (Apul., me/. 11,23; ~ 1, coll.584s.)
di vedere ed adorare gli dii i11/eri e gli
p. 1178 b 20 ss.). Questa linea di pen- dii superi da vicino, de proxmno. Rima
siero conrinua fino a Plotino che ne co- ne «un enigma insoluto» •s se tali e-
s tituisce l'apice'". Il iM:ov è per propria sp(essiooi significh ino che il miste ve-
nisse condotto di notte attraverso le
naturu, secondo i Greci , non un qualco- stanze del sa ntuario a vedere immagini
S<l da 'credere' o da 'ascoltare', ma da o qu adri delle divinità oppure sacerdoti
'vedere ', qualcosa che si rivela soltanto vestiti da ùèi , ovvero che egli avesse e-
sperienze vi sionario-estatiche. Al con-
alla vi srn . Quesra convinzione, che si e- trario, n elJa cosiddem liturgia di Mitra
esplica in primo luogo nell:i filosofia, ( Preiscndanz, laub. I V 475-723) si trat-
informa :rnche tutta la religione greca. ta chiarnmcnre <li visioni estatiche, d i
'H -roù ov-roc; Ma. («I.i visi~me dell'esse- un l<Cl.'t071'fEVEW... -corç &.l}avci'tOL<; oµ·
µa.cn, «contemplare co n occhi immorta-
re », Plat., Phaedr. 248b), -ròv iltòv fitl!l· li» ( 5I 6 s.), che viene concesso a l voi]-
pdv («Contemplare dio» , P lot., enn. 5, µa.-t~ p.E-ta.yyEvv'T)Dtlc;, «colui che è ri -
.3 ,7) vengono intesi come religiosità e nato nello spirito» (cfr. 508 ) "' .
culto e con tali as.,erzioni fondamen tali Nella gnosi ellenistica è rimast~ so-
la filosofia non fa che trasferire sul pia- lidmuente radicata l'opinione che per
no in1cllettuale la concreta realtà reli- natura la divinità è invisibile agli uo-
giosa del popolo g reco. mini •1 e mie convincimento è cond iv i-
., Cfr. in primo luogo la :sczionc p:onicolare 3, .J. Dcv, IlA/\fffENEl:IA = Nt.liche Abh.
Il e l'intcrprccazione di BECK~K 8 7-106 . Klein- 17,5 ( 1937) ll.1.92 n. 14; H. PR6ISKER , Ne11-
kn,·du fo notare panicolarmmtc Plot., rnn. j , testa111mtl1t·h·· Zeitgeschicbte ( t9}7) 142.
3, 1;; ~.~. 11 ; 6,7,35 s.; dr. inoltre :inchc BULT-
'" D EY, op. nt . 104-109.
MANN (-+ Il, l9) 33 S.
" L. D 11u11NER, Attische Feste ( 1932) 83. Cfr. • 1 Per Ju qucs1i11nc-+ BuLTMJ\NN 173 s.
90ì (v,323 )
s1' :inchc da alrri ambienti filosofici dcl scmhra ri'l'l'\':11;1 a dopo la mort e: crr.
periodo 1:1rdo: dr. ad es., Sen., natu- 1 0,5 <' l't ..vcrpt111Tt 6,i8 da Stob. 1 , 1 •>·I
(Sco11 1 .p8,1iss.) 51 • Secondo altri t<·
ralcs quacstionr:s 7,30,3: ipse ... qui to- sii, invl'rc, In gnostico può gode rl' gi:1
tum hoc f 1111da11it dr:ditquc circa se ... ef· subilo d ella piena visione di D io: dr.
fugit oculos: COf!.ifotione visendus est; il Corp. Herm. 5,2; 12,20 b . La libcr;tZi<>·
ne dul mondo sensibile e la souomiss i11·
neopitagorico Onata, secondo che ripor-
ne al vovc; o<l alla 4iuxii che rendono
ta Stob. r ,48,1 2 s. : ò !lÈv ~)v ìlEòc; aù-ròc; l'uomo una nuova creatura (dr. 13,1 rii ,
oihE òpa-ròç oihE ainih1-r6c;, cD..).ò: Àl>· se acce lii amo la lezione propos 1;1 d:r
Y<i> p.6vov xat vbtii lkwpa-réç, «colui Scott: ovcrla XIXLvTJ YEVOµtvoc; intò '\OU
l)~o\i, «è stato reso da Dio un essere
che è dio non è in sé né visibile né sen- nuovo»), vanno evidentemente consiùe·
sibile, ma può esser contemplato soltan- rate un'esperienza estatica: ÉyÉve-to yà.p
to con la ragione e con la me nte» 43 • La Ò 'tOV crwµa 'tOç i.l'!tvoç i:'ijc; \(lvxiiç Vii·
l)J•c;, XIXÌ TJ xaµµucrr.ç 'tt'iJV 6qiÌ}<.<À!.lWV
gnosi hn comunque aggiunto che l'uo- ciÀl}ilLVT\ opmnc;, « infatti il sonno de)
mo che si avvicini alla natura divina di- corpo divenne la veglia dell'anima e I ~
venta egli stesso divino e può vedere chiusura degli occhi vera visione» ( r ,
30) 52 • Anche nel Corpus Hcrmeticum è
la divinità. Questo mutamento sostan·
innegabile che il momento visivo sia
ziale dell'uomo si attua mediante lagno- preminente; l'udito è generalme nte ri-
si: la yvw<1L<; permette lo ilfa, IAvisione servato all'~scolto ed all'esecuzio ne del-
di Dio, è anzi es~a stessa tale visione 49 • le istruzioni del mistagogo (--+> Il, coli.
473 ss .) che 'servono a preparare il mo-
Gli scritti ermetici presentano ullil mento deUa visione estatica (questo
varietà di posizioni. ma quella gnostica spiega hl sequenza udire-vedere, ~d es.
è preponderante. È d etto esprcssamen· in 1, 1 ). Collateralmente abbiamo però
te ed enfaticamente eh:: i sensi non pos- una linea di pensiero dcl rutto diversa,
so110 percepire Dio: ov y6.p tcri:w secondo la quale Dio diventa visibile
&:xouO"t6ç, oùlì€ À.€x-r6c;, ovoÈ òpa'tòc; nei suoi itoL1')1.1.a-.o. (cfr. Ro111 .r ,20): cfr.
òcpi}a).µo~c;. ciÀÀà. vGJ xat xaplì(q., «cgl i r4,3: è'lt&t oÈ •Ò: I EVVlJ'tà òf)Wµeva
11011 può essere, infatti, né sentito n4 éO''tL, xaxE~voc; lìij opa't6ç. OLà 'tOV'tO
descritto né visto con gli occhi, ma con yàp ltOLE~. (va opa.-.òç ii. <X.Et ovv itoLwv,
la mente cd il cuore» (Corp . Ilcrm. 7, àEt Òpa'tÒ<; ta-tw, «poiché le cose crea-
2 a; dr. 6,4 b.5 ; t3 ,3.11 a ). Dio è àopa- te sono visibili, anch' egli è dunque
•oc; cd <iq>avl}ç, invisibile ed inapparcn- visibile. Per questO, infatti, egli crea:
te (5,1 s.), ma allo stesso te mpo può es- perché poss~ essere visto. Egli crea
sere come mplato dalla menre, 't<!i vot sempre ed è sempre visibile». È vero
l)EWP'l)'tO<; (5,ro a) 50 • In alcuni luoghi la che i manoscritti hanno qui tre vo lte
possibilirà che l'uomo veda Dio -.G> vot à6pa-roç, ma va accolta la lezione ò;:ia-
,0ç p1t1Jkl>l.l ,b s.-..11, sia perché alme- 1111 Of.'»1<cvov, '•colui che vede tull o e
1111 1111:1 ""'' :1 'i '"11" buone ragioni tc- llllll i· \ ' l'I"'>, Xl ii 163).
s111:1li (:1.! "~· il tl'rzo ck6pa;-coc; Vll sosti-
ruil<> wn a{ d > òpa•oc;, come il conte·
sto rid1ink· 11,;solutamente) sia perché
H. 1:11su 1.1.\JlaJISTICO E CONCf.T'l'llAl . I·'.
1>1'1 I •.\X Il DEL GIUDAI SMO
tal..: rnnl't.innl' i· n.:sa più che probabile
da 1 1 ,i.1 b, ov<: si dice, tra l'altro, eh..:
l. I LXX
non è i:i11stu rhiamare Dio é:opa;-roc; per-
ché 6 voiic; òp<i-c'u lv 'ti;> voE~v, 6 ~EÒ<; 1. I h'rmini
Év 't!Ìl 7tOLE~v, «la mente è vista quando
1xnsa, Dio quando opera». Qui cogliamo n) òp6.w ed doov ricorrono nc.:lla mag-
l'eco di posizioni stoiche, che sono s tate gior parte dei casi in cui si parla del-
modificate in parte in senso razionalisci- l'atto visivo: òp6.w è usaLO un .520 vol-
co, in parte in senso panteistico. te ed d/ìov circa 930 volte (pi11 3.5 vol-
te in Da!I. [Theod.)). Notevole è la
J papiri magici mostrnoo con quali frequenza dcl h1turo i:hfioµa• ( 178volte );
il presente ed il perfetto attivi pratica-
pratiche e formule si cercasse di co- mente si equilibrano (rispettivamente
stringere dèi e dèmoni a mostrarsi per- 1 10 e 97 vohc; si aggiungono poi le q
1v 2 36; cfr. 3089 s.), ma ricorre anche passivo appare soltanto in Sap. 13,r:
ilE<.>pi::ìv (ad es. r 185; m .5l2 s.; 1v i64 Èx -twv òpwµ É\IWV cX. ya~wv, «dai beni
s.). ln v ro1 s. ci si rivolge alla divinità che si vedono» gli stolti non seppero
cosl: rrlJ E[ 'Ocropowwq>p~. ov ovoELc; conoscere Dio (dr. •Ò: PÀrn6µeva;: 13,
dot 'ltWito't'e, «tu sei Osoronnofride che 7; 17,6;--+ n. 68 ). Là dove i LXX se-
nessuno ha mai visto»; dietro t:ili paro- guono il T .M. (in più di 400 delle 5io
le, che ricordano Io. r, r8, non c'è alcu- volte ) abbiamo generalmente rii'o (piì1
na profondità di pensiero, che! loro uni- d i 350 volte, di cui 273 al qal, 77 al
co scopo è quello di aumentare l'cffic>1- nif'al ); [ncontriamo inoltre 27 volte l'e-
cia della formula evocativa {cfr. anche braico baza e 7 l'aramaico (Jìiza o fJazèh
Xllt 69 s.). Abbiamo una lontana eco hawr1, resi tutti con òpaw, mentre nei
della terminologia filosofica nell'uso di pochi altri casi sono usati i vari sino-
à6pcx.•oc; come uno dei tanti predicati nimi. Con Eloov le cose stanno più o
d ivini (ad es. v u3; VII 96 1 ; x 11 455; meno allo stesso modo: 670 volte rende
XIV l l 7; dr. 'tÒV it6.V'ta ÒpWV'tO: xat ra'a (quasi soltanto al qal), 17 volte
{Jiizli e 19 /,ihti. Inol tre doov rende 7 Da11. 9, i 8 ). Quando si ha raie associa-
volte in Gen. fyalam e poco meno di 20 7,ione, al primo po~to viene rnlorn ve-
volte jàda', talora come vari:mcc di for. d ere (ad es. Eccl. 1,8; J:cclus 17,r3; Ei:.
me di EloÉvC1.i (ad es. Ex. 8,6; 33,1 3; 40,4) 1 tnlora udire (ad es. Bar. 3,22;
De ut. 34,6; lob 19,14; Ier. ro,25). ls. 64 ,3 ; 66 ,8): le due sensazioni s tan-
Con linguaggio figurato s i Jice che no sullo s tesso p iano ( Dio le ha crc:;Hc
l'acqua (\)I 76,tì), il mare (lji H3,3), la entrambe: Pruv. 20,12); ma si ha anche
terra ( l)i 96,4) vedono (si trat1a invece una preminenza di ciò che si vede su
probabilmente di uomini in lj/97,3; Is. ciò che si sente dire (ad es. lji 47,9; lob
52,10). Oltre a 13À.É1tw, anche bpaw è u· 4 2 15; d r. and1e 4 Bm:r. 7, r 3 s.).
sato nel libro cli Tobia per s ignificare il Quando abbiamo l 'uso intransitivo
vedere come opposto dell'esser cieco e del passivo col significato di farsi vede-
vafie volte (3,1 7; 5,10; n,8 [sempre re, mostrarsi, apparire, essere giunto,
nel cod. S ) ) nella locuzione «vedere la esser prese111e, si vuole indicare molto
luce» (scii. di D io o del cielo). Col signi- raramente la percezione visiva in sen-
ficato di 11ivere (~ coli. 887; 890) tale so stretto. J11 tutta una serie di passi il
frase se negativa ha come soggetto i mor- parallelismo dimostra chh1ra meme che
ti (\)1 48 ,20), i feti (lob 3,16); se positiva òq>i}i'jva.L ·significa soltanto esser vicino,
indica la preservazione dalla mone (lob presente, esserci (Num . 23,21: l~ ci.L/
33,28; cfr. 33,30). Probabilmente va in- ò<p&ijcrno.L; Iud. 19,30: ÈyEvi'}ih) /w<pih}
teso in questa direzione anche 1)1 35,ro•: od t0po:-rC1.L; 3 BCl.11. 10,12: n. nÀ.v&EL/
Èv ~~ q>w~l O'ov 61)16µd)ci. q>wc;, « nella wq>l)l)CTCl.Vj cfr. 2 Par. 9 ,u ) 55 . Sapore di
tu a luce vedremo luce» (eh. 10'), an- formula stereotipa ha anche que ll'uso
che se tale asserzione «non indica la di òq>i>f)va.L che indica l'apparire davnn·
mera esistenza, ma rut ta la salvezza in. ti a Dio od il presentarsi davanti a Dio
terna ed estema»54 • In genere 6pciw non nd ìempio (dr. o/62,3 ). I LXX in quc·
indica solt:lnto la percezione sensibile in sra acc<'zione costruiscono òq>i>ijvC1.L con
sé (come fa molto spesso (n.i1tw), ma tvwmov oppure lvo:v•lov, ma anche col
include anche il processo mentale che dati vo. Se in quei passi in cui l'ebrai-
rielabora la sensazione. Nei casi in cui co legge ora rii'd al nif' al con l'accusa-
vedere e udire vengono accoppiati, si tivo, si leggeva originariamente rà' a al
trn rrn solo raramente delle me re sensa- qal 56, la variazione risulte re hbe d i ti-
7.ioni fisiche (ciò avviene, ad es., 4uan· po dog matico e: intesa ad evirare l'e·
do si condannano gl'idoli: De11t. 4,28; spressione «vedere il volto di Dio», ri·
ili n3,13s.; 134,16s.); in genere si trat- renu1:;t sconveniente. Sia questa ipo tesi
ta di una presa di coscienz.1, di una com- correuii o meno, i LXX sono andati an-
p rensione in telligente (ad es. lob r 3,1; cora oltre e<l u~ando la cost ruzionc con
l s. 52,15; E:i:. 40,4; detto anche di Dio: Évwmov ecc. hanno evitato di menzio·
4 Ba.O'. r9,r.6 ; 20,_5; l s. 37,r7; 38,5; nare affatto il 1tp6<rc..mov di Dio ~ • In
7
" l'l. GuNKEL, Pr. (1926) 151, ad I. La frase 5.1 Inoltre-+ M ICHARLIS I 5f n. 147.
«vcdìamo luce» non è a!Iauo un'eco dcl lin· 56 -; BAVD•SSIN 181 ss. -+ J3Awr11 308 s. n.
uaggio misrcrico, conrrariamcnrc a Qt11tnto r33 dubita <lclla rossibilità di una raie conce-
pensa R . KrTTEL, Die hell. J\f)'S ltmenrelig1011 zione; m:1 è altrettanto dubbio che •ia Iegitù·
nd dos A.T. = BWANT N.I'. i ( 1924) 91 s. mo disringut~. rome fa lui, tr3 un si~nificaro
fr. anche la congettura avan:zara do CuNKEL, auivo «I uno f>3S., i\'o di piir.Ì!q (71.3o8 n . r30)
p. cit. 1H· La promessa di /J 9,1 è chi ara- in quc-sca (ornM.
cme un modo 6guraro di parlare. ;1 Cfr. JortANNr:sso11N, Priipos. 1~J<H \)7. Nel
<JIK"•t i casi oq>ì}ijvtu >Ì~11ili<.1 nei LXX Ba.o. X.2 •1; <J,16) e abboccarsi (1 /\larh
du; l'uomo si pone J,11·o111!1 :1 Dio, gli 10,5<>; dr. nnchc 'fap. 39(32),4; .p
sta di fronte nel 5Cnso ,li 1111 incontro [ 34 I.) J.
spiri tuale- religioso. Per:d1 ro in ljt r6,15; M"li issimi sono gli esempi in cui
41 ,3 i LXX hanno òq>i)ijva.~ col dat ivo òp<iw ccl doov si riferiscono alh1 pc rcc-
'TQ r.poO'W1t<t> (di Dio; dr. liat11s 35 7.ion"" intellettiva : osservan:, notare, lit·
r3 2 J.4: tv 7tpocr67tf.i) xuplou J cd anche cer/11re (Cen. r6A s.; Ex. 8,11; ls. 29,
la frase attiva 'vedere il volt0'. La lo- 15(33 , 1!} ccc.; in r -4 1\fach. abbiamo
cuzione 'vedere il volto di Dio' (per quasi soh:m10 questa accezione), anche
tuua la q uestione d ella visione di Dio quando il soggetto è Dio (Ge11. r ,4.8;
~ ooll. 930 ss.) è ccrt:imeme molto m- 7,1; z9,31 s.; Ex. ),7; Dcut. 9,16; r
m; soltanto Ex. 33,20, dr. 23 (-7 col. Ba.0-.24,16; l)i 52,3; 118,159; Js.30,19;
933), Ps. 11,7 (solo nel T.M.; i LXX ler.23,n.13); spesso nelle pn:ghiere ri-
leggono diversamente ; per ljt ro,7 dr. volte a Dio ~bhiamo i'.ÙE con l':1ccusati-
x6,2), Ccn. 33,ro (in lob 33,26 i LXX vo: guardare, osservare, talora in pa-
traducendo hanno eliminato la frase in ro Ilei o con ascoltare (\ft 9,1 4 ; 24,18 s.
questione; cfr. and1e la mQdifica in ljJ ccc.); co110.rcere, scorgere (Cen . 26,28;
16, 15•)~. Sono invece più frequenti i 37,20; t Ba.u.12,17; 2 EO'op.14 ,J ccc.),
casi in cui l'espressione non si riferi- anche con Dio per soggetto (Gen. 18,
sce 3 Dio: fatta eccezione per alcuni pas- 21; \)1 93 ,7; ls. 5 9, r6 ecc:.). Molte vol-
si qwtli Gen. 31,2.5 (cfr. anche Ex. 34, te, nei suddetti casi, una percezione fi.
35 e 4 Ba:o-. 14,8.n par. 2 Par. 25,17 . sica ha probabilmente precedu10 quel-
2r); Gen. 46 1 30; 32 1 21, essa significa la mentale: non so lo una sensazione vi-
soprattutto (poter) visitctre qualcuno, siva, ma forse anche uditiva o d'altro
essere ammerso alla prese11za di qualrn- genere (ad es. Ge11. 2 ,19 ; 42,1; Abac.
no: Gcn. 33,ro; 43 ,3.5; 44,23.26; (cfr. 2,1). Dato che anche rii'a può, come
I Mach . 7 1 28.30: avere un incontro per. bpaw (-4 col. 889) avere alui signifi·
sonate) e nel linguaggio di corre 01te11e- cari, i LXX hanno seguito fedelmente
rc udienza (Ex. io,28 s. ; 4 Ba:cr. 2,5,19: il testo ebraico anche quando avrebbe-
ol opwv·m; "t'Ò 1tP60'W7tOV 'TOV Ba.O'LÀ.iwç, ro potuto servirsi di altri termini (cfr.,
«quelIi che vedono la faccia dcl re» , un ad es., Ex. zo,18 ; Is. 44,r6). È ancora
titolo dci fu n:donari di corte ; cfr. anche l'ebraico a spicgnr.e la grande frequenza
Icr . ;2 25; Erth . r,14). Troviamo anche
1 dell 'irnpcrntivo, nel significato di fare
il semplice los~v (senza 7tp6cn->7tov} col attenzione, stare attenti, per introdurre
significato di visitare (2 Ba.cr. r 3,5 s.; 4 un ammonimcmo, una minaccia, ecc.
caso di t'llW1ti.ov non è più st!ntiro chiaramen- mane• <.JU•l•insi riferimento ad un'immagine
te il nc•so elimologiro con 'voho'. (-> 111, roll. 139 ss.) pur non essendo a~a1ro
difficile cogliere •nrora l'eco di una situazio-
'8 Se si accetta l'ipotesi che 'appnrirc al co- ne cultuale. Nell'A.T. predomina cl stnso dcl·
spe110 di Dio' sia t1na correzione di 'vedere la la vicinanza spi rirua le di Dio. Cfr. GUNKEL,
fotci;i di Din' ( -+ n. 56), allora il numero de- op. cit. (-+ 11. , 4) 41 ; J. H""rrEr., Golt rmd
gli c•cmpi nel 1esto ebraico ì: molto più alto. Memch im rl.T. = BWANT 3 F. 2 H.' ( 1936)
Per i paralleli babilonesi cfr. -+ BAUDISSIN 267 : L. Kom.F.R, Theologie des 11.T. ( i936)
189 ss.; F. Ni>Tscr-ru, 'Vas A11gl'Sicbt Col/es 1 o8 ss. Per l'influenza cananea -+ BAUDl~SIN
scha11e11' 11t1ch bibl. tmd bab7l1111iuher A110as· 192-196: -+ liULTMANN q 8 n. I ; 18r n. I ;
.r1111/l. ( 1924) 62-76. Anche se la loc'U>.ione a- cfr. anche E.C:. GULIN, Das Angcsirht JabccJ
vciS\~ indil'ato in origine il solfc1 rnarsi <levo- ihi A.T.: Anuales Academiae Scicmiarum Fcn
10 <lnvanti ad un simulacro dd dio, ncll'A.T. nicae voi. XV II 3 ( 1923) 5 ss. 22 n. 5.
òpaw B 1 i (\\/. Michadis)
S') L'imperativo rse (toE·t<) può esser S<,gu ito partecipe; in ls. n,10 è la ljlvx,i} che vede.
anche da proposilioni dipendenti introdotte 61 Per la costruzione con b' dr.GUNKEL, op.
da O'tc, b:>ç, d o ùa un pronome interrogati - cit. (~
n. 54) u8, tul I.
vo. Cfr. M. ]OHANNESSOllN, Der \'(!ahrne- M Entrambe .le volte l'ebraico ha JafJat, fossa
mzmgs.ratz bei d cn V erbcn dcs Scbens i11 d er ( "' Sheol); i I.XX hanno e vidente.men te con-
bcbr. und gricch. Bibel : Zeitschr. fiir ver- nesso Jabat con tbt, rovinare (i nvece che con
glcichendc Sptachforschung 64 ( 1937) i45-260. fwfJ, affo11dare); . d r. GESENIUS·BUHL, s.v.
Il frequente uso di eioov xal (oov nella de- Jahat. lob 38,17' : w"fo'iiré ,ralmàwet tir'eh,
scrizione delle visioni, sopranuno in Ezcchic· non indica l'esperienza della morce ( = mori·
le, risponde allo stile narrativo semitico; dr. re ), ma la conos~cnza piena dello Sheol (i
M. JoJJANNESSOHN, Das bibl. xat toov in der LXX hanno le110 w'JD'ìfrli).
Erziihtunf!. saml seÌllcr hebr. Vorlage : ibidem <i' -+ B.wo1ss1N t76: «È chiaro qui che 've-
66 (l939) J43-<95; 67 (1942) 30-84. dere' non si riferisce agli ani cultuali che so-
(>() In Ecci. 8,16; Lom. 3,r ed ancor pm in no percepibili coi sensi, ché anche se si può
Ecci. 9,9; 2,1 il senso è olfuscoto Jalla cradu- ammirare la 'gloria', non si può certo scorge·
zione letterale. re la 'potenza'». -+ li, coli. 1368 s.
•.• Mentre in questo testo è l'oc-chio che vede 6S Is. 66,19: « ... che non hanno mai sentito
(cfr. ljJ 16,2), in f.ccl. 1,16 è la xaplilct. ad parlare di me (OUX. a:<l)XOO.oiV IAOV) né hanno
aver visto croq>lct. e rvwcrtç, ne è cioè divenuta visto la min gloria (ovo~ twp6.x.acr•v "<i}v
:r,,;,., R 1 • ( \\". ~lichnclis)
Ll,8 ~ col. 930). Nel contesto di ca- a ou.mto abbiamo appena detto circa
li passi si parln sì pii1 l'Ohe di òcpDfjv:i.i l'uso solito delJa frase 'vedere la obço:
dclJa oo~cx xvplou (Ex. r6,ro; Lev. 9,6. di Dio'. Ciò è quanto mai evidente per
23; Num. 14,10; 16,19 ; 17,7; 20,6), Ex. 16,7 grazie al parallelismo con 16,6
data una concezione in sé più concreta (in entrambi i versetti possiamo inten·
cldla o6çcx xvplov ("' n, coll.1J()5s. derc all'incirca essere convinti, essere
1 37.5 ss. 1378 ss.); fo concretizzazione certi). Anche Is. 4os (w'niJ!Lti; dr. 60,
vera e propria non consiste però prin- 2) e ili r6,r 5 (due passi in cui non c'è
cipalmente o esclusivamente nell 'uso di traccia di una concezione concreta della
6<p~vm, ma si esplica piuttosto nel- 06ça) mostrano chiaramente che 6<pìlfi·
l'uso particolare delJa frase 06ça xvp(ov VCXL indica il momento rivelatorio in sé,
e si esprime chiaramente soprattutto seni.i alcun cenno ad una percettibilità
nella menzione della vEq>ÉÀ.TJ (-> v11, (Ìsica r~ Il, coll. t355 ss. 137o ss.).
co l!. 916 s.). Ora la nube, che viene as- b) ~À.É1tW ricorre poco più di i 30
sociata anche in altri passi alla SO!;a volte, di cui 38 in Ezechiele; 35 volte
xuplov (ad es. Ex. 24 ,l 5 ss. ), non ne è in questo profeta i! verbo indica l'orien-
rnmento geogrnfico o architettonico ( -
però che l'involucro cd anche quando
coll.890 s.): tale accezione s'incontra an·
si vuol significare «lm rc;1le manifcsrar. che in Num.21 ,20; Ios.18,r4; ::iPar.
si della gloria di Dio» (~ 11, col. 1366; ~.4 61 • In questi casi, quando c'è un ter-
dr. Ex. 2 ..p 7) non si può dedurre dal- mine ebraico corrispondente, abbiamo
generalmente pana al q~I; 9 volte il so·
1'uso del verbo òqi~ijvaL in che modo la stantivo paneh, il davanli , la facciata .
oé>!;a. xvplov abbia cA'e trivamente mo- Altrimenti ~Àtr.w corrisponde quasi e-
liò!;rxv 1~ov)• : come il primo emistichio indico quest'ultima frase in rapporto, sin pure • po-
lo ricezione del messaggio, cosl il secondo lo stctiori, coi testi che abbiamo disn1sso, pos·
partecipazione a quella mielazione della 66~rx siamo a buon diriuo parlare tli un termine
che cosrituisce il contenuto dell'annuncio. tecnico dei racconii di rivelazione (-+ 11 , ço!J.
6ò 2 Mach. 2,8 (--> 11, C<>l. 1378; vu, coli. 897; 817).
9t6 s.): «Allora ... la gloria del Signore npp:>-
ririt... come si manifestava ai tempi di Mos<: 67 crr. anche Prov. 16,25 nei LXX; r-1,12 è in-
{Wc; ÈSÙ MwlXTfl 1:011"1..oii;c l•: se poniamo vece r~·so diversamcnrc.
ò:'.4.w B 1 1 (W. J\lich•di<)
sclusiva01entc a rti 'a ( 'Juasi sempre ttl c) 67t'"tci'.voµm s i riscontra due volt<',
q:i l). J\ nche nei LXX BHnw ha più d<:- entrambe all' imperfetto, ed inoltre :ti
g li altri verbi di vedere il signilìc.:atn presente in un 'aggiunrn che ricorre 1wl-
nvere la vista, essere in grado di veder<' l'Ecclcsh1stico dopo 1 ,ro e in passi suc-
(ad es. Gen. 48,JO; r Ba<i. 3 ,2 ecc.; cfr. cessivi ( - col. 9 37 ). In 3 Bacr. 8 ,8 ;,,_
Ex. 4 ,r1 e, in senso figurato, 23 18 )~. rii'rl è reso la prima volta con ÉvE{3À.É-
Leggendo Ecci. r r ,7 : àyai)òv -.o~<; '1tO\l'l:O, men1re la seconda si legge («le
oq>i)aÀµOÌ<; '"tOÙ ~ÀÉ1ttW r:JÌJV ( riprodu - estremiti\ delle stanghe dell':trca) non e-
z ione della particel la ebraica indicante rano vis ibili Hll 'esterno» , oux W!t'tcX\I0\1-
l'accusativo, secondo l'uso di Aq.) '"tÒv 'to i!;w (il senso è certamente passivo).
i)l~ov, «è un hene per gli occhi vede- Tob. 12, r9 (codd. AB): micraç 'tèt.<;
re il sole», il lettore greco si sarebbe ri - iulipaç W7t'"t(l\IOµT)'V vµi:\I, xixt OVx E<p(l·
cordato della locuzione iilwv rn.im:w yo\I ovSÈ €mov, aÀ.Àèt. lipcxaw ùµ.ti:i;
(--> col. B9ò) ed avrebbe colto il sen- tlkwpd'tE, «tutti i giorni mi tacevo ve-
so della massima. Pilt volte PHnw è as· dere da voi, e non mangiavo né beve-
sodato ad àxouw, ma tanto in Deut. vo, ma voi vedevate una visione»: in
29,3; I s. 6,9; 44,18; ler. ),2 r; Ez. u, yuesto passo non si può certo offermare
2 quanto in Dan. ),l 3 (Theod.) si tr:tt- che òn:.à,,01.1.ai indichi un'apporizione
rn chiaramente di percezione mentale. nel senso di una oprunç, ché quest'idea
Dato che ~ÀÉ7tw non è affo1to usato e- affiora esplicitamente nella seconda par-
sclusivamente per la percezione senso- te; il fatto che nel cod. S ~EwpÉw sia
riale, esso può essere predicato (benché cos tru ito con o-rt lascia piuttosto pensa-
ciò accada di rado) anche di Dio: t)i 9, re che nei codd. AB W1t'ta.v6µ11\I ... xat
32.35; Eccltts r5,r8 (cfr. 19); cfr. inol- riproduca fedelmente la paratassi del
tre Dan. 3 155 (LXX). L 'nttributo di Sa- testo ebraico, così che le proposizioni
muele htiro'eh è tradotto ò (3lbtwv in coordinate significhino veramente «mi a·
l Daa. 9 ,9.n.r8; 1 Par. 9,2 2; 29,29, vete visto tutti i giorni cbe non man-
ma è lasciato intradono in i Bao-. 9,r 9 giavo né bevevo». In Num . r4,r4 ab-
( in 16,4 i LXX hanno letto o confuso bia mo Òrc'"tci'.SOl-l<lt come forma passiva
hiiro'eh con bO'd~d :iggiungendo perrnn- intransiriva : oO"'"t•,ç òq>i}aÀ.11oi:ç xa'"t'6cp-
ro ò {3).É1cwv; in / Par. 26,28; 2 Par. 16, i}aÀµoùç Ò7t'"tcX~'!l (testo ebraico: rii' ala
7.10; ls. 30,10 ro'eh è reso con itpoq>'T'}- nif'nl), «che ( = Dio) si fa vedere fac-
'tll<;l. Troviamo inolcre (3M7tw, quando cia a faccia ».
~i tratta d i una visione estatico-profcti-
c:1, nella domanda 'tl O"V (3ÀÉ1tE~ç; «Che d) i)Eci:.oµat: ricorre otto volte nei
vedi?» (Am.8,2; Zacb.4,2; 5,2; fa:.13, LXX e ancora quattro in altre trncluzio·
3.6). !3Hnw non è invece usato ne lle ni; ha solo una volta (2 Par. 22 16) un
frasi 'vedere Dio', 'vedere la oo!;a di corrispondente termine ebraico (rii'i1) e
Dio', 'vedere il npOaw7tov d i Dio' (ma sign ifica visitare. In T ob. 2,2 (codd. AB)
in 2 Ba<i. 14,24 ~bbiamo la locuzione indica lo sguardo stupito; cfr. anche 2
tipica dcl linguaggio di corte -.ò rcpocrw- Mach. 2+ In Iuditb r5,8; Toh. 13,7; 2
itov {3Àl7tEW ). Mach. 3,,6 s i 1rn11a della conLemplazio-
"'~ Secondo L11>0ELwSCoTT, s v., Sap. t3.7 ~a tradurre le COSI' che si vedo110; cfr. anche r7,
rebbc l'unico caso in cui >t<Ì. jH.rnbµEVet signi· 6 ~ col. 91n. Anche nei LXX il J>•ssivo di
fic:i 1/ mondo msihile; pure non vuol dire 13>..Er.w è nuo: dr. ancora Sap. 2,14; 2 Par.
rcalmc111c tuuo il monclu \•isibilc, ma sohan 5,9 (2 vohc); fot. medio {H.l.V011a;~: De111.
to ciò che si offre oll'o.V~c;. È meglio quindi 28,J2.34; lob 10.i; Ts. 29,18.
'J!l il'.llj)
m· ddlc opere di Oi,1 d1,· i"•ri .1 a loda- sano di r.1,l.i; :inche in ljJ 26,4 i LXX
,.,. il Signore; in Tob. 1 1. 1<• (l'oc.ld. AB) fanno ri"il 1:m: ancora di più ciel test11
all:1 visione della fu 1 u1~1 ~ofo d i Geru- ebraini l'id.:.1 de!ll:1 partecipazione al
salemme; in ludith 1 5 .8 imlim il vede- culto. Mol111 più rari sono i casi in cui
re che porta a ronvinn:rsi persona l- il vcrb<> m111 indica la perceF.ione lisi..::1,
mente. Tuctavin le pkrn lc precisazioni ad cs. lji72 ,3; 'foh .9,3 (ccxJ. S); l\165,
in ;i Mach. 3,36 (tnt'c.j/Lv, «Coi propri 18. Solo in Sap. 6,12; r 3,,5 abbia mo
occhi») e in 3 Mach. 5.47 (xépcr.>.<; l'acce-/.ionc conoscere: per 6,12 cfr .
òqiì>cr.ì..1.IWv, «con le pupiUe degli oc- n:poyvwallijvcr.i in 6,t 3; in 13,5 leggia-
chi») sianno ad inJirnre che il semplice mo (si noti la somiglianza con Rom. r,
l}EaoµcxL non implica nccessariamcnre 20 ): tx yàp µE yÉ1'011c; xctt xa>..Àovijc;
già di pe r sé la testimonianza oculare. x·nO"µtt't'WV O.vcx>..oywc; ò ytvEO'~ovpyòc;
a..v't'wv DEwpEhm, «poiché dalhi gran-
e) il'EwpÉw: ricorre 56 volte, di cui 13 dezza e bellezza delle cose creare si può
in D1m. (LXX) (e altre 17 voi re in Dan. conosce re, l'agio nando, il loro autore».
[Thcod.]), I2 in 1-4Mach.8 nei sal-
mi, 6 nella Sapienz<1 (è as~enrc nel Pen- 2. '\federe' nel/' A. T.
tateuco, in I-4 Bcxa., in Giobbe, nei P ro-
ferì ( ecce110 Daniele]); spesso alui ver- L'~mbit o semancico dci verbi di ve-
bi di vedere appaiono come varianti dere in greco cd in ebraico coi ncide lar-
e concorrenti di ltEwptw. Quando c'è
gameme, per qu anto riguarda la d is rin-
un corrispondente termine eb raico nel
T.M., il'EwpÉw rende 11 volte rti'a (in Da- zionc tra percezione fisica e mencalc,
niele, però, soltanto in 8,r 5 [LXX] ; al- cosl che i traduttori dei LXX non si so-
trimenti traduce o l'ammaico hiizéh no trovati ad afironcare difficoltà insor-
hawà o, pii1 raramente, pazd [inoli ~e l'e-
braico !>in.a in tji 26,4 ) ). Nel libro di moncahili, fatta eccezione per alcuni
Daniele, fatte poche eccezioni (3,9r passi (ad es. Ge11. 39,23; 41,33; Eccl11s
(LXX); 3,94 [LXX, Theod.]; cfr. S11s. 7,22; fr. 5,n) "°. Nei n umerosi passi in
37 (LXX] e 8. 2 0 [TI1eod.)), indica il
1..11i si predica di Dio un verbo d i vede-
vedere in visione. Generalmente i)tw-
pfo.> significa la vista come pe(cezione re70, bisogna considerare fino a che pun-
senso ri ale: los . 8,20; !ud. 13, 19 s. ccc.; lO tal i vc rbi possono aUon tanarsi da lla
vedere il sole o la luce = viveri:: Ecci. perce:r.ione fisica in senso stretto (~
7,u; Tob. 5,10 (cod . S}. In armonia
col suo significato di porlecipare ad coli. 9u; 9 q; 919; 922): gli ancropo-
u110 festa ed essane spe11a1or1', llEwpÉw morfismi veri e propri sono quanto mai
ricorre in I ud. i6,27 (cod. B: gli ospiti rari.
' assis tono' ai giochi di Sansone) ed in 4'
67,25 (si 'guardano' le process ioni): in I casi più evidenti sono Cen . 6,r 2;
questo pnsso il verbo s i trova an che in r r,5; Ex. u,1 _3.23 ; invece Ccn. 9, r6
Aq., T hcod., Sym., che alnimcnti lo u- può significare anche «ed io ved rò di
rimrJ;1rmi», dato che i LXX hanno tm- notare che, da una pa rte, i v«1h1 dr ve-
do1111 o\jiolUXL 'l"OU µVl')O'f}fJvo:L, tra)a- dere coprono un arco s<: 111:1111 in' drc >i
sciantlu ( vr• luttt mentc?) di rendere il
suffis~~~ pronomi nale in r"'ltihti. In Ex.
allontana a volte no1evo l 111e111~· d:11l'nt-
3.4 doE'J significa 11otò, .ri accorse; in r to visivo vero e proprio e che, dall'a l-
liac. 16,7 la distinz ione tra il 'vedere' rrn, anche g li altrett:mto numc:·osi ver-
umano e divino è srnhi li ta con b mas- bi di udire (ad es. &,xolJw rico rrc un
sima chiarezza, pure fo gi:1 cnpolino il
senso traslare di co1uùlcrare, giudicare ro8o volte) vengono us:iti per indic:ire
(per lob io,4 ~ xo:~opa\11 2). Nel lin- processi mentali ed inoltre che altri
girngg io poetico del salterio, dei profe- verbi (come ay-yÉÀ.),w, ywW<rxw, o~
ti ccc. si dice frequentemente che Dio
vede: in ~ r3 ,2 lot~v signific,1 sl p iut- oci:axi..1, XTJpVO'O'W, µavìM.vw ) possono
tosto constatare che vedere , ma poco essere 11ssocia ti tanto al vedere quan-
prima si legge: XVpL~ Ex "tOU ovpavov to all'udire. Per ciò che riguard:i le as-
oLixuljiev, «il Signore si sporse dal cic·
ser-..:ioni <li portata teologica sul com-
lo»; cfr. anche Lam. 3,50 ed Ji-.63,r5;
inolm: fob 31,4; Ecclus r,9; ler. 23,24; portamento dell'uomo verso Dio e la
in sieme con Èm(31bmv: ljl 32,13; Lam. sua ri\•elazione, risulta che ncll'A.T. la
1,u; 2,20; 5,1. In questi casi affiora bilancia pende dalla parte dell'udire
già l'accezione esaminare = constatare,
(dr. onch e ~ r, coli. 586 s.). Vogliamo
osrervare (cfr. a nche tot ~ col. 915).
È comunque sempre sign ificativo che J imostrnre questo stato di c0se in due
anche un 'e tà più tarda non ahbia trova- q uestioni che è appropriato esaminare
to inappropriato dire che Dio vede 71,
qui: il 'vctltrc' visionado-eslaticl)·pro-
così che i LXX non hanno :wuto motivo
per introdurre alcuna modificaiione in fetico ed il problema se e come ~in pos·
quesro rispetto. In lob 35, r 3 s. Dio è sibile vedere Dio.
chiamato òpa>t1}c;, al contrario dcl T.M., a) Vedere in senso visionario-es1:11ico-
forse per influsso di 34,21 ' 2 • I passi
in cui ricorrono òqit}cx.À.1~6c; ( ~ 6qi1la),. profecico 'J
fl6ç 2) ed ~ É1ton"tl')c; vanno inclusi in òpriw e<l doov (che rendono rii 'll cd
questo discorso e si adattano perfetta- (1ii:r.iJ) sono i vocaboli tipici per indicare
men te al quadro generale. P er i casi in
cui BlÉnELV è predicato di Dio ~ col. i I vedere visionario-estatico-profetico
9 r 9; lkciO"i}a~ e lkwpEiv non sono mai (del resto ~ coli. 919 s . e n. 59).
predicati di Dio. bozeh, il titolo dei 'veggenti' general-
Per chiari re come, nell' A.T .. vada menre professionisti ed al servizio di un
valutato il vedere, tanto di per sé quan- re, è m1dotto nei LXX con ò òpwv: 2
to in con fronto all'lldire, è importante Bmr. 24,lT. (=I P11r. 21,9); 4 Bcx.cr. 17,
11 Cfr. KoHL6R, op. cit. (~ n. ,x) 6 circa la versi. Ricor<lhuno ancora lo studio esauriente
funzione degli antropomorlismi ncll'A.T. di -+ J-IANEL; C'fr. inoltre F. I l AEUSSERMANN,
72 bpai:fic; appare ancora solrnn10 in 2 Baa. l'(!01"f<111p/c111g und S7111bol in dcr ar.lichen
23,21 come variante (per opo:i:Q;). Prophetit = ZA\V Beih. 58 (1932). Troppo
7lUsiamo qui questo concetto comprensivo spesso in KOHLJ:R, op. cii. (-+ n. 58) 86-91 il
per includere insieme, per praiicità, tipi di- m:11criale non è differenziato. -+ 1tpoq>i}"TT)<;.
'' .· • l \ . ~ :•1 I òpé.w B 1 2 I\\'.,\\,. !u.·11 .1 (v,330) •P"
1 1. .' /',lf . .,,29; r2,r5; 29,25; 33,18 s.: 1.111.1I 1 ,K L'l'l'.) non sono di genere uni
i11 ..1i1 .. 1111/. 7, 1 2 74. Per hifro'eh si è prc 1i.-n !dr. 4,1), ma rientrano 1wll:1 v.1
kri1a invece la t raduzione ò BHm.l'.I ''" r:tlq.\oria delle visioni pro(e tiche 11
(-> m l. 919). Nell'A.T. non si ripnr. d1« so110 d i caratter.e alluci11a1or io o in-
1:11111 ·visioni' avute da tali 'vcµµ, ·nt i· 111i1 ivo e possono avveni re sia di gior-
(in 2 Ba.cr. 24,rr; 2 Par. 29,2~ si 1r:JL1:1 no che di not te 73 .
Se si !H•i> ip.>1 izzarc
piuttosto di una rivebzinn..: \<'rh;1kì. che l'uso di ra'a o di bii::à nell'ebraico
Anche nelle rÌ\•elazioni dur:imc il son- possa dipendere, trn l'altro, Jal facto
no si può ave re un òpéiv ((,'1'11. 3 1,ro; che si mmi <li visioni genuine, di o rigi-
4 r,22; cfr. Num. 24 + 16); si noti l'as- ne d ivina, o d i visioni false, che scatu-
sociuzionc con €.vu'ltvLov iu Gen. 37,9; riscono «dal proprio cuore» 19 , nei LXX
40,5.8 ecc.; Esth. 1,1" 1 ; io,3b; Mich. tale dis tinzione è svanita perché si usa
3,7; Dan., passim. Tali visioni oni riche uniformemente opciw: dr. per ra'J, ad
sono di tipo puramente ouico 75; le im- es., A1n.7,8; 8,2 (cod.A); Zach .;i,1;
magini ed i simboli che si scorgono de- Ez. 8,17; foci 3,1 (associato a {1a:i:on );
vono essere interpretati da persone che per {10za, ad es., Am. 1,1; Mich.1,1;
sono sta te particola(mente dora te (da E:i:. i2,27; 13,9; Lam. 2 ,14. Le cnra tte-
Dio ) per questo compito 76 • Le vi~ ioni ristiche per de terminare fa genuini tll
oniriche sono considerate, ma no n sen- delle visioni coi ncidono con quelle che
za riserve (--+ IV, coll. 13 u ss. ), rivela- servono a s tabilire la gen uinit:ì delle ri-
zioni, comunicazioni della volontà e velazioni profetiche in generale (--+ v,
della conoscenza divina(--+ coli. 646 s.). coll. 11 3 ss. ). Si può affermare in par-
Esse non vengono però designate come ticolart:: «L'uomo è sempre e soltanto
u n Òq>Ì}i'jvcx.L d i Dio e rappresentano un colui che riceve la rivelazione, mai co-
ti po <li rivelazione d ive rw d::i y ucllc che lui che la provoca», non esis te «alcun
avvengono d i no ere, ad es. in 3 Ba..,-. >, procedimento umano, sia preghiera o
.'.i(~ coli. 93.'.i ss.); anche Gen. 28, r oss. sacrificio, o un3 qualsivoglia tecnica, con
(--+ n. 92) non rientra tra i casi che esa- cui l'uomo possa provocare un 'appari-
miniamo in quesca sezione. zione cli Dio» ... Invece è Dio che 'mo-
Le cosiddette visioni notturne di Zac- stra' ai profeti le visioni (ad es. Am. 7,
1
74
Pt11·1kolnri 1à dci LXX: ls. 29, ro (dr. 47,13); a Può essere discutibile fino a che p umo si
~o, ro; N11111. 24,3.15:òpiiv m:in1ico (rti'tl): l possll parlure in questi casi di esperienze è·
B<Xc. 21!, u s. sr.ttichc. Cfr. -+ 11 1, coU. 338 s.; -+ HANP.L 6 <-
75 Un '«cczione è costituita <la unu rartc degli 64.8o; HEMPt::L, op. cii. (-+ n. 58) 96 n. 9.
tviimiux di Ddnicle.-+ MtCHA!iLIS 151 n.r43. n -> BA UDI SMN, spec. 207 ss.; -> HXNt1. 7-
13.
"Pc~ GC11. 31,11 -> ~itOIAELIS 1'1 n. 1-14. so Kottt..l'R, op. rii.(-+ n. 58) 87;-+ m, coli.
77 ..... HXNEL l l ' · 12.2. 338 s.
Oç<iuJ A 1 2 (\V. l\l iclrnclis}
1.41; 8,r; Ez. 40,4 [--+ u, coll. 8r3 s.; che) persone, :tnimali, oggetti, p n>t·e,;:;i,
br. r'h all' hi('il]). Abbi11mo qui umt dif- come quelli no ti alla natum ed alla \'i-
ferenza fondrunema le rispetto agli sfor- ta, che possono essere :1J1Chc sogge1 ti
. i, noti all e relig ioni misteriche ed nll u a una deformaz ione meravig lios:t o a
nosi, per o ttenere una visione mcdi<tn· una d istorsione fantastica, oppure appa-
ce la concempl:izione od altri mezzi e- rire in veste mitologica o appartenere al
stern i. mondo celeste, ma ma i Dio stesso. È in
Non esiste un termine tecnico per armonia con In concezione veterotesta-
indicare le 'audizioni' e sia /:Ja::.on,
11
mentaria di Dio che egli si riveli con (re-
mar' eh ecc. sia opCXD'L<; ccc. vengono u- lativa) immediatezza nell a parola e non
sati anche quando non si tra tta affatto nella visione, all'ud ito e non alla visto.
di una sensazione visiva. La cosrarrla
A meno che ragioni grammaticali non
di quest'uso linguistico sta ad indicare richiedano un diverso costrutto, il con-
che in o rigine il momento visivo deve tenuto de.Ila v isione è, con opciw, all'ac-
esser s tato predominante ed è cosl tan· cusativo oppure è introdotto da locu-
10 più n otevole che si sia passati ad una
zioni <lei tipo tloov xcx.t loov (--+ o. 59 ),
ma non da (.'xplh) (le uniche eccezioni
preminenza del momento uditivo. Nei sono 2 Mach. 3,25; Dan. 8,1 [Thood.]).
p rofeti, soprnttutco ne i maggiod, non è A t;1le particola rità fa perfetto riscon·
possibile misconoscere la preponderan- rro il fatto che wcplh1 è, d'a ltra parre,
l:t forma verbale tipica per indicare la
za oggettiva dell'udito sulla vista; ge- presenza (non visiva) di Dio che si rive-
neralmen te il mo men to della rivelazio- la) ( ~ coll. 935 ss.).
ne verbale sta in primo piano anche e- L'affermazione che nelle vision i non
ste rnamente, menrre le rivelazioni visi- s i vede Dio stesso , non trova un limi-
te neanche nella menzione della S6l;cx
ve «vanno riducendosi a cosciruire un xuplou nelle visioni di fa.echjele, tanto
semplice sfondo delle rivelazioni ver- p ii) che anche la oo!;a non è descriun
bali»(~ r, col. 587)lll. Dio stesso non e in t ,28 solo molto vag:lmente si parla
della opwn<; 6µoi.Wµcx.-ro<; 06l;T}ç xup(ov,
è comunque mai oggetto o conce nuto <«tpparizionc dell'immagine della glori:1
della parte visiva delle vision i p rofeti- del Signore» (cfr. i,26; 3,23; 8,r ss.;
che; ciò che si sente è Dio stesso che ~ 11, coli. 1367 s. n . 32). Colui che pa r-
l:t col profeta non viene alfotto descric-
nella visione dona la propria paro la al
co ed evidenrementc neanche visro ( cfr.
profeta; 01a ciò che si ve<le n on è Dio 43,5 s.&J; 44,4 s.). Solranro in u n passo
stesso, bensl (come nelle visioni oniri- tard ivo (Dan. 7,9) troviamo una q ual·
11 Anche Ymflt1 non signific-~ dudivo11c, ma s1 Ko111.l!R, op. cii. (-> n. 58) 87: «Anche la
111t11u11cio, m eswggio (-+ HXNEL 82 n. 2. 6 7- rivdozione nelle visioni è rivdazionc verb•lc•;
71.74-80). I LXX trad ucQno felicemente &.y- dr. $(1prnttut10-+ vr, coli. 277 >.; 1, c·oll. 587s.
YEÀLa. (ls. 28 ,!)) ed ci.xot') (5J,1); 'IEp. ~o,8 Comple1amcn te div~rso è il parer~ di -> BARTH
(T.M. 49,14 ); Ab1l. r ,1; l r 28,19;-+ r, coli. 62 ss. 68.30 8 n. 124.
5<)6 s. SI r LXX hanno reso 'dko11-J,lm tr:~. 43 ,7) con
(v,33 1 ) 9\•l
che <lescriziotw. appn•ssi mat iva e in· di Dio dur:rntc le teofanie non è mess;l
completa, di l>in. Pure b \•isione di in r:ipp<lno mn la visione di Dio nelle
Dan. 7,1-28 non mira alh descrizione
dell' 'Antico di g iorni'. 111:1 alla sorre d ei vi,,ioni profc1id1e; già 12,6 (un verset·
quattro imperi; cd ino hrc la non meno 10 che: l: frutto di una riflessione tardi-
illl[X>ttantc figurn dcl 'figl io d 'uomo' (7, "" e; va riferito ai profeti-scrittori dei se·
r 3) non è ;1ffo11u desc rim1. Soprattutto
va p erò rin •rd;Ho che le vision i di Dt111. coli v111-v11) dice in rutta chiarezza che
7 ss. non sono che forme letterarie e i profeti nelle loro visioni non vedono
non descrivono a/fo tto delle vere vi sio- D io, nia che in quelle occasioni Dio fo
ni profetiche. Am. 9,-r è evidentemente couoscere la propria volontà parlando
solo una formula inrroduttiva e non già
la comun ica2ione, dì portata uguale al loro. La prerogativa di Mosè enunciata
discorso di D io, del fatto che il profeta in n,8 è che Dio ha p arlato so ltanto
ha visto nella visione Dio stesso ( cfr. con lui peb 'el-peh, o--.oµa xa-.l.t rno-
anche le formule introduttive di 7,1 .4.
i; 8 ,r e la formulazione di 7 ,7 nei
µa, «a bocca a bocca» e.o. Il confron to
LXX ). Nella vi~ione in cu i Isaia riceve che viene stabilito riguarda dunque il
la sua voca:tionc profeiica (6,1 ss.), in- modo in cui Dio ha parlato da una par-
vece, b frase ErboV 'tÒV XVpLOV ( 6,1) vie- te ai profeti e dall'altra a Mosè.
ne sotrolinca1:1 p oi ( 6,5) con l'aggiunta
-.or~ ò<pl'cx.À.p.o~ç 1~ov: comunque nean-
che qui si d escrive la figura di Dio (~ Tanto Ex.33,IT (confrontato con .33.
III, col. 14 I ). Tuttavia Is. 6,1 ha una i8 ss. ) quanto Deut. 34,ro (cfr. Nu111.
posizio ne tutta particolare: né abbiamo 14,r4) fanno vedere che questo parlu-
qualcosa <li analogo in altri profeù (cfr., re peli 'cl-peh non implica che Mosè ab-
ad es. I er. 1,9) n~ ciò si ri1:iete nell e bia visto clirettamente Dio. Le parole
altre visioni d'Isaia. In 3 BM. 22 ,1 9 che seguono in Num. 12,8 (1ìt'mt1nat
(= 2 Par. r8,18) Micheo ben Jemla d ice ih1vh iabbit) sono forse una glossa: non
finalmente di aver visto Dio sul trono c'è una frase corrispon<lente in 12,6;
celeste e <li ave r assistito alla scena che vengono usati termini rari e, soprartut·
si svolgeva rra lui ed i suoi servirori. to, si parla di Dio in terza persona. An-
Questa tes li monia.nza abbastanza antica che se la frase fosse però originaria, il
è comunque piLitrosto una formulazione rapporto di naba~ ad Ex. 3 ,6 e di f'mil·
poetica, più v icina a lob 1 che a Zach.3, nO 11 Ps. i7,15 e soprattutto a De11t. 4,
un rivestimento le tterario della 'parola 12.15 fonno apparire dubbio che qui si
del Signore' che Michea deve annuncia· voglia dire che Mosè abbia visto Dio.
re a<l Achab. La tmdt1zionc dei LXX xat 'tfJV oò~cx.v
xuplou EtoEv, «e vide la gloria del Si-
b ) V edere Dio nelle teofanie , ecc. gnore», pt1ò essere intesa dal leuorc
In N11m. 1 2,8 la visione immediata sol!:uuo nel senso che MO$è si avvide
;{(l:tM;{T)vWUH i:ò o•;oµ& µov ( = Seni): si tlflii' b'mar'eb w'lo' b'bldot, «né in visione né
allontona ancor più l'iJca die si possa R-dcrc mc<lian1t: enigmi»; pc::; la lezione Jei LXX ~
Dio. lii, col. 123 n. 7. L\:segesi rabbinica e~ I, col.
480) fn ogni sforzo possihile per riuscire ad ar·
84 Le p:11«1lc che ser,uono vanno forse Jcue monizza rc:- il 1csrn 1rosmcsso di 12,8 con 12,6.
6~6.1.i B 1 i (\'il. Michaelis)
della 06~a. xuplov ovvero che sentì la f S:.lCCO 3bbia 3\'ll lO delle teofanie (non
p resenza rivelatrice <l i Dio(~ coli. 9r6 si pensa certo qui all'angd ofan ia d i
ss.).
Gen. u,1 l ss.). Se confrontiamo 6, 3
Nel ro veto a rde nte (Ex. 3,i) 'appar- con la menzione dci patriarchi in .s ,1 6 e
ve' a Mosè (wajjérii'. .. 'elàw = wr+>lh1 4,5, possiamo Jedurre che ÒCJl»i)vcxl -ri-
oÈ a.ù-rQ) l'angelo di Jahvé, al cui posco vi, quando ricorre con tale enfo~i, si-
suben tra, Ja 3,4 in po i, Dio srcsso ( ~ g ni!Ìca provare a qualc11110 di essere il
1,col!. 205 s.). In 3,6 è detto espressa- suo Dio; questo va tenu10 presente an-
men te che Mosè si coprl il volto «per- che per 3,4.
ché temeva <li guardare D io» (LXX: Ex. 24,1o s. (-') I V, col. 437 ): una
tÙÀ.a~t~-ro yò.p xa-r•1.1.~À.Éljla.L tvwmov cerchia ristretta di persone è autorizza-
-rou l}Eov, «pe rché temeva di gei ttire lo ta a sa lire insieme co n Mosè sul monte
sguardo davanti a Dio»; tale 1rn<luljo- per godere, come il racconto vuole evi-
ne tende all 'eufemismo perché implica dentemente for risaltare, di una mani-
che Mosè temesse d i guardare il pru no fe s1,1zìone privilegiara, superiore a q uel-
ardente). Si può aver qui l'impressione la concessa a tutto il popolo: Il, sul Si-
che Dio avrebbe po tuto esser visto in nai, essi «videro il Dio d'Israele» (v.
tjl!.:'S!a occasione e che ~i debba nega- ro: rii'o), «con templarono Dio» (v. I I :
re soliamo che Mosè ~bbia sfruttato baza). In z4,r non si parla, comunque,
q uesca possibili rù. Be nché sia chi aro che che di lin 'ad ornzione «da lontano~>; la
Mosè in ncs~un caso ha visto Dio, pericope di 24,1os. ap p:irtiene però, a n-
qm1ndo pure leggiamo in 3, 16 «il Si- che per quanto riguarda il resro, ad uno
gnore, il Dio dei vos tri padri ... m'è ap- strato mo lto a ntico risale nte ad un pe-
parso» (11ir'ti 'elaj, wr.-ral µoL; dr. 4 ,1. riodo nel qu,1le non si provava imbaraz-
5 ), è chiaro che l'intransitivo Ò(pl}i)vo:L zo a d ire di vedere Dio (peraltro, nem·
non significa affatto 'offrirsi alla perce· meno 4ui troviamo un:i descrizione di
zione visivn degli occhi', ma piunosm Dio, e neanche in 24,1 2 ss.). I LXX
rivelare la propria presenza. Pa rticolar· ha nno s morzato il realismo dell'eb raico
mente chiaro Ì! 6,3 ove leggiamo che e leggono (z4,ro): doov 'tÒ'J 'tO'ltov o{i
Dio è 'a ppa rso' (tvllerti' 'el, xcxl Wr+>~11v Etcrri)>m É'XE~ o l}Eò.; "tOU ' lo-pa.,;À., «Vi-
n pòc;) ad /\bramo, I sacco e G iacobbe, dero il luogo d ove srnva il D io d'Israe-
perché non si narra in alcun luo~o che le» s;, e (24,J 1 ): xai. W<pl}Tj<Tav lv -r0
i.; È lecim dedurre d:tll'ebraismo où... fat~ 5 para~l'naco a f!X. i9,19; Deul . .;,12.r ,.33; 5,
(= 'àfrr ... sam; dr. Gen.10,q; l p,,,. 6,11) 4.22 ss.; 18,16; inoltre Deut.4,12.15 con&oma-
che i LX X ha11no conosciuto un 1es10 ebraico to ron lix. i 9,> t (i LXX a11cnu:1no lir'tit in
già modi!icato in questa maniera? Cfr. altri Xet'tetvoijcnt~).
casi di simile esi1azionc nell'ebraico: Deul. :;,
~07t(/l 'tOV ì)eov xat Ec;><q~v xrxt fowv, sprimerc l'ì,k·:1 che anche a Mosè non
<• I.: nppnrvcro nel luog11 d i l)j,, e man- tra conr«"u vl'dcrc Dio direttamente ".
gia rono e bevvero». Il prinl·ipio espresso in Ex. 33,20~.
Molto più riservai i '""" gli enuncia- «l'uomo n1rn mi può vedere e restare
ti di Ex. ,3 3,r8 ss .: 1\111,~ diieJ c a Dio vivo», non implica la morte come pena
di fargli vcJc rc la sua o6l;a (33,18); prevista pe r fa violazione di un preciso
rispetto a har'e11i l'UMJ Ji ofil;6v µoL al- diviero , ché uno tale proibizione non
lontana ancora di pii1 l'idea di una perce- viene enuncia ta né qui né altrove; esso
zione sensoriale (odx'IVl1L spesso rende significa piuttos to che fa santità e mac-
r'h all' hif' il; ~ 11, coll.813 s.). La rispo- srà di Dio da una parte, l'indegnità del-
sta immediara alla richiesta di 33,18 si l'uomo dall'altra, hanno come conse-
legge al vcrscl lo successivo e forse la guenza che l'uomo non può vedere Dio
continuazione del racconto (33, 20-2 3 ov- senza essere annientato nella sun com-
vero 33 ,20.22 s. [E]) non andava in ori- pleta esistenza (cfr. ls. 6,5 ).
gine insieme con 33,18 (]). benché an-
che in 33 ,22 riappaio la o6~a 80 • La pre- Ritroviamo il medesimo principio af-
fermato foconicamente in Ex.19,21 (cfr.
cisazione divina «tu non puoi ved ere la
i9,24; Lev. r6,2; N11m. 4, 20): chi vede
mia faccia» (33,20") semhrn a tutta pri- Dio deve 'cadere' (secondo alcuni resti
ma esprimere un principio genera le tale sorte spetta anche a chi ode la vo-
(«vedere b mia faccia» =
«vedere pro- ce di Dio : cfr. Ex. 20,r9; Deut. ,5,24 s.;
18,16 ). P er questa ragione Mosè (Ex. 3,
prio me»; cfr. iir'ani: 33,2ob). ma poi 6; dr. 33,22) ed Elia (3 Baa-.19,13) si
in J 3 ,2 3 ci si scn•e del significato di coprono la foccia (il medesimo gesto è
pimim =
davanti 8', pe r distinguere tra compiuto <lai sernfini [Js. 6,2] per evi-
tare di vedere Dio; il divieto di guar-
la parte anteriore, che non si può vede-
darsi intorno in Gen. x 9,r7 .26 no n h:i
re, e 1:1 schiena , che è permesso gua rda- invece niente a che fare col nostro pro-
re. ~ allora tanto più notevole che, pur blema presente). Quando degli uo mini
non essendo completamente superata 1:1 incontrano Dio senza saperlo, son o pre-
si poi da grato s tupore per essere anco-
concezione realìscico-mitok>gica (~ 11 ,
ra in vita (Gen. 32,30; dr. anche 16,
coli. 1363 s.), si riesca ugualmente ad e- q) R9 oppu re hanno paura d i dover pre-
"" Di1x·nde d•lln d istinzione delle fonti se e cl"' ne dicn-+ B••TH 64; dr. anche 34,;•.
in qunl misum Ex. 34,5 ss. vnJ" Ictio alla Iu- ~7 D:i ciò si ~'ll l'isce che la frase 'vedere il voi ·
re d i 3 po ss. In ogni caso in )4.S ss. non è LO <li Dio' ( o: wdcr~ Dio) nou IX>lcvn essere
derto 111f111to che si sia visto Dio. Per n,t3. già liss•tn nell'uso. -+ col. 913.
i8 (cod. Il) nei LXX ~ MICJJAJ::l.IS 119. La
prodama2inne del nome divino in 33,19 (.Jl, "' L'idea grecn che Dio non sia percepibile
che CO>tirui><:c: ceno una p:utr imporrante coi sensi, ma lo sia col 'llOÙ<;. è <lei 1u110 L-
della risposta alla preghiera di M~ ( 33,18). stmnei all'A.1'. (-+ BULTMANN ll7 s.).
non può certo tsser messo sullo st«ssn piono '9 -+ FASCHBR -16 s.; HEMPEL, op. cli. (-+ n.
dcl «veder Dio ali~ spalle» d i n ,2; (E). chec- 58)8n.6.
òp&w B 1 2 (\\/. Michaelis)
sto morire (!ud. 6,22 s.?U; cfr. anche i3, -.0... xa.i. <.l 1tgv (avi:<{)), «il Signore ap-
2 2 ). Poiché in occasione di altre teofa· parve a ... e (g li) disse», e riportano sol-
nie non viene ricordato che chi vede
Dio debba morire, ci si può chiedere se tanto quanto Dio ha da dire: Gen. r 2,
i testi succitati non rappresentino un 7; 17,r; 26,2.24; 35,9 s. (dr. 48,3}; 3
compromesso tra il tipo più ingenuo =
Bacr. 3,5 ( 2 Par. r,7); 9,2 ( = 2 Par.
dei racconti di teofan ie ed il principio 7,r2); dr. IT ,9 Simile a questi p,1ssi è
espresso in Ex. 33,20. L'antichità di ta·
li pericopi si oppone però ad tm'ipote· fap . 38 ( 3 r ) ,3 in cui wcplh) include per-
si del genere; anzi anche le altre storie sino il messaggio divino 91 • Anche se
di teofanie, nonostante la loro sponta- l'ocpi}ijvo.t di Gen. 26,24; 3 Bo.O'. 3,5 av-
neità ed il loro realismo, non son certo
testimonianze di una ininterrotta conce- viene di notte o in sogno, pure non si
zione secondo la quale Dio potrebbe tratta di visioni oniriche(--'> col. 925).
senz'altr.o esser visto dagli uomini. Co- In tutti questi casi Dio non viene vi-
mune a tutte è la convinzione inespres- sto, ma piuttosto 'udito' ed wq>lh1 se-
sa che tali eventi sono particolari ma·
nifestazioni della grazia divina e che i gno l'inizio della rivelazione verba le, OV·
pochi uomini ai quali vennero conces· vero indica la presenza di Dio che si ri·
se. senza ch'essi le ricercassero. furono vela nella sua parola 93•
preservati da Dio stesso dalla regola ge-
nerale di dover morire per avere visto Non si tratta quindi del racconto ab-
D io (dr. Ex. 24,rr") 91• brevia to o eccezionalmente breve di
teofanie. I LXX inseriscono molte volte
Un tipo particolare è costituito dalle nel testo un oq>i}ijvo.i di Dio che non ha
corrispondente nell'ebraico ( Gen. 16, 1 3 ;
pericopi che si aprono con una formu· 3r,13; fod.6,26 [cod . A]; anche le par-
la sempre molto breve: W<plh1 xvpioc; ticolari versioni di ili 83,8 [cfr. 1or ,r7)
"° L'esortazione « non temere'» di lud. 6,2 3 uno dei santi angeli che t i possa aiutare» (for-
(la situazione di 13,23 è divtrsa) costituisce se = se ti aiuterà un angelo).
sl un nesso con i numerosi passi in cui q ue- n Va considerato qui andie Gm. 28, t3· r6
sta formula vuole far sparire il timore dcl nu· (E); cfr. 31,13; 35,1 e quanto viene precisato
minoso, ma t:lle timore non indica certo lo in MtCHAEL!S 105 s.
paurn di dover morire per aver visto Dio . An· 9.l Per 6q>l)ijvor.L come termine usato per ind i·
che la paura ché viene provarn d urante le v i· care· la prc-senzu (per un'opinione d iver:m --»
siooi terrificami (dr. Jr. 2 1,3 ss.; lob 4,12 ss.) BAR1'11 305 o . ro6) ~ col. 9 12 e ~ Mr-
è di natura più generale. CllAH!S 151 nn. 147 s. In tutta u na serie di
91 1 medesimi interrogativi si pongono per le
passi (Gen. 20,3.6; 31,24; 46,2; N111t1. 22,20;
angelofanie. Là dove le apparizioni sono di ti· lttd. 6,25) Dio ' viene' d i notte e parla (cfr.
po fisico, anche gli angeli assumOM aspetto anche GM. 28,13; 1 BaO'. J,IO); a quanto po.
d'uomini (sconosciuti) (Gen. r8,2; Ios. 5,13; re quesre rivclazioni si svolgono in modo dcl
Jud.6,oss.; 13,3ss.), proprio come Dio (Gen. tucco identico a quello delle rivelazioni intro·
32,25); come anche è detto che chi ha visco douc da W<i>a-ri. Inolue esse non appartengo·
un angelo deve morire (cfr. ltid. 6 ,22 s.). Per no a strati tradizionali diversi, ma comprova-
l'accorgimento teologico·letterario che sost i· oo che Òq>bi)va.t sign ifica pratica1nente \reni·
ruisce Dio con gli angeli, ~ 1, coli. 205 ss.; ~ re' ( per annunciare la parola rivela trice). Cfr.
FASCHER 46-5r. I LXX rendono lob 5,1 cosl: inoltre Gen. 15,1; 2 Bor.cr. 7,4 (= J Por. 17,3);
1\ Et 'tt\/a. Ò:yytÀ.wv IJ.ylwv ooJln, «O se scorgi r B«O'. r5,r6.
ccl /.r. Mi,5 va nno ù •ns idc rnte qui); no n y11o·E•m; «ch i l'ha vcduw ,~ putr~ rm.:·
l'avrdib.:m tWlo fa110 se òq>lJfjvo:t indi- rotll:!rlu?» (cfr. 42, r 5 ). Qu.:~10 lcsll>,
casse un 'cffct 1iv.1 visione di Dio: i LXX, J'I''-''" da solo 9o, potrebbe ..-sscrc Ct>mi-
infa11i, si muovono caso mai proprio d..-r:i 10 u n'asso l111:1 negazione di qua lsia -
11db dirc~.iuné opposta, come abbia mo ~i possi b ilità di vcd<.:re Dio; ma hi rn ·
già vbtu esaminando le variazioni da es- gion<.: data nel versetto ' ucc.:ss ivo («ci
si apportate traducendo Ex. 3,6 ; i9,21; ~ono cose nascoste ancora maggiori di
24,1os.; N11111. 12,8 e l'uso delle frasi ques te, ché non vcdi:imo che u na picco·
'vedere il itp6crw1tov di Dio', 'vedere la la parte delle sue ope re»: 43 ,32 ~li t .
S6l;a di Dio'(~ coll. 912; 9r6 ss. ); per. col. 839) ci o ffre la ch iave della cor-
lji 16,15 ; 62,3; Is. 38,11 ~ coli. 9~7 ss. retta interpretazione: la parte così pic-
e n. 98. cola delle opere di D io che l'uomo rie·
sce a scorgere non è sufficiente a per-
c) Vedere Dio in senso metaforico mettergl i d i conoscere pienamente il Si-
In alcuni pussi si parla in senso tra- gnore per questa via. Le parole tristi e
slato <li vedere Dio. Possiamo tralascia- sconsolate di Giobbe : « ...io non lo ve-
re l'espressione poetica di "176,17 (per do ... io non lo scorgo» (1 ob 2 3 ,9 ) signi-
2 BaO'. 22,u cfr. il par. Ps. 18,u: waj- ficano: «non mi sembra che D io si ac-
jéde'). 'Vedere Dio' in ljJ 16,15•; 62,3" corg:1 o si curi di me»; dr. anche 9,t I;
indie.a soltamo la certC2za della sua pre- 35 ,14 (i LXX h irnno modificato i vv. c3
senza ( ~ coli. 915 s.; 918) 94 ; in en- s. ). In lob 34,29b (il tes10 ebraico è
munbi i casi i LXX h anno variato il te- gunsto) ' vedere Dio' significa esser cer-
s to: òcp&Tjcrowx.L -i;<{) itpocrwm-1> <rov, «ap- to o consapevole della sua vicinanw ,
p arirò al tuo cospetto», e wq>l111v croL, della sua gmzia (cfr. )3,26). lob 42,5
« ti appa rvi». In Ecclus r 5,7b: d.vopE<; («avevo sentito parlare di te per fama ,
àitO:p'tWÀ.ot OV 1.L'JÌ rowaw CitrtT}v, «gli ma o ra il mio occhio ti ha visto») va
uomini empi non potranno vederla ( = inteso partendo da 38 ,1: qui cominci a
b sapienza, che qui sostituisce Dio)», il discorso d i Dio che ha 'aperto gl i oc-
s iamo vicini all'accezione co11uscerc, chi' ( in senso intellettivo: la mcmc,
compre11dere. Analogamente va intesa l'iniendimemo) a Giobbe co~ì cbe CO·
l'aggiunta che ricorre dopo Eccl11s r,to stui pa.é conoscere <lai c reato e da lle
cd altrove come variante: àya1tTJ<7L<; sue meraviglie la propria debolezza e i-
xuplou (1100!;,oc; <rocpla· oic; S'òit't'all1'}'taL, gnoranza, e l'onnipotenza e la sovrnni t(i
11EplsE~ a \l'tijv Elc; opttow a&-toii, «l 'af- di Dio. Cfr. anche gli esempi ricordati
fct10 dcl Signore è gloriosa sapie nza; sopra ( "°' coli. 5)15 s. ), nei quali la vi·
a quelli cui appare egl i la dona perché sione dclll: op<.:re di Dio va intesa come
possano vcdcdo» 95 : Dio viene visto, un piegars i al la rivebzione del Signo re
cioè conosciuto nella sua natura, da co- nel suo agire cd operare verso gli uo-
lo ro che lo amano (dr. 1,10 cd il par. mini 97 ; cfr. anche Sap. I J,I. In Sap. 13,
Sap. 6,12; - > m, col. r 191). Eccl11s 43, 5 (~ col. 922) cogliamo una posizio-
3 1 ( 35): 't'lc; é6paxtv o.u't'Òv xa.L txOLT)· ne eHenistico-stoica 98 •
lob 19,26 s. (~ iv, col. 437) fa sor- va, ma tendono a mcncrc in eviden;;;1
gere il problema se dopo la morte si una presenza riveb1rin: 111; è con molte
possa vedere Dio. Il testo sembra far riserve e limitazioni che si può quindi
pensare piuttosto a questa vita, ché la dire che «la visione di Dio diventa un,._
frase 'vedere Dio' significa (analoga- ven to escatologico»(--> r, col. ,587). L:1
mente a 23,9; 35,14 e anche 34,29; v . promessa di Mt. 5,8 e L'l certezza di 1
sopra) che Dio mostrerà ancora la sua Io. 3 ,2 non hanno cosl alcun precedente
grazia a Giobbe. È difficile che si tratti immediato nel!' A .'f.
del tempo dopo la morte (~ m, col.
1409) perché nell'A.T. la speranza di IJ. PJLONJ; .E FLAVIO GIUSEPPE
la conooccnza di Dio •negli cvenri sia comuni di vedere) e jiirì'/eh. In I s. 40,, il verbo
sia straordinar i della natuca e della swria» che (w'11ig//i, òcvlh'lcr•-r~t) significa che D io è pre-
non è concessa ai motti. -> HiiNEL 226 s.; -> sente nella sua grazio, e pertanto la frase se-
13AUDISSIN 179 s. ln I s. 64,,3 (LXX) abbiamo guente («ed ogni carne la vedrà») non indica
l'uso traslato: /11rc 111 co11osce11za. u11a percezione sensoriale. Neanche ls. 5À,lO
9-> -> BAuo1ss1N 176 s.; R. K•T'rnL, op. cit. dice che Dio viene visto: è il ri Loniu degli 4.:A
(-> 11. 54) 88 s.; GUNKBJ,, op. cii. (-> Il. 54), suli che viene chiamato «il ri torno dd Signo-
ad I. re a Sion>>.
100 L'A.T. non offre akuno spunto all'idea 101 LlllSllGANG o ffre una scelta di oltre 300
rabbinica che subito dopo la morte all'uomo passi più importanti. Per la Vllt. w~1>'l} in
sia concesso vedere Dio (-> n. i25). Deus imm. 13' (invece di twp~'<~L; rnsl anche
101 Ciò è confermato proprio in Is. 60,2 da l /.,cv. 14,35 [LXX]) e&. P. KNrz, l'bilo's Bible
parallelismo tr~ jizraf? (che no11 è un verbo ( r950) 29 s.
~Àt'it!Ji, F1l .. nt· llS:t anche opciw per in- so Ir:1,l.11n di una v1s1one ment:tlc dci
dicare il vcdt·r'" sc:ns<'riale, ad es. quan- vor11:ci. Fi lone amibuisce il ~Àtmw in
do consiJcr.1 òpciv t'<I 6.xovEw i mx.~olo. questa accezione al voiic; (op. 111tmd.53),
dell'aXa-ih)cn; (cher. 73; dr. leg. ali. 3, alla l)iux1] (plant. 38; los.147; ebr.r57;
21 G cd il suo uso di ~ opMt..;). opliw t•uster. C. 2 t; migr. Abr. 52.1 91 ), alla
inJica però, in primo luogo, quel vede- ò1,<iv0La: (migr. Abr. 222; vit. Mos. I,
re mentale d1c è così importan te in Fi- 188; leg. Gai. 109; pian!. 58) cd al Ào·
lone (come è usato esclusivamente in "(L()"llO<; (leg. oli. 3,no; congr. 81). Egli
questo senso òpa:rnc:Oç). Egli usa 've- o
riprende la frase (3Mnwv 11Àoii-roç, «la
dere' in questa accezione anche dove ricchezza che vede>>, opposto a 't"Vq>Àoç,
confronta vedere ed udire (co11f. ling. «fortuna cieca» (ad es. agric. 54; sobr.
148; migr. Abr. 38 s.; som. 1,129) ed 40; rer. div. her. 48; Ios.258; vii. Mos.
intt:rpreta (migr. Abr. 47 ss.) passi co- r ,153; spec. leg.2,23; virt.85; vii . co11t.
me Ex. 20,18; Deut. 4,12 (in cui r'h = 13; praem. poen. 54) da Plat., leg. 1,
percepire, sentire) nel senso che ivi le 6 3 I e: 7tÀoihoç ou 't"Uq>À.Òç ci.À.À.'ò!;ù
parole e la voce di Dio sono considera- PH7twv, «la ricchez7.à non cicca, ma che
te 'visibili', dunque che la vista è lo ha la vista acuta».
strumento che serve aUa conoscenza dcl
mondo di Dio. Quando dice 'vedere lkcioµat (64 volte, anche al passivo:
Dio' ricorre al verbo 6pliw (e i)EwpÉw); dcus imm. 78; gig. 15; col dativo nel-
soltan10 in leg. alt. 2,46.93; J,81; som. l'interpolazione di som. 1,188) indica
l,I 14 ch iama Israele ò ~À.É7twv (altri- il guardare con intensità (ad es. spec.
menti dice O 't"ÒV ì>EÒV OpWV e simili; ~ leg. 3,160; llbr. I97; retorica mente
n.1r3). In migr. Abr.38 (ma diversa- 0E!la'Wl.1E&cx.: leg. oli. 2,5.61 ecc.; in so-
mente in rcr. div. her. 78) ~i associa ai gni e visioni: som. 2,6; los. ro; pracm.
LXX nel chiama re i profeti ot rn. rnov- poen. _58), poi particolarmente la perce-
uç ( ~ col. 919 ), ma per p~ne sua zione della VOTJ't"'ÌJ q>vO'iç (Abr. 70; spcc.
usa opciw in riferimento a visioni O· leg. 4,IHi op. mund. 46) e come pure
niriche (Ios. 6.8.90 ecc.; som. 2,u3. la visione di Dio (Abr. 88; con/. li11g.
137; per agric. 43 e poster. C. 22 dr. 96; poster. C.168; spcc. leg.I,45). Men-
~ n. x6). Egli predica òpciw anche di tre si stenr11 :1 trovare un passo in cui
Dio (cher. 96; Ios. 236.2.5); leg. all. 2, OeétOJJ.m, venga associato con ci.xoii~>,
17; op. m1111d.J49). Nei suoi scritti non i)fo. lo è spesso con èt.xoTi, &éa:1.1.cx fre-
ricorre 61nO:voµcn . quentemente .con dx~v<rµ;x, ~E<X't"TJç ra-
ramente con cxxpoc.t"t'T]<;; Dea e spesso u-
(3À.É7tw (64 volte, alternato ad alrri sato per indicare la visione del mondo
verbi di vedere, ad es. in rer. div. her. divino, lo è sempre <pLÀoDEaµwv, chi o-
78; pracm. poe11. 45; Abr. 70) indica in ma guardare, chi cerca o desidera di ve-
primo luogo la sensazione fisica (ad es. dere (dr. Plat., rcsp. 5,475 e ~ col.
leJ!.. 11/1. 2,67; rer. div. her. 55; los. 58; 903).
ndl'eknco dei sensi: conf. li11g. 123;
pmter. C. 36; mut. nom. 157; deca/. 74; i>Ewptw (57 volte cli cui 32 lii passi·
dr. los. 126). Come predica to di Dio è vo) è usato 111olto di rado per indicare
rnro (11111t. nom. 40; dr. los. 265). la percezione sensoriale (op. mund. 67};
Quando indica la visione, l'ossc:rvazio- significa spesso conoscere, esaminare,
11e alll'n/11 degli archetipi celesti (dc:cal. osservare (ad es. op. m1111d. t J t; predi-
io1; co11/. li11g.63; simile è l'uso in giJ!.. cato anche di Dio: dccal. 97; virt. 57;
JI; i1it. Mos.1,190), abbiamo già il sen- mut.11om. 217); al passivo: mostrarsi,
bp&:w l3 11 1 (\'<f. Michaelis)
provarsi, dimostrarsi (leg. all. I ,74; 2, 'LWV cx.l<ritl)O-EWV (Ahr. 164; cfr. spec.
38 ecc.). Generalmente significa vedere leg. 3,195; op. rmmd. 53), anche rispet-
mentalmente o spiritualmente come fan- to all'udito (/ug. 208 ~s. [ ~ r, col.
no «coloro che vivono più con l'anima )84]; mut. nom. 102 ecc. ; per l'udito
che col corpo», ot lj;uxii µéiÀ.À.ov ft dr. con/. ling. 148; vit. Mos. 1,274;
<rwµa·n i'.,wvw; (Abr. 236), ed è per- Abr. 60). Dato che alla vista viene a-
tanto associato, ad es., a '1ivx1i (op. scritta )a percezione del xooµoc; VOTJ'tO<;,
mund. 54; vit. co11t. 78; gig. 5:i ecc.), a questo senso è necessariamente e d i
OLciVoH.t (Abr. 161 s.), a o-oq>la. (migr. molto superiore a quello dell'udito cui
Abr. 39). È usato nella frase 'vedere è negato l'accesso al regno metafisico
Dio' (11111t. nom. 82; prat·m. poen. 40. (cfr. migr. Abr. .39). Mediante l'inter-
4.5 s.; som. 1,66). Spesso i>Ewp(a. signi- pretazione allegorica di determinati pas-
fica conoscenw, osservazione, contem- si pertinenti, Filone motiva tale infe-
plazione (ad es., migr. Abr. 77; Abr. riorità dell'udito proprio con l'A.T.: in
1 :31), anche come opposto di 7tpéi.Stc; con/. ling. 72 ecc. vengono contrapposti
(leg. all.1,57; cfr. l>ewp1)'tLxoc; come op· Giacobbe come uv1.i{30À.ov àxofiç ed I·
posto di 7tpo:.x·nx6c;) e più volte vista srnclc come o-vµ'3oÀ.ov òpé«:rEW<; 111\ in
(mentale). Non ricorre la frase Dewpla fug. 268 (dr. mut. nom. 202) Ismaele,
('tov) l}eov, ma dr. sacr. A.C. 120: i)ew- interpretato come àxo'Ì) l>eoii, serve a
plcx.c; oÈ 'tfjç 'tOv µ6vov o-oqiov, «della vi- provare il valore limitato dell'udito. È
sta dell'unico saggio ( = Dio)». È usato chiaro che Filone è rimasto intimamen-
spesso ikwp1)µa. (sempre al plurale, me- te estraneo alla caratteristica del mes-
no una volta), dottrina, insegnamento, saggio vetewtestamentario di essere d i-
concezione. retto all'udito e <li richiedere una deci-
sione in base all'ascolto. Di conseguen-
b) Il significato della visione za neanche questa 'vista' è per lui legata
La distinzione tra x6<T1.10c; vo11-r6c; e al comportamento nei confronti della
x6<rµoc; alo-~-.6c; che Filone riprende rivelazione; è l'esponente di uno svi-
dalla filosofia greca, in particolare da luppo dell'uomo verso la perfezione.
Pia ione, porta anche in lui ad un de- Questa vista non è affatto vincolata al-
prezzamento dei sensi che sono limitati la percezione sensoriale: 'tb. Ov'ta ov-
agli ~i.<Jl)TJ-rà 103 • Tra i sensi l'opcx.O"~ç e 'tW<; opéiv è possibile solo olxcx. cx.(o-lt{j-
l'àxo1}, la vista e l'udito, sono le 'Ì)y<- <TEW<; («senza la sensazione»), cioè alla
µovtxÙl'tCX.'tCXL cx.i.<Tih'}(m.ç ( vit. Mos. 2, sola anima (\)Jvxii 1.i6v11: con/. ling.
in; cfr. con/. ling.72; migr. !lbr.103), 105); è una vi5ione che si ha con l'aiu-
i sensi 'piL1 .filosofici' (Ab1-. r 50; dr. to della l)Nx1), della &6.voLa, dell't7tt-
spec. leg . i,337.339 s.); per questa ra- G't1)p.1), del À.oyLo-µ6ç ecc., e sopratlllt-
gione sono sempre i primi sensi ad es- to del vovc;, come Filone non si stanrn
sere noverati (ad es. op. mund. 62; mai di sottolineare (cfr. già- coli. 942;
migr. Abr. J.I9i leg. alt. l,i5}. In ogni '°
94 3) 5. Bisogna allora concludere che
caso è la vista ad essere n i}yt11ovì.c; in Filone 'vedere' è un vedere visiona.
1tn -> DonscliUTZ 380 ss. per fo spiegazione µ&:h'r]otç (dr. anche co11/. li11g. 148). Per ona
lìloniaoa. del perché i sensi siano cinque e per posi%ionc diversa ~ v1, coli. 1096 s.
l'interpretazione allegorica di quesio numero. 10.' l°' ver() che in spec. leg. 3,r85 ss. il. senso
104 La µ<ilhw1.ç è collegata con 1'-*xol), l'èìax'r]· della vista (o\jii<;) è il fondamento r c r il pro·
<ri.ç (-+ 1, coli. 1315 s.) con l'opcx.aLç: questo cesso filosofico e per la ricerca (19t: ì!pEU'lli:);
fatto portò ad una chiara svalutazione della per l'imo-·n'u.1T1 ecc., però, si trntla di capaci-
945(v,111>)
rio-e,t:11in1 ''"con influ,si delb religiosi- co11/. li11i: 97; Abr.58.88) ovvcm, l'Olll
tà mistnic1! "'' s\·spn111r rnmamcnte (leg. ali. 3, i t> 1 ), il
A yunto intern,g;1tivo si può tr<)varc <:01111:111pl:1rc l'lofo. di Dio (in uno spcc
un:i rispust :1 esi11ni11:111do se e fino a che d1i1>, ~ lii, col. 994), la <J.1Vcnc, di Di<.
p111110 il fi losofo al<:ssandrino ammetrn (poster. C. r3); dr. anche la lin<.::t di
che , i:1 possibile vedere D io. A questn scendente in con/. ling . 97. I.:x. 33,q
scopo è es tremamente proficuo veder..: attesta che una tale visione d ipende dal
come egli tratti i passi pertinenti dcl- l'iniziativa cli Dio (posta. C. 16; cfr
1'A.T. Filone non tratta Gen. p,lO, ed anche Abr. 59 e la glossa a Ge11. 12,r
anche se è vero che non ci è pervenuto ovx O'TL ò CToq>Òç dSE ikòv, àU.'o'TL <<'
un suo ce>mmento a tale pericope, pure ilEòç (.Xpì}on» 'tcfl CJ'oq>i;>, « non è dei to eh
in nessu no dei suoi scritti giumi fino a il saggio vide Dio, ma che Dio apparv
noi troviamo una qualche me nzione di al saggio» [Abr. 80)). Da Ex. 33,23 Fi
qu estO passo. Filone cita due volte Ione deduce che soltanco le Svvci1.mç eh
Num . I 2,6.8 (LXX), ma pure si ferma in seguono o accompagnano Dio ( itciv~
entrambi i casi all'oli OL'etlvLy1ui'twv di roa µnà -.òv i)Eòv) sono visibili ( xa.
12,8 (lcg. all. 3 ,103; rer. div. ber. 26 2). -.O:À.1111-.a), ma lui stesso rimane invi~i
Ex. 2 4 ,10• viene citato in som. r ,62 e 2, bile (a.ù'Tòç St 1.ibvoç àxcnaÀ.T)'lt"toç);
222 secondo i LXX (-7 col.932) eco- altrove (poster. C. i69; mut. 110111. 1 o
sì anche Ex. 24,n° (-7 col. 932 s.) in egli nota che non potrebbe essere di-
quncst. i11 Ex. 39 ss. Nel racconto del- versamente, daco che anche la mente
l'episodio cli Ex. 3,2 in vii. Mos. r,66, che è in ciascuno cli noi (ò Èv txaCT'tliJ
Filone dice che a Mosè apparve nel pru- voiiç) è inconoscibile (CiyvwCJ''toç; cfr.
no una 11opq>-i} meravigliosa, assoluta- Ahr. 74). Comunque, anche se fi lone si
mente ultraterrena, come un ' immagine attiene per Ex. 24,11 alla vetsione dei
dell'Essere (dxwv "Toii ov-.cx;); ma pure LXX (come aveva già fatto per Ex. 24 ,
non si trartava di Dio, bensl di un an- ro in quacsl . i11 Ex. 37 ), due paragrafi
gelo ( xa)..t:lcr~w oè a:yyeÀoç). Per lui dopo egli afferma, con inconfondibi l
Ex. 33,10 ( LXX; -70. 86) rappresentit, linguaggio misterico, e senza riserve,
insieme con Ex. 33,18 (spec. lcfl.. 1 .45; la vi sione di Dio, h1 divinizZflzione
Filone ntrenua il testo: 'tTJV yoiiv 'ltEpl dell'anima sama, ecc. Pure nella stessa
CJ'E 06!;.o.v, «la glor ia che ti circo nda»), opera guest.:1 linea di pensiero è inter-
un'espressione classica dcl gi usto desi- rotta bruscamente da affermazioni «in
derio che ogni ' filosofo' ha di vedere st ridente contrasto» 108 c<.m la posizione
Dio (frg. alt. 3,101; poster. C. 13.16; suespos1:1, le quali sotrolineano l'assolu-
111111. 110111. 8; spcc. leg. 1,41 ; cfr. anche ta inacccssihilità di Dio. Anche alrrovc
irt ril1 inruitive, concesse in anodo p~1tieotare1 OAOl:. Dt•r KiiniJ!Sweg. wr \V ù:der11.dmrt
di~ rendono l'uomo O'OQ>oç, c ioè '\'eAAente' und V e>'ROllt1nJ!. bei Phi/011 van Alcxo11drd11
(dr. mi!!,r. Ahr. 38; rer. div. hcr. 78). "' So.urlicn z. Gcsch. und Kultur dcs Alter·
100 Secondo p/11111. 36, iod es., J'inter1>re1azic.>- rums 17, 3/4 (r931); lo nega W. VClL.KER,
ne ullc11oricn ddl'A.T. è particoloroncnrc im- Fvrtschrill 1111d \fo/tendt111g bei Philo "°"
porl.tn lt ""' gli opa-nxoi avòpEç. Ma vuol dèi Alexandrien = TU 49,r ( r938) spcc. 285 n.
dire chi: «b con05cen7_1 del senso simholico». 5 .3 1 4 .~17 .
come SO>til'nC IJ. L FJSEGANG, art. ' Phil<>: "" Cosi riconQ:!CC lo St~SO PA SCHLK, op. cii.
RGG 1 t\I 1194, possa essere raggiunra «sol- (~ n. 107) 244, che è convinio {2J9·259) che
1anto in uno S1:llO J\·s1asi•? h.~ :1r~ 'lncnrazioni delle q11aesl. ;,, R."<. sostcn-
101 Lo alkrrn<1 J. l'A~<..m:K, Il BAl:IJ\IKH !\""o la sua incerprerazionc d i fllonc.
947 (v,337) òpciw H 11 I (W. Mid1'1 dis)
in Filone troviamo tali passi contra· t;rnto che Dio è, ma non come è (dr.
stanti: alcuni affermano apparcntemen· anche 44: oux ol6ç tv1w ò l}t6ç - -.oiii:o
te la piena po~sibilità di vedere Dio (in yàp à.p.1'Jxa.,vov, wc; Eql1)V -, &U,'oi:t
leg. atl. 2,81 eg li riferisce addirittura lio"nv, «non 4 uale sia Dio - ciò infatti
lowv (1.U-còv [ Num . :21,8] a Dio invece non è possibile, come dissi - ma che
che a oqnç), mentre numerosi altri egli è»; cfr. anc he il rimando ad Ex.
sostengono la fondamentale invisibilità 3,6 in /ug. 141 ). Ì~ soltanto in questo
ed inconoscibili rt1 divina. Come risolve· senso che Mosè è chiamato (1n111 . nom.
re questa cont radd izione? Si tratta for· 7) o "tijç &nòo\iç cpucnwç ltca."ti}ç, «il
se di un'infiltrazione razionalistica nel contemplatore della natura senza for-
campo delle idee mistiche, oppure Filo- ma», e non esiste 4uindi aku11 morivo
ne «ha adulterato in base a principi di di fondo per con testare a Filone il ltt6n-
trascendenza l'idea della via regale»? •<>J 1"Y}ç di cui si tratta in questo passo m.
In realtà la considerazione primaria è È vero che il termine l)eòn-.nç ricorre
q uella dell'invisibilità di Dio e tutte le soltanto in questo passo di Filone (l)eon·
altre affermazioni vanno interpretate Ìl1 "tla. e il-co7t'tLXÒç sono attestati altrove,
riferimento a questa 110• Per provare sia pure in epoci1 tarda), ma di fatto egli
questa asserzione bastere bbe ricordare avrebbe potu to benissimo usarlo pro-
in che rapporto di numero e d 'impor- prio nel senso sviluppato nel contesto.
tanza si trov ino i due tipi di afferma· Dato che in praem. poen. 44 ci si rifc·
zione. Inoltre poster. C. x68 (che si rifà risce all'equazione Xcx.X.oa.~1nl : 'I<rpa.1)À.
a Deut. 32,39) afferma che ' vedere Dio' :::: 'EÀ.À.T)vLCT-.l: òpwv ì)e6v (cfr. teg. Gai.
potrebbe significare solwnto vedere l'e- 4), è provato che anche q uesta locuzio-
sistenza di Dio, la sua V1t(l.p!;Lç. Anaio- ne, frequentissima in Filone, può sem-
gamence le più importanti riflessioni di plicemente indica re una visione di Dio
praem. poen. 36ss.111 sfociano nella con· che rientri nei limiti suddetti 11.l. Anche
elusione (39) che è possibile vedere sol· la visione intellettiva di Dio è soltanto
109 Così PASCHER, op. cit. (--> n. 107) 162 s . zn Ex. 2 0,19.
~ col. 177 s. e coli. 178 ss. n. 60. 11 1 PASCllJ'.R non considera questo passo, co·
11J Quandu PASCllER scrive (op. cit. [--> n.
mc anche sfiora appena (op. cit. [--> 107] 166
107] 16r ): «lmmedincamentc vicino al misti- n. 2) mut. nom. 8 ss.
co enrusiasrn che afferma la visione d i Dio,
li !L. Co11N pwposc di cassare xa.i i)EOrrtl)C,,
convive in Filone il fi losofo che la nega asso·
lutamcnte» e q uando egli ascrive al fiJosofo la P . \'(/ENOJ, ANO di leggere xaJ lkonpéntoç (dr.
convinzione deU'assoluca crascendeni.~ di Dio, fug . 139). Secondo --> BAuo1SSIN 229 n. 2
:•llora b isogna giungere proprio alla cond u· ih61n'll; sarebbe aute ntico p<:rché esprime b e-
sione contraria: i passi che ammettono la pos- ne il pensiero d i Nttm. 12,8; pure Pilone evi-
sibi litit di vedere Dio ottestano un'inllueni a ra sempre fa frase precisa (-4 col I. 94 5 s. ).
filosofica; alla loro base và posta la visione m (o) opwv (-.òv) &tov (sempre al sing. masc.)
p latonica delle idee e non già la visione mi· anche in Abr. 57; con.gr. 51 ccc., è espressa·
stie:-. di Dio . Co1nu114u~ sia, anche rasscrzio· mente considerato traduzione di 'Jcrpal)À., sia
ne ferma dell'invisibi.lità di Di<> ha p resuppo· che si tra ili di Giaoobbe d opo che è iotervc·
sti filosofie.i: --> FASCHER 60; --> BuLTMANN nu to il cambiamento d i nome (:id <'.S., fug.
189-192. Estranea a Filone è l'idea che l'uomo 208; e&. migr. Jlbr. 201) o dd popolo d'].
non possa vedere D io; la sua paroln.chiave sraele (ad es., leg. ali. 3,38.172.186.212); più
è 6.1~1Jxa.vov (v. nel corpo ddl'anicolo). Egli volre in tende gli 'amici de11a virti1' e i 'filo·
r.on tocca affatto Ex. 33,20 ~-cl in poster. C. sofi' (ad es., poster. C. 92; con/. liflJ!.. 56 ; rer.
143; som. r,r43 (cfr. rcr. div. her. 19) m in imiz· dit;. ber. 78; mut. 11om. 81) o ancbc il vouç
un 7toi;pc..JiÌEv... lkwp~i v, u11 vnlcre da :111chc.: <Jtt;llld<> non ci si aspetta un pas-
lnn tano (som.1 ,66); dr . fr)!.. alt. 2,81: sivo inll'<llhi!il'o (a<l es., ant. 5,330; 6,
dii ha viste (natu ral1ncn1e t)Jvxtxwc;) -.ò 112; 9, 109; hell. 4,190); abbiamo an -
vr..icppoa\ivT]c; xciÀÀoç , « ht bellezza della che il pll$Sivo intransitivo di ~Àéitw col
s;ipiem:a», ha vis1<> «1nnliamc quella dativo (ctnl. 11,165) ed assoluto (6,
Dio stesso», otà. -rou-:c·u i:òv llEòv cx:òi:6v 169). f~Àt·m..i ha spesso senso trasbto:
(dr. 82); un pcnsicw simile troviamo notai'<' , osservare, valutare, anche con
in Deus imm. 3. Secondo poster C. 15 ci D io per: soggetto (ant. l,35; 6,159).
può essere un snk1 fine ultimo, «vedere &E&.01.1.a.~ significa spesso un vedere che
che Dio è invisibile», loe~v oi:L ia"·dv (; in <Jualchc modo p articolare ( ad es.,
6:6pa:toc;. ant.J.,16.3; 6,340; 7,327; vit.208.2 10),
ma nella maggior parte dei casi è per-
2. Flavio Giuseppe fett,1men te sinonimo di òp6.w (ad es.,
In accordo col caratte(e de i suoi ant. l,90.14 r.196). L'idea di testimo·
seri tti, i verbi d i vedere ricorrono nello nianza oculare (ad es., beli. 6,297) è le-
storico giudaico soprnttutto per ind ica- gata più fortemente al sostantivo ilrn-
re la percezione sensoriale e quella i:Tic;, connesso con µ6.p-.u<; (ant . 2,23) e
mc1rnile connessa. Manca lm-.civoµat con O:xpoai:-fiç iz,275), ma che conosce
ed anche BÀÉ7tW e itEwpÉ<>J sono usati anche l'accezione di osservatore (ant. l,
con parsi1T1on.ia. Come aoristo passivo r9), puro spettatore (bell. 4,37r). i)Ew-
d i òpciw abbiamo anche la forma òpa- péw significa spesso vedere, guardare,
llfiva.t: l'infinito dopo u n aggettivo in assistere da testimone (ant. 17,326; r9,
ant. 2,81; 3,9.13 e<l anche in .3 1 76; 5, 35) o da spettatore (ant. 14,210; r9,
280.284; 9,109; il participio in II,51; 75), ed in senso trasl:iro percepire, sen-
l'ind icntivo con l'aumento Éwp6.i}T}'J tire, accorgersi (ant. 20,75 ecc.).
( Ap. 2,291 ). Il passivo è talora costrui- Nel. caso d i uomini che ricevano nel
to con imo -.woc; (ad es., ant. 7,298; sonno d elle indicazioni non troviamo
bel!. 2,82 ), ma generalmen te col da tivo affermato che essi abbiano così vi$to
io: in tali circostamc Giuseppe i; <li Dio, ciò che si è gi:ì adempiuto e che.:
u:mto mai riservato e [,tconi<;o (ad es., può esser v is to hasl<I a ralforiare la fe-
11t. 5 ,2 t 5 ); egli n o n t iprende i passi de: mO''tEVOV't«<; Éx, 1:WV l lOTJ ~),E'ltc
iblici in cui è usato WQ>thJ (Ge11. 12,7; µlvwv, «Credendo in base alle cose che
17,1; 26,2 .24 ; 35,9 s.) 11 ~ e neanche Ex. già si vedono» (ant. 8,1 lo; t:ile consi-
3,20.23. Riportando /ud. 13,22 s. egli derazione non viene suggerita a Giusep-
crive (ant. 5,284) 5\jlc.c; <OÙ iJ<où, sguar- pe dar Reg. 8,1' ss.) 116•
o di Dio, e -ròv ileòv a.v't'otc; òpa.ì}fivcn,
<Dio apparve loro» (cfr. 280); pe r lui lII. SCRITTI PSEUDOEPICRAP!CI H RAI\·
·x. .3 ,2 ss. si riduce alla visione del fat- BINICI
o miracoloso e meraviglioso ( "tÉpcxc;
cxvµacn.ov) del roveto ardente (aflt. 2 1 1. La posizione del tardo giudaismo
64 ss. ), mentre Dio viene solo senti ro riguardo al vedere e all'udire non è o-
267 ss.). Quando riferisce Ex. 19 s. mogenea. Come è logico, nell'apocalit-
ant. ),75 ss.) parla della 7tetpoVO'la. di tica il mo me n to visivo è quanto mai
io ( 3,80; cfr. anche 3,84: mip<CT't'~) e preminente (-7 i, coll. 588); pure, ad
i limita a descrive re semplicemen te e~. in Hen. aeth., le visioni sono piene
uando Mosè si reca da Dio (3,84); di delle spiega7.ioni di un angelrJs interpres
onseguenza quando leggiamo (3,88) -r@ (18,14 ecc.; cfr. r,2). In lub. p,17 ss.
t<ii yàp et<; oljiw tMwv àxpca..-ii<; abbiamo un tipo di visione che segue
<pMp-rov <pwvijc; tyEv6tJTJV, d obbiamo molto da vicino i modelli ddl'A.T. Cer-
radurre «essendom i recato al cospetto rnmente Cen . 35 è qui molto arricchi-
i D io, mi fu daw di ascoltare la voce to: Dio parla con Giacobbe di notte; in
·mmortalc»; il tes to non dice cioè che una visione notturna un angelo fa per-
osè abbia visto Dio, bensì che fu am- sino leggere (non vedere) al patriarca il
nesso alla sua presenza, fu ricevuto da futuro suo e ddla sua stirpe. lub. 44, 3
io (cfr. 3,84) 115• Giuseppe modera le vuole rendere Gen . 46,1 più interessan-
teofanie ddl'A.T. perché anche per lui te e precisa che Giacobbe aveva a tteso
\ 11~siomntico che Dio in sé è invisibile: una settimana per ottenere un:i v isione
fr. bi:ll. 7 ,346 (-) ciòp~"toç 3) e , det- ( los., 0111. 2 , r 70 s. mostra ind ugi di tipo
ro in altri termini, ad es. Ap. 2 1 167 ra:donalis tico <lavanti al medesimo pns-
__., 1, col. 324) e 190. Per quanto so) 117• In Hl!l7. neth. 14,15 ss. l'autore
i1:uar<la l'adempimento delle promesse vc.-de 1:1 casa nel cielo in cui si trova il
" ' Per l'uso di qia.(vEC10a.• ctt. dr. SCHLAl'· Jlcr épµà.'tcv.. (l70J. la congctturn opwv·n per
nw, Theol. d. ]udi. 53. opii.v 'tL L194 l cd i roropos ii di ép6.w ); llEW·
I" O/I/, 2,171: Ei<; oljlw 'lWO'TrtO\I rra.pa.yt- pfo' 10 volte, {D..é-rtw J volte (dirc>.ione g~'O
foil1u significa sl •riuscire a vedere Giusep- gra.fica: 88); abbiamo anche i>tcio1= (96). H.
>C» (dr. anche 2,303), ma in ant. 19,3' (ré.c; G. MEECHAM, Tbe Leiter o/ Aristea.<. ti Lin·
iiv 61!iw 't"Ì]v fo:iov, «allo sguardo di Gaio.) g111$lic Study with Special Re/u..11<'<' lo tbe
abbiamo un gen. SOAACttivo cd in ant. 5·3H Greek Bible ( 19J5) 267, fa 11ota1·c la 'com·
dobbiamo Ìnten<lerc EÌ<; O\jJLV 0.trt<ÌJ ~lTJ 1'CO.PCJ.· parsa di Òptiw J11 l linguaggio comune {--,> n .
ylvtO'V<1.t nel senso d i «non farsi pitt vt!dere 2); pure l'uso ùi ilt:wpÉw nelle dc~cl'izioni di
da lui~, pel'{:hé è Bli che non vuol più vedere particobri architcllonici e d'altro !l<'11er~ (ad
i figli e non questi che non devono piì1 veder es. 65.67) é nd l':inCJ.ione osscrv(lrc, rif/cllerc
lui ; dr. anche a11t. >,164 .261; 8,10. (ad es. 190.208) è dcl rutto proprio.
116 '-'P· Ar.; òpci.w è :u 1c~t:uo sit"l.1ramenre SO· 1!7 lub. 44,5 ripm<luc.:e il modello ,k;ll'i\.T.
]O un;i volta (c82; ma dr. la variante opii'taL W<plh] ... xat tlnev (--,> coli. 93' s.); dr. anche
•>5; (V .3 39)
l runo di Dio ed and1c l)io stesso; ma .Mos. .31~ . ). In passi come 4 Esclr. 6 ,25
la visione raggiung,· l;i mass ima intens i· (li 10,9); 9 ,8 ( lii 27,7b) non si ha la
tà qmu1do (v. 2.J) il Signore gli dice: visione di I )io stesso, ma d ella sua sal·
«Vieni qui, Enoc, cJ <tscoha la mia pa· vez%a. Ps. Sai. 17,31 ( ~ II, col. 138 J)
rola»; segue poi ( J 5 s .) un discorso di parla solrnn to dell'esperienza della o6!;a
Dio ( cfr. test. L. 5, 1 ) . In nessun modo divin:t che attes ta se stessa nella grazia
l'apocalittica pn:senta fo visione di Dio dimostrala verso Israele (dr. J7 A4;
senza riserve come il fine cui si tende 18,6)113• In lub. 1,28 leggiamo invece
ed al q~iale si giunge. In Bar. gr. 6 fa la promessa che alla fine D io apparirà
visione della o6~a l}gc\i indica solo ti agli occbi di ciascuno: cfr. Sih.;,426 s . ;
vista delle meraviglie celesti (il sole, la la vista del 'servo di Dio' (4Esdr. 13,
fenice, ecc.). lien. aeth. 89,30 s., una 52 [v1 9,2b]) e le due recensioni di test.
parafrasi di Ex. 19 s., evita il problema Zab . 9,3.
della visione di Dio (cfr. Ex. 19,21; 20, 2. Diversamente dall'<1pocalinica e
18 s.) con il dcorso a no111i fittizi (peco- per una più sentita inAuenza dell'A.T. ,
ra, signore delle pecore). ln una serie, i rabbini sotcolineano fortemente il
sia pure piccola, di passi la visione di momento uditivo (~ I, coli. 589ss. );
Dio è comun,1ue considerata una possi- pertanto si mostra anche assai cauto, se
bilità escatologica. In 4 Esdr.7,87 (Vio- non addirittura timoroso, verso tutto
let III u,14) leggiamo che i peccatori, ciò che è visionario od estatico m. No-
dopo la morte, vengono a trovarsi in nostante c.i ò troviamo alcuni luoghi in
uno stato intermedio che dura sette cui si parla della visione di Dio: le e-
giorni (cfr. roos . [m 13,1 s.]); quale spressioni caratteristiche sono «salutare
ultimo stadio di una settuplicc pena il volto della sbekinà», «salutare il vol-
«essi devono guardare la glori;1 dell' Al- to del re di tu tti i re», «ve<lere il vol ro
tissimo verso il quale hanno peccato in della shekin~», ecc.120 ; è solo nelle cita-
vita e dal quale devono essere giudicati 7ioni dcll'J\.T. che rimangono le frasi
nel giorno dcl giudizio». Analogamente 've<lere Dio', 'vedere il volto di Dio',
leggiamo in 7,9r (m 12,3; ~ li , col. 'vedere b gloria di Dio'. La visione di
r382) e sopnmuno in 7,98 ( 111 12,12) Dio viene inquadrata soprattutto in un
che i giusti vedranno un giorno b glo- complesso escatologico: nello stato in-
ria ovvero il volto d i Dio (cfr. apoc. termedio del 'Gan Eden' i pii vedranno
t est. Tss. 2,r e test. N . 5,8: xw. Uioù ypo.q>-1) pmc la doppia mcnzio11e di tm yijç <pO.'J€(ç:
à..yi.a. wq>M) 1J1~i:v Myoull'(( WtÀ.. In test. L. 1, test. Il. JO,i .9). Per 1J1art. l s. 5, 1 -> BAUl>IS ·
2 troviamo persino la frase Wq>D1) yàp o.v'ti;> SIN 222 n. 2 .
O'tt µ.D.À.EL à1t0l>v1)0'imv, quasi si trattasse di m -> Hl, coli. 340 ss. Per l'ingresso (forse
un verbo transitivo <li rivelare ( = Ò:1t·E mlv· non estatico, ma spe<:ulativo) di quattro rab-
q>M) o.v.,,0, -> n. ;). Col significato di percc- bini in paradiso (Hag. b. 14b·r6a)--> K1TTE1.
C<:{>ire, liiti:v è c<>llcgato in test. C. 1,9 sia 101;--> I, col. 590 n. 18. I moribondi hanno il
wn oc'òqibo.Àµwv sia con ?Xò:xo-Yi<; ed in test. dono di vedere in visione (STRACK·BILLER·
S . .5.4 s i riferisce persino a quakos~ che si è !S>:CK 1 30; 11 226); poco prima çhc muoiano
vcmui a conoscere leggendo. Cfr. inoltre 4 D io concede che vedano la loro sone fum ra
J.::sdr. 4,4 (VLOLBT 1 7,4).43 (r r 1,1) I cd and1c ( STRJICK·BILJ.ERBECK 111 2 r8 ss.), pér cui i pre·
4,26 (l 10,1): qui 'vedere' non si rifçriscc tnn· s enti cercano di cogliere quale essa sia dalle
to aJl~ (~(·onsolazionc nella visjon~ fuH.H;.1)> (-) espressioni del ''oho e da :1hri gesti del mo-
BAVDl:jSIN i i 1 ), n1~ significa vivere, prov11re, ribondo (ibidem, m 220 s.; 1v 502.526. 103ì.
sentire. 1 04~).
11 8 test. '/,,d>. 9 .~ l· un'il'uerpola.zione (ro1nc l)I S TMCK-Bll,t.llR.UllCK l 206.
955 (v,339)
il volto della shcl<inà 121, mentre gli em- te, la locuzione 's:durare il volto ddb
pi ne saranno esclu~i ' 22 • È soltanto do- sbe kin:'ì' è usata anche nei casi in mi
po la risurrezione dei morti nel mon- uno vada al tempio per una festiv ità op·
do a venire che l:i beatitudine consiste- pure si rechi in una sinagoga, preghi o
rà nella visione di Dio 123 (quest'idea si dedichi allo studio della Torà 12•, o \,.
compare chiaramente soltanto in questo vero anche se solo d istribuisca elem<~si ·
periodo); ma quando, più tardi, si vie- ne 129, si tratta evidentemente d'uso trn·
ne a mettere in maggior ri lievo il tem- slato 00 : ma ù1 questo modo la visione
po dei 'giorni del Messia', allora si tra· di Dio viene degrada ta al livello <leìla
sferisçe a questo momento la visione pietà giudaica delle opere e quanto ern
di Dio 124 • Si tratta qui di una visione prima dono della grazia diventa ora un
di Dio immediata e in senso proprio, merito 131 •
com'è anche il caso dell'idea secondo
cui gli uomini giungono al tribunale di c. L'uso LINGUISTICO E CONCETTUALE
Dio immediatamente dopo la morte 125. DEL N.T .
Nessun uomo può comunque vedere
Dio durante la vita perché Dio è invi- r . Esam; della terminologia
sibile ed a nessun essere umano è po;;.
a) opcl:w
sibile o concesso vederlo 126; né posso·
no vederlo neanche gli angeli che pure A nche nel N .T. i verbi di vedere di
sono presso Dio 121 • Quando, d'altra par- gran lunga piL1 comuni sono òp&,w e, so·
lii STRACK· BILLERllECK I 207 .209-i ( 2. tanto neressario correggere l'asserzione di -+
m Sn.ACK·BILLERDBCK 111 601 s.; 1v 1057. r, coll. 589 s. n. 17·
m STRACK·BH.LllRBECK IJ, 362; 1 783 .916. Ri·
l?.1 STRACK· l31LLERBECK l 207.212 s.; IV 480 s.
corre spesso l'i.dca ç)1c Dio vede, 1na noo è vi~
926. Si riferiscono all'eone futuro !Hlche i pas·
sto (dr. ibidem, n 362 s.; III 31 s.). La con-
si ci iati in-'> u, coli. i 389 s.: Tanb. bmdbr 20
trapposizione di Dio che vede, ma non pu0
(BUBER p. 18) e Ber. b. i ; a (e non 34 a: ->
esser visto, a un cieco che è visto, ma non
u, coli. t382.1390 n. 66).
può vedere (f-Jag. b. 5 b, 32 par.; STRACK·Bll.·
Il< S1·RACK·BILLfiRBE:CK I 207 s. 213 s.; IV 884. LERBECK Ili 32.778; r 916), non \'UOI dire che
924 ss . Qui il t<'mpo messianico sari\ uguale a «l'invisibile Dio è pienamente rappresentato
quello in cui la kgge venne promulgata sul dal prossimo» {contro -> BuLTMANN r87 n. 2
Sinai (STRACK·BILLEHl<ECK IV 926.939 s.); se- che paragona J Io. 4,20 s. co.i passi suddcui ).
condo Midr. Ps. 149 § I (270 a) fu concesso I rnbbini non hanno affatto messo in cviden.
agli Israeliti vedere Dio nnche al Mar Rosso za che Dio fosse visibile e conoscibik nc ll:i
e nel tabernacolo (STRACK·BILlliKBECK 1 2r3 ). creaiionc (STRACK·l:\ILLERBECK III 33).
1!5 STRACK-B1u.ERBF.CK 1 207 s.; IV 1036 ss. 12: ....+ vJI, col. 232 n. I); un'ecce7J<>ne è co~
Quesrn con.:ezi.one non va confusa con l'altra stituita dalla più alca dasse angcliça ($TRACK·
(-> n. n9) secondo cui il singolo può cono· BILLERRECK ! 783 s.). Cfr. Hen. oeth. 14,21;
scere il proprio destino poco prima di esalare asc. Is. 9,37 ss.
l'ultimo respiro. Mentre gli empi sono esclusi IU STRACK-BILWRBECK I 206 s.
da lb visione di Dio nel 'Gan Eden' e nel mon- 129 Jalkut Shimoni a Ps. 17,15 in Fn;111c, op.
do fuwro (-> nn. 122 s.), dopo la morte an· cii. (-> n.125) IOS . Anche B.B.b.roa {Sl"kACK·
ch'~si devono L 'Omparire prima davanti a Dio. HtLLERBlf.CK. 1 207) si riferisce e"identcmcnte
È improbabile che qui .la visione di Dio dcb· meno alla preghiera che alle dcmosine.
ba signifiçare Ja low rovina; la ragione data· i:io Così STRACK· BILI.ERBECK l 206. Nel p:1ra·
ne da .Midr. Ps. 22 5 .32 (99 a) è diversa gone «come uno che saluta il volto dcli.i shc-
(S1"RACK·Bll.l.F.RBF.CK [ 209); dr. anche falkui kiniì» (cfr. anche-> I, col. 590) il nesso con il
Sbimo1ti a Ps. 17,15 ci tato in P. FlEDIG, jesu. sip;nificato proprio è tuttavia pit1 forte.
B<"rgpredigt = FRL N.F. 20 ( 1924) rr. B per· 13 1 -7 BULTMANN 185 s.
~f.""' Ct (W .Mkh.-li·.1
pr:11111tto, d òov: q11t·,t'11l1i1111• ricorre Git>\':111111 I.- 6o;a.~.,.owu wlramn i11 ,\.-1.
i11 n rca 350 pass i. p:1nin1l:1r111.:nte nei 26, 1 I>: I Jc-l>r. 9 , 28.
vnngcli, negli Atti " 11l' ll '1\pocalisse.
11 verbo ricorre solo ; r, vo il e in Gio- Andw 11cl N.T. òpci:t.ù ed doov han .
va1m i e tale basso indiCt" d 'uso dipende m> 11 11 :1mhi to semantico mollo V: l'H<>.
solrnn to in parte dalhi rid<1 l t:i prcsenz::i
lU peri copi narrntivl' ( i11 (;iovan ni doov ACI. 7. )4 ( = Ex. 3,7 }: Dio d icl'. il i ave•·
è usato nnchc nei dl·lli e nei discorsi); osscrvatn bene (lowv d&ov: u·a• rrnsla-
la rJgione p rincipale è 1.1 preferenza ac- to: ussavare, esaminar<') le :1lflizioni dd
coi·dnro rii perfetto èwpctxct: nel N.T. suo popolo; d r. inoltre anc:hc Mt. 6,4.
OpcIW è atlestatO I J J volte e in 3 3
(l.l 8 : ò 1tct'tYJp o-ov ò P"X.lnwv Èv 'ti{j
ab biamo la forma t wpaxa.; ben 19 <li
queste sono in Giovanni ( 7 volte com- xpv1t-rQ (ovvero Ev 't<{°J xpuq>d<t> ), «il
plessiv(l menre in 1.3 lo.). In alcuni C:l - Pndre tuo, colui che vede nel scgre..
si il perfetto serve ad indicare le con-
to» •:1;. Né i)Eci.oµa~ né ilEwpÉw vengono
seguenze che ha avuto nd soggetto
quanto è stato visto 112 ; nella maggior mai predicllti di Dio. P er quanto riguar·
parre dci casi, comunque, in Giovanni da i verbi di vedere, il problema degli
èwpa.xa è usato semplicemcmc al po· antropomorfismi n on è più sentito nd
s to di dlìov m. Il presen te òpcl.w n on
compare affatto negli scritti giovannei N.T. (~coli. 9 22 s~.). Fuo ri d elle p(lrri
(aI suo posto è usato ilEwpéw ), ma è in narra ti ve, òpaw è predicato di Cris to
o gni c 11s o relativamente raro anche nel nel <Jltar tu vangelo ( fo. 3,1 1; 6,46; 8,
rc5to del N.T., o ve è s1)esso sos tituito
cfa (D..hw. L'imperfetto ricorre uni ca- 38) m. P er il significato particola re di
mente in lo. 6,2 (codd. ~ ) e per que- ' vedere' negli scrini giovannei~ e 2 e;
sta ragione si preferisce la lezione EilEC.:.'- per 5,19 ~ più avanti . Qu:.111,fo gli uo-
pouv (codd. H ).ol\io1..uu ricorre 33 vol- mini vedono il Gcstt terreno non viene
te (f,Àéljlw e mWpYJO"W ~ono estrema·
me111e rari ), d i cui 10 i11 G im,:inni. usata una 1crminologia particolare per
S'incontro W(pi}T)v in 23 casi (mai in sottolinea re In po n at a di ques to incon-
tro 116• In Io . 12,21 vedere= parl11re che l:t formulazione negativa di I Cor.
con q11alcu110 (cfr. Le. 8,io; ÀaÀ.fjO'o:L: 2,9 intesa ud csclutl<:rc qualsia si possi-
Mt. 12,46 s.; ~coli. 913 s.): non abbia- bilic:à di conoscenza 11mann (oltre oll'oc-
mo perranro né l'idea che s ia impomm· chio ed all'orecchio viene menzionMo
te vedere il Gesù terreno né «involon- qui ~nche il cuore; dr. l'associazione
rariamenrc» un 'altra prova «di quale <li occhio e cuore nella citazione di lo.
preminenza goda il vedere presso i Gre- 12 ,40 ). ln questi casi generalmente vie-
ci»m; inoltre tale uso linguistico è ac- ne menzionato prima il vedere e poi l'u-
tcsraco a11che altrove nel N.T.' 1' dire; dr. inoltre Le. 7,22; Io. 3,32 (~
La distinzione fatta in Phil . I ,27 .30 n. 133); Act. 4,20 ecc.; abbiamo prima
e 4,9 tra il vedere di persona una data l'udire, ad es., in Le. 2,20; Io . .:;,37.
situazione e sentirne parlare da terzi Tranne pochi casi (ad es., Act. 22,14 s.)
non costituisce ceno una conrrnpposi- l'ordine cli menzione non ha akum1 im-
zione trn vista ed udito ( cfr. :111che porran2a; dr. anche la sequenza alter-
Rom. 1.:; 1 21). Invece in Io. 8,38 il ve- nata in r Io. r,r.3; Mt. 13,r3 ss.; Le. 7,
22 par. Mt. r r ,4. La precedenza gene-
dere è stimato più del sentire; dr. 6,
n1[merue accorda ta alla vista esprime la
45 s. (~più avanti). Molto spesso l'as-
preminenza naturale del vedere sull'u·
sociazione d i vista ed udito sta a indi-
dire e riflette quindi il modo comune e
cnre tutto il complesso della percezione
sponr.anco di parlare. Talora è me nzio-
sensoriale-mentale i.!!I su cui si fondava· nato sinteticamente solranco il vedere:
no la testi monianza oculare, l'esperien· Io. 12,40; Rom. u,10 (cfr. v. 8); Le.
za o la convinzione personale: Mc. 4,r2 ro,23 (dr. Mt. 13,r6 e Le. ro,24 par.
par.; Mt. r3,14 s.; Mc. 8,r8; Act. 28,26 Mt. r3,r7); Act. 26,16 (cfr. 22,14 s.);
140
s.; Rom. II,8 (~ più avanti); dr. an- I lo. 1,2 (cfr. r,r.3) • .Ln grande im-
mento nell'ord ine di successione in 1 I o. 1,t.3 l'accezione di venire " sapeN: (cfr. ançhc M1.
sin dovmo a ll'intervento di unn mnno cstra- 18,31).
ncA. Orn , dato che tut10 il passo vu <'erlamen· 14.lJn PRliUSClll'.N·B AUER ', s.v. d&ov questi
te consideraro originale (cfr. R. Bu1..1"MANN, passi 'ono in parte classificati sotto il signiii-
Analysc des 1 ./., in: Festgabe A. Julicher cato di 1>ercczione o.conoscenza mcdiarn dalla
[ 1927) 138), bisogna piunosto co11clmlcre dlC vista; in 1 cl sono dcncuti anche gli o:::>empi
ÈWpaxa1uv in 1,2 (nonostante l'Èq>aV(l)Wih'}, in cni al verbo sct,•uc un 'interrogativa indirei-
o proprio a motivo di questo) include l'udire '~- Ci si deve però chiedere se per cnso in Mc.
mcmionato prima e dopo ed i: dunque usato 5 ,14; 15,36 e persino Le. 19,3 non sia piìt ap-
in senso più 11mpio dell'Èwpaxaµtv di r,i.3; propriato vedere il significato rendersi co11/o
cfr. 4,14: i:eDtétj.1da. -> coli. <)69; 980. (in base • quanto sÈ è visto con gli occhi) od
141 C:fr. DIBF.l.IUS, Jk. 22.5 s. s~ in <jllCSIO p as- uno simile. Per quanto riguarda la costruzio·
so non s'i ntende unu tcs1 imonia117.n oculare ne dci verbi di vedere nel N.T . ci r. Jo11AN·
della passione di Gesù, abi>inmo allora J'u'o NESSOHN, \Valm1eh111u11gssatz (~ n. 59) 234-
1msln10 c<l il testo non <'ScmplificQ più ]'asso- 2 50.
ciazione di viSta ed udi10. 1« Cfr. BL.-DllllR. 5 442,z; RULTMANN, ]oh.
1'-' Non è necessario supporre (come fa 69 n. 8. Per x«< '6oV cfr. ]OHAN"NESSOllN, op.
[ l.~UCK, Alk. a 2,16) che i F:irisci 11bbia110 spia- cii. 234 s. 249 •· (Apoc.) cd anche lo., Dat
to il banchetto nella casa ,h I.<·vi come un bibl. xat llìou (-> n. 59) 67 ( 1942) 30-62:
gruppo di curiosi; potremmo benissi mo avere ' xal (ooù im N.T.'
bç6i.1 e I (WI. Mieh~dis}
13,41; Rom. u,22 ; Cui. 6,u) tendono di queste», J.~eL~W -rou-rwv o\jln; <.jllCSta
già verso il significaro di considerare, os- parola va intesa in riferimento all'c·
servare, /art: atte11zio11c, che è presen te spericnza della rivell!Zione sempre mag-
in opa (Òp!Ì:tE), sta' attento, bada, e, se- giore di cui viene a godere il credence
g uito da una negaziom:, guardati da, nella comunione con Gesù 146. Cfr. an.
bada a non " 5. L'uso del futuro o\j;u che ~ col. 1015.
(èh)IE<TilE) nel significato è affar tuo, ci
devi pensar tu è da considerare un la- b) BHnw
tin is mo (M t.27 ,4.24; Act.r8,r5) 146 . Ah· BHTtw ricorre r 37 volte (manca in
biamo più volte (e forse anche in Mc. Thess., Tim., Tit., e in alcune delle let-
2,12 par.) l'accezione vivere, proval'e, tere cattoliche); il futuro (3>..tljlw si ha
sentire, riuscire o vedere (~ col. solo in citazioni (Is. 6,9): Mt. i3,14 e
9x5): la vita o la mor te (Io.3,36; Lc.2, Act. 28,26; l'imperfetto in Io. x3,22 (e
26; Hebr. lI,5), OLmpOop6:v (Aci . 2,27. come va1iante in Act. 22,u; Apoc. 22,
3t; 13,n [l)i 15,10)), TtÉviloc; (Apoc. 8); l'aoristo in Act. 3,4; Apoc. 22,8. Al-
18,7), 'iJ!lÉPCX<; a:ycxil6:c; (1 Petr. 3,10 [ljl trimenti abbiamo sempre il presente
33,13 )). Questa accezione acquista la (passivo : soltanto in Rom. 8,24; 2 Cor.
dimens ione scrnan tica d i partecipare al 14,18 ·ed Hebr. n,l.3.7) che non solo
1empo d ella salvezza messianica nel de· serve, come sinonimo, a ravvivare lo sti-
siderio espresso in Le. 17,22: µ(a.v -rwv le alternandosi con òpciw e vari modi
iit..iEpwv '"COU ulou "COV à.vl>pW7tOU tfìErv' di doov (ad es., Mt. II,4 par. Le. 7,22;
verrà un g iorno in cui i d iscepoli desi· M1.r.3,16s. par. Lc.10,23s.; Hebr.2,
dcreranno «vedere irnche uno solo dei 8 s.; lac. 2,22 .24), ma ha add iri ttura
giorni del Figlio dell'uomo»; lo stesso preso il posto(~ col. 957) del presen-
vale per lo. 8,56 " 1. lo. 1,50: Gesù di- te òp<iw (ad es. Le. 7.44; 9,62; I Cor.
ce a Natanoele «vedrai cose più gra ndi i3,12 cfr. con I lo.3,2 ) 149• ~À.É1tw si al-
'"' Alrri esempi e p•nicol:iri sul costnuto: MANN, Joh. 247 s.).
PREUSCHl:N·BllUF.R ', s.v., 2 lx. ~
col. 888. l"S CCr. Jo. Il ,.jO; anche ~ l'a\fToÙ (var. 'tOÙ
al § ,349};
146 Cfr. B t.-D8nR.6 310 (•PDend ice llEou) andasse riferito a Dio, in 1241 s'imen-
Iv.' 5 362. d0 J,. S6t;a che s i rivela nell• storia di Gcs1'1.
147 J rabbini insegnavano che Dio avrebbe Pure, in qucs10 C3SO (diversamente da s,,6
~-oncesso ad Abramo di vedere il più lontano -> n. t47} si tratta di un vedere profetico; co-
luturo e la s,,ilvez:za esc:uologica (STRACK·BIL· munque sia non certo di una conternporanci.
r.ERIIECK u '25 s.), ma non ncccnnano nd nlcu- tÌi <.lei profeta t-On ]Q storia di Ges\1, ma al
nn promessn <livi11a che il patria rca avrebbe massimo di uno contemponinciriì dcl Cristo
vissuto in qualche modo questo futuro. D'al· pm::sis!entc con il profeta (cfr. 13ul.'fMANN ,
tra parte l'tlS&v di fo. 8,56 pot"ebbe indicare Joh. 346 n. 6). D'altra parte non va pcnsa10
la visione profcrica (cosl STAUFFER, Tbrol. n. uniCOIUefl(C alJ:i VÌSÌone di Js. 6, t{ll:tSi mc
246} soltanto ocl caso in cu i questa avesse già fi..6J ..110<v andasse riferito csclusivamcnrc "
potuto costituire l'ogge tto d cl gioire nnticipn- questo passo .
10 perché Dre.1nnuncia1a. Oobbiamo invece in· '" Perciò abl>i<tlllO ancora più spesso di 3pa,
tendere che Abramo abbia desiderato in cielo òpà-tt (-> n,I, \)(;J) ~).im, (3'1..btE'tt ndl'i·
l'a vvento dell 'epoca salvifica e che, come gli dcn1ico signiticato (e inoltre '3>..(-r-i'<w: 1 Cm·
era stato promesso, l'abbia nnche effcuivumcn- 3,ro; ro,u). Cfr. PaEUSCH[N·BAUER ', "'"
te v:ssu10. L'aoristo · eUicv mostra anche che ~Àinw 4-6, per l'dcntX> quasi completo dci 2<•
(a differenza di Le. 17,22) non si vuole inten- esempi (mancano solo Mc. i 3,2;; Hebr. 3,12).
dett il giorno linale ( conrro ~ rv, col. 129), r:uori dcl N.T. è :1ttc.<1:11a finora soltanto u11:1
ma l'inizio del miois1ero di Gesù (cfr. 13uLT· vulta (-> col. 890) la e<JStni1.ione con cinb
terna anche con 1)f:•Jf.C•·1 l I A· • ..i 1 ,6 par.; Padn: d1c l.1 », perché tale asserzione
cfr. anche 24,12 """ /". 2 0 ,6) 1 ~J. corrispnndc ,.,,tanzialmente a p:issi co-
Anche nel N.T. f~ì.t>.•v ha rnntinua- me l>,)X ((c:.ipa:xa. r.apò: "tQ 1ta.-rpl, «ho
to :id indicare la srns:izione visiva in vislo presso il PaJre») (-+ col. 1022),
senso stre tlll , ad es. la focultil della vi- ma Gi11v:rnni è solito sostituire il pre-
sta quale opposw della ct:cità: J\it. 12, sente ovciw ron iltwpÉw (-+ col. 972) 152•
22; 15,31; Mc. l>,.23 s.; Le. 7,2 1; lo. 9, Se le p:trolc di Gesù in Ml. 18,10
passim; A ct. 13,11; in senso figurato: rnnno intese in contrasto con l'idea gin-
Io. 9.39 ; Apoc. 3,18 (cfr. l'uso di ii.va.· d~•il~I che gli angeli non possono vedere
BÀ.ircw nelle guarigioni di cit!chi); cfr. Dio(-) n. r27; 1, col. 2I8), allora ~Ài
inoltre u:.
8,r6 par. u,33; lo. r 1,9 nw è q1rnn to mai adatto a re ndere il
ecc. Il B"X.É1mv del 0~{3(ov in Apoc. 5,3 s. pen~iero di Gesù che gli angeli proret-
include evidentemente fa leuura ( = tori dci 'piccoli' vedono veramente il
pr~11demc co11oscen;;n ); ~lbnv ti4 rcpb. volro di Dio. Qu.iodo si trarrn della
crwr.6v 'tWoç, «guardare qualcuno in fac- percezione di cvcn ti e processi del mon-
cia» (Alt. 22,16 par. Mc. 12,r4; Le. 20, do dei fenomeni empirici quale riscon-
2 r è diverso), è un modo di dire che tro polare della certezza religiosa che si
si rife risce all'osservazione curiosa o riferi sce al mondo invisibile, l'uso di
ptel1ccup:1ta dell'espre:;sione focciale di 0ÀÉnw è assolutamente appropriato:
c1uclle persone dal cui giudizio uno di- Rom. 8,24 s.; Cor. 4,r8; Hebr. 11,x.3.
2
dw trovi:uno in M.-.8.1;; 12,18 (c:fr. BL hikltir pimim (dr. 1\:1.llSTJ;RJ\IANN, Alk. a 12,
I )1.111< .' S 1.19. appcnJin-). 14) pc.-.:hé i LXX n:ndono qucsra '"Jm:ssionc
'"1 Il fallo di avere 13\foc.J i11 fo. 21.20 e diversa111en1c (Deut. r .1ì; 16,19; Prov. 24,23;
llEci~1taL in 1,38 non 1>crnh.:th· \li 1r11r1·<· aku- ~8.21); dr. inoltre Sci 11•.\'t"mR, Ko111111. Mt.,
n.1 HnH:h1sione circa la qucstiun,,: dc.:ll':nUtln.:, t1d I., per i paralleli r:il>bin iri .
1l.1tn dw in 20,L il abbi~uno andl\.' ~E'•)(..~ 10 , cfr. 152 Probobilmcnrc .md1c (il.Ém.J è usato in
"""'" M E. l\01SMARD, Le chapitro· X\' / dc (;iovanni come gli "Itri vl.'1l>i .li vt-..krc, cioè
.l'ti1111 /0-.111: l«'"Bibl 54 ( 1947) 487. l'..r l.1. !.J. ~iolto Jalla pc=ionc "'""''"·'"' vera e pro-
12 d 1 .I I• KJ-:MIAS, Dic Abe11d11111blr"'"''' pria (-+ C 2 e); pure qucsro l o l1:ntfil",UO è evi·
]cm · ( •» 1•11 ~"!· .i.. ncc wh~nto in 5,19.
1s1 No11 \· :1flal H., certo che ci sin un nL·'\~ 1 1..., " ' Possiamo 1tovare ~Às11r,; :111dw 4mmdo si
l'argomentazione: I-kbr. 3 1 19; Tac. 2,22 pie"-" 1.i.. 11 ·.,,,.•Il« s.1lvilica di Dio e: tld
(dr. bpciw: 2,24). È usato raramente suo nu11pi11w111ll, cd anche 7tP00'1>.17tov
indica 'ì 'hc ;i Jlora la visione sar~ im
per il vedere in visione: Act. 12,9; 111<!dial:1, 111:1 non porta alla conclu sic>ll<"
Apoc. r ,l 1 s.; 22,8 (dr. ~111che la va- cogcnl t: d 1c suo oggetto debba cssn<"
ri:.inre, scarsamence attestata, a 6,1.3.5. unn p<:rM\Jlll (->col. 1028).
ìl· au7tw non è impiegato nel raccon- Ne co n ~cgue che, a parte Ali. 1X, 11 >
(() delle apparizioni del Cristo risorto; ( ~ col. 966) cd il passo complernmcn·
in A ci . 1,9.11 è difficile che {3Ài7tW s tia te eteTtl!?ClleO di fo. 5 ,19 (~ coli. 965
ad indicare un e vento percepibile coi s.), il N.T. no n usa j3).É7ttW per i11Jic:1-
sensi, ma vuole pil1ttosto mettere in e- re la visione di Dio (dr. anche ~ col.
videnza (alternandosi con chevo:;w) la 919).
partecipazione piena e ansiosa dei di-
C) Ò1t'taVOIJ.0.~
scepoli. (n,É7tW non è neanche usato per
Questo verbo ricorre soltanto in A ci.
la visione dcl compimento escatologi-
co IS<_ In I Cor. 1 3,1 2 abbiamo aiiTtw 1 ,3 in riferimento alle apparizioni dcl
Cristo risorto: s~'i)µEpwv '"tEO"O"Epfi"ov-
perché la sim il itudine dello specchio ri-
·w. Ò7t-ret.v61 ~Evoc; O.V'"toi:c;, «facendosi ve-
chiedeva l'uso del verbo indicnnte, cer-
tamente anch'esso in senso figurato, il dere da loro per quaranta giorni». La
scelta di 4ucsto termine non è stata de-
vedere fisico.
terminata da una concezione dive rsa da
Dal punto di vista sinta ttico {3À.É7t()-
µEV vale anche per la seconda mecà del quella presente in proposizioni di simi-
periodo; ci si può però chiedere se Pao- le contenuto ( ~ e 2 cl}: abbiamo ÒTt'"t6.-
lo, <lo,·endo esprimere la seconda prc>- V011Gt• per la semplice ragioni! che ser-
posizione indipendentemente dnlla pri-
ma, avrebbe usato {3ÀÉ7tEW p<!r indicare viva un parricipio presente (~ col.
un 'vedere' escatologico. Ino ltre non 957) per indicare un'apparizionc che si
abbiamo oggetto ( 7tp0<1<JJ1tOV 7tpòç 7tp6- Sllddiv idc.:va in «molte prove ~ icure»,
crw7tov è locuzione avverbiale} ed an-
che se come complemento d'agente di "l':OÀ.À.à 'tEXµ."fÌp•a..
èm:yvWo-ìh1v s'intende Dio, non ne se-
gue necessariamente che il tes to parli d) ih:6.~.l0.l
espressamente della visione di Dio; ciò Ricorre solo 22 volte: 3 volte cia-
che si vedrà è piuttosto l'intero com- scuno in Le. e Act., 6 in lo. e 3 in i
trattn tli percezioni mediate dagli nlu·i sensi : nonza di B),/?tW e )(.11,'ta.VOÉW perché non è
Mt. 1;.;1 e forse anche r4,30 e Mc. ,,31; in- possibile 'vedere' una 1rave nel proprio 0<:chio
vece Apoc. r ,12 signifka, sìnteLil-:imcnre, che (dr. Lc.642; iw.-.:a.votw indica osservare, con-
l'apocaliuico voleva anche vedere colui del siderare con l'occhio anche, ad es., in Aci. 7,
quak aveva inteso la voce. Jn Mc. 4 ,24 par. 32; Iac. 1,23 s.).
Le. 8,18 (--+ DosscHiiTz 399) abbi2mo pi11t- I~ lltbr. ro,25 prcsenia J'ac<."czionc osuru11re
tos10 l'accezione fare aflem:.io111:. P. improba· {suUa base di determinati sintomi ); cfr. M1-
bile eh~ in Alt. 7,3 par. Le. 6,41 ~i abbia l'alter- CJIEI,, H ebr., ad I.
ilp<ic.i C, (\VJ. Mitl 1.1t'l1 .1
lo., 4 in 1\11 . ~ nl'I fo11.1J_. ~purio di Afc., l'i11ou11r" 1'·. 1111. 21,27: il verbo vut>k
l volin in l':1<> I• >. 1\ lil 1i:111hl J'aorisw pas- fors(· i11eli,·:1 ro.; lu s tupore o cumu1up1(
sivo ( - 11. 1.1) in 11\: p:i-si (lvft. 6,r; 23 ,
l'a11«111i1111c con cui viene guardat o I 'o
5; Alt' 1<>.1 1 I, .1h riml'nri sempre l'aori-
sto ml'd i" 1.· 1.il u1:1 il pc rfeno (lo. 1,32; dia tll :11'\'t'l'S:trio. t lct.I, I X: itEaOjlO.l 11\lll
r lo. 4, 1 l.1.f). /\ lancrno il futuro ed il rip r..-11dl.' i verbi ( ~À.É'ltW, Ò:'t'EVL~I>) l di
present1.·. 1, 1 o~ .. ma il BÀE1t6v>wv a.ù-rG>V di 1,
Tra i verb i di v1.'Jcre i>taop.cu ha cer- 9 : i di scc1xili pO$SOno essere cons idera-
t:1rnc111.: un:1 nota parti c<;>lare e soltaot<) ti testimoni attendibili pcn.:hé hanno
in un c:1so i I cunbio tra il nostro verbo potuto seguire l'accaduto; in ques to
(Aci. 22,9) e i)ewpéw (9,7) sembra non passn De<ioµo.L non è però termine tec-
avere alcuna importanza. Rom. r 5,24 : nico per indicare la visione del Cristo
lk6:01AetL si differenzia da Ì.ÒELV ( r ,1 r risorto, benché si tratti proprio di ciò,
ecc.)<- n. 138) perché sta qui ad indi- né lo è altrove: in Act. 22,9 l'ogge tto è
care un vedere pit1 p rolungato, comple- qx;iç e l'uso fatcone i n Aie. 16,11.14 è
to e se ntito: va tradotto visitare. Jn Mt. un 'ulteriore prov:i che il fi nale di Mar-
22 ,rx 1le6:aaal)cu ha il suo significato co è spurio 1 ~.
pa rticolare e proprio di osservare, esa- Anche nel quarto v:111gelo 1'E6:011m
minare, mentre doEv signific11 (ibidem) non pu ò essete accostato «serr'a a lcuna
rcorgere, scoprire o rilevare guardando differenziazione» 157 agli altri verbi di
rntt'inco rno. In Mt. u ,8 par. il doppio vedere; per Jo. I J ,45 ~ col. 961 .
LòEtv potrebbe indicare, come semplice
All'doEv di Alt. r 4,14 par. M c. 6,34
var iazione, una minore ch iare7.za o vi- corrisponde in lo. 6 ,5 ilw.aci.µEvoç, ri-
vacità dcl ileaam:rilo.~ usato prima ( rr, chies to da un'introduzione in ~é solen-
7). Rispecco a ilEwprw (Mt. 28.r par. ne; lo stesso vale per ·nl)Éaµm (lo.l ,
32) rispet to ad ,t&ov (Mc. l,10 pac ).
Mc. 15,47), ilEaoµcu (Le. 23 ,5 5) sotto- Perciìi anche l'Énw.crciµEl)a. di Io . r ,14
linea l'attenzione e l'affe tto del lo sguar- non è del cucco equ ivalente ad un Etlio.-
do (dr. l'esattezza con cu i Luca descri- 1u:v (cfr. u,40; 12,41; ~ n. 148), ma
ve l'oggerto della visione). Le. 5 ,2 7: an- il term ine più solenne vuole indicare
l'i111pressione u nica fatta Ja c.iò che si è
che qu i l'uso di tlkacra:ro (Mc.2,r 4 par. visto. Anche se qui si tratta certamen-
Mt. 9,9: dliEv) serve p robabilmente a te della ' vista della fede' in senso gio-
mettere in evidenza l'importt1 11zn del- vanneo 1s.", questo fatto n on bastt1 da so-
m lltdtot~"' non è certo ~•crmi11e. preferito di verbo ricorre in pas~i propri al p rimo vnngelo .
Luca• , come sostiene HAUCI>'., Lk. a 5 ,27; in· iu Gr. anche la costrll2ionc con \nt6 in Mc.
fatti Lr. 7,>4 condivide il termine con Mt. II, 16,11; -t MICHAELIS 1)0 n . 140; BL.-DEBR.
7 e là dove Luai cambia i 1crmini (5,27; 23, § 191,r.
55) lo fo per moti,·i oggmi,•i . Si porrebb~
piuttosto dire che è un tern1inc pn:(cl'ito di 157 Così BULTMANN, }oh. 4, Il. I.
Matteo, visto che rre ddlc qu3rtro volte il I'~ ar. BuLTMANN, fob. 45 ·
òpciw C r (W. Mid1:1dis)
lo ad escludere che si voglia qui indi- òpciw (negli Ani ricorre solo in 8,2 3 ),
care anche la tesrimonianza oculare. mentre altri tempi di òpaw ed t{oov ri ·
D'altra parte è importanre che il forre corrono 66 volte in Giovanni, possiamo
tono deUa testimonianza oculare pre· concludere che 11d N.T. WEwpow è ve-
sente in J Io. 1 ,1 non aderisca al voca- nuto a sostiru ire Èwpwv ed il prc~en1 e
bolo i)EO:oµcu in sé perché, infatti, in I ìtewplw ha preso, nlmeno in Giovanni , il
Io. ilE6:oµm <: assolutamente identico a posto di òpciw. ~ improbabil t: che i)Ew-
t~Jpcx.xcx.: cfr. I lo. 4,n con Io. 1,18 PÉW al presente cd all'impt:rfctto sosti-
(dr. I Io. 4 ,20) e I lo. 4,14 con lo. 1, tuisca lh:ciop.Cl'.t 1' 11 perché, lld es., in Gio-
34 (cfr. 3,rt.32; 19,.35). È vero che in vanni tl}Eacra1..1.11v ecc. ricorre soltanto 6
1 Io. r,r ii)EM<iµEl}Gt è associato con volte contro le: 36 di Eloov e le 20 di
twpaxaµsv ed 6:x1)x6aµtv (1 Io.1,T.3), Èwpaxa. Inol n e ilEWPÉW si alte rna mo l-
pure l'accostamento con &.x11x6aµtv ha tO di rado con i)eci.oµa~ (--+ coll. 969
un parallelo in Io. 3,32 ed il nesso con s.), ma freque nte mente con òpciw o
ijiT)Àaqxiw uno in Le. 24,39 (LOE"tE). Di d.oov (ad es., Mc. 5 ,15 dr. r6 ; 5,38
conseguenza non basta .r Io. 1 ,1 per di- par. Mt.9,23), mu anche con (3),É'rwl (ad
mostrare, <la solo, che ti)rnc6:1..ud)a in es., LJ;. 21,6 pnr. Mt. 24 ,2 e Mc. 13 ,2;
lo. I ,14 implichi uecessariumente la te· lo. 20,5 s.; dr. Le. 24,12; per lo scam-
stimonianza oculare 15'1. bio con Eùpwx.w: Mc. 5,15 par. Le. 8,
35; cfr. ancora Le. 24,2 par. Mc. 16,4).
Né negli scritti giovannei né nel re-
s to del N.T. i)Efioµcx.t è usato per indi- In Mt. 27 ,55 par. .Mc. t5,40; Le. 23,
cnrc: la vis ione di Dio (-'> col. 942 ). 35.48 (cfr. r4,29) ìttwptw mostra anco-
L'assenza di i)Écx. (e itEa-ri)c;) nel N.T. è ra l'accezione originaria guardare qual-
anch'essa significa tiva. cosa (da spetcatore; cfr. Le. 23,48: ì>Ew-
plix, spettacolo , appog11me11to dell'oc·
e) ìt~wpiw chiu). Né in Le. 24,37 (cfr. Mt. 14,26
ikwpiw ricorre 58 vohe (di cui 2 4 in pa r.) 161 né in Act. 9,7; 10,11 (in 7,56
Io. , r 4 in Act. ). Abbi amo l'imperfetto abbiamo ìkwpÉ<ù perché era necessario
in Mc. 3,u; 12,41; 15,47; Lc. to,r8;
lo. 6,2; il futuro solranto in lo. 7,3; u so rc un presen te) ìl"ei..iplw è termine
l'aoristo in Mt. 28,r; Le. 23 48; lo. 8, tecnico per indic.ue il vedere in visio-
5 <; Apoc. r 2 ,12; negli altri casi scm· ne. Negli Atti prevale il significato no·
prc il presente. Poich~ nel N .T. n on in-
contriamo Éwpwv (--+ col. 957) ed in tare, osservare, conoscere (4,J.3; 17,16 .
Giovanni manca del t\lllo il presente 22 ccc.).
IS> Diversa è l'opinione <li F. ToRM, Dic Psy- che si cra ni di un vedere vi•ionurio sulla scm
chologie dcs 4. Ev.: A11ge11:ce11ge oJ,., uicbt?: p!ice base dcl 1crmi11e impiegato. Abbiamo
ZNW 30 (1931) 125 s.; di. anche W. 0EH- forse un impcrfcno iterativo? Non va dimen-
LEll, Zum Missionschorakter dcs ]oh. = BFfh ticato che Le. 10, 18 (un Jogion <li G<;sù) ri·
42A { r94 1) 23 ss. ed O. CuLLMANN, Urchr. produce cerrnmentc u n testo ar•maico e che
111rd Gottesdie11st' (1950) il quale sottolinea in questa Jini;uu >lbbiamo un unico tempo
(42) che è «•Ssolu tarnentc CérlO che va qu i in- passato [ KuJJN J. Questa vista va veramente
cluso anche il vedere fisico»; ~ n. J68. trasferita nella preesistenza? Cfr. ~ VI, coli.
J60 BL.·DE.BR. s 101, s.v. ~o>çÉW. 363 s. n. 220; W. BousSET, Kyrios Cbristos '
161 Anche in Le. 10,1 Il non si può concludere (r92r) 16.
opaw C 2 ( \VJ . Micha,·l i, l
In Io. 6,19; 20,(1.11.1J,1111ri passi in pWOW 't'ÌIV ob!;<I'J 'TYJV f:µi)v viene a ~i
rni ikwpÉw si :1 Itcrn:t ad ~Itri verbi di gnifical'c: vcJc:rc la sua ool;cx. nel com-
vedere, prevalt: il signilic:no Ji perce- pimento csc:11dogico; vedere lui nd f,.1
zione sensori3le (:11Khc, d apprima, in sua gloria <li quel momento (cfr. I 1u.
20,12.14); così pure in 2,23; 6,2 (~ 3,2) 11•?. S'intende quindi una vis ione
coL 961; cfr. 7 ,3). Abbiamo l 'accezione della Sò!;a. di Gestt diversa da quella di
osservare, notare, co11oscere chillJ'amen- 1, r 4. Soltanto in I 7 ,24 il quarto van-
te in 4,19; 12,19; 14,17 e forse anche gelo parla di una visione, di un vedere
in 9,8; 10,12; In altri passi, invece, escatologico.
ikwpÉw rientra anch'esso nell'uso gi o-
2. 'Vedere' nel N.T.
vanneo particolare ( ~ e 2 e) <lei verbi
di vedere (6'40.6 2; 12.4'; 14,19; r6, a) Cenni gene rali
10.16 s. r9). In Io. 8,,1 ricorre il senso Il rnpporro quan titativo tra i verbi
di vedere e quelli di udire nel N .T. è
traslato venire a conoscere, provare, su- praticamente identico a quello dei LXX
bire: l>civo:tov ov
µT) ilewpiJon, «non (~ coll.924ss.): i primi (circa 680 vol-
verrà a conoscere la morte» ( ~ col. te) hanno un netto vantaggio su &.xoliw
(circa 4 25 volte). Quesro semplice dato
963). Va forse inteso in modo simile
numerico non vuol comunque dire che
anche 17 ,24: tvcx. l}e<ùpWOW 't'TJV o6!;cx.v anche in n1pporto alb ri vebiione il ve-
't'TJV tµT) v, «affinché provino la mia glo- dere debba avere un 'im portanza mag·
ria»? I discepoli vengono forse a pro- giore; anzi, a questo proposito, è prn-
prio l'udire che ha la preminem,a (~
vare personalmente, a conoscere, nella cfr. coli. 959 ss.; n. I 33; I, coli. 59r ss.
comunione con Gesti, la sua gloria (cfr. e quanto andremo dicendo qui di segui-
IIAO ~ n. 148}? Le parole oitov dµ,t to). Il N.T. non si sofferma p:1rticolar·
mente sull'aspctrn fisiologico-psicologi.
~:yw c he si riferiscono io 12,26 e 14,3
co del momcnto visivo (cfr. anche ~
ali'esistenza celeste (dr. il concetto di coJl.1059s.). Mancando una dist inzione
çwi) a.lwv~oç inteso in 12,25 come esca- ua mondo sensibile e mondo intelligibi-
tologico in senso stretto mediante l'op- le sul tipo d i quella e laborata d:1lla filo-
sofia greca e nota all'ellenismo, il N.T.
a
posizione ÈV -.Gì xéc;p.f!' •ov•~, ed il non deplora (come fa invece filone, -
nesso con q,3; ~ coU. 221 ss.} mo- coll.943ss.) che In percezione sensoriale
strano che anche in I 7 ,24 indicano la sia inadeguata alla conoscemm ddJa real·
tà intell igibile; la v ista è accettata comi!
med esima cosa e µ<:•"t1.tov si riferisce un da to di fatto della creazione e per
allo s tare con Gesì:t nella perfezione questo motivo In s ua funzione è vnloriz·
cele~te. All ora la proposizione tva. i°)Ew· r.ata anche ne ll't:vento rivclntorio.
161 Anche Bur.TMANN, )oh., mc assegna 17, u:i «Ol~•r•t .lopo la mort-~~ h99), pur nou
24 all'evangelista e non :1<1 un 1eda1torc (397 ''okmk> a!'>SCllJlorlo aUa «antica CSC"atolo;:ia n-
n. 6), intende il I""'"'" nel s..·nso di un «essere poal iuic:o 11iucko<risriana» (397 s.).
insieme con il rivd:ih1ri.: 01t11..: h1 ruorte». di
òp&.w e l (\Xl . /\kh~elis)
La maggior frequenza dei verbi di ve· bcpì>aÀµot lhL (3À.ih:ovow, xat -cà. ww.
<kre rispetto a q uelli <li udire si spiega [ VJ.lWV] &n cix:ououcn v, «beati i vostri
i1nchc nel N.T. con la semplice conside-
rnzione della preminenza naturale della occhi perché vedono, ed i vostri orecchi
vista stigli altri sensi. Il fotto cbe nei perché odono», può sembra.re una estil-
va ngeli abb iamo più storie di guarigio· tazionc della testimonianza oculare con-
ni di ciech i (Mt. 9 1 27 ss.; Mc. 8 1 2 2 ss.;
cretamente intesa; pure non è fuor di
l0_.46 ss. par.; Io. 9,r ss.) che cli sordo-
muti, e che in certi passi (Lc.r4,r3.21; luogo avanzare varie riserve a tale in·
Io. 5 13) si menzionino i ciechi, ma non terpretazione.
i sordi (diverso è il caso di Mt. r5,w),
è difficilmente da mettere in relazione La mcn;;:ione degli occhi e degli orec-
con «la maggiore importanza che noi at- chi, cfr. Le. i r ,27 ~ VI, coll. 991 s.)
tribuiamo all'occhio rispetto all'orec- non serve a sottolinellre il momento
chio» e con la considerazione che « tan - della percezione sensoriale, ma è un mo-
to nella vita q uanto nel pensiero dell 'uo- do di esprimersi figurato, chiaramente
rn.o i ciedù ha1rno una parte maggiore semitizzante (cfr. lob 19,27; 42,5), che
dei sordi» 1t.i ; la spiegazione più verosi - iroviamo anche altrove (Le. 2,30 e dr.
mile è che, data la frequenza delle ma- 4,zo; 1 Cor. 2,9; Apoc. 1 1 7). In Le. ro,
lattie degli occhi e della cecità in Pale- 2.3 sono nominati soltanto gli occhi, ma
stina, Gestt si sia trovato spesso a gua· r.0,24 p:1r. Aft. i 3,17 mostra che deve
rire ciechi. Nel caso di queste guarigio· trattarsi d i un 'espress ione sintetica del·
ni (per la loro valu cazione teologica ~ la formulazione originaria, conservata
IV, coli. 714 ss.) non viene messa in pri· meglio (in questo .rispetto) da Matteo.
mo piano l'idea che i ciech i debbano Dato che le attese giudaiche di vivere
ricuperare fo vista per poter essere spet- il tempo finale della salvezza usano
tatori e testimoni oculari delle opere di "Sempre e soltanto verbi <li vedere 164 , la
Gesù. Basterebbe il parallelismo con le 1uenzione dell'ud ito in Mt. 13,r6 s. p uò
al.tre guarigioni a contraddjre mie inter- essere compresa soltanro pa rtendo <la l-
pretazione, m<l va anche considerato che l'importarr.r.a che ha l'ascolto ( nel senso
in tal modo si verrebbe a sopravvaluta· di ascolto ed accettazione del messag·
re notevolmente il fattore visivo q uale gio salvi Geo) appunto per Gesù (e nel
p resupposto dcl ln testimonianza ocu- N.T.). Anche il vedere, almeno in r3 ,
lare. r6, è un vedere c.:hc cost itu isce la pre-
messa della conoscenza delb salvezza.
b) Testimonianza oculare; v1s10ne e In Matteo il pensiero segue q uesco coi-.
fede so: contrariamente ai profeti ed ai giu·
sci (r3 ,17 ) voi avete l'immeritato van-
A tutt3 prima il logion d i Mt. r3,r6 rnggio di poter vedere cd udire (13 1
(cfr. Ù . ro,.23): V(J.17JV ÒÈ µaxapLOL ot 16): quanto sarebbe tragico se, nono·
16l Così ~ DollSCHUTZ 397; cfr . 396. L'ordi· IlAUER, Ag. 59.
ne doto allo s torpio in Act . .3>4 (~ì.Élj>ov dc,
i)i.lciç) mostra l'importanza che ba il vedere ~ Cfr., ad es., -> coli. 953; 954 s.; STRACK·
1 1
per lo stabilirsi (ed il permanere) d i rapporti J3JLLEJ\R~CK li J .l 9; Le. 2,30; 3,6 (ls. 40,5);
non fisici, ma non rende a suggestionare il .lo. 8,56 (~ n. r47); inoltre \V/.G. KiiMMEL,
ma lato; contro M. DrnEllUS, Stilk,.itisches zur \ferheissung ttll(L Erfiillung (1945) (•9 e n.
Ag. in: Eucharistetion 11 (1923) 39 e n. 2; 174·
'177 (v.11 :1 ò:;itw C 2 (\'\1. Mid1.1..l1 .. 1
stanle ci:1, voi non d11ve,lc giungere al- sot1olinc:1v:1 il maggior dovere di J.\illll·
la gius1:1 l'i,i1 >11<" n l :11 giusto ascolto ( I 3, µcr<· :11!:1 giusla decisione insilo 111;1!:1 tc-
14 s.) ! T:i le 1ws:-o è n:rtamcnte s tabilito
s1i111011i:t0zn stessa. Inteso cosl, il logion
da M,11 11:0 s11;ss11, ma risponde al senso
originari•) dd log ion più di quanco non s'inserisce ottimamente nd la valurnz io-
i.i:i in L11c1 : qui l'accost11mento con io , nc Jcllu testimonianza oculare fomiliarc
21 s. (a ~ì du: Le. ro,23 s. ve nga ad a-
.1! N.T.
vere una cena enfasi esagerata che man-
ca in l'\1at1co. Luca, inoltre, formula il Le. 1 ,2: l'&<lcprLÀ.ELa (--?
1, coli. r 344
pensiero in modo tale da dare l'impres- ss.) della p redicazione protocristi:ina di-
sione che Jla.x&.p~o~ si riferisca immc- pende dal fatto di poter ri sali re: senza
dia tamcme solrnnto agli occhi <li un
in terruzio ne fino ai tes timoni oculari.
qualche altro testimone occasionale,
mentre (come s i vede anche da 10,2 4) O ra, dato che Luca considera Lrademi
si d eve rrntta re unicamente d egli occhi validi soltanto gli cx.ìrtbit-ra.L (-7 col.
dei discepoli. Nel testo di M:1trco sono I 049) ovvero considera a.(rt61t'tGtL le-
pcii notevoli le proposizioni OTL {3À.i-
r..ovrnv /o·n 6'.xouovaw: senza 13,17 sa- giuimi solranro quelli che sono divenu·
rebbe impossibile capire a chi si riferi- ti conte mporaneamente anche U1tTJpÉ-
sca 13 1 16; né Matteo né Luca h:urno ri- <aL -toii Myou (-7 VI, coli. 335 s. 348),
portato le parole originade. Vari indizi
fanno pensare che s i sia trattato di un ci è possi bile comprendere chiaramente
ammon imento 165 a non sprecare l'occa- in che senso il terzo evangelis ta inten-
sione offerta da q uanto si vede e si O· da fo testimonianza oculare e, d i conse-
de ; il riferimento ai p rofe ti cd ai giusti guenza, la storicità degli eventi: si trat·
trova quind i un parallelo in Mt. II,20
ss. ; 12,41 s. La persona di Gesù non è ta di un aver visto sfociante necessaria-
nominai a come oggeno in 13 ,16 par., mente nella predicazione della comuni-
anche perché no n si pensa im mediatA· tà credente, perché non si limita unica-
menrc a lui: oggetto della vista è ( co-
me in 1 r ,20 ss.) la òvvctµLç , ogge tto del- mente alla sensazione ed all'osserv11zio-
l'udito ( U .4 r s.) il xi]puy1u.t di Gesti nc dell'accaduto, ma è pene trato Gno a l
ovvero la sua <lo<pla.. significato profondo dc i fatti e li ha ri-
conosciuti come rivelazione che va re-
Concludendo: per quanto in Mt. I 3, cepita con fede (dr. anche lo. 20,3 1 ).
r 6 s. par. sia presente la convinzione Legittima è quindi soltanto quella te·
fondamentale che con Gesti è giunto srimonianza oculare nella qua le il mo-
l'atceso tempo della salvezza (-7 v1,col. men to dell a fede non passa in sccon<ln
99 .5 ). pu re in origine il det to non espri- linea rispe lto a q uello vis ivo. P er que-
meva una <:s:tl tazione assoluta della te- sta medesima ragione i vangel i sono sì
stimonianza oculare in quanto ta le, ma fondati sulla crndizione dei test imoni
161 Cfr. \YJ. Mu:11AF.Us, ,\ft. 11 (1949) 201; di. MllL, op. cit. 68 e o. 172.
verso parere in llu1.TMANN, T rad. rq; KOM·
oJl«w C 2 (W . l\lid1adis)
<l irer1i, ma non si presentano sotro la sen so s tretto, cronistico, ma include un:i
forma cli testimonian%e o<.:ulnri. fo rmulazioni! ed u na interpretazione mt·
tonome. Il forie ri lievo dato alla tcsti-
Anche Luca non ha vi~ro nkunu ga· monianzH oculare in 1 Io.r,1-3 ha unica-
ranzia di Ò:.<npcD.Ew. nclb forma sogget- mente la funzione di legittimare il com·
tiva tipica dclle testimo nianze oculari pito d'interpre te che l'autore si è pn>-
né alcun ostacolo alb fun:tionc Ji te- posto 109 •
stimonianui di fede del p roprio raccon- Nei vangeli non è detto quale fosse
to nella forma oggettiva ch'egli si pro-
l'aspe110 <li Gesù {~ I, col. 59 2) né è
p ose di seguire. Resta da vedere fino a
che punto sia possibile rico noscere qua descritto quello di altre pe rsone (escl u-
e lii in Marco il testo <li un racconto si alcuni cenni come in Le. i9 ,3 ); i co-
fotto da Pietro. Il gra nd e peso dato al- lori non vengono ricordati ( - v1, col.
la tcs1imonianzn ocuiarc in 2 Petr. r ,18
(dr. 1 ,16: tn61tw~ ; ~ coll. 1054 s.) 670) né abbiamo mai la descrizione di
non ha uguale nel N.T. ed è giustamen· un paesaggio ed i cenni topografici so-
te considerato una prov:1 d ell'inautenti- no assai scarni e sbiaditi: come spie-
cità di quest:i letre ra 1u; per µap'tvc; in r
gare questi fatti? Possiamo dire che ciò
Petr. 5,1 ~ vr, coli. r 329 ss. (nnche per
quanto riguarda il conce1to di µcip-ruc; è accaduto non perché questi particolari
nd N .T., del resto, abbiamo che accan· si siano persi per strada prima di arriva·
ro all'attestazione dei fotti vie ne messa re ai nostd vangel i, rn tl perché r,iiì J><:i·
sempre più in rilievo !~ testimonianza
nel senso di una professione di fede le prime testimonianze ciò che andava
che vuole portare altri aUa fede: - vr , visto e che doveva essere descri tto co-
coli. 1313 s.). Anche in Io. r,14 non è me visibile erano le azioni di Gesù , le
necessa riamente certo che Ei}w.O"ci!.!éilet
indichi una testiruo nian7.:t ocufore 167; sue opere, gl'incontri con lui. Fin dal-
in ogn i caso non costi ru iscc l'introdu- l'inizio n on sono state tramand ate sol-
zione di un vangelo rcdmco in stile tanto le parole di GesL1 {~VI , coll.392
tes timoniale 165 . 1Io. 1,5 (dr. 3,n) in-
ss.), bcnsl anche le sue opere(~ r, col.
die:\ sl che quanto segue vuo le ripro·
durre fedelmente un determinato mes- 595) perché parola ed azione e quindi
saggio, pure tale fedeh ~ non va intesa in ascolro e vista costituiscono insieme b
1"6 Nei vangeli apocrifi si rh-eln sii:nifica1iva· più s1ra:io e.tic la narrazione non p!'OCOOa m
menic la tendenza a ticordorc occ•.siooolmen- primo p<..'l"SOM (sing. o plur. ).
te iJ racconto di t«Stinion i OCl!lnri: dr. cv. iò9 Credere, come fa IluLTMANN, ] ob. 46 n. 1,
Pctr. '9 s. ed i frammenti ddl'ev. Hcbr. ripor- che r lo. ni11presenti, «la ripresa della situa-
tati in liENNEcKr,: 4 5-48 come 1111. 7.21 s. z5. zione dei contemporanei da parie ddht nuova
3S.48s6., 9 s. generazione», non rende giust izi:! nl tenore di
'" Cfr. -+ coli . 970 s. e nu1.TM \NN , ,lob. 45 •· r,r ~s. Dito che r Io. r,t ss. coscituiscc !1intro#
(46 n. r: plur. ecclesiasticus). duzionc all'intera Je1rera, non si potranno met·
t6! Questo non es.elude, n.1turalmcntc-, che J'3u-- rcr~ questi "crsetti esclusivamente in relRiio-
1orc non possa essere il figlio di Zebedco. Se nc ~-on b polemica, sorta p iù tardi, con colo-
però, per altre rogioni, si pcns:t che 11 quat10 ro che negovano «la corporeità della rivelazio-
van&eln gli vada attribuitn ( dr. \VI . MtCH.\E· ne ddl'ewrno in Gesù •, come dice Biic11s61.
LIS, Emi. in das N.T. [ r 946 J '); ·99), è tanto ro.
piena siorici:ii " l'interezza dell'evento rip10 1; p1ra 1 Petr. 1,8: ov ovx loov·nc;
rivda turi11. ( :tn a111e111e non si può di- =
àra..r.0:-rE, «che ( GesLt Cris to) voi a-
sc:ouosn:r(; la preminenza dell 'asco lto cd ma te pur senza averlo visto>>, e / 11 . 2 0,
l· si nwma tic:o che agli aih67t-.m di Le. 2 9 precisa che questa fede che 11011 ~i
1 ,i. r, col. 592) facciano riscontro
( -7 fonda sul vedere ha lo stesso valo(e del-
gli axou<Ja.v·m; d i Hebr. 2,3. l i vedere la fede che scaturisce dalla visione diret-
110
stesso è un tipo di ascolto, cioè un mo- ta degli eventi salvifici • Al posto della
do di recepire la rivelazione; esso può testimonianza di retta e personale suben-
e dovrebbe portare alla fede proprio CO· tra la tradi:done prorocrisriana. Turrn -
me l'ascolto (lo.Il,40; 20,8) e per que- via, come la testimonianza dei contem-
sta ragione si è in colpa se non si giun- poranei di Gesù era in funzione del ke-
ge alla fede dopo aver visto (lo. 6,36; rygma della comunica e~ col. 978),
-7 col. 96r ). P ure esiste un voler far cosl la tradizione della comunità deve
dipendere la fede dalla vis ta che è man- anch'essa basarsi su q uesta testimooian-
canza di fede (Mc.r5,32; lo.20,25.27 ). z:i oculare; soltanto in questo modo vie-
La pericope di Io. 20,21 ss. riguarch ne infatti garantito pienamente il signi-
c"Crtamente l'incontro con il Cristo ri· ficato della s toricità della rivelazione
sorto, ma le parole µa.xapw~ ot µ:i} concessa in Gesù m. Così in u n modo
lò6v·nç xa.t m<J-.Eucra.v-rEç, «beati colo- nuovo e diverso il vedere si conver-
ro che credono senza vedere» ( 20,29 ), te nell'udire. Paolo fonda la fede unica-
superano i. limiti dcl contesto immedia- mente sull'ascolto della predicazione a-
ro per divenire un 'aflermazione di ca- postolica (Rom.w,r6 ss.; _,.. r,coll. 596
ra ttere generale e fondamentale, rivolta s.) e si considern un anello nella catena
ai contemporanei dell'evangelista, i qua- della tradizione (rCor . 15,3 e passim).
li devono poter credere senza aver vi- Forse alcuni avversari del!' Apostolo
sto coi propri occhi. Il medesimo prin- hanno sos tenuto di esse(e i.n una posi-
m Da JJetxapLOL non sl può comunque dedur· zione del problema mediante la pasquak testi·
re la superiorità assoluta del credere senza • · rnonianza apostolica della risurrezione proposta
vcr visto, con)C sostiene, ad es., SCHLATJ'eJ<, da E. HIRSCIJ, Die ilufcrstehungsgeschichten
Komm. ]ob., ad I.: •Il <lecco ... stabilisce la umi der christliche Glaube ( l 940); cfr. anche,
preminenza della comuni~ dci credenti rispet- n questo proposito, P. AJ.THAUS, Die Wahr-
to agli apostoli». Il detto è infatti determina- beit des .~irchlicben Oster[!.la11bens = BFTh
to tbl confronto con la fodc d i Tommaso, fa 42,2' ( r94 1} 64 ss.; CutLMANN, op. cii. (~ o .
qu3lc si fonda sulla visione diretta. Cfr. 159) 40-46 su visione e fede in Giovanni; In.,
Tanh. I.le lk 17 a in STRACK·BILLF.RBECK H 586. dlìsv xai É1tlO"tEVO't v. La tiie de Jésus, objet
dc la 'vue' et dc la ' foi', d'ap1·ès le q11atrième
111 Cfr. le considerazioni di BuLTMANN, }oh. Evangile, in: ilux sources de la tradition chré-
46 sulla contc01poraoeità dci cristi:ini delle ge- ticnne. Mélangt'S offcrts à M . M. Goguel
nerazioni postcrio1·i coi testimoni ocul~tri e Jc: (r950) 53·58.60. Per Act. r ,2r s. -> 1, cd l.
s ue ob iezion i !ThLZ 65 [ 1940] 244 s .) ~ l!:i sol11- n67 ss.
!181 (v.349) op<iw C 2 (W. Mich:ielis)
zione privilegiata per esser ~rati testi- l'opposizione JXllarc dd v. 16: ciò che si
moni della vira ccrrena di Gesù (cfr., vede e il progrcssiv,, Jisfocimcnto del-
l'uomo esteriore. men1rc ciò che sfug·
ad es., 2Cor. 5,12) e quando Paolo ha ge a qualsiasi os~crvazione è il rinnovn-
contestato tali pretese ciò non hn signi- mento e la crescita dell'uomo interiore.
ficaro per lui alcun distacco dalla sto·
Benché l'cx.Llù\ILOV Bei.voi; oo~nç di 2
ricità della vita di Gesù svolt~si nel
Cor. 4,17 abbia un orientamento esca·
regno empirico dei fatti (cfr. proprio
tologico (-+ ll, coli. IJO s. ), -.à µ'Ì) (3Àt:-
I Cor . r 5,3 ss.).
7-oµt:vot (4, 18) non indica la realtà fu tu·
Per impostare e risolvere il problema
ra che non è ancora visibile, ma una real·
del rapporto tra vista e fede, va consi·
cà presente che è comunque invisibile.
dernro anche 2 Cor. 4 ,r 8: le cose invisi-
Tale realtà invisibile è chiamata c.tLWVLCX.
bili signi6cano veramente quelle che
perché nell'azione dello Spirito, che ef-
non si vedono ancora perché devono
icttua appunto il rinnovamento dell'uo-
venire, indicano veramente le realtà e-
mo interiore (Eph. 3,16; Tit. 3,_5), si
sc::uologiche? m
muovono nel mondo le òvwiµw; µÉÀ.-
Non è possibile rispondere a ques to
interrogativo panendo da 5 ,7 perché ),ov-.oç a.lwvoç, «le potenze dell'eone
&à. doovç non significa 'vedendo' {-+ venturo» (Hebr. 6,5) la cui opera so-
III, coli. 124 s.) e non abbiamo pertanto p:·avvivr:\ perciò o quanto è visibile, a
alcuna affinità terminologica con "tà.(1.Li))
~À.Erc61.LEVc.t (4,18). Neanche alwv~o<; (5, quanto è legato a questo mondo ed è
1) rende legittimo interpretare .p 7 s. pertanto 'ltpO<TXotipa m. Benché sin una
p:mendo dal cap. 5. Decisivo è invece realtà, una realtà spirituale, il rinnova-
il nesso trn 4, r7 e 4,16. Non si pub
mento dell'uomo interiore non è presen-
non vedere che "TÒ 'lto.po.v"tlxo. ÈÀ.otcppòv
i:fiç ilMl!it<JJ<;, «il momentaneo peso del- t<:: s~à. EtOouç, come una forma visibile,
la tribolazione» (4,r7) cor ri$ponde al ;içccssibilc alla percezione sensoriale-in-
'deperire' ( &a.cp!h:lpEcrl}a.L) dc li 'uomo e· tdlettiva: esserne certi, indiri<:7.are lo
steriore (t'.~w <'ivì}pwnoç) Ji 4,16. La
yuestione è se ait:ivLov (3&.poç So~T)ç (4, o-xonEi:v soltanto su questa rcaltil, è
1 r «un eterno peso di gloria») indi- 11:la'tt.ç.
pendentemente da 4,16 costituisca sol-
ranro un contrasto interno a -.ò itc.tpcx.u- In Rom. 8,24 s. Paolo mostrn che «si
"lxo. tÀ.o.q>pÒv ·djç Ì}Àlq>tW<;, Oppure se può parlare di sperunw nel senso di un
non sia piuttosro il riscontro dcl 'rin- atteggiamento rivolto al futuro soltanto
novmnento' ( &.va.xawowìta.L) dell'uomo se ii suo oggetto non è presente» ( ~
interiore (4,16: ~O'W èi.vì}pw'ltoç). In que- 111, coli. 541 s.). Egli fa seguire questa
sto caso i:cì (3)..rn6µ.tVa. e i:à p.'Ì) (3Àrn6- 'definizione' della speranza a!lt: parole
µtvo. dcl v. r 8 sono in parallelo con 'rTI yà.p ÈÀ'ltLOt Èo-1:.il}T)µEv, «:: infatti in
172 Cfr. BACHMANN, Kommen/dr, LIETZMANN, 173 L'u.o non esclusivameme <'St-a1olo11ko di
/\or., SCJtLATTER, Kor. , ad I. Inoltre --> IV, ctti:>v<~ in 2 Cor. 4,18 (forse :inchc in 4,17)
coli. r388 s. e G. DnuNG, Dt1r Zntverstiind· si ri1rova in Paolo almeno a11corn in 2 Thcsr.
nis dcs N.T. (1940) 142s. i,16.
spernn%;1 d ><' si;11>h> 'lati s:ilv;iti», che a ncll 'A.T . (~ coli. 645 ss.; 925 ), nd
loro volt;1 si ri k rist\1110 al fatto che N T . '<•Il<> alquanto rare (--» coli. 6 59
Paolo lia aggiun10 ( 8,23 ) alla utol}i;a-i<X.
già dona la (d r . 8, r 5) mediante il pos- ' ·' · ': scrnndo i1tft. i ,20; 2 ,1 3.19 a <.;iu-
sesso ddla «primizia dello Spirito» st:ppc è apparso (sempre q>alvEc;ì)cu) di
( 6.r.apx1'1 "TOV mlEVIJ.<l-C:Oc;) la utol}Evfo. n>ha in volta un <rnngelo di Dio» ( èly-
csca1oln~irn die de ve ancora venire. Ta-
le ufoll€~lci. futura non è ancora u 11 pos- y<À.oc; xuplov) in sogno (xa-c:'ovap) (cfr.
sesso presente e visibile, ma per il mo- anche 2,12.22 e 27, 19) per elargii indi-
men to unicamente oggetto di speranza; cazioni varie. In questi casi non si han·
neanche la vlol}Evla già donata nella fe-
de è però qualcosa di visibile: sia la 110 visioni oniriche vere e proprie, di t i·
fede che la speranza non si riferiscono po puramente visivo (-'> col. 925 ), ma
a qualcosa che sia visibile già adesso. una variante di quel tipo cli visioni clel-
Hebr. I ,I 1 : nella 'definizione' della
l'A.T. (~ coll. 935 ss.) che si aprono
fede leggiamo c.he q ues~i1 è «~OS?nza di
cose sperate», tÀ.msoi1çvwv ur.ov-rcr.v~ç con la formula wcpi}ri xvpwc; -.Q ... xet.t
( --» m , col.541) cd anche «argomento di d r.sv (mJ-c:Q) e che offrono una rivela-
cose non parventi», 1tpet.yµ6.i:wv eÀ.t)'· %ione verbale.
xoc; ov SM1toµÉvwv. Questa seconda
frase si riferisce anch'essa ai r.pciyµa·rn
fu turi (cfr. JJ.l]OÉnw: rr,7). In II,3 -.ò Questa formulazione veterotestamen-
BÀ.er.61.1€vov (variante : plurale; ~ n . taria è conservata nel N .T. in Act. 7,2
68) significa il mondo visibile ( =•oùc; s. (= Gen. 12,r.7) e <:on ancora mag-
atwvac;; ~ I, col. 550) e non abbiamo g ior purezza in Le. I ' ( f ( a:yyEÀ.oc; XU·
quindi una contrapposizione ai 7tpciyµa - plov ); vanno considera ti qui (~ n. 93)
'tet. où !3AE1toJ~Vet. ( u,1); risu lta però anche Act. 9,10; 18,9 (entrambe le vol-
chiaramente che i[ pi)µa i}Eov, median- te soltanto EL1t€v); 23 . n (€mo..ràc; ...
te il quale (co me sa soltanto la fede ) è
EL7tEv); 2 7,2 3 ( mx.pévi:"l]... Àéywv) ed
creato il mondo visibile, non rien tra nel anche r6,9: opaµa OLèt WX"TÒc; -rQ ITau-
novero dei cpaw6µEva: '7'. Àtp W<Jll)r), «duran te la none Paolo eb-
be una vis ion e» (il mome nto vi sivo -
e) Vede re in senso visionario -estati- le parole \lengono pronunciate da un
co-pwfe tico uorno che è riconosc iuto come macedo-
ne dagli abi ti, non dalla parla ta - serve
Le rivela;:ioni o niriche m, frequcn t.i soltanto a me ttere in risalto quello ver-
174 Cfr. Mrc11F.L, Hebr., at! I. Prima del par· ~).fow (Rom. 8 ,24 s.; 2 Cor. -1,1 8 ) e non à6pr.t·
tkipio PÀ.tno1livwv {n,i: ) abbiamo la nega- -re<; (l<om. 1,20 e pt1ssim).
zione ov forse I'<:rché è s trettamente congiun.
ta al p11r1 k ipio ed ha quasi il valore di un'a, 11s Per !'.vvmnov in Aci . 2, 17 .... MrCHAHJ.1 s
privativa (çfr. BL.·DEllN . § 426 .130,3: «P<-rd1é 1 52 n. 15 1. A . W IKENl l>H.JSER , Oie Trt1umge·
= dépa-toç t »). Nonostante ciò, non può es- .ri1·h1t' dcs N. T. in rcligi011sgeJChicb1licher
sere un ca:O:(l t:h-..: J'aurore non usi né qui né Sirht, in: Pisciculi :::: J\ntikc u . Christemum,
in 11,7 6.0pa-roç ('01nc in 11>27 ; l \1so ùi où s11pp L > ( t 939) 320·33 3, consideni le visioni
flÀ.tn6µ€11a pol rchhc s<·1·vir~ a mettere in mag- oni rici><· (.... co l. 925) «sogni simb olici»; di-
gior rilievo l"kk:t, insita in fl),faw (.... col. s1inf!11t· inolt re tra 'visioni oniriche' (vi.sioni
966), che rtll i r.._·altì1 ~ono inacccssihili ai sen- «d u: v"'·nt..:1.)no rcc~pite durante il sonno» ) e
si. Anche Paolo us:t piì1 volle varie forme di •vi~i»ni tl:i SV<'1tli» (-> col!. 1045 s. t n. 4 l.
987 (v,35r ) o;;«w C 2 l \Il. Midwdis)
bale). Dato che le comunicazioni di una -+ cpwvi') proveniente dal cich1 ov·
Act. r6,9; 18,9; 23 , 1 1; 2 7,23 av\•cngo· vero dalia 110\'0Ja (- I, COfl. 5 90 ss.) I l •.
no di notte potrebbe I rnrt:usi di sogni,
henché non venga riportato che Paolo Pitt volte :ibbiamo invece angdofanic
s tesse dormendo (il fatco che anche in (---7 1, coli. 222 ss.): nell a s toria di Gesì:1
T6,9 e I 8,9 abbiamo Op<X.J><X.-, un termi- queste si co llocano nei capitoli in cro-
ne usato in 9,IO e altrove per indicare
duttivi d i Luca e di Matteo (-+ coli.
visioni avute di giorno, non prova il
contrar io). Comunque è chiaro che opa- 985 s.) e nei racconti della risurrezione.
JJ.a, ed anche Wq>~'I) (l6,9) cd dof'J (16, L'apparizione di Gabriele in Le. 1,1 I ss.
10), possono riferirsi ad una rivelazio- è chiamata ( r ,22 ) o'l'M:aala., senza per
ne puramente verbale. Diversamente
dall'A.T., non parla mai (ad eccezione questo sottolinearne il carattere visivo
di Act . 7 ,2 s.) Dio stesso, ma nei pri- o visionario (---7 col. 1047); in l,II tro-
mi capitoli d i Matteo un angelo ed viamo wcplll] (-+ coll. 986 s.), in ! ,28
in Act. 9,r o ; 18,9; 23 ,11 il "upf.O<:;,
ewelì)wv ed in l,9 Emicrr11 (-+ coU .986
vale a dire il Signore Ges\'1 (dr. 9, r 7;
in 27,23 si tratta evidentemente di u n s.). In questi tre casi gli angeli «non
Cl:yyEÀ.oc; i:o(i Ì)EOU [ cfr. llEoc;: 2 7 ,24 s.], sono che messi1ggeri d ell'azione divin a»
-+ 1, coli. 225 s.). Manca d'altra parte (-+ I, col. 223 ; per Le. 2 ,13 s. ---7 r, coli.
q ualsiasi cenno al timore riverenziale
dei riceventi la rivefazione e solrnnco in 223 s. 225; u, col. 1385; Ili, col. 224).
pochi casi troviamo il rass icurante p.i) La sezione propria a Luca d i Le. 22,43 s .
q>o~oii, dcl resto alquanto raro anche (che va del rest o confrontata con Mt .4,
nell'A.T. (---7 col. 9 35 s. n. 93), come
manca pure il momento e.;tatico 170. Nei r r por.; 26,53; ---7 I, coli. 222 s.) comin-
passi degli Atti succitati non si tratca di cia COO Wq>l}l] ot 11.lÌ't~ u:yyEÀ.O<;, «gli
angdofanie o di epifanie Jel xupLcc; in apparve un angelo», ed anche qui wq>~'YJ
senso streuo, bensl di rivelazioni \•crb:1- sta ad indicare semplicemente l'arrivo
li (in modo simile vanno concepite !~
indicazioni impartite dallo Spirito in e la presenza dcll'~mgclo (e ~Ù't'<(l non
Act. 16,6 s.). vuol dire che Gesù ahbia vis to l'angc
Mancano del tutto (a parte la cita- lo, ma che questi venne per assistere
zio ne in Aci . 7 ,2 s. -+ co l. 986 ) le teo- proprio lui). Anche nelle storie della ri -
fo nie (---7 coll.929ss.) 117 cd i casi in cui surrezione gli angeli sonl) latori <li un
s i ode !a voce di Dio rientrano già tra messaggio (anche in ques to caso l'angc-
le rivelazioni verbali: comunque soltan- lofania di Lc.24,2 3 che serve unicamen-
to in Aci. 7,3r (dr. Ex. 3.4 ss.) la voce te ad una rivelazione verbale è chiama-
è espress:imc nte attrihui ta a Dio, men· ta -~ ÒTti:acrla. ). Non è tm puro cnso
rrc in Mt . 3, 17 par.; c7 ,5 par. (cfr. Io. che proprio nella ser.ionc sccond:iri:1
12,28 ) abbiamo una circonlocuzione: propria a Mau eo ( 28,2 ss.) nu n ci si Li-
116 --+ MICHA ELIS i52 s. n. 1 ) 5. 111 In Aci. 10, 13.1,, u,7.9 la voce è prohahil·
117 Per Aci. 7,;n --+ M1c11AEL1s i53 n. 1 5().
miti a descrivere r :1;:i1111l· ddl'nngclo, storic:o dw ne è alla base. Molto inrc
ma se ne riferisca L 1spe1 w , mentre in ress:llllt• ~ lkt. I 2,9: OV>C non
O'tL ò-J,ri-
~Éc; È<ri:w -rò ywéµevov oLà. -rov <iyyi-
tutti gli altri casi m :11 1rn yunlsiasi de- Àov, fOOXH OÈ opci.µci. {3ÀÉ1tEW, «11011 sa-
scrizione (a l massi mi) si :u.:cenn a al ve- pe v;i che quanto avveniva per mezw del-
stito bianco ~ 1, wl. 223 e n. 67; v1, I'ani:clo eni reale, ché gli scmbr:wa di
avere una vbione»: opaµa non indica
coli. 677 ss.). Un pamlldo alle storie si-
qui immaginazione o illusione, perché
nottiche della risurrezione è costituito in questo caso aÀ11lhiç s ignifica reale
da lo. 20, r2 ove abbiamo l'unico caso (-4 I, coll. 666 s. ); se ne deduce che un
di angelof:mia del quarto var1gelo 179• lo. op(X.µa (sia in questo caso che alLCove
negli Atti) n on si verifica nel campo dcl
12,29 (che non costituisce certo un pa-
reale, della realtà percepibile coi sensi
rallelo a Le. 22,43} mostra guanto fos- naturali, ovvero che non si pensa alla so-
se comune e naturale l'idea degli angeli lita, n ormale percezione sensoriale rllO.
quali latori di messaggi <livini ; in que-
Mentre gli ~Itri opaµa-ra presentano
sto caso si presuppone che, almeno in
esclusivamente rivelazioni verbali, l'opa -
certe sinrnzioni, un angelo potesse es-
1.1.ci. di Aci. 10,n ss. (~ n. 176; coli.
sere udito (da chiunque}, ma non visto r 0 4 5 s.} ci offre un caso particolare, CO·
(o, almeno, non visto da chiunque).
me si nota immediatamente dalla men-
Aci. r, ro va ancora incluso tra i rac- zione esplicita (10,t0; n,5) dello stato
conti della risurrezione. La variante
<li EXO"-r<XO-L~ (-+ m , coll . .3'13 ss.) in cui
wqilh1cra.v della catena armena invece di
1t0tpEW"'t'T)xnc:ra.v è affatto consono al- P ietro si trovava. Oltre all'Apocalisse
l'u so di wcpìh1 per indicare la p resenza questo è l'unico caso d i opaµa in cui si
che abbiamo nell'A.T. (e nel N.T.}.
abbia un:i. rivelazione per immagini (per
L 'angelo che Cornelio ve<le t.v òpiiµa.-rL
(10,3; cfr. ro,30; u,13) deve trasmet- 16,9 ~coli. 986 s.; per 7 ,55 s. ~ col.
tere a cos tui u n messaggio: non si 993}. Sono questo aspetto l'opo:w.t di
può non cogliere l'affinità con le rapide Pietro è uguale alle vision i oniriche e
::mnuncinzioni angeliche d i Mt. r ,20 ccc.
(cfr. anche Aci. 8,26 ). In Art. 5, 19 s.; profetiche Jell'A.T. (~col.925). Nel N.
12,7 ss. gli angeli vengono a libera re di T. sono limi late alla sola Apoc:ilisse an-
prigione, ma allo stesso icrnpo hanno che quelle rivelazioni dell'avvenire me-
anche un messaggio \'erbale che spiega
diante visioni nelle quali si 'vedono' gli
l'evento. P ure è proprio in questi casi
che si rivela come sia difficile d edurre da eventi futuri 181 • Comunque tutto questo
questn descrizione realis1 ica l'accaduto libro si presenrn come il racconto scrit-
lllt' nte quella del xuptoç GcbÌI ; Ji pnrcrc diver- ll!O Cfr. 1111cora -~ MtCHAELIS I 12 s.
su è ZAllN, Ag. 349 n. 49. l'~r lo. 5,37 cfr. liiIn Act •i. oi ahbiruno, come nel par. 9.1o,
l:IUL'l'MANN, ]ob. 200 n . 6; .... ....11 1025 s. una riwl:1zi1.>nc unicsmente verbale: -+ Mr-
CHAEJ.IS 151 n 1p. Cfr. ibulem 146 n. t23
179l'cr /Q. 1 , 51 cfr. }11/.> 7~ n. ~.
BULTMAN><, per gli ornrnl i dd tipo di Aci. u ,z8; per Io.
75;-> 1, coli. 222 s. 8,;6 -+ n. 1~7 e per Io. 12,41 -+ n. 148.
èp<iw l : i i W. Mich:1elis) (v,353) 9<>!
ro di visioni ( r. ,ù Gli acceru1i al futu - non ha avu 11> vi~ioni simili a quelle
ro contenut i nelle lettere (ad es. 2,10) dell'Apoca li~se '"'. Quando per chiarire
sono inseriti in un messaggio profetico questioni pan irnlari, anche riguardan1 i
che comunica , con principale riferimen- l'escatologi•t, egli si richiama a ri vcLt-
to al passato ed al p resente, «Ciò che zioni personali, non si trattJ che di p:l ·
lo Spirito Jice alle chiese» (2,7 ecc.), role del Signore glorificato ( 1 Thess. 4,
mentre le altre visioni 182 rappresentano I 5) oppure di 1.wa-r·~pw:. svelati (1 Cor.
un genere diverso: qui l'A utore, dopo I 5,51), du nque sempre di una rivela-
esser salito in ciclo (4,1 s.) Èv nvo:u1J.a:n zione verbale da cui non ha d isgiunto
(cfr. 1,10) viene a conoscenza del mon- l'intuizione teologica. Il rapimento di
do celeste e del corso degli eventi esca- .:i Cor. 12,2 ss. va sl paragonato ad A-
tologici (capp. 4 ss.). L'affinità con l'a- poc. 4,1 s. perché rappresenta una visi-
pocalittica veterotes tamentaria e ta rdo- ta in cielo 181, ma non serve alla rivela-
giudaica ( ~ coli. 937; 95 2 ss.) è pa- ziqne di even ti futuri; altrimenti gli IXp-
lese. Nonostunte tutro ciò l'Apocalis- PlJ•a pl)µo;•a (I 2,4) avrebbero dovu-
se stessa d ichiara di non volere essere to, come J'à1tox&.À.vqnç di Apoc. 1,1, es-
altro che ~ itpoqn)•<l o; (1 ,3; 22,7 e se.re ritrasmessi. In questo caso non si
passim), così che, in ultima analisi, vie- può cerro parlare di una rivelazione ver-
ne riconosciuta anche qui la preminen- bale in senso stretto, ma pure è abba·
za della rivelazione verbale (2 2,6.8) ttll. stanza signifiçarivo che Paolo menzioni
A quanto sembra, pur essendo capa- soltan to i pl)µo;-ço;; neanche il fatto che
ce di avere esperienze estatiche, Paolo venga usato il termine ~ Ò1t"t'W1fo. ( r 2,
>82 L'autore usa solwnw il \'crbo t(oov, ma •S• Per quanto segue d r. anche OmssNmt, op.
non i SOStalltiVi opaµGt cd 6111'<7.<lfo.; per ~J<jll)l) cit.e- n. 52) 8>-87. Per Col. 2,18 ~ rn, coli.
( It,19; 12,1 .J) ~ n. r92. Por opao-c<; nd· 554 ss.
l'Apoc. - col. 1043 e n. 6. Per il rapporto m 2 Cor. 12 non va considèraro un rivestimen·
tra visione e riflessione ndl'Apoc. cfr. F. 10 letterario ;1 l k1 stregua ddle nscensiooi :li cie-
TORM, Hermeneutik des N.T. (1930) 161-168. .lo del.l'apocalittica (Hen. aeth.17 ss ., et-e.). An·
1113 - lii, col. 347; v, coU. r,os . Per la pre- cora un tipo diverso è costitu ito dalla visita
111inc nza dcl 1no1n c:nt.o arusti<.:o su quello otti· in ciclo <lcll'aoima negli scri tti gnostici (~
co ncll'Apoc. cfr. C. Sc11NEIDl!R, Die Erleb- coli. 234 ss.; 11, coli. 21 s.; nell'excursus di
nirechtbeit der Apk. des ]oh. (1930) spec. x36 L i llTZMANN, Kor., 11d l ., sono raccolti esempi di
ss. L'opinione che nel N .T. «l'escarologia sia natur:l molt0 diversa). Uua caraueristica mol-
prcsenu1ta non in termini di ascolto, ma SO· to importante deU'espcrienzn d i Paolo è costi·
pra ttutto di \1isionc» è confortata solo parzia1· tuita dal fatto che non può c$Scr stata pro-
mente daJl'Apoc. (dr. il posto assegnato a voca ta da lu i stesso, com'è d.imòstr ato dal
224 -> r, coli. 593 s. e -> Krcn.L ro3 s.) per- Xvp(ov cli 12,T (~ col. JOOj) ed anche <l<ll-
ché l'imponan%a del momento visivo in \JUes ro J'«pnctyév-tct di x2,2 (dr. 124). Per lo sfon·
scrifto è dovuta proprio alla tradizione apoca- do giuJaico, o (Omunque nn11 dlcnìstico, di
littica; per q llcsta ragione ai testi degli altri 2 Cor. lZ, cfr. F. Bi.icnsEJ., D1·r Gd.rt Go/fes
scritti del N.T. va riconosciu ta una rilevanza im N.T. (1926) 269 n. l; r><'r H"g. b. I4 b·
teologica maggiore. 16 o, cfr. però n. 119.
i) impl1ra n•·n·,"rri.1111cnlc o probabil· qua" 1111 :anticipo di quella cscatoloi.:i
111c n1 .: 1111\·., p«riçnza visiva: dato che c;1 ); 1111:1 rivclnione verbale chforifìrntri
pochi vcT,<"11 i dopo ( 12 17) Paolo parla re 11<111 cr:i qui necessaria pcrch~ la p<1
solr:1n10 di à1;oxa.À.v\jlet<;, s i ha l'im- sizio11c in cui Stefano vide il Figlio dd
pt\·ss irnw che i due termini ÒTt'tG.O"lcu l'uomo parlava da sé'""· In q11l'S l<1 rn,a
ed ò:noxaÀ.v~L<; ( l2 ,l ) ~iano sinonimi possiamo presumere un 'afiiniti't con l:
(forse indie.mo l'aspetto soggcnivo cd concezione giudaica che i moribondi ot
oggettivo del medesimo fatto) o, alme- tengono di vedere L'I loro sorte fullir.
no, che ci.11oxa.A.Vtj;w; sia il termine più (~ n. 11 9).
ampio ( «01t'tcx.O"l«t ed altre <inoxaÀ.v- La mancanza di una visione analoga
ljieL<;» ). Il plurale ind ic:i che il fotto nar- nel racconto della morte di Gesù ci do-
rato in r 2 ,2 ss. non è che un esempio vrebbe stupire solranto se Ges[1 fosse
scelta tra v,1ri; o ra non è possibile sa- stato considerato un visionario od un e-
pere quali siano state le altre esperien- statico tipico, il che non è (~ lii , coli.
ze incluse nel plurale di r 2, 1 , perché 3.p ss.). Oltre a Le. 10,18 (dr. però ~
l'Apost0lo non c i rncconta in 2 Cor. 12 o. 161) dobbiamo ricordare soltanto la
alcun'altra 6-;i:-co:ufo. o ò:itoxaÀ.uljitc;. pericope sinottica dcl battesimo di Gesù.
Possiamo esser certi soltanto di una co- Luca ha eliminato quabiasi traccia di
sa: l'evenro cli Damasco non rientrn in 'visione' hrscia ndo cadere, nel corso del-
questa categoria ( ~ col. 1005). la sua modifica sintattica, l"tllìEv di M c.
l ,ro, cosl che nel rerzo vangelo tucto il
In 2 Cor. 12,2 ss. Paolo non menzio- fenomeno (3,21 s.) risulta aperto all:t
na il 'lt\/Evµa., pure anch'egli av rebbe percezione nnturalc dei sensi. M.1tcco ta·
glia (3,16} il nesso sintattico tra l'ape r·
potuto u~are le: medesime parole che si
tura del cielo ccl Etòev così che, <li conse-
leggono in Apoc. i,10; 4,2: tyev6µT}v guenza, anche l'dlìEv che segue no n p uò
€v itvevµa.·n. Q uesto aspetto è chi:l- che essere inteso in senso normale, non
ramence messo in evidenza nella visio- cswtico. Nel racconto di Marco il conte·
sto fo rnpirc (la voce dal cielo p:trla in
ne di Stefano in quanto la frase umip- seconda persona) che in origine si pensa-
XW'' ot
itki')(il]<; 1tVtvµa~oç à:ylou, «es- va che GeSlt fosse stato l'unico a vede-
sendo pieno di Spirito santo» (Act. 7, re e sentire qualcosa. Questo 1><1rricola-
re ci fa concludere che non si sia rr:u-
5 5) non è soltanto una ripresa di 6,5.8. tatO cli un vedere e di u n udire n nrmali
166
10 . In questo episodio non abbiamo perché dobbiamo credere che fosse pre-
in primo luogo una visione di Dio 187, sen te a lmeno il Battis ta.
186 Per qurutro S.:1!11~ -> M1c11AELIS 114 ss. S1d:inu n :.la il l'iglio dell'uomo in picJi alla
<i.:M f.I d1 1)10.
137 Non a caso ond1c fa M~a i>tov è men;,io- lii! li r1!!lio dell'uomo è in piedi pcrehé si (>
nata soliamo in 7,55, rn.1 11011 nell'esclama· gi~ ;1lz;110 per and1re incontro a Stcf:tno; cfr.
1jonc d i 7,,6; è dunq"~ piì1 importante ch e BAUERNH· I Nll, l1 11g. 120, ad I.
995 (v.3H) ~p&cw e 2 (\X!. /\lid·.•··'•' ' (v,3H) .,.,,.
Oi:getto della visione cli Gesù fu la c:-ipazit111« 1ki ire discepoli sarcbli<· .l<>-
di~cc~a Jello Spirito. La consapevolezza vut.1 <"scr<· diversa da quella che ira
di :1vt.:r ricevuto lo Spirito venne e- span: ancora dai testi evangelici o <'~·"· r
spressa in termini visivi come visione mancata ciel lutto. Non è ncand11: op ·
della venuta dello Spirito 189• La visione portuno, ln"escindendo dall' ':1pparizio
e l'audizione non sono correlate in mo- ne' di Most: 1:d Elia e dalla v0<.·1; che
do che la voce dal cielo spieghi quanto parla dalla nuvola, decidere s<: l'evento
viene veduto, ma si riferiscono piutto· rappresenti una reale espcricm:~ di Ge-
sto ciascuna ad un aspecro dell'intero sù oppure una visione estati<-a dci tre
fenomeno: la pri ma al fotto che Gesù, discepoli 191 .
quale Messia, viene dotato dello Spirito Le espressioni wcpìh1 a.trtoi:ç (Mt. 17,
all 'i nizio del suo ministero terreno; la 3 par. Mc. 9,4) e Òq>Ì}Év't'E<; (Le. 9,3 r)
non permettono <li comprendere a quale
seconda alla consapevolezz:t, connessa
tipo. di visione si sia P'~nsaro, perché
al primo aspetto, che Gc~ù ha di essere wqiih] è sempre usato io senso neutro
l'eletto Figlio di Dio. Ora, dato che la ed indica la prossimità e la presenza 192•
qunlitii di Figlio di Dio include la mes- opaµa (M1. r7,9} può benissimo signi-
ficare ciò che è stato visto (cfr. Aci. 7 1
sianicità di Gesù, e non viceversa 190, 3l ): cfr. le espressioni verbali in Mc. 5>,
abbi11 mo una preminenza sostanziale 9 par. Le. 9,36. Nella parte che gli è
della rivelazione verbale su quella vi- propria (9 131 ss.) Luca raccon10 che i tre
discepoli si scossero dal sonno: se ne dc·
siva. duce che quanto poi segue fu visto (e
La trasfigurazione di Gesù (Mc. 9 2 1 sentito) in stato di veglia.
ss. par.) non può essere considerata L-i trasfigurazione di Gesù non era
un'esperienza estatica di Gesù stesso cvidencemente necessaria per lui ed an-
( -7 lll, col. :H 3 e n. 40 ), perché la parte- che la comparsa <l.i Mosè ed Elia non è
1&9 Cfr. \VI. M1c11AEJ.IS, R<'icb Gulles und le varie interpretazioni della pericope, sio nello
Geisl Gol/es nfJCIJ dem N.T. (19;1) ,38 n. 22. sua intcrC223 che nei particolari, è orJcna dal-
L'arrivo <lcllo Spirito in Ael. 2,2 s. viene «RC· la monografia dd cattolko J. H oLLER, Dic
compagna«> da fenomeni ronromirnnti visiona- Verkliirung ]tsu (1937); questo s3ggio con·
ri• (-+ Il, col. 557); wcplhtO'a:~ (>,3) comun- fonde però proprio per l'abbondanza del ma·
que non sottolinea nec:css:uiamcnlc un'hn~ tcrialc presentato. Cfr. inoltre H. RrnsEN·
pressione visiva. ma equivale al più astratto FELD, ]ésus transfiguré = Acta Seminarii
tytvei:o (2 1 2): le lingue di fuoco «Opparvero Ncotestomentici Upsa licosis 16 (1947) 243·
improvvisamente» (-+ n. 93.192); ~M1mv ed 3o6.
àxounv (2,33) non si riferiscono o yÀ.wuo·u.t 192 Per Aci. z.3 -+ n. 189. wcplht col dnt. in·
e a Tixoç (2,2 s.). dica in Aci. 7,26 l'Mrivo 'normale' di un uo-
190 Cfr. W. MrcH>l.EJ.JS, Der .Messias als Got- mo tra nhrc 1>crsone (la formulazione di Ex.
tu Sob11?: Dcutsches Pfarrerblou 41 (1940) >,13 è divcru); e&. anche il logioo di Gesti
365 s.; lo., D111 Urcbris1en1um, in: Menscb in P. Oxy. 1 1 verso u ss.: ktl}v i:v ~lfo<!l
una Go11bei1 in den Religion~n' (1942) p6s. -rou xoaµou xal lv ua.pxt Wipilni a;\no~ X'tÀ..
"' Sembro che tale pericolo non ~iu evitato (cfr. HENNl!CKJ! 36). Per Apoc. u,19; 12 11.3
in vn, coli. 526 ss. Un'accurato panoramica e.lei- --+ M1Ct1AE1.1s t52 n. 150.
997fv.1, 11 òp<iw e 2 (W. Mid1.1<·l1' I
stata n·11 .. 1111 .. ,.1 1•·1 (;t•,ì1, come pur normai.. : ..i:," 1:1n10 ovvio per b tradi
po trd1I ... · '"111!11.11.- d.1 I .1" 9,30 s. m. I- ziom· dw .. 1111 ht· se la crasfigurazionc è
noltn·.. 1 dill. r ""'·' .li quella çbe si fece
conn:1•i1.1 '• •llll' reale, non può essersi
tr:11tah1 d1l' di 1111 fenomeno passcgge
scntirl' :il h.11 1t·,i111.. ,!1 Gesù (~ col. m, '"I« ·'""/ahro chiaro che quanto ern
994 l. 1:1 ""'" J'l"'"'" Ìcnte dalla nuvo- da Vl'.Jer, j in visione è fin ito quando è
la p:1rl:1 i1t 1«1'1.:1 pnsona, il che ci fa ca- rcrm i11a1:1 1:1 visione stessa. Il «caratte-
re.: csrn1,1logico dci tratti che contrad·
pir<' in 11 u1dp p:1 r1i<:ola rmente çbiaro che disl in::110110 la trasfigurazi one» (dr. an·
soha111<1 i dim:poli h,11100 bisogno d i es- che - > vi. coli. 674 ss.) e «l 'orientamen-
si:r.. j,1 ru i ri 11H:di:111te una rivdazione. to puramente escatologico di tutta fo pe-
ricope» c.:.~cludono praticamente che nel-
Tut1 i questi clementi favorisçono la tesi la trasfigurazion e si sia voluto mettere
dw si sin 1rarra to di una visione né ciò in evidenza la libl;a preesistente di Ge-
imp lica, del resto, una svalutazione so- sù (-+ v11, coll. 527 s. n. r8), tanto p iL1
stanziale dell'evento. La partecipa;r.ione che l'idea di preesistenza è cstranCll ai
sinottici. La rraslìgurnzionc è piu1tos10
collettiva dci tre discepoli alla medesi- «anticipazione e garanzia di un:1 realtà e-
ma visione non è particolarmente strana scatologica»(-? vu, col. 527) '9'\ benché
perché nnchc in a ltri casi certe visioni la voce proveniente dalla nuvola non fac-
cia risalrnre quesco aspetto m. Se è vero
possono essere apcrre a p iù persone 19-0. che «Gesù appare ai d iscep oli con quel-
l'aspe tto che avriì qua le M essi a e Figlio
La sparizione di Mo~è ed Elia non è dell'uomo» 198, ciò non va inteso con ri-
descri tta affa tto 19S, ma non è neanche ferimento primario alla risurrezione (e
dettv t:spressamentc che dopo la tra- alle apparizioni successive), ma alla pa-
sfigurazione l'aspetto di Gesì1 ritornò rusia""·
11l Cfr. W. M1c11\rr.1s, Mt. 11 (1949) 382. vir1ù della loro attual" posooone di p:irtico-
,., L'a.o;scn1.a di 411e~ui pericope nd vangelo lare prestigio nel mondo celeste e non per
di Gio,·dnni va 1;1~sa in tclaziooc co11 il par· quella fmura.
tirolarc concetto di 06~11 dell'autore. Comun- 191 Non è probabile che questa VQl'C r~pprc
q ue, per qudnto riguarda L1 nostra pericope, scn1i «lo proclamnione di Gesù a Messia•
la cormaionc giovonnea della rivelazione del- (cosl BuLTMANN, Trad. 2 78 e anche: RIESP.N·
la 061;11 nella viw terrena di Gesù, concezio- J'l!Ul, op. cit. [-> n. 19r J 150-253), come di-
ne che è piuttosto lin1i 1atf\ nonostante jJ ri· moscrn poi prnprio la voce dal cielo al batte·
lic\'\• che d~ n lale m:rnifcstilzione (-> n, coli. siruo col suo ri fcrimenro 'alla fìlialitil e non
\ 38ì ss.), S<irchhc nioh.o pit1 concilia bile con l'i- al!n messinnicit>\ (-+ col. 995). Figlio di Dio
dea di una cons:1pcvok zza della 06~0: di Gc- e Messia non sono sempl icemen te titoli sino-
~ìt acquisil3 in un:i visione l'.he ron l'ipotesi nimi (-+ n. 190).
di una reo)c 1r:1sfigurozio11c di Gcs•~. 191 J. ScHNIJ;WJNO, Mk. (N.T . Deutsch), ad I.;
-+ vr, coll. 675 s.
195 Secondo Lucn essi furono cvidcn:tmentc 1"' IA pericope non rnpprcseota neanche, di-
rapiti dalla nu\'lll~ in l(Unnro 11•houc, (9,34•; ciamo, un'antica sroria dclla dsurrezionc; i
var. hdvovç) vn riicrim a Mnsè L~I F.li> (dr.
mo1ivi addoui per una ente valutazione (cfr.
HoLLER , <>p. cii. r_,, n, 1\)1) 123 ss.); quest.1
BULTMANN, Trad. 278 ss.; qui ulteriore bibl.)
non è però l'idc:1 orii:inaria: -> vn, roll. 924 s. mm wno convincen ti. Soprarruuo non si d o·
M1c11AEL1S, op. rii. (-> ' 9}) 384. vrl dare alla tradizione contenuta in apoc.
196 Non si trnt1:1 di unn visione del fu1uro Pctr. un ''"lorc superiore a quello dcl racc:on-
perché Mosè cd Eli:t so1w menzionati qui in 10 sinonko; d r. anch~ le r iserve avanwte da
99'> I v,355 / èp6:c.i Cl I \'i/ . Michaelis)
d) Le apparizioni dcl Cristo risono ti dei vangeli e deg li Atti, scorgiamo va-
Considerata l'in,fogin e specifirn che rie concordmw.: che ci aiutano norcvol·
stiamo svolgendo in qnest•l sede, il pro- mente a capire il c:1ratterc specifico dcliv
blema che dobbianl() p(lrci è quello del apparizioni. Va notato subiro (e ciò è
senso in cui Jobbiamo intendere 'vede-
re' quando si tratt:t delle apparizioni particolarmcnce chiaro, ad es., in Luca
del Cristo risorto, ovvero in che senso dove vengono narrate di segu ito varie
dobbiamo intendere tali appari:zioni, apparizioni} che le singole apparizioni
cioè se siano òp6.p.et.-ro:, visioni, ecc., op-
pure no. li racconto <lelle apparizioni rnppresentano fenomeni in sé conclusi,
può essere letto in Mt. 28,9 s . r6 ss.; dunque iso lati e separati per tempo e
Le. 24,13 ss. 50 ss.; lo. 20,14 ss. 19 ss. luogo tra d i loro. Mentre l'inizio delle
24ss.; 21,r ss.; Act. I,4 ss. A questi
apparizioni è sempre notato nettamen-
passi vanno poi aggiunt i quei testi di
Atti che riferiscono la conversione <li te (dr. fo-i-11v lv µÉo'<p aù-r;wv, «fu im-
Paolo, quanto ]'Apostolo stesso dice a pwvvisamente in mezzo a loro», Le. 24,
questo proposito ed anche i brevi ce1rni 36 ecc.), la loro fme è raramente segna-
di Le. 24,34 e r Cor. r 5 ,5 ss. La mate-
ria a nostra disposizi.onc è quind i rela- lata in altro modo che non sia l'inizio
tivamente abbondante. Una difficoltà è di una nuova pericope 201 . Comunque
comunque costituit(1 <la! fatto che la non c'è alcun indizio che le apparizioni
possibi lità di ricostrnire, come in altri
casi, le formulazion i più antiche me- rappresenti.no momenti di una prolun-
diante il confronto c ritico delle due o gata permanenza di Gesti coi suoi disce-
pit1 recensioni in cui una pericope è sta- poli 202 né c'è alcun appiglio per l'idea
ta trasmessa, ci dene :1 mancare nel no· che nel frattempo Cristo si sia soffer-
stro caso perché ( fotra eccezione, al
massimo, per Mt. 28,9 s.; Io. 20,14 ss.} mato in quakhe altra parte della terra,
si tratta esclusivamente di tradizioni rna non con i s uoi seguaci. Quella di
particolari e peculiari 200• Damasco è descricta come l'apparizione
Se esaminiamo globa lmente i raccon· 'dal cielo' del Cristo glorificato: la fra -
1. 1\LBERn, Zur Formengeschicbte der A11f- wi Le poche eccezioni (Le. 24,31.5 r ; Aci. r,9
erstebu11vbl'ricbte : ZNW 2r (1922) 263. ::s.) hanno uM motivazione particolare; ~
200 --> MtC llAELIS 5·10; qui si esamina anche t\lICHAELlS 85 S.
a tesi di HmScH (-> n. 171) e altri, se<:ondo m Cfr. anche Aci. r,3: Èv 7tOÀ.À.oi:ç 'tEJCµTJ-
ui in una chiusa poi eliminata, dopo Mc. 16,8 p(ccç. La frase o•'+u•EpWV 'tE<r<r~pchcna (r,3)
·i narrnva i11 origine almeno ancora un'appari- non siguifica ' ininterronamencc per 40 g iorni',
ione a Pietro. Io p atte Hrnscu concorda con ma 'varie vi>he dmantc 40 giorni'. Cfr. \Y/.
l. llARTS'l'OCK, Vi.rionsbcricbte i11 Jc11 synopl. MtcliAEl.IS, Zur Oberlicferung der llimmcl-
v., in : Fcsrgabe fii r J. Kaftan (r920) 130 /uhrtsgcschicbte : ThBI 4 (1925) 101-109; A.
s., il q uale però va <1ncora più in là di Hirsch SCllNEWER, Gesammelte Au/siitzc = Jahr·
1el tentativo di spiegare le scdoni pili <livcr· buch des Theologischen Scminnrs d er Uoier-
e della tradizione si11ottiça (ad es., il ritro· ten Evangclischen Kirchc in Polen 1 (1929)
an1cn.to della to1nba v11ota) <.:01nc !'C jn orj... passim ; \VI. KiiNNETll, Thcofogfr der Aufer-
inc fossero state visioni. stebung (1933) 69 s.; P. BEN<lJT, L' Ascension:
RB .56 (r949J r6Mo3.
(V ,)57) L002
se tx 'tOV CÙ(,(J.'JCU ( ilr'/. ~».~; 22,6; cfr. cons iste 11..I 1°:111< • d 11.· né nei vangeli né
oiipav61lrv : ll> , 1 1) si riferisce certamen- negli /\lii ( I' 111':t11d1c in Paolo) viene
te in pri111<1 luogo :illo $plendore, ma m:1i d('llo d11· I" apparizioni siano av-
indirn :1111.> s tcssll tempo anche l'origine vc1111 1,· d11r:111tc il sonno, in sogno od
di tutto il frnomcno (cfr. anche TU ov- :111d1<· "1h:1ni.1 di notte ios Le appari -
pav i<tJ on;:o.O'l(?: 26,19). Alla base di zioni ll•lll sono quindi sogni né nel sen-
4ucslo non è l'idea che dopo l'ascensio- so di visioni oniriche con u n contenuto
ne il Cristo risorto sia presente 'in cic- mcrnmen te visivo (tali visioni sono dcl
lo', ma piuttosto la convinzione che g i:ì rcs ro completamente assenti dal N.T.)
la risurrezione ne rappresenti l'elevnio- né in quello di rivebzioni xa<t'èlvap (co-
ne a Dio(~ 1, col.995); -rn oÈ oEE,ti me q uelle che abbiamo in Matteo: -)
ouv -rov ltEOV vl)iw~Elç, «innalzato alla coli. 985 ss.; 660 s.); né, del resto ,
des tra d i Dio» (Act. 2,33) non si riferi- vengono mai chiamate così. Questo si-
sce (come dimostra anche 5,3os.) all'a- gn ifica, da tula parre, una certa affinità
scensione, ma alla risuuezione ricordata delle apparizioni con le angelofanie, che
in 2,32. L'ascensione non comporta per- di regola avvengono di giorno (per le
tanto alcun nuovo mutamento del modo eccezioni sono sempre addotte ragioni
di esistere in cui si trova il Risorto. pa rticolmi: Le. zz,4,) ; Act. 5,19 ss.; 12,
Ne consegue che anche le apparizioni 7 ss.), e, dall'altra, una nella distinzione
tra Pasqua cd Ascensione vanno consi- dalle rivelazion i notturne açcennate in
derate (certamente secondo Atti e quin- llct. r6,9; 18,9; 23,1 r; 27,23 (nei pri-
di Luca, ma anche secondo i sinottici in mi due passi tali rivelaz ioni vengono
generale) apparizioni 'dal cielo' dcl Cri- chiamare ép6.1kcx.-ro.); difat.ti le appari-
sto esaltato ;n', anche se il loro inizio zioni non sono mai c hiamate 6p6.µa-ra.
non viene cspliciramente desci:iuo come né si legge mai che il Cristo risorto sia
un ' apparire da l cielo'»'. apparso ed abbia parlato €v òpciµo.-r i .
Un'ulteriore concordama generale Questo fatto esclude subito che gli opa-
203 Cfr. ~ M1ct1AF.1.1s n ·96; anche un pas· infoni, tutta l'appari%ionc. Dato chè l'inizio
so particolare come Io. 20,19 rientra senza dclle ap1xirìzioni non è presentato come una
sforzo in. questo interpretazione dcUe appari- ve nu to 'giù dal cielo', è escluso che si tl'atti,
zioni. ad es., della venuta di Gesù nella parusia ,
menae •I rontr:uio la conclusione dell'u ltima
20I Ciò è vero anche per le an.gclofan ie, nelle apLX~tizione prUna di Pcutc:<.:ostc açquista l'a-
qual i !°arrivo degli angeli (d unque certamen- spetto di un ' ascensione al cielo proprio in
te di «sscri cdtsti) è ind icot<> e<)n t?tÉa"tl), vin<1 <lei nesso esistente ira il carattere <li
EV7EÀ!)wv e sim ili, proprio come .l'arrivo del >1<ldio di questa apparizione e l'attesa della
Cristo riwrto. WPITTJ ricorre nell' intioduzione parusia (cfr. Aci. 1, to s. e - > M•CHAEl.IS 86·
ali~ angd<>f,inic (-7 coli. 988 s.), ma non al· 89)
le cris1<1f:1ni~; in Le. 24,34; Act. 9, r7; r3,3f; io; ~ M tCllAEL!S J 13 s. per la aonologia di
26,16; I Cor. 15, 5 '5. wcpìh1 .indica ogn i \'Olt:l, Le. 24,r:; ss. cJ in p1uticoltu-c v cr 24,29.
1003 (v,357) òp&:wC2 (\VJ. Michodis) (v,357 l 100.1
f.ut<a. in genere, e non solo quelli not- successione e collocazione delle :1ppari-
turni, possano offrire un'analogia (per le ;doni) l')t.' men1rc c'interessa pii1 noiare
che In corporeità del Cristo risono sem-
Ò-;i<a.<rlm in 2Cor.12,1 ~col.1005 ).
bra sia ~tata immaginata a vol1e più
Ora, dnto che una caratterisriai es- spirituale (dobbiamo clnssilìcare sotto
senzìale degli opi:X11a.<a. è il fatto di non questo aspetto anche l'app11rizione a
attuarsi 11ella re;11tà concreta percepi- porte chiu~e: Le. 24,36; Io. io,1 9.26;
~ iv, col. 614) a volte molto concre-
bile coi sensi nattirali ( ~ col. 990 ), la ta e corposa (Le. 24,39 s.; Io. 20,20.25.
constatazione che le apparizioni non 27; cfr. il fatto che Cristo mangi: Le.
rientrano nella categoria degli op&µcx."ta. 24,41 ~s.; Act. I0,4I). Certamenrc, con-
siderando lo sviluppo post-canonico(--+
fa immediatamente supporre che esse si HT, col. 24), dobbiamo ritenere questo
siano verificate nella realtà sensibile al- secondo aspetto come il più tardo; rima-
la quale sono estranei gli òpO:µa:m, ne però sempre il fatto che i due aspetti
convivono nella medesima pericope. Un
quella realtà che in Act. 12,9 è concras-
secondo problema che c'interessa qui ri-
segnara (--+ coli. ton s.) dal contrasto guatda le conclusioni che possiamo trar-
tra opa.µa ed &.>.:rintç. re dall'uso del rennine 6-rt<anla per l'ap-
Inoltre le apparizioni sono costante- parizione di Damasco (Act. 26,r9 ). Inol-
tre, in concomitanza col racconto della
mente connesse con una rivelazione ver- conversione di Paolo in Act.n,siamo in -
bale ed in nessun caso è messo in evi- formati di un'esperienza estatica che l'a-
denza unica1nente il momento visivo. postolo avrebbe avuta a Gerusalemme,
nel rempio, e che non ci viene riportata
Neanche l'apparizione di Damasco fa altrove. Quando leggiamo (Act. 22,17
qui eccezione. Possiamo concludere che s. ): YE"llÉ<rita.L I.I.E i:.v b:cr-rcicrEL xat toE~v
la rivelazione verbale è un elemento a.vi:bv >..tyov<ci µ.o~ x-i:À.., «caddi in e-
stasi e lo vidi che mi diceva ecc.», dob-
costitutivo delle apparizioni; nei suoi
biamo forse concludere che anche l'e-
particolari cale rivelazione si dimostra sperienza cli Damasco fosse di tipo esta-
poi estrem~menre significativa (~ n. tico e che l'autore degli Ani abbia po-
217 ).
sto nella stessa categoria la visione del
Cris!o risorro e le visioni di tipo visio·
Non va negato che oltre alle concor- natio-estatico di Act. io,10; u,, (->
danze esistono tra i singoli vangeli e w , coli. 34.5 s.)?
gli Atti anche notevoli diJierenzc , con Di fronte alla difficolrà di giunget·e
la conseguenza che non è possib.ile chia- ad una chiarificazione del problema par-
rire certe questioni soltanto in hase a rendo dai racconti d ei vangeli e degli
questi scritti. Atri, dobbiamo considerare un fauo
Alcune di queste questioni possono positivo che proprio la valutazione ceo-
anche non essere trattate qui (numero, !ogica venga favorita in modo decisi-
l06 Per tali questioni -+ MICHAELJS H -7>; 1md Jerusalem (x936), vedi ibid. 137 s. n. 58 e
per quanto riguarda E. LOHMEYER, Galiliio 139 n. 64.
ve• ,bile affermazioni do:ll 'aposiolo Pao- lo circ:1 1:1 1x15izione particolare assegna-
lo. La prima e fondamcn1:1lc osservazio- ta al momen to estatico nel complesso
ne che dobbiamo fore t: che Paolo non delfo rc:ilt:ì pneumatica(~ m, colJ. 346
include l'esperienza d i Damasco tra le s.), Johbiarno concludere che l'even to
o1t-.GtO"LGtL e a1toxoJ..vljiHç xvplou d i cui di D:un~sco non ha avuto per Paolo il
parla in 2 Cor. I2,r w7. In 2 Cor. u,2 ss. Càratrerc di un rapimento estatico. Per-
Paolo non dice d i aver visto il x.vpLoç tanto le informazioni forniteci da Act.
in occasione dcl suo rapimento estati- 22,1 7 e~ coi. 1004) non ci aiutano
co; nei passi in cui affe rma di aver yj. molto a capire meglio l 'esperienza di
208
sto il Signore, l'apostolo s i richiama Damasco •
sempre cd esclusivame nte a ll'avveni- Che cosa ci dice pos itivamente Pao-
mento di Damasco: da ques te due con- lo dell'apparizione di Damasco? In nes-
statazioni possiamo dedurre' che il plu- sun luogo egli ci descrive l'eve nto con
rale di 2 Cor. 12,I si rifrrisce necess.-i- pienezza di particolari. In .r Cor.9,1 ab-
riameme ad esperic02e di natura diver- biamo una laconica affermazione: ovxt
sa da quella di Damasco e cht il gcnif i- ' l T)CiOVV 'TÒV XVpLOV TJµfuV EÒpa.xa.; («nOn
vo xvplov di 12,r (come i n Gal. 1, n) ho fo rse veduto il nostro Signore Ge-
non può essere un genitivo ogr,cttivo, sù?»).
ma soltanto un gen. auctoris (~ v,
L'uso della forma attiva di 6p6.w
coll.136 s.; 141 s. ). Paolo s tesso non ha
coincide con quello di .Mc. 16,7 par.;
chiamato l'app:trizione di D:1masco Òit· Mt. :i.8,10.r7 e anche Io. 20,18.25.29
-r:Mla (vocabolo che ricorre invece in e~ n. 214), nonché con l'uso linguisti-
Act. 26,19): egli ha questo termine so!- co degli Atti che, riportando l'evento di
Damasco, si servono sia della forma
tanro in 2Cor.12,1 né usn 111:ii opa1ia.. passiva (9,17; 26, 16 ) sia di quella atti-
Di conseguenza avrebbe a nnovcrnto gli va (9,17; 22, 14). Va w munqu e tenuto
òpti.1.ta.-ro. raccontati in Act. 9,10: r6, presc;ntc: che nelle due precede nti pro-
posizioni interrogative di 1 Cor. 9,r
9 s.; 18,9 tra le Ò7t-.a.CTllXt o &.noxi•.- P:1olo ~ già il soggetto, cosl che, restan·
ÀV~Lç, distinguendo co>Ì t ali t•sp<:ricn- do invariato il tipo di costruzione sintat·
7.e da quella di Damasco. Dato che il t\ca, cr;1 nc1.\:)sario usare il verbo all'atti-
vo. Da 1 Cor. 9, t possiamo dedurre che
rapimento narrato in 2 Cor. t 2,2 ss. è
l'evento fu unico (se si fosse ripetuto
stato un'esperienza squisitamente esta- m: av rernm<;> certamente trov11tn men-
tica e ricordando il g iudiziC' dell'aposto- zione} e che Paolo vi vid e il fondnmen-
~7 Per quanto segue cfr. Dm SS!'•mK, nµ. cit. re pcrd1é (diversamente da n,14) si u-atta di
(-> n. 5i) 138 s.; E. KiisRMANN, Di~ Lt•gili- ciò eh~ viene udito e non di ciò che si vede.
mitiit drs Ap.: ZNW 41 (1941) 64 (hib!. ibi- Anche Art. 26,16 non si riferisce ftd altre ap-
d~m n. 174). parizioni successive (mmro -+ VI, coli. 1 3 27
s.}. Indicazioni più precise in -+ MtCHAELIS
l!lll In Ilei. 22.1'! l&~-v deve volei dire pacepi· 147 S. Il. 127.
roo7 (v,u8l òpO.w C 2 (\Xi'. MidrndisJ (\•,359) 1008
to e l'inixio del suo apos1olato ( ~ I, ripresa dalla prima comunità crisi ian:i e
coli. u72 s.). che ha il cono di una professione di fe-
Questo rapporw con k ;1pparizioni d e , Pnolo elcl1ca le varie apparizioni dcl
dcl Cristo risorto, che vale p er tutto il Cristo serve ndosi dcl verbo wq>Dri ( que·
primo cristianesimo (~ 1, co li. re 51 ss. ), sto signiiìca che Xp~o--r6c; può conti nua-
corre anche in Gal. 1,1 6 10''. La differen - re ad essere il soggetto) e, senz:1 passa·
za cons is te qui nel fatto che è detm e- re ad una forma attiva come in 9, 1,
spressamente che, in ultima an<1lisi, il menziona anch e l'esperienza di Dama-
'soggetto dell'even to' è Dio e non C ri- sco usando ancor sempre la forma
s to (e cer tamente non Paolo)(~ r, col. wcplh1 ( r 5 ,8 ). Nel N T. ques1"impicgo
u 73 ). Il passo, inolcrc, ci fa considera- di W<p ih1 11·ov::1 il suo riscontro in L:.
re l'accaduto una rivelazio ne (Paolo 24 ,34; Act.9,1 7; t3 ,3t; 26,16 (appa-
non usa un verbo di vedere, ma à.7toxa- rizioni dcl Cristo risorto) e le. 1,rr;
À.vr.1:w ), una m:l!lifesrazione della veri- cfr. 2243 (:ingelofanie). Esso h11 però
tà e realtà divina . P ossiamo quindi crc- una' grande importanza già nei LXX (e
dc('C che tale idea non si n assenie nean- questo fot10 è attestato nel N.T. da A ct.
che Il dove vengono impiegMi ver- 7,2.30.35), t~nto che t':lq>ìh1/ ocp/}ijvat
b i di vedere; tali verbi (cfr. gi~ ~coli. sono termin i. tecnici per in<licnre In pre·
916; 9 18.935 ss .) possono diventare senza della rivelazione , senza pregiud i-
termini tecnici dell'evento rivclnrorio zio per il cipo di percezione implicita
perché all'idea d i percezione che vi è nell 'evc1110 (~ col.918 ), ovvero la pre-
intrinseca (sia essa di natura più sensi- senza di Dio che si rivela nella sua pa-
bile o più intelligibile ) viene od aggiun- rola (-> col. 936) 210 . Stando oosì le co-
gersi quella di disponibili ti1 cd apertu- se, anche l'uso cli W(p~ quale te rmine
ra alla rive lazione (in tak accez ione i tecnicv nei racconti delle appnrizioni
verbi d i vedere possono essere facil- dd Cris to risono non mette in eviden-
m~nte agg iunti ai verbi usati nella ter- za. in pri ma linea , il momc.nto vi~ i vo,
minologia della rivelazione n:111:1ti in sia e:.so i nteso come percezione dei sen-
~ v, coli. 155 ss.). si o Jcll'imellecto. L'idea pn:dominan-
Nell 'enumerazione di i Cor. i 5 ,3 ss., te è che le :ipparizioni sono a\1\·cnimen-
209 Per t.., éµol cfr. Oer1m, Gtd. 2,; -~ lii, z:t di qt.111lcll OO in :icnso p rofaao. P1'IST~1t,
col. 564. op. cii . (-» 11 . 35) 301 fa notar< che iTt~q>a·
llO Nei r:1cronti delle apparizion i non "bbia- VTJ<; (uno sviluppo analogo ha conosdut.o an·
mo in apertura wq>ih} (-..,> n. 20.j), pure cfr. che trti}xooc;) molte volte significa ~cmplice
Lc.1,11; 22,43; Art.7,z.30 e anche Mt . r7,3 mcntc praeuns. ti. dubbio che si posso ron-
par. Come nei LXX (-..,> col. 912) co!l anche siden1rc questo :.ig,nifiatlo un 'S<..'0101 irncnh• ·
nd N.T. (-+ n. 189; -+ MICHAl:LIS 152 n. perché esso può rocsisierc roil una conC<•1.innc
i50) Wq>&YJ può inclicare l'arrivo o lo presen- opprofood irn d elle cpifonie.
1001' (V,\~')) (V ,j6o) TOJO
211 -'> l3ARTH, spec. 298 n. 58, 310 11. r40; 317 to parlare di miracolo quando si ll'1tlll1 delle
s. n. r85, si. è energicamente oppo<ro alfa po- :1ppnri%io11i; il N.1'. induce però R cerca re il
sizione sosrenm a ora q ui e giil prima in -'> miracolo più dalln parte dell'app~rizio11c dcl
M1c11Ar,L1s to3-Jo9; egli vuole ottenersi alla Cristo risorto ché a~ qtrella d~ll" vi,1:1 .lei [C-
«reale concretezza dei racronti biblici~ (318 sti rnoni th.·U·evcnto. fn quL~t~\ sc<lc è st:uu ne·
11. 185). Egli parcc dal pr,-suppo.rn> che coloro cc•sario ed anche possibile, rinuncbr.: ad uM
die !unno \•is10 apparire il Cdsto risor10 si•no discussi~nc cootinua ml Iibro <li M. 13Al1'1-I
stati oggeno di cun rnirarolo Jcll3 vista», ab- (dr. la reccn,ione fattane da F.. KiisrMANN:
biano godu10 «il privilegio esclusivo» di «una ThLZ 73 [r948] 665-670). Già nella sua mo-
deroga dalla condizione umano (171 ); «la vi- nografia Das 1lhe11dm~M. P,11sa111ahl, D111ules-
sta dei testimoni delle appa1·izioni» sarebbe 111abl 1111d ltlessiasmabt J 194') 4)-46, M.
«dn co11sidcrore 11n dono ed un elf~tto d i Gesù R~ RTH s<>s1cnnc che le apparizioni, e.I i11 pnr-
C risto» ( 174). l\fa allo ra dùediarnoci: si tratta ricol~rc i pasti post-pasqua li, rappresemnssero
ancora vcr~1nlentc dl un vedere: 1 t-n lc. concre- l'adempimento dell'attesa della l>rossima pa-
to, coi sensi? E poi: possian10 vcran'l<..:ntc 1net- rusia (Mc. 9,1 par.) e dell'annuncio di M,-. ·r 4,
tere sullo stesso piano la facolu) data di \'ede- 25 par., cui 1utre queste parole di Gesù si sa·
re il Cristo risorto (nonostan1c 1..c. z.;, 31) con rcbbcro inolt re riferite. T ule tesi è insosteni-
la 'forza rer wdcrc' che fu donala .ti ciechi bile: dr. KÀSF..MAN:-1, op. cit. 669; c. GAUG-
11uori1i o • Pwln (/ltl. 9,18) 4u1mdo (11 guari- LEk: ln1e1notionolc kirchliche Zeitschrilt _J6
to cJeJlo Sll3 L'L't'.iti\ (173)? n CCrt.11lll:lltC Jeci- {1946) 254 ss.; W. M1GllAEL1s, Karfrcitav·
IO! I (v ,360) éptiw C 2 iW. Michaelis) (V,\60) 1012
odcr Ostercharaktl'f des Abendmahls?, in: delle apparizioni (--> 3.)7,26 s.), che scmhra-
Das W' ort sie sollcn lassen stahn. Festschrifr oo cosl poco conciliabili con il presupposto
fiir A. &hiiddin ( 1950) 6x.66. di una corporeità trasfigurata, vanno interpt'<.'-
212 È possibile veramente dedurre dall'foxa- tati come un tentativo divel'SO di sottoliocorc,
'tO'J di I Cor. r 5,8 che Paolo abbia creduto in modo calora crudo, la realtà dcU'd cmento
«che • l di là del momento di q uesto fo'xa· soma tico. Ulteriore trattazione in -+ M1CHAE·
-rov siano esclusi eventi di uguale namra e us 91-96 (anche su Le. 24,39).
valore» (-> 111, col. 997)? Con sku re,,-1.0 si 214 La formn atti.va dei verbi di vedere io
può dire soltamo che Paolo (~ I rempo in 11.ct . 9,27; 22,q non fa retrocedere affatto l-1
cu i fu scritta la 1 Cor. l'episodio di Damasc1l rivelazi.one verbale in second.1 posizione; corn-
era avven uto da cil'ca 25 anni) non ha al- plessivan1entc, però, ta li fonnc ~t-tive vengo-
tre app~rizioni ( noo troviamo neanche a ttac- no p iuttosto evi care nei racconti delle appari·
chi polemici contro av\1crsari che avessero zioni. Su questo pun to e per iiòwxev <X.in:òv
preteso di averne avute). Il nesso ogg~ui vo i1Aq>u.vTj ytvbilac (A ci. ro,40) -> Micrrncr.lS
<.:hc esiste tra apparizioni e risurrc-do~1c cosri- 117 ss. In akun i racconti dc.Ile apparizioni, il
tui:>cç anche una lirnitazione d i tipo tcn1por~ · Cristo risorto 11011 viene riconosciuto irn1nc~
!e che vie.ne alquanto estesa. n 1:i non certo a- diacan.t.eote perché appare ' travestito' da viag-
bolirn, daUo posi.7.ione cronologica particolare giatore sconosduto (Le. ~4,15 s.) oppmc eia
dell'apparizione di 0-Amasco. Fcnomenj <.-.:>mc ;:;iardiniere {Io. 20, 14 s.) (cfr. anche nella line
quelli narrati in act. Petr. \!ere. 35 e act. spuria di Marco 16,12: ÉV hÉpa lLOP<P'ii ):
Andr. 14, non potrebbero csstr considerati ap· <JUCsto non è cltc ;1n riflesso della conv i nzio-
pari.zioni nel senso di I Cor. 15,5 ss. né, d'al - ne che la corporeità trasfigurata non sia ac-
tra parte, pretendoao di esserlo. cessibile alla visro um~\nii.
2n L'uso del concetto di....,. o-W{~<X. fatto da Pa()· 21; Per il p roblema della tomi.la vuota e dd la
lo in questo contesto rivela il mede~irno in- prioritil Ollf!Cttiva delle apparizioni -> ML·
rercsse alla realtà della forma d'csi.stcnza dci CllAELJS 1 23- 128. Le angclofonic presso la tom-
monì risuscitati che scorgiamo dietro alle ap· ba sono secondarie rispetto ai.!c apparizioni
pariziooi considerate come dimostrazio11i dcl· dcl Cristo (ibid. 22.117.125 ). Una pmi2io11c un
la rcalt11 della risunezione di Gesù . I pmi- po' diversa è sosrenuta da K. H AHTM, Dic
col.ari pili concreti che l~ggia mo nei racconti k irchliche Dovnatik m 2 (I9,50) 594 s.
10 1 \ (v,160) op<iw C z (W. Michacli>) (v,361) ioq
grande.: importanza perso11:1lc per i loro ri;,zarlu al tempo della Chiesa e cieli 'ope-
tes timoni perché li h:inno spin ri alla rare de llo Spirito sanro. Per questa ra-
conversione ed alla fede 21", pure il lo ro gione 11011 ~ consigliahi le considerare il
significnro è molto più vasro. Nelle ap- momento visivo, presente, sin pure en -
parizioni Gesti si dimo~trn ri.sorro ed tro li miri precisi ( ~ n. 214), ne lle appa·
Cs::tlttitO e, contc.:mporanc:unent e, XVp~O<; rb:ioni, come 11nalogo a quello presente
e Xp~n6c; (anche figlio: cfr. Gal. 1,16; nell'attesa della parusia o, persino, d eri-
Rom. t,4). Nel medesimo più ampio varlo da ques to. La coincidenza rcrmi-
complesso va collocata l'importanza del- nologica non è molto gr:mde 218 . L'uni-
le apparizioni per la nascita della Chie- co pas)O in cui si usa il verbo òq>~i'jva~
sa 217 (per il rapporto tra aposrolMo e ap- in r:ipporro alla parusia è Hebr. 9,28 :
parizioni~ coll. 1006s.; iou). Con ÈX OEV'tÉpov xwplc; ò:µap-rlac; è<P!hiCTE·
tale funzione le apparizioni vengono -ro.t x-r'ì.., «( Cristo) apparirà una secon -
a trovarsi, come del resto anche la da volta sen za pecca to»; pure tx OEV·
Pasqua e fa Pentecoste in genere, in un >lpov non si ciferisce alle apparizioni
rapporro dinamico con l'attesa della pa- ciel Cristo risorto, ma alla vi rn storica
rusia. di Gesù, vita che è pcrcanco chiamata
Una caratteristica import:mrc delle indirettamen te un comparire (oqii>ii-
apparizioni è data dal fotto che non po· vcu) con un uso di Òq>ÌH'jva~ che è un i-
tevano essere confuse con l:t parusia at· co nell 'ambito del N .T., ma che ci fa
tesa (~ n. 204), ma avevano la funzio- vedere con estrema chiarczzn quan to
ne di deviare l'attenzione dall'n ttcsa d i sia forte nel vocab:llo i'idca di compa-
una troppo p rossima p arusia e dell'im- rire2'9. In Mt. 16,28 par. Mc. 9,r; Le.
minente anivo del regno di Dio e indi· 9,27 abbiamo il ver bo rlìwcnv: questo
21~ Tommaso giunge alla fodc dopo aver ·,·i· viene, in mo<lo esemplare e con prcci-;c indi·
sto'; Paolo si converte dopo un 'apparizione e cazioni , in ;lii. 28,t6 ss. e Ari . t,6 ». Cfr. nn-
tusl forse anche Giaromo (1 Cor. 15,7). Ma an· che \VI. M1o w ;us. Geist Gott<'S w1J Missio11
che gli nhri discepoli non hanno primo credute) nnch drm N T.: Emn1:e.lischc• Mi.sionsm•g•·
e poi vis10, ma viceversa (al rnnssimo lo. 21,7 zin N F. 76 (t932) 5· c6. M. ALUlcK1'Z, Die
può suruicrirc che l'amore, ovvero il sapersi a- Botschoft des N.T. I, r ( i946) y;-ro5 ~ffcrma
mato, dispone al riconosdmcnio d i colui che cncqiirumcntc che nei racconti dcli.i risurre-
nrpnrc). Nessuna apparizione presuppone il zion~ q udk' che conta è l'auditio e 11011 la
posst'SSO dello Spi1ito Santo : dop<) lo conversio- visio.
ne Paolo è onchc bartezznto (Act. 9,18 ); tutte 218 ~ Mtt:HA~l.IS t 2 2 s.
le altre nppnri1.ioni avvengono prima dcli• Pen· 219 In 9,26 l'muorc indie-• la comp;.trsn di Ge-
tecostc (-+ m, col. 345 n..n ). Lo visione di sù sulla terra col \~crlx> nE<pCI\•épw~t:Xr.; cfr. 1
Stefano ~ sl connessa col suo possesso dello 'fim. 3,16; / Pctr 1.20; r fo. 1.5.~. <:>a~pw
Spirito(-+ coli. .993 s.), ma non rienrra nel no- i}iivoci. è us11tu ~anche J>cr le appnriziorii del
vero delle apparizioni (-+ M1CHAY.U S 114 ss.). Cristo risorto (Io. 2l,T4 [cfr. 21,1] e Mc. 16,
211 Anche se non c·è motivo per pensare ad 12.14)_ In / Tim. 3,tG w<pih) riyyÉÀ.Ot<; non
un cva11gclium q11adrngi11te1 di<:rum (cfr. R. allude nllc apparizioni postpa,qu"li, iu 4u nn-
SEEBllRG, llus Rcligio:1 ti/Id eesr.hichte I 10 èi.yyi;\.oi non si riferisce auli aposcoli nel-
[ 1906} 42-58 e le opere diate alJa -+ 11. 202} la loro funzione di messar..geri (cont ro \'()'OH·
nel senso di una istruzione continua dd d isce· LENDF.RG, Past., ad I.). DJBEL!US, Post.', ad l,
poli da parre del Risorto. pure non va sot· rifaccnclosi n<l asc. fs. n ,23, ved e nel passo
1ov.ùuta10 la possibili1à clic stimoli e ispira· un rifcrimcn10 all'esaltazione di Cri"n vis1a
zioni thc avrebbero porta;o 1! 101,i frullo più rom<' trionfo sulle p01cnzc angdkhc (cfr. an-
tardi, ri>nlgano aUa rivelaz1on" \'Crbolc dcl C'he O . C1.11.1.MANl< , Die erslen cbristl. Gla11-
pcrioJo u a Pasqua e Asccn~ionL·. ~omc av- be11sbckc1111t11ine ( 1943] 54); pure, dato il
(v,362) 1or6
indica sl che le persone interessate sa- meno del r iferi mento a Zach. i2,10 s.),
ranno testimoni oculati della parusia 22'1, a meno non si de bba p referi re il sign i-
m a il m ome n to importa nte non è dato ficato prestare altc11zio11e 1 stare attenti
da l fatto che essi vedranno, bensl dal- (cfr. tm~Htjlo\l"tO:L 1tp6c, (lE: Zach. n,
l'arrivo del fiidio dell'uomo ovvero del- 10 [LXX); questo p asso ritorna 3nche
la parusia. Nella ve rsione di L uca sia- in lo. r9,37, ma sen1.a e~sc re inteso in
mo già molto vicini al significato pro- senso escatologico). Tutto sommato, il
vare, vivere, part ecipare (-4 col.963)2 21 • momento visivo con riferi mento alla
A nche l'o\j;EO""Ì}E di Mt. 26,64 par. Mc. parusia è generalmente messo in scarso
14,62 non vuole sortolineare, come si rilievo 222 , ed anche dove lo è di più,
vede anche dal passo parallelo di Le. non viene mai ad avere quel senso pre-
22,69, il momento visivo; anzi il con- gnan te che ha, ad es., in I Io. 3,2. P er-
testo fo p ropendere per l'accezione co- tanto tale momento che è inerente alle
noscere, sapere (cfr. Le. r 3,28 ). La vista apparizioni non va interpre tato come
ha inveçe una por tata maggiore in Mt. un'anticip,1zione o anche solo come in-
24 ,30 par., come anche in Apoc. I ,7 fluenza della visione degli eventi escato·
(u n passo connesso con Mt. 24,30 per logici ni.
conresto, non è cerio che i:'i iL·rrd.0< siano ben presto anche 'visto'. Ora , a dire il \•ero,
qui potenze spiriruali nemiche. L. BRuN, Die questo logion dice proprio che si vedrà la ve-
Au/entchung Cbristi in d<r urchr. Oberlic- nuta del regno, afkrmando così b contempora-
/crt111g ( r9 25) 94 ss., pu r richiam.1 ndosi a n- neità di venire e vedere. Inoltre lhrth suggeri-
ch'egli nd asc. I s. u ,2 ps., propende per nn- sce d'interpretare <Jucsto 'vedere' accosll!ndolo
geli e pote nze «che riconuscono e salutano il «tanto alla visto della trasfigur:1zionc quanto "
Risono quando ascende al cielo cd enrra nel quella della risurrezione e a quella dcl ri torno
mondo celeste.. ; ma In forma Cxpa-tJ non ri· di Gesù•. A pUIC! l:i diffirolr:I di ammettere
chiede nc:cessariamcme di tSSere resa al pa<- questo rappono multiplo, va osservato. innan-
sh·o, «fu visto dagli Qngeli» . E. KiisEMANN, ~j tutto. che rune le persone che, proprio se-
Da.r wandemde Go11esvolk (1938) 66 mene condo questo losion, sarebbero dovute morire
il passo in rappor10 con «la presentazione dcl pt ima della trasfigu razione, non sono affatto
f iglio agli angd i indicata in Hebr. i col ver- morte e ntro questa scad~rm1 .
bo El<ro:ynv~ ( «cviden1cmcme, dunque, alla
222 Se txE~ <XV'\"ÒV ol{;tuih: (Afc. 16,; par.} si
parusi'1» [60] ); 1 Tim. 3,i6 non contiene pe-
do.-essc riferire in origine alla parusia (dr. q,
rò alcun accenno alla JY.lrusia. Non si può af-
fouo prendere ia considcrnzionc la cosrruzio- iS par.; ...... MICHAtlLrs 61 .65), allom l'idea
dcJrinL-onrro prevarrebbe chia'3mcotc sull'a·
nc !v T-llE~l'°'"'' W.pih) t\yyé>,ot<;.
~petto pur:unente visivo. D i\'erso ì: invece il
2lllLa sentenza del l:1 Gimmissione Pontitkia
caso J dla domanda d ei d iscepoli ndl'agraphon
d1•l i9 luglio 1944: Chrisl11J1t Domim1111 tml•
fi11alc iudicit1111 ... visibiliter in hanc ierrmn r1:- contenuto in P. Oxy. IV 655,19 ss.: 7t6i:t -YJ11~v
(µ<;>a.v-ft<; Ea"Ei xcxt TIO"<E a t òo/6t.Ui0et; (Hm•-
g,,a11di cau1n esse 1u!11t11r111n ... tuto doceri non
NECKU 58).
posse bi riferisce alla venuta di Crisro per il
regno millenario. Trarrazionc più approfondii.i ID -> K1TTr.L 104: «L'evento pasquale e le
in W. MtCllAELIS, Kalholische K.irche 1md apparV.ioni dcl Risono vengono presentati
ll' it•tlerkur.ft Cbristi: Der Kirchenfreund Si sotto forma ùi fenomeni csca1ofogki. Questo
( •?~8) J•2.·3r6 . fo tto mosira che essi sono in tes i come avve-
lll Per la locu~ione paralld a in lo. 3,3 cfr. 11i mcnti dell 'alu-o mondo, ...come 'in izio del-
IluLTMANN, Job. 95 n. 3; CREMF.R-KòGEL ~88. l'escarologia '» (-> anche I, col. '9~). Non è
Secondo K. B.\RTH, Dic kirchlicbe Do}l.lrWik il caso di conrestare il rivestimento escatolo-
111 2 (1948) 6oo, M c. 9,t par. presuppone t'.hé gico delle app:triziooi, soltanco che ciò non si
il regno di Dio sia, di per sé, «già venuhl• , nn~ esprime preds:1mcnte con una prcvlllenza del-
nuncinndo solo che il rcj\no !lià \'Cnuto sarebbe J'as_lX"tto visivo.
e) 'Vedere' negli scriui giovannei ti allo scandalo ... ». Quest'uso dcl verbo
Tra i passi giovannei che ci rii,>uar- \'edere nd scn~o di 'vedersi posto da-
d:.1110 qui, sono degni di p:micolare at- vanti (ad un annuncio della rivelazione
ten.r.ione quelli in cui si rratta della nc- e dover rispondere con la fode)' ricorre
cessi!ÌI o dclb promessa di 'vedere' Ge- anche in nitri passi, ad esempio in quel-
sù, con talorn inclusa anche la visione li stnatamenre collegati di 6,40 e i 2,
di Dio. Io. 6,62: Mv ovv i)Ewpfji:~ i:òv 44 s. St.'Condo I o. 6,40 (tvcx 1tdç ò l>ew-
vlòv i;oO tivDpc.:mov ci:vu..~alvona onov pwv i:òv vlòv xcd m<i'tEUwv Etç o.v-ròv
'Ìjv i:ò 7tp6i;Epov; ( «SC allora vedeste il t'xn çwf)v o.iwv~ov, «affinché chiunque
Figlio dell'uomo risalire dov'era pri- veda il f iglio e creda in lui riceva la vi 111
ma?») ci fa pensare subito ad Act. l,Il: eterna), la 'visione' qui intesa deve por-
Èi)Eci:O"CX<i1ÌE <X.V"TÒV 7t0pEVOµEVOV E~ 'tÒV tare alla fede o, 3ncora meglio, poiché il
oupu..vov, «(Gesti rornerà nel modo in fine ultimo è ricevere la vira eterna e la
cui) lo vedeste andare in cielo». A par- costruzione sintattica pone ì>ewpwv e
te il fatto die in lo. 6,62 il riferimento mO""TEUwV sullo stesso pi:tno, la 'visio-
è alla preesistenza ed in Act. 1,11 alla ne' viene definita com:? l'incontro col
parus ia, le parole che Gesù rivolge ai Figlio che si attua nella fede. Anche in
d iscepoli (questo gruppo oon coincide 12,44 s. vedere e credere si corrispon·
con quello di Act. r A ss.) non annuncia- dono, m~ qui la fede viene al primo po-
no che essi assisteranno all'ascensione: sco; cfr. anchc le variazioni nell'ordine
àvo:~u..lv<w non indica l'evento isola to in cui vedere e conoscere si susseguo·
dell'ascensione, bensì l'ascesa del Figlio no in 14,7.9 (per 12,45; l4,9 - > col.
dell'uomo alln sua pa1ria celeste che si I02J ).
sl che il demo si riferisce, in ultima ana- ~i al periodo Lino alla sua dipartita per
lisi, allo scanJa lo della crocen.o. Pertan- tornare al PHdre ed a quello dopo il
to i)z(JJpe~v non s ignifica qui alcuna per- suo ritorno, cioè significa vedere Gesti
ce:tione sensoriale né alcuna testimo- durame il suo ministero terreno ed CS·
nianza ocL1 larc, bcnsl un incontro con lo sere testimoni oculari d ella risurrezione
scandalo ddla croce, una percezione spi- o della parusia. Quest'imcrpret:tzione è
rituale <li tale scandalo che costringe ad valida soprattutto per qwmto riguarda
un conllino e ad una decisione (<li fe- i discorsi di commi,Ho, ma in ogni caso
de). forse porremmo parafrasare il pas- il siçnificaro è sempre trasparente e più
so cosi: «S.: dunque sarete posti da van- ampio. In 16,r6 s. 19 5"1zvìlÉ flE si rifc
riscc , in uno scorcio che include Pasqua riguard anti il Pamclè10). Se il mondo
e Pentecoste, al tempo in cui ~ arti ve- non vc.:dc in ~1 ues to tempo Ge,ìo, ciù
nuto lo Spirito quale l\1racll:to m. Pro- vuol dire che e$SO si chiude :ill'n;r,ionc
prio perciò questo vede re non indica dello Spirito e si ostina a non credere.
n é una percezione sensoriale né una Dietro Illiri questi passi ( 6,40; 12,.t4
menLalc, ma l' incontro con Gesù che si s.; q,t9; i6,10.16 s. r9 ) c'è cosl, e-
a rrua nella fede per opera dello Spi· spressa in forma n egativa o positiva, la
rico santo. Analogamente oùxt·n ~Ew medesima idea: il 'vedere' indica qui
pEi:"tt µE (16,10.16s. i9 ; il presen te non una perce7.ion e che è lontana tanto da
è cerco casuale) indica il tempo in cu i quella sensibile (testimonianza oculare
lo Spirito non opera ancom e perciò i della stol'ia di Gcsi1) quanto da qudla
discepoli non possono giunge re al 'vede· mentale (con templazione di tale storia),
re', all'incontro con Gesù cJ alla fe- perché s i tratta precisamen te della de-
de 226 • In 14,19 è de no che il mondo cisione che bisogna prendere nell 'incon-
non vede Gesti, mentre i discepol i lo tro con Gesù, di quella decisione che
vedono ( anche qui abbiamo il verbo a l significa volgersi alla fede.
presente ): ciò non significa che soltanto Anche se in r6,22 ~tjJoµe1.~ ùµa<; fo
i discepoli avranno apparizioni Jd Cri - da riscontro a i:iljm;lM (.I.E ( 16,16 s.19),
sto risorto ; 14,22 ss. fa capire chiara- pure non si pensa alla parusin, ma, pa-
rallelame nte alla venuta promessa io 14,
mente che non si tratta d elle :1pparizio- r8.23, alla comunione con Gesù che si
ni e che la 'venuta' (14 ,18) e 'quel compie nello Spirito santo (dr . 14,25
giorno ' (14,10; dr. 16,23) significano s.) e che include l'amore per Gesù e
l'osservan;r,a dei suoi comandamenti
certamenre non la parusi:i, ma il rempo
(14,2I.23 ). Come oljioµaL vµfu; ( 16,22)
dello Spirito (tanto 14, r8 ss. quan to 16, complcrn C chiarisce olj/EO'aÉ l~E ( r6,
16 ss. seguono immcdiat:1111e nte detti r6s. i9), cosl È(J.q><Xvluw rJ..Ù'ti;\ èµav'tév
!25E. FASCH6M, Job. i6,p: ZNW )? ( 19-10) <lisrepoli . nella quale costoro si sentano ab-
223 ss. (cfr. già 18<) n. 8) souolint:a con forza bandonati a se stessi senza l'assistcnia dcUo
ecccssiv:t che si tr:itta della parusia. BuLT- Spirito: si1uazione cui farebbe riscontro (cc·
MANN, ]oh. 447 •· sba;ilia quan<lo 1x:nsa eh<: co il senso di S\j>E<7~ l•E) la possibilità, che
gli enunciati giovannei rappresentino un rifiu- viene sempre nuo11runen1e donara, di vincere
to consapevole «dcll'apocali1tica giudeocristia- il mondo pur restando, uniti con Gesù, nel
trn» (cfr. anche 479: «L'esp<!ricn~.11 pasquale mondo. 1\ nchc Uu1.TMANN, ]oh. •148 vede de-
presentata come •dempimento dello promessa scritti qui g(j 'stadi' «JX:r i qnali <leve passa·
dclln parusia»). re la vic o dd creden te e tlci quali si può an-
21• Suru:crimcmo di Kmm: forse si :.arebbe che naufragnrc». Pure l'evangelista non ba con·
molto più consq;uenti rincnciondo " fissare sideraro i discorsi di commisro come un'occa·
qualsiasi termine cronologico (Pa5<1ua, Pente· sioric •olrnnto liuizia per run~ quc:stc affcr-
coste, parusia) e interpretando J'oùxhL i)c~ malioni. Dobhiarno piuttosto dire che ciò che
pti:·d ~" nel senso di una situazione, d1c può secondo lui v.tlcvn allora <-ra n~chc rii• th<· non
sempre presentarsi come prova nella vita dei ctssa mai di c~scr valido.
6;,ii~; C 2 ( \YJ. Michacl is l
227 A ragione ~ Dossci 1u·r;, ·i<><l 1>. 6 si op- sri pane da 5 ,19 per in terpreta re il 'vedere'
pone a L. BRuN, Die Gollrsd•.111 ,fc•s joh. giov~nneo.
U•l'ist11J : Symbolae Oslocnscs 5 ( 1•1l7); quc-
òp<i1JJ C 2 (\Xl. Mkhaclis)
44; dr. 13,20; Mt. I0,40) si mette in squale per il Cristo giovanneo <-
1,
maggior risalto l'ide:1 che Gesì1 è il ri- col. .59-1) potrebbe aver fatto preferi-
velatore, colui che rivela Dio in modo re l'uso dei verbi di vedere solcanto se
unico {cfr. Mt. 11,27 p:.11-.), in 14,9 (cfr. nei rncconti pasquali dcl N .T. il mo-
q,8) si sottolinea d i pit1 la convinzio- mento visivo avesse, come non ha (~
ne che Dio si sia rivelato in Gesù e sol- C 2 d ), un'importanza propria. Dato che
tanto in Gesù. li 'vedere ' ~iovanneo i verbi tipici deUa termino logia della
è quindi un piegarsi con fede alh rive- rivelazione {6:mlK<XÀ.V7t'ttd, otlx.vvµL,
lazione d i Dio in Gesti Crisro, e questo <P<XVEpow, ccc.), siano essi usati in sen-
uso linguistirn pennette, da una parte, so più rigurnto o più proprio, sono pit1
di conservare fermamente il legame con vicini al momento visivo che a quello
la storia, la connessione con l'incarna- auditivo, Giovann i avrà certamente
zione e.Id rivelatore; <l:11l':thra, d'inclu- scelto i verbi di veJere perché offriva-
dere l:t preesistenza e la postesistenza no il mc~..zo adatro ad esprimere con
(dr. 6,62; - col. 101 7), cd inoltre fa forza proprio il carattere personale ed
228
sl che questa rivelazione venga messa esistenziale delJ'inconlro con Gesù •
pa rticolarmente nelfo luce d i Pnsc1ua e f) Vedere Dio
di Pentecoste. Se lo. t2,4); 14,9 affermano che Dio
Giovanni ha gcncralmenle la tendcn- può cssc1·c 'visto' soltanto nella sua ri-
m È vere che nqli scritti mand3ici h3 una no- dHoiji' (ad es., Liturg. r36,5 ss.: 184,1; 234,ll;
ccvolc importanza la visione della luce (ad es., 273,6); pure 1u11i questi passi non stanno in
LJDZBARS1''I, Gima 22r1 s.; Lit11rg. 193,4), del- parallelo 1mppo remoto con il 'vedere' giovan-
Ui vica (od es., Ginza 2i>,T5 s.), del Manda neo.
i>pii•J C 2 ( \\/. Mid1:u:l is1 (V .366) 1026
velazione in Cristo w', allor:1 1rnche I o. cre rn d i 5,3 7" questi verbi non sono u-
1,18 non contiene, in p rillla linea, sati in senso proprio, come si capisce
u n 'alfr r111:1zione polemica con tro b con- da 5, 38") possono venire considera ti co-
vinzi<)nc , espressa altrove, che Dio sia me forme di ricezione della r ivelazione
stato vis to in teofanie o in visioni o in di pari digni ti1 e validità. L'idea comu-
rnpimenti estatici in cielo 2l<l_ Questo ne che percorre tutti i passi succitati è
passo vuole invece stabilire, proprio che, da parte sua, l'uomo non ha acces-
mediante i termini di vedere usati an- so alcuno a Dio, ma deve attendere
che in I 2A 5 e 14,9, che Dio si è ri· che Dio gli si riveli. Me ntre in 6,46 si
velato esclusivamente nel Figlio. Anche sottolinea di pii1 che anche la rivelazio-
con l'espressione ÉxE~voç t~l)yi}ua-.o ne non rende possibile un accesso a
non si vuole significare una dcscri7.ionc Dio, cioè un ved ere Dio, ma soltanto
analoga a q uelle di teofanie ecc., bensl un udire ed u n cr<:dcre, in r ,r8 viene
un 'rivelare' corrispondente al ' mostra· asserita con forza (come avviene anche
re ' cli :c4,8 s. (~ n. 233; rv, col. l4: iii 6,46) l'unicità della rivelazione in
p er il nesso con Ecclus 43,31 [ 3 5] dr. Gesù Cristo 231 . Dato che il concetto di
~ coll. 937s.; iv, col.13). In Io. r,18 rivehizione non è oriencato secondo le
non viene e.letto d ire ttamente che il Fi- ca tegorie di visibilità/invisibilità, nei
glio abbia, da parre sua, v isto il Pa- 1mssi di cui si tracta non è questione se
dre, mentre ciò è affermato in 6,46, un il Dio che è di per sé invisibile divenci
passo affine a r ,I 8 anche per a] cri a- in qualche modo visibile, ma piuttosto
spetti. Se il verbo vedere indica in 6,46 se il Dio, che è assolutamente inaccessi-
( rispetto all'&.xovELV ed al µavfrcivE~v b ile all'uomo, da parte sua si ri veli 232 •
di 6,45 ) un accesso immediato a Dio I Io. 4,r2 (che è formalmente molto
( cfr. 8 ,38), d'altra parte le parole di 5 , afline a fo. 1,18) presenta un caso par-
37 s. mostrano che i verbi vedere ed u- ticolare in q uanto non viene asserita e-
dire (nonostante fa formulazione con- spressa men te la funzione rivela trice di
Gesti Cristo 13·'. Ciò non avviene nean- !azione sarà piena, pcrfena, immediata.
che in I Io. 4,20 (-+ n. 126). In en- Certamente l'attesa di una comunione
trambi i passi è assente la concezione esrn t0logica con D io, espressa altrove
giovannea (presente anche in I Io. 3,6; con altre categorie ed immagini (Aft . 5,
J Io. 11) che Dio possa essere 'visto'; 9: essere figli di Dio; Apoc. 3,20: co-
essi si limitano ad asserire l'effettiva in- muni.o ne conviviale), è abbastanza rara·
visibilità d i Dio (cfr. anche I Tim. 6,t6 mente concepi ta proprio come visione
ed i passi in cui Dio è detto oc6pcx:m;: di Dio. In J Cor. 13,r2 non è detto e-
• Tim. 1,17; Hebr. u,27 -+ col.1039). spressamente che Dio sarà l'oggetto del-
D'altra parte in Col. x,15 l'invisibilità la visione futura (-+ coll.967 s.), e non
di Dio viene as sociata (in un modo che è neanche detto che quanto è ora visto
corrisponde al pensiero giovanneo) n OL'fo·6rt-tpov Èv cxlvlyµa.-tL , «attraverso
Cristo quale elxwv di Dio, mentre in uno specchio, in modo confuso», sia
Rom. 1,19 s. Paolo considera la creazio- Dio.(visto nel senso, ad es., di Col. l ,15
ne come rivelazione di Dio, il quale può o lo. 12,45 e 1..i,9), anche se oggetto del-
essere: 'scorto' media ore essa ( ~ col. la visione presente è certamente l'even·
ro40 }. In enrrambi questi casi (come to salvifico attuale e non quello futuro.
anche in lo. 12,45; 14,9) è chiaro che D'altra parte non c'è alcun conflitto tra
non può trattarsi Jcl superamento o il (:\À.É'1tEW presente di I Cor. 13,12, ed
dell'annullamemo del principio che il procedete OLÒ: rt' auwc; di 2 Cor. 5,7:
l'uomo non può disporre di Dio, ma il vedere presente (ed il ywW<nu:w b;
viene asserito eh:: tale indisponibLli u\ ~t.Épovc;, la co11oscenza parziale) è an·
fondnmcnt:ile costituisce, come in ogni zi proprio un credere. Da i Cor. 13,12
caso di rivelazione, il presupposto per- non si può dunqu~ concludexe (benché
manente. 0Hr.:oµEv sia legato tanto ad li.p·n quan·
Anche se nel Lempo dell'adempimen- 10 [sottintendendolo al futuro] a -r6-rE)
to escatologico si potrà 'vedere' Dio, che la visione escatologica costituirà,
l:t s ua iodisponibilitil non verrà certo come ;visione', una com inuazione ed
abolita né verri\ abbassata la barrie- un potenziamento di quella visione che
ra tr:i Dio e uomo: piuttosto la rive- è possibile già adesso "'· Anche la vi·
2.U I ndubbiamente 4.9 s. presenta anche l'i<J,,a 5[ seguente 4,14) né le! p>role di 4,9 s. vo-
che l'amore di Dio viene rivelato nell'invio e gliono rilevare che. nonosLantc quanto è det~
nclln morte di Gesù, nggìungendo cosl n3li al- to in 4, n, è pur sempre possibile 'vedere'
Lri passi g iovan nei una dirncnsioac importan- Dio nd senso di Io. 12,45; 14,9.
te che previène anche i I pericolo di pensare m In 2 Cor.3,18 (-+ m, coll.994ss.) manca un
più oll:i parola che all'opera di Gesù quando cenno diretto allo visione esc~10!03ica . A pro-
si rr•tta d 'iorerpre1are tç11YEwtru. (Io. 1,18 ) posito della qucs1 ione se qui •'intenda, e fino
e linl<WvCl• ( 14,8 s.). Pure né l'apoftegma di • che punto, una 'trasformazione che si opcr<1
r Io. 4,12 si r iallaccia al precedeme 4,9 s. (né mediante la vista' e si abbia quindi un punto
.~ione di allorn sarà, rnmc u 11 10 ciò che tupl)-rt i:1'1v ~o:cn),El<Xv -rou Ùtov e oùx
è escatologico, totalitcr alitc·r, totalmen- O\jlECTi')E T.<X'tÉp<X («llOn troverete i)
"tÒV
te diversa da tutto quan to è presente- regno di Dio», «non vedrete il Pad re»)
mente possibile. ncll'agwphon contenu to in P. Oxy. 1 1
Anche in Mt. 5,8; r lo. 3,2 la visio- verso 6 ss. w
ne escatologica di Dio è presentata co- Anche 1 Io. J,2 si riferisce alla visio-
me una possibilità che si compirà sol- ne di Dio e non, ad es., a quella di Cri-
tanto allora per la prima volta. An:i- s to alla sua parusia (dr. 2 ,28) 2i 1: il
logamente, ad es., nella beatitudine di soggetto sottinteso di qia.vtpwl}lj è -rl
Mt. 5,9 (che è quella successiva a 5,8) icréµWa, e sia a..in:év che aù-rQ si ri-
si accenna soltanto alla figliolanza esca- collegano a -réxva. lhov (Cristo è indica-
tologica (dr. Lc.20,36; Mt.5,45 m, ma to con ht~voç in 3,3; cfr. J ,5). L 'e·
a differenza di Rom.8,15 s. 23). Mentre spressione xal}wç /;cr-r~v (cfr. Ecclus 43,
in Mt. 5,8 s. il veder<:: D io e l'essere fi. 31 [35]- coll.937 s.) sottolinea l'im-
gli di Dio risultano asserzioni parallele, mediate-aa e l'illimitatezza di questa vi-
in r I o. 3,2 questo secondo aspetto vie- sione. Poiché l'autore anche altrove
ne l'iferito (come in Paolo) alla situu- vuole affermare i diritti della predica-
zione presente, mentre la visione d i zione di Gesù d i fronte agli oppositori
Dio è rimasta (come in Mt. 5,8) una ch'egli combatte, la frase oi:~ òljléµt:~a.
pt0messa puramente escatologica. A ~ù-rov, «perché lo vedremo certamen-
quanto sembra, Matteo non ha co nside- te», si richiama volutamente alla pro·
rato la visione di Dio quale promessa messa di Mt.;,8 (alla purezza di cuore di
pÌL• grande di tu tte, ma !'ba messa sullo Mt. 5,8 corrisponde, per cer ti aspetti,
stesso piano della figliolanza divina ( 5, la s~ntificazione di r Io. 3,3 ). L'attesa
9) e dell'appartenenza al regno di Dio somiglianza con Dio che s i realizzerà
(5,10; cfr. 5 ,3 ). Si veda anche, a que- nel compimento escatologico costituisce
sto proposito, il paralldismo tra µTjov il pres upposto che rende possibile la vi-
di contatto con la m istico ellenistica (-+ Vll, pass i nm loghi <lei N.T. sono molto lontani
coll. 527 ss., ove viene ben faua notare Li <falla alcerazionc ddl'idea d i visione di Dio
differenza oggettiva), non va ignorato che che abbiamo constntata pi è1 sopra (__,. col.
Paolo non impiega alcuno dei \•erbi d i vedere 95') r er il giudaismo. Anche le affermazioni
usati nell'ellenismo per indicare la visione di di 1 Io. 3,6; 3 Io. n (__,. n. 229), che pure
Dio. (Jr. anche BACHMANN, 2 Kor.' 1 76 n. 1. hanno un intento parenetico, non possono es-
2lS W/. M!CHAEL!S, Gotteskùtdscho/t tmd Got- sere forzatamen te poste in ana logia con le con-
tessohnscha/t: Deutsches Pforrerhla tt 44(1940) t·ezioni tardo-giudaiche.
133; ID., Das Urcbristentum (-7 n. 190) 319 m Contrn STAUFFER, Theol.' t96, il quale rife-
ss.; \VJ .G. KuMMEL, Das Bild des Menscben risce anche r Cor. 13,12; 2 Cor. 5,7 nlla visio-
im N.T. (1948) 19 . ne della «gloria del Figlio di Dio» (cfr., <l' al·
Z31• Tanto Mt. ),8; I Io. 3,> quanto gli altr.i tra parte, 209}; __,.col. 527.
103• (v.~<q) opiiw D (\'(I. J\lkhadis)
sionc di Dio: questo fotto d spiega per- (~ col. 956), risulta ancon1 più chia-
c hé !:1 visione di Dio sia necessariamen- ramenre che qui abbiamo a che fare con
te riservata al compimen10 linale. Evi- una prom;?ssa che ha potuto sorgere
dentt'mente siamo molto lo nrnni da soltanto in terreno ncotcsramc nt:irio e
qucll n ddlic,1zione onenutn mediante la col sos1t·gno dell'a u torità di Gesù (cfr.
visione di Dio che si riscontra nelle reli- Aft. 5,8). L'insupen1bilc gr'1n<lezza di
gioni misteriche 231 • questa promessa può essere confermata
l l nesso tra santificazione e visione dal fatco che essa rìon è stara ripetuta al-
di D iom in Hebr. r2,14 fo certamente la leggiern né è stata 5ottoposrn ad ogni
pensare a i Io . 3,2; la cosrruzione e il
contesto mostrano però che si tratta tipo di variazioni, ma risuo na soltanto
qui d i un'idea parenetica collaterale (af- molto d i rn<lo e con giubilo controll:ito,
fine, in una ccrw mi sura, per forma e come in i lo. 3,2.
comcnuco, alla motivazione di ,. Cor. 6,
9 s. par.). Benché la \'ision~ di Dio in
Apoc. 22.4 non abbia, nel complesso di D. v'uso J.JNGursnco E c:oNcl:':·rruALE
un libro jn cui il momento visivo è co- DEI PADRI APOSTOLJC:I
sì importante, quella prcminen:t.a e non
rapp rc~t:nti quell'apice che invece do- Nei Padri apostolici l'uso dei verbi
vrehhe a ltrimenti ave re e rappresenta·
di vedere non t: molto di ssim lle da
re, pure il lettore (: in grndo di va lu-
rnrne b portata in base all a considera- quello del N.T. né lo sono il rapporto
zione che i servi di Dio 01terranno w1 reciproco dei vari verbi e la distribu-
giorno quel privilegio che è rise1-vato, zione delle singole accezion i.
fino ad :illora, alle crea1urc celesti che
circond.mo il tron(1 di Dio (dr. 4,2 ss.; t\.lle i 70 vol re in cui è usalo &.xo.Jw
J\!t . 18,10 -+ col. 966). fon no riscontro circa 26 5 passi in cui
ricorrono i verbi di vedere, b mag-
La rise rvatezza con cu i si p;u·la sol- gior parte <lei q uali si trova in Erma. li
tanto in poch i passi della visione di presente 6p6.w è rela tivamente raro~"°;
Dio, separa neu,1meme il N .T. dalla re- dòov è p resente per quasi la metiì di
tutte le vohe in cui abbiamo 1m verb-0
ligiosi1à dei misteri e chlla gnosi. Dato
di vedere); l'imperativo tòE è comune
che anche l'A.T. non olfrc quasi spun- come forma retorica (ad es., B11rn.6,q;
to r1kuno per l'a1tes,1 di una visione e - i2,ro; spesso anche [òwµtv: / Clcm. 7,
m1rologica di Dio(~ c() I. 940) e che le 3; r 9,3; 21,3 ecc.). Il passivo intran-
sitivo wq>ih] col dativo è usato 5 volte
corrispondenti speranze giudaiche han - in Ermn per indicare l' apparire in visio-
no preso una d irezione tutta diversa ne (vis. 3,1,2; 3,3; ro,3.7; 11,2). Il
2J> Clr. BOCHSEL, cd I.; .). LEIPOLDT, ]esu 178.182 avvicina troppo il pa~so a Mt. ,,8.
VerhJl/Jlit w Griecbcn 111111 }uden (194 1 ) 2lO 19vohe in tuuo: oltre ai pa>si indicati in
I J8 S. PREU SClll!N-flAVF.R ' , s.v. 1 ~ B; I lo.-~; 2 b IJ,
IJ> -ròv i.:vpio'J V'1 rifcriru n Dio: dr. RJG- anche z Clt•111. HM; 60,1 (unico mso d i pre·
GF.NUACll, Komm. 1-/hr., ml I.; ~ BVLTMANN sente passivv); Diog>r. ro,2 .
103 l (V ,\l>X ) òr.6.•J D (W. Mkhnelis) (v,368) io34
ta questi nomi vedrà sl il regno di Dio, --roi:; soltanto 3 volte: tohu, reso altrove
ma non vi enu·erà>) (cfr. lJ,z). in modi molto diversi, è t radotto 0:6pa.-
-roc; in Gen. r ,2; in Is. 45,3 àopai:oui:;
t 6pa.--r6c;, t ti6pai:oç rende mistlMm: in origine questa non
era forse cbe 11 seconda tnrdu zione (si
r. L'aggetcivo verbale Òpa.--r6c;, da ve- noti la s ua mancanza nel cod. A), posta
dere, visibile (già usato da Ippocrate) e soltanto come alternativa a fianco di
la sua negazione ti6pa.-roç, non visto, ét.noocpvq>ouç (cfr. ljJ 9,29 s.; 16,12; 63,
invisibile (solo tardi, in PoUbio, ha 5). In 2 Mach. 9,5 indica una malattia
senso anche transitivo: che non vede) 1 che si è sviluppata f:voov . Dio non è
sono giunti ad avere nel mondo gre- detto 6.6pcr.i:oc; '; in 6 passi &.opcxda. si·
co un 'importanza particolare nel lin- gnilica cecità (~ n. 3).
guaggio filosofico: dr. Diog. L. 8,30 3. In Filone incontriamo a6pa.--roi:;più
(Diels' I 450,21 s.); Gorg., fr. 3 ,86 d i xoo volte e òpa.--r6c; circa 70; que-
(Diels' 11 282,35 s.). In Platone òpa.i:6c; st'u ltimo è spesso negato, così che in
ed ù.6pa.'toc; vengono a rappresentare i pratica non fa che aumentare le presenze
due mondi: quello delle percezioni sen- di à.6pa.--roç (cfr. ancora le molte voi te in
soriali e quello delle idee. òpa.--r6ç viene cui ricorrono ciELo1)c; e, soprattutto, à.<pa-
cosl ad essere l'opposto di vol]--r6ç (resp. vl)i:;). Filone riprende la concezione pla-
6,509 d; 7,524 e, ecc.); sinonimi di tonica e la terminologia connessa e le
aòpu.--roc; sono aELO'•ic;, ticpcr.v1)ç, spesso sviluppa ulteriormence 5• Nel mondo
anche ovx òpa.--r6c;. In Platone non è sensibile ( x60'µoc; (J..L~'t6c;), che spesso
ancora usato il singolare ì}Eòc; Ù.Òpcr.- è qualificato come òpa--r6i:; (op. mund.12 .
'tO<; 2; cfr. anche ---"» coll. 898; 900; 906 16---"» 1v, col. 352; rer. div. ber. III;
ss.; 909 s. 3 sorn . r ,188; Abr. 88), rientra tutto ciò
2. Nei LXX entrambi i vocaboli sono che si vede, ÒpCX.TT} èf.1taO'(J.. ovcrlcx.: il cielo
quanto mai rari; in z. Bci.O'. 23,ix òpcx.- e la terra (op. m11nd.1n), il sole(som.1,
't6c; rende il sostantivo mar'eh : un uo- 73 ) ed anche il crwµ(J.. Ulllano (migr. Abr.
mo imponente, di riguardo (dr. l'ag- 5 r ). Spesso 'tÒ òpa-r6v ovvero i:ò. Òp(J..--ra
giunta di òpa.--r6ç nel passo parallelo di vengono usa ti in senso collettivo, men-
r Par. u,23); abbiamo il nostro tenni- tre è più raro questo medesimo uso di
ne ancora in lob 37,2l; 34,26; incon· (L6pa.i:ov o -rà aop(J..'l:CL. Ovunque sono
u·iamo poi òpa·nx6i:; (traduzione errata attive 1iuv6:µEL<; invisibili (ad es., ebr.
in Prov. 22,29) e òpcx.-ri]c; (---"» col. 923 192; spec. leg. 1,46ss.; ibidem 48 es-
e n. 72). Nessuno dei tre vocaboli (e se sono equiparate a lle loÉa.~) . Filone
neanche ét.6pu:roc;) è ancsrato in Aq., c hiama a6pCX.'t'O<; soprattutto il VO\X;
Theod., Sym. Nei LXX abbiamo &.op(J..· (migr. Abr. 51; Abr. 73 s.; spec. leg. 1,
;39,12 s. 21). n. 2.
I ~ fASCHER 63; ... liu1:rMANN li2 («è u n 4 -'> Bu1.TMANN 1i8: «Il termine greco ti6pci..-
pu ro c-.iso»; per la knura di Tim. 92 e propo- 'tO<; non ha un corrispçttivc) ebraico, ma è ti-
sta ibidem n. 2, cfr. tutrnv io -> 111, col. 162 ). pica dd pensiero ebraico la mancanza assolu·
3 Entrambi i vocaboli o sono appena aHestari ta di aggettiv i verbali di questo genere•.
nel.le isCt-i-lioni e nei papiri o lo sono soltanto Neanche opa:t6c; ha un equivalente ehraico.
r:udi: dr. PREISTGKE, \\/ iirt. 1 l 49; Mou1.1·.- 5 ... BllLTM/\NN 189 S<.: ... FASCHER .59 ss.
(v ,370) 10~11
1 8; ovm. prob. lib. 1 1 1 ; vii. coni. 78; r , r 52; ~ .•<>o; d r. :inche c'dtéa'toc : 1 ,
op. mund. 69), perché t•sso costituisce 354; 5,2 "J e ò:llewpTJi:oc;: 5,zc 2)"; in
l'organo di collegamcnt•i n1l 111ondo invi- bdl.; ;qo ~~- dii:e che, fi nché \! nd cor-
sibile ed è quindi :1ltre11:u110 invisibile; po, l'anima 11on può esser vista, ma 110-
ma tale è anche In 4'vxi1 (ad es., som. t , nosl :1me ciò muove O:opa-rwc; il v-•7>1la.
73.r35; Ios.25 5; 11irt .57.r72). 0:6pai:oc; rhc: ne: è l'opya.vov (345); però dopo la
è attributo soprattutto di Dio (°"'coli. morte, -.6-.E STi µo:xa:p(o:c; lo-xùoc; xa~
94 5; 949; v, col. 1 t58 ): esso qualifi- rca.v·mx6ìkv ò:xwÀ.vi:o'J µE'tÉXE~ ouvò:-
ca la su:i qilM;u; (le~. oli. 3,206; rer. div. µcw<;, ò:bpcx•oc; ILÉ'Jovo-<X. i:o~<; àwpwitt-
her. II5), il 1tvEVl.LCZ. divino (pla11t. 18 ; vo~c; OJ.lµilOW WCTitEP cx.ù-ròc; ò 0E6ç, «par-
cfr. som.2,252 ), il i)cfoc; À.byoc; (rer. div. tecipa allora ad una he;tta forza e ad
her. n9; dr. op. mund. 30 s.). Abbiamo una potenza assolutamente illìmitat:t,
onche il termine usato in combinazioni restando invisibile agli occhi umani co-
particolari (ci6pix'toc; fouri:ai:'T]<;: mut me lo è Dio stesso» ( 346; °"' col. 951 ).
11om. 14), come attributo di i)t6c; (som. Per test. K 6.n °"' m , coli. 1437 s.
T,72 ecc.), nell'espressione b à6p<X.i:oc; n. 210; test. L. 4,r descrive la fine degl i
(di:cal. 120; sau. A.C. r33 ecc.; per que- Ò(6pix-.a. rcvEÙJ.La-ca; dr. test . Sai. 1 ,2
sta ragione in lcg . Gai. 290 viene rifiuta- <:od._L). _Per quan to riguarda l'~ nvisibili·
to l'dxovoypixcpdv; dr. 318). In migr. rn d1 Dio cfr. S1b., prooe1111um8 ss .;
Abr. 47 ss. Filone (incurante dd signi- test . Sai. Crc..>censione C, prologo) 2; an-
ficato di 'senti re' che €wpix ha nei LXX) che nel lingu3ggio rabbinico (°"' n. 4)
lo tra col testo di Ex. 2 0,t 8; cfr. anche mancano evidentemente termini corri-
vit. Mos. 2,2r3 ; decal. 47. Come l'0:6po:- spondenti ad à6pa."To<; e òpa.'toc;. Cfr.
i:oc; xéaµoc; è 1ta.ptl.oE~yµo: dcll'òpixi:òç ancora °"' col. 95 5.
xbaµoc; (ad es., spec. leg. i ,30 2), così 4 . Nel N.T. opcx.'t6ç ricorre soltanto
Dio ha impresso nell'anima umana i
in Col.x,16 e proprio insieme con ò:6pa.-
't'Vitot della sua i)Et.6-.11c; invisibile in
modo che anche la sfera terrena non i:oc; nella frase 'tà. épa -.è.t. xa.t 'tà Ò(6pa.-
sia priva <lell'dxwv i)Eoii (e/et. pot. ins. -rcx, che serve: 11 sottolineare, come l'e-
86; d r. cher. 101 ). Pure, essendo l'àp- spressione precedente Ev 'tote; ovpa.vok,
xi·nntO'J divino àEiolç, anche l'ttxwv,
vale a clire la .J,vxii umana, non può che X<X.Ì. liti. -ri)c; yfjç, la portata assoluta
essere oùx opix-ri] (det. pot. i11s. 87); al- dell'affermazione injziale b 1 a.ù-c(il h-
trove, inv<:.'Ce, l'uomo stesso è chiama- -.lcr/)11 -.à it&.v-r<X-: « ...in hii sono state
to òpa-ri) dx(:iv (op. mund. 146 ). Co-
sì l'uomo è mortale X<X.'tÒ. 'tTJV òpa:rr1v creare tutte le cose: nei cicli e sulla ter-
1u:ploa., ma immortale invece xcx'tò. 'TTJV ra, le visibili e le invisibili». L'aggiun-
àbpa-rov (op. m11nd. r35) '. ta EhE i}p6vo~ Et'tt xup~6-.TJ-cEc; x-.À.,
G iuseppe Flavio usa solitamente à.6-
«sittnO troni siano signorie ecc.», ci fa
pa'toç per indicare locnlitil e simili
che non passono o non dovrebbero capire che "Tà. Òpcx-.ci. indica l'intero re-
esser viste (ad es., ant. 12,76; beli. gno terreno (inclusa la realtù psico-spi-
6 N .i\. DAHL, D•s \'(10/k Gol/es (1941) ro8 un solo caso con òpai:6ç o <iopai:oç.
ss. sostiene chi.! la distin2ione tnt ron\unità vj. 7 I n ep. Ar. 90 1mviamo &opchwc; É)(tLV col
$ibilc ccl invisibile appare per la prima volta dar.: essere invisibile per qu11/rn11tl (deno di
in Filone; egli non è però io grndo di citare cosrruzìooi); dr. ciblai:o<;: ibidem 71.
IOl ? ( V,}/O) opcnbç, à.opn:toç (W. Michaeli:;)
rituale), men1re 1à. 6:6pcr:ra. si riferisce Cristo non ann)r,1 apparso). Pure la for-
csdusivamcmc a quelle potenze s. Ben- ~t descritta in 1 1,27\ la forza di cons i-
ché queste tendano al dominio del mon- d1.:rare Dio eh<.: o rdina e promette conte
do ( - v, col.roor) e siano operami la massima reahà, pennette di defini re la
neì «figli della ribellione» (vtot ·d\ç fede Ù7too-i:a.cnç (II , r ). Paolo chiama
<bmiltia.c;: Eph. 2,2 ), pure hanno la lo- l'invisibile natura di Dio i:à &.6pa.i:a.
ro natura Év ni:ç btovpavtor,ç (ovvero a\rroii (Rom . r ,20) 10, ma non affer-
nell'&.i'Jp ~ vr, col. r489 n. 9} e sono ma che essa sia v isibile nei 110Li]µ.a.i:a.
'ltVEVµa.·rncci (Eph. 6,12). Nonostante la perché ]a frase VOOVµEV<l xo.l}opai:a.L
loro invisibiliti\, che hanno in comune non indica alcun vedere (- coli. ro67
con Dio (dr. Col. 1,15), esse vanno pur s.): Dio non diventa visibile, ma si ri-
sempre conside rnte come esseri creati in vela ( cfr. anche fq>cx.vÉpWCTEv: 1,19 ). 2
Cristo. Cor. 4,4 mostra che Cristo può esser
l n tutti gli altri casi ò:6pa.1oç si rife- chiamato dxwv Ì)Eoii senza che l'invisi-
risce a Dio <-
col. io27). Nella dosso- bilità di Dio venga me.>Sa espressamen·
logia di 1 Tim. r ,t7 incontriamo, tra gli re in rilievo come in Col. r, r .5. Il con-
altri attributi div ini, anche a6pa.i:oc;. In certo di Elxwv Ì)Eoii no n è dunque ri·
Hebr. 11 ,27• Dio è chiama10 'l'Invisibi- chiamato dall'invisibilità <li Dio (esso
le' <- col. 1037 ): «(Mosè) ... stette in· n3sce da altri presupposti, - Hl, coli.
fatti saldo quasi vedesse l'Invisibi- 179 ss.) ed il fatto che Cristo sia tale
le»' i:òv y à.p iiép<X."t'OV wç Opt:;'iv txcx.p-ct- dxwv non signilìc(I che Dio venga reso
pr)O'EV •. Hehr. l f ,27" non è d irettamen- visibile ovvero che la sua invisibilitn
rc determinato d:illa dcfìni7.ione della venga abolita 11 . Io. 12,45; 1 4 19 vanno
fede in II, r (cfr. l 1,27"), perché i np<iy- in realtà consi<lcmti paralleli<- m, col.
1.ia:ta. où !3À.rn6(J.Evo; ( r r, r ) sono con- r 79) anche perché la 'visione' in senso
temporanea mentc O.m~61tEva. (- col. giovanneo h 11 proprio il significato d el-
985 ), ma Dio non è detro invisibile l'incontro con b rivelazione (- coli.
(II ,2 7b) soltanto in riferimento al fo- 10 17 ss. ) 12.
LUro (né aépa.i:oç ha a che fore con il 5. Nei Padri apostolici O.épai:oç ricor-
k Cfr. Ewt.LD, Ge/br. .322, ad I. llL<; e l>ti6't'!)c;. Per il neacro ~ FASCHEll ;2.
9 L'~utorc Il ~ col. Jo27. Anche in Filone l'tt>tW-v è, per
non si pone il problcmo se Mosè
parte sua, cvx bpa.tj e~ col. 1037).
abbia mai visto Dio o no (~ C()JI. 9i 9 s. ). Phi·
lo, migr. Abr.r83 (aOyQ;'tO<; w-; liv Ò(Xl.'tÒC, W" ) " Benché •Sia Jet tutto estraneo agli interes-
non costi tu isce 1n pomllclo. si di Paolo chiede.re se lapostolo chiami 10txù.lv
1~
-.ov il&ov il Cristo preesisten te o quello esal·
~ 11, col. 54z. Benché, in linea di princi- lato» (~ 111, col. r8o n. 97), Plrrc è errato li-
pio sio possibile •vere aoche il sin!lolore (cfr. mitare unicamente all'esistenza terrena dell'u<>-
t ,19: 'tÒ "f"W'T"''v 'tou 0Eou). qui abbiamo il mo Gcsi1, come sostiene ~ FAsCllER 74 s., l'i-
plur:tlc perché scg11ono due sosrnni ivi, &uva;- dea che Cri.~10 sia Eixw-v.
' "·11 t\·.;. J I (V,>; 1) '"I '
n: conK· p1«-.l1c.11< • di Dio nelle dosso lo- ( singubrc. romc vezzeggiativo, /J11/1il/,1.
i.:ie di 2 <:/1'111 . ~" .5 (cfr. 1 Tim. i,r7) e l>i11.. CJr. 56,56 [ur scc. a.C.1). l.'a««
/)io.f!.•l. 7,2 « i11 molti altri passi (cfr. nn· zinrK ''·'f>clfu, npparenza è rnr:i <'<I :Ili <'·
chl" l'à.6pa""to<; ovva1A~<; di Dio in Hcrm., s1111:1 s11lo tard ivamente: P. Leid . W r \.
l'is. 1,3,4; 3,3,5). lgn., .Mg. 3,2: in cnn- {(• e~ Preis., 'La11b. Xlii 58i ( r v ~1.T
1rapposizio111.: all'È1tWX01tO<; terreno, d1t· d.C.)2. li significato visiunc (l"st:t1i1.1)
è detto 6Xrn611.Evoç, Dio è chiamato à.o- appare per la prima volta 11cll'a111hi10
pa:""to<; (sdl. l11l1n:orco<;) u Ign., Pol. 3,2: biblico 3 •
In vita terrena di Gesù è interprctnrn co- Nei LXX opM~<; ri<:<>rrc 11 11 1 1 u voi
me il momento in cui il Cristo prcesi· te ( 38 volte in Ezechiele:. 18 in Danie-
sten te, che era àopa:""t<>ç, diventn visibiJc. le), inoltre 49 volte m·I D.111iclc di Tc.-ti-
La concezione espressa in Diogn.6,4 non dozione (includendo l'enumerazione dcl·
hn riscontro nell'antropologia del N.T.: le visio~i nel cod. A; in T eodozione il
l'anima invisibile (à6pa:roç l)Juxii) si tro- termine è comunque più frc4uente, an·
va imprigionata nel corpo visibile (òpa:- che altrove, che in Aquila e Simmaco)•.
'tÒV cn7)!J.o:); analogamente leggiamo che Là ove abbiamo il corrispcnivo tesm
il mondo conosce sì i criHiani, ma la loro masoretico, opaatç rende il pii1 d e lle
llto11t~EL0: rimane àopa;'tc<;. Il parallelo volte mt1r' eh ( 38 volte) e {Jiiz611 ( 3 T
tra O'Cl'.PXLXÒç/ 1tVEUµ(;(.'tLXO<; e cpo:iv6~u: vohc). Abbastanza spesso significa (il
va:/ àop11.-.:a: in lgn., Poi. 2,2 può essere ~cn so della) vista (ad es., Lev. 13,12;
solo un'eco molto debole o una remini- r Pnr. 17,17; Ecci. u,9; Sap. 15,15),
scenza molro .lontana di i Cor. 4, 18 (-7 ma più com unemente aspclto (ad e~ .•
coli. 983 s.). ln alcuni passi dell'episto- Gc11. 2,9 ; !ud. 13,6 [cod. A); Ecc/11s
lario ignaziano (Sm. 6,r; Tr. 5,2) tro· 11.2; anche in Hz. e Da11; per Jr. 5:1. ,
viamo la distinzione, assenre in Col. 1, i4 [Aq.)"' vu, col. 507 n. 53 ); anche,
16 ("'coli. 1038 s.), trn potenze ang.e· con un genitivo oggettivo, sguardo: Ec-
liche visibili cd invisibili; invece lgn., clus 41,22 (per l'appendice a Ecc/11s I.
Rom. 5,3 è pit1 vicino a Poi. 2 ,2 " · Js. 10 " ' col. 937}; cfr. anche Is. 66,24
45,3, LXX <-
col. 1036) è cirnco in (dérii'611, abominio, è staio inteso come
Barn.11,4. derivato da ra'a). Generalmente signilì-
cn vi.rione: ricorre con Évu7tviov (ad es.,
t Op!XO't.ç Gen . 40,5; Eccl11s 34(31),3), con µo:v·
opo:ci'L<; sign ifica, come il sinon imo 'tdo: ( Mich . 3,6; ler. 14,T4} con gen.
:Sljii.ç 1, vista, visione, al plurale occhi auctoris: ~Eoii (Num. 24,4.16; Ez. 1,1
1.1 P1<Eusçm:N-13AUEK ', r.v. rifcrlticc erronea- s.v.; MAYSE.K 1 J' (1935) 69.
mente i! paSSO a Cristo. 3 A proposito di òpo.vrla. visione, ;., P.
11 13AUER, lgt1. 249 :ic<:O>ta Rom. 5,3 a Tr. 5,2 S1rassb. 35,5 (1v/\' S<.'C. d.C.): la IC'Zione è in·
e (p. 235 ) Tr. 5,2 a Poi. 2,1. cer1a e b forma ÒpuntiG. è più che dubbi•
né l'esistenza di &.opq.crio. <- col. 1036) costi-
8p11'1'14 tuisce una controprova; d r. xpinL<;, roa 6.xpL·
0'\'1.; ai'.Qlh)~n<;, n1a q_,,o.tcrlh)a(o., ecc. LPr.
Bihl. sotto -+ bpciw. llRUNNF.R).
' Nel N.T. O>~; ricorre in Io. r1,44 (volto); • 5-!Jt<; ricorre nei LXX circa 60 ,·olic, semine
7,24 (apf111rt•rzza); Apoc. 1,16 (volto o 11J"pct- col significato Ji aspetto, apparenw (in tulc
to); altre indi cazioni in l'REUSCtlEN-l3Al!ER ', ac~"Czìonc Sap. e Lev. preferiscono questo tcr-
s.v. mifl(! n opacnç). ~Àɵ110., rg11ardn, occhiaia,
I Cfr. PAssow e Lll>DELL-Scon, s.v.; PKKt· mm~" nei LXX e nel N.T. ricorce roltanto in
S!CKE, Wjjrf. Il 192, s.v.; MOULT.-M1u.. 455, 1 P~tr. >,8.
aça!'·"- i \X' . Michaelis)
3 LeiseGANG non registra opa1w. in Filone: esplicirnmentc che essa avvenne durante il
vit. Mos. 1,65 ha i)fop.a invece di ilpo:1io: in sonno. Per questo motivo è consigliabile con-
Ex. J,3; similmente Ios., n11t. 2,267: o<!;iç ?ta- siderare un gruppo omogeneo e a sé 1~ rive-
paoo!;oç. Abbiamo ÉV op6.µa·n, 11cll<1 visione, lazioni che sono chiamate èSf)<XJJ,(l, separnndo-
in test. lud. 3,10; test. L. 9,3; 11,5; cfr. Heu. Je <lallc comunicazioni ?<a't'5vo.p. Se si c.b s-
gr. 99,8 (c<I.c.BONNER) . sificano div<:(Sf\l))ente gli episod i ncore~taLncn~
• WtKENHAUSER, op. cit. (- > col. 986 n. 175) tari, vn!1no utilizzati in altro 1no<lo i 11u1ncro-
320 s. separa 1kt.r6,9; 18,9; z3, rr; 27,23 (che s issimi parnlleli sto rico·rcligioni niccvlti <la
ronsidera 'visioni oniriche', alle quali ag1:iun- Wikenhauscr.
gc anche le comunicazioni xci:t'ovo:p di Mnt- s È <lillicile dire co11 sicmtzza a che si rifo·
tco, ~ col. 986) dagli op<Xµa·w. di Act. 9, risca il frammento apocrifo, molto lacunoso, di
xo.12; rn,3.u ss. ('visioni in stato di veglia'), P. Oxy. x 1224 /r. 2 reclo n riga 2: '111(0-ov)
ai quali associa anche Mt. 17,9 ; Le. 1,n. [ÉJ'' op!Xµa[-t L ).éye~ (dr. anche KIT 8' 26,
22; 24,23 ; Act. 7,31; 22~17; 26,19; 2 Cor. 12 , io); è molro improbabile che si tratti di un
1. I n questo secondo gruppo sono comuoguc parallelo alla pericope sinottica tiella trasfigu·
acwmunati eventi mollo diversi (per Mt. 17, razione, mcoo irnprobahilc che racconti un'ap·
9; 11ct. 7,31 ~ sopra; per Act. 22,17 ~ p:u·jzion<..: a Pjctro.
col. 1996; per la posizione panicolare di Act.
1o;rr ss. ~ 990; per Le. 1 ,22 ; 24,23; Act. Ò1t'tCJ.Gl<J.
.i6,T9; 2 Cor. 12,1 ~ òn-r<.W'Lct); inoltre in Bihl . sotto ~ lipttw .
nessun caso di rivelazione notturna è detto 1 Per la formazione dr. P. Crn1N·rRAINE, La
quactro volte e altre sei volte nel Da· tcnwnt" V<''""' qua lificare ques to cvcn·
niele di Teodozione, laddove i LXX leg- to l'OllW visione, considerato an -
" '"'
fono opa.<nç ed una volta optl!W· 2. Fa t •
che il fatto dic egli si serve così s1x.-s·
La eccezione per Dan. (Tbeod.), ove si-
gnifica visione, il nos tro termine ricorre SO dcl lcl'll1i11C Opaµa in questo SC.:l1S1 >
/ormation dcs 11oms en grr< <1t1cie11 ( r933) iione di Ò7t'!U.O'ta neanche p:mendo J a 6it-r6:-
185. v~f.t0'.~ (~ col. 920).
i Theocl. ha òit-ra<Ti.a :inchc in lìi:. 1,1, e così
s .l\lttc indicazioni in-> MrCHAELIS q8 s. '
anche Aq .; inoltre Sym. in Ez. J ,, ed il gen . 128, ~ontw E. HrRSCH, Zum Problcm des
sing. Ò1t.'>ai7laç in Gen. 22,2 (LXX: '>'/iv vtri· Ostergltmbem: ThLZ 6' ( i940) ~9& .
À.1]v; Ay.: '!'Ì)v Y.Cl:'!<l<J>a'rii; T.H.: hammoriiia). aò"r61t"tll~
J LtDDELL-5COT1', s.v., opt;1no 4ui cnoncamcn- r Cfr. PMsow e LiL>DliLL-Scorr, s.v.: Mom.T.·
tc per il signilìrn~o di vitione. M1LL. 93' s.v.; l'Kt;!STGKE, \Vifrl. 1 24i, s.11.
• Non è possibile fissare questa precisa acce· Per aiJwit'l'oç nei papiri magici ~ col. 909 .
mrne ma11«:1 wi I .\ .' i. Fl:1\·io <..; iuscppe
lo usa <1k1111<· '"''"' · .1111 18,342; r9,
125; bl.'ll. 1..1'·" :I/• 1,5 5; collegaro JI ""1:11111' 11 è;;ér.:"rl)c; 1 ha, in primo
con µ&.p-r vç. f,,.lf f,,, 14 ·'. luogt1, il ;ig11rfi,·:110 generale d i colui che
f.!.11111·t!11 1J11<di"m11 ,. vi bada, l'ossel'Vato-
Nel N .T. :1hlii:111h • i I termine soltan- ,.c, il ,·,,11t10/11m· (artento), ad es.: xat
2 LEISEGANG non regisir:1 a:trrO.,,...,.,; in Fil<>- 5 Cfr. H. ASTJN<:, Die VerkiinJigung des W or-
nc; uV.onixoo~ è qua:.j sinonirno di ~V'toµa:. ll!Sim Urchri.<t. (1939) 82 s.; \YI . .MI<.:llAl!.LtS,
f)i')ç e i duo 1crmini ia Fi lone sono sempre Ei11l. 111 da.< N.T. ( r946) 14 s.
associati. 6 cxV't0h"tl]ç non si riscontru nei Padri 2po·
un titolo milii..rc o imperio.le. Cfr. anche l'i· sprcssione non significa colui eh" protegge la
scri>ionc di Cizico (JHS 27 [ 1907] 64): Pom- pace, ma colui che bada 11/1<1 pace, cbe provve·
pcio è .letto rnom·l)c; yiic; 'tt xat lla)..aaaii<;. de dll'origine ed a/Id quiete; dr. anche t7tlrn·
PRE !SICKE, \Vari. 1 590 elenca souo l 'acc~iu 'tct~ come titolo degli ispettori fiscali in MtT·
nc pro/111/ore esempi come Drrr., Or. 666,25 TEIS·\XllLCl:EN l 1,:228.
<.-cc. e P. Masp . 4 ,20 (vr scc. d.C.): b &:yatlòc; l Generalmente \lsato in ossolu10. Nella frase
xvçwç tlto7t't'1'lc; 1'e6c;: ma tale sign ificato non teponoLoL xa.L µvcrTTJP iwv tnoTtTW. (Ree. I.G.
ricorre affatto in DtTT., Or. 666,25. Anche n41,1 [ TJ sec. a.C.]) il geni1h•o indica su che
7taV'tWV È7tor.n1c; in PRUSIGKE, Sam1tulbuch cosa si volge lo sguardo; cfr. anche O. KERN,
1323 non signifirn colui che tu/li proteue, art. 'EpopttS 2' in : PAUJ.Y·W. VI (1907) 248
bcnsl colui che tu/lo vetlc, cbe tutto oucrvd, s., sopratrutto per il rapporto rro ln6-rtTT)<; "
nel senso di colui 11/ quale nt1lla sfugge (cfr. fJUO''t1]<;, per le r•11igurazioni di epopti, ecc.
Oc; 7tav't'tq>op/l. xa.l. né:v't''E7tctxovu, com'è det· 4 Cfr. t7tO'Tt't&(a, nd es. in Ph1 t., Demetr. 26
to Elios in Horn., Od. rr,109; 12,323 e pas· (1 900 s.); schol. nd Aristoph ., rmt. 757.
sim ). Non è chiaro se 1'Rms1cm, \\i'ori. I 590 5 Sym. ha il vocabolo u n paio di volte: ljl 9,
e 111 u8 assuma il significato di prolelforc an· u (T.M. 10,«1; LXX: Xt7.'t<IvoÉw) e ljl 32
d1c nel caso di È?térc'tl)ç c!.piivriç (P. Oxy. VI (3~),13 (LXX: t?t~~)..faw).
991; xn 1559,3: enrro.mbi Jd J4l d.C.), co- 6 L'accezione fare a/Jenz.i1u1i•, toru,gliare, ao-
m'è chiamato un ufficiale d i polizia. Tale C· d1c in 4 Macb. ;i,13: foo7ti:cxi1 llvvctµt.c;.
'">.l (V,37,5) tno'llTI)ç, t7tOTI'ttV.ù l W. Michaclis) (v,375) l0)4
Dio che sempr.: vede tutto» 7• Cfr. an· -rEvw: 12,167 e I ft-11 . fl.'· w4,8 (ed. C.
che 2 Mach. 9,5: 7tO:v-tE7t01t't1)ç ( varian· Bonner).
te: 7t<X.\IE7t01t't1']<;) S.
Filone non usa né è1t<i1t't1)<; né E1tcnt· Nel N.T. È1t07t"T~Vt>J ricorre soltanto
'tS:VW 9• los. 26 5: oç €cpopii. miv-ta. xcx1. due volte: r l'i:!r. 2,r2 e 3,2. I due pas-
7t<Xv-rwv Éna.xouEL, «eh<: tutro vede e
tutto sente dall'allO», è intesa certamen- si sono aflìni (l 'bto-:t-.cv:rcxv·m; di 3 , 2 è
te come citazione omerica(--* n. 2); dr. riuscito poi, come variante, a soppian-
inoltre spec. leg. 4a2; som . l ,140; ma tare in parte l'È1i:07t'tEVOV'tEç di 2 ,12 ): i
anche decal. 90; spec. lcg. r,2i 9· 'tOU
miv'ta Èq>OpWV'tOC, di leg. Gai. 336 sem- pagani osservano (cfr. towow: Mt. ) ,6)
bra piuttosto una reminiscenza dei L\'X il comporcamento dei cristiani o delle
(--* col.105 2 ); cfr. aet. mu11d. 83. Iter- mogli cristiane, per cui non può sfuggi-
mini ticorrono invece in Giuseppe Fla-
re loro che si trnna di xa>...à. Epyo: {2,
vio. Ap.2,187: i sacerdoti sono Énbit'tGU
mi v-twv xa1. &xacr-ral, «custod i e sorve· r 2) o cli una €v q>6Btil ciyvit 6:vcxo--tpo-
glianti di tutto»; 2,294: Dio è Èr.on· q>1), «condotta vereconda e rispcttosa1>
-ttvwv 1°. Giuseppe usa spesso vocaboli () , 2 ). Osservare inclnde dunque i mo-
composti, come xa-t07t'tEUt.i (ant.3,128),
XO:'t07t't"ll<; (18 ,320), JUi'tO'ICTO<; (x,226), menti de l giudizio e della convinzione,
V1tEp07t't1)<; (9,160), U1t01l'!EVW (4,43), ::he poi portano al oo!;il.çtw (2,12) ovve-
vnon-toç (1,263), àvv7to7t'toç (7,34). ro al Y.EpoetlvEcri)cxt ( 3, r) (--* v, col.
L'influenza dci LXX si rispecchia in ep.
362) 13 • È assente qualsiasi rapporio col
Ar. 1 6: -tòv yàp itti-nwv Émi1t"t1)V X«L
X'tlr7'!1)\I i)EDV' «il Dio che è iJ1fatti il linguaggio misterico, come anche niente
custode ed il creatore di tutte le ccr gius tifica il parere d1e Èito7t-rT)c; ÌJ1 :i
se» 11 , ed anche nelJa tavola di piombo Petr . 1, r6 sia «un imprestito dalb lin-
di Adrumeto, r. 36 (m ~cc. d.C. ): 7tav-
'\'EQJ07t'tOu, IG trr 3 p. xvnr; -rtcc.v-re- gua dei misteri» 1• ; infatri il detto non
1t01t't1J<; 12 anche in Sib., Jr. 1,4; t7t07t· perde affatto di forza se assume il si-
7 2 Mach. 15,21: 'tÒV xo;-rÒ'!t'tl)V, manca nel 4,, 14; r9,6 r ; beli. 1,630 (quasi l'uso omerico
cod. A e anche nell'edizione di A. RAHLFS. ~ o. 2); ,413; Ap. 2,18r.
facto è dovuto in p.•rl<' ,,11.. stile poeti- 22 ,8·' l ~ t v, col. 946. <Xya.Dòç 6cpìlttÀ·
co-espressivo J'l'I" mi si nomina l'occhio 116:; 'i kg:,:c in Ecclus35(32),7.9. L1
per indicnre ];i 1wrw11a clic vede, anche l\'ndt·1wa p(."CC11111inosa d ell'occhio, che
quando la vista è in tesa in senso trasla- pure ))io ha form11t0 (n À&:O'm;: ~ 93,9),
t<> (distinguere, <1.rJt•rvarc, giudicare, porra a sospirare: r.oV1')ponpov (ra')
ccc.). Cfr. l'C'sprcssione molto freqnen- Òq>1111),11ov -.l EX"l'~CT"ttt~; «Che csis1e di
re Èv ò<plloJ.. 1ko~ç. a Jt,iudizio di qualcu· peggio re dell'occ hio?».
no 6 ; trova re xci:pi.ç o n.~o<; agli occhi Ji 3. filone usa òq>ì}a.).µéc; circa T 30
qualcuno: Gen. 33,8 (co<l. A}; lttd . 6, volte, <li cui 100 circa in senso proprio,
I 7 ecc. Spesso si parla perciò anche de- quando parla del senso della visrn o
gl i occhi di D io : Deut.11,12; Iud. 6, dell'atto visivo ( - coli. 94 3 s. ), se ne
17; 2 Bo.O". 11 ,27; ~ 32,r8; 33,16; Prov. serve come esempio oppure chiarisce
15,3; Ecclus 15,19; Am. 9,8; Ts. 1,15 il rnpporto dell'occhio con i miil'T) o
ccc. (~ coli. 922 s.; per lob I0,4 ~ con l'nòovi]. ocpitaÀµot CTwµa-roç (de-
coli. i o65 s.). Ana logamente ques te e· cal. Go; conf. ling. roo; sobr. 4), cu i
spression i veng0no usare anche per in· fanno riscontro i OLCl.VOLetç oµµa-.a
dicare il rapporio dell'uomo con Dio in spec. leg. 1,49 e lj/vxf)c; oµµcx in rer.
(ad es. Ili 24,15; IT8,82 .123; 122,2; div. hl.'r. 89; co11gr. 135; 11111! . nom.).
<40,8; q ,p5; per Iob42 ,5 ~ col. Filone usa sempre oµµcx (oltre 60 vol-
938). Spesso si tr11tHt di un uso traslato te) quando parla degli occhi non fisici
e l'occhio indica la focolcà di giudicare ( 9 voi re con ÒLtivoLa:, 28 con ljlvxiJ);
o di connscere (ad es., Ex. 23,8; dr. Ec- ma cfr. anche ò<pìla.)..µòc; "l'ijç l!ivxiiç:
dus 20, 29; in Pro v. 29,r3 i LXX tra<lu· rpec. /eg. ),6; conf. ling . 92 (cfr. congr.
cono d iversamente). I pass i in cui ricor· 145; lpt:c. /eg. 3,16 1) ovvero OLa:voia.ç:
r(' çw-rL!;w indicano più la vivacità, la poster. C.II8; spec. leg-4,r91 (dr. con/.
forza d'Bnimo che si esprime nell'occhio ling. I oo; la OLaVOL<l. come ocpila:ÀµÒç Ò<P·
limpido : 2 Ecrlìp. 9 ,8; l)i 12,4; t8,9; fa. ltcx.),1Jc7;v: congr. r43; dr. migr. Abr. 77).
clus 34 ( 3 r ),17. L 'occhio è considerat0 Manca l'espressione écpìla>.µo<; "l'oii voii
l:i sede dci cattivi impulsi (ad es., Prov. (Filom: è appunto più vicino a Pl111o ne
6,17; 1 0,10; 30,t7; Eccl11s 14,9; 27, r- col. 1056 J che agli sericei ermetici
22; lcr. 22,17). special mente dell'arro- [ - ihid. ] ). Filone menziona raramen-
ganza (!)i 17,28; Prov. 30,13; ls. 5,15), te gli occhi di Dio: à.xoL!~TJ"l'•p yà.p
come anche della libidine (lob JI,1.7; òqii)a)..µQ fjU7tn miv"l'a, «perché guar·
Prov . 2~ .33 LLXXJ; Eccl11s9,& ; 26,9; da tu tte le cose con occhio insonne»
J.r. 3,16; cfr. fa: . .z4, 16.21 .25). 6cplta.).- (mut. 110111. 40; chcr.96s.; det . poi. i11s.
~~ò:; 7tov11p6ç, «occhio avverso» (dr. Òci>· 6r ); oq>ila.ÀµGiv yE µi}v oùx Hìfrro...,
ila.Àp.òç itÀEovéx:tov, «l'occhio dell'ava· twpcx. oÈ 6 lkòç xcx.t 7tpò yEvfotwç q>w"l't
ro», Ecclus i4,9) è un'espressione che ri- XPWIJ.Evoç Èttv-ri;i, «e ceno non avrebbe
corre in Jicclfls i4,10; 31 (34),13" ed en- hisogno degli occhi ... e D io ha visto
trambe le volte rende ra' 'aiin, che è re· :inche prima della creazione, essendo
so altrove (Proti.2),6; 28,22; F.cclus i4, egli stesso luce a se medesi mo» ( Dcus
-~) con 0aCTxcx.voç {per BMY.O.l%iv cqJ· imm. 58). L 'uso lingu istico di Flavio
Da.>.µii'J r q,8] dr. Dcut. 28,54.56). Per Giuseppe non mostra particolari tà di
16h-'aji11 ( Pro1J. 22,9) =
01.ttp&; (I.XX sorca.
7 Itp. 41,r' (cod. B) (cfr. J!ll<ANNF.SSOHN, 11 Come 11110 dell 'ornme in Le. 18,1 J; Io. rr,
Priipo.r. 186) è sfuggilo 31l'umpia esemplifica- 41, -+ r, col. 457 e n. r; coU. 500 s.; S'l'RACK-
zione di V IOLllT, tUI !. (cfr. :rndic:: l'introduzio - Bru.n1rneK rr 246 s.
ne xxxv). 12 -> v, roll. 751 s.; per Gol. 4,15 ibidem, coll.
n ,8 (Deut. 29,3; dr. ls. 29,ro). ro (lji 3·t.8; 2 Clem. 1 1,7; mart. Polyc. 2.3.
68 ,24) t•. Anche le locuzioni preposizio- Locuzioni prcpo:.i;1.i,1n:ili (~ col.106 ~ }:
à7t€vcr.v-n (1Cle111. 8,4 [ls. 1,16); J>o-
nali li ntles tano l'uso rrnslato di oq>llaÀ-
l)'C. 6,2), 1tp6 (1Clern. 2 11; 5,3; 39,3
µ6c;: con E'll (./lft. H,.p par.: <li 117,23; Uob 4,16]; mari. PolJ'C. 2,3 zt. (;Ji m:-
-+ rv, co li. 247 s.), ci7tÉvcr.vi:~ (Rom. 3, chi di Dio: 1 C!em. 22,6 (l)i 33,J 6; ~
18), à:no (Le. 1942; -+ v, col. ll63) e col.1063 ); 11o lrc. 6,2. L'espressione Òq>-
itaÀ.µot i:fjç xapolixç (-+ col. 106 3 ), ri-
xcx.i:ti (Gt1l.3,r; 411, col.680). Oltre ad corn:nte a nche in I C/em. 36,2 e 59,3
Act. 26,rB; r Io. 2,u va ricordato par- (entrambe le volte con civolyw, d r.
ticolarmente Eph. r,r8: bqiilcr.>.µot i:fy; Aci. 26,18), è usara in mart. Polyc. 2 13
con riferimento ai martiri che, nell'orn
xapòlcr.c; (-+ v, col. 213 e n. 23; vn, col. della morte, «guardavano con gli occhi
ro8o n. l4): dalla volontà di Dio dipen- del cuore i beni riservati a coloro che
de il dono dell'illuminazione 18 degli oc- resistono alla prova», -roi:ç 'tf}ç xapoiixç
chi deJ cuore E{<; "<Ò tLOÉVCI.~ uµtiç x'tÀ,. 19 6<pi>cr.Àµoi:ç civif3Àe:1tov -rà. •T)povµevcr.
-roi:c; vr.oµelvcr.ow 6:yixM. In Diogn. 2,
Apoc. 3,18 si riferisce piuttosto all'ac- r abbiamo la contrapposizione d i 6q>-
quisizione di una misura etica (dr. Rom. llcr.À.p.ol e q>pOVTJCHç. 0µ1.lcr.-r<X. (-rfiç ljiv-
12,2). .Molto raramente si parla degli xfiç) ricorre soltanto in 1 Clem. 19 ,3
{-+col. 1058).
occhi di Dio e sempre in senso traslato:
r Patr. 3,1 2 (<)i 33,16 ; -+ col. t o57 ) ed
t xcr.itopciw
l/ehr . .p3 {-+ II, col.687)ll>.
c. Il significaco primario è guardare
5. Nei Padri apostolici o<pÌ)cr.À1.16ç è 11.itì dall'alto. li verbo può essere us:i-
alquan to raro, se ~ i escludono le: 10 t<l in assoluto (Horn., Jl. n,337: t!;
volte in cui il termine ricorre in 1Cte111. "Ili'l')ç xcr.llopwv, «guardando in gii1 clal-
1 Cor. 2,9 (-+ u. 16} ~ ciiaco in i Clem. l':ilto dell'Ida»} o con l':1ccusativo: Ò1tÒ-
llARSKI, Liturif.. 77;1 ss. N c!Jli sni ni mandaici 19 iv t11L"(VW<Tt• ocv-eoii (t ,17 ) non va rifei·iw
troviamo spesso 'alzare gli occhi al ciclo' o si- a 1tEq>w'tl.O'µlvovç (contro il rarerc di EWAl..D,
mili (rerminc ternico, ud es. Uturg. t,,}; 4;, Cc/br. 96 •.): ncpwnq.iivotJ<; ... x.aç;S~ è ap.
4: 48,2.n; 6,,1; r62,11 ; 19\,4; Ginza ,io,23 posi/.ionc e non (come propone D1net1u~,
s.; )46,31 s.; ]oh. 63,13), 'rivolgere gli occhi' G'1•/br., od l., richiamandosi erroneamente a
(ad es., 1-itmg. 38,2; G'mza 378,xoss.), ' ri.:mpi- B1.. -D1:mR. § 468,i) uno dci «liberi nessi pnr-
rc gli <><'Chi di lu<-e' (ad es., Lturg. 155,3; Gin- 1idpiali• (i casi di épb. 3,17; 4,1 ss. al nomi-
ia 58,25 s.; 59,6 s. 21 s.), '<l<'ch i aperii' (ad es., 11.:ri,•o sono diversi); per l'art. in nt<pw-rta)u:-
Liturg. 138,3 s.; Gùn:a 466.27 s.), ecc. A questi vou~ 'tOÙ~ 6qii>o.).1~ouç dr. B1.-Dr.111t. 5 270,r.
passi è a trribuJta un'importanza così li1nit<1ta 20 au-eov v~ riferito n Dio; dr. RIGGEN!IACIJ,
che nell' indice ma oca la voce 'Auge' (occh io), l\.01t11/1. l-lbr.'' 115; -> vr, çoll. 192 s .
come anche mancano 'Gcsicht' (volto) e 'sehen' 11 Altre indicazioni in P•EUS(llEN-BAUllR '
(vedere); -+ mU. 1023 s. n. 228 . 999, s.v 2.
o-ove; i10..i.cç xrLilopQ., «quan ti il sole ,,,. in1,·llc1ti\';1 (~ col. 1057), non v:1
i,:unnl:1 1l.111'.il101> (Theogn. 168 [Diehl "·.1na1a con rroppa precipit:1zi1111e b
11 1 i5 I ) t· vit·ne poi ;Jd asstune rc il ~i pns,ibi lit1ì che xaltop6..w sia ~ tait> 11s111n
gnifit':11n o >mune di contemplare, t'Su//li· 11cll<1 traduzione li bera di 10,.1" pvrd1~
lvlolio presto conosce gii1
11<//"i', 11.1111rd11rt•. il traduttore rite.nnc che questn 1errni-
l'uso tra slato : percepire (mentalmen1c), ne non sottolineasse solt11nto 1:1 pe rce-
coglh•re, notare, capire, i11t11in-, cu11t- zione sensi riva, arui,i mcuesse forse in
p,.enderc, :id es. oi:t J.tfÀ.),n, ...rù xaik· maggior ri~afto l':ispccto inteUcttivo. In
p~c;, «intendi bene ... ciò cht" ~•a per ac- ogni caso è estremamente improbabi le
cadere» (Pi nd., Pyth. 9,48); €v -tm, os- che il tmdu11ore abbia voluto esprime-
servare in q1111lcuno (:id es., Plac., Gorg. re con xu.i}op6..&i l'idea di Dio che gua r-
457 c; resp. 4'432 b; lcJ!.. i o,905 h 1 ) . da giL1 da ll 'alro, come in Deut. 26,r 5
ecc. Abbinmo soltanto un 'alternativa:
2 . Nei LXX xa.ì)op6.c,i ricorre 4 volte ,
o x(,(ltopcuiJ è q ui s inonim o di òpO.w o d i
ed :1ltre 4 ricorre xai:t~oov . xai)op6.w in
~H7tw (il T.M. di 10,4° ha en trambe
Nwn. 24,2; lob 39,26 e xa-rEtlìov in le volte rii'd) oppure xaltop6.w è già U ·
Ex. 10,5 sono usati nell'accezione nor· sato in sen•O traslato e signilic11 giud i-
male di guardare giù; lo stesso vale, a
core, valutare. Il senso traslato conosce·
tutta prima, per Dcut. 26,15; Dar. 2,16
e i udith 6 ,19 : ma considcrnndo che
re, considerare è certamente presen te in
3 Mach. 3,11: oò xcxltopwv -tò i:ov µE-
xcxi:doov indica qui, antropomor6ca-
yid•ov itEov xp6..i:oc;, «non conoscendo
rnente, un atto di Dio, abbiamo fonda-
(non comidcmndo) la forz11 del sommo
menta lmente il sign ificato di osservare,
Dio» (11onosta nce. l'oggetto, questo pas-
considerare, prendere conoscenza. Affi- so non è un parallelo i111med iato di
ne a questi passi è anche lob l0,4°: Ti Rom. r ,20).
WCT7tt:p f3po-ròc; òpq. xai)opél-c;, «O tu ( =
Dio) vedi come vede il mortale»; que- 3. In Filone, che usa xcx1top6.w 34
sto stico corrisponde a io,4" nel T.M. e voi te 2, l'aspetto della percezione sen-
io.4" nei LXX: Tì xailwc; òpij. civì>pw- soriale passa decisamente in secondo
noc; f3Mljln; «O guar<l i tu come l'uomo piano (tale accezione è presente sol-
guarda?» e sembra un doppione di 10, t•mto in dt't. poi . ins. 87; agr. 95; op.
4" (LXX). È comunque possibile che m und. 45 .54; leg. all. 2,26; sohr. 6). Di
I0,4~ dci LXX corrispond a pur se inpre wlito il verbo indica la percezione in-
a 10,4" dcl T.M. e che J0.4" dei LXX tellettiva, come si deduce in parte d:1l -
sia sol tanto una traduzione liber:i di I'oggettO (:1d es., leg. ali. 2 ,57; cbr. 83),
ro,4• dd T.M. Ora, dato clic ]'espres- in parte da l fotro che soggetto è Dio
sione 'eue btiiiir nel T.M. di 10,4• (dr. (ad es., migr. llbr. 135; spcc. leg. r,330
r Bao-. 16,7) non indica la vis ca come [dr. •Ò l)Efov som. l,9l] ), in parre dal-
senso fisico distinta, ad es., da una per- l'associazione di OC(ltJocÀ.µoc; o ottl ~cx con
cezione mentale, ma significa piurtosto s~o.vo~cx (spec. leg. r,54 ; poster. c. u8)
il tipo di percezione che l'uomo ha in o çon l!ivxTi (con/. ling. 92 ; congr. r .i5;
q uanw l'.'St! r.e peccaminoso; dato poi gi.~. 44; plani. 22 ; dr. leg. alt . .3,171
che 'aiil/ JH1(> anche indicare In pc rcc%io- [l)iv;<Lxwc;2,8I)). li riferim ento :illn
percezione menrale è chfara anche nei- cbtò 'X1'.l<1Ewc;. xbY;~OU -ro[.ç '-CLll)UX<iW
la locuzione frequente ò!;ù xo:llop<iv voou11evo:. xai)opfi:ra.•. 1) -e< G.~o·.oç aù-
(Deus imm. 63; ft1 g. i9.121 ecc. [virt. 5
mosrrn la dipendenza da Plat., /eg. 1, -cov ovvo.µ~ç xcd Dt•OTY}ç, «poiché hl
631c; ~ co l.642)). D,1 to che nei pas- sua natum i nvisibile, la sua ctema po-
si in cui il nostro verbo ricorre con tenza e cfivinitil, si colgono nelle sue
b.6po:-.o: ( Deus imm.29) e ocfrtcno: (mig1·.
opere fin dalla creazione ùe I mondo»
Abr. u5) Dio è soggetto, non abbiamo
alcun parallelo a Rom. l ,20 (e nemmeno (--? col. ro40 e n. ro ; 11, col. ,.p;
in sobr. 6, ove pure abbiamo àì}t'.o:-.o:). I 528 s.; vu, coil. 1034 s. e n. 9). li co·
Manca una locuzione con voù.; simile strutto participiale vooù11rvo: xo:ilopa-
a quella con OL6.voLa e l)ivxi) ( ~ col.
ro66), sicuramente perché Filone non -rcH escluJe che Paolo v()glia indic;ire
usa neanche la locuzione 6cpì}o:ì..f1Ò<; "tOV con xa.~opii'J lo sgua rdo degli occhi , hl
vov (--? col. 1058); in leg. ali. 2,26 xa- visi:a che precede il vo<:tv 1 : piuttosto o
l>cpO:.w e voù.; sono persino contrapposti.
il \/Oti:v precede il xo:Dopéiv o i:l i è con-
Jn armonia col carattere prevaiente-
mente narrativo dei suoi scritti. Flavio tempor:ineo '. Or,1, se 'llCd'J «può indi-
Giuseppe si serve di xo:ì}opciw soprat- care qui ~oltnnto un pro~-es~o pur:11ncn-
lutro per indicare la percezione senso- te mentale» (-4 vu, col. ro35) 5, Ju pri-
r iale: ad es., ant. 8,106; 9,84; belt. r,
59; 3,24i.286; 6,64. Il signi lic:llO d i ma possib ili tà va esciusa perché altri-
gurmlare in giù, mantenuto stret tu men te me nti non è chi,1ro i!\ che consi ~tn la
in a11t. 15 ,412, è cosl annullato in 3,y; dilfereni-.:1 lrn il processo mcnrnle del
che il verbo xt:Wopa'J può essere usato
'J~Ei:v stesso e quel processo ugualmente
per indicare lo sguardo rivolto in su ver-
so M osè che scende giù dal nwntc. mentale dd xo:l>opciv che però è soltan-
Neanche in Giuseppe nnnc.1 comunque to susseguente al v~t:i:v. Ndl'ambiro
il senso trash1to di conosure, ro11s1,lera.
d<:lJa seconda poosibilità abbiamo piut-
re, rif/cllerf!: beli. 2,5:?3 ; 3,130._l31; 4,
307; 7,r7r. tosro solwnto la seguente scelta: o ll!A-
3 Le parole di SctiLUTE1<, Rom. 57 ciunc in s Si rif'iut;, cosl lu spieg_.v,j,,ne fornita, .ad fo:S.,
-+ v11, col. 1035 non esdudono chiru:amentc da ZMtN, Riim. CJ2, ad /., secondo cui Paolo
una tnlc concezione; cfr. anche nn. 6 s. L'enfnsi a\'rebbe fntt<l segt1ire Y.O'.ilopà.v a vottv perché
sarebbe rosi posta su! voEi:v, ed il xa.i>opéi.'' voEiv indicherebbe la pcr=.ione sensoriale e
non sc1·vircbbc affatto; 01:1 in yucs to caso Y.O'.llopiiv 1:1 conoscenza intdk:tt un le (cfr. un-
voe~v surcbbe dovuco esscn: il v~rlxi p1incipa- cbe ~ vn, coU. 1029 s. n. 2 e <'>!. I.O 35 '" n}.
le, come lo è, ad es., in Sap. 13,5 (-+ col. 6 Per questo alrc.m~tiva sembrano Jll'O[iendc-
~22 ); in Pswd.-Arist., 1111111d. 6 p. ;99 h 22 re Jc seguenti parole di ScHu';Tt:t:, Riim. ')7'
1dr. J>Rf.USCHEN·BAUP.K" s.v. xa.i)~p6.w) ab- a:che li csmnina con compren:<1io11c•; <-i:la per·
biamo soltanto f>iwç.iw proprio col signilicato ce-~ione di u11 tu to che ci viene fl)O:,lroto non
cli co11urcere. si verifica soltanto aurav~rso J.1 \'isra, ma sol-
'Cfr. BL.·DF.llR. 54:8,,. fociu1 anche le nostre facolrii 1111011<-rrive~.
xa.l)opaw (W. Mid1.1.·I" I
VOOVµé\ICL 'erw :I pro. i,.11'\: c.:Jic xa.llopd- vcrnr,· pcn:q>ici, ci spingono a conside-
7 rarl i full un processo mentale d1c uni.
'HlL indica 1111 Jll"<l{_'esso mentale •
Que-
scc xailopiiv e voEi:v. Se 'TCO~l)JJ.a't<.t Ju-
ste due possi lii lii :1 non :.ono comunqu:: vcs~c indicare. la natura, non bisogn<'-
molto lont11111.: 1r;1 loro se voovj.l€va. è tcbbc comu nque intende re esclus iva -
un partkipin modale e non cond iziona- m e n te il l:ito sensibile di q11cs1a; il tcr·
mine viene nnche a coprire particolar-
le, se cioè il za.i)opdv usato qui è allo
menre la storia, incluse le vicende e le
s tesso rcmpo un voELV. li nostro passo esperienze della virn individuale. In
va imcso <.:erramentc in qucs1'u himo questo modo viene stabilita unn note-
senso: dato che, come vedi3mo anche vole d istan:ta anche tra Rom. I ,20 ed il
passo, altrimenti così simile(~ v1, coli.
dall'uso linguistico dci LXX (-') col i. 1035 ss.), d i Sap. 13,5 ( ~ col. 922) nel
106.5 s.), xa.irop<iv non indica esclusiva- quale s'intendono invece proprio i xi:ln·
me nte la pc rce-?.ione mentale, J';igg iunta µai:a. percepibil i coi sensi ( cf-r. anche
Corp. Tlerm. 14,4; u,nb ~ col.908).
di voov1U'va serve a precisare, <li lii di o-
Per quanto riguarda il xal>opiiv con-
cni po~sibile dubbio, che il nosrro ver- giunto col vofr1 del nostro passo, il con-
bo inJica un processo mentale. La co- testo precisa (dr. Rom. 1,19; ~ col.
struzione col dativo (-cori; 7tW~flaaw ) è io40 ) che non si tratta di una pos-
sibilità di percezione insita nell'uom<),
molw vicina :illa costru~ione con l v -cL- ma di una possibilità cbe Dio (d i volta
V L che è soli ta quan do xa.i}opéiv viene u- in volta?) gli o lire. In Eph. r ,18 tro-
sato in ~cnso traslato(~ co l. ro6;>) 6• viamo l'espressione 1t€<pW"l:LO"µÉvo~ Ocp-
i}a,},_IJ.Ot xa.pola.c;, «illuminati g li occhi
Nel nostro passo i 7ton'iµai:a. non si- dcl cuore» (~ col. 1063), che si rife-
gnllicauo quei fenomeni o processi che risce alla particolare rivcla7.ione di Dio
colpiscono in prima lineu i sensi e li st i- in Cristo: questa frase, trasposta 1nula-
molano 9, m:i <:on. qnesto te rmi ne l'apo- tis 111:1/andis :il livello deUa rivelazione
s tolo intende cert;uncnte indica re feno- generale, può benissimo caratterizzare
meni e processi d1e, qualorn dovessero la natura d i questo xcd}opciv 1°. Anche
7 Sc111~A't"f~x, l.c:., in uhi1n.n unaHsi riferisce p:isro fa consistere fa coipo nel ma11cn10 use
comunqae il Y.a.i)opà'.I alla percezione che si dcl xa.ilop&v as.~oci;\to :ù \IOEtv .
hn •.lllHll'crso la visra• (-> 11 . 6). Percamo i i:c~ 1tOl.Yu1'1<1LV va riferito a xa.ao~&..-a< <
(ibid,·1.~ 18) egli considera anche la p0ssibi!ir:ì non csclu:sivRmentc a "JOOVµtva..
·«:Il\! l'uomo possa rend~re inutile o nnch;;
fo bare la percezione con i p.:n~ieri che egli ' LA: parole <li ZAHN, I.e. (~ n. '): .. Cosl che
:,1,-sso produce&. Va però ptt•isi110: secondo •i può dire che si v"de con gli occhi•, sono
l'u~o che ne fo Paolo, il voci:v c<m1cmpor:meo pcr1.an10 fuori luogo.
al X<Y.Dopiiv, proprio come il voti:v di lo. 12, 10 La parafrasi (proposta da L rETZMANN , Riim.,
40 o «ha llna forte tinca etico 1cli,;io!tn>> (.---? ad I.; cfr. JlRE1 i s<:1mN-J3AUEN '. s.v. xetnopciw)
vu, m l. .ro H) o è del tutto asscrm:, ma non «scor11,crc con (i:!i occhi del)la rngionc», da
pu0 l't>lnunque avere nnc:hc un ':1[1rn tint~. una [Y.lrt\: coglie l~nl· l'a!'pt:tto unjcario dt:1-
Paolo uvrchbc dovuto for111ul.1tc l<om 1 ,20 l'csprcs~ionc p.mlina e la ri(cri'w ad un pro-
<livc'"'mcmc se avesse voluto dire d1<.· h col- \'c<limemo mcnrnlc; cl.1ll'~itra. 1><:ti1, IJ ~post'1
pa J<-~1i uo1nini consisterebb;.! nel rraticarc sì indcbit.1mcmc ndl'an1biw ddh currispamlen-
il xcdlopii•1. nn cli aver tra!o(.urnr'' il voti:•, o !i: 1crminologia filosofica(~ coli. 1056; 1058)
di avcrl11 f.1'-:1•"· Nella sua forn1;1 nt111JI,• il che, n sun \'Oh:t, -.i rif1..:riscc Hl \I01Ji·6v inteso
npoopO.w. npoE~~o-, l \Xl. Michadis)
come il mond11 d~lle idee (cfr. Sc111.ATTlm, ~ 11, col. 636 o. 2 0; STl\JICK -Btu.llRllECK lii
I.e. [--+ n. 3 ) ). J3$ . La prciiosità dell'escgt-:si rabhi11ic11 che
Il xor.~op&w non ricorre nei Po<lri af'05tolici . p1·ende spun10 da ra'a (ibidem) uon co,tiruiscc
invece che un lontano paraUelo forin"le.
'it~pdW x-rL ' Abbiamo 4ui qualcosa di analogo a qucUa
visione dtd futuro dre Dio avrcbh1: con<.'\.'<SO,
1 Cfr. J'A~Sow. Lmoi;LL ScoTT, P1.E1stGKt.:, s<'Cùndo la mnc,·~ione rabbinica (dr S1'RACK-
\\? UT( . Il 381, S. V. B1LLERBF.CK 11 525 s.), ad ,\hra1110 cd andie
10;· 1 l; in 21,29 abbi:1111u il sii::nilicato Padri :1pn~ 111lici : lgn., Tr. 8,1: 7tpoO·
1m·r .~ià visto prima. I /dir. 1 1 •.io: npo- f)Wv "Cà.ç (vropo.ç "toù li~cx~6),ov, cpre-
~).inoµ«L = avere in 1·i.1t11 (i11 111e11te) vedendo gli ;Ht:Kchi del diavolo», indi-
ca ancora una volta la previsione (e il
1/11t1lcosa. cakolo) di pericoli certi ed imminenti .
\Xl. M1c~1AEL 1 s
t Òp-ylJ, t
ÒpylçoµaL, 6py0.,oç,T
t 1tapopylçw, t 7tCX-POPYLO"p.6c;
A. J.'IRA Nf. LL'ANT LCfllTÀ CLAS S ICA stMo per Li p rima volta in I f,.,.., op.
304 e p<•i d'uso mollo f,., 'l"\"lh.! sia
I. Significato del /c'rmi11<· bpy-iJ in p(1e~ i :1 di<.: in proso, ;:. ' t 11110 kigica-
òi;rii, un voc:ibolo p osl-:>mer!co atte- mente ;111im· a<l òpy&.w/6py&.c, ', te:r;nini
Jologie J (r938) 13 s.; R. CAMr.RER, Zorn unti e.i il i:t~. i:r.'!co ne vanno invece distino: c{r.
che inJil".llh> r1•tflll):ic/111J<'l/(U rigoglioso :111:1 'i111:11illll(' d el momento gl i u111u ri
della li11/<1 1'11.tf,·. /11 1•1·.-Hione e germo- ddl.1 1·••11.... (6 o? -..éì.e1~:;.; ... nv".-4 ..;,
gliaz:ùnu· dcli.- !"ori,· 11:1111r,1li. 11:rxp6v-:-r1. -ràç òpy &.ç "t"WV :to}),i7iv
a) /I q11c,1:1 :1:l111 i1:1 e1imologicn cor- é: lO•.o~) e I(> .rcb1Jtio11 relativo i11 1t·rp; ,·1 :1.
rispondv il ' ii!nilic:Hn generale origina- -ràt; yv1:i1ias Y.at -roùç -rpo7touç. "k "
rio Ji 1·0111p11rlt11J/< 'llfO islintévo umano piniuni e le ahitudini» (v. S11i.t"'· u·
e anim:1h:, in panirnlarc l'impulro emo- èr..yij). "A11alogamcme in lidi. (,,1.~X
tivo t/('/l't111i1110 umano, l'umore che, :i l'6py1'1 ( ~ disposizione 111.1/urafc tiri c11
diffc rrnza del pit1 in timo e calmo T'iiloç r<1//1·ri» i11dol<: e tendenze) di liii U\1111(>
(Pb t. , !.-?,. 1o,908e: livEU xcixnç 6pyijç ~ clencat.1 insieme con l'&.vòpayq.i>l'tl,
-re zai ìii)ovç, «ma non per malvn~it'1 l.1 'ltaloEooiç cd il -rpé;;oç di hii (dr.
di sc111ime11ro e di cosrumc» ), si mani- Thcogn. 964 [Diehll).
festa :miv:Jmeme nel comportame nto c- In questa accezione: gc:11erale e l?iù
s rc rion:. Quando opyi] è riferito all'in- ampia di 'i nJole e ntlturn cnra tteristica
dole cd al carattere specifico dell'uomo. di un i ndividuo', l'opy-i) ha una gr:m<le
i! confronto con gli animali e con altri importanza nclln tragedia a erica 2 e di
cs~cr-i mette in risalto l 'aspetto n:11ura- viene uno degli clementi costitutivi dcl
lc del COJJC:C:rtO: O<; X6V cXEpyÒt; ~WTI XT}- tragico. Nell'òpriJ si attua li modo di
C";Ji}VEO'O'~... dx<).oç òpy'l'}v, «colui che vedere (sia esso gius to 1> erra to) dcl·
'Jivc scn7.a l:ivorare, simile per corupor- l'uomo, il disccrnirnenw che lo spin-
ramenro ai fuchi» (Hes., op. 303). Il ge all'azione decisiva: .:Cl.vo-avtfJOU yÌJ.p
1ipo di donnn che il dio creò dalla vo l- bvo-l~s na.pl)Evlov ì}'ait.let:rnç òpyéj. ne:·
pe òpyTjv o'iX.ÀJ.o"t'ciÀ.À.olT}v EXE~, «ha piopywç €ndlu1~E~v Mµ~s· EÙ yàp ECTJ ...
orn un umore, ora un :ilcro» (Semoni- &.vayxm; ltou À.É1taopov, «dunque il sa-
dc, fr.7,rr [Oiehl)); un altro tipo so- crificio cruento della vergine plachi i
miglia per la sua indole (òpyi]v: ibidem venti: questo, con ir;1 e furore, devo
.p s. ) aJ ma re mutevole. Gli uomini de$i derare p er for:r.a ; e ~ ia cosl. .. e in -
han no caratteri diversi ed individuali, dossò il giogo della necessi1t'1» (Aesch:.
pertanto Theogn. 213- 215 (Diehl) dà il Ag. 21 4-218; cfr. 68-71 ~).In Sofocle''!
scgueme consiglio: q>O.ouç xa.-rà ·miv- coro giudica il destino di Antigone: C1E
-raç b:la-i:pEcpE noixO,ov ljl)oç, òpy1)v lì'e1.\rc6yvw-coc, w),i;:r'òpyli, «ti rovinò
av1.1.µ(o-ywv i)'ll"t"~v'~Y.IXO''fOç EXEL" 7tOU· un' ira da te SIC$S:l voluta » (Ant . 875)
).<ou Òpyi}v ra")'.E, «fra lutti gli amici cJ Elettra dice di Se stes~a: of.lv'f.v lìH·
mostra indole varia rendendo cangi:m- vo~ Tjva.yxaoihrr t'~o~o ', ov À.0:~~ •
1e il carnLtere t uo, sl che· a quello degli µ'òpy<i, «fni costretta orribilmente 111
a ltri ~i aJnni. Assumi i modi d cl poli- orribili mali: sl, questo mio furore 110 1~
po» (rrnd. A. Garzya). Pindaro parla ignoro» (El. 22 r s.; dr. 1011 ). Non si
persino di una µi:t'.À.~xoi; e yÀ.vxda. Òp· traila di un'ira cieca, ma di un eccesso
yci (Pytb.9,.13; Istbm.2,35 s. ). Tucidide demonico di volontà insito nel carattere
C1)nsid ern ( 3 ,82 ,2) come nella guerrn le dcl personaggio rrngico, u:1 eccesso eh.e
épya.l <lclln massa mu tino per adattarsi si accompagna oll'&.v<iyxT}, alla ncccss1-
nlla situ:1zione: «ma la guerra ... adatta rà cd :tl destino.
5 ~ w1~6ç lV, co]J. 589-59 2: inoltre CAMERER c<l Epb4 ,3 t ) con q u3nro risul ta da Sen., de ir11
}'.5 e J. BOHME, Die See/c und das lch im r,-1 e dagl i e lenchi di autori greci in cul <.'(Ul~
homeri.fchen Epos (1930) 69 ss. paiono òpyfi e i. suoi etll11 CChrys ipp., fr. 39-1
6 A mie de6ni1.ionc si rifà ancbe que lla stoic~ { v. AIL'HM 111 96,~ ss. )) mosrra che questa enu-
che inoltre srabiliscc un rapporto scmantiço mcra:àonc di mxpfo;, iNµ6ç, òpy'I), xp.x>Jyfi
tra òpyi) ed i vari sinonimi greci, considerati (cfr. Seneca, i.e.: irae, q w1e ù1frfl clamorem
sorrospecie d i 4udla: opyiJ 11iv ovv f.o..nv com id"111), xo;r.la., ~À.o:C'q>l]~ti'.a., alC'xpoM>yt«
Émilvµla; ( 'tOV ) i:qu,)pip-a;ai}a;L -ròv ooxo\iv· (cfr. Ar.iston. Chius, /r. 395 [ v. ARNIM I 89,
1tpOC'ijxov· wµ.ò<; OÈ
i:a; 1')oLXl]XÉVa;L 1ta;pò: i:ò l5 S. ) ; TIJ'V 1<<1.XOÀO"(t<1.V 'Ìj opyfJ <j)<1.tVE"<IXI.
6pyi) t vapxoµévrr xoM<; ot òpyi) oLocoovC'a· a'Jtoytwwo-a; Sen., I.e.: irae.. . i11 verbomm
11iiv14 ot òpy'Ì) cl.; 1tltÀ.a(oxnv <i11o't~Hµiv11 ma.lcdictoruroq ue amaritudinem eff1w1e) pre-
tì Eva1toxec1.t.Évrr x6'toç oÈ òpy1ì i m-cl)pouC'G< scnrn in cntr.iuubi i passi hibJ icl u11·organica
XO.LpÒv e(ç 'tl.µWPLltV' mxp(a; OÈ Òpyi) 'ltO:~· unità interna: si tratta e.li ru tt~ le iramm diUc-
XPD~l.<X ixpl)yvvµivri (Ch rysipp., fr. 395; cfr. rentùu: (Scn., dc irn i J4) in cui pos sono riflet-
Jr. 396.s. [ v. ARNIM lii 96,.r4 ss.]). Seneça tersi benissimo la consucrn sinoni mica e sistc-·
tratta i vari tipi di ira pet i quali i Greci a- mnti~o stoic.1 delle {orme d i irn.
vevano, a l w nttario dei Romani, dei term ini 7 -> Hrnzn 416-418; ~ POHL~NZ r 5 n. 3.
ben p recisi (de ira r ,4). Un confronto dei
due elenchi paralleli di vizi del N.T. (Col. 3,8 8 Cfr. Tco(rasto, citato da Scnern: non pol esi
er.yii A 11 (H. Klcink'"' 1111
sempre gi11dic:11a 11q'..11l\-.11111:nre 1. Inte- coni r<1lln .l,·ll'ir:i 11 , per gli Stoici l 'bpyi)
sa çu1m: ir.1"·jf,Jfj1,; (Soph., Ant. 280. xa.t "tà fU;11 aù•ftç, «l'ira in rucrc: le:
766; Oed. 'J"rr. Hi' ·-1"·1-'·) cd associarn sue.: ,f11111:1111 rt·», è uno dei princip;1li
a manie L' p«11sin i acrL't'nnti 10 da cui miih1 ,_, dw va eliminalo al massimo".
l'uomo s i last·i;i 11·:1, po rw rc, l'bpyi) si Qu1·,1 0 i.l1::1k c rico sos tiene po i la cri-
trow io ap«r la 11pp11sizionc nlla yvwµT} 1in1 dvll:i Jilowli:t :tll'idea dell'irn divi 11,1
(Soph., o ..,/. '/'rr. 5~-;~.). al Àoroç ed in panil'olarc.
al Àoyt.11p.oc; Cr-..k11:111d., /r. 630 rc.A.F.
lii i88]; Th11cz,114 s.; Aristot., fr. l I . /.'ira divina presso i Greci
661 (eJ. Ho.i..-!), ,,1 o-oq>bv (Eur., fr.760
[1'.G.f.597 l ); non è soltan to essa stes- L 'ideJ di di\linirà adirate è radicata
sa un cip.i)xcx.vov X<X.xbv (Eur., ,Med. 1a nw forrernc.n ce nella coscienza dei po-
446 s.), ma po rca con sé anche molti al-
poli che vari stud iosi vi ha1mo visto
tri x«x&. (Chacremon , fr. 28 [T.G .F.
789 ] ). L'imperativo e tico della filoso- l'origine di ogni culto: il culto non rap-
fia richiede che l'uomo domi ni <JUCSCO presenterebbe, infatti, alu·o che un ten-
senti mento irrazionale: 6pyfjç yà.p ò:}.o- t:11:ivo di prevenire o mitigare l'ira divi-
-yl<r•ov Y.pa•E~v... µaÀW't« • bv <ppo-
voiiv•« liti:, «sopratruflo l'uomo assen- na. Tale ira è già nota alla religione
muo deve ... esser padrone di questo fu. prcomeric1 ": in divinità ctonie e ven-
rore irrazionale» (Mcnnand., f r. 5 7-f dicatrki preelleniche, quali sono le E-
[C.A.F. 111 175]), questo impulso che
non s i forma neanche dava111i agli dèi : r inni, essa è cosl connaturale da appa-
opyL~OµE:ÌtGl xa.t 7tOÀEµlOLç Xat <j)LÀ.otç rire pers ino nel loro nome, 'le Irate' 15 •
xrxt 'tÉX\IOLç x«t yovEiicn xcx.t i>Eoi:ç, «Ci a- Impulsive, spietate e tremende çom e la
diriamo con nemici ed amici . con figli e
naturn stessa, queste maledizioni pe rso-
genitori. con gli dèi» (Plut., de ira co-
hibe11dt1 5 [n 455 d) ). Mentre gli Ac- nifiçate :1ppaiono ovunque siano stati
c~demici e i Perip:1tcrici considerano vioh1ti i suoi legami intangibili ( soprat-
l'ira un impulso naturale, persino nt-cc.::>· tutto i vincoli del sangue e delfa fami-
snrio per le grandi nioni e virt11, so- 16
prattu tto per il coraggio in g uerr~ . e gli:1, ma po i a nche quelli d cl d iritto )
mirano :;o lra nto all:1 modern~.ione cd ;11 e chied ono vendetta. Nella mitologia e
fieri, 111 non vir bonus iraw1111r molis (de ira tr.,&vµ(o.v xal 6p"f\ÌV... oéì;aç tl•1a\ xal xpl-
1, r4 ). crt'4 TtoVl)pd<;.
' Cfr. l'~bbondamc esemplifialzione in --> u Chrysipp., /r +14 (v. ARNIM m 1o8,34 ss.):
Stob., ecl. Sloici .. IX>lueriml eam ( = irnm) p.-11ilus exci-
dere.
IQ Cfr. Chrysipp., Jr. 390 ( v. ARNIM 111 94,43 u Cfr. U.v. W1L.AMOWITZ, Der Gla11b1• der
ss.): i:ucpMv tO''tLV ii 6pyi1 xaì noÀM.xtç
l-/elle11en l (1931) 35.
µ l:v ovx éii opiiv i:à Éxcpa vi'j. •5 Il nome deriva da Èptww, un tel'lnine ar·
" ò µtv oì'iv Ècp'otc, OE' xat otc; Ile' 6py•~OJ LE· cudit-o che Pau~. ll,>5,5 spiegll con la para-
voç, ht ot J<o.t wç OEL l«ll oi:t xat o<ro" frasi Ilvp.<ii xpfjcrDo:• e che ncll'Etym. M. è re-
xpévov, tnawE<i:a.<: Aristot., cth. Nic. 4,t r so con opy(~tcrfrat. Altri tentativi di ~l>ÌC~arc
p. 1 •2 $ b 31 s; Cic., Tmc. 443; St:n .. de ira l'etimo dd vocabolo sono elencati in BotSACQ
3,3. 297 ; \XIALDl!· POK. I 140; 11 349·
Il Quysipp., Jr. 397 (v. ARNIJ\J 111 96,35 ss.); 16 In Hct'Acl., /r. 94 (D1ELS ' ) 172,9) le Erin·
Io., Jr. 4'9 (v. ARNlM m n1,32 ss.): xat yà.p ni sono d1iama1c .t.{.J<'l)ç l7lixoupo«
òpy/} /\ 11 (11. Klcinknecht) (v,385) I OK1
nel la po;:si a gr::ca dopo O mero l'ira de- ed il rm1corc wno tanto tratti an-
11 1111
gli dèi è addirittura «una componente tropomorfici q11:tn h1 un <lititto del dio la
Ji grande momentn nel gioco del!~ for- cui volon1:\ e signoria sono state viol.1-
ze che determin:mo il d estino » 17 , cioè tc. Dato c.:he sc1·ve a ripristin~1 rc un 1)r .
di quella re:iltl che ~i afferma ndJ.1 lot- dine vioh1to, ud affermare una volont!1
ta. T a le irn si m;inifi.:s rn in d ue forme, contestar:1 1 a perme ttere di ac ruare un<1
in quanto ora riguarda gli dèi stessi ed decisione fatale , l'ira degli <lèi non è u na
o ra è <liretta verso gli nomini. I n en- furia cieça, rna una forzu consapevole
trambi i casi essa rappresenta un tipo e, per quanto riguardn g li uomini, cssn
d i autoaffer mazione e d i protesta, sia rappresenta per via negativa l'onore che
ch e si tratti dell'opposizione di un:1 di- gli dèi rendono loro in quanto li pongo-
vinità ::1lla volomìì di un':1lrra (Hom., no o li fanno comar e n ei limiti loro po-
Il. 8 ,407.42 1 ), sia che si tra tti dd ht ri.:a- sti p erché possano cosl essere q uello
zinne agli uomini che supcr:mo i limici che -sono.
loro imposti, essendo arrop;:mti verso Q uesrn concezione non è stara cspres
gli &i ( ll. 24 .606) o trascnran<l:> di ~.a. a llllta p rima , col vocabolo Òpy+,,
compiere un dato s:1cdicio (ll. 5,r77s.; rh~ non t: ancora usato in Omero, ma
9,533-538 ), offendendo w1 sace rdote con x6),oç 18, :-t6-roç 19 e , soprattu tto, 111\-
(Il. 1,44.75) o violando le l~r.!?i dell'o- v~; ~ e verbi alrmi; un termine, que-
spitalità (Od. 2,66 s .; 14,i83 s.), man- st'ulti mo, la cui origine cd il cui uso so-
cando di onorare i 111~mi Ili. 22;u8; r.o legari all'ambito sacrale 21• È soltan-
Od. u,7 3), ccc. Tu tte que~ re rose pro- 10 con 1n traged ia c he il nostro vocabo-
vocano l'ira divina, un'ira Jifiidlmcnte lo \• icn<:: usato and1c pe r indicare l'irn
p bcabilc e funi;sta (Od. >,135.r45) d a- div ina 12 , un uso che da Euripide in poi
vanti alla quA!<:: è 01c:glio indie treggiare si fa sempre più comune : !hcx.v yà..ri
(Il. _5,.143 s.). In questa concezione l'ira ÒP"OÌ t;mµ6vwv f,À.ti1t'tn -nvci, / -roil't'
Il w. SCHAllF.l>ALDT, J/i.imudie11 ( 193~) 'H µij"lll.ç 6.vijxrv. L"ira divinA non >i limita
n. I. <ruindi a 1.-olpire il singolo, ma può rivolgersi
18 Jiom., Il. 15,122 : nò.p A~òc; ò:!lavér.-ro~crt onche c o n 11·0 una ci ttà e con tro tutto on po-
xo).o::; xrù µ-ijw; hùxih1. Cfr. Apoll. Rhod. polo.
JlI 337. ~ 1 "' hMSCll.CR 3-26 o:ir,· un'ottima panorn
19 Hom., Od. 1 1,10 1 ss.: Tiresia dke a Odis- rnica dci termini u~uti in On1ero per indicnn·
seo: oÌI yÙ.p òi.w ).+,-.mv (crE) ÈwocriyCl~ov, o l'ira divin:1, delle loro e rimologic e disrinzio11i
'\'Ot X<hov tvi>E'tO i)u~ xwO)uvo::;, o-.:.
o/. vlòv •~mamicl...-; dr. ihidc111 29-36, l'analisi dcUe
ipO.ov èl;o.À.ahlaocç. Cfr. Aesch., Ag. l2Ir. v3rit.! n1~ni(csLa!ioni dell 'ira cJivinn sc<:ondo gli
20 Horn., Il. 5 ,177 s.: rt 111) -r~c; &E6c; fo·n xo- seri tti omerici.
'<EGGaµt:vo; Ti:;Wtacnv ~pWV l).1JYlaaç· xaJ~ 12 Cfr. le òpyal. ddle Erinni in Adch., Eum.
m'i lii i>tov Ì:it~ ~«iivv.;. ln !I. 2T •.523 abbiamo 847.93(;; Soph., Ai. i76 s.: à.:r·cE:;yfj ihii.<; ( =
il quadro d i una citciì in fiammo e fumo per A tena) i·wi:-/io-o:r'opyftv où xa.~'17.vi)pWTtO"v
l'irn degli dèi : 11.u·u .o:; cxl.llop.tvoto, DEG>v òt ~ q>povwv.
....~.,,,.,,~ ..,) ~:-·1 ;; ,\ 11 (H. Kkinkncdu 1 (v,386) 1 086
mì-cèi <.p1:;J-cov, t!;~ci>u.:pri." '!.•. ·v~.:vwv I Li nc è din·11.1 ' " lli"<H tutto contro w>··
-còv vovv -ròv ÉO'ÌJÀÒ'r <:~ç 15i" ':'1v XElpw IJ<uµ.c1-r<L d"' l"'" ti, c he n1ppresc11 tann
TtiJtnEL I yvw1..1iJv. ~v 'rl~fi p:qotv wv !a dimor:1 dq.,li dèi cosl «d :i imp lica r,·
ft! 1r.q:.-c6.vtL, «quanùo, infai li, l'ira degli che un <:il mrnlL> di vivere sia il pit1 :1 -
.i,.j colpisce qualcuno. p<:r pri ma cos:i <l.1110 a clii ~ l>earo e immortale; cp·
gli toglie il lume della r:1g i ~>nc e poi gli pure rnpprcscnrnno gli dèi stessi pie-
voln.: b 111en:e :1! pcgi:ior consiglio, affi n- ni Ji inqu ietudine, odio, ira e ;1lcre
c hé non sappia a!f:ll tO in che cosa m!ln- passioui, che non sono con venien ti
chi» (adespota:'>". 296 [ T .C .F. 896 ] )z.1. nc,t nche ugli uo mini sani <li mente», wç
Mentre in E sio,lo (up. 4 7.53 ) Zeus, ira- -.oi.w'.rn1ç -cwò; "tli> lletxai;ltii xat ci.lìa-
to, pu nisce imme<lintmuente Promctc.'O vci.-rcp ot.aywyT\ç 11ci.À, net T.penovO"T}ç,
per la sua trasgressione, già Solone con· <1,Ù-coùç o& -.o·'.is froovç -ru.paxfiç xu.t
sidcra che la rinuncia nd una punizio ne Ò'.1:1~.\C.Vdcv; X<lÌ opy-ijç ti.À.À.vJV -.E p.ECT·
immedia ta sia un segno d ella potcnr.a e -ro~ç otalìwv àr.ocycx.lv?'J-:-Eç o•j5'àvlìpW·
della grand ezza dcl dio; tra l'ira divin:i ;.:;14 voiiv tXOVO'l np:xn1xbv-.wv (Pluc.,
e quella umana corre una no tevole d if- Pcricl.39 [J t73d-c)) 25 • La critica al
ferem:a: -ro~o:v-r11 Zrivòç m:ÀE-.cH -clcnç, mito sg0 rga (fo! princip io fi losofico che
ovo'écp'éxàu-c1.,.v wcrTtep i}vri-c~ riv·l1p il DEi:ov sia, pei $Wl vc.r:t natura, libero
y lyvE-.« • 6!;uxoÀ.oç, «l a.le è la p unizio- da qualsia~ i nci.Doç: o6rgcx llÉv-roi q>~Ào
ne di Zeus, né egli ì:, come un mortale, ,,.6q>wv... à:r.aib, .r,Jcu ·.ò lMov, «è un
pronto all'ira per ogni mancanza» CSo· principio filosofico ... che la <livinicà sia
lo n, /r. 1,25 s. [ Dk h1)) 14 • Euripide af- p riva di p~s~inni.-> (Sext. Emp. , Pyrrh .
ferma (lla. r3 48 ) che , pe r quanto r igu1u:- hyp. r. ,J 62) t Cicemne può a ffermare
da le òpy a.l (c he qui vanno intl-se nel- che tu tte le >Cuolc filosofiche sostengo-
l'accc.'7.iooe più ampia ~ col. rnn ), non no die h1 divinit<l non è i raconda: nurn
«è conveniente che Ali dèi somiglino iTtUum lim<'nlU.\ Tc1 ·0;1? At boe qui-
ai mortali» (Òpy&ç it.PÉTtH ;)~c-Jç ovx <1rm co11111Jun,• ,·a m.>:11i,1m pbilosopho-
òµo~oucrDa~ (3pO'totç). L'idea c<i..:o-razio- rum ... mm:.;110111 1wc i msci de11111 nec
nale Jel lko'ltpéltÉ<; scoperta da Seno- 12ocerc (ojf. -;,t02)1.6. Epicuro apre le
lJ I'. 1ipic-.unc111è greco il m-Odo io C\1i al)ÌSt"C 111e) et ira i11Puli1111111os... ir1d11xcru111 deos; 2,
l'iro divina t"he colpisce, rer prima cos:i, il ~8 ( 70 ): cl pc•rJ~rba:;.r anùms i11tlu~m:tur (scii.
voV~ tlell'uon1u: etu.lr:1n iu: tlt:orJJJ!t bonr eiut dd); 11cc<'/1i11111.1 mim deorum ... iracundias ...
s<11el/i1ibus iniecil anu:ntiom {Cic.• 1\til. Rii). 111 f.1bult1e fe111n1 ..• H1u•c et dimntur et cre-
Del resto d r. Enr., 1j>h. Tara. ~1;7: Sr,wfi -ro,; dun/m st11ltinir·11· cl piena srmt /11ttilitalis
6py'i) om~16vwv i r.tl',EO"E; Afotl. r29 s.; 11111:> J1t11mtt1e11ue /evil111is.
438: Òpyat o'f.~ q'iidux,1ya•; ìrsÒ.ç; ·~17 s. 26 Luciono non si è cerro fauo scappare que-
~t 11 1ncdl-sin10 t.oncctto rj::!iinra in \'l.Stc tri~ sto motivo (I up. cMf. 14): i'iv -ru;... -rii>
s1iaaa in ~ I.ac1. 20 s. 'A;rblì,w"" òçyij; ai-rio. xa-rà -r()ii K~wov,
2~ Cfr. C:ic., 1;at. ùeol". 1,16 (4 2): q;1i {.<ti/. po.- Jicc Giov<", J1':f 1iceven: poi da Cinisco que-
108; (v,386) éf>ri1,\11 (li. Kleinkncd11 I ( v. ;116) ro88
sr.1 risposta: rx~iìv µ~v µ..,Ot èpyl~tai)a1 losoli dcll'anrkhitl hanno obicrtaro a loro
ileòv ov"ta. Cfr. Luc .. Prometheus 8.10. vol ta ai cris tiani -.Òt 1t!p/. épyfjc; a(oii: i\ yà.p
l1 Il motivo è rip1·eso da Lucrezio, d c rerum ou xa."ta yiÀ.aa-.ov· tL dvfrpwTto~ µtv òpyta-
2,611; PhilCldcm. Phi los., tic irt1 col. 43
1111/11r.1 l}ctç 'Iouiìctlotç no.v-<aç a1'i"toù; i'i~11oòv à:nw·
(c<l. Wu.KE pp. 11,-87); Posidonio, secondo ì ,tO"< xal l1tvpn6).1111<v, oìhwç ovSÈv T\o"av·
Cic., nat. deor. '·-H ( 124); i ,17 (45); Epic., j)tòc; o'Ò µÉyLl1'tO~. W; q>tt<TLV, òpyL~OµEVo~
/r. 363:365 s. (ed. I I. UsENER l'P· 242·2+1 )- x<.tl. i)uµovµ<voç xal <iiu:t>.Wv 11éµ1m "tÒv
1! Cfr. -+ Lurr 5, i : existimant11r S1oici. .. ali· vlilv mi"toii. xat -.oi.cxiiw T.M)'.tL: (Orig., Ccls.
quanto m el111r de divini/ate fC'11tisse, qui +,73). P~t il modo in cui Orillene, che pure
aiunt, grotiarn in deo esse, irant non esre. sostiene in linea cli principio il medesimo i-
Lntcnnzi<l stesso sostiene che tMtO l'ira quan- deale ddl 'li.TtlifrHa di Dio, risponde <1 mie
to la guzia sono na-cssaric: la prima per pu- critica (4 ,65), cfr. -> Pom.ENZ 3 1-}6·
nire i malvagi, In se<.'Onda per premiare i buo- :i<> Phaedr. 244 d-c : ò:).Àà lli'l'' vécrwv ye xat
ni ; altrimemi si mina alla base In natura sces· novwv "tWV 11tyUT"<WV, lì li-/i TtaÀCl.tW\I ÈX ),t.T)-
sa di Dio ed og11i religione. Come gli apolo- Vtµ/t."tWV 7t0i}Èv tv "tLCTL "tWV ytvwv, ii pn.vla.
geti cristia ni (Aristid ., t1pol. i,6; Achcnag., hYt'ioµÉv1J xal. TtPO<i>rrmlovcra, ofr, €ot1
suppi. 21) si sono serviti delle concezioni 610· 6.naÀ.À.ayi'jv rivpt"to, xa-<a<pvyovo-a npbç
so6che per la loro critica all'idea di Dio ed ilcwv tvxa~ n xcxt ),a"tp~ia~. èSùtv lit xai>ap-
alla mitologia P"itanc (cfr. J. GFT'FCKCN, Zu-ei 1.Wv "tt XJXl. "ttÀ.C"tWV "tUXOOcret t~av"tT} raolyt-
r
iriech. Apologetm r907 ] 40), cosl anche i fi. at "tàv taV't"ijc; lxovra npéç "tt "tÒv napOV"tet
òv.·i1 .\ 11 (H. KJ~inkocdul
to rt· li)!i'"" po111.1larc non si ,·:ipin·hbe cultuali in n1i, 11u11o~tantc la critica filo-
la p:1"i111w con cui Lucrezio lu11:1 per sofica, dcvrnH> av..:r avuto una pnrte rile-
vi1m:rc la p:turn che vi è lq.::11:1 (tfr. de vante l'òpyt'J (' l'òp-yl~EO'tlat intesi come
reru111 u.1/11rt15,1194 ss.; 6,7 1 s.; Cic., castigo degli dt:i. In questa concezione
n11/ . dror. r ,17[45]: 111et1H 011111iso vi di fondo ~·inqu3dra bene quanto Pm1-
otq111· irt1 deorum pulrn.r es.wt), né ci sa- sania ci riferisce dci primordi dell'Ar·
rd>hc ~t:ito bisogno dic Plurnrco discu- cadi a: ot yàp oiJ 't6'tE iiwpwr.ot ~Évot
tesse b questione sccttica: o.t oÈ 'tWV xo:.t ÒflO•pcim:sOL ilEoi:ç 'ÌÌO'Cl.V V'ltÒ Ol-
lltwv òpyat ._(vt Àhyl(> 7ttxp«XPftµa &u6- XO.LOO'VVT]c; xo:.t EÌJ!IT(3Ela:<;, xo.( CTq>ldLV
ILEVIXL xalM.1tEp EVLOL 'tWV ncno:.µWv Èvapywc; àn1}na 1tapà 'tWv ilEwv ·nµ1}
E[l)'uO''tEpov Èn'li.D,ou<; àvo.cptpO~LEvcu 'tE oUO'Lv ciyailotc; xat à.lìtxTio-o.crw
1tpÒ<; ÉO'X<ho.<; O'Vµcpopàc; 'tEÀ.EU'tGww; WO'<lV'tWç 1) òpy1'}, «infotti gli uomini
«m:i per quale raj!.ione l'ira degli dèi sa- erano allora ospiti degli dèi e loro com·
rebbe dovuta prima scomparire, come mensali, perché erano giusti e pii; i
ceni fiumi, per poi scatenarsi contro altri huooi erano onorari apertamente dagU
sfociando alla fine in grandi disastri?» dèi ed i peccatori erano altrettanto m:1·
(ser . 11um. pun. 12 [11 557e]); perché nifescamente colpili dall'ira divina» (8,
anche quando punisce, il dio non è 2 '4 ); òpyl} è qui l'ira giudiziale degli
mosso dall'ira: où yàp à1.1.vvt-.o:.t 'tÒv dèi, ma nel seguito d~Ua nacrazione i
Ù01Xt')O'O:.VT(t XO:.XW<; 7tt:t&Wv OÌJO'ÒpyisE- lermini cambi::ino senza che si noti al-
'tCt.t 'ti;i &.rmtiuo.v·n PtMtldc; oùot µL- cuna sost:1n2iale d ifferenza di significa-
O'E~ 'tÒv µOLXÒV Ìl~pLO't>tlc;, aÀ.À.'t<J:tpElcx.ç to: più tardi, ci dice P11Usania, le cose
~v,xo:. ... xoÀ.6.çEL JO itoÀ.À.àxtc;, «egli in- rnmbii1rono per.ché oihe i}i;òç ÈylvE'tO
faui non si vendica di colui che offende, ouod<; ETL È~ àvOpWitOV, ... xo.l O:&lxot<;
quasicché fosse stato offeso, né si adira 'tÒ µ1)vtµo. -.ò €x -rwv i}(wv 6.jJé •E xat
col brigante, come se fosse staco aggredi- &7tEÀOovow lvi)tvoe àmixtL'tCt.~, «nes-
to, né odia l'adultero, come se fosse sta- sun nomo divenne più dio, ... e la puni-
to oltraggiato, ma punisce, come spesso zione divina è riservata ai peccatori per
fa, per guarire ...>> (ser. 1111111. pun. 20 [11 quanc!o sono già nell'altro mondo e non
562 d] ). Plutarco polemiz-La qui in pri- primn» ( 8,2,5 ). Troviamo il medesimo
mo luogo contro certa tradizione miùca nltcrnarsi di òpr1J e µ1'}v tµa o µftvl<;,
popolare, ma anche contro concezioni che solitamente è il termine proprio
xa.t -ròv ifnemx xpovov, À.vaw 'ti!) òpOw~ ;o Uno conccr.ione <1f!ìnc ll'Oviamo io Clem.
J.«XV~V'tL 'ti xai XC1.'tCXQ)(Oµévcp 'tWV 1t(Xp6v· Al., paed. I ,8,ll8,3 (dr. l,8,744): Ti}v xo'>.o.-
'tWV X!X.XWV wpoµt\IY). Cfr., a questo propo- o
rnv &rbç ovx \mb òp-yi)c; b tApÉpti, <i)..),,à. i:ò
sito, F. PFlSTER, Der Wahnsinn dcs \Ve1he· Òlxett.OV CTX07tt'i".
pricstcrs, in: Festschr. Cimbria ( r926) n ·62.
òpriJ A u (H. Kleinknech1)
per indicare l'ira divin:i che va placata tologico, come quando si dice, n propo-
con nzioni cultuali Ji , nella leggenda e- sito dcl comportamento di Artemide
ziologica di Demetra Erinni u Onkai, verso A tteone, che ò1.10À.oyovµÉvl}v xr.d
,11la quale Posidonc si accoppiò sot to ò~xala.v opyY)v EcrX,€ r.pòc; a.\n òv Ti ~€6ç,
forma di s tallone: "ttJV 6iiµTJ•po. Én~ «In den fu giustificatamente e giusta-
•Q crvµ~ci:vn tXEL\I bpyl}.wç 31 , XPOV<i-J menre adirata con lui» (Dio<l. S. 4 ,81,
oÈ VO""tEpov .-ov l>vµov 1tO.Wo.crl>o:L.
"tE 5) o quJndo si raccontano le vicende
tni .-oli.-({) xcxt ÈmxÀ:r'Jow; •ii l>EQ yE- di Orfeo: -tòv µèv ALovvuov oùx hl-
y6vaO'L, -.ov µT)vlµo..-oç µ(v EvExo. 'Epi- µa ... o&Ev ò AL6wcroç òpytni)dç av-rQ
vvc;, O•L "tÒ nuµQ xpijal>cxL xrÙ.OVO'W lnEµo/t .-«ç
Ba.<T'craploa.ç, «non onol'ò
~pivvsw oL 'Apxci:osç, «a rutta prima D ioniso ... perciò D ioniso, adirato con-
Deme tra si adirò, ma dopo cessò di es- tro di lui, mandò le Bassaridi», cl1e fe-
sere furiosa ... Per questa ragione alla cero a pezzi Orfeo~. D'altra parte, pe-
dea venne quel soprannome <li Erinni, rò, I'irn è anche rostantememe associa·
a motivo dell'ira, perché nella lingua ta al cuho JS' come si vede dalla sinoni-
degli Arcadi 'essere adirato' si dice tpi- mia dcl nostro vocabolo con il termine
vvEW» (Paus. 8,25,6 J3 ). opylçEO'i)cxL è tecnico µi}v~µa o 1.rTjviç nelle leggende
usato come sinonimo di oai1A6vioç x6- eziologiche, o come d educiamo da auto-
Àoc; in una notizia eziologica riferitaci ri più tardi, ad es. da Apollocloro, bi-
da Dio Chrys., or. 33,50: Ariµvi.wv bliotheca 2,1 ,3: oòx bt~o"rt<i<ri>a~ TI}v
.-ai:ç y vvaLl;t .--i)v •Acppool.-l}v 6pyur- cbtò -twv i>EG>v òpy"Ì}v .-oùç yLvoµivouç
ikto'a.v Hyoixn &a.GJl)zi:paL -ràc; µcx0"',<6.- opxouç Ò';tÈp epw.-oç, «i giuramenti fatti
Àaç, «dicono che Afrodite, adirarn con per amore non provocano l'ira degli
le donne d i Lemno, abb ia dato un cat- dèi». Pausania ( r,32,4) racconta che di
tivo odore alle loro ascell e». notte si hanno apparizion i misteriose
Da una parte, dunque, l'bpyt) lkoù presso la tomba di Milziade; chi però
appare essenzialmente un concetto mi- si reca colà intenzionalmente per vede-
31 Cfr. Udi. 7,134.137; l'lat .. ltg. 9,880 e; ·Av-tr.6nT) ll~'epyl)v be Llto\IUO'O'J µo.\IElT). xo.1.
Paus. },4,6; Dio Chrys., or. -1,90. Se ci si li- xo...-<i o.t..;(a;v i)v·m•a È1tE<TMO'a..-o ix wii
mita al 1ermine òpy1) non si riesce ad avere i)EOV "(Ò i>TJV!.[J.IX.
un quadro completo delb co"cezionc greca 34 PseuJ.-Eratostene, ca/asterismi 24 (Mytho-
dell'ira di Dio; per questo scopo bisognl te- graphi G1·11,•ci 111 l t>· 2.9,6 ss.); dr. Apollodor.,
ner conto di tutti i vari voc.. boli greci usati biblio1hcca 3.4,1 ccc
per esprimere qucs1a idea. l5 Non0$l:llltc lo coloritura poetica, va conside-
32 Aristid., apol. 8,2 chiama !~li dèi greci, tra rato in sostanza un concetto cuhualc quello
l'altro, òpyO.ovç; J'cpi1e10 opyiM>ç riferito al- che sl spesso viene espresso in Aesch., SuppJ.:
la divinilà è at1est.·110 almeno P«r Dioniso ZT)vÒc; (x.i:oicu XÒ't'C<; (385.3-13.478.616); iu
(ndl'inno anonimo contcnu10 in Amh. Pal. Pausanh ( t,20,7; 7,25,1) il conrcuo appare
524, 16) e per Priopo (Amh. Pal. 2;10,3 ). più volle n ella frase "tÒ os -toii 'IxrO'LoU µi;.
JJ Cfr. Paus. Io,32,ro s.: tli1)ÀWO't JlÈV wc;
1) v~µa.
òpyi) A J.fl (H. Klcìnkn1:du l (V,388) IO<).j
re ciò che accade ( €.; f.vapyij i)fov) cor- biamo qut·s 1;1 informazione, sostiene
re grandi pericoli, «mentre chi vi capita natural1m:111c la posizione fìlosofo.:a: «J.di
per caso, senza avere quell'intenzione, esseri l:livini non si adirano», oux épyL·
non incorre nell'ira dei dèmoni», ò:v11- çt"Tcn "tò llEi:ov (paed. 1,8,68,3), cd at·
x61t1ot ov-ct xat ci).,),wç auµ~à.v ovx tacca i Grt.>ci per j quali gli dèi xo:1'ci·
fo"CL Éx "tWV oaiµbvwv opyi} l6. fo una 1tfP o;i:,XOÀ.ov ypaUìtOV 37 el<; Òpy-/jv ÈpE-
iscrizione sepolcrale del m sec. chi o- l>t~OJlEùov txmxpa.lvov-r(Y.t i\ <pcx.cn
sasse profanare ( cia<~Ei:v ) la tomba vie- (tfom., Jl. !).533-538) 'T'IÌV "Ap"TEµLV
oe minacciato con «la grande ira dd oi'Olv~~ Al-.wÀoi:c; bPYL<rlH)vat, «Si ar-
grande Zeus», òpyiì µeyciÀT) 'l"OU µEyCÌ- rabbiano con la stessa faci lità con cui
Àou AL&; (Ditt., Syll.' I 237,5). 11 re un VCC<:hietto bilioso è provocato ad i-
Antioco di Commagene invoca «l'ira di m, come quando si racconta che Arte-
tuui gli dèi e cli rutti gli esseri divini» mide si adirò con gli Etoli a motivo di
( oat1i6vwv 6pyr1 xaL i}Ewv à.miv-rwv) Eneo» (strom. 7 ,4, 2,3,2), cosl che gli
per esser certo che il suo ordine cultua- uomini lìeiai.òalµoveç m:pt 'T OÌ><; eùo;;y-fi-
le sia rispettato per tutti i tempi (r seC· -rouc; YtvbµEvot n6.v"Ta OT)µtfo. i)yoùv-
a.C.; Ditt., Or. 383,210). -ra.t erv~i i:à CTVµ~11lvOV'TCl XCLt XIXXWV
La fede popolare riconosce l'opertl CLL"CLa., '<divenuti superstiziosi circa la
ddl'cipyi) di dèi e dèmoni soprattutto benevol()nza degli dèi, credono che tut-
negli eventi naturali straordinari, come to ciò ~be accade sili segno e causa
pesre, tempesta e grandine, ca restia e di mali,. (strom. 7 .4,;i4 11; cfr. Tac.,
malattia: À.ÉyOUCTL o'oirJ 'tLVE<; Àoiµovç historiae 2, 1 ) . L'ultima idea carntteriz-
-et xat xalci.~cu; xat ituùÀaç xat .. ~ za una Posizione religiosa cbe noi ritro-
7tapa7tli}o-~ ... x11-ra "ttv11 Soo.µciv<-w fi vfarno P'lrticolarmente pcesso i Rcmani
xat ayyiÀ.wv ovx ciy111'wv cipy'Ìjv qw con la loro concezione tipica dell'ira
À~i:v ylvecr~aL, «ma ora alcuni dicono t!eum.
che pestilenze e grandine, tempeste
e cose simili... avvengono a motivo HL Ira <feum presro i Romani
dell'im di dèmoni o di angeli mal- Nella loro lettera rur11 i Romani han-
vagi» (Clem. Al., strom. 6,3,3 r,1). A no a tutta prima ripreso Il! concez.ioni
Cleonai, ad es., i maghi sanno evitare dell'ira <tivina cosl come si trovavano
tali catastrofi con sacrifici e canti magi- nelJo roe~ia e nell:i mitologia greca fin
ci. Clemente Alessandrino, <.la cui ab- da Omeri) u. Anche la critica filosofica
a mli idee si rifà al pensiero greco••. µrod1wi loco ca clades habcri , ,,,.,,,,,
Pure, ad es., la manifesta celeslium ira, <'SI. <:.Savzlius ponti/ex 11u1xi111111 pi.i-
che provoca il trasporto dell'immagin~ olla i/'ilt: dermi conquirerc irll'll/.{ . l'c:r
di Serapide da Sinope ad Alessandria, allonrnnare la sciagura, far tornare: la
risale, come c'inform(t espressamente /'"X t/1·11111 (Liv. 27,23,4) e ristabil ire i
Tacito (historiae 4 ,84), ad una leggen- buoni rappor1i con gli ùèi, bisogna tro-
da cultuale ellenistica. Presso i Romani vare dei piacula irae deum, come dice
troviamo però una concezione propria la formula d'uso, sotto forma di preces,
e<l originale dell'ira deum che non è do- vota, do11a, supplicatio11es e simili (Liv.
vuta all'influenza greca, ma è radicata 22,9,1; Lucano x,683). 1 riti propizia-
nel terreno particolare e originale della tori e l'uso linguistico rigidamen te fis-
loro religio e trova espressione nella fe- saco in formule dimostrano come J'j.
de nei prodigi in cui, secondo i Roma- ra deum sia peculiare concetto ed e-
ni, appare ed opera sempre una qualche spressione del culto romano. In armo-
ira degli dèi 40 : priore anno i11tolera11- nia con questa constatazione vediamo
dam hiemem prodigiirque divinis simi- che Cicerone, pur conoscendo ed anzi
lem coortam, prox11mo non prodigio esprimendo egli stesso il rifiuto filosofi-
sed iam e11en/11s, pestilc11tiam agris tlf- co del concetto dell'ira divina (-+ col.
bique inlatam baud dubia ira deum, 1086), quando deve tracciare le linee ge-
quos pesiis e1us arce11dae causa placan- nerali della legislazione religiosa del
dos esse in libris fatalìbus inventum sit proprio Stato ideale prescrive agli augu-
(Liv. 5,14,3). L'ira deum, provocata ge- ri, tra l'altro, anche quanto segue: di-
neralmen te dalla neglegentia caerimo- vorumqru: iras providc1110 (cioè, precor·
niarum auspiciorumque ( Liv.22,9,1 ), di- rano la punizione divina) isque ( = iis·
viene causa di catastrofi naturali, care- qtte) apparento (de legib11s 2,2 r ); e ri-
stie, malattie ed epidemie nelle cit tà e corda un principio generale: impius ne
nelle campagne (Liv. 4 ,9,3). Livio rac- audeto placare donis iram deorum (ibid.
conta (40,37,2) che una volta a Roma 22)•1 , perché l' ira della divinità si ab-
la gente moriva in massa: postremo batte. proprio suU'impi11s ' 2• Come si
Horat., epodi 10,13 s.; Tac., ann. 3,6r. 86; pro Q. Roscin 46; pro Caelio 4l; i11 Piso-
µ Lucrctius, de rtrum naJ11ra6,n3 s.; 5,n94 "'"' 59·
ss.; 6,70 ss.; 2,651; Cic., noi. deor. 1,16 s. (42.
42 Cfr. Horat., epodi ro,13 s.: Pallas 11110 ver-
4,5); 3,;8 (91): off. 3,102; Sen., de ira 2,30,2. tit iram ab Ilio ;,, inpiam Aiacis r111em ; car-
mina r ,3,38 ss.: 11eque per nostrum palimur
'°Per la parte che segue e&. li. KLEtNKNECltT, sce/111 ir11cund11 louellf ponere fulmin11. Tac.,
Laokoon: Hcrm. 79 (1944) 82.108 s. ann. r ,30: durabat et fonnido caelntis irae,
" Locuzioni riguardanti l'ira degli dèi ricor- nec /r11s/ra adversus impios bebescere sidera,
rono più volte nei discorsi di Cicerone: Mii. rJJere t cmpesla/es.
l.r.y 1 ·\ 111 (H Klcinlawd11 1 (V ,390) lt><J~
I'' ""mo invocare gli dèi nm !:1 pr<'ghi c· quando w 1111c h111ciaco il cadavere dcl.
r:i 1x:rché colpiscano con l.1 pr"pria ira l'nssossinaw llril:innico ci fu un tale
i m:1l,·agi ed i nemici 43 • cu~I nil11i che nubifra~io 111 1•11/y,us ira111 deum porte11-
pn111uncia un giuramento ~1•knnc invo- di credid,·ril t1tfr1•rrns Jacinus (Tac.,
«:1 s11 di sé l'ira di Giove p:ulrc, di Mar· ann . q, I./)'". l nlinc Minucio Felice so-
te Gradivo e degli altri dèi se dovesse sdcnc che fu la p11ura dell'ira de(lli dèi
venir meno al giuramento fouo : si fa/. o spingere i Romani ad accogliere pron·
1111, Iovem patrem Gradiv111111111e Ma,.. tumenie 1111ti i possibili culti 41 ; in quc-
11•111 aliosque iratos invocai dcns ( Liv. sro fatto si ha anche la prova di quan-
2,45,l,). L'ira deum che ~i abbatte su to fosse cara tteristica e d ecisiva per la
colui che: ha d isprenato gli dèi è un religiosità romanJ l'idea dell'ira deu111.
motivo tipico di leggende cultuali e di Orn, dato che secondo la concezione
r~ccomi di miracoli punitivi (Liv. 2,36, rorn:ina la rclig10 cos tituiva anche il
'; 9,29,u; Tac., ann. 14,12); il senti· fondamento su cui posavano lo Stato e
me1110 religioso ha spesso abbellito ul· la sovnmità, non solo b procura/io dei
tcriormente tali narrazioni, cosl ch e lo prodigi e quindi il modo di placare
storico deve talora rinunciare a enu· l'ira deum sono stati oggetto <lell'inte·
clearne la veritiì: et vera esse cl aple ad resse pubblico, ma anche e sopratrutto
repraesentandam iram dcum /icta pos· gli even ti storici e politici nefasti (le di-
JUlll (Liv. 8,6,3). Soprattutto nel popo- scordie intestine, le lotte sociali, la guer·
lo e nell'esercito la religio, vale a dire ra civile, le rivohe: Tac., an11. I 139; hirt.
la scrupolosa osservanza dcl volere di- 1,38) sono stati fo 1ti risalire all'ira deum
vino, principalmente in tempi di crisi, o 1111111inum: /actiom·s ... bella extema ...
si è trasformata spesso in superstilio, jamn morbique, quaeque alia in deum
nella superstizione che vede impaurita iraf velut ultima p11blicoru111 111alorum
segn i dell'ira divina anche in eventi ca- vert1111t (Liv. 4,9,3). L'ira degli dèi è
suali e n atura li: q11od in pace fors seu particolarmente operame ili cladibus
natura, lune /a/11111 et ira dei vocaba- exert:ilu11111 aut captivìtate urbium e la
tur (Tac., historiae 4,26). Ad esempio, storiogrM.a romana ricorda pun tual-
o Cfr. Liv. 9,1,8: prccabor, ,,, iras s11t1S ver- dl tra 2,27,2: derntnlcs il11quc el ignari vtri.-
1
111111 in tor...; Horn1., .-podi '·}3 s.: 11tmc nunc talis i/111 (1cil. Jis i111morta/ib11s, qui nec 110-
11J.-st<', nzmc in hostilis domos ;,,,,., atqut ntt· /11nt obrsse nrc poSJulfl) inrputt111I ueviti41Tl
mm w:rtite. Seneca cri ti.ca queSla usanza: maris, inmoJicos 1mbrts, pertin11ci11111 biemis.
deus eri: tam prrdis operart cttm il/i irtuurù, o Octaviu1 7 ,i : eos (sd/. maiorts) deprebtt1-
q11am cttm illum alten precaris ira111m (de ira
Je1 initiasse rilus omnium religionum, ve/ ul
2,30,l).
remunuaretur tlivi11a indulgenlia vcl 111 aver-
" Cfr. ancoro Tacito, 01111. 1,30 cd anche 1~ lirtlur inrmintfll ira a1Jt i11m inrt1~11s et sae·
relativa critica filosofica esp1eua da Serica, ttie"s placore/ur (-+ coli. 1o8} ss.).
6pyi] A 111 (H. Klcinkn~cht) (v ,39x) 1100
mente raie causa di disastri (Tac., ann. to esito alcw10 ed allora il console vota
16,16): l'ira degli dèi ha provocato la solennemente se stesso e l'esercito ne·
distruzione di Corinto e di Cartagine 46, rrùco alla morte: il suo aspetto appare a
le disfa tee del Trasimeno (Liv. 22 , 9,l ), tutti trasformato e pit1 che umano, co-
di Canne 47 e della foresta di Teutobnr- me uno invia to diù cielo quale vittima
go ' 8, come anche il regime di terrore espiatrice di ogni ira divina, che cosl
di Seiano e Nerone (Tac., ann . 4,r) o la si abbatte sui nemici e li sgomina: au-
dis truzione del Campidoglio nel 69 d. gustior h11mano visu, sicut caelo missus
C. (Tac., hist. 4,54). piaculum orn11is deorum irae, qui pe-
L'ira degli dèi è provocata general- stem ab suis aversam in hostes f erret
mente da una mancanza religiosa, ne- (Liv. 8,9,ro). Per mezzo della frase si-
glegentia caerimoniar11m ouspiciorum- cut caelo missus con cui lo storico spie-
que, ma anche da temeritas e da insci- ga l'evento, la morte vicaria affrontata
tìa; sono gli dèi stessi poi che, richie- volontariamente per placare l'ira divina
sti, indicano 19 oppure ordinano diretta- diventa per Livio contemporaneamente
mente come possano venire placati. Il un atto di grazia degli dèi che vogliono
mezzo propiziatorio più alto e, contem- essi stessi, evidentemente, che la colpa
poraneamente, la massima espressione religiosa venga espiata e mandano quir1-
della ,-e/igio e della virtus dei Romani di, quando ormai la situazione è giun-
antichi è il sacrificio della propria vita ta al punto critico, un uomo che omnis
nel rito della devotio, come avvenne minas periculaque ab deis rnperis infe-
per la prima volta, secondo la trndizio- risque in se 1111um vertit (Liv. 8,ro,7) !il,
ne, nella battaglia decisiva della guerra così che possa essere ristorata la pax
latina combattuta da P. Decio Mure, d eum 11, la buona intesa tra gli dèi e gli
console nel 340 a.C. I sacrifici animal i uomini.
compiuti per placare l'ita divina (avei·. Questa concezione cultuale-religiosa
ru11cand11e dcum irae) non avevano da- viene ad assumere nella storiogrnfia ro-
mana un 'importanza che non ha mai a- su111 111ibi pmJpera dixit religio et crmr-
vu 10 in quella greca: l'ira dcum, in co- ti s1msc1w11 1111mine divi I taliam 11etc-
stante associazione con il f11tum 51, è ve- rc... ; ...sula 11uvum dictuque nc'/as liar-
ramente fotale per tutta la storia roma- pyia C!'lae110 prodigium ca11it et tristis
na: nell'eterna discordia intestina che dc1111n1it1t iras ( 3,362-366). Quc~ ro mo-
ne ha avvelenato il corso Tacito vede tivo deriva chiaramente dalla concezio-
sempre all'opera la hor"im1111 rabies e la ne romana dell'ira divina, come si vede
deum ira (hist. 2,38 ), le due compo- dall 'uso della terminologia cultuale, dal-
nenti storiche che egli ricorda continua- l'associazione con prodigium e con il ri-
mente perché vi vede la perenne minac- to che serve ad implorare la pax deum
cia all'esistenza di Roma: ira illa n11111i- (3,369 ss.). Ira deum e fata cos ti tuisco-
n11m i11 res Romanas fuit, quam non, ut no cosl l'aspetto negativo e l'aspetto po-
in c/adib11s exercituum 11ut captivitate sitivo di una stessa realtà e come tali
urbium, semel edito transire licet (an11. non vanno separati, sia d1e Atena an-
16,16). Quando ci avviciniamo quindi nunci ad Enea per bocca del suo sacer-
all'Eneide 51 e notiamo che l'ira degli dote Nau te ve/ quae portenderct ira
dèi costir.uisce un tratto essenziale del- magna de11m vel quae fatorum posceret
l'azione, possiamo beo pensare che que- ardo (Vergil., Aen. 5,706 s.J, sia che l'i-
sto motivo sia molto più di liii sem- ra degli dèi si abbatra sui nemici dei
plice espediente letterario ripreso dal T roinni e faccia çosl in tendere loro 5-1
grande modello omerico: non è certo fatalem Ae11ea11 manifesto numine ferri
per un mero accorgimento artistico che ( rr ,232 s.). Qu:rndo Enea è giunto alla
Virgilio identifica in quest'ira quella meta, gli ~rpare in sogno il dio Tevere
forzn focale che ha condorto nel Lazio che lo conforta e gli dice: irae conces-
Enen, /ato pro/tJgu( m) ... multum iacta- sere dcutn ... fononi /er ritc prcccs iram-
tu( m) ... vi superum saevae memorem qtte mi11asquc s11pplicibt1s supera votis
Iunonis ob iram (Vergil., Aen. r ,2 ss.; (8,40 s. 60 s.; cfr. Liv. 8,33,7 : prcccs ...
cfr. 1 ,130; 5,781 ) e chiude il proemio dcorum iras placant). L'ira degli dèi, nel
con l'interrogativo: lanlaene animis cae- caso specifico di Giunone, che alb li.ne
lestibus irr.e? ( 1,rc ). Nel poema tanto è placata, serve ad esprimere in termini
gli esseri divin.i quanto gl'in<lovini rico- metafisici i duri contraccolpi e le resi-
noscono continumnente nell'ira dei ce- stent.e :.ovrumane 55 contro cui deve lor-
lesti la causa degli eventi: 0111t1em cur- rare il destino per attuarsi nel suo corso
si Cfr. Liv.>~.6.6; Tac .. biJt. 4,26.54; ann. I, satirae 139; dr. 134); Chariton 8,1,3 (Erotici
39· Scriptores Graed 11 1364 s.).
5l Riu ovianl•> J.1 mOOcs.hna iti~a ocl1.1 narr:UÌ· 5' Admo11ct ira dermi ; cfr. Liv. 2,36,6.
va: mc ... .<1'</11it1tr 11.ravis ira Priupi ( Pc1ronius. ss Cfr. Virgilio, Aen. 7,315: 111 lrobcre atq11e
r 103 ( v,y,i2) bpyi) B J {0. C 1v1h<'r-J. Fiehtnt'r ) (v,392) I H>.1
temporale, cioè storico. Virgilio ha cosi parti più ant id1e dcl Pentateuco e dci li-
dato un contenu to religioso tipicamente bri storici·'•. JI verbo 'iinaf è usato sol·
romano alla forma epica fornita dalla tanto r4 volte, precisamente 8 al qa l e
6 all'hitpa'c l, sempre con D io mmc
tradizione poetica gr<.-<:a; tale contenuto soggetto; per quanto si sia tenta ti di
con il s uo costante riferimento storico dedurre da ciò un uso specifico dcl ve r-
presenta un aspetto nuovo ed essenziale bo, pure la scarsità degli esempi ed il
fatto che 'a/ e 'appajùn siirno usati per
del.l 'idea dell'ira divina nel mondo an· indicare anche l'ira umana invitano al-
tico. la prudenza. b) Il sinonimo più fre-
H. KLErNKNECHT quente d i 'a/ è bema che deriva daUa
radice jiif.iam, ribollire, ardere; è usato
B. rRA UMANA ED IRA DIVINA NELL'A.T. anche per significare l'ardore del vino
(Os. 7,5), l'eccitazione dell'animo (fa.
I. La terminologia ehraìc:a 3,q), il veleno dei serpen ti (Deut, 32,
La lingua ebraica ha una grande ab- 24; Ps. 58,5 ; 140,4) e della freccia av·
bondanza d i termini per designare l'ira, velen11ta (lob 6,4), ma nella maggior
ciascuno dei quali ha indicato, in origi- parte· dei casi (II5 volte) indica l'ira e
ne, un<l sfomatura o un tratto caratteri· la collera d i Dio (circa 90 volte) o del-
s tico di tale sentimento. a) II vocabolo l' uomo (circa 25 volte). c) Il T.M. ri·
ebraico p iù comunemente usato per serva il termine hiir(m per l'ira divina;
significare l'ira è '4, che deriva 56 da 3 3 delle 39 volre in cui è usa to 00, il
'ima/, essere adirato; questo verbo in vocabolo appare nella locu;done baro11
origine significava probabilmente sbuf- 'a/, Il termine affine fiori , che ricorce
fa re ed il sostantivo p uò aver avuto il soltanto 6 volte e sempre nella locuzio-
significato fondamentale di soffiatore, ne pori 'a/, è usato invece per l'ira sia
sbufjatore 57 , e poi q uello di naso, al divina ( 2 volte) che umana (4 volte).
dua le naso, narià. Per l'A.T. il naso è Entrambi i vocaboli (/;!àr611, bori) deri·
più l' 'organo dell'i ra' che quello dcl- vano da f.iiira, un verbo che al qal è ri-
l'o lfotto ( usato in questa accezione in ferito unicamente all'ira (di Dio o del-
Am. 4,rn; Ps. rr5,6); quando D io s'i n- l'uomo); usato in questa accezione cir-
fiamma d'ira (fjiira 'af} un fumo esce ca 80 volte, il verbo significa nelle altre
dalle sue narici (Ps. 18,9). Il sostantivo forme anche essere zelante, appassionar-
'af e la fo rma molto più rara 'appajim ss si. Il significato d i base è probabilmen-
ricorrono nell'A.T. quasi 2 ro volte ( cir- te accendersi, ardere, essere inf11ocato,
ca i70 volre per indicare l' ira divina e e così i sostantivi indicano, associati
40 quella unrnna). Troviamo la locuzio- con 'af, l'accendersi dell'ira e quind i
ne fjiira 'af negli scritti veterotes tamen- l'ardore dell'ira. Da to che al qal f.iarli è
tari più diversi, soprarr.ucro però nelle sempre predicato dell'ira 6', anche nei
moras tantis licet addere rebus. ~crck eorek) 'apajù11 e q<J~(lr ap11iù11.
1
56 L. Ko11J,ER, Lcxicon in Veteris r,,stamcnti 59 Per /.Jiirli dr. quanto diciamo trattando pi(1
libros (1948 ss,) 70. sorto hiiron e f.iori.
llONon sono inclusi, data l'incertezza del te·
s7 Ibidem 75: o è forse originario il sostanti- sto, Ps. J8,10 e lei·. 2J,>8; Ps. 88,l/: f.ian)-
vo ed .il verb-0 è da esso derivato? neka.
58 Ricorre per jndica.l'c l'ira, ad es., in Ex. 15, 61 fJ0r4 ricorre 50 volte insie1nc con 'a/, scnzn
8 e Prov. 30,33, ma sopra ttutto nelle locuzioni 'a/ e col dativo della persona ('1<1 es., waijibar
I ' " 1 ( \ . \•1 .' I
IO) 26 volte . altro1•c 1:on b"énajim (Ct·11 . .1r, 67 ls. 66, r..i; l ar:h. 1 •·2;
1
,\l,d.t ,.:!t Ps. 7 , 12;
}) ; 4J.J ). Prov. 22, q.
~2 Da quesra radice deriva 'chrii I , lrJt:tila11za. 68 l n /\.111111. 23,7 sta io pa.r-ollt:"h) con '?4rar; in
<'ffeuo (Is. i G,6; lrr. 48,30 ; l'rov. 21 ,24). N ttm. 23,8 e Pmv. 24,i4 rnn 1/tib.1h; "" rradot-
• 1 Ricw rc 5 volte a ll'hi f'il, "" adirare. 10 indis/>cllil11 in /!rnv. 2,; ,23 " proh:ih ilincnte
M Or. 10 ,7 usa qefef in senso concrcro (tru- maledire in Dari. u ,30.
ciolo o schiuma): deriva forse da un'altra ra- 69 Ciò vale anche per Jer. 1 ; ,1 7 (dr. 6,11).
dice (Ge sm:rus-Bu111. qffef 11 )? In O.r. ;, r6 abhianh) probnb ilincnt<' un crrotc
65 A differenza dcl vcrho, il sostantivo rico rre nel resro (cfr. i LXX): second" T11. H. Hom11.
sopmnuiro e quasi unicame nte negli scritto SON, Dte zwiilj /,!,•11u·n Proph,•i..n ( <938) 30,
più tard i. p:miculormemc in l > e nel Cronista forse 7.0'11111 arri\·a qui persino :1 :-:ignificarc sfac-
(d r. perb 2 Rcg. 3,17); per il suo u so asso lu- cialuf..>?..Ìl1t. Non si 1·isconLra 1nai za'1.un jbwh,
,,.. ~ cc1ll. II 14 s. 1na 1; Vl)lte ::.a'a 'll costruito con un ~uffisso
6' La troduiione proposi:• do Kij11LtK (~ n. s i riferis<."e a Jahn'; ahrimcnri esso viene usa-
5f>), 111,1/etlire, m su ltare (26 2 ) è t roppo aniiu· l<l (con o M:nzo .11·ticofo) in o<, ofu 10 (od es.,
~t:i e 1:1 n1edes(m:a cos3 s i puè> dire quando ls. 2{,,zo; D.111. 8.11) ; ma n111·hc fa . 22,24 ; Pr.
1
tn1du<.:c ta a111 sc1nplk'trncntc con tna/,·di:done : 78,49 ), in tnodo mo ho cara11,· 1·i~1 i<'O ('<.' t' l'epo-
dr. h. 10,5 ove za'am è in parnlldo ' '-"' 'a/. rn più turdu.
òpyn B 11 l (J. fichtncr)
corre molto meno frequentemente (4 soltan to: in senso figurato, per l'agita-
volte; significato di base infuriare, so/jia- zione della vita ed il fremere dell'uomo
re violentemente?) ed è riferito ad uo- contro Dio; con riferimenro all'ira di
mini e a cose: soltanto in Prov. 19,3 e 2 Dio un icamente in Abac. 3,2. Il verbo
Par. 26,19 significa adirarsi; in 1 Reg. ricorre circa 40 volte in scritti dell'A.T.
20,4 3; 2I,4 abbiamo l'aggettivo verba- di ogni periodo, il sostantivo invece
le za'ef, stizzito, irato. Il sostantivo soltanto in sezioni più tarde. l) rtiiifi
za'a/ è riferito 2 volte a Dio, 4 volte non conosce ceno, ù1 senso stretto, l'ac-
all'uomo e, figuratamente, al mare in- cezione ira anche se si avvicina all'am-
furia re in fon. r ,15 ; come il verbo za'a/ bito semantico di 'luesto termine col si-
(fino a Gen. 4 0,6} esso ricorre soltanto gnificato sbuffo, fremito: cfr. il paralleli-
in scritti post-esilici. h) Il verbo ka'as smo in Prov.1 4,29 tra <f1ar-rtiìil; e 'erek
significa al qal ( 6 volte) irritarsi, indi- 'appa;itn 1' ; in lob 4,9 troviamo rlììifi in
gnarsi, adirarsi; al pi'el (2 volte) ed al- associa zione con 'af {meritiif? 'app6).
l'hif'il (quasi 50 volte) ha significato o. GRETHER-J. f lCHTNER
causativo: offendere, irritare, fare arrab-
bi.are, quasi sempre con Dio come og- Il.L'ira dell'uomo nell'A.T.
ge uo. La forma hif'il è usata soprattut-
to nel Deuteronomio, negl.i scritti stori- Benché vengano usati essenzialmente
ci deuteronomistici (libri dci Giudici e gli stessi cerruini per indicare l'ira divi -
dei Re ) e nelle parti di Geremia tra- na e quella umana, pure tra le due idee
manda teci nella medesima redazione, esistono notevo!i differenze sostanziali.
là dove si legge che Israele irrita Dio Per prima cosa tratteremo la concezio-
con la propria infedeltà e idolatria. Il ne veterotestamentaria dcll'ira umana.
sostantivo ka'as (cbe nel libro di Giob- Neil'A.T. il soggetto che si adira è ge-
be è scritto ka'ai: cfr. lob 5,2; 6,2; io, neralmente singolo (israelita 72 o non i-
17; 17,7) è riferito 8 volte a Dio, 17 sraelita 73 ), ma può essere anche collet-
\•olte all'uomo e significa sdegno, indi- tivo (gruppi di uomini, popoli 14 o i loro
gnazione (ira?) 70 • i) Considerat0 il si- sovrani 7'). Nel caso delle naiioni paga-
gnificato del verbo ràgaz {eccitarsi, agi- ne si tratta del loro furore, della loro
tarsi, spazientirsi; u na volta anche al- furia bellicosa contro il popolo di
l'hif'il, fare a11dare in collera: lob 12,6 ), Dio 76 ; quest'ira verrà punita da D io
il sostantivo roge:r, molto meno fre- (Am. 1,rr; Is. 51,13; Ez. 35,II ) ed è
quente, va reso con /uria , agitazione cd impo tente conno chi è protetto da Jah-
and1e ira; rispetto al verbo, che può in- vé (Is. 7 ,4; PL r2 4,3 ).
dicare anche un'cccimzione gioiosa (ler. r. Nella stragrande maggioranza dei
33,9 ), il nome presenta una restrizio ne casi l'ira dell'uomo è di.retea contro al-
semantica. Incontriamo rògez 7 volte tri uomini 77 • Quando l'a:tione del sog-
70 Ecci. 2,23; 5, r6; 7,3; r 1,l'O : affa11110, p>'eoc- 1\nrnn (fistb. 3,5).
cupazio11e. 74 Principi liliscei (1 Sam_ 2!>.4), nemici del
71 Cfr. ls. 30,28 (Dio sbuffa iraro); 25A; Prov. erodente (Ps. 7,7), Edom (11.m. r,u), Babilo-
16,32; 29,rr (<le Lto di uomini). nia (ls. 51,13).
71 Ad es., Mosè (Ex. 32,19), Samuele (1 SnnT. 71 Nabucodonosor (Dan. J,r3), Assuero (Estb.
gcrrn irato non è motiv;11:1 snltanto dal- :ii piedi del monte di Dio (Ex. 32,19
la tutela dei suoi intc r,·"i. :11lora l'ira è 22 \, perché hanno disubbidito agli ordi
giusta, santa 71 : è il caso di Davide che, ni ri~parmiando le J\ladian ite (Num. 3 r
invitato da Natan ad esprimere il pro- q), per un errore rituale (Lev. 10,16).
prio sommo e inappel1:1hilc giudizio, si Una motivazion e nnalog~ hanno l'ira di
adira contro il ricco ingiusto dell a para- *'
Eliseo ( 2 Reg. 1 3 ,9) e la collera di
bola ( 2 Sam. 12,5), o di Ncemia che va Eliu ( lob 32,2.3.5 ). A questo proposito
in collera per gli abusi che si compiono vanno comunque ricordati specialmen·
in Gerusalemme (Neem . 5,6); cfr. an - Le i p rofeti qunli messaggeri dell'ira <li-
che l'esempio <li Saul la cui irn comro vina; sotto questo profilo sono da con-
gli Ammoniti viene fatta risalire addi- siderare p:m icolarmente Geremia ed E-
rittura allo «spirito di Jahvé» ( r Sam. zechiele 81 • Geremia dichiara di essere
n ,6). Un caso simile è offerto daUa pieno dell'ira Ji Jahvé (6,n; dr. 15,
storia di Gen . 34: i figli di G h1cobbe 1'7), e questo ~degno d ivino parla contro
«arsero di g rande sdegno», ken lo' ie'à- il popolo di Dio e contro le nazioni 12
ieh (34,7) nell'apprendere l'offesa fotta in molti suoi oracoli, come dcl resto an-
da Sid1em a loro sorella Dina e la ven- che in quelli di nitri profeti.
dicarono spietatamente n In modo non Unicamente dettata da motivi egoisti-
molto d issimìle va giudicata l'ira di Da- ci ed interessati è invece l'ira di chi si
vide contro Amnon per avere violenta- sente menomato nei propri diritti effet-
to Tamar (2 Sam. 13,21). In questi due tivi o presunti tu: è di questo genere I 'i-
ultimi esempi, però, non abbiamo una ra di Caino V('rso Abele (Gen. 4 ,5 ), di
motivazione inequivocabil mente disin· Esali verso Giacobbe (Gc11. 27,44s.),di
teressata perché sono in gioco l'onore Balnc verso Bnl:iam (Num. 24,10), di
personale e l'esistenza del gruppo etni- Saul verso Gionata (I Sam. 20,30),
co. Giusta e santa in modo panicolare della tribù d 'l srnele verso Giuda (2
è invece l'irn dell'uomo se si tralta di Sam. 19,43), de l faraone verso i suoi
prendere le parti cli J ahvé quando se ne servi ( Gen. 40, 1 s.), di Purifa r verso
contesti la sovranità o ~e ne calpesti la Giuseppe (Gc:11 39,r9) e di Assuero
santità: Mosè si accende d'ira contro verso la regina Vasti (Estb. 1,12). Si-
gl'Israeliti per la loro poca fiducia in milmente va in collera chi riceve un
Dio (Ex. 16,20), per In loro apostasia ordine o un am monim ento da un uo-
mo di Dio 84 : Acah si adira per il mi- rnmprensibile sti7.Z!\ per la fortuna de-
naccioso rimprovero di Elin ( r Reg. 20, gl i empi, i qu;ili riceveranno comunque
4 3), Asa per le accuse rivohcgli dal veg- I.i loro punizione(Prov. 24,19 s.; Ps. 37,
gente (2 Par. 16,r.o), Ozia per la proibi- 7-9). Perciò «chi è lento all'ira» ('erck
zione dei sacerdoti ( 2 Par. 26,19). 'appajim o 'erek-rfiah) è veramente sag-
gio (Prov. 14,29; i5, 18 ; 16,32; Ecci. 7,
L'uomo può essere irato o cruccia-
2. 8), mentre l'ira~cibile (cf~ar-rtJab o q"·
to anche con Dio stesso quando la sua Far-'appajim) 89 è stolto (Prov. 14,17 .29 ).
opera gli sembri enigmatica ed incom- I sapienti non ignorano però che l'i·
prensibile o non riesca a conciliarla con ra dell'uomo porta all'ingiustizia (Prov.
la giustizia divina: Samuele non capisce r4,17: 'iwwelet; 29,22: pefo'); la Let·
perché Saul debba esser messo da parte tera di Giacomo, spiritualmente mol·
(r Sam. 15,II 85 ), Davide reagisce così to prossima alla letteratura sapienziale,
all'uccisione di Oza (2 Sam. 6,8), Giob- riprende questo motivo: 6py'fi yàp à.v-
be è irato non riuscendo a capire il per- opòç s~x.cx.1oa-vv 11v l)Eov ovx. Èpy<isE-.0.1,
ché del suo crudele destino (lob l i ,2 «l'ira dell'uomo, infatti, non produce l::i
s.; 18,4) e Giona va in collera per l'in- giustizia di D io» (r,20; ~ coll. II84ss).
comprensibile misericordia di Dio ver- La còn trappos.izione 'irascibile/saggio',
so Ninive (fon. 4,1+9 °6 ). In fondo an - che ricorre frequentemente in Pwverbi,
che l'ira dei 'pii' per la fortuna degli non affonda le radici nella filosofia gre-
'empi' è diretta contro Dio e contro la ca, ma piuttosto nella sapienza egizia-
sua provvidenza (Ps. 37 ,i.7 s.; Prov. 3, na 9V che talora chiama lo stolto appunto
31s.)s1. irascibile, eccitabile 91. L'ira di Giobbe
3. È essenzialmente sol.o la letteratu- verso Dio viene aspramente criticata e
ra sapienziale che riflette sull'ira umana conda1mata dai suoi amici perché Giob-
e ne esprime una valutazione critica 83 . be non solo d anneggia cosl se stesso
I sapienti dei Proverbi misurano l'ira ( r8,4), ma anche «annulla il timore di
in parte con un merro puramente utili- D io» ( r 5A) e ne menoma la gius tizia (8,
tadstico, secondo l'atteggiamento fon - 2 s.; c.fr. i r , 2 s. ecc.). I d iscorsi di Dio
damenralc della sapienza: l'ira è perico- alla fine del libro danno formalmente
losa perché porta alla rovina ed ha cat- r.agkme a questa posizione, ma adduco·
tive conseguenze (Prov. 6,34; 15,t; 16, no una mo1ivllzione più profonda (lob
r4; r9 , r9; 27,4) e perciò va evitata e 38 ss.) e Giobbe si pente d i aver parla-
placata (Prov. i5,18; 22,24; 29,8.n). to senza ri spetto nella sua stizza verso
l3isog11a anche sr~re :ittenti ad evitare la Dio e si umilia (42,6).
i , r
88 Lcv. 19,18 (W'-ti{lòr) proihisce la sete di
·1 •
s• Quesca col lera è direcrn, in fondo, contro
Dio stesso da cui tali persone si sanno in· \•endetra ed il rancore.
viatc. 89 Oppure ba'ai 'a/, 'iJ J;èm6t (Prov. 22,24) e
S5 L'nher:azionc <li uH1jji!1ar in u;ajie:rar (pro- 'iJ-'af, ba'al !Je111a (Prov. 29,22).
posta da KAUTZSCI 1) accolta ;icl cesto dcl Kit- 90 Cfr. J. ftCll'fNR~, Die altarientaliscbe W ei.<-
te l non è necessari~. heil in ihrer isr.·iiidischen A11spriigw1g (1933)
R6 I LXX rendo110 la forma bara I' in questi 20S.
(Y.lSSi e in r·2 Sam. con <Huµ~;;", in Ton. 4 con 91 Cosl, ad es ., leggiamo in Amcneroope:
),vJtEi:O"&a~. «Non accompagnarti con ch i è irascibile»
$7 Si noti d'raka;w in Prov. 3,3i'; li:ggi tithar (A.0."f. 4 r, cop. 9); dr. J. f.!EMP1'1., Aithebl'.
(h itpa'el Ji hr/J) per tibf.J01". Lit. (1930) 5t.
~~yi1 13111 1 (J. Ficht1wr)
I I I. L'ira di Dio 11elL'JI. /' Ps. 102, 1 ' ) il vocabolo principale 'a/
ovvcrn [1ìir611 'a/, serve ad esprime re '"
r . La termino logia d ilfen:nz:1 qua lih1tiva che intercorre trn
Nell'A.T . i termini indicanti l'ira so- l'ira divina e quella umana, mettendo in
no usati molto pi\1 fre~111c111e111cnte per evidenza, quasi concretamente, In sca-
significare la colle ra di vi na c he non tenarsi v iolento J ell' irn d ivina cui nes-
quella urnam1w; •llcuni vocaboli vengo- suno può resistere (Ps. 76,8; Nah. r ,6 ).
no riservati csclusiv:imcnte all'ira di- Quando uno dei nostri sostantivi ricor-
vina (piiron e {H'idm 'a/ , za'am cd il ver- re in sta ro costrutto con u n nome d i
bo 'ana/), alrri p rcv3.lentemente (qe!ef 9i D io troviamo quasi csdusiv:unènte il
e 'ebra), memrc 'a/, f:Je111à ed il raro za'af nome jhwb: più di 50 volre i vocaboli
(e rògez) sono usati sia per la collera 'nf, pém!i, 'ebrd e qe~ej sono cosrruiti
divina che per q uella umana. B proba- con jhwh 9s; soltanto 2 volte incontria-
bile che piiron ovvero paron 'a/" e mo 'af·'~lohim, precisamente in Ps. 78,
za'am 95 siano stati effettivamente r iser- 3 r (quindi en tro il sa lterio eloh ista [Ps.
vati per l'ira d ivina anche nell'uso lin- 42-89 ] ove 'elohim sos til'u isce jln11h 99 )
guistico comune e corrente, ma bisogna e Nmn . 22,22 (Jove >1lrri codici han-
a mmeucre che la base terminologica no let to ;hwh roo), mentre in Esdr.10,14
per u n:i tale condusione è piu ttosto ri- abbi amo 'elòhe1111 ( una forma pra tica·
do tta e non permette un giudizio s icu- mente identica a jhwh) associato con
ro. È significativo che si usino combi- pìfr611 'a/, ed infine in lob 2 l ,20 leggia-
nazioni d i term ini dell'ira soltanto per mo {Jamat iaddaj, un'esp ressione che
indicare la colle ra divina 90 • Senzit con- non ci stuphce visto che nel d ialogo di
tare le locuzioni f:Jiiron 'li/ (33 vohe) 97 , Giobbe si evita il nome Jahvé. Questa
za'af 'a/ (ls . 30,30), za'am- 'af (Lam. 2 , costante associa.:ione dei termini dell'i-
6) e 'ebrot 'a/ (lob 40,ll ), incon triamo ra co n Jahvé, il Dio d cl parco, ha u na
due o anche tre dei nostri te rmin i uni- grande portata teologica in quanto mo-
ti da congiunzione: 'a/ e l;ema (circa stra che l'idea dell'ira è continuamente
15 volrc), 'ebrd wal,Jiir611 'a/ (ls. 13,9), e stre ttamen te lcg,r ta :illa teologi11 d cl-
mipp'né-za'amka w'qi1[>'kii ( Ps. ro2,11), l'allcanw 1 ~' .
b"af t1b/.lema ub"qe!ef gadol (D,·111. 29, In epoca posteriore si tenta evidente-
27; espressioni simili troviamo in l er. men te di allcnt.1rc o addirittura di scio-
21,5; 32,37 ) e hifron 'appo 'ebra wii- glie re un'associazione tro ppo stretta di
za'am tv'siird (Ps. 78,49). Incon triamo D io con l'irn Questo fenomeno si e-
locuzioni affini in De11/. 9, 19; E::. 5,15; sprime concrct:1mcnre nell'uso assoluto
13,13. Q uesto accumularsi d i termini, della p:l l'Ol:i 'irn', un uso che, sop rattut-
tra i q uali compa re sempre (a nche in to per 4uanto riguarda qe~ef, troviamo
102 Se<:on.do la testimonianza dei LXX (E<T<ta.L 101 J. BoEHMER (~ n. ro5) sostiene che attra-
ilv1.t6ç), della versione siriaca e dei Targum., verso l'uso assoluto dei termini dell'ira tra-
jiq,rof va letto in rcahà iihieb qefe/ (cfr. il v. spare una fede primitiva in «dèmoni che non
20); di parere diverso è M. NoTH, Das Buch erano stati ancora sottomessi. e assorbiti dalla
Josu,z (r938), "d /.,che più recentemente ha diviniriì superiore»; la sua tC$i è però confu.
scritto di considerare Ios. 22,9-34 «un'aggiun- tata già dal semplice fatto che wle uso lingui-
ta isolata apportata al libro di Giosuè in epo- stico compare piuttosto tardi.
ca molto tarda» ('Oberlie/eru11gsgeschicbtliche IOI! Cfr. invece, ad es., M. ]AST ROW, Die Reli-
S1uJie11 [ r943] 232).
gio11 IJabyloniens und Assyril•n.< 1 ( 1905) 362.
103 Anche qui i LXX leggono EO..tctt huµ6ç , il 477-479; nell'A.T. si parla esplicitamente sol·
T .M. 'al kol-hli'i!dfi iiqs<"if. tanto una vol ta (2 Reg. 3.27) dd l'ira Ji un'al·
IC>I In questo passo con millifne.jhwh. tra divinità, di Camosh dio dci Mo.1h iti : wa;h2
1os J. BoEIIMER, Zom : ZAW N.F. 3 (r926) qefef gadtJl 'al· iiJra'l!I (i LXX 1.rnducono: xa.t
320-322 elenca molti altri esempi dell'uso as- ÈyÉVE'tO µEi:6.µd.oç[sic!) µÉ·(a.ç Ér.L lapa'l')À.).
soluto dei te rmini dell'i.r a che qni non ci ri- ~ VII, coli. 169 s. IL 4·
guardano immediatamente. 109 -" 11, wll. 765 ss.; cfr. F. ll.H>MCAnE1.,
100 Le parole mancano nel cocJ. B J ei LXX; Die Eigc11(1rt dcr at.licbcn FromJ1Jii:kàt { 1932)
ricorrono anche al v. x4, ma con ~aroni. 63.
ll17 (V.}97) bpy-fi B lii 2 (J. Fich1 ncr) (v,398) 1II8
tenninata» 110 • Ciò non significa certo la delimitazione tra l'fra divina e la col-
che questa fede sia priv:1 di qualsiasi lera umana che ha la sua sorgente princi-
elemento o momento irrazionale (un e- palmente nell'io tirannico dell'uomo 113 •
s11me più attento dell'idea <lell 'ira divi- L'annuncio dell'ira di Dio che risuo-
na comprova quesro fatto), ma che la na ncll'A.T. non è identico alla pre-
conoscenza della fede ed il modo di ttf- sentazione del giudizio d ivino 114 poiché
frontare la vita che si riflettono nel- esso non vuole indicare soltanto un'a-
1'A.T. sono consapevoli di essere indi- zione, ma piuttosto w1 processo vitale
rizzati fondamentalmente in una unica in Dio scesso, un 'affetto' di Dio 115 •
direzione per quanro riguarda la loro Ora, dato che questo affetto non riguar-
considerazione sulla storia passata, il da certamente l'essere di Dio in sé 116,
loro atteggia men 10 verso il presente e ma entra in relazione con l'essere che
la loro attesa dd futuro, ed in tale di- egli ha posto fuori di sé, vale a dire il
rezione non incontrano una qualche mondo e tutto quello che è in esso,
forza oscur.a e indefinibile, ma la vo- quando nell'A.T. si pari~ dell'ira di Dio
lontà personale di Jahvé con la quale è è più che lecito domandarsi quali siano
giocoforza confrontarsi. Il momento gli oggetti verso cui tale ira è diretta.
personale nell 'idea di Dio presentata
dall'A.T. condiziona particolarmente il a) L'ira di Jahvé si dirige, in primo
modo antropop:uico in cui si parla del- luogo, contro lsraelc stesso: già al mo-
l' ira divina, ma allo stesso tempo gli mento in cui viene conclusa l'alleanza
conferiscono un 'esuberante vitalità 111 • Il questa collera minaccia chiunque si av-
pericolo che gli antropopatismi eccessi- vicini troppo alla santità di Jahvé (Ex.
vamente foni facciano sparire il limite r9, tradizioni J ed E) ed ha un posto
tra Dio e uomo è evitato dal senso di di primo piano nella storia della per-
differenza e di distanz11 che il credente m:1nenza nel deserto tanto nella tradi-
dell'A.T. s1:11 te verso il suo Dio 11 2 e zione jahvista ed elohista 117 quanto nel
dalla profond,1 t·oncczione della natura Deuteronomio e nel co<licc sacerdota-
dell'ira divin:1. È così posta e stabilita le m L'ira divina si ripresenta anche
110 G. Q un1.-> v. '"I. qor. 7,7; ira e vendetta: Er. z..i,11: rb"'alti1 (>i'm,;
lii e&.-+ \V. El<.llKOllT 98.100. lu1111i111 11dql1111; Nah. T,2.
112 Cfr. ). I IP.,\IPI' ' ·· Goti tmd Memcb im ' " Cfr. ->F. \1G71m1!R r r.
A.T.' (rinr.) 1<iX.l1>;· ~. 116 Lina s imile consickrazione è dcl lllll<> c..
111 Per l'i1a ' ' ·""·' ,. ~iusrn· dell'uomo cfr. s1r~1..-.1 :olruri:rJ.Qll lC deirA.T.
-> col). 1 f OX J I 10 Jl7 /;'x. ~.?; N111n. 11,1.10.33; 12,9; ljJJ.5 l.J.
111 Certamcn1~ 1':11ip11c dell'ira divina si con- 38; 25,1+
cretizza nt'I gi1h li/ i1 •: ~ fr. ir3 e giudlzio: Ez. ' ' Ili Deul. ' · l·f · \ i : •1,8.19 s. Num. l7,11; 18,~ ;
•J: I'fiifim par. :1 ,,;1 l•lt hemt1; Mich. 7,9; Ps. 2),/·1 } ; ~ .!,lO· l.J : /.Cli . 10,6.
opy-/i B 11 e 2 U. Ficbtner l (V,398) I I~"
nella storia d'Israele d.1ll"occu pazione rietà , qucsw legame collettivo si è al-
del paese di Canaan (dr. lus. 7 [rra<li- quanto allentaio (dr. Ps. 6,.i; 27,9 ; 38.
zioni] ed E?]; 22,20 {P) ) rino all'esi- 2).
lio (1 Sam. 6,r9; r 5; 28,t8; 2 Sam. 6, Tra i profeti sono soprattu t ro i pre-
7; 24,1 ). La storiogrntìa Jeutc.:ronomi - esilici a far risuonare nel loro messag-
stica ha presentato quest0 periodo sro- gio l:t nora dominante dello scatenarsi
rico dal punto di vista Jdl"ira divina in- dell'ira divina contro il popolo <l i ] ah-
ccssantcmeme provocata(-+ col. r r 34 ); vé, anche se non tutti usano (ad es.,
cosl l'opera del Cronista ( r Par. r3, Amos) il termine preciso 'ira' 120• L~ Jo.
10; 27,24; .2 Par. 19,2; 24,18; 29,8) ro lo tta è rivolta contro la folsa sicu-
come pure i salmi storici (ad es., 78, rezza in cui si cullava il popolo che,
31; 106,p)conoscono questo cnotivo 119 consapevole dell'elezione, si riteneva al
che rende palese, soprattutto in epoca sicuro dall'ira e dal giudizio (Am. 3,2 ;
più antica, la solidarietà del singolo con 5,18~ Os. 13,9-11; ls.5 ,r8 s.; 28,q-22;
la collettività del popolo di Dio. L'ira Mich.3,11; Soph. 2,2; I er.7,4; 28,1-
divina si dirige contro l'individuo nel- 17; Hz. _5,r3; r6,38). Da questo punto
la sua fun:r,ionc particol11re in seno al Ji vista Gere1Uia 121 ed Ezechiele 121 pos-
popolo d i Dio, ad es. contro Mosè (Ex. sono ben essere chiamati profeti dell'irn
4,14. 24; Deut. r,37), Aronne (Deut. 9, <li Jahvé contro il suo popolo. I profe-
20), Miriam (Nmn. 12,9), Nadab ed ti esilici e posr-esilici considt:rano pro-
Abihu (Leu. 10,6), contro re e profeti prio l'esilio una conseguenza delb col-
(r Sam. IJ; .2 Reg. 23,26; 2 Par. 29,8; lera di Jahvé 121 e non proclam:mo più,
Icr. 21,I?). D 'altra pane J'inJign'1'.lÌO- come i loro predecessori, lo scoppio im-
nc divina colpisce Lutto il popolo per la provviso t: iinrninente del sut\ sdegno
colpa commessa da alcuni in dividu i sopra il popolo di Dio, ma pure sento-
(Ios. 7: l'appropriazione indebita di A- no (soprnnutto dopo il ritorno) che l'i·
can; .2 Sam . 2-}: il censimc nw Ji Davi- ra di Jahvé pesa ancora sul popolo (Ag.
de); in epoca posteriore quesrn solida- 1,5-rr ; Zach. 1,3.r2) o costituisce una
119 Cfr. Anche le parti pnr~ne1khe d1 Deut. con1parc il rcr1nine spcciCico 'ira', 1nn che oc·
(6,1,; ì..i; 11,17; 29,19 ,s.} o lo sezioni cor- casionaln1cn1c ci serviamo anche di passi in
rispondenti della tradizione sacerdorn le (Lev. cui troviamo il medesimo COO('etto onchè se
26,28; Num. 1,53; Tos. 22,1H; a P11r. 19,ro). È non vi tiCOl'l"C il mr.;tro vocabolo.
ruolro significativo che nei corporir k~islarivi 121 l er. ..i.8.26; 7,20.29 (d!Jr 'ebrJlo ); 17,4;
4
del Pencnreuco In minaccia ddl'irn divina si;t J2,31; 36,7 ecc.
usaiu :,olcanco in pochissimi rnsi per motivare
l'obbedienza alle prcscriiioni (Ex 12,23; Lev. m Ez. ,,1,; 6,12; 7,8 ; 8,r8; 14,19; 16,38;
20.8 t'CC Or A RuEGG: RE ' 21,720.
26,28).
no Facciamo nocare che, in lineJ d1 principio. JIJ l r ..p,25 ; 47,6; J I,17 : ,54.8; 60.10; Zacb.
utiliui.amo in primo luogo quèÌ passi in cui 1,2.12.
(V,)99) 1 Il'
p..·1111;111en1c minaccia P<'r ,.,,.~.. (Iod; I s. sii ci c.lico1H1 dell'opera dell'ira di\'inn
<q .X). Tale motivo ri<.·d1<'gi.:ia anche nel- dei suoi dfe11i e dei suoi strumenti , dc
le lamentazioni popolari che risalgono a ve prendere in considerazione comp
questo periodo ( Ps. 74 ,1 -8; 85,4.6). neni i molto <li verse della tradizione ve-
terot~,1i1111cntaria 116. Tutte le rnolreplid
b) Oltre ad I sraele, anche le nazioni
e varie manifestazioni dell'ira <li Dio
pagane ed i loro sovrani costituiscono
hanno u n denominatore comune: là
l'oggetto dell'ira di Dio: è diretta contro
dove la collem di Dio minaccia di sca-
di essi la minaccia profetica dei cosic.1-
tenarsi o scoppia effettivamente, è in
det ti oracoli delle nazioni che troviamo
gioco l'esistenza di chi ne viene colpito;
in Amos, Isaia, Geremia, Ezechiele e
oppure, in altre parole: ove l'esistenza
delle profezie di Sofonia, Abdia, Nahum,
è m.inacciaca, l'uomo dell'antico patto
Abacuc, Gioele e del libro di Giona Il<.
scorge l'ira del suo Dio.
In panicofore i profeti esilici e post-
esilici annunciano la collera di Dio ver- La potenza micidiale dell 'ira c.livina e
la sua forza irresistibile vengono messe
so le nazioni pagane (Jr. r3,3.5.9.r3 ;
in evidenza dalle immagini e dalle simi·
30,27; 59,18; 63,3.6; 66,14; ler. 50, litudini con cui i testi descrivono il mo-
IJ.IJi 5r 1 45; Ez. 25,q; 30 15; Ion. 1
mento e l'effetto di questa collera di
3 1 9 ccc.) i;i,. Anche i salmi che cantano D io in a7.ione. A questo propositO è
necessario distinguere tra metafore che
la vittoria escatologica di Jahvé e del provengono da un ambito :1lquanto re-
suo Messia minacciano l'ira di Dio ai moto dalla sfera dell'ira e servono a
popoli della terra (Ps. 2,p2; no,5). presenrnrc plasticamente un aspetto ca·
raueristico del furore in atto, e im-
Quando la collera divina si sarà scate- magini che non vengono usate unica·
nata colpirà runa la rerra (dr. Deut. mente in senso trasla10, ma costituisco·
32,22), l'intera umanità (ler.10,10; Is. no piutrosto le varie forme in cui si ma-
nifesta concretamente lo sdegno divino.
13,9.11; Soph.3,8), come nei tempi pri-
Qucsr'ulrimo caso riguarda quella che è
mordiali la sua collera coinvolge in un l'immagine dominante dell'ira e.li Dio,
giudizio tremendo tutti quanti gli uo- immagine quanto mai atta ad esprime-
mini (Gen. 3 ,6-8; 11 ). re in modo particolarmente efficace
l'opera c<lace dell'ardente collera divi·
3. L'opera dell'ira na: l'immagine del fuoco. Quando h1
santità di Jahvé viene violata, la sua ir;i
Chi si accinga a<l esporre quanto i te- divampa 111 , un fuoco si accende nel suo
Il> (Jr. H. GMESS MANN, Da Mcsrias (1929) l'llzionc dell'irn fana da Geremia oppure
97-q8 . Num. 1.n: 17,TI con l'esperirnza dell'ira Ji.
tis Talora si precisa il nome di questi popoli , '·ina nel libro di Giohlx:.
ulohr" si parlo in generale delle 'nazioni'. u 7 !! gencralmcncc usato il verbo hrb, nrn nn·
che b'r (Ps. 2,u), i!t (2 Reg. 2>,13) e i'ld (ls.
1:11; Si confconii 2 Snm. 6,7; 24,r con la predi- 6,,5).
1123 (v,399) ò~y/J B 111 3 (J. Fichtncr)
naso (/er. 15,14; 17,4 ; cfr. Is. 65,5 ) ed l'ira come un liquido. Troviamo que-
un fumo gli esce Jalle narici (P:. l8, st'immagine là dove si parla di versare,
9) 121, mentre la sua lingua è k'"ci 'oke- mescere (iii/ok e niitok) o bere l'ira:
let, «come un fuoco Jivoratore» (ls. 30, J ahvé versa la pro pria ira sul popolo d i
27 ) 119• Ora il fuoco che di vampa e arde Dio o su lle a ltre nazio ni come si versa
non è affatto solt.1nto un'immagine del- l'acqua: 'oléhcm 'dpok kammajim 'e-
l'ira di Jahvé, ma è contemporaneamen- briit/, «su essi verserò come acqua il
te un 1ermine descrittivo della sua azio- mio furore» (Os. 5,10; dr. Ier. ro,25;
ne concreta ed effettiva: «Il soffio di Ps. 69,25 e spcc. Ez. 7,8; 14,19; 20,8
Jahvé vi brucerà come torrente di zol· ecc.). La figura del mescere può essere
fo,, (1 s. 30,33; dr. Dcut. 32,22; Ez. 2 2, associata a quella del fuoco: ~li.malo
31 ). Termini figurati e descrittivi del- nitt'kn kii'eI, «i l suo sdegno è sparso
l'opera dell'ira possono anche trapassa- come un fuoco» (Nah. 1 ,6 ; cfr. Lom. 2,
re u no nell'al tro senza soluz ione di con- 4 ed Ez. 21,J6; 22,J I nei versetti pa-
tinui1à: cfr. Ez. 2I,J6 s.; ls. 30,27-33. ralleli o nei loro s tichi ). È diffidle dire
Questo fatto ci fa vedere quanto spes- con precisione se qui si abbia in mente
so queste espressioni bibliche potesse ro la pioggin di fuoco o di zolfo (fa. 38,
essere intese in senso ben poco me1afo- 22) o · i torrenti di pece (dr. I s. 30,33;
rico (secondo il nostro metro stilistico). 34,9), oppure se si voglia sottolineare
Per l'immagine della tempesta, che met· l 'orrore e la grandezza del giudizio cu-
te in risalto la violenza distntttrice e mulando più immagini. Puramente me-
sradicatrice del furore divino, vale più taforica è la frase 'bere l'ira' che incon-
o meno il med esimo discorso che abbia· triamo in l ob 2 1,20 131 e soprattutto
mo fatto per il fuoco, anche se q uella nell'immagine del vino dell 'ira (Ier. 25,
figura è usata molto meno di questa in 15 132 ) e del cal.ice dell'ira (Is. ,5I,r7.22;
associazione con l'ira di Dio (Ier.30,23; I er. 25,15; ~ IV, col. 592; VII, col.
cfr. ls. 30,Jo; Ps. 83,l6 I.lii ed anche ls. 466) u.1. Questa figura esprime in modo
2,6-22). Affine alla metafora della tem- estremamente efficace l'idea che non è
pesta è quella del soffio imo di Jab- possibile sottrarsi all'ira e bisogna gu-
vé, un'immagine che sta dietro all'uso starla lino all 'ultima goccia 134. Il profeta
del tl!rmine rufih (~ col. II 08) e che che offre il calice dell'ira (ler.25,15-28)
traspare evidentemente n cll 'ct imo di fa venire irrevocabilmente il giudizio su
'iina/ e 'af (~col. uo3). G erusalemme ed i popoli 135•
Oltre nlle metafore dell a vampa, del Dio, nella sua ira, si serve dei popoli
fuoco e della tempesra, ne abbiamo pagani come armi o come strumenti per
un'ahrn che prcscma immaginosamente infliggere la sua punizione: le nazioni
m Deul . 29,19 e Ps. 74,r leggono proprio fu· I LXX non conforrano però quest'opinione in
mare per significare ~ssere adiralo. q uanto leggono -roù otvov i:oii &.xpchov: han-
129 Cfr. ,inche l'etimologia di !;orli e _,, col. no forse Jeuo {iemer (vino in fermentazione)
tro4. per {Jim18?
1JO I LXX hanno reso signi licativmneme tanca rn I LXX rendono k6s l)ìimàt6 (ls. 51,r7.22)
sula <w 82, 16) quanto sa'ar e s"izra (Tep. 37, con i:Ò 1toi:-fipu>v (o -i:b x6vliv) -i:oii ~1~oii. In
23) con opy/). Apoc. 14,10 abbiamo -rò 1t0-rlJp<.0v T'ijc; opyfiç
01 •Vedano i suoi occhi la sua sciagura e be- (sic!) a.U-roii accanto a ò o(voç nii INµoii.
va dalla collera dell'Onnipot(11tc10. Is. 51 ,17: marit, chai vuotato• .
1.!4
ll2 Incontriamo soltanto qui hajjaiin ha!Jema, rn Una voh.a viene usata anche l'immagine
una frase che è spesso considt:rata una glossa. del torchio dell'ira (Is. 63,1-6).
112) (V. j Oo) òpyli B m 3 (J. Fid1111n)
sono de tte così k 0 lé za'a111 ( /s. J 3,5; I er. sionc più smorta baja qefef (Nu1n.1 153;
50 ,2 5) 1.16 oppure sebct 'a/ ,. mat(i:h 18,5; los. 22,zo; r Par. 27,24 eçc,).
w'am (l s. io,5 ) m. In yucsrn immagine
prcgnanre è espressa eflit~i:·eme;ite l' i- Nella sua azione radicale l' ira di Jah-
dea ricorrente in tmto I' A.T. che D io vé tende all'annientamento, alla distru
può esercitare la propria collera me- zione completa. Leggiamo cosl tra l
diante po tenze terrene. Accanto a que-
ammonizioni del Deuteronomio eh
sta appare anche la concezione più n-
stratta che Dio si serve del suo braccio «l'ira di Jahvé divamperebbe contro di
come strumento d'ira (Js. 30,30; 63,5; voi e vi distruggerebbe rapidamente»,
Ier. 21,J ; cfr. Ez. 20,33; Is. 9,1r). w' /:Jilrtl 'a/ ihwh bakem w'hifo·/idk
I modi .figurati per indicare l'inizio o
la fine dell'ira di Dio permettono di mahèr (Deut. 74; cfr. 9,8.r9.25 ecc.)
precisare il duplice uso dei termini del- oppu re nel codice sacerdotale: «Separa·
l'ira. Se si tratta dell'ira come affetto, tevi da questa comunità ed io la di-
allora twviamo soprnuurto espressioni
come 'divampare' o 'venir su' dell'irn struggerò immediatamente», wa'akaJleh
ovvero che Dio vuole placare la sua in- 'otàm k'rcga' (Num. 16,2r; 17,ro); an-
dignazione (fa:. J,13; 6,u; Lam. 4,rr); che i profeti al)lliundano a Israele ed
se si tratta invece dell'ira come atto, al- alle nazioni l'ira spietata e devastatrice
lora incontxiamo piuttosto altri modi di
dire: far salire (2 Par. 36,16), inviare di Jahvé (Ez. 22,3r; 43,8; Jr. 30,28;
(lob 20,23; Ps. 78,49), compiere l'ira 34,2.5; 63 ,r -3; Ier. 50,r3). A questo
(i Sam . 28,18; dr. Os. r 1,9). Si potreb- proposito va notato che i profeti •lS non
be essere inclinati a scorgere la medesi-
ma dualità semantica nell'uso vario dcl hanno descritto l'ira divina solta1110 con
verbo stib per indicare la cessazione immagini violente d i dimension i talo ra
dello sdegno: Jahvé d esiste dall'ira (Ex. cosmiche, vedendo l'intero creato al
32,12; 2 Reg. 23,26; fon. 3,9 ; 4uesta
suo servizio in quest'opera tremend a
fonna è spesso e volenricri accompa-
gnata da nil;am), storna l'ira (hiJHb, ler. (ls. r3 ,r3; 30,30; 34,2-4; 66,15 ss.; Ez.
18,20; lob 9 1 13; Esdr. 10,14), l'ira cam· 38,22 ecc.), ma l'hanno collegata a con-
hia (Ier. 4 18; Js. 5,25; Os. I4,J ). Pro· creti eventi storici. Abbiamo cosi che
prio quest'ultima espressi one può però
voler dire non che l'i ra è cessata, ma essi interpreta no le disgrazie, le soffe.
d le si è soltanto calmata; cosl è bene rcnze e le sconfi tte del loro popolo nel
essere prudenti quando s i fan no tali d i- presente e nel passato come opera del-
stinzioni sulla base dell'uso linguistico
l'ira di Jah vé, d i q uell'indigna71one che
che abbiamo ora davanti. Per indicare la
fine dell'ira, l'epoca più ta rda (P ed il Israele viene a sentire nei vari colpi
Cronista ) si serve volentie ri Jdl'espres- che riceve. Isaia chiude il suo grande
136 l<p. 27,25 rende alla let tera: -.b. o-xsv'I] dell'ira; dr. lob 9,34 (Sibt6) e 21,9 (Si!bef
òpyijç; ls. r3,5: ot b-itÀ01.ulxoL, forse per in- ' Nòilh); Prov. 22,8: frbet 'cbrot/J (<letto delrirn
flucnz,1 dcl v. 4: ~llvoç b?t).011ocxcv. un1:uia!). ,
13 7 Lam. 3,1 ha lu metafora «verga della sua 138 Ed anche l'interpretazione storica <leu tero·
colle ra», S~bt'! (ef?rtit6 , per indil·~ rc ]\)pera nomistica (v. sopra ).
òpyi) 13 !li 3 (.J Fichtner) (v,401) r12$
poema di minaccia col ritornello: «Con importanza il fott<) che la concreta reni.
tutto ciò non si c<1lma però la sua ira tà storica non si:• sempre riprodotta nel
e la sua mano rimane tuttora distesa>>, medesimo modo in cui ciò avviene nel-
b"kol-z<J't lo' sab 'app6 ul'od jado n•tu- l'interpretazione della sroria offertn <lai
ia (9,rr.16. 20; J0 ,4; 5,25) 139 e vede profeti.
come Jahvé consegni il popolo della sua Il messaggio profetico supera il mo·
ira agli Assiri, sferza della sua col- mento dell'interpretazione storica per
lera ( xo,5 s.; cfr. 9,ro s.) t<ll). Per Israele diventare sempre più, riallacciandosi
il giudizio d'ira consiste principalmente for$C a più antiche attese popolari
142
,
nell'esilio dal suo paese (passim), esilio annuncio dell'ira e del giudizio finali
che costituisce l'esempio principe del- nei quali la sovranità di Jahvé si affer·
l'11zione dello sdegno e del giudizio di- ma contro tutte le forze che le si op·
vino tanto per il messaggio profetico pongono e porta a termine la storia. I
che annuncia il futuro quanto per quel· profeti· più antichi annunciano ques to
lo che interpreta il pJ!Ssato. Anche le giudizio pensando non soltanto ai po·
antiche tradizioni, rie'ìaborate ed inter- poli pagani, ma proprio al popolo di
pretate dagli storiografi ebraici, parlano Dio che si è allontanato dal suo Dio 1' 3 .
della devastatrice violenza e della spa- In quesw senso essi possono parlare
ventosa dimensione dell'ira di Jahvé del giorno di Jahvé, del 'giorno dell'i·
che si atcua in siccità e carestie, epide- ra', come <li un evento escatologico
mie e piaghe, nelle stragi che mietono (Am.5,18-20; Is.2,6-21; Soph.r,15.18).
coloro che sono sotto l'ira, nel cadere Israele non può scampare a quest'ira
nelle mani del nemico (Num. n,i.10. (benché alcuni vi si possano forse sO t·
33; 12,9; 17,II; r Sam. 6,19; 2 Sam. trarre se si ravvederanno in tempo
24 ecc.). Questa inrugnazione scoppia [Soph. 2,1-3)) perché il giudizio verrà
con sinistra ed elementare violenza e inevitabilmente. Soltanto l'amore e la
annienta sul posto miglia ia di uomini 141 grazia di Jahvé, il Dio dell'alleanza,
oppure colpisce chi abbia osato avvici- possono evitare che l'ini si abbatt:1 in
rnusi troppo al Santo (Ex. r9; 2 Sam. 6, tutta la sua violenza su Israele e intro-
7 ). In questo contesto non ha grande durre col giudizio il tempo della salvC't·
1.19 Cfr. Am. 4,(i-12 (senza il termine t~'Cnico 24000; I Sam. 6 ,19: 50070; 2 Sarn. 24,r5:
'ira'). 70000.
140 l popoli sono stru111e11to del/11 sua im 31l· 142 Cfr. H. G1rnssMANN, Der Ursprimg der
he verso altre nazioni (/s. 13,5; fer. 50,25i, isr.·iiidischen Eschatologie (190~) 144 s.
'tn11nento di cui Dio si sc!'ve per esegu ire su ' '-' Nei profeti (e ndl'A.1'. in generale) non è
i loro il suo giudizio, vale a dire per dimug· sempre fadle d istinguere fra opera storica ed
•erle. esrncologica dell'ira di Dio; l'fr. anche ~ coli.
14 1 Num. r7,r4: 14700 persone; Num. 25,9: I 1 36 S.
6i;yi1Il1114 (J. Fichtncr) (V ,.jOZ) Jl j
~.a finale che sottrae Israck a lla cnllera. sentire nella sua indignazione di essere
J n età pos1esilica, sop ranu t to nel tardo occul to e lon1:1nu (-7 coli. r 13 e; ri 4 5 ).
Jahvé era stara placata, ma in .i4, r es- di una retribuzione strettamente indi-
sa esplode nuovamente senza una ragio- viduale, con un merro cioè che non fu
ne evidente (dr. anche 1 Reg. 22,20 s.). usato così conseguentemente nell'epoca
Il cambiamento che questo passo ha su- piÌl antica. Tuttavia in entrambi i pe-
bìto per mano del Cronista mostra con rio;.li è viva la coscienz~ di essere espo-
quanca fora l'epoca più tarda respin- sti od un'azione di Dio tanto incom-
gesse una tale interpretazione dell'ira: prensibile da confinare con l'arbitrio,
in I Par. 21,1 autore della tentazione di un'azione in cui, come è forse meglio e
Davide non è l'ira di Jah11é, ma Sala- più appropriato dire, s'i ncontrn colu.i
na. Anche i !amenti individuali del sal- che è complernmente imprevedibile, il
terio ed ancor pit1 il libro di Giobbe 'totalmente ahro', il trcmendum 10. Qui
testimoniano la consapevolez:ia che il il momento della potenza incomprensi-
credente aveva di essere spesso abban- bile e della santità di Jahvé hanno il
donato alla colleru di Jahvé ~em:a una sopravvento su altri motivi che tratte-
ragione. L'orante di Ps. 88, che non sa remo più in là. Non bisogna comunque
di che incolparsi, fa salire a Jahvé, di spiegare questo aspetto incomprensibi-
cui ha dovuto sopportare «il terrore fin le, spaventoso dell'azione di Jahvé con
dalla giovinezza», il suo pianto ango- la teoria dell'assorbimento di un'antica
scioso: «Su di me si sono abhattute le fede nei dèmoni (-7 n. r o7); va piutto-
tue fre>>, 'ala; 'àhrfi flar6n éka (Ps. 88, sto affermato decisamente che l'elemen-
17) e Giobbe si rivolta con1ro Dio di- to 'demonico' in Jahvé «in fondo non
cendo: «La sua ira mi lacera e mi com- è aggiunto alla natura di Jabvé succes-
batte ('app6 tiiraf waj;iJ!•miint), digri- sivamente, ma vi sta originariamente .. .,
gna i denti contro di me» ( 16 ,9 ), «ha fat- è legato alla natura più intima di que-
10 divampare conrro di me In sua ira sto Dio e della sua religione» •-u.
( wajjaflar 'alai 'ap p6) e mi ha conside- C.ertarnenre l'azione di Jahvé venne
rato alla stregua dei suoi nemici» ( 19, sempre più sottratta alla sfora dell'im-
I 1 ). Ccct:11nente non si possono acco- prevedibile, mentre ci si Pose con cre-
stare cosl semplicemente quest i testi scente insistenza il prohlerna della cau-
più tardi agli antichi racconti dell'infu- sa dell'ira divina 149• La collera di Dio
riare sinistro dello sdegno divino, per- appare quindi come una reazione :i ciò
ché i credenci di dopo l'esilio hanno mi- che l'uomo ha fatto o ha manca to di
surato il proprio destino con il metro fore. Per quanto riguarda Israele si
147
~ 0Tl'O 2t.97; cfr. ~ VOL7. u e passim. do sono percorsi dalla r icerca del perché dcl·
145 ~ VOLZ 33. l'ira: Jof, (3,n;) 7,zo; 10,18; 13,24.
l'9 Aoche i discorsi <li Giobbe dd primo ci-
bpyi) B 111 4 (J. Fichtm·r)
tratta del Dio che ha manifestato la esso percorre tutto il Penta teuco da Ex.
propria volo11ti1 ~alvifica nelle promes- 32 (il vitello d'oro) a Num . 25 (Baal-
se e nel governo del popolo a cui egli Fcgor ), alle parenesi del Deuteronomio
impone di adorurc soltanto lui, di ave- (1 r,r6s.; 12,23-13,19; 29,x5-17; Ios.
re assoluta fiducin in lui, di adempiere 2 3,16 ), fino :i Il'esposizione, dett:ita dai
I.IO Per 13 storiografia e la ~>arcnctica sacerdo- 153 Ritroviamo motivi simili anche nell'open
tale tutta la sfera del culto e dd riro è drcon· del Cronista: 2 Par. 12,1-7; 16,7-x:>; 2,, 14-18
dntn e c~1stodirn dall'irn divina: Nndnb e Ahiu, ecc.
~J,c volevano offrire un 'iJ xiirtl (un olocausto 154 Cfr., ad es., A111. 2,!)-lf; 3,2; Os. II,1-6;
i11debito? ), \rcnnero divout i dal fuoco dell'ira Is. l,2; ,,1 s.; r7,10; Ier. 2,r-3; 31,1-3 ; Ez.
divina (uv. 10,1 s.); il comportamento errato 16,4-14.
dci sacerdoti può facilmente far sca reoare iss Ad es., Os. 5,10; 8,5; 13,11; l s. 9,11; Ier.
un 'irn letale su tutt• l'assemblea (Lev. 10,6); 4.4; 17,;1; Ez. ',t3; 7.J; 20,8 ecc.
similmente I'in divampa per la violazione dcl 158 Am. 5,21-27; Or. 6,6; Tr. 1,1e>-17; [er. 6,
sabato (Nee111. 13,18). 20j 7~2t·28 cc:c.
111 -> A. Rtr~CHL ha fatto notare che la vera 1~7 Ad es., Am. 5,7.10-12; Il. 1,15-17; Micb.
causa dell'ira divina è il defecl11s a foedere, 3,1; lcr. 5,28.
ed ha ragione henché presemi questa tesi J58 Or. Or. 5,13; 7;n; ls. 30,r-;;; 3r,1·3; Ier.
troppo unilateralrncme. 2,;u -37; Ez. 16,23 ecc.
152 Deut. 4,25; 9,18; !ud. 2,14; 3,8; 10,7; 1 r.w Ovvero il presunto culto di Jahvé secondo
Refi.. 14,15; 16,33; • Reg. •7,•ì; 21,6; 22,1 7 forme e riti stranieri.
t'CC.
ovr'fi B 111 -1 (J. Fkh1ncr)
biamo in fondo sempre la stessa <lenu n· dedizione appassio nata, la gelosia p ro-
cin fondamentale: il popolo ha dimenti- tclliva di Jahvé per il suo popolo, per
ca10 il proprio Dio, se ne è allonianato la quale Jahvé si pone, quale sposo a-
e ne ha disprenato l'amore •r<>. Abbia· morevole, davanti a IHade per proceµ-
mo qui la radice più profonda dell'idea gerlo dalla mi i rnccin d egli altri popo li
dell'ira e la spiegazione della rremenda (/s. 42,13; ,9,17; 63,15): la sua colle-
violenza della µredicazione: è il suo ra discrugge ques1i e porta a quello la
san10 amore feri10 che risveglia in Jah- salvezza (Zach.1,14s.; 8,2s. 1 Nab.1,2).
vé l'ira 111 • La collera di J:1hvé costi tu i- Quesro mo1ivo accomuna vaste pani
sce il riscontro dcl suo qOdcI, d el suo della predicazione dell'ira d ivina con tro
f;cscd, vale a dire dell 'attenzione che i popoli pagani, com'è parricolarmente
Jahvé riserva ad Israele e che forma chiaro nel periodo post-esilico che ba
la base dell'nllennza, come dimos1ra prova10 concretamente l'inrervenro del-
l'associazione nbhasl'anz:l frequen te tra le nozioni ndl'csis rcnza d'Israele, l'odio
la gelosia (qi11'111 jhwh, -+ m, coli. di Edom e la volontà distruttrice di Ba-
1489-149)) e l'indignazione di Jah- bilonia e di altri regni 1~: con Israele è
v~ 1112
• La qiu'at jhrch è fondaca sul J ahvé stesso ad essere attaccato, l'onore
rapporto <lei Dio ~amo con il popo· dcl suo popolo è anche il suo onore (ls.
lo ele1co •M. Ora l'elezione include il 48 1!)-J r e, particolarmente, il libro di
volgersi benigno di Dio verso Jsroelc e Ezechiele). Risuona qui una nota genui-
la sua richiesta di fedelw cd ubbidien· na del messaggio profciico, anche se
za al popolo; ma se l'amore d i J ahvé nel periodo post-esilico essa appare tal-
per il popolo non viene corrisposto, se voh n esagerata e non privo di unilare-
Israele si volge ad alcre divini1ù, allora rali1à. Il medesimo motivo ùomina gi?i
la 'gelosia' di Jahvé divampa. si mani· la storiogralin più antica quando si rrat·
festa nell'irn (Dcut.32,20 s.; dr. Ps.78 1 ta di esporre l'Affermarsi della volontiì
58; 79,:;) e ripudia Israele, la sposa in· ~alvifica di Jolwé sui nemici del suo po-
fedele (Ez. 16.23). La medesima parola polo (Ex.23,27-30; Jos. 24,12; Nu111.
qi11'd può però anche indicare, com 'è 1.p 8) 161. Il principio che regge questo
nltestato dal periodo esilico in poi, la motivo dell'indignazione di Jahvé con-
'"' Ncll'A.T. sono rclativnmcnce pochi i casi A.T. 1 17 (r937 ), ad l. espunge, probabilmente
in cui l'ira di .Jahvé l'Qlllro i popoli ha una a torto, le ultime parole per ragioni metriche
motiva1ionc eric.t . (•metricamente insufficienti,.); dr. lob 4.17.
167 G. HOUCHER, Dar llucb Hiob, H3ndb. z.
òpyi) B m 5 (]. Fichmcr) (v,4o6) i 140
16& In lob 21 , 30 si legga b'i6m '~briit6. che è santo in mezzo a te; io non vengo per
d istruggct'C».
lé!I La pazienta di Jahvé è dovut<t a !JcmJ e
rahiimim (-+ lii, coU. 403·41.j). 111 Cfr. f:c. 34,6 s.; Num. 14,18; Nah. J 3
(«non lascia nessuno impunito-.). '
110 cNon agirò secondo l'ardore ddla mia i-
rn ... perché sono Dio e no.n uorno, sono uno m I versetti non ricorrono nel medesimo con-
òr.r1i 11111 5 (J. Fichtner)
q , llna spna nza che il Deutcrn-b :1ia giu· soprannome di «popolo con cui Jahvé
srilica con le note parole: «Nell'ecces- è irato ctet11:1m~nte» (hii'iim 'a.ier za'a111
so del! 'ira ho nascosto per 1111 momento jhwh 'nd-'òl1im, Mal. 1,4). A questo
il mio volto da te, ma avrò inisericor- punto s'incrucinno e sovrappongono lu
din di te con eterna d emenza (besed manifestaiionc storica dell' ira e quella
'o/iim) 173••• ho giurato di non essere più escatologica. Contemporaneamente vie·
adirato» (ls. ;;4,8-10). Eppure proprio ne cosl espressa la convinzione che l'ira
dopo l'esilio continua a risuonare l'in- di Jahvé contro i popoli non rappresen·
terrogativo circa la durata dell'ira: esso ti che l'altra faccia della grazia con cui
ritorna insisten temente nei salmi (Ps. egli guarda ad Israele: gli avversari di
79,5; 85,6; 89,47) e negli oracoli pro- Jahvé (e del popolo) che si oppongono
fetici (Ag. 1,5-n; Zach. r,3.12 ). Ancor alla sua volontà salvi.fica sono destina ti
più di prima dell'esilio il popolo di Dio alla rovina complera.
sente nella propria esistenza (come pu- L'intento della legge ed il fine ulti-
re lo sente il singolo nel proprio desti- mo della predicazione profetica 1" sono
no) il peso opprimente della collera di- la prevenzione dell'ira annientatrice di
vina. Sulla base di questa esperienza Jahvé ed il mantenimento del favore e
nosce poi e si sviluppa nell'apocalittica tiella misericordia di Dio per Israele, per-
la convinzione che viga un 'tempo del- ché Jahvé è un 'dio geloso', 'él qanna', e
l'ira' che deve crascorrere prima che pùnisce i peccati: «aluimenti divam-
possa spuntare l'era della grazia (ls. 26, perebbe l'ira di Jahvé, tuo Dio, e ti.
20; Don. 8,l9; 11,36;--+ coli. rro6s.) Cilncellerebbe dalla faccia della terra»,
che si spera ponga fine all'ira. D 'altra suona la conclusione di un passo am-
parte, per quanto riguarda i nemici di ll'onirnre di De111. 6,15. l n età più tar-
Jnhvé fuori d' Israele, incontriamo anche da si attribuisce al culto ed nl sacerdo-
l':1ffermazione che l'ira divina contro di zio la funzione importantis~ima di pre-
<:ssi sad eterna: 11oqb11 ihwh t•~ariiw servare il popolo dalla minacciosa e
uf no!er h1i' l" o(hiiw, «Jahvé è un ven- sempre incombente collera divina: i Le-
dicatore contro i suoi nemici e la sua viri devono accamparsi :lttorno al miI-
ira perdura contro chi gli si oppone» hm hà'edtlt come un vallo protettivo,
( Nah. r , 2 ), ed Edom riceve persino il «e in tal modo non vi sarà i ndignazio-
ne contro la comunità dei figli d'Israc· Geremia per Giud:1 ( 14,7-9; 18,20),
le» (Num. I ,5 3) m. Giobbe per i suoi amki (42,7 s.). Una
D 'altra parte il popolo non può ser· raie implorazione viene accolta da Jah-
virsi, quando ne è colpito, dei mezzi in vé e l'azione dell'ira viene frenata
uso presso a ltre popolazioni per storna· (Num. 14; Deut. 9) o to talmente sospe-
re e placare la collera divina, cioè non sa (N11111. IJ; 2 Sa1n. 24 ). Può però an-
può ricorrei:e alle pra tiche magiche per che arrivare il momenLc> in cui Jahvé
scongiurare b divinirà 110; anzi per I srae- non accoglie più alcuna implorazione
le è stato sempre chia ro che l'allontana- (Am. 7,8; 8,2; Ez. 14,14) e anzi vieta
me11to dell'ira dipende, in ultima anali- espressamen te al suo servo d 'intercede-
si, dal libero volere di Jah\•é e costitui- re (ler. 7,16): allora non c'è più nienre
sce un atto d ella sua misericordia m. che possa stornare l'ira , e questa si sca-
Quando ~i chiede che Dio plachi o mo- tena in tutta la sua futia inarrestabile
deri lo sdegno 118, si fa a ppello proprio ed irresistibile (l::z. 8,18; 14,14). Il mo -
alla misericordia di J;ihvé, come abbia - tivo principale ddl'implornzione, cioè il
mo già visto a prop<>sito della d urata del- richiamo ai particolari rapporti di Jah-
l'ira ( ~ coll.1 140 ss.) e come Jegg.iamo, vé con Israele (Ex. 32,12; Num. 14,15
ad es., nelle ricorrenti formulazioni deu- s.; Ps. 74,2), la s ua misericordia e fe-
teronomistiche119 e frequentemente an- delrà all'alleanza (Num. 14,18; cfr.
che altrove 1 ~. Anche l'intercessio ne per Deut. 13,18 ), è talora completato col ri -
coloro che soffrouo sotto il peso dell'in- cordo della d ebolezza e umanità di co-
dignazi o ne o ne sono minacciati invoca loro che sono colpiti da Il ' ira: Amos in-
la misericordia d i Dio: Mosè pregn per il tercede pet Israe le mettendo in eviden-
popolo aposrarn (Ex.32,u s.3ls.; Num. za la fragili tà del popolo: mi iàqu111 ia'ìi-
r.r,1 s.; J4, II·t3; De11t. 9,19; Ps. 106, qòb ki qà!òn hu', «come potrà sussiste-
2 3) o per alcuni singoli individui che re Giaco bbe? È tanto piccolo!» (7,2.5);
si sono resi cvlpcvoli (Num. 12, 13 ; il sahni~ta esclama: «Ci venga presto
Deut. 9 ,20 ), Amos per Israele (7,2.5), incontro la tua clemenza, perc hé sia-
mo t« 11nplct;11ne nre sfi nii i» ( l.:i daltonu cisi ( N11111. 25,1 -5 [JE] o dopo che F i
l!l"'tid, ì 9,8) 181 • Lo stato di crc:ttura e nehes b 11 dato un esempio trafiggendo
la ddH>lczza d ell'uomo dav:111t i :ill'infu- due fornicatori in flagrante (Num. 25,6-
riar<" dc lb colle ra divina sono messi in 1r[P]) 1~ 1 c.:d il suo sdegno si placa do-
partiwlarc ed efficace risnlto nel libro po che Acan ed i suoi, c he a vevano tra-
di Giobbe. Cer1amente i discorsi di sgredito l'anatema impadronendosi di
Giobbe.: nel dialogo attes tano soprattut- beni votati alla distruzione, furono la-
to che l'uomo è esposto, senza difesa né pidati (los. 7,i.2 5 s.; dr. 2 Sam. ll,14).
scampo, nllo sdegno di Dio, con un ri- L'A.T. ricorda relativamente pochi casi
ch.iamo n quell a situazione in cui l'uo- in cui l'ira divina fu stornata con sacri-
mo non conosce l'amore divino pronto fici d 'espiazione ( Num . r7 ,JJ ; 2 Sam .
al perdono, ma sente soltanto il tremen- 24, [ 17); Ps. 78,38 e forse anche r
do e<l irresistibile s1rapocere di D io e Sam. 26,19; ~ rv, coli. 954-978). I
n"Ua p ropria d ebolezza non ~a che sup- profeti proclamano che è forse possibi-
plicare che Dio si allonw ni da lui {lob le evitare l'ira di Jahvé soltanto se si
7 ,r ·20.21 ( ! ]; 9,18-22; 13,13-22; cap. lascia del tutro la falsa strada, ci si con-
14, spec. vv. i -6). A questo proposito verte e ravvede (ler. 44.8; 36,7; dr.
va però ricordato, data l'attuale compo- Dan. 9,r6 ecc.), mentre il Deutero- Isaia
siziom: dd libro di Giobbe, che il let- prornetre al popolo in esilio la fine del-
tore sa fin dall'inizio che il misterioso la collera di Dio dopo che Israele ha
destino di Giobbe non è dovuto alla fu- espiato la propria colpa, ha «vuo tato il
ria ciec:i della collera d ivina, ma ad una calice dell'ira» (51,l7.22 ) ed «ha rice-
c:ircostam:a pari icohire 1 ~ . vuto dalla mano di Jahvé il doppio per
Ora, dato che nell 'ira s i manife sta la tutti i suoi peccati» (40,2).
santità divina lesa dalla mancat!I fedel-
rà al pu tto e dall a violazione dei suoi 6. L'ira di Dio in rapporro alb santi
staruti, J ahvé può v incolare i'allo ntana- tà, giustizia e misericordia di\line
mento dell'ira e<l il ritorno del suo fa-
vore per il popolo alla punizione ed al- In tutto l'A .T. c'è soltanto un passo
l'espiazio ne: fa sua collera non colpisce ( Nah. r ,2) che presenta espressarnenre
più Israele per l'apostnsi:i d i Baal·Fe- l'ira come w1 tra tt·o d ella natura di Dio:
gor dopo che i colpevoli sono stari uc- «Jahvé è vendica to re P. signore ddl'i-
181 Cfr. anche k ragioni per cui Dio desiste Zeil: J ohrb uch der Thculogischen
1111serer
dall'iro ricordate in ls. 57,16; Ps. 78,_19; inol- Schulc Bedlcl ( 1950) 71 ss. 88.
rrc F. H ESSE, Dt(' l;iirbitte 1111 AT., Diss. Er-
lnngen, 1950. 18J Cosi Pinehcs muove lo zelo di Jahvé in J.
182 J. F1C11l'NEX , lliob in dn V erkii11dig11ng sracle (N um. 25 ,11 ) .
òpyi; B JJl 6 (). Fithrner)
ra», noqt:m ;hwh uba'al !1è111à 134; ma pongono alla santa voloncà di Dio.
queste parole ricorrono in un contesto Questa definizione va bene tanto nel ca-
che tratla della collera di Dio contro i so dell 'iodignazione divina contro lsrn::·
suoi nemici e non contro il proprio po· le quanto in quello dell'ira di J:.ihvé
polo. Ques to fatto non deve però im- conrro i popoli pagani, tanto nel caso
pedirci di vedere che l'annuncio del- del singolo quanto in quello dell'inte ra
l'ira divina è indissolubilmente colle· umanira. Nel caso del popolo di Dio la
gato con l 'incero messaggio dell'A.T. collera divina presenta certamente una
L'ira di Dio rappresenta l'impeto del causa particola.r mente profonda in quan·
Dio santo che fa valere e afferma il to viene annunciata ed intesa come e-
proprio diritto e la propria signoria spressione del santo amore di Jahvé che
assoluta. Anche se, <lai punto di vi- è stato offeso, come reazione all'ingrati·
sta strettamente terminologico, la santi- tudine cd all'infedeltà d'Israele verso il
tà di Jahvé è di rado associata diretta· suo Signore nn.
mente alla sua collera (cfr. Ps. 78,38- Stando così le cose, non è possibile
41) 155, pure, oggettivamence e sostan. certamente identificare semplicemente
zialmente, questa associazione è inne- l'ira di J ahvé con la sua giustizia puni-
gabile. Quest~ constatazione è già so. tiva. Anzi è estremamenre significativo
steouta dal fotto che le scene dell'ira di che la giustizia di J ahvé non sia mai e·
Dio sono descrirre sempre con espres- spressamente associata alla sua collt:ta,
sioni ed immagini affini a quelle usate benché innumerevoli volte si affermi
per le teofanie {cfr. Ps. 18; Ex. 19; Is. che 1:1 causa dell'indignazione divina è
30; Abac. 3); in ques to modo lo sdegno da vedere in ciò che Israele (o l'uomo in
divino viene presentato come manifesta- genere) ha fatto o ha mancato di fare
zione non di una potenza oggettiva e venendo così a ledere la maestà o a
neutrale, di un foto impersonale, bensl trasgredire i com:mdamenti di Jahvé 111 •
di una volontà personale e soggettiva. Tipico è il caso di G iobbe che si volge
La coUeru descrive un 'ailetto' di Dio l&o da l Dio adirato che gli è avverso al Dio
e ne indica la manifestazione impetuo- che, Cjliale suo difensore, deve fargli
sa contro tutte quel le forze che si op. rendere giustizia, cioè al Dio della giu-
1 7
1&4 Pitt frequ.,nti wno le forme 'i!/ qannil' (5 ~ Anche se , in ultima analisi , possiamo for·
volte in Ex. e D c:11. ) e qa,,no' (2 volle). La mu la1·c in questi 1er1nini il d~non1inatore co-
frase rv''èl ?O'ém b' kol-j6m {Ps. 7,12) non è mune dei motivi per cui si Sùllena l'ira divi·
testualmente abbas1a1w.a sicura (dr. i LU). na, pure non si de,·e mancare di cogliere le
1 ~ C!U:MILR·KOci;L Sro; Os. ir,9 offre la ron. differemc partiC<llnri tra le Jivcr>C raffigur::i-
trapposizione u·a santità e ira di J:1hvé. zioni ofktteci nei vari periodi e scriui del·
J'A.T.
1116 ~ WEJIER l. ICS ~ EJCllJ\ODT 129.
òrrr~ D 111 6 (J. Fichtner)
stizia 1" (lob i6,20 s.). Questi elementi 77 ,10} 191 . Queste parole cd altre simili
ci permet tono di vedere come l'uomo non permettono però certo di afferma-
dell'an tico pacco abbia scorto l'aspet- re che «è tipico della concezione ve tero-
to irrazionale, imprevedibile, soggettivo tes tamentaria di Dio che l'amore e l'ira
dell'ira divina, mentre per la giustizia convivano nella natura di Jahvé pro-
di Jalwé si è richiamato molto di più prio come in quella di un signorotto o·
alla sua volontà rivelata. L'ira di Jahvé rientale senza che vengano in qualche
ha certamente un motivo ed un 'occasio- modo equilibrati» 192• Bisogna piuttosto
ne, ma i suoi effetti, la sua durata ed il dire che, rispetto ad Israele, l'ira di
suo allontanamento non sono prevedi- Jahvé costituisce l'altra faccia del suo
bili ed ancor meno calcolabili o misura- amore per esso e che i due momenti,
bili. È vero che la causa e l'occasione ira ed amore, sono strettamente con-
dello sdegno divino possono rimanere giunti nell'idea della gelosia di Di o(~
dcl tutto oscure o nascoste l!IO cosl che, coU. II35 ss.), ed anche se nel Dcutero-
agli occhi umani (ad es., nel dialogo di I saia possiamo dare un rapido sguardo
Giobbe o in alcuni salmi), ira ed arbi- alla ;orta tra ira e pietà nel cuore di
trio sono molto prossimi. Queste consi- Dio, pure questo spiraglio non ci fa ve-
derazioni spiega110 forse anche la pre- dere il cuore di un tiranno che distri-
ghiera, che incontriamo in vari luoghi buisce a piacimento collera e favore,
(ler. ro,24; Ps. 6,2; 38,2), che Jahvé bensl ci permette di scoqiere come
purùsca con moderazione, agendo in besed e rabìimlm frenino l'ira e pren-
certo modo con giustizia senza farsi dano alla fine il sopravvento (ls. 54 ,
prendere la mano dall'ira, come pure 8-ro; dr. ler. 3 r ,20). Cosi troviamo
la preoccupazione che lo sdegno P<>ssa sulle labbra del salmista la confessione
prendere il sopravvento stùla na tura di che «il suo sdegno dura un attimo, ma
Dio, una preoccupazione che il salmi- la ~ua benevolenza nitra una vita» (Ps.
sta forruub così: «Dio ba dunque di- 30,6) 193, e nell'inno di I s. r 2 ~i ringra-
menticato di essere pietoso ed ha se- zia Jahvé per aver deposto lo sdegno.
polto nell'ira !:1 sua misericordia?» ( Ps. Accanto a queste affermar.ioni della cle-
19"! Q\leSta è la situazione srn1istica: òpyr) di rnc sinonimo Ji òp-yii) cosl frc<1ucnremen1e
Dio: 200 volte abbondanti; opy/) di uo uo· usaro per indicare l'ira divin~, mentre nella
mo: circa 50 volte; ~1~6<; di Dio: :1ppcn:1 200 grccit~ profan" manca quest 'uso del termine
volte; Ovµéç di un uomo: 70 volte. È molto (-+ hMSCHEK 3 ss.).
interessante notare che nei J..XX W.10<; è ( co- ••> C•EMER·KOGEL 8o7; dr. -+ wll. 1079 s.
èvriiC 12 (0 . Gre1hcr·J. Fichmer) ( \',.p !) H54
6py"fÌ ihiµoii-tcxL (r Ba<r. u,6; 4 Bcxcr. u ), ÉX)(Ei:v (Soph. 3,8; fa. 9,8). Altri
23,26): ques ta sempre, quella quasi modi di dire con òpyT) o ihiµo; come
sempre rende pàra ·a/. Secondo la con- oggerto sono rari; entrambi dipendono
ccrdanza di Hatch-Redpa th, nei LXX dall'aggettivo 7tÀi)pric:; in Js. 30,27; Sap.
1
non si riscontra la figura etimologica 5,22 'lB e sono attributi di l]µÉpcx (lob
ilvµoiia1lw. ilvµc7> o ihip.6v. Ancora più 20,28; Soph. 2,2) 11", x mp0s (Ecclus 44,
spesso di 1'vµoiia1lcxL 6p-yfl ricorre la lo- 17; l er. 18,23 ), niip (fa. 21 ,36 ; 36,5 ),
cuzione bpyli;Ea1l<u ilvµQ (ad es., Ex. 1tÀi'ii>cs (tii 9,25; Is. 31,4) e paflooc:; (ls.
22,23; Deut. 7,4; lud. 2,14; ljJ 105,40) 10,5).
che rende quasi sempre, come l'altra A questa notevole abbondanza di e-
molto ram l>vµòs 6pyli;E't<tt (Iud. 6,39; spressioni caratteristiche formate indif-
ljl73,1; 123,3), /:Jiira 'a/. L:i figura eti- ferentemente sia con 6py1') sia con
mologica Òpyli;Eo-ilm 6prfiv (Zach. z,2. 1'vµ6c:; fa riscontrn un numero sostan-
r5) rende qà$af qeref del T.M. e, nel- zialmente inferiore di locuzioni che ri-
b forma Òpyll:;Eo-ilcx1 6pyj'j ( 2 Par. 29,8 ), corrono soltanto con l'uno o con l'altro
hàja qe!ef. e) In corrispondenza con il termine sew.a che sia possibile determi-
tesro ebraico è straordinariamente alto nare, in base alle singole frasi od anche
il numero dei ·modi di dire formali con alla loro totali tà, alcuna distinzione se·
6pyi) o wµ6s; ne olitiamo soltanto una mantica tra opyi) e ilv1,16c:;. Per questa
scelta, curando d'indicare passi in ragione rinunciamo ad esporle per este-
cui ricorra proporzionatamente ciascu- so 200 • Sorprendentemente frequente è
no dei nos tri due termini 1%. Quando lo scambio tra 6pyi) e ~vµ6c:; nei mano-
òpyi'J e ilv116c:; sono soggetto troviamo i scricri dei LXX llll; tale fenomeno non
seguenti predicati: civa.~cxlvnv (lji 77, sarebbe stato possibile in ques ta misu-
2 z; Et. 24,8), ylvEa1laL (los. 22,20; ra se tra i due termini fosse esistita una
Lam. 3 .47 ), dvcxL (2 Par. 19,10; Lev. differenza di sostanza o anche di mero
10,6), iipxto-ilcxL (lob 3 ,26; 36,18 [cod. uso linguistico. Dalla nostra analisi ri-
AJ) 197, ÉxxcxitcrÌ}aL (Deut. 29,19; fap. sulto. quindi che Òpyi), wµ.oc:; ed i verbi
5 T ,6), 1tClVE<TilcxL (lob 14,13; ls . J ,24), di questo gruppo termin ologico posso·
a1tO<T"tpÉ<;>ELV (intr. , Os. T4 ,5; I er. 2 3,20 ), no essere usati affatto pro miscuamente
à.no<r-rpÉcpECTl)cxL (Nu11t.25A; Da11.9, r6), e vennero cosl usati nei LXX.
ÈxXEi:<rilo:L (4 Bo:cr. 22, 13; I er.7,20 [cod.
A]), ed altri ancora. All'accusativo. co- 2. òpyll:;w, (i}vµ6<.»), r.apopylsw, <tapop-
me oggetto, opyiJ e Dv1i6ç dipendono yL.CTµés
dai seguenti verbi: Éydpnv (Prov. 15,r; I verbi 6pyl~w e ilvµ6w sono attesta·
fJcclus )6,6), Èxxll.lEw (lj/77,38; Iob 3, ti all'attivo, col significato fare incolle-
17 [codd. ne altri]), tl;irnocri:éÀÀEtv rire, far adirare, soltanto una volta cia-
(tji 77 .49°·"), O:nocri:pÉqmv (Prov. 29,8; scuno con sicurezza (lob n ,6 (cod. Al ;
tli 77,38), CTWTE}..éLV (fa. 5,r3; Lam. -f, Os. r 2,15 ), mentre al passivo òpyi~w ri-
M6 Nei passi indicati il primo costltuise<.: un nei rodd. B N [LXX]) abbiamo o/iµÉpa av1~ov,
esempio dell'uso di òpcyi] (oppure opy1) l>v- altrimenti sempre i)µipa. opyiii; . anche negli
llCV), il secondo di w~ (ovvero bvµòc; op- altri passi di Sofonio.
yijc).
197 l~icorrono anche i composii di ~PXEl1i>O'.t.
201Si nana di casi in cui In locuzione rdari-
1"' Incontriamo entrambi i termini anche rct·
va è usata per lo pi11 una volta sola.
t i dulia st'-'SSa preposizione. 1111 Cfr. Is. IOA ; ler. ro,25; Lam. 4,n; 2 Par.
1 ~' Solcaoto io Sopb. 2 ,2 e Prov. IIA (m:tnca 29,8 cc:c.
òpyfi C 11 (0. Grcrber-J. Fichtncr)
corre circa 80 volte, 1'vµ6w oltre 60, usati nella grecità profana per indicare
rinforzati spesso con itvµ<i) od òpyfi ( --'> l'ira divina io., non sono impiegati nei
çoll. n52 s .), sempre col sigoifìcato an- LXX per l'ira di Dio; x6-ro.; non vi ri -
dare in collera, essere adirato. Sia Dio corre affatto, xoÀ.o<; soltanto 5 volte
che l'uomo possono essere il soggetto (Prov. 16,28 (cod. t< ); Eccl. 5,16; 2
di 6pylsoµat e itvµ6oµcn . Anche la for- A'1ach.3,28 ( cod. A] ; 3 Mach.5,I.30) ed
ma attiva di mxpopylsw 1'J2, che ricorre il verbo (Èx-)xoÀ<iv solo in 3 Mach. 3,
in più di 50 passi, significa rendere adi- I: tutte e 6 le volte si tratta dell'ira u-
rato, far andare in collera, irritare. È mana 205 • Mfjvtç si incontra 4 volte
strano che i LXX usino cosi poco i due (Gen. 49,7; Num. 35,21; Ecclus 27,30;
vocaboli affini 'lt<X.popyteiµ6<; ( 6 volte) e 28,5), µ11vla.µa. o µnv~µa. 206 soltanto in
~ap6pyto-µa (3 volte; non compare nel Ecclus 4 0,4 ed il verbo affine µ l]vlew .5
N .T.) che significano irritazione, provo- volte (Lev. 19,18; Ier. 3,12; ljJ 102,9;
cazione (all'ira) (3 Bo.Ci. 15,30; .2 Par. Ecclus 10,6; 28,7 ); 8 di queste 10 volte
35,19<), ma anche, in senso lato, un'a- si tratta dell'ira umana e soltanto in
zione che provoca a ira (2 Eeiop. x9,18; Ier. 3,12 e 4' 102,9 il verbo si riferisce
3 B o.o-. t6,33). Fatta ecce?.ione per Deut. a Dio, ed è certamente interessante no-
32,21 203, soggetro di 'ltapopylsm• è ~em tare che entrambe le volte si nega e-
pre un uomo; anche mxpopyto-µoc, e spressamente che il J..t'l]VlEw di Dio
1tetp6py to-µa vengono riferiti, in senso sia irreversibile. Ques ti dati ci fanno
attivo, sempre all'uomo; 2 volte 'lta.pop- pensare che i traduttori dei LXX riten-
yto-µ6c, ha senso passivo (4 B<X.O'. 19,3; nero che x6-roc,, x oÀoc,, µ ijvtc, ed i loro
Ier. 21, 5). derivati, usati comunemente per indica-
re l'ira degli dèi (greci), fossero ormai
3. opy lÀoc, e l)vµWol]c, semanticamente tarati ed inadeguati e
pertanto li evitarono consapevolmente
Come aggettivo 6pylÀoc, ricorre 4
quando si. trattava dell'ira del Dio bi-
volte ( 4' 17,49 e 3 volte nei Proverbi)
e come avverbio r volta (4 Mach. 8,9); blico.
8 voi te t roviamo l)v1.u.0ol]c, ( 5 volte nei
P rovei·bi, 2 volte in Ecclus e una volta II. Intel'pretazioni e adattamenti 11e1
202 Solrnmo in Dan. 11,36 e in Eccltts 4,3 non ttano quasi esclusivament~ nel vo;:abolario
abbia1no .l'attivo. poetico [ KLf:lNKNECH'I' ) .
20.1 L'uso è qui richiesto dall'antitesi all'azione 20s Rende qe!ef in Ecci. 5, r6; in Prov. 16,28
d'Israele: «Essi mi hanno ingelosito ... mi han- manco il corrispettivo ebraico; gli altr i [lassi
no irritato ..., io li farò ingelosire ... li farò ir- si trovano in 2 e 3 Mach.
l'itare» . 206 I LXX leggono µ-l) vtJ.1et (rodd . ~ A) oppu·
~ Nel la grecità profana q uesti t('rmini rien- re µ1')vla.11a (cod. B).
6pyfi C 1110. Crcthcr-J. Fichtner)
ci signifìcanri l'ira207 , pcr~ino in quei pas- EXOVOW XClL oùx 60-qipavi)'l)17ovi:a~ ( ljJ
si dove significa 11t•le 110 dei serpenri o II3,r4) 20•. D'altra parte quando leggo-
delle frecce (Deut. p,24; Ps. 58,5; lob no (Ps. 18[r7],9) di Jahvé che 'iii/i
6,4); soltanto in \)I 139,4 leggiamo, come 'asan b"appd, «u n fumo u scl dalle sue
ci sMemmo aspettati , i.oc,. Anche ka' as o narici», i LXX sono perplessi e quindi
ka'ai, che ricorre nell 'A.T. 25 volte e si- traducono &:vt~,, xcmvòc, tv opyii aò-
gnifica generalmente indignazione, risen- 'tOÙ, ed in modo simile al v. r 6 mi1111is-
tmzenlo, dolore, dispiacere, è reso nei mat ruab 'appekii, «al soffio impetuoso
LXX quasi esclusiv::u nente con tipici vo- delle tue narici», diventa àitò ȵ1tVEv-
caboli indicanti l'ira (6py1}: 9 volte 208 ; <1twc, mitùµa"Toç òpyfjç aov. Evjdenre-
l}vµ6c; : 8 volte; 1tapopyiqµ6c,: 2 volte; mente i LXX riescono a sopportare la lo-
napofl'Ywµa: 1 volta) e solo in rari casi cuzione antropopatica ( ira di Dio) me-
troviamo un'altra traduzione (ci.ihiµla.: r glio del!' antropomorfismo (naso di Dio )
Ba11.1 ,6.16(cod.A); -yÀ-wo-o-wo'l)ç: Prov. contenuto nel tesro ebraico. Alcrove i
2 r. r9 (accan to a opylÀ.oc,]; persino rvw- LXX sembrano partecipare dell'avversio-
O'~C, : Eccl. l,18). In "lcuni passi rt2ì1~ è ne ellenistica per i mi1'ri, tanto da sosti-
trndotto 6pyi'J (Prov. 16,32) o 1'vµ6c, tuire l'immagine dell'ira di Dio con al-
(Zach. 6,8; Prov. 29,1 r), in altri nvEii- cre. Cosl abbiamo che spesso i LXX men-
µa (fod. 8,3; Is. 25,4; 30,28) benché zionano, invece della collera divina, il
la traduzione con òpyi') o i)vµO.; sareb- peccato umano che la provoca: cfr. lob
be stata almeno altre ttanto appropriata 42,7; N111n . r,53; similmente Is. 57,17;
qui che nei primi c~si; merua~ 'app6 r Eaop. 6,14 (~ 1, coli. 774s.) 110. Una
(lob 4,9) è tradotto ci.nò 1tVEvµa."Toç òp- trasformazione simile subisce anche il
rfic;. Alcune volte i LXX hanno sosti- nome apocalittico che esprime la puni-
tuiro :ti termine concrero indicante il zione di Edom: «il popolo con cui Jah-
mez7.0 o gli effetti dell'azione dell 'ira di- vé è adirato per sempre» (Mal. 1,4),
vina l'astra tto ira: IEp. 37,23 (T.M. 30, diventa À.aòç tcp'ov napa"TÉ"tax"Tm xV-
2 3): opyl) xvplov pe r sa'arat jhwb ed ptoc; fwç alwvoc,, «popolo contro cui il
òpy'I) per sa'ar; lii 82. r 6 offre forse un Signore è pronto a combatter.e in e -
caso ancor più vistoso perché il conte- terno». Il T.M. di Is. 66,r4 legge: w"-
sto non parla di irn divina: Év -rii 6py'fi zii'am 'et-'oj'baw, «e (Jahvé) infurierà
O"ov "t'apti!;tt.c, a.ò-rovc,, «li sconvolgerai contro i suoi nemici» , ma i LXX hanno
con fo tua ira», per lhufat'kii t"baha· cambiato entrambi i termini per tener
tem, «li spaventerai con il tuo turbine». conto del! 'idea ellenistica di Dio più e-
Particolarmente caratteristica è la ri.c o-razionalisrica: ( Xvptoç) ... !i1tEtÀi)O'EL
traduzione di 'a/ in d ue c11si in cui sign i- "t"oi:c, àntdloiil7w, «(il Signore) minacce-
fica naso e non ira. Quando si tratta del rà i ribelli». La trasformazione più for-
naso di un uomo (Prou. 30.JJ} o del te l'ha subita certamente Zach. 1,12:
grui;no di un animale (Prov. u ,22 ) i «Jahvé d egli eserciti, fino a quando non
LXX si servon o di 1.1.vxtjp o di p,ç, co- avrai pietà di Gerusalemme e delle città
me anche quando si dice dei:! 'idoli che di Giuda contro le quali sei aòi r:ito da
«hanno naso, ma no n odorano», p~vixc; scttanc'anni?», che nei LXX è divencato
201 Ncll'occ.:1.ionc di irn è reso 70 volte con verso A111. 4 , 10 «al naso fetore dci vostri ac-
ilvµ6.;. 2 ~ con 6pyi). c1mpamenti» (èv Tfl épyft µou per [ 1i lb'a p-
lOI rnoli re una volta òpyO.oç . {J'kem).
20! I LXX hanno C\•idcntememc k-tto bo'el 2W Tali alter>Zi(>ni ricorrono anche nel Tar-
per h''fil e ro:;l hanno reso in modo affatto di· gum: dr.~ Wu1n 155.
6pyi1 e II (0. Grcthcr..1. Fid1111.-1 I
xvp!.t nav'toxpa-twp, EWç 't'voc; où µl] alla vole1111 i1. all'intenzione di Die1. I
ÉÀrT,crnc; 'tlJV lEpovvaÀT}µ xat 'tà.ç no· LXX .!:inno qnin<li al versetto prnt ie.1
ÀE~c; lovlia., 8.c; v'ltEpEi:lìEc; (za'amta!) 'toii- 111..:111c il ~l·nso d i Ps. 33,9: (<Con l:i 111:1
'to t'3ooµrp(Ov'tÒv ìhoc;;, «Signore onni- semplin· 111in.1ccìa assoggetti la te na .
potente, lìno a quando non avrai mise- con il t uo semplice volere sot11>mc11 i i
ri cordfa di Gerusalemme e delle città <li popoli», e il sa lmo di Abacuc 11011 In. l.1
Giudn che hai disdegnato da settant'an- p it1 il Oio dcl Sinai che si rivd:1 nd '-'
ni?>>. Una raie t raduzione è dovuta cer- carnstrofi na turali, ma il Dio spirin1:1le.
tamente ad un certo orgoglio naziona- I LXX cercano di esprimere In pro·
listico oh re che all:i modifica del con- pria concezione di Dio anche om pie·
cetto di Dio. L 'intero cap. 3 di Abacuc role alternzioni, cosl che, ad es., D.:111.
ha rise n1i10 di un mutamento concet- 32,22 non legge: «un fuoco si è acce-
tuale sim ile. Abac. 3 contiene nel T.M. SC' nella mia ira» (kl-'èI qad!1fi b"'ap·
un salmo sulla potente :ipparizione di pi) ma: «dalla mia ira» (be 'tOii i}v-
Dio nella sua ira, ma nei LXX questo µov µov ), vale a dire 'in segu ito alla
aspetto passa in secondo piano per for mia ira' o persino 'secondo la mia vo·
posto alla rivelazione verbale. Per una lontà'. I LXX h anno semplicemencc ri-
doppia traduzione (? cfr. Bibl. H ebr. preso ·anche le affermazioni del salte-
Km.') di b'rogez ra!1em ( + b'rogez ru- rio: dr. 4i 2,12; 77,38 (Dio frena e lj.
hi) abbiamo (v. 2) la frase Év 't~ 'tCX· mita l'azione della sua ira); 78,5; 88,
paxl>ijva~ 'tTtV ljlvxl}v i.IOV tv opyjj 4 7. Anche Ecclus 48 ,:r tratta, sia pure
{Àfovc; µ.vno-th'i11n , «quando il mio ani- mediatamente, della rivelazione dell'ira
mo è confuso a motivo dell 'ira (di D io), di Dio: xa.t avW'tT) H ì..ta.ç itpo<p1j't1')ç
allora ti ricorderai di avere pietà»; in wc; 'ltVp, xa.L ò Àoyoç a.Ù'tOÙ W<; ì..aµ-
questo modo la proposizione inci<lenta· r.~ç lxalt'to, «allora sorse il profeta
le del T.M., che poi è forse soltanto E lia simile a fuoco, e la sua parola ar-
una glossa, di venta una proposizione deva come una fiaccola». Certamente
principale. Al v . 5 al posto della peste queste parole si riferiscono in primo
(debcr), la tremenda arma della collera luogo ad Elia, ma quanto segue fa ca-
d ivina, troviamo la rivelazione nel Ào- pire che chi veramente parla e agisce è
yoc; (diJbiir). Memre p er. tuLCo iJ capitolo Dio: €v My~ xvplov avfoxev oùpav6v,
Jahvé è, secondo il T.M., il sogge tto, nei «con ht parola del Signore trattenne il
vv. ,.9 dci LXX il te rmine più i rnportan- cielo» ( v. 3); questo passo corrisponde
n· è il Myoc; e solo alb fine della sezione così alla descrizione profetica della ri-
(v . 9) tutto quanto è stato detto del Àé· velazione dell'ira di Dio offerta da Is.
yoç viene attribuito a Dio mediancc l'ag· o
30,27: xaLOl.ltvoç i}vµòç, ...'tÒ Mywv
giunta ÀÉyEL XVpLOC,. Il V. 12 Suona poi: Òpyi'jç TCÀilpec;, xcxl i} opyl] 'tOV wµoii
tv a'ltELÀTI 6)..~y~nç yijv xat Èv ilvp.(!i wc; niip ~OE'tct.L, « l'animo ardente d'ira,
xa-ral;eic; elNTJ, ove è!'ltEtÀ'l) rende :t.a'flm .. .le parole piene di sdegno ed iI furo-
(come in Prov.19,12 :u1'a/, l'ira del re), re della collera che divora come un fuo-
così che non si tratta più di un affetto di co»; cfr. Js.65 ,5 ; IEp. 4,4; 7,20; 15,14;
Dio, ma di una manifestazione (rive la- 'J (44),6: anche in questi passi si trat-
zione) nei confronti della terrn; ilv116c; ta dell'azione dell'ira 211 •
va quindi inteso analogamente e riferito O. GRET!iER-J. F1CliTNER
112 Òpy(~()juu: Pr. Sai. 7,}; Hm. gr. 18 116; sciuto lo sviluppo ,•crso l'accczio11<: giudhio
13ur. gr. 4,8; 9,7; apoc. Mos. 8,16.18.21; ci1top- d 'tra (-+ coli. u64 s.; u93 s.).
yll;oiicu: 2 Mach. 5,17; Éltopyll;<>1u.u: 2 Mncb. 214 XOÀ.Ot;,: 3,51.556.56r.; 4,160.169 ; 5,i30.
7,33; napopyl!,'"'' ludith 8,r4; 11,u; tesi. L. 37HJ6.508; Jr. 3, 19; xoMop.o:L: 3,766; Il~
J.IO e passim; itapopyt0'µ6<;: Ps. Sai. 8,9; \l(w: 4,}I; !lii.,.,<;: 4,135; µ-/iVLµd: 3,632.811;
liLopy~o1.uu: J Mach. 3,1; 4,13. opyi) : v62; >,76; i>vi•&;: 3,309; fr. 3,19;
m Cfr. R. SMEND, Griecb.·syr.-hebr. fltdcx ih1µ601ia~: 5.298.3,lK.
%tlf \fleisheil dcs Jesus Sirncb (19-07), s.v. òp- 215 Tob. i,r8; luJilb ,,2; Ps. Sai. 2,23 s.; r7,
y11 e ilv~.Oç; -+ coU. l 176 s . L'ambito :;emonii- 12; Bar. syr. 48.17; 61,2; Sib. 3,660 s.; spec.
cx1 di wµéç è un po' più ristretto di quello petò in tutti i lihri Jei Maccabei .
di òpyi) perché il primo rennine non ha cono-
Òpyi) DI (E. SjolX'rg-G. Stiihli n)
2l6 Abbiamo qui un bistit-cio che è più di un 218 Quest'opinione cara1terizza :111chc nei seco-
semplice gioco di parole: napopy~oil-i)O'E'to.L li succcssil'i tutta la u·adizione alc>sa11Jri11a
(scU. Antioco IV) ...Ewç 8_,, a'\Jv'tEÀEWD 1i bp. da Filone (-+ col. n74) a Clemente Alcssan·
yfi (scii. di Dio); esso è dovuto al uaduttorc <lrino (-+ rol. 1094) a Origenc (Ccls. ·h7' ss.).
greco. L' apocaliuica post<Snonica non {a che m Tale aspetto risulla sopra1tuno anche dal·
proseguire la linea di quella canonica. la locuzione c fnr adirare il nome Ji O io• (Pa-
m Ad es., Tob. 5,14; EcduJ 2, ,15; 4 Esdr. lea ad apoc. Abr. 29; v. N. BONw.:, ·scu, Dic
10,5 e spec. nel libro dci Giubilei (26,8; 27, Apok. Abr. [11!97] 63s. n. 1; dr. nnche ['.
3.6; 284 ecc.). 63, io alto) .
6Hii n 1(E. Sjobcri::·G. s1 ;ilili111
dell ' ira. In altri passi t3li personifica- anzi p uò perfino esserne una funzione
zioni servono proprio a distanziare la (4 llfoch. 4,21 ; cfr. 9 ,3 2).
reazio ne dell 'ira da Dio stesso : Hen. Soltan to per alcuni pochi scrittofi a-
aeth. 99,16 {lo spirito della sua ira); pocalittici la gius tizia e la misericordia
Dam. 2,5 (2,4: il !Jmh gdwlh è un ange- di Dio ne escludono l'ira. Soprnnuno
lo di distruzione, --7 col. rr 7 1 ); Sap. 4 Esdr., il cui concetto di Dio è dcrer-
18,22.25 (Mosè affronta l'ira, un essere minato da un lato da una giustizia spas·
punitore rxoÀal;,wv] e ~terminatore sionata e dall'altro da un'infinir:i m isc-
[6)..d)pEucùv] , e la vincc) m . Oltre cbe rn.ordia, rHinta l'idea dell'ira per una se-
l'effetto, opyi} può anche indic11re l'oc- r ie di mo tivi: lo scar rn numero dci giusri
casione de ll 'i ra, come in Eccf11s i6,8; (f-,30), l'~ O.rvo~<J. <k!la mnss,1 si rn°ile ad
cfr. 25,22. un gregge, l 'u niversa lità del pc::ccato che
N ella materia appena esposta sono fa . fo apparire In co lle ra immotivnt~t ed in-
cilmentc discernibili i motivi della ceo- giusca (8,34; cfr. ~' . 35) m. ldcc simili inj
contriamo in Bar. syr. (48,14.17): l'as- mitata w (dr. 16,); 18,20) e non opera
soluta debo lezw e nullità dell'uomo vie- lino alla distruzione totale (cfr. Ht:11. gr.
tano l'ira ; non è chiaro se qui ci si ap- .5 ,9: ol ÈxÀ.EY.'l'oL.. où µT) à'ltoi>O.vwaw
pelli alla giustizia o alla misericordia di Èv òpyii ilvµov); ma pure cfr. Bar. syr.
Dio. Anche nell'apoc. Abr. si sente ri- 64,4 e particolarmente Iub. J 5,34 che
suonare l'i nterrogativo rivolto alla giu- parlano addirit tura di una collera eter-
stizia di Dio: perché il Signore si adira na (dr. anche 36,10) sopra I sraele. Vit-
per il male che egli stesso ha subordi- time d ell'ira possono essere anche altre
nato al suo volere? (~coli. Ir98 s.). pani del creato (ad es., la vite [Bar. gr.
LI collera divina si ma nifes ta in due 4,9), a causa della sua a2ione seducen-
fasi, come storica e come escatologica te 214 ; la luna [Bar. gr . 9,7 ]2J5; le stelle
(-7 coli. 1207 ss.)2.'9. L'Ecclesiastico (dr. [He11. gr. x8,r6]), esseri avversi a Dio,
I 8 ,24) m e il D ocumento Damasceno come il diavolo (vit. Ad. 15 s.; Iub. 3,
parlano soltanto dell'ira che si manife- 2 3 ), le schiere di Azazel (Hen. aeth . .5 _5,
sta nella storia, colpendo tutta l'uma- 3), gli angeli caduti (Bar. gr. 4,8; He11.
nità (dr. Hen. aeth. 84,4; Dam. 2,21 aeth. 68,4: « ... perché essi agiscono co-
[ 3,7] ), singoli individui (Ca ino, il pri- me se fossero simili al Signore»; fttb.
mo ut~ òpyi'jç 231 [apoc. Afos. 3 ]rn; so- _5,6), fotse i figli di Dio disubbidienii
pram1tto Adamo ed Eva [apoc. Mos. 8 di Ge11. 6 (f/en. gr. I 6,4 [testo di Sin-
s.; vii. Ad. 3.34]), particolari gruppi o cello); 21,6) 136 •
popoli (gli Egiziani [Sap. 19,r]; lo Tutte le manifestazioni storiche del-
'schernitore', 'l'uomo dello schern o' con l'ira sono prolet tiche di quelle escatolo-
i suoi seguaci [Da111. 1 , 21 s. (1 117); 5, giche, i tempi dell'ila storici (Ecclus
16 (7,17); 8,13 (9,22) = B 19,26; 8, 44,17; Dam. 1,5: qf /:Jrwn) costituisco·
18 (9,26) = B 19,31)), specialmente I- no il preludio del giorno della gran col-
srade che provoca l' ira principalmente lera (ad es., Iub. 24,28.30; 36,10 ~
con l'idola1ria (apoc. Abr., passim; col.1208), dell'6pyi) 'ltupé>c; (Ecc/11s36,
Hen. aeth. 89,33). Mentre però l'ira di 8) nel xo:~pò.; C7UV't'tÀ.t la;; (39,28). L'i.
Dio ~ugli altri permane sino alla fine ra escatologica è direcra verso due grup-
(dr . Sap.19,1), nel caso d ' Israele è li- pi, a seconda che predomini l'aspetto
proposito, indi pendentemente dal fatto che si chi l'ira di Caino con1ro Abele (qjn derivato
preferisca la variante commina/io o i11dig11a- da qn'! ); dr. le varianti registrate in C. Tt·
tio, perché qui si tratta dell'opera potente di SCH ENDORI', Apocalypsrs apocryphtte (r866) 2.
Dio nelle carnsrrofi cosmiche (è assenre qui lJJ Scopo clell'ira ì: la conversione (Bar 11,r. t6,
l'i<lc:i che cali disastri siano una forma di giu- 2; però ques rn potrebbe essere un'inrcri~ol:i
dizio d ivino); simile ~ il caso di Btir. syr. u, zione cristiana ispirata a Ronr. 10,19, se non
6; 48,8. In qucsr'ultimo passo la lezione ori· si tratta sollanto di un riferimento a De1i1.
ginaria indiCAra è adirare invece di minaccia· }2,21 ).
re: RYSSEL, op. rtt. (-+ n. 222) u 428 pone a 2.1< Con questa concezione s'incroda però
hasc dclln sua tradizione una congettura del un'ahra, presente in un'interpolazione, proba·
CHARLl!S, sen1.a darne n0tizia. biln1cntc cristiana, in cui si riscontra un'tlllu~
w Entrambe ricorrono appaiate nello stesso sione alla santa cena.
passo (Ecd11s 48,10) indicate, più per caso che l'S S«ondo il tc-sro greco, perché fa luna olfrl
per principio, con 6pyi'J e OvµOc;; però -+ coli. In propria luce quando il scrpenle set.lus.c A-
lt86 s. <l• mo; secondo il testo slavo, perché la luna
?JO Cfr. V. R YSS~L (-+ n. 222). ad l. rise quando il serpente sedusse Adamo cd E-
131 Cfr. Sib. 3,309; Eph. 2,3 va e li rese consci clclla loro nudiriì.
lJ2 A meno che ques1a espressione non indi· 2l6 Cfr. STAUFI'EK, 'fheol. 199.
èpyfi D 11 {E. Sjiiherg)
tendo la possibilità di una collera gi u· cato, allor;1 ~· presente anche l"i r;1 di
stilìcata ve rso i peccatori i 43 _ Dio m , ma 11011 ~ola: all'opcrn <- ;111d1«
In alcuni pochi passi, abbastanza tar· la miscrinmli;1 divina. Questo " ' " ' _,j
di, l'ira è: personifiçata e presentata, gnifirn sohanto che Dio non di111c111ic1
sotto varie forme, come angelo z.i-1; ora di essere buono verso i giusti p«rd 11:
quesco fenomeno non va cerro conside- punisce co!o ro che lo provoca no a ira,
rato, dopo quanto abbiamo detto, un ma che egli è misericordioso :rnd'<:: ver-
rifuggire dagli antropopatismi, bensl un so i peccatori. La pietà di Dio si mani·
segno dc lln preferenza per le espressio- festa soprattutto nella pazienza e nei
ni concrete e vivaci caratccristica del- buoni doni che egli offre loro nonostan·
lo stile rabbinico ed anche dello svi· te il loro peccato, cosl che più volte si
luppo de.Ila speculazione angelologica. ha occasione di esclamare: - Se Dio agi-
Nonostante fa libertà con cui si de- sce cosl verso coloro che lo fanno incol·
scrive l'ira divina secondo il modello di lerire, quanto pii1 verso coloro che fan-
quella umana, il pensiero rabbinico è no la sua volontà 248 ! Se si comporta co·
fermamente convinto che la collera di sl nell'ora dell'ira, quanto pii1 nell'ora
Dio non abroga la giustizia, ed è un del suo favon': 249!
punto essenziale della teologia rabbini· L'idea che l'ira sia accompagnata dal·
ca, come di tutta la teologia giudaica in la misericordia non è però affatto co-
generale, che Dio non agisca mai con- stantemente presente e talora leggiamo
tro giustizia ( ~ coll. I 197 ss. ). Perciò semplicemente che il peccato provoca
leggia mo, ad es., questo commento a l'ira di Dio e la giusta punizione che ne
Deut . .32AI: «'Quando affilo il lampo segue. In qualche caso si può perfino
della mia spada' vuol dire: quando la leggere che il peccato «rende terribile il
punizione parte da me, è rapida come il Misericordioso» iso_ Soprattutto quando
fompo; ma permane vero che ' la mia si tra tta del giudizio finale, dopo la
mano tiene serena la giustizia'» 2•;. morte o al momento del giudizio uni·
L'ira divina si differenzia anche in versale, i testi affermano che i peccatori
altri modi da quella tunana. Un uomo vengono a subire l'ira divi na senza
adirato colpisce forse furiosamente ed trovare misericordia 251. Il giudizio del-
alla cieca intorno a sé, mencre anche nel ÌJ Geenna è un giudiz io d'ira 252 ed il
momento dell'ira Dio non si d imentica giorno del giudizio è un giorno d'ira,
mai di essere buono e pietoso verso il benché non troviamo questa precisa e-
mondo 246 • Quando nel mondo c'è pec- spressione 253 • In ogni caso lidea della
2.14 Cfr. LmsEGANG Il 59r 8. 261) Deus imm. 52: ... TOV 'JO\J6ETYjO'o:~ xaf1'V
21; som. 2,177 : ol 111:11 imrni:lwç i;wvi:tç -;ca- -roùç hipwç !l-/i i),,va:1u1110,,ç awq>povls~O'i)a:t.
po:mxpo:i11tw xo:ì no:popyli;ew È11olxw<; ì..i- Cfr. anche Orig., Cc·ls. 4,71 s .: quando la Bib-
yow'T'iiv ilebv. Cfr. anche l 'ttP'll'tO:i xaÀ.wç in bia parla dell'ira e.li Dio, si tratta solrnnto di
spec. ieg. 1,>65. un modo di dire per gl'ignoraoci, perché non
2.'<' vit. Mos. r ,6 (le cattive annate in Egitto); si può attribuire a Dio quello che si rifiuca
dr . ibidem rr9 . agli uomini.
217 som. i,179: (l1)0È\/ f LÈV TW\/ opyijç àl;iwv 261 som. t,z3' : -rtp611w-rtov ... xo:l xe•pa.:; xo:l
BavEtç... opy6:ç TE ')(al w110Ìlç ... 7-E~IÉUTJXEV,
én'6)..ti)p~ x(11st i:0 O'E().V'tijç.
ov npòç &_);l1&tt1XV .,;Ò imp&.ÀIX<CV 'TOU'tOi:wv
1-ll sacr. A.C. 96: ···X<Lpetç 7tooa-; EtO'ooou; ).6ywv dvixqi€pwv, q_)..).ò: npòç -rò Àva<i:eMç
€~o6ovç ~xl>P<l4 dnoo..tp~ àÀ.).oi:p1wo-ec:; -.:wv Jlet11ll().vOVTw11. Cfr. anche D~UI imm. 53
opyÒ.ç 7:p00'0:\llt1tÀ.tXHOµ€V. s. ove sono çonrwpposte le due asserzioni
m Abr.202: r.ixvi:òç r.6:i)ovç tiµti:oxoç 1Ì -roii 'Dio non è come un uomo · Dio è come un
i)<:ou q>VO'iç. On 1~nsiero simile si legge aochc uomo', ed il commento aggiuntovi: la prima
in CJem. Al., ~trom. 5,11 ,68,3 (dr. il tono proposizione esprime la realcà, la seconda in·
forma lmente simile a Philo, JdCr . A.C. 96 [ ~ vece npòç i:'Ì]v 'Tt';;v noU.Giv 6t6ao-xaÀlav
n . 258]; som. l ,>35 [-> n. 261]). Elaaye-ra•.
ÒP'YTJ D 1v (0. Pro<:ksch)
2'>lCfr. B. B RUNE, Flaviur Jouphus (1 9 13) 241 ScHLATTr.R, op. cit. 40 s.; nnchc 11li esempi
r5r-1 53. che seguono sono ripresi da qucst~ pngine.
263 SCHl-AlTER, Tbeol. d. Judt. 40.
io.s In qucs1.1 sezione vengono presi in esamé
I t7 i' (v .., , ~,1 bpyfi E I 1 (G. S1;ilili11J (v,.po) 1 'i~
6py- wnguno 11s:1ti nel N.T. unicamen- cismo ( 4 col. rn8 2 ), ove si 1i«nt' Sl' ·
te in rift·ri111~·n ro all'ira umana 166; quan- ri:m11:11 1~ conto dell'ira divina ; infatti
do Òpy1'1 ricorre in questa accezione è
u~atu p{'r lo più promiscuameme con
</t1:tndo si condanni a limine yli.1biasi
av116c; I- > n. 6; coli. IIJI ss.; rr86 s.l. moto irato dell'animo è gic.x:oforza ag-
Qm:~t'u l timo termine è preferito tJll <lll· gimre ermenellticamcnrc i passi che
do si voglia indicare il moto improv-
parlano della collera Ji Dio lt<!, mcm re
viso e violento dell'animo scosso dallo
sdegno (Le. 4,28; Act. 19,28) benché, quando essi siano presi sul serio biso-
considerata la sua origine e~ col.1077), gna esser pronti a<l ammettere anche
anche l'uso di òpyi) sarebbe stato quan- per quanto riguarda l'uomo una legitri·
to mAi appropriato; questo vocabolo
implica però un elemento di consape- mità, almeno limitata, dell'ira (si ri·
volezza, anzi pe.rlìno di riflessione, che cordi però Ro!ll. i2,9; ~ coll. rr82;
manca invece in l>uµ.6c;: ad es., sarebbe 12 r6 ). Il N.T. conosce w1 sacro sde-
quasi impossibile sostituire l>uµ&; ad
gno che ha in odio ciò che Dio odia, e
Òpyii in I oc. I ' 19 ( ~pttÒÙç tlç opyiiv'
«lenro all'ira»). Ilapopyl~w e 1tapopyt- lo mostra sopr:ittutro nello stesso Gesù
crµ.6ç indicano, oltre om,
l'insoddisfa- (Mc. 3,5: µn'òpyfjç; dr. lo . 11,33.38:
zione ed il rifiuco stizzoso che possono ambedue le volte tµ~piµruroa.t; Act.17,
dar luogo n uno stato d'amarezza per-
manente 167 : cfr. l'alternanza voluta di r6: Paolo si esaspera alla vista degl'ido-
òpylsoµa1 e napopyt<7µ6c; in Eph. 64; U: -r.a.pw;t!VE't'O i:ò 'ltVEVµa. avi:oii Èv a.v·
4,26. Ilapoprll:w pl•Ò però anche fun- -.Q); ma nella collera di Gesù si mani-
gere semplicemente, come accade gene-
ralmente nei LXX, da attivo di 6pylso- festa l'ira propria di Dio ( ~ coli. 1200
µa1 (cos1inRom. 10,19). ss. ). Orn, menrre questa indignazione è
C(·nsiderata naturalmente una litxcxia
r. Cimtilicnzione relativa dell'i ra
6pyi) (~ coli. 1080; l r97 s.), come si
umana rileva anche dalla scrett.1 associ;izione
11 N.T. non condanna uniformemen- con derivati dalla radicale Òtx- (Rom . r,
te l'ira umana; non ci si può infatti at· 18; 3,,5; 12,r9; r3,4), l'ira ummn non
tendere un giudizio completamente ne· viene mai definita così nel N.T.M: l'ira
gativo, come avviene invece nello stoi- è diritto in Dio, ma ingiustizia nell'uo-
anche quei p..1~i in cui ricorrono i ~inonin1i scuno (Eph. 4,>6; Tit. r,7}, come "nchc Ov-
~ ilv1t6ç, th>rl<>J.LCXXÉW, W~IOOIJ.ClL, dyocvax· 116oµa1 che nel N.T. è usato soltanto per l'ìra
-.lw. 6.yavdx-.ri:nç, (µ~pJi.1.6:01~cu, 11apo!;vvo· umana (J\lt. 2,>6).
µa~, ccc. per 01tcnerc un quaclro p iù compie· Zò7 Cfr. Phi lo. som. 2,1 77: ...rco:pamxpalvtLV
to, oon limi1:110 all'uso, parzinlmcnte casu~le, ;cal rcapopy(çe•v.
del gruppo bpy-. <li quanto il N.1'. dite sul·
l'argom~nro ddl'irn divina ed umana.
l•S Come fonno la Stoo (-+ coli. 1086 s.), Fi-
l<>6 In 1\lt. 18,14 t· 22 .7 l'ira umana espressa lone (..... coli. 117 3 s.). Origene (Cels. 4 ,7r ss.)
con bpyi.l:;own i: comun'iuc un'immngine per ed oltri unnira.
signilicnrc quclb di"ina ; napo~ ricorre ?b• La ~rcc:it~ (-+ col. ro8o). l'A.T . (-+ coli.
nd N.T. solo dur volte (/(0111 . 10,19; Epb. 6, 1108 ss.),,.Jil i:iudoismo ammettono invece
4); 11a.popy\<1(,1oc; t~I òpy!ì.oç un11 volm eia· i:n'il"J uman" i:iust~; il giudaismo sostiene la
opy/) J; I 2 1C. Sriih lin) (v,420) 1180
mo {lac. l' ,20 __. col. u8 r ) 210 . Mentri: i.: nelle visioni <l<:l N .T. coloro che si ,,.
l'amore di D io ne include l'ira(~ coli. dirano (a meno di<.' non si rratri di Cri-
1194ss.), nell'uomo amore e collera s i e· sw ò di Dio stesso, ~ coli. 1203 ss. ),
sclu<lono (cfr. 1 Cor. 13,5: Cc.yanl) ... où ad esempio il fratello maggiore di Le.
napol;uvE"t'O.L, «l'amore non si muove ad 1 5 ,28: costui rappresenta il contrnrio
ira»). Soltanto due vohe in tutto il N.T. di Gesù perché la sua ira è quella della
l'ira appare un valore positivo: in Rom. durezza e non il sacro sdegno della mi-
to,19 («ecciterò la vostra ira contro sericordia (Mc. 3 ,5 ). La collera di Dio
una nazione insensata», tn'(thin émvvt- nasce dall'amore ferito(~ coll 1195 s.;
't'~ 1tapopytGl v1.1.aç), contrariame nte al 1240 ss.; 1203 s.), quella dell'uomo del-
senso del passo citato dall'A.T. (Deut. l'egoismo irriLato (cfr. Le. 4 ,28).
32 ,2 r) 271 , napopyLaµoç significa un 'ira L'ira che nasce cosl dall'egoismo
salvifica provocata proprio da Dio per è necessariamente diretta contro Dio
for convertire Israele. In 2 Cor. 7,11 stesso: lo è in Le. 15,28 (fuori della
troviamo per cosl dire tra i sette xa.rntol metafora che è qLù quanto mai traspa-
"t'fjç µE-tavolaç, accanto ad ÈxÒlxT)O'l.ç, rente) e 4,28 (tn).;r'}vlh}11av r.ocv-u:ç W-
&:ya.vax't'l)<Ttç (ha pax nel N.T.), un ter- µov , «tutti furono pieni di sdegno»),
mine che sta evidentemente a indicare Io è particolarmente quella dei pagani
la giusta i11dig11azio11e dei Corinzi con- (Apoc. u,18; dr. Act. 19,28 : yEvéµE-
tro chi fece ingiu ria ( v. 12: ò:òtxTiiraç) vo~ 7tb'}pELç wµ.ov; Hebr. II,27: Mosi'.!
o contro il p roprio comportamento cbe lasciò l'Egitto «senza temere il furore
è s tato fino allora così sbagliato 272 • dcl re», µ'Ì) q>o(3l)ìl'dç -còv fivµòv "t'OV
f3wnì..twç).L'estremo addensarsi di que-
11ius1cz2a dell 'irn non solrnnro verso gli empi passo che è probabihneme un 'imcrpolazionc
(cfr. i passi ci rnti in STRACl(·BILLERDECK 111 inf111enzatn da Rom. ro,19 (-+ n . 233); pure
(\02 s.), ma anche verso i non giudei (cfr. S. qui all'impotente ira <lei Giudci non viene • ·
Lev.19,18 CJJ2 a]: STRAC1<-BtLLEll8EC:I{ 1 366), pcrta, come in Poolo, la prospeuiva di un lo-
conformemente al suo aucuiamemo \'crso lo ro ritorno a Dio proprio actmven;o questa lo-
~Évo~ (-4 vm, coli. 34 ss.) . ro ira.
27\1 La medesima cosa valo per bwtL~v (-4 m Cfr. W1No1SCH, "Kor., tu/ I.
IT!,coli. 797 ss.), una delle forme in cui si e· m Una SJ:>."C.ie di prototipo è l'ita del diavolo
sprime l'òpyi). perd1é i primi uomioi tentarono di riconqui-
271 Cfr. anche Ex. 32,9 e spec. Bar. gr. 16, un stare la lx.-aritudinc (vii. Ad. 9).
11X1(v,420) Òpyfi E 1 :2 (G. Sriili li n)
di rato i.: Erode, anch'egli inluriat0 (Mt. come u110 <lei rnnci paradoss i che costei·
2, 1 (, : tilvtAW~'Y} llcr.v ) 1x·n::r.,: sono an- lano il di~nm;o della montagna. Quale
dati a monte i suoi progetti malvagi giudice unrnno può, infatti, giudicare
che avrebbero dovuto far fallire il pia- l'ira, a meno che essa non si concretiz-
no sn lvifico di Dio r.•. Il fauo che l'ira zi in precise manifestazioni o espres-
umana sia rivolta, in ultima analisi, sioni? Alcuni, appunto, sostengono che
contro Dio stesso, non è certo l'ultima Gesù abbia voluto dire questo; ma
ragione per cui il giudizio di Gesù po- proprio il caratte re paradossale dell'af.
trebbe essere riassunto con le parole di fermazionc mostra qui, come altrove,
Iac. 1,20: opyij ... àvopòç OLXClLoaVVl)V l'assolutezza della richiesta di Gesù: già
ilEov oùx Èp-y&st"tCXL, «l'ira dell'uomo l'ira che non si è manifestata ancora
non mette in atto la giustizia di Dio», neanche in una parola è posta sullo
vale a dire che chi è irnto non sussiste stesso piano del! 'omicidio, è iJ primo
diwanti a Dio. Forse andrebbe inteso passo verso l'assassinio 275• L'opYl'l ba
in q uesto senso già il Jètto e.li Gesù sul- per G es[t più che per l'A.T. (- > coli.
l'ira nel discorso della montagna (M1. I I I I s.) nmo il µeso del peccato. Que-
5,22•: miç b ÒpjLs6µevoç "ti;J <ioEÌ..cpc{J sto giudizio è condiviso anche da Pao-
cxù"tov i'voxoç ECT"tat "'TI xplcrEt, «chiun- lo e dai suoi discepoli. In Col. 3,8 ed
que si adira col proprio fratello sarà Eph. 4,3 r l'òp-yiJ è condannata qua·
consegnato al tribunale») se il resto del le xe1.xla. ed è considerata anche qui,
versetto (5,22b.c) fosse staro aggiunro c:>me in lac_ l ,19 (ove è associara ol
soltanto in un secondo rempo; in que- Àcr.Ài)<TCI.~). sopr:tttutto un pecca to di
sto caso i:voxoç 'TI xpl<Tn verrebbe a si- lingua 2'•. Mentre chi non si adira fa
gnificare consegnato al trib1111a/e divino f.>OSCO all'azione di Dio ( Rom .12,9) 271 ,
nelt'11ltimo giorno. Dato però che il lo- la collera può signifìcnre far posto al
gion tripartito va considerato autentico diavolo (Eph. 4,26 s.) e persino, quan-
per altre rngion i, xplcnç deve significa- do si trasformi in vendetta, un 'intro-
re tribu!lale locale ed il detto va visto missione nell'ambito d ell'ira divina (~
m Il N.T. ci rnosrra anche un altro Erode a· fpya '<li<; uapx6<, (Gal. 5.20) e tra una serie
clirato (Act. 12,20) senza cnmunque precisare di vizi costitui ta sopmtrutto di peccati di lin-
le ta(lioni d el suo furore; se lo si potesse co- l)ua (2 Cor. r2,io). Questi passi divergono
e
munque collci;are con 4uamo nsrrato imme- dunque da Ml. 5,22 in quanto qui l'ò~yii ed i
diatamente prima, esso sarebbe ancora uM peccari di lingua sono tc.>nuti chiaramente se-
volta dovuto al fallimento di un disegno cm· parati.
pio. 217 1 Petr. l,2,3 mostrQ esemplarmente come il
115 Or .. tra altri, rL llVBER , Dic Bergprei/igl principio enunciato in Rom. 12,19 sia auuaro
nel comporramento 11roprio di Gesù, con·i-
( 1932) 76-85.
spondentcmente alle sue p11role riportate in
111, Similmente i il>J~tol sono annovtrati tra gli J\11. 5,)8 ss.
6f;yt) [. 1 z (G. !'>1.1hl1111
m L11 medesima idea ~ c•Jlr~ssa da N~d. b. <1uc per Òpyit più probabile la Sc.'Conda ipotc·
u • ( S ruc1::.n11.LERBl::cK 1 177 ): S11 chi ti a- si; di questa opinio ne è anche WmtLENBERC,
u m : c:iJ011u lullr le p1u11um1i ddlo Gccnn•, PaSI 112
ix·rdié In Grenna è il luo!l(l ove a11ua il
$Ì UI Troviamo scmnnzialmen1e la medcsimn af-
i;iudizio d'ira. Viceversa in Bar. gr. i 6 l'i ra fcrmnzionc in lgn., l'hld. 1,>: 'tÒ aopyT}'tO'll
Jcll 'uomo risponde a quel.IJI Ji Dio. a\rtoii (sai. del vescovo); il ncu1ro e le c•prC1·
m Un bt:I pllr•llelo è offc"o da Livio 8,6,2 s.: siooi che ricorrono nello stesso paS$0 ('tÒ 6.Jd.
Annio si adira con Giove e viene pcrUlnto VlJ'tOv, tvcipt'toç, hi.ttxna) fanno però pro-
colpito a sua voha dallo sdegno degli dèi. pendere per un'influenza stoicn; cfr. BAVE~,
ll!O fZ incerto se sin 1'6py1\ sia il otaÀoyt-
Iin., ad I.
111~6~ siano diretti conuo Dio (cfr. Plut ., de
;,., coh1btndd 5 [11 4" d ; -+ col. 1081 ]: Ci 2U Per altre in1erpr.,U12ioni cfr. STRACK·BIL-
aJ1ri<1mo peTJlno con g/1 dè1) o coniro uomini U:IUlttX lii 6o1.
(in questo caso avremmo un par. a Mr. 11, W Troviamo un pensiero simile in Bu. b
25 [cfr. "11. 5,i3 s.]); i paffileli robbi11ki 29 b: Non essere iraocibile, affinché tu non c:1-
(SnACK·BILLEIDECK lii 6~5) rendono comun- dc in pccca10.
I I K., I\· I:.' I
c"'1i111i"·" il """mro <li Iac. 1,19: :1ll'ir:1 "·1:11.- (v. 20) il ri6uto u c l H> di
f<T't<v r;~ ;.ri<; i.ivi1prJ)1t0ç ..• ppaòùç dç <i ' '"'!:I r; r .1 "'" ' cdi6ca su quella g1t1 -
Òflr11v, "'i.1 ci;N·uno ... lento all'ira» " · z i:1 'li.- «on 1a davanti a Dio 2$$.
(dr.''· !o): 11u11 ~i esprime infatti nean-
dll' qu i, :1 111 11.i prima, una condanna
11. 1.·;,,, di Vio
"'sol111a dcll'irn ed inoltre i d ue passi
s i t'o111pk:1a110 a vicenda : siate lenti u 1. Differenza dalla concczimw a111·
1110111:1r1: in collera (Giacomo), non sia ·
h ic:nt alc
le l1:n1i a far sbollire l'ira (Eph.)u.'.
<l) Differenza ling11iJ'fi('(/. Diversa-
La locuzione ppaòùc; ei.ç òpyr1v p 1>-
mente da Flavio Giuseppe u., ma simil-
1rcbbc essere considerata parallela cd mente ai LXX 287 , il N.T. non usa mai
equi valente all'espressione 'erek 1appaj- i termini di cui si serve la poesia greca
ù11 alfa stregua di p.axp61Ìvµoç ( - coll.
per indicare la collera impl acabile degli
dèi, cioè µijvLç 218 e XÒÀ.oç u9 ( ~ n. 6;
r ; 12 ; 1214 s.); i destinatari della lettera
col i. 1085; 1155 s .), ma soltanto òp-
>errebbc ro così implicirnmen t.: esortati rii e i>vµ6ç m (e w1.i6ç soltanto in
alla µlµT)tl'Lç di Dio e della sua p.axpoi}v- Rom. 2,8 e Apoc. 14,10.19; r5,i.7 ; 16,
1.r9; 19,1 5) 19' quando s i trntta dell'ira
µla. , e poiché questa è molto prossima di Dio. Non si può decidere con sicurez..
alla sua xcipLç (--. coli. rr96 s.), essi za se l'aposto lo P aolo e Giovanni il veg-
vengono praticamente incitati a perdo- gen te abbiano effettuato la loro scelt!l
terminologico perché sentissero una dif-
nare invece cli adirarsi. Anche in questa
feren7.3 qualita tiva tra wµ6ç ed Òpy-ft192 .
le ttera, come già in Eph. 4, a quella che L'accumulo dei concetti in vari dei pas-
sembra essere una parziale concessione si succitati (Rom. 2,8 s.: òpyl] xat i}v-
ZA• In questo doppio senso agiscono itli «C· vlwl anche pc1· Dio, ad es . .V 10>,9.
qu i dispensatori Jd l'ira• (6pyi\<; "<Xl''"'
SL- l-ll È indicativo però che in Sib. 8,93 si legga
XC1L.OL), quali appaiono gli Esseni nell'elogio à:ittXptxL't'l')'TOç (inesorabile ) x6).oç.
di~ oe fa Flavio Giuseppe (bell. 2.x.n ). 290 Cfr. -+ v. Jiic1t1'N '9
s . Se la ragione d i
2~ Per l'interprer:uionc d1 O<XC1LOaVv1) atov questo !ano non è di natura puramente lin-
in quc:.io passo dr. i commentari. Affine a guistico, cioè se 4uei vocaboli il•fivLç, x6loç,
!tic. 1,r9 s . è Ab. ,,ir: Chi è lento oll'ira e xo't'o~. ccc.) non erano considerati già allou
p•<Jmo alla cortesia è un uomo pio. Quando esclusivamen1c poetici e 4uindi non approprio·
lejjgiamo parole simili dobbiamo sempre ri- 1i alla prosa, raie ragione va ricercata non tan·
cordare quali fossero i criteri in vigore allora 10 in uno 'sbiadimento' (-+ WETTER i6) quan-
fuori della çcrchia che pensava in ca tegorie to in un raffinamento del conce1w e nella con·
bibliche. Or .. ad es, Arhcoag., suppi. :21: sapcvolezza della differenza essenziale correo·
syw µ!v yòtp... dv&pWliouç d~ìlELç xu.L te tra ira degli dèi. ed ira di Dio.
crxC1iovç (maleducati e rozzi) ),iyw uìi<; òvyii :?9t -+ 1v, coli. 191 s.; per l'uso dei derivati -+
xat Ìl..V?t'O ttxo"V-ca.c;: qui si traua di cultura, coll.1 176s. e n. 266; anche-> çoll.1154s.
liì di giustizia; 4 ui de ll'uomo, là di Dio. NI ~ coll.1079 s. e spcc. ancora Philodcm., de
l.!6Cfr. A. SCHl.ATTl!R, \Vie sp,-ach ]osephllS ir1145,32 ss. (cd. WILKE p. 90) ed anche i pas-
von Goll? (19 10) }9· si indiC(lli lì in nota per il s ignificato di òprTI
281 Cfr. -> WET'TER 16. e la differenza tra èpyi) e l>vp6~; inoltre -->
?SI I LXX usano però il vct·bo µ11vit;w (µl]· TKtNCll 123 ss.
opyfi E 11 1 h(C. S1:ilil1111 (V 423) II!IK
Jl6c; 29\ l}),i:ljli.c; x<tl cri:tvoxwpl<t; Apoc. 1,18; /11 . ~,\(>; Apoc.14,10). L'ira di
T6. I 9 : i:ò 1tOTIJfMV i:oii ot\IOV <Oii bv· Dio 11•>11 <· <1t1indi affatto un residuo
1wu ·djc; opyijc;; e cosl anche 19,15;
clclla rc·ligi1111e legalistica dell'A.T. ri.
1.1 ,ro) con b funzione di far aumenta·
re l'imp1cssione della terribile realtà preso automaticamente e incoerente·
dello ~de!!11<i divino (-> coli. II 14; mente clal N.T., quasi che ogni annun-
r 162) non permettono di riconoscere al·
cio della collera divina appartenesse c~
cuna netro distinzione semantic:i tra lb·
µ.éç e opyii. Si porrebbe però dire che senzialmente soltanto all'antico patto e
&uµoc; si adatta moho bene allo descri- quello dell'amore di Dio altrenanto c.:-
zione delle visioni di Giovanni perché sclusivamcnt<.: al nuovo. L'A.T. procl,1-
sottolinea il momento della passione
violenta che esplode in t.uttn la wa for. ma infatti, con altrettanta for-.ta e con-
1.a, ma non all'idea paolina dell'ira di vinzione del N.T., l'amore e la miseri-
Dio. cordia di Dio oltre che la sua ira, e il
Il significaco di òpyl] può essere sta-
bilito con maggior precisione osservan-
N.T. predica la collera divina insieme
do i termini con cui essa è associata o con l:t misericordia del Signore (-+
ai quali è contrapposta nel N.T. (- coli. I 194 s.). Ora, benché l'ira divina
col. 1208). Il nostro vocabolo è associa- costituisca per il mondo dal quale pro-
to a Èxo(x'l'JCTL<; (Le. 21,22; Rom. 12,19
- llI' coli. 312 ss.) e ÒLXCXLOXPL?'l<t vengono ed al quale si rivolgono gli
(Rom. 2,5; - col. u 78; 11 , coli. 1 327 uomini del N .T. una realtà riconosciu-
s.), il che esclude l'idea ddh vend.:tta t.a, pure il N.T. a questo punto si diffe-
sfrenata e quindi ingiusta, quando si
1raua di Dio; dato poi che òpyfi nppare renzia notevolmente dal proprio am·
in parallelismo con - l)},~ljlLç (Mc. 13. biente. Certamente c'è un comune ed
19 par.; Rom. 2,8 s.), ~ cri:EVoxwpl« identico motivo ultimo dell'ira divina,
(Rom. 2 ,8 s.) e - avciyx11(Le.21,23),
la hybris umana che costiruisce un di-
risulta evidente che, nella maggioranza
dci passi del N.T., il termine significa sprezzo fondamentale di Dio e vuole
più l'ira come atto che come affetto (-+ ad ogni modo vivere la vita senza Dio
coli. 1 x93 s.; dr. J n8). (cfr. Rom. 2,4 ss.; 1,18 ss.; - coli.
b) Di/jel'lm:t.a sostanziale. Gesù ed il 1215 s.; u n s.); ma mentre nel mondo
Battista (Le. 3 ,r 8 ) portano un evange- p:igano la conseguenza di tale atteggia·
lo che include l'annuncio dell'opyfi itEoii mento è l'inimicizia eterna tra gli dèi e
(cfr. Mt . 3,7 par.; Lc. :u,23) e come gli uomini 29-1, nel N.T. permane, accan·
loro anche Paolo e il Vangelo e l'A- to ed oltre l'ita, l'amate di Dio, amo-
pocalisse giovannei non predicano sol- re il cui dispregio offre sempre nuova
tanto la grazia e la misericordia di occasione alla indignazione divina ( ~
Dio, ma anche la sua ira (ad es., Rom. col. II79). Questa posizione fondamen-
295 Lo mostrano locuzioni come ÉmqJtpw Òp· 1-.: si ll'a!la in m ilcà della santa ira di Gcsi1
yi}v (R?m. M). 6pyiJ ~PXE"t<ll (Apoc. Il ,18), Cristo e dd Padre suo. Cir. P. A1.nt\US. Di<t
opyY) <jliM.VEI (r Thess. 2,i6). ITTJa«V~W bp- christliclu \Vahrh,,il Il (1948) 163.
':ii"J (Rom. 2,,), '-cc.; ..-fr..... POHLR/IZ q. N1! In alruoi passi la cradi?jonc ai::giuoge il
N6 Mi s.:mbru fuor di dubbio che Gesì1 voglia l>toii che mancu (r Tbess. 2,16: mss. dd gruJ>-
ind irnrc con quesie parole Dio e non il dia- J.><l occidentale; Rom. 12,r9: Chrys.) e, aJ con· ·
\'Olo; cfr. i commentari ad I. trario, Marciane lo sopprime in Rom. r,r8 per-
m Tn alcuni p2ssi quest'ira ..,mbra presentare ché mie genitivo non si aclaua alla sua conce-
tratti 'numino'i' (ad es., Mc.' 1,14; Hehr. t2, 7.ionc di Dio.
29) così che -+ Orrn 99 s.<. lrn cercato di far l99 -+ \'(/r,nER 16 " ; la medesima idea è ac·
1·icntrarc tu tta una sede Ji pa$si e clj storie ccnnat11 anche in-+ POHLEN<: 15. ~ BòHM13R
dcl N.T., in particola.te l'episodio dcl Getse- )<0-322 discute questo argomento e conclu·
mani (-+ roll. 1251 s.; n. 3R6), nel 4ua<lro del sioni simili in riguardo all'A.T.
fenomeno ddJ'irn numinosa da lui tracciato. lOO Ebraico: k'lé za'am; LXX (ft>r.27,25 = 50,
Ora, però, u11'iro di Dio eh< sia un mystemun 25 nel T.M.): O'XEVrJ òp-y'i)<;: si tratta evi<len·
trcmendum irrazionale non , ; adotta alfotto al- tcn•cnte di armì che Dio ha preso dalla su"
l'immagine di Gesù e di Dio che troviamo nel armeria (ih]O'au~~). Cfr. anche Ts. 10,5: ~<i~
N.T., e anche in rutti gli altri passi del gene- ooç -toii lh>110Ù µou y,o;t 6pyijç. In fr 13,5 i
opy/1E11 2 b (G. S1iihli11)
re per cui si dice che l'ira è mandata, Per quanto riguarda 1111cste idee pre-
viene, cessa (ad es., Is. 10,6; 26,20; cedenti o contempor.mcc a quella di
cfr. ~ col. n65) o nnche da espres- opyi) che troviamo nel N .T. è bene pre-
sioni come quella che leggiamo in ls. cisare alcuni punti. r. l i N.T. non co-
6 3,5, ove Dio dice di essere s1t1to aiu- nosce akuna personi fiat7.Ìone trascen-
tato dal suo braccio e sostenuto dal suo dente dell'ira che sia simile all 'immagi-
furore. Il giudaismo va certamente ne profetica dello 'strumento dell'ira'
molto oltre l'A.T. già in numerosi pas- (~coli. u24 s.; r222) o all'angelo del-
si degli scritti apocrifi e pseudoepigra· l'ira; infatti gli angeli <lell'Apocalisse
fici (cfr., ad es., Sap . 18,21: Mosè «si che versano la coppa dell'ira ecc., non
oppose all'ira», civ"tÉ<T"tTJ "t@ !tuµ@); sono altro che messaggeri ed esecutori
apoc. Abr. 2 5 parla, in modo non del della volontà divina proprio come lo
turto chiaro, di una statua dell'ira di- sono tutti gli angeli del N.T. 2. Nel N .
vina 301 «con cui mi provoca ad ira il po- T. si dice certamente che l'ira 'viene'
polo che mi viene da te» ( Abrnmo).= (non si trova mai detto, però, che l'ira
Per il gi udaismo rabbinico da una par· t> mandata, ecc.), tua il vexbo venire in
te 'l'ira' è una delle due fone primarie questo contesto non è altro che il ter-
(middot) associate in Diom, dall'alcr:i mine tecnico per indicare l'arrivo di
'af e flema o mal'ak za':1/ !1.13 appaiono 'ciò che ha da venire', vale a dire degli
come angeli devastatori a sé stanti ( ~ eventi escatologici 3GS. 3. Il N.T. non
n. 354; col. II65). Da una parre sembra condivide assoluramenre con la religio-
quindi che la concezione 'assoluta' del- sità contemporanea due motivi fonda·
l'6py1) che incontriamo nel N .T. non menta li di questa: il fatal ismo ed il
rappresenti che la continuazione di dualismo. È facile dimostrare che in
quesrn linea, mentre dall'altra vi si ve· nessun passo del N.T. l'òpyl) è un prin-
de una forma del fatalismo antico, un cipio inflessibile operante indipendente-
riscontro all'Etµo:p~i.iv11 dei Greci cd al mente da Dio, ma che si trova piutto-
Fatum dei Romani, anche se si concede sto sempre nel più stretto rapporto con
che, a differenza dn queste divinit'1 che Dio, col Dio di cui essa rappresenta
rappresentano il fato, l'òpr1~ del N.T. la reazione personale 306 • La frequente
rimane sempre sottoposta a Dio e ne è mancanza del genitivo ilEov non per-
guidata l>I. mette di concludere che anche Paolo
LXX traducono però i kli ùn, che ligurano ficativo che iJ midrosh a Ps. ; .7 Jegi?a: Sorgi,
nell'esercito di Dio al momento del giudizio o Jahvé, contro la 1ua ira (invccç che: oeUa tua
universale, con Ò1tÀ.oµ6:xoc. Per tutta la que· i12) e che Ber. b. 7 a faccit1 quasi 'pregare'
stione cfr. -+ B6HMEJ\ 320 ss. Dio con queste parole: Possn io voler• che la
JOt Evidentemente la 'statufl' sta eretta fino al- mir misericordia abbia il sopravvc:n10 •ulla
la fine come monumento commemorativo per n i:a ira.!
1
il giudice perché i sacrifici umani fatti ogl'ido· J0.1 Cfr. Shab. b. 55 a; De11t. r. 3 (2ooc); Ta11n.
li vengono chiamati una 'testimonionza del i z,65 b 43 (-+ col. 12J 5) in STRACK-B t LLER·
giudiiio finale'. BECK m 30 s.; cfr. Bousssr.C&EsSM. 350 s.;
J02 Cfr. BoussET-GaESSM. no s.; !"ira' cor· WEBER 154.r72; -+ B6HMER 321. T11nh. tzrj'
rtsponde aUa mdl hdjn. Secondo S. N11m. 71 a; t55 b in SnACK·BtLLERDECJ< m 30.
T g. Ps. 56, 11 ed altri passi a questa spetta il
JG; - WtTTER 46.55.
nome EJohim, menue il nome Jahvé rocci. in-
~cce alla mdt hrhmjm; cfr. anche WEDER 154. 305 Or. C1tE.ME1t-KbGEL 445 s., s.v. lpxoµw..;
259. Nel contesto di tale concezione è non -+ m, coll. 92 2 ss.
solo possibile, ma anche: comprensibile e &igni· J()6 ar.-+ BRAUN p.
òpyi) E Il 2 C·d {(; S1:1l1lu1I ( V .. p5 l 11" ·l
abbia co11l'\'1'i1,, l'òpy1'1 rnme una ipo- p11;, 11q~:1r~ che in molti altri òp-y1'1 indi-
stas i au 111nnrn:1; t·ss:1 indica piuttosto dii \'<' t:11ncnte un atteggiamcntn di Dio,
w me 1><:r l'1\ pos1\llo l'ira fosse pote nza
con cui si m:rn ilt·stuv11 in tutti la CO· prn prio come ~ &.y<i7tl] , d H .eoi; .>oo
scien7.a di Dio .." . L'uso assoluto di òp- (:1d ('>. , Rom. r , r8 ; 9, 22 ; /1poc 6,16 ed
yi} è dcl 1u110 analogo a q uello altre t- in modo chiarissimo nelh1 ci rn~ione del-
tanto assohuo di ~ xO:ptt; che trovia-
l'A.T. di Hebr. 3,u e 4,3 ). Come ab·
mo negli scri11i di Paolo e dci suoi di -
scepol i ' "' se nza che ci sia dubbio alcu- biamo già visto per l 'A.T. (~ col.
no che si tratti della grazia di Dio. u25 ), così opyJi indica anche nel N.T.
e ntrambi gli aspetti: l'inclignazione di
e) Ora, nonostante questa insepara- Dio per il male, la sua ' appassionata'
bile attinenza dell'òpy'l) a Dio nel N.T., avversione per ogni volontà a lui con-
non possiamo evitare di porci la quc· traria 311 cJ anche la sua concreca a:done
stione se tale bpyJi rappresenti ancora Ji giudice conrro rutto ciò.
un affetto di Dio (~ col. u r8) o no. d) Si è sempre contestato che l'op-
Non indica piuttosto la p unizione com- 'YTJ l)roù costi tuisc(1 una parte integran-
minata da Dio nella sua ira ( ~ coli. te elci messaggio biblico e tale obiezio-
1080; 1 r64 s.; r i 87t9? Origene (Celr. ne è sta ta solleva ta proprio in base
4,72) ha indubbiamente ragione: non alla fede nell'amore di Dio: se Dio
si può 'accumulare ' una passione (Rom. è veramente amore non p uò certo adi-
2 ,5 s.). Nella maggior parte dci passi rarsi 312. Ora già l'epoca precedente il
dcl N.T. bpyi'j indica effettivamenre l'o- N.T. sapevo benissimo che l'ira e l'a-
pera dell'ira divina, la sorte determina- more di Dio non si cscluJono, ma si in-
ta dalt 'ira, il giudizio d'ira ( Mt . 3,7 par. ; cludono iu La predicazione della mise-
Rorn . 2,5; 3,5 ; 1 2 , 19 ecc.), ma non si ricordia di Dio è accompagnata dall 'an-
:m Cosl Sçuu rmR, Mt. 7i. li! Già Marcione, ad es., tra5$C questo tonclu·
!06 Cfr. •i><.'<'. Ro111. 5,w s.; 6,r4 s.; Phil. 1,7 ; sione per il suo 'Dio buono' ; d r. Ten ullian .,
Hebr. •V 6; anche, ad es., in apertu tn e chiu· Mt11c. 1,i7 : Deus melior invrntus eJt, qui ncc
sura di lectera: 1 Pelr. 1,2; Col. 4, 18; ,. Tim. off~nditur nec 1rascit11r nec 11/ciscitur.
6,21; 2 Ti111. 4,22; Hcbr. r 3,i5. l lJ Cfr. oratio Manassac 5 $.: a w.Wo-to.'l'oç
{insopp0mbilc) i') opyi) 'tiji; È't:L à.µ(7.{>Tur
m Cosi -+ 13uLTMA NN 283 s.
b vç cb m À.Tjç ctov, dµi-rpYJT6v ·n: xcd ti·
Jro Cfr. A 1.1't1AUS, op. cii. (-+ n . 297 ) 11 164. v~i;~xvlo.auv '!'Ò iD.ecç -ri)ç ÈncxyyeÀ(cx; uov.
" ' Cfr. P. KALWEIT, art. 'Zorn Gottes iv': La stCSS> ideo è espressa due \'Oh e sin.
RGG' v 21 37. L'Illuminismo chiamò tali im· tcticn memc in /Jcd11s 5,6 = r(., r 1: ll..roç ...
1n:1gini •vivaci antropopacisn1i di un'epoca in· xo.l 6!l'rrt no.p'av-<ii> (a motivo dell'emistichio
colta• (ci tazione ripresa da -+ R!iECG: RE' parallelo il testo deve essere considerato ori·
2l ,7t9,43 s.}, ma in realtà non costi tuiscono ginale, in qutSta forma, almeno nel secondo
un aotrof>OJYJtismo maggiore delle alTcrmazio· passo : -+ col. l i 66 e la n. 222). Per la discus·
ni bibliche del l'amore I>aterno di Dio: sia qud- sionc più recente dr. K. BARnt, Kirch/iebe
Je sin queste sono un u·atto ineliminabile della Dogmatik n 1'(1946) 407.44z.446; A LTHAUS,
concezione b iblica cli un Dio persona . op. cii . (-+ n. 297) li 32 s.
6pyiJ E 11 2 d-e (G. Stiihlin )
n uncio dell'ira d i Dio ( ~ coli. I l 87 ss.) la sua opera (..:fr. Lc.20,r8; M1-. 4,12)
sia nel N.T. sia nell'A.T., nella procla- e rap presen1ò concreta men te con la
mazione di G esù come in quella dei propda perso na questa forza discrimi-
profeti, nell 'insegname nto apostolico nante, questa demarcazione nc11a, mo-
come in quello rabbinico. Soltanto chi rendo in meno ai due ladroai (/,e, 2 3,
conosce la grandez.za dell'ira è sopraf- 39 ss.).
fatto dalla gram.l ez.za della miserico r- e) In che rapporto sca l'épy{) con la
dia e, viceversa, solo cbi ha provato la p.o:xpolTv1..1la di Dio (-7 vi, coli. 1014
grandezw della benignità di Dio può ss. )? Questo problema diventa St'Otran-
ave re un'idea di quanto debba esser te quando si tratta dell'esegesi di Rom.
grande la sua collera. L'ira di Dìo na- 9,22 : El oÈ i)H.wv 6 l>Eòç ÈvoEl~o:O'l>o:~
sce infa tti da l suo amore e dall a sua 't'1)v 6pyi)v x-rÀ. perché, a seconda che
compassione (-4 col. r 134 ss.): se questa s'interpret i il participio lTtÀwv in sen-
misericordia invece della fede e tiella so causale 3" o concessivo ·"5, si vede la
gratitudine, della disponibilità e della µa xpoilvJ.llo: i>Eoii in una luce alquanto
corrispondenza amorosa, incontra la vo- diversa: è essa al servizio dcll 'ir:i di D io
bntt1 dell'uomo avversa a Dio, l'amore o è un mezzo dell:1 sua benignità? Pro-
cli\•Cnta ira (dr. Mt . l8,3 4 ; Mc. 3,5; babilooente essa ha qui lUla doppia fu n-
F..om. 2,5 ). D av:rnti a Cristo l'umani tà si zione: in primo luogo è una manifesta-
d ivide in due gruppi : da una parte coloro zione dell'amore (cfr. 1 Cor. 13,4) e del-
che sono liberati dall'ira perché si son la clemenza di Dio la quale dà al pec-
lasciat i s;1lvare dalla sua benigni tà, d al- catore tempo per la µ E-r6.voLa (dr.
l'altra quan ti son dmasti sotto l'ira R om. 2,4; Apoc. 2 ,21; 2 Pct r. 3,9); è
perché ne hanno disdegnato e rifiutato pertanto un aiuto per la salvezza ( 2
la misericordia. Fin d:ill'ini7.io Simeo- Petr. 3,15; dr. r Tim. 1,16) che per-
ne (Le. 2,34 ) e Giov:inni il Battis ta mette persino agli O'XEV'I') òp-yijc; di di-
(Mt. 3,12) avevano an11uncia10 che que- ventare crxev'l') ÉÀ.fouc; 3 16, intro ducendo
sta sarebbe srnta la funzione d i Gesù; così la rivelazione fin ale della gloria di
Gesù stesso viJc che raie sar.ebbe sia- D io per i vasi di misericordia. Se la pa-
10 l'effetto della sua predicazione e del- zienza di Dio viene però disprezza ta o
•11 ·1 ~l intendono ZA1-1N, Sclll-ATTER, KiiHL, voto., tanto per Ali O'XEOt] 6pyfjç quanto per i
L il\'rZMANN, A LT HAUS e nitri. i:txv(l. cpòon 6pyfji; di Eph. 2,3 (-+col. 1 223 ).
1
1~ Come sostengono Il. WIErss, f{om.• (1899) TJ N.T. non conosce akuna rigida (lri:destina-
ad /.; A. J01.1c HEI\ in: Scbr. N.T., ad I. e zione alla penli:1.ionc eterna (-+ roll. 1222 s. e
le rraduzioni di Wr.IZSACKEK, 1'.It:NGE, la Ziir- la n. 371 ). Per qunnro riguarda q uel problema
rl>er Dibel e altri autori . particolare sono di parere diverso 7.AllN, Rom.
l>• t et:ttamen te lecito rcner conto di questa 4}9 (ma dr. 461), LIET7-M->\Nll, Réim. a 9,22 e
possibilitù, che diventa realtà con la µn&- nitri(-+ n. 3r R).
opyi1E11 2 e-f (G. Stiihlin)
m li XCI.i manca qui 1:1el cod. B, nella Vulgata m -+ coll. 1079 s.; -+ PottL!;NZ 15 n. 3 e
ecc. Se s'i11rende il xcd nel senso di n11chc, la -+ HlltZllL •117ricordano Demosth. 24,n8 cd
cos1ru7-ionc risul1a sl dura, ma non impossibi· Acschin. ~.197,
ove si parla d i una giusta cor-
le: cosi rcnsano andie ZAHN, Riim. 1'8 n. 24, rispondenza tr• la mancanza e la severità del
P. MTllAus, l~om. (N.T. Dcutsch), «d I., e giudice.
altri M lCONI.
m Cfr. apoc. Abr. 2ì {BoNwETscu p. 36) con
m Di parcn;: un po' diverso sono ]. C11. K. v. 25 (p. 35) ove b statua dell'ira di Dio diven-
HoFMANN, Die heilige Schri/t N.Ts ru ( 1868) t<l improvvisamente l"idolo con cui Israele
401·4o6 e J. HoRST, an. µaxpo&IJ!•i« X'tÀ.. provoca la collera di Dio; fuori metafora ciò
-4 v1, roll. 1009 ss., spcc. 1031 ss.; mtrambi signi 6ca che l'ira di Dio proVOC'a sempre nut).
questi studiosi respingono l' interpretazione va ira (-+ roll. 1144 s.).
proposra alla n. 316.
òç>yii E 11 3 a (G. Stahlin)
argomento un po' diversamente: per chi hlema: è gius10 che Dio colpisca con
sa di essere un peccatore che non meri- la sua indignazione chi ora non vu(•lc
ta da Dio altro che collera e nel giudizio seguire neanche la via della fede? Que-
llltro che condanna, la giustizia di Dio è sto non è che uno dei molti problemi
assolutamente fuori dubbio, perché egli che incontriamo nella cominua e razio-
si rende ben conto che l'épyi} di Dio, la nalmente insolubile dialettica della Bib-
sua opposizione all'&.&xla, non è altro bia: tu tto è fondato nella volontà e nel
che un'espressione della sua OLX<lLOO'V- piano di Dio, eppure la colpa di tutto
Vl1 llt. ciò che si oppone a Dio rimane ugual-
Questo pensiero costituisce già il filo mente grande e quindi l'ira che la col-
conduttore di quanto Paolo scrive in pisce permane giusta senza riserve. C'è
Rom. 1,18 ss., ma nel parallelismo ini- solranto un rifugio, una sola via di
ziale dei vv. r 7 e r8 è contenuta una scampo da questa conseguenza: Cristo
t isposta dcl tutto diversa a quell'inter- e la fede in lui ( ~ col. 1249 ).
rogativo, una risposta nel la quale si af-
ferma una inaspettata coincidenza di ira 3. La rivelazione dell'ira divina
c gius tizia che l'uomo non avrebbe po- a) Nel compor/amento e nel messag-
tuto mai immaginare 322 : proprio pe1·- gio di Gesù. L' irn è un tra tto essenziale
ché (v. 18: y6.p) deve adirarsi con tut- dell'immagine di Gesù tramandataci dai
to il mondo, non solo coi pagani ma van~eli ll.l e anche se viene menzionata
anche coi G iudei, anzi con ogni singo- espressamente solo poche volte (Mc. 3,
lo uomo (cap. 2), Dio dona giustizia èx 5: 6pyt); .Mc. l,41: òpyl~oµcu [var.);
1tLO''tEWC, Elc, 1tW'tW (1,17ss.; 3,21ss.) cfr. tµ(3pi.µ6:oµm: Mt. 9,30; Mc. I,43 ;
e manifesta di essere il giusto giudice Io. II ,33.38), pure la sua realtà è pre-
( 3,26) proprio col riconoscimento di sente molto pi ù spesso.
questa giustizia. La collera di Gesù è, in primo luo-
Ora si pone però nuovamen te il pro- go, segno della sua piena tunanità ll4,
m Cfr. ALTliAIJS, op. di. (n. 297) 11 16,. n. " Cfr. BULTMANN, fob. 3to n. 4 e spc-
'?l -+ ScnR.ENK '4 ss. ciahn. l'interprciazione affatto fuori strada pro·
l2J Cfr. J. N tNCK, ]erus ols Charaktcr ( 1925) posta da H.J. HotTzM,\NN in: Ha11dcom111e11-
u-32; P. FEINR, fesus (1930) 245 s. tar :r.11111 N .T. iv' ( 1908), ad t. Quelle parole
m No1> somiglia allo stoico con la sua chC1- non s ignificano niente di d iverso dalla va·
pcxl;(u. inumana (cfr. Scn., cp. 99,15: inhuma· riante offerta dal testo occidentale e da P":
nitas, 11011 uirl11s) e penante nella sua ira noo hC1pdXbrJ 't<!i 1tVEVIJ.a'<L (and1c in 13,21) w~
c'è niente di artificioso, ron1e si è voluto de- l11'3Pl4J.o\)µEvo<;: e.,;e indicano cioè una reazio-
durre dafl'espr«ssione riflessiva h&.pt1l;tv tC1v- ne personale forre cd immcdi111a (per In sua
-.:6v (lo. rr ,33). Cfr. Aug., in Io. ev. truci. 49, causa-+ col i. 1202 e n . 329). D'a lt ra 1rnrre non
18; W. HEtTJ\IULLE,R in: Schr. N.T., ad I.; si può neanche seguire ZAHN, ] oh., ad I., il
BAUER, ]oh.'. ad /.; H.J. IIOLTZMANN, Lehr- quale intende T<!i 1't'1EVµan con lµ'3P•tWAila.i.
buch der ndichen Theologie 11' (1911) 463 ovvero -.:cipa-.:'traDo.• in modo pregnante, qua-
,,.., (v,.p8) opy>'J E n 3 n(G. Stahlinl
si significasse che i 11 Gesù fos'e Dio stesso risce ancora al lebbroso perché il soggetto
od ndirarsi. cambia soltanto dopo i\1~0.i:o.
lll Gesù vede cffeuivamente in Pietro uno W Forse lo sdegno di Gesù è Jovuro al fat-
strumento di Sarnn• in cui S21ana stesso si ce· to ch'egli prevede come molti potrl'bbero es·
In; cfr. G. $Tìi111. 1N, Ska11dalo11 ( 1930) 162 s. sere indotti ad unn superficiale lede miraco-
J26 La variante 6py•cri}Elç oflcrt• dai codd. D losa da chi è stato guarito.
ir (a II' r ) Tar va preferita al la lezione solita JIS Non stupisce che si ccrchj di stabilire un
crn>..o.yxvio-tek. focilmeore spiegabile; forse rapporto intimo tra 1'6i;y(l;EcrorxL pret'e<lente
l'una o l'altra \•ariante è sorta per una ronfu· e l'tµj3~uicrà<:r.L «:gucnte la guarigione dcl
sione tra le gutturali: 'tr!Jm • 'tr'm: clr. E . lebbroso, ad es. richiamando l'attenzione sul-
NES1'LE, Philolos:1ctt sacro (1896) 26; R . HAR- l'inaudito dispendio di energia 'psichica' e-
1us, Arti/icial varitmts in the t eXI o/ tbe N. spresso nei verbi Oé>..w ( v. 4 r) cd él;t{3GtÀtv
T.: Exp 24 (1922) 259-26 r. Anche J. ScmnE- (v. 43). Que~te so1tigliezze non si M.lattano
w tND, J\fk. (N.T. Deutsch), ad /., preferisce però affatto a Gc$(1 (~ qui sopra e nn . 326.
fa tlOS!ta lezione: opy~Ecr1)(1.~ indica la lotta 327). D'altra pane non si può espungere ȵ·
'accinita' di Gesù con la mnlatti• simile alla Pi:<-l<l)crtiµ.;voi; dol v. 43 solo perché non si
morte cd equivale quindi ad t1~l3P•µiicrihu aduna alla teoria dcl propberic frenzy (l'ecci-
(/o. i 1,~n8J e a crrEvtiçav (Ak 7,34). Sono 1niione profetica che può vcrific,irsi solranto
invece molto meno verosimili le •olu>.ioni se- prima della guarigione), come vorrebbe inve-
gutnti: J. WF.ISS, in Scbr. N.1". a Mc. 1, e~ C. JloNNEK. Traces o/ thaumaturgic leCh·
4 e: Gesù si aJirb col lebbroso perché eu- niq11e in the 111iracles: IIThR 20 ( 1927) 1 78~
s1ui gli si era avvicinato contravvenendo alle i lh; questo studìoso considera tµ~pi.µ11cr6:-
prcsçrizioni dell.1 l<."ggc; Ephr., EvanS?.elii co11· 11evoç la lezione originale del v. 4r che sareb-
cordanlis expo.rififi, tr. da ].B. i\UCIH?.R (1876 ) be i10i stato trado110 imtus ncll'Jrnla e di qui
144: l'ira di Gt·s11 è r rovoc:1 ta dal dubbio del SM r"bbe passato nel cod. D, per retroversione,
malato che dis«.' 's" vuoi'; K. LAia:, 'E1~· come òpyo.ai>tLç.
l3P'1.1.l)cr<iµtvo<; a11</ Òpywildc; Mk. 1,40-4}: ·" " li morivo dell'irritazione 1.h Ge•ù nella
l-IThR r6 (1923) 197 s: il participio si rife- ~1oria di f~.,.z.uo è stato oggetto cli lunghe e
1203 (v ,429 ) òpyt) E 11 3 a (G. Scahlin)
bidienza costituiscono offese alla sua stessa indignazione che prova il padri)..
maestà. Gesù è soprattutto iraco e di- ne nella parabola dcl convito oamlla da
spiaciuto (Mc. 3,5: µE't''opyl'jç cru>-:>..v- Gesù (Le. 14 ,2 t: 'tO'tE bpyLai}Ei.~ o olx-o-
7tOvµEvoç) ·130 coi Farise.i. Quesco dolore OE<T1tÒTT)ç) perché gl'invitati hanno di-
indignato ha una doppia causa: è, in sprezzato il suo generoso invito. Assai
primo luogo, lo sdegno di colui che è più violenta è la collera che colpisce il
misericordioso contro i legalisti che non servo spiccato (Mt. i8,34: xcr.t òpyLO'-
vogliono ammettere la nuova via che ìMc; 6 xvpLoc; cr.v'toii) che ricambiò l'in-
porta alla salvezza, cioè la misericordia, finira misericordia con una crudeltà in-
e si fanno quindi trascinare alla spieta- comprensibile 3lJ. In questi casi si scate-
tezza, anzi ad un'avversione mortale (v. na l'ira santa della misericordia sprezza-
6) " 1; allo stesso tempo è l'ira di quel- ta e dell'amore ferito. Infine Gesù è
l'omore che vuole guadagnare anche i pieno d'ira tremenda per le città che
Farisei al regno di Dio e che riceve da non hanno accolto l'appello al ravvedi -
parte loro soltanto odio perché essi non mento (Mt. J r ,2oss.) e per i mercanti
vogliono grazia, ma 'giustizia'. Per tale del tempio che, profanando la casa di
ragione alla collera Silnta si mescola la Dio, mostrano di mancar di rigua rdo a
compassione divina m per la loro reli- Dio stesso (Ml. 2r,12 ss.; e&. lo. 2,13
giosità lontana da Dio. Si tratta della ss. 134 ), ed in una singolare azione para-
val'ie discussioni; per le diverse ipotesi cfr. F. non vogliono seguire la nuova via della bontà
Go1>ET, Cornmc;ilar zu dem Ev. ]oh.' (1890) e dell1 riconcili•zionc, come Cesare stesso fa
401; H.J. HoLTZMANN, op. cit. (-+ n. 324), notare csplicirorncnte. Cfr. E. ST>.UFFER, Clc-
ad I.; BAUER, /oh., ad I.; BuLTMANN, fob., mmlta Caesaris in Schrift und Bekenntnis,
ad I.; questi, l'ifaccndosi a BONN.ER, op. cii. Zeusnisse lu thcrisdwr Theolop.ic (1950) 174-
(-+ n. 328) 176 ss., considem tµ~piµaoµa~ 184, spec. 182 s.
(come -rocpoc<r'1w e .,.-,E'llocl;w) vox mystun per 3 12 Questo indica il composto '1v)J.vmioµct.:
l'eccitazione pneumatica del Oci'o<; ltv&pwnoç. dr., Ira gli altri , P~rUSCllBN-BhUER, s. v.
L'interprets2ione più nn111rnlc è quella del-
l'ira per la mancanza di /ed~, perché l'irrita- .\Jl Anch..: il Ballista continua a tenere la por-
r.ione di GesL1 è chiaramente menzionara en- ta apertn ai Farisei (cfr. Mt. 3,8) e Gesù
munbe le volte in rapporlo col comportnmcn- lo fa più che mai: il suo amore Jivino solTl'e
10 dei Giudei. pe.r ogni uomo ch'è perduro (cfr. Le. 19.41 ss.
llJ ar. Sau..ATTER, J.fk., nd I. Nei passi paral- e forse anche /o. 11,38) cd egli alferma fino
leli non sono ricordati òp-y-ft e À.\>11T) di Ge- alla fine che la promessa di salvezza vale an-
.~Ìl; si trova invece una simile associazione di
che per i Fa risei (cfr. Le. 13,35). [nvcce sui di-
Jolorc ed ira in flav. Ios., ant. 16,200. discepoli cui è s1a ca fotta grazia, 111t1 si son di-
m Un parallelo sorprendente dell'aneggiamcn· mostrati spie1a1i, grava il giudizio d ' ira finale:
10 dei Farisei verso Gesù è quello dei Romani il motivo della condanna di Ml. 18,34 è il me-
\•crso Cesare che essi rifiutano cd infine uccido· desimo di Hebr. 6,4-6.
no proprio perché è lenissimus: cfr. quanto di· ~'' Il cppocyÉÀ.Àiov (v. 15) è qui ~imbolo cd in·
cc lui stesso in Cic., Att. 9,7, C1; cd "nchc pro siemc arma dell'i ra divina che i::iit secondo i
sua b1mu1nitate, indulgentia. ccc. (ibidem, Ai): profeti sravava su ogni rc:lii;iosi1ò e rnho pu
dr. anche &n., de clementia. Anche i Romani ramentc csceriori.
~PYTJ E 11 3 a (G. St!ihlin) (V,430) 120('
bulica JJS rivela il proprio sdegno per CO· 27; ll,46 par.; dr. Mt. 22,7} e fa ge1 -
loro che gli negano il rn1110 del ravve· tare 411dli d11.: ha respinti etc; 'tfiv xci·
dimento (Mc. u,q; d r. ]..(:. 13,7). È µ wov -rov nup6c; (Mt. r3,42; d r. l.3.49
questa l'ira del giudice escatologico che s.; 25,.p) cd El<; -rò u x&roc; "tÒ È~W"tE
ha la piena aucorità Ji dAnnare, di e· pov (22,13; 25,30) oppure in un c.'lrce-
scludere dalla comunione con Dio (ÈX· re senza speranza (r8,34). Ora, benché
~aÀ.À.w : Mt. 2r, 12; cfr. 22,13; 25,30 ; solt:1nto in du e dei passi succita ti (Mt
Le. 13,28), di precipitare nell'inferno 18a4; 22,7) ricorra il verbo òpylso·
(Mt. II ,2 3) e che già adesso esercita La· µa.~, essi andavano tratt:iti :i questo
le potere. pun to tanto più che, con riscontro po-
Da quanto abbiamo appena esposto lare alla sua prima parte, il N .T. ri·
consegue che Gesù era consapevole ed prende nell'ultimo Lbro questa imma·
ha spesso dctco, esplicirnmemc e per gine dcl re sdegnato e dcl giudice esca·
parabole, che la sua ira manifestava già, tologico presenta ndola con la violenza
in fondo, l'ira escatologica di Dio; è un e la vivace concretezza proprie dell'A·
particolare del quadro vario degli even· pocalisse. In Apoc. r9,1' abbiamo, ad
ti escatologici che si sono adempiu ti es., la descrizione dcl re dei re e signo-
nella venuta di Gesti: eg li è il Signore re dei signori che, con gli abiti intrisi
irato del giudizio universale (cfr. Pr. 2, di sangue e con la spada che gli esce di
r 2) 336 che afferma di non aver niente a bocca, pigia egli stesso «il Lino del vi-
che fare con coloro com1·0 cui si sdegna no dcl furore del l'ira di Dio, l'on nipo-
(Mt. 7,23; 25,u; Lc. J3,27) 117, che di- tente» ( ~ coli. 12 II; n29 ), ed in
strugge adirato i suoi nemici (Le. 19, Apor. 6,16 318 (dr. anche q,ro) leggia·
" 5 C'.on l'episodio della maledizione del fico si Cl.U'tOV è con1cs1atn; cfr. E. V1sCHER, Die 0/-
presenta anche il problem• dclln i;iusli>da c.!el- ft:nborung ]oh. (1886) 40 s.; f. SPtTTA, Die
l'ira di Gesù ; infatti il tempo dc:i fichi era pas- Offmbarung de.< foh. ( t889) 27 s.; ] . \VECSS
sare da molto (dr . i commentari). Abbiamo in Srhr. N.T. ad Apoc. 6,1<>; E. SrnvERS, Dfr
4ui uno dci tnn 1i porticolori urtnoti delle para· fobo1111csapokalypu kltmglicb 1111tem1cbt zmd
bole e dei gesti parabolici di Ges\1 che hanno bC'rausgcgeben: MìG 38,r ( i92') 31 ed anche
l'unica funz~onc di indjriz2:ue Pattenzionc su PtOCKSCH ncl ln rrima stesuru di questo llC•
quanto è stato esposto e tli renderne evidente ticolo. J motivi addotti per contestare l'autcn·
13 gravità. ticità sono: i . la frase $Cmbrn un'aggiun1a ri·
l l6 In Le. IJ·9 Gesù dice invece significaciva- chiamata dall'espressione prcccdcme cirtò 7tpo--
mcn te txx6\fJHc;, non hlc6\fJw: in q uesto giu- O'W1tOV 'tOV xo:h)ftÉvou t1tl "tOV flpovou; a. nl
dizio storico le parti del giudice irato e del <li· \'. 17 la mauior pMtc dei mss. legge Cl.U'tOV
fcnsore misericordioso sono divise ua Padre e non «Ù"tw». Nonosiamc questi argomenti
e figlio. mi S<:mhra im•ero~imile che il passo costitui·
m Qualcosa Ji simile esprime and1c l'oval sca u1ùiggiunc.~ posteriore: Cristo è salvatore
rìpeiuto sette vo!cc in Ml. 23: Gesù pronun- e giudicé insieme (In frase ' ira dcll'agneUo' e·
cia cosl, q uale giudic<' prc~~ncc, il giudizio d'i- spriruc con eflic:•cc concisione proprio questo
111 di Dio. fo110) cd il giorno dcl gi11di1io è proprio il
.I,. L'autenticit.Ì cld passo Y.a.i à.1tb -rij~ bpyijo; giomo <lclln sua (o.Ìl"toii) ira ( v. 17 ).
épyi') E li 3 h (G. Stahlin) (v,431) uox
m Cfr. L. P1NOM.A, Der Zom Gr111cs: ZSTh 17 t<t a tenerne conto. Anche questo tipo di esca-
( 1940) no; -> R1TSCJH., Rcchtfer1;gu11g und tt•ìogia conseguente è unilatNalc e porto
Vl'rsiib11u11x rH. pensò di pot.:r dimostrare a false consesu~nzc (cfr. -> F. WIIBER, pas-
che l'ideo dell'ira di Dio nel N.T. ~è usata sol- sim; CnnMeR-l<OCBL 813-8r6; -+ P. FEINE
rnmo con riferimento agli e\'cnti es<:a1ologici 207; BUUMANN, /oh. 121 n. 4).
e non più (conte nell'A.T. [-+ coll.r126-1130] llO Nell'A.T. la locuzione i)µtpa opyiic; si ri-
e nel giudai•mo [ -> coli. J J67 ss.]) per denun- ferisce talora anche a catastrofi storiche: dr.
ciare fatti e fenomeni presemi-. e di a,·cr così 4 BaO". I!l.3 e il testo parallelo di ls. 37,3; for-
provato che la fede cristiana non era obblig:1- se anche lob 20,28; 21,30.
•"•1tvr131) òr-r;l E 113 b (G. S13hlin )
h iio agli occhi: il N.T. ria ll acciandosi nel period<> d 1<' descrive le tribolazioni
immediatamente ai pr"t«·1i dc ll'A.T. (-7 messia11 id1<·; <llli è quasi sinonimo d1
coli. r 128 ss. ), ini zia (Alt. 3 17) e termina à.và.yxT} ic. I paralleli sinottici (.Mt. 24,
(Apoc. 1-19), inf;111i 1 <.:on l'annuncio 2f; Mc. r ;,9) hanno invece l)li:1jl.c;.
J ell'òpyl) µ .ÉÀÀovcrn. G iovanni il Bat- Ques ti sono termini tecnici inconfon.
tista compare sulla scena predicando d ibili per indicare la crisi escarologica
l'imminente irn di Dio...,1 (Mt. 3,7.10- che, nella versione lucana, culmina nel-
12) e chiamando ad un battesiJllo che la dist ruzione di Gerusalemme ( cfr. vv.
tende alla liberazione dalla collera divi- .z 1.24). Si tratta quindi Jdl'opera sto-
na (-7 coli. i225; r248 s.), e Ge~ù rica dell'ira e pertanto di un evento dal·
stesso ha seguito, anche per questo ri- la durata limitata: éixp~ où nÀ11pwi)w.
spe tto, le sue orme. Gesù pada rara- ow xa.Lpot tlNwv, «finché sia no com·
mente dell'ira di Dio expressis verbis piuti i tempi d ei pagani» ( v. 24).
(dr. -7 col. uoo): solo una volta abbia- Già negli scritti rabbinici J" ira' indi-
mo il sos rativno opyi} (le. 21,23) cd il ca ralora proprio il giudizio della Geen-
verbo òpyl~oµa.~ ricorre soltanto un na Ju; anche in Paolo 6pril può esse-
paio di volte nelle parabole con signi- re sinonimo di <inoxd:À.u\jlLc; OL>t:<uoxpL-
ficato escatologico (Mt. 22,7; un po' di- c;la.c; -ccv i)eou (Rom. 2 ,5) e, nell' Apoca-
versamente in Le. 14,21; cfr. anche Ml. lisse, di Xa.tpòc; -cwv VEXpWV ;cp1i)fjva.1
18,34). Ma se manca il termine non (11,18): in quesri casi, evidentemente,
manca la realtà s tessa dell'òpyi} che co- òpyl] non ind ica tanto la giusta indigna-
stituisce un tratto essenziale dell'imma- z ione del giudice universale, q uanto
gine del futuro presentata da Gesù e piuttosto la pena che ques ti commina
d agli apostoli , massimamente da Paolo (-7 col. u 93 s.), la Èx0,X1)0'Lc; (cfr . Le.
e da Giovanni il veggente (-7 col.t210). 2 r ,22 s. ), l'oppos to della Òtxcx.lwc;~c;,
In questa visione del futuro l'òpyi} e- dunq ue «il rifiuto della ~al vezza» w.
scatologica è collocata in due momenti Per questa ragione il giorno e~tremo
precisi: alla crisi prima della fine ed al prende il nome dalla sua coratteriscica
giudizio linalc stesso. più saliente ed è chiamato T)µÉpu. òp-yijç
L'unica volta in cui òpyi} ricorre in (Rom .2,5; Apoc.6 ,r7 ). Dato che la pri-
bocca a Gesù è nella vers ione h1cana ma volta che incontriamo il te rmine 6p-
del discorso escatologico (le. 2T ,2 J ), yi) nell'Apocalisse leggiamo ~)d}EV +i
:wi Secondo il meconio del \longdv di Giovan- ·1.ione tra ira dew11 e ft1lt11n presso i Romani ,
ni non solo le prime parvle del Battista, ma ad es. Tac., historiae 4 ,26 ~ coli . 1 roo ss.
at1che le ultim~ ( 3,36) annunci avano l'ira <li UJ Cfr. STRACK- BILLERBECK 1 1 1 J s., ~ n.
Dio. 374.
m Cfr. a questo proposito la strc11a associa- .WI CKEMER-KOG~L 814.
l21 l (\'.-iµ) épyi) I! 11 3 b (G Si"hlinl
1 r85 s.)'B e nel giudaismo ( ad 1.:~., /l,1r Stxcx~oCTVV'TJ (x -r:(7·m,x, e quindi all'trr
syr. 59,6), ove però subisce spt:s~o una yov !Xycxi}6v, 111:1 anche :1d un 'aumen1<>
limitazione particolaristica, sia come ri·
medio unilaterale per il bene d 'hr:1cl1.: dcl capitale d 'i r:i ' che verrà poi to1:1l-
(:1J es., Taan. i. z,65 b, 44 ss. SPl'C. 50· mcnte ve rsato « 111.:I giorno dell'ira e dd-
5 8 .1.") sia come rimedio del ltvµbc; con· la rivelaziom: dd di Dio»
giudizio giusto
tro i pagani (ad es., 2 Mach. 6 ,q ): en-
{ 'Ì)p.ipa 6pyijc; xixt à1t0xcxÀ.\.11jJEwc; bt·
trambi questi ;1spet1i sono riunit i in Er.
b. 22 a: «Lento all'ira contro i pii, len- XCXLOXptCilcx<; "t'OV itfOU: 2 ,5; ~ coli.
355
to all 'ira contro i malvagi» • 12229 s.). Nell'ultimo passo (Rom . 12,
Nel N.T. questo motivo compare in 19 ) l'uomo viene ammonito a non pren-
tre passi della Lettera ai Romani l!><I in dere il posto dell'ira di Dio che è tra t·
due dci quali troviamo espressa l'idea tenma, esercì iando egli stesso la pro-
di una doppia azione, simile a quella pria vendetta (però °' n. 403 ).
formulata dalla teologia rabbinica. In &) Da questa visione deriva una par-
Rom. 9,22 coli. u96; 1222) il ri-
{"' ticolar~ concezione della scoria: per la
tardo del giudizio serve a dare, da fc<le la storia de lla sHlvena è divisa in
una parte, una dimostrazione ancor più due periodi, uno caratterinato dall'ép-
imponente dell'indignazione divina con- yfi e bltro dalla &xmocruvri l}Eoii. Si
tro gli O'XEVTJ 6pyijc; e, dall'altra, una tratta di due o.twvt<;, oÙ"t'o<; ed b,~rvoc;,
rivelazione ramo più gloriosa della mi- che runavia si sovrappongono nel tem-
sericordia di Dio per gli O'XfV1} H.fovc;. po di Cristo tra le parus ie. In questo
Da Rom. 2,4 apprendiamo che la dop- periodo si verifica perciò 'concempora-
pia fun7.ione d el ritardo dell'ira (&.ve· neamentc' la doppia rivdazione di
xli xcxt 1.1.axpoOvµla) può interessare Rom.1,17s. L:1 rivelazione dell'ira in
non soltanto diverse categorie d'uomi- quest'epoca indirizza lo sguardo in due
ni, ma anche una stessa s ingola perso- direzioni: rivela la storia dell'umanità
na: quesio temporeggiamcntO di Dio da una parte come sottoposta, dal pec-
può panare alla µE"tàvota e quindi alla cato originale in poi, all'6p-yl), e, dal-
m Cfr. inoltre, ad es., l er. ;1,33: 'od m"a? in- po necessario agli anaeli per ritornare (dr.
d ica il lasso di 1cmpo che l' ira di Dio si con- StRACK·Btl.l.F.RDF.CI< lii 30).
cede prima di erompere nel giudizio ( >= rac- 355 Il duale 'appa;im indica, scconJo qucsia in·
roh o ); forse va considerato qui anche Nah. r, tcrpreta•ionc, i due volti di Dio. uno benevolo
2 s. ed uno truce: L. GoLDSCllMIOT, Der bal>ylo-
J5 1 A 'erek 'appaiim ( loel 2,13) viene daco il si-
11iiche T1ilm11d II ( 1930) 69 n. 132.
~nificato 'allon tana 1ore dell'ira' e l'espressione
,-iene intcrpi:cuna in base alla personificazione JS6 Quest'idea si trova anch~ in alcune para·
dell'ira in due angdi distrnuori (due, a moti- bole di Gesù: il giudizio viene procras tinato
vu del duale ' appa1i111), Irn e Rancore: n costo- per risparmiare i oCxo.tot (Ml. IJ,2-fSS.) e per
ro viene ordinato di andare '!omano' e cosl I- pcrmettel'e di produrre fruni di ravvedimen-
sraele può ravvedersi nel lungo periodo di tem- IO(Le. I 3,8).
(vr1~» 121 '
l'altra, prnpri11 f'<T •111"~1;1 ~U:1 cart1tte- ra, 111;1 1·11.1 .li !)in rim:lne su lui» ( /".
ristica, n11nv J'. ll11lit.ii• universale pro- 3,~<,). <:lw ' 1i:11ifica? L' ira rim<tnc fi 11 11
lettico. L\.:srn dn: au·c-nde l'òpy-i} nel- alla lin.- " 11<-r !"eternità? Queq;1 s<··
l'eone ddl'ira \: pro prio la legge: ò v6- rn11d:1 :ilt l·111:1tiva signilichercbbc che
µoç 6pyi'1v xa·npyasEi:cu, «la legge ndl.1 ,.i,iom· del giudizio present" vic-
provoca ira» (/\om. 4,15 ). Come l'evan- 11c ro111pk1:11nente esauri ta, annull:t hl,
gelo, anche L'l legge è un dono dell 'arno- ;l".'orhita quella dcl giudizio d'ira futu-
re d i Dio 357 e, come il disprezzo del la l'O. Or<l, po iché le idee esca tologiche di
bonià c de!L-1 pazienza di Dio nell'c- Cinv11nni non si esauriscono ndle im-
vaugelo, cosi anche quello della legge magin i dell'escatologia adempiuta :1o0, si
provoca 1'6py-i}, benché non sia certo può benissimo dire: all'ira pe rmanente
q uesto lo scopo della legge 358 e solo ( l.Lf:vov-;o; òpyi] ) succederà poi quella fu-
dal punro di visra del 1rasgressore sem- tura {µ ÉÀÀovo-cx. òpy1'})-"'1. Rimane però
bri che invece lo sia. Quando Dio si a- ancora l'i nterrogativo se, secondo il
dira per la violazione della legge flOn N.T., esisn1 un'6pyrj eterna.
si tratta che di una rCll2ionc d ell'atilO· A questa domanda il mondo greco ri-
re respinco che con la legge voleva fa- sponde affermativnmence, l'A.T. negati-
re il bene dell'uomo 359 • vam ente. I miti di Sisifo e di Prome-
teo, nd es., mostrnno la furia eterna del-
E) Con l'anticipazione di eventi esca- la p:ijvLç degli dè i 3>:! , men tre il Signo re
tologici nella storia avviene come LJJ13 della Bibbia dice: «Non serbo l'ira in
trnsposizione da l momento puntiforme e terno» (Icr. 3,11; dr. Ps. ro3 ,9ss.,
ecc.)36.'. Talora il giudaismo parla di una
a quello lineare: gli eventi divengono collera eterna di Dio, ad es., Sib. 3,309
stati, la µÉÀÀ.ovo-o; òpy-i} diviene l'6p'l'1Ì (congettura di GefTken): xa.t i)uµoii i:ix-
l..lÉvouo-a. e leggiamo così che 6 à.nt~fii))v voLç alWv~oç È~oMl)pEV<Tc.<;, «e per i figU
dell'ira una distruzione eterna», e .Joha-
i:Q uì,Q ovx: èhjiei:o;L !;wriv, àÀÀ'i) òp'YTJ nan b. Zakkai (Ber. h. 28 b): « Il re dei
i:oii fiEoii µivEL Èn' a.vi:6v, «chi dist.lb- re, la cui ira, quand'egli si adira , è un'ira
bidisce a l Figlio di D io non vedrà la vi· eterna». Nel giudaismo non c'è u nani·
357 I Giudei ortodossi ancom oggi considcr(lllO rispenivamencc come 1tp6-01unpoç e no)..uxpb-
mie la legge. \lt.Oç (Pseud.-Ammon., adfin. vocab. diff., s.v.),
:tlt Non si u·uttn neanche di una decisione ir- ma <1ui non si parla di una durata eterna Jcl-
revocabile (-+ Wenu 39 ed nitri); qucst~ è l'òpyit. La mcdesim2 cosn vale per le definizio-
l'opinione un po' unilaterale di Poolo (-+ c0ll. ni aflini: ihl11òç orrr/l O:pxoµÉv1) {Diog. L. 7,1,
1243 s.). 63); 6~-y1t !lvµòç iµ1~i'JWV (Grcg. Nw;., carmi-
11a 2,34>'\4); òtà i:oii bojJ.Oii -.ò -<axù &6it}.w-
m -+ v. Jucia:N 3l ss. e-+ coli. 1134 ss. X<, lìLÒ'. o( 'tijç Òpyijc; •Ò tmµ 6VLOV ('fhcodo-
J6J Cfr. G. STii1 1L1 N, op. rii. (-+ n. :H S) 273- ret., in Ps. 68,25 (T.M. 69,2,).
2,7. 36! Cfr. però-+ coli. 1qt s. Per l'affcrma1jone
361 Cosl anche PRnCKSCH; CREMllR-KèiGE!. U-1· che l'i rn dura dr; -.D.oç, frequente nell'A.T.,
362 L.1 semantica aniica qunlifica avµ6 c; ed òp'(ii -+ n . 367.
èprfl E 11 3 h (G. Stiiblin)
micà su questo punto: ad es., troviamo questo senso si può parlare di un'6py1J
11ffermato (Sanh. 10,Gd) che il fuoco e terna nel N .T .li>s Certamente l'ira di
ardente dell'ira divina colpirli il mondo
finché ci saranno malvagi sulla terra ~\I Dio è qualcosa di permanente, perché
e che (Ber. b. 7) Dio si adita $Ì quol'i - non si tral!a di una passione che sfumi
dianamente, ma solo per un isrnntc. rapidamente, bensl dell 'avversione san-
Nel N.T. troviamo tanco passi che ta per tucto quanto non s ia san10: è
affermano chiaramente una durata limi· un'indignazione che permane fino alla fì.
tata dell'ira (Le. 2 r ,2 3; ~ coli. I 209 s.) ne di ogni volontà avversa a Dio (Apoc.
quanto passi che sembrano asserirne 20,10.14; 2J,8}. Il problema ddl'cter·
una illimitata: il itiip èia'3ecr-tov (Mt. 3, nità dell'opyi'} ilEoii è posto immediata-
12; Mc.9,43ss.) ed il "Ttiip a.lwvLov (Mt. mente da I Thess. 2,16: Eq>~cw"EV (o
r 8 ,8; 2 5 .4 r ; ludae 7) sono immagini iiq>ilaxe.v) tit 'a.vi:oùç fi 6pyi'} dç -téì..oc,,
dcll'6py1}; anche la conclusione della «cadde su loro (se il. i Giudei) l'ira ...»:
parabola del servo spietato (Mt. 18,34) che vuòl dire Etç 't'ÉÀ.oç? fino alla fine
implica l'ira eterna del re, perché come (e poi non più)~ o per sempre? Si
potrebbe mai saldare il suo enorme de- potrebbe intendere il passo cosl: a mo-
bito quel servo chiuso in carcere? Lo tivo delle gravi mancanze commesse
s tesso vale per il vino dell'ira (Apoc. continuamente dai Giudei l'ira di Dio
q,ro e passim), evidentemente paral- ha fatto sentire il suo effetto fi.110 al-
lelo ai tormenti dello stagno di zolfo l'era finale che è ora spuntata. Proba-
che durano dç aé.Wva.c, u.lwvwv { r 4, II; bilmente qui abbiamo però soltanto
20 ,1 o). Va però osservato che in tutti ['dç -rÉÀ.oc,, molto comune e spesso
questi ultimi casi non si tratta dell'in- piuttosto trito, con cui i LXX rendono
dignazione stessa, ma della punizione liinesal_, 367 • dç -rD.oç può sl valere anche
che (dobbiamo ammetterlo) dura eter- dç -ròv ol.Wvu. (ad es., ~ 102,9: oùx dç
namente, secondo il tenore generale -rÉÀ.oç Òpyc.o-Ìhi<TE'rU.~ OVOÈ E(ç -rÒV a.Ì.W-
delle affermazioni dcl N.T. ( ~ I, coli. VCl. µ1)vLEL, «non si adirerà in perpetuo
1047 ss.: apocatastasi?}. Soltanto in né rimarrà incollerito p er l'cternitii» ),
161 Tal volta i rabbini affermano, assumendo 366 Bisogna forse intendere i:iÀo~ nel SC'DSO di
una po$izione teologicamente insostenibile, che a11nienlamenlo? 1! questo il sit!ntlicato del ter·
!'ira ad un certo momento si placa. Si veda- mine nel passo parallelo (moddlo? ropia? ) di
no, ad es., i diversi sofismi a Ps. 95,n con I. Lev. 6.u: Venne su loro ( = i Sichemiti)
c::ui i mbbini e<:r<:ano evidentemente di cvi· l'ira del Signore per la loro .!istruzione; l'ira
rare le coosegueoze di 1-lcbr. 4,3 ss.: Num. r. si estingue con lo sterminio.
J 4 ( 177 e) in STRACK·B•LL1'RBECK lii 685; T. 361 L'associazione con ~wç m-rE mostra come
Sanb. 13,10 s. (435) in Sl"RACK·BILLEl\BECK m EÌç -rf)..oç fosse un'espressione p11111n1cnte re·
409; Midr. Qoh. 10,>o ( -19 b ) in SnACK·BIL· torica; dr., ad es., <li 78,5 : lwç non, Y.ùi:;~.
LERDLCK lii 678. opy•O"bii<Tll (~ d).o;;
36.I Cfr. A1.T HAUS, op. cii .(-+ n. 297 ) Il 31.
òprfl E u 4 3-b (G. St:ihlin) (v r136) 1222
368 Uo caso m<tlni;<• (· offerto, ad es., da lub. <c·• Cu, ì PRt:USCHEN·BAll~R. s v.; nrnt: LIUS,
24,28: «Siano n1:ik<k11i i Filiscei fino al gior- 'fl•ns.. ttd I.
no dcll 'i~ e Jd lu furiu• . ~hc \'UOI dire sem- in Pt·r 'IUCSta distinzione \lei :-.ignificaLi di
plic"cmenre: siano mal<> k ll i finché duri il mon· uxcucç opyijc; cfr. v. HOFMANN, /or rii . (-+
do, o siano mablc11 i 1wr s.·11>pre: non si pen- n . \• ~t l)ivcrs1.1.mentc intende ZA11~. Rt'h11. 1
s:1 neanche alla lin<· ,i..11.1 m:olcùiiionc. ,,,1 /., ~ hc.: u1111neuc soltanlO iJ si1tnllk:1to tti
lHJ {V.{36)
o·;c, che sono colmi, appunto, di mi- <liventata una realtà pass:t1:1, t' s t:i t:1 so-
sc::ricordia. Pure prima Jel 'l'ÉÀ.oç, che s tituita da un'altra cpvO'tç m1.:di:1111c· una
porta la decisione definitiva deU'òpyfj, m1ova vivilìc:izione ( Z:.wo7toil)111ç) per-
~ p._1ssibile un cambio di contenuto sc- ché, come per Dio esis1c una nuova
._·ondo l't·spcricnza dei cristiani che san- v(o~Ea-ia, un cambio di f:uniglia (lo. r,
no di essere diventati , da 'l'ÉX.Va q>v<rEL 12; Mt . 23 ,15) mediancc ndoi ium:, così
opyijç, 'l'Éxva aeov (pph. 2,3 ); vicever- esiste anche un cambio di <pvO'Lç (cfr.
sa il servo spie tato, che prima era in- Rom. 6,5 m).
dubbiamente uno <TXEiioç H.Éovç, divie- c) Le immagini che significano l'ira
ne uno O'l(EUOç opyijç, e i Giudei pas- stessa provengono principalmente da
sano dall 'essere utot 't'ijç ~MLÀ.Elaç tre ambiti figurativi.
(Mt. 8,12) ad essere vtot ye.Éw1)ç (23, a) Nell'immagine dcl fuoco (~
r ) 111 _ 'ltiip ), che indicava in origine la vio-
5
La locuzione 'tÉxva. òpyijç di Epb. 2 , lenza dello scoppio d'ira (--> coll. II 04
3 ha similmente i suoi esempi preneo- s.; n22 s.) e poi il giudizio d'ira stes-
rcstumenrari m e riencra nel grande so, conRuiscono più· idee: gli orrori e
gruppo delle denominazioni possessive i tormen ti de lla fine, il giudizio fina-
formate con ~ 'l'Éxvov o~ ut6ç, sicché le (ad ·e s., r Cor. 3,13.15) e !"infer-
in questo caso non si può parlare pro- no di fuoco' (Mt. 5,22; 18,s>l. il niip
priamente di ling uaggio figurato. L'im- alwv~ov (.Mt. 18,8; 25,.p ; Judae7). È
perfetto fiµd}a. 'l'É:xva. <pua-n òpyijç ques to il triplice sfondo della triplice
vuol dire che, benché la ~ <pvcnç sem- immagine del fuoco con cui il Battista
bl'i esprimere il momento originario, apre il suo di scorso (Mt. 3,ro-12) sulla
essenziale della soggezione all'irn (cfr. 1iH.lova-a 6pyi} ( v. 7) 37'. S1..tettamente
Gal. 2,15 ; Rom. IJ ,2r.24 ), pure essa è unita a quella del fuoco è l'immagine
strumento; è indubbio però che l'immagine J7l cru1.1(j)ll-toç, di uguale natura . consimile
dcl vasaio richiama automaticamente quella di (Plat., Phileb. 16 e), di tJguale figura o aspe/lo
v•so. È però giusto l'osservazione che il signi- ( = O'Vµµopq>tç6i.itvoc;: Pbi/. 3,10), come av·
ficato di C'"Jctvoc; è passato inavvcrtitameote venne prototi picamente con Stefano (Act. 6.
dal senso attivo (uxtuoç E!.c; 't~i}v [v. 21 ; d r. r5; 7>59 s.). Se uno viene a partecipare alla
2 Tim. 2,20 I = suppellettile, vnso che serve forma della mone di Gesù parteciperà anche
per un uso nobile) a quello passivo; è pas- alla fo1ma d ella sua risurrezione (cfr. Rom. 8,
sa10 cioè a indicare un recipienre col quale vie· 29; Phil.3,21;-+ vm, coli. 539ss.). Questo si-
ne versata su alni l'ira d ivina (ad es. sul fa. snificato di ~ crVµ(jlV'tO<; deve essere per lo
raonc), ma che rimane pur sempre SOtlo l'azio- meno preso in seria considemzionc accanto a
ne di questa ed è destinato esso stesso al giu- quello soliramemc accolto di cresciuto insieme.
dizio d'ira finale. m Il ' " 9 disturbo il l'1!gionamcnco ed io ori-
J7 1 Così anche Et.l!RT, op. cit. (-+ n. 346) 563: gine non stava qui; per contro il v. 8 costitui-
«A11d1c i 'figli dell'ira', che poi non sono altri sce la premessa <lei v. xo e questo si riallacci•
che i 'vasi d'ira', possono 'venire trasportati immediatamente con i\011 a µ t:)..À.oVO'oc òp-yi}
nella natura celeste in Cristo Gesù' (Eph. 2,3· del v. 7. La sirena associazione esistente ira
6)•. ira e fuoco nel pensiero giudaico è rilevabile
m Apoc. Mos . 3 (w. T ISCHENDORI' p . 2): Cai- dalle sentenze rabbiniche in cui l'ira ( = gior-
no = òpyijç uiéc; ; Sib. 3,309 (-+ col. u23): no dell'ira) viene costantemente in terpretata
xal &uµoù ·ttxvo~ 0ttwvto<; f!;oMDpwutc; = con riferimento alle fiamme dell'inferno: cfr.
per i figli <li Babilonia viene una rovina eter- A.Z.b. 18; B.B.b. ro, ed a questo proposito
na. ZAHN, Ri:im. 457 o. 23 stabilisce un con- GoLuSCHMIDT (-+ 11. 3J5) vm J8 n. 360; an-
fronto anche con l'civìu> bt1Duµ&Wv di Dan. che Ned. b. 22 a (GoLDSCHMIDT v 410, io bas-
10, tr (Thcod.) che è del tutto as1 rauo. so). Per il baucsirno di fuoco cfr. C.M.
6f'y11E 11 4 c (G. St<ihlirtl
ddla scure (Ml. 3,1 0 p;rr. I di.- indica rari 377 un r;ir,tt '""" comraddi ttorio: può
anch'essa l'immincnlt: n>lkra di Dio. essere tanto au 111:1 di morte quanto ac-
Mentre in Mt . 3,10 ~ i 1r:11t:1 dc.:ll'ira e· qua di vita"'. I >.1,·iti, e non soltanto dal
'rntologica, in Le. 13,7 (rod. IJ; cfr. v. rito dell'imml'l', ionc, dipende il fatto
9) si tratta di quella operante nell'am- che già ( ;csì1 ,; 'crve del battesimo Co·
bi to della storia(-? n. n<>J. me figurn ddl:1 morte, anzi de lla sua
{3) Come avviene tnlor.1 g ii't ncll'A.T. morte (1\fr. 1 0 .~ll: Le. 12,5o) m; vice-
(cfr. Bi:. 2r,36; 22,3 1; -+col. rc24), versa il signifìrnto salvifico del battesi-
nel discorso del Battista I 'immngine d el m::> risu lti\ tanro dall'idea dell'acqua di
fuoco è congiunta a tiuella del diluvio vita quanto da ll'atto dell'eme rsione che
(cfr. lob 40,6 ). Questa fusione d'imma- ~imbolcj!.gia la risurrezione o la nuova
gini fu favorita naturalmente dalla dop· nascita. I l battesimo è uno dei vari atti
pia tradizione del diluvio universale e simbolici dell'evangelo che non sono
della pioggia di fuoco su Sodoma e Go- soltanto ambigui, ma hanno spesso ef-
morra e dalla concezione biblica fonda- fettivamente significato duplice o mol-
mentale che 'la fine è uguale al principio' teplice. Evidcn1emente già il ba ttesimo
(Endzeit gleicb Urzeit) m, che portò al- di G io\'anni è tanco un'immagine che
l'attesa di una deflagrazione mondiale preannuncia il battesimo di Spirito,
e anche di un grande diluvio nlla fine quanto una che prefigura e anticipa il
dei tempi 376 • Queste associazioni ven- !lÌudi zio fìnalc .>•0 . Nel primo senso il
gono richiamate dal fatto che il Batti- battesimo prometce il dono escarologi-
sta non mette in relazione con la µH.- co della sai vezza linalc (etc, liqJecrw
),ovcrcx. 6pyii soltanto l'immagine del ò:p;xp't'~wv: Mc. c,4; cfr. Act. 2,38 ove
battesimo di fuoco, ma anche il suo ritroviamo la medesima associazione di
battesimo d'acqua (Mt.3,7). L'acqua ha lx11tcsimo, remissione e conferimento
i.n comune col fuoco (altrettanto utile dello Spirito), nel secondo la salvezza
che tremendo) e con altre forze elemen· dal battesimo di fuoco 331 del giudi;do fi.
EDSMAN, Le boptime de feu ( I940). detti di G"s11e può essere strn ppata dalla rOC·
375 Cfr. H. GUNKEI., Schopfung und Chaos in ci:1 antica della vadizione di Gesù solo con
Un.cii 1md E11dui1' ( 1921). manipolazioni critiche poco attendibili , come
l76 Cfr. vii. Adoe ~9· Tra l'attesa Ji un dilu· quelle usare per il logion dd prezzo di riscat·
vio ~atologiro e la promessa di Gen. 9,II co (Mc. 10,45 par.).
non esiste alcuna contradd ii ione se in que· JMJ Questo è il significato di Mt. 3,u . Almeno
sc'ultimo testo si oouolineano le parole 'ogni secondo l'intecprctaziooe dell'evangelista {tan-
to al v. u quanto ai vv. 10 e 12 mip indica il
carne·: n 11equaq1111m ultra ir.terfic:ict11r om·
nis ca.ro nquis diluvii; infatti nel Jiluvio esca· fuoco del tliudizio) il battesi mo d'acqun è con ·
tologiro una P'JrtC degli uomini si salverà. Cfr. rrnpposto al doppio battesimo che v.:rr~ am·
R. EtsLEK, 'h1uoiic; !ho'LÀ.EÙc; où ~<XO'L).tùa'iu; ministrato da 'colui che viene' . Anche la vo.
lt (1933) IO! S.
ce celeste (v. 17) presuppone, come >cmbra,
che il bauesimo di Giovanni stin in rapporto
m Cfr. il doppio clfetto t1ntitetico dell'òqµ1) col bottesi mo e$catolngiro d'ira: chi si è sot·
( i Cor. 2,16). del )..li)oç (Le. 20,17 s.), ecc.
topo:;to volontariamente all'oPf'l'l si trova, in
J7S La loro interC11mbinbilid costituisce il pun· verità, sono l'tvlìoxla (-+ col. u52).
w salienie nel mito di Adapa: 11.0.T.I 36 s.; 331 Per l'nnesa Ji un finale diluvio di fuoco
dr. CHANT. DE LA SAUSSAYE t 6oo; K. GAL· (7to-ra1Lòc; 11vp6ç, diluvium ig11is) cf.r. anco-
l.ING, art. '\Vasser': RGG' v 1770 s. ra Sib. 2,196 ss. 31,.252 s.; Pscud.-Meliro 1 2
m Quest'idea, che ricorre sia nella 1radizio- in: J.C.Ttt. v. Orro, Corpu.r Apologetamm
ne di Mc. sia in quella parricolarc di Luca, Chrislianorum Saec11li Secundi IX (187 2) 432
appartiene certamente al nucleo origiMrio dti ed anche E1sLE1, op. cit. (-> n. 376) 109.
122ì (V,438) òpy1J .E 11 ·I r (( ; . S1ahli n)
lS.! La fn:quen1c locuzione mescere l'ira (-+ in r4,8 e 10 si trnrri dd medesimo otvoc; "<Oii
col. u24) può essere interpretata in base alle Dvµoii è rinforzata da 18,6; lv -<c;i tt~Pili>
espressioni fìgura1e esaminate ai pun ti Be y; ili txtp<X<rtv xfpli<ran a.vtji òmA.ovv. Si pui>
nel N.T. dr. soprattutto Apoc. 16,r ss. certo a.mn1ctterc di t\ler qui una certa mesco·
lanza di immagini, ma si tratta pur sempre
si riscomrn anche nei cesti del
JS> L'imnrngine
dd medesimo calice d'ira illlchc se riempico
Mar Morto, Alidr. Abac. col. 11: cfr. O.
con tipi diversi cli vino d 'ira. Del tutto impro.
EisSFELDT, Der gcge11wiirtige St1111d der Er/or·
buhile è l'interpretazione di l>v116c; rome 'vele-
schung der in Pa/imina 11euge/u11de11en Ha11d· no' (come, od es., in Deut. 31,33), pen:hé i.li vi·
schrifte11 2 : TI1LZ 74 (1 949) 96. Per le origini no avvelenato potrebbe tn111arsi in Apoc. q,S
dell'immagine dr. H. Gm::SSMANN, Der Ur· e 18,3, m• non in 14,10; r6,19; 19,15: cosl
sprunt, du isr.·iiidische11 Eschatologie ( 1905) pensano anche BovssET, Apok. 385; J.011.
129 ss. e P. VOLZ, Der Prophct ]crernio ( 1928) Mt::YER, Apok. iu s.; B0CHS6L ~ 1v, col.592;
}92 s.; -+ coli. 465 s. n . 16. diversamcnie interpreta SEESEMANN -+ coli.
Js.t L'interpret02ione che si propone qui non 467 s.
è indiscussa . Generalmente &ut.lh<; è i!ltcso CO· lll In r7, 1 il vino (olvo<; -rii~ 1topvt!a.() è in·
rne · ·pnssione' e si traduce 'il vino della sua vece solton10 immagine: dellu forza di ~ttrazio.
appassionata empietà'. Ora la prooobilit~ che ne e di s1otdimen10 dell'empic1à.
r 2J'J (\' .. I ~X~ clpyf) E 11' a (C. S1.1lili111 (v,..39) 1210
l'n111 ic1w l;i spiegazione, costiruisce il r.1 Infinc ricordiamo ancora una vol-
nHn1111·n1n di questa frasc 316 • i :1 ( -)u>l. 1216) la locuzione Dricravpl-
Alla prima accezione dcl calice d'ira ~rLv òvrr1v (Rom. 2,5) che contiene l'i-
( ..-~ BixcrixvLo-µOç) corrisponde la v:ni;111- ,k-;, p:1rndossale di un capitale d'ira 3&1
t1' cldl 'imm:igine, la figura del le se t te d1<: viene accumulato in cielo e fa da
coppe d'ira li? (Apoc. r6,1 ss.) che co- riscontro ad un ben diverso 'tesoro in
stituiscono la terza serie di sctk c\'l:n- .:ielo' (Mt. 19,21; 6,20; Le. 12,33 s.).
ti apocalittici e vengono versati! sulla Mentre gl 'interessi di quest'ultimo ca-
rcrra; il contenuto cli queste Én.-r" qna- pitale (qm) di merito e ricompensa ven-
l aL -rov i1v1.tov -.ov 11Eov è «l'ira dd Dio gono già goduti, secondo il giudaismo,
vivenrc per tutta l'eternità» ( 15,7), nella in quesrn vita ed alla fine viene pagaw
forma delle sette ultime piaghe con cui $Oltanto il c:ipitale, il capitale d'irn ere·
«l'ira di Dio giunge a compimento» (I), sce fino al giorno dcl giudizio per po i
l ). essere versato con tutti gl'intcressi
Nell'Apocalisse anche hl figura del ti- composti: perciò quel giorno s i ch iama
no dell'ira di D io 388 conosce un doppio TJ~LEpa opyi'jç (/~0111. 2, 5) 100 •
uso. In I 9,15 si tratta nuovamente del 5. OAAetti e strumenti dell'ira di Dio
medesimo vino dell'ira di Dio (come in
14,JO; i6,r9) che Cristo prepara al suo a) Gli Ofl.~elfi. Anche nel N.T. non
ritorno calcando egli stesso il c.ino. In esiste un'ira assoluta di Dio e la colle-
14,19 s. è l'uva matura del peccato 11- ra non ~ neanche qui un tratto della
mano che viene pigiata nel «tino dell 'irn
di Dio» (l'l)vòç -.ov !)vp.ov i;ov ì}Eov ), e natura divi na (-+ col. n r 8 ). Come ne-
il vino è sangue che trabocca dal tino e gli scritti srodci e profetici dd l'A.T.
diventa come un mare (v. 20). (-+ col!. u18s.; u2os.), il primo og-
JN> Mc. q,36: napt'Jt'(JU "tÒ no"ti)pi.ov "'!OU"to tario; anche lol'I 4 , 13; cfr. G. Bo•NKAMM -+
0.n'lµoii: il cnlice che Gesù chiede al Padre v1, coli. 69}·700.
cii far pa~arc oltre è forse quello dell'ira di .149 L'immagine rimrr.~ anche negli scriui rab·
Dio? 1n questo caso Gesù avrebbe timore che binici, ad es. P<'a ;. r,q <l 64: « ...<1•ia1rro ro·
il <'lllicc dell"ira dhiina faccia cessare quella se per c11i un uo1no viene punito in c.1ucsto
comunione d'amore col Padre su cui si fonda mondo ed il cnpi tale ri mane ncl1':1lt ro m<>t1U<l:
tutta la sun esistenza. Il grido fino lc sulla cro- l'idolutria, l"nduht'rio, Jo spargirnen10 di san-
ce (Mc. r'' H par.) sarebbe allora il segno ch'e- gue, la calunnia»; similmente anche in T. Pea
gli doveuc comunque berlo (oosl PROCKSCH 1,2 (cfr. \VI. BAUER a Pea 1,1 b; G. SCHLICll·
-+ coli. 115t s.). Ora ncll'A.T. un calice non TING, Dcr Tnsr/la/raklal Pea, Diss. Tiibingen
meglio determinato può talora in<licAre la cop- [ 1936], arl /.).
pa dell'ira (nd es., ler. 49,12); ma, a pane il m In molte delle immagini ricordate non
fatto che la differenza tra calice d'ira e di do- manca un tocco di crudele ironia: il tesoro è
lore ~minima(-+ 1v, col. n2), l'uso solito che veramente un oggetto che pro\•0<.~1 µio ia (MI.
ne fa Gesù (Mc. 10,38; Io. 18,11 ) rende mol- 6,21 par.; 13,44), la mietitwa (Ml . p2) e SO·
!O p iì1 proh:ihile che anche nel (;e1sem:1ni prattutto fo vendemmia (Apoc. r.4,11l ss.) sono
l'immoµinc indichi il calice della 1uor1". Cfr. momenti di ~llcgrezza (dr. Is. 9,2); il vino rnl-
anche: a.<c. Js.5,13. kgra vcrnmente il cuore dell"uomo (f's. 10~.
J y) cd il calice è figura cipico della lc1itia e
w 11 rnoddlo veterotestamentario di qu~<ta
imm.1i:i1w <· b minnccia del seuuplo c•siii:o .li della salvC2z4 (dr. Ps. n6,r3). A.•S<><'iatc: con
I.cv. 26.1/U 1 24.28 oppure anche i sei uomi11i o~yi1. tutte queste cose si trllsform3m• '"" nel
di fa. •,.~ l1wn •k•loroso oonrrario. Un fenomeno simile
'"""i<·nc anche nd resto del lini:11:1~f;i11 l1µ11rato
JM ls. r.p '' "'' è il modello vctcro1csrnmc11· d«ll,1 llibbio.
òpy-ft E 11 5 .1 (G. Stahlin)
getto dell 'im divina è l'antico popolo virù alle Èmilvp.im ed a1 frEÀl)11a-ca
di Dio, sono i Giudei. Lo si vede già -ciic; c;a.pxciç e perciò anche la soggezio-
dalle prime parole dcl Battista (Mt. 3, ne all'opyl) . Per questa ragione unti i:li
7 par.): pensate di poter sfuggire all'ira uomini erano in origine -cÉxva. <pvo-n
veniente? Gesù riprende il concetto 6pyfjç (Eph. 2,3)'J2 e, del rntto an;1k1-
(Le. 2.r,23): itc;-ra~ &.vciyxT) µEytiÀ.TJ gamente (--+coli. I222 s.), gli CTXEVT) op-
bd -rfjc; yijç xa.L 6py'Ì) -cQ ì..a.Q -cov-c~ , yijç, come gli CTXEVTJ H.fovc;, provengo-
che possiamo parafrasare: viene la cri- no ov1.i6vov t!; 'Iov6a.lwv aÌ..Ì..<Ì xcx.t e!;
si messianica su tutta la terra 391 ed an- ellvwv (Rom. 9,2 2 ss.). Il libro dell'A-
che l'ira di Dio diretta proprio contro pocalisse sviluppa un quadro pattico-
questo popolo. Anche negli altri discor- brmente ricco dell'opera dell'ira m.
si di Gesù in cui si menziona l'indigna- Soggetti all'ifa sono qui rutti i popoli
zione di Dio, questa è diretta contro i (Apoc. u,18; i4,8; 18,3; 19,15) e tut·
Giudei (cfr. Mc. 3,5; Le. 14,21; Mt. 22, te le. categorie di persone (e lo sono
7 e forse anche 18,34), ed anche Pao- soprattutto i ricchi e i potenti: Apo,·.
lo vede dnpprima le cose in questa 6,r5 ss.), tutta la tena (Apoc. r4,t9;
maniera: cfr. specialmente z Thess.2,16 16, l ), perché tLJ tti q uanri hanno ado-
(~ col. 1220) e poi anche Rom. 2,5 rato l'Anticristo (Apoc. 14.,9 ss.) e so-
(sono i Giudei i primi a non esser di- pmttul:to Babilonia, la personificazione
sposti al ravvedimento e quindi a di- dcl potere empio, tirannico, totalitado
sprezzare la p.cx.xpoitv1.ila di Dio) e (Apoc. 14,8; r6,19).
Rom. 4,1,1 (i Giudei sono in prima li- L'associazione tra Babilonia e la Be-
nea gli uomini della legge, che per loro stia è talmente stretrn (ad es., Apoc. r7,
oprl}v 'Xt1'rEPrciSE"CCX.~ ). 3) che anche qucsra viene ad assumere
Ma non si tratta alfatto soltanto dei il carattere di potenza demoniaca ultra-
Giudei: 1ut1i gli uomini sono uguali da- terrena. Abbiamo così un arricchimen-
vanti all'ira di Dio, perché hanno tutti to del C[uadro generale che è proprio
in comuue la m::<lesima <pvcnç, la schia- ddl'Apocalissc: l'ira di Dio ì:: d iretta an-
391 Ci sono due possibilità: imendere yi), come C3tO di 'll.HI~ la terra'.
nel v. 2:;, nel senso di tut\Jl la Lerra, oppure m J 11 4ues10 passo ft~ic; sil'-nilirn o 11oi g;u.
nel senso di paese (~ Il, CQll. 429 ss.), cioè la deo-r:ris1ia11i (e o! ì.ot7tOL = J!./i m1icf/-criI1ù1-
Palestina, come in 4»-' (dr. HAUCK, Lk., ad 11i) oppure 11oi crrstùzni ed ollor:o ~~ i<a.l o!
/.). Nonostante il parallelismo che favorisce la )..o\110( = ce>ntc 1111che gli allri 110111ù1i (scii. lo
seçondi ipotesi, penso vada preferita lo prima sono ancora).
(1) per la vicinanza del v. 25 che rend~ impro- " l Tra i pa>si di Apoc. rirord•1i , <e>hamo i
babile un si~nilicato diverso per il v. 23 e (2) seguenti <'Oniengono òpyn: 6,16 ~.; 1 1,18; q,
perché già allora il giudaismo interpretava 'il ro; 16,19 e 19,1'; gli altri ha1\ll<I Dvii~, il
paese' delle promesse messianiche in senso li· termine chi:ornmcnte preferito in /lpt><'. (~
niversalistico, dnndo cioè al termine il signifì. coll. u86 s.).
che contro il diavolo e le forze dcmo- di g11:1zin11t· divin::1 verso il mond,1 "":
11i:1d1l', come si era giìì visto chiammcn- «I .t p111enz:i e b potestà di Sa rana "
r t· nella rivelazione di Dio in Cris10 ( ~ ddl" ~ne schiere poggiano s1111'i r:1 di
col. r201). Il dies irae è anzi rivnltn in Diu» m.
prima linea contro cli lt>m e veniamo L'ira demoniarn giunge a 'nvin: lu
così ad assistere allo M'ontro rrn Juc sdegno divino per via indirc11a. Jn 1111
potenze ir11te: contro D io e il suo ce- primo tempo le potenze demoniache ~ i
sosri ruiscono all'ira di Dio ~·d i1giscon1i
gno sono schierati a ba1taglia il d iavolo autonomamen te; so ltanro in un SL'COn-
«COD grande furore» (b oi.<X~oÀ.o<; ... do tempo vengono subordim11c cd asser·
EXW'll i)up.òv µiya.v: 12,12; -. col. vite ad essa. 11 primo sradio risulta dal
t1:ntativo di separare il piì.1 possibile da
lT 80), raffigurato poi ( f2, r 7) come il
Dio stesso l'evento malefico che un:1
drago infurbto (xa.t wpylcrl>11 ò opci.- volta era di per sé segno della collera
xwv), e le nazioni fu ren ti (u,18 ). È divin:t (~ col. 1r22 ); il secondo ha in·
questa la grande ira escatologica oppo- vece lo scopo di bloccare il dualismo
che potrebbe gvilupparsi dalle prerm;s-
s ta allo sdegno di Dio che il libro dipi n- sc de l primo stadio. Per il primo mo-
ge coi colori del Salterio, così che il mento cfr. I Par. 21 , 1 con 2 Sam. 2 4 ,1
grande dramma dell 'Apocalisse può es- (-.coli. l1 3os.); lub. 49,4 con Ex. r2,
J2; I Cor. 10,10 396 con N11111.14,34 ss.;
sere in grnn patte visto come lo scon- Hebr. 2,14 con Gen. 3 ,191> .m. Per il se-
tro di due opya.l. condo momento dr. Ecclus 39,28 ss.:
fo·nv 'ltvEvµcx:tct l>Jl! a d<; txSbtT}!Tl.V EY.·
b) Gli .rlrumenli dell'ira. Si g iu nge 1:\0"t'ct\ xa.t É'll D\Jµ0 a 1J-roii fo"tEPÉWO'E'll
allo scontro delle Òpya.l ( Apoc. r .r s.) fJ.0:o..nya.ç a.vi:wv· Év xwpQ O'V\l'tE·
perché Dio ~ tesso, irato con gli uomi- À.Elac; lcrxùv t:<xEoiicrw xa.t -tòv ìluµbv
ni, lascia campo libero alla furia dei
-.oii no1l)cra.vto<; cxv-.oùc, xonO:G'ouow,
«ci sono spiriti che futono creati per In
dèmoni; in altri termini, le potenze av- vendetta e con lo sdegno d i Dio han-
verse a Dio divengono stn1menti dell'io- no rinforzato i loro ll:.igdli; nel tempo
'" Non possono aver ragione coloro e~ i- della 1cmar.ionc, ~-..-e. Via:,·ersa Dio stesso as·
po1izzano anche per Rom. 134, sia pure in sumc il ruolo ddl'acrusatore in giudizio che
senso un po' diverso, un sirnile uso El<; 6pyi}v pure ~ l'opus proprium di Snrnnn, cioè dcl-
delle poten•.c ultraterrene (-> n. 401). J'Accusa1ore xa-r't~oX'Ì}V (cfr. llpoc. 12,10);
.l'I; ALTHAUS, op. cii.(-> n. 297) l i 26o. cfr. Gen. r. 93 (,9 b) a G1•11. 4,,3 (-> \XIF.TTE R
49 n. I; STRACK-lllLl..ERBCCK lii 220): «Come
~\l6 L'òA.El)PfvTi}ç è o un angelo di disiruzione
po1ranno sussisrerc allora gli uomini davanii
(~ rol. n 9 t; 11. >54; cfr. col. n65) o ancora al Sn nto ... che è ~udice e accusatore ins ic·
il diavolo stesso{ ~ m li. ,178 s.). 01l'?» .
.191 Cfr. apo,·. Mos. 14: l'ira di Dio è la mor- lòS Non s i trn ltn ce1t:1men te di vrt1/1 (come le
ie (-4 n . 418). L'in<'<Th·a .n <lell'imerprctazio· altre '(no.e tiella narura' elencate nei verscni
ne di lìvvaµEv:>ç wt l)ivxl)v xat <1Wµ11 <bto· sq:urn11 ). ma di spiriti, vale a d ire di perso·
'/..foa~ tv yd wn (Ml. rn,>R; ~ n. 296) di- nilÌ\'111.ioni .li tali foric che. poi (v. 31) agisco-
pende quindi d1rl di-<l'<•rdc Aiudizio della Bib- no prvpi·io «ome persone: tv tjì ÈV'tOÀU CXV·
bia stessa. Asscr1.loni ,·01111 n~tru11i dello stesso -roii fU'P!"7-"!Hi"'ov;at X-<L, •Compiono il giu-
gcnc:re vengono (n1h· " ph•posito della morte, <liziu d 'ira ,li Dio ben volentieri, L"<'C.».
èpyi'J E 11 5 b (G. S1 iihlinl
dcl compimento sfoghernnno la violen- strumento dell' ira divina significa es-
za e placheranno l'ira di ch i li ha fat- serne anche vi trima, uno crxEvoç òpyijç
ti». Questi spiriti divengono quindi la in senso attivo (IEp. 27,25) è eo ipso
sferza di Dio perché nel x~tp6ç di Dio, anche uno crxEvoç òpyf]ç in senso passi-
cioè aUa fine, immediatamente prima vo (Rom. 9,22 ; __.,, çolJ. 1222 s.). Ciò fu
dell'estremo giudizio, sfogano tutta la vero ai tempi dell'antico patto per le
loro furia e placano così l'ira del loro grandi porenze che pwuvano hraelc
creatore 399 • Sembra pertanto che qui si (cfr. ls. ro,5-r9 con 5,25-30 ed anche
pensi all'anricipazione del giudizio fina- r Par. 27,24 con 2 Sam. 24,r) e I.o è ai
le in una violenta esplosione di furia de- giorni del nuovo per i Giudei che si op·
gli spiriti ministri, che serva a mitigare pongono a Crisro ed al nuovo Israele
l'ultima esacerbazione dell'ira di Dio al ( __.,, coli. r 244 s.), per Gi uda ( cfr. Lc.17,
mome nto del giudizio vero e proprio. r) e soprattutto per il diavolo stesso
Nel N.T. abbiamo la seconda concezione che, essendo il nemico di Dio in senso
del ruolo dell'ira demoniaca e ciò è ve- assoluto, è in questo eone lo crxc:voç
ro anche quando sembra che il diavolo opyfiç anivo e passivo xa:t'É~oxiiv per
abbia una posizione autonoma, sia di- tutto il cosmo. Anche per questo ri·
stinto da Dio ed a lui avverso. Il de- guardo· abbiamo quindi rispondenza tra
monio non è altro che 'il flagello di primordi e (me: come agli estremi del-
Dio'; senza saperlo né volerlo è uno ln sroria abbiamo la doppia catastrofe
strumento della collera divina, le cui (-7 col. i 2 2 5 ), così il diavolo vien sot·
funzioni egli ha assmlto con una inizia- toposto al giudizio d'ira agli inizi (cfr.
tiva cd una autonomia soltanto appa- vit . Ad. 15 s.; apoc. Mos. 26 ; ludae 6)
renti (cfr. 1 Cor. 2,8)m. ed alla fine del mondo (Apoc. 20,10).
Il diavolo è però contemporanea-
mente anche oggetto e vitt ima dell'ira l n questa prospettiva va infine con-
di Dio(~ coll.l232s.; anche col.u68),
secondo una norma fondamentale dcl siderato il rapporto della potenza dello
governo divino del mondo: essere Stato con l'ira di Dio. L'l~ovcrla. <0• è
J99 L'uso transitivo di xo1t6:l;w sembra essere ne, questa interpretazione delle 1.!;ovcrun); O.
11na pecuUnrità deU'Ecdesiastico (cfr. anche CuL!.MANN, Ko11igshcrrscbaf1 Christi imd Kir·
43,23; 46,7 e spec. 48,ro); non è registrato né che im N.T. (194 r) 44·48; In., Christus und
dal PAssow né dal LtnDELL·ScoTT. Cfr. HF.L- die Zeit (1946) t69"r86 (indicazioni bibliogra·
ntNG, Kasus.ryma,~ 79. fiche sulla discussione a.lle pp . 182 s.); \Y/ .
400 Cfr. l'exc11rsur 'DieTiiuschung der Geister- ScHWEITZf.R, Die Herrscbaft Christi 1md der
wclt du rch Christus' (l'inganno degli spiriri St(llJ/ (1()49). Una lecmra piana e naturale del
compiuro da Cristo) in LtETZMANN, Kor. a r passo, ove ricorrono espressioni come El;EL<,
Cor. 2,6. E1t«wov !~ av-tij,, ff}v µ.6:x«Lpttv <popE•, ·;po.
roi Benché le potenze ultra terrene possano pou<; -re:ì.Eh E, fa pensare subito che si tratti d i
svolgere la parte d i Sl<Xxo\lot Elc, bpy-fi" e di p0tenze politiche, come ha giustamente notato
€xSixoL al servizio d i Dio (-7 coU. 1233 s.), pu· già Ireneo, baer. 5,24,1. È affatto chiaro che
re mi sembra m<)lto discu tibile che le E!;ou- nel N.T., principalmente nell'Apocalisse, die·
ul<xt di Rom. r3 vengano interpretate in quc- tro a quelle politiche stanno altre potenze;
St~ direzione: G . DEHN, Enget und Obrigkeit ma, nonostante l Cor. 2,8, non è possibi le pro-
in: Ftstschrift fiir K. Barth (1936) 90-109; K. vare proprio çhe in Rom. I 3 si vogliano intcn·
BARTH, Rechrfaligimg und Rechi ( 1944) 14· dere anche tali e ntità: dr. G . KnTEt., Chri-
21 (nel suo commentario a Rom. Bar1h non stus 1111d ]mperator (r939) 48·~4; F.J. LEEN-
ha però ripreso, neanche nella seconda cdizio· HJ\RDT, Le chrétien doit·il servir l'Etat? ( 1939)
Il 17 (I'· 11 1 J
ch iam:11:1 i11 J<nm . 1.~ 1 -1 ikov OL<i.xovoç Ei<; lnro Ìun~ione 'diaconale' divenendo co·
6pyi1v ""-? ExOLXOC, i:Q i:ò xa.xòv 7tpMO'OV· sl S(' IYi d.;) di<lvolo invece che di D io,
·n. Akuni h:tllno trovato strano che il <'<llllc mostrnno le scene dell' Apocalis·
pote re politico ap parisse qui quale e- se; ullora esse vengono ad essere, co,
secutore J cll'irn divina, m a questa opi- mc e più dcl loro signore, soggct te .,J.
nione no n autorizza ad espungere Etc, l'irn di quel Dio di cui erano state e·
opyiiv, una lezione attestacn con sicu- lette ad essere strumento.
rez7.a 40.I, né a vedervi un riferimen to al- c) I cristiani e l'ira di Dio. Tu t ti so-
la sevcritiì o allo sdegno delle autori· no fondnmcntalmentc sottoposi i :ill'ira
tà ~. Q uan ti popoli e re pagani sono di Dio (dr. Rom. 3,23) ed UDO le s i
considerati nella Bibbia esecuto ri dell' ira può sottrarre soltanto se ne vien1t libe-
divina(~ coli. II24 s.; II27 e n. i 4 0; rato: tale liberazione, tale libenÌI dal-
1137 )! Tali sono anche quando, come il l'ira costiruisce la posizione particolnre
diavolo, lottino consapevolmente con- del terti11m gen11s rispetto a tutti gli al-
tro Dio ed i suoi e cosl, inconsapevol- tri, sia ai Giudei che ai pagani. Come
mente, infurino in verit.1 contro se s1es- tutti quanti gli alrri, anche la 'terza rnz-
si qual i Ot«.XOVOL EtC, ÒpyTjV gXOLXOL i:t!> 'l.a' deve 11ffronrare il giudizio di Dio,
'tÒ xaxòv itpa<r<Tovn. È proprio in que- ma è sottm tta pe r Cristo all'6py1] (r
sto modo che ! 'Apocalisse raffigura lo Thess. 1,10; Rom. 5,9) e al x.a.-i;axpl·
Stato, e ciò spiega l'unità intima di 'VE<Ti>a.~ (1Corr1,3 2; 2 Thess. 1,5 ss.),
Rom. 13 ed Apoc.13 ss. ~. Le È~ovcria.L così che, riguardando indietro dalla sua
possono scadere in ogni momento dalla posizione in Cristo, può confessare: non
36 ss.; E. BRUNNER, Zur ch1is1ologiscbe11 Be· 2 Esdr. 8122: Ei<; à:yaMv-ilv116ç), e l xliLxoç si
griindu11g des Sttta/s : Kirchenblait fiir die re· lcgn meglio col dativo che con El~ bni]v:
formicrtc Schweiz 99 (194 3) 2-,. 18-23.34-36; qu ale serviwre per l'opera dell'i ra d i Dio, lo
M. DIBELIUS, Rom und die Chrirttn im I. Stato ripog• il malvagio. L 'ordine originario
Jahrh1mJert ( r942) 6 ss.; W. ELERT, Paultis fu prohabilmcnlc mulato perché l'cspre~sione
u11d Nero in: Zwischm Gnndt: 1md Ung1111de 'diacono di Dio rcr l'ira' sembrava scabros:i.
(1948) 42 n. l; H . v. WIPENllAUSEN, Zur 40.t (",osl PROCKSCH, seguendo il testo occiden-
Ausfeg1111g .011 Ram. r ): J1c diirnonis11sche tale. t!. cerr;uncmc più che giustifica10 vedere
De11111ng des fF.owia.-Bcgrif!cs in: Pestschrift un rapporto immt'C!i,uo tra r3.4 s. e 12,19, di
fiir A. Bertholet (19;0) 97·113; G. BollN· poco pr.c:ccdcntc: allo Stato viene affidalo il
Kl\MM , Christ11s 1md dic \Vt'lt 111 du 11rcbriJl- servizio dell'6pyi] llEov che non può essere la-
lichc11 Bo1scbt1/t: 7.ThK 47 (1950) ll4; ~ sciato lll'hi1rnrinmen te ai singoli individui : cfr.
rn, col. 640: l'arr. t<;ovala; di ques10 lessico è O. Cut.LMANN, Cbristus 1111d die Zdt ( 1946)
stato comunque scritto prima del la discussio· r77 s.
ne sollcv:ua da G . Dc:hn. 4()1J. CH•. K. v. TlorMANN, Rom. ( r868), ad f.
w Nonosiante l'ordine solito delle parole di (536 s. ).
questo p:isso sia meglio attcsl::ltO, considero «li Tale unii~ intima non risulta q uindi sol-
originario qudlo preferim nel corpo dell'art.: tanto assumendo il rosic!dcuo 'fondamento cri-
OLCixOVO~ EÌ.ç OPrfrJ è pal'. a l)...ixovoc; rie; ..;/: s1ologiro dello Stato'. controriamenle al CllLI.·
ciyci.&év (dr. la mcJcsÌln3 contrapposiiionc- in MANN, op. cii. (-7 n. 40}) 179.
òpyi] E 11 6 a (G. S1iihlin)
ddla ""' ~:1111 :1 volonrù manifesrata nel- l.1 '"" 111i,ericordia con fa durezza dit
la l q~gc ( 11 nd cmuo), ma da quel- ~imil111l'11tc diventa odio omil'id,1 (dr.
1'ètµ.ap-tla dic è il disdegno per il suo i\1 <'. 1,, >.; Mt. 18,23 ss.; v. 28 : inv~
san to am()rc rivelato nell'cv:mgcln yrv ). Anche ciò significa offendere c di .
,4; ~ col. II 3 5 ). Questa Sl:-
( R.0111 . i sprc1.zare Dio e la sua XPlJO"tO•l]ç. Ol-
conda ci:µotp-tlot è parallela fin nei mi- tre che negli ultimi p11ssi ricordaci (M c.
nimi particolari alla prima 408 : nella 3 ,5 s.; Mt . 18,34 «») questa motivazio-
legge fa linea die porta all'opyr] è v6- ne dell '6pyi} riappare in Rom. 2,5: il
µo<;-rcotp<i~ot0'~<;-6pyi], nell'cvangelo è gi udicare ( v. 1) è indice di dure-aa ed
E1totyyEMct-à.7t~O''tlot-òpyi}; ll la serie insieme d'impenitenza " 0 • In questa pe-
contraria è Ù7totXOTJ·'t~µ{J, qui m<T't~ ricope di Rom . 2 si vede come entram-
x<ip~ç-5ò!;ot . Nel N.T. il morivo decisi- be le cause dell'6py1) , cioè il disprezzo
vo dell'oPYl'I è il disprezzo della bonL:ì, di Dio e la mancanz.1 di amore per il
della pazienza, della longanimità d i Dio fratello con cui il peccatore risponde :il-
(Rom . 2,4). Questa causa è descritta l'evangelo, non siano in fondo che b
plasticaJJ'lence da Gesù nella parabola s tessa cosa, perché chi è c4,1E-rav6'r}i:oc; è
del convil'O: gl'invitati rispondono al- eo ipso privo di misericordja. l Giude i,
l'invito con un rifiuto sdegnoso (Le. I4, nei vangel i principalmente i Farisei"',
r 6 ss., spec. 2 r) che nella versione di sono ne l N .T . l'incarnazione di entram-
Matteo si trasforma in odio e sfocia nel- be le cause dell'ira divina. Il N .T . chia-
l'omicidio (Mt. 22,2 ss.). Nel passo 'an- ma raie aueggiamento - 'ltWpwa-...:; 'tij<;
tisem itico' di r Thers. 2,14 ss. Paolo ri- xaplilaç (Mc. 3,5) o - <TxÀ.T)()Ò'tT)<;
badisce la medesima ragione: al no che (Rom. 2,5), «durcZ7.a di cuore» o «indu-
i Giudei hanno detto a Gesù risponde il rimento», cui risponde l'opyÌJ ltEoii, fo
no di Dio nella forma della sua opyi). 'vendetta' (Rom. 12,19) dcU 'amore of-
Il N.T- conosce ancora un'altra ra- feso che in tale reazione è uno con 1'1
gione ddl'òpy-fi divina: l'amore di Dio giustizia punitiva di Dio 412•
viene contrnccambiato con il disamore, Alle c~use dell'ira divina fin qui espo·
4ll3 Il disprc>.:m sia dell~ le<>.,i,.>e sia dcll'c- dii:o, che nella seconda part<.> è affine al 11os1ro
vangelo posS<Jnc.1 esser chillruati ttm:L&Etli-cbul- testo, si men~iono soltanto J'òpy1) del fratello
&tl.Cl'., nel prinm caso pi/1 col significa10 di Ji- senza cuore (li'. 15,28), m<1 non si fa parol•
subbidtl'nz.tl (l:pb. 5,6), nel secondo più di i11- di una collera del padre che sarebbe di [>Cr
credu/;1à (lo J.J6). Rom. 2,8 segna il -passa:;- sé na111r.1lc La reizionc dcl padre è invece
gio o meglio l:i fusione dei due mom<.>nri : pro1ir1C1 il concrario (dr. ' " 3l: -rii<vo"! E ~n·
&:r•.n&e\v "<il cih10tlqt, Tt<lìlEcTllai -.ii ttOLx(q: ; rhc ili/. 20,1 p5).
dr. anche r ,18. i:fiv iiì.11i>t•av tv &:Stx(.q. X«- "" Cfr. -+ SCHRENIC 20 s.
'tEY.EW e la grande 1>rossi mità di ànL<T-rlc;t e<:I rn Cfr. ,I. Sc11vmWIND, Das Gltid;11is vom
ao•xla in [{rJIJ/, }.J ·1· veri<m·111·11 .l'olJ/t (1940) 35·38.
<09 Al co111rano 1wll:1 parabola del figlio pro- rn Cfr. J> AL'l'llAUS (-+ n. 317) a Rom. 12,1 9.
è?r/) E 11 r. h (G. Sriihlin) (Y,f44 ) 124-1
to :1v1.·v:1no l'o 1111111csso. Anzi proprio ciò ::hhi:1111n :1ppena detto è stata jli:ì :1n1i-
che c.1-i itui\':1 il motivo dell'ira, il ri- 1·ip.11.1 1:1 risposta più profonda dd N.T.
fiuto 1<11 :1k 1.· :1ssoluto di Cristo, vcnnc- :11 pr11hluna degli effetti <Jclb rnllcrn
ço111111i11:110 n> rne punizione 414 • Ci ve· divina. Davanti al medesimo interroga-
ni:inw cosJ · :1 trovare in quello che sc- tivo l'A.T. cd il mondo cxtr:1biblico ~
rnndo la logica umana è il circolo vi - ,·cvano dato una risposrn sorprendentc-
:1.ioso di un'apparente concatenazione di menre sim ile (""' coll. 1093 s.; 1095 s.;
colpa e punizione, che costituisce una 1098; n26 s .) consider:mdo entrambi
delle più tremende realtà bibliche. Il l'ira divina come cau~a delle cacastrofi
peccato e l'incredulità, che sono le due naturali o na'l..ionali. L'A.T. afferma con
cause principali ddl'opy'ÌJ ì}Eou, ne co- particolare decisione (dr., ad es., Ps.
stituiscono anche gli eJletri. Paolo espo- 90,7-II) che esiste un nesso fondamen-
ne questo stato di cose in Rom. I ecl an- tale tra morte ed ira di Dio •11 ed il N .T .
che Rom. 9,22 afferma tale realtà: Dio fa sua questa posizione 419 : dr. special-
mostra la sua ira proprio nell 'induri- mente Rom. r ,1 8 ss. ( v. p: &~Lo~ i>a-
mento degli O"~iil) 6pyi;ç che egli ha vchov) e Rom. 13,r ss. (µ6:xmpa-Òp'Y'ÌJ ).
sopportati per molto tempo con pazien- Nell:i raffigllrazione neotestamentaria
za, nell'indurimento del faraone, ad es., dell'ira escatolog ica, al posto della ri-
ma anche dei Giudei ' 15• Non è possibi- spondenza épy-IJ-Mva"Toç troviamo lari-
le distinguere il peccato dal destino. spondenza opy1}-anwÀ.na (dr. Rom. 9,
L'ira divina opera secondo il principio 22; Apoc.r4ss.), di cui la dis truzione di
divino ' 16 che ripaga simi le con sim ile, Gerusalemme, intesa come opera dell'i·
pèr cui quanto uno compie gli ricade sul ra ( Le. 2J,23 e il parallelo parabolico
capom. in Mt. 22,7). costituisce il prologo. Cer-
c) Effetti dell'ira diuina. In qu3nto tamente, perè>, la forma più terribile
scrive pertanto nei suoi trotti essenziali l'ope- l'ira di Dio e la mol'tc! sono addiri ttura identi·
ra dd l'ira sugli increduli : "po:l'Xé-r.'touu1v ~ cbc. conformemente all'acnvonc Op-y-/J = p11-
ÀOy~ 6.imlloi)vuç, dc, 8 xaL t"tt&lyrav; dr. nivo11e dell'ira; in apoc. .Mor. 14 Adamo dice
G.STiilll.111, Sf.:a11dalo11 (1930) 197 s. ad Eva: i:l xa·n1py.Xuw èv -/)1U:v xai ~'lt'/'i·
416 Senza essere essa stessa questo principio, VE"J'XO.ç tq>'-fi~~ òpyl)v µEyaÀ.T}V, i'}Tr.<; lcr"tlV
contrari:imcncc •1 quanto sostiene ~ WilTTER M:va'toç xa'tetxvp~tliwv 'ltav'tÒ<; "tOV yévov<;
20. l\µwv;
m Cfr. anche t\11 . 26,52•; 27,.z5. Pure il giu· 4t9Cfr., ad es .. -;. UARTHOLOMAT 258.
U.p (V,445) Òp-(iJ E Il 7 a-b IC. Stiihlin )
che P aolo non fa altro che appro- µ.ti:cxvolcxc;, «ravvedetevi... fate dun·
fondire e variare lo schema de u rerono· que un frutto degno del ravvedimen-
mistico della retribuzione punitiva (~ to» (Aft. 3 ,2 .8 ). Il battesimo costituisce
col. 1 u9): il caos dell'immoralità anti- la promessa della liberazione perché
cn, anzi di ogni immorali tà u01a nn, si anticipa il giu dizio d'i ra con u na (i.
manifesta, nella rivelazione concessa gura che è pili di una semplice imma·
alla fede, quale ordinamento dell'òm gine, e med ia nte tale anticipazione assi-
~Eoii . Q uesto fatto è esp resso persi- cura l'allomanamento del giudizio stes-
no formalmente dalla struttura <li que· so(~ coll.u26 s.} 423 • Tale salvezza non
sta pericope: al triplice 'scambiarono' viene però orrenuta ex opere operato,
(1ui:Jl]ÀÀcx~a.v, vv. 23.25. 26) corri· come sembrano credere erroneamente i
sponde il triplice 'consegnò' ( mxpéow- Farisei, ed il Battista si oppone con e-
XEv ). Causa ed effetto sono qui una strema violenza a questa prima eres ia
cosa sola; lo schema del nesso di cau· battesimale: yEVvl]µci-.cx. ÉXLOvWV, i:U;
•20 Cfr. Sap. u ,9: fyvwucx.v nw<; 1wt'bpyfK Adamo eJ Eva si battezzano da soli nel Gior-
><pwoµE'JOL C:Ì:<TEl3EL(, lP=cx.vU;ov-ro. dano o nel Tigri per evitare l'ira di Dio. In
m ~ coli. xo88 s.; 1093 s.; 1099 s.; cfr. F. 5ib. 4,165.169.rn i! posta l'alternativa ira il
HEu.ER, Dn.r Gebet' ( 192 l) 87-89 e pt1ssit11. plac11rc l'ira mediante battesimo e il giudi-
m ~ col i. 'r42·I146; anche CREMER·KOGEL zio di fuoco. ln questo 'hn11esimo' nei fiumi
Bus. s'implora ad ah• voce perdono (cfr. I Petr. 3,
m La medesima idea dcl battesimo che serve 21 ) , mcnue in vii. Ad. Adam<) <-<l Eva pregano
a plue<1re l'ira è presente giò in vii. A1/. 6-1 r: in siJenzio di esJere salvati.
ÒVYii E li 7 l'(C . S1.1ld111 I
Ò'ltÉonE,rv UllLV ~>VYé~V a'JtÒ •Tic; µEÀ- ( ;..sì1 <;<·sii \· colui che sa lva già ora ( r
Àovo-11c; òpyijc;;. «1-;1zz:1 di vipere! chi vi "l'hc.1.'. 1, 1o) e che sa lvcrì1 allora dall'i -
ha inseg na Il> a ~fuggire 3Jl'ira i mminen- r:i :1 wuirc (Rom. 5,9). Soltanto per lui
re ?» (/\I/ 1,7). ln quanto raua di vi noi siamo certi di non essere dcs rinati
pere, va le a d ire figli del diavolo (--,> :1 fl 'ira (1 Thess. ,,9 s.) e mediante lui
oqnc;), i Farisei sono -rÉxva òpyijc;, de- siamo già adesso O'~é~vo~. come egli
stinati al fuoco eterno (Mt. 2 5,41 ). Chi ì.• già ora il pvé~~tvoç. Co rrispDndcnte-
vi ha insegnato (e se qualcuno l'ha fot- meore al doppio carattere dell'esc:uolo-
to, può essere stato solt3nto il diavolo) gia, la salvezza è realtà insieme presen-
a farvi battezzn re non s inccrumente, te e futura. Come mai la salvezza dal-
cioè a far finta cli ravvede rvi per carpire l'ira è legata a Gesù? Perché siamo giu-
24
la protezione dal giudizio d'ira? ' Non stificati mediame iI suo sangue, ricon-
è l'opus operatum del battesimo che c iliati mediante la sua morte (Rom. 5,
salva, perché tuuo dipende dalla since· 9 s.): dò vuol dire che non siamo più
ra l~E-r<ivoLa che accogli e il giudizio di co11da1111(/bili ( 8 ,r ), che non siamo più
Dio accettando su di s~, nell<1 figura nemici (5,10). Oppure potremmo di re:
del batresimo, la condanna dell'irn e perché Ges(r ha subito anche l'ira di
che manifesrn 111 propria autenticità nel Dio che era desrin:1ta a noi? Molti han-
xap7to<; (vv. 8-12). La µt:TavoLa è l'uni- no pensato di poter rispondere d i sì a
ca via concessa e valida per la quale si questa domanda u•
sostenendo raie po-
possa scampare all'ira, ed essa rimane sizione con varie argomentazioni pog-
aperta persino ai Farisei (v. 8)'25 . gianti sopranuno sulla scena dcl Get-
c ) Il kerygma apostolico lega indis- semani e sul grido di Ge~L• in croce ri -
solubilmente In liberazione dall'ira a ferito da Matteo e Marco.
m Cic., de legib11s 2,22 (-+ col. IO\)/\): il s;i- senso di chi lo riceve.
cri ficio fatto d;igli Empi per 1>lacarc l'ira deo- •2• È 4ues10 la ri'posca, ad es ., cli ].T. BECK,
rJ1n1 non h3 valor..:. Der wm Gol/es in: Cbr. Redni V' (r87r)
•5 Cfr. ZAHN, Mt. 1 n s.; SCHLATTEK, J\ft. 69 100; ll.J. HoLTZMANN, Lehrbucb dor neu-
ss. Per con tro, G.;sù consiglia a i suoi di fug. 1<·stame111/1dm1 1"/Jeologie' ( 19rr) H uz: l'i-
girc lctteralmerm: per e\•itare le consc~uem.. r~ che appare grnv:mre su Gesù in croce si c-
dcll'ira duumc le tribolaJ<ioni mOJsianich<: ""urisce \crJmente con fa suo morte. Simile
(Le. 21,2 1 ) . Pos~iamo forse esprimere in mo- è la risposi~ di Pttoc1:srn: l'ira di Dio si Spe·
do conciso e pr"gnan re il contenuto di questn gnc nella inon e s"nilica!c di Cristo . Anche K.
sc,ionc: per il Banista, come p0i per Gesù e BARTll, K.1rcb/i1·be 00f!.1!1dtik Il I l ( 1946) 44-l
gli ap<»tuli, l'assenione 'il hauesimo senza dice che Crisw h~ solfrrio l'irn eterna di Dio.
conver~i(.'IOe non salva' e4ujvalc all'nlrra 'la Questa risposta non è im•L'Ce nccettara dn -+
conv<·r-i.ionc senza battesimo non salvn'. Si può RJTSCHL. Recht/1•rtiwmg 111i1/ Verriib111mg n
dire d>e ~ià il banesimo di Giovanni il Bat· 155 s.; dr. •nchc \VI. HnsF.N.r.AllL, Dic Golf·
rista è (come la pasqua ebraica) nn i:cnuino uerlarunbeit do Cbristus ( 193R) 13R-q8, che
sacrnm<·nto precristiono nel quale la s•lvezza però quasi non sfi nm la ques tione dclJ'opyi) . <"
è legata 111nto al <"'manclamt•n iv di Dio cd al A LTH.\US, op. cii. (-+ n. 297) li 2 59-261.
compinwnro cs<l'riorc dcl rito quanw al con-
I2JI (V,447) 6~y1'1F1 1 7 e (G. Scahlinl
<V Das Heitigc " ·" ·" ( 1947) xo6. ~ col. 1224).
•21 Cfr. E. $Cl·IICK, Die Botschd/t der Engel' 4l l ALTHAUS, op. cit. <~ n. 297) Il 26o, di-
scutendo il parere dei teologi greci e di K.
( x949) u8-r30.
Hcim. !\ii scrnbra comunque che, considerate
m Hebr. 5,7: oux tlo-axriu<T&tlc, (secondo la alla luce di tuuo il N.T., le asstrzioni 'Cristo
ngettura proposta da Hamack): qualcosa di ci salva d;11l'irn di Dio e dalla sua condanna'
imile afferma anche Gal. 3,13. e 'l'opera di. Cristo è la grande replica di Di.o
3'l Si può comunque coglierne forse un accen. all'ira satanica' abbiano lo stesso peso; d r.
no in una similimdine di Gesù stesso (I.e. 23, STAUl'PF.R, Tbeol.' (1947 ) 4 e spcc. 127-r30.
31): benché sia 'legno verde', Gesù viene get- m Cfr. At'FHAUS, op. cit. (-,, n. 297) u 32;
tato (scii. da Dio) nel fuow ( = giudizio d'ira; R. BUL1"MANN, Tbeologie dcs N.'J'. ( 1948) 283.
oni1 E n 7 e (G. Stiihli111 (v,448) 125
" ·' L'oniichità non offre vere onalogie al Cri- 2. Ex. 32,p: Mosè offre di prendere su di sé
sto che è, in yunn to giudice, minis tro dell'ira l'im di"ina che nvrcbbc dovurn c1llrire il po-
e insieme l'unico che possa libernrc da es- polo; 3. Midrnsh a Ps. 7,7 (-> n. 302): Dio
sa. Anche se in gmdo diverso, ci sono tre pas- stesso <: invocato a lottare <otltrQ hl propria
si d1c s i avvirinano relativamenic al pensiero ira. Or. ancora !'intcrpreta~ionc cli N11m. 21
del N.T.: r. Liv. 8,9,10 (-> col. 1099): l'i- in Sup. i6,5 ss.
dea che la divini~ò stessa mandi la viuima per
p)3e11rc l'ira non è però altro che un bel 1x11- Hl ar. ScllLATma, Mt. 71.
siero (sicut roola missus); analoga è invcw b u.1Cfr. però \VJ. M•CHAEI.IS , VersulmunF. dt's
disponibilita di lkcio a far sacrificio di sé; AJ/s ( 1950) SpC<'. 55 S.
bpiyo11m1 I J.\\'I. Heidland)
t ÒpÉyoµaL, t opE~Lç
dell'An tico Testamcn10", 11s;1 ndo in que- non è 1:1 <rvvLç o il À.6yoc;, bensl la
~ro senso i nostri v•>cal)llli, :1c·centuano É7tcxyyf À.(rl t 11romessa, H ebr. rr ,9.r 3) ~ .
però il concetto che la hr,1111a corporea
mediante la ragione I""'> essere total- L'ancgg i:1111t·1110 di fronte alla prollles-
mente repressa (Ecclus 2 ),6) o almeno sa detc·r111i11;1 la di reiionc che l'opE~1.<;
dominata (4/lfacb. 1,33.35). Il vocabo· prende. I'. q uesto atteggiamento non è
lo però rimane <li pt:r sé come sempre
p ili q uest ione di ragione, ma d i fede.
vox media e riceve fa sua qua lifica solo
in base al soggetto e a ll'oggetto della Se l'uo mo ITova la strada dell'u bbidien-
tensione. 7.a nella fede (Hebr. JI,8.17), la sua vi-
Non è senza importanza per la que- ta si volge verso la città escatologica;
stione dei rapporti fra il Nuovo Testa· se invece gira le spalle alla promessa,
mento e la Stoa che in esso il nostro la sua vita ver rà dirottata verso il de-
gruppo di vocaboli compaia solo quat· naro (I Tim. 6,ro 9; si noti io questo
tco volte e di queste due sole riecheg- contesto l'ànoit},,cxvfuròcxL, !'«er rare lon-
gino la terminologia filosofica, conser- tano»). Comunque l'òpÉyECT1)m abbrac·
vando però unicamente la strutttua for· d11 l'uomo nella sua total ità. Se già per
male dcl concetto 7 . In Hebr. II ,16 la il fi losofo il retto ÒpÉyEcrl>cxL era uno
fede è un 6pÉ"'(Ecr~m , un rendere verso sti le di vita, p iì:1 che mai l'orientamento
la patria fucura e migliore. Corrispon· escatologico dell'uomo pervade tutte le
dentemenre all'uso corrente si dovrà sue attività e l'ambito completo della
però VC(lere in questa tensione non un sua esis te nza.
impulso in controllato del sentimento, Anche in Rom. r ,27, dove OpEçLc; in -
che non tiene conto della realtà, ma d ica l 'istinto sessuale, I 'atfinirà formale
piuttosto una volontà lucida e consape· con gli apocrifi d el!' Antico Testamen to
vole che prende le mosse da una consi- non deve far trascurare una sostanzia-
derazione spassionata della realtà. Que- le di fTc renza. Per Paolo c'è anche un
sta realtà però - e qui consiste la dif· «uso natura le» della sessualità. L'opEçLç
ferenza rispe tto alla Stoa e a Filone - corporea non sarà quindi da d isdeg nare
" Nclfa parte ca1wnica della traduzione greca y <.c;&t), sia rispetto al senso peggiorativo degli
si trova solo l'anivo ill Simmaco: lob 8 ,20; apocrifi (Athenag. 21 ,r: ou-cE yètp 6pyft oihs
f:i. 1649. e preci s~mcn tc in senso proprio. i?tdh.J1~(<X xat optl;L<; ovoi m:u 50'7totòv 0'7tspµa
Negli apocrifi dei LXX si trnva solo il soscan· i v 'T(Ì> ~t0 ).
rivo (otto volte), però m3i nella sua accezione s CI.r. Mrotn, Tlcbr. ad l.
t<:cnico-lilosofica.
9 Mentre nel. '" 10' si tratta della saggezza di
7 Rom. 1,i7; Hebr. u,16. L'uso linguistico vita in genernl.e (DIJJEL!US, Post., ad l.), con
d.:i voçaboli da parl'e degli opologeti tradisce ·ro• h s:lpicnza entro ncll• luce della rivela·
inv<..-cc una vicinan1..a di contenuto sh1 r ispetto zionc. Invece in I 'fim. 3,1 né il contesto., né
:t lla tcrminolo~ia fil~solica ~ad es. fosr., OfO!· il conc<:tto stesso ind icano l'ttspirazinne all'c-
12,5: ol yt w::rt~t·..c«; x1u <pt).oaocp(aç opE· pisco/tttfo cornc un'amOizionc riprovevole.
r259 (V,450)
di per sé, in una concezione dualistica '~. 11''\·ok ,;nvizio di Dio, al qu ale ci:li puì>
Solo dove l'uomo sovverte la verità di p i«g;llT il proprio corpo. Anche rirc:i i
Dio (vv. 24 s.), anche l'5pd;Lç si sovver- hist>gni lisici la sentenza viene d1111q11,·
te per lui in castigo. Per l'uomo redento t•111cssa su I terreno della fede.
im·ccc l'opE!;tç è ordinata a quel ragio- H .\XI. IIEJlll./\Nll
Mc. 7,Vi : /,,.. 7.41; 10,28; 20,2r. do11 a 111<>r:ik. ;t norma dell'insegnamen-
Nt·i 1..\.\ 6r1il6ç , ii.:niJÌca: a) dritto, to d"lla d ivi na sapienza, in Habr. 12, 1 _~
rei/o: 1 l'. r.lr. <1,.1<> : ,.(ortzc; 6pi}ot l'.o-'tT)-
<Fav, «l11t1i ~ i k\'arono in piedi»; in della pcrsf.:vcranza che i membri della
senso 1r:1~l:110 : Mirh. 2,3: ou µ-I} 7tOPEV- wn11111i1 ;, devono avere anche in mezzo
i}ij-rE opilot f~m:<pvT)ç; 4 Mach. 6,7: òp- a 11111e le prove pur cosl dure <lella lo-
Mv dxev xo:t cixÀwij -.òv Àoyt<TµOv. 1'<> fede; e non solo in base a un inse-
b) In direzione rettilinea: ler. 38,9: Év
òo<iJ òpi}fi; fa.. l ,7; in senso traslato: gn:unento, ma in considerazione dei
Prou. 4,2 5 : ol ò<pi}aÀ.µol <FOV òpi}à. '3h- martiri e soprattutto di Gesù che, in-
7tÉ'TW<Ta.v «i tuoi occhi guardino dirit· na l:1.ato ora alla gloria, assicura ai suoi
to»; 4,26: òpi}àç -.poxià.c; 1tolet <Toi:c; 7tO-
o-lv, «raddrizza i sentieri ai tuoi piedi»; discepoli il raggiungimento della meta,
14,12; l5 ,f4' xa.pola bpi}i), giudizioso nella lotta per la fede . Questa fede co-
(in contrapposizione a Ò.7talorn-roc;); r6 , sl rafforzata non oscilla incerta di qua e
25. c) Retto, giusto, verace, in. riferimen-
<l i hì, ma batre la strn<l:i in direzione
to alla norma riconosciuta, particolar-
mente frequente nei Proverbi: 8,6: &:vol- rettilinea, sapendo b~ne dovr vuol giun -
(fW Ò.7tÒ XEtÀÉwv 6pM: «aprirò le labbra gere. Qui si tratta di tracciare non vie
a cose giuste»; 8,9: niivi:a ... òpi}à -roi:c; diritte, ma vie essenzialmente avviate
evpl(fxovcrt yvW<Ttv «tutto è retto per
chi trnva la conoscenza»; 11,6; 12,6 in alla meta, c ioè di andare st1 sentieri in
contrapposizione ad Ò.<7E{3i);; 12,15; J 6, linea col punto da raggiungere 1• Il con·
I 3 in parallelo COll olxato<;; 2 t ,8 in pa- cetto di òplMç è qui orientato alla visio-
rallelo con iiyvéç; 23,16; 31,5 confor-
ne cscatologìc;a dd cristianesimo primi-
me al diritto; Mich. 3,9; 4Mach. 1,15.
Flav. Ios., ant. 6,13: i:'Ìjv òpìhìv éliév. tivo. Non è US<l to in senso unicamente
Molto freguente in Filone, specialmen· c cico , come nella grecità classica, nella
te nell'accezione c), ad es. som. 2,97: Srca e sop racruno nella letteratura sa-
Èrt'6pMv Blov xa.t Myov; con/. ling.52:
òpi}fjç yvwµt]ç; virt. 3 9 : naLoElac; òp- pie nziale giudaica, ma indica la direzio-
afjç, ecc. ne ultima della vi ca verso la xap6: (bea-
òpa6c; nd N.T. è usato in Act. 14,10 titudi ne) e verso colui che di questa
per la guarigione dello storpio, nel si· xapii è il garante; òpltéç esprime così
gnificato di persona che sta dritta. Pao- l'atteggiamento escatologico dei disce-
lo riconosce la fede del malato e gli im· poli <li Gesù.
pone: «Mettiti dritto sui tuoi piedi». In
Hebr. 12,13 si cita Prov. 4,26 (--7 qui
sopra), ma nel contesto 6pfròc; ha subito o~6pi)w\nç indica a) il raddrizzare ciò
un particolare mutamento di significato. che è uscito dalla sua posizione diritta;
Nei Proverbi si tratta della giusta con- perciò, in Ippoc rate, il rimettere a po-
op&o:; x"T>•.
PAPE, LIDDEl.l? SCOTT, S.v. ad /. ; M1CHEL, liebr.', ad I. , contro WJNDISCIJ,
r Così a rogione R1GG1'NBAC11, Komm . /Jhr., lfrbr., ad I.
sto 1111 arto lussato: de o/ficma medici rnpp<1r1<1 I r.1 IJio e gli uomini; v:1lcl':t li
16; Moch!icum 38; anche correggere e no :1 d1c l11ssc inscaurato l'ordin:1111,·11111
rimettere in sesto qualcosa di rovinato:
xc<l Twv mn-r6vTwv olxoooi;:riµchwv della pi..:nc/.:t:t dci tempi, fino al 1110
xat éo<::iv <rWTlJp(a, xcd ot6pDwi:r1c; «ri- OlClllo in cui 'legge e profc1i' (o~'l·rn
cupero e raddrizzamento delle costru- sostitu iti per il sopravvenire dcl x1upòç
zioni endcnt i e delle strade» (Aristot.,
poi. 6,5 ,3, p. 1321 b 2t); Plat., ieg. 1, 0topì>1;,0"t1,;c;, cioè del tempo ddl'1mli11.1-
6 ..p a lo adopera come termine tecnico 1nc11tu a11/«11tico; d'ora in poi va in vi-
per indicare un ordinamento con/orme gore il sistema del tempo che s'inizia
a 11110 scopo; abbastanza spesso con sen-
ora e nel 'Juale il rapporto frn Dio e gli
so affìnc in Polibio, dove è contrappo-
sro, a<l es., a BÀaf3lJ (dan no, rovina), 5, uomini viene pl:ismato nella sua pie-
88,2. In senso traslato: rettifica di un nezza. Cosl o~6pilw:nc; testimonin la SU·
errore (Polyb. 3,58,4). Detto in genera- perioriti't realizzata dal cristianesimo
le delle sittiazioni umane: Polyb. 3,u8,
12: npòç "TÒ:ç "TWV 1tOÀ.VttVJ.UiTWV &op- primitivo sul giudaismo ed esprime la
l)Wunc;, «per la riforma degli stati»; fede csrntologica dei primi cristiani.
dr. Aristot., poi. 6,1,5, p. 1317 a 35;
Preisendanz, Zaub. xrn 707: r.pòc; lìt6p- t É1tav6p1>wcn.;
Dwi:rw ~(ov (per l'emendamento della vi-
t11); del pagamento di debiti (Polyb. 5, É7tav6pilwcnc;, rialzamento (da ~1ta.·
50,7; 11,25,9); <lei pagamento dei tri· vopMw metto di nuovo in piedi, mi-
buti (BGU IV rn22,r3; P. Lond. 1v glioro), ripristino, resta11razio11e, miglio-
r349,9). ramento. Demosth., or. 24 ,22: -r:wv vo-
Nei LXX &opDwinç non compare (so- µ.wv «delle leggi»; Aristot., eth. Nic. 9,
lo lìtopi>wTi)ç, Otopl)oùv), in Filone so- p. ir61 b 19; Polyb. 1,66,12: i.ur&.Àac;
lo una volta in sacr. A.C. 27; Flav. los., rlxov lb:toaç xal µEyal11v itpO<Too-
Ap. 2,183: "Tà yàp ~lTJ 't'OUTOV EXOVTO: xlav Tf)c; ti:ro1JiVlJc; itEpÌ o.vToùc; Èita-
TÒ11 Tp61tov at 1tE~PIX~ OEoµEva Otop- vopl>wi:rE<,,<;, «avevano grandi spemnze
i}wi:rEwç D.irxovi:rw, «le prove fanno e grande attesa <lei migliommento
risaltare che ciò che non va in questo che si sarebbe verificato a loro riguar-
modo ha bisogno di una riforma». do» ; J ,35,I: t7tav6pl)~)OW "TOU -cwv
&.vll-pwncJJv ~lov, «m.iglioramento della
Lo svolgersi del pensiero nella Let- vita degli uomini»; Plut., aud. e6 ( u
cern agli Ebrei conduce a p11rlare, in 9, 46 d): npòç Ènavépi)win.v iji)ovç, «per
il migliornmcnto del costume»; Epict.,
io, della liturgia sacrificale veierotesta-
diss. 3,21,15: btt 7ea.1&lq. xal Èna.vop-
mcncaria e vi si dice che il sacrificio e ì}wou -r:oii ~lov, «per l'educa2ionc e la
tuuo il culto raggiungono con la loro nohilirazionc deJla vita» (deno a propo-
efficacia solo l'uomo esieriore e non sito dci misteri); Iambl.. vit. Pyth. 6,30:
Et<; wcpéÀ.Etav xo.l E1tavopfitùO"LV 'tOÙ
toccano la coscienza 1• Così questo culto WT)"toii ~lov, «per. l'urilitù e il miglio-
era UllA sistemazione provvisori:i del ramento della vita umana».
lì<opi)wu<~
1 W11101SCH, Hbr., ad I.
, Nt·i LX.\ .. i11 / I :·.,.,fr. 8 ,5 2 è de tto del- •H: l- riv11lt:1 mr1ggiormeote alle l'ÌJWr·
l """"di J l i.i P<'• i rt-duci 1; in J Mach.
l'll '~iuni t·t i che.
q. H dd 111i,.:lit1rn1ncnco della siruazio-
nc dd ( ;i~.1dd a Joppe. Usato spesso
~nd1l' da ~ · 11011<', ad es. con/. li11g. 17 1:
aftap·nlfll7.Th.lV... xw),v<ri.ç xai Ènavop-
i)i.;cnç, «rnlfrc111unento ed emendamen- òi;flonoOÉw (da òpi}67tovç, coi pi ed i
to delle colpe»; leg. Gai. 369: TWv vo- drilli), slt1r rii/o sui piedi, 11011 vacilla-
1il1t«>v <«k·llt: leggi»; mut. norn. 70:
li1117iv, «dci costumi» , ecc. rl', 11011 cadere 1, si trova solo nel N.T.
e nella letteratura cristiana. Nel giudi-
In 2 Tim. 3 ,16 si dice che la Scrittu- zio che in Gal. 2 ,r 4 si dii circa la situa-
ra è in grado di insegnare come il cre- zione in Anùochia, la condotta di Pie-
dente arrivi alla salvezza. Poiché deriva tro e dci seguaci di Gincomo viene ca-
dalla parola di Dio, la Scritturn serve ratrcrizzata dicendo: OTL oùic òplto7tcÒov-
ad ammaestritre, a convincere della sua uw 7tpÒc; i:i)v &.À:1)lhav i:ov EÙa.yyE-
colpa il peccatore, a formare alla giu- ).lov, «che noo cammin avano diritto se-
sti2in. Fra i d ue ultimi enunciati sta condo la verità dell 'evangelo». Essi rin·
' negano la libertà dalla Legge, la giusri·
anche 7tPÒ<; tmxvopltwaw. Evidentemen-
te c'è u na gradazione intenzionale in ficazionc mediante la sola fede ( v. l 6).
questa serie di sostanrivi. Se fra la di- Procedere sicuri secondo la verità d el-
mostrazione della colpa e la formazio- l'eva ngclo vuol dire aprirsi con obbe-
ne alla giustizia si parla di È1tav6pih,,- dienza aUn salvezza opernta da Dio in
trt<;, ciò può significare soltan to che il Cristo.
peccatore, convinto della sua colpa nel Ci<) vale anrhe per tutti i vocaboli
suo ritorno aUa salvezza (Elc; tTWTlJp(o.v, di qucsro gruppo: si era tra sempre del
2 Tim. ),1;1}, sperimenta una restaurn· nuovo rapporto inswu rato da Dio e dcl
zionc, cioè un miglioramen to, che solo comportamento dell'uomo di freme n
Dio può operare. Anche qui dunque lui ; ovunque (solo 2 Tim . 3,16 fa, in
Ènav6pltwcnç allude al fauore escatolo- cerco modo, eccezione) è possibile av-
gico, anche se, in armonia con la strut- vertire la determinatezza esc:uologica
tura generale delle Pascorali, l'attenzio- della sirunzione umana.
H. PRElSKl':n
l7tlX'10pi>i..xnç
1
, T ~f. di E~dr. 8,22: /' (tlb/i = 2 Esdr. 8,>2: 1 li «Conduni 1·e1tam"ntc» d i Lutero non co.
E«; '.'yall6v; <~ r.fadr. H.F 13 craduzionc più glie il >enso [ DRBRUNNUI ].
ongmari:i e p1u libera dovrd1lw ~sere stata :
r
Ei.ç néie>OtV fo0tvopi}wow 1\EWrotAM].
opl?;w (K.L. Sdunid t)
opll;w
1 Cfr. specialmente PRl!VSCHEN-BA\H!R ', s.11. 18,18 prd. ' scs;rcga rsi', è tradono con 6pl.l;av.
Si ponga inoltre aucnzione ai seguc:nti quar- In Prov. 16,30• op(l;nv è equivalente quanto
cro passi (PREUSCllEN-BAUER ' nomina wlo il al sen•o a ì..oyi!;!O"l>a• cli 30' e dovrebbe es-
quR rto), dove netl" g recità profana OpL~CLV è ser trado 110 C<Jn far progefli o escogitare
deuo degli dèi: Soph ., A111. 452 dove si tra1tn ( BERTRAM ) .
di Zeus e Dike: oL i:ovcro'tv <ivOpwltOLUL\I 3 Cfr. M1CJ11'L, Hebr.', ad l.: «Dio è il pa-
wpLcrav voµ.ovç ; Eur., Jr. 218 (T.G.F. 414): drone del tempo: secondo J-lehr. 4 .7 egli fissa
i:o OoÙÀ.Ov Wç, cimx.'ll'taxii yivoç itpòç i:-l)•J (oplt;Ei) un giorno (dr. Act. 17,3r: 'l\µipav
H.O.aaw µo\pav wpi.ao;v Dcoc;. Epiet., tliss. r, fo--nia Ev); a un 'siomo' precedente subentra
12,25: txc\vo<; (scii. Zeus) µt:'tÒ: 'tW'J Mor.p(:iv un 'oggi' (ci)'..iipov)».
napouawv xaL É1«x).wOouawv aov -c'Ì)v yt'llc- • R. MoRGF.NTllALER, Vie lukm1. Geschich1s-
aw wpwEv xo.t otéi:a~cv, e Mcleagro in Anth. schreibtmg uft Ze11g11is 1 (19f9) r!), d'accor·
Pal. u,158: aÈ yù.p f)Eòv WpLCTE oa,1.LWV do con A. v. HA l\NACK, Spdichc 11111/ Rcdc1t
( KLCLNKNECHT). f esu ( 1907) 83, vede nella csprcs~ione brMaç
2 Per l'uso parcico:arc nei I.XX: in Num. 30 Òp:>i)~,,-•oc.; una «figura ecimologicn e dice ( P-
si trova otto volte per 'iiJtJr 'issàr èp(l;cw 69): ..In Art. J 7,26 Zahn crede clic opwa<;·
èpwi.1.6v (ncp( [ xai:'1 J i:iic; .iroxiiç a ù-.oii ), opWEM<, sio in sé un" ortibile toutologia ...
imporsi un obbligo Cfurc un voto). In Prov. De gustih11s 111m est tlisp11tamlu111!».
O?i!;w (K.L. Sdu11i.l1 1
<1.q>op(\,w
1 Sopratru110 ZAliN, Rom. a Rom. l A· con dcc- t2gliaro esame richiama l'attenzione su questo:
à.q>o;>U;w (K.l. ~ '"'"'" '
li Figl io <kll '11n1110 separel'Ì1 per in· -r•7•v I .'< ·il. 'fW\I 'Iovòalw\I) li1p1:)ç.v:JPJ
t'ltril·o ,li Dio i buoni dai cattìvi, come •c•'i;; Wlih}'t'cic;, «staccatosi d:i l"r" {dai
il f"''wrc k pecore dai capri (M t. 25. (;i11.l1·i 1 ":parò i discepoli ». l'1.:1n1 in-
p). Lo S lc'SS<> compito è affidato agli vn'l' una volta fece il cont rario, q11:111du
angdi che scp11rcriinno gli empi dai g iu- «si :.cparò» (Gal. 2 , u: à.1p1~{;L~E\I fo.v-
sti (Alt . 1.3.49 2). Anche la condotta d..:i -ròv) dai cristiani cli ori gine p:ll(ana che
crisi ian i deve essere adeguala a qucsra ruuavia appartenevano al!' Jsrnclc spiri-
prospettiva: se D io separa, coloro che ruale 3 • Il ' mondo' risponde dal canto
credono in lui devono acconsentire a suo con un proprio cicpopti;EL\I, Lc.6,22:
scparatsi quale popolo dei salvaci dal «I3cati voi quando gli uomini vi odje.
popolo dei non salvati. Tale è l'esclu- ranno e o'ta.\I O.qiopi.crwow Vl.léiç xaL
sivismo che esige un Dio esclushrista. Ò\IELOWW<TLV, quando vi merreranno al
Jn 2 Cor. 6,t7, come nell'A.T. (ls. 52, bando e vi ins11 Ireranno» •.
u; dr. Ier. 51,45), si dice: t~tMa:rE Come si vede in 2 Cor. 6,17 == ls. 52,
Èx µÉ<TOV <IIÌ'tW\I xa.t à:qiopll:ri>l}'t'E, À.É- 11, la separazione fra Crisro e il mondo
è prefigurata nell'A.T. dalla separazione
yn xup~oç, « toglietevi di mezzo a loro
fra Israele e le genti. Nei LXX aqioplè';,w
e separatevi, dice il Signore». Lo Spi- non corrisponde n un unico, particolare
rito San to esige la stessa separazione termine ebraico : troviamo prd in Gen.
2 ,10 ; 10,5 col senso di divisione e scis-
per l'apostolato e dice ( A ct. TJ,2): acpo-
sione spaziale; in Lev. 20,25 (due vol-
pi.cra:tE lì-i) IJ.OL i:Ò\I Bapva(3ii\I xa.ì l:aù- re ).26; Dcut. 4,4i; Ios. 16,9; I s. 56,3
À.o\I Elc; -rò i'pyo\I lì npcxrxÉx>..lJl.ldL aÌ>- bdl che significa separazione, messa a
-rouc;, « mettetemi da patte Barnaba e
parte, scelta; infine sgr per la segrega-
zione, specialmente dei lebbrosi. Altro-
Saulo per l'opera alla quale li ho chia- ve ìl nostro verbo è usato soprattutto
mati>). Paolo sepata la comunità dei fe- per tradurre locuzioni cultuali : 'br, firm,
deli dall'Israele che giudicava secondo mqdi, r wm, 11wp; si tratta di d iversi ter-
mini tecnici per l'ofierta di sacrifici e la
la carne, cioè fraintendeva il suo inse- consacrazione di teneni e luoghi a scopi
gnamento (Aci . I 9 ,9 ): 6:r:ocri:<Xc; a1t' a.ù- religiosi e cultuali, che i LXX considera-
« ... egli è sempl'e un fariseQ nel senso pi(1 nobi- Mt. 13,.i9, possiomo aggiungete una cita:tionc
le; com~ cristiano e apost0lo qj)ì ha detto in dalla Lep,gcnda di PelaAia (p. 6,5): ~1'1'} 1u: &:q>o-
Act. 23,6: hw <l>api.aa&òç El.i.ii~. Più cauta- plan<, anÒ 'tOV oÙpttvlov O'OU ilva\<t<l''tljplov».
mente si esprime H. Sc11uu. D<r Gala1trhrief J Lu tero ha mts-") in rilievo soprattutto la
( 1949) a Gal. 1,15: ~Fo= c'è 11.nchc un'allu- colpa che ne deriva a Pietro; dr. K. L.
sione all'ebraico piir1l1 o all' an1n1aicn p' riia (in· SCHMIDT, V ie Kfrcbe des Urcbristcntums'
vece di b è meglio il dcterminuivo ') 'fariseo', ( 1932) 308 •.
che diflìcilmen1e i lettori avranno capito . Poo· • Cfr. lo. 9,22; 12,42; in 16,2 è espresso lo
lo :illorn avrebbe ravvisato nelln sua <1ppane· conc<'Lto con -+ à.Ttocruvtiywyoç. LIDDELI.·
nenia ai Farisei un rappOrto simbol ico,.. Cfr. ScoTT traducono così l'&:<pop~w di Le. 6,22:
anc ht, STRACK-Bn LERBECK 111 '4 · «mettere in disp•ric P"' espul.ione, bandire,
2 MouLT.-MILL. 98: e Per il vocabolo, come in scomunicare».
6.r..ooiopll;<.> (K.I ,. Schinidt)
S Cfr. STRACK·BI LLERBECK 1v 293 ss., exc-ur· CÌ.q>OpLO'J~O<; excomm1micatio; dr . testi in E.A.
sus: 'Def Synagogenbann'. Vi è qui distinzio· SOPHOCLES, Greek Lexicon o/ the Roma11
ne fra bando in quanto «misura disciplinare and Byz(ln/ine Periods (1888) s.v.
all'iatei:no della sinagoga» cd esclusione dal·
ci.1too.opl~w
la sinagoga (" <i11oawciywyoc;). Cfr. anche
SCHLATTER, Komm. Lk. a Lc.6 ,22 . Nella Chie- 1 érnooi.a·: ù1 MAvsER 1 3' ('19:i6) 242 solo
sa cristiana dq>opll;nv indica excommunicare, tre verbi.
,-;~oop(f,w (K.L. Sd11111. lr 1
2 Questa acuta e non del tutto impossibile scissioni,., e Lutero: «Che provocano fazioni».
spiegazione di I . Chr. K. v. Hofmann è ripor- s In base a questo, la variante, del resro male
tata da CRl!MHR-KOGEL 821, che però la re- aUC•t•L~ (cod. e, Vg.: qui scp,rega11t scmnip-
spinge perché nova forzato il proposto riferi- sos, Agos<ino e alni), secondo la quale sareb-
mento e non ritiene che si debba necessario· be da aggiungere tav-cov<;, è da respingere.
mcnce dfutsi o un'accezione testi1noniata una Thcs. Sleph.: Schismatiçi.
sola volta in Arisrorclc. 6 Cfr. \VJNDISCll, Kath. Br., ad l. (in accordo
3 Si ved11 ad es. R. Wt.iNSCll, A111ik~ Flucbt"- con antichi cseiieti): <e&.7tolì~op(l;«v, 'forc divi-
fc/11 = KIT 20 (1907) 12: il;opxll:;w &~1iiç sioni' ... non si riferisce affatto alle sciMioni
xa:tci: -roii tn6.v[ w l -roii ovpavoii ~oii. -roii che essi suscitano nella comunità, ma al con·
xai>l)µlvov lm -cwv Xq>ovfli, ò 01.0picaç -ci}v rcnuro del loro insegnamento•. C. \'ClltZSi\K-
yijv xal xwçMaç -ci]v M.Àa<Taav. KER deve aver pensHo la stessa cosa se tradu-
4 Cosi I~ Zii ...her Ribel: «Che fomentano le ce: cProvocano divisioni in classi~.
i279 (vr1 ~ 7) r.pooolt,w I K.L. Schmid1) ( v457) 1280
di òpl~c:w ' (~ col.i271}. Lo studio dei 11 x.c:lp crou xat ii ffovÀ. Ti itpowptcrEv yE-
sinonimi e la sroda tescuale dimostrano vtcri}et.t, «la tua (di Dio) mano e il nio
che lo stesso avviene per 'ltpoywwcrxtw. volere prcsrnbilirono che cosl avvenis-
Rom. 8,29: oilç 'ltpoé'yvw, xcù 'ltpowp~ se» (Act. 4,28 ). Io questo consiste l'oc-
<Y<:v crvµ(.l.Òp(j)ovç •fiç dxòvoc; "l'OV vto\i culrn sapienza di Dio, sapienza avvolt;t
av'Tov, «queUi che egli ha preconosciu· nel mistero, iìv 'ltpowptaw ò i)eòç 1tpò
to, li ha anche predestinati a<l essere "\'GJv alwvwv c:lç o61;av -i)µGiv, «che Dio
conformi all'immagine del Figlio suo». ba preordinato avanti i tempi per la
Rom. 8,30: oiìç... 'ltpowp~crev (cod. A: gloria nostra» (I Cor. 2 ,7) (--"» VII, coli.
'ltpoc'.yvw), 'TOV'T OVc; xat Èxci:À.EO'EV' 692 ss.). II fine ultimo della nostra pre·
«quelli che ha predestinati (cod. A: destinazione è l'adozione a figli di Dio
preconosciuti), li ha anche chiamati» in Gesù Crisco: npoop(crac; 1iµGic; dc;
(~ n , col. 533; ur, col. 182 ). Dio che utoarolav lìtà ' IYJo-où Xpl.O''tou (Eph. 1,
tutto sa, ha tutto predisposto 2, i perso· ,5 }. Se .abbiamo in Cristo la nostra ere-
naggi e i fatti del la storia della salvez- di tì1, è perché siamo 1tpoopto-ilÉv1:Eç XCI.·
za, con il vertice ultimo in Gesù Cri· 'tà <tp61ko-w 'tOÙ 1:èx. 'ltÙ:\l'T CI. ÈVEpyoÙV·
sto 3• Se Erode e Pilato si sono collega- "!:oc;, «predesti1rnr.i secondo il disegno di
ti coi pagani e con la folla di Israele colui che curto opera» (Eph. r,u) 4 .
contro Gesù Cristo, si può ben dire che K.L. SCllMlDT
1tpoopit,w
1 Cfr. anche E.v. Dousculin, Priidesti11atio11: slimmun~ bei Pau!us und in der f>osidoniani-
ThStKr ro6 (r934f>5) 9-19. e K. STAAR, P<1u- schcn Phitosophfr; FRL N.F. 18 ( 19 22} 17-24.
lt1sko111mentare aus da tliten gr. Kirche (1933) ' Secondo CREM~l\-KOGEL 812 «il r.poop(t,m•
76 (Origeneì. 95 (Diodoro d i Ta1·so). ho un valote pu ramente fot'm•lc e non indica
(come 11poyLvc;)O"XE<V di Rom . 8,29) un concct·
2 Anche i profeti deU'A.T. parlano di ciò che
ro dd tutto ind ipendente e per sé stante»;
era scaco stabi.lito molto prima; dr. special-
ma si deve ohhicttarc che il soggcu o O.io qui
menre 2 Reg. r9,25; Js. 22 ,II [ VON RAD).
è determinante e mette fuori disn 1ssio11c
J R. LIECllTENHAN, Die f(iittlic/1'' \Torbe,.b,._ un'antitesi dcl genere.
òpxoç (Joh. Sd111.·1o 1•. , 1
cpx.oi;
f.. ZIF.BA RTH, art. 'Eid': PAtH.Y-W . v 2075· rt1mouullo); dunque gpxov S1.tw1 tt= io afferro
2083; J.
Kos·1·1.1N, I. BtN"lrNGF.R, art. 'Eid': il bastone (del giuramento). Cfr. Horn. Il. 1,
RE' v 23!}-2+1; A. BERrnl\1.ET, L. Ki.lrrLER. 234: va.l 1uì -r68t crxij1M:po" (233: p.lyo.v ilp-
F.K. ScHuMANN, E. RucK : RGG' 11 49·'1; XO\I! ). 7>4lf: opxux Sì ZEùt; tlT"tw..., 412 : •Ò
K. IhLGcNKEINr.R: Lcx. "J11. K. m 586-591; crxij?t-Cl"\I Ò:\IÉO'XEilt itfun l>tOlatV, 10,pl.
G. l'ERRIES, ori. 'Oatli': ll:isti ngs, D.B. lii 328: È\I Xt pal oxTjit-cpo\I À&'.flt xat o( 1$~\0<T·
5;;-577; M.A. C11i-.'N1><, T.K. C t lEYNll, are. O"E\I» (0l':IJRUNNER] .
'Oath': EB 111 3451-34).1; A .E. CiAWLtY, E. 2 Dcl giuramento per lo Srige tratta runpia-
BcET, M.A. CANNEY, att. 'Oath' : ERE 1x q}O· m.:ntc -+ llraz.eL 171·175.
438; R. H rRZEL, D<'r Eid (1902); J. PEnr.R- J Come figlio di Eris, Orco lrn le car3tteristi·
~t::N, Der Eid hl'i den Sm1ile11 (1914); E. che di un demone dcl rnondo sotterra neo; co·
$EIOL, Der /::id it11 ro111iscb·iip,yptischt11 />ro- me ministro <li Zeus, Orco è un3 divinità del
vi11iialrechl l (1933); Il (1935); \YJ. LVTllEl, 'luminoso mondo superiore'. E chiaro che <jui
'W<thrheit' u11d ' Liige' i111 iiltcsttn Griechc,,- inBui:srono due cli\•erse rapprescnt!IZioni · mito·
1u111 ( 1935); G. GLOr z, art. 'Jusjurandum': logiche. -+ HlR7,l;t afferma che ogni volta che
Darcrnberg·Sagl io; M.P. NlLSSON, Geschicble gli dèi pronu nciano il loro 1nuS.'limo giurarnen·
der griecb. Neligiun I (1941) r28 s. to p<!r un essere del più profondo mondo set·
1 Cosi Eusrnth . Thcssal., comm. in Il. 2,339: terr~1neo. ci ttovi!1mo di fronte o un «resto di
y(vn(l< ÒÈ ò opxoc; 5atv i:ò lpx~. uHro:ntis- vira e di religione anrica che nel tempo nuo-
simo rcmativo di spiegazione (finora il mri:lio- vo e nelln relativa reologia ha perduto il suo
re a mio pon.·rc) in M. LEUMANN, Homt•ri· ~cnso prin1itivo» (174).
1
sche \Vorler ( 1950) 91 s.: opxoç, bas1011c (die Cfr. in particolare PREIS IGKF., W'iirl., s.v.;
ull'atto del giurumclllo veniva afferralo e alz:i- In., Fachworter, s.v. Qui si trova altra b iblio-
to) = latino s11rc/lf (da dc•umcre da surmlu.<, ::raJia.
5pxcç /\. (Jnli. Sd111cidcr)
opxoç, per l'imper:Horc: I'. Oxy . .'\ in nome di ci~> d1c per lui ha valore cd
1265, I J j <j)pLX"tÒ<; OpXO<;, gil1ramen tù l: s;icro. Per In pi ì1.convalidare J'a~
:i
tremendo (cioè che ecci ta r:H:c:ipriccio e
tremore davant i a D io): P. Mnsp. 200,
scrzione um,1na \'iene invocara la tesi i-
4; cppLXWOf.:r"t"a"tO<; opxoc; gi ur.amento moni:\ni a di un essere piì1 alto, di rc;-
t erribilissùno: P. Lond. I 77 ,5 2. A CO· gola non d ivin;1<1 8• Si deve comunqu e
rninciare dal n secolo d.C. ~i fnnno giu-
rr~trnre di un tes te sulla cui testimo·
ramenti per l:t Trinità (ayla TpL!iç ) 5 e
per le reliquie (uw11anxòc; opY.oc;): P. nianza non si possano fore ulteriori ri -
Masp.i:5 i ,l63 (v1 sec. d.C.). Per il con- serve. Il giununento è quindi una di-
tinuo crescendo dei giuramenti in in- chiarazion e con validata dall 'intervento
tensitn e ampiezza si veda qu esto esem-
pio: Ò q>pLX"tÒ<; xa.t <TEBaCTJJ.LO<; opxoc; divino, la quale conferma un asserto u -
Xet"tb. -rl'jc; aylac; x a t Òp.oovO"lov >PLa- mano e ne garantisce la veritlt. 5i di-
/ioc; xcxt vlx11c; x at &aµovfic; -rwv... stinguono giu ramenti assertori e pro-
A&toxpa.-ropwv, «il giuramento terribi-
le e venerando per la san ta e consustan- missori, secondo che riguardano il pas-
ziale Trinità e il giuramemo per il trion- sato o il pn.-:.enrc (un dato <li fatto),
fo e la srabilitiì del potere imperiale» 6 . oppure l'avvenire ( una promessa). Il
Così in questo periodo formule di giu- giuramento assertorio ricorre soprattu t-
ramento is pirate alla chiesa e allo sta to
si fondono. to nelle procedure giuridiche, qua le
prova. Il giuramento promissorio ha
A . IL GIURA MENTO NEL MONDO GRECO luogo di co1iti nuo ndla vita privata. La
E NEL GIUDAI SMO trntcazionc 1corica degli an tichi conside-
r:n"' il 1~iur:11nen10 cssenzi;Ùmeme sotto
Il giumrnento è in primo lutigo una
l'a,pcuo promissorio.
automalcdizione per il caso che non si
dica la verità. È un rafforza tivo della 1 . Nel mundo greco il giurameow as-
pa ro la umana e ha lo scopo di gar:in ti- sume le piì1 svaria te forme, d.1 quella e-
le menttlrc v1) Alri., per Giove, a lle for-
re l'affermazione <lella veriri\ 7 ; il che mule cretesi nelle qual i sono nnnovera-
può avvenire in quanto cigscuno g iur:1 tc fino a sedici divini1i1 9 : ciò dipende
dalla do\'izia di fìgur,· che popolano il :1w1-.1111l 1111 rapporto particolare con 1:1
panil1"'" grcro. J><'r l.1 stessa ragione, e"·' rq:n.1111c dc:i Tolomei 12• Andw per
11dl:1 \'ila q11n1idi:tna l'uomo non si ap· i I r<'gnn dd Seleucidi non tnllnC<rno r.:-
pdl:t\':o :olk nh·desime divinit:ì dcl"1 '' i 111n11i:111;<:C di gi uramenti prest"ti sul-
do1111:1 nl- il giova ne a quelle del v~c 1:1 pc.:r~on a dcl re u.
d 1iu. /\11d1e le singole citt~ e i singo li ()1rnndo gli stati greci caddero so1t,1
st:11i :ll'l.:v:1110 le loro panicolari divini1:1 il ,lo111inio romano, conservarono il giu-
ullidali a cui appellarsi nel giur;tOll'll· r:unenw sulle antiche divini1!i Mat:ili,
IO'°. ma nella fonnula, già :1111pli;11<1 cun il
Nella vita pubblica la formula di giu- B(((nÀ.Lx bç é:lpx~, aggiunsero il giura-
ramento (o VOf..1.t.µcç opxoç o Ò t1'xwpto<; mento per il genio di Cesare. Olrre che
opxoç) con le relative divinir:ì eru fìss:i- nell'ambito civico e bur<>natico, il giu-
ca dal legislatore; mediante il giura men- ramento acquistò particolare importan-
to nella vita pubblica l'ord ina mento sta- za in campo giudizia rio: il g iudice lo
tale veniva cioè sanzionato rcligiosa- prestavn per convalida re la sua senten-
111enre e ancorato a un fondamento di- za. E come per il giudice, anche per le
vino. Gli dèi ufficiali del giuramenro parti il p,iur:imento divenne un mezzo
erano i testimoni che vincolavano gli per ottenere giustizia. Solo più tardi pe-
uomini pìì1 strettanieote delle altre di- rò vi si ricorse in mancanza di testimo-
vinità. Di solito ci sì appellava a una ni e prove. Ne aveva diritto in via or-
sola divinità; ma ne vengono talora no- dinaria il querelato, in alcuni casi anche
minate anche due o tre. La conclusione il querelante. Oltre che nell.'ambito dci
di un pntto implicava l'i.nvocnione dei pi:ocessi, il giu ramento trovava :tpplica-
i}EoL ~pxtot da ambe le parti 11 • Nell'età %ione per defi nire questioni legali d i o-
ellenistica per l'opxoç ~=LÀ.Lx6ç furono gni gcnerc, e soprattutto nell 'ammini-
inserite nel la formula le divinità dci To- strazione pubblicn in materia fisca le o
lomei1 dci Seleucidi e molte alrre an- in atti ufficiali ".
cora. Il giurnmcnto diventa molte volte
Il aacLÀ.LXÒç OpXOç è prima di tutto una specie di patto i.n cui si dichiarn
il giurnmento fatto sulla persona dcl re. che nel caso di spergiuro ci si espone a
Abbiamo tutta una serie di formule di u n determinato castigo. Si i111pegna il
questo genere fin dalla prim:1 etì1 tole- proprio onore, i beni, la virn stessa. I
mak:1 (Filadelfo ed Evcrgetc). Esse di - Greci ebbern v.ui gradi d i giurnmento.
mostrano l'importanza dc ll'opxoç ~acn Quando si affievolì la f:e<le nella forza
)••x oç nclfo vita pubblica ed economico del giuramenm, lo si rincarò, lo si ripc-
<lei regno tolemaico. Più tardi fu inse- ré un numero preferibilmente sacro di
rita nel giuramento tutta qumua la di- volte, ~i giurò per più divinità, se ne ag-
nastia come man mano risultava compo- giunsero ai giuramenti per la divinità
sta e alla fo1e anche quelle divin ità che alrri di altro ripo, e cosl si ebbero gill-
,, Cfr. Plat., ap. 22 a, con scolio: 'Paoo:1.u:iv· !7 Così -+ JlnNz1NGER: RE' v 243.
o
vvo; opxo<; OV"tO<; )((:<"tà. xvvb; iì X"l')VÒ<; iì 18 Cfr. -> l'uoimSEN 159.r42.
1tML"tclVOU ij Xptoii i\ "ttvO<; aÀ.À.OV "tOtOÙ"tOO ... •9 Nel giurare si rcncva la maJ>o alzata verso
xai:à. 'l:OU"tWV o! voµo<; oµ.VÙ'JO:t, (Vct Jll) xa- il cielo {Ceiz. 1.p2; Deut. 32,40; fa. J6,7; Ps.
"tcX DtW'J o( opxot ylyvwvtat, "tOLOii"tOL /ìf; 1o6,26). L't-spressione «levate la mano» è ad·
xal oi wxpé."tooc; ~01. dirittura equivalencc ad «affermare qualche
16 Oracori Attici (ad es. Lys. 2',>8) csalravano CQSa sotto giuramento» (Ex. 6,8; N11111. 14.}o).
il giuramento in quanto sostegno e salvaguar- Due volte (Gen. 24,9; 47,29) viene mcnziona-
dia della democr:Wa. t.1 la seguencc cerimonia di giuramento: colui
cpxoç A {]oh. Sdrn,·i,l.·1i
II giura1m.:1110 è· raflorl.;l!O dalla auto- m :<kd i,.in rll' e benedizione (ad es. N11111 .
che giura tocca i genitali di colui al quale il 23; molto frequente in Geremia. La formula
giuramento è prestato. Cfr. -> PEDERSRN I 50 con la quale Jahvé si appclla a se stesso co-
s. Questa cerimonia è ancora oggi in uso in rn..:: tcsthnone e giudice è ~aj./a11l, «io vivo».
molte tribù arabe. .Jahvé giura sul suo braccio descro (cioè sulla
2ll Così questi è messo acca"to a Dio oppu re su• foi-La) : Js.6 2,8; per il suo gran nome: ler.
al posto di Dio come tcstimo"io e vendi.caro· 4~-:..26; ptr la sua snntità : An1. 4,2 .
re della verità , e ciò è evidente nei casi in cui 22 Cfr. ~ Ptmr.RSEN 157. «Il fatto che egli
si giura iosieme per Dio e per un uomo. giuri per se stesso implica che non dipende
2 1 La testimonianza pièt :mrica del giuramento da nessun :11!1·0• (158). Cfr. anche .J. lfoPPEL,
di Dio ncll'A.T. si trova in Amos (6,8; 8 .7); Der /iid im A.T. ( 1893) 15.
5i veda inoltre Gm. iz,16; Ex. 3i,i3; 1s. 45, i i Cfr. -> P llllll• SF.N io8 s~.
OpY.:ç t\ (loh. Schncida)
stuto dal que rclaro quando, per man- siasth:o (2~.9 $S.) biasima il TioÀuopxoc;
canza di tescimoni, non può essere pre- (~ coli. 502 s.) Quando, cn n l'irrompe-
sentata la prova giuridica della sua in- re delle idee ellenistiche, la wcd1ia e se-
nocenza (Ex. 22,8.10; dr. a nche Num. vern concezione del mondo e della vito
5,u-28). Il giuramento di discolpa a- cominciò a incrinarsi, fu mc<;sa in dub-
veva la forma di una aucomnledizione bio nnd1c l'importanza dcl giuramento.
condizionata o di una protesta di inno- · In Ecci. 9,2 si parla del terrore sacro
cenza 24 • che s i prova davanti ad esso, p iuttosto
L'età p1u antica prendeva sul scrio che di un rifiuto a giurare. Da ultimo
l' impegno dcl giuramento. Per un g iu- !:i casistica farisaica con ru tte le sue
ramento fo tto alla leggera, la legge esi- gradazioni e distinzioni, negando a pa·
geva un sacrificio espiatorio (Lev. 5 ,4 rccchic formule va lore vinco lante, finl
ss.). Essa proibiva il giura mento falso, per scredirare il giuramento.
ma non fissava nessuno pena giudiz iaria
3. Ti Documen to di Damasco, n ella
per chi Io avesse commesso; lo abban- parte che t(atta d ell'ordinamento della
dooa\'a piunosto al n·ibunale divino ( r Cornu nità della Nuova Alleanza ( 9, l ·
15,16), contiene anche unn sezione su l
Re~. 8,31 s.; Zach. 5,3; Mal. 3 ,5). Solo
g iuramento (9,9-10,3), in cui si stabili-
il diritto talmudico punì il gi urnmcn ro sce che il giurnmcnto <li male.dizione
falso con la flagellazione. che serve all'accertamento di un ladro
può essere richiesto solo <lavanti ai giu-
Anche la storia israelitico.giudaica re-
dici (9,r i. 12) 25 . Stilla p osi2ionc di Fi-
g istra una decadenzn del g iurnrnc nto . lone e degli faseni di fronre al giura-
Già i profeti se ne dolgono (ad es. I cr. mento__.,. 61wuw coli. 503 ss.
5,2; 7,9; Zach. 5,3.4; Mal. 3,5). Inoltre La Mishna conosce: i. il giuramento
di qualsiasi contenuto per convalida o
l'uso dei giuramenti diventa troppo fre- :iffermazionc (S"hrl'at biffui}; 2. il gi u-
quente nella vita quoLidiana. L' Eccle- ramen to alla leggera, insincero o falso
21 Cfr. R. Pkf..SS, Vas Orda! im ullen Isr.1d 1: tr<>v:i p1ù gn:1kosa e 110ll s:1 du ~lid'ha nibarn,
ZA\YI N.F. io (1933) 137. Il Pr<0ss spiega: l'eforo del luogo ove è stata rubata fa presin-
«Sembra che il giuramento si svolgesse cosl: rc al suo propricrnrio un giummmto <li male-
il querelante pronuncia\'a una male<lizionc e dizione, e chi lo ascolta - qu:ilora ne s~ppia
l'imputato in un luogo sncro la prendevo su qualros• e: non lo indichi - è in colpa». Se-
di sé sotto forma di automaledizione condi- i:11ono disposizioni sulla validi1:ì della testimo-
zionata, sia ripetendo la formula di maledizio- nianza, su ll'c1iì )er,ale per pOlCr 1cstirnoniorc
ne, sia appropriandosi... la maledizione me- in questioni penali e sull'auendihili til <li cui
di:mte un 'amen'. Quando l'indiziato aveva pub r,odcre d:wonri • un tribunolc un notorio
pronunciato il giuramcn10, si credeva che Jah- tr»111cssore <lcila legge:. Si \\:da a questo pro-
vé in cielo ascoltasse e in caso di spergiuro l><>Sirn \YJ. STAllRR, Die iiidische Ge11J(•ii11fr
desse rompimen to all':rnnessa malcdiziw1c» dcs Ne11c11 B1111dcs in Damaskus, BITh 27 ,3
( r 38). ( t9ll ) rr s. Sul ri10 del giuramento di male·
dizio11c cfr. L. GtNzmrnc, Eim unbci:mwt.:
Z3 (.'.-Osl si <iicc in 9,n.12: «Se quakuno non jiidacbe Sckle; MGWJ 57 ( 1913) 284 s.
cr,x~~ B (Joh. Schnl'id.. n
(
V ' - ') , eI'le, se
sl·1111•.''' StllO p rt:!'-1 (un I I''--
(_e 1i.x.: ru~ 1. opxcç compare in due passi in cui
til llK'll l(', viene punito rnn 1:1 fu~1 ig,1r.lo- vicr.c ci1:11n l'A.T. Nel salmo di Zacc,1-
nc, :;e IH>n Jcl iberahrn11:11tc. rt·~::i impu-
ri.1 (I .e. 1,73) opxoç è posto in paralle-
nilO; >· il giuramento rd:Hivo ;1lh\ testi-
moni,inza, çhe ser ve a çon l'~ lidarc i! ri- lo co; 1 s,o:l}-~x1'} 28 che qui è spiegat;l pro-
rìtH'o d i c iò che afferma 1111 les i.e (S"biì'at prio mcdim11.c opxoç 2'1. Ma nifestandogli
hii'ccltlt ); 4 . il giuramcnlo re lativo a i 1:1 sua volontà, Dio ha fo tto ad Abramo
de positi, che deve essere p rcst:lto da un
\! fl:t pmmessa giurata che riguarda g li
que relaro come un gi11r:nncnto di di-
scolpa (S"hU'at happiqqiulon ); 5. il giu- evenii dcl tempo salvifico 3~, nel quale
ramento dei giudici (S<b11'ot haddajiii- il popolo di Dio lo servhèt «in santil'à
nlm ). Il cosidde tto giuramento rabbini-
co (S•bfi'at hessét) incomincia solo in e giw;tizi.a>>. Ciò che Dio ha promesso
età talmudica 26 • ad Abramo, in Cristo è d iventa to real-
tà. Anche Act. 2 130 acce nna al giurn-
B. IL GIUHAMENTO NEL NUOVO TIZSTA·
rnc:nto che Dio ha fatto a David, e Pie-
M ENTO
tro nella sua pred ica di Pentecoste spie-
r. In Iac. J,I2 opxoç ligurn come og- ga Ps. 132, rr (cfr. Ps. 89,4 s.) coo1c an-
getto d i ò11vuw 2;. L'espress io ne generi· n unzio profetico della resurrezione d i
ca wiì òp.vunE, «non giurate» , viene GcsL1, il Messia 31 • C risto h<l occupalo il
chi:idrn con una frase d i tre membri: trono regale nella sua qualità di pi:o-
J1TJ't'E 't'ÒV OUpf/.VÒV µr)1:E 't'TJV yijv µTj't'E messo figlio d i David.
ij,),),ov 't'Lv&.. 5pxov, «né per il cielo n,; Mt. 5,33, rifacendosi a una frase vc-
per la terra né con qualsiasi a ltro giu- terotes tamencaria, mostra che il leg i-
ramento». L'Ll lt imo membro dimos tra slatore dell'antica alleanz<1 es igeva l'a·
che Giacomo in te nde porr.;: un d ivie to dcmp imenco dei giuramenti ( opxo~ ) pre-
assolu to ( ~ coli. 509 ss. ). ~tati a Dio 32 (~ coli . 498 ss.).
26 Si veda per questa parre in p:irtin,for{' l,i da anth c Sc1·U,ATT>:R. K•mt:n. Lk J 80, il 11ua·
mmazionc in STRACK·B1u,nRBP.CK 1 pt-325 . le ci ta come para llelo pc ;- contcm1to /\fek. Ex.
27 Opx..ct> òp.vVt\.V, pro1nellere t1 qualcuno con ~9 b , a Ex. I >,19.
J) It tenore della rn·omess:1 fliurata fotta :id A-
1?,iUl'(lmento, si trova in tesi. [ud. 22,).
b ramo è indicato dall'infin ito cspli.c:1ùvo i:ov
u Sul parnlldisruo di opxo<; e otcdH1xri richia· lìou'Jru xi:).. Si 1·eda anche KLOSTERMANN ,
rna l'arccnzione E. LollMEYER, Diatheke Lk .. ad /. P~r il costnllto cfr. In Leggènda di
(r913) 150. ota&Tixri ha perciò in Le. r ,73 il Pdagia ed ita da !l. Us f.NEn \1879) p. i3,9:
senso «di promessa sacra o di inviolabile Ìm· tv opi<t,> EÌXEV 'tOU µ 'Ì) "(€U70.711o.l 't~.
pegno di llmtcizin». J. BEllM, Dci· Degi·ilf Ata- JI Cir. WENDT, ,1g.. ad/.; H .\XI. B1weR, Ag.
ll1pcl') im N.T. ( 19rz) 58, interpreta ll1amptT) (N.T. Deutsch) d I.
in uoione con Opxoc; coni.e unn procil'l1nazionc ~~ &r:oòt.ù6vo:i.. "tt.vt Opx.ov può anch:.: signiftca-
della volontà di Dio, la qu<1lc « imp lica in sé r~ dis,,bblig,1rsi da u11 giuramento, e qucs10
prorues.<a e impc!).110 pci'SOnalc». Si veda an· I"''' il fotto che lo si esegue nei confronti <li
eh<: ] . BEllM -> 11, col. Jo88. quaku no (Dcmos1h . 19,}18; l\.cschJn., advcl'-
29 Opx ov Ov Wµocr€V i: nttractùJ inversa per 'tOV s11.< Cti'sipho11tem 74; D1TT., Syll.' 150,16).
opxov av WJ.IOC'(V, d r. B1... l)m1R. § i95. Si ve- Cli'. Pr.EUSC!IEN·B~ \JER, s.v. opitos.
opxll;w (Joh. Sdrnei<lerl
33 Per dç ~EBo.iwow di Hebr. 6,16 cfr. Dr,1ss- 2 IG m 3 p. xvn; Dè.ISSMAN><, B. 28. La la-
MANN, B. loo-ro;; Io., N.ll. 56; Mrrn;rs. su·a di pìornbo contiene un incantcsi1no c.-1'~l ·
WJLCKEN Il I,r88 s. 269; O. EGER, Recbts- more: «lo scongiuro di uno spi rito di deflln.
gerchichtliches :wm N.T. (1918) J8-42; H. to che deve condurre Urb,.no a Domi,ian•> in-
SCHLIER --) II, col!. 227 ss. EÌ.4 ~E~alwo'w è namorata <li lui. Il dio di cui si sollecita la
una formub giuridica {egiziana) che si è con- porenza è qnalilicato con chiari atnibuti giu·
servata pe.r secoli (cfr. anche LXX l.-ev. 25,23; <laici tol ti dai LXX». Wwu1.AN1>, /frl/. Kult.
P. Par. 28,8 ). E termine tecnico per indicare 194.
la garanzia lcAale in uno vendita. J /\mpio 01~1erialc in R. WONScn, Amil:c
3<Un pnrallelo in Piav. los., ant. 2>3' 7t<Xfill· F!11cbt11/eln, KIT r3 ss. (nr. 4. r
20' (HJ12 )
xw~~ -cwv 7tpE<Y~Elwv cd,.tiii l!el> 'opxwv. ss .).
4 Cfr. l3r.. ·DF.8l<. 5 .392, t <l.
òpxit;w 5 CCr. per Mc. 5.i O. RAUERNfE11m, Die W' o;'-
le tler Diimoncn im Mk. (r927 ) 13·26.
1 Cfr. accanto a PRE!SIGKE, \Vort. e MouLT.· 6 Per !UHa la pericope <l i Mc. 5 ,1-io cfr. Ù>rl·
·!ILL., s.v., MAYSER Il 2,304 s. MEYP.R., Mk. 93-99.
~~"~~w (Joh. Schncidcr)
opxli:<o.1 17€ 'tÒV ilEOV, llTJ 1.l f ('J".(O'G<'Jlifnç, i demoni v:ikmb~i dcl nome di GesL1 10.
Iddio. 11011 1ormcntar-
«li sctlllgÌLIIO per La loro fnr11111la di scongiuro suona co-
1
111i» • li malato intuis<:<: la lun:a supe· si: opxL~'" " u1l<iç <tòv 'IT]crovv ov llav-
riore di Gesù e c1.:m1 di lrn<.!rlo a di- ),oç Xl)puo-crn, «v i scongiuro per quel
stan7.a. Ma la menzione del nome non Gesti che P:1olo :mnunzia». Essi credo-
ottiene l'clfetto che egli ~i accendeva: no che nel nome di GeSLl sia insita una
Gesù, il nemico dci demoni, non ne tale fort:t, che il menzionarlo basti a
viene immobilizzaro. Allora il mal:tto c,1cciMe i demoni tz; per essi il nome di
ricorre alla più potente formu la di Gestt ha per.ò soltanto il valore della più
scongiuro che esista. Invoca Dio a sua potente parola magica. Gli Atti degli A-
difesa. Lo scongiuro però è i mpotente, postoli fanno vedere invece che il nome
poiché Gesù è il Figlio del «Dio altis- di Gesù h:i efficacia solo qu~ndo è pro-
simo» 1. nunci::iro per incarico di Gesù e avendo
In Aci. 19,13 si racconta di esorcisti fede in lui 1.1. Gli ewrcisti che non han-
intraprendenti 9 che tentano di cacciare no quescn fede sono soltanto degli uo-
i J. CHR. K.v. HOFMANN: Z\Xll 2 (1881) 352 9 Gli esorcisti ambulanti ebrei sono detci fi.
e ZA11N job . .r54 nota 85 non uniscono le ·pa- gli del rirnn sacerdote Sceva. Ma un çran s1-
ro!c '1110-0\i vtt 't'OV i)sov -coii Ù<jAO''tov alla cçrdotc di nome Scev11 0011 è conosciuto.
domanda introdotta col -i(, ma alla frase di '°~ JOw:1mR: RGG ' 11 47.5 ~ITcrma che
scongiuro. Con ciò lo scongiuro diventerehbe quanto è riportato in Art. 19,r 3 offre qualche
particolarmente solenne: «Gesù, Piglio dcl luce sulla •forma originaria e sulla provenien·
Dio ahis.imo, io ti scongiuro per Dio» ( inve- za tlcll't"SOrcismo molto pra1icato anche nel
ce di «Che ho io a che fare con te, Ge.ù Fi· cristianesimo rrimitiv0» . Similmente \V/. Hi:tT·
rJio del Dio altissimo? Tt scongiuro pçr Milun, /111 Nuwm /cm (1903) 56: iJ xai
Dio»). Mn 11onoswnre il parnllclo aJJotto da dd v. IJ indica a questo riguardo che anche
BAUF.RNFEIND, o.e. (-+ nota ') 25 (AunOL· gli esorcisti ebrei focev;tllO ciò c:he avevano
LBNT, Dc/. Tab. p. ~08.226.338), è inverosi- \•isto forc ,-fa Pnnlo.
mile che coluj che è scongh.1rtlto sia nou1inato " òpx(!;o1te\I lrcc. Sl' ), il;opxlt;o~<E'J (codd. P"
prima ddfo formub di sconAiuro. ~a,<rc,vl 614 ecc. ). l'REUSCliEN, ApostR. n6 pensa:
i;rw potrehbe riferirsi allo peno c'tcma. Quc. «Poiché la frase da attendersi Jopo épxl~w.
sto viene suggerito anclle da Mat1w che in indic:amc che cosa i demoni sono costrcui a
8,>9 asgiunge npò xcupov. 11 demone chie:.le fare, manca. si J)()trcbbe aggiungere, di con·
di non essere abhandon:uo subito al amigo ccr10 con la Catcn• Armena p. 339: li; a.ò-.:i:iv
eterno. Cosl anche LoHMi:YER, Mk., utl /. Per iH~)(Eo-ila~». Queste p~role però sono per se
(lo.aa.\lll;nv dr.-+ n, coll. qr s. stesse imrlicite nel contesto.
s Un chiaro esempio di ,omc il mondo non 12 Secondo l'I:"" los., '"''· 8,45 ss. furono m -
<'ri~rinno che crtx!eva alla magia immaginava tribuitc a S:1fomon(· «sentenze per la gu:iri·
l<i guarigione di un indc-rnoninro, si legge in gionc: di 111a l:utic e forn1ulc cli scon1;iuro, co11
Prnr~l'NIJ.\NZ. Znub. IV 3007-3086. Prcparaw l'ausilio delle quali si potevano so~giognre ed
un rinlc..-dio o un mezzo prevl·1uivo. <1uesfo espellere ,:;li spiriti in modo che non avessero
viene applicato al paziente. Sci:uc lo smngiu- p iù a ritornare ..
ro d)(• contiene una serie di fomlulc dcprc- tl Pronuneiarc il nllmc era anche per il cri·
caturil-. I~• prima di queste formule suona sciancsimo primitin> (vangeli e A1d) il mcz·
COl<l : bpxll:,<o CTE Xet'tà: 't'OV !>toii i:wv 'E!\JGC'· :o per cacciJrt: i demoni (W. HEITMULLER ,
uJV 'll)O'OV ( \O 1 \I S.). op. cit . [-+ notn 10 I 5<>). Ma solu il crederne
mini che prntic:rno la 111;1gi:1 "; perciò i runo per qua/r/}(' cos11, spesso con do1>·
lo ro scongiuri falliscono. pio accusarivo, C!G iv 9288,6: Èvopx'·
s<v v1ia.c; -i:Òv i!°>Ot E<j>EC1'tl7Ytet: a y y E).O') ,
µi} ·dç 7(C'tE 'tOÌ.!lfi ÉvMOE 't \VcX xr.nr1.·
t òpxwµoal a &fo·&E, «vi sc:on11 inro per l'an11clu che
Assicuraziom: m ediante gi11ra111c11to. custodisce q11c:; to luogo , che nessuno o -
Vocabo lo raro 1 • Oltre a P oli . r ,38 ri· si depon• i :ilcun o:~ (un cadave re nel se-
corre solo nei LXX: 1 Euop. 8,90; Ei:. polcro). Ibid. 92ìo,4 su una pielra tom-
i 7,18 s.; Flav. Ios., a11/. 16,163 l. Nei bale giudeo-cristiana: tvopx~s61l [ E)i}[ a]
papiri si trova la forma òpxo1loofa ( P. -i:òv 1tav-r[oJxp6'.n[p) a. iltbv, «(vi)
Lond. v 1728,9 ), il prestar giuramc11· scongiuriamo per Dio onnipoten te». Si
to) 3 • Il neutro òpxw1.iéaLov compa- veda anche I G XII 3, r238. Audollent,
re in Ditt., Syll.' 1007 ,30; il plurale -rà De/ . T11b. p. 26,15 : Évopxtl.;w v11tv -.òv
[òp]xw116aLa in Ditt., Or . 229,82 ~ . PetaLÀfa -tGiv lim116vwv, «vi scongiuro
per i.I principe dei Jemo ni». N ei LXX:
Nel N.T. figura sok• nd la Lettera 2 E<rop. 23 ( 13),25 (cod. A): èvwpxio-a
agli E brei (7,2os. 28). In Hebr. 7,28 a ù-toùc; l v Tcji ìk<i), «li scongiu rni per
Iddio».'
legge e giuramento di D io sono con- b ) Sco11gi11rarc supplichevolmente, ad
trapposti; il giuramento ebbe luogo più es. P . Masp. 5,25 . Congettur:i incerta
tardi. La legge ba cos titu ito sommi sa- in P. M:tsp. 188,1 ; P. Lond. v i677 4 0 .
Uua forma tardiva, €vopxi1J>, si trova ad
cerdoti d egli uomini deboli e peccntori;
es. in 13GU 111 B36,9.
il giuramen to di Dio invece ha costitui- e) Medio: far giurare qualrnno per
to somm o sacerJo te il Figlio Ji Dio che qualche cosa, IG xn 5 ,697,4 (Siro); IG
I X r ,64 3 ( Cefolooia ).
ha la fon1 di uoa vi ta indistruuihile ed
è perfe tto in eterno . Nel N.T. tvopx il,w compare solo in
I Thess.5,27 1. Paolo scong iu ra la comu-
t Èvopxl';,w nitit nel no me J d $ignote (tvopxll;,w
D e riva to di ltvopxoc;, lr:gato cull giu- ù1..tiic; -rov xup~ov) di legge;·e b le tte ra a
ramento ' , significa a) sro11git1rare qual- tutti i fra tell i 1 •
in Cristo poteva servirsi del nonl<: di Cc-sii. l Cfr. Ili.. -Di,oK 5 2; u9,3; ::iophodc>. Lcx.
1' Cfr. B AUERNl'l'111D, A pg. > J2: «L'esorcista, 817. l nohi:c fRAr.~;:m., I.e.
in q uanto prc1cnde di rendere dfte:icc qual- 3 Cfr. PacrSIGKF-, \Viirt., s.v.
cosa di sacro con cui non ha akun ranpo1~0 di • MouLT.-Mu.1... .us.
fede, è un nin~o e nien ealtro rhc nn rnap,o pa·
j\:11\0». t•o~llLçw
' Cosl DmrnuNNP.K.
opx•ùi 1oai11. 2 Pci· fa costrnzionc cfr. ]J1 •. -DEnR. ~~ 149;
1 Scrondo .E. FRiiNKEL, Gesrh. dn J!.m·cb. No. t 55.7; 3<12,r d . 4
m ina agc111fr twf ·'t'l')?, -i:wp, ·T'I J; 1 ( r9ro) 200. J Sorprende la solennità del cumando. Voler
épxw1'6ni~ è forse un doricismu della koin<'; vedere nella form~lità della frase il ser,no chè
m a ib1J. si dice: «attiro puro (o ionico?) è essa non ~ genuina, è dcl tutto Cuor Ji luogo.
i1wcx:c òpxwµo Tav ... La stcss.1 t'OSl vale per È pos:;ibile che b comunità non fonnaM;c un
òpxw11oaw...., l>pxwµoai.ct• . Per òpx«11 •orritt insieme uni1 0 e e•mpatto (D1u1;1.1vs, Tbcss.,
non vi :10no tesri dorici fDm11mN'11\R l. ad /.) e che Paoh> per questo cercasse· d i im-
(v,~66) J ;o!
preS>iororc. Si può andic 1>ens111'e che né P ot0· -= KIT 20' ( 1912) 1; S.\. \nr. 4. r s>. ).
lo nC: i leuori avcss~ro e~pcricnia di lettere 1 Altre cì1:1zi.oni in P1w1s1CKH, Wli:irt .• s.v.
rivo ltc alle cornunitil (OonscuuTZ, Thnr., od 5 Così PREUSCHllN· B,\\Jl.i.R ' -159·
I.). Quindi lo .congiuro andrebbe imcrpr<:ca<o • Fl.wio Giuseppe ci offre in 0 111. 11,4 s ss. un.1
come segno di una prnrn nuova. Paolo, in minu ta de!òeri7jo11c d<:IJ'esordsmo prnticn10 nl
quella che è per noi la sua prima lcttern indi - su<.) tempo: «l.a cura avveniv~ nel 1nodu :se·
riZ7.ata o Urt:l !"Omtntità, fa dovere ai Tes.,:110- g1.1e11te. l~::lì (1\-sQrdst:: Eleaznroì <enwn sollo
nicesi che ogni mcmhn> della comunità giun- il """° dcll' indemoninto un anello che cingeva
ga a conoscem1a dd suo scritto. unn delle rnclici che Salomone aveva indicato,
la f.tccvn odorare :ll rnnlnto e così In spirit<•
Ès<>PX~M nialir-no usci,•a dal naso. L'usSC'SQ cadeva ~u
1 Cfr. in pan imlan: L11mE1.1,-SCOTT, s.v. Te- bi10 ,, 1«rr,1 d E!,..i:-.~;o, pro nundnndo su d i
sti anche in F FRAENKf 1, (;ric•cb. Dc11on1i- Jt1l il 1H•nlc <li Safornonc e la S(!ntcn:t.a n.1agi cit
(1906) 147.
11olii:a <l.l t.(l~\."st i ,·on\~S• •t. ~rongiurava W !;Jlirilo <li
2 Cfr .. olrre o Pm;1s1<;K1· ,. Mm11.1'.-MJLL., >. nnn rnor11.H1· p1u .'lcll n·;rno».
v., nnche MAv::;E.R 1' 4n~ . 7 P~r la "'"""U7ionc dr. 131...Dmrn §§ q9;
J Esempio: R. WOr<s1;11. 11•1111-c' 1'111cblt1fe/11 392.1 d .
t~opxit;w (.Toh. Schncidcr) (v ,466) 1 l"·I
In Mt. 26,63 il sommo sacerdote du- un:t risposta alllhigua. L 'accento è sul
r.unc l'inrcrrogatorio esige da Ge~ù un pronome: )'Il.li dc110 tu'\ 4. Gesù ric11·
sa di giunir.:: '"ci 1u che l'hai detto ,
giuramento. Lo scongiura' per il Dio cioè io non 111 i assumo di prestare qm:-
vivente di dire la veri c~ e di esprimersi sto giununc1110» 14• Il Merx prospcu:1
chiaramente circa la sua preresa di es- un'alr rn possihilitù: Gesù lascia alla Co·
scienza dd sommo s;iccrdotc di rispon-
sere il Messia e il Figlio di Dio 9 • Gesù
dere alla domanda con cui lo scongiura:
risponde alla domanda del sommo sa- «lo dico invece che d'ora innanzi ve-
cerdote con un categorico sì. Professa drete il Messia venire, cioè il giudizio».
di essere il Messia e dichiara anzi che In realtà Gesù non si lascia indurre a
un giuramento. Fa piuttosto una sem-
gliene compete l'altissimo onore, quel- pl icc dichiarazione nella quale è conte-
lo di giudice del mondo che viene dal nu ta la testimonianza della sua messio-
ciclo. nici rà. Così Ml. 26,64 diverge da Mt. 5,
33-37, ma non sta in contraddizione con
La spiegazione delle parole di Gesù questo passo. Gesù non chiama Dio a
aù Etm:r.<; (v. 64) è molto discussa. Si tcsrimonio; non ha bisogno di formu le
contendono il campo le seguenti opinio- di giuramento(--+ coli. 506 ss.).
ni: r. la ri spost:i di Gcs11 ha il senso d i Nell'età post-apostolica is il battesimo
una dichiarazione giurata. Egli presra al è pu re considerato come un esorci-
sommo sacerdote il giuramenco richie- smo 16• In Giustino esorcismo e simbo-
sto e riconosce cosl la legali tà d el giur:1- lica battesimale appaiono in reciproca
mcn to quando l'autorità lo esiga 10 ; 2. connessione 11 • Si dice in Iust., dial. 30:
Gesù al posto del giuramento fa una di- -cà oa.tµbvu:r. ... l~opxLsoµEva. xa-cà -cov
chiarazione; cioè non giura 11 , ma asse- 6vòµa-coç 'll)O'OV XpLO'"'tOV "'tOV a-ca.vpw-
risce in senso affermativo 12; 3. Gesù dà l>tv-co<; btt Ilov-clov ITL),fi-cov, «i demo-
g Scongiurare significa: itJrpegnare tJU11icr1110 '' B. W~1ss, i\I:. " ( 1910) ad I.; S·r1tACK·B11,.
co11 rm giuramento a fare qualche coro (dr. LeMBECK 1 1oo6; .J. SCllNCEWtND, Dar Ev. nacb
Ex. c3,t9; 2 Chro11. 36,13; soprntrutto r Rog. M1. (N.T. Deutsch) ad I.; cfr. commento a 5,
22,16: «lo ti ho sp...-sso Sl'Ongjurato di dirmi 37 ".
la verità»). Cfr. A. ME!tx, Oas Ev. .Ml. {r9o:t) Il ZAHN, Alt. 701 s.
391. La halaka più amka considera tre casi 12 0ALMAN, \Vurte ]. r 256.
di scongiuro: t. in CISO di giuramento testi- Il l\:LOSTEUtANN, Ali ., od /. Br..-llieR. SS
moniale; 2. in caso <li giuramento per deposi· 1.w; 392,1 cJ; DwSCll, Sy11op1. 347·
ri; 3. in caso di giu ramento giudiziariu. L3 Il MEKX, o.e. (-> no'" 8) 392.
dichiarazione giu rata richiesta a Gesù sembra •s CCr. W. HclTMiit.1.ER, Im Namen ]<'SII
doversi imerpretare, secondo STRACK·BILLER· ( t90H '! co. Pr»'i;ihilmente fu amiruuo il no-
Bt:CI< r 1005 s., come I'bu'ot ha'èd1l1 (giura- m• Ji Gesù ad :1cqui~tarc si~nilicaco esorcisti-
mento testimoniale); tultavia essa ha in sé co (304.311).
«qualcosa di inconsueto>, da to che GesL1 l:i 1; llmTMULl..I>~, o.r. 331, giunr,c a dire che
deve pronuncjnte in una situazione particolare. anche per il c.:ri>ti an~simo primitivo l'uso SCI·
::ii vedano nel resto le arsomentazioni riguar- lcnnc del oome di Gcsì1 nel battesimo ha avu-
danti tutta la questione. to significato di cs<>rci•mo. QucSLa a!Ic:nnuio-
9 Messia e Figlio di Dio sono qui, come in ne è d~ comes tare.
Alt. 16,16, cquipar;11i. Cfr. anche Js. 1>'19i n, 17 Cfr. • q uesm proposi to l-JlllTMULLER o.r.
27. Già nel commento giu<laico <lcll'A.T. il (-+ nota r5) 251 s. Si veda anche P. KATTEN·
'figlio dell'uomo' di Da11. 7 è equiparato al BUSCtl, Dat 11p S)'lfthoJ Il ( r900) ?88-298;
Messia. 628"6JO.
(r.lopY.Oç (Jofi . So:J1110·0.f, I '
ni ... "'orcizzati nel nome di Gesù Cri· éJl°'70-fJL. /ll'tJ/lzmciare UJ/O Sfl<'l'J!.iurn
:-10 111<•,so in croce son o Ponzio Pila- y,it1r.11·,· ti /t1/.w 1. Di uomini: T·ks .. "/'
lo». E ancora più chi;1rnmcntc in dia!. 8n.j : I·:. Sdnvyzer, Dialcctom111 (;,.,,"
8 5: xa:rà yàp -roii 6vé1.1a>toç mi-roii 1-.11·1m1 l'..\·i:mpla Epigraphir11 l'otion
-rov>tou -roii vìoii -.ov Òtov xcxL r.pw-to· CI•) 2 ~) 179 a; Eur., El.I 355; Aristoph.
•6xou micrT)ç x-ri<rH.ù<; xa.t OLÒ'. mxpiU· 1111/J. 1•J9 ccc. A nche ne i LXX: Zoch. 5
vou ytvv111}iv-roç xa.i rra.Dri·tcii y<voµl· >: o ir.iopxoç. Philo, decal. 88 (sull'es
vou à:vi>l?W;cou xcxì cr-ra.upwDÉv·H:ç bd s..·nz:1 dello spergiuro); s pcc. leg. 2 ,2
Jlov•lov ITL).chou tir.ò -roii Àcxoii ùµt7>v ( ~ulla punizione dello spergiuro); si ve
xcxt à:Jtoilavov-.oç xaì à:vcxcr-rciv-roç b d,1 anche spcc. lcg. 4,40.
VEXpWV XCXÌ Ò:vapav"toç dç "tÒV oopa·
vòv miv OcxLµ6v1ov il;opxL~oµEvov vLx&-
'tCXL xcxt Ù7tD"tM<rE-rCXL, «in fatti, esorciz· In r Tim. r ,8 ss. si trat ta d ella posi-
z~to nel no me di questo stesso Figlio d i zione d el cristiano di fronte alla Legge.
Dio e primogenito di tutta la creazione, Per i giusti, cioè per i rcden ri che vivo·
naro da una vergine e d ivenuto uomo
passibile e crocifisso sotto Ponzio Pila· no una vita nuova, le esigenze della
to <lai vostro popolo e morto e risorto Legge non hanno pit1 corso. Soliamo là
dai morti e salito al cielo, ogni demo· dove entrano in campo i peccati che
nio è vinto e soctomesso» 15 •
sono enumerati ai vv. 9 e ro in forma
t È7tlop xoç d i catalogo dei vizi 3 si r ende necessa-
Spcrgiw·o ' .Attestato a pa rtire d a O - ria la severità e la d urezza d e ll a Leg-
mero; per lo piì:1 nella frnse tnlopxov ge 4 • Fra gli uomini «nemici d ella Leg-
11 Hii!TMULLEK. o.e. (-+ nota 1 ~ ) 2'r, trova 1 ): 1 . ht ò'opxov Oµo<r<rt e simili = su questo
il primo 3lU):lndo dell'aueggiamcnio di Giu· (su di un'3sscnione) egli afferrò la bacchei/a, e
stino giii nel N.T.: Aci. 3,6; .po quindi 2. l,ru,pxo•1 ii;.toO'<Tt, giurò uno sper-
tnlopxo<; giuro (dr. llcs ., op. 28z s.: iit(opxo" èµOO'<TtX~
1 •<'.ome propriamente il termine iitiopxo<; oj/EV<TE'tai, 193 s.: ~Lvl>OL<TW <rxo)..Lot~ ÉVÉltWV,
si• giu nto a significa re lo spergiu ro eta oscU·
fo• o 'opxov 61~tì't1Xl.). ~Èitlopxo.; è quindi per
principi<J un tcrmin~ del l inguag~in poe1ico,
ro i:ià ngli ancichi, e i d ispcmri 1cm a1ivi Ji
t ogni uso pili tardo <leve rifarsi ni passi <li
u na spiegazione (ad es., Eusrath. Thessal..
Omero e spc:dalmeme di Esiodo. ( 89) [ Di;.
comm. i11 Il. 10,333) sono di fat10 una confcs· BRUNN!l~].
sione Ji i11noranza,. (R. I hk7.YL, Der Eid 2 Si ve<fo in p3rticolarc LIDDHL·SCoTT 649.
[ 1902] t't). 1-lirid 1,2 renra unn spicgazio·
ne prcndo:ndo le mosse da "Opxoç (colui che 3 Sull• listo dci vizi dci vv. 9 e io dr. DIBE·
'circuisce' o 'cinge') come demone. Pi11 persua- uus, P11~1 .. 11d I e ] . }E.REMIAS, Die Brie/e
siva è la spiegazione di E. SCll\\7YZ!lk, Etymo· un Tim. rmJ Tit. (N.T. Dcutsch) nd I.
logisch-kulturgeschicbtliches 2: Jn<loncrmani· 4
Poiché il catalogo dei vi.zi e numera rrasgres-
schc Forschungen 4 5 (l927) 255·258: tmoP- sori dei dieci comandamenti, nel V<lµo<; d el v.
1<0<; == Bç t11:l opx'!l t[31), cfr. Archìlocn. 79,13 8 si deve intcnd~rc la legge mosnic'11. Questo
( D ll!HL 3,36): ).è.cl; ò'(q>'òpxlo1a·~~Y). S~..:on·
2
è in pa rtkolare il P!IIere di J. J cremias; an-
do E. BENVENtSrn: Rcvuc dc l'Ilistoire J.:s che SCHLATTllR, Po5t. 47: d i fono che v6µ~
Reli~ions I 34 ( 1948) 89, rn!opxoç 'ltpÒ~ ord· sia senza anicolo non introduc.-e nessuna gene-
µovoç signiJica •che anira l'a;.xoç (da parie ralizz~zioll<! nd concetto». DivcrS1me111c J.
di un dio)•. Ln migliore inrcrpmn1onc di \VE1ss, Die Driefe Pauli an Tim. und Tit.'
inlopxoç si lcizg,· in M . LEIJMANN, I/omeri· ( r902) 88: vé~ic.; non indica la legge mosai-
I<'ht• \Y/ortcr ( 1~50) 79-90 (-+ coli. c2X 1 s., 11 . ca, rn a ..:unn legge in gene re».
é.r,; n't t'\ (G. Ilern:1111 l
ge e ribelli» ci sono anche gli spergiu- quivalcncc a oµwµi, J!.Ìtlrare; molto ra-
(i s. ro, nel es. Lys. I o,r 7.
Alt. 5,33 afferma che il legislatore
'j- É1t~OpXÉ<.J
della An tica Alleanza ha proibito il giu-
Equiv:ile a sono un È'ltlopxoç. Usaro !:::imcnto falso (Le11. l9 ,r2; Num. 30,3.
a partire da Omero 1; anche in iscrizio- 4). In con trap posizione il ' legislatore '
ni: IG II 2,r ri6,9; Ditt., Or. 229,69;
nei papiri: BGU ur 783,u ; P. Oxy. Ili Jel tempo messianico vieta del tutto il
2,5 r ,26 ccc. r Eo-&p. I,46; Sap. 14,28. giuramento(--> (coli. 498 ss.).
Filone: spec. leg.r , 2 35 in corrisponden- La Didachè (2,3: ovx ÈmopxTjcm~,
za a Lav. 5,21 ss.; spec. leg. 2,26 in b:i- «non spergiurerai>.>) proibisce lo sper-
te a Le11. 5,1. giuro, ma non il giuramento in genere 1 .
a) Git"are il falso; spergiurare (nella Il comando di Gesù µ1) oµ\IUVCXL llh.wç,
maggior parte dci casi). b) Violare un «non giurare affatto» qui non ha sègui-
gi11r(l111e11to fatto; infrangere un voto : to; rimane normativa la parola del-
Chtysipp., /r. r97 (v. Arnim Il 63); He- 1'A.T.
rodiun., hist. m 6,7; I Eo'lip. r ,46. e) E- ]<>H . SCllNEIOER
~ Gli t7tlopxo~ sono coloro che giurnno il fal- si usò È7ttopxti:v cd È-ittopxfr1. propl'iamcntc
so. non coloro che infrangono un r.iuromcmo. per 1:1 infrnYione dd giu rw1cnto. •Tu1tavi:1
per questo sifJlilìcato si finì per conio~ un
kt~O(.xlhl vocabolo :1pposi10 (•.n.ço~xc<v e r.ai;opx(a) >
I Cfr. in pa,.1icolarc LIDDllLL-SCOTl' 649, s.v. lHntzr.L 78).
Per il concc110 di spergiuro nel mondo greco z Cfr. KNOi'I', Did. n s.; J>REUSCl lliN· BAUEK '
si veda R. IflRZ~L, v~, Eid ( l!)Ol) 7'•79· La 493. Cfr. anche Sib. i,68 s.: t•T)o'bti.opxt)O'!I:;
questione dello spergiuro fu 1rnuma soprat- lAirr'dyvwç µ'IÌ-.t f.xov-.(· ljitvoop;<ov cri:u·ré~t
tutto dagli s1oici Cleante e Crisippo. Secondo beéç, oi:i:~ xev liv ·w; 61.ihcrO'TI. Qonsi lcuc-
Clcante si rende colpevole di s1>ergiuro già rJlincntc corrisrondcnrc il ca.r111c11 Phocyh-
colui che giura con l'intcoziune di non man- d.?um , J ,16 s. ( f. B r.RNAYS, G~.tt111J111dtc Abb.
tenere il giuramento (Stob. 3,28,1 4); C risippo r
r 1885 1 25.; s.).
invee-= pensa che cosmi giuri seropliccmcmc il
folso (~ulìopxEi:}; diventa spergiuro solo nel opµi) xi:)•.
caso che trascuri <li fare ciò che ha promesso t \'(' ALDS-PoK. li 497, S .V.
solennemente con giuramento (ibid., riga i8). 2 ar. i \•ocabolari, specialmente L lDDEI.1.-
Pit1 rnrdi (d'accordo con la teoria di Crisippo) Scurr e i'ASSO\''» s.v. P:ir la rorrelozionc dd-
l<'lll<'ntc anche in senso p,iu1logico per bolo 'i 11111.1 anch e riferito al moto dd
indirare svariaci imput.; ,. lc'mio11i. An- CO$mo ><,'<>ndc' il suo ordine (pol.27 p);
t:h,· il derivato Op(..tiJWL (( lmeru, scrit- alle aspi n1 zioni dello spirito è rifcriro
t~>~·i d lenis tici, LXXi, ol 1 re al signili<..-ato in sofilJ. zzl) c; Parm. 1J5 d. ÒPJLTJ È'
hs1w, può esprime re f:ll li psichici, moti spe~so 11snto per la p o ten%a d ivi na o de-
d1 collera e di i11di.~1111:::.i1111c. J I verbo monica che spi nge gli u omini in un im-
épriciw quando è trumitivo significa peto irresistibi le; Soph., A111. . 1 3.5 s.:
meltere in rapido movimi:1110, spingere; J.U.tWO[lÉVq: ~vv Òpµ.~ P,a.xx€UW\I btÉ-
come intransitivo <'(]nivale a muoversi mlEL, «con impeto folle infuriando ~pira.
d~, accingersi, scagliarsi, irron1pere, de- va contro (Tebe)»; Hdt.7,18: oa.L1iovt11
rzvare. Il grupp<i di vocaboli, compre:;i òp11r'\, «spi nta demonica»; Plut., Phacdr.
alcuni comPosti, figura spesso nella de- 279 a: opµ'lÌ l)ELO"t Épa , «più d ivino im-
scrizione Ji mov imen ti bellici e di altro pulso». In Phileb . 3.5 d Òpµr') appare
gen ere: Xenoph., hist. G1·11ec. t ,6,20 ; quasi sinonimo di €m~up.la. Per u na
an. 4,3 ,3 t; Ditt., Sy!J.' 700,24 ( II7 a. maggiore estensione del concetto nella
C.); P. Stmssb. 100,17 (Il scc. a.C.); P. filosofia g reca è sintomatica, in Plat.,
Oxy. IX 12t6,20 (II-li! scc. d.C.); VI d1:/. 4 r 5 e, la caratterizzazione di OviL6c;
906,6 J (336 d.C. ). TI transitivo Ètpop· come ÒpµY) (3la:Loç avw À.oyL<T(.lOÙ, «im-
J..tà:w in Horn., Od. 7 ,272; Il. J, 165 . Si pulso violento non controllato dall:i ra-
tratta invece di mor.i psichici in Il. lJ, gione». Aristotele usa talvol ta Òpµi) per
74; 21 ,572 ( ispirazione); Od. 8,499: i moti istintivi. Cosl, in poi. r ,2, p.
òpµT)~d.ç ilEov, « mosso dall'impulso del ri53 a 2~>, dcl fa111oso principio &v3pw-
dio»; Soph., Ant. II 3 : vlx11v bpµwv-.' rcoç Cj>U<TEL 7tOÀL•LXÒV ~Qov e~li d:'ì que ·
ò:Àa.Àà:.l;a.L, «che si accingeva a lanciare sta spiegazione: cpvO'EL µi v ovv Ti òpµi)
il grido della vittoria», cfr. Jr. 619 (T. Èv 7tfunv int -.ljv TOLa.U'T1)\I xowv.Nla.v,
G.F. 279 ): t(J)opµocv xa.xti, «suscitare «c'è infoni in tutti per na tura la ten -
svenrure (contro qualcuno)». Io Plato· denza istintiva a una tale vita associa·
ne (leg. 9,875 h): É'lrl r.ÀEovtçlo:v ... q>u- ta». Anche in an. post. 2,rr , p. 95 a I
cnç a.u-ròv òp1xtj<TEL, «la natura lo indur- troviamo ÒpJJ.r'\ accan to a q>1xnc;; dr. me..
rà a soddisfare l'avidiriì » (cfr. inoltre taph. 4,23, p . ro2 3 a 9. Mentre òp1.ir'\ è
ep. Ar. 2ìO 4 ); symp. r8 r cl: ép1uxcrfto:~ la volonh) isti11tiva, 1tpoa.lpEO'i<; indica
ùnò ifpw-.oç, «essere spinto dull 'nmore» . l'atto di volontà pre medirnto, la scelta
In Gorg. 502 c non sono in gioco im - preferenziale: metaph.4,5, p. 1015 a 27.
pulsi, m01 il carattere essenziale d ella Nella sfera dell'òp1..Lr'\ non si ha libera
tragedia ( WPJJ.1)• <X.L, «tende n» ). Dello decisione (etb. 111. l,r6, p . u88 b 25 ;
stimolo alla virtù parl:i Xenoph., a11. 3, bpµi} cquivalt! il opt;i.ç, che si :irricola in
I ,24, della naturale brama a veder con- dol) • pia, «1re aspetti»: Èmw1ila, tlv-
traccambiato l'amore Id., mcm. 2,6,28, 1iéc;, ~ovÀiJ0'\4 (eth. m. r,u, p. n87b).
del l'andare incolltro con rassegnazione Anche quest'ultima non è propriamen te
all'infermità o persino dell'aspirarvi manifestazione di libero volere: g li uo-
E pi ct., diss . 2,6 , 10. In P latone il voca· mi ni che non sanno dominar:si assumo-
l'aml,i10 concettuale e&. F. Dnn NSF.IFF, Dctr lo con Mc. 5,n , quanclo in questo testo si nar-
dt•t1flcbc \Vortschatz nach S.vra< b~rnpp.:11 ra di due port'i che irrompono in un fondo
georJnc/ (1934) u :. 'Wille'. Per l\t5n lingui- ('!IÌV Opµl)v 1t0tOV~lt:\/Ot).
stico della gnosi dr. F.M. SAGNARD, /..a gnfJr e
valenlmu:nnc ( 1<)47) indice, s.v. (p. 6,o). ' a; ràp fot 'tÒ ~ÀtOVfX-.E~'J ÒPJ,tci'!a.<, 'ltj)O·
l Ci trovianlO Ji fronte n un cni.u a l~ p1tr;tl lc-· 06-:i)<; d~uxr.
ÒPl1l'l ;\ ((;. Jkrtram)
no ne.Ila loro volontà ciò d i cui sono n6.~oç come 11 il.Àoyoc; xo.t no.pa cpuow
bramo,;i (ibid. r , r3, p. I1 88a 28 ) ; e 1:1- t~vxiic; xLv11cnç. Ti òp~t'\Ì 1ù€ov6:sovo-o.,
lom le loro voglie sono ri vo lte :1 cose « moto del l'an ima estraneo alla ragione
concrastanti (eth . Nic. r, q , p. 1 10 2 b e contro natu ra, impulso smodato» ( i n
2 r ). Rifacendosi ad Omero, in eth. Nic. D iog. L. 7, II o; V. Arnim I 2 05 )~ . opµ1}
3,u, p . rrr6b 30 spiega l'essenza del è la possibili tà che ha l'uomo, anche in
1'uµ6ç; d r. 7 ,7, p. r I49 a 3 r, e invece contrasto con la ragione o con la natu-
in de virtutibus e/ vitiis 4 , p. r250 a 41 ra, di dirigersi effettivamente verso ciò
tratta della rcpa.6-.T)ç. Come di 1'uµ6c; a cui si volge la sua aspirazione , la ten-
dice: òpµ~ 7tpòç "'CTJV "'CLµwpla.v, «tende oionc del suo desiderio 6 ( opE!;Lç accanto
alla vendetta», della €m1'uµla. dice: òp- a Òp(.1.1} in Epict., ench. 1,r).
µi 7tpÒç "'CTJV ò:n6À.a.vow, «tende al go-
dimento» ( eth. Nic. 7 ,7, p. u49 a 35 ); 2. È in questo senso che Pilone usa
cfr. de virtutibus et vitiis 2, p. r250 a di preferenza il vocabolo, adoperando-
u; 5, p. 125o b i3. lo, insieme con i suoi derivati, con una
òpr~r'i in Aristotele viene inoltre usa- certa frequenza . 6pµ1} e cpa.v-raO'La. ca-
lO in generale nel senso di illclinazione rnnedzzano l'essere an imato (leg. alt. 1,
(eth. m. 2,16, p. I2l J b 17), e in parti- 30; cfr. 2,23; mut. non1. 257; som. 1,
colare d i aspirazione al bello e al buo- r 36; Deus imm. 41 ). Una elaborazione
no ( cfr. eth. Nic. 10,10, p. I r 97 b 7 ) . Si della definizione stoica di Tta!toç ricor-
parla a più riprese della propensione re in spec. leg, 4,79 7; dr. anche Deus
spontanea come p remessa di tutte k imm. 44; rer. div. her. 245; congr. 55.
virtù: etb. m. r,20 , p. rr 91 a 21 s.; r , 60; fug. 158; som. 2,276; mu/. nom.
35, p. rr97 b 39 ; II98 a 8 s. r5-17.20 173; praem. poen. 48; spec. teg. r ,305;
S.: 7tpcX1;Cl.L...av "'CL<; "'CÒ: Ol-JW.W.... Òpµft leg. ali. 3,Il8.185.229.248s.; sacr. A.C.
"'CLVL à).6y<P ... i;))..à. 00.:nov ... -.ò µ~-rà Bo; ebr. 98 ; conf. ling. 90; exsecr.154;
À.oyov dvcn "t'Ì]V òpµ'Ìjv 1tpÒç -rò xa.Mv, op. mund. 81; poster. C. 74 ecc. Il M -
«uno potrebbe fare cose giuste per una yoç ha per contro il compito di chi fre-
certa inclinazione estranea alla ragione, na e reprime, É.7téxwv e àva.x6m:wv
ma è meglio che l'inclinazione alla per· (spec. leg. r,3·43), e di solito compare''
fezione sia secondo ragione». Cfr. an- questo prnposito l'immagine del coc-
che 2,7, p. 1206 b 20 ss.; eth. Nic.3,II, chiere e del pilota 8. òpµ1} figura anche
p. r II6 b 35. Cosi in Aristotele sono in senso buono, per esprimere a volte
presentate le varie possibilità di svilop· !'orientament<> specifico (Abr. 27 5: ov
po filosofico che il concetto offre, in ypciµµo.o-w tiva~ÌLocxx&elç, àU.'àypci·
se nso s ia positivo s.iil negativo. Que· •ii cpUo-n o-novocicro.ç vy~mvovo-a.~ç
<p<{)
st'ultimo appare soprattutto nell'uso xa.L àv6v-oiç òpµa[ç tmx,xoÀov~·~cra.~,
che fa del vocabolo la filosofia stoica. «ammaestrato non dai libri, ma da lh1
Già Zenone se ne serve per definire il natura che non è scritta, si sforzò di se-
5 \Y!. VOLKER, Fortschritt rmd Votlci1d1mg o''lj!ìtxòv ~tipo~ -<liç q>.-),oo-oq>la.; Scacpov<rw
bei Pbilo von Alexa1tdrien ( r938) So. Et_? T€ ".Ò'J 1tE~l ÒIJ\-'ijç xal, Elç. 'TÒV r.~pl ,<lya.·
6 Secondo KLEJNKNECHT. Cfr. nnche ll•f. Ant. lfwv xcu xaxwv -conov... w; "CO'' 1tE.Pt -cd,ovç
rr,37: lv "<Ì> 1ttpi i:à<; òpµÒ'.<; "C01t'-fl = «nel n:Epl i:E -rijç nçWi:1)<; à!;(ct<; [ T.W. MANsoN].
luogo d ove trami dclle inizi.uivc da pren- 7 VOLKER o.e. (~ nota 5) 80, dr. anche 86 s.
dere». Così A.SJ .. I'A1<Q tJ1 1AeSON, '/'be Me- t 29; L. COHN, Die Werke Pbilos von Alcxan·
ditatio11s of the Emperor Marcus Amoninus dria Il (1910 ) 270 nota 2 .
(1944), il quolc cita Diog. L1ert. 7,84: -rò 3 -> col. lJ •8, • proposito di Iac. 3.f.
OPJlTJ Il (G. lkmam)
guirc impulsi sani (' sm1.:1 .lifclli»; dr. 28,4 9; , .., .fil ( 31 J,-10, Tcodozione: d'b
t/JC'r. l 14), a volte r11spir,1zia11e COJJSO· (wc; ch-r6c;); / Sam. T ;,19: 'it, p,.eripitar-
fi<'tlOle all'immortali1 i1 I 011111 prob. tib. si su; /11J 7,3, cod. A (cod. B: txxw-
117 ), alla virttl pe1fr11a (/cl(. 11tl. 3,244; pEl•w): spr; Tcr. 6,1 , Aquila: 'uz (LXX:
op. m1111d. 79; vit. Mos . 2,139 ; Abr. ÈvLcrxucro.-rE:'tz); N11h.3,r6:ps1 '0 ; Nu111.
38), alla pietà (spec. h·11. :z,:zo9 ecc.). i r , r s LX X, Tcodozione ( cod. A: 6pyi};
9 .... Dfi.Ew iv, coli . 261 s. Cfr. R. AsTJNG, dal bozzolo? fare una sonirn? Cfr. Gt::SENLUS ·
Dit Vcrkiincligung cler Wor1es i111 Urchr. BUHL, 1.11.e P. HoRST, Die H kleinen Pro-
( 1939) 1 s s., il quale considera come sinonimi pheten (1938) ad I.
ruab, ne/d , lt'b. e anche riifon. Il Porre il ,·ociiholo è desunto dal n•ged dci
Masorc1i, che allora risulterebbe tradouo con
10 Si~nificoto incerte': mettere n ruhn? uscire due termini.
ow) o dello scalpitare dci cavalli (IEp. 21. A quanto pare, Aquila connette
29[47 ],3). Nel senso di disporre, stabi- rahab alla radice rhh, assalire con impe-
lire, il verbo si trova in l<:r. 4 ,28 per lo, che in Prvv. 6,3 <la Simmaco e Teo·
zmrn, aspirare, tramare (4u:1kosa di ma- <lozione è trad <lC1i1 con napopµav (nei
le) con riferimento alle inttnzioni puni- LXX: ita:pot;vvELV). In r .M.ach. 4,8.30;
uici di Dio su Israele. In fa. 3,14 i 6,33-47 Op!Ll)µCX. figura neJ senso di vio·
LXX, invece che della emozione psichica lenza nell'a11acco.
dell'ira (pemo), parlano di un impulso
(òpµi) ) pneumatico, come nei passi già Dunque, anche quando i LXX nella
citati che hanno nell'ebraico una paro- loro traduzione esprimono col nostro
l:i del tutto diversa; anche qui si trat- gruppo di vocaboli dei moti dello spi-
terebbe dunque di invasamemo. Pure
rito, i termini non sono mai usati in
in Dan. (Theod.) 8,6 f?emo è tradotto
con opµl] (i LXX hanno ilvµ6c;). In senso propriamente psicologico. Desi-
Zach. 7,r2 cod. A òpµ-li sta per qe!ef gnano piuttosto l'entrare in gioco di u-
(cod. B: òpyl]); in Os. u,9 l'opµiJ del na forza violenta e incontrollabiJe, che
cod. Q 407 corrisponde all'opy·IJ del
cod. B (testo masoretico: flar611 'appl). si sprigiona oltre la consapevolezza del-
D'altra parte Ier. 4,28 dimostra che la volontà e la riflessione della ragione,
non siamo affatto di fronte a un erro- e cli fronte alla quale è vana ogni resi-
re di trascrizione 12• Il traduttore evira
di proposito di parlare dell'ira di Dio stenza. Corrisponde inoltre a una esat-
(-7 1, col. 774; coll. r317 s.) e interpre- ta comprensione del concetto che I' A.T.
ta il termine nel senso di turbine man- ha della divinità l'uso dei nostri voca-
dato da Dio sul popolo. Con un proces-
boli per descrivere gli interventi cli
so analogo opµTjµct figura spesso per
rendere l'ebcaico 'ebro. Cosl in Ahac. 3, Dio, dove peraltro, in piena consona nza
8 si parla dell'ira di Dio contro il ma- con il concetto ellenistico del divino, si
re. opµT)p.ct è qui sinonimo di opy,l'.,ELV
evita di parlare, a suo riguardo, di sen-
e ~uµbc;; cfr. anche Am. 1 ,11; Os. ),Io;
Ex. 32,22 JJ a proposito della condotta timenti ed emozioni.
<lel popolo. In Aquila opµ·ru..1cx. è <li re-
gola la tradu zione di rabab, <love que- C. IL GRUP PO DEl VOCABOLI NEL N.1".
sto termine figura come nome emble-
matico dell'Egitto: Is.30,7; 5 c,9; tjl 86, Anche il N .T. ignora l'uso di òpp;fj
4. Qui élpµl]µa. potrebbe d'altra parte x-r À.. quali termini tecnici in senso psi-
essere inteso attivamente come furore,
violenza di Babilonia; Simmaco infani, cologico. Nei pochi passi in cui figura,
per rahab, in ljl 864 usa Ìl1t€pl]q>aviCl, in il gruppo cli vocaboli designa un moto
Js. 51,9 Ù:À.a:l'.,ovEla., Ìn 30,7 -ca:pa.xa.l, violen to, non controllato dall'umana ra·
cioè termini che suonano più chiara- gione. Òpµ.Q.w è presente in questo SÌ·
mente attivi. Ma lo si può anche inten-
dere in senso passivo a riguardo della gni.fìcato nell'episodio dei demoni cac-
rovina di Babilonia, come in Apoc. r8, ciati ne i porci (.Mc. 5,13; Mt. 8,32; Le.
12 -+ col. 1314 Num. u ,u (cod . A); h ),29 Il Cfr. la congcuura di K l"ITl!L, Dibl. Ilebr. ',
(cod. B). ad/.
8, 111 11<·r ,k-sniw1e il precipitarsi in- in r:1p11<•r1,1 con quelli de!l'A.T. in cui
consuli.> ddlt· lwst ie nell'acqua. Il ter- OPllTJJlfX. >la per l'ebraico 'ebrii e In si
n•n· 1!.:1111>11i:1n1 le invade cd il loro intende ddla collera che invcsle Bahi-
stt»sn gran numero irrcsisdbilmente k loni;1 («cosl, con sdegno, s:mì prc(·ipi·
lr.1sci11a "· Qualcosa di simile avviene cata B:ibilonin, la grande cin:'i, e non h1
dove ,i tratta di una massa di uomini , si troverà più») 17• Però, Jato che ncl-
come ~i racconta in Act. 7,57; 19,29. E l'A.T. il significato psicologico ~ quasi
se in Act. x4,5 sembra che si parli di impossibile e praticamente non necessa-
un complotto preme<lirnto, manca tut- rio, si potrebbe felicemente interpretare
tavia anche qui il soggcuo responsabi- il vocabolo nel senso di violenza, impeto
le 15 : i diversi strati della popolazione e contro Babilonia ( «cosl con quest'impe-
le au1odtà sono aizzali, 'spinti' contro to»: valo re attivo, di:. Deut.28,49), op·
Paolo e i suoi compagni. Nei due altri pure nel senso (passivo) di rovina di
passi viene descritco un immediato e- Babilonia ( ~cosl, con pari rovina»). Si
splodere della folla. In 7,57 si arriva badi anche all'immagine della pietra
così a ucddere Stefano, anche se si ri· gerrara o caduta nell'acqua e si confron-
scontra una certa contraddizione fra la ti a questo proposito Neern. 9,u 2 =
reazione cieca e tumultuosa che chiude Eirlip r9 ,1 t; Ier. 51 ( 28),63 s.
il dibattito e la scrupolosa osservanza Il passo di Iac. 3.4 ci richiama un tO·
delle norme sulla lapidazione 16• In ri- pos dell'etica popolare ellenistica 18•
ferimento a x9,29 segue al v. 36 l'esor- òpµl) non significa né la pressione fisi·
tn-.lione a µl]liÈv r-poitE'TC<; np<i<T<TELV, ca esercitata sul timone e che determi·
«non fare nulla di inconsulto», che e- na la rotta della grossa nave, né l'in-
videnremente viene ascoltata. tenzione meditata del pilorn asscnnuta·
op1..1.1Jµ<.t si trova nel N.T. solo in mente deciso a raggiungere una d eter·
Apoc. t8,2J: ou-cwç Òpµl)µu.-c~ Blril}l). minata me ta, ma esprime la libertà e
O"E"'tm Bu.~vM:.iv ii µE)'ci.À.T) itbÀ.~ç. xu.t l'arbitrio" con cui l'uomo mediante la
ov µ'1) EVpt*fi t'-c~. Il passo viene messo tecnica domina la natura , scnz.1 che quc-
srn ott1m1stica v1s10nc JeJJ..: C\•,<c ~i:i 1t'tOJ lEV' xal 1tY)OO:À.~ µLXP~ op1 d1v
turbata dalla consapevolezz:l Jdk 1cm- 'lt).olov JlE't'acp~poµtv, 'ltOÀ.À.G,> µ,i).)..011
TÌJv y À..t7i<t'tav elc; 'tÒ t\i i!xov -.t;i 6pac7>
pesre e dei pericoli della navi~a,ionc:. ),éyw. 11E't'.aynv oq>eLMJJ.Ev, «se frc11i :1
11111 con il morso la foga del cavallo <.:
Ambedue le immagini delle redini e cori un piccolo timone dirigiamo ov<.: ,·i
lk·I timone hanno dietro di sé una lun - piace il corso della nave, tanto piì1 con
ga e comune sroria 10 e si ritrovano con la retta ragione dobbiamo indiriz:t.at<.: 111
particolare f rcqucn;,,a in Filone applica- lingua a ciò che è bene» 22 • Ona intcr·
te a svariati casi. Egli prospetw anche pretazionc del genere è testimoniata an·
la possibilita negativa che il logos come che in Teofilauo Simocatte ( vu s1:c.
pilota non riesca a farsi vale re, sicché
abbiano il sopravvento èixpv-=ol òpµa.{,
<l.C.), r:p. 70 23 •
<1<impulsi inconsulti»: leg. all.3,ll8.128; Di fatto però le immagini in Iac. 3>4
cfr. 2,99; spec. leg. 4,99; ebr.II1 e spe- sono interpretate in senso pessimistico:
cialmente leg. alt. I ,73: O'\'.a)J OÈ eµmll.-
À.LV Ò.<pT)WXCTfl xat à.va.xa•'tl7n ? Ì}v- quanto poco il cavallo può contro il
µòç xcxì. Ti
bnihiµlcx xa.t ·rè>'J ·,'rvloxov, morso o la nave contro il timone, nl·
Àéyw OÈ 'tÒV ).oyL<rµÒv' -rf\ [3iq. i:Tjç op- trettan!o è difficile che l'uomo riesca a
µfiç XCI'tMVPTI xa.t ÌntO~Eu!;n, ÈAU't'.E(.lOV
fare qualcosa contro l'opµi), l'arbitrio
Of 'ltaì)oc; >..ci.~1)-.cxL -rwv T)vLwv, ci.lìLxlcx
xpcxi:ei:, 4qu:mdo poi al contrario l' ira e della Lingua (~ II, coli. 547·549), per
la concupiscenza scuotono !a briglia e si quan10 si tratti di un piccolo membro:
impen nano, e con la forni dcl loro impe-
da essa dipende il destino di tutto l'uo-
to trnscinano e prevalgono sull'auriga,
cioè sulla ragione, e ciascuna di queste mo. Nonostante le diverse possibilità
passioni prende in mano le wdini, al- di spiegazione e di traduzione 24 , il ~i
lora domiua l'ingiustizia». Evidt:nrc- gnificato di ÒpJJ.i) risulta certo: il voca-
mente si avverte qui In terminologia cli
cui diede i primi esempi Aristo;ele e bolo designa le cupiditates quae rotioni
che ricevette poi l'impronrn definitiva 11011 ohtemperant ?S. Questo vale anche
dalla Stoa. La nota interpretazione otti- per lac. 3 ,4.
mistica della Sto:i 21 , applicata ai passi
scrittura)j, ha largamen te improntato D. L'ETÀ POST-APOSTOLICA
anche i commenti a Ioc. 3A che spesso
tendono a cavarne l'insegnamento eti- Nella letterarura protocristiana al di
co. Già si dice ad esempio nell:i Cn1ena, fuori del N .T. opµ'l'] e òpµciv si incon-
od /.: d XO:À.wQ ~pci.aoç tr:T.OV &vo:XO· trano di rado. Atenagora fa sua la ben
t Dtòç] ncivi:a; XLvti: xat nEpt.cicyu, onov ~ov popcvo~ oÉ· winup x<Xl vdi~ xe1.t t1mov ov)(
ÀE'te>.L Y.O<L onwç. Formule analoghe in Philo, o µti xp<1iµcvoç, ò:),),,'ò µmiywv, lnm ~o\i
/eg. all. 3,22_3; op. m1111d. 88 (DIBEL!US, Jk., 'M-rcx.c..
t1d /. ). Cfr. andic Calviou e Tleogel, ad /. e la 22 Catcnae Graecorum Pa1rutn in N.T., ed. <la
variwrc della ree. S?: liv ... l3ovÀT)'T<XL. J.''· C uMaR (1844). ad I.
lO D1BE1.1U.~. Jk., ad l. lJ DrnEuus, )k., ad I.
11 DIBELtus, Jk., ad l., cita Aristippo secondo 24 Vulg., Erasmo: volrm tas, i111pe111s; Calvi·
Stob. ).493,t~ ss.: XpGt'tE~ tioovijç OV'f. 6 a:rcE- no: arbitrium, ol/tt·/11s.
)(O!lEVO<; à.),),.'o )(PW~ltvoç 11i'>, {ll) o.a.ptxq><- 21 Calvin<>, ad I.
ti(j)opµi) (G. IX-111.11 111 (V,.. /J) I \.J •
n otn forrn ul.1 li i..11i.111a .!clic lH.oyo1 òp- 1x•,1.11.i111w dd ragionamento). In Eur ..
µixt 'Tijc; IJ;uxì1s xflt :'o:d)v~dcr.1 (suppi. I{,.,·. 1: ix'· ha il senso di motii-r1, "'
36 1 1.2, dr. :111dw I 11~1., apol. 2,3 ). In c.1~ i1111"; f~pn::ii:crw wç
Tà. XPTJO"T<Ì npriy-
Diogn. 4. 5 il lcrmin« ~· usa\\) nel ~cnso w~·rn xp11:ri:1~v tiq>opµoc<; évolowcr·rut
d i arbi1ric>. Ah rl· vc>h..: presso gli Apo- ),6y10v , «..:omc a i mortali le buo ne a.
loge1i ~i 1rn1t;1 di :ispirnzione fr:t DEw- %Ìuni tlanno sempre motivo a lmOlll' p:i-
plav i>ECr.w, <dia rnntcmpbzione delle rulc»; dr. anche Phoen. x99 s. Nei P"'·
cose <livinl'», o ltEpt •o DEi:?v, «del di- si <li Polibio 1 usualmente citati (3,7,5;
vimi» ( 111~1.. apo/. 58,3; dia/. 8,3), o p. ,7; 4 ,5 8 18) il vocabolo è 11Jopcrn to
npòc; 'TÒ xcr.Mv, «verso il bello» (apul nel senso di occasione, pu1110 tl1 p11rtc11·
1,2}; dr. anche apol. 29,4: wc; 3eòv 01.X za. In un editto di Caracalla (21 ' d .C.)
q>oBov crtBm1 wpµnno, «indott i per P. Giess. 1 40,2,JI si parla ugualmente
pau ra a ve nera re come un dio» . Il ver·· d i i1lT)pElcr.c; &.q>opµ1}, «incentivo a tra·
bo figura anche col significato di deriva- co tanza», accanto a OEIÀlcu, etl'flcr., «Cau-
re: Athenag., suppl. 2 1 2; Iust., apoi. 26, sa di viltà» 1. In senso peggiorativo
6. L'accezione filosofica de l termine CÌ.cpopµi] si trova accanto a oéÀoc; in un
non ha dunque n eppure qui alcun in- papiro dcl 111 scc. 3 e in P. Oxy. I 34 111
flusso diretto. Manca d'altra p~n e il 1 s. ( 127 d.C.) si dice: i:oùc; ltetpcr.~civ
senso peggiorativo particolare che esso 'taç XCI.~ i:o~ ÒLOC à:1millav xa l wç
ha spontaneamente assun to nell'uso lin- acpopµ-/jv ~T)i:ovv-tcr.ç Ò:.µcr.p-rT)µ6.i:wv 'tL·
guistico biblico e in partic:o bre nel µwp'l)O'op.cr.1 •. Nei papiri il vocabolo de-
N .T. signa sopra ttu tto: motivo , origine, oc-
casione opport111u1. T alvolta &<popµ'!)
t &.q>opµi) d ifferisce poco o nuUa d a òpµ'l) . Cosi in
Poi111a11dres 2 5 ~ le ciq>op1..ta.l. xcr.r.a.L,
In greco aq>opµi), nel suo significato «cattivi impulsi», sono evidentemente
purame nte formale , coni5pon<le a pun- la stes~a cosa delle òp1..tcr..t li>..oyoL di F i-
to di partenza, origine, occasione, im- lone. f: significa1ivo che vi siano nomi-
pulso, appiglio, pretesto, possibilità, naci nel medesimo contesto anche 3v-
i1:c/inazio11e; come termine Le<:nico del- 1iéc; cd Èmwµl.a.. In Filone tutt.:ivia il
b Scoa, in contrapposizione a 6p1~ri. vocabolo appare più spesso in significa-
significn però an che avt>crsio11t", ripu- ti divers i 6: decal. 17: ltpÒ<; 'TÒ EV 1;,i'jv,
gnanza. In Aris tot., cael. 2,r 2, p. 292 a «(mez7. i) per ben vivere»; migr. Abr.2:
16 il vocabolo sta per 111e-z.w1 espe- El<; crwi:T)p(av, «( possibilitit) di salvez-
diente; in pot. 6,5, p. 'po :1 39; b 8 za»; los. 258: c(ç apyvpwµov, «(occa-
indica i11centivo all'economi:i commer- sioni) per arricchire»; leg. oll. 3,66: El<;
ciale e agricola o in genere ~1 bvoro èmoÀoylcr.v «(possibilità ) di difendersi».
con lo scopo di superare la ciisoccupa- In plani. 36 lo si usa per premessa logi-
zione. Lo Pseud.-Aristot., ,./Jet. Al. 3 1 ca; in con/. li11g. 68 à cpopµTi figura ac-
p. 14 23 a 33; b 14.32; 39, p. 1445 b 29 can to ad <ipxn e in op. mund. 47 accan-
lo usa per premessa logi"' (punto <l'im· to a TtT)YlJ.
~q>opµi)
MouLT.·MILL. LmoEu.-ScorT. s.v. ; A. BON- 2 MouLr.·M•LL, s.u.
HOPFEK, Epif.:t. und das N .T. '1911 ) 110.177. J Pl!.EISIGKE, Sammelbucb _56i • ,16.
PRiilSIGl:E, \rliirl .. s.v. 4 MouLT.-M11.L, 1.r>.
1 PREUSCllf'Ul.l·BAUF.R, s.v.1 LtF.TZMAJ"~. Z111 tN, 5 RE•TZENS1P.IN, Poùn. 336,9 ss.
Rom. a 718. 6 çr:r. L F.ISl:GANG 1, s.v.
Ncll'A.T. solo in E:t. 5,7 ètqiopµ1) lo. Quc' '" ' cnso negativo non si ris..·011
compare come traduzione di un tcnni- trn per vcr~1 in 2 Cor. 5,12, dove.: Paolo
ne ebraico e precisamente di hamon. Jl
:ilTcrrna di voler mettere in mano ai Co-
tcsro masoretico va inteso cosl: «a cau-
sa dcl vostro esser ribelli piì1 che i pa- rinti con le sue aJ'gomentazioni a'j)Op-
gani ... » 1 • La traduzione greca invece ~d}V xauxl)µa.'toc;, 1m motivo, 1111.i p os-
stabilisce un rapporto coi pagani (ree. sibilità di vanto. «<popµ i} è cosl «la prc·
siro-esapl.): ètvil'wv -.ò 7tÀ:Tjl>oc; ùµwv
tytvt'to tx 'tWV ti>vwv, «perché la vostra messa, il punto di partenza , cli<: dii hm-
moltitudine venne dalle genti», cfr. Gi- go a un certo modo di agire, in tjtr.into
rolamo: quia multitudo vestra f uit e gen- da ess:i scaturisce il moro <lclla volontà,
tibus. Aquila: eo quod numerali estis in
gentibus. Anche nei LXX aq>opµ1) in ed è nello stesso tempo o[cnu la ma-
queslo passo deve essere inteso non so- teria d~c nel moto della volonti1 viene
lo nel senso di un indirizzo di pensiero e.laborntai. 11 •
(Theod.: À.oyLO"µo() sensibile all'influsso
Per contro Cor.u,12: txx6\jlt» "l'-1\'J
2
pagano, ma proprio di una provenien-
za. Comunque viene con ciò giustamen- &:q>opµi')v -rwv l>tMnwv &.cpopµf)v, «to-
te asserito il fatto storico della deriva- glierò ogni pretesto a coloro che cerca-
zione della massa dei Giudei, ne ll'epoca no un pretesto», offre un evidente pa-
ellenis cico-romana, dai pagani'. In Prov.
9,9 i LXX hanno introdotto aq>opµ'I) rallelo con l'uso del vocabolo in Le.
per maggiore chiarezza: SlSou O"oq>Q r r,54 (cod. D}. Come contro Gesù, co-
&:q>opµ.1Jv xat croqiw-.Epoc; fo-ra•, «dà al sì si cercano ora contro Paolo pretesti
saggio possibilità, ed egli divelltetà an-
menzogneri d'ogni genere per muover-
cora più saggio». In 3 Afach. 3,2 il vo-
cabolo figura nel senso di occasione. E- gli guerra. Paolo li sventa con la sua
gualmente in Ecclus, prol. 29 ( var.): µi- condotta. Di che cosa si tratti in so·
xp<Ìv 7taLOd~ &.q>opµl)v. stanza non è del tutto chiaro, e qual-
Quanto al N.T., &:<i>opµf) nei tes ti u- cuno ha persino pensato che il testo sia
suali figura solo per gli scritti dell'am - corrotto u Ciò di cui si vantano gli av-
bito paolino. Ricorre inoltre come va- versari, cioè il diritto del!' Apostolo a es-
riante del cod. D in Le. r 1,54: 1'.;n•oiiv- sere mantenuro dalle comuni.tà, Paolo
"l'Eç &:q:>opµ'i}v ·mia À.a(3EtV aÙ't'oiioc-= ben dovrebbe applicarlo a sé. Infacti b
casioncm aliquam inve11ire de ilio (it. rinuncia a questo diritto è interpreta ta
syrc) 9 . Si tratta di una lezione nntica 1°, dalJe comunit:ì in senso favorevole a
nella quale il vocabolo è usato nel sen- Paolo 13 , cosa del resto ovvia se si con-
so peggiorativo corrente anche in Pao- s iderano i predicatori amb ulanti di quel
7 Il testo viene emendato in vari modi; dr. OV~E<; a.Ò'tÒV 0,,ptvO'al ~'-
da ultimo A. BERTHOLET, Hcsekicl: Hand- IO Considerata come originale da 'B . e J.
buch z. A.T. I 1 3 (1936) ad I. WE1ss, Dic Ev. dct Mk. 11. Lk.' ( 1901) ad I.
' G. RosF.N.C. BEJ\Tll.-\M, Judm 11. PbOni~ier H BA01MA.l'òN, Kommcnlar, ad I.
( 1929), specialmenr~ 64.68. 12 W1NmSCH, ~ K.or., ad I.
9 Il 1cs10 usuale (dr. NF.sn.u) dia:: lvropt:V- Il Cfr. lu tradizione delle Cat~ne: K. STAAIJ,
I \ .~ 1 I \ ' f ·I tt<flOP11lJ (G. 11··111.1111 I
tt·111p11 •: l.1 lnr•• :11"i. lit:1 di guadagno 14. lll<'"'" I.> e;.,,._11,1 2), né lo staro vcdo-
M:i " " q:l i ·"·' " '" '~e questo diritto co- vi k· I 1 "1"1111 . 5, 14), né la criHiana lib<'I"·
ni,· 1111.1 p1.-11 , .1, d:1rchbe :ms:i alle ca- 1.'1 ( C:.ti. s .1 ~ ), e neppure la lcg~e o il
l1111ni,·' . q11.1,i d1c anche lui predicasse r11111;111do di Dio (Rom. 7,8.r 1 ). Analo-
i''''" lun" •. I11 r,·:11 tà però - affe rma P,10. f'." ""'nlc Hgli altri passi, ançhe in I Tim.
lu con irn11i:1 -· farebbe allora scmplicc- 5·' ·• non è primamentc l'eventuale u a-
mcnll" •111ello di cui si vanrano i suoi vi.l!nl"nto di qualche giovane vedova
:W\'l'n;ari. Calvino 1 ~ vede nella conJot- che offra motivo od occa~ionc agli av-
'" di Paolo un esempio per i cristiani a versari giudei o pagani per diffamare la
evitare «ogni apparenza di male» (Lu- cornunità cristiana o comunque per
tero, r T hess. ,,22 ): caeterum hic utilis svolgere azione ostile contro di essa 17,
<'SI admo11itio de praecidenda improbis ma è lo stato vedovile d i per sé che in-
orcasio11e, quoties aliquom captant, hic duce in tentazione; esso offre a Sata·
cnim 1111t1s est viuccndi modus, 11011 .w- na ' 8 l'occasione, il punto di partenza
tcm quum eos nostra imp11de11tia arma- per traviare le vedove. Solo sotto que-
11111s. sro aspetto si giustifica l'assolura esi-
In Gal. 5 ,I 3 111 c;ci:p~ prende il posto genza che si risposino. Cosi sono rizzati
de i maliziosi avversari e cerca nella ripari precisi che tolgono di mezzo l'oc-
H..tv1>Epla un'occasione in prop rio fa- casione e allontanano il pe ricolo alme-
vore. Vi corrisponde in r Tim. 5 , r 4 no esteriormente, anche se non Io de-
un &.v-nxdµn1oç e in Rom. 7 ,8 .Il la bellano all 'interno. Che poi non le bar-
O:µapi:la. Ciò che offre il movente o riere rizzate né alcuna legge s iano capa-
l'occasione n on ì: di per sé qualcosa di ci d i preservare dal cattivo uso della li-
riprovevole, come non lo sono infatti bertà, è cosa che Rom.ì ,8. 11 afferma
né il diritto dell'Apostolo al manteni- chia ramente un:i volta per tutte. Persi-
l'a11lur-Kommcnlare a11s der gricchùcben Kir· Kommentar, clic croJ u,'C fllfllO d'appoggio;
che (1933) ad /., 297: \va "tWV Xl<TIJYOpw'I per lui lo scopo degli avversari è quello di
b1t6o}w "'1'Ì)v r.pbq>aai.v (Severiano di Gabala ) potersi appellare a Paolo, qualora egli s i fac-
e Jgn ., Tr. 8,2: «Non date appiglio ai pagani cia mantenere d31la comunità, come essi fan-
n che, per pochi instnsati, nou abbia a essere no.
calunniata la comunil':Ì cli D io• (cfr. la tnidu· " ad I.
zionc di lgn.).
BAUER,
1~ 11 Cosl Bengd, Crozio e in g<'nerale gli cscge·
Cfr. prima di muo Did. n , anche Il e q
e, inoltre, K NOPI', Did. , <Id I. Paolll usa una ti moderni (clr. B. \'QE.ISS, D1c Brie/e Pauli
particolare cirro~pczior.c nel trauarc la faccen· an Tim. und Til. [ 1902], \Y/OHl.ENBERC, Dr-
eta delle co!lettc in 2 Cor. 8 ,20. 2J. Cfr. le prc- BeLIUS, Fasi., ad /. ), che rifcrist-ono mni il
cis11zioni d i 12,16 r8 e \XlrNDISCll, 2 Kor. , Lermine 'avversario' agli opposi1o ri umani.
'ommemo ai du<· passi. " Bcngel, che è di altra opinione, fa notare
I.I crr. in p•rricolore L•ET7.MANN , Kor. e WlN- che in Simmaco ljl 37,>l ch'Tlxtiµcu sta per
DIS0-1, ~ Kor .. ,,.f I ; d i... -:,.,;,'\Jllentc BACH~l.\NN, I!" e che in ,,15 si fa menoiionc di S3tana.
aq>op11i) ( G. Benrmn l
no la legge, e proprio l:1 lc~c-, il co- t:itorc 1-t'""" • , che ha già ridi :.1111.1 I••
man<la1nento di Dio, dà occnsione ai 1':1ncnzio11<· s11 questi paraUeli , p,·11·•. 1
ll<.:'CCnti. La legge ha qui un ben deter- soprn1111110 all:t grandezza del c1s1 igo.
minnto compito: detcxit in Jf!L' omnem In rc:1lt i1 gli oppositori deUe <.om11ni1i1
co11c11pi.rt't'11liam, quae dum laterct, qrio- cris tian e (ovvero l'opera del tk11 1<H1i11,
dam modo 11flllt1 esse vùlebat11r '~. La del p<.'Craro, della carne, che ~tn di«I r"
concupisccnzn viene cosl chiarita nell.1 di loro) si servono proprio dei beni ,);i.
sua essenza: e~sa <:, come si esprime 0- rida Dio nella creazione, e persino del-
rigene nella ben nota terminologia ispi· la cristinnn libertà in quanto irruzion«
rata a Filone, opE!;o.:; èi.Àoyoc; ywoµév1) dell'eterna salvezza, per tessere i propri
xcncì opµYjv nÀeov<ii'.;oucr~v 7t~pciì..o inganni 23 allo scopo di traviare gli 110·
yov. Il peccato dal suo antagonismo al mini. Essi ricevono proprio così nuovo
comando trac la spintn a indurre l'uo- impulso a ribellarsi a Dio n Le prescri-
mo alla concupiscenza :'Il_ li comando di zioni della legge sono utilizzate dal dia·
Dio con la sua stessa autorità indta il volo in ceno senso come materiale con
peccato a un'aperta ribellione :t Dio 21• cui lavorare 1~. È proprio dell'impenc·
In tutto questo il comando non è col- trabilità del consiglio di Dio che i suoi
pevole dello stimolo che il peccato ri- doni pre~ios i, gli stessi beni salvifici. of·
ceve al prodursi del comando stesso, co- frano in un primo tempo al peccato un
me l'albero dell'Eden non lo fu della di- nuovo stimolo a trasferirli nella sua sfe-
sobbedienza di Adamo o la vcnma di ra. Il termine cicp:>pµ1}, cl1e formalmen-
Gesi'1 del peccato ::he i Giudei coDl- te serve a esprimere questi) concetro.
misero nel respingerlo (lo. l5,22; dr. acquista però in tal modo nel N.T. un~
anche I Tebr. 10,29). Un :intico commen- particolare colorazione contenutistica:
'~ (,,. lvino, ad/. 1.! Cfr. a11d1e Hcrm.. ""'"''· 4,1 ,11; 3,3, do\•C
20 I n un commento, che il Cumcr (~ c1>I. lo stt"l~o onnunzio dello possibili1iì Ji for pc·
q20, n. 22) nella sua edizione delle Cotc1ic .11- nitcnz.1 può 1rnsfom1arsi in uno Jr11nd11/o. L"u·
triblli-CC erroneamente a Orige~c e nel ou•le si so del nostro vocabolo in questo ~nso asso·
avvertono motivi antichi (stoici) ascetici e le· luto si ~-omprende tenendo conto deUc affer·
galistici, il peccato fa balenare dinmzi ai:li oc- mazioni poolinc. Altrove il rerrnine s'inconrra
chi desii uomini la concupiscenza del denaro, nei testi rwo1ocri~tiani e soprattu1ro negli A·
ddl'onore, dcl piacere <.-cc. come u11 bene. Co· pologisci, scn1.n che per<) sia •vvcrtibilc alcu1'
sl il pe nsiero di Paolo viene trnvis:no. influsso p:1oli110. Offre invece esempi positivi
lo s'·ilu11pnr•i d i setle rigo!"istiche e libertine.
lo Non si tratrn però della nota reazione psi-
<ologicn, per lo quale un ùiv i~to èCtÌtn J"uomo ~· l;ozio, in $TAA» uc. ( -4 nota q) 504; dr.
proprio a Lrnsgredirlo. Testi antichi in Wt::1'T· anche GennoJin, ibid. 370.
STC:IN, od es. Ovid., 11mores 3 ,4,1i ~iti1111tr i; Diodoro tl1 TJrso, STAAR o.e. (~ nou 14)
in uetilu1T1 se1nper ,~upin1usq11 ..· llt!f.U/O. &8: i:à ;;apo:rrf>,µai:a -.oii voµou wn.t:>
u CRAMEI., Cat. 167 registro c11o:i~;1111<e11 tc il u).T)V 1:LVÒt Tijç Émn;o;;i TÉ)(V1)ç 1tO~T)CT&j1'VOç,
passo sotto il nome dd Crisostomo. dr. anche Severiano <li Cabala, ìbid. 219.
I { .h) t \',.I, '> 1
ope~ A J (\Xl. ""'"'""'I
si avvid11:1 :1 ·,..111d.il11'. :1 '1en1azione', pob' ,. 'l.1nio' in cui si può essere pn·-
e n <'SJ*'"Ìnni 111<·1:1f11rid1c come ' 1rap- si~. G . BEl!TRAM
opoç
<Ò opo<; designa il (singolo) monte o i. In tutti i tempi e presso tutti i po-
la (singola) collina. Con esso Dione Cas- roli U monte, colpendo la vista con la
sio indica spesso i colli di Roma, ad es. sua immagine, ha polarizzato l'attenzio-
53 ,27,5: É'V 't~ Oa:Àa-rl~ opEL, «sul col- ne e dato luogo a raffigurazioni religio-
le Patarino». Indica pure il complesso se 1. La sua possanza ha indotto prima
o fa zona rnontuos~; Hdt. r,r.04: 'tÒ di tutto a venerarlo - insieme con i fiu ·
Ko:vxctO'LOV opo<;, «la catena del Cauca- mi, le fonti, le cascate e la terra - come
so»; Dcmosth., or. 55,ro: opov<; OÈ 'l'tE· qualcosa di divino 2 : monti e alture si
ptÉXOV'tOç XVXÀ~, «essendovi all'intor- immaginano popolati di spiriti 3• Nelle
no dci monti»; Xcnoph., an. t,2,22; 3, religioni superiori. fu soprattutto l:t sui1
4,30; Cornut., theol. G raec. 6: 'tTJ'V mole, che si protende verso l'alto, a far-
"lliTJ'V... p.Ei:Éwpov opoc;, «l'eccelso grup- lo apparire come residenza degli dèi;
po dell'Ida». Il plurale designa singoli oppure indusse a portarsi sulle sue vet-
monti (Xenoph., an. 4,1,1 r: 7tVpà itoÀ- te per rendervi culto alle potenze su-
),èdxo:tov xvxÀ~ btt -rw'V opÉ(..i'V, «mol- perne. Il contenuto simholico delle de-
ti fuochi ardevano nll'imomo sui mon- ~igna;,,ioni 'sopra' e 'sotto' non è inter-
ti»), come pure la regione montuosa cambiabile per la religione e per la mi-
(Xenoph., Cyrop.3,r,2: E.teµ.itEV elç -rà tologia. Alla direzione verso l'alto si as-
OPTJ -ròv 'VEW-rEpov vtòv I:o.j3o.pw xo.l socia il cielo e il mondo della luce, del
-ràc; yv'Va:i:xcu;, «mandava sui monti il giorno, del conscio; così che col monte
figlio minore Sabari e le donne,.). e con le sue vette vanno uni te le divini-
u, --. <1Xdv0o:Àov, Tmçcx<7J•hç, ncxy~; dr. •n- Rcl1gio11 dt•r Griet.·bi:n I ( 19261 74-81: G.
chc ~péxoc; in l'rov. 7,i1; 22 ,25. \~t.STPllH, Jt1hr;es Wohmtiitte11 nach dt'fl
Amchautmgett der aflcn H ebriier, ZA\YI
opoc; Beih. lJ (1908) 98-118.
ÙIANT. DE LA SAUSS.\YP. , indice H . 'lkrg'; G . I -+ ~·AN DER ].,Jo:EUW 35 S.
VAN OER LEEuw, PbiiJ1omc110/ogie der Reli- 2 _,. VAN DER LEEUW 370 S.; CHANT. DE LA
gion ( r933 ) 35 s.; F.v. ANDRIAN, Du ffohm- S>..USS AYL r 174· Si veda ad es. l'invocazione
kullll! mioliscber tmd europiiiubtr ViJ/kcr cli crnontì, fiur11i, sorgenti:. ecc. in un trattato
(1891); Jmt ]ERF.MJAS, Der
Go1tesbcrg pulitico inita, J. FRIEDRICH, Aus dem bcthiti·
( 1919);R. FRtEI.JNC, Der bi:iliae
Bc1·g, (1930); schen Schrif1t11in l (AO 24,3 ) (1925) 18.
M. RoHREI<, Dergiicder tlcr Viilkcr (1928); 13. .l Hes., tbeog. J29 s. (ra.ia.) .. :ytlVO.'tO o'o!.i·
MEISSNU, Babylo11itn und Jlssyrien li ( 1925) pEa. µcx.xpa, &tWV xa.p(lVi:ext; eva.vÀ.ovc; Nv;<-
rro-112; R. IlEER, HcHige floh~n der 11/u.,1 q>ÉW'I, a.C vcxlovow 6.v'oupeo: [h1aoiitvi:o. (di-
Griecben 1md Romer (1891); O. K!lRN, Die rupato).
o~O', A 2 (\YJ. focn.terl
t•Ì della luce e del giorno, mentre le po· dell'imponenza dci monù 6, e lo espri-
tenze della notte, della morte e dell 'in- mono di frequente in locuzioni me1;1ro
consciu sono associate alle cavità del richc 7• Con un raie presupposto, il '"''·
1110111c o :rnche al fitto buio delle sue so che doveva portare a intendere il
fnrcs1c.: " al suo aspetto desolato e im- 'monre' come simbolo di 'potenza ' cm
pervio'. A~sn i dirTusa è, inCine, l'imma· breve, e questa metafora, in Mcsopol;t·
!lÌnc mirologi<·a dd 'monce primordia- mia, è solidamente acquisita come, con
le' S, collega1a Jircttarnente con l'im- lo sresso significato, la metafora dcl
pressione che il monte e l:i sua dura 'corno' nell 'A.T. 8 In acaidico shadli
piettaia sia la parre pii1 antica del mon· significa 'monte, egida [?]. signore' 9 •
do, a differenza della terra, che è mol- Adad è detto «monte (cioè signore) dd-
le, e dei fiumi, dal corso mutevole. Ma le quattro parti della terra» 10; Enme-
le idee particolari che presso i singoli sharra «monte delle Anunnaki» 11 ; è da
popoli si accompagnano all'immagine notate l'espressione «monte delle ! gi-
dcl monte variano assai da caso a caso, gi» 11 • Ninib porta, tra l'altro, come ar-
a seconda dell'altezza e della forma, ma «un monte alla cui potenza nessu-
della vicinatna o lontananza dei monti no può sfuggire» 13, e di se stesso dice:
nei singoli paesi, e am:he a seconda che «D,1vanti a me, che sono il signore, fug-
sono coperti di vegetazi one oppu re spo- gono mtti gli a ltri monti» 14• Molti no-
gli o coperti dì nevi eterne. Le conce· mi reofori sono formati con sbadi, 'mon-
zioni in proposit0 divergono, inoltre, in te mio' 15• Enlil si chiama 'monte', op-
rispondenza al dilferen1e ralento d ei po- pure 'grande montagna' 16 , nome passa-
po li e al loro speciale mondo spirituale to pure ad altre d ivinità 17 • Quest'uso
e rei igioso. della metafora del monte non è greco,
2. I popoli mesopotamici, oltre al ma si riscontra ancora nd mandeismo 18•
senso dell 'altezza, hanno vivo il senso Dato che i monti circondano d:i lontano
nità delle cose, l:li Egizi~ni nell\1sare i11 senso risch-akkadische N1mren der Tote11welt >= Stu
figurato il vocabolo hanno messo in rilievo dia Orienta li.a V 4 ( 1934) 23 ss . «Il dio è par
specialmente la solidid e l'indisrrutribitir/t dcl tito per i l monte» çorrisponde a «egli è mor
monte, H. GRAPOW, Dic bildlichen Allsdriickt• to» (ibid. e ~ MEtSSNER 98 ).
dcs Ag)•ptisehen (x924) 52 s. 2; I monti tenebrosi: L ID:tBARSKI, Cinza 3f4.
19 «Il suo signore non è più U (nella città), v -315,1; 501,7 s.; il mon te della tenebra al
...il suo signore sa le, recrim inando od alta vo- s ingolare L m zBARS KI , Johannes 9-0,13; 98,7 .
ce, in montai:Oa», UNGN,, o, n.r. (~ noca 6) 10; 100,6; I74,30; 180,15; 199,28. I monti
208 a metà; il mal di tcsra «dal mezzo della puri: I.rnznARSt:I, Ginza 326,34; 380,18 s.;
montagna è sceso nella cnmp'1gn0» (ibid. 275 ); .309,6s.; ]ob;mttes 1.89,13; 229,2 1; cfr . anche
1•erso la «montagna inaccessibile•, «verso il ]oha1111es u6,II e 184 nota 4. I mont i puri
luogo lon tano» f~gge Zu, l'uccello delle tem- del mandei~mo richiamano i «monti lu mino-
peste (ibid. 153 in a lco; 1 H in alto e a metà). si» che Pazuzu, demone d elle tempeste, de-
L'inaccessibilitì1 e l'inospirnli tà dei mon1i ne vasta (-7 MEISSNER 205 in alto). I rabbini
hnnno fotto la dimora dei <kmoni: i sene de- parlano dei «monti oscuri» che Alessandro
r.i.oni «nn~qucro sui n1onti ocddcntnli» (-> deve varcare quando vuol rnggiungere l'Afri·
MEtSSNER 199); !'ua:ello Z:i nel mi to fllgge ca (l.ev. r. 27 a 22,27; Tamid b. .32 a, d r. b;
dall'a lbero Hu lt1ppu s ui monti. mentre Lilith Gen. r. 33,1 a 8,1 .
"'l nel deserto (monte e d~serttl sono qu i <limo· 21> Epos di Gilg,;mcsb V 6 (UNGNAD, o.e. e~
ra dci demoni): S.N. K RA.MER, Sumcrian Afy· nota 61 78) .
thology ( 1944) 34; «egli fe<:c ritorn are sul 21 -7 MF.l'.SSNF.R 1u.n9; KRAMER, o.e. (~
monte nurnernsi sp.iri ti di defunti»: A. Jrmr- nota i9) 72 .
MIAS, Die au.sserbiblische frlosererwartwig 28 ~ MmSSNER 1 u .
(\927} 6r. 29 ~ MmssNr.R 7; }EREM!AS , o.e. (~ nota
20 A . J llREM!AS, Handbuch dcr altoric11tali· 20) 108.
sehen Geisteskultur ' (1929) 132. 3-0 T ALLQUIST, Totmwelt (-7 nota 24) 31; Io.,
21 ]F.REMIAS, o.e. 368; --> MEtSS~ER J.08 ss. ; Epitbeta (-> nota 9) 221.
H. GRBSSMANN, Der Messios (1929) 170. Si 31 B. ALrFJNK, Der Versammlungsberg im
veda l:t leggenda della nascita d i Sargon e As· ii11sserste11 Nr>rden : Biblica 15 (1933 ) 41-67;
surbc111ip'<1l II: GRESSMANN , ibid. p . A . DmMEL, Sumeriscbcs Lexìkon III 1, su-
1Z -> Mr.lSSNER I II. meriscb-akkadisches Glossar (1934) 18 b, s.v.
2.l UNGNAD, o.e. (-> noto li) 8~). '~rdi/a': la «montagna delle regioni» è l'atinO·
2• ~ MmssNER uz; K. TALLQUJST, S1:mc· sfera con la volta celeste .
opoç A .3 (\Xl. Foersrcr)
Nelle fonti babilonesi, come non è te del tramonto, ad occidente. t' le >1.1<:
attestato un monte del paradiso, cosi viscere sono in rapporto con. la 1101 te
non si ha notizia di un mitico monte della vita, con la morte e il giudizio; liì
degli dèi posto a settentrione 32 • Diffici- ha pure luogo il giudizio dci morti ·17,
le ~ dire quali concezioni fossero in o-
rigine collegate con il nome di 'gran 3. Presso i Greci lo stesso rapporto
monte' dato ad Enlil 31 e con quello di naturale col monte è diverso da quello
'casa del monte' Attribuito al suo tem- dei Babilonesi. La Grecia è coperta di
pio in Nippur 34 • In epoca storica, 'gran- montagne selvose e il viaggiatore, pur
de montagna' sembra esser stata la de- avvertendone il pericolo 311, le celebra
signazione della grande potenza, del come un ornamento della sua patria~
gran signore, e il titolo di 'casa del Al greco e al romano la natura intatta
monte' vien dato a tutti i templi i;_ del monte selvoso e le vette irraggiun-
Quesco nome, cosl come la costruzione gibili, che s'innalzano nell'etere coperte
delle ziqq11raf, fa pensare al monte qua- di nevi eterne, hanno sempre richiama-
le luogo in cui ci si avvicina a Dio, o to il pensiero delle potenze divine 40 .
quale residenza della divinità 36. I I mon- Tra le 11_1olte cime, poi, sopra I.e quali o
Jl TH.C. VRJEZEN, 011dcrzoek naar de para- rnome come luogo del sacrificio e della vid·
diisvoorstelling bij de oude semieti.<ehe vo!- nm1za dcl dio: Epopea di Gilgamesh xi 157.
ken, Diss. Uti:cch (1937); cfr. ]ERF.MJAS, o.e. dr. UNGNAD, o.e. (-> nota 6) 107 (olocausti
(-> nota 20) 464. sulla sommità dcl monte); -> MElSSNER 87;
-'J -> Nora l]. per i momi rome luogo ove dimorano gli dèi:
31 T.uLQUJS1', o.e. (-+ nota 2~) 26: il sane-fa -> MEISSNER II9 S.
sanctorum dd tempio di Assur si chiama «Ca- 31-> ME!SSNllR 98; ]llREMJAS, o.e. (-> norn
5" del grande monte delle regioni» (-> M!!rss- 20) 290.462 .
NER r l l ) . H In Artemid., 011eirocr.2,28 (124, q).68 (160,
.\I-> MEISSN!lR 7. 2) il. monte indica sempre, accanto a valli e
l> Il tempio è pai-agonato frcqucnten:icnte a precipizi, qualcosa di ingrato. D'altra parte
un monte: C. FRANK, St11dit·11 zur bahyloni- Elio Aristide celebra rosl la Pax Augusta
schen Religion I ( r9r 1) 18;; CHANl'. DE LA (or. 35,37 ): ov TÒ-. µ~ OP'l'J TI)v cxvi:i)v ~xn
SAUSSAYE I 524; VRIEZEN, o.e. (-+ nota 32) -ro'ç òosvovaw ijviu:p 00. 1to),.Et.<; -ro•ç o(xov-
50 (tempio «fondato come il monte dell'ab- (}1.' J cxv'tàç Ò:O"<jlti},.t~cxv . Noo è quindi cosa
bondanza»). Il tempio è •.e retto verso il ciclo ovvia.
come la grande montagna del mondo» (J ERE· J~ Cfr. la do<:ltmenrazione raccolta da ->
M1.-_s, o.e. [ -+ nota 20) 115 in alto) . La tor- RoHRER 183-200, in particolare le lodi che 0 -
re del tempio in Nippur si chiamava •monta· disseo fa della sua patria in Horn., Od. 9,> r
gna dcl mondo» (JERllMIAS, ibid. 132). H.J. s.; inoltre Soph., Ant. u27-n36; Eur., Tro.
LENZEN, Die Entwicklung der Zikurrat-J\us- 1060-1070; Catuli. 34,9-12 .
grabungen d1.•r Deutschett forschrmgsgemein- 40 Seo., ep. 41,;: si quis specus saxis penitus
schafl itt Urnk-\'(larka 4 (1941) viene, per la exesis montcm mspendetit, non 1111111u fac/us,
zikurrat, la torre templare, alla seguente con· sed natura/ibus causiJ i11 tammn laxitafem ex·
elusione: Le liqqurrat con i loro alti templi cavt1fus, animum tuum q11adam religionis su-
restarono per tutte le erà l'altare e il luogo spicione per1;11tiet. Silius Italicus, Punica (ed.
di culto per il dio lontano• (6o). «Non ri- L. J3AUE!\ I ( 189oì) 3,500 SS.:
tengo pii1 .possibile, in base alla loro evolu- nt miles dubio tardai vestigia gressu
,jone, di considerarle come liguta di monti» ùnpia c1:u JJCros in finis ar111a per orbcm,
(55). Ma di fronte a un luogo alto destinato 11atura prohihente, feranl divisque repug11e11t
alla celebrazione di sacrifici a un dio remoto, (o p;·op<>;;ito dd pass,ggio di Annibale anra·
è difficile asti:arre dall'idea di monte. Per il verso lç Alpi).
111·rtc quali abitavano dèi, ninfe <: 11n1- ragna con il mondo della morte. Così
s.· " . prese ben presto spicco I'( )limpo, pure non si stabi lisce alcu na relazione
~"m~ i dl'rato per eccellenza com<: b sede tra il monte e gli spiri ti maligni 40 .
degli dèi, e quindi sempre pit1 i1.foHliz-
4. In Asia Minore il culto della 'gran
za tu·'' cd equiparato al cielo 43 (-> ovpa.-
madre', della 'montagna-madre' 4', è
v6ç). (_),1csta concezione dell'Olimpo è
sempre congiunto con un monte4$. Il
u n'cs prc~sione caratteristica Jdlà sen-
senso della madre della natu ra si avver-
si hilit ;Ì greca, per la quale lassù è il
te nell'uragano che si scatena intorno
mondo puro delle stelle, dell'etere, del
al monte e nella foresta, e la sua espe-
fuoco, cioè dd divino; verso questo rienza si fa di notte, nella danza esta·
mondo s'inrn1lza l'Olimpo 44 • Perciò que·
tica attraverso le selve. In queste re-
sto monte per i Greci acquista un signi-
gioni il monce, in una con il b uio del
ficato eminente, quale simbolo della
bosco e con la notte, rappresenta il lato
perfezione naturale ed etica 45• Al con-
notturno della vita, come si vede anche
trario, mancano presso i Greci - oppu-
nell'associazione di Cibele, madre degli
re restano in ombra - le concezioni mi -
dèi , con le caverne dei monti 49 .
tologiche del monte dell'aurora e del
tramonto, della nascita degli dèi sulla 5. In Si ria e in P:destina si ha da un
mitica mon tagna posta a settentrione, lato il culto dei monti, considerati co-
dd rapporto delle viscere della mon- me divinità 50 , dall'altro una serie di ri-
41
~ KERN ì.); M.P. Nu.SsON, Gesch. der che il romano, conquistatore per eccellenza,
griecb. Religion 1 = I Ian<lbucb A.\Y/. v 2 innalzi l'Olimpo a simbolo di straordinarie
(1941) 367·374; CHANT. DE LA SAUSSAYE 11 imprese umane, rncnrre il greco me tte in pri·
301 s. 4 16; H. Sc11MIDT, Der beilige Fels in mo piano nell'Olimpo la nota etico.religiosa a
Jcrusalem (1933 ) 93 s. contrassegnare l'abisso fra iJ mondo umano e
•2 Hom., Od. 6,43 ·46 dell'Olimpo: gli dèi eterni».
oìh'àvtµoon• i:wà.;a•i:a• oìhE 1"o·t'o1,~P<il <6 Residuo di una simile concezione potrebbe
OEVE"t<XL oiYTE XLwv btt'TtlÌ.'J(XW.L àÀÀÒ. essere la maledizione contro i monri; tuuavia
[µ{ù'atì}pT) O. WEINREICH, Gebet und \'(lunder in: Ge·
néni:ai:ai àvé<pe).o~, ).wxr1 S'bnotopoµ<v nethliakon W. S<:hmidt = Tiibinger Bcitriig<:>
[ cdyÀT)' zur Altertumswissenschaft 5 ( 19i9) 176 spie·
i:i;> ~"'
i:ÉpnovraL µ6.xapE<; i>Eol 1]µ11.-.a ga la émo7tOl.1'lriJ tl<; bpÉwv x•q>a:Àa<;, in <Juan-
[ mivi:a. to lanciata in una direzione desertica, come
•.l In Vergil., ccl. 5.56 s. Darni, ammesso al 'forma eufemistica' di maledizione. Le cose
consorzio degli dèi, dall'Olimpo ve<le sub pcdi- sono diverse in arnbicnte gcrn1aniro1 cfr.
bus... nubes et sidel'a. ]. SCHMID'r, art. 'Olym· Handworterbuch des deutscben Aberglaubens,
pos' in : PAULY-W . xvur (1939) 278 in alto e ed. H. BACHTOU>-STAUBLI I (1927) s.v. 'Berg',
passim. Talvolra tu ttavia i due elementi figu· ' Bergemrlickte', ' Berggeister' ( 1043-83 ).
rano ancora d istinti and1e in epoca più tarda 41 ~11)-<l')p bpdn., Eu r., Hipp. 144.
(ibid. 290 ) . 4-1 F. ScHWT:.NN, art. ' Kybele', in : PAULY·W.
.. Max. Tyr. l,I s.: E'TtEqri)µL!TctV ot xa( ~it xi 2251-2298, cfr. anche E. 0MLEMUTZ, Dic
àyaÀµai:a ol 1tj>W1:0L iiv&pw1tOL, XOPV<p<Ìç K11/te und Hei/igtumer der Gotter in Perg<1·
òpGiv, "O)..vµnov, xal "HìT)V, xa:( rt i:< à').)..o mum (1940) x74-183.
opoç n),'l')O"Ui!;Et i:<i\ ovpa:v(i>. 49 ~ KERN 34.78 . Similmente localizzalo sui
' 5 SCl!MIDT, o.e. (-+ nota 43) 300: «Non è monti è anche il culto d i Dioniso.
fuori luogo scorge.re nell'O limpo , sede degli so Tac., bist. 2,78: Cormclus, ita vocant 111011·
Jèi a cui si può giungere solo r1Jediantc altis~ tem deumque; Etym. M., s.v. 'Libanon': OO·
~ime doti, ...un ideale assoluto della più com· XOÙO'\ yàp aui:òv ol 'Iovoa~ot OÀOV t!vat
pleta perfezione•. lbid. 301: «È sintomatico 'TtVEUlut xat /)Eòv ... Oit<v xat ainòv ai~ovi:at.
opoç B M (W. Focwcr)
ti celebra ti sulle cime delle montagne e ce Sion. Anche nei rab bini bilr·110 ihiì
<kllc colline 51 • I testi di Ras-Shamra ~2 i:: il monte degli Olivi ~· . in :1r:1111:1i~<l
11011 solo mostrano che il Safon, il mon· Lwr'. Quanto al Garizim ~ 11. 7X; Flav.
le a se ucntrione della città, era ritenu- Jos., vita rss: -rò 'I-raBvp1.0v opoç. fl
to sede di Baal ;.i (anzi, lo star assiso singolare designa pure b regione mon-
sul Safon, grazie allo stile parallelistico, wosa : 'alilem 'r:t-hiib1ir =
àva~l)O'Evi}E
viene ad esse r lo stesso che «sedere sul dç 'TÒ opo<;, «Salirete alla rc.:gionc mon·
trono della gloria»~), Jll•l alludono pu- cuosa» (Nurn. r3,t 7 e passim ; aram.
re ad alcun.i miti del monte, come quel- twr' : pwq (wr' (Gen. r. 50, 20 a r9, r9 :
lo dell'adunanza degli dèi sul monte sulla bocca dell'angelo che parla a Lot).
Ll 55 , e forse anche quello d i monti sot· Lo stesso significato anche in Ecclus 50,
to i quali si apre l'accesso agli inferi 56 • 26: ol xa:ìh')µEVOL Év opEL Eat.Lapelaç,
Probabilmente lo stesso termine ebrai- «gli abitanti della zona montuosa d i Sa-
co !fafon, indicante il settentrione, si ri· maria»; Flav. Ios., ant. 2a37: -rò nEpL·
collega al monte omonimo, che si tro- xM:i:ov l}µfu; opoç, «la regione monruo-
vava appunto in quella direzione 57 . In- sa che ci racchiude»; dr. a11t. 4,83 61•
fine si deve ricordare che l'uso traslato Pure il plurale designa sia i singoli
d i 'monte' quale simbolo di potenza si monti sia la regione montuosa; in :i
riscontra p ure nei testi di Ras-Shamra 58 • Sarn. 1,6.2 I, sia nei LXX sia nel T .M.,
il singolare e il plurale si alternano co-
B. IL MONTE NELL' A.T . .E NEL TARDO me designazione dei monti d i Gclboe.
GIUDAISMO
I . I LXX traducono har, monte, qua- 2. Della con6gurazione montuosa del-
si sempre con opoç ;9 • Al singolare har I la PaJesrina si ha l'eco nelle n umerose
opoç indica il monte singolo, per es. l'E- espressioni che I' A.T. riserva ai mon-
bal e il Gari2im (Deut . rr ,29) o il mon- ci . I monti per lo più non superano in
Ens., Onomastiko11, s.v . 'Aep11wv (ed. E. (arcani) nel m=o del monte çhe appanienc
K LOSTlllUVUNN ( 1904] 20,ro s.) : rprx.cr(v O~ a mc, Dio di Safon, nel santua rio del monte
dç E'tL wv •AEPIM \I opoç òvo116.~EO'l>aL xa.l dello mia eredità».
wç 1.<pòv -rtµ.<iO'ilcn \mò Tuiv ÈfNW•1. Nella li- ;, Testo 76 111 u-15, Gol\DON, o.e. (-> nota
s ta sacrificale di Ras.Shamra il sacrificio è of- 50) 5r.
ferto non solo a l Baal Safon, ma al Sa· .'5 Testo r37,14 , GoRDON, o.ç. 13: «verso ili
lcu s1esso: C.H. GQRDON, lJg/lritic Liiert1/11· convocazione dell'assemblea in mezzo al man·
re = Scripta Pontificii Instituti lliblici 98 te di LI».
( r949) n3 in basso, u4 in alto (testo 9.4-7). S6 Testo 51 v111 1-9, GoJWON, o.e. 37.
Cfr. Filoni! di Biblo in Eus., praep. ev. r, ro,9. 57 E1ssFELDT, o.e. (-> nota 51) 16 ss.
53 T esto 127,31 s., GoRDON, o.e. (~ tlota , a)
51 O. ErssFBLDT, Boa( Zapho11, Zctu Kasios
und der Durclnug der I sraelilC11 durcbs MeN 82: «anuninisui tu come il più forte dc:i forti,
( 1932) 3r s.; cfr. il mito di Krt 74 ss. = GOR· e governi forse [come ] i mon ti? • .
59 G. BERTRAM, Der Sprachscbatz der LXX
DON, o.e. (--'> notn .50 ) 68 s. Nella rradll2ione
di Girolamo al passo dcll'011omostikon d i und der des hbr. A.T.: ZA \'VI N.F. r6 (1939)
Eusebio rinortato alla nota 50 si legge: dici· 88.
tiO --'> Nota roo.
lur esse in vertice eius insigne tc1nplur11, quod
61 har qoJSì ( ls. 11,9 ecc.) riferito al paese di
ab etlmicis cullui b11bct11r.
Canaan. -> WESTPHAL 93 . Analogamente nel·
;z I tesrj sono cita ti secondo i numeri e le l'arabo moderno la zona montuosa intorno a
pagine di GoROON, o.e. (--'> nora 50). Gerusa lemme è .i ndicata wl singolar<: i,ebcl,
o.e. (--'> nota 50)
ll Anat 111 26 s. in G OR DON, G. DUMAN, ]erusalem und sein Geliit1de
r9: Baal ad Anat: «Vie11i e ti mos trerò ci(> BFTh u 19 (1930) >·
I; 11 ( V..J/9 iir-~: n l· 3 (W. foerst~r )
q11c~ta regione i mi ll e 11w1ri. In epoca lano (r Re~. 1 <),i r; Ez. 38,20; Abac. )
1<·n.·ntc essi risultann g<'1ll'rnlmt·111.: di- 6). Dio li trchlii:t e li trita (ls. 41,1')
,h.,~t i (per l'anti chi1 i1 ,·.-.li IM. r7,
oH e !ud. 6,2); su di essi pn lo più li spos ta (loh 9,5; Iw~ r8,4 ; I; lav. los.,
c.:rcsçe solo l'el'ba per i p:1:mili (/'s. 147, a11t. 2,337) t' li nppiana (ls. 40,4; Fluv.
8; Sib. 3,788 s.; 6 Esdr. 1 l 15 1,5 1! (ed. Ios., ani. 2 ,~~3 ) ; essi sono distrutti dal
llicssler 322]). In quc,1c condizioni, i
fuoco di Dio (Dcut. 3z,22; 'Ii::r 10,18;
monti sono adatti ai ~C).:llali (ls. 13,2;
30,q), e dn lontano «s i vedono su i cp. ler.61; Ps.83,15; io4,32; Erclus
monti i piedi dei mcss:1ggeri di pace» 4 3,4) e si scio lgono al suo cospetto
(Nah. 2 , 1; I s. 52,7 62 ), t'osi come in ge- (Mich. 1,4; ls. 63,19s.; Hen. aeth. 1,6;
nere da un monte la vis rn spazia in lon-
tananza (De11t. 34,1 ss.; Ps. Sai. I 1,2) e 4 Esdr. 8,z3). D'altra parte, la solidiril
la voce echeggia per largo tratto (lua. d elle montagne, che bisog na qui tener
9,7; 2 Sam. 2,25 s.; 2 Chron. r 3,4; O. presence perché queste affermazioni ab-
Sai. 33,3). f monti della Palestina con biano rutto il loro valore, ha assunto
i loro strapiombi erano - e sono tutto-
ra - di ostacolo alle comunicazioni (2 nell'A.T. un'espressione caratteristka:
Reg. 19,23; dr. ls. 37,24; Flav. Ios., esse «affondano le loro mdid» nella
ani. 2 ,333.337). Sono solitari (1 Sam.
terra {lob 28,9; Iudith6,13; 7,12; cfr.
23,1 4}. P erciò giacere colpito a mone
sui monti è ignominioso, dato che lassù H erm., sim. 9,30,1 ).
non si può avere sepolrura ('HO'. 14,I9;
Ps. Sal. 2,26). Isolati come sono, i mon- La metafora del monte come simbolo
ti costituiscono anche un comodo rifu- di potenza, che già si riscontra nella
gio (lud. 6,2; 'Hv. 22,5; o/ io,r; r lette ratura babilonese e di cui si può se-
Mach. 2,28; 4,5; 9,38.40). guire lo sviluppo 6no in quella mandai-
cu, figura anche pit1 tardi nei profeti
3. Nell'A.T. si parla <li monti soprat- vetcrotcstamenrnri, nei rabbini e negli
tutto nel linguaggio profotico e poeti- apocrifi dell'A.T. In Ier. 5 r ,25 Babilo-
co, per cspti me re il primato d i Dio su nia è designac:i come har hammasblt,
cioè come potenza (politica) di distru-
ogni cosa terrena. Dio si innalza al ili zione; in Ztich. 4 ,7 analogamente si leg-
sopra dei monti perchi: c_..istc prima di ge: «Chi sci tu , o alto monte? Di fron-
essi (Ps. 90,2), è più devat0 ( Ps. 95,4), te n Zorobabel diverrai una pianura!».
In Dan. 2 ,44 la montagna che riempie
piì1 incrollabi le di tuuo ciò che es iste tutta la terra è interpretarn come «il re-
sopra la terra: Dio consolida i monti gno che non sarà distrutto in eterno »;
(Ps. 65 ,7); li «pesa con la stadera» (Is. sono qui messe in valore non soltanto
la potenza, ma anche la sol idità e la du-
40,12; dr. 2 Mach. 9,8); <lavanti a lui
rata 6J. Nella vis ione di Bar. syr. 36-40
essi tremano (lwI 5,5 ; Nab. 1,5 ; Ier. una foresta cintu di monti alti e se l-
4,24; Ecclus 16, 19; 43 ,16) e si >greto- vaggi raffigura i popoli del mondo e In
6l Per l'uso rabbinico dei pa$$i --+ ru, coli. la stessa forza .JlCrché fa pensare subito n I
1045. ruonte Sion.
63 La liguta dcl monte in 4 faJr. l J ,6 non ha
opoç B 3·4 (W. fo1:rsler) (v,480) 1 >H
loro po1enui "'. In He11. aelh. r8 ,13; Palestina costirui~cc un ostacolo allo
21 ,3; ro8.4 gli angeli decaduti appaio· sviluppo della vita dell 'uomo e perciì>
no come monti in preda alle fiamme: la
metafora della montagna li des igna co· si attende per il te mpo e~catologico u n
me 'potenze'. R. Shimon in Cani . 8,r4 mutamento nella natu ra non solo delle
legge haré bassfùnajim (di contro al ma- bestie feroci, ma anche delle cose ina ni-
soretico haré b'samlm) e spiega l'espres-
mate: i monti sprizzeranno mosto ( !lm
sione come un accenno ai principati an-
gelici°5. He11. aeth.52,2.6ss. scorge la po. 9,13 ; Ioel 4,r8 ; con iperbole test
1cnza del ferro e dell'oro sotto la figura lob 13', 1 "'; Libro di Elia 6,4 10 ) , diver-
di monrngne di quei metalli; in Bar. ranno transitabili (Sib.3,777ss. ) o scom-
gr. 6 un uccello avanza impet.tito da- 71
vanti al sole, come «nove monti». Lo pariranno dalla faccia della terra • L-0
stesso pensiero si avverte in una com- scomparire di monti e valli pe r lo più
parazione d i Hen. aeth.98 ,4: «come un è legato al ritorno degli esuli, a cu i ver-
monte non è mai diventato né mai di-
venterà uno schiavo, né una collina rà cosl spianato il cammino (ls. 40,4;
l'ancella di una donna, cosl anche il 45,2; 49,n; Bar.5 ,7; Ps.Sal. u,4 ). l i
pece.no non è stato mandato sulla ter- simbolismo della momagna come e·
ra, ma gli uom ini se lo sono creato di
spressione di potenza viene proiettmo
loro inizia tiva». In Sukka b. 52 a R.
Jehuda p resenta agli uomin i pii il catti- verso il fururo, quale attesa che il mon-
vo is tinto come un alto mo nte; allora te degli O livi sovrastante la colli1111 dcl
essi chiedono : «Come potremmo noi a· tempio scompaia (Zach. J4,4; Lcqah
ver ragione di un cosi alto monte?»
(kbi). Nel vocabolario rabbinico, 'mon- tob ~ norn 7 I) e il monte Sion si levi
te' è espressione correo te per designa- ;>ÌÙ alto di tu tti gli altri monti ( Mich.
re qualcosa che s'impone alla vista; 4, r ; Js. 2,2) 71 ; ed è soninteso quando,
quale principio esegetico è formulato
una volca questo 60 : 'é11 heharim 'ellà' nella descri zione della fine Jd mondo
hai:t'qénim, «non 'monti', ma 'anzia· presente, figura in prima linea il c rollu
ni'» . (< Monte del mondo» è un titolo delle montagne, come ciò che di più so-
d'onore dei rabbini 67 ; anche le parole
lido e più possente abbia la terra (f-/e11.
che fanno testo sono parngonate ai mon-
41
ti • aeth. 1,6; 83,4; ass. Mos. I0 ,4 ; asc. Is.
4 . La configurazione montuosa della 4,18) 13 •
64 tesi. Sai. 23 ,1 presenta il parallelismo: Opt) "' Edito d:1 M.R. James, TSt v 1 (1897) 1 II.
µt~ttCT'tijVtt• e (3run)..€~ç Xtt~tt~ttÀ.E~V. 7() RIESSLSR 237.
65 Midr. Cani. 8,r4 in S1'l<ACK-131 LLERBllCK lH 7J Si tra tta di u n motivo iranko (Plut., ls. et
50. Os. 47 (11 37o b); GRESSMANN, " ·'·[-+noia
66 Ex. r. 15,5 a 12 , 1 s. 21) 186; LoHMEYER, Apok. a 16,20) e lo si
67 Midr. Cani. 23 b, a 7,12; BACHl1R, Tt1m1ai- trova anche in Sib. 8,236 e Leqah tab Ntm1.
te11 1' 128 nota 3. 24,17 in S'fRACK·B•LLERBECK Il 298.
64 feb. b. 3 a 54 s .: •Voi portate In mia t•-Sta 72 Eiss r-ELDT, tu. (-> noia 5 1) r6; G v. RAD,
fra i due alti monti (hbtjm bgbwr1111) fra le Dit: Stadt at4 don Berge: Evangclbchc The<>
parole della casa di Shammai e quelle della logie 8 ( 1948/!>) 439-447.
casa di Hillel». 7J Bisognn inohrè ricordare la rufii11ur11zione
5. A11d1<: nd I' J\.T. l:t montagna dà il sistt'm:110 :i sua residenza l'antica rocca
senso ddl:i vicin:1nz:1 d i Dio( ~ I:wii). dc i ( ;..,husci, Salomone costrul il tem-
D:-i l nwntc C:irizim e dal monte Ebal pio sull':ihura che le stava di fronte,
viene invocala sugli Israeliti la benedi- Vl.'rso nord, più elevata. Ora ' il monte
zione e la ma ledizione (Det1t .rr ,29; 27, Sion' diven ta per sempre l'u nico, lcgit-
r 2 s.; los. 8 ,3 3 ). Isacco deve essere sa- 1imo luogo di culto e il segno Jt:lla pre-
crifica io su un monte (Gcn. 22,2) 74 ; senza di Dio. La protesta dci profeti
Mosè, durnntc la battaglia con gli Ama- contro il 'culto delle alture' che condus-
Ieciti, prega «sulla cima del colle» (Ex. se poi a centralizzare ogn i rito in Geru·
r7,9 s.); cd anche Elia sale per pregare salemme (Deut.u, 2-9), non è determi·
sulla vetta del Carmelo ( r Reg. 18,42; nata dal fotto che i luoghi di culto si
Flav. Ios., ant. 8,344). La circoncisione trovavano sui monti, ma da rutto il com-
degli Isrncliti avviene presso la collina plesso di concezioni e di cerimonie ca-
di Arelot (los. 5.3 ); su un colle viene nanec che v i si connettevano. L'idea
collocata l'arca (r Satn . 7,1; 2 Sam. 6,3). che il Dio d ' Israele sia un dio dei mon-
Le alture sacri ficali (biimot) 75 sono per ti è esplicitamente negata in 1 Reg. 20,
gli Israeliti in Canaan i piL1 ancichi luo- 23.28 s. Due restano i legin imi luoghi
ghi di culto; qui Samuele compie il sa- dove Dio si manifesta nell'A.T.: il mon-
crificio (I Sam. 9,12 ss. r9 .25). A Ga- te Sinai ( ~ !wCi) e il monte Sion (~
baon sorgeva «la grande altu.r a dei sa- !Lwv). Non si tratta però d i montagne
crifici~> ( r Reg. 3,4), ed era qui l'abita· sacre in quanto tali , e non corrisponde
zione di Jahvé (! Chron. 16,39) e ['alta- affatto alla mentalità veterotestamenta-
re degli olocau~ti (1 Chron . 2 r ,29; 2 ria che Filone chiami il Sinai opoç ù\jnj-
Chron. r ,3 . r 3) 76• Dopo che David ebbe À.6-ro. ;ov xo.t lEpw-rc.nov -rwv 1tEpL -ròv
del giudizio mediante il mcrnllo fuso. An- 76 Si noti che nei LXX, quando si m m i di un
ch 'ess" è iranica: C! JANT. oc 1.A SAtJSSAYE li legittimo culto di J ahvé, b1imci non ~ tra-
254; Hen. aetb. 52,2.6 ss.; 6;14 (dr. VOL'l , dotto> 1na se1nplice.mcnte tiasl ith:rato in Ba.-
BrdJ. 23) . i!Gt : I Sam. 9,12 ss. 19.25; I Cbron. t6,J9; 2r,
H I LXX !unno t rndotto 'cr cs b.1111111orijj1i 29; 2 Chro11. I ,I 3. Soltanto in 2 Cbron. 1 ,3 essi
con ii yij i) ùljit)Ài] , sottoli.nc~ndo cosl l'a- hanao reso biimli con Ti vlj!TJÀTJ e in 1 Reg. 3,
spetto <lel l\1ltczza . 4 la «grande altura» è tradorrn con v\)IT}ÀO-
75 L'etimologia di bi1111d (açca<li.ço b111ntu, col- "°'"'TJ ""'t ~ity6').T} (senza sostantivo!). Inve-
lina, altura) non è chiara; comunque i bòtl<' ce quando bama designa i luoghi di culto i·
bamol sono J><.'r k> più sulla cima dei monti e s raelitici non riconosciuti o cananei, i LXX
sulle alcur~ i1 /~,·-~. ·14,23; 2Cbro11. 21 ,11); i I mducono con '<OC vtTJM:, ~ovv6ç, llv01.o.cn-fi-
LXX hanno Sl><'SSO I radono bimrJ con vljin).cb. ptov, O"'t'Ì)À'I'}. !Xùµéç ecc. e non si limitano
-> nota 76. Una b.i111,/ nella valle di Hinnom 1nai HIJa traslitte.razione. Si pu() avanzare l'i-
è ricordata in Jcr. 7.1r. Cfr. ora L.H. VLN- potc'i che anche .il luogo ove più tardi sorse
CENT, La 11otio11 Mhli.111c du haul-lim: 'RB, il !l'mpio fosse una antica altura s.1crificale
N S. 55 (1948) 2.f)·271>.438·HJ. «ana1K'a, S<;HMlDT, o.e. (~ nora 41) 84 s.
opoç B 5-6 ( W. Foerster)
'to'ltov, «il monte più alto e più santo che Baruch o<lc l'oracolo circa il gi udi-
di tu tti i circos tan ti» 77 , o che i Sama· zio futuro; in apoc. Abr. 9 82 D io mo-
ritani parlino dcl Garizim come del sn·erà ad Abramo gli eoni da u n alto
monre santo e benede tto 78 • Sion è sem- monte; in test . N. 5, 1 si tratta di una
plicemente il monte che Dio .1i è scel- visione sul monte degli Olivi e in test.
to 79_ L 2,5 ss. Levi viene investito dell'uffi-
Un simile passo indietro circa l'im- cio sacerdotale sull'alto monte Aspis.
portanza intrinseca de.Ila montagna si Secondo apoc. El. 2 E, Elia viene intro-
verifica ad opera del profetismo. Ba- dotto alla rivelazione sul monte Seir l!J
laam viene dalle «montagne d'Oriente» Constatazioni simili si possono fare per
(Num.23,7 ) e proclama i suoi oracoli gli apocrifi del N.T. 84
profetici su un monte (Num. 22,41 ; 23 ,
6. Anche la mitologia del monte nel·
9. I 4.28 ). I gruppi dei profeti israeliti-
l'A.T. perde terreno. Vi si possono ri-
ci vengono dalle alture (1· Sam. ro,5 )1" 1 sçontrare, è vero , temi mitici di vario
e si pensa che anche Elia cd Eliseo di- genere, come, ad es., quello di un mon-
morino su una mon tagna (2 Rcg. 1,9; 4 1 te primordiale straordinariamen te uber-
toso, forse anche dcl monte sede della
2 5 ). I profeti scrittori però non parlano divinità (Gen. 49,26; Deut. 33,15; Ps.
di. legame fra carisma profetico e mon· 361 7 is); del monte divino Basan parla
te 81• È solo negli apocrifi dell'A.T. che Ps. 68,16; l'idea del monte degli dèi si-
to nell'estremo nord ha forse influenza-
questo rapporto riço mpare cliiaramen- to la formulazione di Ps. 48,3 86 ; è p-OS·
te: in Bar . .ryr. i3,r è sul monre Sion sibile inoltre dietro Zach. 6 ,r intravede·
3alaam Similmcnt~ ludith 16,3 nell'inno per ZEN, o.e. (-> noto 32) 219-225; A. DElTHO·
b morie di Oloferne: ijì.fh:v At1rsovp ti; LET, Hcukiel (Handbuch zum A.T. t 13)
opÉwv li11b ~oppti. Cfr. GRESSMANN, o.e. (-> ( 1936) a 28,11-t9.
no1a 21) 165. EissFELDT, o.e.(-+ nota 51) 15 89 O. E1ssl'lll.DT, Einleitung Ìll das A.T.
pensa al monte Safon. ( 1934) 36.ro8.
s1 G 1mSSMANN, o.e. (-> nota 21) 170. Per i
90 Di parere diverso BouSSET·GMESSMANN
monti <li metallo cfr. -> noia i}·
ss Si t1<)ti che l'allusione di Js. 14,13: b'hnr 283 s. Cfr. v. RAD, o.e. ( -> nora il) 481 su
mo'éd b'j1•rk"té sa/on è resa oscura, for-sc in- Is. 1 ,2-5: «L~ visione resta del tutto imma-
nente aUa ~toria e si sottrae a ogni contribu-
tenzionalmcnrc, Jalla traduzione che nl' fonno
tO della mi1ologiu, anche se vi si intravede il
i LXX: èv opn ùo/'IJ)~ int .,,e): liP"l -:à ùo/r)i..à
motivo rn.i1ologico orientale del monte degli
'<IÌ 11pò~ ~optxiv. Clr. Gl!.ESSMANN, o.r. (->
d~i.
noto 21) r6.1-170; A. )ElIBMtAS , Das A.T. im
Uchte de.r 11/tcn Orimts' (1930)80.635: V1U1l· "' VoLZ, cscb. 4 J 5·
opos C r-2 (W. Fot'rs1cr1
a.Itri monti. Non si tratta dell'opposi- di Ccs1'1 sulla fede che muove k 11in11·
t:tgll<: {Mc I I,23 par.; kit . 17,20) r..
r.ione fra un'idea di Dio legata al sen·
sibilc e un'altra puramente spirituale,
<li una emancipazione procedente dal· pronundata al cospetto di una 11Hmt:1·
l'uomo, ma di un superamento del gna vera 9s. Anche Le. 23,30 (Os. 10,8)
mondo dell'immagine al cospetto del ba ccrt:unente presente il paesaggio
Dio che agisce nella swria 92 •
montuoso della Giudea; la f ras~' è ri-
C. 1L MONTE NEL N.T.
presa in Apoc. 6,r5 s.96 Parimenti I Jehr.
r r ,3 8 si riferisce ad avvenimenti che
r. Nel N.T. opoç significa, come ID
ebbero per teatro la Palestina '11 . L'av·
genere in greco e come bar in ebraico,
vertimento di Gesù di fuggire «sui
canto il singolo monte (il Garizim di
monti» (Mc. 13,14 par.) e cosl allonta·
Io. 4,20 s., il Sinai d i Act. 7,30 e pas·
narsi da Gerusalemme, ebbe pr.edsa C·
sim , il Sian di Hebr. 12,22 ecc.) quanto
sccuzione nell'anno 66, con la fuga a
la regione montuosa (Mc. 5 ,I r e pas·
Pella 98 : In Mc. 5,II sono menzionati i
sim ). Spesso anche il plurale ha que-
monri della riva orienta.le del lago di
st'ultimo senso (Mt. 18,12; Mc. 13,14 e
Genezaret abitata prevalen temente da
passim).
pagani. Che poi i demoni dimorino non
2 . Nei vangeli la natura del suolo pa·
solo nei sepolcri, ma anche in monta·
lestinese appare varia. L'immagine del-
gna, è notizia affermata dal solo Marco
la città collocata sul monte (Mt. 5,14)
( 5,5 ).
trova nel paese più di una rispondenza
concreta 93 • Nella parabola della pecora Sono ricordati monti singoli, con un
smarrita ( M t. I 8, I 2 ) il pastore lascia le nome particolare: il Garizim (Io. 4,20
s.), il monte su cui è sita Nazaret (Le.
al tre novantanove btL "Tà opl) "', cioè 4,29) 9?, e il monte degli Olivi 100• La
in una pericolosa solitudine. La frase sua menzione in Le. r9,37 e Mc. r 3,3
92 Cfr. M. SCHMIDT, Propbet rmd Tempel TER, Komm. Lk., HAUCK, Lk., e K.H. Rr.Nc;.
(r948) 9-17. S1'<>RF, Lk. (N.T. Dcutsch) a 2J,30. Comun·
93 STRACK·BILl.ERB~CK 1 238. Una città d i que in Apoc. 6,1; ( LOHMEYER, Apok. e
questo genere è soprammo Seforis. f:: d iffici· 1-fhDuRN, llpk., l?d /. ) occorre pensare ad una
le che nella metafora ci sia un'eco della cinà fuga <lallo sguardo irato di Dio; questa inter·
di Dio sopra il monte (ls. 2 ,2), come vorreb· prernzione è possibi le anche pe.r il passo di
be VON R AD, o.e. (~ oota 72) 447· Luca.
9' In sostanza equivalente al 'deserto' di Le. 97 Si è pcns;tto ai momenti calamirosi detla
154, G. DALMAN, Orte und Wege ]esu' persecuzione siriaca, alle lotte dcl tempo de·
(1924) 166 s. gli Asmonei (Ps. Sai. r7,r7) o alla fuga d i Da-
95 Il dimostrativo non inanca in nessuno dci vid ed Elia (cosl vuende RlGGF.NBACH, Komm.
passi, nemmeno nella frase analoga di Le. r7, Ilbr. e MrCfffil., Hebr., ad/.).
6. Paolo in I Cor. r 3,2 accenna alla frase del <-
93 RENGS..-ORI', o.e. nota 91)) a 2I,20 ss.
Signore. 99 La scena di Io. 4,20 s. non può nascere che
96 Si esprimerebbe qui il d.;siderio di una ra- da w1'esperienza d iretra dcl luogo. «l\lessuno
pid a morte; cosl KLOSTERMANN, Lk., SCHLAT· che non avesse visto pcrsonaL'1len1c hi localit~
opo.; e l ·3 (\V/."""'"' '' l
par. 11·,1i11111111:1 1111:1 d1r<"11a conoscenza Mr. , ,11 /,, 1.,12; lift. r 5,29; Io. 6,~-
dcl l1111gn '"'. I J11:1 n-.-.l.-11z;1 giudaica se- 15; 1\I,-. 1i.1r• Mt. 14,23; Le. 9,28). ln
condi• l:i q11.1k il t-.k"i" si manifesterà
tulli qu~·, ti l"1";i , sotto l'aspe110 lingui-
diii 11111111" dq: li <llivi non è sufficiente-
men1e """""1"111:11a "'?. Si fa questione stiw è pn~sihilc tradurre altrettanto be-
se l't1ili111:1 n·11;1 d i Gesù poté essere la ne «andl> in montagna» quanto «andò
ct"na pa,c111al<:, .:d ~- importante a questo
prop<1,Ì1<> eh<: una parte del monte de-
sul nwi1tc» (-+ coll. r329 ; 1 _3 40) 104 •
gli Olivi (il 1crricorio di Bethfage), con Nei p.1~si in cui si dice che Gesù prega
inclu~o il (;cthsemani, fosse considerata (Mc. 6,46 = Mt. r4,23 ; Le. 6,12; 9,28),
come sohborgo di Gerusalemme e quin-
<lata la loro affinità con Mc. 1 135, è per
di vi si potc:sse recare chi aveva man-
giato la Pasqua 103• lo meno verosimile che Gesù, salendo
3. Nei vangeli si ripe te più volte che Etç -tò èipoç, andasse in cerca di solitudi-
GCSll andò Elç 't'Ò opoç (Mt . 5,r[8,l); ne; e la natura montuosa della Galilea
e della Giudea gliene offriva ovunque vero resta che quando Gesti va dç 'tO
la possibilità 105 • Negli altri passi non opoç intende appartarsi. Ciò risulta, per
«si erge» certo «davanti agli occhi la fi- Mt. 5, l, anche dal p;isso parallelo di 8,
gura di Gesù» che se ne sta in alto, 18 111 . Anche Le. 6,u ha inteso in yue-
«solo sulla cima di un monte» 10•\ nien- ~to senso il salire di Gesù suHa monta-
te vi allude: in Mt. 28 ,16 non si dice gna. La solitudine ha un suo ruolo nel-
espressamente che Gesù salga sul mon- la trasfigurazione e nelle ultime appari-
te, e la xopvq>T) • ou opovç non è accen- zioni del Risorto in Galilea (Mt.28 116).
nata in nessun luogo, e canto meno mes- Più seria e più diliicile da risolvere è la
sa in valore. Né alcun particolare fa questione se gli evangelisti, e in parti-
credere che gli evangel.isti abbiano at- colare Matteo, quando nominano il
tribuito un significato particolare al monte, abbiano inteso dire qualcosa di
'monte' grazie agli av ven imenti che vi più, alludere cioè a particolari scene
si svolsero 107 • La ragione dell'essere Ge- dell'A.T. avvenute su una montagna 112•
sù salito «sul monte» per il sermone Soprattutto l'introduzione al. sermone
della montagna potrebbe essere che di della montagna ha sollevato spesso il
lassù la voce arrivava più lontano ( ~ problema se Matteo, o anche Gesù stes·
col. 1341) 108, ma al più si tratterà di un so 113, scegliendo a teatro un monte,
motivo secondario. Si può piuttosto non abbia voluto fare un'allusione anti-
pensare che egli l'abbia fatto per mette- tetica alla montagna su cui fu data l:i
re le folle nella necessità di scegliere se Legge nell 'A.T., considerate principal-
seguirlo o no IO'\ e potrebbe avere un mente le antitesi che il sermone stesso
certo peso anche l'impressione psicolo- proclama. Si può essere persino tentati
gica di essere tratti fuori dall'ambienre di interpretare sotto simile profilo in-
quotidiano 110• Comunque il fotto più tenzionale tutti i passi in cui si parla <li
105 Non è dunque «l'anonimo monte di Dio» JO? SCHLATTER, Komm. Mt. r28 s.
che Gesù cerca, come pensa ~ ]EREMlAS r43 . 110Questo motivo va tenuto presente anche
106 K.L. SCl{MIOT, Der Rabmen der Gescb. per la comparsa del Battista ocl deserto.
Jesu ( 1919) 109, cfr. 194· 11 1 ScHLATTBR, Kort1111. Mt. 128.
107 C'.osl LoHM1'YF.R, Mk. a 3,13: «li luogo di 112 L. GOPPELT, T)'POS = BFih Il 43 (1939)
questa chiamata è 'il monte' e non una loca- 84 nota r : ~Sembra che Gesù e gli evangelisti
lità qualsiasi 'io montagna'; esso è teatro di nella scelta delle località 3bbiano avuro di
particolari misteri divini e la sede dove ];i di- mira Anche il significato tipologico dell'ora.
vinità si 1nanifesta in modo partiçolarc . come Bisogna, ad c:;cmpio, pensare alla funzione
già nell'A.T. e in al.t re religioni a.nticbe; esso che ha il 'monte' nella scoria di Mosè e di
è santo e famoso per ciò clic su di esso av- Elia e nd vangeli». P. fF.lNE-J. Br'1-IM, Einl.
viene». in das N.T.' (1950) 52.
lilli J. StCKE.NllF.RGER, Leben Jew nach Jen vier 113 Si veda la nota precedente. J. WILKENS,
Ev. (1932) Il 15: «Cime di alrnrc come pul- Der Kii11ig l sraels 1, Die 11rcbr. Jlot.rcbaft t
piti naturali». Cfr. Mc. 4.1. ( r934) 83 .
111n111 i 11 '. Ma neppur<' Mai h'" h.1 fotto monte. E" " non è per loro 'sacro', co
akundi.: per mettei"~ in Ime ,imili re· me lo tk•, iµ11:1 2 Petr. r,18. Importav.
piurrosro 111L'll7.ionare che era un mont
l:i1.io11i; po tremmo ad cs.:111pio atte11· alto, iH'l't•n11:111do così discretamente al-
dt:rci, in parallelo con Musl:, un à.vi0TJ la salita vnsti la cima. Non è dunque la
dc; ;-/iv xopucp-/iv 'TOV opcvç, «$all sulla solitudint· soltanto che Ges\1 cerca qui;
egli vuole ;inche sensibilizzare i suoi di-
cima del monte» (Ex. 19,20). È quindi
scepoli e avvicinarne i pensieri al mon
difficile che un palestinese abbia inteso do di Dio, utilizzando il significato allu
la frase civÉBTl dc; -rò epoc; in un senso sivo del mMte. Il monte ddla tentazio-
ne (Mt. 4,8) di cui Luca non parla e.
diverso dal semplice «sall in monta-
splicitamenrc, non è un monte da loca-
gna» m. Che l'Ascensione sia avvenuta lizzare qua o là nella zoni1 J el desel'to
sul monte degli Olivi, è particolare ap- di Giuda, tan to più che non c'è nella
pena accennato in Le. 24 ,50 e Jlrt. I, Giudea nessuna montagna isolata che si
erga molto alta ( iilji'J)AOV llav ). Lo
12.
sguardo prospercico su tutti i regni dcl
4. La tradiiione unanime della Chie- mondo si conflgura naturalmente come
sa primitiva ha situato la tras6guraz.io- panorama visro da un alto monte 117• Il
ne sul monte Tabor. L'opinione potreb- semplice <ivocyo.ywv di Le. 4,J, sfuman-
be essere avvalorata dal facto che, do sensibilmente l'immagine, riesce me-
quando Gesù e i tre scendono, trovano no realistico. La visione di Apoc. 2I,1 o
riuniti intorno ai discepoli rimasti in- è esplicitamente carnt terizzata come Év
dietro, non solo la folla, ma anche alcu- 1tVEÌlµa'TL, in accordo con Bi:. 40,2. An·
ni scribi. Ma probabilmente il Tabor che qui la sensazione di trovarsi su un
allora non era un luogo solitario 1 '°, «grande e alro monte» dà la possibilità
mentre si può supporre che lo fosse il di spaziare con lo sguardo su un avve-
luogo della trasfigurazione. Ed è anche nimento che abbracria cielo e terra.
poco verosimile, sotto questo aspetto, Non si rileva tuttavia un rapporto fra
che Gesì1, movendo <lai pressi di Cesa- mont:tgna e visione profetica; nell'Apo-
rea di Filippo, abbia preso la st rada caUsse poi esso manca completamen-
verso il Tabor, sulla quale difficilmen te te m.
poteva passare inosservato. Comunque,
anche se la trnsfigura7jone poté avveni- 5. È importante quanw si dice sul
re sul Tahor, questo particolare non ha
per gli evangelisti rilevanza alcun:i, dal monte nei co ncesti escatologici. Le. 3 .4
momento che non danno il nome del s. ha dato una maggiore ampiezza alla
114 WtLK•lNS, o.e. (~ nota 113) 109.210 s. cfr. Bar. syr. 76,3.
11~ Cfr. DAT.MAN, o.e. (__. nota 94) 166 s.
118 Enone:unemc GRESSMANN, o.e. (__. nota
21) 166.181: il grande e aho monte deve reg-
116 DA I.MAN. n.c. (__. nota 94) 204; ZHIN, Mt. gere la città s•nta, Gerusalemme. Mo di que-
e Sc111.AT1'EK, Komm. Mt. o 17,1. Co11tra T. sto non si pnrln affatto. Opinione analoga in
SolRON, D al Ev. 1111d dic heili&cll Stii/lcn in H. GuNKEL, Z11m religio11sgeschicbtlichm
Palis1i11a ( 19 2•1) n o. Verstiind11is d~s N.T. (1910) -19: la montagna
m Docunwnrnzione in A. MeYl!I, Die ev:m· sarebbe in origine il monte dcl ciclo. Giusia-
grliscbm Jkrid•tc iib<'r cltc Vers11ch11ng Jrs11 nwntc Cr.EMF.N 405 parla di un d cmcn co tipi·
in: fes1i:ah,· liir J I. 131\iJnner (1914) 460 s.; m; C'j\li rimanda a Luc., Charon 2.
cpoç C 5 (W . Focrster)
citazione di ls. 40,3 ss. riportata anche ra. Le isole sono nel!'A.T. simbolo dci
da Marco e Matteo. Il motivo sta nel- pagani che vivono Ionrano, in un.1 sini-
rezza ~enz:i Di<J; i monti sono fìgunt
l'ultima frase: xcxL o\(JE"tlU 7tMCX c;àp!;
delle potenze terrene ( ~ nota 2; coli.
-rò O"W"tTjpLO\I "!OU itEOV, <(e ogni carne x342 s.). Lo scotimento di monti e
vedrà la salve7.za di Dio». Ma così ven- isole in flpoc. 6 ,14 è il franamento del-
gono citate anche le parole con le qua- la potem:a teuena e pagana, il loro spa-
rire in r 6 ,20 è una simbolica anticipa-
li si annuncia che i monti saranno ap- zione della condanna che colpirà Babilo-
pianati al ritorno degli Israeliti dall.'e- nia. Il dileguarsi escatologico dei mon-
silio (--7 col. 1344). Quanto alla «gran- ti non viene compensato nell' Apocalis-
se dall'apparire di un monte di Dio o
de montagna incandescente» di Apoc.8, del paradiso. ù.t prospettiva di Mich.
8, per spiegada non eccone appellarsi 4,1 s. e ls. 2,2 non è ripresa. Ora, se si
ad avvenimenti del tempo, come l'eru- considera la quantità di risonanze vete-
rotestamentarie che presenta l'Apoca-
zione del Vesuvio dell'anno 79 119; an- lisse e il posto che ivi conserva il lin-
che le analogie con l'Henoch etiopico guaggio biblico, è difficile considerare il
(--7 col. 1343), forrnalmenre calzanti, in fatto come casuale; esso si accorda del
realtà non reggono. 'Monte' è espres- resto con Io . 4,20-24, dove non vengo-
no messi in contrapposizione una ado-
sione di potenza; e se è incandescente, razione di Dio di carattere cultuale e
caratterizza una potenza devastatrice. una puramente spiritualizzata, ma si
In Apoc. 6,14; 16,20 si va ancor più in prospetta il compimento escatologico
che ha avuto inizio sulla terra in Cri-
là della prospettiva veterotestamentaria sto 121 • Tempio e altare non hanno po-
dei monti che si spianano. Non è solo sto nel mondo nuovo, in cui Dio abita
un panicolate aspetto della terra che fra gli uomini (Apoc. 21,3} ed essi pos-
sono vedere la sua faccia (Apoc. 2 2 A ).
viene cancellato: nello scotimento di Col tempio e con l'altare scompare an-
monti e isole (6,14) si annuncia il fu- che il monte come simbolo dell'adora-
turo scuotersi di cielo e terra. Il tema zione prestata a un dio lontano (--7 no-
ta 36). Ma poiché il compimento pe(-
ricorna in crescendo in r6,20, dove iso-
fctto è soltanto in via di realizzazione,
le e monti si inab issano, e in 20,u, do- il valore allusivo del mon te nell'età pre-
ve si ha il dissolviment.o di cielo e ter- sente non è del tutto negato, come non
ra uo. lo è nell'A.T. (--7 coli. r 350 s.); così Ge-
sù per la tntsfigurazione co;iduce ancora
Per quest0 inabissarsi dei monti si i tre discepoli sul monte(~ coli. 13.57
possono citare passi paralleli dell'esca- ss. }.
tologia persiana (--7 nota 7 r ), ma non I sette 'colli' di Roma sono indicati
riguardo alle isole. l\fonti e isole sono col termine opoç ( ~ col. i: :F 9). Se i
elementi caratteristici della vecchia ter- «sette monti» di Apoc. r7,9 ~ono un'al·
lusione ad essi, non c'ì: altro J~ aggiun- diffico lt:1 (--} v, coU. 3.55 s.). Biso~na
gere sull'uso dcl nostro vnc:1bolo. Ora è du11411c n·rr:1rc il significato dei rnomi
vero che 4 Erdr. l 2 , 1 1 ha interpretato in al1ra d irezione. Monte nell'anrico 0-
la quarta bestia di Daniele come Roma ricnlc (-4 nota 2; col. 1339), nell'A.T.
e le ha cos) anribu it o un riferimento e neg li sçritti rabbinici (-4 coli. r342
preciso alla s toria contcrnroranea, ma s.) è cspres~ ione corrente per una 'po-
Apoc. r 3,2 ha <lato alla 'bestia' i carat- tenza' anche di natura politica e ci-
teri di tulle le quattro besùe di Danie- vile. Poiché il sene nell'Apocalisse è il
le e cosl ha csduso la possibilità di una numero della totalità e della completez-
tale allusione. In questa prospettiva 7,<I (-4 m, coli. 8n ss.), i sette monti
l'interpretazione dei 'monti' come i set- sono figura delle sette potenze, inrese
te colli di Roma non quadra più. D'al- però come tutto il complesso delle po-
tra parte nell'Apocalisse ricorrono <li tenze terrene, e si identificano coi set-
continuo su Babilonia affermazioni che, te re 123 • Apoc. 16,20 orienta nella me-
pur mirando a un impero singolo, val- desima direzione ( ~ col. I 360 ). Babilo-
gono per una potenza che abbraccia nia è dunque figura del x00-1.1.0.; nel sen-
tutte le età 122• Ma c'è di più: in Babilo- so giovanneo. Il carattere particolare
nia viene messa in luce meno la poten- che assume la descrizione di Babilonia
za soggiogarrice della spada che quella in Apoc. 17 s., rilevato sopra, richiama
corrompitrice della civiltà, della ric- fortemente 1 lo. 2,16. Il 'mondo' siede
chezza, della sicurezia di sé e del benes- come in trono su tutte le potenze mon-
sere terreno. Anche l' interpretazione dane, i 'monti'; e l'Anticristo, la bestia,
delle dieci corna (17,12) in base alla reca in sé il carattere di queste po-
storia contempo ranea offre non poche tenze ( = Éx i:wv É1ti:ti Éa-i:w, 17,n) 124 •
W.FOERSTER
+op<pcxv6ç
r. 6p<po.v6ç, lat. orbus, privo, se111.<1 del caro padre»; Plat. lep,. 1 r ,926 ::;
genitori o figli, si trova nel greco classi- Plut., aelù1 Crocea 12 ( u 293 <l). Rife.
co soprattutto in senso proprio: 01'/ano. rito ai genitori: Eur., H cc. 149: Òpq>Ct·
Cosl già in Hom., Od. 20,68. Il voca- vòç mx.~o6ç, «orfano del figlio» ; Plat.
bolo è usnto tanto come aggettivo (a leg . .5 ,730 c-J: WO''tt swv-.wv xcxl µ."i}
due o tre te rminazion i) quan to come É•o..lpwv xat 1talowv vXEoòv 6µol1.ùç
sostant.ivo. Riferito ai figli: Eur., El. opcpa.vòv Cl.V'tQ yEvfoi)cu 'tÒV 0lov, «tan-
9 r 4: Òpq>o.vi} <Pl>,ov 1tet-cp6ç, «orfana to che, vivano o no gli a1.nici e i figli, h1
1zz 14,8: -r.«•rm i:à €Ò"J'I']; dr. anche 17..4 s .; und r7 /: ThStKr 104 (x93 2) 297; 4 notn 64.
18,), inolrrc 17,t~; 1~.24. 1u Con cit> res1a acquisito che l'Amicris10
non comparirà sot to il regno mondiale nel
121 Per l'idcncifiC<1;oio11<' cli •«gni e sovrani cfr. quale vive il "cr,.gcntc; in ciò concorda 1u~hc
\\7. fOhRSTJ;R, Dic lli/J,·r in O/jc11bnru11g I2 f Paolo; cfr. T'o1:RS'l'ER, o.e. (" noia 123 l 300 s.
òpq>avo.; <l I. Seesemann)
vita gli diviene quasi egualmente orfa- Giudei può essere tenuto in conto di
na». Di uso corrente nei papiri, parri- orfano ... fruendo esso d i leggi speciali,
colarmente nelle petizioni: ;oùc; Ò:ÒL- ben difficilmente qualcuno scende in
xovµÉvouç opcpa.vo[ uç], 'ÌJYEl.LWV Òfo'lto- çampo con lui».
-ca., èxÒLX€LV dw~EV ;Ò µeyaÀEfov -cò
(jOV" Èav-cÒç -ro[ l)vvv Opq>a.vÒc; xa-ca.ÀE- 2. Nel N,T. 6pq>av6ç s1 10co111ra in
ÀL[.4..tÉVT)ç (j"TEPTJ~Elç Èxa-rÉpwv "TWV yo- due passi 3. Uno è I ac. I , 2 7: ~PTJ"XElo:
vÉwv ovx ÒÀly[ ov] Ò:OLxo\iµru, «la tua xo;~a.pà xa.t 6.µ.lcxno<; 1ta.pÌJ. -rQ ~EQ
magnificenza, o governatore e signore,
xa.t 1tct-rpt aìi-rri tO"-rlv, È7tt.<TXÉ1t"T~O"i}aL
è solita far vendetta degli orfani vilipe-
si; e non poca è l'ingiustizia che pati- 6pq>o:voùç xat x1Jpaç €v -rfi in.l1lm a.v-
sco io, orfano di una abbandonata (!}, -rwv, «religiosità pura e incontaminata
privo di ambedue i genitori» 1.
ag li occhi di colui che è Dio e Padre è
Nei LXX òpcpa.v6ç (Mas. iàtom) com- questa: far visita agli orfani e alle ve-
pare per lo pii1 unito a xfipcx; Is. l , 17:
dove neUa loro tribolazione». Giacomo
xplvcx"\E Òpcpa.vG> xa.t OLXIJ.LWtJa'tE X.Tr
pav, «giudicate in favore dell'orfano e riprend!! cosl un'esigenza che nell'A.T.
ren.de te ~iusti~ia :illa vedova»;, Ez. 22, è corrente: la prote-.tione degli orfani e
7: opq>avov xo.L X'lJpav xa-ceovva.<T>Evov delle vedove. Si veda, ad esempio, Ex.
tv a-ol, «Opprimevano in te l'orfano e la
vedova»; così in molti altri passi nei 22,21 : 7tfi.a"a.V XTtP<XV xa.t ÒprpavÒV OU
quali la particolare situazione indifesa xa.xwO"E'tE, «non maltrattate akuna ve-
dei due fa sì che vengano accoppiati. dova né orfano»; Deut. 24,17: oux. h-
Lo stesso avviene in Filone, ad es. spec.
x.ÀLVEi:ç xplaw 'ltpoO'"T}Àu-rov xat 6pcpa -
leg. 2,108; som. 2,273; decal. 42.
vo\i x.at xi}pa.<;, «non distorcere il giu-
òpcpa.v6ç è usato anche metaforica, di:.:io dello straniero, o de.ll'orfono, o
mente, nel senso di abbandonato, pri·
vato, mancante di qualcosa. Non è pe- della vedova» 4 •
rò un uso cor rente. Pseud.-Plat., Alc. Il tardo giudaismo considera come
147 a: 6pq>avòç EmO"-rl)1.LTJç, «privo di opera particolarmente meritoria il pren-
saperel>; epigramma in Paus.r,13,3: Òp- dersi curn di un bambino orfano. Sanh.
qiavÌJ. xei:-cm O"xvÀa., «giacciono le spo- b. 19 b: « ...questo ti insegna che se uno
glie abbandonate»; cfr. anche Philo., alleva un bambi.no orfano nell.a sua ca-
spec. leg. 4,179: O"XEOÒv oz xcxt TÒ O"UJJ.- sa, la Scrittura glielo contà come se lo
1tav ' Iovòcxlwv E~oç 6pcpavoù ).6yov avesse generato lui». Midi·. Esth . 2,5
EXEt 2... -cQ o''i)xt.<TT6. "Ttç crvvaywvll'.,€- (93 a): «Chi è collù che in ogni tempo
"\O.L v6µotc; t!;aLpÉ-.otç xpw1..ltv4J, «in un usa misericordia (fa un'opera buona)?
certo senso anche l'intero popolo dei Rispondi: è colui che alleva nella sua
Òp<pav6ç
1 Pap. di Tcadcllia, cd. da P. JouGUET (r9u) ; ln Mc. Il,40 soltanto il cod. D e pochi a).
194 ss. (sec. 1v d.C.). Altra documentazione tri leggono xcxt 6;xpaw-:iv dopo 'tWV xnp(;iv;
in PREISJGKE, W1ori., s.v. si tratta sicuramente di una intc.rpolnzione se-
2 Cìoè è da consìdcrare come orfano nel scn, condaria.
so di abbandonato. Cfr. ljJ ~1,39, dove bpqia:v6ç 4 Cfr. inoltre IJ1:11t. 10,18; 27,r9; lob 29,u;
è usato in senso egualmente trnslato accanto <li 9,35; 67,6; 145,9; ls. 1,17; la. 5,28; 22,3;
a ><X7tnv6ç; cfr. r Ecrop. ,3,r9; Is. 47,8. Ez. 22,7; Zach. 7.ro; Ecclus4, 10; 35,14.
Òç.'\)aVÒ<; (H. Seesemann)
rnsa un orfano» 5• Gli nrf.111i nel giudai- O'tL oÙoEi<; ECT'tw d:vi}pwncc; Òp<pavOc;
smo godono di una speciale protezione a.n.&. mh't<ùv cid xa.t OLTJVExwc; b 7ta.
giuridica e di unn ~lTic di privilegi, i o
'tlJP t<T'tw x11061.LEvoc;, «sapeva infatf
quali in parte ris:ilgono aJ epoca anti- che nessun uurno è orfano, ma di tu tti
chissima, in pane sono so rti in secoli ha cura il padre, semp re e durevolmen-
più recen ti 6. roc. 1 ,27 è il primo scritto te».
cristiano in cu i compaia l'ammonimen-
to ad aver cura degli orfani; esso di- ln lo. r 4, 18 il Signore nel suo ulti-
vent:i poi corrente ncll:i letteratura post- mo discorso :issicura i discepoli che, pu
neotc:stamentaria: Barn. 20,2; H erm., separandosi ora da loro, non li abban-
mond. 8,ro; sim. r ,8; 5,3,7; 9,26,2;
Polyc. 6,1 ccc.7 dona. Non si deve però pensare ehc Ge-
sù con queste parole presenti se stesso
L'altro testo in cui si incontra Òpq>a.-
come un padre e i suoi discepoli come
véc; nel N.T. è Io. 14,18: oùx &q>i'j<Tw
bambini che dopo la sepasazione resta-
Ù!Li'ic; opq>avouc;, Epx.oµm npòc; ùµac; .
no orfani. Nel nostro passo bp<pavbc; è
Questo uso di òpq>(X.voc; richiama pa- da intendere metaforicamente nel sem-
recchi passi della letteratura greca'.
Platene (Phoed. 116 a) descrive l'ani- plice senso di abbandonato. Forse s i
mo dei d iscepoli quando Socrate sta per potrebbe anche ammettere l'idea di una
lascia rli : cX'tEX.VW<; 'Ìjj'OU!LEVOL WanEp ita- situazione indifesa, come quella d el
'tpòc; <T'tEpT]i}ÉV'tE<; O~cXi;EW Òpq>avot 'tÒV
E1tEL'ta Plov, «sapendo bene che il re-
bambino orfano: non vi abbandono
stante della nos cra vita, come privati senza aiuto. Per il senso di i!pxoµa~
del padre, l'avremmo p:issato da orfa- itpòc; Ùt.1<14 e la difficoltà esegetica che
ni »; essi cioè, perdendo il loro maestro,
qui si presenta, cioè sul significato che
hanno l'impressione di essere comple-
tamemc ahbandonati', quasi degli orfa- si deve dare al 'non ahblndonare' e :il
ni'· Un uso simile del vocabolo, ma per 'venire', si vedano commentari e ~
d ire esatt~rncn te il con trario, si riscon- m , coll. :i93 r s.
tra in Epict., diss. 3,24, r5: ijon y6.p,
5 Cfr. 11m·hc S T RACK-BILLERDECK IV n6-_n8: y29; M. ColiN, are. 'Waise' in Jiid. Lcx. v
Dic nltjiicl/.<dJ<' Priv11twohttiitigkeil; 559-610: 128 r-T283.
Die t1flj1idi.<rln•11 U ebew;erkt, pnssim e 7 Un grnn numero di altri passi è offerto da
SCH J. A'J"J't.R , KoJJ//lf ..Titk., ad l.; dr. allche r O. G11uHAR01·-A. HARNACIC-TH. ZAHN, Patrum
Tim. ,,10. Apostolicnr11111 Oper11 IIt ( 1877) a Herm.,
6 Cfr. M. Cm11<, ./iiditd><·s Waiscnrecbt: Zeit- n-1a11d. 8,to.
schrifr fur ""J:kid1c·1klc.· Rechtswisse.nschafr a ar. Pwl \ISUlhN-llAUER', s.v. Ò?<P'1VO~ 2;
37 ( 1 910) 41;··H~; J\·l . l ;KUNWA1.D, ]tidischt BA.ui;R, }oh :t 1.pll e i6,32.
W1aiscn/iir.wri:.1· 111 ,1/1, r 1111d ncuer Ztil: Mit- 9 Or. n11d"' 11 1'·""' analogo di Luc., per.
teilungcn zur jiidi'< h~11 \lt1lkskundc 23 ( 1922) mort. 6 .
c<rLoç 1 (F. Haurk)
OCfLOç
J.H.H. $CHMTDT, Siwonymik dei· griccb. Spra- (1941/2) tl3·r40; H. ]EANMAIRE, Le mbstan·
cbe 1v (1886) 321-345; L $CHMJDT, Dic Ethik ti/ 'Hosia' et sa signification comn1e tf!rml!
der alie11 Griccben t (1882) 308.338 e pnssim tecbniqttc dan.s le vocabulnire re/igieux: Rc-
(dr. indice, s.v.); E. l\·IEJNKE, Der platoniscbe vue dcs Études Grecques 58 (1945) 66-89.
und dcr nt.liche Begrilf der ò01.6"t)ç: TI1StKr t Seçondo Aug., de /ide ei symbolo 19, sanc-
57 (1884) 743-768; TRENCH 307 ss.; (REMER· tus = quod sanctio1te antiqua et pracceplo
Kè>GEt 822-825 ; J. KAL!TSUNAKIS, 'H i.v 't~ finnatutn.
EVl}vc:i;;'v' IIì..a·novLxr1 hoox'Ì! 'tov òo-lov 2 H. EllRLfCJr, Z11r i11dogenrumischm Sproch-
xai. if XPOVOÀOYT101.<; '!OV outÀ.oyov, Jipa>ti:~ geschicbte (1910) 52; Bo1SACQ 721.291 con·
x.X '<1\; 'AxtxotJ1•laç 'Aih)vwv , ( 1930) 39J- gcttura una dipendenza da soto, cfr. h6:l:,w.
420; d r. anche: Bibliotheca philologica clas-
i Plat., Eutbyphr. 6 e: 'tÒ µèv i:oiç l}eoiç
sica 57 (1930) 53; U.v. Wu.AMOWITZ· MOEL·
1WOO'q)L).kç Oo'Lov; lcg. 4,716 e · 717 a. La pietà
l.ENOORFF, Der Glaube der J-lellenen I (r931)
non s i esaurisce nell'onore res<> agli dèi; si ve-
TJSS. 204ss.; Il (1932) 76-8r.rr8.328 nota 2,
indice, s.v.; ]. Ci!R. BoLKF.STElN, "01'1.0ç en da .l'iscrizione di Epidauro in Teofrasco ripor-
wra presso Porphyr., abst. 2,19: ò.yvE(tx
Euv-<'3n.;, Diss. Utrecht {1936); L. GuL- O'Èv't( <ppOVE~V 0(7LQ..
i:ow1TscH, Dic e11twickl•mg des Bcgriffes
hiisid im A.T. = Acta et Commemationes • Ph ilo, det. pol. i11s. u: i}p'l)tl'xelav 0.v'tt
0<1LO'l'l)1:C<; 'ÌjyoufitVOç.
iJniversitatis Tartuensis 32.4 ( 1934); Io., Die
Bildu11g des lJcgriffcs f,;iisià I (1935) = Acta 5 Thuc.t,71,6: fedeltà verso gl i alb11i; Aesdi.,
er Commcntationes Universit'1tis T artuensis Sepl. c. Tbt'b. rom s.: morte per la patria;
(Dorpatcnsis) ,' 7,6 ( 1936); W.J. TERSTEGEN, Hippocr., dc itm·iurando (CMG I 1 p. 6.3);
EùvE'3i]ç en oo-toç in het Griekscb taalge- coscien>..iosità dcl medico; Eur., Crc. r2 5: <pc-
bmik na de IVe eeuw, Diss. Utrecht (r94r); ).6!;i;vo~ ot XW01.0L mpl (,É'JOV<;.
6 Theogn. i32: (D lEliL' I 2 p. u) OO'lt) olxl);
N. GLuECK, Das \Voi'/ f?esed im nt.lichen
Spracbgebra11cbc als me11schlicbc zmd p,vll· lsoc. 12,187: ov6~v o\li)'o(l'LOV OV1'.E xa.ìh1
lichc gcmcinschaftsgemiisse Verhaltu11gsweisc, i<f'tL "<WV µ-fi jl!'t.Ì llLxm.oo-uvt).; xa.l '!...yo-
Zt\ W Bcih. 47 (192;); M. H.A .L.H. \IAN DER ~itvwv xa\ 'ltpo,i:-io11tvwv.
VAl.K, Zum \\7orte 0111.oç: Mnemosyne 111 10 7 Horn., Od. 16,421; 22,.p2.
o.n,oç I (F. Hauek)
a Plut., /eg. 9,Sn b: ltpèt i') euLtt, i beni divi- novç Ta r.pO:JTJXC'J't.:I. 1tpd't'tWV o(xor.•'(Ì'I
ni o umdni: Thuc. >,52 ,3: i.tpà xa\ 0:11.4, gli '-?dT'tOL, 1tE~l ol ùcoii.ç IS<71.4; Polyb. 22,10,ll
s1.a tuti divini e umani. Cfr. Plut., Tbcs. 25 (r (dr. PlEUSCHEN·BAUER'. s.v. ); Xenoph., b1st.
11 d). -+ j3Éf3TJì.oç Il, coli. 235 ss. Graec. 1,7,r9.
~ Hes, op. 136 s.; Aristot., Ueg. 3 (Dm 11. '
12 Flov. Ios., 0111. 10,8~: µfji:& npòç i>&òv
1,116); Eur., Iph. Tour. 1035 ss.; Philo, lt:.~· onoç µi)-ti: npòç Ò.\l&Pc;.itovç tnmxljç ; 19,
Gai 194. 332: rolmnto 1'~17\oç può cnirare od tempio
10 Platone ncll'Eutifrone d istingue 5q.,o; da
(DCCl.lppin10 • Eva.yi}ç).
oixa:LOç eJ tVO'L~i)ç; 12 d: µ.ÉpC>ç -tò &nov
-tov O•xa:iov; .15 b: sembrn q uindi che 0<7Lov u Cfr. OO'Low per la purilicnzi1>ne ed espi11·
si11 -tò i:oic; OtoLç cp(À.ov; q d: tm<1"1'i)µl) zione ricua!e: Eur., Or. 515: ~O:xxoç tJ<)..iJi)11v
èipa. at't7)<7Ewç ><at 000'€<.>ç !>coi<; OO'\o~; ò=->&ti<;, Eur., Jr. 475,15 (T.G.F. 505); -tà.<;
cfr. O. KsRN, /Jie Rrligion dtr Grierben 1 oalouc; O:yi.nt\aç, a proposito delle iniziazio·
( 1916) 273 s.; J. GEFFCKl:.N, Griech. Ut .. ni di Eleusi (Pseud.·Plat., Ax. 371 dl; tutta·
Gcs,·h. ll (1934) 66, inohrc 51 s. nota 186; via -+ BOLKES1'EIN 157, contro le alfcrmdzio·
r. 0BERWE<:-K . l'RAtCllTER, Gmndriss dl'T ni ùi RHODE, Psycb1" 1 288 noto r .• contel;tn
Guch. der Phtfm,,phie J~s Altcrlums " (J926 l che il significato fondamentale <li o<7r.oç sia
234·236; O. Kv:-isi;Mi.il.LEI, Die lfrrku11/1 puro: non possono in ne»-sun modo essere
der pla1011iscb..,, Kttrdi11alt11gende11, Di<s. spi<"!(ati su questa base rutti i resti e ncppu·
Munchen (193') 17 e notn 5B. re il piè1 antico, Theogn. 13i s. (Drn111.' 1 ?
" DITT., Syll.' ~00.2 1 : 1tp6ç °''
Dtoù; xor.t
1tdll't'<>:ç 6.vlli:;Wnou<; oalwc; l((lll O•XotÌWç;
p. 12).
" Ahra .locuincn1ozionc su Fla"io Giuscppl·
Pla1., Gorg. 50; h : xor.( 11))V mpl µtv civt()W- e F11<1nc in ScHLATTEll., Theol. d. Judt. 99 s.
octo<; 2 (P. Ilauck) (V,490) J 37l
sando l'epiteto di ot licrtoL (omn. prob. un accordo. Perciò può essere usaw an-
lib. 9x ). A Dio &noc; è applicato sol- che per Dio (Ps x45,17; in Deut. 32A
tan to di rado, in particolare negli am- o<iwc; sta per ;asiir), ma lo si dice assai
bienti orfici, nel senso di santo, pttro 13, piì1 correntemente degli uom ini. Nel
al qual proposito non bisogna dimenti- culto, l'uomo santo si impegna all'ob-
care che i Greci non sono arriva ci a bedienza ver~o Dio (Ps. 50,5 ). Poiché
quel preciso e rigoroso concetto della /Jasid nell'uso religioso esprime il com-
sanricà che troviamo nella Bibbia. portamento di fedeltà verso Jahvé, è u-
c) Rifoti.to alle cose, santificato, pu- sato prevalentemente col genitivo o con
ro, purificato: xdpec;, 'mani' (Aesch., suffisso. Gli pìi.sidé jhwh o oì ocrLoL cx&-
Chocph.378), soprattutto nell'atto della •oii 18 rappresen tano in origine l'intera
preghiera; o"ro1J.cx, 'bocca' (Emped., fr . comunità cultuale di Israele (Ps. 149,r
),2 (Diels' r 30,1 ); Sib. 4,23. s.; 79,1 s.; 132,9.16 =
2 Chron. 6,4r).
Man mano però che essa va evolvendo-
2.Nei LXX si e si cons tata in pratica che compren-
de anche uomini empi, il vocabolo si
Nei LXX ocrtoc; è quasi sempre tra· restringe a ind icare il piccolo gruppo di
duzione di {1asld, che però è usato solo quelli the sono disposti per parte loro
per le persone ( 24 volte nei Salmi; ad assolvere gli obblighi dell'alleanza.
Deut. 33,8; 2 Bcxir. 22,26) 16. Non corri- Il termine diventa aurodesignazione dei
sponde mai a qàd6s (- &ytoc; I , coli. pii che si denominano per eccellenza ol
244 ss.) o a ~addzq (-olx.moc;, special- ocno~ (Ps. 12,2; 18,26; 32,6) 19 • flastd
mente n, coll. 1222; 1220 s.) e si di- diventa parola prngrammatica e assume
stingue nettamente anche da xo:itcx.p6c; quindi un contenuto etico-religioso. È
( - IV, coli. 1266; 1267 ss.), i)prJcrx6c; usata in parallelo con lamzm (Ps. r8,
( - IV, coll. 569 s.) e - svc;spi)c;. pasid 26) 20 e si avvicina a saddiq. Ma mentre
è voce intransitiva e indica colui che in quest'ulci mo si esprime soprattutto
usa l)(!scd <-
m, coll. 403 ss.). Que- la condocta conforme a giustizia che
st'ultimo è termine correlativo a b'rit e soddisfa i diritti di Dio, in flasid = i50'toç
connota un comportamento conforme <l è messo piuttosto in rilievo il compor·
diritti e doveri, quale intercorre fra tamento che deriva dal riconoscere con-
persone legate da un vincolo (parenti, forme al dovere il proprio legame e im-
contraenti di un patto, ospitati e ospi- pegno con l'altro (uomini o Dio) 21 • G li
tanti ecc.), differenziandosi così dalla pi'istdé jhwh , anche quando il processo
benevolenza libernmcnte concessa 17• ha- evol ur.ivo veterotesta mentario volge al
sid è colui che osserva gli obblighi· di termine, sono il nucleo di popolo anco-
Jl Orph. Hymn. (ed. Qu.wot) 77,2: Ti Mov- 19 Cfr. R. K1TTEL, Die Ps.'" (1929) 2q ss.,
O'o.ç 'tixvw<T'(E~, òvla.ç; Orph. Argo11(1Utica exrnrsus a Ps. 64.
27; CIG 3830 ,359-1. 2ll ~ GuLKOWITSCH, Entwickitmg 25; ~xmcet·
10 Altrove tradotto con D,,du.J.Wv (ler. 3,u), to antitetico r"sii' im in ljl ,36,28 ( ii.vo;~ot, &.<rt-
tÒÀa~ovµtvoç (Prov. >,8), tÒÀc:t.j3i}ç (Mich. 7, ~E~<;).
ZI ~ GULKO\VIT SCH, E11twick/u11g 38; in lji
2 , var. Evat~'i1.;l, cl vlol µov (var. ljl 88,w; 2
Cbron. 6,41). 84,9 accamo a tm •oòç btt<l''tpÉq>ov•aç, npòç
c:t.utòv xapo(av; in ljl 85,2 accanto a 'tÒ'J D.-
17 ~ GLUECK 13 .20 S. 31 SS. '»l~ov-tcx. lnt cré; in \fl 144,17 accanto a Ol~
IS lj.i 4,4; 30,24; 36,28; 49,5; 78,2 (cfr. l xruoç; io 96, 10 acc.1ni.o a o( ,Xyanwv'tE<; 'tòv
M,1t·b. 7,1 7); 84,9; 96,10; 115,6 e passim. xup~ov.
oawç 2-3 (f. 1lau< k I
1~1 fedele a Jahvé "· ( À1~rituiscono nel tecnirn, nel N.T. compaia solo otto voi
paese i silenziosi eh<: virnno nella fedel- te (di cu i cinque sono citazioni), pi'
til alla legge e specie nel periodo siria-
una volt:! come avverbio nell'esprcssio
co rappresentano l'opposizione alla cen-
deoza elleniziante. Nell'età maccabaica ne usuale oc;lwç xcd s~x«lwc; (r Thess.
appaiono come un gruppo organizzato 24
2,10) • OO-Lo<; monca nei quattro vange
(1 Mach. 2,.p: <rvva.ywy/} A<riSa.(wv;
li, nelle lettere paoline di attribuzion
dr. Ps. 149,1: q'hal {Jiistdim), che per
amore della propria fede escono dal lo- sicura e nelle epistole cattoliche. Lo si
ro silenzioso paci fìsmo ed entrano nella trova spesso (compreso &.voo-Loc;) solo
lotta per la libertà (gli Asidei di r nelle le 11ere pastorali, il cui uso lingui-
Mach. 7,r3; 2 Mach. 14,6); ma di nuo-
vo si allontanano dalla lotta politica stico è fortemente ellenistico. &noc;, che
quando questa comincia a servire scopi non ha in sé i nsito alcun germe escato-
diversi da quelli religiosi. I loro spiri- logico (--+ evcrE~i)ç), che storicamente
niali continuatori sono in certo senso i si è fissato in altro campo(--+ coli. 1370
Farisei.
Negli altri passi dei LXX nei quali s.) e la cui componente concettuale è una
compare, oo-ioç quando si riferisce a rìlevame aurosicurezza, non confacente
persona è due volce traduzione di tii- alla comunità neocestamentada, non è
m;m (Prov. 2,21; Am. 5,10), e una vol-
ra di tiim ( Prov. 29,1 0), fiihOr (Prov. mai diventato un concetto condurco.re
22,n), zak (20,u}, jaJiir (Deut. 32,4, di tale comunità e soprattutto non è
<letto di Dio). Quando ~i riferisce a co- con esso che i credenti del N.T. desi-
sa, corrisponde a pesed; Is. 55,3: &~a
gnano se stessi.
ìh')o-of.LetL ùµtv .. . -rà cena. À<XVLO -rà
mo--rO:, «disporrò per voi... i privilegi a) Come citazione (De11t. 32,4; Ili 144,
di David cbe sono stabili», cioè le in- 17) 6 oo-Lo<; compare in due inni del-
crollabili attestazioni <li benevolenza l'Apocalisse: ri fcl'ito a Dio (16,5) e rin-
gratuita che Jahvé gli accorderà nella
sua fccleltà alle promesse (dr. 2 Sam. forzato nell'espressione ò µ6vo~ éiin.oç
7,8-r6; 2 Chro11. 6,42). I noltre corri- ( 15,4). Dio è giusto e pio nel senso che
sponde a Siz/6111 (Deut. 29,r8} e •I tom rende giustizia ai credenti perseguitati e
(Prov. 10,29).
II gruppo degli oo-LoL •oii lh oii rìcom- sottopone a condanna i peccatori. Egli,
pare in Ps. Sal. 8,23; 13,10; 14 ,3.ro 21 • cd egli solo, è l'irreprensibile degno di
ogni lode e perfetto, che ha in sé, pu-
3. Il N11ovo Testamento rissimo e integr:ile, il senso della gius ri-
Non può non sorprendere che oo-wc;, zia e della fedeltà, e col suo intervento
che n ell 'A.T. è diventato un termine opera la salv=a.
2l I circoli <lci:li 't/11iiwim sono i loro padri i>E6v; come contrario ia 14,6: o! àµap'twÀ.ol ,
spirituali; R. KtT1 EL, o.e.(-+ nota 19), excur- 1tCXptt'llOµOl.
sus a Ps. 86,5. 24 Due volte ÈV oui.6nrn xcxt OLlt<lt.O.,.UVU
2.J Cfr. 9,3; con1<' sinonimo in 4,23: cl cpo~ov- (Le. 1,75; Bph. 4,>4); due volre 6.vocnoç nelle
11Evot. -tòv xUpiov, in 4 .2,: o~ ci.ya.nWv'tt<; Il' nere p:morali.
àvo<noç (F. Hauck)
I Anche la teologia ebraica ha rnlvolt:. intcr. o rigine esprime un concetto cultuale (cultual-
prctato il Ps.16 come messianico: STRACK·flll.· rnence puro, purifìcaco ), già nell'uso pre-cri·
LEIUlECK II 618. stiano ed cxll'll<ristiano è passata alla sfera
6 Testi in DIBHLIUS, Past. La formufa che in etico-religiosa .
(\•, 192) i37ll
òcn6-rT}<;
Per 13 bibliografia -+ 00\oç. come virtù fomlamcmalc in s/teC. lei. 4,13,, e
I $1Clh. 2,68,9: 'ti)v yàp òcnht·l]'tO. ùrcoypQ:q>t-
<7ilCXL lì~X(UOO'V\IT]V rcpòc; ilEouc;.
.,9.
oddiritrura come la virtù fond"mem.ale in 2,
it1) 'tÒV xOO-µov ÉV òcnÒTT)'n xai. o~ dei pii n el ccmpo s;1] vifico) e in Eph. 4 ,
xaiocrvvn, « C governi il mo ndo in san- ;q (per car:mcrizzare l'uomo nuovo).
tità e giusrizi;l».
Ma mentre Pb1·one, da perfetto greco,
Nel N.T. compare solo due volte nel- definisce la ÒO'LOi:T)ç come una Éma"t1i·
la formula corrente iv ÒO'~O'tT)'t~ xat &- del giusto comportamento di fron-
µ'l')
xmoa\ivn, «in santità e giustizia», per te agli dèi , il N.T. vede in esso un effet-
conno tare un devoto comportamento di to della rinascita.
persone: in Le. 1,75 (riferito alla vita F.HAucK
t bcrµl}
oL. citpoç: Plar., '/"1111. 66 e ). Conse- di cfare l·1wq:it' viral i ai fiori che cresco-
~ucniemente è logico d1e i-:li odori, co- no sulla >Ila to111ba. Anche la pnrct.-cipa-
~ì materblmente concl'pitì, si:in<> dota- 2ion1,; ~Ila vita divina è comunicato 111c-
ti Ji una forza capace >l'nz'a lcro <li ge- dianrc pmfumi; ad es., in ll1m. gr. 25,
nerare vita (o moril'). L'idea che certe 4.6 1 si dice che la vita dei «g iusl'i e
energie si ricevano mcdi:111tc l'odore ha pii» vi,·11<: loro data nella beatitudine
dunque In sua prima motivazione nel- cscmologica mediante un lìivlìpov eòw-
l 'ambico della naturn. oi.a.c;, «un albero dal q~le emana soa-
ve odore» (e i cui frutti servono loro
2. Quanto abbiam0 detto sopra getta
di cibo, v.5), posto in vicinanza di Dio:
una chfara luce sulle affermazioni che al. òap.a.t aù-rov Év -ro~ç òa-rfo~c; a.v-rwv.
vengono farce in <.':tmpo religioso circa «gli odori suoi (cioè dell'albero) (sono
il «profumo divino» 1; esse possono e diffusi) nelle loro ossa (sede della vi-
devono venire in tese in senso essenzial- ta)». Negli scdtti mandaici il salvatore
mente concreto. Ne.Ila storia Jdla reli- è chiamato «l'albero della glorificazio-
gione g reca ha non lieve importanza, ne, dal cui profumo ognuno riceve la vi-
quando la divinità si manifesta, il pro- ta» (Lid1ba rski, Ginza 59,19 s.) 1 ; Lid7.-
fumo che da essa emana 2• Nei raccon- barski, Lit11rg. 199 s. mc1te in rilievo
r: di cali apparizioni risuha chiara «l'i- che il messaggero di Dio è il pro fumo
dea che il profumo è l'ele mento in cui che risveglia a vita i morti.
la vita divina è presente e opera»J, «che
è dall'odore ... che si avverte ... la vita 3. Solo partendo dall'idea che l'tmer-
divina per così dire nel suo stesso re- gia vitale si riceve mediante l'odore, è
spiro» 4• Il concetto che 1'ouµi) abbia in possibile spiegare convenientemente il
sé una forza generatrice di vita risalta concetto veterotes tamentario che la di-
in particolare nelle iscrizioni fum:rarie vinità aspira il profumo dei sacrifici
ellcnisriche (senza contare le fon ti egi- ( non si tra rra infatti di una ipotesi e-
ziane che contengono mira un'accolta scogitata dall 'offerente per spiegarsi co-
di concezioni del genere ) 1. Come esem- me mai la Jivinità cosl lontann possa
pio basr i citare IG xtv 13 62,8 ss. 6 : riuscire a godere di ciò che egli le of-
à7t'tuolìµov XP<,J-.Ò<; loiio-cx. /ìpéo-oç ay- fre). Nei LXX òaµ1) figura in questo
yD.. À.n -ròv mx~fo. ilEol.ç rrlÀ.ov Evlìoilt senso sopra nutto da Genesi a Numeri.
xe~o-&i:x.t, À.otf3fiç xat ilvtwv &!;tov, oòxl. La soave frngrnnzu del sacrificio decide
y6wv, «la rugiada che stilla da lJa sua Dio ad agire con maggiore benevolenza
wmba profumara mosrra che dentro verso l'uomo (Gen. 8,21 ); cd è per con-
giace un giov:tne dilecto agli d~i, al qua- tro massimo segno della rovina com-
le convengono libagioni ed oloc-.iusti, e minara da Dio, che egli non voglia più
non lamenti funebri». D.1lla creatura di- fiutare il sacrificio del suo popolo ( Lev.
vinizzata emanano cioè profumi capaci 26,31). Soprattutto nelle prescrizioni
9 O sservazione di W URTHWEIN ; cfr. per a111- ne rabbinica clic dal.la passione dei martiri ~'
bedue i passi E. Wuc·rnw~JN, Am. ;,21-27; sali un profumo molto gradito a Dio (testi i11
ThLZ 72 ( r947) 146. STRACK·IliU.F.RBECK Ili 497 ).
10 Dunque cst-ranca a Paolv è anche l'opinio-
ÒO'ql~ç (H. SC'l'St:tll~ll ltl I
nH>rl<.:) contenuta ncl l'60-1 llJ 11 • Questa !ora ddin itiva la rovina di morte che ha
òait·i1 vitalmente oper~nte erompe dnUa carnlle rizz:uo fino a questo p unto la lo-
conoscenza di Dio in C rist<•: ess:1 ani- ro csistenzn. Ag li uomini che non si la-
nrn l'apos tolo per m t'7.ZO <lei quale si scinno Iiberare d:1 ll a potenza di mone
d iffonde cd eserci ta la sua efficacia (v. già operante in lol'O, l'ocrr~Ti porta quin-
14). Paolo è perciò por tatore egli stes- d i la morte che è eterna ( €x. i}a.vcii:ov
so del profumo d1e da Cr.isto emana; e dç ì)civcnov, «di mo rte in morte»).
come tale, ai fini del piano divino, si Paolo q uindi si sel've della tradizionale
presenta a coloro che vengono posti co- concezione fis iologica 12 della òa-µTj per
sì davanti a una scelta al cospetto di porre in evidenza la potenza d i Dio che
Dio (v. i5). Egli propaga q uesta d ivina al credente concede la vita e crea in lui
fragrama e comunica in tal modo la l'uomo nuovo u_
vita divina; grazie alla potenza di Dio
che è in lui, d iventa cioè trasmettitore di Nella fase successiva " il concetto
questa vita agli altri (v.I6: t>C SWi)ç E1,ç viene di n uovo materializza to. Cosi più
tardi compare l'idea che l'effusione del-
s<.<>Tiv, «di vita in vita » ). Ma data l'op- lo Spirito Santo vada congiun ta ad d -
zione a cui obbliga l'evangelo, egli, in iluvi d i profumo divino ... evidentemen-
qualità di suo annunziatore, diventa nel- te in prosecuzione della linea ultima-
mente tracciata. Anche in altri contesti
lo stesso tempo condanna per coloro s 'incon tra poi il «dolce profumo che ri-
che rifiutano la buona noveUa: si fa al- vela la presenza dello Spirito» 15 •
G. DELLING
t òcrcpvc;
Anca (lombo, fianco). II rermine è 57,9 (sec. v u.C. ); t037 ,2 (sec. rv-111
usato, in senso lette rale, nel greco clas- a.C.).
sico, da Eschilo in poi (Prom. 497; op- È frequente nei LXX, per es. in 4
posto a xwÀ.a.); cfr. Hdt. 2,40; Aris toc., Dacr. r,8 : X<X.~ SWVl)V oepµa:tlVl)V 1tE-
hiJt. an. 1,13 p . 493 a 2 2 ; Ditt., Syll.' piEl;;WO"iJ.Évoç -r'Ì]v 6crcpùv a.ùi:ov, «ed era
Il Non c'è nessun rapporto con l'idei men· dove «secondo gli Egiziani lo stesso odore
zio nata nella ~ nora 10, e nern01eno alcun nm;malc è un simbolo della rnortc», caratteri-
riferimento di con1enu ro allo ~pw.~tfkliov't• stico del regno di Sat~na e dei demoni; ~
(~ lV, COii. 571 SS.) de] V. J4. VORWAHL 400 [Bt'.RTRAM) .
1\ Ciò non 1! <r;HO r irn1w sciu10 da Windisdi ç M Per Ign., l:iph. r7,1 (il Cristo spira [itvsnl
da altri. O.qn)ap~(a alla Chics~) ~ B AKTSCfl 134-136.
13 La concezione è quindi d iversa da q ud!a 15 ~ Nr.snn ( 1903) 272 e (1906) 95 s.; ibùl.
che si ha nella rel igione del mondo antico, i testi citati.
6~<,>u<; ( [I. Sc-cscmann)
cinto con una cintum di pelle intorno ne 1; aU'ebrnico iii,ra' me&alii~é pi ('or ri-
al suo fianco» ; Ez. 9,J: oc; ElxEv È1tl sponde il grern t!;tpxEcrltaL Éx -.;;e; Ò<T-
-.fjc; òucpvoc; a ù-.ov -ri)v ~wvT)v, «il q ua- qiuoc; -rw6c;, «provenire dai lnmhi di
le portava intorno al suo fia nco la c in- qualcuno», come in Gen . 3 5,11 : ~a<TL
tura». Mo lto usata è la djzione (1tfpt )· ÀEi4 Éx. -rfic; 6<T<(JUOç <TOV t!;E À.EWO\l't'~L,
çwvvuvaL -r'Ì]v 60-q>tJV e sim il i, per es. «dei re usciranno dai tuoi lombi»; 2
in Ex. 12, r i: at òa<puEç v11wv 1tEp~E Chron. 6,9: ò ui6c; <TOV , oc; Èl;E).EUO'E't<"LL
çwaµlvcu; l er. r ,.1 7: xat uù 7tEplçw- Éx -rijc; bcnpuoç o-ou, «il figlio tuo, che
O'aL -r'l'}v ÒO-<puv uou xa.t 6:v<iu-r11ilL, «e uscirà do i tuoi lombi».
ru cingici i lombi ed alzati»; d r. 4 Ban. A quanto sembra, F ilone usa il ter-
4,29; 9,r; Iob40,7; I er. 13,4; Ez.9 1 mine soltanro nelle citazioni dall'A.T.,
I I. per es. in sacr. A.C. 63, commentando
Questo «cingersi i lombi» sign ifica: Ex. X2 ,II: «'t'à.c; O<T<piiç 7tEPLESW<Tµi -
succingere la ves ce - che si portava di- vouc;» h olµw c; 7tpòç u7t1]pEcrla.v ìtxov-
sci n ta in casa o nei momenti d i riposo -.a.c;, «'cinti i lombi', cioè pronri al ser-
- per essere più agili nel lavoro 1, per vizio». Ved i anche leg. ali. 3,154.
v iaggiare, combattere ecc. La dizione è
cosl familiare nell'A.T. che Isaia può
N~I N.T. Ò<Tq>Vç ricorre .in 8 passi de-
applicarla al Messia dicendo: xat eu-.a;L
OLXaLOO'UVTI tç~Évoc; 'T'Ì)V ÒrJ<pÙV a v - terminati completamente dall'uso lin-
'TOU xat Ò:ÀT)ild~ d).T)1.1ivoc; -.àc; 7tÀEV- guistico dell'A.T., o d ei LXX. In Mc. i,
p<ic;, «e avrà i lombi cin ti di giustiz ia e 6 e M.t. 3.4 è detto che Giovanni Bat·
i fianchi ci rcondati di veri tà» (Ts. rr ,5);
qui ÒO'<puc; perde il senso letterale ac- tis ta era tvlìròuµÉv.)ç 't'i:>lxac; xa.µ'l)Àov
quistandone uno figurato, come avvie- xa.t ~wv11v lìEpµu:~lvY)v m pt -ri)v 6crcpùv
ne per il suo corrispondente &iiliif nel cx.ù-rov, «indossav;l peli di cammello e
testo ebraico. Cosl que:,to modo di dire
alJarga il suo significato fino a implica- una ciniurn di pelle intorno ai lianehi»4 •
re anche quello d i cingeni d'un orna- È certo che queste descrizioni intendo-
menco o d'un'arma 1 • no paragonare il Ilattista ad Elia - se
Nei LXX ocr<puc; è usa10 inoltre, e
addirittura no n vogliono presen ta rlo
spesso, metaforicamente nd senso di
forza: Dcul . 33,u ; Nah. 2,2; Dan. come un Eli:1 red ivivo - da l momento
(Tcod.) 5,6 e passim. Infine, un uso lin- che descrivono i suoi abiti con p:irole
guistico che si trova solo 11ei LXX e, in quasi identiche a quelle di 4 Ba<r. I ,8
dipendenza da questi, n;:I N.T. è quello
di 6ucpUc; ::::: lombo, in quan10 parte del (- coll.1386s.); è poi più probabile che
corpo da cui h a origine /,1 procreazio- questa descrizione d elle vesti del Bat-
òo<pv~
~econdo l3LASS·DHBKUN1'tR, sl 3. l'acce:itua- 2 -'> roll. 861·864, ove sono ci tati nlcri csem·
%Ìone ÒCT<piic; non è dei tutto sicuro per il pi. Su lLi costruzione dr. IInotNG, Kas11uy11-
N.T.; 6CTq>vc; deve ritenersi ugualmcme "ccet- lax 47.
tabile. 3 Vedi l'kF.Ul>CHEN·B AUF.R ' . J. V. ÒCT<pU~ 2.
1 Sull'uso di 'succin~ere gli abiti nel bv<•ro' ' I codici Du b H 1' omeuoao in Aie 1,6 le pa·
vedi G . DALMf\N, Arbeil unJ Sille in P.1/iisti- role da xat l:;<~Vl)v in poi, ma qu~•i ccrtamcn·
"" Il (r932) •p s. e figure 2'·27; rn (l<JH) re a torto. In contrario sta tutto il resio dd!a
28; V ( 1937) 232 $. tradizione.
oùpavéç (H. Trouh l
ti>ta si riallacci al d""" di (; csù in Mt. zionc non derivi dall 'uso linguistico
t 1,r 4: xcxt El ilÉÀ.E-rE òi!;cxcrìlcxL, cxv't'oç grc•n c non sia tr:i<lucibile in rnod(•
Ècr·nv 'HÀ.(cxc; ò µÉÀ.À.«.lV EPXEcri)cxL, «e se soddisl:iccnte, ha un senso chiarissimo :
voler.e ammetterlo, quegli è l'Elia che invi:a ad esser vigili e pronti a kittare;
deve venire», che non a una testimo· si deve 'succingere', cioè togliere di
nianz'1 oculare s. L'l pericope di Le. r 2, mez:w, tutto ciò che ostacola il pensie-
35-40 sulla «vigilanza e fedeltà» dei di- ro e la coscienza(--,> vn, coll. 1072 ss.).
scepoli s'in~ia colle parole: Écr-rwcrcxv Gli ultimi tre passi si riallacci:mo al-
v1.Lwv at Òcr<putc; r.Epr.tl;wcrµivaL «siano la dizione ddl'A.T.: ia!à' mé/JaftiFé pi.
i vostri lombi succinti». Gli esempi più Hebr. 7,5: xal-rttp H;E:X.11luM-raç Èx
sopra citaù dai LXX e specialmente Ex. -rT)c; oc1<pvoi; 'A{3pcdt.µ, «sebbene usci ti
12,11 (--) col. 1387) mettono in evi- dai lombi di Abramo», ricorda imme-
denza sia l'origine sia il senso di que- diatamente Ge11. 35,11 e .2 Chro11. 6,9.
sto ammonimento(--) col. 859). Così si spieg:1 anche Hebr. 7,10: E-.t
In Eph. 6,14 trovasi una citazione di yà.p lv TTI oO'q>v~ -.oii mx.-rpòç T)v, «tn·
lr. I 1,5; però qui il vaticinio me~siani· f,;tti (Levi} eta ancora nei lo mbi del-
co di Isaia è usato per esortate i cri- l'antenatc»>, cioè non era ancora stato
stiani alla lotta: ocrq>vc;, come nel pro· generatO. Aci . 2,3 0: c;'iµOCTEV av-r0 ò
feta, ha un senso traslato e metaforico ~Eòc; h xapr.ov ·t'ijç òo-qivoc; cxvToii xa-
(~ coli. 862 ss.). Il senso metaforico è òla-a.t tnt "tÒv i)pò'lloV avnii, « Dio gli
ancor più marcato in r Petr. 1,13: OLÒ (a David) aveva promesso che un frut·
àva~W11a1 1€VoL -.àc; oa-cpvac; n)c; SLa- to dci suoi lombi si sarebbe seduto 5u)
voi:ac; u11Gl'I, «perciò, succinti i lombi suo trono», è una citazione di 4' r3 1,r 1
del vostro spirito ...». Benché questa di- e significa: uno della sua discendc11za "
H. SEESJ:lMl\NN
J , , , , '
oupa.voç, oupa.vtoç, E7tOupa.vtoc;,
ovpcxv6~EV
.1 Cosi W<111L~NbI:RG, Mk., • x,6. >.i.a.; e non òa<pvo<;. Poi òa<pv~ è ""sniu 1.b
• Jn l(i l l 1 , I I (: detto lx Y.<lP'l'OV 't'iiç XO~· 11"1 . 2. ;o ""' codice R dei LXX (scc. v1).
cvpavoc; A t (H . Trn11l1l (v,...97) 1 l'"
oùpavo~ X'TÀ.
Avvertemn. H.. SASS!l aveva .u;sunto l'incarico HoLLAND, Zur Typik der Himmelfahrt: ARW
d i scrivere l'articolo su oùpav6ç, t'Ome aveva 23 (1925) 207·220; J. KROJ..L, Gott u11tl Hu//e
scritto quelli su rii e x6o-J1oc;. Essendo emigra- = Studien dcr Bibliothek Warburg 20 ( 19p);
to in Ausrralia, non poté compiere il lavoro. W. M1c t1AEU S, Zur Obertieferung der Him·
L'articolo presente fu P<'flato a termine da H. mel/ohrtsgeschichte: ThBl 4 (192,J rot-ro9;
TRAUD, facendo uso dell'ampio materiale già A. OErKE, Ut1ser G/"11be a11 dic Ilimmel/ahrt
preparato da SASSE. Christi: Luthcrtum 5 ( 1938) r61-186; E.
CREMF.R·KOcn, Mou1.ToN-.M11.1.., Lmoni... PFISTER, Der Reliq11icnkult irn Alter/11111 li
ScoTT, PAssow, s.v.; K. BAKTH, Dic kircb- (1912) 480·489; A.C. RUSH, Dealb a11d 1311·
liclX! Dogmatik m 3 (19,0) 426-623; G. Bmt- rial in Christian A111iquity, Dissen., W~çhing.
TRAM, Die Himmelfahrt Jesu vom Kreuz, in: ton (1941); W!!BER 162-165.)98·400; H.
Fcstgabe fiir A. Deissmann ( 1927) r87->17; WESTPIJAJ., Jabves \Vobnstiille, ZA \VJ Beih.
F. Bor.1,, Sphaera, Neue g1·iech. Texte 1111d 25 (1908) 251-273.
U11tcm1cb1111t,e11 zzir Gescbicbte àer Stembil· I fonico, attÌCO, beotico: 0VpCl.V6<;; dcirico:
der ( t903); lo., Aus der OOe11baru11g ]ob(/n· wpa.v6r,; oolicn: llpavoç. L'eti01ologin è COll·
nis, lici/. S111dien :wm \V eltbild dcr Jlpoka- trovcnsa; cfr. WALDE·P OKORN'I' I 281; /\. De·
l)'psc (1914 ) 30-56; F. CUMONT, Dic orie11111- llRUl'.'NER: J11dogcm1a11ischc Forscbungm H
li!cbcn Religio1un im romischen H~idcntum ( 1935) 239; F. SPECHT: Z vcrglSpr 66 (r939)
( 1931) 24,.296, n. 70; H . C&u<ER, an. 'Ilim· 2005.
mcl' in RE' 8,8·84; G. DAI.MAN, Worte ]esrt 2 Troviamo il plurnle - per es. oùpo.voùr, xa.l
(1930), indice, s.v.; H. D lELS, Hi111mc/s. u11d xo11µour, - spccialmence in alcune 1radizioni
Hollenfolmen von Ifomer bis Dante: NJbch molto tardive su Anassimandro; cosl in
K!Alt ,o
(1922) 23\)-252; R. EisuR, \Velten-
mantel 1111d Hi111111elrzel1 (1910); Tli. FLUGGE,
Pscud.·Plut., Strumatcis 2 (DmLs ' l 83,>9);
Hipp., re/. x,6,2 (DrnLS ' 1 84,5); Actius, De
Die V orstcll1111g iiber den Hip1mrl im 11.T., placitis philosophorum 1,7,12 (DtELS' 1 86,
Disseti., Konigsbcrg (1937); Il. G1!ll1tAl10T, 13). Si uova inoltre in un passo di Aristote le,
Dcr Himmel 1111 N.T.: ZWL 7 ( 1886) 555- da attribuire probabilmente a Ideo: cMI. 4 ,,,
:;n; H . GRESSMA.>m, Die hell. Gcstirnsreli- p. 303 b q (cfr. DrnLS' 11 5 <,11). Sul rroble-
gion, AO Beih. 5 ( 1925); C. HòNll, S1udie11 ma del plurale vedi f. Tou1, Der Pluralis
wr Gesrhichte dcr Himmelfabrl 1111 klass. Al- oòpa.vol: ZN\'i/ 33 (1934) 48·,o; P. KA·rz,
tert11111, Programm., Mannht:im ( 1910); R. Philo's Biblc (<9,0) r4M46.
c·i~ilvoç Al (H. Trauh)
~.inne· :
il cielo è il lirm:1mcn1<>, la 1•olta i!!;w -.oii oòpc.cvoii, «contemplano le cose
cdc·,tc d1c sovrasta la terra, 111:1, ndlo oltre il cido». Anche Aristotele inten-
stesso tempo, esso è ciò che ahhrac:cia de oupo:v6ç, oltre che in senso cosmo-
e i11duJe tutto, e in questo senso ì.~ un logico, anchc 4ualc espressione del
'-'"ere divino, un ~Efov. Questi due a- ~Efov. li suo tentativo di separare i va-
sp.:tti sono detetminati cli versa men te ri (--+ coU. 1397 s.) aspetti della defini-
nello sviluppo storico della loro cono- zione di questo concetto non ha avuto
scenza e rappresentazione, ma la loro seguito. Infatti anche per la Sroa il cie-
duplicità indissolubile non cambia. La lo è insieme un essere fisico, costituito
troviamo già nella più antica concezio- della parte piìi esterna dell'etere, e un
ne cosmologica, conservata dagli Orfici, essere che ha la funzione di governare
secondo la quale il mondo ha origine il mondo: -.ò YiyEµovL xòv -.oii x6c;µou l.
da un uovo spaccato, il cui guscio su- Infine, nella gnosi il cielo (anche qui co-
periore sarebbe l'involucro del mondo stituito di ét.i')p cd aW'l)p e quindi anco-
(--+ coll. 1400 s.) e nello stesso tempo il ra materiale) diventa l'espressione del-
dio-cielo che sovrasta la terra e la fe- la libertà, conoscenza e immortali tà di
conda colla sua umidità; e Ja ritroviamo Dio (~ coll. 1402 s.)'. Anche ne.Ila illu-
neHa concezione mitica di Omero, per minata età imperiale risorgono, fino
cui il cielo stellato è una cupola di al sec. III, rappresentazioni del dio U-
bronzo o cli ferro sostenuta da colonne rano (~ col. r399). Il motivo per cui
(--+ col. r 39 5 ), che serve d'abitazione nel termine ovpav6ç non è possibile co-
ai 'celesti' e soprattutto a ZEÙ<; oòpét.- gliere significati chiammente distinti de-
'll~oç (--+coli. r399 s.). La duplicità di si- ve cercarsi nel fatto che esso esprime
gnifica to sta pure a base dell'uso del nello stesso tempo il dato naturale e fi-
termine in Platone, il quale equipara sico d'una realtà sovrastante e circon-
J'ovpav6ç al itiiv, al x60'1~oç, ma gli dante e i <lati di conoscenza speculativa
attribuisce anche la proprietà d'inclu- che vi corrispondono. Infatti il ciclo, in
dere ogni vivente puramente intelligibi- quanto è firmamento o µE'rÉWpa., cioè
le, per cui è assimilabile aU 'essere as· un corpo che si libra in alto, è quello
soluto e perfetto (~ col. 1396). Ciò stesso che poteva essere pensato come
permett e a Platone di innalzare gli dèi cielo degli dèi, come idea, come guida
sull'titovpiX.v~oç ò.<J;lç, la volta superiore o rivelazione. Per il coucetto è indiffe-
del cielo, rnggiungendo la conoscenza rente che questa coesistenza di signifi-
suprema dell'essere puro. i>topoiiC'L -.à cati sia intesa con realismo pcimitivo o
3 Cfr. Po~i<h,.,iu in Diog. L. 7,139. ' o:cerpl. 11,z,>5·29 ($CQTT l 428,z5 •s.; 430,
I SS.).
o•'.ipa.voç A 2 (H. Trauh)
5 Cfr. a1npa. ovpavoi> in Eur., Pboct1. 1; 8 Dox. Graed {1926) 339; D IELS' I 9p2 s.
&o--tipoi, Ot tl<nv ovpa.voii O..ltÀctyxva:, in P. 9 ~ v, col. 888. Sull'au tore dell'equiparazione
Lond. I 121, cfr. REITZENSTEIN, Hdl. Myst.
177. dr. Diog. L. 8,48 {= DmLs' l 225,r3 s.).
•~ P itagora in Diog. L. 8,48 (DrnLs ' 1 225,
Sulla dissolu'l.ionc della cosniologia omeri<"1
r3). Cft. anche Anassimenc e Parmenide
perata da Anassimandro e sullo sviluppo u l-
teriore vedi I.L Hr::IBERG, Gescb. der Mathe- in i\ctius, de plaritis pbi!osophorum 2,rr,r
"tik u11d Naturwissenschaftcn im A!tcrtum (DmLs ' I 9 3,i 3). Sull'applicazione della tco-
= Handbuch A.\YJ. V I,2 ( 1925) 50 ss. rh1 dei numeri al cielo da parte di Piw3ora
dr. Arisrot., mctapb. 1,5, p. 986 a 3: -.:òv oì..ov
Per i Presocratici cfr. D IELS ' ti!, s.v. oupc:t.· ovpu,vè\J àp(.lO\JLOl\I EiVO.L X<Xl CÌ.p~!)µ6v; s imil-
;6~. mente ibid. x,;;, p . 986 a 21; 7,6, p . Jo 8ob 18 .
ovr"-vé~ A 3 (IL Trnuh)
noscibile e p:1r11_oçipa della sost:1nz:1 in - alcuni astri; diciamo infatti che onch
telligibile». pe( cui è i:'/iv µovaOLXi}v questi stannu in cielo. Ancora iu altr
ali:lav ... xal -.ijv 1t<XV•WV 'ltEpLtX"<LX"ÌlV senso chian1inmo cielo il corpo contenu
-cwv ow-cÉpwv xat i:fiv i:wv o\wv Èm- to entro l'orbit a estrema; infatti si usa
xpa-roiicrav oucr•av, « la causa unica ... e chiamare cielo la totalità e l'universo».
quella che precede tutte le cause s<.'Con- La Stoa definisce l'ovpav6c; un ami-
de e domina l'u niverso» (ibid. 2,139 b); poç •Ò ~uxa•ov· È!;, ou xaL tv ir> tcr-c
esso riproduce l'apeiron eterno o l'apei- mxv-;o; ɵ<pa:vwc;· mpdxn jÒ.p r.6.vi:
ron del tempo: l'unico cielo è addirit- nÀ.Ì)v aù•oii, «l'etere estremo da cui
tura copia dell'essere. Così per Platone in cui tutco esiste in trasparem.a; es
proprio il cielo degli astri (Plat., resp. infatti circonda tutte le cose 1!ccetto se
6,488 d; Theaet. l73 e) è il ciclo degli s tesso» (Zeno, fr. i 15 [ v. Arnim I 3 3,
clèi (resp. 6,508; Phaedr. 246 e), l'ori- 28 J); ... g!;w oÈ i:oii oupavoii dvm x~
gine della visione dell'essere e della co- v6v, «a l di fuori del de.lo c'è il vuoto»
noscenza assoluta (Phaedr. 247 b). Ari- ( Zeno, fr. 96 fv. Arnim I 26,32 s.; cfr.
stotele inv<.'Ce (cael. r,9 p. 278 b rr ss.) 34]) 11 • Questa trasposizione daUa sfera
cerca di distinguerne i va ri aspetti con (m;p~xnv) religiosa a quella filosofica
la seguente formulazione: i'va µtv oìiv porta infine a dire: oiiui.av ot iteoii ...
'tp01tOV oupavbv MjOµEV 'tTJV oinla.v -.Ò'J OÀOV xbcrpov XII.L "tÒV oÒpavov, «Che
i:i)v -cfjç tcrx6:i:riç i:oii rcavi:òç itEPLQ>O- essenza di Dio... (è) nttro il cosmo e
p<Xç, ÌÌ CTWµCX <j)VCTLXÒV < Ò ~V 'tTI tcrxch1J (tutto) il cielo» (Zeno, /r.163 [v. Ar-
1tEpLcpopi i:oii r.a:v-.bç. dwi}aµtv -y/J.p nim I 43,6]), ciò che, nell'interpreta-
-rò ltcrxa'Tov xat 'TÒ U.vw µO:À.LO ..tct xa- z ione d i Minncio Felice, si riduce all'e-
À.ti:v ovpavòv, tv ~ xat -.ò Dti:ov Tt<°Xv quazione: Iovem = caelum, mentre nel
topiicrDal q>a:µEv . ij..).°'J,.ov o'ai'i -.p61tov -cò pensiero di C risippo (/r. 644 [ v. Arnim
CTVVEXÈ<; crwµa: 'tTI ÉCT)t<hn 1ttpLq>opéf II 194,13) ) ovpa.vòc, diviene il princi-
'tOÙ 1tavi:òç. ÈV cr> atÀ.i}vri x<it f)J..i.oç pio egemonico (Tj-ytµovtx6v). f! un fat-
xat tvLa -.wv M "<!J<.ùv· xaì. i<ÌP -.aiii:o. to teologicamenre rilevante che parten-
Èv 'tc{j oupa:vQ ELVCl.L q>O.µEV. (,L o'd.),. do di qui Cicerone po~sa ravvisare nel-
À.wç À.ÉjOIMV oupavÒv 'tÒ TtEp~EXOµEvOV la aequalitas motlls caeli il quarco fon-
crwµa U7tÒ 'tfjc; foxci:-.l]c; 7tEp1<pop<Xc;· 'tÒ damento delle animis hominum i11/or-
-yàp OÀ.OV XaL 'tÒ 7tfi.V dwi)aµEV ),ÉjELV 111atae deor11;n notitiones (nat. deor. 2,
ovpavov, «in un senso diciamo infatti I 5) e che C lemen te Ales$andrino giun-
che il cielo è l'essew.a dell'orbita estre- ga a dire che il cielo «è propri:unen-
ma Jdl'un iverso, o il corpo fisico che te una ciuà»: ovpavòv xuplwc; 1tOÀ.LV
s ta all'orbita estrema dell'universo. Sia- (strom. 4,26,172,2) 12•
mo soliti infatti chiamare ciclo ciò che
è più lontano e sta più in alto, dove di- 3. oupav6ç 111 senso mitologie()
ciamo che abita anche l'universo divi-
no. In 1in altro senso (si chiama ciclo) a) Urano (And1. Pal. 9,26,9; lles ..
il corpo contiguo all'orb ita estrema d el- theog. 176) 13 è un dio della religione
l'univ..:rso, in cui sta In luna e il sole e preome rica: ra~cx ... ÈyElva'tO iCTOV É.ctV-
Il Nello stesso tempo i 11ntWP'J. potevano cula:zioni •ull'oÙl'f1."é><; in Plotino: .uie"ClL (scii.
111ant«ncrc il signilic:ito do OVpd'll'..ot; dr. M_ <iroxa4) 11(11 oii Y.'1wMii.movaw '<Òv oùpa.-
Po1tLEm, Vie 51oa l (1948) 2111; Il (1949) vov, emi 4 .1.1;.
108. Il Cfr. 11.v. \\111.AMOWITZ-M OELl.1!.NDUkl F, Da
11S:1rebbcro da uauare s1x-ci:1l111«n1« le spc- Glaube dcr / l l'i/<'11e11 1 (1931) 342 >.; W.F.
1399 (v ,499) OÙP«v6ç A ~ (11. Tr:mh l
divc111;111d" i11 q11.11110 uomo un essere come xvi;~oç, ;cii oùpcxvoii xat -rijc; yfiç
divino: l''i1c. :w.(ç el!l~ xa.t oùpa.vov (ibid. n• ("I ' J; dr. Mt. 1 r,25 21 .
àcr-repo(v'toç. n!.rrb.p ȵot yÉvoç, oùpci-
v•ov, "'t>11n IÌJ:li1> della terra e del cielo 4. L,1vwri
stcll:1111; in '·ai1[1 sono di stirpe cele-
Ndl:1 gnosi ellenistica, quale s'incon-
ste», Orpht·11s, Jr 17 ( Diels' r 15,26 s.).
tra nd Corpns Hermeticum u, il cie-
In 411t''''' .1011 rina trovasi pure la mae- lo 21• 1to),v0'-rtq>i}c; (dai molri cerchi) 27 si
stosa immagine del cielo come manto presenta dis tinto in sette xvxÀ.01 (Corp.
dcl wsmo, che è forse di origine babi-
Hcrm. m 2 b) che corrispondono alle
ltint·sc: -rwv na.Àa.Lt';Jv xa.t -ròv oùpavòv
sette srere dei pianeti e sono creati dal
f3·qÀ.òv elprtY.6-.wv ofov !tewv oùp«vlw'V
demiurgo, a cui servono cli sede l!l; esso
1ttpl~À.l}JlCX (Porphyr., antr. nymph.
q) ?:!.
sta sopra a.lili}p, à.l}p e yfj 29 od è txrtv-
poç 30, come vuole la sua natura ignea.
ti) Anche nei papiri magtct ricorre Il frEòc; ev oùpcxv@ 31 è cauivo (gli dèi
spesso oùpavoç: qu:1le firmamento che dei pianeti si sono trasformati in dèmo·
ch iude l'oceano celeste, o( xa-rap&.x-roL ni). Perciò i fWCT't'i}pta sono rinserrati
'tW'J oùpa'Vwv (termino logia veterotesta- nei cieli 32 e questi, che rinserrano 11 lo-
mentaria, Preisendanz, Zaub. 15,5; 15h rn volta la terra, sono dominati dalla
2 [Il p. 204] }: ÀÉye ... el.ç, ovpa.vov ~À.É- necessità, l'à.vayxl}, e dal foto, la d-
7tWV (ibid. xm 40}, con l'immagine di µu.pµ.Évl'}: oùoeLç... -rwv oiipcxvlwv ilEW'V
Urano 23 • Nella cons:1<"rnzione di Monos E1tt yijv xa:-rtÀ.tvO'E'tCJ.L, oiipavoii 'TÒ'V
lo scongiuro del dio Sole è del seguen- opov 'XO.'tO:À.mwv' «nessuno degli dèi
te tenore: Èyw d11~, o... &.và. µÉo'ov -rwv celesti, lasciata la frontiera del cielo,
ovo Cj)Vcrtwv, oiipavoii xa.L yijç, «io so- scenderà sulla terrn» (Corp. Herm. x
no colui che ... (sta) in mezzo alle due i5 ). Caratreri del cielo sono l'immuta-
nature, il cielo e b rerra» (ibid. Xlll bilità, la libertà, l'incensurabilità, la
255). L'eone eterno è detto xa.-.'ovpcx- gnosi; mentre la terra, che esso rinchiu·
vòv &.vvtjiwl}<lç, «elevnto fino al cielo» de, ha le proprietà contrarie; infatti
(ibid. 1 209). La divinità è invocata co- où xowwvEi: -r<X EV oùpavQ -roi:ç ~nt
me oiipa.v~oç (ibid. 1 300), o µÈycu; lv ·riic;,
«non c'è niente in comune fra le
oùpa'VQ (ibid. rr ro2; m t 30) e per6no cose del cielo e quelle della terrn» 33 •
u Cfr. q>apoç Lo-ov ovpcxvQ ÒEÙlv, ACKh ., Jr. 3). Cfr. A.]. Fl!STUGIÈRE, La cr6atio11 des
2r6 (T.G.P. 7~). ames dans la Koré Kosmou: J>isciculi "' An.
2l Uno dei simboli dcl cie lo era: O, PRESEN· tike und Christcnrum Erg.-Bd. I ( I9J9) I0,5,
DAN1.:, Za11b. xm 255 .269.284 e passim, e 0, n. r7.
ibid. 867; su entrambi vedi PRl!ISENDANZ, V excerpl. 23,2 ($COT1' I 456,c4).
Za11b., voi. H, p. 2 l4 s.v. 2• cxcerpl. 24,1 {Scon 1494,27).
2• Sulle 'lecrerc dal cielo', Éncn-.o'Mll ci1tò ?J excerpl. 23,11 ($c01'T 1462,24 ).
'toii 'tWV &Ewv npocrW'ltov (Diog. L. 6,101) o ~1 excerpt. 1,,13 (S<:on 1 )•z,27). Turravia
11nd1c fll!3ì..oç ... f!; ovpavov, vedi A. DreTI!· permanb>0no qui distinzioni assai difficili da
RlCH, Kleine Schriften ( 19u) 234·25r. precisare; cosl, per es., gli È7covpav10< •tanno
2S Cfr. H. JnNAs, G11osfr 1111d spiilu11tiker socco gli tµmip10• (Scon 1v 32,9).
Gei si 1 ( 1934) 181 s. 344 s. Sull'ascensione li Corp. H~rlll. XIV, IO; in l'Xcerpt. 23,53
dell'onim:1 in cielo vedi l'•mpia bibliografia in (SCOTT I 486,12 ) si legge ~ol.
A. DtBTl!JUCH, Cii11e Mirbrasliturgie (190J) ll DmTElUCll. CJ.c. (~ n. 25 ) 2 , variante ac-
197.205; REIT'LENSTEL'I, Hell. llf)•SI. 47. colta da RE1TZENSTtIN, Hell. Myst 174.
26 rxcerpt. 23 ,5c e 68 (SCOTT 1 484,35; 494, ll excerpr. 23,1 7 (Scon I 466,22).
oùpavo<; A 5 (11. 'f'n1ul>) (v,~01) 140.1
31 Corp. Henn . xvr, Il; exccrpt. 4b..i (ScoIT 36 Questa mentalità spiega anche J'i,;crizionc
I 46o,19). sepolcrale di Antioco I di Commagcne: "ltpò;
OVl){1.'lioV~ .C.LÒ<; 'npo~16.CTOOV l!i)ÒVOV<; iltoq>L·
1; excerpl. 23,17 (Scorr 1 466,22). ì,i)v ljlvxnv nponqilj;c:iv, DtTT., Or. 3SM0 ss.
~Jf>ll"c\ R l (G . von Rad ! (v .wz) q
è: pc.:r Filone un segno di 111111 a e coor- cielo è «dis1cso» "'°, ha «finestre » 41 , «CO-
dinamento di tutto il co~nm, anzi è la ionne» (loh 26, 1 r) e «cardini» •1 ; lo si
rc.::1lizznzione di qucst;1 uni t;'1.
In Giuseppe invece non si nota alcu- può «slrappare» •3 ecc. Queste espres
1111 peculiarità nell'uso Jel termine (sem- sioni non si possono intendere come
pre al singolare), che corri~ ponde a semplici immagini poetiche, ma porta-
tjucllo ellenistico 31 • H. TRA UD no a concludere che siimajim era sinoni-
mo di riiqia' , firmamento. riiqièi' indica-
B. ANTICO 'TESTAMENTO
va la gigantesca cupola luminosa d el
La parola che corrisponde a cielo, in cielo che ponava sopra di sé l'oceano
ebraico siimajim, in fenicio smm, in uga- celeste e con la ~ua volta s'incurvava
ritico smm (o 1mjm), in aramaico smjn,
deriva dalla radice 1mw(i). Il plurale su ll 'orbe terrestre e~ coli. 1395 ss.)"'.
irregolare del termine ebraico si spie- Questo oceano celeste (mabblil), di cui
8A come semplice abbreviazione secon- si vedeva, dal di sotto, l'azzt1rro steso
daria. Il vocabolo è usato al plurale sul firmamento, era naturalmente della
nel semitico occidentale e al singolare
in quello orientale. La forma plurale fu massima importanza per la terra, per
spiegata come un «plurale d'estensione la sua attività o benefica (la pioggia)
spaziale» 38 • Non si riesce a indicare l'e- o distnmiv:i (il diluvio) •5_ Che siimajim
timologia del termine. Certamente erra-
to è il tentativo di farlo derivare dallu potesse impiegarsi come sinonimo di
<<noca relativa» la e da maiim, nel sen- raqia' appare chiaro in Ps. 148,4·6, do-
so di «luogo dell'acqua» B. ve si parla delle «acque soprn il cielo».
Anche la de6n izionc della fon te P in
I. Il cielo nel/'antica cosmologia israe-
Gan.1,8 («chiamò il firmamento cielo»)
litica
denota qu esta tendenza, come la dcmo-
Se per precisare il significato israeliti- l:I il «tremore del cielo e della terra»
co del termine Jamajim si passa all'esa- (2 Sam. 22 ,8), u na frase che non aweb-
me dei testi , s'incontrano anzitutto gli he ~enso se il cielo non fosse concepì to
enunciati che parlano di siimajim come co me una massa solida.
se fosse un'entità materiale e solida: il Le due parole differiscono in quanto
n Dcl cielo in quan to creazione di D io si par· Gr11mma1ik der hcbr. Sprache des A.T. (1922)
la in 011t. 8,107; tsso fa parte della (J)V<rt.c; -rov 62 r.
itC1V'<6c;, 11111 • .3»8+ Dal cielo Dio è giudice; '° Is. 40,22 ; 44,24; 45,r2; 48,13 ; F.Ip6;
di lass\1 nllio gli è visibile, beli. r,630. «Le lu. 10, u; 5t.1 5; Ps. r04,z; Zarh. n ,t.
anime pure ed obhcdienri ... raggiungono (do- " Gm. 7,11; 2 Rcg. 7,1.19; Mal. J,•O.
po la morte) il luogo santissimo del cielo• ·1z ~sani. 22,x.
(bel/. 3,374). o ls. 63,l!J.
38 GllSENIUS ·BVill ." ... 5· '14 Su Ua 'volrn', l"orbe' del cielo e della terra
J'J Cfr. T.K. (HIWNf:, Tbc llo<1k 11/ !Iaiah = <!1iig) cfr. Is. 40, 22; Tob 22 ,14; Prov. 8,i7.
The Sacred Book o/ the ()/,/ T~stament 10 IS Su 111t1bhit! :o OC<.-ano del cielo, cfr. ]. Bc-
(1899)157; H. BAtiE•-1'. LEA~Vf.K, llistorische c1uc11, Mabbul: ZSem 6 (r 928 ) 135-153.
ovp(lvoi:; B 1 (G. von Rad)
raqiii' era un termine tecnico della co- stremità del cido» (ler. 49,36; simil-
smologia, mentre siimajim veniva usato menre Zach. 2,10; 6,5; Dan. 7,2; 8,8;
nel culto e nel linguaggio comune cd 11 ,4), e allora ci si riferisce aUa sua di -
aveva quindi un significato deci~amente mensione orizzontale (dr. Deut. 4,3 2:
più labile, con un contenuto essenzial- «da un estremo all'altro»). L'ahezza <ld
mente più ampio. Si è messo in rilievo cielo è irraggiungibile per l'uomo (Deut.
che Jamajim. indica lo spazio d'aria fra 30,u; Prov. 30,4) 49 • Nei modi di dire
il firmamento e la terra, come dimostra proverbiali il cielo è infine il simbolo
chiaramente la menzione cosl frequen- della durata {dr. «i giorni del cielo» in
te degli <<Uccelli <lei cielo» 46 , però non De11t. u,2I; Ps. 89,30 ).
si può assolutamente limitare il senso Il comandamento del decalogo in Ex.
del termine a questo campo, perché in 20,4 divide il cosmo in tre parti: il cie-
moltissimi casi esso indica in modo as- lo, la terra e l'acqua del caos, al di sot-
sai più generico e senza limiti lo spazio to della terra. Questa ripartizione si ri-
cosmico al di sopra della terra. Questo Hetre anche in Ps. n 5,15-17. Però mol-
avviene specialmente quando si dice to più frequente è la divisione del co-
che Dio abita in cielo o che viene <li smo in «cielo e terra» (~ v, coli. 910
laSSll 41 ; in questo caso siimaii11t si riferì· s.), una formula che noo deriva dalla
sce addirittura allo spazio cbe sovrasta cosmologia sacrale di Ex. 20,4, ma sem-
il firmamento. plicemente da una concezione elementa-
Non sembra che in Israele fosse nota re. Anzi, a quanto sembra, in Israele
la conce-.done di più sfere celesti ruo· non esisteue affatto una concezione dcl
tanti una all'interno dell'altra. Si po- cielo e dcl cosmo sacralmeme cm1oniz·
trebbe ravvisare un'eco di questo aspet- :tata. Il motivo di questa mancanza,
to della cosmologia babilonese nella di- senz'alrro sorprendente, è da cercarsi
zione «i cieli dei cieli». I"mé hassii· nella completa assenza di un mi LO che
majim ~. ma anche ammesso questo rap- collegasse e animasse gli clementi. Solo
porto, la detta frase poreva avere in I· occasionalmente s'incontrano concezio-
srncle solo il senso d'un 'ipcrhole reto- ni mitiche frammentarie e usare con la
rica. Talvolta si parla delle «quattro e· libertà poetica corrispondente alla men-
41 Gen. 1,26.28.30; 2,19 s.; 6,7; 7,3 ecc.; L. all'uomo - ulmeno come caso escrcmo - di co-
Kl\111,&K,Theologie dcs A.T. ( · ~136) 139. struire unn torre la cui cima «!occasse il cie-
47 Vedi i 1esti ~ coU. q13 ss. lo» (Gen. 11,4; dr. Deut. r,28). Tuttavia il
racconro jahvibtico della torre di Babele non
s Deut. 10,14; r Reg. 8,.z7; Ps. 148,4: Neem.
4
intendC'l•a p•rlare d'un pericolo del cielo,
9,6; 2 Chro11. 2,,; 6,18. d 'una minaccia alla divinità da pane tlc:gli uo-
49 Però il cielo non è infinirnmenie più in al- mini. Vedi l'opportuna cri1ic-A cli <tucsro opi-
10 della 1crra. Infa1ti poté sembrare possibile nione molto diffusa in _. fLUGGE i 6·19.
ovpo.v6c; B 2 (G. von Jùd) (v,503) 14 co
talità antica; tale è, per esempio, l'im- ciali si e di punti di i-ifcrimento che ser-
magine dci due monti cosmici di Zac- vono a fissare le feste del calendario.
caria ( 1 ,8, correzione resmale; 6,1 ), affi- Anche il tesro di Gen. 1,14, mettendo
ne alle concezioni sia babilonesi sia egi- in rilievo il finalismo pratico dei corpi
ziane :;o_ Nella concezione cosmologicn celesti, denota un metodo sobrio e per
d'Israele è impossibi le riscontrare con- cosl dire rnzionale di osservare queste
testi mitici più nmpi. cose. Comunque la demitiizazionc di
Accanto a questi echi stanno le pu- questa parte del cosmo è già completa
re e semplici libertà dell'immaginazio- nelle idee dello scritto sacerdotale e
ne poetica. Cosl era special.mente na- della letteratura sapienziale dell'A.T. E-
turale l'immagine del cosmo come una videntemente, benché abbracciasse un
casa - in cui il solaio ( 'aliia) rappre- campo eosl vasto, l'astrologia fu un av-
sentava la stanza superiore (Ps. ro4,3; versario solo periferico e occasionale
Am. 9 ,6) - o come una tenda 51 • Il cielo per la fede di Jahvé (Deut. 18,9 ss.;
viene paragonato inoltre a un rotolo a- ls. 47,13; ler. 10,2).
perto su cui stanno scri tte le costella-
zioni (ls . .34>4) 12 • Nel cielo, cioè sopra 2.]ahvé e il cielo
il firmamento (raqia'), si trovano i de- Jahvé ha creato il cielo 55 • I diversi
positi della neve e della grandine (I ob verbi impiegari per esprimere quest'i-
38,22), dei venti (ler. 49,36; lob 37,9. dea: 'iifd, ktin, qii11il, biirii', possono
12; Ps. 135,7) e dell'acqua (Ps. 33,7; implicare differenze interessanti per le
lob 38,37 ), che, dopo esser caduca sul- varie concezioni e tradizioni ( ~ X'tCl;;w
la terra in forma di pioggia, vi ritorna, v, coll. i253 ss.), ma ciò non ha impor-
in vicenda circolare (lob 36,27; ls. 55, tanza speciale per il nostro tema. In
10 ). In questi resti e in altri colpisce lo qii1111, 'procacciarsi lavorando' (Gen. x4,
razionalità, spoglia d'ogni miro, che ha 19.22), si è conservata una terminologia
fatto del cielo e delle sue leggi un og- non israelitica 56 •
getto Ji osservazione realistica 51 • lnvecc la maggior parte delle men -
Il cielo è pure il luogo di segni spe- zioni del ciclo importanti per la fede
s1 W.F. ANoRX, Das GoJteshaus tmd dic Vr- 58 ANn.RA, o.e. (-4 n. J7) 15.
/ormcn dcs Bouc11s im altcn Oricnt (Studien 91 ANoRA, o c. (-> n. J7l 16.
zur Bauforschung, pubbLicati dalla Koldt:wey-
gesellschaft fase. 12 [ 1930)). Sulla iikkurat '50 K. Bibl. Reallexikon (1937) 343.
GALLING,
vedi Th. DoM!IARl>T, Der baby/oniscbe Turm: 61 A. j[Rf.MIAS, Das A.T. im Licbtc Jes Al-
AO 19,2 (1930) e-> col. 1335, n. 36). ten Orimts' ( 193<.>) J00.364.
cùpmioç B 2 (G. vun U:itli
s'imponesse più imrncdiatamence che familiare, non solo allo Jahvista ma an-
nelle tradiz.ioni jahvistichc genuine o che al materiale tradizionale da lui ela-
addirittura in quelle derivami dalla re-
ligione premosaica degli &i-padri 62 • Pe- bor:110, l'immagine di Jahvé quale Dio
rò qui non si può andare oltre l'appros- del ciclo (Gen. u,5.7; 19,24; 24,3.7).
simaiione, perché nei testi a nostra di- Qui è quasi impossibile distinguere fra
sposizione le tradi;doni sono ormai così
l'elemeni:o cananaico e quello originaria·
fuse e confuse che una distinzione sto-
rico-religiosa non è più possibile. An- mente jahvistico (ancora riconoscibile
che l'an tica idea, comune a tutto l'O- soprattutto nelle descrizioni delle 'guei:-
riente, cht: la divinità abita su di un re snnrc'). Però una cosa è certa, che
monte lontano ed eccelso, può essersi
fusa rnciramence - in certe enunciazio- l'idea - divenuta cosl popolare in Israe-
ni veterotestamentarie - con il concet- le - di un Jahvé re del ciclo che tro·
to dell'abitazione d i Jahvé in cielo, neggia in mezzo alle 'schiere celesti' è
quando non fu applicata al monte Sion
(cfr. Is. o Ps. 48,3), diventando poi una dovuta ad influssi del pantheon cana·
credenza d'importanza centrale <il. naico 65• Da Jahvé furono assunte so·
Non è quindi più possibile stabilire prattuuo alcune importanti funzioni del
storicamente la successione dci diversi ,,Baal celeste» (b'I smm) - note a noi,
modi di abitare attribuiù a Jalwé e ormai da molto tempo, anche da iscri·
tanto meno è dimostrabile che l'idea zioni - durante la soppressione del cu].
dell'abitaiione di Jahvé in cielo ~ia to di quel dio cananeo 66 •
stata una concezione tardiva o almeno L'immagine di Jahvé quale Dio cele-
sopravvenuta in 'sostituzione' d'un'al- ste viene ora a dominare in certo modo
tra precedente"'. La visione d 'un Jahvé, sulle altre. Si tratta di un gruppo cir·
ai cui piedi si scorge un edificio lumino- coscriuo di rappresentazioni, in cui Jah·
so di lastre di zaffiro (Ex. 24,9-n J), è vé è il re che troneggia, in cielo, sul
certo molto antic:i, e in essa rrovasi già mondo (cfr. il cermine-chiave melek in
il concettO del Dio celeste che troneg- ls. 6,5; Ps. 29,10), mentre il suo palaz-
gia sul firmamento. Nello stesso senso 7.0, eretto sull'oceano celeste (Ps. io4,
orienta la tradizione secondo cui Jahvé 3 ), è il sanrnario del cielo, considerato
sarebbe sceso sul monte Sinai (Ex. 19, ta lvolra come la sede del governo del
r 8 J), come del resto è perfettamente mondo e talaltra come un luogo di cui-
61 A. ALT, Du G o11 der Viiter = f!\VANT !.> Si coofronri il Baal a cavallo delle ouvole
111 12 (1!)29). nci testi d i Ras Shamra (rkb 'rpt, GoxoON,
6J Sul monte di Dio - collegato col par:idiso o.e. [-+ n. s6) se: rn : 11 .18 e v: 122; 67 :
in Ez. 28,2. J} s. - d r. O. Eiss l'ELDT, Baal 11: 7) con Dcut. n ,26; Ps. 68.s : roqib bii'll·
7.aphon, Zrut Karwt tmd der Durcb:ug da riib6t (similmente Pr. 18,u; l s. 19,1). I testi
Js.raeliten Jurchs Rote Mur (1932 ) 1-30. delle iscri:zioni •ul Baal celeste sono suui rac·
64 Cosl -+ W lls1·r11AL 2 70. colti sis1cma1icamente e interpretati da O.
65 Così A. ALT in un manoscri1to ciclostilato: ErsS FELDT, Baa/Jitmem 1111J ]ohve: ZA\'<I j7
Vom Konigtum Gvlld im A.T. ( 1939)r-31.
ovpcxv6c; B 2 (G. von Rad)
to 67 • Questa immagine è sviluppata con con cavalli di fuoco e carri (1 os. 5, 14;
speciale plas tici tà nella visione di Mi- 2 Reg. 2,rr ). Nell'ultimo periodo dei re,
chea ben Jemla (1· Reg. 22 119-22) e nel forse dovuto a nuove sollecitazioni pro-
prologo di Giobbe (lob 1,6-12); infatti vocate dalla dipendenza politica dall'As-
qui si menziona pure 'l'esercire del cie- siria, sorse llll culto dell'esercito cele-
lo', che circonda il trono del re celeste, ste che fu combattuto dalla fede jahvi-
Jahvé, non solo servendolo, ma anche stica come gravemente peccanùnoso 69 ;
partecipando con lui al governo del solo Deut-4 1 19, con solitaria tolleranza,
mondo. ne permette ai popoli stranieri la prati-
Nell'immagine di questo 'esercito del ca religiosa. Però il campo di azione at-
cielo', detto anche 'esercito di J ahvé', tribuito nella fede jahvistica a quegli
sono forse confluite tradizioni di origi- esseri celesti nel governo della storia e
ne disparata. Però il contributo decisi-
vo dev'essere stato quello della religio- dei destini umani era molto ristretto
ne cananaica; infatti questo eserci ro ce- ( ~ a:yy.Ùoç I, col. 208 ).
leste non è altro che il pantheon cana- Per far vedere quanco incimamente
naico, degradato e adattato alla fede in Israele si fosse appropriato l'idea di
Jahvé. Anche dalla lingua ugaritica ci è Jahvé in quanto dio celeste si potrebbe
noto lo ~bu Jps, 'l'esercito del sole', ed indicare l'invocazione di Deut. 26, r 5
anche un mlk sbu Jps, un ' re dell'eser- {«guarda giù dal cielo, dalla tua santa
cito del sole' 68 . Qui sono intese certa- sede») m; le formule delle preghiere di
mente le divinità astrali, ma anche I'A. Deut. 26 sono infatti molto più antiche
T. parla dell'esercito del cielo in que- del Deu teronomio ~tesso. Si pensi inol-
sto senso specificamente astrale (cfr. tre all 'alzar delle mani, un gesto usato
Deut. 4,19). nei giuramenti (Deut . 32,40), o all'uso
di allargare le braccia pregando (Ex. 9,
Non sorprende che le concezioni sul- 2 9. 3 3 ), due atti che manifestano lo
l'esercito celeste abbiano continua to a stesso pensiero, cioè che Jahvé abita in
cielo.
mantenersi fluide. Talvolta si è portati
a pensare agli esseri spirituali sovrater- Mentre nei tempi più antichi accanto
reni inviati da Jahvé per vari servizi (.r alla concezione descritta esisteva disin·
Reg. 22,19), talaltra all'esercito delle vo ltamente l'idea che Jahvé abitasse e
stelle (Gen. 2,1 ; !ud. 5,20). L'esercito fosse presente anche in terra 11 (del re-
celeste è concepito in modo analogo a sto le due idee non si escludono a vi-
quello terrestre, con un condottiero , cenda secondo la concezione fondamen-
61 1 Rcg.22,19-22; ls.6,r ss.; lob 1,6 ss.; Dm1. fc>r. 8,2; 19, 13. Cfr. anche il rifiuto del culto
7,9 ss.; G. WllS1'PHAJ~, leho haf-fomaim, <li Astnrte, 'regina del cielo', in Ier. 7,x8; 44,
Orientoliscbe Stttdien, NOldcke-Fl-stschrift IT r 7 s.
(1916) 7 19·728. :-o Cosl nnchc r R<'g. 8,30; ls. 63,15.
63 GoRDON, o.e. (-+ n. .56) C lossary 1709 (p.
264). n Jahvé sta nd tempio in I Reg. 8,12; 2 l{ei.
69 2 Rcg. 17,16; 21,3.5; 23>4 s.; Soph. 1,5; 19,l4.
ovpav6c; n 2 (G. von Rad) (v,506) r418
cale dell'Odentc antico di cui parlam- piC1 vetusta fccle in Jahvé, che distin-
mo), nella reologia deuccronomiscica ri- gueva fra il luogo di abitazione del dio
scontriamo invece lo sforzo evidente di da quello della sua apparizione, ha of-
risolvere il conrrasto fra la natura so- ferto al Deuteronomista il materiale per
pramondana di Jahvé e il suo legame le sue concezioni teologiche. La novità
con Israele precisando teologicamente della scuola deu tcronomistica non con-
questo rapporto. Per questa scuola teo- siste quindi nell'attribuire a Jahvé l'a-
logica è fondamentale concepire il cie- bitnione in cielo, ma nel fatto d'inizia-
lo come abitazione di Jahvé. E sotto la re una decisa azione di chiarificazione
pressione di questo concetto, applicato teologica. Un altro problema è stabilire
ora molto più rigorosamente, che si fino a che punto la detta distinzione di·
reinterpreta, per es., il racconto antico venisse praticamente un patrimonio in-
della rivelazione del Sinai: Dio non ha teriore comune alla grnnde moltitudine
parlato dalla montagna (come afferma partecipante al culto. Nei testi a nostra
ancora l'El.ohista in Ex. 19,20), ma dal disposizione essa costituisce comunque
cielo n E quando l'individuo o la co- un fot to determinante; infatti, oltre che
m~rnità alzano la voce nella preghiera, nell'ampia cerchia della letteratura deu-
«Dio li ascolta dal cielo». Con questo teronomistica (incluse le elaborazioni
rilievo posto sulla distanza di .Jahvé dal- deuteronomistiche ), essa è penetrata an-
la terra è intimamente legata la conce- che nella grande opera storica cronisti-
zione dcl rapporto di Jahvé col luogo ca. E anche la menzione estremamente
di cu lto: Dio ha posto Ulm) il suo no- varia del nome di .Jahvé nella lirica cul-
me in quel luogo per farvelo abitare tuale seriore, pur avendo riassunto for-
(/"sakkèn) (- > col. 720) n_ Però non si me molto popolari, dev'essere conside-
dovrebbe rnvvisare in questo teologu- rata una conseguenza dell'iniziativa teo-
mcno SLÙ luogo di culto una rottura col logica deuteronomistica 75. Nella prassi
concetto di abitazione, ma pÌllttosto quotidiana del culto, e soprattutto nel-
una indsiva spiritualizzazione teologica la profezia, molto più che all'abitazione
di esso; infotti il nome di Jahvé è in di Jahvé l'interesse dovette certo rivol-
certo senso una parte di lui, cioè l'a- gersi alle sue apparizioni, all'estensione
spetto di lui rivolto agli uomini nella del suo potere e cosi via. Per esempio,
rivelazione (~ col. 7 2 3) 74 . Ovviamen- Ezechiele vede il crono mobile di Jahvé
te quell'antichissima idea, estranea alla (Jahvé sul riiqlii ', 1,2 5) provenire diret-
n Deut. 4,36. Secondo .J E Jnhvé scende sul 14 O. GRETHF.R, Name und \V ort Goltes im
Sinai in Ex. t9,11.18.20, A.T., 7.A \V/ lkih. 64 (t934) 1-58.
75 Una srarisrica completa dei testi si trova in
ramente dalla trascendenza («i cicli si J3 s.; dr. Ps. 10,4). Anche l'Ecclesiastc
aprono», r ,1 ), ma poi tutto il suo mes- non è lontano da questa pericolosa con·
saggio profccico si occupa esclusivamen- cezione deistica quando ammonisce:
te d'un J ahvé manifesto e presente, «Dio è in ciclo e tu sei sulla terra, per·
cioè intento all'azione verso Israele e gli ciò...» (Ecci. 5,1; Ps. u5,6). Però que-
altri popoli. Proprio perché il problema sti pensieri restano al margine della vi-
non riguarda tanto l'abitazione, quanto sione di fede dell'A.T. Se è vero che
il campo d'az.ione e di dominio di Jah- nel periodo post-esilico divenne sempre
vé, anche il Deuteronomista è costretto più ferma la convinzione che il cielo
a clire che «Jahvé solo è Dio, lassi:1 in fosse il luogo dove abitava Jahvé, è an-
cielo e quaggiù sulla terra» (Deut.4,39; che vero che a questa concezione era
ro ,14) e che «i cicli e il ciclo dei cieli quasi sempre congiun ra la fede nella
non basrnno a contenerlo» ( r Reg. 8, potente azione di lui su questa terra.
27 ). Quest'idea cosl ricca di tensioni è Può se;vire di esempio Daniele, il qua-
bene espressa in Ps. 113,5s.: Jahvé è le impiega bensl la dizione «Dio del
colui «che troneggia lassù in alco e cielo», sorta nell'epoca persiana, rna con
guarda quaggiù in basso e solleva il mi- essa intende confessare quel Dio che
sero dalla poi vere» 76 • decide i destini degli imperi terreni e
Ma in tempi di persecuzione veniva realizza i suoi piani sul mondo con per-
meno la certezza consolatrice della con- fetto dominio della storia n.
tinua presenza attiva di Jalwé in que-
sto mondo. E allora ci si lamentava che 3. Il cielo come luogo di salvezza
egli si fosse avvoho impenetrabilmente Una volta che - pur sapendo del1'11-
nelle nubi (Lmn. 3.44) e lo si pregava zione divina sulla terra - ci si era ahi·
di aprirsi una breccia in cielo e di scen- LU aii a considerare il cielo come il 1uo-
dere giù (ls. 63,r9); rnlvolta sembra go speciale della presenza di J ahvé, era
prevalere un certo scetticismo; cosl, se- naturale rappresentarselo come fonte
condo Elifaz, Giobbe penserebbe che d'ogni benedizione (Ge11. 49,25; Deut.
Dio non possa far valere il suo giudizio 33,13; I Reg. 8,n), come sede della vi-
oltre l'involucro delle nubi che lo sepa- ta eterna inaccessibile all'uomo e addi-
rano dagli uomini: «Le nuvole lo av· rittura come il luogo in cui la salvez:la
volgono, per cui non vede, ed egli pas· preparata da Dio esiste ancor prima
sesgia per la cerchia dei cieli!» (lob 22, della sua reali:r.7.azione sulla terra.
76Però è eccezionale l'affermazione di Ps. non quindi come appos1Z1one di Juhvé (cfr.
r)9,8 che Jahvé è presente anC'he nella shcol. Gc11. 24,3.7: jhwh '~/ohe baJ.M111ajim), ricorre
le prime volte in Esdr. , ,n s.; 6.9 s.; 7,12.21.
n L'uso di 'eia~ s'maiiii' come nome di Dio, 23; 0 1111. 2, 18 s. 28.3744 .
oùp<n16ç B 3 (G. ,·on l(,1ol 1
Su queste idee hanno ovviamente in- molin rari, procede Ps. rr9,89; qui in-
fluito le singolari crcd~n,..c dell'antico fatti si parla della parola della salve:r.-
Oriente sulla preesistc1w~1 t·clcste d'ogni
za, eh..: è valida per tutta la comu ni t~:
reoltil terrena. Dominava «la convinzio-
ne che, secondo b lc!(gc di corrispon- «Eterna è, Jahvé, la tua parola ; e~sa ha
deo,-.a del macrocosmo col microcosmo, la sua sede in cielo ». Uo concetto mol-
gli esemplari di nttti i paesi, fiumi, cit-
to simile traspare in Ps. 89,3: «In eter-
tà e templi esistessero in ceree coscella-
zioni dcl ciclo, per cui queste cose ter- no fu stabilita in cielo la grazia, la tua
restri sarebbero soltanro copie di quei fedeltà fu in esso fondata» ez. Se queste
modelli celesti» is, Questa co1·rispondcn- enunciazioni dossologiche in forma d'iJ)-
za, «secondo cui ciò che sta in basso è
solo copia di ciò che sta in alto» 79 , è no non pe rmettono u na determinazione
attestata, per esempio, nelle iscrizion i c- esatta de l loro sign ifìcato teologico, tro-
diii dei re di Sidone Bodastarc ed Esmu- vi:imo invece espressa in modo chia ris-
nazar, ne lle quali Jmm rmm («cielo al-
simo la loro idea nella tradizione sacer-
to») e Jmm 'drm («ciclo splendiJo») so-
no termini usati per inJicare quartieri dotale della tabnit, il modello celeste
della città. La Sidone terrena è solo co- del tabernacolo terreno che Dio mostrò
pia di quelln esemplare, che trovasi in
a Mosé sul monte Sinai (Ex. 5,9-40).
cielo 80 • Ma questa cosmologia specula-
tiva era evidentemente estranea alla fe- Infine bisognerebbe pensare anche a
de jahvistica più antica. Se ne ri scontra Ez.2,x ss., do\'e si parla del rotolo scrit·
un certo influsso soltanto negli scritti to già preesistente in cielo, o a ls. 34,
marcatamente tardivi.
5 8J.
Già il concetto del rapimento in cie- In questo contesto bisogna menzio-
lo(~ ~wi) III, coli. 1407 s.) denota una nare anche la visione notturna di Zac-
certa affinità con le idee accennate. Per caria. Nella prima e nell'ultima visione
esempio, El it1 sale al cielo in un turbine egli vede la porta del cielo, cioè i due
tempestoso ( 2 Reg. 2 ,r x). Dovunque monti dove il ciclo e la tcrrn si tocca-
l'A.T. p.u-la di rapimenti suppone sem- no. Qui ritornano alla sera i me5$'1gge-
pre l'esistenza di spazi vitali celesti in ri di Dio e di qui partono al mattino
cui l'uomo, sotrratto alla morte, è rra- per eseguire gli atti salvifici da Dio
sfcrito in uno stato di permanente vici- preordinati. Il contenuto che corrispon-
nania a Dio 31 • Oltre queste raffigura- de a guestc visioni - ricevute in una
zioni, che trattano solo di cas i singoli notte sola, fra il ritorno e la partenza
*
7 Me1sSNER, o.e.(-+ n. 50) 110. 426-437.
19 Ml.1SSNliR, 0.(. (-+ n. 50) i o7, siÈ rne~lio l<:ggere coi LXX: haISimtajim. Sul·
11(1 O. Etssr·HDT, Ras Scbamra 1<11tl Sam:hrm· l'interpretazione dr. B. DuHM, Dic Psalmen'
ja/011 (1939) 62-66.109-127. (1922), ad I.
11 Cen. ,,24; m•
anche Pt. 73,24. Cfr. G.v. 8l Sul 'libro celeste' dr. G. \XlrnENGREN, Lite-
RAP, 'Gerecbrixkeit' 1111d 'Lebe,,· 111 J1·r Kult· rary a11d psycbolagica/ aspects o/ the bcbrcw
sprachc tler Ps., in: Festschr. Bertholct (1950) propbcts ( 1948) 74 s.
ovp'lvbç H 3 (G. von Radl
!IlAnche in Z11cb. 1,8, in corrispondenza con nuto, un'unità originaria con la 'visione degli
Zacb. 6, 1 , si deve leggere barim inYCCè di animali' (D11n. 7,1-8.11-12). M. NoTH, Zur
h4darsim. Sull'insieme della visione r.onurna Komposition des Buches Da.: ThStKr 98/99
dr. F. l loRST in TH. H. RoBINSON·F. lJORST, (1926) 144-1~3. Sulle ''arie derivazioni dd 'ti-
Die Zwiil/ k/einm Prophete11 "" Handbuch glio dell'uomo' da fonti egiziane, babilonesi,
z. A.T. I 14 ( t938). iraniche e perfino indoiraniche o dall'in1erno
dell'A.T. cfr. la rassegna di W. STAEJUt, Dit
3l Cfr. il lavoro di A. BENT"lEN, MeHùa-Alo- Er/Oscrcrwar11111g in dm ortlicben Rtligionen
ses rediviv111·Mmscbemob11 ( r948) 72·74. (t938) 422-43,; W. BAUMGARTNU, Ein Vier·
86 La 'visione dcl trono' in D<1n.7,9.10.t3 leliabrhundert Daniel/orrchung: ThR N.F. I l
non cos1i1uise1:, quanto allu storia del conte- ( 1939) ir7·222.
oup1tvoc; C r t (H. Tmuhl
11 Similmente Is. 13,13; 344; ,0,3; loel J,3 Atythos?: ZII W .51 (1933) u.
s.; Ag. 2,6.2r ; Ps. 102.265$. Sulla line dcl
mondo nel meS$auio <lc.-i profeù cfr. E. SEL· "' Testo edito da H. BAUER: Archiv fiir
UN, Der at.licbe Propheiismus (1912) 122; Orieotforschung (1932) 8,1-16. Cft. 011che J.
\V/. STAERK, Z11 H4b. r,5-11. Gcscbicbte oder HteMPEL: ZAW N.F. 9 (1932) 182.
deriva ccrt:imeme dalla formula stcn.'<>- che Dio (in quanto creatort> c1_.1 1·i.-l11
tipa <Ù 7tC:'tHVà (opvta) <OÙ OUpQ'.VOV. rhc di lii governa il moado) c il n_.1., ,i
{_?tu.:st 'a!lgiunta è invece dcl tutto nuo- convengono a vicenda ha da1n ""'"''io·
V3 in Os. 2,r4 (cfr. T.M. v. u); Ez. lll' ad 11ggiunte di OÌJpa.voç :ti ll'Sltl o t·i-
34,J (cod. A); .3 Baç. n ,24"' (dr. 14, ginario. Cosl .faddaj in P.r. 9 1 . 1 i- reso
II). In ripetizioni mancanti nel resto con O l)Eòç "tOV ovpavoii. Qucst:l di~.ionc
masoretico ovpavòc; ricorre in Gen. t ,y; Ji\'entò il n ome di Dio più espressivo
Deut. _5,14 (cod. B, secondo Ex. 20,11 ); dcl g iud3ismo ellenistico, cf r. 2 Ecrop.
!oh 1,6 (cod. A, secondo 1,7). 1,2; 5,rr s.; 6,9 s.; e Sfl<»so in esso era
b) La conc.retizzazionc del senso d i implicirn e concepita trasccmlcntalmcn·
'soprn ' o 'a lte7.za' è uo :ilrro motivo per te fo co9fessione d 'un Dio creatore e si-
nggiungere ovpav6c; o pe r usarlo quale gnore dd mondo. In ls. l4,'3 111im-
traduzio ne cli concetti piti generici del ma'al l' knk'hé-'èl («al ài sopra delle stel-
cesto originado. Co:;ì in Ao.v. r 2,J, le di Dio») diventa nei LXX: tn&.vw
LXX, horàqta' è tradotto con <oii ovpa:- <1'.0v li.cr"tpvJV '\"OV ovpa.voii («al di sopra
v:iu ( invece in Thcod. con 'Toii C1<epEw- delle stelle dcl cielo» ) ed in lob 22 ,26
µa<o.;). f s. 8,21 legge Ei.ç "tÒV ovpa:vÒv 'd -'el/Jaf, («verso Dio») diventa Et.;, '\"Òv
èivw per /<ma'/a; II. 2.1,18 Èx <où ov- ovpa:vO'J («Verso il cielo»). Si può rav-
pa:vov per mimmàr/)m e ls. 24,2 1 È.7tL visare in queste dizioni un'anticipazio-
<ÒV XOa!~OV 't'CV oupavov per bammiJ- ne - benché non ancora fondata dog-
rom 'al-(ba' hnm;n(/rom; dr. l'aggiunta maticame nte - della successiva sostitu-
in 13 ,l o). In ls. 38,q lammàrom è re- zione dcl nome di Dio con quello del
so COn Elç 'tÒ V\)loç <OÙ OVp<X.VOV. cielo (1i\.Cach.4,10 ; 12,15; 2Mach. 7,
Similmen te la terra è intesa in con- 1 r ecc. - > iv, coli. 394 s.). Qualcosa di
creto come luogo della storia umana, simile si può dire deJ trapasso di bas·
specialmente in Giobbe, e designata ·~ Ia!Jaq in Èv oupavQ (~88(89),38). In·
ù~'oùpavov (yij); cosl è tradotto 'cr1ts vece possono essere stati motivi dogma-
in lob (1,7); 2.2; 9,6; 18,4; 38,1 8 .24·. tici a suggerire di tradurre, in Ex. 1 9,3
33; 42 ,15, e bti.Mt in lob 5,10 (ét.;i;o- (cod . B), che Dio chiama Mosè non
O«ÉÀÀov<cx VOWp Èm "tTJV Ù1t 'ovpuv6v ), «dalla montagna» , ma ÈX <Oii OVpO'.'llOV,
tebei in lob 34,x 3 e Prov. 8,26; t'hom per salvare la trascendenza divina. In
in Prov. ll,28 (il mare su cui la terra è Os. l3.4 è stato aggiunto ò ÌÌE6ç aov
colloca tu); in lob 9, 13 'oi.ré riJhab è C7'tEpEWV oupavòv X'\"À.. 89 (cfr. ijJ 32,6; Is.
reso con xi}-rr1 -.à ù-;r'ovpa.v6v (è un'ag- 45.12) e al giuramento di Deut. 8,19 è
giunta?). Queste formule non corri- stato aggiunto '\"OV 'TE ovpetvòv xaì «f)\I
spondono pçrò :i un modo di esprimer- "(ijv (dr. Druq,26; 30,r9; 31,28). Al-
si e di pensare proprio dei LXX, ma tre aggiunre, in cui si rispecchia la pre-
piuttosto n modi di dire esis tenti nel te- ferenza elleni.;tica per la designazio ne
sto maso reti~o; cfr. Eccl. 1,1 3; 2,3; 3, «Dio del cielo» o «Dio nel cielo», ricor-
r; lob 28,2 4 ; 3i,3; 41,3 ; si ha però an· rono in 3 D1IC1.8 ,53': Èv ovpo:vQ xÌJpLoç;
che Jem h in luogo di samnjim in Ecrl. in À<X.\I. 3,17: Ì)c.Ò-; Év ovpavo~ç; 9,3
r ,3.9.14; 2, 1 r e passim . (Thcod., cod. A): i)EÒ'll "tOV ovpa.vou.
e) Infine anche la credenza dcll'A .T.
" Cfr. I~ Jcfinizione oui;a.'16'; = anplc.Jl.tO: losopborum 2,11 (11 888 b): o..ttpéµ111.ov ... -ròv
di Ge11. r ,8 <'On 1,14: Èv -ri;> <f't'P'Wµa-rt -roV 0Vpa.'J6V.
oupu.vou. Si veda anche Plut., de p/acitis phi·
1-t·"' ( v.510) ~'·r·"-v6ç (H. Traub)
90Singolare è che qui, ~r in<licare il luogo 92 La grnndC?.za delle distanze cdcsti è dc·
da cui proviene la aoq>ia, ~i dica: ~ ciy{wv scri1t:t concre1amentc nel t3rdo giuc.lais1no;
oùpa'.IWv. Ber.9,13 a: «R. Levi (verso il 300 d.C.) ht1
deao: Da llu I.etra al lì rmamcrn.o c'è una via
91 Un confronio di Sap. 18.15 con il v. J6 po- lun1w 500 ~nni e da un li.rr.1amcnro ~fl'altro
trebbe far concludere che il siogolue dcl v. (che imieme sono scue) c'è pure uM distnnz.~
16 serva a indicare il firmnmcnto in quanro cli 500 anni di ~•mmiao, e anche lo spcss.>rc
margine degli spazi cel<>sti, a loro volrn im- di ciascun firmamento è un Cdn•mino di ~oo
maginati e indica li al plurale nel v. 1~; cfr. anni» (STRACK-l311.~lllrnE<:K J 4 5 1). La stessn ;.
asi:. Jr. 7. Nel libro della Sapienza, scritto ori- dco, nttribuita • R. b. Johanan b. Zakkai (t vcr-
&inariamente in greco, oùpet.vé~ è usato nl plu- sn 1'80 d .C.), si trova in llag. q a (v. Snt.ci:.
rale in metà dei casi. 131 LLERBECK I 606.975 ) .
r.ur (v .~11) ovpav6ç Cli (IL Traub)
no di sua Maestà. Vidi <111gcli innume- infedele :1 Di<><: al patto ( cfr. Le. l 5, r 8 ).
revoli, migliaia di migliaia e miriadi d i Più ta rdi J1imajim fu sostituito in questa
miriadi, circondare quella casa. Miche- funzione da hmnmaqom, luogo (santo).
le, Gabriele, Raffaci<.: e Fanuele e i san- e) Per la fine dei tempi è attesa una
ti angeli che si trovano su nei cieli e- 'nuova crea7.ione'. Da u na parte q uesta
scono ed e ntrano in 4uclla casa. Da es- è concepita come una specie di trasfigu-
sa uscirono Michele, Gabriele, Raffaele razione della creazione antica che non
e Fanuele e molti, innumerevoli angeli ne tocca la natura: «Quando il cielo e
santi. E con essi venne l'Anziano; il la terra e tutte le loro creature saranno
suo capo era bianco e puro come lana e rinnovate (a nuova vita), come anche le
!:i sua veste indescrivibile. E allora io potenze celesti e tutto il creato terre-
caddi sulla mia faccia ...». Si veda poi, stre», lub. r ,29; quando «io trasforme-
in Hen. 14,9-23, la descrizione del cie- rò ( = trasfigurerò) il cielo», Hen. 4 5, r.
lo tutto di fuoco, a dimostrare che La fine del cielo viene esclusa esplicita-
«non sono in grado di descdvere in nes- mente i.n Tg. f. I a Deut. 3 2,1; simil·
sun modo la sua magnificenza e gran- mente in Lev. r. 29 (r27 c). D 'altra par-
dezza» (v. 16) 100• Si pensava che la di- te si parla pure di una creazione nuova
stanza fra i singoli firmamenti (e la loro in senso stretto, cioè dopo la distruzio-
larghezza) equivalesse a «un cammino ne torale del cosmo antico : «li primo
di 500 anni» JOI. Essa veniva usata ad cielo spa rirà e perirà; apparirà un cielo
indicare la separazione assoluta, per es. nuovo e tutte le potenze celesti (cioè le
fra l'uomo e la donna (Ned. 11,12). stelle, Is. 30,26) risplenderanno sette
b) Nell'interpretazione rabbinica del volte di piì.1 e per sempre>> (H en. 91,
2° comandamento, Jamajim è usato per 16) ll)J
indicare Dio ( ~ col. 142 5) •Il!. Le locu· d) Le stelle, tba' hassamaim, «arma-
zioni più frequenti sono: vzalkut sii- tadel cielo» (ls. 34,4), diventano héle
majim, governo di D io; more' samajim, 1•majjrl 1, cioè angeli in T g. Ps. 96,r I.
timor di Dio (Ab. 1,3); k•b(u] J., gloria
di Dio (J3er. r3a); bide, J., nelle mani D. IL NUOVO TESTAMENTO
di. Dio (Ber. 33b), sern s.,
nome di Dio Il termine ricoHe nel N.T. 284 volte
(Ab. 4,4.u); t<1è't {de .f., uscire dalla (di cui 94 al plurale); 84 '°'in Mt.
mano di Dio (sci. esser giustificato), (plur . .58) 1<<5; 37 in Le. (pl. .5) 11>\ 26 in
B.M. 37 a; ibid. ra' laSS. w' ra' labb•rit, Act. (pi. 2); 54 in Apoc. (pi. 1) 101 ; II
in lfrbr. (pi. 8 ); 6 in 2 Pt>tr. (pi. 5 ); IO 1tGt'tTJP 11ou (uou, ùµWv, i)µWv solo in 6,
nelle lettere paoline ( plur. 3 o 4 con 2 9) Ò tv 'tO~ç ovpczvo&; ( [ 5 voh c) 111 (in
Cor. 12,2), cioè relativamente d i rado; Marco 2 volte) 111 e ii ~runÀE.'.a -rwv
9 in Eph. e Col. (pi. 8 ) •0o1. Non ricorre ovpavwv ( 32 volte) m, che si trova sol-
in I e 2 Tim., Tit., Phi/111., r 109, 2 e; Io. tanto in Matteo rn ( ~ u, coli. r8r ss.).
Il plurnle manca in tutti i 19 passi che In ambcclue le formu le l'uso del plura·
hanno il termine in Giovanni 110 ; è inve - le è un :.emitismo 11; . Si tratta invece di
ce frequente in Mt., Eph., Col., Hebr., ::i un vero plurale ~oprattutro nei testi
Peti'. Solo quando è al singolare il ter- soggetti all'influsso linguistico e ideolo-
mine è con giunto con v7t6, l'.wc;, &xp~ gico degli apocri!ì giudaici, degli scdrti
e quasi solo al singolare è unito a fa rabbin ici o della gnosi ellenistica 116•
(plur. in Mt. 3,17 par.; r Thess. l , to), Non è necessario ricorrere a quest'ulti-
àné (plur. in Hebr. 12,25) e a dc; (pluc ma p er spiegare l'uso del plurale in
Act. 2,34); solo al plurale è usato con Pao lo 117, lo è invece in Eph. 1 ,ro; 4 ,10;
mi e V1tEpa'JW. Nei sinottici ricorre 6,9; Col. 1,16.20; ma è molto dubbio
spesso al plurale con tv e nelle lettere in Hebr. 4,14; 7,26; 9,23. La formula
(con lv) sta se111pre al plurale (al sin~. iv ('ti;l, 'to~) ovp(J.v(i> (-o~) (avw) xat
in I Cor. 8,5 ). La frequenza in Matte<> tnL ( -r'ijç) yfjç (xa-rw) ua è di stampo
è dovuta all'impiego delle due formule: veterotestamentario e corrisponde all'u-
so dei LXX 119; ess:t ~~· 1 1·<: per dt:signarc re t·ome un ~ i noni mo di lu i (-'l> coli.
il 'mondo ' come un 1111w anche nella q33; 1.011 s,.). Non c'è forse un :;olo
letteratura rabbinici 1.".
passo Con oupa.vb<; in Cui 11011 traspaÌ:UHl
L'uso di ovpa.v6ç nel N.'J.'. è d e te rmi - ent rn llll )(• q ues te cara tterist iche: ovpa.-
nato sia dall a cos mo loi:ia dominante in véç in quanro nome divino implica un ~i
tutta l'antichità (sempre identica in so- gnilirnro cosmico e, viceversa, ovpavéc;
sta nza anche se v>1ria nei particolari), in <[llMl tO co ncetto cosmico implica u n
nella qu ale il ciclo era concepito come s igr•incato divino. Nel N .T., contin uan-
un'enorme cupola solida (immagin:ita do l'uso \'etcrotesramentario, ovpa.voç è
spesso dagli O rientali come una tenda inteso come b parte sup e riore " 1 e di -
r~ coll. 1474 s.; 1492) con su fissati gli re ttiva 122 d i quel tu t to che è designato
astri ), sia d alla concezione, ovvia per il quas i sempre 113 come oòpcx.vòç xcx.t yf) 11\
giudaismo, l'ellenismo e il protocristia- cioè dell'universo 125• P erò questa desi-
nesimo, secondo cui la di vinità s ra 'in gnazione no n ba il senso d 'una defini-
alto' e agisce 'dall'alto ': il cielo era ri- zione esaudente del mondo, che non è
te nuto ambito di D io, in guisa d a vale- ancora inteso come unità cosmologica:
/ac.1,17: tt'JwOEV con Mt.7,1 r: E'I 'l"Oi:ç oupa.- 12S Tà. ittl.V't'et non può essere t·o>nsidcr::tn un..i
vo~; l ac.3,1J: étvwi>tv-lr.!ytl.O<;; per tlvw dr. dizione nc..-otestamcncaria usuale per indicare
oupa.vòç li"w in Act. 2,19 (Apoc. 5,3, var.); l'u niverso. Essa è usata con ncctnrua:done va·
dr. i yw ix <twv ttvw tlµ ( (Io. 8,23) con àyw ria in Col . r,16.20; Epb. r, 10.u.23 (--. coll.
Etµ.... Èx 'to\i oilpavo\i (Io. 6,51); tlvw (lo. 144 7 s.). Si trova inoltre nell 'uso linguistico
IIAl) con oupa.v6ç (Io. 17,1 • p01sim}; -li St paolino, come in Rorn. u,36; 1 Cor. 8,6; m:t
&vtJ ' l cpovcra).Ti!1 (Gal. 4,26) con ' JipovO'a· anche in Hebr. 1 ,l , 2,10; Apoc. •P 1.
oùp<:<voc; D 1 (H. Traub)
126 Cfr. Aci. 17,24: ò noiljaaç -ròv x6c;µov gon ie corrispondenti in KNOPl', Petr., ad I. e
xai 7taV't(1. 'tÒ. tv ttv-ri;i, OV'toç ovpttvov xttl H. GuNKEL, Genesi.s' (1922) a r ,2 (102-107).
yi)c; ÙTt6.pxwv xUp1..oc;, dove J'eJlcnistico x60'- 129 \.i 1azioni implici te d i Ex. 20,n; ~ Eo'Sp.
µoç è defi nito conformemente all'A.T. con le r9,6; .V 145,6.
parole : ovpavòc; xa( yij. La scess:i definizione 1JO Citazioni implicite di Ge11. 14,19; I Eo'op.
è <lata a l xoc;µoç <li I Cor. 8,4, mediante l'c- 6 , 12; Bel. J·
llllOCiato del v. 5. ~ v, coli. 918 ss.; 922 s. m Il xvp•o<;, a cui ci si rivolge nella citazio-
127 Così PRJWSCHEN-BAUER, s.v. i . ne attribuendogli la creazione ( = ihwh ), è
ll8 :i Petr. 3,5 (oòptt'1ot i\uav ~xnaÀa• xo.t <rui Cristo; dr. Col. 1,16: tv a.v-r<!> (scii.
yfi il; ilott'to<; xaL o•'voa-roc; [ V'1r. 1n1El'.>1A<<- uù!> llEOV, V . 13) Ex't(O'lh} 'tÒ. 1ta'll't(1 ('t<Ì,
-roc;, seguendo Gen. 1,2 ) c;vvtu-rwatt -.i;i -ro;i codd. A C jl> ) f.v -ro«; ovpo;voi:c; xai (-.èt.,
&eov À.6y<iJ) non va addotto a sostegno d'una codd. A CS?D GJ htl 'tijç yijc;. €.v av-r<f> non
derivazione, pe rché qui l'accento è posto su designa Cristo in quanto creatore, ma in
-r~ -roii &Eov My~ e attesta l'origine del cie- quanto egli è •la possibilità in cu i ogni esi-
lo e della terra dalla porola creatrice, come stenza si fonda ... che 1rnsforma ' tu tto' nella
in Gcn. r o-wtu-rc;'xra, malgrado le difficoltà realtà dcl suo vero significato e si pone come
grammatical i e contro i code!. S e 'I' (che han· entelechia Ji ogni essere», Lo11MEYER, Kol.
no <TVVSO''tw"<a) e B (<TVVEO''tWO"I)<;) è la lezio- 56 s. Questo passo (come già l'uso della for-
ne giusrn e dev'essere t'Onsidcrata un'aurazio- mula tv-~n( dimostra) non fa propriamente
ne che abbraccia anche il plurale maschile parte delle enunciazioni sulla creazione, ma d i
ovpo,vol. L'idea cosmogonica dell'acqua in quelle che riguardano la salve7.za (->col. 1446)
quanto materia primordiale non è qui accen- e attesta l'interpretazione ncotcsiamcotaria
tuata e si riferisce al mare primordiale, d i coi della creuzic)ne quale 'fondamento esteriore'
parla Gen. 1,2.6. Ve<li i testi d i altre cosmo- della ckklesia .
de, in :1Jcmpirncnto della promessa pro- b) Non so lo la terra, ma con essa an-
fetica (ls. 65,17; 66,22 ~col i. 1425; che il t'iclo ha termine: ò ovpa,vòç xa.i
1434} la loro ri-crc11zione escatologi- ·h yi'jito:pEÀ.eucrov't'aL, «il cielo e la ter-
ca: ovpavÒv XGt ~VÒV xal yfjv Xr.tLv1}v , ra passeranno» (Mc. 13,31 par. 133
; dr.
«un cielo nuovo e una terr:i nuova» Apoc.21,1 ; Hcbr.12,26 [ = Ag. 2,6; dr.
(Apoc. 21,1); xawovç lit ovpavoùç xat V.21 ]'-"; l,Il s. [=o/ 101,27 s. ) 135 ); si-
yfjv xaLvl)v (2 Pclr. 3,1 3, cfr. ls. 65, milmente .2 Pctr. 3,10.12 136. Il cielo e
17; 66,22). L'attributo xawo<; (~ IV, la teua vengono riservati proprio per
coli. 1348 ss.} designa un atto creativo questa fine (2 Petr. 3 ,7) e ambedue do-
che esclude un'evoluzione. L'aggiunta vranno provare il terrore escatologico
di Petr. 3 ,I 3 : Èv orç OLJ';GtLOCTVVlJ xa-
2 della fuga davanti all'apparizione di Dio
't'OLXEi:, « in cui abita la giustizia», indica ( Apoc. 20,11) 117•
che anche il ciclo te mporaneo ora e~ i La natu rnlezza di q uesto annunzio,
stente è statO dev~srn10 dalla ò:lì Lx(a. rad icato nell'A.T. (~ coli. 1424s.} e
dell'uomo ed è quind i divenuco vecd1io giunco all'esagerazione ipertrofica nel-
( = TtpGnoç in Apoc.2 I ,r) ( ~ col.1454). l'apocali ttica giudaica (~ col. r 43 4 ), è
La nuova creazione è già compiuta in eviden te nel logio11 di Mt. 5,18 par. 138
Dio, cioè nella su:1 volon tà salvifica; Qui si vincola all'esis tenza <le i itpw-roç
perciò il veggente dell'Apocalisse può oupavéç e della TtpW-r'TJ yfj la validità
dire: dlìov, a 01i corrisponde in 2 Petr. del voµe<;, mentre in Mc. 13,3 r si met-
3, r 3: xa.-r<t -rò imiyyd,µa. a.v-rov 7tPOO'- 1e in (ilicvo che solo le parole di Gesù
lìoxw11tv, «aspettiamo secondo la sua non passeranno col passare del cielo e
132
promessa »; dr. Rom. 8,2r ss. Il com- della terra m Così l'esistenza J el cielo
pimento escatologico che si aspetta 11011 e della terrn arres tano all'uomo che egli
si estende quindi solrnnto al c ielo, ma, non può sfu&;ire all'esigenza avvolgen-
insieme con esso, anche alla 1erra. te dcl véµoç. La fine del cielo dimostra
132 In questa nuov~ crcnzi<.)ne 01anca il rnnrc. I n Apoc. 6,14 (ls. 34.4) la scompars11 dcl cic·
Nun esiste un mare 'nuovo' o un mare 'pri · lo t: co11ccpi10 come J'arrotolame1110 d 'un vo-
mo'. ma solo 'il' mare, al quale, in quanto Jc- lume scritto; però anche questo è inteso in
$ignnzione e abitazione delle potenze an1idi1•i- connessione con ciò cbe awiene sulla terra
nc (~a.v. 7,3; A poc. 13,1), non compete 3Jcun (<Tf1.<fiJ6.;) al V. 12.
posto nel compimento escatologico. ll6 Sono fmsc qui subentrati gli cri:oixEi<.t al
'" Mt. 24,35 è omesso dal coJ. S. posro dclh yf)? o è stata tralasciata la !erra?
ll4 Hcbr. ii,26 omeli e le due l1h imc J'"rti Cfr. \'. IO.
di llg. >,6 (LXX): xl).l i:'/iv M.),aaao.v ><"-l 1.17 Q ui ou;:;o.'16; è inserito in una ci iazione
'tT)v l;ripà.v. mentre congiunge le due prime, combinata <li y 1 13.7 e 3.
oVpa.vOç e yi), in modo più stt\.'tto 111ctli1ultc 138 Secondo Wi:LLUA\JSEN, Mt. ad I., il deno
oò ~ih'\IOv-aì..J..à
xal. di Le. 16,t7 i: :m~-or più drastico.
IJS Nel \'. 27 cdrTol = hén11nti """ <i limi1a 139 Cfr. S.:rnm.WINO, Mt. (N.T. Dcutsch}, ad
a oVpa\lol, 1na nJ1npn:ndc il cielo e 1.l 1<'t 11t. I.
ovpGtvi)ç DI (H. Traub)
che anch'esso, in quamo creatura 140, è come dimostra Gen. 24,3 (J) •~, e non
soggetto al giudizio di Dio, che è il Si- dipendere quindi da influssi persiani 1~.
Specialmen te nel presenle conresto con
gnore. Ma non sono le enunciazioni sul-
'ita:'CYJfl 1 ~ 7 essa no n in tende primaria-
la fine del cielo e della terra a costi- mente confessa re Dio come crea to re ,
tuire il contenuto specifico del keryg- ma come Dio dell'alleanza, Signore del
ma neotestamentario; esse costituisco- mondo e portatore di salvezza .... Diver-
sa accentuazione trovasi invece in Act.
no sempre e solo lo sfondo negativo del 17,24: Ò i>EÒ<; O 'ita~i'Jcrru:; 'tÒV XOCTµov
vero e proprio annunzio positivo di xaL 'it6.v-tc:t "CcX lv airt<ii, oihoc; oiipc:tvoii
ciò che è permanente "' e incrollabile x ai yi'jc; U1tapx<->V xupLO<;, .. a Dio che
ha creato il mondo e turco quello che
(Hebr.12,27) 14z o di ciò che è immi-
in esso si tcova, essendo il Signore del
nen te. cielo e della terra» (dr. ls. 42,5). Q ui
l'affermazione del D io domina1o re è u-
c) Cielo e tezra sottostanno del pari nita a quella del Dio creatore, se pur
al dominio di Dio; Gesù invoca Dio: non si fonda su di essa. Non rientra in
questo contesto Col. x, t6 (-+ n. lJI},
7tanp, xupu; -.oii oùpcxvoii xai -.Tjc; yiiç
che dev'essere spiegato insieme con
(Mt. u,25 par.) m. Eph. 1 ,10; lo stesso si dìca di Eph. 6,9
e Col. 'P (-+coli. 1446 s.).
Q uesta dizione, benché poco attesta-
ta ncU' A.T. 144, dovrebbe essere nn tica, Mt. ),34 "Y e Act. 7'49 - in accordo
140 Forse il plurale di 2 Pelr. ~ imende far ca. 2 Cbro11. 36,23; 2 Ecr/ip. 1,2; II ,5, v. GUNKEL,
pire che si <leve prendere il ciclo nel suo in- o.e. (-+ n. u8) a 24,3. I p:is~i citati da
sieme. cioè in tutte le sue zone. SnACK-811.LEllBllCK 1 607; 11 1;6 e da
141 Le parole di Gesti in i\lc. •},31, Cristo ScHLUTra, i\lt. 381 non corrispondono <lei
(xup~oç) in Hebr. 1,12•, il ìlpovoi; µÉya.<; À.EU- mcm. Ma vc<li STKACK·BILI.ERer.c:K r r 73. Si
x6ç in Apoc. :20,u. veda anche o xuptoç Toii oiipavoii xat -tiiç
14z I passi <li 2 Petr. 3 intendono attestare il r% in PREISENl>ANz, Zo11b. 1v 6.p.
ritorno di Cri sto; Apoc. 20,11 prepara 21,1 ; HS Cfr. S. Deul. 313 a 32,1 0 in STRAC:K·B ll.-
cosl a11che Lo11MEYl'.1t, Apk., ad I. LERDECK 1 173: «Prima che il padre nostro
14 l In Le. 10,21 le parole xaì ·dii; yfti; man- Abramo ve nisse nel mondo, Dio Crtl, in ceno
cano in P 45 e in Marçione. senso, sollnnto re deJ cielo, co111c è dello in
144Cfr. XUpt.OV -.òv ilEÒV -roii ovpavoù xo;t G<'ll. 24,;: 'Jahvé, il re dcl ddo'. Ma quM<lo
TÒv llEÒv Tftç yfiç in Ge11. 24,3.7, LXX (al v. il padre nos1ro Abr-Jm<> venne nel mondo, lo
7 i LXX aggiungono, ripetendo: xcr.L XTÀ..); foce re del ciclo e <lelb tena; vedi Gen.14,3•..
ò lCUPLO<; 'toii ovpavoii xaì. 'tliç yfiç in Tob. H6 Cfr. O. EissFEI.DT, Ba'al S11111e111 11111/ ]ah-
7,17 (co<ld. BA); dr. anche Flav. los., dnl. 4, ve: ZA W '7 (1939) r-3r.
40; Toii hoii Toù oùpavoii xo.ì tjç yiii; in 2 147 Cf.r. Sc111.A·1
·1·t:R, Mt., ad I.
Eo-op. 5,n; ò 0Eòç... OtO''l':O'tCl TWV ovpo.vwv 14$ Cosl anche BoussET·GRESSMANN 3t3; di-
xaì. -cfiç yljç in ltidilb9,12. Vedi anch~ 0eòç versamente LOllMEYER, o.e. (-+ n. 115) 77;
TO::i ovpavoii specialmente in !J.ocv. (LXX) 2, gli ~-sempi rabbinici di STRACK·BILLERDflCK I
44; 4,3r.H·37 o; (Theod.) 2,18.t!>; 1 E11op.). 173. secondo i quali Dio è detto signore e re
12; 6,9.10; ],l2.2I.2.J ; II,4; 12,4.20; cfr. del mondo in quanto creatore, non rosi itui-
Tob. 8,5 (cod. S); zo,ir. xvp<oç ..:oii oòpavoii srono dci paralleli, perché vi mallC".i il riferi-
in .60.v. (LXX) 2,37; 4 ,17; Tob. 6,18 (cod. S); mento a -+ no."fl19.
IO,:r3. XVP<O<; ilEÒ<; 'TOU ovpavoii in Ion. 1,9; H9 Cfr. fac. s.u e Mt. 23,u, dove Gesù fa
tJ.a:v. 4,33a.37b; (Theod.) 5,23; 9.} (cod. A); osservare. contro la casistica farisaici, che chi
oùçav6ç D 1 (H . T raub)
con ls. 66,1 - indicano il ciclo e la ter- l'uso della formula: ... tv (-c(ji, 'foi:ç) ov-
ra come luoghi in cui domina il potere pa:vQ (-oi:ç) -È'ltt ('fijç) yi'jç •~. Questa
assoluto di Dio. Questo dominio si ri- formula può servire anzitutto come sin-
vela con la venuta del Figlio dell'uomo tesi dcl cielo e della terra. Ciò avviene
fra gli elcrù duniti tx -cwv ·mrcriipc.>V in Eph. t ,IO e Col. 1,16.20.
&.vɵwv cbt'iixpov yi'jç i!wç iixpou oupa.- Qui la formula è aggiunta a -+ -cà
vo\i, «dai quattro venti, dall'estremità 7tav-ca. m per confermare il carattere e-
saustivo e comprensivo. L'espressione
della terra fino all'estremità del cielo» pleroforica non è dovuta soltanto allo
(Alc. t3,27). stile ionico-liturgico di questi passi, ma
Si tratta di una combinazione di tre anche all'intenzione di concretizzare -cà.
dizioni frequenti: Zach. 2,10: ix -cwv 1t6.v-.a.. Ciò è chiaro specialmente in
-cwcriipwv à.vsµwv; Deut. 13,8; 28,64; Col. r , t 6, dove alla descrizione spazia-
ls. 5,26 e passim: ò:it'iixpou 'tjjç yi'jç; le dcl tutto (= 'tà miv-ca.) la nostra for-
Deut. 4,32; 30,4: Ewç &.xpov 'tOii oupa.- mula fo seguire una descrizione 'sostan-
voii. Conforme ai passi dell' A.T. e an- :zia1e' t51, il cui interesse è rivolto ovvia-
che a Mt. i4,31: à.n'iixpwv oupa.vwv mente alla serie che segue 'tÒ: O:opa:m
f'.w.; ( -cwv) iixpwv a.u-r:wv, ci si sarebbe (-+ 370,10 ss.): 11.tn l>pbvoL x-r>... Forse
am:so, anche in Marco, o due volte il rutta la serie - ma in ogni caso -e~ ab-
cielo o due volte la terra, ma, essendo pa-.a - si riferisce a f.v 'TO~ ovpavoi:ç.
chiaro che la dizione di Marco è voluta- L'attribuzione dell'invisibilità al cielo si
mente paradossale 150, essa può soltanto riallaccia 3 quella sua funzione creatura-
esprimere marcatamente l'universalità lc che consiste nel nascondere e velare
cosmica di quella riunione degli eletti. (-+ coll.1464 s.) iss. Sotto l'ioflusso gno-
L'estremità delb terra coincide coll'e- stico (-+ coll.1402s.), questi cieli di Col.
stremità del cielo 151 . ed Eph. sono considerati pieni di poten-
ze demoniache che asserviscono gli uo-
cl ) Coll'evento salvifico in Gesù Cri-
mini e il loro destino; cfr. Eph. 1 ,20-
sto il cielo e la terra entrano fra di lo- 23. L'universo cosl concreùzzato è in-
ro i11 un nuovo rapporto, espresso dal- teso (tre volte) da Col. 1,16s. partendo
giura p~r il cielo sollecita Dio •tesso (--> col. oùpavoU r.'cxi"t'W\I; con inversione di termini
10,). in cher. 99; vedi anche Hen. ro4,2 .6.
LlO In questo punto la tradizione è concorde. ix -+ on. u8. 1 t9 ; su Hebr. 12,2;s: bì yij.;-
Solo alcuni manoscritti insignificanti hanno <in'oùpctvoi:i -+ col. 1484.
posto al plurale li;cpou e oùpavou, seguendo m Cfr. Lo11MEvE1, Kol. 57, n. 4 .
Matteo. t;.t Cfr. LoHMl?YEk, Kol. ;s7, il quole, ibid.,
tst Di altro parere, e per ragioni imponatlli, contraddicendosi dice pure: di concetto del-
è LouMEYER, Mk. 279: «...come se nli eletti runiverso è definito solo con una formulo giu-
dovessero essere riuniti sulla cima llc11a tC(·
1
daic-0 imprecisa, in cui il cielo e la terrn espri-
ra', cioè nel centro sacro e sublime della ter- mono J'ide3 d'un ordine spaziale».
ra, e di lii veni r coodorti su l pu1110 più alto JSS L'inizio dell'evento escatologico si ll\Jlnife-
del cielo, dove Dio troneggia•. CTr. però ass. sta con la ro11ura di quesro ordine, cfr. Aci.
Afor. 10,ll : «Tu ... o Israele, salirai sul collo 7,55 ; 2 Cor. t 2,2 ss.; Apoc. 4 ,1; 12,1 .7; 15,1;
e sulle ali dell'aquila ... e Dio ti innalzerà fa. 21, 1 -+ col. 1481 ; sul cielo apeno -+ coli.
ccodoti librare nel cielo stellato...», e Philo, 1483 ss.; cfr. Lo11Mll\'ER, Kol. 54, n. l . Si noti
migr. Abr. 18r: &.r.ò rii.; lux&.'twv liXPV. che il passo è stato assunto nel Credo niceno.
ovpav6<; Di (H. Trnubl
sempre e rigorosamen te da Cristo. An- (codd. AC: EV ) 'tO~ç ovpa.vo~ç xa.t -.IX
ch.: !'asserzione: EX."t(<1ih1 "tà. 7tcbm:i. lv EitL -.i)ç yijc;, «tutte le cose in Cristo,
"tOÌ:<; ovpa.voi:<; x.a.t l7tt "tij<; ylj<;, «tutte quelle nej cieli e quelle sulla terra».
le cose sono srnte create nei cieli e sul-
la tena» (Col . 1, i 6) 156 - premettendo Tutto ciò che esiste in cielo (vedine la
bruscameme Év m'.mi) (cioè Èv 'h1<1où concretizzazione al v. 2 l) e sulla terra,
Xpv.:r-.Q) - vuole che la creazione sia è ' ricapitolato' come un corpo il cui ca-
intesa partendo dalla storia della salvez·
za (cfr. V. 16" : 't<Ì, miV'ta. OV'a.>'.rtOÙ XCd po è Cristo (dr. v. 22 ) , per cui anche
dç. o:ò-.òv EX'tLO-'ta.L, «tutte le cose sono qui i:à 7taV'tet -.à. E-rtt xi:À. serve a de-
state create per mezzo di lui e per finire il mondo di Cristo.
lui»). Tutto ciò c he sta in cielo e sulla
terra fonda fin dall'inizio la sua possibi- Secondo I Cor. 81 5 s . gli i}Eot 7toÀ.À.ot
li tà di esistere «in lui», per mezzo del Xa.L XUp~OL 7tOÀ.Àot... E('tE ÈV OÌJpetVi{>
quale - e in ciò sta il con testo preciso
del passo - viene senz'altro rea lizzata ehE È7tL yljç., «Ì molti dèi e i molti si-
l'opera della co nciliazione e della pace gnori... sia in cielo sia sulla terra», in
per l 'universo: «Tutto, in cielo e sulla base alia loro genesi ed entelechia, cioè
terra, è incluso nella (sua) o pera di pa-
ce e di riconciliazione» (Col. 1,20) 1 ~7 . iu base alla storia della salvezza, risul-
tano «per noi», al cospetto dell'unico
-.à. 7tciv-.a. Èv -.oi:ç. oòpo:vo~c; xa.t È7tt Dio e unico Signore, semplicemente À.E·
'tlJS yljc; designa in questi passi l'uni· y6µevoL, cioè degli esseri sprovvisti di
verso in Cristo. Proprio per questo la vera realcà. Ciò che esiste in ciclo e sul-
formula serve a definire il concetto di la terra è per noi determinato dall'uni·
crw1.ta. (Col. 1 ,18): «T utto in cielo e sul- co Dio e Signore. Non si dà altra de-
la terra» è un corpo di cui Cristo è il terminazione per ciò che esiste «in cie-
capo i.Ili. Le stesse idee, e in modo simi- lo e sulla terra». In Eph. 3,15 i cieli e
le, sono espresse in Eph. 1,10, dove il la terra sono concepiti come luoghi in
mistero della volontà salvifica divina cui possono esistere 'genera;doni '. La
consiste nel riassu mere come in un ca- loro origine non vien fondata semplice-
po -.&. 7tciv-.o: tv -.<{) XpL<1-.iiJ, -.<X è7tt mente in D io o nel Crc:ttore, ma, aC·
1~ I codd. AC Sl' leggono -rèt prima d i iv l49: «Solo perché questa pace fra 'i l sopra e
-coiç ovpa.voiç e i c-odd. ACS?DG pongono il sotco, il mondo celeste e quello terrestre' è
un i:èt prima di btt i:ijç y-ijç. stata stabilita una volta in Cristo e permane
157 LOllMF.YER, Kol., ad l. (68). i'. sintomatico in eterno, cioè perché essa è un solo corpo,
che nei sei ven;i di Col. r ,15-20 il termine itiiç il credente è stato chiamato alla pace in un
sia usato otto volte, di c:ui sette al neurro; corpo solo». Cfr. ibid. r44 a Col. 3 ,l2 . Si ve-
cfr. Epb. 1,21-23 , dO\'C ricorre 6 volt.e. Però da invece in P. Leid. \VI 17,23 ss. (11 141), in
in entrambe le pericopi il conce tto centrale è una preghiera ti9olta a Serapide: <Ii oùpa.vòç
quello del <rwµa. XEq>aÀi), al&-Y)p lìè <rwµa, yij o~ 1'6St<;, 'tÒ Sè
l53 Così, per es., LOHMEYf.R, Kol. 68; ibid.: ntpL O'È uowp... Ò étya&olì<Z((.lW\I. <1Ù Et Ò
« ... 'tutto' il corpo ... la comunità, il corpo di wx~o:v6<;, Ò yevvwv étyal}èi. xat -tpÉq>WV ffI\I
quest0 eone, che fa crollare l'an ti.co caos»; o(xovµÉv71v.
oùpa•;o<; D 1 (H. Trnuh)
centunnJo l'cvc1110 della salvezza, nel ra sotto l\:v<·mo della salvezza in Gesù
Pa<lre di Gesì1 Crisw, is
o\i 7tMa. mx- Cristo si1:nifie:\ che «in cielo e sulla ter.
-.p~cX iv oùi;avo~c;
•s9 xat Ènt yijc; ovop.0:- ra» non c'è piL1 nessuna potenza indi-
~e-ra~ im, «dal quale ogni paternità nei pendente: rtfina ll;ovO"la tv ovpa.v(i>
ciel i e su Ila lerra prende il nome». In ( -oic;, c:od. D) xa.t btt •iic; (codd. BD,
Apoc. 5,3 il veggente conosce dalla ri- l'arcic:olo è omesso dai codd. SS1'0) yijc;
velazione di Cristo che nessuno in cielo (Mt. 2l:l,11! ) 161 : ogni potestà, con la ri-
o in terra 161 ha il potere o la dignità surrezione, è data esclusivamente in
necessaria per aprire il libro sigillato, e mano al Risorto. Col passo di Daniele
in Apoc. .5, 13 egli sente tutte le creatu- utilizzato in qoesto logion (Dan. 7,14)
re, in cielo e sulla terra (come pure sot- l'espressione «in cielo e sulla terra» può
to terra e sul mare), cantare l'inno di essere così concretizzata: fanno parte
lode all'agnello, l'unico veramente de- delta terra itct\/"ta -rà. Ei>v11 -r-ijc; yijc; xa.-
gno; l'agnello dunque non fa parte del -rà. yÉV1], «tlllli i popoli della terra se-
tutto che sta «in cielo e sulla terra». La condo le (loro) generazioni» (secondo il
presenza degli ultimi giorni (Act. 2,r7) testo <lei LXX), oppure: itav-rtc; ot Àa.ol,
iniziatasi in Cristo e apparsa nell'effu- qiu),o:l, y Àw:rua~, «tutti i popoli, le na-
sione dello Spirito si manifesta coi pro- zioni e le lingue» (secondo il testo di
digi e coi segni che dovunque rie mpio· T eodoz ione); fa parte del cielo l'alW-
no la creazione (Act. 2,19): t" -r</> où- vr.oc; H;ouala, la potenza eterna, e ne è
pa'Jì;> iivw xaL. h :t ·djc; y-ijc; xci-r1o.1, esclusa ogni colpa e corruzione, e quin-
«su in cielo... e quaggiù in 1errn» (= di la morte, nel cui superamento srn il
loel 3,3, LXX, dove mancano ìivw e potere delln risurrezione.
xchw). La ricapitolazione di. cielo e tcr· La formuln suaccennata, oltre a signi-
l59 Quc:.scc 'generazioni nel ciclo' si l'ifcrlsco- la di Dio, significa precisamente che il ciclo
no agli angeli; non bast;i rimandare a 1-11'11. e la 1erm 11on vengono presi insieme, ma mes-
"9..i; 71,r e 1o6,5 (dove si parlo di ' figli <k- si in un r3pporto carico di tensione . proprio
gli angeli'); è meglio citare Hcn 69,3: 'Capi perché il padre in cielo è p ure il vero padre
dei loro angeli', 'condottieri Ji Cc'lllO, cinquan- per gli uomini sulla rerra. Qi.1e.10 modo di
ta e dicci'. Cfr. StMCK-BILLERBECK 1 744; 111 usare la formula prevale in Matleo __. qui so-
594. sulla 'famiglia supetoa'. pra e col. scsuentc. Qui oùpé<vlo~ o lv i:oi:ç
oUpcx'>OÌ:~ con1 iénc pure il motivo per elitnina-
l 60 Comple1amente diversa è ne lla forma, ma rc ogni res1rizione del concetto di Dio, spc.
uguale nel contenuto, l'allerma>.ionc di Mt. ci:ùmcn<e quello fi:l%ionalc.
23,9 che la paternità divina è l'unica p~terni· l6 1 Qui sono irnricgatc formule 1rim~mbri o
tiì: ~ .. .r.a:o:Épa µ ÌJ xo.).ÉO'l)'tt... lnt ·d\c; yi'ic; · quadrim~mhri __. n. 123. intoxa-tw -rii~ yij<;
tiç yci:p Èa..nv ùµWv ò nai:-fip ovp<iv.e<; o può C$SCre i<lcmificnto con 1'6.>.o.crcra, ma, al
(codd. 5?'D9: tv i:oi<; oùfl'J.~). Qui ouç<i- v . 13 lr.• ·tiiç il11Mcrl7"l}<; ha un significato di-
vt.0<; oppure iv i:ot<; ovpavo~ fa parie rom- verso. i:b. tv o.un•.; si riferisce a 1u11i i quat·
plciamcnte della design:izionc di Oio. L'atler· tro membri. CCr. Lo11M~YtR, Apok. , ad /.
mazione dell'unica paternità vera, che è quel- 1~2 Su Mt. l81 r8 cfr. BuLTMANN 1 Trutl. 169.
ovpo.voç DI (H. Traub)
fìcare una ricapitolazione di cielo e ter- verso: prima di tutto nel fatto che in cie-
ra, ha in Matteo la fun.zione di indicare lo si attua la volontl1 di Dio, il che costi-
un nuovo rapporto fra loro intercorren- tuisce certamente un parallelo coll'im-
te, rapporto stabilito dall'azione salvifi- magine del trono di Dio in cielo (-7 col.
ca di Dio. Esso si trova espresso nelle 1460); dr. inoltre Hebr.8,r: àpXtEpÉa ...
parole: yEvT)th'}"tW -rÒ 1}0.T)µa crov, wç 163 È'\/ •oiç ovpo:voi:ç, e 8 .4; El p.tv ouv i]v
Èv ovpa,v~ X(.d iitt yi'jç 164 (Mt. 6,10 165 ), Éitt yi'jç, ovo'lì.v Tjv LEp~vç, «se dunque
«sia fatta la tua volontà, come in cielo, fosse sopra la terra, non sarebbe nep-
anche in terra». Qui il cielo è designato pure sacerdote» (~ col. 1474; n. 246).
come «quella pane del creato, in cui la Inoltre questo sovraordinamento deve
volontà di Dio - per il cui compimen- rispecchiare il rapporto di Dio colla
to sulla terra dobbiamo ancora pregare creazione: wç ... ò oùpavòç à:itò i:i)ç yi)ç,
- si compie ora, come è stata sempre oi:h-wç... 1i ò86ç µov àitò i:wv 68wv
compiuta» 166• Quanto avviene in cielo ùµWv, «com.e ... il cielo è (distante) dal-
ha qui funzione esemplare, determinan- la terra, così... la mia via dalle vostre»
do ciò che avviene sulla terra. Perciò la (ls.55,9). Solo in apparenza contraddice
formula wç Èv -x.aL btl esprime la nuo- a questo rapporto 168 la promessa: o
va partecipazione del cielo alle cose del- M.v oiJ011ç btt -.ijç yijç fo·mL OEÒE~1É
la terra, che è succeduta alla preceden- vov ÉV -roi:ç ovpavoi:ç, xat B f.?'/..v À.VO!I<;
te separazione mediante la salvezza av- ÉitL -rijç yijç foi:m ÀEÀ.VllÉvov Év i:oi:ç
venuta in Gesù Cristo. Tale partecipa- oupavoù;, «ciò che legherai stù!a terra,
zione si concretizza nell'immagine esca- sarà legato (anche) nei cieli e ciò che
tologica dell'assunzione della terra in scioglierai sulla terra, sarà sciolto (an-
cielo o della discesa del ciclo sulla ter- che) nei cicli» (Mt. 16,19). Secondo
ra 167, ma sempre in modo che ne risulti questa promessa un atto terreno, cioè
chiaro che il cielo è superiore alla terra. compiuto sulla terra, deve avere il po-
Però questo sovraordinamento rispetto tere e il di ritto di ottenere validità in
allo stoico Ì]yEµovLx.6v dcl cielo (-7 col. cielo. Però si tratta di una promessa
1398) è fondato in modo tota]mente di- fatta all'hxÀ.T)O"la in riferimento alla
!6) legge wç Anche BGfJ lii 954,18 (sec. VI di in Mt. 6,Jo si <leve supporre un errore di.
d.C.). Sulla certezza di òç malgrado il cod. trasctizione nd cod. D per spie11:are la man-
D, dove esso m.rnco (vedi~ n. ris.5), dr. L!;i.1. can:r.a di wç. JI cod. S aggiunge oìli:w per rin-
MEYER, o.e. <~ n. n5) 77· forzare l 'wç cl1e precede x.o.l.
164 I codd. Sl' De leggono "Tfiç: $c11LATTER, 166 ~ K. BARTH 5r9.
Mt. 210 : «entrambi i nomi sono determinati 167 Il senso che ~o.cnÀ~!Gr. '<WV ovp«vwv ha io
anche senza articolo». Macteo suggerisce la seconda possibilità. Cfr.
J6S In Le. n,> i codd. S.11'DE> it, vg, inseri- 1..oHM.EYER, o.e. (~ n. u5) 87; ~ K. BARTll
scono la te1-za prcghiern nella formuln ione di 519.
Matteo, nella quale il co:l. O legge Wç. Quin- 168 LoHMEYER, o.e. (-> n . r 15) 77.
ovpo.voç D 2 (H. Trnuh)
sua comunione e alla sua preghiera. Co- L1 for.mula Elç "tÒV oupavòv xcx.t Èvw-
sl pure in Mt. r8,19 : ... E7tt •fiç yijç ...m6v O"ov, «contro il ciclo e verso di te»
yEvi}O"E>O.L. napà. >OV 7ta'Tp6ç µov 'TOU in Le. 15,18.21 echeggia la formula ÈV·
È1tt in quanto anch'essa vuol compren-
ev ovpavoi:ç, «(se <lue di voi si aççorde- dere insieme cielo e terra; la terra in-
ranno) sùlla terra (per chiedere qualsia- fatti è implicita nel oou, che si riferisce
si cosa), sarà loro concessa dal Padre a l padre terreno. In questo passo ouprx.-
v6ç è inteso <lai p.iù come parafrasi di
mio che è nei cieli», non si natta di un Dio 17(); infatti non pnò essere interpre-
influsso o dominio esercitato sulla vo- tato nel senso di «fino al cielo», con ri-
lontà celeste o divina da una voloncà e- ferimento a 2 Ecrop. 9,6: €wç rl<; oupa-
vòv 171 oppure a 2 Chron. 28,9: fwç i:wv
sistente sulla terra, ma deU'accordo del-
ovpcx.vwv 172, perché d.ç -.òv oupavòv qui
le due volontà: la separazione fra il cie- non sta solo (come per es. in Apoc. x8,
lo e la terra è superata nel presupposto 5: al CÌ.!lctp>la~ èixp~ -.ou oupavou; cfr.
che sia stata esaudita la terza richie- lEp. 28 ,9: f.l<; oùpavòv), ma è collegato
a Èvwmòv O"ov. Non si deve quindi tra-
sta del Pater noster 169 ; in questo caso durre «fino al» (cielo), ma «contro» (il
nella comunità vige il compimento e- cielo). Cosi ne i:isul ta suggerita la tra-
scatologico e quindi non un potere so- duzione cielo= Dio. Ma anche se il cie-
lo prende qui simbolicamente il posto
pra il cielo, ma un diritto nei confronti dcl Padre divino ( ~ coli. 1458 ss.) 173,
del Padre, tramite la comunità. Queste non cessa perciò di esse.te il cielo posto
promesse valgono perciò per l'escatolo- di fronte alla terra e il luogo di origine
dell'azione salvifica di Dio. Chi pecca
gica comu nità della salve= del regno
sulla terra , pecca pure nei confronti di
dei cieli, in cui la volontà di Dio si questo cielo; il peccato può perturbare
compie «come in cielo». Bisogna tener l'ordine della terrn e del cielo (cfr. 2
conto inoltre che queste promesse sono Petr. 3,13).
fatte da Gesù pensando al 'Padre suo
nel ciclo'. Ciò vuol dire che, enu·o il 2. Dio in cielo
creato, resta la prerogativa del cielo ri-
spett<> alla terra, in quanto il cielo è il Dio è chimmt!o(sintomaticame.n tc so-
pun to da cui si muove la storia divina lo in Apoc. 11,13; 16,II) ò ltEòç -.oii
della salvezza. còpavov 174• Secondo questa designazio-
16') Forse, in questo Scn«J, gli enunciati dci 111 7.11.HN, Lk., ud I.; STRACK·BILLERBl:CK Il
due brnni liturgici di Le. 2,14: ènt yi).; ElpiJ· 217.
Vl) e 19.J8•: f.v où;xx..,,,ji dvftvT), non vanno l72 ~ K. BARTll 493 ·
intesi con1c contraddi1:ione, ma come spieg11~ 173
-> col . 1433·
zione dcl fatto che la determinai.ione dd rn;>· 174 Questo nome, che non designa il «Dio
porto dcl ciclo colla !erra implica l'evento sal- dcl cielo» (il gcn[tivo qui significa: sopra) -
vifico che ha luogo in Gesù. ~ K. J3ARTH d r. anche A.et. 7,,jl ~ col. 1490 - è caro alla
520. !cueracura giudaico-apocalittica. Deriva dal
11-0 Cfr. DAJ.MAN, \Vorte f. r 178; STRACK· patrimoaio linguisiico ddl'J\.T. (font<: J) e,
BtLLERllF:CK lt 2 !7. ;issmn~ndo designazioni canana iche (-> n.
ovpo:voç D 2 (H. Traub)
ne veterotestamentaria, D io, che abita Mc. rr ,25.26 (var.); Lc. n,2 (var.). In
in cielo (Ps. 2'4 ~ coll. J4ro s.) ha con Le. r r,13, sta sintomaticamente tl; inve-
ce d i lv(~ col. i457). Ma sostituendo
q uesto una grande affinità, ma non nel ~Eoç con na.-ri)p la formula accentua
senso reciproco, che il cielo abbia una maggiormente l'interessamenro di Dio
grande affinità con Dio, perché il cielo per l'uomo. Né la dizione in ·sé, né il
materiale addotto giustificano l'opinio-
resta un'opera di lui. Bisogna cercare il
ne di chi sostiene che in questa formu-
significato di questa dizione pensando la il nome <li 'padre' sostituisce quello
al cie.lo come al luogo di partenza del- d i 'Dio' 178• Qui, al posto del genitivo
l'azione salvifica divina. col senso di 'sopra' è subentrato lv e
'cielo' è usato al plurale, come in ara-
Essa non designa quindi la trascen- maico ( ~ col. l 42 9) 17~. La determina-
de nza divina, cioè «la proprietà per cui zione 'celeste' o 'dei cieli' è aggiunta in
Dio si eleva sublime al di sopra di ogni due teni dei passi in cui Dio è chiama·
cosa terrena» 175• Questa espress ione d i to ' padre', il che indica quanto sia im-
un dominio cosmico assoluto 176 intende portante questa denominazione 180• Più
invece designare il governo divino del della métà dei testi rimanenti è costi-
mondo in q uanto esso dom ina su l cie- tuita da enunciati di Gesù sul Padre suo
lo e quindi sulle sue potenze ribelli a (Mt. rx , 27; 20,23; 24,36 (var.); 25,34;
Dio e ostili all'uomo. Dio è Dio del cie- 26,29.39.53), in cui l'aggiunta è super·
lo in quan to, regnando sul cielo, domi- flua. La speciale importanza che ha per
na, da questo, il mondo. il concetto di Dio l'aggiunta 'in cielo' -
Ha praticamente lo stesso s<::nso la che implica la sua indipendenza dalla
formula: 7to.-r·~p 110u (o-ou, 1)1.1.wv, ùµwv) realtà spaziale e terrena 1• 1 - appare
ò Èv "toiç oùpa.votç 117 d i Mt. 5,16-45.48 chiara nel discorso della montagna, do-
(var.); 6,I.9; 7,u.21; 10,32.33; 12, ve la nostra formula è particolarmente
50; 16,17; 18,10.14.19; 23,9 (var.); usata: «il Padre che sta nel cielo»: Mt.
146), ha ottenuto ampia opplicazione sotto "iibun!I' d' bif' mojjiz' dr . SCHLATTBR, Mt. l5t.
l'in.Gusso persiano. Sono note concezioni ri- 118 ST.RACK·B I LLBRllECK I 394 s.
guardanti l'abitazione degli dèi in ciclo diffu- m Nell'A.T . i)Eò<; tv ('TI{)) oùpa.v<"i':> è raro;
se presso i Babilonesi (M. JASTROW, Die Rcli- per es. 6.a.v. },l7; 4,>7; lla.v. (Theod. ) 2,:18.
gion Babylons und Assyriens e [ 1905) 218; Però lo stesso seoso si ritrova forse in Ps. 2,4:
11 ( 1912) 8ot; H . ZrMMERN, T3t1b)>fo11ische josiib haHiJmalm (LXX: ò xa.'ToLxwv tv oupo.·
Hym11e11 rmd Gebete II [ 1905] 5) e gli Egizia· voto;).
ni (A. ERMAN, Die Ji.f!.)'/1tiscbe /{etigio11 [ r905) 1ro ~ oup6.'M<;, Mt. 5,48; 6,14.26.32 ; 15,13;
79; G. ROEDER, Urkunden der Religion des r8,35; 23,9.
ilten Agypten = Religiose Srimmcn der Vol - 1s1 Questo è, secondo LoHMEYE~, o.e. [~ n.
er 4 [ 19r5 ) 5-u); Boussr:T-GRESSMANN 312, I I 5) 39 s., il suo vero significato a confronto
n. 4; -> n. 144 e coli. 1414 s. con «Dio di Sein> e «Signore sul Sio.m>. Se,
115 L'esegesi rabbinica interpreta la designa- per q uanto riguarda l'argomento, è qui per-
ione 'Dio del cielo' (Gen. 24,7) come una re- messo menzionate anche il ritiro dci Samari-
triiione del dominio divino; cfr. ~ n. i45. tani sul monte Garizim, la designazione più
'aggiunta dei LXX a Gm. 24,r xal i)Eòç o p1·ecisa del Padre come colu i ch e sta ' in cielo'
ijç yijç è conforme per schema al '" 3, ma è o è 'celeste' verrebbe ad essere, nel Vangelo d i
nche coerente col contenuto. Giovanni, uri parallelo di rni<v1m e ò::>.:f)llELa.
176 Così BoussET-GRESSMANN 313 . (lo. 4,:13); cfr. il coord inamento analogo di
71 Cfr. Lo11MEYER, o.e. (~ n. HJ} 20; su àÀ.rinL''6~ e tx -rov oòpetvoii in lo. 6,32 ss.
14)7 (v,pn) o.Jpo.·10; D 2 (IL Trnuhl
J, 16+5.48 (var.); 6,c9; 7,u.2 1; «il b ) Nella lcucr:u ur.1 rabbinica imim
Padre celeste : .5,48; 6,14.26.32 ; cii Pa- (Smj) sostirui,ce jhwh, il nome di Dio
dre che vede le cose nascoste»: 6,4.6.
(~ u, coli. .r53 s.; iv, coli . .394 s.).
18; «il P ,1dre che sa»: 6,8.32. Certa-
mente questi enunciati non possono es- Questo uso è comunemen te 181 suppo-
sere considerati identici frn loro, però sto in Le. 15,18.21 ; .Mc. II ,30 par. 18-1
da essi risulta determinato il senso del- Lo stesso si dovrebbe dire di Mt. 6,20
la formula: « il Padre celes te è quel Dio par.; 5,12par.,ma anche di Le. ro,20.
che, non impedito da ost,1coli terre ni, L'esp ressione ~aO'Ùela i:oii lleoii di
vede tutto, può rutto ed è quindi acces- Marco sarebbe quindi da preferire alla
sibile a tutti» m. Cosl è possibile affer- traduzione letterale pcu:n.).da. "l'WV ovpa-
mare che dal cielo si vede ciò che è na- vwv di Matteo. Ma in tutta la predica-
scos to suUa rerra, in ciclo si ha cono- zione neocestamencaria, compresa quella
scenza di ciò che occorre ali 'uomo sulla degli strati letterari più antichi, non si
terra. Va notato che, mentre non si e.là riscontra alcuna perplessità nel pronun-
alcuna indic:1zione sulla natura del cie- ciare direttamente il nome di Dio ns. I-
lo, se ne indica invece chiaramenre la noltre "l'WV ovpa.vwv aggiunge una de-
funzione: 'cielo' non è qui la designa- terminazione di contenuto che corri-
iione precisa d'un luogo, ma ['indicazio- sponde anche li nguis ticamente al con-
ne d ina.mica d'un punto di partenza. testo oggettivo(-+ col. 1457). Benché il
Si confronti, nella preghit:ra di Salo- N.T. nell'annuncio missionario si serva
mone nel tempio, 'el-ha.Hiimaiim, l Rc:g. spesso del modo di esprimersi dell'am-
8,30 (par . 2 Chron. 6 ,2r: mìn-baSlii- biente circostante, resta da chiedersi se
maiim) e baJSàmaiim, vv. 32.34.36 ecc. in Matteo sia proprio ind ifferente che
( p:ir. 2 Chron. 6,23.25 .27 ecc.: mi11· (3o:O'LÀEla. sia determinato col genitivo
ha!Iiimaiim) con la traduzione dei LXX: i:wv ovpavwv invece che con "l'OV ilEOU.
3 Baa". 8,30: ÈV ovpavQ, V. 32; 2 Chron. Lo potrebbe essere solranro se ovpa.v6ç
6 ,2 r.23: ÈX "l'OV ovpa.voii, benché mim· fosse una sig lu arbitraria. Ma questo
miiqom, cosrrnito allo sie.so modo e conce uo ha un sip.nifìca to che non solo
strettamente collegato, sia tradotto con gli è proprio, ma per contenuto è stret-
tv -.w "t01tW . Ciò dimos tra che un'azio- tamente affine al termine che lo deve
ne di Dio ~in cielo» poteva essere in- designare. Lo dimostra il fatto che piìr
tesa come un 'azione «dal cielo». È spie- tardi 'ciclo' poté essere staccato dal ter-
gabile in modo simile nnch.; il passag- mine completamente neutrale hammii-
gio dall'Év d i Mt. 7,11 all'1bc d el parai· qom (o anche baJiem -+ iv, col. 396).
lclo Le. r1 ,13 . Questo distacco no n sarebbe avvenuto
112 J. HAuss1.F.1TEr., \Tatcr1111ser in RE xx 18' Su Le. 15,18 v. ..... col. 14.54· Su Mc. 11,30
436 . L'autore rimnnda anche oll'uso linguistì- {-+ col. 148,5 ): l'nri,ginc, l'autori1iì e la motiva·
C'O giudaico, secondo il qur1lc è pmprio il Pa- zione del battesimo di Giovanni dev'essere
dre celeste «Colui a l quale ci oifidiamo» e pos- dcrivarn o dagli uomini o t~ OVf'Cl.VOU (cod.
sinmo oflidarci , p.:rché egli esaudisce I• prc· D .c;w), e quindi ccnameme da Dio e allora
ghiera d'Israele. Perciò nel Kaddish è dcuo: sicuramcnre da quel Dio che in questo ba11c-
• L:i preglùern e l'implorazione di tum> Israe. simo scende dal ciclo con la >trn regalità cc·
le è accetta al Padre suo celeste». C!r. DAI.· k$te. Qu i si tratta proprio d i questu precisa·
MAN, \\7orlc ]. r 153. zione indicante l'o.zione salvifico cocntologica,
llJ KLOSTEKMANN, Lk. e l>lk. ad /., dove si e quindi si deve 1radurre 'ciclo' e non 'Dio'.
rimanda an..-hc a M c. l0, 2 i. !SS Cfr. ZAHN, J.11. 128.
oùpavéc; D ~(H. Traub)
186 KUHN -+ tv, col i. 394 s., n. 148, deriv• il fornace 32 (<l.av. 3,54); 4 Esdr. 8,20 s.; -+ J\',
termine sostinuivo dalla designnione di Dio coli. J78 s.; J83. Alla concezione del nono di
'eln/1 J'majjit', che si legge in Daniele, dove Dio è s tre ttamente unica quella J ell:1 destra
può ben dnrsi che il tcnninc riOetca le conce· divina ; cfr. le cicaziooi di ljJ 109,1 nel N.T.:
7.ioni ed enunciazioni descritte . Mc. 12.36 par.; q ,62 par.; ( 16,19); Act. 2 ,
'" Cfr. K.L. S<:HMIDT -+ 11 , col. ih ; Io., 34; (7,55); Eph. 1, 20; Ccl.. J,1; H ebr. r ,3.13;
arr. 'jcsus Chdsms' in RGG 111 n 6. STRACK- 10,12; (12,2).
81LLUBECK I t8I inrerprcta iì regno del cie-
lo come un dono di Dio agli uomini e quin-
l89 Cfr. w10,4: ÈY ovpav<!> ò Dpbvoç aù;oìi;
cfr. anche 1)1102,19.
di proveniente dal cielo, a differem.a della
190 Qui occorre menzionare anche i pas~i di
mlkwt Imjm dei rabbini, per la quale è !'no·
Apoc. 4,9 .1.0; 5.T-7, che vaono intesi partendo
mo che deve agire. Cfr. ZAl·IN, Mt .uG. Il con·
da 4,1 («viJi... in cielo»), com~ 5,1; vu inteso
cetto di regno del cielo implicn pure che il
p~rtendo da 5.rt e 6,16 da 6,u, Jove il trai·
dominio div ino è: aJ'lC'hc: un avvcni 1ncnto ço-
te «io vidi• i: da integrare con «in ciclo».
smico, dr. R. lluLTMANl'f, Nt./iche "fheologie
191 Cfr. G. GuNn:L-J . BEGRI CH, Einl. in die
( 1948) J; -+ K. BAllnl 5o6: « ... in quanto egli
(fcil. Dio) percorre dall'alto in ba$'i0 il cielo Ps. (19nl 73·
d" lui creato ... e in quanto si mene in movi- 192 Vedi Ps. rr,4; q,i; 33,13; H .J; 68,34;
mento da ques to cielo verso b terra ...». 80,15; 102,20; n3,6; n5,3.16; Am. 9,6; ls.
'"" Or. 1)1 44,7; Cantico dei tre giova11i nella 40,.22; 57,15 ecc.
oòpa.véç D; (H. Tr:wh)
te come azione cli Dio dal cielo 193• Il ormai fissare, si attende già dal cielo,
cido si può <lire « h1 sua sede ufficia- 1.lE'tà "tWV vErpùwv nv oùp«vov (Aie.
le» 191 • L'uomo obbediente non deve se-
parare Dio, il suo trono regale e il cie- 14,62) 191 , «con le nuvole del cielo», la
lo; nella sua prospcuiva essi coincido- venuca del Figlio dell'uomo, identifirn-
no (Mt. 23,22). Lo conferma il fatto 10 con Gesti. Qui ovpa:vòç non è lo
che quando il N.T. parla del cielo in
spazio ntmosfcrico in cui si librano le
quanto trono di Dio o del trono di
Dio in cielo, fa delle affermazioni che nuvo le"•. Poiché vrcpÉÀ.rJ ( ~ VJI, coli.
non hanno un peso a se stante, ma uti- 920.926 s.) non è la n uvola naturale,
for"ano un concetto tradizionale per af- ma il simbolo di una trasfigurai.ione,
fermare il carattere intangibile e assolu-
to del dominio divino. d'una teofania e apoteosi, anche ovp«-
dev'essere inteso semplicemente CO·
'J6ç
3. l/ cielo e Gesù Cristo me punto di o rigine di questo av\•eni·
a ) Gli enunciati riguardanti l'azione mento apocalittico m . Un senso analo·
salvifica di Dio ca ratterizzata nei suoi a- go si rrova in Mt. 24,30: <iT)J..U:i:ov 'l"OV
spetti regali dall'uso dcl concetto di cie- vlov -.où à.v~pw7tov Èv oùpcxv0 19', « il
lo, si concreti~.zano, nel kerygma neote- segno dcl Figlio dell'uomo in cielo». Es·
stame nta rio, negli enu ncia ti che riguar- sendo pro messo che il Figlio dell'uomo
dano Cristo e il ciclo. I pili antichi e- verrà di lassù, sarà visibile in ciclo :tn·
sprimono l'attesa di uria venuta, d:il che il suo segno, che s'identifica mi ste·
cielo, di Cristo G esì1, il Risorto, quale riosamente con lui 199• L 'assenza cli ogn i
rivelazione della fine: àva;~Livtw -ròv speculazione incesa a precisare se que·
vLòv o:ò-tov tx 'ti;'Jv ovpa.vw'J, ov iiytL· sta venuca abbia luogo «dopo la cat:t-
ptv Éx 'l"WV vtY.p<ijv, 'I71:rovv ..., «atten- srrofe <lei ciclo» dimosrra in modo evi·
dere <lai cieli il Figlio suo (scii. d i Dio) demissimo - ma senza toccare la fede
che egli ha risuscirnto dai morti, G e· nelb fine del cielo creato - che il ciclo
sù...», i The.rs. 1,rn (cfr. 4,16; 2 T hess. è s rrettissimamente collcgaro all'evento
1,7; Phil. 3,20). dclhi ri velazione escatologica, in cui
Utilizzando immagini apocalit tiche predomina l'adempimento del!u profe-
19J Cfr. M!CllEL, Hcbr.' 184 . \"CCe: "tOÙ EV ovp<NOLç e COSÌ designa il figlio
19' .... K. BARTll JIO. Jdl'uomo in qumto essere celeste; cfr. I Cor.
195 D1111. 7 . Il (Tlirod. ); LXX: E1tÌ "fWV VEq>E- r5,47 : ò OEU"f!po<; .Xvllpc~T.o; È~ oupo:vov (ccxl.
)._W,.. cosl Alt. l6,64; 24,30. -+ col. 1423. G : o ovp6.v.oç). Qu i probabilmente si sente
1'J6 Cosi Pai;uscur~·BAuF.R; le VEQ>iÀ.<u "TOV una concezione e!knistica (-+ col. 1478).
ovpocvoii devono essere distinte anche dalla 199 Vedi /lpoc. 1,7. Cfr. WELLHAllSEN, Mt ..
nuvola che fa da \'eicolo dell'ascensione (Act. ad I.; J. SCHNlEWIND, /lfr. (N.T. Dcutsch), ~ti
1,9; Af>CK. 11 , 12). l .: «egli (Crist0) stesso sarà ... il segno perfer-
191 Cfr. 4 fadr. 13,3 ss.
to nel suo venire dal cielo ... ». Cfr. altre s(lie·
1911 Ne.i codd. ~ coll'articolo; il cod. D ha in· gazioni in KLOSTERM., NN, Mt., ad i.
oùpo.v~ O 3 (H. Traub)
200 Cfr. UlHMEYER , Mk. a 13 ,24·27. introdursi cosl: solo fuori dal cielo o tnntn
201 -+ n. 204 e u, coli. 838 ss. lontano da esso che il Messia possa esser del
m Cosi A. SEEDElC, Der Katechismus der tutto visto sulla terra. E ciii presupporrebbe
Urchrirtenheil ( 1903) 82·8'; diversamente Dr- che sia già compiuto il promesso rinnovamen-
BEUVS, TheH., ad l. to dcl cielo (con la risurrezione?). Ma su ciò
20.1 netpovalet = ci-ito><ci>..vljJ.; cin'o\ipetvov, mancano spcculnzioni. Non si auenJe il rinno-
d r. r Thcss. 4,16 con 2 Tbess. 2,1. vamento dd cielo, ma la venuta del C risco d i
204 Cfr. il v. 5 2 con I Thess. 4,16; Rom. 8,34
lassti.
<lesigna con Èyep!}el.; l'essere tv otl;t.4 'tov 206 Cfr. DIBELrUS, Tbess. 245, -+ K. BARTH
&tou, che a su• volta corrisponde all'Èv oi>pet- 494 ss.: cli ciclo è il confine posto chiara-
vi;i di Rom. 10,6. mente e inequivocabilmente davanti agli uo-
lOS Si noti che qui ci1t'oÌ>petvou non va identi- mini ... Sul prohlemn dell'applicazione <lei con-
ficato con b• TYJV yijv. Secondo i testi può cetto di invisibilit~ d r. Col. l,16.
~·j~uv&; O 3 (H . Traub)
d onde aspettiamo pure il salvnto re e si- frase retorica: ... EÌ.ÒO..~ O"TL xcx.t V!J€L.;
gnore Gcsù Cristo» m. La venuta di rXE'tE XVPWV ÈV Oupcx.v{i), «Sapendo che
voi pure uvctc un signore in cielo»(Co/.
Gesù Cristo, cioè la r.iveluzionc cscato· 4 ,1; cfr. éph. 6,9) m. In questa parene-
logica, è intesa in questi passi come una si, compreso l'enunciato sul Kyrios, si
frattura o apertura dcl cielo(...+ n.261). tratta di concetti stereotipi presi dall'el-
lenismo o <lai giudaismo, per cui non si
b) L'aspettazione, ben consolidata può ravvi sare ncll'Èv oupa.vQ la formu-
nella comunità primitiva, che attendeva lazione pregnante d'un concetto cristia-
il Kyrios dal cielo basandosi sulla sua no 210 ; la dizione dev'essere intesa pro-
risurrezione, avrebbe di per sé potuto babilmente come un luogo comune che
condurre alla formazione d'un theolo- significa «Sopra <li voi», benché qui <le-
goumenon del Kyrios celeste 208• Che ciò si gni in mo<lo accen rua to il governo di
non sia in fondo avvenuto non è solo quel giudice che dal cielo - perché sra
un segno dell'intensità dell'aspettazio- in cielo - vede e conosce tutto ( ...+ coli.
ne, ma dimostra soprattutto la forza e r456 s. ). Comunque non si tratta affatto
l'importanza del kerygma centrale e ori· di una opportuna indicazione di luogo ,
ginario : «egli è risorto» , cioè: «egli vie- perché tale designazione altrove manca
ne dal cielo». Gesù non è inteso come completamcnre.
'colui che è', ma, essenzialmente, come
cl Quando nel kcrygma delle origini
'colui che viene' e quindi come uno che
viene ti; oupa.vov. Solo quundo questa la risurrezione di Gesì:1 fu piì:1 tardi se-
forza e intensità di aspettazione comin- parata m clallu sua e levaz ione e dall 'at-
ciò a diminuire e sorse il problema di tesa immediata della sua venuta dal cie-
una vita normale nel mondo, rroviamo
nelle regole di vita domestica - accanco lo 2t 2, trovò posto anche l':urnunzio del-
all'ammonimento ai :xvpLol terreni - la l'ascensio ne al cielo. Nel discorso di Pie-
~17 <imxoixea&..... (-+ u, coU. 882 ss.) rende :m Naturalmente s'immagina che Crisro 'abiti'
certo che qui si auende la parusia. Linguisti- in dclo, come !)io in Apoc. 13,6; ma l'acccn·
camente èl; o~ dovrebbe riferirsi an>.itutto a to non è posto su questa conce-.tionc, che tra-
1toÀ.('ttuµo: (rosl LOHMEYER, Phil.; G . HmN- spare forse anche in Act. 3;ir.
ZELMANN, Pbil. (N.T. Deutsçh) , ad I.; diver. m Il Signore in cielo, non è qui, come in
samcntc I<. BARTH, Erkliinmg des Phil.[ 1928] Col. , il Signore dei signori che giudica, ma
n 3, il quale traduce: cdi là [dal ciclo ]». DI· quello che prOtCAAe gli schiavi . Sul problcm•
BllLIUS, Ge/br., ad I.: «noi siamo di casa in JeUa di(><!ndcn"'1 J i l::ph. da Co/. d r . 0IB P.·
cielo; di là...»). ma ciò non è sostanzialmente uus, Ge/br., exmrrn1 dopo Eph. 5,14.
attestato altrove e renderebbe molto difficile 210 Cfr. LonMEVJ'.R, Gefbr., d Col. ·h' .
la comprensione. Qui esiste comunque un'i- 211 Cfr. R. Bui.TMANN, are. 'Urgemeinde' in
dea generale, alla cui seconda parte ci si al- RGG ' V 1409.
laccia pc1· il contenuto, mentre la costruzione 212Nel.la fo1·mazione di questo ke1")'1)l11n non
riporn1 verso la prima. Ma qui il plurale da ebbero parre preponderan te né J'idc-.1 gnost ica
chi, romc Paolo, parlava anche l'ebraico, e!'a del redentore e del viaggio celeste dell'nnima
sentito come plurale: t111t11m1 e quindi inteso (-+ col. 1403), né le concezioni giudaiche del
come un singobrc. Inoltre l'uso al singolare rapimento in cie lo (Elia, Enoch, Mosè); ~la
non <: impossibile neppure in greco. ln ogni leggenda dell'ascensione» (BULTMANN, Trad.
caso lo il; si riferisce oggeuivamcnte al cielo. 3 ro) andrà piuttosto collegata alla necessità
TI Signorc-Sah,aiore è atteso dal suo nascon- di stabilire un rapporto coerente In la risur-
dimento (celeste). rezione e l'aucsa della venuta dal cielo, dopo
oòpav6ç D 3 (H. Trnub) (V,)25) 1468
tro a Pencecosre, secondo gli Atti, è in- (j)/)dc; ... dç -ròv o&pavòv (omesso nel
dicato anzitutto il kerygma originario cod. D) .. :nopw6µ€vov dc; -ròv o&pcr.vòv
- in fatti il -roihov -ròv 'l nO'ovv &.vfo-rn- (Act. 1 ,ro s.) 216 • I discepoli guardano in
O'EV ò 1}Eòç, «questo Gesù Dio l'ha risu- alto , dove Gesù sparisce, cioè verso il
scitato», di 2,32 equivale al -rii ot!;tQ. cielo, che per i sensi è il firma mento.
oùv -roii lttoù ùljlwlMç, «elevato alla de- Essendo impossibile suppor re che in
stra di Dio», di 2,33 - per passare questo stretto contesto di due versi où-
poi immediatamente alla spiegazione of- pcr.v6ç abbia le prime due volte un si-
fer ta dal v. 34, dove &.vÉ{3T) Elç -roùç ov- gnificato essenzialmente diverso dalle
pa vovç, «salì nei cieli», equivale a xci- due ultime, tanto più che esso sta sem-
ltou Èx oE!;twv µou, «siedi alla mia de- pre al singolare m, il firmamento, in cui
stra» (ljl to9,1 ). L'identità fra il cielo, la lo sguardo dei discepoli si arresta, è il
213
oE!;tèL -rou ltEov e l'elevazione è mante- margine dello stesso cielo che riceverà
nuta, però l'elevazione è già leggermen- e nasconderà in sé il Signore. L'autore
te distanziata dalla risurrezione coll'&.- non deve aver sentito uno contraddizio-
véBn slç -roùç o&p<Xvovç. Già in Lc.24,51 ne con ciò che si afferma in Act. 2 ,3 2
( vac}: xat &.vsq>(pE'tO EL<; 'tÒV OVpr:LVOV, ss., e giustamente, perché si tratta del-
«e si elevava in cielo» 214, è anticipata la stessa concezione fond amentale. Il
l'i nterpretazione esteriore e sensibile del cielo è qui innanzi tut to un'immensità
racconto veco e proprio dell'ascensione cosmico·creatura1e che ne comprende
di Act. r, dove il cielo stesso passa in pri- anche i] margine inferiore, cioè il lìr-
mo p iano 215 : &.-rsvl1;ov-i:sç... dç -ròv où- mamento, con cui esso compie la sua
pa.vòv ...( iµ-, cod<l. ACSi'D) ~ÀÉ7tOV'tE<; funzione di nascondere. Però è pen~ato
Elç -.òv oùpa.vov, .. .'Irivovç ò &.vcr.À:riµ - pure, in tulte le sue parti, come il cam·
che e rano state annunziate le apparizioni del una nuvola splendente che lo portò in alto».
risorto <tintese realisticameo te». Essa segna hl Cfr., a proposito dell' irnoo.1gine cscarologica
fine di quelle apparizioni. MrCHAELIS, art. della spaccatur-J dei cieli, ~ coli. 1481 ss.
òp6:o ~ roll. 1 HO ss., propone d'inrendere 216 6:vs.).1J1.l<Pir'l elç -i:òv oùpu.v6v (che si trova
queste apparizioni del Risorto anche come se anche nella chiusa spuria di Mc. r6,19) e no-
fossero avvenute dal cielo. pw~Elç E/.ç oùpavov di r Petr. 3,22 permetto-
213 ~ n. 190; coli. 1477 s.; Il, coU. 838 ss.; rv, no di supporre che qui si rrarti di formulazio-
colI. 583 ss.; 1330 s.; VI, coU. 29 s. 1ù kerygmatiche della comunirà primiriva, le
2" Questa lezione dei codd. H SI'@ fu, ma a quali potrebbero essere state a base anche del
torto, ritc.nuta originaria da ZAHN, Lk., ad l., racçonto composito degli Atti. Cfr. WHMEYHR,
contro KI,OSTERMJ\NN, Lk .. ad I.; secondo lo Mk. a 16,19; KNOPF, Petr., ad l., ritiene che
Zahn essa fu più tardi cancellata dai codd. SD nopwlìElç sia un termine ellenistko col senso
solo per riguardo a Act. J. dj 'migrazione' del Cristo.
215 HULTMANN, Trad. 3 rn s. ritiene che ciò sia 217 Questo vafo anche se si suppone che i due
dovuto a un reda ttore degli Atti. Egli cita ultimi passi derivino da formule (jturgiche cd
(I.e.) l'epistola apostoloru11t (ed. C. ScHMIDT i primi da una descdzi.o ne psicologizzan te del
(1908) 154): «i cieli si spaccarono e apparve compilatore.
où~véc D 3 (H. Traub)
m Sulla sali tu al cielo cfr. anche Apoc. r r, ma di midr:ish. secondo cui questa citazione
1 2; ampio materiale 1rovasi in ~ KRoLL, pa.1- va riferita a Cristo. Presso i rabbini Ps. 68,19
sil"; LOHMEYER, Apoc., ad I. è riferito a Mosè. Cfr. STKAC:K-B•tLERBtlCK li
219 Cfr. spcciGlmeotc BWER, Aci. 66 s., che ;96. Sukka 5 a Bar.: «Mai la sbckina è discc·
trvva <Jui come base un'nnrica pericope su sa, né Mosè ed Elia sono ascesi ».
Eli3. W Cfr. H. ScHLJER, Cbristus 1md die Kird~
2lll Contro Lu1e ro. Cfr. WllNDT, Ag., ad /.; ù11 Eph. (19~0) 3; G.P. \XIF.TT~~. Der Soh11
lìtxtcrOcu significa 'accogliere' -+ n, col. 870. Gottes (1916) 82· TOI. Bu1.TMANN, Job. 107,
m OEt in qm.-sto s<.'nso è lucono: Act. i,21; :s, n. J· Cfr., per l'espressione, Deut. 30,u. tz;
29; 9,16; 14,z2 e passim; -+ 11, coli. 796 ss. Prov. 304; Bar. 3,29; 4 Esdr. 4,8; -+ mw-
212 Diversa è la siruazione in I Petr. 3,22. (Ju;lv&w !!, col. 26. Sul Y.«"<«l3«lvuv prcccdcn·
121 Qui abbiamo una prova scritturale in for- te vedi nl)W-rov nel rod. Be it.
ovpavoç D 3 (H. Traub)
m Cfr. Io. 3.31: È1tcivw miv'tw'I fa''tlv ( man· <laiche, mn può indicare una 1endcnta rudi-
çu nel ro<l. D ); Rom. 9,;: ò wv tnt miv-rwv calnie.nte t'Hltignostica che si serve a.1npìun1en-
1)r6c;. Hispetto al mondo awicnc così una pa- te proprio di fonti gnostiche e del !uro lin-
rific.,jon~ dcl Cristo con Dio. Sull'cspressin- guaggio. f.'cipY.(ùV, la potenza antidi\'iru, non
lk dr. Corp. Ikrm. XIII 17: 't.;J fai -rwv è in ciclo, ma è: descritta rome parte -roii
oi>iiavwv µt:'tEWll<i>· xWµov (dr. lo. 12,31; Eph. 2,2; 1,u).
2~ ..... Kao1.1. ;9: «L'11sum11s attraverso le m L'ipxéµNoç di 3,3 e è un nome che con-
sfere sbarrate è un descemur accompagnato nota la dignità messianica e può indicare an-
da fenomeni opposti». Cfr. il Soter trooeg- che uno che è: già venuto.
giante su l sarcofago d i G iunio Ba~su (sec. m 2lO Qui il perfetto dev'essere inteso come prc·
d.C.), che mostra un C risto imberbe, coi p ie· sente; v. BuLTMANN, ]oh. 107, n. ~.
<li sulla tcstn del dio Urano, mentre ste nde 211 Cfr. BIJLTMANN, )ob. 74, n. 4 .
sop1·a di sé la volta celeste come un velo ar- m Cfr. BIJLTMANN,Job. ro8, n. 4.
cuato (-+ ool. 1399). 133 Qui non c'è una elaborazione giovannea
217 Cfr. LIBT7.MANN, Rom. , ad /.; _, 11, roll. d'un matcriulc sinottioo assunto dal racconto
22 s. del battesimo <li Mt. 3,17; 4,11; rosi M. Go-
223 Il fatto che in Giovanni còpav6c; è sem- GUEL, A11 seuil Je l'Évangilc. ]ean Dapliste
pre al singolaie dimostra C'he vi mancano del- ( 1928) 289.219; contrario è BULTMANN, ]ob.
le speculuzioni propriamente gnos1ichc e giu- 14° 11 ·4·
(v,p7) 1474
V< Secondo BULTMMN, ]ob. 68, questa <: una tre altrove, put senza sostanziale diJicrenza, si
~iunta dell'evangelista alla fonte. ttova sempre h , fa presumere un altro auto-
2ll Il cod . sy' legge: ò CJv tx "tOV ovpavoii, re; secondo Bu 1.1'MANN, Job., ad I. questi è
sy' ha l'impe..Cc110, cosi pure BAVER, ]oh., ad l'evangelista che si differenzia da lla sua fonte.
I.: «che era in cielo», per cui ora è in cielo lJS Probabilmenie giil in <jl 77.24·
in quanto clc,•nto.
2l6 Secondo BULTJl-IA1'N, ]oh., ad I., questa è
m ti; (invece di ix "tov) c;vpCLvoii; d unque un
t111A glossa che fa riferimento alla post-csisten-
autore diverso dalla fonte.
zo dopo l'ascensione; cfr. ibid. 108, n . 4; simil- 2.0«li Venerdi Sanco e l'Ascensione divengo-
mente BAUER , Joh., ad /_ no il grande giorno della conciliazione del cri-
m La prescnz• di <ÌT.6 (codd. AD: lx), men- sùan<.-simo.., M1c11EJ.., Hebr.' 202.
oupc:v6ç D l (II. Traub)
inteso il cielo (la tenda celeste ~ coli. gono le più varie funzioni angeliche di
1437; 1492) e precisamente in quan- carattere liturgico. È per questo che de-
to santuario 2• 1, «attraverso (&cl.) il qua- vono essere attraversati, come il cor tile
le» egli (Cristo) è entrato dç 'tÒ. ilyw.. del tempio, per accedere al sancta sanc-
Andle per questo santuario supremo, il torum 243, dove, conforme alla teologia
sancta san,·torum (H ebr. ), si può usare sacrificale di Hebr., ha luogo la vera of-
il concetto di 'cielo'; 9,24: dç cxù-.òv ferta del sacrificio. La rappresentazione
'tÒ\I ovpo.v6v (al singolare). Qui esisto- spaziale ha qui il compito di far da so-
no pertanto diversi concetti di cielo 242 • stegno alla concezione metafisica.
ot OV(JO.VOl SOnO identificati con O'X'Y}V1}. L'attraversamento dei cieli io Heb1·.
Di essi è detto che sono la tenda pit1 sta in completo contrasto con le conce-
zioni gnostiche, nelle quali si tratta di
grande e più perfetta «non manufatta»; liberare l'uomo dalla minaccia mortale
cioè i cieli non fanno parre di questa che incombe sulla sua esistenza e di re·
X'tla~ç o creazione (dr. x-.l1nç in 4, r3 dimedo da una perdizione assolutamen·
te tragica( ~ col.1402). Lo ù1JrrJÀ.Ò't(poç
con oùpcLvol in 4,14). In questo caso il 'tW\I oùpcx.vw'\I di Hebr. 7 ,26 significa
concetto di cielo (=tenda) non è co- qualcosa di fondamentalmente diverso
smico. Perciò questi cieli non periscono dallo Ù7t€pcivw 1tav'twv ~wv oùpcx.vw'\I
di Eph. 4,10, perché invece della gno-
come quelli menzionati in 1,10-12 (12, stica chjusura totale d ella creazione (a
26), ma sono intesi in senso escatolo- Dio) e dell'assedio di potenze zonali o-
gico-apocalittico. Però sarebbe infonda- stili, i cicli di Hcbr. sono immaginati
pie ni di angeli cl1c servono Dio 2"'.
to trarre conclusioni teologiche dalla
Non ha quindi luogo una !orta, come
non appartenenza di questi cieli alla avviene nelle concezioni gnostiche 215 •
x'ti<nç transeunte. In rispondenza a i- Rimane soltanto un'analogia formale
dee giudaico-apocaljttiche (cfr. Hen. con la struttura gnostica, in qua nto an-
che in Hebr. il santuario vero e proprio
slav. 3 ss.; test. L 3; 11sc. Is . 3) essi so- (il luogo della luce) è collocato oltre il
no concepiti come luoghi in cui si svol- cielo.
241 Cfr. Apoc. 4,1; r9,u, dove il ciclo è pure 213 Cfr. in Flav. los., ani. 3,12 3 il sancta sanc-
un sanmario; in 11 ,19 il v11.òç -.où ·~eoù è in torum come immagine del cielo, d1e, CQme il
ciclo e ivi viene aPt>.rto .:i l sancta sanctomm cielo, è inaccessibile: «Questa divisione del
dd tempio cdestc», LoHMEYfiR, /lpok., ad I. tabernacolo dovrebbe in certo modo rapprc-
(Apoc. 14,17; 15s; 16,1:7 [var. ] dimostrano s~ntal'e tulfo lo spazio cosmico». Quale santo
lìno a quale pu nto s'erano identificate le im- dei s.1nti esso non appartiene a quesrn Y.'tUrtc;.
magini del cielo, del tempio e del trono). Cfr. -> faSLER 603.
242 MIOl.EI., Hebr., a 9,1 I, distingue r . il cielo 244 Cfr. asc. Is. 7,13 ss.; anche per test. L. 3
creato, rranseunte (l ,IO·I2); 2. i cic li per cu i nei sette cicli esistono solo esseri che servono
Gesù passa, cioè Ja tenda che non fa fJ'lttC di D io .
questa creazione (9,10·12); 3. il cido in quan- 215 In asc. ls. 7,9 ss. solt;into al margine dcl
to luogo dell'abirniione di Dio (9,24 ) ~ roll. cielo (nel firmamento) ha luogo uoa lotta che
1495 s. ritrae la gucrm del male sulla terra.
oupavoç D 3 (H. Traub)
La traversata dei cieli conduce il procede d>t ciò che il cielo è, ma da ciò
sommo sacerdote nel cielo vero e pro- a cui serve, ed esso serve a designare la
destra o il trono di Dio. Però questa
prio: Elç a{rròv -ròv oupav6v (= -rà
definizione corre pericolo di cedere
a:yLct): 9,24. Questo deriva il SUO carat· troppo al concetto creaturale e quindi
tere spedale dal 1tpwcr01tov -rov ltEov, «il spaziale del cielo, se non riconosce un
volto di Dio». Però resta tipicamen- valore essenziale alla sintesi che di en-
trambi gli elementi si opera sotto l'azio-
te indeciso se esso sia il luogo dove si ne salviGca che D io, dal cielo, dispie-
entra al cospetto di Dio, o s'identifi- ga sul mondo creato.
chi in certo modo col volto stesso di Nel contesto del suo evangelo sulla
Dio (cfr. Apoc. n,rn ~col. z49I). Da- risurrezione, Paolo contrappone al pri-
vanti a Dio non esistono più Ù7toody- mo uomo, che è tx yijc; xoi:xòc; (Gen.
2 ,7, LXX: -ròv &v1'pwn:ov xovv <X7tò
µa-ro. -rwv È.v -roi:ç oùpet.voi:ç (Hebr. 9, 'Tfjç yijç) 2' 3, il secondo uomo, prove-
23), non si trovano, né segni, né om- niente dal cielo, OEv-rEpoc; èivbpw7toc; tç
bre; più nulla che sia irreale. Qui sta la ovpa.vov, I Cor. I 5 '4 7 249 e lo chiama poi
perfezione, perciò soltanto qui può 6 €itovp6.vtoç (~col. 1514). Dall'aspra
polemica del v. 46 e dal contesto gene-
compiersi il servizio sacerdotale celeste rale - prescindendo dagli altri passi ti-
per la comunità: ÈxalttcrEv È.v SEç14... pologici, in cui Cristo è detto il nuovo
lv -roi:c; oupo.voi:ç: 8,1 246 (cfr. 1,3). Quin- Adamo 250 - risulta che per Paolo l'èiv-
di, secondo Hebr., Dio sta, eccelso, so-
=
bpw7toç tç oùpa.vov ( wxa.-roç 'Aoaµ,
«l'ultimo Adamo», = 1tvEvµa 1:;wo7tot-
pra i cieli e tu ttavia egli «è nei cieli». oiiv, «spirit0 vivificante» =
ò OEVtEpoc;
IJ.vltpw7toç, «il secondo uomo») è Cristo
La definizione del cielo come resi· Gesù. Resta però da chiedersi in che
<lenza di Cristo 247 (basata sui racconti cosa consista il carattere spedale di
di ascensione e corrispondente a Col. 3, questa dizione, o meglio, in che modo
r : -rà livw ... où ò Xpw-r6c; tcr·n v tv OE· essa sia determinata dall'Èç oupa,vov e
çL~ -rov ~Eov, «le cose di lassù ... dove quindi quale sia il senso di ovpavòç in
il Cristo è assiso a l.la destra di Dio») questo contesto. Analogo a quello pao-
è corretta, presupponendo che -rèt livw lino è l'oùpavtoc; &vbpw-itoç di Filone 251
equivalga a ò ( ot) ovpa.vòc; (-ol ), in quan- (~ coli. 1404; 1502). Entrambi pre-
to la valutazione dcl cielo nel N.T. non suppongono indubbiamente il mito gno·
2·16Cfr. il v. 4; per cui qui è impiegata in cer· cod. A presen ta ambedue le lezioni; il cod.
IO modo la formula F.v ovpcx.vo~<,·É1tÌ yljc,. Sul· G, anticipando il v. 48, aggiunge alla fine: è
la terra egli non potrebbe neppure essere sa· ovp6.vLOç.
cerdote, per il semplice motivo che Dto sta 250 Rom. 5,12 ss.; .i: Cor. 15,n; t, coli. 379 ss.
soprn i ciel.i. La formula è qui impiegata per 2St Philo, op. mund. 134: «C'i: una grande
confermare un cootrnsto assoluto. differenza fra l'uomo ora (Gen. 2,7) formato
2'7 Cosl ~ K. BART11 51r. è il 'tOV lttx.'tÒ: 'f'Ì}v EtxOVCX atou ytyov6-toç
2<a ·Cfr. BoussET-G1mssMANN 253 s.; CLEMEN 1tp6-.:tpov (Gen. 1,27)». Filone descrive que-
72 s.; RE1r.tENSTlllN, He/J. Afyst. 345-350; st'ultimo come O OÈ XCX.'tÒ: 'tTJV dXOV<:J. tlìfo
LtE'f7.MANN, Kor., excursus dopo 15A6; ~ I, '=t<; -lì ytlvoç lì ucppo:ylç, VO'TJ'tO<,, ù.uWµcx.-.:o~ ...
coli. 380 ss . èi.<p&cx.p-toç <pucrtt. Analogamente si esprime iJ1
m Marcione corregge èi.v&pw1toc, in xvpwç. Il lcg. alt. I,JI: «Esistono due specie di uomi·
ovi;nvéç D 3 (H. Traub l
stico dell'uomo primordiale zsi. L'origi- "toç tivilpw1toç <li Ge11. 2,7 (- n. 25 1).
ne di questo mito è totalmence oscu- Perciò, proprio qui, Paolo non intende
ra m, ma la concezione dcrivntane era parlare d'un 'essere celeste' in cui ovpa·
molto diffusa. Essa era atta n connette- v6c; esprimerebbe mitologicamente lo
re, nell 'ovp&:v~oç &.vilpw7toç di Filone, stato originario, cioè la «preesistenza
una concezione àella condizione origina- dell'uomo celeste» 257 ; egli trae invece il
ria dell'uomo con l'idea platonica del- contenuto di t~ ovpcx.vou dal kerygm:t
l'uomo. In quesra connessione il cielo primitivo. Il contesto del capicolo -
era concepito come un mitico inizio, co- cioè la risurrezione (11. 20 ), la citazione
me un 'assoluta, ideale &:px'l') ( ~ col. di ljl 109,1 (v. 25 ), il 1tVEVµet 1'.,wottOLOUV
~404 ). Tnvece Paolo - che probabilmen- (v. 45), il ritorno (v..52) e, nell'insieme,
te aveva incontrato il mito soltan to nella l'accento posto sul crwµcx. - fa capire
elaborazione rabbinica o apocalittica e che questa designazione fu scelta prin-
soprattutto nella figura del Figlio del- cipalmente dal punto di vista dell'ele-
l'uomo (v. Henoch)'lS4 - utilizza l'im· vazione celeste 258 • è!; ovpcx.voii 11011 è
magine e il concetto di iivilpw7toç E!; fondamentalmente e anzitutto deter-
ovpavoii, mo ne altera completamente il minato da un tempo iniziale, dall'eter-
contenuto. La brusca inversione del v. nità o d:i una preesistenza, ma dalla vit-
46 ha in primo luogo il peso d'una assi· toria sul Davcx.•oc; e sullo O"'tetup6ç, quel-
curazione contro ogni mito; infarti nel la vittoria che permette al vittorioso di
contesto l'accento è posto unicamente iniziare la sua rivelazione è~ oùpcx.vou.
sul crwµcx., la corporeità, e non su di In ogni caso, se si tratta d'un essere
una secondarietà fondamentale dell 'uo- preesistente, se ne tratta solo colla ca-
mo venuto dal ciclo m. Pertanto l'iiv- ratterizzazione ora descritta e quindi
ilpw7toç ti; ovpcx.voii di Paolo non è po· soltanto secondariamente. Perciò non si
sto all'inizio, ma alla fine dei tempi 256 , deve dire, con una formula mitico-sche-
cioè nel presente escatologico inteso co- matica, che «h storia del Cristo passa
me fine dei tempi. È sintommico che dal cielo al mondo per ritornare in cie-
manchi per l'èivilp1>moç Èl; ovpo.voù un'e- lo» 259, ma si deve dire invece che Cri-
segesi come era stara fotL~ per il 7tpGi- sto è colui che, risorto nello stesso crw·
ni: Ò t,!ÈV y6_p fo.,tLV OUpaVLO<; avilpW1tOt;, O 253 s.; dr. anche le concezioni analoghe sulla
O~ yf}~voc;· Ò µ(v OW OÒpOCVLOt; ... • (il motivo è sapicn>.a iP<motizzata in Prov. 8,22 ss.; Sap.
tratto ,la Gen.r ,27); ihid. ~2 : allo spirito crea- 7,25 ; Iien. 42 .
to :iJ immagine J i Dio e dell 'idc• si c.lc\•c lSS Cfr. Col. 1,15, dove è applicato a Cris10
attribui re la pant:eipazio nc a <JUcl respiro Gtn. <,2;; -> I , roll. 38J s.
(1tVEii1io.) c.lclla potenza, che ~ fortcna, a dif· lS6 Cfr. \'Il . Iloussr.r, K1rios Cbristos ' ( 19 21)
fcren1..a di quel respiro che compe re a chi è 159.
stato form:110 dalla materia. In Filone il pri· 257 Così E. $TA\11' FER, Die Tbeolcigic dcr
mo uomo è l'idea, cioè l'uomo )lneumntico, N.T.' ( 19.18) 97; secondo J. JEREMJAS -> 1,
celeste, il Myoç (co11/. /i11g. q6); il sc:<:ondo col. 384 l!vl>pwito~ dovrebbe essere semplice-
uomo invece è l'Adamo 'storico'. men te la traduzione, comprensibile ai C.orin-
m Cfr. R. llu1.1·M~NN, art. 'Paulus', ìu RGG' ti, di bar 11a1à' (figlio dell'uomo).
IV 1035; M. DIBELIUS, art. 'Cnrisrologie' 1, 153 Cosl Bousser , o.e. (-> n. 256) 184, n . 1;
RGG' I 1600 s. l58s.; 159,n. 1.
2SJ Fo~ è un milO iranico (mane.laico?! ); cfr. 259 Cfr. OtBELTV S , oc. (-> n. 252) r6oo. Cc>
soprattu l!o REITZENSTEIN, Hcl/. /ofyst. 168 s. ; sì, uhimamcnre, G. 13-0RNKAMM in G . BoRN-
lo , I r. Eri. 107-uo. KAMM, \V/. Kt.AAS, Mytos und Evan11.eli11111:
m Hc11 . nctb.71; 48; v.BoussEr-GnF.SSMhNN Theologischc Existcnz heucc, N.F. 26 (19p)
ovpavoç D 4 (11. T1·au hJ
pensi a un aprirsi reale del firmamento giudaico bat q6l m, indicando il caratte-
che nasconde il cielo 210 • L'essenziale è re autorevole, perché d ivino, della voce
celeste. Nel racconco dd battesimo, b.
che l 'apertu ra del cielo sia fondata sul- .-oii oùpa;voii designa perfino la voce
l'opera messianica di Gesù e serva quin- personale di Dio che risuona dal cielo
di a renderne testimonianza. Partendo aperto e, proprio con essa, <d'inizio del·
di qui anche la visione del cielo aperto l'eone escatologico» m. Un giudizio cor·
risponden te vale per Io. 12,28 274 (cfr.
(Apoc. 19, II) dev'essere intesa come Act. n ,9; 2 Petr. 1 ,18), dove la q>wvi}
un'a1toxcH.u1Jnç 'llJO'ou Xp~cr-.ou (Apoc. Èx .-fjç vEcpD.lJ<; di Mc. 9,7 par. è dive·
1,1), in cui il cielo è immaginato come n uta una q>wvi) tx -.oii oùpavoù, forse
per effetto del ricordo della parola di
un tempio (dr. n,19) «di cui era a- Dio desunta dalla voce del battesimo.
perta la porta» m (Apoc. 4,1; dr. 8,1; Qui, come in Mc. u,30, il ddo designa
u,:i:5; 12,10; 19,1). Anche P ietro rice· la provenienza e la conferma divina.
ve la sua visione da questo cielo aper·
Il veggente dell'Apocalisse sente
spesso una q>wvlJ Éx 'tOV ovpavou (IO,
to, che è Cristo (Act.10,rr.16; 11,5). 4.8; n;n; 14,13; 18,4; 2r,3) 275; pe-
rò sembra dubbio che in Apoc. xo,4.8;
.5· Il cielo come luogo di provenienza i 4, 13 si trac ti d'un termine tecnico in·
Come la voce di Dio, viene Jal cielo viva che viene dall'alto (~ col. 1518),
anche TO 7tVEÙµa nel racconto evangeli- ma, proprio in questo suo carattere di
co di Ak r,ro (Mt. 3,16: l>Eoii; Le. 3, segno, è un;1 l uce celeste, cioè irradiata
dal Kyrios, che è in cielo, e perciò il-
22: -rò &y~ov 279 ; cfr. fo.1,32 ) . Da to che l um in~nrc, donatrice d i fede, conoscen-
qui si presuppone un cielo infranto o a- za e conversione.
perto, non può tratrarsi dcl dono, ma ln lo. 3,27 si trova l'assioma che
l'uomo non può prendersi ciò che non
dcl possesso delJo Spirito come di cosa gli vien dato tx TOÙ ovpa.voù. La formu-
propria uo. lazione esclusiva: ÉÌJ.v µi) Ti òdio1.lÉvov,
«se non sia dato», è tipica di Giovan-
In I Petr. 1,r 2 lo Spirito Santo è det- ni e designa l'esclus ività del dominio
to Ò:itOCTTOCÀ.Év·n &.7t'ovpet.voù « inviato (salvilìco) di Dio; cosl è in Io. 3,27; 6,
dnl cielo». Benché probabil1~entc qui 65; cfr. 19,u, dove è detto: El µ1) Tiv,
non si debba supporre la conoscenza «SC non (ti) fosse stato dato». Questo
del racconto della Pentecoste , bisogna concetto permette l'aggiunta di EY. -rov
tener conto che in Aci. 2,2 si parla d'un rca.-rpbç in Io. 6,65 e di èivwihv (dall'al-
Tixoç che viene Èx •ov oùpo.vov, con cui to) in lo. 19,u, come spiegazioni di cx
non può essere inteso il ciclo come par- •où ovpet.voii. Perciò qui non ha luogo
te superiore dell'atmosfera 211 . «Dal cie- una semplice identificazione di tx -roù
lo» è qui invece una designazione o rigi- ovpmioii con Dio, secondo l'uso lingui-
mùe che significa 'dal poccrc regale d i stico giudaico, benché ess:i sembri sug-
Gesti, ch e è salito in ciclo, donde è at- gerita da 6,65. La d ifferenza d i accento
teso' 212 • Anche il battesimo <li Giovan- fra 6,65 e 29,u è, nella diversa situa-
ni è «dal ciclo» (./Ife. u,30 par.). Que- zione dei due passi, indicativa. Come
sta provenienza definisce divina la di- èi.vwmv (~i, coll. 1012 ss.) non è sem-
gnità, la validirà e l'autori tà dd batte- plicemente identico a Dio (né a tx o
simo, aggiungendovi precisamente 1:t à11ò ;ov naTpéç; dr. lo. 3 ,3 con 3,5:
nota speciale della sua manifestazione lac. l,r7; lob 3,4), così qui non gli è i-
escatologica. Anche qui 'cielo• non è un dentico tx 't"OV ovpavoii. Perciò l'espces-
semplice sino nimo di Dio, ma dcsig;1a f
s ionc non uò essere personificata. Essa
l'azione salvifica d ivino che p(ovicnc mantiene i suo senso speciale, che com-
dal cielo. Misconoscendo che questa prende pure una funzione soggerrn al-
cielo è una cealtà della fede anche nd l'autorità divina. Dal cielo, cioè dal do-
suo carattere di segno, i Farisei precen- minio regale del Padre di Gcsìt - clic
dono un segno à:r.:ò •oii ovfl(lvov (Mc sta as.~olutarnente oltre il campo sog·
8 ,u; Ml. 16,1: Èx -roù; Le. 11,16: ÈçJ. getro all'influsso umano ( iivw~Ev) -
Cosl pure il cpwç Èx -roù o&pa.,Joii di proviene in modo fondamentale e asso-
Act. 9,3 ( 07ttp -ri)v Àcq.mpOTY)'ta. -roii lu to ogni donazione. L'uomo s1:1 sotto
i}Àiov, «(luce) p iù viva dello splendore il ciclo, perciò riceve in forma essenzial-
d cl sole»: z6,:r 3) n on è solo una luce m ente passiva. Il cielo d esign a qu i l'n-
zione divina che abbraccia rutto l'uni- dine (in Apoc. 16,21 )~3 . Bisogna qui ri ·
verso e determina tutti gli uomini. cordare anche il cielo chiuso che t ro trie-
ne il beneficio della pioggia e della fer-
Della rivelazione proveniente dal cie- tilità (u.4,25; lac.5,t8; Apoc.IL,6) "'.
1
lo fa parte, secondo Rom. r, r 8, anche
l'ira di Dio. Mediante il chiaro ness\) col
v . 17 (àrtoxa.),vit't'E't'a.L), l'à1t'oùpa.vou 6. Il cielo dei be11i salvifici
corrisponde a Év a.Ù'tW (scii. Ei'.Ja.yyd1.l~,
v. 16): alfa forza rivelatrice manifestata In quanto trono, meta dell'ascensio-
nell'evangclo è comrapposrn l'ira rivela- ne e provenienza del ritorno di Cristo,
tasi dal cielo<- col. II99). Non che l'e· oùpo:v6c; designa il punto d'integrazione
vangelo non sia dal cielo (cfr. 1 Pctr.
1,rz). ma in esso non c'è l'i.i:a. Mentre dei beni salvifici futuri e presenti us del
fin.o ra con l'espressione «dal ciclo» era nuovo eone 286 • Nel designare questa
da intendersi la provenienza rivelatrice funzione del cielo serve qui un concet-
d ell'azione salvifica divina, ora, special-
mente a causa del r ipetuto àitoxaÀ.urc- to molto sublimato della spazialità m.
't'E't'cxL, anche l'ira di Dio dev'essere in- Ne danno conferma i concetti usati: ~
tesa come parte della rivelazione salvi- 7toÀ.hEv1.icx (Phil.3,20) lSI, -+ olxooo1.LlJ,
fica che viene «<lai cielo». L'ira di Dio
olxlo:, olxT]'Ti)pLov ~ (2 Cor. 5,r s.), ~
viene concretizzata - applicando imma-
gini dell'A.T. (-+ coli. II22 ss.) - nel xÀ'l'}povoµla. (r Petr.1A)m; ~ IJ.L<7il6c; 291
Ttup cX1tÒ 't'OU oòpavou, «fuoco dnl cielo» (Mt. 5,u par.); ~ DT]<7a.vp6c; (Mt. 6,20
(in lc'.9,54; r7,29; Apoc.20,9 [var.], e par. )m, e anche i verbi: lxcw (2 Cor.
nell'imitazione compiuta dall'Anticristo
in Apoc. 13,13, con Éx); nel 1'Mov, zol- 5,1) 29\ lh,<7cxvpl~Etv (Mt. 6,20), TIJpcrv
fo ( in lc'. 17,29}; nella x<XÀ.a.i;a., gran- (r Petr. 1,4), &.1t0xtio-l>a.L (Col. 1,5}m,
!&lGcn. i9,24; Ex. 9,23 s.; 2 Reg. 1,ro.12; 2 dal cielo, e quello che è i11 cielo ba la stessa
Chro11. 7,1; lob 1,16; ep. Ie1·. 6 1. impottan,.a di c iò che ne proviene. W1No1SCH,
11<1 La sicci tà quale segno apocaliuko: Sib. 3, 2 Kor., nd /., fa notare che otxoooµi} possiede
n9s.; Hen. aeth. 80,2 ; 100, 1 1; &r. ~r. 27,6. una «solidità masgiorc» dj O'>e'YJvfi .
185 Nel contesto di 2 Cor. j,I ss. tm'l'Co&oii'J- 290 Il termine è U$ato quindi ad indie11re spe-
-:Ec; sta accanto nd E){oµtv probabilmente per cialmente proprietà terriere.
esprimere la presenza dialettice><seatologica 2'Jt Cfr. Corp. Herm., excerpt. 23,17 (SrorT
Jc.,ignata coll'immagine: dd ciclo aperto. r 466,22): ti.O'"tc:tBT)O'&:oru.~ 1.ilv ow Uµ~v ov-
2"' Il paradiso, in quanto luogo celeste, scen- pct'Vòç ò i1\otéç.
deril dal cielo sulla terra alla fine dci giorni; m li te1mine include il conccuo dcl conser-
dr. BouSSIIT·GRESSMANN 284. vare, cft. S. Num. S r3J a 2 7,12. STRACK-Bll.-
m Cfr. Plat., ap. 40 e: µt-rolx'l')O'L<; "tfj tjiuxii LERDECK I 232.42 S.
-rov "<O'l'Cou 'toii tvilivot tl~ /j.)...)..ov 'tOitov. m ~XEW accentua con speciale. intensità il ca·
i,;g 7tOÀl"<EU!l<1 «ha in certo modo un senso 1'1lttere di realt~; quindi si deve pensare a un
locaJe,., LOHMllYER, Ge/br., t1d I. Drunws, vero possesso.
Ge/br., ad /.: i «Cristiani fanno parte d'un m Nel participio è romenuta «l 'idea della
reltno• . sostanzialità», Lo11MEYER, Gefbr., ad I.; cfr.
m Cfr. LJETZMANN, Kor., ad I.; \V1NOISCH, DlBELIUS, Gr/br., aJ /., il quale fa notare che
2 Kor., od I. Qui olxo001xn b lltov viene e- queslo era un 1emtine tecnico per designare
quip.1rato a obtkt è:v ovpctvoic; e a otx'l')'ti}P\OV l'iscriiione di nomi di persone emerite negli
ti', ovpa:vou. uDa Dio» significa in concreto annali .!elio srato.
oùçavéçD7 (H. Trauhl
tyy(Xlcptui>ai, à:noypcicptuDaL (Le. 10, famiglie (Mt. r8,ro; Mc. 12,2,; 13,32
20; Hebr. 12,13):?"'5.
Questi beni stan- par.; Eph.3,1;; Apoc.12,7; 19,r e pas-
no in cielo, cioè presso Dio o Cris to ?% sim )300 • Essi vengono dal cielo e ritorna-
e precisamente presso quel Dio e quel no al cielo, si ngolarmente (Mt . 28 2 1
Cristo, accanto ai quali i credenti sta- par.; Le. 22,43; Gal. 1,8) o a schiere
ranno o già stanno nella fede. Il cielo (Le. 2,15 ). Il veggen te dell'Apocalisse
è qui indicato come un luogo, ma in li vede venire dal cielo o stare encro il
guisa che non ci si può chiedere dove cielo aperto (Apoc. 10,1; 18,1; 20, 1;
esso stia, poiché la domanda urta con- 19,q). La loro provenienza tlal ciefol0•,
tro il conceno stesso di cielo, che impli- di cui condividono il carattere occulto e
ca nascondimento e quindi inaffcrrabi· misterioso, iodica la loro condizione di
lità m. Questo nascondimento e questa servitori di Dio e i loro poteri delegati
rt:altà celeste sono presupposti anche di amba sciatori.
per la nuova Gerusalemme che il veg- Sembra però che in cielo abitino an-
gente dell'Apocalisse scorge scendere che potenze maligne 302 : per es. in r Cor.
eia! cielo (Apoc. 3,12; 21,2.10) 291 . Lo 8,5; Act. 7,42 liu; cfr. ~ btovpcivLoc; in
stesso vale per il Dio che parla dal cie- Eph. 3,10; 6,12; (2,2). In questi casi
lo, dal monte Sion e dalla nuova Geru- oùpa.v6ç dev'essere probabilmente ime-
salemme (Hebr. 12,25.22) 29'J. Si veda so nel senso di atmosfera (Eph. 2,2:
anche il tempio celeste di Apoc. n ,19. &.i)p) Jol o firmamento (cfr. asc. I s. 7 ,9 ).
Resta da chiedersi se questo senso sia
7. 11 cielo degli angeli da mantenersi anche dove è detto che
Il cielo o i cieli servono da dimora a Satan'1 precipita dal cielo (Le. 10,r8) m.
innumerevoli angeli, alle loro schiere e In tale cuso l'immngine di Luca snrebbe
295 Cfr. E.<. 32,32; P.r. 69,29; Da11. 7,io; u,r; 300 Qui vnnno richiamati anche -..X tv oÙp<t·
Hm. aeth. 47,3; 104,t; 1o8,7; lub. 30,20. Cfr. ,,oi:c; <li Eph.1,10; Col. 1,16.20.
$TXACK-BILLEIUIECK l i 169; -+ 0At.MA" 16<). Y.JI Cfr. l'alternanza di iiyyùoc; xup(ou, iiy·
r7r. -rù.oc; "toÙ Dtoù e dyyEÀo<; 'tOÙ (...Wv) oiipa.·
296 li si.i\nificato dell'enunciazione ronsisre nel- voii (~v).
l'indistruuìbilità dei beni, cioè nello loro per· 302 Sull'origine dell'idea, diffusa •1x:cialmcn1c
manenza eterna. Non è pe1messo <la questo nella gnosi (-+ col. 1402 ), che le stelle e le p0-
cnuncinro inferire che «i l cielo stcss.1 è in- tenze m"ligiic s iano tra loro collcgn1e cfr.
distruttibile» e neppure porre il problema del- BoussET·G•iis~MANN 322.
la sua creaturalitil e quindi del suo carattere .lOJSon chiomate àpxa.i, ti;ovo-la.~ in 1 Cor.
transeunte. Qui il cielo è <letcrminaro <lol do- 25,>4; Col. 1,16; 2,ro.15; Eph. i,H; 3,10; 6,
minio di Dio o di Crisro. 12; ovvciJ,U:L<; in T Cor. 15,24; 1 Petr 3,22;
297 Cfr..... K. BAJtTH 509· xvp..0"TT)'tE<; in Col. 1,16; Epb. 1,z1; Op6voi in
295 4Esdr. 7,26; (ro,54) 13,36; dr. STR.ACK· Col. 1,16; xoaµ.oY.pà"Toptç in Eph. 6,12.
BtLLERDl!CK m 796; LoHMl!YER, Apk., a 21,2. 30< STRACK-BtLl.F.RRF.CK I V l ,51,.
299 l\·ltct~lll., Hebr., "d I. .ios Cosl l'R1'VSCHtlN-BAUER. Non rientra qui
149r (v,533) o>ipavoç D 8 (I r. Traub)
affine aJla visione di Apoc. 12,7 ss. 3-06, ca dello stile degli inni. Esso è rivolto
dove si parla della battaglia lv 't'iji ov- propriamenie a coloro che «vi banno
po.viji, il cui esito è sostanzialmente si- posto le tende» ( ot tv a1ho~ç crx11voiiv·
mile a quello del logion di Gesù. Infat- 't'Eç: Apoc. 12,12), che non sono gli an·
ti all'l0)..iJlh1 dç tjv yfjv, «fu precipi- geli, ma i perfetti, specialmente i mar-
tato sulla terra» di Apoc.12,9 s. 13 cor· tiri 30!>; sono questi infatti che salgono
risponde un sottinteso Él; ovpetvoii (cfr. al cielo (Apoc. rr,12) e Dio «pone la
v. r 2: xet't'É(3l)). L'idea di Satana in cie- sua tenda» (7,15; dr. 21 ,3) su di essi:
lo fu sviluppata negli strati seriori del- in questo tratto va notata l'identità del-
l'A.T.e~ II, coli. 928 ss.))(11, ma senza le due immagini di 'tenda' e 'cielo' 310 •
accenn1arne mai la provenienza celeste, Qui il cielo, come anche la nuova Ge-
benché secondo Apoc. i2,8 egli avesse rusalemme, è caratterizzato dal culto
un 't'01toç É.v oùpcx:vQ. La sua caduta dal perfetto dei perfetti.
308
cielo - insieme colla proclamazione
del regno celeste - significa che egli 8. Cielo come firmamento
non può stare pitt ÉVW1t~ov 't'OV lt~oii Verso questo cielo alzano gli occhi
( Apoc. 12, r o); quindi 'cielo' significa Gesù e gli uomini (Mc. 6,4 I par.; 7,34
qui 'al cospetto di Dio'. e Io. r7 ,r; Le. 18,13 ; Act. l , l l ; 7 ,55).
L'esemplarità del fotto che ora in Essi guardano al firmamento. Esso è
cielo si fa soltanto la volontà di Dio l'oùpcx.v6ç che nasconde il trono d i D io
( ~ col. 14.5 r) trova la sua espressione e nello stesso te mpo, e proprio pet que-
nel grido di giubilo che invita gli oÌ.Jpa- sto, è un segno della presen7,a di D io
vol a esultare (Apoc. r2,12 = Is. 49,13 che governa gli uomini. Ecco il motivo
LXX; cfr. Apoc. 18,20 [al sing.], simil- per cui il pubblicano abbassa gli oc·
mente Deut. 32,43; Is. 44,23). Questo chi 311 . L'alzare gli ocçhj a l cielo, cioè a
invito non comporta un 'ipostatizzazio- Dio, quando si prega, corrisponde al ge-
ne del cielo, ma un'oggettivazione tipi - sto d i chi giura (Apoc. ro,5). Essere
Apoc.12,3, in cui (v 'tiìi ovpavti> signiJica 'sul' trara su ll'annunzio dell'incipiente nuovo eone .
ciclo . Nel çomcsto ev• ogeliço questo passo è colle·
306 Cfr. LOHMIWER, ,1pk., " d /., il quale ripor-
iiato alla prnrncssn d i scrivere i nomi der,li
ta materiale contenente concezioni analoghe.
eletti in ci.elo ; anc he Apoc. 12 è basato su Ilo
stesso onntincio .
ro7 lob 1,6 ss.; Zach. 3,1; dr. r Cbron. 2 1,r . 309 Cfr. LoHMEYF.R, Api:., ad I.
Non trova sostegno in nessun luogo del N.T. 3hJ Sulla Jd~i11a di Dio dr. SrnAcK-1311,L~R·
l'ipotesi che ques to passo collochi in certo mo· llECK ll J 8o5.848 .
do l'inferno nel mezzo del cielo. Cfr. invece 311 L'atteggi'1mento tenu to nel pregare è men.
Hen. slt1v. 8, <love anche l'inferno è collocato, 1.iona10, simomaticamente, molto poco; dr.
accanto al paradiso, nel terzo cielo. ad es. <!i 12 2 , 1 ; 1 20,1; A<J.v. (Theod. ) .1,34;
3~ Cfr. Le. 10 ,18 ss., un Jogion che ha per Flav. los., (In / . n,162 ; STRACK-BILLERBECK u
base la stessa immagine fondamentale, inceo- 246. Vedi anche Le. 2 1,28.
oilpav6ç D 9 (H. Tra11h1
uomo e vivere sulln rcrrn significa in- fìssati gli innumerevoli Ci.cr'Tpa "tou ov-
fatti sta re vitò 'TÒv oùpa.vov (Act. 2,5; 316
pa.vou (licbr. II,12) • La loro caduta
4, r 2; Coi. r ,2 3) iiz_ A quesca espressio- dal cielo è un evento apocaliuico, una
ne, già consueta nel paganesimo, il mes- frantumazione del firmamento 317 ( Mc.
saggio cristiano aggiunge l'idea che l 'uo- 13,25; Mt. 2-1.29 313 ; Apoc. 6 ,r3 ; 8,10;
rno ~ guidata da Dio. 9 ,1; 12,4). La catastrofe finale, che
li cielo è simbolo di grande altezza stranamente lascia intatta la te tra con
(Mt . u ,23; Apoc. r8,J) e fa del pari gli uomin i 319 , è descritta come un crollo
pensare alla vicinanza di Dio 313 • In della volta celeste atteso come scuori-
quanto atmosfera, <livenca rosso (Mt. menco totale delle ÒwaµHç 'TWV ovpa-
i 6,2). L'ipocrita non bada al carattere v17>v (Mt . 24,29; a.l f.v 'Toi:ç oùpor.voi:ç:
simbolico della sua apparenza ( 1tp6crw- Mc. 13 ,25 320 ) .
"7tov: Le. T2 ,56). In esso volano 'TÒ: 'Jtt-
'TELVÒ: 'Tou oùpa.vou, «gli uccelli dcl cie- 9. 'Cieli', ai plurale
lo» (/11t. 6,26; 8,20 por.; Afc. 4 ,32 par.;
Le. 8,5; Act. 10,12; TI,6) 314 • Invece vt- Poiché l 'uso del plurale ovpa.vol è
cpÉÀ. TJ, in contesto con ovpa.v6ç, è divc- dovuto a morivi molto vari nei sinr,oli
lllltOun termine tecnico indicante l'au- scritti dcl N .T. m, non è pussibilc indi-
reola (-+ vu, coll. 9 t 5; 926) Jis. care una regola generale valida per tut-
Sul ciclo in quanto firmamento sono ti ni_ In z Cor. 1 2 , 2 Paolo si gloria che
Jll Beef. t , f3; 3,1. Ad lx. i:ij~ e a d; i:1)v di condo-+ Il, coli . 153os. qu.:ste gerarchie CO·
Le. 17 ,24 bisogna souintendcre yij o xwpa. smidie compo r1ano potenze spiriaoal i il cui
Sull'uso cxtrahiblico -+ col. 1396. spodcscamento è un evento esc-.itoloi;ico.
JU Cfr. r Eallp.8,72; 4 Esdr.rr,43. Cfr. Horn., m Sulle molteplicità dei cieli di cui p:i.rlano
Od. r 1.329. gli Gnostici \>C<li il materiale rac:ooho da A.
lii Lurcro traduce : •Ua:clli so1co il cielo»! 0tET1'.RlCJ I, Cille ilfit/Jras/i/urgie ( 1903) 179·
l i• In Apoc. 11,12 Jn nuvola serve a salil"c; 220; STRACK-B ll.I ERBF.CK lii 5J 1 s.
cosl pure in Aci. 1,9. Lo nuvola che serve dn 122 Br.Ass-Dr.nRuNNER 5 f4'>·" «Oòpavo( =
veicolo per salire in ciclo o per discenderne famaiìm, però nello gran pane degli scritto·
è un'imn1aginc corrcncc. ri è usato solo i11 senso improprio, quule sede
3•• V• ri antc 2tto;tarn in D. it, sy: i:t7'v ovpo.- della diYinit~ (e quindi anche al singolare),
vwv. mcmre il singolare p..edomi nn quando il ter-
311 Su questa catastrofe della natura vedi mine è usato in senso proprio, cc-ceno quan-
Hc11. ae1b. 8o,4 ss.; 4 f..fdr. 5A s.; BoussE·r- do, secondo la concezione giudaica, \'engono
GRESSMANN ~50· distinti parecchi cieli». Anche l'ideo di Lon
318 Ent rambi i testi combinano ls. 13,ro Mt-:Yl\R, c>.c. (-+ n. H5) 78 non resiste alla
tLXXl: à<,..,:Épti; -rov ovpa.voiJ, e l.1.34,4. sicché provn: per esempio il plurnlc è usato in con.
nel 1cs to di Marco ri!ulta !i< °tOV e in quello 1es10 colla terra, come in Mt. x6,l 9; 18,xo;
Ji Matteo cbtò ..-oii ovpavoii (sing.). 24,29. Eph. I,10; 3,15; Col. r,16.20 ecc. An-
119 Cfr. L OllJ\olEYER, Mk., • 13,24 ss. che il contrario è spesso atte.<tato. La regola
no Variante attestata in D , it, sy: -;Wv oùpa· proposta da Lohn~yer dice che il cielo sta 31
vwv. Cfr. Ts. 34.4= k<>l-s'bii' haHama1i111. Se- singolar~, se in com~sto collz terra, al plural"
oÙPflvoç E (H. T raub)
a sua 'anima' è 'ascesa al cielo' .Il.I: ~wc; fra punti d'appoggio per distinzioni
-rphov ovpitvoii. Al V. 3 s., fra ripetizio- particolari, è possibile una dassiJìca ,
ni in pane letterali, è detto che l'esta· partendo dall'azione divina, sotto i con·
si portò l 'Aposcolo etc; -ròv 11apaOc~· cetti di x'l'lr:r~c;. UXlJVTJ e iiy~a. 119 ( ~
r:rov 32' . È quasi impossibile aggiungere col. 1475 ). Sui cieli di Eph. ~ col.
ualcosa di più esatto sulJ:i natura di 1470.
uesri tre cieli 325 • Non si può identifica-
re senz'altro, neppure il primo di essi, E. I PADRI APOSTOLICI
ol firmamento (dr. asc. Is. 7,9 col. v. L'uso di ovpf.l.voc; nei Padri Apostoli-
13). Solo a proposito del terzo cielo si ci si trova completamente sulla linea di
quello del N.T. e dei LXX, in panico·
può d ire con probabilità che il paradiso lare nelle frequenti citazioni dall'A.T.
il trono di Dio sono immaginati entro delb I Clem. Questa lettera impiega il
i esso o ad esso strettamente associa- termine nl singolare in tutti i passi cita-
ti (eccet1uato 27,7, dove anche i LXX
ti"". hanno il plurale). In 20,1; 33,3; 36,2
La funzione di nascondere, che è pro- il plurnle manifesta l'autenticità e la
ria del cielo, include anche ciò che in concezione dello scrit tore. I cieli sono
mossi dalla o~olxl]cnc; (governo) di Dio
sso si percepisce: sono O.ppT)'l'<X, cioè
(20,1 ), che li ha consolidati con la sua
osc che non è led to, né possibile espri- potenza (ovpa.voùc; ÈO'tjpwtv, JJ,3 ),
mr:re. Si tratta di w1 termine tecnico dei Questi e nunciati riguardanti l'azione
ulti misterici 317 e dell:i matematica ™ creatrice e conservatrice d i Dio ricorda·
no l'A.T . e talvolta anche la dottrina
per indicare l'arcano e l'irrazionale. stoica in genere. In 36,2 l'autore - che
I diversi cieli della Le1tem agli E- altrimenti ha uno stile del tutto mora.
rci, d.:i quali non è indicato il nume- leggiante estraneo alla gnosi - entro nel-
1'ambito della gnosi popobre: 01à 'l'OV-
ro, sono immaginati pieni di schiere an- '\'OV a'l'EVl~oµEV dc; 'tà Vt)il} 'tWV OVpfJ.·
'elichc liturgiche. Benché Hebr. non of- vwv 330, o~à 'tOV'\'OV EV0'7t'tp~~6µd}a
nvccc, tfuando si vuol far ri~aharc .:la sua non si capisc.: se il paradiso si trovi entro o
acurJ StJccata dalle cose terrene e ri,·olta a sopra il rerzo ciclo; analogo è il raso di Bar.
io•. gr. 4; dr. VoLz , Erch. 374; M1c11u, Hebr.•,
32.1 Qui non esistono aspe11 i gnostici, pecché a 4,14; ampie inJicazioni in W1tro1sc11, 2 Kor.
non si trnrta d 'un \'Ìaggio di reden2ionc, mà e LrnTZMANN, Kor., ad l.
di una speciale -> 01t-raoia, -> 6.11ox6.),v1!nç, J25 Per esempio, il primo ciclo sarebbe il fu.
consenti la n uno che è già in Cristo, essendo mamento, il secondo l'~oo celeste, il terzo
suo arost<)lo. Sullo salita al cielo dell'anima in il trono di Dio. Così-> K. BARTll 522.
estasi cfr. R11oun H 91 s.; RmnENSTEIN, Hell. 326 Apoc. 21,3; 7,15: Dio sra nel mezzo degli
Myrt. n e. detti e dei martiri; cfr. Hen. aeth. 6t,12; 70,
~ L1 collocazione dcl paradiso in ciclo ù n· 3 e pat1in1.
ntra Rià in Heh. deth. 39,3; 70,3 e panim; 327 Cfr. Llt:TZMANN, Kor., ad I.
Aav. l os ., bel/. 3,374; 4 Esdr. 7,36 ss.; Hen. 3.'S Plat., resp . 8,'46 c.
slav. X. Ncll'ulcimo passo iJ paradiso e il ter· 329 Cfr. M t Cllf.L, Hebr., a 9,n.
zo cielo sono immediat3mcnre contigui, ma llO Cfr. su questa dizione 4 E.Jdr . .p1 ... '<à
cuFtbt~ (H . Traub)
ffiv ... ol)!Lv llVTOV ... SLà TOVTOV i)lll- te, specialmenrc fil plur.:ile; due volte ri-
À.l)O"EV ò OW'TtO'tl)ç -rijç rii)avchou yvW- corre la formu b1 lnl yfjç-Ev ovpavoi:ç
<TEW<; ii1Lci.c; yEvtTw:n'}o.L, «atrraverso (~ col. i446): i crisciani passano la
quesio noi guardiamo ver~o le altezze kro vita s ulla terr~, ma Év ovpav(ji 1t0·
dei cieli; attraverso questo vediamo, ÀL-rEvov-rat, «sono cittadini del cielo»:
come in uno specchio, 1':1spetto di lui ... ; 5,9 (cfr. Phil. 3,20); cfr. l0,7: -r6-rE
:mmverso questo il Signore ha voluto ika011 -ruyx&.vwv int yfjç, &n l>tò<; lv
farci gusta re la conoscenza immortale». oùpavoi'.ç itoÀ.tTEvnm, «pur dimorando
La Lettera dj Barnaba, oltre a citare sulla terra, vedrai che abita nei cieli». I
l 'A.T., accenna all'ascensione in cielo di cristiani che in tende mortali possiedo-
Gesu: , avtpT)
• •a EL<; • oupavovç
, I ), 15,9.
, ( pur.
no un'anima imn10rtale, attendono «nei
In Herm., vis. r ,r A, si apre il ciclo cieli l'incorn1ttibilità», tv oùpavoi:ç acp-
( sing.) che poi si chiude dopo la fine l>ap<Tlav ( 6,8 ). Dal cielo Dio manda fra
dell'apparizione (vis. 1,2 ,1; qui al plu- gli uomini la verità e il santo Logos;
rale, cioè senza significato speciale). Ha egli invia il crearore dei cieli - non un
una cena importanza l'alrezza irrag- angelo, o un arconte o simile, cioè uno
giungibile del cielo (ma11d. u,18; vis. a cui sono affidace le iv ovpavoi'.ç &otxi'J-
4,I,)). ~u sata pure la locuzione «sotto <TEV.,, «le amministrazioni celesti» {7 ,2 }.
il cielo» nel senso di «sulla terra» In r o ,2 il dominio divino è chiamato ii
(ma11d. u,4,2; sim.9,17,4-+ col. 1493). iv ovpavQ ~a.oùda (dr. mart. Poi.
L 'uomo può aver fama anche nei cieli 22,3).
( plur., vis. 1, 1 ,8 ). Ignazio usa il termine solo due vol-
N ella Didaché 'cielo' sta al singolare te e in entrambe al singob re. Nell a
nell'invocazione del Patemostcr: 8,2 sua lettera ai crisriani di Smirne (Sm.
(Mt. 6,9, plurale). Fra i segni apocalit- rr,2) trovasi la formula fol.-iv: la vo-
tici premonitori trovasi la Èx1tÉ-to:.ol.<; srra opera dev'essere perfetta xaì. hi:l
lv ovpav(il, cioè il «distendersi del cie- yijç Y.at tV OVpa.v{;'>, «Sia sulla terra che
lo», che qui si deve intendere nel senso in cielo». In Eph. 19,2 rur-ri)p Èv oupa.-
di 'aprirsi' JJJ. vQ, «una stella in cielo», con la sua
È probabile che siano stati influssi apparizio ne ineffabile di natura cosmo-
gnos tid a motivare in 2 Clem. 16,3 lo logica rivela i:oi:ç o.lwrnv l' incarn::iiione.
restrizione -rLVÈ<; -rwv oùpavwv, «alcuni
dei cieli», parlando della loro distruzio- t OVpaVLO<;
ne per mezzo del fuoco (diversamente
da 2 Pelr. 3,12). Signilìcn: celeste 1 , che abita i11 cielo,
In mnrt. Poi. 9,1, Policarpo sente è dal cielo, o proviene dal cielo 1• Co-
una cpwviì È~ oùpa.voii (probabilmente me oùpav6c; (~ coli. 1392 ss.) si riferi-
la voce del Signore ) che nc.-ssuno dei sce a due cose, alle abitazioni degli dèi,
circosta nti ode. Pregando, egli innalza e quindi agli dèi stessi, e al firmamento.
lo sguardo al cielo (14,1). Cosl acquista due sig nificati concrcd: a)
In Diogneco ovpav6ç ricorre r 2 voi- ciò che è proprio della divinità, Dio, di-
tr.t -roii 1hvovç -twv oòça.vwv. solo) con due 1erminezioni; dr. BLAss-Da-
JJ1 Cosi Piu.usc•tEN·BAUH', s.v. txittTo:aiç. BKUNNER § ,9,2.
l Cfr. A. AT)11T)-rptixou µiycx lrl;ixòv Tijç H.•
oiipO.vioç ÀT)v•><i'to; yÀwcraix (1933), s.v.
J Per lo più con ire, ma anche (e nel N.T.
1499 (v,,536) (v,537) l500
~ Cfr. Horn., bpn11. Cer. 55; vedi anche Phi· di uoa delle Muse; cfr. Plat., Crat. 396 b .c;
lolaus, fr. II (DIELS' I 4u,ro s.), dove si ha vedi anche Eur., Phoen. 1729. Anche una fi.
la coordinazione: x«t lJdw x<:<t ovpa.vlw ~lw, glia di Oceano portava q uesto nome, Hom.,
e poi l'aggiunta: xo:l avl>pw1tlvw, dunque: hymn. Cer. 423; Hcs., theog. 350.
«della vita divina e celeste, e di quella umana» . 3 Cfr. v. WnAMOWIT7., o.e. (--+ n. 4) 95, spe-
4 U. v . WflLAM0W lT7. - Mor.LLllNDORFF, Der cialmente n. 5.
Glaube der Hellenen 1 (1931) J33 s.
9 Cfr. Pind., Pytb. 2,38 s.
s Cfr. Acsch., Prom.l64 s.: ovpavW.v yf.wo.v.
6 Sulla strana deità non greca Atl; ovpav~oç 1-0 Sull'oupavtov 'itpoxa)..vµ!J.a (Orpb. ) cfr. R.
dr. Wll. AMOWIT'l, o.e. (-> n. 4) I 130. ErSLER, \Welte11ma111el 11nd Himmelszelt I
1 Secondo Hes., tbeog. 78, Oùpavloc è il noine (1910) .5I.
c~~<i.vt<><; (H . Trauh)
la pioggia oupa.vw. iioa.-ra in J>ind., con la menzione della 'tVXlJ del sovra-
Oly111p. 11,2; una stcll:1 àa-ri1;; oùp<.i.- no: lifo1.1.ru. -rf}ç ovpa.vlov UIJ.WV 'tVXl}<;
v1ov in Pind., Pyth. 3,75. In X,·noph., (P. Lips. 35,20 ; 34,17 e passim; P.
Cyrop. l ,6,2, son detci oupàVLa. O"TJ!lota. Masp. 97 H 79: xa.-.èt -.oii ~wv-.oc; i)eov
i moti degli astri e in mem. i, l, 1 1 >à oòpa.v(ou). In BGU m 954.r6 il voc:i-
ovp6.v1a i fenomeni cdl'sti, ment re in bolo ricorre nel Paternoster. ovpaVLO<; è
Plar. , Hi. 1,285 c 11 oùpàv1a ;;àih1 sono un 'enti tà matematica in Ocello ( Diels '
le dcclinnzioni e le murnzioni as trono- I 440,t5).
miche (cfr. inoltre Thcophr., mr.!lllphy- Filone men:r.iona l'oùpàvLoç &vl)pw-
sic11 320 b: EV -.0 ovpav~ xat 'to~c; ov- 7toc;, «l'uomo celeste», dicendo: xo.-
po.vo~ -ri)v q>opèLv ~TJTI]"tfov )_ -.'dxbva lii 'tE"t"V'ltWui}cu i>toii, «è stato
Platone impiega il termine tanro in formato secondo l'immagine di Dio»
senso scientifico: oùpàv1ov ptuµa. , «in- (leg. all. 1,31); egli è l'oùpcivLoc; 'AO<iµ
flusso celeste» (Tim . 23 a); Q>V"tÒV ovx (ibid. I ,90 ). In quanto partecipe di que-
i:yyE1ov aÀ.ÀèL oùp<.i.v1ov , «non (s iamo) sto Adamo, ogni uomo è un oùpavLoc;,
una pianta terrestre, ma celeste» (fim. un abitante del cielo, perché si avvicina
90 a) 12, quanto .in senso popolare, p..:r alle s celle con la sua capacità visiva, op.
designare gli dèi (leg . 8,828 e). Inoltre 111u11d. 147. Per Pilone oùpàv~oc; è una
oupciv1oc; acquista in lui un senso derì- designazione che deve esprimere del pa·
vato dalla su,1 dottri11a delle i<lee: ri il concetto 6losofìco dell'idea e ciuel-
"Epwc; non è oùpàv1oc; solo perché di- lo dell'origine div ina H Supponendo l'e-
scendente da Urano e figlio di Urania sistenza d'un uomo celeste e d'uno ter-
(symp. 180 d; dr. ClG 3157 ), ma è reno, egli parla pure d'una virtù cele-
l'eros celeste in quan10 vero e reale ste e d 'una terrena (leg. alt. l,45 ) e
eros, perché determina to dalla v inù d'una corrispondente duplice dottrinn
(symp. 185 b) che Socrate definisce Jella virti1 (sacr. A.C. 86). Le conoscen-
( .1')1mp. 212 a) &h11}[c; e quind i dall'ov- ze celesti ( == olimpiche) sono libere da
-rwc; ov, la vera realtà, l'ìdea. Si veda a.i:cr1'T)o-1c; (som.1 ,84). Perci ò Filone può
anche la contemplazione d ello spa7.io i- parlare d'un ovpcl.v~oc; Àoyoç (plani. 52),
peruranico d:illa più alta volta celcsre in d'un amore celc:ste (cher. 20 ), di u n
Ph11edr. 247 b . Vale ciuindi il principio messaggio e d'una sapienza celesti ecc.,
O"t"L -.à ... oupavw. xa.t ilEi:a. &ya.itWµEV orie nta ndo il senso di ovpavLoc; sul pu-
( Crilias 1.07 cl). ro vovc; (gig. 60; som. l,14 6).
Nella gnosi gli ovpcivi.o~ sono e.seri In Flavio Giuseppe non esiste un u-
intermedi divino-celesti provvisti d'un so linguistico preciso. Con oùpàvi.oc; egli
o-C';1.1.a. 13. Sotto i l dominio del la tlp.a.p- designa ranto gl i dt:i pagani (Ap. 1,255)
µÉVt), che <: il de11s summus, es~i so- quanto l'oggetto della filosofia (Ap. r,
no collocati nella nàv"twv oùpa.vl.wv 14 ). Riferisce il termine anche ai feno-
-.àç1c;, «l'o rdine di tuiti gli esseri cele- meni astronomici senza che <Tcxpla. fi ne-
sti» {cfr. Corp. Herm. 8,4). Nei papiri, pt 'tà. ovpiiv~o. (ani. r ,69) abbia u n ac-
~peci:1Lmen 1 e nelle petizioni e nei giurn- cento religioso. Però il x.wpo<; ovp<ivLoc;
menri, il termine ricorre soprattu tto è: il cielo in cui sono accolli i martiri e
11 Un'opera di ~nocrito r,orta il titolo al- 1J Dii cclcstes b1bablta111 summa ce/estia, Asci.
-r(a1 ovpaVL(lL (DIELS ' Il 9 1,13). 3,38 b (SCOTT I 3('2,2).
Il Un manoscritto in Phacdr. 247 b legge où-
p<i.\l\O'> àljlt-Oo. invece di òitoupa\11.0v. " C.:fr. op. mund. I li; Abr. 69 ; pla111. 52.
i giusti (beli. 3,374;-+ col. 1492. maginc spaziale; infatti i 'lìgli del ciclo'
Nei LXX il termine oùpti1noc; è quasi sono i fratelli martiri (dr. 7,36) «giun-
assente e negli pseudoepigrofì è poco ti alla vira eterna nell'ambito della pro-
più frequente . Dove esiste un corri- messa divina dell'alleanza»' 6 . ln 2 Mach.
spondence ebraico O aramaico, oupti'VLO<; 9,10 ovpav1oc; è determinato nd senso
traduce sempre smjm o forj'. Quindi di firmnmento in quante confine dell'in-
condivide le differenze di significato di 1occabilc zona di Dio.
oùpc.tvòc; (~ coll. r 392 ss.; 1426 ss.). In-
vece cl i 'tÒV ~crc.tvpÒv .. ., -ròv oùpc.tvòv il Nel N.T. l'uso di otipavLoç ricorre so·
cod. A legge in Deut.28,12: -ròv ~TJO'Cl.V· prartu 1co nella formula di Matteo 17 : ò
pòv ... , •Òv oùptivLov, ma con lo stesso 1ta.-ri}p uµ~v ò OVpcXVLO<; (5,48; 6,14.
senso: il cielo è il ripostiglio da cui si
promeue l'invio della pioggia e della 26.32; 23,9), oppure : ò 1ta.•iiP µou ò
prosperità. In 3 Mach. 6,18 Dio stesso OVpcXVLO<; ( X5,13; 18,35) 1&. Questn for-
apre le porte del cielo, da c ui discendo- mula è una traduzione di quell a giu deo-
no angeli splendenti. Qui dunque 'cele-
aramaica che Matteo rende pure con ò
ste' serve a qualificare lo 'spazio' in cui
gli angeli esercitano il loro ministero in- ":ta.-ri}p µov ( c;ou, l}µGw, l'.iµwv) ò tv
corno al trono di Dio. Per questo il loro •o~<; oùpa.vo~<; (~col. 1455). Lo confer-
esercito è chiamato oupÒ.vLO<; O''tpa.i:Òc; in mano le varianti di 5,48 e 23,9. Perciò,
4 Mach.4,u; cfr. Lc.2,13 . Come 'cielo'
ern divenuto una designazione di Dio(-;. in questo Contesto ovprivLO<; tende a rÌ·
coll.1458 ss.), cosi accade per oùpavLoc;, levare due cose: l'inrcressamen10 e la
per cui in I EO'Op. 6,14 il Dio d'I sraele premura del Padre divino verso gli uo·
è c hiamato xvpLoc; ò oùpà.vLoç. La E~ov
ala. Ti oùpcivLoç di ~a.v. 4,26 (Theod. mini e la potenza con cui Dio attua
cod. B) (cod. A: bi:oup6.vLoç) significa la questo atteggiamento benevolo. li Pa-
potenza divina e i figli di Dio porrano dre celeste è colui che opera dal cielo il
il nome d i oùpti'.ILOL 1ta.i:OE<; in 2 Mach. cambiamento Jdl'eoae che significa fa
7,34 u. Però anche quesr'ultìmo passo
dimost ra che il concetto di celeste =di- salvezza per tutti i popoli e pe r tutti gli
vino è accompagnato sempre da un'im- uomini 19 •
11 Cfr. Apoc. 11,12, dove Dio è anendato in voii, e CO>l C\IT:lttctizz:ino l'azione di Dio Jal
1ne:tzo ai martiri. cielo ~ <"I. 1457.
19 Mi.s<.'<lno.s<.-c com1>leu.menrc qucs10 pumo -
16 bnj Jmjin = tr.ouç<ivLO•, è in 1 Cor. 15,48
è l'nucudcnominoziooe di una pio comunit~ e con esso 1:1 fede escoiOlogiet di Jahvé - '"
scttmia -+ col. 840, n. 21. Wu.AMOWITZ, o.e. (-+ n. 4 ) 1 334, che J"lrlnn-
17 In Le. 11,13 il ~'Od . P" legge ovpciv~o<; in· do di ovpcivLoç ZEuç, il signore dcl cielo in
4u3nto din del mondo, osserva: «Presso i
voce d i il; oùpcx,vou, -+ col. 1457; cfr. il paral-
G iudei lu Arnndc opera dei profeti fu qucll~
lelo Mt. 7,11 . <li for sl che il ve<.-chio Jahvé, lega lo nUa 1cr·
18 In Ali. 5,48 Tcrt. D* e mohi alari codici, e ra e al luogo, si spostasse in cielo ... Ma Jnh·
in 23,9 la ree. Si' (D€>) leggono ò tv "<O~<; ov· vé rima.~c il dio nazionale, e gli dèi nazionali
po.ve~ invt'C'c di ò oùp6.vLOc;, e in 18,35 i degli alrri popoli restano dèi accanto ~ lui ...,
co<ld. c~e leggono b:oupciv.~c;; questo mentre il Dio che Gcsì1 annwuia è divenuto
scambio di termini fa capire d1e oùpavi.o.; ed veramente padre di tutti gli uomini e può es-
Éttoupciv•oc; non wno intesi solo nd senso di sere mcs~ a confronto bènissimo... col dio
iv '<O~<; ovpcxvot<;, ma anche di t x 'TOu oùpo.- degli Ellcni».
ir.ovpav<o<; (H. Traubl
= 11/'kol s'ba' baSJiimaiim; dr. 2 Chro11. 18,18. 1 Nel greco classico è usato anche con tre,
Pres;o i ·r abbini può essere designato 'schk~ nd N.T. solo con due terminazioni.
ra t'clestc' tutto il popolo d'Israele o la wla l Cfr. anche Luc., dialogi deortu11 4 ,3 : ijli'Tj
tribù di Levi; d r. STRACK-BLLLllJlllECK tt 116. yàp tnovpavui.; Et.
11 ov,,0:'\11.C<; i.iv&pwno; corrisponde al termine
filosofico che indirn il primo uomo, l'uomo J Cfr. Pind., Jr. t32,1: <!>vxcù... t'ltovpav.o..
primordiale -+ coli. 1478 s.; 1502. In r Cor. 4 excerpt. 1 z,1 (ScQl'T I 434,9); excerpt. ~t,2
1547 il cod. G legge - con identità di come- ($C011' l 454,2).
b:oupciv<o<; (H. Traub)
sto uso generico, È11oupétvLa serve a de- lo, che intende indicare il cielo c reato
linire precisamenre le cose, quae in coe- in quanto trono di Dio. Io fondo que-
lo s1111t, e deos ... qui sup,-a ... s1111t 5, a sta spazialità non vien mai abbondo·
cui competono gli attributi di aawµa- nata.
'tOV, ayÉV'Y)'t'OV, aÒ't'E!;OVO'LOV, C soprat·
tutto non étv<iyx11 v11oxElµEva 6 . A- Nel N.T., se si eccettua Io. 3,12,
bammonide li considera divinità 'co- É1tovpci.vLoç ricorre solo in Eph., 2 Tim.
smiche' e li distingue dalle deirìi su- ed Hebr. ', sia come aggettivo sia come
percosmiche collocandoli fra gli dèi
ȵm'.ipLOL 7 • Un simile impiego del ter- sostantivo.
mine si trova nel grande papiro magico Nella Lettera agli Efesini ricorre la
(giudaico) di Parigi (P. Par. 574,3042). formula 9 ÈV i:oiç i11ovpcx.v(o~ç (Eph. I,
Filone usa il termine nel significato
b ): l'anima è ben nutrita dalle t11ovpa· 3.20; 2,6; 3,10; 6,12). Il suo significa-
vloLç tmai;l)µau;, «le scienze celesti», to risulta dai passi paralleli. Cosl, il
che si basano sul À.6yoc; ( r:igione) i>Eoii xallil;.nv Év Òt~L~ aÙ't"ov, «sedere alla
awExi)c; (leg. ali. 3,r68 s.) e nel signifi- destra di ,lui (Dio)», preso da 4' io9,l,
cato e): Abramo era un iivOpw11oc; où-
pavoii perché, quando stava presso i è concepito in Epb. 1,20 (dr. 2,6) rego-
Caldei, studiava i;!X µE't'EWPIX. xaì. btov- larmente, cioè, come nelle altre citazio-
pétvLa (gig. 62; cfr. viri. n). ni di questo passo, immaginando che
Nei LXX questa parola ricorre di ra-
do; talvolta si alterna con oòpétvLoc;. In es~o abbia luogo in cielo, dove si trova
tji 67 ,15 essa serve a traducre faddaj, anche il trono di Dio (-+ col. 1460 ).
reso per lo più con 11av.:oxpéti;wp. In Perciò anche in Eph. 1,20 la variante
quanto è attributo divino, ha lo stesso
del cod. B legge, coll'identico senso: tv
senso di xvpLoc; ( i>Eòc;) tv 't'@ oùpav~
oppure oòpavoii ~ coll. J428; 1454. In i;o~c; oùpavoi:<;. Si immaginano poste ne-
un altro passo traduce s'majjii'. In Aav. gli ovpavol (Col. 1 1 16; cfr. Eph.3,15 e
4 1 26 (Tcodozione, cod. A; T.M. 4,23), passim) !lnche le ci.pxett >w.t t!;ovalaL,
come pure in 4Mach. 4,n e l r ,31 è
attestato come variante di oùpav6c; e ha i principati e le potestà, che secondo
lo stesso senso. In 2 Mach.3,39 il nome Eph. .3, ro; 6, 1 2 si trovano lv 't'oi:c;
di Dio è così parafrasato: ò i;fiv xa- Èr.ovpavloLc;. In tutti questi passi Év
't'o•xlav É1tovpétvLov i:xwv. Dal contesto
risulta che qui E1toup<ivLo<; intende desi- -.ai:<; ir.ovpavloL<; equivale totalmente,
gnan: il dominio salvifico di Dio su tut- nel suo significato oggettivo, a lv i;oi:c;
ta la terra e tutti i popoli e corrisponde oùpavoi:c;. Sì pensa che Dio stesso e Cri-
quindi, di fatto, a 11etvi:oxpa-rwp E7tov- sto si trovino in questo mondo celeste
pci.vLoc; di J Mach. 6 1 28 e a è11ovpavLoc;
~e6ç di 3Mach. 7,6. fo 2Mach. 3,39 è perché s'immagina che la des tra di Dio,
chiaro il significato spaziali! ùel vocabo- il suo trono e il suo governo siano col-
5 Asci. 3,32 b (Scorr 1 356,20 s.). lo stesso ~nw èitoupci-vi.o<; invece di oupci-
6 Jr. 26 (S<xm- I ,44,1 s.). V~O~ nella formula ò 'lta.tjp µ.cv ò oùp«111.0c;
7 Scon 1v _32,9. -+ col. I ,04.
• In Mt. 18,u, var., i co<ld. Ca leggono con 9 Cfr. Drnm..1vs, Gefbr., ad Epb. r ,3.
J 509 \v,.539) /?tovpocvtoç ( H. Traub) (V,J40) l)10
locati Èv ..ot.; E7tOvpavlotç. Come ovpa- sa attraverso i cieli 15• E cosl si rivela
v6ç, il concetto assume qui una deter- al mondo (ol xéo-µoç) il mistel'O dcl Cri·
minar.ione locale 10 • sto ( 3, io ). In questi due ultimi passi
Ma, accanto a questa immagine vete- lv 'toiç l7tovpavloi.ç mette in primo pia·
rotestamentaria del trono di Dio collo- no il significato cosmico della rivelazio-
cato in cielo, è propria di Eph. l'idea, ne. Il motivo di questa dizione plero-
in cui s'incontra con la gnosi (-7 col. forica (iv i:oi:ç È1tovpavlotç), presa dal
1470), secondo cui il Cristo, elevato linguaggio cultuale pagano, va ricercata
molto al di sopra del mondo celeste, nel crescente interesse liturgico-apolo-
regna come vincitore e dominatore getico; altrettanto dicasi dell'uso del
(Eph. 4,10) di tale mondo, il quale, a plurale ovpu.vol in Eph.
sua volta, è immaginato pieno di «po- Nella Lettera agli Ebrei É7toup6.vtoç
tenze impenetrabili, incalcolabili, inaf- riceve il suo carattere speciale dalla vi·
ferrabili, sovrane, anonime e spirituali, sione del santuario celeste perfetto, in
che dominano e costituiscono questo cui entra, attuandone la perfezione, il
spazio» 11 (3,10; 6,12) 12 . La Chiesa, i sommo sacerdote celeste, Cristo (Hebr.
cristiani, partecipano ora a questo do- 8,5; 9,23) 16• È significativo che qui
minio di Cristo sul mondo celeste (2,9) manchi una denominazione o concretiz-
e godono in questo della benedizione zazione di queste 'cose' (o 'suppelletti-
Év XpLo-i:Q 13 (I ,3 ). Perciò sono in gra- li' ?) celesti, le quali sono riferite tanto
do di resistere nella lotta contro le po- rigorosamente all'apparizione del som-
tenze dei cieli 14 , cioè di seguite il loro mo sacerdote Cristo nel vero cielo, al
Cristo (4,9 s.) nella sua ascesa vittorio- cospetto di Dio (-4 col. 1477), che
10 Cfr. Phil. 3,20: noÀ.(-reoµ<7., «un posto si· -roi;ç fooup<7.vlo~ç ha il signifie11to di lv -.oiç
curo nel ciclo», e 4 Mach. 17,5: t<TTTtPl.0'<7.L tv 0Vp<7.VO,ç.
ovp<7.vi;i. 13 In questo passo, co1ne in 2,6, È.v va inteso
11 H. ScHLIER, Die Kirche 11acb dem Brief an in senso causale-strumentale e meno invece
dic Epbcser, Bei1riige zur Kontroversthcolo- in senso somatico, come è interpretato da
gic 1 (1949) t8o s. Cfr. Col. 1,16; Eph. 2,2; ScHLTER, I.e. (-> n . 11 ).
M. DIBELllJS, Die Geisterwelt im Gfa11bc11 " Tenendo conco di ò ii.pxwv -cijç tl;ou<1l<7.<;
des J>mdus (1909) 158-164. -.ou «lpoç (Eph. 2,2) l'espressione lv -ro•ç
12 In Eph. 6,r2 la ree. S? legge -rou «twvoç tnoup(7.VloLç di 6,12 potrebbe esser iotesa co·
pe1· tv -roiç Ènoupa.vlotç. Questa sostituzione me atmosfera sotto il ciclo di Dio. Ma qui si
rappresenta un tentativo di interpretare il tratta di due distinte concezioni; inoltre l'e-
concetto dcl mondo celeste alla maniera vete- spressione che si legge in 2,2 non ricorre al-
rotestamentaria o giud<1ica, cioè partendo sol- trove.
ranto dal trono di Dio o dalla sua destra, vale n Diversamente SCHLIER, I.e. ("' n . u): «ln-
a dire dal concetto della sua regalità. Che in qucsto territorio 'spirituale' (formalmente par·
cidv non esistano pi(1 nveu1.w:rn -.ijç 7t~VTJ iando) si può trovai-e la Chiesa. Il cristiano si
pW.ç era affermato nel più antico kerygma mantiene entro la Chiesa in questa sfera espo·
cristiano, per es. in Le. 10,18; cfr. Apoc. xi .• sta».
8. Proprio qucsro tentativo conferma che lv 16 Cfr. Mrc1m1, Hebr.' a 8,1; 9,23.
lnouç<i~(H. Traub)
sembra ne siano assorbite. Tuttavia ri- escatologico. Quando Hebr. 3,I chiama
sultano determinate come aÀ.11ìlw6 (8. ÈTtoup6..vLot; la xÀfjo-Lç (cfr. Phil.3,14:
2; 9,24) e µtÀ.Àov-ra (9,rr, var.; 10,r; ii èivw xÀ fjcrLç), intende indicare il fu-
u,20; 13,14 ) 17 . Gli tttoupavLa sono le turo e lo scopo della vocazione, che ha
cose veraci e reali ed cscatologirnmento! per fine ed autore l 'ocpxt.tptlÌ<; Ti)ç oµo-
future; nei loro rigullrdi, poiché desi- Àoylat; i)µWv, «il sommo sacerdote del-
gnano il bene della pèrfczione, non es i- la nostra confessione», colui che go-
stono antitesi assolute, come per es. in vernerà -.à !noupcivto;. In modo analo-
I Cor. 15,48 (xo~x6i;) e in lo. 3,12 (tttl- go è chiamata ii lttoupcivLo<; in Hebr. 6,
yrnx. ), ma solo il confronto (Hebr. 8,;s; 4 la OwpEci da noi gustata, che si rife-
9,23; u,16; cfr. 7,r9.22; 10,34; xr, risce in elictti a 'tÒ'. rnoupci'VLCI. di Hebr.
35) 14• E così tutte le cose dell'A.T. so· 9,23. Questa liwpE6. dev'essere intesa
no soltanto o-xLa, l'.m6otLyµa, ò.v-.l'tu- come salvezza escatologica ( crwTI)plo;:
tto<; rispetto a 'tcX ÉttoupcivLa (8,;s; 9, 9,28) 19 • La 7ta-.plç (r1,16) e Gerusa-
2 3 ). L'essenza degli ÈnoupavLa è cosci- lemme ( u,22) sono dette t7tovp6.vtoc;
tuito - come nell'a1hòç ò ovpavbt; in in quanto mera di perfezione per la co-
~1,24 (--> col. 1477) - dalla immineme munità di Dio 20 • In Hebr. 12,22 si di-
presenza di Dio, dalla quale e per la pinge a grandi tratti questa realtà cele-
quale la realtà esiste (9,24; dr. Apoc. ste o É1toupav1oç, di cui fanno parte le
12, 10 ). In questo senso "tÒ'. tnoupcivLa miriadi di angeli, l'assemblea festosa, la
è in Hebr. un concerro rigorosamente comunità dei 'primogeniti', quelli scritti
21 Cfr. le sJ)<!cilicazioni concettuali: Ti l.v oò- vitoyt.tov lì xo:-ro:xi>ovtov x-rÀ.; vedi inoltre
ptt~ f3a.cnì,Ela: Diog11. 10,2; Ti ovpavtoç f3a.- DE!SSMANll, LO. 220 . n3, n. u. Drneuus,
ui.Àei.a. o.v'ToÙ: mori. Poly.-. 22,3; Ti t1tovpa- Gefbr., rimanda a P. Oxy. XI t380, 164:
vtoç o:Ò'tou {30:0-LÀElix: m<1r1. Polyc., epilog. 5 o[ a.)(µo'ltç òm']xoot ooì [y]lvo[v}ta:t.
(20,2, var.). 13 Cosl LoHMEYER, Phil., ad l.
22 Cfr. Ign., Trait. 9 , 1: 'tWV t1to>Jp0'.vlwv x<:Xl 24 Sulla tripartizione del cosmo dr. E. P E!ER·
é1wrElvl'J xcd v1toxvoviwv, descrivendo le po-
soN, Eiç btoç "' FRL, N.F. 24 (1926) 159.
tenze che si li1nitavano a guardare la croce.
Evidentemente qui si senrono cerre conce- 2S Cfr. O''tPO:'to.cl -.où o&ctvoù io -> col. 1434;
zioni giudaiche generoli; dr. PRmSENDANZ, dr. anche Philo, op. 111und.73; pfant.12; som .
Zuub. lV 3041 ss.: xat o-ÌJ ).O:À: rwov onoio'J 1,135.
€&.v i'jç ÈnovplivLOV iì nipLOV EL'tE É1tLYEtOV EhE 20 Cfr. J. WErs s, Der i Kor. (r9lo) 376.
1515 (v,5.p ) oÒpClvO!ltv (1 1. Trnu b) (v,543) 1.516
21 Non si tratta d i "<è< f:·, ovpClvoìc; di cui par- tiones regni Dei. BA.UEJl, /oh., ad l., rimanda
la Sap. 9,16 e di ciò che analogamente in a Le. 16, rr" e stabilisce giustamente l'equiva-
Sanh . .39 a è detto bSmi', volendo indica re in lenza ovp6.vta = à).'l)lh.v6. ... col.1456, n. i8r;
generale tlltto ciò che:: si trova in cielo e q uin- l J lI. Ma anche aÀ'l)ittv6: non è un astratto
di è occulto. Non è giusto neppure rimandare (cfr. 6 ,32 ~ col. 1474 ), bensl un concreto.
a 4 Esdr. 4,,>1: ol ir.t -rijc; yijc; Xe<"totxovv-<Ec; i:; Cfr. BULTMANN, ]oh. ro5, n. 2 , che riman-
-rà titl yijc; avvi.tvClt µ6vov livvClV'l"Clt, XClÌ da agli tltovpO:vta iiva't'l)ptCl d ella gnosi.
ot l1tt "tWv oùpa."Wv "TÒ: É1tt -roV V~ovç "t'Wv
OVpClVWV. f:: giusta, benché troppo imprecisa, ovpavMsv
la definizione di BENCE I,, ad I.: illleriores ra- I Cfr. JkASS-DEBRUNNEk 5 ro4,t.
ovç A I (J. Horst)
·Nei LXX il termine si trova soltan- più p reciso di ii%Jittv (lac. 1,17; cfr. Io.
t<lin 4 Mach. 4,10: ovpa.v6l)tv E<j)~7t7t0L
19,H; 3,27) (°' coll.1437s., n.rH;
;.:pov(µ~vrivav èiyyEÀ.oL, «apparvero dal
cielo angeli a cavallo». Qui ovpav6l)tv col. 1486). In Act. 26,13 ovpocv6ittv è
vien riferito allo 'spazio' celeste (inter- un concetto correlativo a Éx -roii ovpocvoii
no), nel quale stanno lo c:ri:pet't'6ç degli di 9,3 e 22,6 (°' colL 1485 s.). Anche
angeli (4,11) ed i martiri (r7,5).
qui il significato è complesso. La luce
Nel N.T. il termine ricorre due volre scende certo dal firmamento, ma con ciò
e solo in passi degli Atti. In Act. 14,17 non s 'intende dire che il firmamento sia
convergono in OVpetvofrEV d iversi signi- una fonte di luce. OVpa.voi}Ev intende in-
ficati: a) la pioggia viene da Dio, cioè, dicare invece che la luce proviene dal
in concreto, b) dalla sovranità graziosa Rivelatore cd è rivelazione o aureola del
di lui, che apre il delo chiuso agli uo- xvp~oç, che trapassa il firmamento e
mini; c) la pioggia proviene dal!' oceano s'irradia da questo verso il basso.
celeste e, quindi, d) viene dall'alto, dal
H. TRAUB
firmamento 2• Nel contesto si accentua
d i più il significato b). OVpa.vofrEV è qui 00:1plaç °' rv, coli. 141 ss.
SoMMAR!O:
378 s . 1 Più tardi ricorre frequentemen- yò:p i:GN wi:wv Ò:XpLPla-i:Epo~ µ.&p'tVpE<;,
re e indica gli orecchi degli uomini e «gli occhi sono testimoni più accurati
degli anim:il i 2• Cosl in Ildt. 7 ,39: €v degli orecchi», e Hdt. r,8: w'ta yàp
1:0LO"L wo-t i:wv ci.V1)p~>1tWV olxfo O i}v- -rvyx&.vEL <ivì}pwnoJ.01. ÉÒV't"OC &ni.a-réri:E-
µ6ç, O<; >:'.P'l]O"i:à. µÈV cXXOVCTl'l:ç i:Ép\(JLO<; pa 6qiì}aÀµwv, «gli orecchi per gli uo·
ɵmnÀ.ÉEL -rò crwµa., V1tEVClV't"tCl &è i:ov- mini merlrnno mino( fede degli occhi»;
1:01.a~ <Xxouo-aç civodìiEL, «negli o recchi Aristoph., Thesm. r6-18 4 fonda questa
degli uomini abita l'animo, il quale, credenza sulla teogonia, ~ coli. 896 ss.
sentendo cose buone, ne riempie il cor- la dizione EÌ.4 ( 1tpÒç) i:Ò ovç ( -rà W'r<X.)
po di dilerto, ma si gonfo (di rabbia) À.CIÀE~v i:~ significa: parlare segretamen-
quando sente il contrario» 1. Per gli o- te all'orecchio, sussurrare. Cosl nei tra-
recchi di animali, cfr. H dt. 4 , r 29 : bpl)à. gici, per es. Eur., Or. 616 s.: ELç ovç
tcr-rav't"E<;-.a. .;n;a., «tenendo (i cavalli) <id nɵ'ltovcra. 1~vì}ovç, «sempre sugge·
le orecchie dritte». È tipico J e l pensie- rendogli parole all'orecchio», e pas-
ro greco l'attribuire un~ dignità supe- sim; Soph., Ai. 148 s. : À.Òyovç t(id}upoùc:;
riore all'occhio; vedi per es. Her:icl., fr. 'ltÀ.a<TCTWV EL<; w-.a.
cpÉpE~, «i racconti che
IOI a (Diels s I 173, 15 s.): òcpl)aÀ.µot (Ulisse) inventa e suggerisce all'orec-
Die fii11/ Sin11e im N.T.: JBL 48 ( t929) 378- in senso umorinico, parlando ddle eforc luc-
41 I; G. KITTEL, Religiomgeschicbte u11d cicanli dci coleotteri, Ariswph., pax i , 4-1,6:
Urchr. (1932) 95-106; K.L. SCllMIDT, Die éir.axwi)o-aç O'Q>ClLOpo\ç waiv, T.L. AGAR, No·
Verstockung des Mc11sche11 durch Cott, aine /es on tbe P<·acc o/ Aristoph.: Thc Classica I
lcxikologische tmd bibl.-theologischc Studie: Quarterl)' 12 ( 1918) 196 s.
Theologisc:he Zeitschrift J (194~) 1-17; joArn. J Cfr. anche Plut., aud. 2 (Il 38 a): 1tEpt -rii~
J EREMIAS, Die Gleichnisse Jnu I 1947) 1-r.1; &.xouO'-c•X iii; al~tùl<;, ijv ò 8E6q>pao--.oç
R. B V LTMAN.'I, lur Gnchichte da LicblS_vm- nc:tlhrnxw-.t!:tTJV Etvc:ti qrtJ0'1. nao-wv. L'udito
bolik im Altrrtum: P hilol. 97 ( 1948) 1·36; O. è parricolumcnte sensibile agli aJtctti, ma ser-
WEINREICll, 6tot hti}llC°': Ath. .Miu. 37 ve pure di appiglio alla ragione ocll'mività
(1j;>u) r.08. Vedi ino!rre la hihlinsrafi• ci1ata pedagogica: fo·n o/; ì.oyiXW'TÉpa p.D.nov fi
per cìxovw, cho>i --> I, coli. ~81 ss. e per p.i- na:ihrnxw-.ipa ... TO o'apnii µ(a: >.CJ.13>'1 'tÒ'.
)..oç--> v1 , col. l)02. w-.c:t -rwv viwv to-i:lv, liv Ù xo:ilc:tpà xc:tl
Sull'etimologia del termine vedi Bo1s ACQ 730 &6pv1t-rc:t xoÀa:xt!i;i., ibid.
~.; WALDE·POKORN \. ( 18: dolla rndicc llltS-, ' -:> BULTMANN 16 s. Sull'insieme vedi inoltre
neutr. tcd . Obr; sull '•spctro grnmrnaticalc G. Ruollll RC, Hell. Sehauen: Classica Cl Mc-
Bus s -DEBRUNNER S 393,6; 400,2. 11luevaLia 5 (19+2) 159·186; K. KeRi::NYI, Dic
a11t1kc Rt·lig1011 ( 1940) l<><H34. Anche B.
' Il 1crmine non ricorre txin qucs10 significa- !iNELL, Die Entdecktmg des Grisles' ( 1948)
to nel N .T ., nel quale rnancnoo pure le forme 15-19. Mentre è di carattere teologico la sen-
che Omero, accanto ad oùç e a Wg(v, deriva tenza di Senofnnc, fr. 24 (D1ELS ' 1 135,7):
da oùa~. quindi anche oiJa-.a, e si usano sol- o~Àoc; Ò~•, OVÀ.o<; ÒÈ VOEÌ, oÙÀoc; oè -t'd:itOVE•
tanro oUc; al nominativo cd accusalivo singo-- (-+ col. 899, n. 32), è invece gnoseologico-
larc, e w-.c:t al nominativo e accusativo plu· tco1·c1ica quella di Epicarrno, fr. u (OtEJ.S' I
raie, oltre od woiv. «Il greco ellenisrico (non 200,16): VOU<; opijL Xttl VOV<; tXXOVE•' -.&).).a
però il N: f.) usa anche Wç (ricomuito dal xr..iqià. xat -.uq>M (-->coli. 897 s., n. 30), dove
terna w-.-); MAYSER I' 5; 1 1 2,~8; LIDlll>LL- egli alfermn, «con 1utta la serietà d 'un parados-
ScoTT s.u. oùc;• [DEBRUNNEJ<] . so genuinamente ckatico, che solo il voiic; ve·
2 Anche in senso traslato, per es. nei prover- de e sente e che l'oc;chio e l 'orecchio non
bi, e, come simbolo dci dcla1ori dci 1iranni, servono a nulln (cfr. Parm., fr. 4 [D1t:1.s' 1
in Plut., de mriositale 16 (Il 522 s.): -.ò ..Wv 232,3 ss.)), Il. Sc110TTLAENDEJ., Drei oorsokra-
Àtyo1~tvwv W'tWV xal 1tpo:raywyÉWv yÉvoç, tiscbe Tnpoi: lJerm. 62 (1927) 437, n. 5 e SO·
dr. de uitioso pudore r8 (11 ~35 s. e J.36 a); prattutto 435-43R.
ovç A I (J. Horst)
chio». Lo strepito che colpisce l'orec- zione ud itiva, quando l'aria che sta ne-
chio è de;;critto, ad es., in Soph., Ant. gli orecchi, mossa da quella esterna, pe·
r r87 s.: xal µ€ cpì)6yyoc;.•. Pci:ÀÀ-EL &'6'.J. ne tra fino al cervello ». Aris totele cerca
•wv e in Aesch ., Pers . 60 5: Po<i- Év Wo-t d i spiegarsi fisicamente il processo del-
xÉÀalìoc;. Tra l'a ltro s'incontrano le di- l'udito 8 rigettando concezioni pseudo-
zioni itapÉXEW •à w·w., prestar orec· scientifiche e superstiziose 9. Epitteto,
chio s, lat. aures praebere, ed èitwxfo·. che pur esorta i suoi uditori a ringra-
Ì)aL • à. W'ta, turarsi gli orecchi 6 , ambe· 2iare Dio della vista e dell'udito, crede
due in Plat ., symp. ir6 a: d ÉÌ)ÉÀ.oLµL che la capacità di chiudere o aprire gli
itaPÉXEW •à. W'ta 1, «se volessi prestar orecd1i sia fondata nella volontà del-
orecchio»; wcrnep Ò:ltÒ •WV Lc:LP1'Jvwv l'uomo e non in u na semplice facoltà u-
btt<1Xéµ€voç ,à, w•a,
«Come turandomi ditiva, diss. 2,23,10: 'tlç 1i •à. W--a
gli orecchi al (canto del) le sirene»; in èmxÀElovcra xa.l &.volyovcra (scil. lìuva-
Plut., Col. r2 (II 1II3 c ) trovasi inoltre µ~c;); ...'Ì'J &.xoVCT'TtXT]; oùx iiU:r) fi 1)
la dizione W'ta ltxew, «aver orecchi», 7tPOatp€•Lxi} lìvvaf,ltç, «quale (facoltà)
nel senso cl.i udire: µÉya Sowv'toç É<1•w è q uella che chiude e apre gli orec-
'tO~ç w•a EXOVOW' «di chi parla a gran chi? .. . forse la facolri\ uditiva? No, so-
voce per d1i ha orecchi». Trn i preso- lo la facoltà di scegliere (la volon tà)» 10 •
cratici Eraclito ritiene che occhi ed o- Ma oltre le spiegazioni più razionali
recchi stiano in rapport0 speciale con la di Aristotele ed Epitteto, i Greci han-
iiivxTi, fr. 107 (Diels' r 175,r s.): xaxot no avvertito nel processo uditi vo un
µ ci:p•upec; àvìtpwitot(nv 6i:pì)o:À.µot xat fondamento in definitiva relig ioso. E
ww. SapSci:povc; ilivxà.c; éxév•wv, «gli così l'orecchio umano p uò aprirsi anche
occhi e gli orecchi sono cattivi testimo- come organo che percepisce comunic<I·
ni per gii uomin i, quando questi hanno zioni divine. Significativo per la p urez-
un'anima barbarica». Ci si chiede come za richiesta a questo sco po nei misteri
l'ascolto si atwi per mezzo dell'orcc· orfici e anche per la sinonimicità di ovç
chio e si fa notare la funzione dcl moto e d.xoi) nell'accezione, com une ai due
<lell'ai·ia nel processo uditivo; così, per termini, di organo dell' udito (-?- r, col.
es., Diogene d'Apollonia in Teofrasto, 596), è il fo1mmc nto degli inni orfici
de sensu et se11sihilihus 40 (dr. Diels' <lodecaeter.icli in Orph. f r (Kern) 249:
u 55,13 ss.): •liv o'choi1v, o•av 6 èv
"tOLç wcrtv &.i}p X~Vl)ì)dç ÙltÒ •oÙ E~W ti.eup6 wv ovci:;6. 1•ot xo:~a;p.Xc; à.xo6.c; "te
8w.6Q npòç -r:òv Èyxii:paÀov, «la sensa· [·m-rM-aaç
Serapide in Macrob., sat. 1,20,17: 't& naiùn - è per I'A.T. uno degli organi
lì'oV<.x."r'Év allUpi X€~"rGt\, «gli orecchi si più importanti del corpo. Cosl per es.
trovano nell'etere», ~ v, col. 372; vr, in Ps. u5,4-7 (dr. 135,17), dove, nel
col. r 507. confronto degli idoli inani mati col cor-
Nei papiri ove; trovasi sia col senso po vivente dell'uomo, son menzionati
di orecchio naturale del corpo, P. Petr. tre volte gli organi dell'udito e della
III I 9 c, I 5: OÙÀ.i) Ù1t'W<; od;iov, «una parola e una volta sola l'organo della
cicatrice sotto l'orecchio destro»; P. vista.
Tebt. III 793 XI: -ròv Awplwvoc; Sd;iòv
w-rcx dc; 'tÉÀ.oc; €!;É'télJ.l:V 21 , e P. Petr. Hl a) 'ozen desigrrn anzitutto l'orecchio
r3 ,l8: À.o~oL Cfrtwv, «lobi auricolat:i» 21 , in quanto parte vis ibile del corpo uma-
sia in quello di ansa e manico, in tal no (per es. in Gen. 35.4 ed Ex. 21,6) e
caso nella forma del diminutivo w-rlov di quello degli animali (per es. in Am.
(P. Oxy. XIV t 658,13: w-rlov x<.x.À.xlov, 3,r2 : b•dal-'o:r.en, LXX: À.oPòv ~nlov,
«ansa di una pentola di rame» 23). È at· «lobo auricolare», qui menzionato co-
testata anche la di.zione: w-ro. 1to.p€xw me resto del pasto d'u n leone, e in o/
iivo<.x. m'.m~>, «gli facc io orecchi da sor- 57 ,5: Pvovo-11c; i:à w-ro., parlando della
do», P. Oxy. II 237 vr 22. In una for- vipera «che si tura le orecchie»).
mula magica, citata da P reisendanz, L'orientale ama ornarsi gli orecchi di
Zaub. vu 329 s., è interessante l 'attesa pendagli ed anelli, Gen. 3 5'4: ha:r.z'zà-
che gli orecchi si aprano per ascoltare mlm 'afer b''owéhem, 'tà kvw·no. -rà
l'oracolo della divinità scongiurata: tv -roi:c; wo-tv o.ìn:wv, «gli orecchini (che
iivoi!;ov µov -r& w-ro., tvo. µo~ XPlJl="rl- avevano) nei loro orecchi» 24 ; cfr. Ex.
crnc; 11:Ept W\I (jé àE;~w. tvo. Ò:.7toxpd}fic; 32,2 s. La perforazione dell'orecchio 25
µo~. Si presuppone il potere magico e- dello schiavo a vita, fo tta con un pun-
sercitato sugli orecchi anche nelle istru· teniolo sulla porta (Ex . 2 I ,6: 1:pvmi-
:doni sulruso d'un'altra form1ùa, ibid. <1E \. .. 'tÒ ove; -r<ii 6'ITT)"rll(), cfr. Deut. I 5'
xm 248: Èàv È7tEl1tT}<; ht 1tO.V"rÒ<; m:- l 7 ), è un atto giuridico che simboleg-
i:twov Elc; '!O wi:lov, 'tE).wi:·i)o-H, «Se gia il suo consenso a diven tare schiavo
pronuncerai (questa formula) all'orec- e la sua assunzione nella famigli a dcl
chio di un qualunque volatile, avverrà padrone. In questo modo il significato
(quan to chiedi)». originario della cerimonia, compiuta
sullo stipite della porta in guanto sede
2. L'A.T. degli 'elòhlm, cioè dei penat i o protet-
L'orecchio - ebr. '6zen, duale: 'oz- tori della casa 26 , vien trasferito a una
consuetudine giuridica 27 posta sotto la to' 2'9. Lo conferma il fa 110 che in lob
protezione legale di Dio (Ex. 21,6: npo· 33 ,r6 i LXX rnidurnno> ii.~lch 'òzen, «a-
a6:1:,EL mhòv ... npòç TÒ XPLTYJpLOV i:o\i p(e l'udito», con avo. xaÀvit.-et vovv 30•
i)€ou). li fotto che venga perforato pro- La funzione dell'orecchio <: così impor-
prio l'on:cchio ha LUl significato specia- tante per la persona dcli 'uomo, che b«
le indic,inte la soggezione dello schiavo o:i;né pi, «negli, agli mccd1i», può si·
tenuro «all'obbedienza» per tutta la vi· gnificare alla prescn::..a Ji qualcuno. In
ta; cfr. in Ex. 17,14 la dizione: sum Gen. 23,10 è guesta dizione che serve a
b"ozné, «raccomandare», lett. «mettere indicare la presenza di tc~timoni 3'.
negli orecchi». L'uso biblico del te(mine parte quin-
di dal membro del corpo e, parlando
b) Un 'orecchio' non è soltanto una dell'ascolto, fa sempre pensare ·all'orec-
parte del corpo, ma anche u na sua fun- cluo concreto dell'uomo e non a una
zione, la facoltà uditiva , l'ud ito. Però la raffigurazione astratta del fenomeno u-
funzione non viene mai concepita in ditivo, ~ µÉÀ.oç vr, coli. r509 s. Ana-
quanto tale, cioè separata dall'organo logamen te anche la parola parlata man-
visibile del corpo. Lo dimostra, fra l'al- tiene nella formula b"ozne, el<; .-à 6'.na,
tro, l'aggiunta frequente di b•'ozne, tv oppure Èv 'Totç wal (che comprende
wi:loLç, ai verbi che significano ascolta- insieme il parlare e l'udire) il carat-
re e parlare, per es. al verbo dbr in tere d' un procedimento concreto e non
Gen. 20,8; 'mr in Is. 49,20; qr' in Ex. è solo l'espressione d'un pensiero; cosi,
24,7; fUJb in 2Sa1n . 18,12 ecc. 28 L'or- per es., in Gen. 20 18; Ex. 10,2; 24,7;
gano che registra i discorsi o i coman- Deut.5,1; 2Sa112.18,12; Is.49,20 32 • An-
d i non è il cervello, come per noi, ma che in quelle dizioni in cui si parla de-
l'orecchio. Esso è la sede dell'intellet- gli orecchi del popolo, cioè della qahal,
non si rratta d'un ""-~'li" concepi to a· d izione l: us:11:1 pure parlando delle ri·
strattamente, ma d i nn·n·hi pensati con· velazioni clivint', per es. in I Sam. 9, r 5
cre tamente ( per c.:.,. in /)e111. 31,30; dr. e 2 Snm. 7 ,27. Il giusta deve invece tu-
3 2 ,44 ). La dizione À.aÀ.ri:v El..; i:à. i::m x rarsi gli orecchi, q uando gli accade d i
significa spesso, a d iffere nza dell 'uso sentire discorsi delitt uosi, dr. Is. 33,
greco (---'> co l. r 520 ), «fot giungere agli r 5: •;;1,·111 'ozno, ~apvvwv i:à. w-ra, i'.va
orecchi parlando ad al w voce»; cosl µi) 6.xouan xplaw a i'.µet-roç 35 ; dr. Ec-
Deut. 3 I ,II : avay vW<rtalk .. etc; i:à. cl11s 27,14: èµcppa.yµòc; w-rlwv. Così l'o·
Wi:et a ui:wv, «lei;:!!ercte ai loro orecchi » rccchio è destinato a compiere anche
ecc.; implica quindi anche la lec rura a una funzione critica e in quesrn sua arti·
voce alta; infa tti 1i parola scritta è de· v ità viene presenta to come soggetto 36:
stinata ad un effetto non visivo, bensi Job 12,11: ove;... PDl.LCt'ta &axplVEL,
uditivo, cioè all'orecchio, come è det· «l'orecchio discerne i discors i» J 7; cfr.
to in Ex. 17,14 : xa'tciypa ljlov 'tOV'to... 34,3: oùç À.byouc; òoxtµciì;n , « l'orec-
iv ~~~À.l~ xett òòc; d c; -.à. W't<t 'IT)croi:, chio esamina le parole» 38 .
«seri vera.i questo ... in u n lib ro e lo fa-
rai sentire (lett.: d arai agli orecchi ) a e) La spiegazione fisio logica del p ro-
Giosuè»; dr. 'IEp. 4 3 16 ecc. I!: peculiare cesso uditivo propria d ei G reci (-? coll.
tra l'altro, la d izione galti 'ozen pj, 1521 s.) è estranea all'A.T. Qui basta la
«scoprire l'orecchio di qualcu no», pe r constatazione ovvia che l'orecchio è s ta-
dirgli qualcosa, per rivelargli alcunché to cre ato d a J ahvé: Ps. 94,9: hano!a'
d'importante, tradotta d ai LXX con 'ozen = ljJ 93,9: ò q>vw'.icrac; 'tÒ ove;,
ci1C:OX<tÀ.U1t'tELV i:Ò ove; oppure 1.:i-r(ov ·'3 , «colui che hn piantato l'orecchio» ; cfr.
come in r Sam. 20,2 : à.itoxetÀ.vl)in -rè Prov. 20,n: ove; cixovEL x at 6q>itetÀJ.LÒc;
w-rtov µo v 34 (Ruth 4,4: -.ò ove; ). Q ues ta òpq: xvplov ~pya xa.t aµqio-r epet (ih rvh
'iiia) ' 1. «l'orecchio ode e l'occhio vede, la tendenza che poi porterà al dominio
e l'uno e l'altro sono opere di Dio». della torà nel giudaismo: [.1.tya.À.Ei:ov lì6-
Di qui deriva all'uomo la grande re-
sponsabilità di far buon uso anche delle !;11ç dlìov ot 6cpi)a1.µot a\rrwv, xetl 06-
orecchie. Benché di carne, esse sono un !;etv cpwvfjç aÙ'tOV 44 ì)xouO-EV 'tÒ oùç aù-
organo compene trare dall'alito vitale di 'tW'll, «i loro occhi videro lo splendore
Dio, da cui hanno ricevuto il potere d i
della sua gloria e il loro orecchio udl la
udire ed esaminare le parole, come è
d etto probabilmente in lob 12,9-r r 40 • maestà dell:i sua voce» (Eccl11s I 7 ,I 3 ).
Ma in ciò non si pensa a due cnrità con- La rivelazione si volge anzitutto all 'o-
cepite astrattamente (il corpo e l 'ani- recchio dell'uomo ... Sulla precede112a
ma); questa è una concezione avviata
dai LXX allorché traducono ne./eJ con dell'udire sul vedere, dell'orecchio sul-
l)iux-fi, venendo incontro alla mentalità l'occhio, nel ricevere la rivelazione cfr.
greca 41 • ~coli. 923 ss. e I, coli. ;86-;91 46 . Tut·
La cosa più sublime che gli orecchi rnvia l'orecchio naturale non basta da
umani possano udire è il d' bar ihwh, la solo a capire il significato deUa rivela·
parola di Jahvé, specialmente quando zione. Può essere sordo anche se fun-
essa si fa sentire ai profeti 42 (ls. 22,14: ziona regolarmente; ed è soggello alla
nig'la b''ozna; jhwh, «Jahvé si svelò condanna dell'indurimento, come dice
ai miei o recchi» ' 3) ed anche quando è Is. 6,9s.: 'Axoft àxovcrE't€ 1(.etl ov µ-i)
annunziata a tutto il popolo in quan to cruvfj"te .. : É1taxvvl)11 yap ii x<Xpolet "tou
legge. Il Siracidc esprime come segue À.aov 'tOV'tOU, xal 'tOi:ç wal'Il ClU'tWV ~Cl-
39 Cfr. B. GeMSER, Spriich~ Sa/01.'tOl, Hanc\- sttondo della leuura della legge di Mosè da-
buC'h ium A .T. r 16 (1937) a 20,12. vanti al p0polo. D'altra parte i LXX usano
40 -+n. 37· dizioni abbrcvi•tc, con EV(t.v-i:iov (per es. in
4 1 Cfr. KOHrnR, o.e. (-+ n. 29) 130. Gen. 44,18), irp6ç (per es. in Is. 37,29) o col
42 Cfr. orr. Myoç-> VI, coU. 266-2114, special· diuivo (pet es. in 'Jsp. 43[36] ,20)[BnRTRAM).
46 Vedi inoltre -+ G. KlTrnL, Religionsx1•·
mente coli. 266 ss.; n . IOJ; coli. 273.28r.
schichte rmtl Urchr. 95-106. Sul rnpp0rto fra
•J H. Gll'rliE in KAunsc.u, legge 11ig'ld in-
la rivelozionc visiva e quella verbale -+ VI,
vece del mas. ufnigja; i LXX, cambiando to- col!. 268 55 . Vedi anche R. BULTMANN, @•Òv
talmente il significato, hanno: xat àvaJ<ixa · OOOEÌ.<; (wpa.x'v nwno-rs: ZN\V 29 (1930)
ÀVµµf'vct -ro.\i-tà tcr-rw ÉV 'tO~ wcriv KUpfou. 179 : •Dal modo in cui si vede e si ode Dio
44 Contro l'ao-rwv dci c:odd. 13A, d'accordo traspare evidentemente la sua indisponibilità
con RAllLPS; cfr. V. RYSSEL in KAUTZSCH, per l'uomo e In sudditanza dell'uomo nei suoi
Apokr. 1md Puudepìgr., ad I. «Che 86t;a {"' confronti». •Cfr. anche l'opinione contraria di
kbwd) sia stata qui il1sedto p~r evirnre un F. DEL!TZSCll, s,,s1e111 der bihlische11 Prycho-
antropomorfismo? Cfr. per es. C:x. 20,>2 e --> logit· (l8J5) 19os.: 'fra essi (cioè fra i cinque
11, coli. 1378 SS.» [Wiil\TllWEIN ]. sensi) sta pi(a in alto la vista ... La Scrittura
45 Tnlvohn i LXX mettono in rilievo lo rive- giudico e chinma visione ogni percezione, si3
lazione auricolare traducendo i I semplice 'elé- essa medi2ra o non mediata dagli organi sen-
kii e 11eged con Év -roi:.; <Mlv crov o oon dç soriali (come ad ~. l'audi'Aonc e visione pro-
-.b. w-ro. nttOT)<; hxÀ.1)<1(cu; (1 Bacr. 3,1 7; lor. fetica), a partire dalla conoscenza spirinaale
8,35 [ = 9,2 s.]). Nel primo caso si parla del· fino a quella -sofferenz:r che finiw: nell'inco-
la rivela>.ione di Dio al giovane Samuele, nd scienza» [WURTflWEIN].
où~ A 2 (]. Ilorst)
pÉwç lixouO'av ... , ~tT)n:O'tE . . 'tOL.; Wo-lv scritta dulla fonte P. Oltre alle m~ni
à.xovawcnv, «ascolt>1t(', ma non com- che sono gli organi degli atti cult11:1li, e
prendete... ; infatti il cuore di questo po- ai piedi, che portano all'altare, sono e-
polo s'è ingrossato e i suoi orecchi odo- numerati, come membra consacrate al
no con difficoltà ... ; :iffìnché ... non sen- servizio particolare di Jahvé mediante
tano coi loro orecchi» ' 7• Però anche il sangue h:t -.òv Ào~òv 'Toii w-.6c;, 'al-
sotto questo enigma dell'inCllpacirà a 1•11fik 'òi.e11, «sul lobulo auricolare» d e-
sentire, malgrado l'ascolto esteriore, sta stro (Ex.2 9,20 ), anche le orecchie e non
il libero potere di Dio, che si riserva invece gli occhi«?.
di aprire o no gli orecchi a una com- d) Essendo l'ascolto e l'audizione le-
prensione di fede, come è detto per es . gati cosl intimamente all'orecchio, non
in ls. 48, ( 6 s.) 8: oihe [yvc.ic; oìiu TJ7ti- può sorprendere che l'A.T. parli fre-
quentemente delle orecchie di Dio, per
C1'tW , OV'l'.Eocn:'ò:pxfjc; iivoi!;O: aou 'tà. es. in Num.1 4,28; I Sam.8,2i. Nei sal-
W'ta, «non capisti, né credesti, né ti mi ricorre spesso quanto è detto in \ji
apersi le orecchie dall'inizio»"· Per il 16,6: xÀ.~vov 'tÒ ove; crov ɵol , «tendi
verso di me il tuo orecchio» (cfr. anche
tempo messianico ls. 35,5 promecrc:
Is. 59,1; Bar. 2,16). L'orecchio dello ze-
Jna xwq>wv ò:xovCTov-.o:i, «gl i orecchi lo divino ascolta tu tto (Sap. 1,10: ov<;
d ei sord i udiranno»; però anche ora s11À.wcrEwc; 6.xpoéi·mt -.<X itO:vi:o:!-0). Poi-
Jabvé apre ogni manina gli orecchi del ché le immagi ni idolatriche coi loro o-
recchi son schernite tanto aspramente
discepolo, secondo ls. 50,4 s.: '11:pocrt~ri (per es. in o/ r 34,1 7 (e passim): Jna
xtv µoi llrtlov <ixoveiv· xo:L f) ittt.tOElo: t:xou<rw xat oùx tvwwrlli}a'o'V't'a.i 5L,
xuplou à.volyei µou 'Tà W'l'.a, hw OÈ «hanno orecchi e non sentono») è chia-
ro che il salmista ricorre alle immagini
ovx O:mii>w, «tni ha preparato l'orec- più concrete, anche se amropomorliche,
chio per l'ascolto; l'i nsegnamento del per esprimere più vivamente la certez-
Signore mi apre gli orecchi e io non di- <:a cbe nel dialogo personale col Dio in-
visibile egli è veramente ascoltato. Però
sobbedisco». Un parallelo di questa a-
anche in questo modo di parlare la pla-
pertura profetica dell'orecchio si trova sticità anrropomorlìca della dizione ri-
nella consacrazione del sacerdote de- guarda evidentemente la parte umana,
pletamente dentro <li esse» (ibid. 2 rr ), H 11!. 89 a: «Porgi il tuo orecchio come
esercitano questa volontà sempre dal- un imbuto ( perché nulla ti sfugga») 66 •
l'interno. L' ispirazi.one profetica non In M. Ex. 19,5 {70 b) Rabbi Jcho-
perviene pit1 all'eletto tramite la paro- shua b. Qarha, prima d 'iniziare la spie-
la di Jahvé percepita dall 'ocdùo e dal- gazione d'un passo scrirturale, esprime
l'orecchio, ma pe r mezzo dell'anima e il desiderio: kd; stbq' 'wzn, «che l'o -
della sua capacità d'interpretare i sogni ; recchio di chi ascolta possa spalancar-
cosl, in beli. 3,354, Flavio Giuseppe af- si» 67 • La cosa più grande a cui può por·
ferma pregando: -rÌ)v ~µ'Ì]v IJiuxi)v ÈTtE· gere l'orecchio l'uomo pio - come ha
À.Él;w -.a
µD.lcv"a d7tdv, «hai scelto fatto Mosè - è la torà. Chi fa questo
la mia anima a predire le cose future». prima di tenere un discorso o di spie-
gare la Scrittura, potrà aspettarsi dal-
4. Scritti rabbinici l'uditorio lo stesso ascolto, cosi Deut.
r. r o(206b) 68 •
Per i rabbini resta fondamentale la
concezione biblica dell'orecchio. In A confronto con ciò assume un ruolo
Midr. Lam., introd. 22 {34b)62 Resh La- del tutto secondario la bat qol, l'eco
qish immagina in modo molto concreto della voce di Dio(~ r, coli. 590 s.'f'. È
e drastico come avviene la rivelazi.one significativa la tradizione secondo cui i
profetica di Jahvé menzionata da Is. 5, rabbini non si lasciarono distogliere
9: è come quando uno grida nell'orec- dalla rivelazione scri tta per seguire una
chio del suo vicino, e non solo in uno, bat qol mir:icolosa . Pertanto questa bat
ma in tutti due gli orecchi. La Scrittu· qui non è una voce interiore della mi-
ra deve talvolta usare immagini inade- stica, ma, quando pur vi si faccia ri-
guate alla maestà di Dio perché il de- corso, si presenta come parola che l'o-
bole orecchio wnano possa intenderne recchio sente pronunciare da persone
almeno qualcosa: l' fokkèk b'wzn, «per concrete, da un uomo, da una donna e
accontentare l'orecchio», M. Ex. 19,18 perfino da un bambino, e alla guale va
(72 b) 63 . Si sa che oggi questa rive- at tribuito il valore d'un augutio (per es.
J.teg. 32 a) ;o.
lazione diretta è da gran te mpo scom-
parsa, perciò si de ve rendere l'orecchio Quanto tutte le enunciazioni umane
per capire la torà. Alcune dizioni <limo· dipendano dall'orecchio risulta da una
strano che si confida senz'altro nel suc· frase us:na per confondere qualcuno
cesso di ques ro sforzo umano di usar colle sue s tesse parole: «Possano senti-
bene l'orecchio nell' interpretazione del- re i tuoi orecchi ciò che ha detto (o sta
la Scrittura. R. Eliezcr (verso il 90) in dicendo) la tua bocca» 71 • Benché l'orec-
S. Lev. 7,18 (r59b): «Porgi il tuo orec· chio, insieme coll'occhio e col naso
chio per po ter sentire» 61 ; cfr. Midr. {l'olfatto), sia uno dei tre organi che
Cant.1,1 (79a) 65 . Ciò vale anche per non sono sottoposti direttamente alla
l'interpretazione d'un maestro famoso, volontà umana n <~ vr , col. 1514),
esso resta però soggetto completamen- quanto 1alc, potrebbe essere astraua
te al giudizio della legge. Non si deve dall'organo fisico 74 • La tradizione atrri -
perme ttere che gli orecchi ascoltino pa-
role im1rili, poiché allora saranno le pri- buiscc a Gesù la guarigione di orecch i
me membra a bruciare (nella Geenna). veri e propri (Mc. 7 ,33 .,,; Lc.n,5o s.16 ).
Per ques to motivo in Ket. 5 a Bar Qap- b ) L'orecchio <li chi ascolta è l'orga -
para ha preferito leggere, in Deut. 23,
no più importante per l'annunzio di Ge-
14, 'oznekii («nel tuo orecchio») in-
vece di 'azéneka («nel tuo strumento»), sù e quindi per l'atto di fede. Quello
e nella 'cavicchia' ha preferito ravvisa- che importa non è che il messaggio di
re il d ito dell'uomo: «Poiché, se uno o- Gesù venga udiro un:i volta o l'altra co-
de una parola sconveniente, deve porsi
un dito nell'orecchio (a modo di cavic- me una verità atemporale, indipenden-
chia)», oppure, secondo un'altra inter- te da chi l'ascol ta. Gesù intende col pi-
pretazione, «<leve piegare il lobulo sul re l'orecchio reale e concreto d ei suoi
foro dell'orecchio» 7J.
ascoltatori proprio nel mom ento e nel-
la si tuazione in cui questi si trovano.
B. Oùç NEL N.T . Sa che la sua missione si compie 'oggi':
o1}µtpov 1tE1tÀi)pw-rcr.~ Ti ypcr.q>'Ì) aihT)
1. Sinottici e Atti
ÉV 't'O~<; WCTLV ùµWv, «oggi questa SCrÌt·
a)Qu:indo nel ketyg1na del N.T. s1 tura si è compiuta nei vostri orecchi»
tra tta dell'ud ito, si pensa - come nella (Le. 4 ,21 ). Il suo messaggio diviene e-
concezione biblica antica - anche all'o- vento escarologico nel giorno presente,
recchio dcl corpo. Non si parb dell'o- in quanto penetra negli orecchi degli u·
recchio come se fosse soltanto il sim- ditori "- Per questo i sinottici menano
bolo <li un'attività dello spidto che, in in rilievo lo 'formula di risveglio '13:
b EXWV W'tet ( ù.xovEw )79 ù.xovth-w, «chi chi dei sordi udranno e sarà sicura la
ha orecchi (per intendere) intenda» (Mt. lingua dei bal buzienti» Sl. Il muto vede
rx , r5; IJ,43); Mc. 4,9: oc, txEt w-.a Gesù, ma non sente la sua parola; per·
ù.xovEw ù.xovt-.w 80 ; similmente Mc. 4, ché la sua situazione cambi bisogna in-
23: EL 'tt<; EXEt w-.et...
e 7,16 51; Le. 8,8; nanzi tutrn aprirgli l'orecchio. Così egli
r 4,3 5 82 • Tuttavia il semplice possesso costituisce un paradigma tipico dell'uo·
di buone orecchie non basta perché la mo in generale, al quale non è possibile
parola di Gesù sia sentita correttamen· andar salvo se il suo orecchio non viene
te 83 • L 'ammonimento à.xouÉ'\"t:iJ (dr. aperto da Gesù. Curandolo spiritual-
i)foi)E vµE~ç dc, -.à. W'tCt vµWv, «ponete mente, ma senza temere di usare la me-
nei vostri orecchi», Le. S>.44) fa capire d icina popolare, Gesù gli fa capire in
che l'orecchio fisico deve diventare !'or· quali membra (colle dita gli tocca le o-
gano di un vero ascolto che corrisponda recchie e colla saliva la lingua)&> deve
al contenuto speciale dcl messaggio. a ttendersi dall 'alto (lo sguardo suppli-
c) Anche il racconto della guarigione ce di Gesù è rivolto al cielo) il miracolo
dell'orecchio del µoyt).ù.À.oc:; di Mc.7,J I · della guarigione; ma l'Ècpcpa1M. 86 , «apri-
37, con i suoi tratti caratteristici, fu con- ti», deve significare qualcosa d i più
servato dalla tradizione probabilmente d 'una semplice apertura terapeutica de-
perché dimostrava il compimento d'un gli «organi chiusi dell'udito» (xai Ti·
passo della Scrittura, cioè di ls. 35 ,5 s.: volyrio-av atr>oii at ù.xoal, «e gli si a-
.,. - ' , . \
W't(l( xwcpwv (l(XOUO-OV1:(l(L •.• XCltL 'tpCltVT) prirono gli orecch i», v. 35)lii, come è
l!cr-.at y À.(;)qcra µoytÀa.Àwv, «gli orec· chiaro se si pensa a Is.35,5 s. Qui «uno,
Mk., ad l. Che in qualche passo la 'formula {N.T. Dcutsch), ad. I.: «Il verso fa saltare
di risveglio' debba ritenersi un'aggiunta po· tutta la legislazione cultuale dell 'A.T. cd è
steriore ( BuLTMANN, Trad. 3p} è indifferente quesro il suo segreto».
per il valore del con tenuto e rosl pure lo è il 82 In Le. r2, u la formula trovasi solo nei
confronto con le formule del greco profano, codd. HUTA e altrove in margine.
come quelle citate da WETTSTEll'I 1 383. 83 Cfr. ScHlhTTER, Mt. 373: olcre al possesso
1'i Sull'infinito dr. BLASS·DEBRUNNE.R § 393,6. dell'orecchio, ~perché l'ascolto awenga, ci
Secondo I.e migliori lezioni l'infinito manca in \'uole un atto interiol.'c a çui è tenuto quegli
Mr. 1t,l5 e r3,43. Sulla 'formula di risveglio' a cui è dato l'orecchio•.
ndl'Apo<'<llisse - coli. 1558 s. 14 E.C. IIOSKYNS e F.N. DAVEY, Dt1s Riitsel
80 Coll'aggiunta dei codd . Dab.tf'ir: xcù o rrov- cJcs N.T. ( 1938) II6-r23.
iwv crwli'tw (qui ir.tellif,it intetligat) il di· ss SCllLATfER, Mt. , od t. -+ yÀ.17:J15aa. 11, coli.
scorso del Signore perde «la sua intcn>.ionalc 546 ss. Del tutto divcl'so dn questo rrattamcn·
acutezza», WOHLENBERG, Mk., a 4,9. Sull' mi- ro spiritua le per sciogliere da un legame d ia·
lizzazi()ne d i quest'aggiunta da parte degli bolico (lh1aiiòc; 'tijç y).wa<T'I);, v. 35) si pre·
Gnostici vedi KLOSTEl<MANN, Afk., ad t. senta iJ cranamenco magico - col. 1525.
ai Non in tutti i manoscritti, ma in .R' D pi it 86 Ur. ScHLATl'E.R, i1tlk., ad I. : «il termine
vg go syr.,, a rm aetb. Manca in SBLA* 28 . 102 sembra più ebraico cbc siriaco»; dr . p<:rò
cop. L·accolgono H. Soo~tt. WuHLENBERC, P~EUSCHEN·BAUER" s.v.
Mk., nd I., e cosl pure J. Sc11N1EWIND, Mk. 81 Qui appare chiara la sinonimia di 01'<; e
ouç BI (J. Horst )
che era rinchiuso e le11mo. vien posto npòc; 'TÒ ove; ÉMÀ.Tjcra-rE ÉV i:o~c; -r<I·
in libe rià » 88 , e questo è un segno dcl 1.Lt.doLç, XnPVX~iJOH<J.L btt 'tWV owµ<i-
tl'.mpo messia nico della s:ilvczza. 'tlJ>V ", «e tu tto quello che vi sarete sus-
<l) Dn dò si capisce pe rché anche le surrati uJJ 'orecchio nell'interno della ca-
orecchie dci discepoli son denc beate sa, verrà predica to sui tetti»; infatti il
(Mt. 13,16) "': non semplicemente per- passo di Matteo si riferisce a Gesù stes-
ché hanno sentito una parola di Dio - so e non ai discepoli 9z_ Malgrado il suo
l'avevano scnrira già neUa Scriuura - tono 'proverbiale', il senso originario
ma perché è penetrato nei lo ro o recchi del logion non può essere 'profano', ma
l'annunzio del tempo della salvezza or dovette esser rifctito al messaggio di
ora iniziato 90 . Ma il mistero di questo Ges\1 e al mistero della sua persona 91 •
tempo di salvezza è Gesù stesso. Perciò Sia ammettendo la conce:>:ione d i Mat-
è probabile che il passo di /lfr. 10,27: teo, che Gesù stesso sussurra prima al-
xal OEU; 'tÒ ove; cÌXOUE'tE, x11pu~ai:E i1tL ] 'orecchio dei discepoli ciò che essi do-
i:wv ow1.Lcii:wv, «e quello che sentite al- \>ranno poi predicare dai tetti", sia se-
l'orecchio, predicatelo sui tetti», abbia guendo il cesto di Luca, che la confes-
conservMo il senso originale dc l logion sione sussurrata all'orecchio frn i di sce-
meglio del passo di Le. r 2,3: xat o poli95 deve poi trasformarsi 96 in «parola
detta in pubblico1> 97 , deve venire anz,i- µou, «(non appena ) la voce del ruo sa-
rutto aperto l'orecchio dei discepoli; luto è giunta alle mie orecchie» (v.
questi devono essere gli ascoltatori di 4 { ). Emrambe le donne e i loro figli su-
Gesù pi:ima di diventarne i predicato· biscono l'azione dello Spidto, perciò
ri 9'. Pure la 'formula di risveglio' del possiedono il dono d'un orecchio com-
r;1iiìiil di J\It. I I , r4 s. vuol meucrc in ri· prensivo e rendono una tcstimoniama
lievo un misrero speciale allorché s 'in- ispirata.
demifica Giovanni con Elia redivivo 99 , e) Secondo la concezione dei sinottici
mentre l'energico ammonimento di stile nel mii/al di Gesù udito dall'orecchio
veterotestamentario in Le. 9,44: MO"i)e naturale - nella parabola del semi nnto-
òµetc; elc; -.à w-.a ùµwv 100 si riferisce re, come in altre -r:apa~oÀ.a.( (Mc. 4,r-
al mistero della passione messianica, il 34 par.), di per sé comprensibili nel lo.
cui significa to può esser appreso e ripo- ro carattere figurativo - si nasconde il
sto nella memoria per la comprensione vero mister'o ( v. I I ) lill <lel regno di Dio
futura soltanto dagli orecchi che credo- che si realizza nella parola di Gesù. A·
01
no ' • Perciò si capisce perché nel rac- scoltarlo con gli orecchi e comprender-
conto preposto al Vangelo di Luca lo lo significa 'cred ere'. Sono ind icative in
Spirito San to apre l'orecchio di Elisa· ques to senso le spiegazioni aggiunte da-
betto per forte intendere il vero senso gli evangelisti al verbo axouew n ell 'in·
del saluto di Maria (Le. 1,44): Éytv<:-ro tcrpretazionc della parabola del semina-
Ti q>wvi} -rov à<l'm1qµoi:i uov elc; "tà w-ta tore ; in tutt 'e tre trovasi aggiunto "tÒv
pensondo allo sviluppo storico delln p~dica· superfiua•, ZA11N, l.k., ad /., n. x2. Cfr. -+
zionc missionaria, cfr. ScllLAT'f~•, l..k., od l. col. r562.
91 SCHLATTER, Lk. 525 &. RUNGSTORf, o.e. <~ w1 H,1UCK, Lk., ad I.
n. 92) a Le. r1,3: «Quella forta çontenuta nel- 102 Sulla critica di questo modo di intendere
la parola cki discepoli che spinge alla pub- e sul pericolo che esso comporta (assunto co-
blicità•. me •teoria' esso ha portato alla allcgorizza-
..a Anche in questo senso va ronsiderato il si- zionc) dr. -+ JUEll-UAS 5-67. TuttaviA il 1111i-
goi6cato di <ixon come "predicazione della fe- iàl, inteso in senso !aro (ibid. J2 s.; 7'• n.
de»-+ 1, col. 597; dr. coli. 591 s. 201), domina tutto lo stile della predicazione
di Gesù, e l'interpretazione che lu spiega ngli
99 Cfr. Sc11NIEWlND. o.e. (-+ n . 93), ad l.: orccrhi dei primi suoi uditori è la compren-
«L'orecchio c.lev'esscrc aperto, se si vuole ·ac- sione della sua persona. Tn que.•tn <enso, pur
cogliere' (v. r4) la parola di FJia. Poiché, se nel suo accen to unilaterale, c'è un aspetto ve·
Elia è venuto, 'la fine' è cominciata .. ro nella teoria sinou ica del µuo..ri1pt.0\I delle
100 A "tl&tria• tÌ.<; "Tà W"t<1 (solo qui nella r.apal)o).al. Lo confermano anche le conside-
Bibbia) si possono accostare fcr. 9,19; Ex. 17, razioni di }EltEMIAS 75-H4 e la loro conclu·
14 (-+ col. tJ27) e il frequente ~ Evw"t(l:,ccr- sione che tutte le parabole di Gesù sono col-
&a•, per es. in Is. 28,i3. Il codice latino r ha in me del mistero della regalità di Dio, della
aurìbus vestris e in corde vu1ro, la Vulgata certezza che l'escatologia sta reali~andosi
soltan to in rordibus vestris, «una correiioM (nella sua parolo) (II4).
oii.:; B r (J. Horst )
}..6yov "'', inoltre in Mc. 4 ,20: 'lta.p<:tOÉ· degli ascoltatori, ai cui orecchi giunge
XEvllcn, in Mt. 13,23: vVVLÉVaL, in Le. la parola di Ges\1, non perviene all'a-
8,15: tv xapol~ xa"X.fi xat àyailfi • 104
scolto di fede, la tradizione non ravvi-
Cosl nel N.T. l'orecchio può diventar sa un evento inspiegabile, casunle, ma
sinonimo di 'cuore'(~ v, coU. 212 s.)105 vede compiersi in Gesti un mistero di-
e il credere e il capire non sono di- vino già vaticinato.
sgiunti «dall'atto dell'ascolto»10o. Quan·
Per il loro conceno teologico dell'in-
do Le. 4 ,2 1 dice: -itE-it\i]pw-rai Ti -ypa- durimento i vangeli adducono un logion
qrì1 auTI] Év -ro~ç c.OOtv Vµwv, «questa che riproduce liberamente ls.6,9 s.: Mc.
Seri ttura si è compiuta nei vostri orec- 4,n-12 par. Me . 13,ri.r3-15 e Le. 8,
rn im (cfr. Io. 12,40). Mentre i sinotti-
chi», ciò non significa che il passo seri t- ci restringono il Jogion alla raccolta di
turale riecheggi negli orecchi Hll, ma che parabole di 1\!lc. 4,1 -34 par., presentan-
si presenia realizzato nella persona di dolo come risposta ai discepoli che chie-
devano a Gesù il significato del suo par-
colui che ora lo imprime negli orecchi lare in parabole 110, il quarto evangelista
in modo che penetri vivo fino al cuore. applica il passo profetico in senso gene-
Proprio perché Gesù enuncia il mistero rale - come originariamente aveva fatro
il logion s tesso, riferendosi a tu1to il
a lui dato mediante la Scrittura ed essi kerygma di Gesù - cioè come spiega-
lo ascoltano, la Scrittura è giunta a zione del rifiuto complessivo opposto
compimento in questo atto d'ascolto ioa_ dai contemporanei al suo messaggio 111 •
P erò non è ancora deciso se questo a·
Nei sinottici la precedente 'formula d i
risveglio' di Mc. 4 ,9 par.: b E)(WV Wi:e.t.
scolto produca fede o indurimento. Nel (~ n. 78) mette in panicolare rilievo,
fatto terribile che la grande moltirudine nell'ambito dell'inrera pericope, le pa-
::y;.i.
101 Termine tecnico della predic.nione missio· sto a1ruak•. Non convi nce l'opinion~ che sa·
naria . rchbe sta io l 'evnn~elista a trasformare per pri ·
104 Elementi biblici (ls. 6,10) cd ellenistici
mo «il risultato dello svilupJ><:J storko, In se·
ronB11iscono in questa formulo . parazione della comunità dalla mas$a non mn·
·vcrtira., in unsa inten1ionc ciel 1nneslro divi·
tos Cfr. Aci. 7,51; r6,14; 2 Cor. 3,2 s .; J,15 ;
no•; Ml;;vH, UrJprung 1 1ol!; dr. lluLTMANN ,
Rom. 2,15; dr. Ex. 17.r4; Hcbr 8,10.
Trad. 215.351, n. 1, il quale considera J\lc. 4,
106 Cfr. con -+ n. 8o l'aggiunta a Mc. 4,9. Col
10-12 «completamente secondario'" Come •·
suo xa.l, quesrn le:i;ione è sen1i11 come tipic9· vrebbe allora Gesù - dato il mtxlo in cui in·
mente greca. L'aggiunta è superflua per un terpret• lsaiu anche altrove - potuto in1rndc·
palestinese. Cfr. Paolo, Rom. io.14 ss. re diversamente l'« insucccsso• dd ltt sua pr<~
101 Contro KLOSTERMANN, Lk. e HAUCK, Lk., di<'n7.ione? Su Is. 6,9 s. e sul problema dcll'in·
ad I. durimento cfr ..... K.L. ScHMIDT e - > nn. 4;.
106 Jl perfetto ltETCÀTll:X>Y!CU in<licn la ;ituazio- 48.
nc presente: è adempiuto, vive nel presence 110 ~ )t:REMIAS 7-10.8, n. )C·49-.5L}9, n 169,
in quanto adempimento di ciò che era stato slùla pericope nel suo insieme e in pnrticolo-
promesso [DEBRUNNER]. rc l'esegesi dei vv. 10-12.
-+ )i!ll!MIAS 8: «M(. 4,11 $. è di per sé
1()9 111 Cfr. in fo. u,38 la prct.-cdcnte ciuzinnc Ji
un logion tramandato indipendentemente, la ls. n.1, in cui choi} è inteso nel senso di
cui esegesi deve farsi senza bndnrc nl conte· 'predicazione', BuLTMANll, ]oh., ad I., 347, n. 1.
oùç B r (]. Hocst)
role del logion: tvo. «JC.ovov'TEC, à.xovw- ginario ha seguito l'esegesi contempora·
ow xat µi] O"VVLW<nv, µ1')1tO'TE Èr.v:l'tpÉ· nea di Isaia 114, si dovrebbe tradurre la
ljiwow, «affinché ascoltando odano e particella tva - che è «quasi un 'abbre-
non intendano e non si convertano». viazione che s ta per tV<X. 1tÀ.'l'(pwilii» con
Resta solo da chiedersi in che modo affinché lll e il µ1)1tO't'E con se forse
debbano essere interpretati i versetti non: «Se forse non si convertano e
sull'indurimento. Se la domanda non Dio loro perdoni» H 6• Dunque, malgra-
procede dal presupposto di una 'teoria do il senso così terribile della profezia
dell'indurimento' degli evangelisti, ma di I s. 6,9 s., rimane una possibilirà di
secondo l'opi nione originaria del lo- grazia che lascia ancora aperta la con-
gion, s tacca to dalla pericope, allora non versione. Infatti nell'annunzio di Gesù
si sarà costretti a ravvisare nel µvcr-rl'J· si realizzano insieme ambedue le cose:
pLov -ri'jc; ~ao-tÀ.Ela:c; ( v. II) diverse co- la condanna e la grazia, la salvezza e la
noscenze capaci di decifrare le parabo- rovina 117 •
le, ma il dono divino (uµi:v oÉÒnat) 112
di questo 1iw-r1)pLov, che consiste in Anche qui è Dio che deve aprire l'o-
un'unica conoscenza fondata su una co- recchio per .il reuo ascolt0 di fede, ma,
gnizione del presente inizio dcl regno nello stesso tempo, rimane valido in
di Dio come esso appare, in modo visi·
tutta la sua gravirà l'invito de.Ila 'for-
bile e udibile, nel suo annunzintore, da-
vanti ai suoi con temporanei m. .Ed è mula di risveglio', poiché l'orecchio na·
proprio questo sapere che separa q uelli turale, con tutte le sue capacità, dev'es-
che asco.ltano comprendendo e creden- ser posto al servizio della cosn piLr me-
do veramente da quelli che restano i:!;w
e sentono soltanto colle orecchie natu - ravigliosa che l 'uomo possa udire. Il
rali. Se, come è probabile, il logion ori· piccolo gruppo dei discepoli che a-
112 Il passivo è una parafrasi dcl nome di Dio LXX: xcxt td:O'llµa.c a1ho>lç (dr. Simm.: la,i)-jj),
~ }EREMIAS 8, n. 5 d . Mc. 4,12 dice: x.a.t 6'.qiWi'\ ClÌl'toi:c;. Proprio la
lll ~ }UREMIAS 8. stessa traduzione libera dcl testo s i trova in
"·'Esempi in STRACK-BILLEHllf.CK 1 662 s. e sy'.. : W" 11/Jt'beq /eh e nel Targum: w'jist'beq
particolari in ~ ]EREMfAS 9 s .; ~ 11 . 116. l'hon - dunque anche qui si ha 'perdonare'
115 Perché a '"(lr.
segue la citazione libera. Cfr. invece di 'salvare' e il nome di Dio è pa ra-
To. u,38: tva ò À6yoç 'HO'atov 'tov Ttpoq>'i)- frasato col passivo. La citazione d i Mr. 4,rt s.
-rov TtÀT)llW&ij e BULTMANN, }oh., 11d /., 346, segue dunque la versione acccuara ad uso
n 4 e 347, n. 2. ciclla sinagoga, che più tardi fu incorp0ra1a
116 -+ JF.JtEMIAS 9 s. Sul passivo àq>ti)-jj e su nel Targum serino (T.W. MANSON, 1'/J~ Te.1·
oÉoo-to::. qunli parafrasi dcl nome di Dio \•cdi ching of Jw1s (1948) 77)•. - J~REMIAS, p. 9
ib1d. 10, n. 12 ~ n . rr2. Il µfpto"TE non an- ~ .. traduce quindi Mc. 4,J ~ s.: «A voi Dio ha
drehbe quindi concepito nel sen•o dei LXX, dr.nato il misrcro del suo regno; per quelli
11d I., <'Ome rrndu.zione dell'ebraico pm, •af· invece che stanno fuo ri tutto è cni~mA 1 ico,
finché non•. ma nel senso d ell 'escçcsi rabbi- ?rfinché essi (come sta scritto) 'vedano eppure
nica, come il dll'ma' in Tg. a Js. 6,10, cioè col r<C'n vedano, odano eppure non capiscano, se
significaro di «Se forse non• (ibid. 9). ]ERE· forse non si convertano e Dio perdon i loro•,..
MIAS SOl!8iunge (comunicazione del l).9.1950)
di avere nel frauempo tro\"ato una conlemia m ~ }ERl!MtAS 10 e SOINIEWINll, o.e. <-
n 81), ad I. Vedi anche--> ScHMlOT 6 s.
all'iporcsi, esrosra ndl'o.e., p. 9, che Gesù a-
vrebbe scguiro l'esegesi dcl >UO rempo: «Di- 118 ot µailT)'tll( contro È.xti:voL, ÀOL1tol, ol f!;.~1
vergendo dal testo ebraico, ufra/it' (10) e dai (Mc. 4,r r e par.).
ovç B 1 (.J. Horst) (v,556) 1554
scoltano credendo m emerge dalla mol- rende soggetti alla stessa seotenza di
titudine dei semplici ascoltatori come Is. 6,9 s., a cui sono sottoposti quelli
'il resto' di Isaia. La pwfez.ia dell'indu- «di fuori», cioè condanna la loro pre-
rimento può essere pronunciata perché sunzione di aver capito e li colloca, in
ad essa è legata indissolubilmente, nel- quanto ascolta tori d i Gesù, in una posi-
l'immagine contrapposta, la beatitudi- zione estremamente seria 121•
ne: µo;xapLOL o( ocp~O:À!..tOL.. xo.t i:à f) Coerentemente con tutto ciò, negli
i;;i-tcr. (vµwv) oi:t &:xovovow, «beati gli Atti degli Apostoli, che in generale se-
occhi ... e gli orecchi (vostri), perché a- guono lo stile biblico 122, l'inciix:oncisio·
scoltano», Mt. 13,16 (contrapposto ai ne degli orecchi (Act. 7,51: &mpl'tµT) ·
vv. l4 s.). Tuttavia, né al gruppo dei di- "tot xo.polo.t<; xo.t i:o~ç !Mlv 12.l, «incir-
scepoli per cui questa beatitudine vale, concisi nel cuore e negli orecchi») sta
e quindi neppure alla comunità, è ga- in contesto colla resistenza che gli av-
rantita la sicurezza di un uso retto, o versari di Stefono oppongono all'azione
aperto, degli orecchi. Deve applicarsi dello Spirito Santo: &:v·mtL1t'tE"tf (v.
anche ai discepoli il detto W-.o. i:x.ov·m; 51 ). È cosl che si manifesta il loro ani-
ovx &xo1kn, «pur avendo orecchi, non mo pagano ( &7tEpli:µT)'tOt, <~incirconci
udite» 119 di Mc. 8,r8, pronunciato da si»), ribelle alla vocazione d'Israele 124.
GesLt nel d ialogo sul mà!iil del lievi- Quando si turano gli orecchi ( 7 ,57: o-u-
to no ; la loro incomprensione di GesL1 li vtr;xov i:à w-.o:
o:ùi:wv) 125 per far capi-
119 Manca nel parallelo Mt. t6,9 e anche in creti che stanno in nscolto.
J..c. H,l. 12.1 Sul plurale cfr. ZAHN, Ag. 2_ 58, n. 72. Al·
no I problemi della stori~ formale di questo l'imoiaginc stessa è offerto un pK'Cedcnle in
logion e la formazione secondaria di questo Ier. 6,lO idr. 44; 9,25), Wt:NoT, Ag., ad I.
dialogo (vedi K wsT!lRMAl'IN, HAUcK, J\lk.; Clr. BAUF.R, Ag. , ad I.; PREUsc1mN-BAUER'
ScHNIEWWD, o.e. [-+ n . 81 ] , ad I. e BULT· s.v. <i1tspl-cµT)'toç . Gcn. r. 46 in STRACK-BIL·
MANN, Trad. 139.357) non attengono per nul- J.F.RBl?.CK Il 683 S.
la al significato, per noi importante, che han- 124 C.F. NoESGF.N, Commentar iiber die Ag.
no quesri resti in quanto testimoniano un'am- des l.k. (1882 ) 171 s.
pia critica compiuta dalla trndizione anche sui 12$ avvÉXtt:v, Jett. «con-tenere», «tenete insie-
discepoli. me» -> nr, col. 1321, n. l; dr. i passi in LID·
Jlt Cfr. SCHNIEW!ND, o.e.(-+ n. 81), ad t. Cfr. DELl.·SCOTT, s.v. <TWÉXW 2. e 6, e PREUSCll.EN·
anche M. BARTll, Der A11gem:euge (r946) 54· BAUER' 2. Altrimenti è usato ÈTtLO"Xi<Ti>a• .,,(t
58. w-ra (-+ o. 6) e {lvttv, ottflrarc, cfr. PREu·
112 Fi no a 7.5i· Evidentemente biblico è lo SCHEN·BAUER •• S. t>. e -> n. 35 e col. 152r.
stile in 2,14 : ivw"t(cm.,,-l}g "tÒ: ~fiµa"tÒ: µov, Così, per es., in Ign., Eph. 9,1: J3vo-av"<ec; .,,(t
vedi BAUElt, Ag., ad I. (~ col. 1562); spe- W't<X (contro gli eretici); Luc., Charon 21.: wç
cialmente evidente è lo s tile biblico in 11,22, µT)o'iiv 'tpv1tÒ:V'-!) (mpano) g-n 01.<Xvo•x~vm
col suo pleonastico (WllNDT, Ag., ad t.): aiho~ç -cò: w-cix· 'tOO'Ov't~ Xl}~ (cera) ì:{lv-
1'Jxo>l<r~ ÒÈ o ÀOyoç Elç -i:à. ww: 'tijç Èxx).11- o-a.v mha (cosl fanno gli uomini per timore
0'(aç, cfr. Is. 5,9. Questo dimostra che l'h- di dover riconoscere la certezza della morte);
XÀ.l")O'i« (~ 1v, coli. J497 ss .) non è un'encir.à di\'crso è il senso in Luc., tyr. 5: ovx É11axov-
concettuale, n1a una comunità di uomini con 4
ouO'l µov {ls~vo-µivo• "tÒ: W'ta (non sentono,
oìiç Il 2 (J. Horst)
in Le. 8,10: tva ... &xovwrn; µi) <iVV!.W- dà pertanto una risposta ancor più dra-
cnv), ma colloca intenzionalmente quel- stica al problema che tormenta Paolo:
la parola alla fine della sua opera (Act. perché Israele non ascolta il messaggio
28,26 s.), dove Paolo la riferisce alla di Gesì1? Lo stordimento di cui pada
Is.29,10: 1tVEVl..LCl xcna.vu!;Ewç'io, T.M.:
sua persona e al risultato degli sfora da
lui compiuti per convertire il g iudaismo ruaf? lardèma (sonno profondo, torpo-
della diaspora iis, sforzi che non erano re), che rende sordi gli orecchi d'I-
stati di tipo letterario, ma erano consi- srnele m, è preordinata da Dio stessom:
stiti in una lotta missionaria da orec- Eflìwxcv aù't'oLç 6 DE6c; miEvµa xa.-ra.vu-
chio a orecchi.o: -ro~ç wcrlv ~aptwç 11· !;Ewç... w-ra. -rou l.1TJ Ò.XOVEW m, «Dio
XOVCTClV .. ." µi}1tCYT€ ... 'TO~ç WO"tV Ò.XOVO'W· ha dato loro uno spirito di torpore ...
crw xat •ii xapolq. crvvGicrtv xatim- orecchi per non udire».
crTpÉ"'waw, «e indurirono i loro orec- In 1 Cor. 2 ,9: ...&.... oùc; oùx i\xovcrEv
chi. .. onde non a\venga che con gli o- xa.t É1tL xapolav &.vi>çhlTI:ou ovx &.véfh1,
recchi ascoltino e col cuore comprenda- «ciò che orecchio mai udì, né giunse
no e si convertano». Ma al v. 28 vien mai al cuore dell'uomo», è meglio rav·
giustificata la sua predicazione ai genti- visare un'eco di Is. 64,3 e 65,7, oppure
li: airtol xaL axoucrovTat, «essi ascol- di Ier. ),16 (ai tempi di Paolo la frase
teranno». era divenuta proverbiale), che non quel-
avendo gl i orecchi onurati a cauS<I della vec· !JO -+ v, coli. 24, ss.
chioio ovonuita). Vedi altri esempi in WETT- Ili Gli organi dci sensi (orecchì) no11 sono
STEIN Il J02 s., ad /. «solo simboli" degli organi della «percezione
116 H.J. H<>LZMANN, Hattdcommentar z. N.T.' spirittu.tle» , 1110 in es${ si compie veromente
1 (1901), Ag., ad I. ; STRACK·lllLl.eKni;c:K 11 l'ascolto reale della chiamata divina, o anche
684; -+ CQJI. 1)30; I 541. il contrario (contro B. WEJss , Der Brief an
111 Contrnpposto è Act. 16,14: 'li~ b xvp~~c; die Romn' [ 1891], <1d /.).
6ri)voL~Ev -ri)v xap6,ocv, dove potrebbe stare ·~ ]. Out. K.v. HnFMANN, Die beiligt Schri/1
anche cimx. Cfr. Act. 28,26 s. N.Ts. 111 ( 1868) 471 s.
Ili ZAHN, Ag. 857 s. Cfr. Le. 10,16. w «Orecchi tali che (non sentano) ... ». Sull'in-
tl'J Cfr. E.v. DoBSCHITTz, Zum pa11li11iJchen finìto coll'articolo vedi BLASS·DF.BRUNN.ER s
Schriftbciucis: ZNW 24 (1925) 306 ~. 400,i; 393,6.
I j 5 / (\',5;(>) oùç. B H (J . l-fors t)
la di una apocrifa apocalisse di Elia 1·\ l: w-.a. xvpiou cra.f,awb e:ÌO'Ù-fiÀvbo.v, «le
perché possirno riconoscere il Crocifis- grida dei mieti tori (a cui i ricchi negano
so, «i\ quelli che amano Dio», "to~c; ingiustamente la mercede) sono giunte
ayo:itWO'L\I ("tÒ\I ilEov) 135 , dcv' esser tolto agli orecchi del Signore degli eserciti»1.ll!.
prima, per mezzo del rrv€vµo. (v. 10), il Lo fa pure, basandosi su 4' 33,16, J Petr.
velo che ne ricopre l'occhio, l'orecchio 3,12: éYn òqibaÀµot xvplov il7tt &~xo.lovc;
e il cuore, perché altrimen ti i loro sensi xo.t w-.o.
o.Ù't'OV dc; Oét)O'LV o.v-.Gl\I,
umani non potrebbero capire la rivela- «poiché gli occhi del Signore sono so-
zione del mistero divino 136• Nell'elenco pra i giusti e le sue orecchie (sono) io·
delle membra del corpo in r Cor. I2,l6, tente alla loro preghiera» u9 • Con que-
oùc; (~ µÉÀoc; IV VI, coll.1522ss.) - sta citazione si vuol fondare in modo
corne avviene sì spesso nello stile bibli- consolante la parenesi che precede. La
co - è posto accanto ad 6cpilo.Àµ6c;. certezza d'essere esauditi( ~ col. 1534)
dipende dalla vocazione ( v. 9 ), ma an-
.3. Lettere cattoliche
che dall'obbedienza ( v. 8).
Nelle lettere cattoliche si parla degli
orecchi di Dio, ma, significativamente, 4. Apocalisse ''°
solo nelle citazioni del!' A.TY7 Lo fa , In tutte le sette lettere dell'ù1izio,
in base a ls. 5,9 (cfr. ljJ 17,7), con tono l'Apocalisse si riallaccia, sempre con le
minaccioso e volutamente solenne, lac. stesse parole, alla 'formula di risve-
.5 ,4: o.t 0ocd -.wv itEpt<rav-.wv dc; -.à glio' 141 della tradizione sinottica delle
134 A partire da Origene, secondo il quale si concepibi le del mondo futuro»; «Né l'occhio,
tratta d i una citazione apocrifo, e da Girola- né l'v rccchio ... son capaci d i capire ciò che
mo, che preferisce pensare a un testo canoni- verrà».
co (ls. 64,3), la spiegazione dell'origine di m Cosl in generale il N.T. menziona l'occhio,
questo passo oscilla principalmente fra queste la bocca e il piede di Dio solo nelle citazioni.
due possibi lità. Vedi più precise informazioni SCHLATTF.R, Jos . 3; dr. --> col. r535 e nn. ne
in BACHMANN, Kor., od I.; ScHLA'ITER, Kor., 6o.
ad I.; STRACK·BILLERBECK II! 327 ss. Siamo 138 «Soggetto dell'attività è il membro. Perciò
d'accordo con BACJ.IM/\NN, ScHJ.A TTER, Kor., è l'orecchio che s i apre o s i chiude alla eh.in·
ad l., e O. SCHMITZ, Urchr. Gemeinden-Otc mata» .• SciiLA'ITER, fak., ad l. e --> n. 36.
( 1939) 32, con tro SrniiRER, 111' 361.365 e ll9 W!NDISCH, Petr.; WOHLENllERG, Petr., ad
B Au En, ]oh.' 4 s., che sost~ngono un 'origine I. Le parole dell'A.T. sono inquadrate qui in
gnostica. Per i Padri Apostolici, vedi la cita· un mondo concettuale molto piè1 elevato
zione in I Cle111. 34,8; 2 Clem. H,7; mart. Po- (quello dello vita eterna), HAUCK, Jak., ad I.
lyc. 2,3 . '°
1 Negli scritti giovan11ei oiJç mancu, sia nel
1.15 C'.osl, tipicamente, Paolo per Jr. 64, 3 LXX: Vangelo (solo in 18,26 sta --> W'tlov) sia nelle
vitoµivouow ~ÀEov, cfr. BENGEL, t1d I. lcllcre, però è posto in rilievo spedale '*xoUv.>
l!<i Cosl , d'accordo con BACHMANN, Kor., ad -> r, coll. 593 ss. Su l rapporto fra l'udire e il
I. fovcce SCHLATTER, Kor., ad l., interpreta vedere-> coli. 1519 ss.; 1532; r537 s. e--> v .
questo deuo in senso cscatologko. Nella let- Doasctt(jrt 400 s.
tcranira rabbin ica sembra che esso si• usato Hl Cfr. ~ DmEuus 4 70 s.; 1-lAll ORN, Apk., "
stabilmente «per dimostrare lo splendore in- 2,7.
clrtlov (J. Horst }
112 ZAHN, Apk. 226, n. 88, a >,7. anche -+ coli. i,23; 1525. Col senso di ansa
IO Cfr. ZAHN , Apk.; Lo11MEYf.R, Apk.; J. non si trova nel N.T. Manco pure in GiuSCP'
BEHM, Apk. (N.T. Deutsch} e 2,7. Inohre-+ pc e Filone (ScHLATTER. Mt. 155). Cfr. and1c
col. 1548. MOER!S, Lexico11 Allirom, s v.: oìi<; ài;-rLXW~.
wi:lov /),À.l']Vt.XW<;.
w-rlov i Cfr. BLASS·DEl!RUNNER S u1,3. Solo i codd.
LmDELL·Scorr, PASSOW, PREUSCHEN-BAUER '. DK :il aliq it (meno ac) vg hunno wi:lov. a11ri·
s.v.; altra bibliografia sono -+ oi)ç. cu/11111, -+ roll. 1141 s., n. 76.
I L'uso del diminutivo w~lov invtte di ovç l RoSTOVZEFF, or. (-+ col. 152' n. 21 ) pensa
flllÒ derivare dol linguaggio usato coi hombi- che il colpo di spada dato proprio all'orecchio
ni oppute, come avviene altrove, dall'inten- destro dimostri l'intenzione di deturpate, 01"
iione di evitare i monosillabi o le dillicolriì non cli uc<:idere . Mo contro questa opinione
foneùche dovute alla forma e alla Oessione stanno Mt. 26,52; lo. 18,n. BULTMANll, Trad.
di vocaboli non romuni [ KATZ). Mentre ovç 340 ritjenc l'aggiunta •ingenua', benché inte
1
e àxoi') sono usati per indirnre l'organo del- rco"'1nte dal punto di visra mo1odico, in quan·
l'udito, wi;lov e -+ w-riip<ov fanno parte dei ro essa manca in Marco.
diminutivi - relativamente rari nel N.T. - che ~ Però in lo. 18,i6 soltanto (scn7.a oE~tbv) :
si riferiscono a pani dd corpo, Buss-Qi;. O'\lyytvi}<;wv ( «ronnazionalc•, SCtlLATTER,
BRUNNER s l i r ,3. Anche fuori del N.T. il ter· ]oh., ad l. ) où &7tixo<)itv ni-tp•ç -rò t:>'Tiov.
mine ricorre di rado in opere di letteratura; è s Ulteriori e indic:i1ivi arricchimen1i del testo
p iù frequente nei rapiri col senso di t1!lsa, nei codd. D (où~) a tf' d e J. Cfr. ZAH,., Lk.,
manico. Cfr. i passi citati do Mou1.TON-M11.L. ad I., n. 82. •Solo il medico Luca» racconta
e P~EtStGKE, \Vorl., s.v., e-+ w-r6.pt0v, come la guarigione (ZAllN, /oh. a 18,JO). f: oxiow
Il senso di questo passo è di mettere in ·1· iv1°nlso1im
evidenza «il disprez-;,o della violenza, r~ un deponente medio che significa
l'amore dei nemici e la potenza del Sal- udire ( = ri<:evcre nell'orecchio), ascolta-
vatore» 6 in contrasto coll'atteggiamen- re, j<J1-<' t11te11zione 1 • È un termine bibli-
co che ne i LXX 2 corrisponde di solito
to del discepolo che non ha compreso all'ebraico 'zn, in forma hif'il, usato con
il momento (Mt. 26,53) 7 . particolare frequenza nei salmi 3 , quan-
do il salmista supplica di venir esaudito
da Dio, per es. in ljJ r6 ,r (54,2): ~VW'tL·
t W'tit.PLOV
<Jm -rfjç 1tpo(n:vxf\ç µov 4 , « ascolta la
~mipLov, diminutivo di oiìç, col sen- (mia) preghiera» . Si trova anche usato
diversamente, per es. in Gen. 4,23 (col-
so d i orecchietta, è d'uso tardo nel- l'accusativo) ed Ex. 15,26 (col dativo) 5•
l'ellenismo, col semplice significato di
orecchio, parlando della parte esterna Nel N.T. questo termine ricorre sol-
dell'organo 1 • Manca 11ei L:h'X. Nel N.T. tanto in Act. 2, I4: xo:t Èvw-rlo-a.<Jì}E "tÒ.
ricorre soltanto in .Me. r 4 A 7: 6.q>ELÀEv pl)1.1.a'tcX µov 6 , «e ascoltate le mie paro-
av-rov -rò w-rcipwv, «gli asportò l'orec- le» 7 . Colla stessa serietà della 'formu-
2,
chio» e in Io. 18,10: IlÉ-rpoç ... 6.7tÉXO· la di risveglio ' 8 , il vocabolo serve qui a
tjJEv au-rov -rò w-rapLOV 3 'tÒ OE~i.6v.' rigettare l'accusa di ebrietà 9 .
«Pietro... gli recise )'orecchio destro». ]. HoRsT